Dalla mia vita. Poesia e verità
 9788830104105, 8830104108

Table of contents :
Copertina
Occhiello
Frontespizio
Colophon
Sommario
Prefazione di Marino Freschi. Poesia e verità: la grande ‘rivelazione’
Cronologia della vita e delle opere
Cronologia di Poesia e verità
Nota editoriale
Nota del traduttore. «… nonostante quella forma imperfetta …». Traduttore e lettore alle prese con Poesia e verità
Dalla mia vita. Poesia e verità
Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Note al testo
Regesto
Bibliografia
Indici
Indice dei nomi
Indice delle opere
Indice dei luoghi
Indice generale

Citation preview

BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE Collana fondata da

GIOVANNI REALE diretta da

MARIA BETTETINI

JOHANN WOLFGANG GOETHE DALLA MIA VITA POESIA E VERITÀ Testo tedesco a fronte

Traduzione, note al testo e apparati di Laura Balbiani Prefazione di Marino Freschi

BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE

In copertina: Johann Joseph Schmeller, Goethe intento a dettare al suo scrivano John, 1834, Weimar, Herzogin Anna Amalia Bibliothek. © Bridgeman Images Progetto grafico generale: Polystudio. Copertina: Zungdesign

ISBN 978-88-587-8871-4 www.giunti.it www.bompiani.it © 2020 Giunti Editore S.p.A./Bompiani Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia Via G.B. Pirelli 30 - 20124 Milano - Italia Prima edizione digitale: ottobre 2020

SOMMARIO Prefazione di Marino Freschi Poesia e verità: la grande ‘rivelazione’ Cronologia della vita e delle opere Cronologia di Poesia e verità Nota editoriale Nota del traduttore «… nonostante quella forma imperfetta …». Traduttore e lettore alle prese con Poesia e verità

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xliii lxxxvii cv cix

Dalla mia vita. Poesia e verità 1 Parte prima 5 Parte seconda 453 Parte terza 949 Parte quarta 1421 Note al testo

1675

Regesto 1835 Bibliografia

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Indici 1899

Prefazione di Marino Freschi POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

1. La fine di un’epoca Poteva essere tutta un’altra storia. Il 1806 fu l’annus terribilis per Goethe: il sei agosto avvenne la dissoluzione del plurisecolare Sacro Romano Impero. Nel 1805 era morto Schiller, e lui stesso si era salvato a stento da una insistente malattia che da tempo minacciava la sua salute. Ma l’evento che lo sconvolse, devastando Weimar e il ducato, fu la duplice sconfitta delle armate prussiane, alle quali era aggregato l’esiguo esercito del duca Carl August, clamorosamente battute da Napoleone a Jena e ad Auerstedt dal generale Louis Nicolas Davout, nel medesimo giorno: il 14 ottobre 1806. La soldatesca francese, per altro a corto di rifornimenti, si dette al saccheggio, irrompendo anche a Weimar. Alcuni soldati tentarono di penetrare nell’elegante casa di Goethe, al Frauenplan. Lo scrittore si era chiuso nel suo studio, mentre i facinorosi furono affrontati dall’intrepida e impavida Christiane Vulpius1, che con il suo coraggioso buon senso li seppe dirottare verso la ben fornita cantina evitando, abbastanza a buon mercato, l’irruzione nella casa. Il poeta ne fu talmente sconvolto e grato che scrisse già il 17 ottobre al suo amico, il predicatore di corte Wilhelm Christoph Günther (1755-1826), per sollecitare la ‘regolarizzazione’ del suo rapporto con Christiane, con cui aveva convissuto dal suo ritorno dall’Italia nell’estate del 1788: In questi giorni e notti è maturato in me un vecchio proposito; voglio riconoscere pienamente e civilmente come mia la piccola amica che ha fatto tanto per me, condividendo con me anche queste ore di prova. 1 Su Christiane (1765-1816), cfr. la bella monografia di Sigrid Damm: Christiane und Goethe. Eine Recherche. Frankfurt a. M./Leipzig: Insel 1998. – Molti dei personaggi ricordati sono nominati anche in Poesia e verità e quindi presenti nell’indice dei nomi, accompagnati da indicazioni biografiche. Per quelli non compresi nell’indice si indicano qui le date di nascita e morte.

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PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

Mi dica, degnissimo Signore e Padre spirituale, come si deve fare per essere sposati al più presto, domenica o anche prima. Quali passi si devono fare? Non potrebbe Lei stesso celebrare il rito. Io desidererei che si svolgesse nella sagrestia della chiesa parrocchiale. Favorisca dare subito al latore di questa, se costui La trova, una risposta. Grazie!2

Era ora che la ‘piccolina’, così ingiustamente trattata dagli ambienti di corte, ricevesse, ancorché quasi di nascosto, un riconoscimento. Fu un gesto di riconoscenza, non certo di amore; anzi lo scrittore si sentì ancora più libero, e la problematica del matrimonio e dell’adulterio lo condusse a scrivere a ridosso di quell’evento uno dei più bei romanzi sull’argomento: Die Wahlverwandtschaften (Le affinità elettive), ideato nella primavera del 1807 e pubblicato già nel 1809 come ulteriore volume delle Opere, dei Werke a cura del suo nuovo editore Johann Friedrich Cotta (1764-1832)3. Ma accanto a questo matrimonio quasi riparatore con demoiselle Vulpius, la guerra segnò la fine di un’epoca, la fine di una grande stagione non solo storica e politica, ma anche letteraria, iniziata nell’aprile del 1795 con il trattato di Basilea, come ha osservato Giuliano Baioni: La pace di Basilea infatti non rappresentava soltanto un felice evento politico o addirittura […] una sorta di miracolo cosmico che metteva Weimar al di fuori delle forze centrifughe della storia. Essa era anche la realizzazione di quel disegno di neutralità politica perseguito da Goethe durante tutti gli anni che precedono il suo viaggio in Italia. L’indipendenza di Weimar dalle grandi potenze che il poeta aveva sempre sostenuto contro lo stesso duca nella sua attività diplomatica, sembrava ora un fatto compiuto e tanto più garantito, quanto la stessa Prussia, di cui Goethe aveva sempre temuto la forza, apparteneva a quell’oasi di pace tra l’Austria e la Francia che sembrava ora essere la 2 Johann Wolfgang Goethe: Briefe. Hamburger Ausgabe (HA), vol. iii, a cura di Bodo Morawe. Hamburg: Christian Wegner 1965, p. 28. 3 Cfr. l’esauriente monografia di Bernhard Fischer: Johann Friedrich Cotta. Verleger, Entrepreneur, Politiker. Göttingen: Wallstein 2014.

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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Germania del Nord. […] Il trattato di Basilea […] coincide esattamente con la grande stagione della cultura tedesca che vede da una parte il costituirsi della cosiddetta Hochklassik e assiste dall’altra al sorgere della scuola romantica. È una circostanza questa che è stata più volte rilevata dai critici e dagli storici e in verità ci sembra che il decennio che viene comunemente considerato il culmine dell’età goethiana possa essere inteso soltanto nel contesto di questa situazione di neutralità politica di cui il classicismo di Weimar rappresenta addirittura la sublimazione programmatica4.

E che Goethe fosse al culmine della sua fortuna letteraria lo conferma il progetto di Cotta di pubblicare le sue opere in un’ampia e importante edizione in dodici tomi, che comincia in quel fatidico 1806 per terminare nel 1810, ma con successive integrazioni, per giungere a quattordici volumi nel 18175. La collaborazione con il giovane Cotta, che divenne il «Verleger der Klassiker», l’editore dei grandi scrittori classici, divenne centrale per lo scrittore che ebbe in Cotta anche un intelligente e attento interlocutore cui – sempre in quei fatidici giorni di ottobre, in cui con angoscia aveva visto devastate e depredate varie case di Weimar –, confidò il suo progetto di scrivere l’autobiografia: In quella notte infausta le mie carte erano la mia preoccupazione principale e ne avevo buoni motivi. In altre case, infatti, i saccheggiatori hanno messo tutto a soqquadro e hanno se non stracciato, almeno disperso ogni cosa. Superato questo momento, mi affretterò dunque a dare alle stampe i miei manoscritti. Non è più tempo di indecisione, ormai sono finite le ore tranquille, in cui potevamo sperare con gioia di portare a termine i nostri lavori realizzando completamente ciò che era solo progettato6. 4 Giuliano Baioni: Classicismo e Rivoluzione. Goethe e la Rivoluzione francese. Napoli: Guida 19823 (19691), pp. 154-155. 5 Cotta preparava un’ulteriore pubblicazione delle opere complete in xx volumi tra il 1815 e il 1819. 6 Briefe, HA iii, p. 30.

PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

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E tanti erano i manoscritti, primo fra tutti la prima parte del Faust, pubblicata nel 1808, mentre nel 1810 usciva, pure dopo anni di lavoro intenso e appassionato, la Farbenlehre, la Teoria dei colori. Goethe avvertiva la necessità di licenziare tutti quei testi – o almeno i principali – che aveva ancora in cantiere. Ma in questa preoccupazione si avverte anche una svolta esistenziale accanto a quella storico-politica e poetica. Era la fine di un ciclo, anzi della stagione programmaticamente più intensa, quella della Hochklassik, nonché di un’epoca storica, di una problematica anche personale che gli consigliava di prendere le distanze da sé medesimo e di considerare finalmente la sua opera e la sua vita con uno sguardo distaccato, obiettivo, storico. Il confronto con il genere biografico era in realtà iniziato già da anni con i drammi storici, con i lavori preliminari al Götz von Berlichingen (il cui titolo originario era: Geschichte Gottfriedens von Berlichingen mit der Eisernen Hand dramatisiert, 1771-1772), il suo primo dramma storico7, cui seguirono l’Egmont, il Tasso e per certi versi anche il Faust. Nel 1804-1805 aveva curato il volume collettaneo dedicato a Winckelmann e il suo tempo, in cui alla biografia del grande pensatore, ‘inventore’ del neoclassicismo, era dedicato uno spazio cospicuo; il quattro aprile di quel fatale 1806 era tornato insistentemente sull’importanza delle memorie, scrivendone all’amico pittore Philipp Hackert, suo maestro di pittura e disegno a Napoli, che gli aveva espresso il suo compiacimento per Winckelmann und sein Jahrhundert. In Briefen und Aufsätzen a cura del poeta e pubblicato da Cotta nel 1805. Goethe risponde all’amico esortandolo a raccogliere i materiali autobiografici. E pare un invito a sé stesso: A questo proposito mi è venuta in mente un’altra cosa completamente diversa. Giacché Lei vede di fronte a sé la Sua vita e la Sua opera, poiché un uomo speciale deve essere conservato per i posteri non solo nelle sue opere, ma anche nelle sue azioni, avvenimenti, convinzioni e nelle sue idee teoriche e poiché per Lei, come per altri artisti, la scrittura non è un problema, così La 7

Cfr. la puntuale Cronologia di Poesia e verità nella presente edizione.

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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vorrei spronare a stendere un’autobiografia breve o particolareggiata come crede e ad affidarmela. Vedendo il tempo trascorso della nostra vita e ricapitolandola nei nostri pensieri, la viviamo una seconda volta e mentre ne scriviamo, ci prepariamo a una seconda vita negli e con gli altri. Non devo certo menzionare quanto sia sempre istruttiva e incoraggiante la storia di un uomo che, dotato dalla natura di un talento straordinario, in più di un senso ha costruito il suo stesso destino con un impegno ininterrotto. La prego, si prenda a cuore questo mio desiderio e mi faccia sapere presto che ha cominciato a esaudirlo […]. Dal grande vuoto che si è verificato in me con la morte di Schiller, sono sempre più vivacemente dipendente dalla memoria del passato e avverto per così dire con sempre maggiore sentimento il dovere di preservare nel ricordo ciò che è scomparso per sempre8.

Fu poi Goethe, alla morte dell’artista, a scriverne la vita nel 1810, sui materiali che aveva a disposizione: Philipp Hackert. Biographische Skizze, meist nach dessen eigenen Aufsätzen, che oltre al lavoro editoriale era anche un’imperdibile occasione per una sottile polemica in nome della pittura paesaggistica classica contro quella romantica. D’altronde tutti gli scritti autobiografici del periodo postclassico sono percorsi anche da quest’intenzionalità critica antiromantica, ancorché il più delle volte occultata con quella stilistica eleganza di cui era ormai maestro. Dunque, l’epocale svolta storica, insieme alla percezione che era finito non solo il mondo del Sacro Romano Impero, ma anche il suo mondo, coincideva con il definitivo tramonto della stagione in cui il classicismo di Weimar rappresentava la nuova ‘cultura’ della Germania del tempo9. Certo gli era capitato di occuparsi di percorsi biografici. Le Confessions (1782-1789) di Rousseau erano uno dei libri più noti, più letti e affascinanti dell’epoca; e del resto, Goethe, formatosi all’interno del luteranesimo pietista, conosceva l’importanza delle autobiografie dei devoti. Anzi Briefe, HA iii, p. 20. Cfr. la monografia sempre valida di Walter Horace Bruford: Culture and Society in classical Weimar 1775-1806. Cambridge: Cambridge University Press 1975. 8 9

PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

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a esse dedicò uno straordinario monumento inserendo le Confessioni di un’anima bella (Bekenntnisse einer schönen Seele) dell’amica e maestra spirituale Susanna Katharina von Klettenberg nel Wilhelm Meisters Lehrjahre (Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister), che rievocò sia nell’autobiografia sia, sublimata, nella figura di Makarie nei Wanderjahre (Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister)10. Nel 1770 Goethe aveva anche spronato Jung-Stilling, l’amico del periodo universitario a Strasburgo, a scrivere la sua storia, così intessuta di pericoli, prove, difficoltà, ostacoli, fallimenti e risultati mondani, nonché pietistici risvegli interiori. Quando questi gli inviò il manoscritto, Goethe lo sottopose a un accurato lavoro di redazione e di revisione, pubblicandolo nel 1777 col titolo Jung-Stillings Jugend (La giovinezza di Jung-Stilling)11. Goethe fu anche un attento lettore dell’Anton Reiser, il romanzo fortemente autobiografico e intriso della visione pietistica, di Karl Philipp Moritz (17561793), il suo amico del soggiorno romano (1786-1788). Accanto ai percorsi pietistici Goethe si era occupato in Italia di Cellini e della sua vita, che tradusse in un’edizione attentamente elaborata e pubblicata prima nella rivista schilleriana delle «Horen» nel 1796-1797 e poi in volume nel 1803. Negli anni Novanta con i suoi crescenti interessi scientifici si era confrontato, sollecitato dalle biografie di studiosi, eruditi, ricercatori e scienziati, anche col problema dell’autobiografia in relazione a sé stesso con osservazioni che confluirono nell’opera Materialien zur Geschichte der Farbenlehre (Materiali sulla storia della teoria dei colori), pubblicata nel 1810 con numerosi profili storici e con un sorprendente finale: Confessione dell’autore, che ripercorre le sue peripezie nel campo della ricerca scientifica, sia sperimentale sia teorica, come pure storica. Il volume, concepito anni prima, esce Il termine Wanderjahre, da wandern, è difficilmente traducibile. Rosita Copioli, la curatrice di una recente traduzione propone Gli anni di viaggio di Wilhelm Meister (Milano: Medusa 2005). 11 Per ulteriori informazioni cfr. l’intervento veramente esauriente nelle Note al testo (p. 1746, nota 213). Nell’apparato si trovano numerose e preziose notizie sui personaggi, le opere, i luoghi, gli eventi menzionati da Goethe. 10

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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pochi mesi prima che il poeta cominciasse a dettare nel gennaio 1811 l’autobiografia, il cui nucleo tematico era già nell’incipit della Confessione: Allorquando prendiamo parte a un avvenimento, nulla ci risulta più gradito del racconto di persone che ne sono effettivamente state testimoni, e che ci riferiscono di questo o quel particolare inizio, di questa o quella particolare circostanza, e ciò vale tanto della storia politica quanto di quella della scienza, laddove in ambedue accade che non vi sia nulla di tanto poco significativo che non possa attrarre, un giorno, l’interesse di qualcuno. Per questa ragione non ho voluto mancare, dopo essermi dedicato a indovinare la biografia di questo o di quell’autore, di annotare come io sia arrivato alle mie ricerche nella fisica e in particolare nella cromatica, una circostanza alla quale dovevo tanto più corrispondere in quanto queste mie occupazioni sono apparse a qualcuno in contraddizione con il resto della mia biografia. […] Il racconto della mia vicenda, se dovesse essere intero, avrebbe bisogno di molto dettaglio, cosicché può forse bastare il singolo capitolo che qui presento, mentre rimando l’esposizione completa a una più ampia confessione se me ne sarà data l’opportunità e se me ne sarà dato il coraggio12.

Da ciò si deduce che l’intero scritto è pervaso di elementi biografici a mo’ di una singolare ouverture all’autobiografia. Le sollecitazioni venivano da molteplici direzioni e non ultima l’età – nel 1809 aveva compiuto sessanta anni – che favoriva, se non imponeva, uno sguardo storico, obiettivo sul suo vissuto. Proprio il confronto con la vita di Hackert fornì lo spunto decisivo, come ricorda negli Annali, a proposito del 1811: Avevo ragione di domandarmi, perché quello che facevo per un altro non intraprendessi ad effettuarlo per me stesso. Mi rivolsi quindi, ancora prima di finire quel volume, alla storia della mia propria vita giovanile. Ora, certo, qui trovai che avevo troppo a lungo indugiato. Avrei dovuto cominciare l’opera durante la Johann Wolfgang Goethe: La storia dei colori. A cura di Renato Troncon. Milano/Trento: Luni Editrice 1997, pp. 403-404. 12

PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

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vita di mia madre, allora sarei stato io stesso ancora più vicino a quelle scene d’infanzia e vi sarei stato completamente trasportato dall’alta forza della sua memoria. Ora invece dovevo richiamarmi io stesso questi spiriti smarriti e mettere insieme faticosamente e ingegnosamente parecchi strumenti di ricordo, come necessario apparecchio magico. Avevo da rappresentare lo sviluppo di un fanciullo divenuto illustre. […] In questo senso chiamai abbastanza modestamente tale opera, trattata con scrupolosa fedeltà, Verità e poesia, intimamente convinto che l’uomo nel presente, anzi meglio nel periodo del ricordo, modella il mondo esteriore, conformandolo secondo le sue proprie particolarità13.

È un testo programmatico che ci comunica l’intera struttura e proposta dell’autobiografia, incentrata sull’infanzia. Questa sensibilità così moderna è avvalorata proprio dall’autobiografia, e ancora dopo decenni nei colloqui con il fido Johann Peter Eckermann (1792-1854), il 27 gennaio 1824, confermava questa sua convinzione: «L’epoca più importante per un individuo è senz’altro quella della sua formazione; epoca che nel mio caso, si conclude con ciò che è dettagliatamente raccontato nei volumi di Verità e poesia. Più tardi comincia il conflitto con il mondo, che è interessante solo se conduce a dei risultati»14. L’esplicito riferimento all’autobiografia per quanto riguarda la centralità degli anni della fanciullezza rimanda a una singolare mediazione operata da Bettina Brentano von Arnim (1785-1859), la figlia di Maximiliane von La Roche – colei che dette gli occhi neri alla Lotte del Werther –, e sorella di Clemens (1778-1842), nonché moglie di Achim von Arnim (1781-1831). Bettina, che soggiornò varie volte a Weimar, era dedita a Goethe al punto di pubblicare nel 1835 il fantasioso e assai romantico Briefwechsel mit einem Kinde (Carteggio con una fanciulla)15. Il poeta pregò Johann Wolfgang Goethe: Annali. Diario giornaliero e annuale ad integrazione delle altre mie confessioni. La Spezia: Melita 1992 (ristampa dell’edizione Milano: Facchi 1923, trad. di Cristina Baseggio), p. 163. 14 Johann Peter Eckermann: Conversazioni con Goethe negli ultimi anni della sua vita. Trad. di Ada Vigliani. Torino: Einaudi 2008, p. 63. 15 Bettina von Arnim: Goethes Briefwechsel mit einem Kinde. Mit Herman 13

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la giovane che frequentava a Francoforte la mamma di Goethe, Elisabeth, la celebre Frau Aja, di raccogliere per iscritto gli aneddoti sulla sua prima fanciullezza che la mamma le aveva raccontato. La lettera segna l’irreversibile decisione di Goethe di scrivere le sue memorie, le confessioni, secondo il prototipo presentato da Agostino e soprattutto sulla scia del modello precedente delle Confessions di Rousseau. Con l’intenzione di raccogliere le informazioni degli anni più lontani si rivolge, il 25 ottobre 1810, alla giovane: Invece di dirti come sto, del che non vi è molto da dire, ho una preghiera da rivolgerti. Poiché tu non cesserai dallo scrivermi volentieri, né io dal leggerti volentieri, potresti intanto farmi un gran favore. Debbo confessarti che sono in procinto di scrivere le mie confessioni; ne uscirà un romanzo o una storia; non si può ancora prevedere, ma in ogni modo ho bisogno del tuo aiuto. La mia buona mamma è morta e così molti altri che potrebbero rievocarmi un passato che io per lo più non ricordo. Ora tu hai vissuto lungo tempo con la cara mamma, hai ripetutamente udito le sue favole e i suoi aneddoti, e serbi tutto nella tua memoria vivida e ravvivatrice. Mettiti dunque lì e scrivi quel che si riferisce a me e ai miei: in tal modo mi farai proprio un piacere ed un servizio. Mandami qualcosa di tempo in tempo, e parlami di te e di chi ti circonda. Amami sino a che ci rivedremo16.

Il legame con Bettina si ruppe fragorosamente quando in un incontro pubblico la giovane apostrofò Christiane una «Blutwurst», una «salsiccia», né il rapporto si ripristinò negli anni seguenti, malgrado la dedizione (non certo disinteressata) della scrittrice. In realtà ne uscì un romanzo, la storia romanzata di una formazione, di una crisi profonda e insieme la storia di una fuga da Francoforte a Weimar. Divenne la più straordinaria confessione, una rivelazione, come osservava Erich Trunz, il Grimms Lebensbild “Bettina von Arnim” als Einleitung. Stuttgart/Berlin: Cotta 1880. 16 Cit. in Lavinia Mazzucchetti: La vita di Goethe seguita nell’epistolario. Firenze: Sansoni 1949, pp. 210-211.

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PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

grande editore della Hamburger Ausgabe: «Nella letteratura universale non c’è un’autobiografia più grande»17. Un ‘romanzo’ di formazione, ma anche un’attenta ricostruzione storica, scrupolosamente erudita, dettagliata, come dimostrano le vaste letture compiute con i libri di casa e con i volumi della Anna Amalia Bibliothek di Weimar, nonché con le numerose richieste di documenti e di informazioni. Infatti nella composizione dell’autobiografia Goethe si era rivolto anche a diversi amici e conoscenti, alcuni della giovinezza come Friedrich Maximilian Klinger, il suo sodale nella stagione giovanile, autore del dramma Wirrwarr del 1776, rinominato poi Sturm und Drang che per antonomasia designò quella che è considerata la prima avanguardia letteraria europea, che Goethe proprio nell’autobiografa definì la «rivoluzione letteraria tedesca» (p. 1039), raggruppando con ciò i connotati e i limiti fondamentali del movimento. Inoltre incaricò di ricerche sulla storia di Francoforte Johann Friedrich Schlosser (1780-1851) e suo fratello Christian Heinrich (1782-1829), nipoti di suo cognato Johann Georg Schlosser: erano giovani che aveva imparato ad apprezzare come brillanti studenti a Jena. Un altro corrispondente fu l’amico filosofo Friedrich Heinrich Jacobi18, che frequentò assiduamente in gioventù per poi prenderne le distanze a causa della nota polemica sull’interpretazione di Spinoza. Al nobile weimariano Carl Ludwig von Knebel, uno dei pochi cui dava del tu e che aveva fregiato del titolo unico di Urfreund, primo amico, chiese una memoria dei primi incontri con il giovane duca Carl August che gli fece visita, l’11 dicembre 1774, nella sua casa a Francoforte e con cui intavolò una conversazione sul particolarismo tedesco prendendo spunto da un fascicolo delle Patriotische Phantasien del celebre giurista e storico Justus Möser. Questa opera rappresentava una delle più argute giustificazioni del particolarismo tedesco che assai piaceva al duca come pure a Goethe, fiero cittadino della Freie Reich­ HA ix, p. 631. Sempre valida la monografia di Valerio Verra: F. H. Jacobi: dall’illuminismo all’idealismo. Torino: Edizioni di filosofia 1963. 17 18

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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stadt, la libera città di Francoforte che dipendeva direttamente dall’imperatore, ovvero che era di fatto una piccola repubblica autonoma, di cui il nonno materno Johann Wolfgang Textor fu a lungo podestà. L’intesa fra il duca e lo scrittore fu immediata e si concretizzò con l’invito a recarsi a Weimar; il poeta rivide Carl August poco tempo dopo a Magonza e poi a Karlsruhe in occasione delle nozze con la duchessa Louise. S’incontrarono successivamente di nuovo a Francoforte con la promessa di rivedersi presto a Weimar. I giovani duchi lo avrebbero preceduto, mentre lui sarebbe stato accompagnato dal weimariano Johann August von Kalb nella nuova carrozza. L’appuntamento era per il 17 ottobre. Ma passa un giorno, passa un altro e del landò nessuna notizia. Il giovane dovette subirsi le ironie del padre, Johann Caspar, giurista, erudito e scrupoloso, pedante precettore dei suoi due figli: Wolfgang e Cornelia, la sorella amatissima e sfortunata, precocemente deceduta19. Johann Caspar era un orgoglioso repubblicano, libero cittadino francofortese, che guardava con diffidenza i nobili e i principi ed era convinto che il ducale invito non fosse che una raffinata burla aristocratica. Goethe intanto aveva preso congedo da tutti i conoscenti e amici. La partenza poneva anche definitivamente termine a una storia d’amore appassionata ma infelice con Lili Schönemann. Doloroso fu il commiato, eppur necessario. Nei primi giorni d’impaziente attesa del landò il poeta, chiuso in casa, in incognito, lavorava intensamente a Egmont, il nuovo dramma. Poi diventò inquieto. Abituato a vivere all’aperto, lui che chiamavano il Wanderer, il viandante, cominciò a uscire di notte intabarrato e i passi lo conducevano immancabilmente verso Lili. Una sera l’intravide mentre al piano suonava un Lied di una sua poesia per lei; sempre al pianoforte aveva conosciuta la «niedliche Blondine»20, «la graziosa biondina» pochi mesi prima. Riuscì a resistere e a fissare un giorno definitivo per la partenza: il 30 ottobre, che arrivò, ma Cornelia morì di parto nel 1777, a soli 26 anni: cfr. la bella monografia di Sigrid Damm: Cornelia Goethe. Trad. di Mirella Torre. Torino: Bollati Boringhieri 1991. 20 Cit. in Lavinia Mazzucchetti: La vita di Goethe, cit., p. 50. 19

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PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

senza traccia della carrozza. Goethe, turbato, inquieto, spinto dal padre, un entusiasta amante dell’Italia e che aveva rifornito il figlio di denaro e di libri, fuggì da Francoforte e partì per il nostro paese. Si fermò a Heidelberg da un’amica di famiglia, demoiselle Helena Dorothea Delph, che in un suo soggiorno a Francoforte aveva avuto un ruolo importante, come pronuba, nell’appianare gli ostacoli tra le famiglie dei due giovani innamorati ma che, da persona realista, considerate le difficoltà di un’unione, aveva cambiato il progetto. Heidelberg faceva parte del Palatinato di confessione luterana, mentre il sovrano Karl Theodor era cattolico. Demoiselle Delph si prodigava per rafforzare gli evangelici e Goethe era proprio un buon partito, noto in tutta la Germania per il successo strepitoso del Werther, cosicché la signora gli propose un bel matrimonio. Pur non contrario, il poeta decise che se ne sarebbe parlato al suo ritorno dal Bel Paese. Era determinato a partire il giorno dopo la proposta della Delph, ma di notte giunse il postiglione con un messaggio da parte di von Kalb: c’era stato un problema tecnico con la carrozza che l’attendeva a Francoforte. Che fare? La demoiselle premeva per la soluzione che gli aveva prospettato. Goethe si concesse una breve riflessione in solitudine, la decisione fu Weimar e così si conclude l’autobiografia con un gran finale, ripreso dall’Egmont. Improbabile che Goethe all’esterrefatta demoiselle Delph recitasse quel brano monumentale che termina evocando «i solari cavalli del tempo» (p. 1673). 2. La trama di una vita Sempre cosmico, il poeta e del resto il racconto autobiografico era cominciato proprio con l’oroscopo, probabilmente sulla scia dell’opera De vita propria di Girolamo Cardano (1501-1576), che Goethe ben conosceva e ammirava – a cementare l’armonia tra macrocosmo e microcosmo, con un gusto barocco, sospeso tra l’astronomia e l’astrologia, tra una scienza agli albori e nostalgie ermetiche ed esoteriche che percorrono l’intero itinerario intellettuale ed esistenziale dell’autore del Faust:

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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Il 28 agosto 1749, allo scoccare delle dodici, venni al mondo a Francoforte sul Meno. La configurazione astrale era propizia: il sole era nel segno della vergine e al culmine proprio quel giorno; Giove e Venere lo guardavano ben disposti, Mercurio non era avverso, Saturno e Marte indifferenti. Soltanto la Luna, appena divenuta piena, esercitava tutta la forza della sua opposizione, ancora più forte perché era appena iniziata la sua ora planetaria. Si oppose quindi alla mia nascita, che poté avvenire solo quando quell’ora fu trascorsa. (p. 16)

E d’altronde quando si vuole porre sotto il motto della verità la propria autobiografia pare giusto cominciare con l’indubitabile carta del firmamento. L’altro polo, quello della Dichtung, della poesia in senso più ampio che in italiano, s’intreccia con la memoria e i ricordi, mentre la stessa storia assume un singolare e affascinante carattere circolare con orbite sempre più ampie a partire dalla casa paterna allo Hirschgraben per ampliarsi alla città con le sue stradine ancora medievali, con la viuzza del ghetto (Goethe racconta di come contribuì a domare un incendio, accennando anche a un certo antisemitismo popolare) e il Römer dove avveniva, ancora con sfarzo medievale e barocco, la cerimonia dell’incoronazione del Kaiser, del rex romanorum, cui assistette tra la fine di marzo e i primi di aprile del 1764. Successivamente avviene la scoperta della Sassonia, Lipsia e Dresda, la partecipazione, assai intensa, alla vita accademica. All’università di Lipsia – si era iscritto per la ferma volontà paterna alla facoltà di giurisprudenza (lui avrebbe preferito la nuova università di Göttingen) – ebbe ancora modo di conoscere Gottsched e Gellert. E la trama della vita accademica s’intreccia con un innamoramento come pure con le sue curiosità, dalla medicina alla letteratura, dalla pittura al disegno e al mancato incontro con Winckelmann, già allora venerato dagli ambienti intellettuali e artistici, al cui insegnamento neoclassico Goethe restò fedele per tutta la vita. Certo, l’interesse letterario è predominante e percorre tutto il settimo libro, costituendo una storia in nuce della nascente nuova letteratura tedesca, affascinante perché assai soggettiva (più del Goethe ‘storico’ che dello studentello di Lipsia). La sua visione, i suoi giudizi sono

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personali, proprio come assai soggettivo fu il suo viaggio in Italia, con grandi intuizioni e altrettante grandi omissioni e sottili polemiche, invisibili fra le righe, nei confronti dei romantici e dei pittori Nazareni, soverchiamente devoti. La rievocazione della letteratura della sua giovinezza è d’altronde quella del Goethe ormai sempre più isolato, persino contestato e accerchiato dalle nuove tendenze artistiche e intellettuali, a lui estranee se non ostili. E il sottile filo rosso della ricerca religiosa parte dall’infanzia per giungere agli anni giovanili e all’intuizione finale del ‘genio’, del daimon, con cui termina Poesia e verità. Lo snodo è rappresentato dall’incontro con Ernst Theodor Langer alla fine del suo soggiorno a Lipsia: con lui affiora il tema della spiritualità pietista, che si approfondisce con il suo repentino ritorno a casa. Infatti, per una malattia dalle motivazioni non del tutto chiare, deve interrompere gli studi e lasciare Lipsia alla vigilia del suo diciannovesimo compleanno. Trascorre un lungo periodo di convalescenza in clausura a casa, visitato dai ‘fratelli’ del circolo pietista della mamma, animato dalla Fräulein von Klettenberg. Da una minacciosa ricaduta lo salva il misterioso intervento del medico paracelsiano Johann Friedrich Metz con le sue spagiriche medicine magico-ermetiche che sembrano essere state efficaci per la guarigione del giovane che s’immerge in profondi, complicati e complessi studi ermetici, nonché in tentativi alchemici con l’apprestamento di un laboratorio con fornello, ritorte e alambicchi. Tutto raccontato con ironia, ma non dimentichiamo che la serietà dell’esperienza anima l’Urfaust, di poco successivo, mentre la rievocazione autobiografica è spesso sul filo dell’ironia. E infine lo troviamo a Strasburgo, immerso nella primavera alsaziana, entusiasta del Münster, del duomo gotico, del suo medievale architetto, della vita accademica, dell’incontro decisivo con il suo mentore Herder. E così inizia l’irripetibile stagione dello Sturm und Drang e dell’amore per Friederike Brion, la fresca e modesta figlia del pastore evangelico di Sessenheim, nell’incantevole campagna in riva al Reno21. Conclude non gloriosamente Cfr. Adolf Metz: Friederike Brion. Eine neue Darstellung der “Geschichte in Sesenheim”. München: Beck 1911. 21

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studi e amore. Di nuovo a Francoforte il padre lo spedisce a impratichirsi al tribunale imperiale di Wetzlar, altra reliquia polverosissima del Reich, ottima palestra per imparare a barcamenarsi tra i codici. Il giovane si unisce a un’allegra brigata di colleghi; partecipa a tavolate, a cerimonie cavalleresche paramassoniche e a balli estivi, dove conosce Lotte Buff. L’innamoramento con la giovane – promessa sposa – dura per una breve stagione, dal ballo di metà giugno all’improvvisa partenza, quasi una fuga, dell’11 settembre. Durante il ritorno incontra la giovane Maxe von La Roche, che poco dopo sposerà Peter Anton Brentano, commerciante d’origine italiana domiciliato a Francoforte. Con la giovane intrattiene un’intensa frequentazione, non gradita al marito che pone quindi fine ai loro incontri. A Francoforte svolge un po’ di pratica d’avvocato, con il silenzioso e decisivo sostegno del padre, esimio giurista, e di un bravo scrivano. 3. La crisi stürmeriana Sono i tempi del Wanderer, soprattutto dei primi testi importanti: il dramma Götz von Berlichingen che lo rende famoso sulle scene tedesche con quel gusto medievaleggiante molto stürmeriano e preromantico sulla scia della ricezione tedesca di Shakespeare, seguito dal romanzo dei Dolori del giovane Werther, un vero trionfo, di cui lo stesso autore si meravigliò. Fu il primo riconoscimento internazionale della letteratura tedesca; nessun’altra opera di Goethe attinse un’uguale fortuna presso il pubblico non solo del suo tempo: Il successo del libretto fu grande, anzi enorme, soprattutto perché uscì al momento giusto. Proprio come basta una miccia piccolissima per innescare una mina potentissima, così l’esplosione che si verificò tra il pubblico fu tanto violenta proprio perché i giovani avevano già minato le fondamenta, il contraccolpo tanto devastante perché fece esplodere le pretese eccessive, le passioni insoddisfatte, le sofferenze immaginarie di ciascuno. (p. 1255)

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Il Goethe weimariano prende le distanze dai lettori del tempo e silenziosamente dalla scapigliatura stürmeriana, culminata nel romanzo e superata proprio con il Werther. La metafora dell’esplosione viene ripresa quasi letteralmente da Thomas Mann, quando era professore a Princeton, nel suo saggio wertheriano del 1941, tanto forte era ancora la potenza del «libretto»: «Il romanzo determinò un’ebbrezza, una febbre, un’estasi diffusa su tutta la terra abitata: ebbe l’effetto di una scintilla che cada in un barile di polvere e liberi, allargandosi all’improvviso, una terribile massa di forze»22. Quando il Consigliere segreto von Goethe, ormai potente esponente di primo piano alla corte di Weimar, deve trattare di quel «libretto», rievocando la febbre del ‘wertherismo’, si percepisce nelle sue parole un distacco e una sottile condanna per quella stagione stürmeriana, per quella «rivoluzione letteraria tedesca di cui fummo testimoni e a cui, volenti o nolenti, consapevolmente o meno, contribuimmo senza sosta» (p. 1039). Ne percepiva la pericolosità, la deriva nichilistica da cui si era salvato attraverso la «grande confessione» (p. 595), accettando l’incarico a Weimar, da cui proveniva quell’indispensabile forte ancoramento alla realtà oggettiva e alla comunità23. Ormai considerava la vorticosa esperienza giovanile un ‘sentiero interrotto’, un Holzweg messo agli atti con l’esperienza di Weimar, col viaggio in Italia e soprattutto con la simbiosi classica con Schiller. E del resto osservava con polemico disappunto le nuove turbolente tendenze dei giovani scrittori in cui rivedeva tutta l’immaturità della fase stürmeriana. Infatti era passata molta acqua sotto i ponti di tutti i suoi fiumi e la meditazione di Goe­ the nel ricostruire quell’atmosfera era distaccata e sottilmente ironica. Il Werther segna un punto di svolta, un allontanamento sempre più veloce e radicale da quell’esperienza e anche dai 22 Thomas Mann: Il Werther di Goethe, ora in: Nobiltà dello spirito e altri saggi. Milano: Mondadori 1997 (I Meridiani), pp. 312-313. 23 Sul minaccioso trascinamento del giovane Goethe stürmeriano verso il nichilismo cfr. Giuliano Baioni: Il giovane Goethe. Torino: Einaudi 1996, nonché il mio Goethe. L’insidia della modernità. Roma: Donzelli 1999.

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compagni dell’avventura stürmeriana. Rievoca con deciso distacco quegli ‘scapigliati’ e soprattutto Jacob Michael Reinhold Lenz, che cominciava a mostrare preoccupanti segni di squilibrio psichico. Ma si era allontanato anche da Friedrich Maximilian Klinger e da Heinrich Leopold Wagner, che Goethe sospettava di essersi indebitamente appropriato di un suo tema, accusandolo di furto intellettuale («Gedankenraub», p. 1284), del dramma di Gretchen con la tragedia Die Kindermörderin (L’infanticida) del 1776, mentre l’anno precedente Wagner lo aveva coinvolto in una polemica con la pubblicazione di uno sgradevole libello anonimo contro i critici e i detrattori del Werther. Tutti credettero che fosse Goethe l’autore del libello, e il poeta dovette perfino pubblicare una smentita pubblica che non venne creduta. Insomma, la misura era colma per la svolta già anticipata dal primo contatto epistolare – nel maggio 1774 con il Werther concluso – con colui che a quel tempo veniva considerato il principale esponente della lirica, Friedrich Klopstock, che era stato un grande innovatore con il suo poema Messias e soprattutto con le sue odi. Il poeta non era certo un esponente del rococò24 né del genere neo-anacreontico25, bensì il fondatore della poesia sentimentale, della Empfindsamkeit26, che non piaceva ai tradizionalisti (ad esempio al padre di Goethe), ma nemmeno agli Stürmer di stretta osservanza. 4. Il romanzo di Lili Intanto la sua vita era cambiata soprattutto per il matrimonio della sorella Cornelia, che si era sposata il primo novembre del 1773 con un suo amico, il serio e severo giurista Johann Georg SchlosCfr. Friedrich Sengle: Aufklärung und Rokoko in der deutschen Literatur. Heidelberg: Winter 2005. 25 Cfr. Herbert Zeman: Die deutsche anakreontische Dichtung. Stuttgart: Metzler 1972. 26 Cfr. l’esauriente opera di Gerhard Sauder: Empfindsamkeit. Stuttgart: Metzler 1973-1980 (3 voll.). 24

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ser, nominato alto funzionario dell’amministrazione di Emmendingen, una cittadina presso Karlsruhe. Il germanista e psicanalista Kurt R. Eissler ha scritto uno studio voluminoso e intrigante in due tomi per dimostrare il rapporto virtualmente inibitorio tra i due fratelli27. In realtà Goethe si era invaghito di una giovane e deliziosa «Blondine», Lili Schönemann, ma si sa: «la stagione dell’amore viene e va». L’amore era stato gentile e dolce: il poeta l’aveva conosciuta a carnevale del 1775, a un ricevimento in casa dei ricchi Schönemann, facoltosi banchieri calvinisti. Mentre lei suonava il piano, lui le si era messo di fronte. Il giovane cominciò a frequentare la casa di Lili con crescente, reciproca simpatia che si trasformò rapidamente in un innamoramento, perfino in un fidanzamento, ma le profonde differenze di ceto sociale, di mentalità, di formazione e non ultima la diversa confessione religiosa (a quel tempo assai importante in una città rigidamente luterana come Francoforte) misero velocemente fine al rapporto d’amore. Goethe, turbato, confuso, decise di chiarirsi partendo, fuggendo a metà maggio 1775 – senza dirlo alla giovane – per la Svizzera. La medesima cosa successe quando il tre settembre 1786 partì, fuggì per l’Italia senza avvertire Charlotte von Stein, a cui era restato per undici anni legatissimo, e nemmeno il duca Carl August, amico e suo ‘principale’. Non era intimamente ancora del tutto convinto di porre termine alla sua relazione con Lili e durante il viaggio si fermò dalla sorella che, amareggiata dal suo matrimonio, insistette con valide motivazioni affinché Wolfgang sciogliesse il fidanzamento. E così avvenne. Continuò il viaggio per la Svizzera in compagnia dei due fratelli, i conti Christian e Friedrich Leopold zu Stolberg, discepoli assai singolari di Klopstock, dediti al culto della natura che culminava con fragorosi bagni nudi nei vari laghetti alpini. A Zurigo incontrò di nuovo il pastore evangelico Johann Caspar Lavater, che stava licenziando la prima parte dei Physiognomische Fragmente zur Beförderung der Menschenkenntnis 27 Cfr. Kurt Robert Eissler: Goethe. A Psychoanalytic Study. Wayne State University Press 1962 (2 voll., 1538 pp.).

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und Menschenliebe (Frammenti fisonomici per la promozione della conoscenza umana e della filantropia), cui aveva collaborato anche Goethe, che nell’autobiografia, rievocando quell’incontro, non cela la sua ironia. L’amicizia con il pastore svizzero si era gradualmente rarefatta e infine interrotta per le esaltazioni mistiche dello zurighese, culminate con l’apologia del discusso Cagliostro. Il viaggio di Goethe proseguì fino al Gottardo con la prima incertezza se scendere a valle verso l’Italia o tornare: tornare da Lili. E così avvenne. Ma ormai il rapporto era irrimediabilmente compromesso e siamo giunti all’attesa del landò per Weimar, la vera svolta nella vita del poeta, come affiora potentemente nell’autobiografia. Goethe aveva scritto rapidamente le prime tre parti dell’autobiografia: la prima iniziata nel gennaio del 1811 uscì già nel settembre dello stesso anno; la seconda nell’ottobre del 1812; per la terza il flusso narrativo dovette fare i conti con le turbolenze e la guerra: la dettatura cominciò nel 1812 e proseguì fino all’agosto del 1813 per uscire a maggio del 1814. Erano già pronte diverse sezioni della quarta parte, ma la scrittura si arrestò. La spiegazione fornita da Goethe sorgeva da un comprensibile scrupolo: dall’obbligo di discrezione nei confronti di Lili, che intanto si era sposata con Bernhard Friedrich von Türckheim (1752-1831), banchiere di Strasburgo. Nel 1816 Lili muore; nel 1821 suo figlio Karl visita Goethe a Weimar. In quell’anno Goethe riprende i lavori alla quarta parte dell’autobiografia toccando finalmente il racconto del fidanzamento con Lili. Nella memoria, in una rievocazione garbata, lievemente nostalgica e malinconica della giovanetta, sbiadiscono le altre figure femminili, come Christiane (morta nel 1816) e la famosa Charlotte von Stein (1742-1827), cui si era legato da un profondo amore, infranto con la ‘fuga’ in Italia e al ritorno immediatamente sostituita da Christiane. A Eckermann, nel 1830, quando ormai aveva ripreso la scrittura della quarta parte dell’autobiografia, confidava, ormai ottantunenne, con nostalgica tenerezza, come Lili fosse stato l’unico amore autentico della sua vita, a riprova che «i desideri non invecchiano quasi mai con l’età»:

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Sarei stato fiero di dire a tutto il mondo quanto l’avevo amata; e credo che lei non sarebbe arrossita nel confessare che il mio affetto era ricambiato. […] Me la rivedo davanti come fosse allora l’incantevole Lili, e mi sembra di sentire nuovamente l’alito della sua presenza che mi rendeva felice. E davvero, fu la prima donna che ho amato di un amore autentico e profondo. E posso anche dire che fu l’ultima; perché tutte le piccole passioni che mi hanno toccato in seguito nella vita sono state leggere e superficiali se paragonate alla prima28.

Povera Christiane e povera Frau von Stein, ma anche povera Lotte Buff, raffigurata nell’indimenticabile Lotte del Werther, come pure povera Marianne von Willemer (1784-1860), l’ispiratrice e intelligente collaboratrice del Divan, per la quale nel 1814 aveva cominciato la sua ‘egira’ in Oriente, mettendo in cantiere una delle opere più sorprendenti, Der west-östliche Divan (Divan occidentale-orientale). 5. La grande rivelazione Erano anni di guerre e sommovimenti; nel 1813 Weimar era stata di nuovo occupata dai francesi, ormai ‘alleati’ ma non certo amati dal duca che, appena poté, cambiò fronte per tornare con i prussiani. Il 16 aprile Goethe aveva abbandonato precipitosamente la città, la casa al Frauenplan, dove era restata Christiane con il figlio August (1789-1830) per recarsi a Teplitz alla cura delle acque. Il 20 aprile a Meißen aveva incontrato alcuni patrioti, volontari contro Napoleone, che, riconosciutolo, avevano chiesto la sua benedizione alle loro schiere e alle bandiere; Goethe aveva sobriamente affermato: «Andate con Dio, auguro ogni bene al vostro giovane coraggio tedesco»29. L’otto maggio aveva visto Johann Peter Eckermann: Conversazioni, cit., pp. 559-560. Gustav Seibt: Il poeta e l’imperatore. La volta che Goethe incontrò Napoleone. Trad. di Monica Lumachi e Paolo Scotini. Roma: Donzelli 2009, p. 181; cfr. anche il saggio di Barbara Besslich: «am Klavier wie hinter den 28

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a Dresda – e forse parlato – con Napoleone, che incontrò per l’ultima volta, sempre a Dresda, il 14 agosto sulla via del ritorno. In quei mesi concludeva la terza parte dell’autobiografia, approntando alcuni brani della quarta parte, quelli relativi al demonico, con un riferimento al suo Empereur. In questi frangenti Weimar è di nuovo occupata prima dai francesi e poi persino dai russi. Il comandante, cavallerescamente, ordina a un cosacco di fare la guardia alla casa del poeta. Continuare a scrivere, ecco il rifugio e la fuga che il poeta assume come il suo mandato verso la cultura dell’epoca, minacciata da tumultuosi entusiasmi nazionalistici: un novello, militante avatar stürmeriano. E cresce l’esigenza di rivisitare il passato per misurare la distanza da un presente minaccioso, sempre più lontano dall’equilibrio spirituale e artistico del classicismo. Il 14 febbraio 1814 scrive una lettera assai preoccupata e triste al giovane diplomatico austriaco, l’ultramontano Franz Bernhard von Bucholtz (1790-1838): Per essere sincero è il servizio principale che ritengo di poter offrire alla mia patria continuando nel mio tentativo autobiografico di rappresentare, nella misura in cui ne sono stato testimone, i mutamenti della cultura morale, estetica, filosofica, con correttezza e serenità mostrando come sempre l’età successiva tenta di scacciare ed eliminare quella precedente invece di ringraziarla per gli stimoli, le informazioni e la tradizione30.

Goethe era profondamente scosso. Il 31 marzo le truppe della coalizione antinapoleonica entravano a Parigi. Così sembrava finita la guerra. Ma l’Europa non era più la stessa. Con la presa di Parigi e la successiva, definitiva battaglia di Waterloo, avviene il ritorno della pace almeno a Weimar. Il poeta interrompe l’autobiografia. Ma non la scrittura che è il suo esilio volontario, la sua virtuale emigrazione interna da quel tempo turbolento in cui Kanonen». Goethe und Napoleon und was das 19. Jahrhundert daraus machte. In: «Goethe-Jahrbuch» 126, 2009, pp. 103-114. 30 Briefe, HA iii, p. 257.

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non si riconosce. La giovane generazione, quella dei volontari (lui aveva impedito al figlio di arruolarsi), non lo ama e lui la sente estranea a tutti i suoi valori, a tutta la sua sensibilità; percepisce l’insidia spirituale del nuovo tempo, quello delle nazioni, dimentico del cosmopolitismo settecentesco cui lui resta fedele. La prima fuga poetica è con Marianne von Willemer in una mirabile Persia poetica e subito dopo s’imbarca in un altro scritto autobiografico, che considera la continuazione dell’autobiografia, che almeno all’inizio conserva il titolo generale Aus meinem Leben. Zweite Abteilung, Erster Teil (Dalla mia vita. Seconda sezione, prima parte) nel 1816 e nel 1817 Aus meinem Leben. Zweite Abteilung, Zweiter Teil (Dalla mia vita. Seconda sezione, seconda parte). E solo alla fine del 1829, nell’edizione ‘definitiva’, nella Ausgabe letzter Hand, l’opera riceve il titolo con cui la conosciamo oggi: Italienische Reise (Viaggio in Italia). Lo stesso vale per l’altra ‘puntata’ autobiografica, Aus meinem Leben. Zweite Abteilung, 5. Teil, pubblicata nel 1822, che poi viene intitolata nel 1829: Kampagne in Frankreich31 insieme all’Assedio di Magonza (Belagerung von Mainz). Tutti questi testi – dal Viaggio in Italia, avvenuto nel 1786-1788, alla Campagna di Francia del 1792 – risalgono a circa trent’anni prima. Sono rievocazioni di anni ormai lontani, ma pervase da sottili lame polemiche contro il romanticismo e l’irruzione del nazionalismo, quello dei nuovi poeti: Ernst Moritz Arndt (1769-1860), Johann Joseph Görres (1776-1848), Heinrich von Kleist (1777-1811). Quel loro patriottismo era la dolorosa, definitiva contestazione del cosmopolitismo illuminista e classico. L’autobiografia vuole essere un racconto completo, ma fino a un certo punto; ciò che vistosamente manca sono gli anni di Weimar, gli anni della sua intensa attività politica e diplomatica, gli Il titolo della traduzione italiana (Incomincia la novella storia. Palermo: Sellerio 1991, a cura di Edvige Levi), riprende versi carducciani da Ça ira: «E da un gruppo di oscuri esce Volfango / Goethe dicendo: Al mondo oggi da questo / Luogo incomincia la novella storia», rifacendosi all’esclamazione di Goethe a Valmy, il 20 settembre 1792, nello scontro che decise la vittoria dei rivoluzionari francesi. 31

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anni del suo rapporto d’amore con Charlotte von Stein. Un silenzio inquietante, che spiega l’estrema discrezione dello scrittore che è anche un uomo politico e importante ministro nella storia del ducato (dal 1815 eretto a granducato), ascoltato dai sovrani32. Dobbiamo ricorrere ai testi letterari per comprendere ciò che significano quei silenzi: all’ Iphigenie, all’ Egmont e soprattutto al Tasso. Nel suo celebre discorso per il conferimento del Premio Goethe nel 1930 Sigmund Freud terminava fornendoci una chiave ironica dell’ermeneutica dell’autobiografia goethiana: «Quale grande poeta Goethe non è stato solamente un grande rivelatore, bensì malgrado le innumerevoli annotazioni autobiografiche un attento occultatore»33. Potremmo rintracciare l’ambivalente etimologia di rivelatore come colui che svela, ma anche come chi mette di nuovo il velo, ‘ri-vela’, occulta ciò che contemporaneamente confessa. Eppure Goethe lascia cospicue tracce sulla sua speciale via alla poesia, alla creazione quale elaborazione, memorizzazione dinamica del vissuto, come comunica in uno dei passi giustamente più famosi e citati: Così inaugurai quella tendenza che non avrei più abbandonato per tutta la vita, cioè prendere ciò che mi rallegrava, mi tormentava o mi faceva in qualche modo riflettere per trasformarlo in un’immagine o in una poesia, rielaborandolo dentro di me sia per correggere la mia concezione delle cose esteriori, sia per tranquillizzarmi interiormente. Nessuno più di me aveva bisogno di quella dote, scaraventato com’ero per natura sempre da un estremo all’altro. Da allora, tutto quello che ho pubblicato non sono che frammenti di una grande confessione, e questo libriccino è l’ardito tentativo di completarla. (p. 595) Sull’attività amministrativa di Goethe e sull’incidenza di questa sulla sua scrittura poetica cfr. il saggio di Ernst Robert Curtius: Goethes Aktenführung. In: «Die Neue Rundschau» 62, 1951, pp. 110-121. 33 Sigmund Freud: Ansprache im Frankfurter Goethe-Haus. In: Id.: Bildende Kunst und Literatur. Studienausgabe. Frankfurt a. M.: Fischer 1969, vol. x, p. 296. 32

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Questi «Bruchstücke einer großen Konfession» lo avevano a lungo intrigato. Come potevano essere amalgamati in un’opera autobiografica? Ancora nel 1808 a Carl Friedrich Zelter (17581832), il musicista tanto amico da proporgli il tu, scriveva perplesso a proposito della nuova edizione dei suoi scritti: «I frammenti di un’intera vita appaiono strani e incoerenti messi uno accanto all’altro e per questo i recensori sono proprio a disagio qualora volessero considerare quello che è stato pubblicato insieme come un tutto coerente. L’intenzione amicale sa animare al meglio questi frammenti»34. Offrire un filo rosso ai lettori e «agli amicali interpreti», diventa uno dei fini dell’autobiografia, ma nella scrittura avanza, e sempre maggiormente, la «grande confessione», che è anche un’ambivalente ‘grande rivelazione’. È un fitto intreccio di motivazioni, sovente distanti, distinte e contrastanti tra loro, ciò che sostiene l’autobiografia. Come era sorta l’intenzione di scrivere il «libriccino» (così lo chiamava all’inizio dell’impresa)? Numerose erano le ragioni e le sollecitazioni per scrivere: l’isolamento dopo la scomparsa di Herder e soprattutto di Schiller (e nel 1813 di Wieland, anche lui a Weimar), l’ansia che in quei tempi turbolenti si potesse ripetere un saccheggio con la perdita di manoscritti preziosi, il sentimento profondo della fine di un’epoca, di cui lui era stato protagonista e di cui gli correva l’obbligo di dare testimonianza. L’avanzare dell’età lo conduceva a una visione, a una comprensione fortemente storicizzante di sé stesso, a una risoluta convinzione della propria centralità nella formazione della letteratura tedesca, attaccata a quel tempo dai romantici, nonché dai giovani patrioti che non condividevano certo il suo settecentesco cosmopolitismo, quello che aveva condiviso con Wieland, con Herder e con Schiller, e che già nel 1795 gli aveva suggerito un saggio decisivo Litterarischer Sanscülottismus contro le tendenze sorte con lo scatenamento dell’estremismo della Rivoluzione francese, che lui – a differenza della maggioranza degli scrittori tedeschi – aveva immediatamente considerato come un’insidia al patrimo34

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nio spirituale, intellettuale e artistico della cultura del suo tempo, ormai minacciata di essere sconvolta dagli avvenimenti francesi. Un sottile filo rosso traversa Poesia e verità, nonché gli altri due importanti scritti autobiografici, il Viaggio in Italia e la Campagna di Francia: quello della polemica antiromantica e più precisamente contro i giovani patrioti che auspicavano una Germania libera e unita con una letteratura nazionale, promotori di una deutsche National-Litteratur, come si chiamò quell’opera monumentale in 222 volumi a cura di Joseph Kürschner, completata alla fine del secolo. Lo stesso West-östlicher Divan, composto tra il 1814 e il 1819, è l’indiretta replica goethiana in nome di un grandioso progetto, quello della Weltliteratur, un termine per una concezione apparentemente superata e considerata ancora all’interno dell’ideale settecentesco illuministico-classico, mentre invece era una grandiosa apertura al futuro della letteratura, che d’altronde solo per brevi decenni – specialmente dell’Ottocento e del fatale primo Novecento tedesco – si era limitata negli angusti confini delle rispettive nazioni. L’abbandono dell’ideale e della prassi cosmopolita è l’insidia più minacciosa che Goethe e Schiller intravedevano nelle nuove tendenze anticlassiche, come recita il 96° Xenion: Tedeschi, invano, sperate di formarvi come nazione; formatevi invece, questo lo potete, più liberamente, come uomini35.

È lo stesso pensiero che Schiller tratteggiava in Deutsche Größe, che annunciava che la «grandezza tedesca» era nella cultura, nella Bildung in consonanza con Goethe, con Herder e con Wieland36. L’appassionata difesa del particolarismo tedesco, dell’antiquata costituzione del Sacro Romano Impero è sicuramente un elemento di memoria come conferma la stupenda e dettagliata Johann Wolfgang Goethe: Tutte le poesie, vol. ii, p. 691 (trad. di Maria Teresa Giannelli). 36 Cfr. la monografia, veramente esaustiva, di Andrea Albrecht: Kosmopolitismus, Weltbürgerdiskurse in Literatur, Philosophie und Publizistik um 1800. Berlin/New York: de Gruyter 2005, nonché della medesima autrice il saggio: Vom «wahren, weltbürgerlichen Sinne». Goethe und die Kosmopolitismusdebatte seiner Zeit. In: «Goethe-Jahrbuch» 126, 2009, pp. 90-102. 35

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rievocazione dell’incoronazione di Giuseppe ii al Römer di Francoforte nel 1764. Ma il tema del particolarismo tedesco per Goethe è ancora valido e paradossalmente potremmo riflettere che la vecchia costituzione, con le sue infinite autonomie locali, avrebbe protetto la Germania dal suo tragico destino novecentesco assai più dello stato nazionale. Non a caso nel Terzo Reich vennero aboliti gli statuti regionali in nome di una centralizzazione, estranea alla tradizione tedesca. Il ripristino dei Länder nel dopoguerra è l’ultima reincarnazione, aggiornata, di quel particolarismo tedesco difeso da Goethe, entusiasta lettore di Möser e fiero cittadino della libera città di Francoforte e in seguito strenuo assertore dell’autonomia del ducato di Weimar. L’occasione dell’autobiografia non si esaurisce meramente nel vissuto, nella rievocazione, spesso incantevole, sempre intrigante, della sua vita; l’opera si costruisce come un testo molteplice e Goethe si conferma il grande ‘rivelatore’, comunicatore e insieme occultatore. L’intenzionalità politica con la polemica culturale quasi non appare eppure è sempre presente, costituisce la filigrana del testo. Diventa un’immensa testimonianza del suo ‘mondo di ieri’, che sorprendentemente contiene semi che affioreranno nel futuro, con una straordinaria capacità di dialogare con la nostra epoca, con l’attualità. 6. Crisi e scrittura Per lo scrittore l’epoca segnalava turbolenze, sommovimenti e violenti rivolgimenti, perciò decise di scrivere un’opera sotto la pressione della guerra e del saccheggio. La decisione era già un segnale della fine di un’epoca, come intuisce Peter Sprengel, il curatore dell’autobiografia per la «Münchner Ausgabe»: «Poesia e verità è un’opera della crisi. Sorta in una situazione della perdita e di minacciosa incertezza serve alla conferma e alla legittimazione dell’autore»37. La perdita è la recente morte di Schiller, 37 Peter Sprengel: Einführung, in J. W. Goethe: Aus meinem Leben. Dichtung und Wahrheit, MA xvi, p. 881.

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seguita a quella di Herder; la minaccia si era concretizzata con la fine dell’età del classicismo e con l’abolizione della costituzione imperiale, quella plurale delle libertà contro l’astrattezza della liberté. Opera della crisi, certamente, ma anche opportunità di comprensione, di silente resurrezione che si concretizza in una sistemazione memorabile, in un manuale mirabile, sui generis in tutti i sensi, della cultura letteraria dell’epoca. L’autobiografia, inoltre, è anche una straordinaria, una sorprendente storia della pittura europea, un’immensa e vivace spigolatura dell’arte fiamminga, francese, nonché di quella tedesca e segnatamente dei pittori francofortesi a lui contemporanei, che frequentavano la casa allo Hirschgraben per gli incarichi del padre, un notevole, sistematico e generoso collezionista, nonché, per qualche anno, del conte de Thoranc, il lieutenant du roi acquartierato a casa loro. L’amore di Johann Caspar Goethe per i libri e per i quadri sarà pure un tratto di pedanteria, ma soprattutto rivela un mirabile interesse per le arti e per la cultura, ereditato e coltivato dal figlio che, infatti, divenne il raffinato e appassionato collezionista e conoscitore della civiltà letteraria non solamente tedesca, come pure delle arti figurative, come confermano ampi brani autobiografici. Il poeta era stato, persino, a lungo in bilico sulla sua più autentica vocazione artistica che si rivelò definitivamente durante il viaggio in Italia. Ma l’autobiografia illumina anche l’interesse probabilmente meno visitato, quello scientifico, che risale alla frequentazione volontaria delle lezioni di medicina e alle costanti osservazioni scientifiche. E qui si apre uno scenario di nuovo sorprendente con la pratica alchemica38 e le dense letture ermetiche39, dove scienza della natura e scienza dello spirito si collegano in connessioni impreviste, ancora aperte a ulteriori approfondimenti40. Pietismo esoterico, alchimia, ermetismo, 38 Cfr. Ronald Douglas Gray: Goethe the Alchimist. A study of Goethe’s literary and scientific Works. Cambridge: Cambridge Library Collection 2010. 39 Cfr. lo studio, ancora valido, di Rolf Zimmermann: Das Weltbild des jungen Goethes. München: Fink 1969-1979 (2 voll.). 40 Rudolf Steiner ha incentrato la sua scienza dello spirito proprio sulla visione dell’uomo e del mondo di Goethe, cui ha dedicato il luogo centrale della

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nonché iniziazione massonica, sono gli elementi di un’inquietudine interiore, di quel cammino religioso rievocato attentamente nell’autobiografia, con affettuosa ironia, che in Goethe è un ingrediente retorico del mascheramento. D’altronde per tutta la vita il poeta amò travestirsi e comparire in incognito. In Dichtung und Wahrheit appare, sotto le ‘mentite spoglie’ di uno sprovveduto studentello, al professore di diritto Höpfner a Gießen, ma un travestimento più famoso fu quello del candidato di teologia che cavalcò, modestamente vestito come si conveniva a un futuro pastore, a Sessenheim. In assoluto l’incognito più celebre è quello scelto per il viaggio in Italia quale Philipp Moeller, ovvero «Filippo Miller Tedesco pittore di anni 32», come annotò il parroco di Santa Maria del Popolo a Roma41. Il decennio di pace gli aveva consegnato ancora una possibilità di creazione in nome del classico, infranta dal saccheggio di Weimar, dalla definitiva fine della pace e della tradizione imperiale. Ancora una volta affiora la potenza creativa di Goethe. Urgeva scrivere, testimoniare, ricostruire e dare un nuovo ordine interiore e narrativo all’interazione tra il microcosmo e il macrocosmo, tra la vita intima e la grande storia. Era un compito arduo come appare chiaramente dalla prefazione all’opera, in cui risponde a una lettera (fittizia), che gli serve per esporre le motivazioni, la poetica dell’autobiografia: Se infatti, da giovani, procediamo con impeto sulla nostra strada e rifiutiamo impazienti le richieste altrui per non distrarci, con il passare degli anni apprezziamo invece moltissimo qualsiasi forma d’interesse che ci incoraggi e ci spinga con affetto a una nuova attività. Mi misi quindi subito al lavoro e in via preliminare, partendo dai dodici volumi, mi segnai le opere letterarie piccole e grandi per ordinarle cronologicamente. Cercai di riSocietà Antroposofica, il Goetheanum di Dornach presso Basilea. Cfr. Rudolf Steiner: Goethes Weltanschauung (1897 e 1918). Dornach: Rudolf-Steiner-Verlag 1999. Si veda pure Id.: Le opere scientifiche di Goethe. A cura di Rinaldo Küfferle. Milano: Bocca 1944. 41 Cfr. la ricerca di Roberto Zapperi: Una vita in incognito. Goethe a Roma. Torino: Bollati-Boringhieri 2000, p. 49.

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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evocare il tempo e le circostanze in cui le avevo scritte ma il compito si rivelò ben presto assai arduo […]. Mentre cercavo di andare incontro a quella richiesta ben meditata e mi sforzavo di rappresentare l’uno dopo l’altro i moti interiori, gli influssi esteriori, le fasi teoriche e pratiche che avevo attraversato, mi dovevo spostare dalla mia ristretta vita privata all’ampio mondo, e vedevo comparire le figure di centinaia di uomini importanti che avevano agito su di me, chi più chi meno; e infine era necessario prendere bene in considerazione i colossali mutamenti storici e politici che hanno influenzato moltissimo sia me che la grande massa dei miei contemporanei. Perché questo sembra il compito principale della biografia: rappresentare l’uomo nel contesto della sua epoca per mostrare in che misura il tutto gli si opponga, in che misura lo favorisca, come egli sia giunto ad avere quella visione del mondo e degli uomini e come, se è un artista, un poeta o uno scrittore, l’abbia poi trasmessa agli altri. Ma questo obiettivo è quasi irraggiungibile. (pp. 9-11)

Si può ritenere che questa prefazione, aggiunta a giustificazione dell’opera, riassuma le innumerevoli riflessioni che dal 1806 furono così pressanti da indurlo a rompere gli indugi. Del resto, recensendo per lo Hausorgan dell’Università di Jena, la «Jenaische allgemeine Literatur-Zeitung», nel febbraio del 1806 il fascicolo della raccolta curata da Siegfried Lowe (1756-1831), Bildnisse jetzt lebender Berliner Gelehrten mit ihren Selbstbiographien (Ritratti di eruditi berlinesi viventi con le loro autobiografie), relativo allo storico svizzero Johannes Müller (1752-1809), Goethe ritorna sull’opportunità di scrivere anche la sua storia personale. Sull’argomento si concentra nell’aprile successivo nella lettera a Hackert già menzionata. Insomma il tempo era maturo. Goethe s’inventa gradualmente storico di sé stesso e della sua epoca con sempre nuove visuali alla soglia dell’incipiente sensibilità storicizzante42. Nell’ottobre 1809 detta a Riemer le 76 pagine dello «schema biografico», che parte sorprendentemente dal 1742, l’anno in cui il padre ricevette, ovvero acquistò il titolo onorifico di consigliere imperiale. Tale onorificenza gli impedì di ricoprire 42

Cfr. l’Einführung di Peter Sprengel, cit., pp. 881-904.

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PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

qualsiasi carica pubblica a Francoforte e si spiega con il carattere aspro di Johann Caspar che non si sentiva doverosamente considerato dalle autorità della libera città. Quel titolo segna anche il carattere chiuso e pedante dell’atmosfera casalinga, alleggerita dal carattere gioioso, affettuoso della madre43. Lo schema si conclude con l’anno 1809, in cui scrive. L’anno successivo sempre a Riemer detta un ulteriore schema generale in venticinque punti che abbracciano l’epoca dal 1749 al 1803 con successive integrazioni. Anche negli anni seguenti Goethe tornò, con continui aggiornamenti, sulla cronologia delle sue opere. Nessun seme va perso nella vita del poeta: il 17 gennaio 1797 Schiller lo aveva sollecitato ad approntare un’accurata cronologia delle sue opere, concludendo: «Mi meraviglierei se nell’evolversi del Vostro essere non si potesse riconoscere una specie di necessario percorso della natura dell’uomo»44. L’edizione letzter Hand, iniziata nel 1827 e completata nel 1842, raggiunse i 60 volumi, i cui primi quaranta furono curati da Goethe o da lui approntati per la pubblicazione: circa la metà è costituita da scritti autobiografici che riguardano il poeta o vite di scrittori e artisti da lui curate. Negli ultimi anni è più che mai attivo, e porta a termine opere importanti. Tra il 1824 e il 1825 lavora intensamente alla quarta parte dell’autobiografia, la cui pubblicazione annuncia il primo maggio 1826, ma che in realtà interrompe per concentrarsi sullo Hauptgeschäft, sul «lavoro principale»: il Faust. Solo nel 1830 la riprende lavorandoci fino all’autunno del 1831. Edita postuma a cura di Eckermann e Rie­ «Da mio padre avevo ereditato una certa loquacità pedantesca, da mia madre il dono di raccontare in modo brillante e intenso tutto ciò che l’immaginazione produceva, di ravvivare le favole già note, di inventarne e raccontarne di nuove, addirittura di inventare raccontando. L’eredità paterna mi rendeva spesso sgradito in compagnia: chi infatti è disposto ad ascoltare le opinioni e le idee di un altro, soprattutto di un giovane che, per mancanza di esperienza, ha una ridotta capacità di giudizio? Mia madre invece mi aveva equipaggiato bene per l’intrattenimento sociale. Anche la fiaba più vacua esercita sempre un grande fascino, e l’intelletto è sempre grato per un contenuto, seppur minimo» (p. 945). 44 Friedrich Schiller: Schillers Briefe in zwei Bänden. Berlin/Weimar: Aufbau-Verlag 1968, p. 127. 43

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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mer, sostenuti dai consigli del cancelliere Friedrich von Müller (1779-1849), presenta lacune e ripetizioni che i curatori non hanno voluto eliminare45. Ancora nel 1830 lo scrittore parla dell’autobiografia come di Verità e poesia, Wahrheit und Dichtung; il titolo viene mutato da Goethe nell’attuale di Dichtung und Wahrheit per motivi eufonici. In una lettera del 12 gennaio del 1830 al re Ludwig i, suo grande ammiratore, si sofferma sulla concezione dell’autobiografia: Per ciò che riguarda Verità e poesia, il titolo per certi versi paradossale è stato determinato dall’esperienza della mia vita, che il pubblico è sempre dubbioso sull’autenticità di tali tentativi biografici. Per rimediare a questa situazione, mi sono orientato verso una specie di finzione senza essere per così dire costretto, bensì liberamente, sospinto da un certo spirito di contraddizione, poiché era il mio impegno più serio quello di rappresentare ed esprimere la verità profonda [das eigentliche Grundwahre] che, per quanto la comprendevo, aveva determinato la mia vita. Se farlo, a distanza di anni, è impossibile senza il ricorso alla memoria e quindi senza far agire l’immaginazione, se cioè si finisce sempre con l’esercitare in un certo qual modo la facoltà poetica, allora è chiaro che potrò esporre e accentuare più i risultati – come noi ora pensiamo il passato –, che i particolari, come si erano verificati all’epoca. D’altronde anche la cronaca più semplice porta con sé necessariamente qualcosa dello spirito del tempo in cui fu scritta46.

E così l’autore rende giustizia ai due fattori fondanti dell’autobiografia che non può mai essere solamente la resa dettagliata del vissuto, bensì almeno per Goethe si tratta anche della raffigurazione, se non della trasfigurazione di ciò che è stato realizzato. D’altronde il libro doveva anche dare testimonianza dei lavori interrotti, non portati a compimento, che lo avevano talora a lungo intrigato e tenuto occupato. 45 Decisivi i lavori filologicamente restaurativi a cura di Siegfried Scheibe per la «Akademie-Ausgabe», Berlin 1970-1974, su cui si sono fondate le successive edizioni, ormai ‘canoniche’: il volume xvi della MA (1985) e il volume xiv della FA (1986). 46 Briefe, HA iv, a cura di Karl Robert Mandelkow, p. 363.

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PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

Testi pubblicati o manoscritti, tutti rivelavano una tendenza evolutiva verso la realizzazione della sua missione personale, confermata ed espressa nella raffigurazione del daimon, evocato già in Urworte, orphisch (1817), che sfiora la concezione dell’entelechia, ben nota a Goethe: «Geprägte Form, die lebend sich entwickelt» («Forma impressa, che vivendo si evolve»). Questa comprensione impone una scelta in nome dell’orientamento principale che ha indirizzato la sua esistenza: sollecitando la scrittura autobiografica, la giustifica. Nel racconto la sua vita straordinaria con i suoi incontri, le sue visioni, le sue peregrinazioni si eleva a Dichtung, intesa come la più autentica interpretazione e ispirazione del suo essere nel suo tempo. In questa delicata, mobilissima dialettica si svolge il flusso della scrittura. Il poeta, giunto alla quarta parte, appena schizzata nel 1814, la accantona a lungo, e non solo per discrezione, ma anche per la difficoltà di comunicare anche a sé stesso l’intuizione, la percezione del ‘genio’. La tremenda notizia dell’improvvisa (ma non inaspettata) morte del figlio August a Roma (in quella città tanto amata)47 il 27 ottobre 1830 è l’estrema crisi e l’estremo impulso alla scrittura, alla testimonianza di un uomo che già si considera un sopravvissuto, un superstite dell’umana avventura, consapevolmente prossimo ormai alla chiusura di un ciclo vitale straordinario. 7. A Weimar! La conclusione della rievocazione, anche per il carattere provvisorio, non definitivo, dà senso a tutto il racconto autobiografico. Gli ultimi quattro libri sono parzialmente una ‘divagazione’, un viaggio reale, una fuga in Svizzera con tre nobili coetanei, Christian e Friedrich Leopold conti zu Stolberg e con il conte Christian August von Haugwitz per giungere da Lavater, quel singolare intel47 Cfr. Paola Paumgardhen: «Auch ich in Arkadien». Il viaggio in Italia di August von Goethe. In: AA.VV.: L’Italia di Goethe. Acireale/Roma: Bonanno 2016, pp. 216-232, nonché sempre di Paola Paumgardhen: I tre Goethe in viaggio per l’Italia. Acireale/Roma: Bonanno 2017, soprattutto pp. 161-222.

POESIA E VERITÀ: LA GRANDE ‘RIVELAZIONE’

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lettuale, mistico e pastore, e infine con la Wanderung, l’escursione nella terra di Guglielmo Tell, tra monti, valli e laghi fino al Gottardo. Questo interludio elvetico fa parte del breve romanzo d’amore con Lili, ancora una volta infelice, o più esattamente sfortunato, e infine si giunge al gran finale in cui ritorna il sublime Leitmotiv della spiritualità con Spinoza e con la percezione del demonico, già incontrata nell’incipit del xiii libro, dedicato – non a caso – alla nuova letteratura tedesca. Come in una partitura wagneriana il Leitmotiv del demonico ritorna possente e definitivo proprio a conclusione dell’opera distaccandosi dai contemporanei ma anche da Lili, «la prima donna che ho amato di un amore autentico e profondo»48. Si allontana da lei (o più propriamente fugge da lei), facendo violenza a sé stesso, ovvero a una parte di sé. In questa dolorosa e necessaria decisione il giovane poeta realizza sé stesso. Già nel febbraio 1775 è consapevole della contraddizione, del faustiano contrasto, quello delle famose «due anime, ahimè, abitano nel mio petto». La descrizione del tremendo conflitto interiore, in cui si decide il suo destino, affiora in una inquieta, sconvolgente, sofferta e insieme potente lettera ad Auguste zu Stolberg (17531835), ‘Gustchen’, la sorella dei giovani conti: Se Ella, mia cara, può immaginare un Goethe in marsina e galloni e anche in ghingheri da capo a piedi, che, circonfuso dalla luce scipita dei doppieri e dei lampadari, frammisto a gente d’ogni sorta, è trattenuto alla tavola da gioco da due begli occhi e spinto alternatamente per distrarsi da una società a un concerto e di qui a una festa da ballo, che fa la corte con tutto l’ardore della sventatezza a una graziosa biondina; allora avrà l’immagine attuale di quel Goethe che di recente Le è andato balbettando certi cupi e profondi sentimenti, che non riesce a scriverLe, che talvolta anzi La dimentica, perché in Sua presenza riesce insopportabile a sé stesso. Ma ve ne è anche un altro, quello in pellicciotto grigio, con la sciarpa di seta marrone e gli stivali, che già avverte la primavera nella carezza dell’aria di febbraio, cui presto tornerà a schiudersi la cara vastità del mondo, che sempre in sé stesso vivendo, sempre lottando e operando, cerca di fissare a modo suo i sensi inno48

Eckermann: Conversazioni, cit., pp. 559-560 (5 marzo 1830).

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PREFAZIONE DI MARINO FRESCHI

centi della giovinezza in brevi canti, ora le sapide droghe della vita in drammi disparati, ora gli aspetti dei suoi amici e dei suoi paesi e della sua casa diletta col gesso su un foglio grigio, che non chiede né a destra né a sinistra qual conto si faccia dell’opera sua, giacché lavorando egli sale sempre un gradino più in su49.

Così la storia di una crisi profonda: sappiamo chi vinse e l’esito ispira il ventesimo libro, il più breve e forse il più intenso, dove la delicata figura della dolce fanciulla malinconicamente sbiadisce con un irresistibile crescendo verso la percezione sempre più nitida, più fatale del demonico, nella percezione grandiosa e irreversibile del genio. L’intuizione di questa dimensione sacrale, che si può manifestare «sia nella corporeità che nell’incorporeità» (p. 1651), può tradursi in un’esperienza di estremo pericolo contenibile di nuovo nel Bild, nella figura, nella pratica dell’arte quale «grande confessione» per giungere, riprendendo un brano dell’Egmont, a un finale sinfonico che molto piacque a Beethoven, che tra il 1809 e 1810 compose musiche di scena al dramma. Dichtung und Wahrheit riceve così un epilogo luminoso, veramente solare, e tutto sotto il polo della Dichtung. Eppure, in questo caso la Dichtung si svela come il nucleo profondo della Wahrheit: Come sferzati da spiriti invisibili, corrono i solari cavalli del tempo con il cocchio leggero del nostro destino; e a noi non resta che tener salde le redini con coraggio e, scartando ora a destra ora sinistra, preservare le ruote qui dal sasso, lì dal precipizio. Dove vada, chi lo sa? A mala pena ricorda da dove è venuto. (p. 1673)

Certo è che il landò inviato dal duca sapeva bene dove andare: a Weimar. E così con una specie di fuga notturna iniziava un’altra storia, avvolta nel segreto e nel mistero degli undici anni fino a una nuova fuga notturna del tre settembre 1786 verso l’Italia.

Lettera del 13 febbraio 1775, in Lavinia Mazzucchetti: La vita di Goethe, cit., pp. 49-50. Cfr. Gabriella Catalano: Le case della vita. In Ead.: Goethe. Roma: Salerno 2014, pp. 15-60. 49

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

1749 28 agosto

29 agosto 1750 7 dicembre

Johann Wolfgang Goethe nasce a Francoforte sul Meno poco dopo mezzogiorno, figlio primogenito di Katharina Elisabeth Goethe nata Textor e Johann Caspar Goethe. La madre proviene da una delle famiglie più in vista della città; il padre è giurista e consigliere imperiale onorifico. Francoforte è una libera città imperiale con circa 36.000 abitanti. Viene battezzato con rito protestante. Nasce la sorella Cornelia Friederike Christiana. Seguiranno altri quattro fratelli, due maschi e due femmine, che moriranno tutti molto piccoli.

1752

Frequenta insieme alla sorella il Kindergarten di Maria Magdalena Hoff, vicino a casa, fino al 1755; qui imparano a leggere.

1753

Inizia il catechismo: Wolfgang e Cornelia devono imparare a memoria e ripetere passi biblici. – A Natale ricevono in regalo dalla nonna un teatro delle marionette, che viene montato in una stanza della casa.

1755

Dopo la morte della nonna, che abitava con la famiglia, iniziano radicali lavori di ristrutturazione

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1 novembre

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

della casa situata sul Großer Hirschgraben, che dureranno fino al gennaio dell’anno successivo. In questo periodo i bambini vengono mandati in una scuola elementare pubblica. – Prime letture di Volksbücher, racconti e romanzi. Giunge la notizia del terremoto di Lisbona, che lo impressiona profondamente.

1756

Cominciano le lezioni di calligrafia, matematica, storia, geografia, poi anche latino e greco: è il padre a occuparsi in prima persona dell’istruzione dei figli. Scoppia la Guerra dei sette anni, che provoca accesi scambi di opinioni all’interno della famiglia: il padre si schiera dalla parte di Federico ii di Prussia, mentre il nonno Textor e gli zii parteggiano per l’imperatrice Maria Teresa d’Austria.

1757

Scrive una poesia per i nonni Textor, da recitare in occasione del pranzo di Capodanno: sono i suoi primi versi che ci sono rimasti. Prende lezioni di francese e si diverte partecipando a gare di poesia e composizione. Traduce dal latino e dal greco (Esopo, Fedro); impara anche lo Jiddisch, parlato a Francoforte dalla folta comunità ebraica.

1758 Primavera Estate

1759

Prende il vaiolo, dal quale però guarirà senza che la malattia lasci segni evidenti. Lezioni di greco e, da settembre, anche di disegno; lettura del Nuovo Testamento, proseguono gli esercizi di traduzione. La città viene occupata dalle truppe francesi; il conte Thoranc, luogotenente reale, è alloggiato a

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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casa Goethe da inizio gennaio a fine maggio 1761. Attivo e impegnato nella vita pubblica, egli rappresenterà, per Wolfgang, l’alternativa alla figura del padre, da cui comincia a prendere le distanze. Inizia a frequentare regolarmente il teatro allo Junghof, dove lavorano attori francesi al seguito dell’esercito. Primi contatti con il mondo del teatro, con la letteratura francese (soprattutto Corneille, Racine) e rapidi progressi nell’apprendimento del francese. Conosce molti pittori locali, ai quali Thoranc commissiona numerosi dipinti e che lavorano spesso nella mansarda di casa. 1760-1762

Il padre gli impartisce lezioni di ballo e di italiano; termina lo studio di greco, latino e calligrafia, sostituiti da ebraico, inglese, religione. Nei pomeriggi frequenta assiduamente gli spettacoli teatrali.

1763

Scrive poesie e componimenti d’occasione su richiesta degli amici; raccoglie le poesie di argomento più serio in un volumetto che fa rilegare e dona al padre. Le truppe francesi lasciano Francoforte. Lezioni di piano e primo amore per una fanciulla che nella biografia viene chiamata Gretchen, ma di cui non si ha evidenza storica. Confermazione. Assiste a un concerto di violino del giovanissimo Mozart e rimane affascinato dal suo genio musicale.

3 aprile 25 agosto

1764 3 aprile

Assiste all’incoronazione di Giuseppe II che si svolge in città. La lunga e solenne cerimonia rende tangibile l’esistenza del Sacro Romano Impe-

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23 maggio

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

ro, di cui non manca però di rilevare gli elementi problematici. Gretchen lascia la città: è la prima delusione d’amore. Viene assunto un precettore per dare gli ultimi ritocchi alla sua educazione; si accosta alla filosofia antica (Platone, Aristotele, gli stoici). Prima sua lettera che ci sia rimasta, in cui chiede di essere ammesso alla Arkadische Gesellschaft zu Phylandria, una delle società letterarie allora molto di moda (non sarà accolto).

1765

Prende lezioni di scherma e di equitazione (poco gradite). Letture estensive delle opere letterarie presenti nella biblioteca paterna (Omero, Ovidio, Fénélon, Defoe, Schnabel, Lessing, Gellert); lo colpisce in particolare Il Messia di Klopstock. Inizia la produzione letteraria con fiabe, rielaborazioni di storie bibliche, opere teatrali sulla scia del teatro francese. Vorrebbe studiare lettere classiche a Göttingen, ma il padre ha altri progetti. 30 settembre Partenza per Lipsia dove intraprende gli studi di giurisprudenza, secondo il desiderio paterno. La città è la capitale del rococò letterario, molto moderna e orientata a modelli francesi, in forte contrasto con l’atmosfera più tradizionale e conservatrice di Francoforte. Affidato alla guida di Johann Gottlob Böhme, storico e docente di diritto, viene convinto a rinunciare allo studio delle lettere e avviato agli studi giuridici; la signora Böhme lo aiuta invece a inserirsi in società. Frequenta regolarmente il teatro e inizia a prendere lezioni di disegno da Adam Oeser, che lo introduce al pensiero di Winckelmann. 1766

Nasce l’interesse per la medicina e le scienze naturali grazie alle conversazioni a pranzo

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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con il rettore dell’università, Christian Gottlieb Ludwig, docente di medicina. Inizia a frequentare la casa dell’editore Breitkopf e incontra Gottsched. Prime letture di Shakespeare. Amicizia con Ernst Wolfgang Behrisch. Si innamora di Käthchen Schönkopf (Annette), e per lei scrive le sue prime poesie d’amore che Behrisch, l’anno seguente, raccoglierà in un fascicolo. Lettura del Laocoonte di Lessing. 1767

1768 Febbraio

Aprile Luglio

Partecipa ai concerti organizzati a casa dell’editore Breitkopf; impara l’arte dell’acquaforte, dell’incisione e dell’intaglio su legno. Lavora alla commedia pastorale I capricci dell’innamorato e scrive numerose poesie d’occasione e componimenti satirici (tra cui l’ode al pasticcere Hendel, conservata in Poesia e verità). In ottobre assiste alla prima della Minna von Barnhelm di Lessing, da cui è molto colpito. In un momento di crisi, in autunno brucia tutti i suoi manoscritti e lettere, insieme alle opere composte fino a quel momento. Viaggio a Dresda, dove si trattiene alcuni giorni, per poter visitare più volte la Pinacoteca e altre collezioni private. Profonda impressione della pittura olandese e fiamminga. Interrompe la relazione con Käthchen Schönkopf, ma rimarranno in rapporti di amicizia. Una forte emorragia conseguente a una grave affezione polmonare fa temere per la sua vita; a fine agosto rientra a Francoforte in condizioni preoccupanti e in una profonda crisi esistenziale. Grazie alle assidue cure mediche si riprende, ma

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

a dicembre ha una ricaduta. Nei mesi di malattia si dedica alla lettura e al disegno. 1769 Gennaio

Ottobre

1770 Marzo

Dopo la ricaduta, le sue condizioni sono gravissime; solo verso aprile-maggio si ristabilirà del tutto. Nei mesi trascorsi in casa si interessa di alchimia e pansofia (Paracelso, Basilio Valentino, Helmont, Welling) e si avvicina al pietismo tramite Susanne von Klettenberg, un’amica di famiglia. Di passaggio a Mannheim, visita la sala delle antichità, dove vede tra l’altro il gruppo del Lao­ coonte. Compone la commedia I complici; viene stampata anonima, a Lipsia, la sua prima raccolta di liriche: Nuovi Lieder, messi in musica da Bernhard Theodor Breitkopf.

Nuovo autodafé degli scritti composti nel periodo di Lipsia. Partenza per Strasburgo, dove il padre gli impone 1 aprile di concludere gli studi di giurisprudenza. Oltre alle lezioni di diritto, seguirà anche quelle della facoltà di medicina. Insieme agli amici compie molte escursioni in Alsazia e Lorena, dove nasce l’interesse per la geologia e la mineralogia. Primo incontro con Herder, che si fermerà a Stra5 settembre sburgo fino all’aprile 1771 per curare una malattia degli occhi. Si frequentano regolarmente, nonostante il difficile carattere di Herder; assimila nuove idee sulla poesia, la letteratura, il genio, la concezione del linguaggio e nuovi modelli estetici. 10-14 ottobre Gita a Sessenheim, dove si innamora di Friederike Brion, figlia del pastore locale. La loro fre-

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quentazione durerà fino all’estate dell’anno successivo, e per lei comporrà i Sesenheimer Lieder, tra cui ci sono alcune delle sue poesie più belle (Benvenuto e addio; Canto di maggio; Rosellina di brughiera). Affascinato dal Medioevo, lavora ai motivi di Götz e Faust. 1771

6 agosto

Settembre

1772

I primi mesi dell’anno sono segnati dalle visite regolari a Herder; su suo stimolo inizia a raccogliere i canti popolari dell’Alsazia, legge Omero, Shakespeare, Ossian. Fa amicizia con Jakob Michael Reinhold Lenz. Conclude gli studi di giurisprudenza (licentiatus juris). Nei giorni seguenti prende commiato da Friederike e rientra a Francoforte. Durante il viaggio si ferma a Mannheim, dove visita di nuovo la celebre gipsoteca. Inizia a esercitare l’avvocatura, a cui si dedicherà per circa due anni, seguendo in tutto 28 cause. Rifiuta di proseguire nella carriera accademica, declinando l’invito che giunge dalla Facoltà di giurisprudenza di Strasburgo. Conoscenza di Johann Heinrich Merck. Prima stesura di Götz von Berlichingen.

Tramite Merck diviene collaboratore delle «Frankfurter gelehrte Anzeigen», per le quali redigerà molte recensioni. Viene giustiziata l’infanticida Susanna Margare14 gennaio tha Brandt; Goethe legge gli atti del processo. Marzo/aprile Merck lo introduce in un gruppo di colti pietisti a Darmstadt, di cui fanno parte, oltre a Merck e alla moglie, la promessa sposa di Herder Caroline Flachsland e molti personaggi altolocati. Frequenti visite a Darmstadt e Homburg. Merck gli presenta anche la scrittrice Sophie von La Roche.

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Maggio

Settembre

Novembre

1773 Aprile

Agosto

1 novembre

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

Inizia un periodo di praticantato presso il tribunale imperiale di Wetzlar; qui conosce e si innamora di Charlotte Buff, che è però fidanzata con l’amico Kestner (Lotte sarà la protagonista del Werther); dopo mesi tormentati, decide di lasciare Wetzlar. Periodo segnato dalla lettura di Pindaro e Omero. Prima di rientrare a Francoforte, viaggia a piedi lungo la valle della Lahn verso Ems per fermarsi a casa di Sophie von La Roche, dove ha appuntamento con Merck. A fine ottobre apprende la notizia del suicidio di Jerusalem a Wetzlar, che fornirà ulteriori spunti per il Werther. Prima pubblicazione in prosa: Sull’architettura tedesca. – Inizia anche ad approfondire le sue posizioni religiose, si interessa per l’islam, legge il Corano ed elabora il progetto per Maometto. Viaggio a piedi a Darmstadt, dove si trattiene un mese, in concomitanza con il matrimonio di Herder (2 maggio). – Approfondimento della filosofia di Spinoza, questione della tolleranza. Sophie von La Roche e la figlia Maximiliane (futura madre di Clemens Brentano) a Francoforte. Primi contatti con la famiglia Jacobi a Düsseldorf. La sorella Cornelia sposa Johann Georg Schlosser e la coppia si trasferisce a Emmendingen. Vengono date alle stampe le opere: Lettera del pastore di *** al nuovo pastore di ***; Due importanti questioni bibliche finora non commentate; Götz von Berlichingen dalla mano di ferro, stampato a proprie spese da Goethe e Merck; una seconda edizione comparirà nel 1774, ma

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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nel frattempo circolano già diverse ristampe non autorizzate. In fase di elaborazione sono il dramma Prometeo, Faust, Erwin ed Elmire. Scrive recensioni negative sulla poesia anacreontica, criticando in particolare Wieland, la sua rivista «Teutscher Merkur» e i fratelli Jacobi. 1774 Gennaio

Pattina sul Meno ghiacciato con Sophie e Maximiliane von La Roche, che ha sposato il commerciante Brentano e ora risiede a Francoforte. Lavater in visita a Francoforte insieme al pittoGiugno re Schmoll, che dipinge un ritratto di Goethe. Li accompagna poi fino a Ems quando i due proseguono il viaggio. Wieland recensisce positivamente il Götz; amici Luglio comuni cercano di mediare, smussando le polemiche tra Goethe, Wieland e i fratelli Jacobi. – Di nuovo in viaggio con Basedow e Lavater lungo i fiumi Lahn e Reno fino a Colonia, Düsseldorf, Koblenz; fa visita a Jung-Stilling, incontra i fratelli Jacobi, con cui instaura ottimi rapporti. Rientra a Francoforte a metà agosto. 29 settembre Passaggio di Klopstock a Francoforte. Nov/dicembre Prende lezioni di pittura a olio dal pittore Nothnagel; viene presentato ai duchi Karl August e Konstantin von Sachsen-Weimar, di passaggio in città, che rivedrà poche settimane più tardi a Magonza. Muore Susanne von Klettenberg. Vengono stampate le opere: Dei, eroi e Wieland (pungente satira contro Wieland); Clavigo; I dolori del giovane Werther (scritto di getto nel giro di poche settimane e stampato per la fiera autunnale di Lipsia). Prima rappresentazione di Clavigo (Amburgo, 20 maggio) e del Götz von Berlichingen (Berlino, 14 aprile).

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1775 Gennaio

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

Riceve il primo volume dei Frammenti di fisiognomica di Lavater, a cui anche lui aveva contribuito inviando ritratti e testi. Inizia a interessarsi di osteologia, studiando le ossa e i crani di uomini e animali. Aprile Fidanzamento con Lili Schönemann, figlia di un facoltoso banchiere di Francoforte, che aveva conosciuto circa tre mesi prima. Per Lili intensifica la sua partecipazione alla vita sociale. Maggio-luglio Primo viaggio in Svizzera con i fratelli Stolberg e Haugwitz. In viaggio incontra, tra gli altri, la sorella Cornelia, Karl August von SachsenWeimar, Herder, Merck, Lenz. A Zurigo si ferma da Lavater e fa visita a Bodmer; prosegue poi visitando diversi luoghi in Svizzera, Einsiedeln, Schwyz, il Lago dei Quattro Cantoni; arriva fino ad Andermatt e sul Gottardo, ma decide di non scendere in Italia, come il padre aveva invece auspicato. Riprende quindi la strada verso Nord e a fine luglio è di nuovo a casa. 22 settembre Il diciottenne Karl August, da circa un mese diventato duca di Weimar, passa di nuovo per Francoforte: lo invita ufficialmente a Weimar ed egli accetta. Ottobre Rompe il fidanzamento con Lili. Nuovo incontro con Karl August, che rinnova l’invito. A fine mese, dopo molte incertezze, parte per Weimar, dove giunge il 7 novembre di prima mattina. 11 novembre Primo incontro con Charlotte von Stein, nuovi rapporti di amicizia e collaborazione con i funzionari del ducato; nei giorni seguenti ha frequenti colloqui con Wieland e assiste al completamento del teatro sull’Esplanade. – Prime visite a Jena, Gotha, Erfurt insieme al duca. Vengono stampate le opere: Erwin ed Elmire; Amore nuovo, vita nuova; A Belinda.

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

1776 Gennaio

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Inizia la relazione con Charlotte von Stein, per la quale scriverà molte poesie; la loro corrispondenza durerà per cinquant’anni, fino al 1826. Manifesta l’intenzione di fermarsi a Weimar per un lungo periodo di tempo: Karl August lo nomina Sovrintendente generale, gli concede un vitalizio di 1200 talleri all’anno e il 22 aprile gli regala la casa sul fiume Ilm. Goethe si prende direttamente cura del giardino, iniziando così a interessarsi di botanica. 26 aprile Ottiene la cittadinanza a Weimar; nelle settimane successive visita le miniere di Ilmenau. 21 maggio In seguito a un litigio, si interrompe la corrispondenza con Klopstock. 25 giugno Giuramento e presa di servizio come funzionario statale di Weimar; viene nominato consigliere con un seggio nel Consiglio segreto, il massimo organo di governo del ducato. 1 ottobre Herder giunge a Weimar con la famiglia, chiamato dal duca come sovrintendente su proposta di Goethe. 2-19 dicembre Viaggio a Wörlitz e Dessau, con visita al Filantropino di Basedow; incontra poi anche Behrisch. Prime rappresentazioni di Stella (Amburgo, 8 febbraio) e di Erwin ed Elmire (Weimar, 24 maggio). 1777 9 gennaio Prima rappresentazione dei Complici al teatro di corte. Gen/febbraio Si occupa intensivamente dei problemi delle miniere di Ilmenau, nei pressi di Weimar. Viaggio a cavallo nello Harz, durante il quale compie le prime osservazioni su luce e colori. Molte delle sue opere vengono rappresentate al teatro di Weimar e altrove; comincia a scrivere la Vocazione teatrale di Wilhelm Meister; Viaggio invernale nello Harz.

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8 giugno autunno

Dicembre 1778 Maggio



1779 Gennaio 12 settembre



CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

La sorella Cornelia muore di parto. Numerosi viaggi e soggiorni in Sassonia e Turingia; si trattiene una settimana con Merck nella Wartburg. Viene istituita una Commissione alle miniere, che egli presiede insieme a Johann August Alexander von Kalb. Rientra a Weimar, dove si dedica alla lettura di Aristofane. Iniziano i lavori per trasformare il parco di Weimar secondo il progetto ideato da Goethe e dal duca. Compie un viaggio a Potsdam e Berlino con il duca Karl August; ha contatti con personaggi del mondo politico e militare prussiano. Rivede Oeser a Lipsia. Viene pubblicata la prima raccolta di liriche del periodo di Weimar; riprende il lavoro a Egmont; pubblica il primo libro della Vocazione teatrale di Wilhelm Meister. È nominato direttore della Commissione di guerra e delle strade, cariche che ricoprirà fino alla partenza per l’Italia. Partenza per un nuovo viaggio in Svizzera, al seguito del duca; il rientro è previsto per il gennaio 1780. A Kassel conosce Georg Forster, fa tappa a Francoforte, dove con il duca dorme nella casa paterna; passa da Sessenheim, dove si riconcilia con Friederike Brion, e da Strasburgo, dove rivede Lili Schönemann. A Zurigo incontra Lavater e Bodmer. Prima rappresentazione dell’Ifigenia in Tauride (Weimar, 6 aprile), in cui recita la parte di Oreste; poesie per Charlotte von Stein.

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

1780 13 gennaio Maggio 23 giugno

1781

1782 2 marzo 10 aprile 25 maggio Estate

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Rientro dalla Svizzera a Weimar, dove nel frattempo è stato inaugurato il nuovo teatro. – Si dedica allo studio di Euripide. Viaggio per ispezionare la rete stradale nella zona di Erfurt e Gotha. Viene iniziato alla loggia Anna Amalia alle tre rose. – Comincia a scrivere il Torquato Tasso; compone alcune delle sue poesie più famose, tra cui il Canto notturno del viandante, inciso sulle pareti di legno del capanno di caccia sul Gickelhahn; legge al duca una prima versione del Faust (Urfaust); termina una nuova stesura di Ifigenia, questa volta in versi. In febbraio giunge la notizia della morte di Lessing. – Il lungo soggiorno del teologo svizzero Georg Christoph Tobler a Weimar gli offre l’occasione per approfondire la conoscenza della letteratura greca, e di Sofocle in particolare; in autunno segue le lezioni di anatomia di Loder a Jena e studia la struttura ossea di uomini e animali. Rappresentazione di diverse sue opere teatrali, in alcune delle quali partecipa come attore. Diviene maestro della loggia massonica Anna Amalia. Giuseppe ii gli conferisce il titolo nobiliare. – In primavera diversi viaggi tra le corti della Turingia in missione diplomatica. Muore il padre, dopo una lunga malattia. Si trasferisce nella casa sul Frauenplan, che ha preso in affitto qualche mese prima; riorganizza i gabinetti di scienze naturali di Weimar e Jena.

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

Lavora al secondo e terzo libro della Vocazione teatrale di Wilhelm Meister, rielabora il Werther; compone la celebre ballata Il re degli Elfi. 1783 11 febbraio Agosto Set/ottobre

Viene accolto nell’Ordine degli Illuminati. Soggiorno a Ilmenau. Secondo viaggio nello Harz durante il quale incontra Gleim, il duca di Braunschweig, Lichtenberg, Sömmerring, Forster. Tra le composizioni più celebri di quest’anno Ilmenau; Chi non ha mai pianto sul suo pane (L’arpista); Mignon; Il divino; Il cantore.

1784 Gennaio

Giunge a Weimar la compagnia teatrale di Giuseppe Bellomo, che recita tre volte a settimana e si insedia stabilmente nel ducato fino al 1791. 24 febbraio Apertura delle miniere di Ilmenau, a cui aveva dedicato molte energie. Fine marzo Scopre l’osso intermascellare e lo descrive nel trattato scientifico Saggio di osteologia comparata […]. Inizio giugno Insieme a Wilhelm Bucholtz, il farmacista di Weimar, compie vari tentativi per costruire una mongolfiera nel giardino di casa e farla volare. Terzo viaggio nello Harz con Melchior Kraus. Settembre Giungono a Weimar Friedrich Heinrich Jacobi e Matthias Claudius; con Herder, molte conversazioni su temi religiosi che lo stimolano a rileggere Spinoza e Hemsterhuis. 1785

Studi di botanica con Knebel a Jena, impara a utilizzare il microscopio. Nel corso dell’anno compiranno insieme anche altri studi di botanica e mineralogia. A giugno inizia uno scambio epi-

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

6 lug-18 ago

Novembre

1786

Luglio 3 settembre

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stolare con Jacobi sullo spinozismo e la religione naturale, in seguito alla pubblicazione delle lettere Sulla dottrina di Spinoza. Primo soggiorno termale a Karlsbad, in compagnia degli Herder, Voigt, Frau von Stein e la contessa di Bernstorff. Negli anni seguenti il soggiorno termale diventerà un avvenimento sociale fisso e di grande richiamo. Studia la Philosophia botanica di Linneo; prosegue le ricerche scientifiche con trattati di geologia e una relazione sulle miniere di Ilmenau. Lavora al sesto libro del Wilhelm Meister. Iniziano i preparativi per la prima edizione completa delle opere presso l’editore Göschen di Lipsia. Frequenti soggiorni a Gotha, Jena e Ilmenau. Prosegue gli studi di botanica con il microscopio da cui nasce la teoria della metamorfosi delle piante. Breve visita di Lavater a Weimar: diviene consapevole dell’enorme distanza che si è creata. – Partenza per le terme di Karlsbad. Parte in segreto per l’Italia. L’itinerario lo conduce a Regensburg, Monaco, Innsbruck e dal Brennero entra in Italia. Soste a Verona, Vicenza, Padova, dove si interessa in particolare di architettura (Palladio, Vitruvio) e botanica: nel giardino botanico di Padova trova conferma della sua teoria sulla Urpflanze, il prototipo di tutte le piante. A Venezia primo contatto col mare. Prosegue per Ferrara, Bologna, Firenze, Perugia, Assisi. A fine ottobre giunge a Roma, dove lo accoglie il pittore Wilhelm Tischbein che gli farà da guida in città e nei dintorni. Qui frequenta la colonia tedesca con pittori, scultori, scrittori, archeologi; legge le opere di Winckelmann; Tischbein ini-

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1787

6 giugno

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

zia il famoso ritratto di Goethe nella campagna romana, che terminerà nell’agosto dell’anno seguente. A dicembre assiste Karl Philipp Moritz, che si è rotto un braccio cadendo da cavallo. Le loro conversazioni riguardano in particolare la metrica, la retorica, l’estetica. Porta con sé in Italia i manoscritti di molte opere, che intende concludere durante il viaggio: Ifigenia, Egmont, Tasso, Faust. Lavora quindi alla revisione dei Dolori del giovane Werther e alla stesura definitiva di Ifigenia in Tauride. Il diario del viaggio è affidato alle lettere indirizzate a Charlotte von Stein. Assiste al carnevale romano, incontra Vincenzo Monti, visita la tomba di Tasso; poi parte per Napoli in compagnia di Tischbein. Durante il viaggio continua a fare osservazioni di botanica, geologia, meteorologia. Con sé ha soltanto il manoscritto del Tasso, che decide di distruggere per scriverne una versione completamente nuova. A Napoli fa la conoscenza di Philip Hackert e Christian H. Kniep, sale sul Vesuvio, visita Ercolano, Pompei e Paestum; in aprile/maggio prosegue verso la Sicilia, Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Catania, Taormina, Messina; dappertutto si interessa di arte ma anche di geologia e fenomeni naturali. È di nuovo a Roma dove si fermerà fino all’aprile 1788: è il suo secondo soggiorno romano, denso di visite a gallerie e collezioni d’arte, gite nella campagna romana, incontri e studi. Termina Egmont, di cui spedisce il manoscritto a Weimar; si impone di chiudere a ogni costo i primi quattro volumi delle sue opere (erano previsti in tutto otto volumi), in modo da potersi dedicare

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

lix

ai molteplici nuovi stimoli che riceve in Italia. A settembre infatti i volumi gli vengono spediti dall’editore, freschi di stampa. Si interessa di arte egiziana e orientale, di geroglifici, sculture e obelischi. In ottobre incontra Johann Heinrich Meyer e Maddalena Riggi, la «bella milanese». Lavora alla revisione di molte sue opere, tra cui Erwin ed Elmire, Claudine di Villa Bella; Cupido paesaggista. Il personaggio di Cagliostro gli ispira un dramma, con ambientazione egizia, che in seguito intitolerà Der Groß-Cophta [Il grande mago egizio]. Studia l’opera italiana e, con il musicista Philipp Christoph Kayser, venuto a Roma proprio per lavorare con lui, lavora alle partiture per alcune sue opere. 1788 Febbraio

24 aprile

11 luglio

Nuova esperienza del carnevale romano; dal viaggio nel suo complesso trae la conclusione che la sua vocazione è unicamente letteraria e non pittorica; ha ‘imparato a vedere’, a osservare il bello e l’arte, e questo gli è sufficiente. Si dedica quindi con rinnovata energia ai volumi rimanenti delle sue opere riordinando e scegliendo le liriche da pubblicare; riprende in mano anche il Faust, di cui scrive alcune scene. Inizia il viaggio di ritorno che, passando per Firenze, Bologna, Milano, Como, Chiavenna, passo dello Spluga, Chur, Vaduz e Costanza lo riporta a Weimar, dove arriva il 18 giugno. Il duca lo solleva da alcuni dei molti incarichi che ricopriva in precedenza. Nel frattempo si è creata una certa distanza da Charlotte von Stein, il rapporto si incrina. Incontra Christiane Vulpius, che subito dopo diventerà la sua compagna in quello che Goethe

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9 settembre

1789 8 giugno 14 luglio

25 dicembre 1790 Gennaio Marzo

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

definirà «un matrimonio, ma senza cerimonia». Nel corso di alcuni viaggi incontra per la prima volta Schiller. In seguito farà da tramite per la cattedra di storia all’università di Jena, dove Schiller sarà chiamato nel dicembre di questo stesso anno. – Lettera a Karl August con il resoconto del viaggio in Italia; lavora al Torquato Tasso e al Faust e inizia le Elegie romane. Riceve la visita del compositore Johann Friedrich Reichardt, che scrive la musica per Claudine di Villa Bella. Con un’ultima lettera scioglie in via definitiva la relazione con Charlotte von Stein. Presa della Bastiglia e avvio della Rivoluzione francese. Il duca Karl August lo incarica di trasformare il parco di Jena in un giardino botanico; prosegue l’interesse per la botanica, che si concretizza nello scritto Tentativo di spiegare le metamorfosi delle piante, che sarà pubblicato l’anno seguente. Nasce il figlio August, l’unico che raggiungerà l’età adulta. Effettua i primi esperimenti con la camera oscura che gli serviranno per elaborare le teorie sui colori; conclude la prima fase del lavoro al Faust. Partenza per un nuovo viaggio in Italia: la duchessa madre Anna Amalia ha chiesto che Goe­ the la aspetti a Venezia per riaccompagnarla in patria. Passando per Augsburg, Innsbruck e il Brennero, giunge a Verona il 25 marzo, da lì procede per Vicenza, Padova, Venezia. Col ritrovamento del teschio di una pecora al Lido di Venezia (22 aprile) ritiene confermate le sue te-

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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orie sull’evoluzione delle vertebre. Anna Amalia giunge a Venezia il 6 maggio, il 22 riprendono insieme il viaggio di ritorno: arriveranno a Weimar il 20 giugno. Luglio-ottobre Viaggio in Slesia col duca, divenuto generale nell’esercito prussiano: Dresda, Breslavia, a Tarnowitz si interessa del funzionamento delle macchine a vapore come possibile soluzione per i problemi tecnici delle miniere di Ilmenau; Cracovia, Monti dei Giganti con ascesa della sua cima più alta, il Monte Sněžka (1602 m). – Approfondisce la filosofia kantiana, in particolare la Critica del giudizio. Pubblicazione di numerosi scritti, tra cui Torquato Tasso, saggi di argomento scientifico, Faust. Un frammento e altre opere minori, raccolte da Göschen nell’edizione Goethe’s Schriften. Compone gli Epigrammi veneziani che poi dedicherà alla duchessa madre. 1791 11 gennaio

27 giugno 9 settembre

Elabora, su incarico del duca, il progetto per il completamento del teatro di corte, che sarà inaugurato il 7 maggio e di cui assumerà la direzione. Prosegue gli studi su luce e colori, i cui primi risultati sono presentati nei Contributi sull’ottica. Inizia a raccogliere materiali e a studiare la storia dell’ottica leggendo Leonardo, Newton, Keplero, Descartes, Priestley, interesse che coltiverà fino al 1810. Suicidio dell’amico Merck. Primo raduno della Società del venerdì (Freitagsgesellschaft), che si incontra periodicamente nel palazzo della duchessa madre per conferenze e conversazioni erudite; Goethe ne redige lo statuto e la inaugura leggendo la sua Introduzione alla teoria della luce e dei colori.

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1792 Giugno

8 agosto

Settembre

24 dicembre

1793

Maggio

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

Vengono pubblicati alcuni aggiornamenti sull’attività delle miniere di Ilmenau e gli Epigrammi veneziani; prima rappresentazione di Egmont (31 marzo) e del Groß-Cophta (17 dicembre) al teatro di corte di Weimar. Si stabilisce definitivamente nella casa sul Frauenplan, dove prima aveva preso in affitto alcuni locali; ora il duca l’ha acquistata per lui. Studia Newton. Accompagna il duca nella campagna di Francia; durante la battaglia di Verdun osserva i fenomeni di rifrazione della luce attraverso una boccia con i pesci rossi. Occupazione prussiana di Verdun, incursioni nella Champagne, dopo il cannoneggiamento di Valmy ritirata verso il Lussemburgo. Viaggio di rientro lungo il Reno fino a Düsseldorf e Pempelfort, poi tappe a Paderborn, Kassel, Eisenach. Rifiuta la carica di consigliere che gli è stata offerta a Francoforte (lettera alla madre). Appaiono in stampa Der Groß-Cophta (il cui onorario egli devolverà alla famiglia Balsamo alias Cagliostro, che aveva conosciuto in Sicilia) e il primo dei sette volumi di una nuova edizione delle sue opere (Goethes’s neue Schriften. Berlin: Unger 1792-1800). Nella prima parte dell’anno si occupa delle miniere di Ilmenau, che non producono però i profitti sperati; prosegue il confronto critico con Newton, legge Platone e inizia il lavoro agli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister. Assedio di Magonza; il 12 maggio Goethe giunge all’accampamento del duca Karl August.

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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30-31 maggio Assalto a sorpresa dell’accampamento durante la notte da parte dei francesi. Il 19 giugno viene cannoneggiata Magonza, il 22 luglio si firma una tregua. Viaggio a Mannheim, Heidelberg, Francoforte; Agosto lettura di Omero, traduzioni. 21 novembre Nasce la figlia Caroline, che morirà dopo pochi giorni (3 dicembre). Predispone uno schema per la struttura degli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister; esce Reineke Fuchs nel secondo volume dell’edizione di Unger. 1794 Mette in scena il Flauto magico di Mozart. 16 gennaio Inizio febbraio Trattative a Jena per un nuovo giardino botanico. Fichte viene chiamato per la cattedra di filosofia a Jena, come successore di Leonhard Reinhold. Riceve l’invito di Schiller a collaborare alla rivi13 giugno sta «Horen», insieme a Wilhelm von Humboldt; inizia uno scambio epistolare tra i due; riceve la traduzione dell’Odissea di Voß. 20-23 luglio Visita a Jena, dove si intrattiene con Schiller: discutono lungamente sulla metamorfosi delle piante, inizia l’amicizia tra i due poeti. Ulteriori brevi viaggi a Wörlitz, Dessau, più volte a Jena. Incontra per la prima volta Friedrich Hölderlin a Novembre casa di Schiller a Jena. Compone le Conversazioni di emigrati tedeschi, che invierà a Schiller per la pubblicazione sulle «Horen» (1795); prosegue il lavoro agli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister; stampa di Reineke Fuchs in dodici canti. 1795 Inizio anno

Nuovo incontro con Hölderlin. È spesso a Jena, dove assiste alle lezioni dell’anatomista Loder;

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

prosegue gli studi in storia dell’arte, mineralogia, geologia, medicina, osteologia; programma un nuovo viaggio in Italia con Meyer, per scrivere una storia dell’arte e della cultura italiana: da qui nasce l’idea di tradurre la Vita di Cellini. Sempre a Jena, fa conoscenza con l’editore Cotta. 24 aprile 24-28 maggio Friedrich August Wolf è in visita a Weimar; animate discussioni sulla questione di Omero. – Dall’intenso scambio con Schiller scaturiscono idee e progetti per la rivista. Parte per le terme di Karlsbad, dove soggiorna 4 luglio fino all’11 agosto. – Nel corso del mese la madre vende la casa natale a Francoforte. 1 novembre Nasce il figlio Karl, che morirà il 18 novembre. Legge il saggio di Schiller sulla Poesia ingenua e sentimentale, che condivide in pieno; lavora intensamente a varie parti del Wilhelm Meister; completa le Elegie romane, che escono sulle «Horen» e con Schiller inizia a scrivere epigrammi, che raccoglieranno nelle Xenie. Prima rappresentazione di Claudine di Villa Bella musicata da Reichardt. 1796 Gennaio

Continua a frequentare le lezioni di anatomia di Loder; studia le piante e le metamorfosi degli insetti. 23 mar-20 apr Visita di Schiller. Iffland giunge a Weimar, iniziano le trattative per la direzione del teatro di corte, ma non si arriva a un accordo. Conosce August Wilhelm Schlegel. Ingente crollo nelle miniere di Ilmenau, che venAutunno gono di conseguenza messe a riposo. Appaiono sull’Almanacco delle Muse per l’anno 1797 le Xenie, scritte insieme a Schiller; prosegue con Gli anni dell’apprendistato di Wilhelm

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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Meister; prima rappresentazione di Egmont nell’adattamento teatrale fatto da Schiller, con Iffland nel ruolo del protagonista (25 aprile); inizia a tradurre e rielaborare l’autobiografia di Cellini; invia a Schiller, che gli chiede contributi per le «Horen», le Lettere dalla Svizzera, diario del viaggio compiuto nel 1779. 1797 Gennaio

Primavera

Inizio luglio

30 luglio

Caroline Jagemann viene scritturata al teatro di Weimar come attrice e cantante. Nel corso dell’anno continua a occuparsi di scienze naturali (studia rane, insetti, maggiolini, vermi); lavora alle tavole dei colori per la Teoria dei colori; traduce la Vita di Cellini; legge i poemi omerici; termina Hermann e Dorothea. Incontro con Friedrich Schlegel. Conversazioni su retorica e metrica, studio dei poemi omerici e della tragedia greca (Eschilo); riprende gli studi biblici. Schiller lo incita a riprendere il lavoro al Faust, la prima parte sarà completata nel 1806. Brucia tutte le lettere che aveva ricevuto tra il 1772 e il 1792. Conversazioni con Schiller sulla ballata; entrambi compongono le loro ballate più celebri. Partenza per il terzo viaggio in Svizzera con soste a Francoforte, Stoccarda, Tübingen (incontro con Cotta), Zurigo. Arriva fino al Gottardo e poi rientra da Altdorf e Zug. Il viaggio è dominato da interessi scientifici e naturalistici: raccoglie minerali, compie osservazioni geologiche e botaniche. Si appassiona alla storia di Guglielmo Tell e pensa di ricavarne un poema epico, ma poi lascerà il soggetto a Schiller. Rientra a Weimar il 20 novembre.

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1798

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

In base al suo programma di lavoro per quest’anno, Faust è l’occupazione primaria. Dedica comunque molto tempo anche ai lavori di ristrutturazione del castello, riordina il gabinetto dei minerali e la biblioteca di Weimar. Fa la conoscenza di Novalis (29 marzo) e Schelling (28 maggio), di cui legge le Idee per una filosofia della natura e Dell’anima del mondo. Approfondisce la letteratura greca (Iliade, Euripide, in seguito anche l’Eneide) in vista della composizione della sua Achilleide. 17-18 giugno Compone l’elegia Metamorfosi delle piante e riflette sulla possibilità di trattare anche le scienze naturali in forma poetica. A luglio inizia la ristrutturazione del teatro, che segue molto da vicino; a fine agosto riceve la visita di Jean Paul, a settembre Schiller si trattiene da lui alcuni giorni; in autunno lo impegna la polemica sull’ateismo scatenata da Fichte: cerca di mediare tra le posizioni, ma la cosa si concluderà nell’aprile 1799 con l’allontanamento di Fichte, che si trasferisce da Jena a Berlino. 12 ottobre Riapertura del teatro con la rappresentazione dell’opera di Schiller L’accampamento di Wallenstein. Inizia una nuova intensa fase del teatro di Weimar, sotto la sua direzione e con la stretta collaborazione di Schiller. Con le loro opere e traduzioni mirano a costituire un nuovo repertorio classico. Prosegue gli studi per la Teoria dei colori e per la Metamorfosi delle piante; parallelamente lavora al Faust e ad altre opere. Esce presso l’editore Cotta il primo volume della rivista d’arte «Propyläen», da lui diretta, mentre cessa la pubblicazione delle «Horen».

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

1799 30 gennaio

3 dicembre

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Prima rappresentazione dell’opera schilleriana Piccolomini nel teatro di Weimar, a cui seguirà in aprile la prima della Morte di Wallenstein. Si dedica assiduamente ai lavori al castello, ma non rinuncia a ricevere visite: conosce Ludwig Tieck, rivede Sophie von La Roche; in agosto esegue osservazioni della luna con il telescopio; prosegue le letture intensive di storia dell’arte (Winckelmann) e di letteratura classica (Plinio, Esiodo, Plutarco), poi Voltaire, Milton, la Metacritica di Herder; discorre con Schelling di filosofia della natura. In autunno si dedica invece alla letteratura inglese (Shakespeare, Ben Jonson). Schiller si trasferisce a Weimar.

1800 28 apr-15 mag Con il duca si trattiene alla fiera di Lipsia, dove incontra i più importanti editori dell’epoca (Campe, Cotta, Fleischer, Unger, Vieweg). 14 giugno Rappresentazione di Maria Stuarda di Schiller a Weimar. Legge Alfieri e gli scritti sulla filosofia della natura di Franz von Baader. Viene stampato il ciclo di liriche Le quattro stagioni e il terzo e ultimo volume della rivista «Propyläen», che non ha ottenuto la risonanza sperata. Prima di Ifigenia al teatro di Vienna (7 gennaio). 1801 Gennaio

Rappresentazione del Tancredi di Voltaire nella traduzione di Goethe. Si ammala gravemente di erisipela facciale, una malattia che ai tempi aveva un tasso di mortalità elevatissimo; trascorre i mesi di marzo e aprile in convalescenza nella sua tenuta a Oberroßla,

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

dove legge moltissimo, lavora al Faust e compie esperimenti di fisica e chimica con lo scienziato Johann Wilhelm Ritter, futuro scopritore dei raggi ultravioletti. 6-12 giugno Si reca a Göttingen, l’università che avrebbe voluto frequentare se il padre l’avesse lasciato libero di scegliere. Qui viene accolto con entusiasmo dai poeti romantici (Achim von Arnim, Clemens Brentano). 13 giu-17 lug Soggiorno termale a Bad Pyrmont. Nel rientro soste a Kassel, Göttingen, Gotha. Ottobre Incontra Hegel a Jena; rappresentazione di Nathan il saggio di Lessing a Weimar (28 novembre). Lavora intensamente al Faust e alla Figlia naturale. 1802 15 maggio 29 maggio 13 giugno Ottobre 16 dicembre 1803 Primavera 19 marzo

Rappresentazione di Ifigenia nella rielaborazione di Schiller. Schiller si trasferisce nella casa sull’Esplanade. Goethe si reca spesso a Bad Lauchstädt per supervisionare la costruzione del teatro. Confermazione del figlio August, officiata da Herder. Amicizia con Johann Heinrich Voß, di cui in agosto aveva recensito i quattro volumi di poesie. Nasce la figlia Kathinka, che morirà pochi giorni dopo. Studi di acustica, assidue frequentazioni di studiosi e naturalisti dell’università di Halle. Prima della Sposa di Messina di Schiller. Proseguono le mostre e le iniziative culturali, nell’intento di rivitalizzare la commedia classica; si inaugura il nuovo castello.

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

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Fonda una scuola per attori a Weimar e la rivista «Jenaische allgemeine Literaturzeitung»; esce da Cotta la sua traduzione della Vita di Cellini. Lo scrittore Karl Ludwig Fernow diviene biblioAutunno tecario della duchessa Anna Amalia. Assume come precettore per il figlio Friedrich Wilhelm Riemer, che abiterà a casa Goethe fino al 1812; insieme a Wieland cura il Libriccino dell’anno 1804, che contiene numerose poesie composte nel 1801-1803 e due racconti di Wieland. 11 novembre Assume insieme a Christian Gottlob von Voigt la direzione del museo di mineralogia, anatomia, zoologia e chimica di Jena. Riceve la visita di Madame de Staël; muore HerDicembre der (18 dicembre). 1804

Visite ripetute di Madame de Staël; prosegue la lettura di Calderon de la Barca. Prima del Guglielmo Tell di Schiller a Weimar. 17 marzo Riordina la collezione di minerali recentemente acquisita dal duca; rielabora il Götz von Berlichingen in vista di una sua rappresentazione teatrale. 13 settembre Viene nominato Consigliere segreto effettivo, con il titolo di ‘Eccellenza’. 9 novembre Giunge a Weimar in pompa magna il principe ereditario Karl Friedrich che ha appena sposato la principessa russa Maria Pawlowna. 26 novembre Schiller gli fa avere il manoscritto di Diderot Il nipote di Rameau, ancora inedito, e lo esorta a tradurlo. 1805 Gennaio-marzo Si ammala ripetutamente. A fine gennaio si ammala anche Schiller, che muore il 9 maggio. L’ultimo incontro tra i due avverrà il primo mag-

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Luglio 10 agosto

Ottobre

1806

29 giu-8 ago 2 ottobre

14 ottobre

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

gio. Qualche giorno più tardi scriverà a Zelter: «Pensavo di perdere me stesso, invece ho perso un amico e con lui la metà della mia esistenza». Pubblica la sua traduzione del Nipote di Rameau, scrive molte recensioni per la rivista, completa il saggio su Winckelmann. A Halle assiste alle lezioni di Wolf e a quelle di Gall sulla dottrina del cranio; incontra Schleiermacher. Cerimonia solenne in memoria di Schiller a Bad Lauchstädt. Nasce la ‘Società del mercoledì’ a casa di Goethe con conferenze su scienze naturali, ottica e fisica; Caspar David Friedrich invia due disegni di paesaggi a Weimar per un concorso artistico, che vengono premiati e acquistati per la corte. Esce il primo volume del Corno magico del fanciullo di Arnim e Brentano, che lo dedicano a Goethe; inizia a mandare a Cotta i manoscritti della Teoria dei colori, la cui pubblicazione lo impegnerà fino al 1810. Intensa attività scientifica, con conferenze periodiche alla ‘Società del mercoledì’; conclude alcuni progetti iniziati con Schiller; invia a Cotta il Faust i; numerose recensioni per la «Jenaische allgemeine Literaturzeitung». Soggiorno termale a Karlsbad, poi lunga sosta a Jena, a casa del libraio Frommann: fitti scambi con Hegel e altri docenti dell’università. È ospite della scrittrice Johanna Schopenhauer, madre del filosofo, che poco dopo si trasferisce a Weimar: il suo salotto diviene uno dei centri della vita sociale e letteraria del ducato. I francesi vittoriosi marciano su Weimar, distruggendo e depredando ogni cosa. Goethe è a letto

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

19 ottobre

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ammalato, Christiane riesce a preservare la loro casa dal saccheggio. Sposa Christiane. Completa la prima parte del Faust e rielabora la commedia giovanile Stella in forma di tragedia, lavora alla parte didattica della Teoria dei colori. Inizia la pubblicazione delle opere in tredici volumi con Cotta.

1807 29 gennaio

Il duca Karl August rientra dalla campagna contro Napoleone, sconfitto sia sul piano militare che politico. Muore la duchessa madre Anna Amalia. 10 aprile Prima visita di Bettina Brentano, sua entusiasti23 aprile ca ammiratrice. – Muore il pittore Friedrich Hackert, che aveva conosciuto a Napoli: il pittore lascia in eredità a Goethe tutti i suoi materiali, destinati alla stesura della sua biografia. 28 mag-11 set Nuovo soggiorno termale a Karlsbad, dove tra le altre cose legge Anfitrione di Kleist, il Decameron e le Mille e una notte. 1-10 novembre Seconda visita di Bettina Brentano a Weimar. Durante una delle visite all’editore Frommann a Jena nel corso dell’inverno, si innamora della diciottenne Minchen Herzlieb. Intensa attività letteraria: compone molti sonetti, i primi capitoli degli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, la fiaba La nuova Melusina; prima rappresentazione del Tasso nella nuova versione. 1808 29 gennaio 2 marzo

Riceve il primo fascicolo della rivista «Phöbus», curata da Kleist, con il frammento della tragedia Penthesilea. Mette in scena per la prima volta la commedia di Kleist La brocca rotta, ma è un fiasco totale.

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

15 mag-30 ago Soggiorno termale a Karlsbad, ormai ritrovo abituale di tutti i personaggi di rilievo, politici e intellettuali. Lavora con intensità alle Affinità elettive; prosegue con la parte storica della Teoria dei colori. Lavori preliminari per la biografia di Hackert. Il figlio si iscrive all’università di Heidelberg, in Settembre seguito a Jena; a Francoforte muore la madre (13 settembre). Al seguito del duca viene ricevuto da Napoleone 2 ottobre a Erfurt, in occasione del congresso. Napoleone si intrattiene con lui e con Wieland 6 ottobre durante un ballo alla corte di Weimar e lo invita a Parigi. 14-15 ottobre Viene insignito della Legione d’onore francese e dell’ordine russo di S. Anna. Friedrich von Müller, funzionario di Weimar e dal 1815 cancelliere, diviene uno dei suoi amici più stretti e gli rimarrà vicino fino alla morte. Esce Faust, una tragedia nell’ottavo volume dell’edizione Cotta. 1809 19 gennaio



Johanna Sebus affoga nel Reno: il fatto lo impressiona molto e compone un’elegia a lei intitolata. Tutto l’anno è occupato quasi interamente dagli studi storici per la Teoria dei colori: legge Francis Bacon, Descartes, Keplero, Della Porta, Galileo, Gassendi, Morhof, Lichtenberg. Si interessa alle antiche saghe nordiche e alla poesia germanica. Tutte le istituzioni a carattere scientifico e artistico nel territorio di Sachsen-Weimar sono affidate alla supervisione sua e di Voigt. Legge le opere di Brentano (che gli fa visita l’8 agosto), Alfieri, Schelling; riceve la visita di Wilhelm Grimm a dicembre.

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE



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Abbozzo della struttura di Poesia e verità; in ottobre vengono stampate le Affinità elettive.

1810 Gennaio Maggio

Riceve la visita di Wilhelm von Humboldt. Sulpiz Boisserée gli invia i disegni del duomo di Colonia e i progetti per il suo completamento; inizio della loro amicizia. 19 mag-4 ago Soggiorno termale a Karlsbad, ormai come di consueto accompagnato da Riemer; qui incontra l’imperatrice Maria Ludovica. Nuova visita di Bettina Brentano a Weimar. Pro9-11 agosto seguono i lavori al Wilhelm Meister; inizia il lavoro a Poesia e verità; alla fiera di primavera viene presentata la Teoria dei colori; si conclude la stampa delle sue opere in tredici volumi, iniziata da Cotta nel 1806. 1811

Molte letture storiche e letterarie per la stesura di Poesia e verità; la visita di Sulpiz Boisserée ravviva l’interesse per l’architettura gotica. 17 mag-26 giu Soggiorno a Karlsbad. 25 agosto Lo zar Alessandro in visita a Weimar. 25 ago-21 set Bettina e Achim von Arnim soggiornano a Weimar; lite tra Bettina e Christiane, in seguito alla quale si interrompono i rapporti. Legge lo scritto di Friedrich Heinrich Jacobi Novembre Delle cose divine e la loro rivelazione, che disapprova; concorda invece con la risposta di Schelling. Pubblicazione della prima parte di Poesia e verità, a cui aveva lavorato alacremente durante tutto l’anno, e della biografia di Hackert. 1812 Primavera

Esperimenti nella fisica dei colori; legge Calderon, Giordano Bruno, Montaigne.

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

3 mag-13 lug Soggiorno a Karlsbad, dove tornerà nuovamente dal 12 agosto al 12 settembre. Vi soggiornano anche Elisa von der Recke, Friedrich Leopold von Stolberg, Humboldt e numerosi aristocratici austriaci e sassoni. Incontra Beethoven. 15 settembre Rientrando a Parigi, Napoleone attraversa Weimar, ma Goethe è assente. Rivede e termina La nuova Melusina, completa l’adattamento di Romeo e Giulietta di Shakespeare che viene rappresentato il 1° febbraio; rappresentazione di Egmont con musiche di Beethoven. Pubblica la seconda parte di Poesia e verità. 1813 20 gennaio 17 aprile

13 agosto Ottobre

13 dicembre

Morte di Wieland. Legge Shaftesbury e Orazio nella traduzione di Wieland. La situazione militare piuttosto incerta lo spinge a partire prima del previsto per Teplitz, dove rimarrà fino al 10 agosto, seppur con qualche interruzione. Segue una visita a Dresda. A Dresda incontra per l’ultima volta Napoleone. Legge i resoconti di viaggio di Marco Polo, studia la cultura e la geografia della Cina. – Si verificano combattimenti tra cosacchi e francesi nei pressi di Weimar, la città viene nuovamente devastata dai francesi in ritirata. Incontra lo zar Alessandro, Metternich e il principe Augusto di Prussia, riuniti a Weimar dopo la battaglia di Lipsia. L’attivista liberale Heinrich Luder gli presenta il progetto per una rivista anti-napoleonica dal titolo «Nemesis», ma egli declina l’invito a collaborare. Scrive molti saggi di argomento scientifico e poesie d’occasione; lavora intensamente a Poesia e verità e inizia a scrivere il Viaggio in Italia.

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1814 28-31 gennaio La zarina sosta a Weimar: per questa occasione viene messo in scena nel teatro di corte Egmont con ouverture e musiche di Beethoven. 9 aprile Parigi viene conquistata dagli alleati. Inizio maggio Esce la terza parte di Poesia e verità. 13 mag-28 giu Soggiorno termale a Bad Berka. Legge il Divan di Hāfez, da poco pubblicato nella traduzione di Joseph von Hammer, e ne è entusiasta; inizierà quindi a studiare la poesia e cultura orientali. 25 luglio Parte per un viaggio lungo il Reno, con soste a Eisenach, Fulda, Hanau, Francoforte, Wiesbaden, Heidelberg (dove visita la collezione d’arte dei fratelli Boisserée), Mannheim, Darmstadt. Prima del suo rientro a Weimar, in ottobre, numerosi incontri con Marianne von Willemer. Inizia a comporre le liriche che andranno a formare il Divan occidentale-orientale. Scrive alcune poesie d’occasione per il ritorno di Karl August e degli alleati dalla guerra contro Napoleone; rivede l’edizione in venti volumi delle sue opere che Cotta sta preparando e prosegue il lavoro al Viaggio in Italia. 1815 4 febbraio 10 maggio 24 maggio

La moglie si ammala gravemente. Cerimonia commemorativa per Schiller e Iffland nel teatro di corte. Inizia un nuovo viaggio lungo il Reno con sosta a Colonia per visitare la collezione di dipinti di Wallraff; a Francoforte incontra nuovamente i Willemer e si rafforza la sua passione per Marianne, la Suleika del Divan; dal 2 agosto è accompagnato da Sulpiz Boisserée, con cui visita numerose collezioni d’arte e naturalistiche. Rientra a Weimar l’11 ottobre. La lettura del saggio

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12 dicembre

1816 27 gennaio

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di Luke Howard sulle nuvole (On the Modifications of Clouds, Londra 1803) lo induce a intraprendere studi di meteorologia. Viene nominato Ministro di Stato. Scrive molte poesie per il Divan e le prime Xenie miti; lavora alla seconda parte del Viaggio in Italia, dedicata a Napoli e alla Sicilia; esce l’edizione in venti volumi di Cotta e lo scritto Sul teatro tedesco.

Esprime parere contrario alla chiamata di Schelling all’università di Jena. Viene insignito della Gran Croce dell’Ordine del 30 gennaio Falco bianco. Legge Byron, colloqui con Schopenhauer, espeMaggio rimenti di chimica con Döbereiner. Muore la moglie Christiane. 6 giugno 20 luglio Un incidente in carrozza sulla strada per Erfurt lo induce a rinunciare al viaggio verso il Reno, appena intrapreso insieme a Heinrich Meyer. 24 lug-10 set Soggiorno termale a Bad Tennstedt, con diverse escursioni geologiche nei dintorni. 25 settembre Rivede Charlotte Buff. 31 dicembre Il figlio August si fidanza con Ottilie von Pogwisch. Lavora molto al Viaggio in Italia, concludendo il primo volume che esce in ottobre e proseguendo con il secondo; a Berlino vengono rappresentate alcune parti del Faust; da giugno iniziano le uscite della rivista «Über Kunst und Altertum in den Rhein- und Maingegenden», da lui diretta, che dal 1818 si chiamerà semplicemente «Über Kunst und Altertum»; prende posizione contro l’estetica romantica di Wackenroder; scrive La festa di S. Rocco a Bingen, altri componimenti

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per il Divan e lavora alla quarta parte di Poesia e verità. 1817 Marzo

17 giugno

1818 Febbraio

Elabora un manuale di istruzioni per registi e attori teatrali. Lettura della Critica del giudizio di Kant. Ad aprile si ritira dalla direzione del teatro di corte. Matrimonio del figlio con Ottilie von Pogwisch. Tutto l’anno è segnato dal lavoro molto intenso a opere sia scientifiche che letterarie. Prosegue gli studi sulla cultura dell’Oriente, sui colori, scienze naturali, mitologia antica; continua la lettura di Byron, la cui personalità lo affascina, riceve le visite di Wilhelm von Humboldt, Arnim, Tieck, Voß. In ottobre esce la seconda parte del Viaggio in Italia; stende il progetto per proseguire l’autobiografia con lo schema di quelli che saranno gli Annali [Tag- und Jahreshefte].

Inizia a prendere appunti sulle sue osservazioni di meteorologia e sulla formazione delle nuvole. Nasce il nipotino Walther Wolfgang. 9 aprile Viene eseguito da Ferdinand Jagemann l’ultimo Luglio di una famosa serie di ritratti di Goethe. 26 lug-13 set Soggiorno termale a Karlsbad. Fine settembre Visita dello zar Alessandro e dei coniugi Hegel. Studi su Hamann, lettura del Corano e di fonti persiane, arabe, indiane. Diversi scritti sulla storia dell’arte, poesie d’occasione, recensioni e saggi per le riviste «Über Kunst und Altertum» e «Zur Naturwissenschaft»; prosegue con il Divan occidentale-orientale e completa le Note e dissertazioni per una migliore comprensione del Divan, iniziate due anni prima.

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1819

Si dedica alla lettura dell’opera di Schopenhauer Il mondo come volontà e rappresentazione, appena pubblicata. Studi scientifici, di storia dell’arte, di storia (rivoluzione francese, epoca napoleonica, Roma antica), estese letture letterarie. Prosegue il lavoro alle opere autobiografiche, in particolare la Campagna di Francia. Muore Christian Gottlob von Voigt, che per qua22 marzo rant’anni lo aveva affiancato come funzionario e come amico. – La rappresentazione di alcune scene del Faust a Berlino lo induce a riprendere in mano l’opera. 19-20 agosto Visita di Arthur Schopenhauer. La città di Francoforte organizza un festeggia28 agosto mento ufficiale per il suo settantesimo compleanno. 28 ago-26 set Soggiorno termale a Karlsbad, dove incontra numerosi personaggi politici tra cui Metternich, lì riuniti per siglare il trattato di Karlsbad. A Berlino vengono rappresentate diverse sue opere, tra cui Ifigenia, Faust ed Egmont, che poi viene proibito. Pubblica il Divan occidentaleorientale e le relative Note e dissertazioni. 1820 23 apr-28 mag Soggiorno termale a Karlsbad, Eger e Marienbad. 31 mag-4 nov Soggiorno a Jena. 18 ottobre Nasce il secondo nipotino, Wolfgang Maximilian. Studi di meteorologia, mineralogia e geologia; legge Omero, elabora il progetto per un nuovo teatro; legge il Conte di Carmagnola di Manzoni e lo recensisce positivamente; lavora alla Campagna di Francia e all’Assedio di Magonza; riprende il lavoro agli Anni di pellegrinaggio

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di Wilhelm Meister, interrotto dal 1812; dà alle stampe diversi scritti di argomento scientifico. 1821

Si dedica alla letteratura indiana; studio e traduzione di Euripide; prosegue il lavoro, anche se in modo frammentario, agli scritti autobiografici; compone numerose poesie, saggi di scienze e arte e un secondo gruppo di Xenie miti. 26 lug-15 set Soggiorno termale a Marienbad ed Eger; contatti con l’aristocrazia boema. 15 sett-4 nov Risiede a Jena. In novembre riceve la visita di Zelter, accompagnato dal giovane pianista Felix Mendelssohn-Bartholdy, che suona per lui molte volte. Pubblica Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister e le Xenie miti nella sua rivista «Über Kunst und Altertum». A Parigi inizia a uscire un’edizione francese delle sue opere: la traduzione del Faust è accompagnata da illustrazioni di Eugène Delacroix. 1822 21 maggio

Beethoven gli spedisce la partitura per le liriche Bonaccia e Traversata felice. Partenza per Marienbad ed Eger, dove rimarrà 16 giugno fino al 29 agosto. Settembre Il bibliotecario Friedrich Theodor Kräuter inizia a stilare un catalogo di tutte le opere e dei manoscritti di Goethe, comprensivo di lettere e diari. Impegno redazionale costante per la rivista; studia i fossili e cataloga la collezione di minerali del granduca. Inizia a curare una nuova edizione completa delle proprie opere, raccogliendo e mettendo in ordine le liriche. Di Manzoni, traduce l’ode Il cinque maggio e recensisce Adelchi; completa e pubblica la Campagna di Francia.

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1823 12 febbraio

Si ammala gravemente per un’infiammazione del pericardio, da cui si riprenderà soltanto a inizio marzo. 10 giugno Prima visita di Johann Peter Eckermann, che diventerà suo segretario e inizierà a trascrivere le loro conversazioni, pubblicate poi dopo la morte del poeta con il titolo: Conversazioni con Goethe negli ultimi anni della sua vita. 26 giugno Partenza per Marienbad, dove rimarrà fino a fine agosto; qui si innamora della giovanissima Ulrike von Levetzow che vorrebbe addirittura sposare, ma tutti cercano di dissuaderlo. Si sposta poi a Karlsbad ed Eger. Scrive per Ulrike l’Elegia di Marienbad, che diventerà poi una parte della Trilogia della passione. 17 settembre Rientra a Weimar, dove poco dopo si stabilisce anche Eckermann. Nel corso dell’anno si interessa di botanica e antropologia, riprende il saggio sull’architettura gotica, scrive recensioni e saggi per la sua rivista, prosegue le Xenie miti; completa la trilogia Paria. Scrive la poesia A Lord Byron e la invia al poeta inglese in procinto di partire per la Grecia. 1824 10 aprile

Charlotte von Schiller gli restituisce le lettere inviate a suo tempo al marito per la progettata edizione dell’epistolario. Incontro con Heinrich Heine. 2 ottobre 19-20 ottobre Visita di Bettina von Arnim. Legge le Mille e una notte, Ulrich von Hutten, Tieck, Shakespeare; scrive diverse recensioni per la sua rivista, saggi di osteologia e la poesia A Werther, che aprirà la Trilogia della passione: l’editore Weygand vuole infatti ristampare il romanzo a cinquant’anni

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dalla sua prima apparizione e gli aveva chiesto una prefazione. Su insistenza del cancelliere von Müller redige il resoconto del suo incontro con Napoleone per gli Annali. 1825 8 gennaio

13 marzo 21-22 marzo

16 giugno 3 settembre



Incarica il filologo Karl Wilhelm Göttling di predisporre una nuova edizione delle sue opere, a cui sta pensando già da tempo. Sarà la Ausgabe letzter Hand, 40 volumi che Cotta pubblicherà nel 1827-1830, ai quali si aggiungeranno i 20 volumi curati da Eckermann e Riemer con i manoscritti del lascito. Felix Mendelssohn-Bartholdy dà un concerto a casa Goethe, che ripeterà poi il 20 maggio. Il teatro di Weimar brucia completamente in un incendio. Nonostante Goethe e Coudray abbiano pronto da tempo il progetto per una nuova costruzione, il granduca conferirà l’incarico all’architetto Johann Friedrich Rudolf Steiner. Il giovane Franz Schubert gli spedisce la musica composta per alcune sue poesie; non riceverà mai risposta. Solenne festeggiamento per i cinquant’anni di regno del granduca e, a novembre, cinquant’anni dall’arrivo di Goethe a Weimar. L’Università di Jena gli conferisce il titolo di dottore in legge honoris causa, il granduca gli consegna uno scritto di suo pugno che celebra la loro lunghissima amicizia e i suoi meriti per lo Stato. Prosegue la collaborazione con le riviste e si dedica all’edizione delle opere, alla quarta parte di Poesia e verità, all’epistolario con Schiller; riprende il lavoro alla seconda parte del Faust e inizia a rielaborare il Wilhelm Meister: è il suo ultimo grande periodo creativo.

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1826 Gennaio

19 settembre

1827 6 gennaio

CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

Legge regolarmente la rivista «Le Globe» per tenersi informato sul panorama filosofico-letterario francese; conclude le trattative con l’editore Cotta, dal quale si fa versare un anticipo di 60.000 talleri per l’edizione dell’opera omnia. Riceve nel corso dell’anno molti visitatori, tra cui Turgenjev, Hiller, Boisserée, Bettina von Arnim, Pückler-Muskau, Grillparzer, i fratelli von Humboldt. Viene esumato Schiller e in quest’occasione viene esposto al pubblico il teschio, che Goethe si porta a casa per un paio di giorni. Prosegue il lavoro all’edizione delle opere, al carteggio con Schiller, agli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, ma la sua occupazione principale è il Faust.

Muore Charlotte von Stein. Legge la poesia cinese, odi e ballate di Victor Hugo, discorre di letteratura indiana con August Wilhelm Schlegel. In maggio legge la biografia di Schiller di Thomas Carlyle, che poi recensisce positivamente. Per la fiera di Pasqua appaiono i primi dieci volumi dell’opera omnia. 27-29 agosto In occasione del suo compleanno riceve la visita del re Ludovico i di Baviera, che gli conferisce un’onorificenza della casa di Baviera. Ottobre Visite di Zelter, Hegel e Reinhardt; nasce la nipotina Alma (29 ottobre). 16 dicembre Schiller viene deposto nella cripta dei principi. Nella sua rivista pubblica alcuni saggi sul concetto di Weltliteratur; a Jena escono in traduzione tedesca le opere poetiche di Manzoni, con una sua introduzione e la raccolta dei suoi precedenti

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articoli su Manzoni; legge I Promessi Sposi; prosegue il lavoro a Wilhelm Meister e Faust. 1828

14 giugno 3 luglio

1829 28 agosto

Riceve un’edizione di lusso del Faust i, tradotto in francese da Gérard de Nerval e illustrato da Delacroix. Si dedica alla lettura di Victor Hugo, Walter Scott, Lawrence Sterne, Francis Bacon, Dante, Plauto; riceve numerose visite da personaggi del mondo politico, letterario, scientifico: Holtei, Nicolovius, Tieck, i principi Guglielmo e Anna di Prussia, i chimici Berzelius, Mitscherlich e Rose, i coniugi Cotta. Muore il granduca Karl August. Viene ultimato il ritratto di Goethe che re Ludovico i di Baviera aveva commissionato a Johann Karl Stieler. Vive ritirato a Dornburg per tutta l’estate, dedicandosi a studi di botanica (che confluiranno nelle Metamorfosi delle piante) e scrivendo recensioni e saggi per la rivista «Über Kunst und Altertum», spesso stimolati dagli articoli della rivista «Le Globe» che legge sempre con attenzione poiché vi ritrova incarnato il suo ideale di Weltliteratur; lavora anche al Faust, agli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, al Viaggio in Italia. Sono stampati i primi due volumi del carteggio con Schiller, con dedica a Ludovico i di Baviera, e il Viaggio in Italia in tutte le sue tre parti. Legge il romanzo di Schnabel Insel Felsenburg; riceve le Huit Scènes de Faust musicate da Hector Berlioz, ma non risponderà. Solenne festeggiamento per il suo ottantesimo compleanno. Prosegue con gli studi di botanica, così come continua il susseguirsi delle visite da parte di

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CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

personalità di tutta Europa (tra gli altri, il principe ereditario di Prussia, Turgenjew, Paganini). Sono pubblicati Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (seconda stesura) e il Viaggio in Italia (anche questa sarà l’ultima edizione licenziata dall’autore). Viene rappresentato il Faust i per la regia di August Klingemann e replicato in diverse città (Braunschweig, Hannover, Dresda, Lipsia, Weimar in occasione del suo compleanno).

1830 14 febbraio

Muore la granduchessa Luise, vedova di Karl August. Dal 7 maggio Segue con grande attenzione il dibattito sull’evoluzione tra i due scienziati francesi Georges de Cuvier e Etienne Geoffrey de Saint-Hilaire; ne è così assorbito che si renderà conto con molto ritardo che in Francia era nel frattempo scoppiata la ‘rivoluzione di luglio’. 23 giugno Diviene membro onorario della loggia Anna Amalia alle tre rose. Si dedica alla lettura di Hugo, degli scritti di botanica di Rousseau, Tristram Shandy di Sterne, Stendhal. 26 ottobre Muore a Roma il figlio August, che da aprile era in viaggio in Italia; la notizia lo raggiunge a Weimar il 10 novembre. 25 novembre Ha una grave crisi, dovuta a una seria emorragia polmonare. Nel corso dell’anno compone la scena della ‘Notte di Valpurga’ per il Faust ii, lavora alla quarta parte di Poesia e verità, scrive recensioni per la sua rivista, saggi di arte e su temi scientifici. 1831 6 gennaio

Fa testamento e lascia tutti i suoi averi ai nipoti Walther, Wolfgang e Alma.

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22 gennaio

Affida il suo lascito letterario a Eckermann e Rie­mer, che saranno i curatori di tutti gli scritti ancora inediti. Riceve molte visite, tutti desiderano salutare il grande poeta ormai anziano e dalla salute incerta, che continua però a coltivare le sue letture (Plutarco, Euripide, Hugo, Balzac, Byron, Scott) e lavora indefesso alle ultime opere. Sigilla il manoscritto del Faust ii con l’indicazioFine luglio ne di pubblicarlo solo dopo la sua morte. 26-31 agosto Breve soggiorno a Ilmenau con i nipotini, per festeggiare il compleanno; durante una gita sul Gickelhahn, ritrova la poesia Canto notturno del viandante [Über allen Gipfeln ist Ruh], che nel 1780 aveva inciso sulla parete in legno del capanno di caccia. 1 ottobre Brucia alcune sezioni della sua corrispondenza. In ottobre termina anche l’ultima parte di Poesia e verità, che sarà però pubblicata postuma, e rielabora la parte storica della Teoria dei colori. 1832 19 gennaio

29 febbraio 11 marzo 15 marzo 16 marzo 22 marzo

Gli viene spedita la nuova rivista francese, appena fondata, «Revue des deux mondes». Legge alla nuora e a Eckermann alcuni passi del Faust ii. Rispedisce a Marianne von Willemer tutte le sue lettere. Dialogo con Eckermann sulla Urreligion. Scrive a Wilhelm von Humboldt: sarà la sua ultima lettera. Ha un nuovo collasso. Si spegne per un infarto verso le 11,30. Il 26 marzo avranno luogo i funerali solenni e la sepoltura nella cripta dei principi.

Fonti: HA, vol. xiv, 19816, pp. 382-535: Zeittafel (Heinz Nicolai). Metzler Goethe Lexikon, hrsg. von Benedikt Jeßing, Bernd Lutz und Inge Wild. Stuttgart: Metzler 2004, pp. 496-506.

CRONOLOGIA DI POESIA E VERITÀ 1802 L’idea di scrivere un’autobiografia emerge nei primi anni dell’Ottocento. Se ne trova un accenno in una lettera a Schiller (19 gennaio 1802), in cui Goethe considera che sarebbe molto interessante descrivere tutto ciò che si è vissuto con la serenità, l’ironia e lo sguardo d’insieme che solo l’età matura può dare. L’idea rimane latente e riaffiora di tanto in tanto in lettere e diari, consolidandosi e trasformandosi con il passare del tempo in un progetto concreto che si svilupperà in una serie di scritti autobiografici. 1806 Recensisce il volume di Johann Michael Siegfried Lowe: Ritratti degli eruditi berlinesi attualmente in vita, con le loro autobiografie (Berlino 1806). La recensione, apparsa il 26 febbraio sulla «Jenaische allgemeine Literaturzeitung», gli fornisce l’occasione per formulare alcune importanti considerazioni sull’autobiografia. «Chiedere agli eruditi viventi di scrivere brevi autobiografie, con l’intenzione di farne subito dono al pubblico, è un’idea davvero felice», scrive in apertura, e individua poi due diverse modalità di scrittura biografica: una per i lettori che conoscono già bene il personaggio e che con arguzia e humor possono ricomporre le informazioni che già possiedono in un quadro più organico; e una per coloro che non lo conoscono. Tra le due, questa seconda modalità è quella che egli ritiene più opportuna. Infatti, per i lettori ignari è necessario soffermarsi anche sui dettagli, per metterli in grado di ricostruire un quadro unitario della persona e della sua epoca; e il momento storico è così ricco e denso di avvenimenti, riflette lo scrittore, che anche solo dopo due o tre decenni è difficile immaginare quale fosse la situazione per chi

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non l’abbia direttamente vissuta. Chi scrive una biografia deve dunque non solo richiamare gli avvenimenti esterni che hanno influito sul personaggio in questione, ma anche presentare ciò che ha fatto, le sue opere, la loro diffusione e influenza – sembra un vero e proprio programma che prelude a Poesia e verità. 1807 Non vi è ancora un progetto preciso, ma ciononostante ricordi e sguardi retrospettivi su fatti e avvenimenti della giovinezza affiorano sempre più spesso. Riemer più volte annota conversazioni su questi temi nel suo diario per l’anno 1807: vengono rievocati gli anni da studente a Lipsia, il primo periodo a Weimar, il fidanzamento con Lili. 1808 Procede presso l’editore Cotta la stampa delle sue opere in tredici volumi (1806-1810). Il poeta inizia «a diventare storia a se stesso», come ripeterà poi più volte in vecchiaia. In occasione del suo cinquantanovesimo compleanno parla per la prima volta di scrivere la sua autobiografia, secondo quanto annota Riemer nel suo diario. 1809 I lavori preliminari per Poesia e verità prendono avvio nell’ottobre del 1809, dopo aver mandato alle stampe le Affinità elettive. Un appunto nel diario datato 11 ottobre riferisce della stesura di alcuni schemi da utilizzare come canovaccio. Quello più dettagliato è il cosiddetto Schema biografico, un quaderno dove su ogni pagina vengono presi gli appunti relativi a un anno, partendo dal 1742 (con la nomina del padre a consigliere imperiale onorifico) per arrivare fino al 1809: in base a questo schema doveva trattarsi di un’opera autobiografica che giungesse fino al momento presente (Paralipomenon 1, FA xiv, pp. 855-881; cfr. Heller 1977; Diehl 1974). Nei mesi seguenti, Goethe riprende vecchi diari e lettere e raccoglie materiali per integrare lo schema; legge anche opere

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storiche sui diversi argomenti che intende trattare, enciclopedie (ad esempio quella di Karl Heinrich Jördens) e documenti letterari (tra cui Klopstock, Voltaire, Goldsmith). La sua occupazione principale è però il completamento di un’opera scientifica, la Teoria dei colori. 1810 Finalmente, nel maggio 1810, i due volumi della Teoria dei colori vengono inviati a Lipsia all’editore, e pochi giorni più tardi l’autobiografia è di nuovo al centro dell’attenzione. Durante il viaggio verso Karlsbad, infatti, il diario riporta al 18 maggio una conversazione con Riemer in cui hanno ampio spazio alcune questioni basilari della scrittura autobiografica che deve affrontare in questa fase progettuale, in considerazione non soltanto dei possibili contenuti da trattare, ma anche del loro effetto sui lettori. Contestualmente distingue tra la storia di una vita e la sua sostanza, la vita stessa; in linea con le sue teorie scientifiche, egli la concepisce come un’unità di tipo fisiologico, che si evolve ed è soggetta alle circostanze esterne, positive e negative (Niggl 1999; Michel 1983). Sottolinea anche l’importanza del punto di vista ironico, che permette alla biografia di elevarsi al di sopra delle contingenze. Giunti nella località termale, Goethe detta a Riemer un nuovo schema generale articolato in 25 punti, che coprono gli anni dal 1749 al 1803, e che contengono indicazioni già piuttosto dettagliate per alcune parti (Paralipomenon 3, FA xiv, pp. 886-900; Jahn 1907). Scriverà infatti a Cotta: «La cosa migliore che ho riportato a casa dopo il viaggio estivo è uno schema della mia biografia, che almeno nelle sue linee essenziali mi pare abbastanza completo. Ora ne elaborerò le singole parti, e in effetti queste osservazioni sono la cosa che, al momento, mi interessa di più. Sono costretto a ripercorrere la storia del mondo e della letteratura, e per la prima volta mi considero insieme alle situazioni che hanno influito su di me e sulle quali io ho influito; e questo dà adito a strane riflessioni. Non ho fatto mistero con i miei amici di questa mia intenzione: l’hanno

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accolta tutti con favore e hanno promesso di aiutarmi» (lettera a Cotta, 16 novembre 1810). Nel frattempo ha infatti iniziato a contattare gli amici per raccogliere notizie e documenti che lo aiutino a ricostruire il passato come se avesse «una bacchetta magica»: a Christian Heinrich Schlosser, il nipote di suo cognato, chiede documenti e materiali sulla storia di Francoforte; Friedrich Heinrich Jacobi, ora presidente dell’Accademia delle scienze di Monaco, gli invia ricordi dei giorni trascorsi insieme a Pempelfort e Colonia nell’estate del 1774; l’amico di gioventù Friedrich Maximilian Klinger raccoglie ricordi e notizie sul periodo dello Sturm und Drang, mentre Karl Ludwig von Knebel, un altro amico di lunga data che era stato precettore del duca di Weimar, gli manda un resoconto del suo primo incontro con il duca Karl August nel dicembre del 1774. A Bettina von Arnim, che negli anni precedenti aveva più volte fatto visita alla madre di Goethe a Francoforte, chiede di riferirgli gli aneddoti e gli episodi che le ha sentito raccontare: «Dato che continuerai a scrivermi volentieri, e che io continuerò a leggerti volentieri, potresti farmi anche un grande piacere. Ti dico in confidenza che sto per scrivere le mie confessioni, non saprei dire ora se il risultato sarà un romanzo o una cronaca storica, ma in ogni caso ho bisogno del tuo aiuto. La mia buona madre è mancata e come lei anche altre persone che avrebbero potuto rievocare per me episodi del passato che in genere ho dimenticato. Ora, tu hai trascorso molto tempo con la cara mamma, l’hai ascoltata ripetere racconti e aneddoti e li conservi freschi e vivaci nella memoria: mi daresti davvero una gioia e avresti tutta la mia riconoscenza se potessi metterti subito a sedere per scrivermi tutto quello che riguarda me e i miei» (lettera a Bettina Brentano, 25 ottobre 1810). 1811 Nel gennaio 1811 inizia a dettare il testo, di cui legge dei brani alla moglie Christiane e alle amiche, mentre in parallelo sta ultimando la biografia di Philipp Hackert. Era stato proprio questo scritto, come egli stesso dichiarerà più tardi, a dargli l’impulso decisi-

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vo per cominciare il lavoro: «Ebbi allora occasione di chiedermi come mai non facevo per me stesso quello che stavo facendo per un altro. Quindi, ancor prima di aver completato quel volume [la biografia di Hackert], mi dedicai ai miei primi anni di vita. A quel punto mi accorsi che avevo aspettato troppo a lungo. Avrei dovuto scrivere quest’opera quando la mamma era ancora in vita, le scene della mia infanzia mi sarebbero state più vicine e la sua eccellente memoria me le avrebbe fatte rivivere appieno. Ora invece devo evocare da dentro di me quegli spiriti ormai svaniti e devo procurarmi con fatica e artificio qualche ausilio per ricordare, come se avessi una bacchetta magica» (Annali, 1811, HA x, pp. 509-510). A motivarlo contribuisce anche un colloquio con il suo editore: «Il desiderio di proseguire con la mia autobiografia è ulteriormente aumentato da quando Lei è stato qui. Con queste innocenti confessioni spero di ravvivare il rapporto con tutti coloro che mi vogliono bene e di rendere ancora una volta vivace e interessante, soprattutto per i miei amici, quello che ho potuto fare finora» (lettera a Cotta, 4 maggio 1811). A maggio quella che sarà la prima parte di Poesia e verità viene suddivisa in libri e progredisce rapidamente; durante il soggiorno a Karlsbad Goethe la termina e la rivede con l’aiuto di Riemer, tanto che a luglio il primo libro viene inviato al tipografo. I libri successivi seguono a brevi intervalli, e nell’ottobre 1811 la prima parte (libri i-v) è completa e stampata. Ai primi di dicembre ne spedisce un esemplare a Klinger: «Ecco qui la nostra vecchia Francoforte, in cui di certo Lei si riconoscerà, e con piacere. Questa è solo la prima parte, e nella terza mi permetta di parlare anche di Lei» (lettera a Klinger, 8 dicembre 1811). Nel corso dell’anno ha già iniziato la dettatura della seconda parte, alcuni stralci sono pronti in forma manoscritta fin dalla primavera: il 30 aprile, ad esempio, aveva letto «alle signore» le pagine sul suo soggiorno a Strasburgo. 1812 Prosegue senza sosta la dettatura della seconda parte (libri vi-x), incoraggiato dalle manifestazioni di apprezzamento che riceve,

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ora che il primo volume è in circolazione. «La maniera in cui tratto l’argomento doveva per forza sortire questo effetto: tutti coloro che leggono questo libretto vengono riportati con forza a se stessi e alla loro giovinezza. Mi fa piacere che questo effetto, che non rientrava tra i miei scopi ma che avevo comunque previsto, si sia manifestato così perfettamente anche in Lei» (lettera a Karl Friedrich von Reinhard, 13 febbraio 1812). Il lavoro occupa la maggior parte dell’anno compreso il soggiorno a Karlsbad, che gli offre maggiore tranquillità e quindi giornate di lavoro più intenso: a luglio spedisce al tipografo il sesto e il settimo libro e annuncia agli amici l’uscita del secondo volume per l’autunno. Il 22 ottobre infatti può inviarne una copia a Elisa von der Recke, e gli amici non tardano a reagire. «Per il Suo cordiale plauso, con cui mi manifesta il Suo apprezzamento per il secondo volume, La ringrazio di cuore. Riconosco spesso, e anche le mie confessioni lo mostreranno, che tutti i miei lavori precedenti li ho scritti per me e solo per me stesso, e di conseguenza ho potuto aspettare paziente anche dodici o più anni prima che l’uno o l’altro venisse recepito e sortisse un qualche effetto. Ora devo invece confessare che per quest’ultima opera le cose stanno diversamente. Mi piacerebbe che fosse motivo di gioia per i miei connazionali, ma soprattutto per i miei amici che si trovano nella mezza o nella tarda età, affinché possano ravvivare insieme a me il ricordo dei bei tempi, passati ma non così remoti. L’arzillo Griesbach si è rallegrato per i francofurtensia nei suoi ultimi giorni; Salzmann, per me indimenticabile, è morto poco prima, e così il mio ricordo affettuoso non ha potuto raggiungerlo» (lettera a Christian Gottfried Körner, 26 novembre 1812). L’attenzione dell’autore è comunque già rivolta alla terza parte, di cui ha già abbozzato alcuni passaggi, e così scrive all’editore riguardo al proseguimento: «Se Lei è d’accordo, con il nuovo anno inizieremo la stampa del terzo volume di Poesia e verità. Prima di ripartire, vorrei terminare alcune opere, tanto più che ho il sospetto che la prossima estate mi fornirà occasioni più di distrazione che di concentrazione. […] Le parlavo prima dei quattro volumi dell’autobiografia.

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Eccone la spiegazione. Con questi quattro intendo completare la storia della mia formazione e della prima parte della mia vita privata e letteraria, fino all’epoca in cui divenni del tutto indipendente. Come trattare poi le epoche successive, lo so già; ma per pubblicare il lavoro mentre sono ancora in vita ci vorrebbe una determinazione che non ho ancora maturato» (lettera a Cotta, 12 novembre 1812). Sempre nella stessa lettera comunica a Cotta che il terzo volume dovrebbe essere pronto per l’autunno del 1813 (e in effetti ha già iniziato la dettatura), mentre il quarto e ultimo potrebbe uscire un anno più tardi, nell’autunno 1814 – se nel primo caso la previsione sarà più o meno rispettata, con uno slittamento di solo qualche mese, per l’ultimo volume ci vorranno invece quasi quindici anni prima che l’autore riesca a riprenderlo in mano per terminarlo. 1813 «Accetti il mio più sentito e sincero ringraziamento per quello che avete detto della mia opera biografica. Lo storico scrupoloso e liberale è davvero il primo a saper valutare e apprezzare lavori problematici come questo. Non si scandalizza se gli si offre poesia e verità, perché sa bene quanta poesia bisogna eliminare da importanti monumenti storici, per farne rimanere la verità. I tedeschi hanno la caratteristica di non prendere nulla così come viene loro offerto: se gli si porge il manico del coltello, dicono che non è affilato, se gli si porge la lama, urlano che li si vuole ferire. Hanno letto tantissimo, ma non sono ricettivi per le forme nuove» (lettera a Karl Ludwig von Woltmann, 5 febbraio 1813). Le parole di simpatia che riceve da chi ha letto il secondo volume gli sono molto gradite, poiché «ho bisogno di energia e incoraggiamento per il terzo» (lettera a Karl Friedrich von Reinhard, 25 gennaio 1813). La dettatura prosegue comunque spedita, nonostante gli sia molto difficile richiamare alla mente i dettagli di avvenimenti tanto lontani nel tempo: prosegue quindi la raccolta di materiali e interpella amici e conoscenti per avere informazioni. Decide anche di organizzare i materiali in modo

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più sistematico: predispone delle buste di carta (le famose Papiertaschen), una per ciascun anno, dentro alle quali raccoglie tutto ciò che può servire per la biografia: schemi preparatori, dettagli autobiografici, informazioni su eventi letterari, storici, politici, riflessioni e appunti su temi particolari, citazioni tratte ad esempio da lettere e diari e così via, per facilitarsi man mano il lavoro (Scheibe 1967a, pp. 177-186). La campagna militare della primavera 1813, che non vede né vincitori né vinti, è accompagnata da un’atmosfera di grande incertezza che permane anche durante la tregua estiva. Per questo motivo parte per Teplitz prima del previsto e vi rimane fino ad agosto, riuscendo a sfruttare al meglio la tranquillità del luogo per lavorare intensamente all’autobiografia. A fine luglio invia il manoscritto a Riemer affinché lo riveda, esprimendogli la sua principale preoccupazione: «In particolare Le chiedo di fare molta attenzione a quello che si dice delle persone viventi. Di Jacobi ho già detto tutto il necessario nelle annotazioni che accompagnano il manoscritto; soppesi bene anche quello che ho scritto di Klinger. Queste cose richiedono uno humor molto allegro e vivace, ma quando si è contrariati non si percepisce ciò che può contrariare anche altri. Lavater e Basedow, mi pare, sono venuti bene; dai piccoli dettagli l’immaginazione è in grado di ricostruire degli individui» (lettera a Riemer, 27 luglio 1813). A fine agosto i libri xi-xiv sono pronti e vengono inviati al tipografo, ma la stampa viene interrotta: l’autore ritira il quattordicesimo libro e lo rielabora, scorporandone una parte e integrandone altre, da cui scaturirà la versione definitiva dei libri xiv e xv. «Verso Natale uscirà il terzo volume delle mille e una notte della mia vita strampalata, che mentre la descrivo mi pare quasi ancora più sciocca di quanto non sia in realtà» (lettera a Zelter, 24 novembre 1813). 1814 A causa dell’interruzione occorsa in fase di stampa, la pubblicazione del terzo volume con i libri xi-xv subisce qualche mese

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di ritardo: apparirà soltanto nel maggio 1814, dopo la fiera di Pasqua. Nonostante abbia già dettato alcune pagine dell’ultima parte (ad esempio l’inizio del libro xvi e del libro xviii, la parte su Lavater nel lib. xix e anche brani del finale, tra cui la concezione del demonico e l’accenno a Egmont), interrompe i lavori a Poesia e verità per dedicarsi al Divan occidentale-orientale. Germogliata dalle letture e dalle esperienze di quei mesi, quest’opera poetica della maturità lo terrà impegnato per diversi anni, durante i quali non riuscirà a riprendere in mano l’autobiografia: deciderà infine di concentrarsi sulle fasi più recenti della sua vita. Questa sospensione ha però anche altre cause: la necessità di raccogliere materiali per ricostruire avvenimenti molto lontani, di cui il ricordo è ormai offuscato, e il riguardo nei confronti delle persone coinvolte. La parte incentrata su Lili è pronta, ad esempio, ma poiché Lili è viva e sposata, è incerto se sia opportuno o meno rendere pubblici i dettagli del loro fidanzamento. La stessa discrezione aveva accompagnato il racconto del suo amore per Lotte, narrato solo tra le righe, mentre l’identità di Susanna Magdalena Münch, che i genitori nel lib. xv avevano salutato come possibile nuora, non era stata dichiarata. Permane però la consapevolezza dell’importanza del progetto: «In tutta onestà, credo che il servizio migliore che posso fare alla mia patria sia quello di proseguire con il mio tentativo biografico, descrivendo con equità e serenità i mutamenti della cultura morale, estetica e filosofica di cui sono stato testimone, per mostrare come ogni epoca cerchi sempre di scacciare e neutralizzare la precedente, invece che ringraziarla per gli stimoli e le conoscenze che tramanda» (lettera a Franz Bernhard von Bucholtz, 14 febbraio 1814). 1815 «Circa sei mesi fa ho all’improvviso messo da parte il quarto volume [di Poesia e verità], di cui avevo già scritto una buona metà e, per non bloccarmi definitivamente, ho saltato dieci anni, quelli in cui il giovane ingenuo, fino a quel momento soffocato e intimidito, cerca infine di respirare a pieni polmoni, tanto scapestrato

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quale era: è il settembre del 1786, con il viaggio in Italia. […] Mi traggo in salvo in un’epoca di cui conservo ancora i documenti fondamentali, diari, lettere, piccoli saggi e infiniti schizzi, miei e di altri, e in più ho anche la presenza e la collaborazione del mio eccellente compagno di viaggio e di vita, il consigliere Meyer» (lettera a Karl Abraham Eichstädt, 29 gennaio 1815). 1816 Sebbene Poesia e verità venga accantonata, il filone autobiografico non viene affatto abbandonato perché l’autore si volge a un nuovo periodo della sua vita, appunto quello del Viaggio in Italia, che viene pubblicato in due volumi nel 1816/1817 con un titolo che lo rende immediatamente riconoscibile come proseguimento della già avviata biografia: Dalla mia vita, poesia e verità, sezione seconda. Solo nella Ausgabe letzter Hand (voll. 27-29, 1829), l’opera assumerà il titolo che noi oggi conosciamo. Predispone dei regesti della seconda parte del Faust, come aveva fatto con Maometto, con L’ebreo errante e Le nozze di Hanswurst: non crede infatti di riuscire a completare la monumentale opera e affida quindi agli appunti per Poesia e verità il compito di trattenerne almeno la struttura e la concezione. «Ho studiato il manoscritto del quarto volume della mia biografia, che in parte è già scritto e i cui ultimi fogli, per quanto strano possa sembrare, sono praticamente pronti. Il volume si chiude con la decisione di partire da Heidelberg per andare a Weimar» (lettera a Sulpiz Boisserée, 16 dicembre 1816). 1819 In una lettera a Johann Friedrich Rochlitz (4 aprile) racconta di aver bruciato, tempo addietro, tutte le lettere che aveva ricevuto in circa vent’anni. Ora lo rimpiange molto, perché gli sarebbero state di grande aiuto per integrare l’autobiografia: ma di Klopstock non è rimasto nulla, ben poco di Herder e di Wieland. Compone quelli che lui stesso definisce Annali [Tag- und Jahreshefte] che interessano gli anni trascorsi a Weimar e hanno l’andamento di una cronaca: iniziati nel 1819 e completati nel 1825, saranno

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pubblicati soltanto nel 1830 «a integrazione delle mie altre confessioni» nel volume 32 della Ausgabe letzter Hand. Cotta, che sta predisponendo una nuova edizione delle opere, gli suggerisce di redigere un elenco cronologico di tutti i suoi scritti da allegare ai volumi (cfr. Hagen 1973): «Come mi esorta nella Sua lettera del 23 gennaio, e come mi ero già più volte riproposto, ho di nuovo affrontato il compito, assai ingrato e faticoso, di compilare un resoconto cronologico delle mie opere. In circa due settimane spero di poterlo spedire se non tutto, almeno una parte. Come è già stato detto anche sul «Morgenblatt», i miei scritti sono un tutt’uno con la vita, e per questo ho già pubblicato cinque volumetti autobiografici» (lettera a Cotta, [20] febbraio 1819). 1821 Lili Schönemann è morta nel 1817, e nel 1821 il figlio, Karl von Türckheim, insieme alla moglie si reca a Weimar in visita, trattenendosi alcune settimane. Questo sembra riaprire la strada ai ricordi e alla narrazione: nell’ottobre Goethe riprende il lavoro a Poesia e verità e detta la prima parte del libro xvii, fino al fidanzamento con Lili. Il lavoro viene poi nuovamente interrotto per una pausa che durerà alcuni anni. 1822 Confessa di avere difficoltà a descrivere «i giorni innocenti e appassionati della mia vita» che sono oggetto della quarta parte di Poesia e verità e che percepisce come troppo lontani (lettera al consigliere Schultz, 12 giugno). Decide quindi di concentrarsi di nuovo su periodi più recenti, di cui conserva un ricordo più fresco: compone la Campagna di Francia e L’assedio di Magonza (avvenuti negli anni 1792/1793), pubblicati entrambi con il titolo generale Dalla mia vita. Ciò indica che fino alla fine Goethe considerava le diverse opere come ‘puntate’ di un unico racconto biografico unitario destinato a ripercorrere tutte le fasi della sua esistenza. Lo confermerà anche un elenco delle opere datato 1° marzo 1826 che accompagna la Ausgabe letzter Hand: qui tutti

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gli scritti autobiografici sono indicati in sequenza e con una numerazione progressiva (cfr. Hagen 1973). L’elenco comprende anche le opere ancora in preparazione, di cui si comunica il contenuto in modo molto schematico: è previsto anche un ulteriore scritto riguardante il primo decennio trascorso a Weimar, dal suo arrivo fino alla partenza per il viaggio in Italia. 1823 Nonostante le informazioni raccolte anche grazie ad amici e conoscenti, gli riesce molto gravoso integrare le lacune dei suoi ricordi; in molte occasioni si sofferma su questa difficoltà, ad esempio in una lettera a Zelter (24 luglio), dove spiega: «Dopo molti tentativi [di redigere la cronaca della mia vita] alla fine ho cominciato con i tempi più recenti perché, avendoli ancora freschi nella memoria, non devo penare così tanto per raccogliere le informazioni; e alla fine vedo che, lavorando così a ritroso, le cose note e attuali richiamano i ricordi svaniti e dispersi». 1824/1825 Riprende lentamente in mano il lavoro a Poesia e verità. Nelle sue Conversazioni con Goethe, in data 10 agosto 1824, Eckermann riporta un resoconto dettagliato dello stato di elaborazione dei libri xvi-xx, insieme alle proposte per il proseguimento del lavoro che sottopone a Goethe; questi però sembra aver preso le distanze dall’opera, interrotta ormai da tempo, e preferisce proseguire con la cronaca del periodo di Weimar negli Annali, iniziati nel 1819. Contemporaneamente trova l’ispirazione per completare un antico progetto, che aveva abbandonato: il Faust, a cui dedicherà gli ultimi anni di vita. «Devo affrontare questi ultimi anni con un approccio di tipo annalistico, mettendo in luce non tanto la mia vita quanto piuttosto la mia attività. L’epoca più importante per un individuo è senz’altro quella della sua formazione; epoca che, nel mio caso, si conclude con ciò che è dettagliatamente raccontato nei volumi di Verità e poesia. Più tardi incomincia il conflitto con il mondo, che è interessante solo se conduce a dei risultati» (Eckermann,

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Conversazioni, p. 63, 27 gennaio 1824). Nella lettera compare ancora quello che era il titolo iniziale: poi, secondo quanto riferisce Riemer, Goethe decise di invertire l’ordine dei due termini per motivi di eufonia. «Ho avuto la grande fortuna di essere nato in un’epoca in cui i maggiori avvenimenti mondiali erano all’ordine del giorno e hanno continuato a esserlo per tutta la mia lunga vita, sicché sono stato testimone della Guerra dei sette anni, della separazione dell’America dall’Inghilterra, della Rivoluzione francese e infine dell’intero periodo napoleonico sino al tramonto dell’Eroe e agli eventi successivi. In tal modo sono giunto a conclusioni e a opinioni completamente diverse da quelle cui può giungere chi viene al mondo adesso e deve acquisire la conoscenza di quei grandi avvenimenti con l’aiuto di libri che non li comprendono» (Eckermann, Conversazioni, pp. 69-70, 25 febbraio 1824). «Quelli che non so bene come definire ma che potrebbero espandersi fino a riempire un paio di volumi, sono appunti sulla mia vita [si tratta degli Annali]. Vanno di anno in anno fino ai tempi recentissimi, nel loro significato rimangono invariati, nell’esecuzione li si potrebbe definire di volta in volta cronaca, annali, memorie, confessioni e non so cos’altro ancora, e non a torto. Nel loro semplice andamento sfiorano la storia universale oppure – se si vuole – è la storia universale a sfiorarli, e così oscillano tra particolari insignificanti ed eventi mondiali importantissimi. Sarà forse proprio questa disdicevole disparità a garantire a questi strani quaderni una buona accoglienza» (lettera al consigliere Schultz, 31 maggio 1825). 1830 «Il quarto volume di Verità e poesia, dove Lei troverà il racconto delle gioie e dei dolori giovanili causati dal mio amore per Lili, è ormai finito da qualche tempo. L’avrei scritto e pubblicato molto prima, se non mi avessero trattenuto certi teneri scrupoli, una sorta di delicatezza non nei riguardi di me stesso, bensì verso Lili che a quei tempi viveva ancora. Sarei stato fiero di dire a tutto il mondo quanto l’avevo amata; e credo che lei non sarebbe arros-

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sita nel confessare che il mio affetto era ricambiato. Ma avevo il diritto di parlarne pubblicamente, senza il suo consenso? Mi ero sempre ripromesso di chiederglielo, ma non mi decidevo mai, e alla fine non fu più necessario. […] Il mio sentimento per lei aveva qualcosa di così delicato e di così peculiare che, nella rappresentazione di quell’epoca felice e dolorosa, influenza ancor oggi il mio stile. Quando in futuro leggerà il quarto volume di Verità e poesia, avrà modo di rendersi conto che quell’amore è completamente diverso dall’amore descritto nei romanzi. […] l’amore non siamo solo noi, ma lo è anche l’oggetto che ci affascina. E poi, il che non va dimenticato, quale terzo potente elemento viene ancora ad aggiungersi il demonico, che è solito accompagnare ogni passione e che trova nell’amore la sua vera sostanza. Nel mio rapporto con Lili ha svolto un ruolo molto importante, in quanto diede alla mia vita tutto un altro indirizzo, sicché non esagero quando sostengo che la mia venuta a Weimar e il fatto che io adesso sia qui ne furono una diretta conseguenza» (Eckermann, Conversazioni, pp. 559560, 5 marzo 1830). Dopo aver completato il Faust sembra crearsi nuovo spazio per altre opere rimaste incompiute. In una conversazione avvenuta l’8 giugno, il cancelliere von Müller lo esorta a concludere la quarta parte dell’autobiografia, e Goethe risponde: «In quattro settimane tranquille potrei farcela, ma ora sono troppo impegnato con la nuova edizione della Metamorfosi delle piante». E aggiunge che l’ultima parte riguarderà soltanto l’anno 1775 e descriverà un momento importante e molto significativo della sua vita, «una fase cruciale». In novembre riprende davvero in mano Poesia e verità: nel suo diario annota di aver riletto il terzo volume e di voler completare il successivo, come scrive infatti a Zelter: «Il quarto volume della mia vita è rimasto tranquillo per oltre dieci anni, con appunti e in parte anche già scritto, senza che avessi mai il coraggio di riprenderlo in mano. Ora l’ho affrontato con energia e l’ho portato a termine, tanto che il volume, così com’è, potrebbe andare in stampa; ho però la speranza di poter

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rendere il contenuto ancora più ricco e significativo, la trattazione più accurata» (lettera a Zelter, 10 dicembre 1830). 1831 Il lavoro prosegue, in particolare nei mesi di marzo e aprile; nelle Conversazioni con Goethe Eckermann riepiloga la situazione del manoscritto (15 marzo 1831), aggiungendo alcune annotazioni sul libro xvi e xviii. Il 30 marzo torna di nuovo sull’argomento, dopo aver riletto il terzo volume della biografia: «è stato come quando, dopo aver fatto progressi nello studio di una lingua straniera, rileggiamo un libro che prima credevamo di aver capito, ma che solo adesso si rivela a noi in tutti i suoi minimi dettagli e in tutte le sue sfumature. La sua biografia è un libro che ci stimola ad accrescere in modo decisivo la nostra cultura». Goethe risponde: «Ho esposto soltanto i risultati cui sono giunto nella mia vita, e i singoli avvenimenti che racconto servono solo a confermare un’osservazione di carattere generale, una verità superiore. […] Potrei dire che nel mio libro sono contenuti alcuni simboli della vita umana. Ho intitolato il libro Verità e poesia perché, tendendo verso l’alto, si innalza oltre le regioni della realtà materiale. Di recente Jean Paul, per spirito di contraddizione, ha scritto un’opera autobiografica intitolata Verità. Come se la verità, ricavata dalla vita di un uomo del genere, potesse essere altro se non la prova che l’autore era un filisteo! Ma i tedeschi non sanno come vada accolto ciò che è insolito, e spesso ciò che è superiore passa loro davanti senza che se ne accorgano. Un fatto della nostra vita non vale perché è vero, ma per il significato che viene ad assumere» (Eckermann, Conversazioni, pp. 383-384, 30 marzo 1831). Un’ultima, intensa fase di lavoro a Poesia e verità si colloca dopo aver concluso e sigillato la seconda parte del Faust, alla fine dell’estate e nell’autunno. L’ultima menzione nel diario risale al 12 ottobre 1831: l’ultima opera dell’autore ormai ottantaduenne è la storia della sua giovinezza. In una lettera a Humboldt riassume in poche frasi il significato delle sue fatiche autobiografiche: «Se posso esprimermi con la vecchia confidenza, mio riverito amico, devo ammettere con piacere che nella mia tarda età tutto

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diviene per me sempre più storico: che un fatto sia accaduto nei tempi passati e in regni lontani o vicinissimo a me nello spazio e nel tempo, è la stessa cosa, anzi: ho l’impressione di diventare storia io stesso. E poiché la mia figliola [la nuora] la sera mi legge Plutarco, spesso mi sento ridicolo nel raccontare la mia biografia in questo modo» (lettera a Wilhelm von Humboldt, 1° dicembre 1831; cfr. Hoheisel 2013). Goethe aveva incaricato Karl Wilhelm Göttling, professore di filologia classica a Jena, di rivedere il manoscritto per dargli la veste definitiva per la stampa; Göttling redige un elenco di proposte per le correzioni, che l’autore non avrà più il tempo di valutare. 1833 Viene pubblicata postuma la quarta e ultima parte di Poesia e verità nel vol. 48 della Vollständige Ausgabe letzter Hand (Stuttgart/ Tübingen 1833). I due curatori ufficialmente deputati da Goethe alla cura ed edizione del suo lascito, Johann Peter Eckermann e Friedrich Wilhelm Riemer, coadiuvati dal cancelliere von Müller, intervengono però in modo massiccio sul testo con una serie di modifiche, correzioni e cambiamenti (Scheibe 1968a).

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Prospetto degli scritti autobiografici Opera Poesia e verità, parte i

Periodo trattato

Stesura

Pubbl.

1749-1764

1809-1811

1811

Poesia e verità, parte ii

1765-1770/71

1811-1812

1812

Poesia e verità, parte iii

1770/71-1774/75

1812-1813

1814

Poesia e verità, parte iv

1775

In part. 1821, 1824/25, 1830/31

1833

sett.-ottobre 1786

1786

1886

Viaggio in Italia, parte i

settembre 1786-febbraio 1787

1813-1816

1816

Viaggio in Italia, parte ii

febbraio-giugno 1787

1815-1817

1817

Secondo soggiorno romano

giugno 1787-aprile 1788

1819-1829

1829

Campagna di Francia

agosto 1792-aprile 1793

1820-1822

1822

L’assedio di Magonza

maggio-agosto 1793

1822

1822

Annali

1749-1822

1817-1825

1830

Diari

1775-1786, 1789-1832

1775-1832

18871903

Diario del viaggio in Italia

Fonti: FA, vol. xiv, pp. 1001-1040. BA, vol. xiii, pp. 933-948: Entstehung und Überlieferung. HA, vol. xiv, pp. 352-370: Goethe über seine autobiographischen Schriften. Mommsen, Momme (unter Mitarbeit von Katharina Mommsen): Die Entstehung von Goethes Werken in Dokumenten. Berlin/New York: de Gruyter 2006, vol. ii, pp. 348-529.

NOTA EDITORIALE Questa edizione dell’autobiografia utilizza come riferimento l’edizione in 40 volumi delle opere di Johann Wolfgang Goethe, uscita dal 1986 al 2013 presso il Deutscher Klassiker Verlag (abbreviata come FA – Frankfurter Ausgabe)1. Si tratta della più ampia edizione di Goethe del xx secolo, che presenta non soltanto i testi ma anche un ampio commento. La FA comprende le opere (in una prima sezione di 27 volumi), incluse quelle scientifiche e amministrative, ma anche le lettere, i diari e le conversazioni con Eckermann (sez. ii, voll. xxviii-xxxix). Completata nel 1999, per il 250° anniversario della nascita di Goethe, è stata integrata dal volume con gli indici (vol. xl) soltanto nel 2013. Poesia e verità si trova nel volume xiv, curato da Klaus-Detlef Müller e uscito nel 1986; la paginazione dell’originale è riportata a margine del testo tedesco e indicata con il segno | nel testo italiano. Per quanto riguarda l’autobiografia, come per molte altre opere di Goethe, il punto di riferimento era stato a lungo l’ultima edizione rivista e autorizzata dall’autore, la Ausgabe letzter Hand2; le prime tre parti di Poesia e verità (con i libri i-xv) erano apparse nei volumi xxiv-xxvi, mentre la quarta e ultima parte, non terminata, fu pubblicata postuma nel 1833 (vol. xlviii). Sulla Ausgabe letzter Hand si basarono tutte le edizioni successive, compresa la Weimarer Ausgabe [WA], tutt’ora accreditata ma del tutto priva Sämtliche Werke. Briefe, Tagebücher und Gespräche. Hrsg. von Hendrik Birus et al. Frankfurt a. M./Berlin: Deutscher Klassiker Verlag 1986-2013, 40 voll. 2 Goethe’s Werke. Vollständige Ausgabe letzter Hand. Stuttgart/Tübingen: Cotta 1828-1830, 40 voll. Integrata poi con: Goethe’s Nachgelassene Werke. Hrsg. von Johann Peter Eckermann und Friedrich Wilhelm Riemer. Stuttgart/ Tübingen: Cotta 1832-1842, voll. 41-60. 1

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NOTA EDITORIALE

di commenti; la loro autorevolezza è stata però messa in discussione in tempi più recenti, tanto che già nella Hamburger Ausgabe [HA] Erich Trunz e Lieselotte Blumenthal fecero ricorso alle prime edizioni di Poesia e verità e, per la quarta parte, ai manoscritti – una scelta condivisa da tutte le edizioni storico-critiche successive, che ha permesso di ricostruire il testo in base ai criteri più recenti della filologia testuale. L’edizione scelta come base per questa traduzione mette dunque a frutto le più recenti innovazioni metodologiche ed ecdotiche e si distingue per una grande attenzione filologica al testo e per apparati documentari ampi e precisi. Goethe stesso aveva previsto di compiere una revisione capillare della sua autobiografia prima della Ausgabe letzter Hand, e aveva pensato di affidarla a un filologo classico (lettera a Chris­ toph Ludwig Schultz del 24 giugno 1824); del lavoro fu incaricato Karl Wilhelm Göttling che intervenne sul testo soprattutto per quanto riguarda ortografia e interpunzione. Con quest’ultima in particolare Goethe era molto parco: riteneva che l’uso eccessivo dei segni di punteggiatura ostacolasse la lettura e la recitazione rendendole eccessivamente frammentarie (lettera a Cotta del 3 giugno 1816), per cui gli innumerevoli interventi del curatore non paiono troppo rispettosi del mandato ricevuto. Göttling intervenne inoltre sull’uso dei casi, sulla morfologia, modificò la grafia delle parole straniere in base a un criterio etimologico ed eliminò tutte le parole in spaziato (che aveva la funzione dell’odierno corsivo, usato in questa edizione). Göttling elencò tutte le correzioni, come gli era stato richiesto, per sottoporle al vaglio dell’autore, che non ebbe però il tempo di esaminarle – non sappiamo quindi quali proposte avrebbero incontrato il suo favore. Ancora più complessa è la situazione dell’ultima parte, rimasta manoscritta. La stesura degli ultimi cinque libri era sì conclusa, ma non aveva ancora la forma definitiva: ci sono spazi vuoti che indicano l’intenzione di aggiungere o inserire dei brani3, 3 Il manoscritto si presenta come un insieme di fogli che raccolgono episodi slegati tra loro e scritti talvolta anche in epoche diverse, intercalati da ampi

NOTA EDITORIALE

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ripetizioni, costruzioni sintatticamente contorte, contraddizioni che avevano spinto i curatori del lascito, Eckermann e Riemer, a intervenire in modo consistente sul testo prima di pubblicarlo nel 1833. Essi si erano proposti, nella revisione, di seguire lo stesso metodo di lavoro che avevano utilizzato negli anni precedenti quando, sotto la supervisione di Goethe stesso, avevano preparato le sue opere per una nuova pubblicazione, ma le edizioni critiche più recenti hanno evidenziato che i loro interventi furono decisamente più massicci, oltre che non sempre rispettosi dei principi indicati dall’autore (Scheibe 1968a): oggi si tende dunque a recuperare quanto più possibile la stesura autoriale manoscritta, conservandone anche il carattere incompleto e provvisorio4. La traduzione italiana, con testo tedesco a fronte, è accompagnata da un apparato di note che privilegiano la componente documentaria, cercando di fornire informazioni riguardo a luoghi, persone, opere letterarie ed eventi ricordati nell’autobiografia, completate da alcuni rimandi bibliografici. Per le note sono stati utilizzati gli apparati dell’edizione di riferimento (FA, vol. xiv, pp. 1074-1298), quelli della Hamburger Ausgabe (voll. ix-x, a cura di Erich Trunz) e gli studi critici dedicati ai singoli argomenti trattati, tenendo presenti le esigenze di lettori appartenenti a una diversa epoca e cultura. Per tutto ciò che concerne invece scelte e strategie traduttive si rimanda alla Nota del traduttore. L’autobiografia contiene numerosissimi riferimenti interni, in quanto l’autore richiama spesso persone ed eventi già nomispazi bianchi. Questi spazi sono ridotti, nell’edizione di riferimento e di conseguenza nella traduzione, a un’unica riga vuota, che rende comunque l’idea di una sequenza slegata. 4 Il primo a compiere questa operazione di ricostruzione del manoscritto fu Siegfried Scheibe (AA, voll. i-ii, 1970), che ha ripristinato il ductus originale del testo eliminando il più possibile gli interventi dei curatori; al suo lavoro si rifa anche la FA qui utilizzata. Per i criteri e i principi di edizione adottati da Klaus-Detlef Müller si veda FA, vol. xiv, pp. 1068-1073.

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NOTA EDITORIALE

nati in precedenza o anticipa eventi che narrerà in seguito. Per mettere il lettore in grado di ricostruire questi legami strutturali che costituiscono la trama dell’opera senza perdere il filo della narrazione, sul margine destro del testo italiano sono riportati i rimandi interni con l’indicazione di libro e pagina. La grande ricchezza informativa del testo ha reso opportuna la predisposizione di diversi indici, curati da Stefano Apostolo, che permettono di ritrovare velocemente personaggi, luoghi e opere letterarie menzionati nel testo; è stato inoltre predisposto anche un regesto che ripercorre i venti libri dell’autobiografia in maniera sintetica e ne presenta i principali nuclei tematici.

NOTA DEL TRADUTTORE «… nonostante quella forma imperfetta …» Traduttore e lettore alle prese con Poesia e verità Accanto alle molteplici occupazioni, ai mille incarichi e interessi, Goethe rimase per tutta la vita un lettore onnivoro. Anche negli ultimi anni, giunto a un’età davvero venerabile per la sua epoca, continuò a interessarsi assiduamente alla vita letteraria non soltanto tedesca, ma anche francese, inglese ed europea in generale. La sua conoscenza delle lingue gli permetteva di leggere molti testi in originale, ma non disdegnava le traduzioni, anzi: non mancava mai di procurarsele e di valutarle con attenzione. Nell’autobiografia sono una presenza costante, e nel nominare i capolavori stranieri che ha letto e che lo hanno colpito, non dimentica mai di indicare il traduttore o l’edizione specifica. Grazie alle traduzioni presenti nella biblioteca paterna il poeta può accedere fin da piccolo a capolavori stranieri, da Les Avantures de Télémaque di Fénelon1 alla Gerusalemme liberata di Tasso2, accogliendo così le prime durature influenze letterarie, per proseguire poi con Omero (pp. 83-85 e 1175) e con la Bibbia (p. 263, p. 1047 sulla traduzione di Lutero), immensa fonte di ispirazione a cui dedica un’ampia digressione nel libro quarto. Il Il romanzo di Fénelon fu tradotto in alessandrini tedeschi da Benjamin Neukirch: Die Begebenheiten des Prinzen von Ithaka oder Der seinen Vater Ulysses suchende Telemach (Anspach 1739). Cfr. Poesia e verità, pp. 69, 163. – Tutti i riferimenti inseriti nel testo corrente con soltanto l’indicazione della pagina rimandano a questa edizione di Poesia e verità. 2 Johann Friedrich Koppe tradusse in tedesco il poema di Tasso: Versuch einer poetischen Übersetzung des Tassoischen Heldengedichts, genannt: Gottfried oder Das befreite Jerusalem (Leipzig 1744). Cfr. p. 163. 1

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NOTA DEL TRADUTTORE

ragazzino si dedica con ancora maggior impegno allo studio del latino quando si rende conto che quella lingua gli offre, «oltre a splendidi capolavori originali, anche la possibilità di acquisire tutto il sapere dei tempi antichi attraverso le traduzioni e le opere dei maggiori autori» (p. 501); e qualche anno più tardi si scandalizza e critica con veemenza la «Allgemeine deutsche Bibliothek», una delle riviste letterarie più quotate dell’epoca, quando un recensore, parlando di Wieland, si espresse negativamente riguardo all’opportunità di tradurre in tedesco le opere di Shakespeare3. Anche in seguito, sono le traduzioni a segnare tappe importanti nella sua formazione letteraria, soprattutto nel felice e produttivo periodo di Strasburgo: ascolta Herder leggere ad alta voce la traduzione tedesca del Vicario di Wakefield (p. 901), vive l’intensa stagione shakespeariana insieme a Lenz e al gruppo di amici cimentandosi quasi a gara nella traduzione di piccoli componimenti spiritosi, curiosi e umoristici (pp. 1047-1049), ispirati dalle figure comiche del drammaturgo inglese; si misura con il registro elegiaco traducendo il Deserted Village di Goldsmith insieme all’amico Friedrich Wilhelm Gotter (p. 1159), e ricorda con piacere le traduzioni improvvisate di Omero per introdurre anche l’amata sorella Cornelia nel mondo degli eroi greci, dove la trasposizione estemporanea dal latino al tedesco è l’innesco da cui scaturisce spontanea la poesia4. 3 Commenta infatti Goethe: «Quando la veramente meritoria traduzione di Shakespeare viene accolta con l’esclamazione: “davvero, un autore come Shakespeare non lo si dovrebbe proprio tradurre!”, si capisce quanto fosse infinitamente arretrata in fatto di gusto la Allgemeine deutsche Bibliothek» (pp. 571-573). 4 «E nel reame della fantasia non mi si era forse aperto un nuovo mondo, in cui volevo introdurre anche lei? I miei piccoli lavori, la poesia universale in tutta la sua ampiezza, dovevo man mano farglieli conoscere. Così improvvisavo sul momento traduzioni di quei passi di Omero che più di altri potevano piacerle. Leggevo in tedesco la traduzione letterale di Clarke meglio che potevo, la lettura si trasformava di solito in versi e rime e la vivacità con cui tratteggiavo le immagini, la forza con cui le declamavo, compensavano tutti gli ostacoli di una sintassi contorta» (pp. 1173-1175).

NOTA DEL TRADUTTORE

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Già da questi piccoli accenni emerge come la traduzione sia un elemento-chiave al quale Goethe ha sempre tributato grande rilevanza: è evidente dalla precisione con cui indica sempre il nome del traduttore, spesso dimenticato persino al giorno d’oggi. L’accostamento alla letteratura di altre culture è dunque sempre mediato in modo consapevole e critico dalle traduzioni, ma non soltanto: Goethe stesso si dedicherà più volte nel corso della sua esistenza a quest’attività5, tanto che le annotazioni scritte «per una migliore comprensione» del Divan occidentale-orientale (1813) sono ancora oggi un punto di riferimento, pagine in cui la riflessione sulla necessità e l’altissimo valore della traduzione sono vivificate dalla pratica traduttiva, dall’esperienza feconda dell’incontro con l’estraneo da assimilare, un processo indispensabile per l’arricchimento e il rinnovamento di ogni cultura. Il ruolo fondamentale della traduzione, che tra l’altro assolveva una funzione basilare in rapporto alla concezione goethiana di Weltliteratur6, è tratteggiato in modo efficace nella breve poesia Una parabola, che egli scrive dopo aver letto una raccolta delle sue liriche in traduzione francese7: Una parabola Colsi un mazzo di fiori di campo, perduto in pensieri a casa lo portai: per il calore della mano le corolle tutte s’erano a terra reclinate. Allora misi i fiori in un fresco vaso e subito un miracolo si diede: le testoline si rialzarono, I volumi xi e xii della FA contengono le sue traduzioni, che spaziano dalla Vita di Cellini al Nipote di Rameau di Diderot, dall’Inferno di Dante al Cinque maggio di Manzoni. 6 Elena Polledri: Die Aufgabe des Übersetzers in der Goethezeit. Tübingen: Narr 2010; su Goethe traduttore si vedano in particolare le pp. 173-247. 7 La poesia, composta nel 1828, viene menzionata in una lettera a Zelter (21 maggio 1828): «una graziosa traduzione delle mie piccole poesie mi indusse a comporre questa parabola»; si tratta probabilmente del volume Poésies de Goethe (Parigi 1825), tradotte da Madame Panckouke. 5

NOTA DEL TRADUTTORE

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e così i gambi nel verde rigoglio, e tutti insieme erano così belli quasi [come se] stessero ancora in terra. Così mi accadde quando con meraviglia la mia canzone in altra lingua intesi.8

Il «fresco vaso», metafora del processo traduttivo, ha un potere miracoloso: non soltanto ridona vita alle corolle appassite e riporta gli steli al loro originario rigoglio, ma l’insieme dei fiori spontanei del campo, seppur trapiantato in un’altra lingua e in un diverso contesto culturale, ritrova tutta la sua bellezza, proprio come se fosse ancora nel suo ambiente naturale. Le opere letterarie di altre culture e di altre epoche possono dunque rivivere grazie alla traduzione e trasmettere tutta la loro bellezza, rispondendo così alla necessità di ogni nazione di conoscere e allargare i propri orizzonti: per non inaridirsi, deve prendere parte attivamente alle correnti letterarie altrui per trarne spunto e ispirazione e alimentare così quel circuito di scambio letterario e culturale che è il fondamento della Weltliteratur. L’atto traduttivo è dunque sempre meritorio, è sempre prezioso e fecondo, anche qualora il traduttore compia scelte che incidono profondamente sul testo originale, come nel caso di Neukirch che traduce il romanzo in prosa di Fénelon in alessandrini: «nonostante quella forma imperfetta, ebbe sul mio animo un effetto dolce e benefico» (p. 69). Secondo Goethe, nel tradurre ci si muove dalla versione in prosa (quella a suo parere didatticamente e pedagogicamente più valida, come spiega anche in Poesia e verità)9, verso un’aTutte le poesie, vol. ii, p. 1169, trad. di Andrea Landolfi. Vorrei però introdurre una variante: al verso 10 il testo originale recita infatti «als stünden sie noch auf Muttergrund», «come se stessero ancora in terra», e non ‘quasi stessero ancora in terra’, come invece traduce Landolfi, un ‘quasi’ che però, come sottolinea Umberto Eco nel suo volume sulla traduzione, può fare una grande differenza. Cfr. Umberto Eco: Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione. Milano: Bompiani 2003. 9 «Ho rispetto per il metro e la rima che fanno della poesia una poesia, 8

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derenza sempre maggiore al testo di partenza, un movimento di graduale avvicinamento che induce il lettore a lasciare il terreno del consueto, del già noto, per addentrarsi sempre più nel mondo dell’autore, estraneo e sconosciuto, entrando progressivamente nel testo originale. Forse per questo egli prediligeva edizioni bilingui, leggeva ad esempio Omero nell’edizione di Johann August Ernesti10 che affiancava al testo greco la traduzione latina letterale di Samuel Clarke, e ciò valeva anche per altri autori, come dimostra la sua biblioteca11. Mi è sembrato quindi particolarmente appropriato poter proporre anche la sua grande opera autobiografica con il testo a fronte: un valore aggiunto che rispecchia la personale predilezione dell’autore e offre al lettore la possibilità di avvicinarsi il più possibile al testo originale anche dal punto di vista linguistico.

ma l’elemento che agisce più in profondità e con efficacia, quello che davvero insegna e stimola è quello che rimane del poeta quando viene tradotto in prosa. Allora rimane il contenuto puro e assoluto: talvolta la forma scintillante può simularlo, quando è carente, oppure lo oscura se è presente. Ritengo quindi che nella fase iniziale della formazione, per i giovani siano più proficue le traduzioni in prosa di quelle in versi; si osserva spesso infatti che i ragazzi, che prendono tutto come un gioco, si divertono per il suono delle parole, per la cadenza delle sillabe, e con una sorta di perfidia parodistica distruggono il contenuto profondo delle opere migliori» (pp. 1045-1047). 10 È interessante notare che questa edizione è anche quella che legge Werther, assiduo e appassionato lettore di Omero e in particolare dell’Odissea; in una lettera Werther racconta infatti che ha ricevuto un dono a lungo desiderato: gli eleganti e maneggevoli volumetti in dodicesimo stampati ad Amsterdam da Jakob Wetstein, mentre prima era costretto a portare con sé nelle sue passeggiate la ben più voluminosa e pesante edizione di Ernesti (I dolori del giovane Werther, lettera del 28 agosto 1771). 11 Hans Ruppert: Goethes Bibliothek. Katalog. Weimar: Arion-Verl. 1958; accessibile anche online sul sito Biblioteche dei filosofi: http://picus.unica.it/ index.php?page=TOC&id=192&lang=de (ultima consultazione 14.11.2019); si veda anche il progetto, tuttora in fieri, della Klassik Stiftung Weimar: https:// www.klassik-stiftung.de/forschung/sammlungen-bestaende/sammlung/goethes-bibliothek/

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NOTA DEL TRADUTTORE

1. Tradurre con il testo a fronte Del resto, la presenza del testo originale è significativa anche per il traduttore, un compito e insieme un’opportunità. La traduzione con il testo a fronte ha infatti uno status del tutto diverso rispetto alle abituali traduzioni: impedisce che si crei la finzione narrativa grazie alla quale il testo tradotto tende a sostituirsi al testo originale, a costituire un secondo testo che lo soppianta in tutto e per tutto. Con il testo a fronte il lettore è sempre consapevole, dal primo all’ultimo istante, che sta leggendo una traduzione, anzi: in qualsiasi momento può scegliere, in base ai suoi desideri e alle sue competenze linguistiche, quale dei due testi utilizzare. Può leggere prima l’uno e poi l’altro, oppure soltanto uno dei due; può in qualsiasi punto effettuare dei confronti microtestuali, vedere come un determinato termine è stato reso, come il testo si è trasformato nel passaggio da una lingua all’altra. Il lettore, in questo caso, non è più il lettore di un romanzo, di un saggio o una poesia, ma rimane sempre ostinatamente consapevole di essere il lettore di una traduzione, costretto a collocarsi attivamente tra le due versioni di uno stesso testo e a interagire con entrambe. Si mantiene allora un senso di estraniamento che rende difficile identificare o sovrapporre la traduzione all’originale – chi legge si trova insomma in una posizione intermedia: come si direbbe in tedesco, «zwischen den Stühlen», seduto a cavallo tra due sedie, dove in questo caso la scomodità è ampiamente compensata dalla possibilità di attingere contemporaneamente a due testi, a due culture. Parafrasando Umberto Eco, si potrebbe parlare di una sorta di ‘cooperazione traduttiva’ da parte del lettore, che non è soltanto principio attivo dell’interpretazione ma anche parte attiva nell’iter generativo della traduzione stessa: viene collocato nel testo e tra i testi12. 12 Umberto Eco: Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi. Milano: Bompiani 200610. «Ecco ora si rompono gli indugi e questo lettore, sempre accanto, sempre addosso, sempre alle calcagna del testo, lo si colloca nel testo» (p. 11).

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Il lettore ha dunque un ruolo più consapevole e dinamico; la traduzione non sostituisce, non surroga l’originale ma lo affianca, lo accompagna, lo rende accessibile a chi non ne conosca bene la lingua, ma rimane sempre strumentale – cioè una traduzione. «La traduzione è una forma [una delle tante che il testo di arrivo può assumere, aggiungo io]. Per coglierla come tale, occorre risalire all’originale»13. Questa esigenza espressa da Walter Benjamin si realizza nel testo a fronte: esso si offre al lettore ‘pigro’ che leggerà semplicemente la traduzione come testo compiuto a sé, ma il suo vero destinatario è un «Lettore Modello»14 capace e desideroso di cooperare con entrambi i testi. Il «Lettore Modello» è curioso, si chiede come un determinato concetto sia stato tradotto o quale fosse il punto di partenza di una certa formulazione, talvolta soppesa le diverse soluzioni traduttive affiancandosi al traduttore; insomma, si inserisce attivamente nel gioco testuale e interagisce con i due testi, interessato a conoscere le dinamiche culturali e traduttive da cui hanno preso vita. Il testo a fronte del resto cambia le carte in tavola anche per il traduttore, influenzando le dinamiche interne al processo traduttivo15 – la presenza dell’originale permette infatti di compiere scelte specifiche, scelte che altrimenti avrebbero esiti molto probabilmente diversi; il risultato è un testo con una capacità comunicativa potenziata. Il lettore ha infatti a disposizione diversi ordini di informazioni, può muoversi a piacimento tra i due testi e la sua partecipazione – o ‘cooperazione’, per usare il termine di Eco – al ‘gioco testuale’ investe sia il livello della lettura che quello della traduzione, dove può verificare sempre le ipotesi interpretative del traduttore. Il ruolo del lettore diviene quindi centrale e stimola a una lettura attiva e partecipata: riprendendo an13 Walter Benjamin: Il compito del traduttore. In: La teoria della traduzione nella storia. A cura di Siri Nergaard. Milano: Bompiani 2002, p. 222. 14 Umberto Eco: Lector in fabula, cit., p. 50. 15 Queste considerazioni valgono unicamente per traduzioni nate fin dall’inizio con il testo a fronte; ben diverso è il caso del testo originale che viene aggiunto successivamente a una traduzione preesistente, come talvolta fanno alcuni editori.

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cora le parole di Eco, la traduzione con il testo a fronte «non solo riposa su, ma contribuisce a produrre una competenza»16, stimola il lettore a prendere l’iniziativa mettendogli a disposizione un potenziale informativo e interpretativo maggiore e ‘aperto’, in cui può cercare la propria strada e una propria modalità di lettura; si abitua man mano a interfacciarsi con due testi e due codici diversi e, grazie al testo a fronte, la lettura può «trasformarsi in libera avventura interpretativa», interlinguistica e interculturale. 2. I testi nel testo Goethe definisce le proprie opere «frammenti di una grande confessione» (p. 595), che l’autobiografia è destinata a completare. E in effetti all’interno della cornice autobiografica si innestano le tessere di un grande mosaico, talvolta assemblate con la tecnica del montaggio vero e proprio, soprattutto negli ultimi libri, non ancora compiutamente elaborati e dove quindi spesso mancano i collegamenti tra i vari episodi e i nuclei tematici si avvicendano senza fasi di transizione. Ma anche in altri punti del lungo percorso narrativo sono inseriti testi nel testo, riconducibili a generi letterari molto diversi tra loro: dalla lirica al saggio critico, dal resoconto di viaggio all’aneddoto, dalla cronaca, alla fiaba, alla citazione erudita. Sono tanti testi racchiusi nel testo, con caratteristiche stilistiche diverse e un andamento narrativo specifico, che di volta in volta hanno richiesto strategie traduttive flessibili e variabili. Rinuncio quindi a discorsi generali sulle strategie traduttive, che risulterebbero troppo astratti o applicabili solo a singole porzioni di testo, per entrare direttamente nel vivo illustrando come ho trattato alcuni problemi specifici che mi si sono presentati nel corso del lavoro. Tradurre un’opera così ampia e un autore così importante non è cosa da poco; la traduzione è stata dunque esito di un lavoro di studio e di ricerca che mi ha impegnato molti anni. Il lungo pe16

Umberto Eco: Lector in fabula, cit., p. 56.

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riodo di gestazione mi ha permesso di confrontarmi con la prosa di altri scrittori della Goethezeit e con il lavoro di altri traduttori; di ripensare e ridiscutere all’interno di laboratori di traduzione le scelte fatte in un primo tempo; di ricostruire il contesto storico e l’ambientazione del testo per verificare la precisione denotativa della traduzione, di controllare e documentare le fonti – un lavoro di approfondimento di cui conserva traccia il ricco apparato di note al testo, che oltre a commentare gli aspetti linguistici fornisce anche un gran numero di informazioni storico-letterarie utili per una migliore comprensione dell’opera, soprattutto alla luce dei numerosissimi personaggi, eventi e circostanze a cui si fa riferimento, che non fanno più parte delle conoscenze condivise del lettore di oggi, in molti casi nemmeno del lettore tedesco. Il testo mi ha costretto a molte scelte, che spesso suscitavano dubbi e incertezze e, come sempre capita nel processo traduttivo, ho preso decisioni di cui io stessa non ero pienamente soddisfatta; ho optato per la soluzione che mi pareva più adeguata in base al contesto, ben sapendo che i criteri per stabilire il grado e la qualità dell’equivalenza di un traducente sono molti e spesso soggettivi – è la discrezionalità di ogni operazione compiuta sul e con il linguaggio. Il risultato è quindi una delle traduzioni possibili, una delle forme che il testo originale può assumere nell’altra lingua, ma so bene, come il «buon utopista» di Ortega y Gasset, che è solo un risultato approssimativo, dove il miglioramento è sempre possibile17. Ogni traduzione è relativa, sia perché invecchia con il tempo e richiede di essere rinnovata, vivificata, aggiornata, sia perché è risultato di scelte soggettive e quindi discutibili, è un’ipotesi di lavoro che il traduttore stesso, a distanza di tempo, potrebbe modificare. Del resto, fa parte della normale esperienza di chi lavora in questo campo prendere atto che «ci possono essere diverse traduzioni dello stesso testo. È impossibile, per lo meno lo è quasi sempre, avvicinarsi contemporaneamente a tutte le dimensioni del testo originale. […] Per questo 17 José Ortega y Gasset: Miseria e splendore della traduzione. In: La teoria della traduzione nella storia, cit., p. 188.

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sarà necessario dividere il lavoro e fare di una stessa opera traduzioni divergenti a seconda degli aspetti di essa che vogliamo tradurre con precisione»18. Una traduzione (quando non è lavoro frettoloso eseguito solo a scopi commerciali) è fatta anche per sperimentare con il testo e con il linguaggio e, perché no, con le strategie interpretative attuate dal lettore. Ogni traduzione è quindi un insieme dinamico che può configurarsi in modo diverso, che mette in luce di volta in volta aspetti differenti del testo originale a seconda delle epoche e della sensibilità di chi traduce e di chi legge; nasce anche per essere superata e sostituita, con il passare del tempo, da altre traduzioni, avviando un processo dialettico tra culture, tra epoche, tra individui, motore di una trasformazione che investe tutti gli attori coinvolti. All’interno della molteplicità di stili, registri, generi testuali e varietà linguistiche che caratterizza quest’opera, vorrei almeno indicare alcuni aspetti che sono stati particolarmente significativi per il lavoro di traduzione. 3. Giocando con le parole L’autore guarda ai suoi anni giovanili con grande distacco, temporale, geografico, persino storico – così tanti cambiamenti epocali si sono avvicendati nel corso della sua esistenza che egli ha la percezione di appartenere a un altro mondo, di «essere divenuto storia a se stesso»19. La distanza con cui osserva la sua infanzia, gli anni di studio e di formazione, la maturazione della vocazione letteraria si traduce in un sorriso bonario e in una penetrante, affettuosa ironia, una qualità che Goethe apprezza molto e che ritiene indispensabile per il racconto autobiografico20. Lo sguarJosé Ortega y Gasset: Miseria e splendore, cit., p. 203. Lettera a Wilhelm von Humboldt, 1° dicembre 1831; cfr. Cronologia di Poesia e verità, anno 1831. 20 Parlando ad esempio del Vicario di Wakefield, di cui loda in particolar modo l’ironia, commenta infatti: «in fondo mi sentivo in sintonia con quell’atteggiamento ironico che si eleva al di sopra delle cose, di fortuna e sfortuna, 18

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do divertito con cui l’autore si descrive assume spesso la forma di giochi di parole e di una sottile ironia linguistica, alimentata da allusioni e doppi sensi che costituiscono una dura prova per chi deve tradurre. Si tratta infatti sempre di strutture comunicative complesse dove il livello fonetico si integra e interagisce con il livello semantico, testuale, pragmatico e culturale, che cooperano nel rendere il messaggio divertente, sorprendente, ironico. Particolarmente delicato è quindi il lavoro di decodifica e successiva ricodifica nella lingua di arrivo da parte del traduttore, che deve collocarlo in un contesto completamente diverso; e quando percepisce che una semplice ‘traduzione’ non è sufficiente, entra in gioco la creatività. Il gioco di parole diventa quindi una sfida che si può risolvere in diversi modi: dal caso ottimale in cui si riesce a trasporlo, più o meno precisamente, nella lingua di arrivo, al caso opposto in cui si è costretti a rinunciarvi completamente (traduzione zero, perdita secca)21. Un caso fortunato in cui è stato possibile tradurre il gioco di parole anche in italiano in modo abbastanza aderente, è quello del termine derivato dal nome del tipografo Macklot, famigerato per le sue stampe pirata. Dopo aver aspramente criticato il comportamento di tutti coloro che approfittavano senza ritengo dell’opera dei poeti senza corrispondere loro il giusto compenso, Goethe si prende una piccola rivincita inserendolo tra i personaggi della sua farsa sulle Nozze di Hanswurst, dove lo scroccone Macklot, che va di porta in porta con la sua Macklotur, cerca di intrufolarsi senza invito al banchetto (p. 1535). Il termine, un buffo neologismo coniato per l’occasione (una storpiatura di Makulatur), indica merce (nello specifico: carta) scadente e di poco bene e male, morte e vita, giungendo così a un mondo autenticamente poetico» (p. 909). Anche in altre occasioni sottolinea come questo atteggiamento sia il migliore per affrontare l’autobiografia e, nel diario, il 18 maggio 1810, annota: «Visione ironica dell’esistenza nel senso più alto, grazie alla quale la biografia si eleva al di sopra della vita». 21 Handbuch Translation. A cura di Mary Snell-Hornby et al. Tübingen: Stauffenburg 20152, pp. 286-287 (Dirk Delabastita: Spezifische Aspekte des Übersetzens: Wortspiele, pp. 285-288).

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valore, e si presta perfettamente a essere tradotto in italiano con ‘macklottiglia’, sfruttando l’assonanza con ‘paccottiglia’. Si ha così un termine equivalente che rispecchia quasi perfettamente sia la sfumatura semantica, sia l’effetto satirico dell’originale. Ci sono invece casi in cui il riferimento è complicato da elementi storici; il gioco di parole tende a diventare opaco, talvolta persino per il traduttore stesso, se non ha conoscenze storicolinguistiche adeguate, poiché con l’evoluzione del linguaggio mutano molto spesso i campi semantici delle parole e si perdono quegli elementi che rendevano evidente (e divertente) il gioco ai lettori dell’epoca22. Un esempio è il pranzo con i fratelli Stolberg a Mannheim, in cui Leopold rievoca le sue pene d’amore per la «bella inglesina» che ha dovuto lasciare e alla fine, preso dall’euforia e dai fumi del vino, scaglia il bicchiere contro la parete: consacrato per aver brindato alla salute di lei, il calice non deve venire più utilizzato. Goethe commenta con umorismo che il conto per il pasto fu ‘rinforzato’ dal costo dei bicchieri, «ormai dichiarati più che angelici [mehr als Englisch]» (p. 1545). In tedesco l’ironia si gioca sulla polisemia dell’aggettivo, che aveva il doppio significato di ‘inglese’ e di ‘angelico’23. Non trovando in italiano un termine che riunisca i due aspetti, ho dovuto scegliere di mantenere soltanto una delle due accezioni: la metafora religiosa di contesto, che suggerisce l’identificazione del bicchiere con il calice eucaristico, ha orientato la scelta, per cui i bicchieri sono «più che angelici» – non ho scelto ‘sacri’ per mantenere almeno una vaga vicinanza fonetica con il doppio senso dell’originale: ‘ang(e)lici’ rimane un implicito testuale, che coglieranno forse solo i lettori più smaliziati. Sugli aspetti storici legati all’evoluzione formale e semantica del linguaggio, che complicano la comprensione dei giochi di parole ancor prima della loro traduzione, si sofferma Dirk Delabastita: There’s a Double Tongue. An investigation into the Translation of Shakespeare’s wordplay, with special reference to Hamlet. Amsterdam: Rodopi 1993, pp. 131-135. 23 Englisch era anticamente l’aggettivo derivato da Engel, ‘angelo’, un’accezione ormai quasi del tutto scomparsa poiché il tedesco odierno utilizza invece engelhaft. 22

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Ancora più complessi da tradurre sono i brevi componimenti giocati su assurdi accostamenti e doppi sensi in cui il giovane Goethe e Lenz fanno a gara, ispirati dai quibbles shakespeariani. La breve poesiola che ironizza sull’incidente occorso al maestro di equitazione (p. 1053) trae tutta la sua comicità dalla specificità morfosintattica del tedesco che può costruire parole composte combinando a piacere i termini tra loro – dalle diverse combinazioni scaturisce la comicità del componimento, un effetto che va quasi completamente perso in italiano, dove questa possibilità non sussiste. Un altro esempio di questi «curiosi esercizi» è la traduzione di alcuni versi tratti da Love’s Labour’s Lost, dove Lenz – a detta di Goethe – dà il meglio di sé. Nel rendere in tedesco il passo shakespeariano, un epitaffio estemporaneo composto per un cervo ucciso, Lenz gioca sulla formazione del diminutivo da una parte e sull’effetto opposto di accrescimento dall’altra, quando interpreta la L del diminutivo come un numero romano che quindi moltiplica tutto per cinquanta (pp. 1050-1051): Die schöne Prinzessin schoß und traf Eines jungen Hirschleins Leben; Es fiel dahin in schweren Schlaf, Und wird ein Brätlein geben. Der Jagdhund boll! – Ein L zu Hirsch So wird es denn ein Hirschel; Doch setzt ein römisch L zu Hirsch, So macht es fünfzig Hirschel. Ich mache hundert Hirsche draus, Schreib Hirschell mit zwei LLen.

La bella principessa sparò e colpì la vita di un giovane cervo. Cadde a terra e si assopì ci sarà un arrosto nel piatto. Il cane abbaiò – rimpiccioliscilo e diventa allora un cerbiatto; se usi però una C romana, diventano allora cento. Io ottengo duecento CCerbiatti, scrivendolo con due C.

Ho cercato a mia volta di rendere la sostanza e le allusioni presenti nel testo ma, non potendo riprodurre in italiano il gioco con il diminutivo, ho approfittato della C ricorrente sia in cervo che in cerbiatto per riproporre uno scherzo simile a quello utilizzato da Lenz, basandomi sulla lettera iniziale invece che su quella finale e scambiandola con il numero romano. In questo caso ho privilegiato un’equivalenza estetico-formale più che denotativa,

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nell’intento di rendere lo spirito del testo, il suo effetto ironico e ilare24. Nel testo ci sono inoltre un’infinità di espressioni giocate su somiglianze fonetiche o etimologiche, come ad esempio «unmutiger Übermut» (p. 1241). L’ossimoro è costruito in base alla stessa radice, Mut, che nel sostantivo viene accentuata grazie al prefisso Über-, nell’aggettivo invece negata sempre mediante un prefisso (un-). Non ho trovato in italiano una soluzione simile, per cui mi sono servita di due espressioni allitteranti: abbiamo così una «sconfortata spavalderia», che mantiene almeno in parte un’assonanza fonetica. Spessissimo sono i nomi di persona a offrire lo spunto per battute ironiche o allusioni, e nel testo la casistica è ampia. Alcuni personaggi hanno nomi fittizi, come l’amico Pilade: il nome trae la sua forza dal riferimento intertestuale all’amico di Oreste (cfr. Ifigenia in Tauride), e ciò gli conferisce una sostanza semantica specifica che definisce un tratto caratteriale del personaggio, già presente nell’orizzonte letterario dei lettori e che non presenta dunque ostacoli traduttivi. Vi sono poi i nomi parlanti dei personaggi di alcune opere, in particolare quelli delle Nozze di Hanswurst (Ursula dal buco freddo, Kilian Pettomacchiato, il cugino Gaglioffo e così via): derivati in genere da nomi comuni, astratti o concreti, da aggettivi o verbi, svolgono una precisa funzione all’interno della struttura del testo, sono esemplificativi del personaggio e spesso coloriti con le allusioni oscene tipiche della commedia popolare. Qui mi è sembrato più rilevante mantenerne la trasparenza e «riprodurre lo stesso effetto», per cui sono in genere tradotti25. 24 Sul concetto di equivalenza in traduzione, cfr. Albrecht Neubert: Equivalence in translation. In: Übersetzung – Translation – Traduction. Ein internationales Handbuch zur Übersetzungsforschung. Berlin/New York: de Gruyter 2004 (HSK 26.1), pp. 329-342; Enikö Gocsman: Der Äquivalenzbegriff in den wissenschaftlichen Diskussionen um die literarische Übersetzung. In: «Bulletin of the Transilvania University of Braşov» 53, 2011, 2, pp. 35-42 (Series iv: Philology and Cultural Studies). 25 La scelta qui è appunto quella dell’equivalenza funzionale, il «riprodurre lo stesso effetto» di cui parla anche Umberto Eco in: Dire quasi la stessa cosa,

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Ma anche i nomi reali danno spesso adito a battute scherzose, come ad esempio l’amico Horn, per la sua piccola statura simpaticamente soprannominato dagli amici con il diminutivo Hörnchen [corno/cornetto]; il rapporto tra i due termini funziona molto bene anche in italiano, a patto che il nome venga tradotto – cosa che in genere per i nomi di persona (e ancor meno i cognomi) non accade: la spiegazione del significato, necessaria per comprendere il gioco di parole, è affidata a una nota (p. 495 e relativa nota)26. L’equivalenza però non è perfetta, perché le immagini evocate dal ‘cornetto’ sono diverse da una cultura all’altra: è comune alle due lingue l’ambito gastronomico, poiché si pensa certamente al croissant e, in Germania, anche ai tipici biscotti a forma di mezzaluna. Se il primo livello associativo è tutto sommato simile, non è così per il secondo – in tedesco infatti Hörnchen significa anche scoiattolo, l’amico viene quindi assimilato al simpatico animaletto dei boschi; in italiano si attiva invece un’altra associazione, del tutto culturo-specifica, quella con il cornetto portafortuna, tipico oggetto scaramantico napoletano. Sebbene il riferimento possa essere divertente, offre comunque un’immagine molto diversa dell’amico. Più complessa è stata la traduzione dei caustici versi di Herder, che chiedendogli in prestito alcuni volumi si prende gioco di Goethe ipotizzando ironiche e offensive etimologie del suo cognome: […] Der von Göttern du stammst, von Goten oder vom Kote, Goethe, sende mir sie. (p. 860)

Tutti gli elementi in gioco sono presenti nel testo (gioco di parole orizzontale), e si basano sull’assonanza tra il cognome dell’app. 79-81. Cfr. inoltre il numero speciale della rivista «The Translator» 2/2, 1996 (Wordplay and Translation), e in particolare il saggio di Luca Manini: Meaningful Literary Names: Their Form and Functions, and their Translation, pp. 161-178. 26 Un caso simile è il gioco di parole sui fratelli Ochsenstein, basato sull’opposizione Ochsenstein / Ochsenleichen, anche quello spiegato in nota (p. 155).

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NOTA DEL TRADUTTORE

mico e altri tre termini proposti nel primo verso, suggeriti come possibili etimologie su base fonetica: in tedesco si va dalle stelle alle stalle, potremmo dire, visto che si parte dagli dei (Götter) per finire con gli escrementi (Kot), passando per i goti, barbari antenati germanici. In italiano la somiglianza non permette di riprodurre gli stessi abbinamenti, ma in questo caso mi interessava non tanto la precisione della referenza, quanto il divertente gioco fonetico tra i termini, che ho quindi tentato di riprodurre in modo più libero e creativo, cercando altri termini che potessero avvicinarsi a ‘Goethe’: ho potuto conservare almeno i goti, ma ecco allora i gatti e la gotta, che rendono (sebbene in forma più attenuata) il tono spregiativo di Herder: […] tu che discendi dai gatti, dai goti o dalla gotta, Goethe: mandamele. (p. 861)

I giochi di parole dunque, che nella maggior parte dei casi si basano su somiglianze o identità fonetiche (paronimia e omonimia), su fenomeni di polisemia, sullo scambio tra il significato letterale e quello metaforico di un termine o ancora su ambiguità strutturali legate a uno specifico sistema linguistico, hanno raramente un corrispondente adeguato o almeno soddisfacente nella lingua di arrivo; oltre al fatto che è del tutto impensabile per il traduttore misurarsi con la genialità linguistica di Goethe o di Herder. Ma per quanto inadeguata, per quanto imperfetta, la traduzione è comunque preziosa27 e questi passi – tra i più difficili e dispendiosi – hanno procurato anche al traduttore infinito divertimento.

27 «Per quanto si possa dire dell’inadeguatezza del tradurre, esso è e rimane il compito più importante e più degno che ci sia al mondo. Il Corano recita: “Dio ha mandato a ogni popolo un profeta nella sua lingua”. Allo stesso modo, ogni traduttore è un profeta per il suo popolo». Così scrive Goethe in una lettera a Thomas Carlyle, 20 luglio 1827.

NOTA DEL TRADUTTORE

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4. Anche l’autore può sbagliare Un dilemma che mi si è spesso posto riguarda gli ‘errori’ e le imprecisioni presenti nel testo. Goethe scrive la sua biografia in vecchiaia e spesso denuncia la fatica di ricordare persone e avvenimenti così distanti nel tempo; in più occasioni scrive ad amici e conoscenti affinché recuperino per lui le informazioni necessarie, si documenta su manuali ed enciclopedie, ma non sempre i suoi tentativi vanno a buon fine – qualche volta sono gli amici stessi a comunicargli dati errati o imprecisi che egli poi riprende sbagliando suo malgrado, altre volte è la memoria a ingannarlo. E poi ci sono gli ‘errori’ voluti, calcolati, come capita ad esempio nella ricostruzione cronologica degli eventi che vengono compressi o riposizionati per esigenze poetiche e narrative, e infine le oscillazioni nella grafia soprattutto dei nomi propri e dei toponimi, tipiche del tedesco dell’epoca, che non era ancora stato definitivamente codificato. Come affrontare tutti questi casi? Se il traduttore abbia il diritto – o addirittura il dovere – di correggere il testo di partenza è un problema molto dibattuto e sul quale non c’è una posizione unitaria; non c’è accordo nemmeno se la questione vada posta in termini diversi per i testi tecnici, dove una svista potrebbe persino avere conseguenze gravi, e quelli narrativi28, mentre per alcune delle attuali teorie traduttologiche qualsiasi correzione apportata dal traduttore smette di essere una riproduzione dell’originale e diviene immediatamente produzione di un testo, anche quando sia volta alla ricostruzione dell’intenzione originale dell’autore. Dal punto di vista pragmatico, molto dipende dalla tipologia di testo e dalla sua funzione, oltre che dalla definizione di ‘errore’ da cui si parte. Ma se in genere si è concordi sulla necessità di correggere o almeno segnalare gli errori nei testi tecnici e pratici, molto più caute sono le opinioni quando si tratta di testi letterari; da un lato viene ribadita con forza l’idea che il testo letterario sia 28 Werner Koller: Einführung in die Übersetzungswissenschaft. Tübingen: Francke 20118, p. 198.

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NOTA DEL TRADUTTORE

‘intoccabile’, dall’altro si fa notare che anche questo, nel processo di traduzione, viene modificato, scomposto, ricomposto, interpretato e subisce comunque una profonda trasformazione. L’ultima parola rimane sempre al traduttore che, una volta immerso nel flusso del lavoro, diviene giudice e arbitro, e sebbene dal punto di vista teorico possa abbracciare una posizione piuttosto che un’altra, nella prassi si vede confrontato con molte sfumature di grigio più che con un netto bianco-nero – e in genere valuta caso per caso; attento alle esigenze del testo, soppesa ciò che gli suggerisce il contesto e la specifica situazione comunicativa, e può persino optare di volta in volta per soluzioni diverse. Il buon senso suggerisce di orientarsi anche al genere testuale: testi d’uso e tecnici da una parte, e testi narrativi e letterari dall’altra. Ma nemmeno questa distinzione è del tutto utile nel caso di Goethe, perché la sua autobiografia si colloca su uno spartiacque: è, per ammissione stessa dell’autore, una «trattazione per metà poetica, per metà storica» (p. 13), che rielabora il reale ma in base al celebre principio per il quale le sue opere «non contengono un solo tratto che non sia stato vissuto, ma nessuno di essi è esattamente così come è stato vissuto»29. La commistione tra poesia e verità, tra realtà e finzione rende assai arduo compiere una scelta a priori, mentre la presenza di generi testuali diversi, letterari e non, è un ulteriore elemento che sconsiglia l’adozione di un criterio generale e uniforme. Mi sono quindi concentrata sul testo e alla fine, dopo aver tradotto le ottocento pagine di Poesia e verità così ricche di riferimenti a personaggi, opere, avvenimenti e luoghi, mi sono resa conto che la scelta di non intervenire sui dati storici e documentali sarebbe stata la soluzione di gran lunga più comoda: non verificare le fonti, non controllare i dati, non correggere le oscillazioni grafiche né le sviste avrebbe permesso di ridurre 29 Eckermann: Conversazioni, 17 febbraio 1830, p. 307. Goethe sta parlando in particolare delle Affinità elettive, ma allarga la sua osservazione fino a comprendere episodi della sua autobiografia, ad esempio gli avvenimenti di Sessenheim.

NOTA DEL TRADUTTORE

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moltissimo i tempi e di sollevare il traduttore non solo da una grande fatica ma anche da ogni responsabilità. Insomma, se avessi adottato il principio noto come GIGO (garbage in – garbage out)30, che autorizza a riprodurre nel testo di arrivo tutti gli errori e i difetti dell’originale, le note al testo sarebbero state molto più esili, il lavoro decisamente più rapido. Ma l’opzione del minimo sforzo mi è parsa del tutto inadeguata: inadeguata in rapporto all’autore, al suo capolavoro autobiografico, al lettore che ne intraprende la lettura. Ho deciso quindi di affrontare l’enorme mole delle fonti e della documentazione dei dati storici, ponendomi quindi anche il problema di come comportarmi con le divergenze tra testo e realtà. In prima battuta ho esaminato l’ampia casistica riscontrata, che è molto differenziata e richiede di conseguenza una certa flessibilità, e inizio con una precisazione: quando parlo di ‘errori’ nel testo intendo l’accezione più ristretta e concreta di ‘errore di fatto’, «mancata o imperfetta percezione di un dato storicamente esistente»31; si tratta quindi in genere di errori materiali, riferiti a fatti e personaggi documentati storicamente. Come ho già accennato, Goethe si sforza di ricordare, di reperire le informazioni che gli servono, ma non sempre vi riesce; in alcuni casi si confonde senza rendersene conto, sovrapponendo un nome a un altro, altre volte ancora le discordanze hanno un effetto narrativo così efficace che persino i più esperti studiosi di Goethe non sanno dire se siano frutto di intenzione deliberata o di una rielaborazione inconsapevole effettuata dalla memoria che, a distanza di molti decenni, tende a condensare e a collegare avvenimenti esterni e interiori intorno a un unico nucleo tematico. Queste ultime, che potremmo definire ‘licenze poetiche’ che assolvono una particolare funzione estetica o di autorappresentazione, sono sempre state mantenute, e che rientrassero più o meno consapevolmente nell’intenzione dell’autore non ha fatto Handbuch Translation, cit., p. 148 (Peter A. Schmitt: Defekte im Ausgangstext, pp. 147-151). 31 Vocabolario Treccani, http://www.treccani.it/vocabolario/errore 30

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NOTA DEL TRADUTTORE

alcuna differenza ai fini traduttivi; ho semplicemente segnalato nelle note le discordanze più evidenti e quelle rilevanti ai fini dell’interpretazione senza intervenire in alcun modo sulla loro manifestazione lineare. Diverso il caso degli errori materiali, numerosi e variegati, per i quali ho adottato soluzioni differenti – la presenza del testo a fronte è stata spesso un fattore decisivo nella scelta della strategia. L’intento documentario è molto marcato in tutta l’autobiografia, e non soltanto in quelle porzioni che più corrispondono, anche stilisticamente, al genere testuale della cronaca o del diario di viaggio – anche nelle parti più squisitamente poetiche e letterarie l’attenzione al dettaglio concreto è sempre molto viva, e la precisione referenziale si rivela essere un aspetto preponderante in ogni pagina del racconto. Una categoria significativa è quella dei toponimi che, come i nomi di persona, sono spesso soggetti a varianti dialettali, a oscillazioni grafiche o fonetiche che qualche volta ne complicano l’identificazione32: per la loro traduzione ho seguito il principio dell’equivalenza denotativa, certa di allinearmi in questo modo anche alla volontà dell’autore che intendeva ricostruire con esattezza il contesto storico-geografico delle sue vicende; così nel testo italiano ho adottato la grafia oggi riconosciuta come standard, documentata nei repertori biografici e nelle opere di riferimento33. Nel testo tedesco c’è la grafia originale, nell’italiano la forma che permette di identificare in modo univoco il personaggio in questione34. Talvolta la variazione grafica è dovuta a 32 Si tratta ad esempio di oscillazioni puramente grafiche tra alcune consonanti o gruppi consonantici come k/ck (Merk/Merck, Junker/Juncker), ß/s (Keißler/Keisler), f/ph (Delf/Delph), oppure nelle doppie, che costituiscono ancora oggi una difficoltà per i tedeschi (Reiffenstein/Reifenstein, Osuna/Ossuna, Sesenheim/Sessenheim, Maklot/Maklott o il pittore romano Domenico Fetti/ Feti, che tra l’altro presenta la stessa oscillazione anche in italiano). 33 Per gli antroponimi il riferimento sono i principali repertori biografici dell’area rispettiva (ADB e NDB per la Germania, DBI per l’Italia, il Dizionario storico della Svizzera, oltre ai vari Goethe-Handbücher; per i toponimi gli atlanti delle rispettive regioni. 34 La casistica delle oscillazioni è piuttosto ampia; oltre a quelle già elen-

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caratteristiche dialettali e alla diversa pronuncia di alcuni suoni in aree geografiche diverse, ad esempio tra il Nord e il Sud della Germania (come l’opposizione Jappach/Jabach), o la palatalizzazione tipica di alcuni dialetti (Baschberg/Bastberg). Anche in questi casi, nel testo originale il lettore trova la grafia utilizzata da Goethe, nel testo italiano quella odierna. Tutti gli antroponimi e i toponimi sono stati dunque verificati e ricondotti alla loro forma attuale. Nella maggior parte dei casi le variazioni sono minime; sono più consistenti soltanto per le località della Svizzera, in quanto le differenze tra lo Schwyzertütsch e il tedesco sono più marcate (Lauerz/Lauwerz, Grütli/Grüdli, Flüelen/Flüelle, Vitznau/Itznach). Per quanto riguarda l’Alsazia invece, dove molte località hanno denominazioni sia francesi che tedesche, si opta, come fa anche l’autore, per la variante tedesca (Elfeld/Eltville, Pfalzburg/Phalsbourg e così via)35. Il controllo sistematico dei dati personali e geografici ha permesso anche di eliminare qualche ambiguità, come nel caso del fiume Ill, che irriga la fertile pianura alsaziana (p. 751) e che va distinto dall’Iller che scorre invece in Baviera ed è un affluente del Danubio. Accanto alle variazioni ortografiche vi sono errori di fatto puramente accidentali, come ad esempio il nome del luogotenente francese protagonista del terzo libro. A cinquant’anni di distanza cate, altri esempi sono Dumeix/Dumeiz, Peglow/Pegelow, Jaxt/Jagst, oppure ancora Broglio/Broglie, Löven/Löwen. 35 Ancora per quanto riguarda i toponimi e le denominazioni locali: i nomi delle strade di Francoforte, molti dei quali ancora presenti nella topografia cittadina, rimangono in tedesco, anche qualora siano trasparenti come la Judengasse (vicolo degli ebrei) o la Allerheiligengasse (vicolo di tutti i Santi); lo stesso vale anche per luoghi della città come la Hauptwache, una piazza centralissima che ancora oggi porta questo nome, dove la guardia cittadina aveva la sua sede principale; esso rimane non tradotto tranne quando, nel terzo libro, non viene nominata come luogo bensì proprio come ‘posto di guardia’ occupato dai francesi: in quel caso diviene un nome comune ed è tradotto. – Sia le locande che alcuni edifici cittadini erano contrassegnati da insegne e quindi dotati di un appellativo specifico: sono in genere nomi comuni che hanno diretta corrispondenza nella lingua d’arrivo, e sono stati tradotti: la Palla di fuoco (p. 513), il Pidocchio dorato (p. 1531), la Spada (p. 1557), la Locanda del bue (p. 1579), la Corte dei salici (p. 139).

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Goethe non lo ricorda più, scrive quindi a Francoforte a Johann Friedrich H. Schlosser che consulta gli archivi della città e ne trascrive il nome dagli atti, scambiando però il ricciolo semi-chiuso della c per una e. Da qui la forma utilizzata nel testo, Thorane, al posto della forma esatta Thoranc. L’autore, lo sappiamo con certezza, aveva la ferma intenzione di utilizzare il nome reale, effettivo, e se non lo ha fatto è per un mero errore di trascrizione commesso dal suo informatore, al punto che persino molte edizioni critiche hanno corretto il refuso. Anch’io ho seguito questa strada ma con una motivazione in più: a fronte il lettore trova sempre la grafia del testo originale, ha quindi a sua disposizione entrambe le informazioni. Vi sono però anche passi in cui si riscontra una netta discrepanza tra il dato storico e quello presente nel testo, poiché spesso capita che Goethe si confonda. Si tratta in genere di errori inconsapevoli (e non rispondenti a uno specifico intento autoriale, né a esigenze poetiche o narrative), che introducono però notevoli differenze a livello documentario tra testo e realtà storica. Ad esempio l’autore riferisce del concorso indetto dall’Accademia di Berlino sull’origine del linguaggio a cui partecipò Herder in lizza con Johann Peter Süßmilch, che nel ricordo si trasforma in Silberschlag (p. 859); lo stesso vale per il pittore e incisore Martin Schön, di cui Goethe aveva ammirato l’opera in occasione del primo viaggio in Svizzera, che in realtà si chiamava invece Schongauer (p. 1575), oppure ancora il lapsus che lo induce a scambiare Cleveland e Cumberland (p. 1447); e l’amico pittore che accompagnò Lavater a Francoforte e poi nel suo viaggio lungo il Reno non era Johann Heinrich Lips (p. 1305), che lavorò con Lavater soltanto in seguito, bensì Georg Friedrich Schmoll – per citare solo alcuni esempi. In questi casi non si tratta semplicemente di uniformare una grafia o di ricondurla alla forma oggi riconosciuta come standard, bensì di intervenire sostituendo una forma con un’altra completamente diversa; sarebbe un po’ come voler correggere Goethe, sostituendosi alla sua memoria storica a tratti deficitaria (mentre per gli aspetti visivi si rivela assai precisa, nonostante la grande

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distanza temporale); egli stesso era consapevole della sua difficoltà a ricordare alcuni dettagli (cfr. la Cronologia di Poesia e verità), e nel ricordo i nomi e le persone conosciute nella sua lunghissima vita si sovrappongono e confondono. In questi casi ho scelto di mantenere la dicitura presente nell’originale, aggiungendo però sempre una nota che riporta l’informazione corretta – vedere che anche Goethe può sbagliare, che la sua memoria a volte lo inganna ci riporta un’immagine più ‘umana’, più vicina a noi del grande poeta olimpico dell’età matura. 5. Cronaca letteraria Un altro elemento strutturale per la ricostruzione dell’autobiografia è la documentazione del panorama letterario della seconda metà del Settecento, che Goethe ripercorre con precisione per tratteggiarne l’evoluzione e di conseguenza la sua personale rielaborazione di motivi, correnti, generi letterari. In più occasioni ci offre dettagliate ricognizioni su vari ambiti, dal teatro al romanzo, dalla musica alla critica letteraria, dalla poesia occasionale alla satira, con ampie digressioni anche sulla produzione di altre nazioni, in particolare Francia e Inghilterra. Al momento della stesura dell’opera aveva a disposizione molti repertori ed enciclopedie da cui trae tutte le informazioni di cui necessita, e sappiamo che li consultò estesamente. Consapevole che sta parlando di opere e autori piuttosto noti ai suoi lettori, i titoli sono citati in forma abbreviata oppure sono inseriti discorsivamente nel testo creando talvolta effetti ironici, come nel caso delle Sei zuppiere poco appetitose servite da Großmann al suo pubblico (p. 1211). Il poeta fa molti riferimenti anche alla propria produzione, e le poesie sono citate talvolta in base al capoverso, talvolta con un titolo diverso da quello con cui furono pubblicate, magari molti anni più tardi, nelle edizioni delle opere complete. Tutta questa casistica con l’identificazione di ogni opera e, per le poesie, il rimando all’edizione italiana, è trattata nelle note al testo.

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Conformemente all’uso dell’autore, che traduce sistematicamente in tedesco i titoli delle opere straniere, nel testo italiano sono tutti tradotti (ed evidenziati col corsivo). Per le opere di Goethe è stato predisposto un apposito indice nelle due lingue, mentre le opere altrui sono indicate con il titolo originale nell’indice dei nomi, sotto il rispettivo autore. Per i titoli italiani ci si è rifatti, laddove possibile, alle traduzioni già esistenti, mentre le note permettono sempre di risalire alle indicazioni di stampa dell’originale. Sono inoltre citate moltissime riviste, fondamentali nella scena letteraria e culturale di fine Settecento. I loro titoli sono mantenuti in lingua originale e appaiono tra «caporali», mentre le note al testo forniscono le informazioni relative ai singoli periodici, ai loro editori e anni di pubblicazione. 6. Le varietà linguistiche Un’altra caratteristica rilevante di quest’opera così ampia, ricca e variegata è la presenza non soltanto della lingua standard, ma di tutta una serie di varietà linguistiche che hanno sia una funzione stilistica nella caratterizzazione dei personaggi, sia una funzione denotativa in rapporto a una realtà sociale complessa e articolata. Le varietà forse più presenti e rappresentate sono quelle settoriali (diatecniche), legate ai diversi ambiti delle arti e dei mestieri: grazie ai molteplici interessi e contatti del padre, che spaziavano dalla pittura all’allevamento dei bachi da seta, il piccolo Goethe ebbe contatti con molti artigiani; osserva attento e curioso l’attività del pittore Seekatz e dell’orafo Lautensack, dell’incisore Stock e della fabbrica di tela cerata; precisa e minuziosa è anche la descrizione di abiti e tessuti, forse retaggio del nonno paterno, un sarto molto alla moda. Oltre ai dizionari storici, spesso però lacunosi in fatto di terminologia tecnica, mi sono state molto utili opere come La Piazza universale di tutte le professioni del mondo di Tomaso Garzoni, un’enciclopedia organizzata proprio per professioni e ricchissima di terminologia,

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disponibile anche in una traduzione tedesca coeva36. Con l’inizio degli studi il vocabolario del protagonista si allarga ulteriormente e abbraccia diversi campi del sapere: giurisprudenza, medicina, alchimia, storia, mineralogia, architettura... Sono numerosi gli ambiti che hanno richiesto dizionari specializzati e una verifica puntuale della terminologia37, ma l’insieme più complesso a livello di traduzione è stato quello relativo alle molte cariche pubbliche e ai titoli nobiliari, in genere legati a consuetudini e specificità locali, in particolare nel quinto libro, dove con grande dovizia di particolari sono descritte le procedure e il complicatissimo cerimoniale per l’elezione dell’imperatore. Una varietà diastratica si riscontra nella descrizione del periodo trascorso a Lipsia, allora nota come «la piccola Parigi» per la presenza di una folta colonia francese che determinava la moda e il gusto dell’alta società (libri vi e vii). In confronto alle abitudini goliardiche rozze e sguaiate di altre cittadine accademiche, Lipsia si contraddistingue per l’eleganza, la raffinata ricercatezza e il linguaggio ricco di francesismi, che non hanno però rappresentato un problema per la traduzione, anzi: in alcuni casi è stato possibile persino ravvivare il colorito locale inserendo nel testo italiano termini francesi e legati a quegli stessi ambiti (bon ton, savoir faire). Le varietà generalmente più difficoltose da trattare in traduzione sono però i dialetti e i fenomeni di alternanza tra la lingua standard e le parlate regionali più o meno marcate, che hanno spesso la funzione di connotare socialmente i personaggi e le 36 La piazza universale (Venezia 1585) è l’opera più celebre di Tomaso Garzoni, che enumera in una serie di discorsi oltre 400 professioni fornendo un quadro complessivo della società del tempo. Utilissime sono le descrizioni dettagliate delle diverse attività artigianali, con i lunghi elenchi degli oggetti e strumenti a esse legati. Enorme fortuna ebbe anche la sua traduzione tedesca (Francoforte 1659). 37 A questo proposito mi sono stati molto utili i lunghi soggiorni a Straelen presso l’Europäisches Übersetzer-Kollegium, che mette a disposizione dei traduttori un formidabile repertorio di dizionari e opere di consultazione: www. euk-straelen.de

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loro relazioni. Nonostante nell’opera vi siano diversi regionalismi sia a livello lessicale che fonetico38, il dialetto vero e proprio non compare se non in un punto, quando viene riferito il bonario richiamo di Lavater nei confronti dei suoi interlocutori troppo… ‘espansivi’: quando oltrepassavano il limite, li richiamava con un cordiale «Bisch guet!» (p. 1310). L’esclamazione, che nel testo tedesco appare trascritta con la sua pronuncia e in corsivo, rende evidente il cambiamento di codice e di registro: l’alternanza tedesco standard/dialetto svizzero, il passaggio dalla forma di cortesia al tu sono assai eloquenti. In traduzione era impossibile far ricorso a un dialetto, per cui mi sono accontentata di segnalare il passaggio da una varietà all’altra non sul piano fonetico o lessicale, ma aggiungendo nel testo un’indicazione metalinguistica in sostituzione della marca dialettale39. Anche in occasione di uno dei suoi travestimenti a Sessenheim il protagonista cerca di farsi passare per Georges, avendone indossato i vestiti, e di imitarne l’accento: si limita a pronunciare una sola parola (guet), che ho pensato di rendere con un generico «Ben!», che suona tanto strano quanto vagamente dialettale anche all’orecchio del lettore, come del resto viene precisato subito dopo40. Ma all’interno dell’incredibile e inesauribile ricchezza lessicale del testo, che spazia tra gli ambiti più disparati delle attività e delle conoscenze umane, i termini più curiosi sono quelli idiolettali, quelli propri di Goethe stesso, che costituivano una sorta di ‘lessico familiare’ ignoto anche agli altri lettori suoi contemporanei e che di conseguenza non hanno un equivalente. Descrivendo 38 Caratteristiche regionali si trovano spesso nella grafia di alcuni termini, ad esempio Büsel/Biesel (con l’oscillazione vocalica ü/i tipica di alcuni dialetti, p. 763) oppure Schrittschuh, la formazione più antica preferita da Klopstock (p. 1395) e rimasta ancora in alcuni dialetti al posto dell’odierno Schlittschuh, o il già ricordato Baschberg per Bastberg. 39 In italiano avremo quindi: «[…] soleva dargli un colpetto sulla spalla richiamando l’imprudente all’ordine con un cordiale “su, da bravo!” nel suo dialetto» (p. 1311). 40 «“Ben!” dissi cercando di parlare, se non alsaziano, almeno con un accento straniero» (p. 931).

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la casa natale, si sofferma ad esempio a definire il Geräms, una «sorta di gabbia per uccelli» (p. 17), quella recinzione di legno sporgente sulla strada dove ci si tratteneva d’estate per conversare con i vicini, o ancora il termine studentesco suiten che l’autore spiega essere sinonimo di ‘buffonate, scherzi goliardici’41. Consapevole della loro specificità, l’autore ricorre a commenti metalinguistici che li rendono trasparenti per chi legge, come fa anche per il modo di dire ‘lasciar scappare una lepre dietro l’altra’, «l’espressione proverbiale per indicare che bisognava lasciar cadere un discorso e avviarne un altro di diverso argomento» (p. 333). 7. L’orecchio dello storico Ma al di là dell’uso personale, delle storpiature scherzose e dei neologismi occasionali, la lingua di Goethe presenta moltissime varianti diacroniche rispetto al tedesco moderno, complicando così il lavoro del traduttore. Vi sono termini che suonavano arcaici già alla sua epoca, retaggio di una lingua letteraria di matrice medievale; altri che si stavano affermando proprio in quegli anni, turbolenti sia dal punto di vista politico che letterario, e molte sono anche le parole che si sono conservate identiche dal punto di vista grafico, ma che hanno invece mutato in modo più o meno sostanziale il loro campo semantico. L’opera è disseminata di piccole curiosità lessicali, ‘strane’ anche per il lettore tedesco di oggi al punto che ci sono appositi dizionari che raccolgono le «parole curiose di Goethe»42. Qui lo storico della lingua viene «Questi fenomeni sono così normali che nel dizionario dei nostri compagni d’università avevano un nome specifico, suiten, e grazie al significato simile, ‘buffonata’ e suite si potevano usare come sinonimi» (p. 603). Come si vede dalla citazione, il termine tedesco è stato mantenuto anche nel testo italiano: è il lettore che deve avvicinarsi al mondo dell’autore, che deve imparare a conoscerlo tramite questi piccoli frammenti lessicali che la spiegazione rende comunque trasparenti. 42 Ad esempio Martin Müller: Goethes merkwürdige Wörter. Darmstadt: Lambert Schneider 20123. 41

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in aiuto al traduttore, e il traduttore deve prestare attenzione alle piccole (o grandi) incongruenze che si percepiscono nel testo, in modo da riuscire a cogliere quelle dissonanze e incongruità semantiche che richiedono un supplemento di indagine. Particolarmente insidiosi sono quei termini che, utilizzati ancora oggi, hanno mutato solo in parte il loro campo semantico, come ad esempio l’aggettivo/avverbio scheinbar, che oggi significa ‘apparentemente’. Il suo primo significato era invece legato all’evidenza: ‘brillante, chiaro, luminoso’ (un’accezione ancora presente nel verbo scheinen), e in parallelo ‘ben visibile, evidente, chiaramente riconoscibile’43. E così, quando viene esposta la trama dell’Ebreo errante, dove Ahasverus incontra Giuda che aveva scheinbar tradito il Signore (p. 1359), l’avverbio non è da rendere con ‘apparentemente’, come accade in alcune traduzioni che sembrano voler rivisitare la storia evangelica suggerendo che le cose fossero andate diversamente – un implicito decisamente estraneo all’autore, che parla invece di un fatto notorio ed evidente44. L’abitudine al tedesco antico e alla sua sintassi permette di riconoscere particolari strutture referenziali evitando così confusioni e sciogliendo ambiguità, ma aiuta anche a evitare buffe interferenze come quella legata all’aggettivo romantisch, che per Goethe e per i suoi contemporanei non significava affatto ‘romantico’ bensì ‘romanzesco, fantasioso’ in opposizione alla realtà prosaica e, per estensione, era riferito al Medioevo cattolico in contrapposizione all’età classica45 – il Medioevo era appunto l’eDWB, s.v. scheinbar. Tutte le principali accezioni del termine hanno a che fare con l’evidenza, solo l’ultima accezione, più limitata, si avvicina all’odierno concetto di ‘apparenza’. 44 Dal punto di vista lessicale, preziose risorse per il traduttore (se si prende il tempo di consultarle) sono senz’altro i dizionari storici come quello dei fratelli Grimm (DWB) o il dizionario di Johann Christoph Adelung, che gli stessi Goethe e Schiller utilizzavano, come documenta la lettera a Schiller del 26 gennaio 1804; è disponibile online anche il Goethe-Wörterbuch, sebbene non ancora completo (cfr. Bibliografia, § 7). 45 DWB, s.v. romantisch. Il significato di ‘romantico’ riferito al movimento letterario è introdotto dai fratelli Schlegel e risale quindi proprio agli anni in cui Goethe scrive, non è quindi ancora affermato. 43

NOTA DEL TRADUTTORE

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tà del romanzo cavalleresco, la prima grande fase di fioritura letteraria tedesca. Così, quando l’imperatore compare ornato con le insegne imperiali che risalivano ai tempi di Carlo Magno, il suo abbigliamento è appunto di foggia medievale, e non certo… ‘romantica’! Ancora, tradurre Geschäftsmann con ‘uomo d’affari’, come faremmo senza esitazione oggi, sarebbe un anacronismo, poiché allora era invece un funzionario, un impiegato di alto grado nell’amministrazione statale, e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. Possedere competenze di storia della lingua è utilissimo per tradurre i classici, e poi soffermarsi sul testo, soppesarne ogni parola, anche quando sembra già di conoscerla bene; lasciarla sedimentare in qualche angolo nascosto della mente finché a un tratto non si percepisce la sua stranezza – e si riprende in mano la frase, cercando di capire che cosa non quadra. Gli aspetti traduttivi trattati finora sono solo un piccolo assaggio di ciò che il testo riserva, ma è lo stile stesso di Goethe, la sua scrittura limpida e chiara, così precisa e ‘tecnica’ e allo stesso tempo così poetica e delicata nelle sfumature, nelle allusioni ironiche ad affascinare il traduttore, a sfidarlo di continuo. Si tratta di intrufolarsi tra le righe, tra le parole, per cercare di svelare i segreti e la bellezza della sua lingua – e proprio questa fusione armonica di fantasia e realtà, di mondo immaginato e mondo concreto che l’autore sceglie come titolo dell’opera, caratterizza molto bene anche il suo stile di scrittura e quella zona di confine in cui il traduttore è chiamato a muoversi. Il lettore, da parte sua, viene catturato, affascinato dal grandioso racconto autobiografico che ripercorre fasi cruciali della letteratura tedesca, da Klopstock alla formidabile costellazione di poeti, critici, scrittori che si raccoglie intorno al giovane Goethe nel periodo ‘geniale’ di Strasburgo, e fa rivivere eventi storici di straordinaria portata che scandiscono la storia dell’Europa: il terremoto di Lisbona, il declino del Sacro Romano Impero, la guerra dei Sette anni, l’ascesa della Prussia di Federico ii… Goe­ the concepisce la sua autobiografia come un racconto dinamico, fatto di interazioni con l’ambiente circostante e di rapporti con

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NOTA DEL TRADUTTORE

tutte le persone che ha incontrato – rapporti e interazioni che si plasmano a vicenda, come spiega nella Prefazione. Lo stesso può dirsi per gli aspetti stilistici e narrativi, basati sull’armonia tra dato storico ed espressione poetica; il traduttore si vede trasportato in un mondo dove realtà e fantasia si sovrappongono in modo peculiare, e qui deve riuscire a traghettare anche il suo lettore. Se, da una parte, la componente letteraria è autonoma e capace di imporsi per la sua forza intrinseca, non può dirsi lo stesso per gli aspetti storico-sociali e letterari. Infatti, nell’organizzare il suo testo l’autore fa riferimento a una serie di competenze e di conoscenze che ritiene presupposte e condivise dai suoi lettori modello, «coloro che con il poeta e grazie al poeta si sono formati» (p. 9); ma questo non vale per il lettore odierno, ancor meno se si muove in un contesto culturale altro. Traducendo è divenuto man mano evidente che il lavoro di traduzione non poteva essere disgiunto da quello di commento e di ricostruzione storica e linguistica, poiché al traduttore spetta anche il compito di colmare il divario tra le conoscenze che l’autore poteva condividere con il suo lettore e il patrimonio di conoscenze del lettore della traduzione, ormai molto diverso. Da queste informazioni di contesto dipendono infatti la ricchezza, l’intensità con cui il lettore potrà gustare e apprezzare il racconto in tutte le sue stratificazioni, la vivacità, il dettaglio con cui potrà ricostruire nella sua mente il mondo del protagonista e dargli sostanza. Ecco allora il nutrito apparato che arricchisce questo volume, a cominciare dalla puntuale prefazione di Marino Freschi, poi le cronologie e in particolare le note al testo, dove il traduttore condivide con il lettore quella competenza enciclopedica che ha accumulato lavorando e tutte le informazioni che ritiene utili per comprendere a fondo l’opera. La distanza da colmare tra il lettore e l’autore è variabile: il testo a fronte concede massima flessibilità, poiché mette a disposizione del lettore l’opera tradotta e un apparato a cui può ricorrere in abbondanza chi desidera una guida per muoversi tra le due culture e le due epoche; ma mette a disposizione anche il

NOTA DEL TRADUTTORE

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‘mondo altro’, il mondo dell’originale con le sue particolarità lessicali, stilistiche, storiche. Il traduttore svolge la sua opera di mediazione in entrambe le direzioni, ma è il lettore a scegliere quanta strada vuole percorrere da solo e fino a che punto vuole invece farsi accompagnare dal traduttore, entrambi in viaggio alla scoperta del mondo del giovane Goethe. * * *

Sul punto di licenziare questo volume, frutto di molti anni di studio, vorrei ringraziare la Kunststiftung Nordrhein-Westfalen e l’Europäisches Übersetzer-Kollegium di Straelen che mi hanno sostenuto, permettendomi di trascorrere lunghi soggiorni al Kollegium, dove una biblioteca fornitissima e l’animato scambio con i colleghi traduttori hanno dato impulsi decisivi al lavoro. Un grazie particolare dunque alla sua direttrice, Regina Peeters, e a Renate Birkenhauer. Insieme a loro ringrazio Marino Freschi, che ha accettato con entusiasmo di scrivere la prefazione, e Stefano Apostolo, che con grande cura ha predisposto gli indici. Ricordo infine con affetto e gratitudine Giovanni Reale, che mi aveva proposto questo lavoro: senza la sua forza e il suo incoraggiamento non avrei mai osato misurarmi con Goethe. Milano, dicembre 2019

Laura Balbiani

JOHANN WOLFGANG GOETHE

DALLA MIA VITA POESIA E VERITÀ

AUS MEINEM LEBEN DICHTUNG UND WAHRHEIT

DALLA MIA VITA POESIA E VERITÀ

Erster Teil

Ὁ μὴ δαρεὶς ἄνϑρωπος οὐ παιδεύεται.

Parte prima

Ὁ μὴ δαρεὶς ἄνϑρωπος οὐ παιδεύεται.1

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Als Vorwort zu der gegenwärtigen Arbeit, welche desselben vielleicht mehr als eine andere bedürfen möchte, stehe hier der Brief eines Freun­ des, durch den ein solches, immer bedenkliches Unternehmen veran­ laßt worden. »Wir haben, teurer Freund, nunmehr die zwölf Teile Ihrer dichte­ rischen Werke beisammen, und finden, indem wir sie durchlesen, manches Bekannte, manches Unbekannte; ja man­ches Vergessene wird durch diese Sammlung wieder angefrischt. Man kann sich nicht enthalten, diese zwölf Bände, welche in Einem Format vor uns stehen, als ein Ganzes zu betrachten, und man möchte sich daraus gern ein Bild des Autors und seines Talents entwerfen. Nun ist nicht zu leug­ nen, daß für die Lebhaftigkeit, womit derselbe seine schriftstellerische Laufbahn begonnen, für die lange Zeit, die seit dem verflossen, ein Dutzend Bändchen zu wenig scheinen müssen. Eben so kann man sich bei den einzelnen Arbeiten nicht verhehlen, daß meistens besondere Veranlassungen dieselben hervorgebracht, und sowohl äußere be­ stimmte Gegenstände als innere entschiedene Bildungsstufen daraus hervorscheinen, nicht minder auch gewisse temporäre moralische und ästhetische Maximen und Überzeugungen darin obwalten. Im Ganzen aber bleiben diese Produktionen immer unzusammenhängend; ja oft sollte man kaum glauben, daß sie von demselben Schriftsteller ent­ sprungen seien. Ihre Freunde haben indessen die Nachforschung nicht aufgegeben und suchen, als näher bekannt mit Ihrer Lebens- und Denkweise, man­ ches Rätsel zu erraten, manches Problem aufzulösen; ja sie finden, da eine alte Neigung und ein verjährtes Verhältnis ihnen beisteht, selbst in den vorkommenden Schwierigkeiten einigen Reiz. Doch würde uns hie und da eine Nachhülfe nicht unangenehm sein, | welche Sie unsern freundschaftlichen Gesinnungen nicht wohl versagen dürfen.

Come prefazione al presente lavoro, che forse la richiede più di altri, riporto la lettera di un amico che ha fornito lo spunto per questa impresa così impegnativa2. «Caro amico, ora che abbiamo raccolto i dodici volumi delle Vostre opere poetiche, leggendole troviamo cose note e cose sconosciute; anzi, la raccolta richiama alla memoria persino cose dimenticate. Non si può fare a meno di consi­ derare i dodici volumi, che abbiamo qui davanti a noi in un unico formato, come un tutt’uno, e ci piacerebbe ricavarne un quadro dell’autore e del suo talento3. Vista la vivacità con cui ha intrapreso la carriera letteraria e il lungo periodo trascorso da allora, non si può negare che una dozzina di volumetti possa sembrare troppo poco. Allo stesso tempo, considerando i singoli lavori, non si può nascondere che ciascuno è nato in circostanze particolari, ciascuno lascia trasparire sia determinati temi esteriori sia precisi stadi del­ la formazione interiore, ed è per di più dominato dalle con­ vinzioni e dai principi morali ed estetici del momento. Nel complesso, le singole opere rimangono però sconnesse l’u­ na dall’altra, tanto che spesso si stenta a credere che siano state scritte dal medesimo autore. I Vostri amici non hanno comunque rinunciato a inda­ gare e, conoscendo ormai meglio il Vostro modo di vivere e pensare, tentano di chiarire qualche enigma, di risolvere qualche problema; anzi, considerano addirittura intriganti le difficoltà che incontrano, incoraggiati come sono dall’an­ tico affetto e da una conoscenza di lunga data. Ugualmente non ci dispiacerebbe ricevere ogni tanto un piccolo aiuto | e, considerate le nostre amichevoli intenzioni, non vorrete certo negarcelo.

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PARTE PRIMA

Das Erste also, warum wir Sie ersuchen, ist, daß Sie uns Ihre, bei der neuen Ausgabe, nach gewissen innern Beziehungen geordneten Dichtwerke in einer chronologischen Folge aufführen und sowohl die Lebens- und Gemütszustände, die den Stoff dazu hergegeben, als auch die Beispiele, welche auf Sie gewirkt, nicht weniger die theoretischen Grundsätze, denen Sie gefolgt, in einem gewissen Zusammenhange vertrauen möchten. Widmen Sie diese Bemühung einem engern Krei­ se, vielleicht entspringt daraus etwas, was auch einem größern an­ genehm und nützlich werden kann. Der Schriftsteller soll bis in sein höchstes Alter den Vorteil nicht aufgeben, sich mit denen die eine Neigung zu ihm gefaßt, auch in die Ferne zu unterhalten; und wenn es nicht einem Jeden verliehen sein möchte, in gewissen Jahren mit unerwarteten, mächtig wirksamen Erzeugnissen von neuem aufzutre­ ten: so sollte doch gerade zu der Zeit, wo die Erkenntnis vollständiger, das Bewußtsein deutlicher wird, das Geschäft sehr unterhaltend und neubelebend sein, jenes Hervorgebrachte wieder als Stoff zu behan­ deln und zu einem Letzten zu bearbeiten, welches denen abermals zur Bildung gereiche, die sich früher mit und an dem Künstler gebildet haben.« Dieses so freundlich geäußerte Verlangen erweckte bei mir unmit­ telbar die Lust es zu befolgen. Denn wenn wir in früherer Zeit leiden­ schaftlich unsern eigenen Weg gehen, und um nicht irre zu werden, die Anforderungen anderer ungeduldig ablehnen, so ist es uns in spätern Tagen höchst erwünscht, wenn irgend eine Teilnahme uns aufregen und zu einer neuen Tätigkeit liebevoll bestimmen mag. Ich unterzog mich daher sogleich der vorläufigen Arbeit, die größeren und kleineren Dichtwerke meiner zwölf Bände auszuzeichnen und den Jahren nach zu ordnen. Ich suchte mir Zeit und Umstände zu vergegenwärtigen, unter welchen ich sie hervorgebracht. Allein das Geschäft ward bald beschwerlicher, weil ausführliche Anzeigen und | Erklärungen nötig wurden, um die Lücken zwischen dem bereits Bekanntgemachten aus­

[PREFAZIONE]

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Ora che nella nuova edizione le Vostre opere letterarie sono ordinate in base ai loro rapporti interni, la prima cosa che Vi chiediamo è di presentarcele con una certa coerenza in ordine cronologico4, confidandoci le situazioni della vita e dell’animo che le hanno ispirate, i modelli che Vi hanno influenzato, senza dimenticare i fondamenti teorici su cui Vi siete basato. Dalle fatiche dedicate a una cerchia ristret­ ta, scaturirà forse qualcosa che potrà essere utile e gradito anche a una più ampia. Nemmeno nell’età più avanzata lo scrittore deve rinunciare al privilegio di intrattenersi anche a distanza con coloro che lo apprezzano; e sebbene non a tutti sia concesso, a una certa età, di presentarsi ancora al pubblico con prodotti sorprendenti e di potente risonanza, quella è però la fase in cui, grazie a una conoscenza più completa e una consapevolezza più chiara, dovrebbe esse­ re molto piacevole e rinfrancante occuparsi di nuovo delle proprie opere come argomento per rielaborarle in un’ulti­ ma, che possa contribuire ancora una volta alla formazione di coloro che con il poeta e grazie al poeta si sono formati». Questa richiesta espressa in modo così cortese fece subito nascere in me la voglia di soddisfarla. Se infatti, da giovani, procediamo con impeto sulla nostra strada e rifiutiamo impazienti le richieste altrui per non distrarci, con il passare degli anni apprezziamo invece moltissimo qualsiasi forma di interesse che ci incoraggi e ci spinga con affetto a una nuova attività. Mi misi quindi subito al lavoro e in via preliminare, partendo dai dodici volumi, mi segnai le opere letterarie piccole e grandi per ordinarle cronolo­ gicamente. Cercai di rievocare il tempo e le circostanze in cui le avevo scritte ma il compito si rivelò ben presto assai arduo, poiché erano necessarie molte informazioni e spiegazioni | dettagliate per riempire le lacune tra l’una e l’altra delle opere già pubblicate. In primo luogo, infatti,

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PARTE PRIMA

zufüllen. Denn zuvörderst fehlt alles woran ich mich zuerst geübt, es fehlt manches Angefangene und nicht Vollendete; ja sogar ist die äu­ ßere Gestalt manches Vollendeten völlig verschwunden, indem es in der Folge gänzlich umgearbeitet und in eine andere Form gegossen worden. Außer diesem blieb mir auch noch zu gedenken, wie ich mich in Wissenschaften und andern Künsten bemüht, und was ich in sol­ chen fremd scheinenden Fächern sowohl einzeln als in Verbindung mit Freunden, teils im Stillen geübt, teils öffentlich bekannt gemacht. Alles dieses wünschte ich nach und nach zu Befriedigung meiner Wohlwollenden einzuschalten; allein diese Bemühungen und Betrach­ tungen führten mich immer weiter: denn indem ich jener sehr wohl überdachten Forderung zu entsprechen wünschte, und mich bemühte, die innern Regungen, die äußern Einflüsse, die theoretisch und prak­ tisch von mir betretenen Stufen, der Reihe nach darzustellen; so ward ich aus meinem engen Privatleben in die weite Welt gerückt, die Ge­ stalten von hundert bedeutenden Menschen, welche näher oder ent­ fernter auf mich eingewirkt, traten hervor; ja die ungeheuren Bewe­ gungen des allgemeinen politischen Weltlaufs, die auf mich wie auf die ganze Masse der Gleichzeitigen den größten Einfluß gehabt, mußten vorzüglich beachtet werden. Denn dieses scheint die Hauptaufgabe der Biographie zu sein, den Menschen in seinen Zeitverhältnissen darzu­ stellen, und zu zeigen, in wiefern ihm das Ganze widerstrebt, in wie­ fern es ihn begünstigt, wie er sich eine Welt- und Menschenansicht da­ raus gebildet, und wie er sie, wenn er Künstler, Dichter, Schriftsteller ist, wieder nach außen abgespiegelt. Hiezu wird aber ein kaum Erreich­ bares gefordert, daß nämlich das Individuum sich und sein Jahrhundert kenne, sich, in wiefern es unter allen Umständen dasselbe geblieben, das Jahrhundert, als welches sowohl den willigen als unwilligen mit sich fortreißt, bestimmt und bildet, dergestalt daß man wohl sagen kann, ein Jeder, nur zehn Jahre früher oder | später geboren, dürfte, was

[PREFAZIONE]

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mancano tutti i miei esercizi giovanili, mancano le cose iniziate e non terminate; talvolta persino la forma esteriore di alcune opere completate è sparita del tutto, poiché furo­ no in seguito completamente rielaborate e trasposte in una forma diversa. In secondo luogo dovevo anche conside­ rare l’impegno profuso nelle scienze e nelle altre arti, sia da solo sia insieme agli amici, e ciò che di queste materie apparentemente estranee avevo in parte reso pubblico, in parte coltivato in privato. Desideravo inserire man mano tutto ciò per soddisfare i miei ammiratori, ma il tentativo e queste riflessioni mi spin­ sero sempre più lontano. Infatti, mentre cercavo di andare incontro a quella richiesta ben meditata e mi sforzavo di rappresentare l’uno dopo l’altro i moti interiori, gli influssi esteriori, le fasi teoriche e pratiche che avevo attraversato, mi dovevo spostare dalla mia ristretta vita privata all’ampio mondo, e vedevo comparire le figure di centinaia di uomini importanti che avevano agito su di me, chi più chi meno; e infine era necessario prendere bene in considerazione i colossali mutamenti storici e politici che hanno influenzato moltissimo sia me che la grande massa dei miei contem­ poranei. Perché questo sembra essere il compito principale della biografia: rappresentare l’uomo nel contesto della sua epoca per mostrare in che misura il tutto gli si opponga, in che misura lo favorisca, come egli sia giunto ad avere quel­ la visione del mondo e degli uomini e come, se è un artista, un poeta o uno scrittore, l’abbia poi trasmessa agli altri. Ma questo obiettivo è quasi irraggiungibile, poiché implica che l’individuo conosca se stesso e il suo secolo: se stesso per quanto è rimasto immutato in tutte le circostanze, e il suo secolo in quanto trascina con sé i volenti e i nolenti, li de­ termina e li plasma, di modo che si potrebbe ben dire che ciascuno, nascendo dieci anni prima | o dieci anni dopo,

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PARTE PRIMA

seine eigene Bildung und die Wirkung nach außen betrifft, ein ganz anderer geworden sein. Auf diesem Wege, aus dergleichen Betrachtungen und Versuchen, aus solchen Erinnerungen und Überlegungen entsprang die gegenwär­ tige Schilderung, und aus diesem Gesichtspunkt ihres Entstehens wird sie am besten genossen, genutzt, und am billigsten beurteilt werden können. Was aber sonst noch, besonders über die halb poetische, halb historische Behandlung etwa zu sagen sein möchte, dazu findet sich wohl im Laufe der Erzählung mehrmals Gelegenheit. |

[PREFAZIONE]

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sarebbe un uomo completamente diverso in quanto a for­ mazione e influenza sugli altri. Seguendo questa via, da simili considerazioni e tentativi, da questi ricordi e riflessioni è nata la presente descrizione, che potrà essere assaporata, utilizzata e giudicata nel modo migliore proprio dalla prospettiva della sua genesi. Ci sa­ rebbe ancora molto da dire, in particolare riguardo alla trat­ tazione per metà poetica, per metà storica, ma di ciò si avrà più volte occasione di parlare nel corso della narrazione. |

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Erstes Buch Am 28. August 1749, Mittags mit dem Glockenschlage zwölf, kam ich in Frankfurt am Main auf die Welt. Die Konstellation war glücklich; die Sonne stand im Zeichen der Jungfrau, und kulminierte für den Tag; Jupiter und Venus blickten sie freundlich an, Merkur nicht widerwär­ tig; Saturn und Mars verhielten sich gleichgültig: nur der Mond, der so eben voll ward, übte die Kraft seines Gegenscheins um so mehr, als zugleich seine Planetenstunde eingetreten war. Er widersetzte sich da­ her meiner Geburt, die nicht eher erfolgen konnte, als bis diese Stunde vorübergegangen. Diese guten Aspekten, welche mir die Astrologen in der Folgezeit sehr hoch anzurechnen wußten, mögen wohl Ursache an meiner Erhal­ tung gewesen sein: denn durch Ungeschicklichkeit der Hebamme kam ich für tot auf die Welt, und nur durch vielfache Bemühungen brachte man es dahin, daß ich das Licht erblickte. Dieser Umstand, welcher die Meinigen in große Not versetzt hatte, gereichte jedoch meinen Mit­ bürgern zum Vorteil, indem mein Großvater, der Schultheiß Johann Wolfgang Textor, daher Anlaß nahm, daß ein Geburtshelfer angestellt, und der Hebammenunterricht eingeführt oder erneuert wurde; welches denn manchem der Nachgebornen mag zu Gute gekommen sein. Wenn man sich erinnern will, was uns in der frühsten Zeit der Ju­ gend begegnet ist, so kommt man oft in den Fall, dasjenige was wir von andern gehört, mit dem zu verwechseln, was wir wirklich aus eigner anschauender Erfahrung besitzen. Ohne also hierüber eine genaue Un­ tersuchung anzustellen, welche ohnehin zu nichts führen kann, bin ich mir bewußt, daß wir in einem alten Hause wohnten, welches eigentlich

Libro primo Il 28 agosto 1749, allo scoccare delle dodici, venni al mon­ do a Francoforte sul Meno. La configurazione astrale era propizia: il sole era nel segno della vergine e al culmine proprio quel giorno; Giove e Venere lo guardavano ben di­ sposti, Mercurio non era avverso, Saturno e Marte indiffe­ renti. Soltanto la Luna, appena divenuta piena, esercitava tutta la forza della sua opposizione, ancora più forte perché era appena iniziata la sua ora planetaria. Si oppose quindi alla mia nascita, che poté avvenire solo quando quell’ora fu trascorsa5. Questi aspetti favorevoli, a cui gli astrologi in seguito diedero molto peso, furono probabilmente la causa della mia sopravvivenza: infatti, per l’imperizia della levatrice venni al mondo morto e solo dopo grandi sforzi riuscirono a farmi vedere la luce. Questa circostanza, che aveva causato ai miei familiari grande apprensione, fu però di giovamento ai miei concittadini, perché mio nonno, il podestà Johann Wolfgang Textor, colse l’occasione per assumere un ostetrico e per in­ trodurre o migliorare la formazione delle levatrici, cosa che andò di certo a vantaggio dei molti nati dopo di me6. Quando cerchiamo di ricordare cosa ci è capitato nei pri­ missimi anni dell’infanzia, accade spesso che confondiamo ciò che abbiamo sentito raccontare da altri con ciò che ef­ fettivamente sappiamo per nostra esperienza diretta. Senza quindi voler intraprendere un vero e proprio studio in pro­ posito, che tra l’altro non porterebbe a nulla, sono consape­ vole che abitavamo in una vecchia casa, che in realtà con­

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aus zwei durchgebrochnen Häusern bestand. Eine turmartige Treppe führte zu | unzusammenhangenden Zimmern, und die Ungleichheit der Stockwerke war durch Stufen ausgeglichen. Für uns Kinder, eine jüngere Schwester und mich, war die untere weitläuftige Hausflur der liebste Raum, welche neben der Türe ein großes hölzernes Gitterwerk hatte, wodurch man unmittelbar mit der Straße und der freien Luft in Verbindung kam. Einen solchen Vogelbauer, mit dem viele Häuser ver­ sehen waren, nannte man ein Geräms. Die Frauen saßen darin, um zu nähen und zu stricken; die Köchin las ihren Salat; die Nachbarinnen besprachen sich von daher miteinander, und die Straßen gewannen da­ durch in der guten Jahrszeit ein südliches Ansehen. Man fühlte sich frei, indem man mit dem Öffentlichen vertraut war. So kamen auch durch diese Gerämse die Kinder mit den Nachbarn in Verbindung, und mich gewannen drei gegenüber wohnende Brüder von Ochsenstein, hinterlassene Söhne des verstorbenen Schultheißen, gar lieb, und be­ schäftigten und neckten sich mit mir auf mancherlei Weise. Die Meinigen erzählten gern allerlei Eulenspiegeleien, zu denen mich jene sonst ernsten und einsamen Männer angereizt. Ich führe nur einen von diesen Streichen an. Es war eben Topfmarkt gewesen, und man hatte nicht allein die Küche für die nächste Zeit mit solchen Waren versorgt, sondern auch uns Kindern dergleichen Geschirr im Kleinen zu spielender Beschäftigung eingekauft. An einem schönen Nachmittag, da alles ruhig im Hause war, trieb ich im Geräms mit meinen Schüsseln und Töpfen mein Wesen, und da weiter nichts dabei heraus kommen wollte, warf ich ein Geschirr auf die Straße und freute mich, daß es so lustig zerbrach. Die von Ochsenstein, welche sahen, wie ich mich daran ergetzte, daß ich so gar fröhlich in die Händchen patschte, rie­ fen: Noch mehr! Ich säumte nicht, sogleich einen Topf, und auf immer fortwährendes Rufen: Noch mehr! nach und nach sämtliche Schüssel­ chen, Tiegelchen, Kännchen gegen das Pflaster zu schleudern. Meine Nachbarn fuhren fort ihren Beifall zu bezeigen, und ich war höchlich

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sisteva in due case unite insieme. Una scala simile a quelle delle torri portava a stanze sfasate | tra loro, e il dislivello era compensato da gradini. Per noi bambini, la mia sorelli­ na7 e io, la stanza preferita era il grande vestibolo al pian­ terreno, dove di fianco alla porta c’era un’ampia recinzione in legno che metteva direttamente in contatto con la strada e l’aria aperta. Questa sorta di gabbia per uccelli, di cui mol­ te case erano provviste, si chiamava Geräms8. Le donne vi sedevano per cucire e lavorare a maglia, la cuoca vi puliva l’insalata, le vicine potevano fare quattro chiacchiere e le strade, nella bella stagione, acquistavano un aspetto meri­ dionale. Prendendo confidenza con il mondo esterno ci si sentiva liberi. Grazie a queste grate anche i bambini entra­ vano in contatto con i vicini, e così mi presero in simpatia i tre fratelli von Ochsenstein che abitavano di fronte, figli del defunto podestà; giocavano con me e mi facevano scherzi di ogni genere. In famiglia si raccontavano spesso le marachelle che combinavo, istigato da quei ragazzi in genere seri e riser­ vati. Racconto soltanto uno di questi aneddoti9. C’era ap­ pena stato il mercato del vasellame e non soltanto si era provveduto a rifornire la cucina di tutto il necessario per un certo tempo, ma ne avevano comprato anche per noi bam­ bini, piccolo, per giocare. In un pomeriggio di bel tempo, mentre in casa tutto era tranquillo, giocherellavo dietro la grata con pentole e pentolini; cominciando ad annoiarmi, ne gettai uno sulla strada e scoppiai a ridere sentendolo andare allegramente in frantumi. I fratelli von Ochsenstein, veden­ do come mi divertivo battendo felice le manine, gridaro­ no: «Ancora!» Non mancai di gettare subito un altro pen­ tolino, e al ripetuto grido di «Ancora, ancora!» proseguii scaraventando una per una tutte le ciotole, pentole, tazzi­ ne sul selciato. I miei vicini continuavano a manifestare la

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froh ihnen Vergnügen zu machen. Mein Vorrat | aber war aufgezehrt und sie riefen immer: Noch mehr! Ich eilte daher stracks in die Küche und holte die irdenen Teller, welche nun freilich im Zerbrechen noch ein lustigeres Schauspiel gaben; und so lief ich hin und wider, brachte einen Teller nach dem andern, wie ich sie auf dem Topfbrett der Reihe nach erreichen konnte, und weil sich jene gar nicht zufrieden gaben, so stürzte ich alles was ich von Geschirr erschleppen konnte, in gleiches Verderben. Nur später erschien Jemand zu hindern und zu wehren. Das Unglück war geschehen, und man hatte für so viel zerbrochne Töp­ ferware wenigstens eine lustige Geschichte, an der sich besonders die schalkischen Urheber bis an ihr Lebensende ergetzten. Meines Vaters Mutter, bei der wir eigentlich im Hause wohnten, lebte in einem großen Zimmer hinten hinaus, unmittelbar an der Haus­ flur, und wir pflegten unsere Spiele bis an ihren Sessel, ja wenn sie krank war, bis an ihr Bett hin auszudehnen. Ich erinnere mich ihrer gleichsam als eines Geistes, als einer schönen, hagern, immer weiß und reinlich gekleideten Frau. Sanft, freundlich, wohlwollend, ist sie mir im Gedächtnis geblieben. Wir hatten die Straße, in welcher unser Haus lag, den Hirschgra­ ben nennen hören; da wir aber weder Graben noch Hirsche sahen, so wollten wir diesen Ausdruck erklärt wissen. Man erzählte sodann, unser Haus stehe auf einem Raum, der sonst außerhalb der Stadt ge­ legen, und da wo jetzt die Straße sich befinde, sei ehmals ein Graben gewesen, in welchem eine Anzahl Hirsche unterhalten worden. Man habe diese Tiere hier bewahrt und genährt, weil nach einem alten Her­ kommen der Senat alle Jahre einen Hirsch öffentlich verspeiset, den man denn für einen solchen Festtag hier im Graben immer zur Hand gehabt, wenn auch auswärts Fürsten und Ritter der Stadt ihre Jagd­ befugnis verkümmerten und störten, oder wohl gar Feinde die Stadt eingeschlossen oder belagert hielten. Dies gefiel uns sehr, und wir

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loro approvazione e io ero entusiasta di poter offrire loro quel divertimento. La mia dotazione | però si esaurì, mentre loro continuavano a gridare «Ancora, ancora!». Mi affrettai quindi in cucina e presi i piatti di terracotta che, rompendo­ si, davano uno spettacolo ancora più divertente; corsi così avanti e indietro portando un piatto dopo l’altro finché ri­ uscivo a raggiungerli sullo scaffale, e poiché quelli non si accontentavano mai, mandai in frantumi tutto ciò che mi capitò sottomano in fatto di piatti e stoviglie. Solo troppo tardi apparve qualcuno a impedire, a fermare: il guaio era fatto, e in cambio di così tanti cocci si ricavò almeno una storiella divertente, che fornì occasione di ilarità soprattutto agli astuti promotori fino alla fine dei loro giorni. La madre di mio padre10, nella cui casa vivevamo, aveva una grande stanza che guardava sul retro, confinante con il vestibolo, e noi eravamo soliti estendere i nostri giochi fino alla sua poltrona o, quando era malata, fino al suo letto. Mi ricordo di lei come di uno spirito, una bella signora, esile, sempre in ordine e vestita di bianco. Nel ricordo che con­ servo è dolce, gentile e benevola. Avevamo saputo che la via in cui abitavamo si chiamava Hirschgraben, ma poiché non vedevamo né fossato, né cer­ vi, chiedemmo spiegazioni per quella denominazione. Ci raccontarono allora che la nostra casa sorgeva su un terreno che una volta si trovava fuori dalla città, e dove ora si trova­ va la strada c’era invece un fossato dove si tenevano i cer­ vi. Gli animali venivano custoditi e allevati perché secondo un’antica usanza il Senato tutti gli anni offriva un cervo per un banchetto pubblico, anche quando principi e cavalieri limitavano o interferivano con il diritto di caccia della città nei territori circostanti o addirittura quando era circondata o assediata dai nemici, per cui li si teneva qui a portata di mano per quella festa. La cosa ci piacque molto e deside­

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wünschten, eine solche zahme Wildbahn wäre auch noch bei unsern Zeiten zu sehen gewesen. | Die Hinterseite des Hauses hatte, besonders aus dem oberen Stock, eine sehr angenehme Aussicht über eine beinah unabsehbare Fläche von Nachbarsgärten, die sich bis an die Stadtmauern verbreiteten. Lei­ der aber war, bei Verwandlung der sonst hier befindlichen Gemeinde­ plätze in Hausgärten, unser Haus und noch einige andere, die gegen die Straßenecke zu lagen, sehr verkürzt worden, indem die Häuser vom Roßmarkt her weitläufige Hintergebäude und große Gärten sich zueig­ neten, wir aber uns durch eine ziemlich hohe Mauer unsres Hofes von diesen so nah gelegenen Paradiesen ausgeschlossen sahen. Im zweiten Stock befand sich ein Zimmer, welches man das Gar­ tenzimmer nannte, weil man sich daselbst durch wenige Gewächse vor dem Fenster den Mangel eines Gartens zu ersetzen gesucht hatte. Dort war, wie ich heranwuchs, mein liebster, zwar nicht trauriger, aber doch sehnsüchtiger Aufenthalt. Über jene Gärten hinaus, über Stadtmauern und Wälle sah man in eine schöne fruchtbare Ebene; es ist die, welche sich nach Höchst hinzieht. Dort lernte ich Sommerszeit gewöhnlich meine Lektionen, wartete die Gewitter ab, und konnte mich an der untergehenden Sonne, gegen welche die Fenster gerade gerichtet wa­ ren, nicht satt genug sehen. Da ich aber zu gleicher Zeit die Nachbarn in ihren Gärten wandeln und ihre Blumen besorgen, die Kinder spie­ len, die Gesellschaften sich ergetzen sah, die Kegelkugeln rollen und die Kegel fallen hörte; so erregte dies frühzeitig in mir ein Gefühl der Einsamkeit und einer daraus entspringenden Sehnsucht, das dem von der Natur in mich gelegten Ernsten und Ahndungsvollen entsprechend, seinen Einfluß gar bald und in der Folge noch deutlicher zeigte. Die alte, winkelhafte, an vielen Stellen düstere Beschaffenheit des Hauses war übrigens geeignet, Schauer und Furcht in kindlichen Gemütern zu erwecken. Unglücklicherweise hatte man noch die Er­ ziehungsmaxime, den Kindern frühzeitig alle Furcht vor dem Ahn­ dungsvollen und Unsichtbaren zu benehmen, und sie an das Schau­ derhafte | zu gewöhnen. Wir Kinder sollten daher allein schlafen, und

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rammo che ai nostri tempi ci fosse ancora quella riserva di docili animali. | La parte posteriore della casa godeva di una vista molto gradevole, soprattutto dall’ultimo piano, su una distesa di giardini che si allungavano quasi a perdita d’occhio fino alle mura della città. Purtroppo, nella trasformazione dei terreni comunali in giardini privati, la nostra casa e alcu­ ne altre situate verso l’angolo della strada si erano viste molto svantaggiate, poiché mentre le case del Roßmarkt si costruirono ampie pertinenze sul retro e vasti giardini, noi rimanemmo esclusi da quei paradisi, così vicini, a causa del muro piuttosto alto che delimitava il cortile. Al secondo piano c’era un locale che chiamavamo ‘la stanza del giardino’ perché avevamo cercato di ovviare alla sua mancanza mettendo qualche pianta sulla finestra. Quel­ lo divenne, crescendo, il mio rifugio preferito, non proprio triste, ma comunque malinconico. Oltre i giardini, oltre le mura della città e il fossato, si vedeva la bella pianura fertile in direzione di Höchst. Lì di solito studiavo d’estate, aspet­ tavo i temporali e non ne avevo mai abbastanza di guardare il sole al tramonto, che calava proprio davanti a quelle fine­ stre. Ma contemporaneamente vedevo i vicini passeggiare nei giardini e curare i fiori, i bambini giocare, i gruppetti conversare; sentivo rotolare le bocce e cadere i birilli, e tut­ to questo suscitò in me una prematura sensazione di solitu­ dine da cui scaturì una certa malinconia che, trovando cor­ rispondenza nella mia indole seria e sensibile, fece sentire ben presto il suo influsso, e ancora di più in seguito. La vecchia casa con i suoi molti angoli e le zone buie era del resto adatta a incutere paura e timore nell’animo dei bambini. Sfortunatamente si applicava ancora il principio educativo di togliere da subito ai piccoli qualsiasi timore del misterioso e dell’invisibile e di abituarli | a non aver

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wenn uns dieses unmöglich fiel, und wir uns sacht aus den Betten her­ vormachten und die Gesellschaft der Bedienten und Mägde suchten; so stellte sich, in umgewandtem Schlafrock und also für uns verkleidet genug, der Vater in den Weg und schreckte uns in unsere Ruhestätte zurück. Die daraus entspringende üble Wirkung denkt sich Jedermann. Wie soll derjenige die Furcht los werden, den man zwischen ein dop­ peltes Furchtbare einklemmt? Meine Mutter, stets heiter und froh, und andern das Gleiche gönnend, erfand eine bessere pädagogische Aus­ kunft. Sie wußte ihren Zweck durch Belohnungen zu erreichen. Es war die Zeit der Pfirschen, deren reichlichen Genuß sie uns jeden Morgen versprach, wenn wir Nachts die Furcht überwunden hätten. Es gelang, und beide Teile waren zufrieden. Innerhalb des Hauses zog meinen Blick am meisten eine Reihe rö­ mischer Prospekte auf sich, mit welchen der Vater einen Vorsaal aus­ geschmückt hatte, gestochen von einigen geschickten Vorgängern des Piranese, die sich auf Architektur und Perspektive wohl verstanden, und deren Nadel sehr deutlich und schätzbar ist. Hier sah ich täglich die Piazza del Popolo, das Coliseo, den Petersplatz, die Peterskirche von außen und innen, die Engelsburg und so manches andere. Diese Gestalten drückten sich tief bei mir ein, und der sonst sehr lakonische Vater hatte wohl manchmal die Gefälligkeit, eine Beschreibung des Gegenstandes vernehmen zu lassen. Seine Vorliebe für die italienische Sprache und für alles was sich auf jenes Land bezieht, war sehr aus­ gesprochen. Eine kleine Marmor- und Naturaliensammlung, die er von dorther mitgebracht, zeigte er uns auch manchmal vor, und einen gro­ ßen Teil seiner Zeit verwendete er auf seine italiänisch verfaßte Rei­ sebeschreibung, deren Abschrift und Redaktion er eigenhändig, heft­ weise, langsam und genau ausfertigte. Ein alter heiterer italienischer Sprachmeister, Giovinazzi genannt, war ihm daran behülflich. Auch

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paura. Noi quindi dovevamo dormire da soli, e quando pro­ prio non ce la facevamo e uscivamo pian piano dal letto per cercare la compagnia di qualche persona di servizio o di una domestica, ecco il papà pararcisi davanti con la veste da camera messa a rovescio – per noi un travestimento suf­ ficiente – che ci terrorizzava ricacciandoci nella nostra stan­ za. Tutti possono immaginarsi il pessimo risultato. Come può liberarsi dalla paura chi si trova incastrato tra due cose doppiamente spaventose? Mia madre, sempre allegra e con­ tenta e a cui piaceva che lo fossero anche gli altri, trovò un metodo pedagogico migliore: riusciva a raggiungere il suo scopo grazie alle ricompense. Era il periodo delle pesche, e ce ne prometteva in abbondanza per il mattino dopo se la notte avessimo sconfitto la paura. Funzionò, con soddisfa­ zione di entrambe le parti. All’interno della casa il mio sguardo era attirato più di ogni altra cosa da una serie di vedute di Roma con cui il papà aveva abbellito un’anticamera, incisioni eseguite da abili precursori di Piranesi esperti di architettura e di pro­ spettiva, con un tratto molto nitido e pregevole. Qui vedevo ogni giorno Piazza del Popolo, il Colosseo, Piazza San Pie­ tro, la basilica di San Pietro all’interno e all’esterno, Castel Sant’Angelo e altro ancora11. Quelle immagini si impressero profondamente in me e mio padre, in genere alquanto laco­ nico, qualche volta ci concedeva una descrizione dei monu­ menti. La sua predilezione per la lingua italiana e per tutto ciò che riguardava quel paese era molto evidente. Qualche volta ci mostrava anche la piccola collezione di marmi e reperti naturali che aveva portato dall’Italia12, e passava una gran parte del suo tempo scrivendo in italiano le sue memo­ rie di viaggio: si occupava personalmente della trascrizione e redazione, fascicolo dopo fascicolo, lento e preciso13. Un anziano e allegro insegnante di italiano, di nome Giovinaz-

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sang der Alte nicht übel, und meine Mutter mußte sich bequemen, ihn und sich selbst mit dem Klaviere | täglich zu accompagnieren; da ich denn das Solitario bosco ombroso bald kennen lernte, und auswendig wußte, ehe ich es verstand. Mein Vater war überhaupt lehrhafter Natur, und bei seiner Entfer­ nung von Geschäften wollte er gern dasjenige was er wußte und ver­ mochte, auf andre übertragen. So hatte er meine Mutter in den ersten Jahren ihrer Verheiratung zum fleißigen Schreiben angehalten, wie zum Klavierspielen und Singen; wobei sie sich genötigt sah, auch in der italiänischen Sprache einige Kenntnis und notdürftige Fertigkeit zu erwerben. Gewöhnlich hielten wir uns in allen unsern Freistunden zur Groß­ mutter, in deren geräumigem Wohnzimmer wir hinlänglich Platz zu unsern Spielen fanden. Sie wußte uns mit allerlei Kleinigkeiten zu beschäftigen, und mit allerlei guten Bissen zu erquicken. An einem Weihnachtsabende jedoch setzte sie allen ihren Wohltaten die Krone auf, indem sie uns ein Puppenspiel vorstellen ließ, und so in dem alten Hause eine neue Welt erschuf. Dieses unerwartete Schauspiel zog die jungen Gemüter mit Gewalt an sich; besonders auf den Knaben machte es einen sehr starken Eindruck, der in eine große langdauernde Wir­ kung nachklang. Die kleine Bühne mit ihrem stummen Personal, die man uns an­ fangs nur vorgezeigt hatte, nachher aber zu eigner Übung und drama­ tischer Belebung übergab, mußte uns Kindern um so viel werter sein, als es das letzte Vermächtnis unserer guten Großmutter war, die bald darauf durch zunehmende Krankheit unsern Augen erst entzogen, und dann für immer durch den Tod entrissen wurde. Ihr Abscheiden war für die Familie von desto größerer Bedeutung, als es eine völlige Verände­ rung in dem Zustande derselben nach sich zog. So lange die Großmutter lebte, hatte mein Vater sich gehütet, nur das Mindeste im Hause zu verändern oder zu erneuern; aber man wuß­ te wohl, daß er sich zu einem Hauptbau vorbereitete, der nunmehr auch

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zi, lo aiutava. Il vecchietto non cantava male, e spettava a mia madre accompagnare se stessa e lui al pianoforte | ogni giorno; così conobbi ben presto “Solitario bosco ombroso”, che imparai a memoria ancor prima di capirne le parole14. Il carattere di mio padre aveva una marcata vena pedago­ gica, e avendo lasciato la professione desiderava trasmette­ re agli altri quello che sapeva e conosceva15. Così nei primi anni di matrimonio aveva spinto mia madre a esercitarsi molto a scrivere, cantare e suonare il pianoforte, tanto che si vide costretta ad acquisire anche qualche conoscenza e nozioni di base della lingua italiana. Di solito trascorrevamo tutte le nostre ore libere dalla nonna, il cui ampio salotto offriva spazio in abbondanza per i nostri giochi. Sapeva intrattenerci con tante piccole cose e ristorarci con altrettante leccornie. Una vigilia di Natale però coronò tutte le sue buone azioni facendo rappresentare per noi uno spettacolo di burattini e creando così nella vec­ chia casa un nuovo mondo. Quello spettacolo inatteso attirò moltissimo i giovani animi; soprattutto sul maschietto fece un’impressione intensissima, destinata ad avere una duratu­ ra, profonda risonanza16. Il piccolo palcoscenico con i suoi attori muti, che all’i­ nizio ci avevano solo mostrato ma che poi ci lasciarono per esercitarci e dar loro vita drammatica, divenne per noi bam­ bini ancora più caro in quanto fu l’ultimo dono della nostra cara nonna, che poco dopo per un peggioramento della ma­ lattia fu dapprima sottratta ai nostri occhi, poi ci fu defini­ tivamente strappata dalla morte17. La sua scomparsa ebbe un’importanza ancora maggiore per la famiglia, in quanto provocò un radicale cambiamento della situazione. Finché viveva la nonna, mio padre si era guardato dal fare anche la benché minima modifica o miglioria in casa, ma sapevamo bene che si stava predisponendo a una ristrut­

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sogleich vorgenommen wurde. In Frankfurt, wie in mehrern alten  | Städten, hatte man bei Aufführung hölzerner Gebäude, um Platz zu gewinnen, sich erlaubt, nicht allein mit dem ersten, sondern auch mit den folgenden Stocken überzubauen; wodurch denn freilich besonders enge Straßen etwas Düsteres und Ängstliches bekamen. Endlich ging ein Gesetz durch, daß wer ein neues Haus von Grund auf baue, nur mit dem ersten Stock über das Fundament herausrücken dürfe, die übrigen aber senkrecht aufführen müsse. Mein Vater, um den vorspringenden Raum im zweiten Stock auch nicht aufzugeben, wenig bekümmert um äußeres architektonisches Ansehen, und nur um innere gute und be­ queme Einrichtung besorgt, bediente sich, wie schon mehrere vor ihm getan, der Ausflucht, die oberen Teile des Hauses zu unterstützen und von unten herauf einen nach dem andern wegzunehmen, und das Neue gleichsam einzuschalten, so daß, wenn zuletzt gewissermaßen nichts von dem Alten übrig blieb, der ganz neue Bau noch immer für eine Reparatur gelten konnte. Da nun also das Einreißen und Aufrichten allmählich geschah, so hatte mein Vater sich vorgenommen, nicht aus dem Hause zu weichen, um desto besser die Aufsicht zu führen und die Anleitung geben zu können: denn aufs Technische des Baues verstand er sich ganz gut; dabei wollte er aber auch seine Familie nicht von sich lassen. Diese neue Epoche war den Kindern sehr überraschend und sonderbar. Die Zimmer, in denen man sie oft enge genug gehalten und mit wenig erfreulichem Lernen und Arbeiten geängstigt, die Gänge, auf denen sie gespielt, die Wände, für deren Reinlichkeit und Erhal­ tung man sonst so sehr gesorgt, alles das vor der Hacke des Maurers, vor dem Beile des Zimmermanns fallen zu sehen, und zwar von unten herauf, und indessen oben auf unterstützten Balken, gleichsam in der Luft zu schweben, und dabei immer noch zu einer gewissen Lektion, zu einer bestimmten Arbeit angehalten zu werden – dieses alles brachte eine Verwirrung in den jungen Köpfen hervor, die sich so leicht nicht wieder ins Gleiche setzen ließ. Doch wurde die Unbequemlichkeit von der Jugend weniger empfunden, weil ihr etwas | mehr Spielraum als

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turazione massiccia, che fu poi eseguita immediatamente18. A Francoforte, come in molte città | antiche, nel costruire gli edifici in legno per guadagnare spazio si usava far spor­ gere non soltanto il primo piano ma anche i successivi; così le strade particolarmente strette avevano acquisito un aspet­ to cupo e inquietante. Finché fu approvata una legge che stabiliva che chi erigeva un nuovo edificio poteva aggettare solo il primo piano oltre le fondamenta, tutto il resto doveva essere costruito in verticale. Mio padre, per non rinunciare allo spazio sporgente del secondo piano, poco preoccupato dell’aspetto architettonico esteriore ma badando solo a una buona e comoda disposizione interna, come molti prima di lui, usò lo stratagemma di puntellare le parti superiori dell’edificio per togliere una a una le pareti sottostanti inse­ rendo man mano le nuove, in modo che alla fine, per quan­ to nulla fosse rimasto della precedente costruzione, quella nuova poteva comunque passare per una ristrutturazione. Dato che demolizione e ricostruzione avvenivano man mano, mio padre aveva deciso di non lasciare la casa per poter controllare e dirigere meglio i lavori, essendo mol­ to esperto negli aspetti tecnici dell’edilizia; ma non volle nemmeno allontanare da sé la famiglia. Quella nuova fase per i bambini fu sorprendente e singolare. Le anguste stan­ ze in cui spesso erano stati chiusi e tormentati da lezioni e compiti poco allettanti, i corridoi in cui avevano giocato, le pareti che ci si era preoccupati di conservare pulite e inton­ se: veder cadere tutto ciò sotto il piccone del muratore e la scure del falegname, e per di più partendo dal basso, mentre nel frattempo di sopra si stava a mezz’aria sulle travi pun­ tellate, continuando comunque a studiare e fare i compiti – tutto questo causò nelle giovani menti una tal confusione che stentarono non poco a ritrovare l’equilibrio. Ma i gio­ vani non fecero molto caso alla scomodità, anche perché si

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bisher, und manche Gelegenheit sich auf Balken zu schaukeln und auf Brettern zu schwingen, gelassen ward. Hartnäckig setzte der Vater die erste Zeit seinen Plan durch; doch als zuletzt auch das Dach teilweise abgetragen wurde, und ohngeachtet alles übergespannten Wachstuches von abgenommenen Tapeten, der Regen bis zu unsern Betten gelangte: so entschloß er sich, obgleich ungern, die Kinder wohlwollenden Freunden, welche sich schon früher dazu erboten hatten, auf eine Zeit lang zu überlassen und sie in eine öffentliche Schule zu schicken. Dieser Übergang hatte manches Unangenehme: denn indem man die bisher zu Hause abgesondert, reinlich, edel, obgleich streng, gehal­ tenen Kinder unter eine rohe Masse von jungen Geschöpfen hinunter­ stieß; so hatten sie vom Gemeinen, Schlechten, ja Niederträchtigen ganz unerwartet alles zu leiden, weil sie aller Waffen und aller Fähig­ keit ermangelten, sich dagegen zu schützen. Um diese Zeit war es eigentlich, daß ich meine Vaterstadt zuerst ge­ wahr wurde: wie ich denn nach und nach immer freier und ungehinder­ ter, teils allein, teils mit muntern Gespielen, darin auf und abwandelte. Um den Eindruck, den diese ernsten und würdigen Umgebungen auf mich machten, einigermaßen mitzuteilen, muß ich hier mit der Schil­ derung meines Geburtsortes vorgreifen, wie er sich in seinen verschie­ denen Teilen allmählich vor mir entwickelte. Am liebsten spazierte ich auf der großen Mainbrücke. Ihre Länge, ihre Festigkeit, ihr gutes An­ sehen machte sie zu einem bemerkenswerten Bauwerk; auch ist es aus früherer Zeit beinahe das einzige Denkmal jener Vorsorge, welche die weltliche Obrigkeit ihren Bürgern schuldig ist. Der schöne Fluß aufund abwärts zog meine Blicke nach sich; und wenn auf dem Brücken­ kreuz der goldene Hahn im Sonnenschein glänzte, so war es mir immer eine erfreuliche Empfindung. Gewöhnlich ward alsdann durch Sach­ senhausen spaziert, und die Überfahrt für einen Kreuzer gar behaglich genossen. Da befand man sich nun wieder | diesseits, da schlich man zum Weinmarkte, bewunderte den Mechanismus der Krane, wenn Wa­

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lasciò | loro più spazio per giocare e parecchie occasioni per dondolarsi sulle travi e fare l’altalena sulle assi. In un primo tempo mio padre perseguì con ostinazione il suo progetto, ma quando alla fine fu smantellato anche il tetto e la pioggia penetrò fin nei nostri letti, nonostante i teli cerati della tappezzeria rimossa fossero stati stesi come copertura, decise seppur a malincuore di affidare i bambini ad amici che già in precedenza si erano offerti di ospitarli, e di mandarli alla scuola pubblica. Quel cambiamento ebbe risvolti spiacevoli: infatti i bam­ bini, fino a quel momento rimasti in un ambiente appartato, ordinato e beneducato per quanto severo, erano del tutto privi delle armi e della capacità di difendersi: scaraventati tra una massa di giovani creature rozze, dovettero subire del tutto impreparati volgarità, cattiverie e persino meschinità. Fu in quel periodo che cominciai a conoscere la mia città natale, che man mano iniziavo a percorrere sempre più li­ bero e disinvolto, qualche volta da solo, qualche volta con intraprendenti compagni. Per trasmettere in qualche modo l’impressione che quei dintorni austeri e dignitosi fecero su di me devo cominciare descrivendo il luogo in cui sono nato e come mi si rivelasse a poco a poco nelle sue varie parti19. La cosa che preferivo era passeggiare sul grande ponte sul Meno. Lunghezza, solidità e bellezza ne faceva­ no una costruzione notevole, ed è forse l’unico monumento rimasto della sollecitudine che l’autorità civile aveva per i cittadini nelle epoche precedenti20. Il bel fiume a monte e a valle catturava il mio sguardo, ed era sempre una gio­ ia vedere il galletto dorato scintillare al sole sulla sommità della croce. Di solito poi vagabondavo per Sachsenhausen, e al ritorno mi godevo la comoda traversata con il traghetto per pochi centesimi. Giunto di nuovo su questa | riva, mi intrufolavo al mercato del vino, ammiravo gli ingranaggi

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ren ausgeladen wurden; besonders aber unterhielt uns die Ankunft der Marktschiffe, wo man so mancherlei und mitunter so seltsame Figuren aussteigen sah. Ging es nun in die Stadt herein, so ward jederzeit der Saalhof, der wenigstens an der Stelle stand, wo die Burg Kaiser Carls des Großen und seiner Nachfolger gewesen sein sollte, ehrfurchts­ voll gegrüßt. Man verlor sich in die alte Gewerbstadt, und besonders Markttages gern in dem Gewühl, das sich um die Bartholomäus-Kirche herum versammelte. Hier hatte sich, von den frühsten Zeiten an, die Menge der Verkäufer und Krämer übereinander gedrängt, und wegen einer solchen Besitznahme konnte nicht leicht in den neuern Zeiten eine geräumige und heitere Anstalt Platz finden. Die Buden des soge­ nannten Pfarreisen waren uns Kindern sehr bedeutend, und wir trugen manchen Batzen hin, um uns farbige, mit goldenen Tieren bedruckte Bogen anzuschaffen. Nur selten aber mochte man sich über den be­ schränkten, vollgepfropften und unreinlichen Marktplatz hindrängen. So erinnere ich mich auch, daß ich immer mit Entsetzen vor den da­ ranstoßenden, engen und häßlichen Fleischbänken geflohen bin. Der Römerberg war ein desto angenehmerer Spazierplatz. Der Weg nach der neuen Stadt, durch die neue Kräm, war immer aufheiternd und er­ getzlich; nur verdroß es uns, daß nicht neben der Liebfrauen-Kirche eine Straße nach der Zeile zuging, und wir immer den großen Umweg durch die Hasengasse oder die Catharinenpforte machen mußten. Was aber die Aufmerksamkeit des Kindes am meisten an sich zog, waren die vielen kleinen Städte in der Stadt, die Festungen in der Festung, die ummauerten Klosterbezirke nämlich, und die aus frühern Jahr­ hunderten noch übrigen mehr oder minder burgartigen Räume: so der Nürnberger Hof, das Compostell, das Braunfels, das Stammhaus derer von Stallburg, und mehrere in den spätern Zeiten zu Wohnungen und Gewerbsbenutzungen eingerichtete Vesten. Nichts architektonisch Er­

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delle gru durante lo scarico delle merci; in particolare mi incuriosiva l’approdo delle barche per il mercato, da cui scendevano molti e curiosi personaggi. Una volta rientrati in città, si salutava ogni volta con reverenza il Saalhof che quanto meno si trovava nel luogo in cui prima, pare, sorge­ va il palazzo di Carlo Magno e dei suoi discendenti. Ci si addentrava volentieri nei vecchi quartieri degli artigiani e, soprattutto nei giorni di mercato, tra la folla che si accalca­ va attorno alla chiesa di San Bartolomeo21. Fin dai tempi più antichi si era raccolta qui la massa dei merciai e dei bottegai, e a causa dell’estrema densità nemmeno in tempi più recenti fu possibile creare spazi più ampi e gradevoli. A noi bambini interessavano molto le bancarelle del cosid­ detto Pfarreisen22, dove spendevamo qualche soldino per comprare fogli colorati con figure dorate di animali. Ma era raro che ci addentrassimo nella piazza del mercato, angusta, affollatissima e sudicia, e ricordo anche che fuggivo sem­ pre inorridito davanti ai banchi dei macellai, stretti e terrifi­ canti. Il Römerberg era invece una piazza decisamente più piacevole dove passeggiare; la Neue Kräme, che conduceva verso la parte nuova della città, era sempre fonte di sollievo e divertimento, ma ci infastidiva che accanto alla chiesa di Nostra Signora non ci fosse una via che conducesse diretta­ mente alla Zeil senza dover fare tutto il largo giro dalla Ha­ sengasse o dalla Katharinenpforte. Ma ciò che più di tutto catturava l’attenzione del bambino erano le molte piccole città nella città, le fortezze nella fortezza, cioè i terreni dei conventi circondati da mura e gli edifici che dai secoli pre­ cedenti avevano conservato l’aspetto di castelli più o meno fortificati: ad esempio il Nürnberger Hof, il Kompostell, il Braunfels, la residenza dei von Stalburg e molte altre co­ struzioni fortificate adibite in seguito ad abitazioni o ma­ gazzini. A quell’epoca non c’era nulla di particolarmente

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hebendes war damals in | Frankfurt zu sehen: alles deutete auf eine längst vergangne, für Stadt und Gegend sehr unruhige Zeit. Pforten und Türme, welche die Grenze der alten Stadt bezeichneten, dann wei­ terhin abermals Pforten, Türme, Mauern, Brücken, Wälle, Gräben, wo­ mit die neue Stadt umschlossen war, alles sprach noch zu deutlich aus, daß die Notwendigkeit, in unruhigen Zeiten dem Gemeinwesen Sicher­ heit zu verschaffen, diese Anstalten hervorgebracht, daß die Plätze, die Straßen, selbst die neuen, breiter und schöner angelegten, alle nur dem Zufall und der Willkür und keinem regelnden Geiste ihren Ursprung zu danken hatten. Eine gewisse Neigung zum Altertümlichen setzte sich bei dem Knaben fest, welche besonders durch alte Chroniken, Holz­ schnitte, wie z. B. den Grave’schen von der Belagerung von Frank­ furt, genährt und begünstigt wurde; wobei noch eine andre Lust, bloß menschliche Zustände in ihrer Mannigfaltigkeit und Natürlichkeit, ohne weitern Anspruch auf Interesse oder Schönheit, zu erfassen, sich hervortat. So war es eine von unsern liebsten Promenaden, die wir uns des Jahrs ein paarmal zu verschaffen suchten, inwendig auf dem Gange der Stadtmauer herzuspazieren. Gärten, Höfe, Hintergebäude ziehen sich bis an den Zwinger heran; man sieht mehreren tausend Menschen in ihre häuslichen, kleinen, abgeschlossenen, verborgenen Zustände. Von dem Putz- und Schaugarten des Reichen zu den Obstgärten des für seinen Nutzen besorgten Bürgers, von da zu Fabriken, Bleichplätzen und ähnlichen Anstalten, ja bis zum Gottesacker selbst – denn eine kleine Welt lag innerhalb des Bezirks der Stadt – ging man an dem mannigfaltigsten, wunderlichsten, mit jedem Schritt sich verändernden Schauspiel vorbei, an dem unsere kindische Neugier sich nicht genug ergetzen konnte. Denn fürwahr der bekannte hinkende Teufel, als er für seinen Freund die Dächer von Madrid in der Nacht abhob, hat kaum mehr für diesen geleistet, als hier vor uns unter freiem Himmel, bei hellem Sonnenschein, getan war. Die Schlüssel, deren man sich auf diesem Wege bedienen mußte, um durch mancherlei | Türme, Treppen

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significativo  | a Francoforte, dal punto di vista architetto­ nico; tutto rimandava a un tempo remoto e assai turbolento per la città e il territorio circostante. Porte e torri segnavano i confini della città più antica, poi ancora porte, torri, mura, ponti, bastioni, fossati circondavano la città nuova, e tutto indicava fin troppo chiaramente che a produrre quegli edi­ fici era stata la necessità di dare sicurezza alla comunità in epoche inquiete, e che le piazze e le strade, persino quelle nuove, più larghe e più belle, dovevano la loro origine più al caso e all’arbitrio che a un’idea regolatrice. Nel fanciul­ lo prese piede una certa inclinazione per le cose antiche, nutrita e favorita da vecchie cronache, da incisioni come ad esempio quella dell’assedio di Francoforte di Grav23, a cui si unì man mano un altro desiderio, quello di compren­ dere la condizione umana nella sua varietà e spontaneità, a prescindere dalla sua rilevanza o bellezza. Perciò una del­ le nostre passeggiate preferite, che cercavamo di fare un paio di volte l’anno, era camminare sul ballatoio interno delle mura della città. Giardini, cortili, case si spingevano fin sotto i contrafforti, e si vedevano migliaia di persone nel loro ambiente familiare, piccolo, circoscritto e nascosto. Dal giardino ornamentale e ben curato del ricco all’orticel­ lo predisposto per i bisogni del semplice cittadino, da fab­ briche, lavanderie e simili fino addirittura al cimitero – un microcosmo era infatti racchiuso tra le mura della città – si assisteva allo spettacolo più vario e più meraviglioso che ci sia, diverso a ogni passo, di cui la nostra curiosità infantile non era mai sazia. Davvero, il famoso diavolo zoppo che aveva scoperchiato di notte i tetti di Madrid per compiacere il suo amico, non aveva fatto niente più di quanto non acca­ desse anche davanti a noi, a cielo aperto e in pieno giorno24. Le chiavi di cui avevamo bisogno per accedere a questo passaggio, per attraversare | torri, scale e porticine erano

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und Pförtchen durchzukommen, waren in den Händen der Zeugherren, und wir verfehlten nicht ihren Subalternen aufs beste zu schmeicheln. Bedeutender noch und in einem andern Sinne fruchtbarer blieb für uns das Rathaus, der Römer genannt. In seinen untern, gewölbähnli­ chen Hallen verloren wir uns gar zu gerne. Wir verschafften uns Ein­ tritt in das große, höchst einfache Sessionszimmer des Rates. Bis auf eine gewisse Höhe getäfelt, waren übrigens die Wände so wie die Wöl­ bung weiß, und das Ganze ohne Spur von Malerei oder irgend einem Bildwerk. Nur an der mittelsten Wand in der Höhe las man die kurze Inschrift: Eines Manns Rede Ist keines Manns Rede: Man soll sie billig hören Beede. Nach der altertümlichsten Art waren für die Glieder dieser Versamm­ lung Bänke ringsumher an der Vertäfelung angebracht und um eine Stufe von dem Boden erhöht. Da begriffen wir leicht, warum die Rang­ ordnung unsres Senats nach Bänken eingeteilt sei. Von der Türe linker Hand bis in die gegenüberstehende Ecke als auf der ersten Bank, saßen die Schöffen, in der Ecke, selbst der Schultheiß, der einzige der ein kleines Tischchen vor sich hatte; zu seiner Linken bis gegen die Fens­ terseite saßen nunmehr die Herren der zweiten Bank; an den Fenstern her zog sich die dritte Bank, welche die Handwerker einnahmen; in der Mitte des Saals stand ein Tisch für den Protokollführer. Waren wir einmal im Römer, so mischten wir uns auch wohl in das Gedränge vor den burgemeisterlichen Audienzen. Aber größeren Reiz hatte alles, was sich auf Wahl und Krönung der Kaiser bezog. Wir wuß­ ten uns die Gunst der Schließer zu verschaffen, um die neue, heitre, in Fresko gemalte, sonst durch ein Gitter verschlossene Kaisertreppe hinaufsteigen zu dürfen. Das mit Purpurtapeten und wunderlich ver­

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custodite dagli intendenti dell’arsenale, e non mancavamo di accattivarci qualcuno dei loro subalterni. Più significativo e in un altro senso istruttivo era per noi il municipio, detto il Römer. Ci piaceva moltissimo soffer­ marci nelle stanze a volta del pianterreno, e ci veniva con­ cesso di entrare nella grande sala, estremamente spoglia, in cui si riuniva il Consiglio. Rivestite di legno fino a una certa altezza, le pareti erano per il resto bianche come la volta, senza alcuna traccia di pittura o scultura. Solo al centro del­ la parete centrale vi era una breve iscrizione: Parola di uno parola di nessuno. Bisogna ascoltare per bene ciascuno.25 Secondo l’antica consuetudine, i membri dell’assemblea sedevano su panche che correvano tutt’intorno lungo le pareti, rialzate su un gradino. Capimmo subito come mai la gerarchia del nostro Senato fosse suddivisa in ‘banchi’. A sinistra della porta e fino all’angolo opposto sedevano gli scabini, sulla prima panca, e nell’angolo il podestà in persona, l’unico ad avere davanti a sé un tavolino; alla sua sinistra fino alla parete con le finestre sedevano i consiglieri del secondo banco26, sotto le finestre era collocato il terzo banco, quello degli artigiani, mentre nel mezzo della sala c’era il tavolo per il segretario che redigeva il verbale. Trovandoci al Römer, ci mescolavamo anche noi alla folla che si accalcava per le udienze dei borgomastri. Ma il fascino maggiore lo esercitava tutto ciò che aveva a che fare con l’elezione e l’incoronazione dell’imperatore. Ri­ uscimmo a conquistarci il favore del custode e ottenemmo il permesso di salire dalla nuova scala imperiale, affresca­ ta a colori vivaci, di solito chiusa da un cancello. La sala dell’elezione, con le sue tappezzerie in porpora e le finiture

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schnörkelten Goldleisten verzierte Wahlzimmer | flößte uns Ehrfurcht ein. Die Türstücke, auf welchen kleine Kinder oder Genien mit dem kaiserlichen Ornat bekleidet, und belastet mit den Reichsinsignien, eine gar wunderliche Figur spielen, betrachteten wir mit großer Auf­ merksamkeit, und hofften wohl auch noch einmal eine Krönung mit Augen zu erleben. Aus dem großen Kaisersaale konnte man uns nur mit sehr vieler Mühe wieder herausbringen, wenn es uns einmal ge­ glückt war, hineinzuschlüpfen; und wir hielten denjenigen für unsern wahrsten Freund, der uns bei den Brustbildern der sämtlichen Kaiser, die in einer gewissen Höhe umher gemalt waren, etwas von ihren Taten erzählen mochte. Von Carl dem Großen vernahmen wir manches Märchenhafte; aber das Historischinteressante für uns fing erst mit Rudolph von Habsburg an, der durch seine Mannheit so großen Verwirrungen ein Ende ge­ macht. Auch Carl der vierte zog unsre Aufmerksamkeit an sich. Wir hatten schon von der goldnen Bulle und der peinlichen Halsgerichts­ ordnung gehört, auch daß er den Frankfurtern ihre Anhänglichkeit an seinen edlen Gegenkaiser, Günther von Schwarzburg, nicht entgelten ließ. Maximilianen hörten wir als einen Menschen- und Bürgerfreund loben, und daß von ihm prophezeit worden, er werde der letzte Kaiser aus einem deutschen Hause sein; welches denn auch leider eingetrof­ fen, indem nach seinem Tode die Wahl nur zwischen dem König von Spanien, Carl dem fünften, und dem König von Frankreich, Franz dem ersten, geschwankt habe. Bedenklich fügte man hinzu, daß nun aber­ mals eine solche Weissagung oder vielmehr Vorbedeutung umgehe: denn es sei augenfällig, daß nur noch Platz für das Bild eines Kaisers übrig bleibe; ein Umstand, der obgleich zufällig scheinend, die Patrio­ tischgesinnten mit Besorgnis erfülle. Wenn wir nun so einmal unsern Umgang hielten, verfehlten wir auch nicht, uns nach dem Dom zu begeben und daselbst das Grab jenes bra­ ven, von Freund und Feinden geschätzten Günther zu besuchen. Der merkwürdige Stein, der es ehmals bedeckte, ist in dem Chor aufgerichtet. Die | gleich daneben befindliche Türe, welche ins Konklave führt, blieb

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dorate con meravigliosi ghirigori | ispirava reverenza. Os­ servavamo con grande attenzione i dipinti sopra le porte, dove putti o piccoli geni abbigliati e gravati dagli orna­ menti e dalle insegne imperiali facevano curiosa mostra di sé, augurandoci di poter assistere anche noi a un’in­ coronazione. Dalla sala imperiale, poi, era molto difficile scacciarci, una volta che eravamo riusciti a entrare, e ci di­ ventava amico colui che sapeva raccontarci qualcosa sulle gesta dei vari imperatori, dipinti tutto intorno a una certa altezza. Di Carlo Magno ci raccontavano molte leggende, ma i fatti storici che ci interessavano di più cominciavano con Rodolfo d’Asburgo, che seppe imporsi ponendo fine a un’e­ poca di grande confusione. Anche Carlo iv attirava la nostra attenzione. Avevamo già sentito parlare della Bolla d’oro e del codice penale27, e anche del fatto che non si vendicò sulla gente di Francoforte per aver parteggiato per il suo nobile rivale, Günther von Schwarzburg. Massimiliano ve­ niva ricordato in quanto fautore dei diritti civili e perché di lui era stato profetizzato che sarebbe stato l’ultimo impe­ ratore di una casata tedesca, cosa che purtroppo si avverò, dato che alla sua morte i due unici candidati furono il re di Spagna Carlo v e il re di Francia Francesco i. Con gra­ vità aggiungevano che anche adesso circolava un’analoga profezia, o piuttosto una premonizione, perché era evidente che nella sala era rimasto posto solo per un ultimo ritratto, una circostanza che, per quanto casuale, riempiva i patrioti di preoccupazione28. Nel nostro giro non poteva mancare un passaggio nel Duomo per visitare la tomba del coraggioso Günther, ri­ spettato da amici e nemici29. La particolarissima lastra tom­ bale che la copriva è ora collocata nel coro. La | porta che si trova lì accanto e che conduce al conclave rimase chiusa

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uns lange verschlossen, bis wir endlich durch die obern Behörden auch den Eintritt in diesen so bedeutenden Ort zu erlangen wußten. Allein wir hätten besser getan, ihn durch unsre Einbildungskraft, wie bisher, auszumalen: denn wir fanden diesen in der deutschen Geschichte so merkwürdigen Raum, wo die mächtigsten Fürsten sich zu einer Hand­ lung von solcher Wichtigkeit zu versammlen pflegten, keinesweges würdig ausgeziert, sondern noch obenein mit Balken, Stangen, Gerüs­ ten und anderem solchen Gesperr, das man bei Seite setzen wollte, ver­ unstaltet. Desto mehr ward unsere Einbildungskraft angeregt und das Herz uns erhoben, als wir kurz nachher die Erlaubnis erhielten, beim Vorzeigen der goldnen Bulle an einige vornehme Fremden, auf dem Rathause gegenwärtig zu sein. Mit vieler Begierde vernahm der Knabe sodann, was ihm die Sei­ nigen so wie ältere Verwandte und Bekannte gern erzählten und wie­ derholten, die Geschichten der zuletzt kurz auf einander gefolgten Krönungen: denn es war kein Frankfurter von einem gewissen Alter, der nicht diese beiden Ereignisse und was sie begleitete, für den Gip­ fel seines Lebens gehalten hätte. So prächtig die Krönung Carls des siebenten gewesen war, bei welcher besonders der französische Ge­ sandte, mit Kosten und Geschmack, herrliche Feste gegeben; so war doch die Folge für den guten Kaiser desto trauriger, der seine Residenz München nicht behaupten konnte und gewissermaßen die Gastfreiheit seiner Reichsstädter anflehen mußte. War die Krönung Franz des ersten nicht so auffallend prächtig wie jene, so wurde sie doch durch die Gegenwart der Kaiserin Maria The­ resia verherrlicht, deren Schönheit eben so einen großen Eindruck auf die Männer scheint gemacht zu haben, als die ernste würdige Gestalt und die blauen Augen Carls des siebenten auf die Frauen. Wenigstens wetteiferten beide Geschlechter, dem aufhorchenden Knaben einen

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a lungo, finché finalmente, rivolgendoci alle autorità su­ periori, non riuscimmo a ottenere il permesso di entrare anche in quel luogo così significativo30. Ma sarebbe sta­ to meglio se avessimo continuato a immaginarcelo con la fantasia come avevamo fatto fino ad allora: poiché quel luogo così rilevante per la storia tedesca, dove i principi più potenti solevano riunirsi per una questione di estrema importanza, non soltanto era del tutto spoglio, ma in più anche ingombrato da travi, pali, impalcature e altri mate­ riali del genere che non si sapeva dove altro accatastare. Ancor di più ci stimolò la fantasia e ci si allargò il cuore quando, poco tempo dopo, ci fu permesso di assistere in municipio mentre la Bolla d’oro veniva mostrata ad alcuni nobili stranieri. Con grande curiosità il ragazzino ascoltava la storia del­ le recenti incoronazioni, susseguitesi in un breve lasso di tempo, che i genitori ma anche i parenti e conoscenti più anziani raccontavano spesso e volentieri: non c’era infatti un abitante di Francoforte di una certa età che non consi­ derasse quegli avvenimenti e i fatti che li accompagnarono il culmine della propria esistenza. Tanto sfarzosa era stata l’incoronazione di Carlo vii, durante la quale soprattutto l’ambasciatore francese aveva dato feste straordinarie in fatto di buon gusto e di spese, tanto più triste fu il periodo seguente per il buon imperatore, che fu privato della sua residenza a Monaco e dovette in un certo qual modo elemo­ sinare l’ospitalità della città imperiale31. Se l’incoronazione di Francesco i non fu così fastosa e splendida come quella, le diede lustro però la presenza dell’imperatrice Maria Teresa, la cui bellezza sembra aver fatto una profonda impressione sugli uomini, almeno quan­ to la figura seria e dignitosa e gli occhi azzurri di Carlo vii sulle donne32. I due sessi facevano a gara nel trasmettere al

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höchst vorteilhaften Begriff von jenen beiden Personen beizubringen. Alle diese Beschreibungen und | Erzählungen geschahen mit heitrem und beruhigtem Gemüt: denn der Achner Friede hatte für den Augen­ blick aller Fehde ein Ende gemacht, und wie von jenen Feierlichkeiten, so sprach man mit Behaglichkeit von den vorübergegangenen Kriegs­ zügen, von der Schlacht bei Dettingen, und was die merkwürdigsten Begebenheiten der verflossenen Jahre mehr sein mochten; und alles Bedeutende und Gefährliche schien, wie es nach einem abgeschlos­ senen Frieden zu gehen pflegt, sich nur ereignet zu haben, um glück­ lichen und sorgenfreien Menschen zur Unterhaltung zu dienen. Hatte man in einer solchen patriotischen Beschränkung kaum ein halbes Jahr hingebracht, so traten schon die Messen wieder ein, welche in den sämtlichen Kinderköpfen jederzeit eine unglaubliche Gärung hervorbrachten. Eine durch Erbauung so vieler Buden innerhalb der Stadt in weniger Zeit entspringende neue Stadt, das Wogen und Trei­ ben, das Abladen und Auspacken der Waren, erregte von den ersten Momenten des Bewußtseins an, eine unbezwinglich tätige Neugierde und ein unbegrenztes Verlangen nach kindischem Besitz, das der Kna­ be mit wachsenden Jahren, bald auf diese bald auf jene Weise, wie es die Kräfte seines kleinen Beutels erlauben wollten, zu befriedigen suchte. Zugleich aber bildete sich die Vorstellung von dem was die Welt alles hervorbringt, was sie bedarf, und was die Bewohner ihrer verschiedenen Teile gegen einander auswechseln. Diese großen, im Frühjahr und Herbst eintretenden Epochen wur­ den durch seltsame Feierlichkeiten angekündigt, welche um desto würdiger schienen, als sie die alte Zeit und was von dorther noch auf uns gekommen, lebhaft vergegenwärtigten. Am Geleitstag war das ganze Volk auf den Beinen, drängte sich nach der Fahrgasse, nach der Brücke, bis über Sachsenhausen hinaus; alle Fenster waren besetzt, ohne daß den Tag über was besonderes vorging; die Menge schien nur da zu sein, um sich zu drängen, und die Zuschauer, um sich unter ei­ nander zu betrachten: denn das worauf es eigentlich ankam, ereignete

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ragazzino che ascoltava avido un’impressione molto favo­ revole di entrambi i personaggi. Tutti questi racconti e | de­ scrizioni avvenivano con animo sereno e rilassato, perché la pace di Aquisgrana aveva per il momento posto fine a ogni dissidio33 e si parlava con tranquillità di quei festeg­ giamenti, delle campagne militari concluse, della battaglia di Dettingen e di tutti gli avvenimenti notevoli degli anni precedenti; e come sempre succede quando si è appena fir­ mata una pace, tutti gli eventi significativi e pericolosi sem­ bravano essere accaduti solo per fornire un argomento di conversazione a uomini felici e spensierati. Ma non erano trascorsi nemmeno sei mesi in quell’at­ mosfera patriottica che iniziavano di nuovo le fiere, fonte di incredibile fermento nella testa di tutti i bambini, in ogni tempo. La nuova città nella città che sorgeva rapida con la costruzione di molte bancarelle, l’andirivieni, le merci da scaricare e disimballare avevano suscitato, fin dal pri­ mo momento in cui ne divenni consapevole, una curiosità vivace e indomabile e una smania irrefrenabile e infantile di possesso, che crescendo il ragazzo cercava di soddisfare in un modo o nell’altro, a seconda delle possibilità del suo borsellino. Allo stesso tempo ci si faceva un’idea di tutto ciò che il mondo produce, di ciò che serve e di ciò che gli abitanti delle sue diverse regioni si scambiano. Quei periodi, in primavera e in autunno, erano preceduti da curiose cerimonie, che sembravano ancora più maestose in quanto facevano rivivere i tempi andati e ciò che di loro era giunto fino a noi. Il giorno del corteo tutta la gente era per strada, si accalcava nella Fahrgasse e sul ponte fin oltre Sachsenhausen; a ogni finestra c’erano persone, senza che per tutto il giorno accadesse qualcosa. La folla sembrava esistere solo per affollarsi e gli spettatori solo per osservar­ si l’un l’altro, perché ciò che tutti aspettavano cominciava

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sich erst mit sinkender Nacht, und wurde mehr geglaubt als mit Augen gesehen. | In jenen ältern unruhigen Zeiten nämlich, wo ein Jeder nach Be­ lieben Unrecht tat, oder nach Lust das Rechte beförderte, wurden die auf die Messen ziehenden Handelsleute von Wegelagerern, edlen und unedlen Geschlechts, willkürlich geplagt und geplackt, so daß Fürsten und andre mächtige Stände die Ihrigen mit gewaffneter Hand bis nach Frankfurt geleiten ließen. Hier wollten nun aber die Reichsstädter sich selbst und ihrem Gebiet nichts vergeben; sie zogen den Ankömmlingen entgegen: da gab es denn manchmal Streitigkeiten, wie weit jene Ge­ leitenden heran kommen, oder ob sie wohl gar ihren Einritt in die Stadt nehmen könnten. Weil nun dieses nicht allein bei Handels- und Meß­ geschäften statt fand, sondern auch wenn hohe Personen in Kriegs- und Friedenszeiten, vorzüglich aber zu Wahltagen, sich heranbegaben; und es auch öfters zu Tätlichkeiten kam, sobald irgend ein Gefolge, das man in der Stadt nicht dulden wollte, sich mit seinem Herrn herein­ zudrängen begehrte: so waren zeither darüber manche Verhandlungen gepflogen, es waren viele Rezesse deshalb, obgleich stets mit beider­ seitigen Vorbehalten, geschlossen worden, und man gab die Hoffnung nicht auf, den seit Jahrhunderten dauernden Zwist endlich einmal bei­ zulegen, als die ganze Anstalt, weshalb er so lange und oft sehr heftig geführt worden war, beinah für unnütz, wenigstens für überflüssig an­ gesehen werden konnte. Unterdessen ritt die bürgerliche Kavallerie in mehreren Abteilun­ gen, mit den Oberhäuptern an ihrer Spitze, an jenen Tagen zu verschie­ denen Toren hinaus, fand an einer gewissen Stelle einige Reiter oder Husaren der zum Geleit berechtigten Reichsstände, die nebst ihren An­ führern wohl empfangen und bewirtet wurden; man zögerte bis gegen Abend, und ritt alsdann, kaum von der wartenden Menge gesehen, zur

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solo al calar della sera ed era più immaginato che visto re­ almente. | In tempi remoti e inquieti, infatti, quando ognuno com­ metteva ingiustizie a piacimento o si serviva della giustizia a sua discrezione, i mercanti che si recavano alle fiere erano vessati e tormentati da banditi di stirpe più o meno nobile, al punto che i principi e altri potenti facevano accompagna­ re i loro fino a Francoforte da una scorta armata. I cittadini però, che non erano disposti a cedere nessuno dei loro di­ ritti né quelli del loro territorio, andavano incontro ai nuovi venuti e qualche volta ci furono delle scaramucce: fino a che distanza dalla città poteva arrivare la scorta armata, se poteva entrare o meno in città. Questo accadeva non solo per i commerci e per le fiere ma anche quando, in tempo di pace e di guerra, giungevano in città personaggi importanti, in particolare per l’elezione dell’imperatore, e talvolta si era anche giunti alle vie di fatto, quando era capitato che una scorta, non autorizzata, pretendesse invece di entrare insie­ me al suo signore. Di conseguenza c’erano state parecchie trattative, si erano firmati molti accordi in merito, seppure sempre con riserve da entrambe le parti, ma non si perdeva la speranza di poter prima o poi accantonare definitivamen­ te una fonte di screzi che durava ormai da secoli, ora che la questione che ne era all’origine, per quanto annosa e a tratti molto accesa, poteva ormai essere considerata inutile o quanto meno superata. Comunque in quei giorni numerosi reparti della caval­ leria cittadina, capeggiati dai loro ufficiali, uscivano dalle diverse porte della città, aspettavano in luoghi prefissati i cavalieri o gli ussari degli Stati dell’Impero autorizzati ad avere una scorta che, insieme ai loro comandanti, venivano accolti e rifocillati come si deve. Aspettavano fino a sera e poi facevano il loro ingresso in città quando la folla in

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Stadt herein; da denn mancher bürgerliche Reiter weder sein Pferd noch sich selbst auf dem Pferde zu erhalten vermochte. Zu dem Brü­ ckentore kamen die bedeutendsten Züge herein, und deswegen war der Andrang dorthin am stärksten. Ganz zuletzt und mit sinkender | Nacht langte der auf gleiche Weise geleitete Nürnberger Postwagen an, und man trug sich mit der Rede, es müsse jederzeit, dem Herkommen ge­ mäß, eine alte Frau darin sitzen; weshalb denn die Straßenjungen bei Ankunft des Wagens in ein gellendes Geschrei auszubrechen pflegten, ob man gleich die im Wagen sitzenden Passagiere keineswegs mehr unterscheiden konnte. Unglaublich und wirklich die Sinne verwirrend war der Drang der Menge, die in diesem Augenblick durch das Brü­ ckentor herein dem Wagen nachstürzte; deswegen auch die nächsten Häuser von den Zuschauern am meisten gesucht wurden. Eine andere, noch viel seltsamere Feierlichkeit, welche am hellen Tage das Publikum aufregte, war das Pfeifergericht. Es erinnerte diese Zeremonie an jene ersten Zeiten, wo bedeutende Handelsstädte sich von den Zöllen, welche mit Handel und Gewerb in gleichem Maße zunahmen, wo nicht zu befreien, doch wenigstens eine Milderung der­ selben zu erlangen suchten. Der Kaiser, der ihrer bedurfte, erteilte eine solche Freiheit, da wo es von ihm abhing, gewöhnlich aber nur auf ein Jahr, und sie mußte daher jährlich erneuert werden. Dieses geschah durch symbolische Gaben, welche dem kaiserlichen Schultheißen, der auch wohl gelegentlich Oberzöllner sein konnte, vor Eintritt der Bartholomäi-Messe gebracht wurden, und zwar des Anstands wegen, wenn er mit den Schöffen zu Gericht saß. Als der Schultheiß späterhin nicht mehr vom Kaiser gesetzt, sondern von der Stadt selbst gewählt wurde, behielt er doch diese Vorrechte, und sowohl die Zollfreiheiten der Städte, als die Zeremonien, womit die Abgeordneten von Worms, Nürnberg und Alt Bamberg diese uralte Vergünstigung anerkannten,

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attesa riusciva a malapena a vederli e quando ormai diversi componenti della cavalleria cittadina non erano più in gra­ do di reggersi in sella o di tenere le redini. Dalla porta del ponte entravano i cortei più importanti, e perciò laggiù la calca era più fitta. Proprio per ultima, al calar della | notte, entrava scortata allo stesso modo la carrozza postale di No­ rimberga e si diceva che, per tradizione, dentro ci fosse una vecchia. Per questo al passaggio della vettura i ragazzacci solevano scoppiare in urla fragorose, anche se non si riusci­ va a distinguere in alcun modo i passeggeri al suo interno. Veramente incredibile e sconvolgente era la pressione della folla che in quel momento si precipitava sul ponte dietro alla carrozza; le case attigue erano quindi le più ambite da­ gli spettatori. Un’altra cerimonia ancora più particolare, che attirava molto pubblico in pieno giorno, era ‘l’udienza dei piffe­ rai’34. Questa cerimonia ricordava i primi tempi in cui le principali città commerciali cercavano se non di liberarsi, quanto meno di ridurre i dazi che in quel periodo aumen­ tavano di pari passo con il commercio e l’industria. L’im­ peratore, al quale erano necessari, concedeva questa libertà nei limiti del possibile, ma in genere solo per un anno, e si doveva chiederne di volta in volta il rinnovo. Ciò av­ veniva tramite dei doni simbolici che venivano consegnati al podestà imperiale, che occasionalmente poteva essere anche a capo delle dogane, prima dell’inizio della fiera di San Bartolomeo, quando cioè, come prevedeva l’etichetta, sedeva in Consiglio con gli scabini35. In seguito, quando il podestà non era più nominato dall’imperatore ma eletto dalla città stessa, mantenne comunque queste prerogative e di conseguenza sia l’esenzione dai dazi per le città, sia le cerimonie con cui i rappresentanti di Worms, Norimberga e Bamberga Vecchia ringraziavano per questo antichissimo

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waren bis auf unsere Zeiten gekommen. Den Tag vor Mariä Geburt ward ein öffentlicher Gerichtstag angekündigt. In dem großen Kaiser­ saale, in einem umschränkten Raume, saßen erhöht die Schöffen, und eine Stufe höher der Schultheiß in ihrer Mitte; die von den Parteien bevollmächtigten Prokuratoren unten zur rechten Seite. Der Actuarius fängt an, die auf diesen Tag | gesparten wichtigen Urteile laut vorzu­ lesen; die Prokuratoren bitten um Abschrift, appellieren, oder was sie sonst zu tun nötig finden. Auf einmal meldet eine wunderliche Musik gleichsam die An­ kunft voriger Jahrhunderte. Es sind drei Pfeifer, deren einer eine alte Schalmei, der andere einen Baß, der dritte einen Pommer oder Ho­ boe bläst. Sie tragen blaue mit Gold verbrämte Mäntel, auf den Är­ meln die Noten befestigt, und haben das Haupt bedeckt. So waren sie aus ihrem Gasthause, die Gesandten und ihre Begleitung hinterdrein, Punkt zehn ausgezogen, von Einheimischen und Fremden angestaunt, und so treten sie in den Saal. Die Gerichtsverhandlungen halten inne, Pfeifer und Begleitung bleiben vor den Schranken, der Abgesandte tritt hinein und stellt sich dem Schultheißen gegenüber. Die symbolischen Gaben, welche auf das genauste nach dem alten Herkommen gefordert wurden, bestanden gewöhnlich in solchen Waren, womit die darbrin­ gende Stadt vorzüglich zu handlen pflegte. Der Pfeffer galt gleichsam für alle Waren, und so brachte auch hier der Abgesandte einen schön gedrechselten hölzernen Pokal mit Pfeffer angefüllt. Über demselben lagen ein Paar Handschuhe, wundersam geschlitzt, mit Seide besteppt und bequastet, als Zeichen einer gestatteten und angenommenen Ver­ günstigung, dessen sich auch wohl der Kaiser selbst in gewissen Fällen bediente. Daneben sah man ein weißes Stäbchen, welches vormals bei gesetzlichen und gerichtlichen Handlungen nicht leicht fehlen durfte. Es waren noch einige kleine Silbermünzen hinzugefügt, und die Stadt Worms brachte einen alten Filzhut, den sie immer wieder einlöste, so daß derselbe viele Jahre ein Zeuge dieser Zeremonien gewesen.

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privilegio si sono mantenute sino a noi. Alla vigilia della natività di Maria36 aveva luogo un’udienza pubblica. Nella grande sala imperiale sedevano gli scabini in una zona a parte, rialzata, in mezzo a loro il podestà un gradino più in alto; i procuratori nominati dalle varie parti erano sotto sulla destra. Il cancelliere iniziava a leggere ad alta voce | le cause importanti in programma per quella giornata, i procu­ ratori ne chiedevano la trascrizione, ricorrevano in appello o facevano ciò che ritenevano opportuno. D’un tratto una strana musica annuncia il sopraggiunge­ re dei secoli passati. Sono tre suonatori, il primo suona una vecchia zampogna, il secondo un bassanello, il terzo una bombarda o un oboe. Hanno mantelli blu bordati d’oro, gli spartiti fissati al braccio e il capo coperto. Così erano usciti dalla locanda alle dieci in punto, seguiti dai delegati e dal loro seguito, ammirati dagli abitanti e dagli stranieri, e così entravano nella sala. I processi si interrompevano e mentre i suonatori con il loro seguito rimanevano al di là della ba­ laustra, il delegato entrava e si fermava davanti al podestà. I doni simbolici, che dovevano conformarsi in tutto e per tut­ to all’antica usanza, consistevano di solito nei prodotti più rappresentativi della città che li offriva. Il pepe era invece simbolo di tutte le merci, pertanto anche in questo caso il delegato portava una bella coppa di legno tornita colma di pepe, sopra la quale era posto un paio di guanti lavorati con maestria, trapuntati di seta e con le nappe, come segno di un privilegio concesso e accolto – segno di cui anche l’im­ peratore si serviva in qualche occasione. Accanto c’era la piccola verga bianca che allora non mancava mai durante le udienze civili e penali, e insieme alcune monetine d’argen­ to; la città di Worms offriva un cappello di feltro che ogni volta veniva poi riscattato e che fu quindi per molti anni testimone di quelle cerimonie.

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Nachdem der Gesandte seine Anrede gehalten, das Geschenk ab­ gegeben, von dem Schultheißen die Versicherung fortdauernder Be­ günstigung empfangen; so entfernte er sich aus dem geschlossenen Kreise, die Pfeifer bliesen, der Zug ging ab, wie er gekommen war, das Gericht verfolgte seine Geschäfte, bis der zweite und endlich der drit­ te | Gesandte eingeführt wurden: denn sie kamen erst einige Zeit nach­ einander, teils damit das Vergnügen des Publikums länger daure, teils auch weil es immer dieselben altertümlichen Virtuosen waren, welche Nürnberg für sich und seine Mitstädte zu unterhalten und jedes Jahr an Ort und Stelle zu bringen übernommen hatte. Wir Kinder waren bei diesem Feste besonders interessiert, weil es uns nicht wenig schmeichelte, unsern Großvater an einer so ehrenvol­ len Stelle zu sehen, und weil wir gewöhnlich noch selbigen Tag ihn ganz bescheiden zu besuchen pflegten, um, wenn die Großmutter den Pfeffer in ihre Gewürzladen geschüttet hätte, einen Becher und Stäb­ chen, ein paar Handschuh oder einen alten Räder-Albus zu erhaschen. Man konnte sich diese symbolischen, das Altertum gleichsam hervor­ zaubernden Zeremonien nicht erklären lassen, ohne in vergangene Jahrhunderte wieder zurückgeführt zu werden, ohne sich nach Sitten, Gebräuchen und Gesinnungen unserer Altvordern zu erkundigen, die sich durch wieder auferstandene Pfeifer und Abgeordnete, ja durch handgreifliche und für uns besitzbare Gaben, auf eine so wunderliche Weise vergegenwärtigten. Solchen altehrwürdigen Feierlichkeiten folgte in guter Jahrszeit manches für uns Kinder lustreichere Fest außerhalb der Stadt unter freiem Himmel. An dem rechten Ufer des Mains unterwärts, etwa eine halbe Stunde vom Tor, quillt ein Schwefelbrunnen, sauber eingefaßt und mit uralten Linden umgeben. Nicht weit davon steht der Hof zu den guten Leuten, ehmals ein um dieser Quelle willen erbautes Hos­ pital. Auf den Gemeinweiden umher versammelte man zu einem ge­

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Dopo che il delegato aveva tenuto il suo discorso, con­ segnato i doni e ricevuto rassicurazione dal podestà circa il mantenimento del privilegio fiscale, lasciava lo spazio recintato; i suonatori davano fiato agli strumenti, il corteo si allontanava da dove era venuto e il tribunale proseguiva con il suo processo finché non veniva introdotto il secondo e infine il  | terzo delegato: arrivavano infatti a una certa distanza l’uno dall’altro, sia per far durare più a lungo il divertimento del pubblico, sia perché i virtuosi in antico co­ stume che Norimberga mandava tutti gli anni, a nome suo e delle altre città, erano sempre gli stessi. Noi bambini eravamo particolarmente interessati a quel­ la festa perché eravamo molto orgogliosi di vedere il nonno in una posizione così ragguardevole e perché quello stesso giorno andavamo a trovarlo per prenderci modestamente, dopo che la nonna aveva travasato il pepe nell’armadiet­ to delle spezie, una coppa, una verga, un paio di guanti o un’antica monetina d’argento. Ascoltando le spiegazioni di queste cerimonie simboliche che evocavano come per magia l’antichità, non si poteva fare a meno di vedersi tra­ sportati nei secoli passati, di informarsi sugli usi, i costumi e le opinioni dei nostri antenati che divenivano presenti in modo così meraviglioso grazie a suonatori e delegati redi­ vivi, attraverso doni che anche noi potevamo toccare con mano e possedere. Quelle antiche e solenni cerimonie erano seguite, nel­ la bella stagione, da alcune feste ancora più divertenti per noi bambini, all’aria aperta fuori città. Sulla riva destra del Meno verso valle, a una mezz’ora circa dalla porta della città, scaturiva una sorgente sulfurea, ben incanalata e cir­ condata da vecchissimi tigli. Non lontano da lì si trova la Locanda della brava gente, una volta un ospedale costrui­ to per usufruire della sorgente. Sul pascolo comunale tut­

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wissen Tage des Jahres die Rindviehherden aus der Nachbarschaft, und die Hirten samt ihren Mädchen feierten ein ländliches Fest, mit Tanz und Gesang, mit mancherlei Lust und Ungezogenheit. Auf der andern Seite der Stadt lag ein ähnlicher nur größerer Gemeindeplatz, gleich­ falls durch einen Brunnen und durch noch schönere Linden geziert. Dorthin trieb man zu Pfingsten die Schafherden, und zu gleicher Zeit ließ man die armen | verbleichten Waisenkinder aus ihren Mauern ins Freie: denn man sollte erst später auf den Gedanken geraten, daß man solche verlassene Kreaturen, die sich einst durch die Welt durch zu helfen genötigt sind, früh mit der Welt in Verbindung bringen, anstatt sie auf eine traurige Weise zu hegen, sie lieber gleich zum Dienen und Dulden gewöhnen müsse, und alle Ursach habe, sie von Kindesbeinen an sowohl physisch als moralisch zu kräftigen. Die Ammen und Mäg­ de, welche sich selbst immer gern einen Spaziergang bereiten, verfehl­ ten nicht, von den frühsten Zeiten, uns an dergleichen Orte zu tragen und zu führen, so daß diese ländlichen Feste wohl mit zu den ersten Eindrücken gehören, deren ich mich erinnern kann. Das Haus war indessen fertig geworden und zwar in ziemlich kurzer Zeit, weil alles wohl überlegt, vorbereitet und für die nötige Geldsumme gesorgt war. Wir fanden uns nun alle wieder versammelt und fühlten uns behaglich: denn ein wohlausgedachter Plan, wenn er ausgeführt dasteht, läßt alles vergessen, was die Mittel, um zu diesem Zweck zu gelangen, unbequemes mögen gehabt haben. Das Haus war für eine Privatwohnung geräumig genug, durchaus hell und heiter, die Treppe frei, die Vorsäle lustig, und jene Aussicht über die Gärten aus mehrern Fenstern bequem zu genießen. Der innere Ausbau und was zur Vollendung und Zierde gehört, ward nach und nach vollbracht, und diente zugleich zur Beschäftigung und zur Unterhaltung. Das erste was man in Ordnung brachte, war die Büchersammlung des Vaters, von welcher die besten, in Franz- oder Halb-Franzband

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to intorno si radunavano, in un certo giorno dell’anno, le mandrie di tutto il vicinato, e i pastori con le loro donne organizzavano una festa campestre con balli e canti, molti scherzi e qualche eccesso. Anche sull’altro lato della città c’era un analogo terreno comunale, ancora più grande, or­ nato a sua volta da una fonte e da tigli ancora più belli. Là si conducevano a Pentecoste le greggi e allo stesso tempo dagli orfanotrofi facevano uscire all’aria aperta | i poveri, pallidi orfanelli: solo più tardi infatti si sarebbe capito che sarebbe stato molto meglio mettere da subito quei bambini abbandonati in contatto con il mondo, visto che un giorno avrebbero dovuto cavarsela da soli; meglio abituarli pre­ sto a servire e a essere pazienti rafforzandoli fin da piccoli sia dal punto di vista morale che fisico, invece che isolarli così tristemente. Le balie e le domestiche, sempre contente di fare una passeggiata, non mancavano mai di portarci o di accompagnarci in quei posti fin da piccolissimi, e così quelle feste campestri sono tra le prime impressioni di cui conservo il ricordo. Nel frattempo la casa era pronta, e in un tempo relati­ vamente breve, perché tutto era stato ben meditato e orga­ nizzato e la somma necessaria accantonata. Ci ritrovammo quindi tutti di nuovo insieme e perfettamente a nostro agio: un progetto ben pianificato, una volta realizzato, fa dimen­ ticare tutte le scomodità patite per raggiungere lo scopo. La casa era piuttosto vasta come abitazione privata, luminosa e piacevole; la scala ampia, le anticamere spaziose37 e la vista sui giardini la si poteva ora godere comodamente da più finestre. L’arredamento delle stanze e tutto ciò che riguar­ dava la decorazione e i dettagli fu completato man mano e servì da occupazione e divertimento allo stesso tempo. La prima cosa a essere messa a posto furono i libri di mio padre38; i più pregiati, quelli rilegati in pelle o in mezza

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gebundenen Bücher die Wände seines Arbeits- und Studierzimmers schmücken sollten. Er besaß die schönen holländischen Ausgaben der lateinischen Schriftsteller, welche er der äußern Übereinstimmung we­ gen sämtlich in Quart anzuschaffen suchte; sodann vieles was sich auf die römischen Antiquitäten und die elegantere Jurisprudenz bezieht. Die vorzüglichsten italiänischen Dichter fehlten nicht, und für den Tas­ so bezeigte er eine | große Vorliebe. Die besten neusten Reisebeschrei­ bungen waren auch vorhanden, und er selbst machte sich ein Vergnü­ gen daraus, den Keyßler und Nemeiz zu berichtigen und zu ergänzen. Nicht weniger hatte er sich mit den nötigsten Hülfsmitteln umgeben, mit Wörterbüchern aus verschiedenen Sprachen, mit Reallexiken, daß man sich also nach Belieben Rats erholen konnte, so wie mit manchem andern was zum Nutzen und Vergnügen gereicht. Die andere Hälfte dieser Büchersammlung, in saubern Pergament­ bänden mit sehr schön geschriebenen Titeln, ward in einem besondern Mansardzimmer aufgestellt. Das Nachschaffen der neuen Bücher, so wie das Binden und Einreihen derselben, betrieb er mit großer Ge­ lassenheit und Ordnung. Dabei hatten die gelehrten Anzeigen, welche diesem oder jenem Werk besondere Vorzüge beilegten, auf ihn großen Einfluß. Seine Sammlung juristischer Dissertationen vermehrte sich jährlich um einige Bände. Zunächst aber wurden die Gemälde, die sonst in dem alten Hause zerstreut herumgehangen, nunmehr zusammen an den Wänden eines freundlichen Zimmers neben der Studierstube, alle in schwarzen, mit goldenen Stäbchen verzierten Rahmen, symmetrisch angebracht. Mein Vater hatte den Grundsatz, den er öfters und sogar leidenschaftlich aus­ sprach, daß man die lebenden Meister beschäftigen, und weniger auf die abgeschiedenen wenden solle, bei deren Schätzung sehr viel Vor­ urteil mit unterlaufe. Er hatte die Vorstellung, daß es mit den Gemälden völlig wie mit den Rheinweinen beschaffen sei, die wenn ihnen gleich das Alter einen vorzüglichen Wert beilege, dennoch in jedem folgen­ den Jahre eben so vortrefflich als in den vergangenen könnten hervor­ gebracht werden. Nach Verlauf einiger Zeit werde der neue Wein auch

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pelle, dovevano abbellire le pareti del suo studio. Possedeva belle edizioni olandesi degli scrittori latini, che cercava di procurarsi tutte in quarto per amore dell’armonia esteriore; lo stesso valeva per i classici latini e i giuristi più eleganti. Non mancavano i più eccelsi poeti italiani, e per Tasso ave­ va | una predilezione particolare. C’erano anche i migliori e più recenti resoconti di viaggio, e lui stesso si diverti­ va a correggere e integrare il Keyßler e il Nemeiz39. Con­ temporaneamente si era procurato le indispensabili opere di consultazione, dizionari per diverse lingue, enciclopedie per poter reperire qualsiasi informazione e infine anche altri libri utili e divertenti. L’altra metà dei suoi libri, volumi di pergamena ben te­ nuti con titoli scritti in bella calligrafia, venne collocata in un’apposita stanza in mansarda. Si dedicava con grade di­ letto e metodicità all’acquisizione di nuovi libri, così come alla loro rilegatura e collocazione. In questo si faceva molto influenzare dalle «Gelehrte Anzeigen», che mettevano par­ ticolarmente in rilievo questa o quell’opera; la sua raccolta di dissertazioni giuridiche aumentava ogni anno di qualche volume. Poi toccò ai quadri, che nella vecchia casa erano appesi un po’ dappertutto, mentre ora furono tutti disposti in modo simmetrico sulle pareti di una stanza accogliente accanto allo studio, tutti in cornici nere decorate con listelli dorati. Mio padre seguiva il principio, enunciato spesso e persino con trasporto, che bisognava dare incarichi ai pittori viven­ ti, piuttosto che dedicarsi a quelli defunti, sulla cui valuta­ zione giravano molti pregiudizi. Riteneva che per i quadri fosse lo stesso che per i vini del Reno: l’invecchiamento portava certamente un valore aggiuntivo, ma ogni annata poteva essere buona quanto le precedenti. Dopo un po’ di tempo anche il vino nuovo diventa vecchio, altrettanto pre­

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ein alter, eben so kostbar und vielleicht noch schmackhafter. In dieser Meinung bestätigte er sich vorzüglich durch die Bemerkung, daß meh­ rere alte Bilder hauptsächlich dadurch für die Liebhaber einen großen Wert zu erhalten schienen, weil sie dunkler und bräuner geworden, und der harmonische Ton eines solchen | Bildes öfters gerühmt wurde. Mein Vater versicherte dagegen, es sei ihm gar nicht bange, daß die neuen Bilder künftig nicht auch schwarz werden sollten; daß sie aber gerade dadurch gewönnen, wollte er nicht zugestehen. Nach diesen Grundsätzen beschäftigte er mehrere Jahre hindurch die sämtlichen Frankfurter Künstler: den Maler Hirt, welcher Eichenund Buchenwälder, und andere sogenannte ländliche Gegenden, sehr wohl mit Vieh zu staffieren wußte; desgleichen Trautmann, der sich den Rembrand zum Muster genommen, und es in eingeschlossenen Lichtern und Widerscheinen, nicht weniger in effektvollen Feuers­ brünsten weit gebracht hatte, so daß er einstens aufgefordert wurde, ei­ nen Pendant zu einem Rembrandischen Bilde zu malen; ferner Schütz, der auf dem Wege des Sachtleben die Rheingegenden fleißig bearbei­ tete; nicht weniger Junkern, der Blumen- und Fruchtstücke, Stilleben und ruhig beschäftigte Personen, nach dem Vorgang der Niederländer, sehr reinlich ausführte. Nun aber ward durch die neue Ordnung, durch einen bequemern Raum, und noch mehr durch die Bekanntschaft eines geschickten Künstlers, die Liebhaberei wieder angefrischt und belebt. Dieses war Seekaz, ein Schüler von Brinkmann, darmstädtischer Hof­ maler, dessen Talent und Charakter sich in der Folge vor uns umständ­ licher entwickeln wird. Man schritt auf diese Weise mit Vollendung der übrigen Zimmer, nach ihren verschiedenen Bestimmungen, weiter. Reinlichkeit und Ordnung herrschten im Ganzen; vorzüglich trugen große Spiegelschei­ ben das ihrige zu einer vollkommenen Helligkeit bei, die in dem alten Hause aus mehrern Ursachen, zunächst aber auch wegen meist runder Fensterscheiben gefehlt hatte. Der Vater zeigte sich heiter, weil ihm alles gut gelungen war; und wäre der gute Humor nicht manchmal da­

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zioso e magari persino migliore. A sostegno di quest’opi­ nione affermava che per gli estimatori molti quadri antichi avevano acquistato maggior valore solo perché erano dive­ nuti più scuri o più cupi, e spesso ne lodavano | l’armonia dei toni. Allo stesso tempo sosteneva di non preoccuparsi affatto se anche i quadri nuovi, col tempo, sarebbero diven­ tati più scuri – solo gli era difficile ammettere che in quel modo avrebbero acquistato valore.40 In base a questo principio, per vari anni diede incarichi a tutti gli artisti di Francoforte: il pittore Hirt, che con ma­ estria popolava di animali i boschi di querce o di faggi e altri paesaggi campestri; oppure Trautmann che prendeva a modello Rembrandt e si era specializzato in interni con luci e ombre e in spettacolari incendi, al punto che una volta gli fu chiesto di dipingere un pendant per un quadro di Rem­ brandt; o ancora Schütz, che nella scia di Saftleven dipinge­ va con zelo i paesaggi del Reno, e non da ultimo Juncker, che ritraeva con nitidezza fiori e frutti, nature morte e per­ sone assorte nel lavoro alla maniera degli olandesi. Ma ora grazie alla nuova collocazione dei quadri, al maggior spazio a disposizione e, ancora di più, grazie alla conoscenza di un nuovo bravo pittore, la passione si riaccese e si rinfocolò. Si trattava di Seekatz, un allievo di Brinckmann, il pittore di corte di Darmstadt, del cui talento e personalità avrò modo di parlare diffusamente più avanti. Si proseguì poi con il completamento delle altre stanze, a seconda delle loro diverse destinazioni. Ordine e pulizia regnavano dovunque; grandi finestre con vetri lisci contri­ buirono in modo decisivo a rendere tutto più luminoso, ca­ ratteristica che mancava nella casa vecchia per vari motivi, ma principalmente a causa dei vetri tondi. Mio padre era soddisfatto perché tutto era andato a buon fine, e se il suo buonumore non fosse stato ogni tanto intaccato dal fatto

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durch unterbrochen worden, daß nicht immer der Fleiß und die Genau­ igkeit der Handwerker seinen Forderungen entsprachen: so hätte man kein glücklicheres Leben denken können, zumal da manches Gute teils in der Familie selbst entsprang, teils ihr von außen zufloß. | Durch ein außerordentliches Weltereignis wurde jedoch die Ge­ mütsruhe des Knaben zum ersten Mal im Tiefsten erschüttert. Am ers­ ten November 1755 ereignete sich das Erdbeben von Lissabon, und verbreitete über die in Frieden und Ruhe schon eingewohnte Welt einen ungeheuren Schrecken. Eine große prächtige Residenz, zugleich Handels- und Hafenstadt, wird ungewarnt von dem furchtbarsten Un­ glück betroffen. Die Erde bebt und schwankt, das Meer braust auf, die Schiffe schlagen zusammen, die Häuser stürzen ein, Kirchen und Türme darüber her, der königliche Palast zum Teil wird vom Meere verschlungen, die geborstene Erde scheint Flammen zu speien: denn überall meldet sich Rauch und Brand in den Ruinen. Sechzigtausend Menschen, einen Augenblick zuvor noch ruhig und behaglich, gehen mit einander zu Grunde, und der glücklichste darunter ist der zu nen­ nen, dem keine Empfindung, keine Besinnung über das Unglück mehr gestattet ist. Die Flammen wüten fort, und mit ihnen wütet eine Schar sonst verborgner, oder durch dieses Ereignis in Freiheit gesetzter Ver­ brecher. Die unglücklichen Übriggebliebenen sind dem Raube, dem Morde, allen Mißhandlungen bloßgestellt; und so behauptet von allen Seiten die Natur ihre schrankenlose Willkür. Schneller als die Nachrichten hatten schon Andeutungen von die­ sem Vorfall sich durch große Landstrecken verbreitet; an vielen Orten waren schwächere Erschütterungen zu verspüren, an manchen Quellen, besonders den heilsamen, ein ungewöhnliches Innehalten zu bemerken gewesen: um desto größer war die Wirkung der Nachrichten selbst, welche erst im Allgemeinen, dann aber mit schrecklichen Einzelheiten sich rasch verbreiteten. Hierauf ließen es die Gottesfürchtigen nicht an Betrachtungen, die Philosophen nicht an Trostgründen, an Straf­

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che non sempre la diligenza o la precisione degli operai erano all’altezza delle sue aspettative, non avremmo potuto immaginarci una vita più felice, con tante cose buone che in parte nascevano all’interno della famiglia, in parte le giun­ gevano dall’esterno. | Ma fu uno straordinario avvenimento esterno a scuo­ tere profondamente per la prima volta la serenità d’animo del fanciullo. Il primo novembre 1755 ci fu il terremoto di Lisbona, che propagò uno spavento terribile in un mondo ormai assuefatto alla pace e alla tranquillità. Una grande, magnifica capitale, città commerciale e portuale insieme, viene colpita senza preavviso dalla più spaventosa delle ca­ tastrofi. La terra trema e ondeggia, il mare si solleva, le navi sbattono l’una contro l’altra, i palazzi crollano, chiese e campanili sopra di loro, il palazzo reale è in parte inghiotti­ to dal mare, la terra spaccata sembra sputare fuoco: dovun­ que tra le rovine divampano fuoco e fiamme. Sessantamila uomini, un attimo prima placidi e tranquilli, periscono tutti insieme, e più fortunato tra loro può dirsi chi non ha più percezione né consapevolezza della tragedia accaduta. Le fiamme imperversano a lungo e con loro imperversa un’or­ da di malviventi, prima nascosti oppure rimessi in libertà dall’evento. Gli infelici sopravvissuti sono quindi esposti alla rapina, all’omicidio e a ogni angheria, mentre la natura afferma da ogni parte il suo illimitato arbitrio. Ancor prima delle notizie, si erano avvertiti a grande di­ stanza segnali dell’accaduto: in molti luoghi si erano perce­ pite deboli scosse; in parecchie sorgenti, soprattutto quelle termali, si era notata una diminuzione del flusso, e fu quindi ancora più forte l’impressione suscitata dalle notizie stesse che si diffusero rapidamente prima in generale, poi con i particolari più spaventosi. Di conseguenza non mancarono le riflessioni dei devoti, le consolazioni dei filosofi, i sermo­

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predigten die Geistlichkeit nicht fehlen. So vieles zusammen richtete die Aufmerksamkeit der Welt eine Zeitlang auf diesen Punkt, und die durch fremdes Unglück aufgeregten Gemüter wurden durch Sorgen für sich selbst und die Ihrigen um so mehr geängstigt, | als über die weitverbreitete Wirkung dieser Explosion von allen Orten und Enden immer mehrere und umständlichere Nachrichten einliefen. Ja vielleicht hat der Dämon des Schreckens zu keiner Zeit so schnell und so mächtig seine Schauer über die Erde verbreitet. Der Knabe, der alles dieses wiederholt vernehmen mußte, war nicht wenig betroffen. Gott, der Schöpfer und Erhalter Himmels und der Er­ den, den ihm die Erklärung des ersten Glaubens-Artikels so weise und gnädig vorstellte, hatte sich, indem er die Gerechten mit den Unge­ rechten gleichem Verderben preis gab, keineswegs väterlich bewiesen. Vergebens suchte das junge Gemüt sich gegen diese Eindrücke herzu­ stellen, welches überhaupt um so weniger möglich war, als die Weisen und Schriftgelehrten selbst sich über die Art, wie man ein solches Phä­ nomen anzusehen habe, nicht vereinigen konnten. Der folgende Sommer gab eine nähere Gelegenheit, den zornigen Gott, von dem das alte Testament so viel überliefert, unmittelbar ken­ nen zu lernen. Unversehens brach ein Hagelwetter herein und schlug die neuen Spiegelscheiben der gegen Abend gelegenen Hinterseite des Hauses unter Donner und Blitzen auf das gewaltsamste zusammen, be­ schädigte die neuen Möbeln, verderbte einige schäzbare Bücher und sonst werte Dinge, und war für die Kinder um so fürchterlicher, als das ganz außer sich gesetzte Hausgesinde sie in einen dunklen Gang mit fortriß, und dort auf den Knieen liegend durch schreckliches Geheul und Geschrei die erzürnte Gottheit zu versöhnen glaubte; indessen der Vater ganz allein gefaßt, die Fensterflügel aufriß und aushob; wodurch er zwar manche Scheiben rettete, aber auch dem auf den Hagel fol­ genden Regenguß einen desto offnern Weg bereitete, so daß man sich, nach endlicher Erholung, auf den Vorsälen und Treppen von flutendem und rinnendem Wasser umgeben sah.

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ni penitenziali dei predicatori. L’attenzione di tutti rimase a lungo concentrata su quel luogo e gli animi già turbati per la sciagura altrui erano colti da ansia sempre maggiore per se stessi e i loro cari, | man mano che da ogni angolo giun­ gevano notizie sempre più frequenti e dettagliate delle ri­ percussioni di quell’esplosione. Forse in nessun’altra epoca il demone del terrore ha propagato spavento su tutta la terra con altrettanta rapidità e potenza41. Il fanciullo, costretto ad ascoltare più e più volte tutto ciò, ne fu colpito non poco. Dio, che ha creato e sostiene il cielo e la terra e che il commento al primo articolo della fede dichiarava essere così saggio e misericordioso, non si era certo dimostrato paterno lasciando perire nella stessa sventura i giusti e gli ingiusti. Invano la giovane mente cer­ cava di difendersi da queste impressioni, ma era assoluta­ mente impossibile, visto che nemmeno i saggi e i teologi riuscivano ad accordarsi su come si dovesse interpretare un avvenimento simile. L’estate seguente mi diede una nuova opportunità per co­ noscere più da vicino il Dio irato di cui tanto ci parla l’Antico Testamento. All’improvviso si scatenò una grandinata che, tra tuoni e fulmini, mandò violentemente in frantumi i vetri nuovi sul lato posteriore della casa, rivolto a occidente, dan­ neggiando il mobilio nuovo, alcuni volumi di valore e altri oggetti preziosi. Per noi bambini fu ancora più spaventosa in quanto la servitù di casa, fuori di sé per la paura, ci trascinò in un corridoio buio e lì, in ginocchio, tentava di ammansire tra urla e pianti la furia della divinità; mio padre invece, l’u­ nico con presenza di spirito, spalancò le finestre e ne staccò le ante riuscendo così a salvare molti vetri, ma lasciando la via ancora più libera al diluvio che seguì la grandine, cosic­ ché alla fine, quando tutto fu finito, c’era acqua che scorreva e colava dappertutto, nei pianerottoli e sulle scale.

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Solche Vorfälle, wie störend sie auch im Ganzen waren, unterbra­ chen doch nur wenig den Gang und die Folge des Unterrichts, den der Vater selbst uns Kindern zu geben sich | einmal vorgenommen. Er hatte seine Jugend auf dem Coburger Gymnasium zugebracht, welches unter den deutschen Lehranstalten eine der ersten Stellen einnahm. Er hatte daselbst einen guten Grund in den Sprachen und was man sonst zu einer gelehrten Erziehung rechnete, gelegt, nachher in Leipzig sich der Rechtswissenschaft beflissen, und zuletzt in Gießen promoviert. Seine mit Ernst und Fleiß verfaßte Dissertation: Electa de aditione heredita­ tis, wird noch von den Rechtslehrern mit Lob angeführt. Es ist ein frommer Wunsch aller Väter, das was ihnen selbst abge­ gangen, an den Söhnen realisiert zu sehen, so ohngefähr als wenn man zum zweiten Mal lebte und die Erfahrungen des ersten Lebenslaufes nun erst recht nutzen wollte. Im Gefühl seiner Kenntnisse, in Gewiß­ heit einer treuen Ausdauer, und im Mißtrauen gegen die damaligen Lehrer, nahm der Vater sich vor, seine Kinder selbst zu unterrichten, und nur so viel als es nötig schien, einzelne Stunden durch eigentliche Lehrmeister zu besetzen. Ein pädagogischer Dilettantismus fing sich überhaupt schon zu zeigen an. Die Pedanterie und Trübsinnigkeit der an öffentlichen Schulen angestellten Lehrer mochte wohl die erste Ver­ anlassung dazu geben. Man suchte nach etwas Besserem, und vergaß, wie mangelhaft aller Unterricht sein muß, der nicht durch Leute vom Metier erteilt wird. Meinem Vater war sein eigner Lebensgang bis dahin ziemlich nach Wunsch gelungen; ich sollte denselben Weg gehen, aber bequemer und weiter. Er schätzte meine angebornen Gaben um so mehr als sie ihm mangelten: denn er hatte alles nur durch unsäglichen Fleiß, Anhalts­ amkeit und Wiederholung erworben. Er versicherte mir öfters, früher

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Tali avvenimenti, per quanto nel complesso fossero del­ le seccature, interrompevano solo per poco il ritmo e la sequenza delle lezioni che nostro padre aveva stabilito di impartire | a noi bambini. Da ragazzo aveva frequentato il ginnasio di Coburg, uno dei più rinomati tra le istituzio­ ni scolastiche tedesche; là aveva ricevuto buone basi nelle lingue e in tutte le materie necessarie per una formazione di buon livello, poi a Lipsia si era dedicato agli studi di giurisprudenza che aveva infine concluso a Gießen. La sua dissertazione Electa de aditione hereditatis, redatta con di­ ligenza e scrupolo, veniva tuttora citata e lodata dai profes­ sori di diritto. È un pio desiderio di tutti i padri quello di veder realiz­ zare dai figli ciò che non sono riusciti a fare loro, come se si vivesse una seconda volta per mettere a frutto le esperienze del primo ciclo di vita. Consapevole delle sue competen­ ze, conscio della sua tenace costanza e mosso da sfiducia nei confronti degli insegnanti dell’epoca, mio padre si era proposto di istruire personalmente i figli, affidando alcune lezioni ad altri insegnanti solo quando era indispensabile. In effetti cominciava a manifestarsi da più parti un certo di­ lettantismo pedagogico, e la pedanteria e l’ottusità di molti insegnanti della scuola pubblica ne erano forse una delle prime cause. Si cercava qualcosa di meglio, dimenticando quanto siano fatalmente inadeguate tutte le lezioni non im­ partite da gente del mestiere. La vita di mio padre fino a quel momento aveva più o meno corrisposto alle sue aspettative; io dovevo percorre­ re la stessa strada, ma più comodamente e arrivando più lontano. Apprezzava le mie doti innate, soprattutto quelle che a lui mancavano: lui infatti aveva raggiunto dei risul­ tati soltanto grazie a un’inenarrabile diligenza, costanza e insistenza. Mi ha ripetuto spesso, in vari momenti, sul serio

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und später, im Ernst und Scherz, daß er mit meinen Anlagen sich ganz anders würde benommen, und nicht so liederlich damit würde gewirt­ schaftet haben. Durch schnelles Ergreifen, Verarbeiten und Festhalten entwuchs ich sehr bald dem Unterricht, den mir mein Vater und die übrigen Lehr­ meister geben konnten, ohne daß ich doch in irgend etwas begründet gewesen wäre. Die | Grammatik mißfiel mir, weil ich sie nur als ein willkürliches Gesetz ansah; die Regeln schienen mir lächerlich, weil sie durch so viele Ausnahmen aufgehoben wurden, die ich alle wieder besonders lernen sollte. Und wäre nicht der gereimte angehende La­ teiner gewesen, so hätte es schlimm mit mir ausgesehen; doch diesen trommelte und sang ich mir gern vor. So hatten wir auch eine Geo­ graphie in solchen Gedächtnisversen, wo uns die abgeschmacktesten Reime das zu Behaltende am besten einprägten, z. B.: Ober-Yssel; viel Morast Macht das gute Land verhaßt. Die Sprachformen und Wendungen faßte ich leicht; so auch entwickel­ te ich mir schnell, was in dem Begriff einer Sache lag. In rhetorischen Dingen, Chrieen und dergleichen tat es mir Niemand zuvor, ob ich schon wegen Sprachfehler oft hintanstehen mußte. Solche Aufsätze waren es jedoch, die meinem Vater besondre Freude machten, und we­ gen deren er mich mit manchem, für einen Knaben bedeutenden, Geld­ geschenk belohnte. Mein Vater lehrte die Schwester in demselben Zimmer Italiänisch, wo ich den Cellarius auswendig zu lernen hatte. Indem ich nun mit meinem Pensum bald fertig war und doch still sitzen sollte, horchte ich über das Buch weg und faßte das Italiänische, das mir als eine lustige Abweichung des Lateinischen auffiel, sehr behende.

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e per scherzo, che se avesse avuto le mie qualità si sarebbe comportato in modo ben diverso e non le avrebbe sprecate con così tanta leggerezza42. Imparando, elaborando e memorizzando in fretta, fui ben presto a un livello superiore rispetto alle lezioni che mio padre e gli altri insegnanti potevano impartirmi, senza però acquisire delle basi in nessuna materia. | La gramma­ tica non mi andava, perché la consideravo solo una legge arbitraria; le regole mi parevano ridicole, neutralizzate da così tante eccezioni che bisognava comunque imparare a parte una per una. E se non fosse stato per il manuale in rima Il latino per principianti43, le cose per me si sarebbero messe male; quello invece mi piaceva scandirlo e cantic­ chiarlo. Anche nel libro di geografia c’erano delle rime per facilitare lo studio mnemonico, con versi di pessimo gusto per imprimerci le cose da sapere, ad esempio: La provincia di Overijssel non ha un terreno sano è tutta una palude e un pantano. Locuzioni e modi di dire li imparavo con facilità, e afferravo velocemente il significato dei vari concetti. Negli esercizi di retorica, componimenti e simili non ero secondo a nessuno, sebbene spesso facessi molti più errori di grammatica degli altri. Erano però proprio questi componimenti a dare mag­ gior soddisfazione a mio padre, tanto che talvolta mi premia­ va con somme di denaro considerevoli per un ragazzino. Mentre mio padre insegnava italiano a mia sorella, nella stessa stanza io dovevo imparare a memoria il Cella­rius44. Poiché in genere terminavo velocemente i compiti a me as­ segnati e dovevo quindi starmene seduto in silenzio, ten­ devo le orecchie al di sopra del libro e imparai così rapida­ mente l’italiano, che mi pareva una divertente distorsione del latino.

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Andere Frühzeitigkeiten in Absicht auf Gedächtnis und Kombina­ tion hatte ich mit jenen Kindern gemein, die dadurch einen frühen Ruf erlangt haben. Deshalb konnte mein Vater kaum erwarten, bis ich auf Akademie gehen würde. Sehr bald erklärte er, daß ich in Leipzig, für welches er eine große Vorliebe behalten, gleichfalls Jura studieren, als­ dann noch eine andre Universität besuchen, und promovieren sollte. Was diese zweite betraf, war es ihm gleichgültig, welche ich wählen würde; nur gegen Göttingen hatte er, ich weiß nicht warum, einige Ab­ neigung, zu meinem | Leidwesen: denn ich hatte gerade auf diese viel Zutrauen und große Hoffnungen gesetzt. Ferner erzählte er mir, daß ich nach Wetzlar und Regensburg, nicht weniger nach Wien und von da nach Italien gehen sollte; ob er gleich wiederholt behauptete, man müsse Paris voraus sehen, weil man aus Italien kommend sich an nichts mehr ergetze. Dieses Märchen meines künftigen Jugendganges ließ ich mir gern wiederholen, besonders da es in eine Erzählung von Italien und zu­ letzt in eine Beschreibung von Neapel auslief. Sein sonstiger Ernst und Trockenheit schien sich jederzeit aufzulösen und zu beleben, und so erzeugte sich in uns Kindern der leidenschaftliche Wunsch, auch dieser Paradiese teilhaft zu werden. Privat-Stunden, welche sich nach und nach vermehrten, teilte ich mit Nachbarskindern. Dieser gemeinsame Unterricht förderte mich nicht; die Lehrer gingen ihren Schlendrian, und die Unarten, ja manch­ mal die Bösartigkeiten meiner Gesellen, brachten Unruh, Verdruß und Störung in die kärglichen Lehrstunden. Chrestomathieen, wodurch die Belehrung heiter und mannigfaltig wird, waren noch nicht bis zu uns gekommen. Der für junge Leute so starre Cornelius Nepos, das allzu leichte, und durch Predigten und Religions-Unterricht sogar trivial ge­ wordne Neue Testament, Cellarius und Pasor konnten uns kein Interes­ se geben; dagegen hatte sich eine gewisse Reim- und Versewut, durch Lesung der damaligen deutschen Dichter, unser bemächtigt. Mich hatte

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Per quanto riguarda memoria e capacità associative ero molto precoce, come altri bambini che per quel motivo erano divenuti famosi; mio padre non vedeva quindi l’ora che andassi all’università. Ben presto dichiarò che sarei andato a Lipsia, l’università che continuava a preferire tra tutte, per studiare giurisprudenza come lui, per poi conclu­ dere gli studi altrove. Per questa seconda fase mi lasciava libero di scegliere; solo per Göttingen, non so perché, ave­ va antipatia – con mio | grande dispiacere, perché era l’u­ niversità in cui io riponevo invece molta fiducia e grandi speranze. Poi mi diceva che sarei dovuto andare a Wetzlar e Rati­ sbona, ma anche a Vienna e da lì in Italia; e ripeteva spesso che prima bisognava però vedere Parigi, altrimenti dopo l’I­ talia non si apprezza più nulla di tutto il resto. Questa storiella sul mio futuro percorso me la lasciavo raccontare volentieri, soprattutto perché sfociava in un rac­ conto sull’Italia e infine in una descrizione di Napoli. La consueta serietà e laconicità scomparivano e mio padre si animava, tanto che in noi bambini nacque l’ardente deside­ rio di essere anche noi partecipi di quei paradisi. Con i bambini del vicinato condividevo le lezioni pri­ vate che man mano aumentavano. Quelle lezioni di gruppo non mi servivano a nulla: gli insegnanti proseguivano con il loro tran-tran e la maleducazione, talvolta addirittura le cat­ tiverie dei miei compagni causavano confusione, irritazione e interruzioni in quelle ore già misere. Le crestomazie, che rendono l’apprendimento più allegro e variato, non c’era­ no ancora; Cornelio Nepote, troppo rigido per i ragazzi, il Nuovo Testamento, troppo facile e divenuto persino banale con prediche e catechismo, il Cellarius e il Pasor non susci­ tavano alcun interesse45. Invece, leggendo gli antichi poeti tedeschi ci venne una vera mania per versi e rime; io ne fui

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sie schon früher ergriffen, als ich es lustig fand, von der rhetorischen Behandlung der Aufgaben zu der poetischen überzugehen. Wir Knaben hatten eine sonntägliche Zusammenkunft, wo jeder von ihm selbst verfertigte Verse produzieren sollte. Und hier begegne­ te mir etwas Wunderbares, was mich sehr lange in Unruh setzte. Meine Gedichte, wie sie auch sein mochten, mußte ich immer für die bessern halten. Allein ich bemerkte bald, daß meine Mitwerber, welche sehr lahme Dinge vorbrachten, in dem gleichen Falle waren | und sich nicht weniger dünkten; ja was mir noch bedenklicher schien, ein guter, ob­ gleich zu solchen Arbeiten völlig unfähiger Knabe, dem ich übrigens gewogen war, der aber seine Reime sich vom Hofmeister machen ließ, hielt diese nicht allein für die allerbesten, sondern war völlig über­ zeugt, er habe sie selbst gemacht; wie er mir, in dem vertrauteren Ver­ hältnis, worin ich mit ihm stand, jederzeit aufrichtig behauptete. Da ich nun solchen Irrtum und Wahnsinn offenbar vor mir sah, fiel es mir eines Tages aufs Herz, ob ich mich vielleicht selbst in dem Falle be­ fände, ob nicht jene Gedichte wirklich besser seien als die meinigen, und ob ich nicht mit Recht jenen Knaben eben so toll als sie mir vor­ kommen möchte? Dieses beunruhigte mich sehr und lange Zeit: denn es war mir durchaus unmöglich, ein äußeres Kennzeichen der Wahr­ heit zu finden; ja ich stockte sogar in meinen Hervorbringungen, bis mich endlich Leichtsinn und Selbstgefühl und zuletzt eine Probearbeit beruhigten, die uns Lehrer und Eltern, welche auf unsere Scherze auf­ merksam geworden, aus dem Stegreif aufgaben, wobei ich gut bestand und allgemeines Lob davontrug. Man hatte zu der Zeit noch keine Bibliotheken für Kinder ver­ anstaltet. Die Alten hatten selbst noch kindliche Gesinnungen, und fanden es bequem, ihre eigene Bildung der Nachkommenschaft mit­ zuteilen. Außer dem Orbis pictus des Amos Comenius kam uns kein Buch dieser Art in die Hände; aber die große Folio-Bibel, mit Kupfern

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preso molto presto e mi divertivo a fare i compiti passando dalla modalità retorica a quella poetica. Noi maschi avevamo un ritrovo domenicale in cui cia­ scuno doveva recitare dei versi composti da lui, e qui mi accadde qualcosa di molto strano che mi tormentò a lungo. Le mie poesie46, comunque fossero, mi sembravano sempre le più belle, ma presto mi accorsi che anche i miei rivali, che scrivevano versi davvero scadenti, erano della stessa idea | e nutrivano anche loro un’alta opinione di sé; e ancora più preoccupante mi sembrò un bravo ragazzino, simpatico ma totalmente incapace di scrivere poesie, che se le face­ va scrivere dal precettore e poi non soltanto le considerava le migliori, ma era persino fermamente convinto di averle scritte lui come mi assicurava ogni volta con convinzione, nonostante fossimo in confidenza. Vedendo così manifesti l’errore e la follia, un giorno mi venne in mente che forse anch’io mi trovavo nella stessa situazione, forse le loro poe­ sie erano davvero migliori delle mie e forse anch’io appari­ vo sciocco agli occhi altrui, proprio come gli altri parevano a me. Tutto questo mi turbò molto e molto a lungo, poiché non riuscivo a individuare un segno esteriore per riconosce­ re la verità; anzi, bloccò addirittura la mia produzione, fin­ ché a un certo punto non intervennero a tranquillizzarmi la spensieratezza e l’autostima e infine un saggio di improvvi­ sazione che genitori e insegnanti, accortisi del nostro gioco, ci assegnarono; io diedi buona prova di me ottenendo molte lodi. In quel periodo non esistevano ancora i libri per ragazzi. I vecchi mantenevano sempre opinioni infantili e trovavano naturale trasmettere le loro conoscenze ai loro discenden­ ti. A parte l’Orbis pictus di Amos Comenius non ci capitò per le mani nessun altro libro del genere, ma sfogliavamo spesso la grande Bibbia in folio con le incisioni di Merian;

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von Merian, ward häufig von uns durchblättert; Gottfrieds Chronik, mit Kupfern desselben Meisters, belehrte uns von den merkwürdigs­ ten Fällen der Weltgeschichte; die Acerra philologica tat noch allerlei Fabeln, My­thologieen und Seltsamkeiten hinzu; und da ich gar bald die Ovidischen Verwandlungen gewahr wurde, und besonders die ers­ ten Bücher fleißig studierte: so war mein junges Gehirn schnell genug mit einer Masse von Bildern und Begebenheiten, von bedeutenden und wunderbaren Gestalten und Ereignissen angefüllt, und ich konnte nie­ mals lange Weile haben, indem ich mich immerfort | beschäftigte, die­ sen Erwerb zu verarbeiten, zu wiederholen, wieder hervorzubringen. Einen frömmern sittlichern Effekt, als jene mitunter rohen und ge­ fährlichen Altertümlichkeiten, machte Fenelons Telemach, den ich erst nur in der Neukirchischen Übersetzung kennen lernte, und der, auch so unvollkommen überliefert, eine gar süße und wohltätige Wirkung auf mein Gemüt äußerte. Daß Robinson Crusoe sich zeitig angeschlossen, liegt wohl in der Natur der Sache; daß die Insel Felsenburg nicht gefehlt habe, läßt sich denken. Lord Anson’s Reise um die Welt verband das Würdige der Wahrheit mit dem Phantasiereichen des Märchens, und indem wir diesen trefflichen Seemann mit den Gedanken begleiteten, wurden wir weit in alle Welt hinausgeführt, und versuchten ihm mit unsern Fingern auf dem Globus zu folgen. Nun sollte mir auch noch eine reichlichere Ernte bevorstehn, indem ich an eine Masse Schrif­ ten geriet, die zwar in ihrer gegenwärtigen Gestalt nicht vortrefflich genannt werden können, deren Inhalt jedoch uns manches Verdienst voriger Zeiten in einer unschuldigen Weise näher bringt. Der Verlag oder vielmehr die Fabrik jener Bücher, welche in der folgenden Zeit, unter dem Titel: Volksschriften, Volksbücher, bekannt und sogar berühmt geworden, war in Frankfurt selbst, und sie wurden, wegen des großen Abgangs, mit stehenden Lettern auf das schreck­ lichste Löschpapier fast unleserlich gedruckt. Wir Kinder hatten also das Glück, diese schätzbaren Überreste der Mittelzeit auf einem Tisch­

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la Cronaca di Gottfried, con tavole dello stesso incisore, ci insegnava i fatti più strani della storia universale, l’Acerra philologica vi aggiungeva ogni sorta di favole, curiosità e racconti mitologici, e poiché lessi molto presto le Metamorfosi di Ovidio e ne studiai con attenzione i primi libri, il mio giovane cervello si riempì molto velocemente di una massa di immagini e aneddoti, di figure e avvenimenti notevoli e meravigliosi47. Non mi annoiavo mai, essendo continua­ mente | impegnato a rielaborare, ripetere, riprodurre quello che avevo imparato. Un’influenza più devota e morale di quelle rozze e persi­ no pericolose opere antiche la esercitò il Telemaco di Féne­ lon, che lessi inizialmente nella traduzione di Neukirch e che, nonostante quella forma imperfetta, ebbe sul mio ani­ mo un effetto dolce e benefico. Va da sé che poi seguì Robinson Crusoe, ed è ovvio che non poteva mancare nem­ meno l’Isola Felsenburg. Il Viaggio intorno al mondo di Lord Anson univa il valore del vero alla fantasia della fiaba: accompagnando con l’immaginazione il coraggioso mari­ naio, venivamo condotti in giro per il mondo e cercavamo di seguirlo con le dita sul mappamondo48. Ma una messe ben più ricca mi attendeva quando mi imbattei in una mole di scritti che non possono essere considerati eccellenti per la forma in cui si presentavano, ma il cui contenuto permet­ teva di accostarsi in modo innocente a parecchie meritorie conquiste dei tempi andati. L’editore, o meglio la tipografia che stampava quei libri, che successivamente divennero noti e persino celebri come libri popolari o Volksbücher, era proprio a Francoforte49, e a causa del grande smercio erano stampati con lettere fisse su una pessima carta assorbente, diventando quasi illeggibili. Noi bambini avevamo la fortuna di trovare ogni giorno quei libri, preziosi reperti del Medioevo, su un tavolino davanti

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chen vor der Haustüre eines Büchertrödlers täglich zu finden, und sie uns für ein paar Kreuzer zuzueignen. Der Eulenspiegel, die vier Hai­ monskinder, die schöne Melusine, der Kaiser Octavian, die schöne Magelone, Fortunatus, mit der ganzen Sippschaft bis auf den ewigen Juden, alles stand uns zu Diensten, sobald uns gelüstete nach diesen Werken, anstatt nach irgend einer Näscherei zu greifen. Der größte Vorteil dabei war, daß wenn wir ein solches Heft zerlesen oder sonst beschädigt hatten, es bald wieder angeschafft und aufs neue verschlun­ gen werden konnte. | Wie eine Familienspazierfahrt im Sommer durch ein plötzliches Gewitter auf eine höchst verdrießliche Weise gestört, und ein froher Zustand in den widerwärtigsten verwandelt wird, so fallen auch die Kinderkrankheiten unerwartet in die schönste Jahrszeit des Frühlebens. Mir erging es auch nicht anders. Ich hatte mir eben den Fortunatus mit seinem Säckel und Wünschhütlein gekauft, als mich ein Mißbehagen und ein Fieber überfiel, wodurch die Pocken sich ankündigten. Die Einimpfung derselben ward bei uns noch immer für sehr problematisch angesehen, und ob sie gleich populare Schriftsteller schon faßlich und eindringlich empfohlen; so zauderten doch die deutschen Ärzte mit einer Operation, welche der Natur vorzugreifen schien. Spekulierende Engländer kamen daher aufs feste Land und impften, gegen ein an­ sehnliches Honorar, die Kinder solcher Personen, die sie wohlhabend und frei von Vorurteil fanden. Die Mehrzahl jedoch war noch immer dem alten Unheil ausgesetzt; die Krankheit wütete durch die Familien, tötete und entstellte viele Kinder, und wenige Eltern wagten es, nach ei­ nem Mittel zu greifen, dessen wahrscheinliche Hülfe doch schon durch den Erfolg mannigfaltig bestätigt war. Das Übel betraf nun auch unser Haus, und überfiel mich mit ganz besonderer Heftigkeit. Der ganze Körper war mit Blattern übersäet, das Gesicht zugedeckt, und ich lag mehrere Tage blind und in großen Leiden. Man suchte die möglichste Linderung, und versprach mir goldene Berge, wenn ich mich ruhig ver­ halten und das Übel nicht durch Reiben und Kratzen vermehren wollte.

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alla porta di un rigattiere, e li acquistavamo per pochi cen­ tesimi. Eulenspiegel, I quattro figli di Aimone, La bella Melusina, L’imperatore Ottaviano, La bella Magelone, Fortunato e tutta la tribù fino all’Ebreo errante: era tutto a nostra disposizione quando avevamo voglia di comprare un libro piuttosto che un dolcetto. Il maggior vantaggio era che, una volta rovinato o consumato per il tanto leggere, ciascuno di quei libretti lo si poteva ricomprare e ricominciare a divo­ rarlo. | Come d’estate un improvviso temporale interrompe una gita di famiglia in modo veramente sgradevole, trasfor­ mando la gioia in una sventura, così le malattie infantili colpiscono inaspettate il periodo più bello dell’infanzia. Anche per me fu la stessa cosa. Mi ero appena comprato il Fortunato con il suo cappello e il sacchetto miracoloso, quando venni colto da malessere e febbre che annuncia­ vano il vaiolo50. La vaccinazione era ancora considerata molto problematica, e nonostante molti scrittori divulgativi la spiegassero e la consigliassero caldamente, i medici te­ deschi esitavano a compiere un’operazione che sembrava voler prevaricare la natura. Speculatori inglesi venivano allora sul continente e vaccinavano, in cambio di un lauto compenso, i figli di coloro che erano benestanti e privi di pregiudizi; i più rimanevano invece esposti all’antica ma­ lattia che imperversava di casa in casa, uccideva o sfigurava molti bambini, mentre pochi genitori osavano ricorrere a un rimedio la cui ipotetica utilità era già stata dimostrata da numerosi successi. La disgrazia raggiunse dunque anche la nostra casa, e io ne fui colpito con particolare violenza. Il corpo era tutto ricoperto di pustole, il volto coperto, e per molti giorni rimasi a letto cieco e tra i tormenti. Cercavano di procurarmi un qualche sollievo, mi promettevano mon­ tagne d’oro se fossi stato buono e non avessi peggiorato il

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Ich gewann es über mich; indessen hielt man uns, nach herrschendem Vorurteil, so warm als möglich, und schärfte dadurch nur das Übel. Endlich, nach traurig verflossener Zeit, fiel es mir wie eine Maske vom Gesicht, ohne daß die Blattern eine sichtbare Spur auf der Haut zu­ rückgelassen; aber die Bildung war merklich verändert. Ich selbst war zufrieden, nur wieder das Tageslicht zu sehen, und nach und nach die fleckige Haut zu verlieren; aber Andere waren unbarmherzig genug, mich öfters an den | vorigen Zustand zu erinnern; besonders eine sehr lebhafte Tante, die früher Abgötterei mit mir getrieben hatte, konnte mich, selbst noch in späteren Jahren, selten ansehen, ohne auszurufen: Pfui Teufel! Vetter, wie garstig ist er geworden! Dann erzählte sie mir umständlich, wie sie sich sonst an mir ergetzt, welches Aufsehen sie erregt, wenn sie mich umhergetragen; und so erfuhr ich frühzeitig, daß uns die Menschen für das Vergnügen, das wir ihnen gewährt haben, sehr oft empfindlich büßen lassen. Weder von Masern, noch Windblattern, und wie die Quälgeister der Jugend heißen mögen, blieb ich verschont, und jedesmal versicherte man mir, es wäre ein Glück, daß dieses Übel nun für immer vorüber sei; aber leider drohte schon wieder ein andres im Hintergrund und rückte heran. Alle diese Dinge vermehrten meinen Hang zum Nach­ denken, und da ich, um das Peinliche der Ungeduld von mir zu ent­ fernen, mich schon öfter im Ausdauern geübt hatte; so schienen mir die Tugenden, welche ich an den Stoikern hatte rühmen hören, höchst nachahmenswert, um so mehr als durch die christliche Duldungslehre ein Ähnliches empfohlen wurde. Bei Gelegenheit dieses Familienleidens will ich auch noch eines Bruders gedenken, welcher um drei Jahr jünger als ich, gleichfalls von jener Ansteckung ergriffen wurde und nicht wenig davon litt. Er war von zarter Natur, still und eigensinnig, und wir hatten niemals ein eigentliches Verhältnis zusammen. Auch überlebte er kaum die Kinder­ jahre. Unter mehrern nachgebornen Geschwistern, die gleichfalls nicht

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male grattando e strofinando. Cercavo di trattenermi, e nel frattempo, secondo l’opinione diffusa, ci tenevano al caldo il più possibile, aggravando così la malattia. Finalmente, dopo un periodo tristissimo, mi cadde come una maschera dal volto, senza che le pustole lasciassero un segno visibile, ma la fisionomia era notevolmente mutata. Per quanto mi riguarda, ero già contento di rivedere la luce del giorno e di perdere man mano la pelle macchiata, ma altri erano suf­ ficientemente impietosi da ricordarmi | di continuo il mio aspetto precedente; soprattutto una zia molto vivace51, che prima mi adorava, ancora molti anni dopo non poteva guar­ darmi senza esclamare: «Che diavolo, nipote mio, quanto sei diventato brutto!» Poi mi raccontava per filo e per se­ gno come ero bello prima e quanta ammirazione suscitassi quando mi portava a passeggio. Così imparai presto che gli uomini ci fanno molto spesso pagare caro il piacere che ab­ biamo loro procurato. Non fui risparmiato né dal morbillo, né dalla varicel­ la, né da nessun’altra delle piaghe dell’infanzia comunque si chiamino, e ogni volta mi assicuravano che per fortuna quella malattia era passata per sempre; ma ahimè, la succes­ siva già si affacciava sullo sfondo avvicinandosi minaccio­ sa. Tutto questo aumentò la mia inclinazione alla riflessione e poiché per tenere a bada la mia tormentosa impazienza mi ero spesso esercitato nella sopportazione, le virtù che avevo sentito tanto decantare dagli stoici mi parvero ben degne di imitazione – tanto più che anche la dottrina cristiana della rassegnazione raccomandava qualcosa di simile. Ma raccontando di queste malattie di famiglia vorrei ricordare anche un fratello che, di tre anni più giovane di me, fu contagiato a sua volta e soffrì molto. Era di natura delicata, chiuso e caparbio, e non riuscimmo mai a entrare in confidenza. Non sopravvisse nemmeno all’infanzia52; e

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lange am Leben blieben, erinnere ich mich nur eines sehr schönen und angenehmen Mädchens, die aber auch bald verschwand, da wir denn nach Verlauf einiger Jahre, ich und meine Schwester, uns allein übrig sahen, und nur um so inniger und liebevoller verbanden. Jene Krankheiten und andere unangenehme Störungen wurden in ihren Folgen doppelt lästig: denn mein Vater, der sich einen gewis­ sen Erziehungs- und Unterrichts-Kalender gemacht zu haben schien, wollte jedes Versäumnis | unmittelbar wieder einbringen, und belegte die Genesenden mit doppelten Lektionen, welche zu leisten mir zwar nicht schwer, aber insofern beschwerlich fiel, als es meine innere Ent­ wicklung, die eine entschiedene Richtung genommen hatte, aufhielt und gewissermaßen zurückdrängte. Vor diesen didaktischen und pädagogischen Bedrängnissen flüch­ teten wir gewöhnlich zu den Großeltern. Ihre Wohnung lag auf der friedberger Gasse und schien ehmals eine Burg gewesen zu sein: denn wenn man herankam, sah man nichts als ein großes Tor mit Zinnen, welches zu beiden Seiten an zwei Nachbarhäuser stieß. Trat man hi­ nein, so gelangte man durch einen schmalen Gang endlich in einen ziemlich breiten Hof, umgeben von ungleichen Gebäuden, welche nunmehr alle zu einer Wohnung vereinigt waren. Gewöhnlich eilten wir sogleich in den Garten, der sich ansehnlich lang und breit hinter den Gebäuden hin erstreckte und sehr gut unterhalten war; die Gänge meistens mit Rebgeländer eingefaßt, ein Teil des Raums den Küchen­ gewächsen, ein andrer den Blumen gewidmet, die vom Frühjahr bis in den Herbst, in reichlicher Abwechslung, die Rabatten so wie die Beete schmückten. Die lange, gegen Mittag gerichtete Mauer war zu wohl gezogenen Spalier-Pfirsichbäumen genützt, von denen uns die verbo­ tenen Früchte, den Sommer über, gar appetitlich entgegenreiften. Doch vermieden wir lieber diese Seite, weil wir unsere Genäschigkeit hier nicht befriedigen durften, und wandten uns zu der entgegengesetzten, wo eine unabsehbare Reihe Johannis- und Stachelbeer-Büsche unserer

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di tutti gli altri fratelli nati dopo di me e che come lui non vissero a lungo mi ricordo solo di una bella bambinetta, che morì anch’essa presto. Dopo alcuni anni mia sorella e io, ri­ trovandoci soli, ci affezionammo ancor di più l’uno all’altra. Quelle malattie e altre sgradevoli interruzioni erano dop­ piamente seccanti per le loro conseguenze in quanto mio padre, che evidentemente aveva fissato un preciso calen­ dario educativo e scolastico, voleva subito recuperare | il tempo perduto e caricava i convalescenti di doppie lezioni, che non mi risultavano gravose da seguire ma mi pesavano perché ostacolavano e in un certo qual modo reprimevano il mio sviluppo interiore, che ormai aveva preso una direzione precisa. Per sfuggire a queste oppressioni didattico-pedagogiche scappavamo di solito dai nonni53. La loro casa si trovava nella Friedberger Gasse e una volta doveva essere stata un castello: quando ci si avvicinava non si vedeva altro che un ampio portone merlato che su entrambi i lati arrivava ai muri delle case accanto. Entrando, per un corridoio stretto si giungeva infine a un ampio cortile, attorniato da costruzioni diseguali che poi erano state collegate tra loro a formare un’unica abitazione. Di solito correvamo subito nel vasto giardino, che si stendeva per una considerevole larghezza e lunghezza sul retro degli edifici ed era tenuto molto bene; i viottoli fiancheggiati da viti, una parte riservata all’orto, un’altra ai fiori che dalla primavera fino in autunno, in lus­ sureggiante alternanza, abbellivano aiuole e vialetti. Il lun­ go muro rivolto a Sud era molto adatto per far crescere un filare di peschi, di cui vedevamo maturare, verso l’estate, i frutti allettanti ma proibiti. Così preferivamo evitare quel lato, visto che non potevamo soddisfare la nostra golosità, e andavamo sul lato opposto, dove una ragguardevole fila di cespugli di ribes e uvaspina garantiva alla nostra ingor­

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Gierigkeit eine Folge von Ernten bis in den Herbst eröffnete. Nicht weniger war uns ein alter, hoher, weitverbreiteter Maulbeerbaum be­ deutend, sowohl wegen seiner Früchte als auch weil man uns erzählte, daß von seinen Blättern die Seidenwürmer sich ernährten. In diesem friedlichen Revier fand man jeden Abend den Großvater mit behag­ licher Geschäftigkeit eigenhändig die feinere Obst- und Blumenzucht besorgend, indes ein Gärtner die gröbere Arbeit verrichtete. Die viel­ fachen Bemühungen, welche nötig | sind, um eine schöne Nelkenflor zu erhalten und zu vermehren, ließ er sich niemals verdrießen. Er selbst band sorgfältig die Zweige der Pfirsichbäume fächerartig an die Spa­ liere, um einen reichlichen und bequemen Wachstum der Früchte zu befördern. Das Sortieren der Zwiebeln von Tulpen, Hyazinthen und verwandter Gewächse, so wie die Sorge für Aufbewahrung derselben, überließ er Niemanden; und noch erinnere ich mich gern, wie emsig er sich mit dem Okulieren der verschiedenen Rosenarten beschäftigte. Dabei zog er, um sich vor den Dornen zu schützen, jene altertümlichen ledernen Handschuhe an, die ihm beim Pfeifergericht jährlich in Triplo überreicht wurden, woran es ihm deshalb niemals mangelte. So trug er auch immer einen talarähnlichen Schlafrock, und auf dem Haupt eine faltige schwarze Samtmütze, so daß er eine mittlere Person zwischen Alcinous und Laertes hätte vorstellen können. Alle diese Gartenarbeiten betrieb er eben so regelmäßig und genau als seine Amtsgeschäfte: denn eh er herunterkam, hatte er immer die Registrande seiner Proponenden für den andern Tag in Ordnung ge­ bracht und die Akten gelesen. Eben so fuhr er Morgens aufs Rathaus, speiste nach seiner Rückkehr, nickte hierauf in seinem Großstuhl, und so ging alles einen Tag wie den andern. Er sprach wenig, zeigte keine Spur von Heftigkeit; ich erinnere mich nicht, ihn zornig gesehen zu ha­ ben. Alles was ihn umgab, war altertümlich. In seiner getäfelten Stube habe ich niemals irgend eine Neuerung wahrgenommen. Seine Biblio­

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digia un ricco bottino fino in autunno. Trovavamo interes­ sante anche un vecchio gelso dalla chioma molto estesa, non solo per i suoi frutti, ma anche perché ci avevano detto che i bachi da seta si nutrivano delle sue foglie. In quel luogo pacifico trovavamo sempre, verso sera, il nonno che si occupava di persona e in tutta tranquillità dei fiori o degli alberi da frutto più pregiati, mentre un giardiniere sbrigava i lavori più pesanti. Le molte cure necessarie | per ottenere e accrescere una bella fioritura di garofani non gli venivano mai a noia. Lui stesso legava con cura alle spalliere i rami dei peschi a ventaglio, per favorire una migliore e più age­ vole crescita dei frutti. La selezione e la conservazione dei bulbi di tulipani, giacinti e altri fiori simili era esclusiva­ mente suo compito, e mi ricordo ancora molto bene come fosse instancabile nell’innestare le diverse varietà di rose. Per proteggersi dalle spine indossava gli antiquati guanti di pelle che riceveva ogni anno durante l’udienza dei pifferai: tre paia ogni volta, ne era quindi sempre ben fornito. In­ dossava sempre una veste da camera simile a una toga e in testa un berretto di velluto nero a pieghe, cosicché avrebbe benissimo potuto rappresentare un personaggio a metà tra Alcinoo e Laerte54. Di quelle attività di giardinaggio si occupava con la stes­ sa regolarità e attenzione che dedicava ai compiti istituzio­ nali, perché sempre, prima di scendere, aveva già predispo­ sto il registro delle cause dell’indomani e letto gli atti. Allo stesso modo ogni mattina si recava al municipio, rientrava a casa, mangiava, faceva un pisolino nella sua poltrona e i giorni passavano uno uguale all’altro. Parlava poco, non mostrava segni di irruenza; non ricordo di averlo mai visto arrabbiato. Tutto ciò che lo circondava era fuori moda. Nel­ la sua camera rivestita di legno credo di non aver mai scorto un cambiamento. A parte i volumi di diritto, la sua bibliote­

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thek enthielt außer juristischen Werken nur die ersten Reisebeschrei­ bungen, Seefahrten und Länder-Entdeckungen. Überhaupt erinnere ich mich keines Zustandes, der so wie dieser das Gefühl eines unverbrüch­ lichen Friedens und einer ewigen Dauer gegeben hätte. Was jedoch die Ehrfurcht, die wir für diesen würdigen Greis emp­ fanden, bis zum Höchsten steigerte, war die Überzeugung, daß der­ selbe die Gabe der Weissagung besitze, besonders in Dingen, die ihn selbst und sein Schicksal betrafen. Zwar ließ er sich gegen Niemand als gegen die | Großmutter entschieden und umständlich heraus; aber wir alle wußten doch, daß er durch bedeutende Träume von dem was sich ereignen sollte, unterrichtet werde. So versicherte er z. B. seiner Gattin, zur Zeit als er noch unter die jüngern Ratsherren gehörte, daß er bei der nächsten Vakanz auf der Schöffenbank zu der erledigten Stelle gelangen würde. Und als wirklich bald darauf einer der Schöffen vom Schlage gerührt starb, verordnete er am Tage der Wahl und Kugelung, daß zu Hause im Stillen alles zum Empfang der Gäste und Gratulanten solle eingerichtet werden, und die entscheidende goldne Kugel ward wirklich für ihn gezogen. Den einfachen Traum, der ihn hievon be­ lehrt, vertraute er seiner Gattin folgendermaßen: Er habe sich in voller gewöhnlicher Ratsversammlung gesehen, wo alles nach hergebrachter Weise vorgegangen. Auf einmal habe sich der nun verstorbene Schöff von seinem Sitze erhoben, sei herabgestiegen und habe ihm auf eine verbindliche Weise das Kompliment gemacht: er möge den verlasse­ nen Platz einnehmen, und sei darauf zur Türe hinausgegangen. Etwas Ähnliches begegnete, als der Schultheiß mit Tode abging. Man zaudert in solchem Falle nicht lange mit Besetzung dieser Stelle, weil man immer zu fürchten hat, der Kaiser werde sein altes Recht, einen Schultheißen zu bestellen, irgend einmal wieder hervorrufen. Diesmal ward um Mitternacht eine außerordentliche Sitzung auf den andern Morgen durch den Gerichtsboten angesagt. Weil diesem nun das Licht in der Laterne verlöschen wollte, so erbat er sich ein Stümpf­ chen, um seinen Weg weiter fortsetzen zu können. »Gebt ihm ein gan­

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ca conteneva solo resoconti di viaggio, sui primi viaggi per mare e le scoperte geografiche. Non riesco davvero a imma­ ginare una situazione che, al pari di quella, mi trasmetta il sentimento di una pace imperturbabile e perenne. Ma ciò che faceva salire alle stelle la venerazione che avevamo per quel nobile vegliardo era la convinzione che avesse il dono della profezia, soprattutto per le cose che riguardavano direttamente lui e il suo futuro. In realtà ne parlava in modo esplicito e particolareggiato | solo con la nonna, ma tutti noi sapevamo che sogni premonitori gli an­ nunciavano ciò che stava per accadere55. Ad esempio, quan­ do apparteneva ancora al gruppo dei consiglieri più giovani, aveva assicurato alla nonna che al primo posto vacante sa­ rebbe toccato a lui salire sul banco degli scabini. E quando poco dopo uno degli scabini morì per un colpo apoplettico, nel giorno del sorteggio e della nomina egli diede disposi­ zioni a casa affinché si predisponesse senza dare nell’oc­ chio tutto il necessario per accogliere visitatori e gratulanti, e la sfera dorata designò infatti lui56. Raccontò in questo modo alla moglie il semplice sogno che glielo aveva rive­ lato: aveva visto se stesso seduto in Consiglio come al so­ lito, dove tutto procedeva come di consueto. A un tratto, lo scabino che adesso era deceduto si era alzato dal suo posto, era andato verso di lui invitandolo con una riverenza a oc­ cupare il posto vuoto, poi era uscito. Qualcosa del genere era accaduto quando era morto il po­ destà57. In questi casi non si tarda ad assegnare nuovamente quella carica, nel timore che l’imperatore possa prima o poi rivendicare il suo antico diritto e procedere lui alla nomina. Il messo del tribunale portò quindi verso mezzanotte la con­ vocazione di una seduta straordinaria per il mattino dopo. Dato che la luce della sua lanterna stava per spegnersi, il messo chiese un mozzicone di candela per poter prosegui­

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zes, sagte der Großvater zu den Frauen: er hat ja doch die Mühe um meinetwillen.« Dieser Äußerung entsprach auch der Erfolg: er wurde wirklich Schultheiß; wobei der Umstand noch besonders merkwürdig war, daß, obgleich sein Repräsentant bei der Kugelung an der dritten und letzten Stelle zu ziehen hatte, die zwei silbernen Kugeln zuerst heraus kamen, und also die goldne für ihn auf dem Grunde des Beutels liegen blieb. | Völlig prosaisch, einfach und ohne Spur von Phantastischem oder Wundersamem waren auch die übrigen der uns bekannt gewordnen Träume. Ferner erinnere ich mich, daß ich als Knabe unter seinen Bü­ chern und Schreibkalendern gestört, und darin unter andern auf Gärt­ nerei bezüglichen Anmerkungen aufgezeichnet gefunden: Heute Nacht kam N. N. zu mir und sagte ... Name und Offenbarung waren in Chif­ fern geschrieben. Oder es stand auf gleiche Weise: Heute Nacht sah ich ... Das Übrige war wieder in Chiffern, bis auf die Verbindungs- und andre Worte, aus denen sich nichts abnehmen ließ. Bemerkenswert bleibt es hiebei, daß Personen, welche sonst kei­ ne Spur von Ahndungsvermögen zeigten, in seiner Sphäre, für den Augenblick die Fähigkeit erlangten, daß sie von gewissen gleichzeitigen, obwohl in der Entfernung vorgehenden Krankheits- und Todesereignis­ sen durch sinnliche Wahrzeichen eine Vorempfindung hatten. Aber auf keines seiner Kinder und Enkel hat eine solche Gabe fortgeerbt; viel­ mehr waren sie meistenteils rüstige Personen, lebensfroh und nur aufs Wirkliche gestellt. Bei dieser Gelegenheit gedenk’ ich derselben mit Dankbarkeit für vieles Gute, das ich von ihnen in meiner Jugend empfangen. So wa­ ren wir z. B. auf gar mannigfaltige Weise beschäftigt und unterhalten, wenn wir die an einen Materialhändler Melbert verheiratete zweite Tochter besuchten, deren Wohnung und Laden mitten im lebhaftesten, gedrängtesten Teile der Stadt an dem Markte lag. Hier sahen wir nun dem Gewühl und Gedränge, in welches wir uns scheuten zu verlieren, sehr vergnüglich aus den Fenstern zu; und wenn uns im Laden unter

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re il suo giro. «Dategliene una intera», disse il nonno alle donne, «in fondo si sta dando da fare per me». Quella frase si avverò: divenne davvero podestà, e anche in un modo curioso. Il suo rappresentante infatti doveva estrarre la sfera come terzo e ultimo, ma le due sfere d’argento uscirono per prime, lasciando quindi sul fondo del sacco, per lui, proprio la sfera d’oro. | Del tutto prosaici, banali, senza la benché minima trac­ cia di fantasia o stranezza erano anche gli altri sogni di cui eravamo venuti a conoscenza. Mi rammento anche che da bambino avevo frugato tra i suoi libri e calendari dove, tra le annotazioni dei lavori di giardinaggio, avevo letto: «sta­ sera è venuto da me N.N. per dirmi...» Il nome e ciò che aveva comunicato erano scritti in alfabeto cifrato. O ancora c’era scritto: «Oggi ho incontrato...» il restante era sempre in cifra tranne le congiunzioni e altre particelle da cui co­ munque non si ricavava nulla. La cosa singolare è che persone che normalmente non avevano affatto il dono della preveggenza, quando si tro­ vavano nelle sue vicinanze acquistavano per un attimo la capacità di presagire i casi di morte o di malattia che si sta­ vano verificando altrove grazie a segni esteriori o presenti­ menti. Ma nessuno tra i suoi figli e nipoti ha ereditato quel dono, anzi: erano in genere persone gioviali, piene di vita e orientate alle cose concrete. In questa occasione vorrei ricordarli, grato per tutto il bene che mi vollero in gioventù. Ad esempio ci divertivamo moltissimo senza mai annoiarci quando andavamo in visita dalla loro seconda figlia58 che aveva sposato il droghiere Melber, la cui abitazione e bottega si trovavano nella parte più animata e affollata della città, vicino al mercato. Lì os­ servavamo divertiti dalla finestra l’accalcarsi della folla in cui avevamo paura di perderci; e se in un primo tempo, tra

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so vielerlei Waren anfänglich nur das Süßholz und die daraus bereite­ ten braunen gestempelten Zeltlein vorzüglich interessierten: so wurden wir doch allmählich mit der großen Menge von Gegenständen bekannt, welche bei einer solchen Handlung aus- und einfließen. Diese Tante war unter den Geschwistern die lebhafteste. Wenn meine Mutter, in jüngern Jahren, sich in reinlicher Kleidung, bei einer zierlichen weib­ lichen Arbeit, | oder im Lesen eines Buches gefiel; so fuhr jene in der Nachbarschaft umher, um sich dort versäumter Kinder anzunehmen, sie zu warten, zu kämmen und herumzutragen, wie sie es denn auch mit mir eine gute Weile so getrieben. Zur Zeit öffentlicher Feierlichkeiten, wie bei Krönungen, war sie nicht zu Hause zu halten. Als kleines Kind schon hatte sie nach dem bei solchen Gelegenheiten ausgeworfenen Gelde gehascht, und man erzählte sich: wie sie einmal eine gute Partie beisammen gehabt und solches vergnüglich in der flachen Hand be­ schaut, habe ihr einer dagegen geschlagen, wodurch denn die wohl­ erworbene Beute auf einmal verloren gegangen. Nicht weniger wußte sie sich viel damit, daß sie dem vorbeifahrenden Kaiser Carl dem sie­ benten, während eines Augenblicks, da alles Volk schwieg, auf einem Prallsteine stehend, ein heftiges Vivat in die Kutsche gerufen und ihn veranlaßt habe, den Hut vor ihr abzuziehen und für diese kecke Auf­ merksamkeit gar gnädig zu danken. Auch in ihrem Hause war um sie her alles bewegt, lebenslustig und munter, und wir Kinder sind ihr manche frohe Stunde schuldig geworden. In einem ruhigern, aber auch ihrer Natur angemessenen Zustande befand sich eine zweite Tante, welche mit dem bei der St. Cathari­ nen-Kirche angestellten Pfarrer Stark verheiratet war. Er lebte seiner Gesinnung und seinem Stande gemäß sehr einsam, und besaß eine schöne Bibliothek. Hier lernte ich zuerst den Homer kennen, und zwar in einer prosaischen Übersetzung, wie sie im siebenten Teil der durch Herrn von Loen besorgten neuen Sammlung der merkwürdigsten Rei­ segeschichten, unter dem Titel: Homers Beschreibung der Eroberung des trojanischen Reichs, zu finden ist, mit Kupfern im französischen Theatersinne geziert. Diese Bilder verdarben mir dermaßen die Ein­

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tutte le merci del negozio, ci interessavano soprattutto la liquirizia e le pastigliette scure che se ne ricavavano, con il tempo imparammo a conoscere l’enorme varietà di articoli che vanno e vengono in una bottega simile. Tra tutti gli zii e le zie, questa era la più vivace. Mentre mia madre, da giova­ ne, si compiaceva di un bel vestito e si dedicava a graziosi lavori femminili | o alla lettura di un libro, l’altra girava per il vicinato prendendosi cura dei bambini trascurati che ac­ cudiva, pettinava e portava a passeggio, proprio come ave­ va fatto anche con me per un bel po’. Nelle feste cittadine, come le incoronazioni, non c’era verso di trattenerla in casa. Fin da piccola si buttava per afferrare le monetine che veni­ vano lanciate in quelle occasioni e si raccontava come una volta avesse messo da parte un bel gruzzoletto e lo stesse ammirando nel palmo della mano, quando qualcuno la urtò e tutto il bottino conquistato andò perduto in un colpo solo. Raccontava anche molto compiaciuta di quando, al passag­ gio di Carlo vii lei, in piedi sul ciglio del marciapiede, in un attimo di silenzio della folla aveva urlato un fragoroso evviva dentro la carrozza, tanto che l’imperatore si era tolto il cappello per ringraziarla di quell’audace complimento. Anche a casa tutto, intorno a lei, era movimentato, alle­ gro e gioioso, e noi bambini le dobbiamo tante ore felici. In una situazione più tranquilla ma anche più consona al suo carattere si trovava un’altra zia59, sposata al pastore Starck in carica presso la chiesa di Santa Caterina. Confor­ memente alla sua vocazione e al suo stato viveva ritirato e possedeva una bella biblioteca. Qui lessi per la prima volta Omero, e precisamente nella traduzione in prosa intitolata Descrizione di Omero della conquista del regno di Troia, ornata di incisioni ispirate al gusto del teatro francese, che trovai nel settimo libro della Nuova raccolta delle storie di viaggio più curiose del von Loën. Quelle figure colpiro­

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bildungskraft, daß ich lange Zeit die homerischen Helden mir nur unter diesen Gestalten vergegenwärtigen konnte. Die Begebenheiten selbst gefielen mir unsäglich; nur hatte ich an dem Werke sehr auszusetzen, daß es uns von der | Eroberung Troja’s keine Nachricht gebe, und so stumpf mit dem Tode Hectors endige. Mein Oheim, gegen den ich die­ sen Tadel äußerte, verwies mich auf den Virgil, welcher denn meiner Forderung vollkommen Genüge tat. Es versteht sich von selbst, daß wir Kinder, neben den übrigen Lehrstunden, auch eines fortwährenden und fortschreitenden Religi­ onsunterrichts genossen. Doch war der kirchliche Protestantismus, den man uns überlieferte, eigentlich nur eine Art von trockner Moral: an einen geistreichen Vortrag ward nicht gedacht, und die Lehre konnte weder der Seele noch dem Herzen zusagen. Deswegen ergaben sich gar mancherlei Absonderungen von der gesetzlichen Kirche. Es entstanden die Separatisten, Pietisten, Herrnhuter, die Stillen im Lande und wie man sie sonst zu nennen und zu bezeichnen pflegte, die aber alle bloß die Absicht hatten, sich der Gottheit, besonders durch Christum, mehr zu nähern, als es ihnen unter der Form der öffentlichen Religion mög­ lich zu sein schien. Der Knabe hörte von diesen Meinungen und Gesinnungen unauf­ hörlich sprechen: denn die Geistlichkeit sowohl als die Laien teilten sich in das Für und Wider. Die mehr oder weniger Abgesonderten wa­ ren immer die Minderzahl; aber ihre Sinnesweise zog an durch Origi­ nalität, Herzlichkeit, Beharren und Selbstständigkeit. Man erzählte von diesen Tugenden und ihren Äußerungen allerlei Geschichten. Beson­ ders ward die Antwort eines frommen Klempnermeisters bekannt, den einer seiner Zunftgenossen durch die Frage zu beschämen gedachte: wer denn eigentlich sein Beichtvater sei? Mit Heiterkeit und Vertrauen auf seine gute Sache erwiderte jener: Ich habe einen sehr vornehmen; es ist niemand geringeres als der Beichtvater des Königs David. Dieses und dergleichen mag wohl Eindruck auf den Knaben ge­ macht und ihn zu ähnlichen Gesinnungen aufgefordert haben. Genug,

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no così tanto la fantasia deformandola, che per moltissimo tempo non riuscii a immaginarmi gli eroi di Omero se non con quelle sembianze60. Gli avvenimenti narrati mi piace­ vano da morire, anche se avevo molte obiezioni per l’opera in sé, perché non diceva nulla | della conquista di Troia ma si fermava alla morte di Ettore61. Lo zio, a cui esposi questa critica, mi indirizzò allora a Virgilio, che soddisfò piena­ mente le mie esigenze. Era scontato che, in parallelo alle altre lezioni, noi bam­ bini ricevessimo anche una continua e progressiva forma­ zione religiosa. Ma il protestantesimo ecclesiastico che ci insegnavano era solo una specie di arida morale: nessuno pensava a presentarlo in modo intelligente, così la dottrina non appassionava né l’anima né il cuore. Per quello si erano verificate molte scissioni all’interno della chiesa ufficiale62. Erano nati i separatisti, i pietisti, la Comunità dei fratelli, i silenti della terra per nominarne solo alcuni, tutti nati unica­ mente con l’intenzione di avvicinarsi maggiormente a Dio soprattutto attraverso Cristo, più di quanto non permettesse il tramite della religione convenzionale. Da bambino sentivo parlare ininterrottamente di quelle opinioni e correnti, poiché tutti, fedeli e clero, prendevano posizione pro o contro. I gruppi che si separavano erano pur sempre una minoranza, ma il loro modo di vedere attirava per originalità, sincerità, intensità e indipendenza. Di queste virtù e delle loro manifestazioni si raccontavano aneddoti a non finire. Tra tutti era famosa la risposta che un devoto latto­ niere aveva dato a un collega che voleva metterlo in difficoltà chiedendogli chi fosse il suo padre confessore. Con serenità e fiducia nella sua buona causa egli aveva risposto: «Ne ho uno bravissimo, niente di meno che il confessore del re Davide». Racconti del genere facevano molta impressione sul fan­ ciullo e lo spingevano ad assumere degli analoghi atteg­

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er kam auf den Gedanken, sich dem großen Gotte der Natur, dem Schöpfer und Erhalter Himmels und der Erden, dessen frühere ZornÄußerungen | schon lange über die Schönheit der Welt und das man­ nigfaltige Gute, das uns darin zu Teil wird, vergessen waren, unmittel­ bar zu nähern; der Weg dazu aber war sehr sonderbar. Der Knabe hatte sich überhaupt an den ersten Glaubensartikel ge­ halten. Der Gott, der mit der Natur in unmittelbarer Verbindung stehe, sie als sein Werk anerkenne und liebe, dieser schien ihm der eigent­ liche Gott, der ja wohl auch mit dem Menschen wie mit allem übrigen in ein genaueres Verhältnis treten könne, und für denselben eben so wie für die Bewegung der Sterne, für Tages- und Jahrszeiten, für Pflanzen und Tiere Sorge tragen werde. Einige Stellen des Evangeliums besag­ ten dieses ausdrücklich. Eine Gestalt konnte der Knabe diesem Wesen nicht verleihen; er suchte ihn also in seinen Werken auf, und woll­ te ihm auf gut alttestamentliche Weise einen Altar errichten. Natur­ produkte sollten die Welt im Gleichnis vorstellen, über diesen sollte eine Flamme brennen und das zu seinem Schöpfer sich aufsehnende Gemüt des Menschen bedeuten. Nun wurden aus der vorhandnen und zufällig vermehrten Naturaliensammlung die besten Stufen und Ex­ emplare herausgesucht; allein wie solche zu schichten und aufzubauen sein möchten, das war nun die Schwierigkeit. Der Vater hatte einen schönen rotlackierten goldgeblümten Musikpult, in Gestalt einer vier­ seitigen Pyramide mit verschiedenen Abstufungen, den man zu Quar­ tetten sehr bequem fand, ob er gleich in der letzten Zeit nur wenig gebraucht wurde. Dessen bemächtigte sich der Knabe, und baute nun stufenweise die Abgeordneten der Natur übereinander, so daß es recht heiter und zugleich bedeutend genug aussah. Nun sollte bei einem frü­ hen Sonnenaufgang die erste Gottesverehrung angestellt werden; nur war der junge Priester nicht mit sich einig, auf welche Weise er eine Flamme hervorbringen sollte, die doch auch zu gleicher Zeit einen gu­ ten Geruch von sich geben müsse. Endlich gelang ihm ein Einfall, bei­ des zu verbinden, indem er Räucherkerzchen besaß, welche wo nicht

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giamenti; basti dire che gli venne in mente di avvicinarsi il più possibile al sommo Dio della natura, creatore del cielo e della terra, di cui aveva ormai dimenticato le preceden­ ti | manifestazioni di collera, soppiantate dalla bellezza del mondo e da tutte le cose buone che ci offre: la via che scelse fu però del tutto particolare. Il fanciullo si era attenuto in tutto e per tutto al primo articolo della professione di fede. Considerava il vero Dio quello che è in contatto diretto con la natura, che la rico­ nosce e la ama come sua creatura, quello che può entrare in un rapporto più intimo con l’uomo e con tutto il resto e che si prende cura dell’uomo come del moto degli astri, del passaggio dei giorni e delle stagioni, delle piante e degli animali. Alcuni passi del Vangelo lo dicevano esplicitamen­ te. Il fanciullo non riusciva ad associare un volto a quella fi­ gura, lo cercava quindi nelle sue creature e voleva erigergli un altare, alla maniera dell’Antico Testamento63. I prodotti della natura dovevano rappresentare per analogia il mon­ do, sopra questi doveva ardere una fiamma a significare lo spirito dell’uomo che anela innalzarsi al suo creatore. Dal­ la collezione dei reperti naturali, assemblata casualmente, scelse quindi gli esemplari più belli, ma la prima difficoltà fu come accatastarli e impilarli. Il papà aveva un bel leggio per la musica, laccato di rosso e con fiori dorati, a forma di una piramide a quattro lati e con diverse regolazioni, molto comodo per i quartetti anche se ultimamente lo usava di rado. Il fanciullo se ne appropriò e vi dispose in vari strati i rappresentanti della natura, creando una costruzione allegra ma assai imponente. Ora bisognava attendere l’alba per la prima adorazione, ma il giovane sacerdote non sapeva an­ cora bene come produrre la fiamma che allo stesso tempo doveva sprigionare un dolce profumo. Gli venne infine in mente come ottenere le due cose grazie a lumini profumati

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flammend doch glimmend den  | angenehmsten Geruch verbreiteten. Ja dieses gelinde Verbrennen und Verdampfen schien noch mehr das was im Gemüte vorgeht auszudrücken, als eine offene Flamme. Die Sonne war schon längst aufgegangen, aber Nachbarhäuser verdeckten den Osten. Endlich erschien sie über den Dächern; sogleich ward ein Brennglas zur Hand genommen, und die in einer schönen Porzellan­ schale auf dem Gipfel stehenden Räucherkerzen angezündet. Alles ge­ lang nach Wunsch, und die Andacht war vollkommen. Der Altar blieb als eine besondre Zierde des Zimmers, das man ihm im neuen Hause eingeräumt hatte, stehen. Jedermann sah darin nur eine wohl aufge­ putzte Naturaliensammlung; der Knabe hingegen wußte besser was er verschwieg. Er sehnte sich nach der Wiederholung jener Feierlichkeit. Unglücklicherweise war eben, als die gelegenste Sonne hervorstieg, die Porzellantasse nicht bei der Hand; er stellte die Räucherkerzchen unmittelbar auf die obere Fläche des Musikpultes; sie wurden ange­ zündet, und die Andacht war so groß, daß der Priester nicht merkte, welchen Schaden sein Opfer anrichtete, als bis ihm nicht mehr abzu­ helfen war. Die Kerzen hatten sich nämlich in den roten Lack und in die schönen goldnen Blumen auf eine schmähliche Weise eingebrannt, und gleich als wäre ein böser Geist verschwunden, ihre schwarzen unauslöschlichen Fußtapfen zurückgelassen. Hierüber kam der junge Priester in die äußerste Verlegenheit. Zwar wußte er den Schaden durch die größesten Prachtstufen zu bedecken, allein der Mut zu neuen Op­ fern war ihm vergangen, und fast möchte man diesen Zufall als eine Andeutung und Warnung betrachten, wie gefährlich es überhaupt sei, sich Gott auf dergleichen Wegen nähern zu wollen. |

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che non facevano una vera e propria fiamma ma | contem­ poraneamente diffondevano un buonissimo profumo. Anzi, il lumicino e il fumo sembravano esprimere ancor meglio la sua disposizione d’animo piuttosto che una fiamma viva. Il sole era sorto da un pezzo, ma le case vicine nascondevano l’alba: infine comparve da dietro i tetti. Presi subito una lente ustoria per accendere la candela che avevo posto sulla sommità in una bella ciotola di porcellana. Tutto funzionò a dovere e il rito fu perfetto. L’altare rimase lì come deco­ razione nella stanza che mi era stata assegnata nella nuova abitazione. Tutti ci vedevano soltanto una raccolta di reperti naturali ben sistemati, il fanciullo ne sapeva più di loro ma tacque. Desiderava ripetere la cerimonia ma sfortunatamen­ te, quando il sole apparve, la ciotola di porcellana non era a portata di mano; mise allora le candele profumate sulla cima del leggio, le accese, ma la devozione era tale che il sacerdote non si accorse del danno che la sua offerta provo­ cava, se non quando fu troppo tardi. Le candele infatti ave­ vano rovinato lo smalto rosso e deturpato i bei fiori dorati e, come per il passaggio di uno spirito maligno, avevano lasciato aloni neri indelebili. Il giovane sacerdote si trovò quindi in grande imbarazzo. Cercò in qualche modo di ce­ lare il danno con i pezzi più pregiati della collezione, ma gli passò del tutto il coraggio per nuovi riti e l’accaduto poté quasi considerarsi un segno e un ammonimento di quanto possa essere pericoloso avvicinarsi a Dio per quella via. |

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Zweites Buch Alles bisher Vorgetragene deutet auf jenen glücklichen und gemäch­ lichen Zustand, in welchem sich die Länder während eines langen Friedens befinden. Nirgends aber genießt man eine solche schöne Zeit wohl mit größerem Behagen als in Städten, die nach ihren eigenen Ge­ setzen leben, die groß genug sind, eine ansehnliche Menge Bürger zu fassen, und wohl gelegen, um sie durch Handel und Wandel zu be­ reichern. Fremde finden ihren Gewinn, da aus- und einzuziehen, und sind genötigt Vorteil zu bringen, um Vorteil zu erlangen. Beherrschen solche Städte auch kein weites Gebiet, so können sie destomehr im Innern Wohlhäbigkeit bewirken, weil ihre Verhältnisse nach außen sie nicht zu kostspieligen Unternehmungen oder Teilnahmen verpflichten. Auf diese Weise verfloß den Frankfurtern während meiner Kind­ heit eine Reihe glücklicher Jahre. Aber kaum hatte ich am 28. August 1756 mein siebentes Jahr zurückgelegt, als gleich darauf jener weltbe­ kannte Krieg ausbrach, welcher auf die nächsten sieben Jahre meines Lebens auch großen Einfluß haben sollte. Friedrich der zweite, König von Preußen, war mit 60 000 Mann in Sachsen eingefallen, und statt einer vorgängigen Kriegserklärung folgte ein Manifest, wie man sagte, von ihm selbst verfaßt, welches die Ursachen enthielt, die ihn zu einem solchen ungeheuren Schritt bewogen und berechtigt. Die Welt, die sich nicht nur als Zuschauer, sondern auch als Richter aufgefordert fand, spaltete sich sogleich in zwei Parteien, und unsere Familie war ein Bild des großen Ganzen.

Libro secondo Tutto ciò che ho raccontato finora richiama quella condi­ zione felice in cui i paesi vengono a trovarsi durante un lungo periodo di pace. Da nessuna parte però si gode con così grande agio di questi bei periodi come nelle città che si governano con leggi proprie, grandi abbastanza da contene­ re un ragguardevole numero di abitanti e in una posizione geografica favorevole per arricchirsi grazie ai traffici e al commercio. Gli stranieri hanno i loro vantaggi andando e venendo, e sono costretti a portare guadagno per ottenere guadagno essi stessi. Se poi queste città non hanno tutto intorno un esteso territorio da governare, possono raggiun­ gere al loro interno un benessere ancora maggiore, poiché le relazioni esterne non le costringono a imprese o alleanze costose. Così anche i francofortesi nella mia infanzia trascorsero una serie di anni tranquilli. Ma avevo da poco compiuto i sette anni, il 28 agosto 1756, quando scoppiò quella famosa guerra che nei sette anni successivi avrebbe avuto un influs­ so determinante sulla mia vita64. Federico II, re di Prussia, aveva invaso la Sassonia con sessantamila uomini; al posto di una vera e propria dichiarazione di guerra fu pubblica­ to un manifesto, che si diceva avesse redatto lui stesso, in cui spiegava i motivi che lo avevano spinto e autorizzato a compiere un passo così mostruoso. L’opinione pubblica, chiamata a essere non solo spettatore ma anche giudice, si spaccò subito in due parti, e la nostra famiglia fu l’esempio in piccolo di ciò che accadeva dovunque.

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Mein Großvater, der als Schöff von Frankfurt über Franz dem ersten den Krönungs-Himmel getragen, und von der Kaiserin eine gewich­ tige goldene Kette mit ihrem Bildnis erhalten hatte, war mit einigen Schwiegersöhnen | und Töchtern auf östreichischer Seite. Mein Vater, von Carl dem siebenten zum kaiserlichen Rat ernannt, und an dem Schicksale dieses unglücklichen Monarchen gemütlich teilnehmend, neigte sich mit der kleinern Familienhälfte gegen Preußen. Gar bald wurden unsere Zusammenkünfte, die man seit mehrern Jahren Sonn­ tags ununterbrochen fortgesetzt hatte, gestört. Die unter Verschwä­ gerten gewöhnlichen Mißhelligkeiten fanden nun erst eine Form, in der sie sich aussprechen konnten. Man stritt, man überwarf sich, man schwieg, man brach los. Der Großvater, sonst ein heitrer, ruhiger und bequemer Mann, ward ungeduldig. Die Frauen suchten vergebens das Feuer zu tüschen, und nach einigen unangenehmen Szenen blieb mein Vater zuerst aus der Gesellschaft. Nun freuten wir uns ungestört zu Hause der preußischen Siege, welche gewöhnlich durch jene leiden­ schaftliche Tante mit großem Jubel verkündigt wurden. Alles andere Interesse mußte diesem weichen, und wir brachten den Überrest des Jahres in beständiger Agitation zu. Die Besitznahme von Dresden, die anfängliche Mäßigung des Königs, die zwar langsamen aber sichern Fortschritte, der Sieg bei Lowositz, die Gefangennehmung der Sachsen waren für unsere Partei eben so viele Triumphe. Alles was zum Vorteil der Gegner angeführt werden konnte, wurde geleugnet oder verklei­ nert, und da die entgegengesetzten Familienglieder das Gleiche taten; so konnten sie einander nicht auf der Straße begegnen, ohne daß es Händel setzte, wie in Romeo und Julie. Und so war ich denn auch Preußisch, oder um richtiger zu reden, Fritzisch gesinnt: denn was ging uns Preußen an. Es war die Persön­ lichkeit des großen Königs, die auf alle Gemüter wirkte. Ich freute mich mit dem Vater unserer Siege, schrieb sehr gern die Siegslieder

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Mio nonno, che in qualità di scabino di Francoforte ave­ va sorretto il baldacchino durante l’incoronazione di Fran­ cesco i e aveva ricevuto dall’imperatrice una pesante catena d’oro con il suo ritratto, stava dalla parte degli austriaci | insieme ad alcune delle figlie e relativi generi. Mio padre invece, nominato consigliere imperiale da Carlo vii e sen­ tendosi vagamente partecipe del destino di quell’infelice monarca65, inclinava più verso la Prussia con la restante mi­ noranza dei parenti. Ben presto le nostre riunioni familiari, che da anni si svolgevano regolarmente tutte le domeniche, cominciarono a risentirne. I normali dissapori tra i parenti trovarono ora un canale per manifestarsi. Si litigava, ci si accapigliava, si taceva, si sbottava; il nonno, in genere se­ reno, tranquillo e accomodante, iniziò a perdere la pazien­ za. Le donne cercavano invano di smorzare i toni, e dopo alcune scenate sgradevoli mio padre non partecipò più a quei ritrovi66. Così potevamo gioire indisturbati delle vitto­ rie prussiane a casa nostra, annunciate in genere con grande esultanza dalla solita zia vivace. Tutto il resto passò in se­ condo piano e trascorremmo il resto dell’anno in costante agitazione. La conquista di Dresda, l’iniziale moderazione del re, la lenta ma continua avanzata, la vittoria di Lobositz e la conquista della Sassonia furono altrettanti trionfi per la nostra fazione67. Qualsiasi informazione potesse indicare un vantaggio per gli avversari veniva negata o ridimensio­ nata, e poiché l’altra parte della famiglia faceva lo stesso, non potevano nemmeno incontrarsi per strada senza che scoppiassero litigi in stile Romeo e Giulietta. E fu così che divenni prussiano o, per meglio dire, filofedericiano: della Prussia in fondo non ci importava gran ché. Era la personalità del grande monarca a catturare tutti i cuori. Con mio padre gioivo per le nostre vittorie, trascri­ vevo volentieri gli inni di vittoria ma ancor di più mi pia­

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ab, und fast noch lieber die Spottlieder auf die Gegenpartei, so platt die Reime auch sein mochten. Als ältester Enkel und Pate hatte ich seit meiner Kindheit jeden Sonntag bei den Großeltern gespeist: es waren meine vergnügtesten Stunden der ganzen Woche. Aber nun | wollte mir kein Bissen mehr schmecken: denn ich mußte meinen Helden aufs greulichste verleum­ den hören. Hier wehte ein anderer Wind, hier klang ein anderer Ton als zu Hause. Die Neigung, ja die Verehrung für meine Großeltern nahm ab. Bei den Eltern durfte ich nichts davon erwähnen; ich unterließ es aus eigenem Gefühl und auch weil die Mutter mich gewarnt hatte. Da­ durch war ich auf mich selbst zurückgewiesen, und wie mir in meinem sechsten Jahre, nach dem Erdbeben von Lissabon, die Güte Gottes ei­ nigermaßen verdächtig geworden war, so fing ich nun, wegen Fried­ richs des zweiten, die Gerechtigkeit des Publikums zu bezweifeln an. Mein Gemüt war von Natur zur Ehrerbietung geneigt, und es gehörte eine große Erschütterung dazu, um meinen Glauben an irgend ein Ehr­ würdiges wanken zu machen. Leider hatte man uns die guten Sitten, ein anständiges Betragen, nicht um ihrer selbst, sondern um der Leute willen anempfohlen; was die Leute sagen würden, hieß es immer, und ich dachte, die Leute müßten auch rechte Leute sein, würden auch Al­ les und Jedes zu schätzen wissen. Nun aber erfuhr ich das Gegenteil. Die größten und augenfälligsten Verdienste wurden geschmäht und angefeindet, die höchsten Taten wo nicht geleugnet doch wenigstens entstellt und verkleinert; und ein so schnödes Unrecht geschah dem einzigen, offenbar über alle seine Zeitgenossen erhabenen Manne, der täglich bewies und dartat was er vermöge; und dies nicht etwa vom Pö­ bel, sondern von vorzüglichen Männern, wofür ich doch meinen Groß­ vater und meine Oheime zu halten hatte. Daß es Parteien geben könne, ja daß er selbst zu einer Partei gehörte, davon hatte der Knabe keinen Begriff. Er glaubte um so viel mehr Recht zu haben und seine Gesin­

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cevano quelli che prendevano in giro i nemici, per quanto scadenti fossero le rime. In qualità di nipote maggiore e figlioccio, da quando ero piccolo avevo sempre pranzato la domenica a casa dei non­ ni: erano le ore più piacevoli di tutta la settimana. Ma ora | ogni boccone mi andava di traverso, sentendo il mio eroe denigrato nel modo più infame. Lì soffiava un vento diver­ so, si suonava una musica diversa rispetto a casa. L’affet­ to, la venerazione per i nonni cominciò a barcollare. Con i miei genitori non potevo parlarne: mi astenni sia perché non me la sentivo, sia perché la mamma mi aveva messo sull’avviso. Mi ritrovai quindi solo con me stesso, e come a sei anni il terremoto di Lisbona mi aveva fatto dubitare della bontà divina, così ora iniziai a mettere in dubbio, a causa di Federico ii, la correttezza dell’opinione pubblica. Di carattere ero per natura incline al rispetto e ci voleva una scossa fortissima per far vacillare la mia fede in qualcosa di rispettabile. Purtroppo la buona educazione e le buone ma­ niere ci erano state inculcate non come valore in sé, ma in rapporto alla gente: «cosa direbbe la gente?», ci ripetevano di continuo, e ritenevo quindi che la gente fosse corretta e in grado giudicare bene ogni cosa. Stavo invece facendo esperienza del contrario68. I successi più significativi e più evidenti venivano disprezzati e contestati, le imprese più notevoli se non negate, quanto meno distorte e sminuite; e un torto così vile lo si commetteva contro l’unico uomo palesemente migliore di tutti i suoi contemporanei, colui che ogni giorno dava prova e dimostrazione del suo valore. E per giunta non dalla plebe ma da persone eccellenti quali ritenevo fossero il nonno e gli zii. Che potessero esserci delle fazioni e che egli stesso vi appartenesse era un’idea ancora sconosciuta per il fanciullo, anzi: era davvero con­ vinto di aver ragione e che la sua opinione fosse superiore,

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nung für die bessere erklären zu dürfen, da er und die Gleichgesinnten Marien Theresien, ihre Schönheit und übrigen guten Eigenschaften ja gelten ließen, und dem Kaiser Franz seine Juwelen- und Geldliebhabe­ rei weiter auch nicht verargten; daß Graf Daun manchmal eine Schlaf­ mütze geheißen wurde, glaubten sie verantworten zu können. | Bedenke ich es aber jetzt genauer, so finde ich hier den Keim der Nichtachtung, ja der Verachtung des Publikums, die mir eine ganze Zeit meines Lebens anhing und nur spät durch Einsicht und Bildung ins Gleiche gebracht werden konnte. Genug, schon damals war das Gewahrwerden parteiischer Ungerechtigkeit dem Knaben sehr unan­ genehm, ja schädlich, indem es ihn gewöhnte, sich von geliebten und geschätzten Personen zu entfernen. Die immer auf einander folgenden Kriegstaten und Begebenheiten ließen den Parteien weder Ruhe noch Rast. Wir fanden ein verdrießliches Behagen, jene eingebildeten Übel und willkürlichen Händel immer von frischem wieder zu erregen und zu schärfen, und so fuhren wir fort uns unter einander zu quälen, bis einige Jahre darauf die Franzosen Frankfurt besetzten und uns wahre Unbequemlichkeit in die Häuser brachten. Ob nun gleich die Meisten sich dieser wichtigen, in der Ferne vor­ gehenden Ereignisse nur zu einer leidenschaftlichen Unterhaltung be­ dienten; so waren doch auch andre, welche den Ernst dieser Zeiten wohl einsahen, und befürchteten, daß bei einer Teilnahme Frankreichs der Kriegs-Schauplatz sich auch in unsern Gegenden auftun könne. Man hielt uns Kinder mehr als bisher zu Hause, und suchte uns auf mancherlei Weise zu beschäftigen und zu unterhalten. Zu solchem Ende hatte man das von der Großmutter hinterlassene Puppenspiel wieder aufgestellt, und zwar dergestalt eingerichtet, daß die Zuschau­ er in meinem Giebelzimmer sitzen, die spielenden und dirigierenden Personen aber, so wie das Theater selbst vom Proscenium an, in ei­

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dal momento che lui e quelli che la pensavano come lui non contestavano a Maria Teresa la bellezza e le altre sue buone qualità, e nemmeno se la prendevano con l’avidità di dena­ ro e di gioielli dell’imperatore; potevano persino accettare che il conte Daun venisse qualche volta soprannominato ‘il dormiglione’69. | Ripensandoci meglio ora, ritrovo qui il primo germe del­ la scarsa considerazione, anzi, del disprezzo nei confronti dell’opinione pubblica che poi mi rimase per una buona parte della vita e che solo più avanti, grazie al discernimen­ to e alla formazione, poté essere riequilibrato. Comunque, fin da allora la percezione dell’ingiustizia faziosa diven­ ne estremamente sgradevole per il fanciullo, o addirittura nociva, perché lo abituò a prendere le distanze da persone amate e stimate. – Le vicende e le fasi della guerra in rapi­ da successione non lasciavano né riposo né tregua ai due schieramenti. Provavamo un piacere malevolo nel rievoca­ re e rinfocolare ogni volta disgrazie immaginarie e opinioni arbitrarie, e così andammo avanti a tormentarci finché qual­ che anno più tardi i francesi non occuparono Francoforte portando nelle nostre case fastidi reali70. Sebbene per la maggior parte della gente questi avve­ nimenti lontani fossero soltanto oggetto di appassionate conversazioni, c’erano però anche coloro che comprende­ vano bene la serietà del momento e temevano che un coin­ volgimento della Francia avrebbe esteso lo scenario della guerra anche alla nostra regione. Si tenevano i bambini in casa più del solito, cercando di distrarci e tenerci occupati in ogni modo; per questo era stato rimesso in esercizio il teatro delle marionette che la nonna ci aveva regalato, ma in modo tale che gli spettatori potessero sedere nella mia stanza, mentre il teatro, dal proscenio in poi, insieme a co­ loro che manovravano e recitavano, rimaneva nella stanza

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nem Nebenzimmer Platz und Raum fanden. Durch die besondere Ver­ günstigung, bald diesen bald jenen Knaben als Zuschauer einzulassen, erwarb ich mir anfangs viele Freunde; allein die Unruhe, die in den Kindern steckt, ließ sie nicht lange geduldige Zuschauer bleiben. Sie störten das Spiel, und wir mußten uns ein jüngeres Publikum aussu­ chen, das noch allenfalls durch Ammen und Mägde in der Ordnung gehalten werden konnte. Wir hatten das | ursprüngliche Hauptdrama, worauf die Puppengesellschaft eigentlich eingerichtet war, auswendig gelernt, und führten es anfangs auch ausschließlich auf; allein dies er­ müdete uns bald, wir veränderten die Garderobe, die Dekorationen, und wagten uns an verschiedene Stücke, die freilich für einen so klei­ nen Schauplatz zu weitläuftig waren. Ob wir uns nun gleich durch diese Anmaßung dasjenige was wir wirklich hätten leisten können, verkümmerten und zuletzt gar zerstörten; so hat doch diese kindliche Unterhaltung und Beschäftigung auf sehr mannigfaltige Weise bei mir das Erfindungs- und Darstellungsvermögen, die Einbildungskraft und eine gewisse Technik geübt und befördert, wie es vielleicht auf keinem andern Wege, in so kurzer Zeit, in einem so engen Raume, mit so we­ nigem Aufwand hätte geschehen können. Ich hatte früh gelernt mit Zirkel und Lineal umzugehen, indem ich den ganzen Unterricht, den man uns in der Geometrie erteilte, sogleich in das Tätige verwandte, und Pappenarbeiten konnten mich höchlich beschäftigen. Doch blieb ich nicht bei geometrischen Körpern, bei Kästchen und solchen Dingen stehen, sondern ersann mir artige Lust­ häuser, welche mit Pilastern, Freitreppen und flachen Dächern ausge­ schmückt wurden; wovon jedoch wenig zu Stande kam. Weit beharrlicher hingegen war ich, mit Hülfe unsers Bedienten, eines Schneiders von Profession, eine Rüstkammer auszustatten, wel­ che zu unsern Schau-und Trauerspielen dienen sollte, die wir, nachdem wir den Puppen über den Kopf gewachsen waren, selbst aufzuführen Lust hatten. Meine Gespielen verfertigten sich zwar auch solche Rüs­ tungen und hielten sie für eben so schön und gut als die meinigen;

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accanto. Concedendo a questo e a quel ragazzino lo specia­ le privilegio di fare ogni tanto da spettatore mi guadagnai parecchi amici, ma l’irrequietezza tipica di tutti i bambini li rendeva troppo impazienti e ben presto disturbavano lo spettacolo, tanto che alla fine fummo costretti a cercarci un pubblico più giovane, che poteva essere tenuto a bada da balie e domestiche. Avevamo imparato | a memoria l’opera per la quale la compagnia dei burattini era originariamen­ te predisposta, e mettevamo in scena sempre quella71; ma ci stancammo presto, e cambiando i costumi e le scene ci cimentammo in pezzi diversi, troppo complessi però per un palcoscenico così piccolo. Sebbene la nostra ambizio­ ne avesse l’effetto di compromettere e alla fine persino di­ struggere quello che sarebbe stato effettivamente fattibile, quel passatempo e quell’occupazione infantile allenarono e stimolarono in molteplici modi l’inventiva e la capaci­ tà di rappresentazione, la fantasia e una certa qual tecnica, cosa che difficilmente sarebbe stata possibile altrimenti in un tempo così breve, in uno spazio così ristretto e con così poco sforzo. Avevo appreso per tempo a maneggiare riga e compasso perché amavo tradurre subito in pratica le lezioni di geome­ tria che ricevevo, e mi divertivo moltissimo nei lavori con il cartoncino. Ma non mi fermavo alle figure geometriche, a scatolette e cose del genere; escogitavo graziosi padiglioni che decoravo con colonne, scale e tettucci ma che raramen­ te venivano completati. Fui invece molto più perseverante nell’allestire, con l’aiu­to di uno dei nostri servitori che faceva il sarto, un guar­ daroba che servisse per la rappresentazione di commedie e tragedie che ora, troppo cresciuti per i burattini, mettevamo in scena di persona. I miei compagni si dotarono a loro vol­ ta di un analogo equipaggiamento e lo ritenevano bello e

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allein ich hatte es nicht bei den Bedürfnissen Einer Person bewenden lassen, sondern konnte mehrere des kleinen Heeres mit allerlei Requi­ siten ausstatten, und machte mich daher unserm kleinen Kreise immer notwendiger. Daß solche Spiele auf Parteiungen, Gefechte und Schlä­ ge hinwiesen, und gewöhnlich auch mit Händeln und | Verdruß ein schreckliches Ende nahmen, läßt sich denken. In solchen Fällen hielten gewöhnlich gewisse bestimmte Gespielen an mir, andre auf der Ge­ genseite, ob es gleich öfter manchen Parteiwechsel gab. Ein einziger Knabe, den ich Pylades nennen will, verließ nur ein einzigmal, von den andern aufgehetzt, meine Partei, konnte es aber kaum eine Minu­ te aushalten, mir feindselig gegenüber zu stehen; wir versöhnten uns unter vielen Tränen, und haben eine ganze Weile treulich zusammen gehalten. Diesen so wie andre Wohlwollende konnte ich sehr glücklich ma­ chen, wenn ich ihnen Märchen erzählte, und besonders liebten sie, wenn ich in eigner Person sprach, und hatten eine große Freude, daß mir als ihrem Gespielen so wunderliche Dinge könnten begegnet sein, und dabei gar kein Arges, wie ich Zeit und Raum zu solchen Aben­ teuern finden können, da sie doch ziemlich wußten, wie ich beschäf­ tigt war, und wo ich aus und einging. Nicht weniger waren zu solchen Begebenheiten Lokalitäten, wo nicht aus einer andern Welt, doch ge­ wiß aus einer andern Gegend nötig, und alles war doch erst heut oder gestern geschehen. Sie mußten sich daher mehr selbst betrügen, als ich sie zum besten haben konnte. Und wenn ich nicht nach und nach, meinem Naturell gemäß, diese Luftgestalten und Windbeuteleien zu kunstmäßigen Darstellungen hätte verarbeiten lernen; so wären sol­ che aufschneiderische Anfänge gewiß nicht ohne schlimme Folgen für mich geblieben. Betrachtet man diesen Trieb recht genau, so möchte man in ihm diejenige Anmaßung erkennen, womit der Dichter selbst das Unwahr­ scheinlichste gebieterisch ausspricht, und von einem Jeden fordert, er solle dasjenige für wirklich erkennen, was ihm, dem Erfinder, auf ir­ gend eine Weise als wahr erscheinen konnte.

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adeguato quanto il mio; io però non mi ero accontentato di soddisfare le necessità di un solo personaggio, ma potevo invece vestire di tutto punto più persone del nostro piccolo esercito, divenendo così sempre più indispensabile per il nostro gruppetto. Che quei giochi provocassero spesso liti, scontri e botte è facile immaginarlo, e | spesso e volentieri si concludevano in malo modo con zuffe e collera. In quei casi in genere alcuni compagni si schieravano quasi sempre dal­ la mia parte, altri con la parte avversa, ma non mancavano i voltagabbana; uno di loro, che chiamerò Pilade, aizzato dagli altri, si schierò contro di me una volta soltanto, ma non riuscì a resistere nemmeno un minuto come mio nemi­ co; ci riconciliammo con molte lacrime e per molto tempo restammo amici fedeli72. Questi e altri amici erano molto contenti quando raccon­ tavo loro delle fiabe, soprattutto quando narravo in prima persona – erano entusiasti che al loro compagno di giochi potessero accadere cose tanto meravigliose, e nonostante sa­ pessero benissimo come e dove trascorrevo le mie giornate, non si chiedevano minimamente dove e quando mi fossero capitate tutte quelle avventure. Eppure quegli avvenimenti erano ambientati in località se non di un altro mondo, alme­ no di un altro paese, e tutto era sempre successo ieri o oggi: ingannavano se stessi quindi, molto più di quanto potessi in­ gannarli io. E se con il passare del tempo non avessi imparato spontaneamente a rielaborare man mano quelle fantasticherie e quelle fandonie in forma letteraria, quel principio di mito­ mania avrebbe senz’altro portato a pessime conseguenze. Osservando però con attenzione questo istinto, vi si rico­ nosce facilmente la tendenza del poeta a descrivere anche le cose più improbabili in modo imperioso, pretendendo che ciascuno prenda per vero ciò che è parso vero, in una qual­ che maniera, alla sua fantasia.

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Was jedoch hier nur im Allgemeinen und betrachtungsweise vor­ getragen worden, wird vielleicht durch ein Beispiel, durch ein Mus­ terstück angenehmer und anschaulicher werden. Ich füge daher ein solches Märchen bei, welches mir, da ich es meinen Gespielen oft wie­ derholen | mußte, noch ganz wohl vor der Einbildungskraft und im Gedächtnis schwebt. Der neue Paris Knabenmärchen Mir träumte neulich in der Nacht vor Pfingstsonntag, als stünde ich vor einem Spiegel und beschäftigte mich mit den neuen Sommerklei­ dern, welche mir die lieben Eltern auf das Fest hatten machen lassen. Der Anzug bestand, wie ihr wißt, in Schuhen von sauberem Leder, mit großen silbernen Schnallen, feinen baumwollnen Strümpfen, schwar­ zen Unterkleidern von Sarsche, und einem Rock von grünem Berkan mit goldnen Balletten. Die Weste dazu, von Goldstoff, war aus meines Vaters Bräutigamsweste geschnitten. Ich war frisiert und gepudert, die Locken standen mir wie Flügelchen vom Kopfe; aber ich konnte mit dem Anziehen nicht fertig werden, weil ich immer die Kleidungsstücke verwechselte, und weil mir immer das erste vom Leibe fiel, wenn ich das zweite umzunehmen gedachte. In dieser großen Verlegenheit trat ein junger schöner Mann zu mir und begrüßte mich aufs freundlichste. Ei, seid mir willkommen! sagte ich: es ist mir ja gar lieb, daß ich Euch hier sehe. – »Kennt Ihr mich denn?« versetzte jener lächelnd. – Warum nicht? war meine gleichfalls lächelnde Antwort. Ihr seid Merkur, und ich habe Euch oft genug abgebildet gesehen. – »Das bin ich, sagte je­ ner, und von den Göttern mit einem wichtigen Auftrag an dich gesandt. Siehst du diese drei Äpfel?« – Er reichte seine Hand her und zeigte mir drei Äpfel, die sie kaum fassen konnte, und die eben so wunder­ sam schön als groß waren, und zwar der eine von roter, der andere von gelber, der dritte von grüner Farbe. Man mußte sie für Edelsteine halten, denen man die Form von Früchten gegeben. Ich wollte darnach

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Quello che ho appena esposto in generale e come ri­ flessione personale può forse essere illustrato in modo più piacevole ed efficace attraverso un esempio. Riporto quindi una di quelle fiabe che mi è rimasta particolarmente impres­ sa nella memoria e nella fantasia | perché dovetti ripeterla più e più volte ai miei compagni. Il novello Paride73 Fiaba per bambini Di recente, la notte prima di Pentecoste, ho sognato che stavo davanti a uno specchio indaffarato a provare i nuo­ vi vestiti estivi che i miei cari genitori mi avevano fatto fare per la festa. Come sapete, si trattava di scarpe di buon cuoio con grandi fibbie d’argento, calze di cotone sottile, pantaloni neri di sargia e una giacca di barracano verde con gli occhielli dorati74. Il panciotto, intessuto d’oro, era stato ricavato da quello di nozze di mio padre. Ero pettinato e incipriato, i riccioli disegnavano due alette intorno alla te­ sta, ma non riuscivo a finire di vestirmi perché continuavo a prendere una cosa per l’altra e non appena cercavo di in­ filarmi un indumento, mi scivolava di dosso quello appena indossato. Nel mio grande imbarazzo vidi entrare un bel giovane che mi salutò con grande cordialità. «Oh, benvenu­ to!» dissi io, «sono proprio contento di vedervi qui». – «Ma sapete chi sono?» chiese il giovane sorridendo. «Come no!» fu la mia altrettanto sorridente risposta. «Siete Mercurio, vi ho visto dipinto molte volte». – «Sono proprio io, e gli dei mi hanno mandato da te con un importante incarico. Vedi queste tre mele?» Tese la mano e mi mostrò tre mele che riusciva a tenere a fatica, tanto erano grosse e belle, una rossa, una gialla, una verde. Potevano essere delle gemme a cui era stata data la forma di un frutto. Feci per prenderle,

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greifen; er aber zog zurück und sagte: »Du mußt erst wissen, daß sie nicht für dich sind. | Du sollst sie den drei schönsten jungen Leuten von der Stadt geben, welche sodann, jeder nach seinem Lose, Gattin­ nen finden sollen, wie sie solche nur wünschen können. Nimm, und mach deine Sachen gut!« sagte er scheidend, und gab mir die Äpfel in meine offnen Hände; sie schienen mir noch größer geworden zu sein. Ich hielt sie darauf in die Höhe, gegen das Licht, und fand sie ganz durchsichtig; aber gar bald zogen sie sich aufwärts in die Länge und wurden zu drei schönen, schönen Frauenzimmerchen in mäßiger Pup­ pengröße, deren Kleider von der Farbe der vorherigen Äpfel waren. So gleiteten sie sacht an meinen Fingern hinauf, und als ich nach ihnen haschen wollte, um wenigstens eine festzuhalten, schwebten sie schon weit in der Höhe und Ferne, daß ich nichts als das Nachsehen hatte. Ich stand ganz verwundert und versteinert da, hatte die Hände noch in der Höhe und beguckte meine Finger, als wäre daran etwas zu sehen gewesen. Aber mit einmal erblickte ich auf meinen Fingerspitzen ein allerliebstes Mädchen herumtanzen, kleiner als jene, aber gar niedlich und munter; und weil sie nicht wie die andern fortflog, sondern ver­ weilte, und bald auf diese bald auf jene Fingerspitze tanzend hin und her trat; so sah ich ihr eine Zeit lang verwundert zu. Da sie mir aber gar so wohl gefiel, glaubte ich sie endlich haschen zu können und dachte geschickt genug zuzugreifen; allein in dem Augenblick fühlte ich einen Schlag an den Kopf, so daß ich ganz betäubt niederfiel, und aus dieser Betäubung nicht eher erwachte, als bis es Zeit war mich anzuziehen und in die Kirche zu gehen. Unter dem Gottesdienst wiederholte ich mir jene Bilder oft genug; auch am großelterlichen Tische, wo ich zu Mittag speiste. Nachmittags wollte ich einige Freunde besuchen, sowohl um mich in meiner neuen Kleidung, den Hut unter dem Arm und den Degen an der Seite, sehen zu lassen, als auch weil ich ihnen Besuche schuldig war. Ich fand Nie­ manden zu Hause, und da ich hörte, daß sie in die Gärten gegangen; so gedachte ich ihnen zu folgen und den Abend vergnügt zuzubringen.

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ma ritirò la mano e disse: «Per prima cosa, sappi che non sono per te. | Devi consegnarle ai tre ragazzi più belli della città i quali, scegliendone una a caso, troveranno le spose più belle che si possano mai immaginare. Adesso prendile e fai le cose per bene!» disse allontanandosi e mettendo­ mi in mano le mele che mi sembrarono ancora più grandi. Le sollevai in controluce e vidi che erano quasi trasparenti, ma subito dopo iniziarono ad allungarsi e si trasformarono in tre belle, bellissime signorine grandi come bambole di media dimensione, vestite ognuna nel colore della rispetti­ va mela. Scivolarono leggere lungo le dita e quando cercai di afferrarle per trattenerne almeno una, si libravano già in alto, irraggiungibili, mentre io le guardavo a bocca aperta. Rimasi lì, allibito e impietrito, le mani ancora tese verso l’alto, fissandomi le dita come se ci fosse ancora qualcosa da vedere, quando tutto a un tratto scorsi sulla punta delle dita una deliziosa ragazzina che danzava, più piccola delle precedenti ma graziosa e allegra. Visto che non volò via come le altre ma si trattenne danzando sulla punta ora di un dito, ora dell’altro, rimasi a guardarla incantato per molto tempo. Mi piaceva molto e pensai quindi di catturarla af­ ferrandola il più velocemente possibile, ma in quello stesso istante ricevetti una botta in testa e caddi privo di sensi. Da quell’intontimento mi risvegliai giusto in tempo per vestir­ mi e andare in chiesa. Durante la celebrazione continuavo a ripensare all’acca­ duto, e anche dopo, durante il pranzo a casa dei nonni. Al pomeriggio avevo intenzione di far visita ad alcuni amici, sia perché volevo che mi vedessero coi miei vestiti nuovi, con il cappello sotto il braccio e lo spadino al fianco, sia perché dovevo ricambiare una visita. Non trovai nessuno a casa, ma sentendo che erano andati ai giardini pensai di se­ guirli per passare con loro il pomeriggio in allegria. La stra­

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Mein Weg führte mich den | Zwinger hin, und ich kam in die Gegend, welche mit Recht den Namen schlimme Mauer führt: denn es ist dort niemals ganz geheuer. Ich ging nur langsam und dachte an meine drei Göttinnen, besonders aber an die kleine Nymphe, und hielt meine Fin­ ger manchmal in die Höhe, in Hoffnung sie würde so artig sein, wieder darauf zu balancieren. In diesen Gedanken vorwärts gehend erblickte ich, linker Hand, in der Mauer ein Pförtchen, das ich mich nicht erin­ nerte je gesehen zu haben. Es schien niedrig, aber der Spitzbogen drü­ ber hätte den größten Mann hindurch gelassen. Bogen und Gewände waren aufs zierlichste vom Steinmetz und Bildhauer ausgemeißelt, die Türe selbst aber zog erst recht meine Aufmerksamkeit an sich. Braunes uraltes Holz, nur wenig verziert, war mit breiten, sowohl erhaben als vertieft gearbeiteten Bändern von Erz beschlagen, deren Laubwerk, worin die natürlichsten Vögel saßen, ich nicht genug bewundern konn­ te. Doch was mir das Merkwürdigste schien, kein Schlüsselloch war zu sehen, keine Klinke, kein Klopfer, und ich vermutete daraus, daß diese Türe nur von innen aufgemacht werde. Ich hatte mich nicht geirrt: denn als ich ihr näher trat, um die Zieraten zu befühlen, tat sie sich hinein­ wärts auf, und es erschien ein Mann, dessen Kleidung etwas Langes, Weites und Sonderbares hatte. Auch ein ehrwürdiger Bart umwölkte sein Kinn; daher ich ihn für einen Juden zu halten geneigt war. Er aber, eben als wenn er meine Gedanken erraten hätte, machte das Zeichen des heiligen Kreuzes, wodurch er mir zu erkennen gab, daß er ein guter katholischer Christ sei. – »Junger Herr, wie kommt Ihr hierher, und was macht Ihr da?« sagte er mit freundlicher Stimme und Gebärde. – Ich bewundre, versetzte ich, die Arbeit dieser Pforte: denn ich habe dergleichen noch niemals gesehen; es müßte denn sein auf kleinen Stü­ cken in den Kunstsammlungen der Liebhaber. – »Es freut mich, ver­ setzte er darauf, daß Ihr solche Arbeit liebt. Inwendig ist die Pforte noch viel schöner: tretet herein, wenn es Euch gefällt.« Mir war bei der Sache nicht ganz wohl zu Mute. Die wunderliche Kleidung des Pfört­ ners, | die Abgelegenheit und ein sonst ich weiß nicht was, das in der Luft zu liegen schien, beklemmte mich. Ich verweilte daher, unter dem

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da portava | verso le mura e mi ritrovai nella zona giusta­ mente detta il ‘muro tetro’, sempre un po’ inquietante75. Passeggiavo lentamente pensando alle mie tre dee ma in particolare alla piccola ninfa e talvolta sollevavo la mano nella speranza che fosse così cortese da tornare a librarsi sulla punta delle dita. Assorto in questi pensieri notai a un certo punto, sulla sinistra, una porticina nelle mura che non mi ricordavo di avere mai visto. Era piccola, ma l’arco acu­ to sulla sommità avrebbe permesso il passaggio anche di un uomo molto alto. Arco e strombatura erano finemente lavo­ rati da scalpellini e scultori, ma fu la porta ad attirare mag­ giormente la mia attenzione. Sull’antichissimo legno scuro, piuttosto disadorno, erano applicate fasce di metallo lavora­ te ad alto e basso rilievo: non mi stancavo di ammirarne le foglie, tra le quali scorgevo uccellini che parevano vivi. Ma la cosa che mi sembrò più strana è che non si vedeva la toppa, né un saliscendi, né un batacchio e dedussi che si poteva aprire soltanto dall’interno. Non mi sbagliavo: avvi­ cinandomi per tastare le decorazioni, la porta si aprì verso l’interno e apparve un uomo con una vesta lunga, ampia e alquanto strana; una barba venerabile gli annuvolava il mento e pensai quindi che fosse un ebreo. Come se avesse indovinato i miei pensieri, si fece il segno della croce facen­ domi così capire che era invece un buon cristiano. «Giova­ notto, come mai siete venuto, e cosa fate?» chiese in tono e con espressione amichevole. «Ammiravo la lavorazione di questa porta», risposi, «perché non ne ho mai vista una uguale, a parte qualche frammento forse nella collezione di qualche intenditore...» – «Sono contento che vi piaccia. All’interno è ancora più bella: entrate, se volete». Mi senti­ vo un po’ a disagio: il curioso abbigliamento del custode, | il luogo appar­tato, qualcosa di strano che sentivo nell’aria mi bloccarono. Temporeggiai quindi, con il pretesto di esa­

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Vorwande die Außenseite noch länger zu betrachten, und blickte dabei verstohlen in den Garten: denn ein Garten war es, der sich vor mir er­ öffnet hatte. Gleich hinter der Pforte sah ich einen großen beschatteten Platz; alte Linden, regelmäßig von einander abstehend, bedeckten ihn völlig mit ihren dicht in einander greifenden Ästen, so daß die zahl­ reichsten Gesellschaften in der größten Tageshitze sich darunter hätten erquicken können. Schon war ich auf die Schwelle getreten, und der Alte wußte mich immer um einen Schritt weiter zu locken. Ich wider­ stand auch eigentlich nicht: denn ich hatte jederzeit gehört, daß ein Prinz oder Sultan in solchem Falle niemals fragen müsse, ob Gefahr vorhanden sei. Hatte ich doch auch meinen Degen an der Seite; und sollte ich mit dem Alten nicht fertig werden, wenn er sich feindlich er­ weisen wollte? Ich trat also ganz gesichert hinein; der Pförtner drückte die Türe zu, die so leise einschnappte, daß ich es kaum spürte. Nun zeigte er mir die inwendig angebrachte, wirklich noch viel kunstreiche­ re Arbeit, legte sie mir aus, und bewies mir dabei ein besonderes Wohl­ wollen. Hiedurch nun völlig beruhigt, ließ ich mich in dem belaubten Raume an der Mauer, die sich ins Runde zog, weiter führen, und fand manches an ihr zu bewundern. Nischen, mit Muscheln, Korallen und Metallstufen künstlich ausgeziert, gaben aus Tritonenmäulern reichli­ ches Wasser in marmorne Becken; dazwischen waren Vogelhäuser an­ gebracht und andre Vergitterungen, worin Eichhörnchen herumhüpf­ ten, Meerschweinchen hin und wider liefen, und was man nur sonst von artigen Geschöpfen wünschen kann. Die Vögel riefen und sangen uns an, wie wir vorschritten; die Stare besonders schwätzten das när­ rischste Zeug; der eine rief immer: Paris, Paris, und der andre: Narciß, Narciß, so deutlich als es ein Schulknabe nur aussprechen kann. Der Alte schien mich immer ernsthaft anzusehen, indem die Vögel dieses riefen; ich tat aber nicht, als wenn ich’s merkte, | und hatte auch wirk­ lich nicht Zeit auf ihn Acht zu geben: denn ich konnte wohl gewahr werden, daß wir in die Runde gingen, und daß dieser beschattete Raum

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minare ancora bene l’esterno della porta, e intanto gettai uno sguardo furtivo nel giardino: perché era un giardino quello che si era schiuso davanti a me. Oltre la porta vidi una grande radura ombreggiata. Vecchi tigli, a distanza re­ golare l’uno dall’altro, la sormontavano completamente con i rami folti e intrecciati, tanto che compagnie anche nu­ merose avrebbero potuto trovarvi ristoro nei giorni più cal­ di. Ero già sulla soglia, e il vecchio riuscì ad attirarmi verso l’interno un passo dopo l’altro. Io del resto non mi opposi, perché avevo spesso sentito dire che un principe o un sulta­ no non chiede mai se c’è pericolo. Avevo comunque anche lo spadino al fianco: avrei ben potuto avere la meglio sul vecchio, nel caso si fosse dimostrato ostile. Rassicurato, en­ trai; il vecchio spinse la porta che si chiuse così silenziosa­ mente che quasi non me ne accorsi. Mi mostrò quindi la lavorazione del lato interno, in effetti ancora più pregevole, illustrandomela con particolare cortesia. Definitivamente tranquillizzato, mi lasciai condurre lungo le mura che cir­ condavano la radura alberata, scoprendo molte cose ammi­ revoli: nicchie artisticamente decorate con coralli, conchi­ glie e minerali, con bocche di tritoni che rovesciavano ab­bondanti getti d’acqua in vasche marmoree76; tra l’una e l’altra erano collocate voliere e altre gabbie in cui saltella­ vano e scorrazzavano scoiattolini, porcellini d’India e ani­ maletti di ogni specie. Gli uccellini cantavano e fischiavano al nostro passaggio, soprattutto gli storni facevano un gran­ de strepito. L’uno fischiava di continuo: «Paride, Paride», e l’altro: «Narciso, Narciso» scandendo le parole, come se un bambino a scuola le stesse sillabando. Mentre gli uccelli cantavano in quel modo, ebbi l’impressione che il vecchio mi scrutasse molto seriamente, ma finsi di non accorgerme­ ne | e non ebbi in realtà il tempo di badargli perché stavo notando che avevamo girato in tondo e che lo spazio albe­

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eigentlich ein großer Kreis sei, der einen andern viel bedeutendern um­ schließe. Wir waren auch wirklich wieder bis ans Pförtchen gelangt, und es schien als wenn der Alte mich hinauslassen wolle; allein meine Augen blieben auf ein goldnes Gitter gerichtet, welches die Mitte die­ ses wunderbaren Gartens zu umzäunen schien, und das ich auf unserm Gange hinlänglich zu beobachten Gelegenheit fand, ob mich der Alte gleich immer an der Mauer und also ziemlich entfernt von der Mitte zu halten wußte. Als er nun eben auf das Pförtchen los ging, sagte ich zu ihm, mit einer Verbeugung: Ihr seid so äußerst gefällig gegen mich ge­ wesen, daß ich wohl noch eine Bitte wagen möchte, ehe ich von Euch scheide. Dürfte ich nicht jenes goldne Gitter näher besehen, das in ei­ nem sehr weiten Kreise das Innere des Gartens einzuschließen scheint? – »Recht gern, versetzte jener; aber sodann müßt Ihr Euch einigen Be­ dingungen unterwerfen.« – Worin bestehen sie? fragte ich hastig. – »Ihr müßt Euren Hut und Degen hier zurücklassen, und dürft mir nicht von der Hand, indem ich Euch begleite.« – Herzlich gern! erwiderte ich, und legte Hut und Degen auf die erste beste steinerne Bank. So­ gleich ergriff er mit seiner Rechten meine Linke, hielt sie fest, und führte mich mit einiger Gewalt gerade vorwärts. Als wir ans Gitter kamen, verwandelte sich meine Verwunderung in Erstaunen: so etwas hatte ich nie gesehen. Auf einem hohen Sockel von Marmor standen unzählige Spieße und Partisanen neben einander gereiht, die durch ihre seltsam verzierten oberen Enden zusammenhingen und einen ganzen Kreis bildeten. Ich schaute durch die Zwischenräume, und sah gleich dahinter ein sanft fließendes Wasser, auf beiden Seiten mit Marmor eingefaßt, das in seinen klaren Tiefen eine große Anzahl von Gold- und Silberfischen sehen ließ, die sich bald sachte bald geschwind, bald ein­ zeln bald zugweise, hin und her bewegten. Nun hätte ich aber auch gern über den Kanal | gesehen, um zu erfahren, wie es in dem Herzen des Gartens beschaffen sei; allein da fand ich zu meiner großen Betrüb­

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rato era effettivamente circolare e ne comprendeva un altro molto più interessante. Eravamo infatti tornati al punto in cui si trovava la porticina, e il vecchio stava per farmi usci­ re, quando i miei occhi furono catturati da una cancellata dorata che sembrava circondare la parte più interna di quel giardino meraviglioso. Avevo avuto modo di osservarlo più volte durante il nostro giro, nonostante il vecchio mi avesse abilmente trattenuto tutto il tempo lungo il muro, quindi ab­ bastanza lontano dalla parte centrale. Quando dunque si av­ vicinò alla porta, gli dissi con un inchino: «Siete stato così tanto gentile con me, che oserei rivolgervi una preghiera, prima di prendere commiato. Potrei vedere più da vicino quella cancellata dorata, che sembra racchiudere in un ampio cerchio la parte più interna del giardino?» – «Certa­ mente», rispose, «ma solo se accetterete alcune condizio­ ni». – «E cioè quali?» chiesi impaziente. «Dovete lasciare qui spada e cappello e non lasciarmi mai la mano mentre vi accompagno». – «Ben volentieri!» replicai, posando la spa­ da e il cappello sulla panca di pietra più vicina. Subito con la destra mi afferrò saldamente la mano sinistra e con deci­ sione mi condusse avanti. Quando arrivammo alla cancella­ ta, la meraviglia si trasformò in stupore: non avevo mai vi­ sto una cosa del genere. Su un alto basamento di marmo erano allineate l’una accanto all’altra innumerevoli lance e partigiane, che con le loro estremità curiosamente lavorate erano fissate le une alle altre formando un cerchio. Guardai attraverso le fessure e vidi lì accanto un ruscello che scorre­ va dolcemente tra due sponde di marmo; nelle sue chiare profondità si scorgevano tantissimi pesciolini dorati e ar­ gentati che guizzavano, alcuni veloci e altri lenti, alcuni da soli e altri in branco. Avrei volentieri guardato anche cosa c’era oltre il canale | nel cuore del giardino, ma con mio grande disappunto scoprii che dietro il corso d’acqua c’era

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nis, daß an der Gegenseite das Wasser mit einem gleichen Gitter einge­ faßt war, und zwar so künstlicher Weise, daß auf einen Zwischenraum diesseits gerade ein Spieß oder eine Partisane jenseits paßte, und man also, die übrigen Zieraten mitgerechnet, nicht hindurchsehen konnte, man mochte sich stellen wie man wollte. Überdies hinderte mich der Alte, der mich noch immer festhielt, daß ich mich nicht frei bewegen konnte. Meine Neugier wuchs indes, nach allem was ich gesehen, im­ mer mehr, und ich nahm mir ein Herz, den Alten zu fragen, ob man nicht auch hinüber kommen könne. – »Warum nicht? versetzte jener; aber auf neue Bedingungen.« – Als ich nach diesen fragte, gab er mir zu erkennen, daß ich mich umkleiden müsse. Ich war es sehr zufrieden; er führte mich zurück nach der Mauer in einen kleinen reinlichen Saal, an dessen Wänden mancherlei Kleidungen hingen, die sich sämtlich dem orientalischen Kostüm zu nähern schienen. Ich war geschwind umgekleidet; er streifte meine gepuderten Haare unter ein buntes Netz, nachdem er sie zu meinem Entsetzen gewaltig ausgestäubt hatte. Nun fand ich mich vor einem großen Spiegel in meiner Vermummung gar hübsch, und gefiel mir besser als in meinem steifen Sonntagskleide. Ich machte einige Gebärden und Sprünge, wie ich sie von den Tänzern auf dem Meßtheater gesehen hatte. Unter diesem sah ich in den Spiegel und erblickte zufällig das Bild einer hinter mir befindlichen Nische. Auf ihrem weißen Grunde hingen drei grüne Strickchen, jedes in sich auf eine Weise verschlungen, die mir in der Ferne nicht deutlich wer­ den wollte. Ich kehrte mich daher etwas hastig um, und fragte den Al­ ten nach der Nische so wie nach den Strickchen. Er, ganz gefällig, hol­ te eins herunter und zeigte es mir. Es war eine grünseidene Schnur von mäßiger Stärke, deren beide Enden durch ein zwiefach durchschnitte­ nes grünes Leder geschlungen, ihr das Ansehn gaben, als sei es ein Werkzeug zu einem eben nicht sehr erwünschten Gebrauch. Die Sa­ che | schien mir bedenklich, und ich fragte den Alten nach der Bedeu­ tung. Er antwortete mir ganz gelassen und gütig: es sei dieses für die­ jenigen, welche das Vertrauen mißbrauchten, das man ihnen hier zu schenken bereit sei. Er hing die Schnur wieder an ihre Stelle und ver­

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un’altra cancellata, costruita in modo tale che a una fessura di questa corrispondeva una lancia o una partigiana dell’al­ tra; aggiungendo poi anche tutti gli altri orpelli non si riu­ sciva a vedere nulla, per quanti sforzi si facessero. E inoltre anche il vecchio mi intralciava, perché continuava a tener­ mi per mano e non potevo muovermi liberamente. Dopo tutto quello che avevo visto la mia curiosità era aumentata ancor di più, e mi feci coraggio per chiedere al vecchio se non si potesse andare dall’altra parte. «Perché no?» rispo­ se. «Ma a nuove condizioni». Quando gli chiesi quali fos­ sero, mi disse che dovevo cambiarmi d’abito. Accettai di buon grado. Mi riaccompagnò verso le mura in una saletta linda, alle cui pareti erano appesi diversi abiti, tutti di fog­ gia orientale. Mi cambiai velocemente; infilò i miei riccio­ li incipriati in una reticella colorata, non senza averli prima ripuliti per bene, con mio grande orrore. Guardandomi in uno specchio vidi che il mio nuovo travestimento mi stava molto bene, persino meglio dei rigidi vestiti della festa. Accennai alcuni passi e movimenti che avevo visto fare dai ballerini al teatro durante la fiera77, ma guardandomi anco­ ra allo specchio notai per caso una nicchia alle mie spalle. Sullo sfondo bianco erano appesi tre lacci verdi, così attor­ cigliati che da lontano non riuscivo a distinguerli. Allora mi voltai di botto e chiesi al vecchio il significato della nicchia e dei lacci. Con estrema gentilezza ne prese uno per mostrarmelo. Era una corda di seta verde di discreto spessore le cui estremità erano inserite in un pezzo di cuoio verde tramite dei fori; l’aspetto complessivo era quello di uno strumento destinato a usi poco gradevoli. La cosa | mi parve preoccupante e ne chiesi ragione al vecchio. Mi ri­ spose tranquillo e gentile che era per coloro che abusavano della fiducia che veniva loro concessa. Rimise a posto la corda e mi invitò immediatamente a seguirlo; questa volta

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langte sogleich, daß ich ihm folgen solle: denn diesmal faßte er mich nicht an, und so ging ich frei neben ihm her. Meine größte Neugier war nunmehr, wo die Türe, wo die Brücke sein möchte, um durch das Gitter, um über den Kanal zu kommen: denn ich hatte dergleichen bis jetzt noch nicht ausfindig machen kön­ nen. Ich betrachtete daher die goldene Umzäunung sehr genau, als wir darauf zueilten; allein augenblicklich verging mir das Gesicht: denn unerwartet begannen Spieße, Speere, Hellebarden, Partisanen sich zu rütteln und zu schütteln, und diese seltsame Bewegung endigte damit, daß die sämtlichen Spitzen sich gegen einander senkten, eben als wenn zwei altertümliche, mit Piken bewaffnete Heerhaufen gegen einander losgehen wollten. Die Verwirrung fürs Auge, das Geklirr für die Ohren, war kaum zu ertragen, aber unendlich überraschend der Anblick, als sie völlig niedergelassen den Kreis des Kanals bedeckten und die herr­ lichste Brücke bildeten, die man sich denken kann: denn nun lag das bunteste Gartenparterre vor meinem Blick. Es war in verschlungene Beete geteilt, welche zusammen betrachtet ein Labyrinth von Zieraten bildeten; alle mit grünen Einfassungen von einer niedrigen, wollig wachsenden Pflanze, die ich nie gesehen; alle mit Blumen, jede Abtei­ lung von verschiedener Farbe, die ebenfalls niedrig und am Boden, den vorgezeichneten Grundriß leicht verfolgen ließen. Dieser köstliche An­ blick, den ich in vollem Sonnenschein genoß, fesselte ganz meine Au­ gen; aber ich wußte fast nicht, wo ich den Fuß hinsetzen sollte: denn die schlängelnden Wege waren aufs reinlichste von blauem Sande ge­ zogen, der einen dunklern Himmel, oder einen Himmel im Wasser, an der Erde zu bilden schien; und so ging ich, die Augen auf den Boden gerichtet, eine Zeitlang neben meinem Führer, bis ich zuletzt gewahr | ward, daß in der Mitte von diesem Beeten- und Blumen-Rund ein gro­ ßer Kreis von Zypressen oder pappelartigen Bäumen stand, durch den man nicht hindurchsehen konnte, weil die untersten Zweige aus der Erde hervorzutreiben schienen. Mein Führer, ohne mich gerade auf den

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non mi prese per mano, per cui potevo camminare libera­ mente al suo fianco. La mia principale curiosità era scoprire dove fosse la porta, dove fosse il ponte per superare la cancellata e il ru­ scello, perché non li avevo scorti da nessuna parte. Osser­ vavo quindi con grande attenzione il recinto dorato mentre ci avvicinavamo veloci, quando d’un tratto mi si offuscò la vista perché all’improvviso lance, giavellotti, alabarde, par­ tigiane iniziarono a vibrare e oscillare, e quello strano mo­ vimento fece sì che le loro punte si inclinassero le une verso le altre, come se due eserciti dell’antichità, armati di picche, volessero scagliarsi l’uno contro l’altro. La confusione, il frastuono erano quasi insopportabili per occhi e orecchie, ma la vista fu davvero spettacolare quando, finalmente si­ stemate, coprirono il corso d’acqua formando il ponte più bello che si possa immaginare, perché sull’altro lato si sten­ deva davanti a me un giardino di mille colori. Era un intrec­ cio di aiuole che osservate nel loro insieme parevano un ag­ graziato labirinto, tutte bordate da basse siepi di una pianta verde lanuginosa che non avevo mai visto; erano piene di fiori, ognuna di un colore diverso ma tutte basse, raso terra, in modo che si potesse distinguere bene il disegno decora­ tivo. Non riuscivo a staccare gli occhi da quello spettacolo stupendo, illuminato dal sole, ma allo stesso tempo non sa­ pevo dove mettere i piedi, perché i vialetti serpeggianti era­ no accuratamente tracciati con sabbia azzurra che sembrava riprodurre a terra il blu più scuro del cielo o il riflesso del cielo nell’acqua. Così camminai per un certo tempo accan­ to alla mia guida con gli occhi fissi a terra, finché non mi accorsi | che al centro di questa fascia di aiuole fiorite c’era un cerchio di cipressi o di alberi simili a pioppi oltre ai quali non si vedeva nulla, perché i rami sembravano spuntare già dal terreno. Pur senza farmi fretta, la mia guida mi condusse

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nächsten Weg zu drängen, leitete mich doch unmittelbar nach jener Mitte, und wie war ich überrascht! als ich in den Kreis der hohen Bäu­ me tretend, die Säulenhalle eines köstlichen Gartengebäudes vor mir sah, das nach den übrigen Seiten hin ähnliche Ansichten und Eingänge zu haben schien. Noch mehr aber als dieses Muster der Baukunst ent­ zückte mich eine himmlische Musik, die aus dem Gebäude hervor­ drang. Bald glaubte ich eine Laute, bald eine Harfe, bald eine Zither zu hören, und bald noch etwas Klimperndes, das keinem von diesen drei Instrumenten gemäß war. Die Pforte, auf die wir zugingen, eröffnete sich bald nach einer leisen Berührung des Alten; aber wie erstaunt war ich, als die heraustretende Pförtnerin ganz vollkommen dem niedlichen Mädchen glich, das mir im Traume auf den Fingern getanzt hatte. Sie grüßte mich auch auf eine Weise, als wenn wir schon bekannt wären, und bat mich hereinzutreten. Der Alte blieb zurück, und ich ging mit ihr durch einen gewölbten und schön verzierten kurzen Gang nach dem Mittelsaal, dessen herrliche domartige Höhe beim Eintritt meinen Blick auf sich zog und mich in Verwunderung setzte. Doch konnte mein Auge nicht lange dort verweilen, denn es ward durch ein reizen­ deres Schauspiel herabgelockt. Auf einem Teppich, gerade unter der Mitte der Kuppel, saßen drei Frauenzimmer im Dreieck, in drei ver­ schiedene Farben gekleidet, die eine rot, die andre gelb, die dritte grün; die Sessel waren vergoldet, und der Teppich ein vollkommenes Blu­ menbeet. In ihren Armen lagen die drei Instrumente, die ich draußen hatte unterscheiden können: denn durch meine Ankunft gestört, hatten sie mit spielen inne gehalten. – »Seid uns willkommen!« sagte die mitt­ lere, die nämlich, welche mit dem Gesicht nach der Türe saß, im roten Kleide und mit der Harfe. »Setzt Euch zu Alerten und hört zu, | wenn Ihr Liebhaber von der Musik seid.« Nun sah’ ich erst, daß unten quer vor ein ziemlich langes Bänkchen stand, worauf eine Mandoline lag. Das artige Mädchen nahm sie auf, setzte sich und zog mich an ihre Seite. Jetzt betrachtete ich auch die zweite Dame zu meiner Rechten; sie hatte das gelbe Kleid an, und eine Zither in der Hand; und wenn

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comunque direttamente verso quel punto e quale non fu la mia sorpresa quando, entrando nel cerchio dei grandi alberi, scorsi la loggia di una bellissima villa, che sembrava avere su ciascuno dei lati una facciata e un ingresso uguali. Ma ancora più di quel capolavoro architettonico mi estasiava una musica celestiale che proveniva dall’interno. A tratti mi pareva di sentire un liuto, a tratti un’arpa, a tratti una cetra o ancora un tintinnio che non corrispondeva a nessuno di quei tre strumenti. La porta verso la quale ci dirigemmo si aprì subito a un tocco leggero del vecchio, e come fui sorpreso quando vidi che si faceva avanti una fanciulla in tutto e per tutto simile alla leggiadra damina che nel sogno mi aveva danzato sulle dita. Mi salutò come se ci conoscessimo, e mi invitò a entrare. Il vecchio si fermò lì, mentre io percorsi con lei un breve corridoio a volta, finemente decorato, fino alla sala centrale: entrando catturò subito il mio sguardo perché era maestosa e alta come una cattedrale e mi lasciò a bocca aperta. Ma i miei occhi non poterono attardarsi a lungo perché furono subito attratti da uno spettacolo ancora più affascinante. Su un tappeto, proprio in corrisponden­ za del centro della cupola, sedevano tre signorine disposte a triangolo, vestite di tre colori diversi, una di rosso, una di giallo, una di verde78. Le sedie erano dorate e il tappeto un’aiuola di fiori perfetta. Tenevano in mano gli strumenti di cui avevo riconosciuto il suono all’esterno; disturbate dal mio arrivo, avevano smesso di suonare. «Benvenuto!» disse quella che sedeva al centro, di fronte alla porta, in rosso e con l’arpa. «Sedetevi accanto ad Alerte e ascoltate, | se siete un amante della musica». Solo in quel momento mi accorsi che di traverso c’era una lunga panca su cui era appoggiato un mandolino. La graziosa fanciulla lo prese, si sedette e mi fece accomodare accanto a lei. A quel punto osservai anche la dama alla mia destra, che aveva il vestito giallo e suonava

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jene Harfenspielerin ansehnlich von Gestalt, groß von Gesichtszügen, und in ihrem Betragen majestätisch war, so konnte man der Zitherspie­ lerin ein leicht anmutiges, heitres Wesen anmerken. Sie war eine schlanke Blondine, da jene dunkelbraunes Haar schmückte. Die Man­ nigfaltigkeit und Übereinstimmung ihrer Musik konnte mich nicht ab­ halten, nun auch die dritte Schönheit im grünen Gewande zu betrach­ ten, deren Lautenspiel etwas Rührendes und zugleich Auffallendes für mich hatte. Sie war diejenige, die am meisten auf mich Acht zu geben und ihr Spiel an mich zu richten schien; nur konnte ich aus ihr nicht klug werden: denn sie kam mir bald zärtlich, bald wunderlich, bald offen, bald eigensinnig vor, je nachdem sie die Mienen und ihr Spiel veränderte. Bald schien sie mich rühren, bald mich necken zu wollen. Doch mochte sie sich stellen wie sie wollte, so gewann sie mir wenig ab: denn meine kleine Nachbarin, mit der ich Ellbogen an Ellbogen saß, hatte mich ganz für sich eingenommen; und wenn ich in jenen drei Damen ganz deutlich die Sylphiden meines Traums und die Farben der Äpfel erblickte, so begriff ich wohl, daß ich keine Ursache hätte sie festzuhalten. Die artige Kleine hätte ich lieber angepackt, wenn mir nur nicht der Schlag, den sie mir im Traume versetzt hatte, gar zu erinner­ lich gewesen wäre. Sie hielt sich bisher mit ihrer Mandoline ganz ru­ hig; als aber ihre Gebieterinnen aufgehört hatten, so befahlen sie ihr, einige lustige Stückchen zum Besten zu geben. Kaum hatte sie einige Tanzmelodieen gar aufregend abgeklimpert, so sprang sie in die Höhe; ich tat das Gleiche. Sie spielte und tanzte; ich ward hingerissen ihre Schritte zu begleiten, und wir führten eine Art von kleinem Ballett auf, womit die Damen zufrieden zu sein schienen: denn sobald wir | geendigt, befahlen sie der Kleinen, mich derweil mit etwas Gutem zu erquicken, bis das Nachtessen herankäme. Ich hatte freilich vergessen, daß außer diesem Paradiese noch etwas anderes in der Welt wäre. Alerte führte mich sogleich in den Gang zurück, durch den ich herein­gekommen war. An der Seite hatte sie zwei wohleinge­richtete Zimmer; in dem einen, wo sie wohnte, setzte sie mir Orangen, Feigen, Pfirschen und Trauben vor, und ich genoß sowohl die Früchte fremder Länder, als auch die der erst

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la cetra; e se la suonatrice d’arpa era di notevole statura, con i tratti marcati e un portamento maestoso, la suonatrice di cetra aveva un aspetto dolce e gaio. Era un’esile biondina, mentre l’altra aveva i capelli scuri. Nonostante la varietà e l’armonia della musica, non potei trattenermi dall’osservare anche la terza bellezza, quella in verde, che suonava il liuto in modo commovente e toccante. Era quella che mi presta­ va più attenzione e che sembrava suonare per me, ma non riuscivo a decifrarla: a tratti mi pareva dolce, a tratti irrita­ bile, una volta estroversa, una volta riservata: il suo aspetto variava con il variare della musica. A volte sembrava voler­ mi commuovere, a volte prendersi gioco di me. Ma qualsia­ si cosa facesse, non sarebbe riuscita a catturarmi, perché ero conquistato dalla mia piccola vicina, che mi sedeva gomito a gomito. Pur riconoscendo in quelle tre dame le silfidi del mio sogno e i colori delle tre mele, mi era chiaro che non avevo motivo di trattenerle. Avrei preferito abbracciare la più piccola, se non avessi avuto ancora fin troppo bene in mente la botta che mi aveva dato nel sogno. Finora non ave­ va suonato il mandolino, ma quando le sue padrone ebbero terminato, le chiesero di eseguire alcuni allegri motivetti. Aveva appena iniziato a strimpellare alcune vivaci melodie di danza che saltò in piedi, e io feci lo stesso. Suonava e ballava, io non potevo fare a meno di seguire la sua danza ed eseguimmo una sorta di balletto in miniatura che sem­ brò divertire molto le signore perché, una volta terminato, | dissero alla piccola di ristorarmi con qualcosa di buono, in attesa della cena. Avevo completamente dimenticato che al mondo potesse esistere qualcos’altro oltre a quel paradiso. Alerte mi condusse subito per il corridoio da cui ero venu­ to. Sul lato c’erano due stanze ben arredate: nella prima, la sua abitazione, mi offrì aranci, fichi, pesche e uva, e gustai con grande appetito sia i frutti di paesi lontani, sia quelli

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kommenden Monate mit großem Appetit. Zuckerwerk war im Überfluß; auch füllte sie einen Pokal von geschliffnem Krystall mit schäumendem Wein: doch zu trinken bedurfte ich nicht; denn ich hatte mich an den Früchten hinreichend gelabt. – »Nun wollen wir spielen«, sagte sie und führte mich in das andere Zimmer. Hier sah es nun aus wie auf einem Christmarkt; aber so kostbare und feine Sachen hat man niemals in einer Weihnachtsbude gesehen. Da waren alle Arten von Puppen, Puppenklei­ dern und Puppengerätschaften; Küchen, Wohnstuben und Läden; und einzelne Spielsachen in Unzahl. Sie führte mich an allen Glasschränken herum: denn in solchen waren diese künstlichen Arbeiten aufbewahrt. Die ersten Schränke verschloß sie aber bald wieder und sagte: »Das ist nichts für Euch, ich weiß es wohl. Hier aber, sagte sie, könnten wir Baumaterialien finden, Mauern und Türme, Häuser, Paläste, Kirchen, um eine große Stadt zusammenzustellen. Das unterhält mich aber nicht; wir wollen zu etwas anderem greifen, das für Euch und mich gleich vergnüglich ist.« – Sie brachte darauf einige Kasten hervor, in denen ich kleines Kriegsvolk über einander geschichtet erblickte, von dem ich sogleich bekennen mußte, daß ich niemals so etwas Schönes gesehen hätte. Sie ließ mir die Zeit nicht, das Einzelne näher zu betrachten, son­ dern nahm den einen Kasten unter den Arm, und ich packte den andern auf. »Wir wollen auf die goldne Brücke gehen, sagte sie; dort spielt sich’s am besten mit Soldaten: die Spieße geben gleich die Richtung, wie man die Armeen gegen einander zu stellen hat.« Nun waren wir auf dem | goldnen schwankenden Boden angelangt; unter mir hörte ich das Wasser rieseln und die Fische plätschern, indem ich niederkniete meine Linien aufzustellen. Es war alles Reiterei, wie ich nunmehr sah. Sie rühmte sich, die Königin der Amazonen zum Führer ihres weiblichen Heeres zu be­ sitzen; ich dagegen fand den Achill und eine sehr stattliche griechische Reiterei. Die Heere standen gegen einander, und man konnte nichts schö­ neres sehen. Es waren nicht etwa flache bleierne Reiter, wie die unsrigen, sondern Mann und Pferd rund und körperlich, und auf das feinste gear­ beitet; auch konnte man kaum begreifen, wie sie sich im Gleichgewicht hielten: denn sie standen für sich, ohne ein Fußbrettchen zu haben.

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della prossima stagione. I dolci abbondavano, e in più ri­ empì di vino frizzante una coppa di cristallo lavorato; ma non avevo sete, poiché mi ero ristorato a sufficienza con i frutti. «Adesso giochiamo», disse conducendomi nell’altra stanza. Quella pareva un mercatino di Natale, anche se giochi così belli e così raffinati non si sono mai visti su una bancarella natalizia. C’erano tutti i tipi di bambole, vestitini e accessori, arredamento in miniatura per cucine, soggiorni e negozi e giocattoli in enorme quantità. Mi mo­ strò tutte le vetrinette dove erano riposti quei gioielli. Le prime le richiuse subito dicendo: «Qui non c’è niente per voi, lo so bene… Qui invece ci sono materiali da costru­ zione», soggiunse, «mura, torri, case, palazzi e chiese da costruirci un’intera città, ma qui sono io che non mi di­ verto; cerchiamo qualcosa che piaccia a entrambi». A quel punto mi mostrò alcune scatole in cui scorsi tanti soldatini accatastati, e devo ammettere che non ne avevo mai visti di così belli. Senza lasciarmi il tempo di osservarli meglio, prese una scatola sotto il braccio mentre io prendevo l’al­ tra. «Andiamo sul ponte d’oro» disse, «quello è il posto migliore per giocare con i soldatini: le lance indicano la direzione in cui schierare i due eserciti». Eravamo arrivati al | ponte che oscillava, sotto di me sentivo mormorare l’acqua e guizzare i pesci mentre, in ginocchio, schieravo le mie linee. Mi accorsi che erano tutti cavalieri, mentre lei si vantava di avere la regina delle amazzoni a capo del suo esercito femminile; io invece avevo Achille e un imponente schieramento di cavalieri greci. Gli eserciti si fronteggiavano, bellissimi a vedersi: non erano certo i no­ stri piatti soldatini di piombo, uomini e cavalli erano ton­ di e realistici, ottimamente rifiniti; faticavo a capire come potessero stare in equilibrio, dato che si reggevano da soli, senza piedistallo79.

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Wir hatten nun Jedes mit großer Selbstzufriedenheit unsere Heer­ haufen beschaut, als sie mir den Angriff verkündigte. Wir hatten auch Geschütz in unsern Kästen gefunden; es waren nämlich Schachteln voll kleiner wohlpolierter Achatkugeln. Mit diesen sollten wir aus einer ge­ wissen Entfernung gegen einander kämpfen, wobei jedoch ausdrück­ lich bedungen war, daß nicht stärker geworfen werde, als nötig sei die Figuren umzustürzen: denn beschädigt sollte keine werden. Wechsel­ seitig ging nun die Kanonade los, und im Anfang wirkte sie zu unser beider Zufriedenheit. Allein als meine Gegnerin bemerkte, daß ich doch besser zielte als sie, und zuletzt den Sieg, der von der Überzahl der stehn gebliebenen abhing, gewinnen möchte, trat sie näher, und ihr mädchenhaftes Werfen hatte denn auch den erwünschten Erfolg. Sie streckte mir eine Menge meiner besten Truppen nieder, und jemehr ich protestierte, desto eifriger warf sie. Dies verdroß mich zuletzt, und ich erklärte, daß ich ein Gleiches tun würde. Ich trat auch wirklich nicht allein näher heran, sondern warf im Unmut viel heftiger, da es denn nicht lange währte als ein paar ihrer kleinen Centaurinnen in Stücke sprangen. In ihrem Eifer bemerkte sie es nicht gleich; aber ich stand versteinert, als die zerbrochnen Figürchen sich von selbst wieder zu­ sammenfügten, Amazone und Pferd wieder ein Ganzes, auch | zugleich völlig lebendig wurden, im Galopp von der goldnen Brücke unter die Linden setzten, und in Carriere hin und wider rennend sich endlich gegen die Mauer, ich weiß nicht wie, verloren. Meine schöne Gegnerin war das kaum gewahr worden, als sie in ein lautes Weinen und Jam­ mern ausbrach und rief: daß ich ihr einen unersetzlichen Verlust zuge­ fügt, der weit größer sei, als es sich aussprechen lasse. Ich aber, der ich schon erbost war, freute mich ihr etwas zu Leide zu tun, und warf noch ein paar mir übrig gebliebene Achatkugeln blindlings mit Gewalt unter ihren Heerhaufen. Unglücklicherweise traf ich die Königin, die bis­ her bei unserm regelmäßigen Spiel ausgenommen gewesen. Sie sprang in Stücken, und ihre nächsten Adjutanten wurden auch zerschmettert;

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Avevamo ammirato entrambi con grande soddisfazione i nostri eserciti quando mi annunciò l’attacco. Nelle scatole avevamo trovato anche l’artiglieria, con confezioni piene di piccole palle di cannone in agata ben levigate. Con quelle dovevamo combatterci da una certa distanza, ed era stato esplicitamente concordato che non bisognava tirare più for­ te di quanto non fosse necessario per far cadere i soldatini senza danneggiarli. Da entrambe le parti partirono quindi le cannonate, all’inizio con reciproco divertimento. Ma quan­ do la mia avversaria si accorse che la mia mira era migliore della sua e che stavo per conseguire la vittoria, determinata in base al numero dei soldati rimasti in piedi, si avvicinò di più e i suoi lanci inesperti sortirono l’effetto desiderato. Abbatté moltissimi dei miei uomini migliori, e quanto più protestavo, tanto più continuava il cannoneggiamento. Alla fine mi infastidii, e dissi che anch’io avrei fatto lo stesso. Non soltanto mi avvicinai di più, ma scocciato com’ero iniziai a tirare con più forza del necessario e non ci volle molto perché un paio delle sue piccole centaure andassero in pezzi. Presa com’era dal gioco non se ne accorse subito; io invece rimasi impietrito quando le figurine si ricompose­ ro da sole, cavallo e cavallerizza tornarono intatti, | si ani­ marono di vita propria, si precipitarono al galoppo giù dal ponte dorato in mezzo ai tigli e galoppando di gran carriera si dispersero non so dove verso il muro. Non appena la mia bella avversaria se ne rese conto, scoppiò a piangere e a sin­ ghiozzare gridando che le avevo inferto una perdita irrepa­ rabile, più grande di quanto non si possa dire. Da parte mia, ormai stizzito, mi rallegrai di averle fatto uno sgarbo e con violenza lanciai alla cieca le ultime palle di agata tra le sue schiere. Sfortunatamente colpii la regina, che fino a quel momento non aveva preso parte al combattimento regolare. Andò in pezzi, così come furono sfracellate alcune delle sue

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aber schnell stellten sie sich wieder her und nahmen Reißaus wie die ersten, galoppierten sehr lustig unter den Linden herum und verloren sich gegen die Mauer. Meine Gegnerin schalt und schimpfte; ich aber, nun einmal im Gange, bückte mich einige Achatkugeln aufzuheben, welche an den goldnen Spießen herumrollten. Mein ergrimmter Wunsch war, ihr gan­ zes Heer zu vernichten; sie dagegen nicht faul, sprang auf mich los und gab mir eine Ohrfeige, daß mir der Kopf summte. Ich, der ich immer gehört hatte, auf die Ohrfeige eines Mädchens gehöre ein derber Kuß, faßte sie bei den Ohren und küßte sie zu wiederholten Malen. Sie aber tat einen solchen durchdringenden Schrei, der mich selbst erschreckte; ich ließ sie fahren, und das war mein Glück: denn in dem Augenblick wußte ich nicht wie mir geschah. Der Boden unter mir fing an zu beben und zu rasseln; ich merkte geschwind, daß sich die Gitter wieder in Be­ wegung setzten: allein ich hatte nicht Zeit zu überlegen, noch konnte ich Fuß fassen, um zu fliehen. Ich fürchtete jeden Augenblick gespießt zu werden: denn die Partisanen und Lanzen, die sich aufrichteten, zer­ schlitzten mir schon die Kleider; genug ich weiß nicht wie mir geschah, mir verging Hören und Sehen, und ich erholte mich aus meiner Betäu­ bung, von meinem | Schrecken, am Fuß einer Linde, wider den mich das aufschnellende Gitter geworfen hatte. Mit dem Erwachen erwachte auch meine Bosheit, die sich noch heftig vermehrte, als ich von drüben die Spottworte und das Gelächter meiner Gegnerin vernahm, die an der andern Seite, etwas gelinder als ich, mochte zur Erde gekommen sein. Daher sprang ich auf, und als ich rings um mich das kleine Heer nebst seinem Anführer Achill, welche das auffahrende Gitter mit mir herüber geschnellt hatte, zerstreut sah, ergriff ich den Helden zuerst und warf ihn wider einen Baum. Seine Wiederherstellung und seine Flucht ge­ fielen mir nun doppelt, weil sich die Schadenfreude zu dem artigsten Anblick von der Welt gesellte, und ich war im Begriff die sämtlichen Griechen ihm nachzuschicken, als auf einmal zischende Wasser von

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attendenti; ma veloci si ricomposero e se la diedero a gam­ be come le altre: galoppando esultanti tra i tigli sparirono verso il muro. La mia avversaria gridava e protestava, io invece, ormai scatenato, mi chinai per raccogliere alcune palline di agata che erano rotolate tra le lance, nel dispettoso intento di di­ struggere tutto il suo esercito. Lei non rimase inerte, si av­ ventò contro di me assestandomi uno schiaffo che mi fece rintronare la testa. Io, che avevo sempre sentito dire che allo schiaffo di una fanciulla deve corrispondere un bacio ardente, la afferrai per le orecchie e la baciai ripetutamente. A quel punto lanciò un urlo così lacerante che io stesso mi spaventai lasciandola andare, e fu la mia fortuna, perché non so più che cosa mi accadde in quel momento. Il terreno sotto di me cominciò a tremare e sferragliare, e notai subito che le lance si stavano rimettendo in movimento, ma non ebbi il tempo per riflettere né per fuggire. Avevo paura di venire infilzato, perché le lance e le partigiane, sollevan­ dosi, mi avevano già strappato tutti i vestiti; insomma, non so cosa accadde, non vidi né sentii più nulla e mi ripresi dallo stordimento e dallo | spavento ai piedi di uno dei tigli dove la cancellata, rialzandosi, mi aveva scaraventato. Ri­ svegliandomi si risvegliò anche la cattiveria, che aumentò ancora quando dall’altro lato sentii le risate e i motteggi della mia avversaria che evidentemente era atterrata un po’ più dolcemente di me. Allora scattai in piedi e, vedendo disperso tutto intorno a me il piccolo esercito con il suo condottiero Achille, che la cancellata sollevandosi aveva lanciato da questa parte insieme a me, presi per primo l’e­ roe e lo scagliai contro un albero. La sua ricomposizione e fuga mi piacquero doppiamente, perché alla gioia maligna si aggiungeva quel bellissimo spettacolo, e stavo per far­ lo seguire da tutti gli altri quando d’un tratto getti d’acqua

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allen Seiten her, aus Steinen und Mauern, aus Boden und Zweigen her­ vorsprühten, und wo ich mich hinwendete, kreuzweise auf mich los­ peitschten. Mein leichtes Gewand war in kurzer Zeit völlig durchnäßt; zerschlitzt war es schon, und ich säumte nicht, es mir ganz vom Leibe zu reißen. Die Pantoffeln warf ich von mir, und so eine Hülle nach der andern; ja ich fand es endlich bei dem warmen Tage sehr angenehm, ein solches Strahlbad über mich ergehen zu lassen. Ganz nackt schritt ich nun gravitätisch zwischen diesen willkommnen Gewässern einher, und dachte mich lange so wohl befinden zu können. Mein Zorn verkühlte sich, und ich wünschte nichts mehr als eine Versöhnung mit meiner kleinen Gegnerin. Doch in einem Nu schnappten die Wasser ab, und ich stand nun feucht auf einem durchnäßten Boden. Die Gegenwart des alten Mannes, der unvermutet vor mich trat, war mir keineswegs willkommen; ich hätte gewünscht, mich wo nicht verbergen, doch we­ nigstens verhüllen zu können. Die Beschämung, der Frostschauer, das Bestreben mich einigermaßen zu bedecken, ließen mich eine höchst er­ bärmliche Figur spielen; der Alte benutzte den Augenblick, um mir die größesten Vorwürfe zu machen. »Was hindert mich, rief er aus, daß ich nicht eine der grünen Schnuren ergreife und | sie, wo nicht Eurem Hals, doch Eurem Rücken anmesse!« Diese Drohung nahm ich höchst übel. Hütet Euch, rief ich aus, vor solchen Worten, ja nur vor solchen Gedan­ ken: denn sonst seid Ihr und Eure Gebieterinnen verloren! – »Wer bist denn du, fragte er trutzig, daß du so reden darfst?« – Ein Liebling der Götter, sagte ich, von dem es abhängt, ob jene Frauenzimmer würdige Gatten finden und ein glückliches Leben führen sollen, oder ob er sie will in ihrem Zauberkloster verschmachten und veralten lassen. – Der Alte trat einige Schritte zurück. »Wer hat dir das offenbart?« fragte er erstaunt und bedenklich. – Drei Äpfel, sagte ich, drei Juwelen. – »Und was verlangst du zum Lohn?« rief er aus. – Vor allen Dingen das kleine Geschöpf«, versetzte ich, »die mich in diesen verwünschten Zustand gebracht hat. – Der Alte warf sich vor mir nieder, ohne sich vor der noch feuchten und schlammigen Erde zu scheuen; dann stand er auf, ohne benetzt zu sein, nahm mich freundlich bei der Hand, führte mich

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sgorgarono sibilando dappertutto, dalle pietre e dalle mura, dal terreno e dai rami, e dovunque mi voltassi mi colpivano con un tiro incrociato. La mia veste leggera fu ben presto tutta fradicia; lacera lo era già e non tardai a strapparmela di dosso. Gettai via le pantofole e un indumento dopo l’al­ tro, e alla fine trovai molto piacevole, nella giornata calda, fare un bagno con quei getti d’acqua. Tutto nudo incedevo solenne tra quei graditi getti, pensando che in effetti si stava proprio bene. La mia rabbia sbollì, e non desideravo altro che rappacificarmi con la mia avversaria80. Ma in un attimo i getti sparirono e rimasi lì fradicio sul terreno inzuppato. La presenza del vecchio, che mi comparve inaspettatamen­ te davanti, non mi fece affatto piacere; avrei preferito na­ scondermi o quanto meno coprirmi un po’. La vergogna, i brividi di freddo, il tentativo di coprirmi in qualche modo: facevo davvero una ben misera figura! Il vecchio approfit­ tò di quell’attimo per rimproverarmi aspramente. Esclamò: «Che cosa mi impedisce di prendere una di quelle corde verdi e | misurarla sul vostro collo o sulla vostra schiena?» Presi a male quella minaccia. «Badate bene a quello che dite», esclamai, «e non osate nemmeno pensarlo, altrimenti sarete spacciati, voi e le vostre padrone!». – «Ma chi pensi di essere, per parlare in questo modo?» chiese con aria di sfida. «Un prediletto dagli dei», dissi, «e dipende da me se quelle signore troveranno o meno degli sposi degni e sa­ ranno felici, oppure se resteranno a consumarsi e a invec­ chiare nella loro magica clausura!» Il vecchio indietreggiò di qualche passo. «Chi te lo ha rivelato?» chiese sorpreso e perplesso. «Tre mele», dissi, «tre gioielli». – «E cosa chiedi come ricompensa?» – «Per prima cosa la piccola che mi ha ridotto in questo maledetto stato», risposi. Il vecchio si pro­ strò davanti a me, incurante dell’acqua e del fango; poi si alzò senza essersi bagnato, mi prese gentilmente per mano

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in jenen Saal, kleidete mich behend wieder an, und bald war ich wie­ der sonntägig geputzt und frisiert wie vorher. Der Pförtner sprach kein Wort weiter; aber ehe er mich über die Schwelle ließ, hielt er mich an, und deutete mir auf einige Gegenstände an der Mauer drüben über den Weg, indem er zugleich rückwärts auf das Pförtchen zeigte. Ich verstand ihn wohl; er wollte nämlich, daß ich mir die Gegenstände einprägen möchte, um das Pförtchen desto gewisser wieder zu finden, welches sich unversehens hinter mir zuschloß. Ich merkte mir nun wohl, was mir gegenüber stand. Über eine hohe Mauer ragten die Äste uralter Nußbäume herüber, und bedeckten zum Teil das Gesims, wo­ mit sie endigte. Die Zweige reichten bis an eine steinerne Tafel, deren verzierte Einfassung ich wohl erkennen, deren Inschrift ich aber nicht lesen konnte. Sie ruhte auf dem Kragstein einer Nische, in welcher ein künstlich gearbeiteter Brunnen, von Schale zu Schale, Wasser in ein großes Becken goß, das wie einen kleinen Teich bildete und sich in die Erde verlor. Brunnen, Inschrift, | Nußbäume, alles stand senkrecht übereinander; ich wollte es malen, wie ich es gesehn habe. Nun läßt sich wohl denken, wie ich diesen Abend und manchen folgenden Tag zubrachte, und wie oft ich mir diese Geschichten, die ich kaum selbst glauben konnte, wiederholte. Sobald mir’s nur irgend möglich war, ging ich wieder zur schlimmen Mauer, um wenigstens jene Merkzeichen im Gedächtnis anzufrischen und das köstliche Pfört­ chen zu beschauen. Allein zu meinem größten Erstaunen fand ich alles verändert. Nußbäume ragten wohl über die Mauer, aber sie standen nicht unmittelbar neben einander. Eine Tafel war auch eingemauert, aber von den Bäumen weit rechts, ohne Verzierung, und mit einer le­ serlichen Inschrift. Eine Nische mit einem Brunnen findet sich weit links, der aber jenem, den ich gesehen, durchaus nicht zu vergleichen ist; so daß ich beinahe glauben muß, das zweite Abenteuer sei so gut als das erste ein Traum gewesen: denn von dem Pförtchen findet sich überhaupt gar keine Spur. Das Einzige was mich tröstet, ist die Be­

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e mi ricondusse nella stanza dove mi aiutò veloce a rive­ stirmi. Ben presto fui di nuovo nei miei panni domenicali, agghindato e pettinato come all’inizio. Il custode non disse più una parola, ma prima di spingermi oltre la soglia mi indicò alcuni oggetti sulle mura e lungo la strada, mentre contemporaneamente mi indicava la porticina. Capii cosa intendeva, voleva che mi fissassi bene in mente alcuni og­ getti per poter ritrovare facilmente la porticina, che si ri­ chiuse immediatamente dietro di me. Osservai bene cosa avevo intorno. Da un alto muro sporgevano i rami di alcuni noci secolari, coprendo in parte il cornicione. I rami arri­ vavano fino a una lastra di pietra di cui distinguevo bene la cornice lavorata ma non l’iscrizione. Era appoggiata al bordo superiore di una nicchia nella quale un cannello fine­ mente lavorato versava acqua da un bacile all’altro e infine in una grande vasca, che formava una specie di laghetto e si perdeva poi nel terreno. Fonte, iscrizione e | noce erano posti in verticale uno sopra l’altro, la vedo ancora così bene che potrei disegnarla81. Si può ben immaginare come passassi la serata e i giorni seguenti, e quanto spesso ripercorressi con la mente quella storia che io stesso faticavo a credere. Non appena mi fu possibile, tornai al ‘muro tetro’, quanto meno per mante­ nere quei riferimenti freschi nella memoria e per ammirare la preziosa porticina. Ma con mia grande meraviglia trovai tutto diverso. I noci oltrepassavano sì le mura, ma non erano così vicini; c’era una lastra di pietra murata, ma più a destra rispetto agli alberi, senza cornice decorata e con un’iscri­ zione chiaramente leggibile. Una nicchia con una fontana si trova molto più a sinistra, ma non era affatto paragonabile a quella che avevo visto io, così fui tentato di credere che anche la seconda avventura fosse un sogno come la prima, perché della porticina non v’era traccia. L’unico mio con­

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merkung, daß jene drei Gegenstände stets den Ort zu verändern schei­ nen: denn bei wiederholtem Besuch jener Gegend glaube ich bemerkt zu haben, daß die Nußbäume etwas zusammenrücken, und daß Tafel und Brunnen sich ebenfalls zu nähern scheinen. Wahrscheinlich, wenn alles wieder zusammentrifft, wird auch die Pforte von neuem sicht­ bar sein, und ich werde mein Mögliches tun, das Abenteuer wieder anzuknüpfen. Ob ich Euch erzählen kann, was weiter begegnet, oder ob es mir ausdrücklich verboten wird, weiß ich nicht zu sagen.

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Dieses Märchen, von dessen Wahrheit meine Gespielen sich leiden­ schaftlich zu überzeugen trachteten, erhielt großen Beifall. Sie besuch­ ten, Jeder allein, ohne es mir oder den andern zu vertrauen, den ange­ deuteten Ort, fanden die Nußbäume, die Tafel und den Brunnen, aber immer entfernt von einander: wie sie zuletzt bekannten, weil man in jenen Jahren nicht gern ein Geheimnis verschweigen mag. | Hier ging aber der Streit erst an. Der Eine versicherte: die Gegenstände rückten nicht vom Flecke und blieben immer in gleicher Entfernung unter ei­ nander. Der Zweite behauptete: sie bewegten sich, aber sie entfernten sich von einander. Mit diesem war der Dritte über den ersten Punkt der Bewegung einstimmig, doch schienen ihm Nußbäume, Tafel und Brunnen sich vielmehr zu nähern. Der Vierte wollte noch was merk­ würdigeres gesehen haben: die Nußbäume nämlich in der Mitte, die Tafel aber und den Brunnen auf den entgegengesetzten Seiten als ich angegeben. In Absicht auf die Spur des Pförtchens variierten sie auch. Und so gaben sie mir ein frühes Beispiel, wie die Menschen von einer ganz einfachen und leicht zu erörternden Sache die widersprechends­ ten Ansichten haben und behaupten können. Als ich die Fortsetzung meines Märchens hartnäckig verweigerte, ward dieser erste Teil öfters wieder begehrt. Ich hütete mich, an den Umständen viel zu verändern, und durch die Gleichförmigkeit meiner Erzählung verwandelte ich in den Gemütern meiner Zuhörer die Fabel in Wahrheit. Übrigens war ich den Lügen und der Verstellung abgeneigt, und überhaupt keineswegs leichtsinnig; vielmehr zeigte sich der innere

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forto è che quei tre oggetti sembrano mutare continuamen­ te di posto: perché in una visita successiva mi sembrò di notare che gli alberi erano più vicini, e anche la lastra e la fontana si erano avvicinate. Probabilmente, quando saranno di nuovo allineati diventerà nuovamente visibile anche la porticina, e farò di tutto per riprendere la mia avventura. Se poi potrò raccontarvi cosa è successo o se mi sarà espressa­ mente vietato, non saprei dirlo. Questa fiaba, della cui verità i miei compagni erano appas­ sionatamente convinti, ebbe molto successo. Si recarono tutti in quel luogo, ognuno per conto proprio, senza dirlo agli altri; trovarono i noci, la lapide di pietra e la fonta­ na, ma sempre distanti, come essi stessi poi ammisero: a quell’età è difficile mantenere un segreto. | Ma qui iniziò la lite: uno assicurava che quei tre oggetti erano sempre allo stesso posto e rimanevano sempre alla stessa distanza gli uni dagli altri; un secondo diceva che si muovevano, ma al­ lontanandosi; un terzo era sì d’accordo sul fatto che si muo­ vessero, ma piuttosto avvicinandosi. Un quarto sosteneva invece di aver visto qualcosa di più strano, e cioè i noci al centro, ma la lastra e la fontana sul lato opposto rispet­ to alla mia descrizione. Anche rispetto alla posizione della porticina avevano opinioni divergenti, e mi fornirono così un esempio precoce di come gli uomini possano sostenere tutto e il contrario di tutto anche per cose così semplici e fa­ cilmente dimostrabili. Quando mi rifiutai ostinatamente di raccontare il seguito della fiaba, mi chiesero più e più volte di ripetere quella prima parte. Mi guardai bene dal modifi­ care i dettagli, e grazie all’identica ripetizione, nell’animo dei miei ascoltatori la fiaba si tramutò in verità. In genere non ero incline a bugie e finzioni, e non ero nemmeno superficiale; anzi, anche all’esterno manifesta­

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Ernst, mit dem ich schon früh mich und die Welt betrachtete, auch in meinem Äußern, und ich ward, oft freundlich, oft auch spöttisch, über eine gewisse Würde berufen, die ich mir herausnahm. Denn ob es mir zwar an guten, ausgesuchten Freunden nicht fehlte, so waren wir doch immer die Minderzahl gegen jene, die uns mit rohem Mutwillen an­ zufechten ein Vergnügen fanden, und uns freilich oft sehr unsanft aus jenen märchenhaften, selbstgefälligen Träumen aufweckten, in die wir uns, ich erfindend und meine Gespielen teilnehmend, nur allzugern verloren. Nun wurden wir abermals gewahr, daß man anstatt sich der Weichlichkeit und phantastischen Vergnügungen hinzugeben, wohl eher Ursache habe, sich abzuhärten, um die unvermeidlichen Übel ent­ weder zu ertragen, oder ihnen entgegen zu wirken. | Unter die Übungen des Stoizismus, den ich deshalb so ernstlich als es einem Knaben möglich ist, bei mir ausbildete, gehörten auch die Duldungen körperlicher Leiden. Unsere Lehrer behandelten uns oft sehr unfreundlich und ungeschickt mit Schlägen und Püffen, gegen die wir uns um so mehr verhärteten, als Widersetzlichkeit oder Gegen­ wirkung aufs höchste verpönt war. Sehr viele Scherze der Jugend be­ ruhen auf einem Wettstreit solcher Ertragungen: zum Beispiel, wenn man mit zwei Fingern oder der ganzen Hand sich wechselsweise bis zur Betäubung der Glieder schlägt, oder die bei gewissen Spielen ver­ schuldeten Schläge mit mehr oder weniger Gesetztheit aushält; wenn man sich beim Ringen und Balgen durch die Kniffe der Halbüberwun­ denen nicht irre machen läßt; wenn man einen aus Neckerei zugefügten Schmerz unterdrückt, ja selbst das Zwicken und Kitzeln, womit junge Leute so geschäftig gegen einander sind, als etwas Gleichgültiges be­ handelt. Dadurch setzt man sich in einen großen Vorteil, der uns von andern so geschwind nicht abgewonnen wird. Da ich jedoch von einem solchen Leidenstrotz gleichsam Profes­ sion machte, so wuchsen die Zudringlichkeiten der Andern; und wie eine unartige Grausamkeit keine Grenzen kennt, so wußte sie mich doch aus meiner Grenze hinauszutreiben. Ich erzähle einen Fall statt

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vo quella serietà con cui molto presto iniziai a osservare il mondo e me stesso, tanto che spesso, ora con affetto, ora con scherno, mi veniva rimproverato di ostentare un cer­ to sussiego82. Infatti, per quanto non mi mancassero alcuni buoni amici selezionati, erano pur sempre una minoranza rispetto a quelli che si divertivano a provocarci con gros­ solana prepotenza risvegliandoci in modo poco delicato da quei sogni fiabeschi e compiaciuti in cui ci perdevamo fin troppo volentieri, io come inventore, loro come ascoltatori. A un certo punto ci rendemmo conto che, invece di abban­ donarci alle mollezze e ai piaceri della fantasia, era giunto il momento di temprarci per sopportare o contrastare gli ine­ vitabili guai. | Tra gli esercizi dello stoicismo a cui mi dedicavo, tanto seriamente quanto è possibile per un ragazzo, c’era anche la sopportazione del dolore fisico. Gli insegnanti erano piut­ tosto sgarbati e senza complimenti ci rifilavano bacchetta­ te e ceffoni, ai quali dovevamo abituarci perché era asso­ lutamente proibito reagire od opporsi. Moltissimi giochi dell’infanzia hanno come base una gara di sopportazione, ad esempio picchiarsi a vicenda con due dita o con tutta la mano finché le membra non si sono intorpidite, o incassa­ re determinati colpi più o meno ben assestati; non lasciarsi distrarre dai pizzicotti dell’avversario ormai quasi sconfitto nelle lotte o nelle zuffe, soffocare un dolore causato per di­ spetto o ancora mostrare totale indifferenza persino a pizzi­ chi e solletico, con cui i ragazzi si tormentano di continuo. Così facendo si conquista una posizione di vantaggio da cui non si viene scalzati tanto facilmente. Di quella capacità di sopportazione io feci una profes­ sione, e così aumentavano anche le provocazioni altrui; e poiché quel tipo di crudeltà non conosce confini, finì per oltrepassare anche il mio limite. Racconto solo un episodio

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vieler. Der Lehrer war eine Stunde nicht gekommen; so lange wir Kin­ der alle beisammen waren, unterhielten wir uns recht artig; als aber die mir Wohlwollenden, nachdem sie lange genug gewartet, hinweg­ gingen, und ich mit drei Mißwollenden allein blieb: so dachten diese mich zu quälen, zu beschämen und zu vertreiben. Sie hatten mich einen Augenblick im Zimmer verlassen und kamen mit Ruten zurück, die sie sich aus einem geschwind zerschnittenen Besen verschafft hatten. Ich merkte ihre Absicht, und weil ich das Ende der Stunde nahe glaubte, so setzte ich aus dem Stegreife bei mir fest, mich bis zum Glockenschlage nicht zu wehren. Sie fingen darauf unbarmherzig an, mir die Beine und Waden auf das grausamste zu peitschen. Ich rührte mich nicht, fühlte aber | bald, daß ich mich verrechnet hatte, und daß ein solcher Schmerz die Minuten sehr verlängert. Mit der Duldung wuchs meine Wut, und mit dem ersten Stundenschlag fuhr ich dem einen, der sich’s am wenigsten versah, mit der Hand in die Nackenhaare und stürzte ihn augenblicklich zu Boden, indem ich mit dem Knie seinen Rücken drückte; den andern, einen jüngeren und schwächeren, der mich von hinten anfiel, zog ich bei dem Kopfe durch den Arm und erdrosselte ihn fast, indem ich ihn an mich preßte. Nun war der letzte noch übrig und nicht der schwächste, und mir blieb nur die linke Hand zu meiner Verteidigung. Allein ich ergriff ihn beim Kleide, und durch eine ge­ schickte Wendung von meiner Seite, durch eine übereilte von seiner, brachte ich ihn nieder und stieß ihn mit dem Gesicht gegen den Boden. Sie ließen es nicht an Beißen, Kratzen und Treten fehlen; aber ich hatte nur meine Rache im Sinn und in den Gliedern. In dem Vorteil in dem ich mich befand, stieß ich sie wiederholt mit den Köpfen zusammen. Sie erhuben zuletzt ein entsetzliches Zetergeschrei, und wir sahen uns bald von allen Hausgenossen umgeben. Die umhergestreuten Ruten und meine Beine, die ich von den Strümpfen entblößte, zeugten bald für mich. Man behielt sich die Strafe vor und ließ mich aus dem Hau­ se; ich erklärte aber, daß ich künftig, bei der geringsten Beleidigung,

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tra tanti. L’insegnante non si era presentato a una lezione; finché noi bambini restammo tutti insieme, chiacchieram­ mo in modo piacevole, ma quando i miei amici, avendo aspettato abbastanza, se ne andarono e io rimasi solo con i tre più antipatici, quelli pensarono bene di tormentarmi e umiliarmi per mandarmi via. Si allontanarono per un at­ timo e tornarono con delle bacchette che avevano tagliato in gran fretta da una ramazza. Intuii le loro intenzioni, ma poiché ero convinto che la fine dell’ora fosse vicina, decisi così sui due piedi di non reagire fino allo scoccare dell’ora. Cominciarono spietati a frustarmi accanendosi su gambe e polpacci; io non mi mossi, ma mi resi | subito conto che avevo sbagliato a calcolare e che un simile dolore fa diven­ tare i minuti lunghissimi. Insieme alla sopportazione cre­ sceva anche la mia rabbia, e al primo rintocco dell’orologio afferrai il primo, che meno se lo aspettava, per i capelli e lo scaraventai a terra puntandogli il ginocchio sulla schiena; il secondo, più piccolo e più debole, mi assalì da dietro, ma gli presi la testa con il braccio e lo schiacciai contro di me, strozzandolo quasi. Mancava ancora il terzo, che non era il più debole, e a me rimaneva solo la mano sinistra per difendermi. Ciononostante lo afferrai per la giacchetta e con un’abile mossa da parte mia e un movimento troppo affrettato da parte sua riuscii a farlo cadere a faccia in giù. Non smettevano di mordere, graffiare e scalciare, ma ormai io pensavo solo alla vendetta; nella posizione di vantaggio in cui mi trovavo, sbattei le tre teste l’una contro l’altra e a quel punto iniziarono a piangere e a strillare così forte da ri­ chiamare immediatamente tutta la casa. Le bacchette sparse a terra e le mie gambe, che mostrai tirando giù le calze, mi fecero da testimone. Mi lasciarono tornare a casa minac­ ciando una punizione; io comunque dichiarai che in futuro, per una qualsiasi anche minima offesa, avrei cavato loro gli

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einem oder dem andern die Augen auskratzen, die Ohren abreißen, wo nicht gar ihn erdrosseln würde. Dieser Vorfall, ob man ihn gleich, wie es in kindischen Dingen zu geschehen pflegt, bald wieder vergaß und sogar belachte, war jedoch Ursache, daß diese gemeinsamen Unterrichtsstunden seltner wurden und zuletzt ganz aufhörten. Ich war also wieder wie vorher mehr ins Haus gebannt, wo ich an meiner Schwester Cornelia, die nur ein Jahr weniger zählte als ich, eine an Annehmlichkeit immer wachsende Ge­ sellschafterin fand. Ich will jedoch diesen Gegenstand nicht verlassen, ohne noch einige Geschichten zu erzählen, wie mancherlei Unangenehmes mir von mei­ nen Gespielen begegnet: denn das ist | ja eben das Lehrreiche solcher sittlichen Mitteilungen, daß der Mensch erfahre, wie es andern ergangen, und was auch er vom Leben zu erwarten habe, und daß er, es mag sich er­ eignen was will, bedenke, dieses widerfahre ihm als Menschen und nicht als einem besonders Glücklichen oder Unglücklichen. Nützt ein solches Wissen nicht viel, um die Übel zu vermeiden, so ist es doch sehr dienlich, daß wir uns in die Zustände finden, sie ertragen, ja sie überwinden lernen. Noch eine allgemeine Bemerkung steht hier an der rechten Stelle, daß nämlich bei dem Emporwachsen der Kinder aus den gesitteten Ständen ein sehr großer Widerspruch zum Vorschein kommt, ich meine den, daß sie von Eltern und Lehrern angemahnt und angeleitet werden, sich mä­ ßig, verständig, ja vernünftig zu betragen, Niemanden aus Mutwillen oder Übermut ein Leids zuzufügen und alle gehässigen Regungen, die sich an ihnen entwickeln möchten, zu unterdrücken; daß nun aber im Gegenteil, während die jungen Geschöpfe mit einer solchen Übung beschäftigt sind, sie von andern das zu leiden haben, was an ihnen gescholten wird und höchlich verpönt ist. Dadurch kommen die armen Wesen zwischen dem Naturzustande und dem der Zivilisation gar erbärmlich in die Klemme, und werden, je nachdem die Charakter sind, entweder tückisch, oder ge­ waltsam aufbrausend, wenn sie eine Zeitlang an sich gehalten haben. Gewalt ist eher mit Gewalt zu vertreiben; aber ein gut gesinntes, zur Liebe und Teilnahme geneigtes Kind weiß dem Hohn und dem bö­

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occhi o staccato le orecchie o magari persino strangolato l’uno o l’altro. Quell’episodio, ben presto dimenticato o volto sul ride­ re, come accade spesso per le cose dei bambini, fu comun­ que il motivo per cui quelle lezioni di gruppo si diradarono per poi interrompersi del tutto. Mi ritrovai quindi relegato in casa ancora più di prima e trovai in mia sorella Cornelia, che aveva solo un anno meno di me, una compagna di gio­ chi sempre più gradevole. Ma non voglio abbandonare questo argomento senza aver raccontato alcuni aneddoti sui dispetti che subivo dai miei compagni, giacché | questa è la parte istruttiva di quei racconti morali: ciascuno scopre cosa è successo agli altri e cosa deve aspettarsi dalla vita, e può riflettere sul fatto che, qualsiasi cosa gli capiti, gli capita perché è un essere umano e non perché è particolarmente fortunato o sfortu­ nato. Sapere tutto ciò non aiuta a evitare i guai, ma insegna comunque a conviverci, a sopportarli e magari a superarli. Questo è il posto giusto per un’altra considerazione generale, e cioè che crescendo i bambini dei ceti elevati notano una fortissima contraddizione: ammoniti e istrui­ ti da insegnanti e genitori a comportarsi in modo pacato, comprensivo, addirittura saggio, a non fare del male agli altri per pura cattiveria o arroganza e a soffocare ogni loro istinto malvagio, mentre sono impegnati in questo eserci­ zio devono invece subire dagli altri ciò che a loro viene rimproverato o assolutamente proibito. Di conseguenza le povere creature non hanno scampo, prese in una morsa tra lo stato di natura e la civiltà, e dopo aver resistito per un po’ si ribelleranno, a seconda del carattere, o con la perfidia o con la violenza. Alla violenza si risponde con la violenza, ma un bam­ bino buono per natura, incline all’amore e alla simpatia ha

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sen Willen wenig entgegenzusetzen. Wenn ich die Tätlichkeiten meiner Gesellen so ziemlich abzuhalten wußte; so war ich doch keineswegs ihren Sticheleien und Mißreden gewachsen, weil in solchen Fällen der­ jenige, der sich verteidigt, immer verlieren muß. Es wurden also auch Angriffe dieser Art, in sofern sie zum Zorn reizten, mit physischen Kräften zurückgewiesen, oder sie regten wundersame Betrachtungen in mir auf, die denn nicht ohne Folgen bleiben konnten. Unter an­ dern | Vorzügen mißgönnten mir die Übelwollenden auch, daß ich mir in einem Verhältnis gefiel, welches aus dem Schultheißenamt meines Großvaters für die Familie entsprang: denn indem er als der Erste unter seines Gleichen dastand, hatte dieses doch auch auf die Seinigen nicht geringen Einfluß. Und als ich mir einmal nach gehaltenem Pfeiferge­ richte etwas darauf einzubilden schien, meinen Großvater in der Mit­ te des Schöffenrats, eine Stufe höher als die andern, unter dem Bilde des Kaisers gleichsam thronend gesehen zu haben; so sagte einer der Knaben höhnisch: ich sollte doch, wie der Pfau auf seine Füße, so auf meinen Großvater väterlicher Seite hinsehen, welcher Gastgeber zum Weidenhof gewesen, und wohl an die Thronen und Kronen keinen An­ spruch gemacht hätte. Ich erwiderte darauf, daß ich davon keineswegs beschämt sei, weil gerade darin das Herrliche und Erhebende unserer Vaterstadt bestehe, daß alle Bürger sich einander gleich halten dürften, und daß einem Jeden seine Tätigkeit nach seiner Art förderlich und ehrenvoll sein könne. Es sei mir nur leid, daß der gute Mann schon so lange gestorben: denn ich habe mich auch ihn persönlich zu kennen öfters gesehnt, sein Bildnis vielmals betrachtet, ja sein Grab besucht und mich wenigstens bei der Inschrift an dem einfachen Denkmal sei­ nes vorübergegangenen Daseins gefreut, dem ich das meine schuldig geworden. Ein anderer Mißwollender, der tückischste von allen, nahm jenen ersten bei Seite und flüsterte ihm etwas in die Ohren, wobei sie

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poco da contrapporre allo scherno e alla malizia. Mentre riuscivo abbastanza ad arginare le botte dei miei compagni, non riuscivo per niente a tenere testa alle punzecchiature e canzonature, perché in quei casi chi cerca di difendersi ha comunque la peggio. Per cui, quando mi facevano andare in collera, reagivo anche agli attacchi di questo tipo con la violenza fisica; altre volte invece suscitavano in me curio­ se considerazioni, che non potevano rimanere senza con­ seguenze. Tra le altre cose | i maligni mi rinfacciavano di vantarmi per la condizione mia e della mia famiglia, che era però unicamente dovuta alla carica di podestà di mio non­ no: trovandosi come primo tra i suoi pari, la sua situazio­ ne aveva avuto un influsso non trascurabile anche sul resto della famiglia. Una volta, quando dopo un’udienza dei pif­ ferai ebbero l’impressione che mi dessi delle arie per aver visto mio nonno seduto in mezzo agli scabini un gradino più in alto degli altri e anche lui in trono come l’imperatore nel dipinto che lo sovrastava, uno di quei ragazzi mi disse beffardo che dovevo fare come il pavone con le sue zam­ pe83 e guardare al mio nonno paterno, che era invece stato locandiere alla Corte dei salici e non poteva certo avanzare pretese su troni e corone. Gli risposi che non me ne vergo­ gnavo affatto, e che la nostra città natale era stupenda e no­ bile proprio perché tutti i cittadini potevano ritenersi uguali e ciascuno poteva conquistare prestigio e onore grazie alla sua attività. Mi dispiaceva solo che quel brav’uomo fosse morto già da lungo tempo84 perché tante volte avrei deside­ rato averlo conosciuto; avevo spesso osservato il suo ritrat­ to e visitato la sua tomba, rallegrandomi che almeno l’iscri­ zione conservasse una semplice memoria della sua passata esistenza alla quale io, a mia volta, dovevo la mia. Un altro maligno, il più perfido di tutti, prese il primo da parte e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio, mentre entrambi mi guar­

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mich immer spöttisch ansahen. Schon fing die Galle mir an zu kochen, und ich forderte sie auf, laut zu reden. – »Nun was ist es denn weiter, sagte der erste, wenn du es wissen willst: dieser da meint, du könntest lange herumgehen und suchen, bis du deinen Großvater fändest.« – Ich drohte nun noch heftiger, wenn sie sich nicht deutlicher erklären wür­ den. Sie brachten darauf ein Märchen vor, das sie ihren Eltern wollten abgelauscht haben: mein Vater sei der Sohn eines vornehmen Mannes, und jener gute Bürger habe sich willig finden lassen, äußerlich Vater­ stelle zu vertreten. Sie hatten die Unverschämtheit allerlei | Argumen­ te vorzubringen, z. B. daß unser Vermögen bloß von der Großmutter herrühre, daß die übrigen Seitenverwandten, die sich in Friedberg und sonst aufhielten, gleichfalls ohne Vermögen seien, und was noch andre solche Gründe waren, die ihr Gewicht bloß von der Bosheit herneh­ men konnten. Ich hörte ihnen ruhiger zu als sie erwarteten, denn sie standen schon auf dem Sprung zu entfliehen, wenn ich Miene machte, nach ihren Haaren zu greifen. Aber ich versetzte ganz gelassen: auch dieses könne mir recht sein. Das Leben sei so hübsch, daß man völlig für gleichgültig achten könne, wem man es zu verdanken habe: denn es schriebe sich doch zuletzt von Gott her, vor welchem wir alle gleich wären. So ließen sie, da sie nichts ausrichten konnten, die Sache für diesmal gut sein; man spielte zusammen weiter fort, welches unter Kindern immer ein erprobtes Versöhnungsmittel bleibt. Mir war jedoch durch diese hämischen Worte eine Art von sittli­ cher Krankheit eingeimpft, die im Stillen fortschlich. Es wollte mir gar nicht mißfallen, der Enkel irgend eines vornehmen Herrn zu sein, wenn es auch nicht auf die gesetzlichste Weise gewesen wäre. Meine Spür­ kraft ging auf dieser Fährte, meine Einbildungskraft war angeregt und mein Scharfsinn aufgefordert. Ich fing nun an die Aufgaben jener zu untersuchen, fand und erfand neue Gründe der Wahrscheinlichkeit. Ich hatte von meinem Großvater wenig reden hören, außer daß sein Bildnis mit dem meiner Großmutter in einem Besuchzimmer des alten Hauses gehangen hatte, welche beide, nach Erbauung des neuen, in einer obern

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davano con derisione. Sentii ribollire la bile e li sfidai a parlare ad alta voce. «Va bene, se proprio vuoi saperlo…», rispose il primo. «Dice che potresti girare e vagare un bel po’, prima di trovare tuo nonno». Li minacciai del peggio, se non avessero parlato chiaro. A quel punto raccontarono una storiella che dicevano di aver sentito dai loro genitori, e cioè che mio padre sarebbe il figlio di un nobile e che mio nonno si sarebbe reso disponibile a fare la parte del padre, almeno per le apparenze. Ebbero anche la faccia tosta di addurre | persino degli argomenti per dimostrarlo, ad esem­ pio che il nostro patrimonio proveniva esclusivamente dal lato materno, che gli altri parenti di quel lato, residenti a Friedberg e dintorni, erano nullatenenti e tutta una serie di motivazioni che acquistavano peso solo per la loro perfidia. Li ascoltai più calmo di quanto si aspettassero, erano infatti già pronti a scappare al primo accenno di prenderli per i capelli. Risposi invece molto tranquillo che anche quello mi stava bene. La vita è così bella che è del tutto indifferente chi ce l’ha donata, perché alla fine ci viene da Dio, davanti al quale siamo tutti uguali. Non riuscendo a farmi arrabbia­ re, per quella volta mi lasciarono in pace e continuammo a giocare insieme, cosa che tra i bambini rimane sempre uno strumento collaudato per riconciliarsi. Quelle perfide insinuazioni mi avevano però inoculato una sorta di malattia morale che progrediva in silenzio. Non mi dispiaceva affatto essere il nipote di qualche nobile, per quanto illegittimo; il mio istinto seguì quella traccia, la fan­ tasia si accese, il mio acume si mise in moto. Cominciai col verificare le affermazioni di quei due, trovando e inventan­ do nuovi plausibili appigli. Avevo sentito parlare poco di mio nonno, sapevo che il suo ritratto, insieme a quello della nonna, prima era appeso nel salotto di casa, mentre dopo la ristrutturazione erano finiti entrambi in una stanza al piano

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Kammer aufbewahrt wurden. Meine Großmutter mußte eine sehr schö­ ne Frau gewesen sein, und von gleichem Alter mit ihrem Manne. Auch erinnerte ich mich, in ihrem Zimmer das Miniaturbild eines schönen Herrn, in Uniform mit Stern und Orden, gesehen zu haben, welches nach ihrem Tode mit vielen andern kleinen Gerätschaften, während des alles umwälzenden Hausbaues, verschwunden war. Solche wie manche andre Dinge baute ich mir in meinem kindischen Kopfe zusammen, und übte | frühzeitig genug jenes moderne Dichter-Talent, welches durch eine abenteuerliche Verknüpfung der bedeutenden Zustände des menschlichen Lebens sich die Teilnahme der ganzen kultivierten Welt zu verschaffen weiß. Da ich nun aber einen solchen Fall Niemanden zu vertrauen, oder auch nur von ferne nachzufragen mich unterstand; so ließ ich es an einer heimlichen Betriebsamkeit nicht fehlen, um wo möglich der Sa­ che etwas näher zu kommen. Ich hatte nämlich ganz bestimmt behaup­ ten hören, daß die Söhne den Vätern oder Großvätern oft entschieden ähnlich zu sein pflegten. Mehrere unserer Freunde, besonders auch Rat Schneider, unser Hausfreund, hatten Geschäftsverbindungen mit allen Fürsten und Herren der Nachbarschaft, deren, sowohl regierender als nachgeborner, keine geringe Anzahl am Rhein und Main und in dem Raume zwischen beiden ihre Besitzungen hatten, und die aus beson­ derer Gunst ihre treuen Geschäftsträger zuweilen wohl mit ihren Bild­ nissen beehrten. Diese, die ich von Jugend auf vielmals an den Wänden gesehen, betrachtete ich nunmehr mit doppelter Aufmerksamkeit, for­ schend ob ich nicht eine Ähnlichkeit mit meinem Vater, oder gar mit mir entdecken könnte; welches aber zu oft gelang, als daß es mich zu einiger Gewißheit hätte führen können. Denn bald waren es die Augen von diesem, bald die Nase von jenem, die mir auf einige Verwandt­ schaft zu deuten schienen. So führten mich diese Kennzeichen trüglich genug hin und wider. Und ob ich gleich in der Folge diesen Vorwurf als ein durchaus leeres Märchen betrachten mußte, so blieb mir doch der Eindruck, und ich konnte nicht unterlassen, die sämtlichen Herren, deren Bildnisse mir sehr deutlich in der Phantasie geblieben waren,

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superiore. Mia nonna doveva essere stata una donna molto bella, e della stessa età del marito85; mi ricordavo anche di aver visto nella sua stanza la miniatura di un bel signore in uniforme con stella e gradi, che poi dopo la sua morte, in occasione dei lavori che sconvolsero tutta la casa, sparì in­ sieme a tanti altri piccoli oggetti. Raccolsi questo e altri det­ tagli nella mia testa di bambino, esercitando | precocemente quel moderno talento poetico che sa conquistarsi il favore di tutto il mondo colto grazie a fantasiosi collegamenti tra le circostanze significative della vita umana. Su una questione del genere non osavo certo confidarmi, né tanto meno potevo chiedere informazioni a qualcuno, così mi diedi da fare in gran segreto per cercare di scoprire qualcosa. Avevo sentito affermare per certo che i figli asso­ migliano molto ai genitori o ai nonni; molti dei nostri amici, e in particolare il consigliere Schneider86, amico di fami­ glia, intrattenevano rapporti d’affari con principi e signori del circondario, molti dei quali, primogeniti o cadetti che fossero, avevano possedimenti lungo il Reno o il Meno o nel territorio tra i due fiumi e talvolta, in segno di particola­ re favore, ricompensavano i loro fedeli agenti commerciali con un ritratto. Fin da bambino li avevo sempre visti appesi alle pareti e ora li osservavo con raddoppiata attenzione, cercando di capire se potessi scorgere una qualche somi­ glianza con mio padre o con me – questo però mi capitava troppo spesso per condurmi a una qualche certezza. Una volta erano gli occhi di uno, una volta il naso dell’altro che mi parevano accennare a una qualche parentela, e quei se­ gni distintivi mi fecero diventare matto per un bel po’. E anche se più avanti considerai quella storia una fandonia bella e buona, mi rimasero però sempre le conseguenze, e non potevo fare a meno di passare in rassegna ogni tanto dentro di me tutti quei signori, i cui ritratti mi erano rima­

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von Zeit zu Zeit im Stillen bei mir zu mustern und zu prüfen. So wahr ist es, daß alles was den Menschen innerlich in seinem Dünkel be­ stärkt, seiner heimlichen Eitelkeit schmeichelt, ihm dergestalt höchlich erwünscht ist, daß er nicht weiter fragt, ob es ihm sonst auf irgend eine Weise zur Ehre oder zur Schmach gereichen könne. | Doch anstatt hier ernsthafte, ja rügende Betrachtungen einzu­ mischen, wende ich lieber meinen Blick von jenen schönen Zeiten hin­ weg: denn wer wäre im Stande von der Fülle der Kindheit würdig zu sprechen! Wir können die kleinen Geschöpfe, die vor uns herum wan­ deln, nicht anders als mit Vergnügen, ja mit Bewunderung ansehen: denn meist versprechen sie mehr als sie halten, und es scheint als wenn die Natur unter andern schelmischen Streichen, die sie uns spielt, auch hier sich ganz besonders vorgesetzt, uns zum Besten zu haben. Die ersten Organe, die sie Kindern mit auf die Welt gibt, sind dem nächsten unmittelbaren Zustande des Geschöpfs gemäß; es bedient sich dersel­ ben kunst- und anspruchslos, auf die geschickteste Weise zu den nächs­ ten Zwecken. Das Kind, an und für sich betrachtet, mit seines Gleichen und in Beziehungen die seinen Kräften angemessen sind, scheint so verständig, so vernünftig, daß nichts drüber geht, und zugleich so be­ quem, heiter und gewandt, daß man keine weitre Bildung für dasselbe wünschen möchte. Wüchsen die Kinder in der Art fort, wie sie sich an­ deuten, so hätten wir lauter Genies. Aber das Wachstum ist nicht bloß Entwicklung; die verschiednen organischen Systeme, die den Einen Menschen ausmachen, entspringen aus einander, folgen einander, ver­ wandeln sich in einander, verdrängen einander, ja zehren einander auf, so daß von manchen Fähigkeiten, von manchen Kraftäußerungen, nach einer gewissen Zeit, kaum eine Spur mehr zu finden ist. Wenn auch die menschlichen Anlagen im Ganzen eine entschiedene Richtung haben, so wird es doch dem größten und erfahrensten Kenner schwer sein, sie mit Zuverlässigkeit voraus zu verkünden; doch kann man hinterdrein wohl bemerken, was auf ein Künftiges hingedeutet hat.

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sti molto chiaramente impressi nella memoria, con occhio indagatore. È proprio vero che quello che lusinga un uomo presuntuoso, ciò che solletica la sua segreta vanità gli ap­ pare talmente desiderabile che non si chiede nemmeno se possa procurargli onore o vergogna. | Ma piuttosto che intercalare considerazioni serie o addi­ rittura rimproveri, preferisco distogliere lo sguardo da quei bei tempi: chi potrebbe mai descrivere la pienezza dell’in­ fanzia in modo adeguato? Possiamo soltanto guardare le creaturine che crescono davanti ai nostri occhi con piacere, se non con ammirazione: di solito promettono più di quanto poi mantengono, ed è come se la natura, tra tutti gli scherzi che ci gioca, in questo caso ce la mettesse davvero tutta per farsi beffe di noi. I primi organi dati in dotazione al bam­ bino quando viene al mondo sono commisurati ai suoi bi­ sogni immediati; egli se ne serve in modo semplice e spon­ taneo e con estrema abilità per raggiungere i suoi scopi. Il bimbo, considerato in sé e per sé, insieme ad altri bambini e in relazioni adeguate alle sue possibilità, pare così assen­ nato e ragionevole da far invidia, e allo stesso tempo così a suo agio, sereno e adattabile che si potrebbe pensare che non necessiti di ulteriore educazione. Se i bambini cresces­ sero così come sembrano da piccoli, avremmo una schiera di geni. Ma la crescita non è solo sviluppo; i vari sistemi or­ ganici che costituiscono l’uomo derivano l’uno dall’altro, si susseguono, si trasformano l’uno nell’altro, si rimpiazzano, talvolta si distruggono, e così di alcune capacità, di alcune attitudini dopo un certo tempo non rimane più traccia. Seb­ bene le inclinazioni umane nel complesso siano orientate in una precisa direzione, anche il più bravo ed esperto cono­ scitore avrebbe difficoltà a individuarle in anticipo con una certa sicurezza; mentre invece è facilissimo, a posteriori, distinguere ciò che si sarebbe sviluppato in futuro.

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Keineswegs gedenke ich daher in diesen ersten Büchern meine Jugendgeschichten völlig abzuschließen, sondern ich werde vielmehr noch späterhin manchen Faden aufnehmen und fortleiten, der sich un­ bemerkt durch die ersten Jahre schon hindurchzog. Hier muß ich aber bemerken, | welchen stärkeren Einfluß nach und nach die Kriegsbege­ benheiten auf unsere Gesinnungen und unsre Lebensweise ausübten. Der ruhige Bürger steht zu den großen Weltereignissen in einem wunderbaren Verhältnis. Schon aus der Ferne regen sie ihn auf und beunruhigen ihn, und er kann sich, selbst wenn sie ihn nicht berühren, eines Urteils, einer Teilnahme nicht enthalten. Schnell ergreift er eine Partei, nachdem ihn sein Charakter oder äußere Anlässe bestimmen. Rücken so große Schicksale, so bedeutende Veränderungen näher, dann bleibt ihm bei manchen äußern Unbequemlichkeiten noch immer jenes innre Mißbehagen, verdoppelt und schärft das Übel meistenteils und zerstört das noch mögliche Gute. Dann hat er von Freunden und Feinden wirklich zu leiden, oft mehr von jenen als von diesen, und er weiß weder wie er seine Neigung, noch wie er seinen Vorteil wahren und erhalten soll. Das Jahr 1757, das wir noch in völlig bürgerlicher Ruhe ver­ brachten, wurde dem ungeachtet in großer Gemütsbewegung verlebt. Reicher an Begebenheiten als dieses war vielleicht kein anderes. Die Siege, die Großtaten, die Unglücksfälle, die Wiederherstellungen folg­ ten auf einander, verschlangen sich und schienen sich aufzuheben; im­ mer aber schwebte die Gestalt Friedrich’s, sein Name, sein Ruhm, in kurzem wieder oben. Der Enthusiasmus seiner Verehrer ward immer größer und belebter, der Haß seiner Feinde bitterer, und die Verschie­ denheit der Ansichten, welche selbst Familien zerspaltete, trug nicht wenig dazu bei, die ohnehin schon auf mancherlei Weise von einan­ der getrennten Bürger noch mehr zu isolieren. Denn in einer Stadt wie Frankfurt, wo drei Religionen die Einwohner in drei ungleiche Mas­ sen teilen, wo nur wenige Männer, selbst von der herrschenden, zum

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Non intendo quindi assolutamente liquidare la storia della mia infanzia in questi primi libri, anche più avanti riprenderò e seguirò alcuni fili che in modo impercettibi­ le si intrecciavano già in questi primi anni. Ora devo però descrivere  |  l’influsso sempre più massiccio che la guerra esercitò man mano sulle nostre opinioni e sul nostro modo di vivere. Il pacifico cittadino ha uno strano rapporto con gli av­ venimenti a carattere mondiale. Già da lontano lo agitano e lo preoccupano, e anche quando non lo riguardano non può fare a meno di formarsi un’opinione, di esprimere un giudizio; e ben presto si schiera a seconda del suo carattere o degli stimoli esterni. Con l’approssimarsi di grandi acca­ dimenti, di cambiamenti epocali, insieme a qualche scomo­ dità esteriore gli rimane, raddoppiato, quel disagio interiore che non fa che aggravare il male e distrugge quel poco di bene che era ancora possibile. A quel punto dovrà davvero patire a causa di amici e nemici, ma più spesso a causa di amici, e non saprà più come preservare e difendere né le sue opinioni né i suoi interessi. Il 1757, che per la città trascorse in totale tranquillità, fu però un anno di grandi emozioni. Nessun altro anno fu ricco di avvenimenti come quello. Le vittorie, le grandi imprese, i rovesci della sorte, le rivincite si susseguivano, intreccia­ vano e sovrapponevano, ma sopra ogni cosa aleggiava la figura di Federico, il suo nome, la sua gloria. L’entusiasmo dei suoi ammiratori era sempre più intenso e appassionato, l’odio degli avversari sempre più amaro, e la differenza di opinioni che aveva spaccato in due persino le famiglie con­ tribuì a isolare ancor di più i cittadini, che per molti aspetti vivevano già ciascuno per sé. In una città come Francoforte, dove la religione divide gli abitanti in tre gruppi di diversa consistenza87, dove solo pochi uomini, tra il gruppo più in­

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Regiment gelangen können, muß es gar manchen Wohlhabenden und Unterrichteten geben, der sich auf sich zurückzieht und durch Studien und Liebhabereien sich eine eigne und abgeschlossene Existenz bil­ det. Von solchen wird gegenwärtig und auch künftig die | Rede sein müssen, wenn man sich die Eigenheiten eines Frankfurter Bürgers aus jener Zeit vergegenwärtigen soll. Mein Vater hatte, sobald er von Reisen zurückgekommen, nach seiner eigenen Sinnesart, den Gedanken gefaßt, daß er, um sich zum Dienste der Stadt fähig zu machen, eins der subalternen Ämter über­ nehmen und solches ohne Emolumente führen wolle, wenn man es ihm ohne Ballotage übergäbe. Er glaubte nach seiner Sinnesart, nach dem Begriffe den er von sich selbst hatte, im Gefühl seines guten Willens, eine solche Auszeichnung zu verdienen, die freilich weder gesetzlich noch herkömmlich war. Daher, als ihm sein Gesuch abgeschlagen wur­ de, geriet er in Ärger und Mißmut, verschwur jemals irgend eine Stelle anzunehmen, und um es unmöglich zu machen, verschaffte er sich den Charakter eines kaiserlichen Rates, den der Schultheiß und die ältesten Schöffen als einen besondern Ehrentitel tragen. Dadurch hatte er sich zum Gleichen der Obersten gemacht und konnte nicht mehr von unten anfangen. Derselbe Beweggrund führte ihn auch dazu, um die älteste Tochter des Schultheißen zu werben, wodurch er auch auf dieser Seite von dem Rate ausgeschlossen ward. Er gehörte nun unter die Zurück­ gezogenen, welche niemals unter sich eine Sozietät machen. Sie stehen so isoliert gegen einander wie gegen das Ganze, und um so mehr, als sich in dieser Abgeschiedenheit das Eigentümliche der Charakter im­ mer schroffer ausbildet. Mein Vater mochte sich auf Reisen und in der freien Welt, die er gesehen, von einer elegantern und liberalern Lebens­ weise einen Begriff gemacht haben, als sie vielleicht unter seinen Mit­ bürgern gewöhnlich war. Zwar fand er darin Vorgänger und Gesellen.

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fluente, possono aspirare al governo, ci sono anche parecchi benestanti ed eruditi che conducono vita ritirata e si costrui­ scono un’esistenza chiusa in se stessa per dedicarsi alle loro passioni e ai loro studi. Di costoro dovrò parlare tra poco e anche in seguito, | per dare un’idea delle peculiarità di un cittadino di Francoforte di quell’epoca88. Una volta rientrato dai suoi viaggi, mio padre si era fatto una sua idea su come poteva mettersi al servizio della città: avrebbe assunto una delle cariche subalterne e l’a­ vrebbe esercitata senza emolumenti, se gli fosse stata as­ segnata senza metterla ai voti. Nel suo modo di vedere, in base all’opinione che aveva di sé e forte della sua buona intenzione, pensava di meritare quella distinzione che in realtà non era conforme né alle leggi né alla tradizione. Quindi, quando la sua richiesta venne respinta, ne fu tal­ mente stizzito e contrariato che giurò che non avrebbe mai più accettato alcun incarico; e per eliminare definitiva­ mente quell’eventualità si procurò il titolo di consigliere imperiale, un titolo onorifico di cui potevano fregiarsi solo il podestà e gli scabini più anziani. In questo modo si era posto allo stesso livello della carica più alta e non avrebbe potuto assumerne altre inferiori. Per la stessa ragione de­ cise di chiedere in moglie la figlia maggiore del podestà89, un altro motivo che portava all’esclusione dal Consiglio. Faceva dunque parte del gruppo di coloro che si erano riti­ rati a vita privata e che non legano mai tra loro: rimangono isolati sia rispetto a quelli come loro, sia rispetto agli altri, e nella solitudine le peculiarità del loro carattere si fanno sempre più marcate. Durante i suoi viaggi nel vasto mon­ do, mio padre aveva forse assorbito l’idea di uno stile di vita più elegante e più liberale che non ritrovava nei suoi concittadini, e in questo non gli mancarono né precursori né compagni.

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Der Name von Uffenbach ist bekannt. Ein Schöff von Uffenbach lebte damals in gutem Ansehen. Er war in Italien gewesen, hatte sich besonders auf Musik gelegt, sang einen angenehmen Tenor, und da er eine schöne Sammlung von Musikalien mitgebracht hatte, wurden Konzerte und Oratorien bei ihm aufgeführt. Weil er nun dabei selbst sang und die Musiker begünstigte, so fand man es nicht ganz seiner | Würde gemäß, und die eingeladenen Gäste sowohl als die übrigen Landsleute erlaubten sich darüber manche lustige Anmerkung. Ferner erinnere ich mich eines Barons von Häkel, eines reichen Edelmanns, der verheiratet aber kinderlos ein schönes Haus in der An­ toniusgasse bewohnte, mit allem Zubehör eines anständigen Lebens ausgestattet. Auch besaß er gute Gemälde, Kupferstiche, Antiken und manches andre, wie es bei Sammlern und Liebhabern zusammenfließt. Von Zeit zu Zeit lud er die Honoratioren zum Mittagessen, und war auf eine eigne achtsame Weise wohltätig, indem er in seinem Hause die Armen kleidete, ihre alten Lumpen aber zurückbehielt, und ihnen nur unter der Bedingung ein wöchentliches Almosen reichte, daß sie in jenen geschenkten Kleidern sich ihm jedesmal sauber und ordentlich vorstellten. Ich erinnere mich seiner nur dunkel als eines freundlichen, wohlgebildeten Mannes; desto deutlicher aber seiner Auktion, der ich vom Anfang bis zu Ende beiwohnte, und teils auf Befehl meines Va­ ters, teils aus eigenem Antrieb manches erstand, was sich noch unter meinen Sammlungen befindet. Früher, und von mir kaum noch mit Augen gesehen, machte Johann Michael von Loen in der literarischen Welt so wie in Frankfurt ziemliches Aufsehen. Nicht von Frankfurt gebürtig hatte er sich da­ selbst niedergelassen und war mit der Schwester meiner Großmutter Textor, einer gebornen Lindheim, verheiratet. Bekannt mit der Hofund Staatswelt, und eines erneuten Adels sich erfreuend, erlangte er dadurch einen Namen, daß er in die verschiedenen Regungen, welche

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Il nome von Uffenbach è noto90. Uno scabino von Uf­ fenbach godeva allora di buona reputazione. Era stato in Italia, si era occupato in special modo di musica, aveva una gradevole voce tenorile, e avendo raccolto una bella colle­ zione di spartiti musicali, a casa sua si eseguivano concerti e oratori. Poiché in quelle occasioni lui stesso cantava e fa­ voriva i musicisti, si pensava che ciò non si addicesse | alla sua carica e gli ospiti così come gli altri cittadini si permet­ tevano commenti ameni. Mi ricordo anche di un certo barone von Häckel, un no­ bile benestante, sposato ma senza figli, che abitava in una bella casa nella Antoniugasse, dotata di tutto il necessario per un tenore di vita elevato. Possedeva anche bei quadri, incisioni, antichità e altri oggetti da intenditori e collezioni­ sti. Ogni tanto invitava a pranzo le personalità più in vista della città ed era dedito alle opere buone ma in un modo particolare: a casa sua forniva indumenti ai poveri, ma con­ servava i loro vecchi stracci e dava loro settimanalmente un’elemosina, a patto che si presentassero ogni volta con i nuovi vestiti puliti e ordinati. Mi ricordo di lui solo va­ gamente, come di un uomo affabile e colto; ricordo invece molto chiaramente quando i suoi beni furono messi all’asta, perché partecipai dall’inizio alla fine e acquistai, in parte su commissione di mio padre, in parte per mio interesse alcuni pezzi che ancora si trovano nelle mie collezioni. Prima di lui, anche se non feci in tempo a conoscerlo di persona, aveva avuto un discreto successo a Francoforte e nell’ambiente letterario Johann Michael von Loën. Non era originario di Francoforte, ma si era stabilito qui e si era sposato con una sorella di mia nonna Textor, nata Lindhei­ mer91. Familiare con il mondo della corte e della politica, soddisfatto per il titolo nobiliare acquisito di recente, diven­ ne celebre perché ebbe il coraggio di dire la sua opinione

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in Kirche und Staat zum Vorschein kamen, einzugreifen den Mut hatte. Er schrieb den Grafen von Rivera, einen didaktischen Roman, dessen Inhalt aus dem zweiten Titel: oder der ehrliche Mann am Hofe, ersicht­ lich ist. Dieses Werk wurde gut aufgenommen, weil es auch von den Höfen, wo sonst nur Klugheit zu Hause ist, Sittlichkeit verlangte; und so brachte ihm seine Arbeit Beifall und Ansehen. Ein zweites Werk sollte dagegen desto | gefährlicher für ihn werden. Er schrieb: die einzige wahre Religion, ein Buch das die Absicht hatte, Toleranz besonders zwischen Lutheranern und Calvinisten zu befördern. Hierüber kam er mit den Theologen in Streit; besonders schrieb Dr. Benner in Gießen gegen ihn. Von Loen erwiderte; der Streit wurde heftig und persön­ lich, und die daraus entspringenden Unannehmlichkeiten veranlaßten den Verfasser, die Stelle eines Präsidenten zu Lingen anzunehmen, die ihm Friedrich der zweite anbot, der in ihm einen aufgeklärten, und den Neuerungen, die in Frankreich schon viel weiter gediehen waren, nicht abgeneigten vorurteilsfreien Mann zu erkennen glaubte. Seine ehema­ ligen Landsleute, die er mit einigem Verdruß verlassen, behaupteten, daß er dort nicht zufrieden sei, ja nicht zufrieden sein könne, weil sich ein Ort wie Lingen mit Frankfurt keineswegs messen dürfe. Mein Vater zweifelte auch an dem Behagen des Präsidenten, und versicherte, der gute Oheim hätte besser getan, sich mit dem Könige nicht einzulas­ sen, weil es überhaupt gefährlich sei, sich demselben zu nähern, so ein außerordentlicher Herr er auch übrigens sein möge. Denn man habe ja gesehen, wie schmählich der berühmte Voltaire, auf Requisition des preußischen Residenten Freytag, in Frankfurt sei verhaftet worden, da er doch vorher so hoch in Gunsten gestanden und als des Königs Lehr­ meister in der französischen Poesie anzusehen gewesen. Es mangelte bei solchen Gelegenheiten nicht an Betrachtungen und Beispielen, um vor Höfen und Herrendienst zu warnen, wovon sich überhaupt ein ge­ borner Frankfurter kaum einen Begriff machen konnte. Eines vortrefflichen Mannes, Doktor Orth, will ich hier nur dem Namen nach gedenken, indem ich verdienten Frankfurtern hier nicht

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sui diversi movimenti che emergevano nella Chiesa e nello Stato. Scrisse Il conte di Rivera, un romanzo moraleggiante il cui contenuto traspare chiaramente dal sottotitolo: «un uomo onesto a corte». L’opera ebbe successo perché anche a corte, dove in genere regnava solo l’astuzia, si richiedeva ora la moralità, e quindi quell’opera gli procurò successo e fama. La sua seconda opera lo mise invece in grande | angu­ stia. Scrisse L’unica vera religione, un libro che intendeva promuovere la tolleranza soprattutto tra calvinisti e luterani, ma che lo mise in contrasto con i teologi. Lo attaccò soprat­ tutto il dottor Benner di Gießen92, von Loën reagì, la lite di­ venne violenta e assunse toni personali le cui sgradevoli con­ seguenze spinsero l’autore ad accettare il posto di presidente a Lingen che Federico ii gli aveva offerto intuendo in lui un uomo illuminato, privo di pregiudizi e aperto alle nuove idee che in Francia erano già molto diffuse. I suoi concittadini, che aveva lasciato con un certo rancore, sostenevano che là non si trovava bene, anzi, che non avrebbe potuto trovarsi bene perché un posto come Lingen non è certo paragonabile a Francoforte. Anche mio padre nutriva dei dubbi sulla con­ tentezza del presidente e affermava che il bravo zio avrebbe fatto meglio a non fidarsi perché è sempre pericoloso avvi­ cinarsi a un re, per quanto questo fosse una persona straordi­ naria93. Si sapeva bene infatti come il celebre Voltaire fosse stato arrestato con ignominia a Francoforte per ordine del residente prussiano Freytag, mentre fino a poco prima gode­ va del massimo favore ed era considerato il maestro del re in fatto di poesia francese94. In quelle occasioni non mancavano le considerazioni e gli esempi che mettevano in guardia dalle corti e dal servizio ai signori, cose che per un francofortese di nascita erano al di là di ogni immaginazione. Voglio ricordare almeno il nome di un altro personaggio, il dottor Orth, non perché voglia erigere un monumento a

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sowohl ein Denkmal zu errichten habe, vielmehr derselben nur in so fern erwähne, als ihr Ruf oder ihre Persönlichkeit auf mich in den frühsten Jahren einigen Einfluß gehabt. Doktor Orth war ein reicher Mann, und gehörte auch unter die, welche niemals Teil am Regimente genommen, ob ihn gleich seine Kenntnisse und | Einsichten wohl dazu berechtigt hätten. Die deutschen und besonders die frankfurtischen Al­ tertümer sind ihm sehr viel schuldig geworden; er gab die Anmerkungen zu der sogenannten Frankfurter Reformation heraus, ein Werk, in welchem die Statuten der Reichsstadt gesammlet sind. Die historischen Kapitel desselben habe ich in meinen Jünglingsjahren fleißig studiert. Von Ochsenstein, der ältere jener drei Brüder, deren ich oben als unserer Nachbarn gedacht, war bei seiner eingezogenen Art zu sein, während seines Lebens nicht merkwürdig geworden, desto merkwür­ diger aber nach seinem Tode, indem er eine Verordnung hinterließ, daß er morgens früh, ganz im Stillen und ohne Begleitung und Gefolg, von Handwerksleuten zu Grabe gebracht sein wolle. Es geschah, und diese Handlung erregte in der Stadt, wo man an prunkhafte Leichenbegäng­ nisse gewöhnt war, großes Aufsehn. Alle diejenigen, die bei solchen Gelegenheiten einen herkömmlichen Verdienst hatten, erhuben sich gegen die Neuerung. Allein der wackre Patrizier fand Nachfolger in allen Ständen, und ob man schon dergleichen Begängnisse spottwei­ se Ochsenleichen nannte; so nahmen sie doch zum Besten mancher wenig bemittelten Familien überhand, und die Prunkbegängnisse ver­ loren sich immer mehr. Ich führe diesen Umstand an, weil er eins der frühern Symptome jener Gesinnungen von Demut und Gleichstellung darbietet, die sich in der zweiten Hälfte des vorigen Jahrhunderts von obenherein auf so manche Weise gezeigt haben und in so unerwartete Wirkungen ausgeschlagen sind. Auch fehlte es nicht an Liebhabern des Altertums. Es fanden sich Gemäldekabinette, Kupferstichsammlungen, besonders aber wurden vaterländische Merkwürdigkeiten mit Eifer gesucht und aufgehoben. Die älteren Verordnungen und Mandate der Reichsstadt, von denen keine Sammlung veranstaltet war, wurden in Druck und Schrift sorg­

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tutti i francofortesi illustri, ma perché voglio nominare al­ meno quelli che, per fama o personalità, esercitarono un qualche influsso sui miei anni giovanili. Il dottor Orth era ricco, anche lui uno di coloro che non avevano mai preso parte al governo della città, sebbene le sue conoscenze e | competenze glielo avrebbero consentito. Le antichità tede­ sche e quelle francofortesi gli devono invece molto; egli pubblicò le Annotazioni sulla cosiddetta ‘Riforma di Fran­ coforte’, un’opera che raccoglie tutti gli statuti della città95. Nei miei anni giovanili avevo studiato con zelo quei capito­ li di storia. Von Ochsenstein, il maggiore dei tre fratelli nostri vicini che ho nominato prima, vivendo appartato non aveva dato nell’occhio in vita, ma mostrò la sua stranezza da morto, poiché lasciò scritto che voleva essere portato al cimitero da alcuni operai, di mattina presto e in segreto, senza segui­ to e senza corteo. Fu fatto, ma la cosa suscitò molto scalpo­ re in una città abituata a funerali sfarzosi. Protestarono con­ tro questa novità soprattutto coloro che traevano cospicui guadagni da quelle cerimonie, ma l’accorto patrizio trovò imitatori in tutti i ceti. Sebbene dileggiati, i ‘funerali dei buoi’96 divennero comunque una pratica sempre più diffusa soprattutto tra le famiglie meno abbienti, tanto che i funera­ li solenni scomparvero quasi del tutto. Riporto questa circo­ stanza perché fu uno dei sintomi di quell’atteggiamento più modesto e ugualitario che si diffuse in vario modo a partire dai ceti più elevati nella seconda metà del secolo scorso e che sortì poi effetti inattesi97. Non mancavano nemmeno i cultori delle antichità. Ave­ vano collezioni di dipinti e incisioni, ma soprattutto cer­ cavano e conservavano con zelo i cimeli patrii. Gli anti­ chi editti e le ordinanze della città, manoscritti o a stampa, di cui non esisteva una raccolta, venivano selezionati con

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fältig aufgesucht, nach der Zeitfolge geordnet und als ein Schatz vater­ ländischer Rechte und Herkommen mit Ehrfurcht verwahrt. Auch die Bildnisse von Frankfurtern, die | in großer Anzahl existierten, wurden zusammengebracht und machten eine besondre Abteilung der Kabi­ nette. Solche Männer scheint mein Vater sich überhaupt zum Muster ge­ nommen zu haben. Ihm fehlte keine der Eigenschaften, die zu einem rechtlichen und angesehnen Bürger gehören. Auch brachte er, nach­ dem er sein Haus erbaut, seine Besitzungen von jeder Art in Ordnung. Eine vortreffliche Landkartensammlung der Schenkischen und anderer damals vorzüglicher geographischen Blätter, jene oberwähnten Ver­ ordnungen und Mandate, jene Bildnisse, ein Schrank alter Gewehre, ein Schrank merkwürdiger venetianischer Gläser, Becher und Poka­ le, Naturalien, Elfenbeinarbeiten, Bronzen und hundert andere Dinge wurden gesondert und aufgestellt, und ich verfehlte nicht, bei vorfal­ lenden Auktionen, mir jederzeit einige Aufträge zu Vermehrung des Vorhandenen zu erbitten. Noch einer bedeutenden Familie muß ich gedenken, von der ich seit meiner frühsten Jugend viel Sonderbares vernahm und von eini­ gen ihrer Glieder selbst noch manches Wunderbare erlebte; es war die Senkenbergische. Der Vater, von dem ich wenig zu sagen weiß, war ein wohlhabender Mann. Er hatte drei Söhne, die sich in ihrer Jugend schon durchgängig als Sonderlinge auszeichneten. Dergleichen wird in einer beschränkten Stadt, wo sich Niemand weder im Guten noch im Bösen hervortun soll, nicht zum Besten aufgenommen. Spottnamen und seltsame, sich lang im Gedächtnis erhaltende Märchen sind meis­ tens die Frucht einer solchen Sonderbarkeit. Der Vater wohnte an der Ecke der Hasengasse, die von dem Zeichen des Hauses, das einen, wo nicht gar drei Hasen vorstellt, den Namen führte. Man nannte daher diese drei Brüder nur die drei Hasen, welchen Spitznamen sie lange Zeit nicht los wurden. Allein, wie große Vorzüge sich oft in der Jugend durch etwas Wunderliches und Unschickliches ankündigen, so geschah es auch hier. Der älteste war der nachher so rühmlich bekannte Reichs­

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cura, disposti in ordine cronologico e conservati con ve­ nerazione come un tesoro dei diritti e delle tradizioni della patria. Anche i ritratti dei francofortesi, presenti | in gran­ de quantità, venivano raccolti e formavano sezioni speciali delle collezioni. Erano quelli gli uomini che mio padre sembrava essersi scelto come modello. Non gli mancava nessuna delle qua­ lità che servono a un cittadino onesto e rispettabile, e dopo aver ristrutturato la casa, passò a mettere in ordine tutti i suoi beni: un’eccellente raccolta di carte geografiche tratte dai volumi degli Schenk98 e di altri che allora andavano per la maggiore, la raccolta di editti e ordinanze appena citata, i ritratti, un armadio con antiche armi, una vetrina con stra­ nissimi bicchieri veneziani, calici e coppe; reperti naturali, lavori in avorio, bronzi e mille altre cose vennero selezio­ nate ed esposte, e quando capitava qualche asta chiedevo sempre il permesso di incrementare la collezione. Devo nominare un’altra famiglia importante, delle cui stranezze avevo sentito raccontare fin da piccolo; con al­ cuni suoi membri feci di persona esperienze curiose: i Senckenberg. Il padre, di cui so poco, era benestante. Ave­ va tre figli che fin da piccoli dimostrarono di essere degli originali, e in una città di mentalità ristretta dove nessu­ no dovrebbe eccellere né nel bene né nel male, non erano ben visti. Le conseguenze di una simile originalità erano di solito nomignoli e strane storielle che si fissavano a lungo nella memoria. Abitavano all’angolo della Hasengasse, la via delle lepri, che prendeva nome dallo stemma della casa che mostrava una, o forse addirittura tre lepri. I tre fratelli erano quindi soprannominati i tre leprotti, un soprannome che rimase loro a lungo. Ma spesso le doti eccezionali si mostrano in gioventù proprio attraverso stranezza e goffag­ gine, e questo era il caso. Il maggiore divenne il famoso

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hofrat von Senkenberg. Der zweite ward in den Magistrat aufgenom­ men und zeigte vorzügliche Talente, die er | aber auf eine rabulistische, ja verruchte Weise, wo nicht zum Schaden seiner Vaterstadt, doch we­ nigstens seiner Kollegen in der Folge mißbrauchte. Der dritte Bruder, ein Arzt und ein Mann von großer Rechtschaffenheit, der aber wenig und nur in vornehmen Häusern praktizierte, behielt bis in sein höchstes Alter immer ein etwas wunderliches Äußere. Er war immer sehr nett gekleidet, und man sah ihn nie anders auf der Straße als in Schuh und Strümpfen und einer wohlgepuderten Lockenperücke, den Hut unterm Arm. Er ging schnell, doch mit einem seltsamen Schwanken vor sich hin, so daß er bald auf dieser bald auf jener Seite der Straße sich be­ fand, und im Gehen ein Zickzack bildete. Spottvögel sagten: er suche durch diesen abweichenden Schritt den abgeschiedenen Seelen aus dem Wege zu gehen, die ihn in grader Linie wohl verfolgen möch­ ten, und ahme diejenigen nach, die sich vor einem Krokodil fürchten. Doch aller dieser Scherz und manche lustige Nachrede verwandelte sich zuletzt in Ehrfurcht gegen ihn, als er seine ansehnliche Wohnung mit Hof, Garten und allem Zubehör, auf der Eschenheimer Gasse, zu einer medizinischen Stiftung widmete, wo neben der Anlage eines bloß für Frankfurter Bürger bestimmten Hospitals, ein botanischer Garten, ein anatomisch Theater, ein chemisch Laboratorium, eine ansehnliche Bibliothek und eine Wohnung für den Direktor eingerichtet ward, auf eine Weise, deren keine Akademie sich hätte schämen dürfen. Ein andrer vorzüglicher Mann, dessen Persönlichkeit nicht sowohl als seine Wirkung in der Nachbarschaft und seine Schriften einen sehr bedeutenden Einfluß auf mich gehabt haben, war Carl Friedrich von Moser, der seiner Geschäftstätigkeit wegen in unserer Gegend immer genannt wurde. Auch er hatte einen gründlich-sittlichen Charakter, der, weil die Gebrechen der menschlichen Natur ihm wohl manchmal zu schaffen machten, ihn sogar zu den sogenannten Frommen hinzog; und so wollte er, wie von Loen das Hofleben, eben so das Geschäftsleben

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e ammirato consigliere imperiale von Senckenberg, il se­ condo entrò negli organi di governo cittadini e dimostrò un talento eccezionale, che però | in seguito sprecò in scelle­ rati cavilli se non a danno della città stessa, di certo dei suoi colleghi. Il terzo fratello, medico e uomo di grande onestà che esercitava però poco e solo per le famiglie ab­ bienti, mantenne fin nella vecchiaia un aspetto abbastanza bizzarro99. Era sempre vestito molto bene, per strada lo si vedeva sempre e solo con calze, scarpe eleganti e parrucca ben incipriata, il cappello sotto il braccio. Camminava ve­ loce ma barcollando e si spostava di continuo da una parte all’altra della strada, camminando a zig-zag. Gli spiritosi dicevano che camminando in quel modo cercava di sfuggi­ re alle anime dei morti che lo avrebbero acchiappato se fos­ se andato dritto, oppure che imitava quelli che hanno paura dei coccodrilli. Ma scherzi e motteggi si trasformarono in­ fine in ammirazione quando trasformò la sua grande casa sulla Eschenheimer Gasse con cortile, giardino e tutti gli annessi in una fondazione medica, dove oltre a un ospedale destinato esclusivamente ai cittadini di Francoforte furono impiantati un giardino botanico, un teatro anatomico, un laboratorio di chimica, una ragguardevole biblioteca e un appartamento per il direttore, con una dotazione degna di un’università. Un altro uomo eccellente che ebbe un notevole ascen­ dente su di me, non tanto per la sua personalità quanto piut­ tosto per la sua influenza nel circondario e per le sue opere, fu Karl Friedrich von Moser, spesso nominato dalle nostre parti per la sua attività di amministratore. Anche lui aveva un temperamento profondamente morale, e per aiutarsi a combattere i difetti della natura umana simpatizzava con i cosiddetti ‘devoti’100; e come von Loën per la vita di corte, anche lui voleva introdurre nell’amministrazione una con­

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einer gewissenhafteren Behandlung entgegenführen. Die große | An­ zahl der kleinen deutschen Höfe stellte eine Menge von Herren und Dienern dar, wovon die ersten unbedingten Gehorsam verlangten, und die andern meistenteils nur nach ihren Überzeugungen wirken und die­ nen wollten. Es entstand daher ein ewiger Konflikt und schnelle Ver­ änderungen und Explosionen, weil die Wirkungen des unbedingten Handelns im Kleinen viel geschwinder merklich und schädlich werden als im Großen. Viele Häuser waren verschuldet, und kaiserliche DebitKommissionen ernannt; andre fanden sich langsamer oder geschwin­ der auf demselben Wege, wobei die Diener entweder gewissenlos Vor­ teil zogen, oder gewissenhaft sich unangenehm und verhaßt machten. Moser wollte als Staats- und Geschäftsmann wirken; und hier gab sein ererbtes, bis zum Metier ausgebildetes Talent ihm eine entschiedene Ausbeute; aber er wollte auch zugleich als Mensch und Bürger handeln und seiner sittlichen Würde so wenig als möglich vergeben. Sein Herr und Diener, sein Daniel in der Löwengrube, seine Reliquien schildern durchaus die Lage, in welcher er sich zwar nicht gefoltert, aber doch immer geklemmt fühlte. Sie deuten sämtlich auf eine Ungeduld in ei­ nem Zustand, mit dessen Verhältnissen man sich nicht versöhnen und den man doch nicht los werden kann. Bei dieser Art zu denken und zu empfinden mußte er freilich mehrmals andere Dienste suchen, an welchen es ihm seine große Gewandtheit nicht fehlen ließ. Ich erin­ nere mich seiner als eines angenehmen, beweglichen und dabei zarten Mannes. Aus der Ferne machte jedoch der Name Klopstock auch schon auf uns eine große Wirkung. Im Anfang wunderte man sich, wie ein so vor­ trefflicher Mann so wunderlich heißen könne; doch gewöhnte man sich bald daran und dachte nicht mehr an die Bedeutung dieser Sylben. In meines Vaters Bibliothek hatte ich bisher nur die früheren, besonders die zu seiner Zeit nach und nach heraufgekommenen und gerühmten

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dotta più coscienziosa. Le innumerevoli | piccole corti tede­ sche erano costituite da una quantità di signori e servitori, dove i primi pretendevano ubbidienza assoluta, i secondi in genere erano disposti ad agire e ubbidire solo se per loro conveniente. Nascevano quindi eterni conflitti, improvvisi cambiamenti e ribellioni, perché gli effetti degli atti incon­ dizionati sono molto più evidenti e molto più dannosi nel piccolo che nel grande. Molte casate si erano indebitate e furono istituite commissioni fallimentari di nomina impe­ riale101, altre stavano imboccando più o meno velocemente la stessa strada, mentre i loro ministri o ne approfittavano se erano privi di scrupoli, o si rendevano invisi e odiosi se erano onesti. Moser voleva agire come politico e ammini­ stratore e in questo campo il suo talento, ereditato e poi coltivato fino a farne una professione, gli fu di grande aiu­ to; ma voleva operare anche come uomo e come cittadino, preservando il più possibile la sua dignità morale. Le sue opere Sovrano e ministro, Daniele nella fossa dei leoni, le Reliquie descrivono molto bene quella situazione in cui si sentiva se non torturato, comunque stretto in una morsa102. Nel complesso fanno emergere lo scontento per una condi­ zione con cui non ci si può riconciliare ma da cui non ci si può nemmeno affrancare. A causa del suo modo di pensare e di sentire dovette più volte cambiare il suo impiego, ma grazie alla sua bravura non aveva difficoltà in questo. Mi ricordo di lui come di un uomo simpatico, attivo e sensibile. Seppur a distanza, il nome di Klopstock ci faceva una grande impressione. All’inizio ci meravigliavamo di come un uomo così bravo potesse avere un nome così buffo, ma presto ci abituammo e nessuno badò più al significato delle parole103. Nella biblioteca di mio padre avevo trovato solo poeti del passato, soprattutto quelli che avevano esordito ed erano man mano divenuti famosi nei suoi anni giovanili.

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Dichter gefunden. Alle diese hatten gereimt, und mein Vater hielt den Reim für poetische Werke unerläßlich. Canitz, Hagedorn, Drollinger, Gellert, | Kreutz, Haller standen in schönen Franzbänden in einer Rei­ he. An diese schlossen sich Neukirch’s Telemach, Koppen’s befreites Jerusalem, und andre Übersetzungen. Ich hatte diese sämtlichen Bände von Kindheit auf fleißig durchgelesen und teilweise memoriert, wes­ halb ich denn zur Unterhaltung der Gesellschaft öfters aufgerufen wur­ de. Eine verdrießliche Epoche im Gegenteil eröffnete sich für meinen Vater, als durch Klopstocks Messias, Verse die ihm keine Verse schie­ nen, ein Gegenstand der öffentlichen Bewunderung wurden. Er selbst hatte sich wohl gehütet dieses Werk anzuschaffen; aber unser Haus­ freund, Rat Schneider, schwärzte es ein und steckte es der Mutter und den Kindern zu. Auf diesen geschäftstätigen Mann, welcher wenig las, hatte der Messias gleich bei seiner Erscheinung einen mächtigen Eindruck ge­ macht. Diese so natürlich ausgedrückten und doch so schön veredel­ ten frommen Gefühle, diese gefällige Sprache, wenn man sie auch nur für harmonische Prosa gelten ließ, hatten den übrigens trocknen Ge­ schäftsmann so gewonnen, daß er die zehn ersten Gesänge, denn von diesen ist eigentlich die Rede, als das herrlichste Erbauungsbuch be­ trachtete, und solches alle Jahre Einmal in der Karwoche, in welcher er sich von allen Geschäften zu entbinden wußte, für sich im Stillen durchlas und sich daran fürs ganze Jahr erquickte. Anfangs dachte er seine Empfindungen seinem alten Freunde mitzuteilen; allein er fand sich sehr bestürzt, als er eine unheilbare Abneigung vor einem Werke von so köstlichem Gehalt, wegen einer wie es ihm schien gleichgül­ tigen äußern Form, gewahr werden mußte. Es fehlte, wie sich leicht denken läßt, nicht an Wiederholung des Gesprächs über diesen Gegen­ stand; aber beide Teile entfernten sich immer weiter von einander, es gab heftige Szenen, und der nachgiebige Mann ließ sich endlich gefal­

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Tutti scrivevano in rima, e mio padre considerava la rima imprescindibile per un’opera poetica. Di Canitz, Hagedorn, Drollinger, Gellert, | Creuz, Haller c’erano bei volumetti rilegati in pelle su uno scaffale. A quelli si aggiungevano il Telemaco di Neukirch, la Gerusalemme liberata di Koppe e altre traduzioni104. Tutti quei libri li avevo letti fin da pic­ colo e in parte imparati a memoria, ed ero spesso chiamato a recitarli per intrattenere gli ospiti. Si aprì invece per mio padre una fase di disapprovazione quando con il Messia di Klopstock cominciarono a divenire oggetto di universale ammirazione dei versi che secondo lui non erano affatto tali105. Si era ben guardato dal comprare quell’opera, ma un amico di famiglia, il consigliere Schneider, l’aveva con­ trabbandata in casa e passata di soppiatto a madre e figli. Quell’uomo tutto dedito agli affari e che leggeva poco era stato molto colpito dal Messia fin dalla sua prima pub­ blicazione. Quella bella devozione espressa in modo così naturale e nobile insieme, il linguaggio gradevole anche per chi lo considerava niente più che una prosa musicale, avevano conquistato quel funzionario, peraltro abbastanza arido, al punto che ora riteneva i primi dieci canti, perché di questo si trattava, come il più eccelso libretto di edificazio­ ne mai scritto e ogni anno, nella settimana santa, cercava di liberarsi da tutti gli impegni per leggerselo in silenzio e trar­ ne beneficio per tutto il resto dell’anno. All’iniziò pensò di comunicare i suoi sentimenti a un vecchio amico, ma come rimase sconcertato quando si scontrò con un’invincibile di­ sapprovazione per un’opera di contenuti così squisiti solo a causa della forma esteriore, per lui insignificante. Non man­ cò di riprendere il discorso su questo tema, come ci si può ben immaginare, ma le due posizioni si fecero sempre più divergenti, ci furono violente discussioni e infine l’amico, più conciliante, accettò di non nominare più la sua opera

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len, von seinem Lieblingswerke zu schweigen, damit er nicht zugleich einen Jugendfreund und eine gute Sonntagssuppe verlöre. Proselyten zu machen ist der natürlichste Wunsch eines | jeden Menschen, und wie sehr fand sich unser Freund im Stillen belohnt, als er in der übrigen Familie für seinen Heiligen so offen gesinnte Gemüter entdeckte. Das Exemplar, das er jährlich nur eine Woche brauchte, war uns für die übrige Zeit gewidmet. Die Mutter hielt es heimlich, und wir Geschwister bemächtigten uns desselben wann wir konnten, um in Freistunden, in irgend einem Winkel verborgen, die auffallendsten Stellen auswendig zu lernen, und besonders die zartesten und heftigs­ ten so geschwind als möglich ins Gedächtnis zu fassen. Porcia’s Traum rezitierten wir um die Wette, und in das wilde ver­ zweifelnde Gespräch zwischen Satan und Adramelech, welche in’s rote Meer gestürzt worden, hatten wir uns geteilt. Die erste Rolle, als die gewaltsamste, war auf mein Teil gekommen, die andere, um ein wenig kläglicher, übernahm meine Schwester. Die wechselseitigen, zwar gräßlichen aber doch wohlklingenden Verwünschungen flossen nur so vom Munde, und wir ergriffen jede Gelegenheit, uns mit diesen höllischen Redensarten zu begrüßen. Es war ein Samstagsabend im Winter – der Vater ließ sich immer bei Licht rasieren, um Sonntags früh sich zur Kirche bequemlich an­ ziehen zu können – wir saßen auf einem Schämel hinter dem Ofen und murmelten, während der Barbier einseifte, unsere herkömmlichen Flüche ziemlich leise. Nun hatte aber Adramelech den Satan mit eiser­ nen Händen zu fassen; meine Schwester packte mich gewaltig an, und rezitierte, zwar leise genug aber doch mit steigender Leidenschaft: Hilf mir! ich flehe dich an, ich bete, wenn du es forderst, Ungeheuer! dich an! Verworfner, schwarzer Verbrecher, Hilf mir! ich leide die Pein des rächenden ewigen Todes! ...

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preferita per non perdere in un colpo solo un amico d’infan­ zia e qualche buon pranzetto nelle feste106. Fare proseliti è il desiderio naturale di | ogni essere uma­ no, e in segreto il nostro amico gongolò quando scoprì nel resto della famiglia animi molto favorevoli al suo santo. La copia che lui utilizzava solo una settimana all’anno era a nostra disposizione per tutto il resto del tempo. La mamma la teneva nascosta e noi ce ne impadronivamo ogni volta che potevamo e nelle ore libere, nascosti in qualche angolo, ne imparavamo a memoria le parti più significative, cercan­ do di memorizzare il più velocemente possibile soprattutto i passi più dolci e i più intensi. Facevamo a gara nel recitare il sogno di Porzia e ci era­ vamo divisi le parti nel dialogo impetuoso e drammatico tra Satana e Adramelech, precipitati nel Mar Rosso107. La parte del primo, più rabbiosa, era toccata a me, l’altra, un po’ più lacrimevole, a mia sorella. Le reciproche maledizioni, terri­ ficanti ma comunque armoniose, ci sgorgavano spontanee, e non perdevamo occasione di apostrofarci con quei diabo­ lici appellativi. Era un sabato sera d’inverno, e mio padre si faceva sem­ pre radere per potersi vestire con più comodo e andare in chiesa la domenica mattina. Noi sedevamo su uno sgabello dietro la stufa bisbigliando sottovoce le nostre magnifiche imprecazioni, mentre il barbiere lo insaponava. A un cer­ to punto Adramelech afferra Satana con un pugno di ferro: mia sorella mi afferrò con forza e recitò, a bassa voce ma con crescente trasporto: «Aiutami, io te ne supplico, e se lo vuoi, o mostro orrendo, ti adorerò. O nefando, maledetto malfattore, aiutami! io soffro le pene della morte eterna e vendicatrice.

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Vormals konnt’ ich mit heißem, mit grimmigem Hasse dich hassen! Jetzt vermag ich’s nicht mehr! Auch dies ist stechender Jammer! | 92

Bisher war alles leidlich gegangen; aber laut, mit fürchterlicher Stim­ me, rief sie die folgenden Worte: O wie bin ich zermalmt! ... Der gute Chirurgus erschrak und goß dem Vater das Seifenbecken in die Brust. Da gab es einen großen Aufstand, und eine strenge Unter­ suchung ward gehalten, besonders in Betracht des Unglücks das hätte entstehen können, wenn man schon im Rasieren begriffen gewesen wäre. Um allen Verdacht des Mutwillens von uns abzulehnen, be­ kannten wir uns zu unsern teuflischen Rollen, und das Unglück das die Hexameter angerichtet hatten, war zu offenbar, als daß man sie nicht aufs neue hätte verrufen und verbannen sollen. So pflegen Kinder und Volk das Große, das Erhabene in ein Spiel, ja in eine Posse zu verwandeln; und wie sollten sie auch sonst im Stan­ de sein es auszuhalten und zu ertragen. |

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Prima potevo odiarti con rancore ardente e feroce! Ora non lo posso più! E anche questo è dolore crudele!» | Fin lì tutto era andato bene, ma poi declamò mugghiando le ultime parole, con voce terribile: «Oh come sono annichilito!» Il povero barbiere fece un salto rovesciando il catino dell’ac­ qua saponata addosso a mio padre. Ci fu un gran trambusto e fummo severamente sgridati, soprattutto in considerazione della disgrazia che avrebbe potuto verificarsi se il barbiere fosse stato già all’opera con il rasoio. Per far cadere qualsi­ asi sospetto di premeditazione fummo costretti a confessare i nostri diabolici ruoli, ma il guaio combinato dagli esametri era ormai troppo evidente perché non fossero ancora una volta criticati e messi al bando. Così il popolo e i bambini sanno trasformare il nobile e il sublime in un gioco, anzi, in una farsa: come potrebbero altrimenti tollerarlo e sopportarlo? |

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Drittes Buch Der Neujahrstag ward zu jener Zeit durch den allgemeinen Umlauf von persönlichen Glückwünschungen für die Stadt sehr belebend. Wer sonst nicht leicht aus dem Hause kam, warf sich in seine besten Klei­ der, um Gönnern und Freunden einen Augenblick freundlich und höf­ lich zu sein. Für uns Kinder war besonders die Festlichkeit in dem Hause des Großvaters an diesem Tage ein höchst erwünschter Genuß. Mit dem frühsten Morgen waren die Enkel schon daselbst versammelt, um die Trommeln, die Hoboen und Klarinetten, die Posaunen und Zin­ ken, wie sie das Militär, die Stadtmusici und wer sonst alles ertönen ließ, zu vernehmen. Die versiegelten und überschriebenen Neujahrs­ geschenke wurden von den Kindern unter die geringern Gratulanten ausgeteilt, und wie der Tag wuchs, so vermehrte sich die Anzahl der Honoratioren. Erst erschienen die Vertrauten und Verwandten, dann die untern Staatsbeamten; die Herren vom Rate selbst verfehlten nicht ihren Schultheiß zu begrüßen, und eine auserwählte Anzahl wurde Abends in Zimmern bewirtet, welche das ganze Jahr über kaum sich öffneten. Die Torten, Biskuitkuchen, Marzipane, der süße Wein übte den größten Reiz auf die Kinder aus, wozu noch kam, daß der Schult­ heiß so wie die beiden Burgemeister, aus einigen Stiftungen jährlich etwas Silberzeug erhielten, welches denn den Enkeln und Paten nach einer gewissen Abstufung verehrt ward; genug es fehlte diesem Feste im Kleinen an nichts was die größten zu verherrlichen pflegt. Der Neujahrstag 1759 kam heran, für uns Kinder erwünscht und vergnüglich wie die vorigen, aber den ältern Personen bedenklich und ahndungsvoll. Die Durchmärsche der Franzosen war man zwar ge­

Libro terzo Il primo dell’anno a quell’epoca era un giorno di grande animazione in città, perché tutti si scambiavano gli auguri. Anche chi in genere non usciva volentieri, si metteva i ve­ stiti della festa per scambiare un gesto di cordialità e gen­ tilezza con amici e benefattori. Per noi bambini trascorrere quella giornata di festa a casa del nonno era il più ambito dei piaceri. Fin dal mattino presto i nipotini si riunivano lì per ascoltare i tamburi, oboi e clarinetti, trombe e cornette suonate dai militari, dai musicanti della città o da altri an­ cora. I bambini porgevano ai visitatori comuni i pacchetti dei regali con scritto sopra il nome, ma con il passare delle ore si moltiplicavano le visite dei notabili. Prima venivano i parenti e gli amici più stretti, poi i funzionari di grado più basso; anche i consiglieri non mancavano mai di passare a fare gli auguri al podestà, e un gruppetto selezionato ve­ niva invitato poi a cena la sera e accolto in stanze che nel resto dell’anno non venivano quasi mai utilizzate. Le torte, i biscotti, il marzapane, il vino dolce avevano per noi bam­ bini un’attrattiva irresistibile, e per di più il podestà e i due borgomastri ricevevano ogni anno dell’argenteria da alcune fondazioni, che veniva ridistribuita secondo un preciso or­ dine tra nipoti e figliocci. Insomma, a quella festa nel suo piccolo non mancava nulla di tutto ciò che rende magnifi­ che le feste più grandi. Si avvicinava il capodanno del 1759, per noi bambini atteso e promettente come i precedenti, per gli adulti inve­ ce carico di preoccupazioni e presagi. Ci si era abituati al

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wohnt, und sie ereigneten sich öfters und häufig, aber doch am häufigs­ ten in | den letzten Tagen des vergangenen Jahres. Nach alter reichs­ städtischer Sitte posaunte der Türmer des Hauptturms so oft Truppen heranrückten, und an diesem Neujahrstage wollte er gar nicht aufhö­ ren, welches ein Zeichen war, daß größere Heereszüge von mehreren Seiten in Bewegung seien. Wirklich zogen sie auch in größeren Mas­ sen an diesem Tage durch die Stadt; man lief, sie vorbeipassieren zu sehen. Sonst war man gewohnt, daß sie nur in kleinen Partieen durch­ marschierten; diese aber vergrößerten sich nach und nach, ohne daß man es verhindern konnte oder wollte. Genug, am 2ten Januar, nach­ dem eine Kolonne durch Sachsenhausen über die Brücke durch die Fahrgasse bis an die Konstablerwache gelangt war, machte sie Halt, überwältigte das kleine, sie durchführende Kommando, nahm Besitz von gedachter Wache, zog die Zeile hinunter, und nach einem geringen Widerstand mußte sich auch die Hauptwache ergeben. Augenblicks waren die friedlichen Straßen in einen Kriegsschauplatz verwandelt. Dort verharrten und bivouakierten die Truppen, bis durch regelmäßige Einquartierung für ihr Unterkommen gesorgt wäre. Diese unerwartete, seit vielen Jahren unerhörte Last drückte die behaglichen Bürger gewaltig, und Niemanden konnte sie beschwer­ licher sein als dem Vater, der in sein kaum vollendetes Haus fremde militärische Bewohner aufnehmen, ihnen seine wohlaufgeputzten und meist verschlossenen Staatszimmer einräumen, und das was er so ge­ nau zu ordnen und zu regieren pflegte, fremder Willkür Preis geben sollte; er, ohnehin preußisch gesinnt, sollte sich nun von Franzosen in seinen Zimmern belagert sehen: es war das Traurigste was ihm nach seiner Denkweise begegnen konnte. Wäre es ihm jedoch möglich ge­ wesen, die Sache leichter zu nehmen, da er gut französisch sprach, und im Leben sich wohl mit Würde und Anmut betragen konnte; so

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passaggio delle truppe francesi, che erano diventati sempre più fitti e frequenti, ma mai come in | quegli ultimi giorni dell’anno. Secondo l’antica usanza delle città imperiali, la vedetta sulla torre principale suonava la tromba all’avvi­ cinarsi di truppe, ma quel capodanno non la smetteva più, segno che battaglioni più consistenti erano in movimento in diverse direzioni. Quel giorno infatti attraversarono la città e la gente accorreva per vederli passare. Di solito sfila­ vano marciando in piccoli drappelli, questa volta la colon­ na si ingrossava sempre più senza che si potesse o voles­ se impedirlo. In breve il 2 gennaio, dopo aver attraversato Sachsenhausen, marciato sul ponte ed essere arrivati alla Konstablerwache passando per la Fahrgasse, si fermaro­ no, sopraffecero il piccolo plotone che li scortava, presero possesso di quella postazione e proseguirono lungo la Zeil fino alla guardia principale108, che si arrese dopo una debole resistenza. In men che non si dica, le strade pacifiche si era­ no trasformate in uno scenario di guerra, con le truppe che stazionavano e bivaccavano in attesa di essere regolarmente acquartierate. Quel peso inatteso e da molti anni ritenuto impensabile gravò moltissimo sui placidi cittadini109, ma per nessuno fu tanto opprimente quanto per mio padre, che dovette acco­ gliere militari stranieri nella casa appena ristrutturata, do­ vette liberare per loro le stanze di rappresentanza così ben arredate e tenute di solito chiuse e consegnare all’arbitrio altrui quello che prima amministrava e governava con tanta cura. Lui poi, che parteggiava per i prussiani, si vedeva ora assediato dai francesi nelle sue stesse stanze: era la cosa più oltraggiosa che, a suo parere, potesse mai capitargli. Se fosse riuscito a prendere la cosa un po’ più alla leggera, dato che parlava bene il francese e sapeva affrontare la vita con dignità e compostezza, avrebbe risparmiato a se stesso e a

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hätte er sich und uns manche trübe Stunde ersparen mögen: denn man quartierte bei uns den Königs-Lieutenant, der, obgleich Militärperson, doch nur die | Zivilvorfälle, die Streitigkeiten zwischen Soldaten und Bürgern, Schuldensachen und Händel zu schlichten hatte. Es war Graf Thorane von Grasse in der Provence, ohnweit Antibes, gebürtig, eine lange hagre ernste Gestalt, das Gesicht durch die Blattern sehr ent­ stellt, mit schwarzen feurigen Augen, und von einem würdigen zusam­ mengenommenen Betragen. Gleich sein Eintritt war für den Hausbe­ wohner günstig. Man sprach von den verschiedenen Zimmern, welche teils abgegeben werden, teils der Familie verbleiben sollten, und als der Graf ein Gemäldezimmer erwähnen hörte, so erbat er sich gleich, ob es schon Nacht war, mit Kerzen die Bilder wenigstens flüchtig zu besehen. Er hatte an diesen Dingen eine übergroße Freude, bezeigte sich gegen den ihn begleitenden Vater auf das verbindlichste, und als er vernahm, daß die meisten Künstler noch lebten, sich in Frankfurt und in der Nachbarschaft aufhielten; so versicherte er, daß er nichts mehr wünsche, als sie baldigst kennen zu lernen und sie zu beschäftigen. Aber auch diese Annäherung von Seiten der Kunst vermochte nicht die Gesinnung meines Vaters zu ändern, noch seinen Charakter zu beu­ gen. Er ließ geschehen was er nicht verhindern konnte, hielt sich aber in unwirksamer Entfernung, und das Außerordentliche was nun um ihn vorging, war ihm bis auf die geringste Kleinigkeit unerträglich. Graf Thorane indessen betrug sich musterhaft. Nicht einmal seine Landkarten wollte er an die Wände genagelt haben, um die neuen Ta­ peten nicht zu verderben. Seine Leute waren gewandt, still und ordent­ lich; aber freilich, da den ganzen Tag und einen Teil der Nacht nicht Ruhe bei ihm ward, da ein Klagender dem andern folgte, Arrestanten gebracht und fortgeführt, alle Offiziere und Adjutanten vorgelassen wurden, da der Graf noch überdies täglich offne Tafel hielt: so gab es

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noi qualche brutto momento. Da noi venne infatti acquar­ tierato il luogotenente del re che, pur essendo un militare, doveva | occuparsi solo di cause civili, le liti tra cittadini e soldati, questioni di debiti e altre controversie. Era il conte Thoranc, originario di Grasse in Provenza, non lontano da Antibes, una figura lunga e secca, seria, con il viso molto deturpato dal vaiolo, vivaci occhi neri e un contegno digni­ toso e riservato110. Fin dal suo arrivo le cose si misero bene per il padrone di casa. Discussero delle diverse stanze, qua­ li dovessero essere cedute e quali riservate alla famiglia, e quando il conte sentì parlare di una stanza dei quadri chiese di poterle dare subito anche solo un’occhiata al lume di can­ dela, sebbene fosse ormai notte. Ne fu entusiasta e si pro­ fuse in ringraziamenti per mio padre che lo accompagnava, e scoprendo che si trattava per lo più di pittori viventi e residenti a Francoforte o nei dintorni, assicurò che deside­ rava moltissimo conoscerli al più presto e affidare loro delle commissioni. Ma neppure questa convergenza in nome dell’arte servì a modificare l’atteggiamento di mio padre né ad addolcir­ ne il carattere. Non oppose resistenza a ciò che non poteva impedire, si teneva però passivo a debita distanza e tutte le cose inusuali che gli accadevano intorno, persino le più insignificanti, gli parevano intollerabili. Il conte Thoranc invece si comportò in modo impeccabi­ le. Non volle nemmeno attaccare alle pareti con i chiodi le carte geografiche per non rovinare la tappezzeria nuova. I suoi uomini erano attenti, silenziosi e ordinati; ma in effetti non c’era un attimo di calma né durante il giorno né per parte della notte, poiché i querelanti arrivavano uno dietro l’altro, gli arrestati venivano portati dentro e fuori, ufficiali e aiutanti entravano liberamente e in più il conte ogni gior­ no aveva ospiti a pranzo: in casa, sebbene piuttosto grande

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in dem mäßig großen, nur für eine Familie eingerichteten Hause, das nur eine durch alle Stockwerke unverschlossen durchgehende Treppe hatte, eine Bewegung und ein Gesumme wie in einem Bienenkorbe, obgleich alles sehr gemäßigt, ernsthaft und streng zuging. | Zum Vermittler zwischen einem verdrießlichen, täglich mehr sich hypochondrisch quälenden Hausherrn und einem zwar wohlwollenden aber sehr ernsten und genauen Militärgast, fand sich glücklicherweise ein behaglicher Dolmetscher, ein schöner wohlbeleibter heitrer Mann, der Bürger von Frankfurt war und gut französisch sprach, sich in alles zu schicken wußte und mit mancherlei kleinen Unannehmlichkeiten nur seinen Spaß trieb. Durch diesen hatte meine Mutter dem Grafen ihre Lage bei dem Gemütszustande ihres Gatten vorstellen lassen; er hatte die Sache so klüglich ausgemalt, das neue noch nicht einmal ganz eingerichtete Haus, die natürliche Zurückgezogenheit des Besitzers, die Beschäftigung mit der Erziehung seiner Familie und was sich alles sonst noch sagen ließ, zu bedenken gegeben; so daß der Graf, der an seiner Stelle auf die höchste Gerechtigkeit, Unbestechlichkeit und eh­ renvollen Wandel den größten Stolz setzte, auch hier sich als Einquar­ tierter musterhaft zu betragen vornahm, und es wirklich die einigen Jahre seines Dableibens unter mancherlei Umständen unverbrüchlich gehalten hat. Meine Mutter besaß einige Kenntnis des Italiänischen, welche Sprache überhaupt Niemanden von der Familie fremd war: sie ent­ schloß sich daher sogleich Französisch zu lernen, zu welchem Zweck der Dolmetscher, dem sie unter diesen stürmischen Ereignissen ein Kind aus der Taufe gehoben hatte, und der nun auch als Gevatter zu dem Hause eine doppelte Neigung spürte, seiner Gevatterin jeden ab­ gemüßigten Augenblick schenkte (denn er wohnte gerade gegenüber) und ihr vor allen Dingen diejenigen Phrasen einlernte, welche sie per­ sönlich dem Grafen vorzutragen habe; welches denn zum besten ge­ riet. Der Graf war geschmeichelt von der Mühe, welche die Hausfrau sich in ihren Jahren gab, und weil er einen heitern geistreichen Zug in seinem Charakter hatte, auch eine gewisse trockne Galanterie gern

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ma comunque adatta a una sola famiglia, con un’unica scala aperta che conduceva a tutti i piani, c’erano un andirivieni e un ronzio costanti, come in un alveare, sebbene tutto si svolgesse con moderazione, serietà e rigore. | A fare da intermediario tra un padrone di casa intrattabi­ le e sempre più tormentato dall’ipocondria e un ospite mili­ tare, benevolo ma molto severo e preciso, c’era per fortuna un bonario interprete, un bel francofortese cicciottello e al­ legro che parlava bene il francese, si adattava facilmente e prendeva i tanti piccoli fastidi con buonumore111. Con il suo aiuto, mia madre aveva potuto spiegare al conte la situazio­ ne in rapporto allo stato d’animo del consorte ed egli aveva saputo descriverla in modo davvero abile, sottolineando la ristrutturazione della casa non ancora del tutto completata, la naturale ritrosia del proprietario, la sua preoccupazione per l’educazione dei figli e tutto il resto, tanto che il conte, che da parte sua dava gran peso alla correttezza, all’integri­ tà e a una condotta onorevole, si ripropose di comportarsi in modo esemplare nel suo ruolo di acquartierato – e tale si mantenne in tutti gli anni della sua permanenza e in ogni circostanza. Mia madre sapeva un pochino di italiano, una lingua che a nessuno di noi era del tutto estranea, e decise quindi su­ bito di studiare il francese: sentendosi doppiamente legato alla famiglia, perché la mamma in quel periodo turbolento gli aveva tenuto a battesimo un bimbo, l’interprete le de­ dicava ogni momento libero (abitava del resto proprio di fronte a noi), e le insegnò per prima cosa le frasi che poteva rivolgere personalmente al conte. Ebbe successo: il conte si sentì lusingato dallo sforzo di una madre di famiglia non più giovanissima, e dato che il suo temperamento aveva una vena allegra e brillante ed egli sfoggiava talvolta un’asciut­ ta galanteria, si creò tra loro un ottimo rapporto, al punto

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ausübte; so entstand daraus das beste Verhältnis, und die verbündeten Gevattern konnten erlangen was sie wollten. | Wäre es, wie schon gesagt, möglich gewesen, den Vater zu erhei­ tern, so hätte dieser veränderte Zustand wenig Drückendes gehabt. Der Graf übte die strengste Uneigennützigkeit; selbst Gaben, die seiner Stelle gebührten, lehnte er ab; das Geringste was einer Bestechung hät­ te ähnlich sehen können, wurde mit Zorn, ja mit Strafe weggewiesen; seinen Leuten war aufs strengste befohlen, dem Hausbesitzer nicht die mindesten Unkosten zu machen. Dagegen wurde uns Kindern reichlich vom Nachtische mitgeteilt. Bei dieser Gelegenheit muß ich, um von der Unschuld jener Zeiten einen Begriff zu geben, anführen, daß die Mutter uns eines Tages höchlich betrübte, indem sie das Gefrorene, das man uns von der Tafel sendete, weggoß, weil es ihr unmöglich vorkam, daß der Magen ein wahrhaftes Eis, wenn es auch noch so durchzuckert sei, vertragen könne. Außer diesen Leckereien, die wir denn doch allmählich ganz gut genießen und vertragen lernten, deuchte es uns Kindern auch noch gar behaglich, von genauen Lehrstunden und strenger Zucht einigermaßen entbunden zu sein. Des Vaters üble Laune nahm zu, er konnte sich nicht in das Unvermeidliche ergeben. Wie sehr quälte er sich, die Mutter und den Gevatter, die Ratsherren, alle seine Freunde, nur um den Grafen los zu werden! Vergebens stellte man ihm vor, daß die Gegenwart eines solchen Mannes im Hause, unter den gegebenen Umständen, eine wah­ re Wohltat sei, daß ein ewiger Wechsel, es sei nun von Offizieren oder Gemeinen, auf die Umquartierung des Grafen folgen würde. Keins von diesen Argumenten wollte bei ihm greifen. Das Gegenwärtige schien ihm so unerträglich, daß ihn sein Unmut ein Schlimmeres das folgen könnte, nicht gewahr werden ließ. Auf diese Weise ward seine Tätigkeit gelähmt, die er sonst haupt­ sächlich auf uns zu wenden gewohnt war. Das was er uns aufgab, for­

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che i due alleati, compare e madrina, potevano ottenere dal conte tutto ciò che volevano. | Se, come ho già detto, fosse stato possibile rasserenare mio padre, la mutata condizione non avrebbe avuto nulla di opprimente. Il conte agiva in modo del tutto disinteressato, rifiutava persino i doni che gli spettavano, il minimo atto che potesse anche solo assomigliare a corruzione veniva ri­ gettato con sdegno o addirittura sanzionato e i suoi uomini avevano ordini rigorosi di non causare il benché minimo incomodo al padrone di casa. In compenso per noi bambi­ ni c’era sempre una porzione abbondante del dessert, e a questo punto devo riferire, per dare almeno un’idea dell’in­ genuità di quei tempi, che la mamma un giorno ci rese infe­ licissimi perché gettò via il gelato che ci era stato mandato: riteneva infatti impossibile che lo stomaco potesse tollerare del ghiaccio, per quanto zuccherato. Oltre a quelle leccornie, che con il tempo imparammo ad apprezzare e a tollerare senza problemi, noi bambini erava­ mo contenti di essere almeno in parte sgravati dalla frequen­ za delle ore di lezione e da una rigida disciplina. Il cattivo umore del papà aumentava, non riusciva proprio ad accet­ tare l’inevitabile. Quanto tormentava se stesso, la mamma e l’interprete, i consiglieri, tutti i suoi amici solo per liberarsi del conte! Invano cercarono di fargli capire che la presen­ za in casa di un uomo del genere, date le circostanze, era una vera benedizione, e che un eventuale trasferimento del conte sarebbe stato sostituito da una continua rotazione di ufficiali e soldati. Nessun argomento attaccava. Il presente gli sembrava talmente insopportabile che l’irritazione non gli consentiva di immaginare che potesse esserci qualcosa di peggio. Ciò paralizzò anche le energie che era solito dedicarci. Ci assegnava dei compiti che però non controllava con la

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derte er nicht mehr mit der sonstigen Genauigkeit, und wir suchten, wie es nur möglich schien, unsere Neugierde an militärischen und an­ dern öffentlichen Dingen zu befriedigen, nicht allein im Hause, son­ dern auch | auf den Straßen, welches um so leichter anging, da die Tag und Nacht unverschlossene Haustüre von Schildwachen besetzt war, die sich um das Hin- und Widerlaufen unruhiger Kinder nichts bekümmerten. Die mancherlei Angelegenheiten, die vor dem Richterstuhle des Königslieutenants geschlichtet wurden, hatten dadurch noch einen ganz besondern Reiz, daß er einen eigenen Wert darauf legte, seine Entscheidungen zugleich mit einer witzigen, geistreichen, heitern Wendung zu begleiten. Was er befahl, war streng gerecht; die Art wie er es ausdrückte, war launig und pikant. Er schien sich den Herzog von Ossuna zum Vorbilde genommen zu haben. Es verging kaum ein Tag, daß der Dolmetscher nicht eine oder die andere solche Anekdote uns und der Mutter zur Aufheiterung erzählte. Es hatte dieser muntere Mann eine kleine Sammlung solcher Salomonischen Entscheidungen gemacht; ich erinnere mich aber nur des Eindrucks im Allgemeinen, ohne im Gedächtnis ein Besonderes wieder zu finden. Den wunderbaren Charakter des Grafen lernte man nach und nach immer mehr kennen. Dieser Mann war sich selbst, seiner Eigenhei­ ten aufs deutlichste bewußt, und weil er gewisse Zeiten haben mochte, wo ihn eine Art von Unmut, Hypochondrie, oder wie man den bösen Dämon nennen soll, überfiel; so zog er sich in solchen Stunden, die sich manchmal zu Tagen verlängerten, in sein Zimmer zurück, sah Niemanden als seinen Kammerdiener, und war selbst in dringenden Fällen nicht zu bewegen, daß er Audienz gegeben hätte. Sobald aber der böse Geist von ihm gewichen war, erschien er nach wie vor, mild, heiter und tätig. Aus den Reden seines Kammerdieners, Saint-Jean, eines kleinen hagern Mannes von muntrer Gutmütigkeit, konnte man schließen, daß er in frühern Jahren von solcher Stimmung überwältigt,

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solita precisione, mentre noi a nostra volta cercavamo di soddisfare la nostra curiosità in materia di militari e altre questioni pubbliche, nei limiti del possibile, non soltanto in casa ma anche | per strada, il che era ormai molto facile visto che la porta di casa era aperta giorno e notte e vigilata da sentinelle che non badavano all’andirivieni di bambini irrequieti. Le numerose cause dibattute nel tribunale del luogote­ nente del re avevano poi un fascino tutto particolare per il fatto che egli teneva molto ad accompagnare i suoi verdetti con una battuta spiritosa, arguta e allegra. Le sue decisioni erano giuste ed eque, ma espresse in modo estroso e con brio; sembrava aver preso a modello il duca di Osuna112. Non passava giorno che l’interprete non raccontasse l’una o l’altra delle sue battute per rallegrare noi e la mamma. Quel burlone aveva addirittura raccolto una piccola collezione di quelle sentenze salomoniche; io mi ricordo dell’impressio­ ne generale, senza averne in mente nessuna in particolare. Con il passare del tempo imparammo a conoscere sem­ pre meglio il curioso carattere del conte. Quell’uomo aveva una consapevolezza molto chiara di sé e delle sue peculiari­ tà, e sapeva che gli capitavano dei momenti in cui era preda del malumore, dell’ipocondria o come si vuole chiamare quel demone malvagio; in quelle ore (che talvolta diven­ tavano però anche giorni) si ritirava nella sua stanza, non voleva vedere nessuno a parte il suo cameriere e persino nei casi di emergenza non c’era modo di convincerlo a con­ cedere udienza. Non appena quello spirito maligno lo ave­ va abbandonato, eccolo ricomparire calmo, sereno e attivo come prima. Da quanto raccontava il suo cameriere SaintJean, un ometto smilzo, allegro e bonario, deducemmo che in passato aveva combinato dei guai seri, mentre si trovava in quelle fasi negative, e di conseguenza si era seriamente

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großes Unglück angerichtet, und sich nun vor ähnlichen Abwegen, bei einer so wichtigen, den Blicken aller Welt ausgesetzten Stelle, zu hüten ernstlich vornehme. Gleich in den ersten Tagen der Anwesenheit des Grafen | wurden die sämtlichen Frankfurter Maler, als Hirt, Schütz, Trautmann, Nothnagel, Junker, zu ihm berufen. Sie zeigten ihre fertigen Gemälde vor, und der Graf eignete sich das Verkäufliche zu. Ihm wurde mein hübsches helles Giebelzimmer in der Mansarde eingeräumt und sogleich in ein Kabinett und Atelier umgewandelt: denn er war Willens, die sämtli­ chen Künstler, vor allen aber Seekaz in Darmstadt, dessen Pinsel ihm besonders bei natürlichen und unschuldigen Vorstellungen höchlich gefiel, für eine ganze Zeit in Arbeit zu setzen. Er ließ daher von Gras­ se, wo sein älterer Bruder ein schönes Gebäude besitzen mochte, die sämtlichen Maße aller Zimmer und Kabinette herbeikommen, über­ legte sodann mit den Künstlern die Wandabteilungen, und bestimmte die Größe der hiernach zu verfertigenden ansehnlichen Ölbilder, wel­ che nicht in Rahmen eingefaßt, sondern als Tapetenteile auf die Wand befestigt werden sollten. Hier ging nun die Arbeit eifrig an. Seekaz übernahm ländliche Szenen, worin die Greise und Kinder, unmittelbar nach der Natur gemalt, ganz herrlich glückten; die Jünglinge wollten ihm nicht eben so geraten, sie waren meist zu hager; und die Frauen mißfielen aus der entgegengesetzten Ursache. Denn da er eine kleine dicke, gute aber unangenehme Person zur Frau hatte, die ihm außer sich selbst nicht wohl ein Modell zuließ; so wollte nichts Gefälliges zu Stande kommen. Zudem war er genötigt gewesen, über das Maß seiner Figuren hinaus zu gehen. Seine Bäume hatten Wahrheit, aber ein klein­ liches Blätterwerk. Er war ein Schüler von Brinkmann, dessen Pinsel in Staffeleigemälden nicht zu schelten ist. Schütz, der Landschaftsmaler, fand sich vielleicht am besten in die Sache. Die Rheingegenden hatte er ganz in seiner Gewalt, so wie den sonnigen Ton, der sie in der schönen Jahreszeit belebt. Er war nicht ganz

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ripromesso di evitare sbandate del genere, ora che aveva una posizione così importante ed esposta agli occhi di tutto il mondo. Fin dai primi giorni della sua presenza in casa, il conte | convocò tutti i pittori di Francoforte: Hirt, Schütz, Trautmann, Nothnagel, Juncker113. Essi gli mostrarono alcuni dei loro quadri e il conte acquistò tutti quelli in vendita. La mia stanza in mansarda, bella luminosa, gli venne messa a di­ sposizione e fu subito trasformata in un atelier perché era intenzionato a dar lavoro per molto tempo a tutti gli artisti e in particolare a Seekatz di Darmstadt, la cui pennellata gli piaceva moltissimo soprattutto per la naturalezza e sempli­ cità dei soggetti. Fece quindi venire da Grasse, dove suo fratello maggiore – a quanto diceva – aveva una bella resi­ denza, le misure di tutte le stanze e stanzette, progettò con gli artisti la suddivisione delle pareti e stabilì di conseguen­ za le dimensioni dei vari dipinti a olio che voleva commis­ sionare, che non sarebbero stati incorniciati bensì appesi alle pareti come fossero tappezzeria. Ci si mise alacremente al lavoro. Seekatz si prese in carico le scene campestri dove vecchi e bambini, ritratti dal vivo, vennero particolarmente bene; i giovani non altrettanto, erano di solito troppo magri, le donne non convincevano per il motivo opposto. Infatti, avendo una moglie piccola e grassa, brava ma brutta, che non gli permetteva di avere altre modelle oltre a lei, Seekatz non riusciva a combinare niente di buono. Fu inoltre co­ stretto a dipingere in una dimensione a cui non era abituato. Gli alberi erano realistici, ma le foglie troppo piccole. Era un allievo di Brinckmann, che per le tele su cavalletto è un pittore di tutto rispetto. Chi si trovò più a suo agio fu Schütz, il paesaggista. Era esperto nel dipingere i paesaggi del Reno nei toni solari della bella stagione, e in più era abituato anche a lavorare

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ungewohnt, in einem größern Maßstabe zu arbeiten, und auch da ließ er es an Ausführung und Haltung nicht fehlen. Er lieferte sehr heitre Bilder. Trautmann rembrandisierte einige | Auferweckungswunder des neuen Testaments, und zündete nebenher Dörfer und Mühlen an. Auch ihm war, wie ich aus den Aufrissen der Zimmer bemerken konnte, ein eigenes Kabinett zugeteilt worden. Hirt malte einige gute Eichen- und Buchenwälder. Seine Herden waren lobenswert. Junker, an die Nach­ ahmung der ausführlichsten Niederländer gewöhnt, konnte sich am we­ nigsten in diesen Tapetenstyl finden; jedoch bequemte er sich, für gute Zahlung, mit Blumen und Früchten manche Abteilung zu verzieren. Da ich alle diese Männer von meiner frühsten Jugend an gekannt, und sie oft in ihren Werkstätten besucht hatte, auch der Graf mich gern um sich leiden mochte; so war ich bei den Aufgaben, Beratschlagun­ gen und Bestellungen, wie auch bei den Ablieferungen gegenwärtig, und nahm mir, zumal wenn Skizzen und Entwürfe eingereicht wurden, meine Meinung zu eröffnen gar wohl heraus. Ich hatte mir schon frü­ her bei Gemälde-Liebhabern, besonders aber auf Auktionen, denen ich fleißig beiwohnte, den Ruhm erworben, daß ich gleich zu sagen wisse, was irgend ein historisches Bild vorstelle, es sei nun aus der biblischen oder der Profangeschichte oder aus der Mythologie genommen; und wenn ich auch den Sinn der allegorischen Bilder nicht immer traf, so war doch selten Jemand gegenwärtig, der es besser verstand als ich. So hatte ich auch öfters die Künstler vermocht, diesen oder jenen Gegen­ stand vorzustellen, und solcher Vorteile bediente ich mich gegenwärtig mit Lust und Liebe. Ich erinnere mich noch, daß ich einen umständli­ chen Aufsatz verfertigte, worin ich zwölf Bilder beschrieb, welche die Geschichte Josephs darstellen sollten: einige davon wurden ausgeführt. Nach diesen, für einen Knaben allerdings löblichen Verrichtungen, will ich auch einer kleinen Beschämung, die mir innerhalb dieses Künstlerkreises begegnete, Erwähnung tun. Ich war nämlich mit al­ len Bildern wohl bekannt, welche man nach und nach in jenes Zim­ mer gebracht hatte. Meine jugendliche Neugierde ließ nichts ungese­ hen und ununtersucht. Einst fand ich hinter dem Ofen ein schwarzes |

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su grande scala; soggetti ed esecuzione furono ineccepibili, dipinse dei quadri molto allegri. Trautmann rembrandtizzò alcuni | miracoli di resurrezio­ ni del Nuovo Testamento, aggiungendoci villaggi e mulini in fiamme. Anche a lui, come vidi dai progetti, era stata riservata una stanza intera. Hirt dipinse alcuni bei boschetti di querce e faggi, le sue greggi erano notevoli. Juncker, abi­ tuato a imitare i dettagliatissimi olandesi, non si ritrovava proprio in quella pittura stile tappezzeria, per cui si adattò a decorare qualche elemento con fiori e frutti dietro generoso compenso. Conoscevo quegli artisti fin da piccolo ed ero andato spesso a trovarli nelle loro botteghe; per di più il conte mi aveva preso in simpatia, così assistevo alle discussioni e consultazioni, alle ordinazioni e alle consegne, e quando arrivavano schizzi e bozze non mancavo di dire la mia. Tra gli intenditori d’arte, soprattutto in occasione delle aste che frequentavo assiduamente, mi ero guadagnato molto presto la fama di saper individuare subito il soggetto di un dipinto storico, sacro, profano o mitologico che fosse. E per quanto non indovinassi sempre il senso delle figure allegoriche, era raro che ci fosse qualcuno che ne sapeva più di me. Mi era anche capitato di suggerire ai pittori di dipingere questo o quel soggetto, e ora mi avvalevo di quella possibilità con passione e trasporto. Ricordo ancora di aver scritto un sag­ gio in cui descrivevo dodici scene della vita di Giuseppe: alcune furono poi effettivamente eseguite114. Oltre a questi successi, ammirevoli per un ragazzino, devo menzionare anche una piccola umiliazione che subii, sempre in relazione al gruppo dei pittori. Conoscevo bene tutti i quadri che man mano erano stati portati nella stanza; la mia curiosità giovanile non tralasciava di guardare e con­ trollare qualsiasi cosa. Un giorno dietro la stufa trovai una

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Kästchen; ich ermangelte nicht, zu forschen was darin verborgen sei, und ohne mich lange zu besinnen zog ich den Schieber weg. Das darin enthaltene Gemälde war freilich von der Art, die man den Augen nicht auszustellen pflegt, und ob ich es gleich alsobald wieder zuzuschieben Anstalt machte, so konnte ich doch nicht geschwind genug damit fer­ tig werden. Der Graf trat herein und ertappte mich. – »Wer hat Euch erlaubt dieses Kästchen zu eröffnen?« sagte er mit seiner Königslieu­ tenants-Miene. Ich hatte nicht viel darauf zu antworten, und er sprach sogleich die Strafe sehr ernsthaft aus: »Ihr werdet in acht Tagen, sagte er, dieses Zimmer nicht betreten.« – Ich machte eine Verbeugung und ging hinaus. Auch gehorchte ich diesem Gebot aufs pünktlichste, so daß es dem guten Seekaz, der eben in dem Zimmer arbeitete, sehr ver­ drießlich war: denn er hatte mich gern um sich; und ich trieb aus einer kleinen Tücke den Gehorsam so weit, daß ich Seekazen seinen Kaffee, den ich ihm gewöhnlich brachte, auf die Schwelle setzte; da er denn von seiner Arbeit aufstehen und ihn holen mußte, welches er so übel empfand, daß er mir fast gram geworden wäre. Nun aber scheint es nötig, umständlicher anzuzeigen und begreif­ lich zu machen, wie ich mir in solchen Fällen in der französischen Sprache, die ich doch nicht gelernt, mit mehr oder weniger Bequem­ lichkeit durchgeholfen. Auch hier kam mir die angeborne Gabe zu stat­ ten, daß ich leicht den Schall und Klang einer Sprache, ihre Bewegung, ihren Akzent, den Ton und was sonst von äußern Eigentümlichkeiten, fassen konnte. Aus dem Lateinischen waren mir viele Worte bekannt; das Italiänische vermittelte noch mehr, und so horchte ich in kurzer Zeit von Bedienten und Soldaten, Schildwachen und Besuchen so viel heraus, daß ich mich, wo nicht ins Gespräch mischen, doch wenigstens einzelne Fragen und Antworten bestehen konnte. Aber dieses war alles nur wenig gegen den Vorteil, den mir das Theater brachte. Von meinem Großvater hatte ich ein Freibillet erhalten, dessen ich mich, mit Wi­ derwillen meines | Vaters, unter dem Beistand meiner Mutter, täglich bediente. Hier saß ich nun im Parterre vor einer fremden Bühne, und paßte um so mehr auf Bewegung, mimischen und Rede-Ausdruck, als

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cassetta | nera: non mancai di chiedermi cosa nascondes­ se, e senza pensarci troppo aprii il gancetto. Il quadro che conteneva era di quelli che abitualmente non si mettono in mostra. Cercai di richiuderla subito, ma non fui abbastan­ za rapido: il conte entrò e mi colse sul fatto. «Chi vi ha dato il permesso di aprire quella cassetta?» disse con l’e­ spressione del luogotenente del re. Non seppi cosa rispon­ dere, ed egli serio emise immediatamente la sentenza: «per otto giorni non metterete piede in questa stanza». Feci un inchino e uscii. Rispettai scrupolosamente quel divieto, cosa che infastidì parecchio il buon Seekatz, che in quel periodo lavorava lì, perché gli piaceva avermi intorno. E con malizia spinsi all’estremo la mia obbedienza, lascian­ do sulla soglia la tazza di caffé che di solito gli portavo, costringendolo così a interrompere il lavoro per venirla a prendere: ne era talmente contrariato che per poco non prese a detestarmi. Ora però è necessario spiegare e illustrare più nel detta­ glio come riuscii a cavarmela abbastanza bene con la lingua francese, che non avevo mai studiato. Anche in questo caso mi venne in aiuto una propensione innata che mi permet­ teva di afferrare il suono e la cadenza di una lingua, il suo ritmo, l’accento e l’intonazione insieme alle caratteristiche esteriori. Grazie al latino riconoscevo molti termini, l’ita­ liano mi aiutava ancora di più, e ascoltando inservienti e soldati, sentinelle e visitatori imparai ben presto quanto ba­ stava se non per partecipare a una conversazione, almeno per affrontare singole domande e risposte. Ma tutto questo è niente in confronto a quanto imparai dal teatro115. Il non­ no mi aveva dato un lasciapassare di cui mi servivo ogni giorno, con grande contrarietà di mio | padre ma con il con­ senso della mamma. Sedevo quindi nella platea di un tea­ tro straniero concentrando tutta la mia attenzione sui mo­

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ich wenig oder nichts von dem verstand was da oben gesprochen wur­ de, und also meine Unterhaltung nur vom Geberdenspiel und Sprach­ ton nehmen konnte. Von der Komödie verstand ich am wenigsten, weil sie geschwind gesprochen wurde und sich auf Dinge des gemeinen Lebens bezog, deren Ausdrücke mir gar nicht bekannt waren. Die Tra­ gödie kam seltner vor, und der gemessene Schritt, das Taktartige der Alexandriner, das Allgemeine des Ausdrucks machten sie mir in jedem Sinne faßlicher. Es dauerte nicht lange, so nahm ich den Racine, den ich in meines Vaters Bibliothek antraf, zur Hand, und deklamierte mir die Stücke nach theatralischer Art und Weise, wie sie das Organ mei­ nes Ohrs und das ihm so genau verwandte Sprachorgan gefaßt hatte, mit großer Lebhaftigkeit, ohne daß ich noch eine ganze Rede im Zu­ sammenhang hätte verstehen können. Ja ich lernte ganze Stellen aus­ wendig und rezitierte sie, wie ein eingelernter Sprachvogel; welches mir um so leichter ward, als ich früher die für ein Kind meist unver­ ständlichen biblischen Stellen auswendig gelernt, und sie in dem Ton der protestantischen Prediger zu rezitieren mich gewöhnt hatte. Das versifizierte französische Lustspiel war damals sehr beliebt; die Stücke von Destouches, Mariveaux, La Chaussée kamen häufig vor, und ich erinnere mich noch deutlich mancher charakteristischen Figuren. Von den Molierischen ist mir weniger im Sinn geblieben. Was am meisten Eindruck auf mich machte, war die Hypermnestra von Lemière, die als ein neues Stück mit Sorgfalt aufgeführt und wiederholt gegeben wurde. Höchst anmutig war der Eindruck, den der Devin du Village, Rose et Colas, Annette et Lubin, auf mich machten. Ich kann mir die bebänderten Buben und Mädchen und ihre Bewegungen noch jetzt zu­ rückrufen. Es dauerte nicht lange, so regte sich der Wunsch bei mir, mich auf dem Theater selbst umzusehen, wozu sich mir so mancherlei | Gelegenheit darbot. Denn da ich nicht immer die ganzen Stücke aus­ zuhören Geduld hatte, und manche Zeit in den Korridors, auch wohl bei gelinderer Jahrszeit vor der Türe, mit andern Kindern meines Alters

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vimenti, sulle espressioni mimiche e vocali – non capivo nulla o quasi di quello che veniva detto, e potevo quindi trarre gusto solo dai gesti e dal tono della voce. Le comme­ die mi erano quasi incomprensibili, perché parlavano mol­ to veloci e si riferivano a cose della vita quotidiana di cui non conoscevo le parole. Le tragedie erano meno frequenti, ma la recitazione più scandita, il ritmo degli alessandrini, l’universalità dell’espressione me le rendevano più acces­ sibili. Ben presto andai a prendere Racine, presente nella biblioteca di mio padre116, e ne declamavo tra me e me le opere come facevano a teatro, così come il mio orecchio e il mio intuito linguistico, due organi strettamente colle­ gati, le avevano percepite: con grande trasporto, ma senza riuscire a capire fino in fondo un discorso nel suo comples­ so. Imparai a memoria interi brani e li recitavo come un pappagallo ammaestrato, e lo facevo con facilità perché fin da piccolissimo dovevo imparare a memoria passi biblici, in genere incomprensibili per un bambino, abituandomi a recitarli con il tono dei predicatori luterani. La commedia francese in versi era molto di moda a quel tempo; le opere di Destouches, Marivaux, La Chaussée erano rappresentate spesso, e mi ricordo ancora bene alcuni personaggi tipici117. Di quelle di Molière non rammento molto, mentre quella che mi colpì di più fu l’Ipermnestra di Lemierre118, che es­ sendo nuova fu messa in scena con grande cura e replicata di frequente. Davvero graziose mi parvero L’indovino del villaggio, Rosa e Colas, Annette e Lubin119; rivedo ancora oggi i ragazzi e le ragazze ornati di nastri e le loro movenze. Dopo qualche tempo mi venne il desiderio di capire meglio il teatro in se stesso, e ne ebbi ben presto | l’occasione. Poi­ ché non sempre avevo la pazienza di guardare lo spettacolo fino alla fine, trascorrevo parecchio tempo nel corridoio o, nella bella stagione, all’esterno del teatro giocando con altri

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allerlei Spiele trieb; so gesellte sich ein schöner munterer Knabe zu uns, der zum Theater gehörte, und den ich in manchen kleinen Rollen, obwohl nur beiläufig, gesehen hatte. Mit mir konnte er sich am besten verständigen, indem ich mein Französisch bei ihm geltend zu machen wußte; und er knüpfte sich um so mehr an mich, als kein Knabe seines Alters und seiner Nation beim Theater oder sonst in der Nähe war. Wir gingen auch außer der Theaterzeit zusammen, und selbst während der Vorstellungen ließ er mich selten in Ruhe. Er war ein allerliebster klei­ ner Aufschneider, schwätzte charmant und unaufhörlich, und wußte so viel von seinen Abenteuern, Händeln und andern Sonderbarkeiten zu erzählen, daß er mich außerordentlich unterhielt, und ich von ihm, was Sprache und Mitteilung durch dieselbe betrifft, in vier Wochen mehr lernte, als man sich hätte vorstellen können; so daß Niemand wußte, wie ich auf einmal, gleichsam durch Inspiration, zu der fremden Spra­ che gelangt war. Gleich in den ersten Tagen unserer Bekanntschaft zog er mich mit sich aufs Theater, und führte mich besonders in die Foyers, wo die Schauspieler und Schauspielerinnen in der Zwischenzeit sich aufhiel­ ten und sich an und auskleideten. Das Lokal war weder günstig noch bequem, indem man das Theater in einen Konzertsaal hineingezwängt hatte, so daß für die Schauspieler hinter der Bühne keine besonderen Abteilungen statt fanden. In einem ziemlich großen Nebenzimmer, das ehedem zu Spielpartieen gedient hatte, waren nun beide Geschlechter meist beisammen und schienen sich so wenig unter einander selbst als vor uns Kindern zu scheuen, wenn es beim Anlegen oder Verändern der Kleidungsstücke nicht immer zum anständigsten herging. Mir war dergleichen niemals vorgekommen, und doch fand ich es bald durch Gewohnheit, bei wiederholtem Besuch, ganz natürlich. | Es währte nicht lange, so entspann sich aber für mich ein eignes und besondres Interesse. Der junge Derones, so will ich den Knaben nennen, mit dem ich mein Verhältnis immer fortsetzte, war außer seinen Auf­ schneidereien ein Knabe von guten Sitten und recht artigem Betragen. Er machte mich mit seiner Schwester bekannt, die ein paar Jahre älter als wir

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bambini della mia età; si unì a noi un bel ragazzino vivace che faceva parte della compagnia, lo avevo visto recitare qualche volta in piccole parti secondarie. Con me riusciva a farsi capire meglio che con gli altri, visto che io sapevo fare buon uso del mio francese, perciò si affezionò molto, non trovando in giro nessun altro ragazzino francese della sua età. Ci incontravamo anche a prescindere dal teatro, e durante le rappresentazioni non mi lasciava mai in pace. Era un adorabile piccolo spaccone, chiacchierava in modo affascinante e senza sosta, e quando raccontava le sue av­ venture, peripezie e altre stranezze mi divertivo un mondo. In quattro settimane imparai da lui più di quanto si possa immaginare in quanto a lingua e capacità di comunicare, e nessuno si spiegava come mai tutto d’un tratto, come per ispirazione divina, parlassi quella lingua straniera. Fin dai primi giorni della nostra conoscenza mi portò con sé in teatro, soprattutto nel locale dove attori e attrici si cambiavano e si trattenevano durante lo spettacolo120. Il po­ sto non era comodo né bello, dato che il teatro era stato im­ piantato in una sala per concerti e quindi non c’erano spazi separati per gli attori dietro il palcoscenico. In una stanza laterale abbastanza spaziosa, che prima serviva come sala da gioco, i due sessi si ritrovavano insieme ma non sembra­ vano affatto essere in imbarazzo né tra loro né davanti a noi bambini quando, indossando o cambiando un indumento, il decoro non era sempre rispettato. Io non avevo mai visto una cosa simile, ma col tempo e l’abitudine finii per trovar­ lo naturale. | Ben presto iniziai a sviluppare un interesse particolare e preciso. Il giovane Derones – chiamerò così il ragazzino di cui ero diventato amico – era un ragazzo per bene ed edu­ cato, a parte le spacconate. Mi fece conoscere sua sorella, che aveva un paio d’anni più di noi ed era molto graziosa,

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und ein gar angenehmes Mädchen war, gut gewachsen, von einer regel­ mäßigen Bildung, brauner Farbe, schwarzen Haaren und Augen; ihr gan­ zes Betragen hatte etwas Stilles, ja Trauriges. Ich suchte ihr auf alle Weise gefällig zu sein; allein ich konnte ihre Aufmerksamkeit nicht auf mich lenken. Junge Mädchen dünken sich gegen jüngere Knaben sehr weit vorgeschritten, und nehmen, indem sie nach den Jünglingen hinschauen, ein tantenhaftes Betragen gegen den Knaben an, der ihnen seine erste Neigung zuwendet. Mit einem jüngern Bruder hatte ich kein Verhältnis. Manchmal, wenn die Mutter auf den Proben oder in Gesellschaft war, fanden wir uns in ihrer Wohnung zusammen, um zu spielen oder uns zu unterhalten. Ich ging niemals hin, ohne der Schönen eine Blume, eine Frucht oder sonst etwas zu überreichen, welches sie zwar jederzeit mit sehr guter Art annahm und auf das höflichste dankte; allein ich sah ihren traurigen Blick sich niemals erheitern, und fand keine Spur, daß sie sonst auf mich geachtet hätte. Endlich glaubte ich ihr Geheimnis zu entdecken. Der Knabe zeigte mir hinter dem Bette seiner Mutter, das mit eleganten seidnen Vorhängen aufgeputzt war, ein Pastellbild, das Porträt eines schö­ nen Mannes, und bemerkte zugleich mit schlauer Miene: das sei eigent­ lich nicht der Papa, aber eben so gut wie der Papa; und indem er diesen Mann rühmte, und nach seiner Art umständlich und prahlerisch manches erzählte: so glaubte ich herauszufinden, daß die Tochter wohl dem Vater, die beiden andern Kinder aber dem Hausfreund angehören mochten. Ich erklärte mir nun ihr trauriges Ansehen und hatte sie nur um desto lieber. Die Neigung zu diesem Mädchen half mir die | Schwindeleien des Bruders übertragen, der nicht immer in seinen Grenzen blieb. Ich hatte oft die weitläuftigen Erzählungen seiner Großtaten auszuhalten, wie er sich schon öfter geschlagen, ohne jedoch dem andern schaden zu wollen: es sei alles bloß der Ehre wegen geschehen. Stets habe er ge­ wußt seinen Widersacher zu entwaffnen, und ihm alsdann verziehen; ja er verstehe sich aufs Legieren so gut, daß er einst selbst in große Verlegenheit geraten, als er den Degen seines Gegners auf einen hohen Baum geschleudert, so daß man ihn nicht leicht wieder habhaft werden können.

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alta, con lineamenti regolari, carnagione olivastra, occhi e capelli scuri; il suo comportamento pacato aveva persino qualcosa di mesto. Cercai di piacerle in tutti i modi, ma sen­ za riuscire ad attirare la sua attenzione su di me. Le ragazze pensano di essere molto più mature dei maschi e assumono un fare da zia quando hanno a che fare con ragazzini più giovani alla loro prima cotta. C’era anche un fratellino più piccolo con cui non legai. Qualche volta, quando la mamma era alle prove o in so­ cietà, ci incontravamo a casa loro per giocare o chiacchiera­ re. Io non andavo mai senza un fiore, un frutto o un dono per la mia bella, che lei accettava di buon grado ringraziando con grande cortesia, ma non vidi mai rallegrarsi il suo sguar­ do né colsi mai un segnale di una qualche propensione nei miei confronti. Alla fine pensai di aver scoperto il suo segre­ to. Il ragazzo mi mostrò il ritratto a pastello di un bell’uomo, appeso dietro il letto di sua madre che era circondato da eleganti cortine di seta, osservando con aria furbetta che non era suo padre ma era come se lo fosse, e mentre lui lodava quell’uomo e ne raccontava meraviglie a modo suo, credetti di intuire che la bambina era davvero figlia del loro padre, mentre i due maschi dell’amico di famiglia. Così mi spiegai la sua espressione triste e le volli ancora più bene. L’inclinazione per la ragazzina mi aiutò a sopportare | le vanterie del fratello, che ogni tanto esagerava. Spesso do­ vevo sorbirmi i racconti delle sue grandi imprese, di quanti duelli avesse al suo attivo, ma senza mai ferire l’altro: erano solo questioni d’onore. Ogni volta era riuscito a disarmare il suo avversario e poi lo aveva perdonato; anzi, era talmen­ te esperto nel disarmarlo che una volta si era persino trovato in imbarazzo, quando la spada del suo avversario era andata a conficcarsi in cima a un grande albero dove poi era stato difficilissimo recuperarla.

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Was mir meine Besuche auf dem Theater sehr erleichterte, war, daß mir mein Freibillet, als aus den Händen des Schultheißen, den Weg zu allen Plätzen eröffnete, und also auch zu den Sitzen im Proscenium. Dieses war nach französischer Art sehr tief und an beiden Seiten mit Sitzen eingefaßt, die durch eine niedrige Barriere beschränkt, sich in mehreren Reihen hinter einander aufbauten und zwar dergestalt, daß die ersten Sitze nur wenig über die Bühne erhoben waren. Das Gan­ ze galt für einen besondern Ehrenplatz; nur Offiziere bedienten sich gewöhnlich desselben, obgleich die Nähe der Schauspieler, ich will nicht sagen jede Illusion, sondern gewissermaßen jedes Gefallen auf­ hob. Sogar jenen Gebrauch oder Mißbrauch, über den sich Voltaire so sehr beschwert, habe ich noch erlebt und mit Augen gesehen. Wenn bei sehr vollem Hause, und etwa zur Zeit von Durchmärschen angesehene Offiziere nach jenem Ehrenplatz strebten, der aber gewöhnlich schon besetzt war; so stellte man noch einige Reihen Bänke und Stühle ins Proscenium auf die Bühne selbst, und es blieb den Helden und Hel­ dinnen nichts übrig, als in einem sehr mäßigen Raume zwischen den Uniformen und Orden ihre Geheimnisse zu enthüllen. Ich habe die Hy­ permnestra selbst unter solchen Umständen aufführen sehen. Der Vorhang fiel nicht zwischen den Akten; und ich erwähne noch eines seltsamen Gebrauchs, den ich sehr auffallend finden mußte, da mir als einem guten deutschen Knaben das Kunstwidrige daran ganz unerträglich war. | Das Theater nämlich ward als das größte Heiligtum betrachtet und eine vorfallende Störung auf demselben hätte als das größte Verbrechen gegen die Majestät des Publikums sogleich müssen gerügt werden. Zwei Grenadiere, das Gewehr beim Fuß, standen da­ her in allen Lustspielen ganz öffentlich zu beiden Seiten des hintersten Vorhangs, und waren Zeugen von allem was im Innersten der Familie vorging. Da, wie gesagt, zwischen den Akten der Vorhang nicht nieder­ gelassen wurde; so lösten, bei einfallender Musik, zwei andere derge­ stalt ab, daß sie aus den Kulissen ganz strack vor jene hintraten, welche sich dann eben so gemessentlich zurückzogen. Wenn nun eine solche

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Ciò che facilitava molto la mia frequentazione del teatro era il lasciapassare ricevuto dal podestà in persona che mi permetteva di accedere dovunque, compreso il proscenio. Secondo l’uso francese questo era molto profondo e cir­ condato sui due lati da sedie, delimitate da una bassa ba­ laustra. Erano più file l’una dietro l’altra, con i primi posti solo di poco più in alto del palco. Questi erano considerati posti particolarmente di riguardo, riservati in genere agli ufficiali, nonostante la vicinanza agli attori togliesse non dico ogni illusione, ma almeno buona parte del piacere. E anch’io sono stato testimone di quella abitudine, buona o cattiva che fosse, di cui si lagnava tanto Voltaire121: quando il teatro era molto pieno, ad esempio durante il passaggio delle truppe, gli ufficiali volevano comunque quei posti che trovavano però già occupati. Si aggiungevano allora altre file di panche e sedie direttamente sul palco, e gli eroi e le eroine dovevano adattarsi a rivelare i loro segreti in uno spazio molto ridotto, tra uniformi e mostrine. Ho visto rap­ presentare Ipermnestra in una situazione del genere. Tra un atto e l’altro non calava il sipario; vorrei ricorda­ re anche quella curiosa consuetudine che trovavo davvero strana e che, da bravo ragazzo tedesco, non potevo soffrire perché mi pareva del tutto contraria all’arte. | Il teatro infatti era considerato il sommo santuario, e il minimo disturbo al suo interno sarebbe stato immediatamente punito come un grave affronto alla maestà del pubblico. Due granatieri con le armi al piede stavano quindi sempre bene in vista duran­ te le commedie ai due angoli in fondo al palco, ed erano quindi testimoni di tutto quanto accadeva all’interno della famiglia. Ma poiché tra un atto e l’altro, come dicevo, non calava il sipario, i due venivano rilevati, quando attaccava la musica, da altri due che uscivano impettiti dalle quinte collocandosi davanti a loro, mentre i primi si ritiravano in

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Anstalt recht dazu geeignet war, alles was man beim Theater Illusion nennt, aufzuheben; so fällt es um so mehr auf, daß dieses zu einer Zeit geschah, wo nach Diderots Grundsätzen und Beispielen die natür­ lichste Natürlichkeit auf der Bühne gefordert, und eine vollkommene Täuschung als das eigentliche Ziel der theatralischen Kunst angegeben wurde. Von einer solchen militärischen Polizeianstalt war jedoch die Tragödie entbunden, und die Helden des Altertums hatten das Recht sich selbst zu bewachen; die gedachten Grenadiere standen indes nahe genug hinter den Kulissen. So will ich denn auch noch anführen, daß ich Diderot’s Hausvater, und die Philosophen von Palissot gesehen habe, und mich im letztern Stück der Figur des Philosophen, der auf allen Vieren geht und in ein rohes Salathaupt beißt, noch wohl erinnre. Alle diese theatralische Mannigfaltigkeit konnte jedoch uns Kinder nicht immer im Schauspielhause festhalten. Wir spielten bei schönem Wetter vor demselben und in der Nähe, und begingen allerlei Torhei­ ten, welche besonders an Sonn- und Festtagen keineswegs zu unsrem Äußeren paßten: denn ich und meines Gleichen erschienen alsdann, angezogen wie man mich in jenem Märchen gesehen, den Hut unterm Arm, mit einem kleinen Degen, dessen Bügel mit einer großen sei­ denen Bandschleife geziert war. Einst, als wir eine ganze Zeit unser Wesen getrieben, und Derones | sich unter uns gemischt hatte, fiel es diesem ein, mir zu beteuern, ich hätte ihn beleidigt, und müsse ihm Satisfaktion geben. Ich begriff zwar nicht, was ihm Anlaß geben konn­ te, ließ mir aber seine Ausforderung gefallen und wollte ziehen. Er versicherte mir aber, es sei in solchen Fällen gebräuchlich, daß man an einsame Örter gehe, um die Sache desto bequemer ausmachen zu können. Wir verfügten uns deshalb hinter einige Scheunen, und stell­ ten uns in gehörige Positur. Der Zweikampf erfolgte auf eine etwas theatralische Weise, die Klingen klirrten, und die Stöße gingen neben aus; doch im Feuer der Aktion blieb er mit der Spitze seines Degens an der Bandschleife meines Bügels hangen. Sie ward durchbohrt, und er versicherte mir, daß er nun die vollkommenste Satisfaktion habe, um­

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buon ordine. Una simile procedura sembrava fatta apposta per distruggere la cosiddetta illusione teatrale, e ciò pro­ prio nel periodo in cui secondo i princìpi e il modello di Diderot si esigeva la massima naturalezza sulla scena e si riteneva che lo scopo ultimo del teatro fosse quello di creare un’illusione perfetta. Da un siffatto apparato militare erano esentate soltanto le tragedie: gli eroi dell’antichità avevano la facoltà di sorvegliarsi da soli, mentre i granatieri se ne stavano comunque nei paraggi, dietro le quinte. Voglio aggiungere solo che ho visto anche il Padre di famiglia di Diderot e i Filosofi di Palissot, e mi ricordo an­ cora bene il personaggio del filosofo di quest’ultima ope­ ra, che camminava carponi e si sbafava un cespo d’insalata cruda122. Pur con tutta la sua varietà, non sempre il teatro riusciva a trattenere noi bambini al chiuso. Col bel tempo uscivamo a giocare lì davanti o nei dintorni combinando tutte quelle marachelle che, soprattutto nei giorni di festa, non si addi­ cevano al nostro aspetto: perché io e i miei pari, in quelle occasioni, eravamo vestiti come ho raccontato in quella fia­ ba, il cappello sotto il braccio e lo spadino con l’impugna­ tura decorata da un largo nastro di seta. Una volta stavamo giocando da un bel pezzo anche con | Derones, quando gli saltò in mente di affermare che l’avevo offeso e pretendeva quindi soddisfazione. Non capii cosa lo avesse offeso, ma accettai la sfida ed ero in procinto di estrarre la spada. Lui però mi assicurò che in quei casi era consuetudine recarsi in luoghi appartati per regolare meglio la faccenda. Ci spo­ stammo quindi dietro ad alcuni magazzini e ci mettemmo in posizione. Il duello si svolse in un modo piuttosto teatra­ le, con le lame che stridevano deviando i colpi; nel pieno dell’azione, la sua lama rimase impigliata nel nastro di seta della mia elsa, che fu trafitto. A quel punto esclamò che si

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armte mich sodann, gleichfalls recht theatralisch, und wir gingen in das nächste Kaffeehaus, um uns mit einem Glase Mandelmilch von unserer Gemütsbewegung zu erholen und den alten Freundschafts-Bund nur desto fester zu schließen. Ein andres Abenteuer, das mir auch im Schauspielhause obgleich später begegnet, will ich bei dieser Gelegenheit erzählen. Ich saß näm­ lich mit einem meiner Gespielen ganz ruhig im Parterre, und wir sahen mit Vergnügen einem Solotanze zu, den ein hübscher Knabe, ohngefähr von unserm Alter, der Sohn eines durchreisenden französischen Tanz­ meisters, mit vieler Gewandtheit und Anmut aufführte. Nach Art der Tänzer war er mit einem knappen Wämschen von roter Seide beklei­ det, welches in einen kurzen Reifrock ausgehend, gleich den Laufer­ schürzen, bis über die Kniee schwebte. Wir hatten diesem angehenden Künstler mit dem ganzen Publikum unsern Beifall gezollt, als mir ich weiß nicht wie einfiel, eine moralische Reflexion zu machen. Ich sagte zu meinem Begleiter: Wie schön war dieser Knabe geputzt und wie gut nahm er sich aus; wer weiß in was für einem zerrissenen Jäckchen er heute Nacht schlafen mag! – Alles war schon aufgestanden, nur ließ uns die Menge noch nicht vorwärts. Eine Frau, die neben mir gesessen hatte und nun hart an mir stand, war zufälliger | Weise die Mutter dieses jungen Künstlers, die sich durch meine Reflexion sehr beleidigt fühlte. Zu meinem Unglück konnte sie Deutsch genug, um mich verstanden zu haben, und sprach es gerade so viel als nötig war, um schelten zu können. Sie machte mich gewaltig herunter: Wer ich denn sei, meinte sie, daß ich Ursache hätte an der Familie und an der Wohlhabenheit dieses jungen Menschen zu zweifeln. Auf alle Fälle dürfe sie ihn für so gut halten als mich, und seine Talente könnten ihm wohl ein Glück be­ reiten, wovon ich mir nicht würde träumen lassen. Diese Strafpredigt hielt sie mir im Gedränge und machte die Umstehenden aufmerksam, welche Wunder dachten, was ich für eine Unart müßte begangen ha­ ben. Da ich mich weder entschuldigen, noch von ihr entfernen konnte, so war ich wirklich verlegen, und als sie einen Augenblick inne hielt, sagte ich, ohne etwas dabei zu denken: Nun, wozu der Lärm? heute

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riteneva pienamente soddisfatto, mi abbracciò in modo al­ trettanto teatrale e ce ne andammo nel caffè più vicino per riaverci da tante emozioni con un latte di mandorle rinno­ vando la vecchia amicizia, ora più salda che mai. Vorrei raccontare in questa occasione anche un’altra av­ ventura che mi capitò a teatro, sebbene in un periodo suc­ cessivo. Sedevo tranquillo in platea con uno dei miei amici ammirando un assolo, ballato con molta grazia e maestria da un bel ragazzo che avrà avuto più o meno la nostra età, figlio di un maestro di ballo francese di passaggio. Secondo la moda dei danzatori, era vestito con una casacchina di seta rossa che terminava con un gonnellino corto che gli arriva­ va al ginocchio, come quello dei corridori di vettura123. Ave­ vamo appena tributato il nostro plauso all’astro nascente in­ sieme al resto del pubblico quando, non so come, mi venne in mente una riflessione morale. Dissi al mio amico: «Come era ben agghindato quel ragazzo, e come si muoveva bene; chissà invece stanotte in che laceri stracci dormirà!» Tutti si erano già alzati, ma la folla ci impediva di uscire. Mi ritrovai vicino la donna che prima mi sedeva accanto e che guarda caso era la madre | del giovane ballerino; si offese moltissimo per la mia riflessione. Per mia sfortuna sapeva il tedesco quel tanto che bastava per aver capito, e lo parlava a sufficienza per inveire. Mi trattò malissimo: chi mi crede­ vo di essere io, per permettermi quei commenti sulla con­ dizione del ragazzo e della sua famiglia! Certamente non valeva meno di me, e con il suo talento aveva in più i mezzi per conquistarsi una fortuna che io potevo solo sognarmi. Mi tenne quel predicozzo nel bel mezzo della folla attiran­ do così l’attenzione di tutti coloro che stavano intorno, che cominciarono a chiedersi quale sfacciataggine avessi mai commesso. Dato che non potevo né scusarmi né allontanar­ mi, mi sentii davvero in imbarazzo, e non appena la don­

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rot, morgen tot! – Auf diese Worte schien die Frau zu verstummen. Sie sah mich an und entfernte sich von mir, sobald es nur einigermaßen möglich war. Ich dachte nicht weiter an meine Worte. Nur einige Zeit hernach fielen sie mir auf, als der Knabe, anstatt sich nochmals sehen zu lassen, krank ward und zwar sehr gefährlich. Ob er gestorben ist, weiß ich nicht zu sagen. Dergleichen Vordeutungen durch ein unzeitig, ja unschicklich aus­ gesprochenes Wort standen bei den Alten schon in Ansehen, und es bleibt höchst merkwürdig, daß die Formen des Glaubens und Aber­ glaubens bei allen Völkern und zu allen Zeiten immer dieselben ge­ blieben sind. Nun fehlte es von dem ersten Tage der Besitznehmung unserer Stadt, zumal Kindern und jungen Leuten, nicht an immerwährender Zerstreuung. Theater und Bälle, Paraden und Durchmärsche zogen un­ sere Aufmerksamkeit hin und her. Die letztern besonders nahmen im­ mer zu, und das Soldatenleben schien uns ganz lustig und vergnüglich. Der Aufenthalt des Königs-Lieutenants in unserm Hause verschaff­ te uns den Vorteil, alle bedeutende | Personen der französischen Armee nach und nach zu sehen, und besonders die Ersten, deren Name schon durch den Ruf zu uns gekommen war, in der Nähe zu betrachten. So sahen wir von Treppen und Podesten, gleichsam wie von Galerieen, sehr bequem die Generalität bei uns vorübergehn. Vor allen erinnere ich mich des Prinzen Soubise als eines schönen leutseligen Herrn; am deutlichsten aber des Marschalls von Broglio als eines jüngern, nicht großen aber wohlgebauten, lebhaften, geistreich um sich blickenden, behenden Mannes. Er kam mehrmals zum Königs-Lieutenant, und man merkte wohl, daß von wichtigen Dingen die Rede war. Wir hatten uns im ersten Vier­ teljahr der Einquartierung kaum in diesen neuen Zustand gefunden, als schon die Nachricht sich dunkel verbreitete: die Alliierten seien im Anmarsch, und Herzog Ferdinand von Braunschweig komme, die

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na fece una pausa dissi senza riflettere: «Perché mai tutto questo chiasso? Oggi vivo, domani morto!» A quelle parole la donna ammutolì. Mi fissò e si allontanò non appena le fu possibile. Non pensai più a quelle parole; mi tornarono invece in mente qualche tempo dopo, quando il ragazzo, invece che esibirsi di nuovo, si ammalò gravemente. Se poi sia morto, non saprei dirlo. Simili premonizioni tramite parole pronunciate fuori tempo e fuori luogo erano tenute in grande considerazione presso gli antichi, ed è davvero strano che le modalità della fede e della superstizione siano rimaste identiche per tutti i popoli e in tutti i tempi. Dal primo giorno di occupazione della città non erano mai mancati, almeno per noi bambini e ragazzi, i diverti­ menti. Teatri e balletti, parate e sfilate delle truppe attirava­ no continuamente la nostra attenzione. Le ultime soprattut­ to erano molto in aumento, e la vita militare ci pareva assai allegra e divertente. Alloggiare in casa nostra il luogotenente del re ci dava il vantaggio di poter vedere man mano tutti i personaggi | di rilievo dell’esercito francese e di osservare da vicino so­ prattutto i comandanti, che già conoscevamo di fama. Così dalla scala e dal pianerottolo, come da un loggione, guarda­ vamo comodamente sfilare i generali. Tra gli altri mi ricor­ do il principe Soubise, un signore bello e affabile, ma più di tutti il maresciallo de Broglie, un giovanotto non tanto alto ma ben fatto, vivace e brillante, con lo sguardo sveglio e attento. Venne più volte dal luogotenente e si capiva che doveva­ no parlare di questioni della massima importanza. Non ave­ vamo ancora fatto in tempo ad abituarci ai primi tre mesi di acquartieramento, che cominciò a girare la voce che gli alleati si stavano avvicinando e che il duca Ferdinando di

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Franzosen vom Main zu vertreiben. Man hatte von diesen, die sich keines besondern Kriegsglückes rühmen konnten, nicht die größte Vor­ stellung, und seit der Schlacht von Rosbach glaubte man sie verachten zu dürfen; auf den Herzog Ferdinand setzte man das größte Vertrauen, und alle preußisch Gesinnten erwarteten mit Sehnsucht ihre Befreiung von der bisherigen Last. Mein Vater war etwas heiterer, meine Mut­ ter in Sorgen. Sie war klug genug einzusehen, daß ein gegenwärtiges geringes Übel leicht mit einem großen Ungemach vertauscht werden könne: denn es zeigte sich nur allzu deutlich, daß man dem Herzog nicht entgegen gehen, sondern einen Angriff in der Nähe der Stadt ab­ warten werde. Eine Niederlage der Franzosen, eine Flucht, eine Ver­ teidigung der Stadt, wäre es auch nur um den Rückzug zu decken und um die Brücke zu behalten, ein Bombardement, eine Plünderung, alles stellte sich der erregten Einbildungskraft dar, und machte beiden Par­ teien Sorge. Meine Mutter, welche alles, nur nicht die Sorge ertragen konnte, ließ durch den Dolmetscher ihre Furcht bei dem Grafen anbrin­ gen; worauf sie die in solchen Fällen gebräuchliche Antwort erhielt: sie solle ganz ruhig sein, es | sei nichts zu befürchten, sich übrigens still halten und mit Niemand von der Sache sprechen. Mehrere Truppen zogen durch die Stadt; man erfuhr, daß sie bei Bergen Halt machten. Das Kommen und Gehen, das Reiten und Laufen vermehrte sich immer, und unser Haus war Tag und Nacht in Aufruhr. In dieser Zeit habe ich den Marschall Broglio öfter gesehen, immer heiter, ein wie das andre Mal an Gebärden und Betragen völlig gleich, und es hat mich auch nachher gefreut, den Mann, dessen Gestalt einen so guten und dauerhaften Eindruck gemacht hatte, in der Geschichte rühmlich erwähnt zu finden. So kam denn endlich, nach einer unruhigen Karwoche, 1759 der Karfreitag heran. Eine große Stille verkündigte den nahen Sturm. Uns Kindern war verboten aus dem Hause zu gehen; der Vater hatte keine

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Braunschweig stava arrivando per scacciare i francesi dal Meno. Di questi ultimi, che non avevano grandi vittorie da vantare, non si aveva una grande opinione, dopo la batta­ glia di Roßbach124 anzi li si disprezzava, mentre si aveva la massima fiducia in Ferdinando125 e tutti coloro che par­ teggiavano per la Prussia attendevano con ansia di essere liberati dal peso che li opprimeva. Mio padre era un po’ più allegro, mia madre preoccupata. Era abbastanza intelligente per capire che il piccolo male presente avrebbe facilmente potuto lasciare il posto a un male molto più grave: si in­ tuiva infatti che i soldati non sarebbero andati incontro al duca, ma avrebbero atteso l’attacco nei pressi della città. La sconfitta dei francesi, la fuga, la difesa della città fosse anche solo per coprire la ritirata e mantenere il controllo del ponte, un bombardamento, un saccheggio: tutte queste immagini si presentavano alla fantasia sovreccitata, pre­ occupando entrambe le parti. Mia madre, che poteva sop­ portare tutto tranne che l’ansia, fece riferire al conte i suoi timori dall’interprete e ne ottenne l’unica risposta possibile in questi casi: che non c’era nulla da temere né | motivo di preoccuparsi, ma doveva stare tranquilla e non farne parola con nessuno. Molte truppe attraversarono la città, e si venne a sapere che stazionavano a Bergen. Aumentò sempre più l’andiri­ vieni, il viavai di uomini a piedi e a cavallo, e la nostra casa era in agitazione notte e giorno. In quel periodo vidi più spesso il maresciallo de Broglie, sempre allegro, sempre uguale nei gesti e nel comportamento, e molto più tardi fui felice che colui che aveva lasciato su di me un’impressione tanto positiva e duratura, fosse passato alla storia con onore. Dopo una Settimana Santa agitata, si avvicinava il ve­ nerdì santo del 1759. Una grande calma annunciava il pros­ simo temporale. Proibirono a noi bambini di uscire di casa,

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Ruhe und ging aus. Die Schlacht begann; ich stieg auf den obersten Boden, wo ich zwar die Gegend zu sehen verhindert war, aber den Donner der Kanonen und das Massenfeuer des kleinen Gewehrs recht gut vernehmen konnte. Nach einigen Stunden sahen wir die ersten Zei­ chen der Schlacht an einer Reihe Wagen, auf welchen Verwundete in mancherlei traurigen Verstümmelungen und Gebärden sachte bei uns vorbeigefahren wurden, um in das zum Lazarett umgewandelte Lieb­ frauen-Kloster gebracht zu werden. Sogleich regte sich die Barmher­ zigkeit der Bürger. Bier, Wein, Brot, Geld ward denjenigen hingereicht, die noch etwas empfangen konnten. Als man aber einige Zeit darauf blessierte und gefangne Deutsche unter diesem Zug gewahr wurde, fand das Mitleid keine Grenze, und es schien als wollte Jeder sich von allem entblößen, was er nur Bewegliches besaß, um seinen bedrängten Landsleuten beizustehen. Diese Gefangenen waren jedoch Anzeichen einer für die Alliier­ ten unglücklichen Schlacht. Mein Vater, in seiner Parteilichkeit ganz sicher, daß diese gewinnen würden, hatte die leidenschaftliche Verwe­ genheit den gehofften Siegern entgegen zu gehen, ohne zu bedenken, daß die geschlagene Partei erst über ihn wegfliehen müßte. Erst | begab er sich in seinen Garten, vor dem Friedberger Tore, wo er alles ein­ sam und ruhig fand; dann wagte er sich auf die Bornheimer Heide, wo er aber bald verschiedene zerstreute Nachzügler und Troßknechte ansichtig ward, die sich den Spaß machten nach den Grenzsteinen zu schießen, so daß dem neugierigen Wandrer das abprallende Blei um den Kopf sauste. Er hielt es deshalb doch für geratner zurückzugehen, und erfuhr, bei einiger Nachfrage, was ihm schon der Schall des Feu­ rens hätte klar machen sollen, daß alles für die Franzosen gut stehe und an kein Weichen zu denken sei. Nach Hause gekommen, voll Unmut, geriet er beim Erblicken der verwundeten und gefangenen Landsleute ganz aus der gewöhnlichen Fassung. Auch er ließ den Vorbeiziehenden mancherlei Spende reichen; aber nur die Deutschen sollten sie erhal­ ten, welches nicht immer möglich war, weil das Schicksal Freunde und Feinde zusammen aufgepackt hatte.

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mio padre non trovava pace e uscì. Iniziò la battaglia126, io salii in solaio da dove non si vedeva nulla, ma sentivo molto bene il rombo dei cannoni e il fuoco massiccio dei fucili. Dopo alcune ore cominciammo a vedere i primi segni della battaglia con una fila di carri, carichi di feriti in tristi con­ dizioni e con varie mutilazioni, che passarono pian piano davanti a casa diretti al convento di Nostra Signora, ora tra­ sformato in lazzaretto. Subito si attivò la misericordia dei cittadini. Birra, vino, pane, denaro furono dati a coloro che erano ancora in grado di riceverli. Quando poi poco tempo dopo ci si rese conto che tra i feriti e i prigionieri c’erano dei tedeschi, la compassione non ebbe più limiti e sembrava che ciascuno volesse privarsi di tutto ciò che possedeva per assistere i compatrioti in difficoltà. Quei prigionieri erano però il segno di una battaglia che stava volgendo al peggio per gli alleati. Mio padre, talmen­ te sicuro nella sua partigianeria che questi avrebbero vinto, fece la sciocchezza di andare incontro agli sperati vincitori, senza pensare che per prima cosa avrebbe incontrato gli av­ versari in fuga. Dapprima | si recò nel suo giardino, alla porta di Friedberg, che trovò tranquillo e deserto; allora si avven­ turò verso la Bornheimer Heide dove invece scorse qualche soldato rimasto nelle retrovie e i salmeristi che si divertivano a sparare alle pietre miliari, tanto che il viandante curioso si sentì fischiare intorno il piombo di rimbalzo. Ritenne quindi più prudente tornare indietro e venne a sapere, domandando qua e là, quello che avrebbe già dovuto capire dagli spari, e cioè che l’esito era favorevole ai francesi e che di ritirarsi non se ne parlava. Rientrato a casa ancora più sconfortato, andò fuori di sé alla vista dei suoi connazionali feriti e prigionieri. Anch’egli fece doni a quelli che passavano, ma soltanto ai tedeschi, anche se non sempre era possibile distinguerli per­ ché il destino aveva colpito amici e nemici insieme.

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Die Mutter und wir Kinder, die wir schon früher auf des Grafen Wort gebaut und deshalb einen ziemlich beruhigten Tag hingebracht hatten, waren höchlich erfreut, und die Mutter doppelt getröstet, da sie des Morgens, als sie das Orakel ihres Schatzkästleins durch einen Na­ delstich befragt, eine für die Gegenwart sowohl als für die Zukunft sehr tröstliche Antwort erhalten hatte. Wir wünschten unserm Vater glei­ chen Glauben und gleiche Gesinnung, wir schmeichelten ihm was wir konnten, wir baten ihn etwas Speise zu sich zu nehmen, die er den gan­ zen Tag entbehrt hatte; er verweigerte unsre Liebkosungen und jeden Genuß, und begab sich auf sein Zimmer. Unsre Freude ward indessen nicht gestört; die Sache war entschieden; der Königs-Lieutenant, der diesen Tag gegen seine Gewohnheit zu Pferde gewesen, kehrte endlich zurück, seine Gegenwart zu Hause war nötiger als je. Wir sprangen ihm entgegen, küßten seine Hände und bezeigten ihm unsre Freude. Es schien ihm sehr zu gefallen. »Wohl! sagte er freundlicher als sonst, ich bin auch um euertwillen vergnügt, liebe Kinder!« Er befahl so­ gleich uns Zuckerwerk, süßen Wein, überhaupt | das Beste zu reichen, und ging auf sein Zimmer, schon von einer großen Masse Dringender, Fordernder und Bittender umgeben. Wir hielten nun eine köstliche Kollation, bedauerten den guten Va­ ter, der nicht Teil daran nehmen mochte, und drangen in die Mutter, ihn herbei zu rufen; sie aber klüger als wir wußte wohl, wie unerfreulich ihm solche Gaben sein würden. Indessen hatte sie etwas Abendbrot zurecht gemacht und hätte ihm gern eine Portion auf das Zimmer ge­ schickt; aber eine solche Unordnung litt er nie, auch nicht in den äu­ ßersten Fällen; und nachdem man die süßen Gaben bei Seite geschafft, suchte man ihn zu bereden, herab in das gewöhnliche Speisezimmer zu kommen. Endlich ließ er sich bewegen, ungern, und wir ahndeten nicht, welches Unheil wir ihm und uns bereiteten. Die Treppe lief frei

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Noi bambini e la mamma, che ci eravamo fidati del­ le parole del conte, avevamo trascorso una giornata ab­ bastanza tranquilla e fummo molto contenti e la mamma doppiamente rassicurata quando quel mattino il Tesoretto, interrogato come un oracolo con la punta di un ago, aveva dato un responso rassicurante per il presente e per il futu­ ro127. Auguravamo anche al papà un simile stato d’animo e un’uguale speranza; tentammo di rasserenarlo meglio che potevamo, lo supplicammo di mangiare qualcosa, vi­ sto che era rimasto tutto il giorno digiuno, ma rifiutò le nostre carezze e ogni cibo e si ritirò in camera sua. La nostra gioia non ne fu turbata; la faccenda era risolta, il luogotenente del re, che nei giorni precedenti era uscito a cavallo contrariamente alle sue abitudini, tornò final­ mente a casa, dove la sua presenza era più necessaria che mai. Gli corremmo incontro e gli baciammo le mani di­ mostrando tutta la nostra gioia. Sembrò esserne contento. «Bene, sono contento anche per voi, cari ragazzi!» disse più affabile del solito, e ordinò subito di darci caramelle, vino dolce e | altre ghiottonerie, poi andò nella sua stanza, già circondato da una folla che agitava richieste, querele e suppliche. Gustammo una squisita merenda, dispiaciuti solo per il papà che non voleva prendervi parte; insistemmo con la mamma perché lo chiamasse ma lei, più accorta, sapeva bene quanto quei doni lo avrebbero indispettito. Nel frat­ tempo aveva preparato uno spuntino serale e glielo avreb­ be fatto portare in camera, ma mio padre non aveva mai tollerato una cosa del genere, nemmeno nei casi più estre­ mi; così, dopo aver messo via tutti i dolciumi cercammo di convincerlo a scendere in sala da pranzo. Alla fine si lasciò persuadere, seppur contro voglia; non immaginavamo che guaio stavamo per procurare a lui e a noi! La scala che uni­

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durchs ganze Haus an allen Vorsälen vorbei. Der Vater mußte, indem er herabstieg, unmittelbar an des Grafen Zimmer vorübergehn. Sein Vor­ saal stand so voller Leute, daß der Graf sich entschloß, um mehrers auf Einmal abzutun, herauszutreten; und dies geschah leider in dem Au­ genblick als der Vater herabkam. Der Graf ging ihm heiter entgegen, begrüßte ihn und sagte: »Ihr werdet uns und Euch Glück wünschen, daß diese gefährliche Sache so glücklich abgelaufen ist.« – Keineswe­ ges! versetzte mein Vater, mit Ingrimm; ich wollte sie hätten Euch zum Teufel gejagt, und wenn ich hätte mitfahren sollen. – Der Graf hielt einen Augenblick inne, dann aber fuhr er mit Wut auf: »Dieses sollt Ihr büßen! rief er: Ihr sollt nicht umsonst der gerechten Sache und mir eine solche Beleidigung zugefügt haben!« Der Vater war indes gelassen heruntergestiegen, setzte sich zu uns, schien heitrer als bisher, und fing an zu essen. Wir freuten uns darü­ ber, und wußten nicht, auf welche bedenkliche Weise er sich den Stein vom Herzen gewälzt hatte. Kurz darauf wurde die Mutter herausge­ rufen, und wir hatten große Lust, dem Vater auszuplaudern, was uns der Graf für Süßigkeiten verehrt habe. Die Mutter kam | nicht zurück. Endlich trat der Dolmetscher herein. Auf seinen Wink schickte man uns zu Bette; es war schon spät und wir gehorchten gern. Nach einer ruhig durchschlafenen Nacht erfuhren wir die gewaltsame Bewegung, die gestern Abend das Haus erschüttert hatte. Der Königs-Lieutenant hatte sogleich befohlen, den Vater auf die Wache zu führen. Die Sub­ alternen wußten wohl, daß ihm niemals zu widersprechen war; doch hatten sie sich manchmal Dank verdient, wenn sie mit der Ausführung zauderten. Diese Gesinnung wußte der Gevatter Dolmetsch, den die Geistesgegenwart niemals verließ, aufs lebhafteste bei ihnen rege zu machen. Der Tumult war ohnehin so groß, daß eine Zögerung sich von selbst versteckte und entschuldigte. Er hatte meine Mutter herausgeru­ fen, und ihr den Adjutanten gleichsam in die Hände gegeben, daß sie durch Bitten und Vorstellungen nur einigen Aufschub erlangen möch­

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va tutti i piani della casa era aperta e dava su tutti i pianerot­ toli; scendendo, il papà doveva passare proprio davanti alle stanze del conte. Il pianerottolo era così affollato che, per liberarsi di più persone in una volta, il conte decise di uscire dalla stanza e ciò avvenne purtroppo proprio nell’attimo in cui passò mio padre. Il conte gli andò incontro allegro e gli disse: «Siamo stati fortunati, voi e io, che questa faccenda tanto pericolosa sia finita in modo così felice!» – «Nem­ meno per sogno!» replicò mio padre con stizza. «Speravo che vi mandassero al diavolo, a costo di accompagnarvi io stesso!» Il conte rimase un attimo immobile, poi sbottò di rabbia: «Di questo dovrete rendere conto! Avete offeso una giusta causa e me, e non rimarrete impunito!» Mio padre scese tranquillo le scale e si sedette con noi, sembrava più sereno del solito e iniziò a mangiare. Ce ne rallegrammo, senza sapere in che modo preoccupante si era tolto quel peso dal cuore. Poco dopo la mamma fu chiamata fuori e noi morivamo dalla voglia di raccontare al papà di tutti i dolciumi che ci aveva dato il conte. La mamma non | rientrava. Più tardi venne l’interprete e a un suo cenno ci mandarono a letto, era già tardi e ubbidimmo di buon grado. Dopo un sonno tranquillo, il giorno dopo venimmo a sape­ re del terremoto che aveva violentemente scosso la casa la sera prima. Il luogotenente aveva immediatamente ordinato l’arresto di mio padre. I subalterni sapevano che non bi­ sognava mai contraddirlo, ma talvolta si erano guadagnati gratitudine semplicemente temporeggiando nell’eseguire un ordine. L’interprete, che non perdeva mai la sua presen­ za di spirito, seppe sfruttare molto bene questo elemento; il tumulto era del resto così grande che un ritardo poteva passare inosservato e sarebbe comunque stato giustificato. Chiamò la mamma e la portò dagli aiutanti per ottenere con suppliche e spiegazioni un’ulteriore dilazione. Lui stesso

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te. Er selbst eilte schnell hinauf zum Grafen, der sich bei der großen Beherrschung seiner selbst sogleich ins innre Zimmer zurückgezogen hatte, und das dringendste Geschäft lieber einen Augenblick stocken ließ, als daß er den einmal in ihm erregten bösen Mut an einem Un­ schuldigen gekühlt, und eine seiner Würde nachteilige Entscheidung gegeben hätte. Die Anrede des Dolmetschers an den Grafen, die Führung des gan­ zen Gesprächs hat uns der dicke Gevatter, der sich auf den glücklichen Erfolg nicht wenig zu Gute tat, oft genug wiederholt, so daß ich sie aus dem Gedächtnis wohl noch aufzeichnen kann. Der Dolmetsch hatte gewagt das Kabinett zu eröffnen und hinein­ zutreten, eine Handlung die höchst verpönt war. »Was wollt ihr? rief ihm der Graf zornig entgegen. Hinaus mit euch! Hier hat niemand das Recht hereinzutreten als Saint-Jean.« So haltet mich einen Augenblick für Saint-Jean, versetzte der Dol­ metsch. »Dazu gehört eine gute Einbildungskraft. Seiner zwei machen noch nicht einen wie ihr seid. Entfernt euch!« | Herr Graf, Ihr habt eine große Gabe vom Himmel empfangen und an die appelliere ich. »Ihr denkt mir zu schmeicheln! Glaubt nicht, daß es euch gelingen werde.« Ihr habt die große Gabe, Herr Graf, auch in Augenblicken der Leiden­ schaft, in Augenblicken des Zorns, die Gesinnungen anderer anzuhören. »Wohl, wohl! Von Gesinnungen ist eben die Rede, die ich zu lange angehört habe. Ich weiß nur zu gut, daß man uns hier nicht liebt, daß uns diese Bürger scheel ansehn.« Nicht alle! »Sehr viele! Was! diese Städter, Reichsstädter wollen sie sein? Ihren Kaiser haben sie wählen und krönen sehen, und wenn dieser ungerecht angegriffen seine Länder zu verlieren und einem Usurpator zu unterliegen Gefahr läuft, wenn er glücklicherweise getreue Alliierte

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si affrettò dal conte che aveva la necessità di riprendere il controllo di sé e si era quindi ritirato nella sua stanza privata, preferendo interrompere per un attimo gli affari, per quanto urgentissimi, piuttosto che sfogare su un inno­ cente la sua rabbia prendendo decisioni indegne della sua carica. Il dialogo tra l’interprete e il conte, insieme all’anda­ mento di tutto l’incontro, ci è stato più e più volte racconta­ to dal florido compare, che si vantava non poco di aver con­ tribuito al felice esito della faccenda, cosicché posso ancora ripeterlo a memoria. L’interprete aveva osato aprire la porta ed entrare nella stanza, un’azione severamente vietata. «Cosa volete?» gli urlò furioso il conte. «Fuori! Qui nessuno ha il diritto di entrare, tranne Saint-Jean!» «Allora fate finta per un attimo che io sia Saint-Jean». «Ci vorrebbe davvero una bella fantasia. Due come lui non bastano nemmeno per fare uno come voi. Andatevene!» | «Signor conte, voi avete ricevuto un grande dono dal cielo e a quello mi appello». «Se intendete lusingarmi non ci riuscirete, statene certo». «Avete il grande dono, signor conte, di saper ascoltare le opinioni altrui anche nei momenti di passione o di rabbia». «Certo, infatti, è proprio di opinioni che si tratta qui, e adesso ne ho ascoltate abbastanza. Ho capito fin troppo bene che qui non ci vogliono, questi cittadini ci guardano di traverso». «Non tutti!» «Moltissimi. E questi sarebbero i cittadini, i cittadini dell’Impero? Hanno assistito all’elezione e all’incoronazio­ ne del loro imperatore e quando questi, ingiustamente ag­ gredito, corre il rischio di perdere le sue terre e di essere schiacciato da un usurpatore, quando trova per fortuna degli

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findet, die ihr Geld, ihr Blut zu seinem Vorteil verwenden; so wollen sie die geringe Last nicht tragen, die zu ihrem Teil sie trifft, daß der Reichsfeind gedemütigt werde.« Freilich kennt Ihr diese Gesinnungen schon lange, und habt sie als ein weiser Mann geduldet; auch ist es nur die geringere Zahl. Wenige, verblendet durch die glänzenden Eigenschaften des Feindes, den Ihr ja selbst als einen außerordentlichen Mann schätzt, wenige nur, Ihr wißt es! »Ja wohl! zu lange habe ich es gewußt und geduldet, sonst hätte dieser sich nicht unterstanden, mir in den bedeutendsten Augenblicken solche Beleidigungen ins Gesicht zu sagen. Es mögen sein so viel ih­ rer wollen; sie sollen in diesem ihren kühnen Repräsentanten gestraft werden, und sich merken was sie zu erwarten haben.« Nur Aufschub, Herr Graf! »In gewissen Dingen kann man nicht zu geschwind verfahren.« Nur einen kurzen Aufschub! »Nachbar! ihr denkt mich zu einem falschen Schritt zu verleiten; es soll euch nicht gelingen.« Weder verleiten will ich Euch zu einem falschen Schritt, | noch von einem falschen zurückhalten; Euer Entschluß ist gerecht: er geziemt dem Franzosen, dem Königs-Lieutenant; aber bedenkt, daß Ihr auch Graf Thorane seid. »Der hat hier nicht mitzusprechen.« Man sollte den braven Mann doch auch hören. »Nun was würde er denn sagen?« Herr Königs-Lieutenant! würde er sagen: Ihr habt so lange mit so viel dunklen, unwilligen, ungeschickten Menschen Geduld gehabt, wenn sie es Euch nur nicht gar zu arg machten. Dieser hat’s freilich sehr arg gemacht; aber gewinnt es über Euch, Herr Königs-Lieutenant! und Jedermann wird Euch deswegen loben und preisen. »Ihr wißt, daß ich eure Possen manchmal leiden kann; aber miß­ braucht nicht mein Wohlwollen. Diese Menschen sind sie denn ganz

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alleati che sacrificano il loro denaro, il loro sangue per la sua causa, che cosa fanno? Non vogliono farsi carico del picco­ lo peso che spetta loro per umiliare il nemico dell’Impero». «Conoscete da tempo queste opinioni, e da uomo saggio qual siete le avete tollerate; si tratta comunque solo di una minoranza. Pochi, accecati dalle splendenti virtù del nemi­ co che voi stesso considerate un uomo straordinario – po­ chissimi, lo sapete!» «Certo! Troppo a lungo ho saputo e tollerato, altrimenti quello non si sarebbe certo permesso, in un momento così decisivo, di buttarmi in faccia quegli insulti. Tanti o pochi che siano, avranno una punizione esemplare in questo loro sfacciato rappresentante, così sapranno cosa li aspetta». «Aspettate un momento, signor conte!» «In certe cose, la fretta non è mai troppa». «Solo un momento!». «Compare, state cercando di indurmi a un passo falso, ma non ci riuscirete». «Non voglio indurvi a un passo falso, | e nemmeno trat­ tenervi dal commetterne uno; la vostra decisione è giusta e si addice al francese, al luogotenente del re; ma considerate che siete anche il conte Thoranc». «In questo caso lui non si deve immischiare». «Ma bisognerebbe ascoltare anche quel brav’uomo». «Ah sì? E che cosa direbbe?» «Signor luogotenente, direbbe, per molto tempo avete avuto pazienza con questi uomini oscuri, testardi e goffi, fintanto che non vi hanno fatto uscire dai gangheri. Ora questo ci è davvero riuscito, ma controllatevi, signor luo­ gotenente, e vi si loderà e apprezzerà ancora di più proprio per questo». «Sapete che qualche volta accetto i vostri scherzi, ma non approfittate del mio favore. Questi uomini sono totalmente

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verblendet? Hätten wir die Schlacht verloren, in diesem Augenblick, was würde ihr Schicksal sein? Wir schlagen uns bis vor die Tore, wir sperren die Stadt, wir halten, wir verteidigen uns, um unsere Retirade über die Brücke zu decken. Glaubt ihr, daß der Feind die Hände in den Schoß gelegt hätte? Er wirft Granaten und was er bei der Hand hat, und sie zünden wo sie können. Dieser Hausbesitzer da, was will er? In diesen Zimmern hier platzte jetzt wohl eine Feuerkugel und eine andere folgte hinterdrein; in diesen Zimmern, deren vermaledeite Pe­ king-Tapeten ich geschont, mich geniert habe, meine Landkarten nicht aufzunageln! Den ganzen Tag hätten sie auf den Knieen liegen sollen.« Wie viele haben das getan! »Sie hätten sollen den Segen für uns erflehen; den Generalen und Offizieren mit Ehren- und Freudenzeichen, den ermatteten Gemeinen mit Erquickung entgegen gehen. Anstatt dessen verdirbt mir der Gift dieses Parteigeistes die schönsten, glücklichsten, durch so viel Sorgen und Anstrengungen erworbenen Augenblicke meines Lebens!« Es ist ein Parteigeist; aber ihr werdet ihn durch die Bestrafung die­ ses Mannes nur vermehren. Die mit ihm Gleichgesinnten werden Euch als einen Tyrannen, als einen | Barbaren ausschreien; sie werden ihn als einen Märtyrer betrachten, der für die gute Sache gelitten hat; und selbst die anders Gesinnten, die jetzt seine Gegner sind, werden in ihm nur den Mitbürger sehen, werden ihn bedauern, und indem sie Euch Recht geben, dennoch finden, daß Ihr zu hart verfahren seid. »Ich habe Euch schon zu lange angehört; macht, daß Ihr fortkommt!« So hört nur noch dieses! Bedenkt, daß es das Unerhörteste ist, was diesem Manne, was dieser Familie begegnen könnte. Ihr hattet nicht Ursache von dem guten Willen des Hausherrn erbaut zu sein; aber die Hausfrau ist allen euren Wünschen zuvorgekommen, und die Kinder haben Euch als ihren Oheim betrachtet. Mit diesem einzigen Schlag

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impazziti! Se avessimo perso la battaglia, quale sarebbe ora la loro sorte? Ci saremmo battuti fin sulle porte della città, l’avremmo barricata per resistere, difendendoci per coprire la nostra ritirata sul ponte. Credete che il nemico sarebbe rimasto con le mani in mano? Avrebbe lanciato granate e tutto quello che ha sottomano, appiccando incendi dapper­ tutto. Questo padrone di casa qua, che cosa vuole? In queste stanze, proprio ora, cadrebbe una palla incendiaria dietro l’altra, proprio in queste stanze con la maledetta tappezzeria cinese di cui ho avuto così tanto riguardo da non attaccarci nemmeno le carte geografiche! Avrebbero dovuto stare in ginocchio tutto il giorno!» «Molti l’hanno fatto!» «Avrebbero dovuto invocare la benedizione del cielo per noi, avrebbero dovuto andare incontro a generali e ufficiali con grida di giubilo e lodi, offrire ristoro ai soldati esausti. Invece il veleno di quel facinoroso rovina gli attimi più belli e più felici della mia vita, conquistati con così tanta pena e fatica!» «È vero, è un facinoroso, ma punendolo, non fareste al­ tro che aggravare la cosa. Quelli che la pensano come lui vi darebbero del tiranno, del | barbaro, mentre lui sarà con­ siderato un martire che ha sofferto per la buona causa. Ma anche quelli che non la pensano come lui, quelli che ora sono suoi avversari, vedranno in lui solo il concittadino e ne avranno compassione; vi daranno ragione, ma diranno che siete stato troppo severo». «Vi ho ascoltato fin troppo, andatevene ora». «Ascoltate ancora una cosa! Pensate a che cosa inaudita potrebbe accadere in questa famiglia, a quest’uomo. Il padrone di casa non ha certo dimostrato buona volontà, ma la signora è venuta incontro a tutti i vostri desideri, i bambi­ ni vi considerano uno zio. Con questo colpo distruggereste

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werdet Ihr den Frieden und das Glück dieser Wohnung auf ewig zer­ stören. Ja ich kann wohl sagen, eine Bombe die ins Haus gefallen wäre, würde nicht größere Verwüstungen darin angerichtet haben. Ich habe Euch so oft über Eure Fassung bewundert, Herr Graf; gebt mir dies­ mal Gelegenheit, Euch anzubeten. Ein Krieger ist ehrwürdig, der sich selbst in Feindes Haus als einen Gastfreund betrachtet; hier ist kein Feind, nur ein Verirrter. Gewinnt es über Euch, und es wird Euch zu ewigem Ruhme gereichen! »Das müßte wunderlich zugehen«, versetzte der Graf, mit einem Lächeln. Nur ganz natürlich, erwiderte der Dolmetscher. Ich habe die Frau, die Kinder nicht zu Euren Füßen geschickt: denn ich weiß, daß Euch solche Szenen verdrießlich sind; aber ich will Euch die Frau, die Kin­ der schildern, wie sie Euch danken; ich will sie Euch schildern, wie sie sich zeitlebens von dem Tage der Schlacht bei Bergen, und von Eurer Großmut an diesem Tage unterhalten, wie sie es Kindern und Kindes­ kindern erzählen, und auch Fremden ihr Interesse für Euch einzuflößen wissen: eine Handlung dieser Art kann nicht untergehen! »Ihr trefft meine schwache Seite nicht, Dolmetscher. An den Nachruhm pfleg’ ich nicht zu denken, der ist für  | andere, nicht für mich; aber im Augenblick recht zu tun, meine Pflicht nicht zu versäu­ men, meiner Ehre nichts zu vergeben, das ist meine Sorge. Wir haben schon zu viel Worte gemacht; jetzt geht hin – und laßt Euch von den Undankbaren danken, die ich verschone!« Der Dolmetsch, durch diesen unerwartet glücklichen Ausgang überrascht und bewegt, konnte sich der Tränen nicht enthalten, und wollte dem Grafen die Hände küssen; der Graf wies ihn ab und sagte streng und ernst: Ihr wißt, daß ich dergleichen nicht leiden kann! Und mit diesen Worten trat er auf den Vorsaal, um die andringenden Ge­ schäfte zu besorgen, und das Begehren so vieler wartenden Menschen zu vernehmen. So ward die Sache beigelegt, und wir feierten den an­ dern Morgen, bei den Überbleibseln der gestrigen Zuckergeschenke,

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per sempre la pace e la felicità di questa casa. Sì, potrei davvero dire che se una bomba la colpisse, il danno non potrebbe essere peggiore. Vi ho spesso ammirato per il vo­ stro autocontrollo, signor conte; datemi ora l’occasione di venerarvi. Valoroso è il guerriero che sa comportarsi come un ospite amico anche in casa del nemico. E qui non c’è un nemico, solo un uomo che sragiona. Vincete voi stesso, e ne avrete eterno merito!» «Sarebbe veramente anomalo», replicò il conte con un sorriso. «No, sarebbe del tutto naturale» rispose l’interprete. «Non ho mandato la signora, né i bambini a supplicarvi: so che quelle scene non vi piacciono, ma riflettete su come la moglie e i figli vi ringrazierebbero: per tutta la loro vita si ricorderanno della battaglia di Bergen e della vostra ma­ gnanimità in questa giornata, e lo racconteranno ai figli e ai figli dei loro figli, tanto che anche chi non vi ha co­ nosciuto si interesserà di voi: un atto del genere non sarà dimenticato!» «Non è questo il mio punto debole, interprete. Non mi interessa la fama, quella riguarda gli | altri, non me; la mia preoccupazione è fare sempre la cosa giusta, non trascurare il mio dovere, non macchiare il mio onore. Abbiamo già speso fin troppe parole; ora andate – e che gli ingrati, che ora risparmio, vi ringrazino!» L’interprete, sorpreso e commosso per il lieto fine inspe­ rato, non riuscì a trattenere le lacrime e voleva baciare le mani al conte ma questi lo fermò dicendo, serio e severo: «Sapete che non posso soffrire cose del genere!» E con que­ ste parole uscì nell’atrio per sbrigare gli affari più urgenti e ascoltare le richieste di tutta quella gente in attesa. Così la questione fu chiusa, e il mattino seguente festeggiammo con i dolciumi avanzati dal giorno prima lo scampato peri­

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das Vorübergehen eines Übels, dessen Androhen wir glücklich ver­ schlafen hatten. Ob der Dolmetsch wirklich so weise gesprochen, oder ob er sich die Szene nur so ausgemalt, wie man es wohl nach einer guten und glücklichen Handlung zu tun pflegt, will ich nicht entscheiden; wenigs­ tens hat er bei Wiedererzählung derselben niemals variiert. Genug, die­ ser Tag dünkte ihm, so wie der sorgenvollste, so auch der glorreichste seines Lebens. Wie sehr übrigens der Graf alles falsche Zeremoniell abgelehnt, keinen Titel, der ihm nicht gebührte, jemals angenommen, und wie er in seinen heitern Stunden immer geistreich gewesen, davon soll eine kleine Begebenheit ein Zeugnis ablegen. Ein vornehmer Mann, der aber auch unter die abstrusen einsamen Frankfurter gehörte, glaubte sich über seine Einquartierung bekla­ gen zu müssen. Er kam persönlich, und der Dolmetsch bot ihm sei­ ne Dienste an; Jener aber meinte derselben nicht zu bedürfen. Er trat vor den Grafen mit einer anständigen Verbeugung und sagte: Exzel­ lenz! Der Graf gab ihm die Verbeugung zurück, so wie die Exzellenz. Betroffen von dieser Ehrenbezeigung, nicht anders glaubend als der Titel sei zu gering, bückte er sich tiefer, und | sagte: Monseigneur! – »Mein Herr, sagte der Graf ganz ernsthaft: wir wollen nicht weiter gehen, denn sonst könnten wir es leicht bis zur Majestät bringen.« – Der andere war äußerst verlegen und wußte kein Wort zu sagen. Der Dolmetsch, in einiger Entfernung stehend und von der ganzen Sache unterrichtet, war boshaft genug, sich nicht zu rühren; der Graf aber, mit großer Heiterkeit, fuhr fort: »Zum Beispiel, mein Herr, wie heißen sie?« – Spangenberg, versetzte jener – »und ich, sagte der Graf, heiße Thorane. Spangenberg, was wollt Ihr von Thorane? und nun setzen wir uns, die Sache soll gleich abgetan sein.« Und so wurde die Sache auch gleich zu großer Zufriedenheit des­ jenigen abgetan, den ich hier Spangenberg genannt habe, und die Ge­

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colo, della cui minacciosa presenza non ci eravamo nem­ meno accorti dormendo tranquilli. Se l’interprete avesse davvero parlato in modo così sag­ gio o se si era solo immaginato così la scena, come si suol fare dopo una bella impresa andata a buon fine, non saprei dirlo; so solo che, raccontandola, non fece mai variazioni. Comunque fosse, quella giornata se la ricordò come la più difficile, ma anche la più gloriosa della sua vita. Quanto il conte rifuggisse da ogni falso cerimoniale, non accettasse i titoli che non gli competevano, e come fosse sempre arguto quando era di buon umore, lo dimostra anche un altro piccolo aneddoto. Un uomo distinto, che faceva anche lui parte del grup­ petto dei cittadini solitari e stravaganti, ritenne di doversi lamentare dei soldati acquartierati in casa sua. Venne di persona e l’interprete gli offrì i suoi servigi, ma quegli disse di non averne bisogno. Si presentò al conte con un inchino cortese e disse: «Eccellenza!» Il conte ricambiò l’inchino e il titolo. Colpito da quella manifestazione di rispetto e pensando di aver usato un titolo inadeguato, si inchinò più profondamente | dicendo: «Monseigneur!»128 – «Signor mio», disse il conte seriamente, «smettiamola qui, altrimenti arriveremo presto a sua maestà». Trovandosi in serio imbarazzo, l’altro non sapeva più cosa dire. L’inter­ prete, che si godeva la scena da una certa distanza e aveva capito tutto, fu abbastanza perfido da non intervenire; il conte allora proseguì allegramente: «Ad esempio, signor mio, come vi chiamate?» – «Spangenberg» rispose l’altro. «Bene, e io mi chiamo Thoranc. Spangenberg, che cosa volete da Thoranc? Ora sediamoci, risolveremo in fretta la cosa». E la cosa fu effettivamente risolta in fretta, con grande soddisfazione di colui che qui ho chiamato Spangenberg, e

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schichte noch an selbigem Abend von dem schadenfrohen Dolmetsch in unserm Familienkreise nicht nur erzählt, sondern mit allen Umstän­ den und Gebärden aufgeführt. Nach solchen Verwirrungen, Unruhen und Bedrängnissen fand sich gar bald die vorige Sicherheit und der Leichtsinn wieder, mit welchem besonders die Jugend von Tag zu Tage lebt, wenn es nur einigermaßen angehen will. Meine Leidenschaft zu dem französischen Theater wuchs mit jeder Vorstellung; ich versäumte keinen Abend, ob ich gleich jedes­ mal, wenn ich nach dem Schauspiel mich zur speisenden Familie an den Tisch setzte und mich gar oft nur mit einigen Resten begnügte, die steten Vorwürfe des Vaters zu dulden hatte: das Theater sei zu gar nichts nütze, und könne zu gar nichts führen. Ich rief in solchem Falle gewöhnlich alle und jede Argumente hervor, welche den Verteidigern des Schauspiels zur Hand sind, wenn sie in eine gleiche Not wie die meinige geraten. Das Laster im Glück, die Tugend im Unglück wurden zuletzt durch die poetische Gerechtigkeit wieder ins Gleichgewicht gebracht. Die schönen Beispiele von bestraften Vergehungen, Miß Sara Sampson und der Kauf­ mann von London, wurden sehr lebhaft von mir hervorgehoben; aber ich zog dagegen öfters den Kürzern, wenn die Schelmstreiche Scapins und dergleichen auf dem | Zettel standen, und ich mir das Behagen mußte vorwerfen lassen, das man über die Betrügereien ränkevoller Knechte, und über den guten Erfolg der Torheiten ausgelassener Jünglinge im Publikum empfinde. Beide Parteien überzeugten einander nicht; doch wurde mein Vater sehr bald mit der Bühne ausgesöhnt, als er sah, daß ich mit unglaublicher Schnelligkeit in der französischen Sprache zunahm. Die Menschen sind nun einmal so, daß Jeder was er tun sieht, lie­ ber selbst vornähme, er habe nun Geschick dazu oder nicht. Ich hatte nun bald den ganzen Kursus der französischen Bühne durchgemacht; mehrere Stücke kamen schon zum zweiten und dritten Mal; von der würdigsten Tragödie bis zum leichtfertigsten Nachspiel war mir alles vor Augen und Geist vorbeigegangen; und wie ich als Kind den Terenz nachzuahmen wagte: so verfehlte ich nunmehr nicht als Knabe, bei einem viel lebhafter dringenden Anlaß, auch die französischen Formen

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la sera stessa la storiella ci fu non solo raccontata dal mali­ zioso interprete, ma persino mimata in tutti i dettagli. Dopo tutta la confusione, l’inquietudine e le angustie recuperammo la stessa sicurezza e leggerezza di prima, che permettono soprattutto ai giovani di vivere alla gior­ nata, se appena è possibile. La mia passione per il teatro francese cresceva a ogni rappresentazione; non saltavo un pomeriggio, anche se ogni volta, quando poi mi sedevo a tavola col resto della famiglia, spesso accontentandomi di qualche avanzo, dovevo sopportare i continui rimpro­ veri di mio padre: il teatro è del tutto inutile e non porta a nulla. In quei casi tiravo allora fuori uno per uno gli argomenti usati dei difensori del teatro quando si trova­ no in situazioni simili a quella. Il vizio che ha fortuna, la virtù sfortunata vengono alla fine riequilibrati dalla giusti­ zia poetica. Sottolineavo sempre con enfasi gli esempi più belli di malefatte punite, come in Miss Sara Sampson e nel Mercante di Londra, ma avevo spesso la peggio quando in programma c’erano Le furberie di Scapino129 | o comme­ die di quel tipo, e mi sentivo rinfacciare il piacere che il pubblico prova per gli imbrogli di servitori intriganti e le bravate di ragazzi scostumati. Nessuno dei due riusciva a convincere l’altro, ma mio padre si riconciliò velocemente con il teatro quando vide i rapidissimi progressi che face­ vo con il francese. Gli uomini sono fatti così: ognuno vorrebbe fare an­ che lui quello che vede fare dagli altri, che ne sia capace o meno. Avevo ormai assistito a tutto il repertorio del teatro francese, molte opere tornavano in scena per la seconda o terza volta; dalla tragedia più seria alla commediola più leg­ gera, tutto mi era passato davanti agli occhi e alla mente, e come da bambino avevo osato imitare Terenzio, da ragaz­ zo, ricevendo stimoli ancora più intensi, non potei esimer­

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nach meinem Vermögen und Unvermögen zu wiederholen. Es wur­ den damals einige halb mythologische, halb allegorische Stücke im Geschmack des Piron gegeben; sie hatten etwas von der Parodie und gefielen sehr. Diese Vorstellungen zogen mich besonders an: die gold­ nen Flügelchen eines heitern Merkur, der Donnerkeil des verkappten Jupiter, eine galante Danae, oder wie eine von Göttern besuchte Schö­ ne heißen mochte, wenn es nicht gar eine Schäferin oder Jägerin war, zu der sie sich herunterließen. Und da mir dergleichen Elemente aus Ovids Verwandlungen und Pomey’s Pantheon Mythicum sehr häufig im Kopfe herum summten, so hatte ich bald ein solches Stückchen in meiner Phantasie zusammengestellt, wovon ich nur so viel zu sagen weiß, daß die Szene ländlich war, daß es aber doch darin weder an Kö­ nigstöchtern, noch Prinzen, noch Göttern fehlte. Der Merkur besonders war mir dabei so lebhaft im Sinne, daß ich noch schwören wollte, ich hätte ihn mit Augen gesehen. Eine von mir selbst sehr reinlich gefertigte Abschrift legte ich meinem Freunde Derones vor, welcher sie mit ganz besonderem An­ stand und einer wahrhaften | Gönnermiene aufnahm, das Manuskript flüchtig durchsah, mir einige Sprachfehler nachwies, einige Reden zu lang fand, und zuletzt versprach das Werk bei gehöriger Muße näher zu betrachten und zu beurteilen. Auf meine bescheidene Frage, ob das Stück wohl aufgeführt werden könne, versicherte er mir, daß es gar nicht unmöglich sei. Sehr vieles komme beim Theater auf Gunst an, und er beschütze mich von ganzem Herzen; nur müsse man die Sache geheim halten: denn er habe selbst einmal mit einem von ihm verfer­ tigten Stück die Direktion überrascht, und es wäre gewiß aufgeführt worden, wenn man nicht zu früh entdeckt hätte, daß er der Verfasser sei. Ich versprach ihm alles mögliche Stillschweigen, und sah schon im Geist den Titel meiner Piece an den Ecken der Straßen und Plätze mit großen Buchstaben angeschlagen.

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mi dal seguire i modelli francesi come meglio potevo. Si davano in quel periodo alcune opere per metà mitologiche, per metà allegoriche nello stile di Piron130; avevano qual­ cosa della parodia e piacevano molto. Quelle rappresenta­ zioni mi attiravano in modo particolare: le alette dorate del gaio Mercurio, il fulmine di Giove camuffato, l’elegante Danae o comunque si chiamava la bella visitata dagli dei, che qualche volta si accontentavano persino di una pasto­ rella o una cacciatrice. E dato che quegli stessi elementi mi ronzavano spesso in testa anche dalle Metamorfosi di Ovidio o dal Pantheum mythicum di Pomey131, ben presto nella fantasia composi un’opera simile, di cui ora so dire soltanto che lo scenario era pastorale e che non mancavano principesse, principi e divinità. Mi ero raffigurato così bene il mio Mercurio che potrei giurare di averlo visto davvero, con i miei occhi. La trascrissi personalmente in bella copia e la mostrai ai mio amico Derones, che la prese con fare cerimonioso e un’aria da vero | mecenate; diede un’occhiata veloce al manoscritto, mi fece notare alcuni errori di grammatica, trovò troppo lunghi alcuni monologhi e infine mi promise che avrebbe letto la mia opera con la dovuta calma per giu­ dicarla meglio. Alla mia timida domanda, se l’opera avreb­ be potuto essere rappresentata, mi rassicurò dicendo che non era affatto impossibile. In teatro molto dipende dalle conoscenze, e lui mi avrebbe favorito con tutto il cuore; bisognava solo tenere la cosa segreta, perché lui stesso una volta aveva sorpreso la direzione con un pezzo scritto da lui, che sarebbe stato di certo messo in scena se non si fosse scoperto troppo presto che era lui l’autore. Gli garantii la segretezza più assoluta, e mi immaginavo già il titolo della mia opera a caratteri cubitali affisso a tutti gli angoli delle strade e delle piazze.

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So leichtsinnig übrigens der Freund war, so schien ihm doch die Gelegenheit den Meister zu spielen allzu erwünscht. Er las das Stück mit Aufmerksamkeit durch, und indem er sich mit mir hinsetzte, um einige Kleinigkeiten zu ändern, kehrte er im Laufe der Unterhaltung das ganze Stück um und um, so daß auch kein Stein auf dem andern blieb. Er strich aus, setzte zu, nahm eine Person weg, substituierte eine andere, genug er verfuhr mit der tollsten Willkür von der Welt, daß mir die Haare zu Berge standen. Mein Vorurteil, daß er es doch verstehen müsse, ließ ihn gewähren: denn er hatte mir schon öfter von den drei Einheiten des Aristoteles, von der Regelmäßigkeit der französischen Bühne, von der Wahrscheinlichkeit, von der Harmonie der Verse und allem was daran hängt, so viel vorerzählt, daß ich ihn nicht nur für unterrichtet, sondern auch für begründet halten mußte. Er schalt auf die Engländer und verachtete die Deutschen; genug, er trug mir die gan­ ze dramaturgische Litanei vor, die ich in meinem Leben so oft mußte wiederholen hören. Ich nahm, wie der Knabe in der Fabel, meine zerfetzte Geburt mit nach Hause, und suchte sie wieder herzustellen; aber vergebens. Weil ich sie jedoch nicht ganz aufgeben | wollte, so ließ ich aus meinem ers­ ten Manuskript, nach wenigen Veränderungen, eine saubere Abschrift durch unsern Schreibenden anfertigen, die ich denn meinem Vater überreichte und dadurch so viel erlangte, daß er mich, nach vollende­ tem Schauspiel, meine Abendkost eine Zeitlang ruhig verzehren ließ. Dieser mißlungene Versuch hatte mich nachdenklich gemacht, und ich wollte nunmehr diese Theorieen, diese Gesetze, auf die sich Jeder­ mann berief, und die mir besonders durch die Unart meines anmaßli­ chen Meisters verdächtig geworden waren, unmittelbar an den Quellen kennen lernen, welches mir zwar nicht schwer doch mühsam wurde. Ich las zunächst Corneille’s Abhandlung über die drei Einheiten, und ersah wohl daraus, wie man es haben wollte; warum man es aber so verlangte, ward mir keineswegs deutlich, und was das schlimmste war, ich geriet sogleich in noch größere Verwirrung, indem ich mich mit den Händeln über den Cid bekannt machte, und die Vorreden las, in

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Per quanto il mio amico fosse un fanfarone, l’occasione di giocare al maestro gli parve fin troppo ghiotta. Lesse il pezzo con attenzione fino in fondo, e sedendosi poi con me per modificare qualche dettaglio, nel corso della conversa­ zione mise tutto sottosopra, un brano dopo l’altro, cosicché del lavoro originario non rimasero neppure due frasi in fila. Cancellava, aggiungeva, toglieva un personaggio, ne inse­ riva un altro, con una tale assurda arbitrarietà da farmi riz­ zare i capelli. Lo lasciai fare convinto che se ne intendesse, perché spesso mi aveva parlato delle tre unità aristoteliche, delle regole del teatro francese132, della verosimiglianza, dell’armonia dei versi e tutto il resto, tanto che lo ritenevo non solo informato, ma competente. Criticava gli inglesi e disprezzava i tedeschi; insomma, mi snocciolò tutte le li­ tanie della drammaturgia che poi nella mia vita così tante volte avrei sentito ripetere. Come il bambino della fiaba133, me ne tornai a casa con la mia creatura in pezzi e cercai di ricomporla, ma invano. Ma non volendo rinunciarvi del | tutto, feci fare dal nostro scrivano una bella copia del mio primo manoscritto, con qualche minima variazione, e poi la diedi a mio padre; il risultato fu che per un certo tempo, quando rientravo dal teatro, mi lasciava cenare in pace. Quel tentativo fallito mi fece riflettere e pensai così di andare direttamente alla fonte per esaminare quelle teorie, quelle leggi a cui tutti si richiamavano ma che mi erano diventate sospette a causa dell’intervento improprio del mio presuntuoso maestro; non fu difficile, ma comunque complicato. Lessi per prima cosa il trattato sulle tre unità di Corneille134 e mi fu chiaro qual era l’obiettivo; non capi­ vo invece perché ci si fosse prefissi proprio quello e, cosa ancora peggiore, andai in totale confusione quando venni a conoscenza della querelle riguardo al Cid e lessi le prefa­

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welchen Corneille und Racine sich gegen Kritiker und Publikum zu verteidigen genötigt sind. Hier sah ich wenigstens auf das deutlichs­ te, daß kein Mensch wußte was er wollte; daß ein Stück wie Cid, das die herrlichste Wirkung hervorgebracht, auf Befehl eines allmächtigen Kardinal’s absolut sollte für schlecht erklärt werden; daß Racine, der Abgott der zu meiner Zeit lebenden Franzosen, der nun auch mein Ab­ gott geworden war (denn ich hatte ihn näher kennen lernen, als Schöff von Olenschlager durch uns Kinder den Britannicus aufführen ließ, worin mir die Rolle des Nero zu Teil ward) daß Racine, sage ich, auch zu seiner Zeit weder mit Liebhabern noch Kunstrichtern fertig werden können. Durch alles dieses ward ich verworrener als jemals, und nach­ dem ich mich lange mit diesem Hin- und Herreden, mit dieser theore­ tischen Salbaderei des vorigen Jahrhunderts, gequält hatte, schüttete ich das Kind mit dem Bade aus, und warf den ganzen Plunder desto entschiedener von mir, je mehr ich zu bemerken glaubte, daß die Auto­ ren selbst, welche vortreffliche Sachen hervorbrachten, wenn | sie da­ rüber zu reden anfingen, wenn sie den Grund ihres Handelns angaben, wenn sie sich verteidigen, entschuldigen, beschönigen wollten, doch auch nicht immer den rechten Fleck zu treffen wußten. Ich eilte daher wieder zu dem lebendig Vorhandenen, besuchte das Schauspiel weit eifriger, las gewissenhafter und ununterbrochner, so daß ich in dieser Zeit Racine und Moliere ganz, und von Corneille einen großen Teil durchzuarbeiten die Anhaltsamkeit hatte. Der Königs-Lieutenant wohnte noch immer in unserm Hause. Er hatte sein Betragen in nichts geändert, besonders gegen uns; allein es war merklich, und der Gevatter Dolmetsch wußte es uns noch deut­ licher zu machen, daß er sein Amt nicht mehr mit der Heiterkeit, nicht mehr mit dem Eifer verwaltete wie Anfangs, obgleich immer mit der­ selben Rechtschaffenheit und Treue. Sein Wesen und Betragen, das eher einen Spanier als einen Franzosen ankündigte, seine Launen, die doch mitunter Einfluß auf ein Geschäft hatten, seine Unbiegsamkeit gegen die Umstände, seine Reizbarkeit gegen alles was seine Person

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zioni in cui Corneille e Racine sono costretti a difendersi dal pubblico e dai critici135. Con quelle mi resi conto per lo meno che nessuno sapeva ciò che voleva; che un’opera come il Cid, che aveva avuto un enorme successo, era stata dichiarata pessima per ordine di un cardinale onnipotente; che Racine, l’idolo di tutti i francesi dell’epoca e ora an­ che il mio (avevo avuto modo di conoscerlo meglio quando lo scabino von Olenschlager aveva fatto rappresentare da noi bambini il Britannicus, dove io avevo avuto la parte di Nerone), che persino Racine, dicevo, non aveva potu­ to spuntarla con gli esperti e i critici. Tutto questo mi rese sempre più perplesso e dopo essermi tormentato più che a sufficienza con quelle ciance, con quelle tiritere teoriche del secolo passato, feci di tutta l’erba un fascio e buttai via tutto con grande convinzione, tanto più che mi era parso di capi­ re che gli stessi autori che avevano scritto cose eccellenti, quando | poi cominciavano a parlarne, a spiegare le moti­ vazioni del loro agire, quando volevano difendersi, scusarsi e giustificarsi non sempre centravano il bersaglio. Tornai quindi di corsa alle opere vere e proprie, andavo ancora più volentieri a teatro, leggevo con attenzione e senza sosta, e in quel periodo ebbi la costanza di sorbirmi tutto Racine e tutto Molière, oltre a buona parte di Corneille. Il luogotenente del re abitava sempre nella nostra casa. Il suo atteggiamento non aveva subito alcun mutamento, soprattutto nei nostri confronti, ma si vedeva, e il compare interprete seppe farcelo notare molto bene, che non ammi­ nistrava più il suo ufficio con lo stesso buon umore, con lo stesso zelo dell’inizio, anche se sempre con immutata retti­ tudine e fedeltà. La sua indole e la sua condotta ricordavano più uno spagnolo che un francese; gli sbalzi d’umore, che talvolta influenzavano anche il suo lavoro, la rigidità nelle varie circostanze, la suscettibilità verso tutto ciò che lo toc­

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oder Charakter berührte, dieses zusammen mochte ihn doch zuweilen mit seinen Vorgesetzten in Konflikt bringen. Hiezu kam noch, daß er in einem Duell, welches sich im Schauspiel entsponnen hatte, verwundet wurde, und man dem Königs-Lieutenant übel nahm, daß er selbst eine verpönte Handlung als oberster Polizeimeister begangen. Alles dieses mochte, wie gesagt, dazu beitragen, daß er in sich gezogner lebte und hier und da vielleicht weniger energisch verfuhr. Indessen war nun schon eine ansehnliche Partie der bestellten Ge­ mälde abgeliefert. Graf Thorane brachte seine Freistunden mit der Betrachtung derselben zu, indem er sie in gedachtem Giebelzimmer, Bahne für Bahne, breiter und schmäler, neben einander, und weil es an Platz mangelte, sogar über einander nageln, wiederabnehmen und aufrollen ließ. Immer wurden die Arbeiten aufs neue untersucht, man erfreute sich wiederholt an den Stellen, die man für die | gelungensten hielt; aber es fehlte auch nicht an Wünschen, dieses oder jenes anders geleistet zu sehen. Hieraus entsprang eine neue und ganz wundersame Operation. Da nämlich der eine Maler Figuren, der andere die Mittelgründe und Fer­ nen, der dritte die Bäume, der vierte die Blumen am besten arbeitete; so kam der Graf auf den Gedanken, ob man nicht diese Talente in den Bildern vereinigen, und auf diesem Wege vollkommene Werke hervor­ bringen könne. Der Anfang ward sogleich damit gemacht, daß man z. B. in eine fertige Landschaft noch schöne Herden hineinmalen ließ. Weil nun aber nicht immer der gehörige Platz dazu da war, es auch dem Tiermaler auf ein paar Schafe mehr oder weniger nicht ankam; so war endlich die weiteste Landschaft zu enge. Nun hatte der Menschen­ maler auch noch die Hirten und einige Wandrer hineinzubringen; die­ se nahmen sich wiederum einander gleichsam die Luft, und man war verwundert, wie sie nicht sämtlich in der freiesten Gegend erstickten. Man konnte niemals voraussehen, was aus der Sache werden würde, und wenn sie fertig war, befriedigte sie nicht. Die Maler wurden ver­ drießlich. Bei den ersten Bestellungen hatten sie gewonnen, bei diesen Nacharbeiten verloren sie, obgleich der Graf auch diese sehr großmü­

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cava di persona o da vicino – tutto ciò lo metteva talvolta in conflitto con i suoi superiori. In più era stato ferito in un duello iniziato proprio a teatro, e non si perdonò al luo­ gotenente che lui stesso, l’ufficiale di polizia di grado più alto, avesse commesso un’infrazione del genere. L’insieme di queste cose contribuì forse a farlo chiudere in se stesso e a rendere la sua azione meno energica. Nel frattempo era stata già consegnata buona parte dei quadri commissionati. Il conte Thoranc trascorreva le sue ore libere contemplandoli, nella mansarda di cui ho parla­ to; li faceva appendere uno per uno, grandi e piccoli, uno accanto all’altro oppure, quando lo spazio non bastava, uno sopra l’altro; poi li faceva togliere e riarrotolare. I lavori venivano esaminati di continuo, si apprezzavano più volte i punti venuti | particolarmente bene ma non mancavano nemmeno le richieste di modificare questo o quel dettaglio. Da qui scaturì un’operazione nuova e del tutto singolare. Poiché a un pittore venivano benissimo le persone, a un altro gli sfondi, a un terzo gli alberi, a un quarto i fiori, al conte venne l’idea di riunire quei talenti in un unico dipinto, nell’intento di ottenere un’opera perfetta. Si iniziò dipin­ gendo ad esempio un gregge in un paesaggio già finito. Dato che però non sempre lo spazio era sufficiente, e il pittore di animali non faceva caso a una pecora in più o in meno, alla fine anche il paesaggio più spazioso risultava troppo angu­ sto. Poi toccava al pittore di figure umane aggiungerci i pa­ stori e qualche viandante, che si toglievano però l’aria l’un l’altro e c’era da meravigliarsi che, per quanto all’aperto, non soffocassero tutti. Non si poteva mai prevedere quale sarebbe stato l’effetto complessivo, e quando il quadro era terminato comunque non convinceva. I pittori si innervo­ sivano. Se con le prime commissioni avevano guadagnato, ora erano in perdita, sebbene il conte retribuisse genero­

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tig bezahlte. Und da die von mehrern auf Einem Bilde durch einander gearbeiteten Teile, bei aller Mühe, keinen guten Effekt hervorbrach­ ten, so glaubte zuletzt ein Jeder, daß seine Arbeit durch die Arbeiten der andern verdorben und vernichtet worden; daher wenig fehlte, die Künstler hätten sich hierüber entzweit und wären in unversöhnliche Feindschaft geraten. Dergleichen Veränderungen oder vielmehr Zuta­ ten wurden in gedachtem Atelier, wo ich mit den Künstlern ganz allein blieb, ausgefertiget; und es unterhielt mich, aus den Studien, besonders der Tiere, dieses und jenes Einzelne, diese oder jene Gruppe auszu­ suchen, und sie für die Nähe oder die Ferne in Vorschlag zu bringen; worin man mir denn manchmal aus Überzeugung oder Geneigtheit zu willfahren pflegte. | Die Teilnehmenden an diesem Geschäft wurden also höchst mut­ los, besonders Seekaz, ein sehr hypochondrischer und in sich gezogner Mann, der zwar unter Freunden durch eine unvergleichlich heitre Lau­ ne sich als den besten Gesellschafter bewies, aber wenn er arbeitete, allein, in sich gekehrt und völlig frei wirken wollte. Dieser sollte nun, wenn er schwere Aufgaben gelöst, sie mit dem größten Fleiß und der wärmsten Liebe, deren er immer fähig war, vollendet hatte, zu wieder­ holten Malen von Darmstadt nach Frankfurt reisen, um entweder an seinen eigenen Bildern etwas zu verändern, oder fremde zu staffieren, oder gar unter seinem Beistand durch einen Dritten seine Bilder ins Buntscheckige arbeiten zu lassen. Sein Mißmut nahm zu, sein Wider­ stand entschied sich, und es brauchte großer Bemühungen von unserer Seite, um diesen Gevatter – denn auch er war’s geworden – nach des Grafen Wünschen zu lenken. Ich erinnere mich noch, daß, als schon die Kasten bereit standen, um die sämtlichen Bilder in der Ordnung einzupacken, in welcher sie an dem Ort ihrer Bestimmung der Tapezie­ rer ohne weiteres aufheften konnte, daß, sage ich, nur eine kleine doch unumgängliche Nacharbeit erfordert wurde, Seekaz aber nicht zu be­ wegen war herüberzukommen. Er hatte freilich noch zu guter Letzt das beste getan was er vermochte, indem er die vier Elemente in Kindern und Knaben, nach dem Leben, in Türstücken dargestellt, und nicht al­

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samente anche queste. Mettere più mani al lavoro in uno stesso quadro, pur con tutto l’impegno, non sortiva mai un buon effetto, e così ciascuno cominciò a credere che il pro­ prio lavoro venisse rovinato e vanificato da quello altrui; mancò poco che i pittori litigassero tra loro e diventassero nemici irriducibili. Queste modifiche, o meglio aggiunte, le facevano in quell’atelier dove io restavo spesso solo con i pittori, e mi divertivo a scegliere dai bozzetti, soprattutto per gli animali, questa o quella figura, questo o quel gruppo, proponendoli per il primo piano o per lo sfondo; qualche volta mi assecondavano, per convinzione o simpatia. | Le persone coinvolte nell’operazione dunque si scorag­ giarono, soprattutto Seekatz, un uomo ipocondriaco e molto chiuso, che tra amici si distingueva per il suo ineguagliabi­ le buon umore che ne faceva un compagnone dei migliori, ma che quando lavorava doveva essere lasciato solo con se stesso e potersi muovere indisturbato. Ora, dopo aver as­ solto compiti difficili con tutta la diligenza e la passione di cui era capace, si vedeva costretto a ripetuti spostamenti da Darmstadt a Francoforte o per fare piccole modifiche ai suoi stessi quadri, o per decorare quelli altrui, o per vedere un altro che, sotto la sua supervisione, pasticciava nei suoi dipinti. La sua irritazione crebbe fin quasi alla ribellione, e ci volle del bello e del buono da parte nostra per convincere il compare – nel frattempo aveva acquisito anche lui que­ sto ruolo – a piegarsi ai desideri del conte. Mi ricordo che quando erano già pronte le casse per imballare tutti i dipinti nell’ordine in cui il tappezziere, al loro arrivo, avrebbe do­ vuto appenderli, mancava ancora un piccolo ma indispensa­ bile ritocco, e non c’era verso di convincere Seekatz a veni­ re. Aveva fatto del suo meglio fino all’ultimo, aveva dipinto dal vivo i quattro elementi sotto forma di bambini e ado­ lescenti per le ante delle porte, dedicando la massima cura

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lein auf die Figuren sondern auch auf die Beiwerke den größten Fleiß gewendet hatte. Diese waren abgeliefert, bezahlt, und er glaubte auf immer aus der Sache geschieden zu sein; nun aber sollte er wieder her­ über, um einige Bilder, deren Maße etwas zu klein genommen worden, mit wenigen Pinselzügen zu erweitern. Ein anderer, glaubte er, könne das auch tun; er hatte sich schon zu neuer Arbeit eingerichtet; kurz er wollte nicht kommen. Die Absendung war vor der Türe, trocknen sollte es auch noch, jeder Verzug war mißlich; der Graf, in Verzweif­ lung, wollte ihn militärisch abholen lassen. Wir alle wünschten die Bilder endlich fort zu sehen, und fanden zuletzt keine | Auskunft, als daß der Gevatter Dolmetsch sich in einen Wagen setzte und den Wider­ spenstigen mit Frau und Kind herüberholte, der dann von dem Grafen freundlich empfangen, wohl gepflegt, und zuletzt reichlich beschenkt entlassen wurde. Nach den fortgeschafften Bildern zeigte sich ein großer Friede im Hause. Das Giebelzimmer im Mansard wurde gereinigt und mir über­ geben, und mein Vater, wie er die Kasten fortschaffen sah, konnte sich des Wunsches nicht erwehren, den Grafen hinterdrein zu schicken. Denn wie sehr die Neigung des Grafen auch mit der seinigen überein­ stimmte; wie sehr es den Vater freuen mußte, seinen Grundsatz, für le­ bende Meister zu sorgen, durch einen reicheren so fruchtbar befolgt zu sehen; wie sehr es ihn schmeicheln konnte, daß seine Sammlung Anlaß gegeben, einer Anzahl braver Künstler in bedrängter Zeit einen so an­ sehnlichen Erwerb zu verschaffen: so fühlte er doch eine solche Ab­ neigung gegen den Fremden, der in sein Haus eingedrungen, daß ihm an dessen Handlungen nichts recht dünken konnte. Man solle Künstler beschäftigen, aber nicht zu Tapetenmalern erniedrigen; man solle mit dem was sie nach ihrer Überzeugung und Fähigkeit geleistet, wenn es einem auch nicht durchgängig behage, zufrieden sein und nicht immer daran markten und mäkeln: genug, es gab, ungeachtet des Grafen eig­

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sia alle figure, sia alle parti decorative. Anche quelle erano state consegnate, pagate, e credeva di aver concluso defini­ tivamente il lavoro; adesso invece doveva tornare un’altra volta per ampliare con qualche pennellata alcune tele che alla fine erano risultate più piccole del previsto. Disse che poteva farlo anche un altro, che lui ormai aveva iniziato un nuovo lavoro: in breve, non voleva saperne di venire. La spedizione era imminente, i quadri dovevano avere anche il tempo per asciugare, ogni indugio era deleterio. Il conte, disperato, voleva farlo prelevare dai soldati. Tutti noi non vedevamo l’ora di liberarci dei quadri e non sapevamo più | cosa fare, se non mettere l’interprete in una carrozza e man­ darlo a prendere il pittore scorbutico con moglie e figlio. Il conte li accolse gentilmente, li trattò con riguardo e infine li congedò con un munifico compenso. Una volta spediti i quadri, in casa scese la pace. La stan­ za in mansarda fu rimessa in ordine e mi venne restituita, e quando mio padre vide spedire le casse non poté fare a meno di desiderare che anche il conte partisse al loro segui­ to. Per quanto le preferenze del conte fossero molto simili alle sue; per quanto si rallegrasse che un mecenate ben più ricco avesse seguìto il suo stesso principio di dare lavoro agli artisti viventi; per quanto si sentisse lusingato che gra­ zie alla sua collezione un gruppo di pittori avesse potuto conseguire un buon guadagno in tempi così difficili136: de­ testava così tanto quello straniero che si era introdotto in casa sua che nulla di ciò che faceva avrebbe potuto andargli bene. Bisognava sì dare commissioni agli artisti, ma non umiliarli a dipingere tappezzerie; bisognava accontentarsi di quello che avevano eseguito in base alle loro convinzioni e capacità, anche quando non piace del tutto, e non con­ tinuare a mercanteggiare e criticare; insomma, malgrado il comportamento tollerante del conte, fu impossibile per

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ner liberalen Bemühung, ein für allemal kein Verhältnis. Mein Vater besuchte jenes Zimmer bloß, wenn sich der Graf bei Tafel befand, und ich erinnere mich nur ein einziges Mal, als Seekaz sich selbst über­ troffen hatte, und das Verlangen diese Bilder zu sehen das ganze Haus herbeitrieb, daß mein Vater und der Graf zusammentreffend an diesen Kunstwerken ein gemeinsames Gefallen bezeigten, das sie an einander selbst nicht finden konnten. Kaum hatten also die Kisten und Kasten das Haus geräumt, als der früher eingeleitete aber unterbrochne Betrieb, den Grafen zu entfer­ nen, wieder angeknüpft wurde. Man suchte durch Vorstellungen die Gerechtigkeit, die Billigkeit durch Bitten, durch Einfluß die Neigung zu | gewinnen, und brachte es endlich dahin, daß die Quartierherren den Beschluß faßten: es solle der Graf umlogiert, und unser Haus, in Betracht der seit einigen Jahren unausgesetzt Tag und Nacht getragnen Last, künftig mit Einquartierung verschont werden. Damit sich aber hierzu ein scheinbarer Vorwand finde, so solle man in eben den ersten Stock, den bisher der Königs-Lieutenant besetzt gehabt, Mietleute ein­ nehmen und dadurch eine neue Bequartierung gleichsam unmöglich machen. Der Graf, der nach der Trennung von seinen geliebten Gemäl­ den kein besonderes Interesse mehr am Hause fand, auch ohnehin bald abgerufen und versetzt zu werden hoffte, ließ es sich ohne Widerrede gefallen eine andere gute Wohnung zu beziehen, und schied von uns in Frieden und gutem Willen. Auch verließ er bald darauf die Stadt und erhielt stufenweise noch verschiedene Chargen, doch, wie man hörte, nicht zu seiner Zufriedenheit. Er hatte indes das Vergnügen, jene so emsig von ihm besorgten Gemälde in dem Schlosse seines Bruders glücklich angebracht zu sehen; schrieb einige Male, sendete Maße und ließ von den mehr genannten Künstlern verschiedenes nacharbeiten. Endlich vernahmen wir nichts weiter von ihm, außer daß man uns nach mehreren Jahren versichern wollte, er sei in Westindien, auf einer der französischen Kolonieen, als Gouverneur gestorben. |

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quei due trovare un punto di incontro. Mio padre entrava in quella stanza solo quando il conte era a tavola, e mi ricordo di una sola occasione, quando Seekatz aveva superato se stesso e il desiderio di guardare i quadri aveva fatto accor­ rere tutta la casa, in cui mio padre e il conte si ritrovarono insieme nella stanza e manifestarono per i dipinti quell’ap­ prezzamento che non riuscivano a provare l’uno per l’altro. Non appena casse e cassoni lasciarono la casa, subito ripresero i maneggi, già avviati in precedenza ma poi inter­ rotti, per mandare via il conte. Si ricorse alla giustizia con esposti, alla clemenza con suppliche, ai favori tramite cono­ scenze | influenti, e si ottenne infine una decisione da parte dei responsabili degli acquartieramenti: il conte si sareb­ be trasferito e la nostra casa, in considerazione dell’onere sopportato giorno e notte ininterrottamente per diversi anni, sarebbe stata esentata da ulteriori acquartieramenti. Ma per far ciò ci voleva un pretesto plausibile: ad esempio bisogna­ va mettere degli inquilini al primo piano, finora occupato dal luogotenente del re, rendendo in tal modo impossibile alloggiare altri. Il conte, che dopo la separazione dai suoi amati dipinti non aveva più alcun interesse per la casa e sperava comunque di venire richiamato e trasferito presto, non fece obiezioni a spostarsi in un altro bell’alloggio e pre­ se commiato da noi in serenità e armonia. Poco tempo dopo lasciò anche la città, ottenne altre cariche sempre più alte ma, sentii dire, non di suo gradimento. Ebbe comunque il piacere di veder felicemente appesi nella residenza di suo fratello i dipinti realizzati con tanto impegno; scrisse qual­ che volta, mandò delle misure e diede qualche commissione aggiuntiva agli artisti già più volte ricordati. Poi non giunse più alcuna notizia, se non dopo molti anni quando sentim­ mo dire che era morto nelle Indie Occidentali, come gover­ natore di una colonia francese137. |

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Viertes Buch So viel Unbequemlichkeit uns auch die französische Einquartierung mochte verursacht haben, so waren wir sie doch zu gewohnt geworden, als daß wir sie nicht hätten vermissen, daß uns Kindern das Haus nicht hätte tot scheinen sollen. Auch war es uns nicht bestimmt, wieder zur völligen Familieneinheit zu gelangen. Neue Mietleute waren schon be­ sprochen, und nach einigem Kehren und Scheuern, Hobeln und Boh­ nen, Malen und Anstreichen, war das Haus völlig wieder hergestellt. Der Kanzleidirektor Moriz mit den Seinigen, sehr werte Freunde mei­ ner Eltern, zogen ein. Dieser, kein geborner Frankfurter, aber ein tüch­ tiger Jurist und Geschäftsmann, besorgte die Rechtsangelegenheiten mehrerer kleinen Fürsten, Grafen und Herren. Ich habe ihn niemals anders als heiter und gefällig und über seinen Akten emsig gesehen. Frau und Kinder, sanft, still und wohlwollend, vermehrten zwar nicht die Geselligkeit in unserm Hause: denn sie blieben für sich; aber es war eine Stille, ein Friede zurückgekehrt, den wir lange Zeit nicht genossen hatten. Ich bewohnte nun wieder mein Mansard-Zimmer, in welchem die Gespenster der vielen Gemälde mir zuweilen vorschwebten, die ich denn durch Arbeiten und Studien zu verscheuchen suchte. Der Legationsrat Moriz, ein Bruder des Kanzleidirektors, kam von jetzt an auch öfters in unser Haus. Er war schon mehr Weltmann, von einer ansehnlichen Gestalt und dabei von bequem gefälligem Betragen. Auch er besorgte die Angelegenheiten verschiedener Standespersonen, und kam mit meinem Vater, bei Anlaß von Konkursen und kaiserlichen Kommissionen, mehrmals in Berührung. Beide hielten viel auf einan­ der, und standen gemeiniglich auf der Seite der Kreditoren, mußten

Libro quarto Per quante scomodità ci avesse causato l’acquartieramento dei francesi, ci eravamo ormai talmente abituati che ne sen­ timmo la mancanza, e a noi bambini la casa parve morta. Ma non eravamo comunque destinati a ricomporre del tutto l’unità familiare, i nuovi inquilini erano già in parola e dopo aver spazzato e ramazzato, fregato e lucidato, imbiancato e tinteggiato, la casa fu di nuovo quella di prima. Il direttore di cancelleria Moritz e la sua famiglia, amici molto stimati dei miei genitori, si trasferirono da noi138. Questi, non ori­ ginario di Francoforte, era un funzionario e giurista esperto e seguiva le cause di numerosi signori, conti e piccoli prin­ cipi. Non l’ho mai visto se non allegro e gioviale, indaffa­ rato tra i suoi atti. La moglie e i figli, tranquilli, silenzio­ si e cortesi, non contribuirono ad animare la casa, perché rimasero sulle loro; ma era tornato un silenzio, una pace che non godevamo da parecchio tempo. Avevo rioccupato la mia stanza in mansarda, dove qualche volta mi vedevo attorniato dai fantasmi dei dipinti, che cercavo di scacciare con il lavoro e lo studio. Il consigliere di legazione Moritz, fratello del direttore di cancelleria, cominciò a venire più spesso a casa nostra: era un uomo più di mondo rispetto al fratello, di aspetto imponente ma con modi placidi e tranquilli. Anche lui si oc­ cupava degli affari di persone altolocate, ed ebbe più volte a che fare con mio padre in occasione di fallimenti e commis­ sioni imperiali139. Si stimavano reciprocamente e in genere si schieravano entrambi dalla parte dei creditori, ma dovet­

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aber zu ihrem Verdruß gewöhnlich erfahren, daß die Mehrheit der bei solcher | Gelegenheit Abgeordneten für die Seite der Debitoren gewon­ nen zu werden pflegt. Der Legationsrat teilte seine Kenntnisse gern mit, war ein Freund der Mathematik, und weil diese in seinem gegen­ wärtigen Lebensgange gar nicht vorkam, so machte er sich ein Ver­ gnügen daraus, mir in diesen Kenntnissen weiter zu helfen. Dadurch ward ich in den Stand gesetzt, meine architektonischen Risse genauer als bisher auszuarbeiten, und den Unterricht eines Zeichenmeisters, der uns jetzt auch täglich eine Stunde beschäftigte, besser zu nutzen. Dieser gute alte Mann war freilich nur ein Halbkünstler. Wir muß­ ten Striche machen und sie zusammensetzen, woraus denn Augen und Nasen, Lippen und Ohren, ja zuletzt ganze Gesichter und Köpfe ent­ stehen sollten; allein es war dabei weder an natürliche noch künstliche Form gedacht. Wir wurden eine Zeitlang mit diesem Qui pro Quo der menschlichen Gestalt gequält, und man glaubte uns zuletzt sehr weit gebracht zu haben, als wir die sogenannten Affekten von Le Brün zur Nachzeichnung erhielten. Aber auch diese Zerrbilder förderten uns nicht. Nun schwankten wir zu den Landschaften, zum Baumschlag und zu allen den Dingen, die im gewöhnlichen Unterricht ohne Folge und ohne Methode geübt werden. Zuletzt fielen wir auf die genaue Nachah­ mung und auf die Sauberkeit der Striche, ohne uns weiter um den Wert des Originals oder dessen Geschmack zu bekümmern. In diesem Bestreben ging uns der Vater auf eine musterhafte Weise vor. Er hatte nie gezeichnet, wollte nun aber, da seine Kinder diese Kunst trieben, nicht zurückbleiben, sondern ihnen, selbst in seinem Alter, ein Beispiel geben, wie sie in ihrer Jugend verfahren sollten. Er kopierte also einige Köpfe des Piazzetta, nach dessen bekannten Blättern in klein Oktav, mit englischem Bleistift auf das feinste hollän­ dische Papier. Er beobachtete dabei nicht allein die größte Reinlichkeit im Umriß, sondern ahmte auch die Schraffierung des Kupferstichs aufs genauste nach, mit einer leichten Hand, nur allzu leise, da er denn, weil er die Härte | vermeiden wollte, keine Haltung in seine Blätter brachte.

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tero constatare con fastidio che spesso la maggior parte dei funzionari preposti | a quelle cause propendeva invece per i debitori. Il consigliere di legazione insegnava volentieri quello che sapeva, gli piaceva la matematica, e dato che non la utilizzava per niente nel suo attuale lavoro, si divertiva aiutandomi in questa materia. Così fui in grado di elaborare i miei schizzi architettonici con maggior precisione che in passato e di trarre maggior profitto dalla lezione del mae­ stro di disegno che adesso veniva un’ora al giorno140. Il brav’uomo era un artista solo a mezzo. Dovevamo tracciare delle linee e poi unirle, e da quelle avremmo do­ vuto ricavare nasi e occhi, labbra e orecchie, infine volti e teste completi; ma non si curava però né della naturalezza, né dell’arte. Fummo tormentati a lungo da questo surrogato della figura umana, e quando ci diede da imitare le cosiddet­ te Passioni di Lebrun si convinse che avevamo fatto gran­ di progressi141. Ma nemmeno quelle caricature ci aiutarono più di tanto. Senza logica e senza metodo passammo poi ai paesaggi, agli alberi e a tutto ciò che si insegna di solito, per arrivare infine all’imitazione vera e propria e alla pulizia del tratto, senza però preoccuparci del valore dell’originale né del suo stile. In quei tentativi il papà ci precedette in modo esempla­ re. Non aveva mai disegnato, ma ora che i suoi figli impa­ ravano quell’arte non voleva essere da meno: nonostante la sua età voleva anzi dare ai giovani un esempio di come avrebbero dovuto procedere. Copiò dunque alcune teste del Piazzetta142 dalle sue famose tavole in ottavo piccolo, con lapis inglese su finissima carta olandese. Fece attenzione non solo alla nitidezza dei contorni, ma imitò con grande precisione persino i tratteggi dell’incisione su rame con mano leggera – fin troppo leggera, ragion per cui, per evita­ re | di marcare troppo il tratto, i disegni risultavano privi di

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Doch waren sie durchaus zart und gleichförmig. Sein anhaltender un­ ermüdlicher Fleiß ging so weit, daß er die ganze ansehnliche Samm­ lung nach allen ihren Nummern durchzeichnete, indessen wir Kinder von einem Kopf zum andern sprangen, und uns nur die auswählten, die uns gefielen. Um diese Zeit ward auch der schon längst in Beratung gezogne Vorsatz, uns in der Musik unterrichten zu lassen, ausgeführt; und zwar verdient der letzte Anstoß dazu wohl einige Erwähnung. Daß wir das Klavier lernen sollten, war ausgemacht; allein über die Wahl des Meis­ ters war man immer streitig gewesen. Endlich komme ich einmal zu­ fälligerweise in das Zimmer eines meiner Gesellen, der eben Klavier­ stunde nimmt, und finde den Lehrer als einen ganz allerliebsten Mann. Für jeden Finger der rechten und linken Hand hat er einen Spitznamen, womit er ihn aufs lustigste bezeichnet, wenn er gebraucht werden soll. Die schwarzen und weißen Tasten werden gleichfalls bildlich benannt, ja die Töne selbst erscheinen unter figürlichen Namen. Eine solche bunte Gesellschaft arbeitet nun ganz vergnüglich durch einander. Ap­ plikatur und Takt scheinen ganz leicht und anschaulich zu werden, und indem der Schüler zu dem besten Humor aufgeregt wird, geht auch alles zum schönsten von Statten. Kaum war ich nach Hause gekommen, als ich den Eltern anlag, nunmehr Ernst zu machen und uns diesen unvergleichlichen Mann zum Klaviermeister zu geben. Man nahm noch einigen Anstand, man erkundigte sich; man hörte zwar nichts Übles von dem Lehrer, aber auch nichts sonderlich Gutes. Ich hatte indessen meiner Schwester alle die lustigen Benennungen erzählt, wir konnten den Unterricht kaum erwarten, und setzten es durch, daß der Mann angenommen wurde. Das Notenlesen ging zuerst an, und als dabei kein Spaß vorkom­ men wollte, trösteten wir uns mit der Hoffnung, daß wenn es erst ans Klavier gehen würde, wenn es an die  | Finger käme, das scherzhaf­ te Wesen seinen Anfang nehmen würde. Allein weder Tastatur noch Fingersetzung schien zu einigem Gleichnis Gelegenheit zu geben. So

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carattere. Erano però molto delicati e ben proporzionati. Il suo zelo instancabile e perseverante lo portò a copiare in se­ quenza tutta la considerevole raccolta, mentre noi bambini saltavamo da una testa all’altra scegliendo solo quelle che ci piacevano. In quel periodo si concretizzò anche l’intenzione, da tempo discussa, di farci prendere lezione di musica, e me­ rita ricordare cosa fornì lo spunto decisivo. Era assodato che dovevamo suonare il pianoforte, ma non si era mai tro­ vato un accordo sulla scelta dell’insegnante. Una volta per caso capitai a casa di uno dei miei amici proprio durante la lezione di pianoforte, e trovai l’insegnante molto simpati­ co. Dava un soprannome a tutte le dita della destra e della sinistra, ed era buffissimo quando indicava quale dito biso­ gnava usare. Anche i tasti bianchi e neri avevano dei nomi­ gnoli, persino gli accordi avevano nomi figurati. Una com­ pagnia così variopinta collabora con grande divertimento. Diteggiatura e tempo sembravano facilissimi e immediati da imparare, e poiché l’allievo si divertiva, anche la lezione procedeva spedita. Non feci in tempo a tornare a casa che subito chiesi ai miei genitori di decidersi e di prenderci quell’insegnante impareggiabile143. Presero tempo, si informarono, le notizie che raccolsero su di lui non erano negative, ma nemme­ no particolarmente positive. Frattanto avevo raccontato a mia sorella tutti quei buffi soprannomi e attendevamo con impazienza le lezioni, finché non riuscimmo a imporci e il maestro fu assoldato. Cominciammo imparando a leggere le note, ma non c’e­ ra nulla di divertente; ci consolavamo allora con la speranza che, una volta arrivati al piano, quando sarebbe toccato | alle dita, sarebbe iniziato il divertimento. Ma né la tastiera, né la diteggiatura sembravano dare spunto per qualche nomignolo.

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trocken wie die Noten, mit ihren Strichen auf und zwischen den fünf Linien, blieben auch die schwarzen und weißen Claves, und weder von einem Däumerling noch Deuterling noch Goldfinger war mehr eine Sylbe zu hören; und das Gesicht verzog der Mann so wenig beim trock­ nen Unterricht, als er es vorher beim trocknen Spaß verzogen hatte. Meine Schwester machte mir die bittersten Vorwürfe, daß ich sie ge­ täuscht habe, und glaubte wirklich, es sei nur Erfindung von mir gewe­ sen. Ich war aber selbst betäubt und lernte wenig, ob der Mann gleich ordentlich genug zu Werke ging: denn ich wartete immer noch, die frühern Späße sollten zum Vorschein kommen, und vertröstete meine Schwester von einem Tage zum andern. Aber sie blieben aus, und ich hätte mir dieses Rätsel niemals erklären können, wenn es mir nicht gleichfalls ein Zufall aufgelöst hätte. Einer meiner Gespielen trat herein, mitten in der Stunde, und auf einmal eröffneten sich die sämtlichen Röhren des humoristischen Springbrunnens; die Däumerlinge, und Deuterlinge, die Krabler und Zabler, wie er die Finger zu bezeichnen pflegte, die Fakchen und Gak­ chen, wie er z. B. die Noten f und g, die Fiekchen und Giekchen, wie er fis und gis benannte, waren auf einmal wieder vorhanden und machten die wundersamsten Männerchen. Mein junger Freund kam nicht aus dem Lachen, und freute sich, daß man auf eine so lustige Weise so viel lernen könne. Er schwur, daß er seinen Eltern keine Ruhe lassen wür­ de, bis sie ihm einen solchen vortrefflichen Mann zum Lehrer gegeben. Und so war mir, nach den Grundsätzen einer neuern Erziehungsleh­ re, der Weg zu zwei Künsten früh genug eröffnet, bloß auf gut Glück, ohne Überzeugung, daß ein angebornes Talent mich darin weiter för­ dern könne. Zeichnen müsse Jedermann lernen, behauptete mein Vater, und verehrte deshalb besonders Kaiser Maximilian, welcher | dieses ausdrücklich solle befohlen haben. Auch hielt er mich ernstlicher dazu an, als zur Musik, welche er dagegen meiner Schwester vorzüglich empfahl, ja dieselbe außer ihren Lehrstunden eine ziemliche Zeit des Tages am Klaviere festhielt.

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Anche i tasti bianchi e neri rimasero aridi come le note, con i loro tratti su e tra i cinque righi, e non sentii mai più nomina­ re pollicino, indicino, ditolino, mentre il maestro proseguiva impassibile con quella didattica tanto arida, come impassibi­ le era rimasto durante quegli sterili scherzi. Mia sorella se la prese con me perché l’avevo ingannata e si convinse che mi fossi inventato tutto. Io stesso non sapevo cosa pensare e im­ paravo poco, nonostante il maestro procedesse con un buon metodo, perché aspettavo sempre che arrivassero finalmente quei giochi e cercavo di consolare mia sorella giorno dopo giorno. Ma non arrivavano mai, e non sarei mai riuscito a spiegarmi quel mistero, se non ci avesse pensato il caso. Uno dei miei compagni venne un giorno durante la le­ zione, ed ecco che di colpo si riattivò il flusso del buonu­ more, comparvero di nuovo pollicino e indicino, grattino e scalcino – così chiamava le dita –, mentre fattolino e sol­ polino erano ad esempio le note Fa e Sol, fattolone e solpo­ lone il Fa diesis e il Sol diesis, come tanti curiosi nanetti. Il mio amico non la finiva più di ridere ed era felice che si potessero imparare così tante cose in modo così divertente. Giurò che non avrebbe dato pace ai suoi genitori finché non avessero assunto anche loro quell’ottimo insegnante. E così, in base ai principi più moderni della pedagogia, mi avviai abbastanza presto verso quelle due forme di arte – ma così come veniva, senza la convinzione di avere una qualche dote naturale che mi potesse aiutare nel percorso. Tutti dovevano imparare a disegnare, diceva mio padre, e perciò venerava particolarmente l’imperatore Massimiliano che | lo aveva espressamente raccomandato. Mi incitava a impegnarmi nel disegno più seriamente che nella musica, che invece riteneva importante per mia sorella, costringen­ dola al pianoforte buona parte della giornata, anche al di fuori delle lezioni.

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Je mehr ich aber auf diese Weise zu treiben veranlaßt wurde, desto mehr wollte ich treiben, und selbst die Freistunden wurden zu allerlei wunderlichen Beschäftigungen verwendet. Schon seit meinen frühsten Zeiten fühlte ich einen Untersuchungstrieb gegen natürliche Dinge. Man legt es manchmal als eine Anlage zur Grausamkeit aus, daß Kin­ der solche Gegenstände, mit denen sie eine Zeit lang gespielt, die sie bald so, bald so gehandhabt, endlich zerstücken, zerreißen und zerfet­ zen. Doch pflegt sich auch die Neugierde, das Verlangen, zu erfahren wie solche Dinge zusammenhängen, wie sie inwendig aussehen, auf diese Weise an den Tag zu legen. Ich erinnere mich, daß ich als Kind Blumen zerpflückt, um zu sehen, wie die Blätter in den Kelch, oder auch Vögel berupft, um zu beobachten, wie die Federn in die Flügel eingefügt waren. Ist doch Kindern dieses nicht zu verdenken, da ja selbst Naturforscher öfter durch Trennen und Sondern als durch Ver­ einigen und Verknüpfen, mehr durch Töten als durch Beleben, sich zu unterrichten glauben. Ein bewaffneter Magnetstein, sehr zierlich in Scharlachtuch einge­ näht, mußte auch eines Tages die Wirkung einer solchen Forschungs­ lust erfahren. Denn diese geheime Anziehungskraft, die er nicht allein gegen das ihm angepaßte Eisenstäbchen ausübte, sondern die noch überdies von der Art war, daß sie sich verstärken und täglich ein größ­ res Gewicht tragen konnte, diese geheimnisvolle Tugend hatte mich dergestalt zur Bewunderung hingerissen, daß ich mir lange Zeit bloß im Anstaunen ihrer Wirkung gefiel. Zuletzt aber glaubte ich doch ei­ nige nähere Aufschlüsse zu erlangen, wenn ich die äußere Hülle weg­ trennte. Dies geschah, ohne daß ich dadurch klüger geworden wäre: denn die nackte Armatur belehrte mich nicht weiter. Auch diese | nahm ich herab und behielt nun den bloßen Stein in Händen, mit dem ich durch Feilspäne und Nähnadeln mancherlei Versuche zu machen nicht ermüdete, aus denen jedoch mein jugendlicher Geist, außer einer man­ nigfaltigen Erfahrung, keinen weitern Vorteil zog. Ich wußte die ganze Vorrichtung nicht wieder zusammenzubringen, die Teile zerstreuten sich, und ich verlor das eminente Phänomen zugleich mit dem Apparat.

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Quanti più stimoli ricevevo, tante più cose volevo fare e dedicavo le ore libere ai più curiosi passatempi. Fin da piccolissimo sentivo un forte impulso a indagare i fenomeni naturali. Qualche volta lo si considera un sintomo di crudel­ tà quando i bambini, dopo aver giocato per qualche tempo con alcuni oggetti e averli maneggiati in vario modo, alla fine li fanno a pezzi, li smontano e squartano. Ma questo è anche uno dei modi in cui si manifesta la curiosità, il desi­ derio di vedere come sono tenuti insieme, come sono al loro interno. Ricordo che da piccolo strappavo i petali dei fiori per vedere come erano fissati al calice, e strappavo le penne agli uccellini per vedere come erano attaccate alle ali. Non bisogna rimproverare i bambini per questo: anche gli scien­ ziati sono convinti che si possa imparare di più sezionando e separando, piuttosto che unendo e collegando, uccidendo piuttosto che dando vita. Un magnete incastonato e rivestito di un raffinato pan­ no scarlatto dovette un giorno fare le spese di questo mio amore per la ricerca. Quella misteriosa forza di attrazione si manifestava non soltanto sull’asticella di ferro, ma aveva la capacità di accrescersi ogni giorno di più attraendo pesi sempre maggiori; quella segreta virtù mi aveva così riem­ pito di ammirazione che passavo ore e ore osservandone stupito gli effetti. A un certo punto pensai però che avrei ot­ tenuto qualche informazione in più se avessi tolto l’involu­ cro esterno. Lo feci, ma senza risultato, perché anche dalla montatura non capii molto di più. Tolsi quindi | anche quel­ la e mi ritrovai in mano la nuda pietra, con la quale non mi stancavo di fare esperimenti con limatura di ferro e aghi per cucire, ma la mia giovane mente non ne trasse alcun profit­ to, feci solo diverse esperienze. Non riuscii più a rimettere insieme il tutto, i vari pezzi si dispersero e lo straordinario fenomeno andò perduto insieme alle sue parti144.

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Nicht glücklicher ging es mir mit der Zusammensetzung einer Elektrisiermaschine. Ein Hausfreund, dessen Jugend in die Zeit gefal­ len war, in welcher die Elektrizität alle Geister beschäftigte, erzähl­ te uns öfter, wie er als Knabe eine solche Maschine zu besitzen ge­ wünscht, wie er sich die Hauptbedingungen abgesehen, und mit Hülfe eines alten Spinnrades und einiger Arzneigläser ziemliche Wirkungen hervorgebracht. Da er dieses gern und oft wiederholte, und uns dabei von der Elektrizität überhaupt unterrichtete; so fanden wir Kinder die Sache sehr plausibel, und quälten uns mit einem alten Spinnrade und einigen Arzneigläsern lange Zeit herum, ohne auch nur die mindes­ te Wirkung hervorbringen zu können. Wir hielten demungeachtet am Glauben fest, und waren sehr vergnügt, als zur Meßzeit, unter andern Raritäten, Zauber- und Taschenspielerkünsten, auch eine Elektrisier­ maschine ihre Kunststücke machte, welche so wie die magnetischen, für jene Zeit schon sehr vervielfältigt waren. Das Mißtrauen gegen den öffentlichen Unterricht vermehrte sich von Tage zu Tage. Man sah sich nach Hauslehrern um, und weil ein­ zelne Familien den Aufwand nicht bestreiten konnten, so traten meh­ rere zusammen, um eine solche Absicht zu erreichen. Allein die Kin­ der vertrugen sich selten; der junge Mann hatte nicht Autorität genug, und nach oft wiederholtem Verdruß, gab es nur gehässige Trennungen. Kein Wunder daher, daß man auf andere Anstalten dachte, welche so­ wohl beständiger als vorteilhafter sein sollten. Auf den Gedanken, Pensionen zu errichten, war man | durch die Notwendigkeit gekommen, welche Jedermann empfand, daß die fran­ zösische Sprache lebendig gelehrt und überliefert werden müsse. Mein Vater hatte einen jungen Menschen erzogen, der bei ihm Bedienter, Kammerdiener, Sekretär, genug nach und nach alles in allem gewe­ sen war. Dieser, Namens Pfeil, sprach gut französisch und verstand es gründlich. Nachdem er sich verheiratet hatte, und seine Gönner für ihn auf einen Zustand denken mußten; so fielen sie auf den Gedanken, ihn eine Pension errichten zu lassen, die sich nach und nach zu einer

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Non andò meglio con la costruzione di una macchina elettrica145. Un amico di famiglia, che da giovane aveva vis­ suto il periodo in cui tutti si interessavano all’elettricità, ci raccontava spesso come da ragazzo avesse tanto desidera­ to possedere una macchina simile; allora si era informato sulle sue componenti principali e aveva ottenuto dei buoni risultati con l’aiuto di un vecchio arcolaio e alcune provette. Poiché ce lo ripeteva spesso e volentieri, fornendoci intanto anche delle nozioni sull’elettricità, a noi bambini sembrò plausibile e diventammo matti a lungo con un vecchio ar­ colaio e delle provette, ma senza sortire il benché minimo effetto. Ciononostante continuammo a crederci e fummo molto contenti quando, durante la fiera, tra le varie rarità e i trucchi di maghi e prestigiatori vedemmo anche una mac­ china elettrica dare prova delle sue arti che a quell’epoca erano già molto diversificate, come quelle del magnetismo. La sfiducia nei confronti della scuola pubblica aumenta­ va di giorno in giorno. Si cercavano precettori, e dato che una sola famiglia non poteva sostenerne il costo, spesso più famiglie si univano per questo scopo. Peccato che i bambini di rado andavano d’accordo, i giovani maestri non avevano abbastanza autorità e dopo ripetuti rimproveri se ne anda­ vano con rancore. Non c’è da stupirsi, quindi, che si cercas­ sero soluzioni diverse, più durature e convenienti. Vista la necessità, condivisa da tutti, | che la lingua fran­ cese dovesse essere insegnata e appresa dal vivo, si pensò di fondare dei convitti. Mio padre aveva istruito un giovanotto che gli faceva di servitore, cameriere, segretario, insomma, tutto quello che man mano c’era bisogno. Pfeil, questo era il suo nome146, parlava bene il francese e lo capiva ancora me­ glio. Quando si sposò, i suoi protettori ritennero opportuno trovargli una sistemazione, e pensarono di fargli aprire un convitto che man mano si ampliò fino a diventare un pic­

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kleinen Schulanstalt erweiterte, in der man alles Notwendige, ja zu­ letzt sogar Lateinisch und Griechisch lehrte. Die weitverbreiteten Kon­ nexionen von Frankfurt gaben Gelegenheit, daß junge Franzosen und Engländer, um Deutsch zu lernen und sonst sich auszubilden, dieser Anstalt anvertraut wurden. Pfeil, der ein Mann in seinen besten Jahren, von der wundersamsten Energie und Tätigkeit war, stand dem Ganzen sehr lobenswürdig vor, und weil er nie genug beschäftigt sein konnte; so warf er sich bei Gelegenheit, da er seinen Schülern Musikmeister halten mußte, selbst in die Musik, und betrieb das Klavierspielen mit solchem Eifer, daß er, der niemals vorher eine Taste angerührt hatte, sehr bald recht fertig und brav spielte. Er schien die Maxime meines Vaters angenommen zu haben, daß junge Leute nichts mehr aufmun­ tern und anregen könne, als wenn man selbst schon in gewissen Jahren sich wieder zum Schüler erklärte, und in einem Alter worin man sehr schwer neue Fertigkeiten erlangt, dennoch durch Eifer und Anhaltsam­ keit, jüngern, von der Natur mehr begünstigten den Rang abzulaufen suche. Durch diese Neigung zum Klavierspielen ward Pfeil auf die Ins­ trumente selbst geführt, und indem er sich die besten zu verschaffen hoffte, kam er in Verhältnisse mit Friderici in Gera, dessen Instrumen­ te weit und breit berühmt waren. Er nahm eine Anzahl davon in Kom­ mission, und hatte nun die Freude, nicht nur etwa einen Flügel, sondern mehrere in seiner Wohnung aufgestellt zu sehen, sich darauf zu üben und hören zu lassen. | Auch in unser Haus brachte die Lebendigkeit dieses Mannes einen größern Musikbetrieb. Mein Vater blieb mit ihm, bis auf die strittigen Punkte, in einem dauernden guten Verhältnisse. Auch für uns ward ein großer Friedericischer Flügel angeschafft, den ich, bei meinem Klavier verweilend, wenig berührte, der aber meiner Schwester zu desto grö­ ßerer Qual gedieh, weil sie, um das neue Instrument gehörig zu ehren, täglich noch einige Zeit mehr auf ihre Übungen zu wenden hatte; wo­ bei mein Vater als Aufseher, Pfeil aber als Musterbild und antreibender Hausfreund, abwechselnd zur Seite standen.

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colo istituto in cui si insegnava tutto il necessario, alla fine persino greco e latino. Grazie alle estese relazioni di Fran­ coforte, giovani inglesi e francesi che volevano studiare e imparare il tedesco venivano mandati in quell’istituto; Pfeil, nel fiore dell’età, pieno di incredibile energia e operosità, dirigeva il tutto in modo encomiabile, e poiché era sempre in cerca di qualcosa da fare, colse l’occasione per buttarsi a capofitto nella musica. Dovendo procurare dei maestri di musica per i suoi allievi, si mise a studiare pianoforte con tanto zelo che, lui che prima non aveva mai nemmeno sfio­ rato un tasto, seppe ben presto suonare in modo apprezza­ bile e disinvolto. Sembrava aver fatto propria la massima di mio padre, che niente può stimolare e incoraggiare i giova­ ni come una persona di una certa età che torna di nuovo a scuola e, nonostante l’età non più propizia all’acquisizione di nuove abilità, cerca con l’impegno e la perseveranza di superare i giovani, di per sé favoriti dalla natura. Seguendo la sua passione per il pianoforte Pfeil si acco­ stò allo strumento stesso e, volendo procurarsi i migliori, prese contatto con Friederici a Gera, i cui strumenti erano famosi dovunque. Ne prese alcuni in commissione ed ebbe il piacere di aver in casa sua non uno, ma diversi pianoforti a coda per esercitarsi ed esibirsi. | La sua vivacità diede un forte impulso alla musica anche in casa nostra. Mio padre rimase sempre in buoni rapporti con lui, nonostante qualche discussione. Procurò anche per noi un Friederici a coda che io, affezionato al vecchio pia­ no, non toccai quasi ma che divenne invece un tormento per mia sorella la quale, per rendere degno omaggio al nuovo strumento, doveva trascorrere ancora più tempo esercitan­ dosi, mentre accanto a lei stavano a turno mio padre per sorvegliarla e Pfeil, maestro e amico di famiglia, per inco­ raggiarla.

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Eine besondere Liebhaberei meines Vaters machte uns Kindern viel Unbequemlichkeit. Es war nämlich die Seidenzucht, von deren Vor­ teil, wenn sie allgemeiner verbreitet würde, er einen großen Begriff hatte. Einige Bekanntschaften in Hanau, wo man die Zucht der Wür­ mer sehr sorgfältig betrieb, gaben ihm die nächste Veranlassung. Von dorther wurden ihm zu rechter Zeit die Eier gesendet; und sobald die Maulbeerbäume genugsames Laub zeigten, ließ man sie ausschlüpfen, und wartete der kaum sichtbaren Geschöpfe mit großer Sorgfalt. In einem Mansardzimmer waren Tische und Gestelle mit Brettern auf­ geschlagen, um ihnen mehr Raum und Unterhalt zu bereiten: denn sie wuchsen schnell, und waren nach der letzten Häutung so heißhungrig, daß man kaum Blätter genug herbeischaffen konnte, sie zu nähren; ja sie mußten Tag und Nacht gefüttert werden, weil eben alles darauf an­ kommt, daß sie der Nahrung ja nicht zu einer Zeit ermangeln, wo die große und wundersame Veränderung in ihnen vorgehen soll. War die Witterung günstig, so konnte man freilich dieses Geschäft als eine lus­ tige Unterhaltung ansehen; trat aber Kälte ein, daß die Maulbeerbäume litten, so machte es große Not. Noch unangenehmer aber war es, wenn in der letzten Epoche Regen einfiel: denn diese Geschöpfe können die Feuchtigkeit gar nicht vertragen; und so mußten die benetzten Blätter sorgfältig abgewischt und getrocknet werden, welches denn doch nicht immer so genau geschehen | konnte, und aus dieser oder vielleicht auch einer andern Ursache kamen mancherlei Krankheiten unter die Herde, wodurch die armen Kreaturen zu Tausenden hingerafft wurden. Die daraus entstehende Fäulnis erregte einen wirklich pestartigen Geruch, und da man die Toten und Kranken wegschaffen und von den gesun­ den absondern mußte, um nur einige zu retten; so war es in der Tat ein äußerst beschwerliches und widerliches Geschäft, das uns Kindern manche böse Stunde verursachte. Nachdem wir nun eines Jahrs die schönsten Frühlings- und Som­ merwochen mit Wartung der Seidenwürmer hingebracht, mußten wir dem Vater in einem andern Geschäft beistehen, das, obgleich einfa­ cher, uns dennoch nicht weniger beschwerlich ward. Die römischen

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Una delle passioni di mio padre che causava particolari fastidi a noi ragazzi era l’allevamento di bachi da seta, di cui aveva un’alta opinione; riteneva che, se fosse stato diffuso su larga scala, se ne sarebbero ricavati notevoli profitti. Dei conoscenti di Hanau, dove l’allevamento dei bachi veniva praticato estesamente, gli diedero l’idea. Da lì gli spedirono le uova al momento opportuno, e non appena i gelsi ebbero foglie a sufficienza, furono fatte schiudere e si accudirono poi quelle creature appena visibili con grande cura. In una stanza in mansarda si predisposero tavoli e assi di legno su cavalletti per dar loro maggior spazio e nutrimento: cresce­ vano infatti molto in fretta e dopo l’ultima muta erano così voraci che le foglie non bastavano mai per sfamarle; anzi, dovevano venire nutrite notte e giorno perché dipende tutto dal fatto che non manchi mai loro il cibo, soprattutto quan­ do sta per accadere il grande e meraviglioso mutamento. Col bel tempo quella poteva anche essere un’attività diver­ tente, ma se faceva freddo e i gelsi soffrivano, diventava un problema. Ancora peggio era quando iniziava a piovere nell’ultima fase, perché quelle creature non possono sop­ portare l’umidità, e le foglie bagnate dovevano essere tam­ ponate e asciugate con cura, cosa che non sempre veniva fatta a | dovere e di conseguenza, per questo o per un altro motivo, nell’allevamento insorgevano malattie e le infelici creature morivano a migliaia. La conseguente putrefazione produceva un tanfo veramente pestilenziale, ma bisognava separare i morti e gli ammalati dai vivi per salvarne almeno alcuni – un lavoro davvero faticoso e nauseante che ci pro­ curò ore veramente sgradevoli147. Un anno, dopo aver trascorso le settimane più belle della primavera e dell’estate curando i bachi da seta, dovemmo aiutare il papà in un altro compito che, seppure più sempli­ ce, fu per noi altrettanto gravoso. Le vedute di Roma che

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Prospekte nämlich, welche in dem alten Hause, in schwarze Stäbe oben und unten eingefaßt, an den Wänden mehrere Jahre gehangen hatten, waren durch Licht, Staub und Rauch sehr vergilbt, und durch die Fliegen nicht wenig unscheinbar geworden. War nun eine solche Unreinlichkeit in dem neuen Hause nicht zulässig, so hatten diese Bil­ der für meinen Vater auch durch seine längere Entferntheit von den vorgestellten Gegenden an Wert gewonnen. Denn im Anfange dienen uns dergleichen Abbildungen die erst kurz vorher empfangenen Ein­ drücke aufzufrischen und zu beleben. Sie scheinen uns gering gegen diese und meistens nur ein trauriges Surrogat. Verlischt hingegen das Andenken der Urgestalten immer mehr und mehr, so treten die Nach­ bildungen unvermerkt an ihre Stelle, sie werden uns so teuer als es jene waren, und was wir Anfangs mißgeachtet, erwirbt sich nunmehr unsre Schätzung und Neigung. So geht es mit allen Abbildungen, besonders auch mit Porträten. Nicht leicht ist Jemand mit dem Konterfei eines Gegenwärtigen zufrieden, und wie erwünscht ist uns jeder Schattenriß eines Abwesenden oder gar Abgeschiedenen. Genug, in diesem Gefühl seiner bisherigen Verschwendung wollte mein Vater jene Kupferstiche so viel wie | möglich wieder hergestellt wissen. Daß dieses durch Bleichen möglich sei, war bekannt; und diese bei großen Blättern immer bedenkliche Operation wurde unter ziem­ lich ungünstigen Lokalumständen vorgenommen. Denn die großen Bretter, worauf die angerauchten Kupfer befeuchtet und der Sonne ausgestellt wurden, standen vor Mansardfenstern in den Dachrinnen an das Dach gelehnt, und waren daher manchen Unfällen ausgesetzt. Dabei war die Hauptsache, daß das Papier niemals austrocknen durfte, sondern immer feucht gehalten werden mußte. Diese Obliegenheit hat­ te ich und meine Schwester, wobei uns denn wegen der Langenweile und Ungeduld, wegen der Aufmerksamkeit die uns keine Zerstreuung zuließ, ein sonst so sehr erwünschter Müßiggang zur höchsten Qual ge­ reichte. Die Sache ward gleichwohl durchgesetzt, und der Buchbinder,

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erano rimaste appese nella casa vecchia per anni, incorni­ ciate sopra e sotto con delle bacchette nere, erano molto ingiallite per la luce, la polvere e il fumo, e rese opache dalle mosche. Nella casa nuova una tale sporcizia era inam­ missibile, e per di più quei disegni avevano acquistato sem­ pre più valore per mio padre, man mano che aumentava la distanza temporale dai luoghi rappresentati. Se all’inizio quei disegni servono a rinfrescare e ravvivare le impres­ sioni appena ricevute e ci sembrano inadeguati e di solito miseri surrogati rispetto a quelle, man mano che sparisce la memoria delle figure originarie i disegni le si sostituiscono in modo impercettibile e ci diventano cari come la memoria stessa; così, ciò che all’inizio avevamo disprezzato si gua­ dagna sempre più il nostro rispetto e affetto. Capita così con tutte le immagini, soprattutto con i ritratti. È difficile rite­ nersi soddisfatti del ritratto di una persona vivente, mentre invece amiamo anche solo il profilo di una persona lontana o defunta. Fatto sta che mio padre, sentendo di averle trascurate fino ad allora, volle rimetterle in sesto | per quanto possibi­ le. Era risaputo che si potevano sbiancare, e quell’operazio­ ne sempre piuttosto rischiosa per fogli di quella dimensione fu intrapresa in condizioni ambientali piuttosto disagevoli. Infatti le grandi assi sulle quali vennero inumidite ed espo­ ste al sole le incisioni affumicate erano appoggiate alla grondaia e al tetto davanti alle finestre della mansarda, e quindi esposte a parecchi incidenti. La cosa più importan­ te era che la carta non doveva mai asciugarsi ma rimanere sempre umida, un compito che spettava a me e a mia sorel­ la; ma sia per la noia e l’impazienza, sia perché bisognava stare attenti senza distrarsi nemmeno un attimo, quell’ozio altrimenti tanto ambito divenne un tormento. In ogni caso l’operazione fu portata a termine, e il rilegatore che poi fis­

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der jedes Blatt auf starkes Papier aufzog, tat sein bestes, die hier und da durch unsre Fahrlässigkeit zerrissenen Ränder auszugleichen und herzustellen. Die sämtlichen Blätter wurden in einen Band zusammen­ gefaßt und waren für diesmal gerettet. Damit es uns Kindern aber ja nicht an dem Allerlei des Lebens und Lernens fehlen möchte, so mußte sich gerade um diese Zeit ein eng­ lischer Sprachmeister melden, welcher sich anheischig machte, inner­ halb vier Wochen, einen Jeden der nicht ganz roh in Sprachen sei, die englische zu lehren und ihn so weit zu bringen, daß er sich mit einigem Fleiß weiter helfen könne. Er nahm ein mäßiges Honorar; die Anzahl der Schüler in einer Stunde war ihm gleichgültig. Mein Vater entschloß sich auf der Stelle den Versuch zu machen, und nahm mit mir und meiner Schwester bei dem expediten Meister Lektion. Die Stunden wurden treulich gehalten, am Repetieren fehlte es auch nicht; man ließ die vier Wochen über eher einige andere Übungen liegen; der Lehrer schied von uns und wir von ihm mit Zufriedenheit. Da er sich länger in der Stadt aufhielt und viele Kunden fand, so kam er von Zeit zu Zeit nachzusehen und nachzuhelfen, dankbar, daß wir unter die ersten ge­ hörten, welche | Zutrauen zu ihm gehabt, und stolz, uns den übrigen als Muster anführen zu können. In Gefolg von diesem hegte mein Vater eine neue Sorgfalt, daß auch das Englische hübsch in der Reihe der übrigen Sprachbeschäftigungen bliebe. Nun bekenne ich, daß es mir immer lästiger wurde, bald aus die­ ser bald aus jener Grammatik oder Beispielsammlung, bald aus diesem oder jenem Autor den Anlaß zu meinen Arbeiten zu nehmen, und so meinen Anteil an den Gegenständen zugleich mit den Stunden zu ver­ zetteln. Ich kam daher auf den Gedanken alles mit einmal abzutun, und erfand einen Roman von sechs bis sieben Geschwistern, die von einan­ der entfernt und in der Welt zerstreut sich wechselseitig Nachricht von ihren Zuständen und Empfindungen mitteilen. Der älteste Bruder gibt in gutem Deutsch Bericht von allerlei Gegenständen und Ereignissen seiner Reise. Die Schwester, in einem frauenzimmerlichen Styl, mit lauter Punkten und in kurzen Sätzen, ungefähr wie nachher Siegwart

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sò ogni disegno su un cartoncino fece del suo meglio per rifilare e risistemare i bordi sgualciti a causa della nostra negligenza. Tutti i fogli furono poi rilegati in un volume e per quella volta furono salvi. Per non far mancare nulla a noi ragazzi della varietà tipi­ ca della vita e della scuola, in quel periodo comparve anche un maestro di inglese che si vantava di saper insegnare l’in­ glese in quattro settimane a chi non fosse proprio digiuno delle lingue; poi sarebbe stato in grado, con un minimo di buona volontà, di proseguire da solo. Chiedeva un compen­ so onesto, a prescindere dal numero di allievi presenti. Mio padre decise immediatamente di provare e prese lezione insieme a me e a mia sorella da quell’efficiente insegnan­ te148. Le ore vennero svolte regolarmente, non mancarono gli esercizi e in quelle quattro settimane si misero da parte altre materie; alla fine ci salutammo con reciproca soddi­ sfazione. Avendo trovato molti clienti si trattenne a lungo in città, per cui ogni tanto passava a controllare e ad aiutare, grato che fossimo stati tra i primi ad | avere fiducia in lui e orgoglioso di poterci additare come esempio. In seguito mio padre fece bene attenzione a che l’inglese rimanesse inserito nell’elenco delle nostre materie lingui­ stiche. Devo però ammettere che con il tempo trovavo sem­ pre più faticoso fare i compiti basandomi ora su una gram­ matica o su un’antologia, ora su un’altra, ora su un autore, ora su un altro, e frammentare il mio interesse per i vari argomenti in base all’orario. Mi venne così in mente di sbri­ gare tutto in una volta e mi inventai un romanzo in cui sei o sette fratelli, lontani l’uno dall’altro e dispersi in varie par­ ti del mondo, si informano a vicenda delle loro condizioni e sentimenti. Il fratello maggiore riferisce in buon tedesco tutti gli avvenimenti e i dettagli del suo viaggio; la sorella in uno stile da signorina tutto punti esclamativi e frasi bre­

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geschrieben wurde, erwidert bald ihm, bald den andern Geschwistern, was sie teils von häuslichen Verhältnissen, teils von Herzensangele­ genheiten zu erzählen hat. Ein Bruder studiert Theologie und schreibt ein sehr förmliches Latein, dem er manchmal ein griechisches Post­ skript hinzufügt. Einem folgenden in Hamburg als Handlungsdiener angestellt, ward natürlich die englische Korrespondenz zu Teil, so wie einem jüngern der sich in Marseille aufhielt, die französische. Zum Ita­ liänischen fand sich ein Musikus auf seinem ersten Ausflug in die Welt, und der jüngste, eine Art von naseweisem Nestquackelchen, hatte, da ihm die übrigen Sprachen abgeschnitten waren, sich aufs Judendeutsch gelegt, und brachte durch seine schrecklichen Chiffern die übrigen in Verzweiflung, und die Eltern über den guten Einfall zum Lachen. Für diese wunderliche Form suchte ich mir einigen Gehalt, indem ich die Geographie der Gegenden, wo meine Geschöpfe sich aufhiel­ ten, studierte, und zu jenen trockenen Lokalitäten allerlei Menschlich­ keiten hinzu erfand, die | mit dem Charakter der Personen und ihrer Beschäftigung einige Verwandtschaft hatten. Auf diese Weise wurden meine Exerzitienbücher viel voluminöser; der Vater war zufriedener, und ich ward eher gewahr was mir an eigenem Vorrat und an Fertig­ keiten abging. Wie nun dergleichen Dinge, wenn sie einmal im Gang sind, kein Ende und keine Grenzen haben, so ging es auch hier: denn indem ich mir das barocke Judendeutsch zuzueignen und es eben so gut zu schrei­ ben suchte, als ich es lesen konnte, fand ich bald, daß mir die Kennt­ nis des Hebräischen fehlte, wovon sich das moderne verdorbene und verzerrte allein ableiten und mit einiger Sicherheit behandeln ließ. Ich eröffnete daher meinem Vater die Notwendigkeit, Hebräisch zu lernen, und betrieb sehr lebhaft seine Einwilligung: denn ich hatte noch einen höhern Zweck. Überall hörte ich sagen, daß zum Verständnis des al­ ten Testaments so wie des neuen die Grundsprachen nötig wären. Das

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vi, lo stile che sarà poi più o meno quello del Siegwart149, risponde ora a lui, ora agli altri fratelli raccontando delle faccende domestiche e delle sue vicende amorose. Un fra­ tello studia teologia e scrive in un latino molto formale, aggiungendo ogni tanto un post scriptum greco. A un al­ tro, che lavora ad Amburgo come impiegato commerciale, spettava ovviamente la corrispondenza in inglese, mentre a un altro ancora, più giovane e residente a Marsiglia, quella francese. Per l’italiano pensai a un musicista alla sua prima esperienza nel mondo. Il minore, un saputello viziato, non avendo più a disposizione alcuna lingua, ripiegò sul tedesco degli ebrei150 e con quella parlata incomprensibile faceva impazzire tutti gli altri, ma i genitori risero moltissimo per la brillante trovata. Per quello strano contenitore cercai anche alcuni conte­ nuti studiando la geografia dei luoghi in cui le mie creature vivevano, e per quegli aridi nomi geografici inventai delle situazioni di vita che | avessero una qualche attinenza con il carattere dei personaggi e la loro occupazione. In quel modo i miei quaderni di esercizi divennero molto più volu­ minosi, mio padre era più contento e io più consapevole di quello che mi mancava in fatto di conoscenze e capacità. Ma poiché certe cose, una volta avviate, non hanno fine né confine, così fu anche in quel caso: cercando di imparare il bizzarro tedesco ebraico per scriverlo oltre che per leg­ gerlo, mi resi conto che mi mancava la conoscenza dell’e­ braico, senza la quale la parlata moderna, distorta e corrotta ma pur sempre derivata da quello, non si sarebbe potuta comprendere con una qualche sicurezza. Manifestai a mio padre la necessità di impararlo dandomi da fare in tutti i modi per ottenere il suo consenso: avevo infatti uno scopo ulteriore. Dappertutto sentivo dire che per la comprensio­ ne dell’Antico e del Nuovo Testamento era indispensabile

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letzte las ich ganz bequem, weil die sogenannten Evangelien und Epis­ teln, damit es ja auch Sonntags nicht an Übung fehle, nach der Kirche rezitiert, übersetzt und einigermaßen erklärt werden mußten. Eben so dachte ich es nun auch mit dem alten Testamente zu halten, das mir we­ gen seiner Eigentümlichkeit ganz besonders von jeher zugesagt hatte. Mein Vater, der nicht gern etwas halb tat, beschloß den Rektor un­ seres Gymnasiums, Doktor Albrecht, um Privatstunden zu ersuchen, die er mir wöchentlich so lange geben sollte, bis ich von einer so ein­ fachen Sprache das Nötigste gefaßt hätte; denn er hoffte, sie werde, wo nicht so schnell doch wenigstens in doppelter Zeit als die englische, sich abtun lassen. Der Rektor Albrecht war eine der originalsten Figuren von der Welt, klein, nicht dick aber breit, unförmlich ohne verwachsen zu sein, kurz ein Äsop mit Chorrock und Perücke. Sein über-siebzigjähriges Gesicht war durchaus zu einem sarkastischen Lächeln verzogen, wobei seine Augen immer groß blieben, und obgleich rot doch immer | leuchtend und geistreich waren. Er wohnte in dem alten Kloster zu den Barfüßern, dem Sitz des Gymnasiums. Ich hatte schon als Kind, meine Eltern be­ gleitend, ihn manchmal besucht, und die langen dunklen Gänge, die in Visitenzimmer verwandelten Kapellen, das unterbrochne treppen- und winkelhafte Lokal mit schaurigem Behagen durchstrichen. Ohne mir unbequem zu sein, examinierte er mich so oft er mich sah, und lobte und ermunterte mich. Eines Tages, bei der Translokation nach öffentli­ chem Examen, sah er mich als einen auswärtigen Zuschauer, während er die silbernen praemia virtutis et diligentiae austeilte, nicht weit von seinem Katheder stehen. Ich mochte gar sehnlich nach dem Beutel­ chen blicken, aus welchem er die Schaumünzen hervorzog; er winkte mir, trat eine Stufe herunter und reichte mir einen solchen Silberling. Meine Freude war groß, obgleich Andre diese einem Nicht-Schulkna­

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la conoscenza delle lingue originali. Il secondo lo leggevo senza difficoltà, perché i Vangeli e le epistole dovevamo recitarli, tradurli e in parte spiegarli dopo la funzione, tan­ to per non farci mancare un po’ di esercizio nemmeno di domenica. Ora volevo fare lo stesso anche con l’Antico Te­ stamento, che da sempre mi aveva attirato per via delle sue peculiarità. Mio padre, che non faceva mai le cose a metà, decise di chiedere al direttore del nostro ginnasio, il professor Albrecht, di impartirmi delle lezioni una volta la settimana, fin tanto che non avessi imparato i fondamenti di una lingua così elementare; sperava che la cosa si risolvesse se non così velocemente come con l’inglese, almeno in non più del doppio del tempo. Il direttore Albrecht era il tipo più originale del mondo, piccolo, non grasso ma ben piantato, informe senza essere deforme, in breve, un Esopo in talare e parrucca151. Il suo volto ultrasettantenne era contratto in un sorriso sarcastico, ma gli occhi erano sempre spalancati e, sebbene arrossati, | sempre luminosi e vivaci. Viveva nell’antico convento de­ gli Scalzi, ora sede del ginnasio. Fin da bambino ero andato qualche volta a fargli visita accompagnando i miei genito­ ri, e mi ero aggirato con un misto di piacere e timore nei lunghi corridoi scuri, nelle cappelle trasformate in sale per le visite, nell’edificio tagliato da angoli e scale. Ogni volta che mi vedeva mi interrogava ma senza mettermi a disagio, mi lodava e incoraggiava. Una volta, in occasione della ce­ rimonia conclusiva dopo l’esame pubblico, mentre distri­ buiva i praemia virtutis et diligentiae d’argento, mi vide tra gli spettatori, non lontano dalla cattedra. Forse scrutavo troppo avidamente dentro la scatoletta da cui estraeva le medaglie: mi fece un cenno, scese uno scalino e me ne por­ se una. Ne fui felicissimo, mentre altri trovarono del tutto

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ben gewährte Gabe außer aller Ordnung fanden. Allein daran war dem guten Alten wenig gelegen, der überhaupt den Sonderling und zwar in einer auffallenden Weise spielte. Er hatte als Schulmann einen sehr guten Ruf und verstand sein Handwerk, ob ihm gleich das Alter sol­ ches auszuüben nicht mehr ganz gestattete. Aber beinahe noch mehr als durch eigene Gebrechlichkeit fühlte er sich durch äußere Umstände gehindert, und wie ich schon früher wußte, war er weder mit dem Kon­ sistorium, noch den Scholarchen, noch den Geistlichen, noch auch den Lehrern zufrieden. Seinem Naturell, das sich zum Aufpassen auf Feh­ ler und Mängel und zur Satire hinneigte, ließ er sowohl in Programmen als in öffentlichen Reden freien Lauf, und wie Lucian fast der einzige Schriftsteller war, den er las und schätzte, so würzte er alles was er sagte und schrieb, mit beizenden Ingredienzien. Glücklicherweise für diejenigen mit welchen er unzufrieden war, ging er niemals direkt zu Werke, sondern schraubte nur mit Bezügen, Anspielungen, klassischen Stellen und biblischen Sprüchen auf die Mängel hin, die er zu rügen gedachte. Dabei war sein mündlicher Vor­ trag (er las seine | Reden jederzeit ab) unangenehm, unverständlich, und über alles dieses manchmal durch einen Husten, öfters aber durch ein hohles bauchschütterndes Lachen unterbrochen, womit er die beißen­ den Stellen anzukündigen und zu begleiten pflegte. Diesen seltsamen Mann fand ich mild und willig, als ich anfing meine Stunden bei ihm zu nehmen. Ich ging nun täglich Abends um sechs Uhr zu ihm, und fühlte immer ein heimliches Behagen, wenn sich die Klingeltüre hinter mir schloß, und ich nun den langen düstern Klostergang durchzuwandeln hatte. Wir saßen in seiner Bibliothek an einem mit Wachstuch beschla­ genen Tische; ein sehr durchlesener Lucian kam nie von seiner Seite. Ohngeachtet alles Wohlwollens gelangte ich doch nicht ohne Ein­ stand zur Sache: denn mein Lehrer konnte gewisse spöttische Anmer­ kungen, und was es denn mit dem Hebräischen eigentlich solle, nicht unterdrücken. Ich verschwieg ihm die Absicht auf das Judendeutsch, und sprach von besserem Verständnis des Grundtextes. Darauf lächelte er und meinte, ich solle schon zufrieden sein, wenn ich nur lesen lernte.

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fuori luogo quel dono fatto a un ragazzo non allievo della scuola. Ma al vecchio non importava molto, dal momento che era un originale e non di piccolo calibro. Come docente aveva un’ottima fama e sapeva il fatto suo, anche se l’età non gli consentiva più di insegnare. Ma più che la salute precaria, a ostacolarlo erano le circostanze esterne perché, come già sapevo, non andava d’accordo con il concistoro né con gli scolarchi, né con i religiosi né con gli insegnanti. Nei discorsi pubblici e nei programmi lasciava libero sfogo alla sua natura, incline alla satira e a sottolineare errori e mancanze, e come Luciano, l’unico scrittore che leggeva e apprezzava, insaporiva tutto ciò che diceva e scriveva con spezie piccanti. Fortunatamente per quelli che non gli piacevano, non li attaccava mai direttamente, ma girava intorno alle mancan­ ze che voleva biasimare con riferimenti, allusioni, citazioni dai classici e versetti biblici. Quando teneva i suoi discorsi (che leggeva | sempre) era sgradevole, incomprensibile, e per di più interrotto qualche volta da colpi di tosse o, più spesso, da una risata cupa che gli scuoteva la pancia e che di solito annunciava e accompagnava i passi più mordaci. Quando cominciai le lezioni con lui, quell’uomo bizzarro mi parve mite e benevolo. Andavo ogni sera alle sei e pro­ vavo sempre un segreto piacere quando la porta si richiu­ deva dietro di me e dovevo percorrere il tetro corridoio del convento. Sedevamo nella biblioteca, a un tavolo coperto di tela cerata; un Luciano consunto era sempre lì accanto. Malgrado tutta la benevolenza, non la passai troppo li­ scia, perché il mio maestro non poté trattenersi dal fare una serie di osservazioni ironiche sul mio interesse per l’ebrai­ co. Non gli rivelai la faccenda del tedesco degli ebrei, ma accennai a una migliore comprensione del testo biblico. Sorrise e disse che sarebbe stato già un bel risultato impa­

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Dies verdroß mich im Stillen, und ich nahm alle meine Aufmerksam­ keit zusammen, als es an die Buchstaben kam. Ich fand ein Alphabet das ohngefähr dem griechischen zur Seite ging, dessen Gestalten faß­ lich, dessen Benennungen mir zum größten Teil nicht fremd waren. Ich hatte dies alles sehr bald begriffen und behalten, und dachte es sollte nun ans Lesen gehen. Daß dieses von der rechten zur linken Seite geschehe, war mir wohl bewußt. Nun aber trat auf Einmal ein neues Heer von kleinen Buchstäbchen und Zeichen hervor, von Punkten und Strichelchen aller Art, welche eigentlich die Vokale vorstellen sollten, worüber ich mich um so mehr verwunderte, als sich in dem größern Alphabete offenbar Vokale befanden, und die übrigen nur unter frem­ den Benennungen verborgen zu sein schienen. Auch ward gelehrt, daß die jüdische Nation, so lange sie geblüht, wirklich sich mit jenen ersten Zeichen begnügt und keine andere Art zu schreiben und zu lesen ge­ kannt habe. Ich wäre nun gar zu gern auf diesem | altertümlichen, wie mir schien bequemeren Wege gegangen; allein mein Alter erklärte et­ was streng: man müsse nach der Grammatik verfahren wie sie einmal beliebt und verfaßt worden. Das Lesen ohne diese Punkte und Striche sei eine sehr schwere Aufgabe, und könne nur von Gelehrten und den geübtesten geleistet werden. Ich mußte mich also bequemen auch diese kleinen Merkzeichen kennen zu lernen; aber die Sache ward mir immer verworrner. Nun sollten einige der ersten größern Urzeichen an ihrer Stelle gar nichts gelten, damit ihre kleinen Nachgebornen doch ja nicht umsonst dastehen möchten. Dann sollten sie einmal wieder einen lei­ sen Hauch, dann einen mehr oder weniger harten Kehllaut andeuten, bald gar nur als Stütze und Widerlage dienen. Zuletzt aber, wenn man sich alles wohl gemerkt zu haben glaubte, wurden einige der großen sowohl als der kleinen Personagen in den Ruhestand versetzt, so daß das Auge immer sehr viel und die Lippe sehr wenig zu tun hatte. Indem ich nun dasjenige was mir dem Inhalt nach schon bekannt war, in einem fremden kauderwelschen Idiom herstottern sollte, wobei

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rare a leggere. Ne fui indispettito ma non lo diedi a vedere, per cui ci misi tutto il mio impegno quando cominciò con le lettere dell’alfabeto. Scoprii un alfabeto abbastanza simile a quello greco, con forme comprensibili e denominazioni che mi erano già in buona parte note. Compresi e memo­ rizzai tutto velocemente, pensando che saremmo passati alla lettura. Sapevo che si procede da destra verso sinistra, ma tutto a un tratto sbucò un nuovo esercito di letterine e segnetti, di punti e trattini di ogni tipo che indicavano le vocali, e mi meravigliai molto perché nell’alfabeto grande c’erano evidentemente già delle vocali, mentre queste altre sembravano solo celarsi dietro strane denominazioni. Mi insegnò anche che il popolo ebraico, nella fase della fioritu­ ra, si era effettivamente accontentato di quei primi segni, e non aveva altro modo di leggere e scrivere. Ben volentieri mi sarei accontentato anch’io di percorrere quella strada più antica e | a prima vista più semplice, ma il vecchio disse se­ veramente che bisognava seguire la grammatica così come era stata voluta e stabilita. Leggere senza i punti e i trattini era un compito assai difficile, di cui erano capaci solo i più esperti tra gli eruditi; dovevo quindi rassegnarmi a studiare anche quei segnetti, ma la cosa si fece ancora più confusa. Infatti alcuni dei segni originari, più grandi, in alcune posi­ zioni non avevano alcun valore, in modo che i loro piccoli discendenti non fossero lì invano; altre volte indicavano in­ vece una leggera aspirazione, altre un suono gutturale più o meno marcato, altre ancora servivano solo come sostegno e appoggio. Ma alla fine, quando credevo di aver imparato tutto, ecco che alcuni personaggi, sia dei piccoli che dei grandi, venivano mandati in pensione, cosicché l’occhio aveva sempre troppo da fare, troppo poco la bocca. Mi ritrovai costretto a balbettare contenuti già noti in un idioma sconosciuto e incomprensibile, mentre un certo

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mir denn ein gewisses Näseln und Gurgeln als ein Unerreichbares nicht wenig empfohlen wurde; so kam ich gewissermaßen von der Sache ganz ab, und amüsierte mich auf eine kindische Weise an den seltsa­ men Namen dieser gehäuften Zeichen. Da waren Kaiser, Könige und Herzoge, die als Akzente hie und da dominierend, mich nicht wenig unterhielten. Aber auch diese schalen Späße verloren bald ihren Reiz. Doch wurde ich dadurch schadlos gehalten, daß mir beim Lesen, Über­ setzen, Wiederholen, Auswendiglernen der Inhalt des Buchs um so leb­ hafter entgegentrat, und dieser war es eigentlich, über welchen ich von meinem alten Herrn Aufklärung verlangte. Denn schon vorher waren mir die Widersprüche der Überlieferung mit dem Wirklichen und Mög­ lichen sehr auffallend gewesen, und ich hatte meine Hauslehrer durch die Sonne, die zu Gibeon, und den Mond, der im Tal Ajalon still stand, in manche Not versetzt; gewisser anderer | Unwahrscheinlichkeiten und Inkongruenzen nicht zu gedenken. Alles dergleichen ward nun aufgeregt, indem ich mich, um von dem Hebräischen Meister zu wer­ den, mit dem alten Testament ausschließlich beschäftigte, und solches nicht mehr in Luthers Übersetzung, sondern in der wörtlichen beige­ druckten Version des Sebastian Schmidt, den mir mein Vater sogleich angeschafft hatte, durchstudierte. Hier fingen unsere Stunden leider an, was die Sprachübungen betrifft, lückenhaft zu werden. Lesen, Expo­ nieren, Grammatik, Aufschreiben und Hersagen von Wörtern dauerte selten eine völlige halbe Stunde: denn ich fing sogleich an auf den Sinn der Sache loszugehen, und ob wir gleich noch in dem ersten Buche Mosis befangen waren, mancherlei Dinge zur Sprache zu bringen, wel­ che mir aus den spätern Büchern im Sinne lagen. Anfangs suchte der gute Alte mich von solchen Abschweifungen zurückzuführen; zuletzt aber schien es ihn selbst zu unterhalten. Er kam nach seiner Art nicht aus dem Husten und Lachen, und wiewohl er sich sehr hütete mir eine Auskunft zu geben, die ihn hätte kompromittieren können, so ließ mei­ ne Zudringlichkeit doch nicht nach; ja da mir mehr daran gelegen war,

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suono nasale o gutturale mi veniva indicato come una meta irraggiungibile, e così mi scoraggiai del tutto; traevo allora un piacere infantile dagli strani nomi di quel mucchio di segni. C’erano imperatori, re e duchi che governavano qua e là in forma di accenti e mi divertivano non poco152. Ma anche quegli insulsi giochetti persero presto ogni attrattiva. Non fu comunque tempo sprecato solo perché leggendo, traducendo, ripetendo e imparando a memoria, il contenuto del testo mi si fece sempre più vivo, ed era proprio questo quello che volevo dal vecchio signore. Infatti già in passato avevo notato contraddizioni molto evidenti tra ciò che era stato tramandato e ciò che era reale e possibile, e più vol­ te avevo messo in imbarazzo i miei insegnanti chiedendo come aveva potuto il sole fermarsi a Gabaon e la luna nella valle di Aialon153, per non parlare | poi di tante altre stranez­ ze e incongruenze. Tutte queste domande ricevettero nuo­ vo impulso adesso che per imparare l’ebraico mi occupavo esclusivamente dell’Antico Testamento ma non nella tradu­ zione di Lutero, bensì nella versione letterale di Sebastian Schmidt con il testo a fronte che mio padre mi aveva subito procurato154. A quel punto le lezioni, almeno per quanto ri­ guarda l’apprendimento della lingua, iniziarono purtroppo a farsi lacunose. Lettura, traduzione, grammatica, trascri­ zione e ripetizione dei vocaboli non duravano nemmeno mezz’ora perché io cercavo di andare a fondo del senso, e anche se eravamo ancora bloccati al libro della Genesi, esponevo tutti i dubbi che mi erano rimasti in mente anche riguardo ai libri successivi. All’inizio il buon vecchio cerca­ va di trattenermi da quelle divagazioni, ma alla fine sembrò divertirsi. Non la smetteva più di ridacchiare e tossire, come suo solito, e sebbene si guardasse bene dal darmi una qual­ siasi informazione che avrebbe potuto comprometterlo, la mia insistenza non diminuiva; anzi, poiché a me interessava

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meine Zweifel vorzubringen als die Auflösung derselben zu erfahren, so wurde ich immer lebhafter und kühner, wozu er mich durch sein Be­ tragen zu berechtigen schien. Übrigens konnte ich nichts aus ihm brin­ gen, als daß er ein über das andre Mal mit seinem bauchschütternden Lachen ausrief: »Er närrischer Kerl! Er närrischer Junge!« Indessen mochte ihm meine, die Bibel nach allen Seiten durchkreu­ zende, kindische Lebhaftigkeit doch ziemlich ernsthaft und einiger Nachhülfe wert geschienen haben. Er verwies mich daher nach einiger Zeit auf das große englische Bibelwerk, welches in seiner Bibliothek bereit stand, und in welchem die Auslegung schwerer und bedenkli­ cher Stellen auf eine verständige und kluge Weise unternommen war. Die Übersetzung hatte durch die großen Bemühungen deutscher Got­ tesgelehrten Vorzüge vor dem Original erhalten. Die verschiedenen Meinungen waren angeführt, | und zuletzt eine Art von Vermittelung versucht, wobei die Würde des Buchs, der Grund der Religion und der Menschenverstand einigermaßen neben einander bestehen konnten. So oft ich nun gegen Ende der Stunde mit hergebrachten Fragen und Zweifeln auftrat, so oft deutete er auf das Repositorium; ich holte mir den Band, er ließ mich lesen, blätterte in seinem Lucian, und wenn ich über das Buch meine Anmerkungen machte, war sein gewöhnliches Lachen alles wodurch er meinen Scharfsinn erwiderte. In den langen Sommertagen ließ er mich sitzen solange ich lesen konnte, manchmal allein; nur dauerte es eine Weile, bis er mir erlaubte einen Band nach dem andern mit nach Hause zu nehmen. Der Mensch mag sich wenden wohin er will, er mag unternehmen was es auch sei, stets wird er auf jenen Weg wieder zurückkehren, den ihm die Natur einmal vorgezeichnet hat. So erging es auch mir im ge­ genwärtigen Falle. Die Bemühungen um die Sprache, um den Inhalt der Heiligen Schriften selbst, endigten zuletzt damit, daß von jenem schönen und viel gepriesenen Lande, seiner Umgebung und Nachbar­ schaft, so wie von den Völkern und Ereignissen, welche jenen Fleck der Erde durch Jahrtausende hindurch verherrlichten, eine lebhaftere Vorstellung in meiner Einbildungskraft hervorging.

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quasi più esporre i miei dubbi, piuttosto che risolverli, di­ venni sempre più accanito e audace, ritenendomi legittima­ to dal suo comportamento. Non riuscii comunque a cavare nulla da lui, se non che ogni tanto esclamasse, con la pancia scossa dal riso: «Che sciocco! Che ragazzo sciocco!» Allo stesso tempo però la mia curiosità infantile, che mi induceva a rigirare la Bibbia da ogni lato, dovette parergli seria e meritevole di essere soddisfatta. Mi indirizzò quindi dopo qualche tempo alla poderosa Bibbia inglese che aveva nella sua biblioteca, dove l’esposizione dei passi difficili e controversi era condotta in modo semplice ma intelligen­ te155. Grazie agli enormi sforzi dei teologi tedeschi, la tradu­ zione aveva dei pregi rispetto all’originale; vi erano ripor­ tate le diverse opinioni | e si tentava poi una sorta di sintesi nella quale la dignità del testo, i fondamenti della religione e la ragione umana potevano convivere. Ogni volta che, verso la fine della lezione, saltavo fuori con dubbi e doman­ de, mi indicava lo scaffale; io andavo a prendere il libro, leggevo, lui sfogliava il suo Luciano, e quando facevo le mie osservazioni sul testo, la sua risata era l’unica risposta che il mio acume otteneva. Nelle lunghe giornate estive mi lasciava lì a leggere tutto quello che volevo, qualche volta anche da solo; ci volle un po’ prima che mi permettesse di portare a casa un libro dopo l’altro. Dovunque si giri, qualsiasi cosa faccia, l’uomo finirà co­ munque per imboccare la strada che la natura gli ha indicato. Fu così anche per me in quel caso. Gli sforzi per imparare la lingua, per comprendere il contenuto delle Sacre Scritture finirono con il suscitare nella mia fantasia una vivace rap­ presentazione di quel luogo ameno e tanto decantato con il suo circondario e i paesi limitrofi, come anche delle popola­ zioni e degli avvenimenti che per millenni hanno glorificato quel fazzoletto di terra.

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Dieser kleine Raum sollte den Ursprung und das Wachstum des Menschengeschlechts sehen; von dorther sollten die ersten und einzig­ sten Nachrichten der Urgeschichte zu uns gelangen, und ein solches Lokal sollte zugleich so einfach und faßlich, als mannigfaltig und zu den wundersamsten Wanderungen und Ansiedelungen geeignet, vor unserer Einbildungskraft liegen. Hier, zwischen vier benannten Flüs­ sen, war aus der ganzen zu bewohnenden Erde ein kleiner, höchst an­ mutiger Raum dem jugendlichen Menschen ausgesondert. Hier sollte er seine ersten Fähigkeiten entwickeln, und hier sollte ihn zugleich das Los treffen, das seiner ganzen Nachkommenschaft beschieden war, seine Ruhe zu verlieren, indem er nach Erkenntnis strebte. Das | Para­ dies war verscherzt; die Menschen mehrten und verschlimmerten sich; die an die Unarten dieses Geschlechts noch nicht gewohnten Elohim wurden ungeduldig und vernichteten es von Grund aus. Nur wenige wurden aus der allgemeinen Überschwemmung gerettet; und kaum hatte sich diese greuliche Flut verlaufen, als der bekannte vaterländi­ sche Boden schon wieder vor den Blicken der dankbaren Geretteten lag. Zwei Flüsse von vieren, Euphrat und Tigris, flossen noch in ihren Betten. Der Name des ersten blieb; den andern schien sein Lauf zu bezeichnen. Genauere Spuren des Paradieses wären nach einer so gro­ ßen Umwälzung nicht zu fordern gewesen. Das erneute Menschenge­ schlecht ging von hier zum zweiten Mal aus; es fand Gelegenheit sich auf alle Arten zu nähren und zu beschäftigen, am meisten aber große Herden zahmer Geschöpfe um sich zu versammeln und mit ihnen nach allen Seiten hinzuziehen. Diese Lebensweise, sowie die Vermehrung der Stämme, nötigte die Völker bald sich von einander zu entfernen. Sie konnten sich sogleich nicht entschließen ihre Verwandte und Freunde für immer fahren zu lassen; sie kamen auf den Gedanken einen hohen Turm zu bauen, der ihnen aus weiter Ferne den Weg wieder zurück weisen sollte. Aber dieser Versuch mißlang wie jenes erste Bestreben. Sie sollten nicht zugleich glücklich und klug, zahlreich und einig sein. Die Elohim

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Quel piccolo spazio doveva veder nascere e svilupparsi il genere umano156, da lì dovevano giungere fino a noi le pri­ me e uniche notizie della preistoria e quei luoghi dovevano presentarsi alla nostra fantasia come semplici e compren­ sibili, ma insieme anche variegati e adatti per quelle stra­ ordinarie migrazioni e insediamenti. Laggiù, nella vastità della terra abitabile, i quattro fiumi che conosciamo ave­ vano delimitato un piccolo, ameno territorio per la giovane umanità; qui essa doveva dispiegare le sue prime capacità e qui doveva raggiungerla il destino, riservato anche a tutta la sua discendenza: perdere la pace nel tentativo di ottenere la conoscenza. Il | paradiso era stato scioccamente perduto, gli uomini si moltiplicavano e peggioravano, gli elohim157 non ancora avvezzi alla malvagità di questa stirpe divenne­ ro insofferenti e la sterminarono. Solo pochi si salvarono dal diluvio universale, e non appena le acque mostruose si furono ritirate, ecco stendersi di nuovo davanti agli occhi riconoscenti dei superstiti il caro suolo natio. Dei quattro fiumi, due scorrevano ancora nei loro letti, l’Eufrate e il Tigri. Il primo conserva il suo nome originario, il secondo sembra aver preso il nome dal suo percorso. Dopo un rivol­ gimento simile, era impensabile che fossero rimaste tracce del paradiso; l’umanità rinnovata cominciò una seconda volta, trovò le condizioni per nutrirsi e impiegarsi in molti modi, ma soprattutto raccolse intorno a sé grandi greggi di animali mansueti e con essi si spostava. Quel modo di vivere insieme al moltiplicarsi delle tribù costrinse ben presto i popoli ad allontanarsi gli uni dagli altri. Non potendo decidersi a lasciar partire per sempre pa­ renti e amici, pensarono di costruire una torre altissima che avrebbe potuto mostrare loro la via per il ritorno. Ma anche questo tentativo fallì, come il primo. Non fu loro concesso di essere felici e intelligenti, numerosi e uniti allo stesso

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verwirrten sie, der Bau unterblieb, die Menschen zerstreuten sich; die Welt war bevölkert, aber entzweit. Unser Blick, unser Anteil bleibt aber noch immer an diese Gegen­ den geheftet. Endlich geht abermals ein Stammvater von hier aus, der so glücklich ist, seinen Nachkommen einen entschiedenen Charakter aufzuprägen, und sie dadurch für ewige Zeiten zu einer großen, und bei allem Glücks- und Orts-Wechsel zusammenhaltenden Nation zu vereinigen. Vom Euphrat aus, nicht ohne göttlichen Fingerzeig, wandert Ab­ raham gegen Westen. Die Wüste setzt seinem | Zug kein entschiede­ nes Hindernis entgegen; er gelangt an den Jordan, zieht über den Fluß und verbreitet sich in den schönen mittägigen Gegenden von Palästina. Dieses Land war schon früher in Besitz genommen und ziemlich be­ wohnt. Berge, nicht allzu hoch aber steinig und unfruchtbar, waren von vielen bewässerten, dem Anbau günstigen Tälern durchschnitten. Städ­ te, Flecken, einzelne Ansiedelungen lagen zerstreut auf der Fläche, auf Abhängen des großen Tals, dessen Wasser sich im Jordan sammlen. So bewohnt, so bebaut war das Land, aber die Welt noch groß genug, und die Menschen nicht auf den Grad sorgfältig, bedürfnisvoll und tätig, um sich gleich aller ihrer Umgebungen zu bemächtigen. Zwischen jenen Besitzungen erstreckten sich große Räume, in welchen weidende Züge sich bequem hin und her bewegen konnten. In solchen Räumen hält sich Abraham auf, sein Bruder Lot ist bei ihm; aber sie können nicht lange an solchen Orten verbleiben. Eben jene Verfassung des Landes, dessen Bevölkerung bald zu- bald abnimmt, und dessen Erzeugnisse sich niemals mit dem Bedürfnis im Gleichgewicht erhalten, bringt un­ versehens eine Hungersnot hervor, und der Eingewanderte leidet mit dem Einheimischen, dem er durch seine zufällige Gegenwart die eigne Nahrung verkümmert hat. Die beiden chaldäischen Brüder ziehen nach Ägypten, und so ist uns der Schauplatz vorgezeichnet, auf dem eini­ ge tausend Jahre die bedeutendsten Begebenheiten der Welt vorgehen sollten. Vom Tigris zum Euphrat, vom Euphrat zum Nil sehen wir die Erde bevölkert, und in diesem Raume einen bekannten, den Göttern

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tempo. Gli elohim li confusero, la costruzione si interruppe, gli uomini si dispersero; il mondo fu popolato, ma diviso. Il nostro sguardo, la nostra attenzione rimangono però sempre fissi su quei luoghi. Finalmente sorge un patriarca così notevole che riesce a tramandare ai suoi discendenti una caratteristica distintiva che ne farà per sempre un gran­ de popolo, unito nonostante i mutamenti della sorte e di luogo. Dall’Eufrate, per ispirazione divina, Abramo migra ver­ so Occidente. Il deserto non | pone ostacoli decisivi alla sua migrazione, giunge al Giordano, attraversa il fiume e si sta­ bilisce nelle belle terre meridionali della Palestina. Quella regione era già stata abitata in precedenza ed era molto po­ polosa. I monti, non molto alti ma aridi e pietrosi, si alterna­ vano a valli ricche d’acqua, favorevoli all’agricoltura. Città, paesi, singoli insediamenti erano sparsi in tutta la pianura e sulle pendici della valle principale le cui acque conflui­ scono nel Giordano. Per quanto abitata e coltivata, la terra era ancora abbastanza vasta e gli uomini non erano ancora così attenti, esigenti e intraprendenti da impossessarsi subi­ to di tutti i territori circostanti. Così tra i loro insediamenti si estendevano grandi spazi in cui tribù di pastori potevano spostarsi e vagare comodamente. In quegli spazi si ferma Abramo insieme al fratello Lot, ma non possono rimanervi a lungo. Infatti proprio la conformazione del luogo, con la popolazione che aumenta e diminuisce e i prodotti che non sono mai proporzionati alle necessità, causa un’improvvisa carestia, lo straniero patisce insieme ai nativi, ai quali la sua presenza casuale sottrae risorse. I due fratelli caldei mi­ grano in Egitto, indicandoci così lo scenario in cui si svol­ geranno gli eventi più significativi della storia per alcuni millenni. Dal Tigri all’Eufrate, dall’Eufrate al Nilo vediamo popolarsi la terra, e in quei luoghi un uomo conosciuto e

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geliebten, uns schon wert gewordnen Mann mit Herden und Gütern hin und wider ziehen und sie in kurzer Zeit aufs reichlichste vermehren. Die Brüder kommen zurück; allein gewitzigt durch die ausgestandene Not, fassen sie den Entschluß sich von einander zu trennen. Beide ver­ weilen zwar im mittägigen Canaan; aber indem Abraham zu Hebron gegen dem Hain Mamre bleibt, zieht sich Lot nach dem Tale Siddim, das, wenn unsere Einbildungskraft kühn genug ist, dem Jordan einen | unterirdischen Ausfluß zu geben, um an der Stelle des gegenwärtigen Asphaltsees einen trocknen Boden zu gewinnen, uns als ein zweites Paradies erscheinen kann und muß; um so mehr, weil die Bewohner und Umwohner desselben als Weichlinge und Frevler berüchtigt, uns dadurch auf ein bequemes und üppiges Leben schließen lassen. Lot wohnt unter ihnen, jedoch abgesondert. Aber Hebron und der Hain Mamre erscheinen uns als die wichtige Stätte, wo der Herr mit Abraham spricht und ihm alles Land verheißt, so weit sein Blick nur in vier Weltgegenden reichen mag. Aus diesen stillen Bezirken, von diesen Hirtenvölkern, die mit den Himmlischen umgehen dürfen, sie als Gäste bewirten und manche Zwiesprache mit ihnen halten, werden wir genötigt den Blick abermals gegen Osten zu wenden, und an die Verfassung der Nebenwelt zu denken, die im Gan­ zen wohl der einzelnen Verfassung von Canaan gleichen mochte. Familien halten zusammen; sie vereinigen sich, und die Lebensart der Stämme wird durch das Lokal bestimmt, das sie sich zugeeignet haben oder zueignen. Auf den Gebirgen, die ihr Wasser nach dem Tig­ ris hinuntersenden, finden wir kriegerische Völker, die schon sehr frü­ he auf jene Welteroberer und Weltbeherrscher hindeuten, und in einem für jene Zeiten ungeheuren Feldzug uns ein Vorspiel künftiger Groß­ taten geben. Kedor Laomor, König von Elam, wirkt schon mächtig auf Verbündete. Er herrscht lange Zeit: denn schon zwölf Jahre vor Abra­ hams Ankunft in Canaan hatte er bis an den Jordan die Völker zinsbar gemacht. Sie waren endlich abgefallen, und die Verbündeten rüsten

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amato da Dio, a cui già ci siamo affezionati, si sposta qua e là con le greggi e i beni che vede rapidamente accrescersi. I fratelli tornano e, resi più accorti dalle difficoltà superate, decidono di separarsi. Entrambi si trattengono nella zona meridionale di Canaan, ma mentre Abramo si ferma a Ebron nei pressi delle querce di Mamre, Lot si sposta nella valle di Siddim che, se la nostra fantasia fosse abbastanza ardita da immaginare uno sbocco | sotterraneo per il Giordano, così da trasformare l’odierno Mar Morto in terra asciutta, dovrebbe apparirci come un secondo paradiso. Tanto più se consideriamo che gli abitanti del luogo e dei dintorni erano noti per essere depravati ed empi, il che lascia supporre una vita comoda e opulenta. Lot abitava tra loro, ma in disparte. Ma Ebron e le querce di Mamre ci sembrano il luogo più significativo in cui Dio parla ad Abramo e gli promette tutte le terre su cui si spinge il suo sguardo verso i quattro punti cardinali. Ma da queste silenziose regioni, da questo popolo di pastori che ha un rapporto diretto con le divinità, che può ospitarle, sfamarle e parlare con loro siamo costretti a vol­ gere nuovamente lo sguardo verso Oriente per considerare la condizione delle zone circostanti, che nel complesso sarà stata simile a quella particolare di Canaan. Le famiglie sono solidali, si uniscono tra loro, e la vita delle tribù è determinata dai luoghi in cui si sono stabilite o in cui si stabiliscono. Sui monti, che mandano le loro ac­ que giù verso il Tigri, ci sono tribù guerriere che preludono ai grandi conquistatori e dominatori del mondo, e che in una campagna militare per quei tempi gigantesca buttano le basi per grandi gesta future. Chedorlaomer, re di Elam, è già molto influente tra i suoi alleati. Regna a lungo, infatti già dodici anni prima dell’arrivo di Abramo a Canaan ha imposto tributi alle popolazioni fino al Giordano. A un certo punto si ribellano e gli alleati si predispongono alla guerra,

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sich zum Kriege. Wir finden sie unvermutet auf einem Wege, auf dem wahrscheinlich auch Abraham nach Canaan gelangte. Die Völker an der linken und untern Seite des Jordan werden bezwungen. Kedor Lao­ mor richtet seinen Zug südwärts nach den Völkern der Wüste, sodann sich nordwärts wendend schlägt er die Amalekiter, und als er auch die Amoriter überwunden, gelangt er nach Canaan, überfällt die Könige des Tals Siddim, schlägt und zerstreut | sie, und zieht mit großer Beute den Jordan aufwärts, um seinen Siegerzug bis gegen den Libanon aus­ zudehnen. Unter den Gefangenen, Beraubten, mit ihrer Habe Fortgeschlepp­ ten befindet sich auch Lot, der das Schicksal des Landes teilt, worin er als Gast sich befindet. Abraham vernimmt es, und hier sehen wir sogleich den Erzvater als Krieger und Helden. Er rafft seine Knechte zusammen, teilt sie in Haufen, fällt auf den beschwerlichen Beutetroß, verwirrt die Sieghaften, die im Rücken keinen Feind mehr vermuten konnten, und bringt seinen Bruder und dessen Habe nebst Manchem von der Habe der überwundenen Könige zurück. Durch diesen kur­ zen Kriegszug nimmt Abraham gleichsam von dem Lande Besitz. Den Einwohnern erscheint er als Beschützer, als Retter, und durch seine Uneigennützigkeit als König. Dankbar empfangen ihn die Könige des Tals, segnend Melchisedek der König und Priester. Nun werden die Weissagungen einer unendlichen Nachkommen­ schaft erneut, ja sie gehen immer mehr ins Weite. Vom Wasser des Eu­ phrat bis zum Fluß Ägyptens werden ihm die sämtlichen Landstrecken versprochen; aber noch sieht es mit seinen unmittelbaren Leibeserben mißlich aus. Er ist achtzig Jahr alt und hat keinen Sohn. Sara, weniger den Göttern vertrauend als er, wird ungeduldig; sie will nach orienta­ lischer Sitte durch ihre Magd einen Nachkommen haben. Aber kaum ist Hagar dem Hausherrn vertraut, kaum ist Hoffnung zu einem Sohne; so zeigt sich der Zwiespalt im Hause. Die Frau begegnet ihrer eignen Beschützten übel genug, und Hagar flieht, um bei andern Horden einen

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li troviamo a un tratto sulla stessa via che anche Abramo aveva probabilmente percorso per giungere a Canaan. I po­ poli sulla riva sinistra e sul basso corso del fiume vengono soggiogati. Chedorlaomer muove quindi il suo esercito ver­ so Sud contro le tribù del deserto, piegando poi verso Nord sconfigge gli Amaleciti e dopo aver sottomesso anche gli Amorrei giunge a Canaan, attacca i re della valle di Siddim, li sconfigge e li disperde, | risalendo poi il Giordano con un ricco bottino per proseguire la sua marcia trionfale fino in Libano. Tra i prigionieri, derubati e deportati insieme ai loro ave­ ri c’è anche Lot, che condivide la sorte del paese che lo ospita. Abramo viene a saperlo e qui vediamo il patriarca trasformarsi in guerriero ed eroe. Chiama a raccolta i suoi servi, li divide in gruppi, assale la carovana carica del triste bottino, mette in fuga i vincitori che non si aspettavano di avere un nemico alle spalle e riporta indietro suo fratello, i suoi averi e molti tesori dei re sconfitti. Con questa rapida incursione Abramo prende anche possesso della terra; gli abitanti lo considerano un protettore, un salvatore, e per il suo atto altruistico un re. I re della valle lo accolgono rico­ noscenti e Melchisedek, re e sacerdote, lo benedice. Allora viene rinnovata la promessa di una discendenza senza fine, anzi, persino accresciuta. Dalle acque dell’Eu­ frate fino ai fiumi dell’Egitto si estenderanno le sue terre, ma in quanto a diretti discendenti, le cose vanno piuttosto male: Abramo ha ormai ottant’anni e nessun figlio. Sara, che non ha la sua stessa fiducia in Dio, diviene impaziente e, secondo l’uso orientale, vuole che egli generi un discen­ dente con la sua schiava. Ma non appena Agar si è con­ giunta ad Abramo, non appena si intravvede la speranza di un figlio, iniziano i dissapori. La padrona maltratta la sua protetta e Agar fugge alla ricerca di una condizione miglio­

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bessern Zustand zu finden. Nicht ohne höheren Wink kehrt sie zurück, und Ismael wird geboren. Abraham ist nun neun und neunzig Jahr alt, und die Verheißungen einer zahlreichen Nachkommenschaft werden noch immer wiederholt, so daß am Ende beide Gatten sie lächerlich finden. Und doch wird Sara zuletzt guter Hoffnung und bringt einen Sohn, dem der Name Isaak zu Teil wird. | Auf gesetzmäßiger Fortpflanzung des Menschengeschlechts ruht größtenteils die Geschichte. Die bedeutendsten Weltbegebenheiten ist man bis in die Geheimnisse der Familien zu verfolgen genötigt; und so geben uns auch die Ehen der Erzväter zu eignen Betrachtungen Anlaß. Es ist als ob die Gottheiten, welche das Schicksal der Menschen zu leiten beliebten, die ehelichen Ereignisse jeder Art hier gleichsam im Vorbilde hätten darstellen wollen. Abraham, so lange Jahre mit einer schönen, von Vielen umworbenen Frau in kinderloser Ehe, findet sich in seinem hundertsten als Gatte zweier Frauen, als Vater zweier Söh­ ne, und in diesem Augenblick ist sein Hausfriede gestört. Zwei Frauen neben einander, so wie zwei Söhne von zwei Müttern gegen einan­ der über, vertragen sich unmöglich. Derjenige Teil, der durch Gesetze, Herkommen und Meinung weniger begünstigt ist, muß weichen. Ab­ raham muß die Neigung zu Hagar, zu Ismael aufopfern; beide werden entlassen und Hagar genötigt, den Weg, den sie auf einer freiwilligen Flucht eingeschlagen, nunmehr wider Willen anzutreten, anfangs, wie es scheint, zu des Kindes und ihrem Untergang; aber der Engel des Herrn, der sie früher zurückgewiesen, rettet sie auch diesmal, damit Ismael auch zu einem großen Volk werde, und die unwahrscheinlichste aller Verheißungen selbst über ihre Grenzen hinaus in Erfüllung gehe. Zwei Eltern in Jahren und ein einziger spätgeborner Sohn: hier sollte man doch endlich eine häusliche Ruhe, ein irdisches Glück er­ warten! Keineswegs. Die Himmlischen bereiten dem Erzvater noch die

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re presso un’altra tribù. Ritornerà per ispirazione divina e nascerà Ismaele. Abramo ha ormai novantanove anni e la promessa di una discendenza numerosa viene ripetuta ancora e ancora, tanto che i coniugi alla fine la trovano persino ridicola. Eppure Sara alla fine rimane incinta e partorisce un figlio, a cui viene dato il nome di Isacco. | La storia si basa prevalentemente sulla legittima proli­ ferazione del genere umano. Siamo costretti a seguire gli eventi più significativi della storia fin nell’intimità delle famiglie, e così anche i matrimoni dei patriarchi ci danno modo di formulare alcune considerazioni. È come se le di­ vinità che si compiacevano nel guidare il destino degli uo­ mini avessero voluto rappresentare in modo esemplare tutte le situazioni matrimoniali. Abramo è stato sposato moltissi­ mi anni con una bella donna, corteggiata da molti, ma senza figli, e quando giunge ai cent’anni si ritrova marito di due mogli, padre di due figli: la pace familiare è rovinata. Due mogli insieme, due figli insieme da due madri diverse van­ no difficilmente d’accordo. La parte che per legge, origine e consuetudine è svantaggiata deve cedere. Abramo deve sacrificare il suo affetto per Agar e Ismaele, entrambi ven­ gono scacciati e Agar è costretta a riprendere a malincuore quella stessa via che tempo prima, fuggendo, aveva imboc­ cato di sua volontà. Ora sembra andare incontro alla morte sua e del bambino, ma l’angelo del Signore che l’altra volta l’aveva fatta tornare indietro, interviene di nuovo e li salva, affinché anche Ismaele generi un grande popolo e la più in­ credibile di tutte le promesse si realizzi in modo ancora più abbondante. Due coniugi avanti negli anni e un figlio nato tardi: ci si aspetterebbe finalmente la pace domestica, la felicità terre­ na: e invece no. I celesti preparano per il patriarca la prova

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schwerste Prüfung. Doch von dieser können wir nicht reden, ohne vor­ her noch mancherlei Betrachtungen anzustellen. Sollte eine natürliche, allgemeine Religion entspringen, und sich eine besondere, geoffenbarte daraus entwickeln, so waren die Länder, in denen bisher unsere Einbildungskraft verweilt, die Lebensweise, die Menschenart wohl am geschicktesten dazu; wenigstens finden wir nicht, daß in der ganzen Welt sich etwas ähnlich Günstiges und Heitres | hervorgetan hätte. Schon zur natürlichen Religion, wenn wir annehmen, daß sie früher in dem menschlichen Gemüte entsprungen, gehört viel Zartheit der Gesinnung: denn sie ruht auf der Überzeugung einer allgemeinen Vorsehung, welche die Weltordnung im Ganzen lei­ te. Eine besondre Religion, eine von den Göttern diesem oder jenem Volk geoffenbarte, führt den Glauben an eine besondre Vorsehung mit sich, die das göttliche Wesen gewissen begünstigten Menschen, Fami­ lien, Stämmen und Völkern zusagt. Diese scheint sich schwer aus dem Innern des Menschen zu entwickeln. Sie verlangt Überlieferung, Her­ kommen, Bürgschaft aus uralter Zeit. Schön ist es daher, daß die israelitische Überlieferung gleich die ersten Männer, welche dieser besondern Vorsehung vertrauen, als Glaubenshelden darstellt, welche von jenem hohen Wesen, dem sie sich abhängig erkennen, alle und jede Gebote eben so blindlings be­ folgen, als sie ohne zu zweifeln die späten Erfüllungen seiner Verhei­ ßungen abzuwarten nicht ermüden. So wie eine besondere, geoffenbarte Religion den Begriff zum Grunde legt, daß einer mehr von den Göttern begünstigt sein könne als der andre, so entspringt sie auch vorzüglich aus der Absonderung der Zustände. Nahe verwandt schienen sich die ersten Menschen, aber ihre Beschäftigungen trennten sie bald. Der Jäger war der freieste von allen; aus ihm entwickelte sich der Krieger und der Herrscher. Der Teil der den Acker baute, sich der Erde verschrieb, Wohnungen und Scheu­ ern aufführte, um das Erworbene zu erhalten, konnte sich schon etwas

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più dura. Ma non possiamo parlare di questo senza aver pri­ ma fatto alcune altre considerazioni. Se doveva sorgere una religione naturale universale, e se da essa se ne doveva sviluppare una particolare, rivelata, le terre su cui si è soffermata finora la nostra immaginazione, il modo di vivere, il tipo di uomini erano certo i più adatti; per lo meno non mi risulta che al mondo ci fosse un altro luogo altrettanto | propizio e favorevole. Se stabiliamo che in origine sia scaturita dall’animo umano, la religione na­ turale presuppone una sensibilità molto delicata, perché si fonda sul convincimento di una provvidenza universale che governa il mondo nel suo complesso. Una religione partico­ lare invece, rivelata da Dio a questo o quel popolo, implica la fede in una provvidenza particolare che la divinità riser­ va a determinati uomini, famiglie, tribù o popoli prediletti. Sembra difficile che nasca dall’intimo dell’uomo, perché richiede tradizione, origine, testimonianza da tempi anti­ chissimi. È bello quindi che la tradizione israelitica rappresenti i primi uomini che si sono affidati a quella provvidenza come eroi della fede che seguono ciecamente i comandamenti di quell’essere superiore da cui si riconoscono dipendenti, e senza dubitare non si stancano mai di attendere il compi­ mento, per quanto tardivo, delle sue promesse. Così come una particolare religione rivelata si fonda sul concetto che un uomo potrebbe essere maggiormente fa­ vorito dagli dei rispetto a un altro, allo stesso modo essa si sviluppa in genere da una differenziazione tra le condizioni di vita. I primi uomini erano tutti molto simili, ma le loro occupazioni li differenziarono presto. Il cacciatore era il più libero di tutti, da lui si sviluppò il guerriero e il dominato­ re. Altri si dedicarono all’agricoltura, si legarono alla ter­ ra, costruirono case e granai per custodire i loro prodotti e

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dünken, weil sein Zustand Dauer und Sicherheit versprach. Dem Hir­ ten an seiner Stelle schien der ungemessenste Zustand so wie ein gren­ zenloser Besitz zu Teil geworden. Die Vermehrung der Herden ging ins Unendliche, und der Raum der sie ernähren sollte, erweiterte sich nach allen Seiten. Diese drei Stände scheinen sich gleich anfangs mit Verdruß und Verachtung angesehn zu haben; und wie der Hirte dem Städter ein Greuel war, so sonderte er auch sich wieder von | diesem ab. Die Jäger verlieren sich aus unsern Augen in die Gebirge, und kommen nur als Eroberer wieder zum Vorschein. Zum Hirtenstande gehörten die Erzväter. Ihre Lebensweise auf dem Meere der Wüsten und Weiden gab ihren Gesinnungen Breite und Freiheit, das Gewölbe des Himmels unter dem sie wohnten, mit allen seinen nächtlichen Sternen, ihren Gefühlen Erhabenheit, und sie be­ durften mehr als der tätige gewandte Jäger, mehr als der sichre sorgfäl­ tige hausbewohnende Ackersmann, des unerschütterlichen Glaubens, daß ein Gott ihnen zur Seite ziehe, daß er sie besuche, an ihnen Anteil nehme, sie führe und rette. Zu noch einer andern Betrachtung werden wir genötigt, indem wir zur Geschichtsfolge übergehen. So menschlich, schön und heiter auch die Religion der Erzväter erscheint, so gehen doch Züge von Wildheit und Grausamkeit hindurch, aus welcher der Mensch herankommen, oder worein er wieder versinken kann. Daß der Haß sich durch das Blut, durch den Tod des überwundenen Feindes versöhne, ist natürlich; daß man auf dem Schlachtfelde zwi­ schen den Reihen der Getöteten einen Frieden schloß, läßt sich wohl denken; daß man eben so durch geschlachtete Tiere ein Bündnis zu befestigen glaubte, fließt aus dem Vorhergehenden; auch daß man die Götter, die man doch immer als Partei, als Widersacher oder als Bei­ stand ansah, durch Getötetes herbeiziehen, sie versöhnen, sie gewinnen könne, über diese Vorstellung hat man sich gleichfalls nicht zu verwun­ dern. Bleiben wir aber bei den Opfern stehen, und betrachten die Art, wie sie in jener Urzeit dargebracht wurden; so finden wir einen selt­ samen, für uns ganz widerlichen Gebrauch, der wahrscheinlich auch

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si ritenevano superiori perché la loro condizione garantiva durata e sicurezza. Al pastore dal canto suo era toccata una condizione illimitata e possedimenti sconfinati. Le greggi si moltiplicavano all’infinito, e il terreno destinato a nutrirle si accresceva in tutte le direzioni. Questi tre gruppi sembra­ no essersi guardati con ostilità e disprezzo fin dall’inizio, e così come il cittadino guardava il pastore con orrore, valeva anche | il contrario. I cacciatori spariscono dalla nostra vista sulle montagne, per ricomparire più tardi come conquista­ tori. I patriarchi appartenevano alla classe dei pastori. Vivere sulla distesa del deserto e dei pascoli conferiva alla loro mente ampiezza e libertà, dimorare sotto la volta del cie­ lo con le stelle notturne rendeva sublimi i loro sentimenti e più degli altri, più dell’attivo e abile cacciatore, più del contadino stabile e solerte che ha una casa in cui abitare, il pastore ha bisogno della fede incrollabile in un Dio che gli stia accanto, che lo assista, lo guidi e lo salvi. Prima di passare alla parte successiva della storia dob­ biamo però fare ancora una considerazione. Per quanto ci paia umana, bella e serena la religione dei patriarchi, ci sono ancora tracce di quella ferocia e crudeltà da cui l’uo­ mo emergeva, ma in cui poteva anche ricadere. Che l’odio si plachi con il sangue, con la morte del nemi­ co è normale; che sul campo di battaglia, tra le file dei cadu­ ti, si concludesse la pace lo si può immaginare, che tramite degli animali uccisi si pensasse di consolidare un’alleanza deriva da quanto appena detto; e di conseguenza non dob­ biamo meravigliarci che si pensasse di poter riconciliare e propiziare gli dei, considerati alla stregua di una fazione, come avversari o amici, con dei sacrifici. Se ci soffermiamo sui sacrifici e consideriamo come venivano offerti a quei tempi, troviamo un’usanza strana e per noi raccapricciante,

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aus dem Kriege hergenommen, diesen nämlich: die geopferten Tiere jeder Art, und wenn ihrer noch so viel gewidmet wurden, mußten in zwei Hälften zerhauen, an zwei Seiten gelegt werden, und in der Straße dazwischen befanden sich diejenigen, die mit der Gottheit einen Bund schließen wollten. | Wunderbar und ahndungsvoll geht durch jene schöne Welt noch ein anderer schrecklicher Zug, daß alles was geweiht, was verlobt war, sterben mußte: wahrscheinlich auch ein auf den Frieden übertrage­ ner Kriegsgebrauch. Den Bewohnern einer Stadt, die sich gewaltsam wehrt, wird mit einem solchen Gelübde gedroht; sie geht über, durch Sturm oder sonst: man läßt nichts am Leben, Männer keineswegs, und manchmal teilen auch Frauen, Kinder, ja das Vieh ein gleiches Schicksal. Übereilter und abergläubischer Weise werden, bestimmter oder unbestimmter, dergleichen Opfer den Göttern versprochen; und so kommen die welche man schonen möchte, ja sogar die Nächsten, die eigenen Kinder, in den Fall als Sühnopfer eines solchen Wahnsinns zu bluten. In dem sanften, wahrhaft urväterlichen Charakter Abrahams konnte eine so barbarische Anbetungsweise nicht entspringen; aber die Götter, welche manchmal, um uns zu versuchen, jene Eigenschaften hervor­ zukehren scheinen, die der Mensch ihnen anzudichten geneigt ist, be­ fehlen ihm das Ungeheure. Er soll seinen Sohn opfern, als Pfand des neuen Bundes, und wenn es nach dem Hergebrachten geht, ihn nicht etwa nur schlachten und verbrennen, sondern ihn in zwei Stücke teilen, und zwischen seinen rauchenden Eingeweiden sich von den gütigen Göttern eine neue Verheißung erwarten. Ohne Zaudern und blindlings schickt Abraham sich an, den Befehl zu vollziehen: den Göttern ist der Wille hinreichend. Nun sind Abrahams Prüfungen vorüber: denn wei­ ter konnten sie nicht gesteigert werden. Aber Sara stirbt, und dies gibt Gelegenheit, daß Abraham von dem Lande Canaan vorbildlich Besitz

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probabilmente derivata anche lei dalla guerra, e cioè che gli animali sacrificali di qualsiasi specie, e in qualsiasi quantità venissero offerti, dovevano essere tagliati in due parti da collocare ai due lati; in mezzo si poneva colui che voleva stringere un’alleanza con la divinità. | Un’altra terribile usanza pervadeva in modo meravi­ glioso e misterioso quel bel mondo: tutto ciò che veniva consacrato, promesso, doveva morire; forse anche questa era una consuetudine di guerra estesa poi alla pace. Con un giuramento simile si minacciano gli abitanti di una città che si difendono strenuamente: quando la città soccombe, presa d’assalto o in altro modo, non si lascia nulla in vita, non certo gli uomini, e talvolta persino donne e bambini, per­ sino il bestiame, subiscono la stessa sorte. Questi sacrifici vengono promessi alle divinità per fretta e superstizione, in modo più o meno esplicito, e così capita che anche coloro che vorremmo risparmiare, i nostri cari, addirittura i figli si trovino nella condizione di dare il proprio sangue come sacrificio espiatorio per una tale pazzia. Il carattere mite e infinitamente paterno di Abramo non poteva di certo concepire una forma di adorazione così bar­ bara, ma le divinità qualche volta, per metterci alla prova, assumono proprio quelle caratteristiche che gli uomini at­ tribuiscono loro, e impartiscono quell’ordine mostruoso. Deve sacrificare suo figlio come pegno per la nuova alle­ anza e, secondo l’usanza, deve non solo ammazzarlo e bru­ ciarlo, ma anche squartarlo in due e collocarsi tre le viscere fumanti per attendere il rinnovamento della promessa da parte delle magnanime divinità. Senza esitare, ciecamente Abramo si prepara a eseguire l’ordine, ma agli dei basta la sua disponibilità. Ora tutte le prove di Abramo sono supera­ te, anche perché non potrebbero essere maggiori. Poi Sara muore, e questo offre ad Abramo l’occasione per prendere

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nimmt. Er bedarf eines Grabes, und dies ist das erste Mal, daß er sich nach einem Eigentum auf dieser Erde umsieht. Eine zweifache Höhle gegen dem Hain Mamre mag er sich schon früher ausgesucht haben. Diese kauft er mit dem daranstoßenden Acker, und die Form Rechtens, die er dabei beobachtet, zeigt wie wichtig ihm dieser Besitz ist. Er war es auch, mehr als er sich vielleicht selbst denken konnte: denn er, sei­ ne | Söhne und Enkel sollten daselbst ruhen, und der nächste Anspruch auf das ganze Land, so wie die immerwährende Neigung seiner Nach­ kommenschaft sich hier zu versammeln, dadurch am eigentlichsten be­ gründet werden. Von nun an gehen die mannigfaltigen Familienszenen abwechselnd vor sich. Noch immer hält sich Abraham streng abgesondert von den Einwohnern, und wenn Ismael, der Sohn einer Ägypterin, auch eine Tochter dieses Landes geheiratet hat, so soll nun Isaak sich mit einer Blutsfreundin, einer Ebenbürtigen vermählen. Abraham sendet seinen Knecht nach Mesopotamien zu den Ver­ wandten, die er dort zurückgelassen. Der kluge Eleasar kommt uner­ kannt an, und um die rechte Braut nach Hause zu bringen, prüft er die Dienstfertigkeit der Mädchen am Brunnen. Er verlangt zu trinken für sich, und ungebeten tränkt Rebecca auch seine Kamele. Er beschenkt sie, er freiet um sie, die ihm nicht versagt wird. So führt er sie in das Haus seines Herrn, und sie wird Isaak angetraut. Auch hier muß die Nachkommenschaft lange Zeit erwartet werden. Erst nach einigen Prüfungsjahren wird Rebecca gesegnet, und derselbe Zwiespalt, der in Abrahams Doppelehe von zwei Müttern entstand, entspringt hier von einer. Zwei Knaben von entgegengesetztem Sinne balgen sich schon unter dem Herzen der Mutter. Sie treten ans Licht: der ältere lebhaft und mächtig, der jüngere zart und klug; jener wird des Vaters, dieser

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simbolicamente possesso della terra di Canaan. Ha biso­ gno di un sepolcro, e per la prima volta si guarda intorno con l’intenzione di acquistare una proprietà su questa terra. Forse già prima si era scelto una grotta con due vani vici­ no alle querce di Mamre, ora la compra insieme al campo confinante e le formalità legali che osserva per l’acquisto mostrano quanto quella proprietà fosse importante per lui. E lo era davvero, forse anche più di quanto immaginava, perché lì avrebbe riposato anche lui, | e i suoi figli e i fi­ gli dei suoi figli; da lì sarebbe partita la rivendicazione del possesso dell’intero paese, e da lì trae il suo più profondo fondamento la tendenza della sua innumerevole progenie a riunirsi in quel luogo. Da quel momento in poi si susseguono diversi quadretti familiari. Abramo continua a non mescolarsi con gli abitan­ ti del luogo, e se Ismaele, il figlio della sua schiava egizia­ na, si sposa con una donna del posto, Isacco deve invece sposare una donna della sua stirpe e del suo sangue. Abramo manda il suo servo in Mesopotamia dai parenti che erano rimasti là. L’astuto Eleazaro arriva senza farsi riconoscere e per portare a casa la sposa più adatta, met­ te alla prova la gentilezza delle ragazze vicino al pozzo. Chiede da bere per sé, e Rebecca dà da bere anche ai suoi cammelli senza esserne richiesta. Egli le offre doni e chiede la sua mano, che non viene rifiutata. Così la conduce a casa dal suo padrone e viene data in moglie a Isacco. Anche in questo caso l’erede si fa attendere a lungo, perché solo dopo alcuni anni di prove Rebecca viene benedetta, ma lo stesso dissidio che era sorto per le due madri in casa di Abramo, nasce qui da una sola. Due bambini di carattere opposto li­ tigano infatti già nel grembo della madre. Vengono al mon­ do: il primo forte e robusto, il secondo più delicato e intelli­ gente; l’uno è il prediletto del padre, l’altro della madre. La

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der Mutter Liebling. Der Streit um den Vorrang, der schon bei der Ge­ burt beginnt, setzt sich immer fort. Esau ist ruhig und gleichgültig über die Erstgeburt, die ihm das Schicksal zugeteilt; Jakob vergißt nicht, daß ihn sein Bruder zurückgedrängt. Aufmerksam auf jede Gelegen­ heit den erwünschten Vorteil zu gewinnen, handelt er seinem Bruder das Recht der Erstgeburt ab, und bevorteilt ihn um des Vaters Segen. Esau ergrimmt und schwört dem Bruder den Tod, Jakob entflieht, um in dem Lande seiner Vorfahren sein Glück zu versuchen. Nun, zum ersten Mal in einer so edlen Familie erscheint ein Glied, das kein Bedenken trägt, durch Klugheit und | List die Vorteile zu er­ langen, welche Natur und Zustände ihm versagten. Es ist oft genug bemerkt und ausgesprochen worden, daß die heiligen Schriften uns jene Erzväter und andere von Gott begünstigte Männer keineswegs als Tugendbilder aufstellen wollen. Auch sie sind Menschen von den verschiedensten Charaktern, mit mancherlei Mängeln und Gebrechen; aber eine Haupteigenschaft darf solchen Männern nach dem Herzen Gottes nicht fehlen: es ist der unerschütterliche Glaube, daß Gott sich ihrer und der Ihrigen besonders annehme. Die allgemeine, die natürliche Religion bedarf eigentlich keines Glaubens: denn die Überzeugung, daß ein großes, hervorbringendes, ordnendes und leitendes Wesen sich gleichsam hinter der Natur ver­ berge, um sich uns faßlich zu machen, eine solche Überzeugung dringt sich einem Jeden auf; ja wenn er auch den Faden derselben, der ihn durchs Leben führt, manchmal fahren ließe, so wird er ihn doch gleich und überall wieder aufnehmen können. Ganz anders verhält sich’s mit der besondern Religion, die uns verkündigt, daß jenes große Wesen sich eines Einzelnen, eines Stammes, eines Volkes, einer Landschaft entschieden und vorzüglich annehme. Diese Religion ist auf den Glau­ ben gegründet, der unerschütterlich sein muß, wenn er nicht sogleich von Grund aus zerstört werden soll. Jeder Zweifel gegen eine solche Religion ist ihr tödlich. Zur Überzeugung kann man zurückkehren, aber nicht zum Glauben. Daher die unendlichen Prüfungen, das Zau­

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lotta per la primogenitura, iniziata con la nascita, prosegue. Esau è tranquillo e indifferente alla primogenitura che il de­ stino gli ha concesso; Giacobbe invece non dimentica che il fratello lo aveva ricacciato indietro. Pronto a cogliere ogni occasione per riguadagnarsi l’ambito privilegio, contratta con il fratello il diritto alla primogenitura e si accaparra la benedizione del padre. Esau si adira e giura di uccidere il fratello, Giacobbe fugge per cercare fortuna nella terra dei suoi padri. Per la prima volta, in una famiglia così nobile, uno dei suoi membri non si fa scrupolo a guadagnarsi con l’astuzia e | con l’inganno quei privilegi che la natura e la sua con­ dizione gli hanno negato. Fin troppe volte è stato osserva­ to e dichiarato che le Sacre Scritture non vogliono affatto istituire come modello di virtù i patriarchi o altri prediletti da Dio. Anche loro sono uomini dai temperamenti più di­ sparati, con difetti e pecche di ogni tipo, ma una caratteri­ stica fondamentale non manca mai a quegli uomini amati da Dio: la certezza incrollabile che Dio è con loro e con la loro stirpe. La religione naturale e universale non ha alcun bisogno della fede perché la convinzione che dietro la natura si na­ sconda un essere superiore che crea, regola e governa, per rendersi intelligibile a noi, è di per sé evidente a ciascuno; e sebbene qualche volta si perda il filo che ci guida nel corso della vita, lo si può riprendere subito e dovunque. Ben diver­ sa è la religione particolare, che ci annuncia che quell’essere superiore ha scelto e si prende cura di un singolo, di una tribù, un popolo, una terra. Questa religione è fondata su una fede che deve essere incrollabile, altrimenti sarebbe subi­ to annientata completamente. Per una religione del genere, ogni dubbio è fatale. Alla convinzione si può ritornare, alla fede no. Per questo le infinite prove, l’indugio nel mandare

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dern der Erfüllung so wiederholter Verheißungen, wodurch die Glau­ bensfähigkeit jener Ahnherren ins hellste Licht gesetzt wird. Auch in diesem Glauben tritt Jakob seinen Zug an, und wenn er durch List und Betrug unsere Neigung nicht erworben hat, so gewinnt er sie durch die dauernde und unverbrüchliche Liebe zu Rahel, um die er selbst aus dem Stegreife wirbt, wie Eleasar für seinen Vater um Rebecca geworben hatte. In ihm sollte sich die Verheißung eines uner­ meßlichen Volkes zuerst vollkommen entfalten; er | sollte viele Söhne um sich sehen, aber auch durch sie und ihre Mütter manches Herzeleid erleben. Sieben Jahre dient er um die Geliebte, ohne Ungeduld und ohne Wanken. Sein Schwiegervater, ihm gleich an List, gesinnt wie er, um jedes Mittel zum Zweck für rechtmäßig zu halten, betriegt ihn, vergilt ihm was er an seinem Bruder getan: Jakob findet eine Gattin, die er nicht liebt, in seinen Armen. Zwar, um ihn zu besänftigen, gibt La­ ban nach kurzer Zeit ihm die geliebte dazu, aber unter der Bedingung sieben neuer Dienstjahre; und so entspringt nun Verdruß aus Verdruß. Die nicht geliebte Gattin ist fruchtbar, die geliebte bringt keine Kinder; diese will wie Sara durch eine Magd Mutter werden, jene mißgönnt ihr auch diesen Vorteil. Auch sie führt ihrem Gatten eine Magd zu, und nun ist der gute Erzvater der geplagteste Mann von der Welt: Vier Frau­ en, Kinder von dreien, und keins von der geliebten! Endlich wird auch diese beglückt, und Joseph kommt zur Welt, ein Spätling der leiden­ schaftlichsten Liebe. Jakobs vierzehn Dienstjahre sind um; aber Laban will in ihm den ersten treusten Knecht nicht entbehren. Sie schließen neue Bedingungen und teilen sich in die Herden. Laban behält die von weißer Farbe, als die der Mehrzahl; die scheckigen, gleichsam nur den Ausschuß, läßt sich Jakob gefallen. Dieser weiß aber auch hier seinen Vorteil zu wahren, und wie er durch ein schlechtes Gericht die Erstge­

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a compimento le ripetute promesse, che fanno apparire la forza della fede di quegli avi nella luce più fulgida. Nella fede Giacobbe segue questa scia, e anche se non si è conquistato il nostro favore per la sua astuzia e l’in­ ganno, se lo conquista per l’amore costante e fedele verso la sua sposa Rachele che chiede in moglie senza riflettere, proprio come Eleazaro aveva fatto per Rebecca, la moglie di suo padre. In lui doveva realizzarsi per la prima volta la promessa di un popolo innumerevole: | avrebbe avuto tanti figli intorno a sé, ma patito anche molti dispiaceri a causa loro e delle loro madri. Per sette anni presta servizio per ottenere la sposa amata, senza spazientirsi e senza incertezze. Il suocero, suo pari in fatto di astuzia, pronto come lui a usare qualsiasi mezzo per raggiungere lo scopo, lo inganna vendicando il torto che egli aveva fatto al fratello: Giacobbe si ritrova nel letto una sposa che non ama. Per rabbonirlo, Labano dopo qualche tempo gli concede anche colei che ama, ma in cambio di altri sette anni di servizio, e così il rancore si aggiunge al rancore. La sposa non amata è feconda, quella amata no; allora vorrebbe, come Sara, diventare madre attraverso la schiava, ma la prima le nega anche quel diritto. Anche lei porta dal marito la sua serva, e così il buon patriarca è l’uo­ mo più tormentato del mondo: quattro mogli, figli da tre di loro, ma non dall’amata! Finalmente anche questa viene benedetta e viene al mondo Giuseppe, frutto tardivo dell’a­ more più puro. I quattordici anni di servizio di Giacobbe sono terminati, ma Labano non vuole perdere il migliore e più fedele tra i suoi servi. Stringono un nuovo patto e si dividono gli armenti; Labano tiene per sé i capi bianchi, la maggior parte, mentre Giacobbe si accontenta di quelli pezzati, considerati di scarto, ma egli sa curare il proprio interesse e così come era riuscito a guadagnarsi la primoge­

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burt, und durch eine Vermummung den väterlichen Segen gewonnen, so versteht er nun durch Kunst und Sympathie den besten und größten Teil der Herde sich zuzueignen, und wird auch von dieser Seite der wahrhaft würdige Stammvater des Volkes Israel und ein Musterbild für seine Nachkommen. Laban und die Seinigen bemerken wo nicht das Kunststück doch den Erfolg. Es gibt Verdruß; Jakob flieht mit allen den Seinigen, mit aller Habe, und entkommt dem nachsetzenden Laban teils durch Glück, teils durch List. Nun soll ihm Rahel noch einen Sohn schenken; sie stirbt aber in der Geburt: der Schmerzensohn Benjamin überlebt sie, aber noch größern Schmerz soll der Altvater | bei dem an­ scheinenden Verlust seines Sohnes Joseph empfinden. Vielleicht möchte Jemand fragen, warum ich diese allgemein bekann­ ten, so oft wiederholten und ausgelegten Geschichten hier abermals umständlich vortrage. Diesem dürfte zur Antwort dienen, daß ich auf keine andere Weise darzustellen wüßte, wie ich bei meinem zerstreu­ ten Leben, bei meinem zerstückelten Lernen, dennoch meinen Geist, meine Gefühle auf einen Punkt zu einer stillen Wirkung versammelte; weil ich auf keine andere Weise den Frieden zu schildern vermöchte, der mich umgab, wenn es auch draußen noch so wild und wunderlich herging. Wenn eine stets geschäftige Einbildungskraft, wovon jenes Märchen ein Zeugnis ablegen mag, mich bald da bald dorthin führte, wenn das Gemisch von Fabel und Geschichte, Mythologie und Religi­ on mich zu verwirren drohte; so flüchtete ich gern nach jenen morgen­ ländischen Gegenden, ich versenkte mich in die ersten Bücher Mosis, und fand mich dort unter den ausgebreiteten Hirtenstämmen zugleich in der größten Einsamkeit und in der größten Gesellschaft. Diese Familienauftritte, ehe sie sich in eine Geschichte des israeli­ tischen Volks verlieren sollten, lassen uns nun zum Schluß noch eine Gestalt sehen, an der sich besonders die Jugend mit Hoffnungen und

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nitura con un cibo di poco valore e la benedizione del padre con un travestimento, riesce ora ad accaparrarsi la maggior parte del bestiame con un trucco basato sulla simpatia na­ turale. Anche da questo punto di vista diventa un patriarca davvero degno del popolo di Israele e un modello per i suoi discendenti. Labano e i suoi non capiscono il trucco ma ne vedono bene gli effetti; c’è rabbia, Giacobbe fugge con la famiglia e tutti i suoi averi e riesce un po’ per astuzia, un po’ per fortuna a sfuggire a Labano che lo insegue. Ora Rachele deve regalargli un altro figlio, ma muore di parto: Beniami­ no, il figlio dei suoi dolori, le sopravvive, ma un dolore an­ cora più grande attende il patriarca | per la presunta perdita del figlio Giuseppe. Forse qualcuno si chiederà perché racconti di nuovo nei dettagli queste storie universalmente note, ripetute e com­ mentate così spesso. Potrei rispondere che non saprei spie­ gare in altro modo come riuscissi, nonostante vivessi alla giornata e studiassi in modo così frammentario, a concen­ trare su un unico punto lo spirito e i sentimenti, per facilitar­ ne l’azione silenziosa; non saprei infatti descrivere in altro modo la pace che mi circondava anche quando fuori tutto era confuso e sconcertante. Quando una fantasia sempre all’opera, di cui quella fiaba ha offerto una testimonianza158, mi conduceva ora qui, ora là, quando un miscuglio di fiaba e storia, mitologia e religione minacciava di soffocarmi, mi rifugiavo volentieri in quelle terre d’Oriente, mi sprofon­ davo nei libri del Pentateuco e in mezzo a quelle tribù di pastori disperse mi ritrovavo nella più assoluta solitudine e nella più nobile compagnia. Prima di perdersi nella storia del popolo di Israele, quel­ le scene familiari fanno emergere ancora una figura che sol­ lecita molto la speranza e la fantasia, soprattutto nei giova­

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Einbildungen gar artig schmeicheln kann: Joseph, das Kind der leiden­ schaftlichsten ehelichen Liebe. Ruhig erscheint er uns und klar, und prophezeit sich selbst die Vorzüge, die ihn über seine Familie erhe­ ben sollten. Durch seine Geschwister ins Unglück gestoßen, bleibt er standhaft und rechtlich in der Sklaverei, widersteht den gefährlichsten Versuchungen, rettet sich durch Weissagung, und wird zu hohen Ehren nach Verdienst erhoben. Erst zeigt er sich einem großen Königreiche, sodann den Seinigen hülfreich und nützlich. Er gleicht seinem Urvater Abraham an Ruhe und Großheit, seinem Großvater Isaak an Stille und Ergebenheit. Den von seinem Vater ihm angestammten Gewerbsinn übt er im | Großen: es sind nicht mehr Herden, die man einem Schwie­ gervater, die man für sich selbst gewinnt, es sind Völker mit allen ihren Besitzungen, die man für einen König einzuhandlen versteht. Höchst anmutig ist diese natürliche Erzählung, nur erscheint sie zu kurz, und man fühlt sich berufen, sie ins Einzelne auszumalen. Ein solches Ausmalen biblischer, nur im Umriß angegebener Cha­ raktere und Begebenheiten war den Deutschen nicht mehr fremd. Die Personen des alten und neuen Testaments hatten durch Klopstock ein zartes und gefühlvolles Wesen gewonnen, das dem Knaben so wie vielen seiner Zeitgenossen höchlich zusagte. Von den Bodmerischen Arbeiten dieser Art kam wenig oder nichts zu ihm; aber Daniel in der Löwengrube, von Moser, machte große Wirkung auf das junge Ge­ müt. Hier gelangt ein wohldenkender Geschäfts- und Hofmann durch mancherlei Trübsale zu hohen Ehren, und seine Frömmigkeit, durch die man ihn zu verderben drohte, ward früher und später sein Schild und seine Waffe. Die Geschichte Josephs zu bearbeiten war mir lange schon wünschenswert gewesen; allein ich konnte mit der Form nicht zurecht kommen, besonders da mir keine Versart geläufig war, die zu einer solchen Arbeit gepaßt hätte. Aber nun fand ich eine prosaische Behandlung sehr bequem und legte mich mit aller Gewalt auf die Be­

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ni: Giuseppe, figlio dell’amore coniugale più appassionato. Ci appare quieto e limpido, mentre profetizza a se stesso il privilegio che lo innalzerà al di sopra della sua famiglia. Precipitato dai suoi fratelli nella sventura, si mantiene saldo e retto anche in schiavitù, resiste alle tentazioni più peri­ colose, si salva grazie alle profezie e viene meritatamente innalzato a tutti gli onori. Si dimostra utile e sollecito prima verso un grande regno, poi verso i suoi. In quanto a paca­ tezza e grandezza assomiglia al suo avo Abramo, al nonno Isacco in quanto a pazienza e docilità. L’abilità negli affari ereditata dal padre viene messa in pratica su | larga scala: non si tratta più di armenti che si conquistano per sé, sottra­ endoli a un suocero, ma di popoli con tutti i loro averi che si conquistano per un re. Quel racconto narrato in modo così naturale è affascinante, solo che ci sembra troppo breve e ci si sente indotti a descriverlo più nei dettagli. Una tale narrazione particolareggiata di fatti e personag­ gi, tratteggiati nella Bibbia solo velocemente, non era sco­ nosciuta ai tedeschi. I protagonisti dell’Antico e del Nuovo Testamento avevano acquistato grazie a Klopstock un’es­ senza dolce e piena di sentimento159, che da ragazzo piace­ va moltissimo a me e a molti dei miei coetanei. Dei lavori di Bodmer di questo stesso genere160 recepii poco o nulla, mentre Daniele nella fossa dei leoni di Moser impressionò molto la giovane mente161. In quest’opera un funzionario e cortigiano onesto assurge a grandi onori passando attraver­ so grandi tribolazioni, ma la sua fede, che avevano cercato di usare per rovinarlo, rimane sia prima che dopo il suo scudo e la sua arma. Già da tempo desideravo rielaborare la storia di Giuseppe ma non sapevo decidermi sulla forma, soprattutto perché non conoscevo una forma metrica che fosse adatta a un lavoro del genere. A quel punto invece mi parve del tutto confacente una trattazione in prosa e mi

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arbeitung. Nun suchte ich die Charaktere zu sondern und auszumalen, und durch Einschaltung von Inzidenzien und Episoden die alte einfa­ che Geschichte zu einem neuen und selbständigen Werke zu machen. Ich bedachte nicht, was freilich die Jugend nicht bedenken kann, daß hiezu ein Gehalt nötig sei, und daß dieser uns nur durch das Gewahr­ werden der Erfahrung selbst entspringen könne. Genug, ich vergegen­ wärtigte mir alle Begebenheiten bis ins kleinste Detail, und erzählte sie mir der Reihe nach auf das genauste. Was mir diese Arbeit sehr erleichterte, war ein Umstand, der dieses Werk und überhaupt meine Autorschaft höchst voluminos zu machen drohte. Ein junger Mann von vielen | Fähigkeiten, der aber durch An­ strengung und Dünkel blödsinnig geworden war, wohnte als Mündel in meines Vaters Hause, lebte ruhig mit der Familie und war sehr still und in sich gekehrt, und wenn man ihn auf seine gewohnte Weise ver­ fahren ließ, zufrieden und gefällig. Dieser hatte seine akademischen Hefte mit großer Sorgfalt geschrieben, und sich eine flüchtige leser­ liche Hand erworben. Er beschäftigte sich am liebsten mit Schreiben, und sah es gern, wenn man ihm etwas zu kopieren gab; noch lieber aber, wenn man ihm diktierte, weil er sich alsdann in seine glücklichen akademischen Jahre versetzt fühlte. Meinem Vater, der keine expedite Hand schrieb, und dessen deutsche Schrift klein und zittrig war, konnte nichts erwünschter sein, und er pflegte daher, bei Besorgung eigner so­ wohl als fremder Geschäfte, diesem jungen Manne gewöhnlich einige Stunden des Tags zu diktieren. Ich fand es nicht minder bequem, in der Zwischenzeit alles was mir flüchtig durch den Kopf ging von einer fremden Hand auf dem Papier fixiert zu sehen, und meine Erfindungsund Nachahmungsgabe wuchs mit der Leichtigkeit des Auffassens und Aufbewahrens. Ein so großes Werk als jenes biblische prosaisch-epische Gedicht hatte ich noch nicht unternommen. Es war eben eine ziemlich ruhige Zeit, und nichts rief meine Einbildungskraft aus Palästina und Ägyp­ ten zurück. So quoll mein Manuskript täglich um so mehr auf, als das Gedicht streckenweise, wie ich es mir selbst gleichsam in die Luft er­

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buttai di gran lena nel lavoro. Cercai di isolare e defini­ re i personaggi e inserii altri episodi e avventure per fare dell’antica, semplice storia un’opera nuova e indipendente. Come sempre fanno i giovani, non considerai che per far ciò era necessario un contenuto e che questo può scaturire solo dalla consapevolezza dell’esperienza. Comunque mi rappresentai i fatti fin nei minimi dettagli e li raccontavo a me stesso con precisione seguendone il filo. A facilitare molto il mio lavoro fu una circostanza che minacciò di far espandere a dismisura quell’opera e, in ge­ nerale, la mia attività di scrittore. Mio padre era diventato tutore di un giovanotto di grandi | capacità che però per lo sforzo eccessivo e l’ambizione aveva perso il senno; abita­ va in casa nostra, viveva tranquillo con la famiglia, silen­ zioso e chiuso in se stesso e, se lo si lasciava in pace, con­ tento e servizievole162. All’università prendeva appunti con grande cura e aveva imparato a scrivere con mano veloce e ben leggibile. La sua occupazione preferita era scrivere, ed era contento se gli si dava qualcosa da copiare; ancora di più se gli si dettava, perché gli pareva di tornare agli anni felici dell’università. Mio padre, che non aveva una scrit­ tura sciolta e la cui grafia era piccola e incerta, non poteva trovare di meglio e così per alcune ore al giorno dettava al giovane la sua corrispondenza personale e d’affari. Io trovai altrettanto comodo, nel frattempo, veder fissato sulla carta da una mano esterna tutto quello che mi passava per la testa, e la facilità dello scrivere e conservare favorì la mia propen­ sione a inventare e imitare. Non mi ero ancora cimentato in un’opera tanto ampia come un poema epico biblico in prosa. Era un periodo ab­ bastanza tranquillo e nulla distoglieva la mia fantasia dalla Palestina e dall’Egitto; così il mio manoscritto cresceva di giorno in giorno perché le varie parti del poema, man mano

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zählte, auf dem Papier stand, und nur wenige Blätter von Zeit zu Zeit umgeschrieben zu werden brauchten. Als das Werk fertig war: denn es kam zu meiner eignen Verwun­ derung wirklich zu Stande; bedachte ich, daß von den vorigen Jahren mancherlei Gedichte vorhanden seien, die mir auch jetzt nicht verwerf­ lich schienen, welche in ein Format mit Joseph zusammengeschrieben, einen ganz artigen Quartband ausmachen würden, dem man den Titel vermischte Gedichte geben könnte; welches mir sehr wohl gefiel, weil ich dadurch im Stillen bekannte und berühmte | Autoren nachzuahmen Gelegenheit fand. Ich hatte eine gute Anzahl sogenannter anakreonti­ scher Gedichte verfertigt, die mir wegen der Bequemlichkeit des Syl­ benmaßes und der Leichtigkeit des Inhalts sehr wohl von der Hand gingen. Allein diese durfte ich nicht wohl aufnehmen, weil sie keine Reime hatten, und ich doch vor allem meinem Vater etwas Angeneh­ mes zu erzeigen wünschte. Destomehr schienen mir geistliche Oden hier am Platz, dergleichen ich zur Nachahmung des jüngsten Gerichts von Elias Schlegel sehr eifrig versucht hatte. Eine zur Feier der Höl­ lenfahrt Christi geschriebene erhielt von meinen Eltern und Freunden viel Beifall, und sie hatte das Glück mir selbst noch einige Jahre zu ge­ fallen. Die sogenannten Texte der sonntägigen Kirchenmusiken, wel­ che jedesmal gedruckt zu haben waren, studierte ich fleißig. Sie waren freilich sehr schwach, und ich durfte wohl glauben, daß die meinigen, deren ich mehrere nach der vorgeschriebenen Art verfertigt hatte, eben so gut verdienten komponiert und zur Erbauung der Gemeinde vorge­ tragen zu werden. Diese und mehrere dergleichen hatte ich seit länger als einem Jahre mit eigener Hand abgeschrieben, weil ich durch die­ se Privatübung von den Vorschriften des Schreibemeisters entbunden wurde. Nunmehr aber ward alles redigiert und in gute Ordnung ge­ stellt, und es bedurfte keines großen Zuredens, um solche von jenem schreibelustigen jungen Manne reinlich abgeschrieben zu sehen. Ich eilte damit zum Buchbinder, als ich gar bald den saubern Band meinem Vater überreichte, munterte er mich mit besonderm Wohlgefallen auf,

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che le recitavo ad alta voce, le ritrovavo subito sulla carta, e solo qualche foglio, di tanto in tanto, doveva venire riscritto. Quando l’opera fu completata163 – perché con mia gran­ de sorpresa riuscii a completarla – mi venne in mente che avevo anche delle poesie scritte negli anni precedenti che anche adesso non mi sembravano proprio da buttare; tra­ scritte insieme a Giuseppe in uno stesso formato, avrebbe­ ro dato un bel volumetto in quarto a cui si sarebbe potuto dare il titolo Poesie sparse; l’idea mi piacque molto, perché così ebbi l’occasione per imitare | di nascosto autori più o meno famosi. Avevo scritto un discreto numero di poesie cosiddette anacreontiche, che avevo composto con disin­ voltura sia per la facilità del metro, sia per la semplicità del contenuto164. Non potevo però inserirle nel volume perché non erano in rima e io desideravo soprattutto far piacere a mio padre. Mi sembrarono quindi più adatte odi spirituali come quelle che avevo composto imitando con impegno il Giudizio universale di Elias Schlegel165. Una l’avevo scritta per la solennità della discesa di Cristo agli Inferi: era sta­ ta molto apprezzata da amici e genitori ed ebbe la fortuna di piacere anche a me per alcuni anni166. Studiavo con at­ tenzione anche i testi della cosiddetta musica sacra per la domenica, che era facile trovare stampati. Erano in effetti piuttosto scadenti e mi diedero motivo di credere che an­ che i miei, che avevo scritto in quantità seguendo lo stesso schema, avrebbero ben meritato di essere musicati e cantati a edificazione della comunità. Questi e molti altri li avevo già trascritti di mio pugno più di un anno prima, perché quell’esercizio privato mi dispensava dalla lezione di cal­ ligrafia. Ora dunque tutto fu rivisto e disposto nel giusto ordine, e non ci volle molto per convincere quel giovanot­ to così amante della scrittura a trascriverlo in bella copia. Corsi poi dal rilegatore, e quando porsi a mio padre il bel

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alle Jahre einen solchen Quartanten zu liefern; welches er mit desto größerer Überzeugung tat, als ich das alles nur in so genannten Neben­ stunden geleistet hatte. Noch ein anderer Umstand vermehrte den Hang zu diesen theologi­ schen, oder vielmehr biblischen Studien. Der Senior des Ministeriums, Johann Philipp Fresenius, ein sanfter Mann, von schönem gefälligen Ansehen, welcher von seiner Gemeinde ja von der ganzen Stadt als ein exemplarischer Geistlicher und guter Kanzelredner verehrt ward, der | aber, weil er gegen die Herrnhuter aufgetreten, bei den abgeson­ derten Frommen nicht im besten Ruf stand, vor der Menge hingegen sich durch die Bekehrung eines bis zum Tode blessierten freigeisti­ schen Generals berühmt und gleichsam heilig gemacht hatte, dieser starb, und sein Nachfolger Plitt, ein großer schöner würdiger Mann, der jedoch vom Katheder (er war Professor in Marpurg gewesen) mehr die Gabe zu lehren als zu erbauen mitgebracht hatte, kündigte sogleich eine Art von Religions-Kursus an, dem er seine Predigten in einem ge­ wissen methodischen Zusammenhang widmen wolle. Schon früher, da ich doch einmal in die Kirche gehen mußte, hatte ich mir die Einteilung gemerkt, und konnte dann und wann mit ziemlich vollständiger Rezita­ tion einer Predigt großtun. Da nun über den neuen Senior manches für und wider in der Gemeine gesprochen wurde, und viele kein sonder­ liches Zutrauen in seine angekündigten didaktischen Predigten setzen wollten; so nahm ich mir vor sorgfältiger nachzuschreiben, welches mir um so eher gelang, als ich auf einem zum Hören sehr bequemen, übrigens aber verborgenen Sitz schon geringere Versuche gemacht hat­ te. Ich war höchst aufmerksam und behend; in dem Augenblick daß er Amen sagte, eilte ich aus der Kirche und wendete ein paar Stunden daran, das was ich auf dem Papier und im Gedächtnis fixiert hatte, eilig zu diktieren, so daß ich die geschriebene Predigt noch vor Tische über­ reichen konnte. Mein Vater war sehr glorios über dieses Gelingen, und der gute Hausfreund, der eben zu Tische kam, mußte die Freude teilen. Dieser war mir ohnehin höchst günstig, weil ich mir seinen Messias so

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volumetto rilegato mi incoraggiò con particolare calore a produrne uno ogni anno – e lo disse con assoluta convinzio­ ne, visto che avevo fatto tutto nelle cosiddette ore libere167. Un’altra circostanza favorì la mia passione per gli studi teologici o piuttosto biblici. Morì Johann Philipp Fresenius, il decano dei predicatori: era un uomo dolce, di aspetto gra­ devole, onorato dalla sua comunità e dalla città intera come ecclesiastico esemplare e buon predicatore che però | non era molto amato dai gruppi dei ‘devoti’ perché aveva preso posizione contro la Comunità dei fratelli, mentre era cele­ bre e addirittura venerato dal popolo per aver convertito un generale libertino in punto di morte168. Plitt, il suo successo­ re, un uomo alto e dignitoso che aveva però portato con sé dalla cattedra (era stato professore a Marburg)169 la capacità di insegnare più che di edificare, annunciò subito una sorta di corso di religione, che avrebbe sviluppato in modo siste­ matico durante i sermoni. Già da molto tempo, visto che in chiesa dovevo andarci comunque, avevo memorizzato la struttura della predica e ogni tanto mi pavoneggiavo nel ri­ peterne una con recitazione enfatica. Ora, nella comunità le opinioni sul nuovo predicatore erano molto discordi e molti non avevano particolare fiducia nei suoi sermoni didattici; dal canto mio, mi riproposi di prendere appunti con dili­ genza, e la cosa mi fu facile perché avevo già fatto piccoli esperimenti trovando un posto molto comodo per ascoltare, stando allo stesso tempo nascosto. Fui molto attento e svel­ to; nell’attimo in cui disse «Amen» corsi fuori dalla chiesa e dedicai un paio d’ore a dettare velocemente quello che avevo fissato sulla carta e nella memoria, tanto che prima di andare a tavola potei presentare la predica scritta. Mio padre ne fu orgogliosissimo e il solito amico di famiglia, ar­ rivato in quel momento per il pranzo, dovette condividerne la gioia. Costui mi aveva in grande simpatia perché mi ero

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zu eigen gemacht hatte, daß ich ihm, bei meinen öftern Besuchen, um Siegelabdrücke für meine Wappensammlung zu holen, große Stellen davon vortragen konnte, so daß ihm die Tränen in den Augen standen. Den nächsten Sonntag setzte ich die Arbeit mit gleichem Eifer fort, und weil mich der Mechanismus derselben sogar unterhielt, so dachte ich nicht nach über das was ich schrieb und aufbewahrte. Das erste Vierteljahr mochten sich diese | Bemühungen ziemlich gleich bleiben; als ich aber zuletzt, nach meinem Dünkel, weder besondere Aufklä­ rung über die Bibel selbst, noch eine freiere Ansicht des Dogma’s zu finden glaubte: so schien mir die kleine Eitelkeit die dabei befriedigt wurde, zu teuer erkauft, als daß ich mit gleichem Eifer das Geschäft hätte fortsetzen sollen. Die erst so blätterreichen Kanzelreden wurden immer magerer, und ich hätte zuletzt diese Bemühung ganz abgebro­ chen, wenn nicht mein Vater, der ein Freund der Vollständigkeit war, mich durch gute Worte und Versprechungen dahin gebracht, daß ich bis auf den letzten Sonntag Trinitatis aushielt, obgleich am Schlusse kaum etwas mehr als der Text, die Proposition und die Einteilung auf kleine Blätter verzeichnet wurden. Was das Vollbringen betrifft, darin hatte mein Vater eine besonde­ re Hartnäckigkeit. Was einmal unternommen ward, sollte ausgeführt werden, und wenn auch inzwischen das Unbequeme, Langweilige, Verdrießliche, ja Unnütze des Begonnenen sich deutlich offenbarte. Es schien, als wenn ihm das Vollbringen der einzige Zweck, das Behar­ ren die einzige Tugend deuchte. Hatten wir in langen Winterabenden im Familienkreise ein Buch angefangen vorzulesen, so mußten wir es auch durchbringen, wenn wir gleich sämtlich dabei verzweifelten, und er mitunter selbst der erste war, der zu gähnen anfing. Ich erinnere mich noch eines solchen Winters, wo wir Bowers Geschichte der Päbs­ te so durchzuarbeiten hatten. Es war ein fürchterlicher Zustand, indem wenig oder nichts was in jenen kirchlichen Verhältnissen vorkommt, Kinder und junge Leute ansprechen kann. Indessen ist mir bei aller Unachtsamkeit und allem Widerwillen doch von jener Vorlesung so­

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così appassionato al suo Messia che durante le mie frequen­ ti visite, quando andavo a ritirare le impronte dei sigilli per la mia collezione di stemmi araldici, gliene recitavo lunghi brani facendogli venire le lacrime agli occhi. La domenica seguente proseguii il mio lavoro con altret­ tanto zelo, e poiché il meccanismo della cosa mi divertiva, non riflettevo su ciò che scrivevo e ricopiavo. Per un trime­ stre il mio | impegno rimase costante, ma quando poi per presunzione pensai di non ricavarne più alcun particolare chiarimento sulla Bibbia in sé, e nemmeno una visione più aperta dei dogmi, il prezzo per soddisfare la mia piccola va­ nità mi sembrò troppo alto per proseguire il lavoro con im­ mutato zelo. Le prediche che all’inizio occupavano pagine su pagine divennero sempre più striminzite e avrei smesso del tutto se mio padre, che era un fanatico della completez­ za, non mi avesse convinto con promesse e buone parole a continuare fino all’ultima domenica dopo la festa della Tri­ nità170, sebbene alla fine riportassi soltanto il tema, il nucleo centrale e la struttura su dei foglietti. Che si dovessero fare le cose fino in fondo era una fissa­ zione di mio padre. Ciò che si era iniziato andava condotto a termine, anche se nel frattempo il lavoro iniziato si fosse rivelato fastidioso, noioso, irritante, magari persino inutile; era come se completare le cose fosse il suo unico scopo, la costanza l’unica vera virtù. Se nelle lunghe serate d’inverno in famiglia avevamo iniziato a leggere ad alta voce un libro, dovevamo comunque finirlo anche se tutti lo trovavamo de­ primente e lui era il primo che iniziava a sbadigliare. Mi ricordo ancora uno di quegli inverni, quando ci toccò leg­ gere tutta la Storia dei Papi del Bower171. Era una situazio­ ne tremenda, perché niente di quelle vicende ecclesiastiche poteva interessare anche minimamente bambini e giovani; allo stesso tempo, nonostante la distrazione e la mala vo­

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viel geblieben, daß ich in späteren Zeiten manches daranzuknüpfen im Stande war. Bei allen diesen fremdartigen Beschäftigungen und Arbeiten, die so schnell auf einander folgten, daß man sich kaum besinnen konnte, ob sie zulässig und nützlich wären, verlor mein Vater seinen Hauptzweck nicht aus den Augen. | Er suchte mein Gedächtnis, meine Gabe etwas zu fassen und zu kombinieren, auf juristische Gegenstände zu lenken, und gab mir daher ein kleines Buch, in Gestalt eines Katechismus, von Hopp, nach Form und Inhalt der Institutionen gearbeitet, in die Hände. Ich lernte Fragen und Antworten bald auswendig, und konnte sogut den Katecheten als den Katechumenen vorstellen; und wie bei dem damaligen Religionsunterricht eine der Hauptübungen war, daß man auf das behendeste in der Bibel aufschlagen lernte, so wurde auch hier eine gleiche Bekanntschaft mit dem Corpus Juris für nötig befunden, worin ich auch bald auf das vollkommenste bewandert war. Mein Vater wollte weiter gehen, und der kleine Struve ward vorgenommen; aber hier ging es nicht so rasch. Die Form des Buches war für den Anfänger nicht so günstig, daß er sich selbst hätte aushelfen können, und mei­ nes Vaters Art zu dozieren nicht so liberal, daß sie mich angesprochen hätte. Nicht allein durch die kriegerischen Zustände, in denen wir uns seit einigen Jahren befanden, sondern auch durch das bürgerliche Leben selbst, durch Lesen von Geschichten und Romanen, war es uns nur allzu deutlich, daß es sehr viele Fälle gebe, in welchen die Gesetze schweigen und dem Einzelnen nicht zu Hülfe kommen, der dann sehen mag, wie er sich aus der Sache zieht. Wir waren nun heran gewach­ sen, und dem Schlendriane nach sollten wir auch neben andern Dingen fechten und reiten lernen, um uns gelegentlich unserer Haut zu weh­ ren, und zu Pferde kein schülerhaftes Ansehn zu haben. Was den ersten Punkt betrifft, so war uns eine solche Übung sehr angenehm: denn wir hatten uns schon längst Haurapiere von Haselstöcken, mit Körben von

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glia, ho trattenuto abbastanza da quelle letture da potermici poi riallacciare molti anni dopo. Nonostante gli svariati lavori e occupazioni che si susse­ guivano tanto velocemente da non avere quasi il tempo di riflettere se fossero sensati o utili, mio padre non perse di vi­ sta il suo scopo principale. | Cercava in un certo qual modo di indirizzare verso temi giuridici la mia memoria e la mia attitudine a comprendere e associare, e mi diede in mano un manualetto di Hoppe, una specie di catechismo organizzato per forma e contenuto sul modello delle Istituzioni172. Impa­ rai ben presto a memoria le domande e le risposte e potevo recitare altrettanto bene sia la parte del catecheta, sia quella del catecumeno; e così come nelle lezioni di religione di allora uno degli esercizi basilari era imparare a trovare il più velocemente possibile un versetto nella Bibbia, ritenne che fosse necessario avere una simile dimestichezza anche con il Corpus Juris, che imparai alla perfezione. Mio padre decise di proseguire e passammo al piccolo Struve173, ma in questo caso ci volle più tempo. La struttura del volume non era adatta ai principianti, non si poteva cavarsela da soli, e il modo di insegnare di mio padre non era abbastanza aperto da stimolarmi. Non soltanto per la guerra in cui ci trovavamo da alcuni anni, ma anche per la vita cittadina stessa e dalla lettura di romanzi e racconti ci appariva fin troppo evidente che ci sono molti casi in cui le leggi tacciono e non vengono in aiuto del singolo, che quindi deve trarsi d’impaccio da solo. Eravamo ormai cresciuti e l’ordine consueto delle cose ri­ chiedeva che prendessimo anche lezione di scherma e di equitazione per difendere la pelle in caso di bisogno e non sembrare troppo impacciati a cavallo. Per quanto riguarda il primo punto, le lezioni erano molto piacevoli: già da tempo ci eravamo fabbricati dei fioretti di nocciolo con dei cestelli

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Weiden sauber geflochten, um die Hand zu schützen, zu verschaffen gewußt. Nun durften wir uns wirklich stählerne Klingen zulegen, und das Gerassel was wir damit machten, war sehr lebhaft. Zwei Fechtmeister befanden sich in der Stadt: ein älterer ernster Deutscher, der auf die strenge und tüchtige Weise zu Werke ging, und ein Franzose, der seinen Vorteil durch | avancieren und retirieren, durch leichte flüchtige Stöße, welche stets mit einigen Ausrufungen begleitet waren, zu erreichen suchte. Die Meinungen, welche Art die beste sei, waren geteilt. Der kleinen Gesellschaft mit welcher ich Stunde nehmen sollte, gab man den Franzosen, und wir gewöhnten uns bald, vorwärts und rückwärts zu gehen, auszufallen und uns zurückzuziehen, und da­ bei immer in die herkömmlichen Schreilaute auszubrechen. Mehrere von unsern Bekannten aber hatten sich zu dem deutschen Fechtmeister gewendet, und übten gerade das Gegenteil. Diese verschiedenen Arten eine so wichtige Übung zu behandeln, die Überzeugung eines Jeden, daß sein Meister der bessere sei, brachte wirklich eine Spaltung unter die jungen Leute, die ohngefähr von einem Alter waren, und es fehlte wenig, so hätten die Fechtschulen ganz ernstliche Gefechte veranlaßt. Denn fast ward eben so sehr mit Worten gestritten als mit der Klinge gefochten, und um zuletzt der Sache ein Ende zu machen, ward ein Wettkampf zwischen beiden Meistern veranstaltet, dessen Erfolg ich nicht umständlich zu beschreiben brauche. Der Deutsche stand in sei­ ner Positur wie eine Mauer, paßte auf seinen Vorteil, und wußte mit Battieren und Legieren seinen Gegner ein über das andre Mal zu ent­ waffnen. Dieser behauptete, das sei nicht Raison, und fuhr mit seiner Beweglichkeit fort, den Andern in Atem zu setzen. Auch brachte er dem Deutschen wohl einige Stöße bei, die ihn aber selbst, wenn es Ernst gewesen wäre, in die andre Welt geschickt hätten. Im Ganzen ward nichts entschieden, noch gebessert, nur wendeten sich einige zu dem Landsmann, worunter ich auch gehörte. Allein ich hatte schon zu viel von dem ersten Meister angenommen, daher eine ziemliche Zeit darüber hinging, bis der neue mir es wieder abgewöh­

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di vimini intrecciato per proteggere la mano. Ora potevamo permetterci vere lame d’acciaio e lo strepito che produceva­ no era bello forte. In città c’erano due maestri di scherma: uno più attem­ pato, un tedesco serio che insegnava un metodo severo e preciso, e un francese che cercava invece di avere la me­ glio | avanzando e ritirandosi, con tanti affondi leggeri e rapidi sempre accompagnati da alcune esclamazioni. Le opinioni su quale dei due metodi fosse il migliore erano discordi174. Il piccolo gruppo con cui dovevo fare lezione io venne assegnato al francese, e ci abituammo presto a saltel­ lare avanti e indietro, a eseguire affondi e ritirarci, sempre emettendo i gridolini prescritti. Molti dei nostri conoscenti si erano rivolti invece al maestro di scherma tedesco e usa­ vano la tecnica opposta. I due modi tanto diversi di trattare una pratica così importante e la convinzione di ciascuno che il suo maestro fosse il migliore causò una vera e propria spaccatura tra i ragazzi più o meno coetanei, e mancò poco che la scuola di scherma non desse occasione per duelli veri e propri, perché si litigava con le parole quanto si tirava con la spada. Per porre fine alla cosa fu organizzato un duello tra i due maestri, il cui esito non voglio descrivere nei det­ tagli. Il tedesco manteneva la sua posizione come un muro, aspettava il momento propizio e con finte e affondi riuscì più di una volta a disarmare l’avversario. Il francese affer­ mava che era scorretto e proseguiva con la sua mobilità per sfiancarlo riuscendo anche a infliggergli qualche colpo, ma se si fosse fatto sul serio sarebbe stato lui ad andare all’altro mondo. Alla fine non si arrivò a nulla e la situazione non mi­ gliorò, ma alcuni passarono al connazionale, e tra quelli anch’io. Peccato che avessi già imparato troppo dal primo maestro e ci volle parecchio tempo prima che il nuovo

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nen konnte, der überhaupt mit uns Renegaten weniger als mit seinen Urschülern zufrieden war. Mit dem Reiten ging es mir noch schlimmer. Zufälligerweise schickte man mich im Herbst auf die Bahn, so daß ich in der kühlen und feuchten Jahreszeit meinen Anfang | machte. Die pedantische Be­ handlung dieser schönen Kunst war mir höchlich zuwider. Zum ers­ ten und letzten war immer vom Schließen die Rede, und es konnte einem doch Niemand sagen, worin denn eigentlich der Schluß bestehe, worauf doch alles ankommen solle: denn man fuhr ohne Steigbügel auf dem Pferde hin und her. Übrigens schien der Unterricht nur auf Prellerei und Beschämung der Scholaren angelegt. Vergaß man die Kinnkette ein- oder auszuhängen, ließ man die Gerte fallen oder wohl gar den Hut, jedes Versäumnis, jedes Unglück mußte mit Geld gebüßt werden, und man ward noch obenein ausgelacht. Dies gab mir den allerschlimmsten Humor, besonders da ich den Übungsort selbst ganz unerträglich fand. Der garstige, große, entweder feuchte oder staubige Raum, die Kälte, der Modergeruch, alles zusammen war mir im höchs­ ten Grade zuwider; und da der Stallmeister den andern, weil sie ihn vielleicht durch Frühstücke und sonstige Gaben, vielleicht auch durch ihre Geschicklichkeit bestachen, immer die besten Pferde, mir aber die schlechtesten zu reiten gab, mich auch wohl warten ließ, und mich wie es schien hintansetzte: so brachte ich die allerverdrießlichsten Stun­ den über einem Geschäft hin, das eigentlich das lustigste von der Welt sein sollte. Ja der Eindruck von jener Zeit, von jenen Zuständen ist mir so lebhaft geblieben, daß, ob ich gleich nachher leidenschaftlich und verwegen zu reiten gewohnt war, auch Tage und Wochen lang kaum vom Pferde kam, daß ich bedeckte Reitbahnen sorgfältig vermied, und höchstens nur wenig Augenblicke darin verweilte. Es kommt übrigens der Fall oft genug vor, daß wenn die Anfänge einer abgeschlossenen

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riuscisse a farmi perdere quelle abitudini; nel complesso fu molto meno soddisfatto di noi convertiti rispetto ai suoi al­ lievi originari. Con l’equitazione fu ancora peggio175. Il caso volle che fossi mandato al maneggio in autunno, e iniziai quindi nella stagione fredda e | umida. Mi ripugnava al massimo il modo pedante in cui quella bella disciplina veniva insegnata. Dal principio alla fine non si parlava che di ‘dare gambe’ e pare­ va che tutto dipendesse da questo, ma nessuno sapeva dire in che cosa consistesse, perché senza staffe si scivolava di qua e di là sulla groppa del cavallo. La lezione poi sembra­ va essere fatta solo per imbrogliare e umiliare gli allievi. Se ti scordavi di mettere o di togliere il barbazzale, se ti cadeva il frustino o addirittura il cappello, per ogni disattenzione, ogni errore bisognava pagare una multa in denaro e in più si veniva derisi. Tutto questo mi metteva di pessimo umore, e inoltre trovavo insopportabile anche il luogo stesso in cui si svolgevano le lezioni. L’ambiente ripugnante, enorme, o umido o polveroso, il freddo, il tanfo, tutto l’insieme mi contrariava al massimo; come se non bastasse, lo stalliere dava sempre agli altri i cavalli migliori, forse invogliato con cibi o altri regali, o forse anche solo perché erano più bravi, mentre a me rifilava i peggiori e delle volte mi faceva persi­ no aspettare, sembrava che mi mettesse sempre per ultimo; tutto ciò fece sì che trascorressi ore bruttissime in un’occu­ pazione che dovrebbe invece essere una delle più diverten­ ti che ci siano. Davvero, l’impressione di quel periodo, di quella situazione, è rimasta così viva in me che, anche se in seguito sono stato entusiasta e spericolato nel cavalcare e in certi periodi non scendevo quasi da cavallo per giorni e set­ timane, ho da allora in poi sempre evitato con cura i maneg­ gi al chiuso o, in caso, ci rimanevo il meno possibile. Del resto capita spesso che i fondamenti di una disciplina che

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Kunst uns überliefert werden sollen, dieses auf eine peinliche und ab­ schreckende Art geschieht. Die Überzeugung, wie lästig und schädlich dieses sei, hat in spätern Zeiten die Erziehungsmaxime aufgestellt, daß alles der Jugend auf eine leichte, lustige und bequeme Art beigebracht werden müsse; woraus denn aber auch wieder andere Übel und Nach­ teile entsprungen sind. Mit der Annäherung des Frühlings ward es bei uns auch | wieder ruhiger, und wenn ich mir früher das Anschauen der Stadt, ihrer geist­ lichen und weltlichen, öffentlichen und Privat-Gebäude zu verschaffen suchte, und besonders an dem damals noch vorherrschenden Altertüm­ lichen das größte Vergnügen fand; so war ich nachher bemüht, durch die Lersner’sche Chronik und durch andre unter meines Vaters Fran­ cofurtensien befindliche Bücher und Hefte, die Personen vergangner Zeiten mir zu vergegenwärtigen; welches mir denn auch durch große Aufmerksamkeit auf das Besondere der Zeiten und Sitten, und bedeu­ tender Individualitäten ganz gut zu gelingen schien. Unter den altertümlichen Resten war mir, von Kindheit an, der auf dem Brückenturm aufgesteckte Schädel eines Staatsverbrechers merk­ würdig gewesen, der von dreien oder vieren, wie die leeren eisernen Spitzen auswiesen, seit 1616 sich durch alle Unbilden der Zeit und Witterung erhalten hatte. So oft man von Sachsenhausen nach Frank­ furt zurückkehrte, hatte man den Turm vor sich und der Schädel fiel ins Auge. Ich ließ mir als Knabe schon gern die Geschichte dieser Aufrüh­ rer, des Fettmilch und seiner Genossen erzählen, wie sie mit dem Stadt­ regiment unzufrieden gewesen, sich gegen dasselbe empört, Meuterei angesponnen, die Judenstadt geplündert und gräßliche Händel erregt, zuletzt aber gefangen und von kaiserlichen Abgeordneten zum Tode verurteilt worden. Späterhin lag mir daran, die nähern Umstände zu er­ fahren, und was es denn für Leute gewesen, zu vernehmen. Als ich nun aus einem alten, gleichzeitigen, mit Holzschnitten versehenen Buche

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ha raggiunto un certo grado di perfezione siano trasmessi in modo tormentoso e scoraggiante; dalla consapevolezza di quanto ciò fosse molesto e dannoso è successivamente scaturito il principio educativo in base al quale ai giovani bisogna insegnare tutto in modo facile, divertente e senza fatica; principio dal quale sono poi derivati altri mali e altri danni. Con l’avvicinarsi della primavera la situazione tornò  | più tranquilla176, e se prima avevo cercato di conoscere la città con i suoi edifici civili e religiosi, pubblici e privati, e mi piacevano soprattutto quelli più antichi che a quell’e­ poca erano ancora predominanti, adesso mi interessava di più far rivivere i personaggi del passato grazie alla Cronaca di Lersner177 e ad altri libri e pubblicazioni riguardanti Francoforte che trovavo nella biblioteca di mio padre; e mi riusciva benissimo, poiché ponevo molta attenzione alle particolarità delle varie epoche, agli usi e alle personalità più significative. Tra le vestigia antiche, fin da bambino mi affascinava il teschio di un malfattore infilzato sulla torre del ponte: dei tre o quattro che c’erano, solo quello si era conservato dal 1616 attraverso tutti i cambiamenti di epoche e di clima, come dimostravano gli spuntoni di ferro vuoti. Tornando da Sachsenhausen a Francoforte si passava ogni volta davanti alla torre e non si poteva non scorgerlo. Da piccolo mi pia­ ceva farmi raccontare la storia di quei ribelli, di Fettmilch e dei suoi compagni che, scontenti del governo cittadino, era­ no insorti organizzando una rivolta, avevano saccheggiato il quartiere ebraico e istigato ad azioni turpi, e infine furo­ no catturati dalle truppe imperiali e condannati a morte178. Più avanti volli informarmi sulle circostanze precise e su che genere di persone fossero, e da un libro di quell’epoca corredato di incisioni179 venni a sapere che quegli uomini

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erfuhr, daß zwar diese Menschen zum Tode verurteilt, aber zugleich auch viele Ratsherrn abgesetzt worden, weil mancherlei Unordnung und sehr viel Unverantwortliches im Schwange gewesen; da ich nun die nähern Umstände vernahm, wie alles hergegangen: so bedauerte ich die unglücklichen Menschen, welche man wohl als Opfer, die einer künftigen bessern Verfassung gebracht worden, ansehen dürfe; denn von jener Zeit schrieb sich die Einrichtung her, nach welcher sowohl das altadlige Haus Limpurg, das aus | einem Klub entsprungene Haus Frauenstein, ferner Juristen, Kaufleute und Handwerker an einem Regi­ mente Teil nehmen sollten, das durch eine auf venetianische Weise ver­ wickelte Ballotage ergänzt, von bürgerlichen Kollegien eingeschränkt, das Rechte zu tun berufen war, ohne zu dem Unrechten sonderliche Freiheit zu behalten. Zu den ahndungsvollen Dingen, die den Knaben und auch wohl den Jüngling bedrängten, gehörte besonders der Zustand der Judenstadt, eigentlich die Judengasse genannt, weil sie kaum aus etwas mehr als einer einzigen Straße besteht, welche in frühen Zeiten zwischen Stadt­ mauer und Graben wie in einen Zwinger mochte eingeklemmt worden sein. Die Enge, der Schmutz, das Gewimmel, der Akzent einer uner­ freulichen Sprache, alles zusammen machte den unangenehmsten Ein­ druck, wenn man auch nur am Tore vorbeigehend hineinsah. Es dau­ erte lange bis ich allein mich hineinwagte, und ich kehrte nicht leicht wieder dahin zurück, wenn ich einmal den Zudringlichkeiten so vieler etwas zu schachern unermüdet fordernder oder anbietender Menschen entgangen war. Dabei schwebten die alten Märchen von Grausamkeit der Juden gegen die Christenkinder, die wir in Gottfrieds Chronik gräß­ lich abgebildet gesehen, düster vor dem jungen Gemüt. Und ob man gleich in der neuern Zeit besser von ihnen dachte, so zeugte doch das große Spott- und Schandgemälde, welches unter dem Brückenturm an

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erano sì stati condannati a morte, ma allo stesso tempo era­ no stati esonerati anche molti consiglieri perché regnavano un grande disordine e malgoverno. Una volta compreso più in profondità come erano andate le cose, ebbi compassione per quei poveretti che potevano davvero essere considera­ ti le vittime sacrificali per ottenere una migliore forma di governo; a quel periodo risale infatti il provvedimento che stabiliva che sia l’antica casata nobiliare di Limpurg, sia | la casata di Frauenstein180 che era sorta da un’associazione di eredi, ma anche giuristi, commercianti e artigiani dovessero far parte del governo, che venne successivamente integrato con un sistema di estrazione a sorte complicato come quello di Venezia e limitato nei suoi poteri dai collegi cittadini, af­ finché potesse agire secondo il diritto senza lasciare troppo spazio all’arbitrio. Uno dei misteri che angustiavano di più il bambino e poi il giovane era quello della condizione del quartiere ebrai­ co, detto Judengasse, perché in effetti consisteva in poco più che una strada che nei tempi più antichi correva tra le mura e il fossato della città, come chiusa in una morsa. Lo spazio angusto, la sporcizia, il brulichio di gente, l’accento di una lingua sgraziata, tutto insieme faceva una pessima impressione anche solo buttandoci uno sguardo quando si passava dalla porta della città. Ci volle molto tempo prima che osassi entrarci da solo e passò un bel po’ prima che ci tornassi, una volta riuscito a sfuggire alle insistenze di così tanti uomini che mercanteggiavano instancabilmente per vendere o comprare. Nella mia giovane mente aleggiavano cupe le vecchie fiabe sulle atrocità degli ebrei verso i bam­ bini cristiani, illustrate in modo terrificante nella Cronaca di Gottfried, e sebbene in tempi più recenti si avesse una migliore opinione degli ebrei, tuttavia il grande affresco che li esponeva allo scherno e al ludibrio era una forte testimo­

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einer Bogen-Wand, zu ihrem Unglimpf, noch ziemlich zu sehen war, außerordentlich gegen sie: denn es war nicht etwa durch einen Privat­ mutwillen, sondern aus öffentlicher Anstalt verfertigt worden. Indessen blieben sie doch das auserwählte Volk Gottes, und gingen, wie es nun mochte gekommen sein, zum Andenken der ältesten Zei­ ten umher. Außerdem waren sie ja auch Menschen, tätig, gefällig, und selbst dem Eigensinn, womit sie an ihren Gebräuchen hingen, konn­ te man seine Achtung nicht versagen. Überdies waren die Mädchen hübsch, und mochten es wohl leiden, wenn ein | Christenknabe ihnen am Sabbat auf dem Fischerfelde begegnend, sich freundlich und auf­ merksam bewies. Äußerst neugierig war ich daher, ihre Zeremonien kennen zu lernen. Ich ließ nicht ab, bis ich ihre Schule öfters besucht, einer Beschneidung, einer Hochzeit beigewohnt und von dem Lauber­ hüttenfest mir ein Bild gemacht hatte. Überall war ich wohl aufge­ nommen, gut bewirtet und zur Wiederkehr eingeladen: denn es waren Personen von Einfluß, die mich entweder hinführten oder empfahlen. So wurde ich denn als ein junger Bewohner einer großen Stadt von einem Gegenstand zum andern hin und wider geworfen, und es fehlte mitten in der bürgerlichen Ruhe und Sicherheit nicht an gräßli­ chen Auftritten. Bald weckte ein näherer oder entfernter Brand uns aus unserm häuslichen Frieden, bald setzte ein entdecktes großes Verbre­ chen, dessen Untersuchung und Bestrafung die Stadt auf viele Wochen in Unruhe. Wir mußten Zeugen von verschiedenen Exekutionen sein, und es ist wohl wert zu gedenken, daß ich auch bei Verbrennung eines Buchs gegenwärtig gewesen bin. Es war der Verlag eines französischen komischen Romans, der zwar den Staat, aber nicht Religion und Sitten schonte. Es hatte wirklich etwas Fürchterliches, eine Strafe an einem leblosen Wesen ausgeübt zu sehen. Die Ballen platzten im Feuer, und wurden durch Ofengabeln aus einander geschürt und mit den Flammen mehr in Berührung gebracht. Es dauerte nicht lange, so flogen die an­ gebrannten Blätter in der Luft herum, und die Menge haschte begierig

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nianza contro di loro: era infatti voluto non dal malanimo di un singolo ma da una pubblica istituzione, e lo si vedeva ancora abbastanza bene, per loro sfortuna, su una delle ar­ cate sotto la torre del ponte181. Ma in ogni caso rimanevano pur sempre il popolo eletto e, qualsiasi cosa fosse poi accaduta, portavano con sé la me­ moria di quei tempi antichissimi. E poi erano sempre esseri umani, industriosi, affabili, e anche solo l’ostinazione con cui erano attaccati alle loro usanze meritava tutto il rispetto. Le ragazze poi erano carine e felici quando un ragazzo | cristiano, incontrandole al sabato al Fischerfeld, si dimo­ strava cortese e interessato. Ero quindi ansioso di conoscere i loro riti. Insistetti finché non riuscii a frequentare qualche volta la loro scuola, ad assistere a una circoncisione e a un matrimonio e a farmi un’idea della Festa delle Capanne182. Dovunque fui bene accetto, trattato bene e invitato a tor­ nare, perché a raccomandarmi o ad accompagnarmi erano persone influenti. Così, in quanto giovane abitante di una grande città, veni­ vo sospinto da una cosa all’altra, e nonostante la tranquillità e sicurezza cittadina non mancavano scene raccapriccianti. Prima un incendio ci riscosse dalla nostra pace domestica, poi fu la scoperta di un orribile delitto che tenne in agita­ zione varie settimane la città per le indagini e la punizione che ne seguì. Fummo testimoni di diverse esecuzioni e val la pena ricordare che assistetti persino al rogo di un libro183. Si trattava dell’edizione di un romanzo satirico francese, che pur rispettando lo Stato non risparmiava né religione né morale. Era davvero terribile veder infliggere una punizio­ ne a un essere inanimato. Le balle di carta scoppiavano nel fuoco, e con dei forconi venivano allargate per dare mag­ gior agio alle fiamme. Non ci volle molto e le pagine bru­ ciacchiate iniziarono a volare tutto intorno, mentre la folla

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darnach. Auch ruhten wir nicht, bis wir ein Exemplar auftrieben, und es waren nicht wenige die sich das verbotne Vergnügen gleichfalls zu verschaffen wußten. Ja, wenn es dem Autor um Publizität zu tun war, so hätte er selbst nicht besser dafür sorgen können. Jedoch auch friedlichere Anlässe führten mich in der Stadt hin und wider. Mein Vater hatte mich früh gewöhnt kleine Geschäfte für ihn zu besorgen. Besonders trug er mir auf, die Handwerker die er in Arbeit setzte, zu mahnen, da sie ihn gewöhnlich länger als billig aufhielten, weil er alles | genau wollte gearbeitet haben und zuletzt bei prompter Bezahlung die Preise zu mäßigen pflegte. Ich gelangte dadurch fast in alle Werkstätten, und da es mir angeboren war mich in die Zustände anderer zu finden, eine jede besondere Art des menschlichen Daseins zu fühlen und mit Gefallen daran Teil zu nehmen; so brachte ich man­ che vergnügliche Stunde durch Anlaß solcher Aufträge zu, lernte eines Jeden Verfahrungsart kennen, und was die unerläßlichen Bedingungen dieser und jener Lebensweise für Freude, für Leid, Beschwerliches und Günstiges mit sich führen. Ich näherte mich dadurch dieser tätigen, das Untere und Obere verbindenden Klasse. Denn wenn an der einen Seite diejenigen stehen, die sich mit den einfachen und rohen Erzeugnissen beschäftigen, an der andern solche, die schon etwas Verarbeitetes ge­ nießen wollen; so vermittelt der Gewerker durch Sinn und Hand, daß jene beide etwas von einander empfangen und jeder nach seiner Art seiner Wünsche teilhaft werden kann. Das Familienwesen eines jeden Handwerks, das Gestalt und Farbe von der Beschäftigung erhielt, war gleichfalls der Gegenstand meiner stillen Aufmerksamkeit, und so ent­ wickelte, so bestärkte sich in mir das Gefühl der Gleichheit wo nicht aller Menschen, doch aller menschlichen Zustände, indem mir das nackte Dasein als die Hauptbedingung, das übrige alles aber als gleich­ gültig und zufällig erschien.

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cercava avida di afferrarle. Non ci demmo pace finché non riuscimmo a scovarne un esemplare e furono molti quel­ li che, come noi, riuscirono a procurarsi quel divertimento proibito. Sì, se l’autore voleva la pubblicità, lui stesso non avrebbe potuto fare di meglio. Ma erano anche occasioni più pacifiche a portarmi in giro per la città. Mio padre mi aveva abituato molto presto a fare delle piccole commissioni per lui, in particolare mi incaricava di sollecitare gli artigiani ai quali aveva com­ missionato qualche lavoro. Lo facevano aspettare sempre più del previsto, perché | esigeva che ogni cosa fosse fatta a regola d’arte e alla fine tirava sul prezzo, visto che pagava alla consegna. Così visitai ben presto tutte le botteghe, e dato che mi veniva spontaneo mettermi nei panni degli altri, immedesimarmi in ogni aspetto dell’esistenza umana e par­ teciparvi con piacere, quelle commissioni mi procurarono qualche ora piacevole e imparai a conoscere tutte le pro­ fessioni insieme alle gioie e ai dolori, alle preoccupazioni e ai vantaggi che la condizione di ciascuno inevitabilmen­ te comporta. Mi avvicinai così a quella classe intermedia, operosa, che fa da collegamento tra quella superiore e quel­ la inferiore. Perché, se da una parte c’è chi si occupa dei prodotti grezzi e semplici, e dall’altra chi desidera godere di prodotti già lavorati, l’artigiano fa da tramite con la mente e le mani in modo che ciascuno possa ottenere qualcosa dall’altro e ognuno a suo modo possa soddisfare i propri desideri. Anche il ménage familiare degli artigiani, che tra­ eva colore e forma dalla loro occupazione, era oggetto della mia silenziosa attenzione e così si sviluppò e si rafforzò in me il sentimento dell’uguaglianza se non di tutti gli uomini, almeno di tutte le condizioni umane – la nuda esistenza mi pareva infatti la condizione essenziale, tutto il resto era in­ differente e accidentale.

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Da mein Vater sich nicht leicht eine Ausgabe erlaubte, die durch ei­ nen augenblicklichen Genuß sogleich wäre aufgezehrt worden: wie ich mich denn kaum erinnre, daß wir zusammen spazieren gefahren, und auf einem Lustorte etwas verzehrt hätten; so war er dagegen nicht karg mit Anschaffung solcher Dinge, die bei innerm Wert auch einen guten äußern Schein haben. Niemand konnte den Frieden mehr wünschen als er, ob er gleich in der letzten Zeit vom Kriege nicht die mindeste Be­ schwerlichkeit empfand. In diesen Gesinnungen hatte er meiner Mutter eine goldne mit Diamanten besetzte Dose versprochen, welche sie er­ halten sollte, sobald der Friede publiziert würde. In Hoffnung | dieses glücklichen Ereignisses arbeitete man schon einige Jahre an diesem Geschenk. Die Dose selbst von ziemlicher Größe ward in Hanau ver­ fertigt: denn mit den dortigen Goldarbeitern, sowie mit den Vorstehern der Seidenanstalt, stand mein Vater in gutem Vernehmen. Mehrere Zeichnungen wurden dazu verfertigt; den Deckel zierte ein Blumen­ korb, über welchem eine Taube mit dem Ölzweig schwebte. Der Raum für die Juwelen war gelassen, die teils an der Taube, teils an den Blu­ men, teils auch an der Stelle wo man die Dose zu öffnen pflegt, ange­ bracht werden sollten. Der Juwelier, dem die völlige Ausführung nebst den dazu nötigen Steinen übergeben ward, hieß Lautensak und war ein geschickter muntrer Mann, der wie mehrere geistreiche Künstler selten das Notwendige, gewöhnlich aber das Willkürliche tat, was ihm Ver­ gnügen machte. Die Juwelen, in der Figur wie sie auf dem Dosende­ ckel angebracht werden sollten, waren zwar bald auf schwarzes Wachs gesetzt und nahmen sich ganz gut aus; allein sie wollten sich von da gar nicht ablösen, um aufs Gold zu gelangen. Im Anfange ließ mein Vater die Sache noch so anstehen; als aber die Hoffnung zum Frieden immer lebhafter wurde, als man zuletzt schon die Bedingungen, besonders die Erhebung des Erzherzogs Joseph zum römischen König, genauer wissen wollte; so ward mein Vater immer ungeduldiger, und ich mußte wöchentlich ein paarmal, ja zuletzt fast täglich den saumseligen Künst­

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Mio padre non si concedeva facilmente una spesa che si esaurisse nel piacere di un solo istante, ad esempio non ricordo che durante una gita fosse mai capitato di fermarsi a mangiare qualcosa, mentre spendeva volentieri per ac­ quistare oggetti che al valore intrinseco unissero anche un bell’aspetto. Nessuno desiderava la pace più di lui, sebbene nell’ultima parte della guerra non avesse sofferto il benché minimo incomodo. Così aveva promesso a mia madre una scatolina d’oro tempestata di diamanti una volta che fosse stata firmata la pace. In attesa | del felice evento, si lavora­ va già da anni a quel dono. La scatola stessa, abbastanza grande, era stata fabbricata a Hanau perché mio padre era in buoni rapporti con gli orafi del posto, oltre che con i di­ rettori del setificio. Si prepararono molti disegni: il coper­ chio era decorato con un cesto di fiori sul quale si librava una colomba con un ramoscello d’ulivo. Era stato predi­ sposto lo spazio per le pietre preziose che sarebbero state applicate in parte sulla colomba, in parte sui fiori, in par­ te anche sull’apertura della scatola. Il gioielliere a cui era stata affidata l’esecuzione dell’oggetto, comprese le pietre necessarie, si chiamava Lautensack ed era un ometto abile e vispo che, come molti artisti dotati, raramente faceva quel­ lo che gli veniva richiesto, più spesso invece quello che lo divertiva. Le pietre preziose, nella stessa disposizione con cui avrebbero dovuto essere incastonate sul coperchio della scatola, furono applicate su cera nera e facevano davvero un bell’effetto, ma poi non vollero più staccarsi per fissarsi nell’oro. All’inizio mio padre lasciò perdere, quando però la speranza di pace iniziò a farsi più viva, quando si vennero man mano a sapere le condizioni, in particolare l’elezione dell’arciduca Giuseppe a re dei Romani, mio padre diven­ ne sempre più impaziente e io dovevo andare dall’artigiano inadempiente un paio di volte la settimana, alla fine quasi

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ler besuchen. Durch mein unablässiges Quälen und Zureden rückte die Arbeit, wiewohl langsam genug, vorwärts: denn weil sie von der Art war, daß man sie bald vornehmen, bald wieder aus den Händen legen konnte, so fand sich immer etwas, wodurch sie verdrängt und bei Seite geschoben wurde. Die Hauptursache dieses Benehmens indes war eine Arbeit, die der Künstler für eigene Rechnung unternommen hatte. Jedermann wuß­ te, daß Kaiser Franz eine große Neigung zu Juwelen, besonders auch zu farbigen Steinen hege. Lautensak hatte eine ansehnliche Summe, und wie sich später fand, größer als sein Vermögen auf dergleichen | Edelsteine verwandt, und daraus einen Blumenstrauß zu bilden an­ gefangen, in welchem jeder Stein nach seiner Form und Farbe güns­ tig hervortreten und das Ganze ein Kunststück geben sollte, wert in dem Schatzgewölbe eines Kaisers aufbewahrt zu stehen. Er hatte nach seiner zerstreuten Art mehrere Jahre daran gearbeitet, und eilte nun, weil man nach dem bald zu hoffenden Frieden die Ankunft des Kai­ sers zur Krönung seines Sohns in Frankfurt erwartete, es vollständig zu machen und endlich zusammenzubringen. Meine Lust dergleichen Gegenstände kennen zu lernen, benutzte er sehr gewandt, um mich als einen Mahnboten zu zerstreuen und von meinem Vorsatz abzulenken. Er suchte mir die Kenntnis dieser Steine beizubringen, machte mich auf ihre Eigenschaften, ihren Wert aufmerksam, so daß ich sein ganzes Bouquet zuletzt auswendig wußte, und es eben so gut wie er einem Kunden hätte anpreisend vordemonstrieren können. Es ist mir noch jetzt gegenwärtig, und ich habe wohl kostbarere aber nicht anmutigere Schau- und Prachtstücke dieser Art gesehen. Außerdem besaß er noch eine hübsche Kupfersammlung und andere Kunstwerke, über die er sich gern unterhielt, und ich brachte viele Stunden nicht ohne Nutzen bei ihm zu. Endlich, als wirklich der Kongreß zu Hubertsburg schon festgesetzt war, tat er aus Liebe zu mir ein übriges, und die Taube zu­ samt den Blumen gelangte am Friedensfeste wirklich in die Hände meiner Mutter.

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tutti i giorni. Grazie ai miei continui tormenti e alle insi­ stenze il lavoro procedeva, per quanto lentamente: lo si po­ teva eseguire anche poco per volta, e quindi c’era sempre un buon motivo per interromperlo e metterlo da parte. La causa principale di quel comportamento era un lavo­ ro che l’artista aveva intrapreso di propria iniziativa. Tutti sapevano che l’imperatore Francesco aveva una passione sfrenata per i gioielli, in particolare per le pietre prezio­ se. Lautensack aveva investito una somma considerevole – superiore a tutto il suo patrimonio, come si scoprì dopo – per | acquistarle, e aveva cominciato a formare un mazzo di fiori in cui ogni pietra risaltasse per la sua forma e il suo colore: il risultato doveva essere un’opera d’arte degna di essere conservata nella stanza del tesoro di un imperatore. Ci aveva lavorato vari anni nel suo solito modo disconti­ nuo, e ora si affrettava a comporla e ultimarla perché dopo la pace ormai prossima si aspettava l’arrivo dell’impera­ tore a Francoforte per l’incoronazione del figlio. Fu molto abile nell’usare la mia curiosità di vedere quegli oggetti per distrarmi dal mio compito e farmi dimenticare il mio scopo. Cercava di insegnarmi a riconoscere le varie pietre, attirava la mia attenzione sulle loro caratteristiche e sul loro valore, cosicché alla fine conoscevo a memoria il suo bouquet e avrei potuto mostrarlo e decantarlo a un cliente bene quanto lui. Me lo ricordo ancora adesso, e mi è ca­ pitato di vedere gioielli ancora più costosi, ma mai così splendidi. Possedeva inoltre una bella collezione di stampe e altre opere d’arte che gli piaceva mostrare e trascorsi molte ore da lui non senza profitto. Alla fine, quando il congresso a Hubertusburg era già fissato, fece un ultimo sforzo per amor mio e colomba e fiori giunsero effettiva­ mente nelle mani di mia madre il giorno in cui festeggiam­ mo la pace184.

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Manchen ähnlichen Auftrag erhielt ich denn auch, um bei den Ma­ lern bestellte Bilder zu betreiben. Mein Vater hatte bei sich den Begriff festgesetzt, und wenig Menschen waren davon frei, daß ein Bild auf Holz gemalt einen großen Vorzug vor einem andern habe, das nur auf Leinwand aufgetragen sei. Gute eichene Bretter von jeder Form zu besit­ zen, war deswegen meines Vaters große Sorgfalt, indem er wohl wußte, daß die leichtsinnigern Künstler sich gerade in dieser wichtigen Sache auf den Tischer verließen. Die ältesten Bohlen wurden aufgesucht, der Tischer mußte mit Leimen, Hobeln und Zurichten derselben aufs genauste | zu Werke gehen, und dann blieben sie Jahre lang in einem obern Zimmer verwahrt, wo sie genugsam austrocknen konnten. Ein solches köstliches Brett ward dem Maler Junker anvertraut, der einen verzierten Blumentopf mit den bedeutendsten Blumen nach der Natur in seiner künstlichen und zierlichen Weise darauf darstellen sollte. Es war gerade im Frühling, und ich versäumte nicht, ihm wöchentlich eini­ ge Mal die schönsten Blumen zu bringen die mir unter die Hand kamen; welche er denn auch sogleich einschaltete, und das Ganze nach und nach aus diesen Elementen auf das treulichste und fleißigste zusam­ menbildete. Gelegentlich hatte ich auch wohl einmal eine Maus gefan­ gen, die ich ihm brachte, und die er als ein gar so zierliches Tier nach­ zubilden Lust hatte, auch sie wirklich aufs genauste vorstellte, wie sie am Fuße des Blumentopfes eine Kornähre benascht. Mehr dergleichen unschuldige Naturgegenstände, als Schmetterlinge und Käfer, wurden herbeigeschafft und dargestellt, so daß zuletzt, was Nachahmung und Ausführung betraf, ein höchst schätzbares Bild beisammen war. Ich wunderte mich daher nicht wenig, als der gute Mann mir eines Tages, da die Arbeit bald abgeliefert werden sollte, umständlich eröff­ nete, wie ihm das Bild nicht mehr gefalle, indem es wohl im Einzelnen ganz gut geraten, im Ganzen aber nicht gut komponiert sei, weil es so nach und nach entstanden, und er im Anfange das Versehen begangen, sich nicht wenigstens einen allgemeinen Plan für Licht und Schatten so wie für Farben zu entwerfen, nach welchem man die einzelnen Blu­ men hätte einordnen können. Er ging mit mir das während eines halben

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Ricevetti incarichi simili anche per sollecitare i quadri commissionati ai vari pittori. Mio padre si era fatta l’idea, condivisa da molti, che un dipinto eseguito su legno fosse altamente preferibile a uno eseguito su tela, e si dava quindi molto da fare per acquistare delle buone tavole di quercia di tutte le misure perché sapeva che per questo elemento essenziale i pittori meno accorti si affidavano al falegname. Cercava le tavole più stagionate che il falegname incollava, piallava e preparava con la massima | cura e poi venivano depositate per anni in una stanza in soffitta, dove poteva­ no asciugarsi con calma. Una di quelle pregiate tavole fu affidata al pittore Juncker che doveva dipingerci dal vero un elaborato vaso di splendidi fiori, nel suo stile ricercato e leggiadro. Era primavera e un paio di volte a settimana non mancavo di portargli i fiori più belli che mi capitavano sottomano; lui li inseriva nel disegno e costruiva man mano l’insieme imitando fedelmente i vari elementi. Una volta avevo preso un topolino e glielo portai. A lui piacque l’idea di raffigurare anche quell’animaletto e lo dipinse davvero, in tutti i particolari, mentre rosicchia una spiga di grano ai piedi del vaso. Gli portai anche altre innocenti creature come farfalle e coleotteri che dipinse, e alla fine, in quanto a imitazione ed esecuzione, ne risultò un quadro di notevo­ lissima fattura185. Mi meravigliai quindi non poco quando il brav’uomo, poco prima che il quadro fosse pronto per la consegna, mi spiegò circostanziatamente che il quadro non gli piaceva più perché, pur essendo venuto molto bene nei dettagli, l’in­ sieme non era ben proporzionato. Lo aveva infatti dipinto poco per volta, e all’inizio aveva tralasciato di fare almeno uno schizzo complessivo dei giochi di luce e ombre e dei colori, in base al quale avrebbe poi dovuto inserire i singo­ li fiori. Esaminò con me elemento per elemento il quadro

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Jahrs vor meinen Augen entstandene und mir teilweise gefällige Bild umständlich durch, und wußte mich zu meiner Betrübnis vollkom­ men zu überzeugen. Auch hielt er die nachgebildete Maus für einen Mißgriff: denn, sagte er, solche Tiere haben für viele Menschen etwas Schauderhaftes, und man sollte sie da nicht anbringen, wo man Gefal­ len erregen will. Ich hatte nun, wie es demjenigen zu gehen pflegt, der sich von | einem Vorurteile geheilt sieht und sich viel klüger dünkt als er vorher gewesen, eine wahre Verachtung gegen dies Kunstwerk, und stimmte dem Künstler völlig bei, als er eine andere Tafel von gleicher Größe verfertigen ließ, worauf er, nach dem Geschmack den er besaß, ein besser geformtes Gefäß und einen kunstreicher geordneten Blu­ menstrauß anbrachte, auch die lebendigen kleinen Beiwesen zierlich und erfreulich sowohl zu wählen als zu verteilen wußte. Auch diese Tafel malte er mit der größten Sorgfalt, doch freilich nur nach jener schon abgebildeten, oder aus dem Gedächtnis, das ihm aber bei einer sehr langen und emsigen Praxis gar wohl zu Hülfe kam. Beide Gemäl­ de waren nun fertig, und wir hatten eine entschiedene Freude an dem letzten, das wirklich kunstreicher und mehr in die Augen fiel. Der Vater ward anstatt mit einem mit zwei Stücken überrascht und ihm die Wahl gelassen. Er billigte unsere Meinung und die Gründe derselben, be­ sonders auch den guten Willen und die Tätigkeit; entschied sich aber, nachdem er beide Bilder einige Tage betrachtet, für das erste, ohne über diese Wahl weiter viele Worte zu machen. Der Künstler ärgerlich, nahm sein zweites wohlgemeintes Bild zurück, und konnte sich gegen mich der Bemerkung nicht enthalten, daß die gute eichne Tafel, worauf das erste gemalt stehe, zum Entschluß des Vaters gewiß das Ihrige bei­ getragen habe. Da ich hier wieder der Malerei gedenke, so tritt in meiner Erinnerung eine große Anstalt hervor, in der ich viele Zeit zubrachte, weil sie und deren Vorsteher mich besonders an sich zog. Es war die große Wachs­ tuchfabrik, welche der Maler Nothnagel errichtet hatte: ein geschickter

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che nei sei mesi precedenti aveva dipinto davanti ai miei occhi e che a me comunque piaceva, e devo ammettere con rammarico che mi convinse. Riteneva che anche il topoli­ no fosse un errore: «molta gente li trova raccapriccianti, e non bisognerebbe raffigurarli se si vuole suscitare piacere», disse. Come accade a chi d’un tratto si vede | guarito da un pregiudizio e si crede quindi molto più intelligente di quan­ to non fosse prima, fui preso da un vero e proprio disprezzo per il dipinto e diedi ragione al pittore, che fece preparare un’altra tavola di uguali dimensioni sulla quale dipinse, se­ condo il suo gusto, un vaso più elegante e un mazzo di fiori disposto più ad arte, e seppe scegliere e distribuire con deli­ catezza anche le piccole creature di contorno. Anche questa tavola fu dipinta con la massima cura, ma sostanzialmen­ te ispirandosi all’altra o andando a memoria, che vista la sua lunga e assidua pratica lo aiutava moltissimo. Alla fine entrambi i quadri furono terminati e propendevamo deci­ samente per il secondo, più perfetto nell’esecuzione e più gradevole all’occhio. Mio padre fu sorpreso nel ricevere non uno ma due quadri, e gli lasciammo la scelta. Accolse la nostra opinione e le sue motivazioni, lodò soprattutto la buona volontà e l’operosità, ma alla fine, dopo aver osser­ vato i quadri per un paio di giorni, scelse il primo, senza dire alcunché sui motivi della scelta. Arrabbiato, il pittore si riprese il secondo, nato con le migliori intenzioni, e non seppe trattenersi dall’osservare che nella decisione di mio padre aveva certamente giocato un ruolo decisivo la buona tavola di quercia su cui era dipinto il primo. Ma visto che sto ripensando alla pittura, mi torna in mente anche la grande fabbrica in cui trascorsi molto tem­ po, perché sia quella che il suo direttore mi affascinavano in modo particolare. Era la grande fabbrica di tela cerata avviata dal pittore Nothnagel: un abile artista, il cui talento

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Künstler, der aber sowohl durch sein Talent als durch seine Denkweise mehr zum Fabrikwesen als zur Kunst hinneigte. In einem sehr großen Raume von Höfen und Gärten wurden alle Arten von Wachstuch ge­ fertigt, von dem rohsten an, das mit der Spatel aufgetragen wird, und das man zu Rüstwagen und ähnlichem Gebrauch benutzte, durch die Tapeten hindurch, welche mit Formen abgedruckt wurden, bis | zu den feineren und feinsten, auf welchen bald chinesische und fantastische, bald natürliche Blumen abgebildet, bald Figuren, bald Landschaften durch den Pinsel geschickter Arbeiter dargestellt wurden. Diese Man­ nigfaltigkeit, die ins Unendliche ging, ergetzte mich sehr. Die Beschäf­ tigung so vieler Menschen von der gemeinsten Arbeit bis zu solchen, denen man einen gewissen Kunstwert kaum versagen konnte, war für mich höchst anziehend. Ich machte Bekanntschaft mit dieser Menge in vielen Zimmern hinter einander arbeitenden jüngern und älteren Männern, und legte auch wohl selbst mitunter Hand an. Der Vertrieb dieser Ware ging außerordentlich stark. Wer damals baute, oder ein Gebäude möblierte, wollte für seine Lebenszeit versorgt sein, und die­ se Wachstuchtapeten waren allerdings unverwüstlich. Nothnagel selbst hatte genug mit Leitung des Ganzen zu tun, und saß in seinem Comtoir umgeben von Faktoren und Handlungsdienern. Die Zeit die ihm übrig blieb, beschäftigte er sich mit seiner Kunstsammlung, die vorzüglich aus Kupferstichen bestand, mit denen er, so wie mit Gemälden die er besaß, auch wohl gelegentlich Handel trieb. Zugleich hatte er das Ra­ dieren lieb gewonnen; er ätzte verschiedene Blätter und setzte diesen Kunstzweig bis in seine spätesten Jahre fort. Da seine Wohnung nahe am Eschenheimer Tore lag, so führte mich, wenn ich ihn besucht hatte, mein Weg gewöhnlich zur Stadt hinaus und zu den Grundstücken welche mein Vater vor den Toren besaß. Das eine war ein großer Baumgarten, dessen Boden als Wiese benutzt wur­ de, und worin mein Vater das Nachpflanzen der Bäume und was sonst zur Erhaltung diente, sorgfältig beobachtete, obgleich das Grundstück verpachtet war. Noch mehr Beschäftigung gab ihm ein sehr gut unter­ haltener Weinberg vor dem Friedberger Tore, woselbst zwischen den

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e modo di pensare inclinavano però più all’industria che all’arte. Su una superficie molto vasta con cortili e giardini venivano preparati tutti i tipi di tela cerata, da quella più grezza fatta con la spatola e utilizzata per i carri da tra­ sporto e altri scopi simili, alle tappezzerie stampate, per arrivare | ai tessuti più fini e finissimi, decorati dal pennello di abili operai con fiori ora realistici ora immaginari alla moda cinese, con figure e paesaggi. Quella varietà che pa­ reva infinita mi incantava. L’impegno di così tanti uomini sia nei lavori più umili sia in quelli in cui non mancava un certo valore artistico era per me di estremo interesse. Feci conoscenza con moltissime persone, giovani e vec­ chie, che lavoravano nelle varie stanze una in fila all’altra, e qualche volta davo anche una mano. La domanda per quei prodotti era in forte crescita. Chi costruiva o ammo­ biliava una casa a quel tempo voleva qualcosa che durasse tutta la vita, e quelle tele cerate erano davvero indistruttibi­ li. Lo stesso Nothnagel era completamente assorbito dalla direzione della fabbrica e sedeva nel suo ufficio circondato da capireparto e impiegati. Nel tempo che gli rimaneva si occupava della sua collezione d’arte composta prevalente­ mente da incisioni che occasionalmente vendeva; lo stesso faceva con i quadri che possedeva. Si era anche appassio­ nato per l’incisione, ne aveva eseguite diverse e coltivò quest’arte fino in età avanzata. La sua abitazione era nei pressi della porta di Eschen­ heim, così dopo essere passato a trovarlo in genere uscivo dalla città e andavo nei terreni di proprietà di mio padre. C’era un grosso frutteto, con il prato adibito a pascolo, e sebbene fosse stato dato in affitto, mio padre seguiva con attenzione il trapianto degli alberi e tutto il necessario per la loro coltivazione. Gli richiedeva maggior impegno un vi­ gneto molto ben tenuto nei pressi della porta di Friedberg,

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Reihen der Weinstöcke, Spargelreihen mit großer Sorgfalt gepflanzt und gewartet wurden. Es verging in der guten Jahrszeit fast kein Tag, daß nicht mein Vater sich hinaus begab, da wir ihn denn meist begleiten durften, und so von | den ersten Erzeugnissen des Frühlings bis zu den letzten des Herbstes, Genuß und Freude hatten. Wir lernten nun auch mit den Gartengeschäften umgehen, die weil sie sich jährlich wieder­ holten, uns endlich ganz bekannt und geläufig wurden. Nach mancherlei Früchten des Sommers und Herbstes war aber doch zuletzt die Weinlese das Lustigste und am meisten Erwünschte; ja es ist keine Frage, daß wie der Wein selbst den Orten und Gegenden, wo er wächst und getrunken wird, einen freiern Charakter gibt, so auch diese Tage der Weinlese, in­ dem sie den Sommer schließen und zugleich den Winter eröffnen, eine unglaubliche Heiterkeit verbreiten. Lust und Jubel erstreckt sich über eine ganze Gegend. Des Tages hört man von allen Ecken und Enden Jauchzen und Schießen, und des Nachts verkünden bald da bald dort Raketen und Leuchtkugeln, daß man noch überall wach und munter diese Feier gern so lange als möglich ausdehnen möchte. Die nach­ herigen Bemühungen beim Keltern und während der Gärung im Keller gaben uns auch zu Hause eine heitere Beschäftigung, und so kamen wir gewöhnlich in den Winter hinein ohne es recht gewahr zu werden. Dieser ländlichen Besitzungen erfreuten wir uns im Frühling 1763 um so mehr, als uns der 15te Februar dieses Jahrs, durch den Abschluß des Hubertsburger Friedens, zum festlichen Tage geworden, unter des­ sen glücklichen Folgen der größte Teil meines Lebens verfließen sollte. Ehe ich jedoch weiter schreite, halte ich es für meine Schuldigkeit, einiger Männer zu gedenken, welche einen bedeutenden Einfluß auf meine Jugend ausgeübt. Von Olenschlager, Mitglied des Hauses Frauenstein, Schöff und Schwiegersohn des oben erwähnten Doktor Orth, ein schöner, behag­ licher, sanguinischer Mann. Er hätte in seiner burgemeisterlichen Fest­ tracht gar wohl den angesehnsten französischen Prälaten vorstellen können. Nach seinen akademischen Studien hatte er sich in Hof- und Staatsgeschäften umgetan, und seine Reisen auch zu diesen Zwecken

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dove tra i filari venivano piantati e coltivati con grande cura gli asparagi. Nella bella stagione non passava giorno in cui mio padre non vi si recasse e di solito lo accompagnavo, | gustando e assaporando i primi frutti della primavera fino agli ultimi dell’autunno. Cominciammo quindi a familia­ rizzare anche con i lavori agricoli che, ripetendosi tutti gli anni, alla fine ci divennero ben noti e consueti. Ma dopo i frutti dell’estate e dell’autunno veniva infine la vendemmia, allegra e tanto attesa; e non c’è dubbio che, come il vino conferisce ai luoghi e alle zone in cui viene prodotto e be­ vuto una maggior spensieratezza, così anche i giorni della vendemmia che chiudono l’estate e insieme aprono l’inver­ no diffondono una grande allegria. Gioia e giubilo investo­ no un’intera regione. Di giorno riecheggiano da ogni parte botti e risate, di notte razzi e fuochi d’artificio comunica­ no che dappertutto la gente è sveglia e felice e vorrebbe prolungare la festa il più possibile. I lavori successivi della pigiatura e la fermentazione in cantina portavano allegria anche in casa e così ci ritrovavamo già in inverno senza quasi accorgercene. Nella primavera del 1763 ci godemmo queste proprietà campestri più del solito perché il 15 febbraio di quell’an­ no divenne un giorno di festa grazie al trattato di pace di Hubertusburg, le cui felici conseguenze accompagnarono la maggior parte della mia vita. Ma prima di proseguire, ritengo sia mio dovere ricordare alcuni uomini che hanno esercitato un influsso significativo sulla mia giovinezza. Von Olenschlager, membro della casata di Frauenstein, scabino e genero del già ricordato dottor Orth, era un bell’uo­ mo, semplice e sanguigno, e quando nelle feste indossava la divisa da borgomastro avrebbe potuto impersonare il più altolocato prelato francese186. Dopo gli studi accademici si era dedicato agli affari di corte e di Stato e aveva intrapre­

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eingeleitet. Er hielt mich besonders wert und | sprach oft mit mir von den Dingen, die ihn vorzüglich interessierten. Ich war um ihn, als er eben seine Erläuterung der güldnen Bulle schrieb; da er mir denn den Wert und die Würde dieses Dokuments sehr deutlich herauszusetzen wußte. Auch dadurch wurde meine Einbildungskraft in jene wilden und unruhigen Zeiten zurückgeführt, daß ich nicht unterlassen konnte, dasjenige was er mir geschichtlich erzählte, gleichsam als gegenwärtig, mit Ausmalung der Charakter und Umstände und manchmal sogar mimisch darzustellen; woran er denn große Freude hatte, und durch seinen Beifall mich zur Wiederholung aufregte. Ich hatte von Kindheit auf die wunderliche Gewohnheit, immer die Anfänge der Bücher und Abteilungen eines Werks auswendig zu ler­ nen, zuerst der fünf Bücher Mosis, sodann der Äneide und der Meta­ morphosen. So machte ich es nun auch mit der goldenen Bulle, und reizte meinen Gönner oft zum Lächeln, wenn ich ganz ernsthaft unver­ sehens ausrief: omne regnum in se divisum desolabitur: nam principes ejus facti sunt socii furum. Der kluge Mann schüttelte lächelnd den Kopf und sagte bedenklich: was müssen das für Zeiten gewesen sein, in welchen der Kaiser auf einer großen Reichsversammlung seinen Fürsten dergleichen Worte ins Gesicht publizieren ließ. Von Olenschlager hatte viel Anmut im Umgang. Man sah wenig Gesellschaft bei ihm, aber zu einer geistreichen Unterhaltung war er sehr geneigt, und er veranlaßte uns junge Leute von Zeit zu Zeit ein Schauspiel aufzuführen: denn man hielt dafür, daß eine solche Übung der Jugend besonders nützlich sei. Wir gaben den Kanut von Schlegel, worin mir die Rolle des Königs, meiner Schwester die Estrithe, und Ulfo dem jüngern Sohn des Hauses zugeteilt wurde. Sodann wagten wir uns an den Britannicus, denn wir sollten nebst dem Schauspieler­ talent auch die Sprache zur Übung bringen. Ich erhielt den Nero, meine Schwester die Agrippine, und der jüngere Sohn den Britannicus. Wir wurden mehr gelobt als wir verdienten, und glaubten es noch besser

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so a questo fine anche dei viaggi. Si era affezionato a me e | discorrevamo spesso delle cose che più lo interessavano. Proprio nel periodo in cui lo frequentavo stava scrivendo il suo Commentario sulla Bolla d’oro e seppe spiegarmi mol­ to bene il valore e l’importanza di quel documento. Anche quello contribuì a indirizzare la mia fantasia verso quei tem­ pi selvaggi e turbolenti, al punto che non potevo fare a meno di raffigurarmi gli eventi storici che mi raccontava come se accadessero oggi, descrivendo i personaggi e le situazioni talvolta persino con la mimica. Si divertiva molto, e il suo apprezzamento mi incoraggiava a ripetere. Fin da bambino avevo la curiosa abitudine di impara­ re a memoria l’inizio di un libro o delle varie sezioni di un’opera; all’inizio furono i cinque libri del Pentateuco, poi l’Eneide e le Metamorfosi. Ora feci lo stesso anche con la Bolla d’oro e facevo sorridere il mio sostenitore quan­ do all’improvviso, serissimo, esordivo: «Omne regnum in se divisum desolabitur: nam principes ejus facti sunt so­ cii furum». Da uomo accorto scuoteva sorridendo la testa e aggiungeva pensoso: «Che tempi dovevano essere quelli, quando l’imperatore pronunciava pubblicamente frasi del genere in faccia ai suoi principi!»187 Von Olenschlager aveva modi molto cortesi; riceveva poche visite ma era sempre ben disposto a conversazioni ar­ gute e di tanto in tanto ci suggeriva di mettere in scena uno spettacolo: si riteneva che un esercizio simile fosse molto proficuo per i giovani. Inscenammo il Canut di Schlegel, dove a me toccò la parte del re, a mia sorella quella di Estri­ the mentre suo figlio minore impersonò Ulfo188. Poi ci av­ venturammo nel Britannicus, perché oltre alle nostre doti di attori dovevamo esercitare anche la lingua189. Io ero Nero­ ne, mia sorella Agrippina, il figlio minore Britannico. Rice­ vemmo più lodi di quanto non meritassimo, ma noi erava­

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gemacht zu haben, als wie wir gelobt wurden. | So stand ich mit dieser Familie in dem besten Verhältnis, und bin ihr manches Vergnügen und eine schnellere Entwicklung schuldig geworden. Von Reineck, aus einem altadligen Hause, tüchtig, rechtschaffen, aber starrsinnig, ein hagrer schwarzbrauner Mann, den ich niemals lä­ cheln gesehen. Ihm begegnete das Unglück, daß seine einzige Tochter durch einen Hausfreund entführt wurde. Er verfolgte seinen Schwie­ gersohn mit dem heftigsten Prozeß, und weil die Gerichte, in ihrer Förmlichkeit, seiner Rachsucht weder schnell noch stark genug will­ fahren wollten, überwarf er sich mit diesen, und es entstanden Händel aus Händeln, Prozesse aus Prozessen. Er zog sich ganz in sein Haus und einen daranstoßenden Garten zurück, lebte in einer weitläuftigen aber traurigen Unterstube, in die seit vielen Jahren kein Pinsel eines Tünchers, vielleicht kaum der Kehrbesen einer Magd gekommen war. Mich konnte er gar gern leiden, und hatte mir seinen jüngern Sohn besonders empfohlen. Seine ältesten Freunde, die sich nach ihm zu richten wußten, seine Geschäftsleute, seine Sachwalter sah er manch­ mal bei Tische, und unterließ dann niemals auch mich einzuladen. Man aß sehr gut bei ihm und trank noch besser. Den Gästen erregte jedoch ein großer, aus vielen Ritzen rauchender Ofen die ärgste Pein. Einer der vertrautesten wagte einmal dies zu bemerken, indem er den Haus­ herrn fragte: ob er denn so eine Unbequemlichkeit den ganzen Win­ ter aushalten könne. Er antwortete darauf, als ein zweiter Timon und Heautontimorumenos: »Wollte Gott, dies wäre das größte Übel von denen die mich plagen!« Nur spät ließ er sich bereden, Tochter und Enkel wiederzusehen. Der Schwiegersohn durfte ihm nicht wieder vor Augen. Auf diesen so braven als unglücklichen Mann wirkte meine Gegen­ wart sehr günstig: denn indem er sich gern mit mir unterhielt, und mich besonders von Welt- und Staatsverhältnissen belehrte, schien er selbst

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mo convinti di aver meriti ancora maggiori delle lodi. | Ero in ottimi rapporti con quella famiglia, e le sono debitore di molte ore liete e di una crescita più rapida. Von Reineck, di un’antica schiatta nobiliare, solerte, one­ sto ma cocciuto, un uomo magro e scuro che non ho mai visto ridere. Per sua disgrazia, la sua unica figlia era stata sedotta da un amico di famiglia190; perseguì il genero con un processo durissimo, ma poiché i tribunali, con le loro formalità, non erano sufficientemente rapidi né energici nel soddisfare il suo desiderio di vendetta, iniziò a contestarli e ne seguì lite su lite, processo su processo. Si ritirò comple­ tamente in casa e nel giardino adiacente, viveva in una stan­ za al pianterreno spaziosa ma triste, che da molti anni non vedeva il pennello di un imbianchino e forse nemmeno la ramazza di una domestica. Aveva molta simpatia per me e mi aveva raccomandato suo figlio minore191. Qualche volta pranzava con i suoi amici più cari che sapevano come trat­ tarlo, con alcuni suoi amministratori e avvocati, e in quelle occasioni non dimenticava mai di invitare anche me. Da lui si mangiava molto bene e si beveva ancora meglio, ma una grossa stufa che mandava fumo da molte crepe infliggeva agli ospiti un supplizio terribile. Uno degli amici più inti­ mi osò farlo notare chiedendo al padrone di casa se aveva intenzione di sopportare quel tormento per tutto l’inverno. Egli rispose, novello Timone e Heautontimorumenos192: «Volesse Dio che quello fosse il male peggiore che mi af­ fligge!» Solo dopo moltissimo tempo si lasciò persuadere a incontrare figlia e nipote, ma il genero non volle vederlo mai. La mia presenza aveva un effetto benefico su quell’uomo tanto onesto quanto infelice, perché chiacchierava volentie­ ri con me e quando mi istruiva sulle cose del mondo e dello Stato sembrava sentirsi più sollevato e rasserenato. Perciò

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sich erleichtert und erheitert zu fühlen. Die wenigen alten Freunde, die sich noch um ihn versammelten, gebrauchten mich daher oft, | wenn sie seinen verdrießlichen Sinn zu mildern und ihn zu irgend einer Zer­ streuung zu bereden wünschten. Wirklich fuhr er nunmehr manchmal mit uns aus, und besah sich die Gegend wieder, auf die er so viele Jahre keinen Blick geworfen hatte. Er gedachte der alten Besitzer, erzähl­ te von ihren Charaktern und Begebenheiten, wo er sich denn immer streng, aber doch öfters heiter und geistreich erwies. Wir suchten ihn nun auch wieder unter andere Menschen zu bringen, welches uns aber beinah übel geraten wäre. Von gleichem, wenn nicht noch von höherem Alter als er, war ein Herr von Malapart, ein reicher Mann, der ein sehr schönes Haus am Roßmarkt besaß und gute Einkünfte von Salinen zog. Auch er lebte sehr abgesondert; doch war er Sommers viel in seinem Garten vor dem Bo­ ckenheimer Tore, wo er eine sehr schöne Nelkenflor wartete und pflegte. Von Reineck war auch ein Nelkenfreund; die Zeit des Flors war da, und es geschahen einige Anregungen, ob man sich nicht wechselseitig besuchen wollte. Wir leiteten die Sache ein und trieben es so lange, bis endlich von Reineck sich entschloß mit uns einen Sonntag Nachmittag hinaus zu fahren. Die Begrüßung der beiden alten Herren war sehr la­ konisch, ja bloß pantomimisch, und man ging mit wahrhaft diplomati­ schem Schritt an den langen Nelkengerüsten hin und her. Der Flor war wirklich außerordentlich schön, und die besondern Formen und Farben der verschiedenen Blumen, die Vorzüge der einen vor der andern und ihre Seltenheit machten denn doch zuletzt eine Art von Gespräch aus, welches ganz freundlich zu werden schien; worüber wir andern uns um so mehr freuten, als wir in einer benachbarten Laube den kostbarsten alten Rheinwein in geschliffenen Flaschen, schönes Obst und andre gute Dinge aufgetischt sahen. Leider aber sollten wir sie nicht genie­ ßen. Denn unglücklicherweise sah von Reineck eine sehr schöne Nel­ ke vor sich, die aber den Kopf etwas niedersenkte; er griff daher sehr zierlich mit dem Zeige- und Mittelfinger vom Stengel herauf gegen

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quei pochi vecchi amici che ancora andavano a trovarlo si servivano spesso di me | quando volevano mitigare il suo cattivo umore o indurlo a distrarsi un po’. Qualche volta uscì persino con noi in carrozza, osservando i dintorni che non vedeva da tanti anni. Ripensava ai vecchi proprietari, raccontava del loro carattere e delle loro vicende mostran­ dosi sempre severo, ma più di frequente allegro e spiritoso. Cercammo anche di farlo tornare tra gli uomini, ma il tenta­ tivo per poco non finì male. C’era un certo signor von Malapert, più o meno della stessa età se non ancora più anziano, un uomo ricco con una bella casa sul Roßmarkt che traeva i suoi proventi dalle saline. Anche lui viveva appartato, ma d’estate si tratteneva a lungo nel suo giardino oltre la porta di Bockenheim, dove coltivava e curava bellissime aiuole di garofani. Anche a von Reineck piacevano i garofani, e quando venne il momento della fioritura si accennò all’eventuali­ tà di uno scambio di visite. Sostenemmo l’idea, insistendo finché von Reineck alla fine non acconsentì e venne con noi a trovarlo una domenica pomeriggio. I due anziani si­ gnori si salutarono in modo alquanto laconico, fecero quasi solo una pantomima, e iniziammo a passeggiare con passo da parata avanti e indietro lungo le aiuole di garofani. La fioritura era davvero straordinaria, e grazie alle particola­ ri forme e colori dei fiori, alle caratteristiche di questo o quello, alla loro rarità si riuscì infine a imbastire una con­ versazione che si faceva man mano più cordiale. Ne fummo felici, anche perché avevamo scorto già pronti in tavola, sotto il pergolato lì accanto, dell’eccellente vino del Reno invecchiato in bottiglie di vetro molato, frutta e altre buone cose. Che purtroppo non eravamo destinati a gustare, per­ ché sfortunatamente von Reineck vide un bellissimo garo­ fano che aveva però reclinato leggermente il capo; con il

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den Kelch und hob | die Blume von hinten in die Höhe, so daß er sie wohl betrachten konnte. Aber auch diese zarte Berührung verdroß den Besitzer. Von Malapart erinnerte, zwar höflich aber doch steif genug und eher etwas selbstgefällig, an das oculis non manibus. Von Reineck hatte die Blume schon losgelassen, fing aber auf jenes Wort gleich Feu­ er und sagte, mit seiner gewöhnlichen Trockenheit und Ernst: Es sei einem Kenner und Liebhaber wohl gemäß, eine Blume auf die Weise zu berühren und zu betrachten; worauf er denn jenen Gest wiederhol­ te und sie noch einmal zwischen die Finger nahm. Die beiderseitigen Hausfreunde – denn auch von Malapart hatte einen bei sich – waren nun in der größten Verlegenheit. Sie ließen einen Hasen nach dem an­ dern laufen (dies war unsre sprüchwörtliche Redensart, wenn ein Ge­ spräch sollte unterbrochen und auf einen andern Gegenstand gelenkt werden); allein es wollte nichts verfangen: die alten Herren waren ganz stumm geworden, und wir fürchteten jeden Augenblick, von Reineck möchte jenen Akt wiederholen; da wäre es denn um uns alle geschehn gewesen. Die beiden Hausfreunde hielten ihre Herren auseinander, in­ dem sie selbige bald da bald dort beschäftigten, und das klügste war, daß wir endlich aufzubrechen Anstalt machten; und so mußten wir lei­ der den reizenden Kredenztisch ungenossen mit dem Rücken ansehen. Hofrat Huisgen, nicht von Frankfurt gebürtig, reformierter Re­ ligion und deswegen keiner öffentlichen Stelle noch auch der Advo­ katur fähig, die er jedoch, weil man ihm als vortrefflichem Juristen viel Vertrauen schenkte, unter fremder Signatur ganz gelassen sowohl in Frankfurt als bei den Reichsgerichten zu führen wußte, war wohl schon sechzig Jahr alt, als ich mit seinem Sohne Schreibstunde hatte und dadurch ins Haus kam. Seine Gestalt war groß, lang ohne hager, breit ohne beleibt zu sein. Sein Gesicht, nicht allein von den Blattern entstellt, sondern auch des einen Auges beraubt, sah man die erste Zeit

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medio e l’indice allora afferrò molto delicatamente lo stelo e facendo scorrere le dita verso l’alto sollevò | la corolla in modo da poterla osservare bene. Ma quel gesto, per quanto delicato, irritò il proprietario. Von Malapert fece presente, in modo cortese ma comunque rigido e alquanto sussiego­ so: oculis non manibus! Von Reineck aveva già lasciato il fiore ma subito si risentì per quelle parole e rispose, nel suo abituale tono serio e asciutto, che a un esperto amante dei fiori è ben consentito toccarli e osservarli in quel modo, e così dicendo ripeté il gesto riprendendo di nuovo il fiore tra le dita. I loro amici – anche von Malapert aveva un amico di famiglia con sé – si ritrovarono in grande imbarazzo: lascia­ rono scappare una lepre dietro l’altra (quella era l’espres­ sione proverbiale per indicare che bisognava lasciar cadere un discorso e avviarne un altro di diverso argomento)193, ma invano. I due anziani signori erano ammutoliti, e in ogni istante temevamo che von Reineck ripetesse quell’atto: a quel punto saremmo stati spacciati. I rispettivi amici cerca­ rono di separare gli anziani signori tenendoli occupati ora qui, ora là, ma alla fine la cosa migliore fu dare il segnale per il ritorno – e così a bocca asciutta voltammo le spalle a quell’allettante tavola imbandita. Il consigliere di corte Hüsgen non era originario di Fran­ coforte e apparteneva alla Chiesa riformata, di conseguenza non poteva assumere cariche pubbliche né esercitare l’av­ vocatura che però, essendo stimato da molti come eccel­ lente giurista, esercitava comunque in tutta tranquillità sia a Francoforte che nei tribunali imperiali a nome di qualche collega. Avrà avuto sessant’anni quando iniziai a prendere lezioni di calligrafia insieme a suo figlio e quindi andavo a casa loro. Era alto, con una corporatura esile ma non magra, ben piantato ma non grasso. Il suo volto, non solo deturpato dal vaiolo ma anche privo di un occhio, all’inizio metteva

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nur mit Apprehension. Er trug auf einem kahlen Haupte immer eine ganz weiße Glockenmütze, oben mit einem Bande gebunden. | Seine Schlafröcke von Kalmank oder Damast, waren durchaus sehr sauber. Er bewohnte eine gar heitre Zimmerflucht auf gleicher Erde an der Al­ lee, und die Reinlichkeit seiner Umgebung entsprach dieser Heiterkeit. Die größte Ordnung seiner Papiere, Bücher, Landkarten machte einen angenehmen Eindruck. Sein Sohn, Heinrich Sebastian, der sich durch verschiedene Schriften im Kunstfach bekannt gemacht, versprach in seiner Jugend wenig. Gutmütig, aber täppisch, nicht roh, aber doch geradezu und ohne besondre Neigung sich zu unterrichten, suchte er lieber die Gegenwart der Vaters zu vermeiden, indem er von der Mutter alles was es wünschte, erhalten konnte. Ich hingegen näherte mich dem Alten immer mehr, je mehr ich ihn kennen lernte. Da er sich nur bedeu­ tender Rechtsfälle annahm, so hatte er Zeit genug sich auf andre Weise zu beschäftigen und zu unterhalten. Ich hatte nicht lange um ihn gelebt und seine Lehren vernommen; als ich wohl merken konnte, daß er mit Gott und der Welt in Opposition stehe. Eins seiner Lieblingsbücher war Agrippa de vanitate Scientiarum, das er mir besonders empfahl, und mein junges Gehirn dadurch eine Zeit lang in ziemliche Verwirrung setzte. Ich war im Behagen der Jugend zu einer Art von Optimismus geneigt, und hatte mich mit Gott oder den Göttern ziemlich wieder aus­ gesöhnt: denn durch eine Reihe von Jahren war ich zu der Erfahrung gekommen, daß es gegen das Böse manches Gleichgewicht gebe, daß man sich von den Übeln wohl wieder herstelle, und daß man sich aus Gefahren rette und nicht immer den Hals breche. Auch was die Men­ schen taten und trieben sah ich läßlich an, und fand manches Lobens­ würdige, womit mein alter Herr keineswegs zufrieden sein wollte. Ja, als er einmal mir die Welt ziemlich von ihrer fratzenhaften Seite ge­ schildert hatte, merkte ich ihm an, daß er noch mit einem bedeutenden Trumpfe zu schließen gedenke. Er drückte, wie in solchen Fällen seine Art war, das blinde linke Auge stark zu, blickte mit dem andern scharf hervor und sagte mit einer näselnden Stimme: »Auch in Gott entdeck’ ich Fehler.« |

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in soggezione. Sulla testa calva portava sempre un berretto bianco a forma di campana, fermato in cima con un fiocco, | le sue vesti da camera di lana pettinata o di damasco erano perfettamente linde. Abitava delle belle stanze al pianterre­ no affacciate sul viale e la pulizia dell’ambiente era pari alla sua bellezza. L’estremo ordine di carte, libri e mappe faceva un’ottima impressione. Suo figlio Heinrich Sebastian, che si fece un nome per le sue pubblicazioni di argomento artisti­ co, da ragazzo era poco promettente. Buono ma sciocco, non proprio grezzo ma semplice e senza alcuna voglia di studia­ re, cercava piuttosto di evitare la presenza del padre, visto che dalla madre otteneva tutto quello che voleva. Io invece mi avvicinavo sempre più al padre, man mano che imparavo a conoscerlo. Dato che accettava solo cause importanti, gli rimaneva parecchio tempo per distrarsi dedicandosi ad altre occupazioni. Ben presto, dopo averlo frequentato e ascoltato qualche volta, mi accorsi che era in conflitto con tutto e tutti. Uno dei suoi libri preferiti era il De vanitate scientiarum di Agrippa194, che mi raccomandò caldamente e che per un po’ mandò in confusione la mia giovane mente. Accomodante come sono i giovani, io tendevo all’ottimismo riconcilian­ domi con Dio e con le divinità; con il passare degli anni ave­ vo fatto l’esperienza che c’è sempre un qualche contrappeso per il male, che dopo una disgrazia ci si riprende, che dai pericoli ci si può salvare e non sempre ci si rompe il collo. Anche quello che gli uomini fanno e disfanno lo guardavo con una certa tolleranza e trovavo lodevoli cose che il vec­ chio signore non considerava affatto tali. Anzi, quando una volta mi descrisse il mondo nei suoi aspetti più grotteschi, mi accorsi che voleva concludere con un pezzo forte. Come era solito fare in quei casi, strizzò l’occhio sinistro, quello cieco, mi fissò intensamente con l’altro e disse con voce na­ sale: «anche in Dio trovo degli errori». |

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Mein timonischer Mentor war auch Mathematiker; aber seine prak­ tische Natur trieb ihn zur Mechanik, ob er gleich nicht selbst arbei­ tete. Eine für damalige Zeiten wenigstens wundersame Uhr, welche neben den Stunden und Tagen auch die Bewegungen von Sonne und Mond anzeigte, ließ er nach seiner Angabe verfertigen. Sonntags früh um Zehn zog er sie jedesmal selbst auf, welches er um so gewisser tun konnte, als er niemals in die Kirche ging. Gesellschaft oder Gäste habe ich nie bei ihm gesehen. Angezogen und aus dem Hause gehend erinnere ich mir ihn in zehn Jahren kaum zweimal. Die verschiedenen Unterhaltungen mit diesen Männern waren nicht unbedeutend, und jeder wirkte auf mich nach seiner Weise. Für einen jeden hatte ich so viel, oft noch mehr Aufmerksamkeit als die eigenen Kinder, und jeder suchte an mir, als an einem geliebten Sohne, sein Wohlgefallen zu vermehren, indem er an mir sein moralisches Eben­ bild herzustellen trachtete. Olenschlager wollte mich zum Hofmann, Reineck zum diplomatischen Geschäftsmann bilden, beide, besonders letzterer, suchten mir Poesie und Schriftstellerei zu verleiden. Huisgen wollte mich zum Timon seiner Art, dabei aber zum tüchtigen Rechts­ gelehrten haben: ein notwendiges Handwerk wie er meinte, damit man sich und das Seinige gegen das Lumpenpack von Menschen regelmä­ ßig verteidigen, einem Unterdrückten beistehen, und allenfalles einem Schelmen etwas am Zeuge flicken könne; letzteres jedoch sei weder besonders tunlich noch ratsam. Hielt ich mich gern an der Seite jener Männer, um ihren Rat, ihren Fingerzeig zu benutzen, so forderten jüngere, an Alter mir nur wenig vorausgeschrittene mich auf zum unmittelbaren Nacheifern. Ich nenne hier vor allen andern die Gebrüder Schlosser, und Griesbach. Da ich jedoch mit diesen in der Folge in genauere Verbindung trat, welche vie­ le Jahre ununterbrochen dauerte, so sage ich gegenwärtig nur so viel, daß sie uns damals als ausgezeichnet in Sprachen und andern, die aka­ demische Laufbahn eröffnenden | Studien gepriesen und zum Muster

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Il mio mentore-Timone era anche un matematico ma la sua natura pratica lo spingeva alla meccanica, sebbene non vi si cimentasse di persona. Fece costruire secondo le sue indicazioni un orologio stranissimo, almeno per quei tempi, che oltre al giorno e alle ore indicava anche il movimento del sole e della luna195. Ogni domenica mattina alle dieci in punto lo caricava, cosa che poteva fare con puntualità visto che non andava mai in chiesa. In casa sua non ho mai visto visitatori né ospiti, e in dieci anni penso di averlo visto forse due volte vestito per uscire di casa. Il tempo trascorso con questi personaggi non fu privo di rilevanza, e ognuno influì a suo modo su di me. A ciascuno di loro prestavo attenzione come fossi un figlio o forse an­ che di più, e ognuno cercava di plasmarmi secondo il suo modello morale, come si fa con un amato figlio, per poter essere ancora più soddisfatto di me. Olenschlager voleva fare di me un uomo di corte, von Reineck un diplomatico; ma entrambi, e soprattutto quest’ultimo, cercarono di far­ mi detestare la poesia e la letteratura. Hüsgen voleva che diventassi un Timone della sua fatta, ma insieme un abile giureconsulto: una professione necessaria, affermava, per difendere se stessi e le proprie cose dalla massa dei cialtro­ ni, per soccorrere un oppresso o rendere la vita difficile a qualche mascalzone – quest’ultima cosa era però più com­ plicata e non sempre consigliabile. Se stavo volentieri con quegli uomini per ricevere da loro consigli e suggerimenti, erano però i più giovani, o quelli di qualche anno più grandi di me, che mi stimolava­ no all’emulazione. Vorrei ricordare qui soprattutto i fratelli Schlosser e Griesbach. Con loro ebbi anche in seguito rap­ porti stretti per molti anni, per cui ora dirò soltanto che a quei tempi venivano lodati e additati come esempio perché eccellevano nelle lingue e negli studi | che preludevano alla

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aufgestellt wurden, und daß Jedermann die gewisse Erwartung hegte, sie würden einst im Staat und in der Kirche etwas Ungemeines leisten. Was mich betrifft, so hatte ich auch wohl im Sinne, etwas Außer­ ordentliches hervorzubringen; worin es aber bestehen könne, wollte mir nicht deutlich werden. Wie man jedoch eher an den Lohn denkt, den man erhalten möchte, als an das Verdienst, das man sich erwerben sollte; so leugne ich nicht, daß wenn ich an ein wünschenswertes Glück dachte, dieses mir am reizendsten in der Gestalt des Lorbeerkranzes erschien, der den Dichter zu zieren geflochten ist. |

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carriera accademica, e tutti si aspettavano che, a tempo de­ bito, avrebbero fatto grandi cose per lo Stato e la Chiesa196. Per quanto mi riguarda, avevo anch’io in mente di fare qualcosa di straordinario, ma in cosa ciò consistesse, non riuscivo a discernerlo con chiarezza. Ma poiché spesso si pensa più alla ricompensa che si vuole ottenere, piuttosto che ai meriti che bisogna prima conquistarsi, non nego che, quando pensavo a un premio allettante, la forma che più mi affascinava era quella della corona d’alloro intrecciata per ornare la testa dei poeti. |

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Fünftes Buch Für alle Vögel gibt es Lockspeisen, und jeder Mensch wird auf seine eigene Art geleitet und verleitet. Natur, Erziehung, Umgebung, Ge­ wohnheit hielten mich von allem Rohen abgesondert, und ob ich gleich mit den untern Volks-Klassen, besonders den Handwerkern, öfters in Berührung kam, so entstand doch daraus kein näheres Verhältnis. Et­ was Ungewöhnliches, vielleicht Gefährliches zu unternehmen, hatte ich zwar Verwegenheit genug, und fühlte mich wohl manchmal dazu aufgelegt; allein es mangelte mir die Handhabe es anzugreifen und zu fassen. Indessen wurde ich auf eine völlig unerwartete Weise in Verhältnis­ se verwickelt, die mich ganz nahe an große Gefahr, und wenigstens für eine Zeitlang in Verlegenheit und Not brachten. Mein früheres gutes Verhältnis zu jenem Knaben, den ich oben Pylades genannt, hatte sich bis ins Jünglingsalter fortgesetzt. Zwar sahen wir uns seltener, weil unsre Eltern nicht zum besten mit einander standen; wo wir uns aber trafen, sprang immer sogleich der alte freundschaftliche Jubel hervor. Einst begegneten wir uns in den Alleen, die zwischen dem innern und äußern Sankt-Gallen-Tor einen sehr angenehmen Spaziergang darbo­ ten. Wir hatten uns kaum begrüßt, als er zu mir sagte: »Es geht mir mit deinen Versen noch immer wie sonst. Diejenigen die du mir neulich mitteiltest, habe ich einigen lustigen Gesellen vorgelesen, und keiner will glauben, daß du sie gemacht habest.« – Laß es gut sein, versetzte ich; wir wollen sie machen, uns daran ergetzen, und die Andern mögen davon denken und sagen was sie wollen. »Da kommt eben der Ungläubige!« sagte mein Freund. – Wir wollen nicht davon reden, war meine Antwort. Was hilft’s, man be­

Libro quinto Per ogni uccello c’è un’esca, e per ogni uomo c’è il modo di guidarlo e sedurlo. Natura, educazione, ambiente, abitudini mi tenevano separato da tutto ciò che è rozzo, e sebbene entrassi spesso in contatto con le classi inferiori, soprattutto con quella degli artigiani, non ne erano mai nati particolari legami. Per compiere qualcosa di inusuale, magari persino di pericoloso, non mi mancava certo l’audacia, e qualche volta ne avrei anche avuta la voglia, ma mi mancava l’appi­ glio da afferrare per dare avvio all’impresa. Ciononostante mi ritrovai invischiato in modo del tutto imprevisto in una situazione che mi fece correre un grave pericolo e, almeno per un certo periodo, mi mise in difficol­ tà e imbarazzo. La mia amicizia con quel ragazzo che ho chiamato Pilade si era mantenuta anche nell’adolescenza. Ci vedevamo più di rado, perché i nostri genitori non erano in buoni rapporti, ma non appena ci incontravamo, subito rinasceva la confidenza gioiosa dei vecchi amici. Una volta ci incontrammo sui bastioni tra la porta interna di San Gallo e quella più esterna, dove è molto piacevole passeggiare. Ci eravamo appena salutati quando mi disse: «Con le tue po­ esie succede sempre la stessa cosa. Quella che mi hai dato di recente l’ho letta ad alcuni miei compagni, ma nessuno crede che l’abbia scritta tu». – «Non importa», risposi. «A me piace scriverle, mi diverto, gli altri pensino e dicano quello che vogliono». «Ecco che arriva l’incredulo!» disse il mio amico. «La­ scia perdere, non voglio parlarne», fu la mia risposta. «È

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kehrt sie doch nicht. – »Mit nichten, sagte der Freund: ich kann es ihm nicht so hingehen lassen.« | Nach einer kurzen gleichgültigen Unterhaltung konnte es der für mich nur allzuwohlgesinnte junge Gesell nicht lassen, und sagte mit einiger Empfindlichkeit gegen jenen: »Hier ist nun der Freund, der die hübschen Verse gemacht hat, und die ihr ihm nicht zutrauen wollt.« – Er wird es gewiß nicht übel nehmen, versetzte jener: denn es ist ja eine Ehre die wir ihm erweisen, wenn wir glauben, daß weit mehr Gelehr­ samkeit dazu gehöre, solche Verse zu machen, als er bei seiner Jugend besitzen kann. – Ich erwiderte etwas Gleichgültiges; mein Freund aber fuhr fort: »Es wird nicht viel Mühe kosten, euch zu überzeugen. Gebt ihm irgend ein Thema auf, und er macht euch ein Gedicht aus dem Stegereif.« – Ich ließ es mir gefallen, wir wurden einig, und der Dritte fragte mich: ob ich mich wohl getraue, einen recht artigen Liebesbrief in Versen aufzusetzen, den ein verschämtes junges Mädchen an einen Jüngling schriebe, um ihre Neigung zu offenbaren. – Nichts ist leichter als das, versetzte ich, wenn wir nur ein Schreibzeug hätten. – Jener brachte seinen Taschenkalender hervor, worin sich weiße Blätter in Menge befanden, und ich setzte mich auf eine Bank, zu schreiben. Sie gingen indes auf und ab und ließen mich nicht aus den Augen. Sogleich faßte ich die Situation in den Sinn und dachte mir, wie artig es sein müßte, wenn irgend ein hübsches Kind mir wirklich gewogen wäre und es mir in Prosa oder in Versen entdecken wollte. Ich begann daher ohne Anstand meine Erklärung, und führte sie in einem, zwischen dem Knittelvers und Madrigal schwebenden Sylbenmaße mit möglichster Naivetät in kurzer Zeit dergestalt aus, daß, als ich dies Gedichtchen den beiden vorlas, der Zweifler in Verwunderung und mein Freund in Ent­ zücken versetzt wurde. Jenem konnte ich auf sein Verlangen das Ge­ dicht um so weniger verweigern, als es in seinen Kalender geschrieben war, und ich das Dokument meiner Fähigkeiten gern in seinen Händen sah. Er schied unter vielen Versicherungen von Bewunderung und Nei­ gung, und wünschte nichts mehr als uns öfter zu begegnen, und wir machten aus, bald zusammen aufs Land zu gehen. |

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inutile, tanto non li convinci». – «Ma nemmeno per sogno, non posso fargliela passare liscia», replicò l’amico. | Dopo aver parlato brevemente del più e del meno l’amico, fin troppo ben disposto nei miei confronti, non poté trattener­ si dal dire, con un certo risentimento: «Questo è l’amico che ha scritto quella bella poesia, che voi non credete sia sua». – «Non se ne avrà certo a male», rispose quello; «infatti gli facciamo un complimento, dicendo che per scrivere simili versi ci vuole molta più preparazione di quanta non ne possa avere un ragazzo della sua età». Io risposi una cosa qualsiasi, ma l’amico insistette: «È facile dimostrarvelo. Dategli un argomento a caso e lui improvviserà qui sui due piedi una poesia». Accettai, ci mettemmo d’accordo e l’altro mi chie­ se se fossi capace di scrivere una bella letterina d’amore in versi, dove una giovane timida manifesta a un ragazzo il suo affetto. «Niente di più facile, se solo avessimo da scrivere» risposi. Tirò fuori il suo taccuino che aveva molte pagine bianche, e io mi sedetti su una panchina a scrivere. I due nel frattempo passeggiavano avanti e indietro senza perdermi di vista. Subito cercai di immaginarmi la situazione e pensai come sarebbe stato bello se una graziosa fanciulla si fosse veramente invaghita di me e volesse farmelo sapere in prosa o in versi. Cominciai quindi senza indugio la mia dichiara­ zione e scrissi la poesiola in un metro a metà tra il madrigale e il Knittelvers197 usando un tono il più ingenuo possibile e in un tempo così breve che quando la lessi ai due, lo scettico rimase a bocca aperta e il mio amico estasiato. Quando mi chiese di regalargliela non potei rifiutare, tanto più che era scritta sul suo taccuino – e inoltre mi faceva piacere che la prova delle mie capacità rimanesse in mano sua. Ci salutò tra ripetute dichiarazioni di ammirazione e di stima ed espri­ mendo il desiderio di rivederci presto; così ci mettemmo d’accordo per fare una scampagnata. |

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Unsre Partie kam zu Stande, zu der sich noch mehrere junge Leute von jenem Schlage gesellten. Es waren Menschen aus dem mittlern, ja wenn man will, aus dem niedern Stande, denen es an Kopf nicht fehlte, und die auch, weil sie durch die Schule gelaufen, manche Kenntnis und eine gewisse Bildung hatten. In einer großen reichen Stadt gibt es vielerlei Erwerbzweige. Sie halfen sich durch, indem sie für die Ad­ vokaten schrieben, Kinder der geringern Klasse durch Hausunterricht etwas weiter brachten, als es in Trivialschulen zu geschehen pflegt. Mit erwachsenern Kindern, welche konfirmiert werden sollten, repe­ tierten sie den Religionsunterricht, liefen dann wieder den Mäklern oder Kaufleuten einige Wege, und taten sich Abends, besonders aber an Sonn- und Feiertagen, auf eine frugale Weise etwas zu Gute. Indem sie nun unterwegs meine Liebesepistel auf das beste her­ ausstrichen, gestanden sie mir, daß sie einen sehr lustigen Gebrauch davon gemacht hätten: sie sei nämlich mit verstellter Hand abgeschrie­ ben, und mit einigen nähern Beziehungen einem eingebildeten jungen Manne zugeschoben worden, der nun in der festen Überzeugung stehe, ein Frauenzimmer, dem er von fern den Hof gemacht, sei in ihn aufs äußerste verliebt, und suche Gelegenheit ihm näher bekannt zu wer­ den. Sie vertrauten mir dabei, er wünsche nichts mehr als ihr auch in Versen antworten zu können; aber weder bei ihm noch bei ihnen finde sich Geschick dazu, weshalb sie mich inständig bäten, die gewünschte Antwort selbst zu verfassen. Mystifikationen sind und bleiben eine Unterhaltung für müßige, mehr oder weniger geistreiche Menschen. Eine läßliche Bosheit, eine selbstgefällige Schadenfreude sind ein Genuß für diejenigen, die sich weder mit sich selbst beschäftigen, noch nach außen heilsam wirken können. Kein Alter ist ganz frei von einem solchen Kitzel. Wir hatten uns in unsern Knabenjahren einander oft angeführt; viele Spiele be­ ruhen auf solchen Mystifikationen und Attrappen; der gegenwärtige Scherz schien mir nicht weiter zu gehen: ich | willigte ein; sie teilten

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Andammo in gita, e a noi si aggiunsero altri giovani della stessa fatta. Erano ragazzi della classe media o, se si vuole, bassa; non mancavano di intelligenza ed essendo an­ dati a scuola possedevano anche un minimo di conoscenze e una certa cultura. In una città grande e ricca ci sono sva­ riate possibilità di impiego: si barcamenavano facendo gli scrivani degli avvocati e dando lezioni private ai bambini delle famiglie più umili per fornire loro qualche cognizio­ ne in più rispetto alla scuola elementare198. Ripassavano il catechismo con i bambini più grandi in attesa della con­ fermazione, facevano commissioni per intermediari e com­ mercianti e la sera, soprattutto il sabato e la domenica, si concedevano qualche frugale divertimento. Lungo la strada si profusero in lodi per la mia lettera d’a­ more, confessando di averla utilizzata per una burla: infat­ ti l’avevano trascritta camuffando la grafia e aggiungendo qualche dettaglio più circostanziato per poi recapitarla a un giovane vanaglorioso, che ora era convinto che una certa fanciulla, che egli aveva corteggiato alla lontana, si fosse follemente innamorata di lui e stesse cercando il modo di avvicinarglisi. Mi confidarono che ora la sua massima aspi­ razione era di poterle a sua volta rispondere in versi, ma né lui né loro erano in grado di farlo. Mi supplicarono quindi di provvedere io alla tanto desiderata risposta. Le mistificazioni erano e rimangono un passatempo per uomini oziosi, più o meno dotati di spirito. Una piccola dose di cattiveria, una gioia maligna e compiaciuta sono proprio quel che ci vuole per chi non sa come passare il tempo né sa agire per il bene altrui. Nessuna età è del tutto esente da questa tentazione. Da bambini ci eravamo spesso imbrogliati a vicenda, molti giochi sono basati sulla misti­ ficazione e l’impostura e questo mi sembrava rimanere nei limiti199.  | Acconsentii, mi diedero qualche informazione

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mir manches Besondere mit, was der Brief enthalten sollte, und wir brachten ihn schon fertig mit nach Hause. Kurze Zeit darauf wurde ich durch meinen Freund dringend ein­ geladen, an einem Abendfeste jener Gesellschaft Teil zu nehmen. Der Liebhaber wolle es diesmal ausstatten, und verlange dabei ausdrück­ lich, dem Freunde zu danken, der sich so vortrefflich als poetischer Sekretär erwiesen. Wir kamen spät genug zusammen, die Mahlzeit war die frugalste, der Wein trinkbar; und was die Unterhaltung betraf, so drehte sie sich fast gänzlich um die Verhöhnung des gegenwärtigen, freilich nicht sehr aufgeweckten Menschen, der nach wiederholter Lesung des Briefes nicht weit davon war zu glauben, er habe ihn selbst geschrieben. Meine natürliche Gutmütigkeit ließ mich an einer solchen boshaf­ ten Verstellung wenig Freude finden, und die Wiederholung desselben Thema’s ekelte mich bald an. Gewiß, ich brachte einen verdrießlichen Abend hin, wenn nicht eine unerwartete Erscheinung mich wieder be­ lebt hätte. Bei unserer Ankunft stand bereits der Tisch reinlich und or­ dentlich gedeckt, hinreichender Wein aufgestellt; wir setzten uns und blieben allein, ohne Bedienung nötig zu haben. Als es aber doch zuletzt an Wein gebrach, rief einer nach der Magd; allein statt derselben trat ein Mädchen herein, von ungemeiner, und wenn man sie in ihrer Um­ gebung sah, von unglaublicher Schönheit. – »Was verlangt Ihr? sagte sie, nachdem sie auf eine freundliche Weise guten Abend geboten: die Magd ist krank und zu Bette. Kann ich Euch dienen?« – Es fehlt an Wein, sagte der eine. Wenn du uns ein paar Flaschen holtest, so wäre es sehr hübsch. – Tu es, Gretchen, sagte der Andre; es ist ja nur ein Katzensprung. – »Warum nicht!« versetzte sie, nahm ein paar leere Flaschen vom Tisch und eilte fort. Ihre Gestalt war von der Rückseite fast noch zierlicher. Das Häubchen saß so nett auf dem kleinen Kopfe, den ein schlanker Hals gar anmutig mit Nacken und Schultern verband. Alles an ihr schien auserlesen, und man konnte der ganzen Gestalt um so | ruhiger folgen, als die Aufmerksamkeit nicht mehr durch die stil­

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specifica da inserire nella lettera e quando tornammo a casa era già pronta. Poco tempo dopo il mio amico mi invitò con insistenza a una festa serale di quel gruppo. L’invito era partito dall’in­ namorato che voleva a ogni costo ringraziare l’amico che si era dimostrato un eccellente segretario poetico. Ci trovammo a tarda sera, la cena fu più frugale che mai, il vino appena passabile; per quanto riguarda la conversa­ zione, ci si dedicò quasi unicamente a prendere in giro l’in­ namorato, a dir la verità non proprio sveglio, che dopo aver letto qualche volta la lettera per poco non si era convinto di averla scritta lui. La mia naturale bontà mi impediva di godere di quel perfido inganno, e l’insistenza continua sullo stesso tema finì per nausearmi. Certo avrei trascorso una pessima serata se un’apparizione inaspettata non mi avesse rincuorato. Al nostro arrivo la tavola era già imbandita, linda e ordinata, e con vino a sufficienza; ci sedemmo e rimanemmo soli, sen­ za bisogno di servitori. Quando però a un certo punto finì il vino, qualcuno chiamò la cameriera, ma al suo posto venne una ragazza di una bellezza non comune e – in rapporto a quell’ambiente – inimmaginabile. «Cosa desiderate?» chie­ se, dopo averci augurato gentilmente la buona sera. «La cameriera è a letto ammalata, come posso servirvi?» – «È finito il vino», disse uno. «Se potessi portarcene un paio di bottiglie, sarebbe una bella cosa». – «Sì dai, Gretchen», dis­ se un altro, «sono solo due passi». – «Perché no?», replicò lei, prese un paio di bottiglie vuote dalla tavola e si avviò. Vista da dietro era persino più bella200. La cuffietta faceva un bellissimo effetto sulla testolina, e come era grazioso il collo sottile che univa la nuca alle spalle! Tutto in lei era squisito e da dietro si poteva contemplare con maggior cal­ ma | tutta la figura perché l’attenzione non era più comple­

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len treuen Augen und den lieblichen Mund allein angezogen und ge­ fesselt wurde. Ich machte den Gesellen Vorwürfe, daß sie das Kind in der Nacht allein ausschickten; sie lachten mich aus, und ich war bald getröstet, als sie schon wiederkam: denn der Schenkwirt wohnte nur über die Straße. – Setze dich dafür auch zu uns, sagte der eine. Sie tat es, aber leider kam sie nicht neben mich. Sie trank ein Glas auf unsre Gesundheit und entfernte sich bald, indem sie uns riet, nicht gar lange beisammen zu bleiben und überhaupt nicht so laut zu werden: denn die Mutter wolle sich eben zu Bette legen. Es war nicht ihre Mutter, sondern die unserer Wirte. Die Gestalt dieses Mädchens verfolgte mich von dem Augenblick an auf allen Wegen und Stegen: es war der erste bleibende Eindruck, den ein weibliches Wesen auf mich gemacht hatte; und da ich einen Vorwand sie im Hause zu sehen weder finden konnte, noch suchen mochte, ging ich ihr zu Liebe in die Kirche und hatte bald ausgespürt wo sie saß; und so konnte ich während des langen protestantischen Gottesdienstes mich wohl satt an ihr sehen. Beim Herausgehen getrau­ te ich mich nicht sie anzureden, noch weniger sie zu begleiten, und war schon selig, wenn sie mich bemerkt und gegen einen Gruß genickt zu haben schien. Doch ich sollte das Glück mich ihr zu nähern nicht lan­ ge entbehren. Man hatte jenen Liebenden, dessen poetischer Sekretär ich geworden war, glauben gemacht, der in seinem Namen geschrie­ bene Brief sei wirklich an das Frauenzimmer abgegeben worden, und zugleich seine Erwartung aufs äußerste gespannt, daß nun bald eine Antwort darauf erfolgen müsse. Auch diese sollte ich schreiben, und die schalkische Gesellschaft ließ mich durch Pylades aufs inständigste ersuchen, allen meinen Witz aufzubieten und alle meine Kunst zu ver­ wenden, daß dieses Stück recht zierlich und vollkommen werde. In Hoffnung meine Schöne wiederzusehen, machte ich mich so­ gleich ans Werk, und dachte mir nun alles was mir | höchst wohlgefäl­ lig sein würde, wenn Gretchen es mir schriebe. Ich glaubte alles so aus ihrer Gestalt, ihrem Wesen, ihrer Art, ihrem Sinn herausgeschrieben zu haben, daß ich mich des Wunsches nicht enthalten konnte, es möchte

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tamente assorbita e avvinta dagli occhi tranquilli e sinceri e dalla dolce boccuccia. Rimproverai gli amici di averla man­ data fuori da sola col buio; risero di me ma mi consolai ve­ dendola tornare subito: l’osteria era proprio dall’altra parte della strada. «Siediti anche tu con noi», le disse qualcuno; si sedette, ma purtroppo non vicino a me. Bevve un bicchiere alla nostra salute e se ne andò poco dopo, raccomandandoci di non fare tardi ma soprattutto di non essere così rumorosi, perché la mamma stava andando a dormire. Non sua madre, quella dei proprietari. Da quel momento in poi, l’immagine della fanciulla mi seguiva ovunque andassi: era la prima impressione duratura che una donna faceva su di me. Non riuscendo né volendo trovare un pretesto per rivederla a casa, per amor suo an­ dai in chiesa e scoprii presto dove era seduta; durante tutta la lunga funzione protestante non mi stancai di guardarla. All’uscita non osai rivolgerle la parola né tanto meno ac­ compagnarla, e fui già felice quando mi notò e mi parve che rispondesse con un cenno del capo al mio saluto. Ma non dovetti attendere a lungo la gioia di rivederla. Avevano fatto credere al giovanotto di cui ero ormai diventato il segretario galante, che la lettera scritta a suo nome fosse stata davvero recapitata alla fanciulla, e allo stesso tempo avevano ecci­ tato fino allo spasimo l’attesa di una risposta che doveva essere imminente. Avrei dovuto scrivere io anche quella, e la scaltra compagnia chiese a Pilade di insistere affinché adoperassi tutto il mio estro e la mia arte per una lettera che fosse davvero elegante e perfetta. Sperando di poter rivedere la mia bella, mi misi subito all’opera immaginando tutto quello che | mi sarebbe piaciu­ to leggere se me l’avesse scritta Gretchen. Ero così sicuro di aver catturato con le parole la sua figura, la sua essenza, la sua personalità, i suoi sentimenti che non potei fare a

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wirklich so sein, und mich in Entzücken verlor, nur zu denken, daß etwas Ähnliches von ihr an mich könnte gerichtet werden. So mysti­ fizierte ich mich selbst, indem ich meinte einen andern zum Besten zu haben, und es sollte mir daraus noch manche Freude und manches Un­ gemach entspringen. Als ich abermals gemahnt wurde, war ich fertig, versprach zu kommen und fehlte nicht zur bestimmten Stunde. Es war nur einer von den jungen Leuten zu Hause; Gretchen saß am Fenster und spann; die Mutter ging ab und zu. Der junge Mensch verlangte, daß ich’s ihm vorlesen sollte; ich tat es, und las nicht ohne Rührung, indem ich über das Blatt weg nach dem schönen Kinde hinschielte, und da ich eine gewisse Unruhe ihres Wesens, eine leichte Röte ihrer Wangen zu bemerken glaubte, drückte ich nur besser und lebhafter aus, was ich von ihr zu vernehmen wünschte. Der Vetter, der mich oft durch Lobeserhebungen unterbrochen hatte, ersuchte mich zuletzt um einige Abänderungen. Sie betrafen einige Stellen, die freilich mehr auf Gret­ chens Zustand, als auf den jenes Frauenzimmers paßten, das von gutem Hause, wohlhabend, in der Stadt bekannt und angesehen war. Nach­ dem der junge Mann mir die gewünschten Änderungen artikuliert und ein Schreibzeug herbeigeholt hatte, sich aber wegen eines Geschäfts auf kurze Zeit beurlaubte, blieb ich auf der Wandbank hinter dem gro­ ßen Tische sitzen, und probierte die zu machenden Veränderungen auf der großen, fast den ganzen Tisch einnehmenden Schieferplatte, mit einem Griffel, der stets im Fenster lag, weil man auf dieser Steinfläche oft rechnete, sich mancherlei notierte, ja die Gehenden und Kommen­ den sich sogar Notizen dadurch mitteilten. Ich hatte eine Zeit lang verschiedenes geschrieben und wieder aus­ gelöscht, als ich ungeduldig ausrief: es will nicht | gehen! – »Desto bes­ ser! sagte das liebe Mädchen, mit einem gesetzten Tone; ich wünschte, es ginge gar nicht. Sie sollten sich mit solchen Händeln nicht befassen.« – Sie stand vom Spinnrocken auf, und zu mir an den Tisch tretend, hielt sie mir mit viel Verstand und Freundlichkeit eine Strafpredigt. »Die

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meno di pensare che l’avesse veramente scritta lei, e il solo pensiero che potesse mandarmi una lettera del genere basta­ va a mandarmi in estasi. Così ingannai me stesso credendo di ingannare un altro – ne avrei ricavate alcune gioie ma anche parecchi fastidi. Quando mi sollecitarono la seconda volta ero pronto, promisi di andare e mi presentai all’ora stabilita. Solo uno dei ragazzi era a casa; Gretchen sedeva filando vicino alla finestra, la madre andava e veniva. Il ra­ gazzo chiese che gliela leggessi; lo feci non senza un certo coinvolgimento, gettando occhiate furtive oltre il foglio alla bella fanciulla, e quando mi parve di percepire una certa inquietudine e un certo qual rossore sulle sue guance, lessi con ancora più trasporto ciò che desideravo sentirmi dire da lei. Il cugino, che mi aveva interrotto spesso con escla­ mazioni di lode, mi chiese infine di fare qualche modifica, soprattutto riguardo a quei passaggi che si addicevano più alla situazione di Gretchen che a quella dell’altra ragazza, che era di buona famiglia, ricca, molto nota e stimata in cit­ tà. Dopo avermi detto quali modifiche servivano e avermi dato l’occorrente per scrivere, disse che doveva assentarsi qualche tempo per una commissione; rimasi seduto sulla panca contro la parete e con un gessetto abbozzavo le varie modifiche sulla lastra di ardesia che occupava quasi tutto il grande tavolo. Il gessetto era sempre sul davanzale della finestra perché su quella lastra spesso si facevano i conti, si segnavano degli appunti e chi andava e veniva la usava persino per lasciare dei messaggi. Dopo aver scritto e cancellato varie volte, esclamai im­ paziente: «Non mi | viene!» – «Tanto meglio», disse la cara fanciulla, seria. «Vorrei che non lo faceste proprio. Non do­ vreste lasciarvi coinvolgere in cose del genere». Si alzò dal suo lavoro e, avvicinandosi al tavolo, mi tenne un predicoz­ zo con molto buon senso e amicizia. «Sembra uno scherzo

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Sache scheint ein unschuldiger Scherz; es ist ein Scherz, aber nicht un­ schuldig. Ich habe schon mehrere Fälle erlebt, wo unsere jungen Leute wegen eines solchen Frevels in große Verlegenheit kamen.« – Was soll ich aber tun? versetzte ich: der Brief ist geschrieben, und sie verlassen sich drauf, daß ich ihn umändern werde. – »Glauben Sie mir, versetz­ te sie, und ändern ihn nicht um; ja, nehmen Sie ihn zurück, stecken Sie ihn ein, gehen Sie fort und suchen die Sache durch ihren Freund ins Gleiche zu bringen. Ich will auch ein Wörtchen mit drein reden: denn, sehen Sie, so ein armes Mädchen als ich bin, und abhängig von diesen Verwandten, die zwar nichts Böses tun, aber doch oft um der Lust und des Gewinns willen, manches Wagehalsige vornehmen, ich habe widerstanden und den ersten Brief nicht abgeschrieben, wie man von mir verlangte; sie haben ihn mit verstellter Hand kopiert, und so mögen sie auch, wenn es nicht anders ist, mit diesem tun. Und Sie, ein junger Mann aus gutem Hause, wohlhabend, unabhängig, warum wol­ len Sie sich zum Werkzeug in einer Sache gebrauchen lassen, aus der gewiß nichts Gutes und vielleicht manches Unangenehme für Sie ent­ springen kann?« – Ich war glücklich sie in einer Folge reden zu hören: denn sonst gab sie nur wenige Worte in das Gespräch. Meine Neigung wuchs unglaublich, ich war nicht Herr von mir selbst, und erwiderte: Ich bin so unabhängig nicht als Sie glauben, und was hilft mir wohl­ habend zu sein, da mir das Köstlichste fehlt, was ich wünschen dürfte. Sie hatte mein Konzept der poetischen Epistel vor sich hingezogen und las es halb laut, gar hold und anmutig. »Das ist recht hübsch, sagte sie, indem sie bei einer Art naiver Pointe inne hielt: nur Schade, daß es nicht zu einem bessern, zu einem wahren Gebrauch bestimmt ist.« – Das | wäre freilich sehr wünschenswert, rief ich aus: wie glücklich müßte der sein, der von einem Mädchen, das er unendlich liebt, eine solche Versicherung ihrer Neigung erhielte! – »Es gehört freilich viel dazu, versetzte sie, und doch wird manches möglich.« – Zum Beispiel, fuhr ich fort, wenn Jemand der Sie kennt, schätzt, verehrt und anbetet, Ihnen ein solches Blatt vorlegte, und Sie recht dringend, recht herzlich

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innocente, e infatti è uno scherzo, ma non è innocente. Ho già visto tante volte questi ragazzi cacciarsi in guai seri per burle del genere». – «Ma allora cosa devo fare?» risposi; «la lettera è già scritta e loro si aspettano che io la modifi­ chi». – «Datemi retta, non cambiatela; anzi, riprendeteve­ la, mettetevela in tasca, andatevene e cercate di chiudere la faccenda tramite il vostro amico. Anch’io metterò una buo­ na parola perché vedete, io sono povera e dipendo da questi parenti che non fanno nulla di male, ma per divertirsi e per guadagnare commettono spesso delle bravate. Per questo io mi sono rifiutata e non ho trascritto la prima lettera, come volevano che facessi; allora l’hanno copiata alterando la calligrafia e lo faranno anche questa volta, se non trovano altro modo. Ma voi, un giovane di buona famiglia, bene­ stante, indipendente, perché volete farvi usare come stru­ mento in una faccenda da cui di certo non ricaverete nulla di buono, ma che potrebbe invece causarvi molti fastidi?» Ero felice di sentirla parlare così a lungo, perché di solito interveniva pochissimo nelle conversazioni. Il mio affetto crebbe enormemente, non riuscivo più a dominarmi e ri­ sposi: «Non sono così indipendente come credete, e a cosa mi serve essere benestante se mi manca la cosa più preziosa che desidero?» Aveva preso la minuta della lettera e la leggeva a mezza voce, dolce e soave. «È davvero bella», disse facendo una pausa, per poi aggiungere un’innocente stoccatina: «pec­ cato che non sia destinata a un uso migliore, reale»201. – | «Sarebbe davvero una bella cosa», esclamai. «Beato colui che riceve una simile assicurazione di affetto dalla fanciulla che ama infinitamente!» – «Certo, sarebbe molto difficile, ma non impossibile», replicò lei. Proseguii: «Ad esempio, se qualcuno che vi conosce, vi stima, vi adora e vi venera vi consegnasse una lettera del genere e si dichiarasse con

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und freundlich bäte, was würden Sie tun? – Ich schob ihr das Blatt näher hin, das sie schon wieder mir zugeschoben hatte. Sie lächelte, besann sich einen Augenblick, nahm die Feder und unterschrieb. Ich kannte mich nicht vor Entzücken, sprang auf und wollte sie umar­ men. – »Nicht küssen! sagte sie: das ist so was Gemeines; aber lieben, wenn’s möglich ist.« Ich hatte das Blatt zu mir genommen und einge­ steckt. Niemand soll es erhalten, sagte ich, und die Sache ist abgetan! Sie haben mich gerettet. – »Nun vollenden Sie die Rettung, rief sie aus: und eilen fort, ehe die Andern kommen, und Sie in Pein und Verlegen­ heit geraten.« Ich konnte mich nicht von ihr losreißen; sie aber bat mich so freundlich, indem sie mit beiden Händen meine Rechte nahm und liebevoll drückte. Die Tränen waren mir nicht weit: ich glaubte ihre Augen feucht zu sehen; ich drückte mein Gesicht auf ihre Hände und eilte fort. In meinem Leben hatte ich mich nicht in einer solchen Verwirrung befunden. Die ersten Liebes-Neigungen einer unverdorbenen Jugend neh­ men durchaus eine geistige Wendung. Die Natur scheint zu wollen, daß ein Geschlecht in dem andern das Gute und Schöne sinnlich ge­ wahr werde. Und so war auch mir durch den Anblick dieses Mädchens, durch meine Neigung zu ihr, eine neue Welt des Schönen und Vortreff­ lichen aufgegangen. Ich las meine poetische Epistel hundertmal durch, beschaute die Unterschrift, küßte sie, drückte sie an mein Herz und freute mich dieses liebenswürdigen Bekenntnisses. Je mehr sich aber mein Entzücken steigerte, desto weher tat es mir, sie nicht unmittel­ bar besuchen, sie nicht wieder sehen und sprechen zu können: denn ich | fürchtete die Vorwürfe der Vettern und ihre Zudringlichkeit. Den guten Pylades, der die Sache vermitteln konnte, wußte ich nicht anzu­ treffen. Ich machte mich daher den nächsten Sonntag auf nach Niederrad, wohin jene Gesellen gewöhnlich zu gehen pflegten, und fand sie auch wirklich. Sehr verwundert war ich jedoch, da sie mir, anstatt ver­ drießlich und fremd zu tun, mit frohem Gesicht entgegen kamen. Der jüngste besonders war sehr freundlich, nahm mich bei der Hand und sagte: »Ihr habt uns neulich einen schelmischen Streich gespielt, und

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ardore, sincerità e cortesia, cosa fareste?» Le porsi di nuovo il foglio che nel frattempo mi aveva restituito. Sorrise, ci pensò un attimo, poi prese la penna e firmò. Non seppi trat­ tenermi per la gioia e saltai in piedi per abbracciarla. «Nien­ te baci, sono cosa volgare», disse; «ma affetto, se potete». Mi ero ripreso il foglio e lo avevo messo via. «Nessuno la riceverà», dissi, «la faccenda è chiusa. Mi avete salvato!» – «Ora completate il salvataggio e andatevene prima che tornino gli altri e vi mettano in difficoltà e in imbarazzo», esclamò. Non riuscivo ad allontanarmi da lei, ma insistet­ te con gentilezza, prendendomi la mano destra tra le sue e stringendola dolcemente. Mi vennero le lacrime agli occhi, credetti di vedere inumidirsi anche i suoi; premetti il viso sulle sue mani e corsi via. Mai in vita mia avevo provato un simile turbamento. Le prime pulsioni amorose di un giovane integro pren­ dono sempre una piega spirituale. Sembra che la natura vo­ glia che un sesso percepisca nell’altro la bontà e la bellezza attraverso i sensi. E così guardando la fanciulla, grazie alla mia attrazione per lei mi si era schiuso un nuovo mondo di bellezza e sublimità. Lessi la lettera centinaia di volte, osservavo la firma, la baciavo, me la stringevo al cuore e gioivo per quella adorabile confessione. Ma quanto più cresceva il mio trasporto, tanto più mi doleva non poterla andare a trovare, rivederla, parlarle: | temevo i rimproveri e le pressioni dei cugini. Il buon Pilade avrebbe potuto si­ stemare la cosa, ma non mi riuscì di incontrarlo. La dome­ nica successiva mi avviai quindi verso Niederrad202, dove di solito andavano quei ragazzi, ed effettivamente li incon­ trai. Mi stupii molto quando, invece che trattarmi male ed essere arrabbiati, mi accolsero con allegria. Il più giovane fu particolarmente affabile e mi prese per mano dicendo: «Ci avete giocato un brutto tiro, l’altro giorno, ed eravamo

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wir waren auf Euch recht böse; doch hat uns Euer Entweichen und das Entwenden der poetischen Epistel auf einen guten Gedanken gebracht, der uns vielleicht sonst niemals aufgegangen wäre. Zur Versöhnung möget Ihr uns heute bewirten, und dabei sollt Ihr erfahren, was es denn ist, worauf wir uns etwas einbilden, und was Euch gewiß auch Freude machen wird.« Diese Anrede setzte mich in nicht geringe Verlegenheit: denn ich hatte ungefähr so viel Geld bei mir, um mir selbst und einem Freunde etwas zu Gute zu tun; aber eine Gesellschaft, und besonders eine solche die nicht immer zur rechten Zeit ihre Grenzen fand, zu gas­ tieren, war ich keineswegs eingerichtet; ja dieser Antrag verwunderte mich um so mehr, als sie sonst durchaus sehr ehrenvoll darauf hielten, daß Jeder nur seine Zeche bezahlte. Sie lächelten über meine Verlegen­ heit, und der Jüngere fuhr fort: »Laßt uns erst in die Laube sitzen und dann sollt Ihr das Weitre erfahren.« Wir saßen, und er sagte: »Als Ihr die Liebesepistel neulich mitgenommen hattet, sprachen wir die ganze Sache noch einmal durch und machten die Betrachtung, daß wir so ganz umsonst, andern zum Verdruß und uns zur Gefahr, aus bloßer lei­ diger Schadenfreude, Euer Talent mißbrauchen, da wir es doch zu un­ ser aller Vorteil benutzen könnten. Seht, ich habe hier eine Bestellung auf ein Hochzeit-Gedicht, so wie auf ein Leichen-Carmen. Das zweite muß gleich fertig sein, das erste hat noch acht Tage Zeit. Mögt Ihr sie machen, welches Euch ein leichtes ist, so traktiert Ihr uns zweimal, und wir bleiben auf lange Zeit | Eure Schuldner.« – Dieser Vorschlag gefiel mir von allen Seiten: denn ich hatte schon von Jugend auf die Gele­ genheits-Gedichte, deren damals in jeder Woche mehrere zirkulierten, ja besonders bei ansehnlichen Verheiratungen dutzendweise zum Vor­ schein kamen, mit einem gewissen Neid betrachtet, weil ich solche Dinge eben so gut ja noch besser zu machen glaubte. Nun ward mir die Gelegenheit angeboten, mich zu zeigen, und besonders, mich gedruckt zu sehen. Ich erwies mich nicht abgeneigt. Man machte mich mit den Personalien, mit den Verhältnissen der Familie bekannt; ich ging etwas

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molto arrabbiati con voi; ma la vostra fuga e la scomparsa della lettera poetica ci hanno fatto venire in mente un’altra cosa, a cui altrimenti non avremmo forse mai pensato. Per farvi perdonare oggi ci offrirete da bere e vi spiegheremo di cosa si tratta, e di certo piacerà anche a voi». Questo di­ scorso mi mise in un imbarazzo non da poco, perché avevo denaro a sufficienza più o meno per due persone e non ero certo preparato a invitare un intero gruppo, soprattutto con ragazzi che non sempre sanno fermarsi al momento oppor­ tuno; anzi, la proposta mi sorprese ancor di più, perché di solito avevano sempre fatto un punto d’onore che ciascuno pagasse per sé. Risero del mio imbarazzo, e il minore disse: «Venite, andiamo intanto a sederci sotto la pergola, poi vi diremo anche il resto». Dopo che ci fummo seduti, prose­ guì: «Quando avete portato via la lettera, abbiamo riconsi­ derato daccapo tutta la questione e ci siamo resi conto che stiamo sfruttando il vostro talento invano, per puro gusto del dispetto, solo per danneggiare altri e magari poi ritro­ varci nei guai; potremmo invece impiegarlo a vantaggio di tutti. Guardate, ho una commissione per un carme nuziale e per un canto funebre203. Il secondo è più urgente, per il primo ci sono otto giorni di tempo. Se li scriverete, il che è per voi un gioco da ragazzi, ci avrete fatto due favori, non uno, e ve ne saremo eternamente | grati». La proposta mi piacque per svariati motivi: fin da bambino infatti legge­ vo con una certa invidia le poesie d’occasione che allora circolavano numerose ogni settimana, che anzi venivano stampate a dozzine soprattutto per i matrimoni di persone di riguardo, ed ero convinto che avrei potuto scriverne anch’io di così belle, anzi, addirittura di migliori. Ora mi veniva offerta la possibilità di dimostrarlo e di veder stampata una mia poesia. Mostrai un certo interesse. Mi comunicarono le informazioni personali e la situazione delle famiglie; io mi

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abseits, machte meinen Entwurf und führte einige Strophen aus. Da ich mich jedoch wieder zur Gesellschaft begab, und der Wein nicht geschont wurde; so fing das Gedicht an zu stocken, und ich konnte es diesen Abend nicht abliefern. »Es hat noch bis Morgen Abend Zeit, sagten sie, und wir wollen Euch nur gestehen, das Honorar welches wir für das Leichen-Carmen erhalten, reicht hin uns morgen noch einen lustigen Abend zu verschaffen. Kommt zu uns: denn es ist billig, daß Gretchen auch mit genieße, die uns eigentlich auf diesen Einfall ge­ bracht hat.« – Meine Freude war unsäglich. Auf dem Heimwege hatte ich nur die noch fehlenden Strophen im Sinne, schrieb das Ganze noch vor Schlafengehn nieder und den andern Morgen sehr sauber ins Reine. Der Tag ward mir unendlich lang, und kaum war es dunkel geworden, so fand ich mich wieder in der kleinen engen Wohnung neben dem allerliebsten Mädchen. Die jungen Leute, mit denen ich auf diese Weise immer in nähere Verbindung kam, waren nicht eigentlich gemeine, aber doch gewöhn­ liche Menschen. Ihre Tätigkeit war lobenswürdig, und ich hörte ihnen mit Vergnügen zu, wenn sie von den vielfachen Mitteln und Wegen sprachen, wie man sich etwas erwerben könne, auch erzählten sie am liebsten von gegenwärtig sehr reichen Leuten, die mit nichts ange­ fangen. Andere hätten als arme Handlungsdiener sich ihren Patronen notwendig gemacht, und wären endlich zu ihren Schwiegersöhnen er­ hoben worden; noch | andre hätten einen kleinen Kram mit Schwefel­ faden und dergleichen so erweitert und veredelt, daß sie nun als reiche Kauf- und Handelsmänner erschienen. Besonders sollte jungen Leuten, die gut auf den Beinen wären, das Beiläufer- und Mäklerhandwerk und die Übernahme von allerlei Aufträgen und Besorgungen für unbehülf­ liche Wohlhabende, durchaus ernährend und einträglich sein. Wir alle hörten das gern, und Jeder dünkte sich etwas, wenn er sich in dem Augenblick vorstellte, daß in ihm selbst so viel verhanden sei, nicht nur um in der Welt fortzukommen, sondern sogar ein außerordentli­ ches Glück zu machen. Niemand jedoch schien dies Gespräch ernst­ licher zu führen, als Pylades, der zuletzt gestand, daß er ein Mädchen

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ritirai in disparte, feci una bozza e cominciai a comporre qualche strofa. Poi però mi unii al resto della compagnia, dove il vino non si risparmiava, il componimento cominciò a incepparsi e non riuscii a terminarlo la sera stessa. «C’è tempo fino a domani sera», mi dissero, «e vi assicuriamo che con l’onorario che riceveremo per il canto funebre po­ tremo spassarcela anche domani sera. Venite da noi, così anche Gretchen potrà essere dei nostri, visto che è stata lei a farci venire questa idea». La mia gioia fu incontenibile. Tornando a casa non pensavo ad altro che alle strofe man­ canti, le scrissi tutte prima di andare a letto e le ricopiai in bella il mattino dopo. La giornata mi parve interminabile e non appena venne il buio feci la mia comparsa nel piccolo, angusto locale, accanto all’adorata fanciulla. I ragazzi con cui stavo entrando sempre più in amicizia non erano persone rozze, solo ordinarie. Si davano da fare in modo ammirevole e li ascoltavo volentieri quando de­ scrivevano le diverse maniere in cui ci si può guadagnare qualcosa; raccontavano spesso con piacere anche la storia di persone ora molto ricche che avevano iniziato dal nien­ te. Alcuni avevano cominciato come poveri commessi e avevano saputo rendersi indispensabili ai loro padroni fino a sposarne la figlia;  | altri avevano ampliato e migliorato così tanto la loro botteguccia di fiammiferi e altri piccoli prodotti da trasformarsi in ricchi mercanti e commercianti. Ma i giovani in gamba trovavano da vivere e da guadagna­ re soprattutto facendo il fattorino o il tuttofare e sbrigando ogni genere di commissioni e incarichi per le persone agiate non più in grado di provvedervi. Ci piacevano queste storie e ciascuno si sentiva importante immaginando di avere le qualità non soltanto per farsi strada nel mondo, ma anche per accumulare una fortuna straordinaria. Nessuno sem­ brava però prendere la cosa più seriamente di Pilade che

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außerordentlich liebe und sich wirklich mit ihr versprochen habe. Die Vermögensumstände seiner Eltern litten nicht, daß er auf Akademieen gehe; er habe sich aber einer schönen Handschrift, des Rechnens und der neuern Sprachen befleißigt, und wolle nun, in Hoffnung auf je­ nes häusliche Glück, sein Möglichstes versuchen. Die Vettern lobten ihn deshalb, ob sie gleich das frühzeitige Versprechen an ein Mädchen nicht billigen wollten, und setzten hinzu, sie müßten ihn zwar für einen braven und guten Jungen anerkennen, hielten ihn aber weder für tätig noch für unternehmend genug, etwas Außerordentliches zu leisten. Indem er nun, zu seiner Rechtfertigung, umständlich auseinandersetz­ te, was er sich zu leisten getraue und wie er es anzufangen gedenke; so wurden die übrigen auch angereizt, und Jeder fing nun an zu erzählen, was er schon vermöge, tue, treibe, welchen Weg er zurückgelegt und was er zunächst vor sich sehe. Die Reihe kam zuletzt an mich. Ich sollte nun auch meine Lebensweise und Aussichten darstellen, und in­ dem ich mich besann, sagte Pylades: »Das einzige halte ich mir aus, damit wir nicht gar zu kurz kommen, daß er die äußern Vorteile seiner Lage nicht mit in Anrechnung bringe. Er mag uns lieber ein Märchen erzählen, wie er es anfangen würde, wenn er in diesem Augenblick, so wie wir, ganz auf sich selbst gestellt wäre.« | Gretchen, die bis diesen Augenblick fortgesponnen hatte, stand auf und setzte sich wie gewöhnlich ans Ende des Tisches. Wir hatten schon einige Flaschen geleert, und ich fing mit dem besten Humor meine hypothetische Lebensgeschichte zu erzählen an. Zuvörderst also emp­ fehle ich mich Euch, sagte ich, daß Ihr mir die Kundschaft erhaltet, welche mir zuzuweisen Ihr den Anfang gemacht habt. Wenn Ihr mir nach und nach den Verdienst der sämtlichen Gelegenheitsgedichte zu­ wendet, und wir ihn nicht bloß verschmausen; so will ich schon zu et­ was kommen. Alsdann müßt Ihr mir nicht übel nehmen, wenn ich auch in Euer Handwerk pfusche. Worauf ich ihnen denn vorerzählte, was

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alla fine confessò di essersi innamorato di una ragazza e di essersi anche seriamente impegnato con lei. Le condizioni economiche dei suoi genitori non gli permettevano di anda­ re all’università, lui comunque aveva una bella calligrafia, aveva studiato con zelo le lingue e sapeva far di conto, e ora voleva cercare di mettere a frutto tutto ciò, nella speranza di metter su famiglia. I cugini lo lodarono molto, pur di­ sapprovando la promessa troppo prematura fatta alla ragaz­ za, e aggiunsero che lo ritenevano sì un bravo ragazzo, ma non abbastanza sveglio e intraprendente per fare qualcosa di straordinario. Quegli allora, per giustificarsi, cominciò a raccontare per filo e per segno cosa intendeva fare e come pensava di procedere; così anche gli altri si sentirono solle­ citati e ciascuno prese a raccontare quello che già sapeva, faceva e non faceva, cosa aveva già fatto nella vita e come pensava di proseguire. Alla fine venne il mio turno. Dove­ vo anch’io dar conto del mio modo di vivere e delle mie prospettive future, e mentre riflettevo Pilade disse: «Devo però porre una condizione, altrimenti noi partiamo troppo svantaggiati: Non deve tener conto dei privilegi della sua condizione. Deve piuttosto fingere, come in una favola, e raccontare cosa farebbe se potesse contare soltanto su se stesso, come noi». | Gretchen, che fino a quel momento aveva continuato a filare, si alzò e venne a sedersi a un capo del tavolo, come suo solito. Avevamo già vuotato alcune bottiglie e comin­ ciai a raccontare con grande entusiasmo la mia ipotetica vita futura. Per prima cosa, dissi, vi chiederei di conser­ varmi la clientela che mi avete già procurato. Se di volta in volta mi farete avere il compenso per le poesie d’occasione invece che spenderlo sempre e solo per far baldoria, potrei già guadagnare qualcosa. Ma adesso non dovete prender­ vela con me, se vi rubo il mestiere. A quel punto feci come

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ich mir aus ihren Beschäftigungen gemerkt hatte, und zu welchen ich mich allenfalls fähig hielt. Ein Jeder hatte vorher sein Verdienst zu Gel­ de angeschlagen, und ich ersuchte sie, mir auch zu Fertigung meines Etats behülflich zu sein. Gretchen hatte alles Bisherige sehr aufmerk­ sam mit angehört, und zwar in der Stellung die sie sehr gut kleidete, sie mochte nun zuhören oder sprechen. Sie faßte mit beiden Händen ihre übereinander geschlagenen Arme und legte sie auf den Rand des Tisches. So konnte sie lange sitzen, ohne etwas anders als den Kopf zu bewegen, welches niemals ohne Anlaß oder Bedeutung geschah. Sie hatte manchmal ein Wörtchen mit eingesprochen und über dieses und jenes, wenn wir in unsern Einrichtungen stockten, nachgeholfen; dann war sie aber wieder still und ruhig wie gewöhnlich. Ich ließ sie nicht aus den Augen, und daß ich meinen Plan nicht ohne Bezug auf sie gedacht und ausgesprochen, kann man sich leicht denken, und die Neigung zu ihr gab dem was ich sagte, einen Anschein von Wahrheit und Möglichkeit, daß ich mich selbst einen Augenblick täuschte, mich so abgesondert und hülfslos dachte, wie mein Märchen mich voraus­ setzte, und mich dabei in der Aussicht sie zu besitzen höchst glücklich fühlte. Pylades hatte seine Konfession mit der Heirat geendigt, und bei uns andern war nun auch die Frage, ob wir es in unsern Planen so weit gebracht hätten. Ich zweifle ganz | und gar nicht daran, sagte ich: denn eigentlich ist einem Jeden von uns eine Frau nötig, um das im Hau­ se zu bewahren und uns im Ganzen genießen zu lassen, was wir von außen auf eine so wunderliche Weise zusammenstoppeln. Ich machte die Schilderung von einer Gattin, wie ich sie wünschte, und es müß­ te seltsam zugegangen sein, wenn sie nicht Gretchens vollkommnes Ebenbild gewesen wäre. Das Leichen-Carmen war verzehrt, das Hochzeit-Gedicht stand nun auch wohltätig in der Nähe; ich überwand alle Furcht und Sorge und wußte, weil ich viel Bekannte hatte, meine eigentlichen Abend­ unterhaltungen vor den Meinigen zu verbergen. Das liebe Mädchen zu sehen und neben ihr zu sein, war nun bald eine unerläßliche Bedingung meines Wesens. Jene hatten sich eben so an mich gewöhnt, und wir

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premessa alcune osservazioni sulle loro occupazioni e quali pensavo di poter fare anch’io. Ciascuno aveva anche valu­ tato quanto avrebbe potuto guadagnare, e chiesi loro di aiu­ tarmi a fare il calcolo della mia situazione. Gretchen aveva fin qui ascoltato tutto con attenzione, e in una posizione che le si addiceva molto, sia per ascoltare che per parla­ re: con le braccia conserte, appoggiata al bordo del tavolo. Poteva stare seduta a lungo in quella posa, muovendo di tanto in tanto la testa ma soltanto in momenti particolari o importanti. Ogni tanto faceva un breve commento o diceva qualcosa su questo o su quello per aiutarci quando esitava­ mo nella nostra esposizione, ma poi tornava silenziosa e quieta come sempre. Non la perdevo di vista, e si può ben immaginare come il mio progetto fosse pensato ed enuncia­ to con lei in mente; l’affetto dava a ciò che dicevo una par­ venza di verità e di probabilità che per un attimo ingannò anche me, tanto che mi sentii davvero così isolato e privo di mezzi come voleva la mia favola, ma felicissimo per la prospettiva di poterla fare mia. Pilade aveva concluso la sua biografia con il matrimonio, e anche noi dovevamo sbilan­ ciarci e dire se il nostro progetto arrivava a tanto. Non ho | alcun dubbio, dissi, che per ciascuno di noi è necessaria una donna per conservare dentro casa le ricchezze che abbiamo accumulato fuori casa in modo tanto avventuroso e goderne al meglio. Descrissi la mia consorte così come me la imma­ ginavo e sarebbe stato strano se non fosse stata a immagine e somiglianza di Gretchen. Il canto funebre era stato ormai dilapidato, il carme nu­ ziale stava per fare la stessa fine; vinsi tutte le paure e i timori e riuscii, avendo molti conoscenti, a tenere nascosta ai miei la vera natura delle mie uscite serali. Vedere la cara ragazza, starle vicino era diventata un’esigenza imprescin­ dibile per la mia esistenza. Anche gli altri si erano abitua­

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waren fast täglich zusammen, als wenn es nicht anders sein könnte. Pylades hatte indessen seine Schöne auch in das Haus gebracht, und dieses Paar verlebte manchen Abend mit uns. Sie als Brautleute, ob­ gleich noch sehr im Keime, verbargen doch nicht ihre Zärtlichkeit; Gretchens Betragen gegen mich war nur geschickt, mich in Entfernung zu halten. Sie gab Niemanden die Hand, auch nicht mir; sie litt keine Berührung: nur setzte sie sich manchmal neben mich, besonders wenn ich schrieb oder vorlas, und dann legte sie mir vertraulich den Arm auf die Schulter, sah mir ins Buch oder aufs Blatt; wollte ich mir aber eine ähnliche Freiheit gegen sie herausnehmen, so wich sie und kam sobald nicht wieder. Doch wiederholte sie oft diese Stellung, so wie alle ihre Gesten und Bewegungen sehr einförmig waren, aber immer gleich ge­ hörig, schön und reizend. Allein jene Vertraulichkeit habe ich sie gegen Niemanden weiter ausüben sehen. Eine der unschuldigsten und zugleich unterhaltendsten Lustpartie­ en, die ich mit verschiedenen Gesellschaften junger Leute unternahm, war, daß wir uns in das Höchster Marktschiff setzten, die darin ein­ gepackten seltsamen Passagiere beobachteten und uns bald mit diesem bald mit jenem, wie uns Lust oder Mutwille trieb, scherzhaft und | ne­ ckend einließen. Zu Höchst stiegen wir aus, wo zu gleicher Zeit das Marktschiff von Mainz eintraf. In einem Gasthofe fand man eine gut besetzte Tafel, wo die Besseren der Auf- und Abfahrenden mit einander speisten und alsdann jeder seine Fahrt weiter fortsetzte: denn beide Schiffe gingen wieder zurück. Wir fuhren dann jedesmal nach einge­ nommenem Mittagsessen hinauf nach Frankfurt und hatten in sehr gro­ ßer Gesellschaft die wohlfeilste Wasserfahrt gemacht, die nur möglich war. Einmal hatte ich auch mit Gretchens Vettern diesen Zug unter­ nommen, als am Tisch in Höchst sich ein junger Mann zu uns gesellte, der etwas älter als wir sein mochte. Jene kannten ihn und er ließ sich mir vorstellen. Er hatte in seinem Wesen etwas sehr Gefälliges, ohne sonst ausgezeichnet zu sein. Von Mainz heraufgekommen fuhr er nun mit uns nach Frankfurt zurück, und unterhielt sich mit mir von allerlei Dingen, welche das innere Stadtwesen, die Ämter und Stellen betra­

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ti a me e ci vedevamo quasi ogni giorno, come se non si potesse fare diversamente. Nel frattempo anche Pilade ci aveva fatto conoscere la sua bella, e qualche volta la coppia passava la serata con noi. Sebbene il fidanzamento fosse appena agli inizi, i due non nascondevano la loro tenerezza; il comportamento di Gretchen, invece, mirava solo a tener­ mi a distanza. Non dava la mano a nessuno, nemmeno a me, non sopportava di essere toccata; al massimo si sedeva accanto a me, soprattutto quando scrivevo o leggevo ad alta voce, e allora mi metteva confidenzialmente il braccio sulle spalle guardando con me nel libro o sul foglio. Se invece mi prendevo io quella stessa libertà nei suoi confronti, si ritraeva immediatamente e non si avvicinava più per un bel po’. Però ripeteva spesso quel gesto, anche gli altri suoi mo­ vimenti erano sempre uguali ma sempre appropriati, belli e aggraziati. In ogni caso, non l’ho mai vista prendersi con nessun altro quella confidenza. Una delle gite più innocenti e allo stesso tempo più di­ vertenti che facevo, con diversi gruppi di amici, consisteva nel prendere il barcone per Höchst, osservare il buffo carico dei suoi passeggeri e attaccare bottone con questo o con quello, ridendo e scherzando, a | seconda dell’estro. Scen­ devamo a Höchst, dove contemporaneamente attraccava il barcone proveniente da Magonza. In una trattoria c’era una tavola ben fornita, dove mangiavano i passeggeri più agiati che viaggiavano nelle due direzioni, per poi proseguire cia­ scuno il suo percorso – infatti entrambi i barconi tornavano indietro. Dopo pranzo ci imbarcavamo per tornare a Franco­ forte, e in quel modo avevamo fatto in abbondante compa­ gnia la crociera più economica che ci fosse. Una volta feci questa gita con i cugini di Gretchen, e a Höchst si sedette a tavola accanto a noi un ragazzo distinto, di qualche anno più grande. Loro lo conoscevano e me lo presentarono. Il

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fen, worin er mir ganz wohl unterrichtet schien. Als wir uns trennten, empfahl er sich mir und fügte hinzu: er wünsche, daß ich gut von ihm denken möge, weil er sich gelegentlich meiner Empfehlung zu erfreu­ en hoffe. Ich wußte nicht was er damit sagen wollte, aber die Vettern klärten mich nach einigen Tagen auf; sie sprachen Gutes von ihm und ersuchten mich um ein Vorwort bei meinem Großvater, da jetzt eben eine mittlere Stelle offen sei, zu welcher dieser Freund gern gelangen möchte. Ich entschuldigte mich anfangs, weil ich mich niemals in der­ gleichen Dinge gemischt hatte; allein sie setzten mir so lange zu, bis ich mich es zu tun entschloß. Hatte ich doch schon manchmal bemerkt, daß bei solchen Ämtervergebungen, welche leider oft als Gnaden­ sachen betrachtet werden, die Vorsprache der Großmutter oder einer Tante nicht ohne Wirkung gewesen. Ich war soweit herangewachsen, um mir auch einigen Einfluß anzumaßen. Deshalb überwand ich, mei­ nen Freunden zu lieb, welche sich auf alle Weise für eine solche Ge­ fälligkeit verbunden erklärten, die Schüchternheit eines Enkels, und übernahm es, ein Bittschreiben das mir eingehändigt wurde, zu über­ reichen. | Eines Sonntags nach Tische, als der Großvater in seinem Garten beschäftigt war, um so mehr als der Herbst herannahte, und ich ihm allenthalben behülflich zu sein suchte, rückte ich nach einigem Zögern mit meinem Anliegen und dem Bittschreiben hervor. Er sah es an und fragte mich, ob ich den jungen Menschen kenne. Ich erzählte ihm im Allgemeinen was zu sagen war, und er ließ es dabei bewenden. »Wenn er Verdienst und sonst ein gutes Zeugnis hat, so will ich ihm um sei­ net- und deinetwillen günstig sein.« Mehr sagte er nicht, und ich erfuhr lange nichts von der Sache.

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suo aspetto aveva qualcosa di gradevole, pur senza esse­ re particolarmente ricercato. Stava arrivando da Magonza, per cui proseguì con noi verso Francoforte e si intrattenne con me parlando di vari argomenti riguardanti la vita della città, le cariche e gli uffici pubblici su cui pareva ben infor­ mato. Al momento di congedarsi mi salutò e aggiunse che si augurava di avermi fatto una buona impressione perché sperava, all’occasione, di avere una mia raccomandazione. Non capii cosa intendesse, ma me lo spiegarono qualche giorno dopo i cugini: mi parlarono bene di lui e mi chie­ sero di mettere una buona parola per lui con mio nonno, poiché si era reso vacante un impiego di livello intermedio a cui quel giovane avrebbe potuto accedere204. All’inizio mi schermii perché non mi ero mai immischiato in cose del genere, ma insistettero così tanto che alla fine mi convinsi a farlo. Avevo infatti già notato che nell’assegnazione degli incarichi, che spesso vengono purtroppo concepiti come dei favori, l’intercessione della nonna o di una zia non era stata priva di effetto; ora ero abbastanza cresciuto per pen­ sare di poter avere anch’io una qualche influenza in propo­ sito. Così vinsi la ritrosia del nipote e per amore dei miei amici, che si dichiararono oltremodo riconoscenti verso di me, mi incaricai di consegnare al nonno la supplica che mi fecero avere. | Una domenica dopo pranzo, mentre il nonno era impe­ gnato in giardino dove, visto che si avvicinava l’autunno, cercavo di rendermi utile in molte maniere, dopo qualche esitazione tirai fuori la supplica e feci la mia richiesta. La lesse e mi chiese se conoscevo quel giovane. Gli riferii in generale quello che sapevo e non fece altre domande. «Se ha le qualità e delle buone referenze, lo prenderò per il suo e il tuo bene». Non disse altro, e per molto tempo non ne seppi più nulla.

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Seit einiger Zeit hatte ich bemerkt, daß Gretchen nicht mehr spann, und sich dagegen mit Nähen beschäftigte und zwar mit sehr feiner Ar­ beit, welches mich um so mehr wunderte, da die Tage schon abgenom­ men hatten und der Winter herankam. Ich dachte darüber nicht weiter nach, nur beunruhigte es mich, daß ich sie einige Mal des Morgens nicht wie sonst zu Hause fand, und ohne Zudringlichkeit nicht erfahren konnte, wo sie hingegangen sei. Doch sollte ich eines Tages sehr wun­ derlich überrascht werden. Meine Schwester, die sich zu einem Balle vorbereitete, bat mich ihr bei einer Galanterie-Händlerin sogenannte italiänische Blumen zu holen. Sie wurden in Klöstern gemacht, waren klein und niedlich. Myrten besonders, Zwergröslein und dergleichen fielen gar schön und natürlich aus. Ich tat ihr die Liebe und ging in den Laden, in welchem ich schon öfter mit ihr gewesen war. Kaum war ich hineingetreten und hatte die Eigentümerin begrüßt, als ich im Fenster ein Frauenzimmer sitzen sah, das mir unter einem Spitzenhäubchen gar jung und hübsch, und unter einer seidnen Mantille sehr wohl gebaut schien. Ich konnte leicht an ihr eine Gehülfin erkennen, denn sie war beschäftigt, Band und Federn auf ein Hütchen zu stecken. Die Putz­ händlerin zeigte mir den langen Kasten mit einzelnen mannigfaltigen Blumen vor; ich besah sie, und blickte, indem ich wählte, wieder nach dem Frauenzimmerchen im Fenster: aber wie groß war mein Erstaunen, als ich eine unglaubliche Ähnlichkeit mit Gretchen gewahr wurde, ja zuletzt mich | überzeugen mußte, es sei Gretchen selbst. Auch blieb mir kein Zweifel übrig, als sie mir mit den Augen winkte und ein Zeichen gab, daß ich unsre Bekanntschaft nicht verraten sollte. Nun brachte ich mit Wählen und Verwerfen die Putzhändlerin in Verzweiflung, mehr als ein Frauenzimmer selbst hätte tun können. Ich hatte wirklich keine Wahl, denn ich war aufs äußerste verwirrt, und zugleich liebte ich mein Zaudern, weil es mich in der Nähe des Kindes hielt, dessen Maske mich verdroß, und das mir doch in dieser Maske reizender vorkam als jemals. Endlich mochte die Putzhändlerin alle Geduld verlieren, und suchte mir eigenhändig einen ganzen Pappenkasten voll Blumen

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Da qualche tempo avevo notato che Gretchen non filava più ma si dedicava al cucito e a lavori molto fini: la cosa mi meravigliò perché le giornate già si accorciavano e si avvi­ cinava l’inverno. Non ci pensai più di tanto, però mi preoc­ cupai quando alcune mattine non la trovai a casa come al solito, e a meno di non insistere, non riuscii a sapere dove fosse andata. Finché un giorno non ebbi una strana sorpre­ sa. Mia sorella, che si stava preparando per un ballo, mi chiese di andare a ritirare per lei dei cosiddetti fiori italiani da una modista. Li facevano nei conventi, erano piccoli e graziosi; i mirti soprattutto, le roselline e i fiorellini era­ no davvero belli e naturali. Le feci il favore e mi recai nel negozio dove tante altre volte ero stato con lei. Ero appe­ na entrato salutando la padrona, quando scorsi vicino alla finestra una ragazza che mi parve giovane e carina sotto la cuffietta di pizzo, e molto ben fatta sotto la mantiglia di seta. Capii subito che doveva essere un’aiutante perché sta­ va attaccando nastro e piume su un cappellino. La modista mi mostrò la grande scatola con i fiorellini; li osservavo per sceglierli, ma intanto guardavo la ragazza vicino alla vetri­ na e quale non fu la mia meraviglia quando scoprii un’in­ credibile somiglianza con Gretchen, anzi: alla fine dovetti | convincermi che era proprio lei. L’ultimo dubbio scompar­ ve quando mi fece l’occhiolino e mi fece cenno di non dire che ci conoscevamo. Nella scelta ebbi mille ripensamenti e portai alla disperazione la modista, più di quanto non avreb­ be potuto fare una vera signorina; in realtà non scelsi affatto perché ero in totale confusione e allo stesso tempo amavo l’indugio che mi tratteneva vicino alla fanciulla; ero irritato per come era vestita, ma allo stesso tempo il travestimento me la rendeva più affascinante che mai. Finché la modista non perse del tutto la pazienza, mise insieme lei stessa una scatola di cartone piena di fiori e me li diede da portare a

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aus, den ich meiner Schwester vorstellen und sie selbst sollte wählen lassen. So wurde ich zum Laden gleichsam hinausgetrieben, indem sie den Kasten durch ihr Mädchen vorausschickte. Kaum war ich zu Hause angekommen, als mein Vater mich berufen ließ und mir die Eröffnung tat, es sei nun ganz gewiß, daß der Erzher­ zog Joseph zum römischen König gewählt und gekrönt werden solle. Ein so höchst bedeutendes Ereignis müsse man nicht unvorbereitet erwarten, und etwa nur gaffend und staunend an sich vorbei gehen las­ sen. Er wolle daher die Wahl- und Krönungsdiarien der beiden letz­ ten Krönungen mit mir durchgehen, nicht weniger die letzten Wahl­ kapitulationen, um alsdann zu bemerken, was für neue Bedingungen man im gegenwärtigen Falle hinzufügen werde. Die Diarien wurden aufgeschlagen, und wir beschäftigten uns den ganzen Tag damit bis tief in die Nacht, indessen mir das hübsche Mädchen, bald in ihrem alten Hauskleide, bald in ihrem neuen Kostüm, immer zwischen den höchsten Gegenständen des heiligen römischen Reichs hin und wider schwebte. Für diesen Abend war es unmöglich sie zu sehen, und ich durchwachte eine sehr unruhige Nacht. Das gestrige Studium wurde den andern Tag eifrig fortgesetzt, und nur gegen Abend machte ich es möglich, meine Schöne zu besuchen, die ich wieder in ihrem gewöhn­ lichen Hauskleide fand. Sie lächelte, indem sie mich ansah, aber ich getraute mich nicht vor den | andern etwas zu erwähnen. Als die ganze Gesellschaft wieder ruhig zusammensaß, fing sie an und sagte: »Es ist unbillig, daß Ihr unserm Freunde nicht vertrauet was in diesen Tagen von uns beschlossen worden.« Sie fuhr darauf fort zu erzählen, daß nach unsrer neulichen Unterhaltung, wo die Rede war, wie ein Jeder sich in der Welt wolle geltend machen, auch unter ihnen zur Sprache gekommen, auf welche Art ein weibliches Wesen seine Talente und Arbeiten steigern und seine Zeit vorteilhaft anwenden könne. Darauf habe der Vetter vorgeschlagen, sie solle es bei einer Putzmacherin ver­ suchen, die jetzt eben eine Gehülfin brauche. Man sei mit der Frau ei­ nig geworden, sie gehe täglich so viele Stunden hin, werde gut gelohnt;

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mia sorella, in modo che scegliesse di persona. Così venni scacciato dal negozio, preceduto dalla scatola che fece por­ tare da una ragazza. Non feci in tempo ad arrivare a casa che mio padre mi fece chiamare e mi comunicò che era ormai sicuro che l’ar­ ciduca Giuseppe sarebbe stato eletto e incoronato re dei Romani205. Un avvenimento così importante non ci poteva cogliere impreparati, né lo si poteva lasciar passare limi­ tandosi a guardare a bocca aperta. Voleva quindi riguar­ dare con me i resoconti delle ultime due elezioni e inco­ ronazioni insieme alle capitolazioni elettorali, in modo da poter capire quali nuove condizioni si sarebbero aggiunte in questo caso206. Aprimmo i resoconti e per tutto il giorno ci dedicammo a quelli fino a sera inoltrata, mentre la gra­ ziosa fanciulla, ora nel suo solito vestito da casa, ora nella sua nuova tenuta, aleggiava di continuo tra l’una e l’altra delle questioni più significative del Sacro Romano Impero. Quella sera mi fu impossibile vederla, e passai la notte in un inquieto dormiveglia. Lo studio del giorno prima prose­ guì alacremente il giorno seguente, e solo verso sera riuscii ad andare dalla mia bella, che trovai di nuovo nell’abbi­ gliamento consueto. Sorrise vedendomi, ma non osai dire | nulla davanti agli altri. Quando tutto il gruppo si fu rimesso tranquillo a sedere, prese la parola e disse: «Non è giusto non dire al nostro amico cosa abbiamo deciso nei giorni scorsi». Proseguì raccontando che dopo la nostra conver­ sazione su come ciascuno voleva farsi strada nella vita, avevano parlato tra loro anche di come una donna possa migliorare le sue attitudini e capacità e impiegare il tempo con utilità. Allora il cugino le aveva suggerito di provare con una modista che stava proprio cercando un’aiutante. Si era messa d’accordo con la donna e adesso lavorava da lei alcune ore al giorno, ben pagate; solo che, per decoro, do­

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nur müsse sie dort, um des Anstands willen, sich zu einem gewissen Anputz bequemen, den sie aber jederzeit zurücklasse, weil er zu ihrem übrigen Leben und Wesen sich gar nicht schicken wolle. Durch diese Erklärung war ich zwar beruhigt, nur wollte es mir nicht recht gefallen, das hübsche Kind in einem öffentlichen Laden und an einem Orte zu wissen, wo die galante Welt gelegentlich ihren Sammelplatz hatte. Doch ließ ich mir nichts merken, und suchte meine eifersüchtige Sorge im Stillen bei mir zu verarbeiten. Hierzu gönnte mir der jüngere Vetter nicht lange Zeit, der alsbald wieder mit dem Auftrag zu einem GelegenheitsGedicht hervortrat, mir die Personalien erzählte und sogleich verlangte, daß ich mich zur Erfindung und Disposition des Gedichtes anschicken möchte. Er hatte schon einige Mal über die Behandlung einer solchen Aufgabe mit mir gesprochen, und wie ich in solchen Fällen sehr red­ selig war, gar leicht von mir erlangt, daß ich ihm, was an diesen Dingen rhetorisch ist, umständlich auslegte, ihm einen Begriff von der Sache gab und meine eigenen und fremden Arbeiten dieser Art als Beispiele benutzte. Der junge Mensch war ein guter Kopf, obgleich ohne Spur von poetischer Ader, und nun ging er so sehr ins Einzelne und wollte von allem Rechenschaft haben, daß ich mit der Bemerkung laut ward: Sieht es doch aus, als wolltet Ihr mir | ins Handwerk greifen und mir die Kundschaft entziehen. – »Ich will es nicht leugnen, sagte jener lächelnd: denn ich tue Euch dadurch keinen Schaden. Wie lange wird’s währen, so geht Ihr auf die Akademie, und bis dahin laßt mich noch immer et­ was bei Euch profitieren.« – Herzlich gern, versetzte ich, und munterte ihn auf, selbst eine Disposition zu machen, ein Sylbenmaß nach dem Charakter des Gegenstandes zu wählen, und was etwa sonst noch nötig scheinen mochte. Er ging mit Ernst an die Sache; aber es wollte nicht glücken. Ich mußte zuletzt immer daran so viel umschreiben, daß ich es leichter und besser von vorn herein selbst geleistet hätte. Dieses Leh­ ren und Lernen jedoch, dieses Mitteilen, diese Wechselarbeit gab uns eine gute Unterhaltung; Gretchen nahm Teil daran und hatte manchen artigen Einfall, so daß wir alle vergnügt, ja man darf sagen glücklich waren. Sie arbeitete des Tags bei der Putzmacherin; Abends kamen wir

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veva vestirsi in un certo modo, ma lasciava poi lì in negozio il vestito che mal si adattava a lei e alla sua vita quotidiana. Quella spiegazione mi tranquillizzò, ma allo stesso tempo non mi piaceva per niente sapere la bella fanciulla in un luogo pubblico, in un negozio dove di tanto in tanto si ri­ trovava il mondo galante. Comunque feci finta di nulla e cercai di rielaborare tra me e me, in segreto, la mia gelosa preoccupazione. Ma non mi fu concesso molto tempo, per­ ché il cugino più piccolo mi diede l’incarico per una nuova poesia: mi fornì le informazioni sulla persona e pretese che mi dedicassi subito a idearla e comporla. Già più volte ave­ va parlato con me di come si affronta un compito del genere e visto che su quegli argomenti ero molto loquace, mi aveva facilmente indotto a spiegargli nel dettaglio alcuni elementi di retorica e a dargli un’infarinatura generale, usando come esempio i testi miei e di altri. Il giovane aveva la testa fina, sebbene fosse privo di qualsiasi vena poetica, e quella volta si addentrò nei particolari e voleva che gli rendessi conto di ogni parola, finché esclamai: «sembra proprio che voglia­ te | soffiarmi il mestiere e la clientela!» – «Non lo nego», disse sorridendo, «ma non vi arrecherò alcun danno. Tra poco andrete all’università, nel frattempo lasciate che im­ pari qualcosa da voi». – «Ma con piacere», risposi incorag­ giandolo a ideare lui stesso la struttura, a scegliere un metro confacente alla natura dell’argomento e tutto il necessario. Si mise d’impegno, ma con scarsi risultati. Alla fine mi toccava riscrivere così tanto che sarebbe stato più facile e la poesia sarebbe venuta meglio se l’avessi scritta tutta io fin dal principio. Ma questo insegnare e imparare, comuni­ care e discutere ci fornì una piacevole occupazione; anche Gretchen partecipò ed ebbe qualche buona intuizione, tanto che alla fine eravamo tutti contenti, anzi, addirittura felici. Di giorno lavorava dalla modista, alla sera di solito ci ri­

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gewöhnlich zusammen, und unsre Zufriedenheit ward selbst dadurch nicht gestört, daß es mit den Bestellungen zu Gelegenheits-Gedichten endlich nicht recht mehr fortwollte. Schmerzlich jedoch empfanden wir es, daß uns eins einmal mit Protest zurückkam, weil es dem Besteller nicht gefiel. Indes trösteten wir uns, weil wir es gerade für unsere beste Arbeit hielten, und jenen für einen schlechten Kenner erklären durften. Der Vetter, der ein für allemal etwas lernen wollte, veranlaßte nunmehr fingierte Aufgaben, bei deren Auflösung wir uns zwar noch immer gut genug unterhielten, aber freilich, da sie nichts einbrachten, unsre klei­ nen Gelage viel mäßiger einrichten mußten. Mit jenem großen staatsrechtlichen Gegenstande, der Wahl und Krönung eines römischen Königs, wollte es nun immer mehr Ernst werden. Der anfänglich auf Augsburg im Oktober 1763 ausgeschriebene kurfürstliche Kollegialtag ward nun nach Frankfurt verlegt, und sowohl zu Ende dieses Jahrs als zu Anfang des folgenden regten sich die Vorbereitungen, welche dieses wichtige Geschäft ein­ leiten sollten. Den Anfang machte ein von uns noch nie gesehener Aufzug. Eine unserer Kanzleipersonen zu Pferde, von vier | gleichfalls berittnen Trompetern begleitet und von einer Fußwache umgeben, ver­ las mit lauter und vernehmlicher Stimme an allen Ecken der Stadt ein weitläuftiges Edikt, das uns von dem Bevorstehenden benachrichtigte, und den Bürgern ein geziemendes und den Umständen angemessenes Betragen einschärfte. Bei Rat wurden große Überlegungen gepflogen, und es dauerte nicht lange, so zeigte sich der Reichs-Quartiermeister vom Erbmarschall abgesendet, um die Wohnungen der Gesandten und ihres Gefolges nach altem Herkommen anzuordnen und zu bezeichnen. Unser Haus lag im kurpfälzischen Sprengel, und wir hatten uns einer neuen, obgleich erfreulichern Einquartierung zu versehen. Der mittlere Stock, welchen ehmals Graf Thorane inne gehabt, wurde einem kur­ pfälzischen Kavalier eingeräumt, und da Baron von Königsthal, Nürn­ bergischer Geschäftsträger, den oberen Stock eingenommen hatte, so

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trovavamo e la nostra contentezza non fu turbata dal fatto che le commissioni per le poesie man mano diminuissero. Ebbi invece un dispiacere quella volta in cui una poesia tor­ nò indietro perché non era piaciuta al committente. Ma mi consolai perché la consideravo uno dei miei lavori migliori e stabilii che costui doveva essere un incompetente. Il cu­ gino, deciso comunque a imparare qualcosa, si inventava allora delle finte ordinazioni, che ci divertivano ugualmente ma non portavano alcun compenso, costringendoci così a ridimensionare alquanto le nostre festicciole207. Il grande affare di Stato, l’elezione e l’incoronazione di un re dei Romani, si stava facendo serio. Il collegio dei principi elettori, inizialmente fissato ad Augsburg per l’ot­ tobre del 1763, fu invece spostato a Francoforte, e tra la fine dell’anno e l’inizio del successivo iniziarono i prepa­ rativi per quell’avvenimento così importante208. Tutto prese avvio con un corteo che non avevamo mai visto. Uno dei cancellieri a cavallo, accompagnato | da quattro trombettie­ ri sempre a cavallo e scortato da un drappello di guardie a piedi proclamava con voce forte e chiara a tutti gli angoli della città un lungo editto che ci informava dell’evento im­ minente e prescriveva ai cittadini un comportamento degno e consono alle circostanze. In Consiglio si fecero lunghe di­ scussioni e non passò molto tempo che comparve l’ufficiale imperiale preposto all’acquartieramento, inviato dall’ar­ cimaresciallo, per assegnare gli alloggi ai legati e al loro seguito contrassegnandoli secondo l’antica consuetudine. La nostra casa si trovava nella circoscrizione dell’elettore palatino e dovevamo predisporci a un nuovo, per quanto più gradito, acquartieramento. Il piano intermedio, prima occupato dal conte Thoranc, venne assegnato a un cavaliere palatino, e dato che il barone von Königsthal, l’incaricato d’affari di Norimberga, aveva occupato il piano superiore,

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waren wir noch mehr als zur Zeit der Franzosen zusammengedrängt. Dieses diente mir zu einem neuen Vorwand außer dem Hause zu sein, und die meiste Zeit des Tages auf der Straße zuzubringen, um das was öffentlich zu sehen war, ins Auge zu fassen. Nachdem uns die vorhergegangene Veränderung und Einrichtung der Zimmer auf dem Rathause sehenswert geschienen, nachdem die Ankunft der Gesandten eines nach dem andern und ihre erste solenne Gesamt-Auffahrt den 6ten Februar statt gefunden; so bewunderten wir nachher die Ankunft der kaiserlichen Kommissarien und deren Auf­ fahrt, ebenfalls auf den Römer, welche mit großem Pomp geschah. Die würdige Persönlichkeit des Fürsten von Lichtenstein machte einen guten Eindruck; doch wollten Kenner behaupten, die prächtigen Li­ vreen seien schon einmal bei einer andern Gelegenheit gebraucht wor­ den, und auch diese Wahl und Krönung werde schwerlich an Glanz jener von Carl dem siebenten gleich kommen. Wir jüngern ließen uns das gefallen was wir vor Augen hatten, uns deuchte alles sehr gut und manches setzte uns in Erstaunen. | Der Wahl-Konvent war endlich auf den 3ten März anberaumt. Nun kam die Stadt durch neue Förmlichkeiten in Bewegung, und die wechselseitigen Zeremoniellbesuche der Gesandten hielten uns immer auf den Beinen. Auch mußten wir genau aufpassen, weil wir nicht nur gaffen, sondern alles wohl bemerken sollten, um zu Hause gehörig Re­ chenschaft zu geben, ja manchen kleinen Aufsatz auszufertigen, wor­ über sich mein Vater und Herr von Königsthal, teils zu unserer Übung teils zu eigner Notiz, beredet hatten. Und wirklich gereichte mir dies zu besondrem Vorteil, indem ich über das Äußerliche so ziemlich ein lebendiges Wahl- und Krönungsdiarium vorstellen konnte. Die Persönlichkeiten der Abgeordneten, welche auf mich einen bleibenden Eindruck gemacht haben, waren zunächst die des kurmain­

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ci ritrovammo ancora più stretti di quanto non fossimo stati con i francesi. Questo mi offrì un buon pretesto per starme­ ne tutto il giorno fuori casa e trascorrere la maggior parte del tempo per strada, così non perdevo nulla di quanto suc­ cedeva all’esterno. Dapprima ispezionammo le modifiche e la nuova siste­ mazione delle sale del municipio man mano che i legati arrivavano l’uno dopo l’altro, mentre la loro prima com­ parsa solenne tutti insieme ebbe luogo il 6 febbraio. Poi ammirammo l’arrivo dei commissari imperiali e il loro in­ gresso che si svolse anch’esso al Römer in pompa magna. Fummo molto colpiti dal dignitoso portamento del principe von Liechtenstein, anche se gli esperti dicevano che quelle sontuose livree erano già state usate in precedenza in un’al­ tra occasione e che questa elezione e incoronazione difficil­ mente avrebbero uguagliato quella di Carlo vii209 in quan­ to a sfarzo. Noi giovani ci accontentavamo di quello che avevamo davanti agli occhi, ci sembrava tutto bellissimo e spesso restavamo a bocca aperta. | Il collegio elettorale fu infine fissato per il 3 marzo210. La città si mise di nuovo in moto per i necessari preparativi, e le visite cerimoniali che i legati si scambiavano ci tennero in costante movimento. E dovevamo anche far bene atten­ zione: non bastava stare a guardare, dovevamo memorizza­ re ogni dettaglio per riferirne poi per bene a casa, scriven­ doci magari anche qualche piccolo testo, come mio padre aveva concordato con il barone von Königsthal, in parte per mio esercizio, in parte per loro informazione. E in effetti andò tutto a mio vantaggio, perché potei redigere un diario vivace e di prima mano dell’elezione e dell’incoronazione, almeno riguardo agli eventi pubblici. Tra le personalità degli inviati che lasciarono su di me un’impressione duratura ci fu innanzitutto il primo amba­

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zischen ersten Botschafters, Barons von Erthal, nachmaligen Kurfürs­ ten. Ohne irgend etwas Auffallendes in der Gestalt zu haben, wollte er mir in seinem schwarzen, mit Spitzen besetzten Talar immer gar wohlgefallen. Der zweite Botschafter, Baron von Groschlag, war ein wohlgebauter, im Äußern bequem aber höchst anständig sich betragen­ der Weltmann. Er machte überhaupt einen sehr behaglichen Eindruck. Fürst Esterhazy, der böhmische Gesandte, war nicht groß aber wohl­ gebaut, lebhaft und zugleich vornehm anständig, ohne Stolz und Kälte. Ich hatte eine besondre Neigung zu ihm, weil er mich an den Marschall von Broglio erinnerte. Doch verschwand gewissermaßen die Gestalt und Würde dieser trefflichen Personen über dem Vorurteil, das man für den Brandenburgischen Gesandten, Baron von Plotho, gefaßt hatte. Dieser Mann, der durch eine gewisse Spärlichkeit sowohl in eigner Kleidung als in Livreen und Equipagen sich auszeichnete, war vom siebenjährigen Kriege her als diplomatischer Held berühmt, hatte zu Regensburg den Notarius April, der ihm die gegen seinen König er­ gangene Achtserklärung von einigen Zeugen begleitet zu insinuieren gedachte, mit der lakonischen Gegenrede: Was! Er insinuieren? die Treppe hinuntergeworfen oder werfen | lassen. Das erste glaubten wir, weil es uns besser gefiel, und wir es auch dem kleinen, gedrungnen, mit schwarzen Feueraugen hin und wider blickenden Manne gar wohl zu­ trauten. Aller Augen waren auf ihn gerichtet, besonders wo er ausstieg. Es entstand jederzeit eine Art von frohem Zischeln, und wenig fehlte, daß man ihm applaudiert, Vivat oder Bravo zugerufen hätte. So hoch stand der König, und alles was ihm mit Leib und Seele ergeben war, in der Gunst der Menge, unter der sich außer den Frankfurtern, schon Deutsche aus allen Gegenden befanden. Einerseits hatte ich an diesen Dingen manche Lust: weil alles was vorging, es mochte sein von welcher Art es wollte, doch immer eine

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sciatore di Magonza, il barone von Erthal, che in seguito divenne principe elettore. Senza avere qualcosa di speciale nel portamento, mi piaceva moltissimo nel suo abito talare nero, guarnito di pizzo. Il secondo ambasciatore, il barone von Groschlag, era un uomo di mondo di bella presenza, alla mano ma con un comportamento sempre molto gar­ bato. In generale dava l’impressione di trovarsi davvero a proprio agio. Il principe Esterhàzy, legato di Boemia, non era alto ma robusto, di aspetto vivace e raffinato insieme, senza orgoglio né alterigia. Mi era particolarmente simpa­ tico perché mi ricordava il maresciallo de Broglie. Ma la figura e la dignità di questi illustri personaggi si eclissava, per così dire, se paragonata alla generale predilezione per il legato del Brandeburgo, il barone von Plotho. Quell’uomo, che si distingueva per una certa parsimonia sia nel proprio abbigliamento, sia nelle livree che negli equipaggi, era di­ ventato famoso nella Guerra dei sette anni come eroe del­ la diplomazia perché a Ratisbona aveva buttato – o fatto buttare – giù dalle scale il notaio Aprill che, in presenza di parecchi testimoni, voleva notificargli la proscrizione emessa contro il suo re. Plotho aveva replicato laconico: «Cosa? Voi, notificare?» | Io ci credevo sia perché la cosa mi divertiva, sia perché ritenevo che quell’ometto tarchiato che scrutava intorno a sé con quegli occhietti neri fiammeg­ gianti ne fosse capace. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, soprattutto quando scendeva dalla carrozza. Si sentiva ogni volta una sorta di festoso brusio e poco mancava che qual­ cuno applaudisse o gridasse «Bravo!» o «Evviva!»; presso il pubblico, tra il quale oltre ai francofortesi c’erano già te­ deschi di ogni regione, era infatti altissimo il prestigio di cui godeva il re e tutti coloro che lo servivano con dedizione. Da una parte tutte queste cose mi piacevano: tutto ciò che accadeva infatti, qualsiasi cosa fosse, aveva sempre

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gewisse Deutung verbarg, irgend ein innres Verhältnis anzeigte, und solche symbolische Zeremonien das durch so viele Pergamente, Papie­ re und Bücher beinah verschüttete deutsche Reich wieder für einen Augenblick lebendig darstellten; andrerseits aber konnte ich mir ein geheimes Mißfallen nicht verbergen, wenn ich nun zu Hause die in­ nern Verhandlungen zum Behuf meines Vaters abschreiben und dabei bemerken mußte, daß hier mehrere Gewalten einander gegenüber stan­ den, die sich das Gleichgewicht hielten, und nur in sofern einig waren, als sie den neuen Regenten noch mehr als den alten zu beschränken ge­ dachten; daß Jedermann sich nur in sofern seines Einflusses freute, als er seine Privilegien zu erhalten und zu erweitern, und seine Unabhän­ gigkeit mehr zu sichern hoffte. Ja man war diesmal noch aufmerksamer als sonst, weil man sich vor Joseph dem zweiten, vor seiner Heftigkeit und seinen vermutlichen Planen zu fürchten anfing. Bei meinem Großvater und den übrigen Ratsverwandten, deren Häuser ich zu besuchen pflegte, war es auch keine gute Zeit: denn sie hatten so viel mit Einholen der vornehmen Gäste, mit Bekomplimen­ tieren, mit Überreichung von Geschenken zu tun. Nicht weniger hatte der Magistrat im Ganzen wie im Einzelnen sich immer zu wehren, zu widerstehn und zu protestieren, weil bei solchen Gelegenheiten ihm Jedermann etwas abzwacken oder | aufbürden will, und ihm wenige von denen die er anspricht, beistehen oder zu Hülfe kommen. Genug, mir trat alles nunmehr lebhaft vor Augen, was ich in der Lersnerschen Chronik von ähnlichen Vorfällen bei ähnlichen Gelegenheiten, mit Be­ wunderung der Geduld und Ausdauer jener guten Ratsmänner, gelesen hatte. Mancher Verdruß entspringt auch daher, daß sich die Stadt nach und nach mit nötigen und unnötigen Personen anfüllt. Vergebens werden die Höfe von Seiten der Stadt an die Vorschriften der freilich veralte­ ten goldnen Bulle erinnert. Nicht allein die zum Geschäft Verordneten und ihre Begleiter, sondern manche Standes- und andre Personen, die

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un certo significato, mostrava un qualche nesso interiore, e quelle cerimonie simboliche rinvigorivano per un atti­ mo l’Impero tedesco, altrimenti quasi sommerso da innu­ merevoli pergamene, documenti, libri; dall’altra parte non potevo nascondere un segreto fastidio, quando a casa met­ tevo per iscritto i retroscena delle trattative a uso di mio padre, poiché mi rendevo conto che vari poteri si stavano fronteggiando per cercare un equilibrio, ed erano concordi solo quando si trattava di limitare ulteriormente i poteri del nuovo sovrano; ciascuno faceva uso della propria influenza unicamente per mantenere o estendere i propri privilegi e garantirsi una maggiore indipendenza. Anzi, questa volta si stava più attenti che mai, perché già si cominciava a temere Giuseppe ii, la sua irruenza e i suoi presunti progetti. Per mio nonno e gli altri consiglieri, quelli che di solito andavo a trovare, non era un buon periodo, perché erano totalmente assorbiti nel ricevere i nobili ospiti, nello scam­ biare complimenti, nel consegnare doni. Non meno indaf­ farato era il governo della città, sia nel suo insieme che i singoli funzionari, che dovevano continuamente difendersi, opporsi e protestare, perché in quelle occasioni c’era sem­ pre qualcuno che voleva ottenere o | sgravarsi di qualcosa, e pochi di coloro che venivano interpellati davano sostegno o aiuto. Insomma, mi vedevo davanti agli occhi in carne e ossa quello che avevo letto nella Cronaca di Lersner riguar­ do a occasioni simili, e ammiravo la pazienza e la tenacia di quei bravi consiglieri. Molti fastidi nascevano dal fatto che la città si stava man mano riempiendo di persone utili e inutili; invano la città rac­ comandava alle corti di attenersi alle disposizioni della Bolla d’oro, ormai peraltro piuttosto datata. A godere della prote­ zione della città erano non soltanto i delegati e il loro seguito, ma anche persone altolocate e altre venute per curiosità o

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aus Neugier oder zu Privatzwecken herankommen, stehen unter Pro­ tektion, und die Frage: wer eigentlich einquartiert wird und wer selbst sich eine Wohnung mieten soll? ist nicht immer sogleich entschieden. Das Getümmel wächst, und selbst diejenigen die nichts dabei zu leisten oder zu verantworten haben, fangen an sich unbehaglich zu fühlen. Selbst wir jungen Leute, die wir das alles wohl mit ansehen konn­ ten, fanden doch immer nicht genug Befriedigung für unsere Augen, für unsre Einbildungskraft. Die spanischen Mantelkleider, die großen Fe­ derhüte der Gesandten und hie und da noch einiges andere, gaben wohl ein echt altertümliches Ansehen; manches dagegen war wieder so halb neu oder ganz modern, daß überall nur ein buntes unbefriedigendes, öfter sogar geschmackloses Wesen hervortrat. Sehr glücklich machte es uns daher, zu vernehmen, daß wegen der Herreise des Kaisers und des künftigen Königs große Anstalten gemacht wurden, daß die Kur­ fürstlichen Kollegial-Handlungen, bei welchen die letzte Wahlkapitu­ lation zum Grunde lag, eifrig vorwärts gingen, und daß der Wahltag auf den 27ten März festgesetzt sei. Nun ward an die Herbeischaffung der Reichsinsignien von Nürnberg und Aachen gedacht, und man erwartete zunächst den Einzug des Kurfürsten von Mainz, während mit seiner Gesandtschaft die Irrungen wegen der Quartiere immer fortdauerten. | Indessen betrieb ich meine Kanzelisten-Arbeit zu Hause sehr leb­ haft, und wurde dabei freilich mancherlei kleinliche Monita gewahr, die von vielen Seiten einliefen, und bei der neuen Kapitulation be­ rücksichtigt werden sollten. Jeder Stand wollte in diesem Dokument seine Gerechtsame gewahrt und sein Ansehen vermehrt wissen. Gar viele solcher Bemerkungen und Wünsche wurden jedoch bei Seite ge­ schoben; vieles blieb wie es gewesen war: gleichwohl erhielten die Monenten die bündigsten Versicherungen, daß ihnen jene Übergehung keineswegs zum Präjudiz gereichen solle. Sehr vielen und beschwerlichen Geschäften mußte sich indessen das Reichsmarschallamt unterziehen: die Masse der Fremden wuchs,

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per motivi personali; e alla domanda su chi doveva venire alloggiato a spese della città e chi doveva invece pagare di tasca propria non era sempre facile rispondere. La confusio­ ne cresceva e persino coloro che non erano coinvolti e non avevano responsabilità cominciavano a sentirsi a disagio. Persino noi giovani che potevamo osservare ogni cosa, non sempre riuscivamo a soddisfare gli occhi e la fantasia. I mantelli alla spagnola, i grandi cappelli piumati dei lega­ ti e qualche altro dettaglio davano davvero l’impressione dell’antico, altre cose invece erano più nuove o addirittura moderne, cosicché ne risultava un insieme variopinto, poco soddisfacente, spesso di cattivo gusto. Fummo quindi molto contenti di apprendere che erano iniziati i grandi preparativi per l’arrivo dell’imperatore e del futuro re e che i lavori del collegio elettorale, basati sulla precedente capitolazione, procedevano celermente; il giorno dell’elezione era stato fissato per il 27 marzo. Ora bisognava pensare a far arri­ vare da Aquisgrana e Norimberga le insegne imperiali, e si aspettava per prima cosa l’arrivo del principe elettore di Magonza, mentre permanevano le difficoltà ad alloggiare la sua delegazione. | A casa proseguivo con grande alacrità il mio lavoro di segretario e registravo quindi molte delle meschine istanze che giungevano da ogni parte e che dovevano essere tenute presenti nella nuova capitolazione. In quel documento, ogni ceto voleva vedere tutelati i propri diritti e accresciuto il proprio prestigio. Molte tra richieste e osservazioni furono accantonate, e molte cose rimasero com’erano; allo stesso tempo a tutti i richiedenti veniva assicurato con fermezza che il mancato accoglimento non sarebbe stato in alcun modo pregiudiziale. Il maresciallo imperiale doveva intanto sobbarcarsi mol­ ti e fastidiosi problemi: la massa degli stranieri cresceva e

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es wurde immer schwieriger sie unterzubringen. Über die Grenzen der verschiedenen kurfürstlichen Bezirke war man nicht einig. Der Ma­ gistrat wollte von den Bürgern die Lasten abhalten, zu denen sie nicht verpflichtet schienen, und so gab es, bei Tag und bei Nacht, stündlich Beschwerden, Rekurse, Streit und Mißhelligkeiten. Der Einzug des Kurfürsten von Mainz erfolgte den 21ten März. Hier fing nun das Kanonieren an, mit dem wir auf lange Zeit mehrmals betäubt werden sollten. Wichtig in der Reihe der Zeremonien war diese Festlichkeit: denn alle die Männer, die wir bisher auftreten sahen, waren, so hoch sie auch standen, doch immer nur Untergeordnete; hier aber erschien ein Souverain, ein selbständiger Fürst, der erste nach dem Kaiser, von einem großen seiner würdigen Gefolge eingeführt und begleitet. Von dem Pompe dieses Einzugs würde ich hier manches zu erzählen haben, wenn ich nicht später wieder darauf zurückzukommen gedächte, und zwar bei einer Gelegenheit, die Niemand leicht erraten sollte. An demselben Tage nämlich kam Lavater, auf seinem Rückwege von Berlin nach Hause begriffen, durch Frankfurt, und sah diese Fei­ erlichkeit mit an. Ob nun gleich solche weltliche Äußerlichkeiten für ihn nicht den | mindesten Wert hatten, so mochte doch dieser Zug mit seiner Pracht und allem Beiwesen deutlich in seine sehr lebhafte Ein­ bildungskraft sich eingedruckt haben: denn nach mehreren Jahren, als mir dieser vorzügliche, aber eigene Mann eine poetische Paraphrase, ich glaube der Offenbarung Sankt Johannis, mitteilte, fand ich den Ein­ zug des Antichrist Schritt vor Schritt, Gestalt vor Gestalt, Umstand vor Umstand, dem Einzug des Kurfürsten von Mainz in Frankfurt nach­ gebildet, dergestalt daß sogar die Quasten an den Köpfen der IsabellPferde nicht fehlten. Es wird sich mehr davon sagen lassen, wenn ich zur Epoche jener wunderlichen Dichtungsart gelange, durch welche

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diventava sempre più difficile trovare un alloggio; non c’e­ ra accordo sulla delimitazione delle circoscrizioni dei vari elettori, il governo della città non voleva far ricadere sui cittadini oneri non di loro competenza e così giorno e notte, ogni minuto, c’erano lamentele, ricorsi, liti e malumori. Il principe elettore di Magonza211 fece il suo ingresso il 21 marzo, e quel giorno ebbero inizio i colpi di cannone che da allora in poi ci avrebbero assordato per un bel po’. Nella sequenza delle cerimonie questo era un festeggiamento ri­ levante, perché tutti i personaggi che avevamo visto fino a quel momento, per quanto altolocati, erano comunque dei subalterni; ora invece si trattava di un sovrano, di un prin­ cipe indipendente, il primo dopo l’imperatore, preceduto e accompagnato da un seguito imponente, conforme al suo ruolo. Dello sfarzo di quel corteo potrei raccontare molto ora, se non avessi l’intenzione di ritornarci in seguito e pre­ cisamente per una circostanza che nessuno potrebbe facil­ mente indovinare212. In quello stesso giorno infatti passò da Francoforte an­ che Lavater che stava tornando a casa da Berlino, e assi­ stette con noi a quel festeggiamento. Sebbene quelle ma­ nifestazioni mondane non avessero per lui | alcun valore, il corteo sfarzoso con tutto quel concorso di folla doveva essersi profondamente impresso nella sua vivace memoria, perché molti anni dopo, quando quell’uomo eccellente e singolare mi inviò in dono una parafrasi poetica dell’Apo­ calisse di San Giovanni213, se non ricordo male, notai che l’ingresso dell’Anticristo ricordava in tutto e per tutto, in ogni singola figura, in ogni dettaglio, l’ingresso a Franco­ forte del principe elettore di Magonza, con tanta precisione che non mancavano neppure le nappe sulla testa dei caval­ li Isabella. Avrò modo di parlarne più ampiamente quando arriverò all’epoca in cui si diffuse quella particolare forma

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man die alt- und neutestamentlichen Mythen dem Anschauen und Ge­ fühl näher zu bringen glaubte, wenn man sie völlig ins Moderne tra­ vestierte, und ihnen aus dem gegenwärtigen Leben, es sei nun gemei­ ner oder vornehmer, ein Gewand umhinge. Wie diese Behandlungsart sich nach und nach beliebt gemacht, davon muß gleichfalls künftig die Rede sein; doch bemerke ich hier soviel, daß sie weiter als durch La­ vater und seine Nacheiferer wohl nicht getrieben worden, indem einer derselben die heiligen drei Könige, wie sie zu Bethlehem einreiten, so modern schilderte, daß die Fürsten und Herren, welche Lavatern zu be­ suchen pflegten, persönlich darin nicht zu verkennen waren. Wir lassen also für diesmal den Kurfürsten Emmerich Joseph so zu sagen inkognito im Compostell eintreffen, und wenden uns zu Gret­ chen, die ich, eben als die Volksmenge sich verlief, von Pylades und seiner Schönen begleitet (denn diese drei schienen nun unzertrennlich zu sein) im Getümmel erblickte. Wir hatten uns kaum erreicht und be­ grüßt, als schon ausgemacht war, daß wir diesen Abend zusammen zu­ bringen wollten, und ich fand mich bei Zeiten ein. Die gewöhnliche Gesellschaft war beisammen, und Jedes hatte etwas zu erzählen, zu sagen, zu bemerken; wie denn dem einen dies, dem andern jenes am meisten aufgefallen war. »Eure Reden, sagte Gretchen zuletzt, machen mich fast noch verworrner als die Begebenheiten dieser Tage | selbst. Was ich gesehen, kann ich nicht zusammenreimen, und möchte von manchem gar zu gern wissen, wie es sich verhält.« Ich versetzte, daß es mir ein Leichtes sei, ihr diesen Dienst zu erzeigen. Sie solle nur sagen, wofür sie sich eigentlich interessiere. Dies tat sie, und indem ich ihr einiges erklären wollte, fand sichs, daß es besser wäre in der Ordnung zu verfahren. Ich verglich nicht unschicklich diese Feierlich­ keiten und Funktionen mit einem Schauspiel, wo der Vorhang nach Belieben heruntergelassen würde, indessen die Schauspieler fortspiel­ ten, dann werde er wieder aufgezogen und der Zuschauer könne an

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poetica che intendeva rendere più vicini al sentimento e alla contemplazione i miti dell’Antico e del Nuovo Testamento rivisitandoli in chiave del tutto moderna e presentandoli in veste attuale, popolare o aristocratica a seconda dei casi. In che modo questo tipo di presentazione divenne man mano sempre più apprezzato sarà argomento di discussione più avanti; per ora mi basta osservare che nessuno lo mise in pratica tanto quanto Lavater e i suoi imitatori, uno dei quali descrisse i tre re magi che entrano a Betlemme in modo così moderno che non si potevano non riconoscere uno per uno i principi e i signori che usavano far visita a Lavater. Ma per stavolta lasciamo entrare quasi in incognito l’e­ lettore Emmerich Joseph nel Kompostell214 e torniamo a Gretchen che intravvidi nella confusione mentre la folla si stava disperdendo, accompagnata da Pilade e dalla sua bella (i tre erano ormai divenuti inseparabili). Non ci erava­ mo quasi neanche visti e salutati, che già avevamo deciso che avremmo trascorso insieme la serata, e io mi presentai puntuale. C’era il solito gruppo e ognuno aveva qualcosa da raccontare, da dire, da commentare, poiché uno era sta­ to colpito da una cosa, uno da un’altra. «I vostri discorsi mi confondono quasi più degli avvenimenti stessi di questi giorni», disse alla fine Gretchen. | «Non riesco a raccapez­ zarmi tra le cose che ho visto, e vorrei proprio che qualcuno mi spiegasse cosa sta succedendo». Risposi che potevo fa­ cilmente esserle d’aiuto in questo, bastava che mi dicesse cosa le interessava in particolare. Me lo disse, ma cercando di spiegarle alcune cose, mi resi conto che sarebbe stato meglio procedere con ordine. Paragonai non a sproposito le cerimonie e le solennità a uno spettacolo nel corso del qua­ le il sipario viene calato in modo del tutto casuale mentre gli attori continuano a recitare, poi viene alzato di nuovo permettendo agli spettatori di assistere ancora a una parte

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jenen Verhandlungen einigermaßen wieder Teil nehmen. Weil ich nun sehr redselig war, wenn man mich gewähren ließ; so erzählte ich alles von Anfang an bis auf den heutigen Tag, in der besten Ordnung, und versäumte nicht, um meinen Vortrag anschaulicher zu machen, mich des vorhandenen Griffels und der großen Schiefer-Platte zu bedienen. Nur durch einige Fragen und Rechthabereien der andern wenig gestört, brachte ich meinen Vortrag zu allgemeiner Zufriedenheit ans Ende, indem mich Gretchen durch ihre fortgesetzte Aufmerksamkeit höch­ lich ermuntert hatte. Sie dankte mir zuletzt und beneidete, nach ihrem Ausdruck, alle diejenigen, die von den Sachen dieser Welt unterrichtet seien und wüßten wie dieses und jenes zugehe und was es zu bedeu­ ten habe. Sie wünschte sich ein Knabe zu sein, und wußte mit vieler Freundlichkeit anzuerkennen, daß sie mir schon manche Belehrung schuldig geworden. »Wenn ich ein Knabe wäre, sagte sie, so wollten wir auf Universitäten zusammen etwas rechtes lernen.« Das Gespräch ward in der Art fortgeführt, sie setzte sich bestimmt vor, Unterricht im Französischen zu nehmen, dessen Unerläßlichkeit sie im Laden der Putzhändlerin wohl gewahr worden. Ich fragte sie, warum sie nicht mehr dorthin gehe: denn in der letzten Zeit, da ich des Abends nicht viel abkommen konnte, war ich manchmal bei Tage, ihr zu Gefallen, am Laden vorbei gegangen, um sie nur einen Augenblick zu sehen. Sie erklärte mir, daß sie in dieser unruhigen Zeit sich dort nicht | hätte aussetzen wollen. Befände sich die Stadt wieder in ihrem vorigen Zu­ stande, so denke sie auch wieder hinzugehen. Nun war von dem nächst bevorstehenden Wahltag die Rede. Was und wie es vorgehe, wußte ich weitläufig zu erzählen, und meine De­ monstration durch umständliche Zeichnungen auf der Tafel zu unter­ stützen; wie ich denn den Raum des Konklave mit seinen Altären, Thronen, Sesseln und Sitzen vollkommen gegenwärtig hatte. – Wir schieden zu rechter Zeit und mit sonderlichem Wohlbehagen. Denn einem jungen Paare, das von der Natur einigermaßen har­ monisch gebildet ist, kann nichts zu einer schönern Vereinigung ge­

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della vicenda. Quando mi si dava corda divenivo molto lo­ quace, così raccontai tutto per filo e per segno dal principio fino a quel momento, e per rendere il mio resoconto più immediato non tralasciai di servirmi anche dell’ardesia e del gessetto. Disturbato solo di rado da qualche domanda o interruzione, completai il mio resoconto tra la soddisfa­ zione generale, tanto più che mi sentivo incoraggiato dalla costante attenzione di Gretchen. Al termine mi ringraziò dicendo che invidiava, queste furono le sue parole, tutti co­ loro che sono al corrente delle cose di questo mondo, che sanno cosa succede e cosa significa. Disse che le sarebbe piaciuto essere un ragazzo e riconobbe con molta gentilezza che mi era debitrice per tutte quelle spiegazioni. «Se fossi un ragazzo, potremmo andare insieme all’università a im­ parare davvero qualcosa di utile». Il discorso proseguì su quel tono, lei disse che doveva assolutamente prendere le­ zioni di francese perché nella bottega della modista aveva capito quanto fosse indispensabile. Le chiesi come mai non ci andava più, perché negli ultimi tempi, non potendo uscire tanto di sera, per amor suo ero passato qualche volta davan­ ti al negozio per vederla almeno un istante di giorno. Mi spiegò che in quei giorni così inquieti non | voleva esporsi a quel modo, ma pensava di riprendere il lavoro una volta che la città fosse tornata nella sua normale condizione. Poi si parlò del giorno dell’elezione, ormai imminente. Mi profusi in spiegazioni su cosa e come sarebbe successo, rafforzando la mia esemplificazione con dettagliati disegni sull’ardesia, dato che conoscevo perfettamente la sala in cui si svolgeva il conclave con i suoi altari, troni, scranni e seg­ gi. Ci salutammo al momento opportuno e con particolare buon umore. Infatti, quando una giovane coppia è già dotata per na­ tura di una certa armonia, nulla può favorire un’unione più

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reichen, als wenn das Mädchen lehrbegierig und der Jüngling lehrhaft ist. Es entsteht daraus ein so gründliches als angenehmes Verhältnis. Sie erblickt in ihm den Schöpfer ihres geistigen Daseins, und er in ihr ein Geschöpf, das nicht der Natur, dem Zufall, oder einem einseitigen Wollen, sondern einem beiderseitigen Willen seine Vollendung ver­ dankt; und diese Wechselwirkung ist so süß, daß wir uns nicht wundern dürfen, wenn seit dem alten und neuen Abelard, aus einem solchen Zu­ sammentreffen zweier Wesen, die gewaltsamsten Leidenschaften und so viel Glück als Unglück entsprungen sind. Gleich den nächsten Tag war große Bewegung in der Stadt, we­ gen der Visiten und Gegenvisiten, welche nunmehr mit dem größten Zeremoniell abgestattet wurden. Was mich aber als einen Frankfurter Bürger besonders interessierte und zu vielen Betrachtungen veranlaß­ te, war die Ablegung des Sicherheits-Eides, den der Rat, das Militär, die Bürgerschaft, nicht etwa durch Repräsentanten, sondern persönlich und in Masse leisteten: erst auf dem großen Römersaale der Magistrat und die Stabsoffiziere, dann auf dem großen Platze, dem Römerberg, die sämtliche Bürgerschaft nach ihren verschiedenen Graden, Abstu­ fungen und Quartieren, und zuletzt das übrige Militär. Hier konnte man das ganze Gemein-Wesen mit einem Blick | überschauen, versammlet zu dem ehrenvollen Zweck, dem Haupt und den Gliedern des Reichs Sicherheit, und bei dem bevorstehenden großen Werke unverbrüchli­ che Ruhe anzugeloben. Nun waren auch Kur-Trier und Kur-Kölln in Person angekommen. Am Vorabend des Wahltags werden alle Frem­ den aus der Stadt gewiesen, die Tore sind geschlossen, die Juden in ihrer Gasse eingesperrt, und der Frankfurter Bürger dünkt sich nicht wenig, daß er allein Zeuge einer so großen Feierlichkeit bleiben darf. Bisher war alles noch ziemlich modern hergegangen: die höchsten und hohen Personen bewegten sich nur in Kutschen hin und wider; nun aber sollten wir sie, nach uralter Weise, zu Pferde sehen. Der Zulauf

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bella se la ragazza è desiderosa di imparare e il giovane incline a insegnare: ne scaturisce un rapporto tanto solido quanto stimolante. Lei vede in lui il creatore della sua esi­ stenza spirituale, e lui vede in lei una creatura che deve la sua perfezione non alla natura o al caso o a una volontà unilaterale, bensì al comune volere di entrambi. E questa reciprocità è così dolce che non dobbiamo meravigliarci se da un simile incontro, come accadde al vecchio e al nuovo Abelardo215, sono nate passioni così sconvolgenti, così tanta felicità e sventura. Il giorno immediatamente seguente ci fu gran movimen­ to in città per il fitto scambio di visite, condotte secondo il cerimoniale più rigoroso. Ma quello che mi interessò par­ ticolarmente e che mi fece molto riflettere in quanto citta­ dino di Francoforte fu il giuramento di sicurezza prestato dal Consiglio, dai militari e dalla cittadinanza, non tramite dei rappresentanti, bensì di persona e tutti insieme: prima, nella grande sala del Römer, i funzionari e gli ufficiali dello stato maggiore, poi sulla grande piazza, il Römerberg, tutta la cittadinanza in base al suo ordine, grado e quartiere, e infine il resto dei militari. Con un solo colpo d’occhio si abbracciava tutta la | comunità, raccolta per il nobile scopo di garantire al capo e ai membri dell’Impero sicurezza e tranquillità assolute per la grande impresa che stava per ini­ ziare. Nel frattempo erano arrivati anche l’elettore di Trevi­ ri e quello di Colonia216. Alla vigilia del giorno dell’elezio­ ne tutti i forestieri vengono allontanati dalla città, le porte sprangate, gli ebrei chiusi nel loro vicolo, e il cittadino di Francoforte si sente non poco orgoglioso di poter assistere, lui solo, a una tale solennità. Finora tutto si era svolto in stile abbastanza moderno: i personaggi di alto e altissimo rango si erano spostati sempre in carrozza, ora invece li avremmo visti a cavallo, secondo

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und das Gedränge war außerordentlich. Ich wußte mich in dem Rö­ mer, den ich wie eine Maus den heimischen Kornboden genau kannte, so lange herumzuschmiegen, bis ich an den Haupteingang gelangte, vor welchem die Kurfürsten und Gesandten, die zuerst in Prachtkut­ schen herangefahren und sich oben versammlet hatten, nunmehr zu Pferde steigen sollten. Die stattlichsten, wohlzugerittenen Rosse wa­ ren mit reich gestickten Waldrappen überhangen und auf alle Weise geschmückt. Kurfürst Emmerich Joseph, ein schöner behaglicher Mann, nahm sich zu Pferde gut aus. Der beiden andern erinnere ich mich weniger, als nur überhaupt, daß uns diese roten mit Hermelin ausgeschlagenen Fürstenmäntel, die wir sonst nur auf Gemälden zu sehen gewohnt waren, unter freiem Himmel sehr romantisch vorka­ men. Auch die Botschafter der abwesenden weltlichen Kurfürsten in ihren goldstoffnen, mit Gold überstickten, mit goldnen Spitzen-Tres­ sen reich besetzten spanischen Kleidern taten unsern Augen wohl; be­ sonders wehten die großen Federn von den altertümlich aufgekrempten Hüten aufs prächtigste. Was mir aber gar nicht dabei gefallen wollte, waren die kurzen modernen Beinkleider, die weißseidenen Strümpfe und modischen Schuhe. Wir hätten Halbstiefelchen, so golden als man gewollt, Sandalen oder dergleichen gewünscht, um nur ein etwas kon­ sequenteres Kostüm zu erblicken. | Im Betragen unterschied sich auch hier der Gesandte von Plotho wieder vor allen andern. Er zeigte sich lebhaft und munter, und schien vor der ganzen Zeremonie nicht sonderlichen Respekt zu haben. Denn als sein Vordermann, ein ältlicher Herr, sich nicht sogleich aufs Pferd schwingen konnte, und er deshalb eine Weile an dem großen Ein­ gang warten mußte, enthielt er sich des Lachens nicht, bis sein Pferd auch vorgeführt wurde, auf welches er sich denn sehr behend hinauf­ schwang und von uns abermals als ein würdiger Abgesandter Fried­ richs des zweiten bewundert wurde. Nun war für uns der Vorhang wieder gefallen. Ich hatte mich zwar in die Kirche zu drängen gesucht; allein es fand sich auch dort mehr Unbequemlichkeit als Lust. Die Wählenden hatten sich ins Allerhei­

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l’uso antico. La folla, la calca erano incredibili. Io, che co­ noscevo bene il Römer come un topo la sua tana, riuscii a intrufolarmi fino a raggiungere l’ingresso principale dove gli elettori e i legati, che prima erano arrivati nelle carrozze di gala e si erano raccolti al piano superiore, ora si appresta­ vano a montare a cavallo. I maestosi e docili destrieri con le gualdrappe sontuosamente ricamate erano agghindati in tutte le fogge. Il principe Emmerich Joseph, un bell’uomo piacente, se la cavava egregiamente a cavallo; degli altri due principi mi ricordo poco, fatta eccezione per i loro man­ telli rossi foderati di ermellino che ero abituato a vedere nei quadri – visti dal vero mi ricordavano proprio il Medioevo. Belli da vedere erano anche i rappresentanti degli elettori secolari217 assenti, vestiti alla spagnola di broccato dorato, riccamente trapuntati d’oro e con merletti dorati; magnifi­ che poi le lunghe piume ondeggianti dei copricapi rialzati all’antica. Quello che invece non mi piaceva proprio erano le brache corte moderne, le calze di seta bianca e le scarpe alla moda. Avremmo preferito degli stivaletti, dorati quanto volete, o dei sandali o qualcosa di simile per poter avere una certa coerenza nell’abbigliamento. | Anche in questo frangente il comportamento del legato von Plotho si distinse su tutti gli altri. Si mostrò vivace e allegro e pareva non nutrire particolare rispetto per l’intera cerimonia. Quando il nobile che lo precedeva, anzianotto, ebbe difficoltà nel salire a cavallo ed egli dovette di con­ seguenza attendere alquanto all’ingresso principale, non si trattenne dal ridere, finché non fu condotto anche il suo cavallo sul quale balzò con gran disinvoltura, ammirato da tutti noi come degno rappresentante di Federico ii. Ora per noi si richiudeva il sipario. Avevo sì cercato di spingermi fin dentro la chiesa, ma la cosa si rivelò più sco­ moda che utile. Gli elettori si erano ritirati nel sancta san-

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ligste zurückgezogen, in welchem weitläuftige Zeremonien die Stel­ le einer bedächtigen Wahlüberlegung vertraten. Nach langem Harren, Drängen und Wogen vernahm denn zuletzt das Volk den Namen Jo­ sephs des zweiten, der zum römischen König ausgerufen wurde. Der Zudrang der Fremden in die Stadt ward nun immer stärker. Alles fuhr und ging in Galakleidern, so daß man zuletzt nur die ganz goldenen Anzüge bemerkenswert fand. Kaiser und König waren schon in Heusenstamm, einem gräflich Schönbornischen Schlosse, angelangt und wurden dort herkömmlich begrüßt und willkommen geheißen; die Stadt aber feierte diese wichtige Epoche durch geistliche Feste sämt­ licher Religionen, durch Hochämter und Predigten, und von weltlicher Seite, zu Begleitung des Te-Deum, durch unablässiges Kanonieren. Hätte man alle diese öffentlichen Feierlichkeiten von Anfang bis hieher als ein überlegtes Kunstwerk angesehen, so würde man nicht viel daran auszusetzen gefunden haben. Alles war gut vorbereitet; sachte fingen die öffentlichen Auftritte an und wurden immer bedeu­ tender; die Menschen wuchsen an Zahl, die Personen an Würde, ihre Umgebungen wie sie selbst an Pracht, und so stieg es mit jedem Tage, | so daß zuletzt auch ein vorbereitetes gefaßtes Auge in Verwirrung ge­ riet. Der Einzug des Kurfürsten von Mainz, welchen ausführlicher zu beschreiben wir abgelehnt, war prächtig und imposant genug, um in der Einbildungskraft eines vorzüglichen Mannes die Ankunft eines großen geweissagten Weltherrschers zu bedeuten. Auch wir waren da­ durch nicht wenig geblendet worden. Nun aber spannte sich unsere Erwartung aufs höchste, als es hieß, der Kaiser und der künftige König näherten sich der Stadt. In einiger Entfernung von Sachsenhausen war ein Zelt errichtet, in welchem der ganze Magistrat sich aufhielt, um dem Oberhaupte des Reichs die gehörige Verehrung zu bezeigen und die Stadt-Schlüssel anzubieten. Weiter hinaus, auf einer schönen ge­

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ctorum, dove estenuanti cerimonie dimostravano una scelta meditata. Dopo una lunga attesa, spingendo e accalcandosi, la folla udì infine il nome di Giuseppe ii proclamato re dei Romani. L’invasione degli stranieri in città aumentò ulteriormen­ te. Tutti andavano e venivano in uniforme di gala, cosic­ ché infine risultavano degni di nota solo gli abiti d’oro. Re e imperatore218 erano già arrivati a Heusenstamm, uno dei castelli del conte di Schönborn, dove ricevevano omaggi e benvenuto, mentre la città festeggiava questo importante evento con feste religiose di tutte le confessioni, con cele­ brazioni solenni e sermoni, e il Te Deum era accompagnato, sul versante secolare, da interminabili salve di cannone. Chi avesse voluto considerare quelle celebrazioni pub­ bliche dal principio fino a qui come un’opera d’arte ben congegnata, avrebbe avuto poco da eccepire. Tutto era sta­ to ben preparato; le cerimonie pubbliche erano iniziate in sordina per diventare sempre più significative; le persone crescevano di numero, i personaggi di dignità, altrettanto cresceva la pompa loro e del loro seguito e questo un giorno dopo l’altro, | tanto che alla fine anche l’occhio esperto e allenato andava in confusione. L’ingresso dell’elettore di Magonza, che non ho voluto descrivere nei dettagli, era stato sufficientemente sfarzoso e imponente da evocare, nell’immaginazione di un uomo eccellente, l’avvento di un grande sovrano universale an­ nunciato dalle profezie219. Anche noi ne eravamo rimasti abbagliati. Ma le aspettative si accrebbero fino allo spasmo quando si sparse la voce che l’imperatore e il futuro re si stavano avvicinando alla città. A una certa distanza da Sach­ senhausen era stato innalzato un padiglione in cui le alte ca­ riche cittadine attendevano per rendere il dovuto omaggio al capo supremo dell’Impero e offrirgli le chiavi della città.

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räumigen Ebene, stand ein anderes, ein Prachtgezelt, wohin sich die sämtlichen Kurfürsten und Wahlbotschafter zum Empfang der Majes­ täten verfügten, indessen ihr Gefolge sich den ganzen Weg entlang er­ streckte, um nach und nach, wie die Reihe an sie käme, sich wieder gegen die Stadt in Bewegung zu setzen und gehörig in den Zug einzu­ treten. Nunmehr fuhr der Kaiser bei dem Zelt an, betrat solches, und nach ehrfurchtsvollem Empfange beurlaubten sich die Kurfürsten und Gesandten, um ordnungsgemäß dem höchsten Herrscher den Weg zu bahnen. Wir andern, die wir in der Stadt geblieben, um diese Pracht in­ nerhalb der Mauern und Straßen noch mehr zu bewundern, als es auf freiem Felde hätte geschehen können, wir waren durch das von der Bürgerschaft in den Gassen aufgestellte Spalier, durch den Zudrang des Volks, durch mancherlei dabei vorkommende Späße und Un­ schicklichkeiten einstweilen gar wohl unterhalten, bis uns das Geläute der Glocken und der Kanonendonner die unmittelbare Nähe des Herr­ schers ankündigten. Was einem Frankfurter besonders wohltun mußte, war, daß bei dieser Gelegenheit, bei der Gegenwart so vieler Souve­ räne und ihrer Repräsentanten, die Reichsstadt Frankfurt auch als ein kleiner Souverän erschien: denn ihr Stallmeister eröffnete den Zug, | Reitpferde mit Wappendecken, worauf der weiße Adler im roten Felde sich gar gut ausnahm, folgten ihm, Bediente und Offizianten, Pauker und Trompeter, Deputierte des Rats, von Ratsbedienten in der Stadtli­ vree zu Fuße begleitet. Hieran schlossen sich die drei Compagnien der Bürger-Kavallerie, sehr wohl beritten, dieselbigen die wir von Jugend auf bei Einholung des Geleits und andern öffentlichen Gelegenheiten gekannt hatten. Wir erfreuten uns an dem Mitgefühl dieser Ehre und an dem Hunderttausend-Teilchen einer Souveränetät, welche gegen­

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Più lontano, su un’ampia e bella spianata, ne era stato eretto un altro, più sontuoso, in cui si accomodarono gli elettori e gli ambasciatori per ricevere le due maestà, mentre i loro seguiti si distribuivano lungo tutto il tragitto per poi avviar­ si nuovamente verso la città uno dopo l’altro, man mano che giungeva il loro turno, disponendosi ordinatamente nel corteo. L’imperatore giunse quindi al padiglione, vi entrò, e dopo averlo ricevuto con grande rispetto, gli elettori e gli ambasciatori si congedarono per precedere il supremo so­ vrano secondo l’ordine prestabilito. Noialtri che eravamo rimasti in città per ammirare tutta quella pompa tra le mura e nelle strade meglio di quanto avremmo potuto fare in campo aperto, ci divertimmo al­ quanto osservando i cittadini che si assembravano dietro le transenne che il Comune aveva collocato nelle vie, e l’ac­ calcarsi della folla con il relativo corollario di barzellette e lazzi, finché il suono delle campane e i colpi di canno­ ne non ci annunciarono l’approssimarsi del sovrano. Ciò che, in quell’occasione, rendeva particolarmente orgoglio­ so il francofortese era il fatto che, in presenza di così tanti sovrani e dei loro rappresentanti, anche la città imperiale di Francoforte figurava come un piccolo sovrano, perché il suo maestro di stalla apriva il corteo, | accompagnato da destrieri con gualdrappe blasonate sulle quali spiccava bellissima l’aquila bianca su campo rosso di Francoforte; seguivano poi a piedi servitori e funzionari, suonatori di tamburi e trombe, deputati e impiegati del Consiglio con l’uniforme della città. A questi si accodavano le tre compa­ gnie della cavalleria cittadina, molto ben equipaggiate: le stesse che avevo visto fin da bambino quando c’era qual­ cuno da scortare o in altre occasioni pubbliche. Condivi­ devamo con gioia il sentimento di tanto onore e il fatto di essere la centomillesima particella di una sovranità che si

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wärtig in ihrem vollen Glanz erschien. Die verschiedenen Gefolge des Reichs-Erbmarschalls und der von den sechs weltlichen Kurfürsten abgeordneten Wahlgesandten zogen sodann schrittweise daher. Keins derselben bestand aus weniger denn zwanzig Bedienten und zwei Staatswagen; bei einigen aus einer noch größern Anzahl. Das Gefolge der geistlichen Kurfürsten war nun immer im Steigen; die Bedienten und Hausoffizianten schienen unzählig, Kur-Cöln und Kur-Trier hatten über zwanzig Staatswagen, Kur-Mainz allein eben so viel. Die Diener­ schaft zu Pferde und zu Fuß war durchaus aufs prächtigste gekleidet, die Herren in den Equipagen, geistliche und weltliche, hatten es auch nicht fehlen lassen, reich und ehrwürdig angetan, und geschmückt mit allen Ordenszeichen, zu erscheinen. Das Gefolg der kaiserlichen Ma­ jestät übertraf nunmehr wie billig die übrigen. Die Bereiter, die Hand­ pferde, die Reitzeuge, Schabracken und Decken zogen aller Augen auf sich, und sechzehn sechsspännige Galawägen der kaiserlichen Kam­ merherren, Geheimenräte, des Ober-Kämmerers, Ober-Hofmeisters, Ober-Stallmeisters beschlossen mit großem Prunk diese Abteilung des Zugs, welche, ungeachtet ihrer Pracht und Ausdehnung, doch nur der Vortrab sein sollte. Nun aber konzentrierte sich die Reihe, indem sich Würde und Pracht steigerten, immer mehr. Denn unter einer ausgewählten Beglei­ tung eigener Haus-Dienerschaft, die meisten zu Fuß, wenige zu Pfer­ de, erschienen die Wahlbotschafter so wie die Kurfürsten in Person, nach | aufsteigender Ordnung, jeder in einem prächtigen Staatswagen. Unmittelbar hinter Kur-Mainz kündigten zehn kaiserliche Laufer, ein und vierzig Lakaien und acht Heiducken die Majestäten selbst an. Der prächtigste Staatswagen, auch im Rücken mit einem ganzen Spiegel­ glas versehen, mit Malerei, Lackierung, Schnitzwerk und Vergoldung ausgeziert, mit rotem gestickten Samt obenher und inwendig bezogen, ließ uns ganz bequem Kaiser und König, die längst erwünschten Häup­ ter, in aller ihrer Herrlichkeit betrachten. Man hatte den Zug einen wei­

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manifestava in tutto il suo splendore. Sfilarono poi tenendo il passo il seguito dell’arcimaresciallo imperiale220 e quelli dei legati inviati per l’elezione dai sei elettori secolari. Nes­ suno contava meno di venti servitori e due carrozze da para­ ta, alcuni erano anche molto più numerosi. Il seguito degli elettori ecclesiastici non finiva più: i servitori e i funzionari sembravano infiniti, Colonia e Treviri avevano più di venti carrozze, Magonza da sola più del doppio. Il personale a ca­ vallo e a piedi era abbigliato in modo incredibilmente sfar­ zoso; i nobili sulle carrozze, secolari ed ecclesiastici, non mancavano di sfoggiare vesti sontuose e dignitose, adorni di tutte le insegne nobiliari. Il seguito di sua maestà impe­ riale superava, come si conviene, tutti gli altri. Gli stallieri, i cavalli, i finimenti, le gualdrappe e le coperte attiravano gli occhi di tutti; chiudevano in pompa magna questa parte del corteo che, pur con tutta la sua opulenza e lunghezza, non era che l’inizio, le sedici carrozze di gala con un tiro a sei dei ciambellani imperiali, dei consiglieri privati, del gran ciambellano, del gran cerimoniere di corte e del gran­ de scudiero221. A quel punto però i ranghi si serrarono e crescevano via via solennità e magnificenza, perché con una scorta selezio­ nata tra i servitori personali, la maggior parte a piedi, alcuni a cavallo, apparvero gli ambasciatori inviati per l’elezione e gli elettori in persona, in | ordine di rango, ciascuno in una sontuosa carrozza. Subito dietro l’elettore di Magonza dieci messi imperiali, quarantun lacchè e otto aiducchi222 annunciavano sua maestà in persona. La carrozza da parata più sontuosa che mai, fornita su ogni lato, anche quello po­ steriore, di cristalli trasparenti, decorata con pitture, smalti, intagli e dorature, rivestita all’interno e sopra di raso rosso ricamato, ci permise di vedere comodamente in tutto il loro splendore l’imperatore e il re, le due teste tanto sospirate.

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ten Umweg geführt, teils aus Notwendigkeit, damit er sich nur entfalten könne, teils um ihn der großen Menge Menschen sichtbar zu machen. Er war durch Sachsenhausen, über die Brücke, die Fahrgasse, sodann die Zeile hinunter gegangen, und wendete sich nach der innern Stadt durch die Catharinenpforte, ein ehmaliges Tor, und seit Erweiterung der Stadt, ein offner Durchgang. Hier hatte man glücklich bedacht, daß die äußere Herrlichkeit der Welt, seit einer Reihe von Jahren, sich im­ mer mehr in die Höhe und Breite ausgedehnt. Man hatte gemessen und gefunden, daß durch diesen Torweg, durch welchen so mancher Fürst und Kaiser aus und eingezogen, der jetzige kaiserliche Staatswagen, ohne mit seinem Schnitzwerk und andern Äußerlichkeiten anzustoßen, nicht hindurchkommen könne. Man beratschlagte, und zu Vermeidung eines unbequemen Umwegs, entschloß man sich das Pflaster aufzu­ heben, und eine sanfte Ab- und Auffahrt zu veranstalten. In eben dem Sinne hatte man auch alle Wetterdächer der Läden und Buden in den Straßen ausgehoben, damit weder die Krone, noch der Adler, noch die Genien Anstoß und Schaden nehmen möchten. So sehr wir auch, als dieses kostbare Gefäß mit so kostbarem Inhalt sich uns näherte, auf die hohen Personen unsere Augen gerichtet hat­ ten, so konnten wir doch nicht umhin, unsern Blick auf die herrlichen Pferde, das Geschirr und dessen Posament-Schmuck zu wenden; be­ sonders aber fielen uns die wunderlichen, beide auf den Pferden sitzen­ den Kutscher und Vorreiter auf. Sie sahen wie aus einer | andern Na­ tion, ja wie aus einer andern Welt, in langen schwarz- und gelbsamtnen Röcken und Kappen mit großen Federbüschen, nach kaiserlicher Hof­ sitte. Nun drängte sich so viel zusammen, daß man wenig mehr unter­ scheiden konnte. Die Schweizergarde zu beiden Seiten des Wagens, der Erbmarschall, das sächsische Schwert aufwärts in der rechten Hand haltend, die Feldmarschälle als Anführer der kaiserlichen Garden hin­ ter dem Wagen reitend, die kaiserlichen Edelknaben in Masse und end­ lich die Hatschiergarde selbst, in schwarzsamtnen Flügelröcken, alle

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Si era fatto fare al corteo un lungo giro, sia per necessità, data la sua lunghezza, sia per permettere a tutta la folla di vederlo. Aveva attraversato Sachsenhausen e poi il ponte, proseguì sulla Fahrgasse, poi lungo la Zeil e girò verso il centro della città dalla Katharinenpforte, che una volta era una porta ma in seguito all’ampliamento della città era un passaggio libero. Per fortuna si era tenuto presente che ne­ gli ultimi anni lo splendore esteriore del mondo era andato sempre più dilatandosi in altezza e larghezza. Prendendo le misure si era scoperto che l’attuale carrozza da parata non sarebbe potuta passare attraverso quella porta, dalla quale erano entrati e usciti principi e imperatori, senza danneg­ giare le decorazioni o altre parti esterne. Se ne discusse e per evitare una scomoda deviazione si decise di togliere il selciato e predisporre una piccola discesa e salita. Per lo stesso motivo si era provveduto a rimuovere le tettoie delle botteghe e dei negozi affacciati sulla strada, in modo che non recassero alcun danno a corona, aquila o putti. Per quanto anche il nostro sguardo fosse puntato su quel­ le somme personalità, mentre il prezioso contenitore con un contenuto ancor più prezioso si avvicinava non potemmo evitare di osservare anche i magnifici cavalli e i finimenti con le decorazioni a frange; ci colpirono in particolar modo i curiosi cocchieri e i battistrada, entrambi a cavallo. Sem­ brava provenissero da | un’altra nazione, quasi da un altro mondo, con le loro lunghe vesti di velluto giallo e nero e cappelli con grandi ciuffi di piume secondo la moda im­ periale. Poi il corteo divenne così fitto che non si riusciva quasi a distinguere più nulla. La guardia svizzera ai due lati della carrozza, l’arcimaresciallo con la spada sassone alzata nella mano destra, i feldmarescialli in veste di capitani del­ la guardia imperiale cavalcavano dietro la carrozza, poi la massa dei paggi e infine la guardia degli arcieri in persona,

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Nähte reich mit Gold galoniert, darunter rote Leibröcke und lederfarb­ ne Kamisole, gleichfalls reich mit Gold besetzt. Man kam vor lauter Sehen, Deuten und Hinweisen gar nicht zu sich selbst, so daß die nicht minder prächtig gekleideten Leibgarden der Kurfürsten kaum beachtet wurden; ja wir hätten uns vielleicht von den Fenstern zurückgezogen, wenn wir nicht noch unsern Magistrat, der in funfzehn zweispännigen Kutschen den Zug beschloß, und besonders in der letzten den Rats­ schreiber mit den Stadtschlüsseln auf rotsamtenem Kissen hätten in Augenschein nehmen wollen. Daß unsere Stadtgrenadier-Compagnie das Ende deckte, deuchte uns auch ehrenvoll genug, und wir fühlten uns als Deutsche und als Frankfurter von diesem Ehrentag doppelt und höchlich erbaut. Wir hatten in einem Hause Platz genommen, wo der Aufzug, wenn er aus dem Dom zurückkam, ebenfalls wieder an uns vorbei mußte. Des Gottesdienstes, der Musik, der Zeremonien und Feierlichkeiten, der Anreden und Antworten, der Vorträge und Vorlesungen waren in Kirche, Chor und Konklave so viel, bis es zur Beschwörung der Wahl­ kapitulation kam, daß wir Zeit genug hatten, eine vortreffliche Kolla­ tion einzunehmen, und auf die Gesundheit des alten und jungen Herr­ schers manche Flasche zu leeren. Das Gespräch verlor sich indes, wie es bei solchen Gelegenheiten zu gehen pflegt, in die vergangene Zeit, und es fehlte nicht an bejahrten Personen, welche jener vor der gegen­ wärtigen den Vorzug gaben, wenigstens in Absicht | auf ein gewisses menschliches Interesse und einer leidenschaftlichen Teilnahme, wel­ che dabei vorgewaltet. Bei Franz des ersten Krönung war noch nicht alles so ausgemacht, wie gegenwärtig; der Friede war noch nicht abge­ schlossen, Frankreich, Kur-Brandenburg und Kur-Pfalz widersetzten sich der Wahl; die Truppen des künftigen Kaisers standen bei Heidel­ berg, wo er sein Hauptquartier hatte, und fast wären die von Aachen heraufkommenden Reichs-Insignien von den Pfälzern weggenommen worden. Indessen unterhandelte man doch, und nahm von beiden Sei­

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con cappe di velluto nero riccamente rifinite in oro, sotto farsetti rossi e camicie marroni, anch’esse guarnite d’oro. A furia di vedere, guardare, indicare si finiva col non capire più nulla, tanto che la guardia del corpo degli elettori, non meno splendida, passò quasi inosservata; anzi, avremmo forse anche abbandonato la finestra se non avessimo voluto vedere il nostro governo cittadino che chiudeva il corteo con quindici carrozze con pariglia e in particolare il segre­ tario comunale nell’ultima, con le chiavi della città su un cuscino di velluto rosso. Ci parve ugualmente un onore che fosse la nostra compagnia di granatieri a chiudere il corteo, e in quanto tedeschi e francofortesi in quel giorno glorioso ci sentimmo doppiamente e altamente orgogliosi. Ci eravamo sistemati in una casa davanti alla quale il corteo sarebbe passato una seconda volta, anche di ritor­ no dal duomo. In chiesa, nel coro e nel conclave funzione religiosa, musica, cerimonie e festeggiamenti, discorsi e controdiscorsi, prolusioni e perorazioni andarono così per le lunghe, prima di passare poi al giuramento sulla capito­ lazione elettorale, che ci fu tutto il tempo per un lauto pasto e per vuotare qualche bottiglia alla salute del vecchio e del nuovo sovrano. Come capita sempre in occasioni simili, il discorso andava ai tempi passati, e non mancavano persone di una certa età che li preferivano al presente, almeno per quanto riguardava | un certo interesse umano, una partecipa­ zione più sentita e diffusa. All’incoronazione di Francesco i non era tutto ben sistemato come ora: non era stata firmata la pace; Francia, Brandeburgo e Palatinato si opponevano all’elezione; le truppe del futuro imperatore erano stanziate a Heidelberg, dove aveva il suo quartier generale, e poco mancò che le insegne imperiali, che stavano venendo da Aquisgrana, non venissero catturate da quelli del Palatina­ to. Le trattative nel frattempo proseguivano, ma senza che

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ten die Sache nicht aufs strengste. Maria Theresia selbst, obgleich in gesegneten Umständen, kommt, um die endlich durchgesetzte Krö­ nung ihres Gemahls in Person zu sehen. Sie traf in Aschaffenburg ein und bestieg eine Jacht, um sich nach Frankfurt zu begeben. Franz, von Heidelberg aus, denkt seiner Gemahlin zu begegnen, allein er kommt zu spät, sie ist schon abgefahren. Ungekannt wirft er sich in einen klei­ nen Nachen, eilt ihr nach, erreicht ihr Schiff, und das liebende Paar erfreut sich dieser überraschenden Zusammenkunft. Das Märchen da­ von verbreitet sich sogleich, und alle Welt nimmt Teil an diesem zärtli­ chen mit Kindern reich gesegneten Ehepaar, das seit seiner Verbindung so unzertrennlich gewesen, daß sie schon einmal auf einer Reise von Wien nach Florenz zusammen an der Venetianischen Grenze Quaran­ täne halten müssen. Maria Theresia wird in der Stadt mit Jubel bewill­ kommt, sie betritt den Gasthof zum römischen Kaiser, indessen auf der Bornheimer Heide das große Zelt, zum Empfang ihres Gemahls, errichtet ist. Dort findet sich von den geistlichen Kurfürsten nur Mainz allein, von den Abgeordneten der weltlichen nur Sachsen, Böhmen und Hannover. Der Einzug beginnt, und was ihm an Vollständigkeit und Pracht abgehen mag, ersetzt reichlich die Gegenwart einer schönen Frau. Sie steht auf dem Balkon des wohlgelegnen Hauses und begrüßt mit Vivatruf und Händeklatschen ihren Gemahl; das Volk stimmt ein, zum größten Enthusiasmus aufgeregt. Da die Großen nun auch ein­ mal Menschen sind, | so denkt sie der Bürger, wenn er sie lieben will, als seines Gleichen, und das kann er am füglichsten, wenn er sie als liebende Gatten, als zärtliche Eltern, als anhängliche Geschwister, als treue Freunde sich vorstellen darf. Man hatte damals alles Gute ge­ wünscht und prophezeit, und heute sah man es erfüllt an dem erstge­ bornen Sohne, dem Jedermann wegen seiner schönen Jünglingsgestalt geneigt war, und auf den die Welt, bei den hohen Eigenschaften die er ankündigte, die größten Hoffnungen setzte. Wir hatten uns ganz in die Vergangenheit und Zukunft verloren, als einige hereintretende Freunde uns wieder in die Gegenwart zurück­ riefen. Sie waren von denen die den Wert einer Neuigkeit einsehen,

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nessuno le prendesse troppo sul serio. Una volta raggiunto un accordo Maria Teresa viene, nonostante fosse incinta, per assistere di persona all’incoronazione del consorte. Ar­ riva ad Aschaffenburg e prende poi un battello per arrivare a Francoforte. Francesco, a Heidelberg, pensa di andare in­ contro alla consorte ma arriva troppo tardi, è già salpata. In incognito balza su una barchetta, insegue e raggiunge l’im­ barcazione di lei e la coppia innamorata gioisce per il sor­ prendente incontro. La notizia si diffonde immediatamente e tutti sono vicini alla tenera coppia, benedetta da tanti figli, che fin dal giorno del matrimonio era stata tanto inseparabi­ le da trascorrere insieme la quarantena al confine veneziano durante un viaggio da Vienna a Firenze. Maria Teresa viene accolta in città con giubilo, scende alla locanda L’impera­ tore romano mentre il grande padiglione sulla Bornheimer Heide accoglie il marito. Degli elettori ecclesiastici c’è solo quello di Magonza, di quelli secolari soltanto i delegati di Sassonia, Boemia e Hannover. Il corteo di ingresso inizia, e quello che manca in quantità e sfarzo è ampiamente sostitu­ ito dalla presenza di una bella donna. Affacciata al balcone dell’albergo, in una posizione favorevole, saluta il marito gridando evviva e battendo le mani: il popolo si accoda, trascinato dall’entusiasmo. Poiché anche i potenti sono pur sempre uomini | e la gente comune, per amarli, deve im­ maginarli simili a sé; e ciò accade facilmente quando può raffigurarseli come sposa amorevole, teneri genitori, fratelli affezionati o amici fedeli. Allora si era augurato e predet­ to loro ogni bene che adesso si realizzava nel primogenito, amato da tutti per il suo bell’aspetto e in cui tutti riponeva­ no grandi speranze per le eccellenti qualità che mostrava. Ci eravamo completamente persi nel passato e nel fu­ turo quando l’arrivo di alcuni amici ci riportò al presente. Erano tra coloro che comprendono il valore di una notizia

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und sich deswegen beeilen sie zuerst zu verkündigen. Sie wußten auch einen schönen menschlichen Zug dieser hohen Personen zu erzählen, die wir so eben in dem größten Prunk vorbeiziehen gesehn. Es war nämlich verabredet worden, daß unterwegs, zwischen Heusenstamm und jenem großen Gezelte, Kaiser und König den Landgrafen von Darmstadt im Wald antreffen sollten. Dieser alte, dem Grabe sich nä­ hernde Fürst wollte noch einmal den Herrn sehen, dem er in früherer Zeit sich gewidmet. Beide mochten sich jenes Tages erinnern, als der Landgraf das Dekret der Kurfürsten, das Franzen zum Kaiser erwählte, nach Heidelberg überbrachte, und die erhaltenen kostbaren Geschenke mit Beteurung einer unverbrüchlichen Anhänglichkeit erwiderte. Diese hohen Personen standen in einem Tannicht, und der Landgraf vor Alter schwach, hielt sich an eine Fichte, um das Gespräch noch länger fort­ setzen zu können, das von beiden Teilen nicht ohne Rührung geschah. Der Platz ward nachher auf eine unschuldige Weise bezeichnet, und wir jungen Leute sind einige Mal hingewandert. So hatten wir mehrere Stunden mit Erinnerung des Alten, mit Er­ wägung des Neuen hingebracht, als der Zug abermals, jedoch abge­ kürzt und gedrängter, vor unsern Augen vorbeiwogte; und wir konnten das Einzelne näher beobachten, bemerken und uns für die Zukunft ein­ prägen. | Von dem Augenblick an war die Stadt in ununterbrochener Bewe­ gung: denn bis Alle und Jede, denen es zukommt und von denen es gefordert wird, den höchsten Häuptern ihre Aufwartung gemacht und sich einzeln denselben dargestellt hatten, war des Hin- und Widerzie­ hens kein Ende, und man konnte den Hofstaat eines jeden der hohen Gegenwärtigen ganz bequem im einzelnen wiederholen. Nun kamen auch die Reichs-Insignien heran. Damit es aber auch hier nicht an hergebrachten Händeln fehlen möge, so mußten sie auf freiem Felde den halben Tag bis in die späte Nacht zubringen, wegen einer Territorial- und Geleitsstreitigkeit zwischen Kur-Mainz und der

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e si affrettano quindi ad annunciarla per primi. In effetti avevano un fatto da raccontare, un bel tratto umano di quei personaggi che avevamo visto sfilare davanti a noi in pom­ pa magna. Era infatti stato concordato che durante il per­ corso, nel tratto tra Heusenstamm e il grande padiglione, re e imperatore avrebbero incontrato nel bosco il langravio di Darmstadt: il vecchio principe, ormai prossimo alla fine, vo­ leva incontrare ancora una volta il signore che aveva servito nei suoi anni giovanili223. Forse avranno rievocato insieme il giorno in cui il langravio portò a Heidelberg il decreto dei principi elettori con la nomina di Francesco a imperatore, e si saranno scambiati preziosi regali con la promessa di un affetto perenne. I due uomini si incontrarono in una pineta e il langravio, indebolito per l’età, si sorreggeva a un albero per poter proseguire il colloquio, non privo di commozione da entrambe le parti. Il luogo fu poi segnalato con un certo candore, e anche noi giovani ci siamo andati qualche volta. Avevamo così trascorso alcune ore rievocando l’antico e pensando al nuovo, quando il corteo passò ondeggiando un’altra volta davanti a noi, ora più breve e compatto; fu così possibile osservare meglio i dettagli, prenderne nota e fissarceli bene in mente per il futuro. | Da quel momento in poi la città fu in incessante movi­ mento: l’andirivieni non ebbe fine finché tutti coloro che ne avevano il diritto e il dovere non ebbero tributato il loro omaggio alle teste coronate, presentandosi l’uno dopo l’al­ tro, cosa che ci permise di rivedere con comodo, una per una, ciascuna delle personalità presenti con il loro seguito. Ma stavano sopraggiungendo anche le insegne imperia­ li. Per non far mancare nemmeno qui le abituali discordie, dovettero trattenerle per mezza giornata, fino a notte inol­ trata, in campo aperto per via di una diatriba tra l’elettore di Magonza e la città a proposito della scorta e della giuri­

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Stadt. Die letzte gab nach, die Mainzischen geleiteten die Insignien bis an den Schlagbaum, und somit war die Sache für diesmal abgetan. In diesen Tagen kam ich nicht zu mir selbst. Zu Hause gab es zu schreiben und zu kopieren; sehen wollte und sollte man alles, und so ging der März zu Ende, dessen zweite Hälfte für uns so festreich ge­ wesen war. Von dem was zuletzt vorgegangen und was am Krönungs­ tag zu erwarten sei, hatte ich Gretchen eine treuliche und ausführliche Belehrung versprochen. Der große Tag nahte heran; ich hatte mehr im Sinne, wie ich es ihr sagen wollte, als was eigentlich zu sagen sei; ich verarbeitete alles was mir unter die Augen und unter die Kanzleifeder kam, nur geschwind zu diesem nächsten und einzigen Gebrauch. End­ lich erreichte ich noch eines Abends ziemlich spät ihre Wohnung, und tat mir schon im voraus nicht wenig darauf zu Gute, wie mein dies­ maliger Vortrag noch viel besser als der erste unvorbereitete gelingen sollte. Allein gar oft bringt uns selbst, und andern durch uns, ein au­ genblicklicher Anlaß mehr Freude als der entschiedenste Vorsatz nicht gewähren kann. Zwar fand ich ziemlich dieselbe Gesellschaft, allein es waren einige Unbekannte darunter. Sie setzten sich hin zu spielen; nur Gretchen und der jüngere Vetter hielten sich zu mir und der Schiefer­ tafel. Das liebe Mädchen äußerte gar anmutig ihr Behagen, daß sie, als eine Fremde, am Wahltage | für eine Bürgerin gegolten habe, und ihr dieses einzige Schauspiel zu Teil geworden sei. Sie dankte mir aufs verbindlichste, daß ich für sie zu sorgen gewußt, und ihr zeither durch Pylades allerlei Einlässe mittels Billette, Anweisungen, Freunde und Vorsprache zu verschaffen die Aufmerksamkeit gehabt. Von den Reichs-Kleinodien hörte sie gern erzählen. Ich versprach ihr, daß wir diese wo möglich zusammen sehen wollten. Sie machte einige scherzhafte Anmerkungen, als sie erfuhr, daß man Gewänder und Krone dem jungen König anprobiert habe. Ich wußte, wo sie den Feierlichkeiten des Krönungstages zusehen würde, und machte sie auf­

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sdizione territoriale. La città alla fine cedette, i magontini scortarono le insegne per un certo tratto e per quella volta la faccenda si risolse così. In quei giorni non ebbi un attimo di tempo per me. A casa dovevo scrivere e trascrivere, poi volevo e dovevo osserva­ re ogni cosa e in quel modo finì marzo, che nella seconda metà era stato così festoso. Avevo promesso a Gretchen un resoconto fedele e dettagliato di tutto quello che era succes­ so e di quello che c’era da aspettarsi per il giorno dell’in­ coronazione. Il gran giorno si avvicinava, io non pensavo tanto a cosa dire, quanto a come dirlo; cercavo quindi di rielaborare velocemente tutto quello che mi era capitato sotto gli occhi e sotto la penna di segretario solo in vista di quel prossimo e unico scopo. Andai infine a casa sua una sera, sul tardi, e pregustavo già dentro di me il successo di questa mia seconda relazione che sarebbe stata molto mi­ gliore della prima, improvvisata. Ma spesso un’occasione inattesa procura più gioia a noi e agli altri, di quanta non ne possa procurare il proposito più saldo. Trovai più o meno il solito gruppo, ma con in più alcuni sconosciuti. Si sedettero a giocare e solo Gretchen e il cugino più piccolo rimasero con me alla tavola di ardesia. La cara fanciulla espresse con molta grazia la sua soddisfazione per aver potuto assistere | allo spettacolo unico del giorno dell’elezione come fosse una cittadina, nonostante fosse forestiera; mi ringraziò an­ che di cuore per essermi preoccupato di lei e averle permes­ so, tramite Pilade, di entrare in vari luoghi grazie a biglietti, indicazioni, amici e raccomandazioni. Le piaceva sentir raccontare delle insegne imperiali; le promisi che saremmo andati a vederle insieme, se fosse stato possibile. Fece qualche commento scherzoso quando seppe che il giovane re aveva dovuto provare gli abiti e la corona. Sapevo da quale posizione avrebbe assistito ai festeggia­

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merksam auf alles was bevorstand, und was besonders von ihrem Plat­ ze genau beobachtet werden konnte. So vergaßen wir an die Zeit zu denken; es war schon über Mitter­ nacht geworden, und ich fand, daß ich unglücklicherweise den Haus­ schlüssel nicht bei mir hatte. Ohne das größte Aufsehen zu erregen konnte ich nicht ins Haus. Ich teilte ihr meine Verlegenheit mit. »Am Ende, sagte sie, ist es das Beste, die Gesellschaft bleibt beisammen.« Die Vettern und jene Fremden hatten schon den Gedanken gehabt, weil man nicht wußte, wo man diese für die Nacht unterbringen sollte. Die Sache war bald entschieden; Gretchen ging um Kaffee zu kochen, nachdem sie, weil die Lichter auszubrennen drohten, eine große mes­ singene Familienlampe mit Docht und Öl versehen und angezündet hereingebracht hatte. Der Kaffee diente für einige Stunden zur Ermunterung; nach und nach aber ermattete das Spiel, das Gespräch ging aus; die Mutter schlief im großen Sessel; die Fremden von der Reise müde, nickten da und dort, Pylades und seine Schöne saßen in einer Ecke. Sie hatte ihren Kopf auf seine Schulter gelegt und schlief; auch er wachte nicht lange. Der jüngere Vetter, gegen uns über am Schiefertische sitzend, hatte seine Arme vor sich übereinandergeschlagen und schlief mit auf­ liegendem Gesichte. Ich saß in der Fensterecke hinter dem Tische und Gretchen neben mir. Wir  | unterhielten uns leise; aber endlich über­ mannte auch sie der Schlaf, sie lehnte ihr Köpfchen an meine Schulter und war gleich eingeschlummert. So saß ich nun allein, wachend, in der wunderlichsten Lage, in der auch mich der freundliche Bruder des Todes zu beruhigen wußte. Ich schlief ein, und als ich wieder erwachte, war es schon heller Tag. Gretchen stand vor dem Spiegel und rückte ihr Häubchen zurechte; sie war liebenswürdiger als je, und drückte mir als ich schied gar herzlich die Hände. Ich schlich durch einen Umweg nach unserm Hause: denn an der Seite, nach dem kleinen Hirschgraben zu, hatte sich mein Vater in der Mauer ein kleines Guckfenster, nicht

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menti per l’incoronazione e le spiegai cosa sarebbe avvenu­ to e cosa avrebbe potuto osservare bene da quel luogo. Non facemmo caso allo scorrere del tempo: era già pas­ sata la mezzanotte quando scoprii che sfortunatamente non avevo le chiavi di casa. Non avrei potuto rientrare in casa senza svegliare tutti, e le confidai il mio imbarazzo. «Alla fin fine, la cosa migliore è che tutto il gruppo resti qui», disse lei. I cugini avevano avuto la stessa idea perché non sapevano dove sistemare i loro ospiti per la notte. La cosa fu presto decisa, Gretchen andò a preparare del caffè, dopo aver portato nella stanza una grande lampada di ottone provvista di stoppino e olio, visto che i lumi stavano per spegnersi. Il caffè servì a tenerci desti per qualche ora, ma poi man mano il gioco languì, la conversazione si spense; la mamma dormiva sulla poltrona, gli ospiti, stanchi per il viaggio, si era appisolati qua e là, Pilade e la sua bella erano seduti in un angolo. Lei aveva poggiato il capo sulla sua spalla e si era addormentata; anche lui non resistette a lungo. Il cugino più piccolo, seduto di fronte a noi al tavolo di ardesia, aveva incrociato le braccia davanti a sé, vi aveva appoggiato la testa e dormiva. Io ero seduto nell’angolo del tavolo vici­ no alla finestra e Gretchen accanto a me. | Conversammo sottovoce, ma infine il sonno vinse anche lei; appoggiò la testolina sulla mia spalla e subito si addormentò. Così rima­ si l’unico sveglio, in una dolce posizione, dove il benevolo fratello della morte224 colse infine anche me. Mi addormen­ tai, e quando mi svegliai era ormai giorno fatto. Gretchen, in piedi davanti allo specchio, si stava sistemando la cuffia e mi parve più adorabile che mai, e quando la salutai mi strinse la mano con molto calore. Sgattaiolai a casa facen­ do un lungo giro, perché sul lato del Kleiner Hirschgraben mio padre aveva fatto aprire una finestrella nel muro, non

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ohne Widerspruch des Nachbarn, angelegt. Diese Seite vermieden wir, wenn wir nach Hause kommend von ihm nicht bemerkt sein wollten. Meine Mutter, deren Vermittelung uns immer zu Gute kam, hatte mei­ ne Abwesenheit des Morgens beim Tee durch ein frühzeitiges Ausge­ hen meiner zu beschönigen gesucht, und ich empfand also von dieser unschuldigen Nacht keine unangenehmen Folgen. Überhaupt und im Ganzen genommen machte diese unendlich mannigfaltige Welt, die mich umgab, auf mich nur sehr einfachen Ein­ druck. Ich hatte kein Interesse als das Äußere der Gegenstände ge­ nau zu bemerken, kein Geschäft als das mir mein Vater und Herr von Königsthal auftrugen, wodurch ich freilich den innern Gang der Dinge gewahr ward. Ich hatte keine Neigung als zu Gretchen, und keine andre Absicht als nur alles recht gut zu sehen und zu fassen, um es mit ihr wiederholen und ihr erklären zu können. Ja ich beschrieb oft, indem ein solcher Zug vorbei ging, diesen Zug halb laut vor mir selbst, um mich alles Einzelnen zu versichern, und dieser Aufmerksamkeit und Genauigkeit wegen von meiner Schönen gelobt zu werden; und nur als eine Zugabe betrachtete ich den Beifall und die Anerkennung der Anderen. Zwar ward ich manchen hohen und vornehmen Personen vorge­ stellt; aber teils hatte Niemand Zeit sich um andere zu bekümmern, und teils wissen auch Ältere nicht | gleich, wie sie sich mit einem jungen Menschen unterhalten und ihn prüfen sollen. Ich von meiner Seite war auch nicht sonderlich geschickt mich den Leuten bequem darzustellen. Gewöhnlich erwarb ich ihre Gunst, aber nicht ihren Beifall. Was mich beschäftigte, war mir vollkommen gegenwärtig; aber ich fragte nicht, ob es auch andern gemäß sein könne. Ich war meist zu lebhaft oder zu still, und schien entweder zudringlich oder stöckig, je nachdem die Menschen mich anzogen oder abstießen; und so wurde ich zwar für hoffnungsvoll gehalten, aber dabei für wunderlich erklärt. Der Krönungstag brach endlich an, den 3ten April 1764; das Wet­ ter war günstig und alle Menschen in Bewegung. Man hatte mir nebst

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senza proteste del vicino. Tornando a casa, quindi, evitava­ mo quel lato quando non volevamo essere visti; la mamma, che intercedeva sempre a nostro favore, aveva cercato di scusare la mia assenza a colazione adducendo un’uscita di buon’ora, e quella notte innocente non ebbe per me alcuna conseguenza spiacevole. In generale e nel suo complesso, l’infinita varietà del mondo che mi circondava lasciò su di me impressioni molto elementari. Non avevo altro interesse se non osservare con attenzione l’aspetto esteriore delle cose, nessun impegno se non quello che mi avevano affidato mio padre e il signo­ re von Königsthal, che mi aveva però permesso di capire la dinamica interna dei fatti. La mia passione era tutta per Gretchen, e la mia unica intenzione era quella di osservare e comprendere tutto per bene per poi poterlo ripetere e spiega­ re a lei. Sì, spesso descrivevo a mezza voce un corteo mentre passava, per fissarmi tutti i particolari ed essere poi lodato dalla mia bella per la mia attenzione e precisione; il consen­ so e l’approvazione degli altri erano solo un contorno. In realtà fui anche presentato ad alcuni personaggi di ri­ lievo, ma per un verso nessuno aveva tempo da dedicare agli altri, per l’altro le persone anziane non sempre | san­ no come conversare con un giovane e come valutarlo. Io, da parte mia, non ero particolarmente abile nel mettermi in buona luce con gli altri, e di solito mi conquistavo simpatia ma non approvazione. Sapevo sempre perfettamente quello che mi interessava, ma non chiedevo se poteva interessare anche agli altri. Di solito ero o troppo chiacchierone o trop­ po silenzioso, o petulante o scontroso, a seconda che una persona mi piacesse o mi risultasse antipatica; e così mi consideravano promettente ma strambo. Giunse finalmente il giorno dell’incoronazione, il 3 apri­ le 1764; il tempo era buono e tutta la gente per strada. Mi

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mehrern Verwandten und Freunden, in dem Römer selbst, in einer der obern Etagen, einen guten Platz angewiesen, wo wir das Ganze voll­ kommen übersehen konnten. Mit dem Frühsten begaben wir uns an Ort und Stelle, und beschauten nunmehr von oben, wie in der Vogel­ perspektive, die Anstalten die wir Tags vorher in näheren Augenschein genommen hatten. Da war der neuerrichtete Springbrunnen mit zwei großen Kufen rechts und links, in welche der Doppeladler auf dem Ständer, weißen Wein hüben und roten Wein drüben aus seinen zwei Schnäbeln ausgießen sollte. Aufgeschüttet zu einem Haufen lag dort der Haber, hier stand die große Bretterhütte, in der man schon eini­ ge Tage den ganzen fetten Ochsen an einem ungeheuren Spieße bei Kohlenfeuer braten und schmoren sah. Alle Zugänge, die vom Römer aus dahin, und von andern Straßen nach dem Römer führen, waren zu beiden Seiten durch Schranken und Wachen gesichert. Der große Platz füllte sich nach und nach, und das Wogen und Drängen ward immer stärker und bewegter, weil die Menge wo möglich immer nach der Ge­ gend hinstrebte, wo ein neuer Auftritt erschien und etwas Besonderes angekündigt wurde. Bei alle dem herrschte eine ziemliche Stille, und als die Sturmglo­ cke geläutet wurde, schien das ganze Volk von | Schauer und Erstau­ nen ergriffen. Was nun zuerst die Aufmerksamkeit aller die von oben herab den Platz übersehen konnten, erregte, war der Zug, in welchem die Herren von Aachen und Nürnberg die Reichs-Kleinodien nach dem Dome brachten. Diese hatten als Schutzheiligtümer den ersten Platz im Wagen eingenommen, und die Deputierten saßen vor ihnen in anständiger Verehrung auf dem Rücksitz. Nunmehr begeben sich die drei Kurfürsten in den Dom. Nach Überreichung der Insignien an Kur-Mainz werden Krone und Schwert sogleich nach dem kaiserlichen Quartier gebracht. Die weiteren Anstalten und mancherlei Zeremoniell beschäftigen mittlerweile die Hauptpersonen so wie die Zuschauer in der Kirche, wie wir andern Unterrichteten uns wohl denken konnten.

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avevano assegnato, insieme ad alcuni amici e parenti, un buon posto ai piani superiori del municipio stesso, da dove si poteva vedere bene tutto. Fummo tra i primi ad arrivare sul posto e guardammo questa volta dall’alto, nella prospet­ tiva a volo d’uccello, i preparativi che il giorno precedente avevamo visto più da vicino225. C’era la fontana appena pre­ disposta, con due grandi botti a destra e a sinistra, mentre su una colonna era collocata l’aquila bicipite226 che avreb­ be versato vino bianco da un rostro e vino rosso dall’altro. L’avena era ammonticchiata da una parte, più in là c’era la baracca di legno dove da qualche giorno si stava arrosten­ do su un enorme spiedo un manzo intero, bello grasso, sul fuoco di braci. Tutti gli accessi che conducevano al Römer e da questo nelle strade adiacenti erano bloccati sui due lati da sbarramenti e guardie. La grande piazza si riempiva man mano, e la folla si accalcava oscillando sempre più, perché la massa cercava di spostarsi di volta in volta verso il luogo in cui stava avvenendo o si annunciava un qualche evento. Nonostante tutto regnava un certo silenzio e quando le campane suonarono a stormo tutto il popolo parve colto da | timore e meraviglia. La prima cosa che attirò l’attenzione di coloro che potevano vedere la piazza dall’alto fu il corteo con i signori di Aquisgrana e Norimberga che portavano le insegne imperiali al duomo. Considerate alla stregua di san­ ti protettori del regno, esse occupavano il primo posto nella carrozza, mentre i deputati sedevano a rispettosa distanza sul sedile posteriore. Poi i tre principi elettori fanno il loro ingresso in duomo. Dopo averle consegnate all’elettore di Magonza, corona e spada vengono immediatamente portate ai quartieri imperiali. La parte restante dei preparativi e del cerimoniale tennero impegnati per qualche tempo i prota­ gonisti e gli spettatori in chiesa, noi ben informati lo sape­ vamo bene.

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Vor unsern Augen fuhren indessen die Gesandten auf den Römer, aus welchem der Baldachin von Unteroffizieren in das kaiserliche Quartier getragen wird. Sogleich besteigt der Erbmarschall Graf von Pappenheim sein Pferd; ein sehr schöner schlankgebildeter Herr, den die spanische Tracht, das reiche Wams, der goldne Mantel, der hohe Federhut und die gestrählten fliegenden Haare sehr wohl kleideten. Er setzt sich in Bewegung, und unter dem Geläute aller Glocken folgen ihm zu Pferde die Gesandten nach dem kaiserlichen Quartier in noch größerer Pracht als am Wahltage. Dort hätte man auch sein mögen, wie man sich an diesem Tage durchaus zu vervielfältigen wünschte. Wir er­ zählten einander indessen was dort vorgehe. Nun zieht der Kaiser sei­ nen Hausornat an, sagten wir, eine neue Bekleidung nach dem Muster der alten carolingischen verfertigt. Die Erbämter erhalten die ReichsInsignien und setzen sich damit zu Pferde. Der Kaiser im Ornat, der römische König im spanischen Habit, besteigen gleichfalls ihre Rosse, und indem dieses geschieht, hat sie uns der vorausgeschrittene unend­ liche Zug bereits angemeldet. Das Auge war schon ermüdet durch die Menge der reichgekleide­ ten Dienerschaft und der übrigen Behörden, durch den stattlich einher wandelnden Adel; und als | nunmehr die Wahlbotschafter, die Erbämter und zuletzt unter dem reichgestickten, von zwölf Schöffen und Rats­ herrn getragenen Baldachin, der Kaiser in romantischer Kleidung, zur Linken, etwas hinter ihm, sein Sohn in spanischer Tracht, langsam auf prächtig geschmückten Pferden einherschwebten, war das Auge nicht mehr sich selbst genug. Man hätte gewünscht durch eine Zauberformel die Erscheinung nur einen Augenblick zu fesseln; aber die Herrlichkeit zog unaufhaltsam vorbei, und den kaum verlassenen Raum erfüllte so­ gleich wieder das hereinwogende Volk. Nun aber entstand ein neues Gedränge: denn es mußte ein anderer Zugang, von dem Markte her, nach der Römertüre eröffnet und ein

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Sotto i nostri occhi i legati giungono intanto al Römer, da dove escono invece alcuni sottufficiali che trasportano il baldacchino nell’alloggio dell’imperatore. Ecco monta­ re a cavallo l’arcimaresciallo conte von Pappenheim, un bell’uomo slanciato che fa una bellissima figura nell’abito spagnolo con il ricco farsetto, il mantello dorato, l’alto cap­ pello piumato e le lunghe chiome ben pettinate. Si avvia verso i quartieri imperiali, e con le campane che suonano a distesa lo seguono a cavallo i legati, vestiti in modo ancora più sfarzoso rispetto al giorno precedente. Avrei voluto es­ sere anche laggiù, in un giorno simile si vorrebbe avere il dono dell’ubiquità. Intanto ci raccontavamo a vicenda quel­ lo che succedeva là. «Ora l’imperatore sta indossando la di­ visa del suo casato», dicevamo, «un abito nuovo ma uguale a quello degli antichi carolingi. Le cariche ereditarie227 ri­ cevono le insegne imperiali e con quelle salgono a cavallo; l’imperatore in divisa, il re dei Romani nell’abito spagnolo montano a loro volta a cavallo e nel frattempo si comincia già a vedere l’inizio dell’interminabile corteo. L’occhio era già stanco per la massa dei valletti in ric­ che livree, delle varie autorità, dei nobili che incedevano solenni; ma quando arrivarono | gli ambasciatori, le cariche ereditarie e infine, sotto un baldacchino sontuosamente ri­ camato e sorretto da dodici tra scabini e consiglieri, lenta­ mente, quasi fluttuando su destrieri ornati con sfarzo, l’im­ peratore in abito medievale228 e appena dietro di lui, sulla sinistra, il figlio in abito spagnolo, due occhi non bastava­ no più. Avrei tanto voluto una formula magica per fermare almeno un attimo quella visione, ma quella magnificenza sfilava inarrestabile e lo spazio dietro di lei si riempiva im­ mediatamente con ondate di folla. A quel punto si creò una fitta ressa perché si doveva apri­ re un nuovo accesso verso il Römer sul lato del mercato e

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Bretterweg aufgebrückt werden, welchen der aus dem Dom zurück­ kehrende Zug beschreiten sollte. Was in dem Dome vorgegangen, die unendlichen Zeremonien, welche die Salbung, die Krönung, den Rit­ terschlag vorbereiten und begleiten, alles dieses ließen wir uns in der Folge gar gern von denen erzählen, die manches andere aufgeopfert hatten, um in der Kirche gegenwärtig zu sein. Wir andern verzehrten mittlerweile auf unsern Plätzen eine frugale Mahlzeit: denn wir mußten an dem festlichsten Tage den wir erleb­ ten, mit kalter Küche vorlieb nehmen. Dagegen aber war der beste und älteste Wein aus allen Familienkellern herangebracht worden, so daß wir von dieser Seite wenigstens dies altertümliche Fest altertümlich feierten. Auf dem Platze war jetzt das Sehenswürdigste die fertig gewor­ dene und mit rot-gelb- und weißem Tuch überlegte Brücke, und wir sollten den Kaiser, den wir zuerst im Wagen, dann zu Pferde sitzend angestaunt, nun auch zu Fuße wandelnd bewundern; und sonderbar ge­ nug, auf das letzte freuten wir uns am meisten; denn uns deuchte diese Weise sich darzustellen so wie die natürlichste, so auch die würdigste. Ältere Personen, welche der Krönung Franz des ersten  | beige­ wohnt, erzählten: Maria Theresia, über die Maßen schön, habe jener Feierlichkeit an einem Balkonfenster des Hauses Frauenstein, gleich neben dem Römer, zugesehen. Als nun ihr Gemahl in der seltsamen Verkleidung aus dem Dome zurückgekommen, und sich ihr so zu sa­ gen als ein Gespenst Carls des großen dargestellt, habe er wie zum Scherz beide Hände erhoben und ihr den Reichsapfel, den Szepter und die wundersamen Handschuh hingewiesen, worüber sie in ein unendli­ ches Lachen ausgebrochen; welches dem ganzen zuschauenden Volke zur größten Freude und Erbauung gedient, indem es darin das gute und natürliche Ehgatten-Verhältnis des allerhöchsten Paares der Christen­ heit mit Augen zu sehen gewürdiget worden. Als aber die Kaiserin, ihren Gemahl zu begrüßen, das Schnupftuch geschwungen und ihm

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disporre una passerella per il corteo che tornava dal Duo­ mo. Quello che era accaduto in duomo, le interminabili ce­ rimonie che preparano e accompagnano l’unzione, l’inco­ ronazione, l’investitura, tutto questo ce lo raccontarono poi coloro che avevano rinunciato al resto per essere presenti in chiesa. In quel mentre noi, al nostro posto, avevamo consumato un pasto frugale, perché nel giorno più solenne della nostra vita dovemmo accontentarci di un pasto freddo; in compen­ so dalle cantine delle varie famiglie erano stati presi i vini migliori e più invecchiati, e almeno in questo festeggiammo l’antica festa all’antica. La cosa più significativa che ora si vedeva sulla piazza era la passerella, ormai completata, coperta di panni rossi, gialli e bianchi. Se prima avevamo potuto ammirare l’im­ peratore seduto in carrozza e poi a cavallo, ora lo avremmo visto anche a piedi e – per quanto strano – quello era il momento che aspettavo con più gioia, perché quel modo di presentarsi mi sembrava il più naturale e quindi anche il più solenne. Le persone più anziane che avevano assistito all’inco­ ronazione di Francesco i | raccontavano che Maria Teresa, straordinariamente bella, aveva assistito ai festeggiamenti da un balcone della casa di Frauenstein, proprio accanto al Römer. Quando il consorte uscì dal duomo vestito in quello strano modo, presentandosi a lei quasi come il fantasma di Carlo Magno, lui aveva alzato entrambe le mani, in un gesto scherzoso, mostrandole il globo imperiale, lo scettro e que­ gli stranissimi guanti, e lei era scoppiata in un’interminabile risata. Il fatto aveva sommamente divertito ed edificato tutto il popolo presente, che aveva avuto l’onore di vedere con i propri occhi il rapporto felice e spontaneo tra la coppia più augusta della cristianità. Quando poi l’imperatrice, per salu­

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selbst ein lautes Vivat zugerufen, sei der Enthusiasmus und der Jubel des Volks aufs höchste gestiegen, so daß das Freudengeschrei gar kein Ende finden können. Nun verkündigte der Glockenschall und nun die Vordersten des lan­ gen Zuges, welche über die bunte Brücke ganz sachte einherschritten, daß alles getan sei. Die Aufmerksamkeit war größer denn je, der Zug deutlicher als vorher, besonders für uns, da er jetzt gerade nach uns zu ging. Wir sahen ihn so wie den ganzen volkserfüllten Platz beinah im Grundriß. Nur zu sehr drängte sich am Ende die Pracht: denn die Ge­ sandten, die Erbämter, Kaiser und König unter dem Baldachin, die drei geistlichen Kurfürsten die sich anschlossen, die schwarz gekleideten Schöffen und Ratsherren, der goldgestickte Himmel, alles schien nur eine Masse zu sein, die nur von Einem Willen bewegt, prächtig har­ monisch, und so eben unter dem Geläute der Glocken aus dem Tempel tretend, als ein Heiliges uns entgegenstrahlte. Eine politisch religiose Feierlichkeit hat einen unendlichen Reiz. Wir sehen die irdische Majestät vor Augen, umgeben von allen Sym­ bolen ihrer Macht; aber indem sie sich vor der himmlischen beugt, bringt sie uns die | Gemeinschaft beider vor die Sinne. Denn auch der Einzelne vermag seine Verwandtschaft mit der Gottheit nur dadurch zu betätigen, daß er sich unterwirft und anbetet. Der von dem Markt her ertönende Jubel verbreitete sich nun auch über den großen Platz, und ein ungestümes Vivat erscholl aus tausend und aber tausend Kehlen, und gewiß auch aus den Herzen. Denn dieses große Fest sollte ja das Pfand eines dauerhaften Friedens werden, der auch wirklich lange Jahre hindurch Deutschland beglückte. Mehrere Tage vorher war durch öffentlichen Ausruf bekannt ge­ macht, daß weder die Brücke, noch der Adler über dem Brunnen, Preis gegeben, und also nicht vom Volke wie sonst angetastet werden solle. Es geschah dies, um manches bei solchem Anstürmen unvermeidliche

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tare il consorte, aveva sventolato il fazzoletto e aveva grida­ to un sonoro «Evviva», l’entusiasmo e il giubilo del popolo erano saliti alle stelle e le urla di gioia non ebbero più fine. Le campane a distesa e la testa del lungo corteo che in­ cedeva lenta sulla passerella variopinta ci annunciarono che tutto era terminato. L’attenzione era più viva che mai, il cor­ teo più visibile di prima, soprattutto per noi, perché veniva proprio nella nostra direzione. Guardavamo il corteo e la piazza gremita di folla come fosse una planimetria. Il con­ centrato di magnificenza alla fine divenne persino eccessi­ vo: legati, cariche ereditarie, imperatore e re sotto il baldac­ chino, i tre elettori ecclesiastici che li seguivano, gli scabini e i consiglieri vestiti di nero, il cielo trapuntato d’oro, tutto sembrava formare un’unica massa che, mossa da un’uni­ ca volontà, in magnifica armonia, al suono delle campane usciva dal tempio e ci veniva incontro in un’aura sacra. Una solennità politico-religiosa ha un fascino infinito. Vediamo con gli occhi la maestà terrena, attorniata dai sim­ boli del suo potere; ma nel momento in cui si inchina da­ vanti a quella divina, si rende | visibile la comunione di en­ trambe; infatti, ogni singolo può manifestare la sua affinità con la divinità soltanto nel momento in cui si inginocchia per adorarla. Il giubilo che si sentiva risuonare dal mercato invase poi anche la grande piazza e un improvviso evviva esplose da migliaia di gole, ma certo anche dai cuori, perché quella fe­ sta era la garanzia di una pace duratura, che effettivamente allietò la Germania per lunghi anni. Molti giorni prima era stato reso noto tramite un procla­ ma pubblico che né la passerella, né l’aquila sulla fontana sarebbero state concesse al popolo come al solito, non le si doveva quindi toccare: si volevano evitare le disgrazie che sempre accadono quando c’è un simile assalto della folla.

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Unglück zu verhüten. Allein um doch einigermaßen dem Genius des Pöbels zu opfern, gingen eigens bestellte Personen hinter dem Zuge her, lös’ten das Tuch von der Brücke, wickelten es bahnenweise zu­ sammen und warfen es in die Luft. Hiedurch entstand nun zwar kein Unglück, aber ein lächerliches Unheil: denn das Tuch entrollte sich in der Luft und bedeckte, wie es niederfiel, eine größere oder geringere Anzahl Menschen. Diejenigen nun welche die Enden faßten und solche an sich zogen, rissen alle die Mittleren zu Boden, umhüllten und ängs­ tigten sie so lange, bis sie sich durchgerissen oder durchgeschnitten, und jeder nach seiner Weise einen Zipfel dieses, durch die Fußtritte der Majestäten geheiligten Gewebes davongetragen hatte. Dieser wilden Belustigung sah ich nicht lange zu, sondern eilte von meinem hohen Standorte durch allerlei Treppchen und Gänge hinunter an die große Römerstiege, wo die aus der Ferne angestaunte so vor­ nehme als herrliche Masse heraufwallen sollte. Das Gedräng war nicht groß, weil die Zugänge des Rathauses wohl besetzt waren, und ich kam glücklich unmittelbar oben an das eiserne Geländer. Nun stiegen die Hauptpersonen an mir vorüber, indem das Gefolge in den untern Ge­ wölbgängen zurückblieb, und | ich konnte sie auf der dreimal gebroch­ nen Treppe von allen Seiten und zuletzt ganz in der Nähe betrachten. Endlich kamen auch die beiden Majestäten herauf. Vater und Sohn waren wie Menächmen überein gekleidet. Des Kaisers Hausornat von purpurfarbner Seide, mit Perlen und Steinen reich geziert, so wie Kro­ ne, Szepter und Reichsapfel, fielen wohl in die Augen: denn alles war neu daran, und die Nachahmung des Altertums geschmackvoll. So be­ wegte er sich auch in seinem Anzuge ganz bequem, und sein treuherzig würdiges Gesicht gab zugleich den Kaiser und den Vater zu erkennen. Der junge König hingegen schleppte sich in den ungeheuren Gewand­ stücken mit den Kleinodien Carls des großen, wie in einer Verklei­

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Ma per concedere comunque qualcosa alla bramosia del po­ polo, alcune persone appositamente incaricate seguivano il corteo, staccavano i teli dalla passerella, li arrotolavano una striscia per volta e li lanciavano in aria. Così non successero disgrazie, soltanto ridicole scenette, perché i teli si aprivano in aria e cadendo ricoprivano un numero più o meno grande di persone. Quelli che ne afferravano l’estremità la tirava­ no a sé gettando a terra quelli che stavano al centro, che rimanevano avviluppati e impauriti finché non riuscivano a romperlo e strapparlo e ciascuno poteva portarsi a casa un brandello di quel tessuto consacrato dal passaggio di sua maestà. Non mi soffermai a lungo su quello scomposto diverti­ mento ma mi affrettai a scendere dalla mia posizione eleva­ ta per scalette e corridoi, fin giù allo scalone principale del Römer dove la nobile e splendida moltitudine vista prima da lontano sarebbe salita. La calca non era eccessiva perché gli ingressi del municipio erano ben sorvegliati, e riuscii quindi ad arrivare fino alla balaustra di ferro. I protagonisti mi sfilarono proprio davanti mentre il loro seguito si ferma­ va nelle sale a volta del piano inferiore e, | visto che la scala girava in tre rampe, potei osservarli da tutte le angolazioni, alla fine anche molto da vicino. Finalmente salirono anche i due sovrani. Padre e figlio erano vestiti uguali, come i due gemelli di Plauto: la divisa di famiglia dell’imperatore in seta color porpora, riccamen­ te ornata di perle e gemme, la corona, lo scettro e il globo imperiale erano molto appariscenti: erano tutti nuovissimi, realizzati con molto gusto a imitazione degli antichi. Si muoveva con disinvoltura così abbigliato, e l’espressione aperta e dignitosa lasciava trasparire l’imperatore e il pa­ dre insieme. Il giovane re invece si trascinava nell’enorme abito con i gioielli di Carlo Magno come in un costume di

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dung einher, so daß er selbst, von Zeit zu Zeit seinen Vater ansehend, sich des Lächelns nicht enthalten konnte. Die Krone, welche man sehr hatte füttern müssen, stand wie ein übergreifendes Dach vom Kopf ab. Die Dalmatika, die Stola, so gut sie auch angepaßt und eingenäht worden, gewährte doch keineswegs ein vorteilhaftes Aussehen. Szep­ ter und Reichsapfel setzten in Verwunderung; aber man konnte sich nicht leugnen, daß man lieber eine mächtige, dem Anzuge gewachsene Gestalt, um der günstigern Wirkung willen, damit bekleidet und aus­ geschmückt gesehen hätte. Kaum waren die Pforten des großen Saales hinter diesen Gestal­ ten wieder geschlossen, so eilte ich auf meinen vorigen Platz, der von andern bereits eingenommen nur mit einiger Not mir wieder zu Teil wurde. Es war eben die rechte Zeit, daß ich von meinem Fenster wieder Besitz nahm: denn das Merkwürdigste was öffentlich zu erblicken war, sollte eben vorgehen. Alles Volk hatte sich gegen den Römer zu gewendet, und ein abermaliges Vivatschreien gab uns zu erken­ nen, daß Kaiser und König an dem Balkonfenster des großen Saales in ihrem Ornate sich dem Volke zeigten. Aber sie sollten nicht allein zum Schauspiel dienen, sondern vor ihren Augen sollte ein seltsames Schauspiel vorgehen. Vor allen schwang sich nun | der schöne schlanke Erbmarschall auf sein Roß; er hatte das Schwert abgelegt, in seiner Rechten hielt er ein silbernes gehenkeltes Gemäß, und ein Streichblech in der Linken. So ritt er in den Schranken auf den großen Haferhaufen zu, sprengte hinein, schöpfte das Gefäß übervoll, strich es ab und trug es mit großem Anstande wieder zurück. Der kaiserliche Marstall war nunmehr versorgt. Der Erbkämmerer ritt sodann gleichfalls auf jene Gegend zu und brachte ein Handbecken nebst Gießfaß und Handqueh­ le zurück. Unterhaltender aber für die Zuschauer war der Erbtruchseß, der ein Stück von dem gebratnen Ochsen zu holen kam. Auch er ritt mit einer silbernen Schüssel durch die Schranken bis zu der großen Bretterküche, und kam bald mit verdecktem Gericht wieder hervor, um

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carnevale, tanto che lui stesso, guardando di tanto in tanto il padre, non poteva trattenersi dal sorridere. La corona, che avevano dovuto imbottire molto, sporgeva dalla testa come una tettoia. Nemmeno la dalmatica e la stola, sebbene ta­ gliate e cucite su misura, contribuivano a migliorare il suo aspetto. Scettro e globo erano ammirevoli ma era fuor di dubbio che, per ottenere un migliore effetto complessivo, avremmo preferito vedere vestito e addobbato in quel modo un fisico più imponente, più proporzionato all’abito. Non appena le porte della grande sala si richiusero dietro le due figure, mi affrettai a tornare alla mia postazione pre­ cedente che riuscii a riconquistare solo con fatica, perché nel frattempo era stata occupata da altri. Era proprio il momento giusto per riprendere possesso della mia finestra, perché stava proprio per iniziare la parte più spettacolare degli eventi pubblici. Tutta la folla si era rivolta verso il Römer, e il reiterato «Evviva!» ci indicò che imperatore e re erano apparsi in pompa magna davanti al popolo sul balcone della grande sala. Ma non erano solo loro a fare da spettacolo, un curioso spettacolo stava per avvenire sotto i loro occhi. L’arcimaresciallo, | bello e slan­ ciato, saltò agile a cavallo davanti a tutti: aveva deposto la spada, nella mano destra teneva ora per il manico una misura d’argento, nella sinistra una rasiera. Tra le transenne galoppò verso il grosso mucchio di avena, ci saltò dentro con il cavallo, riempì fin oltre l’orlo il recipiente, lo livellò e lo riportò indietro con grande dignità: la stalla imperia­ le era approvvigionata. Poi fu la volta dell’arciciambella­ no galoppare in quella direzione e tornò con un bacile, una brocca e un canovaccio; più divertente per il pubblico fu invece l’arcisiniscalco, che andò a prendere un pezzo del bue arrostito. Anche lui galoppò tra le transenne verso la cucina di legno con un vassoio d’argento, e ne uscì con il

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seinen Weg nach dem Römer zu nehmen. Die Reihe traf nun den Erb­ schenken, der zu dem Springbrunnen ritt und Wein holte. So war nun auch die kaiserliche Tafel bestellt, und aller Augen warteten auf den Erbschatzmeister, der das Geld auswerfen sollte. Auch er bestieg ein schönes Roß, dem zu beiden Seiten des Sattels anstatt der Pistolen­ halftern ein paar prächtige, mit dem kurpfälzischen Wappen gestickte Beutel befestigt hingen. Kaum hatte er sich in Bewegung gesetzt, als er in diese Taschen griff und rechts und links Gold- und Silbermünzen freigebig ausstreute, welche jedesmal in der Luft als ein metallner Re­ gen gar lustig glänzten. Tausend Hände zappelten augenblicklich in der Höhe, um die Gaben aufzufangen; kaum aber waren die Münzen niedergefallen, so wühlte die Masse in sich selbst gegen den Boden und rang gewaltig um die Stücke, welche zur Erde mochten gekommen sein. Da nun diese Bewegung von beiden Seiten sich immer wieder­ holte, wie der Geber vorwärts ritt, so war es für die Zuschauer ein sehr belustigender Anblick. Zum Schlusse ging es am allerlebhaftesten her, als er die Beutel selbst auswarf, und ein Jeder noch diesen höchsten Preis zu erhaschen trachtete. Die Majestäten hatten sich vom Balkon zurückgezogen, und nun sollte dem Pöbel abermals ein Opfer gebracht | werden, der in solchen Fällen lieber die Gaben rauben als sie gelassen und dankbar empfan­ gen will. In rohern und derberen Zeiten herrschte der Gebrauch, den Hafer, gleich nachdem der Erbmarschall das Teil weggenommen, den Springbrunnen, nachdem der Erbschenk, die Küche, nachdem der Erb­ truchseß sein Amt verrichtet, auf der Stelle Preis zu geben. Diesmal aber hielt man, um alles Unglück zu verhüten, so viel es sich tun ließ, Ordnung und Maß. Doch fielen die alten schadenfrohen Späße wieder vor, daß wenn einer einen Sack Hafer aufgepackt hatte, der andre ihm ein Loch hineinschnitt, und was dergleichen Artigkeiten mehr waren. Um den gebratnen Ochsen aber wurde diesmal wie sonst ein ernsterer Kampf geführt. Man konnte sich denselben nur in Masse streitig ma­ chen. Zwei Innungen, die Metzger und Weinschröter, hatten sich her­

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cibo coperto per riprendere la strada del Römer. Venne poi il turno dell’arcicoppiere, che galoppò verso la fontana e prese del vino. La tavola imperiale era ormai ben provvista, e ora tutti attendevano l’arcitesoriere che avrebbe distribui­ to il denaro. Anch’egli montò su un bel destriero; ai due lati della sella al posto delle fondine per le pistole erano attac­ cate due splendide bisacce ricamate con il blasone del Pa­ latinato. Non aveva quasi fatto in tempo a muoversi che già affondava le mani nelle bisacce e lanciava generosamente a destra e a sinistra monete d’oro e d’argento, che ogni volta scintillavano festose nell’aria come una pioggia metallica. Mille mani si protesero fulminee in aria per afferrare i doni, e quando le monete cadevano la folla si ripiegava verso ter­ ra lottando selvaggiamente per i pezzi caduti. Il movimento si ripeteva a turno sui due lati con l’avanzare del donatore, un vero divertimento per lo spettatore. Il culmine dell’agi­ tazione si ebbe alla fine, quando gettò le bisacce stesse e ognuno cercava di conquistarsi il premio più ambito. I due sovrani si erano ritirati dal balcone e ora bisognava nuovamente offrire un sacrificio al | popolino, che in quelle occasioni preferisce arraffare i doni piuttosto che accettarli con tranquillità e gratitudine. In epoche più rozze e primi­ tive regnava la consuetudine di lasciare in balia del popolo l’avena, la fontana, la cucina subito dopo che l’arcimare­ sciallo, l’arcicoppiere e l’arcisiniscalco avevano preso la loro parte; questa volta, per evitare incidenti, si era deciso di mantenere per quanto possibile l’ordine e la moderazio­ ne. Ci furono comunque i soliti scherzi perfidi, come ad esempio fare un buco nel sacco di avena che un altro si era appena caricato in spalla e altre amenità del genere. Per il bue arrosto ci fu invece in questa come nelle altre occasio­ ni, una dura lotta; lo si poteva conquistare solo unendo più persone, e le corporazioni dei macellai e dei trasportatori di

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gebrachtermaßen wieder so postiert, daß einer von beiden dieser unge­ heure Braten zu Teil werden mußte. Die Metzger glaubten das größte Recht an einen Ochsen zu haben, den sie unzerstückt in die Küche geliefert; die Weinschröter dagegen machten Anspruch, weil die Küche in der Nähe ihres zunftmäßigen Aufenthalts erbaut war, und weil sie das letztemal obgesiegt hatten; wie denn aus dem vergitterten Giebel­ fenster ihres Zunft- und Versammlungshauses die Hörner jenes erbeu­ teten Stiers als Siegeszeichen hervorstarrend zu sehen waren. Beide zahlreichen Innungen hatten sehr kräftige und tüchtige Mitglieder; wer aber diesmal den Sieg davon getragen, ist mir nicht mehr erinnerlich. Wie nun aber eine Feierlichkeit dieser Art mit etwas Gefährlichem und Schreckhaften schließen soll, so war es wirklich ein fürchterlicher Augenblick, als die bretterne Küche selbst Preis gemacht wurde. Das Dach derselben wimmelte sogleich von Menschen, ohne daß man wuß­ te wie sie hinaufgekommen; die Bretter wurden losgerissen und her­ untergestürzt, so daß man, besonders in der Ferne, denken mußte, ein jedes werde ein paar der Zudringenden totschlagen. In einem Nu war die Hütte abgedeckt, und einzelne Menschen hingen an Sparren und Balken, um auch | diese aus den Fugen zu reißen; ja manche schweb­ ten noch oben herum, als schon unten die Pfosten abgesägt waren, das Gerippe hin- und widerschwankte und jähen Einsturz drohte. Zarte Personen wandten die Augen hinweg, und Jedermann erwartete sich ein großes Unglück; allein man hörte nicht einmal von irgend einer Be­ schädigung, und alles war, obgleich heftig und gewaltsam, doch glück­ lich vorübergegangen. Jedermann wußte nun, daß Kaiser und König aus dem Kabinett, wohin sie vom Balkon abgetreten, sich wieder hervorbegeben und in dem großen Römersaale speisen würden. Man hatte die Anstalten dazu Tages vorher bewundern können, und mein sehnlichster Wunsch war, heute wo möglich nur einen Blick hinein zu tun. Ich begab mich da­ her auf gewohnten Pfaden wieder an die große Treppe, welcher die

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vino si erano appostate in modo tale che, come di consueto, una delle due si sarebbe accaparrata il gigantesco arrosto. I macellai ritenevano di avere maggiori diritti sul bue che loro stessi avevano consegnato intatto in cucina; i vinattie­ ri dal canto loro lo pretendevano sia perché la cucina sor­ geva accanto alla sede della loro corporazione, sia perché se l’erano accaparrato la volta precedente: alle grate della finestra più alta della casa merlata, luogo di ritrovo e di as­ semblea della corporazione, erano ben visibili in segno di vittoria le corna del bue conquistato. Entrambi i gruppi era­ no numerosi e avevano uomini molto vigorosi e forzuti, ma non ricordo più chi si aggiudicò la vittoria quella volta229. Una festa come quella doveva comunque concludersi con pericolo e spavento: fu davvero un momento terribile quando persino la cucina di legno venne saccheggiata. In un attimo il tetto brulicava di uomini, senza che si sapesse come ci erano saliti; le assi furono divelte e gettate di sotto e chi guardava da lontano poteva ben credere che ciascuna avesse ammazzato un paio di quelli che si accalcavano lì intorno. In un baleno la casetta fu scoperchiata e già alcuni si appendevano a travi e sostegni per | svellere anche quelli; anzi, altri ondeggiavano ancora in aria mentre già si sega­ vano i pali alla base e la carcassa oscillava in qua e in là minacciando di crollare all’istante. I più impressionabili di­ stolsero lo sguardo e tutti ci aspettavamo un grave inciden­ te; invece non si venne a sapere di alcun ferito e nonostante la furia e la violenza, tutto finì bene. Sapevamo che imperatore e re, dopo essersi ritirati dal balcone, si erano trattenuti nel salottino per poi passare nel­ la grande sala del Römer per il pranzo. Il giorno prima ave­ vo ammirato i preparativi e la mia massima aspirazione era ora quella di potervi dare almeno un’occhiata. Seguii quindi la strada già nota verso lo scalone, che si trova proprio di

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Türe des Saals gerade gegenüber steht. Hier staunte ich nun die vor­ nehmen Personen an, welche sich heute als Diener des Reichsober­ hauptes bekannten. Vier und vierzig Grafen, die Speisen aus der Küche herantragend, zogen an mir vorbei, alle prächtig gekleidet, so daß der Kontrast ihres Anstandes mit der Handlung für einen Knaben wohl sinnverwirrend sein konnte. Das Gedränge war nicht groß, doch wegen des kleinen Raums merklich genug. Die Saaltüre war bewacht, indes gingen die Befugten häufig aus und ein. Ich erblickte einen pfälzischen Hausoffizianten, den ich anredete, ob er mich nicht mit hinein bringen könne. Er besann sich nicht lange, gab mir eins der silbernen Gefäße, die er eben trug, welches er um so eher konnte, als ich sauber gekleidet war; und so gelangte ich denn in das Heiligtum. Das Pfälzische Büffet stand links, unmittelbar an der Türe, und mit einigen Schritten befand ich mich auf der Erhöhung desselben hinter den Schranken. Am andern Ende des Saals, unmittelbar an den Fenstern, saßen auf Thronstufen erhöht, unter Baldachinen, Kaiser und König in ihren Ornaten; Krone und Zepter aber lagen auf goldnen Kissen rückwärts in einiger Entfernung. Die  | drei geistlichen Kurfürsten hatten, ihre Büffette hinter sich, auf einzelnen Estraden Platz genommen: KurMainz den Majestäten gegenüber, Kur-Trier zur Rechten und KurCöln zur Linken. Dieser obere Teil des Saals war würdig und erfreulich anzusehen, und erregte die Bemerkung, daß die Geistlichkeit sich so lange als möglich mit dem Herrscher halten mag. Dagegen ließen die zwar prächtig aufgeputzten aber herrenleeren Büffette und Tische der sämtlichen weltlichen Kurfürsten an das Mißverhältnis denken, wel­ ches zwischen ihnen und dem Reichsoberhaupt durch Jahrhunderte allmählich entstanden war. Die Gesandten derselben hatten sich schon entfernt, um in einem Seitenzimmer zu speisen; und wenn dadurch der größte Teil des Saales ein gespensterhaftes Ansehn bekam, daß so viele unsichtbare Gäste auf das prächtigste bedient wurden; so war eine gro­

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fronte all’ingresso della sala, dove osservai a bocca aperta le persone di alto rango che quel giorno si erano messe al servizio del capo supremo dell’Impero. Mi sfilarono davan­ ti quarantaquattro conti, tutti vestiti con sfarzo, che portava­ no i cibi dalle cucine: il contrasto tra il loro abbigliamento e la funzione che stavano svolgendo confondeva davvero le idee a un ragazzo. Non c’era molta folla, ma dato lo spazio angusto, la calca era notevole. La porta della sala era sor­ vegliata, ma le persone autorizzate entravano e uscivano di frequente; adocchiai un sovrintendente del Palatinato e gli chiesi se poteva farmi entrare con lui: non ci pensò a lungo e mi diede uno dei recipienti d’argento che stava portando – poté farlo tranquillamente perché ero vestito in modo ade­ guato – e così entrai nel santuario. Il tavolo di servizio del Palatinato era a sinistra proprio vicino alla porta, e in pochi passi fui sulla predella, dietro le transenne. All’altro capo della sala, vicino alle finestre, in posizio­ ne rialzata su dei gradini sedevano in trono re e imperatore sotto i baldacchini, nelle loro divise; corona e scettro gia­ cevano a una certa distanza dietro di loro, su cuscini dorati. I | tre elettori ecclesiastici, ognuno con il proprio tavolo di servizio alle spalle, avevano preso posto su tre predelle se­ parate: Magonza di fronte alle loro maestà, Treviri alla loro destra, Colonia a sinistra. Quel lato della sala era solenne e gradevole alla vista, e mi indusse a considerare che il clero gradisce intrattenersi il più a lungo possibile con chi gover­ na. Di contro, le tavole e i buffet degli elettori secolari, per quanto riccamente imbanditi, erano deserti ed evidenziava­ no il dissenso che attraverso i secoli si era lentamente creato tra loro e l’imperatore. I loro legati si erano già allontanati per pranzare in una stanza attigua, e se la maggior parte del­ la sala aveva un aspetto spettrale, come se venissero serviti con tutti gli onori ospiti invisibili, ancora più sconfortante

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ße unbesetzte Tafel in der Mitte noch betrübter anzusehen: denn hier standen auch so viele Couverte leer, weil alle die, welche allenfalls ein Recht hatten sich daran zu setzen, Anstands halber, um an dem größ­ ten Ehrentage ihrer Ehre nichts zu vergeben, ausblieben, wenn sie sich auch dermalen in der Stadt befanden. Viele Betrachtungen anzustellen erlaubten mir weder meine Jahre noch das Gedräng der Gegenwart. Ich bemühte mich alles möglichst ins Auge zu fassen, und wie der Nachtisch aufgetragen wurde, da die Gesandten, um ihren Hof zu machen, wieder hereintraten, suchte ich das Freie, und wußte mich bei guten Freunden in der Nachbarschaft nach dem heutigen Halbfasten wieder zu erquicken und zu den Illumi­ nationen des Abends vorzubereiten. Diesen glänzenden Abend gedachte ich auf eine gemütliche Weise zu feiern: denn ich hatte mit Gretchen, mit Pylades und der Seinigen abge­ redet, daß wir uns zur nächtigen Stunde irgendwo treffen wollten. Schon leuchtete die Stadt an allen Ecken und Enden, als ich meine Geliebten antraf. Ich reichte Gretchen den Arm, wir zogen von einem Quartier zum andern, und befanden uns zusammen sehr glücklich. Die Vettern waren anfangs auch bei der | Gesellschaft, verloren sich aber nachher unter der Masse des Volks. Vor den Häusern einiger Gesandten, wo man prächtige Illuminationen angebracht hatte, (die kurpfälzische zeichnete sich vorzüg­ lich aus,) war es so hell wie es am Tage nur sein kann. Um nicht erkannt zu werden, hatte ich mich einigermaßen vermummt, und Gretchen fand es nicht übel. Wir bewunderten die verschiedenen glänzenden Darstellungen und die feenmäßigen Flammengebäude, womit immer ein Gesandter den andern zu überbieten gedacht hatte. Die Anstalt des Fürsten Esterhazy jedoch übertraf alle die übrigen. Unsere kleine Gesellschaft war von der Erfindung und Ausführung entzückt, und wir wollten eben das Einzelne recht genießen, als uns die Vettern wieder begegneten und von der herr­ lichen Erleuchtung sprachen, womit der Brandenburgische Gesandte sein Quartier ausgeschmückt habe. Wir ließen uns nicht verdrießen, den wei­ ten Weg von dem Roßmarkte bis zum Saalhof zu machen, fanden aber, daß man uns auf eine frevle Weise zum Besten gehabt hatte.

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era la grande tavola centrale deserta: qui tutti i coperti erano vuoti, perché tutti coloro che avevano diritto al posto a ta­ vola non si erano presentati, nonostante fossero in città, per non compromettersi in alcun modo in quella giornata degna di tutti gli onori230. La mia età e la concitazione del momento non mi diedero modo di riflettere a lungo. Mi sforzai di vedere tutto quello che potevo e quando venne portato il dessert ed entrarono i legati per porgere il loro omaggio, uscii all’esterno. Dopo il mezzo digiuno della giornata, andai a rifocillarmi da alcuni amici nelle vicinanze in attesa delle luminarie serali. Avevo pensato di festeggiare in tranquillità la brillante serata: mi ero infatti messo d’accordo con Gretchen, Pilade e gli altri per trovarci da qualche parte sul tardi. La città luccicava già da un capo all’altro quando incontrai la mia amata. Porsi il braccio a Gretchen e passeggiammo tra i vari quartieri, felicissimi di stare insieme. Anche i cugini all’i­ nizio erano dei | nostri, poi si persero tra la folla. Davanti alle case di alcuni legati, dove avevano appeso splendide luci (quelle del Palatinato si distinguevano per bellezza) era chiaro come in pieno giorno. Per non farmi riconosce­ re mi ero un po’ camuffato, e Gretchen non se ne ebbe a male. Ammirammo le diverse composizioni luminose e le fiabesche costruzioni fiammeggianti con cui ogni legato aveva cercato di superare l’altro, ma la casa del principe Esterhàzy le batteva tutte. Il nostro gruppetto era entusiasta dell’invenzione e della sua realizzazione e volevamo gu­ starne bene ogni particolare quando sbucarono di nuovo i cugini che ci raccontarono delle fantastiche luminarie con cui il legato del Brandeburgo aveva addobbato la sua resi­ denza. Non ci lasciammo scoraggiare dal lungo cammino dal Roßmarkt al Saalhof, ma scoprimmo di essere stati per­ fidamente raggirati.

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Der Saalhof ist nach dem Main zu ein regelmäßiges und ansehn­ liches Gebäude, dessen nach der Stadt gerichteter Teil aber uralt, unregelmäßig und unscheinbar. Kleine, weder in Form noch Größe übereinstimmende, noch auf eine Linie, noch in gleicher Entfernung gesetzte Fenster, unsymmetrisch angebrachte Tore und Türen, ein meist in Kramläden verwandeltes Untergeschoß bilden eine verworre­ ne Außenseite, die von Niemand jemals betrachtet wird. Hier war man nun der zufälligen, unregelmäßigen, unzusammenhängenden Architek­ tur gefolgt, und hatte jedes Fenster, jede Türe, jede Öffnung für sich mit Lampen umgeben, wie man es allenfalls bei einem wohlgebauten Hause tun kann, wodurch aber hier die schlechteste und mißgebildets­ te aller Façaden ganz unglaublich in das hellste Licht gesetzt wurde. Hatte man sich nun hieran, wie etwa an den Späßen des Pagliasso er­ getzt, obgleich nicht ohne Bedenklichkeiten, weil Jedermann etwas Vorsätzliches darin erkennen mußte; wie man denn schon vorher über das sonstige äußre Benehmen des übrigens sehr geschätzten | Plotho glossiert, und da man ihm nun einmal gewogen war, auch den Schalk in ihm bewundert hatte, der sich über alles Zeremoniell wie sein König hinauszusetzen pflege: so ging man doch lieber in das Esterhazysche Feenreich wieder zurück. Dieser hohe Botschafter hatte, diesen Tag zu ehren, sein ungünstig gelegenes Quartier ganz übergangen, und dafür die große Lindenes­ planade am Roßmarkt, vorn mit einem farbig erleuchteten Portal, im Hintergrund aber mit einem wohl noch prächtigern Prospekte verzie­ ren lassen. Die ganze Einfassung bezeichneten Lampen. Zwischen den Bäumen standen Licht-Pyramiden und Kugeln auf durchscheinenden Piedestalen; von einem Baum zum andern zogen sich leuchtende Guir­ landen, an welchen Hängeleuchter schwebten. An mehreren Orten ver­ teilte man Brot und Würste unter das Volk und ließ es an Wein nicht fehlen. Hier gingen wir nun zu Vieren aneinandergeschlossen höchst be­ haglich auf und ab, und ich an Gretchens Seite deuchte mir wirklich in jenen glücklichen Gefilden Elysiums zu wandeln, wo man die krys­

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Sul lato verso il Meno, il Saalhof231 è un edificio regolare e dignitoso, mentre la facciata rivolta verso la città è antichissima, irregolare e poco appariscente. Finestrelle diseguali per forma e dimensione, disposte non in linea né a distanza regolare, porte e portoni asimmetrici, un pianterreno trasformato in botteghe ne rendono la facciata confusa e del tutto insignificante. Qui si era seguita l’archi­ tettura casuale, irregolare e incoerente e si erano poste luci intorno a ogni finestra, porta e apertura, come si potrebbe fare per una casa costruita a regola d’arte, col risultato che si metteva ancora più in evidenza la più brutta e difforme di tutte le facciate. Ci ridemmo sopra come si ride per i lazzi del pagliaccio, ma con qualche riserva, perché era inevita­ bile non coglierne l’intenzionalità; in modo analogo prima avevamo commentato il comportamento esteriore di Plo­ tho, altrimenti | molto stimato; essendoci molto simpatico, apprezzavamo anche i suoi modi spregiudicati e il fatto che si considerasse, al pari del suo re, al di sopra del cerimo­ niale. Ma preferimmo comunque tornare al mondo fatato di Esterhàzy. Quel nobile ambasciatore aveva del tutto ignorato la residenza a lui destinata, situata molto fuori mano, e per onorare la giornata aveva fatto addobbare la grande piazza dei tigli al Roßmarkt: sul davanti c’era un portale con luci variopinte, sullo sfondo una veduta ancora più splendida. Delle lampade circondavano il tutto come una cornice. Tra gli alberi, piramidi di luci e sfere erano collocate su piedi­ stalli trasparenti, da un albero all’altro si snodavano ghir­ lande luminose da cui pendevano altre luci. In più punti si distribuiva alla gente pane e salsicce e il vino non mancava. Qui passeggiammo a braccetto, noi quattro, con estremo piacere; a fianco di Gretchen mi sembrava davvero di va­ gare sui campi beati dell’Elisio, dove si trovano sugli alberi

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tallnen Gefäße vom Baume bricht, die sich mit dem gewünschten Wein sogleich füllen, und wo man Früchte schüttelt, die sich in jede beliebi­ ge Speise verwandeln. Ein solches Bedürfnis fühlten wir denn zuletzt auch, und geleitet von Pylades fanden wir ein ganz artig eingerichtetes Speisehaus; und da wir keine Gäste weiter antrafen, indem alles auf den Straßen umherzog, ließen wir es uns um so wohler sein, und ver­ brachten den größten Teil der Nacht im Gefühl von Freundschaft, Lie­ be und Neigung auf das heiterste und glücklichste. Als ich Gretchen bis an ihre Türe begleitet hatte, küßte sie mich auf die Stirn. Es war das erste und letzte Mal, daß sie mir diese Gunst erwies: denn leider sollte ich sie nicht wiedersehen. Den andern Morgen lag ich noch im Bette, als meine Mutter ver­ stört und ängstlich hereintrat. Man konnte es ihr gar leicht ansehen, wenn sie sich irgend bedrängt fühlte. – »Steh auf, sagte sie, und mache dich auf etwas | Unangenehmes gefaßt. Es ist herausgekommen, daß du sehr schlechte Gesellschaft besuchst und dich in die gefährlichsten und schlimmsten Händel verwickelt hast. Der Vater ist außer sich, und wir haben nur soviel von ihm erlangt, daß er die Sache durch einen Dritten untersuchen will. Bleib auf deinem Zimmer und erwarte was bevor­ steht. Der Rat Schneider wird zu dir kommen; er hat sowohl vom Vater als von der Obrigkeit den Auftrag: denn die Sache ist schon anhängig und kann eine sehr böse Wendung nehmen.« Ich sah wohl, daß man die Sache viel schlimmer nahm als sie war; doch fühlte ich mich nicht wenig beunruhigt, wenn auch nur das eigent­ liche Verhältnis entdeckt werden sollte. Der alte Messianische Freund trat endlich herein, die Tränen standen ihm in den Augen; er faßte mich beim Arm und sagte: »Es tut mir herzlich Leid, daß ich in solcher An­ gelegenheit zu Ihnen komme. Ich hätte nicht gedacht, daß Sie sich so weit verirren könnten. Aber was tut nicht schlechte Gesellschaft und böses Beispiel; und so kann ein junger unerfahrner Mensch Schritt vor Schritt bis zum Verbrechen geführt werden.« – Ich bin mir keines Ver­ brechens bewußt, versetzte ich darauf, so wenig als schlechte Gesell­ schaft besucht zu haben. – »Es ist jetzt nicht von einer Verteidigung die

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coppe di cristallo che si riempiono subito con il vino che si preferisce e si colgono frutti che si trasformano in ogni cibo desiderato. Alla fine cominciammo a sentire anche noi un certo appetito e guidati da Pilade trovammo una trattoria molto carina; non c’erano altri clienti, dato che tutti erano a zonzo per le strade, così ci sentimmo ancora più a nostro agio e trascorremmo lì buona parte della notte, allegri e fe­ lici, con amicizia, amore e affetto. Quando accompagnai Gretchen fin sulla porta di casa, mi diede un bacio sulla fronte. Fu la prima e l’ultima volta che mi concesse quella grazia: infatti non l’avrei mai più rivista. Il mattino dopo ero ancora a letto quando entrò mia ma­ dre, sconvolta e angosciata. Lo si vedeva subito, quando qualcosa la angustiava. «Alzati», disse, «e aspettati qualco­ sa di spiacevole. | Abbiamo scoperto che frequenti cattive compagnie e che sei implicato in affari loschi e pericolosi. Tuo padre è fuori di sé ma siamo riusciti almeno a ottenere che lasci seguire la cosa da una terza persona. Resta nella tua stanza e aspetta; verrà da te il consigliere Schneider, che ha ricevuto questo incarico sia da tuo padre che dalle autorità. L’inchiesta è già stata avviata e può prendere una bruttissima piega». Pensai che stavano esagerando molto la questione, ma ero comunque preoccupato che scoprissero anche solo come stavano veramente le cose. Finalmente giunse il vec­ chio amico del Messia e con le lacrime agli occhi mi prese per un braccio dicendo: «Sono davvero dispiaciuto di veni­ re con un compito di questo genere. Non avrei mai pensato che avreste potuto prendere una strada così brutta, ma cosa non possono le cattive compagnie e il cattivo esempio… E un ragazzo inesperto viene condotto, passo dopo passo, fino al crimine». – «Non so di nessun crimine», risposi, «così come non ho frequentato cattive compagnie». Mi in­

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Rede, fiel er mir ins Wort, sondern von einer Untersuchung, und Ihrer­ seits von einem aufrichtigen Bekenntnis.« – Was verlangen Sie zu wis­ sen? sagte ich dagegen. Er setzte sich und zog ein Blatt hervor und fing zu fragen an: »Haben Sie nicht den N. N. Ihrem Großvater als einen Klienten zu einer *** Stelle empfohlen?« Ich antwortete: ja. – »Wo haben Sie ihn kennen gelernt?« – Auf Spaziergängen. – »In welcher Gesellschaft?« – Ich stutzte: denn ich wollte nicht gern meine Freunde verraten. – »Das Verschweigen wird nichts helfen, fuhr er fort: denn es ist alles schon genugsam bekannt.« – Was ist denn bekannt? sagte ich. – »Daß Ihnen dieser Mensch durch andere seines Gleichen ist vor­ geführt worden und zwar durch ***.« Hier nannte er die Namen von drei Personen, die ich niemals gesehen noch gekannt hatte; welches ich dem Fragenden | denn auch sogleich erklärte. – »Sie wollen, fuhr jener fort, diese Menschen nicht kennen, und haben doch mit ihnen öftre Zu­ sammenkünfte gehabt!« – Auch nicht die geringste, versetzte ich: denn wie gesagt, außer dem ersten, kenne ich keinen und habe auch den nie­ mals in einem Hause gesehen. – »Sind Sie nicht oft in der *** Straße gewesen?« – Niemals, versetzte ich. Dies war nicht ganz der Wahrheit gemäß. Ich hatte Pylades einmal zu seiner Geliebten begleitet, die in der Straße wohnte; wir waren aber zur Hintertüre hereingegangen und im Gartenhause geblieben. Daher glaubte ich mir die Ausflucht erlau­ ben zu können, in der Straße selbst nicht gewesen zu sein. Der gute Mann tat noch mehr Fragen, die ich alle verneinen konnte: denn es war mir von alle dem, was er zu wissen verlangte, nichts be­ kannt. Endlich schien er verdrießlich zu werden und sagte: »Sie beloh­ nen mein Vertrauen und meinen guten Willen sehr schlecht; ich kom­ me, um Sie zu retten. Sie können nicht leugnen, daß Sie für diese Leute selbst oder für ihre Mitschuldigen Briefe verfaßt, Aufsätze gemacht und so zu ihren schlechten Streichen behülflich gewesen. Ich komme, um Sie zu retten: denn es ist von nichts Geringerem als nachgemach­ ten Handschriften, falschen Testamenten, untergeschobnen Schuld­ scheinen und ähnlichen Dingen die Rede. Ich komme nicht allein als

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terruppe: «Non c’è bisogno di difendersi; per ora si tratta di un’indagine e serve una confessione sincera da parte vo­ stra». – «Che cosa volete sapere?» chiesi allora. Si sedette, tirò fuori un foglio e iniziò a fare domande. «Non avete forse raccomandato a vostro nonno un certo N.N. per un posto di ***?» Risposi di sì. «Dove lo avete conosciuto?» – «Durante una passeggiata». – «In compagnia di chi?» Mi fermai, perché non volevo tradire i miei amici. «Tacere non vi aiuterà, proseguì, perché abbiamo già scoperto tutto». – «Tutto cosa?» chiesi. «Che quell’uomo vi è stato presentato da altri della sua risma, e precisamente da ***». Qui fece il nome di tre persone che non avevo mai visto né conosciu­ to, e lo | dichiarai immediatamente. «Dite di non conoscere queste persone», proseguì, «eppure vi incontrate spesso con loro!» – «Ma no davvero», replicai; «come ho detto, a parte il primo, non conosco nessuno degli altri né mi sono mai in­ contrato in casa di uno di loro». – «Non siete andato spesso in via ***?» – «Mai», risposi. Questo non era del tutto vero. Una volta avevo accompagnato Pilade dalla sua ragazza, che abitava in quella via, ma eravamo entrati dall’ingresso posteriore ed eravamo rimasti in giardino, così pensai di potermi permettere quella scappatoia affermando che non ero mai stato effettivamente in quella via. Il brav’uomo mi fece altre domande, alle quali potei sempre rispondere con un no, perché di tutto quello che mi chiedeva non sapevo nulla. Alla fine sembrò infastidirsi e disse: «State mal ripagando la mia fiducia e la mia buona volontà: vengo per salvarvi. Non potete negare che per que­ sta gente o per i loro complici avete scritto lettere e altre cose prestandovi ai loro imbrogli. Vengo per salvarvi, per­ ché stiamo parlando niente di meno che di firme contraffat­ te, testamenti fasulli, lettere di pagamento falsificate e cose del genere. Io vengo non solo come amico, vengo anche

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Hausfreund; ich komme im Namen und auf Befehl der Obrigkeit, die in Betracht Ihrer Familie und Ihrer Jugend, Sie und einige andre Jüng­ linge verschonen will, die gleich Ihnen ins Netz gelockt worden.« – Es war mir auffallend, daß unter den Personen die er nannte, sich gerade die nicht fanden, mit denen ich Umgang gepflogen. Die Verhältnisse trafen nicht zusammen, aber sie berührten sich, und ich konnte noch immer hoffen, meine jungen Freunde zu schonen. Allein der wackre Mann ward immer dringender. Ich konnte nicht leugnen, daß ich man­ che Nächte spät nach Hause gekommen war, daß ich mir einen Haus­ schlüssel zu verschaffen gewußt, daß ich mit Personen von geringem Stand und verdächtigem Aussehen, an Lustorten mehr als | einmal be­ merkt worden, daß Mädchen mit in die Sache verwickelt seien; genug, alles schien entdeckt bis auf die Namen. Dies gab mir Mut, standhaft im Schweigen zu sein. – »Lassen Sie mich, sagte der brave Freund, nicht von Ihnen weggehen. Die Sache leidet keinen Aufschub; unmit­ telbar nach mir wird ein andrer kommen, der Ihnen nicht soviel Spiel­ raum läßt. Verschlimmern Sie die ohnehin böse Sache nicht durch Ihre Hartnäckigkeit.« Nun stellte ich mir die guten Vettern, und Gretchen besonders, recht lebhaft vor; ich sah sie gefangen, verhört, bestraft, geschmäht, und mir fuhr wie ein Blitz durch die Seele, daß die Vettern denn doch, ob sie gleich gegen mich alle Rechtlichkeit beobachtet, sich in so böse Hän­ del konnten eingelassen haben, wenigstens der älteste, der mir niemals recht gefallen wollte, der immer später nach Hause kam und wenig Heiters zu erzählen wußte. Noch immer hielt ich mein Bekenntnis zu­ rück. – Ich bin mir, sagte ich, persönlich nichts Böses bewußt, und kann von der Seite ganz ruhig sein; aber es wäre nicht unmöglich, daß diejenigen mit denen ich umgegangen bin, sich einer verwegnen oder gesetzwidrigen Handlung schuldig gemacht hätten. Man mag sie su­ chen, man mag sie finden, sie überführen und bestrafen, ich habe mir bisher nichts vorzuwerfen, und will auch gegen die nichts verschul­ den, die sich freundlich und gut gegen mich benommen haben. – Er ließ mich nicht ausreden, sondern rief mit einiger Bewegung: »Ja man

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in nome e su mandato delle autorità, che in considerazione della vostra famiglia e della giovane età vogliono rispar­ miare voi e altri giovani che, come voi, sono caduti nella rete». Mi colpì il fatto che, tra tutti quelli che nominò, non ci fossero quelli che frequentavo veramente. Le circostanze non coincidevano ma si sfioravano e speravo ancora di po­ ter salvaguardare i miei giovani amici. Ma l’ometto dive­ niva sempre più insistente. Non potevo negare che molte notti ero rientrato tardi, che ero riuscito a procurarmi una chiave di casa, che ero stato visto più di una volta in luoghi | di divertimento con persone di bassa estrazione e di dub­ bio aspetto, che c’entravano anche delle ragazze; sembrava avessero scoperto tutto tranne i nomi. Ciò mi incoraggiò nel continuare a tacere. «Non fatemi andare via così», dis­ se il brav’uomo. «La questione non ammette indugi: subi­ to dopo di me verrà un altro che non vi tratterà altrettanto bene: non peggiorate ulteriormente con l’ostinazione una faccenda che è già abbastanza grave». A quel punto mi immaginai con grande vivacità i bravi cugini e soprattutto Gretchen; li vidi imprigionati, interro­ gati, puniti, umiliati e come un lampo mi passò per la testa l’idea che, anche se con me si erano comportati corretta­ mente, i cugini avrebbero ben potuto essere coinvolti in affari loschi, per lo meno il maggiore che non mi era mai piaciuto, che tornava sempre a casa tardi e non aveva mai nulla di buono da raccontare. Ma mi trattenni comunque dal confessare. «Personalmente», dissi, «sono consapevole di non aver fatto nulla di male, e su questo aspetto sono tranquillo. Allo stesso tempo è anche possibile che le per­ sone che frequentavo siano colpevoli di azioni sconsiderate o contro la legge. Cercateli, scovateli, imprigionateli e pu­ niteli: io non ho nulla da rimproverarmi e non intendo far torto a coloro che con me sono stati buoni e gentili». Non

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wird sie finden. In drei Häusern kamen diese Bösewichter zusammen. (Er nannte die Straßen, er bezeichnete die Häuser, und zum Unglück befand sich auch das darunter, wohin ich zu gehen pflegte.) Das erste Nest ist schon ausgehoben, fuhr er fort, und in diesem Augenblick wer­ den es die beiden andern. In wenig Stunden wird alles im Klaren sein. Entziehen Sie sich, durch ein redliches Bekenntnis, einer gerichtlichen Untersuchung, einer Konfrontation und wie die garstigen Dinge alle heißen.« – Das Haus war genannt und bezeichnet. Nun hielt ich alles Schweigen für unnütz; ja, bei der Unschuld unsrer Zusammenkünfte konnte ich | hoffen, jenen noch mehr als mir nützlich zu sein. – Setzen Sie sich, rief ich aus, und holte ihn von der Türe zurück: ich will Ihnen alles erzählen, und zugleich mir und Ihnen das Herz erleichtern: nur das Eine bitte ich, von nun an keine Zweifel in meine Wahrhaftigkeit. Ich erzählte nun dem Freunde den ganzen Hergang der Sache, anfangs ruhig und gefaßt; doch jemehr ich mir die Personen, Gegen­ stände, Begebenheiten ins Gedächtnis rief und vergegenwärtigte, und so manche unschuldige Freude, so manchen heitern Genuß gleich­ sam vor einem Kriminalgericht deponieren sollte, destomehr wuchs die schmerzlichste Empfindung, so daß ich zuletzt in Tränen ausbrach und mich einer unbändigen Leidenschaft überließ. Der Hausfreund, welcher hoffte, daß eben jetzt das rechte Geheimnis auf dem Wege sein möchte sich zu offenbaren (denn er hielt meinen Schmerz für ein Symptom, daß ich im Begriff stehe mit Widerwillen ein Ungeheures zu bekennen) suchte mich, da ihm an der Entdeckung alles gelegen war, aufs beste zu beruhigen; welches ihm zwar nur zum Teil gelang, aber doch insofern, daß ich meine Geschichte notdürftig auserzählen konnte. Er war, obgleich zufrieden über die Unschuld der Vorgänge, doch noch einigermaßen zweifelhaft, und erließ neue Fragen an mich, die mich abermals aufregten und in Schmerz und Wut versetzten. Ich versicherte endlich, daß ich nichts weiter zu sagen habe, und wohl wis­ se, daß ich nichts zu fürchten brauche: denn ich sei unschuldig, von

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mi lasciò finire, ma esclamò con veemenza: «Sì, li trovere­ mo, quei mascalzoni si ritrovavano in tre case. (Nominò le vie, indicò le case e tra queste si trovava purtroppo anche quella che io frequentavo). Il primo covo è già stato ripuli­ to, e in questo momento tocca agli altri due; ancora poche ore e tutto sarà chiarito. Solo una confessione sincera potrà sottrarvi all’inchiesta giudiziaria, a un interrogatorio e a tut­ te quelle cose terrificanti, comunque si chiamino». La casa era stata individuata e identificata, e tacere mi parve ormai inutile; anzi, dato il carattere innocente dei nostri ritrovi, pensai che | parlare poteva essere utile più a loro che a me. «Sedetevi», esclamai trattenendolo mentre usciva; «raccon­ terò tutto, e toglierò un peso dalla coscienza a me e a voi; vi chiedo solo una cosa, di non dubitare della mia onestà». Raccontai quindi all’amico tutto l’andamento della vi­ cenda, all’inizio tranquillo e composto, ma man mano che richiamavo alla memoria, rivivendole, persone, esperien­ ze, situazioni e confessavo davanti a un tribunale le gioie innocenti e qualche divertimento spensierato, sentivo cre­ scere dentro di me un dolore intensissimo, tanto che alla fine scoppiai in lacrime e mi abbandonai a un pianto irre­ frenabile. L’amico di famiglia, convinto che il vero segreto stesse finalmente per essere rivelato (riteneva infatti che il mio dolore fosse indice di una confessione mostruosa che stavo per fare a malincuore), cercò di calmarmi meglio che poteva, in modo da riuscire a farmi rivelare ogni cosa. Gli riuscì solo in parte, ma quanto bastava perché riuscissi a malapena a terminare la mia storia. Sebbene soddisfatto per la natura innocente della vicenda, gli rimasero dei dubbi e mi fece quindi altre domande che però mi agitarono di nuovo e mi fecero ripiombare nel dolore e nella rabbia. Alla fine affermai che non avevo altro da dire e che sapevo bene di non aver nulla da temere perché ero innocente, di buona

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gutem Hause und wohl empfohlen; aber jene könnten eben so unschul­ dig sein, ohne daß man sie dafür anerkenne oder sonst begünstige. Ich erklärte zugleich, daß wenn man jene nicht wie mich schonen, ihren Torheiten nachsehen, und ihre Fehler verzeihen wolle, wenn ihnen nur im mindesten hart und ungerecht geschehe, so würde ich mir ein Leids antun, und daran solle mich Niemand hindern. Auch hierüber suchte mich der Freund zu beruhigen; aber ich traute ihm nicht, und war, als er mich zuletzt verließ, in der entsetzlichsten Lage. Ich machte mir nun doch Vorwürfe, die Sache erzählt und alle die | Verhältnisse ans Licht gebracht zu haben. Ich sah voraus, daß man die kindlichen Handlun­ gen, die jugendlichen Neigungen und Vertraulichkeiten ganz anders auslegen würde, und daß ich vielleicht den guten Pylades mit in diesen Handel verwickeln und sehr unglücklich machen könnte. Alle diese Vorstellungen drängten sich lebhaft hintereinander vor meiner Seele, schärften und spornten meinen Schmerz, so daß ich mir vor Jammer nicht zu helfen wußte, mich die Länge lang auf die Erde warf, und den Fußboden mit meinen Tränen benetzte. Ich weiß nicht, wie lange ich mochte gelegen haben, als meine Schwester hereintrat, über meine Gebärde erschrak und alles mögliche tat mich aufzurichten. Sie erzählte mir, daß eine Magistratsperson un­ ten beim Vater die Rückkunft des Hausfreundes erwartet, und nachdem sie sich eine Zeit lang eingeschlossen gehalten, seien die beiden Herren weggegangen, und hätten untereinander sehr zufrieden, ja mit Lachen geredet, und sie glaube die Worte verstanden zu haben: es ist recht gut, die Sache hat nichts zu bedeuten. – »Freilich, fuhr ich auf, hat die Sache nichts zu bedeuten, für mich, für uns: denn ich habe nichts verbrochen, und wenn ich es hätte, so würde man mir durchzuhelfen wissen; aber jene, jene, rief ich aus, wer wird ihnen beistehn!« – Mei­ ne Schwester suchte mich umständlich mit dem Argumente zu trösten, daß wenn man die Vornehmeren retten wolle, man auch über die Fehler der Geringern einen Schleier werfen müsse. Das alles half nichts. Sie

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famiglia e stimato da tutti; ma anche gli altri potevano es­ sere innocenti quanto me, solo che nessuno glielo avrebbe riconosciuto, né sarebbero stati trattati con uguale favore. Dichiarai che se anche con loro non si fosse usato lo stesso riguardo come con me, se non si fosse chiuso un occhio sul­ le loro leggerezze e perdonati i loro errori, se fossero stati trattati ingiustamente o con rigore mi sarei suicidato, nes­ suno avrebbe potuto impedirmelo. Anche su questo l’amico cercò di tranquillizzarmi, ma non mi fidavo e quando se ne andò ero in uno stato spaventoso. Mi rimproveravo di aver rivelato tutto e di aver | confessato tutte le vicende; preve­ devo che azioni infantili, simpatie e confidenze tra ragazzi sarebbero state interpretate in tutt’altro modo e che forse avevo coinvolto nella faccenda il buon Pilade causandogli dei guai. Tutte queste immagini mi si accavallavano vivi­ de nella mente, acuendo e accrescendo il mio dolore finché non mi abbandonai alla disperazione e mi gettai a terra lun­ go disteso inondando il pavimento di lacrime. Non so quanto tempo rimasi così, ma a un certo punto entrò mia sorella che si spaventò vedendomi in quello stato e cercò in tutti i modi di farmi alzare. Mi raccontò che un componente del governo cittadino aveva atteso giù con no­ stro padre il ritorno dell’amico, erano rimasti per un certo tempo chiusi nella stanza e infine i due signori erano andati via parlottando tra loro molto soddisfatti, addirittura riden­ do, e le sembrava di averli sentiti dire: «è tutto a posto, è del tutto irrilevante». – «Certo», scattai, «la cosa è del tutto irrilevante per me, per noi, perché io non ho fatto nulla di male, e quand’anche lo avessi fatto, riceverei aiuto; ma gli altri», esclamai, «gli altri, chi li aiuterà?» Mia sorella cercò di consolarmi spiegando nel dettaglio che, quando si vo­ gliono preservare le persone in vista, si deve gettare un velo anche sugli errori di quelle meno abbienti, ma invano. Non

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PARTE PRIMA

war kaum weggegangen, als ich mich wieder meinem Schmerz über­ ließ, und sowohl die Bilder meiner Neigung und Leidenschaft als auch des gegenwärtigen und möglichen Unglücks immer wechselsweise hervorrief. Ich erzählte mir Märchen auf Märchen, sah nur Unglück auf Unglück, und ließ es besonders daran nicht fehlen, Gretchen und mich recht elend zu machen. Der Hausfreund hatte mir geboten auf meinem Zimmer zu bleiben und mit Niemand mein Geschäft zu pflegen, außer den Unsrigen. Es war mir ganz recht, denn ich befand mich am liebsten allein. Meine Mutter und Schwester | besuchten mich von Zeit zu Zeit, und erman­ gelten nicht mir mit allerlei gutem Trost auf das kräftigste beizustehen; ja sie kamen sogar schon den zweiten Tag, im Namen des nun besser unterrichteten Vaters mir eine völlige Amnestie anzubieten, die ich zwar dankbar annahm, allein den Antrag, daß ich mit ihm ausgehen und die Reichsinsignien, welche man nunmehr den Neugierigen vor­ zeigte, beschauen sollte, hartnäckig ablehnte, und versicherte, daß ich weder von der Welt, noch von dem römischen Reiche etwas weiter wissen wolle, bis mir bekannt geworden, wie jener verdrießliche Han­ del, der für mich weiter keine Folgen haben würde, für meine armen Bekannten ausgegangen. Sie wußten hierüber selbst nichts zu sagen und ließen mich allein. Doch machte man die folgenden Tage noch einige Versuche, mich aus dem Hause und zur Teilnahme an den öf­ fentlichen Feierlichkeiten zu bewegen. Vergebens! weder der große Galatag, noch was bei Gelegenheit so vieler Standeserhöhungen vor­ fiel, noch die öffentliche Tafel des Kaisers und Königs, nichts konnte mich rühren. Der Kurfürst von der Pfalz mochte kommen um den bei­ den Majestäten aufzuwarten, diese mochten die Kurfürsten besuchen, man mochte zur letzten kurfürstlichen Sitzung zusammen fahren, um die rückständigen Punkte zu erledigen und den Kurverein zu erneuern, nichts konnte mich aus meiner leidenschaftlichen Einsamkeit hervor­ rufen. Ich ließ am Dankfeste die Glocken läuten, den Kaiser sich in

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appena se ne fu andata mi abbandonai di nuovo al dolore, evocando a turno le immagini del mio affetto e della mia passione e quelle della disgrazia attuale e futura. Mi raccon­ tavo una fiaba dietro l’altra, mi figuravo una disgrazia die­ tro l’altra e mi soffermavo in particolare su tutte le miserie che avrebbero colpito Gretchen e me. L’amico di famiglia mi aveva ordinato di non lasciare la mia camera e di non parlare con nessuno della faccenda se non con i miei: mi stava benissimo, perché preferivo star­ mene da solo. La mamma e mia sorella | venivano da me di tanto in tanto e non mancavano di confortarmi in ogni modo possibile; il secondo giorno vennero anche a offrirmi il perdono totale da parte di mio padre, che nel frattempo era stato informato di tutto, e lo accolsi con gratitudine, ma rifiutai ostinatamente l’invito ad andare con lui a vedere le insegne imperiali, ora esposte al pubblico, affermando che non volevo sapere assolutamente più nulla né del mondo né dell’Impero finché non avessi avuto notizia di come era andata a finire per i miei poveri amici quella spiacevole fac­ cenda che per me non avrebbe avuto conseguenza alcuna. Non seppero dirmi nulla in proposito e così mi lasciarono solo. Nei giorni seguenti fecero ancora qualche tentativo per farmi uscire di casa e partecipare ai festeggiamenti pub­ blici, ma invano. Né la grande giornata di gala, né gli eventi che accompagnavano le numerose elevazioni di rango, né il pranzo pubblico dell’imperatore e del re valsero a smuover­ mi. Che l’elettore del Palatinato andasse a porgere omag­ gio alle due maestà, che a loro volta avrebbero fatto visita all’elettore; che tutti si radunassero per l’ultima assemblea per disbrigare i punti rimasti in sospeso e rinnovare l’Unio­ ne dei principi elettori232, nulla riuscì a farmi uscire dalla mia ostinata solitudine. Lasciai che le campane suonassero a festa nel giorno del ringraziamento233, che l’imperatore si

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PARTE PRIMA

die Kapuzinerkirche begeben, die Kurfürsten und den Kaiser abreisen, ohne deshalb einen Schritt von meinem Zimmer zu tun. Das letzte Ka­ nonieren, so unmäßig es auch sein mochte, regte mich nicht auf, und wie der Pulverdampf sich verzog und der Schall verhallte, so war auch alle diese Herrlichkeit vor meiner Seele weggeschwunden. Ich empfand nun keine Zufriedenheit, als im Wiederkäuen meines Elends und in der tausendfachen imaginären Vervielfältigung dessel­ ben. Meine ganze Erfindungsgabe, meine Poesie und Rhetorik hatten sich auf diesen kranken Fleck geworfen, und drohten, gerade durch diese  | Lebensgewalt, Leib und Seele in eine unheilbare Krankheit zu verwickeln. In diesem traurigen Zustande kam mir nichts mehr wünschenswert, nichts begehrenswert mehr vor. Zwar ergriff mich manchmal ein unendliches Verlangen, zu wissen wie es meinen armen Freunden und Geliebten ergehe, was sich bei näherer Untersuchung ergeben, in wiefern sie mit in jene Verbrechen verwickelt oder unschul­ dig möchten erfunden sein. Auch dies malte ich mir auf das mannig­ faltigste umständlich aus, und ließ es nicht fehlen sie für unschuldig und recht unglücklich zu halten. Bald wünschte ich mich von dieser Ungewißheit befreit zu sehen, und schrieb heftig drohende Briefe an den Hausfreund, daß er mir den weitern Gang der Sache nicht vorent­ halten solle. Bald zerriß ich sie wieder, aus Furcht mein Unglück recht deutlich zu erfahren und des phantastischen Trostes zu entbehren, mit dem ich mich bis jetzt wechselsweise gequält und aufgerichtet hatte. So verbrachte ich Tag und Nacht in großer Unruhe, in Rasen und Ermattung, so daß ich mich zuletzt glücklich fühlte, als eine körper­ liche Krankheit mit ziemlicher Heftigkeit eintrat, wobei man den Arzt zu Hülfe rufen und darauf denken mußte, mich auf alle Weise zu beruhigen. Man glaubte es im Allgemeinen tun zu können, indem man mir heilig versicherte, daß alle in jene Schuld mehr oder weniger verwickelte mit der größten Schonung behandelt worden, daß meine nächsten Freunde, so gut wie ganz schuldlos, mit einem leichten Ver­

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recasse nella chiesa dei Cappuccini, che elettori e impera­ tore partissero senza fare un passo fuori dalla mia camera. Nemmeno l’ultima salva di cannone, per quanto fortissima, riuscì a scuotermi, e col dissolversi della nuvola di fumo e l’affievolirsi del rimbombo sparì anche tutta quella gloria dalla mia anima. Non trovavo pace se non rimuginando sulla mia miseria e immaginandola moltiplicata all’infinito. Tutta la mia ca­ pacità inventiva, poetica e retorica si erano concentrate su quel punto malato e la loro intensità era tale che minaccia­ va | di trascinare corpo e anima in una malattia incurabile. In quella triste situazione nulla mi attirava più, nulla era desiderabile. Qualche volta ero preso dal desiderio infinito di sapere come stavano i miei poveri amici e la mia amata, come era finita l’inchiesta, in che misura erano coinvolti in quei crimini o se erano invece innocenti. La mia fantasia si lanciava in ogni direzione, e tra le altre cose me li imma­ ginavo innocenti ma molto infelici. In certi momenti avrei voluto liberarmi di quell’incertezza e scrivevo lettere mi­ nacciose all’amico di famiglia affinché non mi nascondesse come era proseguita l’inchiesta, ma le distruggevo subito dopo per paura di scoprire i termini reali della mia sventura e dover così rinunciare alle consolazioni immaginarie che fino ad allora, a fasi alterne, mi avevano ora tormentato, ora confortato. Trascorsi così giorni e notti in grande inquietudine, tra follia e sfinimento, tanto che alla fine fui quasi contento quando subentrò una malattia fisica piuttosto seria che co­ strinse a chiamare il medico234 e fu necessario calmarmi a ogni costo. Pensarono di poterci riuscire in modo generico, garantendomi solennemente che tutte le persone coinvolte in quel reato erano state trattate con la massima indulgenza, che i miei cari amici, praticamente innocenti, erano stati

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weise entlassen worden, und daß Gretchen sich aus der Stadt entfernt habe und wieder in ihre Heimat gezogen sei. Mit dem letztern zauderte man am längsten, und ich nahm es auch nicht zum besten auf: denn ich konnte darin keine freiwillige Abreise, sondern nur eine schmäh­ liche Verbannung entdecken. Mein körperlicher und geistiger Zustand verbesserte sich dadurch nicht: die Not ging nun erst recht an, und ich hatte Zeit genug mir den seltsamsten Roman von traurigen Ereignissen und einer unvermeidlich tragischen Katastrophe selbstquälerisch aus­ zumalen. |

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congedati solo con una lieve ammonizione e che Gretchen aveva lasciato la città per tornare al suo paese. Temporeg­ giarono a lungo prima di darmi questa notizia e infatti non la presi bene, perché ci vedevo non una partenza volon­ taria, bensì un’infamante messa al bando. La mia condi­ zione fisica e mentale non migliorò affatto, anzi, peggiorò notevolmente, ed ebbi tempo a sufficienza per tormentarmi immaginando il più strano dei romanzi235, pieno di eventi funesti e con un’inevitabile, tragica fine. |

Zweiter Teil

Was man in der Jugend wünscht, hat man im Alter die Fülle.

Parte seconda

Ciò che desideriamo da giovani lo avremo in abbondanza da vecchi.1

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Sechstes Buch

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So trieb es mich wechselsweise, meine Genesung zu befördern und zu verhindern, und ein gewisser heimlicher Ärger gesellte sich noch zu meinen übrigen Empfindungen: denn ich bemerkte wohl, daß man mich beobachtete, daß man mir nicht leicht etwas Versiegeltes zustell­ te, ohne darauf Acht zu haben, was es für Wirkungen hervorbringe? ob ich es geheim hielt oder ob ich es offen hinlegte, und was dergleichen mehr war. Ich vermutete daher, daß Pylades, ein Vetter, oder wohl gar Gretchen selbst, den Versuch möchte gemacht haben mir zu schrei­ ben, um Nachricht zu geben oder zu erhalten; ich war nun erst recht verdrießlich neben meiner Bekümmernis, und hatte wieder neue Ge­ legenheit, meine Vermutungen zu üben und mich in die seltsamsten Verknüpfungen zu verirren. Es dauerte nicht lange, so gab man mir noch einen besondern Auf­ seher. Glücklicherweise war es ein Mann, den ich liebte und schätzte; er hatte eine Hofmeisterstelle in einem befreundeten Hause bekleidet, sein bisheriger Zögling war allein auf die Akademie gegangen. Er be­ suchte mich öfters in meiner traurigen Lage, und man fand zuletzt nichts natürlicher, als ihm ein Zimmer neben dem meinigen einzuräu­ men: da er mich denn beschäftigen, beruhigen und, wie ich wohl mer­ ken konnte, im Auge behalten sollte. Weil ich ihn jedoch von Herzen schätzte und ihm auch früher gar Manches, nur nicht die Neigung zu Gretchen, vertraut hatte; so beschloß ich um so mehr, ganz offen und gerade gegen ihn zu sein, als es mir unerträglich war, mit Jemand täg­ lich zu leben und auf einem unsicheren, gespannten Fuß mit ihm zu stehen. Ich säumte daher nicht lange, sprach ihm von der Sache, er­ quickte mich in Erzählung und Wiederholung der kleinsten Umstände meines vergangenen Glücks, und erreichte dadurch so viel, daß er, | als

Libro sesto Impulsi alterni mi spingevano dunque a favorire o a impe­ dire la guarigione, e una certa qual rabbia segreta si me­ scolava agli altri sentimenti perché mi ero accorto che ero tenuto sotto osservazione, che non mi si consegnava una lettera sigillata senza controllare che effetto mi facesse: se la nascondessi, la mostrassi apertamente o altre cose del genere. Così immaginai che Pilade, uno dei cugini o ma­ gari persino la stessa Gretchen avessero fatto il tentativo di scrivermi per dare o avere qualche notizia. Divenni quindi davvero intrattabile oltre che afflitto, e trovai nuovo alimen­ to per coltivare i miei sospetti e perdermi nelle più balzane speculazioni. Non passò molto tempo che mi venne affibbiato anche un supervisore personale. Per fortuna era un uomo che co­ noscevo e stimavo, era stato precettore in casa di amici e il suo pupillo era partito da solo per l’università2. Era venuto spesso a farmi visita in quei giorni tristi, e alla fine venne spontaneo offrirgli una stanza accanto alla mia: così poteva tenermi impegnato, tranquillizzarmi e, come mi resi presto conto, tenermi d’occhio. Dato che però lo stimavo davvero tanto e già in precedenza gli avevo confidato molte cose, tranne la mia passione per Gretchen, decisi di essere il più possibile franco e aperto: mi era intollerabile vivere ogni giorno con qualcuno mantenendo rapporti sospettosi e tesi. Non attesi quindi a lungo e gli riferii tutta la faccenda: mi confortò raccontare e ripercorrere fin nei minimi particola­ ri la mia passata felicità e il risultato fu che lui, | essendo

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PARTE SECONDA

ein verständiger Mann, einsah, es sei besser, mich mit dem Ausgang der Geschichte bekannt zu machen, und zwar im Einzelnen und Beson­ deren, damit ich klar über das Ganze würde und man mir mit Ernst und Eifer zureden könne, daß ich mich fassen, das Vergangene hinter mich werfen und ein neues Leben anfangen müsse. Zuerst vertraute er mir, wer die anderen jungen Leute von Stande gewesen, die sich Anfangs zu verwegenen Mystifikationen, dann zu possenhaften Polizeiverbrechen, ferner zu lustigen Geldschneidereien und anderen solchen verfäng­ lichen Dingen hatten verleiten lassen. Es war dadurch wirklich eine kleine Verschwörung entstanden, zu der sich gewissenlose Menschen gesellten, durch Verfälschung von Papieren, Nachbildung von Unter­ schriften manches Strafwürdige begingen und noch Strafwürdigeres vorbereiteten. Die Vettern, nach denen ich zuletzt ungeduldig fragte, waren ganz unschuldig, nur im Allgemeinsten mit jenen andern be­ kannt, keineswegs aber vereinigt befunden worden. Mein Klient, durch dessen Empfehlung an den Großvater man mir eigentlich auf die Spur gekommen, war einer der schlimmsten, und bewarb sich um jenes Amt hauptsächlich, um gewisse Bubenstücke unternehmen oder bedecken zu können. Nach allem diesem konnte ich mich zuletzt nicht halten und fragte, was aus Gretchen geworden sei? zu der ich ein für allemal die größte Neigung bekannte. Mein Freund schüttelte den Kopf und lä­ chelte: »Beruhigen Sie sich, versetzte er: dieses Mädchen ist sehr wohl bestanden und hat ein herrliches Zeugnis davon getragen. Man konnte nichts als Gutes und Liebes an ihr finden, die Herren Examinatoren selbst wurden ihr gewogen, und haben ihr die Entfernung aus der Stadt, die sie wünschte, nicht versagen können. Auch das was sie in Rück­ sicht auf Sie, mein Freund, bekannt hat, macht ihr Ehre; ich habe ihre Aussage in den geheimen Akten selbst gelesen und ihre Unterschrift gesehen.« Die Unterschrift! rief ich aus, die mich so glücklich und so unglücklich macht. Was hat sie denn bekannt? was hat sie unterschrie­ ben? Der Freund | zauderte zu antworten; aber die Heiterkeit seines Gesichts zeigte mir an, daß er nichts Gefährliches verberge. »Wenn

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persona di buon senso, capì che sarebbe stato meglio dirmi come era andata a finire la questione, e per filo e per segno, in modo che ogni cosa mi fosse chiara. Almeno poi avreb­ bero potuto convincermi con serietà e costanza a farmene una ragione, a lasciarmi dietro il passato e cominciare una nuova vita. Per prima cosa mi confidò chi erano gli altri giovani di buona famiglia che si erano lasciati coinvolgere prima in goffe mistificazioni, poi in grottesche infrazioni della legge e infine in ridicole truffe finanziarie e altri im­ brogli del genere. Ne era nata una piccola associazione a delinquere a cui si erano uniti tipi senza scrupoli che ave­ vano falsificato documenti e imitato firme commettendo così vari reati, mentre di peggiori ne stavano preparando. I cugini, dei quali chiesi impaziente notizie, erano del tutto innocenti, conoscevano solo di sfuggita quegli altri e non era emerso alcun collegamento. Il mio protetto era uno dei peggiori, e proprio perché lo avevo raccomandato al nonno si era giunti fino a me: aveva fatto domanda per quel posto soltanto per poter commettere o coprire le sue malefatte. Dopo tutte quelle notizie non potei trattenermi e doman­ dai cosa ne fosse stato di Gretchen, confessando una volta per tutte il mio amore per lei. Il mio amico scosse la testa sorridendo e rispose: «State tranquillo, la ragazza ha dato ottima prova di sé e ne è uscita a pieni voti. Non si è potuto riscontrare che bontà e affetto in lei, e gli stessi esaminatori l’hanno presa a benvolere e non hanno potuto negarle quel­ lo che chiedeva, cioè il permesso di lasciare la città. Anche quello che ha confessato a vostro riguardo, amico mio, le ha fatto solo onore. Io stesso ho letto la sua dichiarazione negli atti riservati e ho visto la sua firma». – «La firma che mi ha reso così felice e infelice!», esclamai. «Che cosa ha dunque confessato, che cosa ha firmato?» L’amico | esitò a rispondere, ma la sua espressione serena rivelava che non

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Sie’s denn wissen wollen, versetzte er endlich, als von Ihnen und Ihrem Umgang mit ihr die Rede war, sagte sie ganz freimütig: Ich kann es nicht leugnen, daß ich ihn oft und gern gesehen habe; aber ich habe ihn immer als ein Kind betrachtet und meine Neigung zu ihm war wahrhaft schwesterlich. In manchen Fällen habe ich ihn gut beraten, und anstatt ihn zu einer zweideutigen Handlung aufzuregen, habe ich ihn verhin­ dert, an mutwilligen Streichen Teil zu nehmen, die ihm hätten Verdruß bringen können.« Der Freund fuhr noch weiter fort, Gretchen als eine Hofmeisterin reden zu lassen; ich hörte ihm aber schon lange nicht mehr zu: denn daß sie mich für ein Kind zu den Akten erklärt, nahm ich ganz entsetz­ lich übel, und glaubte mich auf einmal von aller Leidenschaft für sie geheilt; ja ich versicherte hastig meinen Freund, daß nun alles abgetan sei! Auch sprach ich nicht mehr von ihr, nannte ihren Namen nicht mehr; doch konnte ich die böse Gewohnheit nicht lassen, an sie zu denken, mir ihre Gestalt, ihr Wesen, ihr Betragen zu vergegenwärtigen, das mir denn nun freilich jetzt in einem ganz anderen Lichte erschien. Ich fand es unerträglich, daß ein Mädchen, höchstens ein Paar Jahre älter als ich, mich für ein Kind halten sollte, der ich doch für einen ganz gescheuten und geschickten Jungen zu gelten glaubte. Nun kam mir ihr kaltes, abstoßendes Wesen, das mich sonst so angereizt hatte, ganz widerlich vor; die Familiaritäten, die sie sich gegen mich erlaubte, mir aber zu erwidern nicht gestattete, waren mir ganz verhaßt. Das alles wäre jedoch noch gut gewesen, wenn ich sie nicht wegen des Unter­ schreibens jener poetischen Liebesepistel, wodurch sie mir denn doch eine förmliche Neigung erklärte, für eine verschmitzte und selbstsüch­ tige Coquette zu halten berechtigt gewesen wäre. Auch maskiert zur Putzmacherin kam sie mir nicht mehr so unschuldig vor, und ich kehrte diese ärgerlichen Betrachtungen so lange bei mir hin und wider, bis ich ihr alle liebenswürdigen Eigenschaften | sämtlich abgestreift hatte. Dem Verstande nach war ich überzeugt und glaubte sie verwerfen zu

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stava nascondendo nulla di grave. «Se proprio volete saper­ lo», disse infine, «quando si parlò di voi e del suo rapporto con voi, ha detto con molta franchezza: non posso negare di averlo visto spesso e volentieri, ma l’ho sempre considerato un bambino e il mio affetto per lui era davvero quello di una sorella. Talvolta gli ho dato dei buoni consigli, e in­ vece che incitarlo a commettere qualche dubbia azione gli ho suggerito di non partecipare a scherzi irresponsabili che avrebbero potuto metterlo nei guai». Il mio amico proseguì facendo parlare Gretchen come una maestrina, ma avevo smesso di ascoltarlo da un pezzo: mi sentivo tremendamente offeso che negli atti avesse par­ lato di me come di un bambino, e mi convinsi di essermi liberato tutto d’un colpo del mio amore per lei, anzi: rassi­ curai in fretta l’amico che ormai era tutto finito! Non parlai più di lei, non pronunciai più il suo nome, ma non riuscii a eliminare la cattiva abitudine di pensare a lei, di immagi­ nare la sua figura, il suo essere, il suo comportamento che ora mi appariva in una luce completamente diversa. Rite­ nevo intollerabile che una ragazza, con al massimo un paio d’anni più di me, potesse ritenermi un bambino, mentre io mi consideravo un giovanotto sensato e con la testa sulle spalle. I suoi modi freddi e distaccati, che prima mi avevano attratto, ora li trovavo ripugnanti; detestavo quei gesti affet­ tuosi che qualche volta si concedeva con me e che non mi permetteva di ricambiare. Ma tutto ciò sarebbe stato ancora accettabile se l’aver firmato quella poetica lettera d’amo­ re, che era pur sempre una formale dichiarazione d’amore per me, non mi autorizzasse a considerarla una civetta scal­ tra ed egoista. E nemmeno camuffata da modista mi parve più tanto innocente. Rimuginai così tanto su quelle irritanti considerazioni fino a privarla di qualsiasi | tratto gradevole. Con la ragione ero convinto e deciso nel rifiutarla – ma la

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müssen; nur ihr Bild! ihr Bild strafte mich Lügen, so oft es mir wieder vorschwebte, welches freilich noch oft genug geschah. Indessen war denn doch dieser Pfeil mit seinen Widerhaken aus dem Herzen gerissen, und es fragte sich, wie man der inneren jugend­ lichen Heilkraft zu Hülfe käme? Ich ermannte mich wirklich, und das erste was sogleich abgetan wurde, war das Weinen und Rasen, welches ich nun für höchst kindisch ansah. Ein großer Schritt zur Besserung! Denn ich hatte oft halbe Nächte durch mich mit dem größten Ungestüm diesen Schmerzen überlassen, so daß es durch Tränen und Schluchzen zuletzt dahin kam, daß ich kaum mehr schlingen konnte und der Genuß von Speise und Trank mir schmerzlich ward, auch die so nah verwand­ te Brust zu leiden schien. Der Verdruß, den ich über jene Entdeckung immer fort empfand, ließ mich jede Weichlichkeit verbannen; ich fand es schrecklich, daß ich um eines Mädchens willen Schlaf und Ruhe und Gesundheit aufgeopfert hatte, die sich darin gefiel, mich als einen Säugling zu betrachten und sich höchst ammenhaft weise gegen mich zu dünken. Diese kränkenden Vorstellungen waren, wie ich mich leicht über­ zeugte, nur durch Tätigkeit zu verbannen; aber was sollte ich ergrei­ fen? Ich hatte in gar vielen Dingen freilich manches nachzuholen, und mich in mehr als einem Sinne auf die Akademie vorzubereiten, die ich nun beziehen sollte; aber nichts wollte mir schmecken noch gelingen. Gar manches erschien mir bekannt und trivial; zu mehrerer Begrün­ dung fand ich weder eigne Kraft noch äußere Gelegenheit, und ließ mich daher durch die Liebhaberei meines braven Stubennachbarn zu einem Studium bewegen, das mir ganz neu und fremd war und für lange Zeit ein weites Feld von Kenntnissen und Betrachtungen darbot. Mein Freund fing nämlich an, mich mit den philosophischen Geheim­ nissen bekannt zu machen. Er hatte unter Daries in Jena studiert und als ein sehr wohlgeordneter Kopf den  | Zusammenhang jener Lehre scharf gefaßt, und so suchte er sie auch mir beizubringen. Aber leider

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sua immagine! La sua immagine mi dava del bugiardo ogni volta che mi aleggiava davanti, e ciò accadeva ancora abba­ stanza spesso. Ma nel frattempo quella freccia con i suoi uncini era sta­ ta rimossa dal mio cuore e la domanda adesso era: come assecondare i poteri terapeutici insiti nella giovinezza? Mi diedi un bello scossone e i primi a scomparire furono i pianti isterici, che adesso mi apparivano assai infantili. Un passo decisivo verso la guarigione! Infatti mi ero abbando­ nato spesso a quella pena per buona parte della notte, ma con tale veemenza che a furia di lacrime e singhiozzi alla fine non riuscivo nemmeno più a deglutire; mangiare e bere erano divenuti dolorosi e sembrava soffrirne anche il petto nella zona circostante. L’irritazione che ancora provavo per quella scoperta mi fece bandire qualsiasi debolezza e trova­ vo terribile aver sacrificato sonno, tranquillità e salute per amore di una ragazza che si compiaceva nel trattarmi come un poppante e che si dava arie da balia nei miei confronti. Mi convinsi ben presto che l’unico modo per allontanare quei pensieri insani era l’attività, ma a cosa dovevo dedicar­ mi? In diversi ambiti avevo parecchio da recuperare, e c’e­ rano da fare ancora molte cose per prepararmi all’università dove mi sarei presto recato; ma non mi andava né mi riusci­ va nulla. Diverse cose mi parevano già note o banali, e per ulteriori approfondimenti non trovai né lo stimolo interiore né l’occasione esterna; mi lasciai così indurre dall’interesse del mio buon vicino di stanza a dedicarmi a una materia che mi era del tutto nuova e sconosciuta e che per lungo tempo mi fornì un vasto campo di conoscenze e riflessioni. Il mio amico aveva infatti cominciato a introdurmi nei misteri del­ la filosofia. Aveva studiato a Jena con Daries3 e grazie a una mente ben strutturata | aveva acutamente colto quella dot­ trina nel suo insieme e voleva insegnarla anche a me. Ma

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wollten diese Dinge in meinem Gehirn auf eine solche Weise nicht zusammenhängen. Ich tat Fragen, die er später zu beantworten, ich machte Forderungen, die er künftig zu befriedigen versprach. Unsere wichtigste Differenz war jedoch diese, daß ich behauptete, eine abge­ sonderte Philosophie sei nicht nötig, indem sie schon in der Religion und Poesie vollkommen enthalten sei. Dieses wollte er nun keineswe­ ges gelten lassen, sondern suchte mir vielmehr zu beweisen, daß erst diese durch jene begründet werden müßten; welches ich hartnäckig leugnete, und im Fortgange unserer Unterhaltung bei jedem Schritt Ar­ gumente für meine Meinung fand. Denn da in der Poesie ein gewisser Glaube an das Unmögliche, in der Religion ein eben solcher Glaube an das Unergründliche Statt finden muß; so schienen mir die Philosophen in einer sehr üblen Lage zu sein, die auf ihrem Felde beides beweisen und erklären wollten; wie sich denn auch aus der Geschichte der Phi­ losophie sehr geschwind dartun ließ, daß immer einer einen andern Grund suchte als der andre, und der Skeptiker zuletzt alles für grundund bodenlos ansprach. Eben diese Geschichte der Philosophie jedoch, die mein Freund mit mir zu treiben sich genötigt sah, weil ich dem dogmatischen Vortrag gar nichts abgewinnen konnte, unterhielt mich sehr, aber nur in dem Sinne, daß mir eine Lehre, eine Meinung so gut wie die andre vorkam, in sofern ich nämlich in dieselbe einzudringen fähig war. An den ältes­ ten Männern und Schulen gefiel mir am besten, daß Poesie, Religion und Philosophie ganz in Eins zusammenfielen, und ich behauptete jene meine erste Meinung nur um desto lebhafter, als mir das Buch Hiob, das Hohe Lied und die Sprüchwörter Salomonis eben so gut als die Orphischen und Hesiodischen Gesänge dafür ein gültiges Zeugnis ab­ zulegen schienen. Mein Freund hatte den kleinen Brucker zum Grunde seines Vortrags gelegt, und je weiter wir vorwärts kamen, je weniger wußte ich daraus zu machen. | Was die ersten griechischen Philosophen

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nel mio cervello le cose non volevano proprio connettersi in quello stesso modo. Facevo domande a cui prometteva di rispondere in seguito, avanzavo richieste che prometteva di soddisfare più avanti; ma la differenza principale tra noi due era che io affermavo che non c’era bisogno di una filo­ sofia a se stante, perché era già interamente contenuta nella religione e nella poesia. Questo non voleva assolutamente ammetterlo e cercava invece di dimostrarmi che quelle tro­ vavano il loro fondamento solo grazie a questa, un’affer­ mazione che io a mia volta negavo ostinatamente e con il procedere delle nostre discussioni trovavo di continuo argo­ menti a mio favore. Infatti, poiché nella poesia deve esserci una certa fede nell’impossibile, e nella religione un’analoga fede nell’imperscrutabile, i filosofi mi sembravano messi piuttosto male, vista la loro pretesa di dimostrare e spie­ gare entrambe all’interno della loro disciplina. Lo si vede bene anche dalla storia della filosofia dove ognuno cerca un fondamento sempre diverso dagli altri, per poi arrivare allo scettico che dichiara tutto privo di causa e fondamento. Non riuscendo a ricavare nulla dalle sue lezioni dogma­ tiche, il mio amico si vide costretto a studiare con me la storia della filosofia che infatti mi divertiva molto, fermo restando che una dottrina, una teoria, nella misura in cui riuscivo a comprenderla, mi sembrava tanto buona quanto un’altra. Dei pensatori e delle scuole più antiche mi piaceva soprattutto il fatto che poesia, religione e filosofia fossero tutt’uno e difendevo quindi con ancora maggior vigore la mia opinione originaria, di cui il libro di Giobbe, il Cantico dei Cantici e i Proverbi di Salomone mi parevano offrire una testimonianza altrettanto valida quanto gli inni orfici e quelli di Esiodo4. Il mio amico aveva preso come base per le sue lezioni il piccolo Brucker, ma più andavamo avan­ ti, meno sapevo cosa farmene. | Cosa volessero i primi fi­

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wollten, konnte mir nicht deutlich werden. Sokrates galt mir für einen trefflichen weisen Mann, der wohl, im Leben und Tod, sich mit Christo vergleichen lasse. Seine Schüler hingegen schienen mir große Ähnlich­ keit mit den Aposteln zu haben, die sich nach des Meisters Tode so­ gleich entzweiten und offenbar jeder nur eine beschränkte Sinnesart für das Rechte erkannte. Weder die Schärfe des Aristoteles, noch die Fülle des Plato fruchteten bei mir im mindesten. Zu den Stoikern hingegen hatte ich schon früher einige Neigung gefaßt, und schaffte nun den Epictet herbei, den ich mit vieler Teilnahme studierte. Mein Freund ließ mich ungern in dieser Einseitigkeit hingehen, von der er mich nicht abzuziehen vermochte: denn ohngeachtet seiner mannigfaltigen Studien, wußte er doch die Hauptfrage nicht in’s Enge zu bringen. Er hätte mir nur sagen dürfen, daß es im Leben bloß aufs Tun ankomme, das Genießen und Leiden finde sich von selbst. Indessen darf man die Jugend nur gewähren lassen; nicht sehr lange haftet sie an falschen Maximen; das Leben reißt oder lockt sie bald davon wieder los. Die Jahrszeit war schön geworden, wir gingen oft zusammen ins Freie und besuchten die Lustörter, die in großer Anzahl um die Stadt umherliegen. Aber gerade hier konnte es mir am wenigsten wohl sein: denn ich sah noch die Gespenster der Vettern überall, und fürchtete bald da bald dort einen hervortreten zu sehen. Auch waren mir die gleichgültigsten Blicke der Menschen beschwerlich. Ich hatte jene bewußtlose Glückseligkeit verloren, unbekannt und unbescholten umherzugehen und in dem größten Gewühle an keinen Beobachter zu denken. Jetzt fing der hypochondrische Dünkel an mich zu quälen, als erregte ich die Aufmerksamkeit der Leute, als wären ihre Blicke auf mein Wesen gerichtet, es festzuhalten, zu untersuchen und zu tadeln. Ich zog daher meinen Freund in die Wälder und, indem ich die einförmigen Fichten floh, sucht’ ich jene schönen belaubten Haine, die sich zwar nicht weit und breit in der | Gegend erstrecken, aber doch im­

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losofi greci, non riuscivo a capirlo. Socrate mi pareva un uomo eccellente e saggio, paragonabile a Cristo sia nella vita che nella morte. I suoi discepoli invece sembravano assomigliare più agli apostoli, che subito dopo la morte del maestro si divisero e ciascuno evidentemente riconosceva come valido un solo e ristretto modo di pensare. Né l’acu­ me di Aristotele, né la pienezza di Platone sortirono in me un qualche effetto; per gli stoici invece sviluppai subito una certa simpatia, così mi procurai Epitteto e lo studiai con molto interesse5. L’amico non vedeva di buon occhio questa mia parzialità, da cui non riusciva a distogliermi: perché nonostante i suoi molteplici studi non sapeva ricondurre al nocciolo la domanda fondamentale. Sarebbe stato sufficien­ te dirmi che nella vita tutto dipende dall’agire, la gioia e il dolore vengono da soli; e nel frattempo bisogna lasciare che la gioventù faccia il suo corso: non rimane mai attaccata a lungo ai falsi principi, provvede la vita ad allontanarvela o con le buone o con le cattive. La stagione stava diventando bella, uscivamo spesso in­ sieme a passeggio e visitavamo i numerosi luoghi ameni nei dintorni della città, ma erano quelli dove mi sentivo più a disagio, vedevo dappertutto lo spettro dei cugini e avevo paura di vedermeli comparire davanti. E mi pesavano mol­ to anche gli sguardi della gente, persino quelli più indiffe­ renti. Avevo perso la leggerezza inconsapevole di chi va in giro senza temere di essere riconosciuto o rimproverato o di sentirsi osservato anche tra la folla. Iniziò a tormentarmi il complesso dell’ipocondriaco che ha sempre paura di attira­ re l’attenzione della gente, di sentire su di sé sguardi che lo scrutano, lo esaminano, lo criticano. Trascinavo così il mio amico nei boschi ed evitando i monotoni abeti, cercavo invece quei bei boschetti folti che in verità in quella zona | non sono molto estesi, ma comun­

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mer von solchem Umfange sind, daß ein armes verwundetes Herz sich darin verbergen kann. In der größten Tiefe des Waldes hatte ich mir ei­ nen ernsten Platz ausgesucht, wo die ältesten Eichen und Buchen einen herrlich großen, beschatteten Raum bildeten. Etwas abhängig war der Boden und machte das Verdienst der alten Stämme nur desto bemerk­ barer. Rings an diesen freien Kreis schlossen sich die dichtesten Gebü­ sche, aus denen bemooste Felsen mächtig und würdig hervorblickten und einem wasserreichen Bach einen raschen Fall verschafften. Kaum hatte ich meinen Freund, der sich lieber in freier Landschaft am Strom unter Menschen befand, hierher genötiget, als er mich scher­ zend versicherte, ich erweise mich wie ein wahrer Deutscher. Um­ ständlich erzählte er mir aus dem Tacitus, wie sich unsere Urväter an den Gefühlen begnügt, welche uns die Natur in solchen Einsamkeiten mit ungekünstelter Bauart so herrlich vorbereitet. Er hatte mir nicht lange davon erzählt, als ich ausrief: O! warum liegt dieser köstliche Platz nicht in tiefer Wildnis, warum dürfen wir nicht einen Zaun umher führen, ihn und uns zu heiligen und von der Welt abzusondern! Gewiß es ist keine schönere Gottesverehrung als die, zu der man kein Bild be­ darf, die bloß aus dem Wechselgespräch mit der Natur in unserem Bu­ sen entspringt! – Was ich damals fühlte, ist mir noch gegenwärtig; was ich sagte, wüßte ich nicht wieder zu finden. Soviel ist aber gewiß, daß die unbestimmten, sich weit ausdehnenden Gefühle der Jugend und ungebildeter Völker allein zum Erhabenen geeignet sind, das, wenn es durch äußere Dinge in uns erregt werden soll, formlos, oder zu unfaß­ lichen Formen gebildet, uns mit einer Größe umgeben muß, der wir nicht gewachsen sind. Eine solche Stimmung der Seele empfinden, mehr oder weniger, alle Menschen, so wie sie dieses edle Bedürfnis auf mancherlei Weise zu befriedigen suchen. Aber wie das Erhabene von Dämmerung und Nacht, wo sich die Gestalten vereinigen, gar leicht erzeugt wird, so wird es dagegen vom | Tage verscheucht, der alles sondert und trennt,

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que di dimensioni sufficienti a nascondere un povero cuore ferito. Nel fitto del bosco avevo scovato un luogo austero, dove querce e faggi secolari formavano una splendida ra­ dura ombreggiata. Il terreno in leggera pendenza metteva ancor più in risalto la bellezza degli antichi tronchi. Fitti ce­ spugli contornavano lo spazio aperto, tra loro emergevano possenti e severe rocce coperte di muschio, che portavano a un salto improvviso un ruscello ricco di acque. Il mio amico preferiva rimanere tra la gente nel paesag­ gio aperto lungo il fiume, ma quando lo costrinsi a venire qui mi assicurò scherzando che mi stavo dimostrando un auten­ tico tedesco. Citando Tacito prese a raccontarmi nei dettagli come i nostri antenati si deliziassero dei sentimenti mirabili che la natura ci ispira con le sue forme intatte in quei luoghi solitari6. Aveva cominciato a raccontare da poco, quando esclamai: «Oh, perché questo magnifico luogo non si trova nel folto della foresta, perché non possiamo costruire una recinzione e creare un santuario per lui e per noi, isolandoci dal mondo! Certo, nessun culto divino è migliore di quello che non ha bisogno di immagini e che grazie soltanto al dia­ logo con la natura ci scaturisce dal cuore!» – Sento ancora vivi in me quei sentimenti, anche se non saprei più ripetere le parole che usai per esprimerli. Una cosa però è certa, che i sentimenti indeterminati e sconfinati della gioventù e dei popoli primitivi sono gli unici capaci del sublime che, quando viene suscitato in noi da elementi esterni, privi di forma o modellati in forme incomprensibili, ci avvolge con una grandiosità che oltrepassa la nostra comprensione. Tutti gli uomini provano, chi più chi meno, un simile sta­ to d’animo, e cercano quindi di soddisfare in molte maniere questa nobile esigenza. Ma proprio come il sublime viene facilmente evocato dal crepuscolo e dalla notte, dove tutte le forme si confondono, allo stesso modo viene | affievolito

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und so muß es auch durch jede wachsende Bildung vernichtet werden, wenn es nicht glücklich genug ist, sich zu dem Schönen zu flüchten und sich innig mit ihm zu vereinigen, wodurch denn beide gleich un­ sterblich und unverwüstlich sind. Die kurzen Augenblicke solcher Genüsse verkürzte mir noch mein denkender Freund; aber ganz umsonst versuchte ich, wenn ich heraus an die Welt trat, in der lichten und mageren Umgebung, ein solches Gefühl bei mir wieder zu erregen; ja kaum die Erinnerung davon ver­ mochte ich zu erhalten. Mein Herz war jedoch zu verwöhnt, als daß es sich hätte beruhigen können: es hatte geliebt, der Gegenstand war ihm entrissen; es hatte gelebt, und das Leben war ihm verkümmert. Ein Freund, der es zu deutlich merken läßt, daß er an euch zu bilden ge­ denkt, erregt kein Behagen; indessen eine Frau, die euch bildet, indem sie euch zu verwöhnen scheint, wie ein himmlisches, freudebringendes Wesen angebetet wird. Aber jene Gestalt, an der sich der Begriff des Schönen mir hervortat, war in die Ferne weggeschwunden; sie besuch­ te mich oft unter den Schatten meiner Eichen, aber ich konnte sie nicht festhalten, und ich fühlte einen gewaltigen Trieb, etwas Ähnliches in der Weite zu suchen. Ich hatte meinen Freund und Aufseher unvermerkt gewöhnt, ja ge­ nötigt, mich allein zu lassen; denn selbst in meinem heiligen Walde taten mir jene unbestimmten, riesenhaften Gefühle nicht genug. Das Auge war vor allen anderen das Organ, womit ich die Welt faßte. Ich hatte von Kindheit auf zwischen Malern gelebt, und mich gewöhnt, die Gegenstände wie sie, in Bezug auf die Kunst anzusehen. Jetzt, da ich mir selbst und der Einsamkeit überlassen war, trat diese Gabe, halb natürlich, halb erworben, hervor; wo ich hinsah erblickte ich ein Bild, und was mir auffiel, was mich erfreute, wollte ich festhalten, und ich fing an auf die ungeschickteste Weise nach der Natur zu zeichnen. Es fehlte mir hierzu nichts weniger als alles; doch blieb ich | hartnäckig daran, ohne irgend ein technisches Mittel, das Herrlichste nachbilden

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dal giorno che tutto distingue e separa, ed è annullato con l’aumentare della cultura, se non è così fortunato da rifu­ giarsi nel bello unendosi intimamente a lui – in quest’ulti­ mo caso divengono entrambi immortali e indistruttibili. I brevi istanti di questo piacere venivano ulteriormente abbreviati dal mio amico pensatore, e invano cercavo di far rivivere in me quei sentimenti una volta tornato nel mondo, in un ambiente più luminoso e aperto: riuscivo a malapena a evocarne il ricordo. Ma non c’era modo di calmare il mio cuore, ormai troppo viziato: aveva amato e gli era stato sot­ tratto l’oggetto del suo amore; aveva vissuto e la sua vita era avvizzita. Un amico che mostra troppo apertamente di volervi educare mette a disagio, mentre una donna che vi educa mentre pare che vi coccoli, la adoriamo come un an­ gelo portatore di gioia. Ma la figura che mi aveva mostrato l’idea del bello era sparita in lontananza; mi si presentava spesso all’ombra delle mie querce ma non riuscivo a tratte­ nerla, e provavo un impulso potente a cercare qualcosa di simile nel vasto mondo. Senza farlo notare avevo abituato, o meglio costretto, il mio amico precettore a lasciarmi solo, perché nemmeno nel mio boschetto sacro quei sentimenti indefiniti ed enormi mi bastavano. L’occhio era per me l’organo principale at­ traverso il quale conoscevo il mondo. Fin dall’infanzia ero vissuto tra i pittori e mi ero abituato a osservare gli oggetti, come loro, in relazione all’arte. Ora che ero di nuovo lascia­ to a me stesso e alla solitudine, questa dote in parte natura­ le, in parte coltivata, si rivelò: dovunque guardassi vedevo un dipinto, e desideravo trattenere ciò che mi colpiva, che mi piaceva: cominciai così a disegnare dal vero senza es­ serne minimamente capace7. Mi mancava più o meno tutto, ma mi | intestardivo nel disegnare, senza la benché minima tecnica, le cose più belle che mi si presentavano alla vista.

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zu wollen, was sich meinen Augen darstellte. Ich gewann freilich da­ durch eine große Aufmerksamkeit auf die Gegenstände, aber ich faßte sie nur im Ganzen, in sofern sie Wirkung taten; und so wenig mich die Natur zu einem deskriptiven Dichter bestimmt hatte, eben so wenig wollte sie mir die Fähigkeit eines Zeichners fürs Einzelne verleihen. Da jedoch nur dies allein die Art war, die mir übrig blieb, mich zu äußern, so hing ich mit eben so viel Hartnäckigkeit, ja mit Trübsinn daran, daß ich immer eifriger meine Arbeiten fortsetzte, je weniger ich etwas dabei herauskommen sah. Leugnen will ich jedoch nicht, daß sich eine gewisse Schelmerei mit einmischte: denn ich hatte bemerkt, daß wenn ich einen halbbe­ schatteten alten Stamm, an dessen mächtig gekrümmte Wurzeln sich wohlbeleuchtete Farrenkräuter anschmiegten, von blinkenden Gras­ lichtern begleitet, mir zu einem qualreichen Studium ausgesucht hatte, mein Freund, der aus Erfahrung wußte, daß unter einer Stunde da nicht loszukommen sei, sich gewöhnlich entschloß, mit einem Buche ein an­ deres gefälliges Plätzchen zu suchen. Nun störte mich nichts, meiner Liebhaberei nachzuhängen, die um desto emsiger war, als mir meine Blätter dadurch lieb wurden, daß ich mich gewöhnte, an ihnen nicht sowohl das zu sehen, was darauf stand, als dasjenige, was ich zu jeder Zeit und Stunde dabei gedacht hatte. So können uns Kräuter und Blu­ men der gemeinsten Art ein liebes Tagebuch bilden, weil nichts, was die Erinnerung eines glücklichen Moments zurückruft, unbedeutend sein kann; und noch jetzt würde es mir schwer fallen, manches derglei­ chen, was mir aus verschiedenen Epochen übrig geblieben, als wertlos zu vertilgen, weil es mich unmittelbar in jene Zeiten versetzt, deren ich mich zwar mit Wehmut, doch nicht ungern erinnere. Wenn aber solche Blätter irgend ein Interesse an und für sich haben könnten, so wären sie diesen Vorzug der Teilnahme und Aufmerksam­ keit meines Vaters schuldig. | Dieser, durch meinen Aufseher benach­ richtiget, daß ich mich nach und nach in meinen Zustand finde und besonders mich leidenschaftlich auf das Zeichnen nach der Natur ge­ wendet habe, war damit gar wohl zufrieden, teils weil er selbst sehr viel

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In effetti sviluppai una grande attenzione per gli oggetti, ma li coglievo solo nel loro insieme, per l’impressione che producevano. Così come la natura non aveva fatto di me un poeta descrittivo, così non aveva intenzione di concedermi la capacità di dipingere i particolari. Ma essendo questa l’u­ nica via che mi restava per esprimermi, mi ci dedicai con grande ostinazione, quasi con disperazione, intestardendo­ mi sempre più, quanto più scarsi mi parevano i risultati. Non voglio negare che ci fosse mescolato anche un piz­ zico di astuzia: mi ero infatti accorto che, una volta scelto per uno dei miei tormentosi studi un vecchio tronco in pe­ nombra, con felci illuminate dal sole che si insinuavano tra le sue possenti radici contorte e i riflessi di luce tra l’erba, il mio amico sapeva per esperienza che mi sarei fermato lì almeno un’ora e quindi con il suo libro andava a cercarsi un posticino più confortevole. A quel punto potevo abban­ donarmi indisturbato alla mia passione, in modo tanto più alacre quanto più mi affezionavo a quei fogli perché mi ero abituato a vedere in essi non solo quello che avevo rappre­ sentato, ma anche quello che avevo pensato in ogni istante mentre disegnavo. Così i fiori e le erbe più comuni possono formare un diario affettuoso, perché ciò che richiama il ri­ cordo di un momento felice non può mai essere insignifi­ cante; e ancora oggi farei fatica a considerare inutili e a eli­ minare quei disegni che mi sono rimasti da epoche diverse, perché mi fanno tornare immediatamente a quegli anni che ricordo con piacere, anche se con malinconia. Semmai quei fogli avessero un qualche interesse, lo do­ vrebbero senz’altro all’attenzione e alla premura di mio pa­ dre. | Informato dal mio precettore che mi stavo man mano riprendendo e che mi stavo dedicando con passione al di­ segno dal vero, ne fu molto soddisfatto sia perché aveva un’alta opinione del disegno e della pittura, sia perché com­

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auf Zeichnung und Malerei hielt, teils weil Gevatter Seekaz ihm eini­ gemal gesagt hatte, es sei Schade, daß ich nicht zum Maler bestimmt sei. Allein hier kamen die Eigenheiten des Vaters und Sohns wieder zum Konflikt: denn es war mir fast unmöglich, bei meinen Zeichnun­ gen ein gutes, weißes, völlig reines Papier zu gebrauchen; graue ver­ altete, ja schon von einer Seite beschriebene Blätter reizten mich am meisten, eben als wenn meine Unfähigkeit sich vor dem Prüfstein eines weißen Grundes gefürchtet hätte. So war auch keine Zeichnung ganz ausgefüllt; und wie hätte ich denn ein Ganzes leisten sollen, das ich wohl mit Augen sah, aber nicht begriff, und wie ein Einzelnes, das ich zwar kannte, aber dem zu folgen ich weder Fertigkeit noch Geduld hat­ te. Wirklich war auch in diesem Punkte die Pädagogik meines Vaters zu bewundern. Er fragte wohlwollend nach meinen Versuchen, und zog Linien um jede unvollkommene Skizze: er wollte mich dadurch zur Vollständigkeit und Ausführlichkeit nötigen; die unregelmäßigen Blät­ ter schnitt er zurechte, und machte damit den Anfang zu einer Samm­ lung, in der er sich dereinst der Fortschritte seines Sohnes freuen woll­ te. Es war ihm daher keineswegs unangenehm, wenn mich mein wildes unstätes Wesen in der Gegend umhertrieb, vielmehr zeigte er sich zu­ frieden, wenn ich nur irgend ein Heft zurückbrachte, an dem er seine Geduld üben und seine Hoffnungen einigermaßen stärken konnte. Man sorgte nicht mehr, daß ich in meine früheren Neigungen und Verhältnisse zurückfallen könnte, man ließ mir nach und nach voll­ kommene Freiheit. Durch zufällige Anregung, so wie in zufälliger Gesellschaft stellte ich manche Wanderungen nach dem Gebirge an, das von Kindheit auf so fern und ernsthaft vor mir gestanden hatte. So besuchten wir Homburg, Kroneburg, bestiegen den Feldberg, von | dem uns die weite Aussicht immer mehr in die Ferne lockte. Da blieb denn Königstein nicht unbesucht; Wiesbaden, Schwalbach mit seinen Umgebungen beschäftigten uns mehrere Tage; wir gelangten an den Rhein, den wir, von den Höhen herab, weit her schlängeln gesehen.

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pare Seekatz più volte gli aveva detto che era un peccato che non fossi destinato a fare il pittore. Qui però entravano nuovamente in conflitto le peculiarità del padre e del figlio: per me infatti era quasi impossibile utilizzare per i miei disegni della buona carta bianca e immacolata, preferivo invece di gran lunga fogli vecchi e ingrigiti, magari anche già utilizzati su un verso, come se la mia imperizia avesse paura di misurarsi con un fondo bianco. E poi i disegni non erano mai del tutto terminati: come avrei potuto disegnare qualcosa di compiuto se lo vedevo con gli occhi ma senza capirlo, come avrei potuto disegnare un particolare, se lo conoscevo ma non avevo né l’abilità, né la pazienza per eseguirlo? Anche in quest’ambito il principio pedagogico di mio padre era davvero ammirevole. Si informava bene­ volo dei miei tentativi, tirava delle righe intorno agli schizzi non terminati – in quel modo voleva indurmi alla comple­ tezza e all’accuratezza; rifilava i fogli irregolari buttando le basi per una raccolta per potersi rallegrare in futuro dei progressi di suo figlio. Non lo infastidiva affatto che il mio essere irrequieto e impetuoso mi portasse a zonzo per i din­ torni, anzi era ben contento quando gli portavo un qualche quaderno dove poteva esercitare la sua pazienza e trarre ali­ mento per le sue speranze. Svanì la preoccupazione che potessi ritornare alle mie precedenti inclinazioni e amicizie, e man mano mi si lasciò completa libertà. Circostanze e compagnie occasionali mi indussero a intraprendere qualche gita sulle montagne che fin dall’infanzia vedevo così lontane e imponenti. Così visi­ tammo Homburg, Kronberg, salimmo sul Feldberg, da | cui si godeva un panorama che ci invitava sempre più lontano. Non trascurammo Königstein; a Wiesbaden, Schwalbach e dintorni ci trattenemmo più giorni arrivando fino al Reno, che avevamo visto serpeggiare in lontananza dall’alto delle

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Maynz setzte uns in Verwunderung, doch konnte es den jugendlichen Sinn nicht fesseln, der ins Freie ging; wir erheiterten uns an der Lage von Biberich, und nahmen zufrieden und froh unseren Rückweg. Diese ganze Tour, von der sich mein Vater manches Blatt versprach, wäre beinahe ohne Frucht gewesen: denn welcher Sinn, welches Ta­ lent, welche Übung gehört nicht dazu, eine weite und breite Landschaft als Bild zu begreifen! Unmerklich wieder zog es mich jedoch ins Enge, wo ich einige Ausbeute fand: denn ich traf kein verfallenes Schloß, kein Gemäuer, das auf die Vorzeit hindeutete, daß ich es nicht für einen würdigen Gegenstand gehalten und so gut als möglich nachgebildet hätte. Selbst den Drusenstein auf dem Walle zu Maynz zeichnete ich mit einiger Gefahr und mit Unstatten, die ein Jeder erleben muß, der sich von Reisen einige bildliche Erinnerungen mit nach Hause nehmen will. Leider hatte ich abermals nur das schlechteste Konzeptpapier mit­ genommen, und mehrere Gegenstände unschicklich auf ein Blatt ge­ häuft; aber mein väterlicher Lehrer ließ sich dadurch nicht irre machen; er schnitt die Blätter aus einander, ließ das Zusammenpassende durch den Buchbinder aufziehen, faßte die einzelnen Blätter in Linien und nötigte mich dadurch wirklich, die Umrisse verschiedener Berge bis an den Rand zu ziehen und den Vordergrund mit einigen Kräutern und Steinen auszufüllen. Konnten seine treuen Bemühungen auch mein Talent nicht steigern, so hatte doch dieser Zug seiner Ordnungsliebe einen geheimen Einfluß auf mich, der sich späterhin auf mehr als eine Weise lebendig erwies. Von solchen halb lebenslustigen, halb künstlerischen Streifpartie­ en, welche sich in kurzer Zeit vollbringen und | öfters wiederholen ließen, ward ich jedoch wieder nach Hause gezogen, und zwar durch einen Magneten, der von jeher stark auf mich wirkte; es war meine Schwester. Sie, nur ein Jahr jünger als ich, hatte mein ganzes bewußtes

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cime. Magonza suscitò la nostra ammirazione, ma non riu­ scì a catturare la mente del giovane, che anelava agli spazi aperti; ci piacque molto la posizione di Biebrich e prendem­ mo soddisfatti e contenti la via del ritorno. Tutto quel viaggio, dal quale mio padre si aspettava pa­ recchi disegni, sarebbe rimasto però quasi del tutto infrut­ tuoso: che intuito, che talento, che esperienza sarebbero sta­ ti necessari per afferrare in un’immagine un paesaggio così ampio e vasto! Impercettibilmente però ero sempre attirato nei luoghi angusti, dove trovavo il mio bottino; ogni volta infatti che vedevo un castello diroccato o una muraglia con parvenze antiche, subito lo consideravo un soggetto merite­ vole e mi mettevo a riprodurlo meglio che potevo. Disegnai persino il cenotafio di Druso sui bastioni di Magonza nono­ stante la scomodità e il pericolo, cose che deve sopportare chi dai suoi viaggi vuole riportare a casa ricordi illustrati. Purtroppo quella volta avevo portato con me soltanto carta per appunti della peggior qualità, e avevo ammassato mala­ mente diversi soggetti sullo stesso foglio, ma il mio paterno maestro non si perse d’animo: ritagliò i fogli, fece racco­ gliere dal rilegatore i fogli di formato simile, tracciò linee di contorno su ogni foglio e mi costrinse davvero a completare il profilo dei monti fino al bordo e a riempire i primi piani con erba e pietre. Sebbene i suoi sforzi costanti non potessero accresce­ re il mio talento, questo suo particolare amore per l’ordine esercitò comunque una segreta influenza su di me, che si manifestò più avanti in molti modi. Da queste escursioni intraprese vuoi per l’arte, vuoi per divertimento, che si concludevano in tempi brevi e | si po­ tevano ripetere spesso, ero però sempre attirato verso casa da un magnete che ebbe sempre un forte potere su di me: mia sorella. Solo di un anno più giovane, aveva condivi­

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Leben mit mir herangelebt und sich dadurch mit mir aufs innigste verbunden. Zu diesen natürlichen Anlässen gesellte sich noch ein aus unserer häuslichen Lage hervorgehender Drang; ein zwar liebevoller und wohlgesinnter, aber ernster Vater, der, weil er innerlich ein sehr zartes Gemüt hegte, äußerlich mit unglaublicher Konsequenz eine eherne Strenge vorbildete, damit er zu dem Zwecke gelangen möge, seinen Kindern die beste Erziehung zu geben, sein wohlgegründetes Haus zu erbauen, zu ordnen und zu erhalten; dagegen eine Mutter fast noch Kind, welche erst mit und in ihren beiden Ältesten zum Bewußt­ sein heranwuchs; diese drei, wie sie die Welt mit gesundem Blicke gewahr wurden, lebensfähig und nach gegenwärtigem Genuß verlan­ gend. Ein solcher in der Familie schwebender Widerstreit vermehrte sich mit den Jahren. Der Vater verfolgte seine Absicht unerschüttert und ununterbrochen; Mutter und Kinder konnten ihre Gefühle, ihre Anforderungen, ihre Wünsche nicht aufgeben. Unter diesen Umständen war es natürlich, daß Bruder und Schwes­ ter sich fest aneinander schlossen und sich zur Mutter hielten, um die im Ganzen versagten Freuden wenigstens einzeln zu erhaschen. Da aber die Stunden der Eingezogenheit und Mühe sehr lang und weit waren gegen die Augenblicke der Erholung und des Vergnügens, be­ sonders für meine Schwester, die das Haus niemals auf so lange Zeit als ich verlassen konnte; so ward ihr Bedürfnis, sich mit mir zu unter­ halten, noch durch die Sehnsucht geschärft, mit der sie mich in die Ferne begleitete. Und so wie in den ersten Jahren Spiel und Lernen, Wachstum und Bildung den Geschwistern völlig gemein war, so daß sie sich wohl für Zwillinge halten konnten; so blieb auch unter ihnen diese Gemein­ schaft, dieses Vertrauen, bei Entwickelung physischer und moralischer Kräfte. Jenes | Interesse der Jugend, jenes Erstaunen beim Erwachen sinnlicher Triebe, die sich in geistige Formen, geistiger Bedürfnisse, die sich in sinnliche Gestalten einkleiden, alle Betrachtungen darüber,

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so con me tutta la vita cosciente ed eravamo quindi molto legati. A queste circostanze naturali si univa un spinta che derivava dalla nostra situazione familiare: da una parte un padre amorevole e ben intenzionato, certo, ma severo, che interiormente aveva un animo delicato e proprio per questo all’esterno procedeva con estrema conseguenza e ferreo ri­ gore per raggiungere il suo scopo, cioè dare ai figli la mi­ gliore educazione e costruire e mantenere una casa solida e ordinata. Dall’altra una madre che era invece quasi ancora una bambina, maturata man mano con e attraverso i due figli maggiori. Noi tre vedevamo il mondo con uno sguardo sano e aperto alla vita, desiderosi di goderla nel presente. Una simile contrapposizione insita nella famiglia si accen­ tuò con il passare degli anni: il padre perseguiva la sua meta incrollabile e tenace; madre e figli non potevano rinunciare ai loro sentimenti, alle loro esigenze, ai loro desideri. In questa situazione era naturale che fratello e sorella fossero molto uniti e si appoggiassero alla madre per af­ ferrare almeno qualcuna delle gioie altrimenti negate. Ma le ore della fatica e della solitudine erano molto lunghe in confronto agli attimi di distrazione e di divertimento, so­ prattutto per mia sorella che non poteva star fuori casa così a lungo come facevo io; e così il suo bisogno di stare con me era acuito ancor di più dalla nostalgia con cui mi segui­ va quando ero fuori. Nei primi anni gioco e studio, crescita e formazione erano comuni a fratello e sorella, tanto che potevano qua­ si considerarsi gemelli, e quella vicinanza e confidenza tra loro si mantennero anche in seguito, con la crescita delle forze fisiche e morali. | La curiosità della giovinezza, lo stu­ pore per il destarsi degli istinti sensuali che si rivestono di forme spirituali, e dei bisogni spirituali che si rivestono di forme sensuali, tutte le considerazioni sull’argomento che

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die uns eher verdüstern als aufklären, wie ein Nebel das Tal, woraus er sich emporheben will, zudeckt und nicht erhellt, manche Irrungen und Verirrungen, die daraus entspringen, teilten und bestanden die Ge­ schwister Hand in Hand, und wurden über ihre seltsamen Zustände um desto weniger aufgeklärt, als die heilige Scheu der nahen Verwandt­ schaft sie, indem sie sich einander mehr nähern, ins Klare treten woll­ ten, nur immer gewaltiger aus einander hielt. Ungern spreche ich dies im Allgemeinen aus, was ich vor Jahren darzustellen unternahm, ohne daß ich es hätte ausführen können. Da ich dieses geliebte, unbegreifliche Wesen nur zu bald verlor, fühlte ich genugsamen Anlaß, mir ihren Wert zu vergegenwärtigen, und so ent­ stand bei mir der Begriff eines dichterischen Ganzen, in welchem es möglich gewesen wäre, ihre Individualität darzustellen: allein es ließ sich dazu keine andere Form denken als die der Richardsonschen Ro­ mane. Nur durch das genauste Detail, durch unendliche Einzelnheiten, die lebendig alle den Charakter des Ganzen tragen und, indem sie aus einer wundersamen Tiefe hervorspringen, eine Ahndung von dieser Tiefe geben; nur auf solche Weise hätte es einigermaßen gelingen kön­ nen, eine Vorstellung dieser merkwürdigen Persönlichkeit mitzuteilen: denn die Quelle kann nur gedacht werden, in sofern sie fließt. Aber von diesem schönen und frommen Vorsatz zog mich, wie von so vielen anderen, der Tumult der Welt zurück, und nun bleibt mir nichts übrig, als den Schatten jenes seligen Geistes nur, wie durch Hülfe eines magi­ schen Spiegels, auf einen Augenblick heranzurufen. Sie war groß, wohl und zart gebaut und hatte etwas Natürlichwür­ diges in ihrem Betragen, das in eine angenehme Weichheit verschmolz. Die Züge ihres Gesichts, weder bedeutend noch schön, sprachen von einem Wesen, | das weder mit sich einig war, noch werden konnte. Ihre Augen waren nicht die schönsten, die ich jemals sah, aber die tiefs­ ten, hinter denen man am meisten erwartete, und wenn sie irgend eine Neigung, eine Liebe ausdrückten, einen Glanz hatten ohne Gleichen; und doch war dieser Ausdruck eigentlich nicht zärtlich, wie der, der

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più che chiarirci ci confondono come la nebbia che vorreb­ be sollevarsi da una valle ma la copre invece che schiarirla, e gli errori e gli smarrimenti che ne derivano: tutto que­ sto fratello e sorella lo vissero e lo condivisero mano nella mano, ma quanto più sentivano il bisogno di avvicinarsi, tanto più il sacro timore della stretta parentela li teneva di­ visi con forza, e non riuscivano a fare chiarezza sulla loro strana condizione8. Parlo malvolentieri in termini generali di ciò che anni fa avevo cercato di descrivere, senza riuscirci. Avendo perso troppo presto quell’essere amato e incomprensibile9, avver­ tivo un forte impulso a richiamarmi alla mente le sue qualità e così mi era venuta l’idea di un’opera letteraria in cui fosse possibile rappresentare la sua individualità; ma non riuscii a pensare ad altra forma che non fosse quella dei roman­ zi alla Richardson10. Solo attraverso i più piccoli dettagli, solo attraverso infiniti particolari che con vivacità rendono il carattere dell’insieme e, scaturendo da una meravigliosa profondità, possono far intuire quella profondità: solo così sarei in qualche modo riuscito a descrivere quella personali­ tà speciale, poiché possiamo immaginarci una sorgente solo nel suo fluire. Ma da questo proposito bello e affettuoso, come da molti altri, mi sviò il tumulto della vita e ora non mi rimane altro che evocare solo per qualche istante l’om­ bra di quello spirito beato, come in uno specchio magico. Era alta, di corporatura proporzionata e delicata, con una dignità innata nel portamento che si stemperava in una pia­ cevole dolcezza. I tratti del volto, né significativi né belli, indicavano una creatura | che non era e non poteva essere in armonia con se stessa. Gli occhi non erano i più belli che avessi mai visto, ma erano però i più profondi, quel­ li più ricchi di promesse, e quando esprimevano interesse e affetto brillavano senza pari; eppure la loro espressione

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aus dem Herzen kommt und zugleich etwas Sehnsüchtiges und Ver­ langendes mit sich führt; dieser Ausdruck kam aus der Seele, er war voll und reich, er schien nur geben zu wollen, nicht des Empfangens zu bedürfen. Was ihr Gesicht aber ganz eigentlich entstellte, so daß sie manch­ mal wirklich häßlich aussehen konnte, war die Mode jener Zeit, welche nicht allein die Stirn entblößte, sondern auch alles tat, um sie schein­ bar oder wirklich, zufällig oder vorsätzlich zu vergrößern. Da sie nun die weiblichste, reingewölbteste Stirn hatte und dabei ein Paar starke schwarze Augenbrauen und vorliegende Augen; so entstand aus diesen Verhältnissen ein Kontrast, der einen jeden Fremden für den ersten Au­ genblick wo nicht abstieß, doch wenigstens nicht anzog. Sie empfand es früh, und dies Gefühl ward immer peinlicher, je mehr sie in die Jahre trat, wo beide Geschlechter eine unschuldige Freude empfinden, sich wechselseitig angenehm zu werden. Niemanden kann seine eigne Gestalt zuwider sein, der Häßlichste wie der Schönste hat das Recht sich seiner Gegenwart zu freuen; und da das Wohlwollen verschönt, und sich Jedermann mit Wohlwollen im Spiegel besieht, so kann man behaupten, daß Jeder sich auch mit Wohl­ gefallen erblicken müsse, selbst wenn er sich dagegen sträuben wollte. Meine Schwester hatte jedoch eine so entschiedene Anlage zum Ver­ stand, daß sie hier unmöglich blind und albern sein konnte; sie wußte vielmehr vielleicht deutlicher als billig, daß sie hinter ihren Gespielin­ nen an äußerer Schönheit sehr weit zurückstehe, ohne zu ihrem Troste zu fühlen, daß sie ihnen an inneren Vorzügen unendlich überlegen sei. Kann ein Frauenzimmer für den Mangel von Schönheit | entschä­ digt werden, so war sie es reichlich durch das unbegrenzte Vertrauen, die Achtung und Liebe, welche sämtliche Freundinnen zu ihr trugen; sie mochten älter oder jünger sein, alle hegten die gleichen Empfindun­ gen. Eine sehr angenehme Gesellschaft hatte sich um sie versammelt,

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non era dolce come quella che viene dal cuore e porta con sé nostalgia e desiderio insieme; quell’espressione veniva dall’anima, era piena e ricca, sembrava solo voler donare senza bisogno di ricevere nulla. Quello che invece la faceva sfigurare, tanto che qualche volta appariva davvero brutta, era la moda del tempo che non soltanto voleva che la fronte fosse scoperta, ma tendeva ad accentuarla in ogni modo, per finta o per davvero, per caso o di proposito. Aveva una fronte molto arcuata e fem­ minile, ma sopracciglia nere e folte e gli occhi sporgenti: da questi elementi derivava un contrasto che in un primo momento quasi respingeva, o per lo meno non attirava, gli estranei. Se ne accorse ben presto e quella sensazione di­ venne sempre più penosa man mano che entrava nell’età in cui i due sessi trovano un innocente piacere nel rendersi attraenti l’uno per l’altro. Nessuno deve detestare il proprio aspetto, tanto il più brutto quanto il più bello hanno lo stesso diritto di essere soddisfatti; e poiché la benevolenza rende più belli e ognu­ no si guarda allo specchio con benevolenza, possiamo af­ fermare che ciascuno dovrebbe considerarsi con favore, per quanto a fatica. Mia sorella aveva invece un intelletto così sviluppato che su questo punto non poteva essere né cieca né sciocca; capiva fin troppo bene che, in fatto di bellezza esteriore, era molto inferiore alle sue amiche, e non poteva consolarla nemmeno la certezza di essere infinitamente su­ periore a loro per qualità interiori. Se una ragazza può trovare compensazione | per la man­ canza di bellezza, lei la trovava in abbondanza grazie alla fiducia sconfinata, all’affetto e al rispetto che tutte le sue amiche le dimostravano; più giovani o più vecchie, tutte nutrivano per lei gli stessi sentimenti. Intorno a lei si era creata una bella compagnia, dove non mancavano di intru­

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es fehlte nicht an jungen Männern, die sich einzuschleichen wußten, fast jedes Mädchen fand einen Freund; nur sie war ohne Hälfte ge­ blieben. Freilich, wenn ihr Äußeres einigermaßen abstoßend war, so wirkte das Innere, das hindurchblickte, mehr ablehnend, als anziehend: denn die Gegenwart einer jeden Würde weist den andern auf sich selbst zurück. Sie fühlte es lebhaft, sie verbarg mir’s nicht, und ihre Neigung wendete sich desto kräftiger zu mir. Der Fall war eigen genug. So wie Vertraute, denen man ein Liebesverständnis offenbart, durch aufrichti­ ge Teilnahme wirklich Mitliebende werden, ja zu Rivalen heranwach­ sen und die Neigung zuletzt wohl auf sich selbst hinziehen, so war es mit uns Geschwistern: denn indem mein Verhältnis zu Gretchen zerriß, tröstete mich meine Schwester um desto ernstlicher, als sie heimlich die Zufriedenheit empfand, eine Nebenbuhlerin losgeworden zu sein; und so mußte auch ich mit einer stillen Halbschadenfreude empfinden, wenn sie mir Gerechtigkeit widerfahren ließ, daß ich der Einzige sei, der sie wahrhaft liebe, sie kenne und sie verehre. Wenn sich nun bei mir von Zeit zu Zeit der Schmerz über Gretchens Verlust erneuerte und ich aus dem Stegreife zu weinen, zu klagen und mich ungebärdig zu stellen anfing, so erregte meine Verzweifelung über das Verlorene bei ihr eine gleichfalls verzweifelnde Ungeduld über das Niebesessene, Mißlungene und Vorübergestrichene solcher jugendlichen Neigungen, daß wir uns beide grenzenlos unglücklich hielten, und um so mehr, als in diesem seltsamen Falle die Vertrauenden sich nicht in Liebende um­ wandeln durften. Glücklicherweise mischte sich jedoch der wunderliche Liebesgott, der ohne Not so viel Unheil anrichtet, hier einmal wohltätig mit ein, um uns aus aller Verlegenheit zu ziehen. Mit einem jungen Engländer, der sich in der | Pfeilischen Pension bildete, hatte ich viel Verkehr. Er konnte von seiner Sprache gute Rechenschaft geben, ich übte sie mit ihm und erfuhr dabei Manches von seinem Lande und Volke. Er ging

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folarsi dei giovanotti; quasi tutte le sue amiche avevano un fidanzato, solo lei era rimasta sola. In verità, se già il suo aspetto esteriore era poco accattivante, anche il carattere che ne traspariva respingeva più che attrarre, poiché una presenza ricca di dignità respinge l’altro rimandandolo a se stesso. Lo sentiva con forza, non me lo nascondeva, e il suo affetto si riversò su di me con ancora maggior intensità. Il caso era piuttosto singolare. Come gli amici più intimi a cui si confida una relazione amorosa che, attraverso la loro sincera simpatia, arrivano a immedesimarsi innamorandosi loro stessi fino a divenire addirittura rivali per poi attira­ re l’amore su se stessi, così accadeva tra noi due. Quan­ do infatti si interruppe il mio rapporto con Gretchen, mia sorella mi consolò con grande serietà, basata sulla segreta soddisfazione di essersi liberata di una rivale; e anch’io a mia volta provavo un pizzico di gioia maligna e silenziosa quando doveva ammettere che io ero l’unico che la amava davvero, che la conosceva e la rispettava. Quando di tanto in tanto il dolore per la perdita di Gretchen si ripresentava e cominciavo all’improvviso a piangere, a lamentarmi e a dare in escandescenze, la mia disperazione per ciò che ave­ vo perso suscitava in lei uno sconforto altrettanto disperato per gli amori giovanili che non aveva mai avuto, che erano finiti male o troppo presto. Ci consideravamo entrambi infi­ nitamente infelici, tanto più che in questo particolare caso i due confidenti non potevano trasformarsi in amanti. Fortunatamente il capriccioso dio dell’amore, che non richiesto combina così tanti guai, questa volta intervenne beneficamente e ci trasse da ogni imbarazzo. Frequentavo assiduamente un giovane inglese che studiava nel | convitto di Pfeil11; sapeva spiegare molto bene le caratteristiche del­ la sua lingua, io la esercitavo con lui e imparavo qualcosa sul suo paese e la sua gente. Per molto tempo andò e venì da

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lange genug bei uns aus und ein, ohne daß ich eine Neigung zu mei­ ner Schwester an ihm bemerkte, doch mochte er sie im Stillen bis zur Leidenschaft genährt haben: denn endlich erklärte sich’s unversehens und auf einmal. Sie kannte ihn, sie schätzte ihn, und er verdiente es. Sie war oft bei unseren englischen Unterhaltungen die Dritte gewesen, wir hatten aus seinem Munde uns beide die Wunderlichkeiten der eng­ lischen Aussprache anzueignen gesucht, und uns dadurch nicht nur das Besondere ihres Tones und Klanges, sondern sogar das Besonderste der persönlichen Eigenheiten unseres Lehrers angewöhnt, so daß es zu­ letzt seltsam genug klang, wenn wir zusammen wie aus Einem Munde zu reden schienen. Seine Bemühung, von uns auf gleiche Weise so viel vom Deutschen zu lernen, wollte nicht gelingen, und ich glaube be­ merkt zu haben, daß auch jener kleine Liebeshandel, sowohl schriftlich als mündlich, in englischer Sprache durchgeführt wurde. Beide junge Personen schickten sich recht gut für einander: er war groß und wohl­ gebaut, wie sie, nur noch schlanker; sein Gesicht, klein und eng bei­ sammen, hätte wirklich hübsch sein können, wäre es durch die Blattern nicht allzusehr entstellt gewesen; sein Betragen war ruhig, bestimmt, man durfte es wohl manchmal trocken und kalt nennen; aber sein Herz war voll Güte und Liebe, seine Seele voll Edelmut und seine Neigun­ gen so dauernd als entschieden und gelassen. Nun zeichnete sich die­ ses ernste Paar, das sich erst neuerlich zusammengefunden hatte, unter den anderen ganz eigen aus, die schon mehr mit einander bekannt, von leichteren Charakteren, sorglos wegen der Zukunft, sich in jenen Ver­ hältnissen leichtsinnig herumtrieben, die gewöhnlich nur als ein frucht­ loses Vorspiel künftiger ernsterer Verbindungen vorübergehen, und sehr selten eine dauernde Folge auf das Leben bewirken. Die gute Jahrszeit, die schöne Gegend blieb für eine so | muntere Gesellschaft nicht unbenutzt; Wasserfahrten stellte man häufig an, weil diese die geselligsten von allen Lustpartieen sind. Wir mochten uns jedoch zu Wasser oder zu Lande bewegen, so zeigten sich gleich die einzelnen anziehenden Kräfte; jedes Paar schloß sich zusammen, und für einige Männer, die nicht versagt waren, worunter ich auch gehörte,

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casa nostra senza che notassi mai una qualche propensione per mia sorella, ma forse l’aveva coltivata in segreto fino a farla diventare una passione: perché alla fine si dichiarò all’improvviso e tutto in una volta. Lei lo conosceva, lo sti­ mava, ed egli lo meritava. Mia sorella aveva spesso formato con noi un trio per le conversazioni di inglese, entrambi avevamo cercato di imparare da lui le stranezze della pro­ nuncia inglese e avevamo acquisito non soltanto le partico­ larità dell’accento e del timbro, ma anche le caratteristiche specifiche e personali del nostro insegnante, tanto che alla fine faceva uno strano effetto, sembrava che parlassimo tut­ ti e tre da una sola bocca. I suoi sforzi di imparare da noi il tedesco altrettanto bene non davano invece alcun risultato, e credo di aver capito che anche quel piccolo scambio ga­ lante, sia scritto che orale, avvenisse in inglese. I due erano fatti l’uno per l’altra: lui era alto e proporzionato, come lei, solo più esile; il volto, minuto e concentrato, sarebbe stato bello se non fosse stato così sfigurato dal vaiolo; il contegno era posato, determinato, qualche volta lo si sarebbe potuto dire asciutto e freddo, ma il cuore era buono e affettuoso, l’animo nobile e i sentimenti tanto durevoli quanto sinceri e convinti. Questa coppia formatasi da poco si distingueva per serietà dalle altre che, ormai consolidate, intrattenevano quelle relazioni con spirito più frivolo, incuranti del futuro, considerandole in genere solo un preludio infruttuoso a più seri legami futuri e prive di conseguenze durature sulla vita. L’allegra compagnia non mancò di sfruttare | la bella sta­ gione e gli ameni dintorni; organizzammo spesso gite sul fiume, che tra tutte le escursioni sono le più divertenti. Ma che ci muovessimo per acqua o per terra, sempre emerge­ vano specifiche forze di attrazione: ogni coppia si riuniva e per gli uomini che non avevano una compagna, tra i quali fi­ guravo anch’io, non rimaneva che rinunciare completamen­

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blieb entweder gar keine weibliche Unterhaltung, oder eine solche, die man an einem lustigen Tage nicht würde gewählt haben. Ein Freund, der sich in gleichem Falle befand, und dem es an einer Hälfte haupt­ sächlich deswegen ermangeln mochte, weil es ihm, bei dem besten Hu­ mor, an Zärtlichkeit, und bei viel Verstand, an jener Aufmerksamkeit fehlte, ohne welche sich Verbindungen solcher Art nicht denken lassen; dieser, nachdem er öfters seinen Zustand launig und geistreich beklagt, versprach, bei der nächsten Versammlung einen Vorschlag zu tun, wo­ durch ihm und dem Ganzen geholfen werden sollte. Auch verfehlte er nicht sein Versprechen zu erfüllen: denn als wir, nach einer glänzenden Wasserfahrt und einem sehr anmutigen Spaziergang, zwischen schatti­ gen Hügeln gelagert im Gras, oder sitzend auf bemoosten Felsen und Baumwurzeln, heiter und froh ein ländliches Mahl verzehrt hatten, und uns der Freund alle heiter und guter Dinge sah, gebot er mit schalkhaf­ ter Würde, einen Halbkreis sitzend zu schließen, vor den er hintrat und folgendermaßen emphatisch zu perorieren anfing: »Höchst werte Freunde und Freundinnen, Gepaarte und Ungepaar­ te! – Schon aus dieser Anrede erhellet, wie nötig es sei, daß ein Buß­ prediger auftrete und der Gesellschaft das Gewissen schärfe. Ein Teil meiner edlen Freunde ist gepaart, und mag sich dabei ganz wohl be­ finden, ein anderer ungepaart, der befindet sich höchst schlecht, wie ich aus eigner Erfahrung versichern kann; und wenn nun gleich die lieben Gepaarten hier die Mehrzahl ausmachen, so gebe ich ihnen doch zu bedenken, ob es nicht eben gesellige Pflicht sei, für alle zu sorgen? Warum vereinigen wir uns zahlreich? als um an einander wechselseitig Teil zu nehmen; und wie | kann das geschehen? wenn sich in unserem Kreise wieder so viele kleine Absonderungen bemerken lassen. Weit entfernt bin ich, etwas gegen so schöne Verhältnisse meinen, oder nur daran rühren zu wollen; aber alles hat seine Zeit! ein schönes, großes Wort, woran freilich Niemand denkt, wenn ihm für Zeitvertreib hin­ reichend gesorgt ist.«

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te alla compagnia femminile, oppure accontentarsi di una che non si sarebbe certo scelta per una giornata allegra. Un amico che si trovava nella mia stessa situazione e che non aveva trovato una compagna soprattutto perché, nonostante fosse molto spiritoso e molto intelligente, gli mancavano la dolcezza e quell’attenzione senza le quali legami di quel tipo sono inconcepibili, costui dopo essersi lamentato più volte della sua condizione con brio e acume, promise che in occasione della gita successiva avrebbe fatto una proposta per risolvere il problema. In effetti mantenne la promessa: dopo una splendida gita in barca e una bella passeggiata tra colline ombreggiate, avevamo consumato un pasto campe­ stre sdraiati sull’erba o seduti su rocce coperte di muschio o tra le radici degli alberi; vedendoci allegri e di buon umore, l’amico ci invitò con furbesca solennità a sederci in semi­ cerchio intorno a lui, si mise davanti a noi e iniziò con en­ fasi la sua perorazione12. «Stimatissimi amici e care amiche, accoppiati e non! Già da queste prime parole capirete quanto sia necessaria la presenza di un predicatore quaresimale che stimoli le co­ scienze di questa compagnia. Alcuni dei miei nobili amici hanno una compagna e si trovano benissimo, altri invece sono soli e si trovano assai male, come posso assicurare per esperienza diretta; e anche se i cari accoppiati qui sono la maggioranza, li invito a riflettere se non faccia parte dei doveri sociali provvedere anche per gli altri. Perché ci ri­ uniremmo in gruppo, se non per renderci partecipi gli uni degli altri? Ma ciò come | può avvenire, se già nel nostro gruppo si notano così tanti piccoli gruppetti isolati? Lungi da me condannare queste belle relazioni o anche solo criti­ carle, ma tutto a suo tempo! Purtroppo nessuno pensa mai a questa bella massima finché ha sufficienti occasioni per divertirsi».

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Er fuhr darauf immer lebhafter und lustiger fort, die geselligen Tugenden den zärtlichen Empfindungen gegenüberzustellen. »Diese, sagte er, können uns niemals fehlen, wir tragen sie immer bei uns, und Jeder wird darin leicht ohne Übung ein Meister; aber jene müssen wir aufsuchen, wir müssen uns um sie bemühen, und wir mögen darin so viel wir wollen fortschreiten, so lernt man sie doch niemals ganz aus.« – Nun ging er ins Besondere. Mancher mochte sich getroffen fühlen, und man konnte nicht unterlassen, sich unter einander anzusehen; doch hatte der Freund das Privilegium, daß man ihm nichts übel nahm, und so konnte er ungestört fortfahren. »Die Mängel aufdecken ist nicht genug; ja man hat Unrecht solches zu tun, wenn man nicht zugleich das Mittel zu dem besseren Zustande anzugeben weiß. Ich will Euch, mein[e] Freunde, daher nicht etwa, wie ein Karwochenprediger, zur Buße und Besserung im Allgemeinen er­ mahnen, vielmehr wünsche ich sämtlichen liebenswürdigen Paaren das längste und dauerhafteste Glück, und um hiezu selbst auf das sicherste beizutragen, tue ich den Vorschlag, für unsere geselligen Stunden diese kleinen allerliebsten Absonderungen zu trennen und aufzuheben. Ich habe, fuhr er fort, schon für die Ausführung gesorgt, wenn ich Beifall finden sollte. Hier ist ein Beutel, in dem die Namen der Herren be­ findlich sind; ziehen Sie nun, meine Schönen, und lassen Sie sich’s gefallen, denjenigen auf acht Tage als Diener zu begünstigen, den Ih­ nen das Los zuweist. Dies gilt nur innerhalb unseres Kreises; sobald er aufgehoben ist, sind auch diese Verbindungen aufgehoben, und wer Sie nach Hause führen soll, mag das Herz entscheiden.« Ein großer Teil der Gesellschaft war über diese Anrede | und die Art, wie er sie vortrug, froh geworden und schien den Einfall zu billi­ gen; einige Paare jedoch sahen vor sich hin, als glaubten sie dabei nicht ihre Rechnung zu finden: deshalb rief er mit launiger Heftigkeit: »Fürwahr! es überrascht mich, daß nicht Jemand aufspringt, und obgleich noch andere zaudern, meinen Vorschlag anpreist, dessen Vor­

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Proseguì con tono sempre più vivace e divertente met­ tendo a confronto le virtù sociali con i sentimenti amorosi. «Questi non ci mancano mai, li portiamo sempre con noi», disse, «e ciascuno ne diviene facilmente maestro senza biso­ gno di esercizio; quelle invece dobbiamo cercarle, dobbia­ mo sforzarci di acquisirle, e per quanti progressi facciamo non finiamo mai di impararle». Poi entrò nei dettagli; alcuni si sentirono offesi e non potevamo evitare di guardarci di sottecchi, ma l’amico aveva il vantaggio che non era possi­ bile prendersela con lui, e quindi proseguì indisturbato. «Non basta mettere in luce i difetti; anzi, è sbagliato farlo, se non si indica contemporaneamente anche il modo per migliorarsi. Quindi, amici miei, non voglio esortarvi in modo generico alla penitenza e a una vita più virtuosa, come fa il predicatore quaresimale; voglio invece augurare a tutte le nostre adorabili coppiette felicità lunghissima e duratura, e per dare io stesso un solido contributo avanzo la proposta di dividere e sciogliere questi piccoli amabili gruppetti in occasione dei nostri incontri comuni. Ho già pensato a come possiamo procedere», aggiunse, «nel caso foste d’accordo. Ecco un sacchetto che contiene i nomi dei signori; estraetene uno, belle signore, e abbiate la compia­ cenza di accettare come servitore per la prossima settimana colui che la sorte vi ha destinato. Questo vale solo per la durata dei nostri ritrovi, sciolti i quali si sciolgono anche questi abbinamenti e sarà il cuore a decidere chi accompa­ gnerà a casa le dame». Buona parte del gruppo aveva gradito il discorso | e il tono della proposta e pareva approvarla; alcune coppie te­ nevano invece gli occhi bassi e non sapevano cosa dire. Al­ lora quegli esclamò con impeto comico: «Ma guarda! Mi sorprende che nessuno salti in piedi per lodare la mia proposta e illustrarne i vantaggi a chi ancora

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teile auseinandersetzt, und mir erspart mein eigner Lobredner zu sein. Ich bin der Älteste unter Ihnen; das mir Gott verzeihe! Schon habe ich eine Glatze, daran ist mein großes Nachdenken Schuld.« – Hier nahm er den Hut ab – »Aber ich würde sie mit Freuden und Ehren zur Schau stellen, wenn meine eignen Überlegungen, die mir die Haut austrocknen und mich des schönsten Schmucks berauben, nur auch mir und Anderen einigermaßen förderlich sein könnten. Wir sind jung, meine Freunde, das ist schön; wir werden älter werden, das ist dumm; wir nehmen uns unter einander wenig übel, das ist hübsch und der Jahreszeit ge­ mäß. Aber bald, meine Freunde, werden die Tage kommen, wo wir uns selbst manches übel zu nehmen haben: da mag denn jeder sehen, wie er mit sich zurechte kommt; aber zugleich werden uns andre manches übel nehmen, und zwar wo wir es gar nicht begreifen; darauf müssen wir uns vorbereiten, und dieses soll nunmehr geschehen.« Er hatte die ganze Rede, besonders aber die letzte Stelle, mit Ton und Gebärden eines Kapuziners vorgetragen: denn da er katholisch war, so mochte er genugsame Gelegenheit gehabt haben, die Rede­ kunst dieser Väter zu studieren. Nun schien er außer Atem, trocknete sein jung-kahles Haupt, das ihm wirklich das Ansehen eines Pfaffen gab, und setzte durch diese Possen die leichtgesinnte Sozietät in so gute Laune, daß Jedermann begierig war ihn weiter zu hören. Allein anstatt fortzufahren, zog er den Beutel und wendete sich zur nächsten Dame: »Es kommt auf einen Versuch an! rief er aus, das Werk wird den Meister loben. Wenn es in acht Tagen nicht gefällt, so geben wir es auf und es mag bei dem Alten bleiben.« | Halb willig, halb genötigt zogen die Damen ihre Röllchen, und gar leicht bemerkte man, daß bei dieser geringen Handlung mancherlei Leidenschaften im Spiel waren. Glücklicherweise traf sich’s, daß die Heitergesinnten getrennt wurden, die Ernsteren zusammenblieben; und so behielt auch meine Schwester ihren Engländer, welches sie beider­

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tentenna, risparmiandomi di fare il difensore di me stesso. Tra voi sono il più vecchio e, Dio mi perdoni, ho già la pe­ lata, e di questo è responsabile il mio troppo riflettere!» E a quel punto si tolse il cappello. «Ma la metterei in mostra con gioia e con piacere se le mie riflessioni, che mi inaridiscono la pelle e mi fanno per­ dere il più bello di tutti gli ornamenti, potessero essere di un qualche giovamento a me e agli altri. Siamo giovani, amici miei, e questa è una bella cosa; ma diventeremo vec­ chi e questa è una seccatura; andiamo d’accordo tra di noi, e questo è bene e si addice alla bella stagione. Ma presto, amici miei, verranno giorni in cui troveremo molto da cri­ ticare in noi stessi, e allora ciascuno dovrà cavarsela come meglio potrà; ma allo stesso tempo anche altri avranno da ridire con noi, e per cose che non capiamo proprio: a questo dobbiamo prepararci, e dobbiamo cominciare ora». Tutto il discorso, ma soprattutto la parte finale, era stato tenuto con il tono e l’atteggiamento di un padre cappuccino: essendo cattolico, aveva certamente avuto molte occasioni per apprendere l’arte oratoria dei padri13. A quel punto finse di avere il fiato corto, si asciugò la testa precocemente pe­ lata, che gli conferiva davvero l’aspetto di un frate, e mise il gruppo così di buon umore con le sue spiritosaggini che tutti pendevamo dalle sue labbra. Ma invece di proseguire, porse il sacchetto rivolgendosi alla prima dama: «Faccia­ mo un esperimento!», esclamò; «sarà l’opera a lodare il suo creatore. Se tra una settimana non saremo soddisfatti, torne­ remo al vecchio sistema». | Per metà curiose, per metà costrette, le signore estras­ sero il loro bigliettino, e si notò subito come quell’azione così semplice mettesse in gioco diverse passioni. Per fortu­ na capitò che quelli meglio disposti fossero divisi, mentre i più perplessi rimasero insieme; così anche mia sorella poté

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seits dem Gott der Liebe und des Glücks sehr gut aufnahmen. Die neu­ en Zufallspaare wurden sogleich von dem Antistes zusammengegeben, auf ihre Gesundheit getrunken und allen um so mehr Freude gewünscht, als ihre Dauer nur kurz sein sollte. Gewiß aber war dies der heiterste Moment, den unsere Gesellschaft seit langer Zeit genossen. Die jungen Männer, denen kein Frauenzimmer zu Teil geworden, erhielten nunmehr das Amt, diese Woche über für Geist, Seele und Leib zu sorgen, wie sich unser Redner ausdrückte, besonders aber, meinte er, für die Seele, weil die beiden anderen sich schon eher selbst zu helfen wüßten. Die Vorsteher, die sich gleich Ehre machen wollten, brachten ganz artige neue Spiele schnell in Gang, bereiteten in einiger Ferne eine Abendkost, auf die man nicht gerechnet hatte, illuminierten bei unserer nächtlichen Rückkehr die Jacht, ob es gleich, bei dem hellen Mond­ schein, nicht nötig gewesen wäre; sie entschuldigten sich aber damit, daß es der neuen geselligen Einrichtung ganz gemäß sei, die zärtlichen Blicke des himmlischen Mondes durch irdische Lichter zu überschei­ nen. In dem Augenblick als wir ans Land stiegen, rief unser Solon: »ite missa est!« ein Jeder führte die ihm durch’s Los zugefallene Dame noch aus dem Schiffe und übergab sie alsdann ihrer eigentlichen Hälf­ te, wogegen er sich wieder die seinige eintauschte. Bei der nächsten Zusammenkunft ward diese wöchentliche Ein­ richtung für den Sommer festgesetzt und die Verlosung abermals vor­ genommen. Es war keine Frage, daß durch diesen Scherz eine neue und unerwartete Wendung in die Gesellschaft kam, und ein Jeder an­ geregt ward, was ihm von Geist und Anmut beiwohnte an den Tag zu bringen und seiner augenblicklichen Schönen auf das verbindlichste | den Hof zu machen, indem er sich wohl zutraute, wenigstens für eine Woche genugsamen Vorrat zu Gefälligkeiten zu haben. Man hatte sich kaum eingerichtet, als man unserem Redner, statt ihm zu danken, den Vorwurf machte, er habe das Beste seiner Rede, den Schluß, für sich behalten. Er versicherte darauf, das Beste einer Rede sei die Überredung, und wer nicht zu überreden gedenke, müsse gar nicht reden: denn mit der Überzeugung sei es eine mißliche Sache.

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tenersi il suo inglese ed entrambi ringraziarono il dio dell’a­ more e la fortuna. Il cerimoniere compose le nuove coppie volute dal caso, si brindò alla loro salute e si augurò a cia­ scuna di godersi il più possibile la gioia, visto che sarebbe stata di breve durata. Di certo fu il momento più allegro che la nostra compagnia viveva da molto tempo. I giovani rima­ sti senza compagna ricevettero l’incarico di provvedere, per quella settimana, ai bisogni di spirito, anima e corpo, così si espresse il nostro oratore, ma soprattutto dell’anima, ag­ giunse, perché gli altri due sapevano provvedere a se stessi. I sovrintendenti vollero subito farsi onore e organizzaro­ no nuovi simpatici giochi, predisposero un po’ più distante uno spuntino serale fuori programma, durante il viaggio di ritorno illuminarono il battello nonostante il chiaro di luna non lo rendesse necessario. Si giustificarono dicendo che si addiceva perfettamente alla nuova organizzazione con­ viviale mitigare i dolci sguardi dell’astro celeste con luci terrestri. Quando arrivammo, il nostro Solone esclamò: «ite, missa est!»; ciascuno accompagnò a terra la dama che la sorte gli aveva assegnato e la consegnò al suo effettivo compagno, riprendendosi a sua volta la propria. Alla successiva occasione stabilimmo di adottare questa organizzazione della settimana per tutta l’estate e si fece una nuova estrazione. Senza dubbio quel gioco portò una svolta inattesa nella nostra compagnia, stimolando ciascuno a sfoderare tutto lo spirito e la gentilezza per corteggiare nel | modo più galante la sua nuova bella, sicuro di avere una riserva di cortesie sufficiente per almeno una settimana. Non avevamo quasi fatto in tempo a sistemarci che al nostro predicatore fu rivolto non un ringraziamento, bensì un rimprovero, e cioè di aver tenuto per sé la parte migliore del suo discorso, la conclusione. Al che lui sostenne che la parte migliore di un discorso è la persuasione, e chi non

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Als man ihm demohngeachtet keine Ruhe ließ, begann er sogleich eine Kapuzinade, fratzenhafter als je, vielleicht gerade darum, weil er die ernsthaftesten Dinge zu sagen gedachte. Er führte nämlich mit Sprü­ chen aus der Bibel, die nicht zur Sache paßten, mit Gleichnissen, die nicht trafen, mit Anspielungen, die nichts erläuterten, den Satz aus, daß wer seine Leidenschaften, Neigungen, Wünsche, Vorsätze, Plane nicht zu verbergen wisse, in der Welt zu nichts komme, sondern aller Or­ ten und Enden gestört und zum Besten gehabt werde; vorzüglich aber, wenn man in der Liebe glücklich sein wolle, habe man sich des tiefsten Geheimnisses zu befleißigen. Dieser Gedanke schlang sich durch das Ganze durch, ohne daß eigentlich ein Wort davon wäre ausgesprochen worden. Will man sich einen Begriff von diesem seltsamen Menschen machen, so bedenke man, daß er mit viel Anlage geboren, seine Talente und besonders sei­ nen Scharfsinn in Jesuiterschulen ausgebildet und eine große Welt- und Menschenkenntnis, aber nur von der schlimmen Seite, zusammenge­ wonnen hatte. Er war etwa zwei und zwanzig Jahr alt, und hätte mich gern zum Proselyten seiner Menschenverachtung gemacht; aber es wollte nicht bei mir greifen, denn ich hatte noch immer große Lust, gut zu sein und Andere gut zu finden. Indessen bin ich durch ihn auf vieles aufmerksam geworden. Das Personal einer jeden heiteren Gesellschaft vollständig zu ma­ chen gehört notwendig ein Acteur, welcher Freude daran hat, wenn die Übrigen, um so manchen | gleichgültigen Moment zu beleben, die Pfeile des Witzes gegen ihn richten mögen. Ist er nicht bloß ein aus­ gestopfter Sarazene, wie derjenige, an dem bei Lustkämpfen die Ritter ihre Lanzen übten, sondern versteht er selbst zu scharmuzieren, zu ne­ cken und aufzufordern, leicht zu verwunden und sich zurückzuziehen, und, indem er sich Preis zu geben scheint, Anderen eins zu versetzen, so kann nicht wohl etwas Anmutigeres gefunden werden. Einen sol­ chen besaßen wir an unserem Freund Horn, dessen Name schon zu allerlei Scherzen Anlaß gab und der, wegen seiner kleinen Gestalt, im­ mer nur Hörnchen genannt wurde. Er war wirklich der Kleinste in der

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ha intenzione di persuadere non dovrebbe nemmeno par­ lare; argomentare invece è tutta un’altra cosa14. Ma visto che non gli si dava tregua, si buttò in una cappuccinata più grottesca che mai, forse proprio perché intendeva dirci delle cose molto serie. Infatti, servendosi di versetti biblici del tutto incongruenti, di paragoni fuori luogo e allusioni in­ concludenti affermò che chi non sa celare le proprie passio­ ni, inclinazioni, desideri, intenzioni e progetti non avrà mai successo nel mondo, ma avrà invece dovunque solo guai e scherno; e soprattutto chi vuole essere fortunato in amore, deve saper mantenere il segreto più assoluto. Questo concetto era sotteso a tutto il discorso, senza che venisse mai espresso in modo esplicito. Se si vuole avere un’idea di quello strano ragazzo bisogna pensare che, molto dotato fin da piccolo, aveva coltivato il suo talento e so­ prattutto il suo acume nelle scuole dei gesuiti, dove aveva acquisito una vasta conoscenza del mondo e degli uomini, ma solo dal loro lato peggiore. Aveva circa ventidue anni e avrebbe voluto fare di me un proselito della sua misantro­ pia, ma con me non attaccò perché avevo ancora troppa vo­ glia di essere buono e di considerare buoni gli altri. Grazie a lui ho comunque acquistato consapevolezza su molte cose. Per essere al completo, ogni allegra compagnia deve ave­ re tra i suoi componenti un attore che si diverte quando gli altri scagliano frecciate contro di lui | per ravvivare qualche momento di noia. Se poi non è come il saraceno impagliato contro cui i cavalieri si esercitavano con le lance nei tornei, ma è capace a sua volta di battibeccare, deridere e punzec­ chiare, dare una stoccatina e ritirarsi o sferrare un colpo ben assestato mentre sembra arrendersi, allora il divertimento è assicurato15. Il nostro amico Horn era un tipo così: già il suo nome dava adito a battute di ogni genere, e per la bassa sta­ tura lo chiamavamo sempre Hörnchen16. Era davvero il più

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Gesellschaft, von derben, aber gefälligen Formen; eine Stumpfnase, ein etwas aufgeworfener Mund, kleine funkelnde Augen bildeten ein schwarzbraunes Gesicht, das immer zum Lachen aufzufordern schien. Sein kleiner gedrungener Schädel war mit krausen schwarzen Haaren reich besetzt, sein Bart frühzeitig blau, den er gar zu gern hätte wach­ sen lassen, um als komische Maske die Gesellschaft immer im Lachen zu erhalten. Übrigens war er nett und behend, behauptete aber krumme Beine zu haben, welches man ihm zugab, weil er es gern so wollte, worüber denn mancher Scherz entstand: denn weil er als ein sehr gu­ ter Tänzer gesucht wurde, so rechnete er es unter die Eigenheiten des Frauenzimmers, daß sie die krummen Beine immer auf dem Plane se­ hen wollten. Seine Heiterkeit war unverwüstlich und seine Gegenwart bei jeder Zusammenkunft unentbehrlich. Wir beide schlossen uns um so enger an einander, als er mir auf die Akademie folgen sollte; und er verdient wohl, daß ich seiner in allen Ehren gedenke, da er viele Jahre mit unendlicher Liebe, Treue und Geduld an mir gehalten hat. Durch meine Leichtigkeit zu reimen und gemeinen Gegenstän­ den eine poetische Seite abzugewinnen, hatte er sich gleichfalls zu solchen Arbeiten verführen lassen. Unsere kleinen geselligen Reisen, Lustpartieen und die dabei vorkommenden Zufälligkeiten stutzten wir poetisch auf, und so entstand durch die Schilderung einer Begeben­ heit immer | eine neue Begebenheit. Weil aber gewöhnlich dergleichen gesellige Scherze auf Verspottung hinauslaufen, und Freund Horn mit seinen burlesken Darstellungen nicht immer in den gehörigen Grenzen blieb; so gab es manchmal Verdruß, der aber bald wieder gemildert und getilgt werden konnte. So versuchte er sich auch in einer Dichtungsart, welche sehr an der Tagesordnung war, im komischen Heldengedicht. Pope’s Lockenraub hatte viele Nachahmungen erweckt; Zachariä kultivierte diese Dicht­ art auf deutschem Grund und Boden, und Jedermann gefiel sie, weil der gewöhnliche Gegenstand derselben irgend ein täppischer Mensch war, den die Genien zum Besten hatten, indem sie den besseren be­ günstigten.

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piccolo del gruppo, di aspetto grossolano ma piacevole: il naso a patata, la bocca pronunciata, gli occhietti scintillan­ ti componevano un volto dal colorito bruno che sembrava sempre invitare al riso. La testa era piccola e schiacciata con folti capelli neri e ricci; la barba, che avrebbe lasciato crescere volentieri per suscitare continuamente l’ilarità del gruppo con la sua maschera comica, era precocemente briz­ zolata. Per il resto era agile e svelto, sebbene sostenesse di avere le gambe storte; noi gli davamo ragione, visto che ci teneva, e la cosa era a sua volta oggetto di lazzi. Essendo molto richiesto perché era un ottimo ballerino, riteneva una peculiarità delle ragazze quella di voler vedere sempre delle gambe storte sulla pista da ballo. La sua allegria era ine­ sauribile e la sua presenza a ogni ritrovo indispensabile. La nostra amicizia divenne ancora più stretta quando mi seguì all’università e merita davvero di essere ricordato con tutti gli onori, dato che per molti anni mi è rimasto vicino con affetto, lealtà e pazienza. La facilità che avevo nel comporre rime e nel trovare in ogni cosa un lato poetico aveva indotto anche lui a scrive­ re. Davamo sostegno poetico alle nostre gite, alle occasioni conviviali e a ciò che di volta in volta accadeva, e così dalla descrizione di una situazione se ne creava | una nuova. Ma poiché quelle burle collettive finivano spesso con delle can­ zonature e l’amico Horn con le sue descrizioni burlesche qualche volta oltrepassava il limite, capitava che nascessero malumori che dovevano poi essere mitigati e appianati. Fu così che si cimentò in un genere poetico che era mol­ to di moda, la poesia eroicomica. Il ricciolo rapito di Pope aveva suscitato molte imitazioni, in Germania era Zachariä a coltivare questo genere di poesia che piaceva a tutti, dove il protagonista era di solito uno sciocco di cui la sorte si prende gioco, favorendo invece un altro più in gamba di lui17.

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Es ist nicht wunderbar, aber es erregt doch Verwunderung, wenn man bei Betrachtung einer Literatur, besonders der deutschen, beob­ achtet, wie eine ganze Nation von einem einmal gegebenen und in einer gewissen Form mit Glück behandelten Gegenstand nicht wieder loskommen kann, sondern ihn auf alle Weise wiederholt haben will; da denn zuletzt, unter den angehäuften Nachahmungen, das Original selbst verdeckt und erstickt wird. Das Heldengedicht meines Freundes war ein Beleg zu dieser Be­ merkung. Bei einer großen Schlittenfahrt wird einem täppischen Men­ schen ein Frauenzimmer zu Teil, das ihn nicht mag; ihm begegnet neckisch genug ein Unglück nach dem andern, das bei einer solchen Gelegenheit sich ereignen kann, bis er zuletzt, als er sich das Schlit­ tenrecht erbittet, von der Pritsche fällt, wobei ihm denn, wie natür­ lich, die Geister ein Bein gestellt haben. Die Schöne ergreift die Zügel und fährt allein nach Hause; ein begünstigter Freund empfängt sie und triumphiert über den anmaßlichen Nebenbuhler. Übrigens war es sehr artig ausgedacht, wie ihn die vier verschiedenen Geister nach und nach beschädigen, bis ihn endlich die Gnomen gar aus dem Sattel heben. Das Gedicht, in Alexandrinern geschrieben, auf eine wahre Geschichte gegründet, ergetzte unser kleines | Publikum gar sehr, und man war überzeugt, daß es sich mit der Walpurgisnacht von Löven, oder dem Renommisten von Zachariä gar wohl messen könne. Indem nun unsere geselligen Freuden nur einen Abend und die Vor­ bereitungen dazu wenige Stunden erforderten, so hatte ich Zeit genug zu lesen und, wie ich glaubte, zu studieren. Meinem Vater zu Liebe repe­ tierte ich fleißig den kleinen Hoppe, und konnte mich vorwärts und rück­ wärts darin examinieren lassen, wodurch ich mir denn den Hauptinhalt der Institutionen vollkommen zu eigen machte. Allein unruhige Wißbe­ gierde trieb mich weiter, ich geriet in die Geschichte der alten Literatur und von da in einen Enzyklopädismus, indem ich Geßners Isagoge und Morhovs Polyhistor durchlief, und mir dadurch einen allgemeinen Be­

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Non è inconsueto ma suscita comunque meraviglia quando, osservando una letteratura, e in particolare quella tedesca, si vede come un’intera nazione non riesca a stac­ carsi da un oggetto già noto e modellato con successo in una certa maniera, ma cerchi invece di ripeterlo in tutte le forme, tanto che alla fine l’originale stesso è subissato e soffocato dalle molte imitazioni. Il poema eroico del mio amico lo dimostrava. In occasio­ ne di una lunga gita in slitta a un imbranato tocca di dover portare una ragazza che non lo può soffrire. Neanche a dir­ lo gli capitano tutte le sventure possibili in una situazione del genere, una dietro l’altra, finché alla fine, quando deve riscuotere il bacio dovuto18, cade dal seggiolino perché gli spiritelli gli hanno ovviamente fatto lo sgambetto. La bella si impossessa delle redini e se ne va a casa da sola, dove la aspetta l’amico prediletto che trionfa così sul malcapitato rivale. In effetti era stata ben congegnata la sequenza in cui i quattro spiriti danneggiano man mano il protagonista, fino al finale in cui i folletti lo buttano giù dalla slitta. Basato su una storia vera, il poema in alessandrini divertì moltissimo il nostro | ristretto pubblico, ed eravamo convinti che potes­ se benissimo misurarsi con la Notte di Valpurga di Löwen19 o con lo Sbruffone di Zachariä. Poiché i nostri ritrovi di gruppo occupavano una serata alla settimana e la loro preparazione solo poche ore, avevo abbastanza tempo per leggere e, secondo me, per studiare. Per far contento mio padre ripetevo con diligenza il piccolo Hoppe che avrei potuto recitare da cima a fondo anche a ritroso, così mi impadronii perfettamente dei contenuti prin­ cipali delle Istituzioni. Ma la mia irrequieta smania di sapere mi spinse oltre, giunsi così alla storia della letteratura antica e da lì nell’enciclopedismo, arrivando a leggere l’Isagoge di Gesner e il Polyhistor di Morhof20; riuscii così a spiegar­

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griff erwarb, wie manches Wunderliche in Lehr und Leben schon moch­ te vorgekommen sein. Durch diesen anhaltenden und hastigen, Tag und Nacht fortgesetzten Fleiß verwirrte ich mich eher als ich mich bildete; ich verlor mich aber in ein noch größeres Labyrinth, als ich Bayle’n in meines Vaters Bibliothek fand und mich in denselben vertiefte. Eine Hauptüberzeugung aber, die sich immer in mir erneuerte, war die Wichtigkeit der alten Sprachen: denn so viel drängte sich mir aus dem literarischen Wirrwarr immer wieder entgegen, daß in ihnen alle Muster der Redekünste und zugleich alles andere Würdige, was die Welt jemals besessen, aufbewahrt sei. Das Hebräische so wie die bi­ blischen Studien waren in den Hintergrund getreten, das Griechische gleichfalls, da meine Kenntnisse desselben sich nicht über das neue Testament hinaus erstreckten. Desto ernstlicher hielt ich mich ans La­ teinische, dessen Musterwerke uns näher liegen und das uns, nebst so herrlichen Originalproduktionen, auch den übrigen Erwerb aller Zeiten in Übersetzungen und Werken der größten Gelehrten darbietet. Ich las daher viel in dieser Sprache mit großer Leichtigkeit, und durfte glau­ ben die Autoren zu verstehen, weil mir am buchstäblichen Sinne nichts abging. Ja es | verdroß mich gar sehr, als ich vernahm, Grotius habe übermütig geäußert, er lese den Terenz anders als die Knaben. Glückli­ che Beschränkung der Jugend! ja der Menschen überhaupt, daß sie sich in jedem Augenblicke ihres Daseins für vollendet halten können, und weder nach Wahrem noch Falschem, weder nach Hohem noch Tiefen [!] fragen, sondern bloß nach dem, was ihnen gemäß ist. So hatte ich denn das Lateinische gelernt, wie das Deutsche, das Französische, das Englische, nur aus dem Gebrauch, ohne Regel und ohne Begriff. Wer den damaligen Zustand des Schulunterrichts kennt, wird nicht seltsam finden, daß ich die Grammatik übersprang, so wie die Redekunst: mir schien alles natürlich zuzugehen, ich behielt die

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mi alcune delle stranezze che si erano verificate nella teoria e nella vita. Quella lettura costante e frettolosa, perseguita notte e giorno, mi confondeva più che istruirmi; ma mi persi in un labirinto ancora più sconfinato quando trovai Bayle nella biblioteca di mio padre e mi ci sprofondai21. Un profondo convincimento che si rinnovava sempre in me riguardava l’importanza delle lingue antiche, perché dal guazzabuglio letterario una cosa vedevo sempre emergere, e cioè che in esse risiedevano tutti i modelli dell’eloquen­ za e tutto ciò che di degno il mondo aveva mai posseduto. L’ebraico e gli studi biblici erano ormai passati in secondo piano, lo stesso il greco, e le mie conoscenze non andavano oltre quanto serviva per leggere il Nuovo Testamento. An­ cora più seriamente mi dedicai quindi al latino, le cui opere esemplari ci sono più vicine e che ci offre, oltre a splendidi capolavori originali, anche la possibilità di acquisire tutto il sapere dei tempi antichi attraverso le traduzioni e le opere dei maggiori autori22. Leggevo quindi molto in quella lingua con grande facilità e ritenevo di capire quegli autori solo perché non mi sfuggiva nulla del senso letterale. Anzi, | mi seccò non poco quando scoprii che Grozio aveva affermato con presunzione che anche lui leggeva Terenzio, ma non come fanno i ragazzi23. Beata limitatezza della gioventù! E degli uomini in generale, di quelli che si ritengono completi in ogni istante della loro esistenza e non si interrogano sul vero e sul falso, sul nobile o sul vile, ma si interessano solo di ciò che è simile a loro. Così avevo imparato il latino come il tedesco, il francese e l’inglese, semplicemente utilizzandoli, senza regole né te­ orie. Chi ha presente l’insegnamento scolastico di quel pe­ riodo non troverà strano che saltassi del tutto la grammatica e la retorica: mi sembrava che tutto si potesse apprendere in modo spontaneo, imparavo le parole, le loro combinazioni

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Worte, ihre Bildungen und Umbildungen in Ohr und Sinn, und bedien­ te mich der Sprache mit Leichtigkeit zum Schreiben und Schwätzen. Michael, die Zeit, da ich die Akademie besuchen sollte, rückte he­ ran, und mein Inneres ward eben so sehr vom Leben als von der Lehre bewegt. Eine Abneigung gegen meine Vaterstadt ward mir immer deut­ licher. Durch Gretchens Entfernung war der Knaben- und Jünglings­ pflanze das Herz ausgebrochen; sie brauchte Zeit, um an den Seiten wieder auszuschlagen und den ersten Schaden durch neues Wachstum zu überwinden. Meine Wanderungen durch die Straßen hatten aufge­ hört, ich ging nur, wie Andere, die notwendigen Wege. Nach Gretchens Viertel kam ich nie wieder, nicht einmal in die Gegend; und wie mir meine alten Mauern und Türme nach und nach verleideten, so mißfiel mir auch die Verfassung der Stadt, alles was mir sonst so ehrwürdig vorkam, erschien mir in verschobenen Bildern. Als Enkel des Schult­ heißen waren mir die heimlichen Gebrechen einer solchen Republik nicht unbekannt geblieben, um so weniger, als Kinder ein ganz eignes Erstaunen fühlen und zu emsigen Untersuchungen angereizt werden, sobald ihnen etwas, das sie bisher unbedingt verehrt, einigermaßen verdächtig wird. Der vergebliche Verdruß rechtschaffener Männer im Widerstreit mit solchen, | die von Parteien zu gewinnen, wohl gar zu bestechen sind, war mir nur zu deutlich geworden, ich haßte jede Un­ gerechtigkeit über die Maßen: denn die Kinder sind alle moralische Rigoristen. Mein Vater, in die Angelegenheiten der Stadt nur als Privat­ mann verflochten, äußerte sich im Verdruß über manches Mißlungene sehr lebhaft. Und sah ich ihn nicht, nach so viel Studien, Bemühungen, Reisen und mannigfaltiger Bildung endlich zwischen seinen Brand­ mauern ein einsames Leben führen, wie ich mir es nicht wünschen konnte? Dies zusammen lag als eine entsetzliche Last auf meinem Ge­ müte, von der ich mich nur zu befreien wußte, indem ich mir einen ganz anderen Lebensplan, als den mir vorgeschriebenen, zu ersinnen

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e variazioni grazie a memoria e orecchio, e mi servivo della lingua con facilità per leggere e conversare. Si avvicinava San Michele24, il periodo in cui sarei parti­ to per l’università, e il mio animo era molto agitato sia per la vita sia per lo studio. Emergeva sempre più netta un’an­ tipatia per la mia città natale. L’allontanamento di Gretchen aveva troncato il germoglio dalla pianta della mia giovinez­ za e adolescenza, che aveva bisogno di tempo per ributtare sui lati e rimediare a quel danno con una nuova crescita. Avevo smesso di vagabondare per le strade; ora andavo, come gli altri, solo dove era necessario. Nel quartiere di Gretchen non andai mai più, nemmeno nelle vicinanze, e così come mi erano venute a noia le vecchie mura e le tor­ ri, così iniziò a non piacermi più nemmeno la costituzione della città, e tutto ciò che fino ad allora mi era parso nobile ora mi appariva del tutto deforme. In quanto nipote del po­ destà non mi erano sconosciute le debolezze segrete di una simile repubblica, tanto più che i ragazzi provano una par­ ticolare curiosità e sono spinti a indagare alacremente, non appena qualcosa che avevano fin lì venerato inconcondi­ zionatamente viene messo in dubbio. Conoscevo fin troppo bene la vana indignazione degli onesti quando entravano in conflitto con quelli | che erano di parte o addirittura corrot­ ti; detestavo l’ingiustizia sopra ogni cosa, perché i giovani sono tutti dei rigorosi moralisti. Mio padre, coinvolto solo come privato cittadino nelle questioni di governo, si era più volte lamentato con veemenza per le molte cose che non funzionavano. Non lo vedevo forse, dopo molti anni di stu­ dio, fatiche, viaggi e una formazione diversificata, condurre vita solitaria tra le sue quattro mura, l’opposto di quello che io avrei desiderato? Tutto questo gravava come un peso ter­ rificante sul mio animo, da cui riuscivo a liberarmi solo im­ maginandomi un progetto di vita del tutto diverso da quello

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trachtete. Ich warf in Gedanken die juristischen Studien weg und wid­ mete mich allein den Sprachen, den Altertümern, der Geschichte und allem was daraus hervorquillt. Zwar machte mir jederzeit die poetische Nachbildung dessen was ich an mir selbst, an Anderen und an der Natur gewahr geworden, das größte Vergnügen. Ich tat es mit immer wachsender Leichtigkeit, weil es aus Instinkt geschah und keine Kritik mich irre gemacht hatte; und wenn ich auch meinen Produktionen nicht recht traute, so konnte ich sie wohl als fehlerhaft, aber nicht als ganz verwerflich ansehen. Ward mir dieses oder jenes daran getadelt, so blieb es doch im Stillen mei­ ne Überzeugung, daß es nach und nach immer besser werden müßte, und daß ich wohl einmal neben Hagedorn, Gellert und anderen solchen Männern mit Ehre dürfte genannt werden. Aber eine solche Bestim­ mung allein schien mir allzuleer und unzulänglich; ich wollte mich mit Ernst zu jenen gründlichen Studien bekennen, und indem ich, bei einer vollständigeren Ansicht des Altertums, in meinen eigenen Werken ra­ scher vorzuschreiten dachte, mich zu einer akademischen Lehrstelle fähig machen, welche mir das Wünschenswerteste schien für einen jungen Mann, der sich selbst auszubilden und zur Bildung Anderer beizutragen gedachte. Bei diesen Gesinnungen hatte ich immer Göttingen im | Auge. Auf Männern wie Heyne, Michaelis und so manchem Anderen ruhte mein ganzes Vertrauen; mein sehnlichster Wunsch war, zu ihren Füßen zu sitzen und auf ihre Lehren zu merken. Aber mein Vater blieb unbeweg­ lich. Was auch einige Hausfreunde, die meiner Meinung waren, auf ihn zu wirken suchten; er bestand darauf, daß ich nach Leipzig gehen müsse. Nun hielt ich den Entschluß, daß ich, gegen seine Gesinnungen und Willen, eine eigne Studien- und Lebensweise ergreifen wollte, erst recht für Notwehr. Die Hartnäckigkeit meines Vaters, der, ohne es zu wissen, sich meinen Planen entgegensetzte, bestärkte mich in meiner Impietät, daß ich mir gar kein Gewissen daraus machte, ihm Stunden lang zuzuhören, wenn er mir den Kursus der Studien und des Lebens,

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previsto per me. Nella fantasia ripudiavo gli studi giuridici e mi dedicavo solo alle lingue, all’antichità, alla storia e a tutto ciò che ne consegue25. A dir la verità, ciò che mi divertiva di più era dare forma poetica a ciò che percepivo in me stesso, negli altri e nella natura. Ci riuscivo con sempre maggior facilità perché lo facevo d’istinto e non ero ancora stato confuso dalla critica, e anche se non mi fidavo del tutto della mia produzione la consideravo sì difettosa, ma non proprio da buttare. Nono­ stante questo o quel particolare venisse biasimato, nel pro­ fondo ero convinto che col tempo sarei migliorato e che ma­ gari sarei stato citato con onore insieme a Hagedorn, Gellert e gli altri. Ma un traguardo del genere, da solo, mi sembrava troppo vago e insufficiente: volevo dedicarmi seriamente a quegli studi e, una volta acquisita una conoscenza appro­ fondita dell’antichità, pensavo di progredire velocemente con le mie opere per conquistarmi un posto come docente in università, posto che mi sembrava il più auspicabile per un giovanotto desideroso di formarsi e di contribuire alla formazione altrui. Facendo queste riflessioni avevo sempre in mente | Göt­ tingen. Riponevo tutta la mia fiducia in uomini come Heyne, Michaelis e qualche altro, il mio desiderio più grande era sedere ai loro piedi e ascoltare i loro insegnamenti26. Ma mio padre fu irremovibile. Anche alcuni amici di famiglia, che la pensavano come me, cercarono di convincerlo: non ci fu nulla da fare, dovevo andare a Lipsia. A quel punto decisi che l’unica difesa possibile era intraprendere un per­ corso di studio e di vita mio proprio contro le sue intenzioni e la sua volontà. L’ostinazione di mio padre che inconsa­ pevolmente si opponeva ai miei progetti mi rafforzò nella mia insubordinazione, cosicché potevo ascoltarlo per ore con totale indifferenza mentre mi descriveva per filo e per

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wie ich ihn auf Akademieen und in der Welt zu durchlaufen hätte, vor­ erzählte und wiederholte. Da mir alle Hoffnung nach Göttingen abgeschnitten war, wendete ich nun meinen Blick nach Leipzig. Dort erschien mir Ernesti als ein helles Licht, auch Morus erregte schon viel Vertrauen. Ich ersann mir im Stillen einen Gegenkursus, oder vielmehr ich baute ein Luftschloß auf einen ziemlich soliden Grund; und es schien mir sogar romantisch ehrenvoll, sich seine eigne Lebensbahn vorzuzeichnen, die mir um so weniger phantastisch vorkam, als Griesbach auf dem ähnlichen Wege schon große Fortschritte gemacht hatte und deshalb von Jedermann ge­ rühmt wurde. Die heimliche Freude eines Gefangenen, wenn er seine Ketten abgelöst und die Kerkergitter bald durchgefeilt hat, kann nicht größer sein, als die meine war, indem ich die Tage schwinden und den Oktober herannahen sah. Die unfreundliche Jahreszeit, die bösen Wege, von denen Jedermann zu erzählen wußte, schreckten mich nicht. Der Gedanke, an einem fremden Orte zu Winterszeit Einstand geben zu müssen, machte mich nicht trübe; genug ich sah nur meine gegen­ wärtigen Verhältnisse düster, und stellte mir die übrige unbekannte Welt licht und heiter vor. So bildete ich mir meine Träume, denen ich ausschließlich | nachhing, und versprach mir in der Ferne nichts als Glück und Zufriedenheit. So sehr ich auch gegen Jedermann von diesen meinen Vorsätzen ein Geheimnis machte, so konnte ich sie doch meiner Schwester nicht verbergen, die, nachdem sie Anfangs darüber sehr erschrocken war, sich zuletzt beruhigte, als ich ihr versprach sie nachzuholen, damit sie sich meines erworbenen glänzenden Zustandes mit mir erfreuen und an meinem Wohlbehagen Teil nehmen könnte. Michael kam endlich, sehnlich erwartet, heran, da ich denn mit dem Buchhändler Fleischer und dessen Gattin, einer geborenen Triller, welche ihren Vater in Wittenberg besuchen wollte, mit Vergnügen ab­ fuhr, und die werte Stadt, die mich geboren und erzogen, gleichgültig hinter mir ließ, als wenn ich sie nie wieder betreten wollte.

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segno l’intero corso degli studi e la carriera che avrei segui­ to prima all’università e poi nella vita. Una volta persa qualsiasi speranza per Göttingen, mi rivolsi allora verso Lipsia, dove Ernesti brillava di chiara fama, e anche Morus faceva ben sperare27. In segreto mi in­ ventavo un percorso alternativo, o meglio costruii un castel­ lo in aria su fondamenta piuttosto solide; mi pareva nobile e romanzesco tracciare da me il corso della mia vita – e non era per niente astruso, visto che Griesbach aveva già fat­ to grandi progressi seguendo quella stessa strada e tutti lo elogiavano. La gioia segreta del prigioniero che si è sciolto dalle catene e ha limato le sbarre del carcere non poteva essere più grande della mia nel veder passare i giorni e av­ vicinarsi ottobre. La stagione avversa, le strade disagevoli di cui tanto si parlava, non mi spaventavano; il pensiero di dover affrontare l’inverno in un luogo sconosciuto non mi preoccupava; insomma, solo la mia attuale condizione mi pareva nera, mentre tutto il resto del mondo ignoto mi appa­ riva chiaro e allegro. Così andavo coltivando i miei sogni, che erano la sola cosa a cui | tenevo, e una volta lontano non mi ripromettevo altro che felicità e soddisfazione. Per quanto tenessi nascosti a chiunque i miei propositi, non potei farne mistero con mia sorella, che all’inizio ne fu molto spaventata, ma poi si tranquillizzò quando le promisi che l’avrei presa con me affinché potesse godere anche lei della brillante condizione che avrei raggiunto e partecipare alla mia felicità. Giunse infine San Michele, ardentemente atteso, e par­ tii contento insieme al libraio Fleischer e alla moglie, nata Triller, che andavano a Wittenberg a trovare il padre di lei, lasciando dietro di me con indifferenza la nobile città che mi aveva visto nascere e crescere, come se non volessi farvi più ritorno28.

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So lösen sich in gewissen Epochen Kinder von Eltern, Diener von Herren, Begünstigte von Gönnern los, und ein solcher Versuch, sich auf seine Füße zu stellen, sich unabhängig zu machen, für sein eigen Selbst zu leben, er gelinge oder nicht, ist immer dem Willen der Natur gemäß. Wir waren zur Allerheiligen-Pforte hinausgefahren und hatten bald Hanau hinter uns, da ich denn zu Gegenden gelangte, die durch ihre Neuheit meine Aufmerksamkeit erregten, wenn sie auch in der jetzigen Jahrszeit wenig Erfreuliches darboten. Ein anhaltender Regen hatte die Wege äußerst verdorben, welche überhaupt noch nicht in den guten Stand gesetzt waren, in welchem wir sie nachmals finden; und unse­ re Reise war daher weder angenehm noch glücklich. Doch verdankte ich dieser feuchten Witterung den Anblick eines Naturphänomens, das wohl höchst selten sein mag; denn ich habe nichts Ähnliches jemals wieder gesehen, noch auch von Anderen, daß sie es gewahrt hätten, vernommen. Wir fuhren nämlich zwischen Hanau und Gellenhausen bei Nachtzeit eine Anhöhe hinauf, und wollten, ob es gleich finster war, doch lieber zu Fuße gehen, als uns der Gefahr und Beschwerlichkeit dieser Wegstrecke aussetzen. Auf einmal sah ich an der rechten | Seite des Wegs, in einer Tiefe eine Art von wundersam erleuchteten Amphi­ theater. Es blinkten nämlich in einem trichterförmigen Raume unzähli­ ge Lichtchen stufenweise über einander, und leuchteten so lebhaft, daß das Auge davon geblendet wurde. Was aber den Blick noch mehr ver­ wirrte, war, daß sie nicht etwa still saßen, sondern hin und wider hüpf­ ten, sowohl von oben nach unten, als umgekehrt und nach allen Seiten. Die meisten jedoch blieben ruhig und flimmerten fort. Nur höchst un­ gern ließ ich mich von diesem Schauspiel abrufen, das ich genauer zu beobachten gewünscht hätte. Auf Befragen wollte der Postillon zwar von einer solchen Erscheinung nichts wissen, sagte aber, daß in der Nähe sich ein alter Steinbruch befinde, dessen mittlere Vertiefung mit Wasser angefüllt sei. Ob dieses nun ein Pandämonium von Irrlichtern oder eine Gesellschaft von leuchtenden Geschöpfen gewesen, will ich nicht entscheiden.

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Così i giovani si allontanano dai genitori, quando viene il momento, i servi dai padroni, i protetti dai protettori, e questo tentativo di camminare con le proprie gambe, di ren­ dersi indipendenti, di vivere in proprio, che abbia successo o meno, è conforme alla volontà della natura. Eravamo usciti dalla porta di Allerheiligen e ci lasciam­ mo presto alle spalle Hanau; da lì il paesaggio cominciò ad attirare la mia attenzione perché non lo conoscevo, anche se in quella stagione aveva poco di gradevole da mostra­ re. Una pioggia costante aveva reso impraticabili le strade, che allora non erano certo nella buona condizione in cui le vediamo oggi; e il nostro viaggio non fu né piacevo­ le, né fortunato. Ma a quel clima umido devo la vista di un fenomeno naturale che deve essere rarissimo, perché non ho mai più visto nulla di simile né ho mai sentito di qualcuno che vi avesse assistito. Salivamo lungo un pen­ dio, di notte, tra Hanau e Gelnhausen, e anche se era buio preferimmo salire a piedi piuttosto che esporci al rischio e alla scomodità di quel tratto di strada. Improvvisamente sul lato destro | vidi in un avvallamento una sorta di anfiteatro curiosamente illuminato. In uno spazio a forma di imbuto brillavano infatti innumerevoli lucine disposte su diversi livelli, e splendevano così vive da abbagliare la vista. Ma quello che più confondeva era che non erano ferme ma sal­ tellavano in qua e in là, dall’alto in basso e in ogni dire­ zione. Molte altre invece rimanevano ferme e tremolavano soltanto. Solo malvolentieri mi lasciai portar via da quello spettacolo, che avrei invece voluto osservare meglio. Alle mie domande il postiglione disse di non saperne nulla, mi riferì però che nelle vicinanze si trovava una cava che era stata in parte riempita con acqua. Se quello fosse un pan­ demonio di fuochi fatui o uno sciame di insetti luccicanti, non saprei dirlo.

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Durch Thüringen wurden die Wege noch schlimmer, und leider blieb unser Wagen in der Gegend von Auerstädt bei einbrechender Nacht stecken. Wir waren von allen Menschen entfernt, und taten das Mögliche uns los zu arbeiten. Ich ermangelte nicht, mich mit Eifer anzustrengen, und mochte mir dadurch die Bänder der Brust übermäßig ausgedehnt haben; denn ich empfand bald nachher einen Schmerz, der verschwand und wiederkehrte und erst nach vielen Jahren mich völlig verließ. Doch sollte ich noch in derselbigen Nacht, als wenn sie recht zu abwechselnden Schicksalen bestimmt gewesen wäre, nach einem un­ erwartet glücklichen Ereignis, einen neckischen Verdruß empfinden. Wir trafen nämlich in Auerstädt ein vornehmes Ehepaar, das, durch ähnliche Schicksale verspätet, eben auch erst angekommen war; einen ansehnlichen würdigen Mann in den besten Jahren mit einer sehr schö­ nen Gemahlin. Zuvorkommend veranlaßten sie uns, in ihrer Gesell­ schaft zu speisen, und ich fand mich sehr glücklich, als die treffliche Dame ein freundliches Wort an mich wenden wollte. Als ich aber hin­ ausgesandt ward, | die gehoffte Suppe zu beschleunigen, überfiel mich, der ich freilich des Wachens und der Reisebeschwerden nicht gewohnt war, eine so unüberwindliche Schlafsucht, daß ich ganz eigentlich im Gehen schlief, mit dem Hut auf dem Kopfe wieder in das Zimmer trat, mich, ohne zu bemerken, daß die Anderen ihr Tischgebet verrichteten, bewußtlos gelassen gleichfalls hinter den Stuhl stellte, und mir nicht träumen ließ, daß ich durch mein Betragen ihre Andacht auf eine sehr lustige Weise zu stören gekommen sei. Madame Fleischer, der es we­ der an Geist und Witz, noch an Zunge fehlte, ersuchte die Fremden, noch ehe man sich setzte, sie möchten nicht auffallend finden, was sie hier mit Augen sähen; der junge Reisegefährte habe große Anlage zum Quäker, welche Gott und den König nicht besser zu verehren glaubten, als mit bedecktem Haupte. Die schöne Dame, die sich des Lachens nicht enthalten konnte, ward dadurch nur noch schöner, und ich hätte alles in der Welt darum gegeben, nicht Ursache an einer Heiterkeit ge­ wesen zu sein, die ihr so fürtrefflich zu Gesicht stand. Ich hatte jedoch

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In Turingia le strade divennero ancora peggiori, e pur­ troppo la nostra carrozza si impantanò nei pressi di Auer­ stedt al calar della notte. Eravamo lontani da qualsiasi cosa e facemmo tutto il possibile per liberarci; anch’io non ri­ sparmiai gli sforzi e devo essermi stirato i legamenti del petto, perché poco dopo iniziai a sentire un dolore intermit­ tente che mi lasciò definitivamente solo dopo molti anni. Ma in quella stessa serata, come se fosse predestinata ad alterne avventure, dopo un evento felice e inatteso dovet­ ti subire un’irritante canzonatura. Incontrammo infatti ad Auerstedt due coniugi distinti, arrivati anche loro da poco perché trattenuti da un destino simile al nostro: un uomo rispettabile e dignitoso nel fiore degli anni con una bellis­ sima moglie. Gentilmente ci invitarono a cenare con loro e fui molto felice quando la bella signora mi rivolse pa­ role gentili. Quando però mi mandarono a sollecitare  | la minestra tanto sospirata, non essendo abituato alle veglie e alle fatiche dei viaggi fui colto da un colpo di sonno così forte che mi addormentai camminando, rientrai nella sala con ancora il cappello in testa e, senza accorgermi che gli altri stavano recitando una preghiera, mi fermai dietro la mia sedia in una sorta di torpore e non mi passò nemmeno per la testa che il mio comportamento potesse disturbare nel modo più comico la loro devozione. La signora Fleischer, che non mancava di spirito e di acume e tanto meno di lin­ gua, prima ancora che ci sedessimo aveva già chiesto ai fo­ restieri di non far caso a quello strano spettacolo; il giovane compagno di viaggio aveva molta simpatia per i quaccheri, convinti che il modo migliore per venerare Dio e il re fosse a capo coperto. La bella signora non poté trattenere una ri­ sata che la rese ancora più bella, e avrei dato qualsiasi cosa per non essere io la causa di quell’ilarità che la rendeva così attraente. Ma non feci nemmeno in tempo a togliermi

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den Hut kaum beiseite gebracht, als die Personen, nach ihrer Weltsit­ te, den Scherz sogleich fallen ließen, und durch den besten Wein aus ihrem Flaschenkeller Schlaf, Mißmut und das Andenken an alle ver­ gangenen Übel völlig auslöschten. Als ich in Leipzig ankam war es gerade Meßzeit, woraus mir ein besonderes Vergnügen entsprang: denn ich sah hier die Fortsetzung ei­ nes vaterländischen Zustandes vor mir, bekannte Waren und Verkäufer, nur an anderen Plätzen und in einer anderen Folge. Ich durchstrich den Markt und die Buden mit vielem Anteil; besonders aber zogen meine Aufmerksamkeit an sich, in ihren seltsamen Kleidern, jene Bewohner der östlichen Gegenden, die Polen und Russen, vor allen aber die Grie­ chen, deren ansehnlichen Gestalten und würdigen Kleidungen ich gar oft zu Gefallen ging. Diese lebhafte Bewegung war jedoch bald vorüber, und nun trat mir die Stadt selbst, mit ihren schönen, hohen und unter einander gleichen Gebäuden entgegen. Sie machte | einen sehr guten Eindruck auf mich, und es ist nicht zu leugnen, daß sie überhaupt, besonders aber in stillen Momenten der Sonn- und Feiertage etwas Imposantes hat, so wie denn auch im Mondschein die Straßen, halb beschattet, halb erleuchtet, mich oft zu nächtlichen Promenaden einluden. Indessen genügte mir gegen das, was ich bisher gewohnt war, die­ ser neue Zustand keineswegs. Leipzig ruft dem Beschauer keine alter­ tümliche Zeit zurück; es ist eine neue, kurz vergangene, von Handels­ tätigkeit, Wohlhabenheit, Reichtum zeugende Epoche, die sich uns in diesen Denkmalen ankündet. Jedoch ganz nach meinem Sinn waren die mir ungeheuer scheinenden Gebäude, die, nach zwei Straßen ihr Gesicht wendend, in großen, himmelhoch umbauten Hofräumen eine bürgerliche Welt umfassend, großen Burgen, ja Halbstädten ähnlich sind. In einem dieser seltsamen Räume quartierte ich mich ein, und zwar in der Feuerkugel zwischen dem alten und neuen Neumarkt. Ein Paar artige Zimmer, die in den Hof sahen, der wegen des Durchgangs

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il cappello che quelle persone bene educate avevano già di­ menticato lo scherzo e col miglior vino della loro cantina fecero subito sparire il sonno, il malumore e il ricordo di tutte le pene passate. Giunsi a Lipsia proprio nel periodo della fiera, di cui mi rallegrai particolarmente perché vedevo davanti a me il proseguimento di una situazione familiare: merci e vendi­ tori ben noti, solo in un luogo diverso e disposti in un ordi­ ne diverso. Passai in rivista il mercato e le bancarelle con grande interesse, ma la mia curiosità fu attirata soprattutto dagli abitanti delle regioni dell’Est con i loro costumi tipici, i polacchi e i russi ma soprattutto i greci, e tornavo spesso per osservare quelle imponenti figure con il loro dignitoso abbigliamento. Ma quell’animato viavai finì presto, e allora ecco che mi si parò davanti la città stessa, con i suoi begli edifici, alti e tutti uguali. Mi fece | un’ottima impressione e non nego che in generale, ma soprattutto nei momenti tranquilli della domenica e dei giorni di festa, abbia qualcosa di maestoso; al chiaro di luna le sue strade, mezze in ombra, mezze illu­ minate, mi hanno spesso invitato a passeggiate notturne. Tuttavia la nuova situazione, in confronto a come ero abituato, non mi soddisfaceva per niente. Lipsia non ricorda al visitatore i tempi andati; quella che ci si presenta nei suoi monumenti è una nuova epoca, appena trascorsa, che rac­ conta di commercio, benessere e ricchezza. Mi piacevano invece quegli edifici che parevano enormi, affacciati su due strade diverse, con cortili interni ampi e circondati da pareti alte fino al cielo che racchiudevano un intero mondo citta­ dino, che assomigliano a grandi fortezze, anzi, mezze città. Mi stabilii in uno di quegli strani edifici, e cioè Alla palla di fuoco, tra il Neumarkt vecchio e quello nuovo. Due ca­ mere graziose che guardavano sul cortile, sempre animato

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nicht unbelebt war, bewohnte der Buchhändler Fleischer während der Messe, und ich für die übrige Zeit um einen leidlichen Preis. Als Stu­ bennachbarn fand ich einen Theologen, der in seinem Fache gründlich unterrichtet, wohldenkend, aber arm war, und, was ihm große Sorge für die Zukunft machte, sehr an den Augen litt. Er hatte sich dieses Übel durch übermäßiges Lesen bis in die tiefste Dämmerung, ja sogar, um das wenige Öl zu ersparen, bei Mondschein zugezogen. Unsere alte Wirtin erzeigte sich wohltätig gegen ihn, gegen mich jederzeit freund­ lich, und gegen beide sorgsam. Nun eilte ich mit meinem Empfehlungsschreiben zu Hofrat Böhme, der, ein Zögling von Maskow, nunmehr sein Nachfolger, Geschichte und Staatsrecht lehrte. Ein kleiner, untersetzter, lebhafter Mann emp­ fing mich freundlich genug und stellte mich seiner Gattin vor. Beide, so wie die übrigen Personen, denen ich aufwartete, gaben mir die beste Hoffnung wegen meines künftigen Aufenthaltes; | doch ließ ich mich anfangs gegen Niemand merken, was ich im Schilde führte, ob ich gleich den schicklichen Moment kaum erwarten konnte, wo ich mich von der Jurisprudenz frei und dem Studium der Alten verbunden er­ klären wollte. Vorsichtig wartete ich ab, bis Fleischers wieder abgereist waren, damit mein Vorsatz nicht allzugeschwind den Meinigen ver­ raten würde. Sodann aber ging ich ohne Anstand zu Hofrat Böhmen, dem ich vor allen die Sache glaubte vertrauen zu müssen, und erklärte ihm, mit vieler Konsequenz und Parrhesie, meine Absicht. Allein ich fand keineswegs eine gute Aufnahme meines Vortrags. Als Historiker und Staatsrechtler hatte er einen erklärten Haß gegen alles was nach schönen Wissenschaften schmeckte. Unglücklicherweise stand er mit denen, welche sie kultivierten, nicht im besten Vernehmen, und Gel­ lerten besonders, für den ich, ungeschickt genug, viel Zutrauen geäu­ ßert hatte, konnte er nun gar nicht leiden. Jenen Männern also einen treuen Zuhörer zuzuweisen, sich selbst aber einen zu entziehen, und noch dazu unter solchen Umständen, schien ihm ganz und gar unzu­

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per il costante passaggio, che il libraio Fleischer occupava durante la fiera mentre io le affittavo per il resto dell’anno a un prezzo modico. Il mio vicino di stanza era un teologo, ferrato nella sua materia e rispettabile ma povero, con molti problemi alla vista che lo preoccupavano non poco per il futuro. Se li era procurati leggendo troppo a lungo fin oltre l’imbrunire o addirittura, per risparmiare quel poco di olio, alla luce della luna. L’anziana padrona di casa lo aiutava come poteva, con me era sempre gentile e con entrambi premurosa29. Con la mia lettera di presentazione mi affrettai quindi dal consigliere di corte Böhme, allievo di Mascow e suo suc­ cessore, che ora insegnava storia e diritto pubblico30. Mi ri­ cevette un ometto tarchiato e vivace, piuttosto cordiale, che mi presentò alla moglie. Entrambi, così come tutte le perso­ ne da cui andai a presentarmi, mi incoraggiarono per il mio futuro soggiorno, | ma inizialmente non rivelai a nessuno quali erano le mie intenzioni sebbene non vedessi l’ora di potermi affrancare dalla giurisprudenza per dedicarmi inve­ ce allo studio dell’antichità. Prudentemente attesi la parten­ za dei Fleischer, in modo che il mio proposito non arrivasse immediatamente all’orecchio dei miei, poi mi recai senza indugio dal consigliere Böhme che ritenevo di dover infor­ mare per primo della cosa, e gli esposi la mia intenzione con molta precisione e franchezza. Il mio discorso però non fu accolto per niente bene: come storico e giurista aveva un odio dichiarato per tutto ciò che anche solo assomigliava alle belle lettere e sfortunatamente era in pessimi rapporti con tutti coloro che le coltivavano; soprattutto Gellert, ver­ so il quale io ero stato così ingenuo da mostrare grande sim­ patia, non lo poteva proprio soffrire. Dirottare verso quella gentaglia un fedele discepolo, privandosi lui di un allievo e per di più in simili circostanze, era del tutto inaccettabile.

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lässig. Er hielt mir daher aus dem Stegreif eine gewaltige Strafpredigt, worin er beteuerte, daß er ohne Erlaubnis meiner Eltern einen solchen Schritt nicht zugeben könne, wenn er ihn auch, wie hier der Fall nicht sei, selbst billigte. Er verunglimpfte darauf leidenschaftlich Philologie und Sprachstudien, noch mehr aber die poetischen Übungen, die ich freilich im Hintergrunde hatte durchblicken lassen. Er schloß zuletzt, daß wenn ich ja dem Studium der Alten mich nähern wolle, solches viel besser auf dem Wege der Jurisprudenz geschehen könne. Er brach­ te mir so manchen eleganten Juristen, Eberhard Otto und Heineccius, ins Gedächtnis, versprach mir von den römischen Altertümern und der Rechtsgeschichte goldne Berge, und zeigte mir sonnenklar, daß ich hier nicht einmal einen Umweg mache, wenn ich auch späterhin noch jenen Vorsatz, nach reiferer Überlegung und mit Zustimmung meiner Eltern, auszuführen gedächte. Er ersuchte mich freundlich, die Sache nochmals zu überlegen und ihm | meine Gesinnungen bald zu eröffnen, weil es nötig sei, wegen bevorstehenden Anfangs der Kollegien, sich zunächst zu entschließen. Es war noch ganz artig von ihm, nicht auf der Stelle in mich zu dringen. Seine Argumente und das Gewicht, womit er sie vortrug, hatten meine biegsame Jugend schon überzeugt, und ich sah nun erst die Schwierigkeiten und Bedenklichkeiten einer Sache, die ich mir im Stillen so tulich ausgebildet hatte. Frau Hofrat Böhme ließ mich kurz darauf zu sich einladen. Ich fand sie allein. Sie war nicht mehr jung und sehr kränklich, unendlich sanft und zart, und machte gegen ihren Mann, dessen Gutmütigkeit sogar polterte, einen entschiedenen Kontrast. Sie brachte mich auf das von ihrem Manne neulich geführte Gespräch, und stellte mir die Sache nochmals so freundlich, liebevoll und verständig im ganzen Umfange vor, daß ich mich nicht enthalten konnte nachzugeben; die wenigen Reservationen, auf denen ich be­ stand, wurden von jener Seite denn auch bewilligt.

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Mi somministrò quindi sui due piedi un energico predicoz­ zo e mi assicurò che senza l’approvazione dei miei genitori non mi avrebbe mai permesso di fare un passo del genere, nemmeno qualora lui fosse stato d’accordo – ma non lo era affatto. Passò quindi a biasimare con veemenza la filologia e lo studio delle lingue, ma ancor di più gli esercizi poetici a cui avevo accennato tra le righe. Concluse infine dicendo che, se volevo proprio studiare gli antichi, il modo miglio­ re era comunque la giurisprudenza; mi richiamò alla me­ moria alcuni eleganti giuristi come Everhard Otto e Hei­ neccius31, mi promise mari e monti dall’antichità romana e dalla storia del diritto e mi mostrò chiaro come il sole che non sarebbe stato affatto tempo sprecato anche nel caso in cui avessi poi deciso in futuro, in seguito a riflessione più ponderata e con il consenso dei miei, di dare corso al mio proposito. Mi esortò amichevolmente a riflettere ancora sulla questione e a | comunicargli poi le mie intenzioni, ma dato che l’inizio delle lezioni si avvicinava era necessario decidersi in fretta. Fu molto gentile da parte sua non pretendere una rispo­ sta immediata. Le sue argomentazioni e l’enfasi con cui le aveva esposte avevano già convinto la mia malleabile gio­ vinezza e mi ero reso conto per la prima volta delle diffi­ coltà e delle criticità di una strada che mi ero figurata tanto facile. Qualche giorno più tardi la signora Böhme mi invitò da loro. La trovai sola in casa. Non era più giovane né in buona salute ma infinitamente mite e dolce, e formava uno stridente contrasto accanto al consorte, irruente persino nel buon umore. Portò il discorso sul colloquio che avevo avuto di recente con suo marito e mi illustrò nuovamente tutta la questione in modo così gentile, affettuoso e sensato che non potei fare a meno di acconsentire; da parte sua, accolse le poche richieste che volli mantenere.

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Der Gemahl regulierte darauf meine Stunden: da sollte ich denn Philosophie, Rechtsgeschichte und Institutionen und noch einiges an­ dere hören. Ich ließ mir das gefallen; doch setzte ich durch, Gellerts Literargeschichte über Stockhausen, und außerdem sein Praktikum zu frequentieren. Die Verehrung und Liebe, welche Gellert von allen jungen Leu­ ten genoß, war außerordentlich. Ich hatte ihn schon besucht und war freundlich von ihm aufgenommen worden. Nicht groß von Gestalt, zierlich aber nicht hager, sanfte, eher traurige Augen, eine sehr schöne Stirn, eine nicht übertriebene Habichtsnase, einen feinen Mund, ein gefälliges Oval des Gesichts; alles machte seine Gegenwart angenehm und wünschenswert. Es kostete einige Mühe, zu ihm zu gelangen. Sei­ ne zwei Famuli schienen Priester, die ein Heiligtum bewahren, wozu nicht jedem, noch zu jeder Zeit, der Zutritt erlaubt ist; und eine solche Vorsicht war wohl notwendig: denn er würde seinen ganzen Tag | auf­ geopfert haben, wenn er alle die Menschen, die sich ihm vertraulich zu nähern gedachten, hätte aufnehmen und befriedigen wollen. Meine Collegia besuchte ich anfangs emsig und treulich; die Philo­ sophie wollte mich jedoch keineswegs aufklären. In der Logik kam es mir wunderlich vor, daß ich diejenigen Geistesoperationen, die ich von Jugend auf mit der größten Bequemlichkeit verrichtete, so aus einander zerren, vereinzelnen und gleichsam zerstören sollte, um den rechten Gebrauch derselben einzusehen. Von dem Dinge, von der Welt, von Gott glaubte ich ungefähr so viel zu wissen als der Lehrer selbst, und es schien mir an mehr als einer Stelle gewaltig zu hapern. Doch ging alles noch in ziemlicher Folge bis gegen Fastnacht, wo in der Nähe des Professor Winkler auf dem Thomasplan, gerade um die Stunde, die köstlichsten Kräpfel heiß aus der Pfanne kamen, welche uns denn dergestalt verspäteten, daß unsere Hefte locker wurden, und das Ende derselben gegen das Frühjahr mit dem Schnee zugleich verschmolz und sich verlor.

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Il marito fissò quindi le mie lezioni: dovevo seguire filosofia, storia e istituzioni del diritto e qualcos’altro an­ cora; accettai, ma ottenni di poter frequentare anche le le­ zioni di storia della letteratura che Gellert teneva seguendo Stockhausen e le relative esercitazioni32. La venerazione e l’affetto che tutti i giovani nutrivano per Gellert erano straordinari. Ero già andato a fargli visita e mi aveva accolto con gentilezza; non alto di statura, esile ma non scarno, occhi dolci vagamente tristi, una bella fron­ te, naso aquilino ma non troppo pronunciato, bocca sottile, il volto di un piacevole ovale – tutto rendeva la sua presen­ za gradevole e accattivante. Era faticoso arrivare fino a lui: i suoi due famuli sembravano sacerdoti che custodiscono un santuario e non permettono a chiunque di accedervi, né in ogni momento, e tale precauzione era effettivamente ne­ cessaria, perché se avesse voluto ricevere e dare ascolto a tutti coloro che desideravano vederlo | in privato, avrebbe dovuto sacrificare intere giornate. All’inizio frequentavo le lezioni con zelo e costanza, an­ che se la filosofia non voleva proprio entrami in testa. In logica mi pareva strano dover scomporre, isolare e smem­ brare quelle operazioni mentali che fin da bambino avevo eseguito con gran facilità, solo per capirne l’uso corretto; delle cose, del mondo, di Dio mi pareva di saperne tanto quanto il docente stesso e avevo l’impressione che zoppi­ casse alquanto in più di un argomento. Ma tutto proseguì abbastanza spedito fin verso carnevale, quando nei pressi della casa del professor Winckler, sul Thomasplan, comin­ ciarono a friggere delle squisite frittelle calde, proprio du­ rante la sua lezione. Ci facevano tardare così tanto che i quaderni cominciarono a mostrare delle lacune, mentre le ultime pagine si sciolsero in primavera con la neve per poi dissolversi definitivamente.

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Mit den juristischen Kollegien ward es bald eben so schlimm: denn ich wußte gerade schon so viel, als uns der Lehrer zu überliefern für gut fand. Mein erst hartnäckiger Fleiß im Nachschreiben wurde nach und nach gelähmt, indem ich es höchst langweilig fand, dasjenige nochmals aufzuzeichnen, was ich bei meinem Vater, teils fragend, teils antwor­ tend, oft genug wiederholt hatte, um es für immer im Gedächtnis zu behalten. Der Schaden, den man anrichtet, wenn man junge Leute auf Schulen in manchen Dingen zu weit führt, hat sich späterhin noch mehr ergeben, da man den Sprachübungen und der Begründung in dem, was eigentliche Vorkenntnisse sind, Zeit und Aufmerksamkeit abbrach, um sie an sogenannte Realitäten zu wenden, welche mehr zerstreuen als bilden, wenn sie nicht methodisch und vollständig überliefert werden. Noch ein anderes Übel, wodurch Studierende sehr bedrängt sind, erwähne ich hier beiläufig. Professoren, so gut wie andere in Ämtern angestellte Männer, können nicht alle | von Einem Alter sein; da aber die jüngeren eigentlich nur lehren, um zu lernen, und noch dazu, wenn sie gute Köpfe sind, dem Zeitalter voreilen, so erwerben sie ihre Bil­ dung durchaus auf Unkosten der Zuhörer, weil diese nicht in dem un­ terrichtet werden was sie eigentlich brauchen, sondern in dem was der Lehrer für sich zu bearbeiten nötig findet. Unter den ältesten Professo­ ren dagegen sind manche schon lange Zeit stationär; sie überliefern im Ganzen nur fixe Ansichten, und was das Einzelne betrifft, Vieles, was die Zeit schon als unnütz und falsch verurteilt hat. Durch beides ent­ steht ein trauriger Konflikt, zwischen welchem junge Geister hin und her gezerrt werden, und welcher kaum durch die Lehrer des mittleren Alters, die, obschon genugsam unterrichtet und gebildet, doch immer noch ein tätiges Streben zum Wissen und Nachdenken bei sich empfin­ den, ins Gleiche gebracht werden kann. Wie ich nun auf diesem Wege viel mehreres kennen als zurech­ te legen lernte, wodurch sich ein immer wachsendes Mißbehagen in

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Anche con le lezioni di diritto fu più o meno lo stesso, perché ne sapevo già tanto quanto il docente riteneva di do­ verci insegnare. Il mio zelo nel prendere appunti, inizialmen­ te ostinato, si affievolì man mano, perché trovavo infinita­ mente noioso dover riscrivere quello che avevo già ripetuto mille volte a mio padre sotto forma di domande e risposte, finché non lo avevo imparato a memoria una volta per tut­ te. Il danno che si procura ai giovani quando si vogliono insegnare loro troppe cose a scuola, si mostrò più avanti in modo ancora più evidente, cioè quando tempo e attenzione furono distolti dagli esercizi di lingua e dal consolidamento delle conoscenze preliminari, per rivolgerli ai cosiddetti casi concreti che, se non vengono spiegati in maniera sistematica ed esaustiva, distraggono più che insegnare. Voglio ricordare di sfuggita anche un altro male che tan­ to tormenta gli studenti: i professori, proprio come gli im­ piegati dei vari uffici, non possono essere tutti | della stessa età. Dato che però i più giovani insegnano soltanto per im­ parare a loro volta e in più, se hanno la testa fina, precorro­ no i tempi, costoro completano la loro formazione a spese degli studenti che non imparano quello di cui avrebbero ef­ fettivamente bisogno, quanto piuttosto quello che il docente ritiene di dover studiare per sé. Fra i professori più anziani, al contrario, molti si sono formati da tempo e insegnano nel complesso sempre lo stesso insieme di teorie, per quanto sui singoli punti molte di esse siano con il tempo divenute inutili o superate. Tra le due posizioni nasce un triste con­ flitto che strattona le giovani menti a destra e a manca e che non sempre viene compensato dai docenti di età intermedia che, sebbene già sufficientemente formati ed esperti, conti­ nuano ad avvertire lo slancio verso il sapere e la riflessione. In questo modo imparai molte più cose di quelle che riu­ scivo ad assimilare, e ciò produsse in me un disagio sem­

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mir hervordrang, so hatte ich auch vom Leben manche kleine Unan­ nehmlichkeiten; wie man denn, wenn man den Ort verändert und in neue Verhältnisse tritt, immer Einstand geben muß. Das erste, was die Frauen an mir tadelten, bezog sich auf die Kleidung; denn ich war vom Hause freilich etwas wunderlich equipiert auf die Akademie gelangt. Mein Vater, dem nichts so sehr verhaßt war, als wenn etwas ver­ geblich geschah, wenn Jemand seine Zeit nicht zu brauchen wußte, oder sie zu benutzen keine Gelegenheit fand, trieb seine Ökonomie mit Zeit und Kräften so weit, daß ihm nichts mehr Vergnügen machte, als zwei Fliegen mit Einer Klappe zu schlagen. Er hatte deswegen niemals einen Bedienten, der nicht im Hause zu noch etwas nützlich gewesen wäre. Da er nun von jeher alles mit eigener Hand schrieb und später die Bequemlichkeit hatte, jenem jungen Hausgenossen in die Feder zu diktieren; so fand er am vorteilhaftesten, Schneider zu Bedienten zu haben, welche die Stunden gut anwenden mußten, indem sie nicht al­ lein | ihre Livreien, sondern auch die Kleider für Vater und Kinder zu fertigen, nicht weniger alles Flickwerk zu besorgen hatten. Mein Vater war selbst um die besten Tücher und Zeuge bemüht, indem er auf den Messen von auswärtigen Handelsherren feine Ware bezog und sie in seinen Vorrat legte; wie ich mich denn noch recht wohl erinnere, daß er die Herrn von Löwenicht von Aachen jederzeit besuchte, und mich von meiner frühesten Jugend an mit diesen und anderen vorzüglichen Handelsherren bekannt machte. Für die Tüchtigkeit des Zeugs war also gesorgt und genugsamer Vorrat verschiedener Sorten Tücher, Sarschen, Göttinger Zeug, nicht weniger das nötige Unterfutter vorhanden, so daß wir, dem Stoff nach, uns wohl hätten dürfen sehen lassen; aber die Form verdarb meist alles: denn wenn ein solcher Hausschneider allenfalls ein guter Geselle ge­ wesen wäre, um einen meisterhaft zugeschnittenen Rock wohl zu nä­ hen und zu fertigen, so sollte er nun auch das Kleid selbst zuschneiden, und dieses geriet nicht immer zum besten. Hiezu kam noch, daß mein

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pre crescente che si aggiunse alle piccole scomodità a cui bisogna sempre far fronte, nella vita, quando ci si trova in un posto nuovo e in circostanze mutate. La prima cosa che le donne criticavano in me era il modo di vestire, perché in effetti ero partito da casa e approdato all’università con un guardaroba piuttosto bizzarro. Mio padre detestava più di tutto le cose inutili e le per­ sone che non sapevano impiegare bene il tempo o lo spre­ cavano, e si era spinto così in là con la sua parsimonia in fatto di tempo ed energie che era soddisfatto solo quando riusciva a prendere due piccioni con una fava – per questo non aveva mai avuto un domestico che non sapesse rendersi utile in casa in più di un modo. All’inizio scriveva tutto di suo pugno, finché poi non trovò più comodo affidare que­ sta incombenza al ragazzo che viveva con noi; allo stesso modo gli parve vantaggioso avere dei sarti come domestici, che potevano così sfruttare il tempo non soltanto | cucendo le proprie livree, ma anche vestiti per padre e figli, oltre che provvedere ai vari rammendi. Mio padre si procurava per­ sonalmente i tessuti e le stoffe migliori, comprando stoffe di buona qualità alle fiere da commercianti forestieri e metten­ dole da parte; ricordo ancora molto bene, ad esempio, che andava sempre a trovare i signori Loewenich di Aquisgrana e che fin da bambino mi aveva fatto conoscere questi e altri rispettabili commercianti. La qualità dei materiali era dunque assicurata e abbon­ dante era la scorta di diversi tipi di stoffe, sargia, panno di Göttingen e delle necessarie fodere, tanto che, almeno per i tessuti, non sfiguravamo; ma il modello in genere rovinava tutto, perché anche ammesso che il sarto di casa fosse ab­ bastanza abile da saper cucire e rifinire un vestito tagliato da un esperto, ci si aspettava invece che fosse lui stesso a tagliarlo, e non sempre era all’altezza. A questo si aggiun­

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Vater alles, was zu seinem Anzuge gehörte, sehr gut und reinlich hielt und viele Jahre mehr bewahrte als benutzte, daher eine Vorliebe für gewissen alten Zuschnitt und Verzierungen trug, wodurch unser Putz mitunter ein wunderliches Ansehen bekam. Auf eben diesem Wege hatte man auch meine Garderobe, die ich mit auf die Akademie nahm, zu Stande gebracht; sie war recht voll­ ständig und ansehnlich und sogar ein Tressenkleid darunter. Ich, diese Art von Aufzug schon gewohnt, hielt mich für geputzt genug; allein es währte nicht lange, so überzeugten mich meine Freundinnen, erst durch leichte Neckereien, dann durch vernünftige Vorstellungen, daß ich wie aus einer fremden Welt herein geschneit aussehe. So viel Ver­ druß ich auch hierüber empfand, sah ich doch Anfangs nicht, wie ich mir helfen sollte. Als aber Herr von Masuren, der so beliebte poetische Dorfjunker, einst auf dem Theater in einer ähnlichen Kleidung auftrat, und mehr | wegen seiner äußeren als inneren Abgeschmacktheit herz­ lich belacht wurde, faßte ich Mut und wagte, meine sämtliche Garde­ robe gegen eine neumodische, dem Ort gemäße, auf einmal umzutau­ schen, wodurch sie aber freilich sehr zusammenschrumpfte. Nach dieser überstandenen Prüfung sollte abermals eine neue ein­ treten, welche mir weit unangenehmer auffiel, weil sie eine Sache be­ traf, die man nicht so leicht ablegt und umtauscht. Ich war nämlich in dem oberdeutschen Dialekt geboren und erzo­ gen, und obgleich mein Vater sich stets einer gewissen Reinheit der Sprache befliß und uns Kinder auf das, was man wirklich Mängel je­ nes Idioms nennen kann, von Jugend an aufmerksam gemacht und zu einem besseren Sprechen vorbereitet hatte; so blieben mir doch gar manche tiefer liegende Eigenheiten, die ich, weil sie mir ihrer Naivetät wegen gefielen, mit Behagen hervorhob, und mir dadurch von meinen neuen Mitbürgern jedesmal einen strengen Verweis zuzog. Der Ober­

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geva il fatto che mio padre teneva in modo molto accurato e ordinato tutto ciò che faceva parte del suo vestiario, e per molti anni lo conservava più che indossarlo, avendo una predilezione per modelli e fogge antiquate: avevamo quindi un abbigliamento alquanto curioso. Dello stesso genere era il guardaroba che era stato predi­ sposto per me e che avevo portato all’università: ben forni­ to e dignitoso, comprendeva persino una giubba gallonata. Abituato a quel genere di vestiti, mi consideravo piuttosto elegante ma non ci volle molto che le mie amiche, prima con qualche allusione, poi con spiegazioni più esplicite, mi fecero notare che sembravo piovuto da un altro pianeta. Ma per quanto ne fossi molto contrariato, all’inizio non seppi come rimediare finché un giorno il signor von Masuren, il popolarissimo Nobile poeta di campagna non fece la sua comparsa in scena con un vestito simile al mio e fu deriso a più non posso per | il cattivo gusto esteriore più ancora che per quello interiore33: a quel punto mi feci coraggio e decisi di barattare tutto il mio guardaroba con uno più alla moda, più adatto al luogo, anche se risultò decisamente più ridotto. Superata questa prova, una nuova mi aspettava e mi ri­ sultò ancora più sgradevole, perché riguardava qualcosa che non si può dismettere o barattare così facilmente. Ero infatti nato e cresciuto con un dialetto tedesco meri­ dionale34, e sebbene mio padre si fosse sempre preoccupa­ to di una certa purezza della lingua e avesse sempre fatto notare a noi bambini quali fossero i difetti di quell’idioma, insegnandoci a parlare in modo appropriato, ne avevo co­ munque conservato alcune peculiarità ben radicate che ap­ prezzavo per la loro spontaneità e che mi piaceva mettere in mostra, attirandomi ogni volta un severo rimprovero dai miei nuovi concittadini. Il tedesco meridionale infatti, e in

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deutsche nämlich, und vielleicht vorzüglich derjenige, welcher dem Rhein und Main anwohnt, (denn große Flüsse haben, wie das Meeres­ ufer, immer etwas Belebendes,) drückt sich viel in Gleichnissen und Anspielungen aus, und bei einer inneren menschenverständigen Tüch­ tigkeit bedient er sich sprüchwörtlicher Redensarten. In beiden Fällen ist er öfters derb, doch, wenn man auf den Zweck des Ausdruckes sieht, immer gehörig; nur mag freilich manchmal etwas mit unterlaufen, was gegen ein zarteres Ohr sich anstößig erweist. Jede Provinz liebt ihren Dialekt: denn er ist doch eigentlich das Element, in welchem die Seele ihren Atem schöpft. Mit welchem Eigensinn aber die meißnische Mundart die übrigen zu beherrschen, ja eine Zeit lang auszuschließen gewußt hat, ist Jedermann bekannt. Wir haben viele Jahre unter diesem pedantischen Regimente gelitten, und nur durch vielfachen Widerstreit haben sich die sämtlichen Pro­ vinzen in ihre alten Rechte wieder eingesetzt. Was ein junger lebhafter Mensch unter diesem beständigen | Hofmeistern ausgestanden habe, wird derjenige leicht ermessen, der bedenkt, daß nun mit der Aus­ sprache, in deren Veränderung man sich endlich wohl ergäbe, zugleich Denkweise, Einbildungskraft, Gefühl, vaterländischer Charakter soll­ ten aufgeopfert werden. Und diese unerträgliche Forderung wurde von gebildeten Männern und Frauen gemacht, deren Überzeugung ich mir nicht zueignen konnte, deren Unrecht ich zu empfinden glaubte, ohne mir es deutlich machen zu können. Mir sollten die Anspielungen auf biblische Kernstellen untersagt sein, so wie die Benutzung treuherziger Chronikenausdrücke. Ich sollte vergessen, daß ich den von Kaisersberg gelesen hatte und des Gebrauchs der Sprüchwörter ent­ behren, die doch, Statt vieles Hin- und Herfackelns, den Nagel gleich auf den Kopf treffen; alles dies, das ich mir mit jugendlicher Heftig­ keit angeeignet, sollte ich missen, ich fühlte mich in meinem Innersten paralysiert und wußte kaum mehr, wie ich mich über die gemeinsten Dinge zu äußern hatte. Daneben hörte ich, man solle reden wie man schreibt und schreiben wie man spricht; da mir Reden und Schreiben ein für allemal zweierlei Dinge schienen, von denen jedes wohl seine

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particolare quello che si parla nelle zone del Meno e del Reno (i grandi fiumi hanno sempre qualcosa di vivificante, come la riva del mare), utilizza molte similitudini e meta­ fore e per esprimere la sua profonda e umanissima vitalità si serve spesso di proverbi e modi di dire. In entrambi i casi è spesso grezzo ma se si guarda all’efficacia comunicativa, sempre adeguato; certo, può capitare che ogni tanto qualche espressione urti un orecchio delicato. Ogni provincia ama il suo dialetto, perché è l’elemento da cui l’anima trae il suo respiro. Con quale pervicacia però il dialetto di Meißen abbia dominato sugli altri, tentando addirittura di soppiantarli, è risaputo35; per molti anni ab­ biamo patito sotto quella pedante dominazione e solo dopo molti sforzi le altre province sono riuscite a riaffermare i propri diritti. Quanto debba aver sofferto un giovanotto pie­ no di vita sotto queste continue | bacchettate è facile imma­ ginarlo: basta considerare che con la pronuncia, che alla fin fine si potrebbe accettare di modificare, si perdono anche il modo di pensare, la creatività, il sentimento, il caratte­ re locale. E questa pretesa inaccettabile veniva avanzata da uomini e donne di cultura, la cui convinzione non riuscivo a condividere; intuivo che avevano torto senza riuscire a spiegarmi chiaramente il perché. Mi si proibiva di citare passi biblici fondamentali e di usare le espressioni popolari presenti nelle cronache; avrei dovuto dimenticare di aver letto Geiler von Kaysersberg e rinunciare a usare i prover­ bi che, al posto di tanti giri di parole, arrivano subito al punto36. Avrei dovuto rinunciare a tutto quello che mi ero conquistato nell’entusiasmo giovanile, e così mi sentivo paralizzato interiormente e non sapevo più quasi come par­ lare anche delle cose più normali. Allo stesso tempo sentivo dire che bisognava parlare come si scrive e scrivere come si parla37, ma parlare e scrivere a me sembravano due cose

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eignen Rechte behaupten möchte. Und hatte ich doch auch im meißner Dialekt Manches zu hören, was sich auf dem Papier nicht sonderlich würde ausgenommen haben. Jedermann, der hier vernimmt, welchen Einfluß auf einen jungen Studierenden gebildete Männer und Frauen, Gelehrte und sonst in einer feinen Sozietät sich gefallende Personen so entschieden ausüben, wür­ de, wenn es auch nicht ausgesprochen wäre, sich sogleich überzeugt halten, daß wir uns in Leipzig befinden. Jede der deutschen Akademie­ en hat eine besondere Gestalt: denn weil in unserem Vaterlande keine allgemeine Bildung durchdringen kann, so beharrt jeder Ort auf seiner Art und Weise und treibt seine charakteristischen Eigenheiten bis auf’s letzte; eben dieses gilt von den Akademieen. In Jena und Halle war die Rohheit auf’s höchste gestiegen, körperliche Stärke, Fechtergewandt­ heit, die wildeste Selbsthülfe war dort an der | Tagesordnung; und ein solcher Zustand kann sich nur durch den gemeinsten Saus und Braus erhalten und fortpflanzen. Das Verhältnis der Studierenden zu den Ein­ wohnern jener Städte, so verschieden es auch sein mochte, kam doch darin überein, daß der wilde Fremdling keine Achtung vor dem Bürger hatte und sich als ein eignes, zu aller Freiheit und Frechheit privilegier­ tes Wesen ansah. Dagegen konnte in Leipzig ein Student kaum anders als galant sein, sobald er mit reichen, wohl und genau gesitteten Ein­ wohnern in einigem Bezug stehen wollte. Alle Galanterie freilich, wenn sie nicht als Blüte einer großen und weiten Lebensweise hervortritt, muß beschränkt, stationär und aus ge­ wissen Gesichtspunkten vielleicht albern erscheinen; und so glaubten jene wilden Jäger von der Saale über die zahmen Schäfer an der Pleiße ein großes Übergewicht zu haben. Zachariä’s Renommist wird immer ein schätzbares Dokument bleiben, woraus die damalige Lebens- und Sinnesart anschaulich hervortritt; wie überhaupt seine Gedichte jedem willkommen sein müssen, der sich einen Begriff von dem zwar schwa­ chen, aber wegen seiner Unschuld und Kindlichkeit liebenswürdigen Zustande des damaligen geselligen Lebens und Wesens machen will.

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decisamente diverse, ognuna con dei propri diritti; e del re­ sto, anche nel dialetto di Meißen mi capitava di sentire cose che, se scritte, non avrebbero certo fatto bella figura. Chiunque senta parlare dell’influenza decisiva che eser­ citano su un giovane studente uomini e donne di cultura, eruditi e persone ben inserite nella buona società saprebbe subito con certezza, anche se non è stato detto esplicitamen­ te, che si sta parlando di Lipsia. Ciascuna delle università tedesche ha una sua propria fisionomia, e poiché nel nostro paese non si riesce a diffondere una cultura comune ma ogni località ha un suo stile e tende a preservare le proprie carat­ teristiche fino allo stremo, lo stesso vale per le università. A Jena e Halle la rozzezza aveva raggiunto il limite, forza fisica, abilità nei duelli e brutalità erano | all’ordine del gior­ no e una simile situazione poteva mantenersi e perpetuarsi soltanto tra chi si dà alla bella vita in modo grossolano. I rapporti tra gli studenti e gli abitanti di quelle città, pur con le dovute differenze, erano comunque simili, visto che l’in­ civile forestiero non aveva alcun rispetto per il cittadino e si considerava un essere a sé, che si poteva permettere qual­ siasi libertà e insolenza. A Lipsia invece uno studente non poteva essere altro che galante se voleva avere un qualsiasi contatto con i facoltosi abitanti, educati di tutto punto. Ma ogni forma di galanteria, a meno che non sia il co­ ronamento di uno stile di vita nobile e aperto, finisce per essere limitata, statica e per certi aspetti sciocca; e così i rozzi cacciatori della Saale credevano di essere molto me­ glio dei mansueti pastori della Pleiße. Lo sbruffone di Za­ chariä rimarrà sempre una testimonianza preziosa che illu­ stra il modo di vivere e di pensare di quel periodo, mentre chi vuole farsi un’idea della condizione della vita e della società di allora, debole sì, ma adorabile per la sua infantile innocenza, apprezzerà le sue poesie.

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Alle Sitten, die aus einem gegebenen Verhältnis eines gemeinen Wesens entspringen, sind unverwüstlich, und zu meiner Zeit erinnerte noch manches an Zachariä’s Heldengedicht. Ein einziger unserer aka­ demischen Mitbürger hielt sich für reich und unabhängig genug, der öffentlichen Meinung ein Schnippchen zu schlagen. Er trank Schwä­ gerschaft mit allen Lohnkutschern, die er, als wären’s die Herren, sich in die Wagen setzen ließ und selbst vom Bocke fuhr, sie einmal umzu­ werfen für einen großen Spaß hielt, die zerbrochenen Halbchäsen, so wie die zufälligen Beulen zu vergüten wußte, übrigens aber Niemanden beleidigte, sondern nur das Publikum in Masse zu verhöhnen schien. Einst bemächtigte er und ein Spießgesell sich, am schönsten Prome­ naden-Tage, der Esel des Thomasmüllers; sie ritten | wohl gekleidet, in Schuhen und Strümpfen mit dem größten Ernst um die Stadt, ange­ staunt von allen Spaziergängern, von denen das Glacis wimmelte. Als ihm einige Wohldenkende hierüber Vorstellungen taten, versicherte er ganz unbefangen, er habe nur sehen wollen, wie sich der Herr Chris­ tus in einem ähnlichen Falle möchte ausgenommen haben. Nachahmer fand er jedoch keinen und wenig Gesellen. Denn der Studierende von einigem Vermögen und Ansehen hatte alle Ursache, sich gegen den Handelsstand ergeben zu erweisen, und sich um so mehr schicklicher äußerer Formen zu befleißigen, als die Kolonie ein Musterbild französischer Sitten darstellte. Die Professo­ ren, wohlhabend durch eignes Vermögen und gute Pfründen, waren von ihren Schülern nicht abhängig, und der Landeskinder mehrere, auf den Fürstenschulen oder sonstigen Gymnasien gebildet und Beförde­ rung hoffend, wagten es nicht, sich von der herkömmlichen Sitte los­ zusagen. Die Nähe von Dresden, die Aufmerksamkeit von daher, die wahre Frömmigkeit der Oberaufseher des Studienwesens konnte nicht ohne sittlichen, ja religiösen Einfluß bleiben.

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Tutte le consuetudini che scaturiscono dalla specifica situazione di una comunità sono indistruttibili, e anche ai miei tempi alcuni aspetti ricordavano ancora il poema eroico di Zachariä. Uno solo dei nostri compagni studenti si considerò ricco e indipendente a tal punto da prendere per il naso l’opinione pubblica. Aveva fraternizzato con tutti i vetturini che poi faceva accomodare in carrozza come se fossero signori mentre lui, montato a cassetta, li conduceva ma a un tratto si divertiva un mondo facendo­ li ribaltare; ripagò adeguatamente i danni alle vetture e i bernoccoli provocati, ma comunque non offese nessuno, era solo una presa in giro del pubblico nel suo complesso. Una volta, insieme a un suo compare, in una bella giornata in cui tutti andavano a passeggio, si impadronì degli asini del mugnaio di San Tommaso; ben vestiti, | con calze e scarpe li cavalcarono girando per la città con grande serie­ tà, mentre tutti i passanti che affollavano il Glacis38 sgra­ navano tanto d’occhi. Quando alcuni benpensanti lo rim­ proverarono, egli rispose disinvolto che aveva solo voluto constatare che figura avrebbe fatto il Signore Gesù in una situazione simile. Non trovò tuttavia imitatori, e nemmeno tanti compagni. Infatti, gli studenti agiati e rispettabili avevano tutti i mo­ tivi per mostrarsi ben disposti verso il ceto dei commercian­ ti e adottare le maniere più appropriate, poiché la colonia39 era un modello di bon ton francese. I professori, benestanti per l’elevato reddito e le ricche prebende, non dipendevano dai loro studenti, e i giovani del posto, educati nelle scuole regie o nei ginnasi, sperando di far carriera non osavano al­ lontanarsi dalle consuetudini locali. La vicinanza di Dresda, il controllo che da lì si esercitava, l’autentica religiosità dei supervisori del sistema scolastico non potevano non sortire una certa influenza morale, persino religiosa.

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Mir war diese Lebensart im Anfange nicht zuwider; meine Emp­ fehlungsbriefe hatten mich in gute Häuser eingeführt, deren verwandte Zirkel mich gleichfalls wohl aufnahmen. Da ich aber bald empfinden mußte, daß die Gesellschaft gar manches an mir auszusetzen hatte, und ich, nachdem ich mich ihrem Sinne gemäß gekleidet, ihr nun auch nach dem Munde reden sollte, und dabei doch deutlich sehen konnte, daß mir dagegen von alle dem wenig geleistet wurde, was ich mir von Unterricht und Sinnesförderung bei meinem akademischen Aufenthalt versprochen hatte; so fing ich an lässig zu werden und die geselligen Pflichten der Besuche und sonstigen Attentionen zu versäumen, und ich wäre noch früher aus allen solchen Verhältnissen herausgetreten, hätte mich nicht an Hofrat Böhmen Scheu und Achtung und an seine Gattin Zutrauen und Neigung festgeknüpft. Der Gemahl hatte leider nicht die | glückliche Gabe, mit jungen Leuten umzugehen, sich ihr Vertrauen zu erwerben und sie für den Augenblick nach Bedürfnis zu leiten. Ich fand niemals Gewinn davon, wenn ich ihn besuchte; seine Gattin dagegen zeigte ein aufrichtiges Interesse an mir. Ihre Kränk­ lichkeit hielt sie stets zu Hause. Sie lud mich manchen Abend zu sich und wußte mich, der ich zwar gesittet war, aber doch eigentlich was man Lebensart nennt, nicht besaß, in manchen kleinen Äußerlichkei­ ten zurecht zu führen und zu verbessern. Nur eine einzige Freundin brachte die Abende bei ihr zu; diese war aber schon herrischer und schulmeisterlicher, deswegen sie mir äußerst mißfiel und ich ihr zum Trutz öfters jene Unarten wieder annahm, welche mir die andere schon abgewöhnt hatte. Sie übten unterdessen noch immer Geduld genug an mir, lehrten mich Piquet, l’Hombre und was andere dergleichen Spiele sind, deren Kenntnis und Ausübung in der Gesellschaft für unerläßlich gehalten wird. Worauf aber Madame Böhme den größten Einfluß bei mir hatte, war auf meinen Geschmack, freilich auf eine negative Weise, worin sie jedoch mit den Kritikern vollkommen übereintraf. Das Gottsche­ dische Gewässer hatte die deutsche Welt mit einer wahren Sündflut

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Inizialmente quello stile di vita non mi dispiacque; le lettere di presentazione mi avevano introdotto in buone fa­ miglie e mi ero inserito altrettanto bene nella cerchia delle loro conoscenze. Ben presto però mi resi conto che la socie­ tà aveva molto da ridire nei miei confronti e dopo essermi adeguato al loro abbigliamento, si pretendeva che acqui­ sissi anche la loro parlata; e nel frattempo compresi che il mio soggiorno accademico mi dava ben poco di quello che mi aspettavo in fatto di apprendimento e formazione, così cominciai a lasciarmi andare e a trascurare i doveri sociali, le visite da ricambiare e altre simili attenzioni, e mi sarei sganciato ancora più rapidamente da quelle relazioni se non mi avessero trattenuto la soggezione e il riguardo per il pro­ fessor Böhme e l’affetto e la simpatia per sua moglie. Il ma­ rito non aveva purtroppo | la dote preziosa di saper trattare con i giovani, di conquistarsi la loro fiducia e, all’occasio­ ne, di saperli indirizzare. Non trassi mai alcun profitto dai nostri incontri, mentre sua moglie mostrava per me un sin­ cero interessamento. La salute malferma la costringeva per lo più in casa, così qualche pomeriggio mi invitava da loro e seppe raddrizzare e migliorare alcuni miei modi di fare, poiché ero sì ben educato, ma non possedevo quello che si chiamava savoir faire. Aveva un’unica amica che passava i pomeriggi con lei, ma la detestavo perché era dispotica e pedante40; così per farle dispetto esibivo quelle cattive abi­ tudini da cui la signora Böhme mi aveva appena guarito. Ma furono comunque molto pazienti con me, mi insegna­ rono a giocare a Piquet, L’hombre e altri giochi di carte che venivano considerati indispensabili per stare in società. L’influenza di madame Böhme si fece sentire soprattutto sul gusto, e in verità in modo negativo, e in questo concor­ dava perfettamente con i critici. L’alluvione gottschediana aveva sommerso il mondo tedesco come un diluvio uni­

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überschwemmt, welche sogar über die höchsten Berge hinaufzusteigen drohte. Bis sich eine solche Flut wieder verläuft, bis der Schlamm aus­ trocknet, dazu gehört viele Zeit, und da es der nachäffenden Poeten in jeder Epoche eine Unzahl gibt; so brachte die Nachahmung des Seich­ ten, Wäßrigen einen solchen Wust hervor, von dem gegenwärtig kaum ein Begriff mehr geblieben ist. Das Schlechte schlecht zu finden, war daher der größte Spaß, ja der Triumph damaliger Kritiker. Wer nur eini­ gen Menschenverstand besaß, oberflächlich mit den Alten, etwas näher mit den Neueren bekannt war, glaubte sich schon mit einem Maßsta­ be versehen, den er überall anlegen könne. Madame Böhme war eine gebildete Frau, welcher das Unbedeutende, Schwache und Gemeine widerstand; sie war noch überdies Gattin eines Mannes, der mit der Po­ esie überhaupt in Unfrieden | lebte und dasjenige nicht gelten ließ, was sie allenfalls noch gebilligt hätte. Nun hörte sie mir zwar einige Zeit mit Geduld zu, wenn ich ihr Verse oder Prose von namhaften, schon in gutem Ansehen stehenden Dichtern zu rezitieren mir herausnahm: denn ich behielt nach wie vor alles auswendig, was mir nur einigerma­ ßen gefallen mochte; allein ihre Nachgiebigkeit war nicht von langer Dauer. Das erste, was sie mir ganz entsetzlich herunter machte, waren die Poeten nach der Mode von Weiße, welche so eben mit großem Bei­ fall öfters wiederholt wurden, und mich ganz besonders ergetzt hatten. Besah ich nun freilich die Sache näher, so konnte ich ihr nicht Unrecht geben. Auch einigemal hatte ich gewagt, ihr etwas von meinen eigenen Gedichten, jedoch anonym vorzutragen, denen es denn nicht besser ging als der übrigen Gesellschaft. Und so waren mir in kurzer Zeit die schönen bunten Wiesen in den Gründen des deutschen Parnasses, wo ich so gern lustwandelte, unbarmherzig niedergemäht und ich sogar genötigt, das trocknende Heu selbst mit umzuwenden und dasjenige als tot zu verspotten, was mir kurz vorher eine so lebendige Freude gemacht hatte. Diesen ihren Lehren kam, ohne es zu wissen, der Professor Morus zu Hülfe, ein ungemein sanfter und freundlicher Mann, den ich an dem Tische des Hofrats Ludwig kennen lernte und der mich sehr gefällig

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versale, che minacciava di sommergere anche le vette più alte41. Prima che una marea del genere si ritiri e il fango si asciughi ci vuole molto tempo e poiché di imitatori abbonda ogni epoca, le imitazioni insipide e annacquate produssero tale e tanta spazzatura che oggi non ce la possiamo nem­ meno immaginare. Il massimo divertimento, anzi, il trionfo dei critici di allora consisteva dunque nel qualificare come scadenti le cose scadenti. Chiunque avesse un pizzico di buon senso, una conoscenza anche superficiale degli antichi e una un po’ più precisa dei moderni riteneva di possedere criteri universalmente applicabili. Madame Böhme era una donna istruita che criticava le cose insignificanti, scialbe e banali; in più aveva un marito che aveva dichiarato guerra alla | poesia e condannava anche quelle cose che lei avrebbe magari accettato. Così per un certo tempo mi ascoltò con pazienza, mentre le recitavo i versi o la prosa di autori rino­ mati e ormai affermati – riuscivo infatti ancora a imparare a memoria, come una volta, le cose che mi piacevano al­ meno un po’ – ma la sua condiscendenza non durò a lungo. I primi a essere fatti a pezzi furono i Poeti alla moda di Weiße, rappresentati molte volte con grande successo e che mi erano piaciuti particolarmente42. Considerando meglio la cosa, non aveva tutti i torti. Qualche volta avevo anche osato recitarle delle mie poesie, ovviamente in anonimo, che non ebbero sorte migliore delle altre, e in men che non si dica i bei prati variopinti ai piedi del Parnaso tedesco, dove passeggiavo così volentieri, furono falciati senza pietà e io fui addirittura costretto ad aiutare a rigirare il fieno, a dichiarare morto e deridere ciò che poco prima mi procura­ va una gioia così viva. A rafforzare ulteriormente queste teorie venne, senza sa­ perlo, il professor Morus, un uomo incredibilmente mite e cordiale che avevo conosciuto alla tavola del consigliere

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aufnahm, wenn ich mir die Freiheit ausbat, ihn zu besuchen. Indem ich mich nun bei ihm um das Altertum erkundigte, so verbarg ich ihm nicht, was mich unter den Neuern ergetzte; da er denn mit mehr Ruhe als Madame Böhme, was aber noch schlimmer war, mit mehr Gründ­ lichkeit über solche Dinge sprach und mir, Anfangs zum größten Ver­ druß, nachher aber doch zum Erstaunen und zuletzt zur Erbauung die Augen öffnete. Hiezu kamen noch die Jeremiaden, mit denen uns Gellert in sei­ nem Praktikum von der Poesie abzumahnen pflegte. Er wünschte nur prosaische Aufsätze und beurteilte auch diese immer zuerst. Die Verse behandelte er nur als eine traurige Zugabe, und was das Schlimmste war, | selbst meine Prose fand wenig Gnade vor seinen Augen: denn ich pflegte, nach meiner alten Weise, immer einen kleinen Roman zum Grunde zu legen, den ich in Briefen auszuführen liebte. Die Gegen­ stände waren leidenschaftlich, der Styl ging über die gewöhnliche Prose hinaus, und der Inhalt mochte freilich nicht sehr für eine tiefe Menschenkenntnis des Verfassers zeugen; und so war ich denn von unserem Lehrer sehr wenig begünstigt, ob er gleich meine Arbeiten, so gut als die der Andern, genau durchsah, mit roter Dinte korrigierte und hie und da eine sittliche Anmerkung hinzufügte. Mehrere Blätter dieser Art, welche ich lange Zeit mit Vergnügen bewahrte, sind leider endlich auch im Lauf der Jahre aus meinen Papieren verschwunden. Wenn ältere Personen recht pädagogisch verfahren wollten, so soll­ ten sie einem jungen Manne etwas, was ihm Freude macht, es sei von welcher Art es wolle, weder verbieten noch verleiden, wenn sie nicht zu gleicher Zeit ihm etwas Anderes dafür einzusetzen hätten, oder un­ terzuschieben wüßten. Jedermann protestierte gegen meine Liebhabe­ reien und Neigungen, und das was man mir dagegen anpries, lag teils so weit von mir ab, daß ich seine Vorzüge nicht erkennen konnte, oder es stand mir so nah, daß ich es eben nicht für besser hielt als das Ge­

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di corte Ludwig43 e che mi accoglieva con molta cordiali­ tà quando chiedevo il permesso di fargli visita. Mentre gli rivolgevo domande sugli antichi, non gli nascosi che cosa mi interessava dei moderni e lui allora si espresse sull’ar­ gomento in modo più pacato rispetto a madame Böhme, ma anche – e quello fu ancor peggio – con maggiore cogni­ zione di causa: mi aprì gli occhi e all’inizio ne fui molto infastidito, poi stupito, e infine ne trassi profitto. A quello si aggiunsero le geremiadi con cui Gellert, nel­ le sue esercitazioni, cercava di tenerci lontani dalla poe­ sia. Voleva che scrivessimo solo saggi in prosa e valutava sempre quelli per primi. I versi li considerava una penosa appendice, ma la cosa peggiore fu che | nemmeno la mia prosa incontrò il suo favore perché seguivo la mia vecchia abitudine di prendere come base un breve romanzo per poi svilupparlo in forma epistolare. I temi erano trattati con passione, lo stile oltrepassava quello abituale della prosa e i contenuti non denotavano certo una profonda conoscenza degli uomini da parte dell’autore: non ero molto apprezza­ to dal mio maestro, sebbene leggesse con attenzione i miei lavori come quelli degli altri: li correggeva con l’inchiostro rosso e inseriva qua e là un’annotazione morale. Molti di quei fogli li ho conservati con piacere per molto tempo, ma con il passare degli anni sono andati persi tra le mie carte. Se gli adulti volessero procedere secondo un principio veramente pedagogico, non dovrebbero mai proibire né far disprezzare a un giovane le cose che gli procurano gioia, qualsiasi esse siano, a meno che non abbiano contempo­ raneamente qualcosa d’altro per sostituirle o rimpiazzarle. Tutti criticavano i miei passatempi e i miei gusti, ma quello che mi proponevano era o così lontano da me che non riu­ scivo ad apprezzarne i pregi, o così vicino che mi sembrava alla stessa stregua di ciò che mi veniva rimproverato; mi

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scholtene. Ich kam darüber durchaus in Verwirrung, und hatte mir aus einer Vorlesung Ernesti’s über Cicero’s Orator das Beste versprochen; ich lernte wohl auch etwas in diesem Collegium, jedoch über das, wo­ ran mir eigentlich gelegen war, wurde ich nicht aufgeklärt. Ich forderte einen Maßstab des Urteils, und glaubte gewahr zu werden, daß ihn gar Niemand besitze: denn keiner war mit dem Andern einig, selbst wenn sie Beispiele vorbrachten; und wo sollten wir ein Urteil hernehmen, wenn man einem Manne wie Wieland so manches Tadelhafte in seinen liebenswürdigen, uns Jüngere völlig einnehmenden Schriften aufzu­ zählen wußte. In solcher vielfachen Zerstreuung, ja Zerstückelung meines Wesens und meiner Studien traf sich’s, daß ich bei | Hofrat Ludwig den Mit­ tagstisch hatte. Er war Medicus, Botaniker, und die Gesellschaft be­ stand, außer Morus, in lauter angehenden oder der Vollendung näheren Ärzten. Ich hörte nun in diesen Stunden gar kein ander Gespräch als von Medizin oder Naturhistorie, und meine Einbildungskraft wurde in ein ganz ander Feld hinüber gezogen. Die Namen Haller, Linné, Büffon hörte ich mit großer Verehrung nennen, und wenn auch manch­ mal wegen Irrtümer, in die sie gefallen sein sollten, ein Streit entstand; so kam doch zuletzt, dem anerkannten Übermaß ihrer Verdienste zu Ehren, alles wieder ins Gleiche. Die Gegenstände waren unterhaltend und bedeutend, und spannten meine Aufmerksamkeit. Viele Benen­ nungen und eine weitläuftige Terminologie wurden mir nach und nach bekannt, die ich um so lieber auffaßte, weil ich mich fürchtete einen Reim niederzuschreiben, wenn er sich mir auch noch so freiwillig dar­ bot, oder ein Gedicht zu lesen, indem mir bange war, es möchte mir gegenwärtig gefallen und ich müsse es denn doch, wie so manches Andere, vielleicht nächstens für schlecht erklären. Diese Geschmacks- und Urteilsungewißheit beunruhigte mich täg­ lich mehr, so daß ich zuletzt in Verzweiflung geriet. Ich hatte von mei­ nen Jugendarbeiten was ich für das Beste hielt, mitgenommen, teils weil ich mir denn doch einige Ehre dadurch zu verschaffen hoffte, teils

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ritrovai così nella confusione più totale. Confidavo molto nelle lezioni di Ernesti sull’Oratore di Cicerone44: imparai certamente molte cose in quel corso, ma non ricevetti alcun lume sull’argomento che più mi stava a cuore. Cercavo un metro per giudicare e mi parve di capire che nessuno lo pos­ sedesse, perché non c’era uno che fosse d’accordo con un altro, non erano concordi nemmeno sugli esempi; e su cosa dovremmo mai basare un giudizio, se riuscivano a trovare difetti persino in uno come Wieland, le cui bellissime opere avevano totalmente conquistato noi giovani? Nel colmo di questa dispersione e disintegrazione del mio essere e dei miei studi, capitai una volta | a pranzo dal consigliere di corte Ludwig. Era medico e botanico e, a par­ te Morus, tutti gli altri commensali erano studenti di medi­ cina appena immatricolati o prossimi alla laurea. In quelle ore non si parlò che di medicina o scienze naturali, e la mia fantasia fu attirata da questo nuovo campo. Sentii nominare con venerazione i nomi di Haller, Linneo e Buffon e sebbe­ ne talvolta sorgessero delle discussioni per gli errori in cui sarebbero incappati, subito però il dissenso si ricomponeva in considerazione del netto prevalere dei loro grandi meriti. Gli argomenti erano interessanti e significativi, e suscita­ rono il mio interesse. Gradualmente imparai molti nuovi nomi e una vasta terminologia, e mi ci dedicai ancor più volentieri perché avevo ormai paura di scrivere un verso, anche quando mi veniva spontaneo, o di leggere una poe­ sia: temevo che in quel momento mi sarebbe piaciuto ma più tardi, come era accaduto per tutto il resto, avrei dovuto dichiararlo pessimo. Questa incertezza nei gusti e nel giudizio mi inquietava ogni giorno di più, tanto che alla fine caddi nella disperazio­ ne. Avevo portato con me i miei lavori di gioventù, o alme­ no quelli che mi sembravano i migliori, sia perché speravo

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um meine Fortschritte desto sicherer prüfen zu können; aber ich befand mich in dem schlimmen Falle, in den man gesetzt ist, wenn eine voll­ kommene Sinnesänderung verlangt wird, eine Entsagung alles dessen, was man bisher geliebt und für gut befunden hat. Nach einiger Zeit und nach manchem Kampfe warf ich jedoch eine so große Verachtung auf meine begonnenen und geendigten Arbeiten, daß ich eines Tags Poesie und Prose, Plane, Skizzen und Entwürfe sämtlich zugleich auf dem Küchenherd verbrannte, und durch den das ganze Haus erfüllenden Rauchqualm unsre gute alte Wirtin in nicht geringe Furcht und Angst versetzte. |

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di procurarmi qualche onore, sia per poter valutare meglio i miei progressi; mi ritrovai invece in una situazione peg­ giore, quella di chi deve operare un cambiamento completo del suo modo di pensare e deve rinunciare a tutto quello che ha amato e apprezzato fino a quel momento. Dopo un certo tempo e qualche battaglia arrivai a disprezzare così tanto i miei lavori, quelli terminati e quelli in corso, che un giorno presi poesie e prose, progetti, appunti e abbozzi e li buttai tutti d’un colpo nel focolare della cucina: il fumo riempì tutte le stanze, procurando alla nostra cara padrona di casa una paura e uno spavento non da poco45. |

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Siebentes Buch Über den Zustand der deutschen Literatur jener Zeit ist so Vieles und Ausreichendes geschrieben worden, daß wohl Jedermann, der einigen Anteil hieran nimmt, vollkommen unterrichtet sein kann; wie denn auch das Urteil darüber wohl ziemlich übereinstimmen dürfte, und was ich gegenwärtig stück- und sprungweise davon zu sagen gedenke, ist nicht sowohl wie sie an und für sich beschaffen sein mochte, als viel­ mehr wie sie sich zu mir verhielt. Ich will deshalb zuerst von solchen Dingen sprechen, durch welche das Publikum besonders aufgeregt wird, von den beiden Erbfeinden alles behaglichen Lebens und aller heiteren, selbstgenügsamen, lebendigen Dichtkunst; von der Satyre und der Kritik. In ruhigen Zeiten will Jeder nach seiner Weise leben, der Bürger sein Gewerb, sein Geschäft treiben und sich nachher vergnügen: so mag auch der Schriftsteller gern etwas verfassen, seine Arbeiten bekannt machen, und wo nicht Lohn doch Lob dafür hoffen, weil er glaubt, etwas Gutes und Nützliches getan zu haben. In dieser Ruhe wird der Bürger durch den Satyriker, der Autor durch den Kritiker gestört, und so die friedliche Gesellschaft in eine unangenehme Bewegung gesetzt. Die literarische Epoche, in der ich geboren bin, entwickelte sich aus der vorhergehenden durch Widerspruch. Deutschland, so lange von auswärtigen Völkern überschwemmt, von andern Nationen durchdrun­ gen, in gelehrten und diplomatischen Verhandlungen an fremde Spra­ chen gewiesen, konnte seine eigne unmöglich ausbilden. Es drangen sich ihr, zu so manchen neuen Begriffen, auch unzählige fremde Wor­ te nötiger und unnötiger Weise mit auf, und auch für schon bekannte Gegenstände ward man veranlaßt, sich ausländischer Ausdrücke und

Libro settimo Sullo stato della letteratura tedesca di quel periodo si è già scritto così tanto e così dettagliatamente, da soddisfare in pieno chiunque voglia interessarsene, e le valutazioni in merito dovrebbero essere piuttosto unanimi. Quanto invece mi accingo a dire ora saltando qua e là non riguarda tanto le caratteristiche della letteratura in sé e per sé, quanto piutto­ sto la sua relazione con me46. Vorrei quindi parlare per pri­ ma cosa di quello che agitava particolarmente il pubblico, delle nemiche giurate della vita tranquilla e di tutta la po­ esia serena, vivace e soddisfatta di sé: la satira e la critica. In tempo di pace ognuno desidera vivere come meglio crede, il cittadino vuole occuparsi della sua attività e dei suoi affari e poi svagarsi: così anche lo scrittore si dedica con piacere alle sue opere, le fa circolare e spera di ricavar­ ne se non un compenso almeno un elogio, perché ritiene di aver fatto qualcosa di buono e utile. Ma il quieto vivere del cittadino viene disturbato dall’autore satirico, quello dello scrittore dal critico, e tutta la società pacifica viene messa in una sgradevole agitazione. L’epoca letteraria in cui sono nato si è sviluppata dalla precedente nel segno della contraddizione. In Germania, sommersa per così tanto tempo da popoli stranieri, occu­ pata da altre nazioni, orientata verso lingue straniere per le relazioni erudite e diplomatiche, era impossibile coltivare la propria. Insieme ad alcuni nuovi concetti le si imposero anche innumerevoli termini stranieri più o meno necessari, e persino per designare oggetti già noti si era indotti a ser­

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Wendungen | zu bedienen. Der Deutsche, seit beinahe zwei Jahrhun­ derten, in einem unglücklichen, tumultuarischen Zustande verwildert, begab sich bei den Franzosen in die Schule, um lebensartig zu werden, und bei den Römern, um sich würdig auszudrücken. Dies sollte aber auch in der Muttersprache geschehen; da denn die unmittelbare An­ wendung jener Idiome und deren Halbverdeutschung sowohl den Weltals Geschäftsstyl lächerlich machte. Überdies faßte man die Gleichnis­ reden der südlichen Sprachen unmäßig auf und bediente sich derselben höchst übertrieben. Eben so zog man den vornehmen Anstand der fürs­ tengleichen römischen Bürger auf deutsche kleinstädtische GelehrtenVerhältnisse herüber, und war eben nirgends, am wenigsten bei sich zu Hause. Wie aber schon in dieser Epoche genialische Werke entsprangen, so regte sich auch hier der deutsche Frei- und Frohsinn. Dieser, begleitet von einem aufrichtigen Ernste, drang darauf, daß rein und natürlich, ohne Einmischung fremder Worte, und wie es der gemeine, verständli­ che Sinn gab, geschrieben würde. Durch diese löblichen Bemühungen ward jedoch der vaterländischen breiten Plattheit Tür und Tor geöffnet, ja der Damm durchstochen, durch welchen das große Gewässer zu­ nächst eindringen sollte. Indessen hielt ein steifer Pedantismus in allen vier Fakultäten lange Stand, bis er sich endlich viel später aus einer in die andere flüchtete. Gute Köpfe, freiaufblickende Naturkinder hatten daher zwei Ge­ genstände, an denen sie sich üben, gegen die sie wirken und, da die Sache von keiner großen Bedeutung war, ihren Mutwillen auslassen konnten; diese waren eine durch fremde Worte, Wortbildungen und Wendungen verunzierte Sprache, und sodann die Wertlosigkeit solcher Schriften, die sich von jenem Fehler frei zu erhalten besorgt waren; wobei Niemanden einfiel, daß, indem man ein Übel bekämpfte, das andere zu Hülfe gerufen ward. Liskow, ein junger kühner Mensch, wagte zuerst einen seichten, albernen Schriftsteller persönlich anzufallen, | dessen ungeschicktes

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virsi di parole ed espressioni | straniere. Il tedesco, inselva­ tichito da quasi due secoli per una condizione disgraziata e caotica, andava a scuola dai francesi per imparare la buona educazione, e dai latini per imparare a esprimersi degna­ mente. Ciò avrebbe dovuto valere però anche per la lingua madre, poiché l’uso diretto di quegli idiomi, parzialmente tedeschizzati, rendeva ridicola sia la conversazione in so­ cietà sia i rapporti d’affari. Per di più si accolsero in misura massiccia le espressioni figurate delle lingue meridionali usandole in modo eccessivo47, e allo stesso modo si applicò il tono aristocratico dei nobili cittadini romani alla condi­ zione provinciale degli eruditi tedeschi: così non si era mai se stessi, meno che mai a casa propria. Ma anche in quell’epoca sorsero alcune opere geniali, anche allora si fece sentire lo spirito libero e allegro del te­ desco. Accompagnato da correttezza e serietà, si impegnò affinché si scrivesse in uno stile puro e naturale, senza me­ scolarvi parole straniere e seguendo buon senso e chiarezza. Questi lodevoli sforzi spalancarono però le porte alla piatta banalità casalinga, cominciarono ad aprire la breccia da cui sarebbe poi giunta la grande alluvione. Nel frattempo la rigi­ da pendanteria teneva banco in tutte le quattro facoltà acca­ demiche, finché non fuggì molto più tardi dall’una all’altra. Chi aveva una buona testa, i figli della natura dalla men­ te aperta, aveva due cose per esercitarsi, contro cui combat­ tere e, non essendo molto rilevanti, contro cui accanirsi: la prima era una lingua sconciata da forestierismi, costruzioni e locuzioni straniere; la seconda l’inconsistenza di quegli scritti che si sforzavano di liberarsi da quel difetto. Nessuno si rendeva conto che si acquisiva un difetto per combatterne un altro. Liscow, un giovanotto audace, osò per primo attaccare personalmente uno scrittore scialbo e sciocco, | il cui gof­

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Benehmen ihm bald Gelegenheit gab heftiger zu verfahren. Er griff so­ dann weiter um sich und richtete seinen Spott immer gegen bestimm­ te Personen und Gegenstände, die er verachtete und verächtlich zu machen suchte, ja mit leidenschaftlichem Haß verfolgte. Allein seine Laufbahn war kurz; er starb gar bald, verschollen als ein unruhiger, un­ regelmäßiger Jüngling. In dem was er getan, ob er gleich wenig geleis­ tet, mochte seinen Landsleuten das Talent, der Charakter schätzenswert vorkommen: wie denn die Deutschen immer gegen frühabgeschiedene, gutesversprechende Talente eine besondere Frömmigkeit bewiesen ha­ ben; genug, uns ward Liskow sehr früh als ein vorzüglicher Satyriker, der sogar den Rang vor dem allgemein beliebten Rabener verlangen könnte, gepriesen und anempfohlen. Hierbei sahen wir uns freilich nicht gefördert: denn wir konnten in seinen Schriften weiter nichts er­ kennen, als daß er das Alberne albern gefunden habe, welches uns eine ganz natürliche Sache schien. Rabener, wohl erzogen, unter gutem Schulunterricht aufgewach­ sen, von heiterer und keineswegs leidenschaftlicher oder gehässiger Natur, ergriff die allgemeine Satyre. Sein Tadel der sogenannten Laster und Torheiten entspringt aus reinen Ansichten des ruhigen Menschen­ verstandes und aus einem bestimmten sittlichen Begriff, wie die Welt sein sollte. Die Rüge der Fehler und Mängel ist harmlos und heiter; und damit selbst die geringe Kühnheit seiner Schriften entschuldigt werde, so wird vorausgesetzt, daß die Besserung der Toren durchs Lächerliche kein fruchtloses Unternehmen sei. Rabeners Persönlichkeit wird nicht leicht wieder erscheinen. Als tüchtiger, genauer Geschäftsmann tut er seine Pflicht, und erwirbt sich dadurch die gute Meinung seiner Mitbürger und das Vertrauen seiner Oberen; nebenher überläßt er sich zur Erholung einer heiteren Nicht­ achtung alles dessen, was ihn zunächst umgibt. Pedantische Gelehrte, eitle Jünglinge, jede Art von Beschränktheit und Dünkel bescherzt er mehr als daß er sie bespottete, und | selbst sein Spott drückt keine Ver­

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fo comportamento gli diede presto occasione per colpire con maggiore decisione48. Poi allargò il raggio d’azione e indirizzò i suoi strali contro determinate persone e oggetti che disprezzava e che non solo cercava di screditare ma perseguitava con odio accanito. La sua carriera fu tuttavia breve, morì presto quando era ancora un giovane inquieto e sregolato. Sebbene abbia scritto poco, di lui i connazionali hanno apprezzato il talento e il carattere: del resto i tedeschi hanno sempre dimostrato una particolare venerazione per i talenti promettenti ma prematuramente scomparsi. Bene, Liscow ci venne ben presto additato a esempio e raccoman­ dato come un eccellente scrittore satirico, che avrebbe po­ tuto addirittura superare lo stimatissimo Rabener. Non ci fu di grande ispirazione: nei suoi scritti non diceva altro se non che le cose stupide erano stupide, e ci sembrava del tutto ovvio. Rabener, ben educato, con una buona istruzione, di na­ tura allegra e niente affatto passionale o incline all’odio, si dedicò alla satira in generale. Il suo biasimo per i cosid­ detti vizi e le follie scaturisce dalle opinioni chiare di un tranquillo buon senso e da una precisa idea morale di come il mondo dovrebbe essere. Rimprovera errori e pecche in modo innocuo e sereno, e per giustificare la seppur mode­ sta audacia dei suoi scritti presuppone che il miglioramento degli sciocchi mediante il ridicolo non sia un’impresa vana. Difficilmente ci sarà un’altra personalità come Rabener. È un funzionario capace e attento che fa il suo dovere con­ quistandosi la stima dei suoi concittadini e la fiducia dei suoi superiori, e per passatempo si abbandona a canzona­ re allegramente tutto ciò che lo circonda. Ridicolizza, più che denigrare, eruditi pedanti, giovanotti vanitosi, ogni manifestazione di ottusità e presunzione, e | persino la sua derisione non mostra disprezzo. Allo stesso modo scherza

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achtung aus. Eben so spaßt er über seinen eignen Zustand, über sein Unglück, sein Leben und seinen Tod. Die Art, wie dieser Schriftsteller seine Gegenstände behandelt, hat wenig Ästhetisches. In den äußeren Formen ist er zwar mannigfaltig genug, aber durchaus bedient er sich der direkten Ironie zu viel, daß er nämlich das Tadelnswürdige lobt und das Lobenswürdige tadelt, wel­ ches rednerische Mittel nur höchst selten angewendet werden sollte: denn auf die Dauer fällt es einsichtigen Menschen verdrießlich, die schwachen macht es irre, und behagt freilich der großen Mittelklasse, welche, ohne besondern Geistesaufwand, sich klüger dünken kann als Andere. Was er aber und wie er es auch vorbringt zeugt von seiner Rechtlichkeit, Heiterkeit und Gleichmütigkeit, wodurch wir uns immer eingenommen fühlen; der unbegrenzte Beifall seiner Zeit war eine Fol­ ge solcher sittlichen Vorzüge. Daß man zu seinen allgemeinen Schilderungen Musterbilder suchte und fand, war natürlich, daß Einzelne sich über ihn beschwerten, folgte daraus; seine allzulangen Verteidigungen, daß seine Satyre keine per­ sönliche sei, zeugen von dem Verdruß, den man ihm erregt hat. Einige seiner Briefe setzen ihm als Menschen und Schriftsteller den Kranz auf. Das vertrauliche Schreiben, worin er die Dresdner Belagerung schildert, wie er sein Haus, seine Habseligkeiten, seine Schriften und Perücken verliert, ohne auch im mindesten seinen Gleichmut erschüt­ tert, seine Heiterkeit getrübt zu sehen, ist höchst schätzenswert, ob ihm gleich seine Zeit- und Stadtgenossen diese glückliche Gemütsart nicht verzeihen konnten. Der Brief, wo er von der Abnahme seiner Kräfte, von seinem nahen Tode spricht, ist äußerst respektabel, und Rabener verdient, von allen heiteren, verständigen, in die irdischen Ereignisse froh ergebenen Menschen als Heiliger verehrt zu werden. Ungern reiße ich mich von ihm los, nur das bemerke ich noch: seine Satyre bezieht sich durchaus auf den Mittelstand; er läßt hie und da

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sulla propria condizione, la propria sfortuna, la propria vita e morte. Il modo in cui questo scrittore tratta i diversi argomenti ha ben poco di estetico. Nella forma esteriore è abbastanza vario, ma nel complesso si serve troppo dell’ironia diretta, criticando quello che andrebbe lodato e lodando quello che andrebbe criticato, un accorgimento retorico che sarebbe meglio usare soltanto di rado perché alla lunga annoia i più intelligenti, confonde i deboli e va a genio al folto gruppo dei mediocri che, senza un particolare sforzo mentale, si credono più intelligenti degli altri. Quello che scrive, co­ munque, e il modo in cui lo scrive, testimonia la sua onestà, serenità ed equanimità che continuiamo ad apprezzare; il successo smisurato che ebbe ai suoi tempi era una conse­ guenza di queste qualità morali. Che si cercassero e si trovassero i modelli delle sue de­ scrizioni generali era ovvio, che alcuni singoli se la prendes­ sero era inevitabile; le lunghissime apologie in cui spiegava che la sua satira non aveva nulla di personale dimostrano quanto ciò lo indisponesse. Alcune sue lettere gli procurano l’alloro come uomo e come scrittore. La lettera confidenzia­ le in cui descrive l’assedio di Dresda e come ha perso casa, averi, scritti, persino le parrucche, senza intaccare nemme­ no un briciolo la sua compostezza, senza turbare la sua se­ renità, è davvero pregevole, sebbene i suoi concittadini e contemporanei non gli abbiano mai perdonato questa felice disposizione d’animo. La lettera in cui parla dello scemare delle forze e della morte che si avvicina è davvero ammi­ revole, e Rabener merita di essere venerato come un santo da tutti gli uomini gioviali, sensati e felicemente dediti alle cose terrene49. Malvolentieri mi distolgo da lui, voglio però osservare ancora una cosa: la sua satira è riferita prevalentemente al

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vermerken, daß er die höheren | auch wohl kenne, es aber nicht für rät­ lich halte sie zu berühren. Man kann sagen, daß er keinen Nachfolger gehabt, daß sich Niemand gefunden, der sich ihm gleich oder ähnlich hätte halten dürfen. Nun zur Kritik! und zwar vorerst zu den theoretischen Versuchen. Wir holen nicht zu weit aus, wenn wir sagen, daß damals das Ideelle sich aus der Welt in die Religion geflüchtet hatte, ja sogar in der Sitten­ lehre kaum zum Vorschein kam; von einem höchsten Prinzip der Kunst hatte Niemand eine Ahndung. Man gab uns Gottscheds kritische Dicht­ kunst in die Hände; sie war brauchbar und belehrend genug: denn sie überlieferte von allen Dichtungsarten eine historische Kenntnis, so wie vom Rhythmus und den verschiedenen Bewegungen desselben; das poetische Genie ward vorausgesetzt! Übrigens aber sollte der Dichter Kenntnisse haben, ja gelehrt sein, er sollte Geschmack besitzen, und was dergleichen mehr war. Man wies uns zuletzt auf Horazens Dicht­ kunst, wir staunten einzelne Goldsprüche dieses unschätzbaren Werks mit Ehrfurcht an, wußten aber nicht im geringsten, was wir mit dem Ganzen machen, noch wie wir es nutzen sollten. Die Schweizer traten auf als Gottscheds Antagonisten; sie mußten doch also etwas Anderes tun, etwas Besseres leisten wollen: so hörten wir denn auch, daß sie wirklich vorzüglicher seien. Breitingers kriti­ sche Dichtkunst ward vorgenommen. Hier gelangten wir nun in ein weiteres Feld, eigentlich aber nur in einen größeren Irrgarten, der desto ermüdender war, als ein tüchtiger Mann, dem wir vertrauten, uns darin herumtrieb. Eine kurze Übersicht rechtfertige diese Worte. Für die Dichtkunst an und für sich hatte man keinen Grundsatz fin­ den können; sie war zu geistig und flüchtig. Die Malerei, eine Kunst, die man mit den Augen festhalten, der man mit den äußeren Sinnen Schritt vor Schritt nachgehen konnte, schien zu solchem Ende güns­

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ceto medio. Qua e là si intuisce che conosce bene anche | quello superiore ma non ritiene opportuno toccarlo. Si può ben dire che non ha avuto seguaci, non si è infatti trovato nessuno che fosse in grado di eguagliarlo o di assomigliargli. Ma ora la critica, e cominciamo dai saggi teorici. Non la prendiamo troppo alla larga se diciamo che allora l’ideale era scappato dal mondo per rifugiarsi nella religione, non traspariva minimamente nemmeno nella morale, e di un supremo principio artistico poi non si aveva la più pallida idea. Ci misero in mano la Poetica critica di Gottsched50, che era abbastanza utile e istruttiva perché offriva una pa­ noramica storica di tutti i generi poetici, oltre che della me­ trica e dei diversi ritmi; peccato che il genio poetico fosse dato per presupposto! E comunque il poeta doveva posse­ dere delle conoscenze, essere istruito, avere gusto e non so cos’altro ancora. Alla fine fummo indirizzati alla Poetica di Orazio: fissavamo con reverente meraviglia i singoli precet­ ti di quell’opera inestimabile, senza che avessimo la benché minima idea di come inquadrarla nel suo complesso o di come utilizzarla51. Si fecero avanti gli svizzeri come antagonisti di Gottsched52; volevano qualcosa di diverso, volevano fare di meglio, e difatti ci fu anche detto che gli erano effet­ tivamente superiori. Passammo allora alla Poetica critica di Breitinger e così entrammo in un campo più vasto che in realtà si rivelò poi solo un labirinto enorme, ancora più deprimente poiché a farcelo percorrere in lungo e in largo fu un uomo esperto del quale ci fidavamo. Una breve sintesi giustificherà queste parole. Per la poesia in sé e per sé non si era riusciti a trovare alcun principio, era troppo spirituale e sfuggente. La pit­ tura, un’arte che si poteva afferrare con gli occhi e seguire passo passo con i sensi, sembrava prestarsi meglio; inglesi e

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tiger; Engländer und Franzosen hatten schon über bildende Kunst theoretisiert, und man glaubte nun durch ein Gleichnis von | daher die Poesie zu begründen. Jene stellte Bilder vor die Augen, diese vor die Phantasie; die poetischen Bilder also waren das Erste, was in Betrach­ tung gezogen wurde. Man fing von den Gleichnissen an, Beschreibun­ gen folgten, und was nur immer den äußeren Sinnen darstellbar gewe­ sen wäre, kam zur Sprache. Bilder also! Wo sollte man nun aber diese Bilder anders hernehmen als aus der Natur? Der Maler ahmte die Natur offenbar nach; warum der Dichter nicht auch? Aber die Natur, wie sie vor uns liegt, kann doch nicht nachgeahmt werden: sie enthält so vieles Unbedeutende, Unwür­ dige, man muß also wählen; was bestimmt aber die Wahl? man muß das Bedeutende aufsuchen; was ist aber bedeutend? Hierauf zu antworten mögen sich die Schweizer lange bedacht haben: denn sie kommen auf einen zwar wunderlichen, doch artigen, ja lustigen Einfall, indem sie sagen, am bedeutendsten sei immer das Neue; und nachdem sie dies eine Weile überlegt haben, so finden sie, das Wunderbare sei immer neuer als alles Andere. Nun hatten sie die poetischen Erfordernisse ziemlich beisammen; allein es kam noch zu bedenken, daß ein Wunderbares auch leer sein könne und ohne Bezug auf den Menschen. Ein solcher notwendig ge­ forderter Bezug müsse aber moralisch sein, woraus denn offenbar die Besserung des Menschen folge, und so habe ein Gedicht das letzte Ziel erreicht, wenn es, außer allem anderen Geleisteten, noch nütz­ lich werde. Nach diesen sämtlichen Erfordernissen wollte man nun die verschiedenen Dichtungsarten prüfen, und diejenige, welche die Natur nachahmte, sodann wunderbar und zugleich auch von sittlichem Zweck und Nutzen sei, sollte für die erste und oberste gelten. Und nach vieler Überlegung ward endlich dieser große Vorrang, mit höchster Überzeugung, der Aesopischen Fabel zugeschrieben.

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francesi avevano già sviluppato teorie sulle arti figurative, e per analogia si credeva quindi di poter dare un fondamento | alla poesia. L’una presentava immagini agli occhi, l’altra alla fantasia; le immagini poetiche vennero dunque consi­ derate per prime. Si cominciò dalle similitudini, seguirono le descrizioni e poi tutto ciò che era rappresentabile ai sensi esterni. Immagini dunque! Ma da dove si potevano trarre queste immagini, se non dalla natura? Era evidente che il pittore imitava la natura; perché non avrebbe dovuto farlo anche il poeta? Ma non si può imitare la natura così come ci si pre­ senta: contiene troppe cose insignificanti, indegne, e si deve quindi scegliere – ma con quali criteri? Bisogna cercare ciò che è significativo; ma che cosa è significativo? Gli svizzeri devono aver riflettuto a lungo, prima di ri­ spondere a questa domanda, perché diedero poi una risposta strana, piacevole e divertente insieme: dissero infatti che la cosa più significativa è sempre quella nuova; e dopo averci riflettuto ancora un po’, scoprirono che il meraviglioso è sempre più nuovo di tutto il resto. A quel punto avevano raccolto quasi tutti i requisiti della poesia; rimaneva solo da considerare che anche una cosa meravigliosa può essere vacua e priva di relazione con l’uo­ mo. Ma questa relazione indispensabile doveva essere di ca­ rattere morale, perché da questo discende il miglioramento dell’uomo, e così una poesia avrebbe raggiunto il suo scopo ultimo quando, dopo aver ottenuto tutti i suoi obiettivi, è anche utile. Sulla base di questi requisiti si passò all’esame dei diversi generi poetici, e quello che non solo imitava la natura, ma era anche meraviglioso e insieme moralmente utile e istruttivo avrebbe avuto il primato sugli altri. Dopo molte riflessioni, questa preminenza venne attribuita, con estrema convinzione, alle favole di Esopo.

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So wunderlich uns jetzt eine solche Ableitung vorkommen mag; so hatte sie doch auf die besten Köpfe den entschiedensten Einfluß. Daß Gellert und nachher Lichtwer | sich diesem Fache widmeten, daß selbst Lessing darin zu arbeiten versuchte, daß so viele Andere ihr Talent da­ hin wendeten, spricht für das Zutrauen, welches sich diese Gattung er­ worben hatte. Theorie und Praxis wirken immer auf einander; aus den Werken kann man sehen, wie es die Menschen meinen, und aus den Meinungen voraussagen, was sie tun werden. Doch wir dürfen unsere Schweizertheorie nicht verlassen, ohne daß ihr von uns auch Gerechtigkeit widerfahre. Bodmer, so viel er sich auch bemüht, ist theoretisch und praktisch zeitlebens ein Kind geblie­ ben. Breitinger war ein tüchtiger, gelehrter, einsichtsvoller Mann, dem, als er sich recht umsah, die sämtlichen Erfordernisse einer Dichtung nicht entgingen, ja es läßt sich nachweisen, daß er die Mängel seiner Methode dunkel fühlen mochte. Merkwürdig ist z. B. seine Frage: ob ein gewisses beschreibendes Gedicht von König auf das Lustlager Au­ gust’s des zweiten wirklich ein Gedicht sei? so wie die Beantwortung derselben guten Sinn zeigt. Zu seiner völligen Rechtfertigung aber mag dienen, daß er, von einem falschen Punkte ausgehend, nach beinahe schon durchlaufenem Kreise, doch noch auf die Hauptsache stößt, und die Darstellung der Sitten, Charaktere, Leidenschaften, kurz, des in­ neren Menschen, auf den die Dichtkunst doch wohl vorzüglich ange­ wiesen ist, am Ende seines Buchs gleichsam als Zugabe anzuraten sich genötigt findet. In welche Verwirrung junge Geister durch solche ausgerenkte Ma­ ximen, halb verstandene Gesetze und zersplitterte Lehren sich versetzt fühlten, läßt sich wohl denken. Man hielt sich an Beispiele, und war auch da nicht gebessert; die ausländischen standen zu weit ab, so sehr wie die alten, und aus den besten inländischen blickte jedesmal eine entschiedene Individualität hervor, deren Tugenden man sich nicht an­

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Per quanto curiosa ci possa sembrare ora questa conclu­ sione, ebbe comunque un influsso determinante sugli uo­ mini migliori. Che Gellert e poi Lichtwer | si dedicassero a questa forma, che persino Lessing cercasse di utilizzarla e molti altri vi si applicassero con talento dimostra la stima che questo genere letterario si era conquistata53. Teoria e pratica interagiscono sempre, dalle opere si deduce come la pensano gli uomini, e da cosa pensano di può predire come agiranno. Non possiamo però lasciarci alle spalle la teoria dei no­ stri svizzeri senza averne riconosciuti anche i pregi. Nono­ stante i suoi sforzi, Bodmer è rimasto un bambino per tutta la vita, sia dal punto di vista pratico che teorico. Breitinger era invece un uomo capace, competente e attento; guardan­ dosi bene intorno, non gli erano sfuggiti i requisiti com­ plessivi della poesia, anzi, sappiamo per certo che intuiva vagamente le carenze del suo metodo. È significativo ad esempio che si chiedesse se una certa poesia di König che descrive l’accampamento di corte di Augusto ii sia effetti­ vamente una poesia, e la sua risposta dimostra buon senso54. A sua completa discolpa si può dire che, pur muovendo da un punto di partenza sbagliato, dopo aver chiuso quasi tut­ to il cerchio giunge comunque alla cosa fondamentale, e a conclusione del libro, come una sorta di fuori programma, si vede costretto a consigliare di descrivere i costumi, i ca­ ratteri, le passioni, in breve l’interiorità dell’uomo, a cui la poesia è prevalentemente orientata. È facile immaginare quanta confusione suscitassero nei giovani spiriti queste massime contorte, regole comprese a metà e teorie frammentarie. Cercavo di attenermi a qualche esempio, ma anche così non andava meglio; gli stranieri erano troppo distanti, lo stesso gli antichi, e dai migliori di casa nostra emergeva sempre un’individualità molto mar­

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maßen konnte und in deren Fehler zu fallen man fürchten mußte. Für den, der etwas Produktives in sich fühlte, war es ein verzweiflungs­ voller Zustand. Betrachtet man genau, was der deutschen Poesie fehlte, so | war es ein Gehalt, und zwar ein nationeller; an Talenten war niemals Man­ gel. Hier gedenken wir nur Günthers, der ein Poet im vollen Sinne des Worts genannt werden darf. Ein entschiedenes Talent, begabt mit Sinnlichkeit, Einbildungskraft, Gedächtnis, Gabe des Fassens und Ver­ gegenwärtigens, fruchtbar im höchsten Grade, rhythmischbequem, geistreich, witzig und dabei vielfach unterrichtet; genug er besaß alles, was dazu gehört, im Leben ein zweites Leben durch Poesie hervorzu­ bringen, und zwar in dem gemeinen wirklichen Leben. Wir bewun­ dern seine große Leichtigkeit, in Gelegenheitsgedichten alle Zustände durchs Gefühl zu erhöhen und mit passenden Gesinnungen, Bildern, historischen und fabelhaften Überlieferungen zu schmücken. Das Rohe und Wilde daran gehört seiner Zeit, seiner Lebensweise und besonders seinem Charakter oder, wenn man will, seiner Charakterlosigkeit. Er wußte sich nicht zu zähmen, und so zerrann ihm sein Leben wie sein Dichten. Durch ein unfertiges Betragen hatte sich Günther das Glück ver­ scherzt, an dem Hofe August’s des zweiten angestellt zu werden, wo man, zu allem übrigen Prunk, sich auch nach einem Hofpoeten umsah, der den Festlichkeiten Schwung und Zierde geben und eine vorüber­ gehende Pracht verewigen könnte. Von König war gesitteter und glück­ licher, er bekleidete diese Stelle mit Würde und Beifall. In allen souverainen Staaten kommt der Gehalt für die Dichtkunst von oben herunter, und vielleicht war das Lustlager bei Mühlberg der erste würdige, wo nicht nationelle, doch provinzielle Gegenstand, der vor einem Dichter auftrat. Zwei Könige, die sich in Gegenwart eines großen Heers begrüßen, ihr sämtlicher Hof- und Kriegsstaat um sie

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cata di cui non potevo arrogarmi le doti, ma nei cui errori temevo di ricadere. Per chi sentiva in sé un certo impulso produttivo era una situazione davvero sconfortante. Volendo ben guardare, quello che mancava alla poesia tedesca | era un contenuto, e più precisamente un contenuto nazionale; i talenti invece non erano mai mancati. Penso ad esempio a Günther che può essere considerato un poeta nel vero senso della parola55. Un talento indubbio, dotato di sensibilità, fantasia, memoria, capacità di comprendere e attualizzare, produttivo al massimo grado, sciolto nel ritmo, spiritoso, arguto e versato in molti campi; insomma, aveva tutto ciò che serve per ricreare dalla vita, quella vera, reale, una nuova vita attraverso la poesia. Ammiriamo la grande leggerezza con cui nelle poesie d’occasione nobilitava ogni situazione con il sentimento e la abbelliva con riflessioni e immagini appropriate, con riferimenti storici e mitologici. Quello che di rozzo e selvatico c’è in lui era tipico del suo tempo, del suo modo di vivere e soprattutto del suo tempe­ ramento – o, se si preferisce, del suo temperamento disordi­ nato. Non sapeva controllarsi, e così gli sfuggirono di mano sia la vita, sia la poesia. Con il suo comportamento immaturo si era giocato l’op­ portunità di essere impiegato alla corte di Augusto ii dove, in aggiunta allo sfarzo già presente, si stava cercando un poeta di corte che conferisse alle feste slancio e grazia e rendesse immortale quella gloria transitoria56. Von König era meglio educato e più capace, e ricoprì quel posto con dignità e successo. In tutti gli Stati con un sovrano il contenuto della poesia viene calato dall’alto, e forse l’accampamento di corte di Mühlberg fu il primo tema degno, se non nazionale almeno regionale che si presentò a un poeta. Due re che si incontra­ no di fronte a un grande esercito, circondati dal loro stato

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her, wohlgehaltene Truppen, ein Scheinkrieg, Feste aller Art; Beschäf­ tigung genug für den äußeren Sinn und überfließender Stoff für schil­ dernde und beschreibende Poesie. Freilich hatte dieser Gegenstand einen inneren Mangel; eben daß es nur Prunk und Schein war, aus dem keine Tat | hervortreten konnte. Niemand, außer den Ersten, machte sich bemerkbar, und wenn es ja geschehen wäre, durfte der Dichter den Einen nicht hervorheben, um Andere nicht zu verletzen. Er mußte den Hof- und Staatskalender zu Rate ziehen, und die Zeichnung der Personen lief daher ziemlich tro­ cken ab; ja schon die Zeitgenossen machten ihm den Vorwurf, er habe die Pferde besser geschildert als die Menschen. Sollte dies aber nicht gerade zu seinem Lobe gereichen? daß er seine Kunst gleich da bewies, wo sich ein Gegenstand für dieselbe darbot. Auch scheint die Haupt­ schwierigkeit sich ihm bald offenbart zu haben: denn das Gedicht hat sich nicht über den ersten Gesang hinaus erstreckt. Unter solchen Studien und Betrachtungen überraschte mich ein unvermutetes Ereignis und vereitelte das löbliche Vorhaben, unsere neuere Literatur von vorne herein kennen zu lernen. Mein Landsmann Johann Georg Schlosser hatte, nachdem er seine akademischen Jahre mit Fleiß und Anstrengung zugebracht, sich zwar in Frankfurt am Main auf den gewöhnlichen Weg der Advokatur begeben; allein sein streben­ der und das Allgemeine suchender Geist konnte sich aus mancherlei Ursachen in diese Verhältnisse nicht finden. Er nahm eine Stelle als Geheimsecretair bei dem Herzog Ludwig von Würtemberg, der sich in Treptow aufhielt, ohne Bedenken an: denn der Fürst war unter denjeni­ gen Großen genannt, die auf eine edle und selbständige Weise sich, die Ihrigen und das Ganze aufzuklären, zu bessern und zu höheren Zwe­ cken zu vereinigen gedachten. Dieser Fürst Ludwig ist es, welcher, um sich wegen der Kinderzucht Rats zu erholen, an Rousseau geschrieben

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maggiore e dalla corte; truppe ben schierate, una finta bat­ taglia e feste di ogni sorta – occupazione a sufficienza per i sensi e materiale sovrabbondante per una poesia che vuole descrivere e immortalare. In verità in quel soggetto era insito un difetto, e cioè che si trattava solo di sfarzo e apparenza, da cui non sortì | alcuna azione. Nessuno, al di fuori dei due sovrani, attirò l’attenzione, e anche se fosse accaduto il poeta non avreb­ be potuto mettere in risalto uno senza offendere l’altro; do­ vette servirsi dell’annuario di corte e di Stato57 e i ritratti dei personaggi ne risultarono piuttosto scarni, al punto che persino i suoi contemporanei gli rimproverarono di aver de­ scritto i cavalli meglio degli uomini. Ma non va invece a suo merito il fatto che la sua arte si manifestasse proprio là dove trovava un soggetto? E comunque deve essersi reso conto ben presto della difficoltà principale, perché il com­ ponimento non è andato oltre il primo canto. Nel mezzo di quegli studi e considerazioni fui sorpreso da un avvenimento inaspettato, che vanificò il lodevole in­ tento di studiare la nostra letteratura moderna dal principio alla fine. Il mio concittadino Johann Georg Schlosser, dopo aver completato con impegno e fatica gli studi accademici, era tornato a Francoforte sul Meno per seguire la consueta carriera dell’avvocatura, ma il suo spirito inquieto e alla ri­ cerca dell’universale, per vari motivi non riuscì ad adattarsi a quella situazione. Accettò quindi un posto come segre­ tario privato presso il duca Ludwig von Württemberg che risiedeva a Treptow58: il principe era infatti tra quei grandi che, nobili e indipendenti, si proponevano di illuminare e migliorare se stessi, i loro sudditi e l’intero paese, unifican­ doli per scopi più elevati. Era quel duca Ludwig che aveva scritto a Rousseau per chiedergli consiglio riguardo all’edu­ cazione dei figli, ricevendo la famosa risposta che iniziava

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hatte, dessen bekannte Antwort mit der bedenklichen Phrase anfängt: Si j’avois le malheur d’etre né prince. – Den Geschäften des Fürsten nicht allein, sondern auch der Erzie­ hung seiner Kinder sollte nun Schlosser wo nicht vorstehen, doch mit Rat und Tat willig zu Handen sein. Dieser junge, edle, den besten Wil­ len hegende Mann, der sich einer vollkommenen Reinigkeit der Sitten befliß, hätte | durch eine gewisse trockene Strenge die Menschen leicht von sich entfernt, wenn nicht eine schöne und seltene literarische Bil­ dung, seine Sprachkenntnisse, seine Fertigkeit sich schriftlich, sowohl in Versen als in Prosa, auszudrücken, Jedermann angezogen und das Leben mit ihm erleichtert hätte. Daß dieser durch Leipzig kommen würde war mir angekündigt, und ich erwartete ihn mit Sehnsucht. Er kam und trat in einem kleinen Gast- oder Weinhause ab, das im Brühl lag und dessen Wirt Schönkopf hieß. Dieser hatte eine Frankfurterin zur Frau, und ob er gleich die übrige Zeit des Jahres wenig Personen bewirtete, und in das kleine Haus keine Gäste aufnehmen konnte; so war er doch Messenzeits von vielen Frankfurtern besucht, welche dort zu speisen und im Notfall auch wohl Quartier zu nehmen pflegten. Dorthin eilte ich, um Schlossern aufzusuchen, als er mir seine Ankunft melden ließ. Ich erinnerte mich kaum, ihn früher gesehen zu haben, und fand einen jungen, wohlgebauten Mann, mit einem runden zusammen­ gefaßten Gesicht, ohne daß die Züge deshalb stumpf gewesen wären. Die Form seiner gerundeten Stirn, zwischen schwarzen Augenbrauen und Locken, deutete auf Ernst, Strenge und vielleicht Eigensinn. Er war gewissermaßen das Gegenteil von mir, und eben dies begründete wohl unsere dauerhafte Freundschaft. Ich hatte die größte Achtung für seine Talente um so mehr, als ich gar wohl bemerkte, daß er mir in der Sicherheit dessen, was er tat und leistete, durchaus überlegen war. Die Achtung und das Zutrauen, das ich ihm bewies, bestätigten seine Neigung, und vermehrten die Nachsicht, die er mit meinem lebhaften, fahrigen und immer regsamen Wesen, im Gegensatz mit dem seinigen,

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con l’ambigua espressione: «Si j’avais le malheur d’être né prince»59. Oltre agli affari del principe, Schlosser doveva supervi­ sionare anche l’educazione dei figli, o quanto meno seguir­ la con parole e fatti. Quel giovane nobile, animato da una grandissima buona volontà e dal desiderio di una condotta irreprensibile, | con la sua asciutta severità avrebbe di certo allontanato tutti da sé, se una bella quanto rara formazione letteraria, la conoscenza delle lingue, la sua abilità nell’e­ sprimersi sia in versi sia in prosa non avessero al contrario affascinato tutti, rendendo più facile vivergli accanto. Ero stato avvisato che sarebbe passato per Lipsia, e lo aspetta­ vo con ansia. Arrivò e si fermò in una piccola locanda od osteria a Brühl; il proprietario si chiamava Schönkopf60. La moglie era di Francoforte, e anche se durante l’anno c’era posto per poche persone e la casa era troppo piccola per poter accogliere ospiti, nel periodo della fiera era frequen­ tata da molti francofortesi che ci andavano a mangiare e, in caso di emergenza, si fermavano a dormire. Ci andai in tutta fretta per incontrare Schlosser, non appena mi avvisò che era arrivato. Non ricordavo di averlo mai visto prima, e mi trovai davanti un giovanotto di bella statura, con un volto tondo e pieno, ma non per questo sgraziato. La fronte arro­ tondata, stretta tra le sopracciglia nere e i riccioli, denotava serietà, severità e forse ostinazione. Era in un certo qual modo il mio opposto e proprio questo fu alla base della no­ stra duratura amicizia. Avevo massima stima delle sue doti, che aumentò ulteriormente quando mi accorsi che mi era di molto superiore in fatto di sicurezza nell’affrontare ciò che intraprendeva. Il rispetto e la fiducia che gli dimostravo aumentarono la sua simpatia e accrebbero l’indulgenza che mostrava per il mio temperamento vivace, volubile e sem­ pre in movimento, del tutto in contrasto con il suo. Studiava

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haben mußte. Er studierte die Engländer fleißig, Pope war, wo nicht sein Muster, doch sein Augenmerk, und er hatte, im Widerstreit mit dem Versuch über den Menschen jenes Schriftstellers, ein Gedicht in gleicher Form und Silbenmaß geschrieben, welches der christlichen Religion über jenen Deismus den Triumph verschaffen sollte. Aus dem großen Vorrat von Papieren, die er bei sich führte, | ließ er mir sodann poetische und prosaische Aufsätze in allen Sprachen sehen, die, indem sie mich zur Nachahmung aufriefen, mich abermals unendlich beun­ ruhigten. Doch wußte ich mir durch Tätigkeit sogleich zu helfen. Ich schrieb an ihn gerichtete deutsche, französische, englische, italienische Gedichte, wozu ich den Stoff aus unseren Unterhaltungen nahm, wel­ che durchaus bedeutend und unterrichtend waren. Schlosser wollte nicht Leipzig verlassen, ohne die Männer, wel­ che Namen hatten, von Angesicht zu Angesicht gesehen zu haben. Ich führte ihn gern zu denen mir bekannten, die von mir noch nicht besuch­ ten lernte ich auf diese Weise ehrenvoll kennen, weil er, als ein unter­ richteter, schon charakterisierter Mann mit Auszeichnung empfangen wurde und den Aufwand des Gesprächs recht gut zu bestreiten wußte. Unsern Besuch bei Gottsched darf ich nicht übergehen, indem die Sin­ nes- und Sittenweise dieses Mannes daraus hervortritt. Er wohnte sehr anständig in dem ersten Stock des goldenen Bären, wo ihm der ältere Breitkopf, wegen des großen Vorteils, den die Gottschedischen Schrif­ ten, Übersetzungen und sonstigen Assistenzen der Handlung gebracht, eine lebenslängliche Wohnung zugesagt hatte. Wir ließen uns melden. Der Bediente führte uns in ein großes Zimmer, indem er sagte, der Herr werde gleich kommen. Ob wir nun eine Gebärde, die er machte, nicht recht verstanden, wüßte ich nicht zu sagen; genug wir glaubten, er habe uns in das anstoßende Zim­ mer gewiesen. Wir traten hinein zu einer sonderbaren Szene: denn in dem Augenblick trat Gottsched, der große breite riesenhafte Mann, in einem gründamastnen, mit rotem Taft gefütterten Schlafrock zur ent­ gegengesetzten Türe herein; aber sein ungeheures Haupt war kahl und ohne Bedeckung. Dafür sollte jedoch sogleich gesorgt sein: denn der

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con diligenza gli inglesi, Pope era, se non il suo modello, comunque il suo preferito, e volendo controbattere il Saggio sull’uomo di quello scrittore, aveva composto una po­ esia nella stessa forma metrica per sancire il trionfo della religione cristiana sul deismo61. Tra la grande quantità di carte che aveva con sé | mi mostrò saggi in versi e in prosa in diverse lingue che, se da una parte mi spinsero all’emu­ lazione, dall’altra mi inquietarono moltissimo. Mi salvai mettendomi al lavoro: scrissi poesie in tedesco, francese, inglese, italiano indirizzate a lui, prendendo spunto dalle nostre conversazioni sempre interessanti e istruttive. Schlosser non volle lasciare Lipsia senza prima aver in­ contrato di persona tutti i grandi nomi del luogo. Lo condus­ si con piacere da quelli che conoscevo, mentre gli altri ebbi l’onore di conoscerli grazie a lui: come uomo colto e già ben profilato veniva accolto con grande rispetto e sapeva sostenere molto bene la conversazione. Non posso non ri­ cordare la nostra visita a Gottsched, da cui emergono le opi­ nioni e i costumi di quell’uomo. Abitava con molto decoro al primo piano dell’Orso d’oro, dove il vecchio Breitkopf gli aveva garantito un alloggio vita natural durante per via dei notevoli profitti che aveva ricavato dalle opere, le tradu­ zioni e i vari scritti di Gottsched62. Fummo annunciati. Il servitore ci condusse in un’ampia stanza dicendo che il signore sarebbe venuto subito. Non saprei dire se interpretammo male il suo gesto o cosa, fat­ to sta che ci parve che ci avesse indicato la stanza accan­ to. Entrando vedemmo una scena curiosa, perché in quello stesso istante stava sopraggiungendo dall’altro lato anche Gottsched, un uomo grande e grosso, un gigante, con una veste da camera di damasco verde foderata di taffettà rosso, ma con l’enorme testa calva e scoperta. A quello si stava per provvedere, perché da una porta laterale entrò precipi­

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Bediente sprang mit einer großen Allongeperücke auf der Hand (die Locken fielen bis an den Ellenbogen) zu einer Seitentüre herein und reichte den Hauptschmuck seinem Herrn mit | erschrockner Gebärde. Gottsched, ohne den mindesten Verdruß zu äußern, hob mit der linken Hand die Perücke von dem Arme des Dieners, und indem er sie sehr geschickt auf den Kopf schwang, gab er mit seiner rechten Tatze dem armen Menschen eine Ohrfeige, so daß dieser, wie es im Lustspiel zu geschehen pflegt, sich zur Türe hinaus wirbelte, worauf der ansehnli­ che Altvater uns ganz gravitätisch zu sitzen nötigte und einen ziemlich langen Discours mit gutem Anstand durchführte. So lange Schlosser in Leipzig blieb speiste ich täglich mit ihm, und lernte eine sehr angenehme Tischgesellschaft kennen. Einige Lieflän­ der und der Sohn des Oberhofpredigers Hermann in Dresden, nach­ heriger Burgemeister zu Leipzig, und ihre Hofmeister, Hofrat Pfeil, Verfasser des Grafen von P., eines Pendants zu Gellerts schwedischer Gräfin, Zachariä, ein Bruder des Dichters, und Krebel, Redakteur geo­ graphischer und genealogischer Handbücher, waren gesittete, heitre und freundliche Menschen. Zachariä der stillste, Pfeil ein feiner, bei­ nahe etwas Diplomatisches an sich habender Mann, doch ohne Zie­ rerei und mit großer Gutmütigkeit, Krebel ein wahrer Fallstaff, groß, wohlbeleibt, blond, vorliegende, heitere, himmelhelle Augen, immer froh und guter Dinge. Diese Personen begegneten mir sämtlich, teils wegen Schlossers, teils auch wegen meiner eignen offenen Gutmütig­ keit und Zutätigkeit, auf das allerartigste, und es brauchte kein großes Zureden, künftig mit ihnen den Tisch zu teilen. Ich blieb wirklich nach Schlossers Abreise bei ihnen, gab den Ludwigischen Tisch auf, und be­ fand mich in dieser geschlossenen Gesellschaft um so wohler, als mir die Tochter vom Hause, ein gar hübsches, nettes Mädchen, sehr wohl gefiel, und mir Gelegenheit ward freundliche Blicke zu wechseln, ein Behagen, das ich seit dem Unfall mit Gretchen weder gesucht noch zufällig gefunden hatte. Die Stunden des Mittagsessens brachte ich mit

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tosamente il servitore con una gigantesca parrucca in mano (i riccioli gli arrivavano al gomito), porgendo con aria spa­ ventata l’ornamento  | per il capo del suo padrone. Senza minimamente scomporsi, Gottsched prese con la sinistra la parrucca dalle mani del domestico e mentre se la assestava con grande abilità, con la zampa destra affibbiò al poveretto un ceffone tale che quegli, come succede nelle commedie, volò fuori dalla porta; nel frattempo il venerabile patriarca con solenne gravità ci faceva cenno di accomodarci per te­ nerci un discorso piuttosto lungo e cerimonioso. Finché Schlosser rimase a Lipsia pranzai ogni gior­ no con lui e conobbi un simpatico gruppo di commensali. Alcuni livoni, il figlio del predicatore di corte di Dresda, Hermann, futuro borgomastro di Lipsia con i relativi pre­ cettori; il consigliere di corte Pfeil63, autore del Conte di P., un pendant alla Contessa svedese di Gellert; Zachariä, fratello del poeta, e Krebel, compilatore di manuali di ge­ ografia e genealogia64: tutte persone ben educate, allegre e cordiali. Zachariä era il più taciturno, Pfeil un uomo distinto che aveva qualcosa del diplomatico, ma senza fronzoli e di grande bontà; Krebel era un vero Falstaff, robusto, bene in carne, biondo, con occhi azzurri sporgenti e vispi, sempre allegro e di buon umore. Queste persone mi accolsero tutte con grande gentilezza, sia per riguardo a Schlosser, sia per il mio buon carattere e la mia disponibilità, e non ci fu biso­ gno di insistere molto per farmi rimanere anche in seguito alla loro tavola. Dopo la partenza di Schlosser rimasi dun­ que con loro abbandonando la tavola di Ludwig, e in quella ristretta cerchia mi trovavo ancora più a mio agio perché mi piaceva molto la figlia del proprietario, una ragazza carina e simpatica, con cui all’occasione scambiavo dolci occhia­ te65 – un piacere che dopo l’infelice storia con Gretchen non avevo più cercato, né mi era capitato. Trascorrevo quindi

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meinen Freunden heiter und nützlich zu. Krebel hatte mich wirklich lieb und wußte mich mit Maßen zu necken und anzuregen; Pfeil hin­ gegen bewies mir eine ernste | Neigung, indem er mein Urteil über manches zu leiten und zu bestimmen suchte. Bei diesem Umgange wurde ich durch Gespräche, durch Beispiele und durch eignes Nachdenken gewahr, daß der erste Schritt, um aus der wäßrigen, weitschweifigen, nullen Epoche sich herauszuretten, nur durch Bestimmtheit, Präzision und Kürze getan werden könne. Bei dem bisherigen StYl konnte man das Gemeine nicht vom Besse­ ren unterscheiden, weil alles unter einander ins Flache gezogen wird. Schon hatten Schriftsteller diesem breiten Unheil zu entgehen gesucht, und es gelang ihnen mehr oder weniger. Haller und Rammler waren von Natur zum Gedrängten geneigt; Lessing und Wieland sind durch Reflexion dazu geführt worden. Der erste wurde nach und nach ganz epigrammatisch in seinen Gedichten, knapp in der Minna, lakonisch in Emilia Gallotti, später kehrte er erst zu einer heiteren Naivetät zurück, die ihn so wohl kleidet im Nathan. Wieland, der noch im Agathon, Don Sylvio, den Komischen Erzählungen mit unter prolix gewesen war, wird in Musarion und Idris auf eine wundersame Weise gefaßt und genau, mit großer Anmut. Klopstock, in den ersten Gesängen der Messiade, ist nicht ohne Weitschweifigkeit; in den Oden und anderen kleinen Gedichten erscheint er gedrängt, so auch in seinen Tragödien. Durch seinen Wettstreit mit den Alten, besonders dem Tacitus, sieht er sich immer mehr ins Enge genötigt, wodurch er zuletzt unverständlich und ungenießbar wird. Gerstenberg, ein schönes aber bizarres Talent, nimmt sich auch zusammen, sein Verdienst wird geschätzt, macht aber im Ganzen wenig Freude. Gleim, weitschweifig, behaglich von Natur, wird kaum Einmal konzis in den Kriegsliedern. Rammler ist eigentlich mehr Kritiker als Poet. Er fängt an was Deutsche im Lyrischen geleis­ tet, zu sammeln. Nun findet er, daß ihm kaum ein Gedicht völlig genug

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le ore del pranzo con questi amici, in allegria e con profit­ to. Krebel mi si era molto affezionato e sapeva provocarmi e stimolarmi ma con misura, Pfeil invece mostrava la sua simpatia con serietà, | cercando di indirizzare e precisare i miei giudizi. Frequentandoli mi resi conto grazie alle conversazioni, agli esempi e alla mia riflessione, che si poteva fare il primo passo per salvarsi da quell’epoca annacquata, prolissa e in­ sulsa solo mediante determinatezza, precisione e concisio­ ne. Nello stile di allora non si riusciva a distinguere il buono dal mediocre, perché tutto si mescolava e ne risultava ap­ piattito. C’erano già alcuni scrittori che avevano cercato di sfuggire a quel male diffuso, e ci erano più o meno riusciti. Haller e Ramler erano inclini per natura alla sintesi; Lessing e Wieland ci sono arrivati grazie alla riflessione. Il pri­ mo è divenuto man mano sempre più epigrammatico nelle sue poesie, sintetico nella Minna, laconico nell’Emilia Galotti; più tardi fece ritorno a una serena spontaneità che ben si addice al Nathan. Wieland, che in Agatone, Don Silvio, nei Racconti umoristici era stato piuttosto prolisso, con Musarion e Idris diviene miracolosamente compatto e preciso, e con estremo garbo. Klopstock nei primi canti del Messia non è privo di qualche lungaggine, mentre nelle odi e in altre brevi composizioni appare più stringato, come nelle tragedie. Gareggiando con gli antichi, e soprattutto con Ta­ cito, si vede sempre più costretto alla brevità, fino a diven­ tare incomprensibile e illeggibile66. Gerstenberg, un talento bello ma bizzarro, cerca di essere stringato e la sua opera è pregevole, ma piace poco67. Gleim, prolisso e placido per natura, non riesce a essere conciso nemmeno nei Canti di guerra68. Ramler è più un critico che un poeta, comincia raccogliendo tutto ciò che i tedeschi hanno prodotto in fatto di lirica69 e a quel punto si accorge che non c’è nemmeno

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tut; er muß auslassen, redigieren, verändern, damit die Dinge nur eini­ ge Gestalt bekommen. Hierdurch macht er sich fast so viel Feinde als es Dichter und Liebhaber gibt; da sich jeder eigentlich nur an seinen | Mängeln wieder erkennt, und das Publikum sich eher für ein fehler­ haftes Individuelle interessiert, als für das, was nach einer allgemeinen Geschmacksregel hervorgebracht oder verbessert wird. Die Rhythmik lag damals noch in der Wiege, und Niemand wußte ein Mittel ihre Kindheit zu verkürzen. Die poetische Prosa nahm überhand. Geßner und Klopstock erregten manche Nachahmer; andere wieder forderten doch ein Sylbenmaß und übersetzten diese Prose in faßliche Rhyth­ men. Aber auch diese machten es Niemand zu Dank: denn sie mußten auslassen und zusetzen, und das prosaische Original galt immer für das Bessere. Jemehr aber bei allem diesem das Gedrungene gesucht wird, desto mehr wird Beurteilung möglich, weil das Bedeutende, en­ ger zusammengebracht, endlich eine sichere Vergleichung zuläßt. Es ergab sich auch zugleich, daß mehrere Arten von wahrhaft poetischen Formen entstanden: denn indem man von einem jeden Gegenstande, den man nachbilden wollte, nur das Notwendige darzustellen suchte, so mußte man einem jeden Gerechtigkeit widerfahren lassen, und auf diese Weise, ob es gleich Niemand mit Bewußtsein tat, vermannig­ faltigten sich die Darstellungsweisen, unter welchen es freilich auch fratzenhafte gab, und mancher Versuch unglücklich ablief. Ganz ohne Frage besaß Wieland unter allen das schönste Naturell. Er hatte sich früh in jenen ideellen Regionen ausgebildet, wo die Ju­ gend so gern verweilt; da ihm aber diese durch das was man Erfahrung nennt, durch Begegnisse an Welt und Weibern verleidet wurden, so warf er sich auf die Seite des Wirklichen, und gefiel sich und Andern im Widerstreit beider Welten, wo sich zwischen Scherz und Ernst, im leichten Gefecht, sein Talent am allerschönsten zeigte. Wie manche seiner glänzenden Produktionen fallen in die Zeit meiner akademi­

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una poesia che lo soddisfi: deve eliminare, rivedere, mo­ dificare affinché le cose abbiano una qualche forma. Così facendo si procurò così tanti nemici quanti erano i poeti e i loro estimatori, perché in fondo ciascuno si riconosce solo nei propri | difetti e il pubblico tende a interessarsi di più a un individuo imperfetto piuttosto che a ciò che è stato prodotto o migliorato secondo le regole generali del gusto. La metrica era ancora in fasce e nessuno sapeva come svez­ zarla più in fretta; a prevalere era la prosa poetica. Geßner e Klopstock70 ebbero parecchi imitatori, altri ancora prefe­ rivano la scansione metrica e tradussero la prosa in versi orecchiabili, ma anche loro non ebbero successo perché dovettero tralasciare e aggiungere, e l’originale in prosa fu comunque sempre ritenuto migliore. Ma se in tutto questo si tende alla concisione, il giudizio diviene più semplice, poiché il contenuto pregnante, una volta condensato, per­ mette alla fine una comparazione più affidabile. Nascevano intanto anche molteplici altre forme autenticamente poeti­ che: tentando di cogliere soltanto il necessario di ogni og­ getto che si voleva rappresentare, bisognava allora che ogni oggetto fosse trattato in modo adeguato, e di conseguenza si moltiplicarono le maniere di rappresentare, senza che lo si facesse di proposito; ci furono, effettivamente, anche ten­ tativi ridicoli e alcuni non ebbero fortuna. Tra tutti, Wieland era senza dubbio il più dotato per na­ tura. Si era educato presto in quelle regioni ideali dove i giovani indugiano così volentieri, ma quando quello che chiamiamo esperienza – faccende di mondo e di donne – gliele rese indigeste, ecco che si gettò sul versante del reale e divertì se stesso e gli altri dipingendo il conflitto tra i due mondi: fu proprio qui, nell’agile schermaglia tra il serio e il faceto, che il suo talento diede il meglio di sé. Alcune delle sue opere più brillanti risalgono ai miei anni di università.

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schen Jahre. Musarion wirkte am meisten auf mich, und ich kann mich noch des Ortes und der Stelle erinnern, wo ich den ersten Aushänge­ bogen zu Gesicht bekam, welchen mir Oeser mitteilte. Hier war es, wo ich das Antike lebendig und neu wieder zu sehen | glaubte. Alles was in Wielands Genie plastisch ist, zeigte sich hier aufs vollkommenste, und da jener zur unglücklichen Nüchternheit verdammte Phanias-Ti­ mon sich zuletzt wieder mit seinem Mädchen und der Welt versöhnt, so mag man die menschenfeindliche Epoche wohl auch mit ihm durch­ leben. Übrigens gab man diesen Werken sehr gern einen heiteren Wi­ derwillen gegen erhöhte Gesinnungen zu, welche, bei leicht verfehlter Anwendung aufs Leben, öfters der Schwärmerei verdächtig werden. Man verzieh dem Autor, wenn er das, was man für wahr und ehrwürdig hielt, mit Spott verfolgte, um so eher, als er dadurch zu erkennen gab, daß es ihm selbst immerfort zu schaffen mache. Wie kümmerlich die Kritik solchen Arbeiten damals entgegen kam, läßt sich aus den ersten Bänden der allgemeinen deutschen Biblio­ thek ersehen. Der Komischen Erzählungen geschieht ehrenvolle Er­ wähnung; aber hier ist keine Spur von Einsicht in den Charakter der Dichtart selbst. Der Rezensent hatte seinen Geschmack, wie damals alle, an Beispielen gebildet. Hier ist nicht bedacht, daß man vor allen Dingen bei Beurteilung solcher parodistischen Werke den originalen edlen, schönen Gegenstand vor Augen haben müsse, um zu sehen, ob der Parodist ihm wirklich eine schwache und komische Seite abgewon­ nen, ob er ihm etwas geborgt, oder, unter dem Schein einer solchen Nachahmung, vielleicht gar selbst eine treffliche Erfindung geliefert? Von allem dem ahndet man nichts, sondern die Gedichte werden stel­ lenweis gelobt und getadelt. Der Rezensent hat, wie er selbst gesteht, so viel was ihm gefallen angestrichen, daß er nicht einmal im Druck alles anführen kann. Kommt man nun gar der höchst verdienstlichen Übersetzung Shakespear’s mit dem Ausruf entgegen: »Von rechtswe­ gen sollte man einen Mann wie Shakespeare gar nicht übersetzt ha­ ben«: so begreift sich ohne weiteres, wie unendlich weit die allgemeine

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Musarion fu quella che mi colpì di più, e mi ricordo ancora il luogo preciso in cui lessi le prime bozze, che Oeser mi passò. In quelle pagine credetti di vedere l’antichità nuo­ vamente | rinata. Tutta la plasticità del genio di Wieland si dispiegava alla perfezione, e anche se Fania-Timone, con­ dannato a un’infelice astinenza, alla fine si riconcilia con la sua bella e con il mondo, accanto a lui si può vivere anche la fase della misantropia71. E del resto, da queste opere ci si aspettava un’allegra avversione per i sentimenti esaspe­ rati che, sbagliando anche solo di poco nell’applicarsi alla vita, finivano con lo sconfinare nel fanatismo. Si perdonava l’autore se dileggiava ciò che si riteneva vero e rispettabile, ancor più volentieri se così facendo dimostrava che quei temi erano rilevanti anche per lui. Con che meschinità la critica trattò quei lavori lo si vede bene dai primi volumi della «Allgemeine deutsche Biblio­ thek». I Racconti umoristici vengono elogiati, ma senza la minima comprensione del carattere di quel genere di po­ esia. Il recensore ha formato il suo gusto sulla base degli esempi, come allora facevano tutti, e non tiene conto che, per giudicare opere parodistiche come quelle, si deve per prima cosa avere davanti agli occhi il soggetto originale, nobile e bello, per vedere se il parodista ne ha davvero colto il lato debole o quello comico, se gli ha aggiunto qualcosa o se invece, fingendo di imitarlo, ha prodotto una sublime invenzione. A tutto ciò non si fa nemmeno cenno, si elogia­ no o criticano solo i singoli passi delle poesie. Il recensore, lo dichiara lui stesso, ha sottolineato così tante cose che gli sono piaciute da non poterle nemmeno elencare tutte nella recensione. Quando la veramente meritoria traduzione di Shakespeare viene accolta con l’esclamazione: «davvero, un autore come Shakespeare non lo si dovrebbe proprio tradurre!», si capisce quanto fosse infinitamente arretrata

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deutsche Bibliothek in Sachen des Geschmacks zurück war, und daß junge Leute, von wahrem Gefühl belebt, sich nach anderen Leitsternen umzusehen hatten. | Den Stoff, der auf diese Weise mehr oder weniger die Form be­ stimmte, suchten die Deutschen überall auf. Sie hatten wenig oder keine Nationalgegenstände behandelt. Schlegels Herrmann deute­ te nur darauf hin. Die idyllische Tendenz verbreitete sich unendlich. Das Charakterlose der Geßnerschen, bei großer Anmut und kindlicher Herzlichkeit, machte Jeden glauben, daß er etwas Ähnliches vermöge. Eben so bloß aus dem Allgemeinmenschlichen gegriffen waren jene Gedichte, die ein Fremdnationelles darstellen sollten, z. B. die jüdi­ schen Schäfergedichte, überhaupt die patriarchalischen und was sich sonst auf das alte Testament bezog. Bodmers Noachide war ein voll­ kommenes Symbol der um den deutschen Parnaß angeschwollenen Wasserflut, die sich nur langsam verlief. Das Anakreontische Gegän­ gel ließ gleichfalls unzählige mittelmäßige Köpfe im Breiten herum­ schwanken. Die Präzision des Horaz nötigte die Deutschen, doch nur langsam, sich ihm gleichzustellen. Komische Heldengedichte, meist nach dem Vorbild von Pope’s Lockenraub, dienten auch nicht, eine bessere Zeit herbeizuführen. Noch muß ich hier eines Wahnes gedenken, der so ernsthaft wirkte als er lächerlich sein muß, wenn man ihn näher beleuchtet. Die Deut­ schen hatten nunmehr genugsam historische Kenntnis von allen Dicht­ arten, worinne sich die verschiedenen Nationen ausgezeichnet hatten. Von Gottsched war schon dieses Fächerwerk, welches eigentlich den inneren Begriff von Poesie zu Grunde richtet, in seiner kritischen Dichtkunst ziemlich vollständig zusammengezimmert und zugleich nachgewiesen, daß auch schon deutsche Dichter mit vortrefflichen Werken alle Rubriken auszufüllen gewußt. Und so ging es denn immer fort. Jedes Jahr wurde die Kollektion ansehnlicher, aber auch jedes Jahr vertrieb eine Arbeit die andere aus dem Locat, in dem sie bisher ge­ glänzt hatte. Wir besaßen nunmehr, wo nicht Homere, doch Virgile und

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in fatto di gusto la «Allgemeine deutsche Bibliothek», e i giovani animati da autentica passione dovevano guardarsi intorno per trovare altrove i loro punti di riferimento72. | I tedeschi cercavano dappertutto gli argomenti, che poi a loro volta determinavano la forma. Avevano trattato po­ chi temi nazionali, o forse nessuno; l’Arminio di Schlegel vi accennava soltanto vagamente73, mentre si diffondeva all’infinito la tendenza all’idillio. La mancanza di carattere di Geßner, con la sua grazia e infantile ingenuità, indusse ciascuno a credere che poteva fare lo stesso. Attingevano a tratti generici dell’umano anche quei componimenti che si proponevano di rappresentare altri popoli, ad esempio le Poesie pastorali ebraiche74 e in particolare quelle sui pa­ triarchi e sull’Antico Testamento. La Noachide di Bodmer era un perfetto esempio dell’alluvione che minacciava il Parnaso tedesco e che si ritirò solo molto lentamente75. An­ che i farfugliamenti anacreontici76 diedero ampio spazio a innumerevoli ingegni mediocri e solo lentamente la preci­ sione di Orazio costrinse i tedeschi ad adeguarsi. I poemi eroicomici, spesso sulla scia del Ricciolo rapito di Pope, non contribuirono a inaugurare tempi migliori. Devo menzionare anche un’altra illusione che ebbe con­ seguenze molto serie, sebbene osservata da vicino appaia assai ridicola. I tedeschi avevano conseguito una buona conoscenza storica di tutti i generi poetici in cui si erano distinti i vari popoli. Questo elenco, che in realtà distrug­ ge il concetto stesso di poesia, l’aveva già compilato quasi completamente Gottsched nella sua Poetica critica, dove aveva anche dimostrato che i poeti tedeschi avrebbero po­ tuto benissimo riempire ogni rubrica con opere eccellenti. E via di questo passo. Ogni anno la collezione si accresceva, ma anno dopo anno un lavoro scacciava l’altro dalla nicchia dove aveva prima brillato. A quel punto possedevamo se

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Miltone, wo nicht einen Pindar, doch einen Horaz; an Theokriten war kein Mangel; und so wiegte man sich mit Vergleichungen nach Außen, indem | die Masse poetischer Werke immer wuchs, damit auch endlich eine Vergleichung nach Innen Statt finden konnte. Stand es nun mit den Sachen des Geschmacks auf einem sehr schwankenden Fuße; so konnte man jener Epoche auf keine Weise streitig machen, daß innerhalb des protestantischen Teils von Deutsch­ land und der Schweiz sich dasjenige gar lebhaft zu regen anfing, was man Menschenverstand zu nennen pflegt. Die Schulphilosophie, wel­ che jederzeit das Verdienst hat, alles dasjenige wornach der Mensch nur fragen kann, nach angenommenen Grundsätzen, in einer beliebten Ordnung, unter bestimmten Rubriken vorzutragen, hatte sich durch das oft Dunkle und Unnützscheinende ihres Inhalts, durch unzeitige An­ wendung einer an sich respektabeln Methode und durch die allzugroße Verbreitung über so viele Gegenstände, der Menge fremd, ungenießbar und endlich entbehrlich gemacht. Mancher gelangte zur Überzeugung, daß ihm wohl die Natur soviel guten und geraden Sinn zur Ausstattung gegönnt habe, als er ohngefähr bedürfe, sich von den Gegenständen einen so deutlichen Begriff zu machen, daß er mit ihnen fertig werden, und zu seinem und anderer Nutzen damit gebaren könne, ohne gerade sich um das Allgemeinste mühsam zu bekümmern und zu forschen, wie doch die entferntesten Dinge, die uns nicht sonderlich berühren, wohl zusammenhangen möchten? Man machte den Versuch, man tat die Augen auf, sah gerade vor sich hin, war aufmerksam, fleißig, tätig, und glaubte, wenn man in seinem Kreis richtig urteile und handle, sich auch wohl herausnehmen zu dürfen, über Anderes, was entfernter lag, mitzusprechen. Nach einer solchen Vorstellung war nun Jeder berechtiget, nicht al­ lein zu philosophieren, sondern sich auch nach und nach für einen Phi­ losophen zu halten. Die Philosophie war also ein mehr oder weniger gesunder und geübter Menschenverstand, der es wagte, ins Allgemeine zu gehen und über innere und äußere Erfahrungen abzusprechen. Ein

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non vari Omero, almeno molti Virgilio e molti Milton, se non Pindaro, almeno un Orazio77; in quanto a Teocrito, ce n’erano in abbondanza, e così ci si blandiva paragonandosi agli stranieri mentre | la massa delle opere poetiche cresce­ va sempre più, permettendo finalmente di fare dei confronti anche tra i tedeschi. Se le questioni riguardanti il gusto erano piuttosto trabal­ lanti, non si può mettere in dubbio che in quel periodo, nelle zone protestanti della Germania e della Svizzera cominciò a farsi vivacemente strada quello che si suole chiamare il buon senso. La filosofia di scuola, che ha sempre il merito di presentare tutto ciò che l’uomo vuole sapere in base a principi acquisiti, in bell’ordine e sotto categorie specifiche, era diventata estranea alla massa, inappetibile e infine persi­ no superflua a causa dell’oscurità e dell’apparente inutilità dei suoi contenuti, per l’utilizzo intempestivo di metodi in sé rispettabili e per l’applicazione a un numero eccessivo di ambiti. Alcuni si convinsero che la natura li avesse forniti di comprendonio e buon senso quanto bastava per farsi al­ meno un’idea sufficientemente chiara delle cose ed essere in grado di capirle e utilizzarle a vantaggio proprio e altrui, senza doversi angustiare per i principi universali o indagare ogni volta quali nessi uniscano tra loro le cose più disparate che non ci riguardano da vicino. Si fecero dei tentativi, si aprirono gli occhi, si guardò dritto davanti a sé, attenti, im­ pegnati, attivi e ci si convinse che se una persona agisce e giudica correttamente nel proprio ambito, può permettersi di dire la sua anche in altri ambiti. In questa prospettiva ciascuno era autorizzato non sol­ tanto a filosofare, ma anche a ritenersi via via un filosofo. La filosofia era dunque un buon senso più o meno sano ed esercitato, che osava avventurarsi nell’universale e si espri­ meva sulle esperienze interiori ed esteriori. A conquistare

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heller Scharfsinn und eine besondere Mäßigkeit, indem | man durchaus die Mittelstraße und Billigkeit gegen alle Meinungen für das Rechte hielt, verschaffte solchen Schriften und mündlichen Äußerungen An­ sehen und Zutrauen, und so fanden sich zuletzt Philosophen in allen Fakultäten, ja in allen Ständen und Hantierungen. Auf diesem Wege mußten die Theologen sich zu der sogenannten natürlichen Religion hinneigen, und wenn zur Sprache kam, in wiefern das Licht der Natur uns in der Erkenntnis Gottes, der Verbesserung und Veredlung unserer selbst zu fördern hinreichend sei, so wagte man ge­ wöhnlich sich zu dessen Gunsten ohne viel Bedenken zu entscheiden. Aus jenem Mäßigkeitsprinzip gab man sodann sämtlichen positiven Religionen gleiche Rechte, wodurch denn eine mit der andern gleich­ gültig und unsicher wurde. Übrigens ließ man denn doch aber alles bestehen, und weil die Bibel so voller Gehalt ist, daß sie mehr als je­ des andere Buch Stoff zum Nachdenken und Gelegenheit zu Betrach­ tungen über die menschlichen Dinge darbietet; so konnte sie durchaus nach wie vor bei allen Kanzelreden und sonstigen religiosen Verhand­ lungen zum Grunde gelegt werden. Allein diesem Werke stand, so wie den sämtlichen Profanskriben­ ten, noch ein eigenes Schicksal bevor, welches im Laufe der Zeit nicht abzuwenden war. Man hatte nämlich bisher auf Treu und Glauben an­ genommen, daß dieses Buch der Bücher in Einem Geiste verfaßt, ja daß es von dem göttlichen Geiste eingehaucht und gleichsam diktiert sei. Doch waren schon längst von Gläubigen und Ungläubigen die Un­ gleichheiten der verschiedenen Teile desselben bald gerügt, bald ver­ teidigt worden. Engländer, Franzosen, Deutsche hatten die Bibel mit mehr oder weniger Heftigkeit, Scharfsinn, Frechheit, Mutwillen an­ gegriffen, und eben so war sie wieder von ernsthaften, wohldenkenden Menschen einer jeden Nation in Schutz genommen worden. Ich für meine Person hatte sie lieb und wert: denn fast ihr allein war ich mei­ ne sittliche Bildung schuldig, und die Begebenheiten, die Lehren, die Symbole, die | Gleichnisse, alles hatte sich tief bei mir eingedrückt und

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prestigio e fiducia furono quegli scritti e | discorsi che mo­ stravano una visione chiara e una particolare moderazione, perché si riteneva che il giusto equilibrio e la tolleranza nei confronti di ogni opinione fossero la via giusta; così finim­ mo col trovare filosofi in tutte le facoltà, persino in tutti i ceti e le professioni. Seguendo questa via i teologi dovettero indirizzarsi ver­ so la cosiddetta religione naturale, e quando ci si domandò in che misura la luce della natura fosse sufficiente per gui­ darci nella conoscenza di Dio, nel migliorare e nobilitare noi stessi, si rispondeva in genere positivamente senza pen­ sarci troppo78. In base a quello stesso principio di tolleran­ za si concedevano a tutte le religioni rivelate uguali diritti, tanto che alla fine sembrarono tutte uguali e incerte. Ma a ben vedere tutto rimase come prima, e poiché la Bibbia è così densa di significato e più di ogni altro libro fornisce materia di riflessione e spunti per meditare sulle cose uma­ ne, si continuò a tenerla come fondamento di tutti sermoni e le pratiche religiose. Ma un particolare destino incombeva su quest’opera, come su quelle degli scrittori profani, e con il passare del tempo divenne ineluttabile. Finora infatti si era creduto per fede che il Libro dei libri fosse stato composto in un unico spirito, anzi, che fosse ispirato o persino dettato dallo Spi­ rito Santo. Ma era già parecchio che credenti e non credenti avevano chi criticato, chi difeso le discrepanze tra le sin­ gole parti; inglesi, francesi e tedeschi avevano attaccato la Bibbia con maggiore o minore veemenza, arguzia, arrogan­ za e spavalderia, ma era stata anche difesa da uomini seri e competenti di ogni nazione. Per quanto mi riguarda, io l’avevo molto cara, perché alla Bibbia dovevo quasi tutta la mia educazione morale e i racconti, gli insegnamenti, i sim­ boli, | le parabole, tutto si era impresso profondamente in

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war auf eine oder die andere Weise wirksam gewesen. Mir mißfielen daher die ungerechten, spöttlichen und verdrehenden Angriffe; doch war man damals schon so weit, daß man teils als einen Hauptvertei­ digungsgrund vieler Stellen sehr willig annahm, Gott habe sich nach der Denkweise und Fassungskraft der Menschen gerichtet, ja die vom Geiste Getriebenen hätten doch deswegen nicht ihren Charakter, ihre Individualität verleugnen können, und Amos als Kuhhirte führe nicht die Sprache Jesaias, welcher ein Prinz solle gewesen sein. Aus solchen Gesinnungen und Überzeugungen entwickelte sich, besonders bei immer wachsenden Sprachkenntnissen, gar natürlich jene Art des Studiums, daß man die orientalischen Lokalitäten, Na­ tionalitäten, Naturprodukte und Erscheinungen genauer zu studieren und sich auf diese Weise jene alte Zeit zu vergegenwärtigen suchte. Michaelis legte die ganze Gewalt seines Talents und seiner Kenntnisse auf diese Seite. Reisebeschreibungen wurden ein kräftiges Hülfsmittel zu Erklärung der heiligen Schriften, und neuere Reisende, mit vielen Fragen ausgerüstet, sollten durch Beantwortung derselben für die Pro­ pheten und Apostel zeugen. Indessen aber man von allen Seiten bemüht war, die heiligen Schriften zu einem natürlichen Anschauen heranzuführen, und die ei­ gentliche Denk- und Vorstellungsweise derselben allgemeiner faßlich zu machen, damit durch diese historisch-kritische Ansicht mancher Einwurf beseitigt, manches Anstößige getilgt und jede schale Spötterei unwirksam gemacht würde; so trat in einigen Männern gerade die ent­ gegengesetzte Sinnesart hervor, indem solche die dunkelsten, geheim­ nisvollsten Schriften zum Gegenstand ihrer Betrachtungen wählten, und solche aus sich selbst durch Konjekturen, Rechnungen und andere geistreiche und seltsame Kombinationen, zwar nicht aufhellen, aber doch bekräftigen und in sofern sie Weissagungen enthielten, durch den

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me e mi influenzava in una maniera o nell’altra. Per questo non mi piacevano gli attacchi ingiusti, beffardi o tendenzio­ si, ma in ogni caso si era già andati così in là da affermare tranquillamente, e lo si adduceva anche come argomento principale a difesa di molti passi, che Dio si era adattato al modo di pensare degli uomini e alla loro capacità di com­ prensione, e anche coloro che erano mossi dallo Spirito non potevano comunque negare la propria personalità né il pro­ prio carattere. Di conseguenza Amos, che era un pecoraio, non poteva certo parlare la stessa lingua di Isaia che si di­ ceva fosse invece un principe. A partire da queste opinioni e convinzioni e favorito dal­ le crescenti conoscenze linguistiche, si sviluppò spontanea­ mente quell’ambito di studi che mirava a conoscere meglio le località dell’Oriente, i popoli, i prodotti naturali e le situa­ zioni, per far rivivere quei tempi lontani. Michaelis investì tutte le energie del suo ingegno e le sue conoscenze in que­ sto campo; i resoconti di viaggio divennero uno strumen­ to importante per spiegare le Sacre Scritture e i viaggiatori contemporanei, equipaggiati con molte domande, dovevano cercare le risposte per dare testimonianza ai profeti e agli Apostoli. Allo stesso tempo ci si dava da fare da ogni parte per ricondurre le Sacre Scritture a una visione naturale e per rendere comprensibile a tutti quella mentalità e quel modo di pensare, sperando che la visione storico-critica aiutas­ se ad accantonare qualche obiezione, ad attenuare qualche asperità e a vanificare ogni insulso dileggio. In altri si mo­ strò invece la tendenza opposta: scelsero come argomento delle loro riflessioni gli scritti più oscuri e misteriosi, e in base a congetture, calcoli e altre ingegnose e astruse asso­ ciazioni volevano non tanto spiegarli, quanto conferire loro maggior autorità; e se contenevano delle profezie, volevano

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Erfolg begründen und dadurch | einen Glauben an das Nächstzuerwar­ tende rechtfertigen wollten. Der ehrwürdige Bengel hatte seinen Bemühungen um die Offen­ barung Johannis dadurch einen entschiedenen Eingang verschafft, daß er als ein verständiger, rechtschaffener, gottesfürchtiger, als ein Mann ohne Tadel bekannt war. Tiefe Gemüter sind genötigt, in der Vergan­ genheit so wie in der Zukunft zu leben. Das gewöhnliche Treiben der Welt kann ihnen von keiner Bedeutung sein, wenn sie nicht in dem Ver­ lauf der Zeiten bis zur Gegenwart, enthüllte Prophezeiungen, und in der nächsten wie in der fernsten Zukunft, verhüllte Weissagungen ver­ ehren. Hierdurch entspringt ein Zusammenhang, der in der Geschichte vermißt wird, die uns nur ein zufälliges Hin- und Widerschwanken in einem notwendig geschlossenen Kreise zu überliefern scheint. Doktor Crusius gehörte zu denen, welchen der prophetische Teil der heiligen Schriften am meisten zusagte, indem er die zwei entgegengesetzten Eigenschaften des menschlichen Wesens zugleich in Tätigkeit setzt, das Gemüt und den Scharfsinn. Dieser Lehre hatten sich viele Jüng­ linge gewidmet, und bildeten schon eine ansehnliche Masse, die um desto mehr in die Augen fiel, als Ernesti mit den Seinigen das Dunkel, in welchem jene sich gefielen, nicht aufzuhellen, sondern völlig zu ver­ treiben drohte. Daraus entstanden Händel, Haß und Verfolgung und manches Unannehmliche. Ich hielt mich zur klaren Partei und suchte mir ihre Grundsätze und Vorteile zuzueignen, ob ich mir gleich zu ahn­ den erlaubte, daß durch diese höchst löbliche, verständige Auslegungs­ weise zuletzt der poetische Gehalt jener Schriften mit dem propheti­ schen verloren gehen müsse. Näher aber lag denen, welche sich mit deutscher Literatur und schönen Wissenschaften abgaben, die Bemühung solcher Männer, die, wie Jerusalem, Zollikoffer, Spalding, in Predigten und Abhandlungen, durch einen guten und reinen Styl, der Religion und der ihr so nah verwandten Sittenlehre, auch bei Personen von einem gewissen Sinn | und Geschmack, Beifall und Anhänglichkeit zu erwerben suchten.

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documentarne la realizzazione e | legittimare così la fede in ciò che doveva ancora venire. Il reverendo Bengel79 aveva ottenuto una buona acco­ glienza con i suoi studi sull’Apocalisse di San Giovanni, perché era conosciuto come persona di buon senso, onesta, timorata di Dio e irreprensibile. Gli spiriti profondi sono costretti a vivere nel passato e nel futuro. La normale quoti­ dianità è irrilevante per loro, a meno che non ritrovino nello scorrere dei tempi profezie adempiute nel presente, o altre nascoste nel futuro prossimo o lontano. In questo modo si produce quel collegamento che invece manca alla storia, che sembra relegarci alle oscillazioni casuali all’interno di un circolo necessariamente chiuso. Il dottor Crusius80 era tra quelli maggiormente attirati dalla parte profetica delle Scritture, che stimola contemporaneamente due aspetti con­ trapposti dell’essere umano: il sentimento e l’ingegno. Mol­ ti giovani si erano dedicati a questi studi e formavano già una massa considerevole, che dava ancor più nell’occhio da quando Ernesti con i suoi minacciava non solo di schiarire, ma di dissipare del tutto quell’oscurità che piaceva loro così tanto. Ne seguirono diatribe, odio, persecuzioni e qualche episodio sgradevole. Io mi schierai col partito della luce cercando di assimilare i loro principi e meriti, nonostante non mancassi di intuire che con questa interpretazione, per quanto lodevole e chiara, andava però perso il contenuto poetico di quegli scritti, oltre che quello profetico. Coloro che si occupavano di letteratura tedesca e di belle lettere apprezzavano di più gli sforzi di uomini come Jerusalem, Zollikofer e Spalding: grazie a uno stile bello e puro sia nei sermoni che negli scritti, cercavano di conquistare alla religione e alla morale, così strettamente imparentate, il consenso e il sostegno delle persone dotate di un | certo in­ telletto e gusto81. Stava diventando indispensabile uno stile

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Eine gefällige Schreibart fing an durchaus nötig zu werden, und weil eine solche vor allen Dingen faßlich sein muß, so standen von vielen Seiten Schriftsteller auf, welche von ihren Studien, ihrem Metier klar, deutlich, eindringlich, und sowohl für die Kenner als für die Menge zu schreiben unternahmen. Nach dem Vorgange eines Ausländers, Tissot, fingen nunmehr auch die Ärzte mit Eifer an auf die allgemeine Bildung zu wirken. Sehr großen Einfluß hatten Haller, Unzer, Zimmermann, und was man im Einzelnen gegen sie, besonders gegen den letzten auch sagen mag, sie waren zu ihrer Zeit sehr wirksam. Und davon sollte in der Geschichte, vorzüglich aber in der Biographie die Rede sein: denn nicht in sofern der Mensch etwas zurückläßt, sondern in sofern er wirkt und genießt und andere zu wirken und zu genießen anregt, bleibt er von Bedeutung. Die Rechtsgelehrten, von Jugend auf gewöhnt an einen abstrusen Styl, welcher sich in allen Expeditionen, von der Kanzelei des unmit­ telbaren Ritters bis auf den Reichstag zu Regensburg, auf die barockste Weise erhielt, konnten sich nicht leicht zu einer gewissen Freiheit erhe­ ben, um so weniger, als die Gegenstände, welche sie zu behandeln hat­ ten, mit der äußeren Form und folglich auch mit dem Styl aufs genau­ este zusammenhingen. Doch hatte der jüngere von Moser sich schon als ein freier und eigentümlicher Schriftsteller bewiesen und Pütter durch die Klarheit seines Vortrags auch Klarheit in seinen Gegenstand und den Styl gebracht, womit er behandelt werden sollte. Alles was aus seiner Schule hervorging, zeichnete sich dadurch aus. Und nun fanden die Philosophen selbst sich genötigt, um popular zu sein, auch deutlich und faßlich zu schreiben. Mendelssohn, Garve traten auf und erregten allgemeine Teilnahme und Bewunderung. Mit der Bildung der deutschen Sprache und des Styls in jedem Fa­ che wuchs auch die Urteilsfähigkeit, und wir bewundern in jener Zeit Rezensionen von Werken über | religiose und sittliche Gegenstände, so wie über ärztliche; wenn wir dagegen bemerken, daß die Beurteilungen von Gedichten und was sich sonst auf schöne Literatur beziehen mag,

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gradevole, e poiché questo deve per prima cosa essere com­ prensibile, sorsero dovunque autori che si misero a scrivere in modo chiaro, preciso ed efficace dei loro studi e del loro mestiere, rivolgendosi sia agli specialisti che alla massa. Seguendo l’esempio di uno straniero, Tissot, anche i me­ dici cominciarono a impegnarsi molto in vista dell’educa­ zione generale. Ebbero notevole ascendente Haller, Unzer, Zimmermann, e per quanto su ciascuno di loro, soprattutto sull’ultimo, si possa avere da ridire, nella loro epoca furo­ no molto efficaci82. E proprio di questo dovrebbe trattare la storia, e soprattutto la biografia: un uomo è significativo non per quello che lascia in eredità, bensì nella misura in cui agisce e vive in modo proficuo, spingendo altri a fare lo stesso. Per i giuristi, abituati fin dalla gioventù a uno stile astruso e pomposo, rimasto inalterato in tutte le pratiche dalla can­ celleria dell’ultimo dei nobili fin su alla Dieta di Ratisbona, non fu tanto facile conquistarsi una certa libertà, anche per­ ché gli argomenti che dovevano trattare erano strettamente legati alla forma esteriore e di riflesso allo stile. Però il mi­ nore dei von Moser aveva dimostrato maggiore libertà e in­ dipendenza e Pütter con la chiarezza dell’esposizione aveva portato chiarezza anche nell’argomento e nello stile con cui ne trattava. Tutto quello che usciva dalla sua scuola aveva questa caratteristica. E alla fine anche i filosofi, per essere popolari, si videro a loro volta costretti a scrivere in modo chiaro e comprensibile. Si fecero avanti Mendelssohn e Garve83, suscitando dovunque apprezzamento e ammirazione. Con i progressi in tutti i campi della lingua tedesca e dello stile, migliorò anche la capacità di giudizio, e di quel periodo ammiriamo le recensioni di opere | di argomento religioso e morale, e anche medico, mentre dobbiamo con­ statare che, al contrario, la valutazione della poesia e di

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wo nicht erbärmlich, doch wenigstens sehr schwach befunden werden. Dieses gilt sogar von den Literaturbriefen und von der allgemeinen deutschen Bibliothek, wie von der Bibliothek der schönen Wissen­ schaften, wovon man gar leicht bedeutende Beispiele anführen könnte. Dieses alles mochte jedoch so bunt durch einander gehen als es wollte, so blieb einem Jeden, der etwas aus sich zu produzieren ge­ dachte, der nicht seinen Vorgängern die Worte und Phrasen nur aus dem Munde nehmen wollte, nichts weiter übrig, als sich früh und spät nach einem Stoffe umzusehen, den er zu benutzen gedächte. Auch hier wurden wir sehr in der Irre herumgeführt. Man trug sich mit einem Worte von Kleist, das wir oft genug hören mußten. Er hatte nämlich ge­ gen diejenigen, welche ihn wegen seiner öftern einsamen Spaziergänge beriefen, scherzhaft, geistreich und wahrhaft geantwortet: er sei dabei nicht müßig, er gehe auf die Bilderjagd. Einem Edelmann und Soldaten ziemte dies Gleichnis wohl, der sich dadurch Männern seines Standes gegenüber stellte, die mit der Flinte im Arm auf die Hasen- und Hüh­ nerjagd, so oft sich nur Gelegenheit zeigte, auszugehen nicht versäum­ ten. Wir finden daher in Kleistens Gedichten von solchen einzelnen, glücklich aufgehaschten, obgleich nicht immer glücklich verarbeiteten Bildern gar Manches, was uns freundlich an die Natur erinnert. Nun aber ermahnte man uns auch ganz ernstlich, auf die Bilderjagd auszu­ gehen, die uns denn doch zuletzt nicht ganz ohne Frucht ließ, obgleich Apels Garten, die Kuchengärten, das Rosental, Golis, Raschwitz und Konnewitz das wunderlichste Revier sein mochte, um poetisches Wild­ pret darin aufzusuchen. Und doch ward ich aus jenem Anlaß öfters be­ wogen, meinen Spaziergang einsam anzustellen, und weil weder von schönen, noch erhabenen Gegenständen dem Beschauer viel entgegen­ trat, und in den[!] wirklich herrlichen Rosentale zur besten Jahrszeit die | Mücken keinen zarten Gedanken aufkommen ließen; so ward ich, bei unermüdet fortgesetzter Bemühung, auf das Kleinleben der Natur, (ich möchte dieses Wort nach der Analogie von Stillleben gebrauchen,)

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tutto ciò che concerne le belle lettere era pietosa o, quan­ tomeno, assai debole. Questo vale persino per le «Litera­ turbriefe», per la «Allgemeine deutsche Bibliothek» e per la «Bibliothek der schönen Wissenschaften», dove è facile trovare esempi molto eloquenti84. Ma per quanto variopinto e caotico fosse il quadro, chi intendeva produrre qualcosa di suo, senza prendere solo fra­ si e parole in prestito dai suoi predecessori, non poteva far altro che mettersi a cercare giorno e notte un tema da trat­ tare. Anche questo ci fece girare a vuoto per molto tempo. Circolava un detto di Kleist, che avevamo sentito ripetere fin troppe volte85: a coloro che lo criticavano per le frequen­ ti passeggiate solitarie, avrebbe risposto in modo scherzoso, arguto ma anche veritiero, che non andava a zonzo bensì a caccia di immagini. Ben si addiceva, questa metafora, a un nobile e a un soldato che si contrapponeva così ad al­ tri uomini del suo ceto, che non appena se ne presentava l’occasione andavano in giro, fucile alla mano, a caccia di lepri e volatili. Nelle poesie di Kleist troviamo infatti di­ verse di queste immagini felicemente colte, ma non sempre felicemente rielaborate, che ci richiamano gradevolmente la natura. Fummo così caldamente esortati ad andare a cac­ cia di immagini, una caccia che alla fin fine non si rivelò del tutto improduttiva, sebbene il parco di Apel86, quelli di Kuchengärten, Gohlis, Raschwitz e Connewitz fossero una riserva di caccia alquanto strana, per chi cercava selvaggina poetica. Ma quella frase mi indusse spesso a fare passeg­ giate solitarie, e poiché all’osservatore non si presentavano oggetti belli né sublimi, e nel Rosental, davvero splendido, nella stagione migliore le | zanzare impedivano di conce­ pire qualsivoglia dolce pensiero, protraendo instancabile i miei sforzi concentrai la mia attenzione sulla natura piccola (uso questo termine in analogia con ‘natura morta’), e visto

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höchst aufmerksam, und weil die zierlichen Begebenheiten, die man in diesem Kreise gewahr wird, an und für sich wenig vorstellen, so gewöhnte ich mich, in ihnen eine Bedeutung zu sehen, die sich bald gegen die symbolische, bald gegen die allegorische Seite hinneigte, je nachdem Anschauung, Gefühl oder Reflexion das Übergewicht behielt. Ein Ereignis, statt vieler, gedenke ich zu erzählen. Ich war, nach Menschenweise, in meinen Namen verliebt und schrieb ihn, wie junge und ungebildete Leute zu tun pflegen, überall an. Einst hatte ich ihn auch sehr schön und genau in die glatte Rinde eines Lindenbaums von mäßigem Alter geschnitten. Den Herbst darauf, als meine Neigung zu Annetten in ihrer besten Blüte war, gab ich mir die Mühe, den ihrigen oben darüber zu schneiden. Indessen hatte ich gegen Ende des Winters, als ein launischer Liebender, manche Gelegenheit vom Zaune gebrochen, um sie zu quälen und ihr Verdruß zu machen; Frühjahrs besuchte ich zufällig die Stelle, und der Saft, der mächtig in die Bäume trat, war durch die Einschnitte, die ihren Namen bezeichne­ ten, und die noch nicht verharscht waren, hervorgequollen und benetz­ te mit unschuldigen Pflanzentränen die schon hart gewordenen Züge des meinigen. Sie also hier über mich weinen zu sehen, der ich oft ihre Tränen durch meine Unarten hervorgerufen hatte, setzte mich in Be­ stürzung. In Erinnerung meines Unrechts und ihrer Liebe kamen mir selbst die Tränen in die Augen, ich eilte, ihr alles doppelt und dreifach abzubitten, verwandelte dies Ereignis in eine Idylle, die ich niemals ohne Neigung lesen und ohne Rührung Anderen vortragen konnte. Indem ich nun, als ein Schäfer an der Pleiße, mich in solche zarte Gegenstände kindlich genug vertiefte, und immer nur solche wählte, die ich geschwind in meinen Busen zurückführen konnte, so war für deutsche Dichter | von einer größeren und wichtigeren Seite her längst gesorgt gewesen. Der erste wahre und höhere eigentliche Lebensgehalt kam durch Friedrich den Großen und die Taten des siebenjährigen Kriegs in die deutsche Poesie. Jede Nationaldichtung muß schal sein oder schal wer­

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che i graziosi eventi che si osservano in quell’ambiente in sé e per sé non dicono molto, mi abituai a vedere in loro un significato che declinavo talvolta in senso simbolico, talal­ tra in senso allegorico, a seconda che a prevalere fossero la contemplazione, il sentimento o la riflessione. Tra i tanti, vorrei raccontarne un solo esempio. Come tutti gli esseri umani, ero innamorato del mio nome e lo scrivevo dappertutto, come usano fare i giovani e gli incivili. Una volta lo avevo inciso chiaro e nitido sul tronco liscio di un tiglio di una certa grandezza. L’autunno seguente, quando il mio interesse per Annette era al culmi­ ne, mi presi la briga di incidere il suo nome sopra il mio. Più avanti, verso la fine dell’inverno, ero un innamorato capric­ cioso che cercava ogni pretesto per tormentarla e indispet­ tirla; in primavera tornai per caso sul posto e la linfa che circolava potente negli alberi era fuoriuscita dalle incisioni del suo nome non ancora cicatrizzate: le innocenti lacrime vegetali scorrevano sui tratti del mio, che invece si erano già induriti. Fui costernato nel vederla piangere su di me in quel modo, io che spesso l’avevo spinta alle lacrime con le mie sgarberie: ricordando la mia cattiveria e il suo amore vennero anche a me le lacrime agli occhi; mi precipitai da lei per chiederle perdono più e più volte, e rimodellai que­ sto avvenimento in un idillio che da allora ho sempre letto con affetto e recitato in pubblico con commozione87. Ma mentre io, il pastorello della Pleiße, mi sprofondavo in modo abbastanza infantile in questi dolci temi scegliendo solo quelli che potevo immediatamente ricondurre ai miei sentimenti, i poeti tedeschi | avevano già da tempo trovato un rimedio su un versante più significativo e importante. La poesia tedesca trovò il suo primo contenuto autentico, nobile e realistico con Federico il Grande e le vicende della Guerra dei sette anni. La poesia nazionale è insulsa o lo

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den, die nicht auf dem Menschlichersten ruht, auf den Ereignissen der Völker und ihrer Hirten, wenn beide für Einen Mann stehn. Könige sind darzustellen in Krieg und Gefahr, wo sie eben dadurch als die Ersten erscheinen, weil sie das Schicksal des Allerletzten bestimmen und teilen, und dadurch viel interessanter werden als die Götter selbst, die, wenn sie Schicksale bestimmt haben, sich der Teilnahme derselben entziehen. In diesem Sinne muß jede Nation, wenn sie für irgend etwas gelten will, eine Epopee besitzen, wozu nicht gerade die Form des epi­ schen Gedichts nötig ist. Die Kriegslieder, von Gleim angestimmt, behaupten deswegen ei­ nen so hohen Rang unter den deutschen Gedichten, weil sie mit und in der Tat entsprungen sind, und noch überdies, weil an ihnen die glück­ liche Form, als hätte sie ein Mitstreitender in den höchsten Augenbli­ cken hervorgebracht, uns die vollkommenste Wirksamkeit empfinden läßt. Rammler singt auf eine andere, höchst würdige Weise die Taten sei­ nes Königs. Alle seine Gedichte sind gehaltvoll, beschäftigen uns mit großen, herzerhebenden Gegenständen und behaupten schon dadurch einen unzerstörlichen Wert. Denn der innere Gehalt des bearbeiteten Gegenstandes ist der An­ fang und das Ende der Kunst. Man wird zwar nicht leugnen, daß das Genie, das ausgebildete Kunsttalent, durch Behandlung aus allem alles machen und den widerspenstigsten Stoff bezwingen könne. Genau be­ sehen entsteht aber alsdann immer mehr ein Kunststück als ein Kunst­ werk, welches auf einem würdigen Gegenstande ruhen soll, damit uns zuletzt die Behandlung, durch Geschick, Mühe und Fleiß, die Würde des Stoffes nur desto glücklicher und herrlicher entgegenbringe. | Die Preußen und mit ihnen das protestantische Deutschland ge­ wannen also für ihre Literatur einen Schatz, welcher der Gegenpartei fehlte und dessen Mangel sie durch keine nachherige Bemühung hat ersetzen können. An dem großen Begriff, den die preußischen Schrift­

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diviene quando non si basa sui valori essenziali dell’uomo, sugli avvenimenti dei popoli e dei loro capi, uniti per uno scopo. I re vanno descritti in guerra e nel pericolo, dove si mostrano nel loro ruolo di sovrani proprio perché determi­ nano e condividono il destino degli ultimi, divenendo così molto più interessanti degli dei stessi che, dopo aver de­ terminato i destini altrui, non ne prendono parte. In questo senso ogni nazione, per avere un qualche valore, deve pos­ sedere un’epopea, sebbene non sia indispensabile la forma del poema epico88. I Canti di guerra intonati da Gleim hanno un ruolo così rilevante nella poesia tedesca proprio perché sono scaturiti dall’azione e nell’azione, e inoltre perché la forma partico­ larmente riuscita conferisce loro la massima efficacia, come se li avesse scritti un soldato in uno dei momenti supremi. Ramler canta le gesta del suo re in un altro modo, altret­ tanto degno. Tutte le sue poesie sono dense di significato, ci propongono argomenti che elevano l’animo e basta questo per conferire loro imperituro valore89. Il contenuto profondo del soggetto trattato è infatti il principio e la fine dell’arte. Non voglio negare che il ge­ nio, il talento artistico pienamente dispiegato non possa fare qualsiasi cosa partendo da qualsiasi soggetto e non possa domare anche la materia più recalcitrante. Ma pensandoci bene, in quel modo si ottiene più un pezzo di bravura che un’opera d’arte, che dovrebbe invece essere basata su un soggetto degno: grazie all’abilità, all’impegno e alla dili­ genza nella sua elaborazione, la dignità della materia ne ri­ sulterà alla fine ulteriormente nobilitata e arricchita. | I prussiani e con loro la Germania protestante conqui­ starono così per la loro letteratura un tesoro che mancava ai loro avversari, una lacuna che non hanno potuto colmare neanche con tutti gli sforzi successivi. Gli scrittori prussiani

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steller von ihrem König hegen durften, bauten sie sich erst heran, und um desto eifriger, als derjenige, in dessen Namen sie alles taten, ein für allemal nichts von ihnen wissen wollte. Schon früher war durch die französische Kolonie, nachher durch die Vorliebe des Königs für die Bildung dieser Nation und für ihre Finanzanstalten, eine Masse franzö­ sischer Kultur nach Preußen gekommen, welche den Deutschen höchst förderlich ward, indem sie dadurch zu Widerspruch und Widerstreben aufgefordert wurden; eben so war die Abneigung Friedrichs gegen das Deutsche für die Bildung des Literarwesens ein Glück. Man tat alles, um sich von dem König bemerken zu machen, nicht etwa, um von ihm geachtet, sondern nur beachtet zu werden; aber man tats auf deutsche Weise, nach innerer Überzeugung, man tat, was man für recht erkann­ te, und wünschte und wollte, daß der König dieses deutsche Rechte anerkennen und schätzen solle. Dies geschah nicht und konnte nicht geschehen: denn wie kann man von einem König, der geistig leben und genießen will, verlangen, daß er seine Jahre verliere, um das, was er für barbarisch hält, nur allzuspät entwickelt und genießbar zu sehen? In Handwerks- und Fabriksachen mochte er wohl sich, besonders aber seinem Volke, statt fremder vortrefflicher Waren, sehr mäßige Surro­ gate aufnötigen; aber hier geht alles geschwinder zur Vollkommenheit, und es braucht kein Menschenleben, um solche Dinge zur Reife zu bringen. Eines Werks aber, der wahrsten Ausgeburt des siebenjährigen Krie­ ges, von vollkommenem norddeutschen Nationalgehalt muß ich hier vor allen ehrenvoll erwähnen; es ist die erste, aus dem bedeutenden Le­ ben gegriffene Theaterproduktion, von spezifisch temporärem Gehalt, die deswegen auch eine nie zu berechnende Wirkung tat, Minna von | Barnhelm. Lessing, der, im Gegensatze von Klopstock und Gleim, die persönliche Würde gern wegwarf, weil er sich zutraute, sie jeden Augenblick wieder ergreifen und aufnehmen zu können, gefiel sich in

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si educarono grazie all’alto concetto che avevano del loro re, e lo fecero con zelo ancora maggiore dal momento che lui, per il quale facevano ogni cosa, di loro non voleva sa­ perne proprio nulla. La cultura francese era già arrivata in Prussia in modo massiccio, prima con la colonia francese, poi con la predilezione del re per la cultura e l’apparato fi­ nanziario di quella nazione; ciò giovò ai tedeschi perché li incitò a contrapporsi e opporsi, e per lo stesso motivo l’av­ versione di Federico per il tedesco fu una fortuna per l’e­ voluzione letteraria90. Si faceva di tutto per farsi notare dal re, non tanto per averne la stima ma almeno l’attenzione, e lo si fece alla tedesca, seguendo la propria convinzione interiore: si faceva ciò che si riteneva giusto e si desiderava, si auspicava che il re riconoscesse e apprezzasse l’onestà del tedesco. Ciò non avvenne, non poteva avvenire: come si poteva pretendere che un re, che desiderava coltivare e assaporare le gioie della vita intellettuale, potesse perdere tempo aspettando che quello che riteneva barbaro si svi­ luppasse e maturasse, comunque troppo tardi? Per quanto riguardava i prodotti dell’artigianato e dell’industria pote­ va imporre a se stesso e soprattutto al suo popolo mediocri surrogati al posto degli eccellenti prodotti stranieri; ma in questo campo ci si perfeziona più rapidamente e non c’è bisogno di una vita intera per portare le cose a maturazione. Ma un’opera devo elogiare in particolare, il frutto più au­ tentico della Guerra dei sette anni, che nel contenuto rende perfettamente lo spirito nazionale della Germania del Nord; si tratta della prima produzione teatrale tratta da momenti significativi della vita reale, specificamente legata all’attua­ lità e per questo dalla ricezione sempre imprevedibile: Minna von | Barnhelm91. Al contrario di Klopstock e di Gleim, Lessing rinunciava volentieri alla propria dignità, certo che avrebbe potuto riprendersela e riguadagnarsela in qualsia­

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einem zerstreuten Wirtshaus- und Weltleben, da er gegen sein mächtig arbeitendes Innere stets ein gewaltiges Gegengewicht brauchte, und so hatte er sich auch in das Gefolge des Generals Tauentzien begeben. Man erkennt leicht, wie genanntes Stück zwischen Krieg und Frieden, Haß und Neigung erzeugt ist. Diese Produktion war es, die den Blick in eine höhere, bedeutendere Welt aus der literarischen und bürgerlichen, in welcher sich die Dichtkunst bisher bewegt hatte, glücklich eröffnete. Die gehässige Spannung, in welcher Preußen und Sachsen sich während dieses Kriegs gegen einander befanden, konnte durch die Be­ endigung desselben nicht aufgehoben werden. Der Sachse fühlte nun erst recht schmerzlich die Wunden, die ihm der überstolz gewordene Preuße geschlagen hatte. Durch den politischen Frieden konnte der Friede zwischen den Gemütern nicht sogleich hergestellt werden. Die­ ses aber sollte gedachtes Schauspiel im Bilde bewirken. Die Anmut und Liebenswürdigkeit der Sächsinnen überwindet den Wert, die Wür­ de, den Starrsinn der Preußen, und sowohl an den Hauptpersonen als den Subalternen wird eine glückliche Vereinigung bizarrer und wider­ strebender Elemente kunstgemäß dargestellt. Habe ich durch diese kursorischen und desultorischen Bemerkun­ gen über deutsche Literatur meine Leser in einige Verwirrung gesetzt, so ist es mir geglückt, eine Vorstellung von jenem chaotischen Zu­ stande zu geben, in welchem sich mein armes Gehirn befand, als, im Konflikt zweier, für das literarische Vaterland so bedeutender Epochen, so viel Neues auf mich eindrängte, ehe ich mich mit dem Alten hatte abfinden können, so viel Altes sein Recht noch über mich gelten machte, da ich schon Ursache zu haben glaubte, ihm völlig entsagen zu dürfen. Welchen Weg ich einschlug, mich aus dieser Not, wenn auch nur | Schritt vor Schritt zu retten, will ich gegenwärtig möglichst zu überliefern suchen. Die weitschweifige Periode, in welche meine Jugend gefallen war, hatte ich treufleißig, in Gesellschaft so vieler würdigen Männer, durch­

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si momento; gli piaceva la vita mondana e distrarsi nelle osterie, perché cercava sempre un robusto contrappeso alla sua interiorità possente e in fermento, e per questo motivo si era messo al seguito del generale Tauentzien92. Si capisce chiaramente come quell’opera sia nata tra guerra e pace, tra odio e amore; grazie a lei la letteratura sollevò felicemente lo sguardo dall’ambiente letterario e borghese in cui si era mossa fino a quel momento verso un mondo più nobile e significativo. La tensione carica di odio che contrappose Prussia e Sassonia durante la guerra non si placò con il cessare delle ostilità; anzi, il sassone cominciò proprio allora a sentire il dolore delle ferite che l’arroganza del prussiano gli aveva inferto. La pace tra gli Stati non riuscì a ristabilire subito anche la pace tra gli animi – doveva riuscirci idealmente quella commedia. La grazia e l’amabilità delle donne sas­ soni sconfiggono il valore, la dignità, il rigore dei prussiani, e sia nei protagonisti principali sia in quelli secondari viene artisticamente raffigurata la felice sintesi tra elementi diver­ genti e contrastanti. Se con queste considerazioni cursorie e frammentarie sulla letteratura tedesca ho confuso i miei lettori, vuol dire che sono riuscito a dare un’idea della situazione caotica in cui si trovava la mia povera testa quando, nel conflitto tra due epoche così significative per la mia patria letteraria, ero assalito da così tante tendenze nuove ancora prima di aver fatto i conti con quelle antiche, quando l’antico continuava a influenzarmi sebbene mi paresse di poterne fare del tutto a meno. Quale strada imboccai per salvarmi da questo dilem­ ma, anche se | per piccoli passi, cercherò di spiegarlo ora meglio che posso. Trascorsi il periodo prolisso che aveva coinciso con la mia giovinezza lavorando alacremente in compagnia di tan­

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gearbeitet. Die mehreren Quartbände Manuskript, die ich meinem Vater zurückließ, konnten zum genugsamen Zeugnisse dienen, und welche Masse von Versuchen, Entwürfen, bis zur Hälfte ausgeführten Vorsät­ zen war mehr aus Mißmut als aus Überzeugung in Rauch aufgegangen. Nun lernte ich durch Unterredung überhaupt, durch Lehre, durch so manche widerstreitende Meinung, besonders aber durch meinen Tisch­ genossen, den Hofrat Pfeil, das Bedeutende des Stoffs und das Konzise der Behandlung mehr und mehr schätzen, ohne mir jedoch klar machen zu können, wo jenes zu suchen und wie dieses zu erreichen sei. Denn bei der großen Beschränktheit meines Zustandes, bei der Gleichgültig­ keit der Gesellen, dem Zurückhalten der Lehrer, der Abgesondertheit gebildeter Einwohner, bei ganz unbedeutenden Naturgegenständen war ich genötigt, alles in mir selbst zu suchen. Verlangte ich nun zu meinen Gedichten eine wahre Unterlage, Empfindung oder Reflexion, so mußte ich in meinen Busen greifen; forderte ich zu poetischer Dar­ stellung eine unmittelbare Anschauung des Gegenstandes, der Bege­ benheit, so durfte ich nicht aus dem Kreise heraustreten, der mich zu berühren, mir ein Interesse einzuflößen geeignet war. In diesem Sinne schrieb ich zuerst gewisse kleine Gedichte in Liederform oder freierem Sylbenmaß; sie entspringen aus Reflexion, handeln vom Vergangenen und nehmen meist eine epigrammatische Wendung. Und so begann diejenige Richtung, von der ich mein ganzes Le­ ben über nicht abweichen konnte, nämlich dasjenige was mich erfreute oder quälte, oder sonst beschäftigte, in ein Bild, ein Gedicht zu ver­ wandeln und darüber mit mir selbst abzuschließen, um sowohl meine Begriffe von den äußeren Dingen zu berichtigen, als mich im Innern deshalb zu beruhigen. Die Gabe hierzu war wohl Niemand nötiger | als mir, den seine Natur immerfort aus einem Extreme in das andere warf. Alles was daher von mir bekannt geworden, sind nur Bruchstücke ei­ ner großen Konfession, welche vollständig zu machen dieses Büchlein ein gewagter Versuch ist.

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ti altri uomini eccellenti; i numerosi manoscritti in quarto che avevo lasciato a mio padre potevano ben documentarlo, senza calcolare l’enorme quantità di tentativi, bozze, pro­ getti sviluppati solo a metà che era poi andata in fumo più per stizza che per vera convinzione. Ora, grazie alle con­ versazioni in generale, all’insegnamento, ai contrasti di opi­ nione ma soprattutto grazie ai miei amici commensali e al consigliere Pfeil, imparai a stimare sempre più l’importanza del contenuto e la concisione dell’esposizione, senza però riuscire a capire dove cercare il primo e come ottenere la seconda. Così, data la ristrettezza della mia condizione, l’in­ differenza dei compagni, la ritrosia dei docenti, la riservatez­ za degli abitanti colti del luogo e l’irrilevanza degli oggetti naturali fui costretto a cercare tutto dentro di me. Se volevo dare alle mie poesie una qualche consistenza, di sentimenti o di riflessione, dovevo trarla dal mio cuore; se per la descri­ zione poetica mi era necessaria l’osservazione diretta di un soggetto, di un evento, non dovevo allontanarmi dall’ambito di ciò che mi commuoveva e mi interessava. Così facendo scrissi alcune poesiole in forma di canzone o con metro li­ bero: scaturiscono dalla riflessione, parlano di cose passate e assumono in genere un tocco epigrammatico93. Così inaugurai quella tendenza che non avrei più abban­ donato per tutta la vita, cioè prendere ciò che mi rallegrava, mi tormentava o mi faceva in qualche modo riflettere per trasformarlo in un’immagine o in una poesia, rielaborando­ lo dentro di me sia per correggere la mia concezione delle cose esteriori, sia per tranquillizzarmi interiormente. Nes­ suno più di me aveva bisogno di quella dote, | scaraventato com’ero per natura sempre da un estremo all’altro. Da al­ lora, tutto quello che ho pubblicato non sono che frammen­ ti di una grande confessione, e questo libriccino è l’ardito tentativo di completarla94.

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PARTE SECONDA

Meine frühere Neigung zu Gretchen hatte ich nun auf ein Ännchen übergetragen, von der ich nicht mehr zu sagen wüßte als daß sie jung, hübsch, munter, liebevoll und so angenehm war, daß sie wohl verdien­ te, in dem Schrein des Herzens eine Zeit lang als eine kleine Heilige aufgestellt zu werden, um ihr jede Verehrung zu widmen, welche zu erteilen oft mehr Behagen erregt als zu empfangen. Ich sah sie täg­ lich ohne Hindernisse, sie half die Speisen bereiten, die ich genoß, sie brachte mir wenigstens Abends den Wein, den ich trank, und schon unsere mittägige abgeschlossene Tischgesellschaft war Bürge, daß das kleine, von wenig Gästen außer der Messe besuchte Haus seinen guten Ruf wohl verdiente. Es fand sich zu mancherlei Unterhaltung Gele­ genheit und Lust. Da sie sich aber aus dem Hause wenig entfernen konnte noch durfte, so wurde denn doch der Zeitvertreib etwas mager. Wir sangen die Lieder von Zachariä, spielten den Herzog Michel von Krüger, wobei ein zusammengeknüpftes Schnupftuch die Stelle der Nachtigall vertreten mußte, und so ging es eine Zeit lang noch ganz leidlich. Weil aber dergleichen Verhältnisse, je unschuldiger sie sind, desto weniger Mannigfaltigkeit auf die Dauer gewähren, so ward ich von jener bösen Sucht befallen, die uns verleitet, aus der Quälerei der Geliebten eine Unterhaltung zu schaffen und die Ergebenheit eines Mädchens mit willkürlichen und tyrannischen Grillen zu beherrschen. Die böse Laune über das Mißlingen meiner poetischen Versuche, über die anscheinende Unmöglichkeit hierüber ins Klare zu kommen, und über alles was mich hie und da sonst kneipen mochte, glaubte ich an ihr auslassen zu dürfen, weil sie mich wirklich von Herzen liebte und was sie nur immer konnte, mir zu Gefallen tat. Durch ungegründete und ab­ geschmackte Eifersüchteleien | verdarb ich mir und ihr die schönsten Tage. Sie ertrug es eine Zeit lang mit unglaublicher Geduld, die ich grausam genug war aufs Äußerste zu treiben. Allein zu meiner Be­ schämung und Verzweiflung mußte ich endlich bemerken, daß sich ihr Gemüt von mir entfernt habe, und daß ich nun wohl zu den Tollheiten berechtigt sein möchte, die ich mir ohne Not und Ursache erlaubt hatte.

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La mia prima passione per Gretchen l’avevo riversata su un’Annina di cui non sapevo dire altro se non che era giovane, carina, allegra, adorabile e così graziosa che me­ ritava davvero di essere conservata per un po’ nello scrigno del cuore come una piccola santa e di ricevere tutta quella venerazione che spesso procura più piacere donare che ri­ cevere95. La vedevo ogni giorno senza difficoltà, aiutava a preparare i cibi che mangiavo, la sera mi portava il vino che bevevo e il nostro ristretto gruppo di commensali del pranzo poteva già da solo garantire che la piccola locanda, frequentata solo da pochi clienti una volta finita la fiera, si meritava davvero il suo buon nome. Avevamo voglia e occasioni per divertirci, ma dato che solo di rado aveva il tempo e il permesso di allontanarsi da casa, i passatempi si esaurirono in fretta. Cantavamo le canzoni di Zachariä, recitavamo il Duca Michel di Krüger96 con un fazzoletto annodato che faceva la parte dell’usignolo, e per un certo tempo fu piacevole. Ma quei passatempi più sono innocen­ ti, meno offrono varietà, così a un tratto fui preso da quella smania perversa che ci induce a divertirci tormentando l’in­ namorata e tiranneggiando con capricci e fisime la sua de­ dizione. Credevo di poter sfogare su di lei il malumore per l’insuccesso dei miei tentativi letterari, per l’apparente im­ possibilità di chiarirmi le idee su questa e su altre questioni che mi infastidivano, solo perché mi voleva bene davvero e cercava di fare tutto il possibile per compiacermi; così ro­ vinai a entrambi i giorni migliori | con gelosie immotivate e fuori luogo. Per un certo tempo lo sopportò con incredibile pazienza che io fui così crudele da portare allo stremo, poi con mia grande vergogna e disperazione mi accorsi che il suo cuore si era allontanato da me e che a quel punto sarei stato autorizzato a commettere tutte quelle sciocchezze che prima mi ero permesso di fare senza motivo né bisogno.

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Es gab auch schreckliche Szenen unter uns, bei welchen ich nichts ge­ wann; und nun fühlte ich erst, daß ich sie wirklich liebte und daß ich sie nicht entbehren könne. Meine Leidenschaft wuchs und nahm alle Formen an, deren sie unter solchen Umständen fähig ist; ja zuletzt trat ich in die bisherige Rolle des Mädchens. Alles Mögliche suchte ich hervor, um ihr gefällig zu sein, ihr sogar durch Andere Freude zu ver­ schaffen: denn ich konnte mir die Hoffnung, sie wieder zu gewinnen, nicht versagen. Allein es war zu spät! ich hatte sie wirklich verloren, und die Tollheit, mit der ich meinen Fehler an mir selbst rächte, indem ich auf mancherlei unsinnige Weise in meine physische Natur stürmte, um der sittlichen etwas zu Leide zu tun, hat sehr viel zu den körper­ lichen Übeln beigetragen, unter denen ich einige der besten Jahre mei­ nes Lebens verlor; ja ich wäre vielleicht an diesem Verlust völlig zu Grunde gegangen, hätte sich nicht hier das poetische Talent mit seinen Heilkräften besonders hülfreich erwiesen. Schon früher hatte ich in manchen Intervallen meine Unart deutlich genug wahrgenommen. Das arme Kind dauerte mich wirklich, wenn ich sie so ganz ohne Not von mir verletzt sah. Ich stellte mir ihre Lage, die meinige und dagegen den zufriedenen Zustand eines anderen Paa­ res aus unserer Gesellschaft so oft und so umständlich vor, daß ich endlich nicht lassen konnte, diese Situation, zu einer quälenden und be­ lehrenden Buße, dramatisch zu behandeln. Daraus entsprang die ältes­ te meiner überbliebenen dramatischen Arbeiten, das kleine Stück: Die Laune des Verliebten, an dessen unschuldigem Wesen man zugleich den Drang einer siedenden Leidenschaft gewahr wird. | Allein mich hatte eine tiefe, bedeutende, drangvolle Welt schon früher angesprochen. Bei meiner Geschichte mit Gretchen und an den Folgen derselben hatte ich zeitig in die seltsamen Irrgänge geblickt, mit welchen die bürgerliche Sozietät unterminiert ist. Religion, Sitte, Ge­ setz, Stand, Verhältnisse, Gewohnheit, alles beherrscht nur die Oberflä­ che des städtischen Daseins. Die von herrlichen Häusern eingefaßten

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Ci furono anche scenate terribili tra noi che non portarono a nulla, ma solo allora mi resi conto che le volevo bene davvero e non potevo fare a meno di lei. La mia passione aumentò e assunse tutte le forme di cui è capace in simi­ li situazioni, alla fine mi calai persino nel ruolo che prima svolgeva la ragazza: cercai di fare tutto il possibile per com­ piacerla, cercavo di procurarle gioia anche attraverso altri, perché non potevo rinunciare alla speranza di riaverla. Ma era troppo tardi! L’avevo persa davvero, e la follia con cui vendicai su me stesso quell’errore, infierendo in modo in­ sensato sulla mia natura fisica per punire quella morale, ha molto contribuito a causare quelle malattie che rovinarono molti degli anni migliori della mia vita; anzi, quella perdita mi avrebbe definitivamente annientato, se non mi fossero venute in aiuto le virtù terapeutiche del talento poetico. Già in precedenza c’erano stati momenti in cui avevo percepito chiaramente la mia cattiveria. La poverina mi fa­ ceva sinceramente pena, quando la ferivo così senza moti­ vo; mi rappresentavo spesso e fin nei minimi dettagli la sua situazione, la mia e poi la condizione felice di un’altra cop­ pia del nostro gruppo, così alla fine non potei fare a meno di elaborare la situazione in forma drammatica, in un gesto espiatorio tormentoso e istruttivo. Ne scaturì il primo dei miei lavori drammatici rimasti, il breve I capricci dell’innamorato, la cui innocenza lascia trasparire le pene di una passione ardente. | Ma prima ancora mi ero già sentito interpellato da un mondo profondo, significativo e opprimente. Grazie alla mia storia con Gretchen e alle sue conseguenze avevo pre­ cocemente scorto quello strano labirinto che mina la socie­ tà civile: religione, morale, leggi, ceto sociale, condizione, abitudine, tutto questo domina solo la parte superficiale della vita cittadina. Le strade profilate di splendidi edifici

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Straßen werden reinlich gehalten und Jedermann beträgt sich daselbst anständig genug; aber im Innern sieht es öfters um desto wüster aus, und ein glattes Äußere übertüncht, als ein schwacher Bewurf, manches morsche Gemäuer, das über Nacht zusammenstürzt, und eine desto schrecklichere Wirkung hervorbringt, als es mitten in den friedlichen Zustand hereinbricht. Wie viele Familien hatte ich nicht schon näher und ferner durch Banqueroute, Ehescheidungen, verführte Töchter, Morde, Hausdiebstähle, Vergiftungen entweder ins Verderben stürzen, oder auf dem Rande kümmerlich erhalten sehen, und hatte, so jung ich war, in solchen Fällen zu Rettung und Hülfe öfters die Hand geboten: denn da meine Offenheit Zutrauen erweckte, meine Verschwiegenheit erprobt war, meine Tätigkeit keine Opfer scheute und in den gefähr­ lichsten Fällen am liebsten wirken mochte; so fand ich oft genug Gele­ genheit zu vermitteln, zu vertuschen, den Wetterstrahl abzuleiten, und was sonst nur alles geleistet werden kann; wobei es nicht fehlen konnte, daß ich sowohl an mir selbst, als durch Andere zu manchen kränken­ den und demütigenden Erfahrungen gelangen mußte. Um mir Luft zu verschaffen entwarf ich mehrere Schauspiele und schrieb die Exposi­ tionen von den meisten. Da aber die Verwicklungen jederzeit ängstlich werden mußten, und fast alle diese Stücke mit einem tragischen Ende drohten, ließ ich eins nach dem anderen fallen. Die Mitschuldigen sind das einzige fertig gewordene, dessen heiteres und burleskes Wesen auf dem düsteren Familiengrunde als von etwas Bänglichem begleitet er­ scheint, so daß es bei der Vorstellung im Ganzen ängstiget, wenn es im Einzelnen ergetzt. Die hart  | ausgesprochenen widergesetzlichen Handlungen verletzen das ästhetische und moralische Gefühl, und des­ wegen konnte das Stück auf dem deutschen Theater keinen Eingang gewinnen, obgleich die Nachahmungen desselben, welche sich fern von jenen Klippen gehalten, mit Beifall aufgenommen worden. Beide genannte Stücke jedoch sind, ohne daß ich mir dessen be­ wußt gewesen wäre, in einem höheren Gesichtspunkt geschrieben. Sie deuten auf eine vorsichtige Duldung bei moralischer Zurechnung, und sprechen in etwas herben und derben Zügen jenes höchst christliche

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vengono pulite con cura e tutti vi si comportano in modo appropriato, ma all’interno spesso l’aspetto è squallido e la facciata ben rifinita riveste con un fragile intonaco dei muri marci che possono crollare da un momento all’altro, pro­ ducendo un effetto ancora più devastante perché sconvolge una situazione di tranquillità. Quante famiglie avevo già vi­ sto, vicine e lontane, andare in rovina o ridursi in estrema povertà a causa di bancarotta, divorzi, figlie sedotte, omici­ di, furti e avvelenamenti, e sebbene fossi giovane, già più volte in casi simili avevo teso una mano per aiutare, soccor­ rere. La mia sincerità destava fiducia, la mia riservatezza era provata, la mia sollecitudine non risparmiava sacrifici e mi interessavo soprattutto ai casi disperati: ebbi quindi fre­ quenti occasioni per mediare, insabbiare, evitare il peggio e fare tutto ciò che si richiede in quei casi, e inevitabilmente non mancai di vivere qualche esperienza sgradevole e umi­ liante, a causa mia o altrui. Per cercare sollievo abbozzai molti lavori teatrali e della maggior parte scrissi la trama per esteso, ma poiché l’intreccio era sempre angosciante e quasi tutti andavano verso un finale tragico, li abbandonai l’uno dopo l’altro. I complici sono l’unico compiuto97: la sua natura brillante e burlesca si staglia sul cupo sfondo fa­ miliare ma pare accompagnata da una certa ansia, tanto che la rappresentazione, nonostante le trovate divertenti, nel complesso intimorisce. Alcune  | azioni, descritte in modo troppo crudo e contrarie alla legge offendono il senso esteti­ co e morale e per questo il pezzo non fu accettato dal teatro tedesco, mentre alcune imitazioni che avevano evitato di esporsi così tanto, furono accolte con favore. Ma entrambe le opere che ho nominato sono scritte, sen­ za che allora ne fossi consapevole, da una prospettiva supe­ riore: suggeriscono una prudente tolleranza nell’esprimere il giudizio morale, e in termini aspri e acerbi richiamano

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Wort spielend aus: wer sich ohne Sünde fühlt, der hebe den ersten Stein auf. Über diesen Ernst, der meine ersten Stücke verdüsterte, beging ich den Fehler, sehr günstige Motive zu versäumen, welche ganz entschieden in meiner Natur lagen. Es entwickelte sich nämlich unter jenen ernsten, für einen jungen Menschen fürchterlichen Erfahrungen in mir ein verwegner Humor, der sich dem Augenblick überlegen fühlt, nicht allein keine Gefahr scheut, sondern sie vielmehr mutwillig herbeilockt. Der Grund davon lag in dem Übermute, in welchem sich das kräftige Alter so sehr gefällt, und der, wenn er sich possenhaft äußert, sowohl im Augenblick, als in der Erinnerung viel Vergnügen macht. Diese Dinge sind so gewöhnlich, daß sie in dem Wörterbuche unserer jungen akademischen Freunde Suiten genannt werden, und daß man, wegen der nahen Verwandtschaft, eben so gut Suiten reißen sagt, als Possen reißen. Solche humoristische Kühnheiten, mit Geist und Sinn auf das Thea­ ter gebracht, sind von der größten Wirkung. Sie unterscheiden sich von der Intrigue dadurch, daß sie momentan sind, und daß ihr Zweck, wenn sie ja einen haben sollten, nicht in der Ferne liegen darf. Beaumarchais hat ihren ganzen Wert gefaßt, und die Wirkungen seiner Figaro’s ent­ springen vorzüglich daher. Wenn nun solche gutmütige Schalks- und Halbschelmenstreiche zu edlen Zwecken, mit persönlicher Gefahr aus­ geübt werden, so | sind die daraus entspringenden Situationen, ästhe­ tisch und moralisch betrachtet, für das Theater von dem größten Wert; wie denn z. B. die Oper: der Wasserträger, vielleicht das glücklichste Sujet behandelt, das wir je auf dem Theater gesehen haben. Um die unendliche Langeweile des täglichen Lebens zu erheitern übte ich unzählige solcher Streiche, teils ganz vergeblich, teils zu Zwe­ cken meiner Freunde, denen ich gern gefällig war. Für mich selbst wüß­ te ich nicht, daß ich ein einzig Mal hiebei absichtlich gehandelt hät­ te, auch kam ich niemals darauf, ein Unterfangen dieser Art als einen Gegenstand für die Kunst zu betrachten; hätte ich aber solche Stoffe, die mir so nahe zur Hand lagen, ergriffen und ausgebildet, so wären meine

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giocosamente quel principio profondamente cristiano: chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Preso da quella serietà che incupiva i miei primi lavori, commisi l’errore di trascurare motivi molto promettenti e decisamente più consoni alla mia natura. In seguito a quelle esperienze gravi, sconvolgenti per un giovane, si era svilup­ pato in me un temperamento audace che si sentiva pronto a tutto, e non solo non temeva alcun pericolo, ma addirittura lo sfidava. La causa va ricercata nella spavalderia che tanto piace alla gioventù e che, quando si esprime in termini bur­ leschi, fa divertire sia sul momento, sia nel ricordo. Questi fenomeni sono così normali che nel dizionario dei nostri giovani compagni d’università avevano un nome specifico, suiten, e grazie al significato simile, ‘buffonata’ e suite si potevano usare come sinonimi. Trasportate in teatro con arguzia e intelligenza, quelle di­ vertenti spavalderie erano molto d’effetto. Si differenziano dall’intrigo perché sono improvvisate, e il loro scopo, anche qualora ne avessero uno, è immediato. Beaumarchais ne ha colto tutto il valore, da lì traggono la loro efficacia i suoi due Figaro98. Quando poi buffonate e birbonerie avvengono per nobili fini, mettendo magari a rischio anche la propria persona, | le situazioni che ne scaturiscono sono preziosis­ sime per il teatro, sia dal punto di vista estetico che morale; valga l’esempio del Portatore d’acqua, che tratta forse uno dei soggetti più riusciti che si sia mai visto a teatro99. Per ravvivare la noia infinita della quotidianità, organiz­ zavo moltissime di quelle burle, alcune fine a se stesse, altre a beneficio dei miei amici che aiutavo volentieri. Non credo di aver mai agito per mio vantaggio personale, né mi passò mai per la testa di considerare quelle imprese soggetti ar­ tistici; se invece avessi colto e rielaborato quei motivi che avevo così a portata di mano, i miei primi lavori sarebbero

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ersten Arbeiten heiterer und brauchbarer gewesen. Einiges, was hierher gehört, kommt zwar später bei mir vor, aber einzeln und absichtlos. Denn da uns das Herz immer näher liegt als der Geist, und uns dann zu schaffen macht, wenn dieser sich wohl zu helfen weiß; so waren mir die Angelegenheiten des Herzens immer als die wichtigsten erschie­ nen. Ich ermüdete nicht, über Flüchtigkeit der Neigungen, Wandelbar­ keit des menschlichen Wesens, sittliche Sinnlichkeit und über alle das Hohe und Tiefe nachzudenken, dessen Verknüpfung in unserer Natur als das Rätsel des Menschenlebens betrachtet werden kann. Auch hier suchte ich das, was mich quälte, in einem Lied, einem Epigramm, in irgend einem Reim loszuwerden, die, weil sie sich auf die eigensten Gefühle und auf die besondersten Umstände bezogen, kaum Jemand anderes interessieren konnten als mich selbst. Meine äußeren Verhältnisse hatten sich indessen nach Verlauf we­ niger Zeit gar sehr verändert. Madame Böhme war nach einer langen und traurigen Krankheit endlich gestorben; sie hatte mich zuletzt nicht mehr vor sich gelassen. Ihr Mann konnte nicht sonderlich mit mir zu­ frieden sein; ich schien ihm nicht fleißig genug und zu leichtsinnig. Besonders nahm er es mir sehr übel, als ihm verraten wurde, daß ich im deutschen Staatsrechte, anstatt gehörig | nachzuschreiben, die dar­ in aufgeführten Personen, als den Kammerrichter, die Präsidenten und Beisitzer, mit seltsamen Perücken an dem Rand meines Heftes abgebil­ det und durch diese Possen meine aufmerksamen Nachbarn zerstreut und zum Lachen gebracht hatte. Er lebte nach dem Verlust seiner Frau noch eingezogner als vorher, und ich vermied ihn zuletzt, um seinen Vorwürfen auszuweichen. Besonders aber war es ein Unglück, daß Gellert sich nicht der Gewalt bedienen wollte, die er über uns hätte ausüben können. Freilich hatte er nicht Zeit den Beichtvater zu ma­ chen, und sich nach der Sinnesart und den Gebrechen eines Jeden zu erkundigen; daher nahm er die Sache sehr im Ganzen und glaubte uns

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stati più allegri e godibili. Alcuni li utilizzai comunque mol­ to più avanti, ma in casi isolati e senza precise intenzioni. Dato che siamo sempre più vicini al cuore che allo spi­ rito, e il primo ci dà non poco da fare, mentre il secondo se la cava da solo, le faccende del cuore mi sono sempre sem­ brate le più importanti. Non mi stancavo mai di riflettere sulla caducità delle passioni, sulla mutevolezza dell’essere umano, sulla sensibilità morale e su tutte quelle cose nobili e vili che si intrecciano nella nostra natura e compongono l’enigma della vita umana. Anche in questo caso cercavo di dare sfogo a ciò che mi tormentava in una poesia, in un epi­ gramma, in un qualche verso che, essendo riferito ai miei sentimenti più intimi e a situazioni specifiche, non interes­ sava a nessuno a parte me. Le mie relazioni si erano intanto profondamente modifi­ cate in brevissimo tempo. Madame Böhme, dopo una lunga e penosa malattia alla fine era morta, e nell’ultimo periodo non avevo più potuto andarla a trovare. Suo marito non era particolarmente soddisfatto di me, riteneva che fossi troppo superficiale e non abbastanza diligente, e soprattutto se la prese molto a male quando gli riferirono che, alle lezioni di diritto pubblico, invece che prendere | appunti come si deve disegnavo sui bordi del quaderno le persone che di volta in volta venivano nominate con bizzarre parrucche, ad esempio il giudice della corte suprema, presidenti e giudici ordinari, e con quegli scherzi avevo distratto e fatto ridere anche i compagni più attenti. Dopo la morte della moglie viveva ancora più ritirato di prima e nell’ultimo periodo lo evitavo per scansare i suoi rimproveri. Ma soprattutto fu una sfortuna che Gellert non volesse far uso del potere che aveva su di noi. Certamente non aveva il tempo di fare il padre confessore e di informarsi dei sentimenti e dei pro­ blemi di ciascuno, quindi affrontava la cosa in modo molto

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mit den kirchlichen Anstalten zu bezwingen; deswegen er gewöhnlich, wenn er uns einmal vor sich ließ, mit gesenktem Köpfchen und der weinerlich angenehmen Stimme zu fragen pflegte, ob wir denn auch fleißig in die Kirche gingen, wer unser Beichtvater sei und ob wir das heilige Abendmahl genössen? Wenn wir nun bei diesem Examen schlecht bestanden, so wurden wir mit Wehklagen entlassen; wir waren mehr verdrießlich als erbaut, konnten aber doch nicht umhin den Mann herzlich lieb zu haben. Bei dieser Gelegenheit kann ich nicht unterlassen, aus meiner frü­ heren Jugend etwas nachzuholen, um anschaulich zu machen, wie die großen Angelegenheiten der kirchlichen Religion mit Folge und Zusammenhang behandelt werden müssen, wenn sie sich fruchtbar, wie man von ihr erwartet, beweisen soll. Der protestantische Gottes­ dienst hat zu wenig Fülle und Konsequenz, als daß er die Gemeine zusammenhalten könnte; daher geschieht es leicht, daß Glieder sich von ihr absondern und entweder kleine Gemeinen bilden, oder, ohne kirchlichen Zusammenhang, neben einander geruhig ihr bürgerliches Wesen treiben. So klagte man schon vor geraumer Zeit, die Kirchgän­ ger verminderten sich von Jahr zu Jahr und in eben dem Verhältnis die Personen, welche den Genuß des Nachtmahls verlangten. Was beides, besonders aber das letztere | betrifft, liegt die Ursache sehr nah; doch wer wagt sie auszusprechen? Wir wollen es versuchen. In sittlichen und religiosen Dingen, eben so wohl als in physischen und bürgerlichen, mag der Mensch nicht gern etwas aus dem Stegreife tun; eine Folge, woraus Gewohnheit entspringt, ist ihm nötig; das was er lieben und leisten soll, kann er sich nicht einzeln, nicht abgerissen denken, und um etwas gern zu wiederholen, muß es ihm nicht fremd geworden sein. Fehlt es dem protestantischen Kultus im Ganzen an Fülle, so untersuche man das Einzelne, und man wird finden, der Pro­ testant hat zu wenig Sakramente, ja er hat nur Eins, bei dem er sich tätig erweist, das Abendmahl: denn die Taufe sieht er nur an Anderen vollbringen und es wird ihm nicht wohl dabei. Die Sakramente sind

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generico e credeva di risolverla richiamandosi alle prati­ che religiose: quindi, una volta che ci aveva ammesso al suo cospetto, con la testa china e la vocetta piacevolmente piagnucolosa era solito domandarci se andavamo in chiesa, chi fosse il nostro padre confessore e se facevamo la Comu­ nione100. Se non superavamo l’esame, venivamo congedati con lamenti – ne eravamo più infastiditi che istruiti, ma non potevamo fare a meno di volergli bene. A questo proposito non posso tralasciare di raccontare anche qualcosa della mia infanzia, per far capire come i grandi rituali religiosi della Chiesa debbano essere consi­ derati con coerenza e continuità, se si vuole che producano i frutti auspicati101. Il culto protestante non ha abbastanza consistenza e coesione per tenere unita la comunità, e quin­ di accade spesso che singoli membri si allontanino o per formare piccole comunità autonome, oppure per condurre la loro tranquilla vita quotidiana sganciati dalla Chiesa. Così già da tempo ci si lamentava che i fedeli diminuivano di anno in anno, e in proporzione anche il numero delle per­ sone che si accostavano all’eucarestia. La causa delle due tendenze, ma soprattutto | della seconda, era evidente, ma chi osava dichiararla? Vorrei provarci. Nelle questioni morali e religiose, così come in quelle fi­ siche e civili, l’uomo non ama improvvisare: ha bisogno di una sequenza da cui si consolida un’abitudine; ciò che deve fare e amare non può immaginarselo come isolato, fuori da un contesto, e per ripetere volentieri un gesto, non deve es­ sergli estraneo. Se il culto protestante nel suo complesso non ha pienezza, anche esaminando i dettagli si vedrà che il protestante utilizza poco i sacramenti, anzi, partecipa at­ tivamente a uno soltanto, la cena del Signore. Il battesimo lo vede somministrare soltanto agli altri, senza trarne alcun profitto. I sacramenti sono la massima espressione della

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das Höchste der Religion, das sinnliche Symbol einer außerordentli­ chen göttlichen Gunst und Gnade. In dem Abendmahle sollen die irdi­ schen Lippen ein göttliches Wesen verkörpert empfangen und unter der Form irdischer Nahrung einer himmlischen teilhaftig werden. Dieser Sinn ist in allen christlichen Kirchen ebenderselbe, es werde nun das Sakrament mit mehr oder weniger Ergebung in das Geheimnis, mit mehr oder weniger Akkommodation an das, was verständlich ist, ge­ nossen; immer bleibt es eine heilige, große Handlung, welche sich in der Wirklichkeit an die Stelle des Möglichen oder Unmöglichen, an die Stelle desjenigen setzt, was der Mensch weder erlangen noch entbeh­ ren kann. Ein solches Sakrament dürfte aber nicht allein stehen; kein Christ kann es mit wahrer Freude, wozu es gegeben ist, genießen, wenn nicht der symbolische oder sakramentliche Sinn in ihm genährt ist. Er muß gewohnt sein, die innere Religion des Herzens und die der äuße­ ren Kirche als vollkommen Eins anzusehen, als das große allgemeine Sakrament, das sich wieder in soviel andere zergliedert und diesen Tei­ len seine Heiligkeit, Unzerstörlichkeit und Ewigkeit mitteilt. Hier reicht ein jugendliches Paar sich einander die Hände, nicht zum vorübergehenden Gruß oder zum Tanze; | der Priester spricht sei­ nen Segen darüber aus, und das Band ist unauflöslich. Es währt nicht lange, so bringen diese Gatten ein Ebenbild an die Schwelle des Altars, es wird mit heiligem Wasser gereinigt und der Kirche dergestalt ein­ verleibt, daß es diese Wohltat nur durch den ungeheuersten Abfall ver­ scherzen kann. Das Kind übt sich im Leben an den irdischen Dingen selbst heran, in himmlischen muß es unterrichtet werden. Zeigt sich bei der Prüfung, daß dies vollständig geschehen sei, so wird es nunmehr als wirklicher Bürger, als wahrhafter und freiwilliger Bekenner in den Schoß der Kirche aufgenommen, nicht ohne äußere Zeichen der Wich­ tigkeit dieser Handlung. Nun ist er erst entschieden ein Christ, nun kennt er erst die Vorteile, jedoch auch die Pflichten. Aber inzwischen ist ihm als Menschen manches Wunderliche begegnet, durch Lehren

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religione, il simbolo tangibile della benevolenza e di una speciale grazia divina. Nell’eucarestia labbra terrene accol­ gono un essere divino incarnato e sotto forma di nutrimento terreno ne ricevono uno celeste. Questo contenuto è iden­ tico in tutte le chiese cristiane, sia che il sacramento venga accolto con maggiore o minore accettazione del mistero, con maggiore o minore adattamento alla parte razionale: rimane sempre un atto nobile e sacro che nella realtà si col­ loca nello spazio del possibile o dell’impossibile, di ciò a cui l’uomo non può aspirare né rinunciare. Ma un simile sacramento non dovrebbe rimanere isolato, nessun cristiano può gustare la gioia autentica con cui gli viene donato se non viene alimentato in lui il senso simbolico e sacramenta­ le. Deve essere abituato a considerare la religione interiore del cuore e quella della chiesa esteriore come un tutt’uno perfetto, come un unico sacramento universale che si suddi­ vide a sua volta in moltissimi altri trasmettendo a ciascuno la sua santità, indistruttibilità ed eternità. È come una giovane coppia che si porge la mano, ma non per un saluto fugace o per un ballo; | il sacerdote pronuncia la benedizione e il vincolo è indissolubile. Non molto tem­ po dopo, i coniugi portano la loro creatura ai gradini dell’al­ tare, viene purificata con l’acqua benedetta e incorporata nella Chiesa a tal punto che quell’atto benefico potrà essere annullato solo dalla più mostruosa apostasia. Crescendo, il bambino fa da solo esperienza delle cose terrene, in quelle divine deve essere istruito. Quando l’esame dimostra che questa formazione è completata, ecco che viene accolto nel grembo della Chiesa come cittadino effettivo, come un cre­ dente autentico e libero, non senza sottolineare con segni esteriori l’importanza di questo atto. Solo allora sarà davve­ ro un cristiano, solo allora ne conoscerà appieno i vantaggi ma anche i doveri. Nel frattempo nella vita avrà fatto molte

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und Strafen ist ihm aufgegangen, wie bedenklich es mit seinem Innern aussehe, und immerfort wird noch von Lehren und von Übertretun­ gen die Rede sein; aber die Strafe soll nicht mehr Statt finden. Hier ist ihm nun in der unendlichen Verworrenheit, in die er sich, bei dem Widerstreit natürlicher und religioser Forderungen, verwickeln muß, ein herrliches Auskunftsmittel gegeben, seine Taten und Untaten, seine Gebrechen und seine Zweifel einem würdigen, eigens dazu bestellten Manne zu vertrauen, der ihn zu beruhigen, zu warnen, zu stärken, durch gleichfalls symbolische Strafen zu züchtigen und ihn zuletzt, durch ein völliges Auslöschen seiner Schuld, zu beseligen und ihm rein und ab­ gewaschen die Tafel seiner Menschheit wieder zu übergeben weiß. So, durch mehrere sakramentliche Handlungen, welche sich wieder, bei genauerer Ansicht, in sakramentliche kleinere Züge verzweigen, vor­ bereitet und rein beruhigt, knieet er hin, die Hostie zu empfangen; und daß ja das Geheimnis dieses hohen Akts noch gesteigert werde, sieht er den Kelch nur in der Ferne, es ist kein gemeines Essen und Trinken, was befriedigt, es ist eine Himmelsspeise, die nach himmlischem Tran­ ke durstig macht. Jedoch glaube der Jüngling nicht, daß es damit abgetan | sei; selbst der Mann glaube es nicht! Denn wohl in irdischen Verhältnissen ge­ wöhnen wir uns zuletzt auf uns selber zu stehen, und auch da wollen nicht immer Kenntnisse, Verstand und Charakter hinreichen; in himm­ lischen Dingen dagegen lernen wir nie aus. Das höhere Gefühl in uns, das sich oft selbst nicht einmal recht zu Hause findet, wird noch über­ dies von soviel Äußerem bedrängt, daß unser eignes Vermögen wohl schwerlich alles darreicht, was zu Rat, Trost und Hülfe nötig wäre. Dazu aber verordnet findet sich nun auch jenes Heilmittel für das gan­ ze Leben, und stets harrt ein einsichtiger, frommer Mann, um Irrende zurecht zu weisen und Gequälte zu erledigen. Und was nun durch das ganze Leben so erprobt worden, soll an der Pforte des Todes alle seine Heilkräfte zehenfach tätig erweisen. Nach

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esperienze strane: tramite insegnamenti e punizioni avrà capito come è complicato il suo intimo e che comunque si continuerà a parlare di insegnamenti e trasgressioni; ma senza più punizioni. Nell’infinita confusione in cui dovrà dibattersi per il conflitto tra esigenze naturali e religiose, gli viene offerto quel mirabile strumento che è quello di confidare azioni e malefatte, debolezze e dubbi a un uomo degno, appositamente preposto, che sappia tranquillizzarlo, ammonirlo, confortarlo, magari punirlo con penitenze sim­ boliche e infine, cancellando completamente la sua colpa, renderlo felice e riconsegnarlo purificato e immacolato alla mensa dell’umanità. Quindi, preparato e totalmente placato da numerose azioni sacramentali che a ben vedere si rami­ ficano in tanti singoli atti sacramentali più piccoli, si ingi­ nocchia per ricevere l’ostia; e ad accrescere ulteriormente il mistero di quest’atto vede il calice solo in lontananza – non si tratta di una normale condivisione di cibo e bevande per saziarsi, è un cibo celeste che fa venire sete di una bevanda celeste. Ma non creda il giovane che tutto finisca  | qui, non lo creda nemmeno l’adulto! Infatti, se nelle cose terrene alla fine ci abituiamo a essere autonomi, sebbene le conoscenze, l’intelletto e il carattere non siano sempre sufficienti, nelle cose celesti non finiamo mai di imparare. Questo sentimen­ to più elevato, che già di per sé fatica a trovarsi una colloca­ zione, viene per di più soffocato da così tante cose esteriori che la nostra dotazione in fatto di consigli, consolazione e aiuto può difficilmente provvedere alle nostre necessità. Ma proprio per questo abbiamo a disposizione per tutta la vita quello strumento salvifico, e c’è sempre un uomo saggio e devoto pronto ad aiutare chi sbaglia e a consolare gli afflitti. E ciò che nel corso della vita è stato così tante volte spe­ rimentato, in prossimità della morte decuplicherà le sue vir­

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einer von Jugend auf eingeleiteten, zutraulichen Gewohnheit nimmt der Hinfällige jene symbolischen, deutsamen Versicherungen mit In­ brunst an, und ihm wird da, wo jede irdische Garantie verschwindet, durch eine himmlische für alle Ewigkeit ein seliges Dasein zugesi­ chert. Er fühlt sich entschieden überzeugt, daß weder ein feindseliges Element, noch ein mißwollender Geist ihn hindern könne, sich mit ei­ nem verklärten Leibe zu umgeben, um in unmittelbaren Verhältnissen zur Gottheit an den unermeßlichen Seligkeiten Teil zu nehmen, die von ihr ausfließen. Zum Schlusse werden sodann, damit der ganze Mensch geheiligt sei, auch die Füße gesalbt und gesegnet. Sie sollen, selbst bei mögli­ cher Genesung, einen Widerwillen empfinden, diesen irdischen, harten, undurchdringlichen Boden zu berühren. Ihnen soll eine wundersame Schnellkraft mitgeteilt werden, wodurch sie den Erdschollen, der sie bisher anzog, unter sich abstoßen. Und so ist durch einen glänzenden Zirkel gleichwürdig heiliger Handlungen, deren Schönheit von uns nur kurz angedeutet worden, Wiege und Grab, sie mögen zufällig noch so weit aus einander gerückt liegen, in einem stetigen Kreise verbunden. Aber alle diese geistigen Wunder entsprießen nicht, wie | andere Früchte, dem natürlichen Boden, da können sie weder gesäet noch ge­ pflanzt noch gepflegt werden. Aus einer anderen Region muß man sie herüberflehen, welches nicht Jedem, noch zu jeder Zeit gelingen wür­ de. Hier entgegnet uns nun das höchste dieser Symbole aus alter from­ mer Überlieferung. Wir hören, daß ein Mensch vor dem andern von Oben begünstigt, gesegnet und geheiligt werden könne. Damit aber dies ja nicht als Naturgabe erscheine; so muß diese große, mit einer schweren Pflicht verbundene Gunst von einem Berechtigten auf den anderen übergetragen, und das größte Gut, was ein Mensch erlangen kann, ohne daß er jedoch dessen Besitz von sich selbst weder erringen, noch ergreifen könne, durch geistige Erbschaft auf Erden erhalten und verewigt werden. Ja, in der Weihe des Priesters ist alles zusammen­

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tù salvifiche. Abituato fin dalla giovinezza a questa fiducio­ sa consuetudine, il moribondo accoglie con fervore quelle rassicurazioni simboliche e pregnanti, e quando ogni ga­ ranzia terrena svanisce, quella celeste gli assicura una vita beata per tutta l’eternità. Si sente profondamente convinto che nessun elemento ostile, nessuno spirito maligno potrà impedirgli di assumere un corpo trasfigurato, per partecipa­ re nelle immediate vicinanze della divinità alla beatitudine incommensurabile che da essa emana. Alla fine, affinché l’uomo sia santificato per intero, ven­ gono unti e consacrati anche i piedi. Anche in caso di un’e­ ventuale guarigione, saranno riluttanti a toccare ancora il suolo terreno, duro e impenetrabile. Si conferisce loro una forza miracolosa per abbandonare con un salto la superfi­ cie terrestre che fino ad allora li aveva trattenuti. E così, in questo circolo splendente di atti tutti ugualmente sacri, alla cui bellezza ho solo potuto accennare, culla e tomba, per quanto distanti possano essere, si ritrovano unite in un ciclo ininterrotto. Ma tutti questi prodigi spirituali non nascono, come | i normali frutti, dal terreno naturale, dove non possono es­ sere seminati, né piantati, né coltivati. Bisogna invocarli da altre regioni, ma non tutti possono farlo, né in qualsiasi momento, e qui ci viene incontro il più alto di questi sim­ boli di un’antica tradizione sacra. Scopriamo che un singo­ lo piuttosto che un altro può essere prescelto, benedetto e santificato dall’alto; ma affinché non si pensi che si tratti di una dote naturale, questo grande privilegio, che comporta un peso gravoso, viene trasmesso da una persona che ne è investita a un’altra, e così il sommo bene che l’uomo può conseguire, ma che non può conquistare né afferrare da sé, viene tramandato e reso eterno in terra grazie all’eredità spi­ rituale. Sì, nel sacramento del sacerdozio è riunito tutto ciò

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gefaßt, was nötig ist, um diejenigen heiligen Handlungen wirksam zu begehen, wodurch die Menge begünstigt wird, ohne daß sie irgend eine andere Tätigkeit dabei nötig hätte, als die des Glaubens und des unbe­ dingten Zutrauens. Und so tritt der Priester in der Reihe seiner Vorfah­ ren und Nachfolger, in dem Kreise seiner Mitgesalbten, den höchsten Segnenden darstellend, um so herrlicher auf, als es nicht er ist, den wir verehren, sondern sein Amt, nicht sein Wink, vor dem wir die Kniee beugen, sondern der Segen, den er erteilt, und der um desto heiliger, unmittelbarer vom Himmel zu kommen scheint, weil ihn das irdische Werkzeug nicht einmal durch sündhaftes, ja lasterhaftes Wesen schwä­ chen oder gar entkräften könnte. Wie ist nicht dieser wahrhaft geistige Zusammenhang im Protes­ tantismus zersplittert! indem ein Teil gedachter Symbole für apokry­ phisch und nur wenige für kanonisch erklärt werden, und wie will man uns durch das Gleichgültige der einen zu der hohen Würde der anderen vorbereiten? Ich ward zu meiner Zeit bei einem guten, alten, schwachen Geist­ lichen, der aber seit vielen Jahren der Beichtvater des Hauses gewesen, in den Religionsunterricht gegeben. Den Katechismus, eine Paraphrase desselben, die | Heilsordnung wußte ich an den Fingern herzuerzählen, von den kräftig beweisenden biblischen Sprüchen fehlte mir keiner; aber von alle dem erntete ich keine Frucht; denn als man mir versi­ cherte, daß der brave alte Mann seine Hauptprüfung nach einer alten Formel einrichte, so verlor ich alle Lust und Liebe zur Sache, ließ mich die letzten acht Tage in allerlei Zerstreuungen ein, legte die von einem älteren Freund erborgten, dem Geistlichen abgewonnenen Blätter in meinen Hut und las gemüt- und sinnlos alles dasjenige her, was ich mit Gemüt und Überzeugung wohl zu äußern gewußt hätte. Aber ich fand meinen guten Willen und mein Aufstreben in diesem wichtigen Falle durch trocknen, geistlosen Schlendrian noch schlim­

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che è necessario per compiere efficacemente quelle sacre azioni attraverso le quali anche la massa ottiene la grazia, senza che debba fare altro se non avere fede e una fiducia illimitata. Così il sacerdote si inserisce nella catena dei suoi predecessori e successori, nel cerchio dei consacrati suoi pari come rappresentante di Colui che benedice dall’alto – ancor più glorioso poiché non è lui che noi veneriamo bensì il suo ufficio, non è per il suo gesto che ci inginocchiamo; al contrario, la benedizione che ci impartisce sembra ancora più sacra, pare scendere direttamente dal cielo perché il suo intermediario terreno non potrebbe indebolirne o vanificar­ ne l’efficacia nemmeno se fosse peccaminoso o addirittura malvagio di natura. Ma come si è frantumato questo contenuto spirituale nel protestantesimo, dove buona parte di questi simboli è stata dichiarata apocrifa e solo pochi sono stati accolti come ca­ nonici! E come si può pretendere di educarci all’alta dignità di alcuni, se si mostra indifferenza per gli altri? Da piccolo, ero stato mandato per l’istruzione religiosa da un buon sacerdote, debole e ormai anziano, che da molti anni era il confessore di famiglia102. Il catechismo, la sua parafrasi e gli articoli di fede | li sapevo a memoria, i passi biblici più significativi li conoscevo tutti, ma non ne trassi alcun profitto, perché quando mi dissero che il bravo vec­ chietto teneva l’esame finale in base alla vecchia formula, mi passò tutto l’interesse e l’amore per la materia. Nell’ul­ tima settimana non feci altro che distrarmi, poi nascosi nel cappello i foglietti che mi aveva prestato un amico più gran­ de, che li aveva a sua volta sottratti al sacerdote, e lessi in modo meccanico e indifferente quello che invece avrei potuto dire con sentimento e convinzione. Quando fu il momento di avvicinarmi al confessionale, la mia buona volontà e le mie aspirazioni furono ulterior­

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mer paralysiert, als ich mich nunmehr dem Beichtstuhle nahen sollte. Ich war mir wohl mancher Gebrechen, aber doch keiner großen Fehler bewußt, und gerade das Bewußtsein verringerte sie, weil es mich auf die moralische Kraft wies, die in mir lag und die mit Vorsatz und Be­ harrlichkeit doch wohl zuletzt über den alten Adam Herr werden sollte. Wir waren belehrt, daß wir eben darum viel besser als die Katholiken seien, weil wir im Beichtstuhl nichts Besonderes zu bekennen brauch­ ten, ja, daß es auch nicht einmal schicklich wäre, selbst wenn wir es tun wollten. Dieses Letzte war mir gar nicht recht: denn ich hatte die seltsamsten religiösen Zweifel, die ich gern bei einer solchen Gele­ genheit berichtiget hätte. Da nun dieses nicht sein sollte, so verfaßte ich mir eine Beichte, die, indem sie meine Zustände wohl ausdrückte, einem verständigen Manne dasjenige im Allgemeinen bekennen sollte, was mir im Einzelnen zu sagen verboten war. Aber als ich in das alte Barfüßer-Chor hineintrat, mich den wunderlichen vergitterten Schrän­ ken näherte, in welchen die geistlichen Herren sich zu diesem Akte einzufinden pflegten, als mir der Glöckner die Türe eröffnete und ich mich nun gegen meinen geistlichen Großvater in dem engen Raume eingesperrt sah, und er mich mit seiner schwachen, näselnden Stimme willkommen hieß, erlosch auf einmal alles Licht | meines Geistes und Herzens, die wohl memorierte Beichtrede wollte mir nicht über die Lippen, ich schlug in der Verlegenheit das Buch auf, das ich in Händen hatte, und las daraus die erste beste kurze Formel, die so allgemein war, daß ein Jeder sie ganz geruhig hätte aussprechen können. Ich empfing die Absolution und entfernte mich weder warm noch kalt, ging den andern Tag mit meinen Eltern zu dem Tische des Herrn, und betrug mich ein Paar Tage, wie es sich nach einer so heiligen Handlung wohl ziemte. In der Folge trat jedoch bei mir das Übel hervor, welches aus un­ serer durch mancherlei Dogmen komplizierten, auf Bibelsprüche, die mehrere Auslegungen zulassen, gegründeten Religion bedenkliche Menschen dergestalt anfällt, daß es hypochondrische Zustände nach

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mente paralizzate da una routine arida e vuota. Ero consa­ pevole di avere delle debolezze, non però delle mancanze gravi, e proprio la coscienza le ridimensionava richiaman­ domi alla forza morale che era in me e che alla fine, con buoni propositi e perseveranza, sarebbe riuscita a domina­ re il vecchio Adamo. Ci era stato insegnato che eravamo molto meglio dei cattolici proprio perché non avevamo bi­ sogno di raccontare troppi particolari in confessione, anzi, non sarebbe nemmeno opportuno, anche qualora lo volessi­ mo. Questo però non mi garbava, perché avevo i dubbi più curiosi in fatto di fede, e mi pareva che un’occasione del genere avrebbe potuto chiarirmeli. Non potendo farlo, mi preparai una confessione in cui esprimevo bene il mio stato d’animo e, per chi volesse intendere, confessavo in termini generali quello che mi era proibito dire nei particolari. Ma quando entrai nel vecchio coro dei francescani scalzi e mi avvicinai a quei curiosi armadi con le grate in cui di solito prendono posto i confessori; quando il sacrestano mi aprì la porticina e mi ritrovai chiuso in quell’angusto spazio in presenza del mio nonno spirituale che mi salutò con una debole vocetta nasale, d’un colpo sparì tutta la luce | dal mio cuore e dalla mia mente, e il discorso ben memorizzato non voleva uscirmi dalle labbra. Imbarazzato aprii il libret­ to che avevo in mano e lessi la prima formula che mi capitò sott’occhio, talmente generale che sarebbe andata benissi­ mo per chiunque. Ricevetti l’assoluzione e me ne andai del tutto indifferente, il giorno successivo partecipai con i miei genitori all’eucarestia e per un paio di giorni mi comportai come si conviene a chi ha compiuto un atto così sacro. In seguito però si manifestò in me quel male che la no­ stra religione, complicata da una varietà di dogmi e fondata su versetti biblici che permettono molteplici interpretazio­ ni, instilla negli uomini più riflessivi producendo situazioni

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sich zieht, und diese bis zu ihrem höchsten Gipfel, zu fixen Ideen stei­ gert. Ich habe mehrere Menschen gekannt, die, bei einer ganz verstän­ digen Sinnes- und Lebensweise, sich von dem Gedanken an die Sünde in den heiligen Geist und von der Angst solche begangen zu haben nicht losmachen konnten. Ein gleiches Unheil drohte mir in der Mate­ rie von dem Abendmahl. Es hatte nämlich schon sehr früh der Spruch, daß einer, der das Sakrament unwürdig genieße, sich selbst das Gericht esse und trinke, einen ungeheueren Eindruck auf mich gemacht. Alles Furchtbare, was ich in den Geschichten der Mittelzeit von Gottesurtei­ len, den seltsamsten Prüfungen durch glühendes Eisen, flammendes Feuer, schwellendes Wasser gelesen hatte, selbst was uns die Bibel von der Quelle erzählt, die dem Unschuldigen wohl bekommt, den Schul­ digen aufbläht und bersten macht, das alles stellte sich meiner Ein­ bildungskraft dar und vereinigte sich zu dem höchsten Furchtbaren, indem falsche Zusage, Heuchelei, Meineid, Gotteslästerung, alles bei der heiligsten Handlung auf dem Unwürdigen zu lasten schien, wel­ ches um so schrecklicher war, als ja Niemand sich für würdig erklären durfte, und man die Vergebung der Sünden, wodurch zuletzt alles aus­ geglichen werden sollte, doch auf so manche | Weise bedingt fand, daß man nicht sicher war, sie sich mit Freiheit zueignen zu dürfen. Dieser düstre Skrupel quälte mich dergestalt, und die Auskunft, die man mir als hinreichend vorstellen wollte, schien mir so kahl und schwach, daß jenes Schreckbild nur an furchtbarem Ansehen dadurch gewann, und ich mich, sobald ich Leipzig erreicht hatte, von der kirch­ lichen Verbindung ganz und gar loszuwinden suchte. Wie drückend mußten mir daher Gellerts Anmahnungen werden! den ich, bei seiner ohnehin lakonischen Behandlungsart, womit er unsere Zudringlich­ keit abzulehnen genötigt war, mit solchen wunderlichen Fragen nicht belästigen wollte, um so weniger, als ich mich derselben in heiteren Stunden selbst schämte, und zuletzt diese seltsame Gewissensangst mit Kirche und Altar völlig hinter mir ließ.

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di ipocondria che finiscono per diventare vere e proprie fis­ sazioni. Ho conosciuto diverse persone che, pur vivendo e ragionando con grande buon senso, non potevano liberarsi dal pensiero del peccato contro lo Spirito Santo e dalla pau­ ra di averlo commesso. Corsi anch’io un rischio simile a proposito dell’eucarestia. Mi aveva da sempre fatto moltis­ sima impressione il versetto secondo il quale chi si accosta al sacramento in modo indegno, mangia e beve la propria condanna103: tutte le cose terribili che avevo letto nelle sto­ rie del Medioevo sul giudizio divino, sulle prove più strane con ferri roventi, lingue di fuoco, acqua bollente, anche il racconto biblico della sorgente innocua per l’innocente, ma che fa gonfiare fino a scoppiare il colpevole104, si ripresen­ tarono alla mia fantasia e formarono tutte insieme un unico oscuro terrore, perché falsa testimonianza, ipocrisia, sper­ giuro, blasfemia, tutto sembrava gravare su chi accoglieva indegnamente il più santo dei sacramenti, e la cosa era an­ cora più spaventosa in quanto nessuno poteva dichiararsi degno e la remissione dei peccati, che alla fine avrebbe po­ tuto risanare tutto, era soggetta | a così tante condizioni che non si poteva essere sicuri di ottenerla liberamente. Questo inquietante scrupolo mi tormentava talmente, e le spiegazioni che mi si offrivano come sufficienti erano così deboli e vacue che finirono con l’alimentare ulteriormente quello spauracchio e una volta giunto a Lipsia cercai di af­ francarmi del tutto da qualsiasi vincolo religioso. Quanto mi pesavano quindi gli ammonimenti di Gellert! Visto il modo piuttosto laconico con cui era costretto a liquidare le nostre insistenze, non volevo certo infastidirlo con simili stravaganti domande, tanto più che io stesso, nelle ore più spensierate, me ne vergognavo, finché alla fine non mi la­ sciai definitivamente alle spalle quegli esasperati scrupoli di coscienza insieme alla chiesa e all’altare.

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Gellert hatte sich nach seinem frommen Gemüt eine Moral auf­ gesetzt, welche er von Zeit zu Zeit öffentlich ablas, und sich dadurch gegen das Publikum auf eine ehrenvolle Weise seiner Pflicht entledig­ te. Gellerts Schriften waren so lange Zeit schon das Fundament der deutschen sittlichen Kultur und Jedermann wünschte sehnlich jenes Werk gedruckt zu sehen, und da dieses nur nach des guten Mannes Tode geschehen sollte, so hielt man sich sehr glücklich, es bei seinem Leben von ihm selbst vortragen zu hören. Das philosophische Audi­ torium war in solchen Stunden gedrängt voll, und die schöne Seele, der reine Wille, die Teilnahme des edlen Mannes an unserem Wohl, seine Ermahnungen, Warnungen und Bitten, in einem etwas hohlen und traurigen Tone vorgebracht, machten wohl einen augenblicklichen Eindruck; allein er hielt nicht lange nach, um so weniger als sich doch manche Spötter fanden, welche diese weiche und, wie sie glaubten, entnervende Manier uns verdächtig zu machen wußten. Ich erinnere mich eines durchreisenden Franzosen, der sich nach den Maximen und Gesinnungen des Mannes erkundigte, welcher einen so ungeheueren Zulauf hatte. Als wir ihm den nötigen Bericht gegeben, schüttelte er | den Kopf und sagte lächelnd: Laissez le faire, il nous forme des dupes. Und so wußte denn auch die gute Gesellschaft, die nicht leicht et­ was Würdiges in ihrer Nähe dulden kann, den sittlichen Einfluß, wel­ chen Gellert auf uns haben mochte, gelegentlich zu verkümmern. Bald wurde es ihm übel genommen, daß er die vornehmen und reichen Dä­ nen, die ihm besonders empfohlen waren, besser als die übrigen Stu­ dierenden unterrichte und eine ausgezeichnete Sorge für sie trage; bald wurde es ihm als Eigennutz und Nepotismus angerechnet, daß er eben für diese jungen Männer einen Mittagstisch bei seinem Bruder einrich­ ten lassen. Dieser, ein großer, ansehnlicher, derber, kurz gebundener, etwas roher Mann sollte Fechtmeister gewesen sein und, bei allzugro­ ßer Nachsicht seines Bruders, die edlen Tischgenossen manchmal hart und rauh behandeln; daher glaubte man nun wieder sich dieser jungen Leute annehmen zu müssen, und zerrte so den guten Namen des treff­

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In sintonia con il suo animo devoto, Gellert si era dota­ to di una morale che di tanto in tanto leggeva in pubblico, assolvendo così in maniera onorevole i suoi doveri socia­ li. Gli scritti di Gellert già da tempo costituivano il fonda­ mento della cultura morale dei tedeschi, tanto che ciascuno desiderava ardentemente di veder stampata quell’opera, ma dato che ciò sarebbe accaduto solo dopo la morte di quel brav’uomo, tutti si reputavano fortunati nel sentirgliela leg­ gere di persona mentre era ancora in vita105. L’auditorium di filosofia in quelle occasioni era pieno zeppo e l’anima bella, la purezza di intenti, la sollecitudine del galantuomo per il nostro bene, i suoi ammonimenti, le esortazioni e le suppli­ che, espressi in un tono vagamente triste e cupo, sulle prime mi colpirono molto. Non durò però a lungo, anche perché comparirono alcuni burloni che ci resero presto sospetto il suo stile molle e, come dicevano loro, snervante. Mi ricordo un francese di passaggio che si era informato sulle massime e sulle opinioni di un uomo che riscuoteva un così enorme seguito. Ricevute le informazioni richieste, scosse | la testa e disse sorridendo: «Laissez le faire, il nous forme des dupes». Anche la buona società, che non tollera facilmente nelle sue vicinanze altre forme di dignità, non perse occasione di sminuire l’influenza morale che Gellert aveva su di noi. Ora gli si rimproverava di privilegiare i nobili e ricchi danesi che gli erano stati particolarmente raccomandati, e di avere per loro cure speciali; poi lo si accusò di nepotismo e avidi­ tà quando fece predisporre per costoro a casa di suo fratello una mensa per il pranzo. Questi, un uomo grande e grosso, spiccio e piuttosto grossolano era stato maestro di scherma e, si diceva, a fronte dell’eccessiva indulgenza del fratel­ lo aveva qualche volta trattato i suoi commensali in modo duro e rozzo. Allora ci si schierò dalla parte dei giovani studenti e insomma, il buon nome dell’eccellente Gellert

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lichen Gellert dergestalt hin und wider, daß wir zuletzt, um nicht irre an ihm zu werden, gleichgültig gegen ihn wurden und uns nicht mehr vor ihm sehen ließen; doch grüßten wir ihn immer auf das beste, wenn er auf seinem zahmen Schimmel einhergeritten kam. Dieses Pferd hatte ihm der Kurfürst geschenkt, um ihn zu einer seiner Gesundheit so nö­ tigen Bewegung zu verbinden; eine Auszeichnung, die ihm nicht leicht zu verzeihen war. Und so rückte nach und nach der Zeitpunkt heran, wo mir alle Au­ torität verschwinden und ich selbst an den größten und besten Indivi­ duen, die ich gekannt oder mir gedacht hatte, zweifeln, ja verzweifeln sollte. Friedrich der Zweite stand noch immer über allen vorzüglichen Männern des Jahrhunderts in meinen Gedanken, und es mußte mir da­ her sehr befremdend vorkommen, daß ich ihn so wenig vor den Ein­ wohnern von Leipzig als sonst in meinem großväterlichen Hause loben durfte. Sie hatten freilich die Hand des Krieges schwer gefühlt, und es war ihnen deshalb nicht zu verargen, daß sie von demjenigen, | der ihn begonnen und fortgesetzt, nicht das Beste dachten. Sie wollten ihn daher wohl für einen vorzüglichen, aber keineswegs für einen großen Mann gelten lassen. Es sei keine Kunst, sagten sie, mit großen Mitteln einiges zu leisten; und wenn man weder Länder, noch Geld, noch Blut schone, so könne man zuletzt schon seinen Vorsatz ausführen. Fried­ rich habe sich in keinem seiner Plane und in nichts, was er sich eigent­ lich vorgenommen, groß bewiesen. So lange es von ihm abgehangen, habe er nur immer Fehler gemacht, und das Außerordentliche sei nur alsdann zum Vorschein gekommen, wenn er genötigt gewesen, eben diese Fehler wieder gut zu machen; und bloß daher sei er zu dem gro­ ßen Rufe gelangt, weil jeder Mensch sich dieselbige Gabe wünsche, die Fehler, die man häufig begeht, auf eine geschickte Weise wieder ins Gleiche zu bringen. Man dürfe den siebenjährigen Krieg nur Schritt vor Schritt durchgehen, so werde man finden, daß der König seine treffliche Armee ganz unnützer Weise aufgeopfert und selbst Schuld daran gewesen, daß diese verderbliche Fehde sich so sehr in die Länge

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veniva strapazzato a destra e a sinistra, tanto che alla fine, per toglierci d’impaccio, preferimmo disinteressarcene del tutto e non farci più vedere; ma lo salutavamo sempre con grande cortesia quando lo vedevamo passare sul suo man­ sueto cavallo bianco. Glielo aveva regalato il principe per invogliarlo a fare quel movimento così necessario per la sua salute; una distinzione che non molti erano disposti a perdonargli. Si avvicinava così pian piano il momento in cui sarebbe scomparsa dal mio orizzonte qualsiasi autorità e io stesso avrei dubitato, anzi disperato, persino delle persone più no­ bili e meritevoli che avevo conosciuto o ritenuto tali. Nei miei pensieri, Federico ii era ancora al di sopra di tutti i personaggi insigni del secolo, ed ero perplesso nel vedere che, proprio come a casa del nonno, non potevo tesserne le lodi nemmeno con gli abitanti di Lipsia. In verità avevano subito pesantemente il peso della guerra, e non c’era da me­ ravigliarsi che non avessero | la migliore opinione di colui che l’aveva iniziata e prolungata106. Lo riconoscevano come figura di rilievo, ma certo non tra i grandi: non è gran virtù, dicevano, ottenere poco con grande dispendio di mezzi, e se non si risparmiano né i paesi, né denaro, né sangue alla fine si giungerà anche a realizzare il proprio intento. Federico non si era dimostrato grande in nessuno dei suoi progetti né in nulla di quanto aveva intrapreso, e ogni volta che era dipeso da lui aveva commesso solo errori; straordinario si era dimostrato invece quando aveva dovuto porvi rimedio, e per quell’unico motivo soltanto si sarebbe conquistato la sua fama, perché a ogni uomo piacerebbe avere il dono di saper rimediare in modo così abile agli errori commessi. Ripercorrendo passo dopo passo la Guerra dei sette anni, si vedeva come il re avesse sacrificato inutilmente il suo ec­ cellente esercito ed era colpa sua se quel rovinoso conflitto

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gezogen. Ein wahrhaft großer Mann und Heerführer wäre mit seinen Feinden viel geschwinder fertig geworden. Sie hatten, um diese Gesin­ nungen zu behaupten, ein unendliches Detail anzuführen, welches ich nicht zu leugnen wußte, und nach und nach die unbedingte Verehrung erkalten fühlte, die ich diesem merkwürdigen Fürsten von Jugend auf gewidmet hatte. Wie mich nun die Einwohner von Leipzig um das angenehme Ge­ fühl brachten, einen großen Mann zu verehren; so verminderte ein neu­ er Freund, den ich zu der Zeit gewann, gar sehr die Achtung, welche ich für meine gegenwärtigen Mitbürger hegte. Dieser Freund war einer der wunderlichsten Käuze, die es auf der Welt geben kann. Er hieß Behrisch und befand sich als Hofmeister bei dem jungen Grafen Lindenau. Schon sein Äußeres war sonderbar genug. Hager und wohlgebaut, weit in den Dreißigen, eine sehr große Nase und überhaupt markierte Züge; eine Haartour, die man wohl eine Perücke hätte nennen können, trug | er vom Morgen bis in die Nacht, kleidete sich sehr nett und ging niemals aus, als den Degen an der Seite und den Hut unter dem Arm. Er war einer von den Menschen, die eine ganz besondere Gabe haben, die Zeit zu verderben, oder vielmehr die aus Nichts Etwas zu machen wissen, um sie zu vertreiben. Alles was er tat, mußte mit Langsam­ keit und einem gewissen Anstand geschehen, den man affektiert hätte nennen können, wenn Behrisch nicht schon von Natur etwas Affektier­ tes in seiner Art gehabt hätte. Er ähnelte einem alten Franzosen, auch sprach und schrieb er sehr gut und leicht Französisch. Seine größte Lust war, sich ernsthaft mit possenhaften Dingen zu beschäftigen und irgend einen albernen Einfall bis ins Unendliche zu verfolgen. So trug er sich beständig grau, und weil die verschiedenen Teile seines Anzugs von verschiedenen Zeugen, und also auch Schattierungen waren; so konnte er Tage lang darauf sinnen, wie er sich noch ein Grau mehr auf den Leib schaffen wollte, und war glücklich, wenn ihm das ge­ lang und er uns beschämen konnte, die wir daran gezweifelt oder es für unmöglich erklärt hatten. Alsdann hielt er uns lange Strafpredigten

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si era protratto così a lungo; un uomo veramente grande, un valoroso condottiero avrebbe sconfitto i suoi nemici molto più velocemente. A sostegno di queste opinioni riportavano infiniti particolari che io non sapevo contestare, e sentii così man mano raffreddarsi l’adorazione incondizionata che fin dalla giovinezza avevo tributato a quel sovrano particolare. Ma come gli abitanti di Lipsia mi avevano privato della bella sensazione di venerare un grande uomo, allo stesso modo un nuovo amico che conobbi in quel periodo fece di­ minuire sensibilmente la stima che nutrivo per i miei nuovi concittadini. Quell’amico era uno dei tipi più bizzarri che ci siano; si chiamava Behrisch ed era il precettore del giova­ ne conte Lindenau. Già il suo aspetto era piuttosto strano. Magro ma ben proporzionato, ben oltre la trentina, con un enorme naso e tratti molto marcati; dalla mattina alla sera portava dei capelli posticci che si sarebbero | tranquillamen­ te potuti definire una parrucca, si vestiva molto bene e non usciva mai senza lo spadino al fianco e il cappello sotto il braccio107. Era uno di quegli uomini che hanno il dono tutto speciale di perdere tempo, o meglio di saper trarre anche dal nulla qualcosa per passare il tempo. Tutto quello che fa­ ceva, lo faceva con lentezza e con una certa solennità che si sarebbe potuta ritenere affettazione, se Behrisch non fosse affettato già per natura. Assomigliava a un vecchio france­ se, del resto parlava e scriveva anche un bel francese fluen­ te. Il suo massimo divertimento era occuparsi seriamente di cose insignificanti, e prolungare all’infinito qualche sciocca trovata. Si vestiva sempre di grigio, e dato che le varie parti del suo vestito erano di tessuti diversi e quindi anche di sfu­ mature diverse, stava per giorni a lambiccarsi il cervello su come fare per indossare qualche altra tonalità di grigio, ed era felice quando ci riusciva e poteva smentirci, se avevamo espresso dei dubbi o lo avevamo dichiarato impossibile. Al­

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über unseren Mangel an Erfindungskraft und über unsern Unglauben an seine Talente. Übrigens hatte er gute Studien, war besonders in den neueren Sprachen und ihren Literaturen bewandert und schrieb eine vortreffliche Hand. Mir war er sehr gewogen, und ich, der ich immer gewohnt und geneigt war mit älteren Personen umzugehen, attachierte mich bald an ihn. Mein Umgang diente auch ihm zur besonderen Unterhaltung, in­ dem er Vergnügen daran fand, meine Unruhe und Ungeduld zu zäh­ men, womit ich ihm dagegen auch genug zu schaffen machte. In der Dichtkunst hatte er dasjenige, was man Geschmack nannte, ein gewis­ ses allgemeines Urteil über das Gute und Schlechte, das Mittelmäßige und Zulässige; doch war sein Urteil mehr tadelnd, und er zerstörte noch den wenigen Glauben, den ich an gleichzeitige Schriftsteller bei mir hegte, durch lieblose Anmerkungen, die er über die Schriften und Ge­ dichte dieses und jenes mit | Witz und Laune vorzubringen wußte. Mei­ ne eigenen Sachen nahm er mit Nachsicht auf und ließ mich gewähren; nur unter der Bedingung, daß ich nichts sollte drucken lassen. Er ver­ sprach mir dagegen, daß er diejenigen Stücke, die er für gut hielt, selbst abschreiben und in einem schönen Bande mir verehren wolle. Dieses Unternehmen gab nun Gelegenheit zu dem größtmöglichsten Zeitver­ derb. Denn eh er das rechte Papier finden, ehe er mit sich über das For­ mat einig werden konnte, ehe er die Breite des Randes und die innere Form der Schrift bestimmt hatte, ehe die Rabenfedern herbeigeschafft, geschnitten und Tusche eingerieben war, vergingen ganze Wochen, ohne daß auch das Mindeste geschehen wäre. Mit eben solchen Um­ ständen begab er sich denn jedesmal ans Schreiben, und brachte wirk­ lich nach und nach ein allerliebstes Manuskript zusammen. Die Titel der Gedichte waren Fraktur, die Verse selbst von einer stehenden säch­ sischen Handschrift, an dem Ende eines jeden Gedichtes eine analoge Vignette, die er entweder irgendwo ausgewählt oder auch wohl selbst erfunden hatte, wobei er die Schraffuren der Holzschnitte und Dru­ ckerstöcke, die man bei solcher Gelegenheit braucht, gar zierlich nach­ zuahmen wußte. Mir diese Dinge, indem er fortrückte, vorzuzeigen,

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lora ci teneva un predicozzo sulla nostra carenza di fantasia e la mancanza di fiducia nel suo talento. Per il resto aveva fatto buoni studi, era versato nelle lin­ gue e nelle letterature moderne e aveva una bellissima calli­ grafia. Mi prese in simpatia, e poiché io ero abituato e incli­ ne ad avere a che fare con persone più grandi, mi affezionai velocemente. Conversare con me gli piaceva in modo parti­ colare, perché lo divertiva tenere a freno la mia inquietudi­ ne e la mia impazienza, che comunque gli davano parecchio da fare. In fatto di letteratura aveva quello che si definisce gusto, cioè una certa capacità generale di discernere il buo­ no e il cattivo, il mediocre e il passabile; ma il suo giudizio era tendenzialmente critico e distrusse anche quel poco di fiducia che mi era rimasta in qualche scrittore contempora­ neo con commenti sagaci sugli scritti o sulle poesie di que­ sto o di quello, | esposti con arguzia e ironia. I miei lavori li accoglieva con indulgenza e mi lasciava fare, a condizione che non dessi nulla alle stampe; in cambio mi promise che i pezzi che avrebbe ritenuto buoni li avrebbe trascritti lui stesso in un elegante volume che poi mi avrebbe regalato. Questa impresa diventò il pretesto per un’inimmaginabile perdita di tempo. Perché prima di trovare la carta giusta, decidere il formato, stabilire la larghezza dei margini e il tipo più appropriato di scrittura, prima di procurarsi e ap­ puntire le penne di corvo e preparare l’inchiostro passarono settimane e settimane senza che si concludesse nulla. Con altrettante complicazioni si metteva poi a scrivere, ma alla fine produsse un manoscritto veramente delizioso108. I titoli erano in gotico, i versi in caratteri sassoni dritti, alla fine di ciascuna poesia appose un fregio trovato da qualche parte o di sua invenzione, che ricordava con molta grazia le deco­ razioni delle xilografie e dei clichés usati di solito in quelle circostanze. Mostrarmi queste cose man mano che procede­

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mir das Glück auf eine komischpathetische Weise vorzurühmen, daß ich mich in so vortrefflicher Handschrift verewigt sahe, und zwar auf eine Art, die keine Druckerpresse zu erreichen im Stande sei, gab aber­ mals Veranlassung, die schönsten Stunden durchzubringen. Indessen war sein Umgang wegen der schönen Kenntnisse, die er besaß, doch immer im Stillen lehrreich, und weil er mein unruhiges, heftiges Wesen zu dämpfen wußte, auch im sittlichen Sinne für mich ganz heilsam. Auch hatte er einen ganz besonderen Widerwillen gegen alles Rohe, und seine Späße waren durchaus barock, ohne jemals ins Derbe oder Triviale zu fallen. Gegen seine Landsleute erlaubte er sich eine fratzen­ hafte Abneigung, und schilderte was sie auch vornehmen mochten, mit lustigen Zügen. Besonders war er unerschöpflich, einzelne | Menschen komisch darzustellen; wie er denn an dem Äußeren eines Jeden etwas auszusetzen fand. So konnte er sich, wenn wir zusammen am Fenster lagen, Stunden lang beschäftigen, die Vorübergehenden zu rezensieren und, wenn er genugsam an ihnen getadelt, genau und umständlich an­ zuzeigen, wie sie sich eigentlich hätten kleiden sollen, wie sie gehen, wie sie sich betragen müßten, um als ordentliche Leute zu erscheinen. Dergleichen Vorschläge liefen meistenteils auf etwas Ungehöriges und Abgeschmacktes hinaus, so daß man nicht sowohl lachte über das, wie der Mensch aussah, sondern darüber, wie er allenfalls hätte aussehen können, wenn er verrückt genug gewesen wäre, sich zu verbilden. In allen solchen Dingen ging er ganz unbarmherzig zu Werk, ohne daß er nur im mindesten boshaft gewesen wäre. Dagegen wußten wir ihn von unserer Seite zu quälen, wenn wir versicherten, daß man ihn nach seinem Äußeren wo nicht für einen französischen Tanzmeister, doch wenigstens für den akademischen Sprachmeister ansehen müsse. Die­ ser Vorwurf war denn gewöhnlich das Signal zu stundenlangen Ab­ handlungen, worin er den himmelweiten Unterschied herauszusetzen pflegte, der zwischen ihm und einem alten Franzosen obwalte. Hierbei bürdete er uns gewöhnlich allerlei ungeschickte Vorschläge auf, die wir ihm zu Veränderung und Modifizierung seiner Garderobe hätten tun können.

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va, lodare in tono comico-patetico la fortuna che avevo nel vedermi immortalato in un così pregevole manoscritto che nessun torchio di tipografo avrebbe mai potuto uguagliare, offrì lo spunto per far scorrere via tante altre ore preziose. Ma frequentarlo era pur sempre istruttivo per le sue appro­ fondite conoscenze, e poiché sapeva imbrigliare il mio ca­ rattere irrequieto e impetuoso, fu per me molto salutare an­ che in campo morale. Aveva una particolare avversione per la volgarità, e le sue battute erano decisamente inconsuete ma mai triviali o grossolane. Per i suoi compaesani109 nutri­ va un sarcastico disprezzo e metteva in ridicolo tutto quello che facevano. Era soprattutto instancabile nel fare caricatu­ re di singole | persone, e trovava sempre qualcosa da ridire sul loro aspetto. Quando ad esempio guardavamo insieme dalla finestra, poteva stare ore e ore a ispezionare i passanti e, dopo averli criticati ben bene, illustrava con precisione e nei dettagli come avrebbero dovuto vestirsi, camminare e comportarsi per sembrare persone per bene. Quei suggeri­ menti di solito comprendevano sempre qualcosa di assurdo o inappropriato, così finivamo per ridere non solo per come le persone erano effettivamente, ma anche per come avreb­ bero potuto essere se fossero state tanto matte da seguire i suoi consigli. In cose del genere era davvero spietato, ma senza la minima cattiveria. Da parte nostra anche noi lo punzecchiavamo assicurandogli che, per il suo aspetto, lo si sarebbe scambiato se non per un maestro di ballo francese, di certo per un docente di lingue dell’università. Quell’ac­ cusa di solito segnava l’inizio di interminabili trattazioni in cui era solito illustrare l’enorme differenza che intercorreva tra lui e un vecchio francese, e allo stesso tempo ci attribui­ va, contestandoli, tutta una serie di suggerimenti balordi che avremmo potuto dargli per modificare e migliorare il suo guardaroba.

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Die Richtung meines Dichtens, das ich nur um desto eifriger trieb, als die Abschrift schöner und sorgfältiger vorruckte, neigte sich nun­ mehr gänzlich zum Natürlichen, zum Wahren; und wenn die Gegen­ stände auch nicht immer bedeutend sein konnten, so suchte ich sie doch immer rein und scharf auszudrücken, um so mehr als mein Freund mir öfters zu bedenken gab, was das heißen wolle, einen Vers mit der Ra­ benfeder und Tusche auf holländisch Papier schreiben, was dazu für Zeit, Talent und Anstrengung gehöre, die man an nichts Leeres und Überflüssiges verschwenden dürfe. Dabei pflegte er gewöhnlich ein fertiges Heft aufzuschlagen und umständlich auseinander zu setzen, | was an dieser oder jener Stelle nicht stehen dürfe, und uns glücklich zu preisen, daß es wirklich nicht da stehe. Er sprach hierauf mit großer Verachtung von der Buchdruckerei, agierte den Setzer, spottete über dessen Gebärden, über das eilige Hin- und Widergreifen, und leitete aus diesem Manövre alles Unglück der Literatur her. Dagegen erhob er den Anstand und die edle Stellung eines Schreibenden, und setzte sich sogleich hin, um sie uns vorzuzeigen, wobei er uns denn freilich aus­ schalt, daß wir uns nicht nach seinem Beispiel und Muster eben so am Schreibtisch betrügen. Nun kam er wieder auf den Kontrast mit dem Setzer zurück, kehrte einen angefangenen Brief das Oberste zu unterst, und zeigte wie unanständig es sei, etwa von unten nach oben oder von der Rechten zur Linken zu schreiben, und was dergleichen Dinge mehr waren, womit man ganze Bände anfüllen könnte. Mit solchen unschädlichen Torheiten vergeudeten wir die schöne Zeit, wobei keinem eingefallen wäre, daß aus unserem Kreis zufällig etwas ausgehen würde, welches allgemeine Sensation erregen und uns nicht in den besten Leumund bringen sollte. Gellert mochte wenig Freude an seinem Praktikum haben, und wenn er allenfalls Lust empfand, einige Anleitung im prosaischen und poetischen Styl zu geben, so tat er es privatissime nur Wenigen, unter

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Vedendo crescere il manoscritto così bello e curato, mi dedicai con ancora maggiore intensità all’attività poetica, che inclinava ormai totalmente verso il naturale e il vero; e nonostante gli oggetti reali non fossero sempre molto pre­ gnanti, cercavo comunque di rappresentarli in modo chiaro e incisivo, tanto più che il mio amico mi faceva spesso no­ tare cosa volesse dire scrivere un verso con penna di cor­ vo e inchiostro di china su carta olandese, quanto tempo, bravura e fatica fosse necessaria – e non si potevano certo sprecare per versi scialbi o superflui. Nel far questo di solito si metteva a sfogliare un fascicolo già terminato per spie­ garci dettagliatamente | cosa non avrebbe dovuto esserci in questo o quel passo, o elogiandoci perché effettivamente non c’era. Poi parlava con gran disprezzo della stampa, imitava il tipografo, ne scimmiottava i gesti frettolosi delle mani avanti e indietro, e a quelle manovre attribuiva tutte le disgrazie della letteratura. Per contro esaltava invece il decoro e la nobile postura dello scrivano e subito si sedeva per mostrarcela, ovviamente rimproverandoci perché alla scrivania non ci comportavamo secondo il suo esempio e modello. Poi riprendeva il confronto con il tipografo, pren­ deva una lettera e la girava sottosopra per mostrarci quanto fosse inappropriato scrivere dal basso verso l’alto o da de­ stra verso sinistra e un’infinità di questioni del genere, tante da riempirci un’enciclopedia. Con queste innocue sciocchezze sprecavamo tanto tem­ po prezioso, e a nessuno di noi venne mai in mente che il nostro gruppetto senza volerlo avrebbe prodotto qualcosa tale da suscitare scalpore e far parlar male di noi. Gellert evidentemente non traeva molta soddisfazione dalle sue esercitazioni, e quando aveva voglia di dare qual­ che indicazione sullo stile di prosa e poesia, lo faceva in un privatissimum riservato a pochi, tra i quali noi non eravamo

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die wir uns nicht zählen durften. Die Lücke, die sich dadurch in dem öffentlichen Unterricht ergab, gedachte Professor Clodius auszufüllen, der sich im Literarischen, Kritischen und Poetischen einigen Ruf er­ worben hatte und als ein junger, munterer, zutätiger Mann, sowohl bei der Akademie als in der Stadt viel Freunde fand. An die nunmehr von ihm übernommene Stunde wies uns Gellert selbst, und was die Haupt­ sache betraf, so merkten wir wenig Unterschied. Auch er kritisierte nur das Einzelne, korrigierte gleichfalls mit roter Dinte, und man befand sich in Gesellschaft von lauter Fehlern, ohne eine Aussicht zu haben, worin das Rechte zu suchen sei? Ich hatte ihm einige von meinen klei­ nen | Arbeiten gebracht, die er nicht übel behandelte. Allein gerade zu jener Zeit schrieb man mir von Hause, daß ich auf die Hochzeit mei­ nes Oheims notwendig ein Gedicht liefern müsse. Ich fühlte mich so weit von jener leichten und leichtfertigen Periode entfernt, in welcher mir ein Ähnliches Freude gemacht hätte, und da ich der Lage selbst nichts abgewinnen konnte, so dachte ich meine Arbeit mit äußerlichem Schmuck auf das beste herauszustutzen. Ich versammelte daher den ganzen Olymp, um über die Heirat eines Frankfurter Rechtsgelehrten zu ratschlagen; und zwar ernsthaft genug, wie es sich zum Feste eines solchen Ehrenmanns wohl schickte. Venus und Themis hatten sich um seinetwillen überworfen; doch ein schelmischer Streich, den Amor der letzteren spielte, ließ jene den Prozeß gewinnen, und die Götter ent­ schieden für die Heirat. Die Arbeit mißfiel mir keineswegs. Ich erhielt von Hause darüber ein schönes Belobungsschreiben, bemühte mich mit einer nochmali­ gen guten Abschrift und hoffte meinem Lehrer doch auch einigen Bei­ fall abzunötigen. Allein hier hatte ich’s schlecht getroffen. Er nahm die Sache streng, und indem er das Parodistische, was denn doch in dem Einfall lag, gar nicht beachtete, so erklärte er den großen Aufwand von göttlichen Mitteln zu einem so geringen menschlichen Zweck für äußerst tadelnswert, verwies den Gebrauch und Mißbrauch solcher mythologischen Figuren als eine falsche, aus pedantischen Zeiten sich

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compresi. Lo spazio che così si creava nelle lezioni pubbli­ che veniva riempito dal professor Clodius110, che si era fatto una certa reputazione in ambito letterario, critico e poetico e, da uomo giovane, intraprendente e attivo qual era, aveva molti amici in università e in città. Fu lo stesso Gellert a suggerirci di partecipare alla lezione sostitutiva, e nella so­ stanza non ci trovammo una grande differenza. Anche lui si soffermava solo sui dettagli, anche lui correggeva con l’in­ chiostro rosso e alla fine ci si ritrovava in compagnia di una quantità di errori senza avere una qualche indicazione su cosa invece andava bene. Gli avevo portato alcuni dei miei piccoli | lavori, e non ne era stato scontento. Ma proprio in quel periodo mi scrissero da casa che dovevo assolutamen­ te scrivere una poesia per le nozze dello zio111. Mi sentivo ormai molto distante dalla fase leggera e spensierata in cui una richiesta come quella mi avrebbe reso felice, e dato che il soggetto in sé non mi ispirava molto, pensai di rinforzare il componimento con ornamenti esteriori. Chiamai quindi a raccolta tutto l’Olimpo per deliberare sulle nozze di un giu­ rista di Francoforte – e in tono alquanto serio, come si con­ viene per festeggiare una persona così rispettabile. Venere e Temi112 avevano litigato a causa sua, ma Amore giocò a quest’ultima un tiro birbone facendo così vincere la prima e gli dei decisero per il matrimonio. Il lavoro non mi dispiaceva affatto, da casa mi inviarono una bella lettera di encomio, mi impegnai quindi a trascri­ verlo ancora una volta in bella sperando così di strappare qualche lode anche al mio insegnante. Ma mi sbagliavo113. Fu molto severo e, senza tener minimamente conto dell’e­ lemento chiaramente parodistico della mia trovata, giudicò assai riprovevole il gran dispendio di mezzi divini per un intento umano di così modesta portata, condannò l’uso e l’abuso di quelle figure mitologiche come un’abitudine sba­

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herschreibende Gewohnheit, fand den Ausdruck bald zu hoch, bald zu niedrig, und hatte zwar im Einzelnen der roten Dinte nicht geschont, versicherte jedoch, daß er noch zu wenig getan habe. Solche Stücke wurden zwar anonym vorgelesen und rezensiert; al­ lein man paßte einander auf, und es blieb kein Geheimnis, daß diese verunglückte Götterversammlung mein Werk gewesen sei. Da mir je­ doch seine Kritik, wenn ich seinen Standpunkt annahm, ganz richtig zu sein schien, und jene Gottheiten, näher besehen, freilich nur hoh­ le Scheingestalten waren; so verwünschte ich den gesamten | Olymp, warf das ganze mythische Pantheon weg, und seit jener Zeit sind Amor und Luna die einzigen Gottheiten, die in meinen kleinen Gedichten allenfalls auftreten. Unter den Personen, welche sich Behrisch zu Zielscheiben seines Witzes erlesen hatte, stand gerade Clodius oben an; auch war es nicht schwer, ihm eine komische Seite abzugewinnen. Als eine kleine, etwas starke, gedrängte Figur war er in seinen Bewegungen heftig, etwas fah­ rig in seinen Äußerungen und unstät in seinem Betragen. Durch alles dies unterschied er sich von seinen Mitbürgern, die ihn jedoch, wegen seiner guten Eigenschaften und der schönen Hoffnungen die er gab, recht gern gelten ließen. Man übertrug ihm gewöhnlich die Gedichte, welche sich bei feier­ lichen Gelegenheiten notwendig machten. Er folgte in der sogenannten Ode der Art, deren sich Rammler bediente, den sie aber auch ganz allein kleidete. Clodius aber hatte sich als Nachahmer besonders die fremden Worte gemerkt, wodurch jene Rammlerschen Gedichte mit einem ma­ jestätischen Pompe auftreten, der, weil er der Größe seines Gegenstan­ des und der übrigen poetischen Behandlung gemäß ist, auf Ohr, Gemüt und Einbildungskraft eine sehr gute Wirkung tut. Bei Clodius hingegen erschienen diese Ausdrücke fremdartig, indem seine Poesie übrigens nicht geeignet war, den Geist auf irgend eine Weise zu erheben. Solche Gedichte mußten wir nun oft schön gedruckt und höchlich gelobt vor uns sehen, und wir fanden es höchst anstößig, daß er, der uns die heidnischen Götter verkümmert hatte, sich nun eine andere Leiter

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gliata, residuo di epoche pedantesche, trovò il registro qua troppo alto, là troppo basso, e pur non avendo lesinato con l’inchiostro rosso, mi assicurò che era stato parco. I lavori venivano sì letti e commentati in forma anonima, ma noi ci tenevamo d’occhio l’un l’altro e non rimase a lungo un segreto che quella sciagurata assemblea divina era opera mia. Ma mettendomi nei panni di Clodius la critica mi parve del tutto giustificata, e a ben vedere quelle divinità erano davvero solo simulacri vuoti: mandai così a farsi frig­ gere tutto | l’Olimpo, gettai nella spazzatura tutto il panthe­ on mitologico e da allora le uniche divinità che compaiono nelle mie poesiole sono al massimo Amore e Luna. Tra le persone che Behrisch si era scelto come bersaglio per le sue frecciate, Clodius era in cima alla lista; del resto non era difficile trovare il suo lato comico. Piccolo, robusto e tarchiato, aveva movimenti bruschi, era vagamente tra­ scurato nel parlare e irrequieto nel comportamento. Tutto questo lo distingueva dai suoi concittadini, che però lo ac­ cettavano di buon grado per le sue buone qualità e le rosee speranze che suscitava. Di solito gli venivano commissionate le abituali poesie per le varie solennità; per la cosiddetta ode seguiva lo stile di Ramler, ma che solo Ramler sapeva padroneggiare; nelle sue imitazioni Clodius riprendeva soprattutto le parole stra­ niere che conferiscono a quelle odi grande maestà e pompa: essendo adeguate alla solennità del tema e allo stile poetico nel suo complesso, colpiscono favorevolmente orecchio, animo e fantasia. In Clodius invece quelle espressioni suo­ navano strane, perché la sua poesia non era proprio fatta per elevare lo spirito. Ci capitarono spesso tra le mani quelle poesie, in stam­ pe eleganti e sommamente lodate, e trovavamo veramente scandaloso che proprio colui che aveva annichilito gli dei

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auf den Parnaß aus griechischen und römischen Wortsprossen zusam­ menzimmern wollte. Diese oft wiederkehrenden Ausdrücke prägten sich fest in unser Gedächtnis, und zu lustiger Stunde, da wir in den Kohlgärten den trefflichsten Kuchen verzehrten, fiel mir auf einmal ein, jene Kraft- und Machtworte in ein Gedicht an den Kuchenbäcker Hen­ del zu versammeln. Gedacht, getan! Und so stehe es denn auch hier, wie es an eine Wand des Hauses mit Bleistift angeschrieben wurde. | 331

O Hendel, dessen Ruhm vom Süd zum Norden reicht, Vernimm den Päan, der zu deinen Ohren steigt! Du bäckst, was Gallier und Britten emsig suchen, Mit schöpfrischem Genie, originelle Kuchen. Des Kaffee’s Ozean, der sich vor dir ergießt, Ist süßer als der Saft, der vom Hymettus fließt. Dein Haus, ein Monument, wie wir den Künsten lohnen, Umhangen mit Trophän, erzählt den Nationen: Auch ohne Diadem fand Hendel hier sein Glück, Und raubte dem Kothurn gar manch Achtgroschenstück. Glänzt deine Urn’ dereinst in majestätschem Pompe, Dann weint der Patriot an deiner Katakombe. Doch leb’! dein Torus sei von edler Brut ein Nest, Steh’ hoch wie der Olymp, wie der Parnassus fest! Kein Phalanx Griechenlands mit römischen Ballisten Vermög Germanien und Hendeln zu verwüsten. Dein Wohl ist unser Stolz, dein Leiden unser Schmerz Und Hendels Tempel ist der Musensöhne Herz. Dieses Gedicht stand lange Zeit unter so vielen anderen, welche die Wände jener Zimmer verunzierten, ohne bemerkt zu werden, und wir, die wir uns genugsam daran ergetzt hatten, vergaßen es ganz und gar über anderen Dingen. Geraume Zeit hernach trat Clodius mit seinem Medon hervor, dessen Weisheit, Großmut und Tugend wir unendlich lächerlich fanden, so sehr auch die erste Vorstellung des Stücks be­

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pagani, volesse adesso salire sul Parnaso con una scala fatta di termini greci e latini. Alcune espressioni ricorrenti ci si impressero nella memoria e in un’ora felice, mentre man­ giavamo una torta squisita ai Kohlgärten114, d’un tratto mi venne in mente di raccogliere tutte quelle parole altisonanti in una poesia in lode del pasticcere Hendel. Detto, fatto! Eccola qui, proprio come fu scritta allora con la matita sul muro della stanza.115 | O Hendel, la cui fama da Sud a Nord si espande, presta ascolto al peana che sale alle tue orecchie! Tu sforni – ciò che solerti cercano galli e britanni – con genio creativo, inusitati dolci. L’oceano di caffè versato al tuo cospetto è più dolce del nettare che scorre dall’Imetto116. Il tuo locale, un monumento, come i nostri alle arti, adorno di trofei, racconta alle nazioni: qui, anche senza diadema, Hendel fece fortuna e portò via al teatro una bella sommetta. Un giorno splenderà imponente la tua urna e il patriota piangerà alla tua cripta. Ma vivi ora! Nido di magnanima prole sia il tuo talamo, alto si erga come l’Olimpo, saldo come il Parnaso! Nessuna falange di Grecia, con baliste117 romane, può arrecare rovina a Hendel e alla Germania. Fieri del tuo benessere, se soffri siamo tristi, e il tempio di Hendel è il cuore degli artisti. Quella poesia passò inosservata per lungo tempo, una tra le tante che imbrattavano i muri di quei locali, e anche noi, dopo esserci alquanto divertiti, presi da altre cose ce ne di­ menticammo. Qualche tempo dopo Clodius si fece avanti con il suo Medone che, nonostante la prima rappresentazio­ ne venisse molto applaudita, ci parve ridicolo con tutta la

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klatscht wurde. Ich machte gleich Abends, als wir zusammen in unser Weinhaus kamen, einen Prolog in Knittelversen, wo Arlekin mit zwei großen Säcken auftritt, sie an beide Seiten des Proszeniums stellt und nach verschiedenen vorläufigen Späßen den Zuschauern vertraut, daß in den beiden Säcken moralisch-ästhetischer Sand befindlich sei, den ihnen die Schauspieler sehr häufig in die Augen werfen würden. Der eine sei nämlich mit Wohltaten gefüllt, die nichts kosteten, und der andere mit prächtig ausgedrückten Gesinnungen, die nichts hinter sich hätten. Er entfernte sich ungern und kam einigemal | wieder, ermahn­ te die Zuschauer ernstlich, sich an seine Warnung zu kehren und die Augen zuzumachen, erinnerte sie, wie er immer ihr Freund gewesen und es gut mit ihnen gemeint, und was dergleichen Dinge mehr waren. Dieser Prolog wurde auf der Stelle von Freund Horn im Zimmer ge­ spielt, doch blieb der Spaß ganz unter uns, es ward nicht einmal eine Abschrift genommen und das Papier verlor sich bald. Horn jedoch, der den Arlekin ganz artig vorgestellt hatte, ließ sich’s einfallen, mein Gedicht an Hendel um mehrere Verse zu erweitern und es zunächst auf den Medon zu beziehen. Er las es uns vor, und wir konnten keine Freude daran haben, weil wir die Zusätze nicht eben geistreich fanden, und das erste, in einem ganz anderen Sinn geschriebene Gedicht uns entstellt vorkam. Der Freund, unzufrieden über unsere Gleichgültig­ keit, ja unseren Tadel, mochte es Anderen vorgezeigt haben, die es neu und lustig fanden. Nun machte man Abschriften davon, denen der Ruf des Clodiusischen Medons sogleich eine schnelle Publizität verschaff­ te. Allgemeine Mißbilligung erfolgte hierauf, und die Urheber (man hatte bald erfahren, daß es aus unserer Clique hervorgegangen war) wurden höchlich getadelt: denn seit Cronegk’s und Rost’s Angriffen auf Gottsched war dergleichen nicht wieder vorgekommen. Wir hatten uns ohnehin früher schon zurückgezogen, und nun befanden wir uns gar im Falle der Schuhu’s gegen die übrigen Vögel. Auch in Dresden mochte man die Sache nicht gut finden, und hatte sie für uns wo nicht unan­ genehme, doch ernste Folgen. Der Graf Lindenau war schon eine Zeit

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sua saggezza, magnanimità e virtù. La sera stessa, quando ci ritrovammo nella solita osteria, composi un prologo in versi in cui Arlecchino entra in scena con due grossi sacchi, li posa ai due lati del proscenio e dopo varie battute spirito­ se confida agli spettatori che i due sacchi contengono sabbia estetico-morale che gli attori avrebbero gettato loro più vol­ te negli occhi. Il primo sacco era pieno di opere buone che non costavano nulla, il secondo di opinioni altisonanti prive di qualsiasi sostanza. Si allontana a malincuore e torna più volte | sui suoi passi per esortare seriamente gli spettatori a seguire il suo consiglio e a chiudere gli occhi, ricorda loro che è sempre stato loro amico e ha sempre agito con buone intenzioni e altre frasi simili. Il prologo venne subito reci­ tato sul posto dall’amico Horn, ma lo scherzo rimase solo tra di noi, non fu neppure trascritto in bella e gli appunti andarono persi. Ma a Horn, che aveva impersonato molto bene Arlecchino, venne in mente di ampliare di alcuni versi la mia poesia per Hendel e di riferirla al Medone118. Quando la recitò non ci piacque particolarmente: le aggiunte non ci parevano molto azzeccate e la poesia originaria, scritta in uno spirito del tutto diverso, ne usciva sfigurata. L’amico, deluso per la nostra indifferenza e per giunta criticato, la mostrò ad altri che invece la trovarono nuova e divertente; se ne fecero delle copie che, sulla scia della fama del Medone di Clodius, iniziarono a diffondersi velocemente. La disapprovazione fu generale e gli autori (si venne presto a sapere che proveniva dalla nostra cricca) vennero severa­ mente biasimati; dopo l’attacco sferrato da Cronegk e Rost contro Gottsched, non si era più visto nulla di simile119. Noi ci eravamo tirati indietro fin da subito, ma ciononostante ci sentimmo come il gufo attaccato dagli altri uccelli. Nem­ meno a Dresda la cosa era piaciuta ed ebbe per noi conse­ guenze se non spiacevoli, quanto meno serie. Il conte Lin­

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lang mit dem Hofmeister seines Sohnes nicht ganz zufrieden. Denn obgleich der junge Mann keineswegs vernachlässigt wurde und Beh­ risch sich entweder in dem Zimmer des jungen Grafen oder wenigstens daneben hielt, wenn die Lehrmeister ihre täglichen Stunden gaben, die Collegia mit ihm sehr ordentlich frequentierte, bei Tage nicht ohne ihn ausging, auch denselben auf allen Spaziergängen begleitete; so waren wir Andern doch auch immer in Apels Hause zu finden und zogen mit, wenn man  | lustwandelte; das machte schon einiges Aufsehen. Beh­ risch gewöhnte sich auch an uns, gab zuletzt meistenteils Abends ge­ gen neun Uhr seinen Zögling in die Hände des Kammerdieners und suchte uns im Weinhause auf, wohin er jedoch niemals anders als in Schuhen und Strümpfen, den Degen an der Seite und gewöhnlich den Hut unterm Arm zu kommen pflegte. Die Späße und Torheiten, die er insgemein angab, gingen ins Unendliche. So hatte z. B. einer unserer Freunde die Gewohnheit Punkt Zehne wegzugehen, weil er mit einem hübschen Kinde in Verbindung stand, mit welchem er sich nur um diese Zeit unterhalten konnte. Wir vermißten ihn ungern, und Behrisch nahm sich eines Abends, wo wir sehr vergnügt zusammen waren, im Stillen vor, ihn diesmal nicht wegzulassen. Mit dem Schlage Zehn stand jener auf und empfahl sich. Behrisch rief ihn an und bat, einen Augenblick zu warten, weil er gleich mit gehen wolle. Nun begann er auf die anmu­ tigste Weise erst nach seinem Degen zu suchen, der doch ganz vor den Augen stand, und gebärdete sich beim Anschnallen desselben so un­ geschickt, daß er damit niemals zu Stande kommen konnte. Er machte es auch Anfangs so natürlich, daß Niemand ein Arges dabei hatte. Als er aber, um das Thema zu variieren, zuletzt weiter ging, daß der Degen bald auf die rechte Seite, bald zwischen die Beine kam, so entstand ein allgemeines Gelächter, in das der Forteilende, welcher gleichfalls ein lustiger Geselle war, mit einstimmte, und Behrisch so lange gewähren ließ, bis die Schäferstunde vorüber war, da denn nun erst eine gemein­ same Lust und vergnügliche Unterhaltung bis tief in die Nacht erfolgte.

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denau già da tempo non era soddisfatto del precettore di suo figlio, e sebbene Behrisch non trascurasse il ragazzo e fos­ se sempre presente nella stanza o in quella attigua quando i vari insegnanti venivano giornalmente per dargli lezio­ ne, sebbene lo accompagnasse con la massima puntualità alle lezioni, non uscisse mai senza di lui di giorno e lo affiancasse sempre in tutte le passeggiate, aveva però dato nell’occhio che a casa di Apel ci fossimo sempre anche noi e che fossimo sempre con loro quando | uscivano. Anche Behrisch si era abituato a me, nell’ultimo periodo alla sera verso le nove affidava spesso il suo pupillo al maggiordo­ mo e si univa a noi all’osteria, dove comunque non si pre­ sentava mai se non vestito di tutto punto, con lo spadino al fianco e il cappello sotto il braccio. I frizzi e i lazzi che inventava erano infiniti. Uno dei nostri amici, ad esem­ pio, aveva l’abitudine di andarsene via sempre alle dieci in punto, perché aveva una relazione con una bella fanciulla che poteva incontrare solo a quell’ora. Ci dispiaceva quan­ do se ne andava, e una sera in cui ci stavamo divertendo parecchio Behrisch si propose di trattenerlo. Allo scoccare delle dieci quello si alzò per congedarsi, Behrisch lo ri­ chiamò e lo pregò di pazientare un attimo, perché sarebbe andato con lui. Si mise quindi a cercare il suo spadino in modo buffissimo, che era in bella mostra lì davanti a tutti, e nell’allacciarselo fu così maldestro che non ne veniva a capo. All’inizio lo fece in modo così naturale che nessuno si insospettì, ma quando iniziarono le variazioni sul tema e lo spadino fu allacciato prima sul lato sbagliato, poi in mezzo alle gambe, le risate furono generali e coinvolsero anche l’amico impaziente, a sua volta molto spiritoso, che assecondò Behrisch finché l’ora degli amori non fu passa­ ta. Dopo di che il divertimento e gli scherzi proseguirono fino a notte fonda.

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Unglücklicher Weise hatte Behrisch, und wir durch ihn, noch einen gewissen anderen Hang zu einigen Mädchen, welche besser waren als ihr Ruf; wodurch denn aber unser Ruf nicht gefördert werden konnte. Man hatte uns manchmal in ihrem Garten gesehen, und wir lenkten auch wohl unsern Spaziergang dahin, wenn der junge Graf dabei war. Dieses alles mochte zusammen aufgespart und dem Vater zuletzt be­ richtet worden sein: genug er suchte auf eine | glimpfliche Weise den Hofmeister los zu werden, dem es jedoch zum Glück gereichte. Sein gutes Äußere, seine Kenntnisse und Talente, seine Rechtschaffenheit, an der Niemand etwas auszusetzen wußte, hatten ihm die Neigung und Achtung vorzüglicher Personen erworben, auf deren Empfehlung er zu dem Erbprinzen von Dessau als Erzieher berufen wurde, und an dem Hofe eines in jeder Rücksicht trefflichen Fürsten ein solides Glück fand. Der Verlust eines Freundes, wie Behrisch, war für mich von der größten Bedeutung. Er hatte mich verzogen, indem er mich bildete, und seine Gegenwart war nötig, wenn das einigermaßen für die Sozie­ tät Frucht bringen sollte, was er an mich zu wenden für gut gefunden hatte. Er wußte mich zu allerlei Artigem und Schicklichem zu bewegen, was gerade am Platz war, und meine geselligen Talente herauszuset­ zen. Weil ich aber in solchen Dingen keine Selbstständigkeit erworben hatte; so fiel ich gleich, da ich wieder allein war, in mein wirriges, störrisches Wesen zurück, welches immer zunahm je unzufriedener ich über meine Umgebung war, indem ich mir einbildete, daß sie nicht mit mir zufrieden sei. Mit der willkürlichsten Laune nahm ich übel auf, was ich mir hätte zum Vorteil rechnen können, entfernte manchen dadurch, mit dem ich bisher in leidlichem Verhältnis gestanden hatte, und mußte bei mancherlei Widerwärtigkeiten, die ich mir und Anderen, es sei nun im Tun oder Unterlassen, im Zuviel oder Zuwenig zugezogen hatte, von Wohlwollenden die Bemerkung hören, daß es mir an Erfahrung fehle. Das Gleiche sagte mir wohl irgend ein Gutdenkender, der meine Produktionen sah, besonders wenn sie sich auf die Außenwelt bezogen.

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Sfortunatamente Behrisch, e noi per suo tramite, aveva anche una certa inclinazione per alcune ragazze che in real­ tà erano migliori di quanto non si pensasse, ma ciò non gio­ vò certo alla nostra reputazione. Qualche volta ci avevano visto nel loro giardino e spesso infatti dirigevamo lì le no­ stre passeggiate, anche con il giovane conte. Tutto questo si era man mano sommato e alla fine era stato riferito al padre, che pensò così | di liberarsi con discrezione del precettore, che ne ebbe però soltanto vantaggi. La bella presenza, le competenze e le qualità, l’onestà su cui nessuno aveva po­ tuto eccepire, gli avevano conquistato il favore e la stima di molte persone influenti, e su loro raccomandazione fu chia­ mato come precettore dal principe di Dessau e alla corte di quel sovrano sotto ogni punto di vista eccellente trovò una sistemazione felice e duratura120. La perdita di un amico come Behrisch ebbe per me serie conseguenze. Nell’educarmi mi aveva anche viziato, e la sua presenza mi era necessaria per mettere a frutto in socie­ tà quello che aveva ritenuto di insegnarmi. Sapeva indurmi a comportamenti cortesi e garbati nelle varie situazioni e a mettere in luce le mie qualità sociali, ma non essendo anco­ ra diventato autonomo, non appena mi ritrovai solo ricaddi nel mio comportamento irascibile e ostinato che peggiorò via via che aumentava la mia insoddisfazione per ciò che mi circondava e – supponevo – l’insoddisfazione degli al­ tri verso di me. Lunatico e capriccioso, prendevo male ciò che invece sarebbe stato per me un bene, allontanando così persone con le quali fino a quel momento ero stato in buoni rapporti, e per alcuni spiacevoli inconvenienti che avevo causato a me o ad altri con il mio fare o non fare, fare troppo o troppo poco, dovetti sentirmi dire dai più bendisposti che mancavo di esperienza121. La stessa cosa mi disse un’altra persona equilibrata leggendo la mia produzione letteraria,

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Ich beobachtete diese so gut ich konnte, fand aber daran wenig Erbau­ liches, und mußte noch immer genug von dem Meinigen hinzutun, um sie nur erträglich zu finden. Auch meinem Freunde Behrisch hatte ich manchmal zugesetzt, er solle mir deutlich machen, was Erfahrung sei? Weil er aber voller Torheiten steckte, so vertröstete er mich von einem Tage zum anderen und eröffnete mir zuletzt, nach großen Vorbereitun­ gen: die | wahre Erfahrung sei ganz eigentlich, wenn man erfahre, wie ein Erfahrner die Erfahrung erfahrend erfahren müsse. Wenn wir ihn nun hierüber äußerst ausschalten und zur Rede setzten, so versicherte er, hinter diesen Worten stecke ein großes Geheimnis, das wir alsdenn erst begreifen würden, wenn wir erfahren hätten, – und immer so wei­ ter: denn es kostete ihm nichts, Viertelstunden lang so fortzusprechen; da denn das Erfahren immer erfahrner und zuletzt zur wahrhaften Er­ fahrung werden würde. Wollten wir über solche Possen verzweifeln, so beteuerte er, daß er diese Art sich deutlich und eindrücklich zu machen, von den neusten und größten Schriftstellern gelernt, welche uns auf­ merksam gemacht, wie man eine ruhige Ruhe ruhen und wie die Stille im Stillen immer stiller werden könnte. Zufälliger Weise rühmte man in guter Gesellschaft einen Offizier, der sich unter uns auf Urlaub befand, als einen vorzüglich wohldenken­ den und erfahrnen Mann, der den siebenjährigen Krieg mitgefochten und sich ein allgemeines Zutrauen erworben habe. Es fiel nicht schwer, mich ihm zu nähern, und wir spazierten öfters mit einander. Der Be­ griff von Erfahrung war beinah fix in meinem Gehirne geworden, und das Bedürfnis, mir ihn klar zu machen, leidenschaftlich. Offenmütig wie ich war, entdeckte ich ihm die Unruhe, in der ich mich befand. Er lächelte und war freundlich genug, mir, im Gefolg meiner Fragen, etwas von seinem Leben und von der nächsten Welt überhaupt zu er­ zählen, wobei freilich zuletzt wenig Besseres herauskam als, daß die

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soprattutto nei punti in cui si riferiva al mondo esterno. Mi misi allora a osservarlo meglio che potevo ma continuavo a trovarci ben poco di edificante, per cui dovevo metterci molto del mio per renderlo quanto meno accettabile. Anche al mio amico Behrisch qualche volta avevo chiesto che mi spiegasse che cosa fosse mai questa esperienza, ma preso com’era dalle sue idee balzane non faceva che rimandarmi da un giorno all’altro, finché alla fine mi rivelò, non senza molte cerimonie, | che la vera esperienza consiste nel fare esperienza di come un esperto esperisce l’esperienza facen­ done esperienza. Alle nostre veementi proteste e rinnovate richieste ci assicurò che dietro quelle parole si nascondeva un grande segreto, che avremmo compreso solo nel mo­ mento in cui avessimo fatto esperienza… e così via, per­ ché riusciva benissimo a parlare interi quarti d’ora in quel modo, infatti l’esperienza diventa sempre più esperta per diventare alla fine una vera esperienza. Se ci disperavamo per quelle canzonature ci assicurava che quel modo chia­ ro e incisivo di esprimersi lo aveva imparato dagli scrittori contemporanei di grido, che ci hanno fatto notare come una tranquilla tranquillità si tranquillizzi e il silenzio diventi si­ lenziosamente sempre più silenzioso. Il caso volle che nella buona società si elogiasse molto un ufficiale che era tornato in licenza, un uomo sensibile ed esperto che aveva combattutto nella Guerra dei sette anni conquistandosi la stima generale. Non mi fu difficile avvi­ cinarlo e andammo qualche volta a passeggio insieme122. Il concetto di esperienza era ormai un chiodo fisso nel mio cervello, la necessità di chiarirmelo quasi una malattia. Con la mia solita schiettezza gli rivelai cosa mi tormentava: sor­ rise e fu così condiscendente da raccontarmi qualcosa della sua vita e del mondo in generale come risposta alle mie domande, anche se alla fine ne ricavai ben poco, e cioè che

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Erfahrung uns überzeuge, daß unsere besten Gedanken, Wünsche und Vorsätze unerreichbar seien, und daß man denjenigen, welcher derglei­ chen Grillen hege und sie mit Lebhaftigkeit äußere, vornehmlich für einen unerfahrnen Menschen halte. Da er jedoch ein wackerer, tüchtiger Mann war, so versicherte er mir, er habe diese Grillen selbst noch nicht ganz aufgegeben, und be­ finde sich bei dem Wenigen Glaube, Liebe und Hoffnung, was ihm übrig geblieben, noch ganz leidlich. Er mußte mir darauf Vieles vom Krieg | erzählen, von der Lebensweise im Feld, von Scharmützeln und Schlachten, besonders in sofern er Anteil daran genommen; da denn diese ungeheueren Ereignisse, indem sie auf ein einzelnes Individuum bezogen wurden, ein gar wunderliches Ansehen gewannen. Ich bewog ihn alsdann zu einer offenen Erzählung der kurz vorher bestandenen Hofverhältnisse, welche ganz märchenhaft zu sein schienen. Ich hörte von der körperlichen Stärke August’s des Zweiten, den vielen Kindern desselben und seinem ungeheueren Aufwand, sodann von des Nachfol­ gers Kunst- und Sammlungslust, vom Grafen Brühl und dessen gren­ zenloser Prunkliebe, deren Einzelnes beinahe abgeschmackt erschien, von so viel Festen und Prachtergetzungen, welche sämtlich durch den Einfall Friedrichs in Sachsen abgeschnitten worden. Nun lagen die kö­ niglichen Schlösser zerstört, die Brühlschen Herrlichkeiten vernichtet, und es war von allem nur ein sehr beschädigtes herrliches Land übrig geblieben. Als er mich über jenen unsinnigen Genuß des Glücks verwundert, und sodann über das erfolgte Unglück betrübt sah, und mich bedeu­ tete, wie man von einem erfahrnen Manne geradezu verlange, daß er über keins von beiden erstaunen, noch daran einen zu lebhaften Anteil nehmen solle; so fühlte ich große Lust, in meiner bisherigen Unerfah­ renheit noch eine Weile zu verharren, worin er mich denn bestärkte und recht angelegentlich bat, ich möchte mich, bis auf Weiteres, immer an die angenehmen Erfahrungen halten und die unangenehmen soviel als möglich abzulehnen suchen, wenn sie sich mir aufdringen sollten.

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l’esperienza ci convince che i nostri pensieri, desideri e pro­ positi più alti sono irrealizzabili, mentre colui che coltiva quelle fisime e ne parla con convinzione, lo si considera sostanzialmente inesperto. Essendo però un uomo sveglio e in gamba, mi assicurò che lui a quelle fisime non aveva ancora rinunciato del tutto, e con quel poco di fede, speranza e carità che gli erano ri­ maste non se la passava poi tanto male. Mi raccontò quindi molte cose della | guerra, della vita sul campo, di battaglie e scaramucce, in particolare quelle a cui aveva preso parte di persona, e quegli enormi eventi, rapportati a un singolo individuo, mi facevano una stranissima impressione. Gli chiesi quindi di raccontarmi apertamente della vita di corte, che fino a poco tempo prima doveva essere stata fiabesca. Appresi così della straordinaria forza fisica di Augusto ii, dei suoi molti figli e delle spese spropositate, poi del suo successore123 appassionato collezionista d’arte, dell’amore smodato per lo sfarzo del conte Brühl124, che ormai stava sconfinando nel cattivo gusto, di feste e divertimenti sfre­ nati che subirono una brusca interruzione con l’invasione della Sassonia da parte di Federico ii. Ora i castelli reali erano in rovina, gli splendori di Brühl annientati e di tutto ciò non era rimasto che un paese devastato. Quando vide che mi meravigliavo per come avevano ap­ profittato in modo insensato della fortuna e mi rattristavo per la sfortuna che ne era seguita, mi fece osservare che da un uomo di esperienza non ci si aspetterebbe nessuna di quelle due reazioni, né che mostrasse troppa partecipa­ zione, e a quel punto mi venne una gran voglia di rimanere ancora un po’ nella mia attuale inesperienza. Mi incoraggiò in questo e mi raccomandò caldamente di attenermi per ora solo alle esperienze positive tenendo lontane da me il più possibile quelle negative, nel caso si presentassero. Ma in

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Einst aber, als wieder im Allgemeinen die Rede von Erfahrung war und ich ihm jene possenhaften Phrasen des Freundes Behrisch erzähl­ te, schüttelte er lächelnd den Kopf und sagte: da sieht man, wie es mit Worten geht, die nur einmal ausgesprochen sind! Diese da klingen so neckisch, ja so albern, daß es fast unmöglich scheinen dürfte, einen vernünftigen Sinn hineinzulegen; und doch ließ sich vielleicht ein Ver­ such machen. | Und als ich in ihn drang, versetzte er mit seiner verständig heiteren Weise: wenn Sie mir erlauben, indem ich Ihren Freund kommentiere und suppliere, in seiner Art fortzufahren, so dünkt mich, er habe sagen wollen, daß die Erfahrung nichts anderes sei, als daß man erfährt, was man nicht zu erfahren wünscht, worauf es wenigstens in dieser Welt meistens hinausläuft. |

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un’altra occasione, quando parlammo di nuovo in genera­ le dell’esperienza, gli riferii le frasi sconclusionate del mio amico Behrisch. Scosse la testa ridendo e disse: «Ecco cosa succede alle parole, una volta pronunciate! Queste suona­ no così maliziose, persino così sciocche, che sembrerebbe impossibile trarne qualcosa di sensato; ma forse varrebbe la pena provarci». | Viste le mie insistenze, rispose con sereno buon senso: «Se mi permettete di interpretare e chiosare il vostro ami­ co, pur mantenendo il suo stile, mi sembra volesse dire che l’esperienza non è altro che sperimentare ciò che non si vor­ rebbe sperimentare, e per lo più in questo mondo va sempre a finire così». |

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Achtes Buch Ein anderer Mann, obgleich in jedem Betracht von Behrisch unendlich verschieden, konnte doch in einem gewissen Sinne mit ihm verglichen werden; ich meine Oesern, welcher auch unter diejenigen Menschen gehörte, die ihr Leben in einer bequemen Geschäftigkeit hinträumen. Seine Freunde selbst bekannten im Stillen, daß er, bei einem sehr schö­ nen Naturell, seine jungen Jahre nicht in genugsamer Tätigkeit ver­ wendet, deswegen er auch nie dahin gelangt sei, die Kunst mit voll­ kommener Technik auszuüben. Doch schien ein gewisser Fleiß seinem Alter vorbehalten zu sein, und es fehlte ihm die vielen Jahre, die ich ihn kannte, niemals an Erfindung noch Arbeitsamkeit. Er hatte mich gleich den ersten Augenblick sehr an sich gezogen; schon seine Wohnung, wundersam und ahndungsvoll, war für mich höchst reizend. In dem alten Schlosse Pleißenburg ging man rechts in der Ecke eine erneute heitre Wendeltreppe hinauf. Die Säle der Zeichenakademie, deren Di­ rektor er war, fand man sodann links, hell und geräumig; aber zu ihm selbst gelangte man nur durch einen engen dunklen Gang, an dessen Ende man erst den Eintritt zu seinen Zimmern suchte, zwischen deren Reihe und einem weitläuftigen Kornboden man so eben hergegangen war. Das erste Gemach war mit Bildern geschmückt aus der späteren italienischen Schule, von Meistern, deren Anmut er höchlich zu prei­ sen pflegte. Da ich Privatstunden mit einigen Edelleuten bei ihm ge­ nommen hatte, so war uns erlaubt, hier zu zeichnen, und wir gelangten auch manchmal in sein daranstoßendes inneres Cabinet, welches zu­ gleich seine wenigen Bücher, Kunst- und Naturaliensammlungen und was ihn sonst zunächst interessieren mochte, enthielt. Alles war mit

Libro ottavo Un personaggio che, per quanto infinitamente differente da Behrisch sotto ogni aspetto, era però in qualche modo para­ gonabile a lui era Oeser, un altro di coloro che vivono la vita come un sogno, assorti nelle loro placide attività125. Persino i suoi amici ammettevano tacitamente che, pur avendo tante belle doti naturali, da giovane non si era dato particolar­ mente da fare e di conseguenza non aveva mai raggiunto la perfezione tecnica. Ma sembrava che l’età gli avesse confe­ rito un certo zelo, e negli anni in cui l’ho conosciuto non gli sono mai mancate né l’inventiva, né l’operosità. Fin dal pri­ mo momento mi aveva incuriosito molto; anche il suo ap­ partamento, misterioso e pieno di atmosfera, mi affascinava moltissimo. Nel vecchio castello di Pleißenburg126, nell’an­ golo di destra, si saliva una scala a chiocciola luminosa e rimessa a nuovo. Le aule dell’Accademia di belle arti, di cui era il direttore, erano poi subito a sinistra, chiare e spaziose, mentre un corridoio stretto e buio conduceva alla sua abi­ tazione. Solo dopo averlo percorso tutto, passando accanto alle stanze stesse e a un enorme granaio, si giungeva all’in­ gresso del suo alloggio. Il primo locale era adorno di quadri della scuola italiana tarda, pittori di cui lodava spesso la grazia; e poiché insieme ad alcuni altri gentiluomini127 ave­ vo preso da lui lezioni private, ci permetteva di disegnare in quella stanza e qualche volta riuscimmo persino a penetrare nel suo gabinetto privato lì accanto, che conteneva qual­ che libro, le sue raccolte di quadri e reperti naturalistici e tutto ciò che lo interessava. Tutto era ordinato con gusto e

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Geschmack, einfach und dergestalt geordnet, daß der kleine Raum sehr vieles umfaßte. Die Möbeln, Schränke,  | Portefeuilles elegant ohne Ziererei oder Überfluß. So war auch das erste was er uns empfahl und worauf er immer wieder zurückkam, die Einfalt in allem, was Kunst und Handwerk vereint hervorzubringen berufen sind. Als ein abgesag­ ter Feind des Schnörkel- und Muschelwesens und des ganzen baro­ cken Geschmacks zeigte er uns dergleichen in Kupfer gestochne und gezeichnete alte Muster im Gegensatz mit besseren Verzierungen und einfacheren Formen der Möbel sowohl als anderer Zimmerumgebun­ gen, und weil alles um ihn her mit diesen Maximen übereinstimmte; so machten die Worte und Lehren auf uns einen guten und dauernden Eindruck. Auch außerdem hatte er Gelegenheit, uns seine Gesinnungen praktisch sehen zu lassen, indem er sowohl bei Privat- als Regiments­ personen in gutem Ansehen stand und bei neuen Bauten und Verände­ rungen um Rat gefragt wurde. Überhaupt schien er geneigter zu sein, etwas gelegentlich, zu einem gewissen Zweck und Gebrauch zu ver­ fertigen, als daß er für sich bestehende Dinge, welche eine größere Vollendung verlangen, unternommen und ausgearbeitet hätte: deshalb er auch immer bereit und zur Hand war, wenn die Buchhändler grö­ ßere und kleinere Kupfer zu irgend einem Werk verlangten; wie denn die Vignetten zu Winkelmanns ersten Schriften von ihm radiert sind. Oft aber machte er nur sehr skizzenhafte Zeichnungen, in welche sich Geyser ganz gut zu schicken verstand. Seine Figuren hatten durchaus etwas Allgemeines, um nicht zu sagen Ideelles. Seine Frauen waren angenehm und gefällig, seine Kinder naiv genug; nur mit den Männern wollte es nicht fort, die, bei seiner zwar geistreichen, aber doch immer nebulistischen und zugleich abbrevierenden Manier, meistenteils das Ansehn von Lazaroni erhielten. Da er seine Kompositionen überhaupt weniger auf Form, als auf Licht, Schatten und Massen berechnete, so nahmen sie sich im Ganzen gut aus; wie denn alles, was er tat und her­ vorbrachte, von einer eignen Grazie begleitet war. Weil er nun dabei

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semplicità, ma in modo tale che quel piccolo spazio potesse contenere moltissime cose. Mobili, armadi, | cartelle erano eleganti e sobri, senza vezzi. Quella era anche la prima cosa che ci raccomandava e su cui insisteva sempre, la sempli­ cità in tutto ciò che l’arte e la tecnica unite sono chiamate a produrre. Nemico giurato di fronzoli e volute128, oltre che del gusto barocco in generale, ci mostrava dei vecchi mo­ delli in quello stile su incisioni e disegni contrapponendoli a decorazioni migliori e alle forme più semplici dei mobili e altri arredi della stanza, e poiché tutto intorno a lui era in accordo con questa massima, le sue parole e i suoi insegna­ menti ebbero su di noi un’influenza positiva e duratura. In aggiunta ebbe occasione di mostrarci le sue convinzioni an­ che nella pratica, poiché godeva della stima di privati e fun­ zionari governativi e veniva spesso chiesto il suo consiglio per nuove costruzioni o ristrutturazioni. Sembrava in gene­ rale più incline a produrre opere occasionali, per uno scopo e un uso preciso, piuttosto che impegnarsi nel creare oggetti validi in sé, che avrebbero richiesto una maggiore perfezio­ ne; così era sempre pronto e disponibile quando i tipografi richiedevano incisioni grandi o piccole per questo o quel libro; ad esempio fu lui a incidere le vignette per le prime opere di Winckelmann129. Qualche volta faceva anche solo dei vaghi abbozzi, che Geyser130 poi completava a meravi­ glia. Le sue figure avevano qualcosa di universale, per non dire di idealizzato; le donne erano piacenti e garbate, i bam­ bini abbastanza ingenui, solo gli uomini non gli venivano bene, e con il suo stile nebuloso e approssimativo, seppure abile, avevano quasi sempre l’aspetto di lazzaroni131. Nelle sue composizioni lavorava in genere poco sulla forma ma tanto su luci, ombre e volumi; nel complesso il risultato era buono e tutto ciò che produceva era contraddistinto da una certa grazia. Non volendo né potendo controllare una

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eine eingewurzelte Neigung zum Bedeutenden, Allegorischen, einen | Nebengedanken Erregenden nicht bezwingen konnte noch wollte; so ga­ ben seine Werke immer etwas zu sinnen und wurden vollständig durch einen Begriff, da sie es der Kunst und der Ausführung nach nicht sein konnten. Diese Richtung, welche immer gefährlich ist, führte ihn manch­ mal bis an die Grenze des guten Geschmacks, wo nicht gar darüber hi­ naus. Seine Absichten suchte er oft durch die wunderlichsten Einfälle und durch grillenhafte Scherze zu erreichen; ja seinen besten Arbeiten ist stets ein humoristischer Anstrich verliehen. War das Publikum mit sol­ chen Dingen nicht immer zufrieden, so rächte er sich durch eine neue, noch wunderlichere Schnurre. So stellte er später in dem Vorzimmer des großen Konzertsaales eine ideale Frauenfigur seiner Art vor, die eine Lichtschere nach einer Kerze hinbewegte, und er freute sich außerordent­ lich, wenn er veranlassen konnte, daß man über die Frage stritt, ob diese seltsame Muse das Licht zu putzen oder auszulöschen gedenke? wo er denn allerlei neckische Beigedanken schelmisch hervorblicken ließ. Doch machte die Erbauung des neuen Theaters zu meiner Zeit das größte Aufsehen, in welchem sein Vorhang, da er noch ganz neu war, gewiß eine außerordentlich liebliche Wirkung tat. Oeser hatte die Mu­ sen aus den Wolken, auf denen sie bei solchen Gelegenheiten gewöhn­ lich schweben, auf die Erde versetzt. Einen Vorhof zum Tempel des Ruhms schmückten die Statuen des Sophokles und Aristophanes, um welche sich alle neuere Schauspieldichter versammelten. Hier nun wa­ ren die Göttinnen der Künste gleichfalls gegenwärtig und alles würdig und schön. Nun aber kommt das Wunderliche! Durch die freie Mit­ te sah man das Portal des fernstehenden Tempels, und ein Mann in leichter Jacke ging zwischen beiden obgedachten Gruppen, ohne sich um sie zu bekümmern, hindurch, gerade auf den Tempel los; man sah ihn daher im Rücken, er war nicht besonders ausgezeichnet. Dieser nun sollte Shakespearn bedeuten, der ohne Vorgänger und Nachfolger, ohne sich um die Muster zu bekümmern, auf seine eigne Hand der | Unsterblichkeit entgegengehe. Auf dem großen Boden über dem neuen Theater ward dieses Werk vollbracht. Wir versammelten uns dort oft

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propensione innata per ciò che è emblematico, allegorico e | allusivo, le sue opere inducevano sempre a riflettere e ac­ quistavano compiutezza grazie a un concetto, giacché non l’avevano per tecnica ed esecuzione. Questa tendenza, sem­ pre pericolosa, lo condusse qualche volta ai limiti del buon gusto, forse anche oltre. Cercava spesso di raggiungere il suo intento con le trovate più bizzarre o con gli scherzi più estrosi, anzi, nei suoi lavori migliori c’è sempre un tratto umoristico. E se il pubblico non era soddisfatto, si vendi­ cava con altre nuove trovate ancora più astruse. Accadde ad esempio che in seguito esponesse nell’atrio della grande sala dei concerti una figura femminile idealizzata alla sua maniera, nell’atto di smoccolare una candela e si divertì un mondo quando si iniziò a discutere se quella strana musa stesse per ravvivare o spegnere la candela – al che lasciò trapelare ogni sorta di allusioni impertinenti. Ma nel periodo in cui mi trovavo lì fu la costruzione del nuovo teatro a suscitare più scalpore132, e il sipario, nuovis­ simo, faceva certo un effetto straordinariamente gradevole: Oeser aveva trasportato sulla terra le Muse, che di solito in quelle occasioni aleggiano sulle nuvole. Le statue di Sofo­ cle e Aristofane adornavano l’atrio del tempio della fama, intorno a loro si raccoglievano tutti i moderni drammatur­ ghi ed erano presenti anche le dee delle arti: tutto bello e solenne. Ma ecco la stranezza! Al centro, nello spazio rima­ sto libero si vedeva in lontananza l’ingresso del tempio e un uomo in giacchetta che, passando in mezzo ai due gruppi appena descritti ma senza curarsi di loro, si dirige verso il tempio: lo si vedeva di schiena, non aveva segni di ricono­ scimento particolari. Rappresentava Shakespeare che senza precursori né successori, senza preoccuparsi dei modelli, avanza per conto proprio  | verso l’immortalità133. L’opera fu realizzata nel vasto sottotetto del teatro nuovo, dove ci

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um ihn, und ich habe ihm daselbst die Aushängebogen von Musarion vorgelesen. Was mich betraf, so rückte ich in Ausübung der Kunst keineswegs weiter. Seine Lehre wirkte auf unsern Geist und unsern Geschmack; aber seine eigne Zeichnung war zu unbestimmt, als daß sie mich, der ich an den Gegenständen der Kunst und Natur auch nur hindämmerte, hätte zu einer strengen und entschiedenen Ausübung anleiten sollen. Von den Gesichtern und Körpern selbst überlieferte er uns mehr die Ansichten als die Formen, mehr die Gebärden als die Proportionen. Er gab uns die Begriffe von den Gestalten, und verlangte, wir sollten sie in uns lebendig werden lassen. Das wäre denn auch schön und recht ge­ wesen, wenn er nicht bloß Anfänger vor sich gehabt hätte. Konnte man ihm daher ein vorzügliches Talent zum Unterricht wohl absprechen; so mußte man dagegen bekennen, daß er sehr gescheit und weltklug sei, und daß eine glückliche Gewandtheit des Geistes ihn, in einem höhern Sinne, recht eigentlich zum Lehrer qualifiziere. Die Mängel, an denen jeder litt, sah er recht gut ein; er verschmähte jedoch, sie direkt zu rügen, und deutete vielmehr Lob und Tadel indirekt sehr lakonisch an. Nun mußte man über die Sache denken und kam in der Einsicht schnell um vieles weiter. So hatte ich z. B. auf blaues Papier einen Blumenstrauß, nach einer vorhandenen Vorschrift, mit schwarzer und weißer Kreide sehr sorgfältig ausgeführt, und teils mit Wischen, teils mit Schraffieren das kleine Bild hervorzuheben gesucht. Nachdem ich mich lange dergestalt bemüht, trat er einstens hinter mich und sagte: »Mehr Papier!« worauf er sich sogleich entfernte. Mein Nachbar und ich zerbrachen uns den Kopf, was das heißen könne: denn mein Bou­ quet hatte auf einem großen halben Bogen Raum genug um sich her. Nachdem wir lange nachgedacht, glaubten wir endlich seinen Sinn zu treffen, wenn wir bemerkten, daß ich durch das Ineinanderarbeiten des Schwarzen und | Weißen den blauen Grund ganz zugedeckt, die Mittel­ tinte zerstört und wirklich eine unangenehme Zeichnung mit großem

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raccoglievamo spesso intorno a lui e dove ricordo di avergli letto ad alta voce le bozze di Musarion134. Per quanto mi riguarda, non facevo alcun progresso nell’esercizio dell’arte. I suoi insegnamenti plasmavano lo spirito e il gusto, ma io avevo ancora un approccio piut­ tosto confuso agli oggetti della natura e dell’arte e il suo modo di disegnare era troppo indefinito per farmi da guida con esercizi regolari e severi. Riguardo ai volti e ai corpi ci trasmetteva più l’impressione generale che le forme, più l’atteggiamento che le proporzioni; ci dava un’idea delle figure e pretendeva che le facessimo rivivere dentro di noi; e avrebbe anche funzionato, se non avesse avuto come al­ lievi solo dei principianti. Se per un verso non gli si poteva riconoscere un talento spiccato per l’insegnamento, dall’al­ tro bisognava ammettere che era esperto e ci sapeva fare e una felice disposizione di spirito faceva di lui un maestro nel senso più elevato del termine. Coglieva perfettamente i difetti di ciascuno, ma non voleva correggerli apertamente, preferendo lodi e biasimo in una forma indiretta e alquan­ to laconica. Bisognava quindi riflettere su cosa diceva, e a quel punto si facevano rapidi progressi. Ad esempio una volta avevo disegnato un mazzo di fiori su carta turchina, e in base al modello l’avevo realizzato con molta cura con gessetti bianchi e neri, cercando di dare risalto alla piccola figura con tratteggi e sfumature. Dopo averci lavorato a lun­ go, eccolo comparire dietro di me e dire: «Più carta!», per poi allontanarsi subito. Il mio vicino e io ci scervellammo per capire cosa volesse dire, perché il mio bouquet su quel grande foglio di carta aveva molto spazio tutto intorno. Ci riflettemmo a lungo e alla fine ci parve di intuire cosa inten­ desse: ci rendemmo infatti conto che utilizzando il bianco e | il nero molto ravvicinati avevo completamente coperto il fondo blu eliminando i toni intermedi, e col mio tanto impe­

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Fleiß hervorgebracht hatte. Übrigens ermangelte er nicht, uns von der Perspektive, von Licht und Schatten zwar genugsam, doch immer nur so zu unterrichten, daß wir uns anzustrengen und zu quälen hatten, um eine Anwendung der überlieferten Grundsätze zu treffen. Wahrschein­ lich war seine Absicht, an uns, die wir doch nicht Künstler werden sollten, nur die Einsicht und den Geschmack zu bilden, und uns mit den Erfordernissen eines Kunstwerks bekannt zu machen, ohne gerade zu verlangen, daß wir es hervorbringen sollten. Da nun der Fleiß ohnehin meine Sache nicht war: denn es machte mir nichts Vergnügen als was mich anflog; so wurde ich nach und nach wo nicht lässig doch miß­ mutig, und weil die Kenntnis bequemer ist als das Tun, so ließ ich mir gefallen, wohin er uns nach seiner Weise zu führen gedachte. Zu jener Zeit war Das Leben der Maler von D’Argenville ins Deut­ sche übersetzt, ich erhielt es ganz frisch und studierte es emsig genug. Dies schien Oesern zu gefallen, und er verschaffte uns Gelegenheit, aus den großen Leipziger Sammlungen manches Portefeuille zu se­ hen, und leitete uns dadurch zur Geschichte der Kunst ein. Aber auch diese Übungen brachten bei mir eine andere Wirkung hervor, als er im Sinn haben mochte. Die mancherlei Gegenstände, welche ich von den Künstlern behandelt sah, erweckten das poetische Talent in mir, und wie man ja wohl ein Kupfer zu einem Gedicht macht, so machte ich nun Gedichte zu den Kupfern und Zeichnungen, indem ich mir die darauf vorgestellten Personen in ihrem vorhergehenden und nach­ folgenden Zustande zu vergegenwärtigen, bald auch ein kleines Lied, das ihnen wohl geziemt hätte, zu dichten wußte, und so mich gewöhn­ te, die Künste in Verbindung mit einander zu betrachten. Ja selbst die Fehlgriffe, die ich tat, daß meine Gedichte manchmal beschreibend wurden, waren mir in der Folge, als ich zu mehrerer Besinnung kam, nützlich, indem sie mich auf den Unterschied der Künste | aufmerksam machten. Von solchen kleinen Dingen standen mehrere in der Samm­ lung, welche Behrisch veranstaltet hatte; es ist aber nichts davon übrig geblieben.

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gno avevo prodotto un brutto disegno. Per il resto non man­ cò di insegnarci quanto basta di prospettiva e chiaroscuro, ma sempre in una maniera che richiedeva un tormentoso sforzo per capire come applicare i principi che ci trasmet­ teva. Sapendo che non saremmo diventati artisti, la sua in­ tenzione era forse piuttosto quella di coltivare l’occhio e il gusto, di farci capire quali sono i requisiti di un’opera d’arte senza pretendere che fossimo in grado di produrla. E visto che io non brillavo in quanto a costanza – mi divertivano infatti solo le cose facili e veloci – col passare del tempo divenni se non negligente quanto meno svogliato, e poiché imparare è meno faticoso che agire, mi accontentai del suo metodo e degli obiettivi che voleva raggiungere. In quel periodo era stata pubblicata la traduzione tede­ sca della Vita dei pittori di D’Argenville, me la procurai immediatamente e la lessi con un certo interesse135. Oeser sembrò apprezzarlo e ci offrì l’occasione di guardare alcu­ ni disegni delle grandi collezioni di Lipsia, introducendoci così alla storia dell’arte. Ma anche quell’attività sortì un effetto diverso da quello che forse si aspettava, perché i molteplici soggetti che vedevo rappresentati dagli artisti risvegliarono il mio talento poetico e così come capita di fare un’incisione ispirandosi a una poesia, mi misi a scri­ vere poesie ispirato da incisioni e disegni. Cercavo di im­ maginarmi i protagonisti nell’attimo precedente o nell’at­ timo successivo a quello rappresentato, componevo una canzoncina adatta a loro e mi abituai quindi a considerare le arti nelle loro interrelazioni. Anzi, persino l’errore che commettevo di comporre poesie troppo descrittive mi fu in seguito utile perché, riflettendoci, mi fece capire le dif­ ferenze  | tra le singole arti. Molti di quei componimenti finirono nella raccolta predisposta da Behrisch, ma non ne è rimasto nulla.

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Das Kunst- und Geschmackselement, worin Oeser lebte, und auf welchem man selbst, in sofern man ihn fleißig besuchte, getragen wur­ de, ward auch dadurch immer würdiger und erfreulicher, daß er sich gern abgeschiedener oder abwesender Männer erinnerte, mit denen er in Verhältnis gestanden hatte, oder solches noch immer fort erhielt; wie er denn, wenn er Jemanden einmal seine Achtung geschenkt, un­ veränderlich in dem Betragen gegen denselben blieb, und sich immer gleich geneigt erwies. Nachdem wir unter den Franzosen vorzüglich Caylus hatten rüh­ men hören, machte er uns auch mit deutschen, in diesem Fache tätigen Männern bekannt. So erfuhren wir, daß Professor Christ als Liebhaber, Sammler, Kenner, Mitarbeiter, der Kunst schöne Dienste geleistet, und seine Gelehrsamkeit zu wahrer Förderung derselben angewendet habe. Heinecke dagegen durfte nicht wohl genannt werden, teils weil er sich mit den allzukindlichen Anfängen der deutschen Kunst, welche Oeser wenig schätzte, gar zu emsig abgab, teils weil er einmal mit Winkel­ mann unsäuberlich verfahren war, welches ihm denn niemals verziehen werden konnte. Auf Lipperts Bemühungen jedoch ward unsere Auf­ merksamkeit kräftig hingeleitet, indem unser Lehrer das Verdienst der­ selben genugsam herauszusetzen wußte. Denn obgleich, sagte er, die Statuen und größeren Bildwerke Grund und Gipfel aller Kunstkenntnis blieben, so seien sie doch sowohl im Original, als Abguß selten zu se­ hen, dahingegen durch Lippert eine kleine Welt von Gemmen bekannt werde, in welcher der Alten faßlicheres Verdienst, glückliche Erfin­ dung, zweckmäßige Zusammenstellung, geschmackvolle Behandlung, auffallender und begreiflicher werde, auch bei so großer Menge die Vergleichung eher möglich sei. Indem wir uns nun damit soviel als erlaubt war beschäftigten, so wurde auf das hohe Kunstleben Winkelmanns in Italien hingedeutet, und wir | nahmen dessen erste Schrif­ ten mit Andacht in die Hände; denn Oeser hatte eine leidenschaftliche Verehrung für ihn, die er uns gar leicht einzuflößen vermochte. Das Problematische jener kleinen Aufsätze, die sich noch dazu durch Ironie

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La dimensione artistica ed estetica in cui Oeser viveva e a cui si veniva innalzati quando lo si frequentava assidua­ mente, era resa più solenne e gradevole dal fatto che egli nominasse volentieri anche persone lontane o scomparse con cui aveva avuto o aveva contatti; infatti, una volta che aveva concesso a qualcuno la sua stima, non mutava più atteggiamento e gli rimaneva per sempre affezionato. Dopo averlo sentito lodare Caylus come il migliore tra i francesi, ci fece conoscere anche i tedeschi attivi in que­ sto campo. Così venimmo a sapere che il professor Christ, appassionato, collezionista, intenditore e suo collaboratore, aveva reso preziosi servigi all’arte, promuovendola gran­ demente grazie alla sua erudizione. Heinecken invece non andava nominato, sia perché si occupava in prevalenza de­ gli inizi troppo infantili dell’arte tedesca, che Oeser stimava poco, sia perché una volta era stato scorretto nei confronti di Winckelmann, e questo non glielo si poteva proprio per­ donare. La nostra attenzione fu poi attratta con forza dai lavori di Lippert, del quale il nostro maestro seppe mettere bene in luce i meriti136. Infatti, diceva, nonostante le statue e i grandi gruppi scultorei siano il fondamento e il culmine di tutta la conoscenza in fatto di arte, è molto raro vederli sia in originale che in copia; grazie a Lippert invece pote­ vamo conoscere un piccolo mondo di cammei che ci fanno immediatamente percepire con chiarezza i pregi, la felice inventiva, l’accorta composizione e l’elegante lavorazione degli antichi, oltre al fatto che il grande numero rendeva possibile il confronto. Mentre mi occupavo di queste cose, per quanto mi era possibile, si accennò anche agli anni tra­ scorsi da Winckelmann in Italia e | prendemmo quindi in mano con reverenza i suoi primi scritti; Oeser nutriva in­ fatti per lui una vera passione che seppe trasmetterci. Non riuscimmo a cogliere gli aspetti problematici di quei brevi

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selbst verwirren und sich auf ganz spezielle Meinungen und Ereignisse beziehen, vermochten wir zwar nicht zu entziffern; allein weil Oeser viel Einfluß darauf gehabt, und er das Evangelium des Schönen, mehr noch des Geschmackvollen und Angenehmen auch uns unablässig überlieferte, so fanden wir den Sinn im Allgemeinen wieder und dünk­ ten uns bei solchen Auslegungen um desto sicherer zu gehen, als wir es für kein geringes Glück achteten, aus derselben Quelle zu schöpfen, aus der Winkelmann seinen ersten Durst gestillt hatte. Einer Stadt kann kein größeres Glück begegnen, als wenn mehrere, im Guten und Rechten Gleichgesinnte, schon gebildete Männer da­ selbst neben einander wohnen. Diesen Vorzug hatte Leipzig und genoß ihn um so friedlicher, als sich noch nicht so manche Entzweiungen des Urteils hervorgetan hatten. Huber, Kupferstichsammler und wohlge­ übter Kenner, hatte noch außerdem das dankbar anerkannte Verdienst, daß er den Wert der deutschen Literatur auch den Franzosen bekannt zu machen gedachte; Kreuchauf, Liebhaber mit geübtem Blick, der, als Freund der ganzen Kunstsozietät, alle Sammlungen für die seini­ gen ansehen konnte; Winkler, der die einsichtsvolle Freude, die er an seinen Schätzen hegte, sehr gern mit Anderen teilte; mancher Andere, der sich anschloß, alle lebten und wirkten nur in Einem Sinne, und ich wüßte mich nicht zu erinnern, so oft ich auch wenn sie Kunstwer­ ke durchsahen beiwohnen durfte, daß jemals ein Zwiespalt entstanden wäre: immer kam, billiger Weise, die Schule in Betracht, aus welcher der Künstler hervorgegangen, die Zeit, in der er gelebt, das besondere Talent, das ihm die Natur verliehen und der Grad, auf welchen er es in der Ausführung gebracht. Da war keine Vorliebe weder für geistliche noch für weltliche Gegenstände, für ländliche oder für städtische, le­ bendige | oder leblose; die Frage war immer nach dem Kunstgemäßen. Ob sich nun gleich diese Liebhaber und Sammler, nach ihrer Lage, Sinnesart, Vermögen und Gelegenheit, mehr gegen die niederländische

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testi, che per di più l’ironia rendeva contorti e si riferivano a opinioni o avvenimenti specifici; ma il fatto che Oeser vi avesse contribuito e cercasse instancabile di trasmetterci il vangelo del bello, del gusto e della grazia, ci permise infi­ ne di coglierne il senso generale e ci sembrò di giungere a interpretazioni attendibili visto che avevamo la fortuna di attingere alla stessa fonte che aveva placato la prima sete di Winckelmann. Una città può dirsi davvero fortunata quando vi abitano l’uno accanto all’altro molti uomini di cultura che condivi­ dono le stesse opinioni in fatto di bontà e giustizia. Lipsia aveva questo privilegio e lo assaporava con tanta maggior tranquillità in quanto non si erano ancora manifestate diffe­ renze di giudizio. Huber, collezionista ed esperto conosci­ tore di incisioni su rame, aveva in aggiunta la lodevole in­ tenzione, di cui tutti gli erano riconoscenti, di far conoscere anche ai francesi il valore della letteratura tedesca; Kreuch­ auff, estimatore dall’occhio acuto che, essendo amico di tutti i membri della ‘Società degli artisti’ considerava come proprie tutte le loro collezioni; Winckler che condivideva volentieri con altri la gioia intellettuale che provava nel contemplare i suoi tesori, e molti altri ancora che si unirono a loro: tutti vivevano e operavano in grande sintonia e per quanto spesso mi capitasse di essere con loro quando esa­ minavano delle opere d’arte, non ricordo di aver mai sentito un litigio137. Sempre si considerava, come si conviene, la scuola da cui proveniva l’artista, l’epoca in cui era vissuto, il talento particolare che la natura gli aveva donato e il li­ vello raggiunto in quell’esecuzione. Non c’erano preferen­ ze per soggetti religiosi o mondani, campestri o cittadini, morti | o viventi: al centro c’era sempre la qualità artistica. Sebbene estimatori e collezionisti, in base alla loro con­ dizione, preferenze, disponibilità e occasione, si orientasse­

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Schule richteten; so ward doch, indem man sein Auge an den unendli­ chen Verdiensten der nordwestlichen Künstler übte, ein sehnsuchtsvoll verehrender Blick nach Südosten immer offen gehalten. Und so mußte die Universität, wo ich die Zwecke meiner Familie, ja meine eignen versäumte, mich in demjenigen begründen, worin ich die größte Zufriedenheit meines Lebens finden sollte; auch ist mir der Eindruck jener Lokalitäten, in welchen ich so bedeutende Anregungen empfangen, immer höchst lieb und wert geblieben. Die alte Pleißen­ burg, die Zimmer der Akademie, vor allen aber Oesers Wohnung, nicht weniger die Winklersche und Richtersche Sammlungen habe ich noch immer lebhaft gegenwärtig. Ein junger Mann jedoch, der, indem sich ältere unter einander von schon bekannten Dingen unterhalten, nur beiläufig unterrichtet wird, und welchem das schwerste Geschäft, das alles zurecht zu legen, dabei überlassen bleibt, muß sich in einer sehr peinlichen Lage befinden. Ich sah mich daher mit Anderen sehnsuchtsvoll nach einer neuen Erleuch­ tung um, die uns denn auch durch einen Mann kommen sollte, dem wir schon soviel schuldig waren. Auf zweierlei Weise kann der Geist höchlich erfreut werden, durch Anschauung und Begriff. Aber jenes erfordert einen würdigen Gegen­ stand, der nicht immer bereit, und eine verhältnismäßige Bildung, zu der man nicht gerade gelangt ist. Der Begriff hingegen will nur Emp­ fänglichkeit, er bringt den Inhalt mit, und ist selbst das Werkzeug der Bildung. Daher war uns jener Lichtstrahl höchst willkommen, den der vortrefflichste Denker durch düstre Wolken auf uns herableitete. Man muß Jüngling sein, um sich zu vergegenwärtigen, welche Wir­ kung Lessings Laokoon auf uns ausübte, indem dieses Werk uns aus der Region eines kümmerlichen Anschauens in die freien Gefilde des | Gedankens hinriß. Das so lange mißverstandene: ut pictura poesis, war

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ro più verso la scuola olandese e avessero l’occhio allenato agli infiniti pregi degli artisti nordoccidentali, mantenevano però sempre uno sguardo nostalgico e reverente rivolto ver­ so Sud-Est. E fu così che l’università, dove trascuravo gli intenti della mia famiglia e persino i miei, mi fornì il fondamento per quell’ambito che per tutta la vita mi avrebbe dato le maggiori soddisfazioni, e il ricordo di quei luoghi dove ho ricevuto stimoli così rilevanti mi è rimasto sempre caro e gradito. Il vecchio castello di Pleißenburg, le aule dell’Ac­ cademia, in particolare l’appartamento di Oeser ma anche le collezioni di Richter138 e di Winckler mi pare di vederle ancora davanti a me. Ma quando persone più esperte parlano tra loro di cose già note, un giovane ne viene istruito solo parzialmente, ed essendo demandato a lui solo il compito più gravoso, cioè quello di trovare un senso a ogni cosa, viene a trovarsi in una situazione assai penosa. Cominciai quindi a guardarmi intorno, insieme ad altri, per cercare avidamente una nuova illuminazione, che ci sarebbe giunta da un uomo al quale già dovevamo molto. Lo spirito può trarre grande piacere in due modi: at­ traverso la contemplazione o l’idea. Ma la prima richiede un soggetto degno, che non è sempre a portata di mano, e una formazione commisurata che non era stata ancora rag­ giunta. L’idea invece richiede solo di essere recepita, porta con sé il contenuto ed è lei stessa strumento di formazio­ ne. Per questo fu più che mai benvenuto il raggio di luce che quell’eccellente pensatore inviò, trapassando le nuvo­ le cupe, per illuminarci. Bisogna essere giovani per capire quale impressione facesse su di noi il Laocoonte di Lessing, trascinandoci dalla regione di un’arida contemplazione agli spazi liberi | del pensiero139. Il detto ut pictura poesis così

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auf einmal beseitigt, der Unterschied der bildenden und Redekünste klar, die Gipfel beider erschienen nun getrennt, wie nah ihre Basen auch zusammenstoßen mochten. Der bildende Künstler sollte sich innerhalb der Grenze des Schönen halten, wenn dem redenden, der die Bedeutung jeder Art nicht entbehren kann, auch darüber hinaus­ zuschweifen vergönnt wäre. Jener arbeitet für den äußeren Sinn, der nur durch das Schöne befriedigt wird, dieser für die Einbildungskraft, die sich wohl mit dem Häßlichen noch abfinden mag. Wie vor einem Blitz erleuchteten sich uns alle Folgen dieses herrlichen Gedankens, alle bisherige anleitende und urteilende Kritik ward, wie ein abgetra­ gener Rock, weggeworfen, wir hielten uns von allem Übel erlöst, und glaubten mit einigem Mitleid auf das sonst so herrliche sechszehnte Jahrhundert herabblicken zu dürfen, wo man in deutschen Bildwerken und Gedichten das Leben nur unter der Form eines schellenbehange­ nen Narren, den Tod unter der Unform eines klappernden Gerippes, so wie die notwendigen und zufälligen Übel der Welt unter dem Bilde des fratzenhaften Teufels zu vergegenwärtigen wußte. Am meisten entzückte uns die Schönheit jenes Gedankens, daß die Alten den Tod als den Bruder des Schlafs anerkannt, und beide, wie es Menächmen geziemt, zum Verwechseln gleich gebildet. Hier konn­ ten wir nun erst den Triumph des Schönen höchlich feiern, und das Häßliche jeder Art, da es doch einmal aus der Welt nicht zu vertreiben ist, im Reiche der Kunst nur in den niedrigen Kreis des Lächerlichen verweisen. Die Herrlichkeit solcher Haupt- und Grundbegriffe erscheint nur dem Gemüt, auf welches sie ihre unendliche Wirksamkeit ausüben, erscheint nur der Zeit, in welcher sie ersehnt, im rechten Augenblick hervortre­ ten. Da beschäftigen sich die, welchen mit solcher Nahrung gedient ist, liebevoll ganze Epochen ihres Lebens damit und erfreuen sich eines

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a lungo frainteso fu di colpo accantonato, la differenza tra arti figurative e letteratura chiarita, i vertici di ciascuna ap­ parivano ora distinti per quanto le basi potessero toccarsi. L’artista figurativo doveva mantenersi nei limiti del bello, mentre all’artista della parola, che non può fare a meno di un significato di un qualche tipo, si poteva anche concedere di oltrepassarli. Il primo lavora per il senso esteriore, che viene soddisfatto solo dalla bellezza, l’altro per la fantasia che può accontentarsi anche del brutto. Come illuminate da un fulmine ci apparvero tutte le conseguenze di questo sublime pensiero, tutte le indicazioni e i giudizi della criti­ ca precedente furono gettati via come un abito liso, ci sen­ timmo liberati da ogni male e credemmo di poter guardare dall’alto in basso, con una certa commiserazione, il xvi se­ colo, per altri aspetti davvero splendido, che nella poesia e nella pittura, in Germania, sapeva rappresentare la vita solo nelle sembianze di un giullare carico di campanellini e la morte deformata in uno scheletro scricchiolante, mentre i mali del mondo, necessari o contingenti, assumevano il ghigno beffardo del diavolo. Ci entusiasmò in particolare la bella intuizione degli an­ tichi che avevano riconosciuto la morte come sorella del sonno e li avevano raffigurati uguali, come gemelli. Ora per la prima volta fu possibile celebrare il trionfo del bello e nel regno dell’arte fu finalmente possibile confinare nell’ambi­ to del ridicolo qualsiasi tipo di bruttezza, dal momento che non la si poteva eliminare dal mondo. La magnificenza di quelle idee fondamentali si mani­ festa solo allo spirito sul quale esercitano la loro infinita efficacia, si rivela solo all’epoca che le desidera con inten­ sità, emergendo al momento opportuno. Allora quelli che anelavano a quel nutrimento lo accolgono con amore per lunghi periodi della vita ottenendo una crescita rigogliosa,

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überschwenglichen Wachstums, indessen es nicht | an Menschen fehlt, die sich auf der Stelle einer solchen Wirkung widersetzen, und nicht an andern, die in der Folge an dem hohen Sinne markten und mäkeln. Wie sich aber Begriff und Anschauung wechselsweise fordern, so konnte ich diese neuen Gedanken nicht lange verarbeiten, ohne daß ein unendliches Verlangen bei mir entstanden wäre, doch einmal bedeu­ tende Kunstwerke in größerer Masse zu erblicken. Ich entschied mich daher, Dresden ohne Aufenthalt zu besuchen. An der nötigen Barschaft fehlte es mir nicht; aber es waren andere Schwierigkeiten zu überwin­ den, die ich durch mein grillenhaftes Wesen noch ohne Not vermehrte: denn ich hielt meinen Vorsatz vor Jedermann geheim, weil ich die dor­ tigen Kunstschätze ganz nach eigner Art zu betrachten wünschte und, wie ich meinte, mich von Niemand wollte irre machen lassen. Außer diesem ward durch noch eine andre Wunderlichkeit eine so einfache Sache verwickelter. Wir haben angeborne und anerzogene Schwächen, und es möchte noch die Frage sein, welche von beiden uns am meisten zu schaffen geben. So gern ich mich mit jeder Art von Zuständen bekannt mach­ te und dazu manchen Anlaß gehabt hatte, war mir doch von meinem Vater eine äußerste Abneigung gegen alle Gasthöfe eingeflößt worden. Auf seinen Reisen durch Italien, Frankreich und Deutschland hatte sich diese Gesinnung fest bei ihm eingewurzelt. Ob er gleich selten in Bildern sprach, und dieselben nur wenn er sehr heiter war zu Hülfe rief; so pflegte er doch manchmal zu wiederholen: in dem Tore eines Gasthofs glaube er immer ein großes Spinnengewebe ausgespannt zu sehen, so künstlich, daß die Insekten zwar hineinwärts, aber selbst die privilegierten Wespen nicht ungerupft herausfliegen könnten. Es schien ihm etwas Erschreckliches, dafür, daß man seinen Gewohnhei­ ten und allem, was einem lieb im Leben wäre, entsagte und nach der Weise des Wirts und der Kellner lebte, noch übermäßig bezahlen zu müssen. Er pries die Hospitalität alter Zeiten, und so ungern er sonst auch etwas Ungewohntes im Hause duldete, so übte er | doch Gast­

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mentre non mancano | coloro che si oppongono per princi­ pio a quell’influenza, né coloro che in seguito commerciano e mercanteggiano l’alto significato di quei principi. Ma proprio come idea e contemplazione si alimentano a vicenda, non appena cominciai ad assimilare questi nuovi pensieri fui preso dall’irresistibile desiderio di vedere tutti insieme un gran numero di capolavori. Decisi quindi di an­ dare senza indugio a Dresda. Il denaro necessario non mi mancava, ma erano altre le difficoltà da risolvere, che con il mio balzano carattere amplificavo inutilmente: decisi infatti di non rivelare a nessuno la mia intenzione, perché volevo ammirare i tesori d’arte del luogo a modo mio e senza farmi influenzare da nessuno. Oltre a questo, anche un’altra delle mie stranezze rendeva complicata una cosa tanto semplice. Ciascuno ha debolezze innate e debolezze acquisite, e si potrebbe discutere a lungo su quali delle due ci diano mag­ gior filo da torcere. Sebbene mi piacesse molto trovarmi in situazioni nuove e ne avevo spesso avuto l’occasione, mio padre mi aveva però instillato una totale avversione per tutti gli alberghi. In occasione dei suoi viaggi in Italia, Francia e Germania questa ripugnanza si era fortemente ra­ dicata in lui. Nonostante parlasse raramente per metafore e ne facesse uso solo quando era di buon uomore, soleva però ripetere spesso che nell’ingresso di una locanda gli pareva sempre di scorgere un’enorme ragnatela tessuta in modo così abile che gli insetti possono facilmente entrare, ma nemmeno quelle privilegiate delle vespe possono uscirne senza prima essere state spennate. Gli sembrava una cosa orribile che uno dovesse rinunciare alle proprie abitudini e a tutto ciò che gli era caro nella vita per adeguarsi all’o­ ste e all’albergatore, dovendo per di più pagare uno spro­ posito. Elogiava l’ospitalità dei vecchi tempi, e per quanto non tollerasse alcun cambiamento in casa, praticava | però

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freundschaft, besonders an Künstlern und Virtuosen; wie denn Gevat­ ter Seekaz immer sein Quartier bei uns behielt, und Abel, der letzte Musiker, welcher die Gambe mit Glück und Beifall behandelte, wohl aufgenommen und bewirtet wurde. Wie hätte ich mich nun mit solchen Jugendeindrücken, die bisher durch nichts ausgelöscht worden, ent­ schließen können, in einer fremden Stadt einen Gasthof zu betreten? Nichts wäre leichter gewesen als bei guten Freunden ein Quartier zu finden; Hofrat Krebel, Assessor Hermann und Andere hatten mir schon oft davon gesprochen: allein auch diesen sollte meine Reise ein Ge­ heimnis bleiben, und ich geriet auf den wunderlichsten Einfall. Mein Stubennachbar, der fleißige Theolog, dem seine Augen leider immer mehr ablegten, hatte einen Verwandten in Dresden, einen Schuster, mit dem er von Zeit zu Zeit Briefe wechselte. Dieser Mann war mir wegen seiner Äußerungen schon längst höchst merkwürdig geworden, und die Ankunft eines seiner Briefe ward von uns immer festlich gefeiert. Die Art, womit er die Klagen seines, die Blindheit befürchtenden Vetters erwiderte, war ganz eigen: denn er bemühte sich nicht um Trostgründe, welche immer schwer zu finden sind; aber die heitere Art, womit er sein eignes enges, armes, mühseliges Leben betrachtete, der Scherz, den er selbst den Übeln und Unbequemlichkeiten abgewann, die un­ verwüstliche Überzeugung, daß das Leben an und für sich ein Gut sei, teilte sich demjenigen mit, der den Brief las, und versetzte ihn, wenigs­ tens für Augenblicke, in eine gleiche Stimmung. Enthusiastisch wie ich war, hatte ich diesen Mann öfters verbindlich grüßen lassen, seine glückliche Naturgabe gerühmt und den Wunsch, ihn kennen zu lernen, geäußert. Dieses alles vorausgesetzt, schien mir nichts natürlicher als ihn aufzusuchen, mich mit ihm zu unterhalten, ja bei ihm zu wohnen und ihn recht genau kennen zu lernen. Mein guter Kandidat gab mir, nach einigem Widerstreben, einen mühsam geschriebenen Brief mit, und ich fuhr, meine Matrikel in der Tasche, mit der gelben Kutsche sehnsuchtsvoll nach Dresden. |

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l’ospitalità, soprattutto nei confronti di pittori e musicisti; compare Seekatz si fermava spesso da noi e Abel140, l’ul­ timo virtuoso che sapeva suonare la viola da gamba con maestria e successo, fu sempre accolto e alloggiato. Con quelle impressioni giovanili che fino ad allora non avevo mai avuto modo di cancellare, come avrei mai potuto pen­ sare di mettere piede in un albergo in una città sconosciuta? Nulla sarebbe stato più facile che chiedere ospitalità agli amici: il consigliere di corte Krebel, il giudice Hermann e altri me l’avevano già proposto, ma volevo tenerli all’oscu­ ro del mio viaggio; e così feci la più bizzarra delle pensate. Il mio vicino di stanza, il diligente teologo la cui vista ca­ lava purtroppo sempre più, aveva un parente a Dresda, un calzolaio141 con cui ogni tanto scambiava qualche lettera. Già da molto tempo quell’uomo aveva destato la mia cu­ riosità per il modo stranissimo in cui si esprimeva, tanto che l’arrivo di una sua lettera era per noi sempre occasione di festa. Il modo in cui rispondeva ai lamenti del cugino che temeva di perdere la vista era davvero singolare: non cercava infatti motivi di consolazione, del resto difficili da trovare, ma il piglio allegro con cui descriveva la sua vita povera, modesta e faticosa, l’aspetto ilare che sapeva cogliere nei malanni e negli inconvenienti, l’irremovibile convinzione che la vita fosse comunque un bene contagiava anche chi leggeva ispirandogli, almeno per qualche istante, gli stessi sentimenti. Con il mio solito entusiasmo gli avevo spesso fatto mandare i miei saluti, avevo lodato il suo dono di natura e avevo manifestato il desiderio di conoscerlo. Ciò premesso, mi sembrò la cosa più naturale andarlo a trovare, intrattenermi con lui, anzi, alloggiare da lui per conoscerlo meglio. Il buon laureando, dopo qualche resistenza, mi die­ de una lettera scritta a fatica e, con la mia matricola in tasca, salii pieno di aspettative sulla carrozza postale per Dresda. |

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Ich suchte nach meinem Schuster und fand ihn bald in der Vorstadt. Auf seinem Schemel sitzend empfing er mich freundlich und sagte lä­ chelnd, nachdem er den Brief gelesen: »Ich sehe hieraus, junger Herr, daß Ihr ein wunderlicher Christ seid.« Wie das, Meister? versetzte ich. »Wunderlich ist nicht übel gemeint, fuhr er fort, man nennt Jemand so, der sich nicht gleich ist, und ich nenne Sie einen wunderlichen Christen, weil Sie sich in einem Stück als den Nachfolger des Herrn bekennen, in dem anderen aber nicht.« Auf meine Bitte, mich aufzuklären, sagte er weiter: »Es scheint, daß Ihre Absicht ist, eine fröhliche Botschaft den Armen und Niedrigen zu verkündigen; das ist schön, und diese Nachahmung des Herrn ist löblich; Sie sollten aber dabei bedenken, daß er lieber bei wohlhabenden und reichen Leuten zu Tische saß, wo es gut her ging, und daß er selbst den Wohlgeruch des Balsams nicht verschmähte, wovon Sie wohl bei mir das Gegenteil finden könnten.« Dieser lustige Anfang setzte mich gleich in guten Humor und wir neckten einander eine ziemliche Weile herum. Die Frau stand bedenk­ lich, wie sie einen solchen Gast unterbringen und bewirten solle? Auch hierüber hatte er sehr artige Einfälle, die sich nicht allein auf die Bibel, sondern auch auf Gottfrieds Chronik bezogen, und als wir einig waren, daß ich bleiben solle, so gab ich meinen Beutel, wie er war, der Wir­ tin zum Aufheben und ersuchte sie, wenn etwas nötig sei, sich daraus zu versehen. Da er es ablehnen wollte und mit einiger Schalkheit zu verstehen gab, daß er nicht so abgebrannt sei als es aussehen möchte, so entwaffnete ich ihn dadurch, daß ich sagte: und wenn es auch nur wäre, um das Wasser in Wein zu verwandeln, so würde wohl, da heut zu Tage keine Wunder mehr geschehen, ein solches probates Haus­ mittel nicht am unrechten Orte sein. Die Wirtin schien mein Reden und Handeln immer weniger seltsam zu finden, wir hatten uns bald in einander geschickt und brachten einen sehr heiteren Abend zu. Er blieb sich immer gleich, weil alles aus Einer Quelle floß. Sein Eigentum war

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Andai alla ricerca del mio calzolaio e lo trovai subito nei sobborghi della città. Mi accolse gentilmente, seduto sul suo sgabello, e dopo aver letto la lettera disse ridendo: «Vedo, mio giovane signore, che siete un cristiano davve­ ro strano». – «Come strano?» chiesi. «Strano non in senso negativo», proseguì; «definisco strano tutto quello che è in­ coerente, e dico che voi siete strano perché per un verso vi dichiarate discepolo del Signore, per un altro no». Alla mia richiesta di chiarimento proseguì: «Sembra che sia vostra intenzione portare una buona novella ai poveri e agli umili: ciò è buono, e imitare in questo il Signore è lodevole; ma dovete considerare che Lui preferiva la tavola dei ricchi e dei benestanti, di quelli che si trattavano bene, e lui stesso non ha disdegnato il profumo del balsamo, cosa che non troverete di certo da me». Quel divertente inizio mi mise subito di buon umore e per un po’ ci canzonammo a vicenda. La moglie era per­ plessa su come offrire vitto e alloggio a un ospite del gene­ re, ma anche su questo il ciabattino fece delle battute molto spiritose, citando non solo la Bibbia ma anche la Cronaca di Gottfried, e quando fummo d’accordo che sarei rimasto, diedi alla padrona di casa la mia sacchetta con il denaro, piena com’era, chiedendole di custodirmela e di servirsene per tutto quello che era necessario. Il marito non voleva ac­ cettare e con qualche scherzo mi fece intendere che non era poi così malridotto come sembrava, ma lo convinsi dicendo che anche soltanto per tramutare l’acqua in vino, visto che l’epoca dei miracoli era ormai finita, un rimedio provato come quello non sarebbe stato fuori luogo. La moglie sem­ brava trovare sempre meno strano il mio modo di parlare e comportarmi, presto ci abituammo gli uni agli altri e tra­ scorremmo una serata molto piacevole. Il calzolaio rimase sempre fedele a se stesso, poiché tutto fluiva da un’unica

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ein tüchtiger Menschenverstand, der auf einem | heiteren Gemüt ruhte und sich in der gleichmäßigen hergebrachten Tätigkeit gefiel. Daß er unablässig arbeitete, war sein Erstes und Notwendigstes, daß er alles Übrige als zufällig ansah, dies bewahrte sein Behagen; und ich mußte ihn vor vielen Andern in die Klasse derjenigen rechnen, welche prakti­ sche Philosophen, bewußtlose Weltweisen genannt wurden. Die Stunde, wo die Galerie eröffnet werden sollte, mit Ungeduld erwartet, erschien. Ich trat in dieses Heiligtum, und meine Verwun­ derung überstieg jeden Begriff, den ich mir gemacht hatte. Dieser in sich selbst wiederkehrende Saal, in welchem Pracht und Reinlichkeit bei der größten Stille herrschten, die blendenden Rahmen, alle der Zeit noch näher, in der sie verguldet wurden, der gebohnte Fußboden, die mehr von Schauenden betretenen als von Arbeitenden benutzten Räu­ me gaben ein Gefühl von Feierlichkeit, einzig in seiner Art, das um so mehr der Empfindung ähnelte, womit man ein Gotteshaus betritt, als der Schmuck so manches Tempels, der Gegenstand so mancher Anbe­ tung hier abermals, nur zu heiligen Kunstzwecken aufgestellt erschien. Ich ließ mir die kursorische Demonstration meines Führers gar wohl gefallen, nur erbat ich mir, in der äußeren Galerie bleiben zu dürfen. Hier fand ich mich, zu meinem Behagen, wirklich zu Hause. Schon hatte ich Werke mehrerer Künstler gesehn, andere kannte ich durch Kupferstiche, andere dem Namen nach; ich verhehlte es nicht und flöß­ te meinem Führer dadurch einiges Vertrauen ein, ja ihn ergetzte das Entzücken, das ich bei Stücken äußerte, wo der Pinsel über die Natur den Sieg davon trug: denn solche Dinge waren es vorzüglich, die mich an sich zogen, wo die Vergleichung mit der bekannten Natur den Wert der Kunst notwendig erhöhen mußte. Als ich bei meinem Schuster wieder eintrat, um das Mittagsmahl zu genießen, trauete ich meinen Augen kaum: denn ich glaubte ein Bild von Ostade vor mir zu sehen, so vollkommen, daß man es nur auf die

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fonte. La sua ricchezza consisteva in un sano buon senso, che si basava | su un carattere allegro e traeva soddisfazione dalla costante e regolare attività. Per lui era indispensabile e fondamentale lavorare senza sosta, e visto che tutto il resto lo considerava accidentale, riusciva a essere sempre con­ tento; dovetti inserirlo come primo nella lista di coloro che definiamo filosofi pratici, saggi inconsapevoli. Giunse infine l’ora di apertura della galleria, attesa con tanta impazienza142. Entrai in quel santuario e la mia am­ mirazione superò qualsiasi aspettativa. Il percorso che ri­ portava sempre al punto di partenza, dove sfarzo e ordine regnavano nel silenzio più assoluto, le cornici sfolgoranti con la doratura fatta di recente, i pavimenti lucidi, le sale predisposte più per gli osservatori che per le persone che vi lavoravano: tutto dava un’impressione di solennità unica nel suo genere che assomigliava moltissimo al sentimento con cui si entra in una chiesa, tanto più che le decorazioni di molti altari, gli oggetti di tanta devozione erano ancora una volta esposti, ma solo per il sacro fine dell’arte. Mi accon­ tentai delle veloci spiegazioni della guida, chiesi soltanto di rimanere nella galleria esterna: qui mi sentivo davvero a mio agio come a casa. Avevo già visto opere di diversi artisti, altre le conoscevo dalle incisioni, altre solo di fama: non ne feci mistero e ispirai così un po’ più di fiducia alla mia guida che cominciò a compiacersi dell’entusiasmo che mostravo alla vista di quei quadri dove pareva che il pen­ nello avesse addirittura superato la natura. Le opere che mi attiravano di più erano infatti quelle in cui il raffronto con una natura conosciuta faceva risaltare ulteriormente il valo­ re dell’arte. Quando rientrai dal calzolaio per il pranzo non credetti ai miei occhi: mi trovai davanti un quadro di Ostade, così perfetto che lo si sarebbe potuto appendere nella galleria

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Galerie hätte hängen dürfen. Stellung der Gegenstände, Licht, Schat­ ten, | bräunlicher Teint des Ganzen, magische Haltung, alles was man in jenen Bildern bewundert, sah ich hier in der Wirklichkeit. Es war das erste Mal, daß ich auf einen so hohen Grad die Gabe gewahr wurde, die ich nachher mit mehrerem Bewußtsein übte, die Natur nämlich mit den Augen dieses oder jenes Künstlers zu sehen, dessen Werken ich so eben eine besondere Aufmerksamkeit gewidmet hatte. Diese Fähigkeit hat mir viel Genuß gewährt, aber auch die Begierde vermehrt, der Aus­ übung eines Talents, das mir die Natur versagt zu haben schien, von Zeit zu Zeit eifrig nachzuhängen. Ich besuchte die Galerie zu allen vergönnten Stunden, und fuhr fort mein Entzücken über manche köstliche Werke vorlaut auszusprechen. Ich vereitelte dadurch meinen löblichen Vorsatz, unbekannt und un­ bemerkt zu bleiben; und da sich bisher nur ein Unteraufseher mit mir abgegeben hatte, nahm nun auch der Galerieinspektor, Rat Riedel, von mir Notiz und machte mich auf gar manches aufmerksam, welches vorzüglich in meiner Sphäre zu liegen schien. Ich fand diesen treff­ lichen Mann damals eben so tätig und gefällig, als ich ihn nachher mehrere Jahre hindurch gesehen und wie er sich noch heute erweist. Sein Bild hat sich mir mit jenen Kunstschätzen so in Eins verwoben, daß ich beide niemals gesondert erblicke, ja sein Andenken hat mich nach Italien begleitet, wo mir seine Gegenwart in manchen großen und reichen Sammlungen sehr wünschenswert gewesen wäre. Da man auch mit Fremden und Unbekannten solche Werke nicht stumm und ohne wechselseitige Teilnahme betrachten kann, ihr An­ blick vielmehr am ersten geeignet ist, die Gemüter gegen einander zu eröffnen; so kam ich auch daselbst mit einem jungen Manne in’s Ge­ spräch, der sich in Dresden aufzuhalten und einer Legation anzugehö­ ren schien. Er lud mich ein, Abends in einen Gasthof zu kommen, wo sich eine muntere Gesellschaft versammle, und wo man, indem jeder eine mäßige Zeche bezahle, einige ganz vergnügte Stunden zubringen könne. |

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così com’era. La posizione degli oggetti, luci e ombre, la | tonalità bruna dell’insieme, un’atmosfera magica, tutto quello che si ammira in quei dipinti lo vidi lì nella realtà. Era la prima volta che mi si manifestava con tanta chiarezza quel dono che poi in seguito esercitai in modo consapevole, vedere cioè la realtà con gli occhi di questo o quell’artista, le cui opere avevo esaminato di recente con attenzione143. Questa capacità mi ha procurato molta gioia, ma ha anche accresciuto il desiderio di coltivare di tanto in tanto un ta­ lento che la natura mi aveva invece negato. Visitai la galleria in tutte le ore di apertura e continuai a fare il saputello esprimendo entusiasmo per questo o quel dipinto squisito. Vanificai così il mio proposito di rimanere in incognito e non farmi notare, e se fino ad allora solo un custode della galleria si era intrattenuto con me, attirai poi l’attenzione del direttore della galleria, il consigliere Riedel, che mi mostrò opere che sembravano corrispondere perfettamente ai miei interessi. Era un uomo in gamba, atti­ vo e amabile allora come in seguito e come è ancora oggi144. La sua figura è così strettamente intrecciata con quei tesori d’arte che non riesco mai a pensarli come due cose distin­ te, anzi, il suo ricordo mi ha accompagnato anche in Italia, dove mi sarebbe piaciuto averlo con me nella visita di tante ricche e vaste collezioni. Opere di quel genere non si possono osservare in silen­ zio e senza manifestare una reciproca partecipazione, anche in presenza di estranei, o meglio, la loro vista più di ogni altra cosa stimola gli animi ad aprirsi gli uni verso gli altri; così attaccai discorso con un giovane che era di passaggio a Dresda e faceva parte di una legazione. Mi invitò ad andare, la sera, in una locanda dove si incontrava un’allegra compa­ gnia e per un modico prezzo ci si poteva divertire qualche ora. |

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Ich fand mich ein, ohne die Gesellschaft anzutreffen, und der Kell­ ner setzte mich einigermaßen in Verwunderung, als er mir von dem Herrn, der mich bestellt, ein Kompliment ausrichtete, wodurch dieser eine Entschuldigung, daß er etwas später kommen werde, an mich ge­ langen ließ, mit dem Zusatze, ich sollte mich an nichts stoßen was vor­ gehe, auch werde ich nichts weiter als meine eigne Zeche zu bezahlen haben. Ich wußte nicht, was ich aus diesen Worten machen sollte, aber die Spinneweben meines Vaters fielen mir ein, und ich faßte mich, um zu erwarten, was da kommen möchte. Die Gesellschaft versammelte sich, mein Bekannter stellte mich vor und ich durfte nicht lange auf­ merken, so fand ich, daß es auf Mystifikation eines jungen Menschen hinausgehe, der als ein Neuling sich durch ein vorlautes, anmaßliches Wesen auszeichnete: ich nahm mich daher gar sehr in Acht, daß man nicht etwa Lust finden möchte, mich zu seinem Gefährten auszuerse­ hen. Bei Tische ward jene Absicht Jedermann deutlicher, nur nicht ihm. Man zechte immer stärker, und als man zuletzt seiner Geliebten zu Eh­ ren gleichfalls ein Vivat angestimmt; so schwur jeder hoch und teuer, aus diesen Gläsern dürfe nun weiter kein Trunk geschehen; man warf sie hinter sich, und dies war das Signal zu weit größeren Torheiten. Endlich entzog ich mich ganz sachte, und der Kellner, indem er mir eine sehr billige Zeche abforderte, ersuchte mich wiederzukommen, da es nicht alle Abende so bunt hergehe. Ich hatte weit in mein Quartier, und es war nah an Mitternacht als ich es erreichte. Die Türen fand ich unverschlossen, alles war zu Bette und eine Lampe erleuchtete den enghäuslichen Zustand, wo denn mein immer mehr geübtes Auge so­ gleich das schönste Bild von Schalken erblickte, von dem ich mich nicht losmachen konnte, so daß es mir allen Schlaf vertrieb. Die wenigen Tage meines Aufenthalts in Dresden waren allein der Gemäldegalerie gewidmet. Die Antiken standen noch in den Pavillons des großen Gartens, ich lehnte ab sie zu sehen, so wie alles Übrige was Dresden köstliches enthielt; nur zu voll von der Überzeugung, daß in und an der | Gemäldesammlung selbst mir noch Vieles verborgen

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Ci andai ma senza trovare nessuno, e l’oste mi fece inso­ spettire quando mi riferì un messaggio della persona che mi aveva invitato: si scusava perché sarebbe arrivato in ritardo e aggiungeva che non avrei dovuto stupirmi per quello che sarebbe successo e che comunque avrei pagato solo la mia parte e nulla di più. Non sapevo come interpretare quelle parole, ma mi vennero in mente le ragnatele di mio padre, così mi prediposi ad attendere quello che sarebbe successo. La compagnia arrivò, il mio conoscente mi presentò e non ci volle molto per capire che tutto era organizzato per farsi beffe di un giovanotto, un nuovo arrivato dai modi sguaiati e presuntuosi. Mi misi in guardia, nel caso avessero voluto fargli fare il paio con me. A tavola quell’intenzione diven­ ne sempre più manifesta, a tutti tranne che a lui. Si bevve sempre di più e quando alla fine si fece un brindisi in ono­ re della sua amata, ciascuno giurò solennemente che non avrebbe mai più bevuto da quel bicchiere; li scagliarono a terra dietro di sé e quello fu il segnale per scempiaggini ancora maggiori. A un certo punto me la squagliai senza dare nell’occhio e l’oste, che mi chiese una cifra davvero modesta, mi invitò a tornare, dicendo che non tutte le sere erano così movimentate. Il mio alloggio era piuttosto lonta­ no ed era quasi mezzanotte quando vi giunsi. La porta non era chiusa a chiave, anche se tutti erano andati a dormire; una lampada rischiarava l’angusto ambiente familiare dove il mio occhio ormai allenato riconobbe subito un bellissimo quadro di Schalcken, da cui non riuscii a distogliermi tanto che mi fece passare del tutto il sonno145. I pochi giorni del mio soggiorno a Dresda furono intera­ mente dedicati alla galleria d’arte; la collezione di antichità si trovava nei padiglioni del giardino grande, ma mi rifiutai di andare a vederla, insieme a tutti gli altri tesori di Dresda, essendo assolutamente convinto che la | galleria d’arte

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bleiben müsse. So nahm ich den Wert der italienischen Meister mehr auf Treu und Glauben an, als daß ich mir eine Einsicht in denselben hätte anmaßen können. Was ich nicht als Natur ansehen, an die Stelle der Natur setzen, mit einem bekannten Gegenstand vergleichen konn­ te, war auf mich nicht wirksam. Der materielle Eindruck ist es, der den Anfang selbst zu jeder höheren Liebhaberei macht. Mit meinem Schuster vertrug ich mich ganz gut. Er war geistreich und mannigfaltig genug, und wir überboten uns manchmal an necki­ schen Einfällen; jedoch ein Mensch der sich glücklich preist, und von andern verlangt, daß sie das Gleiche tun sollen, versetzt uns in ein Miß­ behagen, ja die Wiederholung solcher Gesinnungen macht uns Lan­ geweile. Ich fand mich wohl beschäftigt, unterhalten, aufgeregt, aber keineswegs glücklich, und die Schuhe nach seinem Leisten wollten mir nicht passen. Wir schieden jedoch als die besten Freunde, und auch meine Wirtin war beim Abschiede nicht unzufrieden mit mir. So sollte mir denn auch, noch kurz vor meiner Abreise, etwas sehr Angenehmes begegnen. Durch die Vermittlung jenes jungen Mannes, der sich wieder bei mir in einigen Kredit zu setzen wünschte, ward ich dem Direktor von Hagedorn vorgestellt, der mir seine Sammlung mit großer Güte vorwies, und sich an dem Enthusiasmus des jungen Kunst­ freundes höchlich ergetzte. Er war, wie es einem Kenner geziemt, in die Bilder, die er besaß, ganz eigentlich verliebt, und fand daher selten an Anderen eine Teilnahme, wie er sie wünschte. Besonders machte es ihm Freude, daß mir ein Bild von Schwanefeld ganz übermäßig gefiel, daß ich dasselbe in jedem einzelnen Teile zu preisen und zu erheben nicht müde ward: denn gerade Landschaften, die mich an den schönen heiteren Himmel, unter welchem ich herangewachsen, wieder erinner­ ten, die Pflanzenfülle jener Gegenden, und was sonst für Gunst ein wärmeres Klima den Menschen gewährt, rührten mich in der Nach­ bildung am meisten, indem sie eine sehnsüchtige Erinnerung in mir aufregten. | Diese köstlichen, Geist und Sinn zur wahren Kunst vorbereitenden Erfahrungen wurden jedoch durch einen der traurigsten Anblicke un­

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avesse ancora in serbo per me molti segreti. Ad esempio accettai ciecamente il giudizio che si dava sui pittori ita­ liani, senza pretendere di riuscire a capirli. Quello che non potevo considerare natura, che non potevo mettere al posto della natura o paragonare con un oggetto noto, non faceva su di me alcun effetto. È l’impressione materiale a fornire lo spunto per qualsiasi passione di carattere superiore. Con il ciabattino mi trovavo bene, era abbastanza spiritoso e fantasioso e qualche volta facevamo a gara con le spiritosag­ gini; ma un uomo che ritiene di essere felice e pretende che lo siano anche gli altri ci mette a disagio, e un atteggiamento del genere alla lunga annoia. Io ero impegnato, interessato, eccitato, ma non certo felice, e le sue scarpe non facevano proprio per me. Ci salutammo comunque da ottimi amici, e anche la moglie, nel salutarmi, non si mostrò scontenta di me. Ma poco prima della partenza mi capitò ancora un’altra esperienza molto piacevole. Grazie all’intermediazione di quel giovanotto, che voleva forse riacquistare credito presso di me, fui presentato al direttore von Hagedorn146 che ebbe la bontà di mostrarmi la sua collezione e apprezzò molto l’entusiasmo del giovane appassionato. Come si addice a un intenditore, era innamorato dei dipinti che possedeva, e raramente trovava qualcuno che li apprezzasse come lui. Si rallegrò in particolare che mi piacesse oltre misura un quadro di Swanevelt147 che non mi stancavo mai di lodare e magnificare in ogni suo dettaglio: infatti proprio i paesaggi, che con il loro cielo sereno mi ricordavano quello sotto il quale ero cresciuto, la ricchezza di vegetazione di quei luo­ ghi e tutti i doni che un clima più mite concede agli uomini mi commuovevano particolarmente perché risvegliavano in me un ricordo pieno di nostalgia. | Quelle magnifiche esperienze, che allenavano lo spirito e i sensi a gustare la vera arte, furono però affievolite e inter­

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terbrochen und gedämpft, durch den zerstörten und verödeten Zustand so mancher Straße Dresdens, durch die ich meinen Weg nahm. Die Mohrenstraße im Schutt, so wie die Kreuzkirche mit ihrem geborste­ nen Turm drückten sich mir tief ein und stehen noch wie ein dunkler Fleck in meiner Einbildungskraft. Von der Kuppel der Frauenkirche sah ich diese leidigen Trümmern zwischen die schöne städtische Ord­ nung hineingesät; da rühmte mir der Küster die Kunst des Baumeisters, welcher Kirche und Kuppel auf einen so unerwünschten Fall schon eingerichtet und bombenfest erbaut hatte. Der gute Sakristan deutete mir alsdann auf Ruinen nach allen Seiten und sagte bedenklich lako­ nisch: Das hat der Feind getan! So kehrte ich nun zuletzt, obgleich ungern, nach Leipzig zurück, und fand meine Freunde, die solche Abschweifungen von mir nicht gewohnt waren, in großer Verwunderung, beschäftigt mit allerlei Kon­ jekturen, was meine geheimnisvolle Reise wohl habe bedeuten sollen. Wenn ich ihnen darauf meine Geschichte ganz ordentlich erzählte, er­ klärten sie mir solche für ein Märchen und suchten scharfsinnig hinter das Rätsel zu kommen, das ich unter der Schusterherberge zu verhüllen mutwillig genug sei. Hätten sie mir aber ins Herz sehen können, so würden sie keinen Mutwillen darin entdeckt haben: denn die Wahrheit jenes alten Worts, Zuwachs an Kenntnis ist Zuwachs an Unruhe, hatte mich mit ganzer Gewalt getroffen, und jemehr ich mich anstrengte, dasjenige was ich gesehn, zu ordnen und mir zuzueignen, je weniger gelang es mir; ich mußte mir zuletzt ein stilles Nachwirken gefallen lassen. Das gewöhn­ liche Leben ergriff mich wieder, und ich fühlte mich zuletzt ganz be­ haglich, wenn ein freundschaftlicher Umgang, Zunahme an Kenntnis­ sen, die mir gemäß waren, und eine gewisse Übung der Hand mich auf eine weniger | bedeutende, aber meinen Kräften mehr proportionierte Weise beschäftigten. Eine sehr angenehme und für mich heilsame Verbindung, zu der ich gelangte, war die mit dem Breitkopfischen Hause. Bernhard Chris-

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calate dallo spettacolo desolante di alcune strade di Dresda che mi era capitato di percorrere, distrutte e abbandonate. La Mohrenstrasse coperta di macerie, la Kreuzkirche con il suo campanile sventrato mi fecero una profonda impressio­ ne e costituiscono ancora oggi macchie scure nella mia im­ maginazione. Dalla cupola della Frauenkirche vidi le tristi rovine disseminate qua e là nella bella geometria cittadina; il sacrestano elogiava l’abilità del costruttore148, che aveva progettato e costruito chiesa e cupola a prova di cannone, prevedendo una tale deprecabile evenienza. Indicandomi le macerie sparse per ogni dove, il buon uomo esclamò laco­ nico: «il nemico ha fatto questo!»149 Infine me ne tornai a malincuore a Lipsia e trovai i miei amici che, non abituati a vedermi sparire in quel modo, si erano meravigliati e sprofondati in ogni sorta di congetture sui significati reconditi del mio viaggio. Quando raccontai loro per filo e per segno la storia, la presero per una frottola e cercavano di carpire con l’astuzia il segreto che celavo maliziosamente dietro l’alloggio del calzolaio150. Se avessero potuto leggermi nel cuore, non vi avrebbero trovato malizia alcuna: piuttosto ero stato investito con for­ za dalla verità di quel vecchio proverbio che recita che con l’aumentare del sapere cresce anche l’inquietudine, e quan­ to più mi sforzavo di mettere in ordine e di rielaborare ciò che avevo visto, meno ci riuscivo; alla fine dovetti darmi per vinto e lasciare che agisse in sordina. La vita quotidia­ na mi assorbì nuovamente, e alla fine mi sentii di nuovo a mio agio quando i rapporti con gli amici, l’acquisizione di conoscenze più adatte a me e un certo esercizio manuale mi fornirono un’occupazione | meno significativa ma senz’al­ tro più proporzionata alle mie forze. Una conoscenza molto gradita e per me salutare fu quel­ la con la famiglia Breitkopf. Bernhard Christoph Breitkopf,

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toph Breitkopf, der eigentliche Stifter der Familie, der als ein armer Buchdruckergesell nach Leipzig gekommen war, lebte noch und be­ wohnte den goldenen Bären, ein ansehnliches Gebäude auf dem neuen Neumarkt, mit Gottsched als Hausgenossen. Der Sohn, Joh. Gottlob Immanuel, war auch schon längst verheiratet und Vater mehrerer Kin­ der. Einen Teil ihres ansehnlichen Vermögens glaubten sie nicht besser anwenden zu können, als indem sie ein großes neues Haus, zum silber­ nen Bären, dem ersten gegenüber errichteten, welches höher und weit­ läuftiger als das Stammhaus selbst angelegt ward. Gerade zu der Zeit des Baues ward ich mit der Familie bekannt. Der älteste Sohn mochte einige Jahre mehr haben als ich, ein wohlgestalteter junger Mann, der Musik ergeben und geübt sowohl den Flügel als die Violine fertig zu behandeln. Der zweite, eine treue gute Seele, gleichfalls musikalisch, belebte nicht weniger als der älteste die Konzerte, die öfters veranstal­ tet wurden. Sie waren mir beide, so wie auch Eltern und Schwestern, gewogen; ich ging ihnen beim Auf- und Ausbau, beim Möblieren und Einziehen zur Hand, und begriff dadurch manches, was sich auf ein solches Geschäft bezieht; auch hatte ich Gelegenheit, die Oeserischen Lehren angewendet zu sehn. In dem neuen Hause, das ich also entste­ hen sah, war ich oft zum Besuch. Wir trieben manches gemeinschaft­ lich, und der älteste komponierte einige meiner Lieder, die, gedruckt, seinen Namen, aber nicht den meinigen führten und wenig bekannt geworden sind. Ich habe die besseren ausgezogen und zwischen meine übrigen kleinen Poesien eingeschaltet. Der Vater hatte den Notendruck erfunden oder vervollkommnet. Von einer schönen Bibliothek, die sich meistens auf den Ursprung der Buchdruckerei und ihr Wachstum be­ zog, erlaubte er mir den Gebrauch, wodurch ich mir in diesem Fache einige  | Kenntnis erwarb. Ingleichen fand ich daselbst gute Kupfer­ werke, die das Altertum darstellten, und setzte meine Studien auch von dieser Seite fort, welche dadurch noch mehr gefördert wurden, daß eine ansehnliche Schwefelsammlung beim Umziehen in Unordnung geraten war. Ich brachte sie, so gut ich konnte, wieder zurechte und war genötigt dabei mich im Lippert und Anderen umzusehen. Einen

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il capostipite della famiglia151, venuto a Lipsia come pove­ ro apprendista tipografo, era ancora vivo e abitava all’Orso d’oro, un imponente edificio sul Neumarkt, con Gottsched come co-inquilino. Il figlio Johann Gottlob Immanuel era già sposato da tempo e padre di numerosi figli. Pensarono di impiegare una parte del loro patrimonio nella costruzio­ ne di una nuova casa che chiamarono all’Orso d’argento, proprio di fronte all’altra ma più alta e spaziosa. Li conobbi proprio mentre era in corso la costruzione. Il figlio mag­ giore poteva avere qualche anno più di me, un giovanotto di bella presenza, amante della musica e abile suonatore di pianoforte e violino. Il secondo, buono e gentile, anche lui musicalmente dotato, ravvivava insieme al fratello i con­ certi che organizzavano di frequente. Entrambi, come i ge­ nitori e le sorelle, mi avevano preso in simpatia: davo loro una mano a smontare e rimontare, ad arredare e traslocare imparando anche parecchie cose al riguardo, ed ebbi inoltre l’occasione di vedere applicati gli insegnamenti di Oeser. Li andavo spesso a trovare nella nuova casa, che avevo visto sorgere, e ci capitò anche di lavorare insieme: il maggiore musicò alcuni miei Lieder che furono poi stampati ma con il suo nome152, e non con il mio, ed ebbero scarsa risonanza. Ho poi ripreso i migliori e li ho inclusi tra le mie poesie. Il padre aveva inventato – o perfezionato – la stampa delle partiture e mi permetteva di utilizzare la sua bella bibliote­ ca, riguardante in particolare le origini e lo sviluppo della stampa – acquisii così delle nozioni anche in | quell’ambito. Ci trovai inoltre delle belle incisioni con soggetti antichi che mi permisero di proseguire i miei studi in questo campo, aiutato da una considerevole raccolta di calchi in zolfo che, durante il trasloco, era finita sottosopra. Cercai di riordinar­ la meglio che potevo, ritrovandomi costretto a consultare il Lippert e altri cataloghi. Un medico, il dottor Reichel153,

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Arzt, Doktor Reichel, gleichfalls einen Hausgenossen, konsultierte ich von Zeit zu Zeit, da ich mich wo nicht krank, doch unmustern fühlte, und so führten wir zusammen ein stilles anmutiges Leben. Nun sollte ich in diesem Hause noch eine andere Art von Verbin­ dung eingehen. Es zog nämlich in die Mansarde der Kupferstecher Stock. Er war aus Nürnberg gebürtig, ein sehr fleißiger und in seinen Arbeiten genauer und ordentlicher Mann. Auch Er stach, wie Geyser, nach Oeserischen Zeichnungen größere und kleinere Platten, die zu Romanen und Gedichten immer mehr in Schwung kamen. Er radierte sehr sauber, so daß die Arbeit aus dem Ätzwasser beinahe vollendet he­ rauskam, und mit dem Grabstichel, den er sehr gut führte, nur weniges nachzuhelfen blieb. Er machte einen genauen Überschlag, wie lange ihn eine Platte beschäftigen würde, und nichts war vermögend ihn von seiner Arbeit abzurufen, wenn er nicht sein täglich vorgesetztes Pen­ sum vollbracht hatte. So saß er an einem breiten Arbeitstisch am gro­ ßen Giebelfenster, in einer sehr ordentlichen und reinlichen Stube, wo ihm Frau und zwei Töchter häusliche Gesellschaft leisteten. Von diesen letzten ist die eine glücklich verheiratet und die andere eine vorzügli­ che Künstlerin; sie sind lebenslänglich meine Freundinnen geblieben. Ich teilte nun meine Zeit zwischen den obern und untern Stockwerken und attachierte mich sehr an den Mann, der bei seinem anhaltenden Fleiße einen herrlichen Humor besaß und die Gutmütigkeit selbst war. Mich reizte die reinliche Technik dieser Kunstart, und ich gesell­ te mich zu ihm, um auch etwas dergleichen zu verfertigen. Meine Neigung hatte sich wieder auf die | Landschaft gelenkt, die mir bei einsamen Spaziergängen unterhaltend, an sich erreichbar und in den Kunstwerken faßlicher erschien als die menschliche Figur, die mich abschreckte. Ich radierte daher unter seiner Anleitung verschiedene Landschaften nach Thiele und Andern, die, obgleich von einer ungeüb­ ten Hand verfertigt, doch einigen Effekt machten und gut aufgenom­ men wurden. Das Grundieren der Platten, das Weißanstreichen der­

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abitava a sua volta nella stessa casa e lo interpellavo di tan­ to in tanto, quando mi sentivo non necessariamente malato, ma non tanto in forma, e così la vita proseguiva tranquilla e piacevole. In quella casa dovevo fare anche un’altra conoscenza: si trasferì infatti nella mansarda Stock, l’incisore154. Era origi­ nario di Norimberga, un uomo molto diligente, nel lavoro preciso e ordinato. Anche lui, come Geyser, preparava ta­ vole grandi e piccole su disegno di Oeser, che erano sempre più di moda per la decorazione di romanzi e poesie. Aveva un tratto molto pulito tanto che i lavori uscivano quasi per­ fetti dall’acido, avevano solo bisogno di qualche piccolo ritocco col bulino, che maneggiava con grande perizia. Fa­ ceva una previsione accurata di quanto tempo ci avrebbe impiegato per una lastra, e niente poteva distoglierlo finché non aveva terminato il lavoro stabilito. Sedeva a un ampio tavolo da lavoro accanto alla finestra della mansarda in una stanza pulita e ordinata, dove gli tenevano compagnia la moglie e due figlie. Delle due, una è felicemente sposata e l’altra è un’eccellente artista, e siamo rimasti in amicizia per tutta la vita. Passavo dunque il tempo tra i piani superio­ ri e quelli inferiori e mi affezionai molto a quell’uomo che, operoso e instancabile, aveva un bellissimo carattere ed era la benevolenza in persona. Mi affascinava la tecnica pulita di quell’arte e andavo da lui per produrre anch’io qualcosa di simile. La mia pre­ ferenza andava di nuovo | ai paesaggi, che apprezzavo nel­ le mie passeggiate solitarie e mi sembravano più fattibili e semplici della figura umana, che invece mi intimoriva. Sotto la sua guida incisi così alcuni paesaggi di Thiele155 e di altri che, sebbene realizzati con mano inesperta, fecero comunque la loro figura e furono apprezzati. La prepara­ zione del fondo e la verniciatura delle lastre, poi l’incisione

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selben, das Radieren selbst und zuletzt das Ätzen, gab mannigfaltige Beschäftigung, und ich war bald dahin gelangt, daß ich meinem Meis­ ter in manchen Dingen beistehen konnte. Mir fehlte nicht die beim Ätzen nötige Aufmerksamkeit, und selten daß mir etwas mißlang; aber ich hatte nicht Vorsicht genug, mich gegen die schädlichen Dünste zu verwahren, die sich bei solcher Gelegenheit zu entwickeln pflegen, und sie mögen wohl zu den Übeln beigetragen haben, die mich nachher eine Zeit lang quälten. Zwischen solchen Arbeiten wurde auch manch­ mal, damit ja alles versucht würde, in Holz geschnitten. Ich verfertigte verschiedene kleine Druckerstöcke, nach französischen Mustern, und manches davon ward brauchbar gefunden. Man lasse mich hier noch einiger Männer gedenken, welche sich in Leipzig aufhielten, oder daselbst auf kurze Zeit verweilten. Kreis­ steuereinnehmer Weisse, in seinen besten Jahren, heiter, freundlich und zuvorkommend, ward von uns geliebt und geschätzt. Zwar wollten wir seine Theaterstücke nicht durchaus für musterhaft gelten lassen, ließen uns aber doch davon hinreißen, und seine Opern, durch Hillern auf eine leichte Weise belebt, machten uns viel Vergnügen. Schiebler, von Hamburg, betrat dieselbige Bahn, und dessen Lisuard und Dariolette ward von uns gleichfalls begünstigt. Eschenburg, ein schöner junger Mann, nur um weniges älter als wir, zeichnete sich unter den Studie­ renden vorteilhaft aus. Zachariä ließ sich’s einige Wochen bei uns ge­ fallen und speiste, durch seinen Bruder eingeleitet, mit uns an Einem Tische. Wir schätzten es, wie billig, für eine Ehre, wechselsweise durch ein Paar | außerordentliche Gerichte, reichlicheren Nachtisch und aus­ gesuchteren Wein unserm Gast zu willfahren, der, als ein großer, wohl­ gestalteter, behaglicher Mann, seine Neigung zu einer guten Tafel nicht verhehlte. Lessing traf zu einer Zeit ein, wo wir ich weiß nicht was im Kopf hatten: es beliebte uns, ihm nirgends zu gefallen zu gehen, ja die Orte, wo er hinkam, zu vermeiden, wahrscheinlich weil wir uns zu gut dünkten, von ferne zu stehen, und keinen Anspruch machen konnten, in ein näheres Verhältnis mit ihm zu gelangen. Diese augenblickliche Albernheit, die aber bei einer anmaßlichen und grillenhaften Jugend

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vera e propria e infine il bagno nell’acido mi impegnavano in vario modo e ben presto fui in grado di aiutare il mio maestro. Ero sempre molto cauto quando lavoravo con l’a­ cido ed era raro che sbagliassi; ma non fui sufficientemente attento nel proteggermi dai vapori nocivi che si sviluppano in quelle occasioni e hanno così contribuito alle malattie che poi mi tormentarono per un certo tempo. Tra una cosa e l’altra, tanto per sperimentare tutto, feci anche degli intagli su legno; approntai dei piccoli fregi tipografici su modello francese, alcuni dei quali vennero anche utilizzati156. Vorrei ora ricordare alcuni personaggi che risiedevano a Lipsia o che vi transitarono in quel periodo. L’esattore distrettuale delle imposte Weiße, nel fiore degli anni, al­ legro, gioviale e sollecito si conquistò affetto e stima. La sua produzione teatrale non ci sembrava certo esemplare ma comunque ci coinvolgeva, e le sue opere, delicatamente musicate da Hiller, erano molto divertenti. Schiebeler, di Amburgo, imboccò la stessa strada, e il suo Lisuart e Dariolette ci piacque molto. Eschenburg, un bel giovanotto di poco più grande di me, si mise in luce tra gli studenti157, Zachariä si trattenne qualche settimana da noi e, presenta­ toci dal fratello, mangiò anche alla nostra tavola. Conside­ ravamo un onore, come è giusto, intrattenere a turno | con qualche piatto speciale, un dessert abbondante e vini scelti il nostro ospite, un uomo grande e grosso che non nascon­ deva il suo amore per la buona tavola. Lessing passò di qui in un periodo in cui non so che cosa ci frullasse per la testa, per cui ci rifiutammo di andare a salutarlo, anzi, evitammo i luoghi che egli frequentava, forse perché eravamo troppo vanitosi per osservarlo solo da lontano, ma allo stesso tem­ po non avevamo la pretesa di poter intavolare un rapporto più stretto con lui158. Quella momentanea stupidità, del re­ sto non rara nei giovani presuntuosi e viziati, fu anche la

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nichts seltenes ist, bestrafte sich freilich in der Folge, indem ich diesen so vorzüglichen und von mir aufs höchste geschätzten Mann niemals mit Augen gesehen. Bei allen Bemühungen jedoch, welche sich auf Kunst und Altertum bezogen, hatte jeder stets Winkelmann vor Augen, dessen Tüchtigkeit im Vaterlande mit Enthusiasmus anerkannt wurde. Wir lasen fleißig seine Schriften, und suchten uns die Umstände bekannt zu machen, unter welchen er die ersten geschrieben hatte. Wir fanden darin man­ che Ansichten, die sich von Oesern herzuschreiben schienen, ja sogar Scherz und Grillen nach seiner Art, und ließen nicht nach, bis wir uns einen ungefähren Begriff von der Gelegenheit gemacht hatten, bei wel­ cher diese merkwürdigen und doch mitunter so rätselhaften Schriften entstanden waren; ob wir es gleich dabei nicht sehr genau nahmen: denn die Jugend will lieber angeregt als unterrichtet sein, und es war nicht das letzte Mal, daß ich eine bedeutende Bildungsstufe sibyllini­ schen Blättern verdanken sollte. Es war damals in der Literatur eine schöne Zeit, wo vorzüglichen Menschen noch mit Achtung begegnet wurde, obgleich die Klotzi­ schen Händel und Lessings Kontroversen schon darauf hindeuteten, daß diese Epoche sich bald schließen werde. Winkelmann genoß einer solchen allgemeinen, unangetasteten Verehrung, und man weiß, wie empfindlich er war gegen irgend etwas | Öffentliches, das seiner wohl gefühlten Würde nicht gemäß schien. Alle Zeitschriften stimmten zu seinem Ruhme überein, die besseren Reisenden kamen belehrt und entzückt von ihm zurück, und die neuen Ansichten, die er gab, verbreiteten sich über Wissenschaft und Leben. Der Fürst von Dessau hatte sich zu einer gleichen Achtung emporgeschwungen. Jung, wohl und edeldenkend, hatte er sich auf seinen Reisen und sonst recht wünschenswert erwiesen. Winkelmann war im höchsten Grade von ihm entzückt und belegte ihn, wo er seiner gedachte, mit den schönsten

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mia punizione, perché non ebbi mai più l’occasione di in­ contrare di persona quell’uomo eccellente che stimavo così tanto. Comunque, per tutti coloro che studiavano l’arte e l’anti­ chità, Winckelmann rimaneva sempre il punto di riferimen­ to; la sua attività veniva seguita con entusiasmo in patria. Leggevamo attenti i suoi scritti, cercavamo di capire le si­ tuazioni in cui aveva scritto le sue prime opere; vi ritro­ vammo alcune opinioni, persino dei tratti ironici e balzani che potevano ben provenire da Oeser, e non ci arrendem­ mo finché non ci fummo fatti un’idea approssimativa delle occasioni da cui erano scaturiti quegli scritti notevoli ma anche così enigmatici. Senza badare però troppo alla pre­ cisione, perché i giovani preferiscono essere stimolati più che istruiti, e non fu l’ultima volta che dovetti ringraziare pagine sibilline159 per un significativo progresso nella mia formazione. Per la letteratura fu un bel periodo, in cui i personag­ gi di rilievo erano trattati con riguardo, sebbene le critiche di Klotz e le polemiche di Lessing facevano già presagi­ re che quell’epoca sarebbe finita presto160. Winckelmann godeva di una venerazione generale e assoluta, e sappia­ mo bene quanto fosse suscettibile nei confronti di qualsi­ asi opinione | del pubblico che non fosse all’altezza della sua dignità. Tutte le riviste erano concordi nell’osannarlo, i viaggiatori più sensibili tornavano edificati ed entusiasti di lui, e le nuove prospettive che egli tracciava allargavano gli orizzonti della conoscenza e della vita. Anche il principe di Dessau si era conquistato una simile fama. Giovane e con nobili ideali, si era dimostrato molto promettente sia nel corso dei suoi viaggi che in altre occasioni. Winckel­ mann ne era estremamente entusiasta e quando parlava di lui utilizzava gli aggettivi più lusinghieri. La progettazione

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Beinamen. Die Anlage eines damals einzigen Parks, der Geschmack zur Baukunst, welchen von Erdmannsdorf durch seine Tätigkeit unter­ stützte, alles sprach zu Gunsten eines Fürsten, der, indem er durch sein Beispiel den übrigen vorleuchtete, Dienern und Untertanen ein gold­ nes Zeitalter versprach. Nun vernahmen wir jungen Leute mit Jubel, daß Winkelmann aus Italien zurückkehren, seinen fürstlichen Freund besuchen, unterwegs bei Oesern eintreten und also auch in unsern Ge­ sichtskreis kommen würde. Wir machten keinen Anspruch mit ihm zu reden; aber wir hofften ihn zu sehen, und weil man in solchen Jahren einen jeden Anlaß gern in eine Lustpartie verwandelt, so hatten wir schon Ritt und Fahrt nach Dessau verabredet, wo wir in einer schönen, durch Kunst verherrlichten Gegend, in einem wohl administrierten und zugleich äußerlich geschmückten Lande, bald da bald dort aufzupassen dachten, um die über uns so weit erhabenen Männer mit eigenen Augen umherwandeln zu sehen. Oeser war selbst ganz exaltiert, wenn er da­ ran nur dachte, und wie ein Donnerschlag bei klarem Himmel fiel die Nachricht von Winkelmanns Tode zwischen uns nieder. Ich erinnere mich noch der Stelle, wo ich sie zuerst vernahm; es war in dem Hofe der Pleißenburg, nicht weit von der kleinen Pforte, durch die man zu Oeser hinaufzusteigen pflegte. Es kam mir ein Mitschüler entgegen, sagte mir, daß Oeser nicht zu sprechen sei, und die Ursache warum. Dieser ungeheuere Vorfall tat eine ungeheuere Wirkung; es war ein all­ gemeines Jammern und Wehklagen, und sein | frühzeitiger Tod schärfte die Aufmerksamkeit auf den Wert seines Lebens. Ja vielleicht wäre die Wirkung seiner Tätigkeit, wenn er sie auch bis in ein höheres Alter fortgesetzt hätte, nicht so groß gewesen, als sie jetzt werden mußte, da er, wie mehrere außerordentliche Menschen, auch noch durch ein selt­ sames und widerwärtiges Ende vom Schicksal ausgezeichnet worden. Indem ich nun aber Winkelmanns Abscheiden grenzenlos beklagte, so dachte ich nicht, daß ich mich bald in dem Falle befinden würde, für mein eignes Leben besorgt zu sein: denn unter allem diesen hat­

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di un parco unico ai suoi tempi, il gusto per l’architettura che von Erdmannsdorff favoriva grazie alla sua attività, tut­ to parlava a favore di un sovrano che, esempio sfolgorante per tutti gli altri, prometteva a servitori e sudditi una nuova età dell’oro161. A un tratto ci giunse la gioiosa notizia che Winckelmann sarebbe tornato dall’Italia, avrebbe fatto vi­ sita al sovrano suo amico e fatto tappa da Oeser, entrando così anche nel nostro campo visivo. Non avevamo l’ardire di parlargli, ma speravamo almeno di vederlo, e dato che quando si è giovani ogni occasione si trasforma spesso in una gita di piacere, avevamo già programmato un viaggio a Dessau a cavallo e in carrozza. Là, in una regione amena resa ancor più splendida dall’arte, in una terra ben ammini­ strata e in più attraente verso l’esterno, ci saremmo appo­ stati qua e là per vedere con i nostri occhi durante le loro passeggiate quei due uomini tanto superiori a noi. Oeser era fuori di sé già solo al pensiero, quando come un fulmine ci colpì la notizia della morte di Winckelmann. Mi ricordo an­ cora dove mi trovavo quando lo appresi: ero nel cortile del Pleißenburg, non lontano dalla porticina che conduce all’al­ loggio di Oeser. Uno dei miei compagni mi venne incontro dicendomi che non si poteva parlare con Oeser e mi spiegò il perché. Lo spaventoso evento ebbe un effetto terrificante, ci furono pianti e lamenti generali e la sua morte | prematura non fece che accrescere la considerazione per la sua vita; anzi, se avesse proseguito la sua attività fino in età avan­ zata, la sua influenza non sarebbe stata così intensa come divenne invece ora che, come molti uomini straordinari, era stato segnato dal destino con una fine così improvvisa e or­ ribile162. Ma mentre mi lamentavo sconsolato per la morte di Winckelmann, non immaginavo che presto mi sarei trovato nella condizione di temere per la mia stessa vita, perché

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ten meine körperlichen Zustände nicht die beste Wendung genommen. Schon von Hause hatte ich einen gewissen hypochondrischen Zug mit­ gebracht, der sich in dem neuen sitzenden und schleichenden Leben eher verstärkte als verschwächte. Der Schmerz auf der Brust, den ich seit dem Auerstädter Unfall von Zeit zu Zeit empfand und der, nach einem Sturz mit dem Pferde, merklich gewachsen war, machte mich mißmutig. Durch eine unglückliche Diät verdarb ich mir die Kräfte der Verdauung; das schwere Merseburger Bier verdüsterte mein Gehirn, der Kaffee, der mir eine ganz eigne triste Stimmung gab, besonders mit Milch nach Tische genossen, paralysierte meine Eingeweide und schien ihre Funktionen völlig aufzuheben, so daß ich deshalb große Beängstigungen empfand, ohne jedoch den Entschluß zu einer vernünf­ tigeren Lebensart fassen zu können. Meine Natur, von hinlänglichen Kräften der Jugend unterstützt, schwankte zwischen den Extremen von ausgelassener Lustigkeit und melancholischem Unbehagen. Ferner war damals die Epoche des Kaltbadens eingetreten, welches unbedingt empfohlen ward. Man sollte auf hartem Lager schlafen, nur leicht zu­ gedeckt, wodurch denn alle gewohnte Ausdünstung unterdrückt wur­ de. Diese und andere Torheiten, in Gefolg von mißverstande­nen An­ regungen Rousseau’s, würden uns, wie man versprach, der Natur näher führen und uns aus dem Verderbnisse der Sitten retten. Alles Obige nun, ohne Unterscheidung, mit | unvernünftigem Wechsel angewen­ det, empfanden mehrere als das Schädlichste, und ich verhetzte meinen glücklichen Organismus dergestalt, daß die darin enthaltenen beson­ dern Systeme zuletzt in eine Verschwörung und Revolution ausbrechen mußten, um das Ganze zu retten. Eines Nachts wachte ich mit einem heftigen Blutsturz auf, und hatte noch so viel Kraft und Besinnung, meinen Stubennachbar zu wecken. Doktor Reichel wurde gerufen, der mir aufs freundlichste hülfreich ward, und so schwankte ich mehrere Tage zwischen Leben und Tod, und selbst die Freude an einer erfolgenden Besserung wurde dadurch vergällt, daß sich, bei jener Eruption, zugleich ein Geschwulst an der

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tra una cosa e l’altra il mio stato di salute non era dei mi­ gliori. Da casa avevo portato con me una certa tendenza all’ipocondria, che con la nuova vita sedentaria e inerte non aveva fatto che accentuarsi invece che diminuire. Il dolore al petto che dall’incidente di Auerstedt ogni tanto si ripre­ sentava era decisamente aumentato dopo una caduta da ca­ vallo e mi deprimeva. Grazie a una dieta infelice mi rovinai completamente la digestione; la birra di Merseburg, molto pesante, mi offuscava il cervello; il caffè, che mi produce­ va uno strano senso di tristezza, soprattutto se preso con il latte dopo mangiato, paralizzò l’intestino bloccandone completamente il funzionamento e tutto ciò mi angustiava, senza che però mi decidessi ad adottare uno stile di vita più sensato. Il mio umore, sorretto quanto bastava dalle energie della gioventù, oscillava tra gli estremi di un’allegria sfre­ nata e un malessere melanconico. In più quella era l’epoca dei bagni freddi, che venivano consigliati a ogni costo. Si doveva dormire su un letto duro e coprirsi poco, e questo ovviamente eliminava l’abituale traspirazione. Questa e al­ tre sciocchezze, derivate dal fraintendimento delle racco­ mandazioni di Rousseau, ci avrebbero portato più vicino alla natura – così almeno ci assicuravano – salvandoci dalla decadenza dei costumi. Tutte quelle indicazioni, applicate | in modo disordinato e senza discernimento, ebbero per mol­ ti effetti nefasti e anch’io tormentai il mio organismo sano a tal punto che i singoli organi al suo interno finirono col cospirare e ribellarsi per salvare il tutto. Una notte mi svegliai con una violenta emorragia163 ed ebbi appena la forza e la prontezza di svegliare il mio vici­ no. Si chiamò il dottor Reichel che mi assistette con solle­ citudine e per diversi giorni oscillai tra la vita e la morte; ma la gioia per la convalescenza, una volta avviata, fu gua­ stata dal fatto che durante l’emorragia si era formato anche

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linken Seite des Halses gebildet hatte, den man jetzt erst, nach vorüber­ gegangner Gefahr, zu bemerken Zeit fand. Genesung ist jedoch immer angenehm und erfreulich, wenn sie auch langsam und kümmerlich von Statten geht, und da bei mir sich die Natur geholfen, so schien ich auch nunmehr ein anderer Mensch geworden zu sein: denn ich hatte eine größere Heiterkeit des Geistes gewonnen, als ich mir lange nicht gekannt, ich war froh mein Inneres frei zu fühlen, wenn mich gleich äußerlich ein langwieriges Leiden bedrohte. Was mich aber in dieser Zeit besonders aufrichtete, war zu sehen, wie viel vorzügliche Männer mir unverdient ihre Neigung zugewen­ det hatten. Unverdient, sage ich: denn es war keiner darunter, dem ich nicht, durch widerliche Launen, beschwerlich gewesen wäre, keiner, den ich nicht durch krankhaften Widersinn mehr als einmal verletzt, ja den ich nicht, im Gefühl meines eignen Unrechts, eine Zeit lang stör­ risch gemieden hätte. Dies alles war vergessen, sie behandelten mich aufs liebreichste und suchten mich teils auf meinem Zimmer, teils so­ bald ich es verlassen konnte, zu unterhalten und zu zerstreuen. Sie fuh­ ren mit mir aus, bewirteten mich auf ihren Landhäusern, und ich schien mich bald zu erholen. Unter diesen Freunden nenne ich wohl zuvörderst den damaligen Ratsherrn, nachherigen Burgemeister von | Leipzig, Doktor Hermann. Er war unter denen Tischgenossen, die ich durch Schlosser kennen lern­ te, derjenige, zu dem sich ein immer gleiches und dauerndes Verhältnis bewährte. Man konnte ihn wohl zu den fleißigsten der akademischen Mitbürger rechnen. Er besuchte seine Kollegien auf das regelmäßigste und sein Privatfleiß blieb sich immer gleich. Schritt vor Schritt, ohne die mindeste Abweichung, sah ich ihn den Doktorgrad erreichen, dann sich zur Assessur emporheben, ohne daß ihm hiebei etwas mühsam ge­ schienen, daß er im mindesten etwas übereilt oder verspätet hätte. Die Sanftheit seines Charakters zog mich an, seine lehrreiche Unterhaltung hielt mich fest; ja ich glaube wirklich, daß ich mich an seinem geregel­ ten Fleiß vorzüglich deswegen erfreute, weil ich mir von einem Ver­

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un bubbone sul lato sinistro del collo di cui ci si accorse solo dopo, una volta passato il pericolo. La guarigione è comunque sempre piacevole e consolante, anche quando è stentata e lenta, e dato che nel mio caso la natura aveva aiutato se stessa, sembravo divenuto un altro: avevo infatti riguadagnato una grande serenità come non avevo da tem­ po ed ero felice di sentirmi interiormente libero, anche se esternamente ero minacciato da una lunga infermità. In quel frangente mi fu di particolare conforto vedere quanti uomini eccellenti mi manifestarono il loro affetto, per quanto immeritato. Immeritato, dico: perché tra loro non c’era nessuno che non avessi irritato con i miei sgarbati malumori, nessuno che non avessi offeso più di una volta con esasperate prese di posizione o che, sapendo di avere torto, non avessi evitato con ostinazione per molto tempo. Era tutto dimenticato, mi trattavano col più grande affetto e cercavano di intrattenermi e di distrarmi chi nella mia stan­ za, chi all’esterno, quando fui in grado di uscire. Facevano con me delle gite e mi accoglievano nelle loro case di cam­ pagna, e presto mi sembrò di sentirmi meglio. Tra questi amici voglio ricordare in primo luogo il dottor Hermann, consigliere e poi borgomastro di | Lipsia164. Tra tutti i commensali che avevo conosciuto tramite Schlosser, fu quello con cui sviluppai il rapporto più duraturo e stabi­ le. Lo si poteva a buon diritto considerare uno dei cittadini accademici più attivi, frequentava assiduamente le lezioni e il suo impegno nello studio fu sempre costante: passo dopo passo, senza la minima incertezza, lo vidi conseguire il ti­ tolo di dottore, poi diventare assessore, senza che nulla gli risultasse faticoso, senza mai accelerare o ritardare. Mi pia­ ceva la dolcezza del suo carattere, la sua dotta conversazio­ ne era avvincente e credo anzi che mi piacesse così tanto il suo impegno regolare perché, attraverso il riconoscimento

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dienste, dessen ich mich keineswegs rühmen konnte, durch Anerken­ nung und Hochschätzung, wenigstens einen Teil zuzueignen meinte. Eben so regelmäßig als in seinen Geschäften, war er in Ausübung seiner Talente und im Genuß seiner Vergnügungen. Er spielte den Flü­ gel mit großer Fertigkeit, zeichnete mit Gefühl nach der Natur, und regte mich an das Gleiche zu tun; da ich denn in seiner Art auf grau Papier mit schwarzer und weißer Kreide gar manches Weidigt der Plei­ ße und manchen lieblichen Winkel dieser stillen Wasser nachzubilden und dabei immer sehnsüchtig meinen Grillen nachzuhängen pflegte. Er wußte mein mitunter komisches Wesen durch heitere Scherze zu erwidern, und ich erinnere mich mancher vergnügten Stunde, die wir zusammen zubrachten, wenn er mich mit scherzhafter Feierlichkeit zu einem Abendessen unter vier Augen einlud, wo wir mit eignem An­ stand, bei angezündeten Wachslichtern, einen sogenannten Ratshasen, der ihm als Deputat seiner Stelle in die Küche gelaufen war, verzehr­ ten, und mit gar manchen Späßen, in Behrischens Manier, das Essen zu würzen und den Geist des Weines zu erhöhen beliebten. Daß dieser treffliche und noch jetzt in seinem ansehnlichen Amte immer fort wirk­ same Mann mir bei meinem zwar geahndeten, | aber in seiner ganzen Größe nicht vorausgesehenen Übel den treulichsten Beistand leistete, mir jede freie Stunde schenkte, und durch Erinnerung an frühere Hei­ terkeiten den trüben Augenblick zu erhellen wußte, erkenne ich noch immer mit dem aufrichtigsten Dank, und freue mich nach so langer Zeit ihn öffentlich abstatten zu können. Außer diesem werten Freunde nahm sich Gröning von Bremen be­ sonders meiner an. Ich hatte erst kurz vorher seine Bekanntschaft ge­ macht, und sein Wohlwollen gegen mich ward ich erst bei dem Unfalle gewahr; ich fühlte den Wert dieser Gunst um so lebhafter, als Niemand leicht eine nähere Verbindung mit Leidenden sucht. Er sparte nichts, um mich zu ergetzen, mich aus dem Nachsinnen über meinen Zustand herauszuziehen und mir Genesung und gesunde Tätigkeit in der nächs­ ten Zeit vorzuzeigen und zu versprechen. Wie oft habe ich mich ge­

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e la stima, speravo di acquisire almeno in minima parte una qualità che io proprio non avevo. Tanto era metodico nel lavoro, altrettanto lo era nell’e­ sercitare il suo talento e nel divertirsi. Suonava il pianoforte con grande abilità, disegnava dal vero con sentimento e mi incoraggiò a fare lo stesso; e così anch’io, come lui, pren­ devo carta grigia e gessetti bianchi e neri per disegnare i gruppi di salici sulla Pleiße e qualche angolo grazioso di quelle placide acque, ma sempre abbandonandomi alle mie fisime malinconiche. Aveva imparato a compensare i miei bizzarri stati d’animo con allegre battute, e ricordo molti momenti passati insieme in allegria, ad esempio quando mi invitò con comica solennità a una cena a quattr’occhi, dove con qualche cerimonia, al lume di candela, consumammo un cosiddetto ‘coniglio del consiglio’ che gli era capitato in cucina in virtù della sua posizione, divertendoci a condire il cibo e ad accrescere lo spirito del vino con vari scher­ zi alla Behrisch. Quel grande uomo, ancora oggi attivo e rispettato nella sua posizione, rimase assiduamente al mio fianco, dedicandomi ogni ora libera fin dal primo manife­ starsi di una malattia la cui gravità si intuiva | ma non era certo prevedibile, cercando di rallegrarmi nei momenti bui con i ricordi delle passate allegrie: di questo gli sono ancor oggi profondamente grato, e mi fa piacere potergli esprime­ re pubblicamente il mio ringraziamento dopo tanto tempo. Oltre a questo caro amico, un altro che si prese particola­ re cura di me fu Gröning di Brema165. Lo avevo conosciuto da poco e quando, durante la malattia, mi resi conto dell’af­ fetto che nutriva per me, percepii ancor di più il valore della sua amicizia, perché nessuno cerca di approfondire i rap­ porti con un ammalato. Fece di tutto pur di divertirmi, pur di distogliermi dai miei tristi pensieri promettendomi e mo­ strandomi prossima la guarigione e la ripresa delle attività.

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freut, in dem Fortgange des Lebens zu hören, wie sich dieser vorzüg­ liche Mann, in den wichtigsten Geschäften, seiner Vaterstadt nützlich und heilbringend erwiesen. Hier war es auch, wo Freund Horn seine Liebe und Aufmerksam­ keit ununterbrochen wirken ließ. Das ganze Breitkopfische Haus, die Stockische Familie, manche Andere behandelten mich als einen nahen Verwandten; und so wurde mir durch das Wohlwollen so vieler freund­ licher Menschen das Gefühl meines Zustandes auf das zarteste gelindert. Umständlicher muß ich jedoch hier eines Mannes erwähnen, den ich erst in dieser Zeit kennen lernte und dessen lehrreicher Umgang mich über die traurige Lage, in der ich mich befand, dergestalt ver­ blendete, daß ich sie wirklich vergaß. Es war Langer, nachheriger Bi­ bliothekar in Wolfenbüttel. Vorzüglich gelehrt und unterrichtet freute er sich an meinem Heißhunger nach Kenntnissen, der sich nun bei der krankhaften Reizbarkeit völlig fieberhaft äußerte. Er suchte mich durch deutliche Übersichten zu beruhigen, und ich bin seinem, obwohl kur­ zen Umgange sehr viel schuldig geworden, indem er mich auf man­ cherlei Weise zu leiten | verstand und mich aufmerksam machte, wohin ich mich gerade gegenwärtig zu richten hätte. Ich fand mich diesem bedeutenden Manne um so mehr verpflichtet, als mein Umgang ihn einiger Gefahr aussetzte: denn als er nach Behrischen die Hofmeister­ stelle bei dem jungen Grafen Lindenau erhielt, machte der Vater dem neuen Mentor ausdrücklich zur Bedingung, keinen Umgang mit mir zu pflegen. Neugierig, ein so gefährliches Subjekt kennen zu lernen, wußte er mich mehrmals am dritten Orte zu sehen. Ich gewann bald seine Neigung, und er, klüger als Behrisch, holte mich bei Nachtszeit ab, wir gingen zusammen spazieren, unterhielten uns von interessanten Dingen, und ich begleitete ihn endlich bis an die Türe seiner Geliebten: denn auch dieser äußerlich streng scheinende, ernste, wissenschaftli­ che Mann war nicht frei von den Netzen eines sehr liebenswürdigen Frauenzimmers geblieben. Die deutsche Literatur und mit ihr meine eignen poetischen Unter­ nehmungen waren mir schon seit einiger Zeit fremd geworden, und

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Quante volte mi sono rallegrato nel corso degli anni, senten­ do come quell’ottima persona si sia rivelata utile e proficua per la sua città in questioni della massima importanza! Anche l’amico Horn mi dimostrò costantemente il suo affetto e la sua sollecitudine. Tutta la famiglia Breitkopf, la famiglia Stock e altri ancora mi trattarono come se fossi un parente stretto, e l’affetto di così tanti amici mi alleviò nel modo più dolce la sofferenza della malattia. Devo invece soffermarmi più a lungo su un uomo che ho conosciuto proprio in quel periodo e la cui conversazione era così istruttiva che mi distolse dalla triste condizione in cui mi trovavo, al punto da farmela davvero dimenticare. Si tratta di Langer, in seguito bibliotecario a Wolfenbüttel166. Di formazione e cultura eccellente, gioiva per la mia sma­ nia di conoscenza, resa febbrile dall’irritabilità della ma­ lattia. Cercava di tranquillizzarmi con delle chiare visioni d’insieme e devo molto al nostro breve rapporto, perché seppe guidarmi in molti modi | e mi fece capire in che dire­ zione dovevo muovermi in quel momento. Gli sono ancora più grato, poiché per assistermi si espose a un certo rischio: era infatti divenuto precettore del giovane conte Lindenau al posto di Behrisch, e il padre gli aveva espressamente posto la condizione di evitare qualsiasi contatto con me. Curioso di conoscere un soggetto tanto pericoloso, riuscì a incontrarmi qualche volta in un posto neutrale, mi prese presto in simpatia ma lui, più furbo di Behrisch, veniva a prendermi di notte, andavamo a passeggio, discorrevamo di cose interessanti e alla fine lo accompagnavo fino alla casa della sua bella – perché anche quell’uomo all’appa­ renza severo, serio e impegnato era caduto nei lacci di una graziosa fanciulla. Da qualche tempo la letteratura tedesca, e con lei le mie imprese poetiche, mi era divenuta estranea, per cui mi ri­

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ich wendete mich wieder, wie es bei einem solchen autodidaktischen Kreisgange zu erfolgen pflegt, gegen die geliebten Alten, die noch im­ mer, wie ferne blaue Berge, deutlich in ihren Umrissen und Massen, aber unkenntlich in ihren Teilen und inneren Beziehungen, den Hori­ zont meiner geistigen Wünsche begrenzten. Ich machte einen Tausch mit Langer, wobei ich zugleich den Glaucus und Diomedes spielte; ich überließ ihm ganze Körbe deutscher Dichter und Kritiker und erhielt dagegen eine Anzahl griechischer Autoren, deren Benutzung mich, selbst bei dem langsamsten Genesen, erquicken sollte. Das Vertrauen, welches neue Freunde sich einander schenken, pflegt sich stufenweise zu entwickeln. Gemeinsame Beschäftigungen und Liebhabereien sind das erste, worin sich eine wechselseitige Über­ einstimmung hervortut; sodann pflegt die Mitteilung sich über vergan­ gene und gegenwärtige Leidenschaften, besonders über Liebesaben­ teuer zu erstrecken; es ist aber noch ein Tieferes, das sich aufschließt, wenn das Verhältnis sich vollenden will, es sind | die religiosen Ge­ sinnungen, die Angelegenheiten des Herzens, die auf das Unvergäng­ liche Bezug haben, und welche sowohl den Grund einer Freundschaft befestigen als ihren Gipfel zieren. Die christliche Religion schwankte zwischen ihrem eignen Histo­ rischpositiven und einem reinen Deismus, der, auf Sittlichkeit gegrün­ det, wiederum die Moral begründen sollte. Die Verschiedenheit der Charaktere und Denkweisen zeigte sich hier in unendlichen Abstufun­ gen, besonders da noch ein Hauptunterschied mit einwirkte, indem die Frage entstand, wie viel Anteil die Vernunft, wie viel die Empfindung an solchen Überzeugungen haben könne und dürfe. Die lebhaftesten und geistreichsten Männer erwiesen sich in diesem Falle als Schmetter­ linge, welche ganz uneingedenk ihres Raupenstandes die Puppenhülle wegwerfen, in der sie zu ihrer organischen Vollkommenheit gediehen sind. Andere, treuer und bescheidner gesinnt, konnte man den Blumen vergleichen, die ob sie sich gleich zur schönsten Blüte entfalten, sich doch von der Wurzel, von dem Mutterstamme nicht losreißen, ja viel­

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volsi di nuovo, come spesso accade nel cammino circolare dell’autodidatta, agli amati classici: come monti lontani e azzurrini, ben definiti nel profilo e nei volumi ma irricono­ scibili singolarmente e nelle loro reciproche relazioni, deli­ mitavano ancora l’orizzonte delle mie aspirazioni spirituali. Feci uno scambio con Langer in cui io facevo la parte di Glauco e di Diomede insieme167: gli consegnai intere ceste di scrittori e critici tedeschi e ne ottenni in cambio un certo numero di autori greci, la cui lettura mi avrebbe ristorato nella mia lentissima convalescenza. La fiducia che i nuovi amici si donano reciprocamente si sviluppa in genere per gradi. Occupazioni e interessi comu­ ni sono il primo stadio in cui si manifesta la sintonia, che poi si estende alle confidenze su passioni presenti e passate, in particolare quelle amorose; ma c’è uno stadio ancora più profondo che si schiude quando l’amicizia vuole raggiun­ gere la perfezione, ed è | quello dei sentimenti religiosi, del­ le aspirazioni del cuore che coinvolgono valori imperituri: questi consolidano le basi di un’amicizia e ne adornano le vette. La religione cristiana oscillava tra la sua stessa visione storico-positiva e un deismo puro che, fondato sull’etica, doveva a sua volta rifondare la morale. Le differenze di ca­ rattere e di pensiero si manifestavano in sfumature infinite soprattutto quando interveniva un’altra distinzione capitale, quella cioè su quale potesse o dovesse essere in quelle con­ vinzioni il ruolo della ragione, quale quello dei sentimenti. I pensatori più acuti e vivaci si dimostrarono in questo caso come le farfalle che, dimentiche del loro precedente stato di larve, gettano via il bozzolo grazie al quale sono giunte alla perfezione organica. Altri, più fedeli e modesti, erano paragonabili ai fiori che, anche quando dispiegano una bel­ lissima fioritura, non si staccano comunque dalle radici e

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mehr durch diesen Familienzusammenhang die gewünschte Frucht erst zur Reife bringen. Von dieser letztern Art war Langer; denn obgleich Gelehrter und vorzüglicher Bücherkenner, so mochte er doch der Bibel vor anderen überlieferten Schriften einen besondern Vorzug gönnen und sie als ein Dokument ansehen, woraus wir allein unsern sittlichen und geistigen Stammbaum dartun könnten. Er gehörte unter diejeni­ gen, denen ein unmittelbares Verhältnis zu dem großen Weltgotte nicht in den Sinn will; ihm war daher eine Vermittelung notwendig, deren Analogon er überall in irdischen und himmlischen Dingen zu finden glaubte. Sein Vortrag, angenehm und konsequent, fand bei einem jun­ gen Menschen leicht Gehör, der durch eine verdrießliche Krankheit von irdischen Dingen abgesondert, die Lebhaftigkeit seines Geistes gegen die himmlischen zu wenden höchst erwünscht fand. Bibelfest wie ich war kam es bloß auf den Glauben an, das was ich mensch­ licher Weise zeither | geschätzt, nunmehr für göttlich zu erklären, wel­ ches mir um so leichter fiel, da ich die erste Bekanntschaft mit diesem Buche als einem göttlichen gemacht hatte. Einem Duldenden, zart, ja schwächlich Fühlenden war daher das Evangelium willkommen, und wenn auch Langer bei seinem Glauben zugleich ein sehr verständiger Mann war und fest darauf hielt, daß man die Empfindung nicht solle vorherrschen, sich nicht zur Schwärmerei solle verleiten lassen; so hät­ te ich doch nicht recht gewußt, mich ohne Gefühl und Enthusiasmus mit dem neuen Testament zu beschäftigen. Mit solchen Unterhaltungen verbrachten wir manche Zeit, und er gewann mich als einen getreuen und wohl vorbereiteten Prosely­ ten dergestalt lieb, daß er manche seiner Schönen zugedachte Stunde mir aufzuopfern nicht anstand, ja sogar Gefahr lief verraten und, wie Behrisch, von seinem Patron übel angesehen zu werden. Ich erwiderte seine Neigung auf das dankbarste, und wenn dasjenige was er für mich

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dallo stelo, anzi, è proprio grazie a questo legame familiare che riescono a portare a maturazione il frutto tanto atteso. Langer era uno di questi ultimi; e nonostante fosse erudito e un eccellente bibliofilo, attribuiva comunque alla Bibbia un valore particolare rispetto a tutti gli altri scritti che ci sono stati tramandati e la considerava l’unico documento dal quale possiamo trarre il nostro albero genealogico spi­ rituale e morale. Era uno di quelli che non concepiscono proprio un rapporto diretto con il Dio dell’universo, aveva bisogno di una mediazione, di cui credeva di trovare ana­ logie nelle cose terrene e in quelle celesti. Il suo ragiona­ mento, gradevole e coerente, trovò facile accoglienza in un giovane che, allontanato dalle cose terrene da una fastidiosa malattia, non desiderava altro che rivolgere la vitalità del suo spirito a quelle celesti. Ferrato com’ero nella conoscen­ za della Bibbia, era solo questione di fede per considerare opera divina  | quello che fino a quel momento avevo ap­ prezzato come umano; e non mi fu difficile, visto che ini­ zialmente avevo fatto conoscenza con la Bibbia come libro divino. Per chi soffre, per chi si sente debole e vulnerabile il Vangelo era quindi il benvenuto, e sebbene Langer in fatto di fede fosse una persona di molto buon senso e fosse con­ vinto che non ci si dovesse far dominare dai sentimenti né lasciar trascinare nel fanatismo, io non sarei stato capace di avvicinarmi al Nuovo Testamento senza il sentimento e l’entusiasmo. Trascorremmo molto tempo assorti in queste conver­ sazioni ed essendo un proselito fedele e ben preparato mi prese così a cuore che sacrificò per me molte delle ore ri­ servate alla sua bella, correndo per di più il rischio di essere scoperto e, come Behrisch, di mettersi in cattiva luce col suo datore di lavoro. Io ricambiavo il suo affetto con estre­ ma gratitudine; tutto quello che faceva per me sarebbe stato

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tat, zu jeder Zeit wäre schätzenswert gewesen, so mußte es mir in mei­ ner gegenwärtigen Lage höchst verehrlich sein. Da nun aber gewöhnlich, wenn unser Seelenkonzent am geistigsten gestimmt ist, die rohen, kreischenden Töne des Weltwesens am gewalt­ samsten und ungestümsten einfallen, und der in Geheim immer fort­ waltende Kontrast, auf einmal hervortretend, nur desto empfindlicher wirkt, so sollte ich auch nicht aus der peripatetischen Schule meines Langers entlassen werden, ohne vorher noch ein, für Leipzig wenigs­ tens, seltsames Ereignis erlebt zu haben, einen Tumult nämlich, den die Studierenden erregten und zwar aus folgendem Anlasse. Mit den Stadtsoldaten hatten sich junge Leute veruneinigt, es war nicht ohne Tätlichkeiten abgelaufen. Mehrere Studierende verbanden sich, die zu­ gefügten Beleidigungen zu rächen. Die Soldaten widerstanden hartnä­ ckig und der Vorteil war nicht auf der Seite der sehr unzufriedenen aka­ demischen Bürger. Nun ward erzählt, es hätten angesehene Personen wegen tapferen Widerstands die Obsiegenden gelobt und belohnt, und | hierdurch ward nun das jugendliche Ehr- und Rachgefühl mächtig auf­ gefordert. Man erzählte sich öffentlich, daß den nächsten Abend Fens­ ter eingeworfen werden sollten, und einige Freunde, welche mir die Nachricht brachten, daß es wirklich geschehe, mußten mich hinführen, da Jugend und Menge wohl immer durch Gefahr und Tumult angezo­ gen wird. Es begann wirklich ein seltsames Schauspiel. Die übrigens freie Straße war an der einen Seite von Menschen besetzt, welche ganz ruhig, ohne Lärm und Bewegung abwarteten, was geschehen solle. Auf der leeren Bahn gingen etwa ein Dutzend junge Leute einzeln hin und wider, in anscheinender größter Gelassenheit; sobald sie aber gegen das bezeichnete Haus kamen, so warfen sie im Vorbeigehn Steine nach den Fenstern, und dies zu wiederholten malen hin und widerkehrend, so lange die Scheiben noch klirren wollten. Eben so ruhig, wie dieses vorging, verlief sich auch endlich alles und die Sache hatte keine wei­ teren Folgen.

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prezioso già in condizioni normali, ma diventava addirittu­ ra inestimabile nella mia situazione di allora. Accade di solito che, quando l’armonia della nostra ani­ ma segue gli accordi più spirituali, le note rozze e disso­ nanti del mondo si facciano sentire nel modo più selvaggio e impetuoso, e il contrasto prima rimasto in sordina, emer­ gendo di colpo, produce un effetto ancora più stridente. Così anch’io non ero destinato a lasciare la scuola peripa­ tetica del mio Langer senza aver prima assistito a un altro avvenimento, per Lipsia alquanto anomalo: si trattava di un tumulto, suscitato dagli studenti per un preciso motivo168. I giovani erano entrati in conflitto con la guardia cittadina e si era passati alle vie di fatto. Molti studenti si unirono per vendicare l’offesa subita, i soldati reagirono duramente e ad avere la meglio non furono gli universitari scontenti. Ma poi girò voce che alcune persone influenti avessero elogiato e premiato i vincitori per la loro coraggiosa op­ posizione,  | cosa che esasperò ulteriormente il giovanile senso dell’onore e il desiderio di vendetta. Si diceva aper­ tamente che la sera seguente si sarebbe andati a spaccare le finestre, e gli amici venuti a riferirmi che stava accadendo davvero, dovettero accompagnarmi sul posto, dato che la gioventù e la massa sono sempre attirate dal pericolo e dal tumulto. Fu davvero uno strano spettacolo. La strada in genere semideserta era su un lato gremita di gente che aspettava gli eventi, silenziosa e immobile; sull’altro lato passeggiavano avanti e indietro una dozzina di giovani, apparentemente tranquilli, ma quando passavano davanti alla casa designata lanciavano delle pietre contro le fine­ stre, e questo più e più volte nei vari passaggi, finché non ci furono più vetri da rompere. Con la stessa calma con cui si era svolto il tutto, la folla si diperse e la cosa non ebbe alcun seguito.

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Mit einem so gellenden Nachklange akademischer Großtaten fuhr ich im September 1768 von Leipzig ab, in dem bequemen Wagen eines Hauderers und in Gesellschaft einiger mir bekannten zuverlässigen Personen. In der Gegend von Auerstädt gedachte ich jenes früheren Unfalls; aber ich konnte nicht ahnden, was viele Jahre nachher mich von dorther mit größerer Gefahr bedrohen würde, eben so wenig, als in Gotha, wo wir uns das Schloß zeigen ließen, ich, in dem großen mit Stukkaturbildern verzierten Saale, denken durfte, daß mir an eben der Stelle so viel Gnädiges und Liebes widerfahren sollte. Jemehr ich mich nun meiner Vaterstadt näherte, destomehr rief ich mir, bedenklicher Weise, zurück, in welchen Zuständen, Aussichten, Hoffnungen ich von Hause weggegangen, und es war ein sehr nieder­ schlagendes Gefühl, daß ich nunmehr gleichsam als ein Schiffbrüchi­ ger zurückkehrte. Da ich mir jedoch nicht sonderlich viel vorzuwerfen hatte, so wußte ich mich ziemlich zu beruhigen; indessen war der Will­ kommen nicht ohne Bewegung. Die große | Lebhaftigkeit meiner Na­ tur durch Krankheit gereizt und erhöht, verursachte eine leidenschaft­ liche Szene. Ich mochte übler aussehen als ich selbst wußte: denn ich hatte lange keinen Spiegel zurat gezogen; und wer wird sich denn nicht selbst gewohnt: genug man kam stillschweigend überein, mancherlei Mitteilungen erst nach und nach zu bewirken und vor allen Dingen sowohl körperlich als geistig einige Beruhigung eintreten zu lassen. Meine Schwester gesellte sich gleich zu mir, und wie vorläufig aus ihren Briefen, so konnte ich nunmehr umständlicher und genauer die Verhältnisse und die Lage der Familie vernehmen. Mein Vater hatte nach meiner Abreise seine ganze didaktische Liebhaberei der Schwes­ ter zugewendet, und ihr bei einem völlig geschlossenen, durch den Frieden gesicherten und selbst von Mietleuten geräumten Hause fast alle Mittel abgeschnitten, sich auswärts einigermaßen umzutun und zu erholen. Das Französische, Italiänische, Englische mußte sie abwech­

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Con un’eco così stridula di queste grandi imprese ac­ cademiche, nel settembre del 1768 lasciai Lipsia, in una comoda vettura a noleggio e in compagnia di alcuni co­ noscenti fidati169. Dalle parti di Auerstedt ripensai all’inci­ dente dell’andata, ma senza immaginare che in futuro un pericolo ben più grande mi avrebbe minacciato in quella stessa zona170; e anche a Gotha, dove visitammo il castello, nell’ammirare la grande sala decorata a stucchi non avrei mai pensato che proprio lì avrei ricevuto tante manifesta­ zioni di benevolenza e affetto171. Man mano che mi avvicinavo alla mia città natale mi tor­ navano in mente le circostanze, le aspettative, le speranze con cui mi ero allontanato da casa, e mi sentii davvero av­ vilito pensando che tornavo a casa come un naufrago. Non avevo in realtà molto da rimproverarmi, quindi mi tranquil­ lizzai; il benvenuto non fu comunque privo di agitazione. La grande | vivacità della mia natura, accresciuta e stimo­ lata dalla malattia, causò una scena patetica. Il mio aspetto doveva essere peggiore di come lo immaginavo, visto che da molto tempo non mi guardavo allo specchio – e del re­ sto, chi non si abitua al proprio aspetto? Insomma, ci accor­ dammo tacitamente per rimandare più in là i vari racconti, per poter provvedere per prima cosa alla tranquillità fisica e mentale. Mia sorella non si staccò un attimo da me e mi informò meglio e con precisione sui rapporti e la situazione della famiglia, che mi aveva accennato nelle sue lettere. Dopo la mia partenza, mio padre aveva riversato su di lei tutto il suo impeto didattico, e in una casa molto chiusa verso l’e­ sterno, tranquilla grazie alla pace e liberata infine da ogni inquilino, l’aveva privata quasi completamente di qualsiasi occasione per uscire e distrarsi. Doveva a turno studiare e proseguire con l’inglese, il francese, l’italiano, e per buona

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selnd treiben und bearbeiten, wobei er sie einen großen Teil des Tags sich an dem Klaviere zu üben nötigte. Das Schreiben durfte auch nicht versäumt werden, und ich hatte wohl schon früher gemerkt, daß er ihre Korrespondenz mit mir dirigiert und seine Lehren durch ihre Feder mir hatte zukommen lassen. Meine Schwester war und blieb ein inde­ finibels Wesen, das sonderbarste Gemisch von Strenge und Weichheit, von Eigensinn und Nachgiebigkeit, welche Eigenschaften bald vereint, bald durch Willen und Neigung vereinzelt wirkten. So hatte sie auf eine Weise, die mir fürchterlich erschien, ihre Härte gegen den Vater gewendet, dem sie nicht verzieh, daß er ihr diese drei Jahre lang so manche unschuldige Freude verhindert oder vergällt, und von dessen guten und trefflichen Eigenschaften sie auch ganz und gar keine an­ erkennen wollte. Sie tat alles was er befahl oder anordnete, aber auf die unlieblichste Weise von der Welt. Sie tat es in hergebrachter Ordnung, aber auch nichts drüber und nichts drunter. Aus Liebe oder Gefällig­ keit bequemte sie sich zu nichts, so daß dies eins der ersten Dinge war, über | die sich die Mutter in einem geheimen Gespräch mit mir beklag­ te. Da nun aber meine Schwester so liebebedürftig war, als irgend ein menschliches Wesen; so wendete sie nun ihre Neigung ganz auf mich. Ihre Sorge für meine Pflege und Unterhaltung verschlang alle ihre Zeit; ihre Gespielinnen, die von ihr beherrscht wurden, ohne daß sie dar­ an dachte, mußten gleichfalls allerlei aussinnen, um mir gefällig und trostreich zu sein. Sie war erfinderisch mich zu erheitern, und entwi­ ckelte sogar einige Keime von possenhaftem Humor, den ich an ihr nie gekannt hatte, und der ihr sehr gut ließ. Es entspann sich bald unter uns eine Coterie-Sprache, wodurch wir vor allen Menschen reden konnten, ohne daß sie uns verstanden, und sie bediente sich dieses Rotwelsches öfters mit vieler Keckheit in Gegenwart der Eltern. Persönlich war mein Vater in ziemlicher Behaglichkeit. Er befand sich wohl, brachte einen großen Teil des Tags mit dem Unterrichte mei­ ner Schwester zu, schrieb an seiner Reisebeschreibung, und stimm­

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parte della giornata la costringeva ad esercitarsi al piano; non poteva trascurare nemmeno la scrittura, e già da tempo mi ero accorto che egli controllava le lettere che mi scrive­ va e si serviva della penna di lei per farmi giungere i suoi consigli. Mia sorella era e rimase una creatura indefinibile, un insieme stranissimo di severità e debolezza, di ostinazio­ ne e arrendevolezza, qualità che si manifestavano qualche volta insieme, altre volte separatamente, mosse da volon­ tà o affetto. Ora aveva rivolto contro nostro padre tutta la sua durezza, ma in un modo che mi spaventava: non poteva perdonargli che in quei tre anni l’avesse privata anche delle gioie più innocenti o gliele avesse avvelenate, e quindi non gli riconosceva più alcuna qualità, nemmeno quelle buone o eccellenti. Eseguiva tutto quello che le ordinava e indicava, ma nel modo più sgarbato possibile; lo eseguiva alla lette­ ra, ma nulla più. Non voleva adattarsi né per amore né per favore, e questa fu una delle prime cose di cui | la mamma si lamentò con me in segreto. Essendo però estremamente bisognosa di amore, come ogni essere umano, riversò su di me tutto il suo affetto. La sollecitudine nel curarmi e intrat­ tenermi assorbì interamente il suo tempo e persino le sue amiche, che lei dominava senza accorgersene, dovettero escogitare ciascuna qualcosa per compiacermi e confortar­ mi. Inventava di tutto per tenermi allegro e mostrò persino degli accenni di un umorismo scherzoso che non le cono­ scevo ma che le si addiceva a meraviglia. Si sviluppò pre­ sto tra noi un linguaggio in codice grazie al quale potevano parlarci davanti ad altri senza che nessuno capisse, e con impertinenza si serviva di quel gergo in più occasioni anche in presenza dei genitori. Per quanto riguarda mio padre, se la passava piuttosto bene. Era in salute, trascorreva buona parte della giornata dando lezioni a mia sorella, scriveva il resoconto del suo

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te seine Laute länger als er darauf spielte. Er verhehlte dabei so gut er konnte den Verdruß, anstatt eines rüstigen, tätigen Sohns, der nun promovieren und jene vorgeschriebene Lebensbahn durchlaufen sollte, einen Kränkling zu finden, der noch mehr an der Seele als am Körper zu leiden schien. Er verbarg nicht seinen Wunsch, daß man sich mit der Kur expedieren möge; besonders aber mußte man sich mit hypo­ chondrischen Äußerungen in seiner Gegenwart in Acht nehmen, weil er alsdann heftig und bitter werden konnte. Meine Mutter, von Natur sehr lebhaft und heiter, brachte unter die­ sen Umständen sehr langweilige Tage zu. Die kleine Haushaltung war bald besorgt. Das Gemüt der guten, innerlich niemals unbeschäftigten Frau wollte auch einiges Interesse finden, und das nächste begegnete ihr in der Religion, das sie um so lieber ergriff, als ihre vorzüglichsten Freundinnen gebildete und herzliche Gottesverehrerinnen waren. Unter diesen stand Fräulein von Klettenberg obenan. Es ist dieselbe, aus de­ ren Unterhaltungen und Briefen die | Bekenntnisse der schönen Seele entstanden sind, die man in Wilhelm Meister eingeschaltet findet. Sie war zart gebaut, von mittlerer Größe; ein herzliches natürliches Betra­ gen war durch Welt- und Hofart noch gefälliger geworden. Ihr sehr net­ ter Anzug erinnerte an die Kleidung Herrnhutischer Frauen. Heiterkeit und Gemütsruhe verließen sie niemals. Sie betrachtete ihre Krankheit als einen notwendigen Bestandteil ihres vorübergehenden irdischen Seins; sie litt mit der größten Geduld, und in schmerzlosen Intervallen war sie lebhaft und gesprächig. Ihre liebste, ja vielleicht einzige Unter­ haltung waren die sittlichen Erfahrungen, die der Mensch, der sich be­ obachtet, an sich selbst machen kann; woran sich denn die religiosen Gesinnungen anschlossen, die auf eine sehr anmutige, ja geniale Weise bei ihr als natürlich und übernatürlich in Betracht kamen. Mehr bedarf

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viaggio e passava più tempo ad accordare il suo liuto che a suonarlo. Nascose meglio che poteva il suo disappunto nel ritrovarsi, al posto di un figlio robusto ed energico in procinto di terminare gli studi per poi imboccare la carrie­ ra stabilita, un figlio malaticcio, che sembrava essere più sofferente nell’anima che nel corpo; manifestò il desiderio che si procedesse al più presto con le cure necessarie, ma bisognava stare particolarmente attenti a non mostrare in sua presenza atteggiamenti ipocondriaci, perché lo faceva­ no indispettire e infuriare. Mia madre, per natura vivace e allegra, in quella situa­ zione passava giornate davvero monotone. Per sbrigare le poche faccende di casa non ci voleva molto e la sua in­ dole femminile buona e mai oziosa spiritualmente aveva bisogno di trovare un qualche interesse; il più immediato fu la religione, a cui si aggrappò ancor più volentieri poiché le sue amiche più care erano donne istruite e sinceramente devote. Tra queste, al primo posto c’era la signorina von Klettenberg172. È la stessa dalle cui lettere e conversazio­ ni | sono scaturite le Confessioni di un’anima bella inserite nel Wilhelm Meister. Era di costituzione delicata e di media statura, con un atteggiamento cordiale per natura, reso ulte­ riormente gradevole da maniere urbane e cortesi. Il suo ab­ bigliamento semplice e lindo ricordava quello delle donne della Comunità dei fratelli, allegria e serenità non la abban­ donavano mai. Considerava la sua malattia una parte neces­ saria della sua transitoria esistenza terrena e la sopportava con estrema pazienza, mentre nei periodi in cui il dolore le dava tregua era vivace e loquace. Il suo argomento preferi­ to, forse anche l’unico, erano le esperienze morali che una persona può fare osservando se stessa, e a questo si acco­ davano le sue opinioni religiose che considerava in maniera affascinante, persino geniale, come naturali e sovrannatura­

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es kaum, um jene ausführliche, in ihre Seele verfaßte Schilderung den Freunden solcher Darstellungen wieder ins Gedächtnis zu rufen. Bei dem ganz eignen Gange, den sie von Jugend auf genommen hatte, und bei dem vornehmeren Stande, in dem sie geboren und erzogen war, bei der Lebhaftigkeit und Eigenheit ihres Geistes vertrug sie sich nicht zum Besten mit den übrigen Frauen, welche den gleichen Weg zum Heil eingeschlagen hatten. Frau Griesbach, die vorzüglichste, schien zu streng, zu trocken, zu gelehrt; sie wußte, dachte, umfaßte mehr als die andern, die sich mit der Entwickelung ihres Gefühls begnügten, und war ihnen daher lästig, weil nicht jede einen so großen Apparat auf dem Wege zur Seligkeit mit sich führen konnte noch wollte. Da­ für aber wurden denn die meisten freilich etwas eintönig, indem sie sich an eine gewisse Terminologie hielten, die man mit jener der spä­ teren Empfindsamen wohl verglichen hätte. Fräulein von Klettenberg führte ihren Weg zwischen beiden Extremen durch, und schien sich mit einiger Selbstgefälligkeit in dem Bilde des Grafen Zinzendorf zu spiegeln, dessen Gesinnungen und Wirkungen Zeugnis einer höheren Geburt und eines vornehmeren Standes ablegten. Nun fand sie an mir was sie bedurfte, ein | junges lebhaftes, auch nach einem unbekannten Heile strebendes Wesen, das, ob es sich gleich nicht für außerordent­ lich sündhaft halten konnte, sich doch in keinem behaglichen Zustand befand, und weder an Leib noch Seele ganz gesund war. Sie erfreute sich an dem, was mir die Natur gegeben, so wie an manchem, was ich mir erworben hatte. Und wenn sie mir viele Vorzüge zugestand, so war es keineswegs demütigend für sie: denn erstlich gedachte sie nicht mit einer Mannsperson zu wetteifern, und zweitens glaubte sie, in Absicht auf religiose Bildung sehr viel vor mir voraus zu haben. Meine Unruhe, meine Ungeduld, mein Streben, mein Suchen, Forschen Sinnen und Schwanken, legte sie auf ihre Weise aus, und verhehlte mir ihre Über­

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li insieme. Non devo dire altro per richiamare alla memoria di quanti apprezzano quelle descrizioni come fosse capace di riportare nel dettaglio ciò che avveniva nella sua anima. Il percorso così singolare che aveva compiuto fin dalla gio­ vinezza, la condizione elevata in cui era nata e cresciuta, la vivacità e originalità del suo spirito creavano una certa distanza tra lei e le altre donne che avevano imboccato la sua stessa via verso la salvezza. La signora Griesbach173, la più distinta, era troppo rigida, troppo arida, troppo dot­ ta; sapeva, pensava e capiva più delle altre che si accon­ tentavano di progredire nei loro sentimenti, ed era quindi sgradita perché non tutte volevano o potevano percorrere la via della beatitudine altrettanto equipaggiate. Da parte loro, le altre erano piuttosto monotone, usavano tutte la stessa terminologia che potremmo associare a quella della suc­ cessiva Empfindsamkeit174. La signorina von Klettenberg percorreva la sua strada tra questi due estremi e si ricono­ sceva con una certa soddisfazione nella figura del conte von Zinzendorf, le cui opinioni e opere davano testimonianza di una nascita nobile e di una classe sociale più elevata. In me trovò quello che cercava: una | creatura giovane, viva­ ce, che aspirava a una salvezza ancora sconosciuta, che si trovava in una condizione non certo piacevole, sebbene non particolarmente peccaminosa, e infine non era del tutto sana né nel corpo, né nello spirito. Si rallegrava per le mie doti naturali e per quelle che avevo acquisito, e non considerava affatto umiliante dovermi riconoscere una certa superiorità: da una parte perché non le passava nemmeno per la mente di competere con un uomo, dall’altra perché riteneva di es­ sere molto più avanti di me in fatto di educazione religiosa. La mia inquietudine, la mia impazienza, il mio anelito, il mio cercare, indagare, riflettere e oscillare li interpretava a modo suo e non mi nascondeva la sua opinione, al contra­

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zeugung nicht, sondern versicherte mir unbewunden, das alles komme daher, weil ich keinen versöhnten Gott habe. Nun hatte ich von Jugend auf geglaubt, mit meinem Gott ganz gut zu stehen, ja ich bildete mir, nach mancherlei Erfahrungen, wohl ein, daß er gegen mich sogar im Rest stehen könne, und ich war kühn genug zu glauben, daß ich ihm einiges zu verzeihen hätte. Dieser Dünkel gründete sich auf meinen unendlich guten Willen, dem er, wie mir schien, besser hätte zu Hülfe kommen sollen. Es läßt sich denken, wie oft ich und meine Freundin hierüber in Streit gerieten, der sich doch immer auf die freundlichste Weise und manchmal, wie meine Unterhaltung mit dem alten Rektor, damit endigte: daß ich ein närrischer Bursche sei, dem man manches nachsehen müsse. Da ich mit der Geschwulst am Halse sehr geplagt war, indem Arzt und Chirurgus diese Excrescens erst vertreiben, hernach, wie sie sag­ ten, zeitigen wollten, und sie zuletzt aufzuschneiden für gut befan­ den; so hatte ich eine geraume Zeit mehr an Unbequemlichkeit als an Schmerzen zu leiden, obgleich gegen das Ende der Heilung das immer fortdauernde Betupfen mit Höllenstein und andern ätzenden Dingen höchst verdrießliche Aussichten auf jeden neuen Tag geben mußte. Arzt und Chirurgus gehörten auch unter die abgesonderten Frommen, obgleich beide von höchst | verschiedenen[!] Naturell wa­ ren. Der Chirurgus, ein schlanker wohlgebildeter Mann von leichter und geschickter Hand, der, leider etwas hektisch, seinen Zustand mit wahrhaft christlicher Geduld ertrug, und sich in seinem Berufe durch sein Übel nicht irre machen ließ. Der Arzt, ein unerklärlicher, schlau­ blickender, freundlich sprechender, übrigens abstruser Mann, der sich in dem frommen Kreise ein ganz besonderes Zutrauen erworben hatte. Tätig und aufmerksam war er den Kranken tröstlich; mehr aber als durch alles erweiterte er seine Kundschaft durch die Gabe, einige ge­

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rio: affermava esplicitamente che tutto derivava dal fatto che non mi ero riconciliato con Dio. In realtà, fin dall’infan­ zia ero convinto di essere in buoni rapporti con Dio, anzi, dopo varie esperienze mi ero persino immaginato di essere in credito nei suoi confronti e avevo la superbia di pensare che fosse Lui ad avere qualcosa da farsi perdonare. Questa presunzione si basava sulla mia infinita buona volontà che Lui, a mio parere, avrebbe dovuto assecondare di più. Ci si può ben immaginare quante volte la mia amica e io litigam­ mo su questo punto, ma la discussione terminava sempre in modo cordiale e qualche volta, come le mie conversazioni con il vecchio direttore, arrivava alla conclusione che ero proprio uno scioccherello e che con me bisognava essere indulgenti175. Il gonfiore sul collo mi tormentava molto; medico e chi­ rurgo volevano in un primo tempo eliminare l’escrescenza, poi pensarono di lasciarla giungere a maturazione, infine decisero di inciderla e per un certo tempo patii più la sco­ modità che il dolore, sebbene verso la fine della convale­ scenza il continuo e protratto trattamento col nitrato d’ar­ gento e altre sostanze cauterizzanti mi rendesse sgradito l’avvicinarsi di ogni nuovo giorno. Medico e chirurgo fa­ cevano anche loro parte della Comunità dei devoti, sebbene per carattere fossero | molto diversi176. Il chirurgo, snello e gradevole, dalla mano leggera ed esperta, era purtroppo malato di tisi ma sopportava la malattia con vera pazienza cristiana e non lasciava che il male interferisse con il suo lavoro. Il medico, imperscrutabile e dallo sguardo astuto, che parlava con cortesia ma per il resto sembrava del tutto astruso, si era conquistato una particolare fiducia nell’am­ biente dei Devoti. Premuroso e sollecito, era di conforto ai malati, ma lo aiutò ad allargare il giro dei suoi clienti soprattutto la sua abilità nel mostrare di nascosto un miste­

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heimnisvolle selbstbereitete Arzneien im Hintergrunde zu zeigen, von denen Niemand sprechen durfte, weil bei uns den Ärzten die eigene Dispensation streng verboten war. Mit gewissen Pulvern, die irgend ein Digestiv sein mochten, tat er nicht so geheim; aber von jenem wichti­ gen Salze, das nur in den größten Gefahren angewendet werden durfte, war nur unter den Gläubigen die Rede, ob es gleich noch Niemand ge­ sehen, oder die Wirkung davon gespürt hatte. Um den Glauben an die Möglichkeit eines solchen Universalmittels zu erregen und zu stärken, hatte der Arzt seinen Patienten, wo er nur einige Empfänglichkeit fand, gewisse mystische chemisch-alchemische Bücher empfohlen, und zu verstehen gegeben, daß man durch eignes Studium derselben gar wohl dahin gelangen könne, jenes Kleinod sich selbst zu erwerben; welches um so notwendiger sei, als die Bereitung sich sowohl aus physischen, als besonders aus moralischen Gründen nicht wohl überliefern lasse, ja daß man, um jenes große Werk einzusehen, hervorzubringen und zu be­ nutzen, die Geheimnisse der Natur im Zusammenhang kennen müsse, weil es nichts Einzelnes sondern etwas Universelles sei, und auch wohl gar unter verschiedenen Formen und Gestalten hervorgebracht werden könne. Meine Freundin hatte auf diese lockenden Worte gehorcht. Das Heil der[!] Körpers war zu nahe mit dem Heil der Seele verwandt; und könnte je eine größere Wohltat, eine größere Barmherzigkeit auch an Andern ausgeübt werden, als wenn man sich ein Mittel zu eigen mach­ te, | wodurch so manches Leiden gestillt, so manche Gefahr abgelehnt werden könnte? Sie hatte schon ins Geheim Wellings Opus mago-ca­ balisticum studiert, wobei sie jedoch, weil der Autor das Licht was er mitteilt sogleich wieder selbst verfinstert und aufhebt, sich nach einem Freunde umsah, der ihr in diesem Wechsel von Licht und Finsternis Gesellschaft leistete. Es bedurfte nur einer geringen Anregung, um auch mir diese Krankheit zu inokulieren. Ich schaffte das Werk an, das, wie alle Schriften dieser Art, seinen Stammbaum in gerader Linie bis zur Neuplatonischen Schule verfolgen konnte. Meine vorzüglichste Bemühung an diesem Buche war, die dunklen Hinweisungen, wo der Verfasser von einer Stelle auf die andere deutet, und dadurch das was

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rioso medicinale preparato da lui, di cui non si poteva far parola perché ai medici era severamente vietato preparare medicinali in proprio177. Con altre polveri, probabilmente dei lassativi, non era così guardingo, ma di quel misterioso sale, che poteva essere utilizzato solo nei casi di maggiore gravità, si parlava solo tra i fedeli, per quanto nessuno l’a­ vesse mai visto né sperimentato. Per stimolare e rafforzare la fede in quel rimedio universale il medico consigliava ai suoi pazienti, laddove vedeva una certa qual propensione, la lettura di alcuni libri mistici e chimico-alchemici, facen­ do loro intendere che attraverso lo studio personale di quei testi sarebbero potuti giungere loro stessi a procurarsi quel tesoro, cosa oltremodo indispensabile in quanto la sua pre­ parazione non si poteva comunicare per motivi fisici ma so­ prattutto morali; anzi, per comprendere, produrre e utilizza­ re quella prodigiosa sostanza bisognava conoscere i segreti della natura nel loro insieme, poiché non si trattava di un elemento singolo ma di qualcosa di universale che si poteva presentare anche in differenti forme e aspetto. La mia ami­ ca aveva prestato orecchio a quelle lusinghe, la salute del corpo era troppo strettamente legata a quella dell’anima; e poi, poteva esserci un atto di bontà e di misericordia più grande nei confronti del prossimo dell’ottenere un rimedio | che potesse sanare molti mali, allontanare tanti pericoli? Di nascosto aveva già studiato l’Opus mago-cabbalisticum di Welling178, ma poiché l’autore offusca e cela la luce subito dopo averla comunicata, cercava un amico che la affiancas­ se in questo alternarsi di luce e tenebre. Fu sufficiente un breve contatto per attaccare anche a me quella malattia. Mi procurai l’opera che, come tutti gli scritti di quel tipo, di­ scendeva per linea diretta dalla scuola neoplatonica. Il mio sforzo principale fu quello di annotarmi con precisione le allusioni oscure tramite le quali l’autore, rimandando da un

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er verbirgt, zu enthüllen verspricht, aufs genauste zu bemerken und am Rande die Seitenzahlen solcher sich einander aufklären sollenden Stellen zu bezeichnen. Aber auch so blieb das Buch noch dunkel und unverständlich genug; außer daß man sich zuletzt in eine gewisse Ter­ minologie hineinstudierte, und indem man mit derselben nach eignem Belieben gebarte, etwas wo nicht zu verstehen, doch wenigstens zu sa­ gen glaubte. Gedachtes Werk erwähnt seiner Vorgänger mit vielen Eh­ ren, und wir wurden daher angeregt jene Quellen selbst aufzusuchen. Wir wendeten uns nun an die Werke des Theophrastus Paracelsus und Basilius Valentinus; nicht weniger an Helmont, Starkey und andere, deren mehr oder weniger auf Natur und Einbildung beruhende Lehren und Vorschriften wir einzusehen und zu befolgen suchten. Mir wollte besonders die Aurea Catena Homeri gefallen, wodurch die Natur, wenn auch vielleicht auf phantastische Weise, in einer schönen Verknüpfung dargestellt wird; und so verwendeten wir teils einzeln, teils zusammen, viele Zeit an diese Seltsamkeiten, und brachten die Abende eines lan­ gen Winters, während dessen ich die Stube hüten mußte, sehr vergnügt zu, indem wir zu Dreien, meine Mutter mit eingeschlossen, uns an die­ sen Geheimnissen mehr ergetzten, als die Offenbarung derselben hätte tun können. | Mir war indes noch eine sehr harte Prüfung vorbereitet: denn eine gestörte und man dürfte wohl sagen für gewisse Momente vernichtete Verdauung brachte solche Symptome hervor, daß ich unter großen Be­ ängstigungen das Leben zu verlieren glaubte und keine angewandten Mittel weiter etwas fruchten wollten. In diesen letzten Nöten zwang meine bedrängte Mutter mit dem größten Ungestüm den verlegnen Arzt, mit seiner Universal-Medizin hervorzurücken; nach langem Wi­ derstande eilte er tief in der Nacht nach Hause und kam mit einem Gläschen krystallisierten trocknen Salzes zurück, welches in Wasser aufgelöst von dem Patienten verschluckt wurde und einen entschie­ den alkalischen Geschmack hatte. Das Salz war kaum genommen, so zeigte sich eine Erleichterung des Zustandes, und von dem Augenblick an nahm die Krankheit eine Wendung, die stufenweise zur Besserung

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passo all’altro, promette di spiegare quello che nasconde; le annotavo segnando a margine il numero di pagina dei passi che avrebbero dovuto chiarire. Ma anche così il li­ bro rimase oscuro e incomprensibile quanto bastava, finché alla fine non si imparava una determinata terminologia e, utilizzandola a propria discrezione, si arrivava a credere se non di capire, almeno di dire qualcosa. Quell’opera nomina con tutti gli onori alcuni suoi precursori e ciò ci indusse a cercare quelle fonti. Ci volgemmo quindi alle opere di Teofrasto Paracelso e Basilio Valentino, ma anche a Helmont, Starkey e altri179, cercando di capirne e seguirne le indicazioni e le dottrine, basate più o meno sulla natura e sulla fantasia. A me piaceva in particolare l’Aurea catena di Omero180, dove la natura viene rappresentata come una bel­ la concatenazione, per quanto fantasiosa; e passammo così molto tempo con queste astrusità, talvolta ciascuno per con­ to proprio, talvolta insieme, trascorrendo piacevoli serate nel lungo periodo invernale in cui ero costretto a casa. Tutti e tre, compresa mia madre, traevamo grandissimo diletto da quei misteri, più di quanto ce ne avrebbe procurato la loro soluzione. | Mi aspettava però un’altra prova durissima. Una dige­ stione difficile, in certi momenti addirittura bloccata mi provocò disturbi tali che ebbi più volte paura di perdere la vita, e nessuno dei farmaci impiegati sortiva alcun effetto. In quell’estrema emergenza, mia madre angosciata costrin­ se con veemenza il medico imbarazzato a tirar fuori la sua panacea. Dopo molte resistenze, andò a casa nel cuore della notte e tornò con una boccetta di cristalli di sale che, sciol­ ti in acqua, dovevano essere bevuti dal paziente; avevano un sapore fortemente alcalino. Subito dopo aver assunto il sale si manifestò un miglioramento, e da quel momento in poi la malattia prese una piega che portò gradualmente alla

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führte. Ich darf nicht sagen, wie sehr dieses den Glauben an unsern Arzt, und den Fleiß uns eines solchen Schatzes teilhaftig zu machen, stärkte und erhöhte. Meine Freundin, welche eltern- und geschwisterlos in einem gro­ ßen wohlgelegnen Hause wohnte, hatte schon früher angefangen, sich einen kleinen Windofen, Kolben und Retorten von mäßiger Größe an­ zuschaffen, und operierte nach Wellingischen Fingerzeigen und nach bedeutenden Winken des Arztes und Meisters, besonders auf Eisen, in welchem die heilsamsten Kräfte verborgen sein sollten, wenn man es aufzuschließen wisse, und weil in allen uns bekannten Schriften das Luftsalz, welches herbeigezogen werden mußte, eine große Rolle spielte; so wurden zu diesen Operationen Alkalien erfordert, welche indem sie an der Luft zerfließen sich mit jenen überirdischen Dingen verbinden und zuletzt ein geheimnisvolles treffliches Mittelsalz per se hervorbringen sollten. Kaum war ich einigermaßen wieder hergestellt und konnte mich, durch eine bessere Jahrszeit begünstigt, wieder in meinem alten Gie­ belzimmer aufhalten; so fing auch ich an, mir einen kleinen Apparat zuzulegen; ein | Windöfchen mit einem Sandbade war zubereitet, ich lernte sehr geschwind mit einer brennenden Lunte die Glaskolben in Schalen verwandeln, in welchen die verschiedenen Mischungen ab­ geraucht werden sollten. Nun wurden sonderbare Ingredienzien des Makrokosmus und Mikrokosmus auf eine geheimnisvolle wunderliche Weise behandelt, und vor allem suchte man Mittelsalze auf eine un­ erhörte Art hervorzubringen. Was mich aber eine ganze Weile am meis­ ten beschäftigte, war der sogenannte Liquor Silicum (Kieselsaft), wel­ cher entsteht, wenn man reine Quarzkiesel mit einem gehörigen Anteil Alkali schmilzt, woraus ein durchsichtiges Glas entspringt, welches an der Luft zerschmilzt und eine schöne klare Flüssigkeit darstellt. Wer dieses einmal selbst verfertigt und mit Augen gesehen hat, der wird diejenigen nicht tadeln, welche an eine jungfräuliche Erde und an die Möglichkeit glauben, auf und durch dieselbe weiter zu wirken. Diesen

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guarigione. Non c’è bisogno di dire quanto questo accrebbe la fiducia nel nostro medico e alimentò il nostro zelo nel tentativo di appropriarci a nostra volta di un simile tesoro. La mia amica, che abitava senza genitori né fratelli in una grande e bella casa, aveva già provveduto in preceden­ za a procurarsi un piccolo forno ventoso181 con alambicchi e storte di media dimensione, e seguendo le indicazioni di Welling e i consigli autorevoli del medico e maestro, spe­ rimentava soprattutto con il ferro, il metallo che conteneva le forze più efficaci, tentando di estrarle; ma in tutti i testi che avevamo letto, il sale volatile giocava sempre un ruolo di primo piano, e per distillarlo erano necessari degli alcali che, dissolvendosi, si congiungevano con gli elementi ultra­ terreni producendo infine per se un misterioso e miracoloso sale intermedio182. Non appena mi fui abbastanza ristabilito e, favorito dalla bella stagione, potei di nuovo risistemarmi nella mia vec­ chia stanza in mansarda, cominciai subito a procurarmi una minima attrezzatura: predisposi | un piccolo forno e un ba­ gno di sabbia183 e imparai in fretta a trasformare con una fiamma gli alambicchi di vetro in recipienti in cui poi do­ vevano sublimarsi le varie misture. Bisognava manipolare curiosi ingredienti del macrocosmo e del microcosmo in modo strano e misterioso, con lo scopo specifico di otte­ nere dei sali intermedi tramite procedimenti inauditi. Ma a impegnarmi di più fu, per lungo tempo, il cosiddetto liquor silicum (silicato solubile)184, che si ottiene fondendo selce di quarzo pura con una congrua quantità di alcali. Se ne ricava una massa trasparente che si scioglie a contatto con l’aria producendo un bel liquido chiaro. Chi l’ha ottenuto e l’ha visto con i suoi occhi almeno una volta non potrà più criticare coloro che credono nella terra vergine185 e nella possibilità di continuare ad agire su di essa e grazie a essa.

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Kieselsaft zu bereiten hatte ich eine besondere Fertigkeit erlangt; die schönen weißen Kiesel, welche sich im Main finden, gaben dazu ein vollkommenes Material; und an dem übrigen so wie an Fleiß ließ ich es nicht fehlen: nur ermüdete ich doch zuletzt, indem ich bemerken mußte, daß das Kieselhafte keineswegs mit dem Salze so innig ver­ eint sei, wie ich philosophischerweise geglaubt hatte: denn es schied sich gar leicht wieder aus, und die schönste mineralische Flüssigkeit, die mir einigemal zu meiner größten Verwunderung in Form einer ani­ malischen Gallert erschienen war, ließ doch immer ein Pulver fallen, das ich für den feinsten Kieselstaub ansprechen mußte, der aber kei­ neswegs irgend etwas Produktives in seiner Natur spüren ließ, woran man hätte hoffen können diese jungfräuliche Erde in den Mutterstand übergehen zu sehen. So wunderlich und unzusammenhängend auch diese Operationen waren, so lernte ich doch dabei mancherlei. Ich gab genau auf alle Krys­ tallisationen Acht, welche sich zeigen mochten, und ward mit den äu­ ßern Formen mancher natürlichen Dinge bekannt, und indem mir wohl | bewußt war, daß man in der neueren Zeit die chemischen Gegenstände methodischer aufgeführt; so wollte ich mir im Allgemeinen davon einen Begriff machen, ob ich gleich als Halbadept vor den Apothekern und allen denjenigen, die mit dem gemeinen Feuer operierten, sehr wenig Respekt hatte. Indessen zog mich doch das chemische Kompendium des Boerhave gewaltig an, und verleitete mich mehrere Schriften die­ ses Mannes zu lesen, wodurch ich denn, da ohnehin meine langwierige Krankheit mich dem Ärztlichen näher gebracht hatte, eine Anleitung fand, auch die Aphorismen dieses trefflichen Mannes zu studieren, die ich mir gern in den Sinn und ins Gedächtnis einprägen mochte. Eine andere, etwas menschlichere und bei weitem für die augen­ blickliche Bildung nützlichere Beschäftigung war, daß ich die Briefe durchsah, welche ich von Leipzig aus nach Hause geschrieben hatte. Nichts gibt uns mehr Aufschluß über uns selbst, als wenn wir das, was vor einigen Jahren von uns ausgegangen ist, wieder vor uns sehen, so daß wir uns selbst nunmehr als Gegenstand betrachten können. Allein

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Avevo acquisito una particolare abilità nel preparare questo silicato solubile; i bei sassolini bianchi del Meno fornivano un materiale perfetto, e non mi mancava nulla né del resto né in fatto di zelo; solo che alla fine mi stancai vedendo che la componente silicea non era affatto unita in modo così intimo con il sale come avevo alchemicamente creduto: tornava a separarsi troppo facilmente, e il bellissimo fluido minerale, che qualche volta con mio grande stupore si era presentato in forma di gelatina animale, lasciava sempre come residuo una polvere che ritenevo fosse una finissima polvere silicea, che però non mostrò nella sua natura la mi­ nima traccia di produttività, nulla che potesse far sperare che quella terra vergine sarebbe diventata madre. Per quanto strani e incoerenti, da quegli esperimenti imparai comunque molto. Stavo ben attento a tutte le cri­ stallizzazioni che di volta in volta si mostravano, imparai a conoscere la forma esteriore di alcuni elementi naturali e, pur sapendo bene  | che nell’età moderna gli argomenti chimici erano trattati in modo più sistematico, volevo far­ mene almeno un’idea generale, sebbene come semi-adepto avessi ben poca stima di tutti coloro che, come i farmacisti, operano con il fuoco comune186. Nel frattempo mi appassio­ nò il manuale di chimica di Boerhaave che mi spinse poi a leggere altri scritti di quest’autore; sensibilizzato dalla lun­ ga malattia ai problemi della medicina, ne presi spunto per leggere anche gli Aforismi di quell’eccellente studioso, che mi impressi per bene nella memoria e nella mente187. Un’altra occupazione più personale e decisamente più utile per la mia crescita in quel momento fu quella di rileg­ gere le lettere che da Lipsia avevo scritto ai miei. Niente ci aiuta così tanto a capire noi stessi quanto ritrovarci davanti ciò che abbiamo scritto anni prima, in modo da diventare noi stessi oggetto di studio. Peccato però che allora fossi troppo

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freilich war ich damals noch zu jung und die Epoche noch zu nahe, welche durch diese Papiere dargestellt ward. Überhaupt, da man in jun­ gen Jahren einen gewissen selbstgefälligen Dünkel nicht leicht ablegt; so äußert sich dieser besonders darin, daß man sich im kurz Vorher­ gegangenen verachtet: denn indem man freilich von Stufe zu Stufe ge­ wahr wird, daß dasjenige was man an sich so wie an Andern für gut und vortrefflich achtet, nicht Stich hält; so glaubt man über diese Verlegen­ heit am besten hinauszukommen, wenn man das selbst wegwirft, was man nicht retten kann. So ging es auch mir. Denn wie ich in Leipzig nach und nach meine kindlichen Bemühungen geringschätzen lernte, so kam mir nun meine akademische Laufbahn gleichfalls geringschät­ zig vor, und ich sah nicht ein, daß sie eben darum vielen Wert für mich haben müßte, weil sie mich auf eine höhere Stufe der Betrachtung und Einsicht gehoben. Der Vater hatte meine Briefe sowohl an ihn als an meine Schwester sorgfältig gesammelt und | geheftet; ja er hatte sie sogar mit Aufmerksamkeit korrigiert und sowohl Schreib- als Sprach­ fehler verbessert. Was mir zuerst an diesen Briefen auffiel, war das Äußere; ich er­ schrak vor einer unglaublichen Vernachlässigung der Handschrift, die sich vom Oktober 1765 bis in die Hälfte des folgenden Januars er­ streckte. Dann erschien aber auf einmal in der Hälfte des Märzes eine ganz gefaßte, geordnete Hand, wie ich sie sonst bei Preisbewerbungen anzuwenden pflegte. Meine Verwunderung darüber löste sich in Dank gegen den guten Gellert auf, welcher wie ich mich nun wohl erinnerte, uns bei den Aufsätzen, die wir ihm einreichten, mit seinem herzlichen Tone zur heiligen Pflicht machte, unsere Hand so sehr, ja mehr als un­ sern Styl, zu üben. Dieses wiederholte er so oft, als ihm eine kritzliche, nachlässige Schrift zu Gesicht kam; wobei er mehrmals äußerte, daß er sehr gern die schöne Handschrift seiner Schüler zum Hauptzweck sei­ nes Unterrichts machen möchte, um so mehr, weil er oft genug bemerkt habe, daß eine gute Hand einen guten Styl nach sich ziehe.

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giovane e la fase che quelle lettere descrivevano troppo vi­ cina; e in generale i giovani non rinunciano facilmente a un certo presuntuoso autocompiacimento, che si manifesta so­ prattutto nella tendenza a disprezzare tutto ciò che è appena passato. Crescendo infatti si diviene man mano consapevoli di essersi sbagliati nel giudicare gli aspetti positivi e meri­ tevoli di se stessi o di altri: si crede così di cavarsi d’impac­ cio gettando via di persona tutto quello che non possiamo salvare. Lo stesso capitava anche a me. Così come a Lipsia avevo imparato a disprezzare i miei sforzi infantili, adesso mi sembrò altrettanto insulso il mio percorso accademico e non capivo che invece avrei dovuto riconoscergli grande valore proprio perché mi aveva fatto raggiungere un grado superiore di osservazione e comprensione. Mio padre aveva conservato e riposto con cura tutte le mie lettere, sia quelle indirizzate a lui che a mia sorella, | anzi, le aveva addirittura corrette con attenzione segnando gli errori di ortografia e di grammatica. La prima cosa che notai di quelle lettere fu l’aspetto este­ riore: mi impressionò l’incredibile trascuratezza della grafia nel periodo che andava dall’ottobre 1765 fino alla metà del gennaio seguente. A un tratto, verso la metà di marzo, ecco invece una mano composta e ordinata, quella che di soli­ to riservavo alle prove di valutazione. La mia meraviglia si trasformò in gratitudine per il buon Gellert che, ora mi tornava in mente, ogni volta che gli consegnavamo un ela­ borato ci richiamava con il suo tono affabile al sacro dovere di esercitare la mano ancora più dello stile. Lo ripeteva ogni volta che gli capitava di vedere uno scritto scarabocchiato o sciatto, e diceva sempre che avrebbe voluto eleggere la bella calligrafia degli studenti a scopo primario delle sue le­ zioni, anche perché aveva notato spesso che una bella mano porta con sé un bello stile.

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Sonst konnte ich auch bemerken, daß die französischen und engli­ schen Stellen meiner Briefe obgleich nicht fehlerlos, doch mit Leich­ tigkeit und Freiheit geschrieben waren. Diese Sprachen hatte ich auch in meiner Korrespondenz mit Georg Schlosser, der sich noch immer in Treptow befand, zu üben fortgefahren, und war mit ihm in beständi­ gem Zusammenhang geblieben; wodurch ich denn von manchen welt­ lichen Zuständen (denn immer ging es ihm nicht ganz so wie er gehofft hatte) unterrichtet wurde und zu seiner ernsten, edlen Denkweise im­ mer mehr Zutrauen faßte. Eine andre Betrachtung, die mir beim Durchsehen jener Briefe nicht entgehen konnte, war daß der gute Vater mit der besten Absicht mir einen besondern Schaden zugefügt und mich zu der wunderlichen Lebensart veranlaßt hatte, in die ich zuletzt geraten war. Er hatte mich nämlich wiederholt vom Kartenspiel abgemahnt; allein Frau Hofrat Böhme, so lange sie lebte, wußte mich nach ihrer Weise zu | bestim­ men, indem sie die Abmahnung meines Vaters nur von dem Mißbrauch erklärte. Da ich nun auch die Vorteile davon in der Sozietät einsah, so ließ ich mich gern durch sie regieren. Ich hatte wohl den Spiel-Sinn, aber nicht den Spiel-Geist; ich lernte alle Spiele leicht und geschwind, aber niemals konnte ich die gehörige Aufmerksamkeit einen ganzen Abend zusammenhalten. Wenn ich also recht gut anfing, so verfehlte ichs doch immer am Ende und machte mich und andre verlieren; wo­ durch ich denn jederzeit verdrießlich entweder zur Abendtafel, oder aus der Gesellschaft ging. Kaum war Madame Böhme verschieden, die mich ohnedem während ihrer langwierigen Krankheit nicht mehr zum Spiel angehalten hatte; so gewann die Lehre meines Vaters Kraft, ich entschuldigte mich erst von den Partieen, und weil man nun nichts mehr mit mir anzufangen wußte, so ward ich mir noch mehr als andern lästig, schlug die Einladungen aus, die denn sparsamer erfolgten, und zuletzt ganz aufhörten. Das Spiel, das jungen Leuten, besonders denen die einen praktischen Sinn haben und sich in der Welt umtun wollen, sehr zu empfehlen ist, konnte freilich bei mir niemals zur Liebhaberei

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Notai anche che i passi delle lettere in inglese e in fran­ cese, per quanto non privi di errori, erano comunque spon­ tanei e fluidi. Avevo continuato a esercitarmi con quelle due lingue anche nella mia corrispondenza con Georg Schlos­ ser, che si trovava ancora a Treptow e con cui ero rimasto sempre in contatto. Mi teneva al corrente su quello che suc­ cedeva nel mondo (che non andava sempre come lui avreb­ be desiderato) e io acquistavo una fiducia sempre maggiore nel suo atteggiamento serio e integro. Un’altra considerazione che mi venne spontanea scor­ rendo quelle lettere fu che il mio buon padre, pur con le mi­ gliori intenzioni, mi aveva però gravemente danneggiato, spingendomi ad assumere quel balordo stile di vita in cui ero ricaduto alla fine. Mi aveva infatti ripetutamente am­ monito a non giocare alle carte, mentre la signora Böhme, finché visse, era riuscita a convincermi, | dichiarando che le ammonizioni di mio padre riguardavano l’eccesso nel gio­ co. Potendo osservare che in società portava effettivamente dei vantaggi, mi lasciai guidare da lei. Avevo intuito per il gioco, ma non lo spirito: imparavo tutti i giochi in fretta e bene, ma non riuscivo mai a conservare per una serata inte­ ra la dovuta attenzione. Se cominciavo bene, poi mi distra­ evo e finivo col perdere, facendo perdere anche altri, e ogni volta me ne andavo a cena o a casa di cattivo umore. Ma una volta mancata madame Böhme, che comunque nell’ul­ tima fase della sua lunga malattia non mi aveva più esortato a giocare, riacquistò forza l’insegnamento di mio padre; co­ minciai a scusarmi per scansare le partite e poiché nessuno sapeva più cosa farsene di me, divenni un peso per me più ancora che per gli altri; di conseguenza rifiutavo gli inviti, che man mano si diradarono fino a cessare del tutto. Il gio­ co, da raccomandare ai giovani, soprattutto a quelli con uno spirito pratico e che vogliono farsi strada nella vita, non

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werden, weil ich nicht weiter kam, ich mochte spielen so lange ich wollte. Hätte mir jemand einen allgemeinen Blick darüber gegeben und mich bemerken lassen, wie hier gewisse Zeichen und mehr oder weniger Zufall eine Art von Stoff bilden, woran sich Urteilskraft und Tätigkeit üben können; hätte man mich mehrere Spiele auf einmal ein­ sehen lassen, so hätte ich mich wohl eher damit befreunden können. Bei alle dem war ich durch jene Betrachtungen in der Epoche, von welcher ich hier spreche, zu der Überzeugung gekommen, daß man die gesellschaftlichen Spiele nicht meiden, sondern sich eher nach einer Gewandtheit in denselben bestreben müsse. Die Zeit ist unendlich lang und ein jeder Tag ein Gefäß, in das sich sehr viel eingießen läßt, wenn man es wirklich ausfüllen will. So vielfach war ich in meiner Einsamkeit beschäftigt, um somehr als die verschiedenen Geister der mancherlei Liebhabereien, denen ich mich nach und nach gewidmet, | Gelegenheit hatten wieder hervorzutreten. So kam es auch wieder ans Zeichnen, und da ich immer unmittelbar an der Natur oder vielmehr am Wirklichen arbeiten wollte; so bildete ich mein Zimmer nach, mit seinen Möbeln, die Personen die sich darin befanden, und wenn mich das nicht mehr unterhielt, stellte ich allerlei Stadtge­ schichten dar, die man sich eben erzählte und woran man In­teresse fand. Das alles war nicht ohne Charakter und nicht ohne einen gewissen Ge­ schmack, aber leider fehlte den Figuren die Proportion und das eigent­ liche Mark, so wie denn auch die Ausführung höchst nebulistisch war. Mein Vater, dem diese Dinge Vergnügen zu machen fortfuhren, wollte sie deutlicher haben; auch sollte alles fertig und abgeschlossen sein. Er ließ sie daher aufziehen und mit Linien einfassen; ja der Maler Morgenstern, sein Hauskünstler – es ist derselbe, der sich später durch Kirchenpros­ pekte bekannt, ja berühmt gemacht – mußte die perspektivischen Linien der Zimmer und Räume hineinziehen, die sich denn freilich ziemlich grell gegen die nebulistisch angedeuteten Figuren verhielten. Er glaubte mich dadurch immer mehr zur Bestimmtheit zu nötigen, und um ihm gefällig zu sein zeichnete ich mancherlei Stillleben, wo ich, indem das Wirkliche als Muster vor mir stand, deutlicher und entschiedener arbei­

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divenne mai per me una passione: infatti, per quanto gio­ cassi, non miglioravo mai. Forse, se qualcuno me ne aves­ se data una panoramica generale mostrandomi come certi segni e un ruolo maggiore o minore del caso diano origine a una sorta di materia alla quale possiamo applicare la no­ stra azione e capacità di giudizio, o se mi avessero mostrato più giochi insieme, avrei magari potuto abituarmici. In ogni caso, nel periodo di cui sto parlando giunsi alla conclusione che i giochi di società non vanno evitati, bensì imparati fino ad acquistare una certa destrezza. Il tempo è infinitamente lungo e ogni giornata è un recipiente in cui bisogna versare molto, se lo si vuole riempire del tutto. Così nella mia solitudine ero sempre variamente affac­ cendato, anche perché in quell’occasione riapparvero gli spiriti dei molti passatempi a cui mi ero | dedicato in pre­ cedenza. Ripresi ad esempio a disegnare, e dato che volevo disegnare dal vero o comunque la realtà, dipinsi la mia stan­ za con i mobili e le persone che vi si trovavano, e quando mi venne a noia, passai a episodi della vita cittadina che senti­ vo raccontare o che mi parevano interessanti. I disegni non erano privi di carattere e di un certo gusto, ma le figure man­ cavano di proporzioni e di consistenza, mentre l’esecuzione era troppo nebulosa. Mio padre, che continuava divertirsi con queste cose, li voleva più precisi, e tutti dovevano esse­ re completati e rifiniti. Li faceva quindi montare e rifilare e Morgenstern188, il suo pittore di fiducia – lo stesso che poi divenne conosciuto, anzi famoso, per le vedute delle chiese – doveva tracciare le linee di fuga delle stanze e degli spazi, che producevano uno stridente contrasto rispetto alle figure vagamente abbozzate. Credeva, così facendo, di spingermi a essere più preciso, e per fargli piacere dipinsi alcune na­ ture morte dove, avendo il modello davanti a me, riuscivo a dipingere in modo più chiaro e definito. A un certo punto si

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ten konnte. Endlich fiel mir auch wieder einmal das Radieren ein. Ich hatte mir eine ziemlich interessante Landschaft komponiert, und fühlte mich sehr glücklich, als ich meine alten von Stock überlieferten Rezepte vorsuchen, und mich jener vergnüglichen Zeiten bei der Arbeit erinnern konnte. Ich ätzte die Platte bald und ließ mir Probeabdrücke machen. Unglücklicherweise war die Komposition ohne Licht und Schatten, und ich quälte mich nun beides hineinzubringen; weil es mir aber nicht ganz deutlich war, worauf es ankam, so konnte ich nicht fertig werden. Ich befand mich zu der Zeit nach meiner Art ganz wohl; allein in diesen Tagen befiel mich ein Übel, das mich noch nie gequält hatte. Die Kehle nämlich war mir ganz wund geworden, und besonders das was man den Zapfen nennt, sehr entzündet; | ich konnte nur mit großen Schmerzen etwas schlingen, und die Ärzte wußten nicht was sie daraus machen soll­ ten. Man quälte mich mit Gurgeln und Pinseln, und konnte mich von dieser Not nicht befreien. Endlich ward ich wie durch eine Eingebung gewahr, daß ich bei dem Ätzen nicht vorsichtig genug gewesen und daß ich, indem ich es öfters und leidenschaftlich wiederholt, mir dieses Übel zugezogen und solches immer wieder erneuert und vermehrt. Den Ärz­ ten war die Sache plausibel und gar bald gewiß, indem ich das Radieren und Ätzen um so mehr unterließ, als der Versuch keineswegs gut aus­ gefallen war, und ich eher Ursache hatte meine Arbeit zu verbergen als vorzuzeigen, worüber ich mich um so leichter tröstete, als ich mich von dem beschwerlichen Übel sehr bald befreit sah. Dabei konnte ich mich doch der Betrachtung nicht enthalten, daß wohl die ähnlichen Beschäfti­ gungen in Leipzig manches möchten zu jenen Übeln beigetragen haben, an denen ich soviel gelitten hatte. Freilich ist es eine langweilige und mitunter traurige Sache, zu sehr auf uns selbst und was uns schadet und nutzt Acht zu haben; allein es ist keine Frage, daß bei der wunderlichen Idiosynkrasie der menschlichen Natur von der einen, und bei der unend­ lichen Verschiedenheit der Lebensart und Genüsse von der andern Seite, es noch ein Wunder ist, daß das menschliche Geschlecht sich nicht schon lange aufgerieben hat. Es scheint die menschliche Natur eine eigne Art von Zähigkeit und Vielseitigkeit zu besitzen, da sie alles was an sie

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riaffacciò anche la passione per le incisioni. Avevo messo insieme un paesaggio interessante e con piacere ripresi le procedure che avevo imparato da Stock, ricordando i gior­ ni felici in cui lavoravo con lui. Preparai velocemente la lastra e feci le prime prove di stampa, ma sfortunatamen­ te la composizione era priva di chiaroscuri: mi sforzai in ogni modo per aggiungerli, ma non capendo esattamente da cosa dipendesse, non riuscivo a venirne a capo. In quel periodo mi sentivo abbastanza bene, ma proprio allora si manifestò un disturbo che non avevo mai avuto prima. La gola si era infatti molto infiammata, soprattutto quella parte che chiamiamo ugola; | potevo inghiottire solo con grande fatica e i medici non sapevano cosa fare. Mi tormentaro­ no con gargarismi e spennellature, ma senza risultato. Alla fine ebbi come una rivelazione e mi resi conto che nell’uso dell’acido non ero stato abbastanza cauto e avendolo usato più volte e a lungo, non solo mi ero causato quel fastidio, ma lo avevo alimentato e peggiorato. I medici lo ritennero plausibile, ne furono certi dopo che ebbi accantonato in­ cisioni e acidi. Il tentativo non era riuscito molto bene e avevo motivo di nascondere il mio lavoro piuttosto che di mostrarlo, ma mi consolai velocemente vedendo che quel fastidioso malanno era subito scomparso. A quel punto non potei fare a meno di pensare che le analoghe occupazioni a Lipsia avevano forse molto contribuito alla malattia che mi aveva fatto tanto soffrire. È davvero noioso, e talvolta per­ sino triste dover prestare così tanta attenzione a noi stessi e a quello che ci fa bene o male; ma è certamente un miracolo che, con le bizzarre idiosincrasie della natura umana da una parte, e l’infinita varietà dei modi di vivere e di divertirsi dall’altra, il genere umano non si sia ancora estinto. La na­ tura umana sembra avere una tenacia e una versatilità tutte particolari che le permettono di imporsi su tutto ciò che

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herankommt oder was sie in sich aufnimmt überwindet, und wenn sie sich es nicht assimilieren kann, wenigstens gleichgültig macht. Frei­ lich muß sie bei einem großen Exzeß trotz alles Widerstandes den Ele­ menten nachgeben, wie uns so viele endemische Krankheiten und die Wirkungen des Branntweins überzeugen. Könnten wir, ohne ängstlich zu werden, auf uns Acht geben, was in unserem komplizierten bür­ gerlichen und geselligen Leben auf uns günstig oder ungünstig wirkt, und möchten wir das was uns als Genuß freilich behaglich ist, um der üblen Folgen willen unterlassen; so würden wir gar manche | Unbe­ quemlichkeit, die uns bei sonst gesunden Konstitutionen oft mehr als eine Krankheit selbst quält, leicht zu entfernen wissen. Leider ist es im Diätetischen wie im Moralischen: wir können einen Fehler nicht eher einsehen, als bis wir ihn los sind; wobei denn nichts gewonnen wird, weil der nächste Fehler dem vorhergehenden nicht ähnlich sieht und also unter derselben Form nicht erkannt werden kann. Beim Durchlesen jener Briefe, die von Leipzig aus an meine Schwester geschrieben waren, konnte mir unter andern auch diese Be­ merkung nicht entgehen, daß ich mich sogleich bei dem ersten akade­ mischen Unterricht für sehr klug und weise gehalten, indem ich mich, sobald ich etwas gelernt, dem Professor substituierte und daher auch auf der Stelle didaktisch ward. Mir war es lustig genug zu sehen, wie ich dasjenige was Gellert uns im Collegium überliefert oder geraten, sogleich wieder gegen meine Schwester gewendet, ohne einzusehen, daß sowohl im Leben als im Lesen etwas dem Jüngling gemäß sein könne, ohne sich für ein Frauenzimmer zu schicken; und wir scherzten gemeinschaftlich über diese Nachäfferei. Auch waren mir die Gedich­ te, die ich in Leipzig verfaßt hatte, schon zu gering, und sie schienen mir kalt, trocken und in Absicht dessen was die Zustände des menschli­ chen Herzens oder Geistes ausdrücken sollte, allzu oberflächlich. Die­ ses bewog mich, als ich nun abermals das väterliche Haus verlassen und auf eine zweite Akademie ziehen sollte, wieder ein großes HauptAutodafé über meine Arbeiten zu verhängen. Mehrere angefangene Stücke, deren einige bis zum dritten oder vierten Akt, andere aber nur

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le si avvicina o che riesce ad assorbire, e quello che non può assimilare lo neutralizza. Certo, nel caso di un eccesso estremo oppone resistenza ma deve poi cedere agli ele­ menti, come ci dimostrano molte malattie endemiche e gli effetti dell’alcol. Se potessimo prenderci cura di noi sen­ za diventare ansiosi, facendo attenzione a quello che nella nostra complessa vita privata e sociale ha su di noi effet­ ti nocivi o salutari, e se fossimo capaci di rinunciare alle cose che ci piacciono ma sappiamo che ci danneggiano, ci risparmieremmo davvero tanti | fastidi, che tormentano più delle malattie anche chi è di sana costituzione. Ma lo stile di vita è come la morale: riusciamo a riconoscere un errore solo dopo che ce ne siamo liberati, ma è del tutto inutile, perché l’errore successivo è comunque diverso dal prece­ dente e di conseguenza non siamo in grado di riconoscerlo come tale. Un’altra cosa che non mi sfuggì, rileggendo le lettere che da Lipsia avevo scritto a mia sorella, era che già fin dal­ la prima lezione in università mi ritenni intelligente e sag­ gio, e non facevo in tempo a imparare qualcosa che subito mi sostituivo al professore e ne facevo le veci. Mi divertì parecchio vedere come avevo subito applicato a mia sorel­ la quello che Gellert ci insegnava e consigliava a lezione, senza riflettere che sia nella vita come nella lettura ci sono cose adatte a un giovanotto ma che non si addicono a una si­ gnorina, e ridevamo insieme dei miei scimmiottamenti. An­ che le poesie che avevo scritto a Lipsia mi parevano poca cosa, fredde, aride e troppo superficiali nell’esprimere gli stati del cuore umano e dello spirito. Quando fu il momento di lasciare di nuovo la casa paterna per andare in un’altra università, feci quindi un nuovo grande autodafé dei miei lavori. Molti pezzi iniziati, alcuni giunti fino al terzo o quar­ to atto, altri invece con soltanto il prologo, ma anche molte

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bis zu vollendeter Exposition gelangt waren, nebst vielen andern Ge­ dichten, Briefen und Papieren wurden dem Feuer übergeben, und kaum blieb etwas verschont außer dem Manuskript von Behrisch, die Laune des Verliebten und die Mitschuldigen, an welchem letzteren ich immer fort mit besonderer Liebe besserte, und da das Stück schon fertig war, die Exposition nochmals durcharbeitete, um sie zugleich bewegter und klarer zu machen. Lessing hatte in den zwei ersten Akten der Minna | ein unerreichbares Muster aufgestellt, wie ein Drama zu exponieren sei, und es war mir nichts angelegner, als in seinen Sinn und seine Ab­ sichten einzudringen. Umständlich genug ist zwar schon die Erzählung von dem was mich in diesen Tagen berührt, aufgeregt und beschäftigt; allein ich muß demohngeachtet wieder zu jenem Interesse zurückkehren, das mir die übersinnlichen Dinge eingeflößt hatten, von denen ich ein für allemal, in sofern es möglich wäre, mir einen Begriff zu bilden unternahm. Einen großen Einfluß erfuhr ich dabei von einem wichtigen Buche, das mir in die Hände geriet, es war Arnolds Kirchen- und Ketzerge­ schichte. Dieser Mann ist nicht ein bloß reflektierender Historiker, son­ dern zugleich fromm und fühlend. Seine Gesinnungen stimmten sehr zu den meinigen, und was mich an seinem Werk besonders ergetzte war, daß ich von manchen Ketzern, die man mir bisher als toll oder gottlos vorgestellt hatte, einen vorteilhaftern Begriff erhielt. Der Geist des Widerspruchs und die Lust zum Paradoxen steckt in uns allen. Ich studierte fleißig die verschiedenen Meinungen, und da ich oft genug hatte sagen hören, jeder Mensch habe am Ende doch seine eigene Re­ ligion; so kam mir nichts natürlicher vor, als daß ich mir auch meine eigene bilden könne, und dieses tat ich mit vieler Behaglichkeit. Der neue Platonismus lag zum Grunde; das Hermetische, Mystische, Kab­ balistische gab auch seinen Beitrag her, und so erbaute ich mir eine Welt, die seltsam genug aussah. Ich mochte mir wohl eine Gottheit vorstellen, die sich von Ewigkeit her selbst produziert; da sich aber Produktion nicht ohne Mannigfaltig­ keit denken läßt, so mußte sie sich notwendig sogleich als ein Zweites

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poesie, lettere e altre carte – tutto fu consegnato alle fiam­ me. Poche cose furono risparmiate: oltre al manoscritto di Behrisch, I capricci dell’innamorato e I complici. Quest’ul­ timo lo stavo ancora ritoccando con particolare amore, e nonostante fosse già terminato, rielaborai ancora una volta l’esposizione per renderla più mossa e insieme più chiara189. Nei primi due atti della Minna Lessing | aveva istituito un esempio impareggiabile di come debba essere l’esposizione di un dramma, e niente mi interessava più che comprendere il suo pensiero e le sue intenzioni. Ho già raccontato in modo abbastanza circostanziato ciò che mi successe in quel periodo, i miei interessi e le occupa­ zioni; ciononostante devo tornare ancora sull’interesse che avevano suscitato in me le cose ultraterrene di cui cercai, nei limiti del possibile, di farmi un’idea una volta per tutte. Fui molto influenzato da un libro importante che mi ca­ pitò in mano, la Storia della Chiesa e degli eretici di Arnold190. L’autore non è soltanto uno storico che riflette, è anche devoto e sensibile. Le sue opinioni si accordavano bene con le mie, e quello che più mi piaceva era che leggen­ do la sua opera ricavai un’immagine positiva di alcuni ere­ tici che fino a quel momento mi erano stati presentati come pazzi o empi. Tutti noi abbiamo spirito di contraddizione e gusto per il paradosso; io studiavo attentamente le diverse opinioni e avendo sentito ripetere molto spesso che alla fin fine ciascuno ha la sua religione, mi parve del tutto naturale costruirmene una anch’io, e lo feci con gran soddisfazione. Il neoplatonismo ne formava la base, e con il contributo di ermetismo, misticismo e cabbala mi creai un cosmo alquan­ to particolare. Potevo facilmente immaginarmi una divinità che fin dall’eternità si autogenera191, ma poiché la generazione non è pensabile senza la molteplicità, era inevitabile che appa­

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erscheinen, welches wir unter dem Namen des Sohns anerkennen; die­ se beiden mußten nun den Akt des Hervorbringens fortsetzen, und er­ schienen sich selbst wieder im Dritten, welches nun eben so bestehend lebendig und ewig als das Ganze war. Hiermit war jedoch der Kreis der Gottheit geschlossen, und es wäre | ihnen selbst nicht möglich ge­ wesen, abermals ein ihnen völlig Gleiches hervorzubringen. Da jedoch der Produktionstrieb immer fortging, so erschufen sie ein Viertes, das aber schon in sich einen Widerspruch hegte, indem es, wie sie, un­ bedingt und doch zugleich in ihnen enthalten und durch sie begrenzt sein sollte. Dieses war nun Lucifer, welchem von nun an die ganze Schöpfungskraft übertragen war, und von dem alles übrige Sein ausge­ hen sollte. Er bewies sogleich seine unendliche Tätigkeit, indem er die sämtlichen Engel erschuf, alle wieder nach seinem Gleichnis, unbe­ dingt, aber in ihm enthalten und durch ihn begrenzt. Umgeben von ei­ ner solchen Glorie vergaß er seines höhern Ursprungs und glaubte ihn in sich selbst zu finden, und aus diesem ersten Undank entsprang alles was uns nicht mit dem Sinne und den Absichten der Gottheit überein­ zustimmen scheint. Jemehr er sich nun in sich selbst konzentrierte, je unwohler mußte es ihm werden, so wie allen den Geistern, denen er die süße Erhebung zu ihrem Ursprung verkümmerte. Und so ereignete sich das, was uns unter der Form des Abfalls der Engel bezeichnet wird. Ein Teil derselben konzentrierte sich mit Lucifer, der andere wendete sich wieder gegen seinen Ursprung. Aus dieser Konzentration der gan­ zen Schöpfung, denn sie war von Lucifer ausgegangen und mußte ihm folgen, entsprang nun alles das, was wir unter der Gestalt der Materie gewahr werden, was wir uns als schwer, fest und finster vorstellen, welches aber, indem es wenn auch nicht unmittelbar, doch durch Filia­ tion vom göttlichen Wesen herstammt, eben so unbedingt mächtig und ewig ist, als der Vater und die Großeltern. Da nun das ganze Unheil, wenn wir es so nennen dürfen, bloß durch die einseitige Richtung Lu­ cifers entstand; so fehlte freilich dieser Schöpfung die bessere Hälfte:

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risse fin da subito una seconda entità, che noi conosciamo con il nome di figlio. Entrambi dovevano poi proseguire nell’atto della generazione e si manifestano quindi in una terza, altrettanto viva ed eterna come il Tutto. In questo modo si chiudeva il cerchio della divinità, e non sarebbe | stato possibile generarne un’altra del tutto simile a loro. Ma poiché lo stimolo alla generazione permaneva, produssero comunque un quarto essere, che però portava in sé una con­ traddizione in quanto avrebbe dovuto essere illimitato come loro, ma allo stesso tempo contenuto in loro e delimitato da loro: era Lucifero, a cui da quel momento in poi fu trasferita tutta la potenza creatrice da cui sarebbero scaturiti gli altri esseri. Diede subito prova della sua infinita energia gene­ rando gli angeli, tutti a sua immagine, illimitati ma conte­ nuti in lui e delimitati da lui. Circondato da tanta gloria, di­ menticò che la sua origine procedeva da una fonte superiore e credette invece di averla dentro di sé, e da questo primo atto di ingratitudine derivò tutto ciò che ci sembra non con­ cordare con il volere e le intenzioni della divinità. Quanto più si contraeva su se stesso, tanto più aumentava il disagio suo e di tutti gli spiriti a cui negava la dolce ascesa all’origi­ ne. Così avvenne quella che noi chiamiamo la caduta degli angeli, una parte dei quali si contrasse insieme a Lucifero, mentre gli altri tornarono nuovamente alla loro origine. Da questa contrazione di tutta la creazione, che era uscita da Lucifero e quindi a lui ubbidiva, si originò tutto ciò che noi percepiamo in forma di materia e che ci rappresentiamo come pesante, solido e oscuro; ma discendendo dall’esse­ re divino, non direttamente ma comunque per filiazione, è tanto illimitatamente potente ed eterno quanto il padre e gli avi. Dunque tutto il male, se vogliamo chiamarlo così, era soltanto il risultato delle azioni unilaterali di Lucifero, ma a quella creazione mancava la metà migliore – aveva infat­

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denn alles was durch Konzentration gewonnen wird, besaß sie, aber es fehlte ihr alles was durch Expansion allein bewirkt werden kann; und so hätte die sämtliche Schöpfung durch immerwährende Konzentration sich selbst aufreiben, sich mit ihrem Vater Lucifer vernichten | und alle ihre Ansprüche an eine gleiche Ewigkeit mit der Gottheit verlieren können. Diesem Zustand sahen die Elohim eine Weile zu, und sie hat­ ten die Wahl jene Äonen abzuwarten, in welchen das Feld wieder rein geworden und ihnen Raum zu einer neuen Schöpfung geblieben wäre, oder ob sie in das Gegenwärtige eingreifen und dem Mangel nach ihrer Unendlichkeit zu Hülfe kommen wollten. Sie erwählten nun das letzte­ re, und supplierten durch ihren bloßen Willen in einem Augenblick den ganzen Mangel, den der Erfolg von Lucifers Beginnen an sich trug. Sie gaben dem unendlichen Sein die Fähigkeit sich auszudehnen, sich gegen sie zu bewegen; der eigentliche Puls des Lebens war wieder her­ gestellt und Lucifer selbst konnte sich dieser Einwirkung nicht entzie­ hen. Dieses ist die Epoche, wo dasjenige hervortrat, was wir als Licht kennen, und wo dasjenige begann, was wir mit dem Worte Schöpfung zu bezeichnen pflegen. So sehr sich auch nun diese durch die immer fortwirkende Lebenskraft der Elohim stufenweise vermannigfaltigte; so fehlte es doch noch an einem Wesen, welches die ursprüngliche Ver­ bindung mit der Gottheit wiederherzustellen geschickt wäre, und so wurde der Mensch hervorgebracht, der in allem der Gottheit ähnlich, ja gleich sein sollte, sich aber freilich dadurch abermals in dem Falle Lucifers befand, zugleich unbedingt und beschränkt zu sein, und da dieser Widerspruch durch alle Kategorieen des Daseins sich an ihm manifestieren und ein vollkommenes Bewußtsein so wie ein entschie­ dener Wille seine Zustände begleiten sollte; so war voraus zu sehen, daß er zugleich das Vollkommenste und Unvollkommenste, das glück­ lichste und unglücklichste Geschöpf werden müsse. Es währte nicht lange, so spielte er auch völlig die Rolle des Lucifer. Die Absonderung vom Wohltäter ist der eigentliche Undank, und so ward jener Abfall

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ti tutto quello che si può ricavare dalla contrazione, ma le mancava tutto ciò che può essere prodotto grazie all’espan­ sione. In quel modo l’intero universo si sarebbe consumato a causa dell’incessante contrazione, si sarebbe distrutto in­ sieme a suo padre Lucifero | perdendo ogni titolo a un’eter­ nità simile a quella della divinità. Gli elohim osservarono la situazione per un certo tempo, valutando due possibilità: attendere gli eoni necessari affinché tutto sparisse e il cam­ po fosse libero per una nuova creazione, oppure intervenire nel presente e sopperire alla mancanza con la loro natura infinita. Scelsero la seconda via e in un solo istante, con un atto della volontà, cancellarono il difetto derivato dall’im­ presa di Lucifero. Concessero all’essere infinito la capacità di espandersi, di muoversi verso di loro; la vita riprese a pulsare, e lo stesso Lucifero non poté sottrarsi al loro in­ tervento. È l’epoca in cui emerse quella che conosciamo come luce e in cui ebbe luogo quella che chiamiamo cre­ azione. Ma per quanto quest’ultima si diversificasse man mano grazie all’incessante vitalità degli elohim, mancava comunque ancora un essere che fosse capace di ripristinare il nesso originario con la divinità, e così fu creato l’uomo, in tutto simile alla divinità, anzi addirittura uguale, ed es­ sendo anche lui illimitato e delimitato allo stesso tempo, venne a ritrovarsi nella stessa situazione di Lucifero. Dal momento che questa contraddizione si sarebbe manifestata in lui in tutte le categorie dell’esistenza e la sua condizione sarebbe stata sempre accompagnata da perfetta consapevo­ lezza e volontà ferma, era prevedibile che sarebbe diventato la creatura più perfetta e la più imperfetta, la più felice e la più infelice allo stesso tempo. Non ci volle molto prima che si comportasse in tutto e per tutto come Lucifero. Staccarsi dal proprio benefattore è l’atto di ingratitudine peggiore, e così si verificò una seconda ribellione, anche se l’intera

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zum zweitenmal eminent, obgleich die ganze Schöpfung nichts ist und nichts war, als ein Abfallen und Zurückkehren zum Ursprünglichen. Man sieht leicht, wie hier die Erlösung nicht allein von | Ewigkeit her beschlossen, sondern als ewig notwendig gedacht wird, ja daß sie durch die ganze Zeit des Werdens und Seins sich immer wieder erneu­ ern muß. Nichts ist in diesem Sinne natürlicher, als daß die Gottheit selbst die Gestalt des Menschen annimmt, die sie sich zu einer Hülle schon vorbereitet hatte, und daß sie die Schicksale desselben auf kurze Zeit teilt, um durch diese Verähnlichung das Erfreuliche zu erhöhen und das Schmerzliche zu mildern. Die Geschichte aller Religionen und Philosophien lehrt uns, daß diese große, den Menschen unentbehrli­ che Wahrheit von verschiedenen Nationen in verschiedenen Zeiten auf mancherlei Weise, ja in seltsamen Fabeln und Bildern der Beschränkt­ heit gemäß überliefert worden; genug wenn nur anerkannt wird, daß wir uns in einem Zustande befinden, der, wenn er uns auch niederzu­ ziehen und zu drücken scheint, dennoch Gelegenheit gibt, ja zur Pflicht macht, uns zu erheben und die Absichten der Gottheit dadurch zu er­ füllen, daß wir, indem wir von einer Seite uns zu verselbsten genötiget sind, von der andern in regelmäßigen Pulsen uns zu entselbstigen nicht versäumen. |

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creazione non è e non era altro che un continuo allontanarsi e tornare all’origine. È facile capire come la redenzione non soltanto sia | sta­ ta stabilita fin dall’eternità, ma sia anche concepita come eternamente necessaria, anzi che debba continuamente rin­ novarsi per tutta la durata dell’essere e del divenire. In que­ sta prospettiva nulla è più naturale della divinità stessa che assume forma umana, forma che si era già preparata come un involucro al fine di condividere per breve tempo la sor­ te dell’uomo, per accrescerne la gioia e alleviarne le pene grazie a questa assimilazione. La storia di tutte le religioni e di tutte le filosofie ci insegna come questa grande verità imprescindibile per l’uomo sia stata tramandata da popoli diversi, in diverse epoche e in vari modi conformemente al loro grado di sviluppo, persino tramite favole e immagini curiose; ma è sufficiente se riconosciamo di trovarci in una condizione che, anche quando sembra opprimerci o trasci­ narci verso il basso, ci offre comunque la possibilità, anzi, ci impone di elevarci per realizzare gli intenti della divinità: in questo modo, da una parte siamo costretti a contrarci in noi stessi, dall’altra non possiamo tralasciare di espanderci al di fuori di noi stessi, con pulsazioni regolari. |

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Neuntes Buch »Das Herz wird ferner öfters zum Vorteil verschiedener, besonders geselliger und feiner Tugenden gerührt, und die zarteren Empfindun­ gen werden in ihm erregt und entwickelt werden. Besonders werden sich viele Züge eindrücken, welche dem jungen Leser eine Einsicht in den verborgenern Winkel des menschlichen Herzens und seiner Lei­ denschaften geben, eine Kenntnis, die mehr als alles Latein und Grie­ chisch wert ist, und von welcher Ovid ein gar vortrefflicher Meister war. Aber dies ist es noch nicht, warum man eigentlich der Jugend die alten Dichter und also auch den Ovid in die Hände gibt. Wir haben von dem gütigen Schöpfer eine Menge Seelenkräfte, welchen man ihre ge­ hörige Kultur, und zwar in den ersten Jahren gleich, zu geben nicht ver­ absäumen muß, und die man doch weder mit Logik noch Metaphysik, Latein oder Griechisch kultivieren kann: wir haben eine Einbildungs­ kraft, der wir, wofern sie sich nicht der ersten besten Vorstellungen selbst bemächtigen soll, die schicklichsten und schönsten Bilder vor­ legen und dadurch das Gemüt gewöhnen und üben müssen, das Schöne überall und in der Natur selbst, unter seinen bestimmten, wahren und auch in den feineren Zügen zu erkennen und zu lieben. Wir haben eine Menge Begriffe und allgemeine Kenntnisse nötig, sowohl für die Wis­ senschaften als für das tägliche Leben, die sich aus keinem Compendio erlernen lassen. Unsere Empfindungen, Neigungen, Leidenschaften sollen mit Vorteil entwickelt und gereinigt werden.« Diese bedeutende Stelle, welche sich in der allgemeinen deutschen Bibliothek vorfand, war nicht die einzige in ihrer Art. Von gar vielen Seiten her offenbarten sich ähnliche Grundsätze und gleiche Gesin­ nungen. Sie machten auf uns rege Jünglinge sehr großen Eindruck, der

Libro nono «Molto spesso il cuore propende per svariate virtù, in par­ ticolare quelle sociali e delicate, e così nascono e si svilup­ pano i sentimenti più teneri. Il giovane lettore sarà colpito soprattutto da quegli aspetti, numerosi, che gli permettono di penetrare negli angoli più riposti del cuore umano e delle sue passioni – una conoscenza che vale più di tutto il greco e il latino e di cui Ovidio era un maestro esemplare. Ma non è ancora questo il motivo per cui si danno in mano ai giovani i poeti antichi, e quindi anche Ovidio. Il nostro be­ nevolo Creatore ci ha dotato di una gran quantità di capacità spirituali che non dobbiamo tralasciare di coltivare in modo adeguato, già fin dai primi anni, ma non lo si può fare con la logica o la metafisica, né col greco, né col latino: abbiamo un’immaginazione che dobbiamo allenare con le immagini più adatte e più belle, se non vogliamo che si appropri per proprio conto della prima rappresentazione che le capita sott’occhio, in modo da abituare ed esercitare l’animo a ri­ conoscere e amare il bello dappertutto e nella natura stessa, nei suoi tratti specifici e autentici come in quelli più nobili. Ci servono moltissimi concetti e conoscenze generali, sia per le scienze che per la vita quotidiana, che non si ricavano da alcun manuale. I nostri sentimenti, inclinazioni, passioni devono svilupparsi e purificarsi proficuamente». Questo passo significativo192, apparso sulla «Allgemei­ ne deutsche Bibliothek», non era l’unico del suo genere. Da molte parti si manifestavano simili principi e identici intendimenti. Su noi ragazzi vivaci facevano una profonda

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um desto | entschiedener wirkte, als er durch Wielands Beispiel noch verstärkt wurde: denn die Werke seiner zweiten glänzenden Epoche bewiesen klärlich, daß er sich nach solchen Maximen gebildet hatte. Und was konnten wir mehr verlangen? Die Philosophie mit ihren abs­ trusen Forderungen war beseitigt, die alten Sprachen, deren Erlernung mit so viel Mühseligkeit verknüpft ist, sah man in den Hintergrund gerückt, die Kompendien, über deren Zulänglichkeit uns Hamlet schon ein bedenkliches Wort ins Ohr geraunt hatte, wurden immer verdäch­ tiger, man wies uns auf die Betrachtung eines bewegten Lebens hin, das wir so gerne führten, und auf die Kenntnis der Leidenschaften, die wir in unserem Busen teils empfanden, teils ahndeten, und die, wenn man sie sonst gescholten hatte, uns nunmehr als etwas Wichtiges und Würdiges vorkommen mußten, weil sie der Hauptgegenstand unserer Studien sein sollten, und die Kenntnis derselben als das vorzüglichs­ te Bildungsmittel unserer Geisteskräfte angerühmt ward. Überdies war eine solche Denkweise meiner eignen Überzeugung, ja meinem poetischen Tun und Treiben ganz angemessen. Ich fügte mich daher ohne Widerstreben, nachdem ich so manchen guten Vorsatz vereitelt, so manche redliche Hoffnung verschwinden sehn, in die Absicht mei­ nes Vaters, mich nach Straßburg zu schicken, wo man mir ein heiteres lustiges Leben versprach, indessen ich meine Studien weiter fortsetzen und am Ende promovieren sollte. Im Frühjahre fühlte ich meine Gesundheit, noch mehr aber meinen jugendlichen Mut wieder hergestellt, und sehnte mich abermals aus meinem väterlichen Hause, obgleich aus ganz andern Ursachen als das erste Mal: denn es waren mir diese hübschen Zimmer und Räume, wo ich so viel gelitten hatte, unerfreulich geworden, und mit dem Vater selbst konnte sich kein angenehmes Verhältnis anknüpfen; ich konnte ihm nicht ganz verzeihen, daß er, bei den Rezidiven meiner Krank­

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impressione, ancor più | incisiva perché ulteriormente raf­ forzata dall’esempio di Wieland; infatti le opere della sua seconda, splendida fase dimostravano chiaramente che si era formato seguendo queste massime193. Che altro poteva­ mo desiderare? La filosofia con le sue pretese astruse veni­ va accantonata; le lingue antiche il cui studio richiede così tanta fatica, passavano in secondo piano; i manuali diventa­ vano man mano sempre più sospetti, da quando Amleto ci aveva sussurrato all’orecchio dubbi circa la loro completez­ za194. Fummo incoraggiati a osservare la vita movimentata, come quella che ci piaceva condurre, e a indagare le passio­ ni che in parte provavamo dentro di noi, in parte intuivamo soltanto; svilite in passato, ci apparivano ora come la cosa più importante e più degna. Ora dovevano essere il nostro oggetto primario di studio, e la loro conoscenza ci veniva raccomandata come lo strumento migliore per educare le capacità dello spirito. E in più, quel modo di pensare era de­ cisamente consono alle mie convinzioni e alla mia attività poetica. Dopo aver già visto vanificati tanti buoni propositi e deluso tante legittime speranze, mi adattai quindi senza opporre resistenza all’intenzione di mio padre di mandarmi a Strasburgo195, dovo mi era stata prospettata una vita alle­ gra e spensierata e dove avrei potuto proseguire gli studi e alla fine ottenere la mia qualifica. In primavera196 mi accorsi che non solo la mia salute era del tutto ristabilita, ma anche la mia giovanile intraprenden­ za, e di nuovo non vedevo l’ora di lasciare il tetto paterno, anche se per motivi del tutto diversi rispetto alla prima vol­ ta: infatti quelle belle stanze e i luoghi dove avevo sofferto così tanto mi erano divenuti sgraditi, e con mio padre non riuscivo comunque a instaurare un rapporto accettabile. Non riuscivo a perdonargli, infatti, di aver dimostrato ec­ cessiva impazienza durante le recidive della malattia e la

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heit und bei dem langsamen Genesen, mehr Ungeduld als billig sehen lassen, ja daß er, anstatt durch Nachsicht mich zu trösten, sich oft auf eine | grausame Weise über das was in keines Menschen Hand lag, geäußert, als wenn es nur vom Willen abhinge. Aber auch er ward auf mancherlei Weise durch mich verletzt und beleidigt. Denn junge Leute bringen von Akademieen allgemeine Begriffe zurück, welches zwar ganz recht und gut ist; allein weil sie sich darin sehr weise dünken, so legen sie solche als Maßstab an die vorkom­ menden Gegenstände, welche denn meistens dabei verlieren müssen. So hatte ich von der Baukunst, der Einrichtung und Verzierung der Häuser eine allgemeine Vorstellung gewonnen, und wendete diese nun unvorsichtig im Gespräch auf unser eigen Haus an. Mein Vater hatte die ganze Einrichtung ersonnen und den Bau mit großer Standhaftig­ keit durchgeführt, und es ließ sich auch, in sofern es eine Wohnung für ihn und seine Familie ausschließlich sein sollte, nichts dagegen ein­ wenden; auch waren in diesem Sinne sehr viele Häuser von Frankfurt gebaut. Die Treppe ging frei hinauf und berührte große Vorsäle, die selbst recht gut hätten Zimmer sein können; wie wir denn auch die gute Jahreszeit immer daselbst zubrachten. Allein dieses anmutige heitere Dasein einer einzelnen Familie, diese Kommunikation von oben bis unten ward zur größten Unbequemlichkeit, sobald mehrere Partieen das Haus bewohnten, wie wir bei Gelegenheit der französischen Ein­ quartierung nur zu sehr erfahren hatten. Denn jene ängstliche Szene mit dem Königslieutenant wäre nicht vorgefallen, ja mein Vater hätte weniger von allen Unannehmlichkeiten empfunden, wenn unsere Trep­ pe, nach der Leipziger Art, an die Seite gedrängt, und jedem Stockwerk eine abgeschlossene Türe zugeteilt gewesen wäre. Diese Bauart rühm­ te ich einst höchlich und setzte ihre Vorteile heraus, zeigte dem Vater die Möglichkeit, auch seine Treppe zu verlegen, worüber er in einen unglaublichen Zorn geriet, der um so heftiger war, als ich kurz vorher

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mia lenta guarigione; anzi, invece che consolarmi e dimo­ strarsi comprensivo, aveva spesso | parlato con durezza di ciò che oltrepassa le possibilità umane, come se fosse solo una questione di volontà. Ma anch’io a mia volta lo avevo ferito e offeso in vari modi. I giovani infatti tornano dall’università portandosi dietro dei concetti generali, e questo va benissimo; ma siccome si reputano molto saggi, li utilizzano come metro per qual­ siasi oggetto si presenti, che di solito ha sempre la peggio. Ad esempio, mi ero fatto un’idea generale dell’architettura, dell’arredamento e decorazione delle case, e incautamente in una discussione la applicai alla nostra casa. Mio padre aveva progettato tutta la costruzione e l’aveva fatta eseguire con grande scrupolo, e trattandosi di un’abitazione che do­ veva servire soltanto a lui e alla sua famiglia, non c’era nul­ la da obiettare; molte case di Francoforte, del resto, erano costruite secondo quello stesso criterio. La scala era aperta a passava da ampi pianerottoli che avrebbero benissimo po­ tuto essere delle stanze, e del resto era lì che stavamo nella bella stagione. Ma quella che era una situazione gradevo­ le e serena per una singola famiglia, quella comunicazione dall’alto fino in basso diventava estremamente scomoda qualora fossero diverse famiglie ad abitare la casa, come avevamo sperimentato fin troppo bene in occasione dell’ac­ quartieramento dei francesi. Quella penosa scenata con il luogotenente del re non sarebbe accaduta e mio padre si sarebbe risparmiato molti incomodi se la nostra scala, come quelle di Lipsia, fosse stata collocata su un lato e su ogni piano fosse stata chiusa da una porta. Una volta lodai molto quel modo di costruire enumerandone i vantaggi, e illustrai a mio padre la possibilità di spostare anche la sua scala, cosa che lo fece andare su tutte le furie, in modo ancor più violento perché poco prima avevo osato criticare le cornici

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einige schnörkelhafte Spiegelrahmen getadelt und gewisse chinesische Tapeten verworfen hatte. Es gab eine Szene, welche, zwar wieder ge­ tuscht und ausgeglichen, doch | meine Reise nach dem schönen Elsaß beschleunigte, die ich denn auch, auf der neu eingerichteten bequemen Diligence, ohne Aufenthalt und in kurzer Zeit vollbrachte. Ich war im Wirtshaus zum Geist abgestiegen und eilte sogleich, das sehnlichste Verlangen zu befriedigen und mich dem Münster zu nähern, welcher durch Mitreisende mir schon lange gezeigt und eine ganze Strecke her im Auge geblieben war. Als ich nun erst durch die schmale Gasse diesen Koloß gewahrte, sodann aber auf dem freilich sehr engen Platz allzunah vor ihm stand, machte derselbe auf mich einen Eindruck ganz eigner Art, den ich aber auf der Stelle zu ent­ wickeln unfähig, für diesmal nur dunkel mit mir nahm, indem ich das Gebäude eilig bestieg, um nicht den schönen Augenblick einer hohen und heitern Sonne zu versäumen, welche mir das weite reiche Land auf einmal offenbaren sollte. Und so sah ich denn von der Platt-Form die schöne Gegend vor mir, in welcher ich eine Zeit lang wohnen und hausen durfte: die ansehn­ liche Stadt, die weitumherliegenden, mit herrlichen dichten Bäumen besetzten und durchflochtenen Auen, diesen auffallenden Reichtum der Vegetation, der dem Laufe des Rheins folgend, die Ufer, Inseln und Werder bezeichnet. Nicht weniger mit mannigfaltigem Grün ge­ schmückt ist der von Süden herab sich ziehende flache Grund, welchen die Iller bewässert; selbst westwärts, nach dem Gebirge zu, finden sich manche Niederungen, die einen eben so reizenden Anblick von Wald und Wiesenwuchs gewähren, so wie der nördliche mehr hügelige Teil von unendlichen kleinen Bächen durchschnitten ist, die überall ein schnelles Wachstum begünstigen. Denkt man sich nun zwischen die­ sen üppig ausgestreckten Matten, zwischen diesen fröhlich ausgesäe­ ten Hainen alles zum Fruchtbau schickliche Land trefflich bearbeitet, grünend und reifend, und die besten und reichsten Stellen desselben durch Dörfer und Meierhöfe bezeichnet, und eine solche große und

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arzigogolate di alcuni specchi e disapprovato le tappezzerie cinesi197. Ne seguì una scenata che, sebbene poi stemperata e appianata, accelerò | comunque la mia partenza per la bella Alsazia, un viaggio che compii in breve tempo e senza tappe intermedie grazie alla nuova e comoda carrozza postale. Scesi alla locanda Allo spirito e mi affrettai subito a sod­ disfare il mio desiderio più intenso recandomi alla cattedra­ le, che gli altri viaggiatori mi avevano additato da lontano ed era rimasta nel mio campo visivo per un lungo tratto. Quando dunque percepii quel colosso dalla viuzza stretta e poi me lo ritrovai davanti vicinissimo nella piazza angu­ sta, ne ebbi un’impressione del tutto particolare che in quel momento non riuscii a decifrare; la portai quindi con me in modo oscuro mentre salivo velocemente sull’edificio per non perdere l’attimo prezioso di un bel sole splendente che mi avrebbe rivelato tutto in una volta il florido territorio circostante. Dalla piattaforma vidi infatti davanti a me l’amena re­ gione dove avrei abitato e vissuto per un certo tempo: una città considerevole, tutt’intorno vasti campi, circondati e intrecciati con splendidi boschetti, l’impressionante rigo­ glio di vegetazione che contraddistingue le rive del Reno con isole e isolette. Ugualmente adorna di molteplici sfu­ mature di verde è la pianura che si stende verso Sud, irri­ gata dall’Ill, e anche a Ovest, verso le montagne, ci sono alcune conche che offrono una vista altrettanto gradevole su pascoli e boschi; più collinoso è il lato Nord, che appare intersecato da infiniti ruscelletti che favoriscono dovunque la rapida crescita della vegetazione. Tra i pascoli vasti e ri­ gogliosi, tra quei boschetti allegramente disseminati qua e là bisogna poi immaginarsi tanta terra fertile coltivata in modo ammirevole, verdeggiante e prossima al raccolto, i luoghi migliori e più ricchi segnati da fattorie e paesini, e

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unübersehliche, wie ein neues Paradies für den Menschen recht vor­ bereitete Fläche, näher und ferner von | teils angebauten, teils wald­ bewachsenen Bergen begrenzt; so wird man das Entzücken begreifen, mit dem ich mein Schicksal segnete, das mir für einige Zeit einen so schönen Wohnplatz bestimmt hatte. Ein solcher frischer Anblick in ein neues Land, in welchem wir uns eine Zeit lang aufhalten sollen, hat noch das Eigne, so angenehme als ahndungsvolle, daß das Ganze wie eine unbeschriebene Tafel vor uns liegt. Noch sind keine Leiden und Freuden, die sich auf uns beziehen, darauf verzeichnet; diese heitre, bunte, belebte Fläche ist noch stumm für uns; das Auge haftet nur an den Gegenständen in sofern sie an und für sich bedeutend sind, und noch haben weder Neigung noch Leiden­ schaft diese oder jene Stelle besonders herauszuheben; aber eine Ahn­ dung dessen was kommen wird, beunruhigt schon das junge Herz, und ein unbefriedigtes Bedürfnis fordert im Stillen dasjenige, was kommen soll und mag, und welches auf alle Fälle, es sei nun Wohl oder Weh, unmerklich den Charakter der Gegend, in der wir uns befinden, an­ nehmen wird. Herabgestiegen von der Höhe verweilte ich noch eine Zeit lang vor dem Angesicht des ehrwürdigen Gebäudes; aber was ich mir weder das erste Mal, noch in der nächsten Zeit ganz deutlich machen konnte, war, daß ich dieses Wunderwerk als ein Ungeheures gewahrte, das mich hätte erschrecken müssen, wenn es mir nicht zugleich als ein Gere­ geltes faßlich und als ein Ausgearbeitetes sogar angenehm vorgekom­ men wäre. Ich beschäftigte mich doch keineswegs diesem Widerspruch nachzudenken, sondern ließ ein so erstaunliches Denkmal durch seine Gegenwart ruhig auf mich fortwirken. Ich bezog ein kleines aber wohlgelegenes und anmutiges Quartier an der Sommerseite des Fischmarkts, einer schönen langen Straße, wo immerwährende Bewegung jedem unbeschäftigten Augenblick zu Hülfe kam. Dann gab ich meine Empfehlungsschreiben ab, und fand

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una vasta, immensa pianura, preparata di tutto punto come un nuovo paradiso per l’uomo, delimitata vicino e | lontano da rilievi in parte coltivati, in parte ricoperti di boschi – si capirà allora la delizia con cui benedissi la sorte che mi ave­ va destinato ad abitare per un certo periodo in un luogo così ameno. Il primo sguardo su una nuova regione dove dovremo trattenerci per un certo tempo ha la particolarità piacevole e suggestiva di presentarcela come una tavola intonsa. Non vi sono ancora segnate le gioie e i dolori che ci toccheranno, la superficie serena, variopinta e animata è ancora muta per noi e gli occhi si soffermano sugli oggetti solo in quanto significativi in sé e per sé senza sentire ancora il desiderio o la voglia di soffermarsi su questo o quel luogo in partico­ lare. Ma il presagio di ciò che sarà rende il giovane cuore già inquieto, e un bisogno insoddisfatto vuole sapere nel profondo ciò che accadrà e che, buono o cattivo che sia, assumerà impercettibilmente il carattere del luogo in cui ci troviamo198. Una volta ridisceso, mi trattenni ancora un po’ osservan­ do il maestoso edificio, ma quello che né la prima volta né le volte successive riuscii a mettere a fuoco era che perce­ pivo quella meraviglia come una cosa immane che avrebbe dovuto incutermi timore se allo stesso tempo non mi fosse apparsa comprensibile per la sua regolarità e persino grade­ vole nella sua esecuzione. Non mi soffermai a riflettere su questa contraddizione, ma lasciai che quel monumento così stupefacente continuasse indisturbato ad agire su di me. Mi sistemai in un appartamentino accogliente199 in una buona posizione sul lato meridionale del Fischmarkt, una bella strada larga dove il costante viavai veniva in aiuto a ogni mio istante di inattività. Consegnai le lettere di pre­ sentazione e tra i miei mecenati trovai un commerciante

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unter meinen Gönnern einen Handelsmann, der mit seiner Familie je­ nen frommen, mir genugsam bekannten Gesinnungen ergeben | war, ob er sich gleich, was den äußeren Gottesdienst betrifft, nicht von der Kirche getrennt hatte. Er war dabei ein verständiger Mann und keines­ wegs kopfhängerisch in seinem Tun und Lassen. Die Tischgesellschaft, die man mir und der man mich empfahl, war sehr angenehm und unter­ haltend. Ein Paar alte Jungfrauen hatten diese Pension schon lange mit Ordnung und gutem Erfolg geführt; es konnten ohngefähr zehen Per­ sonen sein, ältere und jüngere. Von diesen letztern ist mir am gegen­ wärtigsten einer, genannt Meyer, von Lindau gebürtig. Man hätte ihn, seiner Gestalt und seinem Gesicht nach, für den schönsten Menschen halten können, wenn er nicht zugleich etwas Schlottriges in seinem ganzen Wesen gehabt hätte. Eben so wurden seine herrlichen Naturga­ ben durch einen unglaublichen Leichtsinn, und sein köstliches Gemüt durch eine unbändige Liederlichkeit verunstaltet. Er hatte ein mehr run­ des als ovales, offnes, frohes Gesicht; die Werkzeuge der Sinne, Augen, Nase, Mund, Ohren, konnte man reich nennen, sie zeugten von einer entschiedenen Fülle, ohne übertrieben groß zu sein. Der Mund beson­ ders war allerliebst durch übergeschlagene Lippen, und seiner ganzen Physiognomie gab es einen eigenen Ausdruck, daß er ein Räzel war, d. h. daß seine Augenbrauen über der Nase zusammenstießen, welches bei einem schönen Gesichte immer einen angenehmen Ausdruck von Sinnlichkeit hervorbringt. Durch Jovialität, Aufrichtigkeit und Gutmü­ tigkeit machte er sich bei allen Menschen beliebt; sein Gedächtnis war unglaublich, die Aufmerksamkeit in den Kollegien kostete ihm nichts; er behielt alles was er hörte und war geistreich genug, an allem einiges Interesse zu finden, und um so leichter, da er Medizin studierte. Alle Eindrücke blieben ihm lebhaft, und sein Mutwille in Wiederholung der Kollegien und Nachäffen der Professoren ging manchmal so weit, daß wenn er drei verschiedene Stunden des Morgens gehört hatte, er Mit­ tags bei Tische paragraphenweis, ja manchmal noch abgebrochener,

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che, insieme alla famiglia, nutriva quei sentimenti devoti che conoscevo così bene anche se, | almeno per le pratiche esteriori, non si era staccato dalla Chiesa200. Era per il resto un uomo di grande buon senso, per niente remissivo nella vita quotidiana. La pensione che mi era stata raccomandata per il pranzo, e a cui io ero stato raccomandato, era molto gradevole e accogliente. Una coppia di anziane signorine201 la gestiva già da parecchio tempo con decoro e un certo successo; c’erano all’incirca una decina di commensali, giovani e meno giovani. Dei primi quello che ricordo me­ glio è un certo Meyer, originario di Lindau202. Per l’aspetto e il volto lo si sarebbe potuto ritenere molto bello, se non avesse dato l’impressione di essere assai trasandato. Anche le sue splendide doti naturali erano rovinate da un’incredi­ bile faciloneria, e il suo animo squisito da un’incontenibile frivolezza. Aveva un volto più tondo che ovale, aperto e allegro; gli organi sensoriali, occhi, naso, bocca e orecchie potevano dirsi abbondanti, decisamente pieni pur senza es­ sere eccessivi. La bocca soprattutto era molto graziosa con quel labbro superiore sporgente, e tutta la sua fisionomia acquistava un’espressione particolare perché le due soprac­ ciglia si congiungevano sopra il naso, cosa che conferisce sempre a un bel volto un aspetto gradevole e sensuale. Gra­ zie alla sua giovialità, sincerità e bontà d’animo sapeva far­ si benvolere da tutti; aveva una memoria eccezionale, stare attento alle lezioni non gli costava alcuno sforzo; ricordava tutto ciò che sentiva ed era sufficientemente intelligente per trovare in ogni cosa un motivo di interesse, e in questo era facilitato perché studiava medicina. Tutte le impressioni ri­ manevano vive in lui e la sua impertinenza nel ripetere le lezioni e imitare i professori era tale che, se una mattina aveva ascoltato tre lezioni diverse, a pranzo scimmiottava i tre professori recitando a turno un paragrafo per ciascuno,

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die Professoren mit einander abwechseln ließ: welche | buntscheckige Vorlesung uns oft unterhielt, oft aber auch beschwerlich fiel. Die übrigen waren mehr oder weniger feine, gesetzte, ernsthafte Leute. Ein pensionierter Ludwigsritter befand sich unter denselben; doch waren Studierende die Überzahl, alle wirklich gut und wohlge­ sinnt, nur mußten sie ihr gewöhnliches Weindeputat nicht überschrei­ ten. Daß dieses nicht leicht geschah, war die Sorge unseres Präsiden­ ten, eines Doktor Salzmann. Schon in den Sechzigen, unverheuratet, hatte er diesen Mittagstisch seit vielen Jahren besucht und in Ordnung und Ansehen erhalten. Er besaß ein schönes Vermögen; in seinem Äu­ ßeren hielt er sich knapp und nett, ja er gehörte zu denen, die immer in Schuh und Strümpfen und den Hut unter dem Arm gehen. Den Hut auf­ zusetzen war bei ihm eine außerordentliche Handlung. Einen Regen­ schirm führte er gewöhnlich mit sich, wohl eingedenk, daß die schöns­ ten Sommertage oft Gewitter und Streifschauer über das Land bringen. Mit diesem Manne beredete ich meinen Vorsatz, mich hier in Straß­ burg der Rechtswissenschaft ferner zu befleißigen, um bald möglichst promovieren zu können. Da er von allem genau unterrichtet war, so befragte ich ihn über die Collegia, die ich zu hören hätte, und was er allenfalls von der Sache denke? Darauf erwiderte er mir, daß es sich in Straßburg nicht etwa wie auf deutschen Akademieen verhalte, wo man wohl Juristen im weiten und gelehrten Sinne zu bilden suche. Hier sei alles, dem Verhältnis gegen Frankreich gemäß, eigentlich auf das Prak­ tische gerichtet und nach dem Sinne der Franzosen eingeleitet, welche gern bei dem Gegebnen verharren. Gewisse allgemeine Grundsätze, gewisse Vorkenntnisse suche man einem Jeden beizubringen, man fas­ se sich so kurz wie möglich und überliefere nur das Notwendigste. Er machte mich darauf mit einem Manne bekannt, zu dem man, als Repetenten, ein großes Vertrauen hegte; welches dieser sich auch bei mir sehr bald zu erwerben wußte. Ich fing an mit ihm zur Einleitung über Gegenstände der Rechtswissenschaft zu | sprechen, und er wun­

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o anche mescolandoli insieme: quel | mosaico di lezioni ci divertiva, ma qualche volta diventava noioso. Gli altri erano persone più o meno serie, posate e di­ gnitose; tra loro c’era anche un cavaliere di S. Luigi203 in pensione, ma la maggior parte erano studenti, tutti davvero bravi e ben intenzionati, a patto che non eccedessero la dose prestabilita di vino. Badare a che ciò non accadesse era compito del nostro presidente, un certo dottor Salzmann204. Superata la sessantina, scapolo, frequentava quella mensa da molti anni e ne manteneva l’ordine e la buona reputazio­ ne. Possedeva un discreto patrimonio; nel vestire si mante­ neva sobrio e ordinato, anzi era di quelli che escono sempre con le scarpe, le calze e il cappello sotto il braccio. Mettersi il cappello era per lui un atto straordinario. Di solito aveva sempre con sé un ombrello, ben sapendo che anche le più belle giornate estive si portano spesso al seguito temporali e scrosci di pioggia. Con lui discussi la mia intenzione di proseguire qui a Strasburgo lo studio della giurisprudenza, per poter conclu­ dere gli studi al più presto. Poiché era molto ben informato su tutto, gli chiesi anche quali lezioni dovevo frequenta­ re e che cosa pensasse del mio progetto. Mi rispose che a Strasburgo non era come nelle università tedesche, dove si cerca di formare dei giuristi nel senso più ampio e dotto del termine. Data la vicinanza con la Francia, qui era tutto molto orientato alla pratica e regolato secondo il modello francese, che tende a concentrarsi sul già acquisito. Si cer­ cava di trasmettere a ciascuno i principi generali e alcune conoscenze di base, ma nel modo più sintetico possibile, e si insegnava solo l’indispensabile. Poi mi presentò a un tutor205 stimato da tutti, che seppe presto conquistarsi an­ che la mia fiducia. Tanto per cominciare, presi a parlare con lui di alcuni problemi | legali ed egli si meravigliò non

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derte sich nicht wenig über mein Schwadronieren: denn mehr als ich in meiner bisherigen Darstellung aufzuführen Gelegenheit nahm, hatte ich bei meinem Aufenthalte in Leipzig an Einsicht in die Rechtserfor­ dernisse gewonnen, obgleich mein ganzer Erwerb nur als ein allgemei­ ner enzyklopädischer Überblick, und nicht als eigentliche bestimmte Kenntnis gelten konnte. Das akademische Leben, wenn wir uns auch bei demselben des eigentlichen Fleißes nicht zu rühmen haben, ge­ währt doch in jeder Art von Ausbildung unendliche Vorteile, weil wir stets von Menschen umgeben sind, welche die Wissenschaft besitzen oder suchen, so daß wir aus einer solchen Atmosphäre, wenn auch un­ bewußt, immer einige Nahrung ziehen. Mein Repetent, nachdem er mit meinem Umhervagieren im Dis­ kurse einige Zeit Geduld gehabt, machte mir zuletzt begreiflich, daß ich vor allen Dingen meine nächste Absicht im Auge behalten müsse, die nämlich, mich examinieren zu lassen, zu promovieren und alsdann allenfalls in die Praxis überzugehen. Um bei dem ersten stehen zu blei­ ben, sagte er, so wird die Sache keineswegs im Weiten gesucht. Es wird nicht nachgefragt, wie und wo ein Gesetz entsprungen, was die inne­ re oder äußere Veranlassung dazu gegeben; man untersucht nicht, wie es sich durch Zeit und Gewohnheit abgeändert, so wenig als in wie­ fern es sich durch falsche Auslegung oder verkehrten Gerichtsbrauch vielleicht gar umgewendet. In solchen Forschungen bringen gelehrte Männer ganz eigens ihr Leben zu; wir aber fragen nach dem, was ge­ genwärtig besteht, dies prägen wir unserm Gedächtnis fest ein, daß es uns stets gegenwärtig sei, wenn wir uns dessen zu Nutz und Schutz unsrer Klienten bedienen wollen. So statten wir unsre jungen Leute fürs nächste Leben aus, und das Weitere findet sich nach Verhältnis ihrer Talente und ihrer Tätigkeit. Er übergab mir hierauf seine Hefte, welche in Fragen und Antworten geschrieben waren und woraus ich mich sogleich ziemlich konnte examinieren lassen, weil Hopps kleiner

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poco del mio sfoggio di conoscenze. Infatti durante il mio soggiorno a Lipsia avevo avuto modo di apprendere più nozioni giuridiche di quanto non abbia avuto occasione di illustrare finora, anche se le mie conoscenze potevano dir­ si più una panoramica generale ed enciclopedica che vere e proprie competenze specifiche. La vita accademica, per quanto non mi possa vantare di essere stato particolarmente diligente, concede però enormi vantaggi in ogni disciplina, poiché siamo sempre circondati da persone che possiedono la conoscenza o la cercano, cosicché in un simile ambien­ te, anche senza rendercene conto, assorbiamo comunque un qualche nutrimento. Dopo aver ascoltato paziente le mie millanterie, il mio tutor mi fece infine intendere che dovevo soprattutto con­ centrarmi sull’obiettivo più prossimo, che era quello di sostenere gli esami, concludere gli studi e passare poi ad esercitare la professione. «Per cominciare dal primo punto», disse, «non bisogna andare a pescare tanto lontano. Nessuno vuole sapere come è nata una legge, quali fattori interni o esterni ne hanno offerto lo spunto; non si indaga come si sia modificata con il tempo o con la consuetudine, e ancora meno se per caso è stata modificata da false interpretazioni o a causa di un cattivo uso da parte del tribunale. A queste in­ dagini dedicano la loro vita gli eruditi; a noi invece interessa quali leggi esistono attualmente, e queste le memorizziamo per bene in modo da averle sempre ben presenti per poterle usare a vantaggio o a difesa dei nostri clienti. Forniamo ai nostri giovani quello che serve per il bisogno immediato, il resto verrà da sé a seconda dei loro talenti e delle loro attività». Mi consegnò quindi i suoi quaderni che erano or­ ganizzati con domande e risposte e sui quali potei farmi in­ terrogare abbastanza in fretta, perché mi ricordavo | ancora perfettamente il piccolo catechismo giuridico di Hoppe; a

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juristischer | Katechismus mir noch vollkommen im Gedächtnis stand; das Übrige supplierte ich mit einigem Fleiße und qualifizierte mich, wider meinen Willen, auf die leichteste Art zum Kandidaten. Da mir aber auf diesem Wege jede eigne Tätigkeit in dem Studium abgeschnitten ward; denn ich hatte für nichts Positives einen Sinn, son­ dern wollte alles wo nicht verständig, doch historisch erklärt haben; so fand ich für meine Kräfte einen größern Spielraum, den ich auf die wunderlichste Weise benutzte, indem ich einem Interesse nachgab, das mir zufällig von außen gebracht wurde. Die meisten meiner Tischgenossen waren Mediziner. Diese sind, wie bekannt, die einzigen Studierenden, die sich von ihrer Wissen­ schaft, ihrem Metier, auch außer den Lehrstunden mit Lebhaftigkeit unterhalten. Es liegt dieses in der Natur der Sache. Die Gegenstände ihrer Bemühungen sind die sinnlichsten und zugleich die höchsten, die einfachsten und die kompliziertesten. Die Medizin beschäftigt den ganzen Menschen, weil sie sich mit dem ganzen Menschen beschäftigt. Alles was der Jüngling lernt, deutet sogleich auf eine wichtige, zwar gefährliche, aber doch in manchem Sinn belohnende Praxis. Er wirft sich daher mit Leidenschaft auf das, was zu erkennen und zu tun ist, teils weil es ihn an sich interessiert, teils weil es ihm die frohe Aussicht von Selbstständigkeit und Wohlhaben eröffnet. Bei Tische also hörte ich nichts anderes als medizinische Ge­ spräche, eben wie vormals in der Pension des Hofrats Ludwig. Auf Spaziergängen und bei Lustpartieen kam auch nicht viel anderes zur Sprache: denn meine Tischgesellen, als gute Kumpane, waren mir auch Gesellen für die übrige Zeit geworden, und an sie schlossen sich jedes­ mal Gleichgesinnte und Gleiches Studierende von allen Seiten an. Die medizinische Fakultät glänzte überhaupt vor den übrigen, sowohl in Absicht auf die Berühmtheit der Lehrer als die Frequenz der Lernen­ den, und so zog mich der Strom dahin, um so leichter, als ich von allen

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ciò che mi mancava provvidi con un minimo di impegno e con grande facilità, e senza quasi rendermene conto mi ritrovai pronto a conseguire la laurea. Per questa via però mi trovai preclusa qualsiasi iniziativa personale nello studio, e dato che non avevo alcuna predi­ sposizione per le cose pratiche ma volevo che tutto mi fosse spiegato in modo comprensibile o quanto meno da un punto di vista storico, le mie energie trovarono un raggio d’azio­ ne ancora più ampio che sfruttai in modo assai curioso, se­ guendo un interesse che mi venne per caso dall’esterno. La maggior parte dei miei commensali erano studenti di medicina e questi, com’è noto, sono gli unici che discutono animatamente delle loro materie e del loro mestiere anche al di fuori delle lezioni. Fa parte della natura delle cose, vi­ sto che gli oggetti del loro studio sono i più fisici ma anche i più sublimi, i più semplici ma anche i più complessi. La medicina impegna tutto l’uomo, perché è di tutto l’uomo che si occupa. Tutto ciò che il giovane impara lo indirizza subito a una pratica importante, certo pericolosa ma gratifi­ cante sotto diversi punti di vista. Si butta quindi con passio­ ne nello studio e nella pratica, in parte perché gli interessa di per se stessa, in parte perché gli schiude la felice prospet­ tiva di indipendenza e benessere. A tavola non ascoltavo quindi altro che discorsi di medi­ cina, proprio come una volta nella pensione del consigliere Ludwig. Nemmeno durante le passeggiate e le feste l’ar­ gomento cambiava, perchè i miei commensali, da buoni camerati, erano diventati miei compagni anche nel tempo libero, e a loro si univano ogni volta altri amici e compagni di studi di diversa provenienza. La facoltà di medicina del resto eccelleva su tutte le altre, sia per il prestigio dei suoi professori, sia per l’afflusso di studenti, e così la corrente mi trascinò in quella direzione, ancora più facilmente visto che

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diesen Dingen gerade so viel Kenntnis hatte, daß meine Wissenslust bald | vermehrt und angefeuert werden konnte. Beim Eintritt des zwei­ ten Semesters besuchte ich daher Chemie bei Spielmann, Anatomie bei Lobstein, und nahm mir vor, recht fleißig zu sein, weil ich bei unserer Sozietät, durch meine wunderlichen Vor- oder vielmehr Überkenntnis­ se, schon einiges Ansehen und Zutrauen erworben hatte. Doch es war an dieser Zerstreuung und Zerstückelung meiner Stu­ dien nicht genug, sie sollten abermals bedeutend gestört werden: denn eine merkwürdige Staatsbegebenheit setzte alles in Bewegung und ver­ schaffte uns eine ziemliche Reihe Feiertage. Marie Antoinette, Erzher­ zogin von Österreich, Königin von Frankreich, sollte auf ihrem Wege nach Paris über Straßburg gehen. Die Feierlichkeiten, durch welche das Volk aufmerksam gemacht wird, daß es Große in der Welt gibt, wurden emsig und häufig vorbereitet, und mir besonders war dabei das Gebäude merkwürdig, das zu ihrem Empfang und zur Übergabe in die Hände der Abgesandten ihres Gemahls, auf einer Rheininsel zwischen den beiden Brücken aufgerichtet stand. Es war nur wenig über den Boden erhoben, hatte in der Mitte einen großen Saal, an beiden Seiten kleinere, dann folgten andere Zimmer, die sich noch etwas hinterwärts erstreckten; genug es hätte, dauerhafter gebaut, gar wohl für ein Lust­ haus hoher Personen gelten können. Was mich aber daran besonders interessierte, und weswegen ich manches Büsel (ein kleines damals kurrentes Silberstück) nicht schonte, um mir von dem Pförtner einen wiederholten Eintritt zu verschaffen, waren die gewirkten Tapeten, mit denen man das Ganze inwendig ausgeschlagen hatte. Hier sah ich zum ersten Mal ein Exemplar jener nach Raphaels Kartonen gewirk­ ten Teppiche, und dieser Anblick war für mich von ganz entschiede­ ner Wirkung, indem ich das Rechte und Vollkommene, obgleich nur nachgebildet, in Masse kennen lernte. Ich ging und kam und kam und

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in quell’ambito possedevo già un’infarinatura, quanto ba­ stava per | stimolare e accrescere la mia sete di sapere. Così con l’inizio del secondo semestre frequentai le lezioni di chimica di Spielmann206, quelle di anatomia di Lobstein207, e ci misi tutto l’impegno perché all’interno del nostro pic­ colo gruppo mi ero già conquistato una certa reputazione e fiducia grazie alle mie singolari conoscenze di base – o per meglio dire più che avanzate. Ma la distrazione e la frammentazione dei miei studi non era ancora completa, dovettero subire un’altra consistente interruzione: uno speciale avvenimento di Stato mise tutti in movimento e ci procurò una lunga serie di giorni di va­ canza. Maria Antonietta, arciduchessa d’Austria, regina di Francia, sarebbe passata da Strasburgo nel suo viaggio ver­ so Parigi208. I festeggiamenti, che servono per ricordare al popolo che al mondo ci sono dei potenti, furono organizzati con rapidità e solerzia, e fui colpito in particolare dall’edi­ ficio che costruirono su un’isola del Reno situata tra i due ponti, nel quale Maria Antonietta doveva essere ricevuta e accolta dagli ambasciatori inviati dal marito209. Era di poco sopraelevato sul terreno, nel centro c’era un’ampia sala, sui due lati sale più piccole, seguivano poi altre stanze che sporgevano sul retro; insomma, se fosse stato un po’ più so­ lido, avrebbe potuto essere la casa di campagna di qualche nobile. Ma quello che mi interessava di più, e per il quale non lesinai qualche Biesel (spiccioli della moneta d’argento allora corrente) affinché il portiere mi lasciasse entrare più volte, erano gli arazzi che tappezzavano tutti gli interni. Qui vidi per la prima volta un esemplare di quelli ricamati su disegno di Raffaello210 e quella vista ebbe su di me un’im­ pressione decisiva: sebbene fossero solo copie, vidi per la prima volta le proporzioni e la perfezione su grande scala. Andavo e venivo, andavo e venivo senza mai stancarmi di

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ging, und konnte mich nicht satt sehen; ja ein vergebliches Streben quälte mich, weil ich das was mich so außerordentlich ansprach auch gern begriffen hätte. Höchst erfreulich und erquicklich fand ich diese | Nebensäle, desto schrecklicher aber den Hauptsaal. Diesen hatte man mit viel größern, glänzendern, reichern und von gedrängten Zieraten umgebenen Hautelissen behängt, die nach Gemälden neuerer Franzo­ sen gewirkt waren. Nun hätte ich mich wohl auch mit dieser Manier befreundet, weil meine Empfindung wie mein Urteil nicht leicht etwas völlig ausschloß; aber äußerst empörte mich der Gegenstand. Diese Bilder enthielten die Geschichte von Jason, Medea und Creusa, und also ein Beispiel der unglücklichsten Heirat. Zur Linken des Throns sah man die mit dem grausamsten Tode ringende Braut, umgeben von jammervollen Teil­ nehmenden; zur Rechten entsetzte sich der Vater über die ermordeten Kinder zu seinen Füßen, während die Furie auf dem Drachenwagen in die Luft zog. Und damit ja dem Grausamen und Abscheulichen nicht auch ein Abgeschmacktes fehle, so ringelte sich, hinter dem roten Samt des goldgestickten Thronrückens, rechter Hand der weiße Schweif jenes Zauberstiers hervor, inzwischen die feuerspeiende Bestie selbst und der sie bekämpfende Jason von jener kostbaren Draperie gänzlich bedeckt waren. Hier nun wurden alle Maximen, welche ich in Oesers Schule mir zu eigen gemacht, in meinem Busen rege. Daß man Christum und die Apostel in die Seitensäle eines Hochzeitgebäudes gebracht, war schon ohne Wahl und Einsicht geschehen, und ohne Zweifel hatte das Maß der Zimmer den königlichen Teppichverwahrer geleitet; allein das ver­ zieh ich gern, weil es mir zu so großem Vorteil gereichte: nun aber ein Mißgriff wie der im großen Saale brachte mich ganz aus der Fas­ sung, und ich forderte, lebhaft und heftig, meine Gefährten zu Zeugen auf eines solchen Verbrechens gegen Geschmack und Gefühl. – Was! rief ich aus, ohne mich um die Umstehenden zu bekümmern: ist es er­

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guardarli; anzi, una smania vana mi tormentava perché non riuscivo proprio a capire che cosa mi affascinasse tanto. Ma tanto erano gradevoli e accoglienti | le sale laterali, quan­ to più orribile era quella centrale. Era stata rivestita con arazzi ispirati a quadri di pittori francesi moderni, ed erano molto più grandi, più brillanti, più sfarzosi e carichi di de­ corazioni. Avrei anche potuto riconciliarmi con quello stile, per­ ché per gusto e giudizio raramente rifiutavo completamente qualcosa, ma a indignarmi del tutto era il soggetto. I qua­ dri rappresentavano infatti la storia di Giasone, Medea e Creusa, in altre parole, un esempio di matrimonio tra i più infelici211. A sinistra del trono si vedeva la sposa morente in un’atroce agonia, attorniata da una folla straziata; a destra il padre disperato al cospetto dei figli assassinati, mentre la furia si allontana nel cielo sul carro trainato da un drago. In aggiunta all’elemento orripilante e crudele non mancava nemmeno il cattivo gusto: dietro al velluto rosso trapuntato in oro dello schienale del trono, sul lato destro, si attorci­ gliava la coda bianca del toro stregato, mentre la bestiaccia che sputava fuoco e Giasone che la affrontava erano coperti da preziosi drappi. A quella vista si risvegliarono in me tutti i principi ap­ presi alla scuola di Oeser. Che si fossero collocati Cristo e gli Apostoli nella sala laterale di un padiglione nuziale era già una scelta incauta e poco felice, e senza dubbio erano state le dimensioni delle stanze a guidare il tappezziere re­ ale. Lo perdonavo volentieri, perché la sua scelta era tor­ nata tutta a mio vantaggio, ma un passo falso come quello della sala maggiore mi faceva davvero uscire dai gangheri, e con foga e indignazione invitai i miei compagni a essere anche loro testimoni di quel crimine contro il buon gusto e la sensibilità. «Ma come!» esclamai, senza curarmi dei

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laubt, einer jungen Königin das Beispiel der gräßlichsten Hochzeit, die vielleicht jemals vollzogen worden, bei dem ersten Schritt in ihr Land so unbesonnen vor’s Auge zu bringen! Gibt es denn unter den fran­ zösischen Architekten, | Dekorateuren, Tapezierern gar keinen Men­ schen, der begreift, daß Bilder etwas vorstellen, daß Bilder auf Sinn und Gefühl wirken, daß sie Eindrücke machen, daß sie Ahndungen er­ regen! Ist es doch nicht anders, als hätte man dieser schönen und, wie man hört, lebenslustigen Dame das abscheulichste Gespenst bis an die Grenze entgegen geschickt. Ich weiß nicht was ich noch alles weiter sagte, genug meine Gefährten suchten mich zu beschwichtigen und aus dem Hause zu schaffen, damit es nicht Verdruß setzen möchte. Alsdann versicherten sie mir, es wäre nicht Jedermanns Sache, Bedeutung in den Bildern zu suchen; ihnen wenigstens wäre nichts dabei eingefallen, und auf dergleichen Grillen würde die ganze Population Straßburgs und der Gegend, wie sie auch herbeiströmen sollte, so wenig als die Königin selbst mit ihrem Hofe jemals geraten. Der schönen und vornehmen, so heitren als imposanten Miene dieser jungen Dame erinnere ich mich noch recht wohl. Sie schien in ihrem Glaswagen, uns allen vollkommen sichtbar, mit ihren Begleite­ rinnen in vertraulicher Unterhaltung über die Menge, die ihrem Zug entgegenströmte, zu scherzen. Abends zogen wir durch die Straßen, um die verschiedenen illuminierten Gebäude, besonders aber den bren­ nenden Gipfel des Münsters zu sehen, an dem wir, sowohl in der Nähe als in der Ferne, unsere Augen nicht genugsam weiden konnten. Die Königin verfolgte ihren Weg; das Landvolk verlief sich, und die Stadt war bald ruhig wie vorher. Vor Ankunft der Königin hatte man die ganz vernünftige Anordnung gemacht, daß sich keine miß­ gestalteten Personen, keine Krüppel und ekelhafte Kranke auf ihrem Wege zeigen sollten. Man scherzte hierüber, und ich machte ein kleines

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presenti. «Come si fa a essere così sconsiderati da mettere davanti agli occhi di una regina l’esempio più terrificante di matrimonio che si sia mai celebrato, e proprio nel momen­ to in cui mette per la prima volta piede nel suo regno! Ma possibile che tra tutti gli architetti, decoratori | e tappezzieri francesi nessuno sappia che le immagini rappresentano del­ le cose, che agiscono sui sensi e sui sentimenti, che susci­ tano impressioni, fanno venire presentimenti? È come se a quella dama bella e, a quanto si dice, amante della vita, mandassero incontro fino al confine lo spettro più orrendo». Non ricordo più cos’altro dissi, i miei compagni cercarono di rabbonirmi e di portarmi fuori dal padiglione per evitare fastidi. Poi mi assicurarono che non era da tutti cercare un significato nelle immagini; loro ad esempio non avrebbero pensato nulla del genere, e di certo né alla popolazione di Strasburgo e delle vicinanze, che sarebbe accorsa in massa, né tanto meno alla regina e alla sua corte sarebbero passate per la mente simili fantasie. Ricordo ancora bene l’espressione bella e nobile, se­ rena e insieme altera della giovane dama. Nella carrozza di cristallo, perfettamente visibile a tutti, si intratteneva confidenzialmente con le sue dame e sembrava scherzasse sull’imponente folla che andava incontro al corteo. La sera passeggiammo per le strade per vedere gli edifici illuminati, ma soprattutto la guglia della cattedrale infuocata che i miei occhi non si stancavano di contemplare, sia da vicino che da lontano. La regina proseguì per la sua strada, la folla si disperse e la città tornò tranquilla come prima. Prima dell’arrivo della regina era stato emanato un ragionevole provvedimento, e cioè che persone sfigurate, storpie e con malattie ributtanti non dovevano mostrarsi al suo passaggio. Ci scherzammo sopra e io composi una poesiola in francese in cui confron­

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französisches Gedicht, worin ich die Ankunft Christi, welcher beson­ ders der Kranken und Lahmen wegen auf der Welt zu wandeln schien, und die Ankunft der Königin, welche diese Unglücklichen verscheuch­ te, in Vergleichung brachte. Meine Freunde ließen es passieren; ein Franzose | hingegen, der mit uns lebte, kritisierte sehr unbarmherzig Sprache und Versmaß, obgleich, wie es schien, nur allzugründlich, und ich erinnere mich nicht, nachher je wieder ein französisches Gedicht gemacht zu haben. Kaum erscholl aus der Hauptstadt die Nachricht von der glück­ lichen Ankunft der Königin, als eine Schreckenspost ihr folgte, bei dem festlichen Feuerwerke sei, durch ein Polizeiversehen, in einer von Baumaterialien versperrten Straße eine Unzahl Menschen mit Pferden und Wagen zu Grunde gegangen, und die Stadt bei diesen Hochzeit­ feierlichkeiten in Trauer und Leid versetzt worden. Die Größe des Un­ glücks suchte man sowohl dem jungen königlichen Paare als der Welt zu verbergen, indem man die umgekommenen Personen heimlich be­ grub, so daß viele Familien nur durch das völlige Außenbleiben der Ihrigen überzeugt wurden, daß auch diese von dem schrecklichen Er­ eignis mit hingerafft seien. Daß mir lebhaft bei dieser Gelegenheit jene gräßlichen Bilder des Hauptsaales wieder vor die Seele traten, brauche ich kaum zu erwähnen: denn jedem ist bekannt, wie mächtig gewisse sittliche Eindrücke sind, wenn sie sich an sinnlichen gleichsam ver­ körpern. Diese Begebenheit sollte jedoch auch die Meinigen durch eine Pos­ se, die ich mir erlaubte, in Angst und Not versetzen. Unter uns jungen Leuten, die wir in Leipzig zusammen waren, hatte sich auch nachher ein gewisser Kitzel erhalten, einander etwas aufzubinden und wech­ selsweise zu mystifizieren. In solchem frevelhaften Mutwillen schrieb ich an einen Freund in Frankfurt (es war derselbe, der mein Gedicht an den Kuchenbäcker Hendel amplifiziert auf Medon angewendet und dessen allgemeine Verbreitung verursacht hatte) einen Brief von Ver­ sailles aus datiert, worin ich ihm meine glückliche Ankunft daselbst,

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tavo l’arrivo di Cristo, venuto nel mondo proprio a bene­ ficio degli storpi e dei malati, con quello della regina che invece rifuggiva quegli infelici. I miei amici la giudicarono passabile, ma un francese | che alloggiava con noi ne criticò impietosamente metro e linguaggio, a quanto pare forse in modo troppo radicale, perché non ricordo di aver mai più scritto una poesia in francese. Non si era ancora spenta in città l’eco del felice arrivo della regina nella capitale, che una notizia tremenda le si sovrappose: a causa di un disguido nel servizio d’ordine, in una strada ostruita da materiali edili sarebbe perito, durante i fuochi artificiali, un gran numero di persone con carri e cavalli; durante i festeggiamenti nuziali la città era quindi piombata nel dolore e nel lutto212. Si cercò di nascondere le vere proporzioni della tragedia sia alla giovane coppia reale sia alla popolazione, seppellendo in segreto le vittime, cosicché molte famiglie vennero a sapere che anche dei loro congiunti erano stati coinvolti nella terribile disgrazia solo perché non tornarono più a casa. Non c’è bisogno che dica che mi si ripresentarono subito e con forza alla mente le or­ ribili immagini del salone, perché sappiamo tutti come certe impressioni morali diventino forti e vivide nel momento in cui si associano a quelle sensibili. Quell’evento procurò ansia e apprensione anche ai miei familiari, a causa di uno scherzo che avevo escogitato. Tra noi che avevamo studiato insieme già a Lipsia si era mante­ nuta anche in seguito la tendenza a prenderci in giro e a gio­ carci a vicenda degli scherzi. Preso da quel gusto malevolo per le bravate, scrissi a un amico a Francoforte (lo stesso che aveva amplificato la mia poesia sul pasticcere Hendel e che, applicandola al Medone, l’aveva fatta girare in pubbli­ co) una lettera datata da Versailles, in cui gli annunciavo il mio arrivo sul posto, la mia partecipazione ai festeggiamen­

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meine Teilnahme an den Feierlichkeiten und was dergleichen mehr war vermeldete, ihm zugleich aber das strengste Stillschweigen gebot. Dabei muß ich noch bemerken, daß unsere kleine Leipziger Sozietät von jenem Streich an, der uns so manchen Verdruß gemacht, sich an­ gewöhnt hatte, ihn von Zeit zu Zeit mit | Mystifikationen zu verfol­ gen, und das um so mehr, da er der drolligste Mensch von der Welt war, und niemals liebenswürdiger als wenn er den Irrtum entdeckte, in den man ihn vorsätzlich hineingeführt hatte. Kurz darauf als ich die­ sen Brief geschrieben, machte ich eine kleine Reise und blieb wohl vierzehn Tage aus. Indessen war die Nachricht jenes Unglücks nach Frankfurt gekommen; mein Freund glaubte mich in Paris, und seine Neigung ließ ihn besorgen, ich sei in jenes Unglück mit verwickelt. Er erkundigte sich bei meinen Eltern und andern Personen, an die ich zu schreiben pflegte, ob keine Briefe angekommen, und weil eben jene Reise mich verhinderte dergleichen abzulassen, so fehlten sie überall. Er ging in großer Angst umher und vertraute es zuletzt unsern nächsten Freunden, die sich nun in gleicher Sorge befanden. Glücklicherweise gelangte diese Vermutung nicht eher zu meinen Eltern, als bis ein Brief angekommen war, der meine Rückkehr nach Straßburg meldete. Mei­ ne jungen Freunde waren zufrieden, mich lebendig zu wissen, blieben aber völlig überzeugt, daß ich in der Zwischenzeit in Paris gewesen. Die herzlichen Nachrichten von den Sorgen, die sie um meinetwillen gehabt, rührten mich dermaßen, daß ich dergleichen Possen auf ewig verschwor, mir aber doch leider in der Folge manchmal etwas Ähnli­ ches habe zu Schulden kommen lassen. Das wirkliche Leben verliert oft dergestalt seinen Glanz, daß man es manchmal mit dem Firnis der Fiktion wieder auffrischen muß. Jener gewaltige Hof- und Prachtstrom war nunmehr vorübergeron­ nen und hatte mir keine andre Sehnsucht zurückgelassen, als nach jenen Raphael’schen Teppichen, welche ich gern jeden Tag und Stunde be­ trachtet, verehrt, ja angebetet hätte. Glücklicherweise gelang es meinen leidenschaftlichen Bemühungen, mehrere Personen von Bedeutung da­

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ti e via di seguito, ma gli imponevo allo stesso tempo di non farne parola con nessuno. Devo anche aggiungere che, nel nostro gruppetto di Lipsia, dopo quella burla che ci aveva causato parecchi fastidi avevamo preso l’abitudine di perse­ guitarlo di tanto in tanto | con qualche tiro mancino – tanto più che era il tipo più buffo del mondo, e adorabile quando alla fine scopriva l’inganno di cui era stato vittima. Subito dopo aver scritto quella lettera feci un piccolo viaggio e rimasi fuori per due settimane. Nel frattempo la notizia di quella disgrazia arrivò anche a Francoforte; il mio amico mi credeva a Parigi, e il suo affetto gli fece temere che fossi rimasto coinvolto. Si informò dai miei genitori e da altri con cui di solito ero in contatto, se avessero ricevuto mie notizie, ma dato che il viaggio mi aveva impedito di scri­ vere, nessuno sapeva nulla. Fu colto allora da una grande ansia e alla fine si confidò con i nostri amici più stretti, che iniziarono a preoccuparsi anche loro, ma per fortuna quella preoccupazione raggiunse i miei genitori proprio quando una mia lettera annunciava il mio felice rientro a Strasbur­ go. I miei giovani amici furono contenti di sapermi ancora in vita ma rimasero convinti che in quei giorni fossi stato a Parigi. Le notizie accorate della preoccupazione che aveva­ no nutrito per me mi commossero così tanto che mi ripro­ misi, da quel momento in poi, di non fare mai più scherzi simili. Purtroppo in seguito sarei di nuovo ricaduto in cose del genere: la vita reale qualche volta perde così tanta della sua brillantezza che sentiamo la necessità di ravvivarla con lo smalto della finzione. Quel massiccio afflusso di sfarzo e cortigiani era ormai passato e non aveva lasciato alcun rimpianto se non per gli arazzi di Raffaello, che volentieri avrei rimirato, contem­ plato, anzi persino adorato ogni giorno e ogni ora. Fortu­ natamente, grazie ai miei tenaci sforzi, riuscii a convincere

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für zu interessieren, so daß sie erst so spät als möglich abgenommen und eingepackt wurden. Wir überließen uns nunmehr wieder unserm stillen gemächlichen Universitäts- und Gesellschaftsgang, und bei dem letzten | blieb Actuarius Salzmann, unser Tischpräsident, der allgemei­ ne Pädagog. Sein Verstand, seine Nachgiebigkeit, seine Würde, die er bei allem Scherz und selbst manchmal bei kleinen Ausschweifungen, die er uns erlaubte, immer zu erhalten wußte, machten ihn der gan­ zen Gesellschaft lieb und wert, und ich wüßte nur wenige Fälle, wo er sein ernstliches Mißfallen bezeigt, oder mit Autorität zwischen kleine Händel und Streitigkeiten eingetreten wäre. Unter allen jedoch war ich derjenige, der sich am meisten an ihn anschloß, und er nicht weniger geneigt sich mit mir zu unterhalten, weil er mich mannigfaltiger ge­ bildet fand als die übrigen und nicht so einseitig im Urteil. Auch rich­ tete ich mich im Äußern nach ihm, damit er mich für seinen Gesellen und Genossen öffentlich ohne Verlegenheit erklären konnte: denn ob er gleich nur eine Stelle bekleidete, die von geringem Einfluß zu sein scheint, so versah er sie doch auf eine Weise, die ihm zur größten Ehre gereichte. Er war Actuarius beim Pupillen-Collegium und hatte freilich daselbst, wie der perpetuierliche Secretair einer Akademie, eigentlich das Heft in Händen. Indem er nun dieses Geschäft viele Jahre lang auf das genauste besorgte, so gab es keine Familie von der ersten bis zu der letzten, die ihm nicht Dank schuldig gewesen wäre; wie denn beinahe in der ganzen Staatsverwaltung kaum Jemand mehr Segen oder Fluch ernten kann, als einer der für die Waisen sorgt, oder ihr Hab und Gut vergeudet, oder vergeuden läßt. Die Straßburger sind leidenschaftliche Spaziergänger und sie haben wohl Recht es zu sein. Man mag seine Schritte hinwenden, wohin man will, so findet man teils natürliche, teils in alten und neuern Zeiten künstlich angelegte Lustörter, einen wie den andern besucht und von einem heitern lustigen Völkchen genossen. Was aber hier den Anblick einer großen Masse Spazierender noch erfreulicher machte als an an­

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alcune persone importanti e quelli furono smontati e im­ ballati per ultimi. Ritornammo quindi al solito tranquillo tran tran della vita universitaria e sociale, e in quest’ultima | l’attuario Salzmann, che presiedeva la nostra tavolata, con­ tinuò a esercitare la sua opera di pedagogo generale. Tutto il gruppo lo apprezzava e gli era affezionato per il suo buon senso, l’indulgenza, la dignità che sapeva sempre mantene­ re anche quando si scherzava o ci concedeva qualche strap­ po alla regola, e ricordo solo pochissime occasioni in cui manifestò la sua disapprovazione o dovette intervenire con autorità per sedare qualche litigio o baruffa. Fra tutti io ero però quello che gli si era più affezionato e anche a lui piace­ va conversare con me perché mi riteneva più colto rispetto agli altri e meno unilaterale nei giudizi. Anche per quanto riguarda l’abbigliamento mi orientavo a lui, in modo che potesse presentarmi pubblicamente senza imbarazzo come suo allievo e amico – perché nonostante rivestisse una cari­ ca di minore importanza, la svolgeva con uno scrupolo che gli faceva davvero onore. Era attuario presso l’ufficio di tu­ tela dei minori e lì, al pari del segretario perpetuo di un’uni­ versità, teneva le redini di tutto. Ricopriva quella carica da molti anni con grande dedizione e non c’era famiglia, dalla più benestante alla più umile, che non gli fosse riconoscen­ te; del resto, in tutta l’amministrazione di uno Stato non c’è nessuno che riceva più gratitudine di colui che si prende cura degli orfani, o più maledizioni di chi sperpera o lascia che vengano sperperati i loro beni. Gli abitanti di Strasburgo amano moltissimo passeggia­ re e ne hanno ben donde. Dovunque si dirigano i propri passi si incontrano luoghi ameni, alcuni naturali, altri pre­ disposti dall’uomo in tempi più o meno recenti, tutti molto frequentati da persone allegre e spensierate. Ma quello che qui rendeva piacevole, più che altrove, la vista della gente

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dern Orten, war die verschiedene Tracht des weiblichen Geschlechts. Die Mittelklasse der Bürgermädchen behielt noch die aufgewundenen mit einer großen Nadel festgesteckten Zöpfe bei; nicht weniger eine | gewisse knappe Kleidungsart, woran jede Schleppe ein Mißstand ge­ wesen wäre; und was das Angenehme war, diese Tracht schnitt sich nicht mit den Ständen scharf ab: denn es gab noch einige wohlhaben­ de vornehme Häuser, welche den Töchtern sich von diesem Kostüm zu entfernen nicht erlauben wollten. Die übrigen gingen französisch, und diese Partie machte jedes Jahr einige Proselyten. Salzmann hatte viel Bekanntschaften und überall Zutritt; eine große Annehmlichkeit für seinen Begleitenden, besonders im Sommer, weil man überall in Gärten nah und fern gute Aufnahme, gute Gesellschaft und Erfrischung fand, auch zugleich mehr als eine Einladung zu diesem oder jenem frohen Tage erhielt. In einem solchen Falle traf ich Gelegenheit, mich einer Familie, die ich erst zum zweiten Male besuchte, sehr schnell zu empfehlen. Wir waren eingeladen und stellten uns zur bestimmten Zeit ein. Die Gesellschaft war nicht groß, einige spielten und einige spazier­ ten wie gewöhnlich. Späterhin, als es zu Tische gehen sollte, sah ich die Wirtin und ihre Schwester lebhaft und wie in einer besondern Ver­ legenheit mit einander sprechen. Ich begegnete ihnen eben und sagte: Zwar habe ich kein Recht, meine Frauenzimmer, in Ihre Geheimnisse einzudringen; vielleicht bin ich aber im Stande einen guten Rat zu ge­ ben, oder wohl gar zu dienen. Sie eröffneten mir hierauf ihre peinliche Lage: daß sie nämlich zwölf Personen zu Tische gebeten, und in die­ sem Augenblick sei ein Verwandter von der Reise zurückgekommen, der nun als der dreizehnte, wo nicht sich selbst, doch gewiß einigen der Gäste ein fatales Memento mori werden würde. – Der Sache ist sehr leicht abzuhelfen, versetzte ich: Sie erlauben mir, daß ich mich entfer­ ne und mir die Entschädigung vorbehalte. Da es Personen von Ansehen und guter Lebensart waren, so wollten sie es keinesweges zugeben,

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a passeggio, era la varietà dell’abbigliamento femminile. Le ragazze della classe media portavano ancora la trecce arrotolate sulla testa e fissate da uno spillone, e vestivano | abiti piuttosto sobri, in cui un qualsiasi strascico sarebbe stato fuori posto; ed era bello che quel modo di vestire non segnasse un rigido confine tra le classi sociali, perché anche alcune delle famiglie più agiate e distinte preferivano che le figlie continuassero a vestirsi così. Tutte le altre vesti­ vano alla francese, e il gruppo acquistava ogni anno nuovi proseliti. Salzmann aveva molte conoscenze ed era ricevuto dovunque, cosa assai gradita al suo accompagnatore soprat­ tutto d’estate, perché si era i benvenuti in tutti i giardini vicini e lontani, si trovavano dappertutto ristoro e buona compagnia e si ricevevano spesso inviti per questa o quella giornata di festa. In una di queste occasioni ebbi modo di farmi benvolere da una famiglia che, in precedenza, avevo incontrato solo una volta. Eravamo stati invitati e ci pre­ sentammo all’ora prestabilita. Il gruppo non era numero­ so, alcuni giocavano a carte, altri passeggiavano come di consueto. Più tardi, quando fu ora di mettersi a tavola, vidi la padrona di casa parlottare con la sorella in modo molto animato, come se fosse in imbarazzo. Andai verso di loro e dissi: «So che non ho il diritto, signore mie, di carpire i vostri segreti, forse però sono in grado di darvi un consiglio o posso esservi in qualche modo d’aiuto». A quel punto mi confidarono il motivo del loro imbarazzo: avevano invita­ to dodici persone a cena ma proprio in quel momento era sopraggiunto un parente da un viaggio, e quindi, essendo il tredicesimo commensale, sarebbe stato per lui stesso o per alcuni ospiti un fatale memento mori. «La cosa si risolve molto facilmente», risposi; «permettetemi di congedarmi e poi parleremo del risarcimento». Da persone beneducate e garbate quali erano, non vollero assolutamente accettare,

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sondern schickten in der Nachbarschaft umher, um den vierzehnten aufzufinden. Ich ließ es geschehen, doch da ich den Bedienten unver­ richteter Sache zur Gartentüre hereinkommen sah, entwischte ich, und brachte meinen Abend vergnügt unter den alten | Linden der Wanzenau hin. Daß mir diese Entsagung reichlich vergolten worden, war wohl eine natürliche Folge. Eine gewisse allgemeine Geselligkeit läßt sich ohne das Karten­ spiel nicht mehr denken. Salzmann erneuerte die guten Lehren der Ma­ dam Böhme, und ich war um so folgsamer, als ich wirklich eingesehen hatte, daß man sich durch diese kleine Aufopferung, wenn es ja eine sein sollte, manches Vergnügen, ja sogar eine größere Freiheit in der Sozietät verschaffen könne, als man sonst genießen würde. Das alte eingeschlafene Piquet wurde daher hervorgesucht; ich lernte Whist, richtete mir nach Anleitung meines Mentors einen Spielbeutel ein, wel­ cher unter allen Umständen unantastbar sein sollte; und nun fand ich Gelegenheit, mit meinem Freunde die meisten Abende in den besten Zirkeln zuzubringen, wo man mir meistens wohl wollte, und manche kleine Unregelmäßigkeit verzieh, auf die mich jedoch der Freund, wie­ wohl milde genug, aufmerksam zu machen pflegte. Damit ich aber dabei symbolisch erführe, wie sehr man sich auch im Äußern in die Gesellschaft zu schicken und nach ihr zu richten hat, so ward ich zu etwas genötigt, welches mir das Unangenehmste von der Welt schien. Ich hatte zwar sehr schöne Haare, aber mein Straßbur­ ger Friseur versicherte mir sogleich, daß sie viel zu tief nach hinten hin verschnitten seien und daß es ihm unmöglich werde, daraus eine Frisur zu bilden, in welcher ich mich produzieren dürfe, weil nur wenig kurze und gekrauste Vorderhaare statuiert würden, alles Übrige vom Schei­ tel an in den Zopf oder Haarbeutel gebunden werden müsse. Hierbei bleibe nun nichts übrig, als mir eine Haartour gefallen zu lassen, bis der natürliche Wachstum sich wieder nach den Erfordernissen der Zeit

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mandarono invece a cercare in giro nel vicinato un quat­ tordicesimo commensale. Quando vidi rientrare il servi­ tore dalla porta del giardino con nulla di fatto, sgattaiolai via e trascorsi una bella serata sotto gli antichi | tigli della Wantzenau. È inutile dire che quella rinuncia fu poi lauta­ mente ricompensata. Qualsiasi ritrovo mondano ormai non è più concepibile senza il gioco delle carte. Salzmann mi rinfrescò gli inse­ gnamenti della buona madame Böhme e io mi dimostrai più docile avendo capito che con questo piccolo sacrificio, se così si può chiamare, ci si poteva procurare qualche di­ vertimento e persino una maggiore libertà in società, più di quanta non avrei altrimenti avuto. Rispolverai quindi il vec­ chio piquet quasi dimenticato e imparai a giocare a whist; su consiglio del mio mentore stabilii una quota di denaro da destinare al gioco che non doveva mai essere oltrepassata, e così ebbi occasione di trascorre quasi tutte le sere nei mi­ gliori circoli insieme al mio amico, dove in genere ero bene accetto e mi si perdonavano le piccole intemperanze che il mio amico, anche se con benevolenza, non mancava però di farmi notare. Per imparare anche simbolicamente fino a che punto ci si debba adattare e conformare alla società anche riguardo all’aspetto esteriore, fui costretto a una cosa che mi parve la più sgradevole del mondo. I miei capelli erano sì molto belli, ma il mio parrucchiere di Strasburgo mi informò su­ bito che dietro erano tagliati troppo corti e che in nessun modo sarebbe riuscito a ricavarne una pettinatura con la quale avrei potuto mostrarmi in società: sul davanti erano ammessi solo pochi capelli, corti e arricciati, mentre tutto il resto doveva essere raccolto sulla nuca in una treccia o in una reticella. Per cui non mi restava che mettermi una chioma posticcia, finché i capelli non mi fossero cresciuti

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hergestellt habe. Er versprach mir, daß Niemand diesen unschuldigen Betrug, gegen den ich mich erst sehr ernstlich wehrte, jemals bemer­ ken solle, wenn ich mich sogleich dazu entschließen könnte. Er hielt Wort und ich galt immer für den bestfrisierten und bestbehaarten jun­ gen Mann. Da ich aber vom frühen Morgen an so | aufgestutzt und ge­ pudert bleiben und mich zugleich in Acht nehmen mußte, nicht durch Erhitzung und heftige Bewegung den falschen Schmuck zu verraten; so trug dieser Zwang wirklich viel bei, daß ich mich eine Zeit lang ruhiger und gesitteter benahm, mir angewöhnte, mit dem Hut unterm Arm und folglich auch in Schuh und Strümpfen zu gehen; doch durfte ich nicht versäumen, feinlederne Unter-Strümpfe zu tragen, um mich gegen die Rheinschnaken zu sichern, welche sich an schönen Sommer­ abenden über die Auen und Gärten zu verbreiten pflegen. War mir nun unter diesen Umständen eine heftige körperliche Bewegung versagt, so entfalteten sich unsere geselligen Gespräche immer lebhafter und leidenschaftlicher, ja sie waren die interessantesten, die ich bis dahin jemals geführt hatte. Bei meiner Art zu empfinden und zu denken kostete es mich gar nichts, einen Jeden gelten zu lassen für das was er war, ja sogar für das was er gelten wollte, und so machte die Offenheit eines frischen jugendlichen Mutes, der sich fast zum erstenmal in seiner vollen Blü­ te hervortat, mir sehr viele Freunde und Anhänger. Unsere Tischge­ sellschaft vermehrte sich wohl auf zwanzig Personen, und weil unser Salzmann bei seiner hergebrachten Methode beharrte; so blieb alles im alten Gange, ja die Unterhaltung ward beinahe schicklicher, indem sich ein Jeder vor Mehreren in Acht zu nehmen hatte. Unter den neuen An­ kömmlingen befand sich ein Mann, der mich besonders interessierte; er hieß Jung, und ist derselbe, der nachher unter dem Namen Stilling zuerst bekannt geworden. Seine Gestalt, ungeachtet einer veralteten Kleidungsart, hatte, bei einer gewissen Derbheit, etwas Zartes. Eine Haarbeutel-Perücke entstellte nicht sein bedeutendes und gefälliges

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fino a soddisfare la moda del momento. Mi assicurò che se mi fossi deciso subito nessuno avrebbe notato quell’inno­ cente inganno, al quale all’inizio mi opposi strenuamente. Mantenne la parola e io passai per il giovanotto meglio pet­ tinato e con la chioma più bella di tutti. Poiché però dovevo presentarmi | così acconciato e incipriato fin dal mattino e contemporaneamente dovevo fare sempre attenzione a non rivelare il falso ornamento con un movimento brusco o su­ dando, quella costrizione contribuì molto a rendere il mio comportamento più composto e decoroso; mi abituai a gira­ re con il cappello sottobraccio e a indossare di conseguen­ za anche calze e scarpini, senza dimenticare di indossare sempre anche delle sottocalze di pelle sottile per difendermi dalle zanzare del Reno, che nelle belle serate estive infesta­ no prati e giardini. Se dunque in queste condizioni non mi potevo permettere bruschi movimenti fisici, tanto più vivaci e appassionate divennero le nostre conversazioni in società, anzi: furono le più interessanti che avessi mai avuto. Dato il mio modo di sentire e di pensare, non mi costava fatica accettare ciascuno per quello che era o addirittura per come voleva essere, e così la disponibilità di uno spirito giovane e fresco, che per la prima volta fioriva nella sua pienezza, mi conquistò molti amici e seguaci. Il numero dei nostri commensali crebbe fino alla ventina, ma poiché il nostro Salzmann non abbandonò il metodo consueto, tutto continuò come prima, anzi, la conversazione divenne per­ sino più garbata, visto che ciascuno doveva avere riguardo per più persone. Tra i nuovi venuti ce n’era uno che mi in­ teressava particolarmente; si chiamava Jung, ed è lo stesso che divenne in seguito famoso sotto il nome di Stilling213. A prescindere dalla foggia piuttosto antiquata dell’abbiglia­ mento, il suo aspetto aveva qualcosa di delicato e acerbo in­ sieme. La parrucca a borsetta non stonava col volto espres­

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Gesicht. Seine Stimme war sanft, ohne weich und schwach zu sein, ja sie wurde wohltönend und stark, sobald er in Eifer geriet, welches sehr leicht geschah. Wenn man ihn näher kennen lernte, so fand man an ihm einen gesunden Menschenverstand, der auf dem Gemüt ruhte, und sich deswegen von Neigungen und Leidenschaften bestimmen ließ, und aus | eben diesem Gemüt entsprang ein Enthusiasmus für das Gute, Wahre, Rechte in möglichster Reinheit. Denn der Lebensgang dieses Mannes war sehr einfach gewesen und doch gedrängt an Begebenhei­ ten und mannigfaltiger Tätigkeit. Das Element seiner Energie war ein unverwüstlicher Glaube an Gott und an eine unmittelbar von daher flie­ ßende Hülfe, die sich in einer ununterbrochenen Vorsorge und in einer unfehlbaren Rettung aus aller Not, von jedem Übel augenscheinlich bestätige. Jung hatte dergleichen Erfahrungen in seinem Leben so viele gemacht, sie hatten sich selbst in der neuern Zeit, in Straßburg, öfters wiederholt, so daß er mit der größten Freudigkeit ein zwar mäßiges aber doch sorgloses Leben führte und seinen Studien auf’s ernstlichste oblag, wiewohl er auf kein sicheres Auskommen von einem Vierteljah­ re zum andern rechnen konnte. In seiner Jugend, auf dem Wege Koh­ lenbrenner zu werden, ergriff er das Schneiderhandwerk, und nachdem er sich nebenher von höheren Dingen selbst belehrt, so trieb ihn sein lehrlustiger Sinn zu einer Schulmeisterstelle. Dieser Versuch mißlang, und er kehrte zum Handwerk zurück, von dem er jedoch zu wiederhol­ ten Malen, weil Jedermann für ihn leicht Zutrauen und Neigung faßte, abgerufen ward, um abermals eine Stelle als Hauslehrer zu überneh­ men. Seine innerlichste und eigentlichste Bildung aber hatte er jener ausgebreiteten Menschenart zu danken, welche auf ihre eigne Hand ihr Heil suchten, und indem sie sich durch Lesung der Schrift und wohl­ gemeinter Bücher, durch wechselseitiges Ermahnen und Bekennen zu erbauen trachteten, dadurch einen Grad von Kultur erhielten, der Bewunderung erregen mußte. Denn indem das Interesse, das sie stets begleitete und das sie in Gesellschaft unterhielt, auf dem einfachsten Grunde der Sittlichkeit, des Wohlwollens und Wohltuns ruhte, auch die

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sivo e gradevole. La voce dolce, ma non debole né incerta, diveniva squillante e poderosa non appena si infervorava, il che accadeva molto facilmente. Conoscendolo meglio, si scopriva un sano buon senso fondato però su un’indole sen­ sibile che di conseguenza si lasciava influenzare da affetti e passioni, e proprio | da quella sensibilità scaturiva anche un entusiasmo per tutto ciò che era buono, vero, giusto nel senso più puro del termine. Il suo percorso di vita era stato semplicissimo, eppure denso di avvenimenti e molteplici attività. La fonte della sua energia era una fede incrollabile in Dio e nella provvidenza che da Lui direttamente emana, che si manifestava in modo evidente in un soccorso perpe­ tuo e nell’immancabile liberazione da ogni male e da ogni angoscia. Di queste esperienze Jung ne aveva accumulate così tante nella sua vita, si erano ripetute così spesso, an­ che di recente qui a Strasburgo, che riusciva con grande serenità a condurre una vita modesta ma senza ansie, de­ dicandosi con la massima serietà agli studi sebbene da un trimestre all’altro non sapesse se avrebbe avuto di che vi­ vere. In gioventù, destinato al mestiere di carbonaio, decise invece di fare il sarto, e dopo essersi formato da autodidatta su temi di natura più elevata, il suo istinto pedagogico lo spinse a diventare insegnante. Quel tentativo fallì e tornò al suo mestiere precedente, che lasciò però ripetutamente perché molti, avendo fiducia e simpatia per lui, lo chiama­ rono come precettore. Doveva la sua più genuina formazio­ ne interiore a quell’ampio gruppo di persone che cercano la salvezza di propria iniziativa e, cercando di edificarsi con la lettura delle Scritture e di libri moraleggianti, attraverso la confessione e l’esortazione reciproca, avevano raggiunto un grado di cultura davvero ammirevole214. Il fervore che non li abbandonava mai e manteneva vivi i loro gruppi si basava sul semplice fondamento della morale, del volere

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Abweichungen, welche bei Menschen von so beschränkten Zuständen vorkommen können, von geringer Bedeutung sind, und daher ihr Ge­ wissen meistens rein und ihr Geist gewöhnlich heiter blieb: so entstand keine künstliche, sondern eine wahrhaft | natürliche Kultur, die noch darin vor andern den Vorzug hatte, daß sie allen Altern und Ständen gemäß und ihrer Natur nach allgemein gesellig war; deshalb auch die­ se Personen, in ihrem Kreise, wirklich beredt und fähig waren, über alle Herzensangelegenheiten, die zartesten und tüchtigsten, sich gehö­ rig und gefällig auszudrücken. In demselben Falle nun war der gute Jung. Unter wenigen, wenn auch nicht gerade Gleichgesinnten, doch solchen, die sich seiner Denkweise nicht abgeneigt erklärten, fand man ihn nicht allein redselig, sondern beredt; besonders erzählte er seine Lebensgeschichte auf das anmutigste, und wußte dem Zuhörer alle Zu­ stände deutlich und lebendig zu vergegenwärtigen. Ich trieb ihn, solche aufzuschreiben, und er versprach’s. Weil er aber in seiner Art sich zu äußern einem Nachtwandler glich, den man nicht anrufen darf, wenn er nicht von seiner Höhe herabfallen, einem sanften Strom, dem man nichts entgegenstellen darf, wenn er nicht brausen soll; so mußte er sich in größerer Gesellschaft oft unbehaglich fühlen. Sein Glaube dul­ dete keinen Zweifel und seine Überzeugung keinen Spott. Und wenn er in freundlicher Mitteilung unerschöpflich war; so stockte gleich alles bei ihm, wenn er Widerspruch erlitt. Ich half ihm in solchen Fällen ge­ wöhnlich über, wofür er mich mit aufrichtiger Neigung belohnte. Da mir seine Sinnesweise nichts Fremdes war und ich dieselbe vielmehr an meinen besten Freunden und Freundinnen schon genau hatte ken­ nenlernen, sie mir auch in ihrer Natürlichkeit und Naivetät überhaupt wohl zusagte; so konnte er sich mit mir durchaus am besten finden. Die Richtung seines Geistes war mir angenehm und seinen Wunder­ glauben, der ihm so wohl zu Statten kam, ließ ich unangetastet. Auch Salzmann betrug sich schonend gegen ihn; schonend, sage ich, weil

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e agire rettamente; e poiché le tentazioni in cui persone di ceto così umile possono cadere sono di portata limitata, la loro coscienza era in genere pulita e il loro spirito sereno, e così sorse una cultura che non era affatto artificiosa | bensì veramente naturale, con in più anche il vantaggio di essere adatta a tutte le età e i ceti sociali e di essere per sua natura socievole. Di conseguenza costoro, ciascuno nel suo am­ biente, erano bravi oratori, capaci di esprimersi in modo appropriato e gradevole su tutti i moti dell’animo, da quelli più delicati a quelli più vigorosi. Il buon Jung era uno di loro. In un piccolo gruppo, in cui gli altri sebbene non con­ dividessero le sue idee, non erano però ostili al suo modo di pensare, diventava non soltanto loquace, ma persino elo­ quente; in particolare raccontava in modo davvero delizioso la storia della sua vita, rappresentando immediato e vivace per i suoi ascoltatori ogni particolare. Lo esortai a metterla per iscritto, e mi promise che lo avrebbe fatto. Poiché tutta­ via nel suo modo di esprimersi somigliava a un sonnambulo che non bisogna svegliare per non farlo precipitare, a una corrente dolce che diviene impetuosa se ostacolata, in grup­ pi più numerosi spesso si sentiva a disagio. La sua fede non tollerava il dubbio né la sua convinzione lo scherzo. E pur essendo inesauribile nelle conversazioni tra amici, si bloc­ cava di colpo se veniva contraddetto. In quei casi gli venivo in genere in aiuto ed egli mi ricompensava con un affetto sincero. Poiché il suo modo di sentire non mi era estraneo, al contrario, lo avevo conosciuto molto da vicino nei miei migliori amici e amiche, e in più lo apprezzavo molto per la sua naturalezza e spontaneità, con me si trovava meglio che con tutti gli altri. Il suo orientamento spirituale mi piaceva e non misi mai in discussione la sua fede nei miracoli, che tanto lo sosteneva. Anche Salzmann lo trattava con riguar­ do; dico ‘con riguardo’ perché Salzmann per carattere, tem­

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Salzmann, seinem Charakter, Wesen, Alter und Zuständen nach, auf der Seite der vernünftigen, oder vielmehr verständigen Christen stehen und halten mußte, deren Religion eigentlich auf der Rechtschaffenheit des Charakters und auf einer männlichen Selbstständigkeit beruhte, und die sich daher nicht gern mit | Empfindungen, die sie leicht ins Trübe, und Schwärmerei, die sie bald ins Dunkle hätte führen kön­ nen, abgaben und vermengten. Auch diese Klasse war respektabel und zahlreich; alle ehrliche tüchtige Leute verstanden sich und waren von gleicher Überzeugung so wie von gleichem Lebensgang. Lerse, ebenmäßig unser Tischgeselle, gehörte auch zu dieser Zahl; ein vollkommen rechtlicher und bei beschränkten Glücksgütern mäßi­ ger und genauer junger Mann. Seine Lebens- und Haushaltungsweise war die knappste, die ich unter Studierenden je kannte. Er trug sich am saubersten von uns allen, und doch erschien er immer in densel­ ben Kleidern; aber er behandelte auch seine Garderobe mit der größten Sorgfalt, er hielt seine Umgebung reinlich und so verlangte er auch nach seinem Beispiel alles im gemeinen Leben. Es begegnete ihm nicht, daß er sich irgendwo angelehnt oder seinen Ellbogen auf den Tisch gestemmt hätte; niemals vergaß er seine Serviette zu zeichnen, und der Magd geriet es immer zum Unheil, wenn die Stühle nicht höchst sauber gefunden wurden. Bei allem diesen hatte er nichts Stei­ fes in seinem Äußeren. Er sprach treuherzig, bestimmt und trocken lebhaft, wobei ein leichter ironischer Scherz ihn gar wohl kleidete. An Gestalt war er gut gebildet, schlank und von ziemlicher Größe, sein Gesicht pockennarbig und unscheinbar, seine kleinen blauen Augen heiter und durchdringend. Wenn er uns nun von so mancher Seite zu hofmeistern Ursache hatte, so ließen wir ihn auch noch außerdem für unsern Fechtmeister gelten: denn er führte ein sehr gutes Rapier, und es schien ihm Spaß zu machen, bei dieser Gelegenheit alle Pedanterie dieses Metiers an uns auszuüben. Auch profitierten wir bei ihm wirk­ lich und mußten ihm dankbar sein für manche gesellige Stunde, die er uns in guter Bewegung und Übung verbringen ließ.

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peramento, età e condizione era decisamente, e non poteva essere altrimenti, dalla parte dei cristiani razionali, o meglio ragionevoli, la cui religione si basava sull’integrità di carat­ tere e su una virile autonomia e che quindi preferivano non occuparsi e non soffermarsi | sui sentimenti, che avrebbe­ ro facilmente potuto trascinarli nel torbido, nel fanatismo e dunque nell’oscurità. Anche questa categoria era rispettabi­ le e numerosa; tutte persone oneste e capaci che si capivano e condividevano le stesse convinzioni e uno stesso stile di vita. Lerse, un altro dei nostri commensali215, era anche lui uno di questi: un giovanotto scrupoloso e di estrema onestà, posato e con risorse economiche molto modeste. Il suo stile di vita era il più sobrio che avessi mai visto tra studenti. Era tra tutti il più pulito, eppure portava sempre gli stessi vestiti; trattava anche il suo guardaroba con il massimo scrupolo, tutto intorno a lui era immacolato e ogni cosa anche nella vita quotidiana doveva seguire il suo esempio. Non capita­ va mai che si appoggiasse da qualche parte o che puntasse i gomiti sul tavolo; non dimenticava mai di contrassegnare il suo tovagliolo e la domestica passava un guaio se le sedie non erano più che pulite. Ma con tutto questo le sue maniere non erano affatto rigide. Nel parlare era cordiale, franco, conciso e vivace, con un lieve tocco ironico che gli si addi­ ceva. Era di bell’aspetto, magro e di media statura, il volto segnato dal vaiolo era poco appariscente, con occhietti az­ zurri e penetranti. Aveva più volte occasione di darci delle lezioncine su questo o quell’argomento, così ne approfit­ tammo per farci dare anche lezioni di scherma, perché tira­ va molto bene di fioretto e sembrava divertirsi a sfoggiare con noi tutta la pedanteria del maestro. Ci furono veramente utili e gli siamo grati anche per quelle ore trascorse insieme in movimento e in sano esercizio.

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Durch alle diese Eigenschaften qualifizierte sich nun Lerse völlig zu der Stelle eines Schieds- und Kampfrichters bei allen kleinen und größern Händeln, die in unserm  | Kreise, wiewohl selten, vorfielen, und welche Salzmann auf seine väterliche Art nicht beschwichtigen konnte. Ohne die äußeren Formen, welche auf Akademieen so viel Unheil anrichten, stellten wir eine durch Umstände und guten Willen geschlossene Gesellschaft vor, die wohl mancher Andere zufällig be­ rühren, aber sich nicht in dieselbe eindrängen konnte. Bei Beurteilung nun innerer Verdrießlichkeiten zeigte Lerse stets die größte Unpartei­ lichkeit, und wußte, wenn der Handel nicht mehr mit Worten und Er­ klärungen ausgemacht werden konnte, die zu erwartende Genugtuung auf ehrenvolle Weise ins Unschädliche zu leiten. Hiezu war wirklich kein Mensch geschickter als er; auch pflegte er oft zu sagen, da ihn der Himmel weder zu einem Kriegs- noch Liebeshelden bestimmt habe, so wolle er sich, im Romanen- und Fechtersinn, mit der Rolle des Se­ kundanten begnügen. Da er sich nun durchaus gleich blieb und als ein rechtes Muster einer guten und beständigen Sinnesart angesehen wer­ den konnte; so prägte sich der Begriff von ihm so tief als liebenswürdig bei mir ein, und als ich den Götz von Berlichingen schrieb, fühlte ich mich veranlaßt, unserer Freundschaft ein Denkmal zu setzen und der wackern Figur, die sich auf so eine würdige Art zu subordinieren weiß, den Namen Franz Lerse zu geben. Indes er nun mit seiner fortgesetzten humoristischen Trockenheit uns immer zu erinnern wußte, was man sich und andern schuldig sei, und wie man sich einzurichten habe, um mit den Menschen so lange als möglich in Frieden zu leben, und sich deshalb gegen sie in einige Positur zu setzen; so hatte ich innerlich und äußerlich mit ganz andern Verhältnissen und Gegnern zu kämpfen, indem ich mit mir selbst, mit den Gegenständen, ja mit den Elementen im Streit lag. Ich befand mich in einem Gesundheitszustand, der mich bei allem was ich unternehmen wollte und sollte hinreichend förderte; nur war mir noch eine gewisse Reizbarkeit übrig geblieben, die mich nicht immer im Gleichgewicht ließ. Ein starker Schall war mir zuwider, krankhafte Gegenstände er­

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Grazie alle sue qualità, Lerse si qualificò come giudice e arbitro per tutte le diatribe grandi e piccole che sorgevano nel nostro | gruppo, per quanto rare, e che Salzmann non riusciva a placare col suo fare paterno. Senza quelle mani­ festazioni esteriori che tanto danno arrecano alle università, formavamo un gruppo unito dalle circostanze e dalla buona volontà, con cui altri venivano casualmente in contatto ma senza riuscire a entrarvi. Nel giudicare i dissensi interni, Lerse dimostrava sempre la massima imparzialità, e quan­ do la lite non poteva essere più sedata con le parole o le spiegazioni, sapeva far sì che la necessaria soddisfazione fosse onorevole ma priva di rischi. In questo, nessuno era più abile di lui; soleva dire spesso che Dio non lo aveva de­ stinato a essere un eroe d’armi o nell’amore, di conseguen­ za si sarebbe accontentato di fare la parte del secondo sia nei romanzi che nei duelli. Dato che era molto equilibrato e poteva essere considerato un ottimo esempio di un carattere positivo e stabile, mi legai a lui con un affetto così profon­ do, che quando scrissi il Götz von Berlichingen pensai di erigere un monumento alla nostra amicizia, e a quel nobile personaggio che con tanta dignità sa svolgere il ruolo di secondo diedi il nome di Franz Lerse. Mentre Lerse, con il suo asciutto umorismo, ci ricordava sempre i doveri verso gli altri e verso noi stessi e come ci si deve comportare per vivere il più a lungo possibile in pace con gli uomini, mantenendosi sempre in guardia nei loro confronti, io mi trovavo invece a combattere con ben altre situazioni e altri nemici, dentro e fuori di me: ero in­ fatti in guerra con me stesso, con la realtà, persino con gli elementi. La mia salute si era sufficientemente ristabilita per permettermi di fare tutto ciò che volevo e dovevo, ma mi era rimasta una certa irritabilità che spesso turbava il mio equilibrio. Mi infastidivano i rumori forti e le malattie

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regten mir Ekel und Abscheu.  | Besonders aber ängstigte mich ein Schwindel, der mich jedesmal befiel, wenn ich von einer Höhe herun­ ter blickte. Allen diesen Mängeln suchte ich abzuhelfen, und zwar, weil ich keine Zeit verlieren wollte, auf eine etwas heftige Weise. Abends beim Zapfenstreich ging ich neben der Menge Trommeln her, deren gewaltsame Wirbel und Schläge das Herz im Busen hätten zersprengen mögen. Ich erstieg ganz allein den höchsten Gipfel des Münsterturms, und saß in dem sogenannten Hals, unter dem Knopf oder der Krone, wie man’s nennt, wohl eine Viertelstunde lang, bis ich es wagte wieder heraus in die freie Luft zu treten, wo man auf einer Platte, die kaum eine Elle ins Gevierte haben wird, ohne sich sonderlich anhalten zu können, stehend das unendliche Land vor sich sieht, indessen die nächsten Um­ gebungen und Zieraten die Kirche und alles, worauf und worüber man steht, verbergen. Es ist völlig als wenn man sich auf einer Mongolfiere in die Luft erhoben sähe. Dergleichen Angst und Qual wiederholte ich so oft, bis der Eindruck mir ganz gleichgültig ward, und ich habe nach­ her bei Bergreisen und geologischen Studien, bei großen Bauten, wo ich mit den Zimmerleuten um die Wette über die freiliegenden Balken und über die Gesimse des Gebäudes herlief, ja in Rom, wo man eben dergleichen Wagstücke ausüben muß, um bedeutende Kunstwerke näher zu sehen, von jenen Vorübungen großen Vorteil gezogen. Die Anatomie war mir auch deshalb doppelt wert, weil sie mich den wi­ derwärtigsten Anblick ertragen lehrte, indem sie meine Wißbegierde befriedigte. Und so besuchte ich auch das Klinikum des ältern Doktor Ehrmann, so wie die Lektionen der Entbindungskunst seines Sohns, in der doppelten Absicht, alle Zustände kennen zu lernen und mich von aller Apprehension gegen widerwärtige Dinge zu befreien. Ich habe es auch wirklich darin so weit gebracht, daß nichts dergleichen mich jemals aus der Fassung setzen konnte. Aber nicht allein gegen diese sinnlichen Eindrücke, sondern auch gegen die Anfechtungen der Ein­

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mi suscitavano orrore e disgusto. | Ma mi impaurivano so­ prattutto le vertigini che mi coglievano ogni volta che guar­ davo in basso da una certa altezza. Cercai di rimediare a queste manchevolezze ma, non volendo perdere tempo, lo feci in modo piuttosto brusco. La sera, quando suonavano il silenzio, mi mettevo proprio accanto al gruppo dei tamburi che con il loro possente e vorticoso rullare parevano farmi scoppiare il cuore in petto. Salivo tutto solo sulla guglia più alta della cattedrale e stavo seduto almeno un quarto d’ora nel cosiddetto collo, sotto la sommità o corona che dir si voglia, prima di osare uscire all’aria aperta: in piedi su una piattaforma quadrata, larga poco più di mezzo metro e praticamente priva di qualsiasi sostegno per aggrapparsi, si vedeva la campagna a perdita d’occhio, mentre gli or­ namenti e l’immediato contorno nascondevano la chiesa e tutto ciò su cui posavamo i piedi. Era come vedersi sollevati in aria su una mongolfiera. Mi sottoposi così di frequente a quell’ansia tormentosa finché quella vista non mi fece più alcun effetto e da quel momento in poi trassi grande van­ taggio da quell’allenamento, nei viaggi sulle montagne o negli studi geologici, sulle grandi costruzioni dove facevo a gara con i carpentieri nel camminare sulle travi sospese o sui cornicioni, oppure a Roma, dove bisognava fare simili azzardi per poter osservare più da vicino le opere d’arte. L’anatomia mi fu doppiamente utile, perché mi insegnò a sopportare la vista delle cose più ripugnanti soddisfacendo la mia smania di sapere. Così frequentai anche il corso del vecchio dottor Ehrmann216 e le lezioni di ostetricia di suo fi­ glio, con il duplice intento di prendere confidenza con tutte le situazioni e liberarmi dall’avversione per le cose ribut­ tanti. E ci sono anche riuscito, al punto che nulla poteva più turbarmi. Cercai però di temprarmi non soltanto nei con­ fronti di queste impressioni sensibili, bensì anche contro le

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bildungskraft suchte ich mich zu stählen. Die ahndungs- und | schauer­ vollen Eindrücke der Finsternis, der Kirchhöfe, einsamer Örter, nächt­ licher Kirchen und Kapellen und was hiemit verwandt sein mag, wußte ich mir ebenfalls gleichgültig zu machen; und auch darin brachte ich es so weit, daß mir Tag und Nacht und jedes Lokal völlig gleich war, ja daß, als in später Zeit mich die Lust ankam, wieder einmal in solcher Umgebung die angenehmen Schauer der Jugend zu fühlen, ich diese in mir kaum durch die seltsamsten und fürchterlichsten Bilder, die ich hervorrief, wieder einigermaßen erzwingen konnte. Dieser Bemühung, mich von dem Drang und Druck des Allzuern­ sten und Mächtigen zu befreien, was in mir fortwaltete, und mir bald als Kraft bald als Schwäche erschien, kam durchaus jene freie, gesel­ lige, bewegliche Lebensart zu Hülfe, welche mich immer mehr anzog, an die ich mich gewöhnte, und zuletzt derselben mit voller Freiheit ge­ nießen lernte. Es ist in der Welt nicht schwer zu bemerken, daß sich der Mensch am freisten und am völligsten von seinen Gebrechen los und ledig fühlt, wenn er sich die Mängel Anderer vergegenwärtigt und sich darüber mit behaglichem Tadel verbreitet. Es ist schon eine ziemlich angenehme Empfindung, uns durch Mißbilligung und Mißreden über unsers Gleichen hinauszusetzen, weswegen auch hierin die gute Ge­ sellschaft, sie bestehe aus wenigen oder mehrern, sich am liebsten er­ geht. Nichts aber gleicht der behaglichen Selbstgefälligkeit, wenn wir uns zu Richtern der Obern und Vorgesetzten, der Fürsten und Staats­ männer erheben, öffentliche Anstalten ungeschickt und zweckwidrig finden, nur die möglichen und wirklichen Hindernisse beachten, und weder die Größe der Intention noch die Mitwirkung anerkennen, die bei jedem Unternehmen von Zeit und Umständen zu erwarten ist. Wer sich der Lage des französischen Reichs erinnert und sie aus späteren Schriften genau und umständlich kennt, wird sich leicht ver­ gegenwärtigen, wie man damals in dem elsassischen Halbfrankreich über König und Minister, über Hof und Günstlinge sprach. Für meine

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minacce della fantasia. Per la stessa via | seppi neutralizza­ re anche le misteriose suggestioni che fanno rabbrividire provocate dall’oscurità, da cimiteri, luoghi solitari, chiese e cappelle notturne e altre simili situazioni; e anche in questo caso ci riuscii così bene che qualsiasi luogo, di giorno o di notte, non mi faceva più alcun effetto, anzi: quando, più avanti, mi venne voglia di rivivere i brividi che quelle situa­ zioni mi suscitavano in gioventù, ci riuscii solo a malapena e con fatica, evocando le immagini più strane e spaventose. I miei sforzi per liberarmi dall’assillo e dall’oppressione di pensieri troppo seri e spaventosi che mi dominavano e mi apparivano una volta come un punto di forza, una vol­ ta come una debolezza, furono facilitati da quello stile di vita libero, socievole e attivo che mi attraeva sempre più, a cui mi abituai e che alla fine imparai ad assaporare in pie­ na libertà. Nella vita ci si accorge facilmente come l’uomo si senta completamente liberato e assolto dai suoi difetti quando si concentra sulle mancanze altrui e gongola nel biasimarle a più non posso. È già di per sé un sentimento gradevole sentirsi superiori ai propri simili disapprovandoli e criticandoli, e questa è una delle occupazioni preferite della buona società, sia essa composta da pochi o da tanti; ma niente può essere paragonato al soddisfatto compiaci­ mento che proviamo quando ci ergiamo a giudici dei no­ stri superiori e dei sovrani, dei principi e dei capi di Stato, quando riteniamo inadeguate o malfatte le opere pubbliche, concentrandoci sugli ostacoli possibili e reali senza consi­ derare la bontà dell’intenzione né il ruolo che il tempo e le circostanze hanno in ogni impresa di quel tipo. Chi ricorda la situazione del regno di Francia e la cono­ sce nei particolari avendo letto le opere scritte di recente sull’argomento, non farà fatica a immaginare come si par­ lasse del re e di ministri, della corte e dei favoriti nell’Al­

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Lust mich zu | unterrichten, waren es neue, und für Naseweisheit und jugendlichen Dünkel sehr willkommne Gegenstände; ich merkte mir alles genau, schrieb fleißig auf, und sehe jetzt an dem wenigen Üb­ riggebliebenen, daß solche Nachrichten, wenn gleich nur aus Fabeln und unzuverlässigen allgemeinen Gerüchten im Augenblick aufgefaßt, doch immer in der Folge einen gewissen Wert haben, weil sie dazu die­ nen, das endlich bekanntgewordene Geheime mit dem damals schon Aufgedeckten und Öffentlichen, das von Zeitgenossen richtig oder falsch Geurteilte mit den Überzeugungen der Nachwelt zusammenzu­ halten und zu vergleichen. Auffallend und uns Pflastertretern täglich vor Augen war das Pro­ jekt zu Verschönerung der Stadt, dessen Ausführung von den Rissen und Planen auf die seltsamste Weise in die Wirklichkeit überzugehen anfing. Intendant Gayot hatte sich vorgenommen, die winkligen und ungleichen Gassen Straßburgs umzuschaffen und eine wohl nach der Schnur geregelte, ansehnliche, schöne Stadt zu gründen. Blondel, ein Pariser Baumeister, zeichnete darauf einen Vorschlag, durch welchen hundert und vierzig Hausbesitzer an Raum gewannen, achtzig verlo­ ren und die übrigen in ihrem vorigen Zustande blieben. Dieser geneh­ migte, aber nicht auf einmal in Ausführung zu bringende Plan sollte nun durch die Zeit seiner Vollständigkeit entgegen wachsen, indessen die Stadt, wunderlich genug, zwischen Form und Unform schwankte. Sollte z. B. eine eingebogene Straßenseite gerad werden, so rückte der erste Baulustige auf die bestimmte Linie vor; vielleicht sein nächster Nachbar, vielleicht aber auch der dritte, vierte Besitzer von da, durch welche Vorsprünge die ungeschicktesten Vertiefungen als Vorhöfe der hinterliegenden Häuser zurückblieben. Gewalt wollte man nicht brau­ chen, aber ohne Nötigung wäre man gar nicht vorwärts gekommen, deswegen durfte Niemand an seinem einmal verurteilten Hause etwas

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sazia mezza francese. Per il mio desiderio | di informarmi erano argomenti nuovi, per la saccenteria e la presunzione giovanile molto graditi; prestavo attenzione a tutto, pren­ devo appunti, e dalle poche tracce conservate fino a ora vedo che quelle notizie, sebbene in quel momento ritenute infondate e solo voci circolanti ma inattendibili, successi­ vamente acquistano invece un certo valore, poiché servono a confrontare e collegare eventi segreti e divenuti noti solo in seguito con ciò che ai tempi era già di dominio pubblico; le valutazioni giuste o sbagliate dei contemporanei con le convinzioni dei posteri. Molto evidente per chi, come noi, andava tutto il giorno a zonzo, era il progetto di abbellire la città che, dopo vari abbozzi e progetti, cominciò a essere tradotto in pratica nel modo più curioso. L’intendente Gayot si era riproposto di eliminare le viuzze tortuose e irregolari di Strasburgo per costruire una città perfettamente lineare, bella e imponente. Blondel, l’architetto parigino, disegnò quindi un progetto secondo il quale centoquaranta proprietari avrebbero gua­ dagnato spazio, ottanta ne avrebbero perso mentre gli altri sarebbero rimasti nella condizione attuale217. Il progetto, approvato ma non da realizzare tutto in una volta, era da attuarsi con il passare del tempo fino al completamento, e nel frattempo la città oscillava curiosamente tra la forma e l’informe. Se ad esempio una strada curva doveva essere raddrizzata, il primo che aveva voglia di costruire si sposta­ va in avanti sulla linea prestabilita; poi magari il suo vicino o quello che abitava tre, quattro case più avanti faceva lo stesso, e tra quelle case sporgenti si creavano goffissimi ri­ entri, simili a cortili antistanti le case rimaste arretrate. Non si voleva ricorrere alla forza, ma senza costrizione non si sarebbero mai fatti progressi, per cui si stabilì che nelle case destinate a essere spostate non si potessero fare migliorie

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bessern oder herstellen, was sich auf die Straße bezog. Alle die selt­ samen zufälligen Unschicklichkeiten gaben uns wandelnden Müßig­ gängern willkommensten Anlaß unsern | Spott zu üben, Vorschläge zu Beschleunigung der Vollendung nach Behrischens Art zu tun, und die Möglichkeit derselben immer zu bezweifeln, ob uns gleich manches neu entstehende schöne Gebäude hätte auf andere Gedanken bringen sollen. In wie weit jener Vorsatz durch die lange Zeit begünstigt wor­ den, wüßte ich nicht zu sagen. Ein anderer Gegenstand, wovon sich die protestantischen Straß­ burger gern unterhielten, war die Vertreibung der Jesuiten. Diese Vä­ ter hatten, sobald als die Stadt den Franzosen zu Teil geworden, sich gleichfalls eingefunden und um ein Domicilium nachgesucht. Bald breiteten sie sich aber aus und bauten ein herrliches Collegium, das an den Münster dergestalt anstößt, daß das Hinterteil der Kirche ein Dritteil seiner Face bedeckt. Es sollte ein völliges Viereck werden und in der Mitte einen Garten haben; drei Seiten davon waren fertig ge­ worden. Es ist von Steinen, solid, wie alle Gebäude dieser Väter. Daß die Protestanten von ihnen gedrängt, wo nicht bedrängt wurden, lag in dem Plane der Gesellschaft, welche die alte Religion in ihrem ganzen Umfange wieder herzustellen sich zur Pflicht machte. Ihr Fall erregte daher die größte Zufriedenheit des Gegenteils, und man sah nicht ohne Behagen, wie sie ihre Weine verkauften, ihre Bücher wegschafften und das Gebäude einem andern, vielleicht weniger tätigen Orden bestimmt ward. Wie froh sind die Menschen, wenn sie einen Widersacher, ja nur einen Hüter los sind, und die Herde bedenkt nicht, daß da, wo der Rüde fehlt, sie den Wölfen ausgesetzt ist. Weil denn nun auch jede Stadt ihre Tragödie haben muß, wovor sich Kinder und Kindeskinder entsetzen, so ward in Straßburg oft des unglücklichen Prätors Klinglin gedacht, der, nachdem er die höchste Stufe irdischer Glückseligkeit erstiegen, Stadt und Land fast unum­

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o modifiche, almeno sul lato che dava sulla strada. Tutte queste curiose e casuali brutture fornivano a noi oziosi va­ gabondi uno spunto più che benvenuto | per esercitare il nostro sarcasmo, per formulare proposte alla Behrisch volte ad accelerare la conclusione dei lavori e per metterla ogni volta in dubbio, sebbene alcuni begli edifici sorti nel frat­ tempo avrebbero dovuto spingerci verso considerazioni ben diverse. In che misura i lunghi tempi di esecuzione abbiano giovato al progetto, non saprei dirlo. Un altro argomento di cui i protestanti di Strasburgo di­ scorrevano volentieri era la cacciata dei gesuiti. Non ap­ pena la città era diventata dominio francese, i padri erano comparsi e avevano cercato un domicilio218. Presto però cominciarono a espandersi e costruirono un magnifico col­ legio così a ridosso della cattedrale, che la parte posteriore della chiesa copriva un terzo della facciata. Doveva essere un quadrato perfetto con un giardino al centro, e tre lati erano stati completati. Era in pietra, solido, come tutti gli edifici dei gesuiti. Che i protestanti si sentissero compressi, se non oppressi, rientrava nel piano della Società che si era fatta un dovere di ristabilire l’antica religione in tutta la sua potenza. La loro caduta suscitò quindi grande soddisfazione nel partito avverso che li osservò non senza sollievo ven­ dere il loro vino e portare via i libri, mentre l’edificio ven­ ne destinato a un altro ordine, meno intraprendente. Come sono contenti gli uomini quando si liberano di un nemico o anche solo di un guardiano! E il gregge non pensa che quando manca il cane, è esposto ai lupi. Ma poiché ogni città deve avere una tragedia per spaven­ tare i figli e i figli dei figli, a Strasburgo si raccontava spesso dell’infelice pretore Klinglin219 che, dopo aver raggiunto il gradino più alto della felicità terrena, dopo aver governato in modo quasi assoluto città e territorio circostante e aver

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schränkt beherrscht und alles genossen, was Vermögen, Rang und Ein­ fluß nur gewähren können, endlich die Hofgunst verloren habe, und wegen alles dessen, was man ihm bisher nachgesehn, zur Verantwor­ tung gezogen worden, ja sogar in den | Kerker gebracht, wo er, über siebenzig Jahre alt, eines zweideutigen Todes verblichen. Diese und andere Geschichten wußte jener Ludwigsritter, unser Tischgenosse, mit Leidenschaft und Lebhaftigkeit zu erzählen, deswe­ gen ich auch gern auf Spaziergängen mich zu ihm gesellte, anders als die Übrigen, die solchen Einladungen auswichen und mich mit ihm allein ließen. Da ich mich bei neuen Bekanntschaften meistenteils eine Zeit lang gehn ließ, ohne viel über sie, noch über die Wirkung zu den­ ken, die sie auf mich ausübten, so merkte ich erst nach und nach, daß seine Erzählungen und Urteile mich mehr beunruhigten und verwirrten als unterrichteten und aufklärten. Ich wußte niemals woran ich mit ihm war, obgleich das Rätsel sich leicht hätte entziffern lassen. Er gehörte zu den Vielen, denen das Leben keine Resultate gibt, und die sich daher im Einzelnen, vor wie nach, abmühen. Unglücklicher Weise hatte er dabei eine entschiedne Lust, ja Leidenschaft zum Nachdenken, ohne zum Denken geschickt zu sein, und in solchen Menschen setzt sich leicht ein gewisser Begriff fest, den man als eine Gemütskrankheit an­ sehen kann. Auf eine solche fixe Ansicht kam auch er immer wieder zurück, und ward dadurch auf die Dauer höchst lästig. Er pflegte sich nämlich bitter über die Abnahme seines Gedächtnisses zu beklagen, besonders was die nächsten Ereignisse betraf, und behauptete, nach einer eignen Schlußfolge, alle Tugend komme von dem guten Gedächt­ nis her, alle Laster hingegen aus der Vergessenheit. Die Lehre wußte er mit vielem Scharfsinn durchzusetzen; wie sich denn alles behaupten läßt, wenn man sich erlaubt, die Worte ganz unbestimmt, bald in wei­ terem, bald engerm, in einem näher oder ferner verwandten Sinne zu gebrauchen und anzuwenden.

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goduto di tutto ciò che il patrimonio, il rango e il potere permettono, alla fine era caduto in disgrazia presso la corte, che gli chiese conto di tutte le mancanze su cui prima aveva chiuso un occhio: fu persino messo in | prigione dove, or­ mai ultrasettantenne, morì in circostanze misteriose. Questa e altre storie il cavaliere di S. Luigi, il nostro commensale, le sapeva raccontare con vivacità e passio­ ne, ragion per cui andavo volentieri a passeggio con lui, a differenza degli altri che invece schivavano quegli inviti e ci lasciavano spesso soli. Quando facevo una nuova cono­ scenza, di solito in un primo momento mi lasciavo andare, senza riflettere sulla persona o sull’influenza che esercitava su di me; di conseguenza mi accorsi solo col tempo che i suoi racconti e giudizi mi inquietavano e confondevano, invece che istruirmi e illuminarmi. Non sapevo mai cosa pensare di lui, sebbene l’enigma si sarebbe potuto scioglie­ re facilmente. Era uno dei tanti ai quali la vita non forni­ sce delle risposte definitive e che quindi si arrabattano per le piccole cose, ieri come domani. Sfortunatamente aveva però una spiccata inclinazione, anzi una vera passione, per la riflessione pur non essendovi affatto portato, e in persone del genere è facile che un certo concetto si fissi loro in testa al punto da diventare quasi una malattia mentale. Anche lui aveva un’idea fissa a cui tornava continuamente, e alla lun­ ga diventava davvero noioso. Infatti era solito lamentarsi amaramente del calo della sua memoria, soprattutto riguar­ do agli avvenimenti recenti, e affermava in base a una sua deduzione personale che tutte le virtù derivano dalla memo­ ria, i vizi dalla dimenticanza. Sapeva presentare questa teo­ ria con grande acume, e del resto si può affermare qualsiasi cosa quando ci si permette di usare i termini in modo assai vago, una volta in senso ampio, una volta in senso stretto, e di ricorrere a un significato ora vicino, ora lontano.

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Die ersten Male unterhielt es wohl ihn zu hören, ja seine Suade setzte in Verwunderung. Man glaubte vor einem rednerischen So­ phisten zu stehen, der, zu Scherz und Übung, den seltsamsten Dingen einen Schein zu verleihen weiß. Leider stumpfte sich dieser erste Ein­ druck nur | allzubald ab: denn am Ende jedes Gesprächs kam der Mann wieder auf dasselbe Thema, ich mochte mich auch anstellen wie ich wollte. Er war bei älteren Begebenheiten nicht festzuhalten, ob sie ihn gleich selbst interessierten, ob er sie schon mit den kleinsten Umstän­ den gegenwärtig hatte. Vielmehr ward er öfters, durch einen geringen Umstand, mitten aus einer weltgeschichtlichen Erzählung herausgeris­ sen und auf seinen feindseligen Lieblingsgedanken hingestoßen. Einer unserer nachmittägigen Spaziergänge war hierin besonders unglücklich; die Geschichte desselben stehe hier statt ähnlicher Fälle, welche den Leser ermüden, wo nicht gar betrüben könnten. Auf dem Wege durch die Stadt begegnete uns eine bejahrte Bett­ lerin, die ihn, durch Bitten und Andringen, in seiner Erzählung störte. – Pack dich, alte Hexe! sagte er, und ging vorüber. Sie rief ihm den be­ kannten Spruch hinterdrein, nur etwas verändert, da sie wohl bemerkte, daß der unfreundliche Mann selbst alt sei: Wenn Ihr nicht alt werden wolltet, so hättet Ihr Euch in der Jugend sollen hängen lassen! Er kehr­ te sich heftig herum, und ich fürchtete einen Auftritt. – Hängen lassen! rief er, mich hängen lassen! Nein, das wäre nicht gegangen, dazu war ich ein zu braver Kerl; aber mich hängen, mich selbst aufhängen, das ist wahr, das hätte ich tun sollen; einen Schuß Pulver sollt’ ich an mich wenden, um nicht zu erleben, daß ich keinen mehr wert bin. Die Frau stand wie versteinert, er aber fuhr fort: Du hast eine große Wahrheit gesagt, Hexenmutter! und weil man dich noch nicht ersäuft oder ver­ brannt hat, so sollst du für dein Sprüchlein belohnt werden. Er reichte ihr ein Büsel, das man nicht leicht an einen Bettler zu wenden pflegte.

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Le prime volte lo si ascoltava con piacere, anzi la sua eloquenza era ammirevole. Sembrava di essere con un ora­ tore sofista che, per scherzo e per esercizio, conferisce una parvenza di credibilità alle cose più strampalate. Ma questa prima impressione svaniva | molto rapidamente, perché alla fine di ogni discorso tornava sempre allo stesso tema, per quanto cercassi di evitarlo. Non c’era modo di farlo soffer­ mare su episodi del passato, per quanto lui stesso ne fosse molto interessato e li avesse presenti fin nei minimi dettagli. Bastava invece un minimo appiglio per allontanarlo dalla narrazione della storia universale e farlo tornare al suo fata­ le chiodo fisso. Una delle nostre passeggiate pomeridiane fu particolar­ mente infelice; racconto quella in quanto rappresentativa di molti casi simili, che potrebbero stancare o persino infasti­ dire il lettore. Camminando per la città ci imbattemmo in un’anziana mendicante, che con le sue suppliche insistenti lo disturbò mentre raccontava. «Vattene, vecchia strega», disse passan­ do oltre. La donna gli gridò dietro la consueta imprecazione ma con una variazione, visto che quell’uomo sgarbato era a sua volta vecchio: «Se non volevate diventare vecchio, avreste dovuto farvi impiccare da giovane!» Lui si girò di scatto e temetti che facesse una scenata. «Farmi impicca­ re!», esclamò, «farmi impiccare! No, non era possibile, ero troppo una brava persona. Ma impiccarmi, impiccarmi da solo, è vero, quello avrei potuto farlo; avrei dovuto sparar­ mi un colpo, per non dover arrivare ad accorgermi che non valgo più nemmeno a quello». La donna rimase impietrita, lui invece proseguì: «Hai detto una grande verità, vecchia strega, e poiché non ti hanno ancora affogata né mandata sul rogo, ti meriti una ricompensa per la tua sentenza». Le porse una monetina d’argento, una rarità per un mendicante.

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Wir waren über die erste Rheinbrücke gekommen und gingen nach dem Wirtshause, wo wir einzukehren gedachten, und ich suchte ihn auf das vorige Gespräch zurückzuführen, als unerwartet auf dem angeneh­ men Fußpfad ein sehr hübsches Mädchen uns entgegen kam, vor uns stehen | blieb, sich artig verneigte und ausrief: Ei, ei, Herr Hauptmann, wohin? und was man sonst bei solcher Gelegenheit zu sagen pflegt. – Mademoiselle, versetzte er, etwas verlegen, ich weiß nicht ... Wie? sagte sie, mit anmutiger Verwunderung, vergessen Sie Ihre Freunde so bald? Das Wort Vergessen machte ihn verdrießlich, er schüttelte den Kopf und erwiderte mürrisch genug: wahrhaftig, Mademoiselle, ich wüßte nicht! – Nun versetzte sie mit einigem Humor, doch sehr ge­ mäßigt: nehmen Sie sich in Acht, Herr Hauptmann, ich dürfte Sie ein andermal auch verkennen! Und so eilte sie an uns vorbei, stark zu­ schreitend, ohne sich umzusehen. Auf einmal schlug sich mein Wegge­ sell mit den beiden Fäusten heftig vor den Kopf: O ich Esel! rief er aus; ich alter Esel! da seht Ihr’s nun, ob ich recht habe oder nicht. Und nun erging er sich auf eine sehr heftige Weise in seinem gewohnten Reden und Meinen, in welchem ihn dieser Fall nur noch mehr bestärkte. Ich kann und mag nicht wiederholen, was er für eine Philippische Rede wider sich selbst hielt. Zuletzt wendete er sich zu mir und sagte: Ich rufe Euch zum Zeugen an! Erinnert Ihr Euch jener Krämerin, an der Ecke, die weder jung noch hübsch ist? Jedesmal grüße ich sie, wenn wir vorbeigehen, und rede manchmal ein paar freundliche Worte mit ihr; und doch sind schon dreißig Jahre vorbei, daß sie mir günstig war. Nun aber, nicht vier Wochen, schwör’ ich, sind’s, da erzeigte sich die­ ses Mädchen gegen mich gefälliger als billig, und nun will ich sie nicht kennen und beleidige sie für ihre Artigkeit! Sage ich es nicht immer, Undank ist das größte Laster, und kein Mensch wäre undankbar, wenn er nicht vergeßlich wäre!

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Avevamo attraversato il primo ponte sul Reno avviando­ ci verso la locanda dove avevamo intenzione di fermarci, e intanto cercavo di riportarlo al discorso precedente, quando d’un tratto lungo quel piacevole sentiero ci venne incontro una bella ragazza, si fermò davanti | a noi e con un grazioso inchino disse: «Buongiorno, signor capitano, dove andia­ mo di bello?» e altre frasi che di solito si dicono in quel­ le circostanze. «Mademoiselle», rispose lui leggermente imbarazzato, «non saprei…» – «Come, vi dimenticate così in fretta dei vostri amici?» rispose lei con amabile stupore. La parola ‘dimenticate’ lo mise subito di cattivo umore, scosse la testa e replicò piuttosto scontroso: «Davvero, mademoiselle, non saprei proprio!» A quel punto lei rispose, con una certa ironia, ma molto contenuta: «Badate, signor capitano, la prossima volta potrei essere io a non riconoscervi!» e se ne andò affrettando il passo, senza voltarsi indietro. Tutto d’un colpo il mio compagno prese a battersi violentemente la testa con i pugni esclamando: «Asino, che asino rimbam­ bito che sono! Lo vedete bene, se non ho ragione!» e a quel punto si abbandonò ai suoi soliti discorsi e ragionamenti con ancora maggior accanimento, ulteriormente rafforzato da quell’episodio. Non posso e non voglio ripetere la filip­ pica che pronunciò contro se stesso; alla fine si rivolse a me dicendomi: «Vi chiamo come mio testimone. Vi ricordate di quella bottegaia all’angolo, né giovane né bella? Ogni volta che passo di lì la saluto e scambio qualche parola gentile con lei, eppure sono passati almeno trent’anni da quando mi dimostrò simpatia; adesso invece non sono passate nem­ meno quattro settimane, ne sono sicuro, da quando quella ragazza è stata gentile con me più del dovuto, e io non la riconosco e contraccambio la sua gentilezza offendendola! Lo dico sempre, l’ingratitudine è il peggiore dei vizi e nes­ sun uomo sarebbe ingrato se non fosse smemorato!»

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Wir traten ins Wirtshaus, und nur die zechende, schwärmende Men­ ge in den Vorsälen hemmte die Invektiven, die er gegen sich und seine Altersgenossen ausstieß. Er war still und ich hoffte ihn begütigt, als wir in ein oberes Zimmer traten, wo wir einen jungen Mann allein auf- und abgehend fanden, den der Hauptmann mit Namen begrüßte. Es war mir angenehm ihn kennen zu lernen: denn der alte Gesell | hatte mir viel Gutes von ihm gesagt und mir erzählt, daß dieser, beim Kriegs­ bureau angestellt, ihm schon manchmal, wenn die Pensionen gestockt, uneigennützig sehr gute Dienste geleistet habe. Ich war froh, daß das Gespräch sich in’s Allgemeine lenkte, und wir tranken eine Flasche Wein, indem wir es fortsetzten. Hier entwickelte sich aber zum Un­ glück ein anderer Fehler, den mein Ritter mit starrsinnigen Menschen gemein hatte. Denn wie er im Ganzen von jenem fixen Begriff nicht loskommen konnte, eben so sehr hielt er an einem augenblicklichen unangenehmen Eindruck fest, und ließ seine Empfindungen dabei ohne Mäßigung abschnurren. Der letzte Verdruß über sich selbst war noch nicht verklungen und nun trat abermals etwas Neues hinzu, freilich von ganz anderer Art. Er hatte nämlich nicht lange die Augen hin und her gewandt, so bemerkte er auf dem Tische eine doppelte Portion Kaffee und zwei Tassen; daneben mochte er auch, er der selbst ein feiner Zei­ sig war, irgend sonst eine Andeutung aufgespürt haben, daß dieser jun­ ge Mann sich nicht eben immer so allein befunden. Und kaum war die Vermutung in ihm aufgestiegen und zur Wahrscheinlichkeit geworden, das hübsche Mädchen habe einen Besuch hier abgestattet; so gesellte sich zu jenem ersten Verdruß noch die wunderlichste Eifersucht, um ihn vollends zu verwirren. Ehe ich nun irgend etwas ahnden konnte, denn ich hatte mich bisher ganz harmlos mit dem jungen Mann unterhalten, so fing der Haupt­ mann, mit einem unangenehmen Ton, den ich an ihm wohl kannte, zu

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Entrammo nella locanda e solo la gente che rumoreg­ giava e si divertiva nelle sale poté frenare le invettive che scagliava contro se stesso e i suoi contemporanei. Tacque e sperai che si fosse calmato quando entrammo in una saletta al piano superiore dove trovammo un giovanotto da solo, che camminava avanti e indietro e che il capitano salutò per nome. Fui contento di conoscerlo, perché il mio attempato compagno | mi aveva parlato molto bene di lui e mi ave­ va raccontato che lavorava nell’amministrazione militare e che in un paio di occasioni in cui le pensioni erano in ritardo gli aveva fatto dei favori del tutto disinteressati. Mi fece piacere che la conversazione si spostasse sul generale, e proseguimmo così bevendo una bottiglia di vino. Ma qui si manifestò purtroppo un altro difetto che il mio cavaliere aveva in comune con le persone testarde come lui: come infatti in genere non poteva staccarsi dalla sua idea fissa, allo stesso modo si attaccava a una qualsiasi spiacevole im­ pressione passeggera per poi lasciare libero sfogo alle sue emozioni. Non aveva quindi ancora smaltito la recente ar­ rabbiatura con se stesso, che ecco vi si aggiungeva qualcosa di nuovo, anche se di natura del tutto diversa. Girando qua e là lo sguardo, aveva infatti notato subito sul tavolo una dop­ pia porzione di caffé e due tazze, ed essendo lui stesso assai sensibile al fascino femminile, aveva evidentemente colto anche da altri indizi che il giovanotto non era stato tutto il tempo da solo. E subito gli venne il sospetto, che andò man mano consolidandosi, che la graziosa signorina fosse stata qui; così a quel primo fastidio si aggiunse la più assurda gelosia che lo mandò completamente in confusione. Prima che potessi anche solo intuire qualcosa, perché fino a quel momento avevamo conversato in modo del tut­ to inoffensivo con il giovanotto, il capitano iniziò a pun­ zecchiarlo con un tono sgradevole, che ben gli conoscevo,

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sticheln an, auf das Tassenpaar und auf dieses und jenes. Der Jünge­ re, betroffen, suchte heiter und verständig auszuweichen, wie es unter Menschen von Lebensart die Gewohnheit ist; allein der Alte fuhr fort schonungslos unartig zu sein, daß dem andern nichts übrig blieb, als Hut und Stock zu ergreifen, und beim Abschiede eine ziemlich un­ zweideutige Ausforderung zurückzulassen. Nun brach die Furie des Hauptmanns und um desto heftiger los, als er in der Zwischenzeit noch eine Flasche Wein beinahe ganz allein ausgetrunken | hatte. Er schlug mit der Faust auf den Tisch und rief mehr als einmal: den schlag ich tot. Es war aber eigentlich so bös nicht gemeint, denn er gebrauchte diese Phrase mehrmals, wenn ihm Jemand widerstand, oder sonst mißfiel. Eben so unerwartet verschlimmerte sich die Sache auf dem Rückweg: denn ich hatte die Unvorsichtigkeit, ihm seinen Undank gegen den jun­ gen Mann vorzuhalten und ihn zu erinnern, wie sehr er mir die zuvor­ kommende Dienstfertigkeit dieses Angestellten gerühmt habe. Nein! solche Wut eines Menschen gegen sich selbst ist mir nie wieder vorge­ kommen; es war die leidenschaftlichste Schlußrede zu jenen Anfängen, wozu das hübsche Mädchen Anlaß gegeben hatte. Hier sah ich Reue und Buße bis zur Karikatur getrieben, und, wie alle Leidenschaft das Genie ersetzt, wirklich genialisch. Denn er nahm die sämtlichen Vor­ fallenheiten unserer Nachmittagswanderung wieder auf, benutzte sie rednerisch zur Selbstscheltung, ließ zuletzt die Hexe nochmals gegen sich auftreten, und verwirrte sich dergestalt, daß ich fürchten mußte, er werde sich in den Rhein stürzen. Wäre ich sicher gewesen, ihn, wie Mentor seinen Telemach, schnell wieder aufzufischen, so mochte er springen, und ich hätte ihn für diesmal abgekühlt nach Hause gebracht. Ich vertraute sogleich die Sache Lersen, und wir gingen des andern Morgens zu dem jungen Manne, den mein Freund, mit seiner Trocken­ heit, zum Lachen brachte. Wir wurden eins, ein ohngefähres Zusam­ mentreffen einzuleiten, wo eine Ausgleichung vor sich gehen sollte. Das Lustigste dabei war, daß der Hauptmann auch diesmal seine Unart

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per le due tazze e varie altre cose. Il giovanotto, preso in contropiede, cercò di parare i colpi con spirito e buon sen­ so, come usano fare le persone ben educate, ma il vecchio continuò implacabile con la sua scortesia finché l’altro non fu costretto a prendere bastone e cappello e, andandosene, lanciò una sfida abbastanza inequivocabile. A quel punto si scatenò la furia del capitano, ancor più violenta perché nel frattempo aveva bevuto una seconda bottiglia di vino, e quasi tutta | da solo. Picchiò il pugno sul tavolo gridando più volte: «Quello lo faccio fuori!» In realtà non diceva sul serio, perché usava sempre quella frase quando qualcuno lo contraddiceva o lo irritava in qualche modo. La cosa però si complicò in modo inatteso sulla via del ritorno, quan­ do fui così improvvido da fargli notare la sua ingratitudine nei confronti del giovanotto, ricordandogli che lui stesso ne aveva più volte lodato la disponibilità e la sollecitudi­ ne. No, un uomo così furibondo con se stesso non l’ho mai più visto dopo di allora; era la conclusione più appassionata del processo avviato dalla graziosa ragazza. Seguirono poi pentimento e rimorso spinti fin quasi al grottesco e dav­ vero geniali, poiché la passione sopperisce al genio. Rias­ sunse infatti tutti gli avvenimenti della nostra passeggiata pomeridiana utilizzandoli per un’arringa contro se stesso, fece infine comparire ancora la vecchia strega ad accusarlo uscendo talmente fuori di sé da farmi temere che si buttas­ se nel Reno. Se fossi stato sicuro di ripescarlo in tempo, come Mentore con Telemaco220, lo avrei lasciato fare, così lo avrei riportato a casa sobrio. Confidai subito la cosa a Lerse e il mattino dopo andam­ mo dal giovanotto; il mio amico, asciutto com’era, riuscì a metterlo di buon umore. Ci mettemmo d’accordo per organizzare un incontro casuale, durante il quale potesse avvenire la riconciliazione. La cosa più buffa fu che il capi­

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verschlafen hatte, und zur Begütigung des jungen Mannes, dem auch an keinen Händeln gelegen war, sich bereit finden ließ. Alles war an einem Morgen abgetan, und da die Begebenheit nicht ganz verschwie­ gen blieb, so entging ich nicht den Scherzen meiner Freunde, die mir aus eigner Erfahrung hätten voraussagen können, wie lästig mir gele­ gentlich die Freundschaft des Hauptmanns werden dürfte. Indem ich nun aber darauf sinne, was wohl zunächst | weiter mit­ zuteilen wäre, so kommt mir, durch ein seltsames Spiel der Erinne­ rung, das ehrwürdige Münstergebäude wieder in die Gedanken, dem ich gerade in jenen Tagen eine besondere Aufmerksamkeit widmete und welches überhaupt in der Stadt sowohl als auf dem Lande sich den Augen beständig darbietet. Jemehr ich die Façade desselben betrachtete, desto mehr bestärkte und entwickelte sich jener erste Eindruck, daß hier das Erhabene mit dem Gefälligen in Bund getreten sei. Soll das Ungeheuere, wenn es uns als Masse entgegentritt, nicht erschrecken, soll es nicht verwirren, wenn wir sein Einzelnes zu erforschen suchen: so muß es eine unna­ türliche, scheinbar unmögliche Verbindung eingehen, es muß sich das Angenehme zugesellen. Da uns nun aber allein möglich wird den Ein­ druck des Münsters auszusprechen, wenn wir uns jene beiden unver­ träglichen Eigenschaften vereinigt denken; so sehen wir schon hieraus, in welchem hohen Wert wir dieses alte Denkmal zu halten haben, und beginnen mit Ernst eine Darstellung, wie so widersprechende Elemen­ te sich friedlich durchdringen und verbinden konnten. Vor allem widmen wir unsere Betrachtungen, ohne noch an die Türme zu denken, allein der Façade, die als ein aufrecht gestelltes längliches Viereck unsern Augen mächtig entgegnet. Nähern wir uns derselben in der Dämmerung, bei Mondschein, bei sternheller Nacht, wo die Teile mehr oder weniger undeutlich werden und zuletzt ver­ schwinden; so sehen wir nur eine kolossale Wand, deren Höhe zur

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tano, dormendoci sopra, si era dimenticato anche della sua villaneria, ed era quindi ben disposto a riappacificarsi con il giovane, al quale del resto non interessavano affatto le liti. Tutto si concluse in una mattinata, ma poiché l’episodio non rimase del tutto segreto, non potei evitare le battute de­ gli amici che per esperienza diretta mi avevano predetto che l’amicizia col capitano, prima o poi, mi sarebbe diventata molesta. Riflettendo su come | proseguire il mio racconto, un cu­ rioso gioco di ricordi mi fa tornare in mente la maestosa cattedrale, a cui dedicai particolare attenzione proprio in quel periodo e che balzava costantemente all’occhio, sia in città che in campagna. Quanto più ne osservavo la facciata, tanto più si raffor­ zava e consolidava la mia prima impressione, e cioè che lì il sublime si fosse coniugato con il piacevole. Se ciò che è immane non ci sgomenta venendoci incontro con la sua massa, se non ci confonde quando cerchiamo di analizzarne le singole parti, significa che si è realizzato un innaturale connubio, a prima vista impossibile: deve essersi fuso con il gradevole. L’unico modo possibile per descrivere l’impres­ sione suscitata dalla cattedrale è quello di pensare queste due caratteristiche, di per sé inconciliabili, unite insieme, e da questo già si capisce quanta considerazione dobbiamo tributare a questo antico monumento. Comincerò quindi proprio col descrivere come elementi così contrastanti pos­ sano pacificamente fondersi e integrarsi221. Ancora prima di pensare alle due torri, concentriamo l’attenzione sulla facciata, che si presenta possente al nostro sguardo come un rettangolo allungato posto in verticale. Se ci avviciniamo al tramonto, o al chiaro di luna, o in una not­ te stellata, quando cioè le singole parti divengono indistinte e infine svaniscono, scorgiamo solo una parete colossale,

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Breite ein wohltätiges Verhältnis hat. Betrachten wir sie bei Tage und abstrahieren durch Kraft unseres Geistes vom Einzelnen; so erkennen wir die Vorderseite eines Gebäudes, welche dessen innere Räume nicht allein zuschließt, sondern auch manches Danebenliegende verdeckt. Die Öffnungen dieser ungeheueren Fläche deuten auf innere Bedürf­ nisse, und nach diesen können wir sie sogleich in neun Felder abtei­ len. Die große Mitteltüre, die auf das Schiff der Kirche gerichtet ist, fällt uns zuerst in die | Augen. Zu beiden Seiten derselben liegen zwei kleinere, den Kreuzgängen angehörig. Über der Haupttüre trifft unser Blick auf das radförmige Fenster, das in die Kirche und deren Gewölbe ein ahndungsvolles Licht verbreiten soll. An den Seiten zeigen sich zwei große senkrechte, länglichviereckte Öffnungen, welche mit der mittelsten bedeutend kontrastieren und darauf hindeuten, daß sie zu der Base emporstrebender Türme gehören. In dem dritten Stockwerke reihen sich drei Öffnungen an einander, welche zu Glockenstühlen und sonstigen kirchlichen Bedürfnissen bestimmt sind. Zu oberst sieht man das Ganze durch die Balustrade der Galerie, anstatt eines Gesimses, horizontal abgeschlossen. Jene beschriebenen neun Räume werden durch vier vom Boden aufstrebende Pfeiler gestützt, eingefaßt und in drei große perpendikulare Abteilungen getrennt. Wie man nun der ganzen Masse ein schönes Verhältnis der Höhe zur Breite nicht absprechen kann, so erhält sie auch durch diese Pfei­ ler, durch die schlanken Einteilungen dazwischen, im Einzelnen etwas gleichmäßig Leichtes. Verharren wir aber bei unserer Abstraktion und denken uns diese ungeheuere Wand ohne Zieraten mit festen Strebe­ pfeilern, in derselben die nötigen Öffnungen, aber auch nur in sofern sie das Bedürfnis fordert; gestehn wir auch diesen Hauptabteilungen gute Verhältnisse zu: so wird das Ganze zwar ernst und würdig, aber doch immer noch lästig unerfreulich und als zierdelos unkünstlich er­ scheinen. Denn ein Kunstwerk, dessen Ganzes in großen, einfachen,

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la cui altezza e larghezza appaiono ben proporzionate. Se la si osserva di giorno astraendo dai singoli dettagli grazie al potere della mente, ecco che si riconosce la parte ante­ riore di un edificio che non solo racchiude tutti i suoi spazi interni, ma copre anche parte di ciò che gli sta intorno. Le aperture di questa immane superficie rimandano alle esi­ genze degli interni, e su questa base possiamo suddividerla in nove parti. Il grande portone al centro, che corrisponde alla navata centrale della chiesa, è il primo elemento che salta | all’occhio. Ai suoi lati vi sono due porte più piccole, corrispondenti alle navate laterali. Sopra la porta centrale lo sguardo incontra il rosone che diffonde nella chiesa e nelle sue volte una luce suggestiva. Ai due lati si vedono due grandi aperture verticali, rettangolari, che contrastano nettamente con la parte centrale e che si identificano come parte della base delle due torri slanciate. Al terzo piano si allineano tre aperture, destinate a sede delle campane e ad altre esigenze religiose. Al di sopra il tutto è sormontato in orizzontale non da un cornicione bensì dalla balaustra della galleria. Le nove aree appena descritte sono sorrette, incor­ niciate e suddivise in tre grandi sezioni perpendicolari da quattro pilastri che svettano da terra. Se dunque non si può negare a tutta la massa una pro­ porzione armoniosa tra larghezza e altezza, creando queste sezioni slanciate i pilastri conferiscono anche alle singole parti una certa uniformità e leggerezza. Ma proseguiamo ancora con questa astrazione e immaginiamo questa im­ mane parete senza ornamenti, solo con i solidi pilastri e le necessarie aperture, ma solo quelle strettamente indispen­ sabili, e vedremo che anche queste sezioni principali han­ no una certa armonia: tutto l’insieme ci parrà sì severo e dignitoso, ma comunque pesante, greve e poco artistico in quanto spoglio. Un’opera d’arte infatti, che nel suo insieme

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harmonischen Teilen begriffen wird, macht wohl einen edlen und wür­ digen Eindruck, aber der eigentliche Genuß, den das Gefallen erzeugt, kann nur bei Übereinstimmung aller entwickelten Einzelheiten statt finden. Hierin aber gerade befriedigt uns das Gebäude, das wir betrachten, im höchsten Grade: denn wir sehen alle und jede Zieraten jedem Teil, den sie schmücken, völlig angemessen, sie sind ihm untergeordnet, sie scheinen aus ihm entsprungen. Eine solche Mannigfaltigkeit gibt im­ mer ein großes Behagen, indem sie sich aus dem Gehörigen | herleitet und deshalb zugleich das Gefühl der Einheit erregt, und nur in solchem Falle wird die Ausführung als Gipfel der Kunst gepriesen. Durch solche Mittel sollte nun eine feste Mauer, eine undurch­ dringliche Wand, die sich noch dazu als Base zweier himmelhohen Türme anzukündigen hatte, dem Auge zwar als auf sich selbst ruhend, in sich selbst bestehend, aber auch dabei leicht und zierlich erscheinen, und, obgleich tausendfach durchbrochen, den Begriff von unerschüt­ terlicher Festigkeit geben. Dieses Rätsel ist auf das glücklichste gelöst. Die Öffnungen der Mauer, die soliden Stellen derselben, die Pfeiler, jedes hat seinen be­ sonderen Charakter, der aus der eignen Bestimmung hervortritt; dieser kommuniziert sich stufenweis den Unterabteilungen, daher alles im ge­ mäßen Sinne verziert ist, das Große wie das Kleine sich an der rechten Stelle befindet, leicht gefaßt werden kann, und so das Angenehme im Ungeheueren sich darstellt. Ich erinnere nur an die perspektivisch in die Mauerdicke sich einsenkenden, bis ins Unendliche an ihren Pfei­ lern und Spitzbogen verzierten Türen, an das Fenster und dessen aus der runden Form entspringende Kunstrose, an das Profil ihrer Stäbe, so wie an die schlanken Rohrsäulen der perpendikularen Abteilungen. Man vergegenwärtige sich die stufenweis zurücktretenden Pfeiler, von schlanken, gleichfalls in die Höhe strebenden, zum Schutz der Heili­

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è composta da elementi di grandi dimensioni, semplici e armoniosi, procura senz’altro un’impressione nobile e so­ lenne, ma l’autentico godimento suscitato da qualcosa che piace può verificarsi soltanto nell’armonia di tutti gli ele­ menti elaborati singolarmente. Ma proprio in questo l’edificio che stiamo osservando ci soddisfa al massimo grado: perché vediamo i suoi orna­ menti, tutti insieme e uno per uno, perfettamente adegua­ ti alla parte che decorano, le sono subordinati, sembrano come scaturiti da lei. Una così grande varietà procura sem­ pre un grande piacere poiché trae la sua origine da ciò che è | appropriato e per questo trasmette anche la percezione dell’unità; solo in questo caso il risultato viene celebrato come culmine dell’arte. In questo modo un muro robusto, una parete impenetra­ bile che oltretutto si identifica come base di due torri alte fino al cielo, può presentarsi allo sguardo come solida in sé e ben piantata ma allo stesso tempo leggera e aggraziata, e sebbene traforata mille volte, trasmette un’idea di indistrut­ tibile solidità. Il problema è risolto nel modo più felice. Le apertu­ re nei muri, le parti piene, i pilastri, ogni cosa ha un suo particolare carattere che deriva dalla sua funzione; esso si trasmette a poco a poco alle varie suddivisioni e tutto ap­ pare quindi decorato con coerenza, il grande e il piccolo si trovano al posto giusto, si possono apprezzare con agio; e così il gradevole si manifesta nell’immenso. Ricordo solo le porte incassate secondo linee prospettiche nello spessore dei muri, con le colonnine e gli archi acuti decorati fino all’inverosimile, la finestra e il rosone improntato alla sua forma circolare, le linee dei suoi raggi e le esili colonne delle sezioni verticali. Basta pensare ai pilastri che arretra­ no gradatamente, accompagnati da strutture ogivali esili e

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genbilder baldachinartig bestimmten, leichtsäuligen Spitzgebäudchen begleitet, und wie zuletzt jede Rippe, jeder Knopf als Blumenknauf und Blattreihe, oder als irgend ein anderes im Steinsinn umgeformtes Naturgebilde erscheint. Man vergleiche das Gebäude, wo nicht selbst, doch Abbildungen des Ganzen und des Einzelnen, zu Beurteilung und Belebung meiner Aussage. Sie könnte manchem übertrieben scheinen: denn ich selbst, zwar im ersten Anblicke zur Neigung gegen dieses Werk hingerissen, brauchte doch lange Zeit, mich mit seinem Wert in­ nig bekannt zu machen. Unter Tadlern der gotischen Baukunst aufgewachsen, | nährte ich meine Abneigung gegen die vielfach überladenen, verworrenen Zie­ raten, die durch ihre Willkürlichkeit einen religios düsteren Charakter höchst widerwärtig machten; ich bestärkte mich in diesem Unwillen, da mir nur geistlose Werke dieser Art, an denen man weder gute Ver­ hältnisse, noch eine reine Konsequenz gewahr wird, vors Gesicht ge­ kommen waren. Hier aber glaubte ich eine neue Offenbarung zu er­ blicken, indem mir jenes Tadelnswerte keineswegs erschien, sondern vielmehr das Gegenteil davon sich aufdrang. Wie ich nun aber immer länger sah und überlegte, glaubte ich über das Vorgesagte noch größere Verdienste zu entdecken. Herausgefun­ den war das richtige Verhältnis der größeren Abteilungen, die so sin­ nige als reiche Verzierung bis ins Kleinste; nun aber erkannte ich noch die Verknüpfung dieser mannigfaltigen Zieraten unter einander, die Hinleitung von einem Hauptteile zum andern, die Verschränkung zwar gleichartiger, aber doch an Gestalt höchst abwechselnder Einzelnhei­ ten, vom Heiligen bis zum Ungeheuer, vom Blatt bis zum Zacken. Je­ mehr ich untersuchte, desto mehr geriet ich in Erstaunen; jemehr ich mich mit Messen und Zeichnen unterhielt und abmüdete, desto mehr wuchs meine Anhänglichkeit, so daß ich viele Zeit darauf verwendete, teils das Vorhandene zu studieren, teils das Fehlende, Unvollendete, besonders der Türme, in Gedanken und auf dem Blatte wiederherzu­ stellen.

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leggere a loro volta protese verso l’alto, simili a baldacchi­ ni destinati a custodire le statue dei santi, e come alla fine ogni costola, ogni bulbo appaia come un bocciolo o una foglia o un qualche elemento naturale trasformato in pietra. Si confronti l’edificio se non dal vivo, almeno con disegni dell’insieme e dei suoi dettagli per valutare e avvalorare le mie affermazioni. Ad alcuni potrebbero apparire esagerate: io stesso infatti, per quanto fin dal primo istante affascinato da quel monumento, ci ho comunque messo molto tempo per interiorizzarne il valore. Cresciuto tra i detrattori dello stile gotico, | avevo col­ tivato una certa avversione per quell’ornamentazione so­ vraccarica e confusa, talmente capricciosa da contrastare nel modo più sgradevole con l’atmosfera religiosamente austera; la mia disapprovazione si era rafforzata perché mi erano sempre capitate sott’occhio opere scadenti in questo stile, nelle quali non si ritrovavano né giuste proporzioni, né perfetta coerenza; qui invece mi parve di avere una nuova rivelazione dove il gotico non appariva affatto deprecabile, anzi, semmai il contrario. Ma osservandolo e riflettendoci ancora più a lungo, mi parve di individuare ulteriori pregi oltre a quelli già menzio­ nati. Avevo già scoperto la giusta proporzione tra le sezioni maggiori, l’ornamentazione ricca e coerente fin nei dettagli; ora invece riconobbi i nessi che legavano tra loro i singo­ li ornamenti, i richiami da un elemento principale all’altro, l’intrecciarsi di due dettagli simili eppure molto diversi tra loro nella forma, dal santo al mostro, dalla foglia alla spina. Più lo esaminavo, più mi stupivo; più mi impegnavo e mi sfinivo con misurazioni e disegni, più aumentava il mio at­ taccamento, e passai così moltissimo tempo a studiare quel­ lo che era stato realizzato e a riprodurre sulla carta ciò che mancava, le parti incompiute, soprattutto le torri.

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Da ich nun an alter deutscher Stätte dieses Gebäude gegründet und in echter deutscher Zeit so weit gediehen fand, auch der Name des Meisters auf dem bescheidenen Grabstein gleichfalls vaterländischen Klanges und Ursprungs war; so wagte ich, die bisher verrufene Be­ nennung Gotische Bauart, aufgefordert durch den Wert dieses Kunst­ werks, abzuändern und sie als deutsche Baukunst unserer Nation zu vindizieren, sodann aber verfehlte ich nicht, erst mündlich, und her­ nach in einem kleinen Aufsatz D. M. Erwini a Steinbach gewidmet, meine patriotischen Gesinnungen an den Tag zu legen. | Gelangt meine biographische Erzählung zu der Epoche, in welcher gedachter Bogen im Druck erschien, den Herder sodann in sein Heft, Von deutscher Art und Kunst, aufnahm, so wird noch manches über diesen wichtigen Gegenstand zur Sprache kommen. Ehe ich mich aber diesmal von demselben abwende, so will ich die Gelegenheit benutzen, um das dem gegenwärtigen Bande vorgesetzte Motto bei denjenigen zu rechtfertigen, welche einigen Zweifel daran hegen sollten. Ich weiß zwar recht gut, daß gegen das brave und hoffnungsreiche altdeutsche Wort: Was einer in der Jugend wünscht, hat er im Alter genug! man­ che umgekehrte Erfahrung anzuführen, manches daran zu deuteln sein möchte; aber auch viel Günstiges spricht dafür, und ich erkläre was ich dabei denke. Unsere Wünsche sind Vorgefühle der Fähigkeiten, die in uns lie­ gen, Vorboten desjenigen, was wir zu leisten im Stande sein werden. Was wir können und möchten, stellt sich unserer Einbildungskraft au­ ßer uns und in der Zukunft dar; wir fühlen eine Sehnsucht nach dem, was wir schon im Stillen besitzen. So verwandelt ein leidenschaftliches Vorausergreifen das wahrhaft Mögliche in ein erträumtes Wirkliche. Liegt nun eine solche Richtung entschieden in unserer Natur, so wird mit jedem Schritt unserer Entwickelung ein Teil des ersten Wunsches erfüllt, bei günstigen Umständen auf dem geraden Wege, bei ungüns­

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Poiché quell’edificio era stato eretto in un antico luogo germanico ed era stato in gran parte costruito in un’epoca prettamente tedesca, e anche il nome del costruttore sulla modesta pietra tombale aveva un suono e una radice altret­ tanto tedeschi, stimolato dal valore di quell’opera architet­ tonica osai modificare la dicitura fino a quel momento tanto disprezzata di ‘architettura gotica’ per rivendicarla alla pa­ tria come ‘architettura tedesca’, e non mancai di esporre le mie intenzioni patriottiche prima a voce, poi in un piccolo saggio dedicato a D. M. Erwin von Steinbach222. | Quando il mio racconto biografico giungerà all’epoca in cui vennero dati alle stampe quei fogli che Herder poi accoglierà nel suo fascicolo Intorno al carattere e all’arte dei tedeschi, dovrò aggiungere anche altre cose su questo importante argomento; ma per ora, prima di abbandonarlo, colgo l’occasione per spiegare il motto che ho posto in eser­ go al presente volume a coloro che dovessero avere dubbi in merito. So bene infatti che si possono addurre anche mol­ te esperienze contrarie all’ottimistico detto antico-tedesco «Ciò che desideriamo da giovani, lo avremo in abbondanza da vecchi», e che può essere variamente interpretato; ma ci sono anche molte esperienze positive a suo favore, e vorrei dire cosa ne penso. I nostri desideri sono presentimenti delle capacità sepol­ te in noi, messaggeri di ciò che saremo in grado di com­ piere. Quello che sappiamo e vorremmo fare si manifesta alla nostra fantasia al di fuori di noi e nel futuro; sentiamo il desiderio di ciò che segretamente già possediamo. Ecco che il nostro ardente tentativo di anticiparlo trasforma una possibilità reale in una realtà immaginaria. Se una simile propensione è molto marcata nella nostra natura, in ogni fase del nostro sviluppo si realizza una parte di quel primo desiderio, in modo lineare se le circostanze sono favorevoli,

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tigen auf einem Umwege, von dem wir immer wieder nach jenem einlenken. So sieht man Menschen durch Beharrlichkeit zu irdischen Gütern gelangen, sie umgeben sich mit Reichtum, Glanz und äußerer Ehre. Andere streben noch sicherer nach geistigen Vorteilen, erwerben sich eine klare Übersicht der Dinge, eine Beruhigung des Gemüts und eine Sicherheit für die Gegenwart und Zukunft. Nun gibt es aber eine dritte Richtung, die aus beiden gemischt ist und deren Erfolg am sichersten gelingen muß. Wenn nämlich die Ju­ gend des Menschen in eine prägnante Zeit trifft, wo das Hervorbringen das Zerstören überwiegt, und in ihm das Vorgefühl bei Zeiten erwacht, was eine | solche Epoche fordre und verspreche; so wird er, durch äuße­ re Anlässe zu tätiger Teilnahme gedrängt, bald da bald dorthin greifen, und der Wunsch nach vielen Seiten wirksam zu sein wird in ihm leben­ dig werden. Nun gesellen sich aber zur menschlichen Beschränktheit noch so viele zufällige Hindernisse, daß hier ein Begonnenes liegen bleibt, dort ein Ergriffenes aus der Hand fällt, und ein Wunsch nach dem andern sich verzettelt. Waren aber diese Wünsche aus einem rei­ nen Herzen entsprungen, dem Bedürfnis der Zeit gemäß; so darf man ruhig rechts und links liegen und fallen lassen, und kann versichert sein, daß nicht allein dieses wieder aufgefunden und aufgehoben wer­ den muß, sondern daß auch noch gar manches Verwandte, das man nie berührt, ja woran man nie gedacht hat, zum Vorschein kommen werde. Sehen wir nun während unseres Lebensganges dasjenige von Andern geleistet, wozu wir selbst früher einen Beruf fühlten, ihn aber, mit manchem Andern, aufgeben mußten; dann tritt das schöne Gefühl ein, daß die Menschheit zusammen erst der wahre Mensch ist, und daß der Einzelne nur froh und glücklich sein kann, wenn er den Mut hat, sich im Ganzen zu fühlen. Diese Betrachtung ist hier recht am Platze; denn wenn ich die Nei­ gung bedenke, die mich zu jenen alten Bauwerken hinzog, wenn ich

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se sono sfavorevoli in modo più contorto, ma cercheremo sempre di convergere verso di lui. Si vedono così uomini conquistarsi con tenacia beni terreni, circondarsi di ricchez­ za, sfarzo e onori esteriori. Altri invece tendono con ancora maggior sicurezza verso vantaggi spirituali, conquistano una chiara visione delle cose, tranquillità d’animo e certez­ za per il presente e per il futuro. C’è poi una terza possibilità, composta da queste due mescolate insieme, che ha maggiori possibilità di succes­ so. Quando cioè la giovinezza dell’uomo viene a coinci­ dere con un’epoca significativa in cui il produrre prevale sul distruggere, e in lui si desta precoce il presentimento di ciò | che la sua epoca chiede e promette; allora, sospinto dagli stimoli esterni a un coinvolgimento attivo, cercherà di afferrare ora questo, ora quello, e si desterà in lui il de­ siderio di agire in molte direzioni. Ma ai limiti umani si sommano anche molti ostacoli accidentali cosicché ora un progetto iniziato rimane a metà, ora una cosa afferrata sfug­ ge di mano, e i desideri si vanificano l’uno dopo l’altro. Ma se quei desideri, scaturiti da un cuore puro, erano conformi alle esigenze del tempo, si possono tranquillamente lasciare le cose a metà avendo la certezza che non soltanto tutto sarà ripreso e completato, ma emergeranno anche molti aspetti correlati a cui non ci si era mai avvicinati, a cui non si era mai pensato. Nel corso della vita vediamo infatti altri che portano a termine ciò che noi avevamo cercato di fare ma avevamo dovuto abbandonare insieme a tanto altro. Si pro­ va allora il bel sentimento che tutta l’umanità nel suo insie­ me costituisce l’uomo autentico, e che il singolo può dirsi felice e contento solo quando ha il coraggio di sentirsi parte del tutto. Questa considerazione mi pare al posto giusto; perché, se ripenso a quanto ero affascinato da quegli antichi edifici,

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die Zeit berechne, die ich allein dem Straßburger Münster gewidmet, die Aufmerksamkeit, mit der ich später den Dom zu Kölln und den zu Freiburg betrachtet und den Wert dieser Gebäude immer mehr emp­ funden; so könnte ich mich tadeln, daß ich sie nachher ganz aus den Augen verloren, ja, durch eine entwickeltere Kunst angezogen, völlig im Hintergrunde gelassen. Sehe ich nun aber in der neusten Zeit die Aufmerksamkeit wieder auf jene Gegenstände hingelenkt, Neigung, ja Leidenschaft gegen sie hervortreten und blühen, sehe ich tüchtige junge Leute, von ihr ergriffen, Kräfte, Zeit, Sorgfalt, Vermögen diesen Denkmalen einer vergangenen Welt rücksichtslos widmen; so werde ich mit Vergnügen erinnert, daß das was ich sonst wollte und wünschte einen Wert hatte. Mit  | Zufriedenheit sehe ich, wie man nicht allein das von unsern Vorvordern Geleistete zu schätzen weiß, sondern wie man sogar aus vorhandenen unausgeführten Anfängen, wenigstens im Bilde, die erste Absicht darzustellen sucht, um uns dadurch mit dem Gedanken, welcher doch das Erste und Letzte alles Vornehmens bleibt, bekannt zu machen, und eine verworren scheinende Vergangenheit mit besonnenem Ernst aufzuklären und zu beleben strebt. Vorzüglich be­ lobe ich hier den wackern Sulpiz Boisserée, der unermüdet beschäftigt ist, in einem prächtigen Kupferwerke, den Köllnischen Dom aufzu­ stellen als Musterbild jener ungeheuren Konzeptionen, deren Sinn ba­ bylonisch in den Himmel strebte, und die zu den irdischen Mitteln der­ gestalt außer Verhältnis waren, daß sie notwendig in der Ausführung stocken mußten. Haben wir bisher gestaunt, daß solche Bauwerke nur so weit gediehen, so werden wir mit der größten Bewunderung erfah­ ren, was eigentlich zu leisten die Absicht war. Möchten doch literarisch-artistische Unternehmungen dieser Art durch alle, welche Kraft, Vermögen und Einfluß haben, gebührend befördert werden, damit uns die große und riesenmäßige Gesinnung unserer Vorfahren zur Anschauung gelange und wir uns einen Begriff

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se calcolo il tempo che ho dedicato anche solo alla cattedra­ le di Strasburgo, l’attenzione con cui più tardi ho studiato il duomo di Colonia e poi quello di Friburgo, comprendendo­ ne sempre più il valore, potrei solo rimproverarmi di averli persi di vista, anzi, di averli messi completamente in secon­ do piano quando in seguito mi sentii attratto da forme d’arte più evolute223. Ora però, in tempi più recenti, vedo che l’at­ tenzione si è di nuovo puntata su di loro facendo rinascere e rifiorire l’apprezzamento e l’interesse per quegli oggetti; vedo giovani capaci così presi da questi antichi monumenti dei tempi passati da dedicar loro senza riserve energie, tem­ po, impegno e denaro, e così ricordo con piacere che quello che avevo desiderato e voluto aveva un valore. Con | soddi­ sfazione vedo che non solo si sa apprezzare ciò che i nostri avi hanno compiuto, ma da ciò che è rimasto incompiuto si cerca inoltre di ricostruire l’intenzione originaria, almeno sulla carta, per farci conoscere l’idea che è sempre l’alfa e l’omega di ogni intrapresa; vedo che si desidera chiarire e far rivivere con serietà e consapevolezza un passato appa­ rentemente confuso. La mia lode va soprattutto al valoroso Sulpiz Boisserée224, che sta instancabilmente preparando una serie di splendide incisioni in cui pone il duomo di Co­ lonia come modello di quelle immani costruzioni che ten­ devano babelicamente verso il cielo e che erano così spro­ porzionate ai mezzi dell’epoca da dover necessariamente rimanere incompiute. Se finora ci siamo meravigliati che simili architetture siano state realizzate solo in parte, ora scopriremo con ammirazione ancora maggiore quali fosse­ ro le vere intenzioni dei costruttori. Se tutti coloro che hanno energie, mezzi e influenza so­ stenessero come si deve le imprese artistico-letterarie di questo tipo, riusciremmo a comprendere gli intendimenti nobili e colossali dei nostri antenati e avremmo un’idea

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machen können von dem was sie wollen durften. Die hieraus entsprin­ gende Einsicht wird nicht unfruchtbar bleiben und das Urteil sich end­ lich einmal mit Gerechtigkeit an jenen Werken zu üben im Stande sein. Ja dieses wird auf das gründlichste geschehen, wenn unser tätiger jun­ ger Freund, außer der dem Köllnischen Dome gewidmeten Monogra­ phie, die Geschichte der Baukunst unserer Mittelzeit bis ins Einzelne verfolgt. Wird ferner an den Tag gefördert was irgend über werkmäßi­ ge Ausübung dieser Kunst zu erfahren ist, wird sie durch Vergleichung mit der griechisch-römischen und der orientalisch-ägyptischen in allen Grundzügen dargestellt; so kann in diesem Fache wenig zu tun übrig bleiben. Ich aber werde, wenn die Resultate solcher vaterländischen Bemühungen öffentlich vorliegen, so wie jetzt bei | freundlichen Pri­ vatmitteilungen, mit wahrer Zufriedenheit jenes Wort im besten Sin­ ne wiederholen können: Was man in der Jugend wünscht, hat man im Alter genug. Kann man aber bei solchen Wirkungen, welche Jahrhunderten an­ gehören, sich auf die Zeit verlassen und die Gelegenheit erharren; so gibt es dagegen andere Dinge, die in der Jugend, frisch, wie reife Früch­ te, weggenossen werden müssen. Es sei mir erlaubt, mit dieser raschen Wendung, des Tanzes zu erwähnen, an den das Ohr, so wie das Auge an den Münster, jeden Tag, jede Stunde in Straßburg, im Elsaß erinnert wird. Von früher Jugend an hatte mir und meiner Schwester der Va­ ter selbst im Tanzen Unterricht gegeben, welches einen so ernsthaften Mann wunderlich genug hätte kleiden sollen; allein er ließ sich auch dabei nicht aus der Fassung bringen, unterwies uns auf das bestimm­ teste in den Positionen und Schritten, und als er uns weit genug ge­ bracht hatte, um eine Menuet zu tanzen, so blies er auf einer Flute-dou­ ce uns etwas Faßliches im Dreiviertel-Takt vor, und wir bewegten uns darnach so gut wir konnten. Auf dem französischen Theater hatte ich gleichfalls von Jugend auf wo nicht Ballette, doch Solo’s und Pas-dedeux gesehn und mir davon mancherlei wunderliche Bewegungen der Füße und allerlei Sprünge gemerkt. Wenn wir nun der Menuet genug

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di quello che osavano desiderare. Le conoscenze che ne deriverebbero non rimarrebbero infruttuose e saremmo fi­ nalmente in grado di giudicare equamente quelle opere. E questo accadrà quando il nostro giovane e intraprendente amico, oltre alla monografia dedicata al duomo di Colonia, scriverà una storia dettagliata dell’architettura del nostro Medioevo. Dopo che si sarà scoperto tutto quello che c’è da sapere sugli aspetti tecnici di quest’arte, dopo che la si sarà descritta nelle sue linee generali rapportandola a quella greco-romana e a quella egiziana e orientale, rimarrà ben poco da aggiungere in quest’ambito. Allora, quando i ri­ sultati di questi sforzi patriottici, che ora circolano solo | in privato tra amici, saranno resi pubblici, da parte mia potrò ripetere con vera soddisfazione quell’adagio nel suo signi­ ficato migliore: «ciò che desideriamo da giovani, lo avremo in abbondanza da vecchi». Se per questo tipo di operazioni, che durano nei secoli, ci si può affidare al tempo e aspettare il momento giusto, ci sono invece altre cose che in gioventù devono essere assa­ porate fresche, come un frutto maturo. Permettetemi dun­ que, con un rapido volteggio, di ricordare quel ballo che a Strasburgo e in tutta l’Alsazia giunge all’orecchio ogni giorno e ogni ora, proprio come fa la cattedrale con l’oc­ chio. Fin da piccoli mio padre aveva insegnato a me e a mia sorella a ballare, cosa abbastanza curiosa per un uomo così austero, ma anche in questo non si lasciava scomporre e ci insegnò con estrema precisione passi e figure. Quando fummo in grado di ballare un minuetto, suonava semplici melodie in tre quarti col flauto dolce e noi facevamo del nostro meglio per seguirle. Sempre da ragazzo avevo visto al teatro francese se non veri e propri balletti, almeno degli assoli e dei pas de deux e avevo memorizzato molte piroet­ te e curiosi movimenti dei piedi. Quando fummo stufi del

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hatten, so ersuchte ich den Vater um andere Tanzmusiken, dergleichen die Notenbücher in ihren Giguen und Murkis reichlich darboten; und ich erfand mir sogleich die Schritte und übrigen Bewegungen dazu, in­ dem der Takt meinen Gliedern ganz gemäß und mit denselben geboren war. Dies belustigte meinen Vater bis auf einen gewissen Grad, ja er machte sich und uns manchmal den Spaß, die Affen auf diese Weise tanzen zu lassen. Nach meinem Unfall mit Gretchen und während mei­ nes ganzen Aufenthalts in Leipzig kam ich nicht wieder auf den Plan; vielmehr weiß ich noch, daß, als man mich auf einem Balle zu einer Menuet nötigte, Takt und Bewegung aus meinen Gliedern gewichen schien, und ich mich weder der Schritte noch der Figuren mehr erinner­ te; so daß ich | mit Schimpf und Schanden bestanden wäre, wenn nicht der größere Teil der Zuschauer behauptet hätte, mein ungeschicktes Betragen sei bloßer Eigensinn, in der Absicht den Frauenzimmern alle Lust zu benehmen, mich wider Willen aufzufordern und in ihre Reihen zu ziehen. Während meines Aufenthalts in Frankfurt war ich von solchen Freuden ganz abgeschnitten; aber in Straßburg regte sich bald, mit der übrigen Lebenslust, die Taktfähigkeit meiner Glieder. An Sonn- und Werkeltagen schlenderte man keinen Lustort vorbei, ohne daselbst einen fröhlichen Haufen zum Tanze versammelt, und zwar meistens im Kreise drehend zu finden. Ingleichen waren auf den Landhäusern Privat-Bälle, und man sprach schon von den brillanten Redouten des zukommenden Winters. Hier wäre ich nun freilich nicht an meinem Platz und der Gesellschaft unnütz gewesen; da riet mir ein Freund, der sehr gut walzte, mich erst in minder guten Gesellschaften zu üben, damit ich hernach in der besten etwas gelten könnte. Er brachte mich zu einem Tanzmeister, der für geschickt bekannt war; dieser versprach mir, wenn ich nur einigermaßen die ersten Anfangsgründe wiederholt und mir zu eigen gemacht hätte, mich dann weiter zu leiten. Er war eine von den trockenen gewandten französischen Naturen, und nahm

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minuetto, chiesi a mio padre altre musiche da ballo, visto che gli spartiti offrivano gighe e murki225 in abbondanza; il ritmo sembrava adattarsi alle mie gambe come fosse innato e improvvisavo lì per lì i passi e altri movimenti seguendo il tempo. Ciò divertiva mio padre fino a un certo punto, tanto che qualche volta concesse a sé e a noi di divertirci ballando come le scimmie. Dopo l’incidente con Gretchen e durante il mio soggiorno a Lipsia non avevo mai più frequentato una pista da ballo; ricordo anzi che una volta, quando du­ rante una festa mi si costrinse a ballare un minuetto, il ritmo e i movimenti erano come svaniti dal mio corpo e non ricor­ davo più né i passi, né le figure; ne sarei uscito | con scherno e vergogna se buona parte dei presenti non avesse affermato che la mia goffaggine era semplice ostinazione per convin­ cere le ragazze a non ballare con me, trascinandomi contro voglia nelle danze. Durante il periodo a Francoforte ero completamente ta­ gliato fuori da simili divertimenti, ma a Strasburgo si risve­ gliò presto, insieme alla voglia di vivere, anche il senso del ritmo nelle gambe. Sia di domenica che durante la settima­ na non c’era un luogo di ricreazione in cui, passando, non si vedesse un allegro gruppetto che danzava, spesso giran­ do in tondo226. Anche nelle case di campagna si tenevano spesso dei balli privati e si parlava già delle allegre feste in maschera dell’inverno successivo, dove a dir la verità io mi sarei sentito fuori posto e sarei stato di scarsa utilità alla compagnia, se un amico, che danzava molto bene, non mi avesse consigliato di esercitarmi prima in contesti più alla buona, in modo da poter fare poi bella figura nell’alta società. Mi accompagnò da un maestro di ballo noto per la sua abilità e quegli mi promise che, dopo aver rispolverato i primi rudimenti e averli consolidati, mi avrebbe aiutato a migliorare. Era un francese pratico e asciutto e mi accolse

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mich freundlich auf. Ich zahlte ihm den Monat voraus, und erhielt zwölf Billette, gegen die er mir gewisse Stunden Unterricht zusagte. Der Mann war streng, genau, aber nicht pedantisch; und da ich schon einige Vorübung hatte, so machte ich es ihm bald zu Danke und erhielt seinen Beifall. Den Unterricht dieses Lehrers erleichterte jedoch ein Umstand gar sehr: er hatte nämlich zwei Töchter, beide hübsch und noch unter zwan­ zig Jahren. Von Jugend auf in dieser Kunst unterrichtet zeigten sie sich darin sehr gewandt und hätten als Moitie [x la trad: moitié] auch dem ungeschicktesten Scholaren bald zu einiger Bildung verhelfen können. Sie waren beide sehr artig, sprachen nur französisch, und ich nahm mich von meiner Seite zusammen, um vor ihnen nicht linkisch und lä­ cherlich zu erscheinen. Ich hatte das | Glück, daß auch sie mich lobten, immer willig waren, nach der kleinen Geige des Vaters eine Menuet zu tanzen, ja sogar, was ihnen freilich beschwerlicher ward, mir nach und nach das Walzen und Drehen einzulernen. Übrigens schien der Va­ ter nicht viele Kunden zu haben, und sie führten ein einsames Leben. Deshalb ersuchten sie mich manchmal nach der Stunde bei ihnen zu bleiben und die Zeit ein wenig zu verschwätzen; das ich denn auch ganz gerne tat, um so mehr als die jüngere mir wohl gefiel und sie sich überhaupt sehr anständig betrugen. Ich las manchmal aus einem Roman etwas vor, und sie taten das Gleiche. Die ältere, die so hübsch, vielleicht noch hübscher war als die zweite, mir aber nicht so gut wie diese zusagte, betrug sich durchaus gegen mich verbindlicher und in allem gefälliger. Sie war in der Stunde immer bei der Hand und zog sie manchmal in die Länge; daher ich mich einigemal verpflichtet glaubte, dem Vater zwei Billette anzubieten, die er jedoch nicht annahm. Die jüngere hingegen, ob sie gleich nicht unfreundlich gegen mich tat, war doch eher still für sich, und ließ sich durch den Vater herbeirufen, um die ältere abzulösen. Die Ursache davon ward mir eines Abends deutlich. Denn als ich mit der ältesten, nach vollendetem Tanz, in das Wohnzimmer gehen wollte, hielt sie mich zurück und sagte: Bleiben wir noch ein wenig

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cordialmente. Gli pagai il mese in anticipo e ricevetti dodici tagliandi, ognuno dei quali corrispondeva a un determina­ to numero di ore di lezione. Era severo e preciso ma non pedante, e poiché avevo già un minimo di pratica, gli diedi velocemente soddisfazione e fu molto contento di me. Una circostanza facilitava molto le lezioni di quell’in­ segnante: aveva infatti due figlie, entrambe carine e sotto i vent’anni. Avendo appreso quest’arte fin da piccole, erano molto esperte e ballando con loro persino l’allievo più im­ pacciato avrebbe imparato in fretta. Erano molto cortesi, parlavano solo francese e io da parte mia mi impegnai per non apparire maldestro e ridicolo. Per fortuna | anche loro mi lodarono ed erano sempre pronte a danzare un minuetto mentre il padre suonava il violino – anzi, man mano mi fecero imparare anche i passi e i volteggi del valzer, cosa per loro ben più faticosa. Il padre non sembrava avere molti clienti e conducevano una vita appartata; per questo qual­ che volta mi chiesero di fermarmi a chiacchierare dopo la lezione, e io lo facevo volentieri, tanto più che la più picco­ la mi piaceva ed entrambe si comportavano in modo mol­ to appropriato. Talvolta leggevo loro qualche pagina di un romanzo e loro facevano lo stesso. La maggiore, che era forse più graziosa ma mi piaceva meno dell’altra, era con me decisamente più gentile e premurosa. Durante la lezione era sempre disponibile e talvolta la prolungava, tanto che in qualche occasione mi sentii obbligato a dare al padre due tagliandi, che però non accettò. La più giovane invece, pur non essendo scortese nei miei confronti, stava però più sul­ le sue e lasciava che fosse il padre a chiamarla per dare il cambio alla sorella. Una sera ne capii il motivo. Quando, terminata la lezio­ ne, volevo andare in salotto con la maggiore, essa mi trat­ tenne dicendo: «Rimaniamo ancora un po’ qui, perché devo

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hier; denn ich will es Ihnen nur gestehen, meine Schwester hat eine Kartenschlägerin bei sich, die ihr offenbaren soll, wie es mit einem auswärtigen Freund beschaffen ist, an dem ihr ganzes Herz hängt, auf den sie alle ihre Hoffnung gesetzt hat. Das meinige ist frei, fuhr sie fort, und ich werde mich gewöhnen müssen, es verschmäht zu sehen. Ich sagte ihr darauf einige Artigkeiten, indem ich versetzte, daß sie sich, wie es damit stehe, am ersten überzeugen könne, wenn sie die weise Frau gleichfalls befragte; ich wolle es auch tun, denn ich hätte schon längst so etwas zu erfahren gewünscht, woran mir bisher der Glaube gefehlt habe. Sie tadelte mich deshalb und beteuerte, daß nichts in der Welt sichrer sei, als die | Aussprüche dieses Orakels, nur müsse man es nicht aus Scherz und Frevel, sondern nur in wahren Anliegenheiten befragen. Ich nötigte sie jedoch zuletzt mit mir in jenes Zimmer zu gehen, sobald sie sich versichert hatte, daß die Funktion vorbei sei. Wir fanden die Schwester sehr aufgeräumt und auch gegen mich war sie zutulicher als sonst, scherzhaft und beinahe geistreich: denn da sie eines abwesenden Freundes sicher geworden zu sein schien, so mochte sie es für unverfänglich halten, mit einem gegenwärtigen Freund ihrer Schwester, denn dafür hielt sie mich, ein wenig artig zu tun. Der Alten wurde nun geschmeichelt und ihr gute Bezahlung zu­ gesagt, wenn sie der älteren Schwester und auch mir das Wahrhafte sagen wollte. Mit den gewöhnlichen Vorbereitungen und Zeremonien legte sie nun ihren Kram aus, und zwar, um der Schönen zuerst zu weissagen. Sie betrachtete die Lage der Karten sorgfältig, schien aber zu stocken und wollte mit der Sprache nicht heraus. – Ich sehe schon, sagte die jüngere, die mit der Auslegung einer solchen magischen Ta­ fel schon näher bekannt war, Ihr zaudert und wollt meiner Schwester nichts Unangenehmes eröffnen; aber das ist eine verwünschte Karte! Die ältere wurde blaß, doch faßte sie sich und sagte: So sprecht nur; es wird ja den Kopf nicht kosten! Die Alte, nach einem tiefen Seufzer, zeigte ihr nun an, daß sie liebe, daß sie nicht geliebt werde, daß eine an­ dere Person dazwischen stehe und was dergleichen Dinge mehr waren. Man sah dem guten Mädchen die Verlegenheit an. Die Alte glaubte die

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dirle che da mia sorella c’è una cartomante che le rivelerà come stanno le cose con il suo innamorato lontano, a cui ha donato il cuore e nel quale ha riposto ogni speranza. Il mio cuore invece è libero», proseguì, «ma mi dovrò abituare a vederlo respinto». Le feci qualche complimento e aggiunsi che le sarebbe bastato interrogare a sua volta l’indovina per essere rassicurata in merito; «lo farei anch’io», dissi, «per­ ché io stesso vorrei sapere queste cose, ma finora non ci ho mai creduto». Mi rimproverò e mi assicurò che al mondo non c’era nulla di più certo che le sentenze di | quell’ora­ colo, a condizione che lo si interrogasse non per scherzo o per dileggio, ma per questioni reali. Alla fine la costrinsi a condurmi nella stanza, ma si assicurò prima che la cerimo­ nia fosse terminata. Trovammo la sorella molto rasserenata e anche nei miei confronti fu più aperta del solito, allegra e quasi spiritosa: ora che era stata rassicurata riguardo all’in­ namorato assente, non le sembrava sconveniente civettare un pochino con l’amico presente della sorella, perché così mi considerava. Lusingammo quindi la vecchia promettendole una lau­ ta ricompensa affinché predicesse il vero anche alla sorella maggiore e a me. Con i consueti preparativi e cerimonie dispose le carte e si apprestò a leggerle prima alla bella. Os­ servò attentamente la disposizione delle carte, ma sembrò bloccarsi e non parlava. «Ho già capito», disse la più giova­ ne che aveva maggior familiarità con l’interpretazione della tavola magica, «esitate e non volete predire a mia sorella qualcosa di sgradevole; quella è una carta maledetta!» La maggiore impallidì ma cercò di controllarsi ed esclamò: «Parlate dunque! Non avete niente da temere». La vecchia trasse un profondo sospiro e poi le rivelò che era innamora­ ta, non ricambiata perché una terza persona si frapponeva, e altre cose del genere. L’imbarazzo della ragazza era eviden­

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Sache wieder etwas zu verbessern, indem sie auf Briefe und Geld Hoff­ nung machte. – Briefe, sagte das schöne Kind, erwarte ich nicht und Geld mag ich nicht. Wenn es wahr ist, wie Ihr sagt, daß ich liebe, so verdiene ich ein Herz das mich wieder liebt. – Wir wollen sehen, ob es nicht besser wird, versetzte die Alte, indem sie die Karten mischte und zum zweiten Mal auflegte; allein es war vor unser aller Augen nur noch schlimmer geworden. Die Schöne stand nicht allein einsamer, sondern auch mit mancherlei Verdruß umgeben; der Freund war etwas weiter und die Zwischenfiguren näher | gerückt. Die Alte wollte zum dritten Mal auslegen, in Hoffnung einer bessern Ansicht; allein das schöne Kind hielt sich nicht länger, sie brach in unbändiges Weinen aus, ihr holder Busen bewegte sich auf eine gewaltsame Weise, sie wandte sich um und rannte zum Zimmer hinaus. Ich wußte nicht was ich tun soll­ te. Die Neigung hielt mich bei der Gegenwärtigen, das Mitleid trieb mich zu jener; meine Lage war peinlich genug. – Trösten Sie Lucinden, sagte die jüngere, gehen Sie ihr nach. Ich zauderte; wie durfte ich sie trösten, ohne sie wenigstens einer Art von Neigung zu versichern, und konnte ich das wohl in einem solchen Augenblick auf eine kalte mäßi­ ge Weise! – Lassen Sie uns zusammen gehn, sagte ich zu Emilien. – Ich weiß nicht, ob ihr meine Gegenwart wohl tun wird, versetzte diese. Doch gingen wir, fanden aber die Tür verriegelt. Lucinde antwortete nicht, wir mochten pochen, rufen, bitten wie wir wollten. – Wir müs­ sen sie gewähren lassen, sagte Emilie, sie will nun nicht anders! Und wenn ich mir freilich ihr Wesen von unserer ersten Bekanntschaft an erinnerte, so hatte sie immer etwas Heftiges und Ungleiches, und ihre Neigung zu mir zeigte sie am meisten dadurch, daß sie ihre Unart nicht an mir bewies. Was wollte ich tun! Ich zahlte die Alte reichlich für das Unheil, das sie gestiftet hatte, und wollte gehen, als Emilie sagte: Ich bedinge mir, daß die Karte nun auch auf Sie geschlagen werde. Die Alte war bereit. – Lassen Sie mich nicht dabei sein! rief ich, und eilte die Treppe hinunter.

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te. L’indovina cercò di rimediare facendole sperare lettere e denaro. «Lettere non ne aspetto», rispose la graziosa fan­ ciulla, «e il denaro non mi interessa. Se è vero, come dite, che sono innamorata, allora merito di essere ricambiata». – «Vediamo se la situazione migliora», replicò l’indovina mescolando le carte e disponendole una seconda volta sul tavolo, ma vedemmo tutti che era invece peggiorata. La bella appariva non solo isolata, ma anche circondata da di­ sgrazie, l’amato era persino più lontano e tra loro si frap­ ponevano ancora | più figure. La donna voleva provare una terza volta, sperando in una disposizione migliore, ma la ra­ gazza non ce la fece più e scoppiò in un pianto irrefrenabile, il dolce seno sconvolto dai singhiozzi, si voltò e corse fuori dalla stanza. Non sapevo cosa fare. L’affetto mi tratteneva con la minore, la compassione mi spingeva verso l’altra: la situazione era davvero penosa. «Consolate Lucinde, anda­ te da lei!» disse la minore. Esitai: come potevo consolarla, se non garantendole in qualche modo un po’ di affetto, e come avrei potuto farlo in quel momento, rimanendo freddo e distaccato? «Andiamo insieme», dissi a Emilie. «Non so se la mia presenza la aiuterebbe», rispose; comunque an­ dammo, ma trovammo la porta chiusa e per quanto bussas­ simo, chiamassimo, pregassimo Lucinde non rispondeva. «Dobbiamo fare come vuole», disse Emilie, «non possiamo fare altrimenti». In effetti, ripensando al suo carattere fin da quando ci eravamo conosciuti, aveva sempre avuto qualcosa di aspro e scontroso, e il suo affetto per me si ri­ velava proprio nel fatto che con me non manifestava quelle asperità. Cosa dovevo fare? Pagai generosamente la vec­ chia per il guaio che aveva combinato e volevo andarmene, quando Emilie disse: «A una condizione: che si leggano le carte anche a voi!» La cartomante era pronta. «Fatelo senza di me!», gridai precipitandomi giù dalle scale.

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Den andern Tag hatte ich nicht Mut hinzugehen. Den dritten ließ mir Emilie durch einen Knaben, der mir schon manche Botschaft von den Schwestern gebracht und Blumen und Früchte dagegen an sie ge­ tragen hatte, in aller Frühe sagen, ich möchte heute ja nicht fehlen. Ich kam zur gewöhnlichen Stunde und fand den Vater allein, der an meinen Tritten und Schritten, an meinem Gehen und Kommen, an meinem Tragen und Behaben noch manches ausbesserte und übrigens mit mir zufrieden schien. Die jüngste kam gegen das Ende der Stunde und tanzte mit mir eine | sehr graziöse Menuet, in der sie sich außer­ ordentlich angenehm bewegte, und der Vater versicherte, nicht leicht ein hübscheres und gewandteres Paar auf seinem Plane gesehen zu ha­ ben. Nach der Stunde ging ich wie gewöhnlich ins Wohnzimmer; der Vater ließ uns allein, ich vermißte Lucinden. – Sie liegt im Bette, sagte Emilie, und ich sehe es gern: haben Sie deshalb keine Sorge. Ihre See­ lenkrankheit lindert sich am ersten, wenn sie sich körperlich für krank hält; sterben mag sie nicht gern, und so tut sie alsdann was wir wollen. Wir haben gewisse Hausmittel, die sie zu sich nimmt und ausruht; und so legen sich nach und nach die tobenden Wellen. Sie ist gar zu gut und liebenswürdig bei so einer eingebildeten Krankheit, und da sie sich im Grunde recht wohl befindet und nur von Leidenschaft angegriffen ist, so sinnt sie sich allerhand romanenhafte Todesarten aus, vor denen sie sich auf eine angenehme Weise fürchtet, wie Kinder, denen man von Gespenstern erzählt. So hat sie mir gestern Abend noch mit gro­ ßer Heftigkeit erklärt, daß sie diesmal gewiß sterben würde, und man sollte den undankbaren falschen Freund, der ihr erst so schön getan und sie nun so übel behandle, nur dann wieder zu ihr führen, wenn sie wirklich ganz nahe am Tode sei: sie wolle ihm recht bittre Vorwürfe machen und auch sogleich den Geist aufgeben. – Ich weiß mich nicht schuldig! rief ich aus, daß ich irgend eine Neigung zu ihr geäußert. Ich kenne Jemand, der mir dieses Zeugnis am besten erteilen kann. Emilie lächelte und versetzte: Ich verstehe Sie, und wenn wir nicht klug und entschlossen sind, so kommen wir alle zusammen in eine üble Lage.

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Il giorno seguente non ebbi il coraggio di tornare. Il ter­ zo giorno di buon’ora Emilie mi mandò a dire, tramite un ragazzo che già altre volte mi aveva portato i messaggi del­ le sorelle e aveva portato loro fiori e frutti in cambio, di non mancare. Andai all’ora solita e trovai il padre da solo, che mi aiutò a migliorare ancora qualcosa nei miei passi e saltelli, nel mio incedere e nel portamento, ma nel comples­ so sembrava soddisfatto. La minore comparve verso la fine della lezione e ballò con me un | minuetto molto grazioso, in cui si mosse in modo particolarmente leggiadro, tanto che il padre ci assicurò che raramente aveva visto sulla sua pista da ballo una coppia più graziosa e affiatata. Dopo la lezione andai come al solito in salotto, il padre ci lasciò e io mi informai sull’assenza di Lucinde. «È a letto», dis­ se Emilie, «e va bene così, non preoccupatevi! Le malattie della sua anima guariscono prima, se crede di esser malata anche nel fisico; non vuole morire, per cui farà quello che le diciamo. Abbiamo certi rimedi casalinghi che le servono per riposare, e così si placano a poco a poco anche le onde della sua furia. È molto dolce e arrendevole quando ha que­ ste malattie immaginarie, e dato che in fondo sta benone ed è solo tormentata dalla passione, si immagina di morire in mille modi come nei romanzi e ne prova una gradevole paura, come i bambini quando ascoltano le storie di fanta­ smi. Proprio ieri sera mi ha confidato con grande veemenza che questa volta sarebbe morta di certo, e che un attimo prima di morire bisognava far andare da lei quel falso e ingrato amico che prima era stato così galante e poi l’ave­ va trattata così male: lo avrebbe aspramente rimproverato e poi sarebbe spirata». – «Io sono innocente!» esclamai, «non ho mai manifestato alcuna inclinazione per lei, e conosco qualcuno che può testimoniarlo!» Emilie sorrise e replicò: «So cosa intendete, ma se non saremo prudenti e risoluti, ci

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Was werden Sie sagen, wenn ich Sie ersuche, Ihre Stunden nicht weiter fortzusetzen? Sie haben von dem letzten Monat allenfalls noch vier Billette, und mein Vater äußerte schon, daß er es unverantwortlich fin­ de, Ihnen noch länger Geld abzunehmen: es müßte denn sein, daß Sie sich der Tanzkunst auf eine ernstlichere Weise widmen wollten; was ein junger Mann in der Welt brauchte, besäßen Sie nun. – Und diesen Rat, Ihr Haus zu meiden, geben Sie mir, Emilie? versetzte | ich. – Eben ich, sagte sie, aber nicht aus mir selbst. Hören Sie nur. Als Sie vorges­ tern wegeilten, ließ ich die Karte auf Sie schlagen, und derselbe Aus­ spruch wiederholte sich dreimal und immer stärker. Sie waren umge­ ben von allerlei Gutem und Vergnüglichen, von Freunden und großen Herren, an Geld fehlte es auch nicht. Die Frauen hielten sich in einiger Entfernung. Meine arme Schwester besonders stand immer am weites­ ten; eine andere rückte Ihnen immer näher, kam aber nie an Ihre Seite: denn es stellte sich ein Dritter dazwischen. Ich will Ihnen nur gestehen, daß ich mich unter der zweiten Dame gedacht hatte, und nach diesem Bekenntnisse werden Sie meinen wohlmeinenden Rat am besten be­ greifen. Einem entfernten Freund habe ich mein Herz und meine Hand zugesagt, und bis jetzt liebt’ ich ihn über alles; doch es wäre möglich, daß Ihre Gegenwart mir bedeutender würde als bisher, und was würden Sie für einen Stand zwischen zwei Schwestern haben, davon Sie die eine durch Neigung und die andere durch Kälte unglücklich gemacht hätten, und alle diese Qual um nichts und auf kurze Zeit. Denn wenn wir nicht schon wüßten, wer Sie sind und was Sie zu hoffen haben, so hätte mir es die Karte aufs deutlichste vor Augen gestellt. Leben Sie wohl, sagte sie, und reichte mir die Hand. Ich zauderte. – Nun sagte sie, indem sie mich gegen die Türe führte, damit es wirklich das letzte Mal sei, daß wir uns sprechen, so nehmen Sie, was ich Ihnen sonst versagen würde. Sie fiel mir um den Hals und küßte mich aufs zärtlichste. Ich umfaßte sie und drückte sie an mich.

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troveremo tutti in un brutto guaio. Cosa ne dite, se vi chie­ dessi di sospendere per un po’ le lezioni? Dallo scorso mese avete ancora quattro tagliandi, il papà ha già detto che gli sembra scorretto farvi spendere altro denaro – a meno che non vogliate dedicarvi al ballo in modo più serio, quello che serve a un giovanotto per stare in società, lo avete già im­ parato». – «E proprio voi, Emilie, mi consigliate di evitare la vostra casa?» replicai. | «Proprio io, ma non lo dico per me! Ascoltatemi. Quando l’altro giorno siete scappato via, ho fatto leggere le carte per voi, e per tre volte si è ripetuto lo stesso responso, sempre più chiaro. Eravate attorniato da tante cose positive e piacevoli, amici e signori altolocati, non mancava nemmeno il denaro. Le donne si tenevano in­ vece a una certa distanza e mia sorella, poverina, era la più lontana. Una di loro si avvicinava man mano a voi, ma sen­ za mai arrivarvi al fianco, perché un terzo si interponeva. Ammetto che ho immaginato di essere io la seconda donna, e ora che ve l’ho confessato capirete meglio che il mio con­ siglio è ben intenzionato. Ho promesso il mio cuore e la mia mano a un amico lontano, e finora lo ho amato più di ogni cosa; ma potrebbe capitare che la vostra presenza diventi per me più importante di quanto non è stato finora. In che posizione infelice vi trovereste, tra due sorelle che avete reso entrambe infelici, una con il vostro affetto, l’altra con la vostra indifferenza; e tutto questo tormento invano e per un tempo breve. Infatti, anche se non sapessimo chi siete e quali sono le vostre aspettative, le carte me lo hanno chia­ rito molto bene. Addio», disse porgendomi la mano. Esitai. «E va bene», disse, accompagnandomi verso la porta. «Per essere sicuri che questa sia davvero l’ultima volta che ci vediamo, prendete ciò che altrimenti vi negherei». Mi mise le braccia al collo e mi baciò con infinita tenerezza. La ab­ bracciai e la strinsi a me.

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In diesem Augenblicke flog die Seitentür auf, und die Schwester sprang in einem leichten aber anständigen Nachtkleide hervor und rief: Du sollst nicht allein von ihm Abschied nehmen! Emilie ließ mich fah­ ren und Lucinde ergriff mich, schloß sich fest an mein Herz, drückte ihre schwarzen Locken an meine Wangen und blieb eine Zeit lang in dieser Lage. Und so fand ich mich denn in der Klemme zwischen bei­ den Schwestern, wie mir’s Emilie einen Augenblick vorher geweissagt hatte. Lucinde ließ | mich los und sah mir ernst ins Gesicht. Ich wollte ihre Hand ergreifen und ihr etwas Freundliches sagen; allein sie wand­ te sich weg, ging mit starken Schritten einigemal im Zimmer auf und ab und warf sich dann in die Ecke des Sopha’s. Emilie trat zu ihr, ward aber sogleich weggewiesen, und hier entstand eine Szene, die mir noch in der Erinnerung peinlich ist, und die, ob sie gleich in der Wirklichkeit nichts Theatralisches hatte, sondern einer lebhaften jungen Französin ganz angemessen war, dennoch nur von einer guten empfindenden Schauspielerin auf dem Theater würdig wiederholt werden könnte. Lucinde überhäufte ihre Schwester mit tausend Vorwürfen. Es ist nicht das erste Herz, rief sie aus, das sich zu mir neigt, und das Du mir entwendest. War es doch mit dem Abwesenden eben so, der sich zuletzt unter meinen Augen mit Dir verlobte. Ich mußte es ansehen, ich ertrug’s; ich weiß aber wie viele tausend Tränen es mich gekostet hat. Diesen hast Du mir nun auch weggefangen, ohne jenen fahren zu lassen, und wie viele verstehst Du nicht auf einmal zu halten. Ich bin offen und gutmütig, und Jedermann glaubt mich bald zu kennen und mich vernachlässigen zu dürfen; Du bist versteckt und still, und die Leute glauben Wunder was hinter dir verborgen sei. Aber es ist nichts dahinter als ein kaltes, selbstisches Herz, das sich alles aufzuopfern weiß; das aber kennt Niemand so leicht, weil es tief in Deiner Brust verborgen liegt, so wenig als mein warmes treues Herz, das ich offen trage, wie mein Gesicht. Emilie schwieg und hatte sich neben ihre Schwester gesetzt, die sich im Reden immer mehr erhitzte, und sich über gewisse besondere

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In quell’attimo si spalancò la porta ed ecco comparire la sorella, in una camicia da notte leggera ma decorosa, gri­ dando: «Non sei tu l’unica che vuole dirgli addio!» Emilie mi lasciò di colpo e Lucinde mi afferrò, mi abbracciò forte con i riccioli neri schiacciati contro la mia guancia, e rima­ se così per qualche istante. Eccomi preso nella morsa tra le due sorelle, proprio come Emilie mi aveva predetto un attimo prima. Lucinde si staccò | da me e mi guardò seria in volto. Cercai di prenderle la mano per dirle qualcosa di gentile ma si allontanò, andò avanti e indietro a grandi passi per la stanza e poi si lasciò cadere nell’angolo del divano. Emilie le si avvicinò ma fu subito scacciata, e a quel punto ci fu una scenata che ancora oggi mi è penoso ricordare. Sebbene nella realtà non avesse nulla di teatrale e si con­ facesse perfettamente a una vivace fanciulla francese, in teatro solo un’attrice esperta e sensibile potrebbe recitarla degnamente. Lucinde sommerse la sorella con mille rimproveri. «Non è il primo cuore che prova affetto per me e che tu mi sot­ trai», gridò. «È stata la stessa cosa anche con quello che ora è lontano, che si è fidanzato con te sotto i miei occhi. Dovet­ ti assistere, e l’ho sopportato, ma solo io so quante lacrime mi è costato. Ora mi hai portato via anche questo, ma senza lasciar libero l’altro: quanti vuoi tenerne per te tutti in una volta? Io sono aperta e buona, tutti credono di conoscermi bene e di potermi trascurare; tu invece sei nascosta e silen­ ziosa e la gente pensa che celi chissà quale meraviglia. Ma non nascondi nulla se non un cuore freddo ed egoista, che sacrifica qualsiasi cosa a se stesso; e non è facile accorger­ sene perché lo tieni ben sepolto dentro di te – tutto l’oppo­ sto del mio, caldo e fedele, che io mostro come il mio viso». Emilie taceva, seduta vicino alla sorella che parlando si agitava sempre più e si dilungava su certe particolari que­

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Dinge herausließ, die mir zu wissen eigentlich nicht frommte. Emilie dagegen, die ihre Schwester zu begütigen suchte, gab mir hinterwärts ein Zeichen, daß ich mich entfernen sollte; aber wie Eifersucht und Argwohn mit tausend Augen sehen, so schien auch Lucinde es bemerkt zu haben. Sie sprang auf und ging auf mich los, aber nicht mit Heftig­ keit. Sie stand vor mir und | schien auf etwas zu sinnen. Drauf sagte sie: Ich weiß, daß ich Sie verloren habe; ich mache keine weitern An­ sprüche auf Sie. Aber Du sollst ihn auch nicht haben, Schwester! Sie faßte mich mit diesen Worten ganz eigentlich beim Kopf, indem sie mir mit beiden Händen in die Locken fuhr, mein Gesicht an das ihre drückte und mich zu wiederholten Malen auf den Mund küßte. Nun, rief sie aus, fürchte meine Verwünschung. Unglück über Unglück für immer und immer auf diejenige, die zum ersten Male nach mir diese Lippen küßt! Wage es nun wieder mit ihm anzubinden; ich weiß, der Himmel erhört mich diesmal. Und Sie, mein Herr, eilen Sie nun, eilen Sie was Sie können! Ich flog die Treppe hinunter mit dem festen Vorsatze, das Haus nie wieder zu betreten. |

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stioni che non mi interessavano affatto. Emilie invece, che cercava di rabbonire la sorella, mi fece di nascosto cenno di andarmene; ma gelosia e sospetto hanno mille occhi e anche Lucinde se ne accorse. Saltò in piedi e venne verso di me, ma senza aggressività. Si fermò davanti a me e | sem­ brava meditasse qualcosa. Poi disse: «So che vi ho perso, e non avanzo alcuna pretesa su di voi. Ma nemmeno tu lo avrai, sorella mia!» Così dicendo mi afferrò la testa con en­ trambe le mani affondandole tra i capelli, e avvicinò ripetu­ tamente il mio viso al suo baciandomi sulla bocca. «E ora», esclamò, «temi la mia maledizione! Disgrazia su disgrazia, fino alla fine dei suoi giorni, a colei che bacerà dopo di me queste labbra. Prova ora ad avvicinarti a lui, se ne hai il coraggio! Lo so, questa volta il cielo mi darà ascolto. E voi, signor mio, scappate, scappate più in fretta che potete!» Mi precipitai giù per le scale con il fermo proposito di non metter mai più piede in quella casa. |

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Zehntes Buch Die deutschen Dichter, da sie nicht mehr als Gildeglieder für Einen Mann standen, genossen in der bürgerlichen Welt nicht der mindesten Vorteile. Sie hatten weder Halt, Stand noch Ansehn, als in sofern sonst ein Verhältnis ihnen günstig war, und es kam daher bloß auf den Zu­ fall an, ob das Talent zu Ehren oder Schanden geboren sein sollte. Ein armer Erdensohn, im Gefühl von Geist und Fähigkeiten, mußte sich kümmerlich ins Leben hineinschleppen und die Gabe, die er allenfalls von den Musen erhalten hatte, von dem augenblicklichen Bedürfnis gedrängt, vergeuden. Das Gelegenheitsgedicht, die erste und echteste aller Dichtarten, ward verächtlich auf einen Grad, daß die Nation noch jetzt nicht zu einem Begriff des hohen Wertes desselben gelangen kann, und ein Poet, wenn er nicht gar den Weg Günthers einschlug, erschien in der Welt auf die traurigste Weise subordiniert, als Spaßmacher und Schmarutzer, so daß er sowohl auf dem Theater als auf der Lebens­ bühne eine Figur vorstellte, der man nach Belieben mitspielen konnte. Gesellte sich hingegen die Muse zu Männern von Ansehen, so erhielten diese dadurch einen Glanz, der auf die Geberin zurückfiel. Lebensgewandte Edelleute, wie Hagedorn, stattliche Bürger, wie Bro­ ckes, entschiedene Gelehrte, wie Haller, erschienen unter den Ersten der Nation, den Vornehmsten und Geschätztesten gleich. Besonders wurden auch solche Personen verehrt, die, neben jenem angenehmen Talente, sich noch als emsige, treue Geschäftsmänner auszeichneten. Deshalb erfreuten sich Uz, Rabener, Weiße einer Achtung ganz eig­ ner Art, weil man die heterogensten, selten mit einander verbundenen Eigenschaften hier vereint zu schätzen hatte.

Libro decimo I poeti tedeschi, non essendo più uniti in un gruppo come membri di una corporazione, non godevano di alcun privi­ legio nella società civile227. Non avevano sostegno, né una posizione né prestigio e, a meno che non potessero contare su qualche appoggio, era soltanto il caso a decidere se il talento era nato per l’onore o l’infamia. Un poveraccio, pur conscio delle sue capacità e del suo intelletto, doveva ar­ rabattarsi per vivere e sprecare il dono che aveva ricevuto dalle muse solo perché pressato dai bisogni contingenti. La poesia d’occasione, il primo e più autentico tra i generi let­ terari, era disprezzata così tanto che ancora oggi la nazione non è riuscita a comprenderne il grande valore e un poeta, pur non volendo seguire l’esempio di Günther, rimaneva comunque in una posizione sociale tristemente subordina­ ta, al pari di un giullare o un parassita, e finiva così col rappresentare sia in teatro sia sul palcoscenico della vita un personaggio da strapazzare a piacimento228. Quando invece la musa si associava a uomini di prestigio, questi ne ricevevano un lustro che ricadeva sulla donatrice. Nobili uomini di mondo come Hagedorn, solidi borghesi come Brockes, autentici eruditi come Haller figuravano tra i primi della nazione, i più illustri ed eccelsi. Ricevevano particolare considerazione coloro che, oltre a questo bel ta­ lento, si distinguevano anche come funzionari alacri e fede­ li. Per questo Uz, Rabener e Weiße godevano di una stima tutta speciale, perché in loro si potevano apprezzare tutte insieme le caratteristiche più eterogenee, raramente unite229.

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Nun sollte aber die Zeit kommen, wo das Dichtergenie | sich selbst gewahr würde, sich seine eignen Verhältnisse selbst schüfe und den Grund zu einer unabhängigen Würde zu legen verstünde. Alles traf in Klopstock zusammen, um eine solche Epoche zu begründen. Er war, von der sinnlichen wie von der sittlichen Seite betrachtet, ein reiner Jüngling. Ernst und gründlich erzogen legt er, von Jugend an, einen großen Wert auf sich selbst und auf alles was er tut, und indem er die Schritte seines Lebens bedächtig vorausmißt, wendet er sich, im Vor­ gefühl der ganzen Kraft seines Innern, gegen den höchsten denkbaren Gegenstand. Der Messias, ein Name, der unendliche Eigenschaften be­ zeichnet, sollte durch ihn aufs Neue verherrlicht werden. Der Erlöser sollte der Held sein, den er, durch irdische Gemeinheit und Leiden, zu den höchsten himmlischen Triumphen zu begleiten gedachte. Al­ les was Göttliches, Englisches, Menschliches in der jungen Seele lag, ward hier in Anspruch genommen. Er, an der Bibel erzogen und durch ihre Kraft genährt, lebt nun mit Erzvätern, Propheten und Vorläufern als Gegenwärtigen; doch alle sind seit Jahrhunderten nur dazu berufen, einen lichten Kreis um den Einen zu ziehn, dessen Erniedrigung sie mit Staunen beschauen, und an dessen Verherrlichung sie glorreich Teil nehmen sollen. Denn endlich, nach trüben und schrecklichen Stunden, wird der ewige Richter sein Antlitz entwölken, seinen Sohn und Mit­ gott wieder anerkennen, und dieser wird ihm dagegen die abgewende­ ten Menschen, ja sogar einen abgefallenen Geist wieder zuführen. Die lebendigen Himmel jauchzen in tausend Engelstimmen um den Thron, und ein Liebesglanz übergießt das Weltall, das seinen Blick kurz vorher auf eine greuliche Opferstätte gesammelt hielt. Der himmlische Friede, welchen Klopstock bei Konzeption und Ausführung dieses Gedichtes empfunden, teilt sich noch jetzt einem Jeden mit, der die ersten zehn Gesänge liest, ohne die Forderungen bei sich laut werden zu lassen, auf die eine fortruckende Bildung nicht gerne Verzicht tut.

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Stava però per iniziare il periodo in cui il genio poe­ tico | avrebbe acquistato consapevolezza, creato una sua posizione e iniziato a porre le fondamenta per una dignità sua propria. Ciò avvenne con Klopstock, che inaugurò una nuova epoca230. Era un giovane puro sia riguardo ai senti­ menti che alla morale; dotato di un’educazione seria e soli­ da, attribuiva un grande valore a se stesso e a ciò che face­ va, e valutando attentamente i passi da compiere nella vita, presagendo tutta la sua forza interiore, decise di volgersi al soggetto più alto che si potesse immaginare. Il Messia, un nome che racchiude infinite qualità, sarebbe stato nuo­ vamente glorificato per suo tramite. Il Salvatore era l’eroe che egli intendeva accompagnare tra le sofferenze e le me­ schinità della vita terrena fino al sommo trionfo celeste. Tutto ciò che di divino, di celestiale e di umano c’era nella giovane anima si mise all’opera. Cresciuto con la Bibbia e nutrito dalla sua forza, vive tra i Patriarchi, i profeti e i progenitori più che tra i suoi contemporanei; da secoli sono tutti chiamati soltanto per tracciare un cerchio di luce intorno all’Uno, assistendo con stupore alla sua umiliazio­ ne e prendendo parte trionfalmente alla sua glorificazione. Perché alla fine, dopo ore cupe e terribili, il giudice eterno rivelerà il suo volto, riconoscerà suo figlio che è Dio con Lui e che a sua volta ricondurrà a Lui gli uomini dispersi e persino uno degli angeli caduti. I cieli si animeranno in un tripudio di mille voci angeliche intorno al trono mentre la luce dell’amore pervaderà l’universo che fino a un attimo prima teneva lo sguardo fisso sul luogo del sacrificio cru­ dele231. La pace celeste che Klopstock provò nel concepire e scrivere il poema si trasmette ancora oggi a tutti coloro che leggono i primi dieci canti, a patto di riuscire a prescin­ dere dalle pretese a cui una cultura in continuo progresso non sa rinunciare.

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Die Würde des Gegenstands erhöhte dem Dichter das | Gefühl eig­ ner Persönlichkeit. Daß er selbst dereinst zu diesen Chören eintreten, daß der Gottmensch ihn auszeichnen, ihm von Angesicht zu Angesicht den Dank für seine Bemühungen abtragen würde, den ihm schon hier jedes gefühlvolle, fromme Herz, durch manche reine Zähre, lieblich genug entrichtet hatte: dies waren so unschuldige kindliche Gesinnun­ gen und Hoffnungen, als sie nur ein wohlgeschaffenes Gemüt haben und hegen kann. So erwarb nun Klopstock das völlige Recht, sich als eine geheiligte Person anzusehn, und so befliß er sich auch in seinem Tun der aufmerksamsten Reinigkeit. Noch in spätem Alter beunruhigte es ihn ungemein, daß er seine erste Liebe einem Frauenzimmer zu­ gewendet hatte, die ihn, da sie einen Andern heiratete, in Ungewißheit ließ, ob sie ihn wirklich geliebt habe, ob sie seiner wert gewesen sei. Die Gesinnungen, die ihn mit Meta verbanden, diese innige, ruhige Neigung, der kurze, heilige Ehestand, des überbliebenen Gatten Ab­ neigung vor einer zweiten Verbindung, alles ist von der Art, um sich desselben einst im Kreise der Seligen wohl wieder erinnern zu dürfen. Dieses ehrenhafte Verfahren gegen sich selbst ward noch dadurch erhöht, daß er in dem wohlgesinnten Dänemark, in dem Hause eines großen, und auch menschlich betrachtet, fürtrefflichen Staatsmanns eine Zeit lang wohl aufgenommen war. Hier, in einem höheren Kreise, der zwar in sich abgeschlossen, aber auch zugleich der äußeren Sit­ te, der Aufmerksamkeit gegen die Welt gewidmet war, entschied sich seine Richtung noch mehr. Ein gefaßtes Betragen, eine abgemessene Rede, ein Lakonismus, selbst wenn er offen und entscheidend sprach, gaben ihm durch sein ganzes Leben ein gewisses diplomatisches, mi­ nisterielles Ansehn, das mit jenen zarten Naturgesinnungen im Wider­ streit zu liegen schien, obgleich beide aus Einer Quelle entsprangen. Von allem diesen geben seine ersten Werke ein reines Ab- und Vorbild, und sie mußten daher einen unglaublichen Einfluß gewinnen. Daß er

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La dignità dell’argomento fece crescere nel poeta  | il sentimento della propria personalità232. Che lui stesso sa­ rebbe entrato a far parte dei cori angelici, che il figlio di Dio lo avrebbe premiato ringraziandolo di persona per i suoi sforzi, un ringraziamento che già qui ogni anima sensibile e devota gli aveva tributato con lacrime pure: erano senti­ menti e speranze innocenti e infantili come può averli solo un animo retto. Così Klopstock si conquistò a pieno titolo il diritto di considerarsi santo233, e anche nel suo agire si sfor­ zò di mantenere la massima purezza. Giunto in età avanzata si preoccupava ancora in modo eccessivo di aver dedicato il suo primo amore a una ragazza che aveva poi sposato un altro, lasciandolo così nell’incertezza se lo avesse amato veramente, se fosse stata o meno degna di lui. I sentimenti che lo legavano a Meta, l’affetto intimo e pacato, il santo matrimonio di breve durata, la contrarietà del coniuge so­ pravvissuto rispetto a un nuovo legame234, tutto era tale da non farlo sfigurare una volta giunto nella schiera dei beati. La dignitosa considerazione di se stesso fu ulteriormente incoraggiata dal fatto di essere ospitato per un certo tempo nell’amichevole Danimarca in casa di un importante uomo di Stato, ammirevole anche dal punto di vista umano235. Qui, in una cerchia altolocata, per un certo verso esclusiva ma allo stesso tempo attenta all’ambiente esterno, a ciò che succedeva nel mondo, questa sua tendenza divenne anco­ ra più marcata. Un comportamento pacato, un linguaggio misurato, la laconicità anche quando parlava con sincerità e decisione gli conferirono una certa aria diplomatica da ministro che mantenne per tutta la vita e che sembrava in contrasto con i suoi sentimenti delicati, sebbene entrambi gli atteggiamenti scaturissero dalla stessa sorgente. Le sue prime opere236 forniscono un esempio e un’immagine lim­ pida di tutto ciò, ed erano destinate ad avere un’influenza

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jedoch persönlich Andere strebende im Leben und Dichten gefördert, ist | kaum als eine seiner entschiedenen Eigenschaften zur Sprache ge­ kommen. Aber eben ein solches Fördernis junger Leute im literarischen Tun und Treiben, eine Lust, hoffnungsvolle, vom Glück nicht begünstigte Menschen vorwärts zu bringen und ihnen den Weg zu erleichtern, hat einen deutschen Mann verherrlicht, der, in Absicht auf Würde die er sich selbst gab, wohl als der Zweite, in Absicht aber auf lebendige Wir­ kung, als der Erste genannt werden darf. Niemanden wird entgehen, daß hier Gleim gemeint sei. Im Besitz einer zwar dunkeln, aber einträg­ lichen Stelle, wohnhaft an einem wohlgelegenen, nicht allzugroßen, durch militarische, bürgerliche, literarische Betriebsamkeit belebten Orte, von wo die Einkünfte einer großen und reichen Stiftung ausgin­ gen, nicht ohne daß ein Teil derselben zum Vorteil des Platzes zurück­ blieb, fühlte er einen lebhaften produktiven Trieb in sich, der jedoch bei aller Stärke ihm nicht ganz genügte, deswegen er sich einem andern vielleicht mächtigern Triebe hingab, dem nämlich, Andere etwas her­ vorbringen zu machen. Beide Tätigkeiten flochten sich während seines ganzen langen Lebens unablässig durch einander. Er hätte eben sowohl des Atemholens entbehrt als des Dichtens und Schenkens, und, indem er bedürftigen Talenten aller Art über frühere oder spätere Verlegenhei­ ten hinaus und dadurch wirklich der Literatur zu Ehren half, gewann er sich so viele Freunde, Schuldner und Abhängige, daß man ihm seine breite Poesie gerne gelten ließ, weil man ihm für die reichlichen Wohl­ taten nichts zu erwidern vermochte als Duldung seiner Gedichte. Jener hohe Begriff nun, den sich beide Männer von ihrem Wert bilden durften, und wodurch Andere veranlaßt wurden, sich auch für etwas zu halten, hat im Öffentlichen und Geheimen sehr große und schöne Wirkungen hervorgebracht. Allein dieses Bewußtsein, so ehr­

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incredibile. Invece non è stato quasi mai menzionato tra le sue qualità principali il fatto che egli aiutasse personalmen­ te anche altri | che aspiravano a migliorarsi nella vita e nella poesia. Ma il sostegno ai giovani nei loro tentativi letterari, il desiderio di far progredire persone di buone speranze ma non favorite dalla sorte agevolando il loro percorso sono tutti meriti di un tedesco che, in relazione alla dignità che attribuiva a se stesso può essere considerato il secondo, ma è il primo in relazione all’influenza che esercitò. Tutti avranno capito che si tratta di Gleim237. Rivestiva una carica insignificante ma redditizia, abitava in una città ben situata, non troppo grande, animata da numerose attività militari, sociali e letterarie; da qui venivano i proventi di un grande e ricco istituto religioso, una parte dei quali andava a benefi­ cio della città stessa. Gleim sentiva in sé un vivace impulso creativo che però non gli bastava, per quanto intenso, e di conseguenza si dedicò a un altro impulso, forse ancora più forte, cioè aiutare gli altri a produrre qualcosa. Entrambe le attività si intrecciarono incessantemente nel corso della sua lunga vita. Scrivere poesie ed elargire doni gli erano indispensabili come respirare, e aiutando talenti bisognosi di tutti i tipi a uscire dalle ristrettezze in cui prima o poi ve­ nivano a trovarsi, fece davvero un gran servizio alla lettera­ tura e si conquistò talmente tanti amici, debitori e discepoli che si accettava di buon grado la sua prolissa poesia – sop­ portarne le poesie era l’unico modo per ricambiare la sua grande benevolenza. L’alta considerazione di sé che entrambi nutrivano indus­ se anche altri a riconoscere il proprio valore, e grazie a loro anche altri poterono iniziare a considerarsi qualcosa, pro­ ducendo sia in pubblico che in privato effetti considerevoli e positivi. Ma questa consapevolezza, per quanto lodevole,

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würdig es ist, führte für sie selbst, für ihre Umgebungen, ihre Zeit ein eignes Übel herbei. Darf man beide Männer, nach ihren geistigen Wir­ kungen, unbedenklich groß nennen, so | blieben sie gegen die Welt doch nur klein, und gegen ein bewegteres Leben betrachtet, waren ihre äußeren Verhältnisse nichtig. Der Tag ist lang und die Nacht dazu; man kann nicht immer dichten, tun oder geben; ihre Zeit konnte nicht ausgefüllt werden, wie die der Weltleute, Vornehmen und Reichen; sie legten daher auf ihre besondern engen Zustände einen zu hohen Wert, in ihr tägliches Tun und Treiben eine Wichtigkeit, die sie sich nur unter einander zugestehn mochten; sie freuten sich mehr als billig ihrer Scherze, die, wenn sie den Augenblick anmutig machten, doch in der Folge keineswegs für bedeutend gelten konnten. Sie empfingen von Andern Lob und Ehre wie sie verdienten, sie gaben solche zurück, wohl mit Maß, aber doch immer zu reichlich, und eben weil sie fühlten, daß ihre Neigung viel wert sei, so gefielen sie sich, dieselbe wieder­ holt auszudrücken, und schonten hierbei weder Papier noch Dinte. So entstanden jene Briefwechsel, über deren Gehaltsmangel die neuere Welt sich verwundert, der man nicht verargen kann, wenn sie kaum die Möglichkeit einsieht, wie vorzügliche Menschen sich an einer sol­ chen Wechselnichtigkeit ergetzen konnten, wenn sie den Wunsch laut werden läßt, dergleichen Blätter möchten ungedruckt geblieben sein. Allein man lasse jene wenigen Bände doch immer neben so viel andern auf dem Bücherbrette stehn, wenn man sich daran belehrt hat, daß der vorzüglichste Mensch auch nur vom Tage lebt und nur kümmerlichen Unterhalt genießt, wenn er sich zu sehr auf sich selbst zurückwirft und in die Fülle der äußeren Welt zu greifen versäumt, wo er allein Nahrung für sein Wachstum und zugleich einen Maßstab desselben finden kann.

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divenne però per loro, per il loro ambiente e il loro tempo anche un problema. Se in quanto a influenza intellettuale entrambi gli uomini possono senz’altro essere considerati notevoli, in | confronto al mondo rimasero però minuscoli e, se osservati sulla filigrana di una vita più attiva, le loro relazioni esterne erano insignificanti. La giornata è lunga, e lunga è anche la notte che la segue; non si può sempre solo poetare, fare o donare; non potevano occupare così tutto il loro tempo, come gli uomini di mondo, i nobili o i ricchi, e così attribuirono un valore eccessivo alla loro mo­ desta posizione, diedero al loro agire quotidiano un’impor­ tanza concepibile solo nella loro cerchia; si compiacquero eccessivamente delle loro bagattelle che, pur allietando il momento contingente, in seguito non potevano certo rive­ stire importanza alcuna. Ricevevano dagli altri le lodi e gli onori che meritavano, le ricambiavano con misura ma sempre in modo troppo abbondante, e proprio perché sen­ tivano che la loro amicizia era preziosa, si compiacevano esprimendola in continuazione, senza risparmiare né carta né inchiostro. Nacquero così quegli epistolari che oggi ci stupiscono per l’assenza di contenuto; ma non ci si può rimproverare se non riusciamo proprio a comprendere come facessero uomini eccellenti come quelli a intratte­ nersi reciprocamente con simili insipidezze, né se osiamo esprimere apertamente l’opinione che pagine del genere sarebbe stato meglio non pubblicarle238. Ma quei pochi vo­ lumi possono comunque rimanere sullo scaffale insieme a molti altri, per ricordarci che anche gli uomini migliori vivono alla giornata e hanno un misero sostentamento se si concentrano troppo su se stessi trascurando di nutrirsi dell’abbondanza del mondo esterno, perché solo lì posso­ no trovare alimento per la loro crescita e allo stesso tempo un metro per misurarla.

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Die Tätigkeit jener Männer stand in ihrer schönsten Blüte, als wir jungen Leute uns auch in unserem Kreise zu regen anfingen, und ich war so ziemlich auf dem Wege mit jüngeren Freunden, wo nicht auch mit älteren Personen, in ein solches wechselseitiges Schönetun, Gel­ tenlassen, Heben und Tragen zu geraten. In meiner Sphäre konnte das was ich hervorbrachte immer für gut gehalten werden. | Frauenzimmer, Freunde, Gönner werden nicht schlecht finden was man ihnen zu Liebe unternimmt und dichtet; aus solchen Verbindlichkeiten entspringt zu­ letzt der Ausdruck eines leeren Behagens an einander, in dessen Phra­ sen sich ein Charakter leicht verliert, wenn er nicht von Zeit zu Zeit zu höherer Tüchtigkeit gestählt wird. Und so hatte ich von Glück zu sagen, daß, durch eine unerwartete Bekanntschaft, alles was in mir von Selbstgefälligkeit, Bespiegelungs­ lust, Eitelkeit, Stolz und Hochmut ruhen oder wirken mochte, einer sehr harten Prüfung ausgesetzt ward, die in ihrer Art einzig, der Zeit keineswegs gemäß, und nur desto eindringender und empfindlicher war. Denn das bedeutendste Ereignis, was die wichtigsten Folgen für mich haben sollte, war die Bekanntschaft und die daran sich knüpfende nähere Verbindung mit Herder. Er hatte den Prinzen von Holstein-Eu­ tin, der sich in traurigen Gemütszuständen befand, auf Reisen begleitet und war mit ihm bis Straßburg gekommen. Unsere Sozietät, sobald sie seine Gegenwart vernahm, trug ein großes Verlangen sich ihm zu nähern, und mir begegnete dies Glück zuerst ganz unvermutet und zu­ fällig. Ich war nämlich in den Gasthof zum Geist gegangen, ich weiß nicht welchen bedeutenden Fremden aufzusuchen. Gleich unten an der Treppe fand ich einen Mann, der eben auch hinaufzusteigen im Begriff war, und den ich für einen Geistlichen halten konnte. Sein gepudertes Haar war in eine runde Locke aufgesteckt, das schwarze Kleid bezeich­ nete ihn gleichfalls, mehr noch aber ein langer schwarzer seidner Man­ tel, dessen Ende er zusammengenommen und in die Tasche gesteckt

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L’attività di quegli uomini era in piena fioritura quando anche noi giovani iniziammo a muoverci nel nostro ambien­ te, e insieme ad altri amici più giovani ma anche a persone più mature stavo imboccando anch’io la strada dei reciproci complimenti, del lasciar fare e dire. Tra i miei conoscen­ ti ciò che scrivevo era sempre considerato positivamente. | Ragazze, amici e mecenati apprezzeranno sempre ciò che si intraprende e si compone per amor loro, ma da questi legami scaturisce poi alla fin fine soltanto un vacuo com­ piacimento reciproco; in quelle formule scontate si perde facilmente qualsiasi personalità, a meno che non sia di tanto in tanto temprata con imprese di più alto livello. Devo quindi dirmi fortunato se, grazie a una conoscenza inaspettata, tutto ciò che in me aveva a che fare con auto­ compiacimento, narcisismo, vanità, orgoglio e superbia fu messo davvero a dura prova, una prova unica nel suo gene­ re, non allineata con i tempi correnti e proprio per questo ancora più incisiva e penetrante. L’avvenimento più significativo che avrebbe avuto per me conseguenze importantissime fu l’incontro con Herder e i rapporti stretti che ne derivarono239. Aveva accompagna­ to in viaggio il principe di Holstein-Eutin, affetto da crisi di malinconia, ed era arrivato con lui fino a Strasburgo. Non appena avuta notizia della sua presenza, il nostro gruppo manifestò il forte desiderio di conoscerlo, e io ebbi per pri­ mo questa fortuna in modo del tutto casuale e fortuito. Mi ero infatti recato nella locanda Allo spirito per cercare non so quale importante forestiero, e ai piedi delle scale incon­ trai un uomo, anche lui in procinto di salire, che dall’aspet­ to ritenni un ecclesiastico. Me lo fece pensare la chioma incipriata raccolta in un grande ricciolo tondo, l’abito nero, ma ancor di più un lungo mantello di seta nera di cui aveva raccolto gli angoli infilandoseli in tasca. Il suo aspetto un

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hatte. Dieses einigermaßen auffallende, aber doch im Ganzen galante und gefällige Wesen, wovon ich schon hatte sprechen hören, ließ mich keineswegs zweifeln, daß er der berühmte Ankömmling sei, und meine Anrede mußte ihn sogleich überzeugen, daß ich ihn kenne. Er fragte nach meinem Namen, der ihm von keiner Bedeutung sein konnte; al­ lein meine Offenheit schien ihm zu gefallen, | indem er sie mit großer Freundlichkeit erwiderte, und als wir die Treppe hinaufstiegen, sich sogleich zu einer lebhaften Mitteilung bereit finden ließ. Es ist mir ent­ fallen, wen wir damals besuchten; genug, beim Scheiden bat ich mir die Erlaubnis aus, ihn bei sich zu sehen, die er mir denn auch freund­ lich genug erteilte. Ich versäumte nicht, mich dieser Vergünstigung wiederholt zu bedienen, und ward immer mehr von ihm angezogen. Er hatte etwas Weiches in seinem Betragen, das sehr schicklich und anständig war, ohne daß es eigentlich adrett gewesen wäre. Ein rundes Gesicht, eine bedeutende Stirn, eine etwas stumpfe Nase, einen etwas aufgeworfenen, aber höchst individuell angenehmen, liebenswürdigen Mund. Unter schwarzen Augenbrauen ein Paar kohlschwarze Augen, die ihre Wirkung nicht verfehlten, obgleich das eine rot und entzün­ det zu sein pflegte. Durch mannigfaltige Fragen suchte er sich mit mir und meinem Zustande bekannt zu machen, und seine Anziehungskraft wirkte immer stärker auf mich. Ich war überhaupt sehr zutraulicher Natur, und vor ihm besonders hatte ich gar kein Geheimnis. Es währte jedoch nicht lange, als der abstoßende Puls seines Wesens eintrat und mich in nicht geringes Mißbehagen versetzte. Ich erzählte ihm man­ cherlei von meinen Jugendbeschäftigungen und Liebhabereien, unter andern von einer Siegelsammlung, die ich hauptsächlich durch des korrespondenzreichen Hausfreundes Teilnahme zusammengebracht. Ich hatte sie nach dem Staatskalender eingerichtet, und war bei dieser Gelegenheit mit sämtlichen Potentaten, größern und geringern Mäch­ ten und Gewalten, bis auf den Adel herunter wohl bekannt geworden, und meinem Gedächtnis waren diese heraldischen Zeichen gar oft, und vorzüglich bei der Krönungsfeierlichkeit, zustatten gekommen. Ich sprach von diesen Dingen mit einiger Behaglichkeit; allein er war

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po’ appariscente ma comunque elegante e gradevole, di cui avevo già sentito parlare, non mi lasciò dubbi sul fatto che si trattasse del celebre visitatore, e il mio saluto gli fece immediatamente capire che lo conoscevo. Mi chiese il mio nome, che per lui non poteva avere alcun significato; ma la mia schiettezza sembrò piacergli  | e mi rispose quindi con grande cordialità; salendo le scale si avviò subito una vivace conversazione. Non ricordo nemmeno più chi era­ vamo andati a trovare; comunque, prendendo commiato, gli chiesi il permesso di fargli visita, e me lo concesse con grande gentilezza. Non mancai di approfittare più volte di questo privilegio, ed ero sempre più affascinato da lui. Nel suo portamento aveva qualcosa di delicato che lo rendeva decoroso e sempre appropriato ma non lezioso; un viso ton­ do, fronte ampia, il naso un po’ schiacciato, la bocca legger­ mente pronunciata ma molto gradevole e aggraziata. Sotto le sopracciglia nere gli occhi neri come il carbone erano molto penetranti, sebbene uno fosse costantemente arrossa­ to e infiammato. Con molte domande si informò sulla mia situazione, mentre la sua forza di attrazione si faceva sem­ pre più forte. Per natura ero portato ad aprirmi e con lui, in particolare, non ebbi segreti, ma ben presto emerse anche il tratto scontroso del suo carattere che mi mise non poco a disagio. Gli raccontai alcuni dei miei interessi e passatem­ pi giovanili, in particolare di una collezione di sigilli che avevo raccolto grazie alla collaborazione del nostro amico di famiglia che aveva una folta corrispondenza. Li avevo ordinati in base all’annuario di Stato, imparando così a co­ noscere tutti i potenti, dai più grandi ai più piccoli fino alla nobiltà minore, e il ricordo di quegli stemmi araldici mi era servito in più occasioni, soprattutto durante i festeggiamen­ ti per l’incoronazione. Parlai di queste cose con un certo compiacimento, ma lui era di diverso avviso e non solo di­

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anderer Meinung, verwarf nicht allein dieses ganze Interesse, sondern wußte es mir auch lächerlich zu machen, ja beinahe zu verleiden. Von diesem seinem Widersprechungsgeiste sollte ich noch | gar manches ausstehen: denn er entschloß sich, teils weil er sich vom Prin­ zen abzusondern gedachte, teils eines Augenübels wegen, in Straßburg zu verweilen. Dieses Übel ist eins der beschwerlichsten und unange­ nehmsten, und um desto lästiger, als es nur durch eine schmerzliche, höchst verdrießliche und unsichere Operation geheilt werden kann. Das Tränensäckchen nämlich ist nach unten zu verschlossen, so daß die darin enthaltene Feuchtigkeit nicht nach der Nase hin und um so weni­ ger abfließen kann, als auch dem benachbarten Knochen die Öffnung fehlt, wodurch diese Sekretion naturgemäß erfolgen sollte. Der Boden des Säckchens muß daher aufgeschnitten und der Knochen durchbohrt werden; da denn ein Pferdehaar durch den Tränenpunkt, ferner durch das eröffnete Säckchen und durch den damit in Verbindung gesetzten neuen Kanal gezogen und täglich hin und wider bewegt wird, um die Kommunikation zwischen beiden Teilen herzustellen, welches alles nicht getan noch erreicht werden kann, wenn nicht erst in jener Gegend äußerlich ein Einschnitt gemacht worden. Herder war nun, vom Prinzen getrennt, in ein eignes Quartier gezo­ gen, der Entschluß war gefaßt, sich durch Lobstein operieren zu lassen. Hier kamen mir jene Übungen gut zustatten, durch die ich meine Emp­ findlichkeit abzustumpfen versucht hatte; ich konnte der Operation beiwohnen und einem so werten Manne auf mancherlei Weise dienst­ lich und behülflich sein. Hier fand ich nun alle Ursache, seine große Standhaftigkeit und Geduld zu bewundern: denn weder bei den vielfa­ chen chirurgischen Verwundungen, noch bei dem oftmals wiederholten schmerzlichen Verbande bewies er sich im mindesten verdrießlich, und er schien derjenige von uns zu sein, der am wenigsten litt; aber in der Zwischenzeit hatten wir freilich den Wechsel seiner Laune vielfach zu ertragen. Ich sage wir: denn es war außer mir ein behaglicher Russe, namens Pegelow, meistens um ihn. Dieser war ein früherer Bekannter von Herder in Riga gewesen, und suchte sich, obgleich kein Jüngling

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sapprovò del tutto questo interesse, ma seppe rendermelo ridicolo se non addirittura quasi spregevole. Quel suo spirito di contraddizione dovetti in seguito | su­ birlo molte volte, perché decise di trattenersi a Strasburgo sia per affrancarsi dal principe, sia per curare un problema all’occhio. Si trattava di uno dei mali più fastidiosi e sgra­ devoli, reso ancor più penoso dal fatto che poteva essere curato solo con un’operazione molto dolorosa e dall’esito assai incerto. Il sacco lacrimale infatti è ostruito, cosicché l’umore in esso contenuto non può defluire verso il naso svuotandolo, perché nell’osso contiguo manca il canale da cui questo liquido naturalmente defluisce. Bisogna quindi incidere il fondo del sacco e forare l’osso; poi si inserisce un crine di cavallo nel puntino lacrimale, lo si fa passare nel sacco lacrimale e da lì nel condotto di collegamento ap­ positamente creato, e lo si fa scorrere avanti e indietro ogni giorno per garantire la comunicazione tra le due parti; ma per fare tutto questo bisogna praticare un taglio in quella zona. Herder dunque, lasciato il principe, aveva cercato un al­ loggio autonomo e aveva deciso di farsi operare da Lobstein. E qui mi furono utili gli esercizi che avevo fatto per cercare di attutire la mia impressionabilità; potei così assi­ stere all’operazione e rendermi utile in molti modi a quel brav’uomo. Quell’occasione mi diede anche modo di am­ mirare la sua grande fermezza e pazienza, perché non si mostrò mai insofferente né durante i numerosi interventi chirurgici, né per le frequenti e dolorose medicazioni, e tra noi sembrava quello che soffriva di meno. Negli intervalli tra una medicazione e l’altra abbiamo invece sofferto molto per i suoi sbalzi di umore. Dico ‘noi’ perché oltre a me c’era spesso accanto a lui un simpatico russo di nome Pegelow. Aveva conosciuto Herder a Riga e, sebbene non fosse più

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mehr, noch in der Chirurgie unter Lobsteins Anleitung zu | vervoll­ kommnen. Herder konnte allerliebst einnehmend und geistreich sein, aber ebenso leicht eine verdrießliche Seite hervorkehren. Dieses An­ ziehen und Abstoßen haben zwar alle Menschen ihrer Natur nach, ei­ nige mehr, einige weniger, einige in langsamern, andere in schnelleren Pulsen; wenige können ihre Eigenheiten hierin wirklich bezwingen, viele zum Schein. Was Herdern betrifft, so schrieb sich das Überge­ wicht seines widersprechenden, bittern, bissigen Humors gewiß von seinem Übel und den daraus entspringenden Leiden her. Dieser Fall kommt im Leben öfters vor, und man beachtet nicht genug die morali­ sche Wirkung krankhafter Zustände, und beurteilt daher manche Cha­ raktere sehr ungerecht, weil man alle Menschen für gesund nimmt und von ihnen verlangt, daß sie sich auch in solcher Maße betragen sollen. Die ganze Zeit dieser Kur besuchte ich Herdern Morgens und Abends; ich blieb auch wohl ganze Tage bei ihm und gewöhnte mich in kurzem um so mehr an sein Schelten und Tadeln, als ich seine schö­ nen und großen Eigenschaften, seine ausgebreiteten Kenntnisse, seine tiefen Einsichten täglich mehr schätzen lernte. Die Einwirkung dieses gutmütigen Polterers war groß und bedeutend. Er hatte fünf Jahre mehr als ich, welches in jüngeren Tagen schon einen großen Unterschied macht; und da ich ihn für das anerkannte was er war, da ich dasjenige zu schätzen suchte was er schon geleistet hatte, so mußte er eine gro­ ße Superiorität über mich gewinnen. Aber behaglich war der Zustand nicht: denn ältere Personen, mit denen ich bisher umgegangen, hatten mich mit Schonung zu bilden gesucht, vielleicht auch durch Nachgie­ bigkeit verzogen; von Herdern aber konnte man niemals eine Billigung erwarten, man mochte sich anstellen wie man wollte. Indem nun also auf der einen Seite meine große Neigung und Verehrung für ihn, und auf der andern das Mißbehagen, das er in mir erweckte, beständig mit einander im Streit lagen; so entstand ein Zwiespalt in mir, der erste in seiner Art, den ich in meinem Leben empfunden hatte. Da seine

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giovane, cercava di perfezionarsi in chirugia sotto la guida | di Lobstein240. Herder sapeva essere simpaticissimo e spiri­ toso, ma altrettanto spesso mostrava il suo lato sgradevole. La capacità di attrarre e respingere è parte della natura di ogni uomo, chi più chi meno; in alcuni l’alternanza è più lenta, in altri più rapida; solo pochi riescono a controllare davvero questa loro peculiarità, molti la dissimulano. Per quanto riguarda Herder, il prevalere dell’umore polemico, amaro e tagliente era certo da ascrivere alla sua malattia e alle sofferenze che ne derivavano. Casi del genere si veri­ ficano spesso nella vita, ma ciononostante non si tiene mai sufficientemente presente l’effetto morale delle malattie e si sbaglia nel giudicare le persone, perché si parte dal pre­ supposto che tutti gli uomini siano sani e si pretende che si comportino di conseguenza. Per tutta la durata della cura andavo da lui mattina e sera, spesso mi fermavo anche per l’intera giornata, abituandomi tanto più velocemente ai suoi rimproveri e critiche, quanto più imparavo ad apprezzare col passare dei giorni le sue buone e nobili qualità, le vaste conoscenze, le profonde in­ tuizioni. L’influenza che quel caro brontolone ebbe su di me fu profonda e sostanziale. Aveva cinque anni più di me, che in gioventù fa una grande differenza, e dal momento che lo stimavo per quello che era e apprezzavo quello che aveva già prodotto, acquistò un notevole ascendente su di me. Ma la situazione non era piacevole: fino a quel momento le per­ sone più mature che avevo frequentato avevano cercato di educarmi con riguardo, forse anche viziandomi con la loro indulgenza; da Herder invece non ci si poteva mai aspetta­ re un apprezzamento, qualsiasi cosa si facesse. La grande simpatia e l’ammirazione che provavo per lui erano in co­ stante conflitto con il disagio che mi causava, e ciò creò una frattura dentro di me, la prima di questo tipo che spe­

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Gespräche | jederzeit bedeutend waren, er mochte fragen, antworten oder sich sonst auf eine Weise mitteilen; so mußte er mich zu neuen Ansichten täglich, ja stündlich befördern. In Leipzig hatte ich mir eher ein enges und abgezirkeltes Wesen angewöhnt, und meine allgemeinen Kenntnisse der deutschen Literatur konnten durch meinen Frankfurter Zustand nicht erweitert werden; ja mich hatten jene mystisch-religiö­ sen chemischen Beschäftigungen in dunkle Regionen geführt, und was seit einigen Jahren in der weiten literarischen Welt vorgegangen, war mir meistens fremd geblieben. Nun wurde ich auf einmal durch Herder mit allem neuen Streben und mit allen den Richtungen bekannt, welche dasselbe zu nehmen schien. Er selbst hatte sich schon genugsam be­ rühmt gemacht, und durch seine Fragmente, die kritischen Wälder und anderes unmittelbar an die Seite der vorzüglichsten Männer gesetzt, welche seit längerer Zeit die Augen des Vaterlands auf sich zogen. Was in einem solchen Geiste für eine Bewegung, was in einer solchen Natur für eine Gärung müsse gewesen sein, läßt sich weder fassen noch dar­ stellen. Groß aber war gewiß das eingehüllte Streben, wie man leicht eingestehn wird, wenn man bedenkt, wie viele Jahre nachher, und was er alles gewirkt und geleistet hat. Wir hatten nicht lange auf diese Weise zusammengelebt, als er mir vertraute, daß er sich um den Preis, welcher auf die beste Schrift über den Ursprung der Sprachen von Berlin ausgesetzt war, mit zu bewer­ ben gedenke. Seine Arbeit war schon ihrer Vollendung nahe, und wie er eine sehr reinliche Hand schrieb, so konnte er mir bald ein lesbares Manuskript heftweise mitteilen. Ich hatte über solche Gegenstände nie­ mals nachgedacht; ich war noch zu sehr in der Mitte der Dinge befan­ gen, als daß ich hätte an Anfang und Ende denken sollen. Auch schien mir die Frage einigermaßen müßig: denn wenn Gott den Menschen als Menschen erschaffen hatte, so war ihm ja so gut die Sprache als der

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rimentai nella mia vita. La sua conversazione | era sempre densa di significato, sia che chiedesse, sia che rispondesse o raccontasse qualcosa di sé, e così ogni giorno, anzi ogni ora le mie opinioni si arricchivano. A Lipsia mi ero adatta­ to a un ambiente ristretto e chiuso e il mio stato di salute a Francoforte non mi aveva permesso di ampliare le mie conoscenze generali sulla letteratura tedesca; al contrario, le occupazioni mistico-religiose e alchemiche mi avevano condotto in regioni oscure, e tutto ciò che negli ultimi anni era accaduto nell’ampio mondo letterario mi era rimasto in gran parte ignoto. Con Herder venni di colpo a conoscen­ za di tutte le nuove tendenze e aspirazioni che animavano quel mondo. Lui stesso era già abbastanza famoso e grazie ai suoi Frammenti, alle Selve critiche e ad altri scritti241 si era immediatamente collocato a fianco dei migliori, di quel­ li che già da un certo tempo avevano attirato su di sé gli sguardi della patria. Quale tumulto dovesse agitare il suo spirito, quale fermento ci fosse nella sua natura non si po­ teva immaginare né descrivere. Le aspirazioni celate in lui dovevano però essere indubbiamente grandi, e questo lo si riconosce facilmente se si considera tutto ciò che ha prodot­ to e operato negli anni successivi. Non era molto che lo frequentavo così assiduamente quando mi confidò che desiderava partecipare al concorso bandito a Berlino per premiare il migliore scritto sull’origi­ ne del linguaggio242. Il suo lavoro era già quasi terminato, e dato che scriveva in una calligrafia molto ordinata, poté darmi fascicolo dopo fascicolo un manoscritto leggibile. Io non mi ero mai soffermato su simili argomenti, ero anco­ ra troppo preso dall’insieme delle cose per pensare al loro inizio e alla loro fine, e del resto la domanda mi pareva an­ che un po’ oziosa: se infatti Dio aveva creato l’uomo come uomo, sia il linguaggio che l’andatura eretta erano nati con

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aufrechte Gang anerschaffen; so gut er gleich merken mußte, daß er gehen und greifen könne, so gut mußte | er auch gewahr werden, daß er mit der Kehle zu singen, und diese Töne durch Zunge, Gaumen und Lippen noch auf verschiedene Weise zu modifizieren vermöge. War der Mensch göttlichen Ursprungs, so war es ja auch die Sprache selbst, und war der Mensch in dem Umkreis der Natur betrachtet, ein natürliches Wesen, so war die Sprache gleichfalls natürlich. Diese beiden Dinge konnte ich wie Seel’ und Leib niemals auseinander bringen. Silberschlag, bei einem kruden Realismus doch etwas phantastisch gesinnt, hatte sich für den göttlichen Ursprung entschieden, das heißt, daß Gott den Schulmeister bei den ersten Menschen gespielt habe. Herders Ab­ handlung ging darauf hinaus, zu zeigen, wie der Mensch als Mensch wohl aus eignen Kräften zu einer Sprache gelangen könne und müsse. Ich las die Abhandlung mit großem Vergnügen und zu meiner beson­ dern Kräftigung; allein ich stand nicht hoch genug, weder im Wissen noch im Denken, um ein Urteil darüber zu begründen. Ich bezeigte dem Verfasser daher meinen Beifall, indem ich nur wenige Bemer­ kungen, die aus meiner Sinnesweise herflossen, hinzufügte. Eins aber wurde wie das andre aufgenommen; man wurde gescholten und ge­ tadelt, man mochte nun bedingt oder unbedingt zustimmen. Der dicke Chirurgus hatte weniger Geduld als ich; er lehnte die Mitteilung dieser Preisschrift humoristisch ab, und versicherte, daß er gar nicht einge­ richtet sei, über so abstrakte Materien zu denken. Er drang vielmehr auf’s L’hombre, welches wir gewöhnlich Abends zusammen spielten. Bei einer so verdrießlichen und schmerzhaften Kur verlor unser Herder nicht an seiner Lebhaftigkeit; sie ward aber immer weniger wohltätig. Er konnte nicht ein Billet schreiben, um etwas zu verlan­ gen, das nicht mit irgend einer Verhöhnung gewürzt gewesen wäre. So schrieb er mir zum Beispiel einmal: Wenn des Brutus Briefe dir sind in Cicero’s Briefen, Dir, den die Tröster der Schulen von wohlgehobelten Brettern, | Prachtgerüstete, trösten, doch mehr von außen als innen,

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lui; come si era accorto subito che sapeva camminare e af­ ferrare gli oggetti, allo stesso modo si | rese conto che pote­ va cantare con la gola e modulare variamente i suoni con la lingua, il palato e le labbra. Se l’uomo era di origine divina, lo era anche il linguaggio e se, osservato in relazione a tutto il resto della natura, l’uomo era un essere naturale, lo era anche il linguaggio. Quei due elementi erano per me inscindibili, come anima e corpo. Silberschlag, con un crudo realismo per quanto un po’ fantastico, si era pronunciato a favore dell’o­ rigine divina243; in altre parole, Dio era stato il maestro dei primi uomini. Il saggio di Herder voleva invece dimostrare che l’uomo, in quanto tale, doveva e poteva giungere al lin­ guaggio con le sue proprie forze. Lessi lo scritto con grande piacere e con particolare giovamento, ma non ero ancora suf­ ficientemente progredito nel sapere e nel pensare per poter esprimere un giudizio fondato. Manifestai quindi all’autore il mio apprezzamento aggiungendo alcune osservazioni che scaturivano dal mio modo di sentire. Tutte però furono ac­ colte allo stesso modo: che fossi d’accordo in tutto o in parte era uguale, venivo comunque redarguito e censurato. Il gras­ so chirurgo ebbe meno pazienza di me, rifiutò con ironia di leggere lo scritto destinato al concorso ribadendo che non era in grado di riflettere su concetti così astratti. E insistette piut­ tosto per giocare a L’hombre, come facevamo di solito la sera. Pur con quella cura così fastidiosa e dolorosa, il nostro Herder non perse la sua vivacità, ma era sempre meno be­ nevolo. Non riusciva a scrivere un biglietto per chiedere qualcosa senza condirlo con qualche dileggio. Una volta ad esempio mi scrisse: Se oltre alle lettere di Cicerone hai anche quelle di Bruto, tu che dai consolatori scolastici su scaffali ben lucidati, | con rilegature sfarzose, trai consolazione, ma più esteriore [che interiore,

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Der von Göttern du stammst, von Goten oder vom Kote, Goethe, sende mir sie.

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Es war freilich nicht fein, daß er sich mit meinem Namen diesen Spaß erlaubte: denn der Eigenname eines Menschen ist nicht etwa wie ein Mantel, der bloß um ihn her hängt und an dem man allenfalls noch zupfen und zerren kann, sondern ein vollkommen passendes Kleid, ja wie die Haut selbst ihm über und über angewachsen, an der man nicht schaben und schinden darf, ohne ihn selbst zu verletzen. Der erste Vorwurf hingegen war gegründeter. Ich hatte nämlich die von Langern eingetauschten Autoren, und dazu noch verschiedene schöne Ausgaben aus meines Vaters Sammlung, mit nach Straßburg genommen und sie auf einem reinlichen Bücherbrett aufgestellt, mit dem besten Willen, sie zu benutzen. Wie sollte aber die Zeit zureichen, die ich in hunderterlei Tätigkeiten zersplitterte. Herder, der auf Bücher höchst aufmerksam war, weil er deren jeden Augenblick bedurfte, ge­ wahrte beim ersten Besuch meine schöne Sammlung, aber auch bald, daß ich mich derselben gar nicht bediente; deswegen er, als der größte Feind alles Scheins und aller Ostentation, bei Gelegenheit mich damit aufzuziehen pflegte. Noch ein anderes Spottgedicht fällt mir ein, das er mir Abends nachsendete, als ich ihm von der Dresdner Galerie viel erzählt hatte. Freilich war ich in den höhern Sinn der italienischen Schule nicht ein­ gedrungen, aber Dominico Feti, ein trefflicher Künstler, wiewohl Hu­ morist und also nicht vom ersten Range, hatte mich sehr angesprochen. Geistliche Gegenstände mußten gemalt werden. Er hielt sich an die neutestamentlichen Parabeln und stellte sie gern dar, mit viel Eigen­ heit, Geschmack und guter Laune. Er führte sie dadurch ganz ans ge­ meine Leben heran, und die so geistreichen als naiven Einzelnheiten seiner Kompositionen, durch einen freien Pinsel empfohlen, hatten sich mir | lebendig eingedrückt. Über diesen meinen kindlichen Kunst­ enthusiasmus spottete Herder folgendergestalt:

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tu che discendi dai gatti, dai goti o dalla gotta, Goethe: mandamele.

In effetti era davvero scortese permettersi di scherzare così col mio nome, perché il cognome di un uomo non è come un mantello che uno si mette sulle spalle tirandolo di qua o di là, ma è come un vestito confezionato su misura in cui è cresciuto come nella propria pelle, e non lo si può strappare e tagliuzzare senza ferire la persona. Il primo rimprovero era invece più fondato. Avevo infatti portato con me a Strasburgo i volumi scambiati con Langer e alcune altre belle edizioni della collezione di mio padre, disponendoli in bell’ordine su uno scaffale con la ferma in­ tenzione di leggerli. Ma dove trovare il tempo, con le mille attività in cui mi disperdevo! Herder, che prestava molta attenzione ai libri perché ne aveva costantemente bisogno, adocchiò subito fin dalla prima visita la mia bella raccolta, ma notò poi anche che non la utilizzavo; ed essendo nemico di ogni apparenza e ostentazione, non perse l’occasione per punzecchiarmi. Mi torna in mente anche un’altra poesia denigratoria che mi inviò una sera, dopo che durante il giorno gli avevo parlato a lungo della galleria di Dresda. Certo, non avevo potuto cogliere appieno il significato più alto della scuola italiana, ma mi era piaciuto in particolare Domenico Fetti, un artista eccellente anche se satirico e quindi non di primo piano244. Dovendo dipingere soggetti sacri, egli si concen­ trò sulle parabole del Nuovo Testamento e le rappresentava volentieri, con originalità, gusto e buon umore. Le calava nella vita di tutti i giorni e i dettagli spiritosi e insieme ingenui delle sue composizioni, rafforzati da una pennel­ lata sciolta, mi si erano | impressi nella memoria. Del mio infantile entusiasmo artistico Herder si fece beffe nel modo seguente:

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Aus Sympathie Behagt mir besonders ein Meister, Dominico Feti heißt er. Der parodiert die biblische Parabel So hübsch zu einer Narrenfabel, Aus Sympathie. – Du närrische Parabel!

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Dergleichen mehr oder weniger heitre oder abstruse, muntre oder bittre Späße könnte ich noch manche anführen. Sie verdrossen mich nicht, waren mir aber unbequem. Da ich jedoch alles, was zu meiner Bil­ dung beitrug, höchlich zu schätzen wußte, und ich ja mehrmals frühe­ re Meinungen und Neigungen aufgegeben hatte; so fand ich mich gar bald darein und suchte nur, so viel mir auf meinem damaligen Stand­ punkte möglich war, gerechten Tadel von ungerechten Invektiven zu unterscheiden. Und so war denn auch kein Tag, der nicht auf das fruchtbarste lehrreich für mich gewesen wäre. Ich ward mit der Poesie von einer ganz andern Seite, in einem an­ dern Sinne bekannt als bisher, und zwar in einem solchen, der mir sehr zusagte. Die hebräische Dichtkunst, welche er nach seinem Vorgänger Lowth geistreich behandelte, die Volkspoesie, deren Überlieferungen im Elsaß aufzusuchen er uns antrieb, die ältesten Urkunden als Poesie, gaben das Zeugnis, daß die Dichtkunst überhaupt eine Welt- und Völ­ kergabe sei, nicht ein Privaterbteil einiger feinen, gebildeten Männer. Ich verschlang das alles, und je heftiger ich im Empfangen, desto frei­ gebiger war er im Geben, und wir brachten die interessantesten Stun­ den zusammen zu. Meine übrigen angefangenen Naturstudien suchte ich fortzusetzen, und da man immer Zeit genug hat, wenn man sie gut anwenden will; so gelang mir mitunter das Doppelte und Dreifache. Was die Fülle dieser wenigen Wochen betrifft, welche wir zusammen lebten, kann ich | wohl sagen, daß alles, was Herder nachher allmäh­ lich ausgeführt hat, im Keim angedeutet ward, und daß ich dadurch in die glückliche Lage geriet, alles was ich bisher gedacht, gelernt,

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Per simpatia Mi piace in particolare un pittore, Domenico Fetti è il suo nome. Fa parodie delle bibliche parabole Le rende carine come sciocche favole, per simpatia. – Tu sciocca parabola!

Di facezie simili, più o meno allegre o astruse, dolci o ama­ re potrei elencarne moltissime. Non mi irritavano, ma nem­ meno mi piacevano. Apprezzavo però molto qualsiasi cosa contribuisse alla mia formazione e mi era già capitato più volte di modificare inclinazioni e opinioni, quindi mi adat­ tai facilmente e cercavo di distinguere, per quanto mi fosse possibile in quel momento, il giusto biasimo dalle invettive infondate. E non ci fu giorno che non fosse per me altamen­ te istruttivo. Feci conoscenza con la poesia da un punto di vista del tutto nuovo e in un altro senso, che tra l’altro mi interessava molto. La poesia ebraica che Herder considerava in modo molto acuto, sulle orme del suo predecessore Lowth245, la poesia popolare, di cui mi spinse a cercare la tradizione in Alsazia, la natura poetica delle testimonianze più antiche fornivano la prova che la poesia è in primo luogo un dono dell’umanità e dei popoli, e non proprietà privata di pochi raffinati eruditi. Io assorbivo tutto, e quanto più ero avido di ricevere, tanto più lui era generoso nel dare; trascorrem­ mo insieme ore interessantissime246. Cercai di proseguire gli studi di scienze naturali che avevo già iniziato e poiché il tempo è sempre sufficiente, quando ben utilizzato, riuscii a fare il doppio e il triplo di prima. Ripensando alla pienez­ za di quelle poche settimane trascorse insieme, posso | dire che tutto ciò che Herder ha realizzato man mano in seguito era già presente allora in nuce e io mi ritrovai nella feli­ ce condizione di poter completare tutto ciò che fino a quel

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mir zugeeignet hatte, zu komplettieren, an ein Höheres anzuknüpfen, zu erweitern. Wäre Herder methodischer gewesen, so hätte ich auch für eine dauerhafte Richtung meiner Bildung die köstlichste Anleitung gefunden; aber er war mehr geneigt zu prüfen und anzuregen, als zu führen und zu leiten. So machte er mich zuerst mit Hamanns Schrif­ ten bekannt, auf die er einen sehr großen Wert setzte. Anstatt mich aber über dieselben zu belehren und mir den Hang und Gang dieses außerordentlichen Geistes begreiflich zu machen; so diente es ihm ge­ wöhnlich nur zur Belustigung, wenn ich mich, um zu dem Verständnis solcher Sibyllischen Blätter zu gelangen, freilich wunderlich genug ge­ bärdete. Indessen fühlte ich wohl, daß mir in Hamanns Schriften etwas zusagte, dem ich mich überließ, ohne zu wissen, woher es komme und wohin es führe. Nachdem die Kur länger als billig gedauert, Lobstein in seiner Be­ handlung zu schwanken und sich zu wiederholen anfing, so daß die Sache kein Ende nehmen wollte, auch Peglow mir schon heimlich an­ vertraut hatte, daß wohl schwerlich ein guter Ausgang zu hoffen sei; so trübte sich das ganze Verhältnis: Herder ward ungeduldig und miß­ mutig, es wollte ihm nicht gelingen, seine Tätigkeit wie bisher fort­ zusetzen, und er mußte sich um so mehr einschränken, als man die Schuld des mißratenen chirurgischen Unternehmens auf Herders all­ zugroße geistige Anstrengung und seinen ununterbrochenen lebhaften, ja lustigen Umgang mit uns zu schieben anfing. Genug, nach so viel Qual und Leiden wollte die künstliche Tränenrinne sich nicht bilden und die beabsichtigte Kommunikation nicht zu Stande kommen. Man sah sich genötigt, damit das Übel nicht ärger würde, die Wunde zugehn zu lassen. Wenn man nun bei der Operation Herders Standhaftigkeit unter solchen Schmerzen bewundern mußte, so hatte seine melancho­ lische, ja grimmige Resignation in den Gedanken, zeitlebens einen | solchen Makel tragen zu müssen, etwas wahrhaft Erhabenes, wodurch er sich die Verehrung derer, die ihn schauten und liebten, für immer zu eigen machte. Dieses Übel, das ein so bedeutendes Angesicht entstell­

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momento avevo pensato, imparato e acquisito, ampliandolo e riconducendolo a un principio superiore. Se Herder fos­ se stato più sistematico, avrei trovato una guida eccellente per uno sviluppo duraturo della mia formazione; egli era invece incline a esaminare e stimolare, più che a guidare e indirizzare. Fu ad esempio il primo a farmi conoscere gli scritti di Hamann, di cui aveva un’alta opinione. Ma invece che spiegarmeli e aiutarmi a capire i ghirigori di quell’inge­ gno fuori del comune, li utilizzava soltanto per prendermi in giro quando cercavo, con tentativi invero alquanto goffi, di comprendere quelle pagine sibilline247. Mi accorgevo co­ munque che negli scritti di Hamann c’era qualcosa che mi attirava e a cui mi abbandonai, senza sapere da dove prove­ nisse e dove mi avrebbe portato. La cura si stava prolungando più del dovuto, Lobstein iniziava a tentennare e a ripetere i trattamenti, la cosa sem­ brava non avesse mai fine e anche Pegelow mi confidò in segreto che difficilmente avrebbe avuto buon esito: a quel punto i rapporti peggiorarono, Herder divenne impaziente e scontroso, non riusciva a proseguire come prima le sue atti­ vità e dovette ulteriormente limitarle quando si iniziò a dare la colpa del fallimento dell’operazione chirurgica ai suoi ec­ cessivi sforzi mentali e alle sue interminabili conversazioni con noi, vivaci e allegre. Insomma, dopo tanti tormenti e sofferenze, il dotto lacrimale artificiale non voleva formarsi e il desiderato deflusso non si realizzò. Per non peggiorare ulteriormente le cose si fu costretti a lasciar rimarginare la ferita. Se durante l’operazione la sua sopportazione di tutti quei dolori era stata ammirevole, la sua malinconica, quasi truce rassegnazione al pensiero di dover | sopportare quel problema per il resto della vita aveva qualcosa di davvero sublime che gli conquistò eterna venerazione da parte di coloro che lo seguivano e amavano. Quel difetto che detur­

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te, mußte ihm um so ärgerlicher sein, als er ein vorzügliches Frauen­ zimmer in Darmstadt kennen gelernt und sich ihre Neigung erworben hatte. Hauptsächlich in diesem Sinne mochte er sich jener Kur unter­ werfen, um bei der Rückreise freier, fröhlicher, wohlgebildeter vor sei­ ne Halbverlobte zu treten, und sich gewisser und unverbrüchlicher mit ihr zu verbinden. Er eilte jedoch, sobald als möglich von Straßburg wegzukommen, und weil sein bisheriger Aufenthalt so kostbar als un­ angenehm gewesen, erborgte ich eine Summe Geldes für ihn, die er auf einen bestimmten Termin zu erstatten versprach. Die Zeit verstrich, ohne daß das Geld ankam. Mein Gläubiger mahnte mich zwar nicht, aber ich war doch mehrere Wochen in Verlegenheit. Endlich kam Brief und Geld, und auch hier verleugnete er sich nicht: denn anstatt eines Dankes, einer Entschuldigung, enthielt sein Schreiben lauter spöttliche Dinge in Knittelversen, die einen Andern irre, oder gar abwendig ge­ macht hätten; mich aber rührte das nicht weiter, da ich von seinem Wert einen so großen und mächtigen Begriff gefaßt hatte, der alles Wider­ wärtige verschlang, was ihm hätte schaden können. Man soll jedoch von eignen und fremden Fehlern niemals, am we­ nigsten öffentlich reden, wenn man nicht dadurch etwas Nützliches zu bewirken denkt; deshalb will ich hier gewisse zudringende Bemerkun­ gen einschalten. Dank und Undank gehören zu denen, in der moralischen Welt jeden Augenblick hervortretenden Ereignissen, worüber die Menschen sich unter einander niemals beruhigen können. Ich pflege einen Unterschied zu machen zwischen Nichtdankbarkeit, Undank und Widerwillen ge­ gen den Dank. Jene erste ist dem Menschen angeboren, ja anerschaffen: denn sie entspringt aus einer glücklichen, leichtsinnigen Vergessenheit des Widerwärtigen wie des Erfreulichen, wodurch ganz allein die Fort­ setzung des Lebens | möglich wird. Der Mensch bedarf so unendlich vieler äußeren Vor- und Mitwirkungen zu einem leidlichen Dasein, daß wenn er der Sonne und der Erde, Gott und der Natur, Vorvordern und

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pava un volto tanto espressivo lo indispettiva ancor di più perché a Darmstadt aveva conosciuto una graziosa fanciul­ la e aveva saputo conquistarne l’affetto248. Soprattutto per quello aveva deciso di sottoporsi all’operazione, per essere più libero, più felice, più bello per comparire davanti alla sua quasi-fidanzata e impegnarsi con lei in modo più stabile e definitivo. Si affrettò comunque ad andarsene da Strasbur­ go e dato che il suo soggiorno era stato tanto costoso quanto spiacevole, presi a prestito una somma di denaro per lui, che egli promise di restituirmi a una certa data. Il tempo passò e il denaro non arrivava. Il mio creditore non mi sol­ lecitava, ma fui in ansia per diverse settimane. Finalmente arrivò il denaro con una lettera, e anche qui Herder non si smentì: invece di un ringraziamento o di scuse, lo scritto conteneva solo versi di scherno che avrebbero confuso o irritato chiunque. Io invece non me la presi poiché avevo un’opinione così alta e solida del suo valore da ignorare tutto ciò che avrebbe potuto offuscarlo. Non bisogna però mai parlare dei difetti propri e altrui, e tanto meno in pubblico, a meno che non si pensi di ricavar­ ne una qualche utilità; per questo vorrei inserire qui alcune considerazioni indispensabili. Gratitudine e ingratitudine fanno parte di quegli eventi che si verificano di continuo nella sfera morale e che metto­ no sempre in difficoltà gli uomini. Io tendo a distinguere tra mancanza di riconoscenza, ingratitudine e avversione per la gratitudine. La prima è connaturata all’uomo, gli è innata perché scaturisce da una lieta, superficiale dimenticanza del positivo e del negativo grazie alla quale è possibile proce­ dere con la | propria vita. L’uomo necessita di un numero infinito di aiuti e sostegni esterni per avere una vita almeno accettabile, e se dovesse essere riconoscente come si do­ vrebbe verso il sole e la terra, Dio e la natura, verso antenati

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Eltern, Freunden und Gesellen immer den gebührenden Dank abtragen wollte, ihm weder Zeit noch Gefühl übrig bliebe, um neue Wohlta­ ten zu empfangen und zu genießen. Läßt nun freilich der natürliche Mensch jenen Leichtsinn in und über sich walten, so nimmt eine kalte Gleichgültigkeit immer mehr überhand, und man sieht den Wohltäter zuletzt als einen Fremden an, zu dessen Schaden man allenfalls, wenn es uns nützlich wäre, auch etwas unternehmen dürfte. Dies allein kann eigentlich Undank genannt werden, der aus der Rohheit entspringt, worin die ungebildete Natur sich am Ende notwendig verlieren muß. Widerwille gegen das Danken jedoch, Erwiderung einer Wohltat durch unmutiges und verdrießliches Wesen ist sehr selten und kommt nur bei vorzüglichen Menschen vor: solchen, die mit großen Anlagen und dem Vorgefühl derselben, in einem niederen Stande oder in einer hülflosen Lage geboren, sich von Jugend auf Schritt vor Schritt durchdrängen und von allen Orten her Hülfe und Beistand annehmen müssen, die ih­ nen denn manchmal durch Plumpheit der Wohltäter vergällt und wider­ wärtig werden, indem das, was sie empfangen, irdisch und das, was sie dagegen leisten, höherer Art ist, so daß eine eigentliche Kompensation nicht gedacht werden kann. Lessing hat bei dem schönen Bewußtsein, das ihm, in seiner besten Lebenszeit, über irdische Dinge zu Teil ward, sich hierüber einmal derb aber heiter ausgesprochen. Herder hingegen vergällte sich und Andern immerfort die schönsten Tage, da er jenen Unmut, der ihn in der Jugend notwendig ergriffen hatte, in der Folge­ zeit durch Geisteskraft nicht zu mäßigen wußte. Diese Forderung kann man gar wohl an sich machen: denn der Bil­ dungsfähigkeit eines Menschen kommt das Licht der Natur, welches immer tätig ist, ihn über seine Zustände aufzuklären, auch hier gar freundlich zu Statten; und überhaupt sollte man in manchen sittlichen | Bildungsfällen die Mängel nicht zu schwer nehmen, und sich nicht nach allzuernsten, weitliegenden Mitteln umsehen, da sich gewisse

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e genitori, amici e compagni, non gli resterebbe più tempo né voglia per fruire e godere di altri benefici. Certo, se l’uo­ mo naturale permette a questa superficialità di dominare fuori e dentro di lui, allora una fredda indifferenza prenderà sempre più il sopravvento e si finirà con il considerare il benefattore un estraneo che si potrebbe persino arrivare a danneggiare, qualora ne potessimo ricavare un vantaggio. Solo quest’ultimo modo di fare può essere effettivamente definito ingratitudine, ed è il prodotto della rozzezza in cui l’uomo incolto è destinato a ricadere. L’avversione per il ringraziare invece, ricambiare una gentilezza con malumo­ re e scortesia è piuttosto rara e si verifica solo nelle persone eccellenti, quelle che sono nate con grandi capacità e ne sono consapevoli ma si trovano in una classe inferiore o in una condizione priva di sbocchi, e quindi devono lottare per farsi strada accettando aiuto e sostegno da ogni parte – aiuto che talvolta li ha amareggiati e mortificati per la trivialità dei benefattori, perché ciò che ricevono è materiale ma ciò che producono è di livello superiore, e non può dunque es­ serci compensazione. Lessing, che negli anni migliori ave­ va una chiara consapevolezza delle cose terrene, una volta si espresse su questo in modo esplicito ma sereno249. Herder invece intossicava a se stesso e agli altri anche i momenti migliori, perché con il passare degli anni non era riuscito a tenere a freno con l’intelletto il brutto carattere che lo aveva inevitabilmente afflitto in gioventù. Questa pretesa ciascuno potrebbe avanzarla verso se stesso, poiché la luce della natura, sempre all’opera per illu­ minare l’uomo sulla sua condizione, può essergli di grande aiuto anche nella sua formazione; e in generale, nelle que­ stioni riguardanti l’educazione morale, | non si dovrebbe dare troppo peso ad alcuni difetti cercando rimedi astrusi e drammatici, dal momento che certe imperfezioni si pos­

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Fehler sehr leicht, ja spielend abtun lassen. So können wir zum Bei­ spiel die Dankbarkeit in uns durch bloße Gewohnheit erregen, lebendig erhalten, ja zum Bedürfnis machen. In einem biographischen Versuch ziemt es wohl, von sich selbst zu reden. Ich bin von Natur so wenig dankbar als irgend ein Mensch, und beim Vergessen empfangenes Guten konnte das heftige Gefühl eines augenblicklichen Mißverhältnisses mich sehr leicht zum Undank ver­ leiten. Diesem zu begegnen, gewöhnte ich mich zuvörderst, bei allem was ich besitze, mich gern zu erinnern, wie ich dazu gelangt, von wem ich es erhalten, es sei durch Geschenk, Tausch oder Kauf, oder auf irgend eine andre Art. Ich habe mich gewöhnt, beim Vorzeigen meiner Sammlungen der Personen zu gedenken, durch deren Vermittelung ich das Einzelne erhielt, ja der Gelegenheit, dem Zufall, der entferntesten Veranlassung und Mitwirkung, wodurch mir Dinge geworden, die mir lieb und wert sind, Gerechtigkeit widerfahren zu lassen. Das was uns umgibt erhält dadurch ein Leben, wir sehen es in geistiger, liebevoller, genetischer Verknüpfung, und durch das Vergegenwärtigen vergange­ ner Zustände wird das augenblickliche Dasein erhöht und bereichert, die Urheber der Gaben steigen wiederholt vor der Einbildungskraft hervor, man verknüpft mit ihrem Bilde eine angenehme Erinnerung, macht sich den Undank unmöglich und ein gelegentliches Erwidern leicht und wünschenswert. Zugleich wird man auf die Betrachtung des­ jenigen geführt, was nicht sinnlicher Besitz ist, und man rekapituliert gar gern, woher sich unsere höheren Güter schreiben und datieren. Ehe ich nun von jenem für mich so bedeutenden und folgereichen Verhältnisse zu Herdern den Blick hinwegwende, finde ich noch ei­ niges nachzubringen. Es war nichts natürlicher, als daß ich nach und nach in Mitteilung dessen, was bisher zu meiner Bildung beigetragen, besonders aber | solcher Dinge, die mich noch in dem Augenblicke ernstlich beschäftigten, gegen Herdern immer karger und karger ward. Er hatte mir den Spaß an so manchem, was ich früher geliebt, verdor­ ben und mich besonders wegen der Freude, die ich an Ovids Metamor­

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sono correggere facilmente e agevolmente. Ad esempio, attraverso la semplice abitudine si può suscitare in noi la gratitudine, tenerla viva e renderla persino un bisogno. Scrivendo una biografia è naturale parlare di se stessi. Per natura, sono poco riconoscente come qualsiasi altro es­ sere umano, e dimenticandomi del bene ricevuto, la netta percezione di un temporaneo squilibrio poteva facilmente indurmi all’ingratitudine. Per evitarlo, mi abituai in primo luogo a ricordare con piacere, per ogni cosa che possedevo, come l’avevo avu­ ta, chi me l’aveva data, se regalata, scambiata, acquistata o cos’altro. Mostrando le mie collezioni, mi sono abituato a ripensare alle persone che mi hanno aiutato a procurarmi i singoli pezzi ricordando persino l’occasione, il caso, la circostanza e gli aiuti più indiretti grazie ai quali ero giunto in possesso degli oggetti a me cari e preziosi250. In questo modo tutto ciò che ci circonda prende vita, si unisce in un legame spirituale, affettivo, genetico, e rivivendo situazioni del passato ne risulta elevato e arricchito il momento pre­ sente, i donatori si ripresentano alla mente, la loro immagi­ ne si collega a un ricordo piacevole, non ringraziarli diviene impossibile e si desidera di poterli presto ricambiare. Allo stesso tempo si viene indotti a considerare ciò che va oltre il possesso materiale e si ricorda con gioia da dove proven­ gono e a chi dobbiamo i nostri beni più alti. Prima di distogliere lo sguardo dal rapporto con Herder, così significativo e ricco di conseguenze, devo aggiungere ancora qualcosa. Mi venne del tutto spontaneo, con il pas­ sare del tempo, essere sempre più reticente su quello che aveva contribuito alla mia formazione, | ma soprattutto su ciò che mi teneva impegnato in quel periodo. Mi aveva già rovinato il gusto per molte delle cose che apprezzavo, e in particolare mi aveva rimproverato aspramente per il piacere

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phosen gehabt, aufs strengste getadelt. Ich mochte meinen Liebling in Schutz nehmen wie ich wollte, ich mochte sagen, daß für eine jugend­ liche Phantasie nichts erfreulicher sein könne, als in jenen heitern und herrlichen Gegenden mit Göttern und Halbgöttern zu verweilen und ein Zeuge ihres Tuns und ihrer Leidenschaften zu sein; ich mochte je­ nes oben erwähnte Gutachten eines ernsthaften Mannes umständlich beibringen und solches durch meine eigne Erfahrung bekräftigen: das alles sollte nicht gelten, es sollte sich keine eigentliche unmittelbare Wahrheit in diesen Gedichten finden; hier sei weder Griechenland noch Italien, weder eine Urwelt noch eine gebildete, alles vielmehr sei Nach­ ahmung des schon Dagewesenen und eine manierierte Darstellung, wie sie sich nur von einem Überkultivierten erwarten lasse. Und wenn ich denn zuletzt behaupten wollte: was ein vorzügliches Individuum her­ vorbringe, sei doch auch Natur, und unter allen Völkern, frühern und spätern, sei doch immer nur der Dichter Dichter gewesen; so wurde mir dies nun gar nicht gut gehalten, und ich mußte manches deswegen ausstehen, ja mein Ovid war mir beinah dadurch verleidet: denn es ist keine Neigung, keine Gewohnheit so stark, daß sie gegen die Mißreden vorzüglicher Menschen, in die man Vertrauen setzt, auf die Länge sich erhalten könnte. Immer bleibt etwas hängen, und wenn man nicht un­ bedingt lieben darf, sieht es mit der Liebe schon mißlich aus. Am sorgfältigsten verbarg ich ihm das Interesse an gewissen Ge­ genständen, die sich bei mir eingewurzelt hatten und sich nach und nach zu poetischen Gestalten ausbilden wollten. Es war Götz von Ber­ lichingen und Faust. Die Lebensbeschreibung des erstern hatte mich im Innersten ergriffen. Die Gestalt eines rohen, wohlmeinenden Selbst­ helfers in wilder anarchischer Zeit erregte meinen tiefsten | Anteil. Die bedeutende Puppenspielfabel des andern klang und summte gar vieltö­ nig in mir wider. Auch ich hatte mich in allem Wissen umhergetrieben und war früh genug auf die Eitelkeit desselben hingewiesen worden. Ich hatte es auch im Leben auf allerlei Weise versucht, und war im­ mer unbefriedigter und gequälter zurückgekommen. Nun trug ich diese

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che traevo dalle Metamorfosi di Ovidio. Potevo difendere il mio beniamino come volevo, potevo dire che per la fantasia di un ragazzo non c’è niente di più appassionante che ag­ girarsi in quelle amene regioni insieme a dei e semi-dei ed essere testimone delle loro azioni e passioni; potevo citare il parere di quel serio erudito che ho ricordato in precedenza corroborandolo con la mia esperienza: era tutto inutile. In quelle poesie non c’era alcuna verità genuina, non c’era la Grecia né l’Italia, né un mondo primitivo né uno evoluto, non erano altro che imitazione di cose già passate e rap­ presentazione manieristica, come ci si può aspettare da un autore decadente. E quando alla fine affermai che ciò che un uomo di valore produce è pur sempre natura, e per tutti i popoli, antichi e moderni, il poeta è sempre stato un poeta, neppure questa obiezione venne accolta e dovetti sentirne di tutti i colori, tanto che alla fine Ovidio mi andò di traverso. Nessun entusiasmo, nessuna abitudine è infatti così forte da potersi mantenere, alla lunga, contro le critiche di uomini eccellenti di cui si ha stima. Rimane pur sempre un’om­ bra251, e quando non si può amare in modo incondizionato, per l’amore non si mette bene. Con grande attenzione gli nascosi l’interesse per alcuni argomenti che si erano radicati in me e stavano gradualmen­ te prendendo forma poetica. Erano Götz von Berlichingen e Faust. La biografia del primo mi aveva colpito profon­ damente: la figura di quell’uomo rozzo e benintenzionato che tende a farsi giustizia da sé in un periodo di selvaggia anarchia suscitava tutta la mia | partecipazione. La profonda favola per burattini del secondo252 ronzava e riecheggiava dentro di me in mille variazioni. Anch’io ero passato da una disciplina all’altra e molto presto mi ero reso conto della loro vanità; nella vita avevo fatto numerosi tentativi, ma ne ero rimasto sempre più insoddisfatto e tormentato. Portavo

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Dinge, so wie manche andre, mit mir herum und ergetzte mich daran in einsamen Stunden, ohne jedoch etwas davon aufzuschreiben. Am meisten aber verbarg ich vor Herdern meine mystisch-kabbalistische Chemie und was sich darauf bezog, ob ich mich gleich noch sehr gern heimlich beschäftigte, sie konsequenter auszubilden, als man sie mir überliefert hatte. Von poetischen Arbeiten glaube ich ihm die Mitschuldigen vorgelegt zu haben, doch erinnere ich mich nicht, daß mir irgend eine Zurechtweisung oder Aufmunterung von seiner Seite hierüber zu Teil geworden wäre. Aber bei diesem allen blieb er der er war; was von ihm ausging wirkte, wenn auch nicht erfreulich, doch bedeutend; ja seine Handschrift sogar übte auf mich eine magische Gewalt aus. Ich erinnere mich nicht, daß ich eins seiner Blätter, ja nur ein Couvert von seiner Hand, zerrissen oder verschleudert hätte; dennoch ist mir, bei den so mannigfaltigen Ort- und Zeitwechseln, kein Dokument jener wunderbaren, ahndungsvollen und glücklichen Tage übrig geblieben. Daß übrigens Herders Anziehungskraft sich so gut auf Andre als auf mich wirksam erwies, würde ich kaum erwähnen, hätte ich nicht zu bemerken, daß sie sich besonders auf Jung, genannt Stilling, erstreckt habe. Das treue redliche Streben dieses Mannes mußte jeden, der nur irgend Gemüt hatte, höchlich interessieren, und seine Empfänglichkeit jeden, der etwas mitzuteilen im Stande war, zur Offenheit reizen. Auch betrug sich Herder gegen ihn nachsichtiger als gegen uns Andre: denn seine Gegenwirkung schien jederzeit mit der Wirkung, die auf ihn ge­ schah, im Verhältnis zu stehn. Jungs Umschränktheit war von so viel gutem Willen, sein Vordringen von so viel Sanftheit und Ernst | beglei­ tet, daß ein Verständiger gewiß nicht hart gegen ihn sein, und ein Wohl­ wollender ihn nicht verhöhnen noch zum besten haben konnte. Auch war Jung durch Herdern dergestalt exaltiert, daß er sich in allem seinen Tun gestärkt und gefördert fühlte, ja seine Neigung gegen mich schien in eben diesem Maße abzunehmen; doch blieben wir immer gute Ge­

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dunque con me queste e altre cose, mi dilettavo con loro nel­ le ore di solitudine, ma senza mai scrivere nulla. Soprattutto tenni nascosta a Herder la mia chimica mistico-cabalistica e tutto quello che le era collegato, anche se in segreto cercavo ancora con gran piacere di svilupparla in modo più organico di come era giunta fino a me. Dei miei lavori poetici credo di avergli mostrato I complici, ma non ricordo se da parte sua mi giunse disapprovazione o incoraggiamento. In ogni caso Herder era sempre quello: tutto ciò che proveniva da lui aveva effetti, se non positivi, quanto meno significativi; persino la sua calligrafia aveva un potere magico su di me. Non mi pare di aver mai strappato né gettato via un foglio scritto di suo pugno, nemmeno una busta; eppure, con i nu­ merosi spostamenti di tempo e di luogo, non mi è rimasta alcuna testimonianza di quei giorni meravigliosi, presaghi e felici. Che la forza di attrazione di Herder si manifestasse an­ che con altri, oltre che con me, non avrei nemmeno bisogno di dirlo se non dovessi almeno accennare che coinvolse in particolare anche Jung, detto Stilling253. Le sue aspirazioni sincere e devote non potevano non colpire chiunque aves­ se un cuore, e la sua disponibilità all’ascolto stimolava ad aprirsi tutti coloro che avevano qualcosa da comunicare. Persino Herder lo trattava con maggior riguardo rispetto a noi, infatti la sua reazione sembrava essere sempre pro­ porzionata all’impressione che riceveva dall’interlocutore. I limiti di Jung erano accompagnati da così tanta buona vo­ lontà, il suo farsi avanti da così tanta dolcezza e  | serietà che nessun uomo sensato poteva essere duro con lui, né una persona benevola poteva deriderlo o prenderlo in giro. Del resto Jung era così stimolato da Herder da sentirsi sostenuto e rafforzato in tutte le sue azioni, mentre il suo attaccamen­ to a me diminuiva in proporzione; ma rimanemmo comun­

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sellen, wir trugen einander vor wie nach und erzeigten uns wechsel­ seitig die freundlichsten Dienste. Entfernen wir uns jedoch nunmehr von der freundschaftlichen Krankenstube und von den allgemeinen Betrachtungen, welche eher auf Krankheit als auf Gesundheit des Geistes deuten; begeben wir uns in die freie Luft, auf den hohen und breiten Altan des Münsters, als wäre die Zeit noch da, wo wir junge Gesellen uns öfters dorthin auf den Abend beschieden, um mit gefüllten Römern die scheidende Sonne zu begrüßen. Hier verlor sich alles Gespräch in die Betrachtung der Gegend, alsdann wurde die Schärfe der Augen geprüft, und jeder be­ strebte sich die entferntesten Gegenstände gewahr zu werden, ja deut­ lich zu unterscheiden. Gute Fernröhre wurden zu Hülfe genommen, und ein Freund nach dem andern bezeichnete genau die Stelle, die ihm die liebste und werteste geworden; und schon fehlte es auch mir nicht an einem solchen Plätzchen, das, ob es gleich nicht bedeutend in der Landschaft hervortrat, mich doch mehr als alles Andere mit einem lieb­ lichen Zauber an sich zog. Bei solchen Gelegenheiten ward nun durch Erzählung die Einbildungskraft angeregt und manche kleine Reise ver­ abredet, ja oft aus dem Stegreife unternommen, von denen ich nur eine statt vieler umständlich erzählen will, da sie in manchem Sinne für mich folgereich gewesen. Mit zwei werten Freunden und Tischgenossen, Engelbach und Weyland, beide aus dem untern Elsaß gebürtig, begab ich mich zu Pfer­ de nach Zabern, wo uns, bei schönem Wetter, der kleine freundliche Ort gar anmutig anlachte. Der Anblick des bischöflichen Schlosses er­ regte unsere Bewunderung; eines neuen Stalles Weitläuftigkeit, Größe und Pracht | zeugten von dem übrigen Wohlbehagen des Besitzers. Die Herrlichkeit der Treppe überraschte uns, die Zimmer und Säle betraten wir mit Ehrfurcht, nur kontrastierte die Person des Kardinals, ein klei­ ner zusammengefallener Mann, den wir speisen sahen. Der Blick in den Garten ist herrlich, und ein Kanal drei Viertelstunden lang, schnur­ gerade auf die Mitte des Schlosses gerichtet, gibt einen hohen Begriff von dem Sinn und den Kräften der vorigen Besitzer. Wir spazierten

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que buoni amici, continuammo ad andare d’accordo come prima e ad aiutarci a vicenda con sollecitudine. Ma allontaniamoci ora dalla stanza dell’amico malato e da queste considerazioni generali che riguardano più la malattia che la salute dello spirito e usciamo invece all’aria aperta, sull’ampia e alta piattaforma della cattedrale, come se fossimo ancora al tempo in cui noi giovani ci davamo ap­ puntamento lassù alla sera per salutare il tramonto del sole con un brindisi. Tutti i discorsi si perdevano nella contem­ plazione della campagna, mettevamo alla prova la vista e ognuno si sforzava di individuare gli oggetti più lontani, di metterli a fuoco. Con l’aiuto di buoni cannocchiali ciascuno indicava il luogo che gli era più caro o gli piaceva di più e presto ebbi anch’io il mio posticino che, pur non potendosi individuare chiaramente nel paesaggio, mi attirava più di tutti gli altri con un dolce incantesimo254. Con la fantasia stimolata dai racconti, in quelle occasioni organizzavamo delle escursioni, qualche volta partivamo anche di punto in bianco, e tra tutte vorrei raccontarne una, quella che fu per me sotto molti aspetti la più ricca di conseguenze255. Con due cari amici e commensali, Engelbach e Weyland256, entrambi originari dell’Alsazia meridionale, andai a cavallo a Zabern, dove il paesino ci accolse ospitale e ami­ chevole nella bella giornata257. La vista del palazzo vescovi­ le ci riempì di ammirazione, mentre ampiezza, dimensione e sfarzo della nuova scuderia | dimostravano la ricchezza del proprietario. La grandiosità della scala ci stupì, attra­ versammo con reverenza stanze e sale che contrastavano però con la figura del cardinale, un ometto raggrinzito che scorgemmo seduto a tavola258. La vista sul giardino è splen­ dida, una passeggiata di tre quarti d’ora lungo il canale che punta dritto verso il castello trasmette l’idea del gusto e del potere dei precedenti proprietari. Camminammo in lungo e

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daran hin und wider und genossen mancher Partieen dieses schön ge­ legenen Ganzen, zu Ende der herrlichen Elsasser Ebene, am Fuße der Vogesen. Nachdem wir uns nun an diesem geistlichen Vorposten einer könig­ lichen Macht erfreut, und es uns in seiner Region wohl sein lassen, gelangten wir früh den andern Morgen zu einem öffentlichen Werk, das höchst würdig den Eingang in ein mächtiges Königreich eröffnet. Von der aufgehenden Sonne beschienen erhob sich vor uns die gerühmte Zaberner Steige, ein Werk von unüberdenklicher Arbeit. Schlangen­ weis, über die fürchterlichsten Felsen aufgemauert, führt eine Chaus­ see, für drei Wagen neben einander breit genug, so leise bergauf, daß man es kaum empfindet. Die Härte und Glätte des Wegs, die geplat­ teten Erhöhungen an beiden Seiten für die Fußgänger, die steinernen Rinnen zum Ableiten der Bergwasser, alles ist so reinlich als künstlich und dauerhaft hergerichtet, daß es einen genügenden Anblick gewährt. So gelangt man allmählich nach Pfalzburg, einer neueren Festung. Sie liegt auf einem mäßigen Hügel; die Werke sind elegant auf schwärzli­ chen Felsen von gleichem Gestein erbaut, die mit Kalk weiß ausgestri­ chenen Fugen bezeichnen genau die Größe der Quadern und geben von der reinlichen Arbeit ein auffallendes Zeugnis. Den Ort selbst fanden wir, wie sich’s für eine Festung geziemt, regelmäßig, von Steinen ge­ baut, die Kirche geschmackvoll. Als wir durch die Straßen wandelten – es war Sonntags früh um neun – hörten wir Musik; man walzte schon im Wirtshause nach Herzenslust, und da sich die Einwohner durch die große Teurung, | ja durch die drohende Hungersnot, in ihrem Vergnü­ gen nicht irre machen ließen, so ward auch unser jugendlicher Froh­ sinn keineswegs getrübt, als uns der Bäcker einiges Brot auf die Reise versagte und uns in den Gasthof verwies, wo wir es allenfalls an Ort und Stelle verzehren dürften. Sehr gern ritten wir nun wieder die Steige hinab, um dieses archi­ tektonische Wunder zum zweiten Male anzustaunen, und uns der er­ quickenden Aussicht über das Elsaß nochmals zu erfreuen. Wir ge­

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in largo godendo di tutti gli angolini di quell’insieme ben architettato, al limitare della magnifica pianura alsaziana ai piedi dei Vosgi. Dopo esserci ristorati in quell’avamposto spirituale di un potere temporale ed esserci piacevolmente intrattenuti nella zona, il giorno seguente giungemmo di buon’ora a un’ope­ ra pubblica che segna degnamente l’ingresso in un potente regno. Illuminata dal sole che sorgeva si stagliava di fronte a noi la famosa salita di Zabern, opera costata enormi fati­ che259. Una strada, abbastanza larga per tre carrozze affian­ cate, si arrampica a serpentina su rocce spaventose, ma così dolcemente che lo si nota appena. La carreggiata liscia e compatta, i rialzi levigati ai due lati per i pedoni, i canali di pietra per lo scolo delle acque, tutto è costruito in modo così pulito, ingegnoso e solido che è un piacere guardarla. Così si arriva pian piano a Pfalzburg, una fortezza di più recente costruzione. Sorge su una collinetta, le eleganti fortificazio­ ni sono costruite con la stessa roccia scura su cui sorge, le commessure segnate dal bianco della calce definiscono in modo netto le dimensioni dei blocchi e danno testimonian­ za evidente della precisione del lavoro. Il borgo in pietra è squadrato come si conviene a una fortezza, la chiesa di buon gusto. Girando per le strade (erano le nove di dome­ nica mattina) sentimmo della musica: nella locanda si stava già ballando allegramente. Visto che, malgrado i forti rinca­ ri e la carestia incombente260, gli abitanti non | rinunciavano a divertirsi, nemmeno la nostra giovanile allegria fu turbata quando un fornaio si rifiutò di darci del pane per il viaggio e ci rimandò alla locanda, dove avremmo potuto consumarlo sul posto. Fu un piacere ridiscendere a cavallo lungo la strada am­ mirando una seconda volta quel miracolo dell’architettura e assaporando nuovamente il panorama vivificante di tutta

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langten bald nach Buchsweiler, wo uns Freund Weyland eine gute Aufnahme vorbereitet hatte. Dem frischen jugendlichen Sinne ist der Zustand einer kleinen Stadt sehr gemäß; die Familienverhältnisse sind näher und fühlbarer, das Hauswesen, das zwischen läßlicher Amtsbe­ schäftigung, städtischem Gewerb, Feld- und Gartenbau, mit mäßiger Tätigkeit sich hin und wider bewegt, lädt uns ein zu freundlicher Teil­ nahme, die Geselligkeit ist notwendig, und der Fremde befindet sich in den beschränkten Kreisen sehr angenehm, wenn ihn nicht etwa die Mißhelligkeiten der Einwohner, die an solchen Orten fühlbarer sind, ir­ gendwo berühren. Dieses Städtchen war der Hauptplatz der Grafschaft Hanau-Lichtenberg, dem Landgrafen von Darmstadt unter französi­ scher Hoheit gehörig. Eine daselbst angestellte Regierung und Kam­ mer machten den Ort zum bedeutenden Mittelpunkt eines sehr schönen und wünschenswerten fürstlichen Besitzes. Wir vergaßen leicht die un­ gleichen Straßen, die unregelmäßige Bauart des Orts, wenn wir heraus­ traten, um das alte Schloß und die an einem Hügel vortrefflich angeleg­ ten Gärten zu beschauen. Mancherlei Lustwäldchen, eine zahme und wilde Fasanerie und die Reste mancher ähnlichen Anstalten zeigten, wie angenehm diese kleine Residenz ehemals müsse gewesen sein. Doch alle diese Betrachtungen übertraf der Anblick, wenn man von dem nahgelegenen Baschberg die völlig paradiesische Gegend überschaute. Diese Höhe, ganz aus verschiedenen Muscheln zusam­ mengehäuft, machte mich zum ersten Male auf solche Dokumente der Vorwelt | aufmerksam; ich hatte sie noch niemals in so großer Masse beisammen gesehn. Doch wendete sich der schaulustige Blick bald ausschließlich in die Gegend. Man steht auf dem letzten Vorgebirge nach dem Lande zu; gegen Norden liegt eine fruchtbare, mit kleinen Wäldchen durchzogene Fläche, von einem ernsten Gebirge begrenzt, das sich gegen Abend nach Zabern hinerstreckt, wo man den bischöfli­ chen Palast und die eine Stunde davon liegende Abtei St. Johann deut­

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l’Alsazia. Arrivammo presto a Buchsweiler, dove il nostro amico Weyland ci aveva preparato una degna accoglienza. La vita in una piccola cittadina si addice alla freschezza dei giovani: i rapporti familiari sono più stretti e saldi, la quotidianità, che si svolge tranquilla tra qualche impegno pubblico, tipiche attività cittadine, lavoro nei campi e ne­ gli orti, invita a partecipare; la vita sociale è inevitabile e il forestiero si sente molto a suo agio in questi gruppi più ristretti, a meno che non venga coinvolto nei litigi tra gli abitanti, che in quei luoghi sono più accesi. La cittadina era il capoluogo della contea di Hanau-Lichtenberg e appar­ teneva al langravio di Darmstadt sotto sovranità francese. Essendo sede del governo e della camera, era il centro più importante di un territorio molto bello e ambito. Dimenti­ cammo subito le strade sconnesse e l’architettura irregolare del luogo quando uscimmo per visitare l’antico castello e i giardini magnificamente adagiati su una collina. Ameni bo­ schetti, una fagianaia per i fagiani di allevamento e una per quelli selvatici, oltre ai resti di altri edifici simili mostra­ vano quanto dovesse essere stata gradevole quella piccola residenza. Ma tutto ciò era insignificante in confronto alla vista che si godeva guardando quella regione davvero paradisiaca dal vicino Bastberg261. Quella vetta, formatasi da un accumulo di conchiglie di svariate forme, richiamò per la prima vol­ ta la mia attenzione su quei testimoni | preistorici: non ne avevo mai vista una tale quantità tutta insieme. Ma presto lo sguardo curioso si volse definitivamente al paesaggio. Eravamo sull’ultimo rilievo che si affaccia sul piano; verso Nord c’è una fertile pianura costellata di boschetti, orlata da una catena montuosa di tutto rispetto che a Ovest si esten­ de fino a Zabern, dove si possono distinguere chiaramente il palazzo vescovile e l’abbazia di San Giovanni, a circa

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lich erkennen mag. Von da verfolgt das Auge die immer mehr schwin­ dende Bergkette der Vogesen bis nach Süden hin. Wendet man sich gegen Nordost, so sieht man das Schloß Lichtenberg auf einem Felsen, und gegen Südost hat das Auge die unendliche Fläche des Elsasses zu durchforschen, die sich in immer mehr abduftenden Landschafts­ gründen dem Gesicht entzieht, bis zuletzt die schwäbischen Gebirge schattenweis in den Horizont verfließen. Schon bei meinen wenigen Wanderungen durch die Welt hatte ich bemerkt, wie bedeutend es sei, sich auf Reisen nach dem Laufe der Wasser zu erkundigen, ja bei dem kleinsten Bache zu fragen, wohin er denn eigentlich laufe. Man erlangt dadurch eine Übersicht von je­ der Flußregion, in der man eben befangen ist, einen Begriff von den Höhen und Tiefen, die auf einander Bezug haben, und windet sich am sichersten an diesen Leitfäden, welche sowohl dem Anschauen als dem Gedächtnis zu Hülfe kommen, aus geologischem und politischem Län­ dergewirre. In dieser Betrachtung nahm ich feierlichen Abschied von dem teuren Elsaß, da wir uns den andern Morgen nach Lothringen zu wenden gedachten. Der Abend ging hin in vertraulichen Gesprächen, wo man sich über eine unerfreuliche Gegenwart durch Erinnerung an eine bessere Vergangenheit zu erheitern suchte. Vor allem andern war hier, wie im ganzen Ländchen, der Name des letzten Grafen Reinhard von Hanau in Segen, dessen großer Verstand und Tüchtigkeit in allem seinen Tun und Lassen hervortrat, und von dessen Dasein noch manches schöne Denkmal übrig geblieben war. Solche | Männer haben den Vorzug dop­ pelte Wohltäter zu sein, einmal für die Gegenwart, die sie beglücken, und sodann für die Zukunft, deren Gefühl und Mut sie nähren und auf­ recht erhalten. Als wir nun uns nordwestwärts in das Gebirg wendeten und bei Lützelstein, einem alten Bergschloß in einer sehr hügelvollen Gegend, vorbeizogen, und in die Region der Saar und Mosel hinabstiegen, fing der Himmel an sich zu trüben, als wollte er uns den Zustand des rauhe­ ren Westreiches noch fühlbarer machen. Das Tal der Saar, wo wir zu­

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un’ora di distanza. Da lì l’occhio segue la catena dei Vosgi che digrada dolcemente verso Sud. Girandosi a Nord-Est si vede su uno spuntone di roccia il castello di Lichtenberg, mentre a Sud-Est l’occhio si perde nella pianura alsaziana, che si sottrae alla vista nelle lontananze sempre più sfumate del paesaggio fino a confondersi all’orizzonte con le ombre dei rilievi della Svevia. In occasione dei miei pochi viaggi per il mondo mi ero già accorto di come fosse importante, durante il tragitto, informarsi sui corsi d’acqua, chiedere anche per il più insi­ gnificante ruscello dove conduce. Si ottiene così uno sguar­ do d’insieme sulla regione fluviale in cui ci si trova, ci si fa un’idea dei monti e delle valli e dei loro collegamenti, e lungo questi fili conduttori che vengono in aiuto alla vista e alla memoria, ci si muove in modo infallibile nel guazza­ buglio politico e geologico degli Stati. Con questa consi­ derazione mi accomiatai solennemente dalla cara Alsazia, perché il giorno dopo ci saremmo spostati in Lorena. Trascorremmo la serata tra noi amici, cercando di ralle­ grarci per un presente sgradevole grazie ai ricordi di un pas­ sato migliore. Qui, come in tutta quella piccola regione, si ricordava con rispetto soprattutto l’ultimo conte Reinhard von Hanau262: la sua intelligenza e capacità trasparivano da tutte le sue azioni e della sua vita davano ancora testi­ monianza alcuni bei monumenti. Uomini | di quel calibro hanno il privilegio di essere due volte benefattori: una volta nel presente che migliorano, e una volta per il futuro di cui alimentano e rafforzano sentimenti e coraggio. Quando ci avvicinammo ai monti a Nord-Ovest e pas­ sammo per Lützelstein, un antico maniero in una zona molto collinosa, per poi scendere nella regione della Saar e della Mosella, il cielo iniziò a rabbuiarsi, come se voles­ se farci percepire ancor meglio il carattere più rude della

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erst Bockenheim, einen kleinen Ort, antrafen, und gegenüber Neusaarwerden, gut gebaut, mit einem Lustschloß, erblickten, ist zu beiden Seiten von Bergen begleitet, die traurig heißen könnten, wenn nicht an ihrem Fuß eine unendliche Folge von Wiesen und Matten, die Huhnau genannt, sich bis Saaralbe und weiter hin unübersehlich erstreckte. Große Gebäude eines ehmaligen Gestütes der Herzoge von Lothringen ziehen hier den Blick an; sie dienen gegenwärtig, zu solchen Zwecken freilich sehr wohl gelegen, als Meierei. Wir gelangten über Saargemünd nach Saarbrück, und diese kleine Residenz war ein lichter Punkt im einem so felsig waldigen Lande. Die Stadt, klein und hüglich, aber durch den letzten Fürsten wohl ausgeziert, macht sogleich einen an­ genehmen Eindruck, weil die Häuser alle grauweiß angestrichen sind und die verschiedene Höhe derselben einen mannigfaltigen Anblick gewährt. Mitten auf einem schönen mit ansehnlichen Gebäuden um­ gebenen Platze steht die lutherische Kirche, in einem kleinen, aber dem Ganzen entsprechenden Maßstabe. Die Vorderseite des Schlosses liegt mit der Stadt auf ebenem Boden, die Hinterseite dagegen am Abhange eines steilen Felsens. Diesen hat man nicht allein terrassenweis abge­ arbeitet, um bequem in das Tal zu gelangen, sondern man hat sich auch unten einen länglich viereckten Gartenplatz, durch Verdrängung des Flusses an der einen und durch Abschroten des Felsens an der andern Seite, verschafft, worauf denn dieser ganze Raum erst mit Erde ausge­ füllt und bepflanzt | worden. Die Zeit dieser Unternehmung fiel in die Epoche, da man bei Gartenanlagen den Architekten zu Rate zog, wie man gegenwärtig das Auge des Landschaftsmalers zu Hülfe nimmt. Die ganze Einrichtung des Schlosses, das Kostbare und Angenehme, das Reiche und Zierliche, deuteten auf einen lebenslustigen Besitzer, wie der verstorbene Fürst gewesen war; der gegenwärtige befand sich nicht am Orte. Präsident von Günderode empfing uns auf’s verbind­ lichste und bewirtete uns drei Tage besser als wir es erwarten durften. Ich benutzte die mancherlei Bekanntschaften, zu denen wir gelangten,

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zona occidentale. La valle della Saar, dove incontrammo per primo il paesino di Bockenheim e di fronte Neusaarwerden, di architettura gradevole e con una residenza estiva, è costeggiata su ambo i lati da monti che sarebbero piuttosto desolati se ai loro piedi non si susseguissero fino a Saaralbe e oltre, a perdita d’occhio, prati e pascoli in una zona chiamata Honau. Qui attirano l’attenzione i grandi edifici di un’antica scuderia dei duchi di Lorena; attualmente sono utilizzati come fattoria, data la posizione propizia. Passan­ do per Saargemünd giungemmo a Saarbrücken, e la piccola residenza era l’unica radura soleggiata in una regione total­ mente rocciosa e boscosa. La città, piccola e collinosa ma ben curata dall’ultimo principe263, ci fece subito una buo­ na impressione, poiché le case sono tutte dipinte di grigio chiaro ed essendo di diverse altezze offrono una vista molto varia. Al centro di una piazza attorniata da edifici notevoli si trova la chiesa luterana, piccola di dimensioni ma propor­ zionata rispetto all’insieme. La facciata del castello è sullo stesso livello della città, ma la parte posteriore segue un ripido pendio roccioso che è stato non soltanto terrazzato per giungere più comodamente a valle, ma alla base è stato ricavato un giardino lungo e stretto, deviando il corso del fiume da un lato e rimuovendo parti di roccia dall’altro; il tutto era stato poi riempito di terra e | coltivato. Ciò avvenne nel periodo in cui per progettare i giardini si chiamavano gli architetti, proprio come oggi si ricorre all’occhio del pitto­ re paesaggista. Gli arredi del castello, preziosi e gradevo­ li, ricchi e raffinati, indicavano un proprietario che sape­ va godersi la vita, proprio come era appunto il precedente, ormai defunto; l’attuale264 non era in città. Fummo accolti con grande ossequio dal presidente von Günderode265 che ci ospitò per tre giorni meglio di quanto potessimo desiderare. Approfittai delle numerose persone che ci furono presentate

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um mich vielseitig zu unterrichten. Das genußreiche Leben des vorigen Fürsten gab Stoff genug zur Unterhaltung, nicht weniger die mannig­ faltigen Anstalten, die er getroffen, um Vorteile, die ihm die Natur sei­ nes Landes darbot, zu benutzen. Hier wurde ich nun eigentlich in das Interesse der Berggegenden eingeweiht, und die Lust zu ökonomischen und technischen Betrachtungen, welche mich einen großen Teil meines Lebens beschäftigt haben, zuerst erregt. Wir hörten von den reichen Dutweiler Steinkohlengruben, von Eisen- und Alaunwerken, ja sogar von einem brennenden Berge, und rüsteten uns, diese Wunder in der Nähe zu beschauen. Nun zogen wir durch waldige Gebirge, die demjenigen, der aus ei­ nem herrlichen fruchtbaren Lande kommt, wüst und traurig erscheinen müssen, und die nur durch den innern Gehalt ihres Schoßes uns an­ ziehen können. Kurz hinter einander wurden wir mit einem einfachen und einem komplizierten Maschinenwerke bekannt, mit einer Sensen­ schmiede und einem Drahtzug. Wenn man sich an jener schon erfreut, daß sie sich an die Stelle gemeiner Hände setzt, so kann man diesen nicht genug bewundern, indem er in einem höheren organischen Sinne wirkt, von dem Verstand und Bewußtsein kaum zu trennen sind. In der Alaunhütte erkundigten wir uns genau nach der Gewinnung und Reinigung dieses so nötigen Materials, und als wir große Haufen eines weißen, fetten, lockeren, erdigen Wesens bemerkten und dessen Nut­ zen erforschten, antworteten die | Arbeiter lächelnd, es sei der Schaum, der sich beim Alaunsieden obenauf werfe, und den Herr Stauf sammeln lasse, weil er denselben gleichfalls hoffe zu Gute zu machen. – Lebt Herr Stauf noch? rief mein Begleiter verwundert aus. Man bejahte es und versicherte, daß wir, nach unserm Reiseplan, nicht weit von seiner einsamen Wohnung vorbeikommen würden. Unser Weg ging nunmehr an den Rinnen hinauf, in welchen das Alaunwasser heruntergeleitet wird, und an dem vornehmsten Stollen

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per raccogliere informazioni. La vita godereccia del princi­ pe precedente offriva abbondante argomento di conversa­ zione, lo stesso valeva per le numerose iniziative che aveva intrapreso per sfruttare le risorse offerte dal suo territorio. Qui fui iniziato allo studio delle regioni montuose e si destò per la prima volta l’interesse per le questioni economiche e tecniche di cui poi mi sarei occupato per buona parte della vita. Sentii parlare delle miniere di carbone di Dudweiler, della lavorazione del ferro e dell’allume, persino di una montagna in fiamme, e mi disposi a osservare da vicino quelle meraviglie della natura. Ci avviammo dunque per montagne boscose, che ap­ parivano desolate e tristi a chi proveniva dalla campagna splendida e fertile, e potevano attirarci solo per il contenuto del loro grembo. A breve distanza ci imbattemmo in una macchina semplice e in una complessa: una fucina in cui si producevano falci e una trafilatrice. Se già per la prima siamo contenti che si sia sostituita alla mano dell’uomo, non finiamo di stupirci per la seconda che opera in modo più elevato e organico, in cui si fondono intelligenza e con­ sapevolezza. Nella fabbrica di allume ci informammo con precisione su come si estrae e si lavora quel materiale così utile266, e vedendo dei grossi mucchi di una sostanza bian­ ca, grassa, terrosa e soffice chiedemmo a cosa servisse: gli operai | ci risposero sorridendo che era la schiuma che si de­ posita durante la bollitura e che il signor Staudt faceva rac­ cogliere sperando di poterla riutilizzare in qualche modo. «C’è ancora il signor Staudt267?» esclamò meravigliato il mio compagno. Risposero di sì e ci dissero che, in base al nostro itinerario, saremmo passati proprio nei pressi della sua solitaria abitazione. Il nostro percorso seguiva a ritroso il canale di deflus­ so dell’acqua di lavaggio dell’allume e passava accanto ai

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vorbei, den sie die Landgrube nennen, woraus die berühmten Dutwei­ ler Steinkohlen gezogen werden. Sie haben, wenn sie trocken sind, die blaue Farbe eines dunkel angelaufenen Stahls, und die schönste Iris­ folge spielt bei jeder Bewegung über die Oberfläche hin. Die finsteren Stollenschlünde zogen uns jedoch um so weniger an, als der Gehalt derselben reichlich um uns her ausgeschüttet lag. Nun gelangten wir zu offnen Gruben, in welchen die gerösteten Alaunschiefer ausgelaugt werden, und bald darauf überraschte uns, obgleich vorbereitet, ein selt­ sames Begegnis. Wir traten in eine Klamme und fanden uns in der Region des brennenden Berges. Ein starker Schwefelgeruch umzog uns; die eine Seite der Hohle war nahezu glühend, mit rötlichem, weiß­ gebrannten Stein bedeckt; ein dicker Dampf stieg aus den Klunsen her­ vor, und man fühlte die Hitze des Bodens auch durch die starken Soh­ len. Ein so zufälliges Ereignis, denn man weiß nicht wie diese Strecke sich entzündete, gewährt der Alaunfabrikation den großen Vorteil, daß die Schiefer, woraus die Oberfläche des Berges besteht, vollkommen geröstet daliegen und nur kurz und gut ausgelaugt werden dürfen. Die ganze Klamme war entstanden, daß man nach und nach die kalzinier­ ten Schiefer abgeräumt und verbraucht hatte. Wir kletterten aus dieser Tiefe hervor und waren auf dem Gipfel des Berges. Ein anmutiger Bu­ chenwald umgab den Platz, der auf die Hohle folgte und sich ihr zu bei­ den Seiten verbreitete. Mehrere Bäume standen schon verdorrt, andere welkten in der Nähe von andern, die, noch ganz frisch, | jene Glut nicht ahndeten, welche sich auch ihren Wurzeln bedrohend näherte. Auf dem Platze dampften verschiedene Öffnungen, andere hatten schon ausgeraucht, und so glomm dieses Feuer bereits zehen Jahre durch alte verbrochene Stollen und Schächte, mit welchen der Berg un­ terminiert ist. Es mag sich auch auf Klüften durch frische Kohlenlager durchziehn: denn einige hundert Schritte weiter in den Wald gedachte man bedeutende Merkmale von ergiebigen Steinkohlen zu verfolgen;

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giacimenti più ricchi, che qui chiamano Landgrube, da cui proviene il famoso carbon fossile di Dudweiler. Una volta asciutto, ha il colore blu dell’acciaio temprato, e a ogni mo­ vimento si scorgono sulla superficie tutti i colori dell’arco­ baleno. Gli oscuri abissi dei pozzi non ci attiravano affatto, tanto più che il loro contenuto era ammucchiato abbondante tutto intorno a noi. Giungemmo poi a delle fosse a cielo aperto in cui l’ampelite alluminosa, dopo la calcinazione, veniva lisciviata e subito dopo ci colse di sorpresa, benché fossimo stati avvisati, uno strano evento. Entrammo in una gola e ci ritrovammo nei pressi della montagna di fuoco. Ci avvolse un forte odore di zolfo; un lato dell’anfratto era quasi incandescente, coperto di una roccia rossastra sbian­ cata dal calore, dalle fessure salivano densi vapori e anche attraverso le suole spesse si sentiva il calore del terreno. Un evento casuale – non si sa infatti come mai quella zona abbia preso fuoco – procura però un grande vantaggio alla fabbricazione dell’allume, perché gli scisti di cui è costitu­ ita la superficie del monte sono già perfettamente calcinati e quindi possono essere lisciviati in fretta e bene. Quella cavità si era originata man mano che erano stati estratti e utilizzati gli scisti calcinati. Uscimmo da quella gola e ci ritrovammo sulla cima del monte. Il luogo era circondato da un bel bosco di faggi che si stendeva ampio ai due lati della cavità; molti alberi erano morti, altri iniziavano a seccarsi mentre altri ancora, belli verdi, | erano ignari del calore che avrebbe minacciato anche le loro radici. Sullo spiazzo il vapore scaturiva da diverse aperture, al­ tre si erano già spente, mentre il fuoco covava da almeno dieci anni nei vecchi pozzi e nelle gallerie di cui il monte era costellato. Capitava anche che attraversasse strati con nuovi giacimenti di carbone, infatti un centinaio di passi più avanti nel bosco si pensava di aver trovato tracce ab­

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man war aber nicht weit gelangt, als ein starker Dampf den Arbeitern entgegendrang und sie vertrieb. Die Öffnung ward wieder zugeworfen; allein wir fanden die Stelle noch rauchend, als wir daran vorbei den Weg zur Residenz unseres einsiedlerischen Chemikers verfolgten. Sie liegt zwischen Bergen und Wäldern; die Täler nehmen daselbst sehr mannigfaltige und angenehme Krümmungen, rings umher ist der Bo­ den schwarz und kohlenartig, die Lager gehen häufig zu Tage aus. Ein Kohlenphilosoph – Philosophus per ignem, wie man sonst sagte – hätte sich wohl nicht schicklicher ansiedeln können. Wir traten vor ein kleines, zur Wohnung nicht übel dienliches Haus und fanden Herrn Stauf, der meinen Freund sogleich erkannte und mit Klagen über die neue Regierung empfing. Freilich konnten wir aus sei­ nen Reden vermerken, daß das Alaunwerk, so wie manche andre wohl­ gemeinte Anstalt, wegen äußerer, vielleicht auch innerer Umstände, die Unkosten nicht trage, und was dergleichen mehr war. Er gehörte unter die Chemiker jener Zeit, die, bei einem innigen Gefühl dessen was mit Naturprodukten alles zu leisten wäre, sich in einer abstrusen Betrach­ tung von Kleinigkeiten und Nebensachen gefielen, und bei unzuläng­ lichen Kenntnissen, nicht fertig genug dasjenige zu leisten verstanden, woraus eigentlich ökonomischer und merkantilischer Vorteil zu ziehn ist. So lag der Nutzen, den er sich von jenem Schaum versprach, sehr im Weiten; so zeigte er nichts als einen Kuchen Salmiak, den ihm der brennende Berg geliefert hatte. | Bereitwillig und froh, seine Klagen einem menschlichen Ohre mit­ zuteilen, schleppte sich das hagere, abgelebte Männchen in Einem Schuh und Einem Pantoffel, mit herabhängenden, vergebens wieder­ holt von ihm heraufgezogenen Strümpfen, den Berg hinauf, wo die Harzhütte steht, die er selbst errichtet hat und nun mit großem Leidwe­ sen verfallen sieht. Hier fand sich eine zusammenhangende Ofenreihe,

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bondanti di carbon fossile, ma non si era riusciti a scavare molto perché un vapore intenso ne era fuoriuscito facendo scappare gli operai. Lo scavo fu richiuso con la terra, ma lo vedemmo ancora fumante quando passammo lì vicino per recarci all’abitazione del nostro chimico eremita. Si tro­ vava tra monti e boschi in un punto in cui le vallate erano piacevolmente sinuose, il terreno tutto intorno era scuro e ricco di carbone, con i giacimenti che spesso affioravano in superficie. Un filosofo minerario – philosophus per ignem, come si soleva dire268 – non avrebbe potuto trovare domici­ lio migliore. Giungemmo a una casetta che come abitazione non era niente male, e lì trovammo il signor Staudt, che riconobbe subito il mio amico e lo accolse lamentandosi dell’attua­ le governo. In realtà dai suoi discorsi capimmo tra le altre cose che la fabbrica di allume, così come altre iniziative intraprese con buone intenzioni, per circostanze esterne, e forse anche interne, non riusciva a coprire i costi. Era uno dei chimici di quel periodo che, pur avendo la profonda convinzione che con i prodotti della natura si potesse fare molto, si perdevano inseguendo dettagli astrusi e collaterali e, per carenza di competenze, non erano in grado di produr­ re in quantità sufficiente ciò che avrebbe garantito un pro­ fitto economico e commerciale. Allo stesso modo, l’utilità che si riprometteva da quella schiuma era molto vaga e tutto quello che poté esibire era una torta di sale ammoniaco che la montagna di fuoco gli aveva sfornato. | Tutto contento di poter confidare le sue lamentele a orecchi umani, con una scarpa e una pantofola, con le cal­ ze afflosciate alla caviglia che invano cercava di tirare su, l’ometto scarno e avvizzito si avviò lungo la collina verso lo stabilimento che lui stesso aveva costruito e che vedeva con gran dispiacere andare in rovina. C’era un sistema di

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wo Steinkohlen abgeschwefelt und zum Gebrauch bei Eisenwerken tauglich gemacht werden sollten; allein zu gleicher Zeit wollte man Öl und Harz auch zu Gute machen, ja sogar den Ruß nicht missen, und so unterlag den vielfachen Absichten alles zusammen. Bei Leb­ zeiten des vorigen Fürsten trieb man das Geschäft aus Liebhaberei, auf Hoffnung; jetzt fragte man nach dem unmittelbaren Nutzen, der nicht nachzuweisen war. Nachdem wir unsern Adepten seiner Einsamkeit überlassen, eilten wir, – denn es war schon spät geworden – der Friedrichsthaler Glas­ hütte zu, wo wir eine der wichtigsten und wunderbarsten Werktätig­ keiten des menschlichen Kunstgeschickes im Vorübergehen kennen lernten. Doch fast mehr als diese bedeutenden Erfahrungen interessierten uns junge Bursche einige lustige Abenteuer, und bei einbrechender Finsternis, ohnweit Neukirch, ein überraschendes Feuerwerk. Denn wie vor einigen Nächten, an den Ufern der Saar, leuchtende Wolken Jo­ hanniswürmer zwischen Fels und Busch um uns schwebten, so spielten uns nun die funkenwerfenden Essen ihr lustiges Feuerwerk entgegen. Wir betraten bei tiefer Nacht die im Talgrunde liegenden Schmelz­ hütten, und vergnügten uns an dem seltsamen Halbdunkel dieser Bretter-Höhlen, die nur durch des glühenden Ofens geringe Öffnung kümmerlich erleuchtet werden. Das Geräusch des Wassers und der von ihm getriebenen Blasbälge, das fürchterliche Sausen und Pfeifen des Windstroms, der, in das geschmolzene Erz wütend, die Ohren betäubt und die Sinne verwirrt, trieb uns endlich hinweg, um in Neukirch ein­ zukehren, das an dem Berg hinaufgebaut ist. | Aber ungeachtet aller Mannigfaltigkeit und Unruhe des Tags konn­ te ich hier noch keine Rast finden. Ich überließ meinen Freund einem glücklichen Schlafe und suchte das höher gelegene Jagdschloß. Es blickt weit über Berg und Wälder hin, deren Umrisse nur an dem hei­ tern Nachthimmel zu erkennen, deren Seiten und Tiefen aber meinem

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forni per la desolforizzazione del carbon fossile che veni­ va così reso utilizzabile per le fucine; peccato che si vo­ lesse contemporaneamente sfruttarne olio, resina e persino il nerofumo, e volendo perseguire molteplici scopi, si fece fallire tutto. Con il principe defunto si lavorava per diletto, sperando in un utile; ora si pretendeva invece un profitto immediato, che però non si realizzava. Dopo aver lasciato il nostro adepto nella sua solitudine, ci affrettammo – perché si era fatto tardi – verso la fabbri­ ca di vetro di Friedrichsthal, dove scoprimmo di passaggio una delle attività più significative e stupefacenti dell’abilità umana. Ma più ancora di quelle istruttive esperienze, noi gio­ vanotti trovammo interessanti alcune allegre avventure e, al calar della sera, un sorprendente spettacolo pirotecnico vicino a Neunkirchen. Alcune notti prima, sulle rive della Saar, nugoli luminosi di lucciole avevano aleggiato intorno a noi tra rocce e cespugli; ora erano le fucine a sprizzare scintille, salutandoci con allegri fuochi artificiali. Giun­ gemmo a notte inoltrata nelle fonderie situate nel fondo valle e ci divertimmo nella strana semi-oscurità di quelle costruzioni in legno, malamente illuminate dalle piccole aperture delle fornaci incandescenti. Il fragore dell’acqua e dei mantici che azionava, il terribile fischiare e sibilare dell’aria che infuriava nel metallo fuso assordando le orec­ chie e ottundendo i sensi ci costrinsero alla fine ad andarce­ ne verso la locanda di Neunkirchen, situata sul pendio della montagna. | Nonostante la giornata movimentata e faticosa, non riu­ scivo a riposare. Lasciai il mio amico in un placido sonno e mi avviai verso la palazzina di caccia, più in alto. Da lì si vedevano in lontananza monti e boschi; i loro profili si distinguevano nel limpido cielo notturno, mentre le pendici

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Blick undurchdringlich waren. So leer als einsam stand das wohlerhal­ tene Gebäude; kein Kastellan, kein Jäger war zu finden. Ich saß vor den großen Glastüren auf den Stufen, die um die ganze Terrasse hergehn. Hier, mitten im Gebirg, über einer waldbewachsenen finsteren Erde, die gegen den heitern Horizont einer Sommernacht nur noch finsterer erschien, das brennende Sterngewölbe über mir, saß ich an der ver­ lassenen Stätte lange mit mir selbst und glaubte niemals eine solche Einsamkeit empfunden zu haben. Wie lieblich überraschte mich daher aus der Ferne der Ton von ein Paar Waldhörnern, der auf einmal wie ein Balsamduft die ruhige Atmosphäre belebte. Da erwachte in mir das Bild eines holden Wesens, das vor den bunten Gestalten dieser Reise­ tage in den Hintergrund gewichen war, es enthüllte sich immer mehr und mehr, und trieb mich von meinem Platze nach der Herberge, wo ich Anstalten traf, mit dem frühsten abzureisen. Der Rückweg wurde nicht benutzt wie der Herweg. So eilten wir durch Zweybrücken, das, als eine schöne und merkwürdige Residenz, wohl auch unsere Aufmerksamkeit verdient hätte. Wir warfen einen Blick auf das große, einfache Schloß, auf die weitläuftigen, regelmä­ ßig mit Lindenstämmen bepflanzten, zum Dressieren der Parforce­ pferde wohleingerichteten Esplanaden, auf die großen Ställe, auf die Bürgerhäuser, welche der Fürst baute, um sie ausspielen zu lassen. Al­ les dieses, so wie Kleidung und Betragen der Einwohner, besonders der Frauen und Mädchen, deutete auf ein Verhältnis in die Ferne, und machte den Bezug auf Paris anschaulich, dem alles Überrheinische seit geraumer Zeit sich nicht entziehen konnte. Wir besuchten auch den vor der Stadt liegenden herzoglichen Keller, der weitläuftig | ist, mit großen und künstlichen Fässern versehn. Wir zogen weiter und fanden das Land zuletzt wie im Saarbrückischen. Zwischen wilden und rauhen

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e le valli rimanevano impenetrabili allo sguardo. L’edifi­ cio, ben conservato, era vuoto e solitario: nessun castella­ no, nessun cacciatore. Mi sedetti sui gradini che contornano tutta la terrazza, davanti alle porte a vetri. Lassù in mezzo ai monti, in una terra cupa e fitta di boschi, che staglian­ dosi contro l’orizzonte limpido della notte estiva sembrava ancora più cupa, con la volta stellata sfavillante sopra di me, me ne rimasi seduto a lungo solo con me stesso in quel luogo sperduto e mi sembrò di non aver mai sperimentato una solitudine simile. Che dolce sorpresa udire in lontanan­ za il suono dei corni, che come balsamo ravvivò tutto d’un tratto l’atmosfera silenziosa. Si risvegliò in me l’immagine di una dolce creatura che gli avvenimenti movimentati di quei giorni di viaggio avevano sospinto sullo sfondo; mi si manifestava con sempre maggior chiarezza e mi spinse via verso la locanda, dove iniziai i preparativi per partire al più presto269. La via del ritorno non fu sfruttata come l’andata. Attra­ versammo velocemente Zweibrücken che avrebbe invece meritato la nostra attenzione, essendo una residenza bella e notevole. Gettammo uno sguardo al castello grande e so­ brio, ai vasti spiazzi con i tigli piantati a intervalli regolari e destinati all’addestramento dei cavalli per la caccia, alle grandi scuderie, alle abitazioni fatte costruire dal principe270 per assegnarle tramite sorteggio. Tutto questo e in aggiun­ ta anche l’abbigliamento e il comportamento degli abitanti, soprattutto delle donne e ragazze, indicava un riferimen­ to lontano e mostrava il legame con Parigi, a cui tutta la zona oltre il Reno ormai non poteva sottrarsi. Visitammo anche le cantine ducali fuori dalla città, molto spaziose  | e fornite di botti enormi e decorate. Proseguimmo e alla fine il paesaggio pareva assomigliare a quello di Saarbrü­ cken. Sparuti paesini tra montagne selvaggie e aspre; ci si

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Bergen wenig Dörfer; man verlernt hier sich nach Getreide umzusehn. Den Hornbach zur Seite stiegen wir nach Bitsch, das an dem bedeu­ tenden Platze liegt, wo die Gewässer sich scheiden, und ein Teil in die Saar, ein Teil dem Rheine zufällt; diese letztern sollten uns bald nach sich ziehn. Doch konnten wir dem Städtchen Bitsch, das sich sehr ma­ lerisch um einen Berg herumschlingt, und der oben liegenden Festung unsere Aufmerksamkeit nicht versagen. Diese ist teils auf Felsen ge­ baut, teils in Felsen gehauen. Die unterirdischen Räume sind besonders merkwürdig; hier ist nicht allein hinreichender Platz zum Aufenthalt einer Menge Menschen und Vieh, sondern man trifft sogar große Ge­ wölbe zum Exerzieren, eine Mühle, eine Kapelle und was man unter der Erde sonst fordern könnte, wenn die Oberfläche beunruhigt würde. Den hinabstürzenden Bächen folgten wir nunmehr durchs Bärenthal. Die dicken Wälder auf beiden Höhen sind unbenutzt. Hier faulen Stämme zu Tausenden über einander, und junge Sprößlinge keimen in Unzahl auf halbvermoderten Vorfahren. Hier kam uns durch Gesprä­ che einiger Fußbegleiter der Name von Dieterich wieder in die Oh­ ren, den wir schon öfter in diesen Waldgegenden ehrenvoll hatten aus­ sprechen hören. Die Tätigkeit und Gewandtheit dieses Mannes, sein Reichtum, die Benutzung und Anwendung desselben, alles erschien im Gleichgewicht; er konnte sich mit Recht des Erworbenen erfreuen, das er vermehrte, und das Verdiente genießen, das er sicherte. Jemehr ich die Welt sah, jemehr erfreute ich mich, außer den allgemein berühmten Namen, auch besonders an denen, die in einzelnen Gegenden mit Ach­ tung und Liebe genannt wurden; und so erfuhr ich auch hier bei einiger Nachfrage gar leicht, daß von Dieterich früher als andre sich der Ge­ birgsschätze, des Eisens, der Kohlen und des Holzes, mit gutem Erfolg zu bedienen gewußt und sich zu einem immer wachsenden Wohlhaben herangearbeitet habe. |

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dimentica dell’esistenza dei campi di grano. Seguendo il corso dell’Hornbach salimmo verso Bitsch che si trova nel punto in cui le acque del fiume si dividono per dirigersi in parte verso la Saar, in parte verso il Reno. Queste ultime ci avrebbero presto trascinato con loro, ma non potemmo fare a meno di visitare la pittoresca cittadina di Bitsch, che si avvolge intorno al monte, con la fortezza che la sovrasta. In parte è costruita sulla roccia, in parte scavata nella roccia. Le sale sotterranee sono particolarmente impressionanti, perché vi è non soltanto spazio sufficiente per farci vivere uomini e animali in quantità, ma ci sono persino grandi sale a volta per le esercitazioni militari, un mulino, una chiesa e tutto ciò che potrebbe servire sotto terra nel caso ci siano sconvolgimenti in superficie. Seguimmo i torrenti impetuosi lungo il Bärental. I fitti boschi su entrambi i pendii sono abbandonati, i tronchi marciscono a migliaia l’uno sull’altro mentre giovani ar­ busti germogliano in massa dai loro antenati mezzo impu­ triditi. Nelle conversazioni con altri viaggiatori sentimmo nuovamente pronunciare il nome von Dietrich271, che già in precedenza in quelle zone boschive avevamo sentito nominare con rispetto. Le opere e le capacità di quell’uo­ mo, la sua ricchezza, il modo in cui la utilizzò facendola fruttare, tutto appariva coerente: poteva a buon diritto gio­ ire dei suoi profitti moltiplicandoli, e godere dei suoi beni consolidandoli. Più giravo il mondo, più ero contento di sentir nominare non soltanto gli uomini universalmente noti ma soprattutto questi, ricordati con rispetto e affetto nelle singole regioni. Chiedendo qua e là venni facilmen­ te a sapere che von Dietrich era stato il primo che aveva saputo sfruttare con successo i tesori minerari, il ferro, il carbone e il legno, procurandosi così una ricchezza sem­ pre crescente. |

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Niederbrunn, wohin wir gelangten, war ein neues Zeugnis hiervon. Er hatte diesen kleinen Ort den Grafen von Leiningen und andern Teil­ besitzern abgekauft, um in der Gegend bedeutende Eisenwerke einzu­ richten. Hier in diesen von den Römern schon angelegten Bädern umspülte mich der Geist des Altertums, dessen ehrwürdige Trümmer in Resten von Basreliefs und Inschriften, Säulenknäufen und Schäften mir aus Bauerhöfen, zwischen wirtschaftlichem Wust und Geräte, gar wunder­ sam entgegenleuchteten. So verehrte ich auch, als wir die nahe gelegene Wasenburg bestie­ gen, an der großen Felsmasse, die den Grund der einen Seite ausmacht, eine gut erhaltene Inschrift, die dem Mercur ein dankbares Gelübd abstattet. Die Burg selbst liegt auf dem letzten Berge von Bitsch her gegen das Land zu. Es sind die Ruinen eines deutschen, auf römische Reste gebauten Schlosses. Von dem Turm übersah man abermals das ganze Elsaß, und des Münsters deutliche Spitze bezeichnete die Lage von Straßburg. Zunächst jedoch verbreitete sich der große Hagenauer Forst, und die Türme dieser Stadt ragten dahinter ganz deutlich hervor. Dorthin wurde ich gezogen. Wir ritten durch Reichshofen, wo von Die­ terich ein bedeutendes Schloß erbauen ließ, und nachdem wir, von den Hügeln bei Niedermodern, den angenehmen Lauf des Moderflüßchens am Hagenauer Wald her betrachtet hatten, ließ ich meinen Freund bei einer lächerlichen Steinkohlengruben-Visitation, die zu Dutweiler frei­ lich etwas ernsthafter würde gewesen sein, und ritt durch Hagenau, auf Richtwegen, welche mir die Neigung schon andeutete, nach dem geliebten Sesenheim. Denn jene sämtlichen Aussichten in eine wilde Gebirgsgegend und sodann wieder in ein heiteres, fruchtbares, fröhliches Land konnten meinen innern Blick nicht fesseln, der auf einen liebenswürdigen an­ ziehenden Gegenstand gerichtet war. Auch diesmal erschien mir der Herweg reizender als der Hinweg, weil er mich wieder in die Nähe

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Niederbronn, dove giungemmo, ne dava ulteriore prova. Aveva acquistato quel piccolo territorio dai conti di Leinin­ gen e altri piccoli proprietari per installare in quella zona importanti ferriere. Nelle terme già utilizzate dai romani mi sentii immer­ so nello spirito dell’antichità, le cui venerande vestigia con resti di bassorilievi e iscrizioni, capitelli e fusti di colon­ ne vedevo occhieggiare curiosamente nelle fattorie, tra gli utensili da lavoro e il ciarpame272. Mentre salivamo alla vicina rocca di Wasenburg, sull’im­ ponente roccia che su un lato ne costituisce il basamento lessi con reverenza anche un’iscrizione ben conservata che riferiva di un voto di gratitudine a Mercurio273. La rocca si erge sull’ultimo rilievo dopo Bitsch, prima della pianura; sono le rovine di un castello tedesco costruite su fondamen­ ta romane. Dalla sua torre scorgemmo di nuovo tutta l’Alsa­ zia, e la guglia aguzza della cattedrale indicava la posizione di Strasburgo. Davanti si stendeva però la grande foresta di Hagenau, con le torri di quella città che svettavano niti­ de al limitare del bosco: lì volevo andare. Attraversammo Reichs­hofen, dove von Dietrich aveva fatto costruire un grande castello, e sulle colline di Niedermodern, dopo aver osservato il gradevole corso del fiumiciattolo Moder che attraversa la foresta, salutai il mio amico durante la ridicola visita a una miniera di carbone, che a Dudweiler sarebbe stata decisamente più sensata, e cavalcai attraverso Hage­ nau, per scorciatoie che l’affetto già mi aveva indicato, ver­ so l’amata Sessenheim. In effetti tutti quei panorami di una regione montuosa e selvaggia e poi di nuovo di una pianura serena, fertile e gio­ iosa, non potevano trattenere il mio sguardo interiore che era rivolto a un oggetto amabile e attraente. Anche questa volta la via del ritorno mi sembrò più affascinante dell’an­

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eines Frauenzimmers brachte, der ich von Herzen ergeben | war und welche soviel Achtung als Liebe verdiente. Mir sei jedoch, ehe ich meine Freunde zu ihrer ländlichen Wohnung führe, vergönnt, eines Umstandes zu erwähnen, der sehr viel beitrug, meine Neigung und die Zufriedenheit, welche sie mir gewährte, zu beleben und zu erhöhen. Wie sehr ich in der neuern Literatur zurücksein mußte, läßt sich aus der Lebensart schließen, die ich in Frankfurt geführt, aus den Stu­ dien, denen ich mich gewidmet hatte, und mein Aufenthalt in Straß­ burg konnte mich darin nicht fördern. Nun kam Herder und brachte neben seinen großen Kenntnissen noch manche Hülfsmittel und über­ dies auch neuere Schriften mit. Unter diesen kündigte er uns den Landpriester von Wakefield als ein fürtreffliches Werk an, von dem er uns die deutsche Übersetzung durch selbsteigne Vorlesung bekannt ma­ chen wolle. Seine Art zu lesen war ganz eigen; wer ihn predigen gehört hat, wird sich davon einen Begriff machen können. Er trug alles, und so auch diesen Roman, ernst und schlicht vor; völlig entfernt von aller dramatischmimischen Darstellung, vermied er sogar jene Mannigfal­ tigkeit, die bei einem epischen Vortrag nicht allein erlaubt ist, sondern wohl gefordert wird: eine geringe Abwechselung des Tons, wenn ver­ schiedene Personen sprechen, wodurch das was eine jede sagt, heraus­ gehoben und der Handelnde von dem Erzählenden abgesondert wird. Ohne monoton zu sein ließ Herder alles in Einem Ton hinter einander folgen, eben als wenn nichts gegenwärtig, sondern alles nur historisch wäre, als wenn die Schatten dieser poetischen Wesen nicht lebhaft vor ihm wirkten, sondern nur sanft vorübergleiteten. Doch hatte diese Art des Vortrags, aus seinem Munde, einen unendlichen Reiz: denn weil er alles aufs tiefste empfand, und die Mannigfaltigkeit eines solchen Werks hochzuschätzen wußte, so trat das ganze Verdienst einer Pro­ duktion rein und um so deutlicher hervor, als man nicht durch scharf ausgesprochene Einzelnheiten gestört und aus der Empfindung geris­ sen wurde, welche das Ganze gewähren sollte. |

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data, perché mi conduceva di nuovo nelle vicinanze di una fanciulla a cui volevo bene con tutto il | cuore e che merita­ va tanto amore e altrettanto rispetto. Ma prima di condurre i miei amici alla sua dimora campestre, mi sia consentito ricordare una circostanza che contribuì molto a suscitare e alimentare il mio affetto e la felicità che ne derivava. Quanto fossi rimasto indietro rispetto alla letteratura contemporanea lo si capisce dallo stile di vita che condu­ cevo a Francoforte e dagli studi a cui mi ero dedicato, e il soggiorno a Strasburgo non mi fu d’aiuto. Finché non arri­ vò Herder e insieme alla sua grande erudizione portò molti libri e soprattutto nuove pubblicazioni. Tra le opere eccel­ lenti ci raccomandò il Vicario di Wakefield, di cui lui stesso voleva leggerci la traduzione tedesca274. Il suo modo di leggere era molto particolare, chi lo ha sentito predicare se ne sarà fatta un’idea. Leggeva tutto, quindi anche quel romanzo, con sobrietà e semplicità; lon­ tano mille miglia dalla recitazione drammatica e affettata, evitava persino quella varietà che recitando un racconto epi­ co è non solo permessa, ma persino consigliata: una minima variazione di tono quando parlano persone diverse serve a sottolineare ciò che dice ciascuno, distinguendo l’attore dal narratore. Senza essere monotono, Herder leggeva una fra­ se dietro l’altra come se tutto si svolgesse al passato invece che al presente, come se le ombre di quelle creature poeti­ che non si muovessero lì vive davanti a lui, ma scivolassero via dolcemente. Eppure quel modo di leggere, fatto da lui aveva un fascino incredibile: dato che percepiva tutto con grande intensità e sapeva apprezzare la varietà di un’opera come quella, tutti i pregi del testo emergevano ancora più chiaramente, dal momento che non eravamo disturbati da singoli dettagli messi in risalto dalla voce né distratti dalla sensazione che tutto l’insieme suscitava in noi. |

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Ein protestantischer Landgeistlicher ist vielleicht der schönste Ge­ genstand einer modernen Idylle; er erscheint, wie Melchisedech, als Priester und König in Einer Person. An den unschuldigsten Zustand, der sich auf Erden denken läßt, an den des Ackermanns, ist er meistens durch gleiche Beschäftigung, so wie durch gleiche Familienverhältnis­ se geknüpft; er ist Vater, Hausherr, Landmann und so vollkommen ein Glied der Gemeine. Auf diesem reinen, schönen, irdischen Grunde ruht sein höherer Beruf; ihm ist übergeben, die Menschen ins Leben zu füh­ ren, für ihre geistige Erziehung zu sorgen, sie bei allen Hauptepochen ihres Daseins zu segnen, sie zu belehren, zu kräftigen, zu trösten, und, wenn der Trost für die Gegenwart nicht ausreicht, die Hoffnung einer glücklicheren Zukunft heranzurufen und zu verbürgen. Denke man sich einen solchen Mann, mit rein menschlichen Gesinnungen, stark genug, um unter keinen Umständen davon zu weichen, und schon dadurch über die Menge erhaben, von der man Reinheit und Festigkeit nicht erwarten kann; gebe man ihm die zu seinem Amte nötigen Kenntnisse, so wie eine heitere, gleiche Tätigkeit, welche sogar leidenschaftlich ist, indem sie keinen Augenblick versäumt das Gute zu wirken – und man wird ihn wohl ausgestattet haben. Zugleich aber füge man die nö­ tige Beschränktheit hinzu, daß er nicht allein in einem kleinen Kreise verharren, sondern auch allenfalls in einen kleineren übergehen möge; man verleihe ihm Gutmütigkeit, Versöhnlichkeit, Standhaftigkeit und was sonst noch aus einem entschiedenen Charakter Löbliches hervor­ springt, und über dies alles eine heitere Nachgiebigkeit und lächelnde Duldung eigner und fremder Fehler: so hat man das Bild unseres treff­ lichen Wakefield so ziemlich beisammen. Die Darstellung dieses Charakters auf seinem Lebensgange durch Freuden und Leiden, das immer wachsende Interesse der Fabel, durch Verbindung des ganz Natürlichen mit dem Sonderbaren und Seltsamen, macht diesen Roman zu einem der besten, die je geschrieben worden;

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Un curato di campagna protestante è forse il miglior sog­ getto per un idillio moderno: ci appare, come Melchisedek, sacerdote e re in una stessa persona275. È assimilabile alla condizione del contadino, la più innocente che si possa im­ maginare sulla faccia della terra, poiché svolge un’attività similare e ha simili legami familiari: è genitore, padre di famiglia e uomo di campagna e di conseguenza un perfetto membro della comunità. Il suo incarico superiore poggia su questa base terrena pura e bella; ha il compito di gui­ dare gli uomini nella vita, di occuparsi della loro educa­ zione spirituale, di benedirli in tutte le fasi più importanti dell’esistenza, di edificarli, sostenerli, consolarli e, quando la consolazione non basta più per la vita terrena, di evoca­ re la speranza per un futuro migliore e farsene garante. Ci si immagini dunque un uomo del genere, con sentimenti di grande umanità, abbastanza forte da rimanervi fedele in ogni situazione e già per questo superiore alla massa, da cui non ci si può aspettare purezza e fermezza; lo si forni­ sca delle conoscenze necessarie al suo ufficio insieme a una voglia di fare serena, costante, persino appassionata, che non trascura di operare il bene nemmeno per un istante – ed eccolo pronto. Gli si attribuiscano però anche le opportu­ ne limitazioni: non solo si muove in un ambiente ristretto, ma probabilmente lo restringerà ulteriormente; lo si doti di bonarietà, indulgenza, costanza insieme a tutto ciò che di lodevole è presente in un carattere ben marcato, e per finire una serena arrendevolezza e una sorridente tolleranza verso gli errori propri e altrui: abbiamo completato il ritratto del nostro splendido Wakefield. La descrizione di questo personaggio attraverso le gioie e i dolori della vita, l’intreccio sempre più avvincente per la mescolanza di elementi estremamente naturali con altri strani e curiosi, fa di questo romanzo uno dei migliori che

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der noch überdies den großen Vorzug hat, daß er ganz sittlich, | ja im reinen Sinne christlich ist, die Belohnung des guten Willens, des Be­ harrens bei dem Rechten darstellt, das unbedingte Zutrauen auf Gott bestätigt und den endlichen Triumph des Guten über das Böse beglau­ bigt, und dies alles ohne eine Spur von Frömmelei oder Pedantismus. Vor beiden hatte den Verfasser der hohe Sinn bewahrt, der sich hier durchgängig als Ironie zeigt, wodurch dieses Werkchen uns eben so weise als liebenswürdig entgegenkommen muß. Der Verfasser, Doktor Goldsmith, hat ohne Frage große Einsicht in die moralische Welt, in ihren Wert und in ihre Gebrechen; aber zugleich mag er nur dankbar anerkennen, daß er ein Engländer ist, und die Vorteile, die ihm sein Land, seine Nation darbietet, hoch anrechnen. Die Familie, mit deren Schilderung er sich beschäftigt, steht auf einer der letzten Stufen des bürgerlichen Behagens, und doch kommt sie mit dem Höchsten in Be­ rührung; ihr enger Kreis, der sich noch mehr verengt, greift, durch den natürlichen und bürgerlichen Lauf der Dinge, in die große Welt mit ein; auf der reichen bewegten Woge des englischen Lebens schwimmt dieser kleine Kahn, und in Wohl und Weh hat er Schaden oder Hülfe von der ungeheueren Flotte zu erwarten, die um ihn hersegelt. Ich kann voraussetzen, daß meine Leser dieses Werk kennen und im Gedächtnis haben; wer es zuerst hier nennen hört, so wie der, wel­ cher aufgeregt wird, es wieder zu lesen, beide werden mir danken. Für jene bemerke ich nur im Vorübergehn, daß des Landgeistlichen Haus­ frau von der tätigen, guten Art ist, die es sich und den Ihrigen an nichts fehlen läßt, aber auch dafür auf sich und die Ihrigen etwas einbildisch ist. Zwei Töchter, Olivie, schön und mehr nach Außen, Sophie, reizend und mehr nach Innen gesinnt; einen fleißigen, dem Vater nacheifernden etwas herben Sohn, Moses, will ich zu nennen nicht unterlassen. Wenn Herder bei seiner Vorlesung eines Fehlers beschuldigt wer­ den konnte, so war es der Ungeduld; er wartete nicht ab, bis der Zuhö­ rer einen gewissen Teil des Verlaufs vernommen und gefaßt hätte, um

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siano mai stati scritti; e ha inoltre l’ulteriore pregio di essere assolutamente morale, | cristiano nel vero senso del termi­ ne, perché premia la buona volontà e la perseveranza nel bene, rafforza la fiducia incondizionata in Dio e conferma il trionfo finale del bene sul male; e il tutto senza un’ombra di bigotteria o pedanteria. Da entrambe l’autore si tiene a distanza grazie a un superiore sentire che si manifesta lun­ go tutta l’opera grazie all’ironia, che ci fa apparire il ro­ manzo tanto saggio quanto adorabile276. L’autore, il dottor Goldsmith, ha senza dubbio una profonda conoscenza del mondo morale, dei suoi valori e dei suoi vizi; ma accetta con gratitudine di essere un inglese ed è riconoscente per i vantaggi che la sua patria e il suo popolo gli garantiscono. La famiglia che descrive si trova su uno dei gradini più bas­ si della scala sociale, eppure entra in contatto con personag­ gi altolocati; la sua piccola cerchia, che si restringe ancor di più, interagisce con il vasto mondo per il normale corso delle cose; la barchetta galleggia tra i flutti burrascosi della vita inglese e nel bene e nel male riceve danno o soccorso dall’enorme flotta che le veleggia intorno. Posso presumere che i miei lettori conoscano quest’ope­ ra e l’abbiano bene in mente; chi la sente nominare ora per la prima volta e chi viene stimolato a rileggerla, mi ringra­ zierà. Per i primi aggiungo solo di sfuggita che la moglie del vicario è una donna buona e attiva, di quelle che non fanno mancare nulla a sé e alla famiglia, ma che allo stesso tempo si danno un po’ troppe arie; e non voglio tralasciare di nominare le due figlie, Olivie bella ed estroversa, Sophie affascinante e più introversa; e infine un figlio, Moses, desi­ deroso di emulare il padre ma ancora immaturo. Volendo proprio rimproverare qualcosa a Herder quan­ do leggeva ad alta voce, era l’impazienza: non dava all’a­ scoltatore il tempo di comprendere e immaginarsi una de­

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richtig dabei empfinden | und gehörig denken zu können: voreilig woll­ te er sogleich Wirkungen sehen, und doch war er auch mit diesen unzu­ frieden, wenn sie hervortraten. Er tadelte das Übermaß von Gefühl, das bei mir von Schritt zu Schritt mehr überfloß. Ich empfand als Mensch, als junger Mensch; mir war alles lebendig, wahr, gegenwärtig. Er, der bloß Gehalt und Form beachtete, sah freilich wohl, daß ich vom Stoff überwältigt ward, und das wollte er nicht gelten lassen. Peglows Refle­ xionen zunächst, die nicht von den feinsten waren, wurden noch übler aufgenommen; besonders aber erzürnte er sich über unsern Mangel an Scharfsinn, daß wir die Kontraste, deren sich der Verfasser oft bedient, nicht voraussahen, uns davon rühren und hinreißen ließen, ohne den öfters wiederkehrenden Kunstgriff zu merken. Daß wir aber gleich zu Anfang, wo Burchel, indem er bei einer Erzählung aus der dritten Per­ son in die erste übergeht, sich zu verraten im Begriff ist, daß wir nicht gleich eingesehn oder wenigstens gemutmaßt hatten, daß er der Lord, von dem er spricht, selbst sei, verzieh er uns nicht, und als wir zuletzt, bei Entdeckung und Verwandlung des armen kümmerlichen Wanderers in einen reichen, mächtigen Herrn, uns kindlich freuten, rief er erst jene Stelle zurück, die wir nach der Absicht des Autors überhört hatten, und hielt über unsern Stumpfsinn eine gewaltige Strafpredigt. Man sieht hieraus, daß er das Werk bloß als Kunstprodukt ansah und von uns das gleiche verlangte, die wir noch in jenen Zuständen wandelten, wo es wohl erlaubt ist, Kunstwerke wie Naturerzeugnisse auf sich wirken zu lassen. Ich ließ mich durch Herders Invektiven keineswegs irre machen; wie denn junge Leute das Glück oder Unglück haben, daß, wenn ein­ mal etwas auf sie gewirkt hat, diese Wirkung in ihnen selbst verarbeitet werden muß, woraus denn manches Gute, so wie manches Unheil ent­ steht. Gedachtes Werk hatte bei mir einen großen Eindruck zurück­

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terminata parte del racconto per potersi | immedesimare e rifletterci, ma era troppo precipitoso e voleva subito del­ le reazioni, che poi però non lo soddisfacevano. Criticava l’eccesso di sentimentalismo che emergeva sempre più in me pagina dopo pagina. Avevo i sentimenti di un uomo, di un giovane: tutto era per me vivo, concreto, attuale. Lui che considerava soltanto sostanza e forma, si rendeva conto che io ero invece sopraffatto dal contenuto, e non gli andava bene. Del resto le osservazioni di Pegelow, non particolar­ mente fini, ricevevano accoglienza ancora peggiore; ma più ancora si infuriava per la nostra mancanza di acume, perché non sapevamo prevedere i contrasti di cui l’autore si servi­ va e quindi ce ne lasciavamo commuovere ed entusiasmare, senza accorgerci degli artifici narrativi spesso ripetuti. Ad esempio subito all’inizio, quando Burchell racconta in terza persona e inavvertitamente passa alla prima rischiando così di tradirsi… Che non ce ne fossimo accorti e non avessimo dei sospetti che il Lord di cui parlava era lui stesso, quello non ce lo perdonò proprio. E alla fine, quando il povero e misero viandante si rivela e si trasforma nel Lord ricco e potente, ci rallegrammo come bambini – allora ci richiamò quel primo passo che non avevamo colto, proprio come vo­ leva l’autore, e ci tenne una solenne ramanzina sulla nostra ottusità277. Da questo si capisce che egli considerava l’opera un mero prodotto dell’arte e pretendeva che anche noi fa­ cessimo lo stesso, mentre noi eravamo nella condizione in cui si è ancora capaci di immedesimarsi nelle opere d’arte come fossero prodotti della natura. Non mi lasciai per nulla confondere dalle invettive di Herder; i giovani hanno la fortuna o la sfortuna, quando qualcosa produce in loro delle impressioni, di doverle riela­ borare da soli, con risultati talvolta positivi, talvolta negati­ vi. Quel romanzo mi aveva fatto un fortissimo effetto, che

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gelassen, von dem ich mir selbst nicht Rechenschaft geben konnte; ei­ gentlich fühlte ich mich aber in Übereinstimmung mit jener ironischen Gesinnung, die sich über die | Gegenstände, über Glück und Unglück, Gutes und Böses, Tod und Leben erhebt, und so zum Besitz einer wahr­ haft poetischen Welt gelangt. Freilich konnte dieses nur später bei mir zum Bewußtsein kommen, genug, es machte mir für den Augenblick viel zu schaffen; keineswegs aber hätte ich erwartet alsobald aus dieser fingierten Welt in eine ähnliche wirkliche versetzt zu werden. Mein Tischgenosse Weyland, der sein stilles fleißiges Leben da­ durch erheiterte, daß er, aus dem Elsaß gebürtig, bei Freunden und Verwandten in der Gegend von Zeit zu Zeit einsprach, leistete mir auf meinen kleinen Exkursionen manchen Dienst, indem er mich in ver­ schiedenen Ortschaften und Familien teils persönlich, teils durch Emp­ fehlungen einführte. Dieser hatte mir öfters von einem Landgeistlichen gesprochen, der nahe bei Drusenheim, sechs Stunden von Straßburg, im Besitz einer guten Pfarre mit einer verständigen Frau und ein Paar liebenswürdigen Töchtern lebe. Die Gastfreiheit und Anmut dieses Hauses ward immer dabei höchlich gerühmt. Soviel bedurfte es kaum, um einen jungen Ritter anzureizen, der sich schon angewöhnt hatte, alle abzumüßigenden Tage und Stunden zu Pferde und in freier Luft zuzubringen. Also entschlossen wir uns auch zu dieser Partie, wobei mir mein Freund versprechen mußte, daß er bei der Einführung weder Gutes noch Böses von mir sagen, überhaupt aber mich gleichgültig behandeln wolle, sogar erlauben, wo nicht schlecht, doch etwas ärm­ lich und nachlässig gekleidet zu erscheinen. Er willigte darein und ver­ sprach sich selbst einigen Spaß davon. Es ist eine verzeihliche Grille bedeutender Menschen, gelegentlich einmal äußere Vorzüge in’s Verborgene zu stellen, um den eignen in­ nern menschlichen Gehalt desto reiner wirken zu lassen; deswegen hat das Inkognito der Fürsten und die daraus entspringenden Abenteuer immer etwas höchst Angenehmes: es erscheinen verkleidete Gotthei­

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io stesso non sapevo decifrare; ma in fondo mi sentivo in sintonia con quell’atteggiamento ironico che si eleva | al di sopra delle cose, di fortuna e sfortuna, bene e male, morte e vita, giungendo così a un mondo autenticamente poetico. In realtà me ne resi conto solo molto più tardi, ma già in quel momento mi diede molto da pensare; mai e poi mai mi sarei però aspettato che di lì a poco sarei stato trasportato da quel mondo immaginario in un mondo reale, ma identico a quello. Il mio commensale Weyland, originario dell’Alsazia, ravvivava la sua vita operosa e tranquilla andando a far vi­ sita, di tanto in tanto, ad amici e parenti nella zona. In oc­ casione delle mie gite nella regione mi aiutò più volte, pre­ sentandomi di persona o raccomandandomi presso le varie famiglie in molti luoghi. Mi aveva più volte parlato di un parroco di campagna che viveva vicino a Drusenheim, a cir­ ca sei ore da Strasburgo, e aveva una bella parrocchia, una moglie assennata e due adorabili figlie, e ogni volta lodava l’ospitalità e la bellezza della famiglia. Fu più che sufficien­ te per invogliare un giovane cavaliere che si era abituato a trascorrere ogni ora e giorno libero cavalcando all’aria aperta. Decidemmo quindi di fare anche quell’escursione, ma il mio amico dovette promettermi che, presentandomi, non avrebbe detto nulla di me né in bene né in male, anzi: doveva trattarmi con indifferenza e addirittura permettermi di andare vestito se non male, almeno dimesso e trasandato. Acconsentì, immaginando che sarebbe stato divertente an­ che per lui. È un capriccio perdonabile che le persone importanti ogni tanto vogliano nascondere i loro privilegi esteriori per far emergere meglio il loro spessore umano; per questo l’in­ cognito dei principi e le avventure che ne conseguono sono sempre molto affascinanti. Le divinità appaiono mascherate

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ten, die alles Gute, was man ihrer Persönlichkeit erweist, doppelt hoch anrechnen dürfen und im Fall sind, das Unerfreuliche entweder leicht zu nehmen, oder ihm  | ausweichen zu können. Daß Jupiter bei Phi­ lemon und Baucis, Heinrich der vierte, nach einer Jagdpartie, unter seinen Bauern sich in ihrem Inkognito wohlgefallen, ist ganz der Natur gemäß, und man mag es gern; daß aber ein junger Mensch ohne Bedeu­ tung und Namen sich einfallen läßt, aus dem Inkognito einiges Vergnü­ gen zu ziehen, möchte mancher für einen unverzeihlichen Hochmut auslegen. Da aber hier die Rede nicht ist von Gesinnungen und Hand­ lungen, in wiefern sie lobens- oder tadelnswürdig, sondern wiefern sie sich offenbaren und ereignen können; so wollen wir für diesmal, unse­ rer Unterhaltung zu Liebe, dem Jüngling seinen Dünkel verzeihen, um so mehr, als ich hier anführen muß, daß von Jugend auf in mir eine Lust mich zu verkleiden selbst durch den ernsten Vater erregt worden. Auch diesmal hatte ich mich, teils durch eigne ältere, teils durch einige geborgte Kleidungsstücke und durch die Art die Haare zu käm­ men, wo nicht entstellt, doch wenigstens so wunderlich zugestutzt, daß mein Freund unterwegs sich des Lachens nicht erwehren konnte, be­ sonders wenn ich Haltung und Gebärde solcher Figuren, wenn sie zu Pferde sitzen, und die man lateinische Reiter nennt, vollkommen nach­ zuahmen wußte. Die schöne Chaussee, das herrlichste Wetter und die Nähe des Rheins gaben uns den besten Humor. In Drusenheim hielten wir einen Augenblick an, er, um sich nett zu machen, und ich, um mir meine Rolle zurückzurufen, aus der ich gelegentlich zu fallen fürchte­ te. Die Gegend hier hat den Charakter des ganz freien ebenen Elsasses. Wir ritten einen anmutigen Fußpfad über Wiesen, gelangten bald nach Sesenheim, ließen unsere Pferde im Wirtshause und gingen gelassen nach dem Pfarrhofe. – Laß dich, sagte Weyland, indem er mir das Haus von weitem zeigte, nicht irren, daß es einem alten und schlechten Bau­

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e così potranno ricompensare doppiamente il bene che rice­ vono come persone e sono anche in grado di affrontare con leggerezza le difficoltà o scansarle | del tutto. Giove che si compiace del suo incognito con Filemone e Bauci, Enrico iv che dopo una partita di caccia si presenta in incognito ai suoi contadini sono cose naturali e gradevoli278; ma che un giovanotto qualsiasi, senza importanza e senza nome, pensi di divertirsi presentandosi in incognito, potrebbe es­ sere interpretato come sconfinata presunzione. Ma poiché ora non vogliamo valutare se certe intenzioni e azioni siano lodevoli o disdicevoli, quanto piuttosto in che misura pos­ sano manifestarsi e realizzarsi, almeno per questa volta, per amore del racconto, perdoniamo al giovanotto la sua boria; tanto più che devo confessare che già da bambino era stato proprio mio padre, così serio, a suscitare in me il gusto del travestimento. Anche in questa occasione, in parte con dei vestiti vec­ chi, in parte con altri che mi ero fatto prestare, in parte petti­ nandomi diversamente mi ero se non camuffato, comunque sistemato in modo pittosto ridicolo, tanto che l’amico lungo la strada non la smetteva di ridere, soprattutto quando a ca­ vallo imitavo alla perfezione il portamento e gli atteggia­ menti di quei personaggi noti come ‘cavalieri di latino’279. L’itinerario piacevole, il tempo splendido e la vicinanza del Reno ci misero di ottimo umore. A Drusenheim facemmo una breve sosta, lui per rimettersi in sesto, io per ripassar­ mi la parte, poiché temevo di tradirmi. La regione aveva le stesse caratteristiche dell’Alsazia pianeggiante e ariosa. Cavalcando su un gradevole sentiero tra i campi giungem­ mo velocemente a Sessenheim, lasciammo i cavalli alla lo­ canda e ci incamminammo tranquilli verso la parrocchia. «Non farti ingannare», mi disse Weyland mostrandomi da lontano la casa. «Sembra una vecchia fattoria malandata,

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erhause ähnlich sieht; inwendig ist es desto jünger. – Wir traten in den Hof; das Ganze gefiel mir wohl: denn es hatte gerade das, was man ma­ lerisch nennt, und was mich in der niederländischen Kunst so zaube­ risch angesprochen hatte. Jene Wirkung war gewaltig sichtbar, welche die Zeit über | alles Menschenwerk ausübt. Haus und Scheune und Stall befanden sich in dem Zustande des Verfalls gerade auf dem Punkte, wo man unschlüssig, zwischen Erhalten und Neuaufrichten zweifelhaft, das Eine unterläßt, ohne zu dem Andern gelangen zu können. Alles war still und menschenleer, wie im Dorfe so im Hofe. Wir fanden den Vater, einen kleinen, in sich gekehrten aber doch freund­ lichen Mann, ganz allein: denn die Familie war auf dem Felde. Er hieß uns willkommen, bot uns eine Erfrischung an, die wir ablehnten. Mein Freund eilte die Frauenzimmer aufzusuchen, und ich blieb mit unse­ rem Wirt allein. – Sie wundern sich vielleicht, sagte er, daß Sie mich in einem reichen Dorfe und bei einer einträglichen Stelle so schlecht quartiert finden; das kommt aber, fuhr er fort, von der Unentschlossen­ heit. Schon lange ist mir’s von der Gemeine, ja von den oberen Stellen zugesagt, daß das Haus neu aufgerichtet werden soll; mehrere Risse sind schon gemacht, geprüft, verändert, keiner ganz verworfen und keiner ausgeführt worden. Es hat so viele Jahre gedauert, daß ich mich vor Ungeduld kaum zu fassen weiß. – Ich erwiderte ihm, was ich für schicklich hielt, um seine Hoffnung zu nähren und ihn aufzumuntern, daß er die Sache stärker betreiben möchte. Er fuhr darauf fort, mit Ver­ trauen die Personen zu schildern, von denen solche Sachen abhingen, und obgleich er kein sonderlicher Charakterzeichner war, so konnte ich doch recht gut begreifen, wie das ganze Geschäft stocken mußte. Die Zutraulichkeit des Mannes hatte was Eignes; er sprach zu mir als wenn er mich zehen Jahre gekannt hätte, ohne daß irgend etwas in sei­ nem Blick gewesen wäre, woraus ich einige Aufmerksamkeit auf mich hätte mutmaßen können. Endlich trat mein Freund mit der Mutter he­ rein. Diese schien mich mit ganz andern Augen anzusehn. Ihr Gesicht war regelmäßig und der Ausdruck desselben verständig; sie mußte in

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ma dentro lo spirito è giovane». Entrammo nel cortile e la prima impressione fu buona: aveva qualcosa di pittoresco, una caratteristica che mi aveva sempre incantato nella pittu­ ra olandese. L’effetto del tempo che si manifesta in tutte le opere dell’uomo | era prepotente e ben visibile. Casa, fienile e stalla avevano raggiunto quello stato di decadimento in cui non si sa se ristrutturare o riedificare completamente, e così non si fa l’uno ma non ci si decide nemmeno per l’altro. Tutto era silenzioso e deserto, sia in paese che in cortile. Trovammo solo il padre280, un ometto riservato ma gentile; la famiglia era nei campi. Ci diede il benvenuto e ci offrì qualcosa da bere, ma rifiutammo. Il mio amico si affrettò a cercare le signore, mentre io rimasi solo con il nostro ospite. «Vi meraviglierete forse», disse, «che in un paese così ricco e con una posizione redditizia io sia così male alloggiato; tutto dipende dall’indecisione», proseguì. «Già da molto tempo la congregazione e le autorità superiori hanno auto­ rizzato la ristrutturazione della casa; sono stati fatti, valutati, modificati già diversi progetti, nessuno è stato scartato del tutto e nessuno messo in opera. Sono passati così tanti anni che ormai ho perso del tutto la pazienza». Gli risposi come mi sembrava opportuno per confortare la sua speranza e in­ coraggiarlo a portare avanti la cosa con maggior decisione. Proseguì descrivendomi in via confidenziale le persone da cui tutto ciò dipendeva, e anche se non era particolarmente bravo nel tratteggiare i caratteri, ebbi un’idea abbastanza chiara del perché la questione si era arenata. La confidenza di quell’uomo era singolare: mi parlava come se ci cono­ scessimo da dieci anni, ma senza che nel suo sguardo ci fos­ se qualcosa che lasciasse intuire una qualche attenzione nei miei confronti. Finalmente tornò il mio amico con la madre, che sembrò invece guardarmi con occhi ben diversi. Il volto era regolare e l’espressione intelligente, in gioventù doveva

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ihrer Jugend schön gewesen sein. Ihre Gestalt war lang und hager, doch nicht mehr als solchen Jahren geziemt; sie hatte vom Rücken her noch ein ganz jugendliches, angenehmes | Ansehen. Die älteste Tochter kam darauf lebhaft hereingestürmt; sie fragte nach Friedricken, so wie die andern beiden auch nach ihr gefragt hatten. Der Vater versicherte, sie nicht gesehen zu haben, seit dem alle drei fortgegangen. Die Tochter fuhr wieder zur Türe hinaus, um die Schwester zu suchen; die Mutter brachte uns einige Erfrischungen, und Weyland setzte mit den beiden Gatten das Gespräch fort, das sich auf lauter bewußte Personen und Verhältnisse bezog, wie es zu geschehn pflegt, wenn Bekannte nach einiger Zeit zusammenkommen, von den Gliedern eines großen Zirkels Erkundigung einziehn und sich wechselsweise berichten. Ich hörte zu und erfuhr nunmehr, wie viel ich mir von diesem Kreise zu verspre­ chen hatte. Die älteste Tochter kam wieder hastig in die Stube, unruhig, ihre Schwester nicht gefunden zu haben. Man war besorgt um sie und schalt auf diese oder jene böse Gewohnheit, nur der Vater sagte ganz ruhig: laßt sie immer gehn, sie kommt schon wieder! In diesem Augenblick trat sie wirklich in die Türe; und da ging fürwahr an diesem ländli­ chen Himmel ein allerliebster Stern auf. Beide Töchter trugen sich noch deutsch, wie man es zu nennen pflegte, und diese fast verdrängte Nationaltracht kleidete Friedricken besonders gut. Ein kurzes weißes rundes Röckchen mit einer Falbel, nicht länger als daß die nettsten Füßchen bis an die Knöchel sichtbar blieben; ein knappes weißes Mie­ der und eine schwarze Taffetschürze – so stand sie auf der Grenze zwi­ schen Bäuerin und Städterin. Schlank und leicht, als wenn sie nichts an sich zu tragen hätte, schritt sie, und beinahe schien für die gewaltigen blonden Zöpfe des niedlichen Köpfchens der Hals zu zart. Aus heiteren blauen Augen blickte sie sehr deutlich umher, und das artige Stumpf­ näschen forschte so frei in die Luft, als wenn es in der Welt keine Sorge

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essere stata bella. La figura era alta e sottile, ma non più di quanto si addicesse alla sua età, e vista di spalle appariva ancora molto piacevole e | giovanile. Poco dopo entrò di volata la figlia maggiore chiedendo dov’era Friederike281, come avevano fatto gli altri due. Il padre assicurò che dopo che erano uscite tutte e tre insieme non l’aveva più vista. La figlia uscì di nuovo a cercare la sorella, la madre por­ tò qualcosa da bere e Weyland proseguì la conversazione con i due coniugi, riferendosi a persone e situazioni a loro note, come accade quando dei conoscenti si ritrovano dopo qualche tempo e si informano sui componenti della cerchia più ampia scambiandosi le notizie. Io ascoltavo facendo­ mi man mano un’idea di cosa dovevo aspettarmi da quelle persone. La figlia maggiore rientrò in casa, inquieta perché non aveva trovato la sorella. Iniziarono a preoccuparsi rimpro­ verandola per questa o quella cattiva abitudine, soltanto il padre rimase tranquillo e disse: «lasciatela stare, vedrete che tornerà!» E proprio in quel momento, infatti, si affacciò sulla soglia, e con lei apparve in quel cielo campestre la più fulgida delle stelle. Entrambe le figlie vestivano ancora alla tedesca, come si diceva allora, e il costume nazionale ormai quasi scomparso si addiceva a Friederike in modo particolare. Una gonnella bianca arricciata con una balza, lunga quanto bastava per lasciare scoperti fino alla caviglia i deliziosi piedini; un corpetto bianco e stretto e un grem­ biule di taffetà nero – era proprio al confine tra la ragazza di campagna e quella di città. Alta e slanciata, camminava come se non toccasse terra, e il collo sembrava quasi trop­ po delicato per le folte trecce bionde della graziosa testoli­ na. Gli occhi azzurri e sorridenti scrutavano tutto intorno, mentre il vezzoso nasino all’insù si muoveva così libero nell’aria come se al mondo non ci fosse nulla da temere. Il

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geben könnte; der Strohhut hing ihr am Arm, und so hatte ich das Ver­ gnügen, sie beim ersten Blick auf einmal in ihrer ganzen Anmut und Lieblichkeit zu sehn und zu erkennen. Ich fing nun an meine Rolle mit Mäßigung zu spielen, | halb be­ schämt, so gute Menschen zum besten zu haben, die zu beobachten es mir nicht an Zeit fehlte: denn die Mädchen setzten jenes Gespräch fort und zwar mit Leidenschaft und Laune. Sämtliche Nachbarn und Verwandte wurden abermals vorgeführt, und es erschien meiner Ein­ bildungskraft ein solcher Schwarm von Onclen und Tanten, Vettern, Basen, Kommenden, Gehenden, Gevattern und Gästen, daß ich in der belebtesten Welt zu hausen glaubte. Alle Familienglieder hatten einige Worte mit mir gesprochen, die Mutter betrachtete mich jedesmal, so oft sie kam oder ging, aber Friedricke ließ sich zuerst mit mir in ein Ge­ spräch ein, und indem ich umherliegende Noten aufnahm und durch­ sah, fragte sie, ob ich auch spiele. Als ich es bejahte, ersuchte sie mich etwas vorzutragen; aber der Vater ließ mich nicht dazu kommen: denn er behauptete, es sei schicklich, dem Gaste zuerst mit irgend einem Musikstück oder einem Liede zu dienen. Sie spielte verschiedenes mit einiger Fertigkeit, in der Art, wie man es auf dem Lande zu hören pflegt, und zwar auf einem Klavier, das der Schulmeister schon längst hätte stimmen sollen, wenn er Zeit gehabt hätte. Nun sollte sie auch ein Lied singen, ein gewisses zärtlich-trauri­ ges; das gelang ihr nun gar nicht. Sie stand auf und sagte lächelnd, oder vielmehr mit dem auf ihrem Gesicht immerfort ruhenden Zuge von heiterer Freude: wenn ich schlecht singe, so kann ich die Schuld nicht auf das Klavier und den Schulmeister werfen; lassen Sie uns aber nur hinauskommen, dann sollen Sie meine Elsasser- und Schweizerlied­ chen hören, die klingen schon besser. Beim Abendessen beschäftigte mich eine Vorstellung, die mich schon früher überfallen hatte, dergestalt, daß ich nachdenklich und stumm wurde, obgleich die Lebhaftigkeit der älteren Schwester und die

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cappello di paglia era appeso al braccio, così ebbi la fortuna di vederla e ammirarla fin dalla prima occhiata in tutta la sua grazia e bellezza. Cominciai quindi a recitare la mia parte con moderazio­ ne, | quasi vergognandomi di prendere in giro delle persone così per bene, che avevo potuto osservare con calma: le ra­ gazze si inserirono infatti nella conversazione e la prose­ guirono con entusiasmo e allegria. Tutti i vicini e i parenti furono passati di nuovo in rassegna, e alla mia fantasia si presentò una tale folla di zii e zie, cugini e cugine, un tale viavai di gente, compari e conoscenti che mi sembrò di es­ sere nella regione più popolata del mondo. Tutti i membri della famiglia avevano scambiato qualche parola con me, la madre mi osservava ogni volta che andava e veniva, ma fu Friederike a iniziare per prima a conversare con me. Veden­ do che prendevo in mano e sfogliavo degli spartiti che c’e­ rano in giro, mi chiese se sapevo suonare. Quando risposi affermativamente, mi pregò di suonare qualcosa, ma il pa­ dre me lo impedì: pensava che fosse più gentile intrattenere per prima cosa l’ospite con della musica o un canto. Suonò vari pezzi con una certa disinvoltura, come si usa di solito in campagna, e su uno strumento che il maestro avrebbe dovuto accordare già da un pezzo, se ne avesse trovato il tempo. Alla fine suonò ancora un’altra canzone, dolce e triste, ma fu un disastro. Allora si alzò e disse sorri­ dendo, o meglio con quel tratto di gioiosa allegria che ave­ va sempre sul volto: «Se canto male, non posso certo dare la colpa al piano, né al maestro! Ma usciamo adesso, più tardi vi farò sentire le mie canzoncine alsaziane e svizzere, quelle mi vengono meglio». Durante la cena ero talmente assorto in un’idea che mi era venuta già prima, che divenni taciturno e pensieroso, nonostante la vivacità della sorella maggiore e la grazia del­

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Anmut der jüngern mich oft genug aus meinen Betrachtungen schüttel­ ten. Meine Verwunderung war über allen Ausdruck, mich so ganz leib­ haftig in der Wakefieldschen Familie zu finden. Der Vater konnte frei­ lich nicht mit jenem trefflichen Manne | verglichen werden; allein wo gäbe es auch seinesgleichen! Dagegen stellte sich alle Würde, welche jenem Ehegatten eigen ist, hier in der Gattin dar. Man konnte sie nicht ansehen, ohne sie zugleich zu ehren und zu scheuen. Man bemerkte bei ihr die Folgen einer guten Erziehung; ihr Betragen war ruhig, frei, heiter und einladend. Hatte die ältere Tochter nicht die gerühmte Schönheit Oliviens, so war sie doch wohl gebaut, lebhaft und eher heftig; sie zeigte sich überall tätig und ging der Mutter in allem an Handen. Friedricken an die Stelle von Primrosens Sophie zu setzen, war nicht schwer: denn von jener ist wenig gesagt, man gibt nur zu, daß sie liebenswürdig sei; diese war es wirklich. Wie nun dasselbe Geschäft, derselbe Zustand überall, wo er vorkommen mag, ähnliche, wo nicht gleiche Wirkungen hervorbringt; so kam auch hier manches zur Sprache, es geschah gar manches, was in der Wakefieldschen Familie sich auch schon ereignet hatte. Als nun aber gar zuletzt ein längst angekündigter und von dem Vater mit Ungeduld erwarteter jüngerer Sohn ins Zimmer sprang und sich dreust zu uns setzte, indem er von den Gästen wenig Notiz nahm, so enthielt ich mich kaum auszurufen: Moses, bist du auch da! Die Unterhaltung bei Tische erweiterte die Ansicht jenes Landund Familienkreises, indem von mancherlei lustigen Begebenheiten, die bald da bald dort vorgefallen, die Rede war. Friedricke, die neben mir saß, nahm daher Gelegenheit, mir verschiedene Ortschaften zu be­ schreiben, die es wohl zu besuchen der Mühe wert sei. Da immer ein Geschichtchen das andere hervorruft, so konnte ich nun auch mich des­ to besser in das Gespräch mischen und ähnliche Begebenheiten erzäh­ len, und weil hiebei ein guter Landwein keineswegs geschont wurde, so stand ich in Gefahr, aus meiner Rolle zu fallen, weshalb der vorsich­ tigere Freund den schönen Mondschein zum Vorwand nahm und auf

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la minore mi distogliessero spesso delle mie meditazioni. Mi lasciava senza parole lo stupore di trovarmi fisicamente con la famiglia di Wakefield! In verità il padre non si poteva paragonare a | quell’eccellente vicario, ma sarebbe impos­ sibile trovare un suo pari: tutta la dignità che nel roman­ zo spettava al marito, qui era invece presente nella moglie. Non si poteva guardarla senza provarne rispetto e soggezio­ ne. Si vedevano gli effetti di una buona educazione, il suo contegno era tranquillo, spontaneo, sereno e cordiale. Anche se la figlia maggiore non aveva la bellezza di Oli­ vie nel romanzo, era comunque carina, vivace e piuttosto impetuosa; si dava da fare ovunque e aiutava la madre in tutto. Non era difficile mettere Friederike al posto di So­ phie Primrose, perché di lei si dice molto poco, si riferisce soltanto che è deliziosa, e questa lo era davvero. Poiché la medesima occupazione, la medesima situazione, dovunque si verifichi, produce sempre effetti simili se non identici, anche qui si parlò di argomenti e di avvenimenti che erano già accaduti nella famiglia di Wakefield. E quando alla fine irruppe nella stanza il figlio minore, da tempo annunciato e atteso con impazienza dal padre e si sedette brusco a tavola con noi, senza nemmeno badare agli ospiti, riuscii a fatica a trattenermi dall’esclamare: «Moses, ci sei anche tu!»282 A tavola si raccontò di questo e quel fatto divertente ac­ caduto qua o là, ampliando la mia impressione della cerchia locale e familiare. Friederike che sedeva accanto a me col­ se l’occasione per illustrarmi i diversi luoghi che valeva la pena visitare. Dato che un aneddoto ne richiama sempre un altro, potei inserirmi anch’io agevolmente nella conversa­ zione raccontandone di simili, e visto che non mancava un buon vino di campagna, stavo correndo il rischio di uscire dalla parte quando il mio amico, più prudente di me, prese a pretesto il bel chiaro di luna per proporre una passeggia­

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einen Spaziergang antrug, welcher denn auch sogleich beliebt wurde. Er bot der ältesten den Arm, ich der jüngsten, und so zogen wir durch die weiten Fluren, mehr den | Himmel über uns zum Gegenstande ha­ bend, als die Erde, die sich neben uns in der Breite verlor. Friedrickens Reden jedoch hatten nichts Mondscheinhaftes; durch die Klarheit, wo­ mit sie sprach, machte sie die Nacht zum Tage, und es war nichts darin was eine Empfindung angedeutet oder erweckt hätte, nur bezogen sich ihre Äußerungen mehr als bisher auf mich, indem sie sowohl ihren Zu­ stand als die Gegend und ihre Bekannten mir von der Seite vorstellte, wiefern ich sie würde kennen lernen: denn sie hoffe, setzte sie hinzu, daß ich keine Ausnahme machen und sie wieder besuchen würde, wie jeder Fremde gern getan, der einmal bei ihnen eingekehrt sei. Es war mir sehr angenehm, stillschweigend der Schilderung zuzu­ hören, die sie von der kleinen Welt machte, in der sie sich bewegte, und von denen Menschen, die sie besonders schätzte. Sie brachte mir da­ durch einen klaren und zugleich so liebenswürdigen Begriff von ihrem Zustande bei, der sehr wunderlich auf mich wirkte: denn ich empfand auf einmal einen tiefen Verdruß, nicht früher mit ihr gelebt zu haben, und zugleich ein recht peinliches, neidisches Gefühl gegen alle, welche das Glück gehabt hatten, sie bisher zu umgeben. Ich paßte sogleich, als wenn ich ein Recht dazu gehabt hätte, genau auf alle ihre Schilde­ rungen von Männern, sie mochten unter den Namen von Nachbarn, Vettern oder Gevattern auftreten, und lenkte bald da bald dorthin meine Vermutung; allein wie hätte ich etwas entdecken sollen in der völligen Unbekanntschaft aller Verhältnisse. Sie wurde zuletzt immer redseliger und ich immer stiller. Es hörte sich ihr gar so gut zu, und da ich nur ihre Stimme vernahm, ihre Gesichtsbildung aber so wie die übrige Welt in Dämmerung schwebte, so war es mir, als ob ich in ihr Herz sähe, das ich höchst rein finden mußte, da es sich in so unbefangener Geschwät­ zigkeit vor mir eröffnete.

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ta, ottenendo un immediato consenso. Offrì il braccio alla maggiore, io alla minore, e così passeggiamo nella vasta campagna, osservando | più il cielo sopra di noi che la terra, che si perdeva intorno a noi in lontananza. Ma i discorsi di Friederike non avevano nulla da spartire col chiaro di luna, al contrario: la chiarezza con cui parlava trasformava la notte in giorno e non c’era nulla che potesse richiamare o risvegliare un’emozione. Ora però i suoi discorsi si ri­ volgevano a me in modo più diretto, poiché mi descrisse la sua situazione, il circondario e infine i suoi conoscenti dalla prospettiva in cui io li avrei conosciuti: perché sperava, ag­ giunse, che non avrei costituito un’eccezione e sarei tornato a trovarla, come tutti i forestieri che erano passati almeno una volta da loro. Fu molto piacevole ascoltare in silenzio la sua descri­ zione del piccolo mondo in cui si muoveva e delle persone a cui voleva bene. Mi fornì un’immagine nitida e amabi­ le insieme della sua esistenza, che produsse su di me un effetto molto strano: provai di colpo un profondo rincre­ scimento per non averla conosciuta prima, e insieme un sentimento davvero tormentoso di invidia per tutti coloro che avevano avuto la fortuna di starle accanto fino ad allo­ ra. Prestai subito attenzione, come se ne avessi il diritto, a tutte le descrizioni di uomini, sia che comparissero sotto il nome di vicini, cugini o compari, spostando i miei sospetti ora sull’uno, ora sull’altro; ma come avrei potuto scoprire qualcosa, essendo completamente all’oscuro di tutte quelle relazioni? Divenne sempre più loquace, io sempre più silen­ zioso. La si ascoltava così volentieri, e ora che sentivo solo la sua voce, mentre il volto insieme a tutto il resto del mon­ do svaniva nel crepuscolo, mi sembrava di poterle leggere nel cuore, un cuore purissimo che mi si rivelava con tanta spontanea loquacità.

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Als mein Gefährte mit mir in das für uns zubereitete Gastzimmer gelangte, brach er sogleich mit Selbstgefälligkeit in behaglichen Scherz aus und tat sich viel darauf zu Gute, mich mit der Ähnlichkeit der Prim­ rosischen Familie | so sehr überrascht zu haben. Ich stimmte mit ein, indem ich mich dankbar erwies. – Fürwahr! rief er aus, das Märchen ist ganz beisammen. Diese Familie vergleicht sich jener sehr gut, und der verkappte Herr da mag sich die Ehre antun, für Herrn Burchel gelten zu wollen; ferner, weil wir im gemeinen Leben die Bösewichter nicht so nötig haben als in Romanen, so will ich für diesmal die Rolle des Neffen übernehmen und mich besser aufführen als er. Ich verließ je­ doch sogleich dieses Gespräch, so angenehm es mir auch sein mochte, und fragte ihn vor allen Dingen auf sein Gewissen, ob er mich wirklich nicht verraten habe. Er beteuerte nein! und ich durfte ihm glauben. Sie hätten sich vielmehr, sagte er, nach dem lustigen Tischgesellen er­ kundigt, der in Straßburg mit ihm in Einer Pension speise und von dem man ihnen allerlei verkehrtes Zeug erzählt habe. Ich schritt nun zu an­ dern Fragen: ob sie geliebt habe? ob sie liebe? ob sie versprochen sei? Er verneinte das alles. – Fürwahr! versetzte ich, eine solche Heiterkeit von Natur aus ist mir unbegreiflich. Hätte sie geliebt und verloren und sich wieder gefaßt, oder wäre sie Braut, in beiden Fällen wollte ich es gelten lassen. So schwatzten wir zusammen tief in die Nacht, und ich war schon wieder munter als es tagte. Das Verlangen sie wieder zu sehen schien unüberwindlich; allein indem ich mich anzog, erschrak ich über die verwünschte Garderobe, die ich mir so freventlich ausgesucht hatte. Je weiter ich kam, meine Kleidungsstücke anzulegen, desto niederträchti­ ger erschien ich mir: denn alles war ja auf diesen Effekt berechnet. Mit meinen Haaren wäre ich allenfalls noch fertig geworden; aber wie ich mich zuletzt in den geborgten, abgetragenen grauen Rock einzwängte und die kurzen Ärmel mir das abgeschmackteste Ansehen gaben, fiel ich desto entschiedener in Verzweiflung, als ich mich in einem kleinen Spiegel nur teilweise betrachten konnte; da denn immer ein Teil lächer­ licher aussah als der andre.

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Quando il mio compagno e io ci ritirammo nella stan­ za degli ospiti preparata per noi, cominciò subito a ridere compiaciuto, soddisfatto per avermi colto così di sorpresa per la somiglianza | con la famiglia Primrose. Mi unii alla sua ilarità ringraziandolo. «Davvero, gli elementi ci sono tutti!» esclamò. «Questa famiglia si può davvero parago­ nare all’altra, e il signorino travestito può persino prendersi l’onore di passare per Lord Burchell; e visto che nella vita normale possiamo fare anche a meno dei mascalzoni, per questa volta io farò la parte del nipote, ma comportandomi meglio di lui». Cambiai subito discorso, per quanto mi fos­ se gradito, e gli chiesi per prima cosa se davvero, in tutta coscienza, non mi aveva tradito. Mi assicurò di no e gli cre­ detti. Si erano più che altro informati di chi fosse quell’al­ legro commensale di Strasburgo che pranza con lui tutti i giorni nella stessa pensione e di cui erano state raccontate le cose più strambe. Passai quindi ad altre domande: se è già stata innamorata, se ha un fidanzato, se è promessa sposa? Rispose sempre negativamente. «Davvero, una simile sere­ nità di natura mi è del tutto incomprensibile!», soggiunsi. «Se avesse amato e sofferto e poi si fosse ripresa, o se fosse fidanzata, in questi casi sì, potrei capirla». Chiacchierammo fino a notte fonda, ma all’alba ero già sveglio. Il desiderio di rivederla era invincibile, ma nel ve­ stirmi mi spaventai degli abiti logori che mi ero sciagura­ tamente scelto. Via via che li indossavo mi sentivo sempre più miserabile: tutto infatti era volto a dare questa impres­ sione. Per i capelli avrei potuto ancora rimediare, ma quan­ do alla fine mi infilai nella giacchetta striminzita, grigia e consunta che avevo preso a prestito, con quelle maniche corte di pessimo gusto, e mi osservai a pezzi in un piccolo specchio, fui preso dalla disperazione: ogni pezzo era più ridicolo dell’altro.

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Über dieser Toilette war mein Freund aufgewacht und blickte, mit der Zufriedenheit eines guten Gewissens und | im Gefühl einer freudi­ gen Hoffnung für den Tag, aus der gestopften seidenen Decke. Ich hat­ te schon seine hübschen Kleider, wie sie über den Stuhl hingen, längst beneidet, und wäre er von meiner Taille gewesen, ich hätte sie ihm vor den Augen weggetragen, mich draußen umgezogen und ihm mei­ ne verwünschte Hülle, in den Garten eilend, zurückgelassen; er hätte guten Humor genug gehabt, sich in meine Kleider zu stecken, und das Märchen wäre bei frühem Morgen zu einem lustigen Ende gelangt. Da­ ran war aber nun gar nicht zu denken, so wenig als wie an irgend eine schickliche Vermittelung. In der Figur, in der mich mein Freund für einen zwar fleißigen und geschickten aber armen Studiosen der Theo­ logie ausgeben konnte, wieder vor Friedricken hinzutreten, die gestern Abend an mein verkleidetes Selbst so freundlich gesprochen hatte, das war mir ganz unmöglich. Ärgerlich und sinnend stand ich da und bot all mein Erfindungsvermögen auf; allein es verließ mich. Als nun aber gar der behaglich Ausgestreckte, nachdem er mich eine Weile fixiert hatte, auf einmal in ein lautes Lachen ausbrach und ausrief: Nein! es ist wahr, du siehst ganz verwünscht aus! versetzte ich heftig: Und ich weiß was ich tue, leb wohl und entschuldige mich! – Bist du toll! rief er, indem er aus dem Bette sprang und mich aufhalten wollte. Ich war aber schon zur Türe hinaus, die Treppe hinunter, aus Haus und Hof, nach der Schenke; im Nu war mein Pferd gesattelt und ich eilte in ra­ sendem Unmut galoppierend nach Drusenheim, den Ort hindurch und immer weiter. Da ich mich nun in Sicherheit glaubte, ritt ich langsamer und fühlte nun erst, wie unendlich ungern ich mich entfernte. Ich ergab mich aber in mein Schicksal, vergegenwärtigte mir den Spaziergang von gestern Abend mit der größten Ruhe und nährte die stille Hoffnung, Sie bald wieder zu sehn. Doch verwandelte sich dieses stille Gefühl bald wieder in Ungeduld, und nun beschloß ich, schnell in die Stadt zu reiten, mich

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Nel corso della mia toeletta il mio amico si era svegliato e mi guardava da sotto la trapunta di seta, con la soddisfa­ zione della coscienza pulita e | pregustando le gioie della giornata. Invidiavo i suoi bei vestiti appesi su una sedia, e se fossero stati della mia taglia glieli avrei portati via da sotto il naso, mi sarei vestito fuori dalla stanza e mi sarei affrettato in giardino, lasciando a lui i miei dannati stracci; era sufficientemente spiritoso da indossarli e così lo scherzo avrebbe trovato il suo lieto fine di buon mattino. Ma quello era escluso, così come non potevo sperare in una qualche altra soluzione intermedia. Presentarmi di nuovo a Friede­ rike, che ieri aveva conversato con tanta cortesia con l’altro me, nei panni di uno studente di teologia bravo e meritevole ma squattrinato, come il mio amico mi aveva presentato, mi era del tutto impossibile. Rimasi lì indispettito e medi­ tabondo, cercando di mobilitare tutta la mia inventiva, ma invano. A un tratto l’amico, comodamente sdraiato, dopo avermi osservato per un po’ scoppiò in una sonora risata esclamando: «Ma guardati, hai proprio l’aria di un misera­ bile!» Al che ribattei con impeto: «E so anche cosa fare! Me ne vado, saluta tutti e scusati per me». – «Ma sei matto!» disse saltando giù dal letto per fermarmi, ma io ero già fuori dalla porta, giù dalle scale, fuori da casa e giardino diretto alla locanda; in un attimo sellai il cavallo e mi precipitai al galoppo, furioso e arrabbiato, verso Drusenheim e poi an­ cora oltre. Quando mi ritenni al sicuro, rallentai il galoppo e solo allora mi accorsi di quanto malvolentieri mi allontanavo. Mi rassegnai però al mio destino, cercai di ripensare con la massima tranquillità alla passeggiata della sera prima nutrendo la segreta speranza di poter rivedere presto Frie­ derike. Ma quel sentimento quieto si trasformò subito in impazienza e decisi quindi di tornare velocemente in città,

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umzuziehen, ein gutes frisches Pferd zu nehmen; da ich denn wohl al­ lenfalls, wie mir die | Leidenschaft vorspiegelte, noch vor Tische, oder, wie es wahrscheinlicher war, zum Nachtische oder gegen Abend gewiß wieder eintreffen und meine Vergebung erbitten konnte. Eben wollte ich meinem Pferde die Sporen geben, um diesen Vor­ satz auszuführen, als mir ein anderer und, wie mich deuchte, sehr glücklicher Gedanke durch den Geist fuhr. Schon gestern hatte ich im Gasthofe zu Drusenheim einen sehr sauber gekleideten Wirtssohn be­ merkt, der auch heute früh, mit ländlichen Anordnungen beschäftigt, mich aus seinem Hofe begrüßte. Er war von meiner Gestalt und hatte mich flüchtig an mich selbst erinnert. Gedacht, getan! Mein Pferd war kaum umgewendet, so befand ich mich in Drusenheim; ich brachte es in den Stall und machte dem Burschen kurz und gut den Vortrag: er solle mir seine Kleider borgen, weil ich in Sesenheim etwas Lustiges vorhabe. Da brauchte ich nicht auszureden; er nahm den Vorschlag mit Freuden an und lobte mich, daß ich den Mamsells einen Spaß machen wolle; sie wären so brav und gut, besonders Mamsell Rieckchen, und auch die Eltern sähen gerne, daß es immer lustig und vergnügt zuginge. Er betrachtete mich aufmerksam, und da er mich nach meinem Auf­ zug für einen armen Schlucker halten mochte, so sagte er: wenn Sie sich insinuieren wollen, so ist das der rechte Weg. Wir waren indessen schon weit in unserer Umkleidung gekommen, und eigentlich sollte er mir seine Festtagskleider gegen die meinigen nicht anvertrauen; doch er war treuherzig und hatte ja mein Pferd im Stalle. Ich stand bald und recht schmuck da, warf mich in die Brust, und mein Freund schien sein Ebenbild mit Behaglichkeit zu betrachten. – Topp Herr Bruder! sagte er, indem er mir die Hand hinreichte, in die ich wacker einschlug, kom­ me er meinem Mädel nicht zu nah, sie möchte sich vergreifen. Meine Haare, die nunmehr wieder ihren völligen Wuchs hatten, konnte ich ohngefähr wie die seinigen scheiteln, und da ich ihn wie­ derholt betrachtete, so fand ichs lustig, seine dichteren Augenbrauen

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cambiarmi e prendere un cavallo fresco; in quel modo avrei potuto | arrivare per il pranzo, come la passione mi face­ va sperare, o forse più probabilmente per il dessert o verso sera, per chiedere perdono. Stavo quindi spronando il cavallo per mettere in atto questo proposito, quando mi venne in mente un’altra idea, che mi parve più felice. Il giorno prima a Drusenheim ave­ vo visto uno dei figli dell’oste vestito con molta cura, e an­ che quella mattina presto mi aveva salutato dal cortile, dove era impegnato in qualche attività rurale. Era di corporatura simile alla mia e per un attimo mi era sembrato che mi so­ migliasse. Detto, fatto! Non feci in tempo a girare il cavallo che ero già a Drusenheim, lo avevo condotto nella stalla e stavo facendo la mia proposta al ragazzo: doveva prestarmi i suoi vestiti, per fare uno scherzo a quelli di Sessenheim. Non ebbi nemmeno il tempo di finire che subito accettò con gioia e lodò la mia idea di far divertire le signorine; sono così brave e buone, soprattutto la signorina Rikchen, e anche i genitori sono contenti quando c’e gioia e allegria. Mi osservò attentamente e dai miei vestiti dovette arguire che ero un povero diavolo, quindi disse: «Se volete entrare nelle loro grazie, questo è il modo giusto». Nel frattempo eravamo già a buon punto con lo scambio, sebbene fosse un azzardo darmi i suoi vestiti della festa in cambio dei miei stracci; ma era di buon cuore e comunque aveva il mio ca­ vallo nella stalla. Fui presto pronto e agghindato, pavoneg­ giandomi davanti all’amico che guardava soddisfatto il suo gemello. «Ottimo, signor fratello!», disse dandomi la mano, che strinsi con calore. «Non vi avvicinate però troppo alla mia ragazza, potrebbe confondersi!» Potevo pettinare i capelli, che nel frattempo erano com­ pletamente ricresciuti, più o meno come i suoi e dopo averlo osservato ben bene mi sembrò buffo imitare le sue

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mit einem gebrannten  | Korkstöpsel mäßig nachzuahmen und sie in der Mitte näher zusammenzuziehen, um mich bei meinem rätselhaften Vornehmen auch äußerlich zum Rätsel zu bilden. Habt Ihr nun, sagte ich, als er mir den bebänderten Hut reichte, nicht irgend etwas in der Pfarre auszurichten, daß ich mich auf eine natürliche Weise dort an­ melden könnte? – Gut! versetzte er, aber da müssen Sie noch zwei Stunden warten. Bei uns ist eine Wöchnerin; ich will mich erbieten, den Kuchen der Frau Pfarrin zu bringen, den mögen Sie dann hinüber­ tragen. Hoffart muß Not leiden und der Spaß denn auch. – Ich entschloß mich zu warten, aber diese zwei Stunden wurden mir unendlich lang und ich verging vor Ungeduld, als die dritte verfloß, ehe der Kuchen aus dem Ofen kam. Ich empfing ihn endlich ganz warm, und eilte, bei dem schönsten Sonnenschein, mit meinem Kreditiv davon, noch eine Strecke von meinem Ebenbild begleitet, welches gegen Abend nachzu­ kommen und mir meine Kleider zu bringen versprach, die ich aber leb­ haft ablehnte und mir vorbehielt, ihm die seinigen wieder zuzustellen. Ich war nicht weit mit meiner Gabe gesprungen, die ich in einer sauberen zusammengeknüpften Serviette trug, als ich in der Ferne mei­ nen Freund mit den beiden Frauenzimmern mir entgegen kommen sah. Mein Herz war beklommen, wie sich’s eigentlich unter dieser Jacke nicht ziemte. Ich blieb stehen, holte Atem und suchte zu überlegen, was ich beginnen solle; und nun bemerkte ich erst, daß das Terrain mir sehr zu Statten kam: denn sie gingen auf der andern Seite des Baches, der, so wie die Wiesenstreifen, durch die er hinlief, zwei Fußpfade ziemlich aus einander hielt. Als sie gegen mir über waren rief Friedricke, die mich schon lange gewahrt hatte: Georges, was bringst du? Ich war klug genug, das Gesicht mit dem Hute, den ich abnahm, zu bedecken, in­ dem ich die beladene Serviette hoch in die Höhe hielt. – Ein Kindtauf­

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sopracciglia più folte con un turacciolo | bruciacchiato e farle avvicinare un po’ di più al centro, in modo che il mio comportamento enigmatico fosse anche esteriormente un enigma. «Bene», dissi mentre mi porgeva il cappello con i nastri, «non è che avete qualche commissione da sbriga­ re alla canonica, in modo che mi possa presentare senza dare nell’occhio?» – «Come no!», rispose, «ma in questo caso dovrete aspettare un paio d’ore. Qui da noi c’è una puerpera, io mi offrirò di portare la torta alla moglie del parroco e potrete andare voi. L’orgoglio porta le sue pene, e così anche lo scherzo». Decisi di aspettare, ma quelle due ore divennero eterne e mi sentivo mancare per l’impazienza quando dovette passarne anche una terza prima che la torta uscisse dal forno. La presi ancora bollente e mi avviai spe­ dito con le mie credenziali sotto un bel sole, accompagnato per un tratto dal mio gemello che promise di raggiungerci verso sera per riportarmi i vestiti. Rifiutai con decisione, riservandomi invece il privilegio di essere io a restituirgli i suoi. Non avevo fatto molta strada con il mio dono, avvolto in un tovagliolo bianco annodato, quando vidi da lontano il mio amico con le due ragazze che mi venivano incontro. Il cuore mi balzò in petto, anche se ora, con quella giacca, non ne aveva motivo. Mi fermai, trassi un profondo respiro e cercai di riflettere sul da farsi; ma in quel momento mi accorsi che il terreno mi era molto propizio, perché loro passeggiavano dall’altra parte del ruscello che, con le due ampie rive erbose tra cui scorreva, teneva abbastanza di­ stanti i due sentieri l’uno dall’altro. Quando furono alla mia altezza, Friederike, che mi aveva scorto già da lontano, gri­ dò: «Che cosa ci porti, Georges?» Fui abbastanza scaltro da coprirmi il volto col cappello nel saluto, sollevando in alto il tovagliolo col suo carico. «Una torta per il battesimo! E

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kuchen! rief sie dagegen; wie geht’s der Schwester? – Guet, sagte ich, indem ich, wo nicht Elsassisch, doch fremd zu reden suchte. – Trag ihn nach Hause! sagte die älteste, und wenn du die Mutter nicht | findest, gib ihn der Magd; aber wart auf uns, wir kommen bald wieder, hörst du! – Ich eilte meinen Pfad hin, im Frohgefühl der besten Hoffnung, daß alles gut ablaufen müsse, da der Anfang glücklich war, und hat­ te bald die Pfarrwohnung erreicht. Ich fand Niemand weder im Haus noch in der Küche; den Herrn, den ich beschäftigt in der Studierstube vermuten konnte, wollte ich nicht aufregen, ich setzte mich deshalb auf die Bank vor der Türe, den Kuchen neben mich und drückte den Hut ins Gesicht. Ich erinnere mich nicht leicht einer angenehmern Empfindung. Hier an dieser Schwelle wieder zu sitzen, über die ich vor kurzem in Verzweiflung hinausgestolpert war; sie schon wieder gesehn, ihre liebe Stimme schon wieder gehört zu haben, kurz nachdem mein Unmut mir eine lange Trennung vorgespiegelt hatte; jeden Augenblick sie selbst und eine Entdeckung zu erwarten, vor der mir das Herz klopfte, und doch, in diesem zweideutigen Falle, eine Entdeckung ohne Beschä­ mung; dann, gleich zum Eintritt einen so lustigen Streich, als keiner derjenigen, die gestern belacht worden waren! Liebe und Not sind doch die besten Meister, hier wirkten sie zusammen und der Lehrling war ihrer nicht unwert geblieben. Die Magd kam aber aus der Scheune getreten. – Nun! sind die Ku­ chen geraten? rief sie mich an; wie gehts der Schwester? – Alles guet, sagte ich und deutete auf den Kuchen, ohne aufzusehen. Sie faßte die Serviette und murrte: Nun, was hast du heute wieder? hat Bärbchen wieder einmal einen Andern angesehn? Laß es uns nicht entgelten! Das wird eine saubere Ehe werden, wenn’s so fort geht. Da sie ziemlich laut sprach, kam der Pfarrer ans Fenster und fragte, was es gebe? Sie bedeu­ tete ihn; ich stand auf und kehrte mich nach ihm zu, doch hielt ich den

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come sta tua sorella?» esclamò. «Ben!» dissi cercando di parlare, se non alsaziano, almeno con un accento stranie­ ro. «Portala a casa», disse la maggiore. «E se la mamma non c’è, | dalla pure alla domestica, ma aspettaci, torniamo presto, hai capito?» Mi affrettai lungo il sentiero pieno di speranza e di gioia che tutto sarebbe andato bene, visto il fortunato inizio, e raggiunsi svelto la canonica. Non c’era nessuno né in casa, né in cucina, e non volli disturbare il padrone di casa che immaginai impegnato nello studio, per cui mi sedetti sulla panca accanto alla porta, con la torta di fianco a me e il cappello calcato sul viso. A malapena ricordo una sensazione più piacevole. Sede­ re di nuovo su quella soglia da cui poche ore prima ero usci­ to inciampando disperato; averla vista di nuovo, aver ascol­ tato di nuovo la sua amata voce, mentre il mio sconforto mi aveva prospettato una lunga separazione; passare ogni istante ad aspettare che lei arrivasse e scoprisse una sorpre­ sa che mi faceva battere il cuore, ma comunque, nonostante l’ambiguità del travestimento, senza dovermi vergognare; e tanto per cominciare un bello scherzo, molto più divertente di quelli di cui avevamo riso il giorno precedente. L’amore e la necessità sono dopo tutto i migliori maestri, in questo caso collaboravano e il loro apprendista non si era dimo­ strato poi così indegno. La domestica uscì dal fienile. «Allora? Sono venute bene le torte?», chiese ad alta voce. «Come sta tua sorella?» – «Tutto bene», dissi mostrando la torta, ma senza alzare lo sguardo. Afferrò il tovagliolo borbottando: «Che cos’hai oggi? Barbarina ha di nuovo guardato un altro? E cosa c’entriamo noi? Sarà proprio un bel matrimonio, se andate avanti così!» Aveva parlato a voce piuttosto alta, così il par­ roco venne alla finestra e chiese cosa stesse succedendo. La domestica mi indicò, io mi alzai in piedi girandomi verso di

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Hut wieder über’s Gesicht. Als er etwas Freundliches gesprochen und mich zu bleiben geheißen hatte, ging ich nach dem Garten und wollte eben hineintreten, als die Pfarrin, die zum Hoftore hereinkam, mich an­ rief. Da mir die Sonne gerade in’s Gesicht schien, so bediente ich mich abermals des Vorteils, | den mir der Hut gewährte, grüßte sie mit einem Scharrfuß, sie aber ging in das Haus, nachdem sie mir zugesprochen hatte, ich möchte nicht weggehen, ohne etwas genossen zu haben. Ich ging nunmehr in dem Garten auf und ab; alles hatte bisher den besten Erfolg gehabt, doch holte ich tief Atem, wenn ich dachte, daß die jun­ gen Leute nun bald herankommen würden. Aber unvermutet trat die Mutter zu mir und wollte eben eine Frage an mich tun, als sie mir ins Gesicht sah, das ich nicht mehr verbergen konnte, und ihr das Wort im Munde stockte. – Ich suche Georgen, sagte sie nach einer Pause, und wen finde ich! Sind Sie es, junger Herr? wie viel Gestalten haben Sie denn? – Im Ernst nur eine, versetzte ich, zum Scherz soviel Sie wollen. – Den will ich nicht verderben, lächelte sie; gehen Sie hinten zum Garten hinaus und auf der Wiese hin, bis es Mittag schlägt, dann kehren Sie zurück und ich will den Spaß schon eingeleitet haben. Ich tat’s; allein da ich aus den Hecken der Dorfgärten heraus war und die Wiesen hingehen wollte, kamen gerade einige Landleute den Fußpfad her, die mich in Verlegenheit setzten. Ich lenkte deshalb nach einem Wäldchen, das ganz nah eine Erderhöhung bekrönte, um mich darin bis zur bestimmten Zeit zu verbergen. Doch wie wunderlich ward mir zu Mute als ich hineintrat: denn es zeigte sich mir ein reinlicher Platz mit Bänken, von deren jeder man eine hübsche Aussicht in die Gegend gewann. Hier war das Dorf und der Kirchturm, hier Drusenheim und dahinter die waldigen Rheininseln, gegenüber die Vogesischen Gebir­ ge und zuletzt der Straßburger Münster. Diese verschiedenen himmel­ hellen Gemälde waren durch buschige Rahmen eingefaßt, so daß man nichts Erfreulicheres und Angenehmeres sehen konnte. Ich setzte mich auf eine der Bänke und bemerkte an dem stärksten Baum ein kleines

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lui, ma tenendo sempre il cappello davanti al viso. Mi disse una frase gentile e mi invitò a fermarmi da loro, dopo di che mi avviai verso il giardino e stavo per entrarvi, quando mi sentii chiamare dalla moglie, che entrava in quel momen­ to dal cancello sul cortile. Avevo il sole in faccia, per cui potei di nuovo servirmi dell’espediente | del cappello per nascondermi e la salutai con un inchino. Entrò in casa, dopo avermi detto di non andarmene senza aver prima mangiato qualcosa. Passeggiai quindi in giardino, tutto fino a quel momento era filato liscio, ma trattenevo il fiato al pensiero che presto sarebbero rientrati anche i giovani. La madre, che voleva chiedermi qualcosa, mi colse di sorpresa; guardan­ domi in volto, che era troppo tardi per nascondere, si bloccò di colpo. «Cercavo Georges», disse dopo un attimo, «e chi trovo? Siete voi, giovane signore? Ma quante facce avete, alla fin fine?» – «In realtà solo una», risposi, «ma per scher­ zo, quante ne volete!» – «Lo scherzo non ve lo rovinerò», disse sorridendo. «Uscite dal cancello sul retro del giardino e passeggiate sui prati fino a mezzogiorno; a quell’ora tor­ nate, e vi avrò preparato la strada». Feci come diceva, ma proprio mentre oltrepassavo la siepe degli orti per avviarmi sui prati vidi arrivare dal sentiero alcuni paesani e mi sentii in imbarazzo. Svoltai allora verso un boschetto lì vicino che coronava una collinetta per nascondermi fino al momen­ to stabilito. Ma che sorpresa, quando mi addentrai! Scoprii una graziosa radura con delle panche, da ognuna delle quali si godeva un bel panorama sul paesaggio circostante. Da una parte il paese con il campanile della chiesa, da un’altra Drusenheim con dietro le boscose isole del Reno, di fronte i Vosgi e sull’altro lato la cattedrale di Strasburgo. Le varie vedute con il cielo luminoso erano incorniciate dalla vege­ tazione e non potevano essere più gradevoli e amene. Mi sedetti su una delle panche e notai una tavoletta di legno,

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längliches Brett mit der Inschrift: Friedrickens Ruhe. Es fiel mir nicht ein, daß ich gekommen sein könnte, diese Ruhe zu stören: denn eine aufkeimende Leidenschaft hat das Schöne, daß, wie sie sich ihres Ur­ sprungs unbewußt ist, sie auch keinen Gedanken eines Endes haben, und wie | sie sich froh und heiter fühlt, nicht ahnden kann, daß sie wohl auch Unheil stiften dürfte. Kaum hatte ich Zeit gehabt mich umzusehn, und verlor mich eben in süße Träumereien, als ich Jemand kommen hörte; es war Friedricke selbst. – Georges, was machst du hier? rief sie von weitem. – Nicht Georges! rief ich, indem ich ihr entgegenlief; aber einer, der tausend­ mal um Verzeihung bittet. Sie betrachtete mich mit Erstaunen, nahm sich aber gleich zusammen und sagte nach einem tieferen Atemholen: Garstiger Mensch, wie erschrecken Sie mich! – Die erste Masque hat mich in die zweite getrieben, rief ich aus; jene wäre unverzeihlich ge­ wesen, wenn ich nur einigermaßen gewußt hätte, zu wem ich ging, diese vergeben Sie gewiß: denn es ist die Gestalt von Menschen, denen Sie so freundlich begegnen. – Ihre bläßlichen Wangen hatten sich mit dem schönsten Rosenrote gefärbt. – Schlimmer sollen Sie’s wenigstens nicht haben als Georges! Aber lassen Sie uns sitzen! Ich gestehe es, der Schreck ist mir in die Glieder gefahren. – Ich setzte mich zu ihr, äußerst bewegt. – Wir wissen alles bis heute früh durch Ihren Freund, sagte sie, nun erzählen Sie mir das Weitere. Ich ließ mir das nicht zweimal sagen, sondern beschrieb ihr meinen Abscheu vor der gestrigen Figur, mein Fortstürmen aus dem Hause so komisch, daß sie herzlich und an­ mutig lachte; dann ließ ich das Übrige folgen, mit aller Bescheidenheit zwar, doch leidenschaftlich genug, daß es gar wohl für eine Liebes­ erklärung in historischer Form hätte gelten können. Das Vergnügen sie wieder zu finden, feierte ich zuletzt mit einem Kusse auf ihre Hand, die sie in den meinigen ließ. Hatte sie bei dem gestrigen Mondscheingang die Unkosten des Gesprächs übernommen, so erstattete ich die Schuld

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attaccata al tronco dell’albero più grosso: «il riposo di Fri­ ederike». Non mi passò proprio per la mente che forse ero venuto a disturbare quel riposo: il bello di una passione in boccio è che, così come non è consapevole della propria origine, non può nemmeno intuire la propria fine ed | essen­ do gioiosa e felice, non presagisce che potrebbe anche fare del male. Non avevo fatto nemmeno in tempo a guardarmi bene intorno che già mi ero perso in dolci fantasie, quando sen­ tii arrivare qualcuno; era Friederike in persona. «Cosa fai qui, Georges?» chiese da lontano. «Non sono Georges», esclamai correndole incontro, «ma uno che deve chiedervi mille volte perdono!» Mi guardò sorpresa e disse, con un profondo sospiro: «Brutto imbroglione, mi avete spaventa­ ta!» – «Il primo travestimento mi ha costretto al secondo», esclamai; «il primo sarebbe stato imperdonabile, se avessi saputo da chi andavo, ma questo lo perdonerete di certo, perché è preso a prestito da persone che incontrate con pia­ cere». Le guance pallide si erano colorite di uno splendido rosa. «Non sarete certo trattato peggio di Georges! Ma la­ sciate che mi sieda, confesso che tremo dallo spavento». Mi sedetti accanto a lei, profondamente commosso. «Il vostro amico ci ha raccontato tutto quello che è successo fino a stamattina presto», disse, «adesso tocca a voi raccontarmi il resto». Non me lo feci dire due volte, e le descrissi in modo così buffo il disgusto per la maschera del giorno prima e la fuga precipitosa dalla loro casa che rise allegramente di cuore; poi proseguii con tutto il resto, in tono molto più sobrio ma sufficientemente appassionato per farlo sem­ brare il racconto al passato di una dichiarazione d’amore. Celebrai il piacere di averla ritrovata baciandole la mano, che lasciò tra le mie. Se durante la passeggiata al chiaro di luna, la sera prima, era stata lei a portare il peso della

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nun reichlich von meiner Seite. Das Vergnügen, sie wiederzusehn und ihr alles sagen zu können, was ich gestern zurückhielt, war so groß, daß ich in meiner Redseligkeit nicht bemerkte, wie sie selbst nach­ denkend und schweigend war. Sie holte einige Mal tief Atem, und ich bat sie aber- und abermal um Verzeihung wegen des Schrecks, den | ich ihr verursacht hatte. Wie lange wir mögen gesessen haben, weiß ich nicht; aber auf einmal hörten wir Rieckchen! Rieckchen! rufen. Es war die Stimme der Schwester. – Das wird eine schöne Geschichte geben, sagte das liebe Mädchen, zu ihrer völligen Heiterkeit wieder hergestellt. Sie kommt an meiner Seite her, fügte sie hinzu, indem sie sich verbog, mich halb zu verbergen: wenden Sie sich weg, damit man Sie nicht gleich erkennt. Die Schwester trat in den Platz, aber nicht allein, Weyland ging mit ihr, und beide, da sie uns erblickten, blieben wie versteinert. Wenn wir auf einmal aus einem ruhigen Dache eine Flamme ge­ waltsam ausbrechen sähen, oder einem Ungeheuer begegneten, des­ sen Mißgestalt zugleich empörend und fürchterlich wäre, so würden wir von keinem so grimmigen Entsetzen befallen werden als dasjenige ist, das uns ergreift, wenn wir etwas unerwartet mit Augen sehen, das wir moralisch unmöglich glaubten. – Was heißt das? rief jene mit der Hastigkeit eines Erschrockenen: was ist das? Du mit Georgen! Hand in Hand! Wie begreif’ ich das? – Liebe Schwester, versetzte Friedri­ cke ganz bedenklich, der arme Mensch, er bittet mir was ab, er hat dir auch was abzubitten, du mußt ihm aber zum Voraus verzeihen. – Ich verstehe nicht, ich begreife nicht, sagte die Schwester, indem sie den Kopf schüttelte und Weylanden ansah, der, nach seiner stillen Art, ganz ruhig dastand und die Szene ohne irgend eine Äußerung betrachtete. Friedricke stand auf und zog mich nach sich. Nicht gezaudert! rief sie, Pardon gebeten und gegeben! Nun ja! sagte ich, indem ich der ältesten ziemlich nahe trat: Pardon habe ich von Nöten! Sie fuhr zurück, tat einen lauten Schrei und wurde rot über und über; dann warf sie sich

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conversazione, ora ripagai abbondantemente il debito. Il piacere di rivederla e di poterle dire tutto ciò che ieri avevo dovuto tacere era così grande che nella mia loquacità non mi accorsi che lei era sempre più pensierosa e silenziosa. Trasse alcuni profondi respiri e le chiesi ancora e ancora perdono per lo spavento che  | le avevo causato. Quanto tempo siamo stati seduti lì, non saprei dirlo; ma a un tratto sentimmo chiamare «Rikchen, Rikchen!» Era la voce della sorella. «Ora ne vedremo delle belle!», disse la dolce ra­ gazza, tornata alla sua abituale serenità. «Sta arrivando da là», aggiunse sporgendosi in avanti per coprirmi almeno in parte. «Giratevi, in modo che non vi riconosca subito». La sorella giunse nella radura ma non da sola, Weyland era con lei, ed entrambi, vedendoci, rimasero impietriti. Se all’improvviso vedessimo divampare da un tetto pa­ cifico fiamme impetuose, o ci trovassimo faccia a faccia con un mostro dall’aspetto spaventoso e ripugnante, l’or­ rore e lo sgomento che proveremmo non sarebbero comun­ que paragonabili a quelli che ci colgono quando ci trovia­ mo davanti agli occhi quello che moralmente credevamo impossibile. «Che significa?» strillò la sorella nella furia dello spavento. «Che succede? Tu e Georges? Mano nella mano! Che storia è mai questa?» – «Cara sorella», rispose Friederike gravemente, «questo poverino mi sta chiedendo perdono e deve chiedere scusa anche te, ma devi perdonarlo fin da ora». – «Non capisco, non ci capisco niente», disse la sorella scuotendo la testa e guardando Weyland che, con la sua abituale pacatezza, se ne stava lì immobile e osservava la scena senza proferire parola. Friederike si alzò e mi tirò dietro di sé: «Non esitare!» esclamò, «perdono chiesto e concesso!» – «Davvero», dissi io avvicinandomi alla sorel­ la, «ho bisogno che mi perdoniate!» Fece un balzo indietro lanciando un urlo e avvampò fino alla punta dei capelli; poi

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aufs Gras, lachte überlaut und wollte sich gar nicht zufrieden geben. Weyland lächelte behaglich und rief: Du bist ein exzellenter Junge! Dann schüttelte er meine Hand in der seinigen. Gewöhnlich war er mit Liebkosungen nicht freigebig, aber sein Händedruck hatte etwas Herz­ liches und Belebendes; doch war er auch mit diesem sparsam. | Nach einiger Erholung und Sammlung traten wir unsern Rück­ weg nach dem Dorfe an. Unterwegs erfuhr ich, wie dieses wunderba­ re Zusammentreffen veranlaßt worden. Friedricke hatte sich von dem Spaziergange zuletzt abgesondert, um auf ihrem Plätzchen noch einen Augenblick vor Tische zu ruhen, und als jene beiden nach Hause ge­ kommen, hatte die Mutter sie abgeschickt, Friedricken eiligst zu holen, weil das Mittagsessen bereit sei. Die Schwester zeigte den ausgelassensten Humor, und als sie er­ fuhr, daß die Mutter das Geheimnis schon entdeckt habe, rief sie aus: Nun ist noch übrig, daß Vater, Bruder, Knecht und Magd gleichfalls angeführt werden. Als wir uns an dem Gartenzaun befanden, mußte Friedricke mit dem Freund voraus nach dem Hause gehen. Die Magd war im Hausgarten beschäftigt und Olivie (so mag auch hier die ältere Schwester heißen) rief ihr zu: Warte, ich habe dir was zu sagen! Mich ließ sie an der Hecke stehn und ging zu dem Mädchen. Ich sah, daß sie sehr ernsthaft sprachen. Olivie bildete ihr ein, George habe sich mit Bärben überworfen und schiene Lust zu haben sie zu heiraten. Das gefiel der Dirne nicht übel; nun ward ich gerufen und sollte das Ge­ sagte bekräftigen. Das hübsche derbe Kind senkte die Augen nieder und blieb so, bis ich ganz nahe vor ihr stand. Als sie aber auf ein­ mal das fremde Gesicht erblickte, tat auch sie einen lauten Schrei und lief davon. Olivie hieß mich ihr nachlaufen und sie festhalten, daß sie nicht ins Haus geriet und Lärm machte; sie aber wolle selbst hingehen und sehen, wie es mit dem Vater stehe. Unterwegs traf Olivie auf den Knecht, welcher der Magd gut war; ich hatte indessen das Mädchen ereilt und hielt sie fest. – Denk einmal! welch ein Glück, rief Olivie,

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si gettò nell’erba, cominciò a ridere a crepapelle e non vole­ va più smettere. Weyland sorridendo compiaciuto esclamò: «Tu sì che sei in gamba!», e mi strinse la mano. Di solito non era prodigo di gesti affettuosi, ma la sua stretta aveva qualcosa di caloroso e vigoroso, sebbene fosse parco anche in quello. | Dopo esserci ripresi e ricomposti imboccammo la via del ritorno verso il paese. Camminando venni a sapere come si era verificato quello strano incontro. Friederike aveva la­ sciato gli altri a passeggiare e si era ritirata nel suo angolino preferito per riposarsi un attimo prima del pranzo; quando gli altri erano rientrati a casa, la mamma li aveva mandati immediatamente a chiamarla perché il pranzo era pronto. La sorella era di ottimo umore, e quando seppe che la mamma aveva già scoperto il segreto, disse: «Bene, non ci restano allora che il papà, il fratello, la domestica e il garzone». Quando giungemmo alla recinzione del giardino, Friederike andò avanti con l’amico. La domestica era im­ pegnata nell’orto, e Olivie (chiameremo così la sorella) le gridò: «Vieni, ho una cosa da dirti!» Mi lasciò ad aspettare dietro la siepe e si avvicinò alla ragazza. Le vidi parlottare molto serie. Olivie le raccontò che Georges aveva litigato con Barbara e adesso sembrava intenzionato a sposare lei. Alla ragazza la cosa non pareva dispiacere, e a quel punto fui chiamato a confermare quanto era stato detto. La dome­ stica giovane e graziosa abbassò gli occhi e rimase così fin­ ché non le fui proprio davanti, ma quando tutto d’un tratto scorse il viso sconosciuto, lanciò anche lei un urlo e scappò via. Olivie mi disse di rincorrerla per trattenerla, in modo che non entrasse in casa gridando, mentre lei sarebbe anda­ ta a vedere dov’era il padre. Cercandolo Olivie incontrò il garzone, a cui piaceva la domestica; io intanto avevo rag­ giunto la ragazza e l’avevo bloccata. «Pensa che fortuna!»

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mit Bärben ist’s aus, und George heiratet Liesen. – Das habe ich lange gedacht, sagte der gute Kerl und blieb verdrießlich stehen. Ich hatte dem Mädchen begreiflich gemacht, daß es nur darauf an­ komme, den Papa anzuführen. Wir gingen auf den Burschen los, der sich umkehrte und sich zu entfernen suchte; aber Liese holte ihn herbei und auch er machte, | indem er enttäuscht ward, die wunderlichsten Gebärden. Wir gingen zusammen nach dem Hause. Der Tisch war ge­ deckt und der Vater schon im Zimmer. Olivie, die mich hinter sich hielt, trat an die Schwelle und sagte: Vater, es ist Dir doch recht, daß Georges heute mit uns ißt? Du mußt ihm aber erlauben, daß er den Hut aufbehält. – Meinetwegen! sagte der Alte, aber warum so was Un­ gewöhnliches? Hat er sich beschädigt? Sie zog mich vor wie ich stand und den Hut aufhatte. Nein! sagte sie, indem sie mich in die Stube führte, aber er hat eine Vogelhecke darunter, die möchten hervorfliegen und einen verteufelten Spuk machen: denn es sind lauter lose Vögel. Der Vater ließ sich den Scherz gefallen, ohne daß er recht wußte was es heißen sollte. In dem Augenblick nahm sie mir den Hut ab, machte einen Scharrfuß und verlangte von mir das Gleiche. Der Alte sah mich an, erkannte mich, kam aber nicht aus seiner priesterlichen Fassung. Ei ei! Herr Kandidat! rief er aus, indem er einen drohenden Finger aufhob: Sie haben geschwind umgesattelt, und ich verliere über Nacht einen Gehülfen, der mir erst gestern so treulich zusagte, manchmal die Wochenkanzel für mich zu besteigen. Darauf lachte er von Herzen, hieß mich willkommen, und wir setzten uns zu Tische. Moses kam um vieles später; denn er hatte sich, als der verzogene Jüngste, angewöhnt, die Mittagsglocke zu verhören. Außerdem gab er wenig Acht auf die Gesellschaft, auch kaum wenn er widersprach. Man hatte mich, um ihn sicherer zu machen, nicht zwischen die Schwestern, sondern an das Ende des Tisches gesetzt, wo Georges manchmal zu sitzen pflegte. Als er, mir im Rücken, zur Tür hereingekommen war, schlug er mir derb

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esclamò Olivie, «Georges ha chiuso con Barbara, e adesso sposa Lisa». – «Me lo aspettavo già da un po’», disse quel bravo ragazzo, ma ci rimase male. Avevo spiegato alla ragazza che adesso si trattava sol­ tanto di fare uno scherzo al papà. Ci avvicinammo al garzo­ ne, che si girò e stava per andarsene quando Lisa lo chiamò e anche lui, | una volta svelato lo scherzo, rimase a bocca aperta per la meraviglia. Entrammo insieme in casa, la ta­ vola era apparecchiata e il papà era già lì che aspettava. Olivie, nascondendomi dietro di sé, disse: «Papà, Georges può mangiare con noi oggi? Ma devi permettergli di tenere su il cappello». – «Se è solo per questo…», disse l’anziano signore; «ma come mai questa stranezza? Si è fatto male?» Olivie mi fece entrare così com’ero, col cappello in testa. Conducendomi verso di lui disse: «No, ma ha in testa un nido di uccellini che volerebbero via e farebbero un sacco di confusione, sono vivacissimi!» Il padre stette allo scher­ zo, senza capire bene che cosa significasse. In quel momen­ to Olivie mi tolse il cappello, fece un inchino e mi ordinò di fare lo stesso. Il vecchio mi vide, mi riconobbe, ma non perse il suo contegno ecclesiastico. «Ma, ma! Signor can­ didato!» esclamò, sollevando un dito ammonitore. «Avete fatto in fretta a cambiare il cavallo, e io dalla sera alla matti­ na ho perso un aiutante, che solo ieri mi aveva promesso di sostituirmi qualche volta nelle funzioni dei giorni feriali!» Poi rise di cuore, mi diede il benvenuto e ci sedemmo a tavola. Moses ci raggiunse solo più tardi: essendo il figlio minore e più viziato, aveva preso l’abitudine di non sentire la campana del mezzogiorno. Del resto prestava poca atten­ zione agli ospiti, anche quando era coinvolto nel discorso. Per non insospettirlo, mi avevano fatto sedere non tra le due sorelle, ma a un angolo del tavolo, dove qualche volta sedeva Georges. Quando entrò dalla porta, dietro di me, mi

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auf die Achsel und sagte: Georges, gesegnete Mahlzeit! – Schönen Dank, Junker! erwiderte ich. – Die fremde Stimme, das fremde Gesicht erschreckten ihn. – Was sagst du? rief Olivie, sieht er seinem Bruder nicht recht ähnlich? – Ja wohl, von hinten, versetzte Moses, der sich gleich wieder zu fassen wußte, wie allen Leuten. Er sah mich gar nicht wieder an und beschäftigte sich bloß, die Gerichte, die er nachzuholen | hatte, eifrig hinunterzuschlingen. Dann beliebte es ihm auch, gelegent­ lich aufzustehen und sich in Hof und Garten etwas zu schaffen zu ma­ chen. Zum Nachtische trat der wahrhafte Georges herein und belebte die ganze Szene noch mehr. Man wollte ihn wegen seiner Eifersucht aufziehen und nicht billigen, daß er sich an mir einen Rival geschaf­ fen hätte; allein er war bescheiden und gewandt genug und mischte auf eine halb dusselige Weise sich, seine Braut, sein Ebenbild und die Mamsells dergestalt durcheinander, daß man zuletzt nicht mehr wußte, von wem die Rede war, und daß man ihn das Glas Wein und ein Stück von seinem eignen Kuchen in Ruhe gar zu gern verzehren ließ. Nach Tische war die Rede, daß man spazieren gehen wolle; wel­ ches doch in meinen Bauerkleidern nicht wohl anging. Die Frauenzim­ mer aber hatten schon heute früh, als sie erfuhren, wer so übereilt fort­ gelaufen war, sich erinnert, daß eine schöne Pekesche eines Vettern im Schrank hänge, mit der er, bei seinem Hiersein, auf die Jagd zu gehen pflege. Allein ich lehnte es ab, äußerlich zwar mit allerlei Späßen, aber innerlich mit dem eitlen Gefühl, daß ich den guten Eindruck, den ich als Bauer gemacht, nicht wieder durch den Vetter zerstören wolle. Der Vater hatte sich entfernt, sein Mittagsschläfchen zu halten, die Mutter war in der Haushaltung beschäftigt wie immer. Der Freund aber tat den Vorschlag, ich solle etwas erzählen, worein ich sogleich willigte. Wir begaben uns in eine geräumige Laube, und ich trug ein Märchen vor, das ich hernach unter dem Titel, »die neue Melusine« aufgeschrieben

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diede rude una pacca sulla spalla dicendo: «Buon appetito, Georges!» – «Molte grazie, signore!», risposi io. La voce sconosciuta, il volto sconosciuto lo spaventarono. «Allora, che ne dici? Non assomiglia al fratello?» gli chiese Olivie. «Da dietro sì», replicò quello riprendendosi subito, «da die­ tro si somigliano tutti». Non mi guardò nemmeno più e si impegnò per mettersi in pari, ingoiando avidamente | tutte le portate già servite. Ogni tanto aveva anche l’abitudine di alzarsi per andare a fare qualcosa in cortile o nell’orto. Con il dessert arrivò anche il vero Georges e la scena si ravvivò ulteriormente. Cercarono di prenderlo in giro per la sua ge­ losia, rimproverandolo di essersi creato in me un rivale: lui era sufficientemente modesto e abile e iniziò a fare il tonto confondendo a bella posta se stesso, la sua ragazza, il suo sosia e le signorine. Si creò una confusione tale che alla fine non si sapeva più di chi si stesse parlando, e finimmo col lasciarlo in pace mentre si beveva un bicchiere di vino e mangiava una fetta della sua torta. Dopo pranzo fu proposto di fare una passeggiata, ma i miei vestiti da contadino non erano appropriati. Alle ragaz­ ze però era venuto in mente già al mattino, quando avevano saputo chi era scappato via così di corsa, che nell’armadio avevano una bella giacca alla polacca che usava un loro cugino quando andava a caccia lì nei dintorni. Ma io rifiu­ tai, apparentemente cercando scuse spiritose di ogni specie, ma in realtà per pura vanità, perché non volevo rovinare la buona impressione che avevo fatto vestito da contadi­ no mettendomi ora nei panni del cugino. Il padre se n’era andato per il suo riposino pomeridiano, la madre era come sempre impegnata in cucina. Il mio amico propose allora che raccontassi qualcosa, e accettai immediatamente. Ci si­ stemammo sotto una grande pergola e narrai quella fiaba che poi scrissi intitolandola La nuova Melusina283. Essa sta

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habe. Es verhält sich zum neuen Paris wie ohngefähr der Jüngling zum Knaben, und ich würde es hier einrücken, wenn ich nicht der länd­ lichen Wirklichkeit und Einfalt, die uns hier gefällig umgibt, durch wunderliche Spiele der Phantasie zu schaden fürchtete. Genug mir ge­ lang, was den Erfinder und Erzähler solcher Produktionen belohnt, die Neugierde zu erregen, die Aufmerksamkeit zu fesseln, zu voreiliger Auflösung undurchdringlicher Rätsel zu reizen, die | Erwartungen zu täuschen, durch das Seltsamere, das an die Stelle des Seltsamen tritt, zu verwirren, Mitleid und Furcht zu erregen, besorgt zu machen, zu rühren und endlich durch Umwendung eines scheinbaren Ernstes in geistreichen und heitern Scherz das Gemüt zu befriedigen, der Ein­ bildungskraft Stoff zu neuen Bildern und dem Verstande zu fernerm Nachdenken zu hinterlassen. Sollte Jemand künftig dieses Märchen gedruckt lesen und zweifeln, ob es eine solche Wirkung habe hervorbringen können; so bedenke derselbe, daß der Mensch eigentlich nur berufen ist, in der Gegenwart zu wirken. Schreiben ist ein Mißbrauch der Sprache, stille für sich le­ sen ein trauriges Surrogat der Rede. Der Mensch wirkt alles was er vermag auf den Menschen durch seine Persönlichkeit, die Jugend am stärksten auf die Jugend, und hier entspringen auch die reinsten Wir­ kungen. Diese sind es, welche die Welt beleben und weder moralisch noch physisch aussterben lassen. Mir war von meinem Vater eine ge­ wisse lehrhafte Redseligkeit angeerbt; von meiner Mutter die Gabe, alles was die Einbildungskraft hervorbringen, fassen kann, heiter und kräftig darzustellen, bekannte Märchen aufzufrischen, andere zu erfin­ den und zu erzählen, ja im Erzählen zu erfinden. Durch jene väterliche Mitgift wurde ich der Gesellschaft mehrenteils unbequem: denn wer mag gern die Meinungen und Gesinnungen des Andern hören, beson­ ders eines Jünglings, dessen Urteil, bei lückenhafter Erfahrung, immer unzulänglich erscheint. Meine Mutter hingegen hatte mich zur gesell­ schaftlichen Unterhaltung eigentlich recht ausgestattet. Das leerste Märchen hat für die Einbildungskraft schon einen hohen Reiz und der geringste Gehalt wird vom Verstande dankbar aufgenommen.

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al Novello Paride come il giovanotto sta al bambino, e la in­ serirei qui se non avessi il timore di rovinare con gli estrosi giochi della fantasia la semplicità e l’atmosfera campestre che ora ci circonda. In ogni caso riuscii, ed è la migliore ricompensa per chi escogita e narra quelle storie, a destare la curiosità, a tenere viva l’attenzione, ad anticipare ipoteti­ che soluzioni per gli enigmi più impenetrabili, a | eludere le aspettative, a confondere con il susseguirsi di eventi sempre più strani, a suscitare timore e compassione, a preoccupa­ re, commuovere e infine consolare gli animi trasformando un finale apparentemente serio in uno scherzo intelligente e allegro, lasciando anche alla fantasia materia per nuove invenzioni e all’intelletto materia di riflessione. Se qualcuno, in futuro, leggendo quella fiaba, dubiterà che abbia potuto sortire questi effetti, deve considerare che l’uo­ mo è chiamato a operare solo nel presente. La scrittura è un abuso del linguaggio, la lettura silenziosa un misero surroga­ to della viva voce. L’uomo esercita tutto il suo influsso sugli altri grazie alla sua personalità, i giovani sono quelli che più colpiscono gli altri giovani, e da qui scaturiscono gli effetti più puri, quelli che vivificano il mondo e lo preservano dalla morte sia fisica che morale. Da mio padre avevo ereditato una certa loquacità pedantesca, da mia madre il dono di racconta­ re in modo brillante e intenso tutto ciò che l’immaginazione produceva, di ravvivare le favole già note, di inventarne e raccontarne di nuove, addirittura di inventare raccontando284. L’eredità paterna mi rendeva spesso sgradito in compagnia: chi infatti è disposto ad ascoltare le opinioni e le idee di un altro, soprattutto di un giovane che, per mancanza di espe­ rienza, ha una ridotta capacità di giudizio? Mia madre inve­ ce mi aveva equipaggiato bene per l’intrattenimento sociale. Anche la fiaba più vacua esercita sempre un grande fascino, e l’intelletto è sempre grato per un contenuto, seppur minimo.

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PARTE SECONDA

Durch solche Darstellungen, die mich gar nichts kosteten, machte ich mich bei Kindern beliebt, erregte und ergetzte die Jugend und zog die Aufmerksamkeit älterer Personen auf mich. Nur mußte ich in der Sozietät, wie sie gewöhnlich ist, solche Übungen gar bald einstellen, und ich habe nur zu sehr an Lebensgenuß und freier | Geistesförderung dadurch verloren; doch begleiteten mich jene beiden elterlichen Gaben durch’s ganze Leben, mit einer dritten verbunden, mit dem Bedürfnis, mich figürlich und gleichnisweise auszudrücken. In Rücksicht dieser Eigenschaften, welche der so einsichtige als geistreiche Doktor Gall, nach seiner Lehre, an mir anerkannte, beteuerte derselbe, ich sei ei­ gentlich zum Volksredner geboren. Über diese Eröffnung erschrak ich nicht wenig: denn hätte sie wirklich Grund, so wäre, da sich bei meiner Nation nichts zu reden fand, alles Übrige, was ich vornehmen konnte, leider ein verfehlter Beruf gewesen. |

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Con quei racconti che non mi costavano nulla, mi facevo benvolere da tutti i bambini, stimolavo e divertivo i giovani e attiravo l’attenzione degli adulti. Ma ben presto dovetti sospendere quegli esercizi in società, visto come vanno di solito le cose, perdendo così molte gioie della vita e oc­ casioni per il libero dispiegamento | dello spirito. Ma quei due doni ereditati dai genitori mi accompagnarono per tutta la vita insieme a un terzo, e cioè il bisogno di esprimer­ mi sempre attraverso immagini e metafore. Sulla scorta di queste qualità, che l’acuto e intelligente dottor Gall285 ave­ va riconosciuto in me in base alle sue teorie, Gall affermò che ero nato per fare l’oratore popolare. Questa rivelazione mi allarmò non poco: nella mia nazione non c’erano infatti occasioni per arringare le folle, e se fosse stata veramente fondata, qualsiasi professione avessi intrapreso sarebbe sta­ ta comunque una scelta sbagliata. |

Dritter Teil

Es ist dafür gesorgt, daß die Bäume nicht in den Himmel wachsen.

Parte terza

Si è provveduto affinché gli alberi non crescano fino al cielo.1

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Eilftes Buch Nachdem ich in jener Laube zu Sesenheim meine Erzählung vollen­ det, in welcher das Gemeine mit dem Unmöglichen anmutig genug wechselte, sah ich meine Hörerinnen, die sich schon bisher ganz eigen teilnehmend erwiesen hatten, von meiner seltsamen Darstellung aufs äußerste verzaubert. Sie baten mich inständig, ihnen das Märchen auf­ zuschreiben, damit sie es öfters unter sich und vorlesend mit andern wiederholen könnten. Ich versprach es um so lieber, als ich dadurch einen Vorwand zu Wiederholung des Besuchs und Gelegenheit zu nä­ herer Verbindung mir zu gewinnen hoffte. Die Gesellschaft trennte sich einen Augenblick und alle mochten fühlen, daß, nach einem so lebhaft vollbrachten Tag, der Abend einigermaßen matt werden könnte. Von dieser Sorge befreite mich mein Freund, der sich für uns die Erlaubnis erbat, sogleich Abschied nehmen zu dürfen, weil er, als ein fleißiger und in seinen Studien folgerechter akademischer Bürger, diese Nacht in Drusenheim zuzubringen und morgen zeitig in Straßburg zu sein wünsche. Unser Nachtquartier erreichten wir beide schweigend; ich, weil ich einen Widerhaken im Herzen fühlte, der mich zurückzog, er, weil er etwas anderes im Sinne hatte, das er mir, als wir angelangt waren, so­ gleich mitteilte. – Es ist doch wunderlich, fing er an, daß du gerade auf dieses Märchen verfallen bist. Hast du nicht bemerkt, daß es einen ganz besondern Eindruck machte? – Freilich, versetzte ich darauf; wie hätte ich nicht bemerken sollen, daß die ältere bei einigen Stellen, mehr als billig, lachte, die jüngere den Kopf schüttelte, daß ihr euch bedeutend ansaht, und daß du selbst beinah aus deiner Fassung gekommen wärest. Ich leugne nicht, es hätte mich fast irre gemacht: denn es fuhr mir durch

Libro undicesimo Quando, sotto la pergola di Sessenheim, ebbi concluso il mio racconto in cui si mescolavano piacevolmente il quo­ tidiano e l’impossibile, vidi le mie ascoltatrici, che fino a quel momento si erano già mostrate assai partecipi, lette­ ralmente incantate dalla mia singolare narrazione. Mi chie­ sero con insistenza di mettere per iscritto la storia affinché potessero rileggerla tra loro o ad altri: lo promisi tanto più volentieri, in quanto così avevo un pretesto per ripetere la visita e un’occasione per approfondire la conoscenza. La compagnia si sciolse per qualche attimo e tutti avevamo la sensazione che, dopo una giornata così vivace, la serata non avrebbe potuto che essere un po’ fiacca. Da questa preoc­ cupazione mi liberò il mio amico che chiese per entrambi il permesso di partire subito: da cittadino accademico dili­ gente e dedito agli studi qual era, voleva pernottare a Dru­ senheim per essere il giorno dopo di buon’ora a Strasburgo. Raggiungemmo il nostro albergo in silenzio: io perché sentivo nel cuore un uncino che mi tirava indietro, lui per­ ché aveva in mente qualcos’altro, che mi comunicò non appena arrivammo. «È davvero strano che ti sia venuta in mente proprio quella storia», esordì; «non ti sei accorto che ha fatto un’impressione molto particolare?» – «Ma certo!» risposi. «Come non accorgersi che in alcuni momenti la maggiore rideva più del dovuto, la minore scuoteva la testa, vi lanciavate occhiate allusive e tu per poco non perdevi il controllo! Non nego che a un certo punto stavi per mandar­ mi in confusione; allora ho pensato che forse non era oppor­

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PARTE TERZA

den Kopf, daß es vielleicht unschicklich sei, den | guten Kindern solche Fratzen zu erzählen, die ihnen besser unbekannt blieben, und ihnen von den Männern so schlechte Begriffe zu geben, als sie von der Figur des Abenteurers sich notwendig bilden müssen. – Keineswegs! ver­ setzte jener: du errätst es nicht, und wie solltest du’s erraten? Die guten Kinder sind mit solchen Dingen gar nicht so unbekannt als du glaubst: denn die große Gesellschaft um sie her gibt ihnen zu manchem Nach­ denken Anlaß, und so ist überrhein gerade ein solches Ehepaar, wie du es, nur übertrieben und märchenhaft, schilderst. Er gerade so groß, derb und plump, sie niedlich und zierlich genug, daß er sie wohl auf der Hand tragen könnte. Ihr übriges Verhältnis, ihre Geschichte paßt ebenfalls so genau zu deiner Erzählung, daß die Mädchen mich ernst­ lich fragten, ob du die Personen kenntest und sie schalkhaft dargestellt hättest? Ich versicherte nein! und du wirst wohl tun, das Märchen un­ geschrieben zu lassen. Durch Zögern und Vorwände wollen wir schon eine Entschuldigung finden. Ich verwunderte mich sehr: denn ich hatte weder an ein diesrheini­ sches noch an ein überrheinisches Paar gedacht, ja ich hätte gar nicht anzugeben gewußt, wie ich auf den Einfall gekommen. In Gedanken mochte ich mich gern mit solchen Späßen, ohne weitere Beziehung, beschäftigen, und so, glaubte ich, sollte es auch andern sein, wenn ich sie erzählte. Als ich in der Stadt wieder an meine Geschäfte kam, fühlte ich die Beschwerlichkeit derselben mehr als sonst: denn der zur Tätigkeit geborene Mensch übernimmt sich in Planen und überladet sich mit Arbeiten. Das gelingt denn auch ganz gut, bis irgend ein physisches oder moralisches Hindernis dazutritt, um das Unverhältnismäßige der Kräfte zu dem Unternehmen in’s Klare zu bringen. Das Juristische trieb ich mit so viel Fleiß als nötig war, um die Promotion mit einigen Ehren zu absolvieren; das Medizinische reizte mich, weil es mir die Natur nach allen Seiten wo nicht aufschloß, doch gewahr werden ließ, und ich war daran durch Umgang und Gewohn­

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tuno | raccontare a quelle brave bambine simili fandonie che sarebbe meglio ignorassero, né dar loro un’immagine così negativa degli uomini come quella che hanno di certo tratto dalla figura dell’avventuriero»2. – «Ma niente affatto!» ri­ spose; «non indovini? Ma del resto, come potresti? Quelle brave bambine non sono così digiune di queste faccende come credi tu. Il vasto mondo intorno a loro offre molti spunti di riflessione e sull’altra sponda del Reno c’è una coppia proprio come quella che hai descritto, esagerazioni fiabesche a parte. Lui è veramente grosso, rozzo e goffo, lei così minuta e graziosa che potrebbe tenersela in una mano. Le loro vicende, la loro storia corrispondono così bene al tuo racconto, che le ragazze mi hanno chiesto seriamente se li conosci e se stavi furbescamente parlando di loro. Ho garantito che non era così, ma tu faresti bene a non scrivere la storia: temporeggiando e con qualche pretesto, una scusa la troveremo». Mi meravigliai molto perché non avevo pensato a nes­ suna coppia, né al di qua né al di là del Reno, e nemme­ no avrei saputo dire come mi fosse venuta in mente quella storia. Spesso mi divertivo a immaginare cose del genere, prive di riferimenti reali, e raccontandole ero convinto che fosse lo stesso anche per gli altri. Rientrato in città tornai alle mie attività, ma mi pesavano più del solito: l’uomo nato per l’azione tende a eccedere con i progetti e a sovraccaricarsi di lavoro. E ciò funziona abbastanza bene finché un ostacolo fisico o morale non in­ terviene a mettere in luce la sproporzione tra le sue forze e gli impegni. Proseguivo i miei studi giuridici con l’impegno stret­ tamente necessario per ottenere un titolo dignitoso; quelli di medicina mi attiravano perché mi rivelavano, o quanto meno mi permettevano di intuire la natura in tutti i suoi

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heit gebunden; | der Gesellschaft mußte ich auch einige Zeit und Auf­ merksamkeit widmen: denn in manchen Familien war mir mehreres zu Lieb und zu Ehren geschehn. Aber alles dies wäre zu tragen und fortzuführen gewesen, hätte nicht das was Herder mir auferlegt, unend­ lich auf mir gelastet. Er hatte den Vorhang zerrissen, der mir die Armut der deutschen Literatur bedeckte; er hatte mir so manches Vorurteil mit Grausamkeit zerstört; an dem vaterländischen Himmel blieben nur wenige bedeutende Sterne, indem er die übrigen alle nur als vorüber­ fahrende Schnuppen behandelte; ja was ich von mir selbst hoffen und wähnen konnte, hatte er mir dermaßen verkümmert, daß ich an meinen eignen Fähigkeiten zu verzweifeln anfing. Zu gleicher Zeit jedoch riß er mich fort auf den herrlichen breiten Weg, den er selbst zu durchwan­ dern geneigt war, machte mich aufmerksam auf seine Lieblingsschrift­ steller, unter denen Swift und Hamann oben an standen, und schüttelte mich kräftiger auf als er mich gebeugt hatte. Zu dieser vielfachen Ver­ wirrung nunmehr eine angehende Leidenschaft, die, indem sie mich zu verschlingen drohte, zwar von jenen Zuständen mich abziehn, aber wohl schwerlich darüber erheben konnte. Dazu kam noch ein körper­ liches Übel, daß mir nämlich nach Tische die Kehle wie zugeschnürt war; welches ich erst später sehr leicht los wurde, als ich einem roten Wein, den wir in der Pension gewöhnlich und sehr gern tranken, ent­ sagte. Diese unerträgliche Unbequemlichkeit hatte mich auch in Se­ senheim verlassen, so daß ich mich dort doppelt vergnügt befand; als ich aber zu meiner städtischen Diät zurückkehrte, stellte sie sich zu meinem großen Verdruß sogleich wieder ein. Alles dies machte mich nachdenklich und mürrisch, und mein Äußeres mochte mit dem Innern übereinstimmen. Verdrießlicher als jemals, weil eben nach Tische jenes Übel sich heftig eingefunden hatte, wohnte ich dem Klinikum bei. Die große Heiterkeit und Behaglichkeit womit der verehrte Lehrer uns von Bett

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aspetti, e ci ero legato per abitudine e per le amicizie; | anche alla vita sociale dovevo dedicare un po’ di tempo e attenzione, perché alcune famiglie si erano prodigate per affetto e per rispetto nei miei confronti. Ma tutto questo sa­ rebbe stato fattibile e sostenibile, se Herder non mi avesse oltremodo gravato con un peso opprimente. Aveva strappa­ to il velo che mi celava la miseria della letteratura tedesca, aveva crudelmente distrutto molti dei miei pregiudizi; nel cielo patrio rimanevano soltanto pochi astri degni di nota, mentre tutti gli altri li aveva trattati al pari di effimere mete­ ore, e per giunta aveva strapazzato così malamente i sogni e le speranze che nutrivo per il mio futuro, che iniziai a dubitare delle mie stesse capacità. Contemporaneamente mi trascinava sulla strada ampia e magnifica che lui stesso vo­ leva percorrere, mi faceva conoscere i suoi autori preferiti – Swift e Hamann erano in cima alla lista – e così mi raddriz­ zò in maniera molto più energica di quanto prima non mi avesse piegato. A questa variegata confusione si aggiunge­ va ora una nascente passione che, minacciando di assorbir­ mi totalmente, mi sottraeva sì da quella situazione, ma non mi aiutava certo a risolverla. E in più sopravvenne anche un problema fisico, e cioè che dopo mangiato era come se mi si chiudesse la gola; un problema da cui mi liberai molto facil­ mente più avanti, quando smisi di bere un certo vino rosso che alla pensione bevevamo spesso e volentieri. Anche quel disturbo insopportabile era sparito a Sessenheim, cosicché là mi ero sentito doppiamente bene; ma non appena tornai alla mia dieta cittadina, subito si ripresentò con mia grande contrarietà. Tutto ciò mi rendeva pensieroso e scontroso, e il mio aspetto esteriore ben si intonava a quello interiore. Irritabile come non mai, perché dopo pranzo quel fastidio era diventato fortissimo, frequentavo le lezioni di medicina clinica. L’estrema serenità e naturalezza con cui il venerato

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zu Bett führte, die genaue Bemerkung bedeutender Symptome, die Be­ urteilung des | Gangs der Krankheit überhaupt, die schöne Hippocrati­ sche Verfahrungsart, wodurch sich, ohne Theorie, aus einer eignen Er­ fahrung, die Gestalten des Wissens heraufgaben, die Schlußreden mit denen er gewöhnlich seine Stunden zu krönen pflegte, das alles zog mich zu ihm und machte mir ein fremdes Fach, in das ich nur wie durch eine Ritze hineinsah, um desto reizender und lieber. Mein Abscheu gegen die Kranken nahm immer mehr ab, jemehr ich diese Zustände in Begriffe verwandeln lernte, durch welche die Heilung, die Wieder­ herstellung menschlicher Gestalt und Wesens als möglich erschien. Er mochte mich wohl, als einen seltsamen jungen Menschen, besonders ins Auge gefaßt und mir die wunderliche Anomalie, die mich zu seinen Stunden hinführte, verziehn haben. Diesmal schloß er seinen Vortrag nicht, wie sonst, mit einer Lehre, die sich auf irgend eine beobachtete Krankheit bezogen hätte, sondern sagte mit Heiterkeit: Meine Herren! wir sehen einige Ferien vor uns. Benutzen sie dieselben sich aufzu­ muntern; die Studien wollen nicht allein ernst und fleißig, sie wollen auch heiter und mit Geistesfreiheit behandelt werden. Geben Sie Ihrem Körper Bewegung, durchwandern Sie zu Fuß und zu Pferde das schöne Land; der Einheimische wird sich an dem Gewohnten erfreuen, und dem Fremden wird es neue Eindrücke geben und eine angenehme Er­ innerung zurücklassen. Es waren unser eigentlich nur zwei, an welche diese Ermahnung gerichtet sein konnte; möge dem Andern dieses Rezept eben so ein­ geleuchtet haben als mir! Ich glaubte eine Stimme vom Himmel zu hören, und eilte was ich konnte, ein Pferd zu bestellen und mich sauber herauszuputzen. Ich schickte nach Weyland, er war nicht zu finden. Dies hielt meinen Entschluß nicht auf, aber leider verzogen sich die Anstalten und ich kam nicht so früh weg, als ich gehofft hatte. So stark ich auch ritt, überfiel mich doch die Nacht. Der Weg war nicht zu ver­ fehlen und der Mond beleuchtete mein leidenschaftliches Unterneh­

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maestro3 ci conduceva da un letto all’altro, l’attenta osser­ vazione dei sintomi principali, la valutazione | complessi­ va del decorso della malattia, il bel metodo ippocratico nel quale le forme del sapere si manifestavano non dalla teoria ma a partire dall’esperienza4, le considerazioni conclusive con cui usava coronare le sue lezioni: tutto questo di lui mi attraeva e mi rendeva sempre più affascinante e gradita una materia sconosciuta, a cui mi accostavo come sbirciando da una fessura. Il mio ribrezzo per i malati diminuiva sempre più man mano che imparavo a convertire la loro condizio­ ne in concetti che rendevano possibile guarire, ripristinare la forma e l’essenza dell’uomo. Evidentemente, da giovane singolare qual ero, avevo attirato la sua attenzione e dove­ va avermi perdonato la strana anomalia che mi spingeva a frequentare le sue lezioni. Quella volta non concluse la le­ zione, come di solito, con un insegnamento riferito all’una o all’altra delle malattie che avevamo osservato, ma disse allegramente: «Signori miei, adesso ci sono le vacanze: uti­ lizzatele per ricrearvi, lo studio non richiede solo serietà e impegno, ma anche serenità e libertà di spirito. Mantenete in esercizio il corpo, percorrete a piedi e a cavallo questa bella regione; chi è di qui, gioirà per ciò che gli è consueto, lo straniero avrà nuove impressioni e un piacevole ricordo». C’erano solo due persone a cui l’esortazione poteva ri­ volgersi: possa quella ricetta essere stata illuminante per l’altro come per me! Mi sembrò di sentire una voce dal cie­ lo e mi affrettai più che potevo per procurarmi un cavallo e mettermi in ghingheri. Mandai a cercare Weyland, ma non si trovava. Questo non cambiò la mia decisione, ma rallen­ tò alquanto i preparativi e così non riuscii a partire presto come speravo, e per quanto veloce cavalcassi, sopraggiunse il buio. Non c’era pericolo di sbagliare strada, la luna illu­ minava la mia appassionata impresa. La notte ventosa face­

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men. Die Nacht war windig und schauerlich, ich sprengte zu, | um nicht bis morgen früh auf ihren Anblick warten zu müssen. Es war schon spät, als ich in Sesenheim mein Pferd einstellte. Der Wirt, auf meine Frage, ob wohl in der Pfarre noch Licht sei, versicher­ te mich, die Frauenzimmer seien eben erst nach Hause gegangen; er glaube gehört zu haben, daß sie noch einen Fremden erwarteten. Das war mir nicht recht; denn ich hätte gewünscht der einzige zu sein. Ich eilte nach, um wenigstens, so spät noch, als der erste zu erscheinen. Ich fand die beiden Schwestern vor der Türe sitzend; sie schienen nicht sehr verwundert, aber ich war es, als Friedrike Olivien ins Ohr sagte, so jedoch daß ich’s hörte: hab’ ich’s nicht gesagt? da ist er! Sie führten mich ins Zimmer und ich fand eine kleine Kollation aufgestellt. Die Mutter begrüßte mich als einen alten Bekannten; wie mich aber die ältere bei Licht besah, brach sie in ein lautes Gelächter aus: denn sie konnte wenig an sich halten. Nach diesem ersten etwas wunderlichen Empfang ward sogleich die Unterredung frei und heiter, und was mir diesen Abend verborgen blieb, erfuhr ich den andern Morgen. Friedrike hatte voraus gesagt, daß ich kommen würde; und wer fühlt nicht einiges Behagen beim Ein­ treffen einer Ahndung, selbst einer traurigen? Alle Vorgefühle, wenn sie durch das Ereignis bestätigt werden, geben dem Menschen einen höheren Begriff von sich selbst, es sei nun, daß er sich so zart fühlend glauben kann, um einen Bezug in der Ferne zu tasten, oder so scharf­ sinnig, um notwendige aber doch ungewisse Verknüpfungen gewahr zu werden. – Oliviens Lachen blieb auch kein Geheimnis; sie gestand, daß es ihr sehr lustig vorgekommen, mich diesmal geputzt und wohl ausstaffiert zu sehn; Friedrike hingegen fand es vorteilhaft, eine solche Erscheinung mir nicht als Eitelkeit auszulegen, vielmehr den Wunsch, ihr zu gefallen, darin zu erblicken. Früh bei Zeiten rief mich Friedrike zum Spazierengehn; Mutter und Schwester waren beschäftigt, alles zum Empfang mehrerer Gäste vor­

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va rabbrividire, spronai il cavallo | per non dover aspettare fino al mattino dopo per vederla5. Era già tardi quando condussi il cavallo nella stalla a Sessenheim. Alla mia domanda, se nella casa parrocchiale le luci fossero ancora accese, il locandiere mi rassicurò di­ cendo che le signorine erano appena rientrate; gli pareva di aver sentito che aspettassero un forestiero. La cosa non mi piacque: avrei preferito essere l’unico ospite ma mi affrettai a seguirle, sebbene fosse tardi, in modo da essere almeno il primo a presentarmi. Trovai le due sorelle sedute accan­ to alla porta. Non sembravano molto sorprese, ma lo fui io quando Friederike bisbigliò all’orecchio di Olivie, in modo che anch’io sentissi: «non te l’avevo detto? Eccolo qui!» Mi accompagnarono in casa, dove avevano preparato uno spun­ tino. La madre mi salutò come fossi una vecchia conoscen­ za, ma non appena la maggiore mi vide in piena luce scoppiò in una sonora risata – l’autocontrollo non era il suo forte. Dopo quella prima accoglienza piuttosto curiosa, la con­ versazione divenne subito gaia e sciolta, e ciò che per quel­ la sera rimase un mistero, lo scoprii la mattina dopo. Frie­ derike aveva previsto il mio arrivo, e chi non si compiace quando vede avverarsi una sua previsione, anche se triste? Che si ritenga così sensibile da intuire un nesso remoto, o così acuto da percepire collegamenti necessari, per quanto incerti, è lo stesso: tutti i presentimenti, una volta confer­ mati dai fatti, danno all’uomo un più alto concetto di sé. – Nemmeno la risata di Olivie rimase un mistero: ammise che l’aveva fatta ridere vedermi questa volta in ordine e vestito di tutto punto. Friederike dal canto suo preferì non interpretare la mia apparizione attuale come uno sfoggio di vanità, quanto piuttosto come desiderio di piacerle. Di prima mattina Friederike mi chiamò per andare a pas­ seggio; la mamma e la sorella erano impegnate nei prepara­

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zubereiten. Ich genoß an der Seite des lieben Mädchens der herrlichen Sonntagsfrühe auf dem | Lande, wie sie uns der unschätzbare Hebel vergegenwärtigt hat. Sie schilderte mir die erwartete Gesellschaft und bat mich, ihr beizustehn, daß alle Vergnügungen wo möglich gemein­ sam und in einer gewissen Ordnung möchten genossen werden. Ge­ wöhnlich, sagte sie, zerstreut man sich einzeln, Scherz und Spiel wird nur obenhin gekostet, so daß zuletzt für den einen Teil nichts übrig bleibt, als die Karten zu ergreifen, und für den andern, im Tanze sich auszurasen. Wir entwarfen demnach unsern Plan, was vor und nach Tische ge­ schehn sollte, machten einander wechselseitig mit neuen geselligen Spielen bekannt, waren einig und vergnügt, als uns die Glocke nach der Kirche rief, wo ich denn, an ihrer Seite, eine etwas trockene Predigt des Vaters nicht zu lang fand. Zeitverkürzend ist immer die Nähe der Geliebten, doch verging mir diese Stunde auch unter besonderem Nachdenken. Ich wiederholte mir die Vorzüge, die sie so eben auf’s freiste vor mir entwickelte: beson­ nene Heiterkeit, Naivetät mit Bewußtsein, Frohsinn mit Voraussehn; Eigenschaften, die unverträglich scheinen, die sich aber bei ihr zusam­ menfanden und ihr Äußeres gar hold bezeichneten. Nun hatte ich aber auch ernstere Betrachtungen über mich selbst anzustellen, die einer freien Heiterkeit eher Eintrag taten. Seitdem jenes leidenschaftliche Mädchen meine Lippen ver­ wünscht und geheiligt, (denn jede Weihe enthält ja beides,) hatte ich mich, abergläubisch genug, in Acht genommen, irgend ein Mädchen zu küssen, weil ich solches auf eine unerhörte geistige Weise zu be­ schädigen fürchtete. Ich überwand daher jede Lüsternheit, durch die sich der Jüngling gedrungen fühlt, diese viel oder wenig sagende Gunst einem reizenden Mädchen abzugewinnen. Aber selbst in der sittigs­ ten Gesellschaft erwartete mich eine lästige Prüfung. Eben jene, mehr

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tivi per accogliere diversi ospiti. Accanto alla cara fanciul­ la assaporai le magnifiche ore del mattino  | in campagna, proprio come ce le ha presentate l’inestimabile Hebel6. Mi descrisse gli ospiti che attendevano e mi chiese di aiutarla a far sì che ciascuno potesse divertirsi con gli altri nei limiti del possibile, mantenendo un certo ordine. «Di solito», dis­ se, «ci si disperde qua e là, ognuno per conto suo, di rado si gioca e si scherza insieme, e alla fine agli uni non resta che prendere in mano le carte, mentre gli altri si sfogano buttandosi nel ballo». Elaborammo quindi un programma con ciò che voleva­ mo fare prima e dopo il pranzo, ci spiegammo a vicenda vari giochi di società e andavamo d’amore e d’accordo, quando la campana ci richiamò in chiesa dove, al suo fian­ co, il sermone piuttosto asciutto del padre non mi sembrò troppo lungo. La vicinanza dell’amata fa sempre volare il tempo, ma quell’ora la trascorsi assorto anche in una particolare rifles­ sione. Mi ripetevo i pregi che mi aveva mostrato così aperta­ mente: era spensierata ma posata, ingenua ma consapevole, allegra ma prudente – qualità all’apparenza inconciliabili, che in lei si riunivano e si riflettevano nella dolcezza del suo aspetto. Dovevo però fare anche considerazioni ben più serie su me stesso, che impedivano un’allegria spensierata. Da quando quella fanciulla passionale aveva maledetto e santificato le mie labbra (perché ogni consacrazione com­ prende entrambe le cose), io, sufficientemente superstizio­ so, mi ero ben guardato dal baciare una ragazza, nel timore che l’avrei danneggiata spiritualmente in qualche misterio­ so modo. Dominavo quindi la voglia che spinge ogni gio­ vanotto a ottenere da un’affascinante fanciulla quel favore che significa poco e molto. Ma anche nella compagnia più beneducata venivo messo a dura prova. Infatti, i cosiddetti

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oder minder geistreichen, sogenannten kleinen Spiele, durch welche ein munterer jugendlicher Kreis gesammelt und vereinigt wird, sind großenteils auf Pfänder gegründet, bei deren Einforderung die Küsse keinen unbedeutenden Lösewert haben. Ich hatte mir nun ein | für al­ lemal vorgenommen, nicht zu küssen, und wie uns irgend ein Mangel oder Hindernis zu Tätigkeiten aufregt, zu denen man sich sonst nicht hingeneigt hätte, so bot ich alles auf, was an mir von Talent und Humor war, mich durchzuwinden und dabei vor der Gesellschaft und für die Gesellschaft eher zu gewinnen als zu verlieren. Wenn zu Einlösung eines Pfandes ein Vers verlangt werden sollte, so richtete man die For­ derung meist an mich. Nun war ich immer vorbereitet und wußte bei solcher Gelegenheit etwas zum Lobe der Wirtin, oder eines Frauenzim­ mers, die sich am artigsten gegen mich erwiesen hatte, vorzubringen. Traf es sich, daß mir allenfalls ein Kuß auferlegt wurde, so suchte ich mich mit einer Wendung herauszuziehn, mit der man gleichfalls zufrie­ den war; und da ich Zeit gehabt hatte, vorher darüber nachzudenken, so fehlte es mir nicht an mannigfaltigen Zierlichkeiten; doch gelangen die aus dem Stegreife immer am besten. Als wir nach Hause kamen, schwirrten die von mehreren Seiten angekommenen Gäste schon lustig durch einander, bis Friedrike sie sammelte und zu einem Spaziergang nach jenem schönen Platze lud und führte. Dort fand man eine reichliche Kollation und wollte mit ge­ selligen Spielen die Stunde des Mittagessens erwarten. Hier wußte ich, in Einstimmung mit Friedriken, ob sie gleich mein Geheimnis nicht ahndete, Spiele ohne Pfänder und Pfänderlösungen ohne Küsse zu be­ reiten und durchzuführen. Meine Kunstfertigkeit und Gewandtheit war um so nötiger, als die mir sonst ganz fremde Gesellschaft geschwind ein Verhältnis zwi­ schen mir und dem lieben Mädchen mochte geahndet haben, und sich nun schalkhaft alle Mühe gab, mir dasjenige aufzudringen, was ich heimlich zu vermeiden suchte. Denn bemerkt man in solchen Zirkeln

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‘giochetti’ più o meno spiritosi con cui un gruppo di giova­ ni allegri si raccoglie e riunisce, prevedono per la maggior parte dei pegni, nel cui pagamento i baci hanno un ruolo non irrilevante. Io mi ero riproposto | una volta per tutte di non dare baci, e poiché un difetto o un ostacolo ci spinge ad atti­ vità verso le quali altrimenti non ci sentiremmo inclini, così mi impegnavo con tutto il talento e l’umorismo che avevo per cavarmela e cercare di vincere piuttosto che perdere, sia per la compagnia che per la mia reputazione. Quando per pagare un pegno erano richiesti dei versi, la sfida era di soli­ to diretta a me; io ovviamente ero sempre pronto e in quelle occasioni sapevo produrre qualcosa a lode della padrona di casa o di una signorina che si era dimostrata particolar­ mente gentile nei miei confronti. Se poi accadeva che mi venisse comunque imposto un bacio, cercavo di cavarmela con una divagazione che fosse ugualmente soddisfacente; avendo avuto tempo per rifletterci in anticipo non ero mai a corto di complimenti, ma i migliori erano quelli che im­ provvisavo. Quando rientrammo a casa, gli ospiti arrivati da più par­ ti già gironzolavano allegri tutt’intorno, finché Friederike non li raccolse invitandoli a fare una passeggiata in quel bel posticino. Ve li condusse, lì trovammo un ricco spuntino e ci trattenemmo in giochi di società aspettando l’ora del pranzo. Ero riuscito a escogitare e a proporre, in accordo con Friederike sebbene lei non potesse intuire il mio se­ greto, giochi senza pegno o pegni che non prevedevano un pagamento in baci. Tutta la mia abilità e destrezza furono ancor più neces­ sarie perché la compagnia, a me del tutto sconosciuta, intuì subito che tra me e la cara fanciulla c’era qualcosa e tutti si davano astutamente da fare per costringermi a ciò che io invece cercavo di evitare. Infatti, quando in un gruppo ci si

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eine angehende Neigung junger Personen, so sucht man sie verlegen zu machen oder näher zusammenzubringen, eben so wie man in der Folge, wenn sich eine Leidenschaft erklärt hat, bemüht ist, sie wieder aus einander zu ziehen; wie es denn dem geselligen Menschen | ganz gleichgültig ist, ob er nutzt oder schadet, wenn er nur unterhalten wird. Ich konnte mit einiger Aufmerksamkeit an diesem Morgen Frie­ drikens ganzes Wesen gewahr werden, dergestalt, daß sie mir für die ganze Zeit immer dieselbe blieb. Schon die freundlichen, vorzüglich an sie gerichteten Grüße der Bauern gaben zu verstehn, daß sie ihnen wohltätig sei und ihr Behagen errege. Zu Hause stand die ältere der Mutter bei; alles was körperliche Anstrengung erforderte, ward nicht von Friedriken verlangt, man schonte sie, wie man sagte, ihrer Brust wegen. Es gibt Frauenspersonen die uns im Zimmer besonders wohl ge­ fallen, andere die sich besser im Freien ausnehmen; Friedrike gehörte zu den letztern. Ihr Wesen, ihre Gestalt trat niemals reizender hervor, als wenn sie sich auf einem erhöhten Fußpfad hinbewegte; die Anmut ihres Betragens schien mit der beblümten Erde, und die unverwüstliche Heiterkeit ihres Antlitzes mit dem blauen Himmel zu wetteifern. Die­ sen erquicklichen Äther der sie umgab, brachte sie auch mit nach Hau­ se und es ließ sich bald bemerken, daß sie Verwirrungen auszugleichen und die Eindrücke kleiner unangenehmer Zufälligkeiten leicht wegzu­ löschen verstand. Die reinste Freude die man an einer geliebten Person finden kann, ist die, zu sehen, daß sie andere erfreut. Friedrikens Betragen in der Gesellschaft war allgemein wohltätig. Auf Spaziergängen schwebte sie, ein belebender Geist, hin und wider und wußte die Lücken aus­ zufüllen, welche hier und da entstehn mochten. Die Leichtigkeit ihrer Bewegungen haben wir schon gerühmt, und am allerzierlichsten war sie, wenn sie lief. So wie das Reh seine Bestimmung ganz zu erfüllen scheint, wenn es leicht über die keimenden Saaten wegfliegt, so schien

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accorge della passione che sta sbocciando tra due giovani, si cerca di metterli in imbarazzo o di farli avvicinare di più, così come in seguito, quando l’amore è dichiarato, si fa di tutto per dividerli: per l’uomo conviviale | è del tutto indif­ ferente se fa del bene o del male, gli basta solo divertirsi. Con un minimo di attenzione quel mattino riuscii a comprendere pienamente la natura di Friederike, tanto che anche in seguito non mi riservò più sorprese. Già i saluti cordiali dei contadini, rivolti prevalentemente a lei, mi fe­ cero capire che era gentile con loro e la stimavano. A casa, mentre la maggiore aiutava la mamma, da Friederike non si pretendeva nulla che richiedesse uno sforzo fisico; la rispar­ miavano, dicevano, per via del mal di petto. Ci sono donne che si apprezzano meglio in una stanza, altre che sono più a loro agio all’aperto: Friederike appar­ teneva a questo secondo gruppo. Il suo essere, la sua figura manifestava tutto il suo fascino quando camminava su un sentiero di campagna; la grazia dei suoi modi sembrava fare a gara con la terra fiorita, l’imperturbabile allegria del suo volto con l’azzurro del cielo. Quell’aura ristoratrice che la avvolgeva la seguiva anche a casa e si notò presto che era capace di appianare i malintesi e cancellare le impressioni sgradevoli dei piccoli contrattempi. La gioia più grande che si prova per la persona amata è quella di vedere come essa renda felici anche gli altri. Il comportamento di Friederike in compagnia era davvero una benedizione per tutti. Durante le passeggiate aleggiava avanti e indietro come uno spirito vivificante, riempiendo i vuoti che si aprivano qua e là; la leggerezza delle sue mo­ venze è già stata elogiata, ma raggiungeva il culmine della grazia quando correva. Come il cerbiatto sembra rispondere appieno alla sua vocazione quando vola via leggero sui cam­ pi in germoglio, così anche lei sembrava esprimere al me­

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auch sie ihre Art und Weise am deutlichsten auszudrücken, wenn sie, etwas Vergessenes zu holen, etwas Verlorenes zu suchen, ein entferntes Paar herbeizurufen, etwas Notwendiges zu bestellen, über Rain und Matten leichten Laufes hineilte. Dabei kam | sie niemals außer Atem, und blieb völlig im Gleichgewicht; daher mußte die allzu große Sorge der Eltern für ihre Brust manchem übertrieben scheinen. Der Vater, der uns manchmal durch Wiesen und Felder begleitete, war öfters nicht günstig gepaart. Ich gesellte mich deshalb zu ihm, und er verfehlte nicht, sein Lieblingsthema wieder anzustimmen und mich von dem vorgeschlagenen Bau des Pfarrhauses umständlich zu unter­ halten. Er beklagte sich besonders, daß er die sorgfältig gefertigten Risse nicht wieder erhalten könne, um darüber nachzudenken und eine und die andere Verbesserung zu überlegen. Ich erwiderte darauf, es sei leicht sie zu ersetzen, und erbot mich zur Fertigung eines Grundrisses, auf welchen doch vorerst alles ankomme. Er war es wohl zufrieden, und bei der nötigen Ausmessung sollte der Schulmeister an die Hand gehen, welchen aufzuregen er denn auch sogleich forteilte, damit ja der Fuß- und Zollstab morgen früh bereit wäre. Als er hinweggegangen war, sagte Friedrike: Sie sind recht gut, die schwache Seite des lieben Vaters zu hegen und nicht, wie die andern, die dieses Gespräch schon überdrüssig sind, ihn zu meiden oder davon abzubrechen. Freilich muß ich Ihnen bekennen, daß wir übrigen den Bau nicht wünschen; er würde der Gemeine zu hoch zu stehn kommen und uns auch. Neues Haus, neues Hausgeräte! Unsern Gästen würde es bei uns nicht wohler sein, sie sind nun einmal das alte Gebäude ge­ wohnt. Hier können wir sie reichlich bewirten, dort fänden wir uns in einem weitern Raume beengt. So steht die Sache; aber unterlassen Sie nicht, gefällig zu sein, ich danke es Ihnen von Herzen.

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glio la sua natura quando si affrettava con passo leggero sui prati e tra i campi per andare a prendere qualcosa che aveva dimenticato, per cercare un oggetto smarrito, per chiamare una coppia che si era allontanata o sbrigare qualche incom­ benza. Non | le mancava mai il fiato e manteneva sempre il suo contegno, tanto che la grande preoccupazione dei geni­ tori per il suo mal di petto a molti sembrava eccessiva. Il padre che qualche volta ci accompagnava in campa­ gna e sui pascoli spesso non aveva compagnia adeguata. Per questo mi misi di fianco a lui e non mancò di tirar fuori il suo argomento preferito, intrattenendomi doviziosamen­ te sulla progettata ristrutturazione della casa parrocchiale. Si lamentava soprattutto perché non era riuscito a riavere i disegni approntati con tanta cura per rifletterci e valutare ancora l’una o l’altra modifica. Risposi che a questo si po­ teva rimediare facilmente e mi offrii di preparare una plani­ metria, da cui dipendeva tutto il resto. Fu molto soddisfatto: per le misurazioni necessarie ci avrebbe aiutato il maestro della scuola e si affrettò per andare subito ad avvisarlo, in modo che l’indomani mattina presto si facesse trovar pron­ to con riga e metro. Dopo che se ne fu andato, Friederike mi disse: «Siete proprio bravo ad assecondare questa debolezza del mio caro papà! Tutti gli altri, ormai stufi di questo argomento, cerca­ no di evitarlo o di tagliar corto e se ne vanno. Del resto, devo confessarvi che il resto della famiglia non desidera la ristrutturazione: costerebbe troppo cara sia alla parrocchia che a noi. Casa nuova, nuovi mobili! I nostri ospiti non si sentirebbero più a loro agio, sono ormai abituati alla casa vecchia; qui possiamo ospitarli con abbondanza, là ci ritro­ veremmo in ristrettezze, anche se in uno spazio più grande. Così stanno le cose; ma voi non smettete di assecondarlo, ve ne sono grata con tutto il cuore».

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Ein anderes Frauenzimmer, das sich zu uns gesellte, fragte nach einigen Romanen, ob Friedrike solche gelesen habe. Sie verneinte es: denn sie hatte überhaupt wenig gelesen; sie war in einem heitern sitt­ lichen Lebensgenuß aufgewachsen und dem gemäß gebildet. Ich hatte den Wakefield auf der Zunge, allein ich wagte nicht, ihr ihn anzubieten; die Ähnlichkeit der Zustände war zu auffallend  | und zu bedeutend. – Ich lese sehr gern Romane, sagte sie; man findet darin so hübsche Leute, denen man wohl ähnlich sehen möchte. Die Ausmessung des Hauses geschah des andern Morgens. Sie ging ziemlich langsam von Statten, da ich in solchen Künsten so wenig ge­ wandt war, als der Schulmeister. Endlich kam ein leidlicher Entwurf zu Stande. Der gute Vater sagte mir seine Absicht und war nicht unzufrie­ den, als ich Urlaub nahm, um den Riß in der Stadt mit mehr Bequem­ lichkeit zu verfertigen. Friedrike entließ mich froh; sie war von meiner Neigung überzeugt, wie ich von der ihrigen, und die sechs Stunden schienen keine Entfernung mehr. Es war so leicht, mit der Diligence nach Drusenheim zu fahren und sich durch dieses Fuhrwerk, so wie durch ordentliche und außerordentliche Boten, in Verbindung zu er­ halten, wobei Georges den Spediteur machen sollte. In der Stadt angelangt, beschäftigte ich mich in den frühesten Stun­ den – denn an langen Schlaf war nicht mehr zu denken – mit dem Ris­ se, den ich so sauber als möglich zeichnete. Indessen hatte ich ihr Bü­ cher geschickt und ein kurzes freundliches Wort dazu geschrieben. Ich erhielt sogleich Antwort und erfreute mich ihrer leichten, hübschen, herzlichen Hand. Ebenso war Inhalt und Styl natürlich, gut, liebevoll, von innen heraus, und so wurde der angenehme Eindruck, den sie auf mich gemacht, immer erhalten und erneuert. Ich wiederholte mir die Vorzüge ihres holden Wesens nur gar zu gern, und nährte die Hoffnung, sie bald und auf längere Zeit wiederzusehn. Es bedurfte nun nicht mehr eines Zurufs von Seiten des braven Lehrers; er hatte mich durch jene Worte zur rechten Zeit so aus dem

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Si unì a noi un’altra ragazza che chiese a Friederike se aveva letto certi romanzi. Rispose di no: leggeva pochissimo in generale, era cresciuta in un ambiente con una gioia di vivere serena e onesta, e a quella era stata educata. Avevo il Wakefield sulla punta della lingua, ma non osai proporglielo: la somiglianza della situazione era troppo evidente | e troppo eloquente. «I romanzi però li leggo molto volentieri», disse; «hanno personaggi bellissimi ai quali vorrei assomigliare»7. Il mattino dopo ci fu la misurazione della casa. Andò ab­ bastanza per le lunghe, perché sia io che il maestro di scuola eravamo troppo poco esperti di quell’arte. Alla fine ne rica­ vammo uno schizzo accettabile. Il buon padre mi illustrò le sue intenzioni e non fu dispiaciuto quando presi congedo per tornare in città e disegnare la pianta con maggior co­ modità. Friederike mi salutò felice; si era convinta del mio affetto come io del suo, e le sei ore non sembravano più una grande distanza. Era molto semplice andare a Drusenheim con la carrozza postale e mantenersi in contatto grazie a questo servizio e tramite i corrieri ordinari e straordinari, mentre Georges avrebbe provveduto al recapito. Giunto in città, il mattino presto – dormire a lungo ormai era fuori discussione – mi dedicavo alla planimetria, che cercai di disegnare con la maggior precisione possibile. Nel frattempo le avevo inviato dei libri accompagnati da parole affettuose. Ricevetti subito la risposta e mi piacque la sua calligrafia leggera, graziosa e cordiale. Anche lo stile e il contenuto erano naturali, positivi, gradevoli e spontanei, e la buona impressione che mi aveva fatto fu confermata e rinnovata. Con piacere passavo e ripassavo in rassegna le qualità della sua dolce natura nutrendo la speranza di rive­ derla presto e più a lungo. Non avevo più bisogno dell’incoraggiamento del mio bravo professore; con quelle parole dette al momento giu­

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Grunde kuriert, daß ich ihn und seine Kranken nicht leicht wieder­ zusehen Lust hatte. Der Briefwechsel mit Friedriken wurde lebhafter. Sie lud mich ein zu einem Feste, wozu auch überrheinische Freunde kommen würden; ich sollte mich auf längere Zeit einrichten. Ich tat es, indem ich einen tüchtigen Mantelsack auf die Diligence packte, und in wenig Stunden befand ich mich in ihrer | Nähe. Ich traf eine große und lustige Gesellschaft, nahm den Vater bei Seite, überreichte ihm den Riß, über den er große Freude bezeigte; ich besprach mit ihm, was ich bei der Ausarbeitung gedacht hatte; er war außer sich vor Vergnügen, besonders lobte er die Reinlichkeit der Zeichnung: die hatte ich von Jugend auf geübt und mir diesmal auf dem schönsten Papier noch be­ sondere Mühe gegeben. Allein dieses Vergnügen wurde unserm guten Wirte gar bald verkümmert, da er, gegen meinen Rat, in der Freude seines Herzens, den Riß der Gesellschaft vorlegte. Weit entfernt, daran die erwünschte Teilnahme zu äußern, achteten die einen diese köstliche Arbeit gar nicht; andere, die etwas von der Sache zu verstehn glaubten, machten es noch schlimmer; sie tadelten den Entwurf als nicht kunst­ gerecht, und als der Alte einen Augenblick nicht aufmerkte, handhab­ ten sie diese saubern Blätter als Brouillons, und einer zog mit harten Bleistiftstrichen seine Verbesserungsvorschläge dergestalt derb über das zarte Papier, daß an Wiederherstellung der ersten Reinheit nicht zu denken war. Den höchst verdrießlichen Mann, dem sein Vergnügen so schmäh­ lich vereitelt worden, vermochte ich kaum zu trösten, so sehr ich ihm auch versicherte, daß ich sie selbst nur für Entwürfe gehalten, worü­ ber wir sprechen und neue Zeichnungen darauf bauen wollten. Er ging dem allen ungeachtet höchst verdrießlich weg, und Friedrike dankte

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sto mi aveva curato in modo così radicale che non avevo proprio voglia di rivedere tanto presto né lui né i suoi ma­ lati. La corrispondenza con Friederike divenne sempre più vivace. Mi invitò a una festa a cui avrebbero partecipato anche amici dall’altra riva del Reno, e dovevo predispormi per una visita più lunga. Lo feci caricando sulla carrozza una poderosa borsa di abiti e in poche ore ero di nuovo vicino  | a lei. Trovai una compagnia allegra e numerosa; presi da parte il padre e gli consegnai la piantina, che lo rese davvero felice; discussi con lui quello che mi era ve­ nuto in mente tracciando il disegno ed era fuori di sé dalla gioia, apprezzò soprattutto la pulizia del tratto. In quello mi ero esercitato fin da piccolo e questa volta mi ero impe­ gnato particolarmente, usando anche la carta più pregiata. Peccato che la contentezza del nostro buon padrone di casa venne subito rovinata quando, nel suo trasporto ma contro il mio consiglio, mostrò il disegno agli altri. Ben lontani dal manifestare la dovuta partecipazione, alcuni non si cu­ rarono proprio di quell’eccellente lavoro; altri invece, che si reputavano competenti in materia, non fecero che peg­ giorare le cose: criticarono il disegno in quanto non con­ forme ai dettami dell’arte e, mentre il vecchio signore era distratto, trattarono la bella copia come fosse soltanto uno schizzo. Uno tracciò le sue proposte di modifica con una matita rigida calcando così tanto sulla carta sottile che non fu più possibile nemmeno pensare di ripristinare l’origina­ ria pulizia. Non mi riuscì di consolare quell’uomo tanto suscettibile quando vide sminuita in modo così spregevole la sua gioia, per quanto lo rassicurassi che io stesso avevo considerato quel disegno una bozza su cui discutere per poi fare i di­ segni definitivi. Ciononostante se ne andò offeso, mentre Friederike mi ringraziò non solo per le mie attenzioni nei

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mir für die Aufmerksamkeit gegen den Vater eben so sehr als für die Geduld bei der Unart der Mitgäste. Ich aber kannte keinen Schmerz noch Verdruß in ihrer Nähe. Die Gesellschaft bestand aus jungen, ziemlich lärmenden Freunden, die ein alter Herr noch zu überbieten trachtete und noch wunderlicheres Zeug angab als sie ausübten. Man hatte schon beim Frühstück den Wein nicht gespart; bei einem sehr wohl besetzten Mittagstische ließ man sich’s an keinem Genuß ermangeln und allen schmeckte es, nach der angreifenden Leibesübung bei ziemlicher Wärme, um so besser, und wenn der alte Amtmann | des Guten ein wenig zuviel getan hatte, so war die Jugend nicht weit hinter ihm zurückgeblieben. Ich war grenzenlos glücklich an Friedrikens Seite; gesprächig, lus­ tig, geistreich, vorlaut, und doch durch Gefühl, Achtung und Anhäng­ lichkeit gemäßigt. Sie in gleichem Falle, offen, heiter, teilnehmend und mitteilend. Wir schienen allein für die Gesellschaft zu leben und lebten bloß wechselseitig für uns. Nach Tische suchte man den Schatten, gesellschaftliche Spiele wur­ den vorgenommen und Pfänderspiele kamen an die Reihe. Bei Lösung der Pfänder ging alles jeder Art ins Übertriebene: Gebärden die man verlangte, Handlungen die man ausüben, Aufgaben die man lösen soll­ te, alles zeigte von einer verwegenen Lust, die keine Grenzen kennt. Ich selbst steigerte diese wilden Scherze durch manchen Schwank, Friedrike glänzte durch manchen neckischen Einfall; sie erschien mir lieblicher als je; alle hypochondrischen abergläubischen Grillen waren mir verschwunden und als sich die Gelegenheit gab, meine so zärtlich Geliebte recht herzlich zu küssen, versäumte ich’s nicht, und noch we­ niger versagte ich mir die Wiederholung dieser Freude. Die Hoffnung der Gesellschaft auf Musik wurde endlich befriedigt, sie ließ sich hören und alles eilte zum Tanz. Die Allemanden, das Wal­ zen und Drehen war Anfang, Mittel und Ende. Alle waren zu diesem

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confronti del padre, ma anche per la pazienza nei confronti della maleducazione degli altri ospiti. Accanto a lei non esistevano per me né fastidio né malumore. Il gruppo era formato da giovani amici piuttosto rumorosi con i quali il vecchio signore cercava di compe­ tere facendo discorsi ancora più strambi dei loro. Già a co­ lazione non si era risparmiato il vino, e davanti a un tavolo abbondantemente apparecchiato per il pranzo non ci si fece mancare nulla, anzi, tutto sembrava ancora più buono dopo l’esercizio fisico all’aperto nella giornata piuttosto calda; e se l’anziano ministro | aveva un po’ esagerato, i giovani non erano certo stati indietro. Ero infinitamente felice vicino a Friederike: loquace, allegro, spiritoso, impertinente ma moderato da sentimen­ to, rispetto e affetto. Lei, felice quanto me, aperta, gioiosa, partecipe e comunicativa. Sembrava che vivessimo soltan­ to per la compagnia, e vivevamo invece soltanto l’uno per l’altra. Dopo pranzo cercammo l’ombra, iniziammo a fare dei giochi di società e presto fu la volta di quelli con il pegno. Nell’assegnare le penitenze si esagerava in tutto e per tutto: i gesti da fare, le azioni da compiere, gli enigmi da risolvere, tutto mostrava un piacere audace che non conosceva limite. Anch’io contribuivo a quegli scherzi sfrenati raccontando barzellette, Friederike brillava per le battute maliziose e mi parve più adorabile che mai. Tutte le fisime ipocondriache e superstiziose scomparvero e non appena mi si presentò l’occasione di dare un bacio affettuoso a colei che amavo teneramente, non me la lasciai scappare, né tanto meno mi privai poi del piacere di rifarlo. Infine fu soddisfatto anche il desiderio di musica del gruppo: la si udì e tutti si precipitarono a ballare. Le alle­ mande con le mille giravolte e piroette erano il pezzo forte:

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Nationaltanz aufgewachsen; auch ich machte meinen geheimen Lehr­ meisterinnen Ehre genug, und Friedrike, welche tanzte wie sie ging, sprang und lief, war sehr erfreut, an mir einen geübten Partner zu fin­ den. Wir hielten meist zusammen, mußten aber bald Schicht machen, weil man ihr von allen Seiten zuredete, nicht weiter fortzurasen. Wir entschädigten uns durch einen einsamen Spaziergang Hand in Hand, und an jenem stillen Platze durch die herzlichste Umarmung und die treulichste Versicherung, daß wir uns von Grund aus liebten. Ältere Personen die vom Spiel aufgestanden waren, zogen uns mit sich fort. Bei der Abend-Kollation kam man | eben so wenig zu sich selbst; es ward bis tief in die Nacht getanzt, und an Gesundheiten so wie an andern Aufmunterungen zum Trinken fehlte es so wenig als am Mittag. Ich hatte kaum einige Stunden sehr tief geschlafen, als ein erhitztes und in Aufruhr gebrachtes Blut mich aufweckte. In solchen Stunden und Lagen ist es, wo die Sorge, die Reue den wehrlos hingestreck­ ten Menschen zu überfallen pflegen. Meine Einbildungskraft stellte mir zugleich die lebhaftesten Bilder dar; ich sehe Lucinden, wie sie, nach dem heftigen Kusse, leidenschaftlich von mir zurücktritt, mit glühender Wange, mit funkelnden Augen jene Verwünschung aus­ spricht, wodurch nur ihre Schwester bedroht werden soll, und wodurch sie unwissend fremde Schuldlose bedroht. Ich sehe Friedriken gegen ihr überstehn, erstarrt vor dem Anblick, bleich und die Folgen jener Verwünschung fühlend, von der sie nichts weiß. Ich finde mich in der Mitte, so wenig im Stande, die geistigen Wirkungen jenes Abenteu­ ers abzulehnen als jenen Unglück weissagenden Kuß zu vermeiden. Die zarte Gesundheit Friedrikens schien den gedrohten Unfall zu be­ schleunigen, und nun kam mir ihre Liebe zu mir recht unselig vor; ich wünschte über alle Berge zu sein. Was aber noch schmerzlicheres für mich im Hintergrunde lag, will ich nicht verhehlen. Ein gewisser Dünkel unterhielt bei mir jenen Aberglauben; meine Lippen – geweiht oder verwünscht – kamen mir

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tutti loro erano cresciuti con quel ballo nazionale e io feci onore alle mie due segrete insegnanti. Per Friederike ballare era proprio come camminare, correre e saltare, e fu felice di trovare in me un compagno esperto. Per lo più ballammo insieme, ma poi fummo costretti a smettere perché da ogni parte la ammonivano a non scatenarsi troppo. Ci consolam­ mo con una passeggiata mano nella mano e, giunti in quella quieta radura, con l’abbraccio più affettuoso e l’affermazio­ ne più sincera di amore profondo. Adulti che avevano smesso di giocare alle carte ci prese­ ro con loro. Nemmeno durante la cena | ci fu modo di stare tranquilli, si ballò fino a notte fonda e non mancarono né i brindisi né altri incoraggiamenti a bere, proprio come a pranzo. Dopo poche ore di un sonno profondo, fui svegliato dal mio sangue surriscaldato e in tumulto. Sono quelle le ore e le situazioni in cui la preoccupazione e il rimorso sono soliti assalire l’uomo che giace indifeso. La mia fantasia mi dipingeva le immagini più vivide: vedo Lucinde che, dopo quel bacio feroce, si allontana da me adirata, pronuncian­ do la maledizione con le guance accese e gli occhi scintil­ lanti – voleva nuocere solo alla sorella, ma senza saperlo tocca anche altre innocenti. Vedo Friederike davanti a lei, paralizzata a quella vista, pallida, che percepisce le conse­ guenze di una maledizione di cui era ignara. Io mi trovo nel mezzo, ugualmente incapace di negare gli effetti spirituali di quell’avventura e di evitare quel bacio portatore di di­ sgrazia. La delicata salute di Friederike sembra accelerare il disastro, ed ecco che il suo amore per me mi parve fatale. Desiderai essere a mille miglia di distanza. Non voglio nascondere però che sotto sotto per me c’era qualcosa di ancora più doloroso. Quella superstizione ave­ va alimentato una certa vanità: le mie labbra, consacrate o

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bedeutender vor als sonst, und mit nicht geringer Selbstgefälligkeit war ich mir meines enthaltsamen Betragens bewußt, indem ich mir manche unschuldige Freude versagte, teils um jenen magischen Vorzug zu be­ wahren, teils um ein harmloses Wesen nicht zu verletzen, wenn ich ihn aufgäbe. Nunmehr aber war alles verloren und unwiederbringlich; ich war in einen gemeinen Zustand zurückgekehrt, ich glaubte das liebste Wesen verletzt, ihr unwiederbringlich geschadet zu haben; und so war jene Verwünschung, anstatt daß ich sie hätte los werden sollen, von meinen Lippen in mein eignes Herz zurückgeschlagen. | Das alles ras’te zusammen in meinem durch Liebe und Leiden­ schaft, Wein und Tanz aufgeregten Blute, verwirrte mein Denken, pei­ nigte mein Gefühl, so daß ich, besonders im Gegensatz mit den gestri­ gen behaglichen Freuden, mich in einer Verzweiflung fühlte, die ohne Grenzen schien. Glücklicherweise blickte durch eine Spalte im Laden das Tagslicht mich an, und alle Mächte der Nacht überwindend stellte mich die hervortretende Sonne wieder auf meine Füße; ich war bald im Freien und schnell erquickt, wo nicht hergestellt. Der Aberglaube, so wie manches andre Wähnen, verliert sehr leicht an seiner Gewalt, wenn er, statt unserer Eitelkeit zu schmeicheln, ihr in den Weg tritt, und diesem zarten Wesen eine böse Stunde machen will; wir sehen alsdann recht gut, daß wir ihn loswerden können, sobald wir wollen; wir entsagen ihm um so leichter, jemehr alles was wir ihm ent­ ziehn, zu unserm Vorteil gereicht. Der Anblick Friedrikens, das Gefühl ihrer Liebe, die Heiterkeit der Umgebung, alles machte mir Vorwür­ fe, daß ich in der Mitte der glücklichsten Tage so traurige Nachtvögel bei mir beherbergen mögen; ich glaubte sie auf ewig verscheucht zu haben. Des lieben Mädchens immer mehr annäherndes zutrauliches

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maledette che fossero, mi parevano più importanti del nor­ male ed ero consapevole, non senza un certo compiacimen­ to, della mia continenza quando rinunciavo a qualche gioia innocente, in parte per mantenere quel magico privilegio, in parte per non far del male a una creatura ignara qualora vi avessi rinunciato. Ora però tutto era perduto e in modo irreversibile; ero tornato alla condizione normale, credevo di aver ferito la fanciulla più adorabile di tutte, di averla danneggiata in modo irreparabile; e così, invece che liberarmi da quella maledizione, l’avevo fatta rimbalzare dalle labbra dentro al cuore. | Tutto ciò imperversava nel sangue eccitato da amore e passione, vino e ballo; confondeva i pensieri, tormentava i miei sentimenti tanto che, in netto contrasto con le gra­ devoli gioie del giorno precedente, mi sentii precipitare in una disperazione che pareva senza fondo. Per fortuna da una fessura nella persiana fece capolino la luce del giorno e, sconfiggendo le forze della notte, il sole che sorgeva mi rimise in sesto; uscii subito all’aperto e fui velocemente ri­ storato, se non del tutto ristabilito. Come molte altre fisime, la superstizione perde molto del suo potere quando, invece che alimentare la nostra va­ nità, la ostacola e rende la vita difficile alla tenera creatura. A quel punto ci accorgiamo chiaramente che possiamo li­ berarcene, se solo lo volessimo, e ci rinunciamo con tanta più facilità quanto più vediamo che tutto quello che le sot­ traiamo torna a nostro vantaggio. La presenza di Friederike, la consapevolezza del suo amore, la serenità del paesaggio, tutto mi rimproverava perché nel bel mezzo di giorni così lieti concedevo spazio dentro di me a cupi uccelli notturni. Credetti di averli scacciati per sempre. Il comportamento della dolce fanciulla, sempre più confidente e fiducioso, mi

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Betragen machte mich durch und durch froh und ich fand mich recht glücklich, daß sie mir diesmal beim Abschied öffentlich, wie andern Freunden und Verwandten, einen Kuß gab. In der Stadt erwarteten mich gar manche Geschäfte und Zerstreu­ ungen, aus denen ich mich oft, durch einen jetzt regelmäßig einge­ leiteten Briefwechsel mit meiner Geliebten, zu ihr sammelte. Auch in Briefen blieb sie immer dieselbe; sie mochte etwas Neues erzählen, oder auf bekannte Begebenheiten anspielen, leicht schildern, vorüber­ gehend reflektieren, immer war es, als wenn sie auch mit der Feder gehend, kommend, laufend, springend, so leicht aufträte als sicher. Auch ich schrieb sehr gern an sie: denn die Vergegenwärtigung ihrer Vorzüge vermehrte meine Neigung auch in der Abwesenheit, so daß diese | Unterhaltung einer persönlichen wenig nachgab, ja in der Folge mir sogar angenehmer, teurer wurde. Denn jener Aberglaube hatte völlig weichen müssen. Er gründete sich zwar auf Eindrücke früherer Jahre, allein der Geist des Tags, das Rasche der Jugend, der Umgang mit kalten, verständigen Männern, alles war ihm ungünstig, so daß sich nicht leicht Jemand in meiner gan­ zen Umgebung gefunden hätte, dem nicht ein Bekenntnis meiner Grille vollkommen lächerlich gewesen wäre. Allein das Schlimmste war, daß jener Wahn, indem er floh, eine wahre Betrachtung über den Zustand zurückließ, in welchem sich immer junge Leute befinden, deren früh­ zeitige Neigungen sich keinen dauerhaften Erfolg versprechen dürfen. So wenig war mir geholfen, den Irrtum los zu sein, daß Verstand und Überlegung mir nur noch schlimmer in diesem Falle mitspielten. Mei­ ne Leidenschaft wuchs, jemehr ich den Wert des trefflichen Mädchens kennen lernte, und die Zeit rückte heran, da ich so viel Liebes und Gutes, vielleicht auf immer, verlieren sollte. Wir hatten eine Zeit lang zusammen still und anmutig fortgelebt, als Freund Weyland die Schalkheit beging, den Landpriester von

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rendeva oltremodo felice e mi rallegrai quando, alla parten­ za, mi salutò come altri amici e parenti, dandomi un bacio in pubblico. In città mi aspettavano molte occupazioni e distrazioni, da cui mi appartavo di frequente per dedicarmi alla corri­ spondenza con la mia amata, ora divenuta regolare. Anche nelle lettere era sempre la stessa: quando raccontava qual­ cosa di nuovo o si riferiva a fatti conosciuti, quando de­ scriveva rapida o si soffermava a riflettere su qualcosa, era sempre come se andasse e venisse, corresse e saltasse anche con la penna, leggera e sicura. Anch’io le scrivevo molto volentieri, perché pensare alle sue qualità accresceva il mio amore anche in sua assenza, tanto che quello | scambio era quasi come un colloquio in presenza, anzi: con il tempo mi divenne persino più gradito e caro. Quella superstizione, ovviamente, era sparita del tutto. Si basava, è vero, sulle impressioni degli anni precedenti, ma lo spirito attuale, l’impeto della gioventù, la frequenta­ zione di uomini obiettivi e razionali, tutto le era avverso, e tra tutte le mie conoscenze non sarebbe stato facile trovare qualcuno che non avrebbe ritenuto la mia fisima, se gliela avessi confessata, del tutto ridicola. Ma la cosa peggiore fu che quella follia, scomparendo, mi lasciò una visione reali­ stica della condizione in cui si trovano sempre i giovani, le cui precoci passioni non sono destinate a durare nel tempo. Mi fu quindi di poca utilità liberarmi da quell’errore, poiché questa volta intelletto e riflessione mi causarono un danno ben peggiore. Il mio amore cresceva man mano che scopri­ vo i pregi di quella splendida fanciulla, ma si avvicinava il tempo in cui avrei perso, forse per sempre, tutto quell’amo­ re e quella bontà. Trascorremmo un certo periodo quieti e sereni finché il mio amico Weyland non fu così avventato da portare a

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Wakefield nach Sesenheim mitzubringen und mir ihn, da vom Vorlesen die Rede war, unvermutet zu überreichen, als hätte es weiter gar nichts zu sagen. Ich wußte mich zu fassen und las so heiter und freimütig als ich nur konnte. Auch die Gesichter meiner Zuhörer erheiterten sich so­ gleich, und es schien ihnen gar nicht unangenehm, abermals zu einer Vergleichung genötigt zu sein. Hatten sie zu Raymond und Melusine komische Gegenbilder gefunden, so erblickten sie hier sich selbst in einem Spiegel, der keineswegs verhäßlichte. Man gestand sich’s nicht ausdrücklich, aber man verleugnete es nicht, daß man sich unter Geis­ tes- und Gefühlsverwandten bewege. Alle Menschen guter Art empfinden bei zunehmender Bildung, daß sie auf der Welt eine doppelte Rolle zu spielen haben, eine wirkliche und eine ideelle, und in diesem Gefühl ist der Grund alles Edlen auf­ zusuchen. Was uns für | eine wirkliche zugeteilt sei, erfahren wir nur allzu deutlich; was die zweite betrifft, darüber können wir selten in’s Klare kommen. Der Mensch mag seine höhere Bestimmung auf Erden oder im Himmel, in der Gegenwart oder in der Zukunft suchen, so bleibt er deshalb doch innerlich einem ewigen Schwanken, von außen einer immer störenden Einwirkung ausgesetzt, bis er ein für allemal den Entschluß faßt, zu erklären, das Rechte sei das was ihm gemäß ist. Unter die läßlichsten Versuche, sich etwas Höheres anzubilden, sich einem Höheren gleich zu stellen, gehört wohl der jugendliche Trieb, sich mit Romanenfiguren zu vergleichen. Er ist höchst unschul­ dig, und, was man auch dagegen eifern mag, höchst unschädlich. Er unterhält uns in Zeiten, wo wir vor Langerweile umkommen oder zu leidenschaftlicher Unterhaltung greifen müßten. Wie oft wiederholt man nicht die Litanei vom Schaden der Roma­ ne, und was ist es denn für ein Unglück, wenn ein artiges Mädchen, ein hübscher junger Mann sich an die Stelle der Person setzt, der es besser und schlechter geht als ihm selbst? Ist denn das bürgerliche Leben so

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Sessenheim il Vicario di Wakefield. Quando qualcuno pro­ pose di leggere qualcosa ad alta voce, me lo porse inaspet­ tatamente, come fosse un libro qualsiasi. Riuscii a control­ larmi, lessi tranquillo e spensierato per quanto possibile. I volti dei miei ascoltatori si rasserenarono subito, e non sem­ bravano dispiaciuti di trovarsi di nuovo costretti a fare dei confronti. Se per Raymond e Melusina avevano individuato delle buffe controparti, qui vedevano se stessi riflessi in uno specchio che di certo non li imbruttiva. Non lo ammisero apertamente, ma nemmeno negarono di trovarsi tra persone accomunate da uno stesso spirito e modo di sentire8. Tutte le persone di buon senso capiscono, col progredire dell’educazione, che nel mondo devono recitare un doppio ruolo, uno reale e uno ideale, e in questo sentimento va ri­ cercata l’origine di tutto ciò che è nobile. Quale ruolo | ci sia stato assegnato nella realtà, lo percepiamo fin troppo bene; il secondo, invece, raramente riusciamo a discerner­ lo. L’uomo può cercare la sua vocazione più alta in cielo o in terra, nel presente o nel futuro, ma proprio per questo rimane esposto a un’eterna incertezza interiore e a fastidiosi influssi esteriori, finché non decide una volta per tutte di dichiarare che la cosa giusta è quella a lui conforme. Tra i tentativi più perdonabili di attribuirsi ruoli migliori, di porsi su un livello più elevato, va annoverata la tendenza dei giovani a paragonarsi ai protagonisti dei romanzi. È del tutto innocente e, per quanto la si voglia contrastare, del tut­ to innocua. Ci tiene occupati nei periodi in cui ci annoiamo a morte e saremmo costretti a cercare qualche passatempo più movimentato. Quante volte si ripete la litania dei romanzi dannosi, ma che male c’è se una brava ragazza, se un bel giovanotto si mettono nei panni di un personaggio la cui sorte è migliore o peggiore della loro? Vale così tanto la vita quotidiana, i

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viel wert, oder verschlingen die Bedürfnisse des Tags den Menschen so ganz, daß er jede schöne Forderung von sich ablehnen soll? So sind als kleine Nebenzweige der romantisch-poetischen Fiktio­ nen, die historisch-poetischen Taufnamen, die sich an die Stelle der heiligen, nicht selten zum Ärgernis der taufenden Geistlichen, in die deutsche Kirche eingedrungen, ohne Zweifel anzusehn. Auch dieser Trieb, sein Kind durch einen wohlklingenden Namen, wenn er auch sonst nichts weiter hinter sich hätte, zu adeln, ist löblich, und diese Ver­ knüpfung einer eingebildeten Welt mit der wirklichen verbreitet sogar über das ganze Leben der Person einen anmutigen Schimmer. Ein schö­ nes Kind, welches wir mit Wohlgefallen Bertha nennen, würden wir zu beleidigen glauben, wenn wir es Urselblandine nennen sollten. Gewiß, einem gebildeten Menschen, geschweige denn einem Liebhaber, wür­ de ein solcher Name auf den Lippen stocken. | Der kalt und einseitig urteilenden Welt ist nicht zu verargen, wenn sie alles was phantastisch hervortritt, für lächerlich und verwerflich achtet; der denkende Kenner der Menschheit aber muß es nach seinem Werte zu würdigen wissen. Für den Zustand der Liebenden an dem schönen Ufer des Rheins war diese Vergleichung, zu der sie ein Schalk genötigt hatte, von den anmutigsten Folgen. Man denkt nicht über sich, wenn man sich im Spiegel betrachtet, aber man fühlt sich und läßt sich gelten. So ist es auch mit jenen moralischen Nachbildern, an denen man seine Sitten und Neigungen, seine Gewohnheiten und Eigenheiten, wie im Schat­ tenriß erkennt und mit brüderlicher Innigkeit zu fassen und zu umar­ men strebt. Die Gewohnheit zusammen zu sein, befestigte sich immer mehr; man wußte nicht anders als daß ich diesem Kreis angehöre. Man ließ es geschehn und gehn, ohne gerade zu fragen, was daraus werden sollte. Und welche Eltern finden sich nicht genötigt, Töchter und Söhne in so schwebenden Zuständen eine Weile hinwalten zu lassen, bis sich etwas

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bisogni di tutti i giorni assorbono l’uomo così tanto da in­ durlo a rinunciare a qualsiasi bella speranza? Senza dubbio quegli arcaici e poetici nomi propri che si sono diffusi nella chiesa tedesca spodestando quelli dei Santi, spesso con grande irritazione dei religiosi che cele­ brano il battesimo, sono da considerare piccoli effetti col­ laterali dei racconti romantico-poetici. Anche l’impulso a nobilitare il proprio figlio con un nome altisonante è lode­ vole, persino quando non c’è nulla dietro a sostenerlo, e questa commistione tra mondo immaginario e mondo reale diffonde a sua volta su tutta l’esistenza di quella persona un delicato splendore. Una bella bambina ci piacerebbe chiamarla Bertha, ma ci sembrerebbe offensivo chiamarla invece Ursula Blandina9. Un nome simile farebbe di sicu­ ro impappinare un uomo colto, figuriamoci un fidanzato! | Non bisogna prendersela con le persone fredde e chiuse, se considerano ridicolo e riprovevole tutto ciò che è fantasio­ so; il profondo conoscitore dell’umanità sa invece apprez­ zare ogni cosa per il suo effettivo valore. Per i due innamorati sulle belle rive del Reno quel pa­ ragone, a cui un mattacchione li aveva costretti, ebbe con­ seguenze gradevolissime. Non riflettiamo su di noi quando ci guardiamo allo specchio, ma ci vediamo e ci accettiamo. Lo stesso accade con quei modelli morali in cui riconoscia­ mo, come un profilo in controluce, i nostri usi e costumi, le nostre abitudini e peculiarità, e cerchiamo di capirle e accettarle con affetto fraterno. L’abitudine a stare insieme si consolidava sempre più; si dava per scontato che anch’io fossi parte integrante del gruppo. Si lasciava che le cose andassero per il loro verso, senza interrogarsi su cosa sarebbe successo. Quali genitori non sono ogni tanto costretti a lasciare per un po’ i figli liberi in una situazione fluttuante finché il caso non decide

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zufällig für’s Leben bestätigt, besser als es ein lange angelegter Plan hätte hervorbringen können. Man glaubte sowohl auf Friedrikens Gesinnungen als auch auf meine Rechtlichkeit, für die man, wegen jenes wunderlichen Enthal­ tens selbst von unschuldigen Liebkosungen, ein günstiges Vorurteil gefaßt hatte, völlig vertrauen zu können. Man ließ uns unbeobachtet, wie es überhaupt dort und damals Sitte war, und es hing von uns ab, in kleinerer oder größerer Gesellschaft, die Gegend zu durchstreifen und die Freunde der Nachbarschaft zu besuchen. Diesseits und jen­ seits des Rheins, in Hagenau, Fort-Louis, Philippsburg, der Ortenau, fand ich die Personen zerstreut, die ich in Sesenheim vereinigt gesehn, jeden bei sich, als freundlichen Wirt, gastfrei und sogern Küche und Keller als Gärten und Weinberge, ja die ganze Gegend aufschließend. Die Rheininseln waren denn auch öfters ein Ziel unserer Wasserfahr­ ten. Dort brachten wir ohne | Barmherzigkeit die kühlen Bewohner des klaren Rheines in den Kessel, auf den Rost, in das siedende Fett, und hätten uns hier, in den traulichen Fischerhütten, vielleicht mehr als bil­ lig angesiedelt, hätten uns nicht die entsetzlichen Rheinschnaken nach einigen Stunden wieder weggetrieben. Über diese unerträgliche Stö­ rung einer der schönsten Lustpartieen, wo sonst alles glückte, wo die Neigung der Liebenden mit dem guten Erfolge des Unternehmens nur zu wachsen schien, brach ich wirklich, als wir zu früh, ungeschickt und ungelegen nach Hause kamen, in Gegenwart des guten geistlichen Va­ ters, in gotteslästerliche Reden aus und versicherte, daß diese Schna­ ken allein mich von dem Gedanken abbringen könnten, als habe ein guter und weiser Gott die Welt erschaffen. Der alte fromme Herr rief mich dagegen ernstlich zur Ordnung und verständigte mich, daß diese Mücken und anderes Ungeziefer erst nach dem Falle unserer ersten Eltern entstanden, oder wenn deren im Paradiese gewesen, daselbst nur angenehm gesummet und nicht gestochen hätten. Ich fühlte mich zwar

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delle loro vite, molto meglio di quanto non avrebbe fatto un progetto lungamente studiato? Erano convinti di potersi fidare ciecamente dei sentimen­ ti di Friederike e della mia onestà, di cui si erano fatti un’o­ pinione favorevole per via di quel mio astenermi dai gesti affettuosi, persino i più innocenti. Non ci tenevano quindi sotto controllo come era invece d’abitudine a quell’epoca e in quei luoghi, ed eravamo noi a decidere se vagabondare per la campagna o andare a far visita agli amici nel vicinato da soli o in compagnia. Al di qua e al di là del Reno, a Hage­ nau, Fort-Louis, Philippsburg, Ortenau trovai disperse tutte le persone che avevo conosciuto raccolte a Sessenheim, tut­ ti ospitali e gioviali, pronti a metterci a disposizione cucina e cantina, orto e vigneto e persino l’intera regione. Le isole del Reno erano meta frequente delle nostre gite fluviali. Lì i freddi abitanti | del Reno trasparente finivano senza pie­ tà in padella, sulla griglia, nel grasso bollente e ci sarem­ mo trattenuti nelle accoglienti casette dei pescatori ben più del dovuto, se dopo qualche ora non fossimo stati scacciati dalle terrificanti zanzare del fiume. Una volta rientrammo a casa prima del previsto, inattesi e irritati, interrompendo una delle nostre escursioni più belle dove tutto era perfetto, dove l’amore dei due innamorati sembrava crescere ogni minuto con il buon andamento della gita: in quell’occasio­ ne mi scagliai contro quell’insopportabile flagello con di­ scorsi blasfemi in presenza del buon parroco, affermando che quelle zanzare erano sufficienti per convincermi che chi aveva creato il mondo non poteva certo essere un Dio buono e saggio. Il devoto e anziano signore mi richiamò seriamente all’ordine e mi informò che le zanzare e tutti gli altri insetti erano stati creati dopo la caduta dei nostri progenitori; infatti, se fossero stati anche loro in paradiso, lì avrebbero di certo solo ronzato piacevolmente e non punto.

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sogleich besänftigt: denn ein Zorniger ist wohl zu begütigen, wenn es uns glückt, ihn zum Lächeln zu bringen; ich versicherte jedoch, es habe des Engels mit dem flammenden Schwerte gar nicht bedurft, um das sündige Ehepaar aus dem Garten zu treiben; er müsse mir vielmehr erlauben, mir vorzustellen, daß dies durch große Schnaken des Tigris und Euphrat geschehn sei. Und so hatte ich ihn wieder zum Lachen gebracht; denn der gute Mann verstand Spaß, oder ließ ihn wenigstens vorübergehn. Ernsthafter jedoch und herzerhebender war der Genuß der Tagsund Jahreszeiten in diesem herrlichen Lande. Man durfte sich nur der Gegenwart hingeben, um diese Klarheit des reinen Himmels, diesen Glanz der reichen Erde, diese lauen Abende, diese warmen Nächte an der Seite der Geliebten oder in ihrer Nähe zu genießen. Monate lang beglückten uns reine ätherische Morgen, wo der Himmel sich in seiner ganzen Pracht wies, indem er die Erde mit überflüssigem Tau getränkt hatte; und damit dieses | Schauspiel nicht zu einfach werde, türmten sich oft Wolken über die entfernten Berge, bald in dieser, bald in jener Gegend. Sie standen Tage, ja Wochen lang, ohne den reinen Himmel zu trüben, und selbst die vorübergehenden Gewitter erquickten das Land und verherrlichten das Grün, das schon wieder im Sonnenschein glänz­ te, ehe es noch abtrocknen konnte. Der doppelte Regenbogen, zweifar­ bige Säume eines dunkelgrauen, beinah schwarzen himmlischen Band­ streifens waren herrlicher, farbiger, entschiedener, aber auch flüchtiger als ich sie irgend beobachtet. Unter diesen Umgebungen trat unversehens die Lust zu dichten, die ich lange nicht gefühlt hatte, wieder hervor. Ich legte für Friedri­ ken manche Lieder bekannten Melodieen unter. Sie hätten ein artiges Bändchen gegeben, wenige davon sind übrig geblieben, man wird sie leicht aus meinen übrigen herausfinden. Da ich meiner wunderlichen Studien und übrigen Verhältnisse we­ gen doch öfters nach der Stadt zurückzukehren genötigt war, so ent­ sprang dadurch für unsere Neigung ein neues Leben, das uns vor allem

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Fui subito rabbonito, perché una persona arrabbiata si cal­ ma immediatamente quando si riesce a farla sorridere. Af­ fermai che comunque non c’era affatto bisogno dell’angelo con la spada di fuoco, per scacciare la coppia peccatrice dal giardino dell’eden, e doveva concedermi di immaginare che erano state invece le zanzare giganti del Tigri e dell’Eu­ frate. Riuscii a farlo ridere a mia volta; il buon uomo sapeva stare allo scherzo, o almeno lo accettava. Ma assaporare le ore del giorno e le stagioni in quella terra magnifica era però cosa seria che sollevava l’animo. Bastava abbandonarsi al presente, a fianco dell’amata o nel­ le sue vicinanze, per gustare la purezza del cielo chiaro, lo splendore della terra fertile, le sere tiepide, le notti miti. Per mesi fummo rallegrati da mattinate terse e trasparenti, in cui il cielo si mostrava in tutto il suo fulgore dopo aver intriso la terra di abbondante rugiada; e per non rendere | monotono lo spettacolo, spesso le nubi si affastellavano sui monti lontani, una volta da una parte, una volta dall’altra. Si trattenevano laggiù per giorni e settimane senza intorbidire il cielo chiaro, e persino i temporali di passaggio ristorava­ no la terra e intensificavano il verde che splendeva di nuovo ai raggi del sole ancor prima di essersi asciugato. Il doppio arcobaleno, i bordi bicolori di una striscia di cielo scura, quasi nera, avevano i colori più intensi, erano i più definiti e splendidi che avessi mai visto, ma anche i più fugaci. In questo ambiente emerse di nuovo la voglia di scrive­ re poesie, che da tempo non sentivo. Scrissi per Friederike alcune canzoni su melodie già note: avrebbero costituito un bel volumetto, ma ne sono rimaste poche, facilmente repe­ ribili tra le mie poesie10. I miei bizzarri studi e vari altri impegni mi costringeva­ no a rientrare spesso in città, e per il nostro amore ciò signi­ ficava una nuova vita, che ci preservava da tutte le contra­

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Unangenehmen bewahrte, was an solche kleine Liebeshändel als ver­ drießliche Folge sich gewöhnlich zu schließen pflegt. Entfernt von mir arbeitete sie für mich, und dachte auf irgend eine neue Unterhaltung, wenn ich zurückkäme; entfernt von ihr beschäftigte ich mich für sie, um durch eine neue Gabe, einen neuen Einfall ihr wieder neu zu sein. Ge­ malte Bänder waren damals eben erst Mode geworden; ich malte ihr gleich ein paar Stücke und sendete sie mit einem kleinen Gedicht vor­ aus, da ich diesmal länger als ich gedacht ausbleiben mußte. Um auch die dem Vater getane Zusage eines neuen und ausgearbeiteten Baurisses noch über Versprechen zu halten, beredete ich einen jungen Bauverstän­ digen, statt meiner zu arbeiten. Dieser hatte so viel Lust an der Aufgabe als Gefälligkeit gegen mich, und ward noch mehr durch die Hoffnung eines guten Empfangs in einer so angenehmen Familie belebt. Er ver­ fertigte Grundriß, Aufriß und Durchschnitt des Hauses; Hof und Garten war | nicht vergessen; auch ein detaillierter aber sehr mäßiger Anschlag war hinzugefügt, um die Möglichkeit der Ausführung eines weitläufti­ gen und kostspieligen Unternehmens als leicht und tulich vorzuspiegeln. Diese Zeugnisse unserer freundschaftlichen Bemühungen ver­ schafften uns den liebreichsten Empfang; und da der gute Vater sah, daß wir den besten Willen hatten, ihm zu dienen, so trat er mit noch einem Wunsche hervor; es war der, seine zwar hübsche aber einfarbige Chaise mit Blumen und Zieraten staffiert zu sehn. Wir ließen uns bereit­ willig finden. Farben, Pinsel und sonstige Bedürfnisse wurden von den Krämern und Apothekern der nächsten Städte herbeigeholt. Damit es aber auch an einem Wakefield’schen Mißlingen nicht fehlen möchte, so bemerkten wir nur erst, als alles auf das fleißigste und bunteste gemalt war, daß wir einen falschen Firnis genommen hatten, der nicht trocknen wollte: Sonnenschein und Zugluft, reines und feuchtes Wetter, nichts wollte fruchten. Man mußte sich indessen eines alten Rumpelkastens bedienen, und es blieb uns nichts übrig, als die Verzierung mit mehr Mühe wieder abzureiben als wir sie aufgemalt hatten. Die Unlust bei dieser Arbeit vergrößerte sich noch, als uns die Mädchen ums Him­ melswillen baten, langsam und vorsichtig zu verfahren, um den Grund

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rietà che sono di solito le spiacevoli conseguenze di piccole scaramucce amorose. Lontana da me, lavorava per me, pen­ sando a qualche nuovo passatempo per quando sarei torna­ to; lontano da lei mi dedicavo a lei, per sorprenderla con un nuovo dono, una nuova trovata. Erano appena venuti di moda i nastri dipinti: gliene dipinsi un paio e li inviai in avanscoperta con una breve poesia, dato che dovevo restare lontano più del previsto. E per mantenere la promessa che avevo fatto al padre di una nuova pianta della casa più ac­ curata, convinsi un giovane esperto del mestiere a farla per me. Costui gradì molto l’incarico e fu gentilissimo nei miei confronti, animato com’era dalla speranza di venire accolto in una famiglia così bella. Approntò la planimetria, la proie­ zione verticale e la sezione trasversale, senza dimenticare | orto e giardino; vi aggiunse anche un preventivo dettagliato ma molto contenuto, per far parere semplice e fattibile la realizzazione di quell’impresa di per sé lunga e costosa. Queste dimostrazioni del nostro impegno affettuoso fu­ rono accolte nel migliore dei modi, e poiché il padre capì che cercavo di compiacerlo, manifestò un altro desiderio, e cioè quello di abbellire il suo calesse, grazioso ma in tinta unita, con fiori e altre decorazioni. Accettai di buon grado; procurai colori, pennelli e tutto il necessario da droghieri e farmacisti dei paesi circostanti, ma per non far mancare nulla nemmeno dei pasticci alla Wakefield, solo dopo aver completato il lavoro, meticoloso e variopinto, ci accor­ gemmo che avevamo usato la vernice sbagliata, che non asciugava. Aria o sole, tempo asciutto o umido, nulla servì. Nel frattempo si doveva utilizzare un vecchio carrozzino sgangherato e alla fine non rimase altro che pulire via le decorazioni, cosa che costò molta più fatica che farle. Il mio scontento aumentò ulteriormente quando le ragazze mi raccomandarono per amor del cielo di pulire piano piano e

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zu schonen; welcher denn doch, nach dieser Operation, zu sei­ nem ursprünglichen Glanze nicht wieder zurückzubringen war. Durch solche unangenehme kleine Zwischenfälligkeiten wurden wir jedoch so wenig als Doktor Primrose und seine liebenswürdige Familie in unserm heitern Leben gestört: denn es begegnete manches unerwartete Glück sowohl uns als auch Freunden und Nachbarn; Hochzeiten und Kindtaufen, Richtung eines Gebäudes, Erbschaft, Lotteriegewinn wurden wechselsei­ tig verkündigt und mitgenossen. Wir trugen alle Freude, wie ein Gemeingut, zusammen und wußten sie durch Geist und Liebe zu steigern. Es war nicht das erste und letzte Mal, daß ich mich in Familien, in geselligen Kreisen befand gerade im Augenblick ihrer | höchsten Blüte, und wenn ich mir schmeicheln darf, etwas zu dem Glanz solcher Epochen beigetragen zu haben, so muß ich mir dagegen vorwerfen, daß solche Zeiten uns eben deshalb schneller vorübergeeilt und früher verschwunden. Nun sollte aber unsere Liebe noch eine sonderbare Prüfung ausstehn. Ich will es Prüfung nennen, obgleich dies nicht das rech­ te Wort ist. Die ländliche Familie, der ich befreundet war, hatte verwandte Häuser in der Stadt, von gutem Ansehn und Ruf und in behaglichen Vermögensumständen. Die jungen Städter waren öfters in Sesenheim. Die ältern Personen, Mütter und Tanten, we­ niger beweglich, hörten so mancherlei von dem dortigen Leben, von der wachsenden Anmut der Töchter, selbst von meinem Ein­ fluß, daß sie mich erst wollten kennen lernen, und nachdem ich sie öfters besucht und auch bei ihnen wohl empfangen war, uns auch alle einmal beisammen zu sehen verlangten, zumal als sie jenen auch eine freundliche Gegenaufnahme schuldig zu sein glaubten. Lange ward hierüber hin und her gehandelt. Die Mutter konn­ te sich schwer von der Haushaltung trennen, Olivie hatte einen Abscheu vor der Stadt, in die sie nicht paßte, Friedrike keine Neigung dahin; und so verzögerte sich die Sache, bis sie endlich dadurch entschieden ward, daß es mir unmöglich fiel, innerhalb

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con cautela per non rovinare il tessuto che comunque, dopo quell’operazione, non tornò più al suo originario splendore. Quei piccoli contrattempi non turbavano però la serenità della nostra vita, proprio come per il signor Primrose e la sua adorabile famiglia, perché in compenso capitavano, a noi o agli amici o ai vicini, gioie inattese: matrimoni o bat­ tesimi, la festa per l’inaugurazione di una casa, un’eredità, una vincita alla lotteria… Lo si raccontava e tutti ne erano partecipi. Ogni gioia veniva condivisa come un bene co­ mune e la si accresceva con intelligenza e amore. Non era la prima volta che mi capitava di trovarmi in una famiglia o in un gruppo proprio nel momento della loro  | fioritura più bella, e se posso lusingarmi di avere almeno un pochi­ no contribuito allo splendore di quei momenti, devo anche rimproverarmi per averne in parte causato la fugace brevità e la fine prematura. Ma il nostro amore doveva ancora superare una strana prova – voglio chiamarla ‘prova’ anche se non è la parola esatta. La famiglia di campagna con cui ero in amicizia ave­ va parenti in città, di buon nome e prestigio e in condizioni agiate. I giovani cittadini venivano spesso a Sessenheim, mentre gli adulti, le madri e le zie, meno propense a muo­ versi, sentivano raccontare molto della vita in campagna, delle figlie sempre più belle ma anche della mia presenza, tanto che vollero conoscermi. Dopo aver fatto loro visita più volte ed essere stato bene accolto anche da loro, mani­ festarono il desiderio di vederci tutti insieme, anche perché volevano sdebitarsi in qualche modo. Le trattative andarono per le lunghe: la mamma non vo­ leva abbandonare le faccende domestiche, Olivie detestava la città, in cui non si sentiva a suo agio, Friederike non ne era attratta, e così si rimandava. La decisione fu presa quan­ do, a un certo punto, io non sarei potuto tornare in campa­

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vierzehn Tagen auf’s Land zu kommen, da man sich denn lieber in der Stadt und mit einigem Zwange als gar nicht sehen wollte. Und so fand ich nun meine Freundinnen, die ich nur auf ländlicher Szene zu sehen gewohnt war, deren Bild mir nur auf einem Hintergrun­ de von schwankenden Baumzweigen, beweglichen Bächen, nickenden Blumenwiesen und einem meilenweit freien Horizonte bisher erschien – ich sah sie nun zum ersten Mal in städtischen zwar weiten Zimmern, aber doch in der Enge, in Bezug auf Tapeten, Spiegel, Stand-Uhren und Porzellanpuppen. Das Verhältnis zu dem was man liebt, ist so entschieden, daß die Umgebung wenig sagen will; aber daß es die | gehörige, natürliche, ge­ wohnte Umgebung sei, dies verlangt das Gemüt. Bei meinem lebhaften Gefühl für alles Gegenwärtige konnte ich mich nicht gleich in den Wi­ derspruch des Augenblicks finden. Das anständige ruhig-edle Betra­ gen der Mutter paßte vollkommen in diesen Kreis, sie unterschied sich nicht von den übrigen Frauen; Olivie dagegen bewies sich ungeduldig, wie ein Fisch auf dem Strande. Wie sie mich sonst in dem Garten anrief oder auf dem Felde bei Seite winkte, wenn sie mir etwas Besonderes zu sagen hatte, so tat sie auch hier, indem sie mich in eine Fenstertiefe zog; sie tat es mit Verlegenheit und ungeschickt, weil sie fühlte, daß es nicht paßte und es doch tat. Sie hatte mir das Unwichtigste von der Welt zu sagen, nichts als was ich schon wußte: daß es ihr entsetzlich weh sei, daß sie sich an den Rhein, über den Rhein, ja in die Türkey wünsche. Friedrike hingegen war in dieser Lage höchst merkwürdig. Eigentlich genommen paßte sie auch nicht hinein; aber dies zeugte für ihren Charakter, daß sie, anstatt sich in diesen Zustand zu finden, un­ bewußt den Zustand nach sich modelte. Wie sie auf dem Lande mit der Gesellschaft gebarte, so tat sie es auch hier. Jeden Augenblick wuß­ te sie zu beleben. Ohne zu beunruhigen setzte sie alles in Bewegung und beruhigte gerade dadurch die Gesellschaft, die eigentlich nur von

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gna per almeno due settimane. Sarebbe stato meglio veder­ ci in città, anche se con qualche costrizione, piuttosto che non vederci del tutto. E così ritrovai le mie amiche, che ero abituato a vedere in uno scenario campestre, la cui imma­ gine aveva sempre sullo sfondo rami ondeggianti, torrenti in movimento, prati che occhieggiavano fioriti e uno spazio aperto a perdita d’occhio – le vidi per la prima volta in stan­ ze di città, per quanto spaziose, ma comunque al chiuso, tra tappeti, specchi, orologi a pendolo e bambole di porcellana. La relazione con ciò che si ama è così definita che l’am­ biente circostante conta poco; l’animo | esige invece che ci sia l’ambiente appropriato, naturale e consueto. Con la marcata consapevolezza che avevo per ciò che mi circonda­ va, feci fatica ad abituarmi al contrasto. Il comportamento pacato e dignitoso della madre si inseriva perfettamente in quella cerchia, dove non si distingueva dalle altre signo­ re; Olivie invece si mostrava irrequieta come un pesce fuor d’acqua. Così come di solito mi chiamava in giardino o mi prendeva da parte nei campi quando aveva qualcosa di parti­ colare da dirmi, lo stesso faceva qui, chiamandomi nel vano di una finestra, ma era imbarazzata e impacciata e, pur sa­ pendo che non era appropriato, lo faceva ugualmente. Quel­ lo che aveva da dirmi era del tutto insignificante, niente che non sapessi già: che era un tormento terribile, che avrebbe preferito essere sul Reno, o al di là del Reno, o persino in Turchia. Friederike era invece stranissima in quella nuova condizione. A ben vedere nemmeno lei era al suo posto, ma il suo carattere si mostrava nel fatto che, invece che adattar­ si alla situazione, cercava inconsciamente di adattare l’am­ biente a sé. Si comportava anche qui proprio come quando era in campagna: sapeva ravvivare ogni momento, senza creare fastidio metteva tutto in movimento e così facendo tranquillizzava la compagnia, che in genere era infastidita

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der Langenweile beunruhigt wird. Sie erfüllte damit vollkommen den Wunsch der städtischen Tanten, welche ja auch einmal, von ihrem Ka­ napee aus, Zeugen jener ländlichen Spiele und Unterhaltungen sein wollten. War dieses zur Genüge geschehn, so wurde die Garderobe, der Schmuck und was die städtischen, französisch gekleideten Nichten besonders auszeichnete, betrachtet und ohne Neid bewundert. Auch mit mir machte Friedrike sich’s leicht, indem sie mich behandelte wie immer. Sie schien mir keinen andern Vorzug zu geben, als den, daß sie ihr Begehren, ihre Wünsche eher an mich als an einen andern richtete und mich dadurch als ihren Diener anerkannte. Diese Dienerschaft nahm sie einen der folgenden Tage mit Zuver­ sicht in Anspruch, als sie mir vertraute, die | Damen wünschten mich lesen zu hören. Die Töchter des Hauses hatten viel davon erzählt: denn in Sesenheim las ich was und wann man’s verlangte. Ich war sogleich bereit, nur bat ich um Ruhe und Aufmerksamkeit auf mehrere Stunden. Dies ging man ein und ich las an einem Abend den ganzen Hamlet un­ unterbrochen, in den Sinn des Stücks eindringend wie ich es nur ver­ mochte, mit Lebhaftigkeit und Leidenschaft mich ausdrückend, wie es der Jugend gegeben ist. Ich erntete großen Beifall. Friedrike hatte von Zeit zu Zeit tief geatmet und ihre Wangen eine fliegende Röte über­ zogen. Diese beiden Symptome eines bewegten zärtlichen Herzens, bei scheinbarer Heiterkeit und Ruhe von außen, waren mir nicht un­ bekannt und der einzige Lohn nach dem ich strebte. Sie sammelte den Dank, daß sie mich veranlaßt hatte, mit Freuden ein und versagte sich, nach ihrer zierlichen Weise, den kleinen Stolz nicht, in mir und durch mich geglänzt zu haben. Dieser Stadtbesuch sollte nicht lange dauern, aber die Abreise ver­ zögerte sich. Friedrike tat das Ihrige zur geselligen Unterhaltung, ich ließ es auch nicht fehlen; aber die reichen Hülfsquellen, die auf dem Lande so ergiebig sind, versiegten bald in der Stadt und der Zustand

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solo dalla noia. Così soddisfò pienamente il desiderio delle zie di città che, senza muoversi dal loro divano, volevano una volta tanto assistere ai giochi e ai passatempi campestri. Una volta assolto questo compito, osservò e ammirò senza invidia il guardaroba, i gioielli e gli accessori delle cugine di città, che vestivano alla francese. Anche con me rese le cose facili trattandomi come sempre. Non mostrava parti­ colari preferenze nei miei riguardi, se non manifestando a me ogni suo desiderio e necessità, eleggendomi così a suo cavalier servente. Uno dei giorni seguenti richiese con fiducia i miei ser­ vigi, confidandomi in privato che | le signore desideravano che leggessi per loro. Le ragazze di casa ne avevano parlato molto poiché a Sessenheim leggevo spesso, tutto quello che mi si chiedeva. Mi dichiarai subito disponibile, a patto che mi concedessero alcune ore filate di silenzio e attenzione. Accettarono, e una sera lessi tutto l’Amleto dall’inizio alla fine11, cercando di interpretare il senso del dramma meglio che potevo e recitando con la vivacità e la passione pro­ pria dei giovani. Ebbi grande successo. Friederike di tanto in tanto traeva profondi respiri, mentre un lieve rossore le sfiorava le guance. Quei due sintomi di un cuore tenero e commosso, nonostante l’apparente tranquillità e serenità esteriore, non mi erano sconosciuti, ed erano l’unica ricom­ pensa a cui aspiravo. Accettò con gioia i ringraziamenti per avermi convinto a leggere e, con il suo fare leggiadro, non si negò la piccola soddisfazione di aver brillato in me e gra­ zie a me. La visita in città non doveva durare a lungo, ma la par­ tenza si faceva attendere. Friederike faceva del suo meglio per intrattenere la compagnia, anch’io non mi risparmiai; ma le sorgenti dell’inventiva, sovrabbondanti in campagna, in città si esaurirono presto, e la situazione si fece tanto

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ward um so peinlicher als die Ältere nach und nach ganz aus der Fas­ sung kam. Die beiden Schwestern waren die einzigen in der Gesell­ schaft, welche sich deutsch trugen. Friedrike hatte sich niemals anders gedacht und glaubte überall so recht zu sein, sie verglich sich nicht; aber Olivien war es ganz unerträglich, so mägdehaft ausgezeichnet in dieser vornehm erscheinenden Gesellschaft einherzugehn. Auf dem Lande bemerkte sie kaum die städtische Tracht an andern, sie verlangte sie nicht; in der Stadt konnte sie die ländliche nicht ertragen. Dies alles zu dem übrigen Geschicke städtischer Frauenzimmer, zu den hundert Kleinigkeiten einer ganz entgegengesetzten Umgebung, wühlte einige Tage so in dem leidenschaftlichen Busen, daß ich alle schmeichelnde Aufmerksamkeit auf sie zu wenden hatte, um sie, nach dem Wunsche Friedrikens, zu begütigen. Ich fürchtete eine | leidenschaftliche Szene. Ich sah den Augenblick, da sie sich mir zu Füßen werfen und mich bei allem Heiligen beschwören werde, sie aus diesem Zustande zu retten. Sie war himmlisch gut, wenn sie sich nach ihrer Weise behaben konnte, aber ein solcher Zwang setzte sie gleich in Mißbehagen und konnte sie zuletzt bis zur Verzweiflung treiben. Nun suchte ich zu beschleunigen was die Mutter mit Olivien wünschte und was Friedriken nicht zuwider war. Diese im Gegensatze mit ihrer Schwester zu loben, enthielt ich mich nicht; ich sagte ihr, wie sehr ich mich freue, sie unverändert und auch in diesen Umgebungen so frei wie den Vogel auf den Zweigen zu finden. Sie war artig genug zu erwidern, daß ich ja da sei, sie wolle weder hinaus noch herein, wenn ich bei ihr wäre. Endlich sah ich sie abfahren und es fiel mir wie ein Stein vom Her­ zen: denn meine Empfindung hatte den Zustand von Friedriken und Olivien geteilt; ich war zwar nicht leidenschaftlich geängstigt wie die­ se, aber ich fühlte mich doch keineswegs wie jene behaglich. Da ich eigentlich nach Straßburg gegangen war, um zu promovie­ ren, so gehörte es freilich unter die Unregelmäßigkeiten meines Le­

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più penosa quanto più la sorella maggiore era prossima a perdere il controllo. Le due sorelle erano le uniche in tutto il gruppo che vestivano alla tedesca: Friederike non si era mai nemmeno immaginata di vestire diversamente e si sentiva a posto dappertutto, non faceva confronti; per Olivie invece era intollerabile essere vestita da campagnola in una socie­ tà dall’aspetto così raffinato. In campagna non notava quasi i vestiti cittadini degli altri, non ne sentiva il bisogno, ma in città non sopportava quelli della campagna. A questo si aggiungevano le maniere eleganti delle signorine di città e le mille piccole differenze di un ambiente completamente diverso – tutto ciò ribolliva già da alcuni giorni nel suo ani­ mo impetuoso, tanto che, su richiesta di Friederike, dovetti rivolgere a lei tutte le mie attenzioni e lusinghe per acquie­ tarla. Temevo | una scenata: mi immaginavo l’istante in cui si sarebbe gettata ai miei piedi supplicandomi in nome di Dio di salvarla da quella situazione. Era un angelo quando pote­ va comportarsi a modo suo, ma una costrizione del genere la metteva subito a disagio e poteva portarla alla disperazione. Cercai quindi di accelerare quello che sia Olivie sia la madre desideravano, e al quale Friederike non era contraria. Non mi trattenni però dal lodarla confrontandola con la sorella, e le dissi come ero contento di vedere che nemmeno in quell’am­ biente era cambiata ed era sempre disinvolta come un uccel­ lino tra i rami. Fu così cortese da rispondermi che era così perché c’ero io e che con me sarebbe stata bene ovunque. Quando alla fine le vidi partire fu come se mi togliesse­ ro un macigno dal cuore, perché i miei sentimenti erano a metà strada tra quelli delle due sorelle: non condividevo la terribile angoscia di Olivie, ma nemmeno mi sentivo a mio agio come Friederike12. Ero venuto a Strasburgo per terminare i miei studi di legge, ma il mio sregolato modo di vivere mi portò a con­

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bens, daß ich ein solches Hauptgeschäft als eine Nebensache betrach­ tete. Die Sorge wegen des Examens hatte ich mir auf eine sehr leichte Weise bei Seite geschafft; es war nun aber auch an die Disputation zu denken: denn von Frankfurt abreisend hatte ich meinem Vater ver­ sprochen und mir selbst fest vorgesetzt, eine solche zu schreiben. Es ist der Fehler derjenigen die manches, ja viel vermögen, daß sie sich alles zutrauen, und die Jugend muß sogar in diesem Falle sein, damit nur etwas aus ihr werde. Eine Übersicht der Rechtswissenschaft und ihres ganzen Fachwerks hatte ich mir so ziemlich verschafft, einzelne recht­ liche Gegenstände interessierten mich hinlänglich und ich glaubte, da ich mir den braven Leyser zum Vorbild genommen hatte, mit meinem kleinen Menschenverstand ziemlich durchzukommen. Es zeigten sich große Bewegungen in der Jurisprudenz; es sollte mehr nach | Billigkeit geurteilt werden; alle Gewohnheitsrechte sah man täglich gefährdet und besonders dem Kriminalwesen stand eine große Veränderung be­ vor. Was mich selbst betraf, so fühlte ich wohl, daß mir zur Ausfüllung jener Rechts-Topik, die ich mir gemacht hatte, unendlich vieles fehle; das eigentliche Wissen ging mir ab, und keine innere Richtung drängte mich zu diesen Gegenständen. Auch mangelte der Anstoß von außen, ja mich hatte eine ganz andere Fakultät mit fortgerissen. Überhaupt, wenn ich Interesse finden sollte, so mußte ich einer Sache irgend etwas abgewinnen, ich mußte etwas an ihr gewahr werden, das mir frucht­ bar schien und Aussichten gab. So hatte ich mir einige Materien wohl gemerkt, auch sogar darauf gesammelt, und nahm auch meine Kol­ lektaneen vor, überlegte das was ich behaupten, das Schema, wonach ich die einzelnen Elemente ordnen wollte, nochmals, und arbeitete so eine Zeit lang; allein ich war klug genug, bald zu sehen, daß ich nicht fortkommen könne und daß, um eine besondere Materie abzuhandeln, auch ein besonderer und lang anhaltender Fleiß erforderlich sei, ja daß

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siderare l’impegno principale come secondario. Avevo fa­ cilmente messo da parte la preoccupazione per l’esame, ma ora era tempo di pensare alla dissertazione, perché partendo da Francoforte avevo promesso a mio padre e mi ero fer­ mamente ripromesso di scriverla. È il tipico errore di co­ loro che sanno fare alcune, anzi, tante cose: credono allora di poter fare tutto, anche se per i giovani è indispensabile pensarla così per riuscire a fare almeno qualcosa. Avevo ac­ quisito una discreta visione d’insieme della giurisprudenza e di tutte le sue articolazioni, alcuni temi specifici mi in­ teressavano abbastanza e, avendo preso a modello il buon Leyser13, credevo di cavarmela con un po’ di buon senso. Nella giurisprudenza stavano avvenendo grandi cambia­ menti, si cominciava a giudicare con | maggiore equità, il diritto consuetudinario veniva messo in discussione ogni giorno e soprattutto il diritto penale era in una fase di pro­ fondo rinnovamento. Per quanto mi riguardava, sapevo bene che per portare a compimento gli studi giuridici di base, come mi ero proposto, le mie lacune erano infinite; il senso profondo mi sfuggiva e non avevo alcuna propensio­ ne personale verso quei temi. Mi mancava anche uno stimo­ lo esterno, al punto che ero stato affascinato da un ambito di studi del tutto diverso. E in generale, per interessarmi a un argomento dovevo ricavarne qualcosa di concreto, dovevo percepire che potevo ottenerne dei frutti o aprirmi nuove prospettive. Mi ero comunque annotato alcuni temi e ave­ vo persino raccolto dei materiali; riguardai i miei quaderni di appunti, riflettei sull’argomento, sullo schema in base al quale ordinare i vari elementi e lavorai per un po’ in questa direzione; ma ero troppo intelligente per non accorgermi che non sarei arrivato da nessuna parte e che, per trattare un argomento specifico, era necessario anche un impegno specifico e assiduo. Non potevo pensare di occuparmi con

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man nicht einmal ein solches Besondere mit Glück vollführen werde, wenn man nicht im Ganzen wo nicht Meister, doch wenigstens Alt­ geselle sei. Die Freunde, denen ich meine Verlegenheit mitteilte, fanden mich lächerlich, weil man über Theses eben so gut, ja noch besser als über einen Traktat disputieren könne; in Straßburg sei das gar nicht unge­ wöhnlich. Ich ließ mich zu einem solchen Ausweg sehr geneigt finden, allein mein Vater, dem ich deshalb schrieb, verlangte ein ordentliches Werk, das ich, wie er meinte, sehr wohl ausfertigen könnte, wenn ich nur wollte und mir die gehörige Zeit dazu nähme. Ich war nun genötigt, mich auf irgend ein Allgemeines zu werfen, und etwas zu wählen, was mir geläufig wäre. Die Kirchengeschichte war mir fast noch bekann­ ter als die Weltgeschichte, und mich hatte von jeher der Konflikt, in welchem sich die Kirche, der öffentlich anerkannte Gottesdienst, nach zwei Seiten hin befindet und immer befinden wird, höchlich interes­ siert. Denn einmal liegt sie in ewigem | Streit mit dem Staat, über den sie sich erheben, und sodann mit den Einzelnen, die sie alle zu sich versammeln will. Der Staat von seiner Seite will ihr die Oberherrschaft nicht zugestehn, und die Einzelnen widersetzen sich ihrem Zwangs­ rechte. Der Staat will alles zu öffentlichen, allgemeinen Zwecken, der Einzelne zu häuslichen, herzlichen, gemütlichen. Ich war von Kindheit auf Zeuge solcher Bewegungen gewesen, wo die Geistlichkeit es bald mit ihren Oberen, bald mit der Gemeine verdarb. Ich hatte mir daher in meinem jugendlichen Sinne festgesetzt, daß der Staat, der Gesetz­ geber, das Recht habe, einen Kultus zu bestimmen, nach welchem die Geistlichkeit lehren und sich benehmen solle, die Laien hingegen sich äußerlich und öffentlich genau zu richten hätten; übrigens sollte die Frage nicht sein, was Jeder bei sich denke, fühle oder sinne. Dadurch glaubte ich alle Kollisionen auf einmal gehoben zu haben. Ich wählte

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successo di un qualsiasi tema così specialistico senza essere non dico maestro della materia nel suo insieme, ma almeno apprendista di lunga data. Gli amici a cui confidai il mio imbarazzo mi presero in giro, perché si poteva benissimo basare l’esame finale su delle tesi piuttosto che su una dissertazione, anzi le tesi era­ no persino meglio, a Strasburgo non era affatto inconsue­ to. Mi lasciai subito convincere da questa scappatoia, ma quando scrissi per comunicarlo a mio padre, lui pretese una dissertazione come si deve che, a suo parere, ero benissimo in grado di scrivere se solo avessi voluto e mi fossi preso il tempo necessario. A quel punto fui costretto a buttarmi su qualcosa di generico scegliendo un tema che mi fosse in qualche modo già noto. Conoscevo la storia della Chiesa quasi meglio della storia profana, e mi aveva sempre inte­ ressato molto il conflitto sui due versanti in cui si trova e sempre si troverà la Chiesa in quanto forma di culto pubbli­ camente riconosciuta. Infatti da una parte è in lotta | perenne con lo Stato, rispetto al quale si ritiene superiore, dall’altra con i singoli, che vuole riunire tutti in sé. Lo Stato dal canto suo non vuole concederle la supremazia, e i singoli si op­ pongono alle sue leggi coercitive. Gli scopi dello Stato sono pubblici e comuni, quelli del singolo sono familiari, affet­ tivi e personali. Fin dall’infanzia ero stato testimone delle tensioni che portavano il clero a scontrarsi ora con i suoi superiori, ora con la comunità dei fedeli. Nella mia giova­ ne mente avevo stabilito che lo Stato in quanto legislatore aveva il diritto di determinare la forma di culto che doveva essere insegnata e rispettata dal clero, e alla quale i laici dovevano attenersi pubblicamente ed esteriormente; non era previsto chiedersi cosa l’individuo pensasse, sentisse o volesse. In questo modo, credevo, si poteva evitare in via definitiva ogni conflitto. Scelsi quindi per la mia disserta­

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deshalb zu meiner Disputation die erste Hälfte dieses Thema’s: daß nämlich der Gesetzgeber nicht allein berechtigt, sondern verpflichtet sei, einen gewissen Kultus festzusetzen, von welchem weder die Geist­ lichkeit noch die Laien sich lossagen dürften. Ich führte dieses Thema teils historisch, teils raisonierend aus, indem ich zeigte, daß alle öf­ fentlichen Religionen durch Heerführer, Könige und mächtige Männer eingeführt worden, ja daß dieses sogar der Fall mit der christlichen sei. Das Beispiel des Protestantismus lag ja ganz nahe. Ich ging bei dieser Arbeit um so kühner zu Werke, als ich sie eigentlich nur meinen Vater zu befriedigen schrieb, und nichts sehnlicher wünschte und hoffte, als daß sie die Zensur nicht passieren möchte. Ich hatte noch von Behrisch her eine unüberwindliche Abneigung, etwas von mir gedruckt zu sehn, und mein Umgang mit Herdern hatte mir meine Unzulänglichkeit nur allzudeutlich aufgedeckt, ja ein gewisses Mißtrauen gegen mich selbst war dadurch völlig zur Reife gekommen. Da ich diese Arbeit fast ganz aus mir selbst schöpfte, und das La­ tein geläufig sprach und schrieb, so verfloß mir die Zeit, die ich auf die Abhandlung verwendete, sehr | angenehm. Die Sache hatte wenigstens einigen Grund; die Darstellung war, rednerisch genommen, nicht übel, das Ganze hatte eine ziemliche Rundung. Sobald ich damit zu Rande war, ging ich sie mit einem guten Lateiner durch, der, ob er gleich meinen Styl im Ganzen nicht verbessern konnte, doch alle auffallen­ den Mängel mit leichter Hand vertilgte, so daß etwas zu Stande kam, das sich aufzeigen ließ. Eine reinliche Abschrift wurde meinem Vater sogleich zugeschickt, welcher zwar nicht billigte, daß keiner von den früher vorgenommenen Gegenständen ausgeführt worden sei; jedoch mit der Kühnheit des Unternehmens als ein völlig protestantisch Ge­ sinnter wohl zufrieden war. Mein Seltsames wurde geduldet, meine Anstrengung gelobt, und er versprach sich von der Bekanntmachung dieses Werkchens eine vorzügliche Wirkung. Ich überreichte nun meine Hefte der Fakultät, und diese betrug sich glücklicher Weise so klug als artig. Der Dekan, ein lebhafter gescheiter

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zione la prima parte di questo tema: e cioè che il legislatore non soltanto ha il diritto, ma addirittura il dovere di stabilire una certa forma di culto a cui devono aderire sia i laici che il clero. Illustrai l’argomento in parte con argomentazioni storiche, in parte con il ragionamento al fine di mostrare che tutte le religioni pubbliche erano state introdotte da condottieri, re o potenti, e che era accaduto lo stesso anche per il cristianesimo. L’esempio del protestantesimo poi era a portata di mano. Mi misi al lavoro con baldanza in quan­ to scrivevo solo e unicamente per accontentare mio padre, mentre la cosa che desideravo e speravo di più era che il lavoro non superasse la censura14. Dai tempi di Behrisch mi era rimasta un’invincibile avversione a vedere le mie cose stampate, mentre la frequentazione di Herder aveva fatto emergere la mia inadeguatezza in modo fin troppo chiaro, tanto che avevo maturato una certa sfiducia in me stesso. Scrissi il lavoro tutto con farina del mio sacco, e dato che parlavo e scrivevo latino fluentemente, il tempo trascorso per stendere la mia trattazione fu molto | piacevole. La que­ stione aveva un minimo di fondamento; l’argomentazione, dal punto di vista retorico, non era male e il tutto aveva una certa rifinitura. Non appena ebbi terminato feci rivedere il testo da un bravo latinista che, pur non avendo nulla da ridi­ re sul mio stile, corresse con mano leggera gli errori più evi­ denti, così che il risultato fu presentabile. Una bella copia fu subito inviata a mio padre che, seppur dispiaciuto perché non avevo approfondito nessuno dei temi toccati in prece­ denza, da convinto protestante qual era approvò comunque l’audacia del progetto. Le mie stranezze furono tollerate, i miei sforzi lodati, e si attendeva un’eccellente reazione alla pubblicazione del trattatello. Consegnai quindi il mio manoscritto alla facoltà, che per fortuna si comportò in modo intelligente e cortese. Il deca­

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Mann, fing mit vielen Lobeserhebungen meiner Arbeit an, ging dann zum Bedenklichen derselben über, welches er nach und nach in ein Gefährliches zu verwandeln wußte und damit schloß, daß es nicht rät­ lich sein möchte, diese Arbeit als akademische Dissertation bekannt zu machen. Der Aspirant habe sich der Fakultät als einen denkenden jungen Mann gezeigt, von dem sie das Beste hoffen dürfe; sie wolle mich gern, um die Sache nicht aufzuhalten, über Theses disputieren lassen. Ich könne ja in der Folge meine Abhandlung, wie sie vorlie­ ge oder weiter ausgearbeitet, lateinisch oder in einer andern Sprache herausgeben; dies würde mir, als einem Privatmann und Protestanten, überall leicht werden, und ich hätte mich des Beifalls um desto rei­ ner und allgemeiner alsdann zu erfreuen. Kaum verbarg ich dem guten Manne, welchen Stein mir sein Zureden vom Herzen wälzte; bei jedem neuen Argument das er vorbrachte, um mich durch seine Weigerung nicht zu betrüben oder zu erzürnen, ward es mir immer leichter im Gemüt, und ihm zuletzt auch, als ich ganz unerwartet seinen Grün­ den nichts entgegensetzte, sie | vielmehr höchst einleuchtend fand und versprach, mich in allem nach seinem Rat und nach seiner Anleitung zu benehmen. Ich setzte mich nun wieder mit meinem Repetenten zu­ sammen. Theses wurden ausgewählt und gedruckt, und die Disputation ging, unter Opposition meiner Tischgenossen, mit großer Lustigkeit ja Leichtfertigkeit vorüber; da mir denn meine alte Übung, im Cor­ pus juris aufzuschlagen, gar sehr zu Statten kam, und ich für einen wohlunterrichteten Menschen gelten konnte. Ein guter herkömmlicher Schmaus beschloß die Feierlichkeit. Mein Vater war indessen sehr unzufrieden, daß dieses Werkchen nicht als Disputation ordentlich gedruckt worden war, weil er gehofft hatte, ich sollte bei meinem Einzuge in Frankfurt Ehre damit einlegen. Er wollte es daher besonders herausgegeben wissen; ich stellte ihm aber vor, daß die Materie, die nur skizziert sei, künftig weiter ausge­ führt werden müßte. Er hob zu diesem Zwecke das Manuskript sorg­

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no, uomo vivace e acuto15, esordì lodando il mio lavoro per poi segnalarne i punti critici di cui seppe man mano mostra­ re la pericolosità per concludere quindi che non gli sembra­ va consigliabile pubblicare quel lavoro come dissertazione accademica. Il candidato, disse, ha comunque dimostrato alla facoltà di essere un giovane che pensa con la sua testa e di grandi speranze; per non causarmi ritardi, avrebbero accettato volentieri che discutessi piuttosto su delle tesi. In seguito avrei potuto comunque pubblicare il mio trattato, nella forma attuale o dopo averlo rielaborato, in latino o in un’altra lingua; da privato e da protestante lo avrei potuto fare facilmente dovunque, e a quel punto il successo sareb­ be stato ancor più generale e netto. Nascosi a malapena al brav’uomo quale peso il suo discorso mi toglieva dal cuore; a ogni argomento che adduceva per non rattristarmi o irri­ tarmi con il suo rifiuto mi sentivo sempre più sollevato, e lo fu anche lui vedendo che, contro ogni aspettativa, non opponevo alcuna obiezione ai suoi ragionamenti, anzi, che li | trovavo illuminanti. Promisi che mi sarei attenuto in tut­ to e per tutto al suo consiglio e ai suoi suggerimenti. Mi rimisi al lavoro con il mio tutor, le tesi furono selezionate e stampate16, il ruolo degli opponenti fu assolto dai miei com­ mensali e la disputazione si svolse quindi in modo alquanto divertente, addirittura gaio. E mettendo a frutto i miei vec­ chi esercizi di consultazione del corpus juris, feci persino la figura di una persona ben preparata. Un abbondante ban­ chetto concluse la cerimonia, come voleva la tradizione. Mio padre invece non fu affatto contento che il mio la­ voro non venisse pubblicato come era consueto per le dis­ sertazioni, perché credeva che rientrando a Francoforte ne avrei avuto maggior lustro; voleva quindi che lo pubblicassi comunque, ma gli feci osservare che la materia, per ora solo abbozzata, richiedeva di essere ulteriormente approfondita.

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fältig auf und ich habe es nach mehreren Jahren noch unter seinen Pa­ pieren gesehn. Meine Promotion war am 6ten August 1771 geschehn; den Tag da­ rauf starb Schöpflin im fünf und siebenzigsten Jahre. Auch ohne nä­ here Berührung hatte derselbe bedeutend auf mich eingewirkt: denn vorzügliche mitlebende Männer sind den größeren Sternen zu verglei­ chen, nach denen, so lange sie nur über dem Horizont stehen, unser Auge sich wendet, und sich gestärkt und gebildet fühlt, wenn es ihm vergönnt ist, solche Vollkommenheiten in sich aufzunehmen. Die freigebige Natur hatte Schöpflinen ein vorteilhaftes Äußere verliehn, schlanke Gestalt, freundliche Augen, redseligen Mund, eine durchaus angenehme Gegenwart. Auch Geistesgaben erteilte sie ihrem Liebling nicht kärglich, und sein Glück war, ohne daß er sich mühsam ange­ strengt hätte, die Folge angeborner und ruhig ausgebildeter Verdienste. Er gehörte zu den glücklichen Menschen, welche Vergangenheit und Gegenwart zu vereinigen geneigt sind, die dem Lebensinteresse das historische Wissen anzuknüpfen verstehn. Im Badenschen | geboren, in Basel und Straßburg erzogen, gehörte er dem paradiesischen Rhein­ tal ganz eigentlich an, als einem ausgebreiteten wohlgelegenen Vater­ lande. Auf historische und antiquarische Gegenstände hingewiesen, ergriff er sie munter durch eine glückliche Vorstellungskraft, und er­ hielt sie sich durch das bequemste Gedächtnis. Lern- und lehrbegierig wie er war, ging er einen gleich vorschreitenden Studien- und Lebens­ gang. Nun emergiert und eminiert er bald ohne Unterbrechung irgend einer Art; er verbreitet sich mit Leichtigkeit in der literarischen und bürgerlichen Welt: denn historische Kenntnisse reichen überall hin, und Leutseligkeit schließt sich überall an. Er reist durch Deutschland, Holland, Frankreich, Italien; kommt in Berührung mit allen Gelehrten seiner Zeit; er unterhält die Fürsten, und nur, wenn durch seine leb­ hafte Redseligkeit die Stunden der Tafel, der Audienz verlängert wer­ den, ist er den Hofleuten lästig. Dagegen erwirbt er sich das Vertrauen

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A questo scopo conservò quindi accuratamente il mano­ scritto e molti anni più tardi lo vidi ancora tra le sue carte. L’esame ebbe luogo il 6 agosto 177117; il giorno dopo morì Schöpflin18 all’età di 75 anni. Anche senza rapporti di­ retti, aveva avuto un profondo influsso su di me, perché i grandi uomini contemporanei sono paragonabili alle stel­ le maggiori: finché sono sopra l’orizzonte, i nostri occhi si volgono sempre a loro, e ci sentiamo più forti e migliori se possiamo anche solo contemplare la loro perfezione. La na­ tura generosa aveva donato a Schöpflin un bell’aspetto este­ riore: figura snella, sguardo cordiale, bocca espressiva, una presenza davvero gradevole, e con il suo beniamino non aveva lesinato nemmeno coi doni spirituali; il suo successo, ottenuto senza particolare sforzo, era la conseguenza di doti innate e quietamente sviluppate. Era uno di quegli uomini fortunati capaci di riunire passato e presente, uno di quelli che sanno coniugare le conoscenze storiche con l’attualità. Nato nel | Baden, cresciuto a Basilea e Strasburgo, era un autentico figlio della paradisiaca valle del Reno, la sua vera patria, ampia e geograficamente favorita. Indirizzato verso studi storici e antiquari vi si dedicò con entusiasmo, favo­ rito da una fervida immaginazione e facilitato da un’otti­ ma memoria. Desideroso com’era di imparare e insegnare, ebbe una progressione regolare sia nella vita che negli stu­ di; si fece subito notare e si distinse in un crescendo senza interruzioni di sorta, divenne presto famoso nell’ambien­ te letterario e in quello civile: le conoscenze storiche in­ fatti arrivano dovunque e l’affabilità riesce sempre a farsi benvolere. Viaggia attraverso Germania, Olanda, Francia e Italia, entra in contatto con tutti gli eruditi della sua epo­ ca, intrattiene i principi e diviene molesto ai cortigiani solo quando la sua vivace loquacità fa prolungare troppo i pasti o le udienze. Al contrario, si conquista la fiducia degli uo­

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der Staatsmänner, arbeitet für sie die gründlichsten Deduktionen und findet so überall einen Schauplatz für seine Talente. Man wünscht ihn an gar manchem Orte festzuhalten; allein er beharrt bei seiner Treue für Straßburg und den französischen Hof. Seine unverrückte deutsche Redlichkeit wird auch dort anerkannt, man schützt ihn sogar gegen den mächtigen Prätor Klingling, der ihn heimlich anfeindet. Gesellig und gesprächig von Natur, verbreitet er sich wie im Wissen und Geschäf­ ten, so auch im Umgange, und man begriffe kaum, wo er alle Zeit her­ genommen, wüßten wir nicht, daß eine Abneigung gegen die Frauen ihn durch sein ganzes Leben begleitet, wodurch er so manche Tage und Stunden gewann, welche von frauenhaft Gesinnten glücklich ver­ geudet werden. Übrigens gehört er auch als Autor dem gemeinen Wesen und als Redner der Menge. Seine Programme, seine Reden und Anreden sind dem besondern Tag, der eintretenden Feierlichkeit gewidmet, ja sein großes Werk Alsatia illustrata gehört dem Leben an, indem er die Vergangenheit wieder hervorruft, verblichene Gestalten auffrischt, den | behauenen, den gebildeten Stein wieder belebt, erloschene, zer­ stückte Inschriften zum zweiten Mal vor die Augen, vor den Sinn des Lesers bringt. Auf solche Weise erfüllt seine Tätigkeit das Elsaß und die Nachbarschaft; in Baden und der Pfalz behält er bis in’s höchste Alter einen ununterbrochenen Einfluß; in Mannheim stiftet er die Aka­ demie der Wissenschaften und erhält sich als Präsident derselben bis an seinen Tod. Genähert habe ich mich diesem vorzüglichen Manne niemals als in einer Nacht, da wir ihm ein Fackelständchen brachten. Den mit Linden überwölbten Hof des alten Stiftgebäudes erfüllten unsere Pechfeuer mehr mit Rauch als daß sie ihn erleuchtet hätten. Nach geendigtem Musikgeräusch kam er herab und trat unter uns; und hier war er recht an seinem Platze. Der schlank- und wohlgewachsene heitere Greis stand mit leichtem freien Wesen würdig vor uns und hielt uns wert ge­

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mini di governo, elabora per loro accuratissimi resoconti trovando così dovunque un palcoscenico per i suoi talenti. In molti posti vorrebbero trattenerlo, ma lui è irremovibile nella sua fedeltà a Strasburgo e alla corte francese. La sua incorruttibile onestà tedesca viene apprezzata anche là, e lo si protegge addirittura dal potente pretore Klinglin che lo osteggia di nascosto. Di natura socievole e loquace, profon­ de tutte le sue energie nello studio e negli incarichi ufficiali come in società, e non sapremmo dire dove trovi tutto quel tempo, se non sapessimo che ha sempre avuto un’avversio­ ne nei confronti delle donne – aveva così a sua disposizione anche tutti quei giorni e quelle ore che i cultori del gentil sesso dissipano felicemente. Inoltre, come autore appartiene alla comunità, come ora­ tore alle masse. I suoi programmi accademici, i discorsi, le orazioni sono dedicati a giorni particolari, a festività im­ minenti, e persino la sua grande opera Alsatia illustrata fa parte della vita in quanto fa rivivere il passato, rinfresca fi­ gure sbiadite, ravviva | la pietra scolpita e lavorata e riporta agli occhi e alla mente del lettore iscrizioni frammentarie e consunte. In questo modo la sua attività riempie l’Alsazia e il territorio circostante, nel Baden e nel Palatinato ebbe un’influenza ininterrotta fino a tarda età, a Mannheim fondò l’Accademia delle scienze e rimase suo presidente fino alla morte. L’unica volta che ebbi un contatto diretto con quel grand’uomo fu una notte, quando gli preparammo una sere­ nata alla luce delle fiaccole19. Le nostre torce di pece riem­ pirono di fumo, più che di luce, la corte dell’antico istituto, dominata dai tigli; terminato il clamore della musica egli scese e si unì a noi, e si capiva che quello era il suo posto. Alto e slanciato, l’anziano signore si mise davanti a noi, e sereno e disinvolto ci ritenne degni di un discorso ben

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nug eine wohlgedachte Rede, ohne Spur von Zwang und Pedantismus, väterlich liebevoll auszusprechen, so daß wir uns in dem Augenblick etwas dünkten, da er uns wie die Könige und Fürsten behandelte, die er öffentlich anzureden so oft berufen war. Wir ließen unsere Zufrieden­ heit überlaut vernehmen, Trompeten- und Paukenschall erklang wie­ derholt, und die allerliebste, hoffnungsvolle akademische Plebs verlor sich mit innigem Behagen nach Hause. Seine Schüler und Studienverwandten, Koch und Oberlin, fanden zu mir schon ein näheres Verhältnis. Meine Liebhaberei zu altertüm­ lichen Resten war leidenschaftlich. Sie ließen mich das Museum wie­ derholt betrachten, welches die Belege zu seinem großen Werke über Elsaß vielfach enthielt. Eben dieses Werk hatte ich erst nach jener Rei­ se, wo ich noch Altertümer an Ort und Stelle gefunden, näher kennen gelernt, und nunmehr vollkommen gefördert, konnte ich mir, bei grö­ ßern und kleinern Exkursionen, das Rheintal als römische Besitzung vergegenwärtigen und gar manchen Traum der Vorzeit mir wachend ausmalen. Kaum hatte ich mir hierin einigermaßen aufgeholfen, als  | mich Oberlin zu den Denkmalen der Mittelzeit hinwies und mit den daher noch übrigen Ruinen und Resten, Siegeln und Dokumenten bekannt machte, ja eine Neigung zu den sogenannten Minnesingern und Hel­ dendichtern einzuflößen suchte. Diesem wackeren Manne, so wie Herrn Koch, bin ich viel schuldig geworden, und wenn es ihrem Wil­ len und Wunsche nach gegangen wäre, so hätte ich ihnen das Glück meines Lebens verdanken müssen. Damit verhielt es sich aber folgen­ dergestalt. Schöpflin, der sich in der höheren Sphäre des Staatsrechts zeitlebens bewegt hatte und den großen Einfluß wohl kannte, welchen solche und verwandte Studien bei Höfen und in Kabinetten einem fähigen Kopfe zu verschaffen geeignet sind, fühlte eine unüberwindliche ja ungerech­

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congegnato, senza forzature né pedanteria ma pronunciato in tono paterno e affettuoso. In quel momento ci sentimmo importanti perché ci trattava come i re e i principi ai quali molto spesso era chiamato a rivolgersi in pubblico. Manife­ stammo la nostra contentezza con fragore, trombe e tamburi risuonarono di nuovo e quella simpatica gioventù goliardi­ ca, piena di speranze, si avviò verso casa ricolma di intima soddisfazione. Ebbi invece rapporti più stretti con i suoi allievi e colle­ ghi Koch e Oberlin20. Il mio interesse per le testimonianze dell’antichità era appassionato. Mi lasciarono visitare più volte il museo che conteneva molti dei documenti a cui Schöpflin si riferiva nella sua grande opera sull’Alsazia, un’opera che avevo letto dopo il viaggio in cui avevo in­ contrato qua e là antichi reperti e in seguito, perfettamente informato, durante gite brevi e lunghe ero riuscito a raf­ figurarmi il bacino del Reno come possedimento romano, immaginandomi i tempi antichi come in un sogno a occhi aperti. Avevo appena iniziato a orientarmi in quell’epoca che | ecco Oberlin mi introdusse alle testimonianze del Medioe­ vo e mi fece conoscere le relative vestigia e reperti, sigilli e documenti, cercando di instillarmi interesse per i Minnesänger e i poemi cavallereschi. A quest’uomo in gamba devo molto, come anche a Koch, e se le cose fossero andate come entrambi desideravano, avrei dovuto ringraziare loro per il mio successo nella vita. Ma le cose andarono diversa­ mente. Schöpflin, che per tutta la vita si era mosso nella sfera più elevata del diritto costituzionale e conosceva la grande influenza che un uomo competente può esercitare nelle cor­ ti e nei gabinetti con questi e altri studi affini, nutriva un’in­ vincibile e ingiusta avversione per coloro che praticavano il

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te Abneigung gegen den Zustand des Zivilisten, und hatte die gleiche Gesinnung den Seinigen eingeflößt. Obgenannte beide Männer, Freun­ de von Salzmann, hatten auf eine liebreiche Weise von mir Kenntnis genommen. Das leidenschaftliche Ergreifen äußerer Gegenstände, die Darstellungsart, womit ich die Vorzüge derselben herauszuheben und ihnen ein besonderes Interesse zu verleihen wußte, schätzten sie höher als ich selbst. Meine geringe, ich kann wohl sagen notdürftige Beschäf­ tigung mit dem Zivilrechte war ihnen nicht unbemerkt geblieben; sie kannten mich genug, um zu wissen, wie leicht ich bestimmbar sei; aus meiner Lust zum akademischen Leben hatte ich auch kein Geheimnis gemacht, und sie dachten mich daher für Geschichte, Staatsrecht, Rede­ kunst, erst nur im Vorübergehn, dann aber entschiedener, zu erwerben. Straßburg selbst bot Vorteile genug. Eine Aussicht auf die deutsche Kanzlei in Versailles, der Vorgang von Schöpflin, dessen Verdienst mir freilich unerreichbar schien, sollte zwar nicht zur Nachahmung, doch zur Nacheiferung reizen und vielleicht dadurch ein ähnliches Ta­ lent zur Ausbildung gelangen, welches sowohl dem, der sich dessen rühmen dürfte, ersprießlich, als andern, die es für sich zu gebrauchen dächten, nützlich sein könnte. Diese meine Gönner, und Salzmann | mit ihnen, legten auf mein Gedächtnis und auf meine Fähigkeit, den Sinn der Sprachen zu fassen, einen großen Wert und suchten hauptsächlich dadurch ihre Absichten und Vorschläge zu motivieren. Wie nun aus allem diesem nichts geworden, und wie es gekommen, daß ich wieder von der französischen Seite auf die deutsche herüber­ getreten, gedenk’ ich hier zu entwickeln. Man erlaube mir, wie bisher, zum Übergange einige allgemeine Betrachtungen. Es sind wenig Biographien, welche einen reinen, ruhigen, steten Fortschritt des Individuums darstellen können. Unser Leben ist, wie das Ganze in dem wir enthalten sind, auf eine unbegreifliche Weise aus Freiheit und Notwendigkeit zusammengesetzt. Unser Wollen ist ein Vorausverkünden dessen, was wir unter allen Umständen tun wer­

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diritto civile e l’aveva instillata anche nei suoi allievi. I due uomini che ho appena ricordato erano amici di Salzmann e si erano interessati a me con molta cortesia. Apprezzarono, più di quanto non facessi io, la mia passione per la realtà circostante, il modo in cui riuscivo a rappresentarne i pregi e a conferirle un interesse particolare. Non era loro sfuggita la mia frequentazione, sebbene limitata e a ben vedere me­ diocre, con il diritto civile, ma mi conoscevano abbastanza per sapere quanto fossi influenzabile. Non avevo mai fatto mistero della mia predilezione per la vita accademica e pen­ sarono così prima di sfuggita, poi con maggior convinzio­ ne, di conquistarmi alla storia, al diritto costituzionale e alla retorica. Strasburgo stessa offriva buone opportunità. La prospettiva di lavorare nella cancelleria tedesca a Versailles e l’esempio di Schöpflin, i cui meriti però mi sembravano ineguagliabili, sarebbero serviti se non come modello al­ meno come sprone, e forse sarebbe pian piano sbocciato un talento simile al suo, che si sarebbe rivelato sia vantag­ gioso per colui che poteva esibirlo, sia utile per coloro che ne avrebbero tratto beneficio. I miei mecenati, e con loro | Salzmann, avevano grande stima della mia memoria e della mia predisposizione a cogliere il senso delle lingue, e su questo basavano le loro intenzioni e proposte. Come mai di tutto questo non si fece nulla, e come ac­ cadde che passassi di nuovo dalla parte francese a quella tedesca, lo racconterò tra poco. Mi siano concesse, come finora, alcune riflessioni generali di transizione. Sono poche le biografie che possono descrivere un pro­ gresso dell’individuo costante, regolare e univoco. La no­ stra vita, come l’insieme di cui facciamo parte, è composta da una commistione imperscrutabile di libertà e necessità. La nostra volontà è un’anticipazione di ciò che faremo in qualsiasi circostanza, ma le circostanze ci controllano a

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den. Diese Umstände aber ergreifen uns auf ihre eigne Weise. Das Was liegt in uns, das Wie hängt selten von uns ab, nach dem Warum dürfen wir nicht fragen, und deshalb verweist man uns mit Recht auf’s Quia. Die französische Sprache war mir von Jugend auf lieb; ich hatte sie in einem bewegteren Leben, und ein bewegteres Leben durch sie kennen gelernt. Sie war mir ohne Grammatik und Unterricht, durch Umgang und Übung, wie eine zweite Muttersprache zu eigen gewor­ den. Nun wünschte ich mich derselben mit größerer Leichtigkeit zu be­ dienen, und zog deswegen Straßburg zum abermaligen akademischen Aufenthalt andern hohen Schulen vor; aber leider sollte ich dort gera­ de das Umgekehrte von meinen Hoffnungen erfahren, und von dieser Sprache, diesen Sitten eher ab- als ihnen zugewendet werden. Die Franzosen, welche sich überhaupt eines guten Betragens beflei­ ßigen, sind gegen Fremde die ihre Sprache zu reden anfangen, nach­ sichtig, sie werden Niemanden über irgend einen Fehler auslachen, oder ihn deshalb ohne Umschweif tadeln. Da sie jedoch nicht wohl ertragen mögen, daß in ihrer Sprache gesündigt wird, so haben sie die Art, eben dasselbe was man gesagt hat, mit einer anderen | Wendung zu wiederholen und gleichsam höflich zu bekräftigen, sich dabei aber des eigentlichen Ausdrucks, den man hätte gebrauchen sollen, zu be­ dienen, und auf diese Weise den Verständigen und Aufmerksamen auf das Rechte und Gehörige zu führen. So sehr man nun, wenn es einem Ernst ist, wenn man Selbstverleug­ nung genug hat, sich für einen Schüler zu geben, hiebei gewinnt und gefördert wird, so fühlt man sich doch immer einigermaßen gedemü­ tiget, und da man doch auch um der Sache willen redet, oft allzu sehr unterbrochen ja abgelenkt, und man läßt ungeduldig das Gespräch fal­ len. Dies begegnete besonders mir vor andern, indem ich immer etwas Interessantes zu sagen glaubte, dagegen aber auch etwas Bedeutendes vernehmen, und nicht immer bloß auf den Ausdruck zurückgewiesen sein wollte; ein Fall der bei mir öfter eintrat, weil mein Französisch

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modo loro. Il cosa è dentro di noi, il come dipende rara­ mente da noi, il perché non dobbiamo osare chiederlo, e per questo siamo giustamente rimandati al quia21. Amavo la lingua francese fin dalla giovinezza; l’avevo imparata in una fase movimentata della mia vita e grazie a lei avevo conosciuto una vita ancora più movimentata. L’avevo assimilata come una seconda lingua madre, senza lezioni né grammatica, ma ascoltandola e parlandola22. Ora desideravo impararla in modo ancora più fluido, e per que­ sto preferii Strasburgo ad altre università per il mio secondo soggiorno accademico, ma lì sperimentai purtroppo l’oppo­ sto di quello che speravo, con il risultato di allontanarmi, invece che avvicinarmi, a quella lingua e a quei costumi. I francesi, che in generale tengono molto alle buone maniere, sono comprensivi verso gli stranieri che iniziano a parlare la loro lingua: non li canzonerebbero mai per un errore, né li rimprovererebbero apertamente. Allo stesso tempo non sopportano che si pecchi con la loro lingua, e hanno quindi l’abitudine di ripetere quello che si è appena detto usando un | giro della frase, come se volessero riba­ dirlo gentilmente, ma allo stesso tempo utilizzano l’espres­ sione che si sarebbe dovuta usare e fanno così capire a chi è sveglio e attento quale fosse la forma corretta e appropriata. Per quanto chi fa sul serio, chi ha sufficiente umiltà per adattarsi al ruolo di scolaro, ne tragga vantaggio e progredi­ sca, ci si sente comunque sempre un po’ umiliati, e poiché spesso si parla per amore della cosa in sé, se si viene troppo spesso interrotti e quindi distratti, si lascia alla fine cadere il discorso. Ciò mi accadeva più spesso che agli altri poiché credevo sempre di avere qualcosa di importante da dire, e allo stesso tempo avrei voluto ascoltare anche qualcosa di significativo, piuttosto che essere sempre richiamato sol­ tanto alla forma; e ciò accadeva perché il mio francese era

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viel buntscheckiger war als das irgend eines andern Fremden. Von Be­ dienten, Kammerdienern und Schildwachen, jungen und alten Schau­ spielern, theatralischen Liebhabern, Bauern und Helden hatte ich mir die Redensarten, so wie die Akzentuationen gemerkt, und dieses ba­ bylonische Idiom sollte sich durch ein wunderliches Ingrediens noch mehr verwirren, indem ich den französischen reformierten Geistlichen gern zuhörte und ihre Kirchen um so lieber besuchte, als ein sonntä­ giger Spaziergang nach Bockenheim, dadurch nicht allein erlaubt son­ dern geboten war. Aber auch hiermit sollte es noch nicht genug sein: denn als ich in den Jünglingsjahren immer mehr auf die Deutschheit des sechzehnten Jahrhundert[s] gewiesen ward, so schloß ich gar bald auch die Franzosen jener herrlichen Epoche in diese Neigung mit ein. Montaigne, Amyot, Rabelais, Marot waren meine Freunde, und erreg­ ten in mir Anteil und Bewunderung. Alle diese verschiedenen Elemen­ te bewegten sich nun in meiner Rede chaotisch durch einander, so daß für den Zuhörer die Intention über dem wunderlichen Ausdruck meist verloren ging, ja daß ein gebildeter Franzose mich nicht mehr höflich | zurechtweisen, sondern geradezu tadeln und schulmeistern mußte. Abermals ging es mir also hier wie vordem in Leipzig, nur daß ich mich diesmal nicht auf das Recht meiner Vatergegend, so gut als ande­ re Provinzen idiotisch zu sprechen, zurückziehn konnte, sondern hier, auf fremdem Grund und Boden, mich einmal hergebrachten Gesetzen fügen sollte. Vielleicht hätten wir uns auch wohl hierein ergeben, wenn uns nicht ein böser Genius in die Ohren geraunt hätte, alle Bemühungen eines Fremden, französisch zu reden, würden immer ohne Erfolg bleiben: denn ein geübtes Ohr höre den Deutschen, den Italiäner, den Englän­ der unter seiner französischen Maske gar wohl heraus; geduldet werde man, aber keineswegs in den Schoß der einzig sprachseligen Kirche aufgenommen. Nur wenige Ausnahmen gab man zu. Man nannte uns einen Herrn von Grimm, aber selbst Schöpflin sollte den Gipfel nicht erreicht ha­

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molto più rappezzato di quello di qualsiasi altro straniero. Da servitori, maggiordomi e guardie, da attori vecchi e gio­ vani, da innamorati, contadini ed eroi del teatro, da tutti avevo imparato i modi di dire e l’accento; e quella parlata babilonica era diventata ancora più caotica a causa di un altro curioso ingrediente, e cioè mi piaceva ascoltare il cle­ ro calvinista francese e ancor più volentieri frequentavo le loro chiese perché ciò permetteva, anzi, rendeva necessaria la passeggiata domenicale fino a Bockenheim23. Ma non è ancora tutto: da quando, da ragazzo, mi indirizzai sempre più verso la letteratura tedesca del sedicesimo secolo, nella mia passione compresi anche i francesi di quella splendi­ da epoca: Montaigne, Amyot, Rabelais, Marot24 erano miei amici e suscitavano in me ammirazione e interesse. Tutti questi elementi si mescolavano alla rinfusa nel mio eloquio, tanto che all’ascoltatore in genere sfuggiva il contenuto per via della forma bizzarra, mentre un francese colto non po­ teva più limitarsi a correggermi | gentilmente, doveva criti­ carmi e bacchettarmi a dovere. Ancora una volta quindi mi accadeva come a Lipsia, solo che questa volta non potevo difendermi facendo appello al diritto della mia patria di par­ lare dialetto esattamente come nelle altre regioni – qui, in terra straniera, dovevo attenermi alle leggi e consuetudini locali. Avrei anche potuto adattarmi se uno spiritello cattivo non mi avesse sussurrato all’orecchio che tutti gli sforzi di uno straniero per parlare bene il francese sarebbero stati vani, perché un orecchio esperto avrebbe comunque sempre individuato il tedesco, l’italiano, l’inglese dietro la masche­ ra francese; si viene tollerati, ma mai accolti nel grembo dell’unica chiesa dei prescelti da quella lingua. Si conoscevano solo poche eccezioni. Si nominava un certo signore von Grimm25, ma nemmeno Schöpflin aveva

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ben. Sie ließen gelten, daß er früh die Notwendigkeit, sich vollkom­ men französisch auszudrücken, wohl eingesehn; sie billigten seine Neigung, sich Jedermann mitzuteilen, besonders aber die Großen und Vornehmen zu unterhalten; lobten sogar, daß er, auf dem Schauplatz wo er stand, die Landessprache zu der seinigen zu machen und sich möglichst zum französischen Gesellschafter und Redner auszubilden gesucht. Was hilft ihm aber das Verleugnen seiner Muttersprache, das Bemühen um eine fremde? Niemand kann er es recht machen. In der Gesellschaft will man ihn eitel finden: als wenn sich Jemand ohne Selbstgefühl und Selbstgefälligkeit andern mitteilen möchte und könn­ tet! Sodann versichern die feinen Welt- und Sprachkenner, er disseriere und dialogiere mehr, als daß er eigentlich konversiere. Jenes ward als Erb- und Grundfehler der Deutschen, dieses als die Kardinaltugend der Franzosen allgemein anerkannt. Als öffentlichem Redner geht es ihm nicht besser. Läßt er eine wohl ausgearbeitete Rede an den König oder die Fürsten drucken, so passen die Jesuiten auf, die ihm, als einem Protestanten, gram sind, und zeigen das Unfranzösische seiner Wen­ dungen. | Anstatt uns nun hieran zu trösten und, als grünes Holz, dasjenige zu ertragen, was dem dürren auflag, so ärgerte uns dagegen diese pedan­ tische Ungerechtigkeit; wir verzweifeln und überzeugen uns vielmehr an diesem auffallenden Beispiele, daß die Bemühung vergebens sei, den Franzosen durch die Sache genug zu tun, da sie an die äußern Be­ dingungen, unter welchen alles erscheinen soll, allzu genau gebunden sind. Wir fassen daher den umgekehrten Entschluß, die französische Sprache gänzlich abzulehnen und uns mehr als bisher mit Gewalt und Ernst der Muttersprache zu widmen. Auch hiezu fanden wir im Leben Gelegenheit und Teilnahme. El­ saß war noch nicht lange genug mit Frankreich verbunden, als daß

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raggiunto quella meta. Ammettevano che si era reso con­ to molto presto della necessità di esprimersi in un perfetto francese, apprezzavano la sua propensione a parlare con tutti ma intrattenendosi soprattutto con i potenti e gli ari­ stocratici, lodavano persino il fatto che, nella posizione in cui era, aveva cercato di fare del francese la propria lin­ gua e avesse cercato di trasformarsi in un oratore e uomo di mondo francese. Ma a cosa gli era servito rinnegare la propria lingua e sforzarsi di impararne un’altra? Tutti ave­ vano qualcosa da ridire. In società lo si riteneva vanitoso: è impossibile raccontare qualcosa di sé agli altri, se non si ha né consapevolezza né stima di sé! Gli esperti conoscito­ ri del mondo e delle lingue affermavano da parte loro che dissertava e disputava, più che conversare. Le prime due cose erano universalmente riconosciute come il peccato ori­ ginale e il vizio capitale dei tedeschi, l’ultima come la virtù cardinale dei francesi. Nemmeno come oratore in pubblico gli andava meglio: se faceva stampare un discorso ben rifi­ nito indirizzato al re o ai principi, ecco arrivare i gesuiti che gli sono ostili, essendo lui protestante, per far notare subito come sia poco francese il suo modo esprimersi. | Invece che consolarmi e sopportare, io ramo verde, lo stesso peso del ramo secco, quell’ingiustizia pedante mi indispettiva; quell’esempio lampante mi fece perdere ogni speranza e mi convinse del tutto che ogni sforzo per sod­ disfare i francesi sarebbe stato vano, perché sono troppo legati alle condizioni esteriori che determinano l’apparenza delle cose. Presi quindi la decisione opposta, quella di ab­ bandonare completamente la lingua francese e di dedicarmi alla mia lingua madre con molta più energia e serietà di quanto non avessi fatto fino a quel momento. Anche in questo fu la vita a offrirmi occasione e incorag­ giamento. Non era molto che l’Alsazia era stata annessa alla

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nicht noch bei Alt und Jung eine liebevolle Anhänglichkeit an alte Verfassung, Sitte, Sprache, Tracht sollte übrig geblieben sein. Wenn der Überwundene die Hälfte seines Daseins notgedrungen verliert, so rechnet er sich’s zur Schmach, die andere Hälfte freiwillig aufzugeben. Er hält daher an allem fest, was ihm die vergangene gute Zeit zurückru­ fen und die Hoffnung der Wiederkehr einer glücklichen Epoche nähren kann. Gar manche Einwohner von Straßburg bildeten zwar abgeson­ derte, aber doch dem Sinne nach verbundene kleine Kreise, welche durch die vielen Untertanen deutscher Fürsten, die unter französischer Hoheit ansehnliche Strecken Landes besaßen, stets vermehrt und re­ krutiert wurden: denn Väter und Söhne hielten sich Studierens oder Geschäfts wegen länger oder kürzer in Straßburg auf. An unserm Tische ward gleichfalls nichts wie Deutsch gesprochen. Salzmann drückte sich im Französischen mit vieler Leichtigkeit und Eleganz aus, war aber unstreitig dem Streben und der Tat nach ein voll­ kommener Deutscher; Lersen hätte man als Muster eines deutschen Jünglings aufstellen können; Meyer von Lindau schlenderte lieber auf gut deutsch, als daß er sich auf gut französisch hätte zusammennehmen sollen, und wenn unter den übrigen auch mancher zu gallischer Spra­ che und Sitte | hinneigte, so ließen sie doch, so lange sie bei uns waren, den allgemeinen Ton auch über sich schalten und walten. Von der Sprache wendeten wir uns zu den Staatsverhältnissen. Zwar wußten wir von unserer Reichsverfassung nicht viel Löbliches zu sagen; wir gaben zu, daß sie aus lauter gesetzlichen Mißbräuchen bestehe, erhuben uns aber um desto höher über die französische gegen­ wärtige Verfassung, die sich in lauter gesetzlosen Mißbräuchen ver­ wirre, deren Regierung ihre Energie nur am falschen Orte sehen lasse, und gestatten müsse, daß eine gänzliche Veränderung der Dinge schon in schwarzen Aussichten öffentlich prophezeit werde. Blickten wir hingegen nach Norden, so leuchtete uns von dort Friedrich, der Polarstern, her, um den sich Deutschland, Europa, ja die

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Francia, e giovani e vecchi avevano di conseguenza mante­ nuto un legame affettuoso con il vecchio stile di vita, costumi, linguaggio, modo di vestire. Quando lo sconfitto è obbligato ad abbandonare metà della propria vita, considera un’onta ri­ nunciare volontariamente all’altra metà. Si attacca quindi con forza a tutto ciò che gli ricorda i bei tempi andati per mantene­ re viva la speranza nel ritorno di un’epoca felice. Molti abitan­ ti di Strasburgo costituivano dei piccoli gruppi, indipendenti ma uniti da un intento comune, che crescevano costantemente e trovavano nuovi aderenti tra i numerosi sudditi dei principi tedeschi che possedevano ragguardevoli appezzamenti in ter­ ritorio francese – infatti sia i padri che i figli si trattenevano più o meno lungamente a Strasburgo chi per studio, chi per affari26. Alla nostra tavola non si parlava altro che tedesco. Salzmann si esprimeva in francese con molta eleganza e fluidità, ma nei desideri e nelle azioni era indubbiamente un perfetto tedesco; Lerse avrebbe potuto servire da modello per il tipico giovanotto tedesco; Meyer, di Lindau, preferiva mettersi comodo alla tedesca, piuttosto che darsi un conte­ gno alla francese, e se anche c’erano altri magari più inclini verso la lingua e i costumi | francesi, quando erano con noi si adattavano all’andamento generale. Dalla lingua passammo a osservare la struttura statale. Certo, della nostra costituzione imperiale non si potevano tessere grandi lodi, ammetto che era formata da una serie di abusi legalizzati, ma era comunque decisamente superiore all’attuale costituzione francese che si perdeva in mille abu­ si illegali, con un governo che mostrava il suo potere solo nel luogo sbagliato e in più doveva accettare che si profe­ tizzasse pubblicamente un radicale cambiamento delle cose con le più nere prospettive. Guardando invece verso Nord, ecco splendere lassù Fe­ derico, la stella polare27, intorno al quale sembravano ruo­

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Welt zu drehen schien. Sein Übergewicht in allem offenbarte sich am stärksten, als in der französischen Armee das preußische Exercitium und sogar der preußische Stock eingeführt werden sollte. Wir verzie­ hen ihm übrigens seine Vorliebe für eine fremde Sprache, da wir ja die Genugtuung empfanden, daß ihm seine französischen Poeten, Philo­ sophen und Literatoren Verdruß zu machen fortfuhren und wiederholt erklärten, er sei nur als Eindringling anzusehn und zu behandeln. Was uns aber von den Franzosen gewaltiger als alles andere ent­ fernte, war die wiederholte unhöfliche Behauptung, daß es den Deut­ schen überhaupt, so wie dem nach französischer Kultur strebenden Kö­ nige, an Geschmack fehle. Über diese Redensart, die, wie ein Refrain, sich an jedes Urteil anschloß, suchten wir uns durch Nichtachtung zu beruhigen, aufklären darüber konnten wir uns aber um so weniger, als man uns versichern wollte, schon Menage habe gesagt, die französi­ schen Schriftsteller besäßen alles, nur nicht Geschmack; so wie wir denn auch aus dem jetzt lebenden Paris zu erfahren hatten, daß die neusten Autoren sämtlich des Geschmacks ermangelten, und Voltaire selbst diesem höchsten Tadel nicht ganz entgehen könne. Schon frü­ her und wiederholt auf die Natur gewiesen, wollten wir | daher nichts gelten lassen als Wahrheit und Aufrichtigkeit des Gefühls, und den ra­ schen derben Ausdruck desselben. Freundschaft, Liebe, Brüderschaft, Trägt die sich nicht von selber vor? war Losung und Feldgeschrei, woran sich die Glieder unserer kleinen akademischen Horde zu erkennen und zu erquicken pflegten. Diese Maxime lag zum Grunde allen unsern geselligen Gelagen, bei welchen uns denn freilich manchen Abend Vetter Michel in seiner wohlbekann­ ten Deutschheit zu besuchen nicht verfehlte. Will man in dem bisher Erzählten nur äußere zufällige Anlässe und persönliche Eigenheiten finden, so hatte die französische Literatur an

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tare la Germania, l’Europa, persino il mondo intero. La sua supremazia in tutto si mostrò nel modo più evidente quando nell’esercito francese si volle introdurre non solo l’adde­ stramento, ma anche la disciplina prussiana. Gli perdonavo comunque la sua predilezione per una lingua straniera e mi consolavo sapendo che i suoi poeti, filosofi e letterati fran­ cesi continuavano a farlo arrabbiare, ripetendogli che era da considerare e da trattare come un intruso. Ma quello che più di tutto ci indisponeva dei francesi era la loro reiterata e scortese affermazione che i tedeschi, com­ presi i re che smaniavano per la cultura francese, fossero del tutto privi di buon gusto. Questa frase concludeva ogni opi­ nione come un ritornello: cercavo di ignorarla per non arrab­ biarmi, ma non riuscii a chiarirmi le idee su questo punto, ancor meno quando mi fu assicurato che già Ménage aveva detto che gli scrittori francesi hanno tutto, tranne il buon gu­ sto28. Lo stesso sentii dire della Parigi dell’epoca, dove tut­ ti gli autori più recenti, senza eccezioni, mancherebbero di buon gusto, e nemmeno Voltaire in persona sarebbe del tutto immune da questo rimprovero. Visto che già prima e in più occasioni ero stato indirizzato verso la natura, mi rifiutai | di accettare qualsiasi cosa che non fosse la verità e la sincerità dei sentimenti e la loro immediata, spontanea espressione. «Amicizia, amore, fratellanza, non si sostengono da sole?»29 era parola d’ordine e grido di guerra con cui si riconosce­ vano e si incitavano i componenti della nostra piccola orda goliardica. Questa massima era alla base di tutti i nostri in­ contri conviviali, dove alcune sere non mancava di farci vi­ sita ‘compare Michele’30 in tutta la sua germanicità. Se in tutto ciò che ho raccontato finora si vogliono ve­ dere solo pretesti esteriori e occasionali o particolarità sog­

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sich selbst gewisse Eigenschaften, welche den strebenden Jüngling mehr abstoßen als anziehn mußten. Sie war nämlich bejahrt und vornehm, und durch beides kann die nach Lebensgenuß und Freiheit um­ schauende Jugend nicht ergetzt werden. Seit dem sechzehnten Jahrhundert hatte man den Gang der fran­ zösischen Literatur niemals völlig unterbrochen gesehn, ja die innern politischen und religiosen Unruhen sowohl als die äußeren Kriege be­ schleunigten ihre Fortschritte; schon vor hundert Jahren aber, so hör­ te man allgemein behaupten, solle sie in ihrer vollen Blüte gestanden haben. Durch günstige Umstände sei auf einmal eine reichliche Ernte gereift und glücklich eingebracht worden, dergestalt, daß die größten Talente des achtzehnten Jahrhunderts sich nur bescheidentlich mit ei­ ner Nachlese begnügen müssen. Indessen war aber doch auch gar manches veraltet, das Lustspiel am ersten, welches immer wieder aufgefrischt werden mußte, um sich, zwar minder vollkommen, aber doch mit neuem Interesse, dem Leben und den Sitten anzuschmiegen. Der Tragödien waren viele vom Thea­ ter verschwunden, und Voltaire ließ die jetzt dargebotene bedeutende Gelegenheit nicht aus den Händen, Corneille’s Werke herauszugeben, um zu zeigen, wie mangelhaft sein | Vorgänger gewesen sei, den er, der allgemeinen Stimme nach, nicht erreicht haben sollte. Und eben dieser Voltaire, das Wunder seiner Zeit, war nun selbst bejahrt wie die Literatur, die er beinah ein Jahrhundert hindurch be­ lebt und beherrscht hatte. Neben ihm existierten und vegetierten noch, in mehr oder weniger tätigem und glücklichem Alter, viele Literato­ ren, die nach und nach verschwanden. Der Einfluß der Sozietät auf die Schriftsteller nahm immer mehr überhand: denn die beste Gesellschaft, bestehend aus Personen von Geburt, Rang und Vermögen, wählte zu einer ihrer Hauptunterhaltungen die Literatur, und diese ward dadurch ganz gesellschaftlich und vornehm. Standespersonen und Literatoren

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gettive, si consideri che la letteratura francese aveva in sé alcune specifiche caratteristiche atte ad allontanare più che avvicinare un giovanotto ambizioso. Era infatti invecchiata ed elitaria, due aspetti non graditi alla gioventù che deside­ ra invece gioia di vivere e libertà. Dal Cinquecento in poi, il corso della letteratura francese non era mai stato del tutto interrotto, anzi: i tumulti politici e religiosi all’interno e le guerre all’esterno non avevano fatto che accelerare i suoi progressi – ma già cento anni fa, si diceva da più parti, aveva raggiunto il suo culmine. Grazie a una situazione favorevole era maturata tutta insie­ me una messe abbondante ed era stata raccolta felicemente, tanto che i maggiori talenti del diciottesimo secolo dovette­ ro accontentarsi di un’umile spigolatura. Da allora però vari elementi erano ormai invecchiati, pri­ ma tra tutti la commedia, che doveva venire costantemente rinfrescata per adattarsi agli usi e ai costumi; certo in modo meno perfetto, ma almeno per mantenere vivo l’interesse. Molte tragedie erano scomparse dai teatri e Voltaire non si lasciò sfuggire la possibilità che gli fu offerta di curare un’edizione delle opere di Corneille31 per mostrare | quanti difetti avesse il suo predecessore, che secondo l’opinione comune lui non era comunque riuscito a uguagliare. Ma lo stesso Voltaire, la meraviglia del suo tempo, era a sua volta invecchiato come la letteratura che per quasi un secolo aveva animato e dominato. Accanto a lui esiste­ vano e vegetavano ancora molti letterati, più o meno attivi a seconda della loro veneranda età, ma scomparivano man mano. L’influsso della società sugli scrittori prendeva sem­ pre più il sopravvento: l’alta società infatti, che era formata da persone eminenti per nascita, rango e ricchezza, aveva scelto la letteratura come suo principale passatempo, e que­ sta era dunque divenuta molto mondana ed elitaria. Uomini

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bildeten sich wechselsweise, und mußten sich wechselsweise verbil­ den: denn alles Vornehme ist eigentlich ablehnend, und ablehnend ward auch die französische Kritik, verneinend, herunterziehend, miß­ redend. Die höhere Klasse bediente sich solcher Urteile gegen die Schriftsteller, die Schriftsteller, mit etwas weniger Anstand, verfuhren so unter einander, ja gegen ihre Gönner. Konnte man dem Publikum nicht imponieren, so suchte man es zu überraschen, oder durch Demut zu gewinnen; und so entsprang, abgesehn davon was Kirche und Staat im Innersten bewegte, eine solche literarische Gärung, daß Voltaire selbst seiner vollen Tätigkeit, seines ganzen Übergewichts bedurfte, um sich über dem Strome der allgemeinen Nichtachtung empor zu hal­ ten. Schon hieß er laut ein altes eigenwilliges Kind; seine unermüdet fortgesetzten Bemühungen betrachtete man als eitles Bestreben eines abgelebten Alters; gewisse Grundsätze auf denen er seine ganze Le­ benszeit bestanden, deren Ausbreitung er seine Tage gewidmet, wollte man nicht mehr schätzen und ehren; ja seinen Gott, durch dessen Be­ kenntnis er sich von allem atheistischen Wesen loszusagen fortfuhr, ließ man ihm nicht mehr gelten; und so mußte er selbst, der Altvater und Patriarch, gerade wie sein jüngster Mitbewerber, auf den Augen­ blick merken, nach neuer Gunst haschen, seinen Freunden zu viel Gu­ tes, seinen | Feinden zu viel Übles erzeigen, und, unter dem Schein eines leidenschaftlich wahrheitsliebenden Strebens, unwahr und falsch handeln. War es denn wohl der Mühe wert, ein so tätiges großes Leben geführt zu haben, wenn es abhängiger enden sollte als es angefangen hatte? Wie unerträglich ein solcher Zustand sei, entging seinem ho­ hen Geiste, seiner zarten Reizbarkeit nicht; er machte sich manchmal sprung- und stoßweise Luft, ließ seiner Laune den Zügel schießen und hieb mit ein paar Fechterstreichen über die Schnur, wobei sich meist

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di mondo e scrittori si educavano a vicenda distruggendosi anche a vicenda, poiché tutto ciò che è elitario è anche se­ lettivo, e così era la critica francese: negativa, spregiativa, riduttiva. La classe elevata si serviva di quei giudizi contro gli scrittori, gli scrittori si comportavano allo stesso modo tra loro, sebbene con minor decoro, e criticavano persino i loro mecenati. Non riuscendo a imporsi al pubblico, cer­ cavano almeno di sorprenderlo o di conquistarlo con l’u­ miltà e così, a prescindere da tutto ciò che si agitava nel profondo dello Stato e della Chiesa, si creò un tale fermento letterario che Voltaire stesso doveva far valere tutta la sua autorità e impiegare tutte le sue energie per mantenersi a malapena a galla nella corrente del disprezzo generale. Lo si definiva già apertamente un vecchio bambino capriccio­ so, i suoi sforzi instancabili e prolungati erano considerati il vano colpo di coda di un’epoca ormai superata. Alcuni princìpi sui quali aveva insistito per tutta la sua vita, alla cui affermazione aveva dedicato i suoi giorni, non erano più apprezzati né onorati; non si accettava più nemmeno il suo Dio, in cui professava di credere per allontanare da sé ogni sospetto di ateismo32; persino lui, il progenitore e patriarca, era costretto a cogliere l’istante, a conquistarsi nuovi favori alla stregua dei suoi rivali più giovani, a mostrarsi eccessi­ vamente benevolo verso gli amici ed eccessivamente | ma­ levolo verso i nemici e ad agire in modo falso e bugiardo dietro l’apparenza di un incondizionato amore per la verità. Era valsa la pena aver condotto una vita così attiva e note­ vole, per poi finire ancora più succubi di quanto non si fosse all’inizio? Quanto quella condizione fosse insopportabile non sfuggiva al suo acuto intelletto e alla sua permalosa sensibilità. Ogni tanto sgomitava a destra e a sinistra per tirare un po’ il fiato, lasciava briglia sciolta al suo malumore e con un paio di colpi ben assestati centrava il bersaglio,

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Freunde und Feinde unwillig gebärdeten: denn Jedermann glaubte ihn zu übersehn, obschon Niemand es ihm gleich tun konnte. Ein Publi­ kum, das immer nur die Urteile alter Männer hört, wird gar zu leicht altklug, und nichts ist unzulänglicher als ein reifes Urteil, von einem unreifen Geiste aufgenommen. Uns Jünglingen, denen, bei einer deutschen Natur- und Wahrheits­ liebe, als beste Führerin im Leben und Lernen, die Redlichkeit gegen uns selbst und andere immer vor Augen schwebte, ward die parteiische Unredlichkeit Voltaire’s und die Verbildung so vieler würdigen Gegen­ stände immer mehr zum Verdruß, und wir bestärkten uns täglich in der Abneigung gegen ihn. Er hatte die Religion und die heiligen Bücher worauf sie gegründet ist, um den sogenannten Pfaffen zu schaden, nie­ mals genug herabsetzen können und mir dadurch manche unangeneh­ me Empfindung erregt. Da ich nun aber gar vernahm, daß er, um die Überlieferung einer Sündflut zu entkräften, alle versteinte Muscheln leugnete, und solche nur für Naturspiele gelten ließ, so verlor er gänz­ lich mein Vertrauen: denn der Augenschein hatte mir auf dem Basch­ berge deutlich genug gezeigt, daß ich mich auf altem abgetrockneten Meeresgrund, unter den Exuvien seiner Ureinwohner befinde. Ja! diese Berge waren einstmals von Wellen bedeckt; ob vor oder während der Sündflut, das konnte mich nicht rühren, genug, das Rheintal war ein ungeheuerer See, eine unübersehliche Bucht gewesen; das konnte man mir nicht ausreden. Ich gedachte vielmehr in Kenntnis der Länder und Gebirge | vorzuschreiten, es möchte sich daraus ergeben was da wollte. Bejahrt also und vornehm war an sich selbst und durch Voltairen die französische Literatur. Lasset uns diesem merkwürdigen Manne noch einige Betrachtung widmen! Auf tätiges und geselliges Leben, auf Politik, auf Erwerb im Gro­ ßen, auf das Verhältnis zu den Herren der Erde und Benutzung dieses Verhältnisses, damit er selbst zu den Herren der Erde gehöre, dahin war

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scontentando così amici e nemici; tutti infatti credevano di poterlo ignorare, sebbene nessuno fosse in grado di ugua­ gliarlo. Un pubblico che ascolta sempre e solo il parere dei vecchi diventa ben presto saccente, e niente è più inadegua­ to di un giudizio maturo formulato da una mente immatura. Per noi giovani che, con un amore tutto tedesco per la natura e la verità, avevamo preso a modello per la vita e per gli studi l’onestà verso noi stessi e gli altri, la faziosa diso­ nestà di Voltaire nel diffamare tanti argomenti meritevoli diventò sempre più irritante, tanto da far aumentare ogni giorno la nostra avversione nei suoi confronti. Per denigrare i cosiddetti ‘pretonzoli’ non si era mai stancato di disprez­ zare la religione e le Sacre Scritture su cui essa si basa e ciò mi era sempre parso sgradevole. Quando però scoprii che, per screditare la tradizione del diluvio universale, aveva ne­ gato l’esistenza delle conchiglie fossili considerandole solo scherzi della natura, perse del tutto la mia stima33. Sul Bast­ berg infatti avevo visto chiaramente con i miei occhi che mi trovavo su quello che una volta era stato un fondale marino ora prosciugato, tra gli involucri dei suoi abitanti preistori­ ci. Sì, quei monti una volta erano stati coperti dalle acque; se prima o durante il diluvio universale era indifferente, mi bastava sapere che il bacino del Reno era stato un lago gi­ gantesco, un bacino immenso, su questo ero irremovibile. Anzi, la mia intenzione era di approfondire lo studio di terre e | montagne, qualsiasi fosse il risultato. Invecchiata ed elitaria, quindi, era diventata la letteratura francese per merito suo proprio e di Voltaire. Ma lasciate che dedichi a quest’uomo così particolare ancora qualche considerazione! Fin da giovane, tutti gli sforzi e i desideri di Voltaire furono indirizzati verso la vita sociale e attiva, la politica, l’acquisizione di grandi ricchezze, le relazioni con i potenti

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von Jugend auf Voltaire’s Wunsch und Bemühung gewendet. Nicht leicht hat sich Jemand so abhängig gemacht, um unabhängig zu sein. Auch gelang es ihm, die Geister zu unterjochen; die Nation fiel ihm zu. Vergebens entwickelten seine Gegner mäßige Talente und einen ungeheueren Haß; nichts gereichte zu seinem Schaden. Den Hof zwar konnte er nie mit sich versöhnen, aber dafür waren ihm fremde Köni­ ge zinsbar. Katharina und Friedrich die Großen, Gustav von Schwe­ den, Christian von Dänemark, Poniatowsky von Pohlen, Heinrich von Preußen, Carl von Braunschweig bekannten sich als seine Vasallen; sogar Päpste glaubten ihn durch einige Nachgiebigkeit kirren zu müs­ sen. Daß Joseph der Zweite sich von ihm abhielt, gereichte diesem Fürsten nicht einmal zum Ruhme: denn es hätte ihm und seinen Unter­ nehmungen nicht geschadet, wenn er, bei so schönem Verstande, bei so herrlichen Gesinnungen, etwas geistreicher, ein besserer Schätzer des Geistes gewesen wäre. Das was ich hier gedrängt und in einigem Zusammenhange vortra­ ge, tönte zu jener Zeit, als Ruf des Augenblicks, als ewig zwiespältiger Mißklang, unzusammenhängend und unbelehrend in unseren Ohren. Immer hörte man nur das Lob der Vorfahren. Man forderte etwas Gutes, Neues; aber immer das Neuste wollte man nicht. Kaum hatte auf dem längst erstarrten Theater ein Patriot nationalfranzösische, herzerheben­ de Gegenstände dargestellt, kaum hatte die Belagerung von Calais sich einen enthusiastischen Beifall gewonnen, so sollte schon dieses Stück, mit samt seinen vaterländischen Gesellen, hohl und in jedem | Sinne verwerflich sein. Die Sittenschilderungen des Destouches, an denen ich mich als Knabe so oft ergetzt, hieß man schwach, der Name dieses Ehrenmanns war verschollen, und wie viel andere Schriftsteller müßte ich nicht nennen, um derentwillen ich den Vorwurf, als urteile ich wie ein Provinzler, habe erdulden müssen, wenn ich gegen Jemand, der

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di cui voleva servirsi per divenire a sua volta uno di loro. Non è facile trovare qualcuno che si è reso così dipendente per conquistarsi l’indipendenza. E riuscì a soggiogare gli spiriti, l’intera nazione cadde ai suoi piedi. Invano i suoi op­ positori misero in campo i loro modesti talenti e un immen­ so odio, nulla poteva nuocergli. E anche se non riuscì mai a conciliarsi la corte, molti re stranieri erano suoi debitori: Caterina di Russia, Federico il Grande, Gustavo di Svezia, Cristiano di Danimarca, il polacco Poniatowsky; Enrico di Prussia e Carlo di Braunschweig si dichiararono suoi vas­ salli, persino i Papi si sforzavano di blandirlo mostrando una certa condiscendenza34. Il fatto che Giuseppe ii lo te­ nesse a distanza35 non va a suo merito: non sarebbe stato un male, infatti, né per lui né per le sue imprese, se si fosse dimostrato un più attento e acuto estimatore dello spirito umano, lui che aveva un’intelligenza così bella e princìpi tanto nobili. Quello che ora espongo in modo sintetico e coerente, allora mi suonava incoerente e inconcludente, uno slogan del momento, una cacofonia eternamente dissonante. Si tessevano sempre e comunque le lodi dei predecessori; si voleva qualcosa di buono, di nuovo, ma si rifiutavano le novità. Non appena un compatriota introdusse, in un teatro ormai mummificato, temi nazionalistici esaltanti, non ap­ pena l’Assedio di Calais fu accolto da un entusiastico suc­ cesso, ecco che subito quell’opera, insieme alle sue patriot­ tiche compagne, fu dichiarata vuota e riprovevole | sotto ogni punto di vista. Le commedie morali di Destouches, che tanto mi avevano divertito da ragazzo, ora le si bollava come fiacche e il nome di quel brav’uomo fu dimenticato36; e quanti altri scrittori potrei nominare, per amore dei quali dovetti sentirmi rimproverare di avere i gusti di un provin­ ciale, solo perché avevo dimostrato di provare interesse per

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mit dem neusten literarischen Strome dahinfuhr, irgend einen Anteil an solchen Männern und ihren Werken gezeigt hatte. So wurden wir andern deutschen Gesellen denn immer verdrieß­ licher. Nach unsern Gesinnungen, nach unserer Natureigenheit liebten wir die Eindrücke der Gegenstände festzuhalten, sie nur langsam zu verarbeiten, und wenn es ja sein sollte, sie so spät als möglich fah­ ren zu lassen. Wir waren überzeugt, durch treues Aufmerken, durch fortgesetzte Beschäftigung lasse sich allen Dingen etwas abgewinnen, und man müsse durch beharrlichen Eifer doch endlich auf einen Punkt gelangen, wo sich mit dem Urteil zugleich der Grund desselben aus­ sprechen lasse. Auch verkannten wir nicht, daß die große und herrli­ che französische Welt uns manchen Vorteil und Gewinn darbiete: denn Rousseau hatte uns wahrhaft zugesagt. Betrachten wir aber sein Leben und sein Schicksal, so war er doch genötigt, den größten Lohn für alles was er geleistet, darin zu finden, daß er unerkannt und vergessen in Paris leben durfte. Wenn wir von den Enzyklopädisten reden hörten, oder einen Band ihres ungeheuren Werks aufschlugen, so war es uns zu Mute, als wenn man zwischen den unzähligen bewegten Spulen und Weberstühlen einer großen Fabrik hingeht, und vor lauter Schnarren und Rasseln, vor allem Aug’ und Sinne verwirrenden Mechanismus, vor lauter Un­ begreiflichkeit einer auf das mannigfaltigste in einander greifenden Anstalt, in Betrachtung dessen, was alles dazu gehört, um ein Stück Tuch zu fertigen, sich den eignen Rock selbst verleidet fühlt, den man auf dem Leibe trägt. Diderot war nahe genug mit uns verwandt; wie er denn in alle dem, weshalb ihn die Franzosen tadeln, ein wahrer | Deutscher ist. Aber auch sein Standpunkt war schon zu hoch, sein Gesichtskreis zu weit, als daß wir uns hätten zu ihm stellen und an seine Seite setzen können. Seine Naturkinder jedoch, die er mit großer rednerischer Kunst herauszuhe­ ben und zu adeln wußte, behagten uns gar sehr, seine wackeren Wild­ diebe und Schleichhändler entzückten uns, und dieses Gesindel hat in

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quegli uomini e le loro opere con qualcuno che seguiva in­ vece l’ultima moda letteraria! E così noi giovani tedeschi ne fummo sempre più con­ trariati. Per la nostra mentalità, per le nostre caratteristiche ci piaceva soffermarci sulle impressioni ricevute, assimi­ larle lentamente, e se proprio dovevano svanire, almeno il più tardi possibile. Eravamo convinti che con attenzione e costanza, fedeltà e impegno si potesse ricavare del buono da ogni cosa, e grazie alla perseveranza si sarebbe comun­ que arrivati al punto in cui, insieme al giudizio, saremmo riusciti a darne anche la motivazione. Certo non negavamo che il grande e magnifico mondo dei francesi potesse offrire anche a noi utilità e vantaggi – Rousseau infatti ci era pia­ ciuto molto. Ma se consideriamo la sua vita e il suo destino, fu comunque costretto ad accontentarsi, come unica ricom­ pensa per tutto ciò che aveva fatto, di vivere misconosciuto e dimenticato a Parigi. Quando sentivamo parlare degli enciclopedisti o sfo­ gliavamo un volume di quell’opera mastodontica, avevamo l’impressione di camminare tra gli innumerevoli telai e le spole in movimento di una grande fabbrica; ma tutto quello stridere e sferragliare, tutti quegli ingranaggi che confondo­ no occhi e sensi ci rendevano incapaci di comprendere quel meccanismo nelle sue svariate connessioni e – consideran­ do tutto quello che ci vuole per produrre un pezzo di stoffa – finivamo col detestare il vestito che avevamo indosso. Diderot ci pareva più vicino a noi: in tutti gli aspetti che i francesi gli rimproveravano era un vero | tedesco. Ma an­ che il suo punto di vista era troppo elevato, il suo orizzonte troppo ampio per poterci paragonare a lui e metterci al suo fianco. Ci piacquero comunque moltissimo i suoi figli naturali, che seppe descrivere e nobilitare con tanta eloquen­ za; ci deliziavano gli astuti bracconieri e i contrabbandieri,

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der Folge auf dem deutschen Parnaß nur allzu sehr gewuchert. So war er es denn auch, der, wie Rousseau, von dem geselligen Leben einen Ekelbegriff verbreitete, eine stille Einleitung zu jenen ungeheueren Weltveränderungen, in welchen alles Bestehende unterzugehen schien. Uns ziemt jedoch, diese Betrachtungen noch an die Seite zu leh­ nen und zu bemerken, was genannte beide Männer auf Kunst gewirkt. Auch hier wiesen sie, auch von ihr drängten sie uns zur Natur. Die höchste Aufgabe einer jeden Kunst ist, durch den Schein die Täuschung einer höheren Wirklichkeit zu geben. Ein falsches Bestre­ ben aber ist, den Schein so lange zu verwirklichen, bis endlich nur ein gemeines Wirkliche übrig bleibt. Als ein ideelles Lokal hatte die Bühne, durch Anwendung der per­ spektivischen Gesetze auf hinter einander gestellten Kulissen, den höchsten Vorteil erlangt, und nun wollte man diesen Gewinn mutwillig aufgeben, die Seiten des Theaters zuschließen und wirkliche Stuben­ wände formieren. Mit einem solchen Bühnenlokal sollte denn auch das Stück selbst, die Art zu spielen der Acteurs, kurz alles zusammentref­ fen, und ein ganz neues Theater dadurch entspringen. Die französischen Schauspieler hatten im Lustspiel den Gipfel des Kunstwahren erreicht. Der Aufenthalt in Paris, die Beobachtung des Äußern der Hofleute, die Verbindung der Acteurs und Actricen durch Liebeshändel mit den höheren Ständen, alles trug dazu bei, die höchste Gewandtheit und Schicklichkeit des geselligen Lebens gleichfalls auf die Bühne zu verpflanzen, und hieran hatten die Naturfreunde | wenig auszusetzen; doch glaubten sie einen großen Vorschritt zu tun, wenn sie ernsthafte und tragische Gegenstände, deren das bürgerliche Le­ ben auch nicht ermangelt, zu ihren Stücken erwählten, sich der Prosa gleichfalls zu höherem Ausdruck bedienten, und so die unnatürlichen Verse zugleich mit der unnatürlichen Deklamation und Gestikulation allmählig verbannten.

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gentaglia che in seguito ha proliferato fin troppo nel Parna­ so tedesco37. E fu proprio lui che, con Rousseau, cominciò a diffondere il disprezzo per la vita di mondo, preparando così silenziosamente la strada a quei cambiamenti spaven­ tosi che parvero far crollare il mondo intero. Preferiamo però mettere da parte queste considerazioni per soffermarci sull’influenza di questi due grandi uomini sull’arte. Anche qui ci indicarono la via, e tramite l’arte ci spinsero verso la natura. Il fine supremo di ogni arte è quello di suscitare, grazie alla finzione, l’illusione di una realtà migliore. È però una falsa aspirazione quella di far sembrare la finzione così rea­ le fino al punto da trasformarla in scialba quotidianità. Il palcoscenico costituiva una collocazione ideale e attra­ verso l’utilizzo della prospettiva nelle quinte disposte l’una dietro l’altra aveva ottenuto ottimi risultati; ora invece si era così spavaldi da rinunciare a questo vantaggio chiuden­ do i lati del palco per ottenere le pareti di una stanza vera e propria. A questo palco-monolocale dovevano adattarsi l’opera stessa e lo stile di recitazione degli attori, insomma tutto, e così sarebbe nato un modo nuovo di fare teatro. Nella commedia gli attori francesi avevano raggiunto l’apice della veridicità artistica. Soggiornare a Parigi, osser­ vare l’aspetto dei cortigiani, le relazioni amorose di attori e attrici con i ceti superiori, tutto contribuiva a trapiantare sul palcoscenico la massima galanteria ed eleganza della vita mondana, e qui gli amici della natura avevano | poco da obiettare. Credettero però di fare un grande passo avanti scegliendo per i loro drammi temi seri e tragici, che comun­ que non mancano nella vita di tutti i giorni, e servendosi della prosa anche per il registro più elevato; riuscirono così a bandire quei versi innaturali e quel modo innaturale di declamare e gesticolare38.

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Höchst merkwürdig ist es und nicht so allgemein beachtet, daß zu dieser Zeit selbst der alten strengen, rhythmischen, kunstreichen Tra­ gödie mit einer Revolution gedroht ward, die nur durch große Talente und die Macht des Herkommens abgelenkt werden konnte. Es stellte sich nämlich dem Schauspieler Le Cain, der seine Helden mit besondrem theatralischen Anstand, mit Erholung, Erhebung und Kraft spielte, und sich vom Natürlichen und Gewöhnlichen entfernt hielt, ein Mann gegenüber, mit Namen Aufresne, der aller Unnatur den Krieg erklärte und in seinem tragischen Spiel die höchste Wahrheit auszudrücken suchte. Dieses Verfahren mochte zu dem des übrigen Pariser Theaterpersonals nicht passen. Er stand allein, jene hielten sich an einander geschlossen, und er, hartnäckig genug auf seinem Sinne bestehend, verließ lieber Paris und kam durch Straßburg. Dort sahen wir ihn die Rolle des August im Cinna, des Mithridat und andere der­ gleichen, mit der wahrsten natürlichsten Würde spielen. Als ein schö­ ner großer Mann trat er auf, mehr schlank als stark, nicht eigentlich von imposantem, aber von edlem gefälligem Wesen. Sein Spiel war über­ legt und ruhig, ohne kalt zu sein, und kräftig genug, wo es erfordert wurde. Er war ein sehr geübter Künstler, und von den wenigen, die das Künstliche ganz in die Natur und die Natur ganz in die Kunst zu ver­ wandeln wissen. Diese sind es eigentlich, deren mißverstandene Vor­ züge die Lehre von der falschen Natürlichkeit jederzeit veranlassen. Und so will ich denn auch noch eines kleinen aber merkwürdig Epoche machenden Werks gedenken, es ist Rousseaus Pygmalion. Viel könnte man darüber sagen: denn diese | wunderliche Produktion schwankt gleichfalls zwischen Natur und Kunst, mit dem falschen Be­ streben, diese in jene aufzulösen. Wir sehen einen Künstler, der das Vollkommenste geleistet hat, und doch nicht Befriedigung darin fin­ det, seine Idee außer sich, kunstgemäß dargestellt und ihr ein höheres Leben verliehen zu haben; nein! sie soll auch in das irdische Leben

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Ma la cosa più strana che solo pochi considerano, è che in quella fase persino l’austera tragedia classica in versi era minacciata da una rivoluzione che poté essere evitata sol­ tanto grazie a grandi talenti e al prestigio della sua origine. C’era infatti un attore di nome Lecain che interpretava i suoi personaggi con singolare dignità teatrale, con una reci­ tazione altisonante e nobile, tenendosi lontano da tutto ciò che era naturale e spontaneo; a lui si contrappose un cer­ to Aufresne, che dichiarò guerra all’innaturale e nelle sue tragedie cercava di recitare con il massimo della verità39. Questo modo di fare non si adattava proprio agli attori pari­ gini: rimase isolato, quelli compatti serrarono i ranghi tanto che lui, difendendo ostinatamente le sue posizioni, preferì lasciare Parigi e capitò di passaggio a Strasburgo. Lo ve­ demmo impersonare Augusto in Cinna, poi Mitridate e altri personaggi analoghi40, con assoluta dignità e naturalezza. Il suo aspetto era quello di un uomo alto e bello, più esile che robusto, di presenza non imponente ma gradevole. La sua recitazione era ponderata e tranquilla senza essere fredda, e piuttosto vivace quando necessario. Era un artista consuma­ to, uno di coloro che sanno trasformare in tutto e per tutto la natura nell’arte e l’arte nella natura. Sono proprio questi gli attori che, se fraintesi, con i loro meriti forniscono alimento alla teoria della falsa naturalezza. Vorrei inoltre menzionare un’altra operetta che fece stra­ namente epoca, e cioè il Pigmalione di Rousseau41. Se ne potrebbe parlare a lungo, perché questo | bizzarro prodot­ to oscilla anche lui tra la natura e l’arte, nell’errato inten­ to di ricondurre la seconda alla prima. Vediamo in questo caso un artista che ha prodotto cose eccellenti eppure non è soddisfatto, sebbene sia riuscito a manifestare all’esterno il suo ideale conferendogli forma artistica e garantendogli così un’esistenza superiore. No, deve abbassarlo fino a lui,

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zu ihm herabgezogen werden. Er will das Höchste was Geist und Tat hervorgebracht, durch den gemeinsten Akt der Sinnlichkeit zerstören. Alles dieses und manches andere, recht und törigt, wahr und halb­ wahr, das auf uns einwirkte, trug noch mehr bei, die Begriffe zu ver­ wirren; wir trieben uns auf mancherlei Abwegen und Umwegen herum, und so ward von vielen Seiten auch jene deutsche literarische Revolu­ tion vorbereitet, von der wir Zeugen waren, und wozu wir, bewußt und unbewußt, willig oder unwillig, unaufhaltsam mitwirkten. Auf philosophische Weise erleuchtet und gefördert zu werden, hat­ ten wir keinen Trieb noch Hang, über religiose Gegenstände glaub­ ten wir uns selbst aufgeklärt zu haben, und so war der heftige Streit französischer Philosophen mit dem Pfafftum uns ziemlich gleichgül­ tig. Verbotene, zum Feuer verdammte Bücher, welche damals großen Lärmen machten, übten keine Wirkung auf uns. Ich gedenke statt aller des Systême de la Nature, das wir aus Neugier in die Hand nahmen. Wir begriffen nicht, wie ein solches Buch gefährlich sein könnte. Es kam uns so grau, so cimmerisch, so totenhaft vor, daß wir Mühe hatten, seine Gegenwart auszuhalten, daß wir davor wie vor einem Gespenste schauderten. Der Verfasser glaubt sein Buch ganz eigens zu empfehlen, wenn er in der Vorrede versichert, daß er, als ein abgelebter Greis, so eben in die Grube steigend, der Mit- und Nachwelt die Wahrheit ver­ künden wolle. Wir lachten ihn aus: denn wir glaubten bemerkt zu haben, daß von alten Leuten eigentlich an der Welt nichts geschätzt werde, was lie­ benswürdig und gut an ihr ist. »Alte Kirchen haben dunkle Gläser! – Wie Kirschen und Beeren schmecken, muß man Kinder und Sperlinge | fragen!« dies waren unsere Lust- und Leibworte; und so schien uns jenes Buch, als die rechte Quintessenz der Greisenheit, unschmackhaft, ja abgeschmackt. Alles sollte notwendig sein und deswegen kein Gott. Könnte es denn aber nicht auch notwendig einen Gott geben? fragten

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calarlo nella vita terrena! Vuole distruggere con un banale gesto sensibile quello che di eccelso hanno creato spirito e atto. Tutte queste e molte altre cose che recepivo, giuste e sbagliate, vere in tutto o in parte, non fecero che confonder­ mi ancor di più; continuavo a girarmi e rigirarmi e intanto si preparava anche quella rivoluzione letteraria tedesca di cui fummo testimoni e a cui, volenti o nolenti, consapevolmen­ te o meno, contribuimmo senza sosta42. Non sentivamo il bisogno né il desiderio di un’illumina­ zione o di un progresso in campo filosofico; sulle questioni religiose ci sembrava di esserci chiariti a sufficienza, e di conseguenza la violenta lite dei filosofi francesi contro il clero ci lasciava alquanto indifferenti. I libri proibiti e mes­ si al rogo, che allora suscitavano così tanto scalpore, non ci fecero alcun effetto. Penso in particolare al Système de la nature, che ci procurammo per curiosità43. Non riuscii a capire come un libro del genere potesse essere pericoloso. Ci parve così grigio, cupo e funereo che facevamo fatica a sopportarne la presenza e ci faceva venire i brividi come fosse un fantasma. L’autore ritiene di raccomandare effica­ cemente il suo scritto quando nella prefazione assicura che ormai, da anziano con un piede nella tomba, vuole raccon­ tare ai contemporanei e ai posteri tutta la verità. Ridemmo di lui: avevamo ormai capito che i vecchi non apprezzano più nulla di tutto ciò che al mondo è buono e amabile. I nostri proverbi preferiti erano: le chiese vecchie hanno i vetri scuri! Che sapore hanno fragole e ciliegie, bi­ sogna chiederlo ai bambini e | agli uccelli. Di conseguenza ogni libro che veniva presentato come la quintessenza della vecchiaia ci pareva poco allettante, se non di cattivo gusto. Esistevano solo le cose necessarie, quindi niente Dio. Ma non poteva essere necessario anche Dio? ci chiedevamo.

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wir. Dabei gestanden wir freilich, daß wir uns den Notwendigkeiten der Tage und Nächte, der Jahreszeiten, der klimatischen Einflüsse, der physischen und animalischen Zustände nicht wohl entziehn könnten; doch fühlten wir etwas in uns das als vollkommene Willkür erschien, und wieder etwas das sich mit dieser Willkür ins Gleichgewicht zu setzen suchte. Die Hoffnung immer vernünftiger zu werden, uns von den äußeren Dingen, ja von uns selbst immer unabhängiger zu machen, konnten wir nicht aufgeben. Das Wort Freiheit klingt so schön, daß man es nicht entbehren könnte, und wenn es einen Irrtum bezeichnete. Keiner von uns hatte das Buch hinausgelesen: denn wir fanden uns in der Erwartung getäuscht, in der wir es aufgeschlagen hatten. System der Natur ward angekündigt, und wir hofften also wirklich etwas von der Natur, unserer Abgöttin, zu erfahren. Physik und Chemie, Him­ mels- und Erdbeschreibung, Naturgeschichte und Anatomie und so manches Andere hatte nun seit Jahren und bis auf den letzten Tag uns immer auf die geschmückte große Welt hingewiesen, und wir hätten gern von Sonnen und Sternen, von Planeten und Monden, von Ber­ gen, Tälern, Flüssen und Meeren und von allem was darin lebt und webt, das Nähere so wie das Allgemeinere erfahren. Daß hierbei wohl manches vorkommen müßte, was dem gemeinen Menschen als schäd­ lich, der Geistlichkeit als gefährlich, dem Staat als unzuläßlich erschei­ nen möchte, daran hatten wir keinen Zweifel, und wir hofften, dieses Büchlein sollte nicht unwürdig die Feuerprobe bestanden haben. Allein wie hohl und leer ward uns in dieser tristen atheistischen Halbnacht zu Mute, in welcher die Erde mit allen ihren Gebilden, der Himmel mit allen seinen Gestirnen verschwand. Eine Materie sollte sein von Ewigkeit, und von Ewigkeit her | bewegt, und sollte nun mit dieser Bewegung rechts und links und nach allen Seiten, ohne weiteres, die unendlichen Phänomene des Daseins hervorbringen. Dies alles wären wir sogar zufrieden gewesen, wenn der Verfasser wirklich aus seiner bewegten Materie die Welt vor unsern Augen aufgebaut hätte. Aber er

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Allo stesso tempo dovevamo ammettere che non ci si po­ teva sottrarre alla necessità del giorno e della notte, delle stagioni, degli influssi climatici, delle condizioni fisiche e biologiche, ma ciononostante percepivamo dentro di noi qualcosa che pareva assolutamente arbitrario e qualcos’al­ tro che cercava di controbilanciare quell’arbitrio. Non potevamo rinunciare alla speranza di diventare sem­ pre più razionali, sempre più indipendenti dalle circostan­ ze esterne e persino da noi stessi; la parola ‘libertà’ ha un suono così bello che non ci si può rinunciare, quand’anche fosse un errore. Nessuno di noi era riuscito a finire il libro, perché ogni nostra attesa era stata delusa, fin dal primo momento. Era­ no annunciati sistema e natura e speravamo quindi davve­ ro di scoprire qualcosa sul nostro idolo, la natura. Fisica e chimica, descrizione del cielo e della terra, storia naturale, anatomia e altre discipline del genere da anni ormai attira­ vano ogni giorno di più la nostra attenzione verso il grande mondo variopinto e volentieri avremmo imparato ancora qualcosa su sole e stelle, pianeti e lune, su monti, valli, fiu­ mi, mari e tutto ciò che in essi vive e si muove, in partico­ lare e in generale. Che tra questi temi ce ne fossero alcuni che potevano essere nocivi per l’uomo comune, pericolosi agli occhi del clero, inammissibili per lo Stato non avevo dubbi, e speravo che quel libriccino avesse degnamente su­ perato la prova del fuoco. Come ci parve invece vacua e squallida quella triste semioscurità ateistica che inghiottiva la terra con tutte le sue creature, il cielo con tutti i suoi astri! La materia era perenne e perennemente | in movimento, e questo movimento a destra, a sinistra e in ogni direzione avrebbe prodotto gli infiniti fenomeni dell’esistenza. Que­ sto avremmo anche potuto ammetterlo, se l’autore avesse davvero costruito davanti ai nostri occhi il mondo a partire

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mochte von der Natur so wenig wissen als wir: denn indem er einige allgemeine Begriffe hingepfahlt, verläßt er sie sogleich, um dasjenige was höher als die Natur, oder als höhere Natur in der Natur erscheint, zur materiellen, schweren, zwar bewegten aber doch richtungs- und gestaltlosen Natur zu verwandeln, und glaubt dadurch recht viel ge­ wonnen zu haben. Wenn uns jedoch dieses Buch einigen Schaden gebracht hat, so war es der, daß wir aller Philosophie, besonders aber der Metaphysik, recht herzlich gram wurden und blieben, dagegen aber aufs lebendige Wissen, Erfahren, Tun und Dichten uns nur desto lebhafter und leiden­ schaftlicher hinwarfen. So waren wir denn an der Grenze von Frankreich alles französi­ schen Wesens auf einmal bar und ledig. Ihre Lebensweise fanden wir zu bestimmt und zu vornehm, ihre Dichtung kalt, ihre Kritik vernich­ tend, ihre Philosophie abstrus und doch unzulänglich, so daß wir auf dem Punkte standen, uns der rohen Natur wenigstens versuchsweise hinzugeben, wenn uns nicht ein anderer Einfluß schon seit langer Zeit zu höheren, freieren und eben so wahren als dichterischen Weltansich­ ten und Geistesgenüssen vorbereitet und uns erst heimlich und mäßig, dann aber immer offenbarer und gewaltiger beherrscht hätte. Ich brauche kaum zu sagen, daß hier Shakespeare gemeint sei, und nachdem ich dieses ausgesprochen, bedarf es keiner weitern Ausfüh­ rung. Shakespeare ist von den Deutschen mehr als von allen anderen Nationen, ja vielleicht mehr als von seiner eignen erkannt. Wir haben ihm alle Gerechtigkeit, Billigkeit und Schonung, die wir uns unter ei­ nander selbst versagen, reichlich zugewendet; vorzügliche Männer be­ schäftigten sich, seine Geistesgaben im günstigsten | Lichte zu zeigen, und ich habe jederzeit was man zu seiner Ehre, zu seinen Gunsten, ja ihn zu entschuldigen gesagt, gern unterschrieben. Die Einwirkung dieses außerordentlichen Geistes auf mich ist früher dargestellt, und

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da quella materia in movimento. Ma della natura ne sapeva quanto noi, infatti ogni tanto buttava lì qualche concetto ge­ nerale per poi abbandonarlo subito, per trasformare ciò che è più elevato della natura, o che sembra essere una natura di livello più elevato, in una pesante natura materiale, in mo­ vimento ma priva di direzione e di forma – e così facendo credeva di aver fatto una grande conquista. In ogni caso quel libro non ci fece alcun danno, se non quello di renderci cordialmente antipatica tutta la filosofia e in particolare la metafisica, e ci buttammo con ancora mag­ gior entusiasmo e passione a imparare, sperimentare, fare e scrivere. E così, al confine con la Francia ci liberammo comple­ tamente da tutto ciò che è francese. Il loro stile di vita era troppo codificato e ricercato, la loro poesia fredda, la criti­ ca tranciante, la filosofia astrusa e comunque insufficiente, ed eravamo quasi sul punto di arrenderci completamente, almeno come esperimento, alla natura grezza, se da mol­ to tempo non ci fosse stata un’altra influenza che ci aveva preparato a una visione del mondo e a piaceri dello spirito più elevati e liberi, più autentici e poetici – un’influenza che aveva lavorato prima in segreto e discretamente, poi in modo sempre più aperto e potente. Non c’è quasi bisogno di dire che si trattava di Shakespeare, e dopo averlo detto non serve aggiungere altro. Shake­ speare è stato apprezzato dai tedeschi più che da ogni altra nazione, compresa la sua stessa patria. Abbiamo riversato su di lui con abbondanza tutta la giustizia, l’apprezzamento e i riguardi che non usiamo nemmeno tra di noi; uomini eccellenti si adoperano per mettere nella luce | migliore le sue doti e anch’io ho sempre sottoscritto volentieri tutto ciò che si diceva in suo onore, a suo favore o discolpa. L’in­ fluenza che quello spirito eccezionale ha avuto su di me è

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über seine Arbeiten einiges versucht worden, welches Zustimmung ge­ funden hat; und so mag es hier an dieser allgemeinen Erklärung genug sein, bis ich eine Nachlese von Betrachtungen über so große Verdiens­ te, die ich an dieser Stelle einzuschalten in Versuchung geriet, Freun­ den die mich hören mögen, mitzuteilen im Falle bin. Gegenwärtig will ich nur die Art, wie ich mit ihm bekannt ge­ worden, näher anzeigen. Es geschah ziemlich früh, in Leipzig, durch Dodd’s beauties of Shakespeare. Was man auch gegen solche Samm­ lungen sagen kann, welche die Autoren zerstückelt mitteilen, sie brin­ gen doch manche gute Wirkung hervor. Sind wir doch nicht immer so gefaßt und so geistreich, daß wir ein ganzes Werk nach seinem Wert in uns aufzunehmen vermöchten. Streichen wir nicht in einem Buche Stellen an, die sich unmittelbar auf uns beziehen. Junge Leute beson­ ders, denen es an durchgreifender Bildung fehlt, werden von glänzen­ den Stellen gar löblich aufgeregt, und so erinnere ich mich noch als einer der schönsten Epochen meines Lebens derjenigen, welche ge­ dachtes Werk bei mir bezeichnete. Jene herrlichen Eigenheiten, die großen Sprüche, die treffenden Schilderungen, die humoristischen Züge, alles traf mich einzeln und gewaltig. Nun erschien Wielands Übersetzung. Sie ward verschlungen, Freunden und Bekannten mitgeteilt und empfohlen. Wir Deutsche hat­ ten den Vorteil, daß mehrere bedeutende Werke fremder Nationen, auf eine leichte und heitere Weise zuerst herüber gebracht wurden. Shake­ speare prosaisch übersetzt, erst durch Wieland, dann durch Eschen­ burg, konnte als eine allgemein verständliche und jedem Leser gemäße Lektüre sich schnell verbreiten, und große Wirkung hervorbringen. Ich ehre den Rhythmus wie den Reim, wodurch Poesie erst zur Poe­ sie wird, aber das eigentlich tief und gründlich Wirksame, das wahr­ haft | Ausbildende und Fördernde ist dasjenige was vom Dichter übrig bleibt, wenn er in Prose übersetzt wird. Dann bleibt der reine vollkom­

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stata già illustrata altrove, e ho scritto qualcosa sulle sue opere incontrando consenso; dunque mi limito ora a delle considerazioni generali. Per gli amici che avranno voglia di ascoltarmi pubblicherò in seguito una raccolta di osserva­ zioni sui suoi grandi meriti che ero stato tentato di inserire qui44. In questa sede mi accontento di descrivere come sono venuto in contatto con lui. Era stato abbastanza presto, a Lipsia, grazie alle Beauties of Shakespeare di Dodd45. Per quanto si possano criticare le antologie che fanno conoscere un autore a pezzi e bocconi, talvolta producono effetti posi­ tivi. Infatti, non sempre siamo così determinati e ispirati da poter assimilare un’intera opera in tutto il suo valore; non sottolineiamo forse in un libro i passi che ci toccano più da vicino? Soprattutto i giovani che non hanno una formazio­ ne estesa, vengono colpiti favorevolmente da alcuni passi brillanti, e il periodo in cui lessi quell’opera mi è rimasto impresso come uno dei più belli della mia vita. Le sue ma­ gnifiche qualità, le sentenze notevoli, le descrizioni calzan­ ti, i tratti umoristici, ogni singola cosa mi impressionò con forza. Poi apparve la traduzione di Wieland: la divorai, poi la feci girare e la raccomandai ad amici e conoscenti. Noi tede­ schi avevamo il vantaggio che molte delle opere più signi­ ficative di altre nazioni ci erano state proposte in traduzioni semplici e accessibili. Shakespeare tradotto in prosa, prima da Wieland e poi da Eschenburg, poté diffondersi veloce­ mente in quanto lettura comprensibile e adatta a tutti, otte­ nendo così una vasta risonanza46. Ho rispetto per il metro e la rima che fanno della poesia una poesia, ma l’elemento che agisce più in profondità e con efficacia, quello che davvero | insegna e stimola è quello che rimane del poeta quando vie­ ne tradotto in prosa. Allora rimane il contenuto puro e asso­

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mene Gehalt, den uns ein blendendes Äußere oft, wenn er fehlt, vorzu­ spiegeln weiß, und wenn er gegenwärtig ist, verdeckt. Ich halte daher, zum Anfang jugendlicher Bildung, prosaische Übersetzungen für vor­ teilhafter als die poetischen; denn es läßt sich bemerken, daß Knaben, denen ja doch alles zum Scherze dienen muß, sich am Schall der Wor­ te, am Fall der Sylben ergetzen, und durch eine Art von parodistischem Mutwillen den tiefen Gehalt des edelsten Werks zerstören. Deshalb gebe ich zu bedenken, ob nicht zunächst eine prosaische Übersetzung des Homer zu unternehmen wäre; aber freilich müßte sie der Stufe würdig sein, auf der sich die deutsche Literatur gegenwärtig befindet. Ich überlasse dies und das Vorgesagte unsern würdigen Pädagogen zur Betrachtung, denen ausgebreitete Erfahrung hierüber am besten zu Ge­ bote steht. Nur will ich noch, zu Gunsten meines Vorschlags, an Lu­ thers Bibelübersetzung erinnern: denn daß dieser treffliche Mann ein in dem verschiedensten Stile verfaßtes Werk und dessen dichterischen, geschichtlichen, gebietenden, lehrenden Ton uns in der Muttersprache, wie aus einem Gusse überlieferte, hat die Religion mehr gefördert, als wenn er die Eigentümlichkeiten des Originals im Einzelnen hätte nach­ bilden wollen. Vergebens hat man nachher sich mit dem Buche Hiob, den Psalmen und andern Gesängen bemüht, sie uns in ihrer poetischen Form genießbar zu machen. Für die Menge, auf die gewirkt werden soll, bleibt eine schlichte Übertragung immer die beste. Jene kritischen Übersetzungen, die mit dem Original wetteifern, dienen eigentlich nur zur Unterhaltung der Gelehrten unter einander. Und so wirkte in unserer Straßburger Sozietät Shakespeare, über­ setzt und im Original, stückweise und im Ganzen, stellen- und aus­ zugsweise, dergestalt, daß, wie man bibelfeste Männer hat, wir uns nach und nach in Shakespeare befestigten, die Tugenden und Mängel seiner Zeit, mit denen er uns bekannt macht, in unseren Gesprächen | nachbildeten, an seinen Quibbles die größte Freude hatten, und durch

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luto: talvolta la forma scintillante può simularlo, quando è carente, oppure lo oscura se è presente. Ritengo quindi che nella fase iniziale della formazione, per i giovani siano più proficue le traduzioni in prosa di quelle in versi; si osser­ va spesso infatti che i ragazzi, che prendono tutto come un gioco, si divertono per il suono delle parole, per la cadenza delle sillabe, e con una sorta di perfidia parodistica distrug­ gono il contenuto profondo delle opere migliori. Pertanto invito a riflettere se non sia meglio produrre, come prima cosa, una versione in prosa di Omero47; dovrebbe però es­ sere all’altezza della letteratura tedesca attuale. Lascio que­ ste e le precedenti considerazioni ai nostri degni pedagoghi, che dispongono di tutta la necessaria esperienza in merito. Ma a sostegno della mia proposta voglio ricordare la Bibbia di Lutero, perché il fatto che quel grande uomo abbia tra­ sposto nella nostra lingua quell’opera composta negli stili più diversi, con i suoi registri poetici, storici, prescrittivi e pedagogici in modo omogeneo ha recato grande vantaggio alla religione, molto più che se avesse voluto riprodurre una per una tutte le caratteristiche dell’originale. In seguito si sono fatti degli sforzi per rendere fruibile il libro di Giobbe, i Salmi o altri cantici nella loro forma poetica, ma invano. Per la massa, su cui si vuole influire, una traduzione in pro­ sa è sempre la migliore. Le traduzioni critiche che fanno a gara con l’originale servono solo come passatempo per gli eruditi48. E così Shakespeare imperversava nella nostra cerchia strasburghese, tradotto e in originale, a stralci e completo, con citazioni e riassunti, tanto che, come ci sono esperti conoscitori della Bibbia, noi man mano diventammo esper­ ti conoscitori di Shakespeare: imitavamo nel nostro modo di parlare i pregi e i difetti del suo tempo che egli ci ave­ va | fatto conoscere e ci divertivamo un mondo con i suoi

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Übersetzung derselben, ja durch originalen Mutwillen mit ihm wett­ eiferten. Hiezu trug nicht wenig bei, daß ich ihn vor allen mit großem Enthusiasmus ergriffen hatte. Ein freudiges Bekennen, daß etwas Hö­ heres über mir schwebe, war ansteckend für meine Freunde, die sich alle dieser Sinnesart hingaben. Wir leugneten die Möglichkeit nicht, solche Verdienste näher zu erkennen, sie zu begreifen, mit Einsicht zu beurteilen; aber dies behielten wir uns für spätere Epochen vor: gegen­ wärtig wollten wir nur freudig teilnehmen, lebendig nachbilden, und bei so großem Genuß, an dem Manne, der ihn uns gab, nicht forschen und mäkeln, vielmehr tat es uns wohl, ihn unbedingt zu verehren. Will Jemand unmittelbar erfahren, was damals in dieser lebendigen Gesellschaft gedacht, gesprochen und verhandelt worden, der lese den Aufsatz Herders über Shakespeare, in dem Hefte von deutscher Art und Kunst; ferner Lenzens Anmerkungen über’s Theater, denen eine Übersetzung von Love’s labours lost hinzugefügt war. Herder dringt in das Tiefere von Shakespeare’s Wesen und stellt es herrlich dar; Lenz beträgt sich mehr bilderstürmerisch gegen die Herkömmlichkeit des Theaters, und will denn eben all und überall nach Shakespearescher Weise gehandelt haben. Da ich diesen so talentvollen als seltsamen Menschen hier zu erwähnen veranlaßt werde, so ist wohl der Ort, ver­ suchsweise einiges über ihn zu sagen. Ich lernte ihn erst gegen das Ende meines Straßburger Aufenthalts kennen. Wir sahen uns selten; seine Gesellschaft war nicht die meine, aber wir suchten doch Gele­ genheit uns zu treffen, und teilten uns einander gern mit, weil wir, als gleichzeitige Jünglinge, ähnliche Gesinnungen hegten. Klein, aber nett von Gestalt, ein allerliebstes Köpfchen, dessen zierlicher Form niedli­ che etwas abgestumpfte Züge vollkommen entsprachen; blaue Augen,

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quibbles, non soltanto traducendoli, ma gareggiando con lui nell’inventarne di nuovi. A questo contribuì non poco il fatto che mi avesse entusiasmato più di tutti gli altri. La gioiosa scoperta che qualcosa di più nobile aleggiava so­ pra di me fu contagiosa per i miei amici, che si gettarono tutti a capofitto dietro di me. Non negavamo che ci fosse la possibilità di approfondire i suoi meriti, di comprenderli e giudicarli con maggior discernimento, ma ce lo riservava­ mo per le fasi successive; in quel momento volevamo solo partecipare con gioia, imitare con vivacità. Non volevamo analizzare e criticare l’uomo che ci elargiva un piacere così grande, al contrario: ci faceva bene poterlo venerare incon­ dizionatamente. Chi desideri informazioni di prima mano su cosa si pen­ sava, diceva e faceva in quell’animata società, legga il sag­ gio di Herder su Shakespeare contenuto nel volume Intorno al carattere e all’arte dei tedeschi, e poi le Annotazioni sul teatro di Lenz, alle quali aggiunse in appendice anche una traduzione di Love’s Labour’s Lost. Herder penetra nell’essenza più profonda di Shakespeare e la rappresenta mirabilmente49; Lenz invece con piglio più iconoclasta si scaglia contro la tradizione drammaturgica e vuole che dap­ pertutto si faccia teatro solo e unicamente alla Shakespeare. Ora che mi si presenta l’occasione di nominare quest’uomo bizzarro ma molto dotato, è venuto il momento almeno di provare a dire qualcosa su di lui50. Feci la sua conoscenza verso la fine del mio soggiorno a Strasburgo. Ci vedevamo raramente, le persone che frequentavamo non erano le stes­ se ma cercavamo comunque le occasioni per incontrarci, chiacchieravamo volentieri poiché, avendo la stessa età, la pensavamo allo stesso modo. Piccolo ma di aspetto sim­ patico, aveva un faccino adorabile, alla cui forma graziosa corrispondevano lineamenti delicati e poco marcati. Occhi

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blonde Haare, kurz ein Persönchen, wie mir unter nordischen Jüng­ lingen von Zeit zu Zeit eins begegnet ist; einen sanften, gleichsam vor­ sichtigen Schritt, eine angenehme nicht ganz fließende Sprache, | und ein Betragen, das zwischen Zurückhaltung und Schüchternheit sich be­ wegend, einem jungen Manne gar wohl anstand. Kleinere Gedichte, besonders seine eignen, las er sehr gut vor, und schrieb eine fließende Hand. Für seine Sinnesart wüßte ich nur das englische Wort whimsical, welches, wie das Wörterbuch ausweist, gar manche Seltsamkeiten in einem Begriff zusammenfaßt. Niemand war vielleicht eben deswegen fähiger als er, die Ausschweifungen und Auswüchse des Shakspea­ reschen Genies zu empfinden und nachzubilden. Die obengedachte Übersetzung gibt ein Zeugnis hievon. Er behandelt seinen Autor mit großer Freiheit, ist nichts weniger als knapp und treu, aber er weiß sich die Rüstung oder vielmehr die Possenjacke seines Vorgängers so gut anzupassen, sich seinen Gebärden so humoristisch gleichzustellen, daß er demjenigen, den solche Dinge anmuteten, gewiß Beifall abgewann. Die Absurditäten der Clowns machten besonders unsere ganze Glückseligkeit und wir priesen Lenzen, als einen begünstigten Men­ schen, da ihm jenes Epitaphium des von der Prinzessin geschossenen Wildes folgendermaßen gelungen war: Die schöne Prinzessin schoß und traf Eines jungen Hirschleins Leben; Es fiel dahin in schweren Schlaf, Und wird ein Brätlein geben. Der Jagdhund boll! – Ein L zu Hirsch So wird es denn ein Hirschel; Doch setzt ein römisch L zu Hirsch, So macht es fünfzig Hirschel. Ich mache hundert Hirsche draus, Schreib Hirschell mit zwei LLen.

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azzurri, capelli biondi, in breve, una personcina come ogni tanto ne ho viste tra i ragazzi del Nord. Un’andatura lenta e prudente, un modo di esprimersi piacevole ma non tanto sciolto, | un comportamento che oscillava tra discrezione e timidezza e che tanto bene si addiceva a un giovanotto. Era molto bravo a declamare brevi poesie, soprattutto le sue, e scriveva con grande fluidità. Per descriverlo mi viene in mente soltanto il termine inglese whimsical che, come ci spiega il dizionario, raccoglie in un unico concetto diversi tipi di stranezze. Proprio per questo forse, nessuno era ca­ pace di cogliere e di riprodurre meglio di lui le esagerazioni e gli eccessi del genio shakespeariano. La traduzione che ho appena ricordato ne è un ottimo esempio. Lenz maneggia il suo autore con grande libertà, è ben lungi dall’essere fedele e preciso ma sa adattarsi così bene all’armatura o meglio al vestito da giullare del suo predecessore, sa imitarlo con così tanto humor che non poteva non suscitare l’approvazione di coloro che amavano queste cose. Le assurdità da clown erano per noi somma delizia e ci congratulammo con Lenz per le sue doti quando riuscì a tradurre in modo così brillante l’epitaffio del cervo ucciso dalla principessa: La bella principessa sparò e colpì la vita di un giovane cervo. Cadde a terra e si assopì ci sarà un arrosto nel piatto. Il cane abbaiò – rimpiccioliscilo e diventa allora un cerbiatto; se usi però una C romana, diventano allora cento. Io ottengo duecento CCerbiatti, scrivendolo con due C.51

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Die Neigung zum Absurden, die sich frei und unbewunden bei der Ju­ gend zu Tage zeigt, nachher aber immer mehr in die Tiefe zurücktritt, ohne sich deshalb gänzlich zu verlieren, war bei uns in voller Blüte, und wir suchten auch durch | Originalspäße unsern großen Meister zu feiern. Wir waren sehr glorios, wenn wir der Gesellschaft etwas der Art vorlegen konnten, welches einigermaßen gebilligt wurde, wie z. B. folgendes auf einen Rittmeister, der auf einem wilden Pferde zu Schaden gekommen war: Ein Ritter wohnt in diesem Haus, Ein Meister auch daneben; Macht man davon einen Blumenstrauß, So wird’s einen Rittmeister geben. Ist er nun Meister von dem Ritt, Führt er mit Recht den Namen; Doch nimmt der Ritt den Meister mit, Weh’ ihm und seinem Samen! Über solche Dinge ward sehr ernsthaft gestritten, ob sie des Clown’s würdig oder nicht, und ob sie aus der wahrhaften reinen Narrenquelle geflossen, oder ob etwa Sinn und Verstand sich auf eine ungehörige und unzulässige Weise mit eingemischt hätten. Überhaupt aber konn­ ten sich diese seltsamen Gesinnungen um so heftiger verbreiten und um so mehrere waren im Falle, daran Teil zu nehmen, als Lessing, der das große Vertrauen besaß, in seiner Dramaturgie eigentlich das erste Signal dazu gegeben hatte. In so gestimmter und aufgeregter Gesellschaft gelang mir manche angenehme Fahrt nach dem oberen Elsaß, woher ich aber eben deshalb keine sonderliche Belehrung zurückbrachte. Die vielen kleinen Verse, die uns bei jeder Gelegenheit entquollen, und die wohl eine muntere Reisebeschreibung ausstatten konnten, sind verloren gegangen. In dem Kreuzgange der Abtei Molsheim bewunderten wir die farbigen Schei­ bengemälde; in der fruchtbaren Gegend zwischen Colmar und Schlett­

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La propensione all’assurdo, che in gioventù si manifesta li­ bera e spensierata, mentre in seguito tende a ritirarsi nelle profondità senza però mai perdersi del tutto, era in piena fioritura tra noi, e cercavamo di rendere onore  | al nostro maestro anche con invenzioni originali. Eravamo orgoglio­ sissimi quando potevamo sfoggiarne una davanti agli altri e veniva apprezzata, come ad esempio la seguente su un maestro d’equitazione che aveva avuto un incidente con un cavallo recalcitrante: Un cavaliere vive in questa casa accanto a lui un maestro; se li metti insieme in un mazzo ne avrai un maestro di equitazione. Se davvero padroneggia la cavalcata, porta a buon diritto questo nome. Ma se è il cavallo a spadroneggiarlo, Guai a lui e al suo seme! Su cose del genere ci soffermavamo, discutendo seriamente se fossero degne o meno di un clown, se erano davvero sca­ turite dalla follia allo stato puro o se la ragione o l’intelletto si erano immischiati in modo improprio e inammissibile. Questi curiosi esercizi si diffusero così velocemente e coin­ volsero così tante persone perché Lessing, che godeva della stima generale, aveva dato i primi segnali in questa direzio­ ne nella sua Drammaturgia52. Con questi amici così estroversi e spiritosi feci anche delle belle gite nell’Alsazia superiore, da cui però proprio per questo non ricavai particolari insegnamenti. Le poe­ siole che sgorgavano spontanee in ogni occasione e che avrebbero potuto accompagnare un allegro resoconto di viaggio sono andate perdute. Nel chiostro dell’abbazia di Molsheim ammirammo le vetrate variopinte, nella fer­

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stadt ertönten possierliche Hymnen an Ceres, indem der Verbrauch so vieler Früchte umständlich aus einander gesetzt und angepriesen, auch die wichtige Streitfrage über den freien oder beschränkten Handel derselben sehr lustig genommen wurde. In | Ensisheim sahen wir den ungeheuren Aërolithen in der Kirche aufgehangen, und spotteten, der Zweifelsucht jener Zeit gemäß, über die Leichtgläubigkeit der Men­ schen, nicht vorahndend, daß dergleichen luftgeborene Wesen wo nicht auf unsern eignen Acker herabfallen, doch wenigstens in unsern Kabi­ netten sollten verwahrt werden. Einer mit hundert, ja tausend Gläubigen auf den Ottilienberg be­ gangenen Wallfahrt denk’ ich noch immer gern. Hier, wo das Grund­ gemäuer eines römischen Kastells noch übrig, sollte sich in Ruinen und Steinritzen eine schöne Grafentochter, aus frommer Neigung auf­ gehalten haben. Ohnfern der Kapelle, wo sich die Wanderer erbauen, zeigt man ihren Brunnen und erzählt gar manches Anmutige. Das Bild das ich mir von ihr machte, und ihr Name, prägte sich tief bei mir ein. Beide trug ich lange mit mir herum, bis ich endlich eine meiner zwar spätern, aber darum nicht minder geliebten Töchter damit ausstattete, die von frommen und reinen Herzen so günstig aufgenommen wurde. Auch auf dieser Höhe wiederholt sich dem Auge das herrliche Elsaß, immer dasselbe und immer neu; eben so wie man im Amphi­ theater, man nehme Platz wo man wolle, das ganze Volk übersieht, nur seine Nachbarn am deutlichsten, so ist es auch hier mit Büschen, Felsen, Hügeln, Wäldern, Feldern, Wiesen und Ortschaften in der Nähe und in der Ferne. Am Horizont wollte man uns sogar Basel zeigen; daß wir es gesehen, will ich nicht beschwören, aber das entfernte Blau der Schweizergebirge übte auch hier sein Recht über uns aus, indem es uns zu sich forderte, und da wir nicht diesem Triebe folgen konnten, ein schmerzliches Gefühl zurückließ.

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tile regione tra Colmar e Schlettstadt facemmo risuonare scherzosi inni a Cerere, nei quali lodavamo uno per uno e con dovizia di particolari i vari frutti della terra, trattan­ do in modo ilare persino l’importante questione del libero commercio e dei dazi. A | Ensisheim guardammo l’enorme aerolito appeso nella chiesa53 e ci burlammo della credulità della gente, come si addiceva allo scetticismo del tempo, senza immaginare che simili creature dell’aria sarebbero cadute proprio nel nostro giardino, o quanto meno avreb­ bero trovato posto nel nostro museo. Ricordo ancora con piacere un pellegrinaggio fatto con centinaia, anzi migliaia di fedeli sul Monte di Santa Odilia. Qui si vedevano ancora le fondamenta di una fortificazione romana dove poi sarebbe venuta ad abitare tra grotte e ro­ vine, per devozione, la bella figlia di un conte: poco lonta­ no dalla cappella, meta dei pellegrini, si trova la fonte della Santa sulla quale si raccontano molti graziosi aneddoti. Il modo in cui me la raffigurai e il suo nome si impresse­ ro profondamente in me; li conservai a lungo nel ricordo, finché non li utilizzai per una delle mie creature più tarde, ma non per questo meno amate, che venne accolta con così tanto favore dai cuori puri e devoti54. Anche da quell’altura lo sguardo spazia sulla bellissima Alsazia, sempre identica e sempre nuova; come in un anfi­ teatro, dovunque ci si sieda, si riesce sì a vedere bene tutto il pubblico ma solo i propri vicini in modo nitido, lo stesso accade qui con i cespugli, le rocce, le colline, boschi, cam­ pi, prati e paesini vicini e lontani. All’orizzonte, dicevano, si poteva vedere persino Basilea: non giurerei di averla vi­ sta, ma l’azzurra lontananza delle montagne svizzere face­ va sentire il suo fascino fin lì e ci attirava, ma poiché non ci fu possibile seguire quel richiamo, ci rimase un doloroso struggimento.

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Solchen Zerstreuungen und Heiterkeiten gab ich mich um so lieber und zwar bis zur Trunkenheit hin, als mich mein leidenschaftliches Ver­ hältnis zu Friedriken nunmehr zu ängstigen anfing. Eine solche jugend­ liche, auf’s Geratewohl gehegte Neigung ist der nächtlich geworfenen Bombe zu vergleichen, die in einer sanften, glänzenden Linie aufsteigt, sich unter die Sterne mischt, ja einen Augenblick unter ihnen zu ver­ weilen scheint, alsdann aber abwärts, | zwar wieder dieselbe Bahn, nur umgekehrt, bezeichnet, und zuletzt da, wo sie ihren Lauf geendet, Ver­ derben hinbringt. Friedrike blieb sich immer gleich; sie schien nicht zu denken noch denken zu wollen, daß dieses Verhältnis sich sobald endi­ gen könne. Olivie hingegen, die mich zwar auch ungern vermißte, aber doch nicht so viel als jene verlor, war voraussehender oder offener. Sie sprach manchmal mit mir über meinen vermutlichen Abschied und suchte über sich selbst und ihre Schwester sich zu trösten. Ein Mäd­ chen das einem Manne entsagt, dem sie ihre Gewogenheit nicht ver­ leugnet, ist lange nicht in der peinlichen Lage, in der sich ein Jüngling befindet, der mit Erklärungen eben so weit gegen ein Frauenzimmer herausgegangen ist. Er spielt immer eine leidige Figur: denn von ihm, als einem werdenden Manne, erwartet man schon eine gewisse Über­ sicht seines Zustandes, und ein entschiedener Leichtsinn will ihn nicht kleiden. Die Ursachen eines Mädchens, das sich zurückzieht, scheinen immer gültig, die des Mannes niemals. Allein wie soll eine schmeichelnde Leidenschaft uns voraussehn lassen, wohin sie uns führen kann? Denn auch selbst alsdann, wenn wir schon ganz verständig auf sie Verzicht getan, können wir sie noch nicht loslassen; wir ergetzen uns an der lieblichen Gewohnheit, und sollte es auch auf eine veränderte Weise sein. So ging es auch mir. Wenn gleich die Gegenwart Friedrikens mich ängstigte, so wußte ich doch nichts

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Mi buttai in quelle distrazioni e nei divertimenti con foga ancora maggiore, fino a stordirmi, perché il mio amore per Friederike iniziava a procurarmi ansia. Un’inclinazione giovanile come quella, nata per caso, era paragonabile a una bomba lanciata nella notte che sale con una dolce scia lu­ minosa, si mescola con le stelle, pare trattenersi tra loro per un attimo e poi inizia a ridiscendere, | sempre con la stessa linea ma inclinata nel senso opposto e infine porta la distru­ zione là dove termina la sua corsa. Friederike era sempre la stessa, sembrava non pensare o non voler pensare che il nostro rapporto avrebbe potuto finire in qualsiasi momento. Olivie invece, che avrebbe sentito anche lei la mia man­ canza ma non aveva così tanto da perdere come la sorella, era più lungimirante o più aperta. Delle volte parlava con me della mia eventuale partenza e cercava motivi di con­ solazione per sé e la sorella. Una ragazza che rinuncia a un uomo a cui non ha nascosto i propri sentimenti non si trova nemmeno lontanamente nella situazione imbarazzante in cui viene invece a trovarsi il giovane che si è esposto così tanto con le sue dichiarazioni nei confronti di una fanciulla. Ci fa sempre una pessima figura, perché da colui che sta diventando un uomo ci si aspetta già una certa padronanza della sua condizione, e un comportamento così leggero non gli si addice. Le motivazioni di una ragazza che si tira in­ dietro sembrano essere sempre valide, quelle di un ragazzo mai. Ma come può una passione così lusinghiera permetterci di intuire dove ci porterà? Quand’anche avessimo deciso razionalmente di rinunciarvi, essa non scomparirebbe; con­ tinueremmo comunque a dilettarci di quella dolce consue­ tudine, anche se in forma diversa. Lo stesso era per me. Se, da una parte, la presenza di Friederike mi procurava ansia, dall’altra non conoscevo niente di più piacevole che

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Angenehmeres, als abwesend an sie zu denken und mich mit ihr zu unterhalten. Ich kam seltner hinaus, aber unsere Briefe wechselten des­ to lebhafter. Sie wußte mir ihre Zustände mit Heiterkeit, ihre Gefühle mit Anmut zu vergegenwärtigen, so wie ich mir ihre Verdienste mit Gunst und Leidenschaft vor die Seele rief. Die Abwesenheit machte mich frei, und meine ganze Zuneigung blühte erst recht auf durch die Unterhaltung in der Ferne. Ich konnte mich in solchen Augenblicken ganz eigentlich über die Zukunft verblenden; zerstreut war ich genug durch das Fortrollen der Zeit und dringender Geschäfte. Ich hatte bis­ her möglich gemacht, das Mannigfaltigste zu | leisten, durch immer lebhafte Teilnahme am Gegenwärtigen und Augenblicklichen; allein gegen das Ende drängte sich alles gar gewaltsam über einander, wie es immer zu gehn pflegt, wenn man sich von einem Orte loslösen soll. Noch ein Zwischenereignis nahm mir die letzten Tage weg. Ich be­ fand mich nämlich in ansehnlicher Gesellschaft auf einem Landhause, von wo man die Vorderseite des Münsters und den darüber emporstei­ genden Turm gar herrlich sehn konnte. Es ist Schade, sagte Jemand, daß das Ganze nicht fertig geworden und daß wir nur den einen Turm haben. Ich versetzte dagegen: es ist mir eben so leid, diesen einen Turm nicht ganz ausgeführt zu sehn; denn die vier Schnecken setzen viel zu stumpf ab, es hätten darauf noch vier leichte Turmspitzen gesollt, so wie eine höhere auf die Mitte, wo das plumpe Kreuz steht. Als ich diese Behauptung mit gewöhnlicher Lebhaftigkeit aus­ sprach, redete mich ein kleiner muntrer Mann an und fragte: wer hat Ihnen das gesagt? – Der Turm selbst, versetzte ich. Ich habe ihn so lan­ ge und aufmerksam betrachtet, und ihm so viel Neigung erwiesen, daß er sich zuletzt entschloß, mir dieses offenbare Geheimnis zu gestehn. – Er hat Sie nicht mit Unwahrheit berichtet, versetzte jener; ich kann es am besten wissen, denn ich bin der Schaffner, der über die Baulich­

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pensarla e intrattenermi con lei quando non era con me. An­ davo meno spesso da loro, ma le nostre lettere erano più frequenti. Sapeva descrivermi le sue occupazioni con gioia, i suoi sentimenti con grazia, mentre io passavo in rassegna le sue qualità con trasporto e ardore. La sua assenza mi ren­ deva libero, e il mio amore sbocciò completamente grazie a quelle conversazioni a distanza. In quei momenti riuscivo a illudermi sul futuro, e per distrarmi erano sufficienti già lo scorrere del tempo e il susseguirsi di impegni pressanti. Fino ad allora ero riuscito a dedicarmi a tantissime cose | diverse concentrandomi sempre con attenzione sul presente e l’immediato, ma alla fine tutto si accavallò in un’immane confusione, come accade sempre quando si deve lasciare un luogo. Un ulteriore avvenimento casuale occupò i miei ultimi giorni. Mi trovavo infatti con una selezionata compagnia in una casa di campagna da cui si scorgeva perfettamente la facciata della cattedrale con la torre che la sovrastava. «È davvero un peccato», disse qualcuno, «che non sia stata mai completata e che abbiamo soltanto quest’unica torre». – «A me invece dispiace», intervenni io, «che quella torre non sia stata terminata. Le quattro volute finiscono troppo bru­ scamente, sopra avrebbero dovuto esserci quattro leggeri pinnacoli e uno più alto nel centro, dove ora c’è quella goffa croce». Dopo aver fatto questa dichiarazione con la mia consue­ ta veemenza, mi si avvicinò un ometto vispo che mi chiese: «chi ve lo ha detto?» – «La torre in persona!» risposi. «L’ho osservata così a lungo e così attentamente, le ho dimostrato così tanto affetto che alla fine si è decisa a rivelarmi questo segreto evidente». – «Non vi ha detto una cosa sbagliata», proseguì l’ometto; «e io lo so meglio di chiunque altro, per­ ché sono il sovrintendente incaricato della costruzione55.

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keiten gesetzt ist. Wir haben in unserem Archiv noch die Originalrisse, welche dasselbe besagen, und die ich Ihnen zeigen kann. – Wegen mei­ ner nahen Abreise drang ich auf Beschleunigung dieser Gefälligkeit. Er ließ mich die unschätzbaren Rollen sehn; ich zeichnete geschwind die in der Ausführung fehlenden Spitzen durch ölgetränktes Papier und be­ dauerte, nicht früher von diesem Schatz unterrichtet gewesen zu sein. Aber so sollte es mir immer ergehn, daß ich durch Anschaun und Be­ trachten der Dinge erst mühsam zu einem Begriffe gelangen mußte, der mir vielleicht nicht so auffallend und fruchtbar gewesen wäre, wenn man mir ihn überliefert hätte. In solchem Drang und Verwirrung konnte ich doch nicht unter­ lassen, Friedriken noch einmal zu sehn. Es  | waren peinliche Tage, deren Erinnerung mir nicht geblieben ist. Als ich ihr die Hand noch vom Pferde reichte, standen ihr die Tränen in den Augen, und mir war sehr übel zu Mute. Nun ritt ich auf dem Fußpfade gegen Drusenheim, und da überfiel mich eine der sonderbarsten Ahndungen. Ich sah näm­ lich, nicht mit den Augen des Leibes, sondern des Geistes, mich mir selbst, denselben Weg, zu Pferde wieder entgegen kommen, und zwar in einem Kleide wie ich es nie getragen: es war hechtgrau mit etwas Gold. Sobald ich mich aus diesem Traum aufschüttelte, war die Gestalt ganz hinweg. Sonderbar ist es jedoch, daß ich nach acht Jahren, in dem Kleide das mir geträumt hatte, und das ich nicht aus Wahl sondern aus Zufall gerade trug, mich auf demselben Wege fand, um Friedriken noch einmal zu besuchen. Es mag sich übrigens mit diesen Dingen wie es will verhalten, das wunderliche Trugbild gab mir in jenen Augen­ blicken des Scheidens einige Beruhigung. Der Schmerz das herrliche Elsaß, mit allem was ich darin erworben, auf immer zu verlassen, war gemildert, und ich fand mich, dem Taumel des Lebewohls endlich ent­ flohn, auf einer friedlichen und erheiternden Reise so ziemlich wieder. In Mannheim angelangt, eilte ich mit größter Begierde, den Anti­ kensaal zu sehn, von dem man viel Rühmens machte. Schon in Leip­

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Abbiamo ancora in archivio i disegni originali che dico­ no proprio questo, posso mostrarveli». A causa della mia prossima partenza lo pregai di farmi questo favore quanto prima. Mi mostrò gli inestimabili rotoli; disegnai in fretta su carta oleata i pinnacoli che non erano stati eseguiti e rim­ piansi di non essere stato informato prima di quel tesoro. Ma mi capitava sempre così: dovevo guardare e osservare con impegno le cose per potermene fare un’idea che invece, se mi fosse stata comunicata da altri, non sarebbe mai stata altrettanto convincente e fruttuosa. Pur con tutta la concitazione e la confusione della parten­ za, non potei evitare di andare un’ultima volta da Friederi­ ke. Furono | giorni penosi, di cui non ho conservato il ricor­ do. Quando le diedi la mano per l’ultima volta, già montato a cavallo, aveva le lacrime agli occhi e io stavo malissimo. Cavalcando sul sentiero verso Drusenheim ebbi una stranis­ sima premonizione: vidi infatti – non con gli occhi del cor­ po ma con quelli dell’anima – me stesso venirmi incontro a cavallo, su quello stesso sentiero, ma con un vestito come non ne avevo mai avuti, grigio-azzurro con rifiniture in oro. Non appena mi riscossi da quella visione, la figura era sva­ nita. La cosa strana è che otto anni più tardi mi sarei ritro­ vato su quella stessa strada, con un vestito come quello che avevo sognato, indossato non per mia scelta ma per caso, per andare ancora una volta a trovare Friederike56. Comun­ que la si pensi su queste cose, quella strana visione mi recò una certa consolazione in quei momenti del distacco. Mitigò il dolore di lasciare per sempre la meravigliosa Alsazia e tutto quello che aveva significato per me e così, finalmente sfuggito alla vertigine dell’addio, recuperai a sufficienza il mio equilibrio in un viaggio tranquillo e rasserenante. Giunto a Mannheim, mi precipitai a vedere la sala delle antichità, di cui si tessevano grandi lodi. Già a Lipsia avevo

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zig, bei Gelegenheit der Winkelmannschen und Lessingschen Schrif­ ten, hatte ich viel von diesen bedeutenden Kunstwerken reden hören, desto weniger aber gesehn: denn außer Laokoon, dem Vater, und dem Faun mit den Crotalen befanden sich keine Abgüsse auf der Akademie; und was uns Oeser bei Gelegenheit dieser Bildnisse zu sagen beliebte, war freilich rätselhaft genug. Wie will man aber auch Anfängern von dem Ende der Kunst einen Begriff geben? Direktor Verschaffels Empfang war freundlich. Zu dem Saale führ­ te mich einer seiner Gesellen, der, nachdem er mir aufgeschlossen, mich meinen Neigungen und Betrachtungen überließ. Hier stand ich nun, den wundersamsten Eindrücken ausgesetzt, in einem geräumigen, viereckten, bei | außerordentlicher Höhe fast kubischen Saal, in einem durch Fenster unter dem Gesims von oben wohl erleuchteten Raum: die herrlichsten Statuen des Altertums nicht allein an den Wänden ge­ reiht, sondern auch innerhalb der ganzen Fläche durch einander auf­ gestellt; ein Wald von Statuen, durch den man sich durchwinden, eine große ideale Volksgesellschaft, zwischen der man sich durchdrängen mußte. Alle diese herrlichen Gebilde konnten durch Auf- und Zuziehn der Vorhänge in das vorteilhafteste Licht gestellt werden; überdies wa­ ren sie auf ihren Postamenten beweglich und nach Belieben zu wenden und zu drehen. Nachdem ich die erste Wirkung dieser unwiderstehlichen Masse eine Zeit lang geduldet hatte, wendete ich mich zu denen Gestalten, die mich am meisten anzogen, und wer kann leugnen, daß Apoll von Belvedere, durch seine mäßige Kolossalgröße, den schlanken Bau, die freie Bewegung, den siegenden Blick, auch über unsere Empfindung vor allen andern den Sieg davon trage? Sodann wendete ich mich zu Laokoon, den ich hier zuerst mit seinen Söhnen in Verbindung sah. Ich vergegenwärtigte mir so gut als möglich das, was über ihn verhandelt und gestritten worden war, und suchte mir einen eignen Gesichtspunkt; allein ich ward bald da bald dorthin gezogen. Der sterbende Fechter hielt mich lange fest, besonders aber hatte ich der Gruppe von Castor

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sentito molto parlare di quelle notevoli sculture in relazione agli scritti di Winckelmann e di Lessing, ma ne avevo viste pochissime. Infatti, oltre al padre del gruppo del Laocoonte e al fauno con i crotali57 non esistevano altre riproduzioni all’Accademia, e quello che Oeser ci diceva di tanto in tan­ to in proposito era assai enigmatico. Ma del resto, come si fa a dare un’idea del culmine dell’arte a dei principianti? Il direttore Verschaffelt58 mi accolse con cordialità. Nella sala mi accompagnò uno dei suoi collaboratori che, dopo avermi fatto entrare, mi lasciò solo con le mie inclinazio­ ni e considerazioni. Rimasi lì, esposto alle impressioni più singolari, in una sala quadrata molto spaziosa che, | essendo di altezza considerevole, pareva quasi cubica; lo spazio era ben illuminato da finestre collocate in alto lungo il corni­ cione, mentre le magnifiche statue dell’antichità erano non soltanto allineate lungo le pareti, ma anche poste alla rinfu­ sa su tutta la superficie. Una selva di statue tra cui aggirar­ si, un grande popolo ideale tra cui farsi strada. Aprendo e chiudendo le tende quelle splendide forme potevano essere ammirate nella luce migliore, ed erano inoltre su piedistalli mobili, per cui si potevano girare e rigirare a piacimento. Dopo aver assorbito per un certo tempo le impressioni di quella massa irresistibile, mi rivolsi alle figure che mi attraevano di più – e come negare che l’Apollo del Belve­ dere59 con la statura non eccessivamente colossale, la figura esile, la scioltezza del movimento, lo sguardo vittorioso fu quello che, tra tutti, risultò vittorioso anche nelle mie prefe­ renze? Poi mi volsi al Laocoonte, che vedevo per la prima volta insieme ai figli60. Cercai di richiamare alla memoria meglio che potevo tutto quello che si era scritto e dibattuto per farmene una mia idea, ma ero attirato ora da una parte, ora dall’altra. Il gladiatore morente mi avvinse a lungo, ma i momenti più beati li devo al gruppo di Castore e Polluce,

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und Pollux, diesen kostbaren, obgleich problematischen Resten, die se­ ligsten Augenblicke zu danken. Ich wußte noch nicht, wie unmöglich es sei, sich von einem genießenden Anschaun sogleich Rechenschaft zu geben. Ich zwang mich zu reflektieren, und so wenig es mir gelin­ gen wollte, zu irgend einer Art von Klarheit zu gelangen, so fühlte ich doch, daß jedes Einzelne dieser großen versammelten Masse faßlich, ein jeder Gegenstand natürlich und in sich selbst bedeutend sei. Auf Laokoon jedoch war meine größte Aufmerksamkeit gerichtet, und ich entschied mir die berühmte Frage, warum er nicht schreie, dadurch, daß ich mir aussprach, er könne nicht schreien. Alle Hand­ lungen und Bewegungen der drei Figuren gingen mir aus der ersten Konzeption der | Gruppe hervor. Die ganze so gewaltsame als kunst­ reiche Stellung des Hauptkörpers war aus zwei Anlässen zusammen­ gesetzt, aus dem Streben gegen die Schlangen, und aus dem Fliehn vor dem augenblicklichen Biß. Um diesen Schmerz zu mildern, mußte der Unterleib eingezogen und das Schreien unmöglich gemacht werden. So entschied ich mich auch, daß der jüngere Sohn nicht gebissen sei, und wie ich mir sonst noch das Kunstreiche dieser Gruppe auszulegen suchte. Ich schrieb hierüber einen Brief an Oesern, der aber nicht son­ derlich auf meine Auslegung achtete, sondern nur meinen guten Willen mit einer allgemeinen Aufmunterung erwiderte. Ich aber war glück­ lich genug, jenen Gedanken festzuhalten und bei mir mehrere Jahre ruhen zu lassen, bis er sich zuletzt an meine sämtlichen Erfahrungen und Überzeugungen anschloß, in welchem Sinne ich ihn sodann bei Herausgabe der Propyläen mitteilte. Nach eifriger Betrachtung so vieler erhabenen plastischen Werke, sollte es mir auch an einem Vorschmack antiker Architektur nicht feh­ len. Ich fand den Abguß eines Kapitäls der Rotonde, und ich leugne nicht, daß beim Anblick jener so ungeheuren als eleganten Akanthblät­ ter mein Glaube an die nordische Baukunst etwas zu wanken anfing. Dieses große und bei mir durchs ganze Leben wirksame frühzeitige Schauen war dennoch für die nächste Zeit von geringen Folgen. Wie

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quei resti enigmatici ma preziosissimi61. Non sapevo anco­ ra che è impossibile arrivare subito alla sintesi di una con­ templazione estetica. Mi costringevo a riflettere e pur non riuscendo in alcun modo a raggiungere un qualche tipo di chiarezza, intuivo però che ogni singolo elemento di quella grande massa riunita era comprensibile, ogni oggetto era naturale e significativo in se stesso. Concentrai quindi tutta la mia attenzione sul Laoco­ onte, e trovai una risposta alla famosa domanda sul perché non gridasse62. Decisi semplicemente che non poteva. Tutte le azioni e i movimenti delle tre figure scaturivano secon­ do me dall’originaria concezione  | del gruppo. La postura così possente e armonica del corpo principale era il risultato di due tensioni, la lotta contro il serpente e il tentativo di sottrarsi al suo morso istantaneo. Per attutire il dolore era necessario contrarre l’addome, e quindi urlare diventava im­ possibile. Stabilii inoltre che il figlio minore non era stato morso, e cercai di interpretare anche l’essenza artistica della composizione. Scrissi a Oeser una lettera in merito, ma non sembrò curarsi molto della mia interpretazione e ricambiò la mia buona volontà con generiche parole di incoraggia­ mento. Ebbi tuttavia l’accortezza di trattenere quel pensiero e lasciarlo depositare dentro di me per alcuni anni, finché non confluì nell’insieme delle mie esperienze e convinzio­ ni – con quali esiti lo comunicai nella pubblicazione dei «Propyläen».63 Dopo aver diligentemente osservato così tante sublimi sculture, non potei rinunciare a pregustare qualcosa anche dell’architettura classica. Trovai la riproduzione di un capi­ tello del Pantheon e non nego che la vista di quelle enormi ed eleganti foglie di acanto cominciò a intaccare la mia fede nell’architettura del Nord. Questo prematuro atto di contemplazione, i cui effet­

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gern hätte ich mit dieser Darstellung ein Buch angefangen, anstatt daß ich’s damit ende: denn kaum war die Türe des herrlichen Saals hinter mir zugeschlossen, so wünschte ich mich selbst wieder zu finden, ja ich suchte jene Gestalten eher, als lästig, aus meiner Einbildungskraft zu entfernen, und nur erst durch einen großen Umweg sollte ich in diesen Kreis zurückgeführt werden. Indessen ist die stille Fruchtbarkeit solcher Eindrücke ganz unschätzbar, die man genießend, ohne zersplit­ terndes Urteil, in sich aufnimmt. Die Jugend ist dieses höchsten Glücks fähig, wenn sie nicht kritisch sein will, sondern das Vortreffliche und Gute, ohne Untersuchung und Sonderung, auf sich wirken läßt. |

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ti durarono per tutta la vita, ebbe inizialmente scarse con­ seguenze. Sarebbe stato molto meglio cominciare un libro con questa narrazione, piuttosto che concluderlo! Infatti, non appena le porte di quella magnifica sala si chiusero die­ tro di me, sentii il bisogno di ritrovare me stesso, cercai addirittura di allontanare dalla mia fantasia quelle immagini importune, e solo dopo un lungo percorso sarei stato ricon­ dotto nella loro sfera. È davvero inestimabile la silenziosa fecondità di quelle impressioni che si acquisiscono per puro piacere, senza gli effetti disgreganti del giudizio. La gio­ ventù è capace di questa felicità suprema quando non vuole essere critica a ogni costo e lascia che l’eccelso e il buono agiscano su di lei, senza indagare e analizzare. |

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Zwölftes Buch Der Wanderer war nun endlich gesünder und froher nach Hause ge­ langt als das erste Mal, aber in seinem ganzen Wesen zeigte sich doch etwas Überspanntes, welches nicht völlig auf geistige Gesundheit deu­ tete. Gleich zu Anfang brachte ich meine Mutter in den Fall, daß sie zwischen meines Vaters rechtlichem Ordnungsgeist und meiner vielfa­ chen Exzentrizität die Vorfälle in ein gewisses Mittel zu richten und zu schlichten beschäftigt sein mußte. In Maynz hatte mir ein harfespielen­ der Knabe so wohl gefallen, daß ich ihn, weil die Messe gerade vor der Türe war, nach Frankfurt einlud, ihm Wohnung zu geben und ihn zu befördern versprach. In diesem Ereignis trat wieder einmal diejenige Eigenheit hervor, die mich in meinem Leben so viel gekostet hat, daß ich nämlich gern sehe, wenn jüngere Wesen sich um mich versammeln und an mich anknüpfen, wodurch ich denn freilich zuletzt mit ihrem Schicksal belastet werde. Eine unangenehme Erfahrung nach der an­ dern konnte mich von dem angebornen Trieb nicht zurückbringen, der noch gegenwärtig, bei der deutlichsten Überzeugung, von Zeit zu Zeit mich irre zu führen droht. Meine Mutter, klärer als ich, sah wohl voraus, wie sonderbar es meinem Vater vorkommen müßte, wenn ein musikali­ scher Meßläufer, von einem so ansehnlichen Hause her, zu Gasthöfen und Schenken ginge, sein Brot zu verdienen; daher sorgte sie in der Nachbarschaft für Herberge und Kost desselben; ich empfahl ihn mei­ nen Freunden, und so befand sich das Kind nicht übel. Nach mehreren Jahren sah ich ihn wieder, wo er größer und tölpischer geworden war, ohne in seiner Kunst viel zugenommen zu haben. Die wackere Frau, mit dem ersten Probestück des Ausgleichens und Vertuschens wohl zu­ frieden, dachte nicht, daß sie diese Kunst in der nächsten Zeit durch­

Libro dodicesimo Il viandante era tornato infine a casa, più sano e più felice della prima volta, ma comunque in una condizione di so­ vreccitazione che indicava un equilibrio spirituale ancora imperfetto. Fin dal primo momento mia madre si trovò a dover continuamente mediare e trovare una via di mezzo tra l’ordine rigido e legalistico di mio padre e le mie mol­ teplici eccentricità. A Magonza avevo preso in simpatia un ragazzo che suonava l’arpa, e poiché la fiera era alle porte, lo avevo invitato a Francoforte promettendogli alloggio e aiuto. Questo episodio era un’ulteriore manifestazione di quella caratteristica che mi è costata non poco nella vita, e cioè il desiderio di avere intorno a me dei giovani che mi si affezionavano – solo che poi mi ritrovavo a farmi carico dei loro destini. La sequenza di esperienze negative non mi ha mai guarito da questo impulso, tanto che ancora oggi, pur essendone perfettamente consapevole, tendo di tanto in tanto a mettermi nei guai. Mia madre, più lucida di me, si rese conto che a mio padre sarebbe sembrato alquanto stra­ no che un musico ambulante, alloggiato in una casa così rispettabile, andasse poi a guadagnarsi il pane nelle locande e nelle osterie. Si preoccupò quindi di trovargli un alloggio nel vicinato mentre io lo raccomandai ai miei amici e il ra­ gazzo non se la passò male. Lo rividi dopo molti anni, cre­ sciuto e più goffo, ma non mi parve che fosse un gran che progredito nella sua arte. L’accorta signora, contenta che quel primo tentativo di appianare e mediare fosse andato a buon fine, non immaginava quanto quell’arte le sarebbe

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aus nötig haben würde. | Der Vater, in seinen verjährten Liebhabereien und Beschäftigungen ein zufriedenes Leben führend, war behaglich, wie einer, der trotz allen Hindernissen und Verspätungen, seine Plane durchsetzt. Ich hatte nun promoviert, der erste Schritt zu dem fernern bürgerlichen, stufenweisen Lebensgange war getan. Meine Disputation hatte seinen Beifall, ihn beschäftigte die nähere Betrachtung derselben und manche Vorbereitung zu einer künftigen Herausgabe. Während meines Aufenthalts im Elsaß hatte ich viel kleine Gedichte, Aufsätze, Reisebemerkungen und manches fliegende Blatt geschrieben. Diese zu rubrizieren, zu ordnen, die Vollendung zu verlangen unterhielt ihn, und so war er froh in der Erwartung, daß meine bisher unüberwundene Abneigung, etwas dieser Dinge gedruckt zu sehn, sich nächstens ver­ lieren werde. Die Schwester hatte einen Kreis von verständigen und liebenswürdigen Frauenzimmern um sich versammelt. Ohne herrisch zu sein, herrschte sie über alle, indem ihr Verstand gar manches über­ sehn und ihr guter Wille vieles ausgleichen konnte, sie auch überdies in dem Fall war, eher die Vertraute als die Rivalin zu spielen. Von ältern Freunden und Bekannten fand ich an Horn den unveränderlich treuen Freund und heiteren Gesellschafter; mit Riese ward ich auch vertraut, der meinen Scharfsinn zu üben und zu prüfen nicht verfehlte, indem er, durch anhaltenden Widerspruch, einem dogmatischen Enthusiasmus, in welchen ich nur gar zu gern verfiel, Zweifel und Verneinung ent­ gegensetzte. Andere traten nach und nach zu diesem Kreis, deren ich künftig gedenke; jedoch standen unter den Personen, die mir den neu­ en Aufenthalt in meiner Vaterstadt angenehm und fruchtbar machten, die Gebrüder Schlosser allerdings oben an. Der ältere, Hieronymus, ein gründlicher und eleganter Rechtsgelehrter, hatte als Sachwalter ein allgemeines Vertrauen. Unter seinen Büchern und Akten, in Zimmern wo die größte Ordnung herrschte, war sein liebster Aufenthalt; dort hab’ ich ihn niemals anders als heiter und teilnehmend gefunden. Auch in größerer Gesellschaft erwies er sich angenehm und | unterhaltend:

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stata necessaria nei mesi seguenti. | Mio padre, soddisfatto della sua vita con passatempi e impegni ormai consolidati, era pacifico come colui che, nonostante gli ostacoli e i ri­ tardi, riesce comunque a realizzare i propri progetti. Avevo concluso gli studi, il primo gradino sulla scala della carriera nella vita sociale era fatto. La mia dissertazione aveva la sua approvazione, ora era impegnato a considerarla più at­ tentamente e a predisporne la futura pubblicazione. Duran­ te il mio soggiorno in Alsazia avevo scritto molte poesio­ le, saggi, impressioni di viaggio e appunti vari. Si occupò quindi di farne un indice, di metterli in ordine, mi chiedeva di completarli e si rallegrava nell’attesa che la mia avver­ sione nel vedere le mie cose stampate, finora invincibile, passasse quanto prima. Mia sorella aveva raccolto intorno a sé un gruppo di ragazze intelligenti e simpatiche. Senza essere prepotente, le dominava tutte grazie alla sua capacità di perdonare molte piccole cose e alla sua buona volontà nel mediare, e inoltre era nella condizione di essere per tutte una confidente più che una rivale. Degli amici e conoscenti di un tempo ritrovai Horn, l’amico immutato e fedele, otti­ mo intrattenitore; entrai in confidenza anche con Riese, che non perdeva occasione di tenere in esercizio e mettere alla prova il mio ingegno con perenni obiezioni, che ponevano dubbi e veti all’entusiasmo dogmatico in cui troppo facil­ mente scivolavo64. Altri si aggiunsero man mano al gruppo, e di loro parlerò più avanti; ma tra tutte le persone che re­ sero il mio nuovo soggiorno nella città natale gradevole e fruttuoso devo ricordare per primi i fratelli Schlosser65. Il maggiore, Hieronymus, un giurista scrupoloso e raffinato, come avvocato godeva della stima generale. Il suo luogo preferito era tra i suoi libri e atti, in stanze dove regnava un ordine assoluto; lì non l’ho mai visto se non allegro e dispo­ nibile. Anche in società era gradevole e | simpatico, perché

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denn sein Geist war, durch eine ausgebreitete Lektüre, mit allem Schö­ nen der Vorwelt geziert. Er verschmähte nicht, bei Gelegenheit, durch geistreiche lateinische Gedichte die geselligen Freuden zu vermehren; wie ich denn noch verschiedene scherzhafte Distichen von ihm besitze, die er unter einige von mir gezeichnete Portraite seltsamer, allgemein bekannter Frankfurter Karikaturen geschrieben hatte. Öfters beriet ich mich mit ihm über meinen einzuleitenden Lebens- und Geschäftsgang, und hätten mich nicht hundertfältige Neigungen, Leidenschaften und Zerstreuungen von diesem Wege fortgerissen, er würde mir der si­ cherste Führer geworden sein. Näher an Alter stand mir sein Bruder Georg, der sich von Treptow, aus den Diensten des Herzogs Eugen von Würtemberg wieder zurück­ gezogen hatte. An Weltkenntnis, an praktischem Geschick vorgeschrit­ ten, war er in seiner Übersicht der deutschen und auswärtigen Literatur auch nicht zurück geblieben. Er schrieb, wie vormals, gern in allen Sprachen, regte mich aber dadurch nicht weiter an, da ich mich dem Deutschen ausschließlich widmend, die übrigen nur in so weit kulti­ vierte, daß ich die besten Autoren im Original einigermaßen zu lesen im Stande war. Seine Rechtschaffenheit zeigte sich immer als dieselbe, ja die Bekanntschaft mit der Welt mochte ihn veranlaßt haben, stren­ ger, sogar starrer auf seinen wohlmeinenden Gesinnungen zu beharren. Durch diese beiden Freunde ward ich denn auch gar bald mit Merk bekannt, dem ich durch Herdern, von Straßburg aus, nicht ungünstig angekündigt war. Dieser eigne Mann, der auf mein Leben den größten Einfluß gehabt, war von Geburt ein Darmstädter. Von seiner früheren Bildung wüßte ich wenig zu sagen. Nach vollendeten Studien führte er einen Jüngling nach der Schweiz, wo er eine Zeit lang blieb, und beweibt zurückkam. Als ich ihn kennen lernte, war er Kriegszahlmeis­ ter in Darmstadt. Mit Verstand und Geist geboren, hatte er sich sehr schöne Kenntnisse, besonders der neueren Literaturen, erworben, und sich in der | Welt- und Menschengeschichte nach allen Zeiten und Ge­

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grazie alle vaste letture il suo spirito era adorno di tutto ciò che di bello offre il passato. All’occasione non disdegnava di contribuire al piacere della conversazione con qualche componimento latino; conservo ancora alcuni suoi distici scherzosi, che aveva scritto in calce a certe mie caricature di amici comuni di Francoforte. Spesso mi consigliavo con lui su come proseguire la mia vita e la carriera lavorativa e se mille inclinazioni, passioni e distrazioni non mi avessero allontanato dalla sua strada, sarebbe stato per me la guida più sicura. Suo fratello Georg, che si era dimesso dal servizio del conte Eugenio di Württemberg a Treptow, era più vicino a me di età. Aveva acquisito grande esperienza del mondo e abilità pratiche, ma non era rimasto indietro neppure nella conoscenza della letteratura tedesca e straniera. Come una volta, scriveva volentieri in tutte le lingue, ma non mi senti­ vo più spinto a imitarlo: volendo dedicarmi esclusivamente al tedesco, coltivavo le altre lingue solo per poter almeno leggere in originale i loro autori più importanti. La sua retti­ tudine era rimasta intatta, anzi, conoscere il mondo lo aveva forse stimolato a insistere con maggior severità, forse persi­ no con ostinazione, sui suoi onesti principi. Grazie a questi due amici feci ben presto anche la co­ noscenza di Merck; Herder, da Strasburgo, gli aveva già parlato di me in modo non sfavorevole. Quest’uomo sin­ golare, che ha avuto un enorme influsso sulla mia vita, era originario di Darmstadt. Della sua formazione saprei dire poco: dopo aver completato gli studi accompagnò un ra­ gazzo in Svizzera, vi rimase a lungo e tornò indietro am­ mogliato. Quando lo conobbi era il tesoriere dell’esercito a Darmstadt66. Dotato di acume e intelletto, aveva acquisito ottime conoscenze soprattutto nelle letterature moderne e si era interessato di ogni | epoca e luogo nella storia del

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genden umgesehn. Treffend und scharf zu urteilen war ihm gegeben. Man schätzte ihn als einen wackern entschlossenen Geschäftsmann und fertigen Rechner. Mit Leichtigkeit trat er überall ein, als ein sehr angenehmer Gesellschafter für die, denen er sich durch beißende Züge nicht furchtbar gemacht hatte. Er war lang und hager von Gestalt, eine hervordringende spitze Nase zeichnete sich aus, hellblaue, vielleicht graue Augen gaben seinem Blick, der aufmerkend hin und wider ging, etwas Tigerartiges. Lavaters Physiognomik hat uns sein Profil aufbe­ wahrt. In seinem Charakter lag ein wunderbares Mißverhältnis: von Natur ein braver, edler, zuverlässiger Mann, hatte er sich gegen die Welt erbittert, und ließ diesen grillenkranken Zug dergestalt in sich walten, daß er eine unüberwindliche Neigung fühlte, vorsätzlich ein Schalk, ja ein Schelm zu sein. Verständig, ruhig, gut in einem Augen­ blick, konnte es ihm in dem andern einfallen, wie die Schnecke ihre Hörner hervorstreckt, irgend etwas zu tun, was einen andern kränkte, verletzte, ja was ihm schädlich ward. Doch wie man gern mit etwas Gefährlichem umgeht, wenn man selber davor sicher zu sein glaubt, so hatte ich eine desto größere Neigung mit ihm zu leben und seiner guten Eigenschaften zu genießen, da ein zuversichtliches Gefühl mich ahn­ den ließ, daß er seine schlimme Seite nicht gegen mich kehren werde. Wie er sich nun, durch diesen sittlich unruhigen Geist, durch dieses Be­ dürfnis, die Menschen hämisch und tückisch zu behandeln, von einer Seite das gesellige Leben verdarb, so widersprach eine andere Unruhe, die er auch recht sorgfältig in sich nährte, seinem innern Behagen. Er fühlte nämlich einen gewissen dilettantischen Produktionstrieb, dem er um so mehr nachhing, als er sich in Prosa und Versen leicht und glück­ lich ausdrückte, und unter den schönen Geistern jener Zeit eine Rolle zu spielen gar wohl wagen durfte. Ich besitze selbst noch poetische Episteln von ungemeiner Kühnheit, Derbheit und Swiftischer Galle, die sich durch originelle Ansichten der Personen und | Sachen höch­

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mondo e dell’umanità. Aveva inoltre il dono di un giudizio penetrante e sicuro ed era stimato come amministratore ac­ corto e determinato, abile nei conti. Si inseriva con facilità dovunque, e chi non lo detestava per la sua ironia causti­ ca, lo considerava una piacevole compagnia. Era magro e alto di aspetto, con un naso appuntito molto marcato; gli occhi chiari, forse grigi, e lo sguardo che guizzava vigile qua e là ricordavano quelli di una tigre. La Fisiognomica di Lavater ci ha conservato il suo profilo67. Il suo carattere presentava una forte sproporzione: per natura nobile e af­ fidabile, il brav’uomo si era poi incattivito con il mondo e si lasciava dominare da questo tratto capriccioso e insano fino al punto di sentirsi praticamente obbligato a compor­ tarsi male, peggio: da mascalzone. Ora posato, tranquillo e buono, un attimo dopo poteva saltargli in mente di tirare fuori gli artigli, come la lumaca tira fuori le antenne, e fare qualcosa di irritante, offensivo o addirittura nocivo nei pro­ pri confronti. Ma poiché si maneggiano volentieri le cose pericolose quando ci si sente protetti dal pericolo, mi pia­ ceva particolarmente frequentarlo e godere delle sue buone qualità, mentre un senso di fiducia mi suggeriva che non avrebbe rivolto contro di me la sua cattiveria. Da una parte, quindi, rovinava le relazioni sociali col suo spirito inquieto, con il bisogno di trattare il prossimo con perfidia e malizia; dall’altra la sua pace interiore era ostacolata anche da un altro disagio che coltivava con cura dentro di sé. Provava cioè un certo impulso dilettantesco alla scrittura, che asse­ condava volentieri perché si esprimeva in modo fluente sia in prosa che in versi, e avrebbe a buon diritto potuto mi­ surarsi con i migliori scrittori dell’epoca. Possiedo ancora alcune sue epistole poetiche di un’audacia e crudezza non comuni, velenose alla Swift, che si distinguono per le opi­ nioni originali | su cose e persone ma sono scritte con così

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lich auszeichnen, aber zugleich mit so verletzender Kraft geschrieben sind, daß ich sie nicht einmal gegenwärtig publizieren möchte, sondern sie entweder vertilgen, oder als auffallende Dokumente des geheimen Zwiespalts in unserer Literatur der Nachwelt aufbewahren muß. Daß er jedoch bei allen seinen Arbeiten verneinend und zerstörend zu Werke ging, war ihm selbst unangenehm, und er sprach es oft aus, er beneide mich um meine unschuldige Darstellungslust, welche aus der Freude an dem Vorbild und dem Nachgebildeten entspringe. Übrigens hätte ihm sein literarischer Dilettantismus eher Nutzen als Schaden gebracht, wenn er nicht den unwiderstehlichen Trieb gefühlt hätte, auch im technischen und merkantilischen Fach aufzutreten. Denn wenn er einmal seine Fähigkeiten zu verwünschen anfing, und außer sich war, die Ansprüche an ein ausübendes Talent nicht genialisch genug befriedigen zu können, so ließ er bald die bildende, bald die Dichtkunst fahren und sann auf fabrikmäßige kaufmännische Unternehmungen, welche Geld einbringen sollten, indem sie ihm Spaß machten. In Darmstadt befand sich übrigens eine Gesellschaft von sehr ge­ bildeten Männern. Geheimerat von Heß, Minister des Landgrafen, Pro­ fessor Petersen, Rektor Wenk und andere waren die Einheimischen, zu deren Wert sich manche fremde Benachbarte und viele Durchreisende abwechselnd gesellten. Die Geheimerätin von Heß und ihre Schwester, Demoiselle Flachsland, waren Frauenzimmer von seltenen Verdiensten und Anlagen, die letztre, Herders Braut, doppelt interessant durch ihre Eigenschaften und ihre Neigung zu einem so vortrefflichen Manne. Wie sehr dieser Kreis mich belebte und förderte, wäre nicht aus­ zusprechen. Man hörte gern die Vorlesung meiner gefertigten oder angefangenen Arbeiten, man munterte mich auf, wenn ich offen und umständlich erzählte, was ich eben vorhatte, und schalt mich, wenn ich bei jedem neuen Anlaß das Früherbegonnene zurücksetzte. Faust war schon vorgeruckt, Götz von Berlichingen baute sich nach und nach | in meinem Geiste zusammen, das Studium des funfzehnten und sech­ zehnten Jahrhunderts beschäftigte mich, und jenes Münstergebäude

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tanto astio offensivo che non oserei pubblicarle nemmeno ora; dovrei piuttosto distruggerle oppure conservarle per i posteri a esemplare testimonianza del dissidio segreto della nostra letteratura. Lui stesso si dispiaceva che i suoi lavori fossero tutti così distruttivi e negativi, e diceva spesso che mi invidiava il gusto innocente nella descrizione, gusto che scaturiva dalla gioia per il modello e la sua imitazione. Tutto considerato, il suo dilettantismo letterario gli avrebbe portato vantaggi più che svantaggi, se non si fos­ se messo in mente di cimentarsi anche nel settore tecnico e commerciale. Quando infatti cominciò a maledire le sue doti, adirato perché non riusciva a soddisfare in modo suf­ ficientemente brillante le aspirazioni del suo ambizioso ta­ lento, abbandonò ben presto sia le arti figurative che quelle poetiche e si rivolse a imprese industriali e commerciali che, oltre a divertirlo, gli procurassero denaro. A Darmstadt poi c’era una società di uomini molto col­ ti68: il consigliere von Hesse, ministro del langravio, il pro­ fessor Petersen, il rettore Wenck erano del posto; a loro si aggiungevano alcuni esterni provenienti dai dintorni e, a turno, molti viaggiatori di passaggio. La moglie del consi­ gliere von Hesse e la sorella, la signorina Flachsland, erano signore con doti e meriti rari; la seconda, fidanzata con Her­ der, era doppiamente interessante, per le sue doti naturali e per il suo legame con un uomo così ragguardevole. Quanto quella società mi ravvivò e stimolò, non saprei nemmeno dirlo. Mi ascoltavano volentieri leggere i miei la­ vori terminati o in preparazione, mi incoraggiavano quando raccontavo per filo e per segno i miei progetti, mi sgridavano quando, a ogni nuova idea, accantonavo il lavoro già iniziato. Faust era già in avanzata elaborazione, Götz von Berlichingen si stava componendo | nella mia mente, lo studio del xv e xvi secolo mi teneva impegnato, e quella cattedrale aveva

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hatte einen sehr ernsten Eindruck in mir zurückgelassen, der als Hin­ tergrund zu solchen Dichtungen gar wohl dastehn konnte. Was ich über jene Baukunst gedacht und gewähnt hatte, schrieb ich zusammen. Das Erste worauf ich drang war, daß man sie deutsch und nicht gotisch nennen, nicht für ausländisch, sondern für vaterlän­ disch halten solle; das Zweite, daß man sie nicht mit der Baukunst der Griechen und Römer vergleichen dürfe, weil sie aus einem ganz anderen Prinzip entsprungen sei. Wenn jene, unter einem glückliche­ ren Himmel, ihr Dach auf Säulen ruhen ließen, so entstand ja schon an und für sich eine durchbrochene Wand. Wir aber, die wir uns durchaus gegen die Witterung schützen, und mit Mauern überall umgeben müs­ sen, haben den Genius zu verehren, der Mittel fand, massiven Wänden Mannigfaltigkeit zu geben, sie dem Scheine nach zu durchbrechen und das Auge würdig und erfreulich auf der großen Fläche zu beschäftigen. Dasselbe galt von den Türmen, welche nicht, wie die Kuppeln, nach innen einen Himmel bilden, sondern außen gen Himmel streben, und das Dasein des Heiligtums, das sich an ihre Base gelagert, weit umher den Ländern verkünden sollten. Das Innere dieser würdigen Gebäude wagte ich nur durch poetisches Anschauen und durch fromme Stim­ mung zu berühren. Hätte ich diese Ansichten, denen ich ihren Wert nicht absprechen will, klar und deutlich, in vernehmlichem Stil abzufassen beliebt, so hätte der Druckbogen von deutscher Baukunst D. M. Erwini a Stein­ bach schon damals als ich ihn herausgab, mehr Wirkung getan und die vaterländischen Freunde der Kunst früher aufmerksam gemacht; so aber verhüllte ich, durch Hamans und Herders Beispiel verführt, diese ganz einfachen Gedanken und Betrachtungen in eine Staubwolke von seltsamen Worten und Phrasen, und verfinsterte das Licht das mir aufgegangen war, für mich und andere. Demungeachtet wurden diese Blätter gut | aufgenommen und in dem Herderschen Heft von deutscher Art und Kunst nochmals abgedruckt.

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lasciato in me un’impronta così profonda che poteva benissi­ mo fungere da sfondo per quelle composizioni. Raccolsi e misi per iscritto tutto quello che avevo pen­ sato e immaginato riguardo a quello stile architettonico. La cosa che mi premeva di più era di definirlo tedesco e non gotico, in modo che lo si ritenesse patrio e non straniero; secondo, non lo si doveva paragonare all’architettura greca o romana, perché era nato da un principio del tutto diverso. Se quelli, sotto un cielo più clemente, potevano appoggiare il tetto su colonne, ne derivava già di per sé una parete con aperture. Noi invece, che dobbiamo proteggerci dal mal­ tempo e circondarci di mura da ogni lato, dobbiamo vene­ rare quel genio che trovò il modo di conferire varietà alle pareti massicce, di creare delle apparenti aperture offren­ do così all’occhio una gradevole e degna occupazione su quelle grandi superfici. Lo stesso valeva per le torri, che non riproducono un cielo al loro interno, come le cupole, ma tendono verso il cielo all’esterno, per annunciare anche in lontananza la presenza del santuario ai loro piedi. Osai trattare l’interno di quel sacro edificio solo per accenni, con contemplazione poetica e reverenza. Se avessi formulato queste opinioni, di cui non nego il va­ lore, in uno stile comprensibile, chiaro e semplice, lo scritto Sull’architettura tedesca dedicato a Erwin von Steinbach avrebbe avuto risonanza fin dalla sua prima pubblicazione e avrebbe attirato l’attenzione dei miei connazionali amanti dell’arte; invece, sedotto dall’esempio di Hamann e Herder, avevo nascosto quei pensieri e osservazioni molto semplici in un polverone di frasi e parole astruse, occultando a me e agli altri la luce che mi si era rivelata. Ciononostante quei fogli ebbero una buona accoglienza | e furono ristampati nel volumetto di Herder Intorno al carattere e all’arte dei tedeschi.

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Wenn ich mich nun, teils aus Neigung, teils zu dichterischen und andern Zwecken, mit vaterländischen Altertümern sehr gern beschäf­ tigte und sie mir zu vergegenwärtigen suchte; so ward ich durch die bi­ blischen Studien und durch religiöse Anklänge von Zeit zu Zeit wieder abgelenkt, da ja Luthers Leben und Taten, die in dem sechzehnten Jahr­ hundert so herrlich hervorglänzen, mich immer wieder zu den heiligen Schriften und zu Betrachtung religiöser Gefühle und Meinungen hin­ leiten mußten. Die Bibel als ein zusammengetragenes, nach und nach entstandenes, zu verschiedenen Zeiten überarbeitetes Werk anzusehn, schmeichelte meinem kleinen Dünkel, indem diese Vorstellungsart noch keineswegs herrschend, viel weniger in dem Kreis aufgenommen war, in welchem ich lebte. Was den Hauptsinn betraf, hielt ich mich an Luthers Ausdruck, im Einzelnen ging ich wohl zur Schmidtischen wörtlichen Übersetzung, und suchte mein weniges Hebräisch dabei so gut als möglich zu benutzen. Daß in der Bibel sich Widersprüche fin­ den, wird jetzt Niemand in Abrede sein. Diese suchte man dadurch aus­ zugleichen, daß man die deutlichste Stelle zum Grunde legte, und die widersprechende, weniger klare jener anzuähnlichen bemüht war. Ich dagegen wollte durch Prüfung herausfinden, welche Stelle den Sinn der Sache am meisten ausspräche; an diese hielt ich mich und verwarf die anderen als untergeschoben. Denn schon damals hatte sich bei mir eine Grundmeinung festge­ setzt, ohne daß ich zu sagen wüßte, ob sie mir eingeflößt, ob sie bei mir angeregt worden, oder ob sie aus eignem Nachdenken entsprun­ gen sei. Es war nämlich die: bei allem was uns überliefert, besonders aber schriftlich überliefert werde, komme es auf den Grund, auf das Innere, den Sinn, die Richtung des Werks an; hier liege das Ursprüng­ liche, Göttliche, Wirksame, Unantastbare, Unverwüstliche, und keine Zeit, keine äußere Einwirkung noch | Bedingung könne diesem innern Urwesen etwas anhaben, wenigstens nicht mehr als die Krankheit des Körpers einer wohlgebildeten Seele. So sei nun Sprache, Dialekt, Eigentümlichkeit, Stil und zuletzt die Schrift als Körper eines jeden

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Se dunque, in parte per inclinazione personale, in par­ te per scopi poetici e non, mi occupavo con piacere delle antichità tedesche cercando di farle mie, di tanto in tanto mi distraevo con studi biblici e reminiscenze religiose, poi­ ché la vita e le opere di Lutero che spiccano così luminose nel Cinquecento mi attiravano immancabilmente verso le Sacre Scritture e mi inducevano a riflettere su posizioni e sentimenti religiosi. Considerare la Bibbia un’opera com­ posita, sorta poco per volta e rielaborata in epoche diverse lusingava la mia piccola vanità, poiché quest’opinione non era per niente diffusa, e ancor meno nell’ambiente in cui vi­ vevo. Per il significato principale mi attenevo a Lutero, per i dettagli mi rifacevo alla traduzione letterale di Schmidt cer­ cando di utilizzare il più possibile il mio scarso ebraico. Che nella Bibbia ci siano delle contraddizioni, nessuno adesso lo mette in discussione. Si cercava di porvi rimedio scegliendo come base il passo più chiaro e ci si sforzava di ricondurre a quello i passi contraddittori, meno chiari. Io invece volevo arrivare a scoprire attraverso l’analisi quale versione corri­ spondesse di più al senso profondo; a quello poi mi attene­ vo, considerando tutto il resto come surrettizio. Fin da allora infatti si era consolidata in me una certezza, anche se non saprei dire se mi era stata suggerita o instillata da altri o se ci ero arrivato da solo con la riflessione. Era questa: di tutto quello che ci è stato tramandato, soprattutto se per iscritto, ciò che conta è la base, la qualità intrinseca, il senso, l’intento dell’opera; in questo risiede la sua originali­ tà, ciò che ha di divino, efficace, inviolabile, indistruttibile, e né il tempo, né un qualsiasi evento o | condizionamen­ to esterno può intaccare quella sostanza interiore, proprio come una malattia fisica non può affliggere una mente ben educata. Di conseguenza lingua, dialetto, particolarità, stile e persino la grafia sono da considerarsi come il corpo di

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geistigen Werks anzusehn; dieser, zwar nah genug mit dem Innern ver­ wandt, sei jedoch der Verschlimmerung, dem Verderbnis ausgesetzt: wie denn überhaupt keine Überlieferung ihrer Natur nach ganz rein gegeben, und wenn sie auch rein gegeben würde, in der Folge jederzeit vollkommen verständlich sein könnte, jenes wegen Unzulänglichkeit der Organe, durch welche überliefert wird, dieses wegen des Unter­ schieds der Zeiten, der Orte, besonders aber wegen der Verschiedenheit menschlicher Fähigkeiten und Denkweisen; weshalb denn ja auch die Ausleger sich niemals vergleichen werden. Das Innere, Eigentliche einer Schrift, die uns besonders zusagt, zu erforschen, sei daher eines Jeden Sache, und dabei vor allen Dingen zu erwägen, wie sie sich zu unserm eignen Innern verhalte, und in wie fern durch jene Lebenskraft die unsrige erregt und befruchtet werde; alles Äußere hingegen, was auf uns unwirksam, oder einem Zweifel unterworfen sei, habe man der Kritik zu überlassen, welche, wenn sie auch im Stande sein sollte, das Ganze zu zerstückeln und zu zersplit­ tern, dennoch niemals dahin gelangen würde, uns den eigentlichen Grund, an dem wir festhalten, zu rauben, ja uns nicht einen Augenblick an der einmal gefaßten Zuversicht irre zu machen. Diese aus Glauben und Schauen entsprungene Überzeugung, wel­ che in allen Fällen, die wir für die wichtigsten erkennen, anwendbar und stärkend ist, liegt zum Grunde meinem sittlichen sowohl als lite­ rarischen Lebensbau, und ist als ein wohl angelegtes und reichlich wu­ cherndes Kapital anzusehn, ob wir gleich in einzelnen Fällen zu fehler­ hafter Anwendung verleitet werden können. Durch diesen Begriff ward mir denn die Bibel erst recht zugänglich. Ich hatte sie, wie bei dem Religionsunterricht der Protestanten geschieht, mehrmals durchlaufen, ja mich mit derselben | sprungweise, von vorn nach hinten und umge­ kehrt, bekannt gemacht. Die derbe Natürlichkeit des alten Testaments und die zarte Naivetät des neuen hatte mich im Einzelnen angezogen; als ein Ganzes wollte sie mir zwar niemals recht entgegentreten, aber die verschiedenen Charakter der verschiedenen Bücher machten mich nun nicht mehr irre: ich wußte mir ihre Bedeutung der Reihe nach treu­

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un’opera dello spirito; e il corpo, per quanto strettamente connesso con l’elemento interiore, è comunque soggetto al deperimento e alla corruzione, tanto che nessuna tradizione può essere per sua natura né perfettamente pura, quand’an­ che lo fosse stata all’inizio, né perfettamente comprensibile nelle epoche successive; il primo per l’imperfezione degli organi che la tramandano, il secondo a causa della diffe­ renza tra le epoche e i luoghi, ma soprattutto a causa delle diverse capacità e mentalità degli uomini; ecco perché gli esegeti non saranno mai d’accordo tra loro. È compito di ciascuno indagare la vera qualità interiore di un’opera che ci piace, e soprattutto valutare come essa si rapporti alla nostra interiorità e in che misura la sua forza vitale possa stimolare e fecondare la nostra. Tutta la parte esteriore, invece, che non ha effetti su di noi o è soggetta al dubbio, va lasciata ai critici che, quand’anche fossero in grado di sminuzzarla e frantumarla, non riuscirebbero mai a privarci del vero fondamento a cui ci aggrappiamo né a farci dubitare un attimo della sicurezza raggiunta. Questa convinzione scaturita da fede ed esperienza è applicabile e confortante in tutte le situazioni che ritenia­ mo importantissime ed è il fondamento della mia vita sia morale che letteraria; è come un capitale ben investito che si accresce considerevolmente, anche se in alcuni singoli casi può succedere di utilizzarlo male. Grazie a questa idea trovai la mia via di accesso alla Bibbia. L’avevo letta più volte, come è consueto nel catechismo dei protestanti, l’a­ vevo studiata | a brani e da cima a fondo. In particolare mi attiravano la maldestra naturalezza dell’Antico e la tenera ingenuità del Nuovo Testamento; nel complesso non l’a­ vevo mai inquadrata del tutto, ma almeno le diverse carat­ teristiche dei vari libri non mi disorientavano più. Mi ero ben fissata in mente la loro importanza nella sequenza e mi

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lich zu vergegenwärtigen und hatte überhaupt zuviel Gemüt an dieses Buch verwandt, als daß ich es jemals wieder hätte entbehren sollen. Eben von dieser gemütlichen Seite war ich gegen alle Spöttereien ge­ schützt, weil ich deren Unredlichkeit sogleich einsah. Ich verabscheute sie nicht nur, sondern ich konnte darüber in Wut geraten, und ich er­ innere mich noch genau, daß ich in kindlich fanatischem Eifer, Voltai­ ren, wenn ich ihn hätte habhaft werden können, wegen seines Sauls gar wohl erdrosselt hätte. Jede Art von redlicher Forschung dagegen sagte mir höchlich zu, die Aufklärungen über des Orients Lokalität und Kostüm, welche immer mehr Licht verbreiteten, nahm ich mit Freuden auf, und fuhr fort, allen meinen Scharfsinn an den so werten Überlie­ ferungen zu üben. Man weiß, wie ich schon früher mich in den Zustand der Urwelt, die uns das erste Buch Mosis schildert, einzuweihen suchte. Weil ich nun schrittweise und ordentlich zu verfahren dachte, so griff ich, nach einer langen Unterbrechung, das zweite Buch an. Allein welch ein Unterschied! Gerade wie die kindliche Fülle aus meinem Leben ver­ schwunden war, so fand ich auch das zweite Buch von dem ersten durch eine ungeheure Kluft getrennt. Das völlige Vergessen vergangener Zeit spricht sich schon aus in den wenigen bedeutenden Worten: »Da kam ein neuer König auf in Ägypten, der wußte nichts von Joseph.« Aber auch das Volk, wie die Sterne des Himmels unzählbar, hatte beinah den Ahnherrn vergessen, dem Jehovah gerade dieses nunmehr erfüllte Ver­ sprechen unter dem Sternenhimmel getan hatte. Ich arbeitete mich mit unsäglicher Mühe, mit unzulänglichen Hülfsmitteln und Kräften durch die fünf Bücher und geriet | dabei auf die wunderlichsten Einfälle. Ich glaubte gefunden zu haben, daß nicht unsere Zehn-Gebote auf den Tafeln gestanden, daß die Israeliten keine vierzig Jahre, sondern nur kurze Zeit durch die Wüste gewandert, und eben so bildete ich mir ein, über den Charakter Mosis ganz neue Aufschlüsse geben zu können. Auch das neue Testament war vor meinen Untersuchungen nicht si­ cher; ich verschonte es nicht mit meiner Sonderungslust, aber aus Lie­

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ero dedicato con così tanto trasporto a quel libro, che non avrei mai più potuto rinunciarvi. Proprio questo punto di vista emotivo mi proteggeva da qualsiasi scherno, perché ne percepivo subito la disonestà. Non solo lo disprezzavo, ma poteva farmi andare su tutte le furie e mi ricordo ancora benissimo che, nel mio fanatico zelo adolescenziale, avrei strangolato Voltaire per il suo Saul, se solo mi fosse capitato tra le mani69. Apprezzavo invece tutti i tipi di analisi onesta; le spiegazioni sulla topografia e i costumi dell’Oriente, per molti aspetti illuminanti, mi erano molto gradite, e proseguii a esercitare la mia perspicacia su quel prezioso documento. Ho già detto come cercai di immedesimarmi nel mon­ do primigenio descritto nella Genesi, e poiché mi ero ri­ proposto di procedere passo per passo e con ordine, dopo una lunga interruzione passai all’Esodo. Ma che differen­ za! Proprio come era scomparsa dalla mia vita la pienezza dell’infanzia, così scoprii che un abisso enorme divideva il primo dal secondo libro. Il completo oblio del passato diviene evidente subito, fin dalle prime, significative paro­ le: «Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe»70. Ma anche il popolo, innumerevo­ le come le stelle del cielo, aveva quasi dimenticato il suo progenitore a cui Jahvè aveva fatto quella promessa, ormai realizzata, sotto il cielo stellato. Con fatica indicibile, con mezzi e forze insufficienti mi feci strada attraverso il Pen­ tateuco, incappando | nei pensieri più strampalati. Pensai di aver scoperto che sulle tavole della legge non c’erano scritti i nostri dieci comandamenti, che gli israeliti non avevano vagato nel deserto quarant’anni ma solo per breve tempo, e mi immaginai persino di poter fare nuove rivelazioni sul carattere di Mosè. Nemmeno il Nuovo Testamento era al sicuro dalle mie indagini. La mia smania analitica non lo risparmiò, ma

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be und Neigung stimmte ich doch in jenes heilsame Wort mit ein: »Die Evangelisten mögen sich widersprechen, wenn sich nur das Evangeli­ um nicht widerspricht.« – Auch in dieser Region glaubte ich allerhand Entdeckungen zu machen. Jene Gabe der Sprachen, am Pfingstfeste in Glanz und Klarheit erteilt, deutete ich mir auf eine etwas abstruse Weise, nicht geeignet sich viele Teilnehmer zu verschaffen. In eine der Hauptlehren des Luthertums, welche die Brüdergemeine noch geschärft hatte, das Sündhafte im Menschen als vorwaltend anzu­ sehn, versuchte ich mich zu schicken, obgleich nicht mit sonderlichem Glück. Doch hatte ich mir die Terminologie dieser Lehre so ziemlich zu eigen gemacht, und bediente mich derselben in einem Briefe, den ich unter der Maske eines Landgeistlichen an einen neuen Amtsbruder zu erlassen beliebte. Das Hauptthema desselbigen Schreibens war je­ doch die Losung der damaligen Zeit, sie hieß Toleranz, und galt unter den besseren Köpfen und Geistern. Solche Dinge, die nach und nach entstanden, ließ ich, um mich an dem Publikum zu versuchen, im folgenden Jahre auf meine Kosten drucken, verschenkte sie, oder gab sie der Eichenbergischen Buch­ handlung, um sie so gut als möglich zu verhöken, ohne daß mir da­ durch einiger Vorteil zugewachsen wäre. Hier und da gedenkt eine Re­ zension derselben, bald günstig, bald ungünstig, doch gleich waren sie verschollen. Mein Vater bewahrte sie sorgfältig in seinem Archiv, sonst würde ich kein Exemplar davon besitzen. Ich werde sie, so wie einiges Ungedruckte der Art, was ich | noch vorgefunden, der neuen Ausgabe meiner Werke hinzufügen. Da ich mich nun sowohl zu dem Sibyllinischen Stil solcher Blätter als zu der Herausgabe derselben eigentlich durch Haman hatte verlei­ ten lassen, so scheint mir hier eine schickliche Stelle, dieses würdigen einflußreichen Mannes zu gedenken, der uns damals ein eben so großes Geheimnis war, als er es immer dem Vaterlande geblieben ist. Seine Socratischen Denkwürdigkeiten erregten Aufsehen, und waren solchen

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l’amore e la simpatia mi facevano accettare quella saluta­ re sentenza: gli Evangelisti possono anche contraddirsi, il Vangelo no. Anche in questo campo mi parve di fare sco­ perte di ogni genere. Il dono delle lingue, concesso nello splendore e nella purezza della Pentecoste, lo interpretai in modo piuttosto astruso, certo non adatto a trovare ampia accoglienza71. Cercai anche di accettare una delle dottrine principali del luteranesimo che la Comunità dei fratelli aveva ulterior­ mente accentuato, cioè quella che considerava il peccato l’aspetto dominante nell’uomo – ma invano. Ero invece ri­ uscito ad appropriarmi abbastanza bene della terminologia di quella dottrina e me ne servii in una lettera che, fingen­ domi un religioso di campagna, mi compiacevo di inviare a un nuovo collega72. Il tema principale di quello scritto era però la parola d’ordine dell’epoca, la tolleranza, propalata da tutti i migliori spiriti del tempo. Queste cosette composte via via le feci stampare a mie spese l’anno successivo, per misurarmi con il pubblico; in parte le regalai, in parte le consegnai alla libreria Ei­ chenberg73, nel caso fosse riuscita a venderne qualche copia, ma non ne ricavai alcun profitto. Qua e là vennero nominate nelle recensioni, alcune favorevoli, altre negative, ma fu­ rono presto dimenticate. Mio padre invece le conservò con cura nel suo archivio, e se non fosse stato per lui non ne avrei nemmeno una copia. Le inserirò, insieme ad altri | ine­ diti che ho ritrovato, nella nuova edizione delle mie opere74. Poiché mi ero lasciato indurre da Hamann sia a scrivere quei fogli in uno stile sibillino, sia a pubblicarli, mi sembra questo il luogo adatto per ricordare quell’uomo tanto degno e influente che allora rappresentava per noi un grande mi­ stero e che tale è rimasto sempre per la sua patria. I suoi Memorabili socratici fecero scalpore e furono particolarmente

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Personen besonders lieb, die sich mit dem blendenden Zeitgeiste nicht vertragen konnten. Man ahndete hier einen tiefdenkenden gründlichen Mann, der mit der offenbaren Welt und Literatur genau bekannt, doch auch noch etwas Geheimes, Unerforschliches gelten ließ, und sich da­ rüber auf eine ganz eigne Weise aussprach. Von denen die damals die Literatur des Tags beherrschten, ward er freilich für einen abstrusen Schwärmer gehalten, eine aufstrebende Jugend aber ließ sich wohl von ihm anziehn. Sogar die Stillen im Lande, wie sie halb im Scherz, halb im Ernst genannt wurden, jene frommen Seelen, welche, ohne sich zu irgend einer Gesellschaft zu bekennen, eine unsichtbare Kirche bilde­ ten, wendeten ihm ihre Aufmerksamkeit zu, und meiner Klettenberg, nicht weniger ihrem Freunde Moser war der Magus aus Norden eine willkommene Erscheinung. Man setzte sich um so mehr mit ihm in Verhältnis, als man erfahren hatte, daß er von knappen häuslichen Um­ ständen gepeinigt, sich dennoch diese schöne und hohe Sinnesweise zu erhalten verstand. Bei dem großen Einflusse des Präsidenten von Mo­ ser wäre es leicht gewesen, einem so genügsamen Manne ein leidliches und bequemes Dasein zu verschaffen. Die Sache war auch eingeleitet, ja man hatte sich so weit schon verständigt und genähert, daß Haman die weite Reise von Königsberg nach Darmstadt unternahm. Als aber der Präsident zufällig abwesend war, kehrte jener wunderliche Mann, aus welchem Anlaß weiß man nicht, sogleich wieder zurück; man blieb jedoch in einem freundlichen Briefverhältnis. Ich besitze noch zwei | Schreiben des Königsbergers an seinen Gönner, die von der wunder­ samen Großheit und Innigkeit ihres Verfassers Zeugnis ablegen. Aber ein so gutes Verständnis sollte nicht lange dauern. Diese frommen Menschen hatten sich jenen auch nach ihrer Weise fromm gedacht, sie hatten ihn als den Magus aus Norden mit Ehrfurcht be­ handelt, und glaubten daß er sich auch sofort in ehrwürdigem Betragen darstellen würde. Allein er hatte schon durch die Wolken, ein Nach­ spiel Socratischer Denkwürdigkeiten, einigen Anstoß gegeben, und da

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apprezzati da coloro che non andavano d’accordo con il brillante spirito del tempo. Si intuiva un uomo profondo e scrupoloso, che era di casa nel mondo e nella letteratura ma che intuiva anche qualcosa di segreto, di insondabile, e ne parlava in uno stile del tutto personale. Quelli che domina­ vano la scena letteraria del momento lo ritenevano un astru­ so esaltato, i giovani pieni di aspirazioni invece ne erano attratti. Persino i ‘silenti della terra’, come venivano chia­ mate un po’ per scherzo, un po’ sul serio quelle anime pie che formavano una chiesa invisibile ma senza riconoscersi in un gruppo preciso, lo consideravano con attenzione, e per la mia Klettenberg così come per il suo amico Moser, il ‘mago del Nord’ era un personaggio di riguardo75. Cercam­ mo di entrare in contatto con lui, soprattutto dopo aver sa­ puto che riusciva a mantenere quel modo di pensare nobile e bello nonostante le ristrettezze economiche in cui si tro­ vava. Grazie alla vasta influenza del presidente von Moser non sarebbe stato difficile garantire un’esistenza dignitosa e agiata a un uomo così modesto, e infatti ci si diede subito da fare, si presero accordi e si era già arrivati a un punto tale che Hamann intraprese il lungo viaggio da Königsberg a Darmstadt. Ma quando vi giunse, il presidente era per caso assente e così quell’uomo bizzarro, non si sa per quale motivo, tornò immediatamente indietro. Rimanemmo co­ munque in buoni rapporti epistolari. Conservo ancora due | lettere che egli spedì da Königsberg al suo benefattore, che documentano la sua straordinaria grandezza e profondità76. Quella felice sintonia non era però destinata a durare a lungo. Quegli uomini devoti se l’erano immaginato devoto a modo loro, in quanto ‘mago del Nord’ lo avevano trattato con reverenza ed erano convinti che egli se ne sarebbe mo­ strato a sua volta degno. Ma già con Le nuvole, il prosieguo dei Memorabili socratici, aveva creato un certo imbarazzo;

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er nun gar die Kreuzzüge des Philologen herausgab, auf deren Titel­ blatt nicht allein das Ziegenprofil eines gehörnten Pans zu sehen war, sondern auch auf einer der ersten Seiten ein großer in Holz geschnitte­ ner Hahn, taktgebend jungen Hähnchen, die mit Noten in den Krallen vor ihm da standen, sich höchst lächerlich zeigte, wodurch gewisse Kirchenmusiken, die der Verfasser nicht billigen mochte, scherzhaft durchgezogen werden sollten; so entstand unter den Wohl- und Zartge­ sinnten ein Mißbehagen, welches man dem Verfasser merken ließ, der denn auch dadurch nicht erbaut, einer engeren Vereinigung sich ent­ zog. Unsere Aufmerksamkeit auf diesen Mann hielt jedoch Herder im­ mer lebendig, der mit seiner Braut und uns in Korrespondenz bleibend, alles was von jenem merkwürdigen Geiste nur ausging, sogleich mit­ teilte. Darunter gehörten denn auch seine Rezensionen und Anzeigen, eingerückt in die Königsberger Zeitung, die alle einen höchst sonder­ baren Charakter trugen. Ich besitze eine meist vollständige Sammlung seiner Schriften und einen sehr bedeutenden handschriftlichen Aufsatz über Herders Preisschrift, den Ursprung der Sprache betreffend, worin er dieses Herdersche Probestück, auf die eigenste Art, mit wunderli­ chen Schlaglichtern beleuchtet. Ich gebe die Hoffnung nicht auf, eine Herausgabe der Hamanschen Werke entweder selbst zu besorgen, oder wenigstens zu befördern, und alsdann, wenn diese wichtigen Dokumente wieder vor den Au­ gen des Publikums liegen, | möchte es Zeit sein, über den Verfasser, dessen Natur und Wesen das Nähere zu besprechen; inzwischen will ich doch einiges hier schon beibringen, um so mehr als noch vorzüg­ liche Männer leben, die ihm auch ihre Neigung geschenkt, und deren Beistimmung oder Zurechtweisung mir sehr willkommen sein würde. Das Prinzip, auf welches die sämtlichen Äußerungen Hamans sich zu­ rückführen lassen, ist dieses: »Alles was der Mensch zu leisten unter­ nimmt, es werde nun durch Tat oder Wort oder sonst hervorgebracht,

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quando poi diede alle stampe le Crociate di un filologo, le persone con sentimenti buoni e delicati provarono parec­ chio disagio: infatti, non soltanto il frontespizio mostrava il profilo caprino di un Pan con tanto di corna, ma in una delle prime pagine c’era un’illustrazione alquanto ridicola, in cui un grosso gallo intagliato segnava il tempo a una fila di gal­ letti schierati davanti a lui con degli spartiti tra le zampe – immagine con cui intendeva mettere alla berlina alcuni tipi di musica religiosa che egli evidentemente non apprezzava. Non mancarono di farlo notare all’autore che non ne fu edi­ ficato, si sottrasse anzi a più stretti rapporti. Herder teneva comunque sempre viva l’attenzione per quell’uomo: man­ tenendosi in contatto epistolare con noi e con la sua fidan­ zata, ci riferiva immediatamente qualsiasi cosa producesse quella mente singolare. Tra le varie cose c’erano anche le recensioni e gli annunci bibliografici pubblicati sulla rivista di Königsberg77, che avevano tutti uno stile davvero bizzar­ ro. Io possiedo una raccolta quasi completa dei suoi scritti e un suo testo manoscritto molto interessante sul saggio di Herder sull’origine del linguaggio, in cui egli illumina in modo del tutto peculiare alcuni aspetti dello scritto herde­ riano78. Non perdo la speranza di poter curare io stesso un’edizio­ ne delle opere di Hamann o di poterla promuovere79 e allora, quando questi documenti saranno accessibili al pubblico, | sarà venuto il momento di dire qualcosa di più sull’autore, la sua natura e carattere. Nel frattempo vorrei comunque anticipare almeno qualcosa, tanto più che vivono ancora uomini eccellenti che lo avevano in simpatia, e accoglierei volentieri i loro suggerimenti e correzioni. Il principio a cui potremmo ricondurre tutte le affermazioni di Hamann è il seguente: «Tutto ciò che l’uomo intraprende, che sia pro­ dotto attraverso l’azione, le parole o altro, deve scaturire da

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muß aus sämtlichen vereinigten Kräften entspringen; alles Vereinzel­ te ist verwerflich.« Eine herrliche Maxime! aber schwer zu befolgen. Von Leben und Kunst mag sie freilich gelten; bei jeder Überlieferung durch’s Wort hingegen, die nicht gerade poetisch ist, findet sich eine große Schwierigkeit: denn das Wort muß sich ablösen, es muß sich vereinzeln, um etwas zu sagen, zu bedeuten. Der Mensch, indem er spricht, muß für den Augenblick einseitig werden; es gibt keine Mittei­ lung, keine Lehre, ohne Sonderung. Da nun aber Haman ein für allemal dieser Trennung widerstrebte, und wie er in einer Einheit empfand, imaginierte, dachte, so auch sprechen wollte, und das Gleiche von an­ dern verlangte; so trat er mit seinem eignen Stil und mit allem was die andern hervorbringen konnten, in Widerstreit. Um das Unmögliche zu leisten, greift er daher nach allen Elementen; die tiefsten geheimsten Anschauungen, wo sich Natur und Geist im Verborgenen begegnen, er­ leuchtende Verstandesblitze, die aus einem solchen Zusammentreffen hervorstrahlen, bedeutende Bilder, die in diesen Regionen schweben, andringende Sprüche der heiligen und Profanskribenten, und was sich sonst noch humoristisch hinzufügen mag, alles dieses bildet die wun­ derbare Gesamtheit seines Stils, seiner Mitteilungen. Kann man sich nun in der Tiefe nicht zu ihm gesellen, auf den Höhen nicht mit ihm wandeln, der Gestalten, die ihm vorschweben, sich nicht bemächtigen, aus einer unendlich ausgebreiteten Literatur nicht gerade den Sinn ei­ ner nur angedeuteten Stelle herausfinden; so wird es um uns nur trüber und dunkler | jemehr wir ihn studieren, und diese Finsternis wird mit den Jahren immer zunehmen, weil seine Anspielungen auf bestimm­ te, im Leben und in der Literatur augenblicklich herrschende Eigen­ heiten vorzüglich gerichtet waren. Unter meiner Sammlung befinden sich einige seiner gedruckten Bogen, wo er an dem Rande eigenhändig die Stellen zitiert hat, auf die sich seine Andeutungen beziehn. Schlägt man sie auf, so gibt es abermals ein zweideutiges Doppellicht, das uns

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tutte le sue forze unite insieme; atti isolati sono deprecabi­ li». Massima splendida, ma difficile da seguire! Per la vita e per l’arte potrebbe anche valere, mentre per tutto ciò che non è poetico ma viene ugualmente tramandato dalla paro­ la, ci sono grandi difficoltà: la parola infatti, per avere un significato, per dire qualcosa, deve isolarsi, separarsi dalle altre. Nel momento in cui parla, l’uomo deve divenire uni­ laterale; non c’è comunicazione, non c’è insegnamento sen­ za la separazione. Ma poiché Hamann si opponeva in via definitiva a questa divisione, e così come sentiva, immagi­ nava, pensava in modo unitario, così voleva anche parlare e lo stesso pretendeva dagli altri, ecco che entrò in conflitto con il suo stesso stile e con tutto ciò che scrivevano gli altri. Per ottenere l’impossibile si aggrappava quindi a tutti gli elementi: le intuizioni più profonde e segrete, dove natura e spirito si incontrano nel nascondimento, lampi di genio fol­ goranti che scaturiscono da quell’incontro, immagini pre­ gnanti che fluttuano in quelle regioni, sentenze incalzanti di scrittori sacri e profani e in aggiunta anche una certa ironia – tutto questo formava lo stranissimo complesso del suo stile, della sua scrittura. Se non riusciamo a unirci a lui nelle profondità, a passeggiare con lui nelle altezze, ad afferrare le immagini che gli aleggiano davanti, a cogliere il senso di un’allusione appena abbozzata in un mare di riferimenti letterari, tutto diventa sempre più oscuro e torbido intorno a noi, | e quanto più cerchiamo di studiarlo, tanto più quell’o­ scurità aumenterà con il passare degli anni, perché le sue allusioni erano espressamente rivolte a peculiarità proprie di quel momento specifico della vita e della letteratura. Tra le mie carte ci sono alcuni suoi fascicoli a stampa dove a margine ha annotato di suo pugno i passi a cui aveva fatto riferimento. Se li si va a cercare, si accendono altre luci am­ bigue, doppie, che possono essere anche molto piacevoli se

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höchst angenehm erscheint, nur muß man durchaus auf das Verzicht tun, was man gewöhnlich verstehen nennt. Solche Blätter verdienen auch deswegen Sibyllinisch genannt zu werden, weil man sie nicht an und für sich betrachten kann, sondern auf Gelegenheit warten muß, wo man etwa zu ihren Orakeln seine Zuflucht nähme. Jedesmal wenn man sie aufschlägt, glaubt man etwas Neues zu finden, weil der einer jeden Stelle inwohnende Sinn uns auf eine vielfache Weise berührt und aufregt. Persönlich habe ich ihn nie gesehn, auch kein unmittelbares Ver­ hältnis zu ihm durch Briefe gehabt. Mir scheint er in Lebens- und Freundschaftsverhältnissen höchst klar gewesen zu sein und die Be­ züge der Menschen unter einander und auf ihn sehr richtig gefühlt zu haben. Alle Briefe die ich von ihm sah, waren vortrefflich und viel deutlicher als seine Schriften, weil hier der Bezug auf Zeit und Um­ stände so wie auf persönliche Verhältnisse klarer hervortrat. Soviel glaubte ich jedoch durchaus zu ersehn, daß er die Überlegenheit seiner Geistesgaben aufs naivste fühlend, sich jederzeit für etwas weiser und klüger gehalten als seine Korrespondenten, denen er mehr ironisch als herzlich begegnete. Gälte dies auch nur von einzelnen Fällen, so war es für mich doch die Mehrzahl und Ursache, daß ich mich ihm zu nähern niemals Verlangen trug. Zwischen Herdern und uns waltete dagegen ein gemütlich literari­ sches [!] Verkehr höchst lebhaft fort, nur Schade, daß es sich niemals ruhig und rein erhalten konnte. Aber Herder unterließ sein Necken und Schelten nicht; Merken brauchte man nicht viel zu reizen, der mich denn auch zur | Ungeduld aufzuregen wußte. Weil nun Herder unter al­ len Schriftstellern und Menschen Swiften am meisten zu ehren schien, so hieß er unter uns gleichfalls der Dechant, und dieses gab abermals zu mancherlei Irrungen und Verdrießlichkeiten Anlaß. Demungeachtet freuten wir uns höchlich, als wir vernahmen, daß er in Bückeburg sollte angestellt werden, welches ihm doppelt Ehre

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solo si rinuncia del tutto a ciò che normalmente si definisce ‘comprensione’. Anche per questo quei fogli si meritano la qualifica di sibillini, perché non li si può considerare in sé e per sé, ma si deve aspettare l’occasione in cui cercare ri­ fugio nei suoi oracoli. Ogni volta che li si legge si ha l’im­ pressione di trovare qualcosa di nuovo, perché il significato intrinseco di ogni passo ci tocca e ci sollecita in tanti modi diversi. Io non l’ho mai visto di persona né ho avuto con lui con­ tatti epistolari; mi pare però che nei rapporti sociali e di amicizia avesse le idee molto chiare e abbia colto con gran­ de precisione le relazioni tra le persone e nei suoi riguardi. Tutte le lettere che ho visto erano eccellenti e molto più chiare dei suoi scritti, perché in queste il riferimento a tem­ po, circostanze e rapporti personali era molto più esplicito. Ma una cosa mi pare di aver capito, e cioè che Hamann, ingenuamente conscio della superiorità delle sue doti spi­ rituali, si riteneva sempre un po’ più saggio e un po’ più intelligente dei suoi interlocutori, a cui scriveva più ironico che cordiale. Forse si trattava solo di singoli casi, ma per quello che vidi erano la maggioranza e per questo motivo non sentii mai il desiderio di avvicinarmi a lui. Tra noi e Herder proseguiva invece una corrispondenza letteraria molto vivace, peccato che non ci fosse modo di mantenerla su toni calmi e tranquilli. Herder non smetteva mai di dileggiare e inveire; Merck non aveva affatto biso­ gno di essere provocato e sapeva bene come | far perdere la pazienza anche a me. Dato che Herder sembrava stimare Swift più di ogni altro uomo e scrittore, tra noi lo chiamava­ mo ‘il decano’, cosa che diede adito a vari fraintendimenti e contrarietà80. Ciononostante ci rallegrammo moltissimo quando ve­ nimmo a sapere che aveva trovato un impiego a Bückeburg;

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brachte: denn sein neuer Patron hatte den höchsten Ruf als ein einsich­ tiger, tapferer, obwohl sonderbarer Mann gewonnen. Thomas Abt war in diesen Diensten bekannt und berühmt geworden, dem Verstorbenen klagte das Vaterland nach und freute sich an dem Denkmal, das ihm sein Gönner gestiftet. Nun sollte Herder an der Stelle des zu früh Ver­ blichenen alle diejenigen Hoffnungen erfüllen, welche sein Vorgänger so würdig erregt hatte. Die Epoche worin dieses geschah, gab einer solchen Anstellung doppelten Glanz und Wert; denn mehrere deutsche Fürsten folgten schon dem Beispiel des Grafen von der Lippe, daß sie nicht bloß ge­ lehrte und eigentlich geschäftsfähige, sondern auch geistreiche und vielversprechende Männer in ihre Dienste aufnahmen. Es hieß: Klop­ stock sei von dem Markgrafen Carl von Baden berufen worden, nicht zu eigentlichem Geschäftsdienst, sondern um, durch seine Gegenwart, Anmut und Nutzen der höheren Gesellschaft mitzuteilen. So wie nun hierdurch das Ansehn auch dieses vortrefflichen Fürsten wuchs, der allem Nützlichen und Schönen seine Aufmerksamkeit schenkte, so mußte die Verehrung für Klopstock gleichfalls nicht wenig zunehmen. Lieb und wert war alles was von ihm ausging; sorgfältig schrieben wir die Oden ab und die Elegieen, wie sie ein Jeder habhaft werden konnte. Höchst vergnügt waren wir daher, als die große Landgräfin Caroline von Hessendarmstadt eine Sammlung derselben veranstaltete, und eins der wenigen Exemplare in unsere Hände kam, das uns in Stand setzte, die eignen handschriftlichen Sammlungen zu vervollzähligen. Daher sind uns jene ersten Lesarten lange Zeit die liebsten geblieben, ja wir haben uns noch oft an | Gedichten, die der Verfasser nachher verwor­ fen, erquickt und erfreut. So wahr ist, daß das aus einer schönen Seele hervordringende Leben nur um desto freier wirkt, je weniger es durch Kritik in das Kunstfach herübergezogen erscheint. Klopstock hatte sich und andern talentvollen Männern, durch sei­ nen Charakter und sein Betragen, Ansehn und Würde zu verschaffen

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un duplice onore per lui, poiché il suo nuovo mecenate si era conquistato la fama di essere un uomo intelligente e coraggioso, per quanto strambo. Al suo servizio Thomas Abbt aveva ottenuto notorietà e gloria, la patria ne pianse la scomparsa e apprezzò il monumento che il suo mecenate gli fece erigere. Ora Herder doveva portare a compimento tutte le speranze che il suo predecessore, prematuramente scomparso, aveva suscitato81. Il momento storico in cui ciò accadde gli conferì an­ cora maggior lustro e valore, in quanto parecchi principi tedeschi stavano seguendo l’esempio del conte von Lippe, e prendevano al loro servizio non soltanto uomini colti ed esperti nell’amministrazione, ma anche uomini di lettere di belle speranze. Si diceva che Klopstock fosse stato chia­ mato dal margravio Karl von Baden non per un servizio effettivo, ma perché la sua presenza procurasse all’alta so­ cietà lustro e intrattenimento82. Così facendo si accrebbe la fama di quel grande principe che tanta attenzione dedicava al bello e all’utile, e insieme aumentò non poco anche la ve­ nerazione per Klopstock. Tutto ciò che scriveva era amato e apprezzato; con cura trascrivevamo odi ed elegie quan­ do ci capitavano sottomano e fummo quindi molto conten­ ti quando la langravia Caroline von Hessen-Darmstadt le fece raccogliere e riuscimmo a ottenerne uno dei pochissi­ mi esemplari, che ci permise di completare la nostra raccol­ ta manoscritta. Per questo quelle prime versioni rimasero a lungo le nostre preferite, anzi, spesso abbiamo trovato con­ forto e piacere in | poesie che l’autore ha poi ripudiato83. È proprio vero che la vita che scaturisce da un’anima bella è molto più efficace, quanto meno viene incasellata dalla critica nelle categorie dell’arte. Klopstock era riuscito a procurare fama e dignità a sé e ad altri uomini di talento grazie al suo carattere e compor­

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gewußt; nun sollten sie ihm aber auch wo möglich die Sicherung und Verbesserung ihres häuslichen Bestandes verdanken. Der Buchhan­ del nämlich bezog sich in früherer Zeit mehr auf bedeutende, wissen­ schaftliche Fakultätswerke, auf stehende Verlagsartikel, welche mäßig honoriert wurden. Die Produktion von poetischen Schriften aber wur­ de als etwas Heiliges angesehn, und man hielt es beinah für Simonie, ein Honorar zu nehmen oder zu steigern. Autoren und Verleger stan­ den in dem wunderlichsten Wechselverhältnis. Beide erschienen, wie man es nehmen wollte, als Patrone und als Klienten. Jene, die neben ihrem Talent, gewöhnlich als höchst sittliche Menschen vom Publi­ kum betrachtet und verehrt wurden, hatten einen geistigen Rang und fühlten sich durch das Glück der Arbeit belohnt; diese begnügten sich gern mit der zweiten Stelle und genossen eines ansehnlichen Vorteils: nun aber setzte die Wohlhabenheit den reichen Buchhändler wieder über den armen Poeten, und so stand alles in dem schönsten Gleich­ gewicht. Wechselseitige Großmut und Dankbarkeit war nicht selten: Breitkopf und Gottsched blieben lebenslang Hausgenossen; Knickerei und Niederträchtigkeit, besonders der Nachdrucker, waren noch nicht im Schwange. Demungeachtet war unter den deutschen Autoren eine allgemeine Bewegung entstanden. Sie verglichen ihren eignen, sehr mäßigen, wo nicht ärmlichen Zustand mit dem Reichtum der angesehenen Buch­ händler, sie betrachteten, wie groß der Ruhm eines Gellert, eines Rabe­ ner sei, und in welcher häuslichen Enge ein allgemein beliebter deut­ scher Schriftsteller sich behelfen müsse, wenn er sich nicht durch sonst irgend einen Erwerb das Leben erleichterte. Auch die | mittleren und geringern Geister fühlten ein lebhaftes Verlangen, ihre Lage verbessert zu sehn, sich von Verlegern unabhängig zu machen. Nun trat Klopstock hervor und bot seine Gelehrtenrepublik auf Subskription an. Obgleich die spätern Gesänge des Messias, teils ihres

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tamento; ora dovevano ringraziarlo, nei limiti del possibile, anche per il miglioramento e la salvaguardia della loro si­ tuazione economica. Il mercato librario infatti nelle epoche precedenti si basava su opere accademiche, scientifiche e rilevanti, e su prodotti costantemente richiesti e discreta­ mente pagati. La produzione di scritti poetici, invece, era considerata qualcosa di sacro e si riteneva fosse quasi un sacrilegio accettare o richiedere un compenso. Scrittori ed editori avevano un rapporto davvero curioso, per come li si guardasse fungevano entrambi da mecenati e protetti84. I primi, rispettati e venerati dal pubblico non solo per il loro talento ma anche in quanto persone di grande levatura morale, avevano un rango spirituale e si sentivano ricom­ pensati dal successo dell’opera; i secondi si accontentavano volentieri del secondo posto e ne traevano un lauto guada­ gno. Allo stesso tempo la ricchezza poneva il ricco editore al di sopra del povero poeta, e così si manteneva un equili­ brio perfetto. Generosità e gratitudine reciproca non erano rare: Breitkopf e Gottsched abitarono per tutta la vita nella stessa casa, mentre tirchieria e meschinità, soprattutto da parte degli stampatori abusivi, non erano ancora di moda. Ciononostante si era ingenerata tra gli scrittori tedeschi una certa irrequietudine. Paragonavano la loro condizione molto modesta, se non addirittura miserevole, con la ric­ chezza dei librai più noti; consideravano quanto era celebre un Gellert o un Rabener e in quali ristrettezze uno scrittore tedesco così amato dovesse arrabattarsi, se non aveva una qualche altra fonte di reddito che gli facilitasse la vita. An­ che i | meno brillanti e i mediocri aspiravano vivamente a migliorare la loro condizione e a rendersi indipendenti dagli editori. A quel punto si fece avanti Klopstock che offrì la sua Repubblica dei dotti in sottoscrizione85. Sia per il loro conte­

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Inhalts, teils der Behandlung wegen, nicht die Wirkung tun konnten wie die frühern, die, selbst rein und unschuldig, in eine reine und un­ schuldige Zeit kamen; so blieb doch die Achtung gegen den Dichter immer gleich, der sich, durch die Herausgabe seiner Oden, die Her­ zen, Geister und Gemüter vieler Menschen zugewendet hatte. Viele wohldenkende Männer, darunter mehrere von großem Einfluß, erboten sich, Vorausbezahlung anzunehmen, die auf einen Louisd’or gesetzt war, weil es hieß, daß man nicht sowohl das Buch bezahlen, als den Verfasser, bei dieser Gelegenheit, für seine Verdienste um das Vater­ land belohnen sollte. Hier drängte sich nun Jedermann hinzu, selbst Jünglinge und Mädchen, die nicht viel aufzuwenden hatten, eröffneten ihre Sparbüchsen; Männer und Frauen, der obere, der mittlere Stand trugen zu dieser heiligen Spende bei, und es kamen vielleicht tausend Pränumeranten zusammen. Die Erwartung war aufs höchste gespannt, das Zutrauen so groß als möglich. Hiernach mußte das Werk, bei seiner Erscheinung, den seltsams­ ten Erfolg von der Welt haben; zwar immer von bedeutendem Wert, aber nichts weniger als allgemein ansprechend. Wie Klopstock über Poesie und Literatur dachte, war in Form einer alten deutschen Drui­ denrepublik dargestellt, seine Maximen über das Echte und Falsche in lakonischen Kernsprüchen angedeutet, wobei jedoch manches Lehr­ reiche der seltsamen Form aufgeopfert wurde. Für Schriftsteller und Literatoren war und ist das Buch unschätzbar, konnte aber auch nur in diesem Kreise wirksam und nützlich sein. Wer selbst gedacht hatte, folgte dem Denker, wer das Echte zu suchen und zu schätzen wußte, fand sich durch den gründlichen braven Mann belehrt; aber der Lieb­ haber, der Leser ward nicht aufgeklärt, ihm blieb | das Buch versiegelt, und doch hatte man es in alle Hände gegeben, und indem Jedermann ein vollkommen brauchbares Werk erwartete, erhielten die meisten ein solches, dem sie auch nicht den mindesten Geschmack abgewinnen konnten. Die Bestürzung war allgemein, die Achtung gegen den Mann

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nuto, sia per il modo in cui era stato trattato, gli ultimi canti del Messia non avevano avuto lo stesso successo dei primi che, puri e innocenti, erano apparsi in un’epoca altrettanto pura e innocente. Ma era rimasto immutato il rispetto per il poeta che con la pubblicazione delle Odi si era conquistato i cuori e gli animi di molti. Tante personalità, tra cui anche alcune molto influenti, aderirono alla sottoscrizione che era stata fissata in un luigi d’oro, perché si riteneva che ciò si­ gnificasse non soltanto acquistare il libro, ma avere anche l’occasione per ricompensare l’autore dei suoi meriti a fa­ vore della patria. Tutti allora si fecero avanti, anche ragazzi e ragazze con pochi mezzi mettevano mano al salvadanaio. Uomini e donne, il ceto medio, quello più elevato, tutti con­ tribuirono a quella sacra offerta e ci fu qualcosa come un migliaio di sottoscrittori. Le aspettative erano al massimo, la fiducia illimitata. Di conseguenza l’opera, quando uscì, ebbe un succes­ so piuttosto anomalo. Era di indubbio valore, ma non certo alla portata di tutti. Klopstock espose quello che pensava sulla letteratura e sulla poesia incarnandolo in una repub­ blica germanica di druidi, le sue convinzioni sul vero e il falso erano abbozzate in aforismi laconici, e molti conte­ nuti istruttivi furono sacrificati a beneficio della forma. Per scrittori e letterati il libro era e rimane inestimabile, ma po­ teva essere recepito e utile solo in quella cerchia. Chi sa­ peva pensare con la sua testa, ne seguiva il pensiero; chi sapeva cercare e apprezzare l’autenticità, fu istruito da quel brav’uomo profondo; ma il suo estimatore, il lettore non erano in grado di capirlo, per loro | il libro rimase sigillato, eppure lo si era messo nelle mani di tutti. Ciascuno si aspet­ tava dunque un’opera di facile lettura, mentre nella maggior parte dei casi ne ricevette una da cui non poteva trarre alcun godimento. La delusione fu generale, ma l’ammirazione per

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aber so groß, daß kein Murren, kaum ein leises Murmeln entstand. Die junge schöne Welt verschmerzte den Verlust und verschenkte nun scherzend die teuer erworbenen Exemplare. Ich erhielt selbst mehrere von guten Freundinnen, deren keines aber mir geblieben ist. Diese dem Autor gelungene, dem Publikum aber mißlungene Un­ ternehmung hatte die böse Folge, daß nun sobald nicht mehr an Sub­ skription und Pränumeration zu denken war; doch hatte sich jener Wunsch zu allgemein verbreitet, als daß der Versuch nicht hätte erneu­ ert werden sollen. Dieses nun im Großen und Ganzen zu tun, erbot sich die Dessauische Verlagshandlung. Hier sollten Gelehrte und Verleger, in geschlossenem Bund, des zu hoffenden Vorteils beide verhältnismä­ ßig genießen. Das so lange peinlich empfundene Bedürfnis erweckte hier abermals ein großes Zutrauen, das sich aber nicht lange erhalten konnte, und leider schieden die Teilhaber nach kurzen Bemühungen mit wechselseitigem Schaden aus einander. Eine rasche Mitteilung war jedoch unter den Literaturfreunden schon eingeleitet; die Musenalmanache verbanden alle jungen Dichter, die Journale den Dichter mit den übrigen Schriftstellern. Meine Lust am Hervorbringen war grenzenlos; gegen mein Hervorgebrachtes ver­ hielt ich mich gleichgültig; nur wenn ich es mir und andern in gesel­ ligem Kreise froh wieder vergegenwärtigte, erneute sich die Neigung daran. Auch nahmen viele gern an meinen größern und kleinern Arbei­ ten Teil, weil ich einen Jeden, der sich nur einigermaßen zum Hervor­ bringen geneigt und geschickt fühlte, etwas in seiner eignen Art unab­ hängig zu leisten, dringend nötigte, und von allen gleichfalls wieder zu neuem Dichten und Schreiben aufgefordert wurde. | Dieses wechsel­ seitige, bis zur Ausschweifung gehende Hetzen und Treiben gab Jedem nach seiner Art einen fröhlichen Einfluß, und aus diesem Quirlen und Schaffen, aus diesem Leben und Lebenlassen, aus diesem Nehmen und Geben, welches mit freier Brust, ohne irgend einen theoretischen Leit­ stern, von so viel Jünglingen, nach eines jeden angebornem Charakter,

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l’uomo era così grande che non ci furono proteste, al massi­ mo un lieve mormorio. I giovani del bel mondo accusarono la perdita e regalavano per celia le copie acquistate a caro prezzo; io stesso ne ricevetti diverse da alcune care amiche, ma non ne ho conservata nessuna. Quell’impresa, fortunata per l’autore ma sfortunata per il pubblico, ebbe la conseguenza negativa di rendere impossi­ bile proporre di nuovo sottoscrizioni e abbonamenti; ma il favore incontrato era stato troppo vasto per non pensare di ripetere l’esperimento. Una casa editrice di Dessau si pro­ pose di praticarlo su larga scala: scrittori ed editore si con­ sociarono per trarre profitto dagli eventuali utili in modo proporzionato. Quell’esigenza tormentosa e a lungo sentita suscitò anche in questo caso grandi speranze ma non durò molto, e dopo pochi tentativi i promotori si separarono con un danno reciproco86. Un veloce mezzo di comunicazione si era nel frattempo diffuso tra i cultori della letteratura: gli Almanacchi delle Muse mettevano in contatto tra loro i giovani poeti, le rivi­ ste il poeta con altri scrittori87. Il mio desiderio di scrivere era sconfinato; le cose che avevo già scritto mi erano indif­ ferenti, riprendevo ad apprezzarle solo quando mi tornava­ no fresche in mente recitandole allegramente in compagnia. Erano anche in molti a interessarsi dei miei lavori grandi e piccoli, perché io, da parte mia, incitavo con calore tut­ ti quelli che avevano voglia o talento a produrre qualcosa in autonomia, secondo il loro stile, e venivo a mia volta sollecitato a scrivere e comporre versi. | Questo reciproco spronare e incitare che giungeva quasi all’eccesso, aveva un influsso positivo su ciascuno di noi, e da questo agitarsi e creare, da questo vivere e lasciar vivere, dare e prende­ re praticato con generosità da così tanti giovani, senza un qualche riferimento teorico, senza remore e a seconda del

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ohne Rücksichten getrieben wurde, entsprang jene berühmte, berufene und verrufene Literarepoche, in welcher eine Masse junger genialer Männer, mit aller Mutigkeit und aller Anmaßung, wie sie nur einer solchen Jahreszeit eigen sein mag, hervorbrachen, durch Anwendung ihrer Kräfte manche Freude, manches Gute, durch den Mißbrauch der­ selben manchen Verdruß und manches Übel stifteten; und gerade die aus dieser Quelle entspringenden Wirkungen und Gegenwirkungen sind das Hauptthema dieses Bandes. Woran sollen aber junge Leute das höchste Interesse finden, wie sollen sie unter ihresgleichen Interesse erregen, wenn die Liebe sie nicht beseelt, und wenn nicht Herzensangelegenheiten, von welcher Art sie auch sein mögen, in ihnen lebendig sind? Ich hatte im Stillen eine verlorene Liebe zu beklagen; dies machte mich mild und nach­ giebig, und der Gesellschaft angenehmer als in glänzenden Zeiten, wo mich nichts an einen Mangel oder einen Fehltritt erinnerte, und ich ganz ungebunden vor mich hinstürmte. Die Antwort Friedrikens auf einen schriftlichen Abschied zerriß mir das Herz. Es war dieselbe Hand, derselbe Sinn, dasselbe Gefühl, die sich zu mir, die sich an mir herangebildet hatten. Ich fühlte nun erst den Verlust den sie erlitt, und sah keine Möglichkeit ihn zu ersetzen, ja nur ihn zu lindern. Sie war mir ganz gegenwärtig; stets empfand ich, daß sie mir fehlte, und was das Schlimmste war, ich konnte mir mein eignes Unglück nicht verzeihen. Gretchen hatte man mir genom­ men, Annette mich verlassen, hier war ich zum ersten Mal schuldig; ich hatte das schönste Herz in seinem Tiefsten verwundet, und so war die Epoche einer düsteren Reue, bei dem Mangel einer gewohnten | erquicklichen Liebe, höchst peinlich, ja unerträglich. Aber der Mensch will leben; daher nahm ich aufrichtigen Teil an andern, ich suchte ihre Verlegenheiten zu entwirren, und was sich trennen wollte zu verbin­ den, damit es ihnen nicht ergehen möchte wie mir. Man pflegte mich daher den Vertrauten zu nennen, auch, wegen meines Umherschwei­ fens in der Gegend, den Wanderer. Dieser Beruhigung für mein Gemüt,

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carattere di ciascuno, sorse quella discussa, famosa e in­ sieme famigerata corrente letteraria88 che portò alla ribalta una massa di giovani geniali, con tutta l’audacia e la spa­ valderia che si possono avere solo in quella fase della vita; applicando le loro energie fecero del bene e diedero gioia, abusandone crearono irritazione e qualche danno, e tutte le azioni e reazioni che da quella corrente scaturirono sono l’argomento principale di questo volume. Ma qual è la cosa che più interessa i giovani, e come pos­ sono riuscire a suscitare l’interesse dei loro coetanei se non grazie all’amore che li ispira e grazie agli affari di cuore, di qualsiasi tipo, che li ravvivano? In segreto io piangevo un amore perduto e questo mi rendeva mite, arrendevole e ancora più socievole rispetto ai bei tempi, quando nulla mi ricordava una mancanza o un passo falso e mi lasciavo andare senza freni. La risposta di Friederike alla mia lettera di addio mi spezzò il cuore. Era la stessa mano, lo stesso spirito, lo stes­ so sentimento che erano cresciuti per me e in me. Solo ora mi rendevo conto di quanto soffriva per la perdita e non avevo alcuna possibilità di compensarla, di alleviarla. La pensavo costantemente, in ogni attimo sentivo la sua man­ canza e, cosa ancora peggiore, non riuscivo a perdonarmi la mia infelicità. Gretchen me l’avevano portata via, Annette mi aveva lasciato, ora per la prima volta era colpa mia. Ave­ vo ferito fin nel profondo il cuore più bello e quella fase di cupi rimorsi, uniti alla mancanza di un affetto ristoratore | a cui mi ero abituato, fu davvero penosa, anzi, insopportabile. Ma la vita continua; mi interessai sinceramente agli altri, cercavo di sciogliere i loro imbarazzi, di unire quello che voleva dividersi affinché non succedesse a loro come a me. Cominciarono quindi a chiamarmi ‘il confidente’ e anche, per il mio continuo vagabondare nei dintorni, ‘il viandante’.

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die mir nur unter freiem Himmel, in Tälern, auf Höhen, in Gefilden und Wäldern zu Teil ward, kam die Lage von Frankfurt zu statten, das zwi­ schen Darmstadt und Homburg mitten inne lag, zwei angenehmen Or­ ten, die durch Verwandtschaft beider Höfe in gutem Verhältnis standen. Ich gewöhnte mich, auf der Straße zu leben, und wie ein Bote zwischen dem Gebirg und dem flachen Lande hin und her zu wandern. Oft ging ich allein oder in Gesellschaft durch meine Vaterstadt, als wenn sie mich nichts anginge, speiste in einem der großen Gasthöfe in der Fahr­ gasse und zog nach Tische meines Wegs weiter fort. Mehr als jemals war ich gegen offene Welt und freie Natur gerichtet. Unterwegs sang ich mir seltsame Hymnen und Dithyramben, wovon noch eine, unter dem Titel Wanderers Sturmlied, übrig ist. Ich sang diesen Halbunsinn leidenschaftlich vor mich hin, da mich ein schreckliches Wetter unter­ weges traf, dem ich entgegen gehn mußte. Mein Herz war ungerührt und unbeschäftigt: ich vermied gewissen­ haft alles nähere Verhältnis zu Frauenzimmern, und so blieb mir ver­ borgen, daß mich Unaufmerksamen und Unwissenden ein liebevoller Genius heimlich umschwebe. Eine zarte liebenswürdige Frau hegte im Stillen eine Neigung zu mir, die ich nicht gewahrte, und mich eben des­ wegen in ihrer wohltätigen Gesellschaft desto heiterer und anmutiger zeigte. Erst mehrere Jahre nachher, ja erst nach ihrem Tode, erfuhr ich das geheime himmlische Lieben, auf eine Weise, die mich erschüttern mußte; aber ich war schuldlos und konnte ein schuldloses Wesen rein und redlich betrauern, und um so schöner, als die Entdeckung gerade in eine Epoche fiel, wo ich, ganz ohne | Leidenschaft, mir und meinen geistigen Neigungen zu leben das Glück hatte. Aber zu der Zeit, als der Schmerz über Friedrikens Lage mich be­ ängstigte, suchte ich, nach meiner alten Art, abermals Hülfe bei der

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Questa attività che placava il mio spirito, possibile solo a cielo aperto, tra monti e valli, tra campi e boschi, era favo­ rita dalla posizione di Francoforte che si trovava a mezza strada tra Darmstadt e Homburg, due luoghi gradevoli e in ottimi rapporti grazie alla parentela tra le due corti. Mi abi­ tuai a vivere per strada e a spostarmi avanti e indietro tra la pianura e la collina come un messaggero. Talvolta attraver­ savo da solo o in compagnia la mia città natale come se non avesse nulla a che vedere con me, mangiavo in una delle grandi trattorie sulla Fahrgasse e dopo pranzo proseguivo per la mia strada. Molto spesso mi dirigevo verso l’aperta campagna e la natura intatta. Lungo la strada cantavo strani inni e ditirambi, uno dei quali si è conservato con il titolo Canto del viandante nella tempesta. Canticchiai con pas­ sione tra me e me questa sciocchezzuola una volta che, per strada, fui colto da un terribile temporale a cui non potei sfuggire. Il mio cuore era distaccato e ozioso; evitavo accurata­ mente qualsiasi contatto ravvicinato con le ragazze e così, disattento e ignaro com’ero, non mi accorsi che un genio amorevole mi aleggiava segretamente intorno. Una signora dolce e deliziosa89 nutriva in silenzio un’inclinazione per me di cui però non mi accorsi e proprio per questo forse mi sentivo sereno e a mio agio nella sua benefica presenza. Solo molti anni più tardi, dopo la sua morte, venni a sapere di quell’amore divino e segreto, e ne rimasi turbato; io però ero senza colpa e potei rimpiangere con sincerità e purez­ za quella creatura innocente, ancor di più perché lo venni a sapere in una fase in cui, non essendo preso da | alcuna passione, avevo la fortuna di poter vivere per me stesso e le mie inclinazioni spirituali. Ma nel periodo in cui ero tormentato dal dolore per la situazione di Friederike cercai di nuovo, come ormai mi

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Dichtkunst. Ich setzte die hergebrachte poetische Beichte wieder fort, um durch diese selbstquälerische Büßung einer innern Absolution wür­ dig zu werden. Die beiden Marieen in Götz von Berlichingen und Cla­ vigo, und die beiden schlechten Figuren, die ihre Liebhaber spielen, möchten wohl Resultate solcher reuigen Betrachtungen gewesen sein. Wie man aber Verletzungen und Krankheiten in der Jugend rasch überwindet, weil ein gesundes System des organischen Lebens für ein krankes einstehen und ihm Zeit lassen kann auch wieder zu gesunden, so traten körperliche Übungen glücklicher Weise, bei mancher günsti­ gen Gelegenheit, gar vorteilhaft hervor, und ich ward zu frischem Er­ mannen, zu neuen Lebensfreuden und Genüssen vielfältig aufgeregt. Das Reiten verdrängte nach und nach jene schlendernden, melancho­ lischen, beschwerlichen und doch langsamen und zwecklosen Fuß­ wanderungen; man kam schneller, lustiger und bequemer zum Zweck. Die jüngern Gesellen führten das Fechten wieder ein; besonders aber tat sich, bei eintretendem Winter, eine neue Welt vor uns auf, indem ich mich zum Schlittschuhfahren, welches ich nie versucht hatte, rasch entschloß, und es in kurzer Zeit, durch Übung, Nachdenken und Be­ harrlichkeit, so weit brachte, als nötig ist, um eine frohe und belebte Eisbahn mitzugenießen, ohne sich gerade auszeichnen zu wollen. Diese neue frohe Tätigkeit waren wir denn auch Klopstocken schul­ dig, seinem Enthusiasmus für diese glückliche Bewegung, den Privat­ nachrichten bestätigten, wenn seine Oden davon ein unverwerfliches Zeugnis ablegen. Ich erinnere mich ganz genau, daß an einem heiteren Frostmorgen, ich aus dem Bette springend mir jene Stellen zurief: | 569

Schon von dem Gefühle der Gesundheit froh, Hab’ ich, weit hinab, weiß an dem Gestade gemacht Den bedeckenden Krystall.

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era consueto, aiuto nella poesia. Proseguii con la mia so­ lita confessione poetica per potermi meritare l’assoluzione interiore grazie al tormento di quella penitenza autoinflitta. Le due Marie in Götz von Berlichingen e in Clavigo e le figure mediocri dei loro fidanzati potrebbero ben essere il risultato di quelle contrite considerazioni. Ma proprio come in gioventù si guarisce in fretta da fe­ rite e malattie perché il sistema sano dell’organismo sup­ plisce la parte malata dandole il tempo di risanarsi, allo stesso modo trassi grande beneficio dall’esercizio fisico che ebbi per fortuna occasione di fare e che mi aiutò a trovare nuovo coraggio, insieme al gusto per nuove gioie e piaceri della vita. Cavalcare soppiantò man mano le malinconiche e faticose passeggiate, lente e insensate; si giungeva alla meta più in fretta, più comodamente e in modo più piace­ vole. Gli amici più giovani riportarono in auge la scherma, ma soprattutto, con l’approssimarsi dell’inverno, mi si aprì un mondo nuovo quando decisi all’improvviso di pattinare sul ghiaccio, cosa che non avevo mai fatto prima. In breve tempo, grazie all’applicazione, alla riflessione e alla costan­ za riuscii a progredire al punto tale da poter apprezzare in compagnia una pista di pattinaggio allegra e affollata, pur senza voler eccellere. Devo ringraziare anche Klopstock per questa nuova gio­ iosa attività – il suo entusiasmo per questo felice esercizio è documentato da informazioni private, ma le sue Odi ne forniscono incontrovertibile testimonianza. Mi ricordo be­ nissimo una mattina gelida in cui, saltando giù dal letto, mi vennero in mente quei versi: | Allegro e frizzante di benessere laggiù lungo la riva è già imbiancato il cristallo che la ricopre.

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Wie erhellt des Winters werdender Tag Sanft den See? Glänzenden Reif, Sternen gleich, Streute die Nacht über ihn aus! Mein zaudernder und schwankender Entschluß war sogleich bestimmt, und ich flog sträcklings dem Orte zu, wo ein so alter Anfänger mit einiger Schicklichkeit seine ersten Übungen anstellen konnte. Und für­ wahr! diese Kraftäußerung verdiente wohl von Klopstock empfohlen zu werden, die uns mit der frischesten Kindheit in Berührung setzt, den Jüngling seiner Gelenkheit ganz zu genießen aufruft, und ein stocken­ des Alter abzuwehren geeignet ist. Auch hingen wir dieser Lust unmä­ ßig nach. Einen herrlichen Sonnentag so auf dem Eise zu verbringen, genügte uns nicht; wir setzten unsere Bewegung bis spät in die Nacht fort. Denn wie andere Anstrengungen den Leib ermüden, so verleiht ihm diese eine immer neue Schwungkraft. Der über den nächtlichen, weiten, zu Eisfeldern überfrorenen Wiesen aus den Wolken hervortre­ tende Vollmond, die unserm Lauf entgegensäuselnde Nachtluft, des bei abnehmendem Wasser sich senkenden Eises ernsthafter Donner, unse­ rer eigenen Bewegungen sonderbarer Nachhall, vergegenwärtigten uns Ossiansche Szenen ganz vollkommen. Bald dieser bald jener Freund ließ in deklamatorischem Halbgesange eine Klopstockische Ode er­ tönen, und wenn wir uns im Dämmerlichte zusammenfanden, erscholl das ungeheuchelte Lob des Stifters unserer Freuden. Und sollte der unsterblich nicht sein, Der Gesundheit uns und Freuden erfand, Die das Roß mutig im Lauf niemals gab, Welche der Ball selber nicht hat? | 570

Solchen Dank verdient sich ein Mann, der irgend ein irdisches Tun durch geistige Anregung zu veredeln und würdig zu verbreiten weiß! Und so wie talentreiche Kinder, deren Geistesgaben schon früh wundersam ausgebildet sind, sich, wenn sie nur dürfen, den einfachs­

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L’alba del giorno invernale illumina il laghetto dolcemente. La notte lo ha cosparso di brina scintillante, simile a stelle!90 Il mio proposito ancora timoroso e incerto ne fu subito raf­ forzato e corsi in un luogo dove un principiante non più gio­ vane poteva fare i suoi primi esercizi in tranquillità. E dav­ vero, questa manifestazione di vitalità meritava proprio che Klopstock la raccomandasse! Ci riporta a contatto con la prima infanzia, incita il giovane ad apprezzare la sua agilità e aiuta a prevenire la rigidità della vecchiaia. Mi abbando­ nai senza freno a quella passione. Non mi bastava trascor­ rere sul ghiaccio un’intera giornata di sole, continuavo a pattinare fino a tarda notte; infatti, mentre altre fatiche stan­ cano il fisico, questa gli conferisce slancio sempre nuovo91. La luna piena che faceva capolino tra le nuvole sugli estesi prati notturni che il gelo trasformava in campi di ghiaccio, il venticello della notte che mi veniva incontro nella corsa, il sinistro rumore del ghiaccio che si abbassava dove si riti­ ravano le acque, lo strano rimbombo dei nostri movimenti – tutto mi richiamava alla mente perfette scene ossianiche92. Di tanto in tanto uno degli amici recitava declamando un’o­ de di Klopstock e ritrovandoci nel crepuscolo risuonava la lode sincera per l’artefice di quella gioia. E non dovrebbe essere immortale chi ha inventato per noi gioia e salute, come non ce le ha mai date il cavallo al galoppo, come non ce le procura nemmeno la danza?93 | Un simile ringraziamento ben si addice a chi sa nobilitare una qualsiasi azione terrena dandole una portata spirituale e diffondendola poi degnamente! Come i bambini molto dotati che sviluppano precoce­ mente e mirabilmente le loro doti ma appena possono tor­

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ten Knabenspielen wieder zuwenden, vergaßen wir nur allzu leicht un­ seren Beruf zu ernsteren Dingen; doch regte gerade diese oft einsame Bewegung, dieses gemächliche Schweben im Unbestimmten, gar man­ che meiner innern Bedürfnisse wieder auf, die eine Zeitlang geschlafen hatten, und ich bin solchen Stunden die schnellere Ausbildung älterer Vorsätze schuldig geworden. Die dunkleren Jahrhunderte der deutschen Geschichte hatten von jeher meine Wißbegierde und Einbildungskraft beschäftigt. Der Ge­ danke, den Götz von Berlichingen in seiner Zeitumgebung zu drama­ tisieren, war mir höchlich lieb und wert. Ich las die Hauptschriftsteller fleißig; dem Werke De pace publica von Datt widmete ich alle Auf­ merksamkeit; ich hatte es emsig durchstudiert, und mir jene seltsamen Einzelnheiten möglichst veranschaulicht. Diese zu sittlichen und poe­ tischen Absichten hingerichteten Bemühungen konnte ich auch nach einer anderen Seite brauchen, und da ich nunmehr Wetzlar besuchen sollte, war ich geschichtlich vorbereitet genug: denn das Kammerge­ richt war doch auch in Gefolge des Landfriedens entstanden, und die Geschichte desselben konnte für einen bedeutenden Leitfaden durch die verworrenen deutschen Ereignisse gelten. Gibt doch die Beschaf­ fenheit der Gerichte und der Heere die genauste Einsicht in die Be­ schaffenheit irgend eines Reichs. Die Finanzen selbst, deren Einfluß man für so wichtig hält, kommen viel weniger in Betracht: denn wenn es dem Ganzen fehlt, so darf man dem Einzelnen nur abnehmen, was er mühsam zusammengescharrt und gehalten hat, und so ist der Staat immer reich genug. Was mir in Wetzlar begegnete, ist von keiner großen Bedeutung, aber es kann ein höheres Interesse einflößen, wenn man eine flüchtige Geschichte des Kammergerichts nicht | verschmähen will, um sich den ungünstigen Augenblick zu vergegenwärtigen, in welchem ich daselbst anlangte.

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nano ai giochi elementari dell’infanzia, così anch’io di­ menticai in fretta la mia vocazione a cose più serie. Eppure proprio quell’attività, spesso solitaria, quel tranquillo oscil­ lare nell’indeterminato servì a ridestare alcune delle esigen­ ze interiori che per un certo periodo si erano assopite, e devo a quelle ore l’aver portato velocemente a maturazione antichi proponimenti. I secoli più bui della storia tedesca avevano da sempre stuzzicato la mia curiosità e immaginazione. L’idea di rie­ laborare in un dramma Götz von Berlichingen e la sua epo­ ca mi piaceva moltissimo; lessi con impegno le fonti prin­ cipali e concentrai l’attenzione sull’opera De pace publica di Datt: la studiai fin nei dettagli per riuscire a raffigurarmi il meglio possibile le peculiarità di quell’epoca94. Questi sforzi, animati da intenzioni morali e poetiche, mi tornaro­ no utili anche su un altro versante, e visto che avrei dovuto recarmi a Wetzlar mi fornirono una sufficiente preparazio­ ne storica: del resto il Tribunale camerale era sorto proprio come conseguenza della pace perpetua, e la sua storia po­ teva servire da efficace filo conduttore attraverso tutte le intricate vicende tedesche. La conformazione dei tribunali e degli eserciti, infatti, fornisce una visione precisissima della conformazione di un qualsiasi regno. Le stesse finan­ ze, il cui influsso è ritenuto così importante, sono molto meno significative, perché quello che manca all’insieme lo si può prendere da ciò che il singolo ha faticosamente risparmiato e accantonato, e così lo Stato è sempre ricco a sufficienza. Il mio periodo a Wetzlar non è molto rilevante, ma può essere di un qualche interesse per chi non disdegni una ve­ loce carrellata sulla storia  | del Tribunale camerale: potrà rendersi conto di quanto fosse sfavorevole il momento in cui vi giunsi.

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Die Herren der Erde sind es vorzüglich dadurch, daß sie, wie im Kriege die Tapfersten und Entschlossensten, so im Frieden die Wei­ sesten und Gerechtesten um sich versammeln können. Auch zu dem Hofstaat eines deutschen Kaisers gehörte ein solches Gericht, das ihn, bei seinen Zügen durch das Reich, immer begleitete. Aber weder diese Sorgfalt noch das Schwabenrecht, welches im südlichen Deutschland, das Sachsenrecht, welches im nördlichen galt, weder die zu Aufrecht­ haltung derselben bestellten Richter, noch die Austräge der Ebenbürti­ gen, weder die Schiedsrichter, durch Vertrag anerkannt, noch gütliche Vergleiche, durch die Geistlichen gestiftet, nichts konnte den aufge­ reizten ritterlichen Fehdegeist stillen, der bei den Deutschen durch in­ nern Zwist, durch fremde Feldzüge, besonders aber durch die Kreuz­ fahrten, ja durch Gerichtsgebräuche selbst aufgeregt, genährt und zur Sitte geworden. Dem Kaiser so wie den mächtigern Ständen waren die Plackereien höchst verdrießlich, wodurch die kleinen einander selbst, und wenn sie sich verbanden, auch den größern lästig wurden. Ge­ lähmt war alle Kraft nach außen, wie die Ordnung nach innen gestört; überdies lastete noch das Femgericht auf einem großen Teile des Vater­ lands, von dessen Schrecknissen man sich einen Begriff machen kann, wenn man denkt, daß es in eine geheime Polizei ausartete, die sogar zuletzt in die Hände von Privatleuten gelangte. Diesen Unbilden einigermaßen zu steuern, ward vieles umsonst versucht, bis endlich die Stände ein Gericht aus eignen Mitteln drin­ gend in Vorschlag brachten. Dieser, so wohl gemeint er auch sein mochte, deutete doch immer auf Erweiterung der ständischen Befug­ nisse, auf eine Beschränkung der kaiserlichen Macht. Unter Friedrich dem dritten verzögert sich die Sache; sein Sohn Maximilian, von außen gedrängt, gibt nach. Er bestellt den Oberrichter, die Stände senden die Beisitzer. Es sollten ihrer vierundzwanzig sein, anfangs begnügt man sich mit zwölfen. |

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I signori della terra si dimostrano tali quando sanno rac­ cogliere intorno a sé gli uomini più coraggiosi e audaci in guerra, e i più saggi e giusti in pace. Anche la corte di un im­ peratore tedesco aveva un simile tribunale, che lo accompa­ gnava sempre nei suoi spostamenti all’interno dell’Impero. Ma né questo provvedimento, né il diritto svevo vigente nel Sud della Germania, né quello sassone vigente nel Nord95, né i giudici incaricati di farlo rispettare, né l’arbitrato dei pari, né arbitri riconosciuti per contratto, né le conciliazio­ ni benevole promosse dagli ecclesiastici: niente riusciva a placare l’irascibilità e la litigiosità dei cavalieri, che tra i tedeschi venivano stimolate e alimentate da discordie inter­ ne, da campagne militari esterne – in particolare dalle Cro­ ciate –, e persino dalle stesse consuetudini giuridiche, tanto che erano diventate un’abitudine. Per l’imperatore e i ceti più elevati i soprusi con cui i sudditi si vessavano a vicenda e, quando si univano, molestavano anche l’aristocrazia, era­ no divenuti un enorme incomodo. Paralizzavano le azioni esterne e turbavano l’ordine interno e in più, su una vasta parte del territorio pesava ancora il tribunale della Vema96, dei cui orrori ci si può fare un’idea se si considera che era degenerato in una sorta di polizia segreta, alla fine gestita addirittura da privati. Per porre rimedio in qualche modo a questa piaga si fe­ cero molti vani tentativi, finché gli Stati dell’Impero alla fine non avanzarono con urgenza la richiesta di un tribuna­ le da loro stessi finanziato. L’intenzione era senza dubbio buona, ma comportava comunque un ampliamento delle prerogative degli Stati e una limitazione del potere impe­ riale. Federico iii temporeggia, ma il figlio Massimiliano, pressato dall’esterno, cede97. Nomina il giudice supremo, gli Stati inviano i giudici ordinari. Dovevano essere venti­ quattro, ma per cominciare ci si accontenta di dodici. |

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Ein allgemeiner Fehler, dessen sich die Menschen bei ihren Unter­ nehmungen schuldig machen, war auch der erste und ewige Grund­ mangel des Kammergerichts: zu einem großen Zwecke wurden unzu­ längliche Mittel angewendet. Die Zahl der Assessoren war zu klein; wie sollte von ihnen die schwere und weitläuftige Aufgabe gelöst wer­ den! Allein wer sollte auf eine hinlängliche Einrichtung dringen? Der Kaiser konnte eine Anstalt nicht begünstigen, die mehr wider als für ihn zu wirken schien; weit größere Ursache hatte er sein eignes Ge­ richt, seinen eignen Hofrat auszubilden. Betrachtet man dagegen das Interesse der Stände, so konnte es ihnen eigentlich nur um Stillung des Bluts zu tun sein, ob die Wunde geheilt würde, lag ihnen nicht so nah; und nun noch gar ein neuer Kostenaufwand! Man mochte sich’s nicht ganz deutlich gemacht haben, daß durch diese Anstalt jeder Fürst seine Dienerschaft vermehre, freilich zu einem entschiedenen Zwecke, aber wer gibt gern Geld für’s Notwendige? Jedermann wäre zufrieden, wenn er das Nützliche um Gotteswillen haben könnte. Anfangs sollten die Beisitzer von Sporteln leben, dann erfolgte eine mäßige Bewilligung der Stände; beides war kümmerlich. Aber dem großen und auffallenden Bedürfnis abzuhelfen, fanden sich willige, tüchtige, arbeitsame Männer, und das Gericht ward eingesetzt. Ob man einsah, daß hier nur von Linderung, nicht von Heilung des Übels die Rede sei, oder ob man sich, wie in ähnlichen Fällen, mit der Hoffnung schmeichelte, mit Wenigem Vieles zu leisten, ist nicht zu entscheiden; genug das Gericht diente mehr zum Vorwande, die Unruhstifter zu be­ strafen, als daß es gründlich dem Unrecht vorgebeugt hätte. Allein es ist kaum beisammen, so erwächst ihm eine Kraft aus sich selbst, es fühlt die Höhe auf die es gestellt ist, es erkennt seine große politische Wichtigkeit. Nun sucht es sich durch auffallende Tätigkeit ein ent­

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L’errore più comune che gli uomini commettono nelle loro imprese, fu anche il primo e l’eterno problema del Tri­ bunale camerale: a uno scopo importante furono destina­ te risorse troppo esigue. Il numero dei giudici era troppo ristretto, come potevano risolvere un problema così com­ plesso e diffuso? Ma chi, d’altro canto, avrebbe dovuto in­ sistere per avere un’istituzione più adeguata? L’imperatore non poteva certo favorire un istituto che pareva operare più contro di lui che per lui; avrebbe avuto molto più interesse a potenziare il suo proprio tribunale, il Consiglio aulico98. Per quanto riguarda invece gli Stati dell’Impero, erano inte­ ressati soprattutto a fermare il sangue, ma che la ferita gua­ risse o meno non era poi così importante; e alla fin fine, un altro enorme costo! Probabilmente non ci si era resi conto che con questa istituzione ogni principe avrebbe dovuto au­ mentare il numero dei suoi subalterni: certo, per uno scopo preciso, ma chi spende volentieri denaro per le cose neces­ sarie? Sarebbero tutti più contenti se potessero averle gratis. All’inizio i giudici dovevano accontentarsi, per vivere, delle parcelle del tribunale, alle quali in seguito si aggiunse un modesto contributo degli Stati, ma entrambi erano ben misera cosa. Si trovarono lo stesso uomini volonterosi, la­ boriosi e capaci per colmare questo bisogno profondo ed evidente, e il Tribunale poté insediarsi. Se ci si rendesse conto che si poteva sperare al massimo di alleviare, non certo di risanare il male, o se ci si illudesse, come succede in simili situazioni, nella speranza di poter fare molto con poco, non saprei; fatto sta che il Tribunale era più un pre­ testo per punire chi turbava l’ordine pubblico che un modo per prevenire l’ingiustizia alla radice. Ma una volta riunito, percepisce la sua forza intrinseca, la posizione prominente in cui si trova, riconosce la sua rilevanza politica. Cerca quindi di conquistarsi prestigio con azioni degne di nota, ci

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schiedneres Ansehn zu erwerben; frisch arbeiten sie weg alles was kurz abgetan werden kann und muß, was über den Augenblick entscheidet, oder was sonst leicht beurteilt werden kann, und so erscheinen sie im | ganzen Reiche wirksam und würdig. Die Sachen von schwererem Ge­ halt hingegen, die eigentlichen Rechtshändel, blieben im Rückstand, und es war kein Unglück. Dem Staate liegt nur daran, daß der Besitz gewiß und sicher sei; ob man mit Recht besitze, kann ihn weniger küm­ mern. Deswegen erwuchs aus der nach und nach aufschwellenden un­ geheuren Anzahl von verspäteten Prozessen dem Reiche kein Schade. Gegen Leute die Gewalt brauchten war ja vorgesehn, und mit diesen konnte man fertig werden; die übrigen, die rechtlich um den Besitz stritten, sie lebten, genossen oder darbten wie sie konnten; sie starben, verdarben, verglichen sich; das alles war aber nur Heil oder Unheil einzelner Familien, das Reich ward nach und nach beruhigt. Denn dem Kammergericht war ein gesetzliches Faustrecht gegen die Ungehor­ samen in die Hände gegeben; hätte man den Bannstrahl schleudern können, dieser wäre wirksamer gewesen. Jetzo aber, bei der bald vermehrten, bald verminderten Anzahl der Assessoren, bei manchen Unterbrechungen, bei Verlegung des Ge­ richts von einem Ort an den andern, mußten diese Reste, diese Akten ins Unendliche anwachsen. Nun flüchtete man in Kriegsnot einen Teil des Archivs von Speyer nach Aschaffenburg, einen Teil nach Worms, der dritte fiel in die Hände der Franzosen, welche ein Staatsarchiv er­ obert zu haben glaubten, und hernach geneigt gewesen wären, sich dieses Papierwusts zu entledigen, wenn nur Jemand die Fuhren hätte daran wenden wollen. Bei den westphälischen Friedensunterhandlungen sahen die ver­ sammelten tüchtigen Männer wohl ein, was für ein Hebel erfordert werde, um jene Sisyphische Last vom Platze zu bewegen. Nun sollten fünfzig Assessoren angestellt werden, diese Zahl ist aber nie erreicht worden: man begnügte sich abermals mit der Hälfte, weil der Aufwand

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si occupa con slancio di quello che può o deve essere risol­ to a breve, le pratiche urgenti e quelle più semplici, e così si mostra a | tutto l’Impero efficienza e autorevolezza. Le questioni di maggior peso, invece, i processi veri e propri rimasero indietro e non fu un male. Allo Stato importa solo che la proprietà sia certa e tutelata; se è anche legittima, gli interessa di meno. Per questo l’Impero non ebbe danno per il numero spropositato dei processi pendenti che cresceva a dismisura. Per coloro che ricorrevano alla violenza si era provveduto, e si agiva di conseguenza; gli altri, quelli che litigavano per le proprietà seguendo le vie legali, si arran­ giassero come potevano, nel bene e nel male: morivano, finivano sul lastrico, si accordavano tra loro, era comunque solo grazia o disgrazia di singole famiglie, e l’Impero pian piano ritrovò la tranquillità. Al Tribunale camerale era stato infatti conferito legalmente il potere del più forte; se avesse potuto anche comminare il bando, sarebbe stato ancora più efficace. Ora però, sia per il numero sempre oscillante dei giudi­ ci, sia per alcune interruzioni, sia per lo spostamento da un luogo all’altro, i casi pendenti e le pratiche erano aumentati all’infinito99. Con la guerra si trasferì d’urgenza una par­ te dell’archivio da Speyer ad Aschaffenburg, una parte a Worms, una parte cadde in mano ai francesi che credevano di aver conquistato un archivio di Stato, ma poi sarebbero stati contenti di liberarsi di tutte quelle scartoffie, se solo qualcuno si fosse occupato del trasporto. Nel corso delle trattative per la pace di Vestfalia i volon­ terosi che si erano riuniti si resero ben conto di quale fatica ci sarebbe voluta anche solo per smuovere quel macigno degno di Sisifo100: si sarebbero dovuti nominare cinquanta giudici, ma non si arrivò mai a quel numero; ancora una volta ci si accontentò della metà perché il costo sembrava

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zu groß schien; allein hätten die Interessenten sämtlich ihren Vorteil bei der Sache gesehn, so wäre das Ganze gar wohl zu leisten gewesen. Um fünfundzwanzig Beisitzer zu | besolden, waren ohngefähr einhun­ derttausend Gulden nötig; wie leicht hätte Deutschland das Doppelte herbeigeschafft. Der Vorschlag, das Kammergericht mit eingezogenen geistlichen Gütern auszustatten, konnte nicht durchgehn: denn wie sollten sich beide Religionsteile zu dieser Aufopferung verstehn? Die Katholiken wollten nicht noch mehr verlieren, und die Protestanten das Gewonnene jeder zu innern Zwecken verwenden. Die Spaltung des Reichs in zwei Religionsparteien hatte auch hier, in mehrerem Be­ tracht, den schlimmsten Einfluß. Nun verminderte sich der Anteil der Stände an diesem ihren Gericht immer mehr: die mächtigern suchten sich von dem Verbande loszulösen; Freibriefe, vor keinem obern Ge­ richtshofe belangt zu werden, wurden immer lebhafter gesucht; die größeren blieben mit den Zahlungen zurück, und die kleineren, die sich in der Matrikel ohnehin bevorteilt glaubten, säumten solange sie konnten. Wie schwer war es daher, den zahltägigen Bedarf zu den Besol­ dungen aufzubringen. Hieraus entsprang ein neues Geschäft, ein neuer Zeitverlust für das Kammergericht; früher hatten die jährlichen soge­ nannten Visitationen dafür gesorgt. Fürsten in Person, oder ihre Räte, begaben sich nur auf Wochen oder Monate an den Ort des Gerichts, untersuchten die Kassen, erforschten die Reste und übernahmen das Geschäft, sie beizutreiben. Zugleich, wenn etwas in dem Rechts- und Gerichtsgange stocken, irgend ein Mißbrauch einschleichen woll­ te, waren sie befugt, dem abzuhelfen. Gebrechen der Anstalt sollten sie entdecken und heben, aber persönliche Verbrechen der Glieder zu

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eccessivo, ma se tutte le persone coinvolte avessero potuto immaginare il vantaggio che ne avrebbero tratto, avrebbe­ ro senz’altro provveduto al numero pieno. Per assumere | venticinque giudici erano necessari circa centomila fiorini: come sarebbe stato facile per la Germania raccoglierne il doppio! La proposta di finanziare il tribunale con i proventi dei beni ecclesiastici confiscati non fu accolta: come avreb­ bero potuto le due confessioni trovare un accordo per un sacrificio simile? I cattolici non volevano accrescere ulte­ riormente le perdite, i protestanti volevano utilizzare ciò che avevano guadagnato per i loro propri scopi. La spacca­ tura confessionale dell’Impero ebbe anche in questo caso, e sotto diversi punti di vista, un pessimo influsso. Ecco che la partecipazione degli Stati al loro stesso Tribunale dimi­ nuisce sempre più: quelli più influenti cercano di scioglier­ si dall’accordo, le immunità che garantiscono di non do­ ver comparire davanti al Tribunale superiore sono sempre più ambite; gli Stati maggiori rimasero in arretrato con i pagamenti e quelli minori, convinti com’erano che il loro contributo fosse troppo elevato, tardavano comunque il più possibile. Come era difficile, allora, racimolare il denaro per le re­ tribuzioni nei giorni di paga! Da questo scaturì una nuova incombenza, una nuova perdita di tempo per il Tribunale camerale – prima infatti c’erano le ispezioni annuali che vi provvedevano: i prìncipi in persona o i loro consiglieri si recavano per settimane o mesi nella sede del Tribunale, esaminavano la cassa, controllavano le rimanenze e si inca­ ricavano di integrarle. Allo stesso tempo, se c’erano intoppi giuridici o procedurali, se si rilevava qualche abuso aveva­ no il potere di intervenire. Dovevano individuare e ovviare a eventuali difetti dell’istituzione, solo più avanti rientrò tra i loro doveri anche quello di perseguire e punire crimini

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untersuchen und zu bestrafen, ward erst später ein Teil ihrer Pflicht. Weil aber Prozessierende den Lebenshauch ihrer Hoffnungen immer noch einen Augenblick verlängern wollen, und deshalb immer höhere Instanzen suchen und hervorrufen; so wurden diese Visitatoren auch ein Revisionsgericht, vor dem man erst in bestimmten, offenbaren Fäl­ len Wiederherstellung, zuletzt aber in allen Aufschub und Verewigung des Zwists zu finden hoffte: wozu denn  | auch die Berufung an den Reichstag, und das Bestreben beider Religionsparteien, sich einander wo nicht aufzuwiegen, doch im Gleichgewicht zu erhalten, das Ihrige beitrugen. Denkt man sich aber was dieses Gericht ohne solche Hindernis­ se, ohne so störende und zerstörende Bedingungen, hätte sein können; so kann man es sich nicht merkwürdig und wichtig genug ausbilden. Wäre es gleich anfangs mit einer hinreichenden Anzahl von Männern besetzt gewesen, hätte man diesen einen zulänglichen Unterhalt ge­ sichert; unübersehbar wäre bei der Tüchtigkeit deutscher Männer, der ungeheure Einfluß geworden, zu dem diese Gesellschaft hätte gelangen können. Den Ehrentitel Amphictyonen, den man ihnen nur rednerisch zuteilte, würden sie wirklich verdient haben; ja sie konnten sich zu einer Zwischenmacht erheben, beides dem Oberhaupt und den Glie­ dern ehrwürdig. Aber weit entfernt von so großen Wirkungen, schleppte das Ge­ richt, außer etwa eine kurze Zeit unter Carl dem fünften und vor dem dreißigjährigen Kriege, sich nur kümmerlich hin. Man begreift oft nicht, wie sich nur Männer finden konnten zu diesem undankbaren und traurigen Geschäft. Aber was der Mensch täglich treibt, läßt er sich, wenn er Geschick dazu hat, gefallen, sollte er auch nicht gerade sehen, daß etwas dabei herauskomme. Der Deutsche besonders ist von einer solchen ausharrenden Sinnesart, und so haben sich drei Jahrhunderte hindurch die würdigsten Männer mit diesen Arbeiten und Gegenstän­ den beschäftigt. Eine charakteristische Galerie solcher Bilder würde noch jetzt Anteil erregen und Mut einflößen.

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commessi dai giudici stessi. Ma poiché chi viene proces­ sato tende sempre a tenere vive le speranze anche solo per qualche istante in più, rivolgendosi ad altri e chiamando in causa istanze sempre più alte, così questi ispettori vennero a costituire una sorta di Corte d’appello, dove all’inizio si cercava compensazione solo in alcuni casi determinati ed evidenti, col tempo servì invece solo per differire e prolun­ gare all’infinito qualsiasi contenzioso. A questo | contribui­ rono anche gli appelli alla Dieta imperiale e i tentativi delle due confessioni di dominarsi a vicenda, o quanto meno di mantenersi in equilibrio. Se però si pensa a ciò che quel tribunale avrebbe potuto essere se non avesse avuto quegli ostacoli, né quelle limi­ tazioni così vincolanti e devastanti, niente sarebbe stato più maestoso e importante. Se fin dall’inizio fosse stato dotato di un numero sufficiente di uomini, se si fosse garantita loro una retribuzione adeguata, grazie all’efficienza dei tedeschi questa istituzione avrebbe esercitato un influsso enorme. Si sarebbero davvero guadagnati il titolo di anfizioni101 che invece si attribuiva loro solo per retorica, e avrebbero po­ tuto costituire un potere intermedio tra il vertice e la base, rispettato da entrambe le parti. Ben lontano dal sortire questi potenti effetti, il Tribunale tirava miseramente a campare, a parte forse un breve inter­ vallo sotto Carlo v e prima della guerra dei Trent’anni. È un mistero come si potessero trovare persone per quell’in­ carico ingrato e penoso! Ma nel quotidiano gli uomini si accontentano di fare il lavoro a cui sono portati, anche se non ne vedono l’utile immediato; i tedeschi in particolare sono per natura così perseveranti che per tre secoli uomini validissimi si sono fatti carico di quello e altri lavori del genere. Una galleria con i loro ritratti susciterebbe ancora oggi ammirazione e infonderebbe coraggio.

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Denn gerade in solchen anarchischen Zeiten tritt der tüchtige Mann am festesten auf, und der das Gute will, findet sich recht an seinem Platze. So stand z. B. das Direktorium Fürstenbergs noch immer in gesegnetem Andenken, und mit dem Tode dieses vortrefflichen Manns beginnt die Epoche vieler verderblichen Mißbräuche. | Aber alle diese späteren und früheren Gebrechen entsprangen aus der ersten, einzigen Quelle, aus der geringen Personenzahl. Verordnet war, daß die Beisitzer in einer entschiedenen Folge und nach bestimm­ ter Ordnung vortragen sollten. Ein Jeder konnte wissen, wann die Rei­ he ihn treffen werde, und welchen seiner ihm obliegenden Prozesse; er konnte darauf hinarbeiten, er konnte sich vorbereiten. Nun häuften sich aber die unseligen Reste; man mußte sich entschließen, wichti­ gere Rechtshändel auszuheben und außer der Reihe vorzutragen. Die Beurteilung der Wichtigkeit einer Sache vor der andern ist, bei dem Zudrang von bedeutenden Fällen, schwer, und die Auswahl läßt schon Gunst zu; aber nun trat noch ein anderer bedenklicher Fall ein. Der Referent quälte sich und das Gericht mit einem schweren verwickelten Handel, und zuletzt fand sich Niemand der das Urteil einlösen wollte. Die Parteien hatten sich verglichen, auseinander gesetzt, waren gestor­ ben, hatten den Sinn geändert. Daher beschloß man nur diejenigen Ge­ genstände vorzunehmen, welche erinnert wurden. Man wollte von der fortdauernden Beharrlichkeit der Parteien überzeugt sein, und hiedurch ward den größten Gebrechen die Einleitung gegeben: denn wer seine Sache empfiehlt, muß sie doch Jemand empfehlen, und wem empföhle man sie besser, als dem der sie unter Händen hat. Diesen, ordnungsge­ mäß, geheim zu halten ward unmöglich: denn bei so viel mitwissenden Subalternen, wie sollte derselbe verborgen bleiben? Bittet man um Be­ schleunigung, so darf man ja wohl auch um Gunst bitten: denn eben daß man seine Sache betreibt, zeigt ja an, daß man sie für gerecht hält. Geradezu wird man es vielleicht nicht tun, gewiß aber am ersten durch

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Proprio nei periodi di anarchia, infatti, l’uomo di valore si distingue maggiormente e chi vuole il bene si trova al po­ sto giusto. Così ad esempio ci si ricordava ancora della me­ ritoria direzione di Fürstenberg102, e alla morte di quell’uo­ mo eccellente seguì un’epoca di molti e scellerati abusi. | Ma tutti questi difetti, dal primo all’ultimo, derivavano da un’unica fonte, e cioè il numero esiguo di persone. Era stato deciso che i giudici dovessero trattare le cause in base a una sequenza fissa e a un ordine prestabilito; ciascuno sapeva quindi quando sarebbe toccato a lui e con quale dei processi di sua competenza; poteva quindi studiarli, poteva prepararli. Si accumulano però gli infausti arretrati; si deci­ de di selezionare e togliere dalla fila le pratiche più urgenti, ma giudicare sull’importanza di una pratica rispetto a un’al­ tra quando se ne accumulano così tante urgenti è difficile, e la selezione implica già un favoritismo. Si verificò inoltre anche un’altra situazione preoccupante. Ci sono casi com­ plicati e difficili che fanno scervellare tribunale e avvocati, e alla fine non si trova nessuno che possa trarre beneficio dalla sentenza: le due parti si erano nel frattempo rappaci­ ficate, avevano trovato un accordo, erano morte, avevano cambiato idea… Si convenne allora di mandare avanti sol­ tanto le cause ancora effettivamente valide. Si voleva avere assicurazione che le parti fossero ancora convinte, e così facendo si aprì la strada a crimini più gravi. Infatti chi vuole raccomandare la sua causa deve rivolgersi a una persona, e a chi rivolgersi se non al giudice incaricato? Tenerne segre­ to il nome, come previsto dal regolamento, era impossibile, visto il numero di subalterni che ne erano al corrente. E mentre si chiede di velocizzare, perché non chiedere anche un favore? Il fatto stesso che si porti avanti la propria causa significa che la si ritiene giusta; magari non si agirà in modo diretto, anzi, all’inizio ci si rivolgerà senz’altro a un sotto­

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Untergeordnete; diese müssen gewonnen werden, und so ist die Ein­ leitung zu allen Intriguen und Bestechungen gegeben. Kaiser Joseph, nach eignem Antriebe und in Nachahmung Fried­ richs, richtete zuerst seine Aufmerksamkeit auf die Waffen und die Justiz. Er faßte das Kammergericht ins Auge; herkömmliche Unge­ rechtigkeiten, eingeführte | Mißbräuche waren ihm nicht unbekannt geblieben. Auch hier sollte aufgeregt, gerüttelt und getan sein. Ohne zu fragen, ob es sein kaiserlicher Vorteil sei, ohne die Möglichkeit eines glücklichen Erfolgs vorauszusehn, brachte er die Visitation in Vorschlag, und übereilte ihre Eröffnung. Seit hundert und sechs und sechzig Jahren hatte man keine ordentliche Visitation zu Stande ge­ bracht; ein ungeheurer Wust von Akten lag aufgeschwollen und wuchs jährlich, da die siebzehn Assessoren nicht einmal im Stande waren, das Laufende wegzuarbeiten. Zwanzigtausend Prozesse hatten sich aufge­ häuft, jährlich konnten sechzig abgetan werden, und das Doppelte kam hinzu. Auch auf die Visitatoren wartete keine geringe Anzahl von Re­ visionen, man wollte ihrer funfzigtausend zählen. Überdies hinderte so mancher Mißbrauch den Gerichtsgang; als das Bedenklichste aber von allem erschienen im Hintergrunde die persönlichen Verbrechen einiger Assessoren. Als ich nach Wetzlar gehn sollte, war die Visitation schon einige Jahre im Gange, die Beschuldigten suspendiert, die Untersuchung weit vorgerückt; und weil nun die Kenner und Meister des deutschen Staats­ rechts diese Gelegenheit nicht vorbeilassen durften, ihre Einsichten zu zeigen und sie dem gemeinen Besten zu widmen, so waren mehrere gründliche wohlgesinnte Schriften erschienen, aus denen sich, wer nur einige Vorkenntnisse besaß, gründlich unterrichten konnte. Ging man bei dieser Gelegenheit in die Reichsverfassung und die von derselben handelnden Schriften zurück, so war es auffallend, wie der monstrose Zustand dieses durchaus kranken Körpers, der nur durch ein Wunder am Leben erhalten ward, gerade den Gelehrten am meisten zusagte.

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posto, ma una volta ingraziato quello, ecco spianata la via a intrighi e corruzione di ogni tipo. L’imperatore Giuseppe103, sia per propria scelta sia per emulare Federico, rivolse la sua attenzione per prima cosa all’esercito e alla giustizia. Osservando il Tribunale came­ rale, non mancò di scorgerne le tradizionali ingiustizie e gli abusi | acquisiti col tempo; anche qui bisognava stimolare, scuotere, agire. Senza chiedere se fosse una prerogativa im­ periale o meno, senza prevedere la possibilità di un esito positivo, propose un’ispezione e ne affrettò l’inizio. Erano 166 anni che non si riusciva a portare a termine un’ispezio­ ne regolare: una montagna mostruosa di atti si era ammas­ sata e cresceva di anno in anno, poiché i diciassette giudici non erano in grado di smaltire neppure il lavoro corrente. Si erano accumulati ventimila processi, ogni anno riuscivano a chiuderne una sessantina, ma se ne aprivano il doppio. Anche per gli ispettori c’era in attesa un numero di appelli non certo esiguo, se ne stimavano cinquantamila. Gli abusi rallentavano inoltre il percorso processuale, ma la cosa che appariva più allarmante sullo sfondo erano i reati commessi da alcuni tra gli stessi giudici. Quando toccò a me andare a Wetzlar104, l’ispezione era in corso già da alcuni anni, i giudici incriminati sospesi, il controllo in fase avanzata; e poiché gli esperti e i conoscitori del diritto pubblico tedesco non potevano lasciarsi sfuggire quell’occasione per divulgare le loro idee e metterle al ser­ vizio del bene comune, erano apparsi parecchi trattati ap­ profonditi e benintenzionati grazie ai quali chiunque avesse un minimo di conoscenze in materia poteva informarsi a dovere. Se si prendeva poi spunto da questi per riesami­ nare la costituzione imperiale e gli scritti che ne parlava­ no, saltava subito all’occhio che era proprio la condizione mostruosa di quel corpo assai malato, vivo ormai solo per

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Denn der ehrwürdige deutsche Fleiß, der mehr auf Sammlung und Entwickelung von Einzelnheiten als auf Resultate losging, fand hier einen unversiegenden Anlaß zu immer neuer Beschäftigung, und man mochte nun das Reich dem Kaiser, die kleinern den größern Ständen, die Katholiken den Protestanten entgegensetzen, immer gab es, nach dem verschiedenen Interesse, | notwendig verschiedene Meinungen, und immer Gelegenheit zu neuen Kämpfen und Gegenreden. Da ich mir alle diese ältern und neuern Zustände möglichst verge­ genwärtigt hatte, konnte ich mir von meinem Wetzlarschen Aufenthalt unmöglich viel Freude versprechen. Die Aussicht war nicht reizend, in einer zwar wohl gelegenen, aber kleinen und übelgebauten Stadt eine doppelte Welt zu finden: erst die einheimische alte hergebrachte, dann eine fremde neue, jene scharf zu prüfen beauftragt, ein richtendes und ein gerichtetes Gericht; manchen Bewohner in Furcht und Sorge, er möchte auch noch mit in die verhängte Untersuchung gezogen werden; angesehene, so lange für würdig geltende Personen der schändlichsten Missetaten überwiesen und zu schimpflicher Bestrafung bezeichnet: das alles zusammen machte das traurigste Bild und konnte nicht an­ reizen tiefer in ein Geschäft einzugehen, das an sich selbst verwickelt nun gar durch Untaten so verworren erschien. Daß mir, außer dem deutschen Zivil- und Staatsrechte, hier nichts Wissenschaftliches sonderlich begegnen, daß ich aller poetischen Mit­ teilung entbehren würde, glaubte ich voraus zu sehn, als mich, nach einigem Zögern, die Lust meinen Zustand zu verändern, mehr als der Trieb nach Kenntnissen, in diese Gegend hinführte. Allein wie verwun­ dert war ich, als mir anstatt einer sauertöpfischen Gesellschaft, ein drit­ tes akademisches Leben entgegensprang. An einer großen Wirtstafel traf ich beinah sämtliche Gesandtschaftsuntergeordnete, junge muntere Leute, beisammen; sie nahmen mich freundlich auf, und es blieb mir

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miracolo, ad affascinare i dotti. Infatti il famoso zelo tede­ sco, tutto orientato a raccogliere e concentrarsi sui dettagli più che sui risultati, trovava qui una fonte inesauribile per sempre nuove occupazioni; che si volesse opporre l’Impero all’imperatore, gli Stati maggiori a quelli minori, i cattolici ai protestanti, c’erano sempre e comunque, a seconda dei diversi punti di vista, | opinioni inevitabilmente discordi e occasioni per nuove diatribe e controversie. Essendomi informato il più possibile sulla situazione precedente e attuale, non potevo certo aspettarmi grandi soddisfazioni dal mio soggiorno a Wetzlar. Non era allet­ tante la prospettiva di trovare due mondi in quella cittadi­ na geograficamente favorita ma piccola e sgraziata: da una parte l’ambiente locale di lunga tradizione, dall’altra quello nuovo ed estraneo, incaricato di esaminare severamente il primo, un tribunale inquirente e inquisito; alcuni abitanti angosciati e preoccupati di venire coinvolti nell’indagine in corso, mentre persone in vista, fino ad allora ritenute ri­ spettabili, erano accusate dei crimini più vergognosi e con­ dannate a pene umilianti. Tutto questo dipingeva un quadro tristissimo e non invogliava a entrare più in profondità in una questione che di per se stessa era già assai complicata e appariva ora inestricabile per i reati che vi erano connessi. Mi feci l’idea che lì non avrei appreso nulla di rilevante, a parte qualche conoscenza di diritto pubblico e civile, e che avrei dovuto rinunciare a qualsiasi tipo di esternazione po­ etica – ma dopo qualche incertezza, fu il desiderio di cam­ biamento a portarmi in quella zona, più che la sete di cono­ scenza. E quale fu la mia sorpresa quando, al posto di una società scorbutica, mi si presentò una terza vita accademica! Intorno a un’ampia tavolata trovai raccolti praticamente tut­ ti i segretari di legazione105, giovani e vivaci; mi accolsero amichevolmente e fin dal primo giorno non mi nascosero

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schon den ersten Tag kein Geheimnis, daß sie ihr mittägiges Beisam­ mensein durch eine romantische Fiktion erheitert hatten. Sie stellten nämlich, mit Geist und Munterkeit, eine Rittertafel vor. Obenan saß der Heermeister, zur Seite desselben der Kanzler, sodann die wich­ tigsten Staatsbeamten; nun folgten die Ritter, nach ihrer Anciennetät; Fremde hingegen die zusprachen, mußten mit den untersten Plätzen vorlieb nehmen, und für sie war das Gespräch meist | unverständlich, weil sich in der Gesellschaft die Sprache, außer den Ritterausdrücken, noch mit manchen Anspielungen bereichert hatte. Einem Jeden war ein Rittername zugelegt, mit einem Beiworte. Mich nannten sie Götz von Berlichingen, den Redlichen. Jenen verdiente ich mir durch meine Aufmerksamkeit für den biedern deutschen Altvater, und diesen durch die aufrichtige Neigung und Ergebenheit gegen die vorzüglichen Män­ ner die ich kennen lernte. Dem Grafen von Kielmannsegg bin ich bei diesem Aufenthalt vielen Dank schuldig geworden. Er war der erns­ teste von allen, höchst tüchtig und zuverlässig. Von Goué, ein schwer zu entziffernder und zu beschreibender Mann, eine derbe, breite, han­ növrische Figur, still in sich gekehrt. Es fehlte ihm nicht an Talenten mancher Art. Man hegte von ihm die Vermutung, daß er ein natürlicher Sohn sei; auch liebte er ein gewisses geheimnisvolles Wesen, und ver­ barg seine eigensten Wünsche und Vorsätze unter mancherlei Seltsam­ keiten, wie er denn die eigentliche Seele des wunderlichen Ritterbundes war, ohne daß er nach der Stelle des Heermeisters gestrebt hätte. Viel­ mehr ließ er, da gerade zu der Zeit dies Haupt der Ritterschaft abging, einen andern wählen und übte durch diesen seinen Einfluß. So wußte er auch manche kleine Zufälligkeiten dahin zu lenken, daß sie bedeutend erschienen und in fabelhaften Formen durchgeführt werden konnten. Bei diesem allen aber konnte man keinen ernsten Zweck bemerken; es war ihm bloß zu tun, die Langeweile, die er und seine Kollegen bei dem verzögerten Geschäft empfinden mußten, zu erheitern, und

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che rallegravano i loro conviti con una finzione medievale. Con spirito e allegria impersonavano infatti una tavola di cavalieri106. A capotavola sedeva il comandante in capo, al suo fianco il cancelliere, poi gli ufficiali più importanti e infine i cavalieri, in ordine di anzianità. Gli stranieri che si univano a loro dovevano accontentarsi degli ultimi posti, e per loro la conversazione era in gran parte | incomprensibi­ le, perché il linguaggio del gruppo era arricchito, oltre che dalle espressioni cavalleresche, da numerose allusioni. Cia­ scuno aveva un soprannome cavalleresco, accompagnato da un epiteto. Io fui soprannominato Götz von Berlichingen, il sincero. Il soprannome lo guadagnai grazie al mio interes­ samento per quel leale antenato tedesco, l’epiteto per la sin­ cera ammirazione e l’affetto che nutrivo per quegli uomini straordinari che avevo conosciuto. Durante la mia perma­ nenza ebbi molte occasioni di gratitudine verso il conte di Kielmannsegg107: tra loro era il più posato, capace e affida­ bile in tutto e per tutto. Von Goué era un uomo difficile da decifrare e descrivere, originario di Hannover, solido e ben piantato, silenzioso e riservato108. Non gli mancava affatto il talento in molti ambiti, e si sussurrava che fosse un figlio illegittimo; lui, da parte sua, si compiaceva di un certo fare misterioso e celava i desideri e i propositi più intimi dietro varie stranezze. Era lui la vera anima di quella curiosa con­ sorteria cavalleresca, pur non nutrendo alcuna ambizione di esserne il capo. Anzi, quando in quel periodo venne a man­ care il capitano dei cavalieri, fece piuttosto eleggere un altro ed esercitò attraverso di lui la sua influenza. Sapeva anche approfittare di piccole circostanze casuali che faceva appa­ rire significative rivestendole di un alone favoloso. In tutto questo non si notava però alcuno scopo serio, gli interessava solo fugare la noia che assaliva lui e i colleghi impegnati in quel compito interminabile e riempire i tempi morti, fosse

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den leeren Raum, wäre es auch nur mit Spinnegewebe, auszufüllen. Übrigens wurde dieses fabelhafte Fratzenspiel mit äußerlichem großen Ernst betrieben, ohne daß Jemand lächerlich finden durfte, wenn eine gewisse Mühle als Schloß, der Müller als Burgherr behandelt wurde, wenn man die vier Haimons-Kinder für ein kanonisches Buch erklärte und Abschnitte daraus, bei Zeremonien, mit Ehrfurcht vorlas. Der Rit­ terschlag selbst geschah mit hergebrachten, von mehreren Ritterorden entlehnten Symbolen. | Ein Hauptanlaß zum Scherze war ferner der, daß man das Offenbare als ein Geheimnis behandelte; man trieb die Sache öffentlich, und es sollte nicht davon gesprochen werden. Die Liste der sämtlichen Ritter ward gedruckt, mit so viel Anstand als ein Reichstagskalender; und wenn Familien darüber zu spotten, und die ganze Sache für absurd und lächerlich zu erklären wagten, so ward, zu ihrer Bestrafung, so lange intrigiert, bis man einen ernsthaften Ehe­ mann, oder nahen Verwandten, beizutreten und den Ritterschlag an­ zunehmen bewogen hatte; da denn über den Verdruß der Angehörigen eine herrliche Schadenfreude entstand. In dieses Ritterwesen verschlang sich noch ein seltsamer Orden, welcher philosophisch und mystisch sein sollte, und keinen eigentli­ chen Namen hatte. Der erste Grad hieß der Übergang, der zweite des Übergangs Übergang, der dritte des Übergangs Übergang zum Über­ gang, und der vierte des Übergangs Übergang zu des Übergangs Über­ gang. Den hohen Sinn dieser Stufenfolge auszulegen, war nun die Pflicht der Eingeweihten, und dieses geschah nach Maßgabe eines gedruckten Büchelchens, in welchem jene seltsamen Worte auf eine noch seltsamere Weise erklärt, oder vielmehr amplifiziert waren. Die Beschäftigung mit diesen Dingen war der erwünschteste Zeitverderb. Behrischens Torheit und Lenzens Verkehrtheit schienen sich hier verei­ nigt zu haben; nur wiederhole ich, daß auch nicht eine Spur von Zweck hinter diesen Hüllen finden war. Ob ich nun gleich zu solchen Possen sehr gern beiriet, auch zuerst die Perikopen aus den vier Haimons-Kindern in Ordnung brachte, und

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anche solo con delle fantasticherie. Del resto anche quella farsa strampalata era perseguita con estrema serietà e nessu­ no trovava ridicolo che un certo mulino venisse considerato un castello e il mugnaio trattato come un castellano, che i Quattro figli di Aimone109 venissero dichiarati un libro sacro e nelle cerimonie se ne leggessero con reverenza dei brani. Anche l’investitura avveniva con simboli tradizionali, tra­ mandati da diversi ordini cavallereschi. | Uno dei principali motivi di ilarità era che le cose evidenti venivano trattate come se fossero occulte: si agiva alla luce del sole, ma non bisognava parlarne. L’elenco di tutti i cavalieri fu stampato con solennità degna dell’annuario della Dieta imperiale, e se qualche famiglia si azzardava a prenderci in giro o a di­ chiarare assurda tutta la faccenda, per punirla si intrigava e intrigava fino a convincere un serio coniuge o un parente prossimo a unirsi a noi e a ricevere l’investitura; e noi gioi­ vamo maligni per lo smacco subito dai familiari. Alla cavalleria si era mescolato anche uno strano ordine, concepito come filosofico e mistico insieme, che non ave­ va un nome. Il primo grado si chiamava ‘il passaggio’, il secondo ‘il passaggio del passaggio’, il terzo ‘il passaggio del passaggio verso il passaggio’, il quarto ‘il passaggio del passaggio verso il passaggio del passaggio’. Interpretare il profondo significato di quella sequenza era compito speci­ fico degli iniziati, e ciò avveniva sulla scorta di un libric­ cino in cui quelle strane definizioni venivano spiegate in modo ancora più astruso, fin nei minimi dettagli. Occuparsi di quelle cose era il passatempo più ambito. La follia di Behrisch e la perversità di Lenz sembravano essersi con­ giunte qui; ma ribadisco che tutti quegli involucri erano as­ solutamente privi di scopo. Sebbene mi prestassi molto volentieri a quegli scherzi e all’inizio mi dedicassi alla sistemazione delle pericopi dei

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Vorschläge tat, wie sie bei Festen und Feierlichkeiten vorgelesen wer­ den sollten, auch selbst sie mit großer Emphase vorzutragen verstand; so hatte ich mich doch schon früher an solchen Dingen müde getrieben, und als ich daher meine Frankfurter und Darmstädter Umgebung ver­ mißte, war es mir höchst lieb, Gottern gefunden zu haben, der sich mit aufrichtiger Neigung an mich schloß, und dem ich ein herzliches Wohl­ wollen erwiderte. Sein | Sinn war zart, klar und heiter, sein Talent geübt und geregelt; er befleißigte sich der französischen Eleganz und freute sich des Teils der englischen Literatur, der sich mit sittlichen und ange­ nehmen Gegenständen beschäftigt. Wir brachten viele vergnügte Stun­ den zusammen zu, in denen wir uns wechselseitig unsere Kenntnisse, Vorsätze und Neigungen mitteilten. Er regte mich zu manchen kleinen Arbeiten an, zumal da er, mit den Göttingern in Verhältnis stehend, für Boie’s Almanach auch von meinen Gedichten etwas verlangte. Dadurch kam ich mit jenen in einige Berührung, die sich, jung und talentvoll, zusammenhielten, und nachher so viel und mannigfaltig wirkten. Die beiden Grafen Stolberg, Bürger, Voß, Hölty und ande­ re waren im Glauben und Geiste um Klopstock versammelt, dessen Wirkung sich nach allen Seiten hin erstreckte. In einem solchen, sich immer mehr erweiternden deutschen Dichterkreise entwickelte sich zugleich, mit so mannigfaltigen poetischen Verdiensten, auch noch ein anderer Sinn, dem ich keinen ganz eigentlichen Namen zu geben wüß­ te. Man könnte ihn das Bedürfnis der Unabhängigkeit nennen, welches immer im Frieden entspringt, und gerade da, wo man eigentlich nicht abhängig ist. Im Kriege erträgt man die rohe Gewalt so gut man kann, man fühlt sich wohl physisch und ökonomisch verletzt, aber nicht mo­ ralisch; der Zwang beschämt Niemanden, und es ist kein schimpflicher Dienst, der Zeit zu dienen; man gewöhnt sich, von Feind und Freund zu leiden, man hat Wünsche und keine Gesinnungen. Im Frieden hin­ gegen tut sich der Freiheitssinn der Menschen immer mehr hervor, und je freier man ist, desto freier will man sein. Man will nichts über sich

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Quattro figli di Aimone, facendo proposte su come utiliz­ zarle nelle feste e cerimonie e declamandole io stesso con grande enfasi, cose simili mi erano già venute a noia fin da prima, e quando iniziai a sentire la mancanza dei miei amici di Francoforte e di Darmstadt fu un vero sollievo fare la conoscenza di Gotter, che si legò a me con una sincera amicizia, ricambiata dalla mia cordiale simpatia110. La sua | indole era delicata, limpida e serena, il suo talento regola­ to e coltivato; aspirava all’eleganza francese e gli piaceva quella parte della letteratura inglese che trattava argomenti morali e gradevoli. Trascorremmo molte belle ore insieme, scambiandoci conoscenze, progetti, interessi. Mi spinse a scrivere diversi lavoretti perché, essendo in contatto con il gruppo di Göttingen, mi chiese alcune poesie per l’alma­ nacco di Boie111. In questo modo venni in contatto con quei giovani do­ tati che si erano riuniti in un gruppo e in seguito ebbero un influsso intenso e variegato. I due conti Stolberg, Bürger, Voß, Hölty e altri ancora erano accomunati spiritualmente dalla fede in Klopstock, la cui influenza si estendeva per ogni dove. In questa cerchia di poeti tedeschi che andava man mano allargandosi, oltre ai numerosi meriti letterari si sviluppò anche un nuovo elemento a cui non saprei dare un nome preciso. Lo si potrebbe chiamare il bisogno di indipen­ denza, che nasce sempre in tempo di pace e proprio là dove non vi è dipendenza alcuna. In guerra sopportiamo la forza bruta meglio che possiamo, ci sentiamo feriti sia fisicamen­ te che economicamente, ma non moralmente; la costrizione non è vergogna per nessuno e non è infamante adattarsi al proprio tempo. Ci si abitua a subire dall’amico e dal nemico, si hanno desideri ma non convincimenti. In pace invece il senso di libertà degli uomini si dispiega sempre più, e più libertà si ha, più se ne vorrebbe. Non si tollera alcuna auto­

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dulden; wir wollen nicht beengt sein, Niemand soll beengt sein, und dies zarte ja kranke Gefühl erscheint in schönen Seelen unter der Form der Gerechtigkeit. Dieser Geist und Sinn zeigte sich damals überall, und gerade da nur wenige bedruckt waren, wollte man auch diese von zufälligem Druck befrein, und so entstand eine gewisse sittliche Be­ fehdung, Einmischung | der Einzelnen ins Regiment, die mit löblichen Anfängen, zu unabsehbar unglücklichen Folgen hinführte. Voltaire hat durch den Schutz, den er der Familie Calas angedeihen ließ, großes Aufsehn erregt und sich ehrwürdig gemacht. Für Deutsch­ land fast noch auffallender und wichtiger war das Unternehmen La­ vaters gegen den Landvogt gewesen. Der ästhetische Sinn, mit dem jugendlichen Mut verbunden, strebte vorwärts, und da man noch vor kurzem studierte, um zu Ämtern zu gelangen, so fing man nun an den Aufseher der Beamten zu machen, und die Zeit war nah, wo der Thea­ ter- und Romanendichter seine Bösewichter am liebsten unter Minis­ tern und Amtleuten aufsuchte. Hieraus entstand eine halb eingebildete halb wirkliche Welt von Wirkung und Gegenwirkung, in der wir spä­ terhin die heftigsten Angebereien und Verhetzungen erlebt haben, wel­ che sich die Verfasser von Zeitschriften und Tagblättern, mit einer Art von Wut, unter dem Schein der Gerechtigkeit erlaubten, und um so un­ widerstehlicher dabei zu Werke gingen, als sie das Publikum glauben machten, vor ihm sei der wahre Gerichtshof: töricht! da kein Publikum eine exekutive Gewalt hat, und in dem zerstückten Deutschland die öffentliche Meinung Niemanden nutzte oder schadete. Unter uns jungen Leuten ließ sich zwar nichts von jener Art spüren, welche tadelnswert gewesen wäre; aber eine gewisse ähnliche Vor­ stellung hatte sich unsrer bemächtigt, die aus Poesie, Sittlichkeit und einem edlen Bestreben zusammengeflossen, zwar unschädlich aber doch fruchtlos war. Durch die Hermanns-Schlacht und die Zueignung derselben an Joseph den Zweiten hatte Klopstock eine wunderbare Anregung ge­

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rità, non si vogliono limitazioni, nessuno deve essere limi­ tato, e questo sentimento fragile, anzi malato assume per le anime belle le sembianze del bisogno di giustizia. In quel periodo questo spirito, questo sentimento si manifestavano dovunque, e proprio perché a essere oppressi erano in pochi, si voleva liberare anche quelli da qualsivoglia oppressione. Sorse così una certa animosità morale, un immischiarsi | dei singoli nelle cose di governo che iniziò in modo lodevole ma ebbe conseguenze imprevedibilmente nefaste. Con la protezione offerta alla famiglia Calas112, Voltaire aveva suscitato molto scalpore e si era guadagnato il rispet­ to universale. In Germania fu forse ancora più rilevante e significativa l’azione di Lavater contro il balivo113. Il senso estetico unito all’ardore giovanile si fecero avanti, chi ave­ va da poco completato gli studi per poi ricoprire un ufficio pubblico iniziava sorvegliando le alte cariche – era prossi­ mo il tempo in cui drammaturghi e scrittori avrebbero cer­ cato i loro malfattori soprattutto tra ministri e funzionari. Ne derivò un mondo di azioni e reazioni per metà fittizio, per metà reale, dove in seguito potei assistere a denunce e attacchi violentissimi a cui gli autori di giornali e riviste si ritenevano autorizzati in nome della giustizia, con una sorta di furore. Si accanivano senza tregua, facendo credere al pubblico di essere loro il vero tribunale: sciocchezze! Il pubblico non ha alcun potere esecutivo e in una Germania così frammentata l’opinione pubblica non nuoceva né gio­ vava ad alcuno114. Tra noi giovani non si percepivano segni di quel disdi­ cevole atteggiamento, ma un simile modo di pensare si era comunque impadronito di noi; vi erano confluite poesia, moralità e nobili aspirazioni, era innocuo ma sterile. Con la Battaglia di Arminio e la dedica a Giuseppe ii, Klopstock aveva fornito un impulso straordinario115. I te­

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geben. Die Deutschen, die sich vom Druck der Römer befreiten, waren herrlich und mächtig dargestellt, und dieses Bild gar wohl geeignet, das Selbstgefühl der Nation zu erwecken. Weil aber im Frieden der Pa­ triotismus eigentlich nur darin besteht, daß Jeder vor seiner Türe kehre, seines Amts warte, auch seine Lektion | lerne, damit es wohl im Hau­ se stehe; so fand das von Klopstock erregte Vaterlandsgefühl keinen Gegenstand, an dem es sich hätte üben können. Friedrich hatte die Ehre eines Teils der Deutschen gegen eine verbundene Welt gerettet, und es war jedem Gliede der Nation erlaubt, durch Beifall und Verehrung dieses großen Fürsten, Teil an seinem Siege zu nehmen; aber wo denn nun hin mit jenem erregten kriegerischen Trotzgefühl? welche Rich­ tung sollte es nehmen, und welche Wirkung hervorbringen? Zuerst war es bloß poetische Form, und die nachher so oft gescholtenen, ja lächer­ lich gefundenen Bardenlieder häuften sich durch diesen Trieb, durch diesen Anstoß. Keine äußeren Feinde waren zu bekämpfen; nun bildete man sich Tyrannen, und dazu mußten die Fürsten und ihre Diener ihre Gestalten erst im Allgemeinen, sodann nach und nach im Besondern hergeben; und hier schloß sich die Poesie an jene oben gerügte Einmi­ schung in die Rechtspflege mit Heftigkeit an, und es ist merkwürdig, Gedichte aus jener Zeit zu sehn, die ganz in einem Sinne geschrieben sind, wodurch alles Obere, es sei nun monarchisch oder aristokratisch, aufgehoben wird. Was mich betraf, so fuhr ich fort, die Dichtkunst zum Ausdruck meiner Gefühle und Grillen zu benutzen. Kleine Gedichte, wie der Wanderer, fallen in diese Zeit; sie wurden in den Göttinger Musen­ almanach aufgenommen. Was aber von jener Sucht in mich eingedrun­ gen sein mochte, davon strebte ich mich kurz nachher im Götz von Berlichingen zu befrein, indem ich schilderte, wie in wüsten Zeiten der wohldenkende brave Mann allenfalls an die Stelle des Gesetzes und der ausübenden Gewalt zu treten sich entschließt, aber in Verzweiflung ist, wenn er dem anerkannten verehrten Oberhaupt zweideutig, ja ab­ trünnig erscheint.

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deschi che si liberavano dall’oppressione dei romani erano rappresentati gloriosi e possenti, e quell’immagine era adat­ ta a ridestare la consapevolezza della nazione. Ma poiché il patriottismo in tempo di pace consiste solo nello spazzare davanti alla propria porta, nel fare il proprio dovere e met­ tere in pratica ciò che | si è appreso affinché tutto funzioni bene116, il sentimento patriottico suscitato da Klopstock non trovò nulla a cui applicarsi. Federico117 aveva salvato l’o­ nore di una parte dei tedeschi contro il mondo coalizzato, e ogni membro della nazione poteva partecipare alla sua vitto­ ria approvando e venerando quel grande sovrano; ma come gestire quel nuovo spirito bellicoso e ostinato? Che direzio­ ne doveva prendere, quali scopi perseguire? All’inizio era solo forma poetica e su questo stimolo, su questo impulso si moltiplicarono i canti barditi, in seguito tanto criticati e ridicolizzati. Visto che non c’erano nemici esterni da com­ battere, si inventarono allora dei tiranni, e i principi e i loro servitori dovettero fornire il modello, prima in generale, poi con tratti sempre più precisi. La poesia partecipò energica­ mente all’ingerenza nell’amministrazione della giustizia che ho appena biasimato, ed è curioso osservare come le poe­ sie di quel periodo fossero tutte scritte con un unico intento: abolire ogni autorità, monarchica o aristocratica che fosse. Per quanto mi riguarda, proseguii a utilizzare la poe­ sia per esprimere i miei sentimenti e malinconie. Piccoli componimenti come Il viandante risalgono a quell’epoca, e vennero pubblicati nel «Göttinger Musenalmanach». Di quella smania avevo recepito poco, ma me ne liberai ben presto con Götz von Berlichingen, in cui descrissi come nei tempi di crisi l’uomo onesto e coraggioso possa decidere di sostituirsi alla legge e al potere esecutivo ma cade nella disperazione quando vede che il sovrano che egli riconosce e venera lo considera ambiguo o addirittura un traditore.

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Durch Klopstocks Oden war denn auch in die deutsche Dichtkunst nicht sowohl die nordische Mythologie, als vielmehr die Nomenklatur ihrer Gottheiten eingeleitet, und ob ich gleich mich sonst gern alles des­ sen bediente, was mir gereicht ward; so konnte ich es doch nicht von mir | gewinnen, mich derselben zu bedienen, und zwar aus folgenden Ursachen. Ich hatte die Fabeln der Edda schon längst aus der Vorrede zu Mallet’s Dänischer Geschichte kennen gelernt, und mich derselben sogleich bemächtigt; sie gehörten unter diejenigen Märchen, die ich, von einer Gesellschaft aufgefordert, am liebsten erzählte. Herder gab mir den Resenius in die Hände, und machte mich mit den Heldensagen mehr bekannt. Aber alle diese Dinge, wie wert ich sie hielt, konnte ich nicht in den Kreis meines Dichtungsvermögens aufnehmen; wie herr­ lich sie mir auch die Einbildungskraft anregten, entzogen sie sich doch ganz dem sinnlichen Anschaun, indessen die Mythologie der Griechen, durch die größten Künstler der Welt in sichtliche leicht einzubildende Gestalten verwandelt, noch vor unsern Augen in Menge dastand. Göt­ ter ließ ich überhaupt nicht viel auftreten, weil sie mir noch außerhalb der Natur, die ich nachzubilden verstand, ihren Wohnsitz hatten. Was hätte mich nun gar bewegen sollen, Wodan für Jupiter, und Thor für Mars zu setzen, und statt der südlichen genau umschriebenen Figuren, Nebelbilder, ja bloße Wortklänge in meine Dichtungen einzuführen? Von einer Seite schlossen sie sich vielmehr an die Ossianschen gleich­ falls formlosen Helden, nur derber und riesenhafter an, von der andern lenkte ich sie nach dem heiteren Märchen hin: denn der humoristische Zug, der durch die ganze nordische Mythe durchgeht, war mir höchst lieb und bemerkenswert. Sie schien mir die einzige, welche durch­ aus mit sich selbst scherzt, einer wunderlichen Dynastie von Göttern abenteuerliche Riesen, Zauberer und Ungeheuer entgegensetzt, die nur beschäftigt sind, die höchsten Personen während ihres Regiments zu irren, zum Besten zu haben, und hinterdrein mit einem schmählichen, unvermeidlichen Untergang zu bedrohen.

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Le Odi di Klopstock avevano introdotto nella poesia te­ desca non tanto la mitologia nordica, quanto i nomi delle sue divinità e sebbene in genere mi servissi volentieri di tutto ciò che mi veniva offerto, non potei | convincermi a utilizzare anche quelli, e per il seguente motivo. Grazie alla Prefazione alla Storia della Danimarca di Mallet118 cono­ scevo già da tempo i racconti dell’Edda e subito me ne ero appropriato, erano tra le favole che raccontavo più volentie­ ri quando, in compagnia, me lo chiedevano. Herder mi ave­ va messo in mano il Resenius119 e con lui avevo approfondi­ to le saghe eroiche, ma per quanto li apprezzassi, non riuscii ad assimilare quegli elementi nella mia ispirazione poetica. Se da una parte stimolavano magnificamente la fantasia, dall’altra si sottraevano del tutto allo sguardo sensibile, mentre la mitologia greca, trasformata dai più eccelsi artisti del mondo in figure visibili e che si imprimevano facilmen­ te nella mente, si offriva agli occhi in abbondanza. Degli dei comunque non facevo grande uso, perché abitavano pur sempre al di fuori della natura, che io cercavo invece di imi­ tare. Perché mai avrei dovuto mettere nelle mie poesie Odi­ no al posto di Giove, Thor al posto di Marte, e sostituire le figure ben delineate del Sud con immagini vaghe, anzi, con puri e semplici suoni? Da una parte si avvicinavano effetti­ vamente agli eroi altrettanto indistinti di Ossian, erano solo più grezze e gigantesche, dall’altra le associavo all’allegria della favola: infatti il tratto umoristico che attraversa tutta la mitologia nordica mi era molto caro e lo apprezzavo. Mi sembrava fosse l’unica capace di scherzare con se stessa, l’unica che contrapponeva una stravagante dinastia di di­ vinità a giganti avventurosi, stregoni e mostri, preoccupati solo di confondere i potenti nella loro azione di governo e di metterli in ridicolo, minacciandoli in aggiunta con una decadenza ignominiosa quanto inevitabile.

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Ein ähnliches wo nicht gleiches Interesse gewannen mir die indi­ schen Fabeln ab, die ich aus Dappers Reisen zuerst kennen lernte, und gleichfalls mit großer Lust in meinen Märchenvorrat hineinzog. Der Altar des Ram gelang mir | vorzüglich im Nacherzählen, und ungeach­ tet der großen Mannigfaltigkeit der Personen dieses Märchens, blieb doch der Affe Hannemann der Liebling meines Publikums. Aber auch diese unförmlichen und überförmlichen Ungeheuer konnten mich nicht eigentlich poetisch befriedigen; sie lagen zu weit von dem Wahren ab, nach welchem mein Sinn unablässig hinstrebte. Doch gegen alle diese kunstwidrigen Gespenster sollte mein Sinn für das Schöne durch die herrlichste Kraft geschützt werden. Glück­ lich ist immer die Epoche einer Literatur, wenn große Werke der Ver­ gangenheit wieder einmal auftauen und an die Tagesordnung kommen, weil sie alsdann eine vollkommen frische Wirkung hervorbringen. Auch das Homerische Licht ging uns neu wieder auf, und zwar recht im Sinne der Zeit, die ein solches Erscheinen höchst begünstigte: denn das beständige Hinweisen auf Natur bewirkte zuletzt, daß man auch die Werke der Alten von dieser Seite betrachten lernte. Was mehrere Reisende zu Aufklärung der heiligen Schriften getan, leisteten andere für den Homer. Durch Guys ward man eingeleitet, Wood gab der Sache den Schwung. Eine Göttinger Rezension des anfangs sehr seltenen Ori­ ginals machte uns mit der Absicht bekannt, und belehrte uns, wie weit sie ausgeführt worden. Wir sahen nun nicht mehr in jenen Gedichten ein angespanntes und aufgedunsenes Heldenwesen, sondern die abge­ spiegelte Wahrheit einer uralten Gegenwart, und suchten uns dieselbe möglichst heranzuziehen. Zwar wollte uns zu gleicher Zeit nicht völlig in den Sinn, wenn behauptet wurde, daß, um die Homerischen Naturen recht zu verstehn, man sich mit den wilden Völkern und ihren Sitten bekannt machen müsse, wie sie uns die Reisebeschreiber der neuen Welten schildern: denn es ließ sich doch nicht leugnen, daß sowohl Europäer als Asiaten, in den Homerischen Gedichten schon auf einem

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Un interesse analogo, se non identico, me lo suscitarono le fiabe indiane, che avevo conosciuto dai viaggi di Dapper120 e che introdussi con grande piacere nel mio repertorio di fiabe. Raccontavo benissimo | L’altare di Rama, e nono­ stante la grande varietà di personaggi di questo racconto121, la scimmia Hanuman rimase sempre il beniamino dei miei ascoltatori. Ma nemmeno questi mostri deformi o sovradi­ mensionati mi soddisfacevano fino in fondo dal punto di vi­ sta poetico: erano troppo lontani dal vero a cui il mio spirito tendeva incessantemente. Ma il mio senso per il bello sarebbe stato protetto da tutti quegli spettri nemici dell’arte grazie a una forza maestosa. Sempre felice è quell’epoca di una letteratura, in cui grandi opere del passato riemergono e sono di nuovo all’ordine del giorno, producendo un effetto di totale rinnovamento. La stella di Omero tornò a risplenderci, ed era proprio il mo­ mento giusto per favorirne il ritorno: il costante richiamo alla natura riuscì infine a far sì che anche le opere degli anti­ chi fossero riconsiderate sotto questo punto di vista. Quello che molti viaggiatori avevano fatto per chiarire passi delle Sacre Scritture, altri lo fecero per Omero. Guys segnò l’ini­ zio, Wood impresse slancio al movimento. Una recensione dell’originale, in principio molto raro, apparsa a Göttingen ci fece conoscere questa tendenza e ci informò di quanto era progredita. In quelle poesie non vedemmo più un’epo­ ca di eroi esasperata e gonfiata, ma il vero riflesso di un presente antichissimo, che cercammo di rendere più vicino a noi122. Allo stesso tempo non ci convinceva del tutto ciò che si affermava allora, e cioè che, per capire veramente le nature omeriche, era necessario studiare i popoli selvaggi e le loro usanze così come ce li descrivono gli esploratori dei nuovi mondi. Non si poteva infatti negare che nei poemi omerici sia gli europei sia gli asiatici avevano già raggiun­

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hohen Grade der Kultur dargestellt worden, vielleicht auf einem hö­ hern, als die Zeiten des Trojanischen Kriegs mochten genossen haben. Aber jene Maxime war doch mit dem herrschenden | Naturbekenntnis übereinstimmend, und in so fern mochten wir sie gelten lassen. Bei allen diesen Beschäftigungen, die sich auf Menschenkunde im höheren Sinne, so wie auf Dichtkunst im nächsten und lieblichsten be­ zogen, mußte ich doch jeden Tag erfahren, daß ich mich in Wetzlar aufhielt. Das Gespräch über den Zustand des Visitations-Geschäftes, und seiner immer wachsenden Hindernisse, die Entdeckung neuer Ge­ brechen klang stündlich durch. Hier war nun abermals das heilige rö­ mische Reich versammelt, nicht bloß zu äußerlichen Feierlichkeiten, sondern zu einem ins Allertiefste greifenden Geschäfte. Aber auch hier mußte mir jener halbleere Speisesaal am Krönungstage einfallen, wo die geladenen Gäste außen blieben, weil sie zu vornehm waren. Hier hatten sie sich zwar eingefunden, aber man mußte noch schlimmere Symptome gewahr werden. Der Unzusammenhalt des Ganzen, das Widerspiel der Teile kamen fortwährend zum Vorschein, und es war kein Geheimnis geblieben, daß Fürsten unter einander sich die Absicht vertraulich mitgeteilt hatten: man müsse sehn, ob man nicht, bei dieser Gelegenheit, dem Oberhaupt etwas abgewinnen könne? Welchen üblen Eindruck das kleine Detail aller Anekdoten von Nachlässigkeiten und Versäumnissen, Ungerechtigkeiten und Beste­ chungen, auf einen jungen Menschen machen mußte, der das Gute wollte, und sein Inneres in diesem Sinne bearbeitete, wird jeder Red­ liche mitfühlen. Wo soll unter solchen Umständen Ehrfurcht vor dem Gesetz und dem Richter entspringen? Aber hätte man auch auf die Wir­ kungen der Visitation das größte Zutrauen gesetzt, hätte man glauben können, daß sie völlig ihre hohe Bestimmung erfüllen werde; für einen frohen vorwärts schreitenden Jüngling war doch hier kein Heil zu fin­ den. Die Förmlichkeiten dieses Prozesses an sich gingen alle auf ein

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to un livello culturale elevato, forse persino più elevato di quello che doveva esserci al tempo della guerra di Troia. Ma quell’opinione era comunque in accordo con il generale apprezzamento | per la natura, e in quanto tale fu accolta. Nonostante tutte queste occupazioni che riguardavano l’umanità nel senso più alto ma anche la poesia in modo più immediato e piacevole, ogni giorno venivo richiamato alla realtà di Wetzlar. Le discussioni sullo stato dell’ispe­ zione, i crescenti ostacoli, la scoperta di nuove malefatte giungevano fino a me in ogni momento. Ancora una volta si era riunito il Sacro Romano Impero, e non solo per ce­ rimonie esteriori, ma per una questione che lo toccava fin nel profondo. Questo mi faceva ripensare al giorno dell’in­ coronazione con la sala del banchetto mezza vuota, quando gli invitati non si erano presentati perché si ritenevano su­ periori. Qui in realtà si erano presentati, ma i sintomi che si percepivano erano ancora più gravi. La generale mancanza di coesione, i conflitti tra le parti venivano costantemente in luce, e non era un mistero per nessuno che i prìncipi, in segreto, si fossero detti tra loro in via confidenziale che quella era forse una buona occasione per ottenere qualcosa dall’imperatore. Ogni persona onesta può facilmente immaginarsi quanto negativa fosse l’impressione che i dettagli meschini e tut­ ti gli aneddoti su manchevolezze e omissioni, ingiustizie e corruzione producevano in un giovane che desiderava il bene e cercava di costruirlo a partire dal proprio intimo. Come può nascere il rispetto per la legge e per i giudici in una situazione come quella? E anche ponendo tutta la fidu­ cia possibile sull’esito dell’ispezione, pur essendo convinti che avrebbe raggiunto completamente i suoi scopi, per un giovane ottimista che guardava al futuro non c’era scampo. Le formalità del procedimento in sé tendevano tutte a tra­

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Verschleifen; wollte man einigermaßen wirken und etwas bedeuten, so mußte man nur immer demjenigen dienen, der Unrecht hatte, stets dem Beklagten, und in der Fechtkunst der verdrehenden und ausweichen­ den Streiche recht gewandt sein. | Ich verlor mich daher einmal über das andre, da mir, in dieser Zer­ streuung, keine ästhetischen Arbeiten gelingen wollten, in ästhetische Spekulationen; wie denn alles Theoretisieren auf Mangel oder Sto­ ckung von Produktionskraft hindeutet. Früher mit Merken, nunmehr manchmal mit Gottern, machte ich den Versuch, Maximen auszufinden, wonach man beim Hervorbringen zu Werke gehn könnte. Aber weder mir noch ihnen wollte es gelingen. Merk war Zweifler und Eklektiker, Gotter hielt sich an solche Beispiele, die ihm am meisten zusagten. Die Sulzersche Theorie war angekündigt, mehr für den Liebhaber als für den Künstler. In diesem Gesichtskreise werden vor allem sittliche Wir­ kungen gefordert, und hier entsteht sogleich ein Zwiespalt zwischen der hervorbringenden und benutzenden Klasse; denn ein gutes Kunst­ werk kann und wird zwar moralische Folgen haben, aber moralische Zwecke vom Künstler fordern, heißt ihm sein Handwerk verderben. Was die Alten über diese wichtigen Gegenstände gesagt, hatte ich seit einigen Jahren fleißig, wo nicht in einer Folge studiert, doch sprungweise gelesen. Aristoteles, Cicero, Quinctilian, Longin, keiner blieb unbeachtet, aber das half mir nichts: denn alle diese Männer setz­ ten eine Erfahrung voraus, die mir abging. Sie führten mich in eine an Kunstwerken unendlich reiche Welt, sie entwickelten die Verdienste vortrefflicher Dichter und Redner, von deren meisten uns nur die Na­ men übrig geblieben sind, und überzeugten mich nur allzu lebhaft, daß erst eine große Fülle von Gegenständen vor uns liegen müsse, ehe man darüber denken könne, daß man erst selbst etwas leisten, ja daß man fehlen müsse, um seine eignen Fähigkeiten und die der andern kennen zu lernen. Meine Bekanntschaft mit so vielem Guten jener alten Zeiten

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scinarsi per le lunghe; chi voleva agire e fare qualcosa di significativo doveva mettersi al servizio di colui che aveva torto, dell’imputato, ed essere uno spadaccino veramente esperto nell’arte di deviare e schivare i colpi. | E così, distratto com’ero da tutto ciò, non riuscendo a produrre nessun lavoro estetico mi buttai sull’altro versan­ te, quello della speculazione estetica; infatti mettersi a teo­ rizzare è indice di carenza o blocco dell’energia creatrice. Prima con Merck, adesso con Gotter feci dunque qualche tentativo per trovare delle regole che aiutassero nella crea­ zione, ma senza riuscirci, né io né loro. Merck era scettico ed eclettico, Gotter considerava solo gli esempi che più gli convenivano. Fu pubblicata la teoria di Sulzer123, più per il pubblico degli appassionati che per gli artisti. In quell’ot­ tica si auspicano soprattutto effetti morali, ed ecco crearsi subito una spaccatura tra coloro che producono arte e colo­ ro che ne fruiscono; infatti un’opera d’arte di qualità potrà forse anche sortire effetti morali, ma pretendere dall’artista un intento morale significa rovinare la sua creazione. Quello che gli antichi avevano detto su questi temi im­ portanti lo avevo studiato con attenzione già alcuni anni prima, seppure non in modo sistematico ma leggiucchiando qua e là. Aristotele, Cicerone, Quintiliano, Longino, non avevo trascurato nessuno ma non mi erano stati utili, poi­ ché tutti costoro davano per presupposta un’esperienza che a me mancava. Mi conducevano in un mondo infinitamente ricco di opere d’arte, svisceravano i meriti di poeti e oratori eccelsi, di cui noi oggi conosciamo a malapena il nome, e mi avevano inculcato che bisogna prima avere davanti a noi una grande quantità di oggetti per poi cominciare a rifletter­ ci, che bisogna prima produrre qualcosa e persino sbagliare per poi imparare a conoscere le proprie capacità e quelle altrui. La mia conoscenza del gran tesoro dei tempi antichi

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war doch immer nur schul- und buchmäßig und keineswegs lebendig, da es doch, besonders bei den gerühmtesten Rednern, auffiel, daß sie sich durchaus im Leben gebildet hatten, und daß man von den Eigen­ schaften ihres Kunstcharakters niemals sprechen konnte, ohne ihren persönlichen Gemütscharakter zugleich mitzuerwähnen. | Bei Dichtern schien dies weniger der Fall; überall aber trat Natur und Kunst nur durch Leben in Berührung, und so blieb das Resultat von allem meinen Sinnen und Trachten jener alte Vorsatz, die innere und äußere Natur zu erforschen, und in liebevoller Nachahmung sie eben selbst walten zu lassen. Zu diesen Wirkungen, welche weder Tag noch Nacht in mir ruhten, lagen zwei große, ja ungeheure Stoffe vor mir, deren Reichtum ich nur einigermaßen zu schätzen brauchte, um etwas Bedeutendes hervorzu­ bringen. Es war die ältere Epoche, in welche das Leben Götzens von Berlichingen fällt, und die neuere, deren unglückliche Blüte im Wer­ ther geschildert ist. Von der historischen Vorbereitung zu der ersten Arbeit habe ich be­ reits gesprochen; die ethischen Anlässe zu der zweiten sollen gegen­ wärtig eingeleitet werden. Jener Vorsatz, meine innere Natur nach ihren Eigenheiten gewäh­ ren, und die äußere nach ihren Eigenschaften auf mich einfließen zu lassen, trieb mich an das wunderliche Element, in welchem Werther ersonnen und geschrieben ist. Ich suchte mich innerlich von allem Fremden zu entbinden, das Äußere liebevoll zu betrachten, und alle Wesen, vom menschlichen an, so tief hinab als sie nur faßlich sein möchten, jedes in seiner Art auf mich wirken zu lassen. Dadurch ent­ stand eine wundersame Verwandtschaft mit den einzelnen Gegenstän­ den der Natur, und ein inniges Anklingen, ein Mitstimmen ins Ganze, so daß ein jeder Wechsel, es sei der Ortschaften und Gegenden, oder der Tags- und Jahreszeiten, oder was sonst sich ereignen konnte, mich aufs innigste berührte. Der malerische Blick gesellte sich zu dem dich­

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era però sempre rimasta a livello scolastico e libresco, non era vissuta, mentre invece, soprattutto per i più celebri re­ tori, saltava all’occhio che si erano formati nel corso della vita e che non era possibile parlare delle loro caratteristiche artistiche prescindendo dal loro carattere personale. | Per i poeti non era sempre così, ma in ogni caso la natura e l’arte entravano in contatto soltanto nella vita, e di conseguenza il risultato di tutto il mio riflettere e rimuginare non fece che ri­ condurmi al mio antico proposito: studiare la natura esterio­ re e interiore lasciandole campo libero, e imitarla con amore. Per applicare queste considerazioni che si agitavano in me giorno e notte, avevo a disposizione due soggetti vasti, anzi enormi; valorizzare anche solo una piccola parte della loro ricchezza bastava per trarne qualcosa di significativo. Erano l’epoca più remota, in cui era vissuto Götz von Ber­ lichingen, e quella più recente, la cui infelice fioritura è de­ scritta nel Werther. Dei preparativi storici per il primo ho già parlato; ora devo presentare gli spunti etici da cui ha avuto origine il secondo. Il proposito di dare libero corso alle peculiarità della mia natura interiore e lasciare che quella esteriore influisse su di me in base alle sue caratteristiche mi condusse in quella strana situazione in cui fu ideato e scritto il Werther. Cerca­ vo di liberare il mio intimo da tutto ciò che era estraneo, di osservare con amore il mondo esterno lasciando agire su di me ogni essere, a cominciare dagli uomini per arrivare fino a quelli appena percettibili, ciascuno a suo modo. Ne scatu­ rì una mirabile affinità con i singoli oggetti della natura, una consonanza interiore, un’armonia con il tutto tale che ogni mutamento, dei posti e dei luoghi, dei giorni o delle stagioni o di qualsiasi altra cosa mi commuoveva profondamente. L’occhio del pittore si unì a quello del poeta; il bel paesag­

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terischen, die schöne ländliche, durch den freundlichen Fluß belebte Landschaft vermehrte meine Neigung zur Einsamkeit, und begünstigte meine stillen nach allen Seiten hin sich ausbreitenden Betrachtungen. Aber seitdem ich jenen Familienkreis zu Sesenheim und nun wie­ der meinen Freundeszirkel zu Frankfurt und | Darmstadt verlassen, war mir eine Leere im Busen geblieben, die ich auszufüllen nicht vermoch­ te; ich befand mich daher in einer Lage, wo uns die Neigung, sobald sie nur einigermaßen verhüllt auftritt, unversehens überschleichen und alle guten Vorsätze vereiteln kann. Und indem nun der Verfasser zu dieser Stufe seines Unternehmens gelangt, fühlt er sich zum ersten Mal bei der Arbeit leicht ums Herz: denn von nun an wird dieses Buch erst was es eigentlich sein soll. Es hat sich nicht als selbständig angekündigt; es ist vielmehr bestimmt die Lücken eines Autorlebens auszufüllen, manches Bruchstück zu ergän­ zen und das Andenken verlorner und verschollener Wagnisse zu erhal­ ten. Was aber schon getan ist, soll und kann nicht wiederholt werden; auch würde der Dichter jetzt die verdüsterten Seelenkräfte vergebens aufrufen, umsonst von ihnen fordern, daß sie jene lieblichen Verhält­ nisse wieder vergegenwärtigen möchten, welche ihm den Aufenthalt im Lahntale so hoch verschönten. Glücklicherweise hatte der Genius schon früher dafür gesorgt, und ihn angetrieben, in vermögender Ju­ gendzeit das nächst Vergangene festzuhalten, zu schildern und kühn genug zur günstigen Stunde öffentlich aufzustellen. Daß hier das Büch­ lein Werther gemeint sei, bedarf wohl keiner nähern Bezeichnung; von den darin aufgeführten Personen aber, so wie von den dargestellten Gesinnungen wird nach und nach einiges zu eröffnen sein. Unter den jungen Männern, welche, der Gesandtschaft zugegeben, sich zu ihrem künftigen Dienstlauf vorüben sollten, fand sich einer den wir kurz und gut den Bräutigam zu nennen pflegten. Er zeichnete sich aus durch ein ruhiges gleiches Betragen, Klarheit der Ansichten, Be­ stimmtheit im Handeln und Reden. Seine heitere Tätigkeit, sein an­ haltender Fleiß empfahl ihn dergestalt den Vorgesetzten, daß man ihm

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gio campestre, ravvivato dal fiume amichevole, accentuò la mia tendenza alla solitudine e favorì le mie contemplazioni silenziose a tutto campo. Ma da quando avevo lasciato l’ambiente familiare di Sessenheim e poi anche la mia cerchia di amici di Franco­ forte e | Darmstadt, mi era rimasto un vuoto nel cuore che non riuscivo a colmare; mi trovavo quindi nella condizione in cui l’amore, mascherandosi anche solo un pochino, ci assale all’improvviso vanificando tutti i buoni propositi. Una volta raggiunto questo stadio dell’opera, l’autore per la prima volta sente il cuor leggero, perché a questo punto sa che il libro sarà ciò che deve essere veramente. Non ha proclamato la propria indipendenza, è invece de­ stinato a colmare le lacune della vita di un autore, a com­ pletarne i frammenti e a preservare il ricordo di tentativi perduti o dimenticati. Ma ciò che è già stato fatto non può e non deve essere ripetuto, e invano il poeta chiamerebbe a raccolta le forze vitali ormai sopite, invano pretenderebbe di far rivivere quegli affettuosi legami che resero tanto bello il soggiorno nella valle della Lahn. Per fortuna il suo genio aveva provveduto a suo tempo, spingendolo a trattenere, a descrivere e rendere audacemente pubblico il vissuto re­ cente al momento propizio, nella fase del pieno vigore gio­ vanile. Non ho certo bisogno di dire che sto parlando del libretto di Werther; sui personaggi che vi si ritrovano e sui sentimenti che vi sono descritti occorre invece dare man mano qualche spiegazione. Tra i giovanotti assegnati alle varie legazioni, giunti lì per far pratica in vista di una futura carriera, ce n’era uno che chiamavamo semplicemente ‘lo sposo’124. Si faceva notare per il comportamento tranquillo e composto, la chiarezza di opinioni, la decisione nell’agire e nel parlare. La serenità nel lavoro e l’impegno costante lo resero così prezioso per i

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eine baldige Anstellung versprach. Hiedurch berechtigt, unternahm er sich mit einem Frauenzimmer zu verloben, das seiner Gemütsart und seinen Wünschen völlig zusagte. Nach dem Tode ihrer Mutter, hatte sie sich als | Haupt einer zahlreichen jüngeren Familie höchst tätig erwiesen und den Vater in seinem Witwerstand allein aufrecht erhal­ ten, so daß ein künftiger Gatte von ihr das Gleiche für sich und seine Nachkommenschaft hoffen und ein entschiedenes häusliches Glück erwarten konnte. Ein Jeder gestand, auch ohne diese Lebenszwecke eigennützig für sich im Auge zu haben, daß sie ein wünschenswertes Frauenzimmer sei. Sie gehörte zu denen, die, wenn sie nicht heftige Leidenschaften einflößen, doch ein allgemeines Gefallen zu erregen geschaffen sind. Eine leicht aufgebaute, nett gebildete Gestalt, eine reine gesunde Natur und die daraus entspringende frohe Lebenstätig­ keit, eine unbefangene Behandlung des täglich Notwendigen, das alles war ihr zusammen gegeben. In der Betrachtung solcher Eigenschaften ward auch mir immer wohl, und ich gesellte mich gern zu denen die sie besaßen; und wenn ich nicht immer Gelegenheit fand ihnen wirkliche Dienste zu leisten, so teilte ich mit ihnen lieber als mit andern den Ge­ nuß jener unschuldigen Freuden, die der Jugend immer zur Hand sind und ohne große Bemühung und Aufwand ergriffen werden. Da es nun ferner ausgemacht ist, daß die Frauen sich nur für einander putzen und untereinander den Putz zu steigern unermüdet sind; so waren mir die­ jenigen die liebsten, welche mit einfacher Reinlichkeit dem Freunde, dem Bräutigam, die stille Versicherung geben, daß es eigentlich nur für ihn geschehen, und daß ohne viel Umstände und Aufwand ein ganzes Leben so fortgeführt werden könne. Solche Personen sind nicht allzu sehr mit sich selbst beschäftigt: sie haben Zeit die Außenwelt zu betrachten, und Gelassenheit genug sich nach ihr zu richten, sich ihr gleich zu stellen; sie werden klug und verständig ohne Anstrengung, und bedürfen zu ihrer Bildung wenig Bücher. So war die Braut. Der Bräutigam, bei seiner durchaus recht­ lichen und zutraulichen Sinnesart, machte Jeden, den er schätzte, bald

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suoi superiori, che gli promisero subito un impiego stabile. Su questa base si fidanzò con una ragazza che corrisponde­ va pienamente al suo carattere e ai suoi desideri125. Dopo la morte della madre si era dimostrata | capace di far andare avanti una famiglia con numerosi bimbi piccoli e da sola aveva saputo sostenere il padre vedovo, tanto che il suo fu­ turo consorte poteva sperare lo stesso per sé e i suoi discen­ denti, con l’aspettativa di una solida felicità domestica. Tut­ ti, anche quelli non direttamente interessati, riconoscevano che era davvero una ragazza da sposare. Era una di quelle donne che, pur non suscitando passioni intense, riscuotono il favore generale. Una figura semplice e graziosa, una na­ tura integra e sana e l’allegra voglia di vivere che da que­ sta deriva, la spontaneità nel trattare le faccende quotidiane erano i suoi doni. Osservare quelle qualità mi faceva sentire bene e frequentavo volentieri coloro che le possedevano; e sebbene non trovassi sempre il modo di rendermi utile con qualche piccolo favore, preferivo condividere con lei piut­ tosto che con altri il piacere di quelle gioie innocenti di cui la gioventù è sempre provvista e che si possono assaporare senza eccessivo sforzo né fatica. Poiché è risaputo che le donne si mettono in ghingheri solo per le altre donne e sono in perenne competizione tra loro nel vestire, io preferivo di gran lunga quelle che con la loro semplicità davano tacita rassicurazione al fidanzato, o al promesso sposo, che agiva­ no soltanto per lui e che tutta la vita poteva proseguire così, senza troppi complimenti e complicazioni. Persone così non sono mai concentrate su se stesse: han­ no tempo per osservare il mondo intorno a loro e tranquillità per orientarsi e adeguarsi; imparano e comprendono senza sforzo e hanno bisogno di pochi libri per istruirsi. Così era la promessa sposa. Lo sposo, per natura onesto e fiducioso, la presentava subito a tutti coloro che stimava e poiché lui

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mit ihr bekannt, und sah gern, weil er den größten Teil des Tages den Geschäften eifrig oblag, wenn seine Verlobte, nach vollbrachten häus­ lichen Bemühungen, | sich sonst unterhielt und sich gesellig auf Spa­ ziergängen und Landpartieen mit Freunden und Freundinnen ergetzte. Lotte – denn so wird sie denn doch wohl heißen – war anspruchslos in doppeltem Sinne: erst ihrer Natur nach, die mehr auf ein allgemei­ nes Wohlwollen als auf besondere Neigungen gerichtet war, und dann hatte sie sich ja für einen Mann bestimmt, der, ihrer wert, sein Schick­ sal an das ihrige für’s Leben zu knüpfen sich bereit erklären mochte. Die heiterste Luft wehte in ihrer Umgebung. Ja, wenn es schon ein angenehmer Anblick ist, zu sehen, daß Eltern ihren Kindern eine un­ unterbrochene Sorgfalt widmen, so hat es noch etwas schöneres, wenn Geschwister Geschwistern das Gleiche leisten. Dort glauben wir mehr Naturtrieb und bürgerliches Herkommen, hier mehr Wahl und freies Gemüt zu erblicken. Der neue Ankömmling, völlig frei von allen Banden, sorglos in der Gegenwart eines Mädchens, das, schon versagt, den gefälligsten Dienst nicht als Bewerbung auslegen und sich desto eher daran erfreu­ en konnte, ließ sich ruhig gehen, war aber bald dergestalt eingesponnen und gefesselt, und zugleich von dem jungen Paare so zutraulich und freundlich behandelt, daß er sich selbst nicht mehr kannte. Müßig und träumerisch, weil ihm keine Gegenwart genügte, fand er das was ihm abging in einer Freundin, die, indem sie für’s ganze Jahr lebte, nur für den Augenblick zu leben schien. Sie mochte ihn gern zu ihrem Be­ gleiter; er konnte bald ihre Nähe nicht missen, denn sie vermittelte ihm die Alltagswelt, und so waren sie, bei einer ausgedehnten Wirtschaft, auf dem Acker und den Wiesen, auf dem Krautland wie im Garten, bald unzertrennliche Gefährten. Erlaubten es dem Bräutigam seine Ge­ schäfte, so war er an seinem Teil dabei; sie hatten sich alle drei an einander gewöhnt ohne es zu wollen, und wußten nicht, wie sie dazu kamen, sich nicht entbehren zu können. So lebten sie, den herrlichen

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era impegnato nel lavoro per la maggior parte della giorna­ ta, gli faceva piacere che la fidanzata, una volta terminate le incombenze domestiche, | avesse compagnia e si svagasse con gite e passeggiate tra amici e amiche. Lotte – perché così vogliamo chiamarla – era doppiamente modesta: in primo luogo per sua natura, poiché tendeva alla gentilezza verso tutti, più che a preferenze individuali, e in secondo luogo perché si era promessa a un uomo, degno di lei, che aveva dichiarato di voler legare a lei il suo destino per il resto della vita. Un’atmosfera di felicità la circondava. Sì, è già molto bello vedere i genitori che si prodigano con cura incessante per i loro figli, ma ancora più bello è quando ac­ cade tra fratelli e sorelle: nel primo caso c’è istinto naturale e consuetudine sociale, nel secondo scorgiamo invece una libera scelta del cuore. Il nuovo venuto, privo di qualsiasi legame, spensierato al cospetto di una fanciulla che, già promessa, non interpreta­ va ogni gentilezza come un corteggiamento e poteva quin­ di apprezzarla in sé e per sé, si lasciò andare, ma si trovò presto così coinvolto e legato e allo stesso tempo trattato in modo così confidenziale e amichevole dalla coppia, da non riconoscersi più. Oziava e fantasticava perché il presente non gli bastava più, e credeva di trovare quello di cui sen­ tiva la mancanza in un’amica che, pur avendo ben presente lo scorrere del tempo, pareva vivere solo per l’istante. A lei piaceva la sua compagnia, lui ben presto non poté più starle lontano perché attraverso di lei manteneva il contatto con il quotidiano e diventarono presto compagni inseparabili nei campi e sui pascoli, nell’orto e nel giardino di quella estesa proprietà. Quando gli impegni glielo permettevano, anche lo sposo si univa a loro e tutti e tre, senza volerlo, senza sapere come, si erano così abituati l’uno all’altro che non potevano più stare lontani. Così per tutta l’estate vissero un

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Sommer hin, eine echt deutsche Idylle, wozu das fruchtbare Land die Prosa, und eine reine Neigung die Poesie hergab. Durch reife Kornfel­ der wandernd | erquickten sie sich am taureichen Morgen; das Lied der Lerche, der Schlag der Wachtel waren ergetzliche Töne; heiße Stunden folgten, ungeheure Gewitter brachen herein, man schloß sich nur de­ stomehr aneinander, und mancher kleine Familien-Verdruß war leicht ausgelöscht durch fortdauernde Liebe. Und so nahm ein gemeiner Tag den andern auf, und alle schienen Festtage zu sein; der ganze Kalender hätte müssen rot gedruckt werden. Verstehen wird mich, wer sich erin­ nert, was von dem glücklich-unglücklichen Freunde der neuen Heloise geweissagt worden: »Und zu den Füßen seiner Geliebten sitzend, wird er Hanf brechen, und er wird wünschen Hanf zu brechen, heute, mor­ gen und übermorgen, ja sein ganzes Leben.« Nur wenig, aber gerade soviel als nötig sein mag, kann ich nunmehr von einem jungen Manne sagen, dessen Name in der Folgezeit nur all­ zu oft genannt worden. Es war Jerusalem, der Sohn des frei und zart denkenden Gottesgelehrten. Auch er war bei einer Gesandtschaft an­ gestellt: seine Gestalt gefällig, mittlerer Größe, wohlgebaut; ein mehr rundes als längliches Gesicht; weiche ruhige Züge und was sonst noch einem hübschen blonden Jüngling zukommen mag; blaue Augen so­ dann, mehr anziehend als sprechend zu nennen. Seine Kleidung war die unter den Niederdeutschen, in Nachahmung der Engländer, her­ gebrachte: blauer Frack, ledergelbe Weste und Unterkleider, und Stie­ feln mit braunen Stolpen. Der Verfasser hat ihn nie besucht, auch nicht bei sich gesehen; manchmal traf er ihn bei Freunden. Die Äußerungen des jungen Mannes waren mäßig, aber wohlwollend. Er nahm an den verschiedensten Produktionen Teil; besonders liebte er solche Zeich­ nungen und Skizzen, in welchen man einsamen Gegenden ihren stillen Charakter abgewonnen hatte. Er teilte bei solchen Gelegenheiten Ges­ nersche Radierungen mit, und munterte die Liebhaber auf, darnach zu studieren. An allem jenen Ritterwesen und Mummenspiel nahm er we­ nig oder keinen Anteil, lebte sich und seinen Gesinnungen. Man sprach

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autentico idillio tedesco, di cui la terra fertile era la prosa, l’amore la poesia. Passeggiando tra il grano maturo | si ri­ storavano nel mattino ricco di rugiada; il canto dell’allodo­ la, lo stridio della quaglia erano suoni deliziosi; poi c’erano le ore più calde, scoppiavano temporali terribili e ci si strin­ geva ancor più vicini, tanto che qualche piccolo guaio fami­ liare fu facilmente risolto grazie alla costanza dell’amore. E così un giorno seguiva l’altro e tutti parevano giorni di festa; l’intero calendario avrebbe dovuto essere stampato in rosso. Mi capirà chi si ricorda cosa era stato predetto al fe­ licemente infelice amante di Eloisa: «Seduto ai piedi della sua amata, gramolerà la canapa e desidererà gramolare la canapa oggi, domani e dopodomani, per tutta la vita»126. Un poco, almeno il minimo necessario, devo parlare an­ che di un giovane il cui nome in seguito è stato nominato fin troppo: Jerusalem, figlio di un teologo indipendente e sensibile127. Anche lui era in servizio presso una delle lega­ zioni: di bell’aspetto, media statura, ben proporzionato, un viso più tondeggiante che ovale, tratti dolci e pacati e tutto quello che ci si aspetta in un bel giovanotto biondo; occhi azzurri, attraenti ma non tanto espressivi. Si vestiva secon­ do l’uso della Germania del Nord, a imitazione degli ingle­ si: una lunga giacca blu, panciotto e pantaloni giallo scuro e stivali con finiture marroni. Chi scrive non gli ha mai fatto visita né lo ha mai ricevuto a casa propria; lo ha incontrato qualche volta a casa di amici. Le sue opinioni erano mode­ ste ma benevole e si interessava a diverse forme artistiche, gli piacevano soprattutto disegni e abbozzi che facevano emergere il silenzio di luoghi solitari. In quelle occasioni mostrava delle incisioni di Geßner128 ed esortava gli appas­ sionati a trarne ispirazione. Partecipava poco o niente del tutto alla nostra mascherata cavalleresca, viveva in disparte con i suoi pensieri. Girava voce di una passione conclamata

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von einer entschiedenen Leidenschaft zu der Gattin eines | Freundes. Öffentlich sah man sie nie miteinander. Überhaupt wußte man wenig von ihm zu sagen, außer daß er sich mit der englischen Literatur be­ schäftige. Als der Sohn eines wohlhabenden Mannes brauchte er sich weder ängstlich Geschäften zu widmen, noch um baldige Anstellung dringend zu bewerben. Jene Gesnerschen Radierungen vermehrten die Lust und den Anteil an ländlichen Gegenständen, und ein kleines Gedicht, welches wir in unsern engern Kreis mit Leidenschaft aufnahmen, ließ uns von nun an nichts anders mehr beachten. Das deserted village von Goldsmith, mußte Jedermann auf jener Bildungsstufe, in jenem Gesinnungskreise, höchlich zusagen. Nicht als lebendig oder wirksam, sondern als ein vergangenes verschwundenes Dasein, ward alles das geschildert was man so gern mit Augen sah, was man liebte, schätzte, in der Gegen­ wart leidenschaftlich aufsuchte, um jugendlich munter Teil daran zu nehmen. Fest- und Feiertage auf dem Lande, Kirchweihen und Jahr­ märkte, dabei unter der Dorflinde erst die ernste Versammlung der Äl­ testen, verdrängt von der heftigern Tanzlust der Jüngern, und wohl gar die Teilnahme gebildeter Stände. Wie schicklich erschienen diese Ver­ gnügungen, gemäßigt durch einen braven Landgeistlichen, der auch dasjenige was allenfalls übergriff, was zu Händeln und Zwist Anlaß ge­ ben konnte, gleich zu schlichten und abzutun verstand. Auch hier fan­ den wir unsern ehrlichen Wakefield wieder, in seinem wohlbekannten Kreise, aber nicht mehr wie er leibte und lebte, sondern als Schatten, zurückgerufen durch des elegischen Dichters leise Klagetöne. Schon der Gedanke dieser Darstellung ist einer der glücklichsten, sobald ein­ mal der Vorsatz gefaßt ist, ein unschuldiges Vergangene mit anmutiger Trauer wieder heranzufordern. Und wie gelungen ist in jedem Sinne dem Engländer dieses gemütliche Vorhaben! Ich teilte den Enthusias­ mus für dieses allerliebste Gedicht mit Gottern, dem die von uns bei­ den unternommene Übersetzung besser als mir geglückt ist: denn ich hatte allzu ängstlich die zarte Bedeutsamkeit des Originals | in unserer

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per la moglie di un | amico, ma in pubblico non li si era mai visti insieme129. In generale si sapeva poco di lui, se non che si occupava di letteratura inglese. Da rampollo di famiglia benestante non doveva né dedicarsi con zelo al lavoro, né darsi da fare per trovarsi velocemente un impiego. Le incisioni di Geßner fecero aumentare il gusto e l’in­ teresse per i paesaggi campestri e una poesiola che nella nostra piccola cerchia fu accolta con entusiasmo, ci fece da quel momento in poi dimenticare tutto il resto. The deserted village di Goldsmith130 non poteva non appassionare tutti noi in quell’ambiente, con quella cultura. In quell’esistenza non viva e operante, ma passata e scomparsa trovammo de­ scritto tutto ciò che volevamo, amavamo, apprezzavamo e cercavamo con slancio nel presente per parteciparvi con la passione della gioventù. Festività e vacanze in campagna, sagre e feste di paese; sotto il tiglio, in piazza, le serie adu­ nanze degli anziani, scacciati poi dall’impetuosa voglia di ballare dei giovani, con anche la partecipazione delle perso­ ne di cultura. Come apparivano aggraziati quei divertimen­ ti, moderati da un bravo parroco di campagna che sapeva smorzare e appianare ciò che oltrepassava la misura, ciò che avrebbe potuto causare contese e litigi! Mi parve di ri­ trovare anche qui il nostro buon Wakefield e il suo ambiente familiare, ma non in carne e ossa, bensì come ombra, rie­ vocata dai sommessi lamenti del poeta elegiaco. Già solo l’idea di fare una simile descrizione è tra le più felici in assoluto, una volta che si abbia l’intenzione di richiamare in vita con dolce malinconia un passato innocente. E come è riuscito bene nel suo affettuoso intento il poeta inglese, davvero! Condividevo l’entusiasmo di Gotter per questa splendida poesia, ma a lui venne molto meglio che a me la traduzione in cui entrambi ci eravamo cimentati: io ero stato eccessivamente timoroso nel trasporre nella nostra lin­

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Sprache nachzubilden getrachtet, und war daher wohl mit einzelnen Stellen, nicht aber mit dem Ganzen übereingekommen. Ruht nun, wie man sagt, in der Sehnsucht das größte Glück, und darf die wahre Sehnsucht nur auf ein Unerreichbares gerichtet sein; so traf wohl alles zusammen, um den Jüngling, den wir gegenwärtig auf seinen Irrgängen begleiten, zum glücklichsten Sterblichen zu machen. Die Neigung zu einer versagten Braut, das Bestreben Meisterstücke fremder Literatur der unsrigen zu erwerben und anzueignen, die Bemü­ hung Naturgegenstände nicht nur mit Worten, sondern auch mit Grif­ fel und Pinsel, ohne eigentliche Technik, nachzuahmen: jedes einzeln wäre schon hinreichend gewesen, das Herz zu schwellen und die Brust zu beklemmen. Damit aber der so süß leidende aus diesen Zuständen gerissen und ihm zu neuer Unruhe neue Verhältnisse bereitet würden, so ergab sich folgendes. In Gießen befand sich Höpfner, Professor der Rechte. Er war als tüchtig in seinem Fach, als denkender und wackerer Mann, von Mer­ ken und Schlossern anerkannt und höchlich geehrt. Schon längst hatte ich seine Bekanntschaft gewünscht, und nun, als jene beiden Freunde bei ihm einen Besuch abzustatten gedachten, um über literarische Ge­ genstände zu unterhandeln, ward beliebt, daß ich, bei dieser Gelegen­ heit, mich gleichfalls nach Gießen begeben sollte. Weil wir aber, wie es in dem Übermut froher und friedlicher Zeiten zu geschehn pflegt, nicht leicht etwas auf geradem Wege vollbringen konnten, sondern, wie wahrhafte Kinder, auch dem Notwendigen irgend einen Scherz abzugewinnen suchten; so sollte ich, als der Unbekannte, in fremder Gestalt erscheinen, und meiner Lust verkleidet aufzutreten, hier aber­ mals Genüge tun. An einem heiteren Morgen, vor Sonnenaufgang, schritt ich daher von Wetzlar an der Lahn hin, das liebliche Tal hinauf; solche Wanderungen machten wieder mein größtes Glück. Ich erfand, verknüpfte, arbeitete durch, und war in der Stille mit mir selbst heiter und froh; ich legte mir zurecht, was die ewig widersprechende | Welt mir ungeschickt und verworren aufgedrungen hatte. Am Ziele meines

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gua | le delicate sfumature dell’originale, riuscendo così a rendere bene alcuni passaggi, ma non l’insieme. Se dunque, come si dice, la massima felicità consiste nel desiderio, e il vero desiderio è quello per le cose irraggiun­ gibili, ecco che tutto concorreva a rendere il giovanotto che stiamo accompagnando nel suo vagabondare, l’uomo più felice del mondo. L’amore per una sposa non destinata a lui, il tentativo di appropriarsi e assimilare alla nostra i ca­ polavori di una letteratura straniera, l’impegno nell’imitare la natura non soltanto con le parole ma anche con matite e pennelli, senza una tecnica precisa: una sola di queste cose sarebbe sufficiente a gonfiare il cuore e stringere il petto. Ma a strapparlo dalle dolci pene e a porlo in una nuova si­ tuazione con nuove inquietudini accadde quanto segue. A Gießen abitava Höpfner, professore di diritto131. Sia Schlosser che Merck lo consideravano un esperto nel suo campo, riflessivo e sveglio, e lo stimavano molto. Già da molto tempo desideravo conoscerlo e dunque, quando i due amici stavano pensando di andare a fargli visita per discu­ tere di una qualche questione letteraria, colsi al volo l’oc­ casione per andare con loro a Gießen. Come accade nella baldanza delle epoche pacifiche e felici, non riuscivo mai a fare qualcosa nella maniera più semplice ma, proprio come i bambini, dovevo trasformare anche il fatto più normale in una burla. E così, poiché gli ero sconosciuto, decisi di mascherarmi per soddisfare ancora una volta il mio desi­ derio di vestire i panni altrui. In un mattino limpido, pri­ ma dell’alba, partii da Wetzlar risalendo l’amena vallata del fiume Lahn: quelle passeggiate mi rendevano sempre felicissimo. Inventavo, collegavo, elaboravo, e nel silenzio ero allegro e a mio agio con me stesso; mettevo in ordine ciò che il mondo in eterna contraddizione | mi costringeva ad accettare in modo contorto e confuso. Arrivato a desti­

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Weges angelangt, suchte ich Höpfners Wohnung und pochte an seine Studierstube. Als er mir herein! gerufen hatte, trat ich bescheidentlich vor ihn, als ein Studierender, der von Akademieen sich nach Hause ver­ fügen und unterwegs die würdigsten Männer wollte kennen lernen. Auf seine Fragen nach meinen näheren Verhältnissen war ich vorbereitet; ich erzählte ein glaubliches prosaisches Märchen, womit er zufrieden schien, und als ich mich hierauf für einen Juristen angab, bestand ich nicht übel: denn ich kannte sein Verdienst in diesem Fach und wußte, daß er sich eben mit dem Naturrecht beschäftigte. Doch stockte das Gespräch einige Mal, und es schien, als wenn er einem Stammbuch oder meiner Beurlaubung entgegensähe. Ich wußte jedoch immer zu zaudern, indem ich Schlossern gewiß erwartete, dessen Pünktlichkeit mir bekannt war. Dieser kam auch wirklich, ward von seinem Freund bewillkommnet, und nahm, als er mich von der Seite angesehn, wenig Notiz von mir. Höpfner aber zog mich ins Gespräch und zeigte sich durchaus als einen humanen wohlwollenden Mann. Endlich empfahl ich mich und eilte nach dem Wirtshause, wo ich mit Merken einige flüchtige Worte wechselte und das Weitere verabredete. Die Freunde hatten sich vorgenommen, Höpfnern zu Tische zu bit­ ten und zugleich jenen Philipp Heinrich Schmidt, der in dem deutschen Literarwesen zwar eine sehr untergeordnete, aber doch eine Rolle spielte. Auf diesen war der Handel eigentlich angelegt, und er sollte für manches was er gesündigt hatte, auf eine lustige Weise bestraft werden. Als die Gäste sich in dem Speisesaale versammelt hatten, ließ ich durch den Kellner fragen, ob die Herren mir erlauben wollten mitzuspeisen? Schlosser, dem ein gewisser Ernst gar wohl zu Gesicht stand, wider­ setzte sich, weil sie ihre freundschaftliche Unterhaltung nicht durch einen Dritten wollten gestört wissen. Auf das Andringen des Kellners aber und die Fürsprache Höpfners, der | versicherte, daß ich ein leid­ licher Mensch sei, wurde ich eingelassen, und betrug mich zu Anfang der Tafel bescheiden und verschämt. Schlosser und Merk taten sich

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nazione, cercai la casa di Höpfner e bussai alla porta del suo studio. Al suo «avanti!» entrai con timidezza, come uno studente che torna a casa dall’università e lungo il percor­ so si ferma per conoscere le persone più in vista. Mi ero preparato a rispondere alle domande sulla mia condizione e raccontai una favoletta banale ma credibile, di cui par­ ve soddisfatto; essendomi qualificato come giurista superai anche questo esame piuttosto bene, perché conoscevo i suoi meriti in questo campo e sapevo che si stava occupando di diritto naturale. Ma la conversazione procedeva a sten­ to ed era chiaro che egli non vedeva l’ora che gli facessi firmare il mio album e mi congedassi. Io al contrario tem­ poreggiavo aspettando Schlosser, di cui conoscevo bene la puntualità; arrivò infatti, scambiò i saluti con il suo amico e, dopo avermi osservato di striscio, fece poco caso alla mia presenza. Höpfner invece mi coinvolse nella conversazio­ ne mostrandosi cortese e amabile. Infine mi congedai e mi affrettai alla locanda, dove scambiai velocemente quattro parole con Merck mettendomi d’accordo per il prosieguo. Gli amici avevano intenzione di invitare Höpfner a pran­ zo, insieme a quel Philipp Heinrich Schmid che sulla scena letteraria tedesca ricopriva un certo ruolo, sinceramente tra i minori, ma pur sempre un ruolo132. A dire il vero era lui l’obiettivo di quella burla: doveva fare ammenda in quel modo divertente per gli sbagli che aveva commesso. Quan­ do gli ospiti si furono radunati nella sala da pranzo, feci chiedere dall’oste se i signori volevano accettarmi alla loro tavola. Schlosser, cui ben si addiceva una certa serietà, ri­ fiutò, poiché non voleva che le loro conversazioni tra ami­ ci fossero disturbate da un estraneo. Grazie alle insistenze del locandiere e all’intercessione di Höpfner, che | assicurò che ero una persona per bene, mi accettarono. All’inizio mantenni un atteggiamento timido e dimesso. Schlosser e

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keinen Zwang an, und ergingen sich über manches so offen, als wenn kein Fremder dabei wäre. Die wichtigsten literarischen Angelegenhei­ ten so wie die bedeutendsten Männer kamen zur Sprache. Ich erwies mich nun etwas kühner, und ließ mich nicht stören, wenn Schlosser mir manchmal ernstlich, Merk spöttisch etwas abgab; doch richtete ich auf Schmidten alle meine Pfeile, die seine mir wohlbekannten Blößen scharf und sicher trafen. Ich hatte mich bei meinem Nößel Tischwein mäßig verhalten; die Herren aber ließen sich besseren reichen, und ermangelten nicht, auch mir davon mitzuteilen. Nachdem viele Angelegenheiten des Tags durchgesprochen waren, zog sich die Unterhaltung in’s Allgemeine, und man behandelte die Frage, die, so lange es Schriftsteller gibt, sich immer wiederholen wird, ob nämlich die Literatur im Auf- oder Ab­ steigen, im Vor- oder Rückschritt begriffen sei? Diese Frage, worüber sich besonders Alte und Junge, Angehende und Abtretende selten ver­ gleichen, sprach man mit Heiterkeit durch, ohne daß man gerade die Absicht gehabt hätte, sich darüber entschieden zu verständigen. Zuletzt nahm ich das Wort und sagte: »die Literaturen, scheint es mir, haben Jahrszeiten, die mit einander abwechselnd, wie in der Natur, gewis­ se Phänomene hervorbringen, und sich der Reihe nach wiederholen. Ich glaube daher nicht, daß man irgend eine Epoche einer Literatur im Ganzen loben oder tadeln könne; besonders sehe ich nicht gerne, wenn man gewisse Talente, die von der Zeit hervorgerufen werden, so hoch erhebt und rühmt, andere dagegen schilt und niederdrückt. Die Kehle der Nachtigall wird durch das Frühjahr aufgeregt, zugleich aber auch die Gurgel des Guckuks. Die Schmetterlinge, die dem Auge so wohl tun, und die Mücken, welche dem Gefühl so verdrießlich fallen, wer­ den durch eben die Sonnenwärme hervorgerufen; beherzigte man dies, so würde man dieselbigen | Klagen nicht alle zehn Jahre wieder erneu­ ert hören, und die vergebliche Mühe, dieses und jenes Mißfällige aus­ zurotten, würde nicht so oft verschwendet werden.« Die Gesellschaft sah mich mit Verwunderung an, woher mir so viele Weisheit und so

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Merck erano molto disinvolti e discorrevano apertamente di tutto, come se non ci fosse un estraneo presente: parlarono degli avvenimenti letterari più importanti e dei personaggi più in vista. A quel punto divenni un po’ più ardito e non mi scomposi se Schlosser ogni tanto ribatteva con serietà, Merck con sarcasmo. Tutti i miei strali erano rivolti a Schmid, e colpivano infallibili e precisi i suoi punti deboli che ben conoscevo. Io mi ero limitato a un quartino di vino della casa, gli altri invece si fecero portare vino migliore e non mancarono di offrirne anche a me. Dopo che si fu parlato di molti avve­ nimenti di attualità, la conversazione si spostò sulle genera­ li e si affrontò la questione, che si riproporrà sempre finché ci saranno degli scrittori, se la letteratura sia in ascesa o in declino, in progresso o in regresso. Questa questione, su cui raramente vecchi e giovani, esordienti e veterani riescono a mettersi d’accordo, fu affrontata alla leggera, senza aver in realtà l’intenzione di individuare una posizione comune al riguardo. Alla fine presi la parola e dissi: «Le letterature, mi sembra, hanno le loro stagioni che alternandosi, come in natura, producono determinati fenomeni che si ripetono ci­ clicamente. Non ritengo quindi che ci siano epoche lettera­ rie da lodare o da criticare in toto; soprattutto non mi piace che alcuni talenti, prodotto del loro tempo, vengano lodati e innalzati alle stelle, altri invece criticati e sminuiti. La pri­ mavera stimola l’ugola dell’usignolo, ma anche il gargaroz­ zo del cuculo; le farfalle, tanto belle da vedere, e le zanzare invece così fastidiose, sono richiamate entrambe dal calore del sole. Se si tenesse presente questo, non si sentirebbero | ripetere ogni dieci anni sempre le stesse lamentele, e ci po­ tremmo risparmiare gli inutili sforzi per estirpare questo o quell’elemento che non ci va a genio». Tutti mi guardavano meravigliati, chiedendosi da dove mi venissero tanta sag­

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viele Toleranz käme? Ich aber fuhr ganz gelassen fort, die literarischen Erscheinungen mit Naturprodukten zu vergleichen, und ich weiß nicht, wie ich sogar auf die Mollusken kam, und allerlei Wunderliches von ihnen herauszusetzen wußte. Ich sagte, es seien dies Geschöpfe, denen man zwar eine Art von Körper, ja sogar eine gewisse Gestalt, nicht ab­ leugnen könne; da sie aber keine Knochen hätten, so wüßte man doch nichts rechts mit ihnen anzufangen, und sie seien nichts besseres als ein lebendiger Schleim; jedoch müsse das Meer auch solche Bewoh­ ner haben. Da ich das Gleichnis über die Gebühr fortsetzte, um den gegenwärtigen Schmidt und diese Art der charakterlosen Literatoren zu bezeichnen, so ließ man mich bemerken, daß ein zu weit ausge­ dehntes Gleichnis zuletzt gar nichts mehr sei. – »So will ich auf die Erde zurückkehren! versetzte ich, und vom Epheu sprechen. Wie jene keine Knochen, so hat dieser keinen Stamm, mag aber gern überall, wo er sich anschmiegt, die Hauptrolle spielen. An alte Mauern gehört er hin, an denen ohnehin nichts mehr zu verderben ist, von neuen Ge­ bäuden entfernt man ihn billig; die Bäume saugt er aus, und am aller unerträglichsten ist er mir, wenn er an einem Pfahl hinaufklettert und versichert, hier sei ein lebendiger Stamm, weil er ihn umlaubt habe.« Ungeachtet man mir abermals die Dunkelheit und Unanwendbar­ keit meiner Gleichnisse vorwarf, ward ich immer lebhafter gegen alle parasitische Kreaturen, und machte, so weit meine damaligen Natur­ kenntnisse reichten, meine Sachen noch ziemlich artig. Ich sang zuletzt ein Vivat allen selbständigen Männern, ein Pereat den Andringlingen, ergriff nach Tische Höpfners Hand, schüttelte sie derb, erklärte ihn für den bravsten Mann von der Welt, und umarmte ihn so wie die andern zuletzt recht herzlich. Der wackere neue Freund glaubte wirklich zu träumen, bis | endlich Schlosser und Merk das Rätsel auflösten, und der entdeckte Scherz eine allgemeine Heiterkeit verbreitete, in welche Schmidt selbst mit einstimmte, der durch Anerkennung seiner wirkli­

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gezza e tolleranza. Prosegui senza scompormi paragonando le opere letterarie ai prodotti della natura, e non so come mai finii a parlare dei molluschi, di cui seppi raccontare me­ raviglie di ogni genere. Dissi che quelle creature, alle quali non si può negare una specie di corpo e nemmeno una certa forma, sono però prive di ossa e non si sa bene quindi come classificarle, al punto che le si considera una sorta di muco vivente, ma anche il mare ha simili abitanti. Avendo esteso la similitudine più del dovuto, nell’intento di descrivere il presente Schmid e i letterati privi di spina dorsale come lui, mi si fece notare che una similitudine, quando abusata, per­ de la sua forza. «Allora tornerò alla terra», risposi, «e par­ lerò dell’edera. Come i molluschi non hanno ossa, questa non ha tronco, ma dovunque riesce ad avvinghiarsi vuole sempre fare la parte della primadonna. La si tollera quando si attacca ai vecchi muri, dove comunque non c’è più nulla da rovinare; dagli edifici nuovi la si stacca invece subito. Sottrae la linfa agli alberi ma più di tutto non la sopporto quando si arrampica su un palo e vuole farci credere che si tratta di un tronco vivo solo perché lo ha circondato di foglie». Incurante che mi si rimproverasse ancora una volta per l’oscurità e l’inapplicabilità delle mie similitudini, mi sca­ gliai sempre più veemente contro ogni creatura parassita e, per quanto me lo permettevano le mie conoscenze di scien­ ze naturali, me la cavai piuttosto bene. Al termine proclamai un vivat per tutti gli uomini indipendenti, e un pereat per tutti i pusillanimi; al termine del pasto afferrai la mano di Höpfner e la strinsi con vigore, proclamandolo l’uomo più in gamba del mondo, e abbracciai lui e gli altri calorosa­ mente. Il nuovo amico non credeva ai suoi occhi, finché | Schlosser e Merck non sciolsero l’enigma e lo scherzo sve­ lato suscitò l’ilarità di tutti, a cui si unì lo stesso Schmid

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chen Verdienste, und durch unsere Teilnahme an seinen Liebhabereien, wieder begütigt wurde. Diese geistreiche Einleitung konnte nicht anders als den literari­ schen Kongreß beleben und begünstigen, auf den es eigentlich ange­ sehn war. Merk, bald ästhetisch, bald literarisch, bald kaufmännisch tätig, hatte den wohldenkenden, unterrichteten, in so vielen Fächern kenntnisreichen Schlosser angeregt, die Frankfurter gelehrten Anzeigen in diesem Jahr herauszugeben. Sie hatten sich Höpfnern und ande­ re Akademiker in Gießen, in Darmstadt einen verdienten Schulmann, den Rektor Wenk, und sonst manchen wackeren Mann zugesellt. Jeder hatte in seinem Fach historische und theoretische Kenntnisse genug, und der Zeitsinn ließ diese Männer nach Einem Sinne wirken. Die zwei ersten Jahrgänge dieser Zeitung (denn nachher kam sie in andere Hän­ de) geben ein wundersames Zeugnis, wie ausgebreitet die Einsicht, wie rein die Übersicht, wie redlich der Wille der Mitarbeiter gewesen. Das Humane und Weltbürgerliche wird befördert; wackere und mit Recht berühmte Männer werden gegen Zudringlichkeit aller Art geschützt; man nimmt sich ihrer an gegen Feinde, besonders auch gegen Schüler, die das Überlieferte nun zum Schaden ihrer Lehrer mißbrauchen. Am interessantesten sind beinah die Rezensionen über andere Zeitschrif­ ten, die Berliner Bibliothek, den deutschen Mercur; wo man die Ge­ wandtheit in so vielen Fächern, die Einsicht so wie die Billigkeit mit Recht bewundert. Was mich betrifft, so sahen sie wohl ein, daß mir nicht mehr als al­ les zum eigentlichen Rezensenten fehle. Mein historisches Wissen hing nicht zusammen, die Geschichte der Welt, der Wissenschaften, der Li­ teratur hatte mich nur epochenweis, die Gegenstände selbst aber nur teil- und massenweis angezogen. Die Möglichkeit, mir die Dinge auch außer ihrem Zusammenhange lebendig zu machen | und zu vergegen­ wärtigen, setzte mich in den Fall, in einem Jahrhundert, in einer Abtei­ lung der Wissenschaft völlig zu Hause zu sein, ohne daß ich weder von dem Vorhergehenden noch von dem Nachfolgenden irgend unterrichtet

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dopo che fu rabbonito dal riconoscimento dei suoi meriti effettivi e dal nostro interesse per i suoi temi preferiti. Questo spiritoso avvio non poteva che animare e favo­ rire l’incontro letterario che era il vero scopo della visita. Merck, attivo sul piano estetico, letterario e commerciale, aveva convinto Schlosser, aperto, colto ed esperto in molti campi, a curare il numero di quell’anno delle «Frankfurter gelehrte Anzeigen»133. A loro si erano uniti Höpfner e altri accademici di Gießen, il rettore Wenck, rinomato pedagogo di Darmstadt, e altri uomini in gamba. Ciascuno possede­ va, nel suo settore, conoscenze storiche e teoriche a suf­ ficienza e lo spirito del tempo faceva sì che essi agissero all’unisono. Le prime due annate di quella rivista (che in seguito passò in altre mani) sono un documento mirabile di come fossero ampie le vedute, chiara la visione d’insieme, retta la volontà dei collaboratori. Si diffondono umanità e civiltà, si difendono le persone per bene e quelle meritata­ mente celebri da ogni tipo di attacchi, si prendono le loro parti contro i nemici e soprattutto contro gli allievi che fan­ no cattivo uso di ciò che hanno imparato a danno dei ma­ estri. La cosa più interessante sono forse le recensioni di altre riviste come la «Berliner Bibliothek» o il «Teutscher Merkur», in cui si ammirano giustamente le loro molteplici competenze, la capacità di giudizio e la correttezza. Per quanto mi riguardava, sapevano bene che mi man­ cava praticamente tutto ciò che serve per essere un buon recensore. Le mie conoscenze storiche erano frammenta­ rie; della storia universale, delle scienze, della letteratura mi interessavano solo alcune epoche, i singoli temi solo in modo parziale e generico. La capacità di rendermi vive e presenti le cose anche al di fuori | del loro contesto faceva sì che mi sentissi perfettamente di casa in un secolo o in un settore disciplinare senza che avessi la benché minima idea

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gewesen wäre. Eben so war ein gewisser theoretisch-praktischer Sinn in mir aufgegangen, daß ich von den Dingen, mehr wie sie sein sollten als wie sie waren, Rechenschaft geben konnte, ohne eigentlichen phi­ losophischen Zusammenhang, aber sprungweise treffend. Hiezu kam eine sehr leichte Fassungskraft und ein freundliches Aufnehmen der Meinungen anderer, wenn sie nur nicht mit meinen Überzeugungen in geradem Widerspruch standen. Jener literarische Verein ward überdies durch eine lebhafte Kor­ respondenz und, bei der Nähe der Ortschaften, durch öftere persön­ liche Unterhandlungen begünstigt. Wer das Buch zuerst gelesen hatte, der referierte, manchmal fand sich ein Korreferent; die Angelegenheit ward besprochen, an verwandte angeknüpft, und hatte sich zuletzt ein gewisses Resultat ergeben, so übernahm Einer die Redaktion. Dadurch sind mehrere Rezensionen so tüchtig als lebhaft, so angenehm als be­ friedigend. Mir fiel sehr oft die Rolle des Protokollführers zu; meine Freunde erlaubten mir auch innerhalb ihrer Arbeiten zu scherzen, und sodann bei Gegenständen, denen ich mich gewachsen fühlte, die mir besonders am Herzen lagen, selbständig aufzutreten. Vergebens würde ich unternehmen, darstellend oder betrachtend, den eigentlichen Geist und Sinn jener Tage wieder hervorzurufen, wenn nicht die beiden Jahr­ gänge gedachter Zeitung mir die entschiedensten Dokumente selbst anböten. Auszüge von Stellen, an denen ich mich wieder erkenne, mö­ gen mit ähnlichen Aufsätzen künftig am schicklichen Ort erscheinen. Bei einem so lebhaften Austausch von Kenntnissen, Meinungen, Überzeugungen, lernte ich Höpfnern sehr bald näher kennen und ge­ wann ihn lieb. Sobald wir allein waren, sprach ich mit ihm über Gegen­ stände seines Fachs, welches ja auch mein Fach sein sollte, und fand eine sehr natürlich | zusammenhängende Aufklärung und Belehrung. Ich war mir damals noch nicht deutlich bewußt, daß ich wohl aus Bü­

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di ciò che lo precedeva o seguiva. Di pari passo avevo svi­ luppato un certo istinto pratico-teorico che mi permetteva di rendere ragione delle cose per come dovevano essere, più che per come erano in realtà, senza un effettivo fonda­ mento filosofico ma cogliendo in parte nel segno. A questo si aggiungeva una mente pronta e una grande apertura nei confronti delle opinioni altrui, a patto che non fossero in aperto contrasto con le mie convinzioni. Quell’associazione letteraria era favorita da una viva­ ce corrispondenza e, grazie alla prossimità geografica, da frequenti incontri personali. Chi per primo aveva letto un determinato libro ne riferiva, qualche volta affiancato da un altro; si discuteva la cosa, la si collegava a temi similari e, se si raggiungeva un qualche risultato, uno si incaricava di stendere il testo. Per questo parecchie delle recensioni sono allo stesso tempo approfondite e vivaci, gradevoli ed esau­ stive. A me toccava spesso il ruolo del verbalizzante; i miei amici mi permettevano di inserire qualche battuta spiritosa nei loro lavori e di scrivere in prima persona quando mi sentivo all’altezza di un certo argomento o quando qualcosa mi stava particolarmente a cuore. Sarebbe vano tentare di richiamare alla memoria lo spirito e l’atmosfera di quel pe­ riodo con la scrittura o con la riflessione, se non ci fossero le due annate della rivista in questione che ne forniscono un documento molto attendibile. Estratti delle parti in cui mi riconosco, insieme ad altri saggi dello stesso genere trove­ ranno in futuro un’opportuna collocazione a stampa134. Grazie al vivace scambio di informazioni, opinioni e convinzioni approfondii velocemente la conoscenza con Höpfner e mi affezionai. Non appena eravamo soli parlavo con lui di argomenti del suo settore, che del resto avrebbe dovuto essere anche il mio, e ne ricavavo chiarimenti | e insegnamenti logici e coerenti. A quel tempo non mi ero

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chern und im Gespräch, nicht aber durch den zusammenhängenden Katheder-Vortrag etwas lernen konnte. Das Buch erlaubte mir, bei einer Stelle zu verweilen, ja rückwärts zu sehen, welches der münd­ liche Vortrag und der Lehrer nicht gestatten konnte. Manchmal ergriff mich zu Anfang der Stunde ein Gedanke dem ich nachhing, darüber das Folgende verlor und ganz aus dem Zusammenhang geriet. Und so war es mir auch in den juristischen Kollegien ergangen, weshalb ich gar manchen Anlaß nehmen konnte, mich mit Höpfnern zu besprechen, der denn sehr gern in meine Zweifel und Bedenken einging, auch man­ che Lücke ausglich, so daß in mir der Wunsch entstand, in Gießen bei ihm zu verweilen, um mich an ihm zu unterrichten, ohne mich doch von meinen Wetzlarischen Neigungen allzu weit zu entfernen. Gegen diesen meinen Wunsch arbeiteten die beiden Freunde erst unwissend, sodann wissentlich: denn beide eilten nicht allein selbst von hier weg­ zukommen, sondern beide hatten sogar ein Interesse, mich aus dieser Gegend wegzubringen. Schlosser entdeckte mir, daß er erst in ein freundschaftliches, dann in ein näheres Verhältnis zu meiner Schwester gekommen sei, und daß er sich nach einer baldigen Anstellung umsehe, um sich mit ihr zu ver­ binden. Diese Erklärung machte mich einigermaßen betroffen, ob ich sie gleich in meiner Schwester Briefen schon längst hätte finden sol­ len; aber wir gehen leicht über das hinweg, was die gute Meinung, die wir von uns selbst hegen, verletzen könnte, und ich bemerkte nun erst, daß ich wirklich auf meine Schwester eifersüchtig sei: eine Emp­ findung, die ich mir um so weniger verbarg, als seit meiner Rückkehr von Straßburg unser Verhältnis noch viel inniger geworden war. Wie viel Zeit hatten wir nicht gebraucht, um uns wechselseitig die kleinen Herzensangelegenheiten, Liebes- und andere Händel mitzuteilen, die in der Zwischenzeit vorgefallen waren! und hatte sich nicht auch im Felde der | Einbildungskraft vor mir eine neue Welt aufgetan, in die ich sie doch auch einführen mußte? Meine eignen kleinen Machwerke,

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ancora reso conto che riuscivo ad apprendere bene dai libri o da una conversazione, ma non da un ciclo di lezioni in cattedra. Il libro mi permetteva di soffermarmi su un punto, anche di tornare indietro, cosa che a lezione e con il docen­ te non era possibile. Talvolta all’inizio di una lezione mi veniva in mente un pensiero che mi distraeva, perdevo il filo e mi sfuggiva di conseguenza tutto l’insieme. La stessa cosa mi succedeva nei corsi di diritto e coglievo quindi al balzo l’occasione per discuterne con Höpfner, che chiariva volentieri i miei dubbi e scioglieva le mie riserve; mi colmò persino parecchie lacune, tanto che nacque in me il deside­ rio di trattenermi per un po’ da lui a Gießen per beneficiare del suo insegnamento senza allontanarmi troppo dalle mie amicizie di Wetzlar. Questo desiderio fu avversato dai miei due amici, dapprima inconsciamente, poi deliberatamente: infatti entrambi non soltanto avevano fretta di andarsene loro stessi, ma avevano uno specifico interesse a portare me via da quei luoghi. Schlosser mi confidò che era entrato in rapporti prima di amicizia, poi di confidenza con mia sorella, e ora si stava guardando intorno per trovare al più presto un impiego per sposarla135. Questa rivelazione mi colse di sorpresa, sebbe­ ne lo si leggesse tra le righe delle lettere di mia sorella già da molto tempo – ma tendiamo sempre a non soffermarci su ciò che potrebbe intaccare la buona opinione che abbia­ mo di noi stessi, e solo in quel momento mi resi conto di essere geloso di lei: un sentimento che non potevo cela­ re a me stesso, soprattutto da quando, dopo il mio rientro da Strasburgo, il rapporto tra noi era divenuto ancora più stretto. Quanto tempo avevamo passato a raccontarci le pic­ cole cose che ci erano accadute nel frattempo, gli affari di cuore e tutto il resto! E nel reame della | fantasia non mi si era forse aperto un nuovo mondo, in cui volevo introdurre

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eine weit ausgebreitete Weltpoesie, mußten ihr nach und nach bekannt werden. So übersetzte ich ihr aus dem Stegreife solche Homerische Stellen, an denen sie zunächst Anteil nehmen konnte. Die Clarkesche wörtliche Übersetzung las ich deutsch, so gut es gehen wollte, her­ unter, mein Vortrag verwandelte sich gewöhnlich in metrische Wen­ dungen und Endungen, und die Lebhaftigkeit, womit ich die Bilder gefaßt hatte, die Gewalt womit ich sie aussprach, hoben alle Hinder­ nisse einer verschränkten Wortstellung; dem was ich geistreich hin­ gab, folgte sie mit dem Geiste. Manche Stunden des Tags unterhielten wir uns auf diese Weise; versammelte sich hingegen ihre Gesellschaft, so wurden der Wolf Fenris und der Affe Hannemann einstimmig her­ vorgerufen, und wie oft habe ich nicht die berühmte Geschichte, wie Thor und seine Begleiter von den zauberischen Riesen geäfft werden, umständlich wiederholen müssen! Daher ist mir auch von allen die­ sen Dichtungen ein so angenehmer Eindruck geblieben, daß sie noch immer unter das Werteste gehören, was meine Einbildungskraft sich hervorrufen mag. In mein Verhältnis zu den Darmstädtern hatte ich meine Schwester auch hineingezogen, und sogar meine Wanderungen und Entfernungen mußten unser Band fester knüpfen, da ich mich von allem was mir begegnete, brieflich mit ihr unterhielt, ihr jedes kleine Gedicht, wenn es auch nur ein Ausrufungszeichen gewesen wäre, so­ gleich mitteilte, und ihr zunächst alle Briefe die ich erhielt, und alle Antworten die ich darauf erteilte, sehen ließ. Alle diese lebhafte Re­ gung hatte seit meiner Abreise von Frankfurt gestockt, mein Aufenthalt zu Wetzlar war zu einer solchen Unterhaltung nicht ausgiebig genug, und dann mochte die Neigung zu Lotten den Aufmerksamkeiten gegen meine Schwester Eintrag tun; genug, sie fühlte sich allein, vielleicht vernachlässigt, und gab um so eher den redlichen Bemühungen eines Ehrenmanns Gehör, welcher ernst und verschlossen, zuverlässig und | schätzenswert, ihr seine Neigung, mit der er sonst sehr kargte, leiden­ schaftlich zugewendet hatte. Ich mußte mich nun wohl darein ergeben, und meinem Freunde sein Glück gönnen, indem ich mir jedoch heim­ lich mit Selbstvertrauen zu sagen nicht unterließ, daß wenn der Bruder

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anche lei? I miei piccoli lavori, la poesia universale in tut­ ta la sua ampiezza, dovevo man mano farglieli conoscere. Così improvvisavo sul momento traduzioni di quei passi di Omero che più di altri potevano piacerle. Leggevo in tede­ sco la traduzione letterale di Clarke136 meglio che potevo, la lettura si trasformava di solito in versi e rime e la viva­ cità con cui tratteggiavo le immagini, la forza con cui le declamavo, compensavano tutti gli ostacoli di una sintassi contorta; il suo animo recepiva tutto ciò a cui io infondevo anima. Molte ore al giorno le passavamo così; se invece c’erano i suoi amici, tutti chiedevano a gran voce il lupo Fenris e la scimmia Hanuman, e quante volte ho dovuto ri­ petere per filo e per segno la famosa storia di come Thor e i suoi compagni erano stati beffati dai giganti ammaliatori!137 Anche per quello mi è rimasto un bellissimo ricordo di quei racconti, e fra tutte le creazioni della mia fantasia sono ancora oggi tra quelle che mi sono più care. Avevo coin­ volto mia sorella anche nei miei rapporti con gli amici di Darmstadt, e persino i miei vagabondaggi e le assenze rin­ saldarono il nostro legame, perché per lettera le raccontavo tutto ciò che mi capitava, le inviavo immediatamente ogni poesiola, fosse anche un solo punto esclamativo, e all’inizio le facevo leggere tutte le lettere che ricevevo e le risposte che inviavo. Quel vivace scambio si era interrotto dopo che avevo lasciato Francoforte: il soggiorno a Wetzlar non of­ friva materia sufficiente per simili comunicazioni, o forse l’amore per Lotte mi distraeva da mia sorella; fatto sta che si sentì sola, magari trascurata, e diede quindi più pronta­ mente ascolto all’onesto corteggiamento di un galantuomo che, serio e deciso, affidabile e | stimato, aveva rivolto a lei quella passione di cui in genere era tanto parco. Non potevo che accettarlo e augurare ogni felicità all’amico, ma dentro di me non cessavo di ripetermi tronfio che, se il fratello non

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nicht abwesend gewesen wäre, es mit dem Freunde so weit nicht hätte gedeihen können. Meinem Freund und vermutlichen Schwager war nun freilich sehr daran gelegen, daß ich nach Hause zurückkehrte, weil durch meine Vermittelung ein freierer Umgang möglich ward, dessen das Gefühl dieses von zärtlicher Neigung unvermutet getroffenen Mannes äußerst zu bedürfen schien. Er nahm daher, als er sich bald entfernte, von mir das Versprechen, daß ich ihm zunächst folgen wollte. Von Merken, der eben freie Zeit hatte, hoffte ich nun, daß er sei­ nen Aufenthalt in Gießen verlängern würde, damit ich einige Stunden des Tags mit meinem guten Höpfner zubringen könnte, indessen der Freund seine Zeit an die Frankfurter gelehrten Anzeigen wendete; al­ lein er war nicht zu bewegen, und wie meinen Schwager die Liebe, so trieb diesen der Haß von der Universität hinweg. Denn wie es ange­ borene Antipathieen gibt, so wie gewisse Menschen die Katzen nicht leiden können, andern dieses oder jenes in der Seele zuwider ist, so war Merk ein Todfeind aller akademischen Bürger, die nun freilich zu jener Zeit in Gießen sich in der tiefsten Rohheit gefielen. Mir waren sie ganz recht: ich hätte sie wohl auch als Masken in eins meiner Fastnachts­ spiele brauchen können; aber ihm verdarb ihr Anblick bei Tage, und des Nachts ihr Gebrüll, jede Art von gutem Humor. Er hatte die schöns­ te Zeit seiner jungen Tage in der französischen Schweiz zugebracht und nachher den erfreulichen Umgang von Hof-, Welt- und Geschäfts­ leuten und gebildeten Literatoren genossen; mehrere Militärpersonen, in denen ein Streben nach Geisteskultur rege geworden, suchten ihn auf, und so bewegte er sein Leben in einem sehr gebildeten Zirkel. Daß ihn | daher jenes Unwesen ärgerte, war nicht zu verwundern; allein sei­ ne Abneigung gegen die Studiosen war wirklich leidenschaftlicher als es einem gesetzten Mann geziemte, wiewohl er mich durch seine geist­ reichen Schilderungen ihres ungeheuerlichen Aussehns und Betragens

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fosse stato assente, l’amico non avrebbe potuto giungere a tanto. Al mio amico e presunto cognato stava molto a cuore che io tornassi a casa perché la mia presenza avrebbe facili­ tato gli incontri di cui quell’uomo, colpito inaspettatamente da una dolce passione, sembrava avere molto bisogno. Di conseguenza, quando partì poco tempo dopo, mi fece pro­ mettere che anch’io sarei rientrato a breve. Speravo invece che Merck, libero da altri impegni, pro­ lungasse il suo soggiorno a Gießen per poter trascorrere ogni giorno qualche ora con il mio buon Höpfner mentre l’amico dedicava il suo tempo alle «Frankfurter gelehrte Anzeigen»; ma non ci fu nulla da fare, e se mio cognato era spinto dall’amore, Merck volle andarsene per l’odio nei confronti dell’università. Infatti, proprio come ci sono an­ tipatie innate, come ci sono persone che detestano i gatti o provano una profonda repulsione per questo o per quello, allo stesso modo Merck era nemico giurato degli studenti universitari, che in effetti in quel periodo a Gießen si com­ piacevano della loro estrema rozzezza. A me piacevano: avrei persino potuto utilizzarli come caricature in una delle mie farse, ma a lui passava del tutto il buon umore quando li vedeva di giorno e ne sentiva gli schiamazzi di notte. Aveva trascorso il periodo più bello della gioventù nella Svizzera francese e in seguito aveva sperimentato la gradevole com­ pagnia di uomini di corte, di mondo, funzionari e letterati; molti ufficiali che sentivano il bisogno di una cultura più elevata lo cercavano, e la sua esistenza si svolgeva tutta in un ambiente molto colto. Che quindi | quella maleducazio­ ne lo irritasse non c’era da meravigliarsi, solo che la sua avversione per gli studenti era molto più violenta di quanto non si addicesse a un uomo posato; ciononostante le sue argute descrizioni del loro aspetto e terrificante comporta­

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sehr oft zum Lachen brachte. Höpfners Einladungen und mein Zureden halfen nichts, ich mußte bald möglichst mit ihm nach Wetzlar wandern. Kaum konnte ich erwarten, bis ich ihn bei Lotten eingeführt; allein seine Gegenwart in diesem Kreise geriet mir nicht zum Gedeihen: denn wie Mephistopheles, er mag hintreten wohin er will, wohl schwerlich Segen mitbringt; so machte er mir, durch seine Gleichgültigkeit gegen diese geliebte Person, wenn er mich auch nicht zum Wanken brachte, doch wenigstens keine Freude. Ich konnte es wohl voraussehen, wenn ich mich erinnert hätte, daß gerade solche schlanke zierliche Personen, die eine lebendige Heiterkeit um sich her verbreiten, ohne weitere An­ sprüche zu machen, ihm nicht sonderlich gefielen. Er zog sehr schnell die Junonische Gestalt einer ihrer Freundinnen vor, und da es ihm an Zeit gebrach, ein näheres Verhältnis anzuknüpfen; so schalt er mich recht bitter aus, daß ich mich nicht um diese prächtige Gestalt bemüht, um so mehr, da sie frei, ohne irgend ein Verhältnis sich befinde. Ich verstehe eben meinen Vorteil nicht, meinte er, und er sehe höchst un­ gern auch hier meine besondere Liebhaberei, die Zeit zu verderben. Wenn es gefährlich ist, einen Freund mit den Vorzügen seiner Ge­ liebten bekannt zu machen, weil er sie wohl auch reizend und begeh­ renswürdig finden möchte; so ist die umgekehrte Gefahr nicht geringer, daß er uns durch seine Abstimmung irre machen kann. Dieses war zwar hier der Fall nicht: denn ich hatte mir das Bild ihrer Liebenswürdig­ keit tief genug eingedruckt, als daß es so leicht auszulöschen gewe­ sen wäre; aber seine Gegenwart, sein Zureden beschleunigte doch den Entschluß, den Ort zu verlassen. Er stellte mir eine Rheinreise, die er eben mit Frau und | Sohn zu machen im Begriff sei, so reizend vor, und erregte die Sehnsucht, diejenigen Gegenstände endlich mit Augen zu sehn, von denen ich so oft mit Neid hatte erzählen hören. Nun, als er sich entfernt hatte, trennte ich mich von Charlotten zwar mit reinerem Gewissen als von Friedriken, aber doch nicht ohne Schmerz. Auch die­

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mento erano veramente divertenti. Gli inviti di Höpfner e le mie insistenze furono inutili, dovetti ben presto rientrare con lui a Wetzlar. Non vedevo l’ora di presentarlo a Lotte, ma purtroppo il suo arrivo in quell’ambiente non mi fu propizio: come Mefistofele, ovunque vada, difficilmente porta benedizio­ ne, così fu anche con lui. La sua indifferenza nei confronti della mia amata non arrivò a farmi vacillare, ma mi diede comunque un dispiacere. Avrei potuto prevederlo, se solo mi fossi ricordato che non gli piacevano tanto le persone esili e graziose, senza particolari pretese, che diffondono intorno a sé una serena vivacità. Merck fu subito attratto dalla figura giunonica di una delle sue amiche e poiché gli mancava il tempo per approfondire la conoscenza, mi rim­ proverava aspramente perché non mi interessavo a quella splendida creatura, che oltretutto era libera e senza legami. Non capiva proprio cosa pensassi di ricavarne, diceva, e gli dispiaceva molto vedere che anche in quell’occasione coltivavo il mio passatempo preferito: perder tempo. Così come è pericoloso far conoscere a un amico le qua­ lità della persona amata, perché anche lui potrebbe trovarla attraente e desiderabile, non meno rischiosa è la situazione opposta: che ci renda insicuri con la sua disapprovazione. Non era questo il mio caso, perché l’incantevole immagine di lei mi aveva fatto un’impressione troppo profonda e non poteva essere cancellata così facilmente, ma la sua presenza e i suoi discorsi affrettarono la mia decisione di partire. Era in procinto di fare con moglie e | figlio un viaggio lungo il Reno, e me lo dipinse in modo così allettante da suscitare in me il desiderio di vedere con i miei occhi quei luoghi di cui avevo sentito tante volte parlare con invidia. Dopo la sua partenza mi congedai da Charlotte, certo con meno ri­ morsi che da Friederike, ma comunque non senza pena. An­

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ses Verhältnis war durch Gewohnheit und Nachsicht leidenschaftlicher als billig von meiner Seite geworden; sie dagegen und ihr Bräutigam hielten sich mit Heiterkeit in einem Maße, das nicht schöner und lie­ benswürdiger sein konnte, und die eben hieraus entspringende Sicher­ heit ließ mich jede Gefahr vergessen. Indessen konnte ich mir nicht verbergen, daß diesem Abenteuer sein Ende bevorstehe: denn von der zunächsterwarteten Beförderung des jungen Mannes hing die Verbin­ dung mit dem liebenswürdigen Mädchen ab; und da der Mensch, wenn er einigermaßen resolut ist, auch das Notwendige selbst zu wollen übernimmt, so faßte ich den Entschluß, mich freiwillig zu entfernen, ehe ich durch das Unerträgliche vertrieben würde. |

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che questa relazione, grazie all’abitudine e all’indulgenza, era divenuta da parte mia più intensa di quello che avrebbe dovuto; lei invece e il promesso sposo avevano mantenuto un contegno sereno e misurato che più bello, più gentile non avrebbe potuto essere: la sicurezza che ne traspariva mi aveva fatto dimenticare ogni pericolo. Del resto non po­ tevo nascondermi che quell’avventura stava comunque per finire: era imminente la promozione del giovanotto, da cui dipendeva il matrimonio con l’incantevole fanciulla; e poi­ ché l’uomo, quando è almeno in parte convinto, sa accettare e volere anche il necessario, presi la decisione di partire di mia volontà138 prima che ad allontanarmi fosse una situa­ zione intollerabile. |

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Dreizehntes Buch Mit Merk war verabredet, daß wir uns zur schönen Jahrszeit in Coblenz bei Frau von Laroche treffen wollten. Ich hatte mein Gepäck nach Frankfurt, und was ich unterwegs brauchen könnte, durch eine Gele­ genheit die Lahn hinunter gesendet, und wanderte nun diesen schönen, durch seine Krümmungen lieblichen, in seinen Ufern so mannigfalti­ gen Fluß hinunter, dem Entschluß nach frei, dem Gefühle nach befan­ gen, in einem Zustande, in welchem uns die Gegenwart der stummle­ bendigen Natur so wohltätig ist. Mein Auge, geübt die malerischen und übermalerischen Schönheiten der Landschaft zu entdecken, schwelgte in Betrachtung der Nähen und Fernen, der bebuschten Felsen, der son­ nigen Wipfel, der feuchten Gründe, der thronenden Schlösser und der aus der Ferne lockenden blauen Bergreihen. Ich wanderte auf dem rechten Ufer des Flusses, der in einiger Tie­ fe und Entfernung unter mir, von reichem Weidengebüsch zum Teil verdeckt, im Sonnenlicht hingleitete. Da stieg in mir der alte Wunsch wieder auf, solche Gegenstände würdig nachahmen zu können. Zu­ fällig hatte ich ein schönes Taschenmesser in der linken Hand, und in dem Augenblicke trat aus dem tiefen Grunde der Seele gleichsam befehlshaberisch hervor: ich sollte dies Messer ungesäumt in den Fluß schleudern. Sähe ich es hineinfallen, so würde mein künstlerischer Wunsch erfüllt werden; würde aber das Eintauchen des Messers durch die überhängenden Weidenbüsche verdeckt, so sollte ich Wunsch und Bemühung fahren lassen. So schnell als diese Grille in mir aufstieg, war sie auch ausgeführt. Denn ohne auf die Brauchbarkeit des Messers

Libro tredicesimo Con Merck avevamo concordato che con la bella stagione ci saremmo incontrati a Coblenza, dalla signora von La Roche139. Avevo spedito il mio bagaglio a Francoforte, quello che poteva servirmi strada facendo avevo trovato il modo di mandarlo avanti lungo la Lahn. Camminavo quindi seguen­ do quel bel fiume, dal corso piacevolmente sinuoso e gran­ de varietà di paesaggi; libero nella volontà, prigioniero nei sentimenti, in una condizione in cui la presenza della vita silenziosa della natura è davvero un toccasana. Lo sguardo, esercitato a scoprire le bellezze pittoriche e più che pittori­ che del paesaggio, si inebriava contemplando vicino e lon­ tano: le rupi verdeggianti, le cime assolate, le umide valli, i castelli che vi troneggiavano e, in lontananza, le catene montuose azzurre e invitanti. Camminavo sulla riva destra del fiume che scorreva illu­ minato dal sole più in basso rispetto alla strada, a una certa distanza, parzialmente nascosto da fitti gruppi di salici. Ed ecco sorgere di nuovo in me l’antico desiderio di imita­ re degnamente ciò che vedevo. Casualmente tenevo nella mano sinistra un bel temperino, e in quell’istante dalle pro­ fondità dell’anima mi giunse imperioso l’impulso di lancia­ re immediatamente il temperino in acqua. Se l’avessi visto toccare l’acqua, la mia aspirazione artistica si sarebbe rea­ lizzata; se invece le chiome dei salici mi avessero nascosto quell’attimo, avrei lasciato definitivamente perdere aspira­ zioni e sforzi. Nel momento stesso in cui mi venne quella fisima, la eseguii. Senza pensare all’utilità del temperino,

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zu sehn, das gar manche Gerätschaften in sich vereinigte, schleuderte ich es mit der Linken, wie ich es hielt, gewaltsam nach dem Flusse hin. Aber auch hier | mußte ich die trügliche Zweideutigkeit der Orakel, über die man sich im Altertum so bitter beklagt, erfahren. Des Messers Eintauchen in den Fluß ward mir durch die letzten Weidenzweige ver­ borgen, aber das dem Sturz entgegenwirkende Wasser sprang wie eine starke Fontaine in die Höhe, und war mir vollkommen sichtbar. Ich legte diese Erscheinung nicht zu meinen Gunsten aus, und der durch sie in mir erregte Zweifel war in der Folge schuld, daß ich diese Übun­ gen unterbrochner und fahrlässiger anstellte, und dadurch selbst Anlaß gab, daß die Deutung des Orakels sich erfüllte. Wenigstens war mir für den Augenblick die Außenwelt verleidet, ich ergab mich meinen Ein­ bildungen und Empfindungen, und ließ die wohlgelegenen Schlösser und Ortschaften Weilburg, Limburg, Diez und Nassau nach und nach hinter mir, meistens allein, nur manchmal auf kurze Zeit mich zu einem andern gesellend. Nach einer so angenehmen Wanderung von einigen Tagen, gelang­ te ich nach Ems, wo ich einige Male des sanften Bades genoß, und sodann auf einem Kahne den Fluß hinabwärts fuhr. Da eröffnete sich mir der alte Rhein, die schöne Lage von Oberlahnstein entzückte mich; über alles aber herrlich und majestätisch erschien das Schloß Ehrenbreitstein, welches in seiner Kraft und Macht, vollkommen gerüstet dastand. In höchst lieblichem Kontrast lag an seinem Fuß das wohl­ gebaute Örtchen Thal genannt, wo ich mich leicht zu der Wohnung des Geheimenrats von Laroche finden konnte. Angekündigt von Merk, ward ich von dieser edlen Familie sehr freundlich empfangen, und ge­ schwind als ein Glied derselben betrachtet. Mit der Mutter verband mich mein belletristisches und sentimentales Streben, mit dem Vater ein heiterer Weltsinn, und mit den Töchtern meine Jugend. Das Haus, ganz am Ende des Tals, wenig erhöht über dem Fluß gelegen, hatte die freie Aussicht den Strom hinabwärts. Die Zimmer waren hoch und geräumig, und die Wände galerieartig mit aneinander­

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che racchiudeva in sé vari altri strumenti, lo scaraventai con forza nel fiume con la sinistra, così come lo tenevo. Ma an­ che in questo caso | sperimentai la fallace ambiguità degli oracoli, di cui ci si lamentava amaramente nell’antichità. Il tuffo del coltello nel fiume venne nascosto dai rami spor­ genti dei salici, ma lo spruzzo d’acqua che causò salì in alto come il getto di una fontana, e quello fu perfettamente visibile. Interpretai l’esito come non propizio, e i dubbi che suscitò in me sono responsabili del fatto che in seguito mi esercitassi nella pittura in modo sempre più discontinuo e svogliato, offrendo io stesso lo spunto affinché la profezia dell’oracolo si avverasse140. Ma sul momento mi rovinò il gusto per il paesaggio – mi rinchiusi nelle mie fantasie e sensazioni lasciando man mano dietro di me le amene loca­ lità di Weilburg, Limburg, Diez e Nassau con i loro castelli, in genere da solo, per qualche tratto e per breve tempo ac­ compagnandomi ad altri viaggiatori. Dopo alcuni giorni di quella gradevole passeggiata giunsi a Ems, dove approfittai qualche volta delle acque termali per proseguire poi lungo il fiume con un battello. Ed ecco schiu­ dersi davanti a me l’antico Reno: fui estasiato dalla bellezza di Oberlahnstein, ma maestoso e splendido più di tutto era il castello di Ehrenbreitstein, che si ergeva intatto in tutta la sua possanza. In un contrasto assai grazioso era adagiato ai suoi piedi il lindo paesino di Thal, dove trovai facilmente la dimora del consigliere segreto von La Roche. Annunciato da Merck, fui accolto dalla nobile famiglia con calore e ben presto considerato un suo membro. Alla madre mi accomu­ navano gli interessi letterari e la sensibilità, al padre una se­ rena visione del mondo, alle figlie la gioventù141. La casa, proprio in fondo alla valle, si trovava legger­ mente più in alto rispetto al fiume, e da lì la vista spaziava lungo il suo corso. Le stanze erano alte e spaziose, le pareti

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stoßenden Gemälden behangen. Jedes Fenster, nach allen Seiten hin, machte den | Rahmen zu einem natürlichen Bilde, das durch den Glanz einer milden Sonne sehr lebhaft hervortrat; ich glaubte nie so heitere Morgen und so herrliche Abende gesehn zu haben. Nicht lange war ich allein der Gast im Hause. Zu dem Kongreß, der hier teils im artistischen, teils im empfindsamen Sinne gehalten werden sollte, war auch Leuchsenring beschieden, der von Düsseldorf herauf­ kam. Dieser Mann, von schönen Kenntnissen in der neuern Literatur, hatte sich auf verschiedenen Reisen, besonders aber bei einem Auf­ enthalte in der Schweiz, viele Bekanntschaften, und da er angenehm und einschmeichelnd war, viele Gunst erworben. Er führte mehrere Chatoullen bei sich, welche den vertrauten Briefwechsel mit mehreren Freunden enthielten: denn es war überhaupt eine so allgemeine Offen­ herzigkeit unter den Menschen, daß man mit keinem Einzelnen spre­ chen, oder an ihn schreiben konnte, ohne es zugleich als an mehrere gerichtet zu betrachten. Man spähte sein eigen Herz aus und das Herz der andern, und bei der Gleichgültigkeit der Regierungen gegen eine solche Mitteilung, bei der durchgreifenden Schnelligkeit der Taxischen Posten, der Sicherheit des Siegels, dem leidlichen Porto, griff dieser sittliche und literarische Verkehr bald weiter um sich. Solche Korrespondenzen, besonders mit bedeutenden Personen, wurden sorgfältig gesammelt und alsdann, bei freundschaftlichen Zu­ sammenkünften, auszugsweise vorgelesen; und so ward man, da poli­ tische Diskurse wenig Interesse hatten, mit der Breite der moralischen Welt ziemlich bekannt. Leuchsenrings Chatoullen enthielten in diesem Sinne manche Schätze. Die Briefe einer Julie Bondeli wurden sehr hochgeachtet; sie war, als Frauenzimmer von Sinn und Verdienst, und als Rousseau’s Freundin, berühmt. Wer mit diesem außerordentlichen Manne nur ir­ gend in Verhältnis gestanden hatte, genoß Teil an der Glorie, die von ihm ausging, und in seinem Namen war eine stille Gemeinde weit und breit ausgesäet. |

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tappezzate di quadri come in una galleria. Le finestre, su ogni lato, facevano da | cornice a vedute paesaggistiche che risplendevano vivaci nella mite luce del sole; credo di non aver mai visto mattinate così terse e tramonti così splendidi. Non rimasi a lungo l’unico ospite della casa: al ritrovo tra l’artistico e il sentimentale che avevano organizzato era stato invitato anche Leuchsenring, che arrivò da Düssel­ dorf142. Quell’uomo, buon conoscitore della letteratura con­ temporanea, durante i suoi molti viaggi ma soprattutto in un soggiorno in Svizzera si era conquistato molte amicizie e, essendo affabile e adulatore, il favore di molti. Portava con sé diverse cassettine che contenevano la sua corrispondenza privata con gli amici: allora infatti regnava una tale confi­ denza e apertura tra le persone, che non si poteva parlare o scrivere a uno, senza considerare di rivolgersi anche a molti. Si spiava nel proprio cuore e in quello altrui e, vista l’indifferenza dei governi per tali esternazioni, la sempre maggiore velocità del servizio postale143, la sicurezza del sigillo e il costo ridotto, quello scambio morale e letterario divenne sempre più esteso. La corrispondenza, soprattutto quella con persone impor­ tanti, veniva conservata con cura e in seguito, negli incontri tra amici, se ne leggevano degli stralci; di conseguenza, dato che per i temi politici c’era scarso interesse, si approfondì la conoscenza del mondo morale in tutta la sua estensione. Le cassettine di Leuchsenring, da questo punto di vista, custodivano svariati tesori. Erano tenute in gran conto le lettere di una certa Julie Bondeli, famosa per essere una giovane intelligente e piena di qualità, oltre che amica di Rousseau144. Tutti coloro che avevano avuto anche solo un minimo contatto con quell’uomo straordinario partecipava­ no ora dello splendore che da lui emanava, e nel suo nome era proliferata dappertutto una silenziosa comunità. |

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Ich wohnte diesen Vorlesungen gerne bei, indem ich dadurch in eine unbekannte Welt versetzt wurde, und das Innere mancher kurz vergan­ genen Begebenheit kennen lernte. Freilich war nicht alles gehaltreich; und Herr von Laroche, ein heiterer Welt- und Geschäftsmann, der sich, obgleich Katholik, schon in Schriften über das Mönch- und Pfafftum lustig gemacht hatte, glaubte auch hier eine Verbrüderung zu sehen, wo mancher Einzelne ohne Wert, sich durch Verbindung mit bedeutenden Menschen aufstutze, wobei am Ende wohl er, aber nicht jene gefördert würden. Meistens entzog sich dieser wackere Mann der Gesellschaft, wenn die Chatoullen eröffnet wurden. Hörte er auch wohl einmal eini­ ge Briefe mit an, so konnte man eine schalkhafte Bemerkung erwarten. Unter andern sagte er einstens, er überzeuge sich bei dieser Korrespon­ denz noch mehr von dem was er immer geglaubt habe, daß Frauen­ zimmer alles Siegellack sparen könnten, sie sollten nur ihre Briefe mit Stecknadeln zustecken und dürften versichert sein, daß sie uneröffnet an Ort und Stelle kämen. Auf gleiche Weise pflegte er mit allem was außer dem Lebens- und Tätigkeitskreise lag, zu scherzen und folgte hierin der Sinnesart seines Herrn und Meisters, des Grafen Stadion, Kurmaynzischen Ministers, welcher gewiß nicht geeignet war, den Welt- und Kaltsinn des Knaben durch Ehrfurcht vor irgend einem Ahn­ dungsvollen in’s Gleichgewicht zu setzen. Eine Anekdote von dem großen praktischen Sinne des Grafen hingegen möge hier Platz finden. Als er den verwaisten Laroche lieb gewann und zu seinem Zögling erkor, forderte er von dem Knaben gleich die Dienste eines Secretairs. Er gab ihm Briefe zu beantwor­ ten, Depeschen auszuarbeiten, die denn auch von ihm mundiert, öfter chiffriert, gesiegelt und überschrieben werden mußten. Dieses dauer­ te mehrere Jahre. Als der Knabe zum Jüngling herangereift war und dasjenige wirklich leistete, was er sich bisher nur eingebildet hatte, führte ihn der Graf an einen großen Schreibtisch, in welchem sämt­

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Assistevo volentieri a quelle letture che mi trasportava­ no in un mondo ignoto e mi facevano conoscere dall’interno gli avvenimenti recenti. Certo, non tutto era degno di nota; e il signor von La Roche145, un allegro funzionario e uomo di mondo che, seppur cattolico, si era comunque burlato di preti e monaci in alcuni scritti, era convinto che anche quella fosse una confraternita in cui un singolo senza valore cerca appoggi grazie ai contatti con personaggi di rilievo, dove alla fine chi ne trae vantaggio è lui, non certo loro. Di solito, quando venivano aperte le cassette, si dileguava astutamente, ma se capitava che ascoltasse qualche lettera, ci si doveva aspettare una battuta ironica. Tra le altre cose disse una volta che quella corrispondenza gli confermava una volta di più quello che aveva sempre pensato, e cioè che le donne avrebbero potuto risparmiare tutta quella ceralacca e chiudere le loro missive con semplici spilli – sarebbero comunque arrivate a destinazione intatte! Allo stesso modo era solito prendersi gioco di tutto ciò che andava al di là della vita pratica e concreta, seguendo in questo il suo ma­ estro, il conte Stadion, ministro dell’elettore di Magonza, che non era certo la persona più indicata per controbilancia­ re la mondanità e l’indifferenza del giovane instillandogli un qualche rispetto per il soprannaturale146. Vorrei riportare qui almeno un aneddoto sul grande senso pratico del conte. Quando si prese a cuore La Ro­ che, rimasto orfano, e ne fece il suo pupillo, pretese subi­ to dal ragazzino i servigi di un segretario. Gli dava lette­ re a cui rispondere, dispacci da redigere che poi doveva trascrivere in bella copia, talvolta cifrare, poi sigillare e inviare. Tutto questo andò avanti diversi anni. Quando il ragazzino divenne un giovane e fu davvero in grado di fare quello che prima aveva solo creduto di saper fare, il conte lo condusse a una grande scrivania dove c’erano

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liche Briefe und Pakete, unerbrochen, als Exerzitien der erstern Zeit, aufbewahrt lagen. | Eine andere Übung die der Graf seinem Zögling zumutete, wird nicht so allgemeinen Beifall finden. Laroche nämlich hatte sich üben müssen, die Hand seines Herrn und Meisters aufs genauste nachzu­ ahmen, um ihn dadurch der Qual des Selbstschreibens zu überheben. Allein nicht nur in Geschäften sollte dieses Talent genutzt werden, auch in Liebeshändeln hatte der junge Mann die Stelle seines Lehrers zu vertreten. Der Graf war leidenschaftlich einer hohen und geistrei­ chen Dame verbunden. Wenn er in deren Gesellschaft bis tief in die Nacht verweilte, saß indessen sein Secretair zu Hause und schmiedete die heißesten Liebesbriefe; darunter wählte der Graf und sendete noch gleich zur Nachtzeit das Blatt an seine Geliebte, welche sich denn doch wohl daran von dem unverwüstlichen Feuer ihres leidenschaftlichen Anbeters überzeugen mußte. Dergleichen frühe Erfahrungen mochten denn freilich dem Jüngling nicht den besten Begriff von schriftlichen Liebesunterhaltungen gegeben haben. Ein unversöhnlicher Haß gegen das Pfafftum hatte sich bei die­ sem Manne, der zwei geistlichen Kurfürsten diente, festgesetzt, wahr­ scheinlich entsprungen aus der Betrachtung des rohen, geschmack­ losen, geistverderblichen Fratzenwesens, welches die Mönche in Deutschland an manchen Orten zu treiben pflegten, und dadurch eine jede Art von Bildung hinderten und zerstörten. Seine Briefe über das Mönchswesen machten großes Aufsehen; sie wurden von allen Protes­ tanten und von vielen Katholiken mit großem Beifall aufgenommen. Wenn sich aber Herr von Laroche gegen alles was man Empfin­ dung nennen könnte, auflehnte, und wenn er selbst den Schein der­ selben entschieden von sich abhielt, so verhehlte er doch nicht eine väterlich zarte Neigung zu seiner ältesten Tochter, welche freilich nicht anders als liebenswürdig war: eher klein als groß von Gestalt, niedlich gebaut; eine freie anmutige Bildung, die schwärzesten Augen und eine Gesichtsfarbe, die nicht reiner und blühender gedacht werden konnte. Auch sie liebte ihren Vater und | neigte sich zu seinen Gesinnungen.

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tutte le lettere e i plichi, intonsi, conservati come esercizi del primo periodo. | Un altro esercizio che il conte impose al suo pupillo non incontrerà invece la generale approvazione. La Roche infatti aveva dovuto imparare a imitare perfettamente la calligrafia del suo signore, per evitargli il fastidio di do­ ver scrivere di proprio pugno. Ma questa abilità non veniva sfruttata solo nel lavoro, il giovanotto doveva impersonare il suo maestro anche negli affari di cuore. Il conte era fol­ lemente innamorato di una dama altolocata e intelligente; mentre si intratteneva in sua compagnia fino a notte fon­ da, il segretario a casa doveva comporre infuocate lettere d’amore. Il conte ne sceglieva poi una e la inviava la notte stessa all’amata, che si convinse così della passione inestin­ guibile del suo ardente amante. Queste e altre precoci espe­ rienze dello stesso genere non procurarono certo al giovane un alto concetto degli epistolari amorosi. Quell’uomo che aveva servito due principi ecclesiastici nutriva un odio implacabile contro il clero, probabilmente scaturito dall’aver osservato il comportamento rozzo, vol­ gare e deleterio dei religiosi in alcune zone della Germa­ nia, che così facendo impediscono e annientano qualsiasi tentativo di edificazione. Le sue Lettere sul monachesimo suscitarono molto scalpore e vennero accolte con favore da tutti i protestanti e da molti cattolici. Se dunque il signor von La Roche si ribellava a tutto ciò che si poteva definire sentimentale, cercando di tenerne lontano da sé una qualsiasi parvenza, pure non nascondeva il dolce affetto paterno per la figlia maggiore, che in effetti era più che adorabile: piuttosto piccola di corporatura, ben proporzionata, con modi spontanei e gentili, occhi nerissimi e una carnagione che non si poteva immaginare più pura e fiorente. Anche lei era molto legata al padre e | ne con­

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Ihm, als tätigem Geschäftsmann, war die meiste Zeit durch Berufs­ arbeiten weggenommen, und weil die einkehrenden Gäste eigentlich durch seine Frau und nicht durch ihn angezogen wurden, so konnte ihm die Gesellschaft wenig Freude geben. Bei Tische war er heiter, unterhaltend, und suchte wenigstens seine Tafel von der empfindsamen Würze frei zu halten. Wer die Gesinnungen und die Denkweise der Frau von Laroche kennt, – und sie ist durch ein langes Leben und viele Schriften einem jeden Deutschen ehrwürdig bekannt geworden, – der möchte vielleicht vermuten, daß hieraus ein häusliches Mißverhältnis hätte entstehn müssen. Aber keineswegs! Sie war die wunderbarste Frau, und ich wüßte ihr keine andre zu vergleichen. Schlank und zart gebaut, eher groß als klein, hatte sie bis in ihre höheren Jahre eine gewisse Eleganz der Gestalt sowohl als des Betragens zu erhalten gewußt, die zwischen dem Benehmen einer Edeldame und einer würdigen bürgerlichen Frau gar anmutig schwebte. Im Anzuge war sie sich mehrere Jahre gleich geblieben. Ein nettes Flügelhäubchen stand dem kleinen Kopfe und dem feinen Gesichte gar wohl, und die braune oder graue Kleidung gab ihrer Gegenwart Ruhe und Würde. Sie sprach gut, und wußte dem was sie sagte durch Empfindung immer Bedeutung zu geben. Ihr Betragen war gegen Jedermann vollkommen gleich. Allein durch dieses alles ist noch nicht das Eigenste ihres Wesens ausgesprochen; es zu bezeichnen ist schwer. Sie schien an allem Teil zu nehmen, aber im Grunde wirkte nichts auf sie. Sie war mild gegen alles und konnte alles dulden ohne zu leiden; den Scherz ihres Mannes, die Zärtlichkeit ihrer Freunde, die An­ mut ihrer Kinder, alles erwiderte sie auf gleiche Weise, und so blieb sie immer sie selbst, ohne daß ihr in der Welt durch Gutes und Böses, oder in der Literatur durch Vortreffliches und Schwaches wäre beizukom­ men gewesen. Dieser Sinnesart verdankt sie ihre Selbständigkeit bis in ein hohes Alter, bei manchen traurigen, ja kümmerlichen | Schicksalen. Doch um nicht ungerecht zu sein, muß ich erwähnen, daß ihre beiden

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divideva le opinioni. Da funzionario molto attivo, la mag­ gior parte del suo tempo era occupata dal lavoro, e dato che gli ospiti erano in genere più amici della moglie che suoi, la loro compagnia gli procurava ben poca gioia. A tavola era allegro e gioviale e cercava di mantenere almeno la sua mensa libera dal condimento sentimentale. Chi conosce le opinioni e la mentalità della signora von La Roche – che con la sua lunga vita e i suoi molti scritti si è del resto fatta degnamente conoscere da ogni tedesco – potrebbe forse pensare che da quelle differenze dovesse derivare un rapporto familiare difficile. Niente affatto! Era una donna meravigliosa, non saprei trovarne un’altra ugua­ le. Esile e delicata, piuttosto alta, aveva mantenuto anche con il passare degli anni una certa eleganza sia nell’aspetto che nel portamento, che oscillava graziosamente tra quello di un’aristocratica e quello di una rispettabile signora bor­ ghese. Per molti anni si era vestita sempre allo stesso modo. Una simpatica cuffietta con le alette ben si addiceva alla testa minuta e al viso sottile, mentre il vestito grigio o mar­ rone le conferiva pacatezza e dignità. Parlava con proprietà e sapeva sempre dare importanza a ciò che diceva grazie al sentimento. I suoi modi erano esattamente gli stessi con chiunque, ma con tutto ciò non ho ancora descritto la sua effettiva peculiarità, molto difficile da definire. Sembra­ va immedesimarsi in ogni cosa, ma nulla la toccava. Era comprensiva con tutti e sopportava qualsiasi cosa senza soffrirne: l’ironia del marito, l’affetto degli amici, l’amore dei figli, reagiva a tutto nello stesso modo e così rimaneva sempre la stessa, come se il bene e il male del mondo, i pregi e i difetti della letteratura non la riguardassero. A que­ sto carattere deve l’indipendenza che mantenne fino a tar­ da età nonostante alcune vicende tristi, | anzi, tristissime147. Ma per non essere ingiusto devo aggiungere che i suoi due

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Söhne, damals Kinder von blendender Schönheit, ihr manchmal einen Ausdruck ablockten, der sich von demjenigen unterschied, dessen sie sich zum täglichen Gebrauch bediente. So lebte ich in einer neuen wundersam angenehmen Umgebung eine Zeitlang fort, bis Merk mit seiner Familie herankam. Hier ent­ standen sogleich neue Wahlverwandtschaften: denn indem die beiden Frauen sich einander näherten, hatte Merk mit Herrn von Laroche als Welt- und Geschäftskenner, als unterrichtet und gereist, nähere Berüh­ rung. Der Knabe gesellte sich zu den Knaben, und die Töchter fielen mir zu, von denen die älteste mich gar bald besonders anzog. Es ist eine sehr angenehme Empfindung, wenn sich eine neue Leidenschaft in uns zu regen anfängt, ehe die alte noch ganz verklungen ist. So sieht man bei untergehender Sonne gern auf der entgegengesetzten Seite den Mond aufgehn und erfreut sich an dem Doppelglanze der beiden Him­ melslichter. Nun fehlte es nicht an reicher Unterhaltung in und außer dem Hau­ se. Man durchstrich die Gegend; Ehrenbreitstein diesseits, die Kartau­ se jenseits wurden bestiegen. Die Stadt, die Moselbrücke, die Fähre die uns über den Rhein brachte, alles gewährte das mannigfachste Ver­ gnügen. Noch nicht erbaut war das neue Schloß; man führte uns an den Platz wo es stehn sollte, man ließ uns die vorschlägigen Risse davon sehen. In diesem heitren Zustande entwickelte sich jedoch innerlich der Stoff der Unverträglichkeit, der in gebildeten wie in ungebildeten Ge­ sellschaften gewöhnlich seine unfreundlichen Wirkungen zeigt. Merk, zugleich kalt und unruhig, hatte nicht lange jene Briefwechsel mit an­ gehört, als er über die Dinge von denen die Rede war, so wie über die Personen und ihre Verhältnisse, gar manchen schalkhaften Einfall laut werden ließ, mir aber im Stillen die wunderlichsten Dinge eröffnete, die eigentlich darunter verborgen sein sollten. Von politischen Geheim­ nissen war zwar | keineswegs die Rede, auch nicht von irgend etwas, das einen gewissen Zusammenhang gehabt hätte; er machte mich nur

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figli, allora bambini di una bellezza fuori del comune, qual­ che volta riuscivano a strapparle un’espressione diversa da quella che aveva di solito nella vita di tutti i giorni. Trascorsi così un certo periodo in un ambiente nuovo e gradevole, finché non arrivò Merck con la famiglia. A quel punto si crearono subito nuove affinità elettive: se da una parte le due donne stringevano amicizia, Merck si avvicinò di più al signor von La Roche, buon conoscitore del mondo e dell’amministrazione, colto e viaggiatore. Il giovane si avvicinò ai giovani e di conseguenza mi toccarono in sorte le figlie, e tra le due ben presto mi sentii attratto dalla mag­ giore. È davvero molto piacevole sentir nascere in noi una nuova passione quando la vecchia non si è ancora del tutto sopita. Mentre il sole tramonta da una parte si guarda vo­ lentieri la luna che sorge dalla parte opposta, e ci si rallegra per il duplice splendore dei due astri celesti. Le occasioni di svago non mancavano, né in casa né fuori. Passeggiammo nei dintorni: salimmo a Ehrenbreit­ stein su questa riva, alla certosa sull’altra riva del fiume148. La città, il ponte sulla Mosella, il traghetto con cui attra­ versammo il Reno, tutto era fonte di divertimento. Il nuovo castello non era ancora stato costruito, ma ci condussero là dove doveva sorgere e ci fecero vedere i relativi progetti. In quella situazione serena si sviluppò però il seme dell’intolleranza, che è solito mostrare in tutte le compagnie, più o meno colte, i suoi sgradevoli effetti. Merck, freddo e inquieto insieme, non ebbe ascoltato a lungo quei carteggi che si lasciò sfuggire osservazioni sarcastiche sia sugli ar­ gomenti trattati sia sulle persone e le loro relazioni, mentre in privato mi raccontava le storie più assurde che, secondo lui, ne formavano il retroscena. Non si trattava certo  | di segreti politici, e nemmeno di questioni che avessero una qualche specifica pertinenza: attirava semplicemente la mia

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auf Menschen aufmerksam, die, ohne sonderliche Talente, mit einem gewissen Geschick, sich persönlichen Einfluß zu verschaffen wissen, und durch die Bekanntschaft mit vielen, aus sich selbst etwas zu bilden suchen; und von dieser Zeit an hatte ich Gelegenheit, dergleichen mehr zu bemerken. Da solche Personen gewöhnlich den Ort verändern, und als Reisende bald hier bald da eintreffen, so kommt ihnen die Gunst der Neuheit zu Gute, die man ihnen nicht beneiden noch verkümmern soll­ te: denn es ist dieses eine herkömmliche Sache, die jeder Reisende zu seinem Vorteil, jeder Bleibende zu seinem Nachteil öfters erfahren hat. Dem sei nun wie ihm wolle, genug wir nährten von jener Zeit an eine gewisse unruhige, ja neidische Aufmerksamkeit auf dergleichen Leute, die auf ihre eigne Hand hin und wider zogen, sich in jeder Stadt vor Anker legten, und wenigstens in einigen Familien Einfluß zu ge­ winnen suchten. Einen zarten und weichen dieser Zunftgenossen habe ich im Pater Brey, einen andern, tüchtigern und derbern, in einem künftig mitzuteilenden Fastnachtsspiele, das den Titel führt: Satyros, oder der vergötterte Waldteufel, wo nicht mit Billigkeit, doch wenigs­ tens mit gutem Humor dargestellt. Indessen wirkten die wunderlichen Elemente unserer kleinen Ge­ sellschaft noch so ganz leidlich auf einander; wir waren teils durch eig­ ne Sitte und Lebensart gebändigt, teils aber auch durch jene besondere Weise der Hausfrau gemildert, welche von dem was um sie vorging, nur leicht berührt, sich immer gewissen ideellen Vorstellungen hingab, und indem sie solche freundlich und wohlwollend zu äußern verstand, alles Scharfe was in der Gesellschaft hervortreten mochte, zu mildern und das Unebne auszugleichen wußte. Merk hatte noch eben zur rechten Zeit zum Aufbruch geblasen, so daß die Gesellschaft in dem besten Verhältnis aus einander ging. Ich fuhr mit ihm und den Seinigen auf | einer nach Maynz zurückkehren­ den Jacht den Rhein aufwärts, und obschon dieses an sich sehr lang­ sam ging, so ersuchten wir noch überdies den Schiffer, sich ja nicht zu übereilen. So genossen wir mit Muße der unendlich mannigfaltigen Gegenstände, die bei dem herrlichsten Wetter, jede Stunde an Schön­

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attenzione su persone che, senza alcun particolare talento ma con una certa abilità, cercavano di esercitare un’influen­ za personale e di mettersi in mostra grazie alle loro molte conoscenze; da allora in poi ebbi spesso occasione di osser­ vare gente del genere. Poiché quelle persone viaggiano spo­ standosi spesso da un luogo all’altro, l’elemento della novi­ tà gioca a loro favore; non bisogna invidiarlo ma nemmeno sottovalutarlo: è del tutto normale, come ha sperimentato a suo vantaggio chi viaggia, a suo danno chi rimane. Comunque sia, da quel momento in poi guardai con un certo sospetto, persino con un po’ d’invidia quelle persone che per scelta si spostano continuamente e gettano l’anco­ ra in ogni città, cercando di ottenere influenza almeno su alcune famiglie. Di questa genia ho descritto il tipo dolce e mite nel Padre Brey, e quello più deciso e rozzo nella commedia burlesca di prossima pubblicazione Satyros, o il fauno idolatrato – non con approvazione, ma almeno con bonomia149. Nel frattempo gli strani componenti della nostra piccola compagnia erano ancora in discreta armonia; eravamo in parte trattenuti dalle nostre buone maniere, in parte miti­ gati dalla particolare personalità della padrona di casa che, solo fuggevolmente sfiorata da ciò che le accadeva intorno, seguiva sempre modelli ideali che sapeva trasmettere con benevolenza e cordialità, tanto da smussare ogni spigolosità che emergeva nel gruppo e appianare ogni attrito. Merck annunciò la partenza al momento giusto, cosic­ ché il gruppo si sciolse in ottimi rapporti. Io proseguii con lui e la famiglia su | un battello che risaliva il Reno fino a Magonza, e nonostante si procedesse già con estrema len­ tezza, chiedemmo al barcaiolo di non affrettarsi. Potemmo così assaporare con tutta calma l’infinita varietà del pae­ saggio, che con un tempo splendido sembrava diventare

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heit zuzunehmen und sowohl an Größe als an Gefälligkeit immer neu zu wechseln scheinen; und ich wünsche nur, indem ich die Namen Rheinfels und St. Goar, Bacharach, Bingen, Elfeld und Biberich aus­ spreche, daß jeder meiner Leser im Stande sei, sich diese Gegenden in der Erinnerung hervorzurufen. Wir hatten fleißig gezeichnet, und uns wenigstens dadurch die tau­ sendfältige Abwechselung jenes herrlichen Ufers fester eingedruckt; aber auch unser Verhältnis verinnigte sich durch dieses längere Zusam­ mensein, durch die vertrauliche Mitteilung über so mancherlei Dinge, dergestalt, daß Merk einen großen Einfluß über mich gewann, und ich ihm als ein guter Gesell zu einem behaglichen Dasein unentbehrlich ward. Mein durch die Natur geschärfter Blick warf sich wieder auf die Kunstbeschauung, wozu mir die schönen Frankfurter Sammlungen an Gemälden und Kupferstichen die beste Gelegenheit gaben, und ich bin der Neigung der Herren Etling, Ehrenreich, besonders aber dem braven Nothnagel sehr viel schuldig geworden. Die Natur in der Kunst zu sehen, ward bei mir zu einer Leidenschaft, die in ihren höchsten Augenblicken andern, selbst passionierten Liebhabern fast wie Wahn­ sinn erscheinen mußte; und wie konnte eine solche Neigung besser gehegt werden, als durch eine fortdauernde Betrachtung der trefflichen Werke der Niederländer. Damit ich mich aber auch mit diesen Dingen werktätig bekannt machen möchte, räumte mir Nothnagel ein Kabi­ nett ein, wo ich alles fand, was zur Ölmalerei nötig war, und ich malte einige einfache Stilleben nach dem Wirklichen, auf deren einem ein Messerstiel von Schildpatt mit Silber eingelegt, meinen Meister, der mich erst vor einer Stunde besucht hatte, dergestalt überraschte, daß er behauptete, es müsse | während der Zeit einer von seinen untergeord­ neten Künstlern bei mir gewesen sein. Hätte ich geduldig fortgefahren mich an solchen Gegenständen zu üben, ihnen Licht und Schatten und die Eigenheiten ihrer Oberfläche abzugewinnen, ich hätte mir eine gewisse Praxis bilden und zum Hö­

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ogni ora più bello e mutare di continuo in dimensione e attrattive; e mi auguro che pronunciando i nomi Rheinfels e Sankt Goar, Bacharach, Bingen, Elfeld e Biebrich ciascu­ no dei miei lettori sia in grado di richiamare alla memoria quelle zone. Avevamo disegnato con impegno, per imprimerci me­ glio nella mente le mille variazioni di quelle sponde magni­ fiche. Grazie alla lunga convivenza e ai discorsi confiden­ ziali su tanti argomenti, anche i nostri rapporti divennero più stretti tanto che Merck acquistò una grande influenza su di me, mentre io divenni per lui un compagno indispensa­ bile per rallegrare la quotidianità. Il mio sguardo reso più acuto dalla natura si appassionò nuovamente per l’arte; a Francoforte le belle collezioni di dipinti e incisioni mi for­ nirono ottime occasioni per contemplarla, e sono grato ai signori Ettling ed Ehrenreich che mi presero in simpatia, ma soprattutto al valente Nothnagel150. Scorgere la natura nell’arte era diventato per me una mania che nei momenti più intensi doveva parere agli altri, persino agli estimatori più appassionati, quasi un’ossessione; e come assecondare una simile passione se non con la costante contemplazione delle magnifiche opere degli olandesi? Per impadronirmi di quelle opere anche dal punto di vista tecnico, Nothnagel mi mise a disposizione un piccolo studio dove trovai tutto il necessario per dipingere a olio e dipinsi dal vivo alcune nature morte molto semplici, tra cui un coltello con il ma­ nico di tartaruga intarsiato in argento che fece meravigliare moltissimo il mio maestro: era passato da me solo un’ora prima, e si convinse che in quel | lasso di tempo doveva essere venuto ad aiutarmi uno dei suoi lavoranti. Se avessi continuato a esercitarmi con pazienza con quei soggetti, imparando a riprodurre luci e ombre e le caratte­ ristiche delle superfici, avrei acquisito una certa manualità

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heren den Weg bahnen können; so aber verfolgte mich der Fehler aller Dilettanten, mit dem Schwersten anzufangen, ja sogar das Unmögliche leisten zu wollen, und ich verwickelte mich bald in größere Unterneh­ mungen, in denen ich stecken blieb, sowohl weil sie weit über meine technischen Fähigkeiten hinauslagen, als weil ich die liebevolle Auf­ merksamkeit und den gelassenen Fleiß, durch den auch schon der An­ fänger etwas leistet, nicht immer rein und wirksam erhalten konnte. Auch wurde ich zu gleicher Zeit abermals in eine höhere Sphäre gerissen, indem ich einige schöne Gipsabgüsse antiker Köpfe anzu­ schaffen Gelegenheit fand. Die Italiäner nämlich, welche die Messen beziehn, brachten manchmal dergleichen gute Exemplare mit, und ver­ kauften sie auch wohl, nachdem sie eine Form darüber genommen. Auf diesem Wege stellte ich mir ein kleines Museum auf, indem ich die Köpfe des Laokoon, seiner Söhne, der Niobe Töchter allmählich zu­ sammenbrachte, nicht weniger die Nachbildungen der bedeutendsten Werke des Altertums im Kleinen, aus der Verlassenschaft eines Kunst­ freundes ankaufte, und so mir jenen großen Eindruck, den ich in Mann­ heim gewonnen hatte, möglichst wieder zu beleben suchte. Indem ich nun alles was von Talent, Liebhaberei oder sonst irgend einer Neigung in mir leben mochte, auszubilden, zu nähren und zu unterhalten suchte, verwendete ich eine gute Zeit des Tages, nach dem Wunsch meines Vaters, auf die Advokatur, zu deren Ausübung ich zu­ fälliger Weise die beste Gelegenheit fand. Nach dem Tode des Groß­ vaters war mein Oheim Textor in den Rat gekommen, und übergab mir die kleineren Sachen, denen ich gewachsen war; welches die Gebrüder Schlosser auch taten. Ich machte mich mit den Akten bekannt, mein Vater las sie ebenfalls mit | vielem Vergnügen, da er sich, durch Veran­ lassung des Sohns, wieder in einer Tätigkeit sah, die er lange entbehrt hatte. Wir besprachen uns darüber, und mit großer Leichtigkeit machte ich alsdann die nötigen Aufsätze. Wir hatten einen trefflichen Kopisten

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e mi sarei aperto la via per cose più impegnative; invece ero perseguitato dall’errore di tutti i dilettanti, quello di vo­ ler iniziare con le cose più difficili o addirittura pretendere l’impossibile invischiandomi quindi in imprese sproporzio­ nate che poi abbandonavo sia perché erano di troppo supe­ riori alle mie capacità tecniche, sia perché non riuscivo a mantenere intatti l’affettuosa costanza e il paziente impe­ gno grazie ai quali anche il principiante riesce a realizzare qualcosa. Per di più in quel periodo venni attirato di nuovo in una sfera superiore, quando ebbi l’occasione di procurarmi al­ cuni bei calchi in gesso di teste di statue antiche. Gli italia­ ni che venivano alle fiere, infatti, ogni tanto ne portavano con sé alcuni esemplari ben fatti, e dopo averne ricavato lo stampo li mettevano in vendita. Così formai man mano un piccolo museo con la testa di Laocoonte, dei suoi figli, quel­ le delle figlie di Niobe, e acquistai anche le riproduzioni in scala delle opere più significative della classicità dal lascito di un appassionato; cercavo di far rivivere in me quanto più possibile la profonda impressione che avevo ricevuto a Mannheim. Mentre facevo di tutto per coltivare, alimentare e man­ tenere quel che c’era in me in fatto di talento, inclinazione o passione che dir si voglia, trascorrevo buona parte della giornata secondo il desiderio di mio padre, cioè esercitando l’avvocatura, avendone avuto per caso un’ottima opportuni­ tà. Dopo la morte del nonno, era entrato nel Consiglio lo zio Textor, che mi affidava le pratiche minori, quelle alla mia portata; lo stesso facevano i fratelli Schlosser151. Leggevo le pratiche che anche mio padre leggeva con | gusto poiché, grazie al figlio, riprendeva un’attività a cui aveva rinunciato da molto tempo. Ne discutevamo insieme e poi con grande facilità io redigevo le scritture necessarie. Avevamo a di­

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zur Hand, auf den man sich zugleich wegen aller Kanzleiförmlichkei­ ten verlassen konnte; und so war mir dieses Geschäft eine um so an­ genehmere Unterhaltung, als es mich dem Vater näher brachte, der mit meinem Benehmen in diesem Punkte völlig zufrieden, allem Übrigen was ich trieb, gerne nachsah, in der sehnlichen Erwartung, daß ich nun bald auch schriftstellerischen Ruhm einernten würde. Weil nun in jeder Zeitepoche alles zusammenhängt, indem die herr­ schenden Meinungen und Gesinnungen sich auf die vielfachste Weise verzweigen, so befolgte man in der Rechtslehre nunmehr auch nach und nach alle diejenigen Maximen, nach welchen man Religion und Moral behandelte. Unter den Sachwaltern als den jüngern, sodann unter den Richtern als den ältern, verbreitete sich der Humanismus, und alles wetteiferte, auch in rechtlichen Verhältnissen höchst mensch­ lich zu sein. Gefängnisse wurden gebessert, Verbrechen entschuldigt, Strafen gelindert, die Legitimationen erleichtert, Scheidungen und Mißheiraten befördert, und einer unserer vorzüglichen Sachwalter er­ warb sich den höchsten Ruhm, als er einem Scharfrichtersohne den Eingang in das Collegium der Ärzte zu erfechten wußte. Vergebens widersetzten sich Gilden und Körperschaften; ein Damm nach dem andern ward durchbrochen. Die Duldsamkeit der Religionsparteien ge­ gen einander ward nicht bloß gelehrt, sondern ausgeübt, und mit einem noch größern Einflusse ward die bürgerliche Verfassung bedroht, als man Duldsamkeit gegen die Juden, mit Verstand, Scharfsinn und Kraft, der gutmütigen Zeit anzuempfehlen bemüht war. Diese neuen Gegen­ stände rechtlicher Behandlung, welche außerhalb des Gesetzes und des Herkommens lagen und nur an billige Beurteilung, an gemütliche Teil­ nahme Anspruch machten, forderten zugleich einen | natürlicheren und lebhafteren Stil. Hier war uns, den Jüngsten, ein heiteres Feld eröffnet, in welchem wir uns mit Lust herumtummelten, und ich erinnere mich noch gar wohl, daß ein Reichshofratsagent mir, in einem solchen Falle,

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sposizione un eccellente copista152 di cui ci si poteva fidare anche per tutte le formalità della cancelleria, e così questa occupazione divenne un passatempo gradito, che tra l’altro mi fece riavvicinare a mio padre: del mio comportamento su questo punto era molto soddisfatto e si mostrava indul­ gente verso tutte le mie altre attività, aspettando con ansia che raggiungessi anche la notorietà letteraria. Dato che ogni epoca costituisce un tutto organico men­ tre le idee e opinioni dominanti si ramificano nel modo più vario, così anche nella giurisprudenza si seguivano le stesse massime che si applicavano alla religione e alla morale. Sia tra gli avvocati che erano più giovani, sia poi tra i giudici, più anziani, si diffuse l’umanitarismo e tutti facevano a gara nel dimostrarsi umani, anche nelle questioni giuridiche. Si miglioravano le carceri, si giustificavano i delitti, si mitiga­ vano le pene, si favoriva il riconoscimento dei figli illegitti­ mi, si facilitavano i divorzi e i matrimoni tra ceti diversi, al punto che uno dei nostri migliori avvocati divenne famosis­ simo per aver ottenuto l’ammissione del figlio di un boia al Collegio dei medici153. Vana fu l’opposizione di corporazio­ ni e associazioni, si abbatteva uno sbarramento dopo l’altro. La tolleranza tra le confessioni religiose era non soltanto predicata ma anche messa in pratica154, e una pressione an­ cora più forte minacciò la società civile, quando si fece il tentativo intelligente ed energico di diffondere in quell’epo­ ca ben disposta la tolleranza anche verso gli ebrei. Questi argomenti nuovi per la pratica giuridica, situati al di là della legge e della consuetudine, facevano appello soltanto all’e­ quità nel giudizio e alla bontà d’animo e richiedevano allo stesso tempo uno stile | più naturale e più vivace. E qui si apriva per me, che ero tra i più giovani, un ampio spazio che esploravo con gioia e mi ricordo ancora bene che, in una di quelle occasioni, un delegato del Consiglio aulico mi inviò

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ein sehr artiges Belobungsschreiben zusendete. Die französischen plai­ doyés dienten uns zu Mustern und zur Anregung. Und somit waren wir auf dem Wege, bessere Redner als Juristen zu werden, worauf mich der solide Georg Schlosser einstmals tadelnd aufmerksam machte. Ich hatte ihm erzählt, daß ich meiner Partei eine mit vieler Energie zu ihren Gunsten abgefaßte Streitschrift vorgelesen, worüber sie mir große Zufriedenheit bezeigt. Hierauf erwiderte er mir: du hast dich in diesem Fall mehr als Schriftsteller, denn als Advokat bewiesen. Man muß niemals fragen wie eine solche Schrift dem Klien­ ten, sondern wie sie dem Richter gefallen könne. Wie nun aber Niemand noch so ernste und dringende Geschäfte haben mag, denen er seinen Tag widmet, daß er nicht demungeach­ tet Abends so viel Zeit fände, das Schauspiel zu besuchen; so ging es auch mir, der ich, in Ermangelung einer vorzüglichen Bühne, über das deutsche Theater zu denken nicht aufhörte, um zu erforschen, wie man auf demselben allenfalls tätig mitwirken könnte. Der Zustand dessel­ ben in der zweiten Hälfte des vorigen Jahrhunderts ist bekannt genug, und Jedermann, der sich davon zu unterrichten verlangt, findet überall bereite Hülfsmittel. Ich denke deswegen hier nur einige allgemeine Be­ merkungen einzuschalten. Das Glück der Bühne beruhte mehr auf der Persönlichkeit der Schauspieler als auf dem Werte der Stücke. Dies war besonders bei halb oder ganz extemporierten Stücken der Fall, wo alles auf den Humor und das Talent der komischen Schauspieler ankam. Der Stoff solcher Stücke muß aus dem gemeinsten Leben genommen sein, den Sitten des Volks gemäß, vor welchem man spielt. Aus dieser unmittelbaren Anwendbarkeit entspringt der große Beifall, dessen sie sich jederzeit zu erfreuen haben. Diese waren | immer im südlichen Deutschland zu Hause, wo man sie bis auf den heutigen Tag beibehält, und nur von Zeit zu Zeit dem Charakter der possenhaften Masken einige Verände­ rung zu geben, durch den Personenwechsel genötigt ist. Doch nahm

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una lettera di encomio assai cortese. I plaidoyers francesi fornivano modello e spunto. In quel modo eravamo in procinto di diventare orato­ ri più che giuristi, cosa che il solido Georg Schlosser una volta mi fece notare rimproverandomi. Gli avevo racconta­ to che avevo declamato al mio assistito un discorso in sua difesa scritto con molta enfasi, ed egli si era mostrato assai soddisfatto. Schlosser commentò: «in questo caso hai dato prova di te più come scrittore che come avvocato. Non bi­ sogna mai chiedersi se un discorso piacerà o meno al clien­ te, ma se piacerà al giudice». Non c’è nessuno che, per quanto seri e urgenti siano gli affari a cui si dedica durante il giorno, alla sera non tro­ vi tempo a sufficienza per andare a teatro, e così facevo anch’io. Sentendo la mancanza di un teatro di qualità, con­ tinuavo a rimuginare sul teatro tedesco per capire in che modo avrei potuto contribuirvi attivamente. La sua condi­ zione nella seconda metà del secolo scorso è abbastanza nota e chi volesse informarsi troverà dovunque strumenti adeguati155. Per questo mi limito ad aggiungere solo alcune osservazioni generali. Il successo sul palcoscenico si basava più sulla persona­ lità degli attori che sul valore delle opere. Era così soprat­ tutto per pezzi interamente o in parte improvvisati, dove tutto dipendeva dal talento e dalla comicità degli attori. Gli argomenti di quelle commedie erano tratti dalla vita quo­ tidiana, conformi agli usi del pubblico per il quale si reci­ tava, e questa immediata identificazione spiega il grande successo di cui hanno sempre goduto in ogni epoca. Era­ no diffuse | in special modo nella Germania meridionale dove si rappresentano ancora oggi, e solo di tanto in tanto l’avvicendarsi degli attori costringe a fare qualche cambia­ mento nelle maschere farsesche. Ma il teatro tedesco prese

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das deutsche Theater, dem ernsten Charakter der Nation gemäß, sehr bald eine Wendung nach dem Sittlichen, welche durch eine äußere Ver­ anlassung noch mehr beschleunigt ward. Unter den strengen Christen entstand nämlich die Frage, ob das Theater zu den sündlichen und auf alle Fälle zu vermeidenden Dingen gehöre, oder zu den gleichgültigen, welche dem Guten gut, und nur dem Bösen bös werden könnten. Stren­ ge Eiferer verneinten das Letztere, und hielten fest darüber, daß kein Geistlicher je ins Theater gehen solle. Nun konnte die Gegenrede nicht mit Nachdruck geführt werden, als wenn man das Theater nicht allein für unschädlich, sondern sogar für nützlich angab. Um nützlich zu sein, mußte es sittlich sein, und dazu bildete es sich im nördlichen Deutsch­ land um so mehr aus, als durch einen gewissen Halbgeschmack die lustige Person vertrieben ward, und obgleich geistreiche Köpfe für sie einsprachen, dennoch weichen mußte, da sie sich bereits von der Derb­ heit des deutschen Hanswursts gegen die Niedlichkeit und Zierlichkeit der italiänischen und französischen Harlekine gewendet hatte. Selbst Scapin und Crispin verschwanden nach und nach; den letztern habe ich zum letzten Mal von Koch, in seinem hohen Alter spielen sehn. Schon die Richardson’schen Romane hatten die bürgerliche Welt auf eine zartere Sittlichkeit aufmerksam gemacht. Die strengen und unausbleiblichen Folgen eines weiblichen Fehltritts waren in der Clarisse auf eine grausame Weise zergliedert. Lessings Miß Sara Sampson behandelte dasselbe Thema. Nun ließ der Kaufmann von London einen verführten Jüngling in der schrecklichsten Lage sehen. Die französi­ schen Dramen hatten denselben Zweck, verfuhren aber mäßiger und wußten durch Vermittelung am Ende zu gefallen. Diderot’s Hausvater, der ehrliche Verbrecher, der Essighändler, der Philosoph ohne es zu wissen, Eugenie und mehr | dergleichen Werke waren dem ehrbaren Bürger- und Familiensinn gemäß, der immer mehr obzuwalten anfing. Bei uns gingen der dankbare Sohn, der Deserteur aus Kindesliebe und

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ben presto una piega morale, in linea con il carattere serio della nazione, piega che fu ulteriormente accelerata da una circostanza esterna. I cristiani più intransigenti sollevarono infatti la questione se il teatro fosse una delle attività pec­ caminose da evitare in ogni caso o se fosse invece di quelle indifferenti, che possono essere buone per i buoni, e cattive solo per i malvagi156. I più intransigenti negavano decisa­ mente la seconda possibilità e proclamavano con forza che nessun religioso avrebbe mai dovuto mettere piede in un teatro. L’unica replica efficace era dichiarare che il teatro era non soltanto innocuo, ma addirittura utile. Per essere utile, doveva essere morale, e nel Nord della Germania il te­ atro imboccò questa via, ancor più velocemente da quando una certa discutibile tendenza del gusto portò a eliminare la figura comica, nonostante alcuni personaggi illustri ne prendessero le difese; in ogni caso il grossolano Hanswurst tedesco, a cui si preferivano la grazia e il garbo degli arlecchini italiani e francesi, finì per sparire157. Persino Scapino e Crispino si ritirarono man mano, quest’ultimo l’ho visto impersonato l’ultima volta da Koch, ormai anziano158. Già i romanzi di Richardson avevano additato al pubbli­ co una moralità più delicata. Le conseguenze severe e ine­ vitabili del passo falso di una donna erano state analizzate in Clarissa fin nei più crudeli dettagli. Miss Sara Sampson di Lessing trattava lo stesso tema, e ora il Mercante di Londra descriveva la situazione drammatica di un ragazzo sedotto. Le tragedie francesi avevano lo stesso scopo, ma erano più moderate e alla fine trovarono un giusto mezzo che le rendeva gradite. Il Padre di famiglia di Diderot, Il criminale onesto, Il venditore di aceto, Il filosofo senza saperlo, Eugenia e altre | opere del genere riprendevano l’idea di vita borghese e familiare che si stava ormai affermando; da noi andavano nella stessa direzione Il figlio riconoscen-

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ihre Sippschaft denselben Weg. Der Minister, Clementine und die üb­ rigen Geblerischen Stücke, der deutsche Hausvater von Gemmingen, alle brachten den Wert des mittleren ja des unteren Standes zu einer ge­ mütlichen Anschauung, und entzückten das große Publikum. Eckhoff durch seine edle Persönlichkeit, die dem Schauspielerstand eine gewis­ se Würde mitteilte, deren er bisher entbehrte, hob die ersten Figuren solcher Stücke ungemein, indem der Ausdruck von Rechtlichkeit ihm, als einem rechtlichen Manne, vollkommen gelang. Indem nun das deutsche Theater sich völlig zur Verweichlichung hinneigte, stand Schröder als Schriftsteller und Schauspieler auf, und bearbeitete, durch die Verbindung Hamburgs mit England veranlaßt, englische Lustspiele. Er konnte dabei den Stoff derselben nur im All­ gemeinsten brauchen: denn die Originale sind meistens formlos, und wenn sie auch gut und planmäßig anfangen, so verlieren sie sich doch zuletzt ins Weite. Es scheint ihren Verfassern nur darum zu tun, die wunderlichsten Szenen anzubringen, und wer an ein gehaltenes Kunst­ werk gewöhnt ist, sieht sich zuletzt ungern ins Grenzenlose getrieben. Überdies geht ein wildes und unsittliches, gemein-wüstes Wesen bis zum Unerträglichen so entschieden durch, daß es schwer sein möchte, dem Plan und den Charaktern alle ihre Unarten zu benehmen. Sie sind eine derbe und dabei gefährliche Speise, die bloß einer großen und halbverdorbenen Volksmasse zu einer gewissen Zeit genießbar und verdaulich gewesen sein mag. Schröder hat an diesen Dingen mehr getan als man gewöhnlich weiß; er hat sie von Grund aus verändert, dem deutschen Sinne angeähnlicht, und sie möglichst gemildert. Es bleibt ihnen aber immer ein herber Kern, weil der Scherz gar oft auf Mißhandlung von Personen beruht, sie mögen es verdienen oder nicht. In diesen Darstellungen, welche sich gleichfalls auf dem Theater ver­ breiteten, lag also ein | heimliches Gegengewicht jener allzu zarten

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te, Il disertore per amore dei figli e tutta la loro progenie. Il ministro, Clementine e le altre opere di Gebler, Il padre di famiglia tedesco di Gemmingen erano tutte produzioni che trasmettevano un’immagine positiva del ceto medio e persi­ no di quello più basso, entusiasmando il grande pubblico159. Grazie alla sua nobiltà di carattere, che conferiva alla con­ dizione dell’attore quella dignità che finora le era mancata, Ekhof diede grande risalto ai protagonisti di quei pezzi: da uomo retto qual era, sapeva rappresentare perfettamente la rettitudine160. Mentre il teatro tedesco tendeva ormai a rammollirsi del tutto, si fece avanti Schröder, attore e scrittore che, stimo­ lato dal collegamento tra Amburgo e l’Inghilterra, si mise a rielaborare commedie inglesi161. L’intreccio poteva uti­ lizzarlo solo in modo assai generico, perché gli originali di solito erano informi, e anche quando l’inizio pareva ben strutturato, alla fine si perdevano in divagazioni. Ai loro autori sembrava importasse soltanto produrre le situazioni più assurde, e chi è abituato a opere ben orchestrate non gradisce farsi trasportare alla deriva così. Inoltre sono tal­ mente permeate da un elemento rozzo, volgare e immorale da risultare talvolta intollerabili, tanto che sarebbe molto difficile eliminare tutte le pecche dai personaggi e dall’in­ treccio. È un cibo scadente e di conseguenza pericoloso, ap­ petibile e digeribile solo in un determinato momento storico per un volgo semi-depravato. Schröder ci ha messo mano molto più di quanto si pensi; le ha modificate radicalmen­ te, assimilandole alla mentalità tedesca e mitigandole il più possibile. Vi rimane pur sempre un nocciolo amaro, perché lo scherzo molto spesso si fonda sul maltrattamento di qual­ cuno, meritato o meno che sia. Queste rappresentazioni, che si diffusero largamente nei teatri, costituivano dunque | un segreto contrappeso per quella moralità troppo languida, e

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Sittlichkeit, und die Wirkung beider Arten gegen einander hinderte glücklicher Weise die Eintönigkeit, in die man sonst verfallen wäre. Der Deutsche, gut und großmütig von Natur, will Niemand ge­ mißhandelt wissen. Weil aber kein Mensch, wenn er auch noch so gut denkt, sicher ist, daß man ihm nicht etwas gegen seine Neigung unter­ schiebe, auch das Lustspiel überhaupt immer etwas Schadenfreude bei dem Zuschauer voraussetzt oder erweckt, wenn es behagen soll; so ge­ riet man, auf einem natürlichen Wege, zu einem bisher für unnatürlich gehaltenen Benehmen: dieses war, die höheren Stände herabzusetzen und sie mehr oder weniger anzutasten. Die prosaische und poetische Satyre hatte sich bisher immer gehütet, Hof und Adel zu berühren. Ra­ bener enthielt sich nach jener Seite hin alles Spottes, und blieb in einem niederen Kreise. Zachariä beschäftigt sich viel mit Landedelleuten, stellt ihre Liebhabereien und Eigenheiten komisch dar, aber ohne Miß­ achtung. Thümmels Wilhelmine, eine kleine geistreiche Komposition, so angenehm als kühn, erwarb sich großen Beifall, vielleicht auch mit deswegen, weil der Verfasser, ein Edelmann und Hofgenosse, die eigne Klasse nicht eben schonend behandelte. Den entschiedensten Schritt jedoch tat Lessing in der Emilia Galotti, wo die Leidenschaften und ränkevollen Verhältnisse der höheren Regionen schneidend und bitter geschildert sind. Alle diese Dinge sagten dem aufgeregten Zeitsinne vollkommen zu, und Menschen von weniger Geist und Talent glaubten das Gleiche, ja noch mehr tun zu dürfen; wie denn Großmann in sechs unappetitlichen Schüsseln alle Leckerspeisen seiner Pöbelküche dem schadenfrohen Publikum auftischte. Ein redlicher Mann, Hofrat Reinhard, machte bei dieser unerfreulichen Tafel den Haushofmeister, zu Trost und Erbauung sämtlicher Gäste. Von dieser Zeit an wählte man die theatralischen Bösewichter immer aus den höheren Ständen; doch mußte die Person Kammerjunker oder wenigstens Geheimsecretair

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la contrapposizione tra i due generi impedì per fortuna la monotonia in cui altrimenti saremmo precipitati. Il tedesco, per natura buono e magnanimo, non accetta che qualcuno venga maltrattato. Ma poiché nessun uomo, per quanto ottimista, potrà mai essere sicuro che non gli si attribuisca qualche intenzione lontana dalle sue inclina­ zioni, e poiché la commedia in generale, per piacere, deve presupporre o risvegliare nello spettatore una certa qual malignità, si giunse in modo naturale a fare qualcosa che fino ad allora era ritenuto innaturale: screditare i ceti supe­ riori con critiche più o meno aspre. La satira in prosa e in versi si era fino ad allora sempre astenuta dal toccare corti e aristocrazia; Rabener aveva sempre evitato qualsiasi ironia su quel versante, limitandosi ai ceti inferiori; Zachariä si era occupato molto della nobiltà di campagna, descrivendone amori e bizzarrie con comicità, ma senza disprezzo. La Guglielmina di Thümmel, un’operetta arguta tanto gradevole quanto audace, ebbe molto successo forse anche perché il suo autore, lui stesso nobile e cortigiano, non aveva avuto il minimo riguardo per i suoi pari162. Il passo decisivo lo fece comunque Lessing con la sua Emilia Galotti, dove le passioni e gli intrighi delle alte sfere sono descritti in modo tagliente e amaro. Tutto questo trovava piena corrisponden­ za nello spirito agitato di quel periodo, e anche uomini di minor acume e talento si convinsero di dover fare lo stesso, anzi, di più, e così Großmann imbandì per un pubblico ma­ ligno Sei zuppiere poco appetitose con tutte le ghiottonerie della sua cucina plebea. Un uomo per bene, il consigliere Reinhard, fece da maggiordomo a quello sgradevole convi­ to, a consolazione ed edificazione di tutti i convitati163. Da allora in poi i malvagi sulla scena furono scelti sempre tra i ceti più elevati: per essere degni di un simile onore i per­ sonaggi dovevano essere come minimo un gentiluomo di

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sein, um sich einer | solchen Auszeichnung würdig zu machen. Zu den allergottlosesten Schaubildern aber erkor man die obersten Chargen und Stellen des Hof- und Ziviletats im Adreßkalender, in welcher vor­ nehmen Gesellschaft denn doch noch die Justiziarien, als Bösewichter der ersten Instanz, ihren Platz fanden. Doch indem ich schon fürchten muß, über die Zeit hinausgegriffen zu haben, von der hier die Rede sein kann, kehre ich auf mich selbst zurück, um des Dranges zu erwähnen, den ich empfand, mich in freien Stunden mit den einmal ausgesonnenen theatralischen Planen zu beschäftigen. Durch die fortdauernde Teilnahme an Shakespeares Werken hatte ich mir den Geist so ausgeweitet, daß mir der enge Bühnenraum und die kurze, einer Vorstellung zugemessene Zeit keineswegs hinlänglich schienen, um etwas Bedeutendes vorzutragen. Das Leben des biedern Götz von Berlichingen, von ihm selbst geschrieben, trieb mich in die historische Behandlungsart, und meine Einbildungskraft dehnte sich dergestalt aus, daß auch meine dramatische Form alle Theatergrenzen überschritt, und sich den lebendigen Ereignissen mehr und mehr zu nä­ hern suchte. Ich hatte mich davon, so wie ich vorwärts ging, mit meiner Schwester umständlich unterhalten, die an solchen Dingen mit Geist und Gemüt Teil nahm, und ich erneuerte diese Unterhaltung so oft, ohne nur irgend zum Werke zu schreiten, daß sie zuletzt ungeduldig und wohlwollend dringend bat, mich nur nicht immer mit Worten in die Luft zu ergehn, sondern endlich einmal das was mir so gegenwärtig wäre, auf das Papier festzubringen. Durch diesen Antrieb bestimmt, fing ich eines Morgens zu schreiben an, ohne daß ich einen Entwurf oder Plan vorher aufgesetzt hätte. Ich schrieb die ersten Szenen, und Abends wurden sie Cornelien vorgelesen. Sie schenkte ihnen vielen Beifall, jedoch nur bedingt, indem sie zweifelte, daß ich so fortfahren würde, ja sie äußerte sogar einen entschiedenen Unglauben an mei­ ne Beharrlichkeit. Dieses reizte mich nur um so | mehr, ich fuhr den nächsten Tag fort, und so den dritten; die Hoffnung wuchs bei den täglichen Mitteilungen, auch mir ward alles von Schritt zu Schritt le­ bendiger, indem mir ohnehin der Stoff durchaus eigen geworden; und

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camera | o un segretario privato. Per le figure più scellerate si andavano a cercare nell’annuario le cariche e le mansioni più alte della corte e dell’amministrazione, e nella loro raf­ finata compagnia trovavano posto anche i magistrati, mal­ fattori di prima grandezza. Ma temo di essermi spinto ben oltre il periodo di cui volevo parlare, e torno quindi a me per riferire dell’impulso che sentivo di dedicarmi nelle ore libere ai miei antichi pro­ getti teatrali. L’assidua lettura delle opere di Shakespeare aveva così dilatato la mia prospettiva che il ristretto spazio del palco­ scenico e la breve durata di un pezzo teatrale mi parevano del tutto insufficienti per rappresentare qualcosa di signifi­ cativo. La Vita dell’onesto Götz von Berlichingen, scritta da lui medesimo mi aveva spinto a trattare temi storici e la mia fantasia si era scatenata a tal punto che anche la for­ ma drammatica scardinò tutti i limiti del teatro cercando di avvicinarsi sempre più agli avvenimenti reali. Man mano che procedevo ne parlavo diffusamente con mia sorella, che mi seguiva con interesse e passione, ma ripetei così tanto quei discorsi, senza mai iniziare a scrivere l’opera, che alla fine spazientita ma con bella maniera mi intimò di smetterla di costruire castelli di parole in aria, e di cominciare una buona volta a scrivere ciò che avevo così bene in mente. Con quella spinta una mattina cominciai a scrivere, senza aver prima elaborato un abbozzo o una struttura. Scrissi le prime scene e alla sera le lessi a Cornelia. Le piacquero molto ma espresse una riserva, perché dubitava che avrei proseguito di conseguenza, anzi, manifestò una decisa in­ credulità circa la mia costanza. Mi misi di puntiglio,  | il giorno dopo proseguii e quello dopo ancora; la speranza cresceva con il resoconto quotidiano che le facevo, e anche per me quella materia, che ormai conoscevo così bene, di­

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so hielt ich mich ununterbrochen ans Werk, das ich geradeswegs ver­ folgte, ohne weder rückwärts, noch rechts, noch links zu sehn, und in etwa sechs Wochen hatte ich das Vergnügen, das Manuskript geheftet zu erblicken. Ich teilte es Merken mit, der verständig und wohlwollend darüber sprach; ich sendete es Herdern zu, der sich unfreundlich und hart dagegen äußerte, und nicht ermangelte, in einigen gelegentlichen Schmähgedichten mich deshalb mit spöttischen Namen zu bezeichnen. Ich ließ mich dadurch nicht irre machen, sondern faßte meinen Gegen­ stand scharf ins Auge, der Wurf war einmal getan, und es fragte sich nur, wie man die Steine im Brett vorteilhaft setzte. Ich sah wohl, daß mir auch hier Niemand raten würde, und als ich nach einiger Zeit mein Werk wie ein fremdes betrachten konnte, so erkannte ich freilich daß ich, bei dem Versuch auf die Einheit der Zeit und des Orts Verzicht zu tun, auch der höheren Einheit, die um desto mehr gefordert wird, Eintrag getan hatte. Da ich mich, ohne Plan und Entwurf, bloß der Ein­ bildungskraft und einem innern Trieb überließ, so war ich von vorne herein ziemlich bei der Klinge geblieben, und die ersten Akte konnten für das was sie sein sollten, gar füglich gelten; in den folgenden aber, und besonders gegen das Ende, riß mich eine wundersame Leiden­ schaft unbewußt hin. Ich hatte mich, indem ich Adelheid liebenswürdig zu schildern trachtete, selbst in sie verliebt, unwillkürlich war meine Feder nur ihr gewidmet, das Interesse an ihrem Schicksal nahm über­ hand, und wie ohnehin gegen das Ende Götz außer Tätigkeit gesetzt ist, und dann nur zu einer unglücklichen Teilnahme am Bauernkriege zurückkehrt, so war nichts natürlicher, als daß eine reizende Frau ihn bei dem Autor ausstach, der die Kunstfesseln abschüttelnd, in einem neuen Felde sich zu versuchen dachte. Diesen Mangel, oder vielmehr diesen tadelhaften Überfluß, | erkannte ich gar bald, da die Natur mei­ ne[r] Poesie mich immer zur Einheit hindrängte. Ich hegte nun, anstatt der Lebensbeschreibung Götzens und der deutschen Altertümer, mein

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ventava a ogni passo più vivida. Così mi misi ininterrotta­ mente all’opera e tirai dritto, senza guardare indietro, né a destra, né a sinistra e in circa sei settimane ebbi la gioia di vedere il manoscritto rilegato. Lo mostrai a Merck, che fece commenti intelligenti e benevoli; lo spedii a Herder, che rispose in modo scortese e critico e non mancò di compor­ re qualche poesia d’occasione per deridermi affibbiandomi epiteti beffardi164. Non mi lasciai fuorviare e mi concentrai sull’oggetto: il dado era tratto, ora bisognava capire come muovere a mio vantaggio le pedine sulla scacchiera. Ca­ pii che anche in questo nessuno poteva aiutarmi e quando, dopo un po’ di tempo, riuscii a osservare l’opera come se fosse stata scritta da altri, mi resi effettivamente conto che, nel tentativo di fare a meno delle unità di tempo e luogo, avevo compromesso anche l’unità principale, in quel caso ancora più indispensabile165. Essendomi abbandonato solo alla fantasia e al mio impulso interiore, senza schema né progetto, nella prima parte ero riuscito ad attenermi al tema e i primi atti assolvevano discretamente la loro funzione; nei successivi invece, soprattutto verso la fine, senza ren­ dermene conto ero stato travolto da una strana passione. Mentre cercavo di descrivere la deliziosa Adelaide, finii per innamorarmene: la penna si muoveva di sua iniziativa solo per lei, l’interesse per il suo destino prese il sopravvento e poiché Götz alla fine è comunque escluso dall’azione e si ripresenta solo per un’infelice partecipazione alla guerra dei contadini, mettere in primo piano una donna affascinan­ te fu del tutto naturale per un autore che, sciogliendosi da tutte le catene dell’arte, intendeva cimentarsi in un nuovo campo. Quel difetto, o piuttosto quel riprovevole eccesso | lo riconobbi ben presto, dato che la natura della mia poe­ sia mi spingeva sempre all’unità. Misi da parte le vicende biografiche di Götz e le antichità tedesche e mi concentrai

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eignes Werk im Sinne, und suchte ihm immer mehr historischen und nationalen Gehalt zu geben, und das was daran fabelhaft oder bloß leidenschaftlich war, auszulöschen; wobei ich freilich manches aufop­ ferte, indem die menschliche Neigung der künstlerischen Überzeugung weichen mußte. So hatte ich mir z. B. etwas Rechts zu Gute getan, indem ich in einer grauserlich nächtlichen Zigeunerszene Adelheid auftreten und ihre schöne Gegenwart Wunder tun ließ. Eine nähere Prüfung verbannte sie, so wie auch der im vierten und fünften Akte umständlich ausgeführte Liebeshandel zwischen Franzen und seiner gnädigen Frau sich ins Enge zog, und nur in seinen Hauptmomenten hervorleuchten durfte. Ohne also an dem ersten Manuskript irgend etwas zu verändern, welches ich wirklich noch in seiner Urgestalt besitze, nahm ich mir vor, das Ganze umzuschreiben, und leistete dies auch mit solcher Tä­ tigkeit, daß in wenigen Wochen ein ganz erneutes Stück vor mir lag. Ich ging damit um so rascher zu Werke, je weniger ich die Absicht hatte, diese zweite Bearbeitung jemals drucken zu lassen, sondern sie gleichfalls nur als Vorübung ansah, die ich künftig, bei einer mit meh­ rerem Fleiß und Überlegung anzustellenden neuen Behandlung, aber­ mals zum Grunde legen wollte. Als ich nun mancherlei Vorschläge, wie ich dies anzufangen ge­ dächte, Merken vorzutragen anfing, spottete er mein und fragte, was denn das ewige Arbeiten und Umarbeiten heißen solle? Die Sache wer­ de dadurch nur anders und selten besser; man müsse sehn, was das Eine für Wirkung tue, und dann immer wieder was Neues unternehmen. – »Bei Zeit auf die Zäun’, so trocknen die Windeln!« rief er sprüchwört­ lich aus; das Säumen und Zaudern mache nur unsichere Menschen. Ich erwiderte ihm dagegen, daß es mir unangenehm sein würde, eine Arbeit, an die ich so viele Neigung verwendet, einem Buchhändler an­ zubieten, und | mir vielleicht gar eine abschlägige Antwort zu holen: denn wie sollten sie einen jungen, namenlosen und noch dazu verwe­ genen Schriftsteller beurteilen? Schon meine Mitschuldigen, auf die ich etwas hielt, hätte ich, als meine Scheu vor der Presse nach und nach

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sulla mia opera cercando di conferirle uno spessore storico e nazionale sempre maggiore ed eliminando tutto ciò che era fantastico o anche solo sentimentale. Certo fui costretto a sacrificare qualcosa, perché le propensioni umane dovet­ tero lasciar spazio alle convinzioni artistiche. Ad esempio mi era piaciuto tantissimo far comparire Adelaide in una terrificante scena notturna con gli zingari, dove la sua bel­ lezza compiva miracoli: un esame successivo la cancellò, e fu molto ridimensionata anche la storia d’amore tra Franz e la sua gentile consorte descritta nei minimi dettagli nel quarto e quinto atto, che mi limitai a far risplendere solo in alcuni momenti cruciali. Senza modificare nulla sul primo manoscritto, che con­ servo ancora nella sua forma originaria, decisi di riscrivere il tutto e lo feci con una tale foga che in poche settimane ebbi davanti a me una nuova opera. Lavoravo molto veloce­ mente, perché non avevo alcuna intenzione di pubblicare la seconda stesura – consideravo anche quella un’esercitazio­ ne che avrei utilizzato come base per una nuova rielabora­ zione, da farsi con maggior impegno e ulteriore riflessione. Quando cominciai a discutere con Merck delle varie possibilità per procedere alla nuova revisione, mi prese in giro e mi chiese che senso avesse quel continuo fare e disfa­ re. Si modifica qua e là, ma raramente si migliora; bisogna invece vedere quale effetto produce, e poi scrivere qualcosa di nuovo. – «È fuori al sole che si asciugano i panni!», dis­ se con il proverbio; rimandare e tentennare rende solo più insicuri. Gli risposi che sarebbe stato sgradevole mandare a un editore un lavoro in cui avevo messo così tanta pas­ sione, per | sentirmi magari rispondere con un rifiuto. Del resto, come avrebbero potuto giudicare un giovane scritto­ re sconosciuto, e per di più audace? Infatti, man mano che diminuiva il mio timore per la stampa, mi sarebbe piaciuto

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verschwand, gern gedruckt gesehn; allein ich fand keinen geneigten Verleger. Hier ward nun meines Freundes technisch-merkantilische Lust auf einmal rege. Durch die Frankfurter Zeitung hatte er sich schon mit Ge­ lehrten und Buchhändlern in Verbindung gesetzt, wir sollten daher, wie er meinte, dieses seltsame und gewiß auffallende Werk auf eigne Kosten herausgeben, und es werde davon ein guter Vorteil zu ziehen sein; wie er denn, mit so vielen andern, öfters den Buchhändlern ihren Gewinn nachzurechnen pflegte, der bei manchen Werken freilich groß war, besonders wenn man außer Acht ließ, wie viel wieder an anderen Schriften und durch sonstige Handelsverhältnisse verloren geht. Ge­ nug, es ward ausgemacht, daß ich das Papier anschaffen, er aber für den Druck sorgen solle; und somit ging es frisch ans Werk, und mir gefiel es gar nicht übel, meine wilde dramatische Skizze nach und nach in saubern Aushängebogen zu sehen: sie nahm sich wirklich reinlicher aus, als ich selbst gedacht. Wir vollendeten das Werk, und es ward in vielen Paketen versendet. Nun dauerte es nicht lange, so entstand über­ all eine große Bewegung; das Aufsehn das es machte, ward allgemein. Weil wir aber, bei unsern beschränkten Verhältnissen, die Exemplare nicht schnell genug nach allen Orten zu verteilen vermochten, so er­ schien plötzlich ein Nachdruck; und da überdies gegen unsere Aussen­ dungen freilich sobald keine Erstattung, am allerwenigsten eine bare, zurückerfolgen konnte: so war ich, als Haussohn, dessen Kasse nicht in reichlichen Umständen sein konnte, zu einer Zeit, wo man mir von allen Seiten her viel Aufmerksamkeit, ja sogar vielen Beifall erwies, höchst verlegen, wie ich nur das Papier bezahlen sollte, auf welchem ich die Welt mit meinem Talent bekannt gemacht hatte. Merk, der sich schon eher zu helfen wußte, hegte | dagegen die besten Hoffnungen, daß sich nächstens alles wieder in’s Gleiche stellen würde, ich bin aber nichts davon gewahr worden. Schon bei den kleinen Flugschriften, die ich ungenannt herausgab, hatte ich das Publikum und die Rezensenten auf meine eignen Kosten

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vedere pubblicati i miei Complici, di cui ero orgoglioso, ma non ero riuscito a trovare un editore disponibile. A quel punto si risvegliò l’istinto pratico e commerciale del mio amico. Grazie alla rivista di Francoforte aveva preso contatti con eruditi ed editori ed era del parere che avrem­ mo dovuto far stampare a nostre spese quel testo particolare che di certo avrebbe attirato l’attenzione, e ne avremmo ot­ tenuto un buon guadagno. Lui infatti, come molti altri, era solito fare i conti in tasca ai librai e sapeva che per alcune opere il profitto era effettivamente considerevole, soprat­ tutto se non si calcolavano le perdite causate da altre opere o da ulteriori attività commerciali. Insomma, fu deciso che io dovevo provvedere alla carta, lui alla stampa; e così ci mettemmo subito all’opera e non mi dispiacque affatto ve­ dere l’uno dopo l’altro i fogli con le bozze del mio irruen­ to tentativo drammatico: si presentava davvero meglio di quanto pensassi. Completammo il lavoro e lo spedimmo in molti pacchi. Non ci volle molto, e suscitò dappertutto un gran fermento, la risonanza fu generale. Le nostre possibili­ tà limitate non ci consentivano di inviare ovunque le copie con sufficiente rapidità, così all’improvviso comparve una ristampa pirata166; e dato che le nostre spedizioni non veni­ vano pagate immediatamente, né tanto meno in contanti, mi ritrovai in grande imbarazzo: stando ancora con i genitori, la mia cassa era piuttosto limitata, e proprio nel momento in cui da tutte le parti mi si tributava grande attenzione e persino ammirazione, non sapevo come fare per pagare la carta grazie alla quale il mondo aveva scoperto il mio talen­ to. Merck, molto più abile nell’arte di arrangiarsi, nutriva | invece rosee speranze che saremmo riusciti presto a pareg­ giare i conti – se è successo, io non me ne sono accorto. Fin dai piccoli scritti che avevo pubblicato in forma ano­ nima avevo imparato a mie spese a conoscere il pubblico e

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kennen lernen, und ich war auf Lob und Tadel so ziemlich vorbereitet, besonders da ich seit mehreren Jahren immer nachging und beobach­ tete, wie man die Schriftsteller behandle, denen ich eine vorzügliche Aufmerksamkeit gewidmet hatte. Hier konnte ich selbst in meiner Unsicherheit deutlich bemerken, wie doch so vieles grundlos, einseitig und willkürlich in den Tag hi­ nein gesagt wurde. Mir begegnete nun dasselbe, und wenn ich nicht schon einigen Grund gehabt hätte, wie irre hätten mich die Widersprü­ che gebildeter Menschen machen müssen! So stand z. B. im deutschen Merkur eine weitläuftige wohlgemeinte Rezension, verfaßt von irgend einem beschränkten Geiste. Wo er tadelte, konnte ich nicht mit ihm einstimmen, noch weniger wenn er angab, wie die Sache hätte kön­ nen anders gemacht werden. Erfreulich war es mir daher, wenn ich unmittelbar hinterdrein eine heitere Erklärung Wielands antraf, der im Allgemeinen dem Rezensenten widersprach und sich meiner gegen ihn annahm. Indessen war doch jenes auch gedruckt, ich sah ein Beispiel von der dumpfen Sinnesart unterrichteter und gebildeter Männer, wie mochte es erst im großen Publikum aussehn! Das Vergnügen, mich mit Merken über solche Dinge zu besprechen und aufzuklären, war von kurzer Dauer: denn die einsichtsvolle Land­ gräfin von Hessendarmstadt nahm ihn, auf ihrer Reise nach Petersburg, in ihr Gefolge. Die ausführlichen Briefe die er mir schrieb, gaben mir eine weitere Aussicht in die Welt, die ich mir um so mehr zu eigen ma­ chen konnte, als die Schilderungen von einer bekannten und befreun­ deten Hand gezeichnet waren. Allein ich blieb demungeachtet dadurch auf längere Zeit sehr einsam, und entbehrte gerade in dieser wichtigen Epoche | seiner aufklärenden Teilnahme, deren ich denn doch so sehr bedurfte. Denn wie man wohl den Entschluß faßt Soldat zu werden und in den Krieg zu gehen, sich auch mutig vorsetzt, Gefahr und Beschwer­ lichkeiten zu ertragen, so wie auch Wunden und Schmerzen, ja den Tod zu erdulden, aber sich dabei keineswegs die besonderen Fälle vorstellt,

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i recensori, ed ero quindi abbastanza preparato a lodi e cri­ tiche, tanto più che da alcuni anni seguivo le loro vicende e vedevo come venivano trattati gli scrittori che più stimavo. In quei casi io stesso, nella mia insicurezza, vedevo chia­ ramente come spesso si parlava a vanvera, in modo infon­ dato, tendenzioso e arbitrario. A me accadde lo stesso, e se non avessi già acquisito alcune convinzioni, quanto mi avrebbero confuso le osservazioni contraddittorie dei lette­ rati! Sul «Teutscher Merkur» apparve ad esempio una lunga recensione ben intenzionata, scritta da un qualche ingegno limitato. Le sue critiche non potevo condividerle, né tanto meno i punti in cui spiegava come si sarebbe potuto fare meglio. Mi rallegrai quindi quando subito dopo apparve una serena risposta di Wieland che contraddiceva il recen­ sore nel suo complesso e prendeva le mie difese167. Ma co­ munque anche la prima era stata stampata, ed ebbi così un bel campione dell’ottusità degli uomini colti e competenti; chissà cosa ci si doveva aspettare dal grande pubblico! Il piacere di discutere con Merck di queste cose chia­ rendomi le idee fu di breve durata: l’accorta langravia di Hessen-Darmstadt lo volle con sé, nel suo seguito, per un viaggio a Pietroburgo168. Le lettere particolareggiate che mi scriveva mi permisero di gettare uno sguardo più ampio sul mondo, che potei assimilare ancor meglio perché le descri­ zioni venivano da una mano conosciuta e amica. Ma a par­ te questo, rimasi del tutto solo per un lungo periodo, e in quella fase così importante | sentii molto la mancanza della sua vicinanza chiarificatrice, di cui avrei invece avuto tanto bisogno. Infatti chi decide di arruolarsi e di andare in guerra, si dispone coraggiosamente ad affrontare pericoli e disagi, a patire ferite, dolore e persino la morte, ma non immagina nemmeno lontanamente le circostanze particolari in cui

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unter welchen diese im Allgemeinen erwarteten Übel uns äußerst un­ angenehm überraschen können: so ergeht es einem Jeden der sich in die Welt wagt, und besonders dem Autor, und so ging es auch mir. Da der größte Teil des Publikums mehr durch den Stoff als durch die Behandlung angeregt wird, so war die Teilnahme junger Männer an meinen Stücken meistens stoffartig. Sie glaubten daran ein Panier zu sehn, unter dessen Vorschritt alles was in der Jugend Wildes und Unge­ schlachtes lebt, sich wohl Raum machen dürfte, und gerade die besten Köpfe, in denen schon vorläufig etwas ähnliches spukte, wurden davon hingerissen. Ich besitze noch von dem trefflichen und in manchem Be­ tracht einzigen Bürger einen Brief, ich weiß nicht an wen, der als wich­ tiger Beleg dessen gelten kann, was jene Erscheinung damals gewirkt und aufgeregt hat. Von der Gegenseite tadelten mich gesetzte Männer, daß ich das Faustrecht mit zu günstigen Farben geschildert habe, ja sie legten mir die Absicht unter, daß ich jene unregelmäßigen Zeiten wie­ der einzuführen gedächte. Noch andere hielten mich für einen grund­ gelehrten Mann, und verlangten, ich sollte die Originalerzählung des guten Götz neu mit Noten herausgeben; wozu ich mich keineswegs geschickt fühlte, ob ich es mir gleich gefallen ließ, daß man meinen Namen auf den Titel des frischen Abdrucks zu setzen beliebte. Man hatte, weil ich die Blumen eines großen Daseins abzupflücken ver­ stand, mich für einen sorgfältigen Kunstgärtner gehalten. Diese meine Gelahrtheit und gründliche Sachkenntnis wurde jedoch wieder von an­ dern in Zweifel gezogen. Ein angesehener Geschäftsmann macht mir ganz unvermutet die Visite. Ich sehe mich dadurch höchst geehrt, und um so | mehr, als er sein Gespräch mit dem Lobe meines Götz von Berlichingen und meiner guten Einsichten in die deutsche Geschichte anfängt; allein ich finde mich doch betroffen als ich bemerke, er sei eigentlich nur gekommen um mich zu belehren, daß Götz von Ber­ lichingen kein Schwager von Franz von Sickingen gewesen sei, und daß ich also durch dieses poetische Ehebündnis gar sehr gegen die Ge­

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quei mali previsti in via generale lo coglieranno in tutta la loro sgradevolezza: lo stesso succede a tutti coloro che si avventurano nel mondo, soprattutto agli scrittori, e lo stes­ so accadde a me. Dato che la maggior parte del pubblico è sollecitata dalla trama più che dallo stile, così l’interesse dei giovani per i miei pezzi riguardava per lo più il contenuto. Credevano di vederci il vessillo che apriva la strada a tutto ciò che di impetuoso e selvaggio c’era nella gioventù e pro­ prio i migliori, che già nutrivano sentimenti similari, ne fu­ rono entusiasmati. Possiedo ancora una lettera dell’esimio e sotto alcuni punti di vista impareggiabile Bürger, indi­ rizzata non so più a chi, che può fornire una testimonianza preziosa di ciò che quella pubblicazione aveva suscitato e prodotto169. Sull’altro fronte, uomini posati mi biasimavano per aver descritto la legge del più forte sotto una luce troppo benevola, mi attribuirono addirittura la segreta intenzione di voler ritornare a quei tempi di anarchia. Altri invece mi considerarono uno storico preparatissimo e pretendevano che curassi un’edizione annotata del racconto originale del buon Götz, cosa a cui non ero affatto propenso; accettai comunque di buon grado che sul frontespizio della nuova edizione si mettesse il mio nome170. Poiché avevo saputo cogliere il fiore di una grande esistenza, mi si ritenne un esperto giardiniere; di contro, la mia erudizione e compe­ tenza venivano messe in discussione da altri. Un noto fun­ zionario venne d’improvviso a farmi visita: mi sentii molto onorato, ancor di | più quando aprì la conversazione con un elogio del mio Götz von Berlichingen e della mia otti­ ma conoscenza della storia tedesca; ma poi rimasi deluso quando mi resi conto che era venuto soltanto per spiegar­ mi che Götz von Berlichingen non era affatto il cognato di Franz von Sickingen e che con quell’immaginario legame coniugale avevo eccessivamente stravolto la realtà storica.

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schichte verstoßen habe. Ich suchte mich dadurch zu entschuldigen, daß Götz ihn selber so nenne; allein mir ward erwidert, daß dieses eine Redensart sei, welche nur ein näheres freundschaftliches Verhältnis ausdrücke, wie man ja in der neueren Zeit die Postillone auch Schwa­ ger nenne, ohne daß ein Familienband sie an uns knüpfe. Ich dankte so gut ich konnte für diese Belehrung und bedauerte nur, daß dem Übel nicht mehr abzuhelfen sei. Dieses ward von seiner Seite gleichfalls be­ dauert, wobei er mich freundlichst zu fernerem Studium der deutschen Geschichte und Verfassung ermahnte, und mir dazu seine Bibliothek anbot, von der ich auch in der Folge guten Gebrauch machte. Das Lustigste jedoch, was mir in dieser Art begegnete, war der Be­ such eines Buchhändlers, der mit einer heiteren Freimütigkeit, sich ein Dutzend solcher Stücke ausbat, und sie gut zu honorieren versprach. Daß wir uns darüber sehr lustig machten, läßt sich denken, und doch hatte er im Grunde so unrecht nicht: denn ich war schon im Stillen beschäftigt, von diesem Wendepunkt der deutschen Geschichte mich vor- und rückwärts zu bewegen und die Hauptereignisse in gleichem Sinn zu bearbeiten. Ein löblicher Vorsatz, der, wie so manche andere, durch die flüchtig vorbeirauschende Zeit vereitelt worden. Jenes Schauspiel jedoch beschäftigte bisher den Verfasser nicht allein, sondern, während es ersonnen, geschrieben, umgeschrieben, gedruckt und verbreitet wurde, bewegten sich noch viele andere Bil­ der und Vorschläge in seinem Geiste. Diejenigen welche dramatisch zu behandeln waren, erhielten den Vorzug am öftersten durchgedacht und der Vollendung angenähert zu werden; allein zu | gleicher Zeit ent­ wickelte sich ein Übergang zu einer andern Darstellungsart, welche nicht zu den dramatischen gerechnet zu werden pflegt und doch mit ihnen große Verwandtschaft hat. Dieser Übergang geschah hauptsäch­ lich durch eine Eigenheit des Verfassers, die sogar das Selbstgespräch zum Zwiegespräch umbildete.

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Cercai di giustificarmi dicendo che è lo stesso Götz a defi­ nirlo così, ma mi rispose che quella era un’espressione che indicava semplicemente un rapporto di amicizia stretta, del resto in tempi recenti si apostrofano come cognati persino i postiglioni, senza che si sia legati da parentela alcuna171. Lo ringraziai meglio che potevo per la sua lezioncina, di­ spiacendomi che ormai non si potesse più porvi rimedio. Manifestò dispiacere a sua volta e mi esortò cordialmente a proseguire nello studio della storia tedesca, mettendomi anche a disposizione la sua biblioteca, della quale in seguito feci buon uso. Ma la cosa più buffa che mi capitò in quest’ambito fu la visita di un editore che con disarmante franchezza mi chiese di produrre una dozzina di opere simili, promettendo di pagarmele bene. Si può facilmente immaginare come la cosa mi divertisse, ma in fondo non aveva poi tutti i torti, perché in segreto stavo già pensando di spostarmi avanti o indietro rispetto a quel momento-chiave della storia tede­ sca per rivisitare altri avvenimenti alla stessa maniera. Un lodevole proposito che, come molti altri, fu vanificato dal rapido scorrere del tempo. Non era però soltanto questo a tenere occupato l’autore poiché, mentre il dramma veniva pensato, scritto, riscritto, stampato e venduto, si agitavano nella sua testa anche altre immagini e idee. In genere, quelle che si prestavano alla forma drammatica avevano la precedenza nel venir elabo­ rate in vista della loro realizzazione; ma nel | frattempo si compì anche il passaggio verso una nuova forma di rappre­ sentazione, che non viene di solito considerata drammati­ ca ma che con questa ha comunque molte affinità. Questo passaggio avvenne soprattutto a causa di una particolarità dell’autore, che riusciva a trasformare in un dialogo persino il soliloquio.

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Gewöhnt am liebsten seine Zeit in Gesellschaft zuzubringen, ver­ wandelte er auch das einsame Denken zur geselligen Unterhaltung, und zwar auf folgende Weise. Er pflegte nämlich, wenn er sich allein sah, irgend eine Person seiner Bekanntschaft im Geiste zu sich zu rufen. Er bat sie, nieder zu sitzen, ging an ihr auf und ab, blieb vor ihr stehen, und verhandelte mit ihr den Gegenstand, der ihm eben im Sinne lag. Hier­ auf antwortete sie gelegentlich, oder gab durch die gewöhnliche Mimik ihr Zu- oder Abstimmen zu erkennen; wie denn jeder Mensch hierin etwas Eignes hat. Sodann fuhr der Sprechende fort, dasjenige was dem Gaste zu gefallen schien, weiter auszuführen, oder was derselbe miß­ billigte, zu bedingen, näher zu bestimmen, und gab auch wohl zuletzt seine These gefällig auf. Das Wunderlichste war dabei, daß er niemals Personen seiner näheren Bekanntschaft wählte, sondern solche die er nur selten sah, ja mehrere, die weit in der Welt entfernt lebten, und mit denen er nur in einem vorübergehenden Verhältnis gestanden; aber es waren meist Personen, die, mehr empfänglicher als ausgebender Natur, mit reinem Sinne einen ruhigen Anteil an Dingen zu nehmen bereit sind, die in ihrem Gesichtskreise liegen, ob er sich gleich manchmal zu diesen dialektischen Übungen widersprechende Geister herbeirief. Hiezu bequemten sich nun Personen beiderlei Geschlechts, jedes Al­ ters und Standes, und erwiesen sich gefällig und anmutig, da man sich nur von Gegenständen unterhielt, die ihnen deutlich und lieb waren. Höchst wunderbar würde es jedoch manchen vorgekommen sein, wenn sie hätten erfahren können, wie oft sie zu dieser ideellen Unterhaltung berufen wurden, da sich manche zu einer wirklichen wohl schwerlich eingefunden hätten. | Wie nahe ein solches Gespräch im Geiste mit dem Briefwechsel verwandt sei, ist klar genug, nur daß man hier ein hergebrachtes Ver­ trauen erwidert sieht, und dort ein neues, immer wechselndes, unerwi­ dertes sich selbst zu schaffen weiß. Als daher jener Überdruß zu schil­ dern war, mit welchem die Menschen, ohne durch Not gedrungen zu

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Abituato a trascorrere il tempo preferibilmente in com­ pagnia, tramutava anche il pensare solitario in un intratte­ nimento di società, e precisamente in questo modo: quando rimaneva solo era solito evocare con la mente uno qualsi­ asi dei suoi conoscenti. Lo invitava a sedersi, passeggiava avanti e indietro davanti a lui, si fermava e discuteva con lui dell’argomento che gli stava a cuore. L’altro occasional­ mente rispondeva o lasciava trasparire consenso o dissenso tramite la mimica, a seconda delle particolarità consuete di ciascuno. A quel punto il parlante proseguiva approfon­ dendo quello che l’interlocutore sembrava approvare o pre­ cisando meglio ciò che disapprovava, arrivando talvolta persino a lasciar cadere la propria tesi. La cosa curiosa è che non sceglieva mai persone a lui vicine, bensì quelle che vedeva raramente, che abitavano in luoghi lontani e con le quali aveva avuto soltanto rapporti occasionali; ma si trat­ tava di solito di persone che, di natura più ricettiva che co­ municativa, erano maggiormente inclini a interessarsi con serenità e senza preconcetti a ciò che avevano intorno; qual­ che volta invece, per questi esercizi di dialettica, chiamava qualche spirito più combattivo. Allo scopo erano adatte per­ sone di entrambi i sessi, di qualsiasi età e ceto; persone che si dimostravano cortesi e affabili poiché si discorreva solo di temi che conoscevano e apprezzavano. Alcuni di loro si sarebbero davvero meravigliati se avessero saputo quanto spesso erano stati coinvolti in queste conversazioni imma­ ginarie, dato che difficilmente avrebbero potuto partecipare a una reale. | Quanto un simile dialogo assomigli allo scambio epi­ stolare è abbastanza evidente: mentre nel secondo si vede ricambiata un’antica confidenza, nel primo si crea una con­ fidenza sempre nuova e diversa, mai ricambiata. Quando fu quindi il momento di descrivere il fastidio con cui gli

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sein, das Leben empfinden, mußte der Verfasser sogleich darauf fallen, seine Gesinnung in Briefen darzustellen: denn jeder Unmut ist eine Geburt, ein Zögling der Einsamkeit; wer sich ihm ergibt, flieht allen Widerspruch, und was widerspricht ihm mehr, als jede heitere Gesell­ schaft? Der Lebensgenuß anderer ist ihm ein peinlicher Vorwurf, und so wird er durch das was ihn aus sich selbst herauslocken sollte, in sein Innerstes zurückgewiesen. Mag er sich allenfalls darüber äußern, so wird es durch Briefe geschehn: denn einem schriftlichen Erguß, er sei fröhlich oder verdrießlich, setzt sich doch Niemand unmittelbar ent­ gegen; eine mit Gegengründen verfaßte Antwort aber gibt dem Ein­ samen Gelegenheit, sich in seinen Grillen zu befestigen, einen Anlaß, sich noch mehr zu verstocken. Jene in diesem Sinne geschriebenen Wertherischen Briefe haben nun wohl deshalb einen so mannigfaltigen Reiz, weil ihr verschiedener Inhalt erst in solchen ideellen Dialogen mit mehreren Individuen durchgesprochen worden, sie sodann aber in der Komposition selbst, nur an einen Freund und Teilnehmer gerichtet erscheinen. Mehr über die Behandlung des so viel besprochenen Werk­ leins zu sagen, möchte kaum rätlich sein; über den Inhalt jedoch läßt sich noch einiges hinzufügen. Jener Ekel vor dem Leben hat seine physischen und seine sittli­ chen Ursachen, jene wollen wir dem Arzt, diese dem Moralisten zu erforschen überlassen, und bei einer so oft durchgearbeiteten Mate­ rie, nur den Hauptpunkt beachten, wo sich jene Erscheinung am deut­ lichsten ausspricht. Alles Behagen am Leben ist auf eine regelmäßige Wiederkehr der äußeren Dinge gegründet. Der Wechsel von Tag und Nacht, der Jahreszeiten, der Blüten und Früchte, und was uns | sonst von Epoche zu Epoche entgegentritt, damit wir es genießen können und sollen, diese sind die eigentlichen Triebfedern des irdischen Le­ bens. Je offener wir für diese Genüsse sind, desto glücklicher fühlen wir uns; wälzt sich aber die Verschiedenheit dieser Erscheinungen vor uns auf und nieder, ohne daß wir daran Teil nehmen, sind wir gegen

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uomini affrontano la vita, anche qualora non siano grava­ ti da qualche disgrazia, all’autore venne spontaneo espri­ mere quel sentimento in forma epistolare: infatti ogni in­ soddisfazione è un parto, un prodotto della solitudine; chi si arrende a lei fugge da tutto ciò che la contrasta, e cosa la contrasta più di un’allegra compagnia? L’altrui gioia di vivere è per costui un penoso rimprovero, e così proprio quello che potrebbe aiutarlo a uscire da sé, lo spinge in­ vece a chiudersi sempre più. E se mai dovesse parlarne, lo farà attraverso una lettera: a uno sfogo scritto, infatti, lieto o irritato che sia, nessuno può immediatamente replicare, e una risposta con argomentazioni contrarie dà comunque modo al solitario di rinfocolare le sue fisime, gli offre lo spunto per intestardirsi ancor di più. Le lettere wertheriane, scritte in questo spirito, esercitano una molteplice attrattiva proprio perché i vari contenuti sono stati prima elaborati in quei dialoghi immaginari con diversi interlocutori, mentre poi nella stesura finale le lettere sono indirizzate tutte a un unico amico e corrispondente. Non sarebbe opportuno dire altro sull’origine di quell’operetta tanto discussa, mentre posso aggiungere qualcosa sul contenuto. Quel disgusto per la vita172 ha cause fisiche e morali: esa­ minare le prime è compito del medico, le seconde del filo­ sofo morale; di un tema così tanto dibattuto vorrei sottoline­ are soltanto il punto focale, dove il fenomeno si manifesta più chiaramente. Tutto il benessere nella vita è basato sul ciclico ripresentarsi di elementi esteriori. Il passaggio dal giorno alla notte, le stagioni, i fiori e i frutti e | quello che di tempo in tempo ci viene incontro perché ne possiamo e dobbiamo godere, questi sono gli stimoli effettivi della vita terrena. Quanto più siamo ricettivi per questi piaceri, tanto più siamo felici; se invece queste alterne manifestazioni si srotolano davanti a noi lasciandoci indifferenti, se siamo im­

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so holde Anerbietungen unempfänglich: dann tritt das größte Übel, die schwerste Krankheit ein, man betrachtet das Leben als eine ekelhafte Last. Von einem Engländer wird erzählt, er habe sich aufgehangen, um nicht mehr täglich sich aus- und anzuziehn. Ich kannte einen wackeren Gärtner, den Aufseher einer großen Parkanlage, der einmal mit Ver­ druß ausrief: soll ich denn immer diese Regenwolken von Abend gegen Morgen ziehen sehn! Man erzählt von einem unserer trefflichsten Män­ ner, er habe mit Verdruß das Frühjahr wieder aufgrünen gesehn, und gewünscht, es möchte zur Abwechselung einmal rot erscheinen. Dieses sind eigentlich die Symptome des Lebensüberdrusses, der nicht selten in den Selbstmord ausläuft, und bei denkenden in sich gekehrten Men­ schen häufiger war als man glauben kann. Nichts aber veranlaßt mehr diesen Überdruß, als die Wiederkehr der Liebe. Die erste Liebe, sagt man mit Recht, sei die einzige: denn in der zweiten und durch die zweite geht schon der höchste Sinn der Liebe verloren. Der Begriff des Ewigen und Unendlichen, der sie ei­ gentlich hebt und trägt, ist zerstört, sie erscheint vergänglich wie alles Wiederkehrende. Die Absonderung des Sinnlichen vom Sittlichen, die in der verflochtenen kultivierten Welt die liebenden und begehrenden Empfindungen spaltet, bringt auch hier eine Übertriebenheit hervor, die nichts Gutes stiften kann. Ferner wird ein junger Mann, wo nicht gerade an sich selbst, doch an andern bald gewahr, daß moralische Epochen eben so gut wie die Jahreszeiten wechseln. Die Gnade der Großen, die Gunst der Gewalti­ gen, die Förderung der Tätigen, die Neigung der Menge, die Liebe der Einzelnen, | alles wandelt auf und nieder, ohne daß wir es festhalten können, so wenig als Sonne, Mond und Sterne; und doch sind diese Dinge nicht bloße Naturereignisse: sie entgehen uns durch eigne oder fremde Schuld, durch Zufall oder Geschick, aber sie wechseln, und wir sind ihrer niemals sicher.

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permeabili verso queste dolci profferte, ecco che subentra il peggiore dei mali, la malattia più grave, e si considera la vita un peso nauseante. Di un inglese si racconta che si sarebbe impiccato per non doversi vestire e svestire tutti i giorni173. Conoscevo un giardiniere in gamba, custode di un grande parco, che una volta esclamò irritato: «Ma perché devo ve­ dere passare ogni giorno da Ovest verso Est queste stupi­ de nuvole nere?» Si racconta di uno dei nostri uomini più famosi174 che, vedendo verdeggiare di nuovo la primavera, si infastidì e desiderò, tanto per cambiare, di vederla fiorire di rosso. Questi sono i sintomi tipici del tedio per la vita che non di rado sfocia nel suicidio e, tra gli uomini intelligenti e introversi, era più frequente di quanto non si creda. Niente alimenta quel disgusto quanto il ripresentarsi dell’amore. Il primo amore, si dice giustamente, è l’unico: con il secondo, infatti, e per causa sua, va perso il senso ul­ timo dell’amore. Il concetto di eterno e infinito che lo esalta e sostiene ne esce infatti distrutto, e di conseguenza lo fa apparire effimero come tutte le cose cicliche. La separazio­ ne del sensibile dal morale, che nel complesso mondo civile scinde i sentimenti amorosi dal desiderio, provoca anche in questo caso una forzatura che non può produrre niente di buono. Un giovane inoltre si rende presto conto, osservando non tanto se stesso quanto gli altri, che le epoche della mora­ le cambiano proprio come le stagioni. La benevolenza dei grandi, il favore dei potenti, il sostegno degli operosi, il gra­ dimento della gente, l’amore del singolo, | tutto cambia e si trasforma senza che possiamo fermarlo, proprio come il sole, la luna e le stelle; eppure non sono semplici manifesta­ zioni della natura. Ci sfuggono per colpa nostra o altrui, per caso o ad arte, ma comunque mutano e non possiamo mai farci affidamento.

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Was aber den fühlenden Jüngling am meisten ängstigt, ist die un­ aufhaltsame Wiederkehr unserer Fehler: denn wie spät lernen wir ein­ sehen, daß wir, indem wir unsere Tugenden ausbilden, unsere Fehler zugleich mit anbauen. Jene ruhen auf diesen wie auf ihrer Wurzel, und diese verzweigen sich insgeheim eben so stark und so mannigfaltig als jene im offenbaren Lichte. Weil wir nun unsere Tugenden meist mit Willen und Bewußtsein ausüben, von unseren Fehlern aber unbe­ wußt überrascht werden, so machen uns jene selten einige Freude, die­ se hingegen beständig Not und Qual. Hier liegt der schwerste Punkt der Selbsterkenntnis, der sie beinah unmöglich macht. Denke man sich nun hiezu ein siedend jugendliches Blut, eine durch einzelne Gegen­ stände leicht zu paralysierende Einbildungskraft, hiezu die schwanken­ den Bewegungen des Tags, und man wird ein ungeduldiges Streben, sich aus einer solchen Klemme zu befreien, nicht unnatürlich finden. Solche düstere Betrachtungen jedoch, welche denjenigen, der sich ihnen überläßt, ins Unendliche führen, hätten sich in den Gemütern deutscher Jünglinge nicht so entschieden entwickeln können, hätte sie nicht eine äußere Veranlassung zu diesem traurigen Geschäft angeregt und gefördert. Es geschah dieses durch die englische Literatur, beson­ ders durch die poetische, deren große Vorzüge ein ernster Trübsinn be­ gleitet, welchen sie einem Jeden mitteilt, der sich mit ihr beschäftigt. Der geistreiche Britte sieht sich von Jugend auf von einer bedeutenden Welt umgeben, die alle seine Kräfte anregt; er wird früher oder später gewahr, daß er allen seinen Verstand zusammennehmen muß, um sich mit ihr abzufinden. Wie viele ihrer Dichter | haben nicht in der Jugend ein loses und rauschendes Leben geführt, und sich früh berechtigt ge­ funden, die irdischen Dinge der Eitelkeit anzuklagen! Wie viele der­ selben haben sich in den Weltgeschäften versucht, und im Parlament, bei Hofe, im Ministerium, auf Gesandtschaftsposten, teils die ersten,

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Ma quello che più spaventa il giovane sensibile è il ripe­ tersi incessante dei nostri errori: troppo tardi infatti ci ren­ diamo conto che, nel coltivare le nostre virtù, fortifichiamo contemporaneamente anche i nostri difetti. Quelle si fonda­ no su questi come fossero le loro radici; questi si estendono e ramificano vigorosi sotto terra, quelle fanno altrettanto alla luce del sole. Ora, dato che applichiamo le nostre virtù con volontà e coscienza, ma veniamo presi di sorpresa dai nostri errori, le une ci procurano di rado gioia, gli altri in­ vece un tormento e una pena costanti. Questo è il punto più difficile della conoscenza di sé, quello che la rende quasi impossibile. Ci si immagini in aggiunta il sangue bollente della gioventù, un’immaginazione che si lascia facilmente catturare da singoli oggetti e le oscillazioni del quotidiano: la smania impaziente di liberarsi da una morsa del genere non sembrerà più tanto innaturale. Eppure queste fosche considerazioni, che potrebbero andare avanti all’infinito se uno ci si abbandonasse, non avrebbero potuto radicarsi con tanta intensità negli animi dei giovani tedeschi, se una circostanza esterna non li aves­ se stimolati e spinti in questa triste direzione. La causa fu la letteratura inglese e in particolare la poesia, i cui enormi pregi sono affiancati da un’atmosfera cupa che contagia tut­ ti coloro che di lei si interessano. L’intelligente inglese si vede fin dalla giovinezza circondato da un mondo denso di significato, che sollecita tutte le sue energie; presto o tardi si rende conto che deve applicare tutte le sue capacità intel­ lettive per venirne a capo. Quanti poeti inglesi | in gioventù hanno condotto vite dissolute e goderecce, arrivando molto presto a tacciare di vanità le cose terrene! Quanti di loro si sono cimentati nella vita pubblica e hanno svolto ruoli talvolta primari, talvolta secondari in Parlamento, a corte, nei ministeri, nelle ambasciate, partecipando attivamente

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teils untere Rollen gespielt, und sich bei inneren Unruhen, Staats- und Regierungsveränderungen mitwirkend erwiesen, und wo nicht an sich selbst, doch an ihren Freunden und Gönnern öfter traurige als erfreu­ liche Erfahrungen gemacht! Wie viele sind verbannt, vertrieben, im Gefängnis gehalten, an ihren Gütern beschädigt worden! Aber auch nur Zuschauer von so großen Ereignissen zu sein, for­ dert den Menschen zum Ernst auf, und wohin kann der Ernst weiter führen, als zur Betrachtung der Vergänglichkeit und des Unwerts aller irdischen Dinge. Ernsthaft ist auch der Deutsche, und so war ihm die englische Poesie höchst gemäß, und, weil sie sich aus einem höhe­ ren Zustande herschrieb, imposant. Man findet in ihr durchaus einen großen, tüchtigen, weltgeübten Verstand, ein tiefes, zartes Gemüt, ein vortreffliches Wollen, ein leidenschaftliches Wirken: die herrlichsten Eigenschaften, die man von geistreichen gebildeten Menschen rühmen kann; aber das alles zusammengenommen macht noch keinen Poeten. Die wahre Poesie kündet sich dadurch an, daß sie, als ein weltliches Evangelium, durch innere Heiterkeit, durch äußeres Behagen, uns von den irdischen Lasten zu befreien weiß, die auf uns drücken. Wie ein Luftballon hebt sie uns mit dem Ballast der uns anhängt, in höhere Re­ gionen, und läßt die verwirrten Irrgänge der Erde in Vogelperspektive vor uns entwickelt daliegen. Die muntersten wie die ernstesten Werke haben den gleichen Zweck, durch eine glückliche geistreiche Darstel­ lung so Lust als Schmerz zu mäßigen. Man betrachte nun in diesem Sinne die Mehrzahl der englischen meist moralisch-didaktischen Ge­ dichte, und sie werden im Durchschnitt nur einen düstern Überdruß des Lebens zeigen. Nicht Youngs Nachtgedanken allein, wo dieses Thema vorzüglich durchgeführt ist, sondern auch | die übrigen betrachtenden Gedichte, schweifen, eh man sich’s versieht, in dieses traurige Gebiet, wo dem Verstande eine Aufgabe zugewiesen ist, die er zu lösen nicht hinreicht, da ihn ja selbst die Religion, wie er sich solche allenfalls erbauen kann, im Stiche läßt. Ganze Bände könnte man zusammendru­

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in caso di tumulti interni, di cambiamenti nello Stato e nel governo! In questo modo hanno fatto esperienze più spesso tristi che piacevoli se non con se stessi, quanto meno con i loro amici e protettori. Quanti sono stati esiliati, scacciati, imprigionati, privati dei loro averi! Ma anche essere soltanto spettatori di avvenimenti così significativi induce alla serietà, e dove conduce la serietà, se non alla contemplazione della caducità e della futilità delle cose terrene? Serio è anche il tedesco, e perciò ben gli si addiceva la poesia inglese; lo impressionava perché proveniente da una condizione più elevata. In lei si ritrova un intelletto potente, impegnato, esperto, un animo profon­ do e delicato, una volontà indomita, un agire appassionato: le migliori qualità di cui possa fregiarsi un uomo colto e intelligente – ma tutto questo non basta ancora per fare un poeta. La vera poesia si annuncia, quasi fosse un vangelo profano, attraverso una gioia interiore e un benessere este­ riore grazie ai quali ci affranca dai pesi che ci opprimono. Come una mongolfiera175 ci innalza in regioni superiori in­ sieme alla zavorra che ci grava, facendoci scorgere a volo d’uccello gli intricati labirinti della terra distesi sotto di noi. Sia le opere più gaie che quelle più tetre hanno il medesimo scopo, temperare la gioia e il dolore grazie a una rappresen­ tazione felice e acuta. Osservando da questo punto di vista la maggior parte dei componimenti inglesi, in prevalenza moraleggianti e pedagogici, si vedrà che nel complesso mo­ strano solo una cupa stanchezza per la vita. Non soltanto i Pensieri notturni di Young176, dove il tema è sviluppato in modo esemplare, ma anche | le altre poesie elegiache sci­ volano, prima ancora che ce ne rendiamo conto, in questa regione malinconica, dove all’intelletto viene assegnato un compito che non è in grado assolvere, poiché persino la religione, in qualunque modo egli cerchi di aggiustarsela,

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cken, welche als ein Kommentar zu jenem schrecklichen Texte gelten können: Then old Age and Experience, hand in hand, Lead him to death, and make him understand, After a search so painfull and so long, That all his life he has been in the wrong.

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Was ferner die englischen Dichter noch zu Menschenhassern vollendet und das unangenehme Gefühl von Widerwillen gegen alles über ihre Schriften verbreitet, ist, daß sie sämtlich, bei den vielfachen Spaltun­ gen ihres Gemeinwesens, wo nicht ihr ganzes Leben, doch den besten Teil desselben, einer oder der andern Partei widmen müssen. Da nun ein solcher Schriftsteller die Seinigen denen er ergeben ist, die Sache der er anhängt, nicht loben und herausstreichen darf, weil er sonst nur Neid und Widerwillen erregen würde; so übt er sein Talent, indem er von den Gegnern so übel und schlecht als möglich spricht, und die sa­ tyrischen Waffen, so sehr er nur vermag, schärft ja vergiftet. Geschieht dieses nun von beiden Teilen, so wird die dazwischen liegende Welt zerstört und rein aufgehoben, so daß man in einem großen, verständig tätigen Volksverein zum allergelindesten nichts als Torheit und Wahn­ sinn entdecken kann. Selbst ihre zärtlichen Gedichte beschäftigen sich mit traurigen Gegenständen. Hier stirbt ein verlassenes Mädchen, dort ertrinkt ein getreuer Liebhaber, oder wird, ehe er voreilig schwimmend seine Geliebte erreicht, von einem Haifische gefressen; und wenn ein Dichter wie Gray sich auf einem Dorfkirchhofe lagert, und jene be­ kannten Melodieen wieder anstimmt, so kann er versichert sein, eine Anzahl Freunde der Melancholie um sich zu versammeln. | Milton’s Allegro muß erst in heftigen Versen den Unmut verscheuchen, ehe er zu einer sehr mäßigen Lust gelangen kann, und selbst der heitere Goldsmith verliert sich in elegische Empfindungen, wenn uns sein Deserted Village ein verlorenes Paradies, das sein Traveller auf der ganzen Erde wiedersucht, so lieblich als traurig darstellt.

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lo pianta in asso. Si potrebbero stampare interi volumi per commentare quel terribile testo: Then old Age and Experience, hand in hand, Lead him to death, and make him understand, After a search so painfull and so long, That all his life he has been in the wrong.177 Ciò che poi rende gli inglesi dei perfetti misantropi e diffon­ de sui loro scritti quello sgradevole senso di fastidio univer­ sale è il fatto che tutti loro, in considerazione delle molte­ plici fratture della loro società, devono dedicare se non tutta la vita, almeno la sua parte migliore a questo o quel partito. Non potendo elogiare o mettere in risalto le persone a cui è legato né la causa in cui crede, poiché susciterebbe soltanto invidie e rancori, lo scrittore inglese esercita il suo talento sparlando e bistrattando gli oppositori, affilando e persino avvelenando il più possibile le armi della satira. Quando entrambe le parti si comportano così, il mondo che si trova nel mezzo viene distrutto o quanto meno accantonato, tanto che tra una popolazione numerosa e sufficientemente attiva emergono solo, nel migliore dei casi, stupidità e follia. Per­ sino le poesie d’amore trattano temi tristi: qui la fanciulla abbandonata muore, là l’innamorato fedele annega oppure viene sbranato da un pescecane mentre cerca di raggiunge­ re a nuoto l’amata; e se un poeta come Gray si accampa in un cimitero di campagna e intona la famosa melodia, può star sicuro che un buon numero di cultori della malinco­ nia si raccoglierà intorno a lui. | L’Allegro di Milton deve prima scacciare il malumore con versi impetuosi per po­ ter poi instaurare un minimo di serenità, e perfino il sereno Goldsmith si perde in atmosfere elegiache quando descrive con gioia e malinconia il Deserted Village come un paradi­ so perduto che il suo traveller cerca su tutta la terra178.

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Ich zweifle nicht, daß man mir auch muntre Werke, heitere Gedich­ te werde vorzeigen und entgegensetzen können; allein die meisten und besten derselben gehören gewiß in die ältere Epoche, und die neueren die man dahin rechnen könnte, neigen sich gleichfalls gegen die Saty­ re, sind bitter und besonders die Frauen verachtend. Genug, jene oben im Allgemeinen erwähnten, ernsten und die menschliche Natur untergrabenden Gedichte waren die Lieblinge, die wir uns vor allen andern aussuchten, der eine, nach seiner Gemütsart, die leichtere elegische Trauer, der andere die schwer lastende, alles aufgebende Verzweiflung suchend. Sonderbar genug bestärkte unser Vater und Lehrer Shakespeare, der so reine Heiterkeit zu verbreiten weiß, selbst diesen Unwillen. Hamlet und seine Monologen blieben Gespenster, die durch alle jungen Gemüter ihren Spuk trieben. Die Hauptstellen wußte ein Jeder auswendig und rezitierte sie gern, und Jedermann glaubte, er dürfe eben so melancholisch sein, als der Prinz von Dänemark, ob er gleich keinen Geist gesehn und keinen könig­ lichen Vater zu rächen hatte. Damit aber ja allem diesem Trübsinn nicht ein vollkommen pas­ sendes Lokal abgehe, so hatte uns Ossian bis ans letzte Thule gelockt, wo wir denn auf grauer, unendlicher Heide, unter vorstarrenden be­ moosten Grabsteinen wandelnd, das durch einen schauerlichen Wind bewegte Gras um uns, und einen schwer bewölkten Himmel über uns erblickten. Bei Mondenschein ward dann erst diese caledonische Nacht zum Tage; untergegangene Helden, verblühte Mädchen umschwebten uns, bis wir zuletzt den Geist von Loda wirklich in seiner furchtbaren Gestalt zu erblicken glaubten. | In einem solchen Element, bei solcher Umgebung, bei Liebhabe­ reien und Studien dieser Art, von unbefriedigten Leidenschaften ge­ peinigt, von außen zu bedeutenden Handlungen keineswegs angeregt, in der einzigen Aussicht, uns in einem schleppenden, geistlosen, bür­

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Non dubito che mi si potranno certamente indicare an­ che poesie gaie e ottimiste da contrapporre a queste, ma la maggior parte e comunque le migliori risalgono a un’epoca più antica; le più recenti riconducibili a questa categoria tendono invece verso la satira, sono amare e sprezzanti so­ prattutto nei confronti delle donne. Insomma, quelle poesie che ho richiamato a grandi li­ nee, serie e insidiose per la natura umana, erano le nostre predilette: a seconda dello stato d’animo, uno cercava la lie­ ve tristezza elegiaca, l’altro l’opprimente disperazione che annienta ogni cosa. È strano, ma anche Shakespeare, nostro padre e maestro, che sapeva diffondere così tanta lieta alle­ gria, contribuì ad accrescere questo stato d’animo negativo. Amleto con i suoi monologhi divenne uno spettro che si aggirava negli animi di tutti i giovani, ognuno li sapeva a memoria e li recitava volentieri e ciascuno riteneva di dover essere malinconico almeno quanto il principe di Danimar­ ca, sebbene non avesse visto alcun fantasma e non avesse un padre regale da vendicare. Per non far mancare a tutta quella tristezza un’ambien­ tazione a lei congeniale, Ossian ci aveva attirato fin nella remota Tule dove, aggirandoci su brughiere grigie e stermi­ nate, tra pietre tombali mezze coperte di muschio, osserva­ vamo tutt’intorno l’erba squassata da un vento che faceva rabbrividire con un cielo gravido di nubi sopra di noi. Il chiarore lunare illuminava la notte caledone, intorno a noi aleggiavano eroi caduti e fanciulle esangui, finché credeva­ mo di vedere davvero il terrificante simulacro dello spirito di Loda179. | In una simile atmosfera, in tali circostanze, con letture e passatempi simili, tormentati da desideri inappagati, senza il benché minimo stimolo esterno a compiere qualche azio­ ne di rilievo e con l’unica prospettiva di trascinarci a fatica

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gerlichen Leben hinhalten zu müssen, befreundete man sich, in unmu­ tigem Übermut, mit dem Gedanken, das Leben, wenn es einem nicht mehr anstehe, nach eignem Belieben allenfalls verlassen zu können, und half sich damit über die Unbilden und Langeweile der Tage not­ dürftig genug hin. Diese Gesinnung war so allgemein, daß eben Wer­ ther deswegen die große Wirkung tat, weil er überall anschlug und das Innere eines kranken jugendlichen Wahns öffentlich und faßlich dar­ stellte. Wie genau die Engländer mit diesem Jammer bekannt waren, beweisen die wenigen bedeutenden, vor dem Erscheinen Werthers ge­ schriebenen Zeilen: To griefs congenial prone, More wounds than nature gave he knew, While misery’s form his fancy drew In dark ideal hues and horrors not its own.

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Der Selbstmord ist ein Ereignis der menschlichen Natur, welches, mag auch darüber schon so viel gesprochen und gehandelt sein als da will, doch einen jeden Menschen zur Teilnahme fordert, in jeder Zeitepoche wieder einmal verhandelt werden muß. Montesquieu erteilt seinen Hel­ den und großen Männern das Recht, sich nach Befinden den Tod zu ge­ ben, indem er sagt, es müsse doch einem jeden freistehen, den fünften Akt seiner Tragödie da zu schließen, wo es ihm beliebe. Hier aber ist von solchen Personen nicht die Rede, die ein bedeutendes Leben tätig geführt, für irgend ein großes Reich oder für die Sache der Freiheit ihre Tage verwendet, und denen man wohl nicht verargen wird, wenn sie die Idee die sie beseelt, sobald dieselbe von der Erde verschwindet, auch noch jenseits zu verfolgen denken. Wir haben es hier mit solchen zu tun, denen eigentlich | aus Mangel von Taten, in dem friedlichsten Zustande von der Welt, durch übertriebene Forderungen an sich selbst das Leben verleidet. Da ich selbst in dem Fall war, und am besten weiß, was für Pein ich darin erlitten, was für Anstrengung es mir gekostet, ihr

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lungo un’esistenza ottusa e monotona, con sconfortata spa­ valderia prendevamo confidenza con il pensiero che quanto meno potevamo decidere di abbandonare la vita di nostra volontà qualora ne avessimo avuto abbastanza, e questo ci forniva una magra consolazione per i fastidi e il tedio quotidiano. Questo stato d’animo era talmente diffuso che Werther ebbe tutto quel successo proprio perché ciascuno vi si riconosceva e perché descriveva in modo aperto e chiaro il risvolto interiore di quell’insana follia giovanile. Quanto bene gli inglesi conoscessero quello sconforto lo dimostra­ no i pochi ma significativi versi che seguono, scritti prima che Werther venisse pubblicato: To griefs congenial prone, More wounds than nature gave he knew, While misery’s form his fancy drew In dark ideal hues and horrors not its own180. Il suicidio è un evento della natura umana che, quand’anche se ne sia discusso e parlato a non finire, tocca comunque tutti nel profondo e deve venire riconsiderato in ogni epoca. Montesquieu riconosce ai suoi eroi e protagonisti il diritto di togliersi la vita a loro discrezione, affermando che ognu­ no è libero di scegliere il punto in cui concludere il quinto atto della sua tragedia181. Io però non parlo di personaggi di rilievo, che si sono votati a un grande impero o alla causa della libertà – costoro non possiamo condannarli se deci­ dono di seguire anche nell’aldilà l’ideale che li ha animati, una volta che sia scomparso dalla terra. Qui abbiamo in­ vece a che fare con persone a cui | viene a noia la vita per le eccessive aspettative che hanno verso se stessi, perché, in una situazione di pace generale, non hanno occasione di compiere grandi gesta. Poiché quello era anche il mio stato d’animo e so quindi perfettamente cosa ho patito e quanta

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zu entgehn; so will ich die Betrachtungen nicht verbergen, die ich über die verschiedenen Todesarten, die man wählen könnte, wohlbedächtig angestellt. Es ist etwas so Unnatürliches, daß der Mensch sich von sich selbst losreiße, sich nicht allein beschädige, sondern vernichte, daß er meis­ tenteils zu mechanischen Mitteln greift, um seinen Vorsatz ins Werk zu richten. Wenn Ajax in sein Schwert fällt, so ist es die Last seines Körpers, die ihm den letzten Dienst erweiset. Wenn der Krieger seinen Schildträger verpflichtet, ihn nicht in die Hände der Feinde geraten zu lassen, so ist es auch eine äußere Kraft, deren er sich versichert, nur eine moralische statt einer physischen. Frauen suchen im Wasser die Kühlung ihres Verzweifelns, und das höchst mechanische Mittel des Schießgewehrs sichert eine schnelle Tat mit der geringsten Anstren­ gung. Des Erhängens erwähnt man nicht gern, weil es ein unedler Tod ist. In England kann es am ersten begegnen, weil man dort von Jugend auf so manchen hängen sieht, ohne daß die Strafe gerade entehrend ist. Durch Gift, durch Öffnung der Adern gedenkt man nur langsam vom Leben zu scheiden, und der raffinierteste, schnellste, schmerzenloseste Tod durch eine Natter war einer Königin würdig, die ihr Leben in Glanz und Lust zugebracht hatte. Alles dieses aber sind äußere Behelfe, sind Feinde, mit denen der Mensch gegen sich selbst einen Bund schließt. Wenn ich nun alle diese Mittel überlegte, und mich sonst in der Geschichte weiter umsah, so fand ich unter allen denen die sich selbst entleibt, keinen, der diese Tat mit solcher Großheit und Freiheit des Geistes verrichtet, als Kaiser Otto. Dieser, zwar als Feldherr im Nach­ teil, aber doch keineswegs aufs Äußerste gebracht, entschließt sich zum Besten des Reichs, das ihm gewissermaßen schon | angehörte, und zur Schonung so vieler Tausende, die Welt zu verlassen. Er be­ geht mit seinen Freunden ein heiteres Nachtmahl, und man findet am anderen Morgen, daß er sich einen scharfen Dolch mit eigner Hand in

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fatica mi è costata uscirne, non voglio omettere le conside­ razioni approfondite che avevo fatto sui diversi modi che si potrebbero scegliere per suicidarsi. È talmente contro natura che un uomo voglia liberar­ si da sé medesimo, che voglia non soltanto farsi del male ma addirittura annientarsi, che in genere deve ricorrere a mezzi meccanici per realizzare il suo proposito. Quando Aiace cade sulla sua spada, è il peso del corpo che gli ren­ de quell’ultimo servizio. Quando il guerriero fa giurare al suo scudiero che non permetterà che venga catturato dal nemico, fa sempre ricorso a una forza esterna, in questo caso non fisica ma morale. Le donne cercano nell’acqua re­ frigerio per la loro disperazione, e lo strumento totalmente meccanico dell’arma da fuoco garantisce una morte veloce con il minimo sforzo. Non si sceglie volentieri l’impicca­ gione, perché è una morte poco nobile; la utilizzano di più gli inglesi, che sono abituati fin da piccoli a vedere uomini impiccati ma non la considerano una punizione disonore­ vole. Avvelenarsi o tagliarsi le vene è un modo lento per abbandonare la vita, mentre la morte più raffinata, rapida e indolore con il morso di una vipera era degna di una regina che aveva trascorso l’esistenza nel lusso e nel piacere182. Ma si tratta sempre di strumenti esterni, di nemici con cui un uomo si allea contro se stesso. Riflettendo su queste modalità e guardandomi intorno nella storia, scoprii che tra tutti quelli che si erano tolti la vita, colui che lo aveva fatto con maggior nobiltà e libertà di spirito era stato l’imperatore Otone183. Questi, trovandosi come condottiero in una situazione difficile ma certamente non disperata, decide di lasciare questo mondo per il bene dell’impero, che in un certo qual modo già gli | apparteneva, per risparmiare migliaia di vite. Fece un allegro banchetto con i suoi amici e il mattino seguente scoprirono che si era

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das Herz gestoßen. Diese einzige Tat schien mir nachahmungswürdig und ich überzeugte mich, daß wer nicht hierin handeln könne wie Otto, sich nicht erlauben dürfe, freiwillig aus der Welt zu gehn. Durch diese Überzeugung rettete ich mich nicht sowohl von dem Vorsatz als von der Grille des Selbstmords, welche sich in jenen herrlichen Friedens­ zeiten bei einer müßigen Jugend eingeschlichen hatte. Unter einer an­ sehnlichen Waffensammlung, besaß ich auch einen kostbaren wohlge­ schliffenen Dolch. Diesen legte ich mir jederzeit neben das Bette, und ehe ich das Licht auslöschte, versuchte ich, ob es mir wohl gelingen möchte, die scharfe Spitze ein paar Zoll tief in die Brust zu senken. Da dieses aber niemals gelingen wollte, so lachte ich mich zuletzt selbst aus, warf alle hypochondrische Fratzen hinweg, und beschloß zu leben. Um dies aber mit Heiterkeit tun zu können, mußte ich eine dichterische Aufgabe zur Ausführung bringen, wo alles was ich über diesen wich­ tigen Punkt empfunden, gedacht und gewähnt, zur Sprache kommen sollte. Ich versammelte hierzu die Elemente, die sich schon ein paar Jahre in mir herumtrieben, ich vergegenwärtigte mir die Fälle, die mich am meisten gedrängt und geängstigt; aber es wollte sich nichts gestal­ ten: es fehlte mir eine Begebenheit, eine Fabel, in welcher sie sich ver­ körpern könnten. Auf einmal erfahre ich die Nachricht von Jerusalems Tode, und un­ mittelbar nach dem allgemeinen Gerüchte, sogleich die genauste und umständlichste Beschreibung des Vorgangs, und in diesem Augenblick war der Plan zu Werthern gefunden, das Ganze schoß von allen Seiten zusammen und ward eine solide Masse, wie das Wasser im Gefäß, das eben auf dem Punkte des Gefrierens steht, durch die geringste Erschüt­ terung sogleich in ein festes Eis verwandelt wird. Diesen seltsamen Gewinn festzuhalten, ein Werk von so bedeutendem und mannigfalti­ gem Inhalt mir zu | vergegenwärtigen, und in allen seinen Teilen auszu­ führen war mir um so angelegener, als ich schon wieder in eine peinli­ che Lage geraten war, die noch weniger Hoffnung ließ als die vorigen, und nichts als Unmut, wo nicht Verdruß weissagte.

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piantato un pugnale affilato nel cuore. Quel gesto fu l’unico che mi parve degno di essere imitato e mi convinsi che chi non era capace di agire come Otone, non era nemmeno degno di togliersi volontariamente la vita. Questa convinzione mi guarì non soltanto dall’intenzione, ma anche dal pensiero os­ sessivo del suicidio, che in quel placido periodo di pace si era insinuato tra i giovani oziosi. Nella mia ragguardevole colle­ zione di armi c’era anche un prezioso pugnale molto affilato; ogni sera lo posavo accanto al letto e prima di spegnere la luce provavo se mai mi riuscisse di affondare di qualche cen­ timetro la lama nel petto. Ma poiché non mi riuscì mai, alla fine dovetti ridere di me, mi liberai di tutte le fisime ipocon­ driache e decisi di vivere. Ma per poterlo fare serenamente dovevo portare a compimento un impegno poetico dove avrei descritto tutto ciò che avevo provato, pensato e immaginato su questo punto così importante. Raccolsi gli elementi che già da un paio d’anni si agitavano dentro di me, mi richiamai alla memoria i casi che mi avevano più impressionato e an­ gosciato, ma non riuscivo a dar loro forma: mi mancava un avvenimento, una trama in cui potessero incarnarsi. Tutt’a un tratto mi giunse la notizia della morte di Je­ rusalem, e subito dopo la notizia generica ebbi anche un resoconto preciso e dettagliato – in quell’attimo si formò il progetto del Werther, tutte le parti confluirono in un insie­ me e formarono una massa compatta, come l’acqua in un contenitore che è sul punto di congelare e basta una minima scossa per trasformarla immediatamente in solido ghiac­ cio184. Trattenere quella rara conquista, fissare nella mente un’opera con un contenuto così multiforme | e significativo ed elaborarla poi in tutte le sue parti giunse davvero a pro­ posito, perché mi ero di nuovo cacciato in una situazione incresciosa, forse persino peggiore delle precedenti, che non preannunciava nient’altro che malumori e contrarietà.

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Es ist immer ein Unglück in neue Verhältnisse zu treten, in denen man nicht hergekommen ist; wir werden oft wider unsern Willen zu einer falschen Teilnahme gelockt, uns peinigt die Halbheit solcher Zu­ stände, und doch sehen wir weder ein Mittel sie zu ergänzen noch ih­ nen zu entsagen. Frau von Laroche hatte ihre älteste Tochter nach Frankfurt verhei­ ratet, kam oft sie zu besuchen, und konnte sich nicht recht in den Zu­ stand finden, den sie doch selbst ausgewählt hatte. Anstatt sich darin behaglich zu fühlen, oder zu irgend einer Veränderung Anlaß zu geben, erging sie sich in Klagen, so daß man wirklich denken mußte, ihre Tochter sei unglücklich, ob man gleich, da ihr nichts abging, und ihr Gemahl ihr nichts verwehrte, nicht wohl einsah, worin das Unglück eigentlich bestünde. Ich war indessen in dem Hause gut aufgenom­ men und kam mit dem ganzen Zirkel in Berührung, der aus Personen bestand, die teils zur Heirat beigetragen, teils derselben einen glück­ lichen Erfolg wünschten. Der Dechant von St. Leonhard Dumeix faßte Vertrauen ja Freundschaft zu mir. Er war der erste katholische Geist­ liche, mit dem ich in nähere Berührung trat, und der, weil er ein sehr hellsehender Mann war, mir über den Glauben, die Gebräuche, die äußern und innern Verhältnisse der ältesten Kirche schöne und hin­ reichende Aufschlüsse gab. Der Gestalt einer wohlgebildeten obgleich nicht jungen Frau, mit Namen Servières, erinnere ich mich noch genau. Ich kam mit der Alosino-Schweizerischen und andern Familien gleich­ falls in Berührung, und mit den Söhnen in Verhältnisse, die sich lange freundschaftlich fortsetzten, und sah mich auf einmal in einem frem­ den Zirkel einheimisch, an dessen Beschäftigungen, Vergnügungen, selbst Religionsübungen ich Anteil zu nehmen veranlaßt, ja genötigt wurde. Mein früheres Verhältnis zur jungen Frau, eigentlich ein ge­ schwisterliches, ward nach | der Heirat fortgesetzt; meine Jahre sagten den ihrigen zu, ich war der einzige in dem ganzen Kreise, an dem sie noch einen Widerklang jener geistigen Töne vernahm, an die sie von Jugend auf gewöhnt war. Wir lebten in einem kindlichen Vertrauen zu­

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È sempre una disgrazia introdursi in ambienti diversi da quelli da cui si proviene; veniamo spesso irretiti senza volerlo in una confidenza fasulla, ci sentiamo a disagio in quella condizione ambigua e allo stesso tempo non vedia­ mo il mezzo per migliorarla né per uscirne. La signora von La Roche aveva trovato marito per la figlia maggiore a Francoforte; veniva spesso a farle visita, ma non riusciva ad adattarsi alla condizione che lei stessa le aveva scelto185. Invece che accettarla di buon grado oppure cercare di introdurre qualche cambiamento, si perdeva in lamenti, tanto che si sarebbe potuto pensare che la figlia fosse davvero infelice, sebbene non si riuscisse a capire in cosa consistesse la sua sfortuna, visto che non le mancava nulla e il marito non le negava nulla. Nel frattempo io ero diventato un amico di famiglia e avevo conosciuto tutti i loro amici, quelli che avevano contribuito al matrimonio e quelli che si auguravano che fosse felice. Dumeiz186, il decano di S. Leonhard, mi prese in simpatia e diventammo amici. Era il primo religioso cattolico che conoscevo più da vicino ed essendo uomo molto perspicace, mi diede spiega­ zioni chiare e soddisfacenti sulla fede, le usanze e i rapporti esterni e interni della Chiesa delle origini. Mi ricordo anco­ ra molto bene di una signora molto carina, anche se non più giovane, di nome Servières. Entrai in rapporto anche con gli Allesina-Schweitzer e altre famiglie e con i figli strinsi amicizie che si protrassero negli anni187; mi ritrovai così di casa in un ambiente nuovo e mi sentii spinto, se non costret­ to, a prender parte alle loro attività e divertimenti, persino alle loro celebrazioni religiose. La mia precedente amicizia, decisamente fraterna, con la giovane proseguì dopo | il suo matrimonio; avevamo la stessa età e io ero l’unico di tutto il gruppo nel quale sentiva ancora un’eco di quella cultura spirituale a cui era abituata fin da piccola. Mantenemmo la

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sammen fort, und ob sich gleich nichts Leidenschaftliches in unsern Umgang mischte, so war er doch peinigend genug, weil sie sich auch in ihre neue Umgebung nicht zu finden wußte und, obwohl mit Glücks­ gütern gesegnet, aus dem heiteren Tal Ehrenbreitstein und einer fröh­ lichen Jugend in ein düster gelegenes Handelshaus versetzt, sich schon als Mutter von einigen Stiefkindern benehmen sollte. In so viel neue Familienverhältnisse war ich ohne wirklichen Anteil, ohne Mitwirkung eingeklemmt. War man mit einander zufrieden, so schien sich das von selbst zu verstehn; aber die meisten Teilnehmer wendeten sich in ver­ drießlichen Fällen an mich, die ich durch eine lebhafte Teilnahme mehr zu verschlimmern als zu verbessern pflegte. Es dauerte nicht lange, so wurde mir dieser Zustand ganz unerträglich, aller Lebensverdruß der aus solchen Halbverhältnissen hervorzugehn pflegt, schien doppelt und dreifach auf mir zu lasten, und es bedurfte eines neuen gewaltsamen Entschlusses, mich auch hiervon zu befreien. Jerusalems Tod, der durch die unglückliche Neigung zu der Gattin eines Freundes verursacht ward, schüttelte mich aus dem Traum, und weil ich nicht bloß mit Beschaulichkeit das was ihm und mir begegnet, betrachtete, sondern das Ähnliche was mir im Augenblicke selbst wi­ derfuhr, mich in leidenschaftliche Bewegung setzte; so konnte es nicht fehlen, daß ich jener Produktion die ich eben unternahm, alle die Glut einhauchte, welche keine Unterscheidung zwischen dem Dichterischen und dem Wirklichen zuläßt. Ich hatte mich äußerlich völlig isoliert, ja die Besuche meiner Freunde verbeten, und so legte ich auch innerlich alles bei Seite, was nicht unmittelbar hierher gehörte. Dagegen faßte ich alles zusammen, was einigen Bezug auf meinen Vorsatz hatte, und wiederholte mir mein nächstes Leben, von | dessen Inhalt ich noch kei­ nen dichterischen Gebrauch gemacht hatte. Unter solchen Umständen, nach so langen und vielen geheimen Vorbereitungen, schrieb ich den Werther in vier Wochen, ohne daß ein Schema des Ganzen, oder die Be­ handlung eines Teils irgend vorher wäre zu Papier gebracht gewesen.

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stessa confidenza che avevamo da ragazzi, e anche se nel nostro rapporto non si immischiò mai nulla di passionale, era comunque un tormento, perché nemmeno lei riusciva ad adattarsi al nuovo ambiente e, pur avendo la benedizione della ricchezza, dalla ridente campagna di Ehrenbreitstein e da una gioventù spensierata si era ritrovata di colpo nella cupa casa di un commerciante e in più madre di diversi fi­ gli di primo letto. Io mi ritrovai invischiato in questi nuovi rapporti familiari senza volerlo e senza farne effettivamente parte. Quando erano contenti, tutto procedeva bene; ma non appena c’erano fastidi correvano tutti da me e io, con la mia vivace partecipazione, in genere peggioravo le cose invece che migliorarle. Non passò molto tempo che la situazione mi divenne intollerabile, tutta l’insofferenza che di solito scaturisce nel vedersi messi sempre in mezzo gravava dop­ pia e tripla su di me: serviva un taglio netto e improvviso per liberarmi188. La morte di Jerusalem, causata dall’amore infelice per la moglie di un amico, mi risvegliò dal sogno. Non ero capace di considerare con distacco ciò che era capitato a lui e a me, al contrario: la somiglianza tra le nostre due situazioni mi metteva in grande agitazione, e fu inevitabile che l’opera che mi accingevo a scrivere venisse pervasa da quell’ardo­ re che non permette di distinguere tra fantasia e realtà. Mi isolai completamente dall’esterno, pregai gli amici di non venire a trovarmi, e anche dentro di me cercai di accantona­ re tutto ciò che mi distraeva. Raccolsi invece tutto ciò che aveva una qualche attinenza con il mio progetto e riandai con la mente alle mie esperienze recenti, di cui | non avevo ancora rielaborato i contenuti a fini poetici. In queste condi­ zioni, dopo lunghi e segreti preparativi, scrissi il Werther in quattro settimane, senza aver mai messo prima su carta né uno schema generale né l’esposizione di una qualche parte.

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Das nunmehr fertige Manuskript lag im Konzept, mit wenigen Korrekturen und Abänderungen, vor mir. Es ward sogleich geheftet: denn der Band dient der Schrift ungefähr wie der Rahmen einem Bil­ de: man sieht viel eher, ob sie denn auch in sich wirklich bestehe. Da ich dieses Werklein ziemlich unbewußt, einem Nachtwandler ähnlich, geschrieben hatte, so verwunderte ich mich selbst darüber, als ich es nun durchging, um daran etwas zu ändern und zu bessern. Doch in Erwartung daß nach einiger Zeit, wenn ich es in gewisser Entfernung besähe, mir manches beigehen würde, das noch zu seinem Vorteil ge­ reichen könnte, gab ich es meinen jüngeren Freunden zu lesen, auf die es eine desto größere Wirkung tat, als ich, gegen meine Gewohnheit, vorher Niemanden davon erzählt, noch meine Absicht entdeckt hatte. Freilich war es hier abermals der Stoff, der eigentlich die Wirkung her­ vorbrachte, und so waren sie gerade in einer der meinigen entgegenge­ setzten Stimmung: denn ich hatte mich durch diese Komposition, mehr als durch jede andere, aus einem stürmischen Elemente gerettet, auf dem ich durch eigne und fremde Schuld, durch zufällige und gewählte Lebensweise, durch Vorsatz und Übereilung, durch Hartnäckigkeit und Nachgeben, auf die gewaltsamste Art hin und wider getrieben wor­ den. Ich fühlte mich, wie nach einer Generalbeichte, wieder froh und frei, und zu einem neuen Leben berechtigt. Das alte Hausmittel war mir diesmal vortrefflich zu statten gekommen. Wie ich mich nun aber dadurch erleichtert und aufgeklärt fühlte, die Wirklichkeit in Poesie verwandelt zu haben, so verwirrten sich meine Freunde daran, indem sie glaubten, man müsse die Poesie in Wirklichkeit verwandeln, einen solchen Roman nachspielen und sich allenfalls | selbst erschießen; und was hier im Anfang unter wenigen vorging, ereignete sich nachher im großen Publikum, und dieses Büchlein, was mir so viel genützt hatte, ward als höchst schädlich verrufen. Allen den Übeln jedoch und dem Unglück, das es hervorgebracht haben soll, wäre zufälliger Weise beinahe vorgebeugt worden, als es,

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La bozza con il manoscritto ormai pronto era lì davanti a me, con poche correzioni e modifiche. Fu subito rilega­ to, perché la rilegatura sta allo scritto come la cornice al dipinto: si vede subito se ha valore in se stesso o meno. Avendo scritto quell’operetta quasi inconsciamente, come un sonnambulo, quando la rilessi per apportare qualche modifica e miglioria io stesso mi stupii. Ero però convin­ to che lasciando passare un po’ di tempo, osservandola da una certa distanza, mi sarebbero certo venuti in mente altri miglioramenti da apportare; così la diedi in lettura ai miei amici più giovani su cui fece un’impressione straordinaria anche perché, contrariamente alle mie abitudini, non ne avevo parlato con nessuno, a nessuno avevo rivelato il mio progetto. Anche in questo caso fu il contenuto a colpire di più, facendo cadere i lettori in uno stato d’animo opposto al mio: mentre scrivevo infatti, in questa più che in altre oc­ casioni, fui salvato dall’elemento tempestoso che, per colpa mia o altrui, per uno stile di vita in parte voluto e in parte casuale, per intenzione e per fretta, per testardaggine e per condiscendenza, mi stava sballottando violentemente a de­ stra e a sinistra. Mi sentii di nuovo libero e felice come dopo una confessione generale189, autorizzato a iniziare una nuo­ va vita. Il vecchio rimedio casalingo questa volta era stato risolutivo. Ma mentre io mi sentivo sollevato e rischiarato dopo aver trasformato la realtà in poesia, i miei amici ne furono confusi e credettero di dover trasformare la poesia in realtà imitando il romanzo e arrivando persino | a spararsi. E quello che in questa fase iniziale accadde tra pochi, si verificò in seguito tra il grande pubblico e quel libriccino, che tanto mi aveva giovato, venne dichiarato estremamente pericoloso. Mancò poco che il caso prevenisse tutti i mali e le di­ sgrazie che si dice abbia causato poiché, dopo essere sta­

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bald nach seiner Entstehung, Gefahr lief vernichtet zu werden; und da­ mit verhielt sich’s also. Merk war seit kurzem von Petersburg zurück­ gekommen. Ich hatte ihn, weil er immer beschäftigt war, nur wenig ge­ sprochen, und ihm von diesem Werther, der mir am Herzen lag, nur das Allgemeinste eröffnen können. Einst besuchte er mich, und als er nicht sehr gesprächig schien, bat ich ihn, mir zuzuhören. Er setzte sich auf’s Kanapee, und ich begann, Brief vor Brief, das Abenteuer vorzutragen. Nachdem ich eine Weile so fortgefahren hatte, ohne ihm ein Beifalls­ zeichen abzulocken, griff ich mich noch pathetischer an, und wie ward mir zu Mute, als er mich, da ich eine Pause machte, mit einem: Nun ja! es ist ganz hübsch, auf das schrecklichste niederschlug, und sich, ohne etwas weiter hinzuzufügen, entfernte. Ich war ganz außer mir: denn wie ich wohl Freude an meinen Sachen, aber in der ersten Zeit kein Urteil über sie hatte, so glaubte ich ganz sicher, ich habe mich im Sujet, im Ton, im Stil, die denn freilich alle bedenklich waren, vergriffen, und etwas ganz Unzulässiges verfertigt. Wäre ein Kaminfeuer zur Hand ge­ wesen, ich hätte das Werk sogleich hineingeworfen; aber ich ermannte mich wieder und verbrachte schmerzliche Tage, bis er mir endlich ver­ traute, daß er in jenem Moment sich in der schrecklichsten Lage befun­ den, in die ein Mensch geraten kann. Er habe deswegen nichts gesehn noch gehört, und wisse gar nicht wovon in meinem Manuskripte die Rede sei. Die Sache hatte sich indessen, in so fern sie sich herstellen ließ, wieder hergestellt, und Merk war in den Zeiten seiner Energie der Mann, sich ins Ungeheure zu schicken; sein Humor fand sich wieder ein, nur war er noch bitterer geworden als vorher. Er schalt meinen | Vorsatz den Werther umzuarbeiten mit derben Ausdrücken, und ver­ langte ihn gedruckt zu sehn wie er lag. Es ward ein sauberes Manu­ skript davon besorgt, das nicht lange in meinen Händen blieb: denn zufälliger Weise an demselben Tage, an dem meine Schwester sich mit Georg Schlosser verheiratete, und das Haus, von einer freudigen Fest­ lichkeit bewegt, glänzte, traf ein Brief von Weygand aus Leipzig ein,

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to completato, corse il rischio di venire distrutto: le cose andarono così. Merck era appena rientrato da Pietroburgo. Trovandolo sempre molto impegnato, ero riuscito a par­ largli poco e gli avevo accennato solo per sommi capi di quel Werther che tanto mi stava a cuore. Una volta venne a trovarmi e poiché non sembrava molto loquace, lo pregai di ascoltarmi. Si sedette sul sofà e io iniziai a leggergli la storia, una lettera dopo l’altra. Dopo essere andato avanti così per un certo tempo senza strappargli alcun cenno di approvazione, accentuai ancor di più il tono patetico e im­ maginate come mi sentii quando, in una pausa, mi annichilì con un: «Ma sì, è carino!» e senza aggiungere altro se ne andò. Ero fuori di me: mi piaceva molto scrivere ma in quel primo periodo non riuscivo a formarmi un giudizio sulle mie composizioni, e così credetti di aver sbagliato tutto, il soggetto, il tono, lo stile (tutti aspetti effettivamente insi­ diosi) e di aver scritto qualcosa di inaccettabile. Se ci fosse stato un camino acceso a portata di mano, vi avrei immedia­ tamente gettato l’opera; poi mi ripresi ma trascorsi giorni tormentosi, finché Merck infine non mi confidò che in quel momento si trovava in una delle situazioni peggiori in cui un uomo possa trovarsi190. Per questo non aveva visto né sentito niente, non sapeva nemmeno dire di cosa parlasse il mio manoscritto. Nel frattempo la questione era stata si­ stemata nei limiti del possibile – e Merck era uomo capace di affrontare l’impossibile, quando era nel pieno delle sue forze. Recuperò la consueta ironia, solo più amara di prima. Criticò con foga la mia | intenzione di rielaborare il Werther e mi ingiunse di stamparlo così com’era. Ne fu fatta una stesura in bella copia che non mi rimase a lungo tra le mani: caso vuole che lo stesso giorno in cui mia sorella si sposò con Georg Schlosser e tutta la casa sfavillava per quell’oc­ casione festosa, arrivasse da Lipsia una lettera di Weygand

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mich um ein Manuskript zu ersuchen. Ein solches Zusammentreffen hielt ich für ein günstiges Omen, ich sendete den Werther ab, und war sehr zufrieden, als das Honorar das ich dafür erhielt, nicht ganz durch die Schulden verschlungen wurde, die ich um des Götz von Berlichin­ gen willen zu machen genötigt gewesen. Die Wirkung dieses Büchleins war groß, ja ungeheuer, und vor­ züglich deshalb, weil es genau in die rechte Zeit traf. Denn wie es nur eines geringen Zündkrauts bedarf, um eine gewaltige Mine zu ent­ schleudern, so war auch die Explosion welche sich hierauf im Pub­ likum ereignete, deshalb so mächtig, weil die junge Welt sich schon selbst untergraben hatte, und die Erschütterung deswegen so groß, weil ein Jeder mit seinen übertriebenen Forderungen, unbefriedigten Lei­ denschaften und eingebildeten Leiden zum Ausbruch kam. Man kann von dem Publikum nicht verlangen, daß es ein geistiges Werk geistig aufnehmen solle. Eigentlich ward nur der Inhalt, der Stoff beachtet, wie ich schon an meinen Freunden erfahren hatte, und daneben trat das alte Vorurteil wieder ein, entspringend aus der Würde eines gedruckten Buchs, daß es nämlich einen didaktischen Zweck haben müsse. Die wahre Darstellung aber hat keinen. Sie billigt nicht, sie tadelt nicht, sondern sie entwickelt die Gesinnungen und Handlungen in ihrer Folge und dadurch erleuchtet und belehrt sie. Von Rezensionen nahm ich wenig Notiz. Die Sache war für mich völlig abgetan, jene guten Leute mochten nun auch sehn, wie sie da­ mit fertig wurden. Doch verfehlten meine Freunde nicht, diese Dinge zu sammeln, und weil sie in meine Ansichten schon mehr eingeweiht waren, sich | darüber lustig zu machen. Die Freuden des jungen Werther, mit welchen Nicolai sich hervortat, gaben uns zu mancherlei Scherzen Gelegenheit. Dieser übrigens brave, verdienst- und kenntnisreiche Mann hatte schon angefangen, alles niederzuhalten und zu beseitigen, was nicht zu seiner Sinnesart paßte, die er, geistig sehr beschränkt, für die echte und einzige hielt. Auch gegen mich mußte er sich sogleich ver­ suchen, und jene Broschüre kam uns bald in die Hände. Die höchst zarte

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che mi chiedeva un manoscritto da stampare191. Considerai quella coincidenza un buon auspicio, spedii il Werther e mi ritenni soddisfatto quando l’onorario che mi venne corri­ sposto non fu inghiottito del tutto dai debiti che ero stato costretto a fare per Götz von Berlichingen. Il successo del libretto fu grande, anzi enorme, soprat­ tutto perché uscì al momento giusto. Proprio come basta una miccia piccolissima per innescare una mina potentissi­ ma, così l’esplosione che si verificò tra il pubblico fu tan­ to violenta proprio perché i giovani avevano già minato le fondamenta, il contraccolpo tanto devastante perché fece esplodere le pretese eccessive, le passioni insoddisfatte, le sofferenze immaginarie di ciascuno. Non si può pretende­ re dal pubblico che accolga con l’intelletto un’opera intel­ lettuale. In effetti ci si soffermò solo sul contenuto, come avevano fatto già i miei amici, e in più si aggiunse l’anti­ co pregiudizio basato sull’autorevolezza del libro stampa­ to, che deve avere comunque uno scopo didattico. La vera opera d’arte invece ne è priva: non approva, non critica, bensì pone in relazione sentimenti e azioni e così facendo illumina e istruisce. Delle recensioni mi curai poco. La questione per me era chiusa, vedessero poi loro, quelle brave persone, cosa vole­ vano farne. Ma i miei amici non mancarono di raccoglierle e, poiché conoscevano abbastanza bene le mie opinioni, | di divertirsi. Le gioie del giovane Werther, con cui si fece notare Nicolai, offrirono lo spunto per molti scherzi192. Quel brav’uomo, peraltro meritevole e colto, aveva già in pre­ cedenza sminuito e respinto ciò che non rientrava nel suo modo di vedere – modo che lui, intellettualmente molto chiuso, considerava come l’unico giusto. Si sentì in dove­ re di provarci subito anche con me, e ben presto ci capitò tra le mani il suo opuscoletto. Mi piacque molto la delica­

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Vignette von Chodowiecki machte mir viel Vergnügen; wie ich denn die­ sen Künstler über die Maßen verehrte. Das Machwerk selbst war aus der rohen Hausleinwand zugeschnitten, welche recht derb zu bereiten der Menschenverstand in seinem Familienkreise sich viel zu schaffen macht. Ohne Gefühl, daß hier nichts zu vermitteln sei, daß Werthers Jugendblü­ te schon von vorn herein als vom tödlichen Wurm gestochen erscheine, läßt der Verfasser meine Behandlung bis Seite 214 gelten, und als der wüste Mensch sich zum tödlichen Schritte vorbereitet, weiß der ein­ sichtige psychische Arzt seinem Patienten eine mit Hühnerblut geladene Pistole unterzuschieben, woraus denn ein schmutziger Spektakel, aber glücklicher Weise kein Unheil hervorgeht. Lotte wird Werthers Gattin, und die ganze Sache endigt sich zu Jedermanns Zufriedenheit. So viel wüßte ich mich davon zu erinnern: denn es ist mir nie wie­ der unter die Augen gekommen. Die Vignette hatte ich ausgeschnit­ ten und unter meine liebsten Kupfer gelegt. Dann verfaßte ich, zur stillen und unverfänglichen Rache, ein kleines Spottgedicht, Nicolai auf Werthers Grabe, welches sich jedoch nicht mitteilen läßt. Auch die Lust alles zu dramatisieren, ward bei dieser Gelegenheit abermals rege. Ich schrieb einen prosaischen Dialog zwischen Lotte und Wer­ ther, der ziemlich neckisch ausfiel. Werther beschwert sich bitterlich, daß die Erlösung durch Hühnerblut so schlecht abgelaufen. Er ist zwar am Leben geblieben, hat sich aber die Augen ausgeschossen. Nun ist er in Verzweiflung, ihr Gatte zu sein und sie nicht sehen zu können, da ihm der Anblick ihres Gesamtwesens fast lieber wäre, als | die süßen Einzelnheiten, deren er sich durchs Gefühl versichern darf. Lotten, wie man sie kennt, ist mit einem blinden Manne auch nicht sonderlich ge­ holfen, und so findet sich Gelegenheit, Nicolai’s Beginnen höchlich zu schelten, daß er sich ganz unberufen in fremde Angelegenheiten mi­ sche. Das Ganze war mit gutem Humor geschrieben, und schilderte mit freier Vorahndung jenes unglückliche dünkelhafte Bestreben Nicolai’s, sich mit Dingen zu befassen, denen er nicht gewachsen war, wodurch er sich und andern in der Folge viel Verdruß machte, und darüber zu­

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ta vignetta di Chodowiecki, un artista per cui nutrivo una smodata ammirazione193; il testo invece era raffazzonato e tagliato nella tela grezza, di quella molto grossolana che si cerca di produrre in casa alla bell’e meglio. Senza capire che non è possibile alcuna mediazione, che il fiore della gioventù di Werther è già minato fin dal principio dal tarlo della morte, l’autore segue la mia trama fino a pagina 214, e quando il disperato si predispone al gesto estremo, l’abile medico della psiche riesce a mettergli in mano una pistola caricata con sangue di pollo: il risultato è uno spettacolo indecente, ma per fortuna nessuno si fa male. Lotte sposa quindi Werther e vissero tutti felici e contenti. Questo almeno è quello che ricordo, perché quel libretto non mi capitò più tra le mani. L’illustrazione l’avevo rita­ gliata e conservata tra le mie incisioni preferite. Composi allora, come silenziosa e candida vendetta, una piccola sa­ tira, Nicolai sulla tomba di Werther, che però non posso ri­ ferire. Quell’occasione ridestò di nuovo la voglia di trasfor­ mare tutto in teatro: scrissi un dialogo in prosa tra Lotte e Werther, assai divertente194. Werther si lamenta amaramente che il tentativo di salvarlo grazie al sangue di pollo non ab­ bia avuto buon esito. Certo, è rimasto in vita, ma ha perso la vista e ora si dispera di avere sposato Lotte senza nemmeno poterla vedere, e preferirebbe vederla tutta intera piuttosto | che percepire singoli dolci particolari con il tatto. Nemme­ no Lotte, come si può ben immaginare, è particolarmente felice di avere un marito cieco, e questo offre lo spunto per criticare l’iniziativa di Nicolai e il suo immischiarsi nelle faccende altrui senza esserne richiesto. Il tutto era scritto con molta ironia e prefigurava senza saperlo l’infelice e presuntuosa tendenza di Nicolai a occuparsi di cose fuori dalla sua portata, tendenza che in seguito procurò a lui e ad altri molti fastidi e alla fine, nonostante i suoi indiscutibili

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letzt, bei so entschiedenen Verdiensten, seine literarische Achtung völ­ lig verlor. Das Originalblatt dieses Scherzes ist niemals abgeschrieben worden und seit vielen Jahren verstoben. Ich hatte für die kleine Pro­ duktion eine besondere Vorliebe. Die reine heiße Neigung der beiden jungen Personen war durch die komisch tragische Lage, in die sie sich versetzt fanden, mehr erhöht als geschwächt. Die größte Zärtlichkeit waltete durchaus, und auch der Gegner war nicht bitter, nur humoris­ tisch behandelt. Nicht ganz so höflich ließ ich das Büchlein selber spre­ chen, welches, einen alten Reim nachahmend, sich also ausdrückte: Mag jener dünkelhafte Mann Mich als gefährlich preisen; Der plumpe, der nicht schwimmen kann, Er will’s dem Wasser verweisen! Was schiert mich der Berliner Bann, Geschmäcklerpfaffenwesen! Und wer mich nicht verstehen kann, Der lerne besser lesen.

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Vorbereitet auf alles was man gegen den Werther vorbringen würde, fand ich so viele Widerreden keineswegs verdrießlich; aber daran hatte ich nicht gedacht, daß mir durch teilnehmende, wohlwollende Seelen eine unleidliche Qual bereitet sei: denn anstatt daß mir jemand über mein Büchlein wie es lag, etwas Verbindliches gesagt hätte, so wollten | sie sämtlich ein für allemal wissen, was denn eigentlich an der Sache wahr sei? worüber ich denn sehr ärgerlich wurde, und mich meistens höchst unartig dagegen äußerte. Denn diese Frage zu beantworten, hät­ te ich mein Werkchen, an dem ich so lange gesonnen, um so manchen Elementen eine poetische Einheit zu geben, wieder zerrupfen und die Form zerstören müssen, wodurch ja die wahrhaften Bestandteile selbst wo nicht vernichtet, wenigstens zerstreut und verzettelt worden wä­

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meriti, gli fece perdere completamente la stima in campo letterario195. L’originale di quella poesia scherzosa non è mai stato trascritto in bella ed è andato perso molti anni fa, ma avevo una speciale predilezione per quel componimen­ to. L’amore ardente e puro dei due giovani era più esaltato che sminuito dalla situazione tragicomica in cui si venivano a trovare; una grandissima tenerezza dominava dovunque e persino l’avversario non era descritto con cattiveria, bensì con umorismo. Diedi la parola persino al libretto stesso che, in modo non altrettanto garbato, si espresse così, riprenden­ do delle antiche rime: Quell’uomo tronfio e vanitoso mi elogi pure come pericoloso: chi è tanto pesante che non sa nuotare, di ciò l’acqua pretende di incolpare! Me ne infischio del bando berlinese, di preti senza gusto vano arnese! E chi non sa capire ciò che voglio, impari a leggere meglio!196 Preparato com’ero a tutto ciò che si sarebbe potuto rimpro­ verare al Werther, le critiche non mi risultarono fastidiose; non avevo invece immaginato che a causarmi un tormento insopportabile sarebbero stati i suoi fautori e simpatizzanti: invece che dirmi qualcosa di cortese sul mio libretto per quello che era, volevano | sapere a tutti i costi quanto c’era di vero. Ciò mi faceva molto arrabbiare e in genere rispon­ devo in modo assai sgarbato. In effetti avevo lavorato mol­ tissimo per conferire ai diversi elementi di quell’operetta un’unità poetica; per rispondere a quella domanda avrei do­ vuto farne a pezzi e distruggerne la forma, ma così facendo le sue componenti reali sarebbero state a loro volta distrutte o quanto meno frammentate e disperse. Riflettendoci poi

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ren. Näher betrachtet konnte ich jedoch dem Publikum die Forderung nicht verüblen. Jerusalems Schicksal hatte großes Aufsehen gemacht. Ein gebildeter, liebenswerter, unbescholtener junger Mann, der Sohn eines der ersten Gottesgelahrten und Schriftstellers, gesund und wohl­ habend, ging auf einmal, ohne bekannte Veranlassung, aus der Welt. Jedermann fragte nun, wie das möglich gewesen? und als man von einer unglücklichen Liebe vernahm, war die ganze Jugend, als man von kleinen Verdrießlichkeiten, die ihm in vornehmerer Gesellschaft begegnet, sprach, der ganze Mittelstand aufgeregt, und Jedermann wünschte das Genauere zu erfahren. Nun erschien im Werther eine aus­ führliche Schilderung, in der man das Leben und die Sinnesart des ge­ nannten Jünglings wieder zu finden meinte. Lokalität und Persönlich­ keit trafen zu, und bei der großen Natürlichkeit der Darstellung glaubte man sich nun vollkommen unterrichtet und befriedigt. Dagegen aber, bei näherer Betrachtung, paßte wieder so vieles nicht, und es entstand für die welche das Wahre suchten, ein unerträgliches Geschäft, indem eine sondernde Kritik hundert Zweifel erregen muß. Auf den Grund der Sache war aber gar nicht zu kommen: denn was ich von meinem Leben und Leiden der Komposition zugewendet hatte, ließ sich nicht entziffern, indem ich, als ein unbemerkter junger Mensch, mein Wesen zwar nicht heimlich, aber doch im Stillen getrieben hatte. Bei meiner Arbeit war mir nicht unbekannt, wie sehr begünstigt jener Künstler gewesen, dem man Gelegenheit gab, eine Venus aus mehreren Schönheiten | herauszustudieren, und so nahm ich mir auch die Erlaubnis, an der Gestalt und den Eigenschaften mehrerer hüb­ schen Kinder meine Lotte zu bilden, obgleich die Hauptzüge von der geliebtesten genommen waren. Das forschende Publikum konnte daher Ähnlichkeiten von verschiedenen Frauenzimmern entdecken, und den Damen war es auch nicht ganz gleichgültig, für die rechte zu gelten. Diese mehreren Lotten aber brachten mir unendliche Qual, weil Jeder­ mann der mich nur ansah, entschieden zu wissen verlangte, wo denn

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meglio, quella richiesta non era del tutto fuori luogo. La morte di Jerusalem aveva destato molto scalpore: un gio­ vanotto colto, gradevole, rispettabile, figlio di un teologo e scrittore di primo piano, sano e benestante, si toglieva la vita di colpo, senza un motivo apparente. Ognuno si chiede­ va come fosse possibile, e quando si venne a sapere del suo amore infelice, tutti i giovani andarono in subbuglio; quan­ do si parlò di piccole contrarietà che gli erano capitate nella buona società, ad agitarsi fu tutto il ceto medio, e ciascuno voleva saperne di più. Il Werther fornì loro una spiegazione dettagliata, in cui si credette di ritrovare la vita e il modo di vedere del giovanotto in questione. Luoghi e persone coin­ cidevano, e grazie all’estremo realismo del racconto tutti si ritennero perfettamente informati e soddisfatti. Osservando le cose più da vicino invece, molti dettagli non corrispon­ devano, e quelli che cercavano la verità si imbarcarono in un’impresa impossibile, poiché un esame analitico non po­ teva che suscitare mille dubbi. Non c’era proprio modo di arrivare al fondo della questione, perché quello che di mio avevo messo nel comporla, la mia vita e i miei dolori, ri­ maneva indecifrabile: essendo un giovanotto che non dava molto nell’occhio, per natura ero riservato circa i miei sen­ timenti, pur non nascondendoli. Scrivendo avevo capito quanto fosse avvantaggiato l’ar­ tista che ha la possibilità di costruire una Venere partendo da  | diverse bellezze, e così anch’io mi presi la libertà di modellare la mia Lotte prendendo l’aspetto e le qualità di molte graziose fanciulle, sebbene i tratti principali fossero quelli della mia preferita. Il pubblico attento poté quindi individuare somiglianze con diverse ragazze, e per le signo­ re non era del tutto indifferente essere considerate quella autentica. Le molte Lotte mi diedero un tormento infinito, perché tutti quelli che mi incontravano mi chiedevano con

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die eigentliche wohnhaft sei? Ich suchte mir wie Nathan mit den drei Ringen durchzuhelfen, auf einem Auswege, der freilich höheren We­ sen zukommen mag, wodurch sich aber weder das gläubige, noch das lesende Publikum will befriedigen lassen. Dergleichen peinliche For­ schungen hoffte ich in einiger Zeit loszuwerden; allein sie begleiteten mich durch’s ganze Leben. Ich suchte mich davor auf Reisen durch’s Inkognito zu retten, aber auch dieses Hülfsmittel wurde mir unverse­ hens vereitelt, und so war der Verfasser jenes Werkleins, wenn er ja etwas Unrechtes und Schädliches getan, dafür genugsam, ja übermäßig durch solche unausweichliche Zudringlichkeiten bestraft. Auf diese Weise bedrängt, ward er nur allzu sehr gewahr, daß Au­ toren und Publikum durch eine ungeheuere Kluft getrennt sind, wovon sie, zu ihrem Glück, beiderseits keinen Begriff haben. Wie vergeblich daher alle Vorreden seien, hatte er schon längst eingesehen: denn je­ mehr man seine Absicht klar zu machen gedenkt, zu desto mehr Ver­ wirrung gibt man Anlaß. Ferner mag ein Autor bevorworten so viel er will, das Publikum wird immer fortfahren, die Forderungen an ihn zu machen, die er schon abzulehnen suchte. Mit einer verwandten Eigen­ heit der Leser, die uns besonders bei denen welche ihr Urteil drucken lassen, ganz komisch auffällt, ward ich gleichfalls früh bekannt. Sie leben nämlich in dem Wahn, man werde, indem man etwas leistet, ihr Schuldner, und bleibe jederzeit noch weit zurück hinter dem was sie eigentlich wollten und wünschten, ob sie gleich kurz vorher, ehe sie unsere Arbeit gesehn, noch gar | keinen Begriff hatten, daß so etwas vorhanden oder nur möglich sein könnte. Alles dieses bei Seite ge­ setzt, so war nun das größte Glück oder Unglück, daß Jedermann von diesem seltsamen jungen Autor, der so unvermutet und so kühn her­ vorgetreten, Kenntnis gewinnen wollte. Man verlangte ihn zu sehen, zu sprechen, auch in der Ferne etwas von ihm zu vernehmen, und so hatte er einen höchst bedeutenden, bald erfreulichen, bald unerquick­

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insistenza dove abitasse quella vera. Cercai di cavarmela come Nathan con i tre anelli197, una scappatoia che può fun­ zionare con i lettori più colti, ma che non accontenta né coloro che cercano la verità, né i lettori comuni. Sperai che col tempo quelle domande penose cessassero, mi persegui­ tarono invece per tutta la vita. In viaggio cercavo di salvar­ mi rimanendo in incognito, ma anche quello stratagemma veniva ben presto vanificato e così l’autore di quell’operet­ ta, ammesso che avesse davvero fatto qualcosa di sbagliato o dannoso, fu punito a sufficienza, anzi persino in eccesso, da quelle inevitabili e importune insistenze. Assillato com’era, si rese conto fin troppo bene che au­ tore e pubblico sono separati da un abisso enorme di cui entrambi, per loro fortuna, non hanno nemmeno una vaga idea. Ben presto aveva capito quanto siano inutili le prefa­ zioni: più si ha l’intenzione di chiarire il proprio intento, più si dà adito a confusione. E comunque un autore può scrive­ re quello che vuole nella prefazione, il pubblico continuerà a formulare quelle richieste che lui ha già tentato di decli­ nare. Feci anche molto presto la conoscenza con un’altra peculiarità dei lettori che mi sembrò particolarmente buffa, soprattutto in quelli che fanno stampare il loro giudizio. Costoro vivono nella pia illusione che chi scrive qualco­ sa diventi loro debitore e rimanga comunque ampiamente in difetto rispetto a ciò che loro desiderano e richiedono, sebbene fino a un attimo prima, prima di leggere l’opera in questione, non | sapessero nemmeno che qualcosa di simile esistesse o fosse anche solo possibile. Ma a prescindere da tutto ciò, la mia più grande fortuna – o sfortuna – fu che tutti volevano fare la conoscenza di quel curioso giovane autore che si era fatto avanti in modo così audace e inaspettato. Volevano vederlo, parlargli, interpellarlo anche da lontano, e così dovette subire un afflusso massiccio di visitatori, tal­

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lichen, immer aber zerstreuenden Zudrang zu erfahren. Denn es lagen angefangene Arbeiten genug vor ihm, ja es wäre für einige Jahre hin­ reichend zu tun gewesen, wenn er mit hergebrachter Liebe sich daran hätte halten können; aber er war aus der Stille, der Dämmerung, der Dunkelheit, welche ganz allein die reinen Produktionen begünstigen kann, in den Lärmen des Tageslichts hervorgezogen, wo man sich in anderen verliert, wo man irre gemacht wird durch Teilnahme wie durch Kälte, durch Lob und durch Tadel, weil diese äußern Berührungen nie­ mals mit der Epoche unserer innern Kultur zusammentreffen, und uns daher, da sie nicht fördern können, notwendig schaden müssen. Doch mehr als alle Zerstreuungen des Tags, hielt den Verfasser von Bearbeitung und Vollendung größerer Werke die Lust ab, die über jene Gesellschaft gekommen war, alles was im Leben einigermaßen be­ deutendes vorging, zu dramatisieren. Was dieses Kunstwort, (denn ein solches war es, in jener produktiven Gesellschaft) eigentlich bedeutete, ist hier auseinander zu setzen. Durch ein geistreiches Zusammensein an den heitersten Tagen aufgeregt, gewöhnte man sich, in augenblick­ lichen kurzen Darstellungen alles dasjenige zu zersplittern, was man sonst zusammengehalten hatte, um größere Kompositionen daraus zu erbauen. Ein einzelner einfacher Vorfall, ein glücklich naives, ja ein al­ bernes Wort, ein Mißverstand, eine Paradoxie, eine geistreiche Bemer­ kung, persönliche Eigenheiten oder Angewohnheiten, ja eine bedeu­ tende Miene, und was nur immer in einem bunten rauschenden Leben vorkommen mag, alles ward in Form des Dialogs, der Katechisation, einer | bewegten Handlung, eines Schauspiels dargestellt, manchmal in Prosa, öfters in Versen. An dieser genialisch-leidenschaftlich durchgesetzten Übung be­ stätigte sich jene eigentlich poetische Denkweise. Man ließ nämlich

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volta gradevole, talvolta fastidioso, ma che portava comun­ que distrazioni continue. Aveva infatti lavori già avviati che sarebbero bastati a tenerlo impegnato per un bel po’ di anni, se si fosse concentrato su quelli con l’abituale trasporto; ma dal silenzio, dal crepuscolo, dall’oscurità – gli unici che favoriscono la creazione allo stato puro – si era ritrovato nel frastuono del pieno giorno dove ci si perde tra la gente, dove sia la simpatia che l’indifferenza, sia la lode che il bia­ simo ci mandano in confusione, poiché questi stimoli este­ riori non sono mai in linea con le fasi della nostra cultura interiore e di conseguenza, non potendo giovarci, finiscono inevitabilmente col nuocerci. Ma più di tutte le distrazioni quotidiane, a trattenere l’autore dal dedicarsi al completamento di opere di ampio respiro fu soprattutto la voglia, divenuta predominante in quell’ambiente, di drammatizzare qualsiasi cosa fosse di una qualche rilevanza nella vita. Devo ora spiegare cosa significasse veramente quel termine tecnico (perché proprio di questo si trattava, in quella società produttiva). Stimolati dalla socialità allegra e arguta di quei giorni sereni, ci si abitua a frammentare in brevi rappresentazioni estempo­ ranee quello che altrimenti si sarebbe raccolto e unito per ricavarne una composizione più ampia. Un qualsiasi avve­ nimento, una frase azzeccata, ingenua o sciocca, un equi­ voco, un paradosso, un’osservazione spiritosa, peculiarità o abitudini di un singolo, un’espressione del volto che ci colpiva o qualsiasi cosa succedesse in una vita variopinta e spumeggiante – tutto veniva trasformato e acquisiva la for­ ma del dialogo, di botta e risposta, di | un’azione animata, insomma: di uno spettacolo teatrale, qualche volta in prosa, qualche volta in versi. Grazie a questo esercizio perseguito con genio e pas­ sione trovò conferma la mia propensione poetica. Oggetti,

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Gegenstände, Begebenheiten, Personen an und für sich, so wie in al­ len Verhältnissen bestehen, man suchte sie nur deutlich zu fassen und lebhaft abzubilden. Alles Urteil, billigend oder mißbilligend, sollte sich vor den Augen des Beschauers in lebendigen Formen bewegen. Man könnte diese Produktionen belebte Sinngedichte nennen, die ohne Schärfe und Spitzen, mit treffenden und entscheidenden Zügen reich­ lich ausgestattet waren. Das Jahrmarktsfest ist ein solches, oder viel­ mehr eine Sammlung solcher Epigramme. Unter allen dort auftreten­ den Masken sind wirkliche, in jener Sozietät lebende Glieder, oder ihr wenigstens verbundene und einigermaßen bekannte Personen gemeint; aber der Sinn des Rätsels blieb den meisten verborgen, alle lachten, und wenige wußten, daß ihnen ihre eigensten Eigenheiten zum Scherze dienten. Der Prolog zu Barths neuesten Offenbarungen gilt für einen Beleg anderer Art; die kleinsten finden sich unter den gemischten Ge­ dichten, sehr viele sind zerstoben und verloren gegangen, manche noch übrige lassen sich nicht wohl mitteilen. Was hiervon im Druck erschie­ nen, vermehrte nur die Bewegung im Publikum, und die Neugierde auf den Verfasser; was handschriftlich mitgeteilt wurde, belebte den nächsten Kreis, der sich immer erweiterte. Doktor Barth, damals in Gießen, besuchte mich, scheinbar höflich und zutraulich; er scherzte über den Prolog, und wünschte ein freundliches Verhältnis. Wir jungen Leute aber fuhren fort kein geselliges Fest zu begehen, ohne mit stiller Schadenfreude uns der Eigenheiten zu erfreuen, die wir an andern be­ merkt und glücklich dargestellt hatten. Mißfiel es nun dem jungen Autor keineswegs, als ein literarisches Meteor angestaunt zu werden; so suchte er mit freudiger Bescheiden­ heit den bewährtesten Männern des Vaterlands seine Achtung zu be­ zeigen, unter denen vor | allen andern der herrliche Justus Möser zu nennen ist. Dieses unvergleichlichen Mannes kleine Aufsätze, staats­ bürgerlichen Inhalts, waren schon seit einigen Jahren in den Osna­ brücker Intelligenzblättern abgedruckt, und mir durch Herder bekannt

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persone, situazioni li lasciavo così com’erano in sé e per sé, con tutta la loro ambientazione; cercavo solo di descriverli con precisione e di riprodurli con vivacità. Ogni giudizio, positivo o negativo, doveva prendere vita davanti agli oc­ chi dello spettatore. Queste creazioni potremmo definirle epigrammi viventi, e pur non essendo caustiche o pungenti, erano comunque ben provviste di tratti azzeccati e decisi. La fiera è uno di questi198, o meglio, è una raccolta di questi epigrammi. Tutte le maschere che vi compaiono richiama­ no persone reali che vivevano nel mio ambiente, o almeno persone che vi erano in qualche modo collegate o conosciu­ te; tuttavia i riferimenti sfuggivano ai più, tutti ridevano e soltanto pochi intuivano che si stavano divertendo a proprie spese. Il Prologo alle nuove rivelazioni di Bahrdt è invece un documento di tipo diverso; le composizioni più brevi si trovano fra le poesie di argomento vario, molte sono andate disperse, altre non sono adatte alla pubblicazione. Quelle che apparvero a stampa non fecero che accrescere l’agita­ zione del pubblico e l’interesse per l’autore; quelle che cir­ colavano in manoscritto divertivano la cerchia degli amici, che diveniva sempre più vasta. Il professor Bahrdt, allora a Gießen, venne a trovarmi, mi parve gentile e mansueto e scherzò sul Prologo auspicando un rapporto amichevole199. Noi giovani invece non potevamo partecipare a un evento sociale senza osservare divertiti e con segreta malizia le pe­ culiarità altrui per poi descriverle abilmente. Sebbene al giovane autore non dispiacesse affatto esse­ re considerato il nuovo astro letterario, cercava comunque con sentita modestia di manifestare la sua stima agli uomini più valenti della patria, primo tra tutti | il glorioso Justus Möser200. I brevi saggi su argomenti del vivere civile scrit­ ti da quell’uomo impareggiabile venivano stampati già da qualche anno sulle riviste di Osnabrück; me li aveva segna­

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geworden, der nichts ablehnte was irgend würdig, zu seiner Zeit, be­ sonders aber im Druck sich hervortat. Mösers Tochter, Frau von Voigt, war beschäftigt, diese zerstreuten Blätter zu sammeln. Wir konnten die Herausgabe kaum erwarten, und ich setzte mich mit ihr in Verbindung, um mit aufrichtiger Teilnahme zu versichern, daß die für einen be­ stimmten Kreis berechneten wirksamen Aufsätze, sowohl der Materie als der Form nach, überall zum Nutzen und Frommen dienen würden. Sie und ihr Vater nahmen diese Äußerung eines nicht ganz unbekann­ ten Fremdlings gar wohl auf, indem eine Besorgnis die sie gehegt, durch diese Erklärung vorläufig gehoben worden. An diesen kleinen Aufsätzen, welche, sämtlich in Einem Sinne verfaßt, ein wahrhaft Ganzes ausmachen, ist die innigste Kenntnis des bürgerlichen Wesens im höchsten Grade merkwürdig und rühmens­ wert. Wir sehen eine Verfassung auf der Vergangenheit ruhn, und noch als lebendig bestehn. Von der einen Seite hält man am Herkommen fest, von der andern kann man die Bewegung und Veränderung der Dinge nicht hindern. Hier fürchtet man sich vor einer nützlichen Neue­ rung, dort hat man Lust und Freude am Neuen, auch wenn es unnütz ja schädlich wäre. Wie vorurteilsfrei setzt der Verfasser die Verhältnisse der Stände aus einander, so wie den Bezug, in welchem die Städte, Flecken und Dörfer wechselseitig stehn. Man erfährt ihre Gerechtsame zugleich mit den rechtlichen Gründen, es wird uns bekannt, wo das Grundkapital des Staats liegt und was es für Interessen bringt. Wir se­ hen den Besitz und seine Vorteile, dagegen aber auch die Abgaben und Nachteile verschiedener Art, sodann den mannigfaltigen Erwerb; hier wird gleichfalls die ältere und neuere Zeit einander entgegengesetzt. Osnabrück, als Glied der Hanse, finden wir in der ältern | Epoche in großer Handelstätigkeit. Nach jenen Zeitverhältnissen hat es eine merkwürdige und schöne Lage; es kann sich die Produkte des Landes zueignen, und ist nicht allzu weit von der See entfernt, um auch dort

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lati Herder che non disdegnava nulla di ciò che di valido man mano appariva, soprattutto sulla stampa. La figlia di Möser, la signora von Voigts, era impegnata a raccogliere quegli articoli sparsi. Non vedevo l’ora che li pubblicasse e mi misi in contatto con lei per assicurarle, con sincero interesse, che quei saggi, sia per la materia che per la forma pensati e calibrati in base a un pubblico specifico, sarebbero di certo stati utili ed efficaci anche per un pubblico più va­ sto. Lei e il padre accolsero con sollievo la dichiarazione di un estraneo non del tutto sconosciuto, poiché li liberava in anticipo da una delle loro preoccupazioni201. Quegli articoletti, scritti con un unico intento, nel loro complesso formano un insieme unitario, in cui si rileva una conoscenza profonda della società civile, straordinaria e ammirevole al massimo grado. Vediamo una costituzione che si fonda sul passato ma è valida ancora nel presente; da una parte ci si aggrappa alla tradizione, dall’altra non si possono fermare cambiamenti e transizioni. Qui si ha paura di un’innovazione utile, là si è contenti e felici per le novità, fossero anche inutili o persino dannose. Come è del tutto libero da pregiudizi l’autore, nell’analizzare i rapporti tra i vari ceti, le relazioni reciproche tra città, borghi e villaggi! Ci illustra i loro privilegi e le relative motivazioni giuridi­ che, ci spiega in che cosa consista il capitale di base dello Stato e quali interessi porti. Vediamo la proprietà e i suoi vantaggi, ma poi anche le imposte e i vari svantaggi, e in­ fine le diverse forme di guadagno; e qui il passato viene di nuovo contrapposto al presente. Ritroviamo Osnabrück, una città anseatica, nell’epoca antica in cui ferveva | un’intensa attività commerciale. Per la situazione di allora, si trovava in una posizione ottima­ le: aveva a disposizione i prodotti della campagna e poteva operare sul mare, non troppo distante. In seguito invece,

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selbst mitzuwirken. Nun aber, in der späteren Zeit, liegt es schon tief in der Mitte des Landes, es wird nach und nach vom Seehandel entfernt und ausgeschlossen. Wie dies zugegangen, wird von vielen Seiten dar­ gestellt. Zur Sprache kommt der Konflikt Englands und der Küsten, der Häfen und des Mittellandes; hier werden die großen Vorteile derer welche der See anwohnen herausgesetzt, und ernstliche Vorschläge ge­ tan, wie die Bewohner des Mittellandes sich dieselben gleichfalls zu­ eignen könnten. Sodann erfahren wir gar manches von Gewerben und Handwerken, und wie solche durch Fabriken überflügelt, durch Krä­ merei untergraben werden; wir sehen den Verfall, als den Erfolg von mancherlei Ursachen, und diesen Erfolg wieder als die Ursache neuen Verfalls, in einem ewigen schwer zu lösenden Zirkel; doch zeichnet ihn der wackere Staatsbürger auf eine so deutliche Weise hin, daß man noch glaubt, sich daraus retten zu können. Durchaus läßt der Verfasser die gründlichste Einsicht in die besondersten Umstände sehen. Seine Vorschläge, sein Rat, nichts ist aus der Luft gegriffen, und doch so oft nicht ausführbar, deswegen er auch die Sammlung Patriotische Phantasieen genannt, obgleich alles sich darin an das Wirkliche und Mög­ liche hält. Da nun aber alles Öffentliche auf dem Familienwesen ruht, so wendet er auch dahin vorzüglich seinen Blick. Als Gegenstände seiner ernsten und scherzhaften Betrachtungen finden wir die Veränderung der Sitten und Gewohnheiten, der Kleidungen, der Diät, des häuslichen Lebens, der Erziehung. Man müßte eben alles was in der bürgerlichen und sittlichen Welt vorgeht, rubrizieren, wenn man die Gegenstände erschöpfen wollte, die er behandelt. Und diese Behandlung ist bewun­ dernswürdig. Ein vollkommener Geschäftsmann spricht zum Volke in Wochenblättern, um dasjenige, was eine einsichtige wohlwollende | Regierung sich vornimmt oder ausführt, einem Jeden von der rech­ ten Seite faßlich zu machen; keineswegs aber lehrhaft, sondern in den mannigfaltigsten Formen, die man poetisch nennen könnte, und die

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nell’epoca successiva, si concentrò sull’entroterra allon­ tanandosi sempre più dal commercio marittimo fino a ri­ manerne esclusa. Come questo accadde, viene spiegato da più punti di vista. Si parla del conflitto tra l’Inghilterra e le coste, tra i porti e l’entroterra; si espongono i grandi van­ taggi di quelli che vivono sulle coste e si avanzano proposte serie su come potrebbero trarne beneficio anche gli abitan­ ti dell’entroterra. Poi impariamo molte cose sui mestieri e l’artigianato e su come vengano superati dalle fabbriche e minati dal commercio; vediamo come la decadenza sia il risultato di diverse cause, risultato che diviene a sua volta origine di altra decadenza in un ciclo perenne, difficile da interrompere. Ma quel perspicace cittadino lo descrive in modo così chiaro che si ha l’impressione di poter ancora trovare una via d’uscita. Nel complesso, l’autore mostra una conoscenza sovrana persino delle situazioni più parti­ colari. I suoi suggerimenti, i consigli, niente è campato in aria, per quanto assai spesso non siano realizzabili; perciò ha intitolato la raccolta Fantasie patriottiche, sebbene tutto in essa si attenga al reale e al possibile. Poiché però tutta la cosa pubblica si basa sull’istituzione familiare, anche a quella rivolge la sua attenzione. In consi­ derazioni tra il serio e il faceto si occupa del cambiamento di usi e abitudini, del modo di vestire, del cibo, della vita domestica, dell’educazione. Si dovrebbe fare un indice di tutto quello che accade nel mondo civile e morale, se vo­ lessimo elencare in modo esaustivo tutti gli argomenti che tratta – e come li tratta è davvero ammirevole. Un perfetto funzionario dello Stato parla al popolo da una rivista setti­ manale per mostrare a ciascuno nella giusta prospettiva ciò che un governo moderato | e benevolo propone e dispone; ma non con pedanteria, bensì nelle forme più varie che po­ tremmo definire poetiche e che certamente possono essere

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gewiß in dem besten Sinn für rhetorisch gelten müssen. Immer ist er über seinen Gegenstand erhaben, und weiß uns eine heitere Ansicht des Ernstesten zu geben; bald hinter dieser bald hinter jener Maske halb versteckt, bald in eigner Person sprechend, immer vollständig und erschöpfend, dabei immer froh, mehr oder weniger ironisch, durch­ aus tüchtig, rechtschaffen, wohlmeinend, ja manchmal derb und heftig, und dieses alles so abgemessen, daß man zugleich den Geist, den Ver­ stand, die Leichtigkeit, Gewandtheit, den Geschmack und Charakter des Schriftstellers bewundern muß. In Absicht auf Wahl gemeinnüt­ ziger Gegenstände, auf tiefe Einsicht, freie Übersicht, glückliche Be­ handlung, so gründlichen als frohen Humor, wüßte ich ihm Niemand als Franklin zu vergleichen. Ein solcher Mann imponierte uns unendlich und hatte den größten Einfluß auf eine Jugend, die auch etwas Tüchtiges wollte, und im Be­ griff stand, es zu erfassen. In die Formen seines Vortrags glaubten wir uns wohl auch finden zu können; aber wer durfte hoffen, sich eines so reichen Gehalts zu bemächtigen, und die widerspenstigsten Gegen­ stände mit so viel Freiheit zu handhaben? Doch das ist unser schönster und süßester Wahn, den wir nicht auf­ geben dürfen, ob er uns gleich viel Pein im Leben verursacht, daß wir das was wir schätzen und verehren, uns auch wo möglich zueignen, ja aus uns selbst hervorbringen und darstellen möchten. |

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considerate retoriche nel senso migliore del termine. È sem­ pre superiore al suo oggetto e sa trattare con serenità anche le questioni più serie; celandosi or dietro questa, or dietro quella maschera, talvolta parlando in prima persona, è sem­ pre esaustivo e completo, ma anche sempre allegro, più o meno ironico, in ogni cosa corretto, onesto, benevolo; qual­ che volta anche grezzo e impetuoso, ma sempre con una moderazione che invita ad ammirare lo spirito, l’intelligen­ za, la leggerezza, l’abilità, il gusto e il carattere dello scrit­ tore. In quanto alla selezione degli argomenti più utili, alla profondità di analisi, all’ampiezza della visione d’insieme, allo stile particolarmente indovinato e al tono impegnato ma gaio insieme, potrei paragonarlo soltanto a Franklin202. Quell’uomo ebbe un enorme ascendente e un influsso profondissimo su una gioventù che voleva a sua volta im­ pegnarsi ed era in procinto di farlo. Ci pareva che la forma della sua esposizione fosse simile alla nostra, ma chi poteva sperare di impadronirsi di contenuti così ricchi, di trattare con quella libertà anche i temi più refrattari? È la nostra illusione più dolce e più bella, quella a cui non possiamo rinunciare sebbene nella vita ci abbia cau­ sato molta sofferenza: cercare di appropriarci per quanto possibile di quello che stimiamo e veneriamo, anzi, cercare di riprodurlo e rappresentarlo come se venisse da dentro di noi. |

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Vierzehntes Buch Mit jener Bewegung nun, welche sich im Publikum verbreitete, ergab sich eine andere, für den Verfasser vielleicht von größerer Bedeutung, indem sie sich in seiner nächsten Umgebung ereignete. Ältere Freunde, welche jene Dichtungen, die nun so großes Aufsehen machten, schon im Manuskript gekannt hatten, und sie deshalb zum Teil als die ihrigen ansahen, triumphierten über den guten Erfolg, den sie, kühn genug, zum voraus geweissagt. Zu ihnen fanden sich neue Teilnehmer, beson­ ders solche, welche selbst eine produktive Kraft in sich spürten, oder zu erregen und zu hegen wünschten. Unter den erstern tat sich Lenz am lebhaftesten und gar sonderbar hervor. Das Äußerliche dieses merkwürdigen Menschen ist schon um­ rissen, seines humoristischen Talents mit Liebe gedacht; nun will ich von seinem Charakter mehr in Resultaten als schildernd sprechen, weil es unmöglich wäre, ihn durch die Umschweife seines Lebensganges zu begleiten, und seine Eigenheiten darstellend zu überliefern. Man kennt jene Selbstquälerei, welche, da man von außen und von andern keine Not hatte, an der Tagesordnung war, und gerade die vor­ züglichsten Geister beunruhigte. Was gewöhnliche Menschen, die sich nicht selbst beobachten, nur vorübergehend quält, was sie sich aus dem Sinne zu schlagen suchen, das ward von den bessern scharf bemerkt, beachtet, in Schriften, Briefen und Tagebüchern aufbewahrt. Nun aber gesellten sich die strengsten sittlichen Forderungen an sich und an­ dere zu der größten Fahrlässigkeit im Tun, und ein aus dieser halben Selbstkenntnis entspringender Dünkel verführte zu den seltsamsten

Libro quattordicesimo Insieme a quel movimento203 che si diffuse tra il pubblico se ne produsse anche un altro, forse di maggior rilevanza per l’autore perché si propagò nelle sue immediate vicinanze. I vecchi amici che conoscevano, fin da quando erano ancora manoscritte, quelle opere che ora suscitavano tanto inte­ resse, le consideravano in parte anche di loro proprietà, ed erano quindi trionfanti per il grande successo che avevano avuto l’ardire di prevedere. A loro si aggiunsero altri esti­ matori, soprattutto coloro che sentivano di avere capacità creative o che desideravano stimolarle e coltivarle204. Tra i primi si fece notare Lenz per l’estrema vivacità e l’eccentricità. Ho già descritto l’aspetto di quell’uomo cu­ rioso, ho ricordato con affetto il suo talento umoristico; ora vorrei parlare del suo carattere più in base ai risultati che alle vicende personali, poiché sarebbe impossibile seguirlo nel percorso tortuoso della sua esistenza o rendere conto delle sue peculiarità in una descrizione. Conosciamo bene quel tormento interiore che ci si au­ toinfligge quando non si hanno problemi esterni: era all’or­ dine del giorno e agitava soprattutto gli spiriti migliori. Ciò che affligge solo per breve tempo l’uomo comune, non abi­ tuato a osservarsi, ciò di cui tende a liberarsi, era invece attentamente considerato dai migliori, analizzato, fissato in scritti, lettere e diari. Le più severe pretese morali verso se stessi e gli altri si accompagnavano però a un’estrema trascuratezza nella pratica, e l’arroganza che scaturiva da questa parziale conoscenza di sé portava ai comportamen­

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Angewohnheiten und Unarten. Zu einem solchen Abarbeiten in der Selbstbeobachtung berechtigte jedoch die aufwachende | empirische Psychologie, die nicht gerade alles was uns innerlich beunruhigt, für bös und verwerflich erklären wollte, aber doch auch nicht alles billigen konnte; und so war ein ewiger nie beizulegender Streit erregt. Diesen zu führen und zu unterhalten übertraf nun Lenz alle übrigen Un- oder Halbbeschäftigten, welche ihr Inneres untergruben, und so litt er im Allgemeinen von der Zeitgesinnung, welche durch die Schilderung Werther’s abgeschlossen sein sollte; aber ein individueller Zuschnitt unterschied ihn von allen übrigen, die man durchaus für offene redliche Seelen anerkennen mußte. Er hatte nämlich einen entschiedenen Hang zur Intrigue, und zwar zur Intrigue an sich, ohne daß er eigentliche Zwecke, verständige, selbstische, erreichbare Zwecke dabei gehabt hätte; vielmehr pflegte er sich immer etwas Fratzenhaftes vorzusetzen, und eben deswegen diente es ihm zur beständigen Unterhaltung. Auf diese Weise war er Zeitlebens ein Schelm in der Einbildung, seine Lie­ be wie sein Haß waren imaginär, mit seinen Vorstellungen und Ge­ fühlen verfuhr er willkürlich, damit er immer fort etwas zu tun haben möchte. Durch die verkehrtesten Mittel suchte er seinen Neigungen und Abneigungen Realität zu geben, und vernichtete sein Werk immer wieder selbst; und so hat er Niemanden den er liebte, jemals genützt, Niemanden den er haßte, jemals geschadet, und im Ganzen schien er nur zu sündigen, um sich strafen, nur zu intriguieren, um eine neue Fabel auf eine alte pfropfen zu können. Aus wahrhafter Tiefe, aus unerschöpflicher Produktivität ging sein Talent hervor, in welchem Zartheit, Beweglichkeit und Spitzfindigkeit mit einander wetteiferten, das aber, bei aller seiner Schönheit, durch­ aus kränkelte, und gerade diese Talente sind am schwersten zu beurtei­ len. Man konnte in seinen Arbeiten große Züge nicht verkennen; eine liebliche Zärtlichkeit schleicht sich durch zwischen den albernsten und barockesten Fratzen, die man selbst einem so gründlichen und an­ spruchlosen Humor, einer wahrhaft komischen Gabe kaum verzeihen

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ti più strani e scortesi. Questa logorante introspezione era però legittimata dalla nascente  | psicologia empirica, che non etichettava come negativo o riprovevole tutto ciò che ci disturbava interiormente, ma nemmeno accettava tutto; si aprì così un conflitto perenne e insanabile205. Nel gestirlo e alimentarlo Lenz superava tutti gli altri giovani inoperosi o poco operosi, occupati però a rodersi dentro, e patì quindi la mentalità di un periodo che con il Werther avrebbe potu­ to concludersi; ma un tratto individuale lo differenziava da tutti gli altri che in genere erano persone sincere e oneste. Lenz aveva infatti una spiccata tendenza all’intrigo, e per l’intrigo fine a se stesso, privo di qualsiasi scopo effetti­ vo e comprensibile, egoistico e concreto. Anzi, si poneva sempre obiettivi assurdi che proprio per questo gli procu­ ravano costante intrattenimento. Così fu per tutta la vita un delinquente nella fantasia, il suo amore e il suo odio erano immaginari, trattava con assoluta arbitrarietà le sue idee e i suoi sentimenti in modo da avere sempre qualcosa da fare. Con le forme più balorde cercava di dare sostanza alle sue simpatie e antipatie, distruggendo ogni volta ciò che aveva prodotto; così non fece mai del bene a quelli che amava, né recò mai danno a quelli che odiava e nel complesso sembra­ va peccare solo per punirsi, ordire intrighi solo per innesta­ re una favola nuova sulla vecchia. Il suo talento scaturiva da una profondità autentica e da una creatività inesauribile, in cui delicatezza, vivacità e acume facevano a gara tra loro, ma nonostante tutte le sue qualità aveva un che di malato, e proprio questi sono i talenti più difficili da giudicare. I suoi lavori non manca­ vano di tratti nobili; una lieve dolcezza era soffusa tra le pagliacciate più stupide e assurde, che non si potrebbero accettare nemmeno da un umorismo schietto e senza prete­ se, nemmeno da un autentico talento comico. I suoi giorni

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kann. Seine Tage waren | aus lauter Nichts zusammengesetzt, dem er durch seine Rührigkeit eine Bedeutung zu geben wußte, und er konnte um so mehr viele Stunden verschlendern, als die Zeit die er zum Lesen anwendete, ihm, bei einem glücklichen Gedächtnis, immer viel Frucht brachte, und seine originelle Denkweise mit mannigfaltigem Stoff be­ reicherte. Man hatte ihn mit liefländischen Kavalieren nach Straßburg gesen­ det, und einen Mentor nicht leicht unglücklicher wählen können. Der ältere Baron ging für einige Zeit ins Vaterland zurück, und hinterließ eine Geliebte, an die er fest geknüpft war. Lenz, um den zweiten Bru­ der, der auch um dieses Frauenzimmer warb, und andere Liebhaber zurückzudrängen, und das kostbare Herz seinem abwesenden Freunde zu erhalten, beschloß nun selbst sich in die Schöne verliebt zu stel­ len, oder, wenn man will, zu verlieben. Er setzte diese seine These mit der hartnäckigsten Anhänglichkeit an das Ideal, das er sich von ihr gemacht hatte, durch, ohne gewahr werden zu wollen, daß er so gut als die übrigen ihr nur zum Scherz und zur Unterhaltung diene. Desto bes­ ser für ihn! denn bei ihm war es auch nur Spiel, welches desto länger dauern konnte als sie es ihm gleichfalls spielend erwiderte, ihn bald anzog, bald abstieß, bald hervorrief, bald hintansetzte. Man sei über­ zeugt, daß wenn er zum Bewußtsein kam, wie ihm denn das zuweilen zu geschehen pflegte, er sich zu einem solchen Fund recht behaglich Glück gewünscht habe. Übrigens lebte er, wie seine Zöglinge, meistens mit Offizieren der Garnison, wobei ihm die wundersamen Anschauungen, die er später in dem Lustspiel die Soldaten aufstellte, mögen geworden sein. Indes­ sen hatte diese frühe Bekanntschaft mit dem Militär die eigene Folge für ihn, daß er sich für einen großen Kenner des Waffenwesens hielt; auch hatte er wirklich dieses Fach nach und nach so im Detail studiert, daß er, einige Jahre später, ein großes Memoire an den französischen

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erano | fatti di nulla, al quale sapeva dare importanza con la sua costante attività; e poteva permettersi di sprecare così tanto tempo nell’ozio perché le ore che dedicava alla lettu­ ra, grazie alla sua buona memoria, erano molto proficue e fornivano sempre nuovo alimento al suo originale modo di pensare. Era stato inviato a Strasburgo con alcuni nobili della Livonia: la scelta del mentore non avrebbe potuto essere più infelice! Il maggiore dei baroni tornò in patria per un certo tempo lasciando lì un’innamorata con cui aveva un legame stabile. Lenz, per tenere lontano il fratello minore, che corteggiava anche lui la fanciulla, e altri pretendenti, preservando così il prezioso legame per l’amico assente, decise di fingersi lui stesso innamorato di lei o, se si vuo­ le, di innamorarsene davvero206. Perseguì questa idea con il più ostinato attaccamento all’ideale che si era fatto della ragazza, senza rendersi conto che sia lui che gli altri rappre­ sentavano per lei solo scherzo e divertimento. Meglio così, visto che anche per lui si trattava soltanto di uno scherzo, che poté durare a lungo poiché la ragazza stava al gioco e lo contraccambiava allo stesso modo, stuzzicandolo e re­ spingendolo, lusingandolo e disdegnandolo. Molti erano convinti che nei momenti di lucidità, che si presentavano di tanto in tanto, si congratulasse con se stesso per la sua bella trovata. Insieme ai suoi pupilli rimaneva per lo più con gli uffi­ ciali della guarnigione, e lì deve aver elaborato quelle par­ ticolari opinioni che poi espose nella commedia I soldati. A ogni modo quella precoce esperienza con la vita militare ebbe per lui come unica conseguenza il fatto che, da allo­ ra in poi, si ritenne un grande esperto di arte militare e in effetti in quel periodo fece studi approfonditi in quell’am­ bito, tanto che alcuni anni dopo scrisse un’ampia memoria

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Kriegsminister aufsetzte, wovon er sich den besten Erfolg versprach. Die Gebrechen jenes Zustandes waren ziemlich gut gesehn, die Heil­ mittel | dagegen lächerlich und unausführbar. Er aber hielt sich über­ zeugt, daß er dadurch bei Hofe großen Einfluß gewinnen könne, und wußte es den Freunden schlechten Dank, die ihn, teils durch Gründe, teils durch tätigen Widerstand, abhielten, dieses phantastische Werk, das schon sauber abgeschrieben, mit einem Briefe begleitet, couver­ tiert und förmlich adressiert war, zurückzuhalten, und in der Folge zu verbrennen. Mündlich und nachher schriftlich hatte er mir die sämtlichen Irr­ gänge seiner Kreuz- und Querbewegungen, in Bezug auf jenes Frauen­ zimmer vertraut. Die Poesie die er in das Gemeinste zu legen wußte, setzte mich oft in Erstaunen, so daß ich ihn dringend bat, den Kern dieses weitschweifigen Abenteuers geistreich zu befruchten, und einen kleinen Roman daraus zu bilden; aber es war nicht seine Sache, ihm konnte nicht wohl werden, als wenn er sich grenzenlos im Einzelnen verfloß und sich an einem unendlichen Faden ohne Absicht hinspann. Vielleicht wird es dereinst möglich, nach diesen Prämissen, seinen Le­ bensgang, bis zu der Zeit da er sich in Wahnsinn verlor, auf irgend eine Weise anschaulich zu machen; gegenwärtig halte ich mich an das Nächste, was eigentlich hierher gehört. Kaum war Götz von Berlichingen erschienen, als mir Lenz einen weitläuftigen Aufsatz zusendete, auf geringes Konzeptpapier geschrie­ ben, dessen er sich gewöhnlich bediente, ohne den mindesten Rand we­ der oben noch unten, noch an den Seiten zu lassen. Diese Blätter waren betitelt: Über unsere Ehe, und sie würden, wären sie noch vorhanden, uns gegenwärtig mehr aufklären als mich damals, da ich über ihn und sein Wesen noch sehr im Dunkeln schwebte. Das Hauptabsehen dieser weitläuftigen Schrift war, mein Talent und das seinige neben einander zu stellen; bald schien er sich mir zu subordinieren, bald sich mir gleich zu setzen; das alles aber geschah mit so humoristischen und zierlichen

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indirizzata al ministro francese della guerra dalla quale si riprometteva un grande successo. I problemi della catego­ ria erano individuati abbastanza bene, i rimedi | proposti erano invece ridicoli e irrealizzabili. Lui però era convinto che avrebbe acquistato un grande ascendente sulla corte e ripagò con cattiva moneta gli amici che, in parte a parole, in parte con fattiva opposizione gli impedirono di spedire quell’opera fantasiosa che era stata già trascritta in bella copia, impacchettata e corredata di indirizzo e lettera di ac­ compagnamento, e che in seguito fu bruciata207. Prima a voce e poi per iscritto mi aveva raccontato tutte le sue peripezie e le avventurose vicende con quella signori­ na208. Spesso mi stupiva la poesia che sapeva infondere alle cose più comuni, tanto che lo pregai con insistenza di far fruttare con ingegno il nocciolo di quell’infinita avventura ricavandone un piccolo romanzo. Ma non era cosa per lui, non si sentiva a suo agio se non quando si perdeva all’in­ finito in un dettaglio e tesseva un filo interminabile senza alcuno scopo. Forse sarà possibile prima o poi, su queste premesse, rappresentare la sua esistenza fino al momento in cui si perse nella follia; al momento mi attengo solo a ciò che è pertinente al mio racconto. Era appena uscito Götz von Berlichingen quando Lenz mi inviò un lungo saggio, scritto su fogli per appunti come quelli che usava di solito, senza il benché minimo margi­ ne né sopra né sotto e nemmeno sui lati. Si intitolava: Sul nostro matrimonio, e se esistessero ancora, quei fogli sa­ rebbero oggi molto più illuminanti di quanto lo furono per me allora, quando ignoravo ancora molto di lui e del suo carattere. Lo scopo principale del lungo scritto era quello di mettere a confronto il mio talento con il suo; talvolta sem­ brava lasciarmi il primo posto, talvolta eravamo alla pari, ma il tutto era scritto con espressioni così divertenti e gar­

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Wendungen, daß ich die Ansicht, die er mir dadurch geben wollte, um so lieber aufnahm, als ich seine | Gaben wirklich sehr hoch schätzte und immer nur darauf drang, daß er aus dem formlosen Schweifen sich zusammenziehen, und die Bildungsgabe, die ihm angeboren war, mit kunstgemäßer Fassung benutzen möchte. Ich erwiderte sein Vertrauen freundlichst, und weil er in seinen Blättern auf die innigste Verbindung drang (wie denn auch schon der wunderliche Titel andeutete), so teilte ich ihm von nun an alles mit, sowohl das schon Gearbeitete als was ich vorhatte; er sendete mir dagegen nach und nach seine Manuskripte, den Hofmeister, den neuen Menoza, die Soldaten, Nachbildungen des Plautus, und jene Übersetzung des englischen Stücks als Zugabe zu den Anmerkungen über das Theater. Bei diesen war es mir einigermaßen auffallend, daß er in einem la­ konischen Vorberichte sich dahin äußerte, als sei der Inhalt dieses Auf­ satzes, der mit Heftigkeit gegen das regelmäßige Theater gerichtet war, schon vor einigen Jahren, als Vorlesung, einer Gesellschaft von Lite­ raturfreunden bekannt geworden, zu der Zeit also, wo Götz noch nicht geschrieben gewesen. In Lenzens Straßburger Verhältnissen schien ein literarischer Zirkel den ich nicht kennen sollte, etwas problematisch; allein ich ließ es hingehen, und verschaffte ihm zu dieser wie zu seinen übrigen Schriften bald Verleger, ohne auch nur im mindesten zu ahn­ den, daß er mich zum vorzüglichsten Gegenstande seines imaginären Hasses, und zum Ziel einer abenteuerlichen und grillenhaften Verfol­ gung ausersehn hatte. Vorübergehend will ich nur, der Folge wegen, noch eines guten Ge­ sellen gedenken, der, obgleich von keinen außerordentlichen Gaben, doch auch mitzählte. Er hieß Wagner, erst ein Glied der Straßburger, dann der Frankfurter Gesellschaft; nicht ohne Geist, Talent und Unter­ richt. Er zeigte sich als ein Strebender, und so war er willkommen. Auch hielt er treulich an mir, und weil ich aus allem was ich vorhatte kein Geheimnis machte, so erzählte ich ihm wie andern meine Absicht

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bate che accolsi di buon grado il suggerimento che voleva darmi, tanto più che allora nutrivo | grande stima per le sue doti e lo incitavo costantemente a concentrarsi, invece che disperdersi senza forma, per mettere a frutto le sue innate doti creative in composizioni a regola d’arte. Ricambiai di cuore la sua confidenza e poiché nel suo scritto mi chiedeva un rapporto più stretto (come traspariva già da quel curioso titolo), da quel momento in poi gli confidai tutto, sia i pro­ getti già portati a termine che quelli in corso. Lui da parte sua mi inviava i suoi manoscritti: Il precettore, Il nuovo Menoza, I soldati, le rielaborazioni di Plauto e la traduzione di quel dramma inglese allegato alle sue Osservazioni sul teatro209. A proposito di queste ultime mi colpì la laconica pre­ fazione in cui affermava che il contenuto di quello scritto, che attaccava con veemenza le regole drammaturgiche clas­ siche, era stato comunicato già alcuni anni prima, in una conferenza, a un gruppo di amici della letteratura – in un periodo, quindi, precedente alla pubblicazione di Götz. Che tra le amicizie di Lenz a Strasburgo ci fosse un gruppo del genere e che io non ne fossi a conoscenza mi parve alquanto strano, ma lasciai perdere e lo aiutai a trovare un editore per questo e altri scritti, senza immaginarmi nemmeno lonta­ namente che mi aveva scelto come oggetto privilegiato del suo odio immaginario e come vittima di un’avventurosa e cervellotica persecuzione210. Brevemente vorrei ricordare, per le conseguenze che ebbe, anche un altro buon amico che, pur senza eccellere, faceva parte del gruppo. Si chiamava Wagner, era nella cer­ chia di Strasburgo prima, poi di Francoforte. Non scevro di spirito, talento e cultura, mostrava di avere molte aspirazio­ ni e fu quindi il benvenuto. Era uno dei miei fedelissimi e poiché io non facevo mistero delle mie intenzioni, raccontai

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mit Faust, besonders die Katastrophe von Gretchen. Er faßte das Su­ jet auf, und | benutzte es für ein Trauerspiel, die Kindesmörderin. Es war das erste Mal, daß mir Jemand etwas von meinen Vorsätzen weg­ schnappte; es verdroß mich, ohne daß ich’s ihm nachgetragen hätte. Ich habe dergleichen Gedankenraub und Vorwegnahmen nachher noch oft genug erlebt, und hatte mich, bei meinem Zaudern und Beschwätzen so manches Vorgesetzten und Eingebildeten, nicht mit Recht zu be­ schweren. Wenn Redner und Schriftsteller, in Betracht der großen Wirkung welche dadurch hervorzubringen ist, sich gern der Kontraste bedienen, und sollten sie auch erst aufgesucht und herbeigeholt werden; so muß es dem Verfasser um so angenehmer sein, daß ein entschiedener Gegen­ satz sich ihm anbietet, indem er nach Lenzen von Klingern zu sprechen hat. Beide waren gleichzeitig, bestrebten sich in ihrer Jugend mit und neben einander. Lenz jedoch, als ein vorübergehendes Meteor, zog nur augenblicklich über den Horizont der deutschen Literatur hin und ver­ schwand plötzlich, ohne im Leben eine Spur zurückzulassen; Klinger hingegen, als einflußreicher Schriftsteller, als tätiger Geschäftsmann, erhält sich noch bis auf diese Zeit. Von ihm werde ich nun ohne weitere Vergleichung, die sich von selbst ergibt, sprechen, in so fern es nötig ist, da er nicht im Verborgenen so manches geleistet und so vieles ge­ wirkt, sondern beides, in weiterem und näherem Kreise, noch in gutem Andenken und Ansehn steht. Klingers Äußeres – denn von diesem beginne ich immer am liebs­ ten – war sehr vorteilhaft. Die Natur hatte ihm eine große, schlanke, wohlgebaute Gestalt und eine regelmäßige Gesichtsbildung gegeben; er hielt auf seine Person, trug sich nett, und man konnte ihn für das hübscheste Mitglied der ganzen kleinen Gesellschaft ansprechen. Sein Betragen war weder zuvorkommend noch abstoßend, und, wenn es nicht innerlich stürmte, gemäßigt. Man liebt an dem Mädchen was es ist, und an dem Jüngling was er ankündigt, und so war ich Klingers Freund, sobald ich ihn kennen

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a lui come ad altri le mie idee per il Faust, in particolare la catastrofe di Gretchen. Lui si impadronì del soggetto e | lo trattò in una tragedia, L’infanticida. Era la prima volta che qualcuno mi soffiava un’idea: ne fui seccato, ma non gli portai rancore211. Anche in seguito mi è capitato spesso che mi anticipassero o rubassero le idee, ma non ho il diritto di lamentarmene, visto che raccontavo ai quattro venti ciò che mi proponevo e immaginavo, rimandandolo però continua­ mente. Oratori e scrittori amano servirsi dei contrasti in forza della loro grande efficacia, anche quando devono cercarli e applicarli a fatica; di conseguenza l’autore è ancora più grato quando un netto contrasto gli si offre spontaneamente come in questo caso, adesso che dopo Lenz deve parlare di Klinger. Erano coetanei, da giovani avevano gareggiato insieme e l’uno contro l’altro. Ma Lenz brillò fugace come una meteora e poi scomparve all’improvviso dall’orizzonte della letteratura tedesca, senza lasciare alcuna traccia nella vita; Klinger invece è attivo ancora oggi sia come scrittore di richiamo, sia come funzionario pubblico212. Non farò ul­ teriori confronti, che vengono da sé, e parlerò di lui per quel tanto che è necessario, visto che non ha lavorato e scritto le sue opere nell’oscurità, ma è ancora ricordato e stimato tra gli amici e tra il pubblico. L’aspetto di Klinger – perché da questo amo sempre co­ minciare – era molto attraente. La natura lo aveva provvisto di una corporatura alta, snella e ben proporzionata e di un volto regolare; curava la sua persona, aveva buone maniere e lo si poteva ritenere il più bello del nostro piccolo gruppo. I suoi modi non erano né ossequiosi né scortesi e, a parte quando il suo intimo era in tumulto, equilibrati. Nelle ragazze si apprezza quello che sono, nei ragaz­ zi quello che promettono, e così divenni immediatamente

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lernte. Er empfahl sich | durch eine reine Gemütlichkeit, und ein un­ verkennbar entschiedener Charakter erwarb ihm Zutrauen. Auf ein ern­ stes Wesen war er von Jugend auf hingewiesen; er, nebst einer eben so schönen und wackern Schwester, hatte für eine Mutter zu sorgen, die, als Witwe, solcher Kinder bedurfte, um sich aufrecht zu erhalten. Alles was an ihm war, hatte er sich selbst verschafft und geschaffen, so daß man ihm einen Zug von stolzer Unabhängigkeit, der durch sein Betragen durchging, nicht verargte. Entschiedene natürliche Anlagen, welche allen wohlbegabten Menschen gemein sind, leichte Fassungs­ kraft, vortreffliches Gedächtnis, Sprachengabe besaß er in hohem Gra­ de; aber alles schien er weniger zu achten als die Festigkeit und Beharr­ lichkeit, die sich ihm, gleichfalls angeboren, durch Umstände völlig bestätigt hatten. Einem solchen Jüngling mußten Rousseau’s Werke vorzüglich zu­ sagen. Emil war sein Haupt- und Grundbuch, und jene Gesinnungen fruchteten um so mehr bei ihm, als sie über die ganze gebildete Welt allgemeine Wirkung ausübten, ja bei ihm mehr als bei andern. Denn auch er war ein Kind der Natur, auch er hatte von unten auf ange­ fangen; das was andere wegwerfen sollten, hatte er nie besessen, Ver­ hältnisse, aus welchen sie sich retten sollten, hatten ihn nie beengt; und so konnte er für einen der reinsten Jünger jenes Naturevangeliums angesehen werden, und in Betracht seines ernsten Bestrebens, seines Betragens als Mensch und Sohn, recht wohl ausrufen: alles ist gut, wie es aus den Händen der Natur kommt! – Aber auch den Nachsatz: alles verschlimmert sich unter den Händen der Menschen! drängte ihm eine widerwärtige Erfahrung auf. Er hatte nicht mit sich selbst, aber außer sich mit der Welt des Herkommens zu kämpfen, von deren Fesseln der Bürger von Genf uns zu erlösen gedachte. Weil nun, in des Jünglings Lage, dieser Kampf oft schwer und sauer ward, so fühlte er sich ge­ waltsamer in sich zurückgetrieben, als daß er durchaus zu einer frohen

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amico di Klinger non appena lo conobbi. Si distingueva | per la serena tranquillità, mentre il carattere evidentemente deciso ispirava fiducia. Fin da ragazzo era predisposto alla serietà: doveva provvedere, oltre che a una sorella altrettan­ to bella e sveglia, anche alla madre che, vedova, contava sul sostegno dei figli. Tutte le sue qualità se le era procurate e coltivate da solo e per questo non gli si poteva rimproverare quel tratto di orgogliosa indipendenza che si manifestava nel suo contegno. Aveva spiccate doti naturali, tipiche di tutti gli uomini dotati: intelligenza svelta, eccellente me­ moria, propensione per le lingue; ma tutto questo sembrava essere per lui meno importante dell’affidabilità e perseve­ ranza che, altrettanto innate, si erano consolidate nelle cir­ costanze della vita. Un giovane del genere non poteva non apprezzare le opere di Rousseau: Émile era il suo punto di riferimento213, e quelle idee che stavano esercitando un vasto influsso su tutto il mondo colto, furono per lui ancora più fruttuose. Perché anche lui era figlio della natura, anche lui si era fatto strada dal basso; quello a cui altri avrebbero dovuto rinun­ ciare, lui non l’aveva mai posseduto, situazioni da cui altri avrebbero dovuto liberarsi, lui non le aveva mai provate; e così lo si poteva considerare uno dei discepoli più puri del vangelo della natura. Se considerava i suoi notevoli sforzi, il suo comportamento come figlio e come uomo poteva a buon diritto esclamare: tutte le cose, così come ci vengono dalle mani della natura, sono buone! Ma le esperienze nega­ tive gli avevano insegnato anche il corollario: tutto peggio­ ra quando passa nelle mani dell’uomo. Dovette lottare non con se stesso ma con l’esterno, con il mondo della tradizio­ ne dalle cui catene il cittadino di Ginevra voleva affrancar­ ci. Ora, poiché la sua situazione rendeva quella lotta spesso difficile e amara, fu spinto violentemente a chiudersi in sé e

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und freudigen Ausbildung hätte gelangen können: vielmehr mußte er sich | durchstürmen, durchdrängen; daher sich ein bitterer Zug in sein Wesen schlich, den er in der Folge zum Teil gehegt und genährt, mehr aber bekämpft und besiegt hat. In seinen Produktionen, in so fern sie mir gegenwärtig sind, zeigt sich ein strenger Verstand, ein biederer Sinn, eine rege Einbildungs­ kraft, eine glückliche Beobachtung der menschlichen Mannigfaltigkeit, und eine charakteristische Nachbildung der generischen Unterschiede. Seine Mädchen und Knaben sind frei und lieblich, seine Jünglinge glühend, seine Männer schlicht und verständig, die Figuren die er un­ günstig darstellt, nicht zu sehr übertrieben; ihm fehlt es nicht an Hei­ terkeit und guter Laune, Witz und glücklichen Einfällen; Allegorieen und Symbole stehen ihm zu Gebot; er weiß uns zu unterhalten und zu vergnügen, und der Genuß würde noch reiner sein, wenn er sich und uns den heitern bedeutenden Scherz nicht durch ein bitteres Mißwollen hier und da verkümmerte. Doch dies macht ihn eben zu dem was er ist, und dadurch wird ja die Gattung der Lebenden und Schreibenden so mannigfaltig, daß ein Jeder, theoretisch, zwischen Erkennen und Irren, praktisch, zwischen Beleben und Vernichten hin und wider wogt. Klinger gehört unter die, welche sich aus sich selbst, aus ihrem Ge­ müte und Verstande heraus zur Welt gebildet hatten. Weil nun dieses mit und in einer größeren Masse geschah, und sie sich unter einander einer verständlichen, aus der allgemeinen Natur und aus der VolksEigentümlichkeit herfließenden Sprache mit Kraft und Wirkung be­ dienten; so waren ihnen früher und später alle Schulformen äußerst zuwider, besonders wenn sie, von ihrem lebendigen Ursprung getrennt, in Phrasen ausarteten, und so ihre erste frische Bedeutung gänzlich verloren. Wie nun gegen neue Meinungen, Ansichten, Systeme, so er­ klären sich solche Männer auch gegen neue Ereignisse, hervortretende bedeutende Menschen, welche große Veränderungen ankündigen oder bewirken: ein Verfahren, das ihnen keineswegs zu verargen ist, weil sie

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non poté giungere a una visione serena e gioiosa della vita: dovette invece | affermarsi combattendo, farsi strada con la forza, e per questo si insinuò nel suo carattere un tratto amaro che in seguito ha in parte mantenuto e alimentato, ma più spesso combattuto e sconfitto. Nelle sue opere, almeno in quelle che ho presenti, si notano rigore intellettuale, onestà, una fantasia vivace, una felice osservazione della varietà umana e una fedele caratterizzazione delle differenze tra i due sessi. Ragazze e ragazzi sono spontanei e simpatici, i giovani impetuosi, gli uomini semplici e di buon senso, le figure negative non sono mai troppo calcate; non gli mancano allegria e buonu­ more, ironia e belle trovate; padroneggia allegorie e sim­ boli, sa intrattenerci e divertirci e il piacere sarebbe ancora più completo se ogni tanto non rovinasse a se stesso e a noi lo scherzo sereno ed efficace con malevola amarezza. Ma proprio questo fa di lui quello che è, e in effetti la categoria dei viventi e degli scrittori è tanto varia proprio perché cia­ scuno oscilla qua e là tra conoscenza ed errore nella teoria, e tra vivificare e distruggere nella pratica. Klinger è uno di quelli che si erano affermati nel mondo con le proprie forze, grazie al carattere e all’intelligenza. Questo accadde anche a moltissime altre persone che tra loro si servivano con intensità ed efficacia di un linguaggio chiaro, basato sulla natura universale e sulle caratteristiche nazionali, e costoro finirono per odiare tutte le forme stere­ otipate, soprattutto quelle che si erano distaccate dalla loro origine ed erano degenerate in frasi fatte perdendo così del tutto il loro significato originario. Si dichiaravano contrari non soltanto a nuove opinioni, idee e sistemi, ma anche a nuovi avvenimenti, a uomini emergenti e significativi che annunciavano o producevano grandi cambiamenti: un at­ teggiamento che non si può biasimare, perché vedevano

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dasjenige von Grund aus gefährdet | sehen, dem sie ihr eignes Dasein und Bildung schuldig geworden. Jenes Beharren eines tüchtigen Charakters aber, wird um desto wür­ diger, wenn es sich durch das Welt- und Geschäftsleben durcherhält, und wenn eine Behandlungsart des Vorkömmlichen, welche manchem schroff, ja gewaltsam scheinen möchte, zur rechten Zeit angewandt, am sichersten zum Ziele führt. Dies geschah bei ihm, da er ohne Bieg­ samkeit (welches ohnedem die Tugend der geborenen Reichsbürger niemals gewesen,) aber desto tüchtiger, fester und redlicher, sich zu bedeutenden Posten erhob, sich darauf zu erhalten wußte, und mit Bei­ fall und Gnade seiner höchsten Gönner fortwirkte, dabei aber niemals weder seine alten Freunde, noch den Weg den er zurückgelegt, vergaß. Ja er suchte die vollkommenste Stetigkeit des Andenkens, durch alle Grade der Abwesenheit und Trennung, hartnäckig zu erhalten; wie es denn gewiß angemerkt zu werden verdient, daß er, als ein anderer Willigis, in seinem durch Ordenszeichen geschmückten Wappen, Merk­ male seiner frühesten Zeit zu verewigen nicht verschmähte. Es dauerte nicht lange, so kam ich auch mit Lavatern in Verbin­ dung. Der Brief des Pastors an seinen Kollegen hatte ihm stellenweise sehr eingeleuchtet: denn manches traf mit seinen Gesinnungen voll­ kommen überein. Bei seinem unablässigen Treiben ward unser Brief­ wechsel bald sehr lebhaft. Er machte so eben ernstliche Anstalten zu seiner größern Physiognomik, deren Einleitung schon früher in das Pu­ blikum gelangt war. Er forderte alle Welt auf, ihm Zeichnungen, Schat­ tenrisse, besonders aber Christusbilder zu schicken, und ob ich gleich so gut wie gar nichts leisten konnte, so wollte er doch von mir ein für allemal auch einen Heiland gezeichnet haben, wie ich mir ihn vorstell­ te. Dergleichen Forderungen des Unmöglichen gaben mir zu mancher­ lei Scherzen Anlaß, und ich wußte mir gegen seine Eigenheiten nicht anders zu helfen, als daß ich die meinigen hervorkehrte. Die Anzahl derer, welche keinen Glauben an die | Physiognomik hatten, oder doch wenigstens sie für ungewiß und trüglich hielten, war

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minato alle fondamenta | tutto quello a cui dovevano la loro esistenza e formazione. Ma la tenacia di un carattere forte diviene ancora più meri­ tevole quando supera le prove della vita lavorativa e sociale, quando un certo modo di affrontare gli eventi, che ad alcuni potrebbe parere brusco o addirittura aggressivo, applicato al momento giusto permette invece di arrivare con sicurezza al traguardo. Era il caso di Klinger che, senza compiacenza (che non è mai stata una virtù dei cittadini liberi delle città impe­ riali) ma con impegno, costanza e onestà si conquistò cariche elevate, seppe mantenerle e continuò ad agire con l’appro­ vazione e il favore dei suoi superiori, ma senza dimenticare i vecchi amici né la strada che aveva percorso. Anzi, cercò ostinatamente di conservarne un perenne ricordo nonostante distanze e separazioni, e vale senz’altro la pena notare che anche lui, novello Willigis, nel suo stemma adorno di insegne non disdegnò di immortalare i simboli della sua origine214. Non passò molto tempo che entrai in contatto anche con Lavater. La Lettera del pastore al suo collega gli era parsa illuminante in alcuni punti, e vi aveva ritrovato idee che collimavano perfettamente con le sue215. Grazie alla sua incessante attività, la nostra corrispondenza divenne pre­ sto molto vivace. Si stava occupando seriamente della sua grande opera di fisiognomica, la cui introduzione era già stata pubblicata; invitava tutti a inviargli disegni, silhouettes ma soprattutto immagini di Cristo, e sebbene io non potessi aiutarlo molto, volle avere anche da me un disegno del Salvatore, così come me lo immaginavo. Richieste im­ possibili come quella mi offrirono lo spunto per numerosi scherzi – non avevo altro modo per difendermi dalle sue stranezze, se non mettendo in campo le mie. Il numero di coloro che non credevano alla | fisiognomica o la ritenevano quanto meno incerta e fallace era notevole e

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sehr groß, und sogar viele die es mit Lavatern gut meinten, fühlten einen Kitzel, ihn zu versuchen und ihm wo möglich einen Streich zu spielen. Er hatte sich in Frankfurt, bei einem nicht ungeschickten Ma­ ler, die Profile mehrerer namhaften Menschen bestellt. Der Absender erlaubte sich den Scherz, Bahrdts Portrait zuerst statt des meinigen ab­ zuschicken, wogegen eine zwar muntere aber donnernde Epistel zu­ rückkam, mit allen Trümpfen und Beteurungen, daß dies mein Bild nicht sei, und was Lavater sonst alles, zu Bestätigung der physiogno­ mischen Lehre, bei dieser Gelegenheit mochte zu sagen haben. Mein wirkliches nachgesendetes ließ er eher gelten; aber auch hier schon tat sich der Widerstreit hervor, in welchem er sich sowohl mit den Ma­ lern als mit den Individuen befand. Jene konnten ihm niemals wahr und genau genug arbeiten, diese, bei allen Vorzügen welche sie haben mochten, blieben doch immer zu weit hinter der Idee zurück, die er von der Menschheit und den Menschen hegte, als daß er nicht durch das Besondere, wodurch der einzelne zur Person wird, einigermaßen hätte abgestoßen werden sollen. Der Begriff von der Menschheit, der sich in ihm und an seiner Menschheit herangebildet hatte, war so genau mit der Vorstellung ver­ wandt, die er von Christo lebendig in sich trug, daß es ihm unbegreif­ lich schien, wie ein Mensch leben und atmen könne, ohne zugleich ein Christ zu sein. Mein Verhältnis zu der christlichen Religion lag bloß in Sinn und Gemüt, und ich hatte von jener physischen Verwandtschaft, zu welcher Lavater sich hinneigte, nicht den mindesten Begriff. Ärger­ lich war mir daher die heftige Zudringlichkeit eines so geist- als herz­ vollen Mannes, mit der er auf mich so wie auf Mendelssohn und andere losging, und behauptete, man müsse entweder mit ihm ein Christ, ein Christ nach seiner Art werden, oder man müsse ihn zu sich hinüber­ ziehn, man müsse ihn gleichfalls von demjenigen überzeugen, worin man seine Beruhigung finde. Diese Forderung, so unmittelbar dem li­ beralen Weltsinn, zu dem | ich mich nach und nach auch bekannte, ent­ gegen stehend, tat auf mich nicht die beste Wirkung. Alle Bekehrungs­

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persino molti di quelli che stimavano Lavater erano tentati di metterlo alla prova o persino di fargli qualche dispetto. Aveva commissionato a un rinomato pittore di Francoforte i profili di alcune celebrità e chi gliele spedì si prese la li­ bertà di inviargli il ritratto di Bahrdt al posto del mio, cosa che suscitò in risposta una lettera spiritosa ma comunque di protesta in cui si affermava e ribadiva che quello non era affatto il mio ritratto, insieme a tutte le argomentazioni che Lavater utilizzava in occasioni simili a sostegno della dottrina fisiognomica. Il mio vero ritratto inviato in seguito lo prese per buono, ma già qui emergeva il contrasto che lo divideva sia dai pittori che dalle altre persone. I primi non lavoravano mai in modo abbastanza fedele e accurato, a suo parere, mentre le seconde, pur con tutte le loro qualità, non erano mai all’altezza dell’idea di umanità e di uomo che egli si era fatto, al punto che si infastidiva per quelle parti­ colarità che rendevano unico il singolo. Il concetto di umanità che si era formato dentro di lui sulla base della sua propria umanità era strettamente cor­ relato all’immagine di Cristo che portava viva dentro di sé, tanto da parergli inconcepibile che un uomo potesse vivere e respirare senza essere un cristiano. Il mio rapporto con il cristianesimo era tutto sul piano sentimentale e spirituale e non mi sfiorava nemmeno l’idea di quell’affinità fisica che aveva invece Lavater. Trovavo quindi irritante che un uomo così intelligente e aperto si rivolgesse a me, a Men­ delssohn o ad altri con insistente petulanza affermando che dovevamo essere cristiani come lui, diventare cristiani a modo suo; in alternativa dovevamo tirare lui dalla nostra parte, dovevamo convertirlo a quello che dava a noi pace interiore216. Quella pretesa, del tutto contraria alla visione liberale del mondo a cui | col tempo mi ero votato, non ebbe un effetto positivo. Tutti i tentativi di conversione, quando

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versuche, wenn sie nicht gelingen, machen denjenigen, den man zum Proselyten ausersah, starr und verstockt, und dieses war um so mehr mein Fall, als Lavater zuletzt mit dem harten Dilemma hervortrat: »Entweder Christ, oder Atheist!« Ich erklärte darauf, daß wenn er mir mein Christentum nicht lassen wollte, wie ich es bisher gehegt hätte, so könnte ich mich auch wohl zum Atheismus entschließen, zumal da ich sähe, daß Niemand recht wisse, was beides eigentlich heißen solle. Dieses Hin- und Widerschreiben, so heftig es auch war, störte das gute Verhältnis nicht. Lavater hatte eine unglaubliche Geduld, Beharr­ lichkeit, Ausdauer; er war seiner Lehre gewiß, und bei dem entschiede­ nen Vorsatz, seine Überzeugung in der Welt auszubreiten, ließ er sich’s gefallen, was nicht durch Kraft geschehen konnte, durch Abwarten und Milde durchzuführen. Überhaupt gehörte er zu den wenigen glückli­ chen Menschen, deren äußerer Beruf mit dem innern vollkommen über­ einstimmt, und deren früheste Bildung, stetig zusammenhängend mit der spätern, ihre Fähigkeiten naturgemäß entwickelt. Mit den zartesten sittlichen Anlagen geboren, bestimmte er sich zum Geistlichen. Er ge­ noß des nötigen Unterrichts und zeigte viele Fähigkeiten, ohne sich jedoch zu jener Ausbildung hinzuneigen, die man eigentlich gelehrt nennt. Denn auch er, um so viel früher geboren als wir, ward von dem Freiheits- und Naturgeist der Zeit ergriffen, der Jedem sehr schmeich­ lerisch in die Ohren raunte: man habe, ohne viele äußere Hülfsmittel, Stoff und Gehalt genug in sich selbst, alles komme nur darauf an, daß man ihn gehörig entfalte. Die Pflicht des Geistlichen, sittlich im täg­ lichen Sinne, religiös im höheren, auf die Menschen zu wirken, traf mit seiner Denkweise vollkommen überein. Redliche und fromme Ge­ sinnungen, wie er sie fühlte, den Menschen mitzuteilen, sie in ihnen zu erregen, war des Jünglings entschiedenster Trieb, und seine liebste Be­

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falliscono, rendono quello che ci si era scelti come proselita soltanto più rigido e ostinato, e questo fu proprio il mio caso quando Lavater alla fine mi pose l’intransigente dilemma: o cristiano, o ateo!217 Risposi a quel punto che, se non voleva lasciarmi il mio cristianesimo così come l’avevo coltivato fino a quel momento, avrei anche potuto votarmi all’atei­ smo, tanto vedevo che nessuno sapeva con precisione cosa fossero né l’uno né l’altro. Quello scambio epistolare, per quanto acceso, non turbò i nostri buoni rapporti. Lavater aveva una pazienza, costan­ za e tenacia incredibili; era convinto della sua dottrina e, avendo il fermo proposito di diffondere le sue convinzio­ ni in tutto il mondo, si accontentava di raggiungere il suo scopo con mitezza e attesa quando non poteva imporlo con la forza. In generale era uno dei pochi fortunati per i quali l’attività esteriore coincideva perfettamente con la vocazio­ ne interiore, nei quali la prima formazione rimane coeren­ te con quella successiva, sviluppando in modo naturale le loro capacità. Nato con delicatissime doti morali, scelse la vita ecclesiastica; ricevette la necessaria istruzione e mostrò grandi capacità, pur senza mai aspirare a quella cultura che definiremmo erudita in senso stretto. Infatti anche lui, pur essendo nato molto prima di me, era stato catturato dall’i­ dea di libertà e di natura che a quel tempo lusingava tutti: ciascuno ha dentro di sé sufficiente materia e sostanza, an­ che senza aiuti esteriori; bisogna solo lasciare che si svilup­ pino in modo adeguato. Il dovere del sacerdote di influire sugli uomini moralmente nel senso comune del termine, su un livello più elevato nel senso religioso del termine, collimava perfettamente col suo modo di pensare. Fin da giovane il suo impulso più forte fu quello di trasmettere sentimenti retti e devoti come quelli che lui stesso provava, di ridestarli negli altri, mentre la sua occupazione preferita

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schäftigung, wie auf sich selbst, so auf andere zu | merken. Jenes ward ihm durch ein inneres Zartgefühl, dieses durch einen scharfen Blick auf das Äußere erleichtert, ja aufgedrungen. Zur Beschaulichkeit war er jedoch nicht geboren, zur Darstellung im eigentlichen Sinne hatte er keine Gabe; er fühlte sich vielmehr mit allen seinen Kräften zur Tätig­ keit, zur Wirksamkeit gedrängt, so daß ich Niemand gekannt habe, der ununterbrochener handelte als er. Weil nun aber unser inneres sittliches Wesen in äußeren Bedingungen verkörpert ist, es sei nun daß wir einer Familie, einem Stande, einer Gilde, einer Stadt, oder einem Staate an­ gehören; so mußte er zugleich, in so fern er wirken wollte, alle diese Äußerlichkeiten berühren und in Bewegung setzen, wodurch denn frei­ lich mancher Anstoß, manche Verwickelung entsprang, besonders, da das Gemeinwesen, als dessen Glied er geboren war, in der genausten und bestimmtesten Beschränkung einer löblichen hergebrachten Frei­ heit genoß. Schon der republikanische Knabe gewöhnt sich, über das öffentliche Wesen zu denken und mitzusprechen. In der ersten Blüte seiner Tage sieht sich der Jüngling, als Zunftgenosse, bald in dem Fall, seine Stimme zu geben und zu versagen. Will er gerecht und selbstän­ dig urteilen, so muß er sich von dem Wert seiner Mitbürger vor allen Dingen überzeugen, er muß sie kennen lernen, er muß sich nach ihren Gesinnungen, nach ihren Kräften umtun, und so, indem er andere zu erforschen trachtet, immer in seinen eignen Busen zurückkehren. In solchen Verhältnissen übte sich Lavater früh, und eben diese Le­ benstätigkeit scheint ihn mehr beschäftigt zu haben als Sprachstudien, als jene sondernde Kritik, die mit ihnen verwandt, ihr Grund so wie ihr Ziel ist. In späteren Jahren, da sich seine Kenntnisse, seine Einsichten unendlich weit ausgebreitet hatten, sprach er doch im Ernst und Scherz oft genug aus, daß er nicht gelehrt sei; und gerade einem solchen Man­ gel von eindringendem Studium muß man zuschreiben, daß er sich an den Buchstaben der Bibel ja der Bibelübersetzung hielt, und freilich für das was er | suchte und beabsichtigte, hier genugsame Nahrung und Hülfsmittel fand.

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era osservare attentamente se stesso e | il prossimo. La pri­ ma cosa era facilitata da una delicata empatia, la seconda era favorita o quasi imposta da uno sguardo penetrante sul mondo. Eppure la contemplazione non rientrava tra i suoi doni, per la rappresentazione in senso stretto non era por­ tato; al contrario, si sentiva spinto con tutte le sue forze all’azione, all’iniziativa, e non conosco nessuno che fosse costantemente attivo quanto lui. Poiché il nostro essere mo­ rale interiore assume consistenza nelle condizioni esteriori, che sia una famiglia, un ceto sociale, una corporazione, una città o uno Stato, così anche lui, volendo agire, toccava e metteva in movimento tutte queste sfere causando talvol­ ta attriti e complicazioni, soprattutto perché la comunità in cui era nato fruiva per tradizione di un’ammirevole libertà, delimitata però in modo molto rigido e preciso. In una re­ pubblica ci si abitua fin da ragazzi a riflettere e a dire la pro­ pria sul bene comune; nel fiore della giovinezza, in quanto membro di una corporazione, ci si trova in condizione di dare il voto o di negarlo. Volendo giudicare in modo onesto e autonomo, il giovane deve per prima cosa essere convinto del valore dei suoi concittadini, deve imparare a conoscerli, informarsi sulle loro convinzioni e capacità e infine, cercan­ do di studiare gli altri, torna a guardare dentro se stesso. In queste situazioni Lavater si esercitò presto e proprio questa attività sembra averlo impegnato molto più degli stu­ di linguistici, più di quell’analisi critica che è loro collegata e ne costituisce il fondamento e lo scopo. Molti anni dopo, quando le sue conoscenze e cognizioni si erano infinitamen­ te estese, ridendo e scherzando diceva spesso che non era un dotto, e proprio questa mancanza di studio approfondito è responsabile del suo attenersi alla lettera alla parola della Bibbia, anzi, delle sue traduzioni, dove trovava | nutrimento e mezzi sufficienti per quello che cercava e intendeva fare.

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Aber gar bald ward jener zunft- und gildemäßig langsam bewegte Wirkungskreis dem lebhaften Naturell zu enge. Gerecht zu sein wird dem Jüngling nicht schwer, und ein reines Gemüt verabscheut die Un­ gerechtigkeit, deren es sich selbst noch nicht schuldig gemacht hat. Die Bedrückungen eines Landvogts lagen offenbar vor den Augen der Bürger, schwerer waren sie vor Gericht zu bringen. Lavater gesellt sich einen Freund zu, und beide bedrohen, ohne sich zu nennen, jenen strafwürdigen Mann. Die Sache wird ruchbar, man sieht sich genötigt, sie zu untersuchen. Der Schuldige wird bestraft, aber die Veranlasser dieser Gerechtigkeit werden getadelt, wo nicht gescholten. In einem wohleingerichteten Staate soll das Rechte selbst nicht auf unrechte Weise geschehn. Auf einer Reise die Lavater durch Deutschland macht, setzt er sich mit gelehrten und wohldenkenden Männern in Berührung; allein er be­ festigt sich dabei nur mehr in seinen eignen Gedanken und Überzeu­ gungen; nach Hause zurückgekommen, wirkt er immer freier aus sich selbst. Als ein edler guter Mensch, fühlt er in sich einen herrlichen Be­ griff von der Menschheit, und was diesem allenfalls in der Erfahrung widerspricht, alle die unleugbaren Mängel, die einen Jeden von der Vollkommenheit ablenken, sollen ausgeglichen werden durch den Be­ griff der Gottheit, die sich, in der Mitte der Zeiten, in die menschliche Natur herabgesenkt, um ihr früheres Ebenbild vollkommen wiederher­ zustellen. Soviel vorerst von den Anfängen dieses merkwürdigen Mannes, und nun vor allen Dingen eine heitere Schilderung unseres persönli­ chen Zusammentreffens und Beisammenseins. Denn unser Briefwech­ sel hatte nicht lange gedauert, als er mir und andern ankündigte, er werde bald, auf einer vorzunehmenden Rheinreise, in Frankfurt ein­ sprechen. Sogleich entstand im Publikum die größte Bewegung; alle waren neugierig, einen so merkwürdigen | Mann zu sehn; viele hoff­ ten für ihre sittliche und religiöse Bildung zu gewinnen; die Zweifler dachten sich mit bedeutenden Einwendungen hervorzutun, die Ein­

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Ma ben presto l’ambito d’azione legato a corporazioni e associazioni si rivelò troppo statico e troppo ristretto per una natura così vivace. Essere retti non è difficile per i gio­ vani, e un animo puro aborrisce l’ingiustizia di cui non si è ancora macchiato. I soprusi di un balivo erano evidenti agli occhi dei cittadini, ma più difficili da portare davanti a un tribunale. Insieme a un amico, Lavater minaccia in forma anonima il mascalzone ma la cosa trapela, si è costretti a indagare. Il colpevole viene punito ma vengono criticati, forse persino ammoniti, anche i fautori di quell’operazione. In uno Stato ben funzionante, la legge deve essere fatta va­ lere in modo legale218. Durante un viaggio attraverso la Germania, Lavater prende contatto con uomini dotti e di mente aperta, con l’effetto di rafforzarlo ancor di più nelle sue opinioni e con­ vinzioni; rientrato a casa, agisce sempre più liberamente secondo le proprie idee. Nobile e buono, percepisce dentro di sé un concetto magnifico dell’umanità e tutto ciò che lo contraddice nella pratica, tutti gli innegabili difetti che al­ lontanano il singolo dalla perfezione, erano compensati dal concetto di una divinità che, nella pienezza dei tempi, si era calata nella natura umana per ristabilirla completamente a sua immagine e somiglianza. Basti questo per l’intanto sugli inizi di quell’uomo sin­ golare, ora passo alla vivace descrizione del nostro incontro e del tempo trascorso insieme. I nostri scambi epistolari non duravano da molto quando annunciò a me e ad altri che, in occasione di un viaggio che intendeva fare lungo il Reno, sarebbe passato da Francoforte. Ci fu subito grande agita­ zione tra la gente, tutti erano curiosi di vedere un | uomo così speciale: molti auspicavano di progredire nella loro formazione morale e spirituale, gli scettici volevano farsi notare con obiezioni acute, i presuntuosi erano convinti di

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bildischen waren gewiß, ihn durch Argumente, in denen sie sich selbst bestärkt hatten, zu verwirren und zu beschämen, und was sonst alles Williges und Unwilliges einen bemerkten Menschen erwartet, der sich mit dieser gemischten Welt abzugeben gedenkt. Unser erstes Begegnen war herzlich; wir umarmten uns aufs freundlichste, und ich fand ihn gleich wie mir ihn so manche Bilder schon überliefert hatten. Ein Individuum, einzig, ausgezeichnet wie man es nicht gesehn hat und nicht wieder sehn wird, sah ich lebendig und wirksam vor mir. Er hingegen verriet im ersten Augenblick durch einige sonderbare Ausrufungen, daß er mich anders erwartet habe. Ich versicherte ihm dagegen, nach meinem angeborenen und angebildeten Realismus, daß, da es Gott und der Natur nun einmal gefallen habe, mich so zu machen, wir es auch dabei wollten bewenden lassen. Nun kamen zwar sogleich die bedeutendsten Punkte zur Sprache, über die wir uns in Briefen am wenigsten vereinigen konnten; allein dieselben ausführlich zu behandeln ward uns nicht Raum gelassen, und ich er­ fuhr was mir noch nie vorgekommen. Wir andern, wenn wir uns über Angelegenheiten des Geistes und Herzens unterhalten wollten, pflegten uns von der Menge, ja von der Gesellschaft zu entfernen, weil es, bei der vielfachen Denkweise und den verschiedenen Bildungsstufen, schon schwer fällt sich auch nur mit wenigen zu verständigen. Allein Lavater war ganz anders gesinnt; er liebte seine Wirkungen in’s Weite und Breite auszudehnen, ihm ward nicht wohl als in der Gemeine, für deren Belehrung und Unterhaltung er ein besonderes Talent besaß, welches auf jener großen physiognomi­ schen Gabe ruhte. Ihm war eine richtige Unterscheidung der Personen und Geister verliehen, so daß er einem Jeden geschwind ansah, wie ihm allenfalls zu Mute sein möchte. Fügte sich hiezu nun ein aufrich­ tiges Bekenntnis, eine treuherzige Frage, so | wußte er aus der großen Fülle innerer und äußerer Erfahrung, zu Jedermanns Befriedigung, das Gehörige zu erwidern. Die tiefe Sanftmut seines Blicks, die bestimmte Lieblichkeit seiner Lippen, selbst der durch sein Hochdeutsch durchtö­ nende treuherzige Schweizerdialekt, und wie manches Andere was ihn

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confonderlo e svergognarlo con argomenti che ritenevano assolutamente certi – insomma, tutto quello che, nel bene e nel male, aspetta un uomo famoso che decida di buttarsi nella mischia di questo mondo. Il nostro primo incontro fu amichevole, ci abbracciam­ mo con grande cordialità e lo trovai identico a come lo ave­ vo già visto in molti ritratti. Un individuo unico, straordina­ rio come non si era mai visto e non si vedrà più: eccolo in carne e ossa davanti a me. Lui invece in un primo momento lasciò trasparire con esclamazioni di sorpresa che mi aveva immaginato diverso. Con il mio innato realismo lo assicurai che poiché Dio e la natura si erano compiaciuti di darmi quell’aspetto, era meglio prendermi per quello che ero. Su­ bito affrontammo i temi principali su cui eravamo in disac­ cordo nelle lettere, ma non ci fu il tempo per approfondirli e feci un’esperienza per me del tutto nuova. Noi altri, quando volevamo parlare delle faccende della mente e del cuore, solevamo appartarci dalla massa, persino dal nostro piccolo gruppo: con la grande varietà dei modi di pensare e i diversi gradi di istruzione, è già difficile capirsi anche solo tra pochi! Lavater invece la pensava diversa­ mente; amava estendere il più possibile il suo raggio d’a­ zione, non si sentiva a suo agio se non in un gruppo e aveva uno speciale talento nell’istruirlo e intrattenerlo, basato sul­ le sue eccellenti doti fisiognomiche. Aveva il dono di saper discernere le persone e gli spiriti, al punto che coglieva al primo sguardo l’umore di ciascuno. Quando poi riceveva una confessione sincera o una domanda accorata, grazie alla vastità delle sue esperienze esteriori e interiori | sapeva rispondere sempre in modo appropriato, con soddisfazione di ciascuno. La profonda mitezza dello sguardo, la decisa dolcezza della bocca, persino il cordiale dialetto svizzero che colorava il suo tedesco insieme ad altri elementi che lo

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auszeichnete, gab allen zu denen er sprach, die angenehmste Sinnes­ beruhigung; ja seine, bei flacher Brust, etwas vorgebogene Körperhal­ tung, trug nicht wenig dazu bei, die Übergewalt seiner Gegenwart mit der übrigen Gesellschaft auszugleichen. Gegen Anmaßung und Dünkel wußte er sich sehr ruhig und geschickt zu benehmen: denn indem er auszuweichen schien, wendete er auf einmal eine große Ansicht, auf welche der beschränkte Gegner niemals denken konnte, wie einen dia­ mantnen Schild hervor, und wußte denn doch das daher entspringende Licht so angenehm zu mäßigen, daß dergleichen Menschen, wenigs­ tens in seiner Gegenwart, sich belehrt und überzeugt fühlten. Vielleicht hat der Eindruck bei manchen fortgewirkt: denn selbstische Menschen sind wohl zugleich auch gut; es kommt nur darauf an, daß die harte Schale, die den fruchtbaren Kern umschließt, durch gelinde Einwir­ kung aufgelöst werde. Was ihm dagegen die größte Pein verursachte, war die Gegen­ wart solcher Personen, deren äußere Häßlichkeit sie zu entschiedenen Feinden jener Lehre von der Bedeutsamkeit der Gestalten unwiderruf­ lich stempeln mußte. Sie wendeten gewöhnlich einen hinreichenden Menschenverstand, ja sonstige Gaben und Talente, leidenschaftlich mißwollend und kleinlich zweifelnd an, um eine Lehre zu entkräften, die für ihre Persönlichkeit beleidigend schien: denn es fand sich nicht leicht Jemand so großdenkend wie Socrates, der gerade seine fauni­ sche Hülle zu Gunsten einer erworbenen Sittlichkeit gedeutet hätte. Die Härte, die Verstockung solcher Gegner war ihm fürchterlich, sein Gegenstreben nicht ohne Leidenschaft, so wie das Schmelzfeuer die widerstrebenden Erze als lästig und feindselig anfauchen muß. | Unter solchen Umständen war an ein vertrauliches Gespräch, an ein solches das Bezug auf uns selbst gehabt hätte, nicht zu denken, ob ich mich gleich durch Beobachtung der Art, wie er die Menschen behan­ delte, sehr belehrt, jedoch nicht gebildet fand: denn meine Lage war ganz von der seinigen verschieden. Wer sittlich wirkt, verliert keine seiner Bemühungen: denn es gedeiht davon weit mehr, als das Evange­

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caratterizzavano, infondevano in tutti coloro che gli parla­ vano una gradevolissima tranquillità; anche la sua postura, con il busto piatto e leggermente incurvato in avanti, con­ tribuiva non poco a stemperare il forte impatto della sua presenza sugli altri. A boriosi e presuntuosi sapeva opporsi con calma e accortezza: dava l’impressione di arrendersi, poi di colpo tirava fuori, come uno scudo di diamante219, un’idea geniale a cui il suo limitato avversario non avrebbe mai pensato, e sapeva dosare la luce che ne scaturiva in modo così gradevole che costui, almeno in sua presenza, ne rimaneva istruito e persuaso. Forse quell’impressione, per alcuni, è stata durevole, perché chi è pieno di sé in genere è anche buono: ci vuole solo una piccola scossa per rompere la dura scorza che racchiude il seme fecondo. Ciò che invece lo metteva maggiormente in difficoltà era la presenza di persone la cui bruttezza li qualificava ir­ rimediabilmente come nemici dichiarati di una dottrina ba­ sata sulle forme esteriori. Di solito si applicavano con tutto il raziocinio, con ogni dote e talento, per sminuire con dub­ bi meschini una dottrina che detestavano con tutto il cuore perché offensiva per la loro persona. Non era facile infatti trovare persone magnanime come Socrate che, si dice, in­ terpretava il suo aspetto faunesco come segno di una più sviluppata moralità220. La durezza, l’ostinazione di quegli avversari era tremenda per lui, e resisteva non senza soffe­ renza, proprio come il fuoco nel crogiolo deve aggredire, importuno e ostile, i metalli più refrattari. | In tali circostanze una conversazione confidenziale, che potesse riguardare soltanto noi due, era impensabile, e seb­ bene osservando il suo modo di trattare le persone impa­ rassi molte cose, non ne trassi alcun profitto perché la mia situazione era molto diversa dalla sua. Quando si agisce se­ condo la morale, gli sforzi non vanno mai perduti, e quelli

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lium vom Sämanne allzu bescheiden eingesteht; wer aber künstlerisch verfährt, der hat in jedem Werke alles verloren, wenn es nicht als ein solches anerkannt wird. Nun weiß man, wie ungeduldig meine lieben teilnehmenden Leser mich zu machen pflegten, und aus welchen Ursa­ chen ich höchst abgeneigt war, mich mit ihnen zu verständigen. Nun fühlte ich den Abstand zwischen meiner und der Lavaterschen Wirk­ samkeit nur allzu sehr: die seine galt in der Gegenwart, die meine in der Abwesenheit; wer mit ihm in der Ferne unzufrieden war, befreundete sich ihm in der Nähe; und wer mich nach meinen Werken für liebens­ würdig hielt, fand sich sehr getäuscht, wenn er an einen starren ableh­ nenden Menschen anstieß. Merk, der von Darmstadt sogleich herübergekommen war, spielte den Mephistopheles, spottete besonders über das Zudringen der Weib­ lein, und als einige derselben die Zimmer die man dem Propheten ein­ geräumt, und besonders auch das Schlafzimmer, mit Aufmerksamkeit untersuchten, sagte der Schalk: die frommen Seelen wollten doch se­ hen, wo man den Herrn hingelegt habe. – Mit alle dem mußte er sich so gut wie die andern exorzisieren lassen: denn Lips, der Lavatern be­ gleitete, zeichnete sein Profil so ausführlich und brav, wie die Bildnis­ se bedeutender und unbedeutender Menschen, welche dereinst in dem großen Werke der Physiognomik angehäuft werden sollten. Für mich war der Umgang mit Lavatern höchst wichtig und lehr­ reich: denn seine dringenden Anregungen brachten mein ruhiges künst­ lerisch beschauliches Wesen in Umtrieb; freilich nicht zu meinem au­ genblicklichen Vorteil, indem die Zerstreuung die mich schon ergriffen hatte, sich | nur vermehrte; allein es war so viel unter uns zur Sprache gekommen, daß in mir die größte Sehnsucht entstand, diese Unterhal­ tung fortzusetzen. Daher entschloß ich mich, ihn, wenn er nach Ems gehen würde, zu begleiten, um unterwegs, im Wagen eingeschlossen und von der Welt abgesondert, diejenigen Gegenstände, die uns wech­ selseitig am Herzen lagen, frei abzuhandeln.

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che portano frutto sono molto più numerosi di quanto non dica la fin troppo modesta parabola del seminatore221; chi invece agisce in quanto artista, perde tutto se la sua opera non viene riconosciuta come arte. Ho già detto quanto mi facessero perdere la pazienza i miei cari ed entusiastici let­ tori, e per quali ragioni fossi così restio nell’avere a che fare con loro. Adesso percepii fin troppo bene la differenza tra la mia attività e quella di Lavater: la sua era efficace in presen­ za, la mia in assenza. Chi lo criticava da lontano, diventava suo amico da vicino; e chi mi riteneva simpatico sulla base delle mie opere, era molto deluso quando si imbatteva in una persona rigida e scostante. Merck, subito arrivato da Darmstadt, faceva la parte di Mefistofele e prendeva in giro soprattutto l’insistenza delle donnette. Quando alcune di loro vollero visitare le stanze preparate per il profeta, e soprattutto la camera da letto, quel filibustiere disse: le anime pie vogliono vedere dove è stato deposto il Signore! Con tutto questo, dovette lasciarsi esorciz­ zare anche lui come tutti gli altri perché Lips222, che accompa­ gnava Lavater, preciso e attento lo ritrasse di profilo, proprio come fece con tutti gli uomini più o meno famosi i cui ritratti sarebbero poi confluiti nella grande opera di fisiognomica. Per me frequentare Lavater fu importantissimo e istrutti­ vo, perché le sue pressanti sollecitazioni portarono scompi­ glio nella mia natura tranquilla e dedita alla contemplazione dell’arte; in verità non a mio immediato vantaggio, perché la distrazione di cui ero già facile preda non fece | che au­ mentare; ma avevamo affrontato così tanti argomenti che mi venne l’irresistibile desiderio di proseguire il discorso. Così decisi di accompagnarlo nel viaggio verso Ems per poter parlare con maggiore libertà lungo la via, chiusi in carrozza e separati dal resto del mondo, di quegli argomenti che ci stavano più a cuore.

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Sehr merkwürdig und folgereich waren mir indessen die Unter­ haltungen Lavaters und der Fräulein von Klettenberg. Hier standen nun zwei entschiedene Christen gegen einander über, und es war ganz deutlich zu sehen, wie sich eben dasselbe Bekenntnis nach den Gesin­ nungen verschiedener Personen umbildet. Man wiederholte so oft in jenen toleranten Zeiten, jeder Mensch habe seine eigne Religion, seine eigne Art der Gottesverehrung. Ob ich nun gleich dies nicht geradezu behauptete, so konnte ich doch im gegenwärtigen Fall bemerken, daß Männer und Frauen einen verschiedenen Heiland bedürfen. Fräulein von Klettenberg verhielt sich zu dem ihrigen wie zu einem Gelieb­ ten, dem man sich unbedingt hingibt, alle Freude und Hoffnung auf seine Person legt, und ihm ohne Zweifel und Bedenken das Schicksal des Lebens anvertraut. Lavater hingegen behandelte den seinigen als einen Freund, dem man neidlos und liebevoll nacheifert, seine Ver­ dienste anerkennt, sie hochpreist, und eben deswegen ihm ähnlich ja gleich zu werden bemüht ist. Welch ein Unterschied zwischen beiderlei Richtung! wodurch im Allgemeinen die geistigen Bedürfnisse der zwei Geschlechter ausgesprochen werden. Daraus mag es auch zu erklären sein, daß zärtere Männer sich an die Mutter Gottes gewendet, ihr, als einem Ausbund weiblicher Schönheit und Tugend, wie Sannazar ge­ tan, Leben und Talente gewidmet, und allenfalls nebenher mit dem göttlichen Knaben gespielt haben. Wie meine beiden Freunde zu einander standen, wie sie gegen ein­ ander gesinnt waren, erfuhr ich nicht allein aus Gesprächen, denen ich beiwohnte, sondern auch aus Eröffnungen, welche mir beide ingeheim taten. Ich konnte | weder dem einen noch dem andern völlig zustim­ men: denn mein Christus hatte auch seine eigne Gestalt nach meinem Sinne angenommen. Weil sie mir aber den meinigen gar nicht wollten gelten lassen, so quälte ich sie mit allerlei Paradoxien und Extremen,

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Davvero singolari e gravide di conseguenze furono per me le conversazioni di quei giorni tra Lavater e la signori­ na von Klettenberg. In esse si fronteggiavano due cristia­ ni convinti, e si vedeva assai chiaramente come una stessa fede si modelli diversamente a seconda delle persone. In quell’epoca di tolleranza si ripeteva di continuo che ogni uomo ha la sua religione, il suo modo di venerare Dio. Seb­ bene io non fossi tra quelli che lo affermavano, in quel caso potei comunque osservare che uomini e donne hanno biso­ gno di un Salvatore diverso. La signorina von Klettenberg si comportava con il suo come con un innamorato, a cui ci si abbandona incondizionatamente, riponendo ogni gioia e felicità nella sua persona e affidandogli senza incertezze né esitazioni il proprio destino. Lavater invece trattava il suo come un amico che si desidera imitare con affetto e senza invidia, un amico di cui si riconoscono e si lodano i meriti e proprio per questo ci si sforza di emularlo, di di­ ventare come lui. Che differenza tra i due atteggiamenti, che esprimono a grandi linee le esigenze spirituali dei due sessi! Questo forse può anche spiegare come mai uomini più sensibili si rivolgano alla madre di Dio consacrando a lei, regina di bellezza e di tutte le virtù femminili, la loro vita e i loro talenti come fece Sannazzaro223, trastullandosi solo marginalmente con il bambinello. Venni a conoscenza delle opinioni e delle posizioni dei due amici nei confronti l’uno dell’altra non soltan­ to grazie ai colloqui a cui potei assistere, ma anche alle confidenze che ciascuno dei due mi fece in privato. Non potevo | dare completamente ragione né all’uno né all’al­ tra, dal momento che anche il mio Cristo aveva assunto un suo specifico aspetto in base al mio modo di pensare; poiché però loro non volevano saperne di accettare il mio, li tormentavo con ogni sorta di paradossi ed esagerazioni,

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und wenn sie ungeduldig werden wollten, entfernte ich mich mit einem Scherze. Der Streit zwischen Wissen und Glauben war noch nicht an der Tagesordnung, allein die beiden Worte und die Begriffe die man damit verknüpft, kamen wohl auch gelegentlich vor, und die wahren Welt­ verächter behaupteten, eins sei so unzuverlässig als das andere. Daher beliebte es mir, mich zu Gunsten beider zu erklären, ohne jedoch den Beifall meiner Freunde gewinnen zu können. Beim Glauben, sagte ich, komme alles darauf an, daß man glaube; was man glaube, sei völlig gleichgültig. Der Glaube sei ein großes Gefühl von Sicherheit für die Gegenwart und Zukunft, und diese Sicherheit entspringe aus dem Zu­ trauen auf ein übergroßes, übermächtiges und unerforschliches Wesen. Auf die Unerschütterlichkeit dieses Zutrauens komme alles an; wie wir uns aber dieses Wesen denken, dies hänge von unsern übrigen Fä­ higkeiten, ja von den Umständen ab, und sei ganz gleichgültig. Der Glaube sei ein heiliges Gefäß, in welches ein Jeder sein Gefühl, seinen Verstand, seine Einbildungskraft, so gut als er vermöge, zu opfern be­ reit stehe. Mit dem Wissen sei es gerade das Gegenteil; es komme gar nicht darauf an, daß man wisse, sondern was man wisse, wie gut und wie viel man wisse. Daher könne man über das Wissen streiten, weil es sich berichtigen, sich erweitern und verengern lasse. Das Wissen fange vom Einzelnen an, sei endlos und gestaltlos, und könne niemals, höchstens nur träumerisch, zusammengefaßt werden, und bleibe also dem Glauben geradezu entgegengesetzt. Dergleichen Halbwahrheiten und die daraus entspringenden Irrsale mögen, poetisch dargestellt, aufregend und unterhaltend sein, im Leben aber stören und verwirren sie das Gespräch. Ich ließ daher Lavatern gern mit allen | denjenigen allein, die sich an ihm und mit ihm erbau­ en wollten, und fand mich für diese Entbehrung genugsam entschädigt durch die Reise, die wir zusammen nach Ems antraten. Ein schönes Sommerwetter begleitete uns, Lavater war heiter und allerliebst. Denn

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e quando si spazientivano mi congedavo con una battuta scherzosa. Il conflitto tra fede e sapere non era ancora all’ordine del giorno224, i due termini e i concetti corrispondenti veniva­ no nominati solo occasionalmente, ma i veri spregiatori del mondo affermavano che erano entrambi ugualmente inaffi­ dabili. Così mi divertivo schierandomi a favore di entram­ bi, senza però ottenere l’approvazione dei miei amici. Per la fede, dicevo, dipende tutto dal credere o meno; quello in cui si crede è del tutto indifferente. La fede procura un considerevole senso di sicurezza nei confronti del presente e del futuro, che scaturisce a sua volta dalla fiducia in un essere più grande di noi, onnipotente e insondabile. Tut­ to dipende, dicevo, da quanto è incrollabile questa fiducia; quello che pensiamo di questo essere dipende invece dalle nostre capacità, anzi, persino dalle circostanze, ed è del tut­ to indifferente. La fede è un sacro vaso nel quale ciascuno depone come offerta, per quanto può, sentimenti, intelletto, fantasia. Per il sapere, invece, è tutto il contrario: non im­ porta niente che si sappia, ma cosa si sa, quanto e come. Per questo sul sapere si può discutere, perché è possibile migliorarlo, ampliarlo o ridurlo. Il sapere inizia dal parti­ colare, è infinito e informe e non potrebbe mai venire com­ preso nella sua totalità, tranne forse che in una visione; di conseguenza si contrappone alla fede. Quelle mezze verità e gli errori che ne scaturiscono po­ trebbero anche essere eccitanti e divertenti, se rappresentati poeticamente, ma nella vita disturbano e confondono il dia­ logo. Lasciavo quindi volentieri Lavater da solo con tutti | quelli che volevano edificarsi grazie a lui e con lui, e per quella rinuncia fui ampiamente ricompensato dal viaggio che facemmo insieme a Ems. Una bella giornata estiva ci accompagnava, Lavater era allegro e simpatico più che mai.

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bei einer religiösen und sittlichen, keineswegs ängstlichen Richtung seines Geistes, blieb er nicht unempfindlich, wenn durch Lebensvor­ fälle die Gemüter munter und lustig aufgeregt wurden. Er war teilneh­ mend, geistreich, witzig, und mochte das Gleiche gern an andern, nur daß es innerhalb der Grenzen bliebe, die seine zarten Gesinnungen ihm vorschrieben. Wagte man sich allenfalls darüber hinaus, so pflegte er ei­ nem auf die Achsel zu klopfen, und den Verwegenen durch ein treuher­ ziges Bisch guet! zur Sitte aufzufordern. Diese Reise gereichte mir zu mancherlei Belehrung und Belebung, die mir aber mehr in der Kenntnis seines Charakters als in der Reglung und Bildung des meinigen zu Teil ward. In Ems sah ich ihn gleich wieder von Gesellschaft aller Art um­ ringt, und kehrte nach Frankfurt zurück, weil meine kleinen Geschäfte gerade auf der Bahn waren, so daß ich sie kaum verlassen durfte. Aber ich sollte sobald nicht wieder zur Ruhe kommen: denn Basedow traf ein, berührte und ergriff mich von einer andern Seite. Einen entschiedneren Kontrast konnte man nicht sehen als diese beiden Män­ ner. Schon der Anblick Basedow’s deutete auf das Gegenteil. Wenn Lavaters Gesichtszüge sich dem Beschauenden frei hergaben, so waren die Basedowischen zusammengepackt und wie nach innen gezogen. Lavaters Auge klar und fromm, unter sehr breiten Augenlidern, Base­ dow’s aber tief im Kopfe, klein, schwarz, scharf, unter struppigen Au­ genbrauen hervorblinkend, dahingegen Lavaters Stirnknochen von den sanftesten braunen Haarbogen eingefaßt erschien. Basedow’s heftige rauhe Stimme, seine schnellen und scharfen Äußerungen, ein gewisses höhnisches Lachen, ein schnelles Herumwerfen des Gesprächs, und was ihn sonst noch bezeichnen mochte, alles war den Eigenschaften und dem Betragen | entgegengesetzt, durch die uns Lavater verwöhnt hatte. Auch Basedow ward in Frankfurt sehr gesucht, und seine großen Geistesgaben bewundert; allein er war nicht der Mann, weder die Ge­ müter zu erbauen, noch zu lenken. Ihm war einzig darum zu tun, jenes große Feld, das er sich bezeichnet hatte, besser anzubauen, damit die

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L’orientamento religioso e morale del suo spirito, niente af­ fatto ristretto, non rimaneva insensibile quando i casi della vita gli procuravano piacere e allegria. Era sensibile, spiri­ toso, arguto, qualità che apprezzava anche negli altri, a pat­ to che si rimanesse nei confini prescritti dai suoi sentimenti delicati. Se qualcuno li oltrepassava, soleva dargli un col­ petto sulla spalla richiamando l’imprudente all’ordine con un cordiale «su, da bravo!» nel suo dialetto. Dal viaggio ricavai parecchi insegnamenti e stimoli, che mi aiutarono però più a capire il suo carattere che a moderare e migliora­ re il mio. Quando a Ems fu di nuovo circondato da persone di ogni sorta, me ne tornai a Francoforte perché avevo vari lavoretti in corso che non potevano aspettare225. Ma non ritrovai così presto la quiete perché arrivò Basedow, che mi coinvolse e mi interessò per un altro verso226. Non si poteva immaginare un contrasto più forte tra due uo­ mini, Basedow fin dall’aspetto si definiva come il suo oppo­ sto. Se i lineamenti di Lavater si mostravano aperti a chi lo osservava, quelli di Basedow erano come chiusi in se stessi e rivolti all’interno. Lo sguardo di Lavater era limpido e mite sotto le ampie ciglia, gli occhi di Basedow erano af­ fossati nel cranio, scuri, acuti e scrutavano tra sopracciglia ispide, del tutto dissimili dalla dolce linea che delimitava la fronte di Lavater all’attaccatura dei capelli bruni. La voce rauca e aspra di Basedow, il suo modo di parlare rapido e tagliente, la risatina sardonica, i repentini cambiamenti di discorso e ogni sua caratteristica, tutto si contrapponeva alle qualità | e al comportamento con cui ci aveva viziato Lavater. Anche Basedow suscitò molto interesse a Franco­ forte, le sue notevoli doti spirituali erano molto ammirate, solo che lui non era uomo capace di edificare o guidare gli animi. Il suo unico interesse era dissodare sempre meglio quel grande campo che si era scelto in modo che l’umanità

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Menschheit künftig bequemer und naturgemäßer darin ihre Wohnung nehmen sollte; und auf diesen Zweck eilte er nur allzu gerade los. Mit seinen Planen konnte ich mich nicht befreunden, ja mir nicht einmal seine Absichten deutlich machen. Daß er allen Unterricht le­ bendig und naturgemäß verlangte, konnte mir wohl gefallen; daß die alten Sprachen an der Gegenwart geübt werden sollten, schien mir lo­ benswürdig, und gern erkannte ich an, was in seinem Vorhaben, zu Beförderung der Tätigkeit und einer frischeren Weltanschauung lag: allein mir mißfiel, daß die Zeichnungen seines Elementarwerks noch mehr als die Gegenstände selbst zerstreuten, da in der wirklichen Welt doch immer nur das Mögliche beisammensteht, und sie deshalb, unge­ achtet aller Mannigfaltigkeit und scheinbarer Verwirrung, immer noch in allen ihren Teilen etwas Geregeltes hat. Jenes Elementarwerk hin­ gegen zersplittert sie ganz und gar, indem das was in der Weltanschau­ ung keineswegs zusammentrifft, um der Verwandtschaft der Begriffe willen neben einander steht; weswegen es auch jener sinnlich-metho­ dischen Vorzüge ermangelt, die wir ähnlichen Arbeiten des Amos Comenius zuerkennen müssen. Viel wunderbarer jedoch, und schwerer zu begreifen als seine Leh­ re, war Basedow’s Betragen. Er hatte bei dieser Reise die Absicht, das Publikum durch seine Persönlichkeit für sein philanthropisches Unter­ nehmen zu gewinnen, und zwar nicht etwa die Gemüter, sondern gera­ dezu die Beutel aufzuschließen. Er wußte von seinem Vorhaben groß und überzeugend zu sprechen, und Jedermann gab ihm gern zu was er behauptete. Aber auf die unbegreiflichste Weise verletzte er die Ge­ müter der Menschen, denen er eine | Beisteuer abgewinnen wollte, ja er beleidigte sie ohne Not, indem er seine Meinungen und Grillen über religiöse Gegenstände nicht zurückhalten konnte. Auch hierin erschien Basedow als das Gegenstück von Lavatern. Wenn dieser die Bibel buchstäblich und mit ihrem ganzen Inhalte, ja Wort vor Wort, bis auf den heutigen Tag für geltend annahm und für anwendbar hielt, so fühl­

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futura potesse abitarci in modo più comodo e naturale, e puntava dritto al suo obiettivo, senza troppi complimenti. Con i suoi progetti non riuscii a simpatizzare, non riuscii nemmeno a capire bene le sue intenzioni. Che ogni inse­ gnamento dovesse essere naturale e vivace, su questo ero d’accordo; che le lingue antiche dovessero essere esercitate anche nel presente, mi pareva lodevole e riconoscevo anche i pregi del suo progetto, che favoriva l’attività e una visione del mondo più moderna: non mi piaceva però che le illu­ strazioni della sua Opera elementare fossero frammentarie ancora più degli oggetti stessi. Nel mondo reale infatti si raccolgono insieme solo le cose possibili, ed è per questo che il mondo, pur nella sua varietà e apparente confusio­ ne, ha comunque qualcosa di regolare in tutte le sue parti. La sua Opera elementare invece lo frantumava del tutto, e cose che nella nostra concezione del mondo non potrebbero mai avvicinarsi, venivano invece accostate in grazia del­ la parentela tra i concetti. Per questo le mancavano i pregi metodologici e cognitivi che ritroviamo invece nei lavori di Amos Comenius. Ma ancora più strano e più difficile da capire della sua dottrina, era il suo comportamento. Con quel viaggio si pro­ poneva di conquistare il pubblico al suo progetto filantro­ pico grazie alla sua personalità, e di far aprire non soltanto gli animi, bensì soprattutto i borsellini. Sapeva presentarlo in modo nobile e convincente e tutti accoglievano volentie­ ri le sue idee, ma feriva poi inspiegabilmente la sensibilità di coloro dai quali sperava di ottenere un | contributo, of­ fendendoli senza motivo solo perché non sapeva trattenersi dall’esprimere le sue stravaganti opinioni sui temi religiosi. Anche in questo era l’opposto di Lavater. Se questi riteneva valida e applicabile la Bibbia anche ai giorni nostri pren­ dendo alla lettera tutto il suo contenuto, anzi, parola per

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te jener den unruhigsten Kitzel alles zu verneuen, und sowohl die Glau­ benslehren als die äußerlichen kirchlichen Handlungen nach eignen einmal gefaßten Grillen umzumodeln. Am unbarmherzigsten jedoch, und am unvorsichtigsten verfuhr er mit denjenigen Vorstellungen, die sich nicht unmittelbar aus der Bibel, sondern von ihrer Auslegung her­ schreiben, mit jenen Ausdrücken, philosophischen Kunstworten, oder sinnlichen Gleichnissen, womit die Kirchenväter und Konzilien sich das Unaussprechliche zu verdeutlichen, oder die Ketzer zu bestreiten gesucht haben. Auf eine harte und unverantwortliche Weise erklärte er sich vor Jedermann als den abgesagtesten Feind der Dreieinigkeit, und konnte gar nicht fertig werden, gegen dies allgemein zugestandene Ge­ heimnis zu argumentieren. Auch ich hatte im Privatgespräch von dieser Unterhaltung sehr viel zu leiden, und mußte mir die Hypostasis und Ousia, so wie das Prosopon immer wieder vorführen lassen. Dagegen griff ich zu den Waffen der Paradoxie, überflügelte seine Meinungen und wagte, das Verwegne mit Verwegnerem zu bekämpfen. Dies gab meinem Geiste wieder neue Anregung, und weil Basedow viel belese­ ner war, auch die Fechterstreiche des Disputierens gewandter als ich Naturalist zu führen wußte, so hatte ich mich immer mehr anzustren­ gen, je wichtigere Punkte unter uns abgehandelt wurden. Eine so herrliche Gelegenheit mich wo nicht aufzuklären, doch ge­ wiß zu üben, konnte ich nicht kurz vorübergehen lassen. Ich vermochte Vater und Freunde, die notwendigsten Geschäfte zu übernehmen, und fuhr nun, Basedow begleitend, abermals von Frankfurt ab. Welchen Unterschied empfand ich aber, wenn ich der Anmut gedachte, die | von Lavatern ausging! Reinlich wie er war, verschaffte er sich auch eine reinliche Umgebung. Man ward jungfräulich an seiner Seite, um ihn nicht mit etwas Widrigem zu berühren. Basedow hingegen, viel zu sehr in sich gedrängt, konnte nicht auf sein Äußeres merken. Schon daß er ununterbrochen schlechten Tabak rauchte, fiel äußerst lästig, um so mehr als er einen unreinlich bereiteten, schnell Feuer fangenden, aber

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parola, Basedow aveva la frenesia di rinnovare tutto e di rimodellare sia i contenuti dottrinali, sia la parte esteriore della liturgia secondo il proprio capriccio. Ma si scaglia­ va ancora più impietoso e imprudente contro quei ragiona­ menti che non erano derivati immediatamente dalla Bibbia bensì dalla sua interpretazione, contro quelle formulazioni, quei termini filosofici o paragoni sensibili con cui i Padri della Chiesa e i concili avevano cercato di esprimere l’indi­ cibile e di controbattere gli eretici. Nella maniera più dura e irresponsabile dichiarava davanti a tutti di essere un nemico acerrimo della Trinità e non la finiva mai di argomentare contro quel mistero generalmente accettato. Anch’io do­ vetti patire per questo nelle nostre conversazioni private, dovetti sorbirmi più volte ipostasi, ousia e prosopon227. Per difendermi ricorrevo alle armi del paradosso, andavo oltre le sue stesse opinioni e osavo combattere l’assurdo con as­ surdità ancora più grandi. Da ciò il mio spirito trasse nuovo alimento, e poiché Basedow era molto più istruito e più abi­ le nel tirare di scherma in una disputa di quanto non fossi io come naturalista228, dovevo sforzarmi sempre più man mano che i punti da discutere si facevano più impegnativi. Non potevo lasciarmi sfuggire così in fretta quella splen­ dida opportunità di esercitarmi, anche se non mi avrebbe aiutato a chiarirmi le idee! Pregai padre e amici di occuparsi dei miei affari più urgenti e lasciai di nuovo Francoforte, questa volta accompagnando Basedow. Ma che differenza, se ripensavo al fascino che | emanava Lavater! Puro com’e­ ra, creava anche intorno a sé un ambiente puro; accanto a lui si diventava immacolati per non sfiorarlo con qualcosa di sgradevole. Basedow invece, troppo concentrato su se stesso, non faceva caso a ciò che aveva intorno. Già il fatto che fumasse continuamente un tabacco scadente era fasti­ diosissimo, ma in più, finita una pipa, ne accendeva subito

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häßlich dunstenden Schwamm, nach ausgerauchter Pfeife, sogleich wieder aufschlug, und jedesmal mit den ersten Zügen die Luft uner­ träglich verpestete. Ich nannte dieses Präparat Basedowschen Stink­ schwamm, und wollte ihn unter diesem Titel in der Naturgeschichte eingeführt wissen; woran er großen Spaß hatte, mir die widerliche Be­ reitung, recht zum Ekel, umständlich auseinandersetzte, und mit großer Schadenfreude sich an meinem Abscheu behagte. Denn dieses war eine von den tiefgewurzelten üblen Eigenheiten des so trefflich begabten Mannes, daß er gern zu necken und die Unbefangensten tückisch an­ zustechen beliebte. Ruhen konnte er Niemand sehn; durch grinsenden Spott mit heiserer Stimme reizte er auf, durch eine überraschende Fra­ ge setzte er in Verlegenheit, und lachte bitter, wenn er seinen Zweck erreicht hatte, war es aber wohl zufrieden, wenn man, schnell gefaßt, ihm etwas dagegen abgab. Um wie viel größer war nun meine Sehnsucht nach Lavatern. Auch er schien sich zu freuen, als er mich wieder sah, vertraute mir manches bisher Erfahrne, besonders was sich auf den verschiedenen Charakter der Mitgäste bezog, unter denen er sich schon viele Freunde und An­ hänger zu verschaffen gewußt. Nun fand ich selbst manchen alten Be­ kannten, und an denen die ich in Jahren nicht gesehn, fing ich an die Bemerkung zu machen, die uns in der Jugend lange verborgen bleibt, daß die Männer altern, und die Frauen sich verändern. Die Gesellschaft nahm täglich zu. Es ward unmäßig getanzt, und weil man sich in den beiden großen Badehäusern ziemlich nahe berührte, bei guter und ge­ nauer Bekanntschaft, mancherlei Scherz | getrieben. Einst verkleidete ich mich in einen Dorfgeistlichen, und ein namhafter Freund in dessen Gattin; wir fielen der vornehmen Gesellschaft durch allzu große Höf­ lichkeit ziemlich zur Last, wodurch denn Jedermann in guten Humor versetzt wurde. An Abend- Mitternacht- und Morgenständchen fehlte es auch nicht, und wir Jüngeren genossen des Schlafs sehr wenig. Im Gegensatze zu diesen Zerstreuungen, brachte ich immer einen Teil der Nacht mit Basedow zu. Dieser legte sich nie zu Bette, son­

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un’altra con un’esca mal preparata che prendeva fuoco in fretta ma puzzava tremendamente, e ogni volta con le prime boccate appestava l’aria in modo intollerabile. Denominai quel preparato ‘fungo puzzone basedowiano’ e pretendevo che lo si inserisse nella storia naturale con quel nome; al che lui si divertì molto a spiegarmi nei dettagli la sua ri­ voltante preparazione, godendo con gran gusto della mia ripugnanza229. Questo era infatti uno dei difetti radicati in quell’uomo altrimenti così dotato: prendere in giro e pun­ zecchiare con perfidia i più ingenui. Non dava pace a nes­ suno: stuzzicava con un sorriso di scherno e la voce rauca, metteva in imbarazzo con una domanda inattesa e rideva con amarezza una volta raggiunto il suo scopo – però si compiaceva se qualcuno, pronto, gli rispondeva per le rime. Quanto più grande fu allora la mia nostalgia di Lavater! Anche lui parve contento di rivedermi230, mi raccontò cosa era successo nel frattempo, soprattutto mi parlò del caratte­ re delle persone presenti, tra le quali aveva già saputo gua­ dagnarsi amici e discepoli. Io stesso ritrovai alcune vecchie conoscenze, e osservando quelli che non vedevo da anni, cominciai a constatare quello che da giovani ci rimane a lungo nascosto, e cioè che gli uomini invecchiano e le don­ ne cambiano. Il gruppo aumentava di giorno in giorno. Si ballava senza sosta e poiché nei due stabilimenti termali il contatto era abbastanza ravvicinato, tra gli amici più stret­ ti non mancavano  | gli scherzi. Una volta mi travestii da parroco di campagna e un famoso amico impersonò la mo­ glie; con la nostra eccessiva ossequiosità mettemmo a dura prova tutta la compagnia, con divertimento generale. Non mancavano nemmeno le serenate serali, notturne e mattuti­ ne, tanto che noi giovani dormimmo ben poco. Per controbilanciare quei divertimenti, trascorrevo sem­ pre una parte della notte con Basedow, che non andava mai

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dern diktierte unaufhörlich. Manchmal warf er sich auf’s Lager und schlummerte, indessen sein Tiro, die Feder in der Hand, ganz ruhig sitzen blieb, und sogleich bereit war fortzuschreiben, wenn der Halb­ erwachte seinen Gedanken wieder freien Lauf gab. Dies alles geschah in einem dichtverschlossenen, von Tabaks- und Schwammdampf er­ füllten Zimmer. So oft ich nun einen Tanz aussetzte, sprang ich zu Ba­ sedow hinauf, der gleich über jedes Problem zu sprechen und zu dis­ putieren geneigt war, und, wenn ich nach Verlauf einiger Zeit wieder zum Tanze hineilte, noch eh ich die Türe hinter mir anzog, den Faden seiner Abhandlung so ruhig diktierend aufnahm, als wenn weiter nichts gewesen wäre. Wir machten dann zusammen auch manche Fahrt in die Nachbar­ schaft, besuchten die Schlösser, besonders adlicher Frauen, welche durchaus mehr als die Männer geneigt waren, etwas Geistiges und Geistliches aufzunehmen. Zu Nassau, bei Frau von Stein, einer höchst­ ehrwürdigen Dame, die der allgemeinsten Achtung genoß, fanden wir große Gesellschaft. Frau von Laroche war gleichfalls gegenwärtig, an jungen Frauenzimmern und Kindern fehlte es auch nicht. Hier sollte nun Lavater in physiognomische Versuchung geführt werden, welche meist darin bestand, daß man ihn verleiten wollte, Zufälligkeiten der Bildung für Grundform zu halten; er war aber beaugt genug, um sich nicht täuschen zu lassen. Ich sollte nach wie vor die Wahrhaftigkeit der Leiden Werthers und den Wohnort Lottens bezeugen, welchem Ansin­ nen ich mich nicht auf die artigste | Weise entzog, dagegen die Kinder um mich versammelte, um ihnen recht seltsame Märchen zu erzählen, welche aus lauter bekannten Gegenständen zusammengesonnen wa­ ren; wobei ich den großen Vorteil hatte, daß kein Glied meines Hör­ kreises mich etwa zudringlich gefragt hätte, was denn wohl daran für Wahrheit oder Dichtung zu halten sein möchte. Basedow brachte das Einzige vor das Not sei, nämlich eine bessere Erziehung der Jugend; weshalb er die Vornehmen und Begüterten zu

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a dormire ma dettava incessantemente: qualche volta si but­ tava sul letto e sonnecchiava, mentre il suo Tirone231 rima­ neva tranquillamente seduto, con la penna in mano, pronto a riprendere subito a scrivere non appena l’altro, nel dor­ miveglia, ricominciava a dare libero corso ai suoi pensieri. Tutto questo in una stanza ermeticamente chiusa, piena del fumo del tabacco e dell’esca. Ogni volta che mi astenevo da una danza correvo su da Basedow che era sempre disposto a parlare e disputare su qualsiasi cosa, e quando dopo un certo tempo mi affrettavo di nuovo a ballare, ancora prima che avessi chiuso la porta aveva già ripreso il filo di quello che stava dettando come se nulla fosse. Intraprendemmo insieme anche qualche escursione nei dintorni, visitammo i castelli, soprattutto quelli delle nobil­ donne, in genere più inclini dei signori nell’interessarsi a questioni spirituali e religiose. A Nassau, dalla signora vom Stein232, una dama di grande riguardo che godeva della sti­ ma generale, trovammo radunata una vasta compagnia. Era presente anche la signora von La Roche, né mancavano gio­ vani e bambini. Cercarono di far cadere Lavater in tranelli sulla fisiognomica, il che significava di solito che lo si vo­ leva indurre a considerare come basilari dei tratti che erano invece accidentali; il suo occhio era però sufficientemente esperto da non lasciarsi ingannare. Come sempre mi venne­ ro chieste conferme sulla veridicità dei dolori di Werther e su dove abitava Lotte, richieste a cui mi sottrassi in modo non | proprio garbato233; raccolsi invece intorno a me i bam­ bini per raccontar loro fiabe stranissime, composte a partire da elementi noti, ma in quel caso con il grande vantaggio che nessuno degli ascoltatori presenti avrebbe insistito per sapere che cosa fosse verità, che cosa fantasia. Basedow parlò dell’unica cosa che riteneva indispensa­ bile, e cioè una migliore educazione dei giovani, e a quello

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ansehnlichen Beiträgen aufforderte. Kaum aber hatte er, durch Grün­ de sowohl als durch leidenschaftliche Beredsamkeit, die Gemüter wo nicht sich zugewendet, doch zum guten Willen vorbereitet, als ihn der böse antitrinitarische Geist ergriff, und er, ohne das mindeste Gefühl wo er sich befinde, in die wunderlichsten Reden ausbrach, in seinem Sinne höchst religiös, nach Überzeugung der Gesellschaft höchst läs­ terlich. Lavater, durch sanften Ernst, ich, durch ableitende Scherze, die Frauen, durch zerstreuende Spaziergänge, suchten Mittel gegen die­ ses Unheil; die Verstimmung jedoch konnte nicht geheilt werden. Eine christliche Unterhaltung, die man sich von Lavaters Gegenwart ver­ sprochen, eine pädagogische, wie man sie von Basedow erwartete, eine sentimentale, zu der ich mich bereit finden sollte, alles war auf einmal gestört und aufgehoben. Auf dem Heimwege machte Lavater ihm Vor­ würfe, ich aber bestrafte ihn auf eine lustige Weise. Es war heiße Zeit, und der Tabaksdampf mochte Basedow’s Gaumen noch mehr getrock­ net haben; sehnlichst verlangte er nach einem Glase Bier, und als er an der Landstraße von weitem ein Wirtshaus erblickte, befahl er höchst gierig dem Kutscher, dort stille zu halten. Ich aber, im Augenblicke daß derselbe anfahren wollte, rufe ihm mit Gewalt gebieterisch zu, er solle weiter fahren! Basedow, überrascht, konnte kaum mit heiserer Stim­ me das Gegenteil hervorbringen. Ich trieb den Kutscher nur heftiger an, der mir gehorchte. Basedow verwünschte mich, und hätte gern mit Fäusten zugeschlagen; ich aber erwiderte ihm mit der | größten Gelas­ senheit: Vater, seid ruhig! Ihr habt mir großen Dank zu sagen. Glück­ licher Weise saht Ihr das Bierzeichen nicht! Es ist aus zwei verschränk­ ten Triangeln zusammengesetzt. Nun werdet Ihr über Einen Triangel gewöhnlich schon toll; wären Euch die beiden zu Gesicht gekommen, man hätte Euch müssen an Ketten legen. Dieser Spaß brachte ihn zu einem unmäßigen Gelächter, zwischendurch schalt und verwünschte er mich, und Lavater übte seine Geduld an dem alten und jungen Toren.

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scopo chiese cospicui contributi ai più nobili e facoltosi. Ma non appena ebbe conquistato o quanto meno ben di­ sposto gli animi con le sue argomentazioni e l’appassionata eloquenza, ecco che lo colse quel maligno zelo antitrinitario e, senza il minimo riguardo per dove si trovava, si lanciò nei discorsi più astrusi che secondo lui erano religiosissi­ mi, per gli altri invece blasfemi. Lavater con dolce serietà, io con battute spiritose, le signore distraendosi con passeg­ giate: tutti cercammo di rimediare a quella disgrazia, ma l’imbarazzo non fu dissipato. Le conversazioni cristiane che la presenza di Lavater prometteva, quelle pedagogi­ che che ci si aspettava da Basedow, quelle sentimentali a cui avrei dovuto prestarmi io – tutto fu di botto guastato e vanificato. Sulla via del ritorno Lavater lo rimproverò, io invece escogitai uno scherzo per punirlo. Faceva molto caldo e il tabacco doveva avergli ulteriormente seccato la gola; desiderava ardentemente un boccale di birra, e quando scorse da lontano un’osteria lungo la strada, ordinò bramo­ so al cocchiere di fermarsi. Io invece, nel momento in cui la vettura iniziava a rallentare, gli gridai imperiosamente di proseguire. Basedow, preso alla sprovvista, con la voce rauca non fece in tempo a ordinargli il contrario. Io incitai il cocchiere con foga ancora maggiore ed egli mi ubbidì. Ba­ sedow mi maledisse e mi avrebbe volentieri preso a pugni, io invece reagii con la | massima tranquillità: «Padre caro, non vi agitate! Dovreste anzi ringraziarmi, è una fortuna che non abbiate visto l’insegna! Era fatta con due triango­ li intrecciati: di solito basta già un solo triangolo per farvi impazzire, se ne aveste visti due avremmo dovuto mettervi la camicia di forza». La battuta lo fece ridere a crepapelle, ma non smise di inveire e maledirmi, mentre Lavater faceva esercizio di pazienza con i due matti, il più anziano e il più giovane.

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Als nun in der Hälfte des Juli Lavater sich zur Abreise bereitete, fand Basedow seinen Vorteil, sich anzuschließen, und ich hatte mich in diese bedeutende Gesellschaft schon so eingewohnt, daß ich es nicht über mich gewinnen konnte, sie zu verlassen. Eine sehr angenehme, Herz und Sinn erfreuende Fahrt hatten wir die Lahn hinab. Beim An­ blick einer merkwürdigen Burgruine schrieb ich jenes Lied: »Hoch auf dem alten Turme steht« in Lipsens Stammbuch, und als es wohl auf­ genommen wurde, um, nach meiner bösen Art, den Eindruck wieder zu verderben, allerlei Knittelreime und Possen auf die nächsten Blätter. Ich freute mich den herrlichen Rhein wiederzusehn, und ergetzte mich an der Überraschung derer, die dieses Schauspiel noch nicht genossen hatten. Nun landeten wir in Coblenz; wohin wir traten, war der Zu­ drang sehr groß, und jeder von uns dreien erregte nach seiner Art An­ teil und Neugierde. Basedow und ich schienen zu wetteifern, wer am unartigsten sein könnte; Lavater benahm sich vernünftig und klug, nur daß er seine Herzensmeinungen nicht verbergen konnte, und dadurch, mit dem reinsten Willen, allen Menschen vom Mittelschlag höchst auf­ fallend erschien. Das Andenken an einen wunderlichen Wirtstisch in Coblenz habe ich in Knittelversen aufbewahrt, die nun auch, mit ihrer Sippschaft, in meiner neuen Ausgabe stehn mögen. Ich saß zwischen Lavater und Ba­ sedow; der erste belehrte einen Landgeistlichen über die Geheimnisse der Offenbarung Johannis, und der andere bemühte sich vergebens, einem hartnäckigen Tanzmeister zu beweisen, daß | die Taufe ein ver­ alteter und für unsere Zeiten gar nicht berechneter Gebrauch sei. Und wie wir nun fürder nach Cölln zogen, schrieb ich in irgend ein Album: Und, wie nach Emmaus, weiter ging’s Mit Sturm- und Feuerschritten: Prophete rechts, Prophete links, Das Weltkind in der Mitten.

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Quando, a metà luglio, Lavater si accinse a partire, Base­ dow trovò comodo unirsi a lui; io mi ero però così abituato alla loro stimolante compagnia che non potei decidermi a lasciarli. Facemmo insieme un bellissimo viaggio lungo la Lahn, che rallegrò cuore e mente. Osservando le maestose rovine di un castello scrissi nell’album di Lips la poesia In cima alla torre antica234; vedendo che piacque molto, per rovinare la buona impressione scrissi sulle pagine seguen­ ti, perfido come mio solito, tutta una serie di frizzi e laz­ zi. Gioii nel rivedere il magnifico Reno e mi divertii per la meraviglia di chi non aveva ancora visto quello spettacolo. Arrivammo a Coblenza. Dovunque andassimo, la folla si accalcava e ciascuno di noi tre suscitava, a suo modo, sim­ patia e curiosità. Basedow e io sembrava facessimo a gara per chi era più scostante; Lavater si comportava in modo prudente e accorto ma non sapeva nascondere i suoi senti­ menti e proprio per questo, pur con tutta la buona volontà, appariva molto strano alle persone ordinarie. Il ricordo di una fantastica tavolata a Coblenza è con­ servato in alcuni versi che ora, insieme a tutti quelli dello stesso genere, troveranno posto nella mia nuova edizione. Ero seduto tra Lavater e Basedow; il primo istruiva un pre­ te di campagna sui misteri dell’Apocalisse di S. Giovanni, l’altro si sforzava invano di dimostrare a un ostinato mae­ stro di ballo che | il battesimo è un’usanza ormai antiquata e non più consona ai nostri tempi. Quando proseguimmo per Colonia, scrissi in non so quale album: E come verso Emmaus si andò avanti Tra spirito e fuoco, un profeta a destra, uno a sinistra, e in mezzo a loro il laico.235

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Glücklicher Weise hatte dieses Weltkind auch eine Seite die nach dem Himmlischen deutete, welche nun auf eine ganz eigne Weise berührt werden sollte. Schon in Ems hatte ich mich gefreut, als ich vernahm, daß wir in Cölln die Gebrüder Jacobi treffen sollten, welche mit an­ dern vorzüglichen und aufmerksamen Männern sich jenen beiden merkwürdigen Reisenden entgegen bewegten. Ich an meinem Teile hoffte von ihnen Vergebung wegen kleiner Unarten zu erhalten, die aus unserer großen, durch Herders scharfen Humor veranlaßten Un­ art entsprungen waren. Jene Briefe und Gedichte, worin Gleim und Georg Jacobi sich öffentlich an einander erfreuten, hatten uns zu man­ cherlei Scherzen Gelegenheit gegeben, und wir bedachten nicht, daß eben so viel Selbstgefälligkeit dazu gehöre, andern die sich behaglich fühlen, wehe zu tun, als sich selbst oder seinen Freunden überflüssiges Gute zu erzeigen. Es war dadurch eine gewisse Mißhelligkeit zwischen dem Ober- und Unterrhein entstanden, aber von so geringer Bedeu­ tung, daß sie leicht vermittelt werden konnte, und hierzu waren die Frauen vorzüglich geeignet. Schon Sophie Laroche gab uns den besten Begriff von diesen edlen Brüdern; Demoiselle Fahlmer, von Düssel­ dorf nach Frankfurt gezogen, und jenem Kreise innig verwandt, gab durch die große Zartheit ihres Gemüts, durch die ungemeine Bildung des Geistes, ein Zeugnis von dem Wert der Gesellschaft in der sie he­ rangewachsen. Sie beschämte uns nach und nach durch ihre Geduld mit unserer grellen oberdeutschen Manier, sie lehrte uns Schonung, indem sie uns fühlen ließ, daß wir | derselben auch wohl bedürften. Die Treuherzigkeit der jüngern Jacobischen Schwester, die große Heiter­ keit der Gattin von Fritz Jacobi, leiteten unsern Geist und Sinn immer mehr und mehr nach jenen Gegenden. Die letztgedachte war geeignet, mich völlig einzunehmen: ohne eine Spur von Sentimentalität richtig fühlend, sich munter ausdrückend, eine herrliche Niederländerin, die, ohne Ausdruck von Sinnlichkeit, durch ihr tüchtiges Wesen an die Ru­ bensischen Frauen erinnerte. Genannte Damen hatten, bei längerem

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Per fortuna quel laico aveva anche una propensione per le cose celesti che sarebbe stata presto sollecitata in modo molto particolare. Fin da Ems mi ero rallegrato quando ero venuto a sapere che a Colonia avremmo incontrato i fra­ telli Jacobi236, che insieme ad altre persone premurose e di riguardo si erano mossi per venire incontro ai due anomali viaggiatori. Io, da parte mia, speravo di farmi perdonare i piccoli sgarbi che erano stati conseguenza della perfidia instillatami dal caustico umorismo di Herder. Le lettere e le poesie in cui Gleim e Georg Jacobi condividevano col pubblico la loro amicizia ci avevano offerto lo spunto per molte spiritosaggini, ma non avevo riflettuto che rovinan­ do la gioia altrui si dimostra lo stesso autocompiacimento di chi tributa lodi superflue a se stesso o ai propri amici237. Si era così creato un certo malumore fra l’alto e il basso Reno, ma era di così poco conto da essere facilmente su­ perabile, e in questo le signore erano particolarmente abili. Già Sophie von La Roche ci aveva parlato molto bene dei due nobili fratelli; demoiselle Fahlmer, che da Düsseldorf si era trasferita a Francoforte ed era strettamente legata alla loro cerchia, con la grande delicatezza d’animo e la cultura non comune dava testimonianza del valore dell’ambiente in cui era cresciuta238. La sua pazienza ci fece col tempo vergognare dei nostri modi sguaiati del Sud e ci insegnò l’indulgenza lasciandoci intendere che | era necessaria an­ che nei nostri confronti. Il candore della sorella minore degli Jacobi e la grande serenità della moglie di Fritz atti­ ravano sempre più il nostro spirito verso quelle regioni239. Quest’ultima poi era fatta apposta per conquistarmi: una splendida olandese, molto sensibile ma senza la minima traccia di sentimentalismo, che si esprimeva in modo vi­ vace e che con la sua vitalità ricordava, senza essere sen­ suale, le donne di Rubens. In occasione dei loro soggiorni

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und kürzerem Aufenthalt in Frankfurt, mit meiner Schwester die engste Verbindung geknüpft, und das ernste, starre, gewissermaßen lieblose Wesen Corneliens aufgeschlossen und erheitert, und so war uns denn ein Düsseldorf, ein Pempelfort, dem Geist und Herzen nach in Frank­ furt zu Teil geworden. Unser erstes Begegnen in Cölln konnte daher sogleich offen und zutraulich sein: denn jener Frauen gute Meinung von uns hatte gleich­ falls nach Hause gewirkt; man behandelte mich nicht, wie bisher auf der Reise, bloß als den Dunstschweif jener beiden großen Wandel­ sterne, sondern man wendete sich auch besonders an mich, um mir manches Gute zu erteilen, und schien geneigt, auch von mir zu emp­ fangen. Ich war meiner bisherigen Torheiten und Frechheiten müde, hinter denen ich doch eigentlich nur den Unmut verbarg, daß für mein Herz, für mein Gemüt auf dieser Reise so wenig gesorgt werde; es brach daher mein Inneres mit Gewalt hervor, und dies mag die Ursa­ che sein, warum ich mich der einzelnen Vorgänge wenig erinnere. Das was man gedacht, die Bilder die man gesehn, lassen sich in dem Ver­ stand und in der Einbildungskraft wieder hervorrufen; aber das Herz ist nicht so gefällig, es wiederholt uns nicht die schönen Gefühle, und am wenigsten sind wir vermögend, uns enthusiastische Momente wieder zu vergegenwärtigen; man wird unvorbereitet davon überfallen und überläßt sich ihnen unbewußt. Andere die uns in solchen Augenblicken beobachten, haben deshalb davon eine klarere und reinere Ansicht als wir selbst. | Religiöse Gespräche hatte ich bisher sachte abgelehnt, und verstän­ dige Anfragen selten mit Bescheidenheit erwidert, weil sie mir gegen das was ich suchte, nur allzu beschränkt schienen. Wenn man mir seine Gefühle, seine Meinungen über meine eignen Produktionen aufdringen wollte, besonders aber wenn man mich mit den Forderungen des All­ tagsverstandes peinigte und mir sehr entschieden vortrug, was ich hätte tun und lassen sollen, dann zerriß der Geduldsfaden, und das Gespräch

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più o meno lunghi a Francoforte le due signore avevano stretto amicizia con mia sorella facendo schiudere e fiorire l’animo rigido, serio e in parte freddo di Cornelia; e così a Francoforte avevamo potuto condividere con il cuore e con lo spirito un qualcosa di Düsseldorf, un qualcosa di Pempelfort. Il nostro primo incontro a Colonia fu quindi subito aper­ to e confidenziale, perché la buona opinione che quelle signore avevano di noi era giunta fino a casa; non mi si trattò, come era finora accaduto in viaggio, soltanto come la coda di quelle due grandi comete, ma i due fratelli rivol­ sero anche a me la loro attenzione e sembravano desiderosi di essere contraccambiati. Mi ero stancato delle mie prece­ denti sciocchezze e insolenze, dietro le quali si nascondeva soltanto la mia insoddisfazione perché in quel viaggio ci si occupava così poco di me e dei miei sentimenti; così tutto ciò che avevo dentro esplose con forza ed è forse per questo che non ricordo bene i singoli avvenimenti. I pensieri, le immagini si ripresentano ancora alla mente e alla fantasia; il cuore invece non è così servizievole, non ci ripropone le belle sensazioni e ancor meno siamo capaci di rivivere gli attimi di gioia: ci colgono impreparati e ci abbandoniamo a loro inconsapevolmente. Per questo chi ci ha osservato in quei momenti ne ha una visione più distinta e più chiara di noi240. | Fino a quel momento avevo abilmente schivato le con­ versazioni religiose e raramente avevo risposto con garbo a richieste sensate, che mi sembravano sempre troppo limita­ te in rapporto a ciò che stavo cercando. Quando qualcuno cercava di impormi le sue impressioni e opinioni sulle mie opere, ma soprattutto quando mi tormentavano con richieste di quotidiana banalità o mi spiegavano con insistenza cosa avrei dovuto fare e non fare, subito perdevo la pazienza,

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zerbrach oder zerbröckelte sich, so daß Niemand mit einer sonderlich günstigen Meinung von mir scheiden konnte. Viel natürlicher wäre mir gewesen, mich freundlich und zart zu erweisen; aber mein Gemüt wollte nicht geschulmeistert, sondern durch freies Wohlwollen aufge­ schlossen, und durch wahre Teilnahme zur Hingebung angeregt sein. Ein Gefühl aber, das bei mir gewaltig überhand nahm, und sich nicht wundersam genug äußern konnte, war die Empfindung der Vergangen­ heit und Gegenwart in Eins: eine Anschauung, die etwas Gespenster­ mäßiges in die Gegenwart brachte. Sie ist in vielen meiner größern und kleinern Arbeiten ausgedrückt, und wirkt im Gedicht immer wohltätig, ob sie gleich im Augenblick, wo sie sich unmittelbar am Leben und im Leben selbst ausdrückte, Jedermann seltsam, unerklärlich, vielleicht unerfreulich scheinen mußte. Cölln war der Ort, wo das Altertum eine solche unzuberechnen­ de Wirkung auf mich ausüben konnte. Die Ruine des Doms (denn ein nichtfertiges Werk ist einem zerstörten gleich) erregte die von Straß­ burg her gewohnten Gefühle. Kunstbetrachtungen konnte ich nicht an­ stellen, mir war zu viel und zu wenig gegeben, und Niemand fand sich, der mir aus dem Labyrinth des Geleisteten und Beabsichtigten, der Tat und des Vorsatzes, des Erbauten und Angedeuteten hätte heraushelfen können, wie es jetzt wohl durch unsere fleißigen beharrlichen Freunde geschieht. In Gesellschaft bewunderte ich zwar diese merkwürdigen Hallen und Pfeiler, aber einsam versenkte ich mich in dieses, mitten in seiner Erschaffung, fern von der Vollendung schon | erstarrte Weltge­ bäude, immer mißmutig. Hier war abermals ein ungeheuerer Gedanke nicht zur Ausführung gekommen! Scheint es doch, als wäre die Archi­ tektur nur da, um uns zu überzeugen, daß durch mehrere Menschen, in einer Folge von Zeit, nichts zu leisten ist, und daß in Künsten und Taten

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la conversazione diveniva stentata e si interrompeva, tanto che nessuno si congedava da me con una buona impressio­ ne. Mi sarebbe venuto più spontaneo mostrarmi gentile e cordiale, ma il mio animo rifiutava di farsi ammaestrare: avrebbe preferito aprirsi a una benevolenza disinteressata e abbandonarsi fino alla dedizione a una simpatia autentica. Ma un altro sentimento stava prendendo con forza il so­ pravvento in me e non trovava forma per esprimere la sua stranezza: era la sensazione che passato e presente fossero una cosa sola, una percezione che introduceva nel presente qualcosa di spettrale. L’ho espressa in molti dei miei lavori piccoli e grandi ed è sempre efficace in poesia, ma nel mo­ mento in cui si manifesta nella vita reale doveva apparire strana a chiunque, inspiegabile, forse anche sconcertante. E Colonia era proprio il luogo dove l’antichità ebbe modo di esercitare su di me quell’effetto imprevedibile. Le rovine del duomo (poiché un’opera incompiuta equiva­ le a una distrutta) evocavano le sensazioni che avevo già provato a Strasburgo. Considerazioni dal punto di vista artistico non ero in grado di farne, avevo troppe e troppo poche informazioni e non trovai nessuno che potesse aiutar­ mi a uscire dal labirinto delle parti realizzate e progettate, dell’azione e dell’intenzione, del costruito e dell’abbozza­ to, come accade invece ora grazie all’impegno dei nostri tenaci amici241. In compagnia ammiravo quelle navate e i pilastri imponenti, ma quando ero solo mi sprofondavo con disagio in quell’edificio già irrigidito dalla morte nel bel mezzo della sua costruzione, | prima ancora di essere com­ pletato. Anche in quel caso un progetto immane era rimasto incompiuto! Sembra quasi che l’architettura esista solo per convincerci che pur avendo a disposizione molte persone e un lungo lasso di tempo non si può produrre nulla, e che nelle arti e nella pratica giunge a compimento soltanto ciò

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nur dasjenige zu Stande kommt, was, wie Minerva, erwachsen und ge­ rüstet aus des Erfinders Haupt hervorspringt. In diesen mehr drückenden als herzerhebenden Augenblicken ahn­ dete ich nicht, daß mich das zarteste und schönste Gefühl so ganz nah erwartete. Man führte mich in Jappachs Wohnung, wo mir das was ich sonst nur innerlich zu bilden pflegte, wirklich und sinnlich ent­ gegentrat. Diese Familie mochte längst ausgestorben sein, aber in dem Untergeschoß, das an einen Garten stieß, fanden wir nichts verändert. Ein durch braunrote Ziegelrauten regelmäßig verziertes Estrich, hohe geschnitzte Sessel mit ausgenähten Sitzen und Rücken, Tischblätter, künstlich eingelegt, auf schweren Füßen, metallene Hängeleuchter, ein ungeheueres Kamin und dem angemessenes Feuergeräte, alles mit je­ nen früheren Tagen übereinstimmend und in dem ganzen Raume nichts neu, nichts heutig als wir selber. Was nun aber die hiedurch wundersam aufgeregten Empfindungen überschwenglich vermehrte und vollende­ te, war ein großes Familiengemälde über dem Kamin. Der ehmalige reiche Inhaber dieser Wohnung saß mit seiner Frau, von Kindern um­ geben, abgebildet: alle gegenwärtig, frisch und lebendig wie von ges­ tern, ja von heute, und doch waren sie schon alle vorübergegangen. Auch diese frischen rundbäckigen Kinder hatten gealtert, und ohne diese kunstreiche Abbildung wäre kein Gedächtnis von ihnen übrig ge­ blieben. Wie ich, überwältigt von diesen Eindrücken, mich verhielt und benahm, wüßte ich nicht zu sagen. Der tiefste Grund meiner mensch­ lichen Anlagen und dichterischen Fähigkeiten ward durch die unendli­ che Herzensbewegung aufgedeckt, und alles Gute und Liebevolle was in meinem Gemüte lag, mochte sich aufschließen und hervorbrechen: denn von | dem Augenblick an ward ich, ohne weitere Untersuchung und Verhandlung, der Neigung, des Vertrauens jener vorzüglichen Männer für mein Leben teilhaft. In Gefolg von diesem Seelen- und Geistesverein, wo alles was in einem Jeden lebte zur Sprache kam, erbot ich mich, meine neusten und liebsten Balladen zu rezitieren. Der König von Thule, und »Es war ein Bube frech genung« taten gute Wirkung, und ich trug sie um so gemüt­

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che, come Minerva, nasce già pronto e armato dalla testa del suo creatore242. In quegli istanti più deprimenti che confortanti non im­ maginavo che di lì a poco avrei sperimentato un sentimento dolcissimo e splendido. Mi condussero nella casa di Jabach, dove percepii reale e tangibile quello che prima ave­ vo solo immaginato. La famiglia si era estinta da tempo, ma al pianterreno, che affacciava su un giardino, tutto era rima­ sto immutato. Il pavimento con le geometrie di piastrelle rosso scuro, i seggi in legno intagliato con schienali e sedili imbottiti, i tavoli intarsiati con i piedi massicci, le lampade di metallo, un enorme camino con i relativi utensili, tutto era proprio come una volta e nella stanza non c’era niente di nuovo, niente di attuale se non noi stessi. Ma quello che accrebbe in modo smisurato e completò queste stranissime sensazioni fu il ritratto di famiglia appeso sopra il cami­ no243. Il ricco padrone di casa era ritratto seduto accanto alla moglie, circondato dai bambini: tutti presenti, freschi e vivaci come se fossero stati dipinti ieri, anzi, oggi, eppure erano già tutti morti. Anche quei bambini con le guancette rosse erano invecchiati, e senza quel quadro non avremmo di loro alcuna memoria. Non saprei dire cosa feci o dissi, sopraffatto com’ero da quelle emozioni. La parte più pro­ fonda della mia umanità e delle mie attitudini poetiche fu portata allo scoperto da quell’infinita commozione e tutto ciò che di buono e amabile c’era in me poté schiudersi e germogliare: da | quel momento in poi e per tutta la vita, senza ulteriori indagini o valutazioni, ebbi l’affetto e la fi­ ducia di quelle splendide persone. Sull’onda di questa comunanza di anime e spiriti, in cui ciascuno poteva esprimere tutto ciò che sentiva, mi offrii di recitare le mie ultime ballate, le mie preferite. Il re di Thule e Il ragazzo infedele piacquero molto, e le declamai con

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licher vor, als meine Gedichte mir noch ans Herz geknüpft waren, und nur selten über die Lippen kamen. Denn mich hinderten leicht gewisse gegenwärtige Personen, denen mein überzartes Gefühl vielleicht un­ recht tun mochte; ich ward manchmal mitten im Rezitieren irre und konnte mich nicht wieder zurecht finden. Wie oft bin ich nicht des­ halb des Eigensinns und eines wunderlichen grillenhaften Wesens an­ geklagt worden! Ob mich nun gleich die dichterische Darstellungsweise am meisten beschäftigte, und meinem Naturell eigentlich zusagte, so war mir doch auch das Nachdenken über Gegenstände aller Art nicht fremd, und Ja­ cobi’s originelle, seiner Natur gemäße Richtung gegen das Unerforsch­ liche höchst willkommen und gemütlich. Hier tat sich kein Widerstreit hervor, nicht ein christlicher wie mit Lavater, nicht ein didaktischer wie mit Basedow. Die Gedanken die mir Jacobi mitteilte, entsprangen unmittelbar aus seinem Gefühl, und wie eigen war ich durchdrungen, als er mir, mit unbedingtem Vertrauen, die tiefsten Seelenforderungen nicht verhehlte. Aus einer so wundersamen Vereinigung von Bedürf­ nis, Leidenschaft und Ideen, konnten auch für mich nur Vorahndun­ gen entspringen dessen, was mir vielleicht künftig deutlicher werden sollte. Glücklicher Weise hatte ich mich auch schon von dieser Sei­ te wo nicht gebildet, doch bearbeitet und in mich das Dasein und die Denkweise eines außerordentlichen Mannes aufgenommen, zwar nur unvollständig und wie auf den Raub, aber ich empfand davon doch schon bedeutende Wirkungen. Dieser Geist, der so entschieden auf mich wirkte, und der | auf meine ganze Denkweise so großen Einfluß haben sollte, war Spinoza. Nachdem ich mich nämlich in aller Welt um ein Bildungsmittel meines wunderlichen Wesens vergebens umgesehn hatte, geriet ich endlich an die Ethik dieses Mannes. Was ich mir aus dem Werke mag herausgelesen, was ich in dasselbe mag hineingelesen haben, davon wüßte ich keine Rechenschaft zu geben, genug ich fand hier eine Beruhigung meiner Leidenschaften, es schien sich mir eine große und freie Aussicht über die sinnliche und sittliche Welt aufzutun. Was mich aber besonders an ihn fesselte, war die grenzenlose Unei­

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commozione ancora maggiore in quanto mi sentivo molto vicino a quelle poesie ma solo di rado avevo occasione di recitarle244. Mi bloccava infatti la presenza di alcune perso­ ne, anche se forse la mia eccessiva sensibilità faceva loro torto; fatto sta che recitandole mi confondevo e perdevo il filo. Quante volte per questo sono stato accusato di essere lunatico e capriccioso! Sebbene mi interessassi soprattutto per la produzione poetica che ben si addiceva alla mia natura, non mi era però estranea la riflessione su argomenti diversi, e così l’origina­ le propensione di Jacobi per l’insondabile, in linea con la sua personalità, fu ben accetta e gradita. Tra noi non si apri­ vano conflitti, né religiosi come con Lavater, né pedagogici come con Basedow. I pensieri che Jacobi mi comunicava scaturivano direttamente dal suo intimo e fui profondamen­ te colpito quando, con fiducia incondizionata, non mi na­ scose le aspirazioni più profonde della sua anima. Da una consonanza così meravigliosa di esigenze, passioni e idee per me non potevano che scaturire soltanto presagi di ciò che forse avrei compreso più chiaramente in futuro. Per for­ tuna anche su questo versante ero se non già ben istruito, almeno preparato a sufficienza, poiché avevo interiorizzato l’esistenza e il pensiero di un uomo straordinario – certo solo in parte e come di sfuggita, ma ne sentivo già effetti notevoli. Lo spirito che agiva così potente su di me e che | avrebbe così tanto influenzato il mio modo di pensare era Spinoza245. Infatti, dopo aver cercato invano dappertutto uno strumento per forgiare il mio curioso essere, mi ero in­ fine imbattuto nella sua Etica. Non saprei ora rendere conto di quello che ho colto dalla lettura di quell’opera e di quello che ci ho messo di mio, mi basta dire che mi insegnò a pla­ care le mie passioni e mi schiuse una visione ampia e libera del mondo sensibile e di quello morale. Ma ciò che più mi

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gennützigkeit, die aus jedem Satze hervorleuchtete. Jenes wunderliche Wort: »Wer Gott recht liebt, muß nicht verlangen, daß Gott ihn wieder liebe« mit allen den Vordersätzen worauf es ruht, mit allen den Folgen die daraus entspringen, erfüllte mein ganzes Nachdenken. Uneigennüt­ zig zu sein in allem, am uneigennützigsten in Liebe und Freundschaft, war meine höchste Lust, meine Maxime, meine Ausübung, so daß je­ nes freche spätere Wort »Wenn ich dich liebe, was geht’s dich an?« mir recht aus dem Herzen gesprochen ist. Übrigens möge auch hier nicht verkannt werden, daß eigentlich die innigsten Verbindungen nur aus dem Entgegengesetzten folgen. Die alles ausgleichende Ruhe Spino­ za’s kontrastierte mit meinem alles aufregenden Streben, seine mathe­ matische Methode war das Widerspiel meiner poetischen Sinnes- und Darstellungsweise, und eben jene geregelte Behandlungsart, die man sittlichen Gegenständen nicht angemessen finden wollte, machte mich zu seinem leidenschaftlichen Schüler, zu seinem entschiedensten Ver­ ehrer. Geist und Herz, Verstand und Sinn suchten sich mit notwendiger Wahlverwandtschaft, und durch diese kam die Vereinigung der ver­ schiedensten Wesen zu Stande. Noch war aber alles in der ersten Wirkung und Gegenwirkung, gärend und siedend. Fritz Jacobi, der erste, den ich in dieses Chaos hineinblicken ließ, er, dessen Natur gleichfalls im Tiefsten arbeitete, nahm mein Vertrauen herzlich auf, erwiderte dasselbe und suchte mich in seinen | Sinn einzuleiten. Auch er empfand ein unaussprechliches geistiges Bedürfnis, auch er wollte es nicht durch fremde Hülfe be­ schwichtigt, sondern aus sich selbst herausgebildet und aufgeklärt ha­ ben. Was er mir von dem Zustande seines Gemütes mitteilte, konnte ich nicht fassen, um so weniger, als ich mir keinen Begriff von mei­ nem eignen machen konnte. Doch er, der in philosophischem Denken, selbst in Betrachtung des Spinoza, mir weit vorgeschritten war, suchte

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affascinava di lui era lo sconfinato disinteresse che risplen­ deva in ogni affermazione. Quelle strane parole: «Chi ama Dio, non può sforzarsi affinché Dio lo ami a sua volta»246 con tutte le premesse su cui si basano e con tutte le con­ seguenze che ne derivano, corrispondevano pienamente al mio modo di pensare. Essere disinteressati in tutto, ma in particolare nell’amore e nell’amicizia era il mio massimo desiderio, la mia regola di vita, il mio esercizio, tanto che quella frase rude che mi venne in seguito: «e se ti voglio bene, che te ne importa?»247 scaturiva direttamente dal cuo­ re. Anche in questo caso non si può non notare come i lega­ mi più profondi nascano proprio tra gli opposti. La tranquil­ lità e l’equilibrio di Spinoza erano in aperto contrasto con le mie convulse aspirazioni, il suo metodo matematico era l’opposto del mio modo poetico di sentire e rappresentare, e proprio quell’argomentare in base a regole, che si rite­ neva inadatto per trattare questioni morali, mi rese un suo appassionato discepolo, un suo fervido ammiratore. Mente e cuore, intelletto e sensibilità si attraevano a vicenda grazie a un’irresistibile affinità elettiva, producendo così l’unione tra due esseri diversissimi248. Tutto era però ancora nella fase delle prime azioni e re­ azioni, ribolliva e fermentava. Fritz Jacobi, che per natura lavorava nel profondo come me, fu il primo a cui permisi di guardare in quel caos; egli accolse di cuore la mia fiducia e la ricambiò, cercando di introdurmi | nel suo modo di sen­ tire. Anche lui avvertiva un bisogno spirituale inesprimi­ bile, anche lui non voleva placarlo con aiuti esterni, bensì plasmarlo e rischiararlo con le proprie forze. Non riuscii a comprendere bene quello che mi comunicò sulla sua condi­ zione spirituale, dal momento che non avevo le idee chia­ re nemmeno sulla mia. Ma lui, che era molto più addentro di me nel pensiero filosofico e nello studio di Spinoza249,

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mein dunkles Bestreben zu leiten und aufzuklären. Eine solche reine Geistesverwandtschaft war mir neu, und erregte ein leidenschaftliches Verlangen fernerer Mitteilung. Nachts, als wir uns schon getrennt und in die Schlafzimmer zurückgezogen hatten, suchte ich ihn nochmals auf. Der Mondschein zitterte über dem breiten Rheine, und wir, am Fenster stehend, schwelgten in der Fülle des Hin- und Widergebens, das in jener herrlichen Zeit der Entfaltung so reichlich aufquillt. Doch wüßte ich von jenem Unaussprechlichen gegenwärtig keine Rechenschaft zu liefern; deutlicher ist mir eine Fahrt nach dem Jagd­ schlosse Bensberg, das, auf der rechten Seite des Rheins gelegen, der herrlichsten Aussicht genoß. Was mich daselbst über die Maßen ent­ zückte, waren die Wandverzierungen durch Weenix. Wohlgeordnet la­ gen alle Tiere, welche die Jagd nur liefern kann, rings umher wie auf dem Sockel einer großen Säulenhalle; über sie hinaus sah man in eine weite Landschaft. Jene entlebten Geschöpfe zu beleben, hatte der au­ ßerordentliche Mann sein ganzes Talent erschöpft, und in Darstellung des mannigfaltigsten tierischen Überkleides, der Borsten, der Haare, der Federn, des Geweihes, der Klauen, sich der Natur gleichgestellt, in Absicht auf Wirkung sie übertroffen. Hatte man die Kunstwerke im Ganzen genugsam bewundert, so ward man genötigt, über die Hand­ griffe nachzudenken, wodurch solche Bilder so geistreich als mecha­ nisch hervorgebracht werden konnten. Man begriff nicht, wie sie durch Menschenhände entstanden seien und durch was für Instrumente. Der Pinsel war nicht hinreichend; man mußte ganz eigne | Vorrichtungen annehmen, durch welche ein so Mannigfaltiges möglich geworden. Man näherte, man entfernte sich mit gleichem Erstaunen: die Ursache war so bewundernswert als die Wirkung. Die weitere Fahrt rheinabwärts ging froh und glücklich von statten. Die Ausbreitung des Flusses ladet auch das Gemüt ein, sich auszu­ breiten und nach der Ferne zu sehen. Wir gelangten nach Düsseldorf und von da nach Pempelfort, dem angenehmsten und heitersten Auf­

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cercò di guidare e di rischiarare le mie oscure aspirazioni. Quell’affinità spirituale così pura mi era del tutto nuova e suscitò in me l’appassionato desiderio di uno scambio più profondo. La notte, dopo che ci eravamo salutati e ritira­ ti in camera, tornavo a cercarlo. Il chiaro di luna tremo­ lava sull’ampio Reno e noi, alla finestra, assaporavamo la pienezza del dare e ricevere che sgorga copiosa in quella splendida fase della giovinezza. Ora non saprei più riferire di quei momenti ineffabili; ricordo bene invece un’escursione al castello di caccia di Bensberg, sulla riva destra del Reno, da cui si godeva un panorama spettacolare. Ciò che mi mandò davvero in estasi furono le pareti affrescate da Weenix250. Tutti gli animali che la caccia può fornire erano dipinti in bell’ordine tutt’intor­ no, come sullo zoccolo di una grande sala a colonne, e sullo sfondo si scorgeva un vasto paesaggio. Quel grand’uomo aveva impiegato tutto il suo talento per infondere vita in quegli esseri inanimati, rivaleggiando con la natura nel riprodurre il molteplice aspetto degli animali con setole, peli, piume, corna, artigli, superandola persino in efficacia. Dopo aver ammirato a sazietà quelle opere d’arte nel loro insieme, si era costretti a riflettere sull’ingegnosa tecnica manuale che aveva permesso di produrle. Era impossibile capire come potessero essere opera di mano umana né di quali strumenti. Il pennello non era sufficiente, si intuiva che erano state impiegate | procedure particolari per otte­ nere quella varietà; ci si avvicinava, ci si allontanava con uguale stupore, la causa suscitava tanta meraviglia quanto l’effetto. Il resto del viaggio lungo il Reno proseguì allegro e spensierato. L’ampiezza del fiume invita anche lo spirito a espandersi e a guardare lontano. Arrivammo a Düsseldorf e da lì a Pempelfort, luogo gradevolissimo e ameno, dove

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enthalt, wo ein geräumiges Wohngebäude an weite wohlunterhaltene Gärten stoßend, einen sinnlichen und sittigen Kreis versammelte. Die Familienglieder waren zahlreich und an Fremden fehlte es nie, die sich in diesen reichlichen und angenehmen Verhältnissen gar wohl gefielen. In der Düsseldorfer Galerie konnte meine Vorliebe für die nieder­ ländische Schule reichliche Nahrung finden. Der tüchtigen, derben, von Naturfülle glänzenden Bilder fanden sich ganze Säle, und wenn auch nicht eben meine Einsicht vermehrt wurde, meine Kenntnis ward doch bereichert und meine Liebhaberei bestärkt. Die schöne Ruhe, Behaglichkeit und Beharrlichkeit, welche den Hauptcharakter dieses Familienvereins bezeichneten, belebten sich gar bald vor den Augen des Gastes, indem er wohl bemerken konnte, daß ein weiter Wirkungskreis von hier ausging und anderwärts eingriff. Die Tätigkeit und Wohlhabenheit benachbarter Städte und Ortschaften trug nicht wenig bei, das Gefühl einer inneren Zufriedenheit zu erhöhen. Wir besuchten Elberfeld und erfreuten uns an der Rührigkeit so man­ cher wohlbestellten Fabriken. Hier fanden wir unsern Jung, genannt Stilling, wieder, der uns schon in Coblenz entgegengekommen war, und der den Glauben an Gott und die Treue gegen die Menschen immer zu seinem köstlichen Geleit hatte. Hier sahen wir ihn in seinem Kreise und freuten uns des Zutrauens, das ihm seine Mitbürger schenkten, die mit irdischem Erwerb beschäftigt, die himmlischen Güter nicht außer acht ließen. Die betriebsame Gegend gab einen beruhigenden Anblick, weil das Nützliche | hier aus Ordnung und Reinlichkeit hervortrat. Wir verlebten in diesen Betrachtungen glückliche Tage. Kehrte ich dann wieder zu meinem Freunde Jacobi zurück, so ge­ noß ich des entzückenden Gefühls einer Verbindung durch das innerste Gemüt. Wir waren beide von der lebendigsten Hoffnung gemeinsamer Wirkung belebt, dringend forderte ich ihn auf, alles was in ihm sich rege und bewege, in irgend einer Form kräftig darzustellen. Es war

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uno spazioso edificio, affacciato su vasti giardini ben tenuti, ospitava una compagnia colta e beneducata. La famiglia era molto numerosa e non mancavano mai ospiti che apprezza­ vano molto quell’ambiente agiato e piacevole. Nella galleria d’arte di Düsseldorf la mia predilezione per la scuola olandese trovò abbondante nutrimento251. C’e­ rano intere sale con dipinti accurati, realistici, in cui brilla­ va la pienezza della natura, e sebbene la mia comprensione dell’arte non si incrementasse, si arricchirono le mie cono­ scenze e si consolidò la mia passione. La tranquillità, il benessere e la stabilità che costitui­ vano il tratto distintivo di quella cerchia familiare furono ben presto percepiti dall’occhio del visitatore, che allo stes­ so tempo si rese conto che essa aveva un raggio d’azione molto ampio e operava anche a distanza. La laboriosità e il benessere delle cittadine e delle località del circondario contribuivano non poco a rafforzare quella sensazione di intima soddisfazione. Visitammo Elberfeld e ammirammo l’operosità di molte fabbriche ben amministrate. Qui ritro­ vammo il nostro Jung, detto Stilling, che ci era già venuto incontro a Coblenza, come sempre ottimamente accompa­ gnato dalla fede in Dio e dalla fiducia negli uomini. Lo in­ contrammo nel suo ambiente e ci rallegrammo della stima che avevano per lui i suoi concittadini che, per quanto im­ pegnati nei guadagni terreni, non trascuravano i beni cele­ sti. Quell’industriosa regione aveva un effetto rassicurante, poiché la prosperità | scaturiva da ordine e pulizia. Trascor­ remmo giorni felici osservando tutto ciò. Ritornato dal mio amico Jacobi assaporai di nuovo la deliziosa sensazione della sintonia dei sentimenti più pro­ fondi. Eravamo entrambi animati dalla più viva speranza di un’azione comune, e lo esortavo continuamente a tro­ vare una forma per descrivere in modo pregnante ciò che

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das Mittel, wodurch ich mich aus so viel Verwirrungen herausgerissen hatte, ich hoffte, es solle auch ihm zusagen. Er säumte nicht, es mit Mut zu ergreifen, und wie viel Gutes, Schönes, Herzerfreuendes hat er nicht geleistet! Und so schieden wir endlich in der seligen Empfin­ dung ewiger Vereinigung, ganz ohne Vorgefühl, daß unser Streben eine entgegengesetzte Richtung nehmen werde, wie es sich im Laufe des Lebens nur allzu sehr offenbarte. Was mir ferner auf dem Rückwege rheinaufwärts begegnet, ist mir ganz aus der Erinnerung verschwunden, teils weil der zweite Anblick der Gegenstände in Gedanken mit dem ersten zu verfließen pflegt, teils auch, weil ich, in mich gekehrt, das Viele was ich erfahren hatte, zu­ recht zu legen, das was auf mich gewirkt, zu verarbeiten trachtete. Von einem wichtigen Resultat, das mir eine Zeit lang viel Beschäftigung gab, indem es mich zum Hervorbringen aufforderte, gedenke ich ge­ genwärtig zu reden. Bei meiner überfreien Gesinnung, bei meinem völlig zweck- und planlosen Leben und Handeln, konnte mir nicht verborgen bleiben, daß Lavater und Basedow geistige, ja geistliche Mittel zu irdischen Zwecken gebrauchten. Mir, der ich mein Talent und meine Tage ab­ sichtslos vergeudete, mußte schnell auffallen, daß beide Männer, jeder auf seine Art, indem sie zu lehren, zu unterrichten und zu überzeugen bemüht waren, doch auch gewisse Absichten im Hinterhalte verbargen, an deren Beförderung ihnen sehr gelegen war. Lavater ging zart und klug, Basedow heftig, frevelhaft, sogar plump zu Werke; auch waren beide von ihren Liebhabereien, Unternehmungen und von der | Vor­ trefflichkeit ihres Treibens so überzeugt, daß man sie für redliche Män­ ner halten, sie lieben und verehren mußte. Lavatern besonders konnte man zum Ruhme nachsagen, daß er wirklich höhere Zwecke hatte und, wenn er weltklug handelte, wohl glauben durfte, der Zweck heilige die Mittel. Indem ich nun beide beobachtete, ja ihnen frei heraus meine Meinung gestand, und die ihrige dagegen vernahm, so wurde der Ge­ danke rege, daß freilich der vorzügliche Mensch das Göttliche was in

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si agitava e muoveva in lui; così facendo io ero riuscito a superare i momenti di confusione e speravo che funzionas­ se anche per lui. Non tardò a trovare il coraggio di farlo e quante cose buone, belle ed edificanti ha prodotto! Alla fine ci separammo con il beato sentimento di un’amicizia eterna, senza minimamente immaginare che le nostre aspi­ razioni avrebbero preso direzioni opposte, come si vide poi fin troppo bene con il passare degli anni252. Cosa accadde al ritorno, risalendo lungo il Reno, non lo ricordo proprio, sia perché quando si vedono più volte determinate cose il ricordo tende a sovrapporle, sia perché, raccolto in me stesso, tentavo di riordinare le moltissime esperienze, di rielaborare le impressioni ricevute. Ora in­ tendo comunque parlare di un risultato importante che mi tenne occupato per lungo tempo e mi spinse a scrivere. Pur con la mia mentalità fin troppo aperta, con uno stile di vita privo di scopo e di ordine, non potei non accorgermi che sia Lavater che Basedow utilizzavano mezzi spirituali, persino religiosi, per raggiungere scopi terreni. Io, che spre­ cavo senza scopo il mio talento e il mio tempo, compresi che entrambi, ciascuno a suo modo, mentre erano impegnati a insegnare, istruire e persuadere, celavano nel loro intimo mire ben precise a cui tenevano molto. Lavater era dolce e prudente, Basedow irruente, aggressivo, persino goffo; ma essendo entrambi totalmente convinti delle loro intenzioni, delle loro azioni e | dell’eccellenza del loro progetto, li si poteva ritenere persone oneste e in quanto tali ammirevoli e rispettabili. A lode di Lavater in particolare va detto che aveva scopi davvero elevati, e anche quando agiva con scal­ trezza poteva comunque pensare in tutta sincerità che il fine giustifica i mezzi. Osservandoli entrambi, esponendo loro apertamente la mia opinione e ascoltando la loro, nacque in me l’idea che i grandi uomini hanno evidentemente il

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ihm ist, auch außer sich verbreiten möchte. Dann aber trifft er auf die rohe Welt, und um auf sie zu wirken, muß er sich ihr gleichstellen; hierdurch aber vergibt er jenen hohen Vorzügen gar sehr, und am Ende begibt er sich ihrer gänzlich. Das Himmlische, Ewige wird in den Kör­ per irdischer Absichten eingesenkt und zu vergänglichen Schicksalen mit fortgerissen. Nun betrachtete ich den Lebensgang beider Männer aus diesem Gesichtspunkt, und sie schienen mir eben so ehrwürdig als bedauernswert: denn ich glaubte vorauszusehn, daß beide sich ge­ nötigt finden könnten, das Obere dem Unteren aufzuopfern. Weil ich nun aber alle Betrachtungen dieser Art bis aufs Äußerste verfolgte, und über meine enge Erfahrung hinaus, nach ähnlichen Fällen in der Ge­ schichte mich umsah; so entwickelte sich bei mir der Vorsatz, an dem Leben Mahomets, den ich nie als einen Betrüger hatte ansehn können, jene von mir in der Wirklichkeit so lebhaft angeschauten Wege, die anstatt zum Heil, vielmehr zum Verderben führen, dramatisch darzu­ stellen. Ich hatte kurz vorher das Leben des orientalischen Propheten mit großem Interesse gelesen und studiert, und war daher, als der Ge­ danke mir aufging, ziemlich vorbereitet. Das Ganze näherte sich mehr der regelmäßigen Form, zu der ich mich schon wieder hinneigte, ob ich mich gleich der dem Theater einmal errungenen Freiheit, mit Zeit und Ort nach Belieben schalten zu dürfen, mäßig bediente. Das Stück fing mit einer Hymne an, welche Mahomet allein unter dem heiteren Nacht­ himmel anstimmt. Erst verehrt er die unendlichen Gestirne als eben so viele Götter; dann steigt der | freundliche Stern Gad (unser Jupiter) hervor, und nun wird diesem, als dem König der Gestirne, ausschließli­ che Verehrung gewidmet. Nicht lange, so bewegt sich der Mond herauf und gewinnt Aug’ und Herz des Anbetenden, der sodann, durch die hervortretende Sonne herrlich erquickt und gestärkt, zu neuem Preise aufgerufen wird. Aber dieser Wechsel, wie erfreulich er auch sein mag,

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desiderio di diffondere anche intorno a sé il divino che è in loro. Si scontrano però con il mondo rozzo e per influire su di esso devono mettersi sullo stesso piano, ma così facendo perdono molte delle loro nobili qualità fino a privarsene del tutto. Il divino, l’eterno sprofonda nella carne delle inten­ zioni terrene e viene trascinato via in destini effimeri. Os­ servai dunque l’esistenza di quei due uomini da questo pun­ to di vista e mi parvero degni tanto di ammirazione quanto di compassione: prevedevo infatti che entrambi sarebbero stati costretti a sacrificare la dimensione superiore a quella inferiore. Poiché di solito spingevo questo tipo di conside­ razioni fino alle estreme conseguenze e comunque ben oltre i confini della mia modesta esperienza, cominciai a guar­ darmi intorno per trovare casi simili nella storia; mi venne così l’idea di utilizzare la vita di Maometto, che non avevo mai considerato un impostore253, per rappresentare in forma drammatica quei percorsi che, come avevo scorto in modo così vivido nella realtà, conducono alla rovina piuttosto che alla salvezza. Con grande interesse avevo letto e studiato da poco la vita del profeta dell’Oriente254, e quando mi ven­ ne quell’idea ero dunque abbastanza preparato. L’insieme tendeva ad avvicinarsi alla forma classica a cui inclinavo di nuovo, sebbene mi servissi comunque, ma con modera­ zione, della libertà ormai acquisita dal teatro di bistrattare a piacimento tempo e luogo. Il dramma si apriva con un inno che Maometto intona da solo, sotto il cielo stellato. In prima battuta adora le stelle infinite come altrettante divinità, poi sorge la | stella amichevole di Gad (il nostro Giove) e si rivolge quindi a lui per adorarlo come unico re degli astri. Poco dopo ecco spuntare anche la luna che conquista occhi e cuore del devoto che infine, miracolosamente rinfrancato e ristorato, si perde in nuove lodi per il sole che sorge. Ma quel cambiamento, per quanto piacevole, non dona quiete,

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ist dennoch beunruhigend, das Gemüt empfindet, daß es sich nochmals überbieten muß; es erhebt sich zu Gott, dem Einzigen, Ewigen, Un­ begrenzten, dem alle diese begrenzten herrlichen Wesen ihr Dasein zu verdanken haben. Diese Hymne hatte ich mit viel Liebe gedichtet; sie ist verloren gegangen, würde sich aber zum Zweck einer Kantate wohl wieder herstellen lassen, und sich dem Musiker durch die Mannigfal­ tigkeit des Ausdrucks empfehlen. Man müßte sich aber, wie es auch damals schon die Absicht war, den Anführer einer Karawane mit seiner Familie und dem ganzen Stamme denken, und so würde für die Ab­ wechselung der Stimmen und die Macht der Chöre wohl gesorgt sein. Nachdem sich also Mahomet selbst bekehrt, teilt er diese Gefühle und Gesinnungen den Seinigen mit; seine Frau und Ali fallen ihm un­ bedingt zu. Im zweiten Akt versucht er selbst, heftiger aber Ali, diesen Glauben in dem Stamme weiter auszubreiten. Hier zeigt sich Beistim­ mung und Widersetzlichkeit, nach Verschiedenheit der Charakter. Der Zwist beginnt, der Streit wird gewaltsam, und Mahomet muß entfliehn. Im dritten Akt bezwingt er seine Gegner, macht seine Religion zur öf­ fentlichen, reinigt die Kaaba von den Götzenbildern; weil aber doch nicht alles durch Kraft zu tun ist, so muß er auch zur List seine Zu­ flucht nehmen. Das Irdische wächst und breitet sich aus, das Göttliche tritt zurück und wird getrübt. Im vierten Akte verfolgt Mahomet seine Eroberungen, die Lehre wird mehr Vorwand als Zweck, alle denkbaren Mittel müssen benutzt werden; es fehlt nicht an Grausamkeiten. Eine Frau, deren Mann er hat hinrichten lassen, vergiftet ihn. Im fünften fühlt er sich vergiftet. Seine große Fassung, die Wiederkehr | zu sich selbst, zum höheren Sinne, machen ihn der Bewunderung würdig. Er reinigt seine Lehre, befestigt sein Reich und stirbt. So war der Entwurf einer Arbeit, die mich lange im Geist beschäf­ tigte: denn gewöhnlich mußte ich erst etwas im Sinne beisammen ha­ ben, eh ich zur Ausführung schritt. Alles was das Genie durch Cha­ rakter und Geist über die Menschen vermag, sollte dargestellt werden,

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l’animo percepisce che deve andare oltre: si eleva a Dio, l’u­ nico, l’eterno, l’immenso, a cui tutte quelle creature meravi­ gliose devono la loro esistenza. Avevo composto quell’inno con molto amore; è andato perso, ma si presterebbe molto bene per una cantata, un compositore ne apprezzerebbe la varietà dei toni. Bisognerebbe immaginare, e questa era an­ che la mia intenzione di allora, il capo di una carovana con la famiglia e tutta la tribù, cosa che assicurerebbe l’alter­ nanza delle voci e la potenza del coro255. Dopo essersi convertito, Maometto comunica sentimenti e propositi ai suoi, e la moglie e Alì li fanno immediatamen­ te propri. Nel secondo atto sia lui che Alì, più impetuoso, cercano di diffondere quella fede tra la tribù, e qui emer­ gono accettazione e rifiuto, a seconda dei caratteri. Inizia il conflitto, la lotta diviene violenta e Maometto è costretto a fuggire. Nel terzo atto sottomette i suoi oppositori, uf­ ficializza la sua religione e ripulisce la Kaaba dagli idoli; ma poiché non tutto può essere ottenuto con la forza, deve ogni tanto ricorrere all’astuzia: l’elemento terreno cresce e si espande, il divino si ritrae e si offusca. Nel quarto atto la religione è ormai più un pretesto che un fine, Maometto prosegue nelle sue conquiste ricorrendo a ogni mezzo pos­ sibile, compresa la crudeltà; la moglie di un uomo che è stato giustiziato lo avvelena. Nel quinto atto si rende conto di essere stato avvelenato. La grande forza d’animo, il ri­ torno | a se stesso, al suo scopo più alto, lo rendono degno di ammirazione. Purifica la sua dottrina, consolida il suo regno e muore. Questo era il progetto per un lavoro che mi tenne impe­ gnato a lungo perché in genere, prima di procedere con la scrittura, dovevo aver messo insieme tutte le parti nella mia testa. Volevo rappresentare tutto ciò che il genio può opera­ re nell’uomo grazie al carattere e allo spirito, e come questo

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und wie es dabei gewinnt und verliert. Mehrere einzuschaltende Ge­ sänge wurden vorläufig gedichtet, von denen ist allein noch übrig, was überschrieben Mahomets Gesang, unter meinen Gedichten steht. Im Stücke sollte Ali, zu Ehren seines Meisters, auf dem höchsten Punkte des Gelingens diesen Gesang vortragen, kurz vor der Umwendung, die durch das Gift geschieht. Ich erinnere mich auch noch der Intentionen einzelner Stellen, doch würde mich die Entwickelung derselben hier zu weit führen. |

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gli procuri guadagni e perdite allo stesso tempo. Composi inizialmente molti canti per gli intermezzi, di cui rimane soltanto quello che è riportato tra le mie poesie con il tito­ lo Canto a Maometto256. Nel dramma Alì doveva recitarlo in onore del maestro all’apice della fortuna, subito prima che il veleno producesse il capovolgimento. Ricordo anche come intendevo sviluppare alcune singole parti, ma ora ci porterebbe troppo lontano. |

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Funfzehntes Buch Von so vielfachen Zerstreuungen, die doch meist zu ernsten, ja reli­ giösen Betrachtungen Anlaß gaben, kehrte ich immer wieder zu mei­ ner edlen Freundin von Klettenberg zurück, deren Gegenwart meine stürmischen, nach allen Seiten hinstrebenden Neigungen und Leiden­ schaften, wenigstens für einen Augenblick beschwichtigte, und der ich von solchen Vorsätzen, nach meiner Schwester, am liebsten Rechen­ schaft gab. Ich hätte wohl bemerken können, daß von Zeit zu Zeit ihre Gesundheit abnahm, allein ich verhehlte mir’s, und durfte dies um so eher, als ihre Heiterkeit mit der Krankheit zunahm. Sie pflegte nett und reinlich am Fenster in ihrem Sessel zu sitzen, vernahm die Erzählun­ gen meiner Ausflüge mit Wohlwollen, so wie dasjenige was ich ihr vorlas. Manchmal zeichnete ich ihr auch etwas hin, um die Gegenden leichter zu beschreiben, die ich gesehn hatte. Eines Abends, als ich mir eben mancherlei Bilder wieder hervorgerufen, kam, bei untergehender Sonne, sie und ihre Umgebung mir wie verklärt vor, und ich konnte mich nicht enthalten, so gut es meine Unfähigkeit zuließ, ihre Person und die Gegenstände des Zimmers in ein Bild zu bringen, das unter den Händen eines kunstfertigen Malers, wie Kersting, höchst anmutig geworden wäre. Ich sendete es an eine auswärtige Freundin und legte als Kommentar und Supplement ein Lied hinzu. Sieh in diesem Zauberspiegel Einen Traum, wie lieb und gut, Unter ihres Gottes Flügel, Unsre Freundin leidend ruht.

Libro quindicesimo Dopo le molteplici distrazioni che di solito offrivano co­ munque spunto per considerazioni profonde e perfino re­ ligiose, tornavo sempre dalla mia nobile amica von Klet­ tenberg, la cui presenza placava almeno per un attimo le mie impetuose passioni e l’entusiasmo che si lanciava in mille direzioni; dopo mia sorella, era a lei che riferivo più volentieri i miei progetti. Avrei certo dovuto notare che la sua salute peggiorava ogni giorno di più ma non volevo am­ metterlo, e la serenità che aumentava insieme alla malattia mi rendeva la cosa più facile. Sedeva di solito nella poltro­ na accanto alla finestra, graziosa e linda, ascoltando con be­ nevolenza i racconti dei miei vagabondaggi e tutto ciò che le leggevo. Qualche volta abbozzavo anche dei disegni per descriverle meglio un paesaggio che avevo visto. Una sera, dopo che avevo evocato molte immagini, il sole al tramonto me la fece apparire come trasfigurata con tutto ciò che le era intorno, e non potei fare a meno, per quanto me lo per­ mettevano le mie modeste capacità, di riprodurre lei e gli oggetti della stanza in un disegno che tra le mani di un abile pittore, come ad esempio Kersting257, sarebbe risultato assai pregevole. Lo inviai a un’amica lontana e come appendice e commento aggiunsi una poesia: Guarda in questo specchio incantato un sogno, come cara e buona sotto le ali del suo Dio la nostra amica sofferente risposa.

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Schaue, wie sie sich hinüber Aus des Lebens Woge stritt; | Sieh Dein Bild ihr gegenüber Und den Gott der für Euch litt. Fühle, was ich in dem Weben Dieser Himmelsluft gefühlt, Als mit ungeduld’gem Streben Ich die Zeichnung hingewühlt. Wenn ich mich in diesen Strophen, wie auch sonst wohl manchmal geschah, als einen Auswärtigen, Fremden, sogar als einen Heiden gab, war ihr dieses nicht zuwider, vielmehr versicherte sie mir, daß ich ihr so lieber sei als früher, da ich mich der christlichen Terminologie be­ dient, deren Anwendung mir nie recht habe glücken wollen; ja es war schon hergebracht, wenn ich ihr Missionsberichte vorlas, welche zu hören ihr immer sehr angenehm war, daß ich mich der Völker gegen die Missionarien annehmen, und ihren früheren Zustand dem neuern vorziehen durfte. Sie blieb immer freundlich und sanft, und schien meiner und meines Heils wegen nicht in der mindesten Sorge zu sein. Daß ich mich aber nach und nach immer mehr von jenem Bekennt­ nis entfernte, kam daher, weil ich dasselbe mit allzu großem Ernst, mit leidenschaftlicher Liebe zu ergreifen gesucht hatte. Seit meiner An­ näherung an die Brüdergemeine hatte meine Neigung zu dieser Ge­ sellschaft, die sich unter der Siegesfahne Christi versammelte, immer zugenommen. Jede positive Religion hat ihren größten Reiz wenn sie im Werden begriffen ist; deswegen ist es so angenehm, sich in die Zei­ ten der Apostel zu denken, wo sich alles noch frisch und unmittelbar geistig darstellt, und die Brüdergemeine hatte hierin etwas Magisches, daß sie jenen ersten Zustand fortzusetzen, ja zu verewigen schien. Sie knüpfte ihren Ursprung an die frühsten Zeiten an, sie war niemals fer­ tig geworden, sie hatte sich nur in unbemerkten Ranken durch die rohe

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Guarda come essa sollevandosi ha lottato fuori dall’onda della vita; | guarda la tua immagine di fronte a lei, e il Dio che per voi sofferse. Senti tutto ciò che io ho sentito Nel respiro di quest’aura celeste, quando con ansiosa tensione mi sono provato in questo disegno258. Se in quelle strofe, come mi accadeva anche in altre occa­ sioni, mi ero finto un estraneo, uno sconosciuto o persino un pagano, non ne fu infastidita, anzi: mi assicurò che mi pre­ feriva così piuttosto che come ero prima, quando cercavo di impiegare la terminologia cristiana senza mai riuscirci del tutto. Era del resto ormai un’abitudine che mentre le leg­ gevo i resoconti dei missionari, che ascoltava sempre con piacere, io prendessi le parti dei popoli contro i missionari e ritenessi la loro condizione originaria migliore dell’attuale. Rimaneva sempre dolce e affettuosa e non sembrava affatto preoccupata per la mia salvezza eterna. Che io mi allontanassi sempre più da quel credo dipen­ deva dal fatto che lo avevo abbracciato con eccessiva se­ rietà e amore troppo appassionato. Da quando mi ero av­ vicinato alla Comunità dei fratelli la mia simpatia per quel gruppo, che si riuniva sotto il vessillo vittorioso di Cristo, era aumentata sempre più. Ogni religione positiva esercita il fascino maggiore nella fase del suo sviluppo, per questo è così bello immaginarsi al tempo degli Apostoli, quando tut­ to era ancora nuovo ed essenzialmente spirituale; e la Co­ munità dei fratelli, che sembrava trovarsi ancora in quella condizione e sembrava eternarla, aveva per questo qualcosa di magico. Faceva risalire la sua origine a tempi antichis­ simi e non si era mai estinta, con i suoi viticci invisibili si

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Welt hindurchgewunden; nun schlug ein einzelnes Auge, unter dem Schutz eines frommen vorzüglichen Mannes, Wurzel, um sich aber­ mals aus | unmerklichen, zufällig scheinenden Anfängen, weit über die Welt auszubreiten. Der wichtigste Punkt hierbei war der, daß man die religiöse und bürgerliche Verfassung unzertrennlich in eins zusammen­ schlang, daß der Lehrer zugleich als Gebieter, der Vater zugleich als Richter dastand; ja, was noch mehr war, das göttliche Oberhaupt, dem man in geistlichen Dingen einen unbedingten Glauben geschenkt hatte, ward auch zu Lenkung weltlicher Angelegenheiten angerufen, und sei­ ne Antwort, sowohl was die Verwaltung im Ganzen, als auch was jeden Einzelnen bestimmen sollte, durch den Ausspruch des Loses mit Erge­ benheit vernommen. Die schöne Ruhe, wie sie wenigstens das Äußere bezeugte, war höchst einladend, indem von der andern Seite, durch den Missions-Beruf, alle Tatkraft die in dem Menschen liegt, in Anspruch genommen wurde. Die trefflichen Männer die ich auf dem Synodus zu Marienborn, wohin mich Legationsrat Moritz, Geschäftsträger der Grafen von Isenburg, mitnahm, kennen lernte, hatten meine ganze Ver­ ehrung gewonnen, und es wäre nur auf sie angekommen, mich zu dem Ihrigen zu machen. Ich beschäftigte mich mit ihrer Geschichte, mit ihrer Lehre, der Herkunft und Ausbildung derselben, und fand mich in dem Fall, davon Rechenschaft zu geben, und mich mit Teilnehmenden darüber zu unterhalten. Ich mußte jedoch bemerken, daß die Brüder so wenig als Fräulein von Klettenberg, mich für einen Christen wollten gelten lassen, welches mich anfangs beunruhigte, nachher aber meine Neigung einigermaßen erkältete. Lange konnte ich jedoch den eigent­ lichen Unterscheidungsgrund nicht auffinden, ob er gleich ziemlich am Tage lag, bis er mir mehr zufällig als durch Forschung entgegen­ drang. Was mich nämlich von der Brüdergemeine so wie von andern werten Christenseelen absonderte, war dasselbige, worüber die Kirche schon mehr als einmal in Spaltung geraten war. Ein Teil behauptete, daß die menschliche Natur durch den Sündenfall dergestalt verdorben

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era propagata nel mondo ostile; ora un’unica gemma aveva messo radici sotto la protezione di un uomo devoto e straor­ dinario259 per espandersi di nuovo, | da un inizio impercet­ tibile e apparentemente casuale, fino ai confini del mondo. Il loro punto forte era che la sfera civile e quella religio­ sa erano strettamente e indissolubilmente unite, cosicché l’insegnante era anche governante, il padre giudice; anzi, ancor di più, il capo religioso, che godeva di una fiducia incondizionata per le cose spirituali, era anche chiamato a governare le faccende terrene, e con sottomissione si accet­ tavano le sue disposizioni e gli esiti della sorte260 sia per la gestione della comunità, sia per ciò che riguardava il singo­ lo. La serena tranquillità che almeno il loro aspetto trasmet­ teva era estremamente invitante, mentre su un altro versante l’attività missionaria impegnava tutte le energie racchiuse nell’uomo. Le persone eccellenti che avevo conosciuto al sinodo di Marienborn261, dove avevo accompagnato il con­ sigliere di legazione Moritz, rappresentante del conte von Isenburg, si erano conquistate la mia ammirazione, tanto che se fosse dipeso solo da queste, sarei diventato uno di loro. Studiai la loro storia, la loro dottrina dalle origini e nei suoi sviluppi ed ebbi occasione di parlarne con competenza con i diretti interessati. Ma mi resi conto che, proprio come la signorina von Klettenberg, nemmeno i Fratelli mi con­ sideravano un cristiano, e se la cosa all’inizio mi turbò, in seguito fece raffreddare la mia simpatia. Per molto tempo non mi riuscì di scoprire il vero motivo di questa discri­ minazione, sebbene fosse abbastanza evidente, finché a un certo punto lo capii più per caso che per studio. Quello che mi differenziava dalla Comunità dei fratelli come dalle altre meritevoli anime cristiane era la stessa questione che aveva già causato diverse scissioni all’interno della Chiesa. Una parte affermava che la natura umana dopo il peccato origi­

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sei, daß auch bis in ihren innersten Kern nicht das mindeste Gute an ihr zu finden, deshalb der Mensch auf  | seine eignen Kräfte durch­ aus Verzicht zu tun, und alles von der Gnade und ihrer Einwirkung zu erwarten habe. Der andere Teil gab zwar die erblichen Mängel der Menschen sehr gern zu, wollte aber der Natur inwendig noch einen gewissen Keim zugestehn, welcher, durch göttliche Gnade belebt, zu einem frohen Baume geistiger Glückseligkeit emporwachsen könne. Von dieser letztern Überzeugung war ich auf’s innigste durchdrungen, ohne es selbst zu wissen, obwohl ich mich mit Mund und Feder zu dem Gegenteile bekannt hatte; aber ich dämmerte so hin, das eigentliche Dilemma hatte ich mir nie ausgesprochen. Aus diesem Traume wurde ich jedoch einst ganz unvermutet gerissen, als ich diese meine, wie mir schien, höchst unschuldige Meinung, in einem geistlichen Gespräch ganz unbewunden eröffnete, und deshalb eine große Strafpredigt er­ dulden mußte. Dies sei eben, behauptete man mir entgegen, der wahre Pelagianismus, und gerade zum Unglück der neueren Zeit, wolle diese verderbliche Lehre wieder um sich greifen. Ich war hierüber erstaunt, ja erschrocken. Ich ging in die Kirchengeschichte zurück, betrachtete die Lehre und die Schicksale des Pelagius näher, und sah nun deutlich, wie diese beiden unvereinbaren Meinungen durch Jahrhunderte hin und hergewogt, und von den Menschen, je nachdem sie mehr tätiger oder leidender Natur gewesen, aufgenommen und bekannt worden. Mich hatte der Lauf der vergangenen Jahre unablässig zu Übung eigner Kraft aufgefordert, in mir arbeitete eine rastlose Tätigkeit, mit dem besten Willen, zu moralischer Ausbildung. Die Außenwelt forderte, daß diese Tätigkeit geregelt und zum Nutzen anderer gebraucht werden sollte, und ich hatte diese große Forderung in mir selbst zu verarbeiten. Nach allen Seiten hin war ich an die Natur gewiesen, sie war mir in ihrer

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nale si era talmente corrotta che non si trovava più nulla di buono nemmeno nel suo nucleo più profondo, e di conse­ guenza l’uomo non poteva più | fare affidamento sulle sue forze ma doveva invece aspettarsi tutto dalla Grazia e dalla sua azione. L’altra parte riconosceva sì le pecche origina­ rie dell’uomo, ma ammetteva che la natura al suo interno avesse ancora un seme che, vivificato dalla Grazia divina, era in grado di svilupparsi in una bella pianta di beatitudine spirituale. Senza accorgermene ero intimamente permeato da quest’ultima convinzione, sebbene a parole e per iscritto mi fossi schierato sul lato opposto; era un pensiero latente, il dilemma vero e proprio non me lo ero mai posto. Ma a un certo punto venni inaspettatamente e improvvisamente svegliato da quel torpore quando, in una conversazione di argomento religioso, espressi candidamente quell’opinione che ritenevo del tutto innocente e dovetti sorbirmi un pre­ dicozzo interminabile. È proprio quello il vero pelagiane­ simo, mi si controbatté, e la disgrazia di quel periodo era proprio che quella perniciosa dottrina stava di nuovo pren­ dendo piede. Ne fui stupito, persino spaventato. Andai a ri­ percorrere la storia della Chiesa, studiai con maggior atten­ zione il pensiero e le vicende del pelagianesimo262 e capii allora chiaramente come quelle due opinioni inconciliabili avessero avuto destini alterni nel corso dei secoli e fossero state più o meno accolte e divulgate dagli uomini a seconda della loro natura, attiva o passiva. Gli avvenimenti degli anni precedenti mi avevano conti­ nuamente sollecitato a dispiegare le mie forze, in me c’era un’incessante tensione verso la crescita morale, e tanta buo­ na volontà. Il mondo esterno esigeva che quell’attività fosse regolata e incanalata in vista dell’utilità sociale, e dovevo elaborare in me questa richiesta fondamentale. Da ogni par­ te mi sentivo rimandato alla natura che mi appariva in tutta

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Herrlichkeit erschienen; ich hatte so viel wackere und brave Menschen kennen gelernt, die sich’s in ihrer Pflicht, um der Pflicht willen, sauer werden ließen; ihnen, ja mir selbst zu entsagen, schien mir unmöglich; die Kluft die mich von jener Lehre trennte ward mir deutlich, | ich mußte also auch aus dieser Gesellschaft scheiden, und da mir meine Neigung zu den heiligen Schriften so wie zu dem Stifter und den früheren Be­ kennern nicht geraubt werden konnte, so bildete ich mir ein Christentum zu meinem Privatgebrauch, und suchte dieses durch fleißiges Studium der Geschichte, und durch genaue Bemerkung derjenigen die sich zu meinem Sinne hingeneigt hatten, zu begründen und aufzubauen. Weil nun aber alles was ich mit Liebe in mich aufnahm, sich so­ gleich zu einer dichterischen Form anlegte, so ergriff ich den wunder­ lichen Einfall, die Geschichte des ewigen Juden, die sich schon früh durch die Volksbücher bei mir eingedrückt hatte, episch zu behandeln, um an diesem Leitfaden die hervorstehenden Punkte der Religionsund Kirchengeschichte nach Befinden darzustellen. Wie ich mir aber die Fabel gebildet, und welchen Sinn ich ihr untergelegt, gedenke ich nunmehr zu erzählen. In Jerusalem befand sich ein Schuster, dem die Legende den Na­ men Ahasverus gibt. Zu diesem hatte mir mein Dresdner Schuster die Grundzüge geliefert. Ich hatte ihn mit eines Handwerksgenossen, mit Hans Sachsens Geist und Humor bestens ausgestattet, und ihn durch eine Neigung zu Christo veredelt. Weil er nun, bei offener Werkstatt, sich gern mit den Vorbeigehenden unterhielt, sie neckte und, auf So­ cratische Weise, Jeden nach seiner Art anregte; so verweilten die Nach­ barn und andre vom Volk gern bei ihm, auch Pharisäer und Sadduzäer sprachen zu, und, begleitet von seinen Jüngern, mochte der Heiland selbst wohl auch manchmal bei ihm verweilen. Der Schuster, dessen Sinn bloß auf die Welt gerichtet war, faßte doch zu unserem Herrn eine besondere Neigung, die sich hauptsächlich dadurch äußerte, daß er den hohen Mann, dessen Sinn er nicht faßte, zu seiner eignen Denk- und

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la sua magnificenza; avevo conosciuto tante persone attive e valorose che si logoravano nell’esercizio del dovere e per amore del dovere, e ripudiarli, anzi ripudiare me stesso mi pareva impossibile. L’abisso che mi separava da quella dot­ trina mi divenne chiaro, | capii che dovevo allontanarmi da quella comunità, e poiché nessuno poteva privarmi del mio amore per le Sacre Scritture, per il loro autore e i primi di­ scepoli, mi modellai un cristianesimo a mio uso e consumo, cercando di fondarlo e di costruirlo sullo studio approfon­ dito della storia e sull’attenta osservazione di coloro che simpatizzavano con la mia teoria. Ma poiché tutto ciò che assimilavo con amore assumeva subito forma poetica, mi venne la stranissima idea di de­ scrivere in stile epico la storia dell’ebreo errante, che fin da piccolo mi era rimasta impressa dai Volksbücher; seguen­ do quel filo conduttore avrei potuto trattare i punti salienti della storia della fede e della Chiesa. Racconterò ora come avevo elaborato la favola e quale significato le attribuivo263. A Gerusalemme c’era un ciabattino che nella leggenda si chiamava Ahasverus. Per i tratti principali mi ero ispirato al mio ciabattino di Dresda che avevo arricchito con lo spirito e l’ironia di un suo collega, Hans Sachs264, e in aggiunta nobilitato da una certa simpatia per Cristo. Dall’uscio della sua bottega si intratteneva volentieri con i passanti, scher­ zava con loro e li incitava alla maniera di Socrate, ciascuno secondo la sua natura, e così i vicini e la gente del popolo si intrattenevano volentieri con lui, anche farisei e sadducei si fermavano a scambiare due parole e il Salvatore stesso, ac­ compagnato dai suoi discepoli, pare si sia fermato qualche volta da lui. Il calzolaio, tutto concentrato sulle cose terre­ ne, prese nostro Signore in particolare simpatia e lo dimo­ strava soprattutto cercando di convertire al proprio modo di pensare e di agire quel personaggio di cui non comprendeva

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Handelsweise bekehren wollte. Er lag daher Christo sehr inständig an, doch aus der Beschaulichkeit hervorzutreten, nicht mit solchen Müßig­ gängern im Lande herumzuziehn, nicht das Volk von der Arbeit hinweg an sich in die Einöde zu | locken: ein versammeltes Volk sei immer ein aufgeregtes, und es werde nichts Gutes daraus entstehn. Dagegen suchte ihn der Herr von seinen höheren Ansichten und Zwecken sinnbildlich zu belehren, die aber bei dem derben Man­ ne nicht fruchten wollten. Daher, als Christus immer bedeutender, ja eine öffentliche Person ward, ließ sich der wohlwollende Handwerker immer schärfer und heftiger vernehmen, stellte vor, daß hieraus not­ wendig Unruhen und Aufstände erfolgen, und Christus selbst genötigt sein würde, sich als Parteihaupt zu erklären, welches doch unmöglich seine Absicht sei. Da nun der Verlauf der Sache wie wir wissen erfolgt, Christus gefangen und verurteilt ist, so wird Ahasverus noch heftiger aufgeregt, als Judas, der scheinbar den Herrn verraten, verzweifelnd in die Werkstatt tritt, und jammernd seine mißlungene Tat erzählt. Er sei nämlich, so gut als die klügsten der übrigen Anhänger, fest überzeugt gewesen, daß Christus sich als Regent und Volkshaupt erklären werde, und habe das bisher unüberwindliche Zaudern des Herrn mit Gewalt zur Tat nötigen wollen, und deswegen die Priesterschaft zu Tätlichkei­ ten aufgereizt, welche auch diese bisher nicht gewagt. Von der Jünger Seite sei man auch nicht unbewaffnet gewesen, und wahrscheinlicher Weise wäre alles gut abgelaufen, wenn der Herr sich nicht selbst erge­ ben und sie in den traurigsten Zuständen zurückgelassen hätte. Ahas­ verus, durch diese Erzählung keineswegs zur Milde gestimmt, verbit­ tert vielmehr noch den Zustand des armen Exapostels, so daß diesem nichts übrig bleibt, als in der Eile sich aufzuhängen. Als nun Jesus vor der Werkstatt des Schusters vorbei zum Tode geführt wird, ereignet sich gerade dort die bekannte Szene, daß der

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l’animo. Insisteva quindi molto con Cristo affinché abban­ donasse una buona volta la vita contemplativa, la smettesse di vagabondare in giro per il paese con quei fannulloni e di attirare il popolo nel deserto, allontanandolo | dal lavoro: una massa riunita produce sempre agitazione e non ne viene mai nulla di buono. Il Signore dal canto suo con le parabole cercava di edu­ carlo alle sue opinioni e a fini superiori, ma senza sortire alcun effetto su quell’uomo grezzo. Per cui, man mano che Cristo diventava un personaggio pubblico sempre più im­ portante, il buon artigiano si faceva sempre più tagliente e aggressivo. Dichiarò che si sarebbero necessariamente veri­ ficati disordini e rivolte e che Cristo sarebbe stato costretto a dichiararsi capo di una fazione, cosa che non rientrava di sicuro nelle sue intenzioni. Le cose andarono come ben sap­ piamo: Cristo è fatto prigioniero e condannato e il furore di Ahasverus cresce ulteriormente quando Giuda, che ha no­ toriamente tradito il Signore, entra disperato nella bottega e gemendo racconta il suo atto sventurato. Lui infatti, come del resto gli altri discepoli più intelligenti, era fermamen­ te convinto che Cristo si sarebbe dichiarato re e capo del popolo, e aveva voluto vincere l’esitazione mostrata fino a quel momento dal Signore costringendolo con la forza; a questo scopo aveva incitato il sinedrio, che fino ad allora non aveva osato agire, a passare alle vie di fatto. Gli Apo­ stoli da parte loro non si erano fatti cogliere disarmati e probabilmente tutto sarebbe andato a buon fine se il Signore non si fosse arreso, lasciandoli in una situazione davvero deplorevole. Ahasverus, per nulla rabbonito da quel raccon­ to, si accanisce ancora di più sul povero ex-apostolo, a cui non rimane altro che andare a impiccarsi in tutta fretta. Quando poi Gesù, condannato a morte, passa davanti alla bottega del ciabattino, si verifica proprio lì la famosa

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PARTE TERZA

Leidende unter der Last des Kreuzes erliegt, und Simon von Cyre­ ne dasselbe weiter zu tragen gezwungen wird. Hier tritt Ahasverus hervor, nach hartverständiger Menschen Art, die, wenn sie Jemand durch eigne Schuld unglücklich sehn, kein Mitleid fühlen, ja vielmehr durch unzeitige Gerechtigkeit gedrungen, das | Übel durch Vorwürfe vermehren; er tritt heraus und wiederholt alle früheren Warnungen, die er in heftige Beschuldigungen verwandelt, wozu ihn seine Neigung für den Leidenden zu berechtigen scheint. Dieser antwortet nicht, aber im Augenblicke bedeckt die liebende Veronika des Heilands Gesicht mit dem Tuche, und da sie es wegnimmt, und in die Höhe hält, erblickt Ahasverus darauf das Antlitz des Herrn, aber keineswegs des in Ge­ genwart leidenden, sondern eines herrlich Verklärten, und himmlisches Leben Ausstrahlenden. Geblendet von dieser Erscheinung wendet er die Augen weg, und vernimmt die Worte: Du wandelst auf Erden, bis du mich in dieser Gestalt wieder erblickst. Der Betroffene kommt erst einige Zeit nachher zu sich selbst zurück, findet, da alles sich zum Gerichtsplatz gedrängt hat, die Straßen Jerusalems öde, Unruhe und Sehnsucht treiben ihn fort, und er beginnt seine Wanderung. Von dieser und von dem Ereignis, wodurch das Gedicht zwar ge­ endigt, aber nicht abgeschlossen wird, vielleicht ein andermal. Der Anfang, zerstreute Stellen, und der Schluß waren geschrieben; aber mir fehlte die Sammlung, mir fehlte die Zeit, die nötigen Studien zu machen, daß ich ihm hätte den Gehalt den ich wünschte, geben können, und es blieben die wenigen Blätter um desto eher liegen, als sich eine Epoche in mir entwickelte, die sich schon als ich den Werther schrieb, und nachher dessen Wirkungen sah, notwendig anspinnen mußte. Das gemeine Menschenschicksal, an welchem wir alle zu tragen haben, muß denjenigen am schwersten aufliegen, deren Geisteskräfte sich früher und breiter entwickeln. Wir mögen unter dem Schutz von

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scena in cui il sofferente cade sotto il peso della croce e Simone di Cirene viene costretto a portarla in sua vece265. Ecco farsi avanti Ahasverus: come fanno gli uomini di dura cervice, che quando vedono qualcuno infelice per propria colpa non provano alcuna compassione, anzi, mossi da un intempestivo senso di giustizia | accrescono la sua disgrazia con i loro rimproveri, così anche lui ripete tutti gli ammoni­ menti precedenti tramutandoli in pesanti accuse, sentendosi autorizzato dalla sua simpatia per il disgraziato. Quegli non risponde, ma in quel momento la Veronica sollecita deterge con un panno il volto del Salvatore e quando, togliendolo, lo solleva verso l’alto, Ahasverus ne scorge i lineamenti – non quelli di colui che sta soffrendo in quel momento, bensì gloriosamente trasfigurati, irradianti vita divina. Abbagliato da quella visione distoglie lo sguardo e sente queste parole: «vagherai sulla terra, finché non mi rivedrai di nuovo in questo sembiante». Stordito, ritorna in sé solo dopo un cer­ to tempo; scopre che tutti si sono assembrati nel luogo del supplizio, le strade di Gerusalemme sono deserte; inquietu­ dine e nostalgia lo spingono ad allontanarsi e così inizia il suo peregrinare. Di questo e dell’avvenimento su cui doveva chiudersi la composizione, che comunque non fu terminata, dirò forse un’altra volta. Avevo scritto l’inizio, alcuni brani sparsi e il finale ma mi mancava la concentrazione, mi mancava il tempo per gli studi necessari a conferire al testo la profondi­ tà che desideravo, e così quei pochi fogli rimasero nel cas­ setto, tanto più che stavo evolvendo verso una nuova fase, iniziata inevitabilmente mentre stavo scrivendo il Werther e quando poi ne vidi gli effetti. Il destino comune che tutti noi esseri umani dobbiamo subire, grava maggiormente su coloro le cui energie spiri­ tuali si sviluppano in modo più precoce e rapido. Sia che

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Eltern und Verwandten emporkommen, wir mögen uns an Geschwis­ ter und Freunde anlehnen, durch Bekannte unterhalten, durch gelieb­ te Personen beglückt werden; so ist doch immer das Final, daß der Mensch auf sich zurückgewiesen wird, und es scheint, es habe sogar die Gottheit sich so zu dem Menschen gestellt, daß sie dessen Ehr­ furcht, Zutrauen und Liebe nicht | immer, wenigstens nicht grade im dringenden Augenblick, erwidern kann. Ich hatte jung genug gar oft erfahren, daß in den hülfsbedürftigsten Momenten uns zugerufen wird: »Arzt hilf dir selber!« und wie oft hatte ich nicht schmerzlich ausseuf­ zen müssen: »ich trete die Kelter allein!« Indem ich mich also nach Bestätigung der Selbständigkeit umsah, fand ich als die sicherste Base derselben mein produktives Talent. Es verließ mich seit einigen Jahren keinen Augenblick; was ich wachend am Tage gewahr wurde, bildete sich sogar öfters Nachts in regelmäßige Träume, und wie ich die Au­ gen auftat, erschien mir entweder ein wunderliches neues Ganze, oder der Teil eines schon Vorhandenen. Gewöhnlich schrieb ich alles zur frühsten Tageszeit; aber auch Abends, ja tief in die Nacht, wenn Wein und Geselligkeit die Lebensgeister erhöhten, konnte man von mir for­ dern was man wollte; es kam nur auf eine Gelegenheit an, die einigen Charakter hatte, so war ich bereit und fertig. Wie ich nun über diese Naturgabe nachdachte und fand, daß sie mir ganz eigen angehöre und durch nichts Fremdes weder begünstigt noch gehindert werden könne, so mochte ich gern hierauf mein ganzes Dasein in Gedanken gründen. Diese Vorstellung verwandelte sich in ein Bild, die alte mythologische Figur des Prometheus fiel mir auf, der, abgesondert von den Göttern, von seiner Werkstätte aus eine Welt bevölkerte. Ich fühlte recht gut, daß sich etwas Bedeutendes nur produzieren lasse, wenn man sich isoliere. Meine Sachen, die so viel Beifall gefunden hatten, waren Kinder der Einsamkeit, und seitdem ich zu der Welt in einem breitern Verhältnis stand, fehlte es nicht an Kraft und Lust der Erfindung, aber die Ausfüh­ rung stockte, weil ich weder in Prosa noch in Versen eigentlich einen Stil hatte, und bei einer jeden neuen Arbeit, je nachdem der Gegen­ stand war, immer wieder von vorne tasten und versuchen mußte. Indem

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cresciamo sotto la protezione di genitori e parenti, sia che ci appoggiamo a fratelli e amici, che abbiamo l’aiuto di cono­ scenti e gioiamo per le persone amate, alla fine il risultato è il medesimo: ci ritroviamo soli con noi stessi. Sembra che persino la divinità si sia accostata agli uomini in modo tale da non poterne ricambiare sempre la venerazione, la fiducia e l’amore, | o almeno non esattamente nei momenti di bi­ sogno. Fin da piccolo avevo sentito dire molto spesso, nei momenti di maggior necessità: «Medico, cura te stesso!», e quante volte avevo esclamato, con un sospiro di dolore: «nel tino ho pigiato da solo!»266. Guardandomi intorno alla ricerca di qualcosa su cui fondare la mia indipendenza, vidi che la base più solida era il mio talento creativo. Da alcuni anni non mi abbandonava un istante; quello che percepivo di giorno, da sveglio, spesso di notte si armonizzava nei so­ gni, e non appena aprivo gli occhi mi appariva o un nuovo insieme meraviglioso, o una nuova parte di un insieme già esistente. In genere scrivevo di prima mattina, ma anche alla sera o a notte fonda, quando il vino e la compagnia rallegra­ no gli spiriti vitali, mi si poteva chiedere qualsiasi cosa; ba­ stava uno spunto che avesse un minimo di carattere e io ero già bello e pronto. Riflettendo su quel dono di natura sco­ prii che apparteneva soltanto a me e che non poteva essere favorito né ostacolato da fattori esterni; potevo di conse­ guenza considerarlo il fondamento di tutta la mia esistenza. Quest’idea si trasformò in un’immagine, mi venne in mente l’antica figura mitologica di Prometeo che, scacciato dagli dei, dalla sua officina popolò il mondo. Percepii con chia­ rezza che potevo comporre qualcosa di buono solo isolan­ domi. I miei lavori che avevano ottenuto più successo erano creature della solitudine e da quando avevo ampliato le mie relazioni con l’esterno non mi erano mancate né le energie né il gusto dell’invenzione, ma l’esecuzione si inceppava

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ich nun hierbei die Hülfe der Menschen abzulehnen ja auszuschließen hatte, so sonderte ich mich, nach Prometheischer Weise, auch von den Göttern ab, um so natürlicher, als bei meinem Charakter und | meiner Denkweise Eine Gesinnung jederzeit die übrigen verschlang und ab­ stieß. Die Fabel des Prometheus ward in mir lebendig. Das alte Tita­ nengewand schnitt ich mir nach meinem Wuchse zu, und fing, ohne weiter nachgedacht zu haben, ein Stück zu schreiben an, worin das Mißverhältnis dargestellt ist, in welches Prometheus zu dem Zeus und den neuen Göttern gerät, indem er auf eigne Hand Menschen bildet, sie durch Gunst der Minerva belebt, und eine dritte Dynastie stiftet. Und wirklich hatten die jetzt regierenden Götter sich zu beschweren völlig Ursache, weil man sie als unrechtmäßig zwischen die Titanen und Menschen eingeschobene Wesen betrachten konnte. Zu dieser seltsamen Komposition gehört als Monolog jenes Gedicht, das in der deutschen Literatur bedeutend geworden, weil dadurch veranlaßt, Les­ sing über wichtige Punkte des Denkens und Empfindens sich gegen Jacobi erklärte. Es diente zum Zündkraut einer Explosion, welche die geheimsten Verhältnisse würdiger Männer aufdeckte und zur Sprache brachte: Verhältnisse, die ihnen selbst unbewußt, in einer sonst höchst aufgeklärten Gesellschaft schlummerten. Der Riß war so gewaltsam, daß wir darüber, bei eintretenden Zufälligkeiten, einen unserer wür­ digsten Männer, Mendelssohn, verloren. Ob man nun wohl, wie auch geschehn, bei diesem Gegenstande philosophische, ja religiöse Betrachtungen anstellen kann, so gehört er doch ganz eigentlich der Poesie. Die Titanen sind die Folie des Poly­ theismus, so wie man als Folie des Monotheismus den Teufel betrach­ ten kann; doch ist dieser so wie der einzige Gott, dem er entgegensteht,

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perché non avevo un mio stile né in prosa né in versi, e con ogni nuovo lavoro, a seconda del soggetto, dovevo andare a tentoni e ricominciare dal principio. Dovendo escludere, anzi proprio scansare l’aiuto degli uomini, come Prometeo mi separai anche dagli dei, e ciò mi venne del tutto naturale, perché per carattere e | modo di vedere, una decisione fago­ citava e azzerava tutte le altre. La favola di Prometeo prese vita dentro di me. Ritagliai a mia misura l’antico abito del titano e senza pensarci trop­ po iniziai a scrivere un pezzo in cui tematizzavo il divario che si veniva a creare tra Prometeo, Zeus e le nuove divinità nel momento in cui il primo crea degli uomini di propria iniziativa e infonde loro la vita con l’aiuto di Minerva, fon­ dando così una terza dinastia267. E in effetti le divinità che governavano allora avevano tutte le ragioni per lamentarsi, perché ora le si poteva considerare un’entità illegittima in­ sinuata tra i titani e gli uomini. Di quella curiosa compo­ sizione faceva parte, come monologo, anche quella poesia divenuta rilevante nella letteratura tedesca perché offrì lo spunto a Lessing per prendere posizione contro Jacobi in merito ad alcune questioni importanti del pensiero e del sentimento. Fu la miccia per un’esplosione che fece uscire allo scoperto le relazioni segrete tra vari personaggi, dando loro voce: relazioni di cui loro stessi non erano consapevoli e che sonnecchiavano in una società per il resto molto illu­ minata. Lo strappo fu tanto violento che, per il subentrare di alcuni fattori accidentali, ci fece perdere Mendelssohn, uno degli uomini migliori268. Sebbene l’argomento del dramma solleciti considerazio­ ni filosofiche e persino religiose, come è accaduto, esso fa più propriamente parte della poesia269. I titani sono la con­ troparte del politeismo, proprio come il diavolo è quella del monoteismo; ma questi, alla pari dell’unico Dio a cui si

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keine poetische Figur. Der Satan Milton’s, brav genug gezeichnet, bleibt immer in dem Nachteil der Subalternität, indem er die herrli­ che Schöpfung eines oberen Wesens zu zerstören sucht, Prometheus hingegen im Vorteil, der, zum Trutz höherer Wesen, zu schaffen und zu bilden vermag. Auch ist es ein schöner, der Poesie zusagender Ge­ danke, die Menschen nicht durch den obersten | Weltherrscher, son­ dern durch eine Mittelfigur hervorbringen zu lassen, die aber doch, als Abkömmling der ältesten Dynastie, hierzu würdig und wichtig genug ist; wie denn überhaupt die griechische Mythologie einen unerschöpf­ lichen Reichtum göttlicher und menschlicher Symbole darbietet. Der Titanisch-gigantische, himmelstürmende Sinn jedoch verlieh meiner Dichtungsart keinen Stoff. Eher ziemte sich mir, darzustellen jenes friedliche, plastische, allenfalls duldende Widerstreben, das die Obergewalt anerkannt, aber sich ihr gleichsetzen möchte. Doch auch die kühneren jenes Geschlechts, Tantalus, Ixion, Sisyphus, waren meine Heiligen. In die Gesellschaft der Götter aufgenommen, mochten sie sich nicht untergeordnet genug betragen, als übermütige Gäste ihres wirtlichen Gönners Zorn verdient und sich eine traurige Verbannung zugezogen haben. Ich bemitleidete sie, ihr Zustand war von den Alten schon als wahrhaft tragisch anerkannt, und wenn ich sie als Glieder einer ungeheuren Opposition im Hintergrunde meiner Iphigenie zeigte, so bin ich ihnen wohl einen Teil der Wirkung schuldig, welche dieses Stück hervorzubringen das Glück hatte. Zu jener Zeit aber ging bei mir das Dichten und Bilden unaufhalt­ sam miteinander. Ich zeichnete die Portraite meiner Freunde im Profil auf grau Papier mit weißer und schwarzer Kreide. Wenn ich diktierte oder mir vorlesen ließ, entwarf ich die Stellungen der Schreibenden und Lesenden, mit ihrer Umgebung; die Ähnlichkeit war nicht zu ver­ kennen und die Blätter wurden gut aufgenommen. Diesen Vorteil ha­

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contrappone, non è una figura poetica. Il Satana di Milton, per quanto ben tratteggiato, ha sempre lo svantaggio della subalternità, anche quando cerca di distruggere la magnifi­ ca creazione di un essere superiore; Prometeo è invece av­ vantaggiato perché può produrre e creare a dispetto degli esseri superiori. E tra l’altro è una bella idea, adatta alla poesia, quella che vuole gli uomini creati non dal supremo | dominatore del mondo, bensì da una figura intermedia che comunque, in qualità di discendente della più antica dina­ stia, è sufficientemente nobile e importante; e del resto la mitologia greca più di ogni altra offre un’inesauribile ric­ chezza di simboli divini e umani. Ma l’elemento titanico-gigantesco che prende d’assalto il cielo non era materia adatta alle mie propensioni poeti­ che. Mi era più congeniale rappresentare piuttosto quella resistenza pacifica, duttile e in ogni caso tollerante che ri­ conosce l’autorità superiore ma vuol porsi sul suo stesso piano. Ciononostante veneravo anche i più audaci di quella stirpe, Tantalo, Issione, Sisifo: accolti nella comunità degli dei, non si erano dimostrati sufficientemente sottomessi e come ospiti ingrati si erano attirati l’ira del loro protetto­ re procurandosi un triste esilio270. Li compiangevo; la loro condizione era stata riconosciuta come intrinsecamente tra­ gica già dagli antichi, e avendoli mostrati sullo sfondo della mia Ifigenia come membri di una grandiosa opposizione, devo a loro una parte del successo che quella tragedia ha avuto la fortuna di ottenere. In quel periodo poesia e pittura procedevano per me inarrestabili e di pari passo. Disegnai i profili dei miei ami­ ci su carta grigia con gessetti bianchi e neri. Mentre dettavo o ascoltavo, tratteggiavo la posizione di chi stava scriven­ do o leggendo con il suo sfondo; la somiglianza era fuor di dubbio e i disegni erano apprezzati. I dilettanti hanno

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ben Dilettanten immer, weil sie ihre Arbeit umsonst geben. Das Unzu­ längliche dieses Abbildens jedoch fühlend, griff ich wieder zu Sprache und Rhythmus, die mir besser zu Gebote standen. Wie munter, froh und rasch ich dabei zu Werke ging, davon zeugen manche Gedichte, welche die Kunstnatur und die Naturkunst enthusiastisch verkündend, im Augenblicke des Entstehens sowohl mir als meinen Freunden im­ mer neuen Mut beförderten. | Als ich nun einst in dieser Epoche und so beschäftigt, bei gesperr­ tem Lichte in meinem Zimmer saß, dem wenigstens der Schein einer Künstlerwerkstatt hierdurch verliehen war, überdies auch die Wände mit halbfertigen Arbeiten besteckt und behangen das Vorurteil einer großen Tätigkeit gaben; so trat ein wohlgebildeter schlanker Mann bei mir ein, den ich zuerst in der Halbdämmerung für Fritz Jacobi hielt, bald aber meinen Irrtum erkennend als einen Fremden begrüßte. An seinem freien anständigen Betragen war eine gewisse militärische Haltung nicht zu verkennen. Er nannte mir seinen Namen von Knebel, und aus einer kurzen Eröffnung vernahm ich, daß er, im preußischen Dienste, bei einem längern Aufenthalt in Berlin und Potzdam, mit den dortigen Literatoren und der deutschen Literatur überhaupt ein gutes und tätiges Verhältnis angeknüpft habe. An Ramlern hatte er sich vor­ züglich gehalten und dessen Art, Gedichte zu rezitieren, angenommen. Auch war er genau mit allem bekannt, was Götz geschrieben, der unter den Deutschen damals noch keinen Namen hatte. Durch seine Veran­ staltung war die Mädchen-Insel dieses Dichters in Potzdam abgedruckt worden und sogar dem König in die Hände gekommen, welcher sich günstig darüber geäußert haben soll. Kaum hatten wir diese allgemein deutschen literarischen Gegen­ stände durchgesprochen, als ich zu meinem Vergnügen erfuhr, daß er gegenwärtig in Weimar angestellt und zwar dem Prinzen Constantin zum Begleiter bestimmt sei. Von den dortigen Verhältnissen hatte ich schon manches Günstige vernommen: denn es kamen viele Fremde

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sempre questo vantaggio, perché regalano i loro disegni. Percependo però l’inadeguatezza di quei ritratti tornavo al linguaggio e al ritmo, più docili ai miei comandi. Quanto procedessi vivace, allegro e svelto lo testimoniano alcune poesie che celebrano con entusiasmo la natura nell’arte e l’arte nella natura, e che nel momento stesso della composi­ zione procuravano sia a me che ai miei amici sempre nuovo entusiasmo271. | Un giorno in quel periodo, mentre me ne stavo così in­ daffarato con le tende accostate nella mia stanza, che in quel modo assumeva quanto meno l’aspetto dell’officina di un artista, con i lavori iniziati che pendevano attaccati alle pareti e davano l’impressione di un’intensa attività, mi si presentò un uomo slanciato e di bell’aspetto, che nella pe­ nombra scambiai inizialmente per Fritz Jacobi; riconoscen­ do però subito il mio errore lo salutai come si conviene a uno sconosciuto. Nel suo modo di fare spontaneo e cortese c’era un che di militaresco. Disse di chiamarsi von Knebel e dalla breve presentazione venni a sapere che, essendo stato al servizio della Prussia, in occasione di un lungo soggiorno a Berlino e Potsdam era entrato in buoni rapporti con gli scrittori del luogo e la letteratura tedesca in generale272. Si era ispirato a Ramler e aveva acquisito il suo stile nel reci­ tare poesie, conosceva molto bene anche tutte le opere di Götz, che allora era ancora sconosciuto ai tedeschi273. Gra­ zie a lui era stata stampata a Potsdam L’isola delle fanciulle e ne aveva fatta arrivare una copia persino tra le mani del re, che ne avrebbe dato un giudizio positivo. Avevamo appena trattato qualche argomento generale di letteratura tedesca, quando appresi con piacere che attual­ mente era impiegato a Weimar, e precisamente al seguito del principe Constantin. Della situazione in quel luogo ave­ vo già sentito parlare con favore: molti dei forestieri che

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von daher zu uns, die Zeugen gewesen waren, wie die Herzogin Amalia zu Erziehung ihrer Prinzen die vorzüglichsten Männer berufen; wie die Akademie Jena durch ihre bedeutenden Lehrer zu diesem schönen Zweck gleichfalls das Ihrige beigetragen; wie die Künste nicht nur von gedachter Fürstin geschützt, sondern selbst von ihr gründlich und eifrig getrieben würden. Auch vernahm man, daß Wieland in vorzüglicher Gunst stehe; wie denn auch der deutsche | Merkur, der die Arbeiten so mancher auwärtigen Gelehrten versammelte, nicht wenig zu dem Rufe der Stadt beitrug, wo er herausgegeben wurde. Eins der besten deut­ schen Theater war dort eingerichtet, und berühmt durch Schauspieler sowohl als Autoren, die dafür arbeiteten. Diese schönen Anstalten und Anlagen schienen jedoch durch den schrecklichen Schloßbrand, der im Mai desselben Jahres sich ereignet hatte, gestört und mit einer lan­ gen Stockung bedroht; allein das Zutrauen auf den Erbprinzen war so groß, daß Jedermann sich überzeugt hielt, dieser Schade werde nicht allein bald ersetzt, sondern auch dessen ungeachtet jede andere Hoff­ nung reichlich erfüllt werden. Wie ich mich nun, gleichsam als ein alter Bekannter, nach diesen Personen und Gegenständen erkundigte und den Wunsch äußerte, mit den dortigen Verhältnissen näher bekannt zu sein; so versetzte der Ankömmling gar freundlich: es sei nichts leichter als dieses, denn so eben lange der Erbprinz mit seinem Herrn Bruder, dem Prinzen Constantin, in Frankfurt an, welche mich zu sprechen und zu kennen wünschten. Ich zeigte sogleich die größte Bereitwilligkeit ihnen aufzuwarten, und der neue Freund versetzte, daß ich damit nicht säumen solle, weil der Aufenthalt nicht lange dauern werde. Um mich hiezu anzuschicken, führte ich ihn zu meinen Eltern, die über seine An­ kunft und Botschaft höchst verwundert, mit ihm sich ganz vergnüglich unterhielten. Ich eilte nunmehr mit demselben zu den jungen Fürsten, die mich sehr frei und freundlich empfingen, so wie auch der Führer des Erbprinzen, Graf Görtz, mich nicht ungern zu sehen schien. Ob es

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passavano da noi erano stati lì e avevano riferito che la du­ chessa Amalia aveva chiamato gli uomini migliori per l’e­ ducazione dei figli, che anche l’università di Jena con i suoi eminenti professori aveva contribuito a quel nobile scopo, che le arti venivano non solo protette ma anche praticate assiduamente dalla duchessa stessa274. Si sapeva anche che Wieland vi godeva grande favore e il «Teutscher | Merkur», che pubblicava i lavori di parecchi eruditi stranieri, con­ tribuiva non poco a rendere rinomata la città in cui veniva stampato. Uno dei migliori teatri tedeschi si trovava lì, fa­ moso sia per gli attori che per gli autori che vi lavoravano. Queste ammirevoli congiunture e iniziative erano però state compromesse dal terribile incendio del castello avvenuto nel maggio di quell’anno e ora si temeva una lunga interru­ zione; ma la fiducia nel principe ereditario era così grande che erano tutti convinti che non soltanto il danno sarebbe stato riparato in fretta, ma che nonostante tutto anche gli altri progetti sarebbero stati pienamente realizzati275. Mi in­ formai, come fossi una vecchia conoscenza, delle persone e delle cose e manifestai il desiderio di conoscerle più da vicino; a quel punto il nuovo venuto rispose affabile che niente era più facile perché proprio in quel mentre il prin­ cipe ereditario stava arrivando a Francoforte con il fratello, il principe Constantin, ed entrambi desideravano incontrar­ mi e parlarmi. Mostrai subito la più grande disponibilità a rendere loro omaggio e il nuovo amico disse che non dove­ vo indugiare perché la loro sosta sarebbe stata brevissima. Mentre mi preparavo lo lasciai con i miei genitori che, as­ sai meravigliati per la visita e l’ambasciata, si intrattennero con lui amabilmente. Insieme ci affrettammo dunque dai giovani principi che mi accolsero con spontaneità e cordia­ lità, e anche il precettore del principe ereditario, il conte Görtz276, parve contento di vedermi. Sebbene gli argomenti

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nun gleich an literarischer Unterhaltung nicht fehlte, so machte doch ein Zufall die beste Einleitung, daß sie gar bald bedeutend und frucht­ bar werden konnte. Es lagen nämlich Mösers patriotische Phantasieen und zwar der erste Teil, frisch geheftet und unaufgeschnitten, auf dem Tische. Da ich sie nun sehr gut, die Gesellschaft sie aber wenig kannte, so hatte ich den Vorteil, davon eine | ausführliche Relation liefern zu können; und hier fand sich der schicklichste Anlaß zu einem Gespräch mit einem jungen Fürsten, der den besten Willen und den festen Vorsatz hatte, an seiner Stelle entschieden Gutes zu wirken. Mösers Darstellung, so dem Inhalt als dem Sinne nach, muß einem jeden Deutschen höchst interessant sein. Wenn man sonst dem deutschen Reiche Zersplitterung, Anarchie und Ohnmacht vorwarf, so erschien aus dem Möserischen Standpunkte gerade die Menge kleiner Staaten als höchsterwünscht zu Ausbreitung der Kultur im Einzelnen, nach den Bedürfnissen welche aus der Lage und Beschaffenheit der verschiedensten Provinzen hervorgehn; und wenn Möser von der Stadt, vom Stift Osnabrück ausgehend und über den westphälischen Kreis sich verbreitend, nunmehr dessen Verhältnis zu dem ganzen Reiche zu schildern wußte, und bei Beurteilung der Lage, das Vergangene mit dem Gegenwärtigen zusammenknüpfend, dieses aus jenem ableitete und dadurch, ob eine Veränderung lobensoder tadelnswürdig sei, gar deutlich auseinander setzte: so durfte nur jeder Staatsverweser, an seinem Ort, auf gleiche Weise verfahren, um die Verfassung seines Umkreises und deren Verknüpfung mit Nachbarn und mit dem Ganzen aufs beste kennen zu lernen, und sowohl Gegen­ wart als Zukunft zu beurteilen. Bei dieser Gelegenheit kam manches auf’s Tapet, was den Unter­ schied der Ober- und Niedersächsischen Staaten betraf, und wie sowohl die Naturprodukte als die Sitten, Gesetze und Gewohnheiten sich von den frühesten Zeiten her anders gebildet und, nach der Regierungsform und der Religion, bald auf die eine bald auf die andere Weise gelenkt

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letterari non mancassero, fu il caso a fornirci la migliore introduzione, e la conversazione divenne presto impegnata e produttiva. Sul tavolo c’era infatti il primo volume delle Fantasie patriottiche di Möser, appena rilegato e ancora intonso. Poiché le conoscevo benissimo, mentre gli altri non ancora, ebbi la fortuna di | poterne dare un resoconto dettagliato e quello mi offrì lo spunto ideale per colloquiare con un gio­ vane principe che aveva tutta la buona volontà e la ferma intenzione di operare per il meglio del suo regno. La trat­ tazione di Möser doveva essere del massimo interesse per qualsiasi tedesco, sia per i contenuti che per gli intenti. Se in genere si rimproveravano all’Impero frammentazione, anarchia e impotenza, secondo Möser invece il gran numero di staterelli era molto propizio alla diffusione della cultura nei singoli luoghi, a seconda delle esigenze derivanti dalla situazione e dalle peculiarità di ciascuna provincia. Parten­ do dalla città e dalla diocesi di Osnabrück e allargandosi poi oltre la regione della Vestfalia, Möser riuscì a descrivere le loro relazioni con tutto il resto dell’Impero; valutando la situazione, collegando il passato con il presente, seppe mo­ strare come questo derivi da quello, spiegando con grande chiarezza quali cambiamenti erano positivi, quali negativi. Allo stesso modo dovrebbe ragionare ogni uomo di Stato, a seconda della sua posizione, per imparare a conoscere al meglio la configurazione del suo territorio e le relazioni con i vicini e con l’insieme, in modo da saper giudicare sia il presente che il futuro277. In quell’occasione mettemmo sul tappeto vari argomen­ ti, ad esempio le differenze tra gli Stati dell’alta e bassa Sas­ sonia: fin dai tempi più antichi, sia i prodotti della natura, sia usanze, leggi e abitudini si erano evoluti in modo diver­ so, e a seconda della religione e della forma di governo si

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hatten. Man versuchte die Unterschiede von beiden etwas genauer her­ auszusetzen, und es zeigte sich gerade daran, wie vorteilhaft es sei, ein gutes Muster vor sich zu haben, welches, wenn man nicht dessen Ein­ zelnheiten, sondern die Methode betrachtet nach welcher es angelegt ist, auf die verschiedensten Fälle angewendet und eben dadurch dem Urteil höchst ersprießlich werden kann. | Bei Tafel wurden diese Gespräche fortgesetzt, und sie erregten für mich ein besseres Vorurteil als ich vielleicht verdiente. Denn anstatt daß ich diejenigen Arbeiten, die ich selbst zu liefern vermochte, zum Gegenstand des Gesprächs gemacht, für das Schauspiel, für den Roman eine ungeteilte Aufmerksamkeit gefordert hätte; so schien ich vielmehr in Mösern solche Schriftsteller vorzuziehen, deren Talent aus dem täti­ gen Leben ausging und in dasselbe unmittelbar nützlich sogleich wie­ der zurückkehrte, während eigentlich poetische Arbeiten, die über dem Sittlichen und Sinnlichen schweben, erst durch einen Umschweif und gleichsam nur zufällig nützen können. Bei diesen Gesprächen ging es nun wie bei den Märchen der tausend und einen Nacht: es schob sich eine bedeutende Materie in und über die andere, manches Thema klang nur an, ohne daß man es hätte verfolgen können; und so ward, weil der Aufenthalt der jungen Herrschaften in Frankfurt nur kurz sein konnte, mir das Versprechen abgenommen, daß ich nach Maynz folgen und dort einige Tage zubringen sollte, welches ich denn herzlich gern ab­ legte und mit dieser vergnügten Nachricht nach Hause eilte, um solche meinen Eltern mitzuteilen. Meinem Vater wollte es jedoch keineswegs gefallen: denn nach seinen reichsbürgerlichen Gesinnungen hatte er sich jederzeit von den Großen entfernt gehalten, und obgleich mit den Geschäftsträgern der umliegenden Fürsten und Herren in Verbindung, stand er doch keines­ wegs in persönlichen Verhältnissen zu ihnen; ja es gehörten die Höfe unter die Gegenstände, worüber er zu scherzen pflegte, auch wohl gern sah, wenn man ihm etwas entgegensetzte, nur mußte man sich dabei, nach seinem Bedünken, geistreich und witzig verhalten. Hatten wir ihm

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erano indirizzati nell’una o nell’altra direzione. Cercammo di mettere in luce con maggior precisione le varie diffe­ renze e ci accorgemmo presto di come fosse utile avere un buon modello che, se si prescinde dai particolari e si guarda invece al metodo con cui è costruito, può essere applicato alle situazioni più disparate e aiutare moltissimo nel for­ marsi un giudizio. | A tavola proseguimmo questi discorsi, grazie ai qua­ li produssi un’impressione forse migliore di quanto non meritassi. Infatti, invece di scegliere come argomenti del­ la conversazione i lavori che io stesso intendevo scrivere, invece che concentrare tutta l’attenzione sul dramma o sul romanzo278, diedi l’impressione di preferire gli scrittori come Möser, il cui talento scaturisce dalla vita pratica per farvi subito ritorno con un utile immediato, mentre le opere poetiche in senso stretto, che aleggiano sul mondo morale e sensibile, possono essere utili solo indirettamente e inci­ dentalmente. Quei discorsi erano come le fiabe delle Mille e una notte: un argomento importante si susseguiva e si so­ vrapponeva all’altro, alcuni temi furono solo sfiorati senza che li si potesse approfondire, e poiché la sosta dei giovani signori a Francoforte non poteva prolungarsi oltre, mi fece­ ro promettere che li avrei seguiti a Magonza per fermarmi qualche giorno con loro; lo promisi volentieri, e mi affrettai verso casa per comunicare ai miei genitori la bella notizia. A mio padre la cosa non piacque affatto. Fedele alla sua mentalità di cittadino imperiale, si era sempre tenuto alla larga dai regnanti e sebbene fosse in contatto con gli am­ ministratori dei principi e dei signori del circondario, non aveva alcun rapporto personale con i loro sovrani; anzi, le corti erano uno dei temi su cui era solito fare dell’ironia e apprezzava anche le repliche, purché ci si mantenesse a suo giudizio sul piano dell’arguzia e dello scherzo. Se in

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das Procul a Jove procul a fulmine gelten lassen, doch aber bemerkt, daß beim Blitze nicht sowohl vom Woher als vom Wohin die Rede sei; so brachte er das alte Sprüchlein, mit großen Herren sei Kirschessen nicht gut, auf die Bahn. Wir erwiderten, es sei noch schlimmer, mit genäschigen Leuten  | aus Einem Korbe speisen. Das wollte er nicht leugnen, hatte aber schnell einen anderen Spruchreim zur Hand, der uns in Verlegenheit setzen sollte. Denn da Sprüchworte und Denkreime vom Volke ausgehn, welches, weil es gehorchen muß, doch wenigstens gern reden mag, die Oberen dagegen durch die Tat sich zu entschä­ digen wissen; da ferner die Poesie des sechzehnten Jahrhunderts fast durchaus kräftig didaktisch ist: so kann es in unserer Sprache an Ernst und Scherz nicht fehlen, den man von unten nach oben hinauf ausgeübt hat. Und so übten wir Jüngeren uns nun auch von oben herunter, indem wir uns was Großes einbildend, auch die Partei der Großen zu nehmen beliebten; von welchen Reden und Gegenreden ich einiges einschalte. A. Lang bei Hofe, lang bei Höll! B. Dort wärmt sich mancher gute Gesell! A. So wie ich bin, bin ich mein eigen; Mir soll Niemand eine Gunst erzeigen. B. Was willst du dich der Gunst denn schämen? Willst du sie geben, mußt du sie nehmen. A. Willst du die Not des Hofes schauen: Da wo dich’s juckt, darfst du nicht krauen!

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prima battuta accettavo il suo Procul a Jove procul a fulmine279, poi gli facevo osservare che del fulmine non è tanto importante sapere da dove proviene, quanto dove cadrà, al che lui ribatteva con il solito vecchio detto: non è bene mangiar ciliegie coi signori. Rispondevo che è molto peg­ gio mangiare nello | stesso piatto con gli ingordi. Quello non poteva negarlo, ma aveva subito a portata di mano un altro proverbio per mettermi in difficoltà. Poiché proverbi e sentenze provengono dal popolo che, dovendo ubbidire, si sfoga a parole, mentre i potenti trovano soddisfazione nell’azione; e poiché la poesia del xvi secolo è assai vigo­ rosa e didascalica, non mancano nella nostra lingua motti seri e scherzosi coniati dal popolo contro i signori. Noi gio­ vani invece ci esercitavamo contro il popolo e, con chissà quali idee di grandezza in testa, ci mettevamo dalla parte dei signori. Ecco di seguito alcuni esempi di quel botta e risposta: A. A lungo a corte, a lungo all’inferno! B. Lì si riscaldano molte brave persone! A. Così come sono, sono padrone di me; non voglio i favori di nessuno. B. Perché mai dovresti vergognarti di un favore? Se vuoi farlo, devi anche accettarlo. A. Sai qual è la sventura della corte? Dove ti prude, non puoi grattarti!

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B. Wenn der Redner zum Volke spricht, Da wo er kraut, da juckt’s ihn nicht. | 703

A. Hat einer Knechtschaft sich erkoren, Ist gleich die Hälfte des Lebens verloren; Ergeb’ sich was da will, so denk’ er Die andere Hälft’ geht auch zum Henker. B. Wer sich in Fürsten weiß zu schicken, Dem wird’s heut oder morgen glücken; Wer sich in den Pöbel zu schicken sucht, Der hat sein ganzes Jahr verflucht. A. Wenn dir der Weizen bei Hofe blüht, So denke nur, daß nichts geschieht; Und wenn du denkst, du hättest’s in der Scheuer, Da eben ist es nicht geheuer. B. Und blüht der Weizen, so reift er auch, Das ist immer so ein alter Brauch; Und schlägt der Hagel die Ernte nieder, ’S andre Jahr trägt der Boden wieder. A. Wer ganz will sein eigen sein, Schließe sich in’s Häuschen ein, Geselle sich zu Frau und Kindern, Genieße leichten Rebenmost Und überdies frugale Kost, Und nichts wird ihn am Leben hindern.

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B. Quando l’oratore parla al popolo, dove si gratta, non gli prude. | A. Chi sceglie di servire, ha già perso metà della vita; succeda quel che succeda, tenga presente che l’altra metà se la prenderà il boia. B. Chi cerca di adeguarsi ai principi, prima o poi ci riuscirà; chi cerca di adeguarsi alla plebe, manda in malora tutto l’anno. A. Se il tuo grano cresce a corte, fai attenzione a che non accada nulla; e se pensi di averlo già nel granaio, proprio lì non è al sicuro. B. Il grano cresce e poi matura, secondo un’antica legge di natura; e se la grandine rovina la messe, l’anno dopo le spighe ci saranno lo stesso. A. Chi vuol appartenere solo a se stesso, si chiuda dentro al suo guscio, stia con moglie e bambini, beva solo vino annacquato e si goda pasti frugali: niente lo disturberà nella vita!

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B. Du willst dem Herrscher dich entziehn? So sag’, wohin willst du denn fliehn? O nimm es nur nicht so genau! Denn es beherrscht dich deine Frau, | Und die beherrscht ihr dummer Bube, So bist du Knecht in deiner Stube. So eben da ich aus alten Denkblättchen die vorstehenden Reime zu­ sammensuche, fallen mir mehr solche lustige Übungen in die Hände, wo wir alte deutsche Kernworte amplifiziert und ihnen sodann andere Sprüchlein, welche sich in der Erfahrung eben so gut bewahrheiten, entgegengesetzt hatten. Eine Auswahl derselben mag dereinst als Epi­ log der Puppenspiele zu einem heiteren Denken Anlaß geben. Durch alle solche Erwiderungen ließ sich jedoch mein Vater von seinen Gesinnungen nicht abwendig machen. Er pflegte gewöhnlich sein stärkstes Argument bis zum Schlusse der Unterhaltung aufzu­ sparen, da er denn Voltaire’s Abenteuer mit Friedrich dem Zweiten umständlich ausmalte: wie die übergroße Gunst, die Familiarität, die wechselseitigen Verbindlichkeiten auf einmal aufgehoben und ver­ schwunden, und wir das Schauspiel erlebt, daß jener außerordentliche Dichter und Schriftsteller, durch Frankfurter Stadtsoldaten, auf Requi­ sition des Residenten Freytag und nach Befehl des Burgemeisters von Fichard, arretiert und eine ziemliche Zeit im Gasthof zur Rose auf der Zeil gefänglich angehalten worden. Hierauf hätte sich zwar manches einwenden lassen, unter andern, daß Voltäre selbst nicht ohne Schuld gewesen; aber wir gaben uns aus kindlicher Achtung jedesmal gefan­ gen. Da nun auch bei dieser Gelegenheit, auf solche und ähnliche Dinge angespielt wurde, so wußte ich kaum, wie ich mich benehmen soll­ te: denn er warnte mich unbewunden und behauptete, die Einladung sei nur, um mich in eine Falle zu locken, und wegen jenes gegen den begünstigten Wieland verübten Mutwillens Rache an mir zu nehmen.

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B. Vuoi sottrarti al tuo sovrano? E dimmi, dove vorresti mai scappare? Non prenderlo troppo sul serio, chi ti comanda è tua moglie, | e lei ubbidisce al suo stupido bambino, così sei servo a casa tua. Proprio adesso, spigolando questi motti tra vecchi appunti, mi sono venuti in mano anche altri esercizietti divertenti di questo tipo, in cui ho ripreso antiche massime tedesche contrapponendole ad altri modi di dire comprovati dall’e­ sperienza. Una selezione potrebbe un giorno servire come epilogo per uno spettacolo di marionette, offrendo lo spunto per qualche allegra riflessione280. Nonostante tutte le obiezioni, mio padre non si lasciò smuovere dalle sue convinzioni. Di solito conservava l’ar­ gomento più convincente per il finale, quando descriveva nei dettagli la disavventura di Voltaire con Federico ii: lo smisurato favore, la familiarità, l’amicizia reciproca di col­ po cessarono e sparirono in un lampo e noi avevamo assisti­ to allo spettacolo di quello straordinario scrittore e filosofo arrestato dalla guardia della città di Francoforte per ordi­ ne del borgomastro von Fichard, su istanza del residente Freytag, e tenuto agli arresti per lungo tempo nella locanda Alla rosa sulla Zeil. A questo si sarebbe potuto obiettare, ad esempio, che Voltaire stesso non era del tutto senza colpa; ma per rispetto filiale a quel punto mi davo per vinto281. Poiché anche in quell’occasione vennero tirati fuori que­ gli stessi argomenti più altri simili, non sapevo più come comportarmi: mio padre mi mise apertamente in guardia e affermò che l’invito era soltanto una trappola per potersi vendicare della mia scortesia nei confronti di Wieland, loro

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Wie sehr ich nun auch vom Gegenteil überzeugt war, indem ich nur all­ zu deutlich sah, daß eine vorgefaßte Meinung durch hypochondrische Traumbilder aufgeregt, den würdigen Mann beängstige; so wollte ich gleichwohl nicht | gerade wider seine Überzeugung handeln, und konn­ te doch auch keinen Vorwand finden, unter dem ich, ohne undankbar und unartig zu erscheinen, mein Versprechen wieder zurücknehmen durfte. Leider war unsere Freundin von Klettenberg bettlägrig, auf die wir in ähnlichen Fällen uns zu berufen pflegten. An ihr und meiner Mutter hatte ich zwei vortreffliche Begleiterinnen; ich nannte sie nur immer Rat und Tat: denn wenn jene einen heitern ja seligen Blick über die irdischen Dinge warf, so entwirrte sich vor ihr gar leicht was uns andere Erdenkinder verwirrte, und sie wußte den rechten Weg gewöhn­ lich anzudeuten, eben weil sie ins Labyrinth von oben herabsah und nicht selbst darin befangen war; hatte man sich aber entschieden, so konnte man sich auf die Bereitwilligkeit und auf die Tatkraft meiner Mutter verlassen. Wie jener das Schauen, so kam dieser der Glaube zu Hülfe, und weil sie in allen Fällen ihre Heiterkeit behielt, fehlte es ihr auch niemals an Hülfsmitteln, das Vorgesetzte oder Gewünschte zu bewerkstelligen. Gegenwärtig wurde sie nun an die kranke Freundin abgesendet, um deren Gutachten einzuholen, und da dieses für meine Seite günstig ausfiel, sodann ersucht, die Einwilligung des Vaters zu erlangen, der denn auch, obgleich ungläubig und ungern, nachgab. Ich gelangte also in sehr kalter Jahreszeit zur bestimmten Stun­ de nach Maynz, und wurde von den jungen Herrschaften und ihren Begleitern, der Einladung gemäß, gar freundlich aufgenommen. Der in Frankfurt geführten Gespräche erinnerte man sich, die begonne­ nen wurden fortgesetzt, und als von der neuesten deutschen Literatur und von ihren Kühnheiten die Rede war, fügte es sich ganz natürlich, daß auch jenes famose Stück, Götter, Helden und Wieland, zur Spra­ che kam; wobei ich gleich anfangs mit Vergnügen bemerkte, daß man die Sache heiter und lustig betrachtete. Wie es aber mit dieser Posse,

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protetto. Per quanto fossi convinto del contrario e avessi capito fin troppo bene che il mio buon genitore era in an­ sia per un preconcetto alimentato da fantasmi ipocondriaci, non volevo comunque | agire contro la sua volontà e allo stesso tempo non riuscivo a trovare una scusa per riman­ giarmi la promessa senza apparire ingrato o scortese. Pur­ troppo la nostra amica von Klettenberg, alla quale di solito chiedevamo consiglio in casi simili, era costretta a letto. Lei e la mamma erano per me due assistenti impareggiabili, le chiamavo sempre Rat und Tat, ‘consiglio e azione’. Quando la prima abbracciava con il suo sguardo sereno, quasi beato, le cose terrene, ecco che si districavano facilmente i fili che impicciavano invece noi altri, figli della terra, e in genere sapeva indicare la strada giusta, proprio perché guardava il labirinto dall’alto senza esservi prigioniera lei stessa. E una volta presa la decisione, si poteva contare sulla disponibilità e l’energia della mamma. L’una era sorretta dalla contem­ plazione, l’altra dalla fede, e poiché la mamma rimaneva serena in tutte le circostanze, non le mancavano mai le ri­ sorse per ottenere ciò che desiderava o intendeva fare. In quel frangente fu spedita dall’amica malata per chiederle un consiglio e visto che fu a mio favore, si diede da fare per ottenere il consenso del papà che alla fine, per quanto dubbioso e a malincuore, cedette. Giunsi dunque a Magonza nella stagione più fredda, all’ora stabilita, e fui accolto con grande cordialità, pari a quella dell’invito, dai giovani signori e dal loro seguito282. Si ricordavano dei discorsi fatti a Francoforte e riprendem­ mo gli stessi temi; quando si giunse a parlare della lettera­ tura tedesca contemporanea e delle sue opere più audaci, fu del tutto spontaneo nominare anche il famigerato scrit­ to Dei, eroi e Wieland, ma notai subito con piacere che la cosa veniva presa con leggerezza e ilarità. Mi ritrovai

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welche so großes Aufsehn erregt, eigentlich zugegangen, war ich zu erzählen veranlaßt, und so konnte ich nicht umhin, vor allen Dingen einzugestehn, daß wir, als wahrhaft oberrheinische | Gesellen, sowohl der Neigung als Abneigung keine Grenzen kannten. Die Verehrung Shakespears ging bei uns bis zur Anbetung. Wieland hatte hingegen, bei der entschiedenen Eigenheit sich und seinen Lesern das Interesse zu verderben und den Enthusiasmus zu verkümmern, in den Noten zu seiner Übersetzung gar manches an dem großen Autor getadelt, und zwar auf eine Weise, die uns äußerst verdroß und in unsern Augen das Verdienst dieser Arbeit schmälerte. Wir sahen Wielanden, den wir als Dichter so hoch verehrten, der uns als Übersetzer so großen Vorteil ge­ bracht, nunmehr als Kritiker, launisch, einseitig und ungerecht. Hiezu kam noch, daß er sich auch gegen unsere Abgötter, die Griechen, er­ klärte und dadurch unsern bösen Willen gegen ihn noch schärfte. Es ist genugsam bekannt, daß die griechischen Götter und Helden nicht auf moralischen, sondern auf verklärten physischen Eigenschaften ruhen, weshalb sie auch dem Künstler so herrliche Gestalten anbieten. Nun hatte Wieland in der Alceste Helden und Halbgötter nach moderner Art gebildet; wogegen denn auch nichts wäre zu sagen gewesen, weil ja einem Jeden freisteht, die poetischen Traditionen nach seinen Zwe­ cken und seiner Denkweise umzuformen. Allein in den Briefen, die er über gedachte Oper in den Merkur einrückte, schien er uns diese Behandlungsart allzu parteiisch hervorzuheben und sich an den treff­ lichen Alten und ihrem höhern Stil unverantwortlich zu versündigen, indem er die derbe gesunde Natur, die jenen Produktionen zum Grunde liegt, keinesweges anerkennen wollte. Diese Beschwerden hatten wir kaum in unserer kleinen Sozietät leidenschaftlich durchgesprochen, als die gewöhnliche Wut alles zu dramatisieren mich eines Sonntags Nachmittags anwandelte, und ich bei einer Flasche guten Burgunders, das ganze Stück wie es jetzt daliegt, in Einer Sitzung niederschrieb. Es

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comunque a dover raccontare come era nata quella satira che aveva suscitato così tanto scalpore, e come premessa non potei evitare di ammettere che noi giovanotti | dell’alto Reno non conoscevamo limiti nelle simpatie e antipatie. La nostra ammirazione per Shakespeare arrivava quasi all’a­ dorazione mentre Wieland, con la sua spiccata tendenza a sminuire l’interesse dei lettori e a guastarne l’entusiasmo, nelle note alla sua traduzione aveva mosso varie critiche al grande autore e in un tono che mi aveva assai irritato, tanto da svilire ai miei occhi il valore del suo lavoro. Wieland, di cui avevamo grandissima stima come poeta e che ci aveva grandemente giovato come traduttore, ci era apparso allora come un critico pedante, parziale e ingiusto. Come se non bastasse, si era dichiarato contrario ai nostri beniamini, i greci, altra cosa che acuì ulteriormente il nostro malumore nei suoi confronti. È abbastanza noto che gli dei e gli eroi greci non sono famosi per le loro qualità morali, bensì per l’idealizzazione di quelle fisiche, per questo costituiscono magnifici modelli per gli artisti. Ora, Wieland nella sua Alceste aveva raffigurato eroi e semidei in foggia moderna, e fin qui non ci sarebbe niente da obiettare, perché ciascuno è libero di modellare le tradizioni poetiche conformemen­ te ai suoi scopi e idee; ma nelle lettere che pubblicò sul «Merkur» a proposito di quest’opera, ci sembrò sottoline­ are in modo troppo unilaterale questo modo di procedere, peccando con troppa leggerezza nei confronti degli antichi e del loro stile eccelso e rifiutandosi di riconoscere la natura sana e robusta che è alla base di tutte le loro opere283. Non avevamo quasi nemmeno finito di discutere con foga queste critiche nel nostro piccolo gruppo, quando una domenica pomeriggio fui colto dalla solita frenesia di drammatizzare tutto e in compagnia di una bottiglia di buon vino di Bor­ gogna scrissi di botto il pezzo così come lo conosciamo.

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war nicht sobald meinen gegenwärtigen Mitgenossen vorgelesen und von ihnen mit großem Jubel aufgenommen worden, als ich die Hand­ schrift an Lenz nach Straßburg schickte, welcher gleichfalls davon ent­ zückt schien und | behauptete, es müsse auf der Stelle gedruckt werden. Nach einigem Hin- und Widerschreiben gestand ich es zu, und er gab es in Straßburg eilig unter die Presse. Erst lange nachher erfuhr ich, daß dieses einer von Lenzens ersten Schritten gewesen, wodurch er mir zu schaden und mich beim Publikum in üblen Ruf zu setzen die Absicht hatte; wovon ich aber zu jener Zeit nichts spürte noch ahndete. Und so hatte ich meinen neuen Gönnern mit aller Naivetät diesen arglosen Ursprung des Stücks, so gut wie ich ihn selbst wußte, vor­ erzählt und, um sie völlig zu überzeugen, daß hiebei keine Persönlich­ keit noch eine andere Absicht obwalte, auch die lustige und verwegene Art mitgeteilt, wie wir uns untereinander zu necken und zu verspotten pflegten. Hierauf sah ich die Gemüter völlig erheitert, und man bewun­ derte uns beinah, daß wir eine so große Furcht hatten, es möge irgend Jemand auf seinen Lorbeern einschlafen. Man verglich eine solche Ge­ sellschaft jenen Flibustiers, welche sich in jedem Augenblick der Ruhe zu verweichlichen fürchteten, weshalb der Anführer, wenn es keine Feinde und nichts zu rauben gab, unter den Gelagtisch eine Pistole losschoß, damit es auch im Frieden nicht an Wunden und Schmerzen fehlen möge. Nach manchen Hin- und Widerreden über diesen Gegen­ stand ward ich endlich veranlaßt, Wielanden einen freundlichen Brief zu schreiben, wozu ich die Gelegenheit sehr gern ergriff, da er sich schon im Merkur über diesen Jugendstreich sehr liberal erklärt und, wie er es in literarischen Fehden meist getan, geistreich abschließend benommen hatte. Die wenigen Tage des Maynzer Aufenthalts verstrichen sehr an­ genehm: denn wenn die neuen Gönner durch Visiten und Gastmähler außer dem Hause gehalten wurden, blieb ich bei den Ihrigen, portrai­ tierte manchen und fuhr auch wohl Schlittschuh, wozu die eingefror­ nen Festungsgraben die beste Gelegenheit verschafften. Voll von dem

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Lo lessi immediatamente ai miei compagni di allora che lo accolsero con grande giubilo, e subito spedii il manoscritto a Lenz a Strasburgo. Anche lui ne fu entusiasta e | affermò che bisognava pubblicarlo immediatamente. Dopo un po’ di tira e molla acconsentii, e lui lo diede alle stampe in tutta fretta a Strasburgo. Solo molto più tardi scoprii che quello era stato uno dei primi atti con cui Lenz aveva cercato di danneggiarmi e mettermi in cattiva luce presso il pubblico; ma allora non lo sapevo, né potevo immaginarmelo. E così raccontai in tutta semplicità ai miei nuovi mece­ nati l’origine innocente di quello scritto, almeno per quanto mi riguardava, e per convincerli definitivamente che non era un attacco personale né c’erano secondi fini, raccontai anche il nostro modo gaio e impertinente di prenderci in giro e punzecchiarci. A quel punto vidi che tutti erano com­ pletamente rasserenati e quasi persino ammiravano il nostro timore che qualcuno potesse addormentarsi sugli allori. Il nostro gruppo di amici fu paragonato a quei filibustieri che avevano paura di rammollirsi durante i momenti di tregua e così il capo, se non erano in vista né nemici né prede, sparava un colpo di pistola sotto il tavolo affinché nemme­ no in pace mancassero ferite e dolori. Dopo vari discorsi sull’argomento mi suggerirono di scrivere una lettera corte­ se a Wieland e io colsi al volo l’occasione perché egli si era espresso in modo molto generoso sul «Merkur» a proposito di quel mio scherzo di gioventù e alla fin fine l’aveva preso con molto spirito, come faceva in genere per porre fine alle dispute letterarie284. I pochi giorni della mia permanenza a Magonza furo­ no molto gradevoli; infatti, quando i miei nuovi mecenati erano trattenuti fuori casa per visite o banchetti, io rima­ nevo con il loro seguito, ne facevo dei ritratti285 oppure an­ davo a pattinare: i fossati ghiacciati del castello offrivano

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Guten was mir dort begegnet war, kehrte ich nach Hause zurück und stand im Begriff beim Eintreten mir durch umständliche Erzählung das Herz zu erleichtern; aber ich | sah nur verstörte Gesichter und es blieb mir nicht lange verborgen, daß unsere Freundin Klettenberg von uns geschieden sei. Ich war hierüber sehr betroffen, weil ich ihrer grade in meiner gegenwärtigen Lage mehr als jemals bedurfte. Man erzählte mir zu meiner Beruhigung, daß ein frommer Tod sich an ein seliges Le­ ben angeschlossen und ihre gläubige Heiterkeit sich bis ans Ende unge­ trübt erhalten habe. Noch ein anderes Hindernis stellte sich einer freien Mitteilung entgegen: mein Vater, anstatt sich über den guten Ausgang dieses kleinen Abenteuers zu freuen, verharrte auf seinem Sinne und behauptete, dieses alles sei von jener Seite nur Verstellung, und man gedenke vielleicht in der Folge etwas Schlimmeres gegen mich aus­ zuführen. Ich war daher mit meiner Erzählung zu den jüngern Freun­ den hingedrängt, denen ich denn freilich die Sache nicht umständlich genug überliefern konnte. Aber auch hier entsprang aus Neigung und gutem Willen eine mir höchst unangenehme Folge: denn kurz darauf erschien eine Flugschrift, Prometheus und seine Rezensenten, gleich­ falls in dramatischer Form. Man hatte darin den neckischen Einfall ausgeführt, anstatt der Personen-Namen, kleine Holzschnitt-Figuren zwischen den Dialog zu setzen, und durch allerlei satirische Bilder die­ jenigen Kritiker zu bezeichnen, die sich über meine Arbeiten und was ihnen verwandt war, öffentlich hatten vernehmen lassen. Hier stieß der Altonaer Postreiter ohne Kopf ins Horn, hier brummte ein Bär, dort schnatterte eine Gans; der Merkur war auch nicht vergessen, und man­ ches wilde und zahme Geschöpf suchte den Bildner in seiner Werkstatt irre zu machen, welcher aber, ohne sonderlich Notiz zu nehmen, sei­ ne Arbeit eifrig fortsetzte und dabei nicht verschwieg, wie er es über­ haupt zu halten denke. Dieser unerwartet hervorbrechende Scherz fiel mir sehr auf, weil er dem Stil und Ton nach von Jemand aus unserer Gesellschaft sein mußte, ja man hätte das Werklein für meine eigene

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un’ottima opportunità. Felice per tutte le cose belle che mi erano capitate, tornai a casa pronto ad alleggerirmi il cuo­ re con un racconto particolareggiato, ma | vidi solo volti afflitti e appresi che la nostra amica Klettenberg ci aveva lasciati286. Ne rimasi molto colpito, perché proprio in quel momento avrei avuto più che mai bisogno di lei. Mi rife­ rirono per consolarmi che una morte pia aveva suggellato una vita santa e che aveva mantenuto intatta fino all’ultimo la sua fiduciosa serenità. Anche un altro motivo mi impedì di raccontare liberamente: invece che rallegrarsi per il buon esito della piccola avventura, mio padre rimase della sua opinione e ribadì che si trattava soltanto di un’impostura e che avevano forse in mente di fare qualcosa di ancora peggiore contro di me in seguito. Per raccontare fui quindi costretto a rivolgermi ai miei amici più giovani, a cui mi sembrava di non aver mai raccontato abbastanza. Ma anche in questo caso, pur con tutto l’affetto e la buona volontà ci fu una conseguenza per me assai spiacevole: pochi giorni più tardi apparve infatti un opuscolo, sempre in versi, inti­ tolato Prometeo e i suoi recensori. L’autore aveva avuto la trovata spiritosa di inserire nei dialoghi delle piccole figu­ re al posto dei nomi dei personaggi, e aveva raffigurato in modo satirico tutti quei critici che si erano espressi pubbli­ camente sui miei lavori e su argomenti correlati. Qui soffia­ va nel corno il postino di Altona decapitato, qui grugniva un orso, là starnazzava un’oca; nemmeno Mercurio era stato dimenticato, mentre altre creature domestiche e selvatiche cercavano di distrarre il disegnatore dal suo lavoro; questi però proseguiva con zelo senza curarsi di loro e non faceva mistero di quali fossero le sue intenzioni. Quello scherzo, apparso a mia insaputa, mi turbò molto, perché lo stile e il tono indicavano chiaramente che si trattava di qualcuno del nostro gruppo, e si sarebbe anzi potuto pensare che ne

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Arbeit halten sollen. Am unangenehmsten aber war mir, daß Prome­ theus Einiges verlauten ließ, was sich auf den Maynzer | Aufenthalt und die dortigen Äußerungen bezog, und was eigentlich Niemand als ich wissen sollte. Mir aber bewies es, daß der Verfasser von denjenigen sei, die meinen engsten Kreis bildeten und mich jene Ereignisse und Umstände weitläuftig hatten erzählen hören. Wir sahen einer den an­ dern an, und Jeder hatte die übrigen im Verdacht; der unbekannte Ver­ fasser wußte sich gut zu verstellen. Ich schalt sehr heftig auf ihn, weil es mir äußerst verdrießlich war, nach einer so günstigen Aufnahme und so bedeutender Unterhaltung, nach meinem an Wieland geschriebenen zutraulichen Briefe hier wieder Anlässe zu neuem Mißtrauen und fri­ sche Unannehmlichkeiten zu sehen. Die Ungewißheit hierüber dauerte jedoch nicht lange: denn als ich in meiner Stube auf und abgehend mir das Büchlein laut vorlas, hörte ich an den Einfällen und Wendungen ganz deutlich die Stimme Wagners, und er war es auch. Wie ich näm­ lich zur Mutter hinunter sprang, ihr meine Entdeckung mitzuteilen, ge­ stand sie mir, daß sie es schon wisse. Der Autor, beängstigt über den schlimmen Erfolg bei einer, wie ihm deuchte, so guten und löblichen Absicht, hatte sich ihr entdeckt und um Fürsprache gebeten, damit meine ausgestoßene Drohung, ich würde mit dem Verfasser, wegen mißbrauchten Vertrauens, keinen Umgang mehr haben, an ihm nicht erfüllt werden möchte. Hier kam ihm nun sehr zu statten, daß ich es selbst entdeckt hatte und durch das Behagen, wovon ein jedes eigene Gewahrwerden begleitet wird, zur Versöhnung gestimmt war. Der Feh­ ler war verziehen, der zu einem solchen Beweis meiner Spürkraft Ge­ legenheit gegeben hatte. Indessen war das Publikum so leicht nicht zu überzeugen, daß Wagner der Verfasser sei, und daß ich keine Hand mit im Spiel gehabt habe. Man traute ihm diese Vielseitigkeit nicht zu, weil man nicht bedachte, daß er alles was in einer geistreichen Gesellschaft seit geraumer Zeit bescherzt und verhandelt worden, aufzufassen, zu merken und in einer bekannten Manier wohl darzustellen vermochte,

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fossi io l’autore287. Ma la cosa più fastidiosa era che Pro­ meteo rivelava alcuni particolari riguardanti la mia visita | a Magonza e i discorsi fatti là, cose che nessuno all’infuori di me avrebbe potuto sapere. Fui quindi certo che l’autore faceva parte della cerchia dei miei amici più stretti, quelli che avevano ascoltato i miei dettagliati resoconti. Ci guar­ davamo di traverso e ognuno sospettava dell’altro; l’ignoto autore sapeva nascondersi bene. Lo ricoprii di improperi perché mi infastidiva moltissimo che, dopo un’accoglienza così cordiale e conversazioni così positive, e dopo la cor­ tese lettera scritta a Wieland, si creassero ulteriori motivi per nuove incomprensioni e rinnovata irritazione. L’incer­ tezza però non durò a lungo: infatti, leggendo ad alta voce il libriccino mentre passeggiavo avanti e indietro nella mia stanza, percepii ben chiaro dal modo di scrivere e dalle bat­ tute il tono di Wagner, e infatti era stato proprio lui. Quando corsi giù dalla mamma per confidarle la mia scoperta, mi confessò che lo sapeva già. L’autore, avvilito dalla cattiva accoglienza di quello che, da parte sua, aveva fatto con le migliori intenzioni, era uscito allo scoperto con lei e le ave­ va chiesto di intercedere, affinché io non mettessi in atto nei suoi confronti la minaccia di non voler mai più avere a che fare con colui che aveva abusato della mia fiducia. Il fatto che l’avessi scoperto da solo andò tutto a suo vantaggio, perché la soddisfazione che accompagna ogni conquista au­ tonoma mi rese più incline al perdono. Fu così perdonato lo sbaglio che aveva permesso alla mia perspicacia di dare buona prova di sé. Non fu invece altrettanto facile convin­ cere il pubblico che l’autore era Wagner e che io non c’en­ travo niente. Non lo si riteneva capace di tanta versatilità e nessuno considerava che, pur non possedendo un talento particolare, era però capace di assorbire, annotarsi e rappre­ sentare in uno stile che gli era ormai noto tutto ciò su cui si

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ohne deshalb ein ausgezeichnetes Talent zu besitzen. Und so hatte ich nicht allein meine eigenen Torheiten, | sondern auch den Leichtsinn, die Übereilung meiner Freunde diesmal und in der Folge sehr oft zu büßen. Erinnert durch mehrere zusammentreffende Umstände, will ich noch einiger bedeutenden Männer gedenken, die zu verschiedener Zeit vorüber reisend, teils in unserem Hause gewohnt, teils freundliche Be­ wirtung angenommen haben. Klopstock steht hier billig abermals oben an. Ich hatte schon mehrere Briefe mit ihm gewechselt, als er mir an­ zeigte, daß er nach Carlsruh zu gehen und daselbst zu wohnen ein­ geladen sei; er werde zur bestimmten Zeit in Friedberg eintreffen, und wünsche, daß ich ihn daselbst abhole. Ich verfehlte nicht, zur rechten Stunde mich einzufinden; allein er war auf seinem Wege zufällig aufge­ halten worden, und nachdem ich einige Tage vergebens gewartet, kehr­ te ich nach Hause zurück, wo er denn erst nach einiger Zeit eintraf, sein Außenbleiben entschuldigte und meine Bereitwilligkeit ihm entgegen zu kommen sehr wohl aufnahm. Er war klein von Person, aber gut ge­ baut, sein Betragen ernst und abgemessen, ohne steif zu sein, seine Un­ terhaltung bestimmt und angenehm. Im Ganzen hatte seine Gegenwart etwas von der eines Diplomaten. Ein solcher Mann unterwindet sich der schweren Aufgabe, zugleich seine eigene Würde und die Würde eines Höheren, dem er Rechenschaft schuldig ist, durchzuführen, sei­ nen eigenen Vorteil neben dem viel wichtigern eines Fürsten, ja ganzer Staaten zu befördern, und sich in dieser bedenklichen Lage vor allen Dingen den Menschen gefällig zu machen. Und so schien sich auch Klopstock als Mann von Wert und als Stellvertreter höherer Wesen, der Religion, der Sittlichkeit und Freiheit, zu betragen. Eine andere Eigen­ heit der Weltleute hatte er auch angenommen, nämlich nicht leicht von Gegenständen zu reden, über die man gerade ein Gespräch erwartet und wünscht. Von poetischen und literarischen Dingen hörte man ihn selten sprechen. Da er aber an mir und meinen Freunden leidenschaft­ liche Schlittschuhfahrer fand, so unterhielt er sich mit uns weitläuftig

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discuteva e scherzava nella nostra arguta compagnia. E così dovetti pagare in prima persona, questa volta come spesso in seguito, | non solo per i miei colpi di testa, ma anche per la leggerezza e la precipitazione dei miei amici. La concomitanza di diversi elementi mi fa ricordare che dovrei dire qualcosa anche delle personalità che, di passag­ gio in città in varie occasioni, hanno talvolta soggiornato in casa nostra, talvolta amichevolmente presenziato alla no­ stra tavola. In prima fila c’è di nuovo Klopstock288: ci erava­ mo scritti già parecchie volte quando mi avvisò che doveva andare a Karlsruhe per stabilirvisi; un determinato giorno sarebbe arrivato a Friedberg e desiderava che lo aspettassi là. Non mancai di trovarmi sul posto all’ora stabilita, lui però era stato trattenuto lungo il percorso e dopo averlo aspettato invano alcuni giorni me ne tornai a casa, dove comparve dopo qualche tempo, scusandosi per il ritardo e ringraziandomi molto per la mia disponibilità ad andargli incontro. Era piccolo di statura ma ben proporzionato, serio e misurato nel portamento ma non rigido, la conversazione precisa e gradevole. Nel complesso, aveva l’aspetto di un diplomatico. Un uomo del genere si sobbarca il greve com­ pito di tenere alto il proprio prestigio e quello del suo supe­ riore, a cui deve rendere conto; di perseguire il suo interesse e quello molto più importante di un principe, anzi di interi Stati, e in quella complessa situazione deve oltretutto ren­ dersi gradito a ognuno. Per questo Klopstock si comportava come un uomo di valore ma anche come rappresentante di istanze superiori come religione, libertà e moralità. Aveva acquisito anche un’altra peculiarità degli uomini di mondo, e cioè conversando non era facile farlo parlare di quei temi che ci si sarebbe invece attesi e augurati. Di letteratura e di poesia discorreva di rado. Ma quando scoprì che io e i miei amici avevamo la passione del pattinaggio sul ghiaccio, si

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über diese edle Kunst, die er gründlich durchgedacht und was dabei zu | suchen und zu meiden sei, sich wohl überlegt hatte. Ehe wir jedoch seiner geneigten Belehrung teilhaft werden konnten, mußten wir uns gefallen lassen, über den Ausdruck selbst, den wir verfehlten, zurecht gewiesen zu werden. Wir sprachen nämlich auf gut Oberdeutsch von Schlittschuhen, welches er durchaus nicht wollte gelten lassen: denn das Wort komme keinesweges von Schlitten, als wenn man auf kleinen Kufen dahin führe, sondern von Schreiten, indem man, den Homeri­ schen Göttern gleich, auf diesen geflügelten Sohlen über das zum Bo­ den gewordene Meer hinschritte. Nun kam es an das Werkzeug selbst; er wollte von den hohen hohlgeschliffenen Schrittschuhen nichts wis­ sen, sondern empfahl die niedrigen breiten flachgeschliffenen Frieslän­ dischen Stähle, als welche zum Schnelllaufen die dienlichsten seien. Von Kunststücken, die man bei dieser Übung zu machen pflegt, war er kein Freund. Ich schaffte mir nach seinem Gebot so ein paar flache Schuhe mit langen Schnäbeln, und habe solche, obschon mit einiger Unbequemlichkeit, viele Jahre geführt. Auch vom Kunst-Reiten, und sogar vom Bereiten der Pferde wußte er Rechenschaft zu geben und tat es gern; und so lehnte er, wie es schien vorsätzlich, das Gespräch über sein eigen Metier gewöhnlich ab, um über fremde Künste, die er als Liebhaberei trieb, desto unbefangener zu sprechen. Von diesen und andern Eigentümlichkeiten des außerordentlichen Mannes würde ich noch manches erwähnen können, wenn nicht Personen, die länger mit ihm gelebt, uns bereits genugsam hievon unterrichtet hätten; aber einer Betrachtung kann ich mich nicht erwehren, daß nämlich Menschen, denen die Natur außerordentliche Vorzüge gegeben, sie aber in einen engen oder wenigstens nicht verhältnismäßigen Wirkungskreis gesetzt, gewöhnlich auf Sonderbarkeiten verfallen, und weil sie von ihren Ga­ ben keinen direkten Gebrauch zu machen wissen, sie auf außerordent­ lichen und wunderlichen Wegen geltend zu machen versuchen. Zimmermann war gleichfalls eine Zeit lang unser Gast. Dieser, groß und stark gebaut, von Natur heftig und gerade | vor sich hin, hatte doch

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intrattenne a lungo su quella nobile arte che aveva svisce­ rato fino in fondo, | riflettendo bene su cosa bisognava fare e cosa evitare. Ma prima ancora di ascoltare i suoi benevoli insegnamenti, dovemmo sorbirci un rimbrotto per il termi­ ne che usavamo in modo sbagliato. In buon tedesco del Sud parlavamo infatti di Schlittschuhe [scarpe per slittare], ter­ mine che non voleva proprio sentire: la parola non deriva affatto da slitta, come se si viaggiasse su slittini, bensì dal verbo ‘camminare’, come se camminassimo con quelle suo­ le alate, al pari degli eroi omerici, su un mare divenuto soli­ do289. Arrivammo poi all’attrezzo stesso: non voleva saper­ ne delle lame alte e ricurve, ma raccomandava quelle larghe e piatte di acciaio di Frisia, che in quanto a velocità erano le migliori. Non era invece amico delle prodezze che si pos­ sono fare pattinando. Secondo le sue istruzioni mi procurai un paio di pattini piatti a becco lungo e nonostante qualche scomodità, li ho usati per molti anni. Si intendeva e parlava volentieri anche di equitazione e persino di addestramento dei cavalli, e in quel modo distoglieva deliberatamente il discorso dalla sua professione vera e propria per parlare con grande disinvoltura di altre arti, che coltivava per diletto. Di questa e altre peculiarità di quell’uomo straordinario potrei raccontare ancora molto, se non ne fossimo già informati a sufficienza da persone che hanno vissuto a lungo con lui290; una sola considerazione non posso tralasciare, e cioè che gli uomini ai quali la natura ha concesso qualità eccezionali ma che devono operare in un ambiente ristretto o quanto meno non adatto a loro, ricadono di solito nelle stranezze perché, non potendo trovare applicazione immediata per le loro doti, tendono a impiegarle nelle maniere più strane e bizzarre. Anche Zimmermann fu nostro ospite per un certo perio­ do291. Grande e grosso, irruente e diretto per natura, | aveva

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sein Äußeres und sein Betragen völlig in der Gewalt, so daß er im Um­ gang als ein gewandter weltmännischer Arzt erschien, und seinem in­ nerlich ungebändigten Charakter nur in Schriften und im vertrautesten Umgang einen ungeregelten Lauf ließ. Seine Unterhaltung war man­ nichfaltig und höchst unterrichtend; und konnte man ihm nachsehen, daß er sich, seine Persönlichkeit, seine Verdienste, sehr lebhaft vor­ empfand, so war kein Umgang wünschenswerter zu finden. Da mich nun überhaupt das was man Eitelkeit nennt, niemals verletzte, und ich mir dagegen auch wieder eitel zu sein erlaubte, das heißt, dasjenige unbedenklich hervorkehrte, was mir an mir selbst Freude machte; so kam ich mit ihm gar wohl überein, wir ließen uns wechselsweise gelten und schalten, und weil er sich durchaus offen und mitteilend erwies, so lernte ich in kurzer Zeit sehr viel von ihm. Beurteil’ ich nun aber einen solchen Mann, dankbar, wohlwollend und gründlich, so darf ich nicht einmal sagen, daß er eitel gewesen. Wir Deutschen mißbrauchen das Wort eitel nur allzu oft: denn eigentlich führt es den Begriff von Leerheit mit sich, und man bezeichnet damit billiger Weise nur einen der die Freude an seinem Nichts, die Zufrie­ denheit mit einer hohlen Existenz nicht verbergen kann. Bei Zimmer­ mann war gerade das Gegenteil, er hatte große Verdienste und kein inneres Behagen; wer sich aber an seinen Naturgaben nicht im Stillen erfreuen kann, wer sich bei Ausübung derselben nicht selbst seinen Lohn dahin nimmt, sondern erst darauf wartet und hofft, daß Andere das Geleistete anerkennen und es gehörig würdigen sollen, der findet sich in einer übeln Lage; weil es nur allzu bekannt ist, daß die Men­ schen den Beifall sehr spärlich austeilen, daß sie das Lob verkümmern, ja wenn es nur einigermaßen tunlich ist, in Tadel verwandeln. Wer ohne hierauf vorbereitet zu sein, öffentlich auftritt, der kann nichts als Verdruß erwarten: denn wenn er das was von ihm ausgeht, auch nicht überschätzt, so schätzt er es doch unbedingt, und jede Aufnahme die

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però una perfetta padronanza del suo aspetto e comporta­ mento, cosicché in pubblico appariva come un abile medico e un esperto uomo di mondo, mentre scrivendo o nei rap­ porti familiari lasciava libero sfogo alla veemenza del suo carattere. La sua conversazione era varia e molto istruttiva e chi riusciva a perdonargli l’alta opinione che aveva di sé, della propria persona e dei propri meriti, non poteva trovare compagnia migliore. Poiché ciò che in generale si defini­ sce vanità non mi aveva mai infastidito, e dal canto mio mi concedevo di essere vanitoso io stesso, di comunicare cioè d’istinto ciò che mi piaceva di me, noi due andavamo perfettamente d’accordo, ci apprezzavamo e criticavamo a vicenda ed essendo lui aperto e loquace, imparai molte cose in breve tempo. Dovendo ora esprimere un giudizio approfondito, con gratitudine e benevolenza, non dovrei nemmeno dire che era vanitoso: noi tedeschi abusiamo fin troppo del termine ‘vanitoso’. In realtà esso è associato al concetto di vacui­ tà, e indica propriamente soltanto chi non sa nascondere il compiacimento per la propria nullità, la soddisfazione per un’esistenza vacua. Per Zimmermann era esattamente l’op­ posto: aveva grandi meriti e nessuna tranquillità interiore. Ma chi non sa gioire in silenzio delle proprie doti naturali, chi non si ritiene ricompensato dal loro semplice esercizio, ma aspetta e spera invece che gli altri riconoscano e apprez­ zino in modo adeguato ciò che ha fatto, costui si trova a mala parata; sappiamo fin troppo bene che gli uomini sono assai parchi con l’approvazione e tirchi con le lodi – anzi, se appena appena possono, le trasformano in biasimo. Chi affronta il pubblico con queste aspettative, andrà incontro solo a contrarietà: infatti, quand’anche non sopravvalutasse il suo operato, tende comunque a valutarlo in modo incon­ dizionato, mentre l’apprezzamento che riceviamo dagli al­

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wir in der Welt erfahren, wird bedingt sein; | und sodann gehört ja für Lob und Beifall auch eine Empfänglichkeit, wie für jedes Vergnügen. Man wende dieses auf Zimmermann an, und man wird auch hier ge­ stehen müssen: was einer nicht schon mitbringt, kann er nicht erhalten. Will man diese Entschuldigung nicht gelten lassen, so werden wir diesen merkwürdigen Mann wegen eines andern Fehlers noch weniger rechtfertigen können, weil das Glück anderer dadurch gestört, ja ver­ nichtet worden. Es war das Betragen gegen seine Kinder. Eine Tochter die mit ihm reiste, war, als er sich in der Nachbarschaft umsah, bei uns geblieben. Sie konnte etwa sechszehn Jahr alt sein. Schlank und wohlgewachsen, trat sie auf ohne Zierlichkeit; ihr regelmäßiges Ge­ sicht wäre angenehm gewesen, wenn sich ein Zug von Teilnahme darin aufgetan hätte; aber sie sah immer so ruhig aus wie ein Bild, sie äußer­ te sich selten, in der Gegenwart ihres Vaters nie. Kaum aber war sie einige Tage mit meiner Mutter allein, und hatte die heitere liebevolle Gegenwart dieser teilnehmenden Frau in sich aufgenommen, als sie sich ihr mit aufgeschlossenem Herzen zu Füßen warf und unter tau­ send Tränen bat, sie da zu behalten. Mit dem leidenschaftlichsten Aus­ druck erklärte sie: als Magd, als Sklavin wolle sie zeitlebens im Hause bleiben, nur um nicht zu ihrem Vater zurück zu kehren, von dessen Härte und Tyrannei man sich keinen Begriff machen könne. Ihr Bruder sei über diese Behandlung wahnsinnig geworden; sie habe es mit Not so lange getragen, weil sie geglaubt, es sei in jeder Familie nicht an­ ders, oder nicht viel besser; da sie aber nun eine so liebevolle, heitere, zwanglose Behandlung erfahren, so werde ihr Zustand zu einer wahren Hölle. Meine Mutter war sehr bewegt, als sie mir diesen leidenschaft­ lichen Erguß hinterbrachte, ja sie ging in ihrem Mitleiden so weit, daß sie nicht undeutlich zu verstehen gab, sie würde es wohl zufrieden sein das Kind im Hause zu behalten, wenn ich mich entschließen könnte, sie zu heiraten. – Wenn es eine Waise wäre, versetzt’ ich, so ließe sich

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tri è sempre condizionato. | E non da ultimo bisogna avere capacità ricettiva anche per gli elogi, come per ogni altro piacere. Applicando tutto questo a Zimmermann, bisogna convenire che è proprio vero: si può ricevere solo ciò che già si possiede. Se non si accetta questa scusante, ancora meno potre­ mo allora giustificare quel grande uomo per un altro difetto che ostacolava, anzi annientava la felicità altrui. Intendo il suo modo di comportarsi con i figli. La figlia che viaggia­ va con lui rimase a casa nostra mentre lui faceva visite nel circondario. Avrà avuto circa sedici anni, era alta e slan­ ciata ma sgraziata; il viso regolare sarebbe stato gradevole se avesse mostrato una qualche emozione, ma era sempre immobile come una statua; parlava di rado, in presenza del padre mai. Bastarono pochi giorni da sola con mia madre per farle percepire la presenza serena e amorevole di quella donna affettuosa, e la ragazza le si gettò ai piedi, le aprì il suo cuore e piangendo a dirotto la supplicò di tenerla con sé. Con espressione disperata dichiarò che avrebbe preferi­ to fermarsi per tutta la vita in casa nostra come domestica o come serva, piuttosto che tornare con suo padre, di cui non si potevano immaginare la durezza e la tirannia. Quel trattamento aveva portato suo fratello alla pazzia, mentre lei lo aveva sopportato fino a quel momento con grande fatica solo perché credeva che anche nelle altre famiglie fosse lo stesso, o non molto meglio; ma ora che aveva sperimentato un trattamento così affettuoso, sereno e senza costrizioni, la sua condizione le pareva un vero inferno. Mia madre era molto commossa quando venne a riferirmi quello sfogo ap­ passionato, e la sua compassione arrivò al punto da farmi capire che sarebbe anche stata contenta di accogliere in casa la ragazza, se io avessi deciso di sposarla. «Se fosse orfa­ na», risposi, «potremmo pensarci e vedere cosa fare, ma

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darüber denken und unterhandeln, aber Gott bewahre mich | vor einem Schwiegervater, der ein solcher Vater ist! Meine Mutter gab sich noch viel Mühe mit dem guten Kinde, aber es ward dadurch nur immer un­ glücklicher. Man fand zuletzt noch einen Ausweg, sie in eine Pension zu tun. Sie hat übrigens ihr Leben nicht hoch gebracht. Dieser tadelnswürdigen Eigenheit eines so verdienstvollen Mannes würde ich kaum erwähnen, wenn dieselbe nicht schon öffentlich wäre zur Sprache gekommen, und zwar als man nach seinem Tode der un­ seligen Hypochondrie gedachte, womit er sich und Andere in seinen letzten Stunden gequält. Denn auch jene Härte gegen seine Kinder war Hypochondrie, ein partieller Wahnsinn, ein fortdauerndes moralisches Morden, das er, nachdem er seine Kinder aufgeopfert hatte, zuletzt ge­ gen sich selbst kehrte. Wir wollen aber bedenken, daß dieser so rüstig scheinende Mann in seinen besten Jahren leidend war, daß ein Leibes­ schaden unheilbar den geschickten Arzt quälte, ihn der so manchem Kranken geholfen hatte und half. Ja dieser brave Mann führte bei äu­ ßerem Ansehen, Ruhm, Ehre, Rang und Vermögen, das traurigste Le­ ben, und wer sich davon, aus vorhandenen Druckschriften, noch weiter unterrichten will, der wird ihn nicht verdammen, sondern bedauern. Erwartet man nun aber, daß ich von der Wirkung dieses bedeuten­ den Mannes auf mich nähere Rechenschaft gebe, so muß ich im All­ gemeinen jener Zeit abermals gedenken. Die Epoche in der wir leb­ ten, kann man die fordernde nennen: denn man machte, an sich und Andere, Forderungen, auf das was noch kein Mensch geleistet hatte. Es war nämlich vorzüglichen, denkenden und fühlenden Geistern ein Licht aufgegangen, daß die unmittelbare originelle Ansicht der Natur und ein darauf gegründetes Handeln das Beste sei, was der Mensch sich wünschen könne, und nicht einmal schwer zu erlangen. Erfahrung war also abermals das allgemeine Losungswort, und Jedermann tat die Augen auf so gut er konnte; eigentlich aber waren es die Ärzte, die am

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Dio mi scampi | da quel suocero, se è un tale padre!» Mia madre si prese molto a cuore quella brava ragazza, renden­ dola però ancora più infelice. Alla fine si trovò una soluzio­ ne e la si sistemò in un pensionato, ma non visse comunque a lungo292. Non mi soffermerei su questa deplorevole peculiarità di un uomo altrimenti così meritevole, se non se ne fosse già parlato pubblicamente, e cioè quando, dopo la sua morte, si raccontò dell’infausta ipocondria con cui aveva tormentato se stesso e gli altri nei suoi ultimi giorni. Infatti anche la durezza verso i figli era ipocondria, una forma di pazzia, un continuo omicidio morale che, dopo aver annientato i figli, aveva infine rivolto contro se stesso. Ma dobbiamo anche considerare che quell’uomo nel fiore degli anni e all’appa­ renza così energico, era invece malato; una malattia inguari­ bile affliggeva il medico esperto, che aveva aiutato e aiutava così tanti sofferenti. Sì, pur con tutta la reputazione, fama, onori e ricchezze, quel brav’uomo conduceva una vita tri­ stissima, e chi vorrà raccogliere ulteriori notizie in merito dalla stampa, lo compiangerà più che condannarlo293. Se ora ci si aspetta che io riferisca più nel dettaglio dell’influenza che quell’uomo esercitò su di me, devo pri­ ma dire ancora qualcosa di quel periodo in generale. L’e­ poca in cui ci trovavamo potremmo definirla pretenziosa: si avevano infatti delle pretese, verso se stessi e verso gli altri, che nessuno aveva mai realizzato prima. Gli uomi­ ni migliori, ricchi di idee e di sentimenti, avevano intuito che l’osservazione immediata e autentica della natura e un agire fondato su di essa erano la cosa migliore che l’uomo potesse desiderare, e nemmeno troppo difficile da raggiun­ gere. Esperienza era quindi la parola d’ordine universale, e ognuno cercava di tenere gli occhi aperti più che poteva; ma effettivamente erano i medici che più degli altri avevano

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meisten Ursache hatten, darauf zu dringen und Gelegenheit sich dar­ nach umzutun. Hier leuchtete ihnen nun | aus alter Zeit ein Gestirn ent­ gegen, welches als Beispiel alles Wünschenswerten gelten konnte. Die Schriften die uns unter dem Namen Hippocrates zugekommen waren, gaben das Muster, wie der Mensch die Welt anschauen und das Gese­ hene, ohne sich selbst hinein zu mischen, überliefern sollte. Allein Nie­ mand bedachte, daß wir nicht sehen können wie die Griechen, und daß wir niemals wie sie dichten, bilden und heilen werden. Zugegeben aber auch, daß man von ihnen lernen könne, so war unterdessen unendlich viel und nicht immer so rein erfahren worden, und gar oft hatten sich die Erfahrungen nach den Meinungen gebildet. Dieses aber sollte man auch wissen, unterscheiden und sichten; abermals eine ungeheure For­ derung; dann sollte man auch persönlich umher blickend und handelnd, die gesunde Natur selbst kennen lernen, eben als wenn sie zum ersten­ mal beachtet und behandelt würde; hiebei sollte denn nur das Echte und Rechte geschehen. Allein weil sich die Gelahrtheit überhaupt nicht wohl ohne Polyhistorie und Pedanterie, die Praxis aber wohl schwer­ lich ohne Empirie und Charlatanerie denken läßt; so entstand ein ge­ waltiger Konflikt, indem man den Mißbrauch vom Gebrauch sondern und der Kern die Oberhand über die Schale gewinnen sollte. Wie man nun auch hier zur Ausübung schritt, so sah man, am kürzesten sei zu­ letzt aus der Sache zu kommen, wenn man das Genie zu Hülfe riefe, das durch seine magische Gabe den Streit schlichten und die Forde­ rungen leisten würde. Der Verstand mischte sich indessen auch in die Sache, alles sollte auf klare Begriffe gebracht und in logischer Form dargelegt werden, damit jedes Vorurteil beseitigt und aller Aberglaube zerstört werde. Weil nun wirklich einige außerordentliche Menschen, wie Boerhaave und Haller, das Unglaubliche geleistet, so schien man sich berechtigt, von ihren Schülern und Nachkömmlingen noch mehr zu fordern. Man behauptete, die Bahn sei gebrochen, da doch in allen

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motivo di insistere e occasione di muoversi in quella dire­ zione. Fin dai tempi antichi | rifulgeva per loro un astro che poteva ben fungere da esempio sotto ogni punto di vista. Gli scritti che ci erano stati tramandati con il nome di Ippocrate fornirono il modello di come l’uomo doveva osserva­ re il mondo e descrivere ciò che vedeva senza mescolarvi elementi soggettivi. Ma nessuno considerò che noi non sia­ mo in grado di vedere con gli occhi dei greci, e mai potre­ mo poetare, scolpire e guarire come loro. Pur ammettendo che sia possibile imparare da loro, nel frattempo erano state fatte infinite esperienze, non sempre altrettanto autentiche perché spesso condizionate dalle opinioni. Anche queste andavano tenute presenti, vagliate ed esaminate: un’altra pretesa spropositata; e poi bisognava guardarsi intorno e agire di persona, conoscere la natura intatta come se la si vedesse e considerasse per la prima volta – perché solo in questo modo si sarebbe individuato il giusto e l’autentico. Ma poiché l’erudizione è difficilmente concepibile senza nozionismo e pedanteria, né la pratica senza empiria e ciar­ lataneria, sorse un violento conflitto per distinguere l’uso dall’abuso e far prevalere la sostanza sulla forma. Anche in questo caso, quando si volle procedere in concreto, si vide che alla fin fine il modo più rapido per cavarsi d’impaccio era chiamare in aiuto il genio, che con le sue magiche doti avrebbe appianato il contrasto e soddisfatto le aspettative. Anche l’intelletto si immischiò nella faccenda, tutto dove­ va essere ricondotto a concetti chiari ed esposto secondo la logica, per poter smantellare ogni pregiudizio e distruggere ogni superstizione. Dal momento che alcuni uomini stra­ ordinari come Boerhaave e Haller avevano già raggiunto risultati incredibili, ci si ritenne autorizzati a pretendere an­ cora di più dai loro allievi e successori. Si affermava che ormai la strada era aperta, ma nelle cose terrene raramente

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irdischen Dingen selten von Bahn die Rede sein kann: denn wie das Wasser das durch ein Schiff verdrängt wird, gleich hinter ihm | wieder zusammenstürzt, so schließt sich auch der Irrtum, wenn vorzügliche Geister ihn bei Seite gedrängt und sich Platz gemacht haben, hinter ihnen sehr geschwind wieder naturgemäß zusammen. Aber hievon wollte sich der brave Zimmermann ein für allemal keinen Begriff machen; er wollte nicht eingestehen, daß das Absurde eigentlich die Welt erfülle. Bis zur Wut ungeduldig schlug er auf alles los, was er für unrecht erkannte und hielt. Ob er sich mit dem Kranken­ wärter oder mit Paracelsus, mit einem Harnpropheten oder Chymisten balgte, war ihm gleich; er hieb ein wie das andre Mal zu, und wenn er sich außer Atem gearbeitet hatte, war er höchlich erstaunt, daß die sämtlichen Köpfe dieser Hydra, die er mit Füßen zu treten geglaubt, ihm schon wieder ganz frisch von unzähligen Hälsen die Zähne wiesen. Wer seine Schriften, besonders sein tüchtiges Werk über die Erfahrung liest, wird bestimmter einsehen, was zwischen diesem trefflichen Manne und mir verhandelt worden; welches auf mich um so kräftiger wirken mußte, da er zwanzig Jahr älter war denn ich. Als berühmter Arzt war er vorzüglich in den höhern Ständen beschäftigt, und hier kam die Verderbnis der Zeit, durch Verweichlichung und Übergenuß, jeden Augenblick zur Sprache; und so drängten auch seine ärztlichen Reden, wie die der Philosophen und meiner dichterischen Freunde, mich wie­ der auf die Natur zurück. Seine leidenschaftliche Verbesserungswut konnte ich vollends nicht mit ihm teilen. Ich zog mich vielmehr, nach­ dem wir uns getrennt, gar bald wieder in mein eigentümliches Fach zu­ rück und suchte die von der Natur mir verliehenen Gaben mit mäßiger Anstrengung anzuwenden, und in heiterem Widerstreit gegen das was ich mißbilligte, mir einigen Raum zu verschaffen, unbesorgt wie weit meine Wirkungen reichen und wohin sie mich führen könnten. Von Salis, der in Marschlins die große Pensionsanstalt errichtete, ging ebenfalls bei uns vorüber, ein ernster verständiger Mann, der über

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si può parlare di strada: come l’acqua spostata dalla nave poi si richiude immediatamente | dopo il suo passaggio, allo stesso modo l’errore, dopo che menti illuminate l’hanno ac­ cantonato facendosi largo, torna poi subito a riprendere il suo posto dietro di loro, secondo natura. Ma di questo il bravo Zimmermann non voleva proprio saperne, non voleva ammettere che il mondo è pieno di as­ surdità. Impaziente fino alla rabbia, si scagliava contro tutto quello che credeva o riteneva sbagliato. Accapigliarsi con un infermiere o con Paracelso, con un urino-profeta o un alchimista, per lui era la stessa cosa: sferrava colpi all’uno come all’altro e quando era esausto e senza fiato, si stupiva sommamente che tutte le teste di quell’idra, che credeva di aver calpestato, erano invece fresche davanti a lui e digri­ gnavano i denti sugli innumerevoli colli294. Chi leggerà i suoi scritti, e in particolare la sua consi­ stente opera Sull’esperienza, capirà subito quali argomenti furono discussi tra me e quel personaggio; ed essendo lui di vent’anni più vecchio, la sua influenza su di me fu ancora più rilevante. In quanto celebre medico assisteva prevalen­ temente i ceti più elevati, dove si faceva notare di continuo la malattia del tempo, causata da sedentarietà e abuso dei piaceri; e così anche i suoi discorsi medici, proprio come quelli dei filosofi e dei miei amici poeti, mi riportavano alla natura. La sua sfrenata smania per migliorare il mondo non potevo invece condividerla. Dopo che ci fummo salutati, mi ritirai di nuovo nell’ambito a me congeniale cercando di far fruttare, con il minimo sforzo, le doti che la natura mi aveva elargito e facendomi largo serenamente a scapito di ciò che non mi piaceva, senza preoccuparmi di quali effetti avrei prodotto né dove le mie azioni mi avrebbero condotto. Anche von Salis, il fondatore del grande convitto a Mar­ schlins, passò da noi, un uomo serio e di buon senso che

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die genialischtolle Lebensweise unserer kleinen Gesellschaft gar wun­ derliche | Anmerkungen im Stillen wird gemacht haben. Ein Gleiches mag Sulzern, der uns auf seiner Reise nach dem südlichen Frankreich berührte, begegnet sein; wenigstens scheint eine Stelle seiner Reise­ beschreibung, worin er mein gedenkt, dahin zu deuten. Diese so angenehmen als förderlichen Besuche waren aber auch mit solchen durchwebt, die man lieber abgelehnt hätte. Wahrhaft Dürf­ tige und unverschämte Abenteurer wendeten sich an den zutraulichen Jüngling, ihre dringenden Forderungen durch wirkliche wie durch vor­ gebliche Verwandtschaften oder Schicksale unterstützend. Sie borgten mir Geld ab, und setzten mich in den Fall wieder borgen zu müssen, so daß ich mit begüterten und wohlwollenden Freunden darüber in das unangenehmste Verhältnis geriet. Wünschte ich nun solche Zudringlin­ ge allen Raben zur Beute, so fühlte sich mein Vater gleichfalls in der Lage des Zauberlehrlings, der wohl sein Haus gerne rein gewaschen sähe, sich aber entsetzt, wenn die Flut über Schwellen und Stufen un­ aufhaltsam einhergestürzt kommt. Denn es ward durch das allzu viele Gute der mäßige Lebensplan, den sich mein Vater für mich ausgedacht hatte, Schritt für Schritt verrückt, verschoben und von einem Tag zum andern wider Erwarten umgestaltet. Der Aufenthalt zu Regensburg und Wien war so gut als aufgegeben, aber doch sollte auf dem Wege nach Italien eine Durchreise statt finden, damit man wenigstens eine allgemeine Übersicht gewönne. Dagegen aber waren andere Freunde, die einen so großen Umweg ins tätige Leben zu gelangen, nicht billi­ gen konnten, der Meinung, man solle den Augenblick, wo so manche Gunst sich auftat, benutzen und an eine bleibende Einrichtung in der Vaterstadt denken. Denn ob ich gleich erst durch den Großvater, so­ dann aber durch den Oheim, von dem Rate ausgeschlossen war; so gab es doch noch manche bürgerliche Stellen, an die man Anspruch machen, sich einstweilen festsetzen und die Zukunft erwarten konnte.

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chissà cosa avrà pensato dentro di sé  | dello stile di vita tra il matto e il geniale della nostra piccola compagnia295. Lo stesso deve essere successo a Sulzer, che fece tappa da noi in un viaggio verso il Sud della Francia; o almeno così lascia intendere un passo del suo resoconto di viaggio in cui si parla di me296. Queste visite tanto gradite e stimolanti erano però in­ tercalate con altre di cui si sarebbe volentieri fatto a meno. Persone veramente in difficoltà e avventurieri senza scrupo­ li si rivolgevano al giovane fiducioso, adducendo parentele e disgrazie vere o presunte a sostegno delle loro pressanti ri­ chieste. Mi chiedevano denaro in prestito, mettendomi nella condizione di dover chiedere prestiti a mia volta, e finii col trovarmi in situazioni davvero imbarazzanti con i miei ami­ ci più ricchi e generosi. Se invece mandavo al diavolo tutti quegli scocciatori, mio padre si sentiva nella stessa situa­ zione dell’apprendista stregone, che vorrebbe avere la casa linda e pulita ma si spaventa quando vede scorrere inarre­ stabile l’acqua giù dalle scale e nelle stanze. Perché con tutto ciò, il regolato programma di vita che mio padre aveva pensato per me veniva modificato di continuo, rimandato e riconfigurato ogni giorno al di là di qualsiasi previsione. Il soggiorno a Ratisbona e Vienna era stato ormai accantonato, anche se durante il viaggio in Italia bisognava comunque passarci per avere almeno un’impressione generale; altri amici, invece, erano contrari e non approvavano un percor­ so così lungo prima di inserirsi nella vita pratica: ritenevano che si dovesse piuttosto cogliere al volo quel momento pro­ pizio per trovare una sistemazione stabile nella città natale. Infatti, sebbene io fossi escluso dal Consiglio prima per il nonno, adesso per lo zio297, c’erano comunque molte altre cariche in città a cui aspirare per cominciare a sistemarsi e vedere intanto cosa riservava il futuro. In alcuni incarichi

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Manche Agentschaften gaben zu tun genug, und ehrenvoll waren die Residenten-Stellen. Ich ließ mir davon  | vorreden und glaubte wohl auch, daß ich mich dazu schicke, ohne mich geprüft zu haben, ob eine solche Lebens- und Geschäftsweise, welche fordert, daß man am liebs­ ten in der Zerstreuung zweckmäßig tätig sei, für mich passen möchte; und nun gesellte sich zu diesen Vorschlägen und Vorsätzen noch eine zarte Neigung, welche zu bestimmter Häuslichkeit aufzufordern und jenen Entschluß zu beschleunigen schien. Die früher erwähnte Gesellschaft nämlich von jungen Männern und Frauenzimmern, welche meiner Schwester wo nicht den Ursprung doch die Konsistenz verdankte, war nach ihrer Verheiratung und Ab­ reise noch immer bestanden, weil man sich einmal an einander ge­ wöhnt hatte, und einen Abend in der Woche nicht besser als in diesem freundschaftlichen Zirkel zuzubringen wußte. Auch jener wunderliche Redner, den wir schon aus dem sechsten Buche kennen, war nach man­ cherlei Schicksalen gescheiter und verkehrter zu uns zurückgewandert, und spielte abermals den Gesetzgeber des kleinen Staats. Er hatte sich in Gefolg von jenen frühern Scherzen etwas Ähnliches ausgedacht: es sollte nämlich alle acht Tage gelost werden, nicht um, wie vormals, liebende Paare, sondern wahrhafte Ehegatten zu bestimmen. Wie man sich gegen Geliebte betrage, das sei uns bekannt genug; aber wie sich Gatte und Gattin in Gesellschaft zu nehmen hätten, das sei uns un­ bewußt und müsse nun, bei zunehmenden Jahren, vor allen Dingen gelernt werden. Er gab die Regeln an im Allgemeinen, welche bekannt­ lich darin bestehen, daß man tun müsse, als wenn man einander nicht angehöre; man dürfe nicht neben einander sitzen, nicht viel mit ein­ ander sprechen, vielweniger sich Liebkosungen erlauben: dabei aber habe man nicht allein alles zu vermeiden, was wechselseitig Verdacht und Unannehmlichkeit erregen könnte, ja man würde im Gegenteil das größte Lob verdienen, wenn man seine Gattin auf eine ungezwungene Weise zu verbinden wisse. Das Los wurde hierauf zur Entscheidung herbeigeholt, über einige barocke Paarungen, die es beliebt, gelacht und | gescherzt, und die all­

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di rappresentanza c’era abbastanza lavoro, e anche il ruolo dei residenti era di tutto rispetto. Mi lasciai | persuadere e mi convinsi persino di esservi portato, senza aver riflettu­ to davvero se quel genere di vita e di lavoro, che richiede che si faccia di quell’attività specifica il proprio passatempo preferito, fosse veramente adatto a me. E alle proposte e ai propositi si aggiunse una dolce propensione che contribuì a invogliarmi alla vita casalinga e affrettò la decisione. Il gruppo di giovanotti e signorine di cui ho parlato in precedenza, che doveva a mia sorella se non la sua origine, almeno la sua coesione, aveva continuato a incontrarsi an­ che dopo il matrimonio e la partenza di lei, perché ormai ci si era abituati l’uno all’altro e ci piaceva molto trascorrere almeno una sera alla settimana in quella cerchia di amici. Anche lo strepitoso oratore che conosciamo già dal sesto li­ bro, dopo varie vicende era tornato tra noi più maturo e più strambo, e divenne di nuovo il legislatore del nostro piccolo Stato. Come proseguimento degli scherzi di allora aveva escogitato qualcosa di simile, e cioè che ogni otto giorni si estraeva a sorte, non come allora per formare coppie di innamorati, bensì coppie di sposi veri e propri. Come ci si comporta con l’innamorata lo sapevamo ormai fin troppo bene; ma come marito e moglie debbano regolarsi in socie­ tà non lo sapevamo ancora e, con il passare del tempo, era più che mai indispensabile impararlo. Ci diede le regole ge­ nerali che consistono notoriamente nel comportarsi come se tra i due non ci fosse alcun legame; non sedersi vicini, non parlare troppo l’uno con l’altra, mai scambiarsi tenerezze: allo stesso tempo bisogna evitare tutto ciò che può causare reciproco sospetto o fastidio e anzi merita un elogio chi sa rendersi gradito alla moglie con disinvoltura. A quel punto tirammo a sorte per comporre le coppie ridendo e scherzando per alcune combinazioni grottesche |

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gemeine Ehestands-Komödie mit gutem Humor begonnen und jedes­ mal am achten Tage wiederum erneuert. Hier traf es sich nun wunderbar genug, daß mir das Los gleich von Anfang eben dasselbe Frauenzimmer zweimal bestimmte, ein sehr gu­ tes Wesen, gerade von der Art, die man sich als Frau gerne denken mag. Ihre Gestalt war schön und regelmäßig, ihr Gesicht angenehm, und in ihrem Betragen waltete eine Ruhe, die von der Gesundheit ihres Kör­ pers und ihres Geistes zeugte. Sie war sich zu allen Tagen und Stunden völlig gleich. Ihre häusliche Tätigkeit wurde höchlich gerühmt. Ohne daß sie gesprächig gewesen wäre, konnte man an ihren Äußerungen einen geraden Verstand und eine natürliche Bildung erkennen. Nun war es leicht einer solchen Person mit Freundlichkeit und Achtung zu begegnen; schon vorher war ich gewohnt es aus allgemeinem Gefühl zu tun, jetzt wirkte bei mir ein herkömmliches Wohlwollen als gesel­ lige Pflicht. Wie uns nun aber das Los zum dritten Male zusammen brachte, so erklärte der neckische Gesetzgeber feierlichst: der Himmel habe gesprochen, und wir könnten nunmehr nicht geschieden werden. Wir ließen es uns beiderseits gefallen, und fügten uns wechselsweise so hübsch in die offenbaren Ehestands-Pflichten, daß wir wirklich für ein Muster gelten konnten. Da nun, nach der allgemeinen Verfassung, die sämtlichen für den Abend vereinten Paare sich auf die wenigen Stunden mit Du anreden mußten; so waren wir dieser traulichen An­ rede durch eine Reihe von Wochen so gewohnt, daß auch in der Zwi­ schenzeit, wenn wir uns begegneten, das Du gemütlich hervorsprang. Die Gewohnheit ist aber ein wunderliches Ding: wir beide fanden nach und nach nichts natürlicher als dieses Verhältnis; sie ward mir immer werter, und ihre Art mit mir zu sein zeugte von einem schönen ruhigen Vertrauen, so daß wir uns wohl gelegentlich, wenn ein Priester zugegen gewesen wäre, ohne vieles Bedenken auf der Stelle hätten zusammen geben lassen. | Weil nun bei jeder unserer geselligen Zusammenkünfte etwas Neu­ es vorgelesen werden mußte, so brachte ich eines Abends, als ganz frische Neuigkeit, das Memoire des Beaumarchais gegen Clavigo im

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che capitarono, e così la commedia delle coppie ebbe inizio con allegria e si rinnovò ogni settimana. Uno strano caso volle che subito all’inizio mi capitas­ se per due volte di fila la stessa fanciulla, una bravissima ragazza, proprio di quelle che si vorrebbero avere per mo­ glie298. L’aspetto era bello e ben proporzionato, il viso gra­ devole e il portamento era pervaso da una tranquillità che testimoniava la salute del corpo e dello spirito. Era sempre uguale a se stessa, in ogni momento; le sue capacità dome­ stiche erano lodate da tutti. Non era loquace, ma quando parlava si percepiva un’intelligenza sveglia e una cultura spontanea. Era facile accostarsi a una persona così con cor­ tesia e stima, e già da prima mi ero abituato a tenere questo atteggiamento in generale; in questo caso la mia abituale benevolenza diveniva un dovere sociale. Quando però la sorte ci unì per la terza volta, il malizioso legislatore decre­ tò solennemente che era un verdetto del cielo e che nessuno poteva più dividerci. Accettammo entrambi di buon grado e ci adattammo così bene alla recita dei doveri coniugali che potevamo davvero fungere da modello. Ora, secondo l’uso generale, le coppie che per una volta venivano unite, in quella serata dovevano darsi del tu; noi, con il passa­ re delle settimane ci abituammo così tanto a quella forma confidenziale che ci veniva spontaneo usarla anche quando ci incontravamo in altre occasioni. Ma l’abitudine fa degli strani scherzi: col tempo quel tipo di rapporto ci parve del tutto naturale, io mi affezionai sempre di più e lei, quando era con me, mostrava una fiducia piena e tranquilla, tanto che in qualche occasione, se fosse stato presente un sacer­ dote, ci saremmo fatti sposare senza pensarci due volte. | Poiché in ognuno dei nostri ritrovi dovevamo leggere qualcosa di nuovo, una sera portai come ultimissima novità il memoriale di Beaumarchais contro Clavigo in lingua ori­

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Original mit. Es erwarb sich sehr vielen Beifall; die Bemerkungen zu denen es auffordert, blieben nicht aus, und nachdem man viel darüber hin und wider gesprochen hatte, sagte mein lieber Partner: wenn ich Deine Gebieterin und nicht deine Frau wäre, so würde ich Dich er­ suchen, dieses Memoire in ein Schauspiel zu verwandeln, es scheint mir ganz dazu geeignet zu sein. – Damit Du siehst, meine Liebe, ant­ wortete ich, daß Gebieterin und Frau auch in Einer Person vereinigt sein können; so verspreche ich, heute über acht Tage den Gegenstand dieses Heftes als Theaterstück vorzulesen, wie es jetzt mit diesen Blät­ tern geschehen. Man verwunderte sich über ein so kühnes Versprechen, und ich säumte nicht es zu erfüllen. Denn was man in solchen Fällen Erfindung nennt, war bei mir augenblicklich; und gleich, als ich mei­ ne Titular-Gattin nach Hause führte, war ich still; sie fragte, was mir sei. – Ich sinne, versetzte ich, schon das Stück aus und bin mitten drin; ich wünsche Dir zu zeigen, daß ich Dir gerne etwas zu Liebe tue. Sie drückte mir die Hand, und als ich sie dagegen eifrig küßte, sagte sie: Du mußt nicht aus der Rolle fallen! Zärtlich zu sein, meinen die Leute, schicke sich nicht für Ehegatten. – Laß sie meinen, versetzte ich, wir wollen es auf unsere Weise halten. Ehe ich, freilich durch einen großen Umweg, nach Hause kam, war das Stück schon ziemlich heran gedacht; damit dies aber nicht gar zu großsprecherisch scheine, so will ich gestehen, daß schon beim ers­ ten und zweiten Lesen, der Gegenstand mir dramatisch ja theatralisch vorgekommen, aber ohne eine solche Anregung wäre das Stück, wie so viele andere, auch bloß unter den möglichen Geburten geblieben. Wie ich dabei verfahren, ist bekannt genug. Der Bösewichter müde, die aus Rache, Haß oder kleinlichen Absichten sich einer edlen Natur ent­ gegensetzen und sie zu Grunde richten, wollt’ ich in Carlos den reinen | Weltverstand mit wahrer Freundschaft gegen Leidenschaft, Neigung und äußere Bedrängnis wirken lassen, um auch einmal auf diese Weise eine Tragödie zu motivieren. Berechtigt durch unsern Altvater Shake­

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ginale299. Ebbe grande successo e non mancò di stimolare molti commenti; dopo che se ne fu parlato in lungo e in largo, la mia cara compagna disse: «Se fossi la tua regina invece che tua moglie, ti chiederei di trasformare questo memoriale in un dramma, mi sembra proprio adatto». – «Per mostrarti, mia cara, che regina e moglie qualche volta posso anche coesistere in una stessa persona», risposi, «ti prometto che tra una settimana vi leggerò, come ho fatto stasera con queste pagine, lo stesso episodio in forma tea­ trale». Ci si meravigliò di una promessa così ardita, e io non mancai di mantenerla. Quello che in questi casi si chiama inventiva in me era istantaneo, e accompagnando a casa la mia consorte onoraria divenni silenzioso; mi chiese cosa avessi. Risposi: «Sto già rimuginando il pezzo, sono nel pieno della creazione; voglio dimostrarti che sono felice di fare qualcosa per te». Mi strinse la mano e quando, in cam­ bio, la baciai con trasporto, esclamò: «Non uscire dal ruolo! Essere teneri, a quanto dicono, non si addice ai coniugi». – «Lascia che dicano quello che vogliono», replicai, «noi faremo a modo nostro». Feci un lungo giro e ancora prima di rientrare a casa l’opera era già in avanzata elaborazione. Per non sembrare troppo vanaglorioso devo però ammettere che fin da quando l’avevo letto la prima e la seconda volta il tema mi era parso drammatico, addirittura teatrale; ma senza quella sollecita­ zione l’opera sarebbe rimasta, come molte altre, nel mon­ do del possibile. Come mi sono regolato è risaputo. Stanco dei malvagi che per vendetta, per odio o meschinità con­ trastano le nobili nature per annientarle, con Carlos volevo rappresentare una | visione del mondo pura che, insieme a una vera amicizia, si oppone alla passione, a inclinazioni e avversità esterne – una volta tanto volevo che una tragedia prendesse spunto da questo. Legittimato dal nostro patriar­

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spear, nahm ich nicht einen Augenblick Anstand die Hauptszene und die eigentlich theatralische Darstellung wörtlich zu übersetzen. Um zu­ letzt abzuschließen, entlehnt’ ich den Schluß einer englischen Ballade, und so war ich immer noch eher fertig als der Freitag herankam. Die gute Wirkung, die ich beim Vorlesen erreichte, wird man mir leicht zugestehen. Meine gebietende Gattin erfreute sich nicht wenig daran, und es war, als wenn unser Verhältnis, wie durch eine geistige Nach­ kommenschaft, durch diese Produktion sich enger zusammen zöge und befestigte. Mephistopheles Merk aber tat mir zum ersten Mal hier einen großen Schaden. Denn als ich ihm das Stück mitteilte, erwiderte er: solch einen Quark mußt du mir künftig nicht mehr schreiben; das können die Andern auch. Und doch hatt’ er hierin Unrecht. Muß ja doch nicht alles über alle Begriffe hinausgehen die man nun einmal gefaßt hat; es ist auch gut, wenn manches sich an den gewöhnlichen Sinn anschließt. Hätte ich da­ mals ein Dutzend Stücke der Art geschrieben, welches mir bei einiger Aufmunterung ein leichtes gewesen wäre; so hätten sich vielleicht drei oder vier davon auf dem Theater erhalten. Jede Direktion, die ihr Reper­ torium zu schätzen weiß, kann sagen, was das für ein Vorteil wäre. Durch solche und andre geistreiche Scherze ward unser wunderli­ ches Mariage-Spiel wo nicht zum Stadt- doch zum Familien-Märchen, das den Müttern unserer Schönen gar nicht unangenehm in die Ohren klang. Auch meiner Mutter war ein solcher Zufall nicht zuwider: sie begünstigte schon früher das Frauenzimmer, mit dem ich in ein so seltsames Verhältnis gekommen war, und mochte ihr zutrauen, daß sie eine eben so gute Schwiegertochter als Gattin werden könnte. Jenes unbestimmte Rumoren, in welchem ich mich schon seit geraumer Zeit herumtrieb, wollte ihr nicht | behagen, und wirklich hatte sie auch die größte Beschwerde davon. Sie war es, welche die zuströmenden Gäste reichlich bewirten mußte, ohne sich für die literarische Einquartierung anders als durch die Ehre, die man ihrem Sohne antat ihn zu beschmau­ sen, entschädigt zu sehen. Ferner war es ihr klar, daß so viele junge Leute, sämtlich ohne Vermögen, nicht allein zum Wissen und Dichten,

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ca Shakespeare, non esitai un attimo a tradurre letteralmen­ te la scena madre e le parti più strettamente teatrali, e per concludere presi a prestito il finale da una ballata inglese e così fui pronto ancora prima del venerdì300. Come è faci­ le immaginare, la mia lettura fece un’ottima impressione. La mia regale consorte si rallegrò moltissimo e fu come se quell’opera, come una prole spirituale, rendesse più stretto e solido il nostro rapporto. Il mefistofelico Merck, invece, per la prima volta mi fece un gran danno. Quando gli inviai l’opera, mi rispose: «Non scrivermi più di queste scempiaggini in futuro: sono capaci tutti». Ma aveva torto. Non tutto deve andare sempre al di là dei concetti stabiliti una volta: non c’è nulla di male se ogni tanto ci si adegua al sentire comune. Se allora avessi scritto una dozzina di quei drammi – cosa che mi sarebbe stata facile, se avessi avuto un minimo di incoraggiamento – tre o quattro si sarebbero insediati nel repertorio teatrale. Qualsiasi direttore di teatro in grado di valutare il proprio repertorio sa bene quale vantaggio potrebbe trarne. Con questo e altri divertimenti analoghi il nostro buffo gioco delle coppie era diventato la favola se non di tutta la città, quanto meno delle nostre famiglie, e non era del tut­ to sgradito alle madri delle fanciulle. Non dispiaceva nem­ meno a mia madre: già da prima aveva preso in simpatia la ragazza con cui ora avevo quel curioso legame ed era convinta che sarebbe stata una buona moglie e una nuora altrettanto buona. Quella caotica confusione in cui vivevo già da qualche tempo non le andava | a genio, e del resto lei era quella che ne risentiva di più. Era lei che doveva nutrire lautamente il flusso continuo di ospiti, senza ricevere altro compenso per quei ritrovi letterari se non l’onore di vede­ re suo figlio invitato come contraccambio. E in più sapeva bene che tutti quei giovani, in genere squattrinati, non si

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sondern auch zum lustigen Leben versammelt, sich unter einander und zuletzt am sichersten mir, dessen leichtsinnige Freigebigkeit und Ver­ bürgungslust sie kannte, zur Last und zum Schaden gereichen würden. Sie hielt daher die schon längst bezweckte italiänische Reise, die der Vater wieder in Anregung brachte, für das sicherste Mittel alle diese Verhältnisse auf einmal durchzuschneiden. Damit aber ja nicht wieder in der weiten Welt sich neues Gefährliche anschließen möge, so dachte sie vorher die schon eingeleitete Verbindung zu befestigen, damit eine Rückkehr ins Vaterland wünschenswerter und eine endliche Bestimmung entschieden werde. Ob ich ihr diesen Plan nur unterlege, oder ob sie ihn deutlich, vielleicht mit der seligen Freundin, entworfen, möchte ich nicht entscheiden: genug, ihre Handlungen schienen auf einen bedachten Vorsatz gegründet. Denn ich hatte manchmal zu ver­ nehmen, unser Familienkreis sei nach Verheiratung Corneliens doch gar zu eng; man wollte finden, daß mir eine Schwester, der Mutter eine Gehülfin, dem Vater ein Lehrling abgehe; und bei diesen Reden blieb es nicht. Es ergab sich wie von ungefähr, daß meine Eltern jenem Frau­ enzimmer auf einem Spaziergang begegneten, sie in den Garten einlu­ den und sich mit ihr längere Zeit unterhielten. Hierüber ward nun beim Abendtische gescherzt, und mit einem gewissen Behagen bemerkt, daß sie dem Vater wohlgefallen, indem sie die Haupteigenschaften, die er als ein Kenner von einem Frauenzimmer fordere, sämtlich besitze. Hierauf ward im ersten Stock eins und das andere veranstaltet, eben als wenn man Gäste zu erwarten habe, das | Leinwandgeräte gemus­ tert, und auch an einigen bisher vernachlässigten Hausrat gedacht. Da überraschte ich nun einst meine Mutter, als sie in einer Bodenkammer die alten Wiegen betrachtete, worunter eine übergroße von Nußbaum, mit Elfenbein und Ebenholz eingelegt, die mich ehmals geschwenkt hatte, besonders hervorstach. Sie schien nicht ganz zufrieden, als ich

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riuniscono solo per amore del sapere e della poesia ma an­ che per stare insieme in allegria, finendo però col diventare un peso e un danno l’uno per l’altro e comunque di sicuro per me, di cui conosceva bene la sconsiderata generosità e disponibilità. Pensava quindi che il viaggio in Italia, di cui si parlava da tanto e che il papà aveva di nuovo rispolverato, fosse il mezzo più sicuro per dare un taglio netto a quella situazio­ ne. Ma per evitare che dal vasto mondo non tornassi con altri guai, riteneva che prima si dovesse consolidare quella relazione già avviata in modo che il ritorno in patria fos­ se ancora più desiderabile e si giungesse a una sistema­ zione definitiva. Se sono io ad attribuirle quel progetto, o se l’avesse effettivamente concepito lei, magari con la sua defunta amica, non saprei dirlo: fatto sta che le sue azioni parevano rispondere a un preciso intento. Ogni tanto infatti sentivo dire che la cerchia familiare, dopo il matrimonio di Cornelia, si era troppo ristretta, si considerava che a me era venuta meno una sorella, alla mamma un aiuto, al papà un discepolo, e non ci si fermò qui. Capitò come per caso che i miei genitori incontrassero quella signorina durante una passeggiata e la invitassero in giardino, dove si intratten­ nero con lei a lungo. Si scherzò di questo a cena, e con una certa soddisfazione mi si fece notare che era piaciuta anche al papà poiché possedeva tutte le principali qualità che lui, da intenditore, richiedeva a una fanciulla. E poi si rimisero in ordine le stanze al primo piano come se si attendessero ospiti, si | ispezionò la biancheria, ci si oc­ cupò anche di svariate suppellettili, fino ad allora trascura­ te. Una volta sorpresi la mamma in soffitta mentre osserva­ va le vecchie culle, tra cui ne spiccava una enorme di noce con intarsi in ebano e avorio che aveva a suo tempo cullato me. Non sembrò molto contenta quando le feci osservare

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PARTE TERZA

ihr bemerkte, daß solche Schaukelkasten nunmehr völlig aus der Mode seien, und daß man die Kinder mit freien Gliedern in einem artigen Körbchen, an einem Bande über die Schulter, wie andre kurze Ware, zur Schau trage. Genug, dergleichen Vorboten zuerneuernder Häuslichkeit zeigten sich öfter, und da ich mich dabei ganz leidend verhielt; so verbreitete sich, durch den Gedanken an einen Zustand der für’s Leben dauern sollte, ein solcher Friede über unser Haus und dessen Bewohner, der­ gleichen es lange nicht genossen hatte. |

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che quelle culle erano ormai del tutto fuori moda e che i bambini adesso si tenevano in bella mostra come la merce degli ambulanti, senza fasce, in un grazioso cesto appeso a tracolla con un nastro. Insomma, quei segnali di un rinnovamento domestico si fecero più frequenti e, poiché io non mi opponevo, grazie al pensiero di una condizione che sarebbe poi durata per tutta la vita si diffuse nella nostra casa una grande pace, come i suoi abitanti non provavano da tanto tempo. |

Vierter Teil

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Vorwort Bei Behandlung einer mannigfaltig vorschreitenden Lebensgeschichte, wie die ist die wir zu unternehmen gewagt haben, ergeben sich Um­ stände die uns einigermaßen hinderlich in den Weg treten. So kommen wir, um dergleichen Ereignisse faßlich und lesbar zu machen, in den Fall, einiges was in der Zeit sich verschlingt, notwendig zu trennen, anderes was nur durch eine Folge begriffen werden kann in sich selbst zusammenzuziehn und so das Ganze in Teile zusammenzustellen, die man sinnig überschauend beurteilen kann und sich davon manches zu­ eignen mag. Mit dieser Betrachtung eröffnen wir den gegenwärtigen Band, da­ mit sie zu Rechtfertigung unsres Verfahrens beitrage und fügen die Bit­ te hinzu unsre Leser möchten bedenken daß sich diese hier fortgesetzte Erzählung nicht gerade ans Ende des vorigen Buches anschließt son­ dern daß sie die Hauptfäden sämtlich nach und nach wieder aufzuneh­ men und sowohl Personen als Gesinnungen und Handlungen in einer redlich gründlichen Folge vorzuführen beabsichtigt.

Prefazione Nell’esporre la storia di una vita così movimentata come quella che ci siamo cimentati a descrivere, si verificano cir­ costanze che ci impediscono di proseguire speditamente. Così capita che, per rendere comprensibili e leggibili alcuni avvenimenti, dobbiamo per forza separare cose che in un certo momento erano intrecciate e condensarne altre che potrebbero invece essere comprese solo in sequenza. Così si ricompone un’unità in base alle singole parti, che si pos­ sono valutare grazie a uno sguardo d’insieme per poterne assimilare il contenuto. Apriamo il presente volume con questa considerazione sperando così di giustificare il nostro modo di procedere e preghiamo in aggiunta i nostri lettori di tener presente che il racconto che ora prosegue non riprende esattamente dalla fine del libro precedente, ma intende invece riannodarsi a poco a poco ai fili principali, per presentare le persone, le idee e le azioni in una sequenza veramente accurata.

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Sechzehntes Buch Wie man zu sagen pflegt: daß kein Unglück allein komme, so läßt sich auch wohl bemerken, daß es mit dem Glück ähnlicher Weise beschaf­ fen sei; ja auch mit andern Umständen, die sich auf eine harmonische Weise um uns versammeln; es sei nun, daß ein Schicksal dergleichen auf uns lege, oder daß der Mensch die Kraft habe, das was zusam­ mengehört an sich heranzuziehen; wenigstens machte ich diesmal die Erfahrung daß alles übereinstimmte um einen äußeren und inneren Frieden hervorzubringen. Jener ward mir zu Teil, indem ich den Aus­ gang dessen gelassen abwartete was man für mich im Sinne hegte und vornahm; zu diesem aber sollte ich durch erneute Studien gelangen. Ich hatte lange nicht an Spinoza gedacht und nun ward ich durch Widerrede zu ihm getrieben. In unsrer Bibliothek fand ich ein Büch­ lein, dessen Autor gegen jenen eigenen Denker kämpfte, und, um dabei recht wirksam zu Werke zu gehen, Spinozas Bildnis dem Titel gegen­ über gesetzt hatte, mit der Unterschrift: Signum reprobationis in vultu gerens, daß er nämlich das Zeichen der Verwerfung und Verworfen­ heit im Angesicht trage. Dieses konnte man freilich bei Erblickung des Bildes nicht leugnen: denn der Kupferstich war erbärmlich schlecht und eine vollkommne Fratze, wobei mir denn jene Gegner einfallen mußten, die irgend jemand dem sie mißwollen, zuvörderst entstellen und dann als ein Ungeheuer bekämpfen. Dieses Büchlein jedoch machte keinen Eindruck auf mich, weil ich überhaupt Kontroversen nicht liebte; weil ich immer lieber von dem Menschen erfahren mochte wie er dachte, als von einem andern hören wie er hätte denken sollen. Doch führte mich die Neugierde auf den

Libro sedicesimo Così come si suol dire che le disgrazie non vengono mai da sole, si può osservare che lo stesso vale anche per la fortuna e forse persino per altre circostanze che si radunano intorno a noi con armonia, o perché ce le manda il destino, o perché l’uomo ha il potere di attrarre a sé elementi tra loro affini. Comunque sia, in quell’occasione feci l’esperienza che tutte le cose concorrevano a formare una pace esteriore e interiore. La prima mi fu concessa perché seppi attendere con tranquillità l’esito di ciò che si stava muovendo e pre­ parando per me; alla seconda giunsi grazie a nuovi studi. Per molto tempo non avevo più pensato a Spinoza e ora fui ricondotto a lui da una contestazione. Nella nostra bi­ blioteca trovai un libriccino il cui autore attaccava con vio­ lenza quel singolare filosofo, e per ottenere il suo scopo in modo ancora più efficace aveva apposto di fianco al fronte­ spizio un ritratto di Spinoza con la dicitura: signum reprobationis in vultu gerens, che reca cioè sul volto il marchio del reprobo e del dannato2. In effetti guardando il ritratto non lo si poteva negare, perché l’incisione era davvero pes­ sima e oltretutto deforme, e mi fece venire in mente quegli avversari che, quando vogliono attaccare qualcuno, prima lo sfigurano e poi lo combattono perché è un mostro. Quel libretto non mi fece comunque la benché minima impressione, perché le controversie non mi piacevano per niente: preferivo sempre sapere da un uomo cosa pensava, piuttosto che farmi dire da un altro cosa avrebbe dovuto pensare. La curiosità mi condusse però alla voce ‘Spinoza’

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PARTE QUARTA

Artikel Spinoza in Bayles Wörterbuch, einem Werke, das wegen Ge­ lehrsamkeit und Scharfsinn eben so schätzbar und | nützlich, als wegen Klätscherei und Salbaderei lächerlich und schädlich ist. Der Artikel Spinoza erregte in mir Mißbehagen und Mißtrauen; zuerst wird der Mann als Atheist, und seine Meinungen als höchst verwerflich ange­ geben; sodann aber zugestanden, daß er ein ruhig nachdenkender und seinen Studien obliegender Mann, ein guter Staatsbürger, ein mitteilen­ der Mensch, ein ruhiger Particulier gewesen; und so schien man ganz das evangelische Wort vergessen zu haben: an ihren Früchten sollt ihr sie erkennen! denn wie will doch ein Menschen- und Gottgefälliges Leben aus verderblichen Grundsätzen entspringen? Ich erinnerte mich noch gar wohl welche Beruhigung und Klarheit über mich gekommen als ich einst die nachgelassenen Werke jenes merkwürdigen Mannes durchblättert. Diese Wirkung war mir noch ganz deutlich ohne daß ich mich des Einzelnen hätte erinnern können; ich eilte daher aber­ mals zu den Werken, denen ich soviel schuldig geworden, und dieselbe Friedensluft wehte mich wieder an. Ich ergab mich dieser Lektüre und glaubte, indem ich in mich selbst schaute, die Welt niemals so deutlich erblickt zu haben. Da über diesen Gegenstand soviel und auch in der neuern Zeit ge­ stritten worden, so wünschte ich nicht mißverstanden zu werden und will hier einiges über jene so gefürchtete, ja verabscheute Vorstellungs­ art einzurücken nicht unterlassen. Unser physisches sowohl als geselli­ ges Leben, Sitten, Gewohnheiten, Weltklugheit, Philosophie, Religion, ja so manches zufällige Ereignis, alles ruft uns zu daß wir entsagen sollen; so manches was uns innerlich eigenst angehört sollen wir nicht nach außen hervorbilden, was wir von außen zu Ergänzung unsres Wesens bedürfen, wird uns entzogen, dagegen aber so vieles aufge­ drungen das uns so fremd als lästig ist. Man beraubt uns des mühsam Erworbenen, des freundlich Gestatteten, und ehe wir hierüber recht ins Klare sind finden wir uns genötigt unsere Persönlichkeit erst stückweis

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nel dizionario di Bayle, un’opera tanto pregevole e utile per erudizione e  | profondità, quanto ridicola e dannosa per i pettegolezzi e i discorsi a vanvera. L’articolo ‘Spinoza’ su­ scitò in me disagio e diffidenza: prima viene tacciato di atei­ smo3 e le sue opinioni sono rigettate in toto; subito dopo però si ammette che era un pensatore calmo e riflessivo, dedito ai suoi studi, un buon cittadino, affabile e tranquillo nella vita privata. Mi parve che non si tenesse in alcun conto la sen­ tenza evangelica: «dai loro frutti li riconoscerete!». Come può infatti una vita gradita a Dio e agli uomini scaturire da principi esecrabili? Mi ricordavo ancora molto bene la calma e la serenità che mi avevano invaso quando, tempo prima, avevo sfogliato le opere postume di quell’uomo straordina­ rio4. L’effetto complessivo mi era ancora ben presente, anche se non mi rammentavo i singoli dettagli; mi affrettai quindi a riprendere in mano le opere a cui dovevo così tanto e fui di nuovo circondato da quell’aura di pace. Mi abbandonai alla lettura e, guardando dentro di me, ebbi l’impressione di non aver mai visto il mondo con tanta chiarezza. Poiché su questo tema si è discusso molto anche in tem­ pi recenti5, non vorrei venire frainteso e non posso quindi fare a meno di aggiungere qualcosa su quelle teorie così temute, addirittura aborrite. La nostra vita fisica e sociale, gli usi e i costumi, la conoscenza del mondo, la filosofia, la religione, persino alcuni avvenimenti casuali, tutto ci esorta alla rinuncia6. Tante cose che ci appartengono nel profon­ do non sono destinate a svilupparsi all’esterno; quelle che dall’esterno ci aiuterebbero a completare il nostro essere ci vengono sottratte, mentre ce ne vengono imposte altre che ci risultano tanto estranee quanto fastidiose. Veniamo privati di ciò che ci siamo guadagnati con fatica, di ciò che ci era stato gentilmente concesso, e prima ancora di ren­ dercene conto ci vediamo costretti a rinunciare alla nostra

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PARTE QUARTA

und dann völlig aufzugeben. Dabei ist es aber hergebracht daß man denjenigen nicht achtet der sich deshalb ungebärdig stellt, vielmehr soll man, | je bittrer der Kelch ist, eine desto süßere Miene machen, damit ja der gelassene Zuschauer nicht durch irgend eine Grimasse beleidigt werde. Diese schwere Aufgabe jedoch zu lösen, hat die Natur den Men­ schen mit reichlicher Kraft, Tätigkeit und Zähigkeit ausgestattet. Besonders aber kommt ihm der Leichtsinn zu Hülfe, der ihm unzer­ störlich verliehen ist. Hiedurch wird er fähig dem Einzelnen in jedem Augenblick zu entsagen, wenn er nur in dem andern nach etwas Neuem greifen darf; und so stellen wir uns unbewußt unser ganzes Leben im­ mer wieder her. Wir setzen eine Leidenschaft an die Stelle der andern; Beschäftigungen, Neigungen, Liebhabereien, Steckenpferde, alles pro­ bieren wir durch, um zuletzt auszurufen, daß alles eitel sei. Niemand entsetzt sich vor diesem Falschen, ja gotteslästerlichen Spruch, ja man glaubt etwas Weises und Unwiderlegliches gesagt zu haben. Nur we­ nige Menschen gibt es die diese unerträgliche Empfindung vorausahn­ den, und, um allen partiellen Resignationen auszuweichen, sich ein für allemal im Ganzen resignieren. Diese überzeugen sich von dem Ewi­ gen, Notwendigen, Gesetzlichen und suchen sich solche Begriffe zu bilden, welche unverwüstlich sind, ja durch die Betrachtung des Ver­ gänglichen nicht aufgehoben sondern vielmehr bestätigt werden. Weil aber hierin wirklich etwas Übermenschliches liegt, so werden solche Personen gewöhnlich für Unmenschen gehalten, für Gott- und Welt­ lose; ja man weiß nicht was man ihnen alles für Hörner und Klauen andichten soll. Mein Zutrauen auf Spinoza ruhte auf der friedlichen Wirkung, die er in mir hervorbrachte, und es vermehrte sich nur, da man meine wer­ ten Mystiker des Spinozismus anklagte; als ich erfuhr daß Leibnitz selbst diesem Vorwurf nicht entgehen können, ja daß Borhave, wegen gleicher Gesinnungen verdächtig, von der Theologie zur Medizin über­ gehen müssen.

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personalità, prima in parte e poi del tutto. Ciononostante si usa disprezzare chi oppone resistenza mentre invece, | quanto più il calice è amaro, tanto più bisogna mostrarsi docili, affinché il placido spettatore non si senta offeso da una qualche smorfia. Per assolvere a questo difficile compito la natura ha do­ tato l’uomo di sufficiente forza, energia e tenacia, ma ad aiutarlo è soprattutto l’indistruttibile superficialità di cui di­ spone, che gli permette di rinunciare subito a singole cose se solo potrà afferrare qualcos’altro nel momento successi­ vo, e così ricostruiamo di continuo la nostra vita senza ac­ corgercene. Sostituiamo una passione all’altra; occupazio­ ni, inclinazioni, amori, passatempi, dobbiamo sperimentare tutto per poi dire che tutto è vanità7. Nessuno si allarma per quest’affermazione falsa, anzi blasfema – al contrario si crede di aver detto qualcosa di saggio e incontrovertibile. Sono pochi gli uomini che hanno presagito questa sensazio­ ne insopportabile e, per sfuggire a tutte quelle rinunce par­ ziali, hanno rinunciato a tutto una volta per sempre. Costoro si concentrano su ciò che è eterno, necessario e inevitabi­ le, cercano quindi di formarsi dei concetti indefettibili, che vengano non cancellati, bensì confermati dall’osservazione di ciò che è caduco. Ma poiché questo atteggiamento ha qualcosa di sovrumano, quelle persone sono in genere con­ siderate dei mostri, senza fede e senza Dio, e non si sa più quali corna e quali artigli attribuire loro. La mia fiducia in Spinoza si fondava sulla sensazione di pace che produceva in me, e non fece che aumentare quando i miei amati mistici furono accusati di spinozismo, quando venni a sapere che nemmeno Leibniz era scampato da quel rimprovero e che persino Boerhaave, sospettato di analoghe convinzioni, era stato costretto ad abbandonare la teologia per la medicina.

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Denke man aber nicht daß ich seine Schriften hätte unterschreiben und mich dazu buchstäblich bekennen mögen.  | Denn daß Niemand den andern versteht, daß keiner bei denselben Worten dasselbe was der andere denkt, daß ein Gespräch eine Lektüre bei verschiedenen Personen verschiedene Gedankenfolgen aufregt, hatte ich schon all­ zudeutlich eingesehn, und man wird dem Verfasser von Werther und Faust wohl zutrauen, daß er von solchen Mißverständnissen tief durch­ drungen, nicht selbst den Dünkel gehegt, einen Mann vollkommen zu verstehen, der als Schüler von Descartes, durch Mathematische und rabbinische Kultur sich zu dem Gipfel des Denkens hervorgehoben, der bis auf den heutigen Tag noch das Ziel aller spekulativen Bemü­ hungen zu sein scheint. Was ich mir aber aus ihm zugeeignet, würde sich deutlich genug darstellen, wenn der Besuch, den der ewige Jude bei Spinoza abge­ legt, und den ich als ein wertes Ingrediens zu jenem Gedichte mir aus­ gedacht hatte, niedergeschrieben übrig geblieben wäre. Ich gefiel mir aber in dem Gedanken so wohl und beschäftigte mich im Stillen so gern damit, daß ich nicht dazu gelangte etwas aufzuschreiben; dadurch erweiterte sich aber der Einfall, der als vorübergehender Scherz nicht ohne Verdienst gewesen wäre, dergestalt daß er seine Anmut verlor und ich ihn als lästig aus dem Sinne schlug. Insofern mir aber die Haupt­ punkte jenes Verhältnisses unvergeßlich geblieben sind, indem sie eine große Wirkung auf die Folge meines Lebens ausübten, will ich so kurz und bündig als möglich, eröffnen und darstellen. Die Natur wirkt nach ewigen, notwendigen dergestalt göttlichen Gesetzen, daß die Gottheit selbst daran nichts ändern könnte. Alle Men­ schen sind hierin unbewußt, vollkommen einig. Man bedenke wie eine Naturerscheinung, die auf Verstand, Vernunft, ja auch nur auf Willkür deutet, uns Erstaunen, ja Entsetzen bringt. Wenn sich in Tieren etwas Vernunftähnliches hervortut, so können wir uns von unserer Verwun­

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Non si pensi però che intendessi sottoscrivere le sue opere accettandole alla lettera. | Avevo già capito fin troppo bene, infatti, che nessun uomo capisce davvero l’altro, che le stesse parole hanno per ciascuno significati diversi, che una conversazione, una lettura suscita in persone diverse concatenazioni diverse di pensieri. Si potrà quindi ben cre­ dere all’autore del Werther e del Faust se dice che, avendo già fatto profonda esperienza di questi fraintendimenti, non aveva certo la pretesa di comprendere completamente un uomo che, da allievo di Descartes, era assurto al culmine del pensiero tramite la cultura matematica e rabbinica e rap­ presenta ancora oggi la meta di ogni sforzo speculativo. In ogni caso, ciò che di lui avevo assimilato sarebbe sta­ to abbastanza evidente se avessi messo per iscritto, e con­ servato, l’episodio in cui l’ebreo errante fa visita a Spinoza, che avevo immaginato come ingrediente essenziale di quel componimento. Mi piaceva talmente tanto quella trovata che continuavo a pensarci tra me e me, senza mai giungere a metterla sulla carta; in questo modo però l’idea, che come scherzo di breve durata non sarebbe stata affatto male, si ampliò tanto da perdere il suo fascino e alla fine la ripu­ diai perché troppo pesante. Ma avendo ancora molto bene in mente i punti principali del mio rapporto con Spinoza, quelli che poi hanno esercitato un profondo influsso sulla mia vita, vorrei ora presentarli ed esporli quanto più breve­ mente possibile. La natura agisce secondo leggi eterne, necessarie e tal­ mente divine che nemmeno la divinità stessa può modifi­ carle. Su questo tutti gli uomini, senza saperlo, concorda­ no. Basti pensare a come un fenomeno naturale che denoti intelletto, ragione o anche solo arbitrio ci causi stupore o persino terrore. Quando negli animali notiamo qualcosa che somiglia alla ragione, non finiamo più di meravigliarci:

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derung nicht erholen: denn ob sie uns gleich so nahe stehen, so schei­ nen sie doch durch eine unendliche Kluft von uns getrennt und in das Reich der Notwendigkeit verwiesen. Man kann es daher jenen | Den­ kern nicht übelnehmen, welche die unendlich kunstreiche aber doch genau beschrankte Technik jener Geschöpfe für ganz maschinenmäßig erklärten. Wenden wir uns zu den Pflanzen so wird unsre Behauptung noch auffallender bestätigt. Man gebe sich Rechenschaft von der Emp­ findung, die uns ergreift, wenn die berührte Mimosa ihre gefiederten Blätter paarweise zusammen faltet, und endlich das Stielchen wie an einem Gewerbe niederklappt. Noch höher steigt jene Empfindung, der ich keinen Namen geben will, bei Betrachtung des Hedysarum gy­ rans, das seine Blättchen, ohne sichtlich äußere Veranlassung, auf und niedersenkt und mit sich selbst, wie mit unsern Begriffen, zu spielen scheint. Denke man sich einen Pisang, dem diese Gabe zugeteilt wäre, so daß er die ungeheuren Blätterschirme, für sich selbst, wechselswei­ se niedersenkte und aufhübe, Jedermann, der es zum erstenmal sähe, würde vor Entsetzen zurücktreten. So eingewurzelt ist bei uns der Be­ griff unsrer eignen Vorzüge, daß wir ein für allemal der Außenwelt keinen Teil daran gönnen mögen, ja daß wir dieselben, wenn es nur anginge, sogar unsres Gleichen gerne verkümmerten. Ein gleiches Entsetzen überfällt uns dagegen, wenn wir den Men­ schen unvernünftig gegen allgemein anerkannte sittliche Gesetze, un­ verständig gegen seinen eignen und fremden Vorteil handeln sehen. Um das Grauen loszuwerden, das wir dabei empfinden, verwandeln wir es sogleich in Tadel, in Abscheu, und wir suchen ihn entweder wirklich oder in Gedanken loszuwerden. Dieser Punkt wird von allen eingesehen und zugegeben, so daß es unnötig sein würde hierauf wei­ ter zu bestehen. Diesen Gegensatz welchen Spinoza so kräftig heraushebt, wendete ich aber auf mein eignes Wesen sehr wunderlich an, und das Vorher­ gesagte soll eigentlich nur dazu dienen, um das was folgt begreiflich zu machen. Ich war dazu gelangt das mir inwohnende dichterische Ta­

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infatti, pur essendoci così vicini, li releghiamo nel regno della necessità e ci sembrano quindi separati da noi da un abisso insormontabile. Non possiamo allora  | prendercela con quei pensatori che hanno descritto in termini di mec­ canica le capacità, infinitamente sofisticate ma allo stesso tempo limitate, di quelle creature8. Se ci volgiamo alle pian­ te, la nostra affermazione trova conferme ancora più evi­ denti. Cerchiamo di spiegare la sensazione che proviamo quando la mimosa, appena sfiorata, richiude a due a due le foglioline pennate e infine ripiega il piccolo stelo come un giunto meccanico. Questa sensazione, a cui non voglio dare un nome, si accresce ulteriormente osservando l’hedysarum gyrans che alza e abbassa le foglie apparentemente senza alcuno stimolo esteriore e sembra così giocare con se stesso e con i nostri preconcetti9. Immaginiamoci un banano che avesse la capacità di alzare e abbassare le enormi foglie a ombrello a ritmo alterno: chiunque lo vedesse per la prima volta arretrerebbe spaventato. Tanto radicata è in noi la con­ sapevolezza dei nostri pregi che non siamo assolutamente disposti a condividerli con il mondo esterno, anzi, se solo potessimo, li sottrarremmo persino ai nostri simili. Lo stesso spavento ci coglie anche quando vediamo qual­ cuno agire in modo irragionevole contro leggi morali gene­ ralmente accettate, o in modo illogico contro il suo stesso vantaggio e quello altrui. Per liberarci dallo sgomento che proviamo lo trasformiamo immediatamente in biasimo, in disprezzo, e cerchiamo di sbarazzarci di lui nella realtà o almeno nella mente. Tutti lo capiscono e lo riconoscono, per cui è inutile insistere oltre. Questo contrasto che Spinoza evidenzia con tanta chia­ rezza, lo applicai a mia volta in modo molto curioso a me stesso; ciò che ho detto finora serve proprio per chiarire meglio quello che sto per dire. Ero giunto a considerare il

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lent ganz als Natur zu betrachten, um so mehr als ich darauf gewiesen war, die äußere Natur als den Gegenstand desselben | anzusehen. Die Ausübung dieser Dichtergabe konnte zwar durch Veranlassung erregt und bestimmt werden; aber am freudigsten und reichlichsten trat sie unwillkürlich, ja wider Willen hervor. Durch Feld und Wald zu schweifen Mein Liedchen weg zu pfeifen, So ging’s den ganzen Tag. Auch beim nächtlichen Erwachen trat derselbe Fall ein, und ich hatte oft Lust, wie einer meiner Vorgänger, mir ein ledernes Wams machen zu lassen, und mich zu gewöhnen im Finstern, durchs Gefühl, das was unvermutet hervorbrach, zu fixieren. Ich war so gewohnt mir ein Lied­ chen vorzusagen, ohne es wieder zusammen finden zu können, daß ich einigemal an den Pult rannte und mir nicht die Zeit nahm einen quer liegenden Bogen zurecht zu rücken, sondern das Gedicht von Anfang bis zu Ende, ohne mich von der Stelle zu rühren, in der Diagonale he­ runterschrieb. In eben diesem Sinne griff ich weit lieber zu dem Blei­ stift, welcher williger die Züge hergab: denn es war mir einige Mal begegnet, daß das Schnarren und Spritzen der Feder mich aus meinem nachtwandlerischen Dichten aufweckte, mich zerstreute und ein klei­ nes Produkt in der Geburt erstickte. Für solche Poesien hatte ich eine besondere Ehrfurcht, weil ich mich doch ohngefähr gegen dieselben verhielt, wie die Henne gegen die Küchlein, die sie ausgebrütet um sich her piepsen sieht. Meine frühere Lust diese Dinge nur durch Vorlesun­ gen mitzuteilen erneute sich wieder, sie aber gegen Geld umzutauschen schien mir abscheulich. Hiebei will ich eines Falles gedenken, der zwar später eintrat. Als nämlich meinen Arbeiten immer mehr nachgefragt, ja eine Sammlung derselben verlangt wurde, jene Gesinnungen aber mich abhielten eine solche selbst zu veranstalten; so benutzte Himburg mein Zaudern und ich erhielt unerwartet einige Exemplare meiner zu­

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mio innato talento poetico come natura a tutti gli effetti, e ne ero ancor più convinto da quando pensavo che la natura esteriore fosse il suo | oggetto principale. L’esercizio di quel dono poetico era sì stimolato e indirizzato dalle occasioni, ma era molto più gioioso e abbondante quando sgorgava spontaneo, quasi contro la mia volontà: Per vagare tra boschi e campi, zufolando la mia canzone me ne andavo tutto il giorno.10 Anche quando mi svegliavo di notte mi capitava la stessa cosa, e spesso mi era venuta voglia di farmi confezionare una giubba di pelle, come uno dei miei predecessori, per abituarmi a fissare nel buio, con il tatto, ciò che scaturiva inaspettato11. Mi capitava talmente spesso di non riuscire a rimettere insieme una canzoncina che avevo appena can­ ticchiato, che qualche volta correvo allo scrittoio e non mi concedevo nemmeno il tempo di raddrizzare un foglio, ma mi mettevo a scrivere la poesia in diagonale, dall’inizio alla fine senza muovermi di un passo. Proprio per questo prefe­ rivo usare la matita, più docile alla scrittura: più volte infatti era successo che lo scricchiolio e gli spruzzi della penna mi svegliassero dal mio poetare sonnambulo o mi distraesse­ ro, soffocando così sul nascere una piccola composizione. Per queste poesie avevo una particolare predilezione e mi comportavo come la chioccia che, dopo aver covato, vede i pulcini pigolarle tutt’intorno. Si rinnovò il desiderio di co­ municare queste cose solo attraverso la lettura, e mi pareva offensivo concederle per denaro. A questo proposito voglio ricordare un fatto che si verificò molto più tardi. Quando infatti i miei lavori erano diventati sempre più richiesti e mi fu proposto di curarne una raccolta, quel sentimento mi trattenne dal portarla a termine; Himburg12 approfittò della

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sammengedruckten Werke. Mit großer Frechheit wußte sich dieser  | unberufene Verleger dieses dem Publikum erzeigten Dienstes gegen mich zu rühmen und erbot sich mir dagegen, wenn ich es verlangte, etwas Berliner Porzellan zu senden. Bei dieser Gelegenheit mußte mir einfallen, daß die Berliner Juden, wenn sie sich verheurateten, eine ge­ wisse Partie Porzellan nehmen mußten, damit die königliche Fabrik einen sichern Absatz hätte. Die Verachtung welche daraus gegen den unverschämten Nachdrucker entstand, ließ mich den Verdruß übertra­ gen, den ich bei diesem Raub empfinden mußte. Ich antwortete ihm nicht, und indessen er sich, an meinem Eigentum gar wohl behaben mochte, rächte ich mich im Stillen mit folgenden Versen: Holde Zeugen süß verträumter Jahre Falbe Blumen, abgeweihte Haare, Schleier, leicht geknickt, verblichne Bänder, Abgeklungener Liebe Trauerpfänder, Schon gewidmet meines Herdes Flammen, Rafft der freche Sosias zusammen, Eben als wenn Dichterwerk und Ehre Ihm durch Erbschaft zugefallen wäre; Und mir Lebenden soll sein Betragen Wohl am Tee- und Kaffeetisch behagen? Weg das Porzellan, das Zuckerbrot! Für die Himburgs bin ich tot. Da jedoch eben die Natur, die dergleichen größere und kleinere Werke unaufgefordert in mir hervorbrachte, manchmal in großen Pausen ruhte und ich in einer großen Zeitstrecke selbst mit Willen nichts hervor­ zubringen im Stande war, und ich daher öfters Langeweile empfand; so trat mir bei jenem strengen Gegensatz der Gedanke entgegen, ob ich nicht von der andern Seite das was Menschlich, Vernünftig und Verständig an mir sei, zu meinem und anderer Nutzen und Vorteil ge­

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mia esitazione e inaspettatamente ricevetti alcuni esemplari delle mie opere stampate. Con grande impudenza | quell’e­ ditore pirata arrivò persino a vantarsi con me del servizio che aveva fatto al pubblico, e si offrì di inviarmi come compenso, se lo desideravo, della porcellana di Berlino. In quell’occasione mi tornò in mente che gli ebrei berlinesi, quando si sposavano, erano obbligati ad acquistare un certo quantitativo di porcellana per garantire alla fabbrica reale un introito sicuro. Il disprezzo che provai per quell’editore svergognato rese più sopportabile lo sdegno per il furto su­ bito. Non gli risposi nemmeno e mentre lui si godeva i frutti della mia proprietà, mi vendicai in silenzio con questi versi: Leggiadri testimoni di anni trascorsi in dolci sogni fiori falbi, riccioli sconsacrati, veli sciupati, scoloriti nastri, pegni funerei di amori finiti, già destinati alle fiamme del mio focolare, Sosia sfacciato se li sgraffigna, come se l’opera e l’onore del poeta fossero suoi per eredità, mentre io, che sono ancora in vita, devo accontentarmi di sorseggiare con lui il te o il caffè? Via la porcellana, via i biscotti! Per gli Himburg sono morto.13 Ma la natura, che di sua iniziativa produceva in me opere grandi e piccole, qualche volta si concedeva delle lunghe pause; così per lunghi periodi non ero in grado di produrre nulla, seppur provandoci, e di conseguenza mi annoiavo. Questo forte contrasto mi fece riflettere che forse in quelle fasi avrei potuto utilizzare la parte umana, ragionevole e sensata di me a vantaggio e utilità mia e altrui, dedicando il tempo alle attività pratiche, come avevo già fatto e come

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brauchen und die Zwischenzeit, wie ich es ja auch schon getan und wie ich immer stärker aufgefordert wurde, den Weltgeschäften | widmen und dergestalt nichts von meinen Kräften ungebraucht lassen sollte? Ich fand dieses, was aus jenen allgemeinen Begriffen hervorzugehen schien, mit meinem Wesen, mit meiner Lage so übereinstimmend, daß ich den Entschluß faßte auf diese Weise zu handeln und mein bisheri­ ges Schwanken und Zaudern dadurch zu bestimmen. Sehr angenehm war mir zu denken, daß ich für wirkliche Dienste von den Menschen auch reellen Lohn fordern; jene liebliche Naturgabe dagegen als ein Heiliges uneigennützig auszuspenden fortfahren dürfte. Durch diese Betrachtung rettete ich mich von der Bitterkeit, die sich in mir hätte erzeugen können, wenn ich bemerken mußte, daß gerade das so sehr gesuchte und bewunderte Talent in Deutschland als außer dem Gesetz und vogelfrei behandelt werde. Denn nicht allein in Berlin hielt man den Nachdruck für etwas Zulässiges, ja Lustiges, sondern der ehrwür­ dige, wegen seiner Regententugenden gepriesene Markgraf von Baa­ den, der zu so vielen Hoffnungen berechtigende Kaiser Joseph, be­ günstigten, jener seinen Maklot, dieser seinen Edlen von Trattner, und es war ausgesprochen, daß die Rechte, so wie das Eigentum des Ge­ nie’s dem Handwerker und Fabrikanten unbedingt preisgegeben seien. Als wir uns einst hierüber bei einem besuchenden Badnischen be­ klagten, erzählte er uns folgende Geschichte. Die Frau Markgräfin, als eine tätige Dame, habe auch eine Papier-Fabrik angelegt, die Ware sei aber so schlecht geworden, daß man sie nirgends habe unterbringen können. Darauf habe Buchhändler Maklot den Vorschlag getan, die deutschen Dichter und Prosaisten auf dieses Papier abzudrucken um dadurch seinen Wert in etwas zu erhöhen. Mit beiden Händen habe man dieses angenommen. Wir erklärten zwar diese böse Nachrede für ein Märchen, ergötzten uns aber doch daran. Der Name Maklot ward zu gleicher Zeit für einen Schimpfnamen erklärt und bei schlechten Begebenheiten wiederholt

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mi veniva chiesto in modo sempre più pressante, piuttosto che | lasciare inoperose le mie energie. Questa idea, scaturi­ ta direttamente da quelle considerazioni generali, mi parve corrispondere così bene al mio carattere e alla mia situa­ zione che decisi immediatamente di agire di conseguenza e di convogliare in questa direzione i miei precedenti ten­ tennamenti e incertezze14. Mi piaceva in particolare il pen­ siero che avrei potuto chiedere ai miei simili un compenso concreto per un servizio effettivo, mentre avrei potuto con­ tinuare a considerare sacro e gratuito quel mirabile dono di natura. Questa riflessione mi salvò dall’amarezza che avrei provato se avessi considerato che proprio quel talento così ambito e ammirato in Germania non godeva di alcuna tutela da parte della legge, era alla mercé di chiunque. Infatti non soltanto a Berlino si riteneva che la contraffazione fosse ammissibile, e magari lodevole, ma persino l’esimio mar­ gravio del Baden, celebrato per le sue qualità di governante, e l’imperatore Giuseppe in cui si riponevano tante speranze, favorivano l’uno il suo Macklot, l’altro il suo nobile von Trattner, ed era opinione comune che i diritti e la proprietà del genio fossero comunque di competenza dell’artigiano e dell’operaio15. Quando una volta ce ne lamentammo con un visitatore proveniente dal Baden, ci raccontò la storia seguente. La margravia16, donna molto attiva, aveva impiantato tra le al­ tre cose una cartiera, ma la merce era troppo scadente per poterla vendere. Allora l’editore Macklot le aveva proposto di utilizzarla per stamparci i poeti e prosatori tedeschi, in modo da aumentarne un pochino il valore – proposta che fu accolta al volo. Sebbene ritenessimo quella perfida diceria un’invenzio­ ne, ci fece comunque divertire molto. Dal quel momento il nome di Macklot fu considerato un insulto, utilizzato ripe­

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gebraucht. Und so fand sich eine leichtsinnige Jugend, welche gar manchmal | borgen mußte, indes die Niederträchtigkeit sich an ihren Talenten bereicherte, durch ein paar gute Einfälle hinreichend entschä­ digt. Glückliche Kinder und Jünglinge wandeln in einer Art von Trunken­ heit vor sich hin die sich dadurch besonders bemerklich macht daß die Guten, Unschuldigen das Verhältnis der jedesmaligen Umgebung kaum zu bemerken, noch weniger anzuerkennen wissen. Sie sehen die Welt als einen Stoff an den sie bilden, als einen Vorrat dessen sie sich bemächtigen sollen. Alles gehört ihnen an, ihrem Willen scheint alles durchdringlich; gar oft verlieren sie sich deshalb in einem wilden wüs­ ten Wesen. Bei den Bessern jedoch entfaltet sich diese Richtung zu einem sittlichen Enthusiasmus, der sich nach Gelegenheit zu irgend einem wirklichen oder scheinbarem Guten aus eignem Triebe hinbe­ wegt, sich aber auch öfters leiten, führen und verführen läßt. Der Jüngling von dem wir uns unterhalten war in einem solchen Falle und wenn er den Menschen auch seltsam vorkam so erschien er doch gar manchem willkommen. Gleich bei dem ersten Zusammen­ treten fand man einen unbedingten Freisinn, eine heitere Offenherzig­ keit im Gespräch, und ein gelegentliches Handeln ohne Bedenken, von letzterem einige Geschichtchen. In der sehr eng in einander gebauten Judengasse war ein heftiger Brand entstanden. Mein allgemeines Wohlwollen, die daraus entsprin­ gende Lust zu tätiger Hülfe, trieb mich, gut angekleidet wie ich ging und stand, dahin. Man hatte von der Allerheiligen-Gasse her durch­ gebrochen, an diesen Zugang verfügt ich mich; ich fand daselbst eine große Anzahl Menschen mit Wassertragen beschäftigt, mit vollen Ei­ mern sich hin drängend mit leeren herwärts. Ich sah gar bald daß, wenn man eine Gasse bildete wo man die Eimer herauf und herabreichte, die Hülfe die doppelte sein würde. Ich ergriff zwei volle Eimer und blieb stehen, rief andere an mich heran, den Kommenden wurde die

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tutamente in situazioni negative. E così un giovane sventa­ to, che di tanto in tanto doveva chiedere | denaro in prestito mentre individui meschini si arricchivano grazie al suo ta­ lento, si ritenne sufficientemente risarcito grazie a un paio di argute storielle17. I bambini e i giovani felici vivono in una sorta di ebbrezza che diviene evidente soprattutto quando, nella loro inno­ cenza e bontà, non percepiscono né riescono a individuare la condizione reale dell’ambiente che li circonda. Conside­ rano il mondo una materia da plasmare, una provvista di cui possono appropriarsi. Tutto appartiene loro, sembra che la loro volontà possa affermarsi su qualsiasi cosa e per que­ sto spesso si consumano in maniera selvaggia e inconclu­ dente. Nei migliori questa tendenza si evolve invece in un entusiasmo morale che all’occasione si rivolge, di propria iniziativa, verso un bene reale o apparente, ma altrettanto di frequente si lascia indirizzare, guidare e traviare. Il giovane di cui stiamo parlando era in una situazione del genere e sebbene ad alcuni apparisse strano, da altri era apprezzato. Fin dal primo incontro si percepiva una mente aperta, un’allegra cordialità nel parlare e una rapidità senza remore nell’agire. Ecco alcuni piccoli aneddoti. Era scoppiato un violento incendio nella Judengasse, dove le case erano addossate l’una all’altra18. La bontà d’animo e il conseguente desiderio di dare un aiuto concreto mi por­ tarono là, in ghingheri com’ero. Dalla Allerheiligengasse si era aperto un varco e mi recai lì. Ci trovai una gran quantità di uomini impegnati a portar acqua, che si affrettavano con i secchi pieni all’andata, vuoti al ritorno. Mi resi presto con­ to che, se avessimo formato una catena per passarci i secchi avanti e indietro, l’aiuto sarebbe stato doppio. Afferrai due secchi pieni e mi fermai, chiamai vicino a me degli altri per

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Last abgenommen und die Rückkehrenden reihten sich auf der andern Seite. | Die Anstalt fand Beifall, mein Zureden und persönliche Teil­ nahme ward begünstigt und die Gasse vom Eintritt bis zum brennen­ den Ziele war bald vollendet und geschlossen. Kaum aber hatte die Heiterkeit womit dieses geschehen, eine frohe man kann sagen eine lustige Stimmung in dieser lebendigen zweckmäßig wirkenden Ma­ schine aufgeregt, als der Mutwille sich schon hervortat und der Scha­ denfreude Raum gab. Armselige Flüchtende, ihre jammervolle Habe auf dem Rücken schleppend, mußten, einmal in die bequeme Gasse geraten, unausweichlich hindurch und blieben nicht unangefochten. Mutwillige Knaben-Jünglinge spritzten sie an und fügten Verachtung und Unart noch dem Elend hinzu. Gleich aber, durch mäßiges Zureden und rednerische Strafworte mit Rücksicht wahrscheinlich auf meine reinlichen Kleider, die ich vernachlässigte, ward der Frevel eingestellt. Neugierige meiner Freunde waren herangetreten den Unfall zu be­ schauen, und waren verwundert, ihren Gesellen in Schuhen und sei­ denen Strümpfen – denn anders ging man damals nicht – in diesen[!] feuchten Geschäfte zu sehen. Wenige konnt’ ich heranziehen, andere lachten und schüttelten die Köpfe. Wir hielten lange Stand, denn bei manchen Abtretenden verstanden sich auch manche zur Anfuge; vie­ le Schaulustige folgten aufeinander und so ward mein unschuldiges Wagnis vielen bekannt, und die wunderliche Lizenz mußte zur Stadt­ geschichte des Tags werden. Ein solcher Leichtsinn im Handeln nach irgend einer gutmütigen hei­ tern Grille, hervortretend aus einem glücklichen Selbstgefühl, was von den Menschen leicht als Eitelkeit getadelt wird, machte unsern Freund durch mancherlei Wunderlichkeiten bemerklich. In diesem Sinne scheint nachstehendes Ereignis bemerkenswert. Ein sehr harter Winter hatte den Mayn völlig mit Eis bedeckt und in einen festen Boden verwandelt. Der lebhafteste, notwendige und lustig

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prendere il carico di chi arrivava, mentre quelli che tornava­ no si allinearono sull’altro lato. | Il sistema ebbe successo, le mie esortazioni e la partecipazione in prima persona furono efficaci e la catena dal varco fino alle case in fiamme fu pre­ sto completata. La prontezza con cui ciò si era verificato ave­ va suscitato in quell’ingranaggio vivente e ben funzionante un clima sereno, quasi allegro, quand’ecco manifestarsi la cattiveria, emergere la perfidia. I poveri fuggitivi che traspor­ tavano sulle spalle i loro miseri beni, una volta giunti nella strada più larga dovevano per forza attraversare le nostre file e non rimanevano indenni. Dei ragazzacci iniziarono a spruz­ zarli, aggiungendo alla loro disgrazia disprezzo e sgarberie. Ma subito, con moderati richiami ed eloquenti rimproveri, forse anche per rispetto verso i miei vestiti eleganti di cui io invece non mi curavo, posero fine a quelle cattiverie. Alcuni amici curiosi si erano avvicinati per osservare il disastro e si stupirono di vedere il loro compagno con scar­ pini e calze di seta – perché quella era la moda del tempo – impegnato in quell’umido lavoro. Riuscii a coinvolger­ ne alcuni, altri risero scuotendo il capo. Rimasi a lungo, e quando alcuni se ne andavano altri subentravano; molti curiosi vennero a vedere e così la mia innocente impresa fu notata da molti e quella bizzarra iniziativa divenne la storiella del giorno in tutta la città. Una tale leggerezza nell’agire in base a qualsiasi impulso positivo e benevolo scaturiva da una felice consapevolezza di sé che gli uomini tendono spesso a biasimare ritenendola vanità; ne derivavano molte stranezze che attiravano l’at­ tenzione sul nostro amico. A questo proposito è degno di nota il seguente episodio. Un inverno molto rigido aveva fatto ghiacciare comple­ tamente il Meno, trasformandolo in terreno solido. Un vi­

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gesellige Verkehr regte sich | auf dem Eise. Grenzenlose Schrittschuh­ bahnen, glattgefrorne weite Stellen wimmelten von bewegter Ver­ sammlung. Ich fehlte nicht vom frühen Morgen an und war also wie späterhin meine Mutter, dem Schauspiel zuzusehen, angefahren kam, als leichtgekleidet wirklich durchgefroren. Sie saß im Wagen in ihrem roten Sammetpelze, der auf der Brust mit starken goldnen Schnüren und Quasten zusammengehalten, ganz stattlich aussah. Geben Sie mir, liebe Mutter, ihren Pelz! rief ich aus dem Stegreife, ohne mich weiter besonnen zu haben, mich friert grimmig. Auch sie bedachte nichts wei­ ter, im Augenblick hatte ich den Pelz an, der purpurfarb bis an die Wa­ den reichend, mit Zobel verbrämt mit Gold geschmückt zu der braunen Pelzmütze die ich trug, gar nicht übel kleidete. So fuhr ich sorglos auf und ab, auch war das Gedränge so groß, daß man die seltene Erschei­ nung nicht einmal sonderlich bemerkte, obschon einigermaßen: denn man rechnete mir sie später unter meinen Anomalien im Ernst und Scherze wohl einmal wieder vor. Ein geistreicher Franzos hat schon gesagt: wenn irgend ein guter Kopf die Aufmerksamkeit des Publikums durch ein verdienstliches Werk auf sich gezogen hat, so tut man das Möglichste um zu verhindern, daß er jemals dergleichen wieder hervorbringt. Es ist so wahr: irgend etwas Gutes, Geistreiches wird in stiller ab­ gesonderter Jugend hervorgebracht, der Beifall wird erworben aber die Unabhängigkeit verloren, man zerrt das konzentrierte Talent in die Zer­ streuung, weil man denkt man könne von seiner Persönlichkeit etwas abzupfen und sich zueignen. In diesem Sinne erhielt ich manche Einladungen, oder nicht so wohl Einladungen; ein Freund, ein Bekannter schlug mir vor, gar oft mehr als dringend, mich da oder dort einzuführen das hieß aber doch weiter nichts als die augenblickliche Neugierde irgend einer Coterie, einer Familie zu befriedigen. |

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vacissimo viavai, chi per necessità, chi per divertimento, si muoveva  | sul ghiaccio. Sconfinate piste di pattinaggio, ampi spazi lisci brulicavano di gente in movimento. Io ero lì fin dal mattino, e quando giunse mia madre per vedere lo spettacolo ero tutto intirizzito nel mio vestito leggero. Lei era in carrozza col suo cappotto di velluto rosso fode­ rato di pelliccia, chiuso sul davanti da fibbie e nappe do­ rate, con un aspetto davvero maestoso. «Mamma, datemi la vostra pelliccia!» dissi a un tratto, senza rifletterci: «sto congelando!» Nemmeno lei ci pensò due volte, in un atti­ mo ebbi indosso il cappotto rosso porpora che mi arrivava fin sotto il ginocchio e che, con le bordure in zibellino e le finiture dorate, non stava affatto male con il mio berretto di pelliccia scuro. Così pattinai incurante avanti e indietro e la folla era così fitta che nessuno fece particolarmente caso a quella strana apparizione, o quasi: in seguito venne infatti annoverata, tra il serio e il faceto, nella lista delle mie stranezze19. Un arguto francese ha detto: quando un uomo dotato attira su di sé l’attenzione del pubblico con un’opera meritevole, si fa tutto il possibile per impedire che possa produrne una seconda20. Ed è proprio così: appartati e silenziosi si produce da giovani qualcosa di buono e intelligente – si ottiene il suc­ cesso ma si perde l’indipendenza. Si costringe il talento concentrato a disperdersi, perché ognuno pensa di poter sottrarre qualcosa alla sua personalità per appropriarsene. Questo era il motivo dei molti inviti, se così vogliamo chiamarli; un amico, un conoscente mi proponeva, anche in modo abbastanza insistente, di presentarmi a questo o a quello, ma si trattava in genere solo di soddisfare la curiosi­ tà passeggera di una qualche cricca o di una famiglia. |

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Der quasi Fremde, angekündigt als Bär, wegen oftmaligen un­ freundlichen Abweisens, dann wieder als Hurone Voltairs, Clevelands Westindier, als Naturkind bei so vielen Talenten erregte eine unwider­ stehliche Neugierde. Und so beschäftigte man sich in verschiedenen Häusern mit schicklichen Negotiationen ihn zu sehen. Unter andern ersuchte mich ein Freund eines Abends mit ihm ein kleines Konzert zu besuchen, welches in einem angesehnen reformier­ ten Handelshause gegeben wurde. Es war schon spät doch weil ich alles aus dem Stegreife liebte, folgte ich ihm wie gewöhnlich anständig angezogen. Wir treten in ein Zimmer gleicher Erde und in das eigent­ liche geräumige Wohnzimmer. Die Gesellschaft war zahlreich, ein Flügel stand in der Mitte an den sich sogleich die einzige Tochter des Hauses niedersetzte und mit bedeutender Fertigkeit und Anmut spielte, ich stand am unteren Ende des Flügels um ihre Gestalt und Wesen nahe genug bemerken zu können, sie hatte etwas Kindartiges in ihrem Be­ tragen, die Bewegungen wozu das Spiel sie nötigte waren ungezwun­ gen und leicht. Nach geendigter Sonate trat sie ans Ende des Pianos gegen mir über, wir begrüßten uns ohne weitere Rede, denn ein Quartett war schon an­ gegangen. Am Schluß trat ich etwas näher und sagte einiges Verbind­ liche: wie sehr es mich freue daß die erste Bekanntschaft mich auch zugleich mit ihrem Talent bekannt gemacht habe. Sie wußte gar artig meine Worte zu erwidern, behielt ihre Stellung und ich die Meinige. Ich konnte bemerken, daß sie mich aufmerksam betrachtete und daß ich ganz eigentlich zur Schau stand, welches ich mir gar wohl konnte gefallen lassen, da man mir auch etwas gar Anmutiges zu schauen gab. Indessen blickten wir einander an, und ich will nicht leugnen daß ich eine Anziehungskraft von der sanftesten Art zu empfinden glaubte. Das Hin- und Herwogen der Gesellschaft und ihrer Leistungen verhinderte jede andere Art von Annäherung diesen Abend. Bekennen muß ich je­ doch eine angenehme Empfindung, als die Mutter beim Abschied zu | erkennen gab, sie hofften mich bald wieder zu sehen, und die Tochter mit einiger Freundlichkeit einzustimmen schien. Ich verfehlte nicht,

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Il semi-sconosciuto, descritto ora come un orso per i fre­ quenti e scortesi rifiuti, ora come l’urone di Voltaire, ora come l’indiano d’America di Cleveland, un selvaggio con notevole talento, suscitava una curiosità irrefrenabile21. E così in molti ambienti ci si dava da fare escogitando un modo per incontrarlo. Tra i tanti, un amico mi chiese una sera di accompagnarlo a un concerto che si teneva nella casa di un noto banchiere calvinista. Era già tardi ma poiché mi piaceva improvvisare lo seguii, ben vestito come sempre. Entrammo in una stanza al pianterreno e da lì nell’ampio salotto. C’era molta gen­ te, nel centro un pianoforte dove si sedette subito l’unica figlia del padrone di casa, che suonò con notevole abilità e grazia. Io mi collocai all’altra estremità dello strumento per poterne osservare da vicino la figura e il portamento: aveva qualcosa di infantile nei modi, e i movimenti a cui la musica la costringeva erano disinvolti e lievi22. Al termine della sonata venne verso di me all’altro capo del pianoforte, ci salutammo senza poter dire altro, poiché era già iniziato un quartetto. Alla fine mi avvicinai e le feci un complimento di circostanza: dissi che ero molto contento di averla conosciuta e di aver potuto apprezzare fin dal pri­ mo momento il suo talento. Rispose gentilmente, ma rimase sulle sue e io sulle mie. Mi accorsi che mi osservava atten­ tamente e che ero sottoposto a un vero e proprio esame, ma non ebbi nulla da ridire visto che anch’io avevo qualcosa di molto carino da osservare. I nostri sguardi si incrociavano e non nego che mi parve di provare una dolcissima attra­ zione. L’andirivieni delle persone e le sue esecuzioni non ci consentirono, per quella sera, altri approcci. Confesso però che ebbi una sensazione molto gradevole quando la madre, salutandomi, | mi fece intendere che speravano di riveder­ mi presto e la figlia lo confermò con un certo calore. Non

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nach schicklichen Pausen, meinen Besuch zu wiederholen da sich denn ein heiteres verständiges Gespräch bildete, welches kein leidenschaft­ liches Verhältnis zu weissagen schien. Indessen brachte die einmal eingeleitete Gastfreiheit unsres Hau­ ses den guten Eltern und mir selbst manche Unbequemlichkeit, meine Richtung, die immer darauf hinging das Höhere gewahr zu werden, es zu erkennen, es zu fördern und wo möglich solches nachbildend zu gestalten, war dadurch in nichts gefördert. Die Menschen in sofern sie gut waren, waren fromm, und insofern sie tätig waren unklug und oft ungeschickt. Jenes konnte mir nichts helfen und dieses verwirrte mich; einen merkwürdigen Fall habe ich sorgfältig niedergeschrieben.

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Im Anfang des Jahres 1775 meldete Jung, nachher Stilling genannt vom Niederrhein daß er nach Frankfurt komme, berufen eine bedeu­ tende Augenkur daselbst vorzunehmen; er war mir und meinen Eltern willkommen und wir boten ihm das Quartier an. Herr von Lersner ein würdiger Mann in Jahren, durch Erziehung und Führung fürstlicher Kinder, verständiges Betragen bei Hof und auf Reisen überall geschätzt, erduldete schon lange das Unglück einer völ­ ligen Blindheit, doch konnte seine Sehnsucht nach Hülfe nicht ganz erlöschen. Nun hatte Jung seit einigen Jahren mit gutem Mut und from­ mer Dreistigkeit viele Staroperationen am Niederrhein vollbracht und sich dadurch einen ausgebreiteten Ruf erworben; Redlichkeit seiner Seele, Zuverlässigkeit des Charakters und reine Gottesfurcht bewirkten ihm ein allgemeines Zutrauen, dieses verbreitete sich stromaufwärts auf dem Wege vielfacher Handelsverbindungen. Herr von Lersner und die Seinigen beraten von einem einsichtigen Arzte entschlossen sich den glücklichen Augenarzt kommen zu lassen wenn schon ein frank­ furter Kaufmann an | dem die Kur mißglückt war, ernstlich abriet; aber

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mancai di ripetere la visita dopo un intervallo di tempo ap­ propriato; si sviluppò una conversazione gaia e intelligente, che non parve però preludere a un rapporto passionale. Nel frattempo l’ospitalità della nostra casa, ormai molto frequentata, procurava ai miei bravi genitori e a me qual­ che incomodo. La mia propensione a cogliere sempre l’ele­ mento più elevato, a riconoscerlo, coltivarlo e, nei limiti del possibile, a imitarlo per poi riprodurlo, non ne trasse alcun vantaggio. Quando gli uomini erano buoni, erano anche de­ voti; quelli attivi erano invece sciocchi e spesso incapaci. I primi non potevano aiutarmi, i secondi mi confondevano; mi sono annotato con precisione uno di questi casi curiosi. All’inizio dell’anno 1775 Jung, poi detto Stilling, mi avvisò che dal basso Reno sarebbe venuto a Francoforte, chiama­ to per eseguire un importante intervento agli occhi. Era il benvenuto sia per me che per i miei genitori, e così gli of­ frimmo ospitalità23. Von Lersner, uno stimato signore di una certa età24, ap­ prezzato da tutti come precettore e guida di principi e per il suo saggio comportamento a corte e all’estero, già da mol­ to tempo soffriva la disgrazia di una totale cecità, ma la sua speranza di trovare un rimedio non si era mai sopita. Ora, da alcuni anni Jung praticava operazioni alla cataratta nella zona del basso Reno, con molto coraggio e fiduciosa temerarietà, e si era man mano conquistato una notevole fama. La sua rettitudine, l’affidabilità della persona e un genuino timor di Dio ispiravano fiducia a tutti, opinione che si diffuse man mano lungo il corso del Reno seguendo le vie della fitta rete commerciale. Consigliati da un medico esperto, il signor von Lersner e la sua famiglia decisero di far venire quell’abile oculista, sebbene un commerciante di Francoforte, | a cui la cura non era riuscita, li sconsigliasse

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was bewies auch ein einzelner Fall gegen so viele gelungene! Doch Jung kam nunmehr angelockt durch eine bedeutende Belohnung deren er gewöhnlich bisher entbehrt hatte; er kam seinen Ruf zu vermehren getrost und freudig, und wir wünschten uns Glück zu einem so wa­ ckern und heitern Tischgenossen. Nach mehreren ärztlichen Vorbereitungen ward nun endlich der Star auf beiden Augen gestochen; wir waren höchst gespannt, es hieß der Patient habe nach der Operation sogleich gesehen, bis der Verband das Tageslicht wieder abgehalten. Allein es ließ sich bemerken daß Jung nicht heiter war und daß ihm etwas auf dem Herzen lag; wie er mir denn auch auf weiteres Nachforschen bekannte, daß er wegen Ausgang der Kur in Sorgen sei. Gewöhnlich, und ich hatte selbst in Strasburg mehrmals zugesehen, schien nichts leichter in der Welt zu sein, wie es denn auch Stillingen hundertmal gelungen war. Nach vollbrachtem schmerzlosen Schnitt durch die unempfindliche Hornhaut sprang bei dem gelindesten Druck die trübe Linse von selbst heraus, der Patient erblickte sogleich die Gegenstände und mußte sich nur mit verbunde­ nen Augen gedulden, bis eine vollbrachte Kur ihm erlaubte sich des köstlichen Organs nach Willen und Bequemlichkeit zu bedienen. Wie mancher Arme, dem Jung dieses Glück verschafft, hatte dem Wohltä­ ter Gottessegen und Belohnung von oben herabgewünscht welche nun durch diesen reichen Mann abgetragen werden sollte. Jung bekannte daß es diesmal so leicht und glücklich nicht her­ gegangen: die Linse sei nicht herausgesprungen, er habe sie holen und zwar, weil sie angewachsen, ablösen müssen, dies sei nun nicht ohne einige Gewalt geschehen. Nun machte er sich Vorwürfe daß er auch das andere Auge operiert habe. Allein man hatte sich so fest vorgesetzt beide zugleich vorzunehmen, an eine solche Zufälligkeit hatte man nicht gedacht und da sie eingetreten, sich nicht sogleich erholt und be­

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vivamente25. Ma cosa significava un singolo caso in con­ fronto a tanti altri positivi? Dunque Jung venne, allettato da un consistente compenso a cui fino ad allora aveva rinun­ ciato. Venne confidente e allegro pensando di accrescere la propria fama, e noi ci rallegrammo per un commensale così vivace e gioioso. Dopo molti preparativi medici, fu infine operata la ca­ taratta in entrambi gli occhi: le aspettative erano alle stelle poiché si diceva che il paziente avesse riacquistato la vista subito dopo l’operazione, prima che la medicazione oscu­ rasse di nuovo la luce del giorno. Ma si capiva che Jung non era sereno e che anzi qualcosa lo teneva in ansia; dopo qualche insistenza mi confidò che era preoccupato per l’e­ sito della cura. In genere, io stesso l’avevo visto più volte a Strasburgo, sembrava che fosse la cosa più facile del mon­ do, e Stilling lo aveva fatto mille volte. Dopo aver praticato un’incisione indolore sulla cornea insensibile, con una leg­ gera pressione il cristallino offuscato saltava via da solo, il paziente distingueva subito gli oggetti e doveva solo avere un po’ di pazienza e tenere gli occhi bendati finché, com­ pletata la cura, poteva servirsi nuovamente a suo piacere di quel prezioso organo. Quanti poveri a cui Jung aveva procurato quella felicità avevano invocato la benedizione e la ricompensa divina per il loro benefattore, ricompensa che ora sarebbe stata pagata da questo ricco! Jung mi confidò che questa volta le cose non erano anda­ te così lisce e facili: il cristallino non si era staccato da sé, aveva dovuto toglierlo lui, ma poiché ormai c’erano delle aderenze, aveva dovuto strapparlo via, non senza una certa forza. Ora si rimproverava di aver operato anche l’altro oc­ chio. Del resto era stato stabilito di operarli entrambi, non si era pensato a un’eventualità del genere e, una volta che si fu verificata, non era stato lucido e pronto a reagire. Fatto sta

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sonnen. Genug die zweite Linse kam | nicht von selbst, sie mußte auch mit Unstatten abgelöst und heraus geholt werden. Wie übel ein so gutmütiger wohlgesinnter gottesfürchtiger Mann in einem solchen Falle dran sei, läßt keine Beschreibung noch Entwick­ lung zu; etwas Allgemeines über eine solche Sinnesart steht vielleicht hier am rechten Platze. Nun finde ich unter meinen Papieren folgende Bemerkungen über solche Zustände, die ich also weiterer Prüfung an­ heimgebend hier unbedenklich einrücke. Auf eigene moralische Bildung loszuarbeiten ist das einfachste und tulichste was der Mensch vornehmen kann; der Trieb dazu ist ihm an­ geboren; er wird durch Menschenverstand und Liebe dazu im bürger­ lichen Leben geleitet, ja gedrängt. Stilling lebte in einem sittlich religiosen Liebesgefühl; ohne Mit­ teilung, ohne guten Gegenwillen konnte er nicht existieren, er forderte wechselseitige Neigung; wo man ihn nicht kannte war er still, wo man den Bekannten nicht liebte, war er traurig; deswegen befand er sich am besten mit solchen wohlgesinnten Menschen, die in einem beschränk­ ten ruhigen Berufskreise mit einiger Bequemlichkeit sich zu vollenden beschäftigt sind. Diesen gelingt nun wohl die Eitelkeit abzutun, dem Bestreben nach äußerer Ehre zu entsagen, Behutsamkeit im Sprechen sich anzueignen, gegen Genossen und Nachbarn ein freundliches gleiches Betragen aus­ zuüben. Oft liegt nun eine dunkle Geistesform zum Grunde, durch Indivi­ dualität modifiziert; solche Personen, zufällig angeregt, legen große Wichtigkeit auf ihre empirische Laufbahn, man hält alles für überna­ türliche Bestimmung, mit der Überzeugung, daß Gott unmittelbar ein­ wirke. Nun ist im Menschen eine gewisse Neigung in seinem Zustand zu verharren, zugleich aber auch sich stoßen und führen zu lassen und eine

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che nemmeno il secondo | venne via da sé, dovette togliere e strappare anche quello con fatica. Come debba sentirsi un uomo buono, benintenzionato e devoto in una situazione simile, non si può immaginare né descrivere; può essere invece opportuno inserire qualche considerazione generale su quella disposizione di spirito. Ritrovo tra le mie carte alcune annotazioni su situazioni si­ mili e le inserisco qui senza esitazione, come spunto per ulteriori riflessioni. Adoperarsi per la propria crescita morale è la cosa più semplice e facile che l’uomo possa fare; questo impulso è innato in lui e nella vita civile il buon senso e l’amore lo inducono, lo spingono in questa direzione. Stilling era animato da un sentimento di carità morale e religiosa; senza condivisione, senza essere ricambiato non poteva vivere, esigeva un affetto reciproco. Dove non lo si conosceva, rimaneva muto; dove era conosciuto ma non amato, era triste; si trovava bene invece con gli uomini di buona volontà impegnati a cercare il proprio perfeziona­ mento con una certa comodità, in un ambiente lavorativo ristretto e tranquillo. Costoro riescono a disfarsi dell’ambizione, rinunciano ad aspirare a onori esteriori, imparano a parlare con cautela e a tenere lo stesso comportamento gentile nei confronti di amici e conoscenti. Spesso alla base vi è un’oscurità spirituale, modificata dall’individualità; queste persone, rispondendo a stimoli casuali, tengono in gran conto le loro esperienze empiriche, considerano tutto dominato dal soprannaturale e sono con­ vinte dell’intervento diretto di Dio. In aggiunta, l’uomo ha una certa tendenza a rimanere nella sua condizione, ma allo stesso tempo tende a farsi spingere e guidare, oltre ad avere una certa titubanza nell’a­

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gewisse Unentschlossenheit selbst zu handeln; diese vermehrt sich, bei Mißlingen der verständigsten Plane, durch zufälliges Gelingen günstig zusammentreffender unvorhergesehener Umstände. | Wie nun durch eine solche Lebensweise ein aufmerksames männli­ ches Betragen verkümmert wird, so ist die Art in einen solchen Zustand zu gelangen gleichfalls gefährlich. Wovon sich nun solche Sinnesverwandten am liebsten unterhalten sind die sogenannten Erweckungen, Sinnesänderungen, denen wir ih­ ren psychologischen Wert nicht absprechen. Es sind eigentlich was wir in wissenschaftlichen und poetischen Angelegenheiten aperçu’s nen­ nen: das Gewahrwerden einer großen Maxime, welches immer eine genialische Geistesoperation ist; man kommt durch Anschauen dazu, weder durch Nachdenken noch durch Lehre oder Überlieferung. Hier ist es das Gewahrwerden der moralischen Kraft, die im Glauben ankert und so in stolzer Sicherheit mitten auf den Wogen sich empfinden wird. Ein solches aperçu gibt dem Entdecker die größte Freude weil es auf originelle Weise nach dem Unendlichen hindeutet, es bedarf keiner Zeitfolge zur Überzeugung, es entspringt ganz und vollendet im Au­ genblick; daher das gutmütige altfranzös[is]che Reimwort: En peu d’heure Dieu labeure. Äußere Anstöße bewirken oft das gewaltsame Losbrechen solcher Sinnesänderung, man glaubt Zeichen und Wunder zu schauen. Zutrauen und Liebe verband mich aufs herzlichste mit Stilling; ich hatte doch auch gut und glücklich auf seinen Lebensgang eingewirkt und es war ganz seiner Natur gemäß alles was für ihn geschah in einem dankbaren feinen Herzen zu behalten; aber sein Umgang war mir in meinem damaligen Lebensgange weder erfreulich noch förderlich.

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gire in prima persona. Questa si accresce sia quando fallisce un progetto ragionevole, sia quando ha successo per il ca­ suale verificarsi di circostanze favorevoli e inattese. | Ora, un simile atteggiamento danneggia una condotta at­ tenta e decisa, ma è altrettanto pericoloso il modo in cui si giunge a quella condizione. Ciò su cui più volentieri si intrattengono queste persone tra loro sono i cosiddetti ‘risvegli’, mutamenti di atteggia­ mento di cui non vogliamo certo negare la portata psicolo­ gica26. Si tratta di quello che in ambito scientifico e poetico chiamiamo aperçu: il diventare consapevoli di una grande massima, che è sempre un’operazione geniale dello spirito; ci si arriva tramite l’intuizione, non con la riflessione né con l’insegnamento o la tradizione27. In questo caso si tratta di diventare consapevoli della forza morale, che è ancorata nella fede e che di conseguenza si muoverà con superba sicurezza tra i flutti della vita. Un simile aperçu dona a chi lo prova una gioia grandis­ sima poiché lo rimanda in modo originale all’infinito, non ha bisogno di una successione temporale per convincerlo ma scaturisce intatto e perfetto in un istante; da qui il buon vecchio adagio francese: En peu d’heure Dieu labeure.28 Spesso sono spinte esterne a scatenare questi improvvisi e radicali cambiamenti, e la gente crede che si tratti di segni e miracoli. Confidenza e affetto mi legavano profondamente a Stil­ ling; avevo anche esercitato un influsso positivo e benefico sulla sua vita ed era tipico della sua natura conservare nel cuore con delicata gratitudine tutto ciò che si faceva per lui; ma in quella fase della mia vita la sua compagnia non

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Zwar überließ ich gern einem jeden wie er sich das Rätsel seiner Tage zurechtlegen und ausbilden wollte, aber die Art auf einem abenteuer­ lichen Lebensgange alles, was uns | vernünftigerweise Gutes begeg­ net, einer unmittelbaren göttlichen Einwirkung zuzuschreiben, schien mir doch zu anmaßlich so wie die Vorstellungsart, daß Alles was aus unserm Leichtsinn und Dünkel, übereilt oder vernachlässigt, schlimme schwer zu übertragende Folgen hat, gleichfalls für eine göttliche Pä­ dagogik zu halten wollte mir auch nicht in den Sinn. Ich konnte also den guten Freund nur anhören, ihm aber nichts Erfreuliches erwidern; doch ließ ich ihn, wie so viele andere, gern gewähren und schützte ihn später wie früher, wenn man, gar zu weltlich gesinnt, sein zartes Wesen zu verletzen sich nicht scheute. Daher ich ihm auch den Einfall eines schalkischen Mannes nicht zu Ohren kommen ließ, der einmal ganz ernsthaft ausrief: Nein! fürwahr wenn ich mit Gott so gut stünde wie Jung, so würde ich das höchste Wesen nicht um Geld bitten, sondern um Weisheit und guten Rat, damit ich nicht so viel dumme Streiche machte, die Geld kosten und elende Schulden-Jahre nach sich ziehen. Denn freilich war zu solchem Scherz und Frevel jetzt nicht die Zeit. Zwischen Furcht und Hoffnung gingen mehrere Tage hin; jene wuchs, diese schwand und verlor sich gänzlich; die Augen des braven gedul­ digen Mannes entzündeten sich und es blieb kein Zweifel daß die Kur mißlungen sei. Der Zustand in den unser Freund dadurch geriet läßt keine Schilde­ rung zu; er wehrte sich gegen die innerste tiefste Verzweiflung von der schlimmsten Art. Hier war alles verloren, zuvörderst der größte Dank des zum Lichte wieder Genesenen, das herrlichste dessen sich der Arzt nur erfreuen kann, das Zutrauen so vieler andern Hülfsbedürftigen, der Kredit, in dem die gestörte Ausübung dieser Kunst eine Familie im

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mi aiutava né mi dava gioia. Certo, lasciavo che ognuno risolvesse o sviluppasse a suo modo l’enigma dei suoi gior­ ni, ma la sua tendenza ad ascrivere al diretto intervento | divino tutto ciò che di sensato ci accade in una vita caoti­ ca, mi sembrava eccessiva presunzione; e nemmeno voleva entrarmi in testa l’idea che tutte le azioni sconsiderate o negligenti derivanti da leggerezza o superbia, che abbiano poi conseguenze negative e pesanti da sopportare, debba­ no essere una forma di pedagogia divina. Potevo quindi sì ascoltare il vecchio amico, ma non confortarlo. Come face­ vo con molti altri, lasciai che facesse a modo suo, ma con­ tinuai a difenderlo in seguito come in precedenza, quando qualcuno con idee troppo terrene non esitava a ferire i suoi delicati sentimenti. Per questo feci sì che non venisse a sa­ pere la battuta di un burlone che una volta aveva esclamato con grande serietà: «Caspita, se fossi in buoni rapporti con nostro Signore come Jung, non chiederei all’essere supre­ mo del denaro, bensì saggezza e buoni consigli per non fare tutte quelle sciocchezze che costan molto care e si trascina­ no dietro anni di debiti e di miseria!» Non era infatti proprio il momento per scherzi e offese. Tra timori e speranze erano trascorsi parecchi giorni, quelli au­ mentarono, queste si spensero del tutto: gli occhi di quel bravo paziente si infiammarono e non ci fu alcun dubbio che l’operazione non era riuscita. Lo stato in cui venne a trovarsi il nostro amico è inde­ scrivibile: lottava contro una disperazione intima e profon­ dissima, della peggior specie. Tutto era perduto, in primo luogo l’immensa gratitudine di colui che ritrovava la luce, la cosa più preziosa che possa dar gioia a un medico; poi la fiducia di molti altri bisognosi di aiuto, e il guadagno, perché l’esercizio fallito dell’arte lasciava ora una fami­

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hilflosen Zustande zurückließ; genug, wir spielten das unerfreuliche Drama Hiobs von Anfang bis zu Ende durch, da denn der treue Mann sich die Rolle der scheltenden Freunde selbst übernahm. Er wollte die­ sen Vorfall als Strafe bisheriger Fehler ansehen; es schien ihm als habe er die ihm zufällig überkommenen | Augenmittel frevelhaft als gött­ lichen Beruf zu diesem Geschäft betrachtet; er warf sich vor, dieses höchst wichtige Fach nicht durch und durch studiert, sondern seine Ku­ ren nur so obenhin auf gut Glück behandelt zu haben; ihm kam augen­ blicklich vor die Seele was Mißwollende ihm nachgeredet, er geriet in Zweifel ob dies auch nicht Wahrheit sei und dergleichen schmerzte um so tiefer als er sich den für fromme Menschen so gefährlichen Leicht­ sinn leider auch wohl Dünkel und Eitelkeit in seinem Lebensgange mußte zu Schulden kommen lassen. In solchen Augenblicken verlor er sich selbst, und wie wir uns auch verständigen mochten, wir gelangten doch nur zuletzt auf das vernünftig notwendige Resultat daß Gottes Ratschlüsse unerforschlich seien. In meinem vorstrebend heitern Sinne wäre ich noch mehr verletzt gewesen, hätte ich nicht, nach herkömmlicher Weise, diese Seelenzu­ stände ernster freundlicher Betrachtung unterworfen und sie mir nach meiner Weise zurecht gelegt. Für ihre Sorgfalt und häusliche Bemühung war meine Mutter übel belohnt, sie empfand es nicht bei ihrer[!] un­ ablässigen tätigen Gleichmut, der Vater dauerte mich am meisten, um meinetwillen hatte er einen strenggeschlossenen Haushalt mit Anstand erweitert und genoß besonders bei Tisch, wo die Gegenwart von Frem­ den auch einheimische Freunde, auch sonstige Durchreisende heran­ zog, sehr gern eines muntern ja paradoxen Gespräches, da ich ihn[!] denn, durch allerlei dialektisches Klopffechten, großes Behagen und ein freundliches Lächeln bereitete: denn ich hatte die gottlose Art alles zu bestreiten, aber nur insofern hartnäckig, daß derjenige der recht be­

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glia in una situazione critica. Insomma, recitammo tutta la dolorosa tragedia di Giobbe dall’inizio alla fine, poiché il brav’uomo si assunse anche la parte degli amici venuti a rimproverarlo29. Considerava l’accaduto una punizione per gli errori commessi in passato; si convinse di aver utilizzato con empietà la capacità di curare gli occhi, appresa casual­ mente, | considerandola una vocazione divina all’esercizio di quell’arte; si rimproverava di non aver studiato a fondo quella materia di estrema importanza, ma di aver operato con superficialità, sperando in bene. Di colpo gli tornò in mente quello che dicevano di lui i maligni, e gli venne il dubbio che potesse essere vero: ciò lo ferì ancora più pro­ fondamente in quanto, oltre alla leggerezza così pericolosa per chi è devoto, doveva riconoscersi colpevole anche di superbia e vanità. In quei momenti smarriva se stesso e per quanto cercassimo di trovare una spiegazione, arrivavamo alla fine all’unico risultato ragionevole e possibile, e cioè che le vie del Signore sono imperscrutabili. Con il mio carattere ottimista e audace ne sarei rima­ sto molto turbato se, come di solito, non avessi meditato su quegli stati d’animo con serietà e benevolenza, per poi arri­ vare a spiegarmeli a modo mio. Mia madre fu mal ripagata per la sua sollecitudine e premura domestica, ma non se ne rese conto, nella sua incessante e attiva imperturbabilità; ma di più mi dispiaceva per mio padre, che per amor mio aveva ampliato di buon grado una cerchia familiare altri­ menti molto chiusa e apprezzava le conversazioni vivaci e persino paradossali, soprattutto a tavola, dove la presen­ za di ospiti attirava anche altri amici oltre ai viaggiatori di passaggio. Io infatti, con le mie schermaglie dialettiche gli procuravo sempre un gran piacere e sorrisi divertiti perché ero sempre diabolico nel contraddire qualsiasi cosa, e mo­ stravo ostinazione quanto bastava per far risultare ridicolo

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hielt auf alle Fälle lächerlich wurde. Hieran war nun in den letzten Wo­ chen gar nicht zu denken, denn die glücklichsten heitersten Ereignisse, veranlaßt durch wohlgelungene Nebenkuren des durch die Hauptkur so unglücklichen Freundes, konnten nicht greifen, vielweniger der trauri­ gen Stimmung eine andere Wendung geben. Denn so machte uns im Einzelnen ein alter blinder | Betteljude aus dem Isenburgischen zu lachen, der, in dem höchsten Elend nach Frank­ furt geführt, kaum ein Obdach, kaum eine kümmerliche Nahrung und Wartung finden konnte, dem aber die zähe orientalische Natur so gut nachhalf, daß er vollkommen und ohne die mindeste Beschwerde sich mit Entzücken geheilt sah. Als man ihn fragte: ob die Operation ihn geschmerzt habe? so sagte er nach der hyperbolischen Weise: wenn ich eine Million Augen hätte, so wollte ich sie jedesmal für ein halb Kopfstück, sämtlich, nach und nach operieren lassen. Bei seinem Ab­ wandern betrug er sich in der Fahrgasse eben so exzentrisch, er dankte Gott auf gut alttestamentlich, pries den Herren und den Wundermann seinen Gesandten. So schritt er, in dieser langen gewerbreichen Straße, langsam der Brücke zu. Verkäufer und Käufer traten aus den Läden heraus, überrascht durch einen so seltenen frommen, leidenschaftlich vor aller Welt ausgesprochenen Enthusiasmus; alle waren angeregt zur Teilnahme, dergestalt daß er, ohne irgend zu fordern oder zu heischen, mit reichlichen Gaben zur Wegezehrung beglückt wurde. Eines solchen heitern Vorfalls durfte man in unserm Kreise aber kaum erwähnen; denn, wenn der Ärmste, in seiner sandigen Heimat über Mayn, in häuslichem Elend höchst glücklich gedacht werden konnte, so vermißte dagegen ein wohlhabender, würdiger diesseits das unschätzbare, zunächst gehoffte Behagen. Kränkend war daher für unsern guten Jung der Empfang der Tau­ send Gulden, die auf jeden Fall bedungen waren und von großmütigen Menschen edel bezahlt wurden. Diese Barschaft sollte bei seiner Rück­ kehr einen Teil der Schulden auslöschen die auf traurigen ja unseligen Zuständen lasteten.

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anche chi, alla fine, aveva l’ultima parola. Tutto ciò nelle ultime settimane era fuori discussione, perché nemmeno gli esiti positivi e felici delle cure secondarie ebbero il potere di rasserenare l’amico reso così infelice dal fallimento della cura primaria, risollevando quella triste atmosfera. Un caso particolare ci fece ridere, quello di un vecchio | mendicante ebreo di Isenburg, un cieco che, arrivato a Fran­ coforte in assoluta miseria, non riuscì quasi a trovare un ricovero, cibo e assistenza; ma la sua tenace tempra orien­ tale lo aiutò talmente, che alla fine si ritrovò perfettamente guarito e senza il minimo disturbo. Quando gli chiesero se l’operazione era stata dolorosa, disse con un’iperbole che se avesse avuto un milione di occhi, li avrebbe fatti operare tut­ ti, uno dopo l’altro, per mezza moneta ciascuno. Riparten­ do si comportò in modo altrettanto eccentrico, ringraziando Dio nella Fahrgasse con le parole dell’Antico Testamento, lodando il Signore e il suo inviato, l’uomo dei miracoli. Così percorse lentamente la via piena di botteghe, andando verso il ponte. Venditori e acquirenti uscivano dai negozi, meravi­ gliati per il suo devoto entusiasmo, ormai raro, appassionato e proclamato davanti a tutti; ognuno si sentì coinvolto al punto che il mendicante, senza chiedere né pretendere nulla, se ne andò colmo di doni e di provviste per il viaggio30. Ma di un episodio così felice a casa nostra non si poteva proprio parlare, perché se potevamo immaginarci il povero, felicissimo nel suo misero tugurio sull’altra sponda sabbio­ sa del Meno, su questa uno stimato benestante rimpiangeva l’impagabile, agognato sollievo. Fu quindi un’umiliazione per il buon Jung accettare i mille fiorini, dovuti in qualsiasi caso, che la nobile famiglia correttamente pagò. Quei soldi dovevano estinguere, al suo ritorno, parte dei debiti che gravavano sulla sua condizione infelice, anzi disperata.

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Und so schieden wir trostlos auseinander, denn er sah zurückkeh­ rend nach Hause den traurigen Empfang einer sorglichen Frau, das veränderte Begegnen von wohl denkenden Schwiegereltern, die sich, als Bürgen für so manche andere Schulden des allzu zuversichtlichen Mannes, in der | Wahl eines Lebensgefährten für ihre Tochter vergrif­ fen zu haben glauben konnten. Hohn und Spott der ohnehin im Glücke schon Mißwollenden konnte er in diesem und jenem Hause aus diesem und jenem Fenster schon voraussehen; eine durch seine Abwesenheit schon verkümmerte, durch diesen Unfall in ihren Wurzeln bedrohte Praxis mußte ihn äußerst ängstigen. So entließen wir ihn, von unserer Seite jedoch nicht ganz ohne Hoffnung; denn seine tüchtige Natur gestützt auf den Glauben an über­ natürliche Hülfe mußte seinen Freunden eine stillbescheidene Zuver­ sicht einflößen. |

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Così ci salutammo sconfortati, perché rientrando lo aspettava la triste accoglienza di una moglie preoccupata, l’atteggiamento mutato di suoceri ben intenzionati che si erano già fatti garanti di ingenti somme per quell’uomo troppo ingenuo – ora avrebbero pensato | di essersi sbaglia­ ti nella scelta del compagno per la loro figlia. Fin da ora poteva prevedere scherno e derisione da parte di quanti gli volevano male già nei giorni fortunati, in questa o quella casa, da questa o quella finestra; e infine lo metteva in gran­ de ansia un’attività già diminuita a causa della sua assenza e ora radicalmente minacciata da questo insuccesso. Lo lasciammo così, ma da parte nostra comunque non senza speranza: la sua natura operosa, sorretta dalla fede nell’aiuto divino avrebbe ispirato ai suoi amici una tacita fiducia. |

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Siebzehntes Buch Wenn ich die Geschichte meines Verhältnisses zu Lilli wieder aufneh­ me, so hab’ ich mich zu erinnern daß ich die angenehmsten Stunden, teils in Gegenwart ihrer Mutter, teils allein mit ihr zubrachte. Man trau­ te mir aus meinen Schriften Kenntnis des menschlichen Herzens, wie man es damals nannte, zu, und in diesem Sinne waren unsre Gespräche sittlich interessant auf jede Weise. Wie wollte man sich von dem Innern unterhalten, ohne es aufzu­ schließen, und das Herz schließt sich nicht nach und nach auf. Des­ halb währte es nicht lange als sie mir in ruhiger Stunde die Geschichte ihrer Jugend erzählte, sie war im Genuß aller geselligen Vorteile und Weltvergnügen. Von frühem an ward ihre Eitelkeit aufgeregt und be­ friedigt; es ist Schade daß das Einzelne nicht aufbewahrt ist. Mittei­ lungen wurden fortgesetzt, Brüder, Verwandte, die nächsten Zustände aufgeklärt, nur die Mutter blieb in einem ehrwürdigen Dunkel. Wie kann man sich aber einem solchen Vertrauen hingeben ohne sich seiner Fehler zu erinnern die wären sie auch nicht scheltenswert doch von der Welt getadelt und wenn es gleich nur Schatten sind doch für Flecken gerechnet werden. Sie konnte nicht leugnen daß sie eine gewisse Gabe anzuziehen an sich habe bemerken müssen womit auch eine gewisse Eigenschaft fahren zu lassen verbunden sei. Hiedurch gelangten wir durch hin- und widerreden auf den bedenklichen Punkt daß sie diese Gabe auch an mir geübt habe dadurch aber bestraft sei daß sie auch von mir angezogen worden. Diese Geständnisse gingen aus einer so reinen kindhaften Natur hervor, daß sie mich dadurch aufs allerstrengste sich zu eigen machte.

Libro diciassettesimo Riprendendo la storia del mio rapporto con Lili, ricordo di aver trascorso ore bellissime, in parte in presenza di sua madre, in parte da solo con lei. In base ai miei scritti mi si attribuiva una certa conoscenza del cuore umano, come si diceva allora, e in questo senso le nostre conversazioni era­ no stimolanti sotto ogni punto di vista. Ma come si può discorrere del proprio intimo senza ri­ velarlo? E il cuore non si rivela a poco a poco… Non passò quindi molto che in un momento tranquillo mi raccontò la storia della sua infanzia. Era cresciuta godendo di tutti i pri­ vilegi sociali e tra giochi spensierati; fin da bambina la sua vanità era stata stimolata e gratificata, ed è un peccato che non se ne siano conservati degli esempi. Man mano pro­ seguì con il racconto, mi descrisse fratelli, parenti e am­ biente familiare, solo la madre rimase in rispettosa oscurità. Ma non è possibile abbandonarsi a simili confidenze senza ricordare anche i propri difetti che, per quanto non gravi, sono comunque biasimati dagli altri e, sebbene siano sol­ tanto ombre, vengono comunque considerati macchie. Non poteva negare di aver osservato in se stessa una certa incli­ nazione ad attrarre gli uomini a cui seguiva poi una certa indifferenza; e proseguendo nel discorso si giunse al punto critico, cioè che aveva esercitato quella capacità anche nei miei confronti ma era stata punita perché adesso era lei a sentirsi a sua volta attratta da me. Lo ammise con un candore così infantile che mi conqui­ stò del tutto.

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PARTE QUARTA

Ein wechselseitiges Bedürfnis, eine Gewohnheit sich zu sehen trat nun ein, wie wollt ich manchen Tag manchen | Abend bis in die Nacht hinein entbehren wenn ich mich nicht in ihre Zirkel fände. Diese Qual war für mich höchst peinlich; mein Verhältnis zu ihr war von Person zu Person zu einer schönen liebenswürdigen gebildeten Tochter; es glich meinen früheren Verhältnissen und sogar noch in höherm Sinne. Aber wie hatte ich an die Äußerlichkeiten an das Mischen und Wiedermi­ schen eines geselligen Zustandes denken können. Ein unbezwingliches Verlangen war eingetreten, ich konnte nicht ohne sie, sie nicht ohne mich sein; aber was ergaben sich da für Mißtage und Stunden. Die Geschichte von Lustpartieen die zur Unlust ausliefen; ein retar­ dierender Bruder mit dem ich nachfahren sollte, welcher seine Geschäf­ te erst mit der größten Gelassenheit, ich weiß nicht ob mit Schaden­ freude, langsamst vollendete und dadurch die ganze wohldurchdachte Verabredung verdarb, auch sonstiges Antreffen und Verfehlen, Unge­ duld und Entbehrung, alle diese Peinen, die in irgend einem Roman, umständlicher mitgeteilt, gewiß teilnehmende Leser finden würden, muß ich hier beseitigen. Um aber doch diese betrachtende Darstellung, einer lebendigen Anschauung, einem jugendlichen Mitgefühl anzunä­ hern, mögen einige Lieder zwar bekannt, aber vielleicht besonders hier eindrücklich, eingeschaltet stehen. Herz, mein Herz, was soll das geben? Was bedränget dich so sehr? Welch ein fremdes neues Leben! Ich erkenne dich nicht mehr. Weg ist Alles, was du liebtest, Weg warum du dich betrübtest, Weg dein Fleiß und deine Ruh’ – Ach wie kamst du nur dazu. Fesselt dich die Jugendblüte, Diese liebliche Gestalt,

LIBRO DICIASSETTESIMO

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Un bisogno reciproco, un’abitudine a vedersi si instaurò man mano; ma dovevo accettare di vederla nella sua cerchia di amici, | altrimenti a quanti giorni, a quante serate fino a notte inoltrata avrei dovuto rinunciare! Era un tormento pe­ nosissimo. Il mio rapporto con lei era personale, come si con­ viene con una ragazza bella, gentile e colta; assomigliava alle mie relazioni precedenti, ma su un livello persino più eleva­ to. Non avevo però tenuto conto delle circostanze esterne, delle frequenti interferenze della vita sociale. Ero preso da un bisogno incontenibile, non potevo fare a meno di lei né lei di me – e che giornatacce, che brutti momenti ne derivarono! Le storie di gite finite male, il fratello tiratardi con il qua­ le avrei dovuto raggiungere gli altri ma che sbrigava le sue faccende con estrema calma, forse proprio per farmi dispet­ to, mandando così a monte un appuntamento ben combina­ to; altri incontri mancati, impazienza e rinuncia – insom­ ma, tutti quei tormenti che, narrati con cura in un romanzo, troverebbero lettori partecipi, non posso raccontarli ora. Ma per conferire a questa descrizione distaccata la vivaci­ tà dell’esperienza e l’intensità della gioventù inserisco qui alcune liriche che, sebbene già note, sono forse particolar­ mente eloquenti. Cuore, cuore mio, che accade? Che cosa ti opprime a tal segno? Una ben strana vita è cominciata! Io non riesco più a riconoscerti. Tutto quello che amavi è ormai scomparso, scomparso quello che ti tormentava, scomparsi il tuo lavoro, la tua pace. Ma a questo punto come sei arrivato? Fu quella giovinezza in fiore a prenderti con potere illimitato?

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PARTE QUARTA

Dieser Blick voll Treu’ und Güte | Mit unendlicher Gewalt? Will ich rasch mich ihr entziehen, Mich ermannen, ihr entfliehen, Führet mich im Augenblick Ach mein Weg zu ihr zurück. Und an diesem Zauberfädchen, Das sich nicht zerreißen läßt, Hält das liebe lose Mädchen, Mich so wider Willen fest; Muß in ihrem Zauberkreise Leben nun auf ihre Weise. Die Verändrung ach wie groß! Liebe! Liebe! laß mich los! Warum ziehst du mich unwiderstehlich Ach in jene Pracht? War ich guter Junge nicht so selig In der öden Nacht. Heimlich in mein Zimmerchen verschlossen Lag im Mondenschein Ganz von seinem Schauerlicht umflossen, Und ich dämmert’ ein. Träumte da von vollen goldnen Stunden Ungemischter Lust Hatte schon das liebe Kind empfunden Tief in meiner Brust. Bin ich’s noch den du bei so viel Lichtern An dem Spieltisch hältst? Oft so unerträglichen Gesichtern Gegenüber stellst? |

LIBRO DICIASSETTESIMO

Furono quelle sembianze amabili, | quello sguardo dolce e sincero? Se tento risoluto di sottrarmi, di riprendermi, di sfuggirle, nello stesso istante i miei passi mi riportano, ahimè, accanto a lei. E con questo sottile filo magico che non si lascia spezzare, la bella spavalda mi tiene avvinto a lei, contro il mio volere; nel suo cerchio magico adesso devo vivere alla sua maniera. Che sconvolgente cambiamento! Amore, amore, lasciami libero!31 Perché mi attiri irresistibilmente, ahimè, in questo splendore? Ingenuo ragazzo, non ero felice nelle notti di solitudine? Nell’intimo della mia stanzetta giacevo al chiaro di luna, immerso nella sua luce spettrale, e così mi assopivo. Sognavo ore radiose, traboccanti d’incontaminato piacere; la cara bambina già sentivo nel profondo dell’essere. Sono sempre io che in mezzo a tante luci tieni al tavolo da gioco, che sovente tu poni di fronte a facce intollerabili? |

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PARTE QUARTA

Reizender ist mir des Frühlings Blüte Nun nicht auf der Flur; Wo du, Engel, bist, ist Lieb und Güte, Wo du bist, Natur. Hat man sich diese Lieder aufmerksam vorgelesen lieber noch mit Ge­ fühl vorgesungen, so wird ein Hauch jener Fülle glücklicher Stunden gewiß vorüber wehen. Denn sobald von Offenbarung des Innern von Überlieferung desselben die Rede kommt wird Poesie durch Musik vollendet immer die sicherste Vermittlerin sein. Doch wollen wir aus jener größeren glänzenden Gesellschaft nicht eilig abscheiden ohne vorher noch einige Bemerkungen hinzuzufügen; besonders den Schluß des zweiten Gedichtes zu erläutern. Diejenige, die ich nur im einfachen selten gewechselten Hauskleide zu sehen ge­ wohnt war, trat mir im eleganten Modeputz nun glänzend entgegen und doch war es ganz dieselbe, ihre Anmut, ihre Freundlichkeit blieb sich gleich nur möcht ich sagen, ihre Anziehungsgabe tat sich mehr hervor; es sei nun weil sie hier gegen viele Menschen stand, daß sie sich leb­ hafter zu äußern, sich von mehreren Seiten je nachdem ihr dieser oder jener entgegen kam, zu vermannigfaltigen Ursache fand. Genug ich konnte mir nicht leugnen daß diese Fremden mir zwar einerseits un­ bequem fielen, daß ich aber doch um vieles der Freude nicht entbehrt hätte ihre geselligen Tugenden kennen zu lernen und einzusehen, sie sei auch weiteren und allgemeineren Zuständen gewachsen. War es doch derselbige nun durch Putz verhüllte Busen der sein Innres mir geöffnet hatte und in den ich so klar wie in den meinigen hineinsah; waren es doch die selben Lippen, die mir so früh den Zu­ stand schilderten in dem Sie herangewachsen, in dem Sie ihre Jahre verbracht hatte. Jeder wechselseitige Blick, jedes begleitende Lächeln sprach ein verborgnes edles Verständnis aus, und ich staunte selbst hier in der Menge über die geheime | unschuldige Verabredung, die sich auf das menschlichste auf das natürlichste gefunden hatte.

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Nei campi non m’offre più tanta delizia la fioritura di primavera; dove sei tu, angelo, è bontà e amore: dove sei tu, natura.32 Recitandole ad alta voce con attenzione o, ancor meglio, cantandole con sentimento si sarà di certo sfiorati da un ali­ to di gioia per quelle ore felici. Perché quando si tratta di svelare i propri sentimenti, di comunicarli, la poesia per­ fezionata dalla musica è certamente la miglior mediatrice. Non voglio però congedarmi troppo in fretta da quella folta e brillante cerchia senza aggiungere ancora alcune os­ servazioni, soprattutto per spiegare la chiusa della seconda poesia. Colei che ero abituato a vedere in un semplice abito casalingo, sempre uguale, mi veniva incontro splendida in un elegante abito alla moda: era sempre la stessa, la sua grazia, la sua cortesia erano le stesse, solo la sua forza di attrazione, direi, era più forte, magari perché era in mezzo a molte persone che le davano modo di esprimersi con mag­ gior vivacità e di mostrarsi sotto luci diverse, a seconda di chi le si accostava da una parte o dall’altra. Insomma non potevo negare che, se per un verso quegli estranei mi infa­ stidivano, per un altro non avrei mai voluto rinunciare al piacere di scoprire le sue virtù sociali e capivo che era a suo agio anche in ambienti più vasti e vari. In fondo era lo stesso cuore, ora nascosto dalle trine, che mi aveva rivelato il suo intimo e nel quale leggevo con chiarezza come nel mio; erano le stesse labbra che subito mi avevano descritto l’ambiente in cui era cresciuta, dove aveva trascorso i suoi primi anni. Ogni scambio di sguardi, ogni sorriso che l’accompagnava esprimeva un tacito e no­ bile accordo, e persino lì in mezzo alla folla mi meraviglia­ vo di quella segreta | e innocente intesa che si era creata nel modo più spontaneo e naturale.

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PARTE QUARTA

Doch sollte bei eintretendem Frühling eine anständige ländliche Freiheit dergleichen Verhältnisse enger knüpfen. Offenbach am Mayn zeigte schon damals bedeutende Anfänge einer Stadt die sich in der Folge zu bilden versprach. Schöne für die damalige Zeit prächtige Gebäude hatten sich schon hervorgetan; Onkel Bernhard wie ich ihn gleich mit seinem Familientitel nennen will bewohnte das größte; weitläufige Fabrikgebäude schlossen sich an; D’Orville ein jüngerer lebhafter Mann von liebenswürdigen Eigenheiten, wohnte gegenüber. Anstoßende Gärten, Terrassen bis an den Mayn reichend überall freien Ausgang nach der holden Umgegend erlaubend, setzten den Eintreten­ den und Verweilenden in ein stattliches Behagen. Der Liebende konnte für seine Gefühle keinen erwünschtern Raum finden. Ich wohnte bei Johann Andrä und indem ich diesen Mann, der sich nachher genugsam bekannt gemacht, hier zu nennen habe, muß ich mir eine kleine Abschweifung erlauben um von dem damaligen Opernwe­ sen einigen Begriff zu geben. In Frankfurt dirigierte damals Marchand das Theater und suchte durch seine eigne Person das Mögliche zu leisten. Es war ein schöner groß und wohlgestalteter Mann in den schönsten Jahren, das Behag­ liche, Weichliche erschien bei ihm vorwaltend; seine Gegenwart auf dem Theater war daher angenehm genug. Er mochte soviel Stimme haben als man damals zu Ausführung musikalischer Werke wohl allen­ falls bedurfte, deshalb er denn die kleineren und größern französischen Opern herüber zu bequemen bemüht war. Der Vater in der Gretryschen Oper: Die Schöne bei dem Ungeheu­ er, gelang ihm besonders wohl, wo er sich in der hinter dem Flor ver­ anstalteten Vision gar ausdrücklich zu gebärden wußte. Diese, in ihrer Art wohlgelungene Oper näherte sich jedoch dem edlen Styl und war geeignet die zartesten Gefühle zu erregen. Dagegen hatte sich ein realistischer | Dämon des Operntheaters bemächtigt; Zu­ stands- und Handwerksopern taten sich hervor. Die Jäger, der Faßbin­ der und ich weiß nicht alles, waren voraus gegangen, André wählte sich

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Con il sopraggiungere della primavera una discreta liber­ tà campestre ci permise di stringere ancor di più i rapporti. Offenbach sul Meno mostrava già significative avvisaglie della città che poi sarebbe diventata. Begli edifici, sfarzo­ si per l’epoca, erano già stati costruiti; lo zio Bernard, che chiamo fin da ora con il nome di famiglia, abitava in quel­ lo più grande; accanto c’erano ampi fabbricati industriali, mentre D’Orville, un giovanotto vivace con amabili qualità, abitava di fronte33. Giardini confinanti, terrazze che scen­ devano fino al Meno permettendo da ogni lato di spaziare liberamente nell’ameno circondario, davano grande piacere agli ospiti di passaggio come ai residenti. L’innamorato non poteva trovare ambiente più adatto ai suoi sentimenti. Io alloggiavo da Johann André, e trovandomi a nominare quest’uomo che in seguito divenne piuttosto famoso34, devo concedermi una piccola divagazione per dare qualche noti­ zia sulla situazione dell’opera di allora. A quel tempo Marchand dirigeva il teatro di Francoforte e cercava di fare del suo meglio. Era un bell’uomo, gran­ de e di bell’aspetto, nel fiore degli anni; in lui prevalevano calma e languidezza e la sua presenza in teatro era mol­ to apprezzata. Aveva voce a sufficienza per eseguire opere musicali e si sforzava di adattare e rappresentare le piccole e grandi opere francesi. La parte del padre nell’opera di Grétry La bella e la bestia gli riusciva particolarmente bene, e nella scena della visione recitava dietro un velo in modo molto efficace35. Quell’opera, ben riuscita nel suo genere, si avvicinava comunque allo stile elevato ed era atta a suscitare teneri sentimenti. Il demone del realismo si era invece  | impos­ sessato del teatro dell’opera, e si fecero largo opere sui la­ voratori e su diverse classi sociali. I cacciatori, il bottaio e non so che altro ancora, avevano aperto la strada – André si

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PARTE QUARTA

den Töpfer. Er hatte sich das Gedicht selbst geschrieben und in den Text der ihm angehörte sein ganzes musikalisches Talent verwendet. Ich war bei ihm einquartiert und will von diesem allzeit fertigen Dichter und Komponisten nur so viel sagen als hier gefordert wird. Er war ein Mann von angeborenen lebhaften Talente, eigentlich als Techniker und Fabrikant in Offenbach ansässig; er schwebte zwischen dem Kapellmeister und Dilettanten; in Hoffnung jenes Verdienst zu erreichen bemühte er sich ernstlich in der Musik gründlichen Fuß zu fassen. Als Letzterer war er geneigt seine Kompositionen ins Unend­ liche zu wiederholen. Unter den Personen welche damals den Kreis zu füllen und zu be­ leben sich höchst tätig erwiesen ist der Pfarrer Ewald zu nennen, der geistreich heiter in Gesellschaft die Studien seiner Pflichten, seines Standes in Stillen für sich durchzuführen wußte, wie er denn auch in der Folge innerhalb des theologischen Kreises sich ehrenvoll bekannt gemacht; er muß in dem damaligen Kreise als unentbehrlich, auffas­ send und erwidernd, mitgedacht werden. Lilli’s Flügelspiel fesselte unsern guten André vollkommen an uns­ re Gesellschaft; als unterrichtend, meisternd, ausführend, waren weni­ ge Stunden des Tags und der Nacht, wo er nicht in das Familienwesen in die gesellige Tagesreihe mit eingriff. Bürgers Lenore, damals ganz frisch bekannt und mit Enthusiasmus von den Deutschen aufgenommen, war von ihm komponiert; er trug sie gern und wiederholt vor. Auch ich, der viel und lebhaft vortrug, war sie zu deklamieren be­ reit. Man langweilte sich damals noch nicht an wiederholtem Einerlei. War der Gesellschaft die Wahl gelassen, welchen von uns beiden sie hören wolle, so fiel die Entscheidung oft zu meinen Gunsten. |

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scelse il vasaio36. Lui stesso aveva scritto il testo e in quei versi che sentiva molto vicini aveva riversato tutto il suo talento musicale. Io alloggiavo presso di lui e di questo poeta e composi­ tore di pronta ispirazione vorrei dire in questa sede solo il minimo indispensabile. Era dotato di un vivace talento naturale, risiedeva a Of­ fenbach e di professione era artigiano specializzato e fab­ bricante, ma oscillava tra il maestro di cappella e il dilet­ tante. Nella speranza di conseguire il primo titolo, cercava di affermarsi nel mondo della musica; del secondo aveva la tendenza a ripetersi all’infinito nelle sue composizioni. Tra le persone che completavano e animavano l’atmo­ sfera del gruppo devo nominare il pastore Ewald che, al­ legro e arguto in società, sapeva portare avanti in privato gli studi che si confacevano al suo ruolo e ai suoi doveri, distinguendosi in seguito con onore anche nella cerchia dei teologi; lo ricordo perché era un elemento essenziale nel gruppo di allora, pronto a comprendere e a controbat­ tere37. La bravura di Lili al piano conquistò totalmente il nostro buon André al gruppo: insegnando, componendo, eseguen­ do, erano poche le ore del giorno o della notte in cui non si insinuasse nella vita della famiglia e nelle sue quotidiane attività sociali. La Lenore di Bürger38, appena uscita e accolta con entu­ siasmo dai tedeschi, fu musicata da lui; la eseguiva spesso e volentieri. Anch’io, che recitavo molto e con passione, ero sempre pronto a declamarla. Allora non ci si annoiava ancora nel sentir ripetere più volte la stessa cosa, e se si lasciava alla compagnia la scelta su chi di noi due volesse ascoltare, la preferenza era spesso a mio favore. |

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Dieses alles aber, wie es auch sei, diente den Liebenden nur zur Verlängerung des Zusammenseins; sie wissen kein Ende zu finden und der gute Johann Andrä war durch wechselsweise Verführung der bei­ den gar leicht in ununterbrochene Bewegung zu setzen um bis Nach­ mitternacht seine Musik wiederholend zu verlängern. Die beiden ver­ sicherten sich dadurch einer werten unentbehrlichen Gegenwart. Trat man am Morgen in aller Frühe aus dem Hause, so fand man sich in der freisten Luft aber nicht eigentlich auf dem Lande. Ansehnli­ che Gebäude die zu jener Zeit einer Stadt Ehre gemacht hätten, Gärten parterrartig übersehbar, mit flachen Blumen- und sonstigen Prunkbee­ ten, freie Übersicht über den Fluß bis ans jenseitige Ufer, oft schon früh eine tätige Schiffahrt von Flößen und gelenkten Marktschiffen und Kähnen, eine sanft hingleitende lebendige Welt, mit liebevollen zarten Empfindungen im Einklang. Selbst das einsame Vorüberwogen eines leise bewegten Stromes ward höchst erquicklich und verfehlte nicht einen entschieden beruhigenden Zauber über den Herantretenden zu verbreiten. Ein heiterer Himmel der schönsten Jahrszeit überwölbte das Ganze und wie angenehm mußte sich eine traute Gesellschaft, von solchen Szenen umgeben, morgendlich wiederfinden. Sollte jedoch einem ernsten Leser eine solche Lebensweise gar zu lose zu leichtfertig erscheinen, so möge er bedenken daß zwischen dasjenige was hier des Vortrags halben wie im Zusammenhange ge­ schildert ist sich Tage und Wochen des Entbehrens, andere Bestim­ mungen und Tätigkeiten, sogar unerträgliche Langeweile widerwärtig einstellten. Männer und Frauen waren in ihrem Pflichtkreise eifrig beschäftigt. Auch ich versäumte nicht, in Betracht der Gegenwart und Zukunft, das mir obliegende zu besorgen und fand noch Zeit genug dasjenige zu vollbringen wohin mich Talent und Leidenschaft unwiderstehlich hin­ drängten. Die frühsten Morgenstunden war ich der Dichtkunst schul­

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Ma tutto questo, in un modo o nell’altro, serviva agli innamorati per stare insieme più a lungo; non volevano mai lasciarsi e il buon Johann André, lusingato dall’uno o dall’altra, si lasciava facilmente indurre a suonare senza so­ sta fin oltre mezzanotte. La coppia guadagnava così altro prezioso tempo insieme, divenuto ormai irrinunciabile. Quando di prima mattina si usciva di casa, ci si trovava all’aria aperta, sebbene non proprio in campagna. Costru­ zioni di tutto rispetto che avrebbero fatto onore a una città, giardini che declinavano in terrazze, con aiuole di fiori e altre piante ornamentali, il panorama che spaziava sul fiu­ me fino all’altra riva, spesso già di buon’ora un indaffarato andirivieni di chiatte, barchette e battelli diretti al mercato – un mondo in attività che scivolava dolcemente, in armonia con i teneri sentimenti amorosi. Ma anche lo scorrere soli­ tario del fiume leggermente increspato era fonte di ristoro e non mancava di effondere su chi viveva nei dintorni la sua tranquillizzante magia. Il cielo limpido della stagione più bella sovrastava ogni cosa; e come doveva essere bello al mattino, per un gruppo affiatato, ritrovarsi in un simile scenario! Se però al lettore serio questo stile di vita dovesse ap­ parire troppo vacuo e leggero, deve considerare che quel­ lo che qui viene descritto come un tempo continuativo era invece fastidiosamente interrotto da giorni e settimane di rinuncia, da altre occupazioni e attività, persino da una noia insopportabile. Uomini e donne si dedicavano con impegno ai loro do­ veri. Anch’io non tralasciavo di occuparmi di ciò che mi competeva, in considerazione del presente e del futuro, e trovavo anche il tempo per dedicarmi a ciò verso cui mi sospingevano irresistibilmente talento e passione. Le pri­ me ore del mattino erano riservate alla poesia, il resto della

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PARTE QUARTA

dig, der wachsende Tag gehörte den weltlichen Geschäften, die | auf eine ganz eigene Art behandelt wurden. Mein Vater, ein gründlicher ja eleganter Jurist, führte seine Geschäfte selbst, die ihm sowohl die Verwaltung seines Vermögens als die Verbindung mit wertgeschätzten Freunden auferlegte, und ob ihm gleich sein Charakter als kaiserlicher Rat zu praktizieren nicht erlaubte, so war er doch manchen Vertrau­ ten als Rechtsfreund zur Hand, indem die ausgefertigten Schriften von einem ordinierten Advokaten unterzeichnet wurden dem denn eine der­ gleichen Signatur ein billiges einbrachte. Diese seine Tätigkeit war nur lebhafter geworden durch mein Her­ antreten, und ich konnte gar wohl bemerken daß er mein Talent höher schätzte als meine Praxis und deswegen alles tat um mir Zeit genug zu meinen Studien und Arbeiten der Art zu lassen. Gründlich und tüchtig aber von langsamer Konzeption und Ausführung, studierte er die Akten als geheimer Referendar und wenn wir zusammentraten legte er mir die Sache vor und die Ausfertigung ward von mir mit solcher Leich­ tigkeit vollbracht, daß es ihm zur höchsten Vaterfreude gedieh, und er auch wohl einmal auszusprechen nicht unterließ: »wenn ich ihm fremd wäre, er würde mich beneiden.« Diese Angelegenheiten noch mehr zu erleichtern hatte sich ein Schreiber zu uns gesellt, dessen Charakter und Wesen wohl durch­ geführt leicht einen Roman fördern und schmücken könnte. Nach wohlgenutzten Schuljahren, worin er des Lateins völlig mächtig ge­ worden auch sonstige gute Kenntnisse erlangt hatte, unterbrach ein all­ zuleichtfertiges akademisches Leben den übrigen Gang seiner Tage; er schleppte sich eine Weile mit siechem Körper in Dürftigkeit hin, und kam erst nach und nach in bessere Umstände durch Hülfe einer sehr schönen Handschrift und Rechnungsfertigkeit. Von einigen Ad­ vokaten unterhalten ward er nach und nach mit den Förmlichkeiten des Rechtsganges genau bekannt, und erwarb sich alle denen er diente durch Rechtlichkeit und Pünktlichkeit zu Gönnern. Auch unserm Hau­ se hatte er sich verpflichtet und war in allen Rechts- und Rechnungs­ sachen bei der Hand. |

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giornata apparteneva al lavoro che | si svolgeva in un modo assai particolare. Mio padre, un giurista esperto e persino elegante, si occupava di persona dei suoi affari, legati sia all’amministrazione del suo patrimonio sia ai rapporti con amici stimati, e sebbene il titolo di consigliere imperiale non gli consentisse di esercitare, in qualità di esperto dava spesso una mano agli amici più stretti che facevano poi fir­ mare le sue scritture a un avvocato dell’ordine, che riceveva per questo un minimo compenso. La sua attività si era intensificata da quando c’ero anch’io; mi accorsi presto che stimava il mio talento po­ etico più della mia attività professionale, e di conseguen­ za faceva il possibile per lasciarmi tempo sufficiente per i miei studi e lavori letterari. Scrupoloso e diligente ma lento nell’elaborare ed eseguire, studiava gli atti come referenda­ rio segreto; quando ci incontravamo mi presentava il caso e io redigevo con una tale facilità le scritture da riempirlo di orgoglio paterno, tanto che una volta arrivò a dire che, se non fossi stato suo figlio, mi avrebbe invidiato. Per velocizzare ulteriormente il lavoro avevamo preso con noi uno scrivano, il cui carattere e natura, se ben de­ scritti, avrebbero ben potuto ispirare o abbellire un roman­ zo. Dopo un proficuo percorso scolastico in cui aveva im­ parato perfettamente il latino e acquisito buone conoscenze, una vita accademica troppo spensierata aveva interrotto la sua formazione; si trascinò per un certo periodo, malato e in miseria, e solo lentamente riuscì a rimettersi in sesto gra­ zie a una bellissima calligrafia e alle capacità di contabile. Lavorando per alcuni avvocati familiarizzò con le formalità delle procedure legali e con la sua onestà e precisione si conquistò il favore di tutti i suoi datori di lavoro. Lavorava anche per noi ed era disponibile per tutte le mansioni di carattere legale e contabile. |

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PARTE QUARTA

Dieser hielt nun von seiner Seite unser sich immer mehr ausdeh­ nendes Geschäft, das sich sowohl auf Rechtsangelegenheiten, als auf mancherlei Aufträge Bestellungen und Speditionen bezog. Auf dem Rathause wußte er alle Wege und Schliche, in den beiden burgemeis­ terlichen Audienzen war er auf seine Weise gelitten, und da er manchen neuen Ratsherrn worunter einige gar bald zu Schöffen herangestiegen waren, von seinem ersten Eintritt ins Amt in seinen noch unsichern Benehmen in dem Geschäfte gar wohl kannte, so hatte er sich ein ge­ wisses Vertrauen erworben das man gar wohl eine Art von Einfluß nennen konnte. Das alles wußte er zum Nutzen seiner Gönner zu ver­ wenden und da ihn seine Gesundheit nötigte seine Tätigkeit mit Maß zu üben so fand man ihn immer bereit jeden Auftrag, jede Bestellung sorgfältig auszurichten. Seine Gegenwart war nicht unangenehm, von Körper schlank und regelmäßiger Gesichtsbildung; sein Betragen nicht zu dringlich aber doch mit einem Ausdruck von Sicherheit seiner Über­ zeugung was zu tun sei, auch wohl heiter und gewandt bei wegzuräu­ menden Hindernissen. Er mochte stark in den Vierzigen sein und es reut mich noch, (ich darf das Obengesagte wiederholen) daß ich ihn nicht als Triebrad in den Mechanismus irgend einer Novelle mit ein­ gefügt habe. In Hoffnung meine ernsten Leser durch das Vorgetragene einiger­ maßen befriedigt zu haben darf ich mich wohl wieder zu denen glän­ zenden Tagespunkten hinwenden, wo Freundschaft und Liebe sich in ihrem schönsten Lichte zeigten. Daß Geburtstäge sorgfältig, froh und mit mancher Abwechselung gefeiert wurden liegt in der Natur solcher Verbindungen; dem Geburtstage des Pfarrers Ewald zu Gunsten ward das Lied gedichtet In allen guten Stunden Erhöht von Lieb’ und Wein, Soll dieses Lied verbunden Von uns gesungen sein! Uns hält der Gott zusammen, |

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Ci aiutava dunque nelle nostre attività che si amplia­ vano sempre più, e riguardavano sia questioni giuridiche sia numerosi altri incarichi, commissioni e spedizioni. In municipio conosceva ogni via e scorciatoia, in entrambe le udienze dei borgomastri era a suo modo tollerato, e poi­ ché conosceva bene fin dalla loro prima nomina molti dei nuovi consiglieri, alcuni dei quali dai primi malcerti passi erano poi velocemente diventati scabini, si era guadagnato una certa fiducia che si potrebbe anche definire una sorta di influenza. Tutto ciò sapeva utilizzarlo a vantaggio dei suoi mecenati, e nonostante la salute lo costringesse a esercitare la sua attività con misura, era sempre pronto a eseguire con cura ogni incarico, ogni commissione. Il suo aspetto non era sgradevole, di corporatura esile e con lineamenti rego­ lari; il suo modo di fare non era invadente ma manifestava la sicurezza di chi sa cosa fare, e in più era sereno e abile nel rimuovere gli ostacoli. Sembrava ben oltre i quaranta e ancora oggi mi rincresce (ripeto quello che ho già detto) di non averlo utilizzato come motore nel meccanismo di un racconto39. Sperando di aver soddisfatto i miei lettori più seri con quanto ho appena riferito, posso volgermi di nuovo a quelle giornate magnifiche in cui amore e amicizia si mostravano nella luce più bella. Che si festeggi ogni compleanno con cura, con allegria e una certa varietà fa parte della natura di queste compagnie; in occasione del compleanno del pastore Ewald composi la poesia: In tutte le ore serene esaltate dall’amore e dal vino, questo canto sia da noi, unanimi, intonato! Conserva il nostro vincolo |

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PARTE QUARTA

Der uns hierher gebracht. Erneuert unsre Flammen, Er hat sie angefacht. Da dies Lied sich bis auf den heutigen Tag erhalten hat und nicht leicht eine muntere Gesellschaft beim Gastmahl sich versammelt ohne daß es freudig wieder aufgefrischt werde so empfehlen wir es auch unsern Nachkommen und wünschen allen die es aussprechen und singen glei­ che Lust und Behagen von innen heraus wie wir damals, ohne irgend einer weitern Welt zu gedenken, uns im beschränkten Kreise zu einer Welt ausgedehnt empfanden. Nun aber wird man erwarten daß Lilli’s Geburtstag welcher den 23. Juni 1775 sich zum 17. Mal wiederholte besonders sollte gefeiert wer­ den; sie hatte versprochen am Mittag nach Offenbach zu kommen und ich muß gestehen daß die Freunde mit glücklicher Übereinkunft von diesem Feste alle herkömmlichen Verzierungsphrasen abgelehnt und sich nur allein mit Herzlichkeiten die ihrer würdig wären zu Empfang und Unterhaltung vorbereitet hatten. Mit solchen angenehmen Pflichten beschäftigt sah ich die Sonne untergehen, die einen folgenden heitern Tag verkündigte und unserm Fest ihre frohe glänzende Gegenwart versprach. Als George, der sich nicht verstellen konnte, ziemlich ungebärdig ins Zimmer trat, und ohne Schonung zu erkennen gab daß unser morgendes Fest gestört sei, er wisse selbst weder wie noch wodurch, aber die Schwester lasse sa­ gen, daß es ihr völlig unmöglich sei Morgen Mittag nach Offenbach zu kommen und an dem ihr zugedachten Feste Teil zu nehmen; erst gegen Abend hoffe sie ihre Ankunft bewirken zu können. Nun fühle und wisse sie recht gut wie unangenehm es mir und unsern Freunden fallen müsse, bitte mich aber so herzlich dringend als sie könne, et­ was zu erfinden, wodurch das Unangenehme dieser Nachricht die sie

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il Dio che qui ci riunisce. Rinnovellate le fiaccole! Egli stesso ce le accese.40 Poiché questo canto si è conservato fino a oggi e non c’è un’allegra compagnia riunita a un banchetto che non l’ab­ bia rispolverato con gioia, lo consigliamo anche ai posteri, augurando a tutti coloro che lo reciteranno o canteranno lo stesso piacere e benessere interiore che provammo noi al­ lora: incuranti di tutto il mondo esterno, il nostro piccolo gruppo era per noi il mondo intero. Non parrà quindi strano che ci si preparasse a festeggiare in modo speciale il compleanno di Lili, che il 23 giugno 1775 ricorreva per la diciassettesima volta. Aveva promes­ so di venire a Offenbach verso mezzogiorno e devo ammet­ tere che tutti gli amici, in felice sintonia, avevano accan­ tonato gli auguri di convenienza e avevano preparato per accoglierla e intrattenerla soltanto manifestazioni di affetto degne di lei. Impegnato in questi piacevoli impegni vidi tramontare il sole che annunciava un giorno sereno per l’indomani e prometteva la sua allegra, splendente presenza per la nostra festa, quando Georg41, che non sapeva dominare i propri stati d’animo, piombò nella stanza piuttosto concitato e sen­ za giri di parole mi fece capire che la festa del giorno dopo andava a monte. Non sapeva né come né perché, ma la so­ rella gli aveva mandato a dire che le era assolutamente im­ possibile arrivare a Offenbach per mezzogiorno per prender parte alla festa in suo onore; sperava di arrivare tutt’al più entro sera. Sapeva e si rendeva bene conto di quanto il con­ trattempo dovesse risultare spiacevole per me e gli amici, e perciò mi pregava con tutto il cuore di inventarmi qualcosa per addolcire e alleviare quella sgradevole notizia che mi

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mir überlasse hinaus zu melden, gemildert ja versöhnt werde; sie wolle mirs zum allerbesten danken. | Ich schwieg einen Augenblick, hatte mich auch sogleich gefaßt und wie durch himmlische Eingebung gefunden was zu tun war. Eile, rief ich, George! sag ihr, sie solle sich ganz beruhigen, möglich machen, daß sie gegen Abend komme, ich verspräche: gerade dieses Unheil sol­ le zum Fest werden. Der Knabe war neugierig und wünschte zu wis­ sen wie; dies wurde ihm standhaft verweigert, ob er gleich alle Künste und Gewalt zu Hülfe rief, die ein Bruder unserer Geliebten auszuüben pflegt. Kaum war er weg, so ging ich mit sonderbarer Selbstgefälligkeit in meiner Stube auf und ab, und mit dem frohen, freien Gefühl, daß hier Gelegenheit sei mich als ihren Diener auf eine glänzende Weise zu zeigen, heftete ich mehrere Bogen mit schöner Seide, wie es dem Ge­ legenheits-Gedicht ziemt, zusammen und eilte den Titel zu schreiben Sie kommt nicht! ein jammervolles Familienstück welches, geklagt sei es Gott, den 23. Juni 1775 in Offenbach am Mayn auf das allernatürlichste wird auf­ geführt werden. Die Handlung dauert vom Morgen bis auf’n Abend. Da von diesem Scherze weder Konzept noch Abschrift vorhanden, habe ich mich oft darnach erkundigt, aber nie etwas davon wieder er­ fahren können; ich muß daher es wieder aufs neue zusammendichten, welches im allgemeinen nicht schwer fällt. Der Schauplatz ist Dorvilles Haus und Garten in Offenbach; die Handlung eröffnet sich durch die Domestiquen, wobei jedes genau sei­ ne Rolle spielt und die Anstalten zum Fest vollkommen deutlich wer­ den. Die Kinder mischen sich drein nach dem Leben gebildet, dann der Herr, die Frau mit eigentümlichen Tätigkeiten und Einwirkungen; dann kommt, indem alles sich in einer gewissen hastigen Geschäftig­

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incaricava di annunciare agli altri; me ne sarebbe stata infi­ nitamente grata. | Rimasi un momento in silenzio, ma poi mi riebbi subito e come per ispirazione divina seppi cosa fare. «Sbrigati Ge­ org!», esclamai. «Dille di stare tranquilla e di fare in modo di arrivare entro sera, e le prometto che proprio questo con­ trattempo si tramuterà in festa!» Il ragazzo, incuriosito, vo­ leva sapere cosa intendessi, ma io mi ostinai a non dirglielo, nonostante impiegasse tutte le arti e il potere di cui il fratel­ lo dell’innamorata può disporre. Non appena se ne fu andato mi misi a passeggiare tut­ to compiaciuto avanti e indietro nella stanza; con la felice sensazione che quella era una splendida occasione per di­ mostrarle la mia dedizione, legai insieme alcuni fogli con un bel nastro di seta, come si conviene per le poesie d’occa­ sione, e mi affrettai a scrivere il titolo: «Non viene!» lacrimevole dramma familiare che, purtroppo per noi, sarà rappresentato il 23 giugno 1775 a Offenbach sul Meno nel modo più naturale possibile. L’azione si svolge dalla matti­ na alla sera»42. Di questo scherzo non mi sono rimasti più né gli appunti né una copia, e sebbene lo abbia cercato spesso, non ne ho più avuto notizia alcuna. Devo quindi ricomporlo ex novo, e nel complesso non mi sarà difficile. La scena è situata in casa e nel giardino di D’Orville; l’azione si apre con i domestici, che svolgono ciascuno esattamente le sue mansioni e si vede subito che ci sono i preparativi per una festa. I bambini sono sempre in mezzo, come nella realtà, poi compaiono il padrone di casa e la mo­ glie, impegnati nelle specifiche attività di loro pertinenza; e mentre tutto si accavalla in un frenetico trambusto, ecco

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keit durcheinander treibt, der unermüdliche Nachbar Komponist Hans Andrä, er setzt sich an den Flügel und ruft alles zusammen, sein eben fertig  | gewordenes Festlied anzuhören und durchzuprobieren. Das ganze Haus zieht er heran, aber alles macht sich wieder fort, dringen­ den Geschäften nachzugehen, eins wird vom andern abgerufen, eins bedarf des andern und die Dazwischenkunft des Gärtners macht auf­ merksam auf die Garten- und Wasserszenen; Kränze Banderollen mit Inschriften zierlichster Art, nichts ist vergessen. Als man sich nun eben um die erfreulichsten Gegenstände versammelt tritt ein Bote herein, der als eine Art von lustigen Hin- und Widerträger berechtigt war auch eine Charakterrolle mitzuspielen und der durch manches allzugute Trinkgeld wohl ungefähr merken konnte was für Verhältnisse obwal­ teten; er tut sich auf sein Paket etwas zu gute, hofft ein Glas Wein und Semmelbrot, und übergibt nun, nach einigem schalkhaften Weigern, die Depesche. Dem Hausherrn sinken die Arme die Papiere fallen zu Boden er ruft: »Laßt mich zum Tisch! laßt mich zur Kommode, damit ich nur streichen kann.« Das geistreiche Zusammensein lebelustiger Menschen zeichnet sich vor allem aus durch eine Sprach- und Gebärden-Symbolik. Es entsteht eine Art Gauneridiom welches indem es die Innern höchst glücklich macht, den Äußern unbemerkt bleibt oder bemerkt verdrießlich wird. Es gehörte zu Lili’s anmutigsten Eigenheiten eine die hier durch Wort und Gebärde als Streichen ausgedrückt ist, wenn nämlich etwas gesagt oder gesprochen wurde, besonders indem man bei Tische saß, oder in der Nähe von einer Fläche sich befand. Es hatte dieses seinen Ursprung von einer unendlich lieblichen Un­ art, die sie einmal begangen als ein Fremder bei Tafel neben ihr sitzend etwas Unziemliches vorbrachte. Ohne das holde Gesicht zu verändern, strich sie mit ihrer rechten Hand gar lieblich über das Tischtuch weg und schob alles was sie mit dieser sanften Bewegung erreichte gelassen auf den Boden. Ich weiß nicht was alles, Messer, Gabel, Brot, Salzfaß auch etwas zum Gebrauch ihres Nachbars gehörig; es war jedermann

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entrare l’instancabile compositore vicino di casa, Hans An­ dré, che si siede al piano e chiama tutti a raccolta per ascol­ tare | e provare l’inno festoso che ha appena composto. Tutti si riuniscono ma per disperdersi subito dopo richiamati da lavori urgenti: l’uno chiama l’altro, questo ha bisogno di quello, l’ingresso del giardiniere sposta poi l’attenzione sul giardino e su giochi d’acqua, ghirlande, coccarde con scrit­ te affettuose: non bisogna dimenticare nulla! Ci si è appena raccolti intorno a questi deliziosi oggetti quand’ecco entra­ re un messaggero, una sorta di buffo postino che avrebbe potuto ben recitare un ruolo di caratterista43 e che, grazie alle mance spesso troppo generose, capiva più o meno che aria tirava. Si da un po’ di arie con la sua missiva, sperando in un panino e un bicchiere di vino, e dopo un comico tira e molla consegna il messaggio. Al padrone di casa cadono le braccia, i fogli si spargono a terra mentre esclama: «Presto! Un tavolo, un cassettone per spolverare!» La familiarità tra persone allegre e spiritose si contraddi­ stingue soprattutto per gesti ed espressioni simboliche. Ne scaturisce una sorta di gergo che diverte moltissimo gli ini­ ziati ma sfugge agli estranei o, se percepito, li infastidisce. E una delle più graziose peculiarità di Lili era quella espressa dal termine e dal gesto di ‘spolverare’; lo usava quando si diceva o faceva qualcosa di inappropriato, in par­ ticolare se si era a tavola o ci si trovava vicino a una super­ ficie piana. Ciò aveva la sua origine in una deliziosa marachella che Lili aveva commesso una volta, quando un ospite seduto a tavola accanto a lei aveva detto qualcosa di sconvenien­ te. Senza scomporsi minimamente, aveva ‘spolverato’ con la mano destra la tovaglia, buttando a terra placida e con garbo tutto ciò che era alla portata di quel gesto. Coltello, forchetta, pane, saliera e non so che altro ancora del suo vi­

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erschreckt, die Bedienten liefen zu, niemand wußte was das heißen sollte, | als die Umsichtigen die sich erfreuten, daß sie eine Unschick­ lichkeit auf eine so zierliche Weise erwidert und ausgelöscht. Hier war nun also ein Symbol gefunden für das Ablehnen eines Wi­ derwärtigen was doch manchmal in tüchtiger, braver, schätzenswerter, wohlgesinnter aber nicht durch und durch gebildeter Gesellschaft vor­ zukommen pflegt. Die Bewegung mit der rechten Hand als ablehnend erlaubten wir uns alle, das wirkliche Wegstreichen der Gegenstände hatte sie sich in der Folge nur mäßig und mit Geschmack erlaubt. Wenn der Dichter nun also dem Hausherrn diese Begierde zu strei­ chen, eine uns zur Natur gewordene Gewohnheit als Mimik aufgibt; so sieht man das Bedeutende das Effektvolle: denn indem er alles von al­ len Flächen herunter zu streichen droht, so hält ihn alles ab, man sucht ihn zu beruhigen, bis er sich endlich ganz ermattet in den Sessel wirft. Was ist begegnet! ruft man aus. Ist sie krank? Ist jemand gestorben? Les’t! lest! ruft Dorville, dort liegt’s auf der Erde. Die Depesche wird aufgehoben, man liest, man ruft: Sie kommt nicht! Der große Schreck hatte auf einen größern vorbereitet; – aber sie war doch wohl! – war ihr nichts begegnet? Niemand von der Familie hatte Schaden genommen; Hoffnung blieb auf den Abend. Andrä, der indessen immerfort musiziert hatte, kam doch endlich auch herbei gelaufen, tröstete und suchte sich zu trösten. Pfarrer Ewald und seine Gattin traten auch charakteristisch ein, mit Verdruß und Ver­ stand, mit unwilligem Entbehren und gemäßigtem Zurechtlegen. Alles ging aber noch bunt durcheinander, bis der musterhaft ruhige Onkel Bernhard endlich herankommt, ein gutes Frühstück, ein löblich Mit­ tagsfest erwartend und der Einzige ist, der die Sache aus dem rechten Gesichtspunkte ansieht, beschwichtigende, vernünftige Reden äußert und alles ins Gleiche bringt, völlig wie in der Griechischen Tragödie ein Gott die Verworrenheiten der größten Helden mit wenigen Worten aufzulösen weiß. |

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cino; tutti si spaventarono, la servitù accorse, nessuno capi­ va cosa fosse successo | tranne i più vicini che si divertirono vedendo la reazione di Lili, che aveva fatto dimenticare con tanta grazia una sconvenienza. Quello era dunque il gesto simbolico per scacciare un fat­ to sgradevole che qualche volta può verificarsi in un gruppo di persone attive, buone, rispettabili e ben intenzionate, ma non perfettamente educate. Quel movimento della mano de­ stra per esprimere un rifiuto lo utilizzavamo tutti, mentre in seguito Lili si permise solo in rare e particolari occasioni di ‘spolverare’ per davvero, gettando a terra gli oggetti. Attribuendo dunque al padrone di casa l’intenzione di ‘spolverare’, la mimica di una consuetudine che ormai ci era naturale, il poeta ottiene un effetto molto significativo, di grande efficacia: sentendo questa minaccia, tutti accorro­ no per trattenerlo, si cerca di calmarlo, finché egli esausto non si accascia su una poltrona. «Cosa è successo, è mala­ ta? È morto qualcuno?» – «Leggete, leggete, è lì per terra», esclama D’Orville. Si raccoglie la missiva, si legge, si gri­ da: non viene! Lo spavento li aveva preparati a una notizia peggiore; invece stava bene, non le era successo niente… Nessun guaio in famiglia, rimaneva la speranza per la sera. André, che nel frattempo aveva continuato a suonare, accorre infine anche lui per confortare e farsi confortare. Anche il pastore Ewald e la moglie fanno la loro consueta apparizione, dispiaciuti ma comprensivi, costretti alla ri­ nuncia e pronti alla moderazione. Ma la variopinta bara­ onda continua finché non giunge serafico lo zio Bernard, che si aspetta un bello spuntino e una graziosa festicciola, ed è l’unico a vedere la cosa nella giusta prospettiva. Con buon senso li tranquillizza e ristabilisce l’equilibrio, pro­ prio come la divinità della tragedia greca che con poche parole risolve tutte le intricate vicende dei grandi eroi. |

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Dies alles ward mit laufender Feder niedergeschrieben der Bote schon bestellt, der seine Rolle diesmal und doppelt zu spielen hatte, alles war fertig, die Nacht war Null, und er sollte genau Morgens um 10 Uhr eintreffen. Den hellsten Morgen erblickend wacht’ ich auf, mit Vorsatz und Einrichtung genau Mittags in Offenbach anzulangen. Ich ward empfangen mit dem wunderlichsten chari vari von Entgeg­ nungen; das gestörte Fest verlautete kaum, sie schalten und schimpf­ ten, daß ich sie so gut getroffen hätte; die Dienerschaft war zufrieden mit der Herrschaft auf gleichem Theater aufgetreten zu sein; nur die Kinder, als die entschiedensten unbestechbarsten Realisten versicher­ ten hartnäckig: so hätten sie nicht gesprochen und es sei überhaupt alles ganz anders gewesen als wie es hier geschrieben stünde. Ich be­ schwichtigte sie mit einigen Vorgaben des Nachtisches, und sie hatten mich wie immer lieb. Ein fröhliches Mittagsmahl, eine Mäßigung aller Feierlichkeiten gab uns die Stimmung Lili ohne Prunk, aber vielleicht um desto lieblicher zu empfangen. Sie kam und ward von heitern ja lustigen Gesichtern bewillkommt beinah betroffen, daß ihr Außenblei­ ben so viel Heiterkeit erlaube. Man erzählte ihr alles, man trug ihr alles vor und sie, nach ihrer lieben und süßen Art, dankte mir, wie sie allein nur konnte. Es bedurfte keines sonderlichen Scharfsinns um zu bemerken daß ihr Ausbleiben von dem ihr gewidmeten Feste nicht zufällig, sondern durch Hin und Herreden über unser Verhältnis verursacht war. Indes­ sen hatte dies weder auf unsre Gesinnungen noch auf unser Betragen den mindesten Einfluß. Ein vielfacher geselliger Zufluß aus der Stadt konnte in dieser Jahrszeit nicht fehlen. Oft kam ich nur spät des Abends zur Gesellschaft und fand sie dem Scheine nach teilnehmend, eigent­ lich aber sich wundernd und da ich nur oft auf wenige Stunden erschien so mocht’ ich ihr gern in irgend etwas nützlich sein, indem ich ihr Größeres oder Kleineres besorgt hatte, oder irgend einen Auftrag zu |

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Scrissi tutto di getto, avevo già mandato a chiamare il messaggero che questa volta doveva recitare il suo ruolo due volte, tutto era pronto; era mezzanotte, e alle dieci in punto aveva l’ordine di presentarsi a Offenbach. Mi svegliai in un mattino limpidissimo, intenzionato e pronto a presentarmi a Offenbach a mezzogiorno preciso. Venni accolto da mille grida alla rinfusa; alla festa sfu­ mata non ci pensava nessuno, mi sgridavano e brontola­ vano perché li avevo tratteggiati così bene; la servitù era soddisfatta di apparire sulla scena insieme ai signori, solo i bambini, i realisti più convinti e incorruttibili44, assicura­ vano caparbi che non avevano affatto detto così e che tutto era andato diversamente da come era descritto. Li rabbo­ nii elargendo loro in anticipo parte del dessert e mi vollero bene come prima. Un gaio pranzo e il ridimensionamento dei festeggiamenti predispose l’atmosfera per accogliere Lili senza sfarzo, ma forse per questo con affetto ancora maggiore. Quando arrivò e fu salutata da volti lieti e perfino gioiosi, quasi ci rimase male che la sua assenza fosse fonte di tanta allegria. Le raccontammo tutto, recitammo per lei tutta la commedia e mi ringraziò in modo dolce e affettuoso come solo lei sapeva fare. Non occorreva particolare intuito per capire che la sua as­ senza alla festa preparata per lei non era casuale, ma do­ vuta alle discussioni sulla nostra relazione. Ciò non influì però minimamente né sui nostri sentimenti, né sulla nostra condotta. In quella stagione non mancava mai un afflusso di gente dalla città; spesso mi univo alla compagnia solo a tarda sera e trovavo Lili a prima vista comprensiva, ma in realtà stupita, e poiché spesso mi trattenevo solo per poche ore, cercavo di esserle utile in qualche modo, portandole cose piccole e grandi oppure offrendomi di sbrigare per lei |

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übernehmen kam. Und es ist wohl diese Dienstschaft das Erfreulichste was einem Menschen begegnen kann; wie uns die alten Ritter-Romane dergleichen zwar auf eine dunkle aber kräftige Weise zu überliefern verstehen; daß sie mich beherrsche, war nicht zu verbergen und sie durfte sich diesen Stolz gar wohl erlauben; hier triumphieren Über­ winder und Überwundene und beide behagen sich in gleichem Stolze. Dies mein wiederholtes oft nur kurzes Einwirken war aber immer desto kräftiger. Johann Andrä hatte immer Musik-Vorrat; auch ich brachte fremdes und eignes Neue; poetische und musikalische Blüten regneten herab. Es war eine durchaus glänzende Zeit; eine gewisse Ex­ altation waltete in der Gesellschaft, man traf niemals auf nüchterne Momente. Ganz ohne Frage teilte sich dies den übrigen aus unserm Verhältnisse mit. Denn wo Neigung und Leidenschaft in ihrer eignen kühnen Natur hervortreten, geben sie andern verschüchterten Gemü­ tern Mut, die nunmehr nicht begreifen warum sie ihre gleichen Rechte verheimlichen sollten. Daher gewahrte man mehr oder weniger ver­ steckte Verhältnisse, die sich nun mehr ohne Scheu durchschlangen. Andere, die sich nicht gut bekennen ließen, schlichen doch behaglich unter der Decke mit durch. Konnt’ ich denn auch wegen vermannigfaltigter Geschäfte die Tage dort draußen bei ihr nicht zubringen so gaben die heiteren Nächte Ge­ legenheit zu verlängertem Zusammensein im Freien. Liebende Seelen werden nachstehendes Ereignis mit Wohlgefallen aufnehmen. Es war ein Zustand von welchem geschrieben steht: »ich schlafe aber mein Herz wacht«; die hellen wie die dunklen Stunden waren einander gleich, das Licht des Tages konnte das Licht der Liebe nicht überschei­ nen und die Nacht wurde durch den Glanz der Neigung zum hellsten Tage. Wir waren beim klarsten Sternhimmel bis spät in der freien Gegend umher spaziert und nachdem ich sie und die Gesellschaft von Türe

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qualche commissione. Questi servizi sono la cosa più bel­ la che possa capitare a un uomo, come gli antichi roman­ zi cavallereschi ci hanno tramandato nel loro stile oscuro ma efficace. Che lei mi dominasse era evidente, e poteva a buon diritto permettersi quella vanità: in questi casi trion­ fano sia i vincitori che i vinti ed entrambi si compiacciono della stessa vanità. Le mie apparizioni, frequenti ma in genere brevi, erano sempre di grande effetto. Johann André non era mai a corto di musica, io portavo novità mie e altrui, era tutta una piog­ gia di fiori poetici e musicali. Fu un periodo brillante: una certa esaltazione dominava la compagnia, non c’erano mai momenti di stanca. Senza dubbio questo aspetto della no­ stra relazione contagiava anche gli altri, perché dove sim­ patia e passione emergono in tutta la loro naturale audacia, anche gli animi più timidi si fanno coraggio e si chiedono perché mai dovrebbero tener celate quelle stesse inclinazio­ ni. Affioravano quindi relazioni più o meno segrete che ora si manifestavano senza timore; altre, che non si potevano rivelare, proseguivano indisturbate all’ombra di quelle. Sebbene non potessi trascorrere là con lei le giornate a causa dei molteplici impegni, le serate ci offrivano comun­ que allegre occasioni per stare insieme a lungo all’aperto. Gli innamorati ascolteranno con piacere il seguente aned­ doto. Mi trovavo nella condizione di cui è scritto: «io dormo, ma il mio cuore veglia»45. Le ore di luce e quelle di buio erano identiche, la luce del giorno non era più splendente di quel­ la dell’amore e lo splendore dell’affetto rendeva la notte chiara come il giorno. Sotto il limpido cielo stellato passeggiammo fino a not­ te fonda in aperta campagna, e dopo aver accompagnato a

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zu Türe nach Hause begleitet und | von ihr zuletzt Abschied genom­ men hatte, fühlte ich mir so wenig Schlaf daß ich eine frische Spa­ zierwanderung anzutreten nicht säumte. Ich ging die Landstraße nach Frankfurt zu mich meinen Gedanken und Hoffnungen zu überlassen; ich setzte mich auf eine Bank, in der reinsten Nachtstille, unter den blendenden Sternhimmel, mir selbst und ihr anzugehören. Bemerkenswert schien mir ein schwer zu erklärender Ton, ganz nahe bei mir; es war kein Rascheln, kein Rauschen und bei näherer Aufmerksamkeit entdeckte ich daß es unter der Erde und das Arbeiten von kleinem Getier sei. Es mochten Ygel oder Wieseln sein, oder was in solcher Stunde dergleichen Geschäft vornimmt. Ich war darauf weiter nach der Stadt zu gegangen und an den Rö­ derberg gelangt, wo ich die Stufen welche nach den Weingärten hinauf­ führen an ihrem Kalkweißen Scheine erkennen konnte. Ich stieg hinauf setzte mich nieder und schlief ein. Als ich wieder aufwachte, hatte die Dämmerung sich schon ver­ breitet ich sah mich gegen dem hohen Wall über, welcher in früheren Zeiten als Schutzwehr wider die hüben stehenden Berge aufgerichtet war. Sachsenhausen lag vor mir, leichte Nebel deuteten den Weg des Flusses an; es war frisch, mir willkommen. Da verharrt ich bis die Sonne nach und nach hinter mir aufgehend das Gegenüber erleuchtete. Es war die Gegend wo ich die Geliebte wieder sehen sollte, und ich kehrte langsam in das Paradies zurück, das sie, die noch Schlafende, umgab. Jemehr aber, um des wachsenden Geschäftskreises willen, den ich aus Liebe zu ihr erweitern und zu beherrschen trachtete, meine Be­ suche in Offenbach sparsamer werden und dadurch eine gewisse pein­ liche Verlegenheit hervorbringen mußten, so ließ sich gar wohl be­ merken daß man eigentlich um der Zukunft willen das Gegenwärtige hintansetze und verliere. Wie sich nun meine Aussichten nach und nach | verbesserten, hielt ich sie für bedeutender als sie wirklich waren und dachte um so mehr

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casa, di porta in porta, tutti gli amici ed essermi infine | con­ gedato anche da Lili, avevo così poco sonno che mi ven­ ne spontaneo proseguire la passeggiata. Imboccai la strada verso Francoforte abbandonandomi a pensieri e speranze; mi sedetti su una panca nell’assoluto silenzio della notte, sotto il luminoso cielo stellato, per appartenere soltanto a lei e a me. Attirò la mia attenzione un rumore indefinibile, vicinis­ simo; non era un fruscio né un frullio e ascoltando più at­ tentamente scoprii che veniva da sottoterra, era il lavorio di un animaletto: forse un riccio, una donnola o un altro animale avvezzo al lavoro notturno. Proseguii verso la città e arrivai al Röderberg, dove il bianco baluginare del calcare rendeva visibili gli scalini che conducevano su verso le vigne. Salii, mi sedetti e mi addor­ mentai. Quando mi svegliai stava già albeggiando e vidi di fronte a me l’alta muraglia che nei tempi passati era stata costruita come protezione contro le colline su questo lato. Davanti a me Sachsenhausen, una leggera nebbiolina indicava il cor­ so del fiume; era fresco, mi faceva piacere. Mi trattenni lì finché il sole, sorgendo alle mie spalle, non illuminò il paesaggio di fronte. Erano i luoghi dove avrei rivisto la mia amata, e tornai lentamente verso quel paradiso che circondava l’addormentata. Ma quanto più si estendeva la sfera delle mie attività professionali, che cercavo di ampliare e padroneggiare per amor suo, tanto più si diradavano le mie visite a Offenbach, causando un certo penoso disagio. Ci accorgemmo allora che in vista del futuro stavamo trascurando e perdendo il presente. Man mano che le mie prospettive lavorative | migliora­ vano, cominciai a ritenerle più significative di quanto non

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auf eine baldige Entscheidung, als ein so öffentliches Verhältnis nicht länger ohne Mißbehagen fortzuführen war. Und wie es in solchen Fäl­ len zu gehen pflegt sprachen wir es nicht ausdrücklich gegen einan­ der aus; aber das Gefühl eines wechselseitigen unbedingten Behagens, die volle Überzeugung eine Trennung sei unmöglich, das ineinander gleichmäßig gesetzte Vertrauen, das alles brachte einen solchen Ernst hervor, daß ich, der ich mir fest vorgenommen hatte, kein schleppen­ des Verhältnis wieder anzuknüpfen, und mich doch in dieses ohne Si­ cherheit eines günstigen Erfolges wieder verwickelt fand wirklich von einem Stumpfsinn befangen war von dem ich mich zu retten, mich immermehr in gleichgültige weltliche Geschäfte verwickelte, aus de­ nen ich auch nur wieder Vorteil und Zufriedenheit an der Hand der Geliebten zu gewinnen hoffen durfte. In diesem wunderlichen Zustande, dergleichen doch auch mancher peinlich empfunden haben mag, kam uns eine Hausfreundin zu Hülfe, welche die sämtlichen Bezüge der Personen und Zustände sehr wohl durchsah. Man nannte sie Demoiselle Delf, sie stand mit ihrer ältern Schwester einem kleinen Handelshaus in Heidelberg vor und war der größern Frankfurter Wechselhandlung bei verschiedenen Vorfällen vielen Dank schuldig geworden. Sie kannte, und liebte Lilli von Ju­ gend auf; es war eine eigne Person, ernsten männlichen Ansehns und gleichen derben hastigen Schrittes vor sich hin. Sie hatte sich in die Welt besonders zu fügen Ursache gehabt und kannte sie daher wenigs­ tens in gewissem Sinne. Man konnte sie nicht intriguant nennen, sie konnte den Verhältnissen lange zu sehen und ihre Absichten stille mit sich forttragen; dann aber hatte sie die Gabe die Gelegenheit zu er­ sehen, und wenn sie die Gesinnungen der Personen zwischen Zweifel und Entschluß schwanken sah, wenn alles auf Entschiedenheit ankam,

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fossero in realtà; pensai di prendere presto una decisione, visto che una relazione di pubblico dominio come la nostra non si sarebbe potuta prolungare oltre senza imbarazzo. E come succede di solito in casi del genere, non ne parlam­ mo insieme apertamente; ma la sensazione di un benessere totale e reciproco, l’assoluta convinzione che una separa­ zione fosse impossibile, la fiducia che ciascuno riponeva nell’altro – tutto ispirava una tale serietà che io, che mi ero fermamente riproposto di non imbarcarmi più in relazioni durature e che invece mi ci ritrovavo di nuovo invischiato senza la sicurezza di un esito positivo, caddi in una forma di apatia da cui cercavo di salvarmi immergendomi sem­ pre più in impegni lavorativi insignificanti, dai quali pote­ vo sperare di ricavare vantaggio e soddisfazione soltanto al fianco dell’amata. In questa curiosa situazione, che di certo anche molti altri avranno vissuto e ritenuto penosa, ci venne in aiuto un’amica di famiglia, che aveva un grande intuito nel co­ gliere i rapporti tra le persone e le situazioni. La chiamava­ mo demoiselle Delph46, insieme alla sorella maggiore diri­ geva una piccola attività commerciale a Heidelberg ed era riconoscente per l’appoggio ricevuto in diverse occasioni dalla maggiore banca di Francoforte. Conosceva Lili fin da piccola e le voleva bene; era una persona singolare, dall’a­ spetto serio e mascolino, che camminava dritto davanti a sé con passo veloce ed energico. Aveva dovuto darsi da fare per ritagliarsi il suo posto nel mondo e lo conosceva quindi bene, almeno per certi aspetti. Non la si potrebbe definire intrigante: sapeva osservare a lungo le situazioni senza ma­ nifestare le proprie intenzioni, ma aveva anche il dono di saper cogliere un’occasione al volo. Quando vedeva qual­ cuno tentennare tra fare e non fare, quando tutto dipendeva dalla decisione, sfoderava una tale fermezza di carattere che

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so wußte sie eine solche Kraft der Charaktertüchtigkeit einzusetzen, daß es ihr nicht leicht mißlang ihr | Vorhaben auszuführen. Eigentlich hatte sie keine egoistischen Zwecke, etwas getan, etwas vollbracht besonders eine Heirat gestiftet zu haben, war schon Belohnung. Un­ sern Zustand hatte sie längst durchblickt, bei wiederholtem Hiersein durchforscht, als sie sich endlich überzeugte diese Neigung sei zu be­ günstigen, diese Vorsätze, redlich aber nicht genugsam verfolgt und angegriffen, müßten unterstützt und dieser kleine Roman fördersamst abgeschlossen werden. Seit vielen Jahren hatte sie das Vertrauen von Lillis Mutter; in mei­ nem Hause durch mich eingeführt hatte sie sich den Eltern angenehm zu machen gewußt; denn gerade dieses barsche Wesen ist in einer Reichsstadt nicht widerwärtig und mit Verstand im Hintergrunde, sogar willkommen. Sie kannte sehr wohl unsre Wünsche, unsre Hoffnungen, ihre Lust zu wirken sah darin einen Auftrag; kurz sie unterhandelte mit den Eltern. Wie sie es begonnen, wie sie die Schwierigkeiten die sich ihr entgegen stellen mochten, beseitigt, genug sie tritt eines Abends zu uns und bringt die Einwilligung. »Gebt euch die Hände!« rief sie, mit ihrem pathetisch gebieterischen Wesen. Ich stand gegen Lilli über und reichte meine Hand dar, sie legte die ihre zwar nicht zaudernd aber doch langsam, hinein, nach einem tiefen Atemholen fielen wir einander lebhaft bewegt in die Arme. Es war ein seltsamer Beschluß des hohen über uns Waltenden daß ich in dem Verlaufe meines wundersamen Lebensganges doch auch erfahren sollte wie es einem Bräutigam zu Mute sei. Ich darf wohl sagen daß es für einen gesitteten Mann die ange­ nehmste aller Erinnerungen sei; es ist erfreulich sich jene Gefühle zu wiederholen die sich schwer aussprechen und kaum erklären lassen. Der vorhergehende Zustand ist durchaus verändert; die schroffsten Ge­ gensätze sind gehoben, der hartnäckigste Zwiespalt geschlichtet; die vordringliche Natur, die ewig warnende Vernunft, die tyrannisieren­

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raramente falliva nel portare | a compimento il suo intento. In realtà non nutriva fini egoistici; anche solo l’idea di aver fatto o completato qualcosa, di aver favorito un matrimonio era per lei già una ricompensa. La nostra situazione l’aveva compresa già da tempo, nelle sue ripetute visite l’aveva in­ dagata a fondo, convincendosi che quella simpatia andava favorita: le nostre buone intenzioni, oneste ma non suffi­ cientemente concrete, dovevano essere rafforzate e il pic­ colo romanzo doveva concludersi al più presto. Da molti anni godeva della fiducia della madre di Lili; io l’avevo introdotta a casa mia e aveva saputo farsi benvo­ lere dai miei genitori, perché quelle maniere energiche non dispiacciono in una città imperiale, anzi, quando accompa­ gnate dal buon senso sono persino gradite. Conosceva mol­ to bene i nostri desideri e le nostre speranze, che fornirono uno scopo alla sua voglia di agire; in breve, condusse le trattative con i nostri genitori. Come cominciò, come fece per appianare le difficoltà che le si paravano davanti, non so: fatto sta che una sera venne da noi con il consenso. «Da­ tevi la mano!» esclamò, con il suo tono patetico e autorita­ rio. Io ero in piedi di fronte a Lili e porsi la mano; lei allun­ gò la sua, senza esitare ma lentamente, e dopo un profondo respiro ci abbracciammo profondamente commossi. Per uno strano decreto di Colui che ci governa, nel corso della mia meravigliosa esistenza dovevo sperimentare an­ che i sentimenti di un promesso sposo. Posso dire che per un uomo educato questo è uno dei ricordi più belli; è piacevole richiamarsi alla mente quei sentimenti che si lasciano a fatica descrivere e a mala pena spiegare. La condizione precedente è del tutto mutata: le contraddizioni più aspre sono attutite, i dissidi più ostinati appianati; il prevalere della natura e gli ammonimenti della ragione, gli istinti tirannici e la legge del buon senso che

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den Triebe, das verständige Gesetz welche sonst in immerwährendem Zwist uns bestritten, alle diese treten | nunmehr in freundlicher Einig­ keit heran und bei allgemein gefeiertem frommen Feste wird das Ver­ botene gefordert und das Verpönte zur unerläßlichen Pflicht erhoben. Mit sittlichem Beifall aber, wird man vernehmen daß von dem Au­ genblick an eine gewisse Sinnes-Veränderung in mir vorging; war sie mir bisher schön, anmutig, anziehend vorgekommen, so erschien sie mir nun als würdig und bedeutend. Sie war eine doppelte Person, ihre Anmut und Liebenswürdigkeit gehörten mein, das fühlt ich wie sonst, aber der Wert ihres Charakters, die Sicherheit in sich selbst, ihre Zuver­ lässigkeit in allem, das blieb ihr eigen; ich schaute es, ich durchblickte es und freute mich dessen als eines Kapitals von dem ich zeitlebens die Zinsen mit zu genießen hätte. Es ist schon längst mit Grund und Bedeutung ausgesprochen: auf dem Gipfel der Zustände hält man sich nicht lange. Die ganz eigent­ lich durch Demoiselle Delf eroberte Zustimmung beiderseitiger Eltern ward nun mehr als obwaltend anerkannt, stillschweigend und ohne weitere Förmlichkeit. Denn sobald etwas Ideelles, wie man ein sol­ ches Verlöbnis wirklich nennen kann, in die Wirklichkeit eintritt so ent­ steht, wenn man völlig abgeschlossen zu haben glaubt, eine Krise. Die Außenwelt ist durchaus unbarmherzig und sie hat recht denn sie muß sich ein für allemal selbst behaupten; die Zuversicht der Leidenschaft ist groß, aber wir sehen sie doch gar oft an dem ihr entgegen stehenden Wirklichen scheitern. Junge Gatten, die besonders in der späteren Zeit mit nicht genugsamen Gütern versehen in diese Zustände sich einlas­ sen, mögen ja sich keine Honigmonde versprechen; unmittelbar droht ihnen eine Welt mit unverträglichen Forderungen, welche, nicht be­ friedigt ein junges Ehepaar absurd erscheinen lassen. Die Unzulänglichkeit der Mittel, die ich zur Erreichung meines Zwe­ ckes mit Ernst ergriffen hatte, konnte ich früher nicht gewahr werden, weil sie bis auf einen gewissen Punkt zugereicht hätten; nun der Zweck näher | heranrückte, wollte es hüben und drüben nicht vollkommen passen.

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si erano perennemente combattuti in noi, tutto questo si ri­ compone | ora in cordiale armonia. Infine, con una cerimo­ nia sacra e pubblica ciò che era proibito viene incoraggiato, ciò che era condannato diviene dovere imprescindibile. Si apprezzerà il cambiamento che avvenne in me da quel momento: se fino ad allora Lili mi era parsa bella, graziosa, attraente, ora mi appariva degna e importante. Era come divisa in due: la grazia e il fascino mi appartenevano, li percepivo come prima, ma la forza del carattere, la sicu­ rezza di sé, la totale affidabilità rimanevano sue proprie; le scorgevo, le intuivo e ne gioivo come di un capitale di cui per tutta la vita avrei goduto gli interessi. Lo si dice da tempo e con fondamento: sulla cresta dell’on­ da non si rimane a lungo. L’approvazione dei genitori di entrambi, ottenuta da demoiselle Delph, fu accettata da tut­ ti, tacitamente e senza ulteriori formalità. Ma non appena qualcosa di ideale, come si potrebbe davvero definire il no­ stro fidanzamento, diviene realtà, quando si crede di essere infine arrivati al traguardo, ecco la crisi. Il mondo esterno è assolutamente spietato e fa bene, perché deve affermarsi una volta per tutte; la fiducia dell’amore è grande, ma molto spesso la vediamo sconfitta nello scontro con la realtà che le si oppone. I giovani sposi che, soprattutto in questi ulti­ mi tempi, affrontano il legame del matrimonio senza essere provvisti di sufficienti beni, devono sapere che la vita non sarà di certo una luna di miele: fin da subito li minaccia un mondo con pretese intollerabili che, se non soddisfatte, fan­ no apparire assurda la giovane coppia. Prima non mi ero reso conto di quanto fossero insufficienti i mezzi che avevo adottato in tutta serietà per raggiungere il mio scopo: fino a un certo punto erano andati bene, ma ora che il traguardo | si avvicinava, facevano acqua da tutte le parti.

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Der Trugschluß, den die Leidenschaft so bequem findet, trat nun in seiner völligen Inkongruenz nach und nach hervor. Mit einiger Nüch­ ternheit mußte mein Haus, meine häusliche Lage, in ihrem ganz Be­ sondern betrachtet werden. Das Bewußtsein, das Ganze sei auf eine Schwiegertochter eingerichtet lag freilich zu Grunde; aber auf ein Frauenzimmer welcher Art war dabei gerechnet? Wir haben die mäßi­ ge, liebe, verständige, schöne, tüchtige sich immer gleiche neigungs­ volle und leidenschaftslose zu Ende des dritten Bandes kennen lernen, sie war der passende Schlußstein zu einem schon aufgemauerten zu­ gerundeten Gewölbe, aber hier hatte man bei ruhiger unbefangener Be­ trachtung sich nicht leugnen können, daß um diese neue geworbene in solche Funktion gleichfalls einzusetzen, man ein neues Gewölbe hätte zurichten müssen. Indessen war mir dies noch nicht deutlich geworden und ihr eben so wenig. Betrachtete ich nun aber mich in meinem Hause, und ge­ dacht’ ich sie hereinzuführen, so schien sie mir nicht zu passen, wie ich ja schon in ihren Zirkeln zu erscheinen, um gegen die Tags- und Modemenschen nicht abzustechen, meine Kleidung von Zeit zu Zeit verändern ja wieder verändern mußte. Das konnte aber doch mit einer häuslichen Einrichtung nicht geschehen, wo in einem neugebauten stattlichen Bürgerhause ein nunmehr veralteter Prunk gleichsam rück­ wärts die Einrichtung geleitet hatte. So hatte sich auch selbst nach dieser gewonnenen Einwilligung, kein Verhältnis der Eltern untereinander bilden und einleiten können; kein Familienzusammenhang, andere Religionsgebräuche, andere Sit­ ten! und wollte die Liebenswürdige einigermaßen ihre Lebensweise fortsetzen, so fand sie in dem anständig geräumigen Hause keine Ge­ legenheit keinen Raum. Hatte ich bisher von allem diesen abgesehen, so waren mir zur Be­ ruhigung und Stärkung von außen her schöne Ansichten eröffnet, zu irgend einer gedeihlichen | Anstellung zu gelangen. Ein rühriger Geist faßt überall Fuß; Fähigkeiten, Talente erregen Vertrauen; jedermann denkt es komme ja nur auf eine veränderte Richtung an. Zudringliche

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Quella conclusione illusoria che la passione trova tanto comoda, appariva man mano in tutta la sua incongruenza. La mia casa, la situazione familiare doveva essere consi­ derata nel dettaglio con obiettività. La consapevolezza che tutto fosse stato predisposto per una nuora in effetti c’era, ma a che tipo di donna si pensava? Alla fine della terza par­ te abbiamo incontrato la donna moderata, affettuosa, intel­ ligente, carina, attiva, equilibrata e senza grilli: era l’ultimo tassello, quello adatto, per un edificio già costruito e rifi­ nito, ma ora, riflettendoci bene e senza preconcetti, non si poteva negare che, per mettere in quella stessa posizione la donna che avevo conquistato ora, si sarebbe dovuto costru­ ire un edificio del tutto nuovo. Fino a quel momento non me ne ero reso conto, e lei nem­ meno. Se però ora mi osservavo nella mia casa e pensavo di portarci Lili, mi sembrava che non fosse adatta, proprio come anch’io avevo dovuto modificare e poi ancora mo­ dificare il mio abbigliamento adattandomi al suo ambiente all’ultima moda, per non risultare stonato. Ma questo non si poteva fare con gli arredi domestici, non in una solida casa borghese appena ristrutturata, dove uno sfarzo ormai datato aveva proiettato verso il passato anche la ristrutturazione. Inoltre, anche dopo che ebbero dato il loro consenso, non si riuscì a instaurare un rapporto tra i genitori, un legame tra le due famiglie: altre consuetudini religiose, altre abitudini! E se la mia amata avesse voluto mantenere almeno in parte il suo stile di vita, nella nostra decorosa e grande casa non ne avrebbe avuto né il modo né lo spazio. Se fino ad allora non avevo considerato tutto ciò, a tran­ quillizzarmi e sostenermi avevo invece la bella prospettiva di poter acquisire un | impiego molto redditizio. Uno spirito attivo si fa strada dovunque; capacità e talento suscitano fi­ ducia, tutti pensano che si tratti solo di indirizzarli nel modo

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Jugend findet Gunst, dem Genie traut man alles zu, da es doch nur ein Gewisses vermag. Der deutsche geistig literarische Boden war da­ mals ganz eigentlich als ein Neubruch anzusehen, es fanden sich unter den Geschäftsleuten kluge Menschen, die für den neu aufzuwühlenden Boden tüchtige Anbauer und kluge Haushälter wünschten. Selbst die angesehne wohlgegründete Freimaurer-Loge, mit deren vornehmsten Gliedern ich eben durch mein Verhältnis zu Lilli bekannt geworden war, wußte auf schickliche Weise meine Annäherung einzuleiten; ich aber, aus einem Unabhängigkeitsgefühl welches mir später als Ver­ rücktheit erschien, lehnte jede nähere Verknüpfung ab, nicht gewah­ rend daß diese Männer wenn schon in höherem Sinne verbunden, mir doch bei meinen, den ihrigen so nah verwandten Zwecken hätten för­ derlich sein müssen. Ich gehe zu dem Besondersten zurück. In solchen Städten gibt es kollektive Stellen, Residentschaften, Agentschaften, die sich durch Tätigkeit grenzenlos erweitern lassen. Dergleichen bot sich auch mir dar, beim ersten Anblick vorteilhaft und ehrenhaft zugleich. Man setzte voraus, daß ich für sie passe, es wäre auch gegangen unter der Bedingung jener geschilderten Kanzleitreu­ heit. Man verschweigt sich die Zweifel, man teilt sich das Günstige mit; man überwindet jedes Schwanken, durch gewaltsame Tätigkeit; es kommt dadurch etwas Unwahres in den Zustand, ohne daß die Leiden­ schaft deshalb gemildert werde.

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In Friedenszeiten ist für die Menge wohl kein erfreulicheres Lesen als die öffentlichen Blätter, welche uns von den neusten Weltereignissen eilige Nachricht geben; der ruhige wohlbehaltene Bürger übt daran auf eine unschuldige Weise den Parteigeist den wir in unsrer Beschränkt­ heit weder los werden können noch sollen. Jeder behagliche | Mensch

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giusto. L’intraprendenza dei giovani incontra favore, si cre­ de il genio capace di qualsiasi cosa, anche se in realtà sa fare solo una determinata cosa. Dal punto di vista spirituale e letterario, la Germania di allora era come un terreno appe­ na dissodato, e tra i funzionari del governo c’erano persone intelligenti che desideravano contadini capaci e ammini­ stratori accorti per i campi ancora da arare. Anche la stima­ ta e consolidata loggia massonica, di cui avevo conosciuto i membri più altolocati grazie alla mia relazione con Lili, aveva abilmente creato i presupposti per il mio inserimento ma io, per un senso di indipendenza che in seguito mi parve folle, rifiutai qualsiasi contatto47 senza rendermi conto che quegli uomini, seppure legati tra loro per scopi più elevati, avrebbero potuto essermi molto utili per raggiungere i miei fini, molto simili ai loro. Ma torno al tema specifico. Nelle città come Francoforte vi sono cariche cumulabi­ li, incarichi diplomatici, rappresentanze che con l’impegno si potevano estendere all’infinito. Una di queste venne of­ ferta anche a me, a prima vista redditizia e rispettabile; si dava per scontato che io vi fossi adatto e avrebbe anche funzionato a patto che continuassi a impegnarmi seriamente nell’avvocatura. Si mettono a tacere i dubbi, si sottolineano i vantaggi, si soffoca ogni esitazione attraverso un’attività forzata, e così qualcosa di fasullo si insinua nella nostra si­ tuazione, senza che la passione ne venga sminuita. In tempo di pace per la gente non c’è lettura più piace­ vole dei giornali, che rapidissimi ci portano notizie degli avvenimenti più recenti del mondo; essi forniscono un in­ nocente esercizio allo spirito di parte del tranquillo e ben pasciuto cittadino, uno spirito di cui, per i nostri stessi li­ miti, non possiamo né dobbiamo liberarci. Ogni persona |

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erschafft sich als dann, wie bei einer Wette, ein willkürliches Interesse, unwesentlichen Gewinn und Verlust und nimmt, wie im Theater, einen sehr lebhaften, jedoch nur imaginären Teil an fremdem Glück und Un­ glück. Diese Teilnahme erscheint oft willkürlich jedoch beruht sie auf sittlichen Gründen denn bald geben wir löblichen Absichten einen ver­ dienten Beifall, bald aber von glänzendem Erfolg hingerissen, wenden wir uns zu demjenigen dessen Vorsätze wir würden getadelt haben. Zu allen diesen verschaffte uns jene Zeit reichlichen Stoff. Friedrich der Zweite, auf seiner Kraft ruhend, schien noch immer das Schicksal Europens und der Welt abzuwiegen; Catharine, eine große Frau, die sich selbst des Throns würdig gehalten, gab tüchtigen hochbegünstigten Männern einen großen Spielraum der Herrscherin Macht immer weiter auszubreiten, und da dies über die Türken ge­ schah, denen wir die Verachtung mit welcher sie auf uns herniederbli­ cken reichlich zu vergelten gewohnt sind, so schien es als wenn keine Menschen aufgeopfert würden, indem diese Unchristen zu Tausenden fielen. Die brennende Flotte in dem Hafen von Tschesme verursachte ein allgemeines Freudenfest über die gebildete Welt und jedermann nahm Teil an dem siegerischen Übermut, als man, um ein wahrhaf­ tes Bild jener großen Begebenheit übrig zu behalten, zum Behuf eines künstlerischen Studiums, auf der Reede von Livorne sogar ein Kriegs­ schiff in die Luft sprengte. Nicht lange darauf ergreift ein junger nor­ discher König gleichfalls aus eigner Gewalt die Zügel des Regiments; die Aristokraten die er unterdrückt werden nicht bedauert, denn die Aristokratie überhaupt hatte keine Gunst bei dem Publikum, weil sie ihrer Natur nach im Stillen wirkt und um desto sicherer ist je weniger sie von sich reden macht, und in diesem Falle dachte man von dem jun­ gen König um desto besser weil er um den obersten Stande das Gleich­ gewicht zu halten die Unteren begünstigen und an sich knüpfen mußte.

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perbene si crea di riflesso un interesse arbitrario, come in una scommessa, con vincite o perdite di poco conto; e poi, come a teatro, partecipa con trasporto, ma comunque solo con l’immaginazione, alla fortuna o sfortuna altrui. Questa partecipazione sembra spesso arbitraria ma si basa invece su presupposti morali, perché all’inizio diamo la dovuta approvazione alle intenzioni lodevoli ma poi, trascinati da un improvviso successo, prendiamo le parti di colui che avremmo invece biasimato in base ai princìpi. Quell’epoca ci procurava abbondante materia a questo riguardo. Federico ii, conscio della sua potenza, sembrava ancora tenere in mano i destini dell’Europa e del mondo; Cateri­ na, una gran donna che si riteneva degna del trono, conce­ deva ampio spazio a uomini intraprendenti che godevano del suo favore affinché ampliassero sempre più la potenza della sovrana, e poiché ciò accadeva a spese dei turchi, che ci guardavano dall’alto in basso con un disprezzo da noi abbondantemente ricambiato, sembrava quasi che a morire non fossero uomini, mentre invece gli infedeli cadevano a migliaia. La flotta in fiamme nel porto di Çeşme provocò manifestazioni di giubilo generale nel mondo civile, e cia­ scuno condivise l’orgoglio del vincitore quando, per conser­ vare un’immagine veridica di quel grande avvenimento, si fece persino saltare in aria una nave da guerra nella rada di Livorno per poterla riprodurre in un quadro48. Poco tempo dopo un giovane re del Nord prese di sua propria iniziativa le redini del regno49; nessuno provò compassione per gli ari­ stocratici che egli defraudò, perché l’aristocrazia in genere non godeva del favore del pubblico: essa opera per sua natu­ ra nell’ombra ed è tanto più potente quanto meno fa parlare di sé. In questo caso l’opinione che si aveva del giovane re era ancora più favorevole, perché per ridimensionare il ceto superiore dovette favorire e legare a sé quello inferiore.

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Noch lebhafter aber war die Welt interessiert als ein | ganzes Volk sich zu befreien Miene machte. Schon früher hatte man demselben Schauspiel im Kleinen gern zugesehn; Corsica war lange der Punkt gewesen auf den sich aller Augen richteten; Paoli, als er sein patrioti­ sches Vorhaben nicht weiter durchzusetzen im Stande durch Deutsch­ land nach England ging zog aller Herzen an sich; es war ein schöner schlanker Blonder Mann voll Anmut und Freundlichkeit, ich sah ihn in den Bethmannischen Hause wo er kurze Zeit verweilte und den Neu­ gierigen, die sich zu ihm drängten mit heiterer Gefälligkeit begegnete. Nun aber sollten sich in dem entfernteren Weltteil ähnliche Auftritte wiederholen, man wünschte den Amerikanern alles Glück und die Na­ men Franklin und Washington fingen an am politischen und kriegeri­ schen Himmel zu glänzen und zu funkeln. Manches zu Erleichterung der Menschheit war geschehen, und als nun gar ein neuer wohlwollen­ der König von Frankreich die besten Absichten zeigte, sich selbst zu Beseitigung so mancher Mißbräuche und zu den edelsten Zwecken zu beschränken eine regelmäßig auslangende Staatswirtschaft einzufüh­ ren, sich aller willkürlichen Gewalt zu begeben, und durch Ordnung wie durch Recht allein zu herrschen, so verbreitete sich die heiterste Hoffnung über die ganze Welt und die zutrauliche Jugend, glaubte sich und ihren ganzen Zeitgeschlechte eine schöne, ja herrliche Zukunft versprechen zu dürfen. An allen diesen Ereignissen nahm ich jedoch nur insofern Teil als sie die größere Gesellschaft interessierten, ich selbst und mein engerer Kreis befaßten uns nicht mit Zeitungen und Neuigkeiten; uns war darum zu tun den Menschen kennen zu lernen, die Menschen überhaupt ließen wir gern gewähren. Der beruhigte Zustand des deutschen Vaterlandes in welchem sich auch meine Vaterstadt schon über hundert Jahre eingefügt sah hatte sich trotz manchen Kriegen und Erschütterungen in seiner Gestalt voll­

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Ma l’interesse della gente fu ancora più vivace quando un | intero popolo mostrò di volersi rendere indipendente. Già in precedenza si era assistito volentieri a quello spetta­ colo, ma in piccolo: a lungo gli occhi di tutti rimasero pun­ tati sulla Corsica e quando il Paoli, non potendo più portare avanti il suo progetto patriottico, attraversò la Germania per andarsene in Inghilterra, portò con sé tutti i cuori50. Era un bell’uomo alto e biondo, ricco di grazia e di cortesia; lo incontrai a casa Bethmann dove si fermò per breve tempo, ricevendo con allegra cordialità i curiosi che si accalcavano per conoscerlo. Ora che episodi del genere si stavano ripe­ tendo nella parte più lontana del mondo, si augurava buona fortuna agli americani e i nomi di Franklin e Washington cominciarono a splendere, brillando nel firmamento politi­ co e bellico51. Diversi eventi avevano contribuito a miglio­ rare la condizione dell’umanità, e quando anche il nuovo, benevolo re di Francia52 manifestò la lodevole intenzione di provvedere all’eliminazione degli abusi e alla promozione di scopi più elevati, di introdurre un’economia nazionale regolamentata e aperta e di rinunciare a ogni uso arbitrario del potere governando solo in base al diritto e all’ordine, si diffusero in tutto il mondo le più rosee speranze e i giovani ottimisti credettero di intravvedere per sé e per tutta la loro generazione un avvenire non solo bello, addirittura meravi­ glioso. A tutti questi avvenimenti partecipai solo per quel tanto che riguardava la società nel suo complesso; io e la mia cerchia più ristretta non avevamo interesse per giorna­ li e novità. Il nostro intento era conoscere l’essere umano; l’umanità nel suo complesso facesse pure come voleva. La condizione di pace della patria tedesca, di cui anche la mia città godeva da oltre cento anni, si era conservata perfettamente nella sua forma, nonostante alcune guerre e

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kommen erhalten. Einem gewissen Behagen günstig war, daß von dem Höchsten bis zu dem Tiefsten, von dem Kaiser bis zu dem Juden | he­ runter die mannigfaltigste Abstufung alle Persönlichkeiten anstatt sie zu trennen zu verbinden schien. Wenn dem Kaiser sich Könige sub­ ordinierten so gab diesen ihr Wahlrecht und die dabei erworbenen und behaupteten Gerechtsame ein entschiedenes Gleichgewicht. Nun aber, war der hohe Adel in die erste Königliche Reihe verschränkt, so daß er seiner bedeutenden Vorrechte gedenkend sich ebenbürtig mit dem Höchsten achten konnte ja im gewissen Sinne noch höher indem ja die geistlichen Kurfürsten allen andern vorangingen und als Spröß­ linge der Hierarchie einen unangefochtenen ehrwürdigen Raum be­ haupteten. Bedenke man nun der außerordentlichen Vorteile welche diese alt­ gegründeten Familien zugleich und außerdem in Stiftern, Ritterorden, Ministerien, Vereinigungen und Verbrüderungen genossen haben so wird man leicht denken können daß diese große Masse von bedeu­ tenden Menschen, welche sich zugleich als subordiniert und als ko­ ordiniert fühlten in höchster Zufriedenheit und geregelter Welttätigkeit ihre Tage zubrachten, und ein gleiches Behagen ihren Nachkommen ohne besondere Mühe vorbereiteten und überließen. Auch fehlte es dieser Klasse nicht an geistiger Kultur; denn schon seit hundert Jahren hatte sich erst die hohe Militär- und Geschäftsbildung bedeutend her­ vorgetan und sich des ganzen vornehmen so wie des diplomatischen Gleises bemächtigt zugleich aber auch durch Literatur und Philosophie die Geister zu gewinnen und auf einen hohen der Gegenwart nicht all­ zugünstigen Standpunkt zu versetzen gewußt. In Deutschland war es noch kaum jemand eingefallen jene unge­ heure privilegierte Masse zu beneiden oder ihr die glücklichen Welt­ vorzüge zu mißgönnen; der Mittelstand hatte sich ungestört dem

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sconvolgimenti. Un certo benessere era favorito dal fatto che dall’alto in basso, dall’imperatore giù giù fino all’ulti­ mo ebreo, | le molteplici gradazioni della gerarchia sociale parevano unire le persone più che dividerle. Quando i re si erano subordinati all’imperatore, il diritto di voto e le relati­ ve prerogative che in quell’occasione avevano ottenuto e ri­ affermato garantivano loro una posizione di equilibrio. Ora, l’alta nobiltà comprendeva anche la parentela di primo gra­ do con i ranghi reali cosicché, memore dei suoi importanti privilegi, poteva considerarsi alla pari dell’imperatore, anzi, in un certo senso persino superiore dato che gli elettori ecclesiastici precedevano in dignità tutti gli altri e, in quan­ to espressione della gerarchia della Chiesa, vantavano un incontestabile primato. Si pensi soltanto ai privilegi straordinari di cui gode­ vano quelle famiglie di antico lignaggio, e si aggiungano fondazioni religiose, ordini cavallereschi, ministeri, asso­ ciazioni e confraternite: è facile immaginare come questa moltitudine di persone importanti, che si percepivano come subordinate e coordinate allo stesso tempo, trascorresse i suoi giorni nella massima soddisfazione e in attività abitu­ dinarie, preparando e tramandando senza particolari fatiche un uguale benessere ai loro successori. A questo ceto non mancava nemmeno la cultura, perché già da cento anni la formazione militare e amministrativa era notevolmente mi­ gliorata affermandosi in tutti gli ambienti più elevati e in quelli diplomatici, ma allo stesso tempo aveva saputo con­ quistare le menti anche grazie alla letteratura e alla filosofia, portandole a un livello che non era troppo favorevole alla situazione presente. In Germania non era ancora venuto in mente a nessu­ no di invidiare quell’incredibile massa di privilegiati, né di negarle quelle fortunate prerogative. Il ceto medio si era

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Handel und den Wissenschaften gewidmet und hatte freilich dadurch so wie durch die nahverwandte Technik sich zu einem bedeutenden Gegengewicht erhoben; ganz oder halb freie Städte begünstigten diese Tätigkeit so wie die Menschen darin ein gewisses ruhiges Behagen empfanden. Wer seinen Reichtum | vermehrt, seine geistige Tätigkeit besonders im juristischen und Staatsfache gesteigert sah, der konnte sich überall eines bedeutenden Einflusses erfreuen. Setzte man doch bei den höchsten Reichsgerichten und auch wohl sonst, der adlichen Bank eine Gelehrten Bank gegenüber; die freiere Übersicht der einen mochte sich mit der tieferen Einsicht der andern gerne befreunden und man hatte im Leben durchaus keine Spur von Rivalität; der Adel war sicher in seinen unerreichbaren durch die Zeit geheiligten Vorrechten und der Bürger hielt es unter seiner Würde durch eine seinem Namen vorgesetzte Partikel nach dem Schein derselben zu streben. Der Han­ delsmann, der Techniker, hatte genug zu tun um mit den schneller vorschreitenden Nationen einigermaßen zu wetteifern. Wenn man die gewöhnlichen Schwankungen des Tages nicht beachten will so durfte man wohl sagen, es war in Ganzen eine Zeit eines reinen Bestrebens, wie sie früher nicht erschienen noch auch in der Folge wegen äußern und innern Steigerungen sich lange erhalten konnte. In dieser Zeit war meine Stellung gegen die oberen Stände sehr günstig, wenn auch im Werther die Unannehmlichkeiten an der Grenze zweier bestimmter Verhältnisse mit Ungeduld ausgesprochen sind, so ließ man das in Betracht der übrigen Leidenschaftlichkeiten gelten in­ dem jedermann wohl fühlte daß es hier auf keine unmittelbare Wirkung angesehen sei. Durch Götz von Berlichingen aber war ich gegen die obern Stän­ de sehr gut gestellt; was auch an Schicklichkeiten bisheriger Literatur mochte verletzt sein, so war doch auf eine kenntnisreiche und tüchti­ ge Weise das altdeutsche Verhältnis, den unverletzbaren Kaiser an der

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dedicato indisturbato al commercio e alle scienze e così, anche grazie alla tecnica loro collegata, si era elevato al punto da costituire un contrappeso significativo. Le città li­ bere o semi-libere favorivano quelle attività e i loro abitanti godevano di una discreta e tranquilla prosperità. Chi ve­ deva accrescersi le proprie | ricchezze o aumentare la pro­ pria attività intellettuale soprattutto in ambito giuridico o amministrativo, acquistava un notevole influsso, tanto che nei supremi tribunali imperiali o altrove si aggiungeva al banco dei nobili quello dei dotti: così la più ampia visione dei primi poteva di buon grado abbinarsi alla comprensione più profonda dei secondi, e nel quotidiano non si percepiva alcuna traccia di rivalità. La nobiltà si sentiva sicura nei suoi privilegi inattaccabili e santificati dal tempo, mentre il cittadino riteneva indegno aspirare a una parvenza di nobil­ tà tramite una particella da anteporre al suo nome. Il com­ merciante, l’artigiano erano sufficientemente impegnati nel tenere il passo con le nazioni dal progresso più rapido53. Senza calcolare le piccole oscillazioni momentanee, si può ben dire che nel complesso era un periodo di nobili aspira­ zioni come non si era mai visto prima e che non si sarebbe mantenuto a lungo a causa degli sviluppi interni ed esterni. In quella fase la mia posizione nei confronti delle classi superiori era molto favorevole, e anche se nel Werther il disagio che si percepisce nella zona di contatto tra le due condizioni era espresso con una certa insofferenza, lo si giustificava alla luce del tono appassionato dell’opera, poi­ ché si capiva che era privo di qualsiasi effetto intenzionale e immediato. Con Götz von Berlichingen ero invece entrato decisa­ mente nelle grazie dei ceti elevati; potevo forse aver bistrat­ tato qualche convenzione letteraria, ma avevo rappresen­ tato con competenza storica e vivacità l’antica condizione

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Spitze, mit manchen andern Stufen und ein Ritter dargestellt der im allgemein gesetzlosen Zustande als einzelner Privatmann, wo nicht ge­ setzlich, doch rechtlich zu handeln dachte und dadurch in sehr schlim­ me Lagen gerät. Dieser Komplex aber war nicht aus der Luft gegriffen, sondern durchaus heiter lebendig und deshalb auch wohl hie und da ein wenig | modern aber doch immer in dem Sinne vorgeführt wie der wa­ ckere tüchtige Mann sich selbst, und also wohl zu leidlichen Gunsten, in eigner Erzählung dargestellt hatte. Die Familie blühte noch, ihr Verhältnis zu der fränkischen Ritter­ schaft war in ihrer Integrität geblieben, wenn diese Verhältnisse, wie Anderes jener Zeit bleicher und unwirksamer mochten geworden sein. Nun erhielt auf einmal das Flüßlein Jaxd die Burg Jaxdhausen eine poetische Bedeutung, sie wurden besucht, so wie das Rathaus zu Heil­ bronn. Man wußte daß ich noch andere Punkte jener Zeitgeschichte mir in den Sinn genommen hatte und manche Familie die sich aus jener Zeit noch tüchtig herschrieb hatte die Aussicht ihren Ältervater gleich­ sam ans Tageslicht hervorgezogen zu sehen. Es entsteht ein eigenes allgemeines Behagen, wenn man einer Na­ tion ihre Geschichte auf eine geistreiche Weise wieder zur Erinnerung bringt; sie erfreut sich der Tugenden ihrer Vorfahren belächelt die Män­ gel derselben welche sie längst überwunden zu haben glaubt. Teilnah­ me und Beifall kann daher einer solchen Darstellung nicht fehlen, und ich hatte mich in diesem Sinne einer vielfachen Wirkung zu erfreuen. Merkwürdig möchte es jedoch sein daß unter den zahlreichen An­ näherungen und in der Zahl der jungen Leute die sich an mich an­ schlossen kein Edelmann war, aber dagegen waren manche die schon in die dreißig gelangt mich aufsuchten, besuchten und in deren Wollen und Bestreben eine freudige Hoffnung sich durchzog sich in vaterlän­ dischen und allgemein menschlicheren Sinne ernstlich auszubilden.

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tedesca, l’imperatore inviolabile al vertice, diversi gradi no­ biliari intermedi e infine un cavaliere che in una situazione di anarchia generale pensa di agire come privato cittadino se non secondo la legge, almeno secondo giustizia, finendo così in una situazione tragica. Tutto il complesso però non era campato in aria, era descritto fresco e vivo e per questo forse anche un po’ | modernizzato qua e là, ma comunque sempre rispettoso del resoconto in cui quell’uomo sveglio e coraggioso aveva descritto se stesso, mettendosi ovviamen­ te in una luce piuttosto favorevole. Quella famiglia esisteva ancora, il rapporto con la nobil­ tà francone si era serbato intatto sebbene quei fatti, come tante altre cose dei tempi passati, fossero divenuti pallidi e sbiaditi. Ora tutto a un tratto il fiumiciattolo Jagst e il castello di Jagsthausen acquistavano rilevanza poetica, si andava a visi­ tarli come il municipio di Heilbronn. Era risaputo che avevo in mente anche altri episodi della storia di quei tempi, e parec­ chie famiglie che vantavano antenati fino a quell’epoca nutri­ vano la speranza di veder riportare alla luce anche i loro avi. Richiamando alla memoria di una nazione la sua storia in modo intelligente, si produce un generale senso di sod­ disfazione; ci si rallegra delle virtù dei propri antenati e si sorride dei difetti che si crede di aver superato ormai da tempo. Un’opera del genere non può non suscitare simpatia e approvazione, e da questo punto di vista assistetti con pia­ cere ai molti effetti che produsse. Mi parve invece strano che tra le moltissime persone che mi avvicinarono e nella folla dei giovani che mi seguirono non vi fosse alcun nobile; a cercarmi, a farmi visita erano invece molti che avevano già raggiunto la trentina e che, pervasi da una lieta speranza, volevano e auspicavano un serio miglioramento patriottico e umano in generale.

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Zu dieser Zeit war denn überhaupt die Richtung nach der Epoche zwischen dem 15. und 16. Jahrhundert eröffnet und lebendig. Die Wer­ ke Ulrichs von Hutten kamen mir in die Hände und es schien wunder­ sam genug daß in unsern neuern Tagen sich das Ähnliche, was dort her­ vorgetreten hier sich gleichfalls wieder zu manifestieren schien. Unter solchen Männern die ich kennen lernte ging durch ihr | Bestreben und Handeln ein ernster hoffnungsvoller Zug durch sich in vaterländischen und allgemein sittlichen Sinne möglichst auszubilden. Ulrich von Hutten an Billibald Pyrkheymer. Was uns das Glück gegeben nimmt es meist wieder weg und das nicht allein, auch alles Andere was sich an den Menschen von außen anschließt, sehen wir dem Zufall unterworfen. Nun aber streb’ ich nach Ehren, die ich ohne Mißgunst zu erlangen wünschte, ja welcher Weise es auch sei; denn es besitzt mich ein heftiger Durst nach dem Ruhm daß ich soviel als möglich geadelt zu sein wünschte. Es würde schlecht mit mir stehen, teurer Billibald, wenn ich mich schon jetzt für einen Edelmann hielte ob ich gleich in diesem Rang, dieser Familie, von sol­ chen Eltern geboren worden, wenn ich mich nicht durch eigenes Be­ streben geadelt hätte. Ein so großes Werk hab ich im Sinne! ich denke höher, nicht etwa daß ich mich in einen vornehmeren glänzenden Stand versetzt sehen möchte, sondern anderwärts möcht ich eine Quelle su­ chen, aus der ich einen besondern Adel schöpfte und nicht unter die wahnhaften Edelleute gezählt würde, zufrieden mit dem was ich von meinen Voreltern empfangen, sondern daß ich zu jenen Gütern noch etwas selbst hinzugefügt hätte was von mir auf meine Nachkommen hinüberginge. Hiebei hängt zwar nicht alles vom Glück ab, aber es hat Teil daran, wieviel, wüßt ich nicht zu sagen. So will ich denn gestehen, daß ich auch wohl Glücksfälle erleben möchte, die mich durch einen günstigen Umschwung in die Höhe brächten. Daher ich denn mit meinen Studien und Bemühungen mich dahin wende und bestrebe entgegengesetzt in Meinung denenjenigen die alles dasjenige was ist, für genug achten; denn mir ist nichts dergleichen genug, wie ich Dir denn meinen Ehr­

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In quel periodo era nato un vivace interesse per il perio­ do collocato tra il xv e il xvi secolo. Mi capitarono tra le mani le opere di Ulrich von Hutten e fui abbastanza colpito vedendo che ai nostri giorni si manifestava di nuovo una situazione simile a quella dei suoi tempi. Gli uomini che conobbi allora mostravano nei desideri e nell’azione | una seria intenzione e la speranza di migliorarsi quanto più pos­ sibile in senso patriottico e morale in generale54. Ulrich von Hutten a Willibald Pirkheimer. «Quel che la fortuna ci ha elargito, di solito se lo ripren­ de, ma non solo: tutto ciò che l’uomo riceve dall’esterno è soggetto al caso. Ora, io desidero un onore che vorrei rag­ giungere in un modo o in un altro, ma senza suscitare risen­ timento; sono infatti così tanto assetato di gloria che deside­ ro nobilitarmi più di ogni altra cosa. Sarei davvero nei guai, caro Willibald, se mi considerassi un nobile già adesso, pur appartenendo a questo rango, a questa famiglia, pur avendo questi genitori, e non potessi invece nobilitarmi grazie ai miei propri sforzi. Ho in mente una grande impresa! Aspiro a cose più alte, che non significa volermi collocare in una condizione più elevata o più ricca: significa invece cercare altrove una sorgente da cui poter attingere un tipo diverso di nobiltà; non voglio essere annoverato tra i nobili sciocchi che si accontentano di ciò che hanno ricevuto dai nonni. Voglio aggiungere io stesso qualcosa ai beni ereditati, qual­ cosa che io trasmetterò a mia volta ai miei discendenti. In questo caso però non dipende tutto dalla fortuna, seb­ bene abbia la sua importanza – quanta, non saprei dire. Am­ metto quindi che mi piacerebbe avere qualche colpo di for­ tuna che, grazie a una congiuntura favorevole, mi aiutasse a elevarmi. Per questo studio e mi sforzo di perseguire scopi opposti a quelli di coloro che ritengono sufficiente ciò che già hanno. Per me non basta affatto, e ti ho già comunicato

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geiz dieser Art, nicht gefordert ja nicht einmal gebeten bekannt habe. Und so gesteh ich denn daß ich diejenigen nicht beneide die, von den untersten Ständen ausgegangen, über meine Zustände hinausgeschrit­ ten sind, und hier bin ich mit den Männern | meines Standes keineswegs übereindenkend welche diejenigen die, eines niedrigen Ursprungs, sich durch Tüchtigkeit hervorgetan haben, zu schimpfen pflegen. Denn mit vollkommenem Rechte werden diejenigen uns vorgezogen welche den Stoff des Ruhms, den wir selbst vernachlässigt, für sich ergriffen und in Besitz genommen; sie mögen Söhne von Walkern oder Gerbern sein, haben sie doch mit mehr Schwierigkeit, als wir gefunden hätten, der­ gleichen zu erlangen gewußt. Nicht allein ein Tor ist der Ungelehrte zu nennen, welcher denje­ nigen beneidet der durch Kenntnisse sich hervorgetan, sondern unter die Elenden, ja unter die Elendesten zu zählen; und an diesem Fehler kranket unser Adel ganz besonders daß er solche Zieraten quer ansehe. Denn was bei Gott heißt es, den beneiden der das besitzt was wir ver­ nachlässigten, warum haben wir uns der Gesetze nicht befleißigt? die schöne Gelahr[t]heit, die besten Künste warum nicht selbst gelernt, da sind uns nun Schuster, Walker und Wagner vorgelaufen. Warum haben wir die Stellung verlassen, warum die freisten Studien den Dienstleu­ ten und, schändlich für uns! ihrem Schmutz überlassen. Ganz rechtmä­ ßig hat das Erbteil des Adels, das wir verschmähten ein jeder Gewand­ ter Fleißiger in Besitz nehmen und durch Tätigkeit benutzen können. Wir Elenden! die dasjenige vernachlässigen was einen jeden Unters­ ten sich über uns zu erheben genügt, hören wir doch auf zu beneiden und suchen dasjenige auch zu erlangen was zu unsrer schimpflichen Beschämung, andere sich anmaßen. Was man hintansetzt gehört allen; und wollen wir nicht jene Zugänge, die allen offenstehen, die uns zu besetzen leichter als jenen geworden wäre, völlig aufgeben wenn wir nicht uns hervorzutun völlig Verzicht täten, und da wir uns mit viel

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la mia ambizione in proposito, senza bisogno che tu me lo chiedessi né mi sollecitassi. E di conseguenza confesso an­ che di non invidiare coloro che, partendo dai ceti inferiori, sono saliti al di sopra di me; in questo non la penso | affatto come quelli tra i miei pari che usano denigrare coloro che, da umili origini, si sono fatti strada grazie alla loro intra­ prendenza. Ritengo infatti giustissimo anteporre a noi quelli che si sono conquistati e impadroniti delle occasioni di glo­ ria che noi abbiamo trascurato; siano anche figli di follatori o conciatori, hanno comunque saputo ottenere quel risultato con molta più fatica di quanta ne avremmo fatta noi. L’ignorante che invidia coloro che si sono fatti strada grazie al loro sapere non è solo folle, ma anche miserabi­ le, anzi, un miserabile della peggior specie; e questo vizio affligge in modo particolare la nostra nobiltà, che non vede di buon occhio quei meriti. Per Dio, che senso ha invidiare chi possiede i pregi che noi abbiamo disdegnato? Perché non ci siamo impegnati nello studio della giurisprudenza? La bella erudizione, le arti migliori, perché non le abbiamo coltivate anche noi? Così ciabattini, follatori e carrettieri ci precedono. Perché abbiamo abbandonato le posizioni, per­ ché abbiamo lasciato le arti più liberali ai servitori o addirit­ tura, vergogna!, alla loro feccia? A buon diritto chi è capace e intraprendente si è potuto impadronire del retaggio della nobiltà che noi abbiamo disprezzato e lo ha messo a frutto55. Peggio per noi, che trascuriamo ciò che permette a un qual­ siasi sottoposto di elevarsi al di sopra di noi: smettiamola di essere invidiosi e cerchiamo anche noi di conseguire ciò di cui altri si fregiano, a nostra grande vergogna. Quello che si abbandona appartiene a tutti; vogliamo davvero ignorare completamente quelle vie di ascesa che sono aperte a tutti e che noi potremmo percorrere con maggior facilità di altri, vogliamo rinunciare del tutto a darci da fare? Ci occupiamo

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geringeren Dingen abgeben es nur durch Düsterheit und Faulheit ver­ langten. Jedes Verlangen nach Ruhm ist ehrbar, aller Kampf um das Tüchti­ ge lobenswürdig; mag doch jedem Stand seine eigene Ehre bleiben ihm eine eigene Zierde gewährt sein; jene Ahnenbilder will ich nicht ver­ achten so wenig als die | wohlausgestatteten Stammbäume, aber was auch deren Wert sei, ist nicht unser eigen wenn wir es nicht durch Ver­ dienste erst eigen machen, auch kann es nicht bestehen wenn der Adel nicht Sitten, die ihm geziemen, annimmt. Vergebens wird ein fetter und beleibter jener Hausväter die Standbilder seiner Vorfahren Dir aufzei­ gen, indes er selbst untätig eher einem Klotz ähnlich, als daß er jenen die ihm mit Tüchtigkeit voranleuchteten zu vergleichen wäre. Soviel hab ich Dir von meinem Ehrgeiz und meiner Beschaffenheit so weitläufig als aufrichtig vertrauen wollen. Wenn auch nicht in solchem Flusse des Zusammenhangs so hatte ich doch von meinen vornehmeren Freunden und Bekannten dergleichen tüchtige und kräftige Gesinnungen zu vernehmen, von welchen der Erfolg sich in einer redlichen Tätigkeit erwies. Es war zum Credo ge­ worden, man müsse sich einen persönlichen Adel erwerben und zeigte sich in jenen schönen Tagen irgend eine Rivalität so war es von oben herunter. Wir andern dagegen hatten was wir wollten: freien und gebilligten Gebrauch unsrer von der Natur verliehenen Talente, wie er wohl allen­ falls mit unsern bürgerlichen Verhältnissen bestehen konnte. Denn meine Vaterstadt hatte darin eine ganz eigene nicht genug­ sam beachtete Lage, wenn die nordischen freien Reichsstädte auf einen ausgebreiteten Handel, und die südlichern, bei zurücktretenden Han­ delsverhältnissen, auf Kunst und Technik gegründet standen, so war in Frankfurt am Mayn ein gewisser Komplex zu bemerken, welcher

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invece di cose molto più futili e ci consumiamo nella me­ diocrità e nella pigrizia. Ogni aspirazione alla gloria è onorevole, ogni sforzo per migliorarsi lodevole; è giusto che ogni ceto conservi i suoi onori e mantenga i suoi meriti! Non voglio certo sminuire gli antenati, né tanto meno gli | alberi genealogici ben ra­ mificati, ma qualsiasi valore essi abbiano, è vano se prima non lo facciamo nostro grazie ai nostri meriti personali, e non potrà sussistere se la nobiltà non adotterà quei compor­ tamenti che le si addicono. È inutile che uno di quei capifa­ miglia grassi e panciuti ti mostri i ritratti dei suoi antenati se lui è invece un inetto, simile più a un pezzo di legno che a coloro che con la loro operosità gli hanno illuminato il cammino. Ho voluto confidarti tutto questo, nel dettaglio e con sin­ cerità, a proposito della mia ambizione e della sua natura». Seppure non con la stessa eloquente coerenza sentivo anch’io esprimere dai miei amici e conoscenti più colti ana­ loghe intenzioni, solide e vigorose, i cui effetti si manife­ stavano in una genuina operosità. Era ormai convinzione generale che ciascuno dovesse conquistarsi una nobiltà per­ sonale, e se in quei bei tempi c’era della rivalità, era dall’al­ to verso il basso. Noi altri invece avevamo quello che volevamo: un uso libero e lecito dei talenti che la natura ci aveva concesso, per quanto era possibile in rapporto alla nostra condizione borghese. La mia città natale aveva infatti una situazione del tutto particolare e non adeguatamente considerata: se le città li­ bere del Nord si basavano su un esteso commercio e quelle del Sud, col ridursi dei rapporti commerciali, su artigiana­ to e industria, a Francoforte sul Meno si notava una situa­

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aus Handel, Kapitalvermögen, Haus- und Grundbesitz aus Wissen- und Sammlerlust zusammengeflochten schien. Die Lutherische Konfession führte das Regiment, die alte Ganerbschaft vom Hause Limburg den Namen führend, das Haus Frauenstein, mit seinen Anfängen nur ein Club, bei den Erschütterungen durch die untern Stände herbeigeführt, dem Verständigen getreu, der Jurist, der sonstige | Wohlhabende und Wohldenkende, niemand war von der Magistratur ausgeschlossen; selbst diejenigen Handwerker, welche zu bedenklicher Zeit an der Ordnung gehalten, waren Ratsfähig, wenn auch nur stationär auf ih­ rem Platze. Die andern verfassungsmäßigen Gegengewichte, formelle Einrichtungen und was sich alles an eine solche Verfassung anschließt gaben vielen Menschen einen Spielraum zur Tätigkeit indem Handel und Technik bei einer glücklich örtlichen Lage, sich auszubreiten in keinem Sinne gehindert waren. Der höhere Adel wirkte für sich unbeneidet und fast unbemerkt; ein Zweiter sich annähernder Stand mußte sonst strebsamer sein und, auf alten vermögenden Familienfundamenten beruhend, suchte er sich durch rechtliche und Staatsgelehrsamkeit bemerklich zu machen. Die sogenannten Reformierten bildeten wie auch an andern Orten die Refugié’s, eine ausgezeichnete Klasse und selbst wenn sie zu ihrem Gottesdienst in Bockenheim Sonntags in schönen Equipagen hinaus­ fuhren, war es immer eine Art von Triumph über die Bürgerabteilung welche berechtigt war bei gutem wie bei schlechtem Wetter in die Kir­ che zu Fuße zu gehen. Die Katholiken bemerkte man kaum; aber auch sie waren die Vor­ teile gewahr geworden, welche die beiden andern Konfessionen sich zugeeignet hatten. |

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zione intermedia che sembrava composta da un insieme di commercio, finanza, proprietà immobiliari e terriere, amore per la conoscenza e collezionismo. La confessione lutera­ na era al potere, ma nessuno era escluso dal governo della città: l’antica stirpe che ora portava il nome della casata di Limpurg, la casata di Frauenstein che all’inizio era solo una corporazione e rimase fedele alla parte moderata du­ rante gli scossoni provocati dalle classi inferiori, il giurista, ogni cittadino | benestante e rispettabile poteva partecipar­ vi; persino quegli artigiani che nei momenti critici56 si era­ no schierati dalla parte della legge potevano far parte del Consiglio, sebbene senza possibilità di avanzamento. Gli altri contrappesi costituzionali, le istituzioni e tutto quanto è previsto in un simile ordinamento davano libertà d’azione a molte persone mentre commercio e industria, grazie a una propizia posizione geografica, prosperavano senza impedi­ menti. L’aristocrazia conduceva vita a sé, non invidiata e quasi inosservata; la classe sociale che più le si avvicinava era invece più ambiziosa e, basandosi su solide ricchezze fa­ miliari, cercava di mettersi in mostra grazie a competenze giuridiche ed economiche. I calvinisti costituivano, come i rifugiati ugonotti in altri luoghi, una classe distinta; e quando la domenica si recava­ no a Bockenheim per le funzioni religiose con le loro belle carrozze era come una sorta di sfilata trionfale in barba a quella parte della cittadinanza che, con il buono o il cattivo tempo, aveva il diritto di andare a piedi in chiesa57. I cattolici non li si notava quasi, ma anche loro avevano beneficiato dei privilegi conquistati dalle altre due confes­ sioni. |

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Achtzehntes Buch Zu literarischen Angelegenheiten zurückkehrend, muß ich einen Um­ stand hervorheben, der auf die deutsche Poesie der damaligen Epoche großen Einfluß hatte, und besonders zu beachten ist, weil eben diese Einwirkung in den ganzen Verlauf unsrer Dichtkunst bis zum heutigen Tag gedauert hat und auch in der Zukunft sich nicht verlieren kann. Die Deutschen waren von den älteren Zeiten her an den Reim ge­ wöhnt, er brachte den Vorteil daß man auf eine sehr naive Weise ver­ fahren und fast nur die Sylben zählen durfte. Achtete man bei fort­ schreitender Bildung mehr oder weniger, instinktmäßig, auch auf Sinn und Bedeutung der Sylben; so verdiente man Lob, welches sich manche Dichter anzueignen wußten. Der Reim zeigte den Abschluß des poetischen Satzes, bei kürzeren Zeilen waren sogar die kleineren Einschnitte merklich, und ein natürlich wohlgebildetes Ohr sorgte für Abwechselung und Anmut. Nun aber nahm man auf einmal den Reim weg, ohne zu bedenken daß über den Sylbenwert noch nicht entschie­ den, ja schwer zu entscheiden war. Klopstock ging voran, wie sehr er sich bemüht und was er geleistet, ist bekannt. Jedermann fühlte die Unsicherheit der Sache, man wollte sich nicht gerne wagen, und aufge­ fordert durch jene Naturtendenz griff man nach einer poetischen Prosa. Geßners höchst liebliche Idyllen öffneten eine unendliche Bahn. Klop­ stock schrieb den Dialog von Hermanns Schlacht in Prosa, so wie den Tod Adams. Durch die bürgerlichen Trauerspiele so wie durch die Dra­ men bemächtigte sich ein empfindungsvoller höherer Styl des Thea­ ters, und umgekehrt zog der funffüßige Iambus, der sich durch Einfluß

Libro diciottesimo Tornando alle questioni letterarie, devo sottolineare una circostanza che ebbe grande influenza sulla poesia tedesca dell’epoca e che va tenuta presente soprattutto perché i suoi effetti si sono fatti sentire lungo tutto il corso della nostra poesia fino a oggi, e anche in futuro non andranno dimi­ nuendo. Fin dai tempi antichi i tedeschi erano abituati alla rima, che aveva il vantaggio di essere un procedimento molto semplice, bastava quasi solo contare le sillabe. Chi poi, con il progredire della formazione letteraria, prestava attenzione in modo più o meno istintivo anche al senso e al significato delle sillabe, si conquistava un encomio, come è accaduto a parecchi poeti. La rima segnava il termine della frase poetica, nei versi più brevi si notavano persino le cesure minori, e un orecchio particolarmente attento provvedeva a variazione e grazia. A un tratto però si eliminò la rima, senza considerare che il valore delle sillabe non era prefis­ sato, anzi, era difficile da stabilire. Klopstock aprì la stra­ da: quanto si impegnasse e con quali risultati, è ben noto58. Ognuno percepiva l’incertezza della cosa, nessuno osava esporsi, e sull’onda di una predilezione per la spontaneità si fece ricorso alla prosa ritmica. I gradevolissimi idilli di Geßner aprirono un terreno sconfinato59; Klopstock scrisse il dialogo della Battaglia di Arminio in prosa, come anche la Morte di Adamo60. Con le tragedie borghesi e i drammi ci si impadronì di uno stile teatrale elevato e sentimentale, e contemporaneamente il pentametro giambico, diffuso da

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der Engländer bei uns verbreitete, die Poesie zur Prosa herunter; allein die Forderungen an Rhythmus und Reim konnte man im | Allgemeinen nicht aufgeben. Ramler, obgleich nach unsichern Grundsätzen, streng gegen seine eigenen Sachen, konnte nicht unterlassen diese Strenge auch gegen fremde Werke geltend zu machen. Er verwandelte Prosa in Verse, veränderte und verbesserte die Arbeit anderer, wodurch er sich wenig Dank verdiente und die Sache noch mehr verwirrte. Am besten aber gelang es denen die sich des herkömmlichen Reims mit einer gewissen Beobachtung des Sylbenwertes bedienten und, durch natürlichen Geschmack geleitet, unausgesprochene und unentschiede­ ne Gesetze beobachteten, wie z. B. Wieland, der, obgleich unnachahm­ lich, eine lange Zeit mäßigern Talenten zum Muster diente. Unsicher aber blieb die Ausübung auf jeden Fall und es war keiner, auch der Besten, der nicht augenblicklich irre geworden wäre. Daher entstand das Unglück daß die eigentliche geniale Epoche unsrer Poesie weniges hervorbrachte was man in seiner Art korrekt nennen könnte, denn auch hier war die Zeit strömend, fordernd und tätig, aber nicht betrachtend und sich selbst genugtuend. Um einen Boden zu finden worauf man poetisch fußen, um ein Ele­ ment zu entdecken in dem man freisinnig atmen könnte, war man ei­ nige Jahrhunderte zurückgegangen wo sich aus einem chaotischen Zu­ stande ernste Tüchtigkeiten glänzend hervortaten und so befreundete man sich auch mit der Dichtkunst jener Zeiten. Die Minnesänger lagen zu weit von uns ab, die Sprache hätte man erst studieren müssen und das war nicht unsre Sache: wir wollten leben und nicht lernen. Hans Sachs, der wirklich meisterliche Dichter, lag uns am nächs­ ten; ein wahres Talent, freilich nicht wie jene Ritter und Hofmänner, sondern ein schlichter Bürger, wie wir uns auch zu sein rühmten. Ein

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noi per influsso degli inglesi61, abbassò la poesia verso la prosa, ma non si poté rinunciare del tutto alle | esigenze del ritmo e della rima. Sebbene si basasse su princìpi incerti, Ramler li applicò con severità nelle proprie opere, ma non seppe trattenersi dal farlo anche con quelle altrui: trasformò la prosa in versi, modificò e corresse i lavori di altri, ma ciò gli fruttò ben poca gratitudine e accrebbe ancor di più la confusione. Miglior riuscita ebbero coloro che si servirono della rima tradizionale con una certa considerazione per il valore sillabico e, guidati da un gusto naturale, rispettavano leggi non dette e non scritte come ad esempio Wieland che, per quanto inimitabile, servì a lungo da modello ai talenti più modesti. La prassi rimase comunque incerta e non c’era nessuno, nemmeno tra i migliori, che non rimanesse confu­ so almeno per un momento62. Da qui la sfortuna della nostra epoca che, pur essendo veramente geniale in fatto di poesia, produsse ben poche opere che, nel loro genere, potremmo definire corrette: fu infatti un’epoca impetuosa, esigente e attiva, ma non dedita alla riflessione né capace di soddisfare le proprie aspettative. Per trovare un terreno su cui fondare la poesia, per scoprire un elemento in cui si potesse respirare liberamente si tornò indietro di qualche secolo, quando da una condizione cao­ tica erano emersi poeti splendidi e capaci, e così si fami­ liarizzò anche con la poesia di quell’epoca. I Minnesänger erano troppo lontani da noi, avremmo dovuto prima studia­ re la loro lingua ma non faceva per noi63: volevamo vivere, non studiare. Hans Sachs, poeta davvero magistrale, era invece più vicino a noi; un autentico talento, in effetti non era uno di quei cavalieri e cortigiani ma un semplice cittadino come anche noi ci vantavamo di essere. Ci piaceva il suo reali­

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didaktischer Realism sagte uns zu, und wir benutzten den leichten Rhythmus, den sich bequem anbietenden Reim bei manchen Gelegen­ heiten. Es schien diese Art so bequem zur Poesie des Tages und deren bedurften wir jede Stunde. | 780

Wenn nun bedeutende Werke, wie manche der schon gemeldeten, wel­ che eine jahrelange ja eine lebenslängliche Aufmerksamkeit und Arbeit erforderten, auf so verwegenem Grunde, bei leichtsinnigen Anlässen mehr oder weniger aufgebaut wurden, so kann man sich denken, wie freventlich mitunter andere vorübergehende Produktionen sich gestal­ teten, z. B. die poetischen Episteln, Parabeln und Invektiven aller For­ men, womit wir fortfuhren uns innerlich zu bekriegen und nach außen Händel zu suchen. Außer dem schon abgedruckten ist nur Weniges davon übrig; es mag erhalten bleiben, kurze Notizen mögen Ursprung und Absicht denkenden Männern etwas deutlicher enthüllen. Tiefer Eindringende, denen diese Dinge künftig zu Gesicht kom­ men, werden doch geneigt bemerken daß allen solchen Exzentrizitä­ ten ein redliches Bestreben zu Grunde lag. Aufrichtiges Wollen streitet mit Anmaßung, Natur gegen Herkömmlichkeiten, Talent gegen For­ men, Genie mit sich selbst, Kraft gegen Weichlichkeit, unentwickeltes Tüchtiges gegen entfaltete Mittelmäßigkeit, so daß man jenes ganze Betragen als ein Vorpostengefecht ansehen kann, das auf eine Kriegs­ erklärung folgt und eine gewaltsame Fehde verkündigt. Denn genau besehen, so ist der Kampf in diesen fünfzig Jahren noch nicht aus­ gekämpft, er setzt sich noch immer fort, nur in einer höhern Region. Jene überprosaischen Handwerksopern waren mir, nachdem ich sie eine Zeitlang geduldet hatte doch endlich ganz zuwider. Ich erwählte mir einen romantischen Gegenstand in Claudine von Villabella, indem

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smo pedagogico e utilizzammo in diverse occasioni il ritmo semplice, la rima spontanea64. Quello stile era molto adatto alla poesia d’occasione, e vi facemmo ricorso in molte oc­ casioni. | Se dunque opere significative come alcune di quelle ricor­ date in precedenza, opere che richiesero l’attenzione e il lavoro di anni, se non di una vita intera, venivano costruite su un fondamento tanto precario e su premesse così incon­ sistenti, ci si può bene immaginare quanto dovessero essere azzardate certe composizioni occasionali come ad esempio le epistole poetiche, parabole e invettive di ogni sorta con cui continuavamo a tormentarci interiormente e ad attaccar briga con l’esterno. Oltre a quanto è già stato stampato, è rimasto ben poco altro, ma sarà conservato65 – brevi annotazioni possono rivelare con maggior chiarezza, a chi vorrà soffermarvisi, motivi e intenzioni. Chi invece vuole approfondire ulteriormente, trovandosi a disposizione queste cose constaterà benevolo che alla ra­ dice di tutte quelle eccentricità c’era comunque un’aspira­ zione sincera. Una volontà retta si scontra con l’arroganza, la natura con le tradizioni, il talento con la forma, il genio con se stesso, la forza con la mollezza, le capacità in nuce con la mediocrità ben sviluppata, tanto che nel suo insieme quel comportamento va considerato come le scaramucce esplorative che seguono una dichiarazione di guerra prean­ nunciando un conflitto più violento. A ben vedere, infatti, in questi cinquant’anni la battaglia non è ancora terminata; prosegue, ma su un livello più elevato. Quelle opere sugli artigiani, prosaiche all’eccesso, dopo averle tollerate per un po’ mi andarono definitivamente di traverso. Con Claudine di Villa Bella mi scelsi un tema ro­

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ich die Verknüpfung edler Gesinnungen mit vagabundischen Handlun­ gen als ein glückliches Motiv für die Bühne betrachtete, das zwar in spanischen Gedichten nicht neu war, aber uns zu jener Zeit. Jetzt ist es freilich oft gebraucht ja verbraucht worden.

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Ich hatte, nach Anleitung eines ältern deutschen Puppen- und Buden­ spiels, ein tolles Fratzenwesen ersonnen, | welches den Titel: Hanswursts Hochzeit führen sollte; das Schema war folgendes: Hanswurst, ein reicher elternloser Bauerssohn, welcher so eben mündig geworden, will ein reiches Mädchen, Namens Ursel Blandine, heiraten. Sein Vor­ mund Kilian Brustfleck, und ihre Mutter Ursel pp. sind es höchlich zu­ frieden. Ihr vieljähriger Plan ihre höchsten Wünsche werden dadurch endlich erreicht und erfüllt; hier findet sich nicht das mindeste Hin­ dernis und das Ganze beruht eigentlich nur darauf, daß das Verlangen der jungen Leute, sich zu besitzen, durch die Anstalten der Hochzeit und dabei vorwaltenden unerläßlichen Umständlichkeiten hingehalten wird. Als Prologus tritt der Hochzeitbitter auf, hält seine herkömmliche banale Rede und endiget mit den Reimen: Bei dem Wirt zur goldnen Laus Da wird sein der Hochzeitschmaus. Um dem Vorwurf der verletzten Einheit des Orts zu entgehen war im Hintergrunde des Theaters gedachtes Wirtshaus mit seinen Insignien glänzend zu sehen, aber so, als wenn es auf einem Zapfen umgedreht nach allen vier Seiten könnte vorgestellt werden, wobei sich jedoch die vordern Coulissen des Theaters schicklich zu verändern hatten. Im ersten Akt stand die Vorderseite nach der Straße zu, mit den goldnen nach dem Sonnenmikroskop gearbeiteten Insigne; im zweiten Akt, die Seite nach dem Hausgarten, die dritte nach einem Wäldchen, die vierte nach einem nahe liegenden See, wodurch denn geweissagt

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mantico, pensando che il connubio tra nobili sentimenti e le avventure di un giramondo fosse un motivo fortunato in teatro – non certo nuovo per la poesia spagnola, ma per noi a quell’epoca sì. Da allora in poi è stato spesso usato, anzi abusato66. Prendendo spunto da un’antica opera tedesca per burattini, avevo escogitato una fantastica pagliacciata | che avrebbe dovuto intitolarsi Le nozze di Hanswurst67. La trama era questa: Hanswurst, figlio di ricchi contadini rimasto orfano, appena divenuto maggiorenne vuole sposare una ragazza ricca di nome Ursula Blandina. Il tutore di lui, Kilian Pet­ tomacchiato, e la madre di lei Ursula ecc. ecc.68 sono sod­ disfattissimi: finalmente si compie il loro antico progetto, si realizza il loro massimo desiderio, non c’è il benché mini­ mo impedimento, e tutto ruota intorno alla smania dei due giovani di possedersi, ostacolata dai preparativi per il matri­ monio e dalle inevitabili formalità che vi sono connesse. Il prologo è affidato al cerimoniere, che tiene il solito banale discorsetto terminando con i versi: Nella locanda Al pidocchio dorato il banchetto di nozze sarà celebrato. Per sottrarmi al rimprovero di non rispettare l’unità di luo­ go, sul fondo della scena si vedeva già la locanda con la sua insegna luccicante, ma come se fosse su un perno e la si potesse girare facendone vedere tutti e quattro i lati; di volta in volta le quinte anteriori del palco dovevano essere opportunamente modificate. Nel primo atto si vede la facciata rivolta verso la strada, con l’insegna dorata disegnata con il microscopio solare; nel secondo il lato rivolto verso il cortile, poi il lato che guarda su un boschetto e nel quarto atto il lato che si affac­

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war, daß in folgenden Zeiten, es dem Dekorateur geringe Mühe ma­ chen werde einen Wellenschlag über das ganze Theater bis an das Souffleurloch zu führen. Durch alles dieses aber ist das eigentliche Interesse des Stücks noch nicht ausgesprochen; denn der gründliche Scherz ward bis zur Toll­ heit gesteigert, daß das sämtliche Personal des Schauspiels aus lauter deutschherkömmlichen Schimpf- und Ekelnamen bestand wodurch ihr Charakter | sogleich ausgesprochen und das Verhältnis zu einander ge­ geben war. Da wir hoffen dürfen daß Gegenwärtiges in guter Gesellschaft auch wohl im anständigen Familienkreise vorgelesen werde, so dürfen wir nicht einmal wie doch auf jedem Theater-Anschlag Sitte ist, unsre Per­ sonen hier der Reihe nach nennen, noch auch die Stellen wo sie sich am klarsten und eminentesten beweisen hier am Ort aufführen, obgleich auf dem einfachsten Wege, heitere, neckische, unverfängliche Bezie­ hungen und geistreiche Scherze sich hervortun müßten. Zum Versuch legen wir ein Blatt bei, unsern Herausgebern die Zuläs­ sigkeit, zu beurteilen anheim stellend. Vetter Schuft hatte das Recht, durch sein Verhältnis zur Familie, zu dem Fest geladen zu werden, niemand hatte dabei etwas zu erinnern; denn wenn er auch gleich durchaus im Leben untauglich war, so war er doch da, und weil er da war konnte man ihn schicklich nicht verleug­ nen; auch durfte man an so einem Festtage sich nicht erinnern daß man zuweilen unzufrieden mit ihm gewesen wäre. Mit Herrn Schurke war es schon eine bedenklichere Sache; er hatte der Familie wohl genutzt, wenn es ihm gerade auch nutzte, dagegen ihr auch wieder geschadet, vielleicht zu seinem eignen Vorteil, viel­ leicht auch weil er es eben gelegen fand. Die Mehr oder minder Klugen stimmten für seine Zulässigkeit, die wenigen die ihn wollten ausge­ schlossen haben wurden überstimmt. Nun aber war noch eine dritte Person über die sich schwerer ent­ scheiden ließ; in der Gesellschaft ein ordentlicher Mensch, nicht we­

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cia su un vicino laghetto, da cui si intuiva che alla fine lo scenografo, con poca fatica, avrebbe fatto invadere dall’ac­ qua tutta la scena fino alla buca del suggeritore. Ma con tutto questo non ho ancora detto qual è il vero motivo di interesse dell’opera: la base della farsa consisteva nel fatto che, in un crescendo fino alla follia, i nomi di tutti i personaggi erano improperi e insulti tipici tedeschi, che rivelavano però subito | il carattere e i rapporti reciproci. Poiché possiamo sperare che queste pagine vengano let­ te in buona società e magari anche in famiglie rispettabili, non possiamo fare come si usa sui cartelloni teatrali, dove si elencano in fila tutti i personaggi, né possiamo citare i passi in cui essi si esprimono in modo chiaro e inequivocabile, anche se sarebbe il modo migliore per far emergere i dialo­ ghi allegri, burloni e innocui e le battute spiritose. Come assaggio ne alleghiamo una pagina, lasciando ai cu­ ratori la facoltà di decidere se pubblicarla o meno69. Il cugino Gaglioffo, in virtù della sua parentela, aveva il diritto di essere invitato, e nessuno aveva obiezioni: anche se nella vita era un incapace totale, comunque c’era, e poi­ ché c’era, non lo si poteva ignorare. E in un giorno di festa come quello non era il caso di ricordare che talvolta si era stati scontenti di lui. Con il signor Mascalzone la cosa era già un po’ più com­ plicata; era stato utile alla famiglia, è vero, ma solo quan­ do gli conveniva; d’altra parte l’aveva anche danneggiata, magari a proprio vantaggio, forse solo perché gliene era capitata l’occasione. I più o meno furbi furono favorevo­ li a invitarlo, mettendo in minoranza i pochi che volevano escluderlo. C’era però anche una terza persona su cui era difficile decidere; in società era un uomo perbene come tanti altri,

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niger als andere, nachgiebig, gefällig und zu mancherlei zu gebrau­ chen; er hatte den einzigen Fehler daß er seinen Namen nicht hören konnte und sobald er ihn vernahm in eine Heldenwut, wie der Norde sie Berseckerwut benennt, augenblicklich geriet, alles rechts und links totzuschlagen drohte und in solchem Raptus teils beschädigte teils be­ schädigt ward: wie denn auch der zweite Akt des Stücks durch ihn ein sehr verworrenes Ende nahm. | Hier konnte nun der Anlaß unmöglich versäumt werden den räu­ berischen Maklot zu züchtigen. Er geht nämlich hausieren, mit seiner Maklotur, und wie er die Anstalten zur Hochzeit gewahr wird, kann er dem Trieb nicht widerstehen auch hier zu schmarutzen und auf anderer Leute Kosten seine ausgehungerten Gedärme zu erquicken. Er meldet sich, Kilian Brustfleck untersucht seine Ansprüche muß ihn aber ab­ weisen, denn alle Gäste, heißt es, seien anerkannte öffentliche Charak­ tere woran der Supplikant doch keinen Anspruch machen könne. Mak­ lot versucht sein Möglichstes um zu beweisen daß er eben so berühmt sei als jene. Da aber Kilian Brustfleck, als strenger Zeremonienmeister, sich nicht will bewegen lassen, nimmt sich jener Nicht-Genannte, der von seiner Bersecker-Wut am Schlusse des zweiten Akts sich wieder erholt hat, des ihm so nahe verwandten Nachdruckers so nachdrücklich an, daß dieser unter die übrigen Gäste schließlich aufgenommen wird. Um diese Zeit meldeten sich die Grafen Stollberg an, die auf einer Schweitzerreise begriffen bei uns einsprechen wollten. Ich war durch das frühste Auftauchen meines Talents im Göttinger Musenalmanach mit ihnen und sämtlichen jungen Männern, deren Wesen und Wirken bekannt genug ist, in ein gar freundliches Verhältnis geraten. Zu der da­ maligen Zeit hatte man sich ziemlich wunderliche Begriffe von Freund­ schaft und Liebe gemacht. Eigentlich war es eine lebhafte Jugend, die sich gegen einander aufknöpfte und ein talentvolles aber ungebildetes

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condiscendente, socievole e servizievole sotto più aspet­ ti, ma aveva l’unico difetto che non poteva soffrire il suo nome70, e non appena lo sentiva pronunciare era preso all’i­ stante da un ‘eroico furore’, come gli scandinavi chiamano la furia dei guerrieri, minacciando di annientare qualsiasi cosa intorno a lui71. Preso da quel raptus, in parte causava, in parte riceveva danni, ed è da attribuire a lui il finale cao­ tico del secondo atto. | Era impossibile non sfruttare l’occasione per mettere alla berlina quel furfante di Macklot. Se ne va di porta in porta con la sua macklottiglia72 e non appena si accorge dei preparativi per le nozze non può resistere alla tentazione di scroccare anche qui, ristorando le sue viscere affamate a spese altrui. Si presenta, Kilian Pettomacchiato esamina le sue credenziali ma lo rifiuta perché tutti gli ospiti, a suo dire, sono personaggi pubblici di rilievo, tra i quali il postu­ lante non può essere annoverato. Macklot tenta l’impossibi­ le per dimostrare che anche lui è celebre quanto gli altri, ma Kilian Pettomacchiato, da severo cerimoniere qual era, non si lascia convincere. Allora l’Innominabile, che si è riavuto dall’eroico furore che lo aveva colto alla fine del secondo atto, si prende a cuore l’editore pirata suo stretto parente e si dà talmente da fare finché non viene accolto anche lui tra gli ospiti. In quel periodo si fecero vivi i fratelli Stolberg che, in par­ tenza per un viaggio in Svizzera, volevano salutarci73. Fin dal primissimo apparire dei miei lavori sul «Göttinger Mu­ senalmanach» ero entrato in amicizia con loro e con molti altri giovani, le cui opere e personalità sono ben note. In quel periodo avevamo idee abbastanza astruse sull’amicizia e sull’amore; in realtà eravamo giovani vivaci che si apri­ vano l’uno con l’altro mostrando un’interiorità molto ricca

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Innere hervorkehrte. Einen solchen Bezug gegen einander, der freilich wie Vertrauen aussah hielt man für Liebe für wahrhafte Neigung; ich betrog mich darin so gut wie die andern und habe davon viele Jahre auf mehr als eine Weise gelitten. Es ist noch ein Brief von Bürgern aus jener Zeit vorhanden, woraus zu ersehen ist daß vom Sittlich-ästhe­ tischen unter diesen Gesellen keineswegs die Rede war. Jeder fühlte sich aufgeregt und glaubte gar wohl hiernach handeln und dichten zu dürfen. Die Gebrüder kamen an, Baron Haugwitz mit | ihnen; von mir wurden sie mit offener Brust empfangen, mit gemütlicher Schicklich­ keit. Sie wohnten im Gasthofe, waren zu Tische jedoch meistens bei uns. Das erste heitere Zusammensein zeigte sich höchst erfreulich, al­ lein gar bald traten exzentrische Äußerungen hervor. Zu meiner Mutter machte sich ein eigenes Verhältnis; sie wußte in ihrer tüchtigen graden Art sich gleich ins Mittelalter zurückzusetzen um als Aja bei irgend einer Lombardischen oder byzantinischen Prin­ zessin angestellt zu sein. Nicht anders als Frau Aja ward sie genannt und sie gefiel sich in dem Scherze und ging so eher in die Phantasterei­ en der Jugend mit ein, als sie schon in Götz von Berlichingens Haus­ frau ihr Ebenbild zu erblicken glaubte. Doch hiebei sollte es nicht lange bleiben, denn man hatte nur einige Male zusammen getafelt als schon nach ein und der andern genossenen Flasche Wein der poetische Tyrannenhaß zum Vorschein kam, und man nach dem Blute solcher Wütriche lechzend sich erwies. Mein Vater schüttelte lächelnd den Kopf; meine Mutter hatte in ihrem Leben kaum von Tyrannen gehört, doch erinnerte sie sich in Gottfrieds Chronik dergleichen Unmenschen in Kupfer abgebildet gesehen zu haben: den König, der in Gegenwart des Vaters das Herz des Söhnchens mit dem Pfeil getroffen zu haben triumphiert, wie ihr solches noch im Gedächt­ nis geblieben war. Diese und ähnliche aber immer heftiger werdende Äußerungen ins Heitere zu wenden, verfügte sie sich in ihren Keller, wo ihr von den ältesten Weinen wohl unterhalten große Fässer ver­ wahrt lagen. Nicht geringere befanden sich daselbst als die Jahrgänge

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ma non ancora affinata. Rapporti reciproci come quelli, che in realtà erano forse più una sorta di confidenza, li si ritene­ va invece amore e affetto autentico; anch’io mi ingannavo proprio come gli altri e ne ho sofferto per molti anni e in molte maniere74. Ho ancora una lettera di Bürger risalente a quel periodo, da cui si vede bene che tra noi amici non si parlava affatto di estetica o di morale; eravamo tutti pre­ si dall’entusiasmo e credevamo di poter agire e poetare di conseguenza. Arrivarono dunque i due fratelli, e con loro il barone Haugwitz75; | li accolsi a braccia aperte e con grande cordialità. Erano alloggiati in albergo, ma venivano per lo più a mangiare da noi. Il primo incontro fu gioioso e spen­ sierato, ma ben presto emerse la loro eccentricità. Con mia madre si instaurò un rapporto singolare; i suoi modi schietti e spicci la facevano sentire di casa anche nel Medioevo, e finì con l’immedesimarsi nel ruolo di istitutri­ ce di una qualche principessa longobarda o bizantina. La chiamavano sempre Donna Aja76, lo scherzo le piacque e anzi assecondò le fantasticherie dei ragazzi, visto che le era già sembrato di riconoscersi nella moglie di Götz von Ber­ lichingen. Ma non ci si fermò lì, perché dopo aver mangiato insieme un paio di volte, dopo qualche bottiglia di vino si manifestò l’odio poetico per i tiranni e tutti eravamo avidi del sangue di quegli oppressori. Mio padre scuoteva la testa ridendo, mia madre non aveva quasi sentito parlare di tiranni in vita sua, ma si ricordò di aver visto nella Cronaca di Gottfried delle incisioni che ritraevano quei mostri: il re che esulta per aver trafitto con una freccia il cuore di un bimbo davanti al padre, quella le era rimasta impressa77. Per volgere in alle­ gria quelle e altre evocazioni che si facevano sempre più mi­ nacciose, andò in cantina dove erano custodite grandi botti del vino più vecchio: niente meno che le annate del 1706,

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1706. 19. 26. 48. von ihr selbst gewartet und gepflegt, selten und nur bei feierlichen bedeutenden Gelegenheiten angesprochen. Indem sie nun in geschliffener Flasche den hochfarbigen Wein hin­ setzte, rief sie aus: hier ist das wahre Tyrannenblut! Daran ergötzt euch, aber alle Mordgedanken laßt mir aus dem Hause! So fanden sie sich auf die anmutigste Weise gelenkt und auf mäßige menschliche Wege geleitet. Ja wohl Tyrannenblut! rief ich aus; keinen größern | Tyrannen gibt es, als den dessen Herzblut man euch vorsetzt. Labt euch daran, aber mäßig! denn ihr müßt befürchten daß er euch durch Wohlgeschmack und Geist unterjoche. Der Weinstock ist der Universaltyrann, der aus­ gerottet werden sollte; zum Patron sollten wir deshalb den Heiligen Lykurgus den Thracier wählen und verehren; er griff das fromme Werk kräftig an aber vom betörenden Dämon Bachus verblendet und ver­ derbt verdient er in der Zahl der Märtyrer oben an zu stehen. Dieser Weinstock ist der allerschlimmste Tyrann, zugleich Heuchler, Schmeichler und Gewaltsamer. Die ersten Züge seines Blutes munden euch aber ein Tropfen lockt den andern unaufhaltsam nach; sie folgen sich wie eine Perlenschnur die man zu zerreißen fürchtet. Wenn ich hier, wie die besten Historiker getan, eine fingierte Rede je­ ner Unterhaltung einzuschieben in Verdacht geraten könnte, so darf ich den Wunsch aussprechen es möchte gleich ein Geschwindschreiber diese Peroration aufgefaßt und uns überliefert haben. Man würde die Motive genau dieselbigen und den Fluß der Rede vielleicht anmutiger und einladender finden. Überhaupt fehlt dieser gegenwärtigen Darstel­ lung im Ganzen die weitläufige Redseligkeit und Fülle einer Jugend, die sich fühlt und nicht weiß wo sie mit Kraft und Vermögen hinaus soll. In einer Stadt wie Frankfurt befindet man sich in einer wunder­ lichen Lage; immer sich kreuzende Fremde deuten nach allen Weltge­

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1719, 1726 e 1748 che custodiva e curava di persona e che toccava solo di rado, in occasioni solenni e significative. Mettendo in tavola la brocca di cristallo con il vino rosso scuro, esclamò: «ecco il vero sangue del tiranno! Godete­ velo, ma lasciate fuori da casa mia tutti i pensieri omicidi!» Così ci calmò con bella maniera, riconducendoci a discorsi più moderati e civili. «Eccolo, il sangue del tiranno!», esclamai, «e non c’è ti­ ranno | peggiore di quello di cui vi si sta porgendo il sangue. Ristoratevi, ma con misura, e state in guardia affinché non vi sottometta col suo gusto e lo spirito. La vite è il tiranno universale e dovrebbe essere annientata, come protettore dovremmo sceglierci e venerare San Licurgo di Tracia: si dedicò con vigore alla pia opera ma, accecato e ammazza­ to dall’inebriante demone Bacco, si è meritato di essere in cima alla lista dei martiri78. La vite è il peggior tiranno che ci sia, infido, adulatore e aggressivo insieme. Il suo sangue vi alletta con i primi sor­ si, ma poi una goccia tira inevitabilmente l’altra, come una collana di perle che si ha paura di spezzare». Sarebbe bello se uno scrivano rapidissimo avesse trascritto e tramandato quella perorazione, così non mi si potrebbe sospettare di interpolare qui un discorso inventato invece di quello originale, come facevano gli storici migliori79. Si ritroverebbero esattamente gli stessi concetti, mentre il flus­ so del discorso sarebbe forse più piacevole e suadente. Alla presente descrizione mancano, nel complesso, la loquacità e la pienezza di una gioventù che prende coscienza di sé e non sa come impiegare le sue energie e capacità80. In una città come Francoforte ci si trova in una strana si­ tuazione: un continuo viavai di stranieri ci conduce in tutte

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genden hin; früher war ich schon bei manchem Anlaß mobil geworden und gerade jetzt, im Augenblicke wo es drauf ankam einen Versuch zu machen ob man Lilli entbehren könne, wo eine gewisse peinliche Un­ ruhe mich zu allem bestimmten Geschäft unfähig machte, schien mir ein solcher Anlaß, ein solcher Ruf willkommen. Ich entschloß mich, begünstigt durch das Zureden meines Vaters, welcher eine Reise nach der Schweitz sehr gerne sah und mir empfahl einen Übergang | nach Italien, wie es sich fügen und schicken wollte nicht zu versäumen. Ge­ packt war bald; mit einiger Andeutung, aber ohne Abschied, trennt’ ich mich von Lilli; sie war mir so ins Herz gewachsen daß ich mich gar nicht von ihr zu entfernen glaubte. In wenigen Stunden war ich mit meinen lustigen Gefährten in Darmstadt. Bei Hofe daselbst sollte man sich noch ganz schicklich betragen, hier hatte Graf Haugwitz eigentlich die Führung und Leitung, als der Jüngste von uns, wohlgestaltet, von zartem edlem Ansehn, weichen freundlichen Zügen sich immer gleich, teilnehmend, aber mit solchem Maße daß er gegen die andern als in­ passibel abstach. Er mußte deshalb von ihnen allerlei Spottreden und Benamsungen erdulden. Dies mochte gelten so lange sie glaubten als Naturkinder sich zeigen zu können, wo es aber denn doch auf Schick­ lichkeit ankam und man, nicht ungern, genötigt war wieder einmal als Graf aufzutreten, da wußte Er alles einzuleiten, und zu schlichten daß wir, wenn nicht mit dem besten doch mit leidlichen Rufe davon kamen. Ich brachte unterdessen meine Zeit bei Merk zu, welcher meine vorgenommene Reise mephistophelisch querblickend ansah und mei­ ne Gefährten mit schonungsloser Verständigkeit zu schildern wußte. Er kannte mich nach seiner Art durchaus; die unüberwindliche naive Gutmütigkeit meines Wesens war ihm schmerzlich, das ewige Gelten­ lassen, das Leben und Lebenlassen war ihm ein Greuel. »Daß du mit

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le parti del mondo. Già in passato avevo avuto l’occasione di mettermi in viaggio e proprio adesso, nel momento in cui si trattava di capire se ero in grado di fare a meno di Lili, quando una certa penosa irrequietudine mi rendeva im­ possibile dedicarmi a una qualsiasi occupazione specifica, quella sollecitazione, quell’invito mi fu benvenuto. Decisi di partire, incoraggiato da mio padre che vedeva molto di buon occhio un viaggio in Svizzera e che mi consigliò di non trascurare, se se ne fosse presentata l’occasione, | di fare una capatina in Italia. Il bagaglio fu presto pronto; con un accenno, ma senza un vero e proprio addio mi separai da Lili; si era talmente radicata nel mio cuore che non mi pareva possibile allontanarmi da lei. Poche ore dopo ero a Darmstadt con i miei allegri compagni di viaggio. A corte bisognava assolutamente comportarsi in modo appropriato e il conte Haugwitz assunse la direzione e il controllo: era il più giovane tra noi, ben fatto, di aspetto nobile e delica­ to con lineamenti dolci e cordiali, sensibile ma così riser­ vato che in confronto agli altri due appariva impassibile. Per questo doveva sopportare scherzi e nomignoli di ogni genere, ma solo finché sapevano che potevano comportar­ si come figli della natura; nel momento in cui dovevano invece attenersi all’etichetta ed erano costretti a comparire nel ruolo di conti – cosa che non dispiaceva loro affatto –, Haugwitz sapeva predisporre e guidare le cose in modo da ripartire lasciando dietro di noi un’opinione se non delle migliori, almeno accettabile. Io invece trascorsi il mio tempo con Merck, che col suo fare mefistofelico mal vedeva il viaggio che avevo intrapre­ so e fece un ritratto impietoso ma calzante dei miei compa­ gni. A modo suo mi conosceva benissimo e lo infastidiva l’invincibile e ingenua bontà della mia natura; l’eterno la­ sciar fare, vivi e lascia vivere era per lui un orrore. «È una

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diesen Burschen ziehst, ist ein dummer Streich«; rief er, und er schil­ derte sie, denn sie hatten ihn auch besucht, treffend aber nicht ganz richtig. Durchaus fehlte ein Wohlwollen, daher ich glauben konnte ihn zu übersehen, obschon ich ihn nicht sowohl übersah als die Seiten zu schätzen wußte, die außer seinem Gesichtskreise lagen. »Du wirst nicht lange bei ihnen bleiben!« das war das Resultat seiner Unterhaltungen. Dabei erinnere ich mich eines merkwürdigen Wortes, das er mir später wiederholte, das ich mir selbst wiederholte und oft im Leben bedeutend | fand. »Dein Bestreben, sagte er, deine unablenkbare Richtung ist, dem Wirklichen eine poetische Gestalt zu geben; die andern suchen das sogenannte Poetische, das Imaginative, zu verwirklichen und das gibt nichts wie dummes Zeug.« Faßt man die ungeheure Differenz dieser beiden Handlungsweisen, hält man sie fest und wendet sie an; so erlangt man viel Aufschluß über tausend andere Dinge. Unglücklicherweise, eh sich die Gesellschaft von Darmstadt los­ löste gab es noch Anlaß Merks Meinung unumstößlich zu bekräftigen. Unter die damaligen Verrücktheiten, die aus dem Begriff entstan­ den: man müsse sich in einen Naturzustand zu versetzen suchen, ge­ hörte denn auch das Baden im freien Wasser, unter offnem Himmel; und unsre Freunde konnten auch hier, nach allenfalls überstandener Schicklichkeit, auch dieses Unschickliche nicht unterlassen. Darm­ stadt, ohne fließendes Gewässer in einer sandigen Fläche gelegen, mag doch einen Teich in der Nähe haben, von dem ich nur bei dieser Ge­ legenheit gehört. Die heiß genaturten und sich immer mehr erhitzenden Freunde suchten Labsal in diesem Weiher; nackte Jünglinge bei hellem Sonnenschein zu sehen, mochte wohl in dieser Gegend als etwas be­ sonderes erscheinen, es gab Skandal auf alle Fälle. Merk schärfte seine Konklusionen, und ich leugne nicht, ich beeilte unsre Abreise.

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stupidaggine andare in giro con quei ragazzotti!» esclamò, e poiché anche loro erano andati a fargli visita, li descris­ se a pennello, anche se non proprio equamente. Mancava del tutto di benevolenza e perciò credevo di poter giudicare meglio di lui, sebbene in realtà non fosse proprio così: sa­ pevo solo apprezzare quegli aspetti che erano fuori dal suo campo visivo. «Non rimarrai con loro a lungo!», era la conclusione delle nostre conversazioni. In proposito mi ricordo di una strana frase che mi ripeté anche in seguito, che io ripetei a me stesso e in più occasioni della vita mi parve | significati­ va. Disse: «La tua aspirazione, la tua tendenza ineludibile è dare forma poetica al reale; gli altri cercano invece di dare realtà all’elemento cosiddetto poetico, all’immaginario, e non producono altro che fesserie». Rendersi conto dell’e­ norme differenza tra questi due modi di procedere, tenerla presente e applicarla significa ottenere chiarezza riguardo a mille altre questioni. Sfortunatamente, prima che il gruppo lasciasse Darmstadt un episodio confermò in modo incontrovertibile l’opinione di Merck. Tra tutte le follie del momento, scaturite dall’idea che si dovesse tornare allo stato di natura, c’era anche quella di fare il bagno nelle acque a cielo aperto, e i nostri ami­ ci, dopo aver superato la prova dell’etichetta, non poterono evitare quella sconvenienza. Darmstadt si trovava su una pianura sabbiosa e priva di corsi d’acqua, ma nei paraggi c’era un laghetto di cui sentii parlare solo in quell’occasio­ ne. Gli amici, focosi di natura e sempre più esagitati, cer­ carono refrigerio in quella pozza: vedere ragazzi nudi sotto il sole doveva essere una novità assoluta in quella zona, e scoppiò uno scandalo. Merck trasse conclusioni ancora più negative, e non nego che io affrettai la nostra partenza.

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Schon auf dem Wege nach Mannheim zeigte sich, ohngeachtet al­ ler guten und edlen gemeinsamen Gefühle, doch schon eine gewisse Differenz in Gesinnung und Betragen. Leopold Stollberg äußerte mit Leidenschaft: wie er genötigt worden ein herzliches Liebesverhält­ nis mit einer schönen Engländerin aufzugeben, und deswegen eine so weite Reise unternommen habe. Wenn man ihm nun dagegen teilneh­ mend entdeckte, daß man solchen Empfindungen auch nicht fremd sei, so brach bei ihm das grenzenlose Gefühl der Jugend heraus, seiner Leidenschaft, seinen Schmerzen, so wie der Schönheit und Liebens­ würdigkeit | seiner Geliebten dürfe sich in der Welt nichts gleichstel­ len. Wollte man solche Behauptung, wie es sich unter guten Gesellen wohl ziemt, durch mäßige Rede ins Gleichgewicht bringen, so schien sich die Sache nur zu verschlimmern, und Graf Haugwitz wie auch ich mußten zuletzt geneigt werden dieses Thema fallen zu lassen. An­ gelangt in Mannheim bezogen wir schöne Zimmer eines anständigen Gasthofes und beim Dessert des ersten Mittagessens, wo der Wein nicht war geschont worden, forderte uns Leopold auf, seiner Schönen Gesundheit zu trinken, welches denn auch unter ziemlichem Getöse geschah. Nach geleerten Gläsern rief er aus: Nun aber ist aus solchen geheiligten Bechern kein Trunk mehr erlaubt, eine zweite Gesundheit wäre Entweihung, deshalb vernichten wir diese Gefäße! und warf so­ gleich sein Stengelglas hinter sich wider die Wand. Wir andern folgten und ich bildete mir denn doch ein als wenn mich Merk am Kragen zupfte. Allein die Jugend nimmt das aus der Kindheit mit herüber, daß sie guten Gesellen nichts nachträgt, daß eine unbefangene Wohlgewogen­ heit zwar unangenehm berührt werden kann, aber nicht zu verletzen ist. Nachdem die nun mehr als Englisch angesprochenen Gläser unsre Ze­ che verstärkt hatten, eilten wir nach Karlsruhe getrost und heiter, um uns zutraulich und sorglos in einen neuen Kreis zu begeben. Wir fan­ den Klopstock daselbst, welcher seine alte sittliche Herrschaft über die

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Fin dalla strada verso Mannheim, malgrado tutti i buoni e nobili sentimenti che ci accomunavano, emerse una certa differenza di idee e di condotta. Leopold Stolberg dichiarò con enfasi che era stato costretto a interrompere un’intensa storia d’amore con una bella inglesina81, e che per quello aveva intrapreso un viaggio così lungo. Se però gli con­ fidavo che lo capivo e che quei sentimenti non mi erano estranei, esplodeva in lui la smodata passionalità giovanile: il suo amore, il suo dolore, ma anche la bellezza e la gra­ zia | della sua amata non avevano uguali al mondo. Cercare di ridimensionare quelle affermazioni con discorsi pacati, come si addice tra buoni amici, significò solo peggiorare le cose, e il conte Haugwitz e io ci rendemmo conto che non si poteva far altro che lasciar cadere l’argomento. Giunti a Mannheim ci sistemammo nelle camere confortevoli di una rispettabile locanda, e arrivati al dessert del primo pranzo, in cui non si era risparmiato il vino, Leopold ci esortò a bere alla salute della sua amata, cosa che facemmo con parecchi schiamazzi. Una volta vuotati i bicchieri esclamò: «Da que­ sti calici consacrati non è più lecito bere, un secondo brin­ disi sarebbe sacrilegio: distruggiamoli!» e subito scagliò il bicchiere contro la parete dietro di sé. Facemmo lo stesso anche noi, e mi parve di sentire Merck che mi tirava per il colletto. Ma la gioventù porta con sé dall’infanzia questa carat­ teristica: non serba rancore verso gli amici, e una simpatia spontanea può sopportare momenti sgradevoli senza rima­ nerne ferita. Dopo che i bicchieri ormai dichiarati più che angelici ebbe­ ro rinforzato il conto, proseguimmo rapidi, ottimisti e alle­ gri verso Karlsruhe, per entrare fiduciosi e spensierati in un nuovo ambiente. Vi trovammo Klopstock che con grande

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ihn so hoch verehrenden Schüler gar anständig ausübte, dem ich denn auch mich gern unterwarf, so daß ich, mit den andern nach Hof gebe­ ten, mich für einen Neuling ganz leidlich mag betragen haben. Auch ward man gewissermaßen aufgefordert natürlich und doch bedeutend zu sein. Der regierende Herr Markgraf, als einer der fürstlichen Se­ nioren, besonders aber wegen seiner vortrefflichen Regierungszwecke unter den deutschen Regenten hochverehrt, unterhielt sich gern von Staatswirtlichen Angelegenheiten. Die Frau Markgräfin, in Künsten und mancherlei guten Kenntnissen | tätig und bewandert, wollte auch mit anmutigen Reden eine gewisse Teilnahme beweisen, wogegen wir uns zwar dankbar verhielten, konnten aber doch zu Hause, ihre schlechte Papierfabrikation und Begünstigung des Nachdruckers Mak­ lott nicht ungeneckt lassen. Am bedeutendsten war für mich daß der junge Herzog von Sach­ sen Weimar, mit seiner edlen Braut, der Prinzessin Louise von Hes­ sen Darmstadt hier zusammen kamen um ein förmliches Ehebündnis einzugehen; wie denn auch deshalb Präsident von Moser bereits hier angelangt war um so bedeutende Verhältnisse ins Klare zu setzen und mit dem Oberhofmeister Grafen Görtz völlig abzuschließen. Meine Gespräche mit beiden hohen Personen waren die gemütlichsten, und sie schlossen sich, bei der Abschieds Audienz, wiederholt mit der Ver­ sicherung: es würde ihnen beiderseits angenehm sein mich bald in Weimar zu sehn. Einige besondere Gespräche mit Klopstock erregten gegen ihn, bei der Freundlichkeit die er mir erwies, Offenheit und Ver­ trauen; ich teilte ihm die neusten Szenen des Faust mit, die er wohl aufzunehmen schien, sie auch wie ich nachher vernahm, gegen andere Personen, mit entschiedenem Beifall, der sonst nicht leicht in seiner Art war, beehrt und die Vollendung des Stücks gewünscht hatte. Jenes ungebildete, damals mitunter genial genannte Betragen ward in Karlsruhe, auf einem anständigen, gleichsam heiligen Boden, eini­

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dignità esercitava il suo antico dominio morale sugli allievi che tanto lo veneravano82; anch’io gli resi volentieri osse­ quio e così fui invitato a corte insieme agli altri – pur essen­ do un novellino, non me la cavai poi così male. Del resto bastava comportarsi con naturalezza e con una certa qual dignità. L’attuale margravio83, molto rispettato tra i sovrani tedeschi perché uno dei più anziani ma soprattutto per la sua eccellente linea di governo, discuteva volentieri di que­ stioni economiche. La margravia, attiva, versata nelle arti e dotata | di una buona cultura, mi dimostrò il suo apprezza­ mento con discorsi gentili ai quali risposi con gratitudine, ma poi, in privato, non potei evitare di prenderla in giro per la scadente fabbrica di carta e per il favore concesso al disonesto Macklot. Ma l’evento più rilevante per me fu che il giovane duca di Sachsen-Weimar doveva incontrarsi qui con la sua nobile sposa, la principessa Louise von Hessen-Darmstadt84, per celebrare solennemente il matrimonio; a questo scopo era già sopraggiunto anche il presidente von Moser per chiarire e definire con il gran cerimoniere di corte, il conte Görtz, tutti gli aspetti di un legame così importante. Le mie con­ versazioni con i due nobili signori furono davvero piacevoli e si conclusero, nell’udienza di commiato, con l’assicura­ zione da parte di entrambi che sarebbero stati molto conten­ ti di vedermi presto a Weimar. Alcuni colloqui individuali con Klopstock e l’affabilità che mi dimostrò mi ispirarono fiducia e confidenza nei suoi confronti; gli raccontai le ul­ time scene del Faust che parve piacergli e, come venni a sapere in seguito, le elogiò molto anche con altre persone (cosa che faceva assai di rado), auspicando il completamen­ to dell’opera85. Quel comportamento ineducato che allora qualcuno de­ finiva geniale, a Karlsruhe, in una terra civilizzata e quasi

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germaßen beschwichtigt; ich trennte mich von meinen Gesellen in­ dem ich einen Seitenweg einzuschlagen hatte, um nach Emmendingen zu gehen, wo mein Schwager Oberamtmann war. Ich achtete diesen Schritt, meine Schwester zu sehen, für eine wahrhafte Prüfung, ich wußte sie lebte nicht glücklich, ohne daß man es ihr, ihrem Gatten oder den Zuständen hätte schuld geben können. Sie war ein eignes Wesen, von dem schwer zu sprechen ist; wir wollen suchen das Mitteilbare hier zusammenzufassen. Ein schöner Körperbau begünstigte sie, nicht so die Gesichtszüge, welche, obgleich Güte, Verstand, Teilnahme | deutlich genug ausdrü­ ckend, doch einer gewissen Regelmäßigkeit und Anmut ermangelten. Dazu kam noch daß eine hohe stark gewölbte Stirne, durch die lei­ dige Mode die Haare aus dem Gesicht zu streichen und zu zwängen, einen gewissen unangenehmen Eindruck machte wenn sie gleich für die sittlichen und geistigen Eigenschaften das beste Zeugnis gab. Ich kann mir denken, daß wenn sie wie es die neuere Zeit eingeführt hat, den oberen Teil ihres Gesichtes mit Locken umwölken, ihre Schläfe und Wangen mit gleichen Ringeln hätte bekleiden können, sie vor dem Spiegel sich angenehmer würde gefunden haben, ohne Besorgnis an­ dern zu mißfallen wie sich selbst. Rechne man hiezu noch das Unheil daß ihre Haut selten rein war, ein Übel das sich, durch ein dämonisches Mißgeschick, schon von Jugend auf gewöhnlich an Festtagen einzu­ finden pflegte, an Tagen von Konzerten Bällen und sonstigen Einla­ dungen. Diese Zustände hatte sie nach und nach durchgekämpft, indes ihre übrigen herrlichen Eigenschaften sich immer mehr und mehr ausbil­ deten. Ein fester nicht leicht bezwinglicher Charakter, eine teilnehmen­ de, Teilnahme bedürfende Seele, vorzügliche Geistesbildung, schöne Kenntnisse, so wie Talente, einige Sprachen, eine gewandte Feder daß, wäre sie von außen begünstigt worden, sie unter den gesuchtesten Frauen ihrer Zeit würde gegolten haben.

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sacra, si attenuò in parte; io mi separai dai miei compa­ gni per fare una deviazione verso Emmendingen, dove mio cognato era capodistretto86. Questo passo, andare a trovare mia sorella, fu per me una dura prova: sapevo che non era felice, senza che se ne potesse dare la colpa a lei, al marito o alle circostanze. Era una persona tutta particolare di cui è difficile parlare; cercherò di riassumere qui quello che si può comunicare87. Era favorita da una bella corporatura ma non dai line­ amenti che, sebbene mostrassero abbastanza chiaramente bontà, | intelligenza e simpatia, mancavano però di regola­ rità e grazia. Vi si aggiungeva una fronte alta e molto arcuata che, pur dando ottima testimonianza delle sue qualità morali e spiri­ tuali, faceva un’impressione piuttosto sgradevole anche per l’insopportabile moda di allora di lisciare e fissare i capelli all’indietro. Immagino che, se avesse potuto circondare la parte superiore del volto con i riccioli, come si usa oggi, e avesse potuto coprire tempie e guance con dei boccoli, da­ vanti allo specchio si sarebbe vista più bella e non avrebbe dovuto tormentarsi di non piacere agli altri e a se stessa. In più c’era la sfortuna che la sua pelle di rado appariva pura, un guaio che si verificava fin da bambina, per diabo­ lica combinazione, soprattutto nei giorni di festa e quando avevano luogo balli, concerti e altri inviti. Aveva man mano lottato contro tutte quelle difficoltà, mentre le sue splendide qualità si sviluppavano sempre più. Un carattere forte, non molto docile, un animo ricco di empatia che cercava empatia, eccellente cultura, belle co­ gnizioni e tante doti, parlava più lingue, scriveva bene: se fosse stata favorita dall’aspetto, sarebbe stata una delle don­ ne più corteggiate del suo tempo.

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Zu allem diesem ist noch ein Wundersames zu offenbaren: in ihrem Wesen lag nicht die mindeste Sinnlichkeit. Sie war neben mir heraufge­ wachsen und wünschte ihr Leben in dieser geschwisterlichen Harmo­ nie fortzusetzen und zuzubringen. Wir waren, nach meiner Rückkunft von der Akademie, unzertrennlich geblieben, im innersten Vertrauen hatten wir Gedanken, Empfindungen und Grillen, die Eindrücke alles Zufälligen in Gemeinschaft. Als ich nach Wetzlar ging schien ihr die Einsamkeit unerträglich; mein Freund Schlosser, der Guten weder un­ bekannt noch | zuwider, trat in meine Stelle. Leider verwandelte sich bei ihm die Brüderlichkeit in eine entschiedene und, bei seinem stren­ gen gewissenhaften Wesen, vielleicht erste Leidenschaft. Hier fand sich, wie man zu sagen pflegt, eine sehr gätliche, erwünschte Partie, welche sie nachdem sie verschiedene bedeutende Anträge, aber von unbedeutenden Männern, von solchen die sie verabscheute, standhaft ausgeschlagen hatte, endlich anzunehmen sich, ich darf wohl sagen, bereden ließ. Aufrichtig habe ich zu gestehen, daß ich in mir, wenn ich manch­ mal über ihr Schicksal phantasierte, sie nicht gern als Hausfrau, wohl aber als Äbtissin, als Vorsteherin einer edlen Gemeine gar gern denken mochte. Sie besaß alles was ein solcher höherer Zustand verlangt, ihr fehlte was die Welt unerläßlich fordert. Über weibliche Seelen übte sie durchaus eine unwiderstehliche Gewalt; junge Gemüter zog sie lie­ bevoll an und beherrschte sie durch den Geist innerer Vorzüge. Wie sie nun die allgemeine Duldung des Guten, Menschlichen, mit allen seinen Wunderlichkeiten, wenn es nur nicht ins Verkehrte ging, mit mir gemein hatte, so brauchte nichts Eigentümliches wodurch irgend ein bedeutendes Naturell ausgezeichnet war, sich vor ihr zu verbergen, oder sich vor ihr zu genieren; weswegen unsre Geselligkeiten, wie wir schon früher gesehn, immer mannigfaltig, frei, artig, wenn auch gleich manchmal ans Kühne heran sich bewegen mochten. Die Gewohnheit mit jungen Frauenzimmern anständig und verbindlich umzugehn, ohne daß sogleich eine entscheidende Beschränkung und Aneignung erfolgt

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A tutto questo devo aggiungere un’ulteriore particolarità: la sua natura non mostrava traccia di sensualità. Era cresciuta insieme a me e desiderava trascorrere tutta la vita in armo­ nia fraterna. Dopo il mio ritorno dall’università eravamo diventati inseparabili, in una confidenza molto intima con­ dividevamo pensieri, sentimenti e capricci, oltre alle im­ pressioni su tutto ciò che capitava. Quando andai a Wetzlar la solitudine le parve insopportabile e l’amico Schlosser, che la cara creatura già conosceva e | apprezzava, prese il mio posto. Purtroppo l’affetto si trasformò per lui in auten­ tica passione, forse per la prima volta, vista la sua natura severa e coscienziosa. Le si presentava così un buon partito, come si suol dire, molto desiderabile; e lei che aveva già rifiutato con decisione alcune richieste significative, fatte però da persone insignificanti che disprezzava, si lasciò in­ fine convincere, possiamo dire così, ad accettare questa. Devo sinceramente confessare che, fantasticando talvol­ ta sul suo destino, preferivo immaginarla non come una ca­ salinga quanto piuttosto come una badessa, la superiora di una nobile comunità. Possedeva tutte le qualità necessarie a quella condizione elevata, le mancavano invece quelle che il mondo immancabilmente esige. Esercitava un potere ir­ resistibile sugli animi femminili, attirava l’affetto delle gio­ vani e le dominava grazie ai suoi pregi interiori. Come me apprezzava in generale ciò che è buono e umano comprese tutte le sue stranezze, finché non diventavano maligne; non c’era quindi alcun bisogno di nasconderle quelle peculiarità tipiche delle personalità fuori del comune, né di sentirsi im­ pacciati davanti a lei. Per questo il nostro gruppo di amici, come abbiamo già visto in precedenza, era sempre varie­ gato, spontaneo, educato nelle sue attività, sebbene talvol­ ta si sfiorasse il limite dell’audacia. Devo a lei l’abitudine a trattare le fanciulle con cortesia e garbo, senza giungere

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wäre, hatte ich nur ihr zu danken. Nun aber wird der einsichtige Leser, welcher fähig ist zwischen diese Zeilen hineinzulesen was nicht ge­ schrieben steht, aber angedeutet ist, sich eine Ahnung der ernsten Ge­ fühle gewinnen, mit welchen ich damals Emmendingen verließ.

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Allein noch schwerer lag mir auf dem Herzen, daß meine Schwester mir auf das Ernsteste eine Trennung von Lilli empfohlen ja befohlen hatte. Sie selbst hatte an einem | langwierigen Brautstande viel gelit­ ten; Schlosser, nach seiner Redlichkeit, verlobte sich nicht eher mit ihr als bis er seiner Anstellung im Großherzogtum Baden gewiß, ja, wenn man es so nehmen wollte, schon angestellt war. Die eigentli­ che Bestimmung aber verzögerte sich auf eine undenkliche Weise. Soll ich meine Vermutung hierüber eröffnen so war der wackere Schlosser, wie tüchtig er zum Geschäft sein mochte, doch wegen seiner schroffen Rechtlichkeit dem Fürsten als unmittelbar berührender Diener, noch weniger den Ministern als naher Mitarbeiter wünschenswert. Seine gehoffte und dringend gewünschte Anstellung in Karlsruhe kam nicht zustande. Mir aber klärte sich diese Zögerung auf, als die Stelle eines Ober-Amtmanns in Emmendingen ledig ward, und man ihn alsobald dahin versetzte. Es war ein stattliches einträgliches Amt nunmehr ihm übertragen, dem er sich völlig gewachsen zeigte. Seinem Sinn seiner Handlungsweise deuchte es ganz gemäß hier allein zu stehen, nach Überzeugung zu handeln und über alles, man mochte ihn loben oder tadeln, Rechenschaft zu geben. Dagegen ließ sich nichts einwenden; meine Schwester mußte ihm folgen; freilich nicht in eine Residenz, wie sie gehofft hatte, sondern an einen Ort der ihr eine Einsamkeit, eine Einöde scheinen mußte; in eine Wohnung zwar geräumig, amtsherrlich, stattlich, aber aller Ge­ selligkeit entbehrend. Einige junge Frauenzimmer, mit denen sie früher Freundschaft gepflogen, folgten ihr nach und da die Familie Gerock mit Töchtern gesegnet war, wechselten diese ab, so daß sie wenigstens, bei so vieler Entbehrung, eines längstvertrauten Umgangs genoß.

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subito a limitazioni e legami decisivi. Ora però il lettore attento, capace di leggere tra le righe ciò che non è scritto ma soltanto accennato, si sarà già fatto un’idea della serietà del mio stato d’animo quando lasciai Emmendingen. Ma quello che mi pesava ancor di più era che mia sorella mi aveva consigliato, anzi ordinato con estrema serietà di lascia­ re Lili. Lei stessa aveva sofferto molto | per un fidanzamento prolungato; Schlosser, onesto com’era, si fidanzò con lei solo nel momento in cui il suo impiego nel granducato del Baden era sicuro, anzi, a ben vedere, solo dopo aver preso servi­ zio; solo che la sua effettiva assegnazione venne poi tenuta in sospeso per un tempo interminabile. Se posso dire la mia opinione in proposito il buon Schlosser, per quanto in gamba ed efficiente nel lavoro, non era gradito al principe né tanto meno ai ministri come collaboratore diretto a causa della sua brusca rettitudine. La sperata e tanto desiderata assegnazione a Karlsruhe non si verificò. Capii il senso di quel tirare per le lunghe quando si liberò a Emmendingen il posto di ca­ podistretto, dove venne trasferito immediatamente. Era una carica prestigiosa e redditizia, di cui si mostrò perfettamente all’altezza. Si confaceva al suo carattere e al suo modo di agire poter operare in autonomia, secondo le proprie convin­ zioni, rendendo conto di tutto, che lo si lodasse o biasimasse. Non c’erano valide obiezioni e mia sorella dovette se­ guirlo; certo non in una residenza, come aveva sperato, ma in un luogo che dovette sembrarle desolato, fuori dal mon­ do; in un appartamento che era sì ampio, solenne e mae­ stoso, ma dove era priva di qualsiasi compagnia. Alcune ragazze con cui prima era stata in amicizia la seguirono, e poiché la famiglia Gerock aveva la benedizione di molte figlie, si alternavano nel farle compagnia, cosicché pur tra tante rinunce aveva almeno delle amiche affezionate88.

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Diese Zustände, diese Erfahrungen waren es wodurch sie sich be­ rechtigt glaubte mir aufs ernsteste eine Trennung von Lilli zu befeh­ len. Es schien ihr hart ein solches Frauenzimmer, von dem sie sich die höchsten Begriffe gemacht hatte, aus einer wo nicht glänzenden doch lebhaft bewegten Existenz herauszuzerren, in unser zwar löbliches aber doch nicht zu bedeutenden Gesellschaften eingerichtetes Haus, | zwischen einen wohlwollenden ungesprächen aber gern didaktischen Vater, und eine in ihrer Art höchst häuslich-tätige Mutter, welche doch, nach vollbrachtem Geschäft, bei einer bequemen Handarbeit nicht ge­ stört sein wollte, in einem gemütlichen Gespräch mit jungen herange­ zogenen und auserwählten Persönlichkeiten. Dagegen setzte sie mir Lillis Verhältnisse lebhaft ins Klare, denn ich hatte ihr teils schon in Briefen, teils aber in leidenschaftlich ge­ schwätziger Vertraulichkeit alles haarklein vorgetragen. Leider war ihre Schilderung nur eine umständliche wohlgesinnte Ausführung dessen, was ein Ohrenbläser von Freund, dem man nach und nach nichts Gutes zutraute, mit wenigen charakteristischen Zügen vor Augen zu stellen bemüht gewesen. Versprechen konnt’ ich ihr nichts, ob ich gleich gestehen mußte sie habe mich überzeugt; ich ging mit dem rätselhaften Gefühl im Herzen, woran die Leidenschaft sich fortnährt; denn Amor das Kind hält sich noch hartnäckig fest am Kleide der Hoffnung, eben als sie schon, star­ ken Schrittes sich zu entfernen den Anlauf nimmt. Das Einzige was ich mir zwischen da und Zürch noch deutlich erinnere ist der Rheinfall bei Schafhausen. Hier wird durch einen mächtigen Stromsturz merklich die erste Stufe bezeichnet die ein Bergland an­ deutet in das wir zu treten gewillet sind; wo wir denn nach und nach, Stufe für Stufe, immer im wachsenden Verhältnis die Höhen mühsam erreichen sollen.

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In base alla sua situazione e alle sue esperienze si rite­ neva autorizzata a ordinarmi con decisione di separarmi da Lili. Le sembrava impietoso strappare una fanciulla come quella, di cui si era fatta un’ottima opinione, da un’esisten­ za se non brillante quanto meno vivace e movimentata per portarla nella nostra casa, accogliente ma non adatta a in­ trattenimenti sociali, | tra un padre ben intenzionato ma ta­ citurno e un po’ pedante, e una madre a suo modo operosa ma casalinga che, dopo aver sbrigato le sue faccende, si sedeva tranquilla con un ricamo e non voleva essere distur­ bata nelle conversazioni familiari con le giovani che si sce­ glieva e teneva intorno a sé. Di contro mi illustrò con vivida chiarezza la condizione di Lili, che io le avevo descritto per filo e per segno in parte nelle lettere, in parte nei nostri colloqui appassionati e confidenziali. Purtroppo il quadro che mi dipinse non era altro che la descrizione minuziosa e benevola della situazione che un amico impiccione, che con il passare del tempo si era rive­ lato un poco di buono, si era sforzato di mettermi davanti agli occhi con poche, caratteristiche pennellate. Non potei prometterle nulla, anche se ammisi che mi aveva convinto. Me ne andai con un sentimento enigmatico nel cuore, di cui la passione continua a nutrirsi; il fanciullo Cupido si tiene ostinatamente aggrappato alle gonne della speranza, anche quando ha già cominciato ad allontanarsi a grandi passi. L’unico ricordo nitido che mi è rimasto del viaggio da lì a Zurigo sono le cascate del Reno a Sciaffusa. Un forte di­ slivello del fiume segna il primo gradino che annuncia il territorio montuoso nel quale volevamo addentrarci e di cui man mano, gradino dopo gradino, in un costante crescendo, volevamo faticosamente scalare le vette.

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Der Anblick des Zürcher Sees, von dem Tore des Schwertes genos­ sen, ist mir auch noch gegenwärtig; ich sage von dem Tore des Gast­ hauses, denn ich trat nicht hinein sondern ich eilte zu Lavatern. Der Empfang war heiter und herzlich, und man muß gestehen anmutig ohne gleichen; zutraulich, schonend, segnend, erhebend, anders konnte man sich seine Gegenwart nicht denken. Seine Gattin, mit etwas sonder­ baren, aber friedlichen | zartfrommen Zügen, stimmte völlig, wie alles Andere um ihn her, in seine Sinnes und Lebensweise. Unsre nächste, und fast ununterbrochene Unterhaltung war seine Physiognomik. Der erste Teil dieses seltsamen Werkes war, wenn ich nicht irre, schon völ­ lig abgedruckt, oder wenigstens seiner Vollständigkeit nahe. Man darf es wohl als genial empirisch, als methodisch-kollektiv ansprechen; ich hatte dazu das sonderbarste Verhältnis. Lavater wollte die ganze Welt zu Mitarbeitern und Teilnehmern; schon hatte er auf seiner Rheinreise so viel bedeutende Menschen portraitieren lassen um durch ihre Per­ sönlichkeit sie in das Interesse eines Werks zu ziehen, in welchem sie selbst auftreten sollten. Eben so verfuhr er mit Künstlern; er rief einen jeden auf ihm für seine Zwecke Zeichnungen zu senden. Sie kamen an und taugten nicht entschieden zu ihrer Bestimmung. Eben so ließ er rechts und links in Kupfer stechen und auch dieses gelang selten cha­ rakteristisch. Eine große Arbeit war von seiner Seite geleistet, mit Geld und Anstrengung aller Art ein bedeutendes Werk vorgearbeitet, der Physiognomik alle Ehre geboten; und wie nun daraus ein Band werden sollte, die Physiognomik, durch Lehre gegründet, durch Beispiele be­ legt sich der Würde einer Wissenschaft nähern sollte, so sagte keine Ta­ fel was sie zu sagen hatte; alle Platten mußten getadelt, bedingt, nicht einmal gelobt nur zugegeben, manche gar durch die Erklärung weg­ gelöscht werden. Es war für mich, der, eh er fortschritt, immer Fuß zu

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La vista del lago di Zurigo, così come si presenta dalla porta della Spada, me la ricordo ancora bene; parlo della porta della locanda perché non entrai nemmeno, mi preci­ pitai subito da Lavater. L’accoglienza fu allegra e calorosa, e – devo ammetterlo – di un garbo senza pari. Fiduciosa, comprensiva, benefica, edificante: la sua presenza non si poteva definire diversamente. La moglie, dai lineamenti un po’ curiosi ma tranquilla | e delicatamente devota, si into­ nava perfettamente, come tutto intorno a lui, al suo modo di essere e di vivere89. Parlammo subito e quasi ininterrotta­ mente della Fisiognomica. La prima parte di quella curiosa opera era già stata stampata per intero, se non sbaglio, o co­ munque vicina a essere completata. La si potrebbe definire genialmente empirica e metodologicamente collettiva, e io intrattenevo con quell’opera uno stranissimo rapporto. La­ vater voleva che tutti collaborassero e vi prendessero parte; già durante il viaggio sul Reno aveva commissionato i ritrat­ ti di molti personaggi importanti per suscitare tramite loro interesse per un’opera in cui essi stessi sarebbero comparsi. Lo stesso faceva con gli artisti: invitava ciascuno a inviargli disegni utili al suo scopo. Arrivavano e non erano affatto adatti per essere utilizzati. Allo stesso modo commissiona­ va incisioni a destra e a sinistra, ma anche queste raramen­ te erano caratterizzanti. Lui, da parte sua, aveva svolto un enorme lavoro; con denaro e fatiche di ogni genere aveva preparato un’opera rilevante che avrebbe fatto onore alla fisiognomica; ma ora che da tutto ciò doveva ricavarne un volume, ora che la fisiognomica, basandosi su una teoria e suffragata con esempi, poteva avvicinarsi alla dignità di una disciplina, nessuna illustrazione mostrava quello che avrebbe dovuto. Tutte le tavole venivano criticate, accol­ te solo in parte, accettate ma senza lode, alcune venivano persino contraddette dalla spiegazione. Per me, che prima

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fassen suchte, eine der penibelsten Aufgaben die meiner Tätigkeit auf­ erlegt werden konnte. Man urteile selbst. Das Manuskript mit den zum Text eingeschobenen Plattenabdrücken, ging an mich nach Frankfurt. Ich hatte das Recht alles zu tilgen was mir mißfiel, zu ändern und ein­ zuschalten was mir beliebte, wovon ich freilich sehr mäßig Gebrauch machte. Ein einzig Mal hatte er eine gewisse leidenschaftliche Kon­ trovers gegen einen ungerechten Tadler eingeschoben, die ich wegließ und ein heiteres Naturgedicht dafür einlegte, weswegen er mich schalt, jedoch später als er abgekühlt war mein Verfahren billigte. | Wer die vier Bände Physiognomik durchblättert und, was ihn nicht reuen wird durchliest, mag bedenken welches Interesse unser Zu­ sammensein gehabt habe, indem die meisten der darin vorkommen­ den Blätter schon gezeichnet und ein Teil gestochen waren, vorgelegt und beurteilt wurden und man die geistreichen Mittel überlegte womit selbst das Untaugliche in diesem Falle lehrreich und also tauglich ge­ macht werden könnte. Geh’ ich das Lavaterische Werk nochmals durch, so macht es mir eine komisch heitere Empfindung; es ist mir als sähe ich die Schatten mir ehemals sehr bekannter Menschen vor mir, über die ich mich schon einmal geärgert und über die ich mich jetzt nicht erfreuen sollte. Die Möglichkeit aber so vieles unschicklich Gebildete, einigerma­ ßen zusammenzuhalten lag in dem schönen und entschiedenem Talente des Zeichners und Kupferstechers Lips; er war in der Tat zur freien prosaischen Darstellung des Wirklichen geboren, worauf es denn doch eigentlich hier ankam. Er arbeitete unter dem wunderlich Fordernden Physiognomisten, und mußte deshalb genau aufpassen um sich den Forderungen seines Meisters anzunähern; der Talentreiche Bauernkna­ be fühlte die ganze Verpflichtung die er einem geistlichen Herrn aus der so hoch privilegierten Stadt schuldig war, und besorgte sein Ge­ schäft aufs Beste.

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di procedere cercavo di avere sempre un appoggio sicuro, fu uno dei compiti più penosi che mi si potessero affidare. Giudicate voi stessi. Il manoscritto con inserite le riprodu­ zioni di tutte le tavole che accompagnavano il testo mi fu spedito a Francoforte. Avevo il permesso di cancellare tutto quello che non mi piaceva, di modificare e aggiungere a mia discrezione, possibilità di cui feci in realtà un uso mol­ to moderato90. Solo per un intervento si arrabbiò, dove eli­ minai una veemente tirata contro un certo critico ingiusto, sostituendola con una lieta poesia sulla natura91. Più tardi però, quando si fu calmato, approvò il mio intervento. | Chiunque sfogli e legga i quattro volumi della Fisiognomica, cosa di cui non si pentirà, si renderà conto del grande fervore che animò il nostro incontro: la maggior parte di quelle tavole era già stata disegnata o incisa su rame, le passammo in rassegna riflettendo sugli espedienti più ap­ propriati per far sì che anche quelle meno adatte potessero diventare istruttive e quindi utili. Se sfoglio ancora una volta l’opera di Lavater, provo una sensazione buffa ma serena; è come se vedessi davanti a me le ombre di uomini che allora conoscevo bene, che un tem­ po mi hanno fatto arrabbiare e che nemmeno adesso sarei contento di vedere. La possibilità di tenere in un certo qual modo insieme tante illustrazioni incoerenti la si deve al notevole talento del disegnatore e incisore Lips92: era effettivamente portato per una rappresentazione del reale spontanea e asciutta, e quello era per noi l’elemento principale. Lavorava per quel fisionomista dalle strane pretese e doveva quindi concen­ trarsi molto per corrispondere alle aspettative del suo com­ mittente; da figlio di contadini molto dotato sentiva forte­ mente gli obblighi verso un ecclesiastico di una città così privilegiata e svolgeva il suo compito nel migliore dei modi.

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In getrennter Wohnung von meinen Gesellen lebend ward ich täglich, ohne daß wir im geringsten Arges daran gehabt hätten, denselben im­ mer fremder; unsre Landpartien paßten nicht mehr zusammen, obgleich in der Stadt noch einiges Verkehr übrig geblieben war. Sie hatten sich mit allem jugendlich gräflichen Übermut auch bei Lavatern gemeldet, welchem gewandten Physiognomisten sie freilich etwas anders vorka­ men als der übrigen Welt; er äußerte sich gegen mich darüber und ich erinnere mich ganz deutlich daß er von Leopold Stollberg sprechend ausrief: ich weiß nicht was ihr alle wollt; es ist ein edler, trefflicher, | talentvoller Jüngling, aber sie haben mir ihn als einen Heroen als einen Herkules beschrieben und ich habe in meinem Leben keinen weiche­ ren zarteren, und wenn es darauf ankommt, bestimmbareren Jüngling gesehen. Ich bin noch weit von sicherer physiognomischer Einsicht entfernt, aber wie es mit euch und der Menge aussieht, ist doch gar zu betrübt. Seit der Reise Lavaters an den Niederrhein hatte sich das Interesse an ihm und seinen physiognomischen Studien sehr lebhaft gesteigert; vielfache Gegenbesuche drängten sich zu ihm, so daß er sich einiger­ maßen in Verlegenheit fühlte, als der Erste geistlicher und geistreicher Männer angesehen und als einer betrachtet zu werden der die Fremden allein nach sich hinzöge; daher er denn um allen Neid und Mißgunst auszuweichen alle diejenigen die ihn besuchten zu erinnern und anzu­ treiben wußte, auch die übrigen bedeutenden Männer freundlich und ehrerbietig anzugehen. Der alte Bodmer ward hiebei vorzüglich geachtet und wir mußten uns auf den Weg machen ihn zu besuchen und jugendlich zu vereh­ ren. Er wohnte in einer Höhe über der am rechten Ufer, wo der See seine Wasser als Limat zusammendrängt, gelegenen größern oder al­ ten Stadt; diese durchkreuzten wir, und erstiegen zuletzt, auf immer steilern Pfaden, die Höhe hinter den Wällen wo sich zwischen den Festungswerken und der alten Stadtmauer gar anmutig eine Vorstadt,

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Vivendo in un alloggio a parte, mi allontanavo dai miei compagni ogni giorno di più, senza che fosse accaduto nulla di spiacevole; non riuscivamo più a fare escursioni insieme nei dintorni, ma in città continuavamo a rimanere in con­ tatto. Baldanzosi, i giovani conti si erano presentati anche a Lavater, e all’esperto fisionomista fecero un’impressione diversa rispetto a tutto il resto del mondo. Me ne parlò e mi ricordo molto bene che di Leopold Stolberg esclamò: «Non capisco proprio cosa vogliate, tutti voi: è un giovane nobile, eccellente | e pieno di doti, ma me lo avete descritto come un eroe, un ercole. In vita mia non ho mai visto nessuno più delicato, più sensibile e, all’occasione, più influenzabile di lui. Sono ancora lontano dall’avere certezze grazie alle mie intuizioni fisiognomiche, ma sia voi che tutti gli altri avete le idee decisamente confuse». Dopo il viaggio di Lavater lungo il basso Reno si era molto accresciuto l’interesse per lui e i suoi studi fisiognomici; molti accorrevano per ricambiare la visita tanto che egli si sentiva in un certo imbarazzo nel vedersi considerato il più importante tra gli ecclesiastici e gli eruditi, l’unico che at­ tirava tutti gli stranieri; e quindi, per non creare invidie e malumori, faceva di tutto per invitare e sollecitare i suoi ospiti a manifestare rispetto e stima anche nei confronti di altri personaggi illustri. Si preoccupava in particolare del vecchio Bodmer, e anche noi dovemmo andare a fargli visita per tributargli giovanile venerazione. Abitava su un’altura sopra la parte vecchia e più estesa della città, sulla riva destra, dove il lago costringe le sue acque nel fiume Limmat; attraversam­ mo la città e infine salimmo per sentieri sempre più ripidi oltrepassando i bastioni dove, tra le fortificazioni e le anti­ che mura, tra città e campagna, si erano sviluppati graziosi

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teils in aneinander geschlossenen teils einzelnen Häusern halb ländlich gebildet hatte. Hier nun stand Bodmers Haus, der Aufenthalt seines ganzen Lebens, in der freisten heitersten Umgebung, die wir bei der Schönheit und Klarheit des Tages schon vor dem Eintritt höchst ver­ gnüglich zu überschauen hatten. Wir wurden eine Stiege hoch in ein ringsgetäfeltes Zimmer geführt, wo uns ein munterer Greis von mitt­ lerer Statur entgegen kam. Er empfing uns mit einem Gruße mit dem er die besuchenden Jüngeren anzusprechen pflegte: wir würden es ihm als eine Artigkeit anrechnen daß er mit seinem Abscheiden aus | dieser Zeitlichkeit so lange gezögert habe, um uns noch freundlich aufzuneh­ men, uns kennen zu lernen, sich an unsern Talenten zu erfreuen und Glück auf unsern fernern Lebensgang zu wünschen. Wir dagegen priesen ihn glücklich, daß er als Dichter der patriar­ chalischen Welt angehörig und doch in der Nähe der höchst gebildeten Stadt, eine wahrhaft idillische Wohnung Zeitlebens besessen und in hoher freier Luft sich einer solchen Fernsicht mit stetem Wohlbehagen der Augen so lange Jahre erfreut habe. Es schien ihm nicht unangenehm, daß wir eine Übersicht aus sei­ nem Fenster zu nehmen uns ausbaten, welche denn wirklich bei heitren Sonnenschein in der besten Jahrszeit ganz unvergleichlich erschien. Man übersah vieles von dem was sich von der großen Stadt nach der Tiefe senkte, die kleinere Stadt über der Limat so wie die Fruchtbarkeit des Sil-Feldes gegen Abend. Rückwärts links, einen Teil des Zürchsees mit seiner glänzend bewegten Fläche und seiner unendlichen Mannig­ faltigkeit von abwechselnden Berg- und Tal-Ufern, Erhöhungen, dem Auge unfaßlichen Mannigfaltigkeiten; worauf man denn geblendet von allem diesem in der Ferne die blaue Reihe der höheren Gebirgsrücken, deren Gipfel zu benamsen man sich getraute, mit größter Sehnsucht zu schauen hatte. Die Entzückung junger Männer über das Außerordentliche was ihm so viele Jahre her täglich geworden war, schien ihm zu behagen; er ward, wenn man so sagen darf ironisch teilnehmend und wir schieden

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sobborghi con casette in parte isolate, in parte a gruppetti. Qui si trovava la casa dove Bodmer aveva abitato per tut­ ta la vita, in un ambiente aperto e giocondo che, in quella giornata bella e limpida, potemmo ammirare ancor prima di entrare. Fummo condotti su per la scala in una stanza rive­ stita di legno, dove ci venne incontro un arzillo vecchietto di media statura. Ci accolse con il saluto che di solito riser­ vava ai visitatori più giovani: dovevamo considerarla una cortesia da parte sua, aver atteso | così a lungo prima di lasciare questo mondo per darci il benvenuto, per poterci conoscere, rallegrarsi del nostro talento e augurarci buona fortuna per la nostra vita futura. Da parte nostra ci congratulammo con lui perché come poeta apparteneva al mondo dei patriarchi93 ed era vissu­ to per tutta la vita ai margini di una città dottissima, in un luogo a dir poco idilliaco, godendo per così tanti anni di un simile panorama nell’aria pura e limpida, una gioia per gli occhi. Non parve dispiaciuto che chiedessimo di poter guardar fuori dalla sua finestra: nella bella stagione e con il sole limpido la vista era incomparabile. Si scorgeva buona parte della grande città che si allungava lungo il declivio, il bor­ go più piccolo oltre la Limmat e a occidente i fertili campi lungo il fiume Sihl. Più lontano sulla sinistra si scorgeva una parte del lago di Zurigo con la superficie increspata e scintillante e l’infinita varietà di monti, valli e alture che si alternavano, una varietà che l’occhio faticava ad abbraccia­ re; già abbagliati da tutto ciò, si intravvedeva in lontananza con immensa nostalgia la catena azzurra dei monti più alti, e si poteva perfino tentare di identificare qualche cima. Sembrò gradire l’entusiasmo dei giovani per quello spet­ tacolo straordinario a cui lui era abituato ormai da molti anni; si dimostrò, se così possiamo dire, ironicamente par­

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als die besten Freunde, wenn schon in unsern Geistern die Sehnsucht nach jenen blauen Gebirgshöhen die Überhand gewonnen hatte. Indem ich nun im Begriff stehe mich von unseren würdigen Patriarchen zu beurlauben, so merk ich erst daß ich von seiner Gestalt und Gesichtsbildung, von seinen Bewegungen und seiner Art sich zu benehmen noch nichts ausgesprochen. Überhaupt zwar finde ich nicht ganz schicklich, daß  | Reisende einen bedeutenden Mann den sie besuchen gleichsam signalisieren, als wenn sie Stoff zu einem Steckbriefe geben wollten. Niemand be­ denkt daß es eigentlich nur ein Augenblick ist wo er vorgetreten neu­ gierig beobachtet und doch nur auf seine eigne Weise; und so kann der Besuchte bald wirklich, bald scheinbar als stolz oder demütig, als schweigsam oder gesprächig, als heiter oder verdrießlich erscheinen. In diesem besondern Falle aber möcht’ ich mich damit entschuldigen, daß Bodmers ehrwürdige Person in Worten geschildert keinen gleich günstigen Eindruck machen dürfte. Glücklicherweise existiert das Bild nach Graff von Bause, welches vollkommen den Mann darstellt wie er auch uns erschienen und zwar mit seinem Blick der Beschauung und Betrachtung. Ein besonderes, zwar nicht unerwartetes, aber höchst erwünschtes Ver­ gnügen empfing mich in Zürch, als ich meinen jungen Freund Pass­ avant daselbst antraf. Sohn eines angesehnen reformierten Hauses mei­ ner Vaterstadt, lebte er in der Schweiz, an der Quelle derjenigen Lehre die er dereinst als Prediger verkündigen sollte. Nicht von großer aber gewandter Gestalt, versprach sein Gesicht und sein ganzes Wesen eine anmutige rasche Entschlossenheit; schwarzes Haar und Bart, lebhafte Augen, im ganzen eine teilnehmende mäßige Geschäftigkeit. Kaum hatten wir, uns umarmend, die ersten Grüße gewechselt, als er mir gleich den Vorschlag tat die kleinen Kantone zu besuchen, die

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tecipe e ci salutammo da ottimi amici, anche se il nostro spirito era già dominato dalla nostalgia evocata da quelle vette azzurrine. Ma ora che sto per prendere congedo dal nostro degno patriarca, mi accorgo che non ho detto nulla del suo aspetto, del suo volto, della sua figura e contegno. A dir la verità, in generale non mi sembra tanto appropria­ to che | i viaggiatori descrivano punto per punto i personaggi importanti a cui fanno visita, come se volessero fornire le informazioni per un identikit. Nessuno considera che si trat­ ta solo di un istante in cui il viaggiatore si presenta, osserva curioso ma comunque dal suo punto di vista; e così colui al quale si fa visita appare superbo o umile, taciturno o loqua­ ce, allegro o scontroso una volta perché lo è davvero, una volta per combinazione. In questo caso specifico però vorrei scusarmi, perché la nobile figura di Bodmer, descritta a paro­ le, non susciterebbe un’impressione favorevole. Per fortuna c’è il ritratto fatto da Bause, basato a sua volta su quello di Graff, che lo immortala perfettamente come era apparso an­ che a noi, con lo sguardo penetrante e meditativo94. Un grande piacere, non del tutto inaspettato ma caldamente desiderato, mi aspettava a Zurigo, dove incontrai il mio gio­ vane amico Passavant95. Figlio di un’illustre famiglia calvi­ nista della mia città natale, viveva in Svizzera, alla sorgente di quella dottrina che un giorno, come pastore, avrebbe pro­ clamato. Non alto di statura ma snello, il volto e la persona suggerivano un carattere volitivo e garbato; capelli e bar­ ba scuri, occhi vivaci, nel complesso di un’intraprendenza equilibrata e simpatica. Non ci eravamo quasi nemmeno scambiati, abbraccian­ doci, i primi convenevoli, che subito mi propose di visitare i Cantoni più piccoli, che egli aveva già girato con estremo

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er schon mit großem Entzücken durchwandert habe und mit deren An­ blick er mich nun ergötzen und entzücken wolle. Indes ich mit Lavatern die nächsten und wichtigsten Gegenstände durchgesprochen und wir unsre gemeinschaftlichen Angelegenheiten beinah erschöpft hatten, waren meine muntern Reisegesellen schon auf mancherlei Wegen ausgezogen und hatten nach ihrer Weise sich in der Gegend umgetan. Passavant mich mit herzlicher Freundschaft umfangend, glaubte dadurch ein Recht zu dem | ausschließenden Be­ sitz meines Umganges erworben zu haben und wußte daher, in Abwe­ senheit jener, mich um so eher in die Gebirge zu locken, als ich selbst entschieden geneigt war, in größter Ruhe und auf meine eigne Weise, diese längst ersehnte Wanderung zu vollbringen. Wir schifften uns ein, und fuhren an einem glänzenden Morgen den herrlichen See hinauf. Möge ein eingeschaltetes Gedicht von jenen glücklichen Momen­ ten einige Ahnung herüberbringen: Und frische Nahrung, neues Blut Saug’ ich aus freier Welt; Wie ist Natur so hold und gut, Die mich am Busen hält! Die Welle wieget unsern Kahn Im Rudertakt hinauf, Und Berge, wolkig himmelan, Begegnen unserm Lauf. Aug’ mein Aug’, was sinkst du nieder? Goldne Träume kommt ihr wieder? Weg, du Traum! so Gold du bist; Hier auch Lieb und Leben ist. Auf der Welle blinken Tausend schwebende Sterne; Weiche Nebel trinken

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entusiasmo e la cui vista avrebbe di certo estasiato ed entu­ siasmato anche me. Mentre Lavater e io avevamo ampiamente discusso le questioni più urgenti e importanti e avevamo quindi pres­ soché esaurito il lavoro comune, i miei espansivi com­ pagni avevano fatto parecchie escursioni e, a modo loro, stavano girando nei dintorni. Forte della sua profonda ami­ cizia, Passavant pensò quindi di poter vantare il | possesso esclusivo della mia compagnia e di conseguenza, in loro assenza, riuscì facilmente ad attirarmi verso le montagne, tanto più che io stesso avevo deciso di compiere quel tanto agognato viaggio, ma con tutta calma e a modo mio. Ci imbarcammo in una mattina magnifica e risalimmo lungo il lago96. Inserisco qui una poesia per dare almeno un’idea di quei momenti felici: E fresco alimento, sangue nuovo suggo da questo mondo aperto! Com’è dolce e benigna la natura che mi tiene al suo seno! L’onda culla la nostra barca che risale a colpi di remo, e i monti dalle cime annuvolate vengono incontro al nostro corso. Occhi miei, perché vi chinate ora? State tornando, aurei sogni svaniti? Diléguati sogno, anche se d’oro: perché anche qui c’è amore, c’è vita. Sull’acqua scintillano migliaia di tremule stelle, soffici nebbie assorbono

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Rings die türmende Ferne, Morgenwind umflügelt Die beschattete Bucht Und im See bespiegelt Sich die reifende Frucht.

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Wir landeten in Richters Weyher, wo wir an Doktor Hotze durch Lava­ ter empfohlen waren. Er besaß als Arzt, als höchst verständiger wohl wollender Mann ein ehrwürdiges Ansehn an seinem Orte und in der ganzen Gegend, und wir | glauben sein Andenken nicht besser zu ehren als wenn wir die Stelle aus Lavaters Physiognomik die ihn bezeichnet hier einrücken. »Viel feiner, aber nicht weniger heiter, treu, redlich, zuverlässig, ergeben ist das untere schattierte Profil von einem trefflichen Landmann unsers Kantons. Der äußere Umriß, obgleich er viel verloren haben muß, ist eines würklich großen Mannes. Der innere Teil der Nase ist auf eine mit dem äußern kontrastieren­ de Weise verkleinert. Im Aug’ ist heiterer, edler, hinzielender, aber freier Sinn, berat­ schlagende Güte. Die Wangen zu schlecht gezeichnet, um ein Urteil daruber fällen zu dürfen. In dem Munde, und um den Mund herum natürliche Heiterkeit und wohlwollende Gutherzigkeit ohn’ alle schlaffe Weichlichkeit. Auch gefällt mir der eckigte sichtbare Kiefer, wie er durch den Schatten in die Augen fällt; er hilft den Eindruck des Verstandes mit bestätigen, obgleich er der männlichen Festigkeit nicht ganz günstig ist. Heitere, fröhliche, wohlgebaute, kräftige, selbständige Menschen ohne Schlaffheit und Härte in ihrer Zeichnung – verbreiten immer Zu­ trauen zu ihrer Ehrlichkeit.« Aufs beste bewirtet aufs anmutigste und nützlichste auch über die nächsten Stationen unsrer Wanderung unterhalten, erstiegen wir die

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l’orizzonte che attorno si erge; la brezza del mattino aleggia sulla baia, in ombra ancora, e nel lago si specchia il frutto che matura.97 Attraccammo a Richterswil, dove Lavater ci aveva indiriz­ zato al dottor Hotz98. Come medico, come persona bonaria e di grande buon senso godeva di un’ottima reputazione nella sua cittadina e in tutta la zona, e | crediamo di non po­ ter onorare meglio la sua memoria che riportando il passo della Fisiognomica di Lavater dove si parla di lui. «Molto più bello ma non meno sereno, fedele, onesto, affidabile e devoto è il profilo tratteggiato qui sotto di un esimio conterraneo del nostro Cantone. I contorni, sebbene molto vada perso, sono quelli di un uomo davvero notevole. La parte superiore del naso appare rimpicciolita e con­ trasta con quella inferiore. Lo sguardo manifesta una mente serena, nobile, decisa ma libera, e una bontà sollecita. Le guance sono disegnate troppo male per poter dare un giudizio. Le labbra e intorno alla bocca un’allegria spontanea, bene­ volenza e bontà di cuore, priva di qualsiasi fiacca mollezza. Mi piace inoltre la mandibola visibilmente squadrata, che l’ombreggiatura fa risaltare; contribuisce a rafforzare l’impressione di intelligenza, sebbene sia indice non tanto favorevole per la fermezza virile. Le persone allegre, serene, ben proporzionate, forti e au­ tonome, senza mollezze né durezze nel profilo, sono quelle che ispirano maggior fiducia nella loro onestà»99. Accolti nel migliore dei modi, informati in modo gra­ devolissimo e utilissimo riguardo alle prossime tappe della

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dahinter liegenden Berge. Als wir in das Tal von Schindelegge wieder hinabsteigen sollten, kehrten wir uns nochmals um, die entzückende Aussicht über den Zürcher See in uns aufzunehmen. Wie mir zu Mute gewesen, deuten folgende Zeilen an, wie sie da­ mals geschrieben noch in einem Gedenkheftchen aufbewahrt sind: Wenn ich liebe Lili dich nicht liebte, Welche Wonne gäb’ mir dieser Blick! Und doch, wenn ich liebe Lili dich nicht liebte, Wär, was wär mein Glück? | 801

Ausdrucksvoller find ich hier diese kleine Interjektion als wie sie in der Sammlung meiner Gedichte abgedruckt ist. Die rauhen Wege die von da nach Maria Einsiedeln führten konn­ ten unserm guten Mut nichts anhaben. Eine Anzahl von Wallfahrern, die schon unten am See von uns bemerkt mit Gebet und Gesang re­ gelmäßig fortschritten, hatten uns eingeholt; wir ließen sie begrüßend vorbei und sie belebten, indem sie uns zur Einstimmung in ihre from­ men Zwecke beriefen diese öden Höhen anmutig charakteristisch. Wir sahen lebendig den schlängelnden Pfad bezeichnet, den auch wir zu wandern hatten und schienen freudiger zu folgen; wie denn die Ge­ bräuche der römischen Kirche dem Protestanten durchaus bedeutend und imposant sind, indem er nur das Erste, Innere wodurch sie her­ vorgerufen, das Menschliche wodurch sie sich von Geschlecht zu Ge­ schlecht fortpflanzen, und also auf den Kern dringend, anerkennt, ohne sich gerade in dem Augenblick mit der Schale, der Frucht-Hülle, ja dem Baume selbst, seinen Zweigen, Blättern, seiner Rinde und seinen Wurzeln zu befassen. Nun sahen wir in einem öden baumlosen Tale die prächtige Kirche hervorsteigen; das Kloster von weitem ansehnlichen Umfang, in der

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nostra escursione, iniziammo l’ascesa dei monti retrostanti. Al momento di scendere nella valle di Schindellegi ci vol­ tammo ancora una volta per imprimerci in mente l’incante­ vole vista del lago di Zurigo. I versi che seguono, conservati in un quadernetto di ri­ cordi nella loro forma originaria, descrivono il mio stato d’animo: Se io, mia cara Lili, non ti amassi, che delizia trarrei da questa vista! Eppure, Lili, se io non ti amassi, fosse così, cosa sarebbe la mia felicità?100 | Trovo questa breve strofetta più espressiva rispetto alla for­ ma in cui è stata pubblicata nella raccolta delle mie poesie. Gli aspri sentieri che da lì conducevano a Maria Ein­ siedeln non riuscirono a scoraggiarci. Un folto gruppo di pellegrini che avevamo già notato giù al lago e che proce­ deva a passo regolare tra canti e preghiere ci raggiunse; li salutammo cedendo loro il passo ed essi ravvivarono quelle rupi desolate con caratteristica grazia, invitandoci a entrare in sintonia con i loro pii intenti. Vedemmo animarsi il sen­ tiero serpeggiante che anche noi dovevamo percorrere e ci sembrò di seguirlo più allegri; del resto i riti della chiesa cattolica appaiono al protestante solenni e imponenti, poi­ ché egli riconosce soltanto l’elemento primario, interiore da cui sono scaturiti, l’elemento umano grazie al quale si tramandano di generazione in generazione. Ne comprende il nocciolo, ma non si occupa minimamente dell’esterno, dell’involucro che racchiude il frutto, anzi, non si occupa nemmeno dell’albero stesso, dei suoi rami, foglie, corteccia e radici. A un tratto vedemmo la splendida chiesa ergersi nella valle desolata e priva di vegetazione; il monastero era di

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Mitte von reinlicher Ansiedelung, um so eine große und mannigfaltige Anzahl von Gästen einigermaßen schicklich aufzunehmen. Das Kirchlein in der Kirche, die ehmalige Einsiedler-Wohnung des Heiligen, mit Marmor inkrustiert und so viel als möglich zu einer an­ ständigen Kapelle verwandelt, es war etwas Neues von mir noch nie Gesehenes, dieses kleine Gefäß, umbaut und überbaut von Pfeilern und Gewölben. Es mußte ernste Betrachtungen erregen, daß ein einzelner Funke von Sittlichkeit und Gottesfurcht hier ein immer brennendes leuchtendes Flämmchen angezündet, zu welchem gläubige Scharen mit großer Beschwerlichkeit heranpilgern sollten, um an dieser hei­ ligen Flamme auch ihr Kerzlein anzuzünden. Wie dem auch sei, so deutet es auf ein grenzenloses Bedürfnis der Menschheit nach glei­ chem | Licht, gleicher Wärme, wie es jener erste im tiefsten Gefühl und sicherster Überzeugung gehegt und genossen. Man führte uns in die Schatzkammer, welche reich und imposant genug, vor allen lebens­ große wohl gar kolossale Büsten von Heiligen und Ordensstiftern dem staunenden Auge darbot. Doch ganz andere Aufmerksamkeit erregte der Anblick eines dar­ auf eröffneten Schrankes; er enthielt altertümliche Kostbarkeiten, hier her gewidmet und verehrt. Verschiedene Kronen von merkwürdiger Goldschmiedsarbeit hielten meinen Blick fest, unter denen wieder eine ausschließlich betrachtet wurde. Eine Zackenkrone im Kunstsinne der Vorzeit, wie man wohl ähnliche auf den Häuptern altertümlicher Köni­ ginnen gesehen, aber von so geschmackvoller Zeichnung von solcher Ausführung einer unermüdeten Arbeit, selbst die eingefugten farbigen Steine mit solcher Wahl und Geschicklichkeit verteilt und gegenein­ ander gestellt – genug ein Werk der Art, daß man es bei dem ersten Anblick für vollkommen erklärte, ohne diesen Eindruck kunstmäßig entwickeln zu können.

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dimensioni ampie e considerevoli, nel mezzo di un lindo paesino che permetteva di accogliere in modo abbastanza confortevole una grande varietà e quantità di visitatori. La chiesetta all’interno della chiesa, l’antico eremo del Santo, incrostata di marmi e trasformata nei limiti del possibile in una dignitosa cappella era per me qualcosa di nuovo e mai visto, un piccolo contenitore attorniato e sovrastato da pilastri e volte101. Faceva seriamente riflet­ tere che una singola scintilla di moralità e di timor di Dio avesse acceso in quel luogo una fiammella perenne che sarebbe divenuta meta di un faticoso pellegrinaggio per schiere di devoti, desiderosi di accendere la loro candelina a quella sacra fiamma. Comunque sia, ciò indica che l’u­ manità ha un bisogno sconfinato di quella stessa | luce, di quello stesso calore che il Santo aveva custodito e gustato nel profondo del cuore, con assoluta convinzione. Ci con­ dussero nella camera del tesoro, assai ricca e imponente, dove il meravigliato osservatore era colpito soprattutto dai colossali busti dei Santi e dei fondatori dell’Ordine a gran­ dezza naturale. Ma un’attenzione del tutto speciale meritò un armadio che ci venne aperto in seguito: conteneva antichi oggetti preziosi, donati e venerati in quel luogo. Il mio sguardo fu attirato da diverse corone, meravigliosi lavori di oreficeria, per poi soffermarsi su una soltanto. Era una corona dentel­ lata nello stile dei tempi antichi, come se ne vedono sulla te­ sta delle antiche regine, con un disegno assai raffinato, ese­ guito grazie a un lavoro indefesso; persino le pietre colorate erano incastonate, scelte e accostate le une alle altre con estrema abilità e buon gusto – insomma, un’opera d’arte che fin dal primo sguardo si poteva definire perfetta, anche per chi non era in grado di corroborare questa impressione con spiegazioni estetiche.

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Auch ist in solchen Fällen, wo die Kunst nicht erkannt sondern gefühlt wird, Geist und Gemüt zur Anwendung geneigt, man möch­ te das Kleinod besitzen um damit Freude zu machen. Ich erbat mir die Erlaubnis das Krönchen hervorzunehmen; und als ich solches in der Hand anständig haltend in die Höhe hob, dacht’ ich mir nicht an­ ders als ich müßte es Lili auf die hellglänzenden Locken aufdrücken, sie vor den Spiegel führen und ihre Freude über sich selbst und das Glück das sie verbreitet gewahr werden. Ich habe mir nachher oft ge­ dacht, diese Szene, durch einen talentvollen Maler verwirklicht, müßte einen höchst sinn- und gemütvollen Anblick geben. Da wäre es wohl der Mühe wert der junge König zu sein, der sich auf diese Weise eine Braut und ein neues Reich erwürbe. Um uns die Besitztümer des Klosters vollständig sehen zu lassen, führte man uns in ein Kunst- Kuriositäten- und Naturalien-Cabinet. Ich hatte damals von dem Wert solcher | Dinge wenig Begriff; noch hatte mich die zwar höchst löbliche aber doch den Eindruck der schönen Erd-Oberfläche vor dem Anschauen des Geistes zerstückelnde Geo­ gnosie nicht angelockt, noch weniger eine phantastische Geologie mich in ihre Irrsale verschlungen; jedoch nötigte mich der herumfüh­ rende Geistliche einem fossilen von Kennern, wie er sagte, höchst ge­ schätzten, in einem blauen Schieferton wohl erhaltenen kleinen wilden Schweinskopf einige Aufmerksamkeit zu schenken, der auch, schwarz wie er war, für alle Folgezeit in der Einbildungskraft geblieben ist. Man hatte ihn in der Gegend von Rapperswyl gefunden, in einer Ge­ gend die, morastig von Ur-Zeiten her, gar wohl dergleichen Mumien für die Nachwelt aufnehmen und bewahren konnte. Ganz anders aber zog mich, unter Rahmen und Glas, ein Kupfer­ stich von Martin Schön an, das Abscheiden der Maria vorstellend. Frei­ lich kann nur ein vollkommenes Exemplar uns einen Begriff von der Kunst eines solchen Meisters geben, aber alsdann werden wir auch,

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Nei casi in cui l’arte è percepita non con l’intelletto ma con i sentimenti, accade che spirito e cuore tendano a unirsi, e si desidera quindi possedere quel gioiello per poterne trar­ re gioia. Chiesi il permesso di poter prendere la coroncina, e quando l’ebbi tra le mani e la sollevai con rispetto, mi ven­ ne spontaneo immaginare di adagiarla sui riccioli splenden­ ti di Lili e di condurla davanti allo specchio per assaporare la sua stessa gioia e la felicità che avrebbe emanato intorno a sé. In seguito ho spesso ripensato a quella scena: realizza­ ta da un abile pittore, avrebbe trasmesso grande emozione e significato. Sarebbe ben valsa la pena essere il giovane re che in quel modo si conquista una sposa e un nuovo regno. Per mostrarci tutte le ricchezze del monastero ci con­ dussero anche in un gabinetto di oggetti d’arte e curiosità naturali. A quel tempo avevo scarsa cognizione del valore di | quelle cose; non ero stato ancora attirato dalla geogno­ sia, una disciplina assai lodevole ma che frammenta la bella superficie terrestre davanti all’occhio della mente, né tanto meno mi avevano inghiottito i labirinti di una geologia fan­ tastica. Ciononostante il religioso che ci accompagnava mi costrinse a dedicare una certa attenzione a un fossile che gli esperti, disse, consideravano di gran pregio: era la testa di un piccolo cinghiale, ben conservata in un’argilla sci­ stosa bluastra. Era talmente nera che da allora mi è rimasta impressa nella memoria. Era stata rinvenuta nella zona di Rapperswil, una regione paludosa fin dalla preistoria, mol­ to adatta a raccogliere e conservare per la posterità simili mummie. In tutt’altro modo mi affascinò un’incisione di Martin Schön, incorniciata e sotto vetro, che rappresentava la dor­ mizione di Maria. In realtà soltanto un esemplare perfetto potrebbe darci un’idea della bravura di quell’artista, ma a quel punto ne saremmo così conquistati, come dalla perfe­

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wie von dem Vollkommenen in jeder Art, dergestalt ergriffen, daß wir die Begierde das Gleiche zu besitzen den Anblick immer wiederholen zu können, – es mag noch so viel Zeit dazwischen verfließen – nicht wieder loswerden. Warum sollt’ ich nicht vorgreifen und hier gestehen, daß ich später nicht eher nachließ als bis ich ebenfalls zu einem treff­ lichen Abdruck dieses Blattes gelangt war. Am 16 Juni 1775, denn hier find ich zuerst das Datum verzeichnet, traten wir einen beschwerlichen Weg an; wilde steinige Höhen mußten überstiegen werden und zwar in vollkommener Einsamkeit und Öde. Abends 3/4 auf Achte standen wir den Schwytzer hoken gegenüber, zweien Berggipfeln, die nebeneinander mächtig in die Luft ragen. Wir fanden auf unsern Wegen zum erstenmal Schnee, und an jenen zacki­ gen Felsgipfeln hing er noch vom Winter her. Ernsthaft und fürchter­ lich füllte ein uralter Fichtenwald die unabsehlichen Schluchten in die wir hinabsollten. Nach kurzer Rast, frisch und mit mutwilliger Behen­ digkeit, | sprangen wir den von Klippe zu Klippe, von Platte zu Platte in die Tiefe sich stürzenden Fußpfad hinab und gelangten um 10. Uhr nach Schwytz. Wir waren zugleich müde und munter geworden, hin­ fällig und aufgeregt, wir löschten gähling unsern heftigen Durst und fühlten uns noch mehr begeistert. Man denke sich den jungen Mann, der etwa vor zwei Jahren den Werther schrieb, einen jüngeren Freund der sich schon an dem Manuskript jenes wunderbaren Werks entzündet hatte, beide ohne Wissen und Wollen gewissermaßen in einen Naturzu­ stand versetzt, lebhaft gedenkend vorübergegangener Leidenschaften, nachhängend den gegenwärtigen, folgelose Plane bildend, im Gefühl behaglicher Kraft das Reich der Phantasie durchschwelgend, – dann nähert man sich der Vorstellung jenes Zustandes, den ich nicht zu schil­ dern wüßte stünde nicht im Tagebuche: »Lachen und Jauchzen dauerte bis um Mitternacht.« Den 17. Morgens sahen wir die Schwytzerhoken vor unsern Fens­ tern. An diesen ungeheuern unregelmäßigen Naturpyramiden, stiegen

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zione in ogni sua forma, che non riusciremmo più a libe­ rarci dal desiderio di possederlo, di poter replicare sempre quell’istante – non importa dopo quanto tempo. Perché non dovrei confessare qui, in anticipo, che in seguito non mi diedi pace finché non riuscii ad acquistarne anch’io un’ec­ cellente riproduzione?102 Il 16 giugno 1775 (questa è la prima data che trovo regi­ strata) imboccammo un percorso faticoso; dovevamo vali­ care rupi rocciose e selvagge e, per di più, in totale solitudi­ ne e desolazione. La sera alle sette e tre quarti ci trovammo di fronte agli Schwyzer Hocken, due picchi che svettano poderosi nel cielo, uno accanto all’altro. Per la prima volta incontrammo la neve sulla via, che dall’inverno si era con­ servata su quelle cime frastagliate. Cupo e spaventoso, un antichissimo bosco di abeti riempiva l’abisso senza fondo in cui dovevamo scendere. Dopo una breve sosta, freschi e baldanzosi | saltellammo rapidi di roccia in roccia, di gradi­ no in gradino lungo il sentiero che si lanciava nel profondo e alle dieci giungemmo a Schwyz. Eravamo stanchi ma arzilli, esausti ed eccitati insieme; per prima cosa placammo la ter­ ribile sete e ci sentimmo ancor più euforici. Immaginatevi il giovanotto che più o meno due anni prima aveva scritto il Werther, un amico più giovane che si era esaltato già leggen­ do il manoscritto di quella singolare opera; entrambi senza averlo previsto o voluto, posti in un certo senso in uno stato di natura, con ben vivo il ricordo di passioni passate, im­ mersi in quelle presenti, che fanno progetti inconcludenti e si beano nel regno della fantasia sentendosi forti e potenti… Così si avrà forse un’idea almeno approssimativa di quella condizione che non saprei descrivere, se nel diario non tro­ vassi scritto: «Risate e baldoria fino a mezzanotte». Il mattino del 17 guardammo le cime dello Schwyzer Hocken dalla finestra. Intorno a quelle piramidi naturali,

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Wolken nach Wolken hinauf. Um 1. Uhr Nachmittags von Schwytz weg, gegen den Rigi zu, um 2. Uhr auf dem Lauwerzer See, herrli­ cher Sonnenschein. Vor lauter Wonne sah man gar nichts; zwei tüchtige Mädchen führten das Schiff, das war anmutig, wir ließen es geschehen. Auf der Insel langten wir an, wo sie sagen: hier habe der ehemalige Zwingherr gehaust; wie ihm auch sei, jetzt zwischen die Ruinen hat sich die Hütte des Waldbruders eingeschoben. Wir bestiegen den Rigi, um halb achte standen wir bei der Mutter Gottes im Schnee; an der Kapelle, am Kloster vorbei, im Wirtshaus zum Ochsen. Den 18. Sonntags früh die Kapelle vom Ochsen aus gezeichnet. Um 12. Uhr nach dem Kaltenbad oder zum Dreischwestern-Brunnen. Ein Viertel nach zwei hatten wir die Höhe erstiegen; wir fanden uns in Wolken, diesmal uns doppelt unangenehm, als die Aussicht hindernd und als niedergehender Nebel netzend. Aber als sie hie und da | ausein­ ander rissen und uns von wallenden Rahmen umgeben eine klare herr­ liche Sonnenbeschienene Welt als vortretende und wechselnde Bilder sehen ließen, bedauerten wir nicht mehr diese Zufälligkeiten; denn es war ein niegesehner, nie wieder zuschauender Anblick, und wir ver­ harrten lange in dieser gewissermaßen unbequemen Lage um durch die Ritzen und Klüfte, der immer bewegten Wolkenballen einen kleinen Zipfel besonnter Erde, einen schmalen Uferzug und ein Endchen See zu gewinnen. Um 8. Uhr waren wir wieder vor der Wirtshaustüre zurück und stellten uns an gebackenen Fischen und Eiern und genugsamen Wein wieder her. Wie es denn nun dämmerte und allmählich nachtete, beschäftigten ahnungsvoll zusammenstimmende Töne unser Ohr; das Glockenge­ bimmel der Kapelle, das Plätschern des Brunnens, das Säuseln wech­ selnder Lüftchen, in der Ferne Waldhörner; – es waren wohltätige, be­ ruhigende, einlullende Momente.

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enormi e irregolari si affastellavano nubi su nubi. All’una lasciammo Schwyz diretti al monte Rigi, alle due un sole magnifico sul lago di Lauerz. Non ci vedevamo più dal­ la gioia. Due esperte ragazze conducevano la barca, era bello, ci lasciammo andare. Sull’isolotto approdammo là dove si dice che avesse abitato un tempo il tiranno; co­ munque fosse, ora tra le rovine si trovava la capanna di un eremita103. Salimmo sul Rigi, alle sette e mezza eravamo alla Ma­ donna della Neve, oltrepassammo la cappella e il monastero dirigendoci alla Locanda del bue. Domenica 18, di prima mattina, disegno la cappella vista dalla locanda. Alle 12 a Kaltbad, o Fonte delle tre sorelle. Un quarto dopo le due eravamo sulla cima: ci ritrovammo tra le nuvole, questa volta doppiamente sgradevoli perché ci nascondevano il panorama e ci inzuppavano con una nebbiolina umida. Ma di tanto in tanto | si squarciavano e ci permettevano di scorgere un mondo magnifico, chiaro e illuminato dal sole, come quadri che comparivano e mu­ tavano circondati da cornici fluttuanti – allora non fummo più dispiaciuti per la situazione: era infatti uno spettacolo mai visto e che mai più avrei rivisto. Indugiammo a lungo in quella condizione alquanto scomoda per poter scorgere, tra i crepacci e le fessure di quelle masse di nubi in costante movimento, un piccolo lembo di terra soleggiata, la riva sottile, uno sprazzo di lago. Alle otto eravamo di nuovo sulla soglia della locanda e ci ristorammo con pesce fritto, uova e vino a volontà. Al crepuscolo, con il calare della sera, ci giunsero all’o­ recchio suoni suggestivi e armoniosi; lo scampanio della chiesetta, il mormorio della fonte, il sussurrio dell’alterna brezza, in lontananza corni da caccia: furono momenti di benessere, di calma, di dolcezza.

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Am 19. früh halb Sieben erst aufwärts, dann hinab an den Wald­ städter See, nach Itznach, von da zu Wasser nach Gersau. Mittags im Wirtshaus am See. Gegen 2. Uhr dem Grüdli gegenüber, wo die drei Tellen schwuren, darauf an der Platte, wo der Held aussprang und wo ihm zu Ehren die Legende seines Daseins und seiner Taten durch Ma­ lerei verewigt ist. Um 3. Uhr in Flüelle, wo er eingeschifft ward um 4. Uhr in Altorf, wo er den Apfel abschoß. An diesem poetischen Faden schlingt man sich billig durch das La­ byrinth dieser Felsenwände, die steil bis in das Wasser hinabreichend uns nichts zu sagen haben. Sie, die unerschütterlichen stehen so ruhig da, wie die Coulissen eines Theaters; Glück oder Unglück Lust oder Trauer ist bloß den Personen zugedacht die heute auf dem Zettel stehen. Dergleichen Betrachtungen jedoch waren gänzlich außer dem Ge­ sichtskreis jener Jünglinge, das Kurzvergangene hatten sie aus dem Sinne geschlagen und die Zukunft lag so | wunderbar unerforschlich vor ihnen wie das Gebirg in das sie hineinstrebten. Am 20. Juni brachen wir nach dem Stege auf wo man uns geba­ ckene Fische gar schmackhaft bereitete. Hier nun an diesem schon ge­ nugsam wilden Angebirge, wo die Reuß aus schrofferen Felsklüften hervordrang und das frische Schneewasser über die reinlichen Kies­ bänke hinspielte, enthielt ich mich nicht die gewünschte Gelegenheit zu nutzen und mich in den rauschenden Wellen zu erquicken. Um 3. Uhr brachen wir von da auf; eine Reihe Saumrosse zog vor uns her, wir schritten mit ihr über eine breite Schneemasse und erfuhren erst nachher daß sie unten hohl sei. Hier hatte sich der Winterschnee in eine Bergschlucht eingelegt, um die man sonst herum ziehen muß­ te, und diente nunmehr zu einem graden verkürzten Wege. Die unten durchströmenden Wasser hatten sie nach und nach ausgehöhlt, durch die milde Sommerluft war das Gewölb’ immer mehr abgeschmolzen,

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Il 19 di buon’ora, alle sei e mezza, in cammino: prima in salita, poi giù verso il Lago dei Quattro Cantoni, verso Vitznau, e da lì in barca a Gersau. Pranzo alla locanda sul lago. Verso le due eravamo di fronte al Grütli, dove i tre Tell prestarono giuramento104, quindi alla roccia da dove Tell saltò e dove in sua memoria è stata dipinta la leggenda della sua vita e delle sue gesta. Alle tre a Flüelen, dove ven­ ne caricato sulla barca, e alle quattro ad Altdorf, dove colpì la mela105. Seguendo questo filo poetico è facile addentrarsi in quel labirinto di pareti rocciose che scendono a picco nel lago, senza nulla da dirci. Imperturbabili se ne stanno lì impassi­ bili, come le quinte di un teatro: fortuna o sventura, felicità e tristezza colpiscono solo i personaggi che oggi sono in cartellone. Ma considerazioni del genere erano completamente estranee a quei giovani, che si erano distaccati dal recente passato e vedevano il futuro stendersi | così meraviglioso e inesplorato davanti a loro, come le montagne tra cui vole­ vano addentrarsi. Il 20 giugno proseguimmo per Amsteg, dove ci prepa­ rarono un pesce fritto squisito. Lì, tra quelle montagne al­ quanto selvagge, dove il fiume Reuss scaturisce da aspre gole rocciose e l’acqua fresca dei ghiacciai si trastulla sul limpido letto di ghiaia, colsi la gradita occasione per risto­ rarmi nelle sue acque gorgoglianti. Alle tre ripartimmo, accodandoci a una fila di muli; li se­ guimmo su un’ampia distesa di neve e solo dopo venimmo a sapere che sotto era cava. Le nevicate invernali avevano coperto una gola che di solito bisognava aggirare, mentre ora si poteva attraversarla abbreviando il cammino. Le ac­ que che vi scorrevano sotto avevano man mano scavato una cavità, con l’aria più calda dell’estate il manto si stava

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so daß sie nunmehr als ein breiter Brückenbogen das hüben und drüben natürlich zusammenhielt. Wir überzeugten uns von diesen wundersa­ men Naturereignis indem wir uns etwas oberhalb hinunter in die brei­ tere Schlucht wagten. Wie wir uns nun immer weiter erhuben, blieben Fichtenwälder im Abgrund, durch welche die schäumende Reuß über Felsenstürze sich von Zeit zu Zeit sehen ließ. Um ½ 8. Uhr gelangten wir nach Wasen, wo wir, uns mit dem roten schweren sauern Lombardischen Wein zu erquicken, erst mit Wasser nachhelfen und mit vielem Zucker das Ingredienz ersetzen mußten was die Natur in der Traube auszukochen versagt hatte. Der Wirt zeigte schöne Krystalle vor; ich war aber damals so entfernt von solchen Na­ turstudien daß ich mich nicht einmal für den geringen Preis mit diesen Bergerzeugnissen beschweren mochte. Den 21. halb 7. Uhr aufwärts; die Felsen wurden immer mächtiger und schrecklicher, der Weg bis zum Teufelsstein, bis zum Anblick der Teufelsbrücke immer mühseliger. Meinem Gefährten beliebte es hier auszuruhen; er munterte | mich auf, die bedeutenden Gegenstände zu zeichnen. Die Umrisse mochten mir gelingen, aber es trat nichts her­ vor, nichts zurück; für dergleichen Gegenstände hatte ich keine Spra­ che. Wir mühten uns weiter, das ungeheure Wilde schien sich immer zu steigern, Platten wurden zu Gebirgen, und Vertiefungen zu Abgründen. So geleitete mich mein Führer bis ans Urnerloch, durch welches ich gewissermaßen verdrießlich hindurch ging; was man bisher gesehen war doch erhaben, diese Finsternis hob alles auf. Aber freilich hatte sich der schelmische Führer das freudige Erstau­ nen voraus vorgestellt das mich beim Austritt überraschen mußte. Der mäßig schäumende Fluß schlängelte sich hier milde durch ein flaches, von Bergen zwar umschlossenes, aber doch genugsam weites, zur Be­ wohnung einladendes Tal; über dem reinlichen Örtchen Urseren und

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sciogliendo a poco a poco, tanto che ormai si era ridotto a un ampio arco naturale che congiungeva i due lati. Fummo convinti di quel meraviglioso fenomeno naturale quando, giunti più avanti, osammo scendere un po’ lungo il lato più ampio della gola. Salendo vedevamo i boschi di abeti giù nell’abisso, dove di tanto in tanto si scorgeva il fiume Reuss saltare spumeg­ giante tra le rocce. Alle sette e mezza giungemmo a Wassen dove, prima di poterci dissetare con il vino rosso lombardo, pesante e aspro, fu necessario aggiungere acqua e molto zucchero per integrare quell’ingrediente che la natura non era riuscita a distillare nel grappolo. L’albergatore ci mostrò dei bei cri­ stalli, ma allora ero così lontano da qualsiasi studio natura­ le che non volli appesantirmi con quei minerali, sebbene il prezzo fosse minimo. Il 21 alle sei e mezza di nuovo in salita, le rocce dive­ nivano sempre più imponenti e spaventose, il sentiero fino alla Pietra e poi al Ponte del diavolo era sempre più fatico­ so. Il mio compagno volle sostare qui e mi esortò | a dise­ gnare quel maestoso panorama. I contorni vennero bene, ma in tutto mancava la profondità: per un paesaggio del genere non avevo un linguaggio. Procedemmo con fatica, l’elemento selvaggio e spaventoso si accresceva sempre più, una roccia piatta diventava un monte, una conca un ba­ ratro. La mia guida mi condusse fino all’Urnerloch106, che attraversai di mala voglia: ciò che avevo visto fino a quel momento era sublime, quell’oscurità annullava ogni cosa. Ma di certo quel briccone di una guida pregustava il gio­ ioso stupore che mi avrebbe colto all’uscita. Il fiume, di di­ mensioni apparentemente modeste, scorreva sinuoso e tran­ quillo in una valle pianeggiante, circondata dai monti ma abbastanza aperta e ospitale; il lindo paesino di Orsera con

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seiner Kirche, die uns auf ebenem Boden entgegen standen, erhob sich ein Fichtenwäldchen, heilig geachtet: weil es die am Fuße Angesiedel­ ten vor höher herabrollenden Schneelawinen schützte. Die grünenden Wiesen des Tales waren wieder am Fluß her mit kurzen Weiden ge­ schmückt; man erfreute sich hier einer lange vermißten Vegetation. Die Beruhigung war groß, man fühlte auf flachen Pfaden die Kräfte wieder belebt, und mein Reisegefährte tat sich nicht wenig zu gute auf die Überraschung, die er so schicklich eingeleitet hatte. An der Matte fand sich der berühmte Ursener Käse und die exaltier­ ten jungen Leute ließen sich einen leidlichen Wein trefflich schmecken um ihr Behagen noch mehr zu erhöhen und ihren Projekten einen phan­ tastischern Schwung zu verleihen. Den 22. halb 4. Uhr verließen wir unsre Herberge, um aus dem glatten Ursener Tal ins steinigte Liviner Tal einzutreten. Auch hier ward sogleich alle Fruchtbarkeit vermißt; nackte, wie bemooste Fel­ sen, mit Schnee bedeckt, ruckweiser Sturmwind, Wolken heran und vorbeiführend, Geräusch der Wasserfälle, das Klingeln der Saumrosse in der höchsten Öde, wo man weder die Herankommenden noch | die Scheidenden erblickte. Hier kostet es der Einbildungskraft nicht viel sich Drachennester in den Klüften zu denken. Aber doch erheitert und erhoben fühlte man sich durch einen der schönsten, am meisten zum Bilde sich eignenden, in allen Abstufungen grandios mannigfaltigen Wasserfall, der gerade in dieser Jahrszeit vom geschmolzenen Schnee überreich begabt, von Wolken bald verhüllt bald enthüllt, uns geraume Zeit an die Stelle fesselte. Endlich gelangten wir an kleine Nebelseen, wie ich sie nennen möchte, weil sie von den atmosphärischen Streifen kaum zu unter­ scheiden waren. Nicht lange so trat aus dem Dunste ein Gebäude ent­ gegen, es war das Hospiz, und wir fühlten große Zufriedenheit uns zunächst unter seinem gastlichen Dache schirmen zu können. |

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la sua chiesetta si ergeva in piano di fronte a noi, mentre alle sue spalle si stagliava un boschetto di abeti considerato sacro perché proteggeva l’abitato sottostante dalle slavine che precipitavano dall’alto. Lungo il fiume, i prati verdeg­ gianti della vallata si adornavano di piccoli salici ed era bel­ lo ritrovare di nuovo la vegetazione, fino a poco prima del tutto assente. Il sollievo fu grande, sul piano ritornarono le forze e il mio compagno si vantò non poco della sorpresa che così abilmente mi aveva preparato. Ad Andermatt assaggiammo il famoso formaggio di Or­ sera e i giovani entusiasti bevvero un vinello passabile che accrebbe ulteriormente il loro benessere e diede uno slancio ancora più mirabile ai loro progetti. Il 22 alle tre e mezza lasciammo il rifugio e la valla­ ta pianeggiante di Orsera per entrare nella rocciosa valle Leventina. Anche qui la vegetazione sparì di colpo; rocce nude e innevate che parevano coperte di muschi, folate tem­ poralesche, nuvole davanti e dietro di noi, il rombo delle ca­ scate, i campanelli dei muli nella più assoluta desolazione, dove non si scorgeva alcun movimento né | anima viva107. Quasi senza sforzo la fantasia si immagina tane di draghi nei burroni. Ma a rasserenarci e sollevarci pensò una casca­ ta stupenda, perfetta per un quadro, grandiosa e varia con tutti i suoi salti, ricchissima di acque per le nevi che si scio­ glievano in quella stagione. Ora occultata, ora svelata dalle nubi, ci incatenò a quel luogo per lungo tempo. Giungemmo infine a quelli che volli chiamare piccoli la­ ghetti di nebbia, perché si distinguevano appena dai vapori atmosferici. Poco dopo emerse dalla foschia un edificio: era l’ospizio, e fummo molto contenti di poterci subito rifugia­ re sotto il suo tetto ospitale108. |

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Neunzehntes Buch Durch das leichte Kläffen eines uns entgegen kommenden Hündchens angemeldet wurden wir von einer ältlichen aber rüstigen Frauensper­ son an der Türe freundlich empfangen; sie entschuldigte den Herrn Pa­ ter, welcher nach Mayland gegangen sei, jedoch diesen Abend wieder erwartet werde; alsdann aber sorgte sie, ohne viel Worte zu machen, für Bequemlichkeit und Bedürfnis. Eine warme geräumige Stube nahm uns auf; Brod, Käse und trinkbarer Wein wurden aufgesetzt, auch ein hinreichendes Abendessen versprochen. Nun wurden die Überraschun­ gen des Tags wieder aufgenommen und der Freund tat sich höchlich darauf zu Gute daß alles so wohl gelungen und ein Tag zurückgelegt sei dessen Eindrücke weder Poesie noch Prose wieder herzustellen im Stande. Bei spät einbrechender Dämmerung trat endlich der ansehn­ liche Pater herein, begrüßte mit freundlich vertraulicher Würde seine Gäste und empfahl mit wenigen Worten der Köchin alle mögliche Auf­ merksamkeit. Als wir unsre Bewunderung nicht zurückhielten daß er hier oben, in so völliger Wüste, entfernt von aller Gesellschaft, sein Leben zubringen gewollt, versicherte er: an Gesellschaft fehle es ihm nie, wie wir denn ja auch gekommen wären ihn mit unserm Besuche zu erfreuen. Gar stark sei der wechselseitige Waren-Transport zwischen Italien und Deutschland; dieser immerfortwährende Speditionswech­ sel setze ihn mit den ersten Handelshäusern in Verhältnis. Er steige oft nach Mayland hinab komme seltener nach Luzern, von woher ihm aber aus den Häusern, welche das Postgeschäft dieser Hauptstraße zu besorgen hätten, zum öftern junge Leute zugeschickt würden, die hier oben auf dem Scheidepunkt mit allen in diese Angelegenheiten ein­ greifenden Umständen und Vorfallenheiten bekannt werden sollten. |

Libro diciannovesimo Annunciati dal discreto abbaiare di un cagnolino che ci cor­ se incontro, sulla porta ci accolse con cordialità una donna anziana ma energica; si scusò per l’assenza del Padre, che era andato a Milano ma che sarebbe tornato entro sera, poi, senza troppe chiacchiere, provvide a sistemarci e alle nostre necessità. Entrammo in un’ampia stanza calda, ci offrì pane, formaggio e un vino passabile, promettendoci una cena ab­ bondante. Allora ripercorremmo le sorprese della giornata e l’amico era molto orgoglioso che tutto fosse riuscito così bene e che avessimo trascorso una giornata le cui impressio­ ni andavano ben oltre ciò che la prosa o la poesia possono descrivere. Col tardivo crepuscolo arrivò infine il reverendo Padre109, salutò gli ospiti con dignità e amichevole calore, raccomandando con poche parole alla cuoca di fare del suo meglio. Non potemmo trattenerci dall’esprimere la nostra meraviglia che avesse scelto di trascorrere la vita lassù, in quel deserto assoluto, lontano da tutti, ma ci rispose che la compagnia non gli mancava mai: non eravamo arrivati anche noi a rallegrarlo con la nostra visita? Il commercio tra l’Italia e la Germania era molto intenso in entrambe le direzioni e i continui scambi lo mettevano in contatto con le principali case commerciali. Scendeva spesso a Milano, più raramente a Lucerna, ma da lì le società che gestivano il servizio postale su quella strada così importante gli manda­ vano spesso dei giovani affinché imparassero a conoscere, lì sulla linea di confine, le condizioni e tutte le eventualità del servizio. |

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PARTE QUARTA

Unter solchen mannigfaltigen Gesprächen ging der Abend hin, und wir schliefen eine ruhige Nacht in etwas kurzen, an der Wand befes­ tigten, eher an Repositorien als Bettstellen erinnernden Schlafstätten. Früh aufgestanden befand ich mich bald zwar unter freiem Himmel jedoch in engen von hohen Gebirgskuppen umschlossenen Räumen. Ich hatte mich an den Fußpfad, der nach Italien hinunterging, nieder­ gelassen und zeichnete, nach Art der Dilettanten, was nicht zu zeich­ nen war und was noch weniger ein Bild geben konnte: die nächsten Gebirgskuppen, deren Seiten der herabschmelzende Schnee mit wei­ ßen Furchen und schwarzen Rücken sehen ließ; indessen ist mir durch diese fruchtlose Bemühung jenes Bild im Gedächtnis unauslöschlich geblieben. Mein Gefährte trat mutig zu mir und begann: »Was sagst Du zu der Erzählung unsres geistlichen Wirts von gestern Abend? Hast Du nicht, wie ich, Lust bekommen Dich von diesem Drachengipfel hinab in jene entzückenden Gegenden zu begeben? Die Wanderung durch diese Schluchten hinab muß herrlich sein und mühelos, und wann sichs dann bei Bellinzona öffnen mag, was würde das für eine Lust sein! Die Inseln des großen Sees sind mir durch die Worte des Paters wieder le­ bendig in die Seele getreten. Man hat seit Keislers Reisen so viel davon gehört und gesehen, daß ich der Versuchung nicht widerstehen kann. Ist Dir’s nicht auch so? fuhr er fort; Du sitzest gerade am rechten Fleck, schon einmal stand ich hier und hatte nicht den Mut hinabzuspringen. Geh voran ohne weiteres, in Airolo wartest Du auf mich, ich komme mit den Boten nach, wenn ich vom guten Pater Abschied genommen und alles berichtigt habe.« So ganz aus dem Stegreife ein solches Unternehmen, will mir doch nicht gefallen – »Was soll da viel Bedenken! rief jener, Geld haben wir genug nach Mayland zu kommen, Kredit wird sich finden, mir sind von unsern Messen her dort mehr als ein Handelsfreund bekannt.« Er ward noch dringender. Geh! sagte ich, mach’ alles zum Abschied fertig, ent­ schließen wollen wir uns alsdann. |

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Tra questi e altri discorsi la serata passò e trascorremmo una notte tranquilla su giacigli piuttosto corti fissati alle pa­ reti, che assomigliavano più a degli scaffali che a dei letti. Alzatomi presto, mi ritrovai sì a cielo aperto, ma in uno spazio angusto, chiuso tra alte cime montuose. Mi sedetti all’imboccatura del sentiero che scendeva in Italia e mi misi a disegnare, come fanno i dilettanti, quello che disegnare non si poteva e che meno ancora era adatto a un quadro: le cime più vicine, dove la neve che si scioglieva lasciava man mano emergere i fianchi con solchi bianchi e dorsi scuri. Quegli sforzi infruttuosi hanno fatto sì che quell’immagine mi si imprimesse indelebile nella mente110. Il mio compagno mi si avvicinò allegro e cominciò: «Che ne dici del racconto di ieri sera del nostro reverendo oste? Non ha fatto venire voglia anche a te di scendere da queste dimore di draghi in quella terra deliziosa? Proseguire in di­ scesa tra queste gole dev’essere magnifico e poco faticoso, e sarà una gioia quando si apriranno verso Bellinzona! Le parole del Padre hanno risvegliato in me il desiderio di ve­ dere le isole del Lago Maggiore, dai viaggi di Keyßler in poi se ne è detto e sentito così tanto che non so resistere alla tentazione. Non è così anche per te?», proseguì. «Sei seduto proprio nel punto giusto, già una volta sono stato qui senza avere il coraggio di scendere dall’altra parte. Avviati subito, mi aspetterai ad Airolo: io verrò con il facchino, dopo aver salutato il buon Padre e aver regolato tutto»111. «Decidere così sui due piedi un’impresa del genere non mi va…» – «Bando alle esitazioni!» esclamò, «di denaro ne abbiamo abbastanza per arrivare fino a Milano, e lì ci faranno credito, grazie alle nostre fiere ho più di un ami­ co commerciante laggiù». Divenne sempre più insistente. «Vai», gli dissi, «prepara tutto per la partenza. A quel punto decideremo». |

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PARTE QUARTA

Mir kommt vor als wenn der Mensch, in solchen Augenblicken, keine Entschiedenheit in sich fühlte, vielmehr von früheren Eindrü­ cken regiert und bestimmt werde. Die Lombardie und Italien lag als ein ganz Fremdes vor mir; Deutschland als ein Bekanntes Liebwertes, voller freundlichen einheimischen Aussichten und, sei es nur gestan­ den: das was mich so lange ganz umfangen, meine Existenz getragen hatte, blieb auch jetzt das unentbehrlichste Element, aus dessen Gren­ zen zu treten ich mich nicht getraute. Ein goldnes Herzchen, das ich in schönsten Stunden von ihr erhalten hatte, hing noch an demselben Bändchen, an welchem sie es umknüpfte, lieberwarmt an meinem Hal­ se. Ich faßte es an und küßte es; mag ein dadurch veranlaßtes Gedicht auch hier eingeschaltet sein: Angedenken du verklung’ner Freude, Das ich immer noch am Halse trage, Hältst du länger als das Seelenband uns beide? Verlängerst du der Liebe kurze Tage? Flieh’ ich, Lili, vor dir! Muß noch an deinem Bande Durch fremde Lande Durch ferne Täler und Wälder wallen! Ach, Lili’s Herz konnte so bald nicht Von meinem Herzen fallen. Wie ein Vogel, der den Faden bricht Und zum Walde kehrt, Er schleppt, des Gefängnisses Schmach, Noch ein Stückchen des Fadens nach, Er ist der alte freigeborne Vogel nicht, Er hat schon jemand angehört. Schnell stand ich auf, damit ich von der schroffen Stelle wegkäme und der mit dem Refftragenden Boten heranstürmende Freund mich in den

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Sembra che in quei momenti l’uomo non senta in sé alcu­ na capacità decisionale ma si lasci invece dominare e deter­ minare dalle impressioni precedenti. La Lombardia, l’Italia si stendevano totalmente ignote davanti a me, la Germania era invece conosciuta e amata, colma di prospettive amiche e familiari e, devo ammetterlo: quell’elemento che fino ad allora mi aveva circondato, che aveva permeato la mia esi­ stenza, mi era ancora indispensabile, non osavo oltrepassar­ ne i confini. Un cuoricino d’oro, che Lili mi aveva regalato in uno dei nostri momenti più belli, era ancora attaccato allo stesso nastrino con cui lei me l’aveva annodato intorno al collo, caldo d’amore. Lo afferrai e lo baciai – ne nacque una poesia che vorrei inserire qui: Ricordo di felicità svanita che io continuo a portare al collo, ci leghi più a lungo del vincolo delle anime? Prolunghi i brevi giorni dell’amore? Se da te fuggo, Lili, devo errare pur sempre tenuto da te al laccio in terre straniere, per valli e selve lontane! Il cuore di Lili non poteva tanto presto staccarsi dal mio cuore. Come un uccello che ha spezzato il laccio e ritorna nel bosco, trascinandosi dietro, onta della prigionia, un pezzetto di filo: non è l’uccello selvatico, libero dalla nascita; è già appartenuto a qualcuno.112 Veloce mi alzai per allontanarmi da quel luogo scosceso: volevo evitare che l’amico, che stava arrivando in tutta fret­ ta insieme al facchino con il bagaglio sulla schiena, mi tra­

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PARTE QUARTA

Abgrund nicht mit fortrisse. Auch ich begrüßte den frommen Pater und wendete mich, | ohne ein Wort zu verlieren, dem Pfade zu woher wir gekommen waren. Etwas zaudernd folgte mir der Freund und ohnge­ achtet seiner Liebe und Anhänglichkeit an mich blieb er eine Zeit lang eine Strecke zurück, bis uns endlich jener herrliche Wasserfall wieder zusammenbrachte, zusammenhielt und das einmal Beschlossene end­ lich auch für gut und heilsam gelten sollte. Von dem Herabstieg sag’ ich nichts weiter, als daß wir jene Schnee­ brücke, über die wir in schwerbeladener Gesellschaft vor wenig Tagen ruhig hinzogen, völlig zusammengestürzt fanden und nun, da wir ei­ nen Umweg durch die eröffnete Bucht machen mußten, die kolossalen Trümmer einer natürlichen Baukunst anzustaunen und zu bewundern hatten. Ganz konnte mein Freund die rückgängige Wanderung nach Italien nicht verschmerzen; er mochte sich solche früher ausgedacht und mit liebevoller Arglist mich an Ort und Stelle zu überraschen gehofft ha­ ben. Deshalb ließ sich die Rückkehr nicht so heiter vollführen; ich aber war auf meinen stummen Pfaden um desto anhaltender beschäftigt das Ungeheure, das sich in unserem Geiste mit der Zeit zusammenzuzie­ hen pflegt, wenigstens in seinen faßlichen charakteristischen Einzeln­ heiten festzuhalten. Nicht ohne manche neue wie erneuerte Empfindungen und Gedan­ ken gelangten wir durch die bedeutenden Höhen des Vierwaldstätter Sees nach Küßnacht, wo wir landend und unsre Wanderung fortset­ zend, die am Wege stehende Tellen-Kapelle zu begrüßen und jenen der ganzen Welt als heroisch-patriotisch rühmlich geltenden Meuchelmord zu gedenken hatten. Eben so fuhren wir über den Zugersee, den wir schon vom Rügi herab aus der Ferne hatten kennen lernen. In Zug er­ innere ich mich nur einiger, im Gasthofzimmer nicht gar großer aber in ihrer Art vorzüglicher in die Fensterflügel eingefügter gemalter Schei­ ben. Dann ging unser Weg über den Albis in das Silltal, wo wir einen

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scinasse con lui nell’abisso. Salutai anch’io il religioso e imboccai, | senza dire una parola, il sentiero da cui eravamo venuti. Esitando, l’amico mi seguì, ma nonostante il suo af­ fetto e attaccamento per me, per un bel pezzo rimase indie­ tro finché non ci riunì di nuovo quella splendida cascata: ci fece riconciliare e la decisione ormai presa venne accettata come positiva e salutare. Del ritorno non dico altro, se non che il ponte di neve che avevamo tranquillamente attraversato pochi giorni pri­ ma insieme a un pesante carico era completamente crollato e ora, dovendo fare un lungo giro per oltrepassare la gola, ammirammo a bocca aperta le colossali rovine di quell’ar­ chitettura naturale. L’amico non riusciva a superare del tutto la delusione del mancato viaggio in Italia; forse aveva già organizzato tutto in anticipo e nella sua affettuosa astuzia aveva pensato di farmi una sorpresa sul posto. Per questo al ritorno non era altrettanto allegro; io invece, seguendo i miei silenziosi sen­ tieri, ero completamente intento a imprimermi bene nella mente, almeno nei suoi dettagli caratteristici e descrivibili, quello spettacolo immenso che poi con il passare del tempo tende a ridimensionarsi. Non senza nuove e rinnovate impressioni e riflessioni passammo accanto alle imponenti montagne del Lago dei Quattro Cantoni giungendo a Küssnacht. Da qui prose­ guimmo la nostra escursione salutando la cappella di Tell posta accanto alla strada a ricordo di un assassinio che tutto il mondo celebra come atto glorioso, eroico e patriottico113. Poi attraversammo il lago di Zug, che dal Monte Rigi ave­ vamo scorto da lontano. Di Zug mi ricordo soltanto di al­ cuni vetri dipinti, non molto grandi ma eccellenti nel loro genere, inseriti nelle finestre della sala della locanda. Poi il cammino proseguì oltre l’Albis nella Valle della Sihl, dove

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jungen in der Einsamkeit sich gefallenden Hannoveraner, von Lindau, besuchten, um seinen Verdruß zu | beschwichtigen, den er früher in Zürch über eine von mir nicht aufs freundlichste und schicklichste ab­ gelehnte Begleitung empfunden hatte. Die eifersüchtige Freundschaft des trefflichen Passavant war eigentlich Ursach an dem Ablehnen einer zwar lieben aber doch unbequemen Gegenwart. Ehe wir aber von diesen herrlichen Höhen wieder zum See und zur freundlich liegenden Stadt hinabsteigen, muß ich noch eine Bemer­ kung machen über meine Versuche durch Zeichnen und Skizzieren der Gegend etwas abzugewinnen. Die Gewohnheit von Jugend auf die Landschaft als Bild zu sehen, verführte mich zu dem Unternehmen, wenn ich in der Natur die Gegend als Bild erblickte, sie fixieren, mir ein sichres Andenken von solchen Augenblicken festhalten zu wollen. Sonst nur an beschränkten Gegenständen mich einigermaßen übend fühlt’ ich in einer solchen Welt gar bald meine Unzulänglichkeit. Drang und Eile zugleich nötigten mich zu einem wunderbaren Hülfsmittel: kaum hatte ich einen interessanten Gegenstand gefaßt, und ihn mit we­ nigen Strichen im allgemeinsten auf dem Papier angedeutet, so führte ich das Detail, das ich mit dem Bleistift nicht erreichen noch durchfüh­ ren konnte, in Worten gleich darneben aus und gewann mir auf diese Weise eine solche innere Gegenwart von dergleichen Ansichten, daß eine jede Lokalität wie ich sie nachher in Gedicht oder Erzählung nur etwa brauchen mochte, mir alsobald vorschwebte und zu Gebote stand.

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Bei meiner Rückkunft fand ich die Stollberge nicht mehr; ihr Aufent­ halt in Zürch hatte sich auf eine wunderliche Weise verkürzt. Gestehen wir überhaupt daß Reisende, die sich aus ihrer häuslichen Beschränkung entfernen, gewissermaßen in eine nicht nur fremde son­ dern völlig freie Natur einzutreten glauben; welchen Wahn man damals um so eher hegen konnte, als man noch nicht durch polizeiliche | Unter­ suchung der Pässe, durch Zollabgaben und andere dergleichen Hinder­

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facemmo visita a von Lindau, un giovanotto di Hannover amante della solitudine114. Dovevo placare  | l’irritazione che gli avevo provocato rifiutando la sua apprezzata ma scomoda compagnia in modo non del tutto gentile ed edu­ cato – la gelosia del caro amico Passavant era il motivo che mi aveva spinto a farlo. Ma prima di ridiscendere dalle magnifiche vette al lago e all’amena città devo fare ancora una considerazione sui miei tentativi di afferrare qualcosa del paesaggio con schizzi e disegni. L’abitudine che avevo fin da piccolo di osservare il paesaggio come un quadro mi induceva, appena scorgevo un’immagine pittoresca, a fissarla, a trattenere un ricordo di quegli istanti. Ma poiché in genere mi esercitavo soltan­ to con oggetti più piccoli, davanti al paesaggio percepivo subito la mia inadeguatezza. L’impulso e la fretta insieme mi costrinsero a trovare un curioso espediente: non appena scorgevo un soggetto interessante lo fissavo con pochi tratti, sommariamente, sulla carta, mentre i dettagli che non riu­ scivo a rendere né a tratteggiare con la matita li descrivevo sul margine a parole. Così facendo le varie vedute acquista­ vano una tale realtà interiore che quelle località mi riappa­ rivano davanti agli occhi ed erano a mia disposizione ogni qualvolta ne avevo bisogno per una poesia o un racconto. Al rientro non trovai più gli Stolberg: il loro soggiorno si era abbreviato per un imprevisto115. Dobbiamo in genere riconoscere che i viaggiatori che si allontanano dal loro chiuso ambiente d’origine credono di entrare in un certo qual modo in un mondo non solo estra­ neo, ma anche completamente libero; un’illusione in cui allora era assai facile cadere, in quanto non c’erano con­ trolli | di polizia per i passaporti, né dazi doganali o altri

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nisse, jeden Augenblick erinnert wurde, es sei draußen noch bedingter und schlimmer als zu Hause. Vergegenwärtige man sich zunächst jene unbedingte Richtung nach einer verwirklichten Naturfreiheit, so wird man den jungen Gemütern verzeihen, welche die Schweitz gerade als das rechte Lokal ansahen, ihre frische Jünglingsnatur zu idyllisieren. Hatten doch Geßners zarte Gedichte, so wie seine allerliebsten Radie­ rungen hiezu am entschiedensten berechtigt. In der Wirklichkeit nun scheint sich für solche poetische Äuße­ rungen das Baden in unbeengten Gewässern am allerersten zu qua­ lifizieren. Schon unterwegs wollten dergleichen Naturübungen nicht gut zu den modernen Sitten paßlich erscheinen; man hatte sich ihrer auch einigermaßen enthalten. In der Schweitz aber, beim Anblick und Feuchtgefühl des rinnenden, laufenden, stürzenden, in der Fläche sich sammelnden, nach und nach zum See sich ausbreitenden Gewässers war der Versuchung nicht zu widerstehen. Ich selbst will nicht leugnen daß ich mich im klaren See zu baden mit meinen Gesellen vereinte und, wie es schien, weit genug von allen menschlichen Blicken. Nack­ te Körper jedoch leuchten weit, und wer es auch mochte gesehen haben nahm Ärgernis daran. Die guten harmlosen Jünglinge, welche gar nichts Anstößiges fan­ den halb nackt wie ein poetischer Schäfer, oder ganz nackt wie eine heidnische Gottheit sich zu sehen, wurden von Freunden erinnert der­ gleichen zu unterlassen. Man machte ihnen begreiflich: sie weseten nicht in der uranfänglichen Natur, sondern in einem Lande das für gut und nützlich erachtet habe an älteren, aus der Mittelzeit sich herschrei­ benden Einrichtungen und Sitten fest zu halten. Sie waren nicht ab­ geneigt dies einzusehen, besonders da vom Mittelalter die Rede war, welches ihnen als eine zweite Natur verehrlich schien. Sie verließen daher die allzu taghaften Seeufer und fanden auf ihren Spaziergängen durch das Gebirg so klare rauschende erfrischende Gewässer, daß | in der Mitte Juni es ihnen unmöglich schien einer solchen Erquickung zu widerstehen. So waren sie auf ihren weitschweifenden Spaziergängen in das düstere Tal gelangt, wo hinter dem Albis die Sill strömend her­

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impacci del genere a ricordarci ogni momento che il mon­ do esterno è ancora più chiuso e limitato della madrepatria. Se in aggiunta si considera quella tendenza incondizionata a riprodurre nella realtà la libertà della natura, sarà facile scusare quei giovani che vedevano proprio nella Svizzera l’ambiente ideale per realizzare l’idillio della loro natura giovane e fresca. E in effetti le delicate poesie di Geßner e le sue deliziose illustrazioni fornivano loro tutti i motivi. Fare il bagno all’aria aperta sembra nella realtà la cosa più confacente a quelle esternazioni poetiche. Già durante il viaggio quegli esercizi naturali non erano parsi consoni ai costumi del tempo e ci si era astenuti dal farlo. In Svizze­ ra però, osservando e ascoltando le acque che mormorano, scorrono, scrosciano, si raccolgono sul piano per espandersi poi man mano in un lago, era impossibile resistere alla ten­ tazione. Io stesso non posso negare di essermi unito ai miei amici per fare il bagno nel lago limpido, apparentemente lontano dagli occhi di tutti. Ma i corpi nudi brillano anche a distanza e chi li vide ne fu scandalizzato. Quei bravi e innocenti ragazzi, che non vedevano nulla di male nel mostrarsi seminudi come poetici pastorelli o nudi come le divinità pagane, furono ammoniti dagli amici a non fare più cose del genere. Si fece loro intendere che non abitavano nella natura primigenia bensì in una terra che aveva ritenuto opportuno e utile attenersi a istituzioni e co­ stumi antichi, di origine addirittura medievale. Non fu dif­ ficile convincerli, tanto più che si parlava di Medioevo, che loro veneravano come una seconda natura. Abbandonarono quindi le rive troppo esposte del lago, ma durante le loro passeggiate tra i monti trovarono acque così limpide e rin­ frescanti che | a metà giugno parve loro impossibile rinun­ ciare a quel refrigerio. Così nelle loro lunghe passeggiate giunsero nella valle cupa dietro l’Albis, dove il fiume Sihl

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PARTE QUARTA

abschießt um sich unterhalb Zürch in die Limat zu ergießen. Entfernt von aller Wohnung, ja von allem betretenen Fußpfad, fanden sie es hier ganz unverfänglich die Kleider abzuwerfen und sich kühnlich den schäumenden Stromwellen entgegen zu setzen; dies geschah freilich nicht ohne Geschrei, nicht ohne ein wildes teils von der Kühlung teils von dem Behagen aufgeregtes Lustjauchzen, wodurch sie diese düs­ ter bewaldeten Felsen zur Idyllischen Szene einzuweihen den Begriff hatten. Allein, ob ihnen frühere Mißwollende nachgeschlichen, oder ob sie sich durch diesen dichterischen Tumult in der Einsamkeit selbst Gegner aufgerufen, ist nicht zu bestimmen. Genug sie mußten aus dem oberen stummen Gebüsch herab Steinwurf auf Steinwurf erfahren, un­ gewiß ob von wenigen oder mehrern, ob zufällig oder absichtlich, und sie fanden daher für das Klügste das erquickende Element zu verlassen und ihre Kleider zu suchen. Keiner war getroffen; Überraschung und Verdruß war die geistige Beschädigung die sie erlitten hatten, und sie wußten als lebenslustige Jünglinge die Erinnerung daran leicht abzuschütteln. Auf Lavatern jedoch erstreckten sich die unangenehmsten Folgen, daß er junge Leute von dieser Frechheit bei sich freundlich aufgenom­ men, mit ihnen Spazierfahrten angestellt und sie sonst begünstigt, de­ ren wildes, unbändiges, unchristliches ja heidnisches Naturell einen solchen Skandal in einer gesitteten, wohlgeregelten Gegend anrichte. Der geistliche Freund jedoch, wohl verstehend solche Vorkommen­ heiten zu beschwichtigen, wußte dies auch beizulegen, und nach Ab­ zug dieser meteorisch Reisenden war schon bei unsrer Rückkehr alles ins Gleiche gebracht. In dem Fragment von Werthers Reisen, welches in dem | XVI. Ban­ de meiner Werke neuerlich wieder mit abgedruckt ist, habe ich diesen Gegensatz der schweitzerischen löblichen Ordnung und gesetzlichen Beschränkung mit einem solchen im jugendlichen Wahn geforderten

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sgorga impetuoso per poi riversarsi nella Limmat sotto Zu­ rigo. Lontani da ogni centro abitato, lontani persino da ogni sentiero battuto, non videro obiezioni a togliersi i vestiti per sguazzare arditi tra le onde della corrente, e questo accadde, in verità, non senza urla, non senza selvagge grida di gioia un po’ per il freddo, un po’ per il piacere: intendevano con­ sacrare quelle cupe rocce coperte di boschi trasformandole in un paesaggio idilliaco. Se dei maligni li avessero seguiti di nascosto, o se i loro poetici schiamazzi in quel silenzio avessero attirato dei ne­ mici, non è dato sapere: fatto sta che dai cespugli silenziosi che li sovrastavano vennero lanciate pietre su pietre, non si sa se da uno o da molti, se per caso o apposta, tanto che alla fine ritennero opportuno abbandonare l’elemento ristorato­ re e andare a recuperare i loro vestiti. Nessuno fu colpito, sorpresa e fastidio furono l’unico danno, morale, che ricevettero, e da ragazzi allegri com’e­ rano si dimenticarono presto dell’accaduto. Lavater invece ne soffrì conseguenze più sgradevoli, perché aveva accolto presso di sé giovani così sfrontati, per­ ché aveva fatto escursioni con loro incoraggiandoli, mentre la loro indole selvaggia, sfrenata, non cristiana e persino pagana aveva suscitato un enorme scandalo in una società costumata e ben disciplinata. L’amico ecclesiastico, che sapeva bene come gestire si­ mili eventualità, seppe appianare anche questa e quando tornai, dopo la partenza di quei viaggiatori-meteora, era già tutto sistemato. Nel frammento dei Viaggi di Werther, da poco ripubbli­ cato | nel sedicesimo volume delle mie opere116, ho cercato di descrivere il contrasto tra la lodevole disciplina e le re­ strizioni della legge della Svizzera da una parte, e la vita selvaggia nella natura auspicata da quell’illusione giovanile

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Naturleben zu schildern gesucht. Weil man aber alles was der Dichter unbewunden darstellt gleich als entschiedene Meinung, als didakti­ schen Tadel aufzunehmen pflegt; so waren die Schweitzer deshalb sehr unwillig und ich unterließ die intentionierte Fortsetzung, welche das Herankommen Werthers bis zur Epoche, wo seine Leiden geschildert sind, einigermaßen darstellen und dadurch gewiß den Menschenkenner willkommen sein sollte. In Zürch angelangt gehörte ich Lavatern, dessen Gastfreundschaft ich wieder ansprach, die meiste Zeit ganz allein. Die Physiognomik lag mit allen ihren Gebilden und Unbilden dem trefflichen Manne mit immer sich vermehrenden Lasten auf den Schultern. Wir verhandelten alles den Umständen nach gründlich genug, und ich versprach ihm da­ bei nach meiner Rückkehr die bisherige Teilnahme. Hiezu verleitete mich das jugendlich unbedingte Vertrauen auf eine schnelle Fassungskraft, mehr noch das Gefühl der willigsten Bildsam­ keit; denn eigentlich war die Art womit Lavater die Physiognomien zergliederte nicht in meinem Wesen. Der Eindruck den der Mensch beim ersten Begegnen auf mich machte, bestimmte gewissermaßen mein Verhältnis zu ihm, obgleich das allgemeine Wohlwollen das in mir wirkte, gesellt zu dem Leichtsinn der Jugend, eigentlich immer vorwaltete und mich die Gegenstände in einer gewissen dämmernden Atmosphäre schauen ließ. Lavaters Geist war durchaus imposant; in seiner Nähe konnte man sich einer entscheidenden Einwirkung nicht erwehren, und so mußt’ ich mir denn gefallen lassen, Stirn und Nase, Augen und Mund einzeln zu betrachten, und eben so ihre Verhältnisse und Bezüge zu erwägen. Jener Seher tat dies notgedrungen um sich von dem was er so klar anschaute vollkommene Rechenschaft zu geben; mir kam es immer als eine Tücke, als ein Spionieren vor, wenn ich | einen gegenwärti­

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dall’altra. Ma dato che tutto ciò che il poeta rappresenta apertamente viene sempre interpretato come una presa di posizione, come una critica saccente, gli svizzeri ne furono molto contrariati e lasciai quindi perdere la progettata con­ tinuazione, che si proponeva di descrivere la maturazione di Werther fino all’epoca in cui iniziano i suoi dolori e che sarebbe certo stata gradita ai conoscitori dell’animo umano. Arrivato a Zurigo rimasi con Lavater, della cui ospita­ lità approfittai ancora una volta, quasi tutto il tempo come unico ospite. La Fisiognomica, con tutti i suoi ritratti più o meno deformi, gravava sulle spalle di quel valentuomo con un peso sempre maggiore. Discutemmo di tutto in modo approfondito quanto lo permettevano le circostanze, e gli promisi che anche dopo il mio rientro a casa avrei continua­ to a collaborare. A questa promessa mi indusse la mia giovanile, illimita­ ta fiducia nella mia pronta capacità di comprensione e più ancora la percezione della mia grande duttilità, perché in realtà il modo in cui Lavater analizzava le fisionomie non mi si confaceva. L’impressione che una persona faceva su di me al primo incontro determinava in un certo qual modo il mio atteggiamento nei suoi confronti, sebbene la benevo­ lenza universale che nutrivo, accompagnata dalla leggerez­ za della gioventù, prendesse sempre il sopravvento, facen­ domi vedere le cose in una luce piuttosto vaga. La personalità di Lavater si imponeva sempre; accanto a lui non si poteva non esserne fortemente influenzati e così dovetti adattarmi a osservare separatamente fronte e naso, occhi e bocca, e a valutare le loro proporzioni reciproche. Quel visionario procedeva così, costretto dalla necessità di rendere conto con esattezza di ciò che intuiva con tan­ ta chiarezza; a me sembrava invece sempre una malvagità, un atto di spionaggio, osservare | qualcuno in sua presenza

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gen Menschen in seine Elemente zerlegen und seinen sittlichen Eigen­ schaften dadurch auf die Spur kommen wollte. Lieber hielt’ ich mich an sein Gespräch, in welchem er nach Belieben sich selbst enthüllte. Hiernach will ich denn nicht leugnen daß es in Lavaters Nähe gewis­ sermaßen bänglich war: denn indem er sich auf physiognomischem Wege unsrer Eigenschaften bemächtigte, so war er in der Unterredung Herr unsrer Gedanken, die er im Wechsel des Gespräches mit einigem Scharfsinn gar leicht erraten konnte. Gleich nach dem ersten Besuche der Stollbergischen Brüder, sagte er: »ich weiß nicht was ich von den physiognomischen Fähigkeiten des Publikums denken soll, jedermann hat mir den Grafen Leopold als ei­ nen kräftigen, starken, festen Jüngling beschrieben, es fehlte wenig sie hätten einen Herkules aus ihm gemacht, und ich habe nicht leicht einen zwar edlen und von der Seite höchstschätzenswerten jungen Mann ge­ sehen, aber auch keinen weicheren mehr determinablen.« Und in eben dem Sinne führte er den werten Mann in seiner Physiognomik auf. Wer eine Synthese recht prägnant in sich fühlt, der hat eigentlich das Recht zu analysieren, weil er am äußeren Einzelnen sein inneres Ganze prüft und legitimiert. Wie Lavater sich hiebei benommen, sei nur ein Beispiel gegeben. Sonntags, nach der Predigt, hatte er als Geistlicher die Verpflich­ tung, den kurzgestielten Sammetbeutel jedem Heraustretenden vorzu­ halten und die milde Gabe segnend zu empfangen. Nun setzte er sich z. B. diesen Sonntag die Aufgabe, keine Person anzusehen, sondern nur auf die Hände zu achten und ihre Gestalt sich auszulegen. Aber nicht allein die Form der Finger, sondern auch die Miene derselben beim Niederlassen der Gabe, entging nicht seiner Aufmerksamkeit, und er hatte mir viel davon zu eröffnen. Wie belehrend und aufregend mußten mir solche Unterhaltungen werden, mir, der ich doch auch auf dem Wege war mich zum Menschenmaler zu qualifizieren? | Manche Epoche meines nachherigen Lebens ward ich veranlaßt über diesen Mann zu denken, welcher unter die Vorzüglichsten gehört

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per scomporlo in elementi e rintracciare così le sue quali­ tà morali. Io preferivo una conversazione, durante la quale ciascuno si rivelava a suo piacimento. Non posso quindi negare che qualche volta, in presenza di Lavater, mi senti­ vo imbarazzato: se grazie alla fisiognomica si impadroni­ va delle nostre qualità, parlando si impadroniva dei nostri pensieri, che indovinava con grande facilità e acume nei passaggi della conversazione. Subito dopo la prima visita dei fratelli Stolberg aveva detto: «non so cosa pensare delle capacità fisiognomiche del pubblico. Tutti mi avete descritto il conte Leopold come un giovanotto robusto, forte e solido, manca poco e ne avreste fatto un ercole! È sì un giovane nobile e da questo punto di vista assai stimabile, ma non ho mai visto nessu­ no più debole e influenzabile di lui». E in questo modo lo caratterizzò anche nella sua Fisiognomica. Chi percepisce dentro di sé una sintesi pregnante acqui­ sta anche il diritto di scomporre e analizzare, perché nei dettagli esteriori mette alla prova e cerca una legittimazione per la sua totalità interiore. Un esempio mostrerà come pro­ cedeva Lavater. La domenica, dopo il sermone, come ecclesiastico aveva il dovere di porgere a ciascuno, all’uscita, il cestino di velluto dal corto manico per ricevere le offerte con una benedizione. Una domenica ad esempio si propose di non guardare in viso le persone ma di osservare soltanto le mani per interpretarne l’aspetto. Ma non soltanto la forma delle dita, nemmeno il gesto nel depositare l’offerta sfuggì alla sua attenzione, e mi comunicò poi parecchie cose al riguardo. Quanto istruttive e interessanti erano per me quelle conversazioni, per me che ero in procinto di qualificarmi come pittore di uomini! | Parecchie volte in seguito, nel corso della vita, mi capitò di ripensare a Lavater: è una delle persone più ragguarde­

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mit denen ich zu einem so vertrauten Verhältnis gelangte. Und so sind nachstehende Äußerungen über ihn zu verschiedenen Zeiten geschrie­ ben. Nach unsern auseinander strebenden Richtungen mußten wir uns allmählich ganz und gar fremd werden, und doch wollt’ ich mir den Begriff von seinem vorzüglichen Wesen nicht verkümmern lassen. Ich vergegenwärtigte mir ihn mehrmals, und so entstanden diese Blätter ganz unabhängig von einander, in denen man Wiederholung, aber hof­ fentlich keinen Widerspruch finden wird.

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Lavater war eigentlich ganz real gesinnt und kannte nichts Ideelles als unter der moralischen Form; wenn man diesen Begriff festhält, wird man sich über einen seltenen und seltsamen Mann am ersten aufklären. Seine Aussichten in die Ewigkeit sind eigentlich nur Fortsetzungen des gegenwärtigen Daseins, unter leichteren Bedingungen als die sind welche wir hier zu erdulden haben. Seine Physiognomik ruht auf der Überzeugung daß die sinnliche Gegenwart mit der geistigen durchaus zusammen falle, ein Zeugnis von ihr ablege, ja sie selbst vorstelle. Mit den Kunstidealen konnte er sich nicht leicht befreunden, weil er, bei seinem scharfen Blick, solchen Wesen die Unmöglichkeit leben­ dig organisiert zu sein, nur allzusehr ansah, und sie daher ins Fabel­ reich, ja in das Reich des Monstrosen verwies. Seine unaufhaltsame Neigung das Ideelle verwirklichen zu wollen, brachte ihn in den Ruf eines Schwärmers, ob er sich gleich überzeugt fühlte, daß niemand mehr auf das Wirkliche dringe als er; deswegen er denn auch den Miß­ griff in seiner Denk- und Handelsweise niemals entdecken konnte. Nicht leicht war jemand leidenschaftlicher bemüht anerkannt zu werden als er, und vorzüglich dadurch eignete er sich zum Lehrer; gingen aber seine Bemühungen auch wohl | auf Sinnes- und SittenBesserung anderer, so war doch dies keineswegs das Letzte worauf er hinarbeitete. Um die Verwirklichung der Person Christi war es ihm am meisten zu tun; daher jenes beinahe unsinnige Treiben ein Christusbild nach

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voli con cui ho intrattenuto rapporti tanto confidenziali. Le considerazioni che seguono e che lo riguardano sono però scritte in fasi diverse. A causa delle nostre tendenze diver­ genti finimmo per allontanarci progressivamente, ma non ho mai voluto che si affievolisse il ricordo della sua per­ sonalità così straordinaria. Più volte me la sono richiamata alla mente, e così queste pagine sono nate le une indipen­ dentemente dalle altre; ci saranno ripetizioni, ma – spero – nessuna contraddizione. Lavater era uno spirito molto realistico e per lui l’ideale po­ teva esistere solo nell’ambito morale; tener presente questo è il primo passo per capire un uomo tanto strano e singolare. Le sue Prospettive sull’eternità117 sono effettivamente il proseguimento dell’esistenza terrena, solo in condizioni più miti rispetto a quelle che sopportiamo qui. La sua Fisiognomica si basa sulla convinzione che il presente sensibile coincida in tutto e per tutto con quello spirituale, ne renda anzi testimonianza, lo rappresenti. Con gli ideali dell’arte non riusciva a familiarizzare, per­ ché il suo sguardo acuto intuiva fin troppo bene che quegli enti non potevano organizzarsi in realtà viventi e li relegava quindi nel regno delle favole, anzi, dei mostri. La sua invin­ cibile inclinazione a voler realizzare l’ideale gli procurò la fama di sognatore, malgrado lui fosse convinto che nessuno puntasse al reale più di lui; per questo non riuscì mai a ca­ pire l’errore insito nel suo modo di agire e pensare. Pochi erano desiderosi di farsi apprezzare quanto lui, e di­ fatti era adattissimo come insegnante; e sebbene i suoi sforzi mirassero | al miglioramento spirituale e morale altrui, non era affatto questo lo scopo ultimo per cui si adoperava. Quello che gli stava più a cuore era la realizzazione della persona di Cristo, e da qui derivava la sua mania quasi folle

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dem andern fertigen, kopieren, nachbilden zu lassen, wovon ihm denn, wie natürlich, keines genug tat. Seine Schriften sind schon jetzt schwer zu verstehen, denn nicht leicht kann jemand eindringen in das was er eigentlich will. Niemand hat so viel aus der Zeit und in die Zeit geschrieben als er, seine Schrif­ ten sind wahre Tagesblätter, welche die eigentlichste Erläuterung aus der Zeitgeschichte fordern; sie sind in einer Coteriesprache geschrie­ ben, die man kennen muß um gerecht gegen sie zu sein, sonst wird dem verständigen Leser manches ganz toll und abgeschmackt erscheinen, wie denn auch dem Manne schon bei seinem Leben und nach demsel­ ben hierüber genugsame Vorwürfe gemacht wurden. So hatten wir ihm z. B. mit unserm Dramatisieren den Kopf so warm gemacht, indem wir alles Vorkömmliche nur unter dieser Form darstellten und keine andere wollten gelten lassen, daß er, hiedurch aufgeregt, in seinem Pontius Pilatus mit Heftigkeit zu zeigen bemüht ist: es gebe doch kein dramatischeres Werk als die Bibel; besonders aber die Leidensgeschichte Christi sei für das Drama aller Dramen zu erklären. In diesem Kapitel des Büchleins, ja in dem ganzen Werke über­ haupt, erscheint Lavater dem Pater Abraham von Santa Clara sehr ähn­ lich; denn in diese Manier muß jeder Geistreiche verfallen, der auf den Augenblick wirken will. Er hat sich nach den gegenwärtigen Neigun­ gen, Leidenschaften, nach Sprache und Terminologie zu erkundigen, um solche alsdann zu seinen Zwecken zu brauchen, und sich der Masse anzunähern die er an sich heranziehen will.

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Da er nun Christum buchstäblich auffaßte, wie ihn die Schrift, wie ihn manche Ausleger geben, so diente ihm | diese Vorstellung dergestalt zum Supplement seines eignen Wesens, daß er den Gottmenschen sei­ ner individuellen Menschheit so lange ideell einverleibte, bis er zuletzt

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di far disegnare, copiare, riprodurre un’immagine di Cristo dopo l’altra; ma ovviamente nessuna gli pareva adeguata. I suoi scritti sono, già oggi, di difficile comprensione; non è facile infatti capire dove intenda esattamente arrivare. Nessuno ha mai scritto così tanto sulla sua epoca e per la sua epoca quanto lui, i suoi scritti sono veri e propri gior­ nali quotidiani e presuppongono una perfetta conoscenza dei fatti di attualità. Sono scritti in un linguaggio da iniziati che bisogna conoscere per poterli apprezzare, altrimenti al lettore di buon senso potrebbero sembrare astrusi o fuori luogo; rimproveri che del resto gli sono stati mossi di fre­ quente già allora, quando era ancora in vita. Ad esempio, gli avevamo tanto riempito la testa con la nostra smania di drammatizzare, rappresentando ogni even­ to solo in questa forma e rifiutando tutte le altre, che nel suo Ponzio Pilato si accanì per dimostrare che oltre alla Bibbia non ci possono essere altre opere drammatiche, e che la Passione di Cristo, in particolare, dovrebbe essere dichiarata il dramma di tutti i drammi118. In quel capitolo del libriccino, ma in generale in tutta l’opera, Lavater ricorda molto da vicino padre Abraham a Sancta Clara119: lo scrittore intelligente deve infatti ricorre­ re a quello stile se vuole fare presa sui suoi contemporanei. Deve tenersi al corrente delle tendenze, delle preferenze, deve conoscere il linguaggio e la terminologia del momento per poterle piegare ai suoi scopi, in modo da avvicinarsi alla massa che vuole poi attirare a sé. Concepiva Cristo alla lettera, come lo presentano le Scrit­ ture e alcuni commentatori, e questa rappresentazione | secondo lui completava il suo stesso essere al punto che, integrando idealmente l’Uomo-Dio nella propria umanità individuale così a lungo, alla fine si convinse di essersi

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mit demselben wirklich in eins zusammengeschmolzen, mit ihm ver­ einigt, ja eben derselbe zu sein wähnen durfte. Durch diesen entschiedenen bibelbuchstäblichen Glauben mußte er auch eine völlige Überzeugung gewinnen, daß man eben so gut noch heut zu Tage als zu jener Zeit Wunder müsse ausüben können, und da es ihm vollends schon früh gelungen war, in bedeutenden und drin­ genden Angelegenheiten, durch brünstiges ja gewaltsames Gebet, im Augenblick eine günstige Umwendung schwer bedrohender Unfälle zu erzwingen; so konnte ihn keine kalte Verstandseinwendung im min­ desten irre machen. Durchdrungen ferner von dem großen Werte, der durch Christum wieder hergestellten und einer glücklichen Ewigkeit gewidmeten Menschheit, aber zugleich auch bekannt mit den mannig­ faltigen Bedürfnissen des Geistes und Herzens, mit dem grenzenlosen Verlangen nach Wissen, selbst fühlend jene Lust, sich in’s Unendliche auszudehnen, wozu uns der gestirnte Himmel sogar sinnlich einlädt, entwarf er seine Aussichten in die Ewigkeit, welche indes dem größten Teil der Zeitgenossen sehr wunderlich vorkommen mochten. Alles dieses Streben jedoch, alle Wünsche, alles Unternehmen ward von dem physiognomischen Genie überwogen, das ihm die Natur zugeteilt hatte. Denn wie der Probierstein, durch Schwärze und rauch­ glatte Eigenschaft seiner Oberfläche, den Unterschied der aufgestriche­ nen Metalle anzuzeigen am geschicktesten ist, so war auch er, durch den reinen Begriff der Menschheit den er in sich trug, und durch die scharfzarte Bemerkungsgabe, die er erst aus Naturtrieb, nur obenhin, zufällig, dann mit Überlegung, vorsätzlich und geregelt ausübte, im höchsten Grade geeignet, die Besonderheiten einzelner Menschen zu gewahren, zu kennen, zu unterscheiden, ja auszusprechen. Jedes Talent das sich auf eine entschiedene Naturanlage gründet, scheint uns etwas Magisches zu haben, weil wir weder es | selbst, noch seine Wirkungen einem Begriffe unterordnen können. Und wirklich ging seine Einsicht

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veramente fuso con lui, di essersi unito a lui, di essere addirittura lui. Grazie alla sua fede incrollabile nella lettera della Bibbia giunse poi alla ferma convinzione che anche ai giorni nostri, proprio come a quel tempo, si potevano fare dei miracoli, e poiché già in precedenza, in situazioni gravi e urgenti, era riuscito a scongiurare disgrazie imminenti ottenendo un esi­ to favorevole grazie alla supplica ardente, addirittura pres­ sante, non c’era obiezione razionale che potesse anche solo minimamente scalfirlo. Era inoltre compenetrato dal grande valore di un’umanità redenta mediante Cristo e destinata a una beata eternità, ma insieme anche consapevole degli innumerevoli bisogni dello spirito e del cuore, della nostra sconfinata sete di conoscenza. Poiché lui stesso avvertiva il desiderio di espandersi all’infinito (e il cielo stellato ci invita a farlo persino con i sensi), scrisse le sue Prospettive sull’eternità, che peraltro parvero alquanto strane alla mag­ gior parte dei suoi contemporanei. Ma ogni aspirazione, ogni desiderio, ogni impresa era sempre dominata dalla genialità fisiognomica che la natura gli aveva conferito. Come la pietra di paragone che grazie al colore nero e alla superficie liscia e ruvida insieme è la più adatta a mostrare le differenze tra i vari metalli che le si sfregano contro120, così anche lui era abilissimo nel percepire, conoscere, distinguere ed enunciare le particolarità di ogni individuo grazie al concetto puro di umanità che portava in sé e alla capacità di osservazione, acuta e delicata, che aveva esercitato prima spontaneamente, per caso e inciden­ talmente, poi in modo consapevole, intenzionale e meto­ dico. Ogni talento fondato su una predisposizione naturale molto marcata ci sembra abbia qualcosa di magico perché non siamo in | grado di ricondurre né il talento stesso né i suoi effetti a un determinato concetto. Ed effettivamente la

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in die einzelnen Menschen über alle Begriffe; man erstaunte, wenn man über diesen oder jenen vertraulich sprach, ja es war furchtbar in der Nähe des Mannes zu leben, dem jede Grenze deutlich erschien, in welche die Natur uns Individuen einzuschränken beliebt hat. Jedermann glaubt dasjenige mitteilbar was er selbst besitzt, und so wollte Lavater nicht nur für sich von dieser großen Gabe Gebrauch machen, sondern sie sollte auch in andern aufgefunden, angeregt, sie sollte sogar auf die Menge übertragen werden. Zu welchen dunklen und boshaften Mißdeutungen, zu welchen albernen Späßen und nie­ derträchtigen Verspottungen diese auffallende Lehre reichlichen Anlaß gegeben, ist wohl noch in einiger Menschen Gedächtnis, und es ge­ schah dieses nicht ganz ohne Schuld des vorzüglichen Mannes selbst: denn ob zwar die Einheit seines inneren Wesens auf einer hohen Sitt­ lichkeit ruhte, so konnte er doch mit seinen mannigfaltigen Bestrebun­ gen, nicht zur äußern Einheit gelangen, weil in ihm sich weder Anlage zur philosophischen Sinnesweise noch zum Kunsttalent finden wollte. Er war weder Denker noch Dichter, ja nicht einmal Redner im eigent­ lichen Sinne. Keineswegs im Stande etwas methodisch anzufassen, griff er das Einzelne einzeln sicher auf, und so stellte er es auch kühn nebeneinander. Sein großes physiognomisches Werk ist hiervon ein auffallendes Beispiel und Zeugnis. In ihm selbst mochte wohl der Be­ griff des sittlichen und sinnlichen Menschen ein Ganzes bilden, aber außer sich wußte er ihn nicht darzustellen, als nur wieder praktisch im Einzelnen, so wie er das Einzelne im Leben aufgefaßt hatte. Eben jenes Werk zeigt uns zum Bedauern, wie ein so scharfsinniger Mann in der gemeinsten Erfahrung umhertappt, alle lebenden Künstler und Pfu­ scher anruft, für charakterlose Zeichnungen und Kupfer ein unglaub­ liches Geld ausgibt, um hinterdrein im Buche zu sagen, daß diese und jene Platte mehr oder weniger mißlungen, unbedeutend und unnütz | sei. Freilich schärft er dadurch sein Urteil und das Urteil anderer, allein

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sua capacità di discernere l’indole delle singole persone era straordinaria; si rimaneva a bocca aperta quando parlava in confidenza di questo o di quello, ed era terribile vivere nelle vicinanze di un uomo che vedeva tanto chiaramente tutti i limiti che la natura ha voluto imporci. Ciascuno ritiene che ciò che possiede debba essere tra­ smesso agli altri, e così Lavater non voleva tenere soltanto per sé quella notevole dote, bensì voleva vederla e stimo­ larla anche negli altri, voleva anzi trasmetterla alla gente. Quanti fraintendimenti oscuri e maligni, quanti scherzi sciocchi e beffe meschine quella dottrina sorprendente ab­ bia suscitato121, molti ancora se lo ricordano – e ciò non senza colpa di quell’uomo eccellente. Infatti, sebbene l’u­ nità interiore della sua natura si fondasse su una moralità superiore, i suoi molteplici sforzi non riuscivano a produrre un’unità esteriore, poiché non possedeva né la predispo­ sizione al ragionamento filosofico, né un talento artistico. Non era pensatore né poeta e nemmeno un oratore vero e proprio. Del tutto incapace di affrontare le cose sulla scor­ ta di un metodo, coglieva con sicurezza singoli elementi uno per uno e li accostava temerariamente l’uno all’altro. La sua grande opera fisiognomica ne è un perfetto esempio e una dimostrazione. Sebbene in lui il concetto dell’uomo morale e sensibile fossero fusi insieme, non riusciva a tra­ smetterlo all’esterno se non tramite singoli dettagli, nello stesso modo in cui lo aveva percepito nella vita concreta. Proprio quell’opera ci mostra, purtroppo, come un uomo così intelligente brancoli nel buio riguardo alle questioni più comuni: chiama a raccolta tutti gli artisti e gli imbratta­ tele viventi, spende un sacco di soldi per disegni e incisioni mediocri per poi scrivere nel libro che questo o quel ritratto è venuto più o meno bene, è insignificante o | inutile. Cer­ to, così facendo acuisce il giudizio proprio e altrui, ma di­

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es beweist auch, daß ihn seine Neigung trieb, Erfahrungen mehr aufzu­ häufen als sich in ihnen Luft und Licht zu machen. Eben daher konnte er niemals auf Resultate losgehn, um die ich ihn öfters und dringend bat. Was er als solche in späterer Zeit Freunden vertraulich mitteilte, waren für mich keine: denn sie bestanden aus einer Sammlung von ge­ wissen Linien und Zügen, ja Warzen und Leberflecken, mit denen er bestimmte sittliche öfters unsittliche Eigenschaften verbunden gesehn. Es waren darunter Bemerkungen zum Entsetzen; allein es machte kei­ ne Reihe, alles stand vielmehr zufällig durcheinander, nirgends war eine Anleitung zu sehn, oder eine Rückweisung zu finden. Eben so we­ nig schriftstellerische Methode oder Künstlersinn herrschte in seinen übrigen Schriften, welche vielmehr stets eine leidenschaftlich heftige Darstellung seines Denkens und Wollens enthielten, und das was sie im Ganzen nicht leisteten, durch die herzlichsten geistreichsten Einzeln­ heiten jederzeit ersetzten. Nachfolgende Betrachtungen möchten wohl gleichfalls auf jene Zustände bezüglich, hier am rechten Orte eingeschaltet stehen. Niemand gesteht gern andern einen Vorzug ein, so lang er ihn nur einigermaßen leugnen kann; Natur-Vorzüge aller Art sind am wenigs­ ten zu leugnen und doch gestand der gemeine Redegebrauch damaliger Zeit nur dem Dichter Genie zu. Nun aber schien auf einmal eine andere Welt aufzugehn, man verlangte Genie vom Arzt, vom Feldherrn, vom Staatsmann und bald von allen Menschen die sich theoretisch oder praktisch hervorzutun dachten. Zimmermann vorzüglich hatte diese Forderungen zur Sprache gebracht. Lavater in seiner Physiognomik mußte notwendig auf eine allgemeinere Verteilung der Geistesgaben aller Art hinweisen; das Wort Genie ward eine allgemeine Losung, und weil man es so oft aussprechen hörte, so dachte man auch, das was es bedeuten sollte, sei gewöhnlich vorhanden. Da nun aber jeder­

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mostra anche che quello che gli interessava era accumulare esperienze più che metterle in ordine e chiarificarle. Proprio per questo non poté mai arrivare a dei risultati, come inve­ ce gli avevo suggerito spesso e con insistenza. Nemmeno quelli che in seguito aveva comunicato in confidenza agli amici122 erano secondo me dei risultati, perché consistevano in una raccolta di determinati profili e tratti, persino ver­ ruche e macchie epatiche ai quali lui collegava specifiche qualità morali – o più spesso immorali. Ci aggiungeva poi dei commenti terrificanti, ma non si riconosceva un ordine, tutto era alla rinfusa, non si vedeva né capo né coda. Anche negli altri suoi scritti non si ritrovava né metodo espositivo né senso artistico: erano invece sempre rappresentazioni in­ fervorate e impetuose di ciò che egli pensava e voleva, dove la mancanza di una visione d’insieme era rimpiazzata da dettagli vivacissimi e geniali. Posso inserire a questo punto le seguenti considerazioni, che si riferiscono a quelle circostanze e sono dunque al po­ sto giusto. Nessuno riconosce volentieri un talento a un altro, fin tanto che può in una qualche misura evitarlo, e i talenti natu­ rali sono quelli che meno di tutti si possono negare, eppure l’opinione comune di allora attribuiva la genialità soltanto ai poeti. Ora però sembrava di colpo aprirsi un altro mondo, si chiedeva di essere geniale anche al medico, al generale, all’uomo di Stato e ben presto a tutti coloro che volevano emergere sul piano teorico o pratico. Zimmermann soprat­ tutto aveva dato voce a questa richiesta123. Nella Fisiognomica Lavater doveva per forza far riferimento a una distri­ buzione più generale delle varie doti spirituali; il termine ‘genio’ divenne la parola d’ordine universale e poiché la si udiva pronunciare in continuazione, si finì col pensare che ciò che indicava dovesse essere altrettanto frequente.

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mann Genie von anderen zu | fordern berechtigt war, so glaubte er es auch endlich selbst besitzen zu müssen. Es war noch lange hin bis zu der Zeit wo ausgesprochen werden konnte, daß Genie diejenige Kraft des Menschen sei, welche durch Handeln und Tun, Gesetze und Regel gibt, damals manifestierte sichs nur indem es die vorhandenen Gesetze überschritt, die eingeführten Regeln umwarf und sich für grenzenlos erklärte. Daher war es leicht genialisch zu sein, und nichts natürlicher, als daß der Mißbrauch in Wort und Tat alle geregelte Menschen aufrief, sich einem solchen Unwesen zu widersetzen. Wenn einer zu Fuße, ohne recht zu wissen warum und wohin, in die Welt lief, so hieß dies eine Geniereise, und wenn einer etwas Verkehr­ tes ohne Zweck und Nutzen unternahm, ein Geniestreich. Jüngere leb­ hafte, oft wahrhaft begabte Menschen verloren sich ins Grenzenlose; ältere Verständige, vielleicht aber Talent- und Geistlose, wußten dann mit höchster Schadenfreude ein gar mannigfaltiges Mißlingen vor den Augen des Publikums lächerlich darzustellen. Und so fand ich mich in der Mitte, fast mehr gehindert mich zu ent­ wickeln und zu äußern, durch falsche Mit- und Einwirkung der Sinnes­ verwandten, als durch den Widerstand der Entgegengesinnten. Worte, Beiworte, Phrasen zu Ungunsten der höchsten Geistesgaben, verbrei­ teten sich unter der geistlos-nachsprechenden Menge dergestalt, daß man sie noch jetzt im gemeinen Leben hie und da von Ungebildeten vernimmt, ja daß sie sogar in die Wörterbücher eindrangen, und das Wort Genie eine solche Mißdeutung erlitt, aus der man die Notwendig­ keit ableiten wollte es gänzlich aus der deutschen Sprache verbannen zu müssen. Und so hätten sich die Deutschen, bei denen überhaupt das Ge­ meine weit mehr überhand zu nehmen Gelegenheit findet als bei anderen Nationen, um die schönste Blüte der Sprache, um das nur scheinbar fremde, aber allen Völkern gleich angehörige Wort viel­ leicht gebracht, wenn nicht der, | durch eine tiefere Philosophie wie­

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E poiché ciascuno si sentiva legittimato a | pretendere la genialità dagli altri, alla fine si convinceva di possederla anche lui. Si era ancora molto distanti dall’epoca in cui si sarebbe definito il genio come quella forza dell’uomo che crea leggi e regole attraverso il fare e l’agire124; allora esso si manifestava soltanto trasgredendo le leggi esistenti, sov­ vertendo le regole in vigore e dichiarandosi liberi da ogni vincolo. Ragion per cui era facile essere un genio e fu del tutto naturale che l’abuso nelle parole e nei fatti esortasse tutte le persone rispettose dell’ordine a opporsi a quel caos. Se uno partiva per fare il giro del mondo a piedi, senza saper bene né come né perché, si diceva che era un viaggio geniale; se un altro faceva qualcosa di anomalo senza scopo né utilità, era un colpo di genio. Giovani energici, spesso anche molto dotati, si perdevano nella sregolatezza mentre adulti di buon senso, spesso privi di talento e di spirito, ne approfittavano subito per ridicolizzare con estrema perfidia i loro numerosi fallimenti agli occhi del pubblico. E così io mi ritrovai nel mezzo, ostacolato nella cresci­ ta e nell’espressione quasi più per il frainteso aiuto e l’in­ fluenza dei miei sostenitori che per l’opposizione degli av­ versari. Parole, epiteti, modi di dire che deridevano le doti spirituali più elevate si diffusero così tanto tra la folla ottusa e pedissequa che ancora oggi li si sente ripetere quotidiana­ mente dagli ignoranti. Alcuni furono persino registrati nei dizionari e il termine ‘genio’ assunse un significato così ne­ gativo che si sentì la necessità di bandirlo completamente dalla lingua tedesca. Così facendo i tedeschi, presso i quali la volgarità ha più occasioni per emergere che in altre nazioni, si sarebbero forse privati del più bel fiore della lingua, di una parola solo all’apparenza straniera ma comune invece a tutti i popoli. Per fortuna una filosofia | più profonda contribuì a ripristi­

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der neugegründete Sinn fürs Höchste und Beste, sich wieder glücklich hergestellt hätte.

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In dem Vorhergehenden ist von dem Jünglingsalter zweier Männer die Rede gewesen, deren Andenken aus der deutschen Literatur- und Sittengeschichte sich nimmer verlieren wird. In gemeldeter Epoche jedoch lernen wir sie gewissermaßen nur aus ihren Irrschritten ken­ nen, zu denen sie durch eine falsche Tagsmaxime in Gesellschaft ihrer gleichjährigen Zeitgenossen verleitet worden. Nunmehr aber ist nichts billiger als daß wir ihre natürliche Gestalt, ihr eigentliches Wesen ge­ schätzt und geehrt vorführen, wie solches eben damals in unmittelbarer Gegenwart von dem durchdringenden Lavater geschehen, deshalb wir denn, weil die schweren und teuren Bände des großen physiognomi­ schen Werkes nur wenigen unsrer Leser gleich zur Hand sein möchten, die merkwürdigen Stellen welche sich auf beide beziehen, aus dem zweiten Teile gedachten Werkes, und dessen dreißigstem Fragmente, Seite 244. hier einzurücken kein Bedenken tragen. »Die Jünglinge, deren Bilder und Silhouetten wir hier vor uns haben, sind die ersten Menschen die mir zur physiognomischen Beschreibung saßen und standen, wie, wer sich malen läßt, dem Maler sitzt.« »Ich kannte sie sonst, die edeln – und ich machte den ersten Ver­ such, nach der Natur und mit aller sonstigen Kenntnis, ihren Charakter zu beobachten und zu beschreiben. – Hier ist die Beschreibung des ganzen Menschen – Erstlich des jün­ geren. Siehe den blühenden Jüngling von 25 Jahren! das leichtschweben­ de, schwimmende, elastische Geschöpfe! es liegt nicht; es steht nicht; es stemmt sich nicht; es fliegt nicht; es schwebt oder schwimmt. Zu lebendig, um zu ruhen; zu locker, um festzustehen; zu schwer und zu weich, um zu fliegen. | Ein schwebendes also, das die Erde nicht berührt! In seinem ganzen Umrisse keine völlig schlaffe Linie, aber auch keine gerade, keine ge­ spannte, keine fest gewölbte, hart gebogene; – kein eckigter Einschnitt;

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nare il senso per ciò che è sommo ed eccelso dandogli un nuovo fondamento125. Nelle pagine precedenti si è parlato della giovinezza di due uomini il cui ricordo non svanirà mai dalla storia della let­ teratura e della civiltà tedesca. In quell’epoca però li si co­ nosceva praticamente solo per le loro intemperanze, a cui erano indotti, insieme a tutti i loro coetanei, da una falsa regola di vita. Ora però è più che giusto descrivere la loro autentica natura, il loro vero carattere, con il rispetto e la stima che il perspicace Lavater, conoscendoli personalmen­ te, dimostrò per loro. Perciò, considerando che solo pochi dei nostri lettori avranno a disposizione i pesanti e costosi volumi della sua grande opera fisiognomica, non esitiamo a riportare qui i passi più rilevanti che si riferiscono a entram­ bi126, tratti dalla seconda parte dell’opera citata, frammento 30, pagina 244. «I giovanotti di cui vediamo le immagini e il profilo sono i primi che hanno posato per me per la descrizione fisiogno­ mica, come posa per il pittore chi vuole farsi ritrarre. Li conoscevo già, quei nobili, e ho fatto un primo tenta­ tivo per osservare e descrivere il loro carattere dal vero e in base alle mie conoscenze. Ecco la descrizione della persona nella sua totalità – co­ minciando dal più giovane. Osservate il giovanotto nel fiore dei suoi venticinque anni, quella creatura quasi fluttuante, sospesa, elastica! Non è disteso né in piedi, non si appoggia, non vola; fluttua o galleggia. Troppo vivace per riposare, troppo sciolto per stare fermo, troppo pesante e troppo delicato per volare. | Qualcosa di fluttuante, quindi, che non sfiora la terra! In tutto il suo profilo non c’è una sola linea che sia del tut­ to floscia né del tutto dritta, né tesa, né molto arcuata né

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kein felsiges Vorgebürge der Stirn; keine Härte, keine Steifigkeit; keine zürnende Rohigkeit; keine drohende Obermacht; kein eiserner Mut – elastisch reizbarer wohl, aber kein eiserner; kein fester, forschender Tiefsinn; keine langsame Überlegung, oder kluge Bedächtlichkeit; nir­ gends der Raisonneur mit der festgehaltenen Waagschale in der einen, dem Schwerte in der andern Hand, und doch auch nicht die mindeste Steifheit im Blicke und Urteile! und doch die völligste Geradheit des Verstandes, oder vielmehr der unbefleckteste Wahrheitssinn! Immer der innige Empfinder, nie der tiefe Ausdenker; nie der Erfinder, nie der prüfende Entwickler der so schnellerblickten, schnellerkannten, schnellgeliebten, schnellergriffenen Wahrheit... Ewiger Schweber; Seher; Idealisierer; Verschönerer. Gestalter aller seiner Ideen! Immer halbtrunkener Dichter, der sieht, was er sehen will; – nicht der trüb­ sinnig schmachtende – nicht der hartzermalmende; – aber der hohe, edle, gewaltige! der mit gemäßigtem »Sonnendurst« in den Regionen der Luft hin- und herwallt, über sich strebt, und wieder – nicht zur Erde sinkt! zur Erde sich stürzt, in des »Felsenstromes« Fluten sich taucht und sich wiegt »im Donner der hallenden Felsen umher« – Sein Blick nicht Flammenblick des Adlers! Seine Stirn und Nase nicht Mut des Löwen! seine Brust – nicht Festigkeit des Streit wiehernden Pfer­ des! Im Ganzen aber viel von der schwebenden Gelenksamkeit des Elefanten... Die Aufgezogenheit seiner vorragenden Oberlippe gegen die un­ beschnittene, uneckige, vorhängende Nase zeigt, bei dieser Beschlos­ senheit des Mundes, viel Geschmack und feine Empfindsamkeit; der untere Teil des Gesichtes viel Sinnlichkeit, Trägheit, Achtlosigkeit. Der ganze Umriß des Halbgesichtes Offenheit, Redlichkeit, Menschlich­

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con andamento troppo marcato. Nessuna piega spigolosa, nessuna protuberanza rocciosa sulla fronte; niente durezza né rigidità, non irascibile grossolanità, non minacciosa prevaricazione, nemmeno ferreo coraggio – molto reattivo, questo sì, ma non ferreo; non c’è pensosità indagatrice e pro­ fonda, né ponderata riflessività, né prudente circospezione; non ha nulla del ragionatore che tiene salda la bilancia in una mano e la spada nell’altra, e non c’è nemmeno traccia di severità nello sguardo e nel giudizio! C’è invece assolu­ ta rettitudine nel pensare, o piuttosto un immacolato senso per la verità. Percepisce sempre con l’istinto, non riflette in profondità, non indaga, non sviluppa con l’analisi la verità intuita all’istante, riconosciuta all’istante, amata all’istante, compresa all’istante… Sospeso in eterno, visionario, idea­ lizza, abbellisce. Dà forma a tutte le sue idee! Poeta sempre semi-ebbro che vede solo ciò che vuole vedere; non quello che si strugge nella malinconia; non quello che distrugge implacabile127, bensì elevato, nobile, potente! Che con una moderata “sete di sole” aleggia in aeree regioni, aspira a superare se stesso, e poi… non cade a terra, no, si precipita sulla terra, si immerge nelle onde del “fiume roccioso” e si culla “nel tuono delle rupi che rimbombano”128. Il suo sguardo non è quello fiammeggiante dell’aquila! Fronte e naso non sono quelli coraggiosi del leone, il suo petto non ha la resistenza del cavallo che nitrisce in battaglia! Ma nel complesso ha invece molto della docilità ondeggiante dell’elefante… Il labbro superiore sporgente e incurvato verso il naso a punta, arrotondato e pronunciato, insieme alla linea decisa della bocca indica molto gusto e una sensibilità raffinata; la parte inferiore del volto molta sensualità, pigrizia, indiffe­ renza. La linea del profilo nel suo complesso mostra apertu­ ra, rettitudine, umanità, ma anche facilità a lasciarsi sedurre

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keit, aber zugleich leichte Verführbarkeit und einen hohen Grad | von gutherziger Unbedachtsamkeit, die niemanden als ihm selber schadet. Die Mittellinie des Mundes ist in seiner Ruhe eines geraden, planlo­ sen, weichgeschaffenen, guten; in seiner Bewegung eines zärtlichen, feinfühlenden, äußerst reizbaren, gütigen, edeln Menschen. Im Bogen der Augenlider und im Glanze der Augen sitzt nicht Homer, aber der tiefste, innigste, schnelleste Empfinder, Ergreifer Homers; nicht der epische, aber der Odendichter; Genie, das quillt, umschafft, veredelt, bildet, schwebt, alles in Heldengestalt zaubert, alles vergöttlicht – Die halbsichtbaren Augenlider, von einem solchen Bogen, sind immer mehr feinfühlender Dichter, als nach Plan schaffender, als langsam arbeitender Künstler; mehr der verliebten, als der strengen. – Das gan­ ze Angesicht des Jünglings ist viel einnehmender und anziehender, als das um etwas zu lockere, zu gedehnte Halbgesicht; das Vordergesicht zeigt bei der geringsten Bewegung von empfindsamer, sorgfältiger, erfindender, ungelernter, innerer Güte, und sanft zitternder, Unrecht verabscheuender, Freiheit-dürstender Lebendigkeit. Es kann nicht den geringsten Eindruck von den vielen verbergen, die es auf einmal, die es unaufhörlich empfängt – Jeder Gegenstand, der ein nahes Verhältnis zu ihm hat, treibt das Geblüt in die Wangen und Nase; die jungfräu­ lichste Schamhaftigkeit in dem Punkte der Ehre, verbreitet sich mit der Schnelle des Blitzes über die zart bewegliche Haut. – Die Gesichtsfarbe, sie ist nicht die blasse des alles erschaffenden und alles verzehrenden Genius; nicht die wildglühende des verachten­ den Zertreters; nicht die milchweiße des blöden, nicht die gelbe des harten, und zähen; nicht die bräunliche des langsam fleißigen Arbeiters; aber die weißrötlichte, violette, so sprechend und so untereinander wallend, so glücklich gemischt, wie die Stärke und Schwäche des ganzen Charakters. – Die Seele des Ganzen und eines jeden besonderen Zuges ist Freiheit, ist elastische Betriebsamkeit, die leicht fortstößt und

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e un alto grado | di bonaria sconsideratezza che va tutta a suo danno. Quando è chiusa, la linea mediana della bocca indica una persona onesta, senza secondi fini, mite e buona; quando in movimento, una persona delicata, sensibile, mol­ to suscettibile, benevola e nobile. Nell’arcata delle palpebre e nel brillio degli occhi non si riconosce Omero ma uno dei suoi più profondi, sensibili e rapidi estimatori e lettori; non il poeta epico ma quello delle odi; genio che produ­ ce, trasforma, nobilita, costruisce, aleggia, come per magia dona a ogni cosa figura eroica, rende divina ogni cosa… Le ciglia appena visibili, con lo stesso arco, indicano più il poeta d’animo sensibile che quello che elabora, proceden­ do lentamente; più quello innamorato che quello severo. Il volto del giovane visto di fronte è molto più gradevole e attraente rispetto al profilo troppo vago, troppo allungato; a ogni minimo movimento la vista frontale rivela una bontà sensibile, attenta, ingegnosa, spontanea e sentita e una vi­ vacità dolcemente ansiosa, sprezzante verso l’ingiustizia e assetata di libertà. Non sa nascondere nemmeno la più pic­ cola delle moltissime impressioni che riceve continuamen­ te… Ogni oggetto che sia in stretta relazione con lui causa rossore alle guance e al naso; nelle questioni d’onore, un pudore verginale si diffonde in un lampo sulla carnagione delicata e sensibile. Il colorito non è quello pallido del genio che tutto crea e tutto consuma; non quello acceso di chi annienta con di­ sprezzo, non quello latteo dello sciocco, non giallognolo come il lavoratore duro e tenace, non scuro come il lavo­ ratore lento e diligente. È invece quello roseo, più o meno intenso, così espressivo e con molte sfumature, così felice­ mente commiste come la debolezza e la forza nel carattere complessivo. L’anima del tutto e di ogni singolo tratto è la libertà, un’operosità elastica che si attiva e si spegne altret­

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zurückgestoßen wird. Großmut und aufrichtige Heiterkeit leuchten aus dem ganzen Vordergesichte und der Stellung des Kopfes. – | Unver­ derblichkeit der Empfindung, Feinheit des Geschmacks, Reinheit des Geistes, Güte und Adel der Seele, betriebsame Kraft, Gefühl von Kraft und Schwäche, scheinen so allzudurchdringend im ganzen Gesichte durch, daß das sonst mutige Selbstgefühl sich dadurch in edle Beschei­ denheit auflöst, und der natürliche Stolz und die Jünglingseitelkeit sich ohne Zwang und Kunst in diesem herrlich spielenden All liebenswürdig verdämmert. – Das weißliche Haar, die Länge und Unbehaglichkeit der Gestalt, die sanfte Leichtigkeit des Auftritts, das Hin- und Herschweben des Ganges, die Fläche der Brust, die weiße faltenlose Stirn, und noch verschiedene andere Ausdrücke verbreiten über den ganzen Menschen eine gewisse Weiblichkeit, wodurch die innere Schnellkraft gemäßigt, und dem Herzen jede vorsätzliche Beleidigung und Niederträchtig­ keit ewig unmöglich gemacht, zugleich aber auch offenbar wird, daß der mut- und feuervolle Poet, mit allem seinem unaffektierten Durste nach Freiheit und Befreiung, nicht bestimmt ist, für sich allein ein fester, Plan durchsetzender, ausharrender Geschäftsmann, oder in der blutigen Schlacht unsterblich zu werden. Und nun erst am Ende merk’ ich, daß ich von dem Auffallendsten noch nichts gesagt; nichts von der edlen, von aller Affektation reinen Simplizität! Nichts von der Kindheit des Her­ zens! Nichts von dem gänzlichen Nichtgefühle seines äußerlichen Adels! Nichts von der unaussprechlichen Bonhomie, mit welcher er Warnung und Tadel, sogar Vorwürfe und Unrecht, annimmt und duldet. –« »Doch, wer will ein Ende finden, von einem guten Menschen, in dem so viel reine Menschheit ist, alles zu sagen, was an ihm wahrge­ nommen oder empfunden wird!... Der Bruder des vorigen. Was ich von dem jüngern Bruder gesagt – wie viel davon kann auch von diesem gesagt werden! Das vornehmste, das ich anmerken kann, ist dies: Diese Figur und dieser Charakter sind mehr gepackt und weniger gedehnt, als die vorige. | Dort alles länger und flächer; hier alles kürzer, breiter, gewölbter, gebogener; dort alles lockerer,

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tanto facilmente. Magnanimità e sincera serenità emanano da tutto il volto e dalla posizione della testa. | Sentimenti incorruttibili, buon gusto, purezza di spirito, bontà e nobiltà d’animo, energia attiva, percezione di forza e debolezza per­ meano così tanto tutto il volto, che l’audacia dell’orgoglio si stempera in nobile modestia e la naturale presunzione e la vanità del giovane si attenuano amabilmente, senza costri­ zione né sforzo, in questo insieme splendidamente movi­ mentato. I capelli chiarissimi, la figura alta ed esile, la dolce leggerezza dell’incedere, l’andatura ondeggiante, il torace piatto, la fronte bianca e liscia e altri elementi diffondono su tutta la persona una certa effeminatezza che tempera lo slancio interiore e rende impossibile una qualsiasi offesa e meschinità premeditate, ma rivela anche che il poeta foco­ so e ardimentoso, con tutta la sua naturale sete di libertà e liberazione, non è destinato a diventare un funzionario di Stato equilibrato, determinato e perseverante, e nemmeno a rendersi immortale nella cruenta battaglia. E solo ora che sono alla fine mi accorgo che non ho ancora parlato del suo tratto più evidente, che non ho detto nulla della nobile sem­ plicità priva di qualsiasi affettazione! Nulla del suo cuore infantile, della totale noncuranza per la nobiltà esteriore, nulla dell’indescrivibile bonomia con cui accetta e sopporta ammonimenti e biasimo, persino rimproveri e ingiustizie. Non si smetterebbe mai di parlare di una persona buona, nella quale c’è così tanta pura umanità, per poter dire tutto quello che si è percepito o sentito in lei! Il fratello del precedente. Quello che ho detto del fratello minore – quante cose valgono anche per l’altro! L’elemento più significativo è il seguente: la figura e il carattere sono più concentrati e meno allungati del precedente. | Nel primo è tutto più lungo e piat­ to, qui più corto, ampio, arcuato, curvo; là tutto rilassato,

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hier beschnittener. So die Stirn; so die Nase; so die Brust; zusammen­ gedrängter, lebendiger, weniger verbreitete, mehr zielende Kraft und Lebendigkeit! Sonst dieselbe Liebenswürdigkeit und Bonhomie! Nicht die auffallende Offenheit; mehr Verschlagenheit, aber im Grunde, oder vielmehr in der Tat, eben dieselbe Ehrlichkeit. Derselbe unbezwing­ bare Abscheu gegen Unrecht und Bosheit; dieselbe Unversöhnlichkeit mit allem, was Ränk’ und Tücke heißt; dieselbe Unerbittlichkeit ge­ gen Tyrannei und Despotisme; dasselbe reine, unbestechliche Gefühl für alles Edle, Gute, Große; dasselbe Bedürfnis der Freundschaft und Freiheit; dieselbe Empfindsamkeit und edle Ruhmbegierde; dieselbe Allgemeinheit des Herzens für alle gute, weise, einfältige, kraftvol­ le, berühmte oder unberühmte, gekannte oder mißkannte Menschen; – und – dieselbe leichtsinnige Unbedachtsamkeit. Nein! nicht gerade dieselbe. Das Gesicht ist beschnittener, angezogener, fester; hat mehr innere, sich leicht entwickelnde Geschicklichkeit zu Geschäften und praktischen Beratschlagungen; mehr durchsetzenden Mut, der sich besonders in den stark vordringenden, stumpf abgerundeten Knochen der Augen zeigt. Nicht das aufquillende, reiche, reine, hohe Dichterge­ fühl; nicht die schnelle Leichtigkeit der produktiven Kraft des andern. Aber dennoch, wiewohl in tiefern Regionen, lebendig, richtig, innig. Nicht das luftige, in morgenrötlichem Himmel dahin schwebende, Ge­ stalten bildende Lichtgenie – Mehr innere Kraft, vielleicht, weniger Ausdruck! mehr gewaltig und furchtbar – weniger prächtig und rund; obgleich seinem Pinsel weder Färbung noch Zauber fehlt. – Mehr Witz und rasende Laune; drolligter Satyr; Stirn, Nase, Blick – alles so herab, so vorhängend; recht entscheidend für originellen, allbelebenden Witz, der nicht von außenher einsammelt, sondern von innen heraus wirft. Überhaupt ist alles an diesem Charakter vordringender, eckiger, an­ greifender, stürmender! – Nirgends Plattheit, nirgends Erschlaffung, | ausgenommen im zusinkenden Auge, wo Wollust, wie in Stirn und

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qui compresso. Così sono la fronte, il naso, il petto: più concentrato, più vivace, una forza e una vivacità meno di­ spersive, più finalizzate! Ma comunque la stessa amabilità e bonomia. Non quell’evidente candore, più astuzia, ma in fondo, o per meglio dire, nell’agire la stessa onestà. Lo stes­ so invincibile ribrezzo per ingiustizia e malvagità, la stessa incapacità di accettare tutto ciò che assomiglia a intrigo o inganno; lo stesso odio inesorabile per tirannia e dispoti­ smo; lo stesso sentimento puro e incorruttibile per ciò che è nobile, buono, grande; lo stesso bisogno di amicizia e liber­ tà; la stessa sensibilità e nobile desiderio di gloria; la stessa apertura del cuore per tutti gli uomini buoni, saggi, sempli­ ci, energici, celebri o meno, conosciuti o misconosciuti che siano. E poi… la stessa frivola sconsideratezza. No, non proprio la stessa! Il volto è più compatto, chiuso, fermo; è maggiormente portato per gli affari e le consultazioni pra­ tiche, sa migliorarsi; ha un coraggio più determinato, rive­ lato soprattutto dalle ossa molto prominenti e arrotondate che contornano gli occhi. Non ha il senso artistico creativo, ricco, puro e nobile, né la rapida leggerezza della forza pro­ duttiva dell’altro. Ma è comunque vivace, corretto, intenso, anche se in regioni più profonde. Non il genio luminoso che aleggia aereo nel cielo dell’aurora plasmando immagi­ ni… Maggior forza interiore, forse, minor espressività! Più possente e terrificante… Meno splendido e rifinito, sebbene al suo pennello non manchino né il colore né la magia. Più ironia e capricciosa follia; buffo satiro; fronte, naso, sguar­ do… Tutto rivolto verso il basso, sporgente; molto eloquen­ te per un’ironia originale, che infonde vita a ogni cosa e non si alimenta dall’esterno ma riversa all’esterno ciò che ha dentro. In generale, nel suo carattere tutto è più sporgen­ te, più spigoloso, aggressivo, impetuoso! Mai banalità, mai mollezza, | ad eccezione dell’occhio con la palpebra abbas­

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Nase – hervorspringt. Sonst selbst in dieser Stirne, dieser Gedrängtheit von allem – diesem Blick sogar – untrügbarer Ausdruck von unge­ lernter Größe; Stärke; Drang der Menschheit; Ständigkeit; Einfachheit; Bestimmtheit! –« Nachdem ich sodann in Darmstadt Merken seinen Triumph gönnen müssen, daß er die baldige Trennung von der fröhlichen Gesellschaft vorausgesagt hatte, fand ich mich wieder in Frankfurt, wohl empfan­ gen von jedermann, auch von meinem Vater, ob dieser gleich seine Mißbilligung, daß ich nicht nach Airolo hinabgestiegen, ihm meine Ankunft in Mayland gemeldet habe, zwar nicht ausdrücklich aber still­ schweigend merken ließ; besonders auch keine Teilnahme an jenen wilden Felsen Nebelseen und Drachennestern im mindesten beweisen konnte. Nicht im Gegensatz aber gelegentlich ließ er doch merken was denn eigentlich an allen dem zu haben sei; wer Neapel nicht gesehn, habe nicht gelebt. Ich vermied nicht und konnte nicht vermeiden Lili zu sehen, es war ein schonender zarter Zustand zwischen uns beiden. Ich war unter­ richtet man habe sie in meiner Abwesenheit völlig überzeugt sie müsse sich von mir trennen, und dieses sei um so notwendiger, ja tunlicher, weil ich durch meine Reise und eine ganz willkürliche Abwesenheit mich genugsam selbst erklärt habe. Dieselben Lokalitäten jedoch in Stadt und auf dem Land, dieselben Personen, mit allem bisherigen vertraut, ließen denn doch kaum die beiden noch immer liebenden, obgleich auf eine wundersame Weise auseinander gezogen, ohne Be­ rührung. Es war ein verwünschter Zustand, der sich in einem gewissen Sinne dem Hades, dem Zusammensein jener glücklich unglücklichen Abgeschiedenen, verglich. Es waren Augenblicke wo die vergangenen Tage sich wieder her­ zustellen schienen, aber gleich, wie wetterleuchtende Gespenster ver­ schwanden. |

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sata dove, come nella fronte e nel naso... ecco emergere la sensualità. Ma in ogni caso, anche nella fronte, in questa totale compattezza – persino nello sguardo – espressione inconfondibile di innata grandezza, forza, umanità che pre­ me, fermezza, semplicità, determinazione!»129 A Darmstadt dovetti subire il trionfo di Merck, che aveva predetto il rapido scioglimento dell’allegra combriccola, poi mi ritrovai di nuovo a Francoforte ben accolto da tut­ ti130, compreso mio padre che mi fece comunque percepire, anche se non esplicitamente, la sua tacita disapprovazione perché non ero sceso ad Airolo e non gli avevo annunciato il mio arrivo a Milano; e nemmeno riuscì a mostrare il ben­ ché minimo interesse per le rupi selvagge, i laghi di nebbia e le tane dei draghi. Non criticò, ma quando ne aveva l’oc­ casione faceva presente come la pensava: chi non ha visto Napoli, non può dire di aver vissuto. Non evitai, né sarebbe stato possibile, di vedere Lili: tra noi c’era un sentimento di riguardo e tenerezza. Mi avevano informato che durante la mia assenza l’avevano comple­ tamente persuasa a lasciarmi e che ciò era assolutamente necessario, oltre che opportuno, perché con il mio viaggio e l’assenza del tutto arbitraria avevo manifestato piuttosto chiaramente le mie intenzioni. Ma la frequentazione degli stessi luoghi in città e in campagna e delle stesse persone che conoscevano tutta la storia, non poteva lasciare indif­ ferenti i due ancora innamorati, sebbene separati in quello strano modo. Eravamo come prigionieri di un incantesimo, in una condizione paragonabile in un certo senso all’Ade, la dimora di quei defunti felicemente infelici. C’erano istanti in cui pareva che potessero tornare i bei giorni passati, ma subito si dileguavano come baluginanti spettri. |

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Wohlwollende hatten mir vertraut, Lili habe geäußert, indem alle die Hindernisse unsrer Verbindung ihr vorgetragen worden: sie unter­ nehme wohl aus Neigung zu mir alle dermaligen Zustände und Ver­ hältnisse aufzugeben und mit nach Amerika zu gehen. Amerika war damals vielleicht noch mehr als jetzt das Eldorado derjenigen die in ihrer augenblicklichen Lage sich bedrängt fanden. Aber eben das was meine Hoffnungen hätte beleben sollen, drückte sie nieder. Mein schönes väterliches Haus, nur wenig Hundert Schritte von dem ihrigen, war doch immer ein leidlicher zu gewinnender Zu­ stand als die über das Meer entfernte ungewisse Umgebung; aber ich leugne nicht, in ihrer Gegenwart traten alle Hoffnungen alle Wünsche wieder hervor und neue Unsicherheiten bewegten sich in mir. Freilich sehr verbietend und bestimmt waren die Gebote meiner Schwester; sie hatte mir mit allem verständigem Gefühl dessen sie fä­ hig war die Lage nicht nur ins Klare gesetzt, sondern ihre wahrhaft schmerzlich mächtigen Briefe verfolgten immer mit kräftiger Aus­ führung den selbigen Text. Gut, sagte sie, wenn ihr’s nicht vermeiden könntet, so müßtet ihr’s ertragen; dergleichen muß man dulden aber nicht wählen. Einige Monate gingen hin in dieser unseligsten aller La­ gen; alle Umgebungen hatten sich gegen diese Verbindung gestimmt; in Ihr allein glaubt’ ich wußt’ ich, lag eine Kraft die das alles überwäl­ tigt hätte. Beide Liebende, sich ihres Zustandes bewußt, vermieden sich al­ lein zu begegnen; aber herkömmlicher Weise konnte man nicht um­ gehen sich in Gesellschaft zu finden. Da war mir denn die stärkste Prü­ fung auferlegt, wie eine edel fühlende Seele einstimmen wird, wenn ich mich näher erkläre. Gestehen wir im Allgemeinen, daß bei einer neuen Bekanntschaft, einer neu sich anknüpfenden Neigung über das Vorhergehende der Liebende gern einen Schleier zieht; die Neigung kümmert sich um keine Antezedenzien, und wie sie blitzschnell ge­

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Amici mi avevano confidato che Lili, quando le si pro­ spettavano tutti gli ostacoli alla nostra unione, aveva detto che per amor mio avrebbe rinunciato alla sua condizione e a tutti i legami presenti e sarebbe venuta con me anche in America. L’America rappresentava allora, forse ancor più che adesso, l’Eldorado per tutti coloro che si sentivano op­ pressi nella situazione contingente. Ma proprio ciò che avrebbe dovuto alimentare le mie speranze, le spense. La bella casa paterna, distante solo po­ che centinaia di passi da quella di lei, era comunque una condizione accettabile e desiderabile più di un ambiente incerto al di là del mare. Non nego però che in sua presen­ za tutte le speranze, tutti i desideri si ridestavano e nuove incertezze si agitavano dentro di me. Tassativi e perentori erano in effetti gli ordini di mia sorella; con tutto il sentimento e il buon senso di cui era capace non solo mi aveva chiarito bene la situazione, ma tutte le sue lettere, di un’intensità davvero dolorosa, anda­ vano nella stessa direzione, con argomentazioni sempre più pressanti. «Bene, diceva, se non potete evitarlo, dovete sop­ portarlo; ma una cosa del genere si subisce, non si sceglie». Trascorsero alcuni mesi in questa infelicissima situazione, tutti intorno a noi assunsero man mano una posizione con­ traria alla nostra unione; solo in lei, credevo, sapevo, c’era una forza che avrebbe vinto ogni opposizione. I due innamorati, consapevoli della loro situazione, evitavano di incontrarsi da soli; ma per consuetudine non potevano fare a meno di incontrarsi in società. Lì dovetti sopportare la prova più difficile, come ben capiranno gli animi nobili sentendo il mio racconto. In generale si sa che per una nuova amicizia, per un nuovo amore si è propensi a stendere un velo su ciò che era accaduto prima; l’amore non si preoccupa degli antecedenti e nel momento in cui

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nialisch hervortritt, so mag sie weder von Vergangenheit noch Zukunft wissen. Zwar hatte sich meine nähere Vertraulichkeit zu Lili gerade dadurch | eingeleitet daß sie mir von ihrer frühern Jugend erzählte: wie sie von Kind auf durchaus manche Neigung und Anhänglichkeit, be­ sonders auch in Fremden ihr lebhaftes Haus besuchenden, erregt und sich daran ergötzt habe, obgleich ohne weitere Folge und Verknüpfung. Wahrhaft Liebende betrachten alles was sie bisher empfunden nur als Vorbereitung zu ihrem gegenwärtigen Glück, nur als Base worauf sich erst ihr Lebensgebäude erheben soll. Vergangene Neigungen er­ scheinen wie Nachtgespenster die sich vor dem anbrechenden Tage wegschleichen. Aber was ereignete sich! Die Messe kam heran, und so erschien der Schwarm jener Gespenster in ihrer Wirklichkeit; alle Handelsfreunde des bedeutenden Hauses kamen nach und nach heran, und es offenbarte sich schnell daß keiner einen gewissen Anteil an der liebenswürdigen Tochter völlig aufgeben wollte noch konnte. Die Jün­ geren, ohne zudringlich zu sein, erschienen doch als Wohlbekannte, die Mittleren mit einem gewissen verbindlichen Anstand, wie solche die sich beliebt machen und allenfalls mit höheren Ansprüchen hervor­ treten möchten. Es waren schöne Männer darunter, mit dem Behagen eines gründlichen Wohlstandes. Nun aber die alten Herren waren ganz unerträglich mit ihren On­ kelsmanieren, die ihre Hände nicht im Zaum hielten und bei widerwär­ tigem Tätscheln sogar einen Kuß verlangten, welchem die Wange nicht versagt wurde; Ihr war so natürlich dem allen anständig zu genügen. Allein auch die Gespräche erregten manches bedenkliche Erinnern; von jenen Lustfahrten wurde gesprochen zu Wasser und zu Lande, von mancherlei Fährlichkeiten mit heiterem Ausgang, von Bällen und Abendpromenaden, von Verspottung lächerlicher Werber und was nur eifersüchtigen Ärger in dem Herzen des trostlos Liebenden aufregen

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si manifesta fulmineo e spontaneo non vuole sapere nulla né del passato né del futuro; ma è anche vero che la mia confidenza con Lili era iniziata  | proprio quando mi ave­ va raccontato della sua infanzia, di come fin da bambina aveva suscitato per gioco affetto e amore, soprattutto negli stranieri di passaggio nella loro casa molto frequentata, pur senza desiderare coinvolgimenti né legami. Chi ama davvero considera tutto ciò che ha provato fino a quel momento soltanto come un preparativo per la felicità attuale, come il fondamento su cui erigere l’edificio della sua vita futura; affetti passati appaiono come fantasmi not­ turni che si dileguano con il sorgere del giorno. Ma cosa successe? Venne la fiera ed ecco che il nugolo di quegli spettri si presentò in carne e ossa; tutti gli amici commer­ cianti di quell’importante famiglia arrivarono l’uno dopo l’altro e fu subito evidente che nessuno voleva o poteva ri­ nunciare del tutto a manifestare un certo interessamento per la deliziosa figliola. I più giovani, pur senza essere invaden­ ti, si comportavano comunque come vecchi amici; quelli di mezza età avevano il garbo ossequioso di chi vuole farsi benvolere per poi farsi avanti con pretese più serie. Tra loro c’erano anche dei begli uomini, avvantaggiati da una solida ricchezza. E poi c’erano i più anziani, insopportabili con le loro maniere da vecchio zio, che non tenevano le mani a posto e con il loro ripugnante palpeggiare pretendevano persino un bacio porgendo la guancia – e non si poteva certo negarglie­ lo! Le veniva così naturale dare soddisfazione a tutti… Ma anche le conversazioni risvegliavano ricordi inquietanti: si parlava delle gite sul fiume e in campagna, di molti pericoli felicemente superati, di balli e passeggiate serali, di preten­ denti messi in ridicolo e di tutto ciò che poteva suscitare ge­ losia e dispetto nel cuore dell’amante sconsolato, che per un

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konnte, der gleichsam das Fazit so vieler Jahre auf eine Zeitlang an sich gerissen hatte. Aber unter diesem Zudrang, in dieser Bewegung versäumte sie den Freund nicht, und wenn sie sich zu ihm wendete, so wußte sie mit | wenigem das Zarteste zu äußern was der gegenseitigen Lage völlig geeignet schien. Doch! Wenden wir uns von dieser noch in der Erinnerung beinahe unerträglichen Qual zur Poesie, wodurch einige geistreich herzliche Linderung in den Zustand eingeleitet wurde. Lilis Park mag ohngefähr in diese Epoche gehören; ich füge das Gedicht hier nicht ein, weil es jenen zarten empfindlichen Zustand nicht ausdrückt sondern nur, mit genialer Heftigkeit, das Widerwärtige zu erhöhen und durch komisch ärgerliche Bilder das Entsagen in Ver­ zweiflung umzuwandeln trachtet. Nachstehendes Lied druckt eher die Anmut jenes Unglücks aus, und sei deshalb hier eingeschaltet: Ihr verblühet süße Rosen, Meine Liebe trug euch nicht; Blühtet, ach, dem Hoffnungslosen, Dem der Gram die Seele bricht! Jener Tage denk’ ich trauernd, Als ich, Engel, an dir hing, Auf das erste Knöspchen lauernd Früh zu meinem Garten ging. Alle Blüten, alle Früchte Noch zu deinen Füßen trug, Und vor deinem Angesichte Hoffnung in dem Herzen schlug. Ihr verblühet süße Rosen, Meine Liebe trug euch nicht; Blühtet, ach, dem Hoffnungslosen, Dem der Gram die Seele bricht!

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certo tempo aveva avuto per sé il risultato di così tanti anni. Ma nonostante tutti quelli che le si affollavano intorno, in quel viavai lei non dimenticava l’amico, e quando si rivol­ geva a lui sapeva esprimere con | poco tutta la tenerezza che pareva perfettamente appropriata alla loro situazione. Ma via, volgiamoci da quel tormento quasi insopportabi­ le persino nel ricordo per passare alla poesia, che in quella situazione recò sollievo allo spirito e al cuore. Il serraglio di Lili risale più o meno a quel periodo131; non riporto qui quella poesia perché non esprime quella de­ licata condizione dei sentimenti, ma tende invece a esaspe­ rarne il lato negativo con uno slancio geniale, trasformando la rinuncia in disperazione grazie a immagini sarcastiche. Inserisco invece la poesia seguente perché descrive me­ glio la grazia di quella sventura: Appassite, dolci rose, non vi ha protetto il mio amore, fiorivate, ahimè, per il disperato, a cui il cruccio spezza il cuore. Tetro e affranto penso ai giorni quando, angelo, mi eri tanto cara, e spiando il primo bocciolo, presto andavo al mio giardino. Tutti i fiori, tutti i frutti io portavo ai tuoi piedi, e di fronte al tuo volto, batteva in cuore la speranza. Appassite, dolci rose, non vi ha protetto il mio amore, fiorite, ahimè, per il disperato, a cui il cruccio spezza il cuore.132

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Die Oper, Erwin und Elmire, war aus Goldsmiths liebenswürdiger, im Landprediger von Wakefield eingefügten  | Romanze entstanden, die uns in den besten Zeiten, vergnügt hatte, wo wir nicht ahneten, daß uns etwas Ähnliches bevorstehe. Schon früher hab’ ich einige poetische Erzeugnisse jener Epoche eingeschaltet und wünschte nur es hätten sich alle zusammen erhal­ ten. Eine fortwährende Aufregung in glücklicher Liebeszeit, gesteigert, durch eintretende Sorge, gab Anlaß zu Liedern die durchaus nichts überspanntes sondern immer das Gefühl des Augenblicks aussprachen. Von geselligen Festliedern bis zur kleinsten Geschenksgabe alles war lebendig, mitgefühlt von einer gebildeten Gesellschaft; erst froh, dann schmerzlich, und zuletzt kein Gipfel des Glücks, kein Abgrund des Wehes dem nicht ein Laut wäre gewidmet gewesen. Alle diese innern und äußern Ereignisse, in sofern sie meinen Vater hätten unangenehm berühren können, welcher jene erste ihm anmu­ tig zusagende Schwiegertochter, immer weniger hoffen konnte in sein Haus eingeführt zu sehen; wußte meine Mutter auf das klügste und tätigste abzuwenden. Diese Staatsdame aber, wie er sie im Vertrauen gegen seine Gattin zu nennen pflegte, wollte ihn keineswegs anmuten. Indessen ließ er dem Handel seinen Gang und setzte seine kleine Kanzlei recht emsig fort. Der junge Rechtsfreund, so wie der gewandte Schreiber gewannen unter seiner Firma immer mehr Ausdehnung des Bodens. Da nun, wie bekannt, der Abwesende nicht vermißt wird, so gönnten sie mir meine Pfade und suchten sich immer mehr auf einem Boden festzusetzen auf dem ich nicht gedeihen sollte. Glücklicherweise trafen sie mit des Vaters Gesinnungen und Wün­ schen zusammen. Er hatte einen so großen Begriff von meinem dich­

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L’opera, Erwin ed Elmire, aveva preso spunto dalla deli­ ziosa romanza inserita da Goldsmith nel | Vicario di Wake­ field133 che ci aveva divertito nei tempi migliori, quando ancora non sapevamo che anche a noi sarebbe capitato lo stesso. Già in precedenza ho intercalato alcuni componimenti di quell’epoca e mi piacerebbe che si fossero conservati tutti insieme! La costante eccitazione nei giorni di un amo­ re felice, accresciuta dall’insorgere delle preoccupazioni fu all’origine di poesie che, prive di qualsiasi esaltazione, esprimevano i sentimenti del momento. Dagli inni festosi e conviviali fino ai pochi versi che accompagnavano un dono, tutto era pieno di vita e condiviso con un gruppo di persone colte; prima gioioso, poi sofferente, e alla fine non c’era una vetta di felicità, non un abisso di dolore a cui non fosse stata dedicata una parola. La mamma fu abilissima e sollecita nel tener lontani da mio padre quegli avvenimenti esteriori e interiori che lo avrebbero infastidito, ora che meno che mai poteva sperare di veder stabilirsi in casa sua quella prima nuora che tanto gli era piaciuta134. Questa ‘prima donna’ invece, come chia­ mava Lili quando ne parlava in confidenza con la consorte, non gli piaceva per niente. Nel frattempo lasciava che le cose prendessero il loro corso mentre lui, nel suo piccolo, proseguiva a esercitare l’avvocatura con molto zelo. Sotto la sua direzione il giova­ ne giurista e l’esperto scrivano espandevano sempre più il loro campo di attività. E poiché, come è noto, degli assenti non si sente la mancanza, mi lasciavano andare per la mia strada mentre loro cercavano di affermarsi saldamente in un campo che non faceva per me. Per fortuna le mie inclinazioni coincidevano con le idee e i desideri di mio padre. Aveva un’opinione così elevata

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terischen Talent, soviel eigene Freude an der Gunst die meine ersten Arbeiten erworben hatten, daß er mich oft unterhielt über Neues und fernerhin Vorzunehmendes. Hingegen von diesen geselligen Scherzen, leidenschaftlichen Dichtungen, durft’ ich ihn nichts merken lassen. | Nachdem ich im Götz von Berlichingen das Symbol einer bedeu­ tenden Weltepoche nach meiner Art abgespiegelt hatte, sah’ ich mich nach einem ähnlichen Wendepunkt der Staatengeschichte sorgfältig um. Der Aufstand der Niederlande gewann meine Aufmerksamkeit; in Götz war es ein tüchtiger Mann der untergeht, in dem Wahn: zu Zeiten der Anarchie sei der wohlwollende Kräftige von einiger Bedeutung. In Egmont waren es festgegründete Zustände die sich vor strenger gutbe­ rechneter Despotie nicht halten können. Meinen Vater hatte ich davon auf das lebhafteste unterhalten, was zu tun sei; was ich tun wolle, daß ihm dies so unüberwindliches Verlangen gab, dieses in meinem Kopf schon fertige Stück auf dem Papiere, es gedruckt, es bewundert zu se­ hen. Hatt’ ich in den frühern Zeiten, da ich noch hoffte Lili mir zuzu­ eignen, meine ganze Tätigkeit auf Einsicht und Ausübung bürgerlicher Geschäfte gewendet, so traf es gerade jetzt, daß ich die fürchterliche Lücke die mich von ihr trennte durch Geistreiches und Seelenvolles auszufüllen hatte. Ich fing also wirklich Egmont zu schreiben an, und zwar nicht wie den ersten Götz von Berlichingen in Reih und Folge, sondern ich griff nach der ersten Einleitung gleich die Hauptszenen an, ohne mich um die allenfallsigen Verbindungen zu bekümmern. Da­ mit gelangte ich weit, indem ich bei meiner läßlichen Art zu arbeiten von meinem Vater, es ist nicht übertrieben, Tag und Nacht angespornt wurde, da er das so leicht Entstehende auch leicht vollendet zu sehen glaubte. |

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del mio talento letterario ed era talmente contento del suc­ cesso ottenuto dai miei primi lavori, che spesso si intrat­ teneva con me sui nuovi e sui futuri progetti. Stavo però attento a non far trapelare nulla degli scherzi conviviali né delle poesie d’amore. | Dopo aver riprodotto a modo mio nel Götz von Berlichingen il simbolo di un’epoca storica significativa, mi guardavo intorno con cura per trovare un analogo punto cruciale nella storia delle nazioni. La ribellione dei Paesi Bassi catturò la mia attenzione. In Götz era un uomo valo­ roso a perire, nell’illusione che nei periodi di anarchia siano gli uomini forti e buoni a essere determinanti; in Egmont è invece una condizione solida che non riesce a sopravvivere a fronte di un dispotismo rigido e calcolatore135. Avevo rac­ contato a mio padre con tanta foga cosa si doveva fare, cosa intendevo fare, che nacque in lui l’irrefrenabile desiderio di vedere impressa sulla carta quell’opera già pronta nella mia testa, di vederla stampata e ammirata. Se nel periodo precedente, quando ancora speravo di sposare Lili, avevo indirizzato tutte le mie energie nel col­ tivare ed esercitare una professione, ora mi trovavo nella situazione di dover colmare il tremendo vuoto che mi sepa­ rava da lei con qualcosa che fosse ricco di spirito e di senti­ mento. Mi misi quindi davvero a scrivere Egmont, ma non dall’inizio alla fine come avevo fatto con il primo Götz von Berlichingen, bensì dopo il prologo affrontai subito le sce­ ne principali, senza preoccuparmi delle loro eventuali con­ nessioni. Progredii velocemente, spronato com’ero giorno e notte – non esagero – da mio padre che conosceva il mio ritmo incostante nel lavoro, speranzoso di vedere completa­ to facilmente ciò che con tanta facilità era stato concepito. |

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Zwanzigstes Buch In diesen Tagen leidenschaftlicher Unruhe und innerlicher Entzweiung half mir die Gegenwart eines wackern Künstlers über manche böse Stunden hinweg, und ich verdankte hier, wie schon so oft, einem un­ sichern Streben nach praktischer Ausbildung einen heimlichen Frieden der Seele, in Tagen wo er sonst nicht wäre zu hoffen gewesen. Johann Melchior Krause, in Frankfurt geboren, in Paris gebildet, kam eben von einer kleinen Reise ins nördliche Deutschland zurück, er suchte mich auf und ich fühlte sogleich Trieb und Bedürfnis mich ihm anzuschließen. Er war ein heiterer Lebemann, dessen leichtes erfreu­ liches Talent in Paris die rechte Schule gefunden hatte. Für den Deutschen gab es zu jener Zeit daselbst ein angenehmes Unterkommen; Philipp Hackert lebte dort in gutem Ansehen und Wohlstand; das treue deutsche Verfahren womit er Landschaften nach der Natur, zeichnend in Gouache und Ölfarbe glücklich ausführte, war als Gegensatz einer praktischen Manier, der sich die Franzosen hinge­ geben hatten, sehr willkommen. Wille, hochgeehrt als Kupferstecher, gab dem deutschen Verdienste Grund und Boden; Grimm, schon ein­ flußreich, nützte seinen Landsleuten nicht wenig. Angenehme Fußrei­ sen, um unmittelbar nach der Natur zu zeichnen, wurden unternommen und so manches Gute geleistet und vorbereitet. Boucher und Watteau, zwei wahrhaft geborene Künstler, deren Werke, wenn schon verflatternd im Geist und Sinn der Zeit, doch im­ mer noch höchst respektabel gefunden werden, waren der neuen Er­ scheinung geneigt, und selbst, obgleich nur zu Scherz und Versuch, tätig eingreifend. Greuze, im Familienkreise still für sich hinlebend,

Libro ventesimo In quei giorni di irrequietudine amorosa e dissidio interiore, la presenza di un valente artista mi aiutò a superare tanti momenti difficili e anche in quel caso, come in molte altre occasioni, devo ringraziare la mia incerta aspirazione a un perfezionamento pratico se riuscii a conquistare una miste­ riosa pace dell’anima in giorni in cui non era dato sperarla. Johann Melchior Kraus, nato a Francoforte, formatosi a Parigi, stava rientrando da un breve viaggio nel Nord della Germania, mi cercò e io sentii immediatamente l’impulso e il bisogno di diventargli amico136. Era un allegro uomo di mondo il cui talento leggero e giocoso aveva trovato a Parigi l’ambiente giusto. A quel tempo, Parigi offriva ai tedeschi una gradevole dimora; ci viveva Philipp Hackert137, benestante e stimato; il metodo tedesco con cui dipingeva paesaggi dal vivo a gouache e a olio rappresentava un’alternativa felice e ap­ prezzata rispetto al manierismo a cui si erano votati i fran­ cesi. Wille, famosissimo come incisore, consolidava e so­ steneva i meriti dei tedeschi, mentre il Grimm, già piuttosto influente, aiutava non poco i suoi connazionali138. Si intra­ prendevano molte escursioni a piedi per dipingere la natura dal vero, preparando e completando parecchie buone tele. Boucher e Watteau, due autentici pittori nati le cui opere, sebbene evanescenti secondo lo spirito e il gusto dell’epo­ ca, sono comunque ancora molto apprezzate, erano inclini al nuovo stile e lo adottarono a loro volta, anche se solo per scherzo e per esperimento. Greuze, che conduceva una vita

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dergleichen bürgerliche Szenen gerne darstellend, von seinen | eigenen Werken entzückt, erfreute sich eines ehrenhaften leichten Pinsels. Alles dergleichen konnte unser Kraus in sein Talent gar wohl auf­ nehmen; er bildete sich an der Gesellschaft zur Gesellschaft und wußte gar zierlich häusliche freundschaftliche Vereine portraitmäßig darzu­ stellen; nicht weniger glückten ihm landschaftliche Zeichnungen, die sich durch reinliche Umrisse, massenhafte Tusche, angenehmes Kolo­ rit dem Auge freundlich empfahlen; dem innern Sinn genügte eine ge­ wisse naive Wahrheit und besonders dem Kunstfreund sein Geschick: alles was er selbst nach der Natur zeichnete sogleich zum Tableau ein­ zuleiten und einzurichten. Er selbst war der angenehmste Gesellschafter: gleichmütige Heiter­ keit begleitete ihn durchaus; dienstfertig ohne Demut, gehalten ohne Stolz, fand er sich überall zu Hause, überall beliebt, der tätigste und zugleich der bequemste aller Sterblichen. Mit solchem Talent und Cha­ rakter begabt empfahl er sich gar bald in höhern Kreisen und war be­ sonders in dem freiherrlichen von Steinischen Schlosse zu Nassau an der Lahn wohlaufgenommen, eine talentvolle höchst liebenswürdige Tochter in ihrem künstlerischen Bestreben unterstützend und zugleich die Geselligkeit auf mancherlei Weise belebend. Nach Verheiratung dieser vorzüglichen jungen Dame an den Gra­ fen von Werther nahm das neue Ehepaar den Künstler mit auf ihre be­ deutenden Güter in Thüringen und so gelangte er auch nach Weimar; hier ward er bekannt, anerkannt und von dem dasigen hochgebildeten Kreise sein Bleiben gewünscht. Wie er nun überall zutätig war, so förderte er bei seiner nunmehri­ gen Rückkehr nach Frankfurt meine bisher nur sammelnde Kunstliebe zu praktischer Übung. Dem Dilettanten ist die Nähe des Künstlers un­ erläßlich denn er sieht in diesem das Komplement seines eigenen Da­ seins, die Wünsche des Liebhabers erfüllen sich im Artisten.

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tranquilla in famiglia e rappresentava volentieri scene di in­ terni borghesi, era entusiasta | delle proprie opere e aveva il dono di una pennellata leggera e pregevole139. Il talento del nostro Kraus poté mettere a frutto tutto ciò; si formò nella società e con la società e dipingeva graziosi ritratti di gruppo con riunioni familiari o tra amici. Altret­ tanto bene gli riuscivano i disegni di paesaggi che soddisfa­ cevano l’occhio per i contorni nitidi, le ricche ombreggia­ ture e le sfumature gradevoli; l’occhio interiore apprezzava un certo ingenuo realismo, l’esperto la sua abilità nel riela­ borare tutto quello che vedeva dal vivo ricavandone imme­ diatamente un quadro. Era lui il più amabile in società: una costante serenità lo accompagnava sempre; servizievole ma non servile, riser­ vato ma non superbo, si sentiva a casa dovunque, era ama­ to dovunque, il più operoso e insieme il più pacifico degli uomini. Con un simile talento e quel carattere si introdusse molto presto negli ambienti più elevati ed era sempre ben accolto soprattutto nel castello del barone vom Stein a Nas­ sau sulla Lahn, dove incoraggiava le aspirazioni artistiche di una figlia molto dotata e graziosissima140, ravvivando an­ che in molte maniere la vita sociale. Quando quella splendida fanciulla si sposò con il conte von Werthern, la coppia portò con sé il pittore nei vasti pos­ sedimenti in Turingia e così giunse anche a Weimar. Qui si fece conoscere, fu apprezzato e gli fu offerto di fermarsi in quell’ambiente coltissimo. Sempre molto disponibile dovunque si trovasse, nel suo ennesimo passaggio a Francoforte stimolò il mio amore per l’arte, trasferendolo dal collezionismo all’esercizio pratico. Per il dilettante, la presenza dell’artista è necessaria perché vede in lui il completamento della sua stessa esistenza: i desideri del dilettante si realizzano nel maestro.

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Durch eine gewisse Natur-Anlage und Übung gelang | mir wohl ein Umriß; auch gestaltete sich leicht zum Bilde was ich in der Natur vor mir sah; allein es fehlte mir die eigentliche plastische Kraft, das tüchti­ ge Bestreben dem Umriß Körper zu verleihen, durch wohlabgestuftes Hell und Dunkel. Meine Nachbildungen waren mehr ferne Ahnungen irgend einer Gestalt, und meine Figuren glichen den leichten Luftwe­ sen in Dantes Purgatorio, die keine Schatten werfend vor dem Schatten wirklicher Körper sich entsetzen. Durch Lavaters physiognomische Hetzerei, – denn so darf man die ungestüme Anregung wohl nennen, womit er alle Menschen, nicht al­ lein zur Kontemplation der Physiognomien, sondern auch zur künst­ lerischen oder pfuscherhaften praktischen Nachbildung der Gesichts­ formen zu nötigen bemüht war – hatte ich mir eine Übung verschafft die Portraite von Freunden auf grau Papier mit schwarzer und weißer Kreide darzustellen. Die Ähnlichkeit war nicht zu verkennen aber es bedurfte die Hand meines künstlerischen Freundes um sie aus dem düstern Grunde hervortreten zu machen. Beim Durchblättern und Durchschauen der reichlichen Porte­ feuilles, welche der gute Kraus von seinen Reisen mitgebracht hatte, war die liebste Unterhaltung, wenn er Landschaftliche oder persön­ liche Darstellungen vorlegte, der Weimarische Kreis und dessen Um­ gebung. Auch ich verweilte sehr gerne dabei, weil es dem Jüngling schmeicheln mußte, so viele Bilder nur als Text zu betrachten von einer umständlichen wiederholten Ausführung daß man mich dort zu sehen wünsche. Gar anmutig wußte er seine Grüße, seine Einladungen durch nachgebildete Persönlichkeit zu beleben. Ein wohlgelungenes Ölbild stellte den Kapellmeister Wolf am Flügel und seine Frau hinter ihm zum singen sich bereitend vor, der Künstler selbst wußte zugleich gar dringend auszulegen wie freundlich dieses werte Paar mich empfangen würde. Unter seinen Zeichnungen fanden sich mehrere, bezüglich auf die Wald und Berggegend um Bürgel. Ein wackerer Forstmann hatte |

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Grazie a un certo talento naturale e all’esercizio mi riu­ sciva  | bene un profilo, disponevo anche facilmente sulla carta quello che scorgevo davanti a me in natura; ma mi mancava la forza plastica, l’abilità nel dare corpo ai con­ torni mediante chiaro-scuri ben dosati. I miei disegni sem­ bravano piuttosto vaghe intuizioni di una qualche forma, le mie figure assomigliavano agli esseri inconsistenti e aerei del Purgatorio di Dante che, non avendo ombra, si spaven­ tano per quella proiettata dai corpi reali. A causa della mania fisiognomica di Lavater – perché solo così si può chiamare la furia impetuosa con cui costrin­ geva tutti non solo a osservare le fisionomie, ma anche a riprodurre i tratti del volto con disegni artistici o dilettante­ schi – mi ero esercitato a disegnare i ritratti degli amici con gessetti bianchi e neri su carta grigia. La somiglianza era innegabile, ma fu necessaria la mano del mio amico pittore per farli emergere dallo sfondo cupo. Sfogliando e osservando le cartelle di disegni che il buon Kraus portava con sé dai suoi viaggi, tra i numerosi disegni di paesaggi e di persone i suoi preferiti erano quelli fatti a Weimar e nel circondario. Anch’io mi ci soffermavo volen­ tieri perché per il giovanotto era molto lusinghiero poter considerare quei disegni come le molte e ripetute variazio­ ni di un unico tema: mi desideravano a Weimar. Con gra­ zia sapeva ravvivare i saluti e gli inviti che mi giungevano suo tramite mostrandomi i ritratti delle diverse persone. Un dipinto a olio molto ben riuscito mostrava Wolf, il mae­ stro di cappella, al piano con la moglie che, dietro di lui, si accingeva a cantare141; e subito il pittore mi esponeva con fervore quanto felice sarebbe stata quella degna coppia di accogliermi a Weimar. Tra i disegni, molti rappresentavano i paesaggi boschivi e collinari intorno a Bürgel142. Un intra­ prendente amministratore forestale, | forse più per amore

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daselbst, vielleicht mehr seinen anmutigen Töchtern als sich selbst zu Liebe, rauhgestaltete Felspartien, Gebüsch und Waldstrecken, durch Brücken, Geländer und sanfte Pfade gesellig wandelbar gemacht; man sah die Frauenzimmer in weißen Kleidern auf anmutigen Wegen, nicht ohne Begleitung. An dem einen jungen Manne sollte man Bertuch er­ kennen, dessen ernste Absichten auf die älteste nicht geleugnet wur­ den und Kraus nahm nicht übel wenn man einen zweiten jungen Mann auf ihn und seine aufkeimende Neigung für die Schwester zu beziehen wagte. Bertuch als Zögling Wielands hatte sich in Kenntnissen und Tä­ tigkeit dergestalt hervorgetan, daß er als Geheimsekretär des Herzogs schon angestellt das allerbeste für die Zukunft erwarten ließ. Von Wie­ lands Rechtlichkeit, Heiterkeit, Gutmütigkeit war durchaus die Rede; auf seine schönen literarischen und poetischen Vorsätze ward schon ausführlich hingedeutet und die Wirkung des Merkur durch Deutsch­ land besprochen; gar manche Namen in literarischer staatsgeschäft­ licher und geselliger Hinsicht hervorgehoben und in solchem Sinne Musäus, Kirms, Berendis und Ludecus genannt. Von Frauen war Wolfs Gattin und eine Witwe Kotzebue, mit einer liebenswürdigen Tochter und einem heitern Knaben, nebst manchen andern rühmlich und cha­ rakteristisch bezeichnet. Alles deutete auf ein frisch tätiges literari­ sches und Künstlerleben. Und so schilderte sich nach und nach das Element worauf der jun­ ge Herzog nach seiner Rückkehr wirken sollte; einen solchen Zustand hatte die Frau Ober-Vormünderin vorbereitet; was aber die Ausführung wichtiger Geschäfte betraf, war, wie es unter solchen provisorischen Verwaltungen Pflicht ist, der Überzeugung, der Tatkraft des künftigen Regenten überlassen. Die durch den Schloßbrand gewirkten greulichen Ruinen betrachtete man schon als Anlaß zu neuen Tätigkeiten. Das in Stocken geratene Bergwerk zu Ilmenau dem man durch kostspielige Unterhaltung des tiefen Stollens eine mögliche Wiederaufnahme zu si­ chern gewußt, die Akademie Jena, die hinter dem Zeitsinn | einigerma­

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delle sue belle figliole che per se stesso, aveva reso acces­ sibili alle passeggiate luoghi rocciosi e impervi costruendo ponticelli, parapetti e facili sentieri tra boscaglia e cespu­ gli. Su graziose stradine si vedevano le signorine vestite di bianco con i loro accompagnatori. Nel primo si poteva rico­ noscere Bertuch, le cui serie intenzioni nei confronti della maggiore erano innegabili; e Kraus non se la prendeva se nel secondo giovanotto si immaginava lui, vista la sua na­ scente passione per la minore143. Allievo di Wieland, Bertuch si era già talmente distin­ to per la preparazione e l’impegno da essere già diventato segretario privato del duca e faceva sperare il meglio per l’avvenire. Della rettitudine, serenità e bontà di Wieland mi parlava spesso; ai suoi validi progetti letterari e poetici si è già fatto ampio riferimento e si è detto dell’influenza del «Merkur» in tutta la Germania. Nell’ambito letterario, po­ litico e sociale emergevano molti personaggi, e tra questi si nominarono Musäus, Kirms, Berendis e Ludecus. Tra le donne si segnalavano per merito e carattere la moglie di Wolf e una vedova Kotzebue, con una figlia adorabile e un gioviale figlio maschio, ma anche molte altre. Tutto indica­ va una vita artistica e letteraria fresca e vivace144. Così man mano si andava configurando l’elemento in cui il giovane duca, al suo ritorno, avrebbe operato, una situa­ zione preparata dalla sua augusta tutrice145; ma tutto ciò che riguardava gli affari più importanti era demandato, come è d’obbligo in ogni amministrazione provvisoria, al giudizio e all’azione del futuro governante. Le orribili rovine rima­ ste dopo l’incendio del castello erano già guardate come op­ portunità per nuove costruzioni; nella miniera di Ilmenau, ora ferma, si era provveduto a garantire l’eventuale ripresa delle attività con la costosa manutenzione della profonda galleria146; l’università di Jena, rimasta piuttosto arretrata |

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ßen zurückgeblieben und mit dem Verlust gerade sehr tüchtiger Lehrer bedroht war, wie so vieles andere regte einen edlen Gemeinsinn auf. Man blickte nach Persönlichkeiten umher, die in dem aufstrebenden Deutschland so mannigfaches Gute zu fördern berufen sein könnten, und so zeigte sich durchaus eine frische Aussicht wie eine kräftige und lebhafte Jugend sie nur wünschen konnte. Und schien es traurig zu sein, eine junge Fürstin ohne die Würde eines schicklichen Gebäudes in eine sehr mäßige zu ganz andern Zwecken erbaute Wohnung ein­ zuladen, so gaben die schön gelegenen wohleingerichteten Landhäu­ ser, Ettersburg, Belvedere und andere vorteilhafte Lustsitze Genuß des Gegenwärtigen und Hoffnung auch in diesem damals zur Notwendig­ keit gewordenen Naturleben sich produktiv und angenehm tätig zu er­ weisen. Man hat im Verlaufe dieses biographischen Vortrags umständlich gesehn, wie das Kind, der Knabe, der Jüngling sich auf verschiede­ nen Wegen dem Übersinnlichen zu nähern gesucht, erst mit Neigung nach einer natürlichen Religion hingeblickt, dann mit Liebe sich an eine positive festgeschlossen, ferner durch Zusammenziehung in sich selbst seine eignen Kräfte versucht und sich endlich dem allgemei­ nen Glauben freudig hingegeben. Als er in den Zwischenräumen die­ ser Regionen hin und wider wanderte, suchte, sich umsah, begegnete ihm manches was zu keiner von allen gehören mochte, und er glaubte mehr und mehr einzusehn, daß es besser sei den Gedanken von dem Ungeheuren, Unfaßlichen abzuwenden. Er glaubte in der Natur, der belebten und unbelebten, der beseelten und unbeseelten etwas zu ent­ decken, das sich nur in Widersprüchen manifestierte und deshalb unter keinen Begriff noch viel weniger unter ein Wort gefaßt werden könnte. Es war nicht göttlich, denn es schien unvernünftig, nicht menschlich, denn es hatte keinen Verstand, nicht teuflisch, denn es war wohltätig, nicht englisch, denn es ließ oft Schadenfreude merken. Es glich dem Zufall, denn es bewies keine Folge, es ähnelte der Vorsehung, denn es

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rispetto ai tempi147, rischiava di perdere docenti molto in gamba: tutto questo e molto altro suscitò un nobile slancio per il bene comune. Ci si guardava intorno alla ricerca di persone che, in una Germania in ascesa, potessero essere chiamate a promuovere così tante azioni positive – era la migliore prospettiva che un giovane energico e vivace po­ tesse desiderare. E se poteva sembrare triste accogliere una giovane principessa148 senza la dignità di un palazzo adegua­ to, in una dimora modesta e costruita per tutt’altri scopi, le case di campagna di Ettersburg, Belvedere e altre residenze estive, ben situate e ben arredate, garantivano un’abitazione gradevole per il presente e facevano sperare che si potesse essere produttivi e piacevolmente impegnati anche in una quotidianità spostata per necessità in campagna. Nel corso di questo racconto biografico si è visto come il bambino, il fanciullo, il giovane abbia cercato per molte vie di accostarsi al sovrasensibile: prima ha guardato con sim­ patia a una religione naturale per poi rivolgersi con amore a una positiva, in seguito si è ritirato in se stesso per mettere alla prova le proprie forze e si è infine rivolto con gioia alla fede universale149. Mentre si aggirava qua e là nelle zone di confine tra queste regioni, cercando, guardandosi intorno, si imbatté in elementi che non erano riconducibili a nessuna di esse e gli parve di capire sempre più chiaramente che era meglio distogliere il pensiero da ciò che era immenso e in­ comprensibile. Credette di percepire qualcosa nella natura, viva o inerte, animata o inanimata; qualcosa che si mani­ festava soltanto nelle contraddizioni e che di conseguenza non poteva essere ricondotto a un concetto, ancor meno a una parola. Non era divino perché pareva irrazionale, non umano perché non aveva intelletto, non diabolico perché era benefico, non angelico perché spesso maligno. Assomi­ gliava al caso perché non si vedeva un ordine, era simile

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deutete auf | Zusammenhang. Alles was uns begrenzt schien für das­ selbe durchdringbar, es schien mit den notwendigen Elementen unsres Daseins willkürlich zu schalten, es zog die Zeit zusammen und dehnte den Raum aus. Nur im Unmöglichen schien es sich zu gefallen und das Mögliche mit Verachtung von sich zu stoßen. Dieses Wesen, das zwischen alle übrigen hineinzutreten, sie zu sondern, sie zu verbin­ den schien, nannte ich dämonisch nach dem Beispiel der Alten und derer die etwas Ähnliches gewahrt hatten. Ich suchte mich vor diesem furchtbaren Wesen zu retten, indem ich mich, nach meiner Gewohn­ heit, hinter ein Bild flüchtete. Unter die einzelnen Teile der Weltgeschichte die ich sorgfältiger studierte, gehörten auch die Ereignisse welche die nachher vereinig­ ten Niederlande so berühmt gemacht. Ich erforschte die Quellen flei­ ßig und suchte mich möglichst unmittelbar zu unterrichten und mir alles lebendig zu vergegenwärtigen. Höchst dramatisch erschienen mir die Situationen, und als Hauptfigur, um welche sich die übrigen am glücklichsten versammeln ließen, fiel mir Graf Egmont auf, dessen menschlich ritterliche Größe mir am meisten behagte. Allein zu mei­ nem Gebrauche mußte ich ihn in einen solchen Charakter umwandeln, der solche Eigenschaften besaß, die einen Jüngling besser zieren als einen Mann in Jahren, einen Unbeweibten besser als einen Hausvater, einen unabhängigen mehr als einen, der, noch so frei gesinnt, durch mancherlei Verhältnisse begrenzt ist. Als ich ihn nun so in meinen Ge­ danken verjüngt und von allen Bedingungen losgebunden hatte, gab ich ihm die ungemeßne Lebenslust, das grenzenlose Zutrauen zu sich selbst, die Gabe alle Menschen an sich zu ziehn (attrativa) und so die Gunst des Volks, die stille Neigung einer Fürstin, die ausgesprochene eines Naturmädchens, die Teilnahme eines Staatsklugen zu gewinnen; ja selbst den Sohn seines größten Widersachers für sich einzunehmen.

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alla provvidenza perché indicava | una connessione. Tutto ciò che a noi pone dei limiti, sembrava per lui superabile; pareva disporre a sua discrezione degli elementi indispen­ sabili della nostra esistenza, comprimeva il tempo ed espan­ deva lo spazio. Sembrava compiacersi solo dell’impossi­ bile, mentre allontanava da sé con disprezzo il possibile. Quell’elemento, che pareva intrufolarsi in mezzo a tutti gli altri, dividerli, collegarli, lo definii ‘demonico’ seguendo l’esempio degli antichi150 e di coloro che avevano percepito qualcosa di simile. Cercai di salvarmi dal quell’elemento terribile nascondendomi, come era mia abitudine, dietro un’immagine. Tra le vicende della storia universale che vagliavo con più attenzione c’erano gli avvenimenti che avrebbero reso tanto famosi i futuri Paesi Bassi unificati. Studiai con cura le fonti151 cercando informazioni di prima mano a cui poi dar vita nella mia mente. Le circostanze mi parvero partico­ larmente adatte alla forma drammatica e come protagonista mi si impose il conte Egmont: intorno a lui era facile rac­ cogliere tutti gli altri personaggi e in particolare mi piaceva la sua statura umanamente cavalleresca. Solo che per i miei scopi dovevo attribuirgli qualità che si addicono più a un giovanotto che a un uomo attempato, più a uno scapolo che a un padre di famiglia, più a un uomo indipendente che a uno che, per quanto di ampie vedute, è vincolato da nume­ rosi legami. Dopo che nella fantasia lo ebbi ringiovanito e sciolto da ogni condizionamento, gli aggiunsi una smisura­ ta gioia di vivere, una sconfinata fiducia in se stesso, il dono di attirare tutti a sé (attrattiva) conquistandosi così anche il favore del popolo, l’amore segreto di una principessa, quel­ lo dichiarato di una ragazza semplice e la simpatia di un uomo politico; anzi, riesce persino a tirare dalla sua parte il figlio del suo acerrimo nemico.

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Die persönliche Tapferkeit, die den Helden auszeichnet, ist die Base auf der sein ganzes Wesen ruht, der Grund und Boden aus dem es hervorsproßt. Er kennt keine Gefahr, | und verblendet sich über die größte die sich ihm nähert. Durch Feinde die uns umzingeln schlagen wir uns allenfalls durch; die Netze der Staatsklugheit sind schwerer zu durchbrechen. Das Dämonische was von beiden Seiten im Spiel ist, in welchem Konflikt das Liebenswürdige untergeht und das Gehaß­ te triumphiert, sodann die Aussicht, daß hieraus ein Drittes hervorge­ he das dem Wunsch aller Menschen entsprechen werde. Dieses ist es wohl, was dem Stücke, freilich nicht gleich bei seiner Erscheinung, aber doch später und zur rechten Zeit die Gunst verschafft hat, deren es noch jetzt genießt. Und so will ich denn auch hier, um mancher ge­ liebten Leser willen, mir selbst vorgreifen und weil ich nicht weiß, ob ich sobald wieder zur Rede gelange, etwas aussprechen, wovon ich mich erst viel später überzeugte. Obgleich jenes Dämonische sich in allem Körperlichen und Unkörperlichen manifestieren kann, ja bei den Tieren sich aufs merkwürdigste ausspricht; so steht es vorzüglich mit dem Menschen im wunderbarsten Zusammenhang und bildet eine der moralischen Weltordnung wo nicht entgegengesetzte, doch sie durch­ kreuzende Macht, so daß man die eine für den Zettel, die andere für den Einschlag könnte gelten lassen. Für die Phänomene welche hie­ durch hervorgebracht werden, gibt es unzählige Namen: denn alle Phi­ losophieen und Religionen haben prosaisch und poetisch dieses Rätsel zu lösen und die Sache schließlich abzutun gesucht, welches ihnen noch fernerhin unbenommen bleibe. Am furchtbarsten aber erscheint dieses Dämonische, wenn es in irgend einem Menschen überwiegend hervortritt. Während meines Lebensganges habe ich mehrere teils in der Nähe, teils in der Ferne beobachten können. Es sind nicht immer die vorzüglichsten Menschen, weder an Geist noch an Talenten, selten durch Herzensgüte sich empfehlend; aber eine ungeheure Kraft geht von ihnen aus, und sie üben eine unglaubliche Gewalt über alle Ge­

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Il coraggio personale che contraddistingue l’eroe è la base su cui poggia tutto il suo essere, il fondamento che lo sostiene. Non conoscendo il pericolo, | rimane cieco nei con­ fronti di quello terribile che gli si avvicina. Quando i nemici ci accerchiano, possiamo aprirci la strada combattendo; più difficili da eludere sono invece i lacci dell’astuzia politica. L’elemento demonico in campo da entrambe le parti, un conflitto in cui il buono soccombe e l’odioso trionfa, e infine la speranza che tra i due sorga un terzo che possa soddisfare i desideri di tutti: ecco cosa procurò a quest’opera (in effetti non subito, appena stampata, ma in seguito e comunque al momento giusto) il successo di cui gode ancora oggi152. E allora anche in questo caso, per amore dei miei lettori, vor­ rei anticipare i tempi e – non sapendo se in seguito tornerò sul discorso – esporre un’idea di cui mi convinsi soltanto molto più tardi. Sebbene il demonico possa manifestarsi sia nella corporeità che nell’incorporeità e si esprima con estre­ ma evidenza negli animali, è soprattutto con l’uomo che intrattiene una relazione prodigiosa e costituisce una forza se non opposta, quanto meno trasversale rispetto all’ordine morale del mondo, tanto che si potrebbero considerare l’uno la trama, l’altro l’ordito di un tessuto. Per i fenomeni che ne scaturiscono ci sono infinite definizioni: tutte le filosofie e le religioni hanno infatti tentato di risolvere questo enigma con la poesia e la prosa, per poi accantonare definitivamen­ te la questione – e nessuno impedisce loro di continuare a farlo. Ma il demonico appare nel suo aspetto più terribile quando prende il sopravvento in un individuo. Nel corso della mia vita ho potuto osservarne molti, alcuni da vicino, altri da lontano153. Non sono sempre le persone migliori, né per intelligenza, né per talenti, e raramente si segnalano per la loro bontà; ma emanano una forza straordinaria ed eser­ citano un potere incredibile su tutte le creature, anzi persino

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schöpfe, ja sogar über die Elemente, und wer kann sagen wie weit sich eine solche Wirkung erstrecken wird? Alle vereinten sittlichen Kräfte vermögen nichts gegen sie; | vergebens, daß der hellere Teil der Men­ schen sie als Betrogene oder als Betrüger verdächtig machen will, die Masse wird von ihnen angezogen. Selten oder nie finden sich Gleich­ zeitige ihres Gleichen, und sie sind durch nichts zu überwinden als durch das Universum selbst, mit dem sie den Kampf begonnen; und aus solchen Bemerkungen mag wohl jener sonderbare aber ungeheure Spruch entstanden sein, nemo contra deum nisi deus ipse. Von diesen höheren Betrachtungen, kehre ich wieder in mein klei­ nes Leben zurück, dem aber doch auch seltsame Ereignisse, wenigstens mit einem dämonischen Schein bekleidet, bevorstanden. Ich war von dem Gipfel des Gotthardt, Italien den Rücken wendend nach Hause gekehrt, weil ich Lili nicht entbehren konnte. Eine Neigung, die auf die Hoffnung eines wechselseitigen Besitzes, eines dauernden Zusammen­ lebens gegründet ist, stirbt nicht auf einmal ab, ja sie nährt sich an der Betrachtung rechtmäßiger Wünsche und redlicher Hoffnungen die man hegt. Es liegt in der Natur der Sache, daß sich in solchen Fällen das Mädchen eher bescheidet als der Jüngling. Als Abkömmlingen Pando­ rens ist den schönen Kindern die wünschenswerte Gabe verliehen, an­ zureizen, anzulocken und mehr durch Natur mit Halbvorsatz, als durch Neigung, ja mit Frevel um sich zu versammeln, wobei sie denn oft in Gefahr kommen, wie jener Zauberlehrling, vor dem Schwall der Ver­ ehrer zu erschrecken. Und dann soll zuletzt denn doch hier gewählt sein, einer soll ausschließlich vorgezogen werden, einer die Braut nach Hause führen. Und wie zufällig ist es, was hier der Wahl eine Richtung gibt, die Auswählende bestimmt! Ich hatte auf Lili mit Überzeugung Verzicht getan, aber die Liebe machte mir diese Überzeugung verdächtig. Lili hatte in gleichem Sinne von mir Abschied genommen und ich hatte die schöne zerstreuende Reise angetreten; aber sie bewirkte gerade das Umgekehrte. So lange ich abwesend war glaubte ich an die Trennung,

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sugli elementi – e del resto, chi può prevedere fin dove si estenderà il loro influsso? Tutte le forze morali, unite, nulla possono contro di loro; | invano la parte illuminata dell’u­ manità cercherà di renderli sospetti facendoli apparire come truffati o truffatori, la massa ne sarà comunque attratta. Di rado o mai si imbattono in un contemporaneo loro pari, e nulla può sconfiggerli se non l’universo stesso, che hanno sfidato; da queste considerazioni è scaturito quel detto, sin­ golare e terribile: nemo contra deum nisi deus ipse154. Dopo queste considerazioni più elevate torno di nuovo alla mia modesta vita, in cui comunque mi attendevano strani eventi, avvolti almeno in apparenza da un alone de­ monico. Dalla cima del Gottardo ero tornato a casa voltan­ do le spalle all’Italia perché non riuscivo a rinunciare a Lili. Un amore basato sulla speranza del possesso reciproco e di una lunga vita insieme non si spegne di colpo, si alimenta invece in base ai desideri legittimi e alle speranze sincere che si hanno nel cuore. È nella natura delle cose che in si­ tuazioni del genere sia la ragazza a tirarsi indietro, più che il ragazzo. Come discendenti di Pandora155, alle belle ragaz­ ze è concesso l’ambìto dono di affascinare, di lusingare, di attrarre tutti intorno a sé più per natura, senza un’effettiva intenzione, che per amore, o magari anche per dispetto; e così poi corrono il rischio, come l’apprendista stregone156, di spaventarsi per l’ondata degli ammiratori. E alla fine bi­ sogna comunque scegliere, uno solo sarà il prescelto, uno solo condurrà a casa la sposa. E come sono casuali i fattori che orientano la scelta, che influenzano la ragazza! Mi ero convinto a rinunciare a Lili, ma l’amore mi rendeva sospetta quella decisione. Anche Lili aveva preso congedo da me e io avevo intrapreso quel bel viaggio per distrarmi, ottenendo invece l’effetto contra­ rio. Finché ero lontano pensavo a una breve separazione,

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glaubte nicht an die Scheidung. Alle Erinnerungen, Hoffnungen und Wünsche hatten ein freies Spiel. Nun | kam ich zurück und wie das Wiedersehn der frei und freudig Liebenden ein Himmel ist, so ist das Wiedersehn von zwei nur durch Vernunftgründe getrennten Personen ein unleidliches Fegefeuer, ein Vorhof der Hölle. Als ich in die Um­ gebung Lilis zurückkam, fühlte ich alle jene Mißhelligkeiten doppelt, die unser Verhältnis gestört hatten; als ich wieder vor sie selbst hintrat, fiel mir’s hart auf’s Herz, daß sie für mich verloren sei. Ich entschloß mich daher abermals zur Flucht, und es konnte mir deshalb nichts er­ wünschter sein, als daß das junge herzoglich Weimarische Paar von Carlsruhe nach Frankfurt kommen und ich, früheren und späteren Ein­ ladungen gemäß, ihnen nach Weimar folgen sollte. Von Seiten jener Herrschaften hatte sich ein gnädiges, ja zutrauliches Betragen immer gleich erhalten, das ich von meiner Seite mit leidenschaftlichen Dan­ ke erwiderte. Meine Anhänglichkeit an den Herzog von dem ersten Augenblicke an, meine Verehrung gegen die Prinzessin, die ich schon so lange, obgleich nur von Ansehn kannte, mein Wunsch Wielanden, der sich so liberal gegen mich betragen hatte, persönlich etwas freund­ liches zu erzeigen und an Ort und Stelle meine halb mutwilligen halb zufälligen Unarten wieder gut zu machen, waren Beweggründe genug, die auch einen leidenschaftslosen Jüngling hätten aufreizen, ja antrei­ ben sollen. Nun kam aber noch hinzu daß ich, auf welchem Wege es wolle, vor Lili flüchten mußte, es sei nun nach Süden, wo mir die täg­ lichen Erzählungen meines Vaters den herrlichsten Kunst- und Natur­ himmel vorbildeten, oder nach Norden, wo mich ein so bedeutender Kreis vorzüglicher Menschen einlud. Das junge fürstliche Paar erreichte nunmehr auf seinem Rückwege Frankfurt. Der herzoglich Meiningische Hof war zu gleicher Zeit da­ selbst, und auch von diesem und dem die jungen Prinzen geleitenden Geheimenrat von Dürkheim ward ich aufs freundlichste aufgenom­

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non a una rottura definitiva. Tutti i ricordi, le speranze, i de­ sideri avevano campo libero. Ora | ero tornato: se rivedersi per due che si amano spensierati e gioiosi è un paradiso, rivedersi per due persone che si sono separate per motivi pratici è un purgatorio intollerabile, un’anticamera dell’in­ ferno. Rientrando nell’ambiente di Lili percepii con doppia intensità tutte le discrepanze che avevano incrinato il nostro rapporto; ma quando me la ritrovai davanti, sentii il cuore schiacciato da un macigno al pensiero che l’avevo perduta. Decisi quindi di fuggire un’altra volta e capitò proprio a pennello che la giovane coppia di Weimar, da Karlsruhe, stesse arrivando a Francoforte; accettando gli inviti fatti a più riprese, avrei potuto seguirli a Weimar. Il comporta­ mento di quei signori nei miei confronti era sempre stato gentile, perfino confidenziale, e io da parte mia li ricambia­ vo con ardente gratitudine. La simpatia che fin dal primo istante provavo per il duca, il rispetto per la principessa che conoscevo da così tanto tempo, anche se solo di vista, il desiderio di poter dimostrare di persona la mia amicizia a Wieland, che verso di me era stato sempre molto libera­ le, scusandomi direttamente per le mie sgarberie dovute in parte a impertinenza, in parte casuali – erano tutti motivi sufficienti a incoraggiare, anzi direi convincere, persino un giovanotto apatico. Si aggiunga per di più che dovevo fug­ gire da Lili a qualunque costo, che fosse verso Sud, dove i racconti quotidiani di mio padre mi dipingevano il paradiso dell’arte e della natura, oppure verso Nord, dove mi invita­ va una cerchia così ragguardevole di persone eminenti. La coppia dei giovani principi, sulla via del ritorno, rag­ giunse dunque Francoforte, dove in quel momento si tro­ vava anche la corte dei duchi di Meiningen. Anche loro mi accolsero con grande cortesia e lo stesso fece il consigliere von Dürckheim, che accompagnava i giovani principi157.

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men. Damit aber ja, nach jugendlicher Weise, es nicht an einem selt­ samen Ereignis fehlen möchte, so setzte mich ein Mißverständnis in eine unglaubliche, obgleich ziemlich heitere | Verlegenheit. Die Wei­ marischen und Meiningischen Herrschaften wohnten in einem Gast­ hof. Ich ward zur Tafel gebeten. Der Weimarische Hof lag mir der­ gestalt im Sinne, daß mir nicht einfiel mich näher zu erkundigen, weil ich auch nicht einmal einbildisch genug war zu glauben, man wolle von Meiningischer Seite auch einige Notiz von mir nehmen. Ich gehe wohlangezogen in den römischen Kaiser, finde die Zimmer der Wei­ marischen Herrschaften leer, und da es heißt, sie wären bei den Mei­ ningischen, verfüge ich mich dorthin und werde freundlich empfangen. Ich denke dies sei ein Besuch vor Tafel oder man speise vielleicht zu­ sammen, und erwarte den Ausgang. Allein auf einmal setzt sich die Weimarische Suite in Bewegung, der ich denn auch folge; allein sie geht nicht etwa in ihre Gemächer, sondern gerade die Treppe hinunter in ihre Wägen und ich finde mich eben allein auf der Straße. Anstatt mich nun gewandt und klug nach der Sache umzutun und irgend einen Aufschluß zu suchen, ging ich, nach meiner entschlossenen Weise, so­ gleich meinen Weg nach Hause, wo ich meine Eltern beim Nachtische fand. Mein Vater schüttelte den Kopf, indem meine Mutter mich so gut als möglich zu entschädigen suchte. Sie vertraute mir Abends: als ich weggegangen, habe mein Vater sich geäußert, er wundre sich höchlich wie ich, doch sonst nicht auf den Kopf gefallen, nicht einsehen wollte, daß man nur von jener Seite mich zu necken und mich zu beschämen gedächte. Aber dieses konnte mich nicht rühren: denn ich war schon Herrn von Dürkheim begegnet, der mich, nach seiner milden Art, mit anmutigen scherzhaften Vorwürfen zur Rede stellte. Nun war ich aus meinem Traum erwacht und hatte Gelegenheit, für die mir gegen mein Hoffen und Erwarten zugedachte Gnade recht artig zu danken und mir Verzeihung zu erbitten.

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Ma per non far mancare nemmeno un imprevisto, come succede ai giovani, un malinteso mi causò un imbarazzo incredibile, per | quanto buffo. I signori di Weimar e di Mei­ ningen alloggiavano nello stesso albergo; io fui invitato a pranzo. Ero così concentrato sulla corte di Weimar che non mi venne in mente di informarmi meglio, e non ero cer­ to così presuntuoso da pensare che i signori di Meiningen avrebbero fatto caso a me. Benvestito mi presento all’Im­ peratore romano, vedo che gli alloggi di quelli di Weimar sono vuoti; mi dicono che sono da quelli Meiningen per cui mi reco lì dove vengo accolto molto gentilmente. Suppon­ go che si tratti di una visita prima del pranzo o che forse avremmo mangiato tutti insieme, e aspetto gli eventi. Ma ecco che d’un tratto il gruppo di Weimar si mette in movi­ mento, e io li seguo: non vanno però nelle loro stanze, bensì scendono le scale, salgono in carrozza e io mi ritrovo da solo in strada. Piuttosto che chiedere qualche informazione con tatto e prudenza e cercare di rimediare alla cosa, con la mia abituale risolutezza me ne andai immediatamente a casa, dove trovai i miei genitori al dessert. Mio padre scos­ se la testa, mentre la mamma cercò di consolarmi meglio che poteva. Alla sera mi confidò che, dopo che ero uscito, mio padre aveva detto che si meravigliava molto di me per­ ché, pur non essendo uno sprovveduto, non mi ero accorto che quelli volevano solo prendermi in giro e umiliarmi. Ma la cosa non mi toccò: avevo infatti già incontrato il signor von Dürckheim che con la sua consueta mitezza mi ave­ va chiesto spiegazioni con rimproveri garbati e scherzosi. Capii che avevo preso un abbaglio e colsi l’occasione per ringraziare gentilmente per la benevolenza che mi era stata concessa contro ogni mia speranza e aspettativa, porgendo le mie scuse158.

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Nachdem ich daher so freundlichen Anträgen aus guten Gründen nach­ gegeben hatte, so ward folgendes verabredet. Ein in Carlsruhe zurück­ gebliebener Kavalier, welcher  | einen in Straßburg verfertigten Lan­ dauer Wagen erwarte, werde an einem bestimmten Tage in Frankfurt eintreffen, ich solle mich bereit halten, mit ihm nach Weimar sogleich abzureisen. Der heitere und gnädige Abschied den ich von den jungen Herrschaften erfuhr, das freundliche Betragen der Hofleute machten mir diese Reise höchst wünschenswert, wozu sich der Weg so ange­ nehm zu ebnen schien. Aber auch hier sollte durch Zufälligkeiten eine so einfache Angelegenheit verwickelt, durch Leidenschaftlichkeit ver­ wirrt und nahezu völlig vernichtet werden: denn nachdem ich überall Abschied genommen und den Tag meiner Abreise verkündet, sodann aber eilig eingepackt und dabei meiner ungedruckten Schriften nicht vergessen, erwartete ich die Stunde, die den gedachten Freund im neu­ en Wagen herbeiführen und mich in eine neue Gegend, in neue Ver­ hältnisse bringen sollte. Die Stunde verging, der Tag auch und da ich, um nicht zweimal Abschied zu nehmen und überhaupt um nicht durch Zulauf und Besuch überhäuft zu sein, mich seit dem besagten Morgen als abwesend, angegeben hatte; so mußte ich mich im Hause, ja in mei­ nem Zimmer still halten und befand mich daher in einer sonderbaren Lage. Weil aber die Einsamkeit und Enge jederzeit für mich etwas sehr günstiges hatte, indem ich solche Stunden zu nutzen gedrängt war, so schrieb ich an meinem Egmont fort und brachte ihn beinahe zu Stande. Ich las ihn meinem Vater vor, der eine ganz eigne Neigung zu diesem Stück gewann, und nichts mehr wünschte, als es fertig und gedruckt zu sehn, weil er hoffte daß der gute Ruf seines Sohns dadurch sollte ver­ mehrt werden. Eine solche Beruhigung und neue Zufriedenheit war ihm aber auch nötig: denn er machte über das Außenbleiben des Wagens die bedenklichsten Glossen. Er hielt das Ganze abermals nur für eine Er­ findung, glaubte an keinen neuen Landauer, hielt den zurückgebliebe­ nen Kavalier für ein Luftgespenst; welches er mir zwar nur indirekt zu verstehen gab, dagegen aber sich und meine Mutter desto ausführlicher

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Accettai dunque quegli inviti così cortesi per ottime ragio­ ni, e concordammo quanto segue. Un cavaliere159, rimasto a Karlsruhe | in attesa di un landò che stavano costruendo a Strasburgo, sarebbe arrivato a Francoforte un determinato giorno: io dovevo tenermi pronto e proseguire subito con lui per Weimar. Il congedo allegro e gentile dei giovani principi e i modi affabili del loro seguito mi rendevano quel viaggio più desiderabile che mai, mentre la strada sembrava spia­ narsi quasi da sola. Ma anche in quell’occasione una cosa tanto semplice fu complicata dal caso e, confusa dall’emo­ tività, per poco non andò a monte. Dopo aver salutato tutti e aver annunciato il giorno della mia partenza, avevo fatto in tutta fretta i bagagli senza dimenticare i miei manoscritti, e aspettavo l’ora in cui sarebbe passato l’amico con la nuova carrozza che mi avrebbe portato in una nuova regione, in un nuovo ambiente. L’ora passò, il giorno anche, e poiché mi ero fatto dichiarare assente fin dal mattino per non dover salutare tutti una seconda volta e in generale per non venire sommerso dalla gente e dalle visite, dovetti rimanere chiuso in casa, anzi, nella mia camera, e mi venni così a trovare in una strana situazione160. La solitudine e i luoghi chiu­ si mi sono sempre stati propizi, costringendomi a mettere a frutto il tempo: proseguii così a scrivere il mio Egmont portandolo quasi a compimento. Lo lessi a mio padre a cui piacque in modo particolare, tanto che non vedeva l’ora di vederlo finito e stampato nella speranza che accrescesse ul­ teriormente la fama di suo figlio. Del resto aveva bisogno di essere tranquillizzato e di trovare nuove soddisfazioni, perché il ritardo della carrozza lo spingeva a supposizioni piuttosto inquietanti. Riteneva che si trattasse dell’ennesi­ ma invenzione, non credeva all’esistenza del landò, il ca­ valiere rimasto a Karlsruhe era secondo lui un fantasma; a me lo fece capire solo indirettamente, ma tormentava di

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quälte, indem er das Ganze als einen lustigen Hofstreich ansah, den | man in Gefolg meiner Unarten habe ausgehn lassen, um mich zu krän­ ken und zu beschämen, wenn ich nunmehr statt jener gehofften Ehre schimpflich sitzen geblieben. Ich selbst hielt zwar Anfangs am Glau­ ben fest, freute mich über die eingezogenen Stunden, die mir weder von Freunden, noch Fremden, noch sonst einer geselligen Zerstreuung verkümmert wurden, und schrieb, wenn auch nicht ohne innere Agita­ tion, am Egmont rüstig fort. Und diese Gemütsstimmung mochte wohl dem Stück selbst zu Gute kommen, das von soviel Leidenschaften be­ wegt nicht wohl von einem ganz Leidenschaftslosen hätte geschrieben werden können. So vergingen acht Tage und ich weiß nicht wie viel drüber, und diese völlige Einkerkerung fing an mir beschwerlich zu werden. Seit mehreren Jahren gewohnt unter freiem Himmel zu leben, gesellt zu Freunden, mit denen ich in dem aufrichtigsten, geschäftigs­ ten Wechselverhältnisse stand, in der Nähe einer Geliebten, von der ich zwar mich zu trennen den Vorsatz gefaßt, die mich aber doch, so lange noch die Möglichkeit war mich ihr zu nähern, gewaltsam zu sich forderte, – alles dieses fing an mich dergestalt zu beunruhigen, daß die Anziehungskraft meiner Tragödie sich zu vermindern und die poeti­ sche Produktionskraft durch Ungeduld aufgehoben zu werden drohte. Schon einige Abende war es mir nicht möglich gewesen zu Haus zu bleiben. In einen großen Mantel gehüllt schlich ich in der Stadt umher, an den Häusern meiner Freunde und Bekannten vorbei, und versäumte nicht auch an Lili’s Fenster zu treten. Sie wohnte im Erdgeschoß eines Eckhauses, die grünen Rouleaus waren niedergelassen, ich konnte aber recht gut bemerken, daß die Lichter am gewöhnlichen Platze standen. Bald hörte ich sie zum Klaviere singen, es war das Lied: Ach wie ziehst du mich unwiderstehlich! das nicht ganz vor einem Jahr an sie gedich­ tet ward. Es mußte mir scheinen daß sie es ausdrucksvoller sänge als jemals, ich konnte es deutlich Wort vor Wort verstehn, ich hatte das Ohr so nahe angedrückt wie nur das auswärts gebogene Gitter erlaubte. Nachdem sie es zu Ende | gesungen, sah ich an dem Schatten, der auf die Rouleaus fiel, daß sie aufgestanden war; sie ging hin und wider,

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continuo se stesso e la mamma sostenendo che era tutta una beffa della corte, | escogitata in seguito alla mia maledu­ cazione per offendermi e umiliarmi, e invece dell’onore a cui ambivo mi piantavano in asso con infamia. All’inizio rimasi ottimista; mi rallegravo per le ore di solitudine, non disturbate da amici, da visitatori e attività sociali, e prose­ guivo con ardore a scrivere l’Egmont, per quanto non senza una certa agitazione interiore. Quello stato d’animo giovò senza dubbio all’opera stessa, mossa da così tante passioni che difficilmente avrebbe potuto scriverla una persona fred­ da. Trascorsero così otto giorni o forse anche più, e quella segregazione cominciò a diventarmi gravosa. Abituato da molti anni a vivere all’aperto, in compagnia di amici con i quali intrattenevo rapporti di amicizia sinceri e intensi, ac­ canto a un’innamorata da cui avevo sì deciso di separarmi, ma che comunque, finché avevo la possibilità di starle vici­ no, mi teneva legato a sé con forza: tutto questo cominciò a innervosirmi al punto tale che la forza di attrazione della tragedia iniziò a scemare e la creatività poetica minacciava di essere compromessa dall’impazienza. Già qualche sera non ero riuscito a rimanere in casa. Avvolto in un ampio mantello mi ero aggirato furtivo per la città, e passando ac­ canto alle case degli amici non mancai di sbirciare dalle finestre di Lili. Abitava al pianterreno di una casa d’angolo, le tende verdi erano abbassate ma vidi comunque che le luci erano al solito posto. Subito dopo la udii cantare al pia­ no, era la canzone Perché mi attiri irresistibilmente com­ posta per lei nemmeno un anno prima161. Mi parve che non l’avesse mai cantata con così tanto sentimento, e tenendo l’orecchio accostato il più possibile per quanto permetteva l’inferriata sporgente, riuscivo a distinguere le parole una per una. Dopo averla cantata fino | in fondo, vidi dall’ombra proiettata sulle tende che Lili si era alzata; camminò avanti

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aber vergebens suchte ich den Umriß ihres lieblichen Wesens durch das dichte Gewebe zu erhaschen. Nur der feste Vorsatz mich wegzu­ begeben, ihr nicht durch meine Gegenwart beschwerlich zu sein, ihr wirklich zu entsagen, und die Vorstellung, was für ein seltsames Aufse­ hen mein Wiedererscheinen machen müßte, konnte mich entscheiden die so liebe Nähe zu verlassen. Noch einige Tage verstrichen und die Hypothese meines Vaters gewann immer mehr Wahrscheinlichkeit, da auch nicht einmal ein Brief von Carlsruhe kam, welcher die Ursachen der Verzögerung des Wagens angegeben hätte. Meine Dichtung geriet ins stocken und nun hatte mein Vater gutes Spiel bei der Unruhe von der ich innerlich zerarbeitet war. Er stellte mir vor: die Sache sei nun einmal nicht zu ändern, mein Koffer sei gepackt, er wolle mir Geld und Kredit geben nach Italien zu gehn, ich müsse mich aber gleich entschließen aufzubrechen. In einer so wichtigen Sache zweifelnd und zaudernd, ging ich endlich darauf ein, daß wenn zu einer bestimm­ ten Stunde weder Wagen noch Nachricht eingelaufen sei, ich abreisen, und zwar zuerst nach Heidelberg, von dannen aber nicht wieder durch die Schweitz sondern nunmehr durch Graubündten oder Tyrol über die Alpen gehen wolle. Wunderbare Dinge müssen freilich entstehn, wenn eine planlose Jugend, die sich selbst so leicht mißleitet, noch durch einen leiden­ schaftlichen Irrtum des Alters auf einen falschen Weg getrieben wird. Doch darum ist es Jugend und Leben überhaupt, daß wir die Strategie gewöhnlich erst einsehn lernen, wenn der Feldzug vorbei ist. Im reinen Geschäftsgang wär’ ein solches Zufälliges leicht aufzuklären gewesen, aber wir verschwören uns gar zu gern mit dem Irrtum gegen das Natür­ lichwahre, so wie wir die Karten mischen eh wir sie herumgeben, da­ mit ja dem Zufall sein Anteil an der Tat nicht verkümmert werde; und so entsteht gerade das Element, worin und worauf das | Dämonische so gern wirkt und uns nur desto schlimmer mitspielt, jemehr wir Ahndung von seiner Nähe haben.

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e indietro e invano cercai di scorgere attraverso il tessuto pesante il contorno della sua dolce figura. Soltanto il fermo proposito di partire, di non farle pesare la mia presenza, di rinunciare davvero a lei, oltre al pensiero del disappunto che la mia ricomparsa avrebbe causato, mi convinsero alla fine ad allontanarmi da quel luogo amato. Passarono anco­ ra alcuni giorni e l’ipotesi di mio padre diventava sempre più plausibile, poiché da Karlsruhe non arrivava nemmeno una lettera che spiegasse i motivi del ritardo della carroz­ za. L’attività letteraria si bloccò e a quel punto mio padre ebbe buon gioco, ora che l’irrequietudine mi aveva divorato interiormente. Mi disse che non potevamo farci nulla, e vi­ sto che il mio bagaglio era pronto, mi avrebbe dato denaro e lettere di credito per andare in Italia – ma avrei dovuto partire immediatamente. Dubbioso e incerto davanti a una decisione così importante, stabilii infine che se entro una determinata ora non fosse giunta la carrozza e nemmeno una notizia, sarei partito: prima per Heidelberg e da lì poi avrei attraversato le Alpi non dalla Svizzera, ma passando per i Grigioni o per il Tirolo. Accadono cose strampalate quando un giovane impul­ sivo, che già si lascia fuorviare molto facilmente, viene ol­ tretutto spinto sulla strada sbagliata dal pregiudizio del più anziano. Ma è tipico della gioventù e della vita in generale riuscire a individuare la strategia giusta solo quando la bat­ taglia è finita. Nel corso normale degli eventi una casualità del genere non sarebbe stata difficile da spiegare, ma noi uomini ci mettiamo fin troppo volentieri in combutta con l’errore contro la verità delle cose, proprio come mischiamo le carte prima di distribuirle per lasciare che anche il caso faccia la sua parte. Nasce così l’elemento in cui e grazie al quale | il demonico agisce a suo piacimento, danneggiando­ ci quanto più ne intuiamo la presenza.

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Der letzte Tag war verstrichen, den andern Morgen sollte ich ab­ reisen, und nun drängte es mich unendlich, meinen Freund Passavant der eben aus der Schweiz zurückgekehrt war noch einmal zu sehn, weil er wirklich Ursache gehabt hätte zu zürnen, wenn ich unser inniges Vertrauen durch völlige Geheimhaltung verletzt hätte. Ich beschied ihn daher durch einen Unbekannten Nachts an einen gewissen Platz, wo ich, in meinen Mantel gewickelt, eher eintraf als er, der auch nicht ausblieb und, wenn er schon verwundert über die Bestellung gewe­ sen war, sich noch mehr über den verwunderte, den er am Platze fand. Die Freude war dem Erstaunen gleich, an Beredung und Beratung war nicht zu denken, er wünschte mir Glück zur italiänischen Reise, wir schieden und den andern Tag sah ich mich schon bei guter Zeit an der Bergstraße. Daß ich mich nach Heidelberg begab, dazu hatte ich mehrere Ursachen: eine verständige; denn ich hatte gehört der Freund würde von Carlsruhe über Heidelberg kommen, und sogleich gab ich, angelangt auf der Post, ein Billet ab, das man einem auf bezeichnete Weise durchreisenden Kavalier einhändigen sollte; die zweite Ursache war leidenschaftlich und bezog sich auf mein früheres Verhältnis zu Lili. Demoiselle Delf nämlich welche die Vertraute unserer Neigung, ja die Vermittlerin einer ernstlichen Verbindung bei den Eltern gewesen war, wohnte daselbst, und ich schätzte mir es für das größte Glück, ehe ich Deutschland verließ, noch einmal jene glücklichen Zeiten mit einer werten geduldigen und nachsichtigen Freundin durchschwätzen zu können. Ich ward wohl empfangen und in manche Familie eingeführt, wie ich mir denn in dem Hause des Oberforstmeisters von Wrede sehr wohl gefiel. Die Eltern waren anständig behagliche Personen, die eine Tochter ähnelte Friedericken. Es war gerade die Zeit der Weinlese, das Wetter schön und alle die elsassischen Gefühle lebten in dem schönen Rhein- und Neckartale in mir wieder auf. Ich hatte diese Zeit an mir | und andern wunderliches erlebt, aber es war noch alles im Werden, kein Resultat des Lebens hatte sich in mir hervorgetan und das Unendliche

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Era trascorso anche l’ultimo giorno, il mattino seguen­ te sarei partito e sentii il bisogno irresistibile di incontrare ancora una volta il mio amico Passavant che era appena rientrato dalla Svizzera e che si sarebbe giustamente offeso se avessi fatto torto alla nostra amicizia lasciandolo all’o­ scuro di tutto. Tramite uno sconosciuto gli diedi appunta­ mento a tarda sera in un determinato luogo dove arrivai per primo, avvolto nel mantello. Arrivò a sua volta, e se già si era meravigliato per l’appuntamento, più ancora lo fu per la persona che trovò sul posto. La gioia fu pari allo stupore, per discussioni e consigli non c’era più tempo, mi augurò buona fortuna per il mio viaggio in Italia e ci salutammo. Il mattino seguente di buon’ora ero già sulla via per Hei­ delberg. Diverse ragioni mi conducevano lì: la prima era pratica, sapevo cioè che l’amico da Karlsruhe sarebbe pas­ sato per Heidelberg e non appena giunsi alla posta lasciai un biglietto da consegnare a un cavaliere con determinate caratteristiche che sarebbe passato di lì. La seconda ragione era emotiva e riguardava la mia passata relazione con Lili. Lì infatti abitava demoiselle Delph, che era stata la confi­ dente del nostro amore e persino la mediatrice del legame ufficiale presso i nostri genitori, e ritenevo che fosse una grandissima fortuna, prima di lasciare la Germania, poter discorrere ancora una volta di quei tempi felici con un’a­ mica stimata, paziente e comprensiva. Fui bene accolto e presentato ad alcune famiglie, mi sentii molto a mio agio soprattutto a casa dell’ispettore forestale von Wrede162. I genitori erano persone perbene e alla mano, una delle figlie mi ricordava Friederike. Era proprio il periodo della ven­ demmia, il tempo era bello e le amene valli del Reno e del Neckar mi rievocarono tutte le emozioni alsaziane. Da allo­ ra erano accadute in me | e negli altri tante cose strane, tutto era in costante divenire, nella vita non ero ancora pervenuto

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was ich gewahrt hatte, verwirrte mich vielmehr. Aber in Gesellschaft war ich noch wie sonst, ja vielleicht gefälliger und unterhaltender. Hier unter diesem freien Himmel, unter den frohen Menschen, suchte ich die alten Spiele wieder auf, die der Jugend immer neu und reizend blei­ ben. Eine frühere noch nicht erloschene Liebe im Herzen, erregte ich Anteil ohne es zu wollen, auch wenn ich sie verschwieg, und so ward ich auch in diesem Kreise bald einheimisch, ja notwendig und vergaß, daß ich nach ein paar verschwätzten Abenden meine Reise fortzusetzen den Plan hatte. Demoiselle Delf war eine von den Personen, die ohne gerade intriguant zu sein, immer ein Geschäft haben, andere beschäf­ tigen und bald diese bald jene Zwecke durchführen wollen. Sie hatte eine tüchtige Freundschaft zu mir gefaßt, und konnte mich um so eher verleiten länger zu verweilen da ich in ihrem Hause wohnte, wo sie meinem Dableiben allerlei Vergnügliches vorhalten, und meiner Ab­ reise allerlei Hindernisse in den Weg legen konnte. Wenn ich das Ge­ spräch auf Lili lenken wollte, war sie nicht so gefällig und teilnehmend wie ich gehofft hatte. Sie lobte vielmehr unsern beiderseitigen Vorsatz, uns unter den bewandten Umständen zu trennen, und behauptete, man müsse sich in das Unvermeidliche ergeben, das Unmögliche aus dem Sinne schlagen, und sich nach einem neuen Lebensinteresse umsehn. Planvoll, wie sie war, hatte sie dies nicht dem Zufall überlassen wollen, sondern sich schon zu meinem künftigen Unterkommen einen Entwurf gebildet, aus dem ich nun wohl sah, daß ihre letzte Einladung nach Heidelberg nicht so absichtslos gewesen, als es schien. Kurfürst Carl Theodor nämlich, der für die Künste und Wissenschaften so viel getan, residierte noch zu Mannheim, und gerade weil der Hof katholisch, das Land aber protestantisch war, so hatte die letztre Partei alle Ursache, sich durch rüstige und hoffnungsvolle Männer zu verstärken. Nun soll­

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ad alcun risultato e l’infinito che avevo percepito mi con­ fondeva invece che aiutarmi. Ma in compagnia ero rimasto lo stesso, forse persino più gradevole e divertente. Qui, sot­ to quel cielo libero, tra gente allegra tornai ai giochi antichi che per i giovani sono sempre nuovi e accattivanti. Avendo nel cuore un amore finito ma non ancora spento, pur senza parlarne e senza volerlo suscitavo simpatia e così mi sentii ben presto di casa anche in quell’ambiente, mi sentii anzi indispensabile, dimenticando che dopo un paio di giorni di chiacchierate avevo intenzione di proseguire il mio viaggio. Demoiselle Delph era una di quelle persone che, pur senza essere intriganti, si immischiano sempre, coinvolgono gli altri e hanno sempre ora questo, ora quello scopo da ottene­ re. Aveva per me una grande simpatia ed era quindi in grado di convincermi a fermarmi un po’ più a lungo, tanto più che alloggiavo in casa sua, dove poteva propormi molti passa­ tempi per rallegrare la mia permanenza e frapporre ostaco­ li di ogni tipo alla mia partenza. Quando però cercavo di portare il discorso su Lili, non si dimostrava così gentile e partecipe come avevo sperato. Lodò comunque il propo­ sito preso da entrambe le parti di separarci, date le circo­ stanze, e affermò che bisognava rassegnarsi all’inevitabile, levarsi dalla testa l’impossibile e cercarsi nuove ragioni di vita. Programmatrice com’era, non voleva lasciare nemme­ no questo al caso, ma aveva già elaborato un progetto per la mia sistemazione futura, e a quel punto capii che il suo recente invito a Heidelberg non era poi così disinteressato come sembrava. Il principe elettore Karl Theodor163 infatti, che così tanto si era prodigato per le arti e le scienze, ri­ siedeva ancora a Mannheim, e poiché la corte era cattolica ma il territorio protestante, questo partito aveva tutti i moti­ vi per volersi rafforzare chiamando persone energiche e di buone speranze. Che andassi pure in Italia in nome di Dio

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te ich in Gottes Namen nach Italien gehn und | dort meine Einsicht in dem Kunstfach ausbilden, indessen wolle man für mich arbeiten, es werde sich bei meiner Rückkunft ausweisen, ob die aufkeimende Neigung der Fräulein von Wrede gewachsen oder erloschen, und ob es rätlich sei durch die Verbindung mit einer angesehnen Familie, mich und mein Glück in einem neuen Vaterlande zu begründen. Dieses alles lehnte ich zwar nicht ab, allein mein planloses Wesen konnte sich mit der Planmäßigkeit meiner Freundin nicht ganz vereini­ gen, ich genoß das Wohlwollen des Augenblicks, Lilis Bild schwebte mir wachend und träumend vor und mischte sich in alles andre, was mir hätte gefallen oder mich zerstreuen können. Nun rief ich mir aber den Ernst meines großen Reiseunternehmens vor die Seele und beschloß, auf eine sanfte und artige Weise mich loszulösen und in einigen Tagen meinen Weg weiter fortzusetzen. Bis tief in die Nacht hinein hatte Demoiselle Delf mir ihre Plane und was man für mich zu tun willens war, im Einzelnen dargestellt, und ich konnte nicht anders als dankbar solche Gesinnungen verehren, ob­ gleich die Absicht eines gewissen Kreises, sich durch mich und meine mögliche Gunst bei Hofe zu verstärken, nicht ganz zu verkennen war. Wir trennten uns erst gegen Eins. Ich hatte nicht lange aber tief geschla­ fen, als das Horn eines Postillions mich weckte, der reitend vor dem Hause hielt. Bald darauf erschien Demoiselle Delf mit einem Licht und Brief in den Händen und trat vor mein Lager. Da haben wirs! rief sie aus. Lesen Sie, sagen Sie mir was es ist. Gewiß kommt es von den Wei­ marischen. Ist es eine Einladung, so folgen Sie ihr nicht, und erinnern Sich an unsre Gespräche. Ich bat sie um das Licht und um eine Viertel­ stunde Einsamkeit. Sie verließ mich ungern. Ohne den Brief zu eröff­ nen, sah ich eine Weile vor mich hin. Die Stafette kam von Frankfurt, ich kannte Siegel und Hand, der Freund war also dort angekommen, er lud mich ein, und der Unglaube und Ungewißheit hatten uns über­

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per | affinare le mie cognizioni in campo artistico, nel frat­ tempo lei avrebbe lavorato per me, al mio ritorno avremmo capito se la nascente inclinazione della signorina von Wrede nei miei confronti si era sviluppata o spenta e se fosse consi­ gliabile porre le basi per la mia felicità in una nuova patria, imparentandomi con una famiglia così ragguardevole. Non dissi di no, ma la mia natura impulsiva non riusciva a entrare del tutto in sintonia con la pianificazione dell’a­ mica164. Io vivevo per il piacere dell’istante, mentre l’im­ magine di Lili mi aleggiava ancora davanti agli occhi nel sonno e nella veglia mescolandosi con tutto il resto, con ciò che avrebbe potuto piacermi o distrarmi. A quel punto però mi richiamai alla mente il serio proposito di intraprendere quel grande viaggio, decisi di svincolarmi in modo gentile e delicato e di riprendere la strada dopo qualche giorno. Fino a notte fonda demoiselle Delph mi aveva esposto nel dettaglio i suoi progetti e ciò che intendeva fare per me, e non potei che esserle grato per il suo interessamento, ben­ ché fosse evidente che un certo ambiente aveva intenzione di rafforzarsi grazie a me e al favore che godevo a corte. Era quasi l’una quando ci separammo. Dormii profondamente ma per poco, perché mi svegliò il corno di un postiglione che aveva fermato il cavallo proprio davanti a casa. Poco dopo comparve demoiselle Delph che entrò nella mia stanza con in mano una lampada e una lettera. «Ci siamo!» esclamò, «leggete e ditemi di cosa si tratta. Di certo viene da quel­ li di Weimar. Se è un invito, non accettatelo, e ricordatevi dei nostri discorsi». La pregai di lasciarmi la lampada e un quarto d’ora di solitudine. Se ne andò malvolentieri. Senza aprire la lettera, fissai per un po’ il vuoto davanti a me. Il messaggero veniva da Francoforte, riconoscevo la mano e il sigillo – l’amico era dunque arrivato, mi invitava, mentre io mi ero lasciato sopraffare da incredulità e incertezza. Per­

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eilt. Warum sollte man nicht | in einem ruhigen bürgerlichen Zustande auf einen sicher angekündigten Mann warten, dessen Reise durch so manche Zufälle verspätet werden konnte? Es fiel mir wie Schuppen von den Augen. Alle vorhergegangene Güte, Gnade, Zutrauen, stellte sich mir lebhaft wieder vor, ich schämte mich fast meines wunder­ lichen Seitensprungs. Nun eröffnete ich den Brief und alles war ganz natürlich zugegangen. Mein ausgebliebener Geleitsmann hatte auf den neuen Wagen, der von Straßburg kommen sollte, Tag für Tag, Stunde für Stunde, wie wir auf ihn geharrt, war alsdann Geschäftswegen über Mannheim nach Frankfurt gegangen, und hatte dort zu seinem Schreck mich nicht gefunden. Durch eine Stafette sendete er gleich das eilige Blatt ab, worin er voraussetzte, daß ich sofort nach aufgeklärtem Irrtu­ me zurückkehren und ihm nicht die Beschämung bereiten wolle, ohne mich in Weimar anzukommen. So sehr sich auch mein Verstand und Gemüt gleich auf diese Seite neigte, so fehlte es doch meiner neuen Richtung auch nicht an einem bedeutenden Gegengewicht. Mein Vater hatte mir einen gar hübschen Reiseplan aufgesetzt und mir eine kleine Bibliothek mitgegeben, durch die ich mich vorbereiten und an Ort und Stelle leiten könnte. In müßigen Stunden hatte ich bisher keine andere Unterhaltung gehabt, sogar auf meiner letzten kleinen Reise im Wagen nichts anders gedacht. Jene herrlichen Gegenstände, die ich von Ju­ gend auf durch Erzählung und Nachbildung aller Art kennen gelernt, sammelten sich vor meiner Seele und ich kannte nichts Erwünschteres als mich ihnen zu nähern, indem ich mich entschieden von Lili ent­ fernte. Ich hatte mich indes angezogen und ging in der Stube auf und ab. Meine ernste Wirtin trat herein. Was soll ich hoffen? rief sie aus. Meine Beste, sagte ich, reden Sie mir nichts ein, ich bin entschlossen zurückzukehren, die Gründe habe ich selbst bei mir abgewogen, sie zu wiederholen würde nichts fruchten. Der Entschluß am Ende muß gefaßt werden und wer soll ihn fassen als der den er zuletzt angeht? Ich

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ché non avrei dovuto | aspettare, in una situazione comoda e tranquilla, un uomo che doveva di sicuro arrivare e il cui viaggio poteva essere ritardato da mille imprevisti? Mi si aprirono gli occhi: la bontà, la gentilezza, la fiducia ricevute si presentarono vivide davanti a me, e quasi mi vergognai della mia assurda scappatella. Aprii dunque la lettera e tut­ to divenne ovvio. L’accompagnatore disperso aveva aspet­ tato giorno dopo giorno, ora dopo ora la nuova carrozza che doveva arrivare da Strasburgo, proprio come io avevo aspettato lui, e per motivi di lavoro era andato a Francofor­ te via Mannheim; arrivato lì, con suo grande spavento non mi aveva trovato. Con un messaggero aveva quindi spedi­ to immediatamente quella missiva urgente in cui dava per scontato che, una volta chiarito l’equivoco, io sarei tornato subito indietro per risparmiargli la vergogna di rientrare a Weimar senza di me. Per quanto la ragione e i sentimenti inclinassero subito da quella parte, a questa nuova svolta non mancava però un degno contrappeso. Mi padre mi ave­ va predisposto un accattivante itinerario e mi aveva fornito di una piccola biblioteca da viaggio per prepararmi e poi guidarmi sul posto. Nelle ore libere mi ero dedicato com­ pletamente a quello e persino nel mio ultimo breve tragitto in carrozza non avevo pensato ad altro165. Quei magnifici monumenti che avevo conosciuto fin dall’infanzia grazie a racconti e riproduzioni si raccolsero davanti ai miei occhi e nulla mi parve più desiderabile che avvicinarmi a loro, allontanandomi definitivamente da Lili. Nel frattempo mi ero vestito e camminavo avanti e indietro nella stanza. La padrona di casa, seria, entrò. «Cosa devo sperare?» chiese. «Mia cara», dissi, «non cercate di convincermi, ho deciso di tornare. I motivi li ho già soppesati dentro di me, ripe­ terli non gioverebbe a nessuno. Alla fin fine bisogna pur prendere una decisione e chi deve farlo, se non il diretto

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war bewegt, sie auch, und es gab eine heftige Szene, die ich dadurch | endigte, daß ich meinem Burschen befahl, Post zu bestellen. Vergebens bat ich meine Wirtin sich zu beruhigen und den scherzhaften Abschied, den ich gestern Abend bei der Gesellschaft genommen hatte, in einen wahren zu verwandeln, zu bedenken, daß es nur auf einen Besuch auf eine Aufwartung für kurze Zeit angesehn sei, daß meine italiänische Reise nicht aufgehoben, meine Rückkehr hierher nicht abgeschnitten sei. Sie wollte von nichts wissen und beunruhigte den schon Bewegten noch immer mehr. Der Wagen stand vor der Tür, aufgepackt war, der Postillion ließ das gewöhnliche Zeichen der Ungeduld erschallen, ich riß mich los, sie wollte mich noch nicht fahren lassen, und brachte künstlich genug die Argumente der Gegenwart alle vor, so daß ich end­ lich leidenschaftlich und begeistert die Worte Egmonts ausrief: Kind, Kind! nicht weiter! Wie von unsichtbaren Geistern gepeitscht gehen die Sonnenpferde der Zeit mit unsers Schicksals leichtem Wa­ gen durch, und uns bleibt nichts, als mutig gefaßt, die Zügel festzu­ halten, und bald rechts, bald links, vom Steine hier, vom Sturze da die Räder abzulenken. Wohin es geht, wer weiß es? Erinnert er sich doch kaum, woher er kam.

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interessato?» Ero agitato, lei anche, e ci fu una scenata a cui posi | fine ordinando al mio domestico di procurare una carrozza166. Invano pregai la mia ospite di calmarsi e di tra­ mutare il congedo scherzoso che la sera prima avevo preso dalla compagnia in uno reale; la invitai a considerare che si trattava soltanto di una breve visita a corte, che il mio viaggio in Italia non era cancellato né escluso il mio ritorno a Heidelberg. Non volle sentir ragione e non fece che accre­ scere l’ansia di chi era già turbato. La carrozza era davanti alla porta, i bagagli pronti, il postiglione fece risuonare l’a­ bituale segnale di impazienza: non voleva proprio lasciarmi andare ed elencava abilmente tutte le ragioni per restare, tanto che alla fine dovetti allontanarmi a forza, pronuncian­ do con passione ed enfasi le parole di Egmont: «Bambina, bambina, smettila. Come sferzati da spiriti invisibili, corrono i solari cavalli del tempo con il cocchio leggero del nostro destino; e a noi non resta che tener salde le redini con coraggio e, scartando ora a destra ora a sini­ stra, preservare le ruote qui dal sasso, lì dal precipizio. Dove vada, chi lo sa? A mala pena ricorda da dove è venuto»167.

NOTE AL TESTO

Parte prima Prefazione «L’uomo non viene educato se non viene scuoiato», sentenza tratta dai Monostici di Menandro, commediografo greco che Goethe ammi­ rava molto: «Dopo Sofocle, non c’è nessuno che io ami altrettanto. È in tutto e per tutto puro, nobile, grande e sereno, la sua grazia è inimi­ tabile. Dispiace che di lui sia rimasto così poco, ma anche quel poco non ha prezzo e da ciò gli uomini di ingegno possono imparare molto» (Eckermann, Conversazioni, 12 maggio 1825, pp. 121-122). La senten­ za (che Goethe annota anche nel suo diario in data 30 aprile 1809) è una formulazione icastica di un topos pedagogico molto diffuso, conservato nel proverbio latino Qui bene amat, bene castigat; il verso di Menandro non richiama però soltanto la massima che per educare bisogna punire, ma anche un motivo più generale, applicabile a questa parte dell’auto­ biografia o forse anche alla vita tout court: si cresce e si impara attraver­ so la sofferenza e gli sbagli (Ehrentreich 1963, p. 482). 2 La lettera è fittizia, ma il contenuto riprende le numerose osserva­ zioni, documentate nell’epistolario, che negli anni precedenti gli erano giunte da alcuni amici e che lui stesso aveva espresso a più riprese circa l’importanza e il significato dell’autobiografia. Lo spunto per la stesu­ ra viene quindi presentato come un’istanza proveniente dall’esterno, dai lettori stessi che sono fin da subito coinvolti come motore della narrazione; l’autore descrive poi come ha reagito a quella richiesta e come, di conseguenza, sia stata concepita e costruita l’opera stessa (Se­ gebrecht 1998, p. 164). 3 Si tratta della nuova edizione delle opere di Goethe in dodici volu­ mi apparsa da Cotta (Tübingen, 1806-1808); le Affinità elettive appar­ vero come tredicesimo volume nel 1810. Dopo averla ricevuta, Goethe stesso aveva scritto a Zelter (22 giugno 1808): «I frammenti di tutta una vita, posti l’uno accanto all’altro, fanno davvero un effetto curioso e incoerente; per questo i recensori si troveranno in un bell’imbarazzo se, con buone o cattive intenzioni, vorranno considerare tutto ciò che è stato stampato come un tutto unitario». 1

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NOTE AL TESTO

L’autore sentiva molto l’esigenza di un’esposizione ordinata cro­ nologicamente, e cercò di soddisfarla con la stesura degli Annali a «integrazione delle mie altre confessioni», come recita il sottotitolo, pubblicati poi nel 1830. In questa stessa direzione andava l’elenco cro­ nologico delle opere allegato all’ultimo volume dell’edizione in venti volumi (1815-1819). Proprio negli anni in cui si accinge alla stesura di Poesia e verità, stavano uscendo edizioni complete delle opere di Gellert, Lessing e Klopstock, seguite poi da quelle di Herder, Wieland e Jean Paul: per consuetudine erano accompagnate da una biografia, un monumento a ricordo dell’autore. Goethe non vuole lasciare ad al­ tri questo compito: intende provvedere in prima persona. Come dirà tra poco, illustrando i principi ispiratori della sua autobiografia, il suo intento è tratteggiare un’esistenza dinamica nella tensione dei suoi rap­ porti con l’esterno e nel contesto della sua epoca (Paulin 2003, p. 102). 4

Libro primo Il motivo astrologico come topos autobiografico è ripreso da Gi­ rolamo Cardano, dal secondo capitolo della sua autobiografia (De vita propria, 1643), che Goethe conosceva da molto tempo e aveva da poco ripreso in mano per la parte storica della Teoria dei colori. Se però per il medico e matematico del xvii secolo la congiunzione astrale aveva un serio valore scientifico, qui si tratta invece di un elemento simbolico, che troverà il suo parallelo nell’immagine del carro del sole che chiu­ de il xx libro. Alla precisione storica (sottolineata enfaticamente dallo scoccare delle dodici) si affianca dunque subito la componente poetica, quasi a voler dimostrare fin dalle prime righe quanto annunciato dal titolo. Il tema natale è peraltro corretto (Müller 1905), ed era stato pre­ visto già nello schema tracciato nel 1810 (Paralipomenon 3, FA xiv, pp. 886-887), che riporta come prima parola: «oroscopo». Goethe non credeva all’astrologia e all’influsso dei corpi celesti sulla vita dell’uo­ mo (cfr. Zastrau: Goethe-Handbuch, s. v. ‘Astrologie’) quanto piuttosto al ruolo delle circostanze esterne in cui il singolo si trova a vivere, al verificarsi di una «costellazione propizia» come felice combinazione di elementi spazio-temporali; se da una parte quindi sembra voler sod­ disfare le aspettative dei lettori con un resoconto oggettivo e fondato, dall’altra con sottile ironia instilla subito il dubbio circa la sua effettiva attendibilità e sposta l’attenzione sul livello letterario e interpretativo. 6 L’imperizia della levatrice (Anna Dorothea Müller) e la conse­ guente assunzione di un ostetrico per tutti i cittadini, il chirurgo Georg 5

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Sigismund Schlicht, sono documentati in una lettera di Bettina von Ar­ nim (datata 4 novembre 1810), che a partire dal 1806 aveva frequen­ tato la madre di Goethe facendosi raccontare moltissimi aneddoti sulla sua infanzia, e nel resoconto del medico Johann Christian Senckenberg (Kriegk 1869, p. 319). 7 Cornelia, nata il 7 dicembre 1750. 8 Il termine non esiste più nel tedesco odierno: si trattava di una sorta di verandina, un prolungamento (abusivo) dell’abitazione sulla strada, utilizzato soprattutto d’estate. In una lettera a Reinhard (13 febbraio 1812) il poeta suppone che l’origine di questi elementi sporgenti sia da ricercare nell’abitudine di disporre sedie e panche fuori dalla por­ ta di casa nella bella stagione: in epoche in cui il controllo sulla città era meno rigido erano poi state costruite delle recinzioni in legno, che proteggevano in parte dallo sguardo dei passanti, ma permettevano co­ munque la comunicazione tra interno ed esterno. 9 L’aneddoto che sta per raccontare è una di quelle esperienze d’in­ fanzia rivissute grazie alla memoria altrui: gli viene ricordato infatti in una lettera (12 novembre 1810) da Bettina von Arnim, che lo ha sen­ tito raccontare dalla madre. Su questo episodio si è soffermato anche Sigmund Freud (Freud 1917; Tiedemann 1988). 10 Cornelia Goethe, nata Walther, aveva 81 anni alla nascita del ni­ pote primogenito. 11 La serie di incisioni si trova ancora oggi nella Goethe-Haus a Francoforte (Maisak / Dewitz 2013, p. 50; Beutler 1995, pp. 34-75); si tratta di opere di Alessandro Specchi e Giovanni Battista Falda. Le vedute di Roma, in particolare quelle di Giovan Battista Piranesi e della sua scuola, erano un soggetto molto amato e ricercato nel Settecento. 12 La collezione del padre andò poi in eredità al figlio, che la portò con sé a Weimar e nel 1795 la regalò al collega e amico Christian Got­ tlob von Voigt. 13 Goethe padre si era a lungo trattenuto in Italia nel 1740 e in segui­ to si dedicò alla revisione e stesura in bella dei suoi appunti di viaggio, aiutato da Domenico Giovinazzi che dava anche lezioni di italiano ai bambini. Il figlio conservò poi il manoscritto, custodito ancora oggi nella biblioteca di Weimar e pubblicato per la prima volta nel 1932. Cfr. Johann Caspar Goethe: Viaggio per l’Italia; Agazzi 2016; Paumgardhen 2019. Sulla biografia di Johann Caspar Goethe, cfr. Glaser 1929. 14 Si tratta di un’aria molto famosa all’epoca, su parole di Paolo Antonio Rolli, uno dei maggiori poeti dell’Arcadia, pubblicata nel 1727 per accompagnamento di chitarra o piano. Il testo con le sue quartine

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NOTE AL TESTO

di ottonari a rima alternata è molto musicale ed evoca un’atmosfera dolce e malinconica, per quanto piuttosto convenzionale; la musica è generalmente attribuita all’olandese Willem de Fesch (Levarie 1957; Dorris 1963). 15 I motivi dell’allontanamento del padre da ogni incarico pubblico e la conseguente decisione di ritirarsi a vita privata, qui solo accennati, saranno esplicitati e problematizzati nei libri ii e iv, e saranno uno dei motivi principali del difficile rapporto tra padre e figlio che segna tutta l’autobiografia. Cfr. Geisenhanslüke 2000. 16 Il teatro delle marionette regalato dalla nonna è conservato ed esposto nella Goethe-Haus (Maisak / Dewitz 2013, pp. 75-77; Beutler 1995, pp. 45-48). Il grande impatto che ebbe sul bambino è testimoniato anche dalla sua rievocazione nella Vocazione teatrale di Wilhelm Meister e nel primo libro degli Anni dell’apprendistato, e Goethe stesso, per il Natale 1800, ne regalò uno al figlio August. 17 La nonna morì il 26 marzo 1754 all’età di 86 anni. 18 La nonna di Goethe nel 1733 aveva acquistato due vecchie case adiacenti sull’Hirschgraben che dopo la sua morte furono completa­ mente ristrutturate; per ricordare l’inizio dei lavori il piccolo Goethe scrisse nel 1757 un testo latino (Labores juveniles, MA i, pp. 15-20). La casa fu poi venduta nel 1795 dalla madre di Goethe, rimasta vedo­ va; in proposito Goethe annota negli Annali: «Nel corso degli ultimi anni mia madre ha venduto la fornitissima cantina dei vini, la biblio­ teca ben dotata in alcune materie, una collezione di dipinti che com­ prendeva il meglio degli artisti dell’epoca e non so che altro ancora. Mentre lei era solo contenta di liberarsi di quei fardelli, io vedevo frantumato e dilapidato tutto ciò che era appartenuto a mio padre». Nel 1863 l’edificio fu acquisito dal Freies Deutsches Hochstift che ne fece un museo; bombardato e quasi completamente distrutto il 22 marzo 1944, fu in seguito ricostruito (Maisak / Dewitz 2013; Beutler 1995, pp. 68-75). 19 Dopo la descrizione della casa, è ora la volta della città, di cui vengono sottolineati gli elementi storici, di continuità con una ricca tradizione di operosità e indipendenza (Voelcker 1932). L’ambiente è quello delle ricche famiglie cittadine, dei commercianti intraprendenti, vivace e dinamico all’interno delle vecchie mura con le torri di guardia. La topografia della città con i suoi monumenti, rimasta quasi intatta fino al 1944, quando Francoforte fu quasi completamente rasa al suolo durante la Seconda guerra mondiale, viene ripercorsa da Goethe ormai anziano soprattutto grazie agli appunti molto dettagliati che aveva preso

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in occasione del suo ritorno a Francoforte nel 1797 e a numerosi testi sulla città che sono ancora oggi presenti nella sua biblioteca, insieme ad altri che prese a prestito dalla biblioteca di Weimar. 20 Si tratta del grande ponte di arenaria costruito nel xiv secolo. 21 Il Duomo di Francoforte. 22 Passaggio pedonale che costeggiava il cimitero accanto al Duo­ mo, il cui perimetro era delimitato da una recinzione in ferro (da qui il nome). 23 Il cartografo olandese Hans Grav realizzò nel 1552 una xilografia su legno che raffigurava la pianta della città con tutte le sue fortificazio­ ni su un disegno di Conrad Faber. 24 Riferimento al romanzo Il diavolo zoppo (Le diable boiteux, 1707) di Alain René Lesage, dove il protagonista, uno studente, viene accompagnato dal diavolo sui tetti di Madrid, che vengono scoperchiati per permettergli di vedere le scene di vita quotidiana che si svolgono all’interno delle case. – Questo libro presenta molti eventi legati ai pri­ mi anni dell’infanzia, ma il criterio di ordinamento non è cronologico, bensì spaziale, topografico: la narrazione si snoda a spirale attraverso gli spazi, da quello più interno della casa per allargarsi gradualmente alle diverse dimensioni della città. È un continuo alternarsi di spazi chiusi uno dentro l’altro: le stanze della casa, i vari edifici cittadini («le città nella città»), le mura stesse che la racchiudono e ora gli interni delle case viste dall’alto. Gli spazi chiusi non soltanto sollecitano la curiosità del fanciullo per ciò che racchiudono, ma fungono anche da ‘luoghi della memoria’, che richiedono di essere riempiti e diventano così motore della narrazione (Mahler 2017); la memoria del reale con­ fluisce nell’atto poetico del narrare. 25 L’iscrizione era in tedesco antico, che Goethe ha già in parte mo­ dernizzato: «Eyns mans redde eine halbe redde / man sal sie billich verhören bede». 26 Sono i quattordici senatori, provenienti dalle famiglie più antiche del patriziato cittadino (Limpurg, Frauenstein). Scabini e senatori eleg­ gevano poi i due borgomastri, che rimanevano in carica un anno. 27 La Bolla d’oro è uno dei documenti fondamentali dell’Impero, promulgato nel 1356 da Carlo iv e rimasto in vigore fino al 1806. Esso regolava i privilegi dei prìncipi elettori, stabiliva le modalità per l’ele­ zione dell’imperatore e fissava alcuni princìpi basilari del diritto. – A Carlo iv viene associata nel testo anche la constitutio criminalis, detta anche carolina, il codice di diritto penale che fu promulgato però non da lui ma da Carlo v nel 1532.

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NOTE AL TESTO

Quando Goethe scrive la sua autobiografia, il Sacro Romano Im­ pero della Nazione Germanica è ormai tramontato: la premonizione si è dunque avverata, nonostante all’incoronazione di Giuseppe ii, a cui egli assistette da ragazzino, ne fossero seguite altre due, quella di Leopoldo ii e Francesco ii. 29 Si tratta del Günther von Schwarzburg appena nominato, eletto imperatore in opposizione a Carlo iv, che morì nell’anno stesso della sua incoronazione (1349) dopo aver rinunciato al trono. 30 Il conclave è la cappella in cui i principi elettori si radunavano per eleggere l’imperatore. 31 Nel giro di pochi anni vi erano state infatti ben due incoronazioni: quella di Carlo vii nel 1742 e quella di Francesco i nel 1745. La prima viene ricordata sia per lo sfarzo (in cui si distinse l’ambasciatore fran­ cese, il duca Charles Louis Belleisle), sia per il triste destino dell’impe­ ratore. Carlo vii, principe elettore di Baviera, fu infatti eletto imperatore quando Carlo vi, ultimo erede del ramo austriaco degli Asburgo, non lasciò un erede maschio. Nonostante con la Prammatica sanzione cer­ casse di garantire il diritto di successione alla primogenita Maria Tere­ sa, la figlia non venne riconosciuta e i principi elettori le contrapposero Carlo vii. Ebbe così inizio la guerra di successione austriaca, Carlo vii subì una pesante sconfitta a Dettingen, in Bassa Franconia (27 giugno 1743), fu costretto a fuggire dalla Baviera e in quella circostanza chiese ospitalità alla città di Francoforte, dove si trattenne poi a lungo. 32 La seconda incoronazione vide salire al trono imperiale Francesco i di Lorena, che nel 1736 aveva sposato Maria Teresa. 33 La pace di Aquisgrana pose fine alla guerra di successione austria­ ca (1740-1748), inaugurando un lungo periodo di pace che costituirà anche lo scenario su cui si apre il secondo libro. 34 Per la descrizione di questa cerimonia Goethe utilizza ampi pas­ si del testo di Fries: Abhandlung vom sogenannten Pfeiffergericht che prende a prestito dalla biblioteca di Weimar ma che era presente anche nella biblioteca del padre (Götting 1953, p. 66), quindi probabilmente lo conosceva fin da piccolo. La festività è descritta nei dettagli anche nella Chronica di Lersner, consultata in molte occasioni, e viene nomi­ nata anche in alcune lettere a Johann Friedrich Heinrich Schlosser, in cui Goethe chiede al nipote del cognato se ci siano ancora in circola­ zione alcuni dei guanti usati in quella cerimonia (lettera dell’11 luglio 1811). Schlosser ne trovò e gliene inviò un paio – viene infatti ringra­ ziato in una lettera del 28 ottobre dello stesso anno. 35 In occasione della fiera autunnale, che prendeva il nome dal gior­ 28

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no di San Bartolomeo, il 24 agosto, il podestà di Francoforte rinnovava l’esenzione doganale per le città di Bamberga, Norimberga e Worms. 36 Il 7 settembre. 37 L’aggettivo lustig (‘allegro’) del testo originale è considerato un refuso dalla maggior parte delle edizioni critiche; sarebbe da sostituire con luftig (‘arioso, spazioso’). 38 Johann Caspar Goethe era uno dei collezionisti e bibliofili più attivi della Francoforte dell’epoca; nel suo Liber domesticus sono anno­ tate moltissime spese per l’acquisto di libri e molti di essi costituirono fonte di letture per il figlio, esercitando un influsso intenso e duraturo. Una volta rimasta vedova (1782), la madre decise insieme al figlio di vendere la grande casa e di mettere all’asta la biblioteca; a questo scopo il segretario Johann Wilhelm Liebholdt ne predispose un inventario che comprende 1691 titoli (alcuni dei quali però cumulativi – si stima che ci fossero circa duemila volumi). Cfr. Götting 1953; HA ix, pp. 650-651. 39 Georg Keyßler e Joachim Christoph Nemeiz erano due scrittori allora molto in voga, celebri soprattutto per i loro resoconti di viaggio. 40 Dopo il paragrafo sui libri, segue quello sulla pittura, il secondo elemento fondamentale che accompagna Goethe non soltanto nell’in­ fanzia e nell’adolescenza, ma per tutta la vita. A lungo, anzi, scrittura e arti figurative rappresenteranno due alternative a cui dedicarsi (si veda l’episodio in apertura del lib. xiii, dove si affida al caso per scegliere tra le due), ma anche con il prevalere della vocazione letteraria, le arti figu­ rative continueranno a svolgere un ruolo di primo piano, come mostrano le numerose pagine dedicate alla pittura nell’autobiografia (cfr. Prawer 1987). – Anche in fatto di arte il padre era un collezionista molto attivo, come del resto tanti altri in città; egli però è originale nell’orientamento, e piuttosto che i maestri italiani e olandesi che andavano allora per la maggiore predilige i pittori tedeschi contemporanei. Si rifacevano, nel­ lo stile, sempre agli olandesi, ma dipingevano con toni più realistici e borghesi, senza risentire del modello francese, cortese e rococò; la loro presenza, qui solo accennata, diventerà una convivenza vera e propria quando alcuni di loro frequenteranno assiduamente la casa, ferman­ dosi a dipingere in mansarda (lib. iii). Per tratteggiare i pittori Goethe riprende gli scritti dell’amico d’infanzia Heinrich Sebastian Hüsgen: Nachrichten von Frankfurter Künstlern und Kunst-Sachen (1780) e Artistisches Magazin (1790), che costituiscono una vera e propria miniera di notizie sul mondo artistico francofortese dell’epoca. 41 Il terremoto di Lisbona fu un avvenimento di importanza epocale, che creò un forte contrasto con l’ottimismo illuministico divenendo un

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NOTE AL TESTO

argomento di discussione a livello europeo, nonché tema di opere lette­ rarie, filosofiche e scientifiche su vasta scala in cui si riconsiderava l’i­ dea di vivere nel migliore dei mondi possibili e la questione leibniziana della teodicea. Per la descrizione degli eventi, Goethe si rifà allo scrit­ to: Beschreibung des Erdbebens, welches die Hauptstadt Lissabon und viele andere Städte in Spanien und Portugal ganz umgeworfen, teils sehr beschädigt hat (1756), che aveva preso a prestito nel maggio 1811 dalla biblioteca di Weimar. A posteriori considerò questo avvenimento di portata mondiale alla stregua della Rivoluzione francese (ne parla anche in numerose lettere), un momento storico in cui venne messo in crisi l’ordine sociale, politico e religioso della società civile nel suo complesso. Cfr. Lütgert 1901; Brown 1992; Hamacher 2008. 42 Ecco affiorare un altro elemento del contrastato rapporto con il padre, cioè le aspettative già prefissate su quello che sarebbe stato il percorso di formazione del primogenito; i progetti paterni, che non ten­ gono minimamente conto dei desideri e delle propensioni del figlio, saranno tra poco definiti la «storiella sul mio futuro percorso» (p. 65); il padre da parte sua disapprova l’atteggiamento incostante e poco siste­ matico del figlio. L’emancipazione dal dettato della volontà paterna si delinea come uno dei temi portanti dell’opera (Geisenhanslüke 2000). 43 Si tratta del manuale di Johann Gottfried Gross: Der angehende Lateiner (1747), che rimase nella biblioteca di casa e figura ancora nell’inventario che fu redatto prima di metterla all’asta, nell’agosto del 1794 (Götting 1953). 44 Era il manuale di latino più diffuso all’epoca, conservato anch’es­ so nella biblioteca paterna: Götting 1953, p. 35. 45 Ora è la volta dei manuali di storia: Cornelio Nepote è uno storico romano del i sec. a. C.; la Historia universalis di Cellarius era il testo scolastico più diffuso per l’insegnamento della storia, mentre Pasor è un dizionario greco-latino del Nuovo Testamento. 46 Alcuni esempi sono contenuti nei Labores juveniles (FA, vol. xxviii). Cfr. anche Huebener 1949, che si sofferma su questi componi­ menti e sui primi anni di formazione. 47 L’elenco comprende alcuni testi che hanno evidentemente stimo­ lato la fantasia del ragazzino. Il primo è l’opera di Comenius, pubbli­ cata per la prima volta nel 1658 e via via adattata alle nuove esigenze dei tempi; era disponibile anche in un’edizione bilingue, latino-tedesco, presente nella biblioteca di casa. Essa attirava senz’altro il bambino per le illustrazioni che rappresentavano tutto il mondo conosciuto; parti­ colarmente belle e dettagliate erano quelle che ritraevano tutte le pro­

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fessioni con i relativi strumenti (Domnick 1965). Anche la Bibbia di grande formato lo colpisce per le belle illustrazioni di Merian ed è uno dei volumi che, quando la biblioteca paterna sarà venduta, terrà per sé. Lo stesso incisore aveva illustrato anche la Chronica di Gottfried, che presentava la storia del mondo dalla creazione fino al 1619 come un insieme di aneddoti, storie di guerre, matrimoni, esempi di crudeltà e fatti straordinari; Goethe la prende a prestito il 25 maggio 1824 dalla biblioteca di Weimar (Keudell 1931), e pochi giorni più tardi annota nel suo diario di averla sfogliata insieme al nipotino, che allora aveva sei anni. Segue l’Acerra philologica, un’antologia di aneddoti e racconti, allegri e istruttivi, tratti da scrittori greci e latini, compilata da Peter Lauremberg nel 1633 e in seguito più volte ampliata e accresciuta, a cui ben si abbinano le Metamorfosi di Ovidio con i loro quindici libri ricchi di favole e racconti sulle metamorfosi di uomini e animali. 48 Dopo i testi a carattere storico-didattico, è la volta della letteratura e, in particolare dei romanzi di avventura, per nutrire la curiosità e la fantasia del ragazzino. Il romanzo pedagogico di Fénelon apparve nel 1699 e racconta le vicende di Telemaco, figlio di Ulisse, che va alla ri­ cerca del padre; le avventure del naufrago Robinson Crusoe (pubblicato nel 1719 e disponibile in traduzione tedesca fin dal 1720) inaugurarono una vera moda, e la sua controparte tedesca più fortunata fu l’opera di Schnabel: Wunderliche Fata einiger See-Fahrer, ben presto noto con il titolo abbreviato di Insel Felsenburg, uno dei romanzi più letti dell’epo­ ca. L’ultimo romanzo nominato è il resoconto dell’avventuroso viaggio intorno al mondo dell’ammiraglio inglese Lord George Anson, redatto dal suo predicatore di bordo (Richard Walter: Voyage round the World). 49 I libretti erano stampati dall’editore Johann Spies e, in quanto forme di letteratura popolare, si attribuiva loro scarso valore, come di­ mostrano le stampe scadenti; saranno rivalutati solo più avanti, con la nuova sensibilità letteraria portata dal Romanticismo. La definizione stessa del genere testuale venne coniata solo nel 1807 con lo scritto di Joseph Görres: Die teutschen Volksbücher, che aprì la strada alle nume­ rose rielaborazioni di quei materiali e alle ricerche di Tieck, Brentano, Achim von Arnim, August Wilhelm Schlegel ecc. Goethe sottolinea che conosceva e aveva percepito il fascino dei Volksbücher già molti anni prima, fin dall’infanzia. 50 Nel Settecento era ancora una delle malattie più pericolose e più diffuse, nonostante in Inghilterra già da qualche tempo venisse usato come profilassi un vaccino ricavato dal vaiolo umano, che era però mol­ to pericoloso e in Germania incontrò molte resistenze. Sarà il metodo

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NOTE AL TESTO

sviluppato nel 1796 dal medico inglese Edward Jenner, che utilizzò un vaccino ricavato dal vaiolo dei bovini, a debellare definitivamente la malattia. Goethe ne fu colpito nel 1758. 51 Si tratta di Johanna Melber, nata Textor. 52 Il fratello è Hermann Jakob, che morì di vaiolo all’età di sette anni nel 1759. Oltre a lui c’erano ancora due sorelle e un fratello, tutti nati tra il 1754 e 1766 e morti nel primo o secondo anno di vita. 53 I nonni materni, Johann Wolfgang Textor e la moglie Anna Mar­ garetha Justina, nata Lindheimer. Il nonno in particolare, che dal 1747 al 1770 fu podestà, la massima carica cittadina, è una figura molto pre­ sente negli anni giovanili e ricordata anche in seguito con affetto e re­ verenza. 54 Il nonno, con il suo strano abbigliamento, rievoca due figure ome­ riche, vicine forse alla fantasia del poeta che negli anni intorno al 1800 si era nuovamente immerso nella lettura di Omero. Alcinoo, saggio e ricco sovrano dei Feaci, viene ricordato nell’Odissea (vii, vv. 112-131) per il bellissimo giardino adiacente alla sua reggia, mentre l’anziano re Laerte, padre di Odisseo, si ritira in campagna e lavora in giardino insieme ai suoi servitori, usando dei guanti per proteggersi dalle spine (Odissea xxiv, vv. 226-231). 55 Il narratore non prende posizione direttamente su questo argo­ mento, ma riferisce quella che era una convinzione della famiglia. Nel­ la cosiddetta «Aristeia della mamma» (Paralipomenon 94, FA xiv, p. 985), che presenta un racconto della mamma che Bettina von Arnim aveva registrato, il nonno era definito «il sognatore o quello che inter­ pretava i sogni». In ogni caso, nel lib. xi racconterà un episodio simile, riferito però a se stesso (p. 1061). 56 Tra i tre candidati che raccoglievano il maggior numero di voti ve­ niva effettuato un sorteggio, che consisteva nell’estrazione di una sfera da un sacchetto: chi estraeva la sfera dorata risultava vincitore. 57 Il podestà precedente era Johann Christoph von Ochsenstein, pa­ dre dei bambini che abitavano nella casa di fronte (cfr. p. 17). Il raccon­ to di questo avvenimento è basato sulle notizie fornite dalla zia Melber a Johann Friedrich Heinrich Schlosser, che le invia a Goethe nella let­ tera del 20 aprile 1811. 58 Si tratta della zia particolarmente vivace già ricordata in prece­ denza, Johanna Maria Jakobäa Textor. 59 Anna Maria Textor. 60 Si tratta di una rielaborazione modernizzata che non si basava sul testo greco originale, bensì su una versione francese di Madame

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Dacier e che da questa riprendeva lo stile allora in voga del resoconto di viaggio e dei libri di avventura (Homers Ilias, oder Beschreibung der Eroberung des trojanischen Reiches, 1754). L’opera era contenuta nel settimo dei 34 volumi della raccolta Neue Sammlung der merkwürdigsten Reisegeschichten, di cui il suo prozio Johann Michael von Loën aveva firmato la prefazione. Nelle incisioni che accompagnavano l’ope­ ra, i personaggi della mitologia greca venivano rappresentati negli abiti della Francia dell’epoca e hanno un effetto evidentemente negativo, saranno una pesante zavorra da cui Goethe faticò a liberarsi – a diffe­ renza delle illustrazioni dei volumi citati in precedenza, che avevano stimolato la fantasia in modo positivo. 61 La chiusura dell’Iliade, percepita come tronca, gli fu però di sti­ molo: negli anni 1797-1799 Goethe lavorò infatti a un proseguimento dell’Iliade, che intitolò Achilleis [Achilleide], ma rimase un frammento. 62 Di seguito vengono ricordate diverse correnti del pietismo, sorte come movimenti di laici che si staccavano in modo più o meno netto dall’ortodossia protestante; la definizione di ‘separatisti’ si riferisce al fatto che erano autonomi rispetto alla struttura ecclesiastica ufficiale e rivendicavano l’esigenza di una religiosità più intima e personale. Gli Stillen im Lande si richiamavano al Salmo 35, versetto 20, ed erano comunità che si ritiravano a vivere in semplicità in campagna; la Co­ munità dei fratelli era stata fondata nel 1727 da Nikolaus Ludwig von Zinzendorf, convinto che l’essenza del cristianesimo consista nell’e­ sperienza personale dell’unione con Cristo, più che nei dogmi. Ricono­ sciuta nel 1748, la Comunità dei fratelli (Brüdergemeine) divenne cen­ tro propulsore di una fraternità rinnovata. Il pietismo nel suo complesso ebbe un profondo influsso sia linguistico che letterario, stimolando ad esempio generi testuali come il diario, gli epistolari e l’autobiografia e favorendo il linguaggio più intimo e sentimentale dell’Empfindsamkeit. 63 Il primo avvicinamento del fanciullo alle pratiche religiose avvie­ ne alla luce dell’Antico Testamento, come viene più volte sottolineato sia richiamando la vicinanza al Dio creatore della professione di fede, sia esplicitando la matrice veterotestamentaria della pratica devoziona­ le escogitata dal bambino; manca infatti ogni riferimento alla figura di Cristo, che come intermediario tra Dio e l’uomo era invece molto più presente nei movimenti religiosi dell’epoca. Nell’Antico Testamento si parla infatti più volte di altari eretti per offrire sacrifici a Dio, di cui vengono riprese diverse caratteristiche (l’offerta dei frutti della natu­ ra, le primizie di cui l’uomo si priva, il fumo aromatico dell’incenso, l’ora mattutina). L’atteggiamento nei confronti della religione e delle

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NOTE AL TESTO

sue pratiche costituisce un percorso che si dipana lungo tutta l’autobio­ grafia e che tocca di volta in volta diversi aspetti e diverse confessioni. L’atteggiamento con cui le varie tappe vengono descritte non è quello del devoto né del proselita, bensì quello distaccato del pensatore che riflette sui bisogni dell’uomo e con distacco e ironia osserva con una certa simpatia l’ingenuità del fanciullo, il cui gesto appare sì infantile e inconsapevole, ma dotato di un profondo valore simbolico (Bowman 1966/1967).

Libro secondo Si tratta della Guerra dei sette anni (1756-1763), un conflitto di vaste dimensioni che vide opporsi la Prussia (sostenuta dalla Gran Bre­ tagna) all’Austria, alleata invece con Francia e Russia. La guerra san­ cì la supremazia militare della Prussia in Europa, il dominio inglese sui mari e l’emergere della Russia come elemento significativo sullo scacchiere europeo. Il protagonista principale della guerra è comun­ que Federico ii il Grande, che catalizzò intorno a sé l’orgoglio di tutti i tedeschi, superando ogni particolarismo. Sul ruolo della sua figura per Goethe si sofferma Herre 1935. 65 Carlo Alberto, principe elettore di Baviera, fu eletto imperato­ re nel 1742 come Carlo vii, ma fu un imperatore senza regno, perché durante la guerra di successione austriaca fu sconfitto nella battaglia di Dettingen e costretto a lasciare i suoi domini; si rifugiò quindi a Francoforte (cfr. nota 31) e morì nel 1754, prima della fine della guerra. 66 Nel diario di Johann Christian Senckenberg (1 aprile 1760) è ri­ portata la descrizione di una di queste «scenate», accaduta a casa del pastore Starck: il nonno, infuriato, lanciò un coltello all’indirizzo del padre di Goethe, che rispose sguainando la spada (cfr. Kriegk 1869, pp. 135-136). 67 La presa di Dresda avvenne il 9 settembre 1756; nella battaglia di Lobositz, in Boemia, Federico ii sconfisse gli austriaci (1 ottobre 1756). 68 Anche come poeta Goethe ebbe sempre un rapporto contradditto­ rio con il pubblico. L’opinione pubblica (un concetto che si stava for­ mando proprio in quel periodo, cfr. Habermas 1990) viene percepita dal bambino come unitaria e compatta, senza distinzione tra i vari ambiti, ad esempio la politica o la letteratura, e come istanza autorevole e de­ finitiva ma la sua affidabilità, che crea inizialmente insicurezza in chi si sente criticato, viene messa in dubbio dal bambino in più occasioni, man mano che ha modo di confrontarvisi. 64

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Francesco i era noto per essere un irriducibile collezionista di mo­ nete, medaglie e oggetti preziosi; il conte Daun era il comandante in capo delle forze militari austriache. 70 L’occupazione francese di Francoforte, a partire dal gennaio 1759, sarà trattata diffusamente nel terzo libro. 71 Si tratta probabilmente di uno spettacolo incentrato su Davide e Golia, nominato anche nella Vocazione teatrale e negli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister (lib. i, cap. 2), dove si parla appunto di una rappresentazione della storia di Davide e Golia accompagnata da una danza pastorale. Questo, insieme ad altri temi biblici, faceva parte del repertorio abituale degli spettacoli di marionette che si tenevano in città soprattutto durante le fiere, dai quali i bambini hanno certamente preso spunto per le loro rappresentazioni (Mentzel 1882, pp. 210-246; 1899, pp. 108-116 e 123-125). 72 Nel libro v l’amicizia con Pilade sarà descritta nei particolari. I nomi delle persone evocate sono fittizi, spesso tratti dalla mitologia e con valore simbolico, come nel caso di Pilade che richiama l’amicizia (era l’amico di Oreste, cfr. Ifigenia in Tauride). 73 La fiaba del Novello Paride è il primo testo letterario intercalato nel resoconto autobiografico. Insieme alle precoci ambizioni teatrali ri­ svegliate grazie al teatro delle marionette, è un’ulteriore testimonianza del talento letterario e narrativo che germoglia nel fanciullo. Goethe è sempre stato affascinato dalle fiabe, da quelle nordiche a quelle orien­ tali, e le apprezzava soprattutto come racconto orale: era un narratore che affascinava i suoi ascoltatori, fossero i ragazzini suoi coetanei, il gruppo di amici di Sessenheim (ai quali nel libro x racconta la fiaba della Nuova Melusina), o i figli di Charlotte von Stein. La fiaba è dun­ que un’attività sociale di gradevole intrattenimento, un passatempo con funzione pedagogica che serve a incanalare la fantasia troppo fervida del narratore e a divertire istruendo gli ascoltatori. Non sempre però le fiabe devono avere, secondo Goethe, una funzione morale: posso­ no essere anche solo «giochi di un’immaginazione leggera», che «non riconducono l’uomo a se stesso, ma fuori da sé, verso la libertà incon­ dizionata» (Tutte le poesie, vol. iii, Divan occidentale-orientale – Per una migliore comprensione, pp. 415-416, trad. di Roberto Fertonani e di Enrico Ganni); al lettore resta aperta quindi anche la via del puro godimento estetico, come stimolo per la fantasia. – La fiaba del Novello Paride viene trascritta in vecchiaia, ma è collocata nel suo contesto ori­ ginario: una creazione infantile spontanea, non filtrata dalla mediazione della scrittura, narrata agli amici. Il sottotitolo, «fiaba per bambini», ha 69

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NOTE AL TESTO

infatti una doppia valenza: si intende sia una fiaba raccontata, inventata da un bambino e destinata a bambini, sia una fiaba che simboleggia e rappresenta il mondo dell’infanzia e le pulsioni che iniziano a farsi strada nel fanciullo, rielaborate e presentate con la sottile ironia e la visione penetrante dell’età matura. Lo spunto è offerto dalle «fantasti­ cherie e fandonie» che il narratore inventa e che acquistano maggior forza immaginativa in quanto narrate in prima persona, inserite in un contesto noto e familiare e dove il protagonista è il piccolo Goethe stes­ so. – Diversi aspetti della fiaba, la sua ricchezza di stratificazioni sim­ boliche, il rapporto tra creazione giovanile ed età matura sono trattati in molti studi, ne segnalo solo alcuni: Schadewaldt 1959; Godany 1976; Kreuzer 1977; Mosès 1973 e 1987; Kausch 1980; Fink 1983; Geulen 1985; Tiedemann 1986. 74 La sargia è un tessuto di lana pettinata, il barracano un tessuto più pesante, in origine di lana di capra. 75 Il ‘muro tetro’ è un altro elemento reale, il muro di cinta del giar­ dino della famiglia Slym, dove c’era anche una fontanella a cui si farà riferimento nella parte conclusiva della fiaba. – La mediazione tra realtà e fiaba avviene tramite la sequenza del sogno, che viene mantenuta fino alla fine, e tramite i riferimenti a dettagli concreti ben noti agli amici, come il nuovo vestito della festa in stile rococò, lo spadino (il cui ac­ quisto è segnato nel registro delle spese del padre), il pranzo dai nonni, la località del ‘muro tetro’, le gemme preziose lavorate a forma di mela che gli erano familiari avendo visto i lavori del gioielliere Lautensack, e infine le silfidi e le figure fiabesche, presenti nei dipinti prediletti dal conte Thoranc (cfr. lib. iii). Il racconto si inserisce nel filone, molto fre­ quentato all’epoca, dei racconti delle fate (le Fiabe del focolare dei fra­ telli Grimm saranno pubblicate nel 1812-1815, quindi dopo la stesura del Novello Paride, che Goethe detta nel luglio 1811), di cui ripropone molti elementi tipici: la possibilità di esprimere un desiderio, la dimen­ sione del meraviglioso e del soprannaturale, il passaggio per la porticina magica, la saggia guida, il tocco esotico, i cerchi concentrici da oltre­ passare collegati a condizioni e pericoli, la presenza di oggetti che han­ no funzione narrativa e simbolica insieme, come ad esempio il ponte. La trama invece presenta una rielaborazione di temi mitologici, come il riferimento a Paride annuncia fin dal titolo. Viene liberamente riadattato il racconto del giudizio di Paride che gli porta come ricompensa Elena, l’elemento scatenante della guerra di Troia, rappresentata dalle figure in miniatura comandate da Achille; le tre dee diventano invece fanciulle destinate a sposare i figli più belli dei cittadini di Francoforte.

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Le nicchie, i tritoni con acqua zampillante, le conchiglie sono tutti motivi tipici dell’architettura stile rococò, come il suo abbigliamento. 77 A quel tempo a Francoforte non esisteva ancora un teatro stabile; vi erano solo compagnie di passaggio, che allestivano spettacoli teatrali soprattutto in occasione delle fiere, quando la maggiore affluenza di gente in città garantiva buoni guadagni. Sul teatro a Francoforte e le sue vicende offrono moltissime informazioni gli studi di Mentzel 1899 e 1882 (in part. pp. 210-246 sulle compagnie ambulanti che sostavano in città in occasione delle fiere, con anche molti spettacoli dei burattini). 78 L’avvicinamento al cuore della fiaba è graduale, procede per cer­ chi concentrici collegati a precise condizioni a cui bisogna sottostare, che rappresentano un vero e proprio rituale di iniziazione. L’affidarsi alla guida del maestro, il rinnovamento interiore con l’abbandono dei vestiti quotidiani, quindi l’uscita dal mondo reale per abbigliarsi in fog­ gia orientale, i rituali di passaggio attraverso i diversi cerchi mentre la guida lo conduce al cuore del giardino. Lo stile rococò, evocato sia dall’abbigliamento che dai dettagli architettonici, non è adeguato per entrare nel cuore della poesia, per avvicinarsi all’ideale classico; e nei nuovi panni il protagonista si sente più a suo agio, anzi: si vede anco­ ra più bello (l’elemento narcisistico dello specchio, evocato dal canto degli uccelli). Una volta giunto al centro dello spazio, rappresentato dalle tre figure geometriche cerchio, quadrato e triangolo inscritte l’una nell’altra, il fanciullo riconosce le tre figure viste in sogno, mentre il simbolismo geometrico si unisce a quello cromatico che Goethe aveva definito nella sua Teoria dei colori (1790-1810): il giallo designa ciò che è nobile e sereno (§ 770) ed è legato ad Atena che qui suona una ce­ tra; il rosso la serietà, dignità e dolcezza (§ 796), cioè Era, la suonatrice d’arpa; il verde è infine l’equilibrio tra gli opposti (§ 802), Afrodite con il liuto. La dama che più attira la sua attenzione è l’indecifrabile Afro­ dite, ma il suo interesse personale è totalmente catturato da Alerte [Al­ legra], che con il mandolino si inserisce in modo peculiare nell’armonia del trio. Se dunque la prima parte della fiaba tematizzava l’insorgere della consapevolezza di essere prescelto e di avere una specifica mis­ sione, la seconda parte (che riprende dopo un intermezzo di apparente vita quotidiana – o anche questo è parte del sogno?) rappresenta invece un rituale di iniziazione e di ingresso nel reame della creazione poeti­ ca, dove elementi classici, mistici, esoterici e alchemici si mescolano. Alerte rappresenterebbe quindi la musa della poesia, imprevedibile e mutevole, a cui il giovane poeta si affida e a cui – seppure con fortune alterne – rimane comunque devoto. 76

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NOTE AL TESTO

L’atmosfera rarefatta e soffusa di musica celestiale si trasforma, prima ancora che il fanciullo possa ricordarsi della sua missione (libera­ re le tre dame dandole in spose a tre giovani della città, ovvero calare il contenuto mitologico, l’ideale classico in un contesto concreto, attuale), in un paradiso per bambini, un paese della cuccagna con dolci di ogni genere e giocattoli meravigliosi. Vi è quindi una nuova distrazione, un nuovo intermezzo che lo distoglie dal suo incarico iniziale. Anche la scelta del gioco ha un forte valore simbolico e richiama di nuovo la classicità: i soldatini ripropongono in una battaglia epocale il tema della guerra di Troia con i greci capeggiati da Achille, ma anche quello del conflitto tra i due sessi, poiché ad Achille si oppone l’esercito delle amazzoni di Pentesilea, sottolineato dalla rivalità che man mano emer­ gerà tra il fanciullo e la sua avversaria. Spunti provenivano senz’altro dagli studi compiuti per la sua Achilleide e dalla Pentesilea di Heinrich von Kleist, uscita nel 1808 e che egli aveva letto (lettera a Kleist del 1° febbraio 1808). Il gioco è quindi l’elemento che produce un movimento inverso, dal centro del giardino verso l’esterno; l’armonia della musica e la perfezione geometrica non sono riuscite a trattenerlo e a prevalere sono invece le passioni, la fantasia e l’improvvisazione. 80 Il gioco, inizialmente moderato e basato su alcune semplici rego­ le, diviene invece preda delle passioni; mito, teatro, guerra e amore si mescolano su un terreno precario, a metà strada tra il cuore del giardino e il muro esterno, su un ponte ondeggiante formato da lance, in sospeso sull’acqua. L’eroica battaglia va fuori controllo mentre i soldatini, fra­ cassati, si ricompongono e prendono vita allontanandosi verso le mura (la fantasia che crea e distrugge e le sue opere che, una volta create, vivono di vita propria), per arrivare al finale inatteso del ratto del ba­ cio, che prelude alla catastrofe: una drammatica separazione tra i due e l’esclusione dal cerchio più interno, dal paradiso della fiaba. Il novello Paride perde infatti l’abito orientaleggiante e si ritrova nudo, dapprima orgoglioso nella nudità greca, poi invece umiliato e vergognoso come Adamo ed Eva, scacciati dal giardino dell’Eden. 81 Nel finale vi è un nuovo capovolgimento, che richiama anche la sovrapposizione tra Paride e Narciso annunciata all’inizio con il can­ to degli stornelli: il fanciullo, con una certa presunzione, pretende di scampare al meritato castigo richiamandosi alla propria missione e fa­ cendo valere il ruolo di prediletto dagli dei. Ha distrutto la sua creazio­ ne poetica ma può ricrearla in qualsiasi momento, sta a lui dare vita e compimento alle tre damigelle in attesa di uno sposo: lo spunto da cui aveva preso avvio la narrazione rimane quindi aperto, contribuendo a 79

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mantenere l’attenzione sul rapporto tra il protagonista e Alerte. Di col­ po il fanciullo diviene consapevole del suo potere e della sua missione, al punto che il vecchio lo riverisce invece che punirlo ed egli può non solo abbandonare incolume il mondo della fiaba, ma gli viene anche data la possibilità, seppure non immediata, di rientrarci di nuovo quan­ do, grazie alla disposizione propizia, i tre elementi (gli alberi di noce, la fontana e la lapide con l’iscrizione – la natura, l’arte e la poesia) verranno nuovamente a coincidere. 82 Lo riferisce Bettina von Arnim nella lettera del 28 novembre 1810 a Goethe. 83 Le zampe tozze e sgraziate del pavone sono contrapposte, in molti detti popolari, alla bellezza delle sue piume. 84 Il nonno paterno, Friedrich Georg Goethe, originario della Tu­ ringia, andò in Francia come apprendista sarto e fece fortuna a Parigi e Lione, dove divenne uno dei sarti più ricercati e alla moda, riuscen­ do ad accumulare una considerevole ricchezza. Rientrato in Germania nel 1686 in seguito alle persecuzioni religiose, si stabilì a Francoforte mantenendo il vezzo del nome alla francese: Monsieur Göthé. Nel 1705 sposò la vedova Cornelia Schellhorn rilevando la locanda Alla corte dei salici [Zum Weidenhof] appartenuta al suo primo marito, uno degli alberghi più rinomati sulla Zeil, una delle vie principali della città. Morì poi nel 1730. A questa figura molto marginale e finora trascurata, che Goethe stesso non nomina nemmeno per nome, è stata ora dedicata una monografia: Boehncke / Sarcowicz / Seng 2017. 85 In realtà la nonna era di undici anni più giovane del nonno. 86 Johann Caspar Schneider, commerciante, consigliere del principe di Baviera, è un amico di famiglia che comparirà spesso anche in seguito. 87 La maggior parte dei cittadini di Francoforte era luterana, una piccola parte aderiva alla confessione riformata (calvinista) e una mi­ noranza era cattolica. Oltre a loro, c’era una piccola comunità ebraica, appena tollerata. 88 Tra i francofortesi che hanno scelto di vivere vita privata per colti­ vare le proprie stranezze c’è in primo luogo il padre, di cui ora descrive lo stile di vita, che sarà tematizzato in modo fortemente critico anche più avanti (Geisenhanslüke 2000). 89 Katharina Elisabeth, figlia di Johann Wolfgang Textor che fu po­ destà a partire dal 1747. Il matrimonio fu celebrato nel 1748. 90 Johann Friedrich von Uffenbach, studioso di scienze naturali e ap­ passionato collezionista di arte, era stato anche borgomastro. Collabo­ rava al Collegium musicum fondato da Telemann. ADB xxxix, p. 132.

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NOTE AL TESTO

Johann Michael von Loën, prozio di Goethe (aveva sposato Ka­ tharina Sybilla Maria Lindheimer, sorella della nonna), era un autore piuttosto noto del primo Settecento. La sua prima opera Der redliche Mann am Hofe oder Die Begebenheiten des Grafen von Rivera (1740) [un uomo onesto a corte, ovvero le vicissitudini del conte di Rivera] è un romanzo politico con un marcato intento pedagogico, in cui si narra come un piccolo Stato, andato in rovina per l’incapacità del principe e dei suoi ministri, si risollevi e divenga quasi un paese modello grazie al giovane e intraprendente protagonista. L’altra opera, Die einzig wahre Religion (1750) e le polemiche che ne seguirono, resero la sua vita a Francoforte intollerabile, tanto da indurlo ad assumere nel 1753 la ca­ rica di presidente del governo a Lingen e Tecklenburg, in Vestfalia, che dal 1702 era territorio prussiano. Con lo scoppio della Guerra dei sette anni venne imprigionato dai francesi e rimase in carcere quattro anni a Wesel (Götting 1938). 92 Johann Hermann Benner, professore di teologia a Gießen, pub­ blicò nel 1751 lo scritto Entdeckter Ungrund der sog. einzig wahren Religion des von Loën e in seguito Antwort auf Loën’s Sendschreiben über seine einzig wahre Religion, in cui contestava von Loën. 93 L’ammonimento del padre a tenersi lontano dalle corti e diffida­ re dei regnanti è uno dei motivi più importanti di tutta la biografia e segnerà in modo evidente la divergenza di opinioni tra padre e figlio, soprattutto in chiusura, quando il figlio ventiseienne deciderà di recarsi a Weimar. 94 Durante il viaggio di ritorno in Francia, Voltaire fu effettivamen­ te trattenuto a Francoforte per ordine del residente Franz von Freytag, delegato della Prussia a Francoforte, e persino incarcerato dopo un ten­ tativo di fuga. 95 Il giurista Johann Philipp Orth pubblicò un’opera dal titolo: Anmerkungen über die sogenannte erneuerte Reformation der Stadt Frankfurt (1731). La raccolta di statuti della città era stata aggiornata nel 1611; le Annotazioni pubblicate da Orth proseguirono con altri quat­ tro volumi (1742-1754) e un supplemento nel 1774. 96 Johann Sebastian von Ochsenstein, avvocato, morto nel 1756. La definizione spregiativa si basa sul cognome del personaggio in que­ stione, iniziatore di quell’usanza (Ochsenstein significa letteralmente ‘pietra dei buoi’). 97 Ovvero la Rivoluzione francese e tutto ciò che ne seguì anche in Germania. 98 Si tratta dei due cartografi olandesi Jan e Leonhard Schenk. 91

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Il maggiore, Heinrich Christian, fu consigliere imperiale a Vien­ na; il secondo, Johann Christian esercitò a Francoforte come medico; il terzo, Johann Erasmus era avvocato di grande talento (Kriegk 1869). Goethe confonde il secondo e il terzo fratello. 100 Così erano soprannominati i pietisti di Francoforte. Karl Friedrich von Moser visse dal 1751 al 1767 a Francoforte, dove si era avvicinato alla cerchia che si raccoglieva intorno alla signorina von Klettenberg, una cara amica della mamma a cui Goethe stesso era molto affeziona­ to. Entrambi compariranno nelle Confessioni di un’anima bella (negli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister, lib. vi), dove Moser è il modello a cui si ispira la figura di Filo. 101 Queste commissioni erano preposte alla vendita forzata dei beni delle famiglie finite sul lastrico. L’indebitamento della nobiltà e la con­ seguente messa all’asta dei possedimenti nobiliari fu un fenomeno par­ ticolarmente rilevante nel Settecento. 102 Gli scritti di Moser, il trattato politico Der Herr und der Diener (1759), il poema epico in prosa Daniel in der Löwengrube (1763) e la raccolta di trattati intitolata Reliquien (1766), non ebbero buona acco­ glienza; gli illuministi berlinesi in particolare lo attaccarono per l’im­ postazione profondamente religiosa. Moser si schierava per una riforma nel segno dell’assolutismo illuminato e prese posizione nelle diatribe teologiche in corso all’epoca; molti dei suoi scritti erano presenti nella biblioteca di casa. 103 Nel tedesco dell’epoca, la parola composta Klop(f)-Stock signifi­ cava ‘mazza, martello’. 104 I poeti elencati andavano tutti per la maggiore durante l’infan­ zia di Goethe, insieme ad altri che qui non sono nominati (Brockes, Lichtwer, Lessing, Liscow, Zachariä) ma che erano presenti nella bi­ blioteca paterna. Nell’insieme danno un quadro abbastanza completo della poesia di quel periodo. – Les Avantures de Télémaque di Fénelon erano state tradotte in tedesco da Benjamin Neukirch: Die Begebenheiten des Prinzen von Ithaka oder Der seinen Vater Ulysses suchende Telemach (1727-1739), mentre Johann Friedrich Koppe era il traduttore di Tasso, la cui versione tedesca della Gerusalemme liberata fu pubbli­ cata nel 1744. 105 I primi tre canti del Messia di Klopstock apparvero nel 1748 sulla rivista «Bremer Beiträge», i primi dieci raccolti in un volume furono stampati a Copenaghen nel 1755, ebbero un successo immediato e furo­ no più volte ripubblicati. Una di queste edizioni fu portata a casa Goethe dall’amico di famiglia, che come molti altri la considerava un libretto di 99

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edificazione morale. Come Klopstock venisse recepito dai suoi contem­ poranei è illustrato nell’articolo a lui dedicato nel Lexikon di Jördens, che Goethe utilizzò ampiamente per la stesura dell’autobiografia; nel luglio 1811 prese a prestito anche il Messia dalla biblioteca di Weimar (Lyon 1882). – La novità introdotta da Klopstock e che irritava molto il padre era una questione formale, e cioè l’assenza della rima, elemento che portò tra l’altro a un’accesa controversia tra Gottsched e gli svizzeri Bodmer e Breitinger. 106 Su questo punto il padre difende ostinatamente le posizioni del classicismo, per il quale l’elemento distintivo della poesia era il verso. Così il poema epico di Klopstock crea una nuova spaccatura all’interno della famiglia, come aveva già fatto la Guerra dei sette anni, ma in que­ sto caso nel suo nucleo più interno: è un altro segnale delle divergenze di vedute che emergeranno sempre più nette tra padre e figlio. 107 Il sogno di Porzia: Messia vii, vv. 399-448; il dialogo tra Satana e Adramelech si trova invece nel canto x, vv. 96-145 (il riferimento al Mar Rosso è una svista, nel testo si parla del Mar Morto).

Libro terzo 108 I luoghi menzionati sono la Konstablerwache e la Hauptwache, due piazze unite dal rettifilo della Zeil e ancora oggi chiamate con que­ sto nome; qui si trovavano le sedi della guardia cittadina. – Come fonte per le informazioni riguardanti l’occupazione di Francoforte, Goethe si è basato su Archenholz: Geschichte des Siebenjährigen Krieges. 109 L’occupazione fu possibile grazie all’appoggio di alcuni sena­ tori più anziani, tra cui il podestà Textor e il senatore Johann Erasmus Senckenberg, che così facendo presero posizione a favore dell’Austria. I francesi infatti avevano patteggiato con Vienna la possibilità di occu­ pare la città, un nodo fondamentale per le vie di comunicazione (cfr. Kriegk 1869, pp. 124-132). 110 Al momento della stesura dell’opera Goethe non ricordava più il nome del luogotenente e lo chiese a Johann Friedrich H. Schlosser, che guardò in alcuni vecchi atti e lesse però ‘Thorane’ invece che la forma corretta con la c finale; da qui la grafia adottata da Goethe. François de Théas Comte de Thoranc nacque nel 1719 a Grasse in Provenza, si avviò nel 1734 alla carriera militare e dal 1758 fu al servizio del prin­ cipe di Soubise, che comandò l’occupazione di Francoforte. Dal 1759 al 1761 fu acquartierato in casa della famiglia Goethe; dopo la ritirata dei francesi nel 1762, divenne governatore di Santo Domingo, rientrò

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poi in Francia sempre con alte cariche. Cadde in disgrazia durante la Rivoluzione, perse tutti i suoi averi e morì nel 1794 nella sua città nata­ le. – Al momento della stesura della biografia non esistevano materiali su Thoranc, la cui figura fu studiata soltanto più tardi (Schubart 1896; Grotefend 1904); Goethe si basa quindi unicamente sui suoi ricordi, ma il ritratto che dipinge è estremamente preciso e acuto nella descrizione dei tratti umani. Cfr. Hombourger 1986. 111 Johann Heinrich Diene. Thoranc, che aveva molta stima di lui, quando introdusse l’illuminazione notturna della città lo nominò Inspecteur des lanternes, una carica che Diene ricoprì fino al 1783. Anche dopo la partenza del conte rimase con lui in contatto epistolare, e Goe­ the lo incaricò di mandare a Thoranc i suoi saluti. 112 Pedro Téllez-Girón, iii duca di Osuna, viceré di Sicilia e più tardi di Napoli, era famoso e temuto per la sua lingua tagliente. 113 Sono i pittori già ricordati in precedenza, quelli preferiti dal pa­ dre, a cui anche Thoranc si rivolge. I dipinti da lui commissionati furo­ no poi in parte acquisiti per il museo della casa di Goethe a Francoforte (Heuer 1907, 1922). 114 Ad esempio il ciclo di sette dipinti dedicati alla storia di Giuseppe eseguiti da Trautmann per Thoranc, oggi esposti nel museo della casa di Goethe. Il tema viene collegato al nascente interesse per i personaggi biblici, che più avanti offriranno lo spunto anche per un tentativo di rielaborazione letteraria (lib. iv, pp. 291-293). 115 In realtà, i bambini ricevevano anche lezioni di francese (Grappin 1990, p. 115; Huebener 1949), ma di questo non si fa parola: l’appren­ dimento di questa lingua viene ricondotto a una «propensione innata» che gli permette di imparare in modo spontaneo, semplicemente ascol­ tando i militari in casa e frequentando il teatro. Ironicamente, sono pro­ prio i grandi progressi nel francese che riconcilieranno il padre con le sue troppo frequenti visite a teatro. Cfr. Grappin 1990; Schreiner 1992; Huebener 1949. Anche Weill 1932 ripercorre il rapporto di Goethe con la lingua francese, dall’infanzia fino all’età matura. 116 Nella biblioteca paterna risulta infatti un’edizione francese di Ra­ cine (Götting 1953, p. 55). Le prime impressioni del giovane in fatto di teatro sono quindi dominate dalla produzione francese, la tragedia del Sei­ cento e la commedia del Settecento; la sua importanza è perorata anche da Wilhelm Meister nel suo colloquio con il principe (cfr. Anni dell’apprendistato, lib. iii, cap. 8). Cfr. Mentzel 1882, pp. 247-270 e 1899, pp. 140-146. 117 Le commedie di questi tre autori erano molto diffuse e rappresen­ tate nei teatri dell’epoca, anche in traduzione tedesca. Su Marivaux in

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particolare Goethe si sofferma anche nelle annotazioni alla sua tradu­ zione del Nipote di Rameau. 118 Antoine-Marin Lemierre: Hypermnestre, tragédie représentée pour la premiere fois par les Comédiens françois, ordinaires du Roi, le 31 août 1758. Paris: Duchesne 1759. 119 L’indovino del villaggio [Le devin du village] è un’opera comica di Jean-Jacques Rousseau che faceva parte del repertorio della troupe di Claude Barizon che recitava a Francoforte. Elisabeth Mentzel dimostra però che per le due opere seguenti la memoria dell’autore si inganna: fu­ rono infatti entrambe prodotte in seguito, quando gli attori erano ormai ripartiti dalla città. L’operetta Rose et Colas di Michel-Jean Sedaine, musicata da Pierre-Alexandre Monsigny, fu rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1764, mentre la prima rappresentazione di Annette et Lubin, di Charles Simon e Marie Favart, ebbe luogo nel 1762, ma dopo la partenza degli attori. Quest’ultima era nota in Germania anche grazie alla rielaborazione di Christian Felix Weiße: Die Liebe auf dem Lande. Probabilmente Goethe le ha viste negli anni successivi e le associa a quelle della sua infanzia (Mentzel 1882, p. 252; 1899, pp. 155-156). 120 Il termine foyer del testo originale indicava ordinariamente una stanza riscaldata, un guardaroba dove gli attori si cambiavano; solo successivamente passò a indicare le sale in cui si intrattenevano gli spettatori durante l’intervallo. Le profonde impressioni ricavate dalla frequentazione dell’ambiente teatrale affioreranno a più riprese anche in tutto il Wilhelm Meister, e in particolare nella Vocazione teatrale. 121 Nei teatri francesi era consuetudine che gli spettatori più di ri­ guardo prendessero posto direttamente sul palco. Quella sgradevole abitudine, abolita poi nel 1759, fu oggetto delle critiche di Voltaire nel­ la prefazione (Dissertation sur la tragédie ancienne et moderne à son Eminence Monsieur le Cardinal Quirini) alla Sémiramis (Parigi 1748), ripresa poi da Lessing nella sua Drammaturgia di Amburgo (saggio 80, 1768). 122 Le opere di Diderot furono tradotte in tedesco nel 1760 da Les­ sing (Das Theater des Herrn Diderot); tra queste anche Le Père de famille (1758), suo capolavoro drammaturgico; l’opera di Charles Palis­ sot, Les Philosophes (1760) era una satira letteraria contro Diderot e Rousseau. La scena ricordata qui (iii, 9) derideva il motto di Rousseau del ‘ritorno alla natura’. 123 Dal fr. coureurs de voiture, coloro che correvano precedendo le carrozze e svolgevano mansioni di messaggeri. 124 Nella battaglia di Roßbach (5 novembre 1757), in Sassonia,

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Federico ii aveva sconfitto l’esercito franco-austriaco comandato dal principe di Soubise. La vittoria prussiana segnò il punto di svolta della Guerra dei sette anni e, sebbene le sue conseguenze militari e politiche fossero molto modeste, ebbe enorme risonanza propagandistica e sancì il trionfo di Federico il Grande, osannato in tutta Europa e persino in Nord America come un novello Cesare. La sconfitta inflitta ai francesi e la personalità forte del re risvegliarono la coscienza nazionale, vincen­ do i particolarismi e alimentando l’orgoglio patriottico e l’entusiasmo della nuova generazione. 125 Il duca Ferdinand von Braunschweig, comandante delle truppe prussiane. 126 Il 13 aprile 1759, nella battaglia di Bergen, un paesino tra Franco­ forte e Hanau, i francesi sotto il comando di Victor-François de Broglie sconfissero i prussiani. 127 Il Tesoretto era un’antologia di brani devozionali molto diffu­ sa nella cerchia dei pietisti: Karl Heinrich von Bogatzky: Güldenes Schatz­kästlein der Kinder Gottes, deren Schatz im Himmel ist, stampato nel 1718 ma poi continuamente ripubblicato nel corso di tutto il secolo, anche in traduzione francese. Il volumetto era un libretto devozionale e uno Stammbuch insieme, perché su ogni pagina ci sono versetti biblici e strofe di inni, ma anche spazio per le dediche e i pensieri di amici e parenti. Goethe si registrò in quello di sua madre sotto il 30 settembre 1795. Il libretto veniva interrogato come fosse un oracolo, infilando un ago a caso tra le pagine chiuse, come spiega Goethe stesso: «L’indeciso trova la salvezza solo nella decisione di sottomettersi alla sentenza del destino. Di questo genere è la diffusa tradizione di interrogare in qualità di oracolo qualche libro importante, fra le cui pagine si introduce un ago per poi ubbidire con fiducia al passo indicato all’apertura del volume. In passato noi stessi fummo in stretti rapporti con persone che in questo modo chiedevano fiduciosamente consiglio alla Bibbia, al Tesoretto e a simili opere di edificazione, ricavandone più volte consolazione in momenti di grande bisogno, e addirittura forza per tutta la vita» (Tutte le poesie, vol. iii, Divan occidentale-orientale, p. 465). 128 Appellativo che in Francia era riservato al fratello più anziano del re. 129 Le prime due sono esempi eccellenti della tragedia borghese di ar­ gomento morale: The London Merchant di George Lillo (Londra 1731), tradotta in tedesco nel 1752 da Henning Adam von Bassewitz, e la les­ singhiana Miss Sara Sampson, che apparve nel 1755 ed ebbe un grande successo. Les fourberies de Scapin (prima rappresentazione: maggio

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NOTE AL TESTO

1671) è invece una commedia di Molière. Sulla loro presenza nel cartel­ lone teatrale a Francoforte cfr. Mentzel 1899, pp. 132, 136-137. 130 Alexis Piron, giurista e drammaturgo francese. Le sue opere, «per metà mitologiche, per metà allegoriche» sono trattate nelle annotazioni di Goethe alla sua traduzione del Nipote di Rameau. 131 Manuale di mitologia compilato dal gesuita francese FrançoisAntoine Pomey, filologo e lessicografo: Pantheum mythicum, seu Fabulosa Deorum Historia (Lione 1659). 132 Furono soprattutto Corneille, negli scritti più tardi, e Boileau a riprendere le tre unità di tempo, luogo e azione, che Aristotele aveva individuato come portanti nella tragedia greca, facendone un dogma del teatro classico francese. Questo tema influenzò tutta la discussione poe­ tologica del Settecento, anche se per molti erano soltanto una vuota for­ mula; Gottsched le riteneva ancora necessarie (Kritische Dichtunkunst, 1730), mentre per Lessing erano divenute ormai superflue (Drammaturgia di Amburgo, saggi 44-46, 1768). Si veda anche il dialogo tra Wilhelm e Werner nella Vocazione teatrale di Wilhelm Meister (ii, 2). 133 Allude al ragazzo del racconto che egli stesso aveva rielaborato in una poesia del 1773, intitolata Dilettante e critico (Un ragazzo aveva una colomba delicata; Tutte le poesie, vol. i, p. 788). Sotto le spoglie dell’ingenuo ragazzo che mostra alla volpe la sua tenera colomba, che viene rapidamente trasformata in un appetitoso bocconcino, si cela lo scrittore che non dovrebbe mai mostrare al critico la propria opera in fase di gestazione, perché le opinioni del critico avrebbero un effetto soltanto distruttivo. 134 Pierre Corneille: Trois discours sur le poème dramatique (1660); il terzo discorso tratta le tre unità aristoteliche. 135 Fu in particolare Georges de Scudéry (Les Observations sur le Cid, 1636) che rimproverò a Corneille di aver più volte disatteso le tre unità nella sua opera Le Cid, che aveva avuto un enorme successo; Cor­ neille si difese e così si sviluppò una diatriba nota come la querelle du Cid a cui parteciparono diversi scrittori e l’Académie Française venne chiamata in causa come arbitro. Gli scritti della querelle furono poi rac­ colti in un volume miscellaneo che ebbe numerose edizioni, era quindi facilmente accessibile. Fu Richelieu a concludere la disputa, spingendo l’Académie Française a stroncare decisamente l’opera di Corneille in cui vedeva una dichiarazione di intenti a favore della Spagna. 136 Negli anni difficili della guerra Francoforte e, in particolare, la casa del consigliere imperiale divenne effettivamente il centro di me­ cenatismo più importante per i pittori della zona. La maggior parte dei

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circa 400 dipinti commissionati da Thoranc è conservata in Francia, a Grasse, in parte nella villa del fratello, in parte nella casa in cui si trasferì Thoranc stesso. Alcuni sono stati in seguito acquisiti dal Freies Deutsches Hochstift e sono ora esposti nella casa di Goethe a Franco­ forte e nel museo annesso. 137 La notizia non è esatta, perché Thoranc non morì nelle colonie francesi, ma rientrò in patria e morì a Grasse (cfr. nota 110).

Libro quarto Heinrich Philipp Moritz, consigliere di corte e direttore di cancel­ leria nella contea di Solms-Rödelheim, fu per un breve periodo affittua­ rio in casa Goethe; il fratello, di cui si parlerà tra breve, è invece Johann Friedrich, consigliere di legazione danese. 139 Le commissioni imperiali venivano nominate per sovrintendere la messa all’asta dei beni delle famiglie nobili indebitate, cosa che in quel periodo accadeva abbastanza di frequente. 140 L’insegnante di disegno era Johann Michael Eben. I nomi dei numerosi insegnanti e precettori che si alternavano nell’educazione di Wolfgang e Cornelia sono riportati nel Liber domesticus del padre. 141 Il pittore di corte francese Charles Lebrun, famoso per aver con­ tribuito alla decorazione di Versailles e di alcuni dei più bei palazzi francesi, dominò a lungo tutta la scuola francese con il suo stile gran­ dioso e classicheggiante. Nell’ambito della sua attività didattica aveva pubblicato un manuale di disegno e si era concentrato in particolare sulla rappresentazione delle passioni e degli affetti, ai quali aveva dedi­ cato una serie di tavole che ebbero ampia diffusione nella seconda metà del Settecento. 142 Giovanni Battista Piazzetta, pittore veneziano che fu poi nomi­ nato direttore della Scuola dell’Accademia veneziana. Oltre ai dipinti di grandi dimensioni per molte chiese e diverse committenze, ebbero molta fortuna i suoi disegni a carboncino e gessetto (DBI). 143 Johann Andreas Bismann. 144 Per poter essere maneggiati più agevolmente, i magneti talvolta venivano montati in una sorta di armatura di ferro, in questo caso ri­ vestita poi di un velluto scarlatto. Nelle Massime e riflessioni (N. 434) Goe­the parla del magnete come di un «fenomeno originario» [Urphänomen]: «Il magnete è un fenomeno originario che basta nominare per averne la spiegazione; in questo modo diventa anche un simbolo di tut­ to ciò per cui non abbiamo bisogno di cercare né parole né nomi». 138

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NOTE AL TESTO

La macchina elettrica era stata inventata nel 1663 da Otto von Guericke e da allora molto perfezionata; nella prima metà del Settecen­ to era stata al centro dell’attenzione e oggetto di grande curiosità. Goe­ the stesso più tardi se ne procurò una che descrive nei Physikalische Vorträge [Conferenze di fisica] del 1805-1806. 146 Leopold Heinrich Pfeil, che sposò una cugina della mamma di Goethe, Friederike Charlotte Wilhelmine Walther. 147 I bachi da seta, che da ragazzino gli erano tanto sgraditi, avranno in vecchiaia un valore ben diverso, come mostra la letta a Karl August del 7 febbraio 1826: «Mylius da Milano mi ha spedito delle uova di bachi da seta […]. Mi fa piacere poter vedere di nuovo questo feno­ meno naturale divenuto così significativo; io però lo apprezzo in modo particolare perché mi ricorda gli anni della mia giovinezza e le relative fatiche nella casa paterna». 148 Johann Peter Christoph Schade arrivò a Francoforte nel giugno 1762; Goethe fu uno dei suoi primi allievi e il suo onorario è registra­ to più volte nel Liber domesticus. Il 9 giugno viene segnata anche la spesa per l’acquisto di una grammatica, forse quella presente nell’in­ ventario della biblioteca di casa (Götting 1953, p. 34): Johann König: Der getreue Englische Wegweiser (Leipzig 1740). Di pari passo con la crescente diffusione della letteratura inglese, si era diffuso anche l’in­ teresse per quella lingua che Goethe coltiverà anche in seguito, grazie all’amico Lupton, e gli permetterà un accesso diretto ai capolavori let­ terari inglesi. Cfr. Temple House 1913; Willoughby 1955. 149 Il romanzo di Johann Martin Miller: Siegwart, eine Klostergeschichte (1776) è una delle opere nello stile della Empfindsamkeit, dove i sentimenti, spesso lacrimevoli, hanno un ruolo centrale. Il suo autore lo aveva concepito a imitazione del Werther. 150 Dai libri contabili del padre risulta che Goethe nel 1761 frequen­ tava delle lezioni di yiddish; a impartirgliele era Karl Christian Christ­ freund, un ebreo convertito (Huebener 1949, p. 272). 151 Johann Georg Albrecht. A quanto racconta Erodoto, lo scrittore di favole greco era bruttissimo e deforme. 152 Gli accenti principali in ebraico si chiamano effettivamente im­ peratori, re e duchi. Le informazioni sull’ebraico, sulla sua storia, le vi­ cende della successiva vocalizzazione ecc. sono tratte dal testo di Gio­ venale Sacchi: Dell’antica lezione degli Ebrei e della origine dei punti (Milano 1776): il 31 luglio 1811 Goethe annota infatti nel suo diario che sta riprendendo in mano l’ebraico sulla scorta del trattato di Sacchi. 153 Dal versetto della Genesi: «Allora, quando il Signore mise gli 145

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Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli oc­ chi di Israele: “Sole, fermati in Gabaon e tu, luna, sulla valle di Aialon”. Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si ven­ dicò dei nemici» (Gs 10, 12-13). 154 Si tratta di una traduzione letterale dell’Antico Testamento dall’e­ braico al latino, curata dall’erudito di Strasburgo Sebastian Schmidt: Biblia Sacra ex Linguis originalibus in Linguam Latinam translatam (1708). 155 La traduzione della Bibbia commentata dai teologi inglesi fu tra­ dotta in tedesco da un gruppo di teologi coordinati da Johann Augustin Dietelmair e Romanus Teller, che non si limitarono a tradurre ma fecero a loro volta alcune aggiunte. Fu pubblicata in 19 volumi dal 1749 al 1770 (Die Heilige Schrift des Alten und Neuen Testaments, mit einer vollständigen Erklärung derselben, welche aus den auserlesensten Anmerkungen verschiedener Engländischen Schriftsteller zusammengetragen); nel 1762, all’epoca di queste lezioni di ebraico, erano dispo­ nibili i primi nove. 156 La storia dei patriarchi e in particolare la Genesi furono per il giovane Goethe uno snodo cruciale della sua formazione; per questo gli viene concesso ampio spazio proprio al centro del iv libro, dedicato alla sua formazione, ma questi temi lo hanno accompagnato poi per tutta la sua esistenza, come riferisce lui stesso in una lettera a Rochlitz (30 gennaio 1812). Che i temi biblici fossero importanti lo documenta anche il testo a cui lavora nel 1797, destinato inizialmente alle «Horen» e di cui scrive più volte a Schiller (lettere del 12, 15 e 19 aprile, 3, 17 e 27 maggio), incentrato sul passaggio di Israele nel deserto. Il lavo­ ro era collegato alla trattazione teorica del genere letterario del poema epico-drammatico, in continuità con le considerazioni sull’idillio fatte a seguito di Hermann e Dorothea; il saggio Israele nel deserto venne poi inserito nelle Note al Divan occidentale-orientale. 157 Nell’Antico Testamento, oltre alla forma singolare Jahvè per in­ dicare Dio, si trova anche la forma plurale elohim; nella sua trattazione della religione naturale Goethe usa in prevalenza il plurale. Cfr. Herder: Vom Geist der Ebräischen Poesie, dove il secondo dialogo, che tratta della creazione del mondo e dell’insorgere della prima percezione del soprannaturale, parla anche degli elohim. 158 Si riferisce alla fiaba del Novello Paride. 159 Pensa certo al Messia ma anche e forse soprattutto ai drammi bi­ blici di Klopstock: Der Tod Adams (La morte di Adamo, 1757), Salomo (1764) e infine David (1772).

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NOTE AL TESTO

Anche Bodmer scrisse alcuni poemi epici di argomento biblico, ad esempio Jakob und Joseph (1751), Noah (1752), Joseph und Zulika (1753). 161 Daniel in der Löwengrube è un epos in prosa formato da sei canti e pubblicato nel 1763; autore è il francofortese Karl Friedrich von Mo­ ser, scrittore e funzionario governativo. 162 Johann David Balthasar Clauer. 163 L’opera non è conservata. In una lettera alla sorella Cornelia (12 ottobre 1767) Goethe riferisce che il manoscritto è stato dato alle fiam­ me a Lipsia quando, in un momento di crisi, brucerà tutta la sua produ­ zione precedente. 164 La poesia anacreontica era molto amata nel periodo del Rococò come lirica d’occasione, con uno stile frivolo e arguto, una forma con­ venzionale e piuttosto arzigogolata e un contenuto leggero. Uno dei suoi più celebri rappresentati in Germania fu Friedrich von Hagedorn, e il periodo della sua maggiore fortuna cade proprio in questi anni. 165 Non è noto un Giudizio universale di Johann Elias Schlegel; forse Goethe intende l’opera omonima di Johann Andreas Cramer. 166 Intitolato Poetische Gedanken über die Höllenfahrt Jesu Christi [Pensieri poetici sulla discesa di Cristo agli inferi], il componimento risale al 1764 o al 1765 e fu pubblicato a sua insaputa nella rivista di Francoforte «Die Sichtbaren» (lettera a Cornelia del 12 ottobre 1767, dove l’autore esprime il suo disappunto). Cfr. Tutte le poesie, vol. ii, pp. 11-19. 167 Quella del passatempo, dell’occupazione delle ‘ore libere’ [Nebenstunden] era la formula tipica con cui eruditi e funzionari dell’epoca giustificavano la loro attività poetica: uno tra i tanti esempi è Friedrich von Hagedorn, che intitola la sua raccolta di poesie Versuch einiger Gedichte oder Erlesene Proben poetischer Nebenstunden (1729). 168 Fresenius era il padre confessore della famiglia Textor e aveva battezzato anche Wolfgang e Cornelia. Era autore di due scritti con cui aveva preso posizione contro le nuove correnti pietiste: Bewährte Nachrichten von Herrnhutischen Sachen (1743-1751, 4 voll.), e Vorläufige Antwort, welche er denjenigen zu erteilen pfleget, die ihn fragen, ob sie zu der Herrnhutischen Gemeine übergehen oder in derselben bleiben sollen (1745), mentre la miracolosa conversione del generale è oggetto di un suo ulteriore scritto: Merkwürdige Nachricht von der wunderbaren Bekehrung eines großen Naturalisten, an dem Exempel des Herrn Georg Carl Baron von Dyhern, gewesenen Generallieutenants des Kursächsischen Corps (1759). 160

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Johann Jakob Plitt era in realtà professore di teologia a Rinteln, e non a Marburg, prima di trasferirsi a Francoforte. 170 L’anno liturgico, che inizia con la prima domenica di Avvento, era diviso in due parti: la prima parte si estendeva dall’Avvento alla do­ menica dopo Pentecoste, che era dedicata alla Trinità; questa parte era la più importante e comprendeva tutte le principali solennità. La secon­ da parte dell’anno liturgico copriva tutto il restante semestre, durante il quale le domeniche venivano numerate a partire dalla domenica della Trinità. L’ultima domenica dopo Trinitatis è quindi l’ultima domenica di novembre, che segna la fine dell’anno liturgico. 171 Archibald Bower: Unparteiische Historie der Römischen Päpste (1751-1779). Schiller parla di quest’opera monumentale (10 volumi) in una lettera a Goethe datata 10 marzo 1802; nella biblioteca paterna erano presenti i primi tre volumi (Götting 1953, p. 37) 172 Joachim Hoppe: Examen institutionum imperialium (1684), più avanti definito anche il ‘piccolo Hoppe’, un manualetto propedeutico allo studio del diritto. – La prima parte del Corpus juris civilis, la va­ sta compilazione giustinianea del diritto romano, conteneva le Institutiones, un’esposizione elementare dei contenuti del codice, destinata all’insegnamento. 173 Il manuale di Georg Adam Struve: Jurisprudentia Romano-Germanica forensis (1670) era uno dei manuali più quotati all’epoca per l’esercizio della giurisprudenza. 174 Il maestro di scherma tedesco era Johann Christian Juncker, l’ul­ timo insegnante della famosa scuola di scherma di Francoforte; il fran­ cese era Friedrich Joseph Ferrand. Secondo i registri contabili di casa Goethe le lezioni di scherma ebbero luogo dal gennaio al marzo del 1765. 175 Il maestro di equitazione era Karl Ambrosius Runckel. I cavalli appartenevano alla città e le lezioni si tenevano nella scuderia munici­ pale; Goethe prese lezione nel 1765. 176 La primavera è quella del 1762, quando anche i francesi lascia­ rono la città. 177 Achilles Augustus von Lersner: Der Welt berühmten Freien Reichs- Wahl- und Handelsstadt Frankfurt am Main Chronica (1706). Durante il lavoro a questa parte dell’autobiografia Goethe ha utilizzato l’esemplare della biblioteca di Weimar. La biblioteca del padre conte­ neva molti testi di francofurtensia, dall’inventario circa 35 titoli, alcuni dei quali erano raccolte in molti volumi. 178 Si riferisce alla ribellione di Vinzenz Fettmilch (1612-1616) che 169

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NOTE AL TESTO

insieme ad altri sei compagni fu giustiziato nel 1616. Quella ribellione fu un episodio nella serie di rivolte che si scatenarono in varie città per protestare contro i privilegi del patriziato; a Francoforte fu collegata anche alla persecuzione degli ebrei. 179 Si tratta della già ricordata Cronaca di Gottfried, pubblicata nel 1633, che descrive nei dettagli la ribellione di Fettmilch. Una delle illu­ strazioni mostrava proprio il saccheggio del quartiere ebraico. 180 La casata di Limpurg faceva parte della nobiltà più antica della città e deteneva 16 seggi in Senato, mentre quella di Frauenstein era una corporazione nobiliare con sei seggi in Consiglio. 181 Era un affresco del xv secolo che rappresentava l’uccisione di un bambino per mano degli ebrei; andò distrutto con il crollo della torre a inizio Ottocento. 182 Festa ebraica di ringraziamento per il raccolto, e insieme in me­ moria della liberazione dalla schiavitù in Egitto. Il nome deriva dalle capanne di frasche improvvisate che si costruivano per la festa, a ri­ cordo delle tende in cui i loro avi avevano dimorato attraversando il deserto. 183 Le esecuzioni a cui assistette sono quelle di due infanticide, Anna Maria Fröhlich nel 1758 e Susanne Margarethe Brandt nel 1772, da cui prenderà spunto per l’episodio di Gretchen del Faust I (Beutler 1995, pp. 93-107). Il rogo di libri era invece un atto pubblico della censura, che si svolgeva sulla pubblica piazza in presenza dei borgomastri: a Francoforte se ne videro durante tutto il xviii secolo. Il secondo evento, descritto più diffusamente e con una certa ironia, stempera la dramma­ ticità del primo, solo evocato (Maier 1950). 184 La pace fu siglata a Hubertusburg (castello di caccia in Sassonia, nei pressi di Oschatz) il 15 febbraio 1763 e segnò la fine della Guerra dei sette anni. La festa per celebrare la pace fu indetta per il 20 marzo 1763. 185 Il quadro è oggi esposto nella casa di Goethe a Francoforte, dove è conservato anche quello simile di cui si parlerà tra breve. Sono però entrambi dipinti su tela e non su legno. Nonostante non li vedesse da parecchi decenni, la descrizione che l’autore fornisce è molto precisa. 186 Johann Daniel von Olenschlager, appartenente al patriziato citta­ dino, consigliere e borgomastro di Francoforte, era fidanzato con Susan­ na von Klettenberg. A lui si ispira la figura di Narciso nelle Confessioni di un’anima bella negli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister (lib. vi). Olenschlager aveva studiato legge a Lipsia e Strasburgo e in seguito consiglierà Goethe nel suo percorso universitario; fu autore di

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numerosi scritti di argomento giuridico, tra cui il Nuovo commentario sulla Bolla d’oro (Neue Erläuterung der Guldenen Bulle Kaiser Karl iv., 1766), presente nella biblioteca paterna. Secondo i registri della bi­ blioteca di Weimar, Goethe lo prese a prestito nell’agosto 1811. 187 La prima frase della Bolla d’oro («Ogni regno diviso al suo interno, diviene un luogo di desolazione: perché i suoi principi sono diventati banditi») contiene riferimenti a Lc 11, 17 («Ogni regno di­ viso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra») e Is 1, 23 («I tuoi capi sono ribelli e complici di ladri»); il passo annuncia la riflessione critica sull’Impero che diverrà più esplicita in occasione dell’incoronazione. 188 Johann Elias Schlegel: Canut (1747). Schlegel era un sostenitore dell’idea di un teatro nazionale e fu il primo a orientarsi al modello sha­ kespeariano, anche se la forma era ancora quella del dramma classico in alessandrini. Durante il suo soggiorno in Danimarca scrisse una trage­ dia riprendendo un episodio della storia di quel paese, e cioè le vicende di re Canuto. – Il figlio minore è Johann Nikolaus von Olenschlager. 189 Tragedia di Racine, che i ragazzi hanno evidentemente rappre­ sentato in lingua originale. Entrambi i pezzi erano stati spesso rappre­ sentati in città, e senz’altro i ragazzi poterono orientarsi alla recitazione degli attori che avevano visto direttamente; era frequente che all’ingres­ so di quegli spettacoli venisse venduto anche il testo su cui la rappre­ sentazione si basava (Mentzel 1899, pp. 133, 150). 190 La figlia è Marie Salome von Reineck, il genero Friedrich Ale­ xander Klenck. 191 Adalbert von Reineck. 192 Timone era un ateniese coevo di Socrate, famoso grazie a Lucano e Shakespeare (Timone d’Atene) per essere un misantropo. Goethe ne riprende il nome e lo utilizza come un topos; l’altro, Heautontimorumenos, è il titolo di una commedia di Terenzio che letteralmente significa ‘chi tormenta se stesso’, qui utilizzato per indicare il suo lato ipocon­ driaco. 193 Questo modo di dire non doveva essere molto diffuso, se l’autore sente il bisogno di spiegarlo ai lettori: forse era un’espressione scher­ zosa usata dal suo gruppo di amici, come suppone Walz 1908. Più in generale, sull’uso dei proverbi in Goethe, cfr. Seiler 1922. 194 Agrippa von Nettesheim: De incertitudine et vanitate omnium scientiarum et artium (1531). 195 Nel Paralipomenon 1 Goethe annota di aver appreso i fondamen­ ti della matematica proprio grazie a Hüsgen. – L’orologio, costruito da

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NOTE AL TESTO

Kinzinger a Neuwied nel 1746 secondo le sue istruzioni, è ora proprietà del museo della casa di Goethe a Francoforte. 196 Di questi amici, con cui rimarrà a lungo in contatto, parlerà infatti più avanti: dei primi nel libro xii, del secondo nel libro vi. – Johann Jakob Griesbach divenne professore di teologia a Halle e poi a Jena, e rimase in contatto con Goethe fino alla morte.

Libro quinto Il Knittelvers era il verso tipico della poesia popolare del Cinque­ cento, con quattro accenti principali e la rima baciata. Nel xviii secolo era considerato antiquato ma sarà rivitalizzato proprio da Goethe e poi molto amato dai romantici. Il verso del madrigale può essere invece di lunghezza variabile (in genere settenari o endecasillabi), ma con accenti ritmici regolari e rima sciolta. 198 Le Trivialschulen del testo originale erano scuole in cui si inse­ gnavano le discipline di base; il nome fa riferimento al trivio medievale (grammatica, retorica, dialettica) che costituiva il primo livello di istru­ zione scolastica. 199 Viene introdotto in modo esplicito il tema della mistificazione e dell’impostura che sarà il motivo dominante di tutto il quinto libro, dove si ripresenta in molteplici variazioni. 200 Nonostante le numerose ricerche, non è stato possibile appurare se Gretchen sia una figura reale o fittizia. Nei materiali preparatori non viene nominata ma Bettina Brentano riferisce che, secondo quanto le aveva raccontato la madre di Goethe, il suo primo amore sarebbe stato una ragazza conosciuta nella taverna Alla rosa di Offenbach (lettera del 28 novembre 1810). 201 Il primo esordio pubblico come poeta (a parte le poesie scritte per i nonni e all’interno della cerchia familiare) è fallimentare. I com­ ponimenti, stimolati da una scommessa tra amici, sono pura mistifi­ cazione e gli sfuggono subito di mano: vengono trascritti alterando la calligrafia e sono attribuiti ad altri. Ma l’inganno è duplice: anche il poeta inganna se stesso calandosi nella finzione e immaginando che a scrivere sia Gretchen. Il primo tentativo di entrare nel mondo della po­ esia non può dunque avere successo perché parte da presupposti errati, e infatti la vena poetica presto si inaridisce: la falsità e l’imbroglio, per quanto scherzosi (ma comunque non innocenti, come ha sottolineato Gretchen), non sono l’alimento giusto per la poesia (Ketelsen 2004, pp. 146-153). 197

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Allora era un paesino a Sud di Francoforte, lungo il Meno, oggi è un sobborgo della città. 203 Già nei secoli precedenti si era diffusa l’abitudine di comporre delle poesie d’occasione per alcune particolari circostanze come matri­ moni, battesimi o funerali. I testi venivano stampati in privato e distri­ buiti a parenti e conoscenti del festeggiato o del defunto. Con questa produzione molti poeti si guadagnavano da vivere. 204 Potrebbe trattarsi del vice-segretario del tribunale Johann Adolf Wagner, l’unico dipendente della città sul quale, in quegli anni, venne aperta un’inchiesta. 205 L’elezione di Giuseppe ii ebbe luogo il 27 marzo 1764, l’incoro­ nazione il 3 aprile, e sarà l’evento centrale descritto in questo libro. Per la descrizione, Goethe si documentò moltissimo rileggendo numerose opere storiche, enciclopedie e cronache (Alt 1898; Sieber 1914), ma partendo da quei resoconti in genere freddi e asciutti riesce a far emer­ gere personaggi a tutto tondo e una narrazione piena di vita e di colore. 206 Le cronache delle incoronazioni precedenti erano state curate e pubblicate da Olenschlager (cfr. pp.  325-327), che aveva corredato i singoli documenti con delle prefazioni. – L’imperatore, prima di essere eletto, doveva giurare di rispettare quanto stabilito in una sorta di con­ tratto elettorale che veniva ogni volta predisposto dai principi elettori e che stabiliva i limiti del potere imperiale. Dal 1711 c’era un testo di base (la capitolazione permanente), che veniva di volta in volta modifi­ cato a seconda delle esigenze e delle contingenze storiche e le trattative per definire il testo finale erano sempre lunghe e laboriose, in genere costituivano la parte più complessa e delicata dell’incoronazione. Cfr. Hartung 1911. 207 Dopo un primo fallimento nell’avviarsi alla carriera letteraria, si è aperta una seconda fase, che vede l’utilizzo commerciale del prodot­ to poetico e lo spinge con orgoglio a considerarsi alla stregua dei più quotati poeti del momento. Molti di loro ricavavano da vivere scriven­ do infatti poesie su commissione, tanto che nel gioco con gli amici lo immagina anche lui come una professione da coltivare in futuro. Qui si sottolinea in particolare l’elemento retorico della creazione poetica, l’aspetto ‘meccanico’, quasi artigianale che si può spiegare e insegnare, tanto che si dedica con passione a trasmetterne i fondamenti al giovane amico – il quale però, pur essendo sveglio e intelligente, è completa­ mente privo di vena poetica. Anche questo tentativo quindi fallisce, sia sul piano dell’insegnamento, sia sul piano professionale: non solo la clientela scarseggia, tanto che devono inventarsi dei clienti immaginari 202

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per i loro esercizi di scrittura, ma un cliente respinge addirittura un componimento, rifiutando il pagamento. La piccola delusione mette in evidenza la profonda discordanza tra il giudizio del poeta e il parere del pubblico; e la forza con cui il giovane poeta esprime la sua disapprova­ zione chiarisce che la strada della poesia a servizio del gusto dominante non fa per lui (cfr. Ketelsen 2004). 208 Il Reichstag, o Dieta imperiale, fin dal xv secolo era suddiviso in tre collegi, che si riunivano separatamente: quello degli elettori, quello dei principi e quello delle città imperiali. Il primo e più importante, quello degli elettori, si svolse appunto a Francoforte nel gennaio del 1764 e stabilì di conferire a Giuseppe ii il titolo di re dei Romani, crean­ do quindi i presupposti per la sua elezione a imperatore. 209 Avvenuta sempre a Francoforte circa vent’anni prima, nel 1742. 210 Una volta concluse le trattative per stabilire il testo della capito­ lazione elettorale, gli elettori o i loro legati venivano convocati ufficial­ mente dall’elettore di Magonza per riunirsi e designare il futuro re dei Romani, che sarebbe poi diventato imperatore. 211 Allora era Emmerich Joseph Freiherr von Breidbach zu Bür­ resheim, principe elettore di Magonza dal 1763. 212 Si riferisce al xviii e xix libro, dove si sofferma ampiamente su Johann Caspar Lavater e pensava evidentemente di tornare anche su questo episodio. Il libro invece, scritto poi solo nel 1830, avrà una di­ versa distribuzione degli argomenti e non manterrà la promessa, per cui il rimando è a vuoto. 213 Johann Caspar Lavater: Jesus Messias oder Die Zukunft des Herrn (1780), canto xix; il 1 maggio 1811 Goethe lo prende in prestito dalla biblioteca di Weimar. – Il teologo svizzero e studioso di fisio­ gnomica, con cui Goethe divenne molto amico, sarà nominato spes­ so nell’autobiografia: qui si stratta del loro primo incontro, avvenuto mentre Lavater, accompagnato da due amici, era sulla via del ritorno verso la Svizzera dopo aver fatto visita ad alcune personalità a Berlino e nel Nord della Germania (tra cui il teologo protestante Johann Jo­ achim Spalding, principale esponente della corrente innovatrice della teologia tedesca). Durante la sosta a Francoforte, dove voleva incontra­ re Friedrich Karl Ludwig von Moser, Lavater assistette a una parte dei festeggiamenti. 214 Il Kompostell era uno di quegli edifici fortificati compresi all’in­ terno delle mura, le «fortezze nella fortezza» che lo avevano tanto col­ pito da piccolo, nelle sue prime esplorazioni della città (p. 31). Que­ sto, in particolare, era immediatamente adiacente le mura, apparteneva

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all’Ordine Teutonico ed era adibito a ospitare i pellegrini in cammino verso Santiago de Compostela, da cui prese il nome. Fu in seguito ce­ duto alla diocesi di Magonza, e di conseguenza l’elettore di quella città alloggiava qui. 215 Riferimento alla tragica storia d’amore del filosofo medieva­ le Abelardo con la sua allieva Eloisa e al romanzo di Jean-Jacques Rousseau Julie, ou la Nouvelle Héloïse (1761), dove i protagonisti sono in una situazione analoga. Allo stesso tempo, i due precedenti letterari sono accomunati anche da una tragica fine, che lascia dunque intuire lo stesso anche per la storia con Gretchen (Gould 1972, pp. 121-122). È interessante notare che un secondo riferimento a Eloisa comparirà anche nel xii libro (p. 1157), dove il protagonista descrive il suo incon­ sapevole innamoramento per la fidanzata dell’amico Kestner a Wetzlar. 216 Johann Philipp Freiherr von Walderdorf e Maximilian Friedrich conte di Königsegg e Rothenfels. 217 Oltre ai tre elettori ecclesiastici (Magonza, Treviri e Colonia) vi erano sei elettori secolari, e cioè i principi di Boemia, Sassonia, Bran­ deburgo, Baviera, Hannover-Braunschweig e Palatinato. 218 L’imperatore è Francesco i, mentre il figlio Giuseppe ii viene in questa occasione eletto re dei Romani e quindi suo successore sul trono imperiale. 219 Si tratta di Lavater che, come ha appena accennato, molti anni dopo descriverà questo corteo nella sua opera Jesus Messias oder Die Zukunft des Herrn (1780). 220 Friedrich Ferdinand conte di Pappenheim. 221 La descrizione della festa e del suo svolgimento, con la molte­ plicità dei colori, delle fogge, lo sfavillio dell’oro e degli ornamenti segna il trionfo dell’estetica cortese e cavalleresca (Beetz 1995) e della percezione visiva acuita quasi fino alla saturazione («A furia di vedere, guardare, indicare si finiva col non capire più nulla»). La festa segna anche il culmine della manifestazione del potere imperiale con un alto potenziale simbolico (oltre a Beetz 1995, cfr. anche Jeßing 2000 e Bu­ scot 2000). 222 Sono servitori dell’imperatore provenienti dalla Boemia che ve­ stono il costume tradizionale. 223 Ludwig viii von Hessen-Darmstadt aveva allora 73 anni. In questo episodio marginale, certo non privo di implicazioni politiche, Goethe fa emergere in maniera ammirevole la dimensione profondamente umana dei potenti, come negli aneddoti appena rievocati di Maria Teresa; l’im­ peratore non è soltanto un’entità superiore e astratta, ma dietro la rigida

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NOTE AL TESTO

etichetta e lo sfarzo del cerimoniale si celano qualità come amicizia, lealtà, affetto che conferiscono spessore umano e grandezza interiore a queste figure, rendendole contemporaneamente vicine all’uomo co­ mune (Pons 2008). Lo stesso farà quando descrive l’apparizione di re e imperatore al Römer, in cui sottolinea il sorriso divertito del re e l’atteg­ giamento dell’imperatore, che in quel momento si mostra anche nella sua veste di padre (pp. 423-425). In questo modo, la narrazione sfugge al rischio di essere pura storiografia: «Non bisogna prendersela con lo storico, se cerca soltanto i risultati; così facendo però vanno persi sia il singolo gesto, sia il singolo uomo» (Paralipomenon 30, FA xiv, p. 934). 224 Nel 1769 Lessing pubblicò lo scritto Wie die Alten den Tod gebildet [Come gli antichi rappresentavano la morte], in cui analizzava le descrizioni della morte presenti nella mitologia greca: essa era rap­ presentata non come uno scheletro che brandisce una falce, come nel Seicento, bensì come un genio con la fiaccola abbassata, proprio come il sonno, tanto che venivano raffigurati come due fratelli gemelli (sia in greco, sia in tedesco sono due sostantivi maschili). L’opera aveva avuto una grande risonanza in quegli anni e l’immagine era divenuta un topos molto citato, sia nella letteratura che nella pittura. 225 Ancora una volta si sottolinea con grande precisione la prospet­ tiva da cui la scena viene osservata. La costruzione e rappresentazione dello spazio ha un ruolo cruciale in questo libro (come sottolinea O’Neil 2017, in part. pp. 117-122), e si fa portatrice di diverse istanze. La festa è completamente dominata dalle percezioni sensoriali di vista e udito, stimolate fino all’eccesso, fin oltre le loro stesse capacità di vedere, sen­ tire e di conseguenza descrivere: tra poco infatti il giovane osservatore dirà che «due occhi non bastavano più», nonostante la sua straordinaria capacità di fissare i dettagli in descrizioni di una precisione e vividezza eccezionali. Ma la funzione della prospettiva con i suoi mutamenti di scena in scena è anche un invito a leggere la topografia della città in modi diversi, come un gioco di relazioni complementari e contrapposte: spazio pubblico e spazio privato (tutti gli eventi della festa sono vissuti all’esterno, a cui si contrappone lo spazio angusto e chiuso del locale dove incontra Gretchen e della cameretta dove si conclude l’esperienza della festa in una sorta di arresti domiciliari); spazio chiuso e spazio aperto (la città che prima accoglie stranieri da ogni dove, poi si chiude come una monade per permettere solo ai cittadini di assistere alla festa finale); spazio politico e spazio religioso (il duomo e il municipio, con il corteo osservato dall’alto che si muove avanti e indietro tra i due poli); spazio del singolo e spazio della massa (gli spostamenti dei dignitari

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sulla piazza, osservati uno per uno nei singoli movimenti, a cui si con­ trappone l’oscillare della folla). 226 L’aquila a due teste era raffigurata dal 1401 sullo stemma dell’im­ peratore tedesco, a differenza del re che invece aveva un’aquila con una sola testa. 227 Si tratta di funzioni onorarie, simboliche, che i principi prestava­ no nei confronti dell’imperatore. Col tempo divennero degli incarichi stabili di corte che le famiglie aristocratiche si tramandavano al loro interno, e divennero quindi ereditari. Le cariche erano quelle di arcima­ resciallo (Friedrich Ferdinand conte di Pappenheim), arcicoppiere (Mi­ chael Johann conte di Althann), arcitesoriere (Wenzel Johann Nepomuk von Sinzendorf), arciciambellano (Joseph Friedrich Wilhelm principe di Hohenzollern-Hechingen) e infine arcisiniscalco (Franz Ernst Joseph conte di Truchseß). 228 A quell’epoca l’aggettivo ‘romantisch’ era usato anche nel signi­ ficato di ‘antico, medievale’, con riferimento al Medioevo cavalleresco (DWB s. v. ‘romantisch’); questa accezione è confermata dalla sotto­ lineatura che gli ornamenti dell’imperatore rievocano quelli di Carlo Magno. 229 Nello schema del 1809 (Paralipomenon 1, FA xiv, p. 881), Goe­ the annota: «Quale corporazione si è aggiudicata il bue arrosto all’inco­ ronazione di Giuseppe II e nella successiva. Dove viene portata l’avena che l’arcimaresciallo va a prendere». I resoconti dell’epoca riferiscono che nel 1764 se lo aggiudicarono i trasportatori di vino. 230 Proprio nel momento culminante della manifestazione del potere imperiale se ne vede chiaramente anche l’inconsistenza: il banchetto con la sala deserta diviene il simbolo di un’entità politica ridotta ormai a un puro formalismo esteriore, a cerimonie sfarzose che celebrano un passato glorioso, mentre il presente è quello di un organismo politico ormai vuoto, privo di efficacia, al punto che i principi decidono di di­ sertare un’occasione così importante. La riflessione critica sull’Impero (che quando Goethe scrive è ormai crollato sotto la spinta di Napole­ one) emerge in molti punti, ad esempio nell’amara ironia di quando descrive l’aspetto anacronistico dell’ornato imperiale, che sul giovane re fa l’effetto di «un costume di carnevale». Sul rapporto di Goethe con l’Impero e la sua visione politica cfr. Srbik 1939; Schieder 1977. 231 Antica Kaiserpfalz, il palazzo dell’imperatore, di epoca carolingia. 232 Il Kurverein, l’Unione dei principi elettori, fu fondato nel 1338 per la difesa dei diritti specifici degli elettori e da allora veniva rinnova­ to dopo ogni incoronazione.

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NOTE AL TESTO

Che fu celebrato l’8 aprile 1764; due giorni dopo re, imperatore ed elettori lasciarono la città. 234 Il medico di famiglia era Johann Philipp Burggrave. 235 Come esempio di questa condizione psicologica, segnata dai tor­ menti che il giovane si autoinfligge, Goethe intendeva fare riferimento al romanzo di Prévost Manon Lescaut (Scheibe 1966), riportandone brevemente il contenuto; ma successivamente eliminò questa parte quando, riorganizzando i materiali, decise di anticipare l’avventura con Gretchen dal vi libro al v, come cornice alla grande festa dell’incoro­ nazione. 233

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Parte seconda Il motto che apre la seconda parte introduce in modo esplicito il rapporto tra giovinezza e vecchiaia, sotteso a tutta la narrazione: lo sguardo retrospettivo dell’autore rintraccia e porta alla luce quei germi che fin dalla giovinezza hanno contribuito a farlo diventare ciò che è ora (cfr. Ehrentreich 1963). L’antico detto tedesco, che verrà poi ripreso e spiegato nel libro ix, indica il desiderio di stabilire una continuità, di individuare degli elementi che conferiscano coerenza a un percorso per­ sonale e letterario che, soprattutto negli anni giovanili, era disarmonico e fortemente discontinuo. 1

Libro sesto Il precettore in genere accompagnava i suoi pupilli nei viaggi e spesso rimaneva con loro anche negli anni di studio all’università. Il personaggio non è stato identificato; il curatore dell’edizione tedesca, Klaus-Detlev Müller, ipotizza si tratti del compositore J. C. Möller, a cui Goethe fa cenno più volte nella corrispondenza da Lipsia. 3 Joachim Georg Daries, professore di morale e di politica a Jena, poi di giurisprudenza a Francoforte sull’Oder. Insieme a Crusius, era uno dei più accaniti oppositori della filosofia di Christian Wolff. 4 Goethe amava particolarmente il Cantico dei Cantici, e lo aveva anche tradotto nel 1775. A Orfeo venivano attribuiti dei canti sull’ori­ gine del mondo, mentre di Esiodo è conservata una Teogonia, un poe­ ma sull’origine degli dei antichi; non avendo ancora studiato il greco, il primo contatto con queste opere è avvenuto tramite il manuale di Johann Jakob Brucker: Institutiones historiae philosophiae (prima edi­ zione 1747), utilizzato come riferimento per queste lezioni. Si trattava in effetti di uno dei manuali più diffusi come introduzione alla filosofia, che preludeva alle opere, ben più vaste, dello stesso autore usate nei corsi più avanzati. Per la quantità e la precisione delle informazioni era una delle opere di consultazione più accreditate per tutto il Settecento e Goethe stesso lo utilizzò di frequente; è anche uno dei libri del padre che ha conservato e portato con sé a Weimar. 2

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NOTE AL TESTO

Filosofo greco del i sec. d. C., rappresentante dell’ultima stoa, in­ teressato non tanto ai fondamenti teorici della virtù, quanto alla sua pra­ tica quotidiana. Epitteto non scrisse nulla, ma un suo allievo trascrisse e pubblicò le sue lezioni e fece un riassunto delle sue massime più im­ portanti nel Manuale (Enchireidion), di cui Goethe conosceva la versio­ ne latina (Manuale et sententiae, 1711). Esso fu spesso interpretato in chiave cristiana; in Italia è celebre per la traduzione fatta da Leopardi. 6 Riferimento al nono capitolo della Germania di Tacito, dove si parla dei boschi sacri dei germani. Nel 1811 Goethe aveva letto la nuo­ va traduzione di Woltmann, inviatagli subito dopo la pubblicazione (il 18 agosto 1811 scrive infatti a Woltmann per ringraziarlo). 7 Per lungo tempo fu convinto di avere una propensione naturale per le arti figurative, e negli anni giovanili valutò più volte di seguire la vo­ cazione pittorica piuttosto che quella letteraria, come documenta anche l’apertura del lib. xiii; solo con il viaggio in Italia gli divenne del tutto evidente che si trattava di una «falsa tendenza». Questo passo appare quindi già scritto alla luce della consapevolezza successiva. 8 Tra tutte le persone di famiglia, Cornelia è quella a cui viene de­ dicata maggior attenzione: fin dal primo libro viene nominata spesso, prima come compagna di giochi, poi di studi. Fratello e sorella ricevono infatti la stessa educazione (un’eccezione per quell’epoca), con lezioni di lingue, pianoforte, ballo; condividono le stesse letture (ad esempio Klopstock), ma non la stessa possibilità di muoversi fuori casa – in questo i genitori sono più convenzionali, e ciò sarà motivo di soffe­ renza e insoddisfazione per Cornelia. Alla fine del v libro la sorella ha assunto un nuovo ruolo, quello di consolatrice e consigliera nelle que­ stioni amorose, un ruolo che sarà poi rafforzato nel lib. xviii. Lo stretto rapporto tra fratello e sorella viene giocato, nel ritratto letterario, su una sottile linea di confine: da una parte il legame osmotico dei gemelli, dall’altra risvolti quasi incestuosi (immediatamente notati dalla critica: Eissler 1983, pp. 74-174; Stelzig 1994/1995). Sulla figura di Cornelia, così come emerge da queste righe, cfr. Michel 1979. 9 La sorella morì di parto nel 1777, a soli 27 anni. 10 I romanzi di Richardson andavano di gran moda all’epoca, in par­ ticolare Pamela (1740) e Clarissa (1748); il preferito di Cornelia era invece Sir Charles Grandison (1754); cfr. Willoughby 1955, pp. 464471. Se anche Goethe avesse concepito un’opera di cui la sorella fosse protagonista, ispirandosi magari a quei romanzi, non è dato saperlo: non ne è rimasta alcuna traccia. 11 Il convitto di Pfeil si era affermato e attirava molti giovani, so­ 5

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prattutto da Francia e Inghilterra; distante poche centinaia di metri da casa Goethe, offriva molte occasioni di incontro con giovani stranieri. Dai libri contabili del padre risulta inoltre che un gruppo di inglesi si incontrava regolarmente da loro per esercitare la lingua: sono registrate infatti spese di rinfreschi per il «congressus anglicus» e «pro Anglicis». – Il giovane inglese è Arthur Lupton, figlio di un commerciante di tes­ suti di Leeds, che si era recato a Francoforte per imparare il tedesco e allacciare rapporti d’affari. In realtà Cornelia conobbe Lupton più tardi, nell’autunno del 1765, dopo la partenza del fratello per Lipsia (lettera a Cornelia del 11 maggio 1766). Nemmeno il gruppo di amici con le loro allegre scampagnate esisteva in questa forma nel periodo narrato qui; per esigenze poetiche, l’autore fonde impressioni e ricordi risalenti a diverse fasi. Altri dettagli, in parte discordanti rispetto a quanto riferito nell’autobiografia, sono forniti dalla ricostruzione di Wilkie 1955. 12 La figura arguta e comica dell’amico rimane ignota: anche quan­ do si accennerà nuovamente a lui nel libro xv, non viene chiamato per nome. Gli studiosi hanno proposto di identificarlo o con il futuro archi­ vista Johann Bernhard Krespel (a cui si ispirerà anche E. T. A. Hoffman per la sua novella Rat Krespel), o con il giurista francofortese Johann Balthasar Kölbele. 13 Goethe apprezzava molto il genere popolare del sermone peni­ tenziale, in cui gli ordini francescani erano specializzati. Sappiamo che amava in particolare Abraham a Sancta Clara e che ha suggerito a Schil­ ler la scena con il sermone del padre cappuccino nel Wallenstein (Il campo di Wallenstein, scena viii). 14 L’amico si richiama alla retorica come arte della persuasione, ba­ sata sul coinvolgimento emotivo degli ascoltatori, e la contrappone al ‘convincere’, basato sull’argomentare facendo invece ricorso alla ra­ gione. 15 Questa considerazione sui piaceri della vita sociale richiama mol­ to da vicino un’affermazione di Kant nella Antropologia dal punto di vista pragmatico (1798, p.  187): «In una compagnia, avere qualcuno da stuzzicare (da prendere in giro), senza peraltro ferirlo (una derisione priva di intenti offensivi), che sia pronto a rispondere a tono con lo stesso spirito suscitando così un’allegra risata generale, ravviva lo stare insieme in modo gradevole e intelligente». 16 Johann Adam Horn [che significa ‘corno’, da cui il diminutivo Hörnchen: ‘cornetto’], uno degli amici di gioventù con cui il poeta ri­ mase in contatto più a lungo. Horn frequentò con lui l’università a Lip­ sia, poi intraprese la carriera di giurista a Francoforte.

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NOTE AL TESTO

The Rape of the Lock (1712) di Alexander Pope era stato tradotto in tedesco nel 1744 da Luise Adelgunde Gottsched, ma Pope era co­ munque un autore molto letto: nella biblioteca del padre sono presenti diverse sue opere in inglese e francese. – Justus Friedrich Wilhelm Za­ chariä, che viene ricordato più volte nell’autobiografia, aveva conqui­ stato la popolarità grazie al suo poema in alessandrini Der Renommist (Lo sbruffone, 1744), in cui descrive le disavventure di uno studente di Jena, rozzo e saccente, che ha la peggio nel confronto con i modi galanti di Lipsia. Molto conosciute erano anche le poesie che l’autore stesso aveva musicato. 18 Letteralmente è il ‘diritto di slitta’, il diritto da parte del condu­ cente di una slitta che ha trasportato una ragazza, di ricevere un bacio come compenso. 19 Johann Friedrich Löwen, in seguito direttore del teatro di Amburgo dove lavorava anche Lessing, divenne celebre per il suo poema comico Die Walpurgisnacht (1756), presente anche nella biblioteca del padre. 20 L’opera di Johann Matthias Gesner forniva una panoramica ge­ nerale e introduttiva sui temi e le metodologie delle scienze storiche, filologiche e filosofiche in base allo stato della ricerca dell’epoca; è uno dei volumi della biblioteca paterna che Goethe ha portato con sé a Weimar. – Il Polyhistor di Daniel Georg Morhof (1688-1692 in prima edizione, in seguito aggiornato e ampliato dai suoi allievi) era invece un compendio universale di tutte le scienze nell’accezione enciclopedica seicentesca, scaturito dall’attività accademica dell’autore nell’intento di difendere il sapere universale dalla parcellizzazione e da pregiudizi dottrinari, con grande senso critico che già preludeva all’Illuminismo. 21 Fu Gottsched a tradurre in tedesco il Dictionnaire historique et critique (1695-1697) di Pierre Bayle, un lessico filosofico che sotto­ pone le dottrine dei vari filosofi a un esame storico-critico razionale, confutando in modo sistematico errori e superstizioni, anche in ambito teologico. Fu una delle opere più influenti dell’Illuminismo. 22 Viene sottolineata la fondamentale importanza delle traduzioni per accedere alle opere di autori antichi o di culture lontane, e il ruolo primario del latino come lingua veicolare della cultura. La conoscenza del greco era infatti poco diffusa, mentre tutti gli eruditi possedevano ottime conoscenze di latino. Sofocle, Euripide come anche le letterature orientali venivano quindi letti grazie a traduzioni latine e Goethe stes­ so, quando iniziò a studiare Omero, prediligeva un’edizione bilingue greco-latino; lo stesso valeva anche per altri autori, come dimostra la sua biblioteca. 17

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L’aneddoto è raccontato nel Polyhistor di Morhof, dove si legge che a Grozio fu rimproverato di apprezzare Terenzio, considerato niente più che una lettura scolastica. Grozio avrebbe risposto: «alia legimus in his pueri, alia viri» (gli uomini leggono le sue opere in modo diverso dai ragazzi). L’aneddoto è stato ripreso e rielaborato nelle Xenie miti: «“I ragazzi leggono Terenzio / in modo diverso da Grozio.” / Da ragazzo m’irritava il motto / che adesso devo ritenere giusto» (Tutte le poesie, vol. i, p. 1283, trad. di Maria Teresa Giannelli). Esso viene ricordato an­ che nel diario (9 ottobre 1830) e in una lettera a Zelter (8 agosto 1822). 24 Il 29 settembre. 25 I progetti che il padre ha per il figlio erano stati definiti fin dal primo libro la «storiella sul mio futuro percorso» (pp. 61-65), e man mano che descrive la vita ritirata, la passività all’interno della città, il rifiuto del padre a partecipare alla vita civile ne prende gradualmente le distanze, già molto marcate nel iii libro, nel confronto con il conte Thoranc. Ora viene apertamente dichiarato per la prima volta il conflit­ to latente tra padre e figlio, che si manifesta nel desiderio di perseguire un proprio progetto di vita, ben diverso da quello pensato e praticato dal padre. Questo contrasto sarà man mano sviluppato fino alla fine dell’opera di cui costituirà uno dei fili conduttori, e culminerà con la partenza per Weimar, disapprovata e fortemente sconsigliata dal padre (Geisenhanslüke 2000). 26 Göttingen all’epoca era reputata un’università di eccellenza, moderna e all’avanguardia; tra i suoi docenti più rinomati spiccavano il filologo Christian Gottlob Heyne, divenuto rapidamente famoso per l’approccio storico-culturale con cui si avvicinava ai testi, e Johann Da­ vid Michaelis, teologo e orientalista, fondatore dell’orientalistica come disciplina e della filologia critica dell’Antico Testamento. 27 Johann August Ernesti, professore di retorica e teologia a Lipsia, curatore delle edizioni critiche di molti autori greci e latini e uno dei fautori della filologia neotestamentaria. Samuel Friedrich Nathanael Morus insegnava invece teologia e filologia classica. 28 La partenza era stata fissata per la fine di settembre, il giovane studente arriva a Lipsia il 3 ottobre 1765. 29 Il vicino teologo è Johann Christian Limprecht, la padrona di casa Johanna Elisabeth Straube. 30 Johann Gottlob Böhme, professore di storia, era stato allievo di un altro rinomato storico, Johann Jakob Mascow. 31 Con «eleganti giuristi» si indicavano coloro che si dedicavano solo allo studio senza esercitare la professione, come appunto Everhard 23

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NOTE AL TESTO

Otto, professore di diritto a Duisburg e Utrecht e curatore del Thesaurus juris Romani (1725), e Johann Gottlieb Heineccius, storico del diritto e docente a Halle e Francoforte sull’Oder. 32 Le lezioni accademiche si tenevano sempre sulla base di un ma­ nuale che il docente leggeva, commentava e integrava durante il corso; esercizi e applicazioni pratiche erano invece oggetto delle esercitazio­ ni. Per le lezioni, Gellert utilizzava il manuale di Johann Christoph Stockhausen: Kritischer Entwurf einer auserlesenen Bibliothek für die Liebhaber der Philosophie und der schönen Wissenschaften (1752). Christian Fürchtegott Gellert era uno degli scrittori più popolari dell’e­ poca e nel 1752 fu chiamato a Lipsia come professore di poesia. Era famoso per le sue Favole (1746-1748), le commedie sentimentali e il romanzo Vita della contessa svedese von G. (1747-1748); particolar­ mente rinomate e seguite erano le sue Lezioni morali, poi pubblicate nel 1770 (cfr. p. 621). Quando Goethe lo conobbe, Gellert aveva già cinquant’anni e godeva grande celebrità, come dimostra l’affluenza alle sue lezioni. 33 Il signor von Masuren è il ridicolo protagonista della commedia Der poetische Dorfjunker (1741) di Luise Adelgunde Gottsched, ispi­ rata a La fausse Agnèse ou le poéte campagnard di Destouches (1736). 34 Il dialetto di Francoforte rientra nel gruppo delle parlate francorenane, quindi con caratteristiche meridionali, mentre Lipsia, situata più a Nord, si trova nella zona del mitteldeutsch. 35 Dopo Lutero, che aveva preso come modello per la sua traduzione della Bibbia il dialetto della zona di Meißen, in Sassonia, nel Seicento ma ancor di più nel Settecento si era molto insistito sulla preminenza del sassone su tutti gli altri dialetti; tra i suoi strenui difensori c’erano anche Gottsched e Adelung, quest’ultimo quando il prestigio culturale della Sassonia era ormai tramontato. 36 Predicatore popolare del Cinquecento, attivo nella zona di Stra­ sburgo, che utilizzava una lingua molto vivace e colorita. – Goethe di­ chiara il suo amore per i proverbi e gli antichi detti popolari, che fin da piccolo ha imparato dalla madre, che ne faceva abbondante uso. Dei proverbi apprezza la concisione, l’immediatezza, la pregnanza e li usa anch’egli di frequente. A Weimar ha più volte preso a prestito famose raccolte di proverbi (come quelle di Johannes Agricola o di Zinkgref), e sia nei diari, sia nelle Massime e riflessioni e nelle opere della vecchiaia compaiono numerosi (cfr. Seiler 1922). 37 Era stato Gellert, nella sua Praktische Abhandlung vom guten Geschmack in Briefen (1751) a formulare questo dettato, con l’intento di

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contrastare lo stile pomposo e retorico degli scrittori barocchi, ma era un’istanza condivisa da tutti gli illuministi, compreso Gottsched, che esaltava la chiarezza nel pensare come nello scrivere. L’ideale di Gel­ lert era la naturalezza, uno stile di conversazione moderato e gradevole che si poteva facilmente conciliare con i dettami della retorica. 38 Una delle principali passeggiate pedonali che girava intorno alla città, seguendo la linea dei bastioni. 39 A Lipsia vi era una consistente colonia di ugonotti e anche per questo la città era definita la ‘piccola Parigi’. 40 Wilhelmine Ernestine, baronessa von Plotho. 41 Intende l’enorme quantità di scritti seguiti alla riforma della lette­ ratura voluta e portata avanti da Gottsched. Per descrivere la letteratura dell’epoca, anche più avanti, vengono spesso utilizzate metafore rela­ tive all’acqua e ai danni che può provocare, così come nel vii libro si parlerà di «un’epoca annacquata». 42 Durante gli anni di studio a Lipsia, Christian Felix Weiße era di­ ventato amico di Lessing, con cui faceva a gara nel tradurre e comporre pezzi teatrali. Rimase poi a Lipsia come esattore delle tasse e divenne celebre per le sue commedie e operette, scritte anche su commissione di Heinrich Gottfried Koch, direttore del teatro locale. I suoi Poeten nach der Mode (1751) erano una satira sulla mania del tempo per la poesia e sul contrasto tra i seguaci di Gottsched e quelli di Klopstock, ma per il giovane studente non si trattava di una novità: l’opera rientrava tra quelle spesso rappresentate anche a Francoforte, e vista l’assidua fre­ quentazione del teatro, molto probabilmente l’aveva già vista prima di partire per Lipsia (Mentzel 1899, p. 146). Cfr. lettera a Cornelia del 7 dicembre 1765. 43 Christian Gottlieb Ludwig, consigliere di corte e professore di medicina, che Goethe descrive alla sorella nella lettera del 6 dicembre 1765. 44 Cicerone ha scritto diverse opere sulla retorica e l’arte oratoria che potrebbero fungere da manuale di riferimento per un corso di retorica; da un accenno dello stesso Goethe in una lettera a Riese (20 ottobre 1765), il testo utilizzato a lezione da Johann August Ernesti potrebbe essere il De oratore libri tres. 45 Questo primo autodafé (cfr. lettera alla sorella del 17 ottobre 1767) segna la conclusione di una parabola discendente, il fallimento totale e la perdita di fiducia in se stesso; in realtà avvenne al termine degli anni a Lipsia, ma viene anticipato qui, al termine del vi libro, per ragioni compositive. Già l’incipit del libro era di segno negativo: dopo

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NOTE AL TESTO

la delusione di Gretchen aveva perso qualsiasi interesse per tutto ciò che gli stava intorno, la città, gli avvenimenti politici, le persone di casa e riponeva tutte le speranze nella prossima partenza, nel nuovo ambiente, negli studi universitari. Ma si trattava soltanto di un «castello in aria», era quindi facile prevedere che si sarebbe presto sgretolato. A un inizio sconfortante non segue quindi l’atteso miglioramento, bensì un ulteriore peggioramento, che vede crollare una a una tutte le certezze del giovane francofortese intaccandone persino l’identità: il modo di vestire e di parlare, i gusti letterari, la sua stessa produzione poetica. – Sugli anni trascorsi a Lipsia e l’influsso della città sulla sua formazione cfr. Jericke 1965; Vogel 1922.

Libro settimo Nel periodo in cui fu composto questo ampio capitolo sulla let­ teratura del secondo Settecento, circolavano numerosi manuali, enci­ clopedie e compendi di storia e critica letteraria, che presentavano un quadro approfondito e unanime: i più accreditati, che anche Goethe uti­ lizzò, erano ad esempio Eichhorn 1805-1812, Wachler 1804, Küttner 1781, Koch 1795-1798, Dyck 1792-1806, Meusel 1805, Jördens 18061811, Hirsching 1794-1811, Bouterwek 1806-1807. Ma la prospettiva da cui l’autore vuole descrivere quest’epoca letteraria non è storiogra­ fica e descrittiva, bensì narrativa e biografica, quindi soggettiva (cfr. Barner 1989; Hammer 1945; Schmidt 1983). In questo senso il vii libro si ricollega al v e prosegue nel racconto della sua crescita personale in campo letterario (Ketelsen 2004, in part. pp. 141-144, approfondisce i legami tra i due libri che andrebbero letti come una sequenza organica). Il panorama statico offerto dai manuali diviene dinamico e la visione sintetica ottenuta grazie alla distanza temporale si condensa in una serie di immagini che fanno da sfondo all’evoluzione della sua vocazione po­ etica: dalla poesia occasionale e su commissione di Francoforte, legata ai dettami della retorica e orchestrata in modo ‘artigianale’ per quanto con maestria, si giunge alla poesia alla moda su modello francese di Lipsia, per arrivare poi al puro piacere estetico, al genio di Strasbur­ go. Anche questa tappa intermedia è accompagnata e scandita da una storia d’amore infelice, per molti versi simile a quella con Gretchen, che fornirà la componente narrativa, mentre la riflessione sull’elemento politico sarà qui sostituita da quella sulla religione. 47 Il riferimento è allo stile fiorito e all’ornato dell’epoca barocca, che aveva raggiunto il suo apice nei paesi mediterranei come Spagna e 46

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Italia. La ricostruzione letteraria inizia con la prima parte del Settecen­ to, in cui si avverte ancora la pesante eredità del barocco; ma si fugge da un eccesso per ricadere nell’eccesso opposto. Lo sforzo è quindi quello di ricostruire il percorso verso la sintesi, «la poesia serena, vi­ vace e soddisfatta di sé» appena richiamata e ciò avviene attraverso la contrapposizione di figure, piccoli ritratti proposti a coppie (Liscow e Rabener; Gottsched e gli svizzeri; Günther e König) che vanno gradualmente a comporre il quadro complessivo (Schanze 1974). 48 Christian Ludwig Liscow pubblicò una raccolta di scritti satirici (Sammlung satirischer und ernsthafter Schriften, 1733); lo «scrittore scialbo e sciocco» che attaccò, il primo di una lunga serie, è Johann Ernst Philippi, professore di retorica a Halle. Liscow morì a 59 anni nel 1760, ma al momento della sua morte era già scomparso da molto tempo dalla scena letteraria. 49 Gottlieb Wilhelm Rabener, funzionario sassone e scrittore sati­ rico e moraleggiante, era uno degli scrittori che godevano di maggior fama ai suoi tempi e di lui Goethe si è ripetutamente occupato. Le sue Satire erano presenti nella biblioteca paterna e Goethe le prese poi in prestito a Weimar nel 1811-1812, in occasione della stesura di questa parte dell’autobiografia. Rabener, insieme a Gellert, diede inoltre un forte impulso alla forma epistolare, una delle più frequentate nel Sette­ cento; le Briefe von ihm selbst gesammelt di Rabener furono pubblicate nel 1772 da Christian Felix Weiße. La «lettera confidenziale» cui si fa cenno è quella indirizzata a Ferber e datata 12 agosto 1760, dove Rabener narra l’assedio di Dresda per mano di Federico ii avvenuto nel luglio di quell’anno, mentre l’altra è quella scritta a Weiße il 30 ottobre 1767. Le due lettere erano state pubblicate anche nell’enciclopedia di Jördens (1806-1811, vol. iv) che Goethe aveva spesso sottomano e lì le ha senz’altro lette. 50 Il Versuch einer critischen Dichtkunst di Johann Christoph Gott­ sched fu pubblicato per la prima volta nel 1730, nel 1751 era già alla quarta edizione; l’opera fu di fondamentale importanza per la riforma letteraria e linguistica che animò il Settecento tedesco, di cui Gottsched fu il paladino più efficace. Seguace della filosofia di Wolff e fortemente orientato a modelli francesi, elaborò una teoria razionalista dell’este­ tica, su cui basò un energico programma di riforma della lingua, della letteratura e del teatro tedeschi, che voleva rendere più aderenti allo spirito del tempo. 51 Epistulae ad Pisones sive De arte poetica liber (già nell’antichità definito però più semplicemente De arte poetica), era il testo di riferi­

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NOTE AL TESTO

mento per i fondamenti della poesia. Gottsched lo tradusse e lo allegò alla quarta edizione della sua Poetica critica. Cfr. lettera a Riese del 30 ottobre 1765. 52 Si tratta della celebre coppia Johann Jakob Bodmer e Johann Jakob Breitinger, storici dell’arte di Zurigo (spesso indicati come ‘gli svizzeri’) che contestarono Gottsched e, richiamandosi alla letteratura inglese e a Milton in particolare, rivendicarono il primato della fantasia e dell’invenzione poetica contro il rigido formalismo gottschediano. Lo scritto più famoso di Bodmer e Breitinger era intitolato anch’esso Critische Dichtkunst, worinnen die Poetische Mahlerey […] abgehandelt wird (1740). 53 Le favole di Esopo vengono commentate in modo dettagliato nel settimo capitolo della Poetica critica di Breitinger e la favola mora­ leggiante fu effettivamente uno dei generi testuali utilizzati con grande maestria da molti scrittori del Settecento, di cui Goethe ricorda i princi­ pali: Magnus Gottlieb Lichtwer, Vier Bücher Aesopischer Fabeln in gebundener Schreibart (1748); Gellert, Fabeln und Erzählungen (1746); e infine Lessing, Fabeln (1759, in 3 voll.). Cfr. Petzsch 1969. 54 La riflessione di Breitinger è contenuta nel decimo capitolo della Poetica critica e riguarda il poema di Johann Ulrich von König, poeta di corte di Federico Augusto i di Sassonia (dal 1697 re di Polonia come Augusto ii). Prendendo spunto dall’attualità (Augusto aveva fatto alle­ stire con grande sfarzo un campo per l’esercito e la corte a Mühlberg nel giugno del 1730, dove doveva incontrarsi con il re di Prussia Fede­ rico Guglielmo i), König aveva progettato di comporre un poema eroico intitolato Augusto all’accampamento, di cui però scrisse e pubblicò nel 1731 solo il primo canto. 55 Johann Christian Günther era stato fin a quel momento poco con­ siderato come poeta, ma fu proprio grazie al giudizio acuto formulato in Poesia e verità che fu riscoperto e rivalutato. 56 Günther si era presentato ubriaco al colloquio con il sovrano, che non gli aveva quindi assegnato l’incarico. 57 Ogni anno veniva compilato un annuario con indicazioni riguar­ danti tutti i personaggi presenti a corte, i funzionari, il clero, elencati in ordine rigidamente gerarchico. 58 Si tratta del futuro duca Friedrich Eugen von Württemberg, che in quel periodo serviva come generale nell’esercito prussiano ed era di stanza a Treptow. Negli anni dal 1766 al 1769 Schlosser fu suo segreta­ rio privato e precettore dei suoi figli. 59 Si intende in questo caso invece Ludwig Eugen von Württemberg,

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fratello maggiore di Friedrich Eugen. Nella memoria i due fratelli, con i nomi anche parzialmente coincidenti, si sovrappongono. Era Ludwig che si era rivolto direttamente a Rousseau ponendogli la domanda se fosse possibile educare un principe in base ai princìpi esposti nell’Emile. In risposta ebbe la famosa lettera che inizia con la sibillina frase «se avessi la sfortuna di essere nato principe», datata 10 novembre 1763, che ebbe ampia circolazione. 60 Christian Gottlob Schönkopf era in origine uno stagnaio che in se­ guito aveva aperto una piccola locanda; la moglie era Katharina Sibylla Mark. 61 A partire dagli anni Quaranta il deismo inglese ebbe una vasta ri­ cezione anche in Germania (la prima traduzione tedesca dell’Essay on Man di Pope apparve infatti nel 1740, per mano di Barthold Heinrich Brockes, e fu seguita da numerose ristampe e ri-traduzioni); Hermann Samuel Reimarus ne fu il principale esponente. Lessing aveva formu­ lato alcune considerazioni sulle teorie di Pope nel saggio Pope ein Metaphysiker (1755), mentre Schlosser scrisse la sua contestazione nel 1766 (ma fu pubblicata soltanto nel 1776): Anti-Pope oder Versuch über den natürlichen Menschen, nebst einer neuen prosaischen Übersetzung von Pope’s Versuch über den Menschen. La discussione sul deismo scatenò in seguito una vera e propria diatriba, di cui furono protagonisti prin­ cipali Lessing e il rigido pastore di Amburgo Johann Melchior Goeze. 62 L’incontro con Gottsched avviene pochi mesi prima della sua morte, quando ormai non svolgeva più un ruolo preminente nel panora­ ma critico-letterario tedesco. Cfr. le lettere a Riese del 20 e 30 ottobre 1765. Bernhard Christoph Breitkopf era il libraio e tipografo di Lipsia a cui Gottsched aveva affidato la pubblicazione delle sue opere. 63 Johann Gottlob Benjamin Pfeil, scrittore e precettore a Lipsia, in seguito funzionario di giustizia a Rammelburg, nei pressi di Eisleben. Il suo romanzo più conosciuto, Geschichte des Grafen von P., apparve a Lipsia nel 1755, ma erano noti anche la sua tragedia borghese Lucie Woodwill (1756) e un trattato sulla tragedia (1755). 64 Georg Ludwig Friedrich Zachariä. – Gottlob Friedrich Krebel, autore di molti resoconti di viaggio, divenne in seguito segretario del concistoro a Lipsia. 65 Anna Katharina (Käthchen o Annette) Schönkopf, di cui il poeta si innamora e che frequenterà per circa due anni; come dirà più avan­ ti, fu una relazione piuttosto tormentata. Ad Annette saranno dedicate numerose poesie, raccolte poi dall’amico Behrisch in un quaderno. Cfr. Vogel 1920.

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NOTE AL TESTO

Goethe si riferisce alle brevi descrizioni in prosa contenute nella Repubblica dei dotti di Klopstock (1774). 67 Heinrich Wilhelm von Gerstenberg divenne famoso per il suo Gedicht eines Skalden (1766), che aprì la via alla rielaborazione di antichi motivi della tradizione germanica e nordica, e per il dramma Ugolino (1768), che segnò l’inizio della stagione teatrale dello Sturm und Drang. 68 Una valutazione più approfondita di Gleim avverrà nel decimo libro; qui si fa cenno ai suoi Preußische Kriegslieder in den Feldzügen 1756 und 1757 von einem Grenadier (1758) che all’epoca ebbero molto successo. Cfr. Petzsch 1969. 69 Nelle sue antologie Karl Wilhelm Ramler aveva raccolto il meglio della poesia contemporanea (Lyrische Blumenlese, 1774; 1778) ma rie­ laborandolo a sua discrezione, a insaputa degli autori e senza nemmeno nominarli, una prassi che gli attirò ovviamente molte critiche. 70 Salomon Geßner aveva utilizzato una prosa ritmica per i suoi com­ ponimenti, in particolare gli Idilli (1756), e Klopstock aveva composto le sue odi in versi liberi: il loro esempio fece scuola. Dall’altra parte, Ramler aveva trasposto in versi alcuni degli idilli di Geßner, mentre Gleim aveva riscritto in giambi La morte di Adamo di Klopstock, irri­ tando moltissimo l’autore. 71 Fania è il protagonista di Musarion di Christoph Martin Wieland (uscito a Lipsia nel 1768) ed è un misantropo come Timone di Atene, il prototipo di questo personaggio (cfr. nota 192, parte i). Attraverso la fanciulla Musarion viene introdotto nel mondo delle Grazie per ricon­ ciliarsi alla fine con l’umanità. – Di Wieland si parla qui solo per quel tanto che Goe­the conobbe a Lipsia, mentre in seguito la conoscenza si approfondì, soprattutto negli anni di Weimar. 72 La «Allgemeine deutsche Bibliothek» era una delle più impor­ tanti riviste di critica letteraria di tutto il Settecento, fondata nel 1765 e diretta da Christoph Friedrich Nicolai. I racconti di Wieland vengono accolti positivamente in una recensione di Thomas Abbt nel volume i, 2 (1765), mentre nel volume i, 1 (sempre del 1765) era apparsa la recen­ sione di Nicolai sulla traduzione di 22 opere di Shakespeare, volte in prosa da Wieland e pubblicate in otto volumi dal 1762 al 1766. 73 La tragedia Hermann di Johann Elias Schlegel fu stampata nel 1743: formalmente ancora molto orientata alla drammaturgia francese (è in alessandrini), fece comunque da apripista a tutta una serie di rie­ laborazioni letterarie incentrate sulla figura di Arminio, il condottiero che distrusse le legioni romane nella celebre battaglia di Teutoburgo, 66

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ponendo definitivamente fine ai tentativi di conquista della Germania da parte di Roma. Goethe la vide rappresentata a Lipsia nel 1766 (cfr. lettera alla sorella del 18 ottobre 1766). 74 Raccolta di liriche di Georg August von Breitenbauch (1765). 75 Il poema di Bodmer dedicato alla figura di Noè apparve prima nel 1750 (Noah), poi rielaborato e con il nuovo titolo di Noachide nel 1752. 76 La lirica d’occasione in stile anacreontico era caratteristica del ro­ cocò e si richiamava alla poesia pastorale; la sua stessa produzione nel periodo di Lipsia risente in parte di questi modelli, ripresi soprattutto da poeti come Johann Peter Uz, Johann Nikolaus Götz, Ludwig Gleim e il giovane Lessing. 77 Klopstock era considerato il Milton tedesco, Ramler l’Orazio te­ desco, Gleim era acclamato come l’Anacreonte tedesco e Anna Louisa Karsch la Saffo prussiana. Herder eserciterà una pungente critica contro questi appellativi nella seconda raccolta dei suoi Fragmente über die neuere deutsche Literatur (1767): li ridicolizza per la loro superficiali­ tà, evidenziando le profonde differenze strutturali e culturali tra i poeti tedeschi e il loro modello. 78 Secondo la concezione illuminista, nelle tre religioni rivelate si poteva individuare un nucleo comune, accessibile alla riflessione con­ dotta dall’intelletto e quindi universale, e quel nucleo costituiva anche la base della legge morale. L’idea di religione naturale fu ripresa in Germania da personaggi come von Loën, Reimarus, Lessing, Kant. 79 Johann Albrecht Bengel, influente teologo e punto di riferimento del pietismo della Svevia, fu il fondatore della critica testuale neotesta­ mentaria in Germania. Ebbe particolare diffusione la sua escatologia biblica basata sull’Apocalisse di San Giovanni. 80 Christian August Crusius, professore di teologia a Lipsia. Seguen­ do Bengel aderiva a una teologia profetico-escatologica e suscitò per questo la violenta critica del collega Ernesti (cfr. pp. 507, 539). Si for­ marono quindi due scuole di pensiero e due fazioni all’interno dell’u­ niversità, capeggiate dai due docenti: il loro conflitto segnò gli anni di studio di Goethe a Lipsia. 81 Johann Friedrich Wilhelm Jerusalem, Georg Joachim Zollikofer, Johann Joachim Spalding sono tre teologi, predicatori e scrittori reli­ giosi molto amati e molto conosciuti alla loro epoca, particolarmente attenti allo stile espressivo e all’efficacia comunicativa. Jerusalem era priore del convento di Riddagshausen, Zollikofer risiedeva a Lipsia ed era particolarmente apprezzato dagli studenti mentre Spalding, princi­ pale esponente della neologia, ricopriva cariche importanti a Berlino.

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NOTE AL TESTO

Simon-André Tissot, medico svizzero autore di molti saggi a ca­ rattere divulgativo, difensore della vaccinazione contro il vaiolo. Scritti in francese, molti dei suoi testi furono immediatamente tradotti in te­ desco. – Albrecht von Haller, medico e scrittore, docente a Göttingen e scienziato di punta dell’epoca, scrisse anche componimenti sulla natura e romanzi in pieno spirito illuministico; Johann August Unzer era medi­ co ad Amburgo e curatore della rivista divulgativa «Der Arzt»; medico e scrittore era anche lo svizzero Johann Georg Zimmermann. 83 Johann Stephen Pütter, uno dei più celebri giuristi dell’universi­ tà di Göttingen; molte delle sue opere erano presenti nella biblioteca paterna. Moses Mendelssohn, filosofo popolare attivo a Berlino, col­ laboratore di Nicolai e amico di Lessing. Christian Garve era un filo­ sofo morale che trattava problemi della vita quotidiana in modo chiaro e comprensibile, e per questo ebbe ampia diffusione e un pubblico molto vasto; esordì con la traduzione della Filosofia morale di Adam Ferguson. 84 Sono le tre riviste di critica letteraria più autorevoli del secolo. La prima, «Briefe, die neueste Literatur betreffend», fu pubblicata dal 1759 al 1765 da Nicolai, Mendelssohn e Lessing, mentre la «Bibliothek der schönen Wissenschaften», fondata nel 1757 da Nicolai, era una rivi­ sta che offriva recensioni di libri tedeschi di ogni ambito disciplinare; fu poi portata avanti dal 1765 al 1806 come «Neue Bibliothek der schönen Wissenschaften» da Christian Felix Weiße. 85 Ewald Christian Kleist, poeta e autore di numerosi idilli: Gedichte (1756-1758); Der Frühling (1749). Goethe prese a prestito diversi vo­ lumi delle sue opere dalla biblioteca di Weimar nel 1811-1812. 86 Parco creato dal commerciante Apel a Lipsia, che lo aprì al pub­ blico, come fecero in seguito molti altri ricchi commercianti dell’epoca. Cfr. lettera a Cornelia, 12 dicembre 1765; Vogel 1922. 87 Opera poi andata perduta. 88 Nel Settecento, il poema epico era considerato il genere letterario più elevato, ma tutti i tentativi di rivisitarlo, nell’epoca che celebrava il trionfo della prosa, fallirono. – La prima parte della panoramica si è dunque conclusa senza che potesse ricavarne nulla per la propria cresci­ ta personale, anzi: il buffo aneddoto della visita a Gottsched esprime un eloquente giudizio su una poesia scialba e di pura apparenza e chiude definitivamente la carrellata sulla prima parte del secolo. Dopo un in­ termezzo personale, ecco il punto di svolta: l’emergere di un contenuto forte e veramente nazionale, che culminerà nella Minna von Barnhelm (Schanze 1974). 82

PARTE SECONDA, LIBRO VII

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Ramler aveva osannato Federico ii nelle sue Odi (1753) e nei Canti di un tedesco (Lieder eines Deutschen, 1766), coniugando la forma classica dell’ode oraziana a contenuti nazionali e patriottici. 90 A Berlino risiedeva una folta colonia di ugonotti fuggiti dal­ la Francia. Qui come a Lipsia il modello francese era dominante, sia nell’abbigliamento che nella poesia, ma anche la lingua francese preva­ leva sul tedesco in molti ambienti, dalla corte all’accademia; lo stesso re di Prussia si orientava in tutto e per tutto alla Francia ed era noto il suo disprezzo per la letteratura tedesca: nel suo scritto De la littérature allemande (1780) la definisce di seconda classe e tra le altre cose critica anche il Götz von Berlichingen di Goethe. Cfr. lettera a Jenny Voigts del 21 giugno 1781. 91 La commedia di Lessing rappresenta il culmine dell’epoca, e occupa il posto d’onore nella lunga retrospettiva letteraria. Pubblicata nella primavera del 1767, Minna fu rappresentata durante il soggior­ no di Goethe a Lipsia, il 18 novembre 1767 ed ebbe grande successo soprattutto tra i giovani. Nei mesi seguenti fu organizzata una rappre­ sentazione amatoriale della commedia, in cui recitò anche Goethe (cfr. Petersen 1928). 92 Lessing si trattenne a Breslavia dal 1760 al 1765 in qualità di se­ gretario del governatore prussiano in Slesia, il generale Bogislaw Fried­ rich von Tauentzien. 93 Sono i componimenti in stile anacreontico musicati da Bernhard Theodor Breitkopf e raccolti nel cosiddetto Leipziger Liederbuch, pub­ blicato da Breitkopf nel 1770 senza indicazione dell’autore delle poesie. 94 In questo breve paragrafo Goethe enuncia non soltanto il fon­ damento poetologico di Poesia e verità, ma anche la chiave di lettura sottesa a tutta la sua opera, che verrebbe così a configurarsi come un’u­ nica, grande autobiografia. Il tema verrà ripreso e approfondito anche più avanti, cfr. pp. 1109, 1151, 1251. 95 Anna Katharina Schönkopf (cfr. nota 65), la figlia del locandiere di cui il giovane studente si innamorò. Il loro rapporto durò circa due anni, dall’aprile 1766 al 1768, ed è documentato con i suoi alti e bassi soprattutto nelle lettere a Behrisch. Cfr. Vogel 1920. 96 L’atto unico Herzog Michel (1750) di Johann Christian Krüger era molto amato in quel periodo. Racconta la storia di un giovane contadi­ no che ha catturato un usignolo e, convinto di venderlo a caro prezzo, inizia a fantasticare di cosa farà con il denaro guadagnato, spingen­ dosi tanto in alto da convincersi che sarebbe diventato duca. La sua innamorata, molto più realistica, lo canzona e quando lui cerca di darle 89

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NOTE AL TESTO

uno schiaffo, l’uccellino scappa. La commedia, leggera e divertente, era spesso oggetto di rappresentazioni amatoriali: in una di queste, il poeta e Annette avevano recitato la parte dei protagonisti (lettera a Behrisch del 24 ottobre 1767). 97 La commedia nella sua prima stesura in un unico atto fu comple­ tata soltanto nel 1768 a Francoforte. 98 Pierre Augustin Caron de Beaumarchais scrisse due commedie, Le Barbier de Séville (1775) e Le Mariage de Figaro (1784), entrambe con Figaro come protagonista, che sono tra le commedie più famose del tar­ do Settecento. La seconda, una commedia rivoluzionaria, fu vietata per sei anni dalla censura francese, ma ciò non le impedì di trovare immedia­ ta ricezione in Germania, dove già nel 1785 apparve anonima la prima traduzione tedesca, approntata da Dalberg, che venne messa in scena per la prima volta a Mannheim. Nella sua opera Clavigo Goethe ha preso spunto da un episodio della vita di Beaumarchais, cfr. pp. 1411-1415. 99 Le due giornate, o il portatore d’acqua è un’opera di Luigi Cheru­ bini, su un libretto di Jean Nicolas Bouilly. L’opera, composta nel 1800, fu più volte rappresentata a Weimar ed era tra le preferite di Goethe: «un’opera lirica può procurarmi piacere e godimento solo quando il soggetto è perfetto quanto la musica, così che entrambi procedano di pari passo. Se mi domandate quale opera io trovi riuscita, vi risponderò Il portatore d’acqua; perché il suo soggetto è di una tale perfezione che potrebbe essere messo in scena anche senza musica» (Eckermann, Conversazioni con Goethe, 9 ottobre 1828, p. 222). La trama racconta la storia del conte Armand e della moglie che, braccati dai soldati del cardinale Mazzarino, riescono a salvarsi grazie all’aiuto di un portatore d’acqua. 100 Gellert era afflitto da molti scrupoli morali, soprattutto riguardo al corretto atteggiamento per accostarsi all’eucarestia. Ad essi dà ampio spazio nei suoi diari (Ch. F. Gellert’s Tagebuch aus dem Jahre 1761. Leipzig 1862), ma era argomento frequente anche in tutta la letteratura di matrice pietista che si dilungava nella descrizione minuziosa dei moti dell’animo dei fedeli, come si vede nei tantissimi generi autobiografici coltivati in quel periodo e, in forma critica, nel romanzo Anton Reiser di Karl Philipp Moritz che tratteggia la paralisi dell’uomo causata da forme esasperate di concentrazione su se stessi e sui propri difetti. L’at­ taccamento di Gellert a queste forme di religiosità, presentate in forma quasi comica e svuotate di ogni significato profondo, fa da preludio alla lunga digressione sui sacramenti e sulle pratiche della liturgia prote­ stante che segue.

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Il poeta aveva letto nel 1811 lo scritto di Chateaubriand Le génie du christianisme ou les beautés de la religion chrétienne, opera divenuta di grande attualità in seguito alla conversione al cattolicesimo di molti romantici (Friedrich Leopold Stolberg, Adam Müller, Friedrich Schle­ gel, Zacharias Werner); e la lunga digressione sui sacramenti, così come sono celebrati nella chiesa cattolica, rispecchia un interesse dell’età ma­ tura, non certo degli anni giovanili, quando venne in contatto più stretto con cerchie cattoliche colte e si confrontò con le numerose conversioni di poeti e intellettuali, molti dei quali conosciuti personalmente; avve­ nute nei primi anni dell’Ottocento, avevano suscitato un intenso dibat­ tito e un gran numero di pubblicazioni. La sua attenzione si concentra comunque soprattutto sul valore simbolico dei sacramenti, che valuta in primo luogo come pratica estetica, ma non implica necessariamente (come venne invece spesso interpretato) una simpatia personale per il cattolicesimo romantico. Le pagine suscitarono molto scalpore, vista anche l’attualità dell’argomento, nonché irritazione nei protestanti. 102 Si tratta del religioso Johann Georg Schmidt che, al tempo della confermazione di Goethe, probabilmente avvenuta nel 1763, aveva cir­ ca settant’anni. 103 1 Cor 11, 29. 104 Nm 5, 17-28. 105 Le Lezioni morali di Gellert vennero in effetti pubblicate nel 1770, subito dopo la sua morte. 106 Nella Guerra dei sette anni, infatti, Lipsia era stata occupata per quasi tutto il tempo dalle truppe prussiane e aveva dovuto pagare tributi pesantissimi (Archenholz 1793). 107 Ernst Wolfgang Behrisch, di undici anni maggiore di Goethe e dal 1760 attivo come precettore a Lipsia. Gellert lo stimava ed era stato lui a procurargli il posto presso il giovane conte Lindenau e in seguito un incarico alla corte di Dessau. Nel ricordo, il poeta lo stima oltre la trentina, ma Behrisch aveva in realtà 28 anni quando si in­ contrarono; ne nacque un’amicizia intensa, il cui significato emerge molto chiaramente dalle lettere che si scambiarono. Cfr. Odi al mio amico (Tutte le poesie, vol. ii, pp. 127-135) e la lettera a Cornelia del 18 ottobre 1766. 108 Il manoscritto compilato da Behrisch ci è rimasto: venne ritrova­ to nel lascito di Luise von Göchhausen nel 1894 ed è ora conservato a Weimar nel Goethe- und Schiller-Archiv. Si intitola Annette e contiene diciassette poesie, tredici delle quali sono state pubblicate per la prima volta nella Weimarer Ausgabe nel 1896 (vol. xxxvii). Goethe, quando 101

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scrive, non lo vedeva da moltissimi anni e ne aveva persa ogni traccia, eppure la sua memoria visiva è precisissima. 109 Intende i sassoni, visto che Behrisch era originario di Dresda. 110 Christian August Clodius, professore di filosofia, rinomato an­ che come poeta. Nel 1767 uscì il suo pezzo teatrale Medone ovvero la vendetta del saggio, che fu criticato per lo stile troppo sopra le righe e l’eccessivo pathos moraleggiante. 111 Le nozze dello zio, l’avvocato francofortese Johann Jost Textor, fratello della mamma, ebbero luogo il 16 febbraio 1766; il carme nuzia­ le non è conservato. 112 Dea del diritto. 113 Sul giudizio negativo di Clodius cfr. la lettera a Cornelia dell’11 maggio 1767. 114 Locali meta di molte gite a Reudnitz, nei pressi di Lipsia. 115 Nel testo tedesco, le parti in corsivo sono effettivamente citazioni tratte dal componimento di Clodius: Prolog zur Eröffnung des Leipziger Neuen Komödienhauses, poesia d’occasione scritta per l’inaugu­ razione del nuovo teatro che avvenne il 6 ottobre 1766. – Cfr. Tutte le poesie, vol. ii, p. 173, trad. di Maria Teresa Giannelli. 116 Monte nei pressi di Atene, famoso per il miele che vi si raccoglieva. 117 Armi da fuoco dell’epoca romana. 118 Questa versione ampliata fu stampata nella raccolta di Johann Christoph Rost: Vermischte Gedichte (1769). – Sull’episodio di Clodius e la poesia d’occasione, cfr. Segebrecht 1977, pp. 287-328, in part. pp. 290-292. 119 Johann Friedrich von Cronegk (Dialog zwischen dem Großen und Kleinen Christoph, 1754) e Johann Christoph Rost (Der Teufel an den Herrn G., Kunstrichter der Leipziger Schaubühne, 1755) aveva­ no reagito con poesie satiriche alla rigidità dei giudizi di Gottsched, dopo che questi aveva criticato con veemenza l’opera Die verwandelten Weiber di Weiße e il Singspiel come genere nel suo complesso. La sua pretesa di regolamentare letteratura e poesia era apparsa pedante e arrogante alla giovane generazione, che aveva quindi attaccato la sua indiscussa autorità. 120 Behrisch fu chiamato per un incarico alla corte del principe Le­ opoldo iii di Anhalt-Dessau e divenne più tardi precettore del figlio del sovrano, Anton Johann Georg conte di Waldersee. Goethe incontrò Behrisch anche in seguito, in occasione delle sue visite a Dessau. 121 Viene introdotto il tema dell’esperienza, che domina tutte le pa­ gine finali di questo settimo libro e che si configura sempre più come

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il substrato indispensabile per dare vita alla creazione poetica. Un pri­ mo accenno al suo ruolo così necessario era comparso già quando il poeta fanciullo cercava di narrare la storia biblica di Giuseppe (lib. iv, pp. 291-293), poi in rapporto alla produzione di Wieland (lib. vii, pp. 569-571); ora si ripropone ma come necessità consapevole, come una lacuna percepita e non ancora colmata. Si annuncia dunque un per­ corso di crescita (pp. 1147, 1401). 122 L’episodio richiama un passo nella Vocazione teatrale di Wilhelm Meister (lib. iii, 11), dove Wilhelm fa conoscenza con un ufficiale, gran­ de appassionato di letteratura tedesca, da cui riceve alcuni stimoli signi­ ficativi per la sua crescita. 123 Friedrich August iii. 124 Heinrich conte di Brühl, ministro della Sassonia. Grazie al suo enorme ascendente e al suo intuito di collezionista, le collezioni d’arte della corte sassone si arricchirono notevolmente e insieme all’opera di Dresda conquistarono fama mondiale. Questo breve accenno in chiusu­ ra anticipa la curiosa visita a Dresda e alla sua celebre galleria narrata nel libro ottavo.

Libro ottavo 125 Adam Friedrich Oeser, pittore, incisore e scultore, dal 1764 diri­ geva l’Accademia di belle arti a Lipsia. Amico di Winckelmann, aveva contribuito alla fase iniziale dei suoi studi sull’estetica; i contemporanei lo consideravano dotato, ma non particolarmente socievole. Il poeta ri­ mase in contatto con Oeser anche negli anni successivi, una volta termi­ nato il suo periodo a Lipsia, e nel 1780 Oeser andò a trovarlo a Weimar. 126 Il castello cinquecentesco fu abbattuto nel 1898 per far posto al nuovo municipio. 127 Uno di questi era il futuro ministro prussiano Karl August von Hardenberg. 128 L’ideale della semplicità è ovviamente quello tutto winckelman­ niano della «nobile semplicità e quieta grandezza», che si oppone net­ tamente al rococò, stile ricco di volute, arzigogoli e forme arrotondate simili a quelle delle conchiglie da cui prese il nome. 129 Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst (1755); Von der Grazie in Werken der Kunst (1759); Erinnerung über die Betrachtung der Werke der Kunst (1759); Beschreibung des Torso im Belvedere zu Rom (1759). Goethe le conosceva molto bene, poiché si era dedicato intensamente allo studio

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di Winckelmann: nel 1805 aveva curato insieme a Meyer e Wolf il volu­ me Winckelmann und sein Jahrhundert e aveva partecipato attivamente all’edizione in otto volumi che ne raccoglieva le opere. 130 Christian Gottlieb Geyser, allievo e poi genero di Oeser, insegna­ va anche lui all’Accademia. Era molto richiesto per le illustrazioni di libri e aveva decorato alcune opere di Gellert, Wieland e Goethe. 131 Il termine, in italiano nel testo, designava i mendicanti napole­ tani. 132 Il teatro fu inaugurato il 6 ottobre 1766 con la rappresentazione dell’Arminio di Schlegel. 133 Della decorazione del sipario è rimasta una copia fatta da un al­ lievo di Oeser, Christian Friedrich Weigend, ed è descritta nel volume di Franz Wilhelm Kreuchauff (Über Oeser’s neueste Allegoriegemälde, 1782), che Goethe possedeva. Cfr. anche Vogel 1922, p. 110. 134 Il ricordo non collima con la cronologia reale, perché il nuovo teatro fu inaugurato nel 1766, mentre Musarion apparve solo nel 1768. 135 Antoine Joseph Dézallier d’Argenville: Abrégé de la vie des plus fameux peintres (1745), tradotto in tedesco da Johann Jakob Volkmann: Nachrichten aus dem Leben der berühmtesten Maler (1767-1768). A Weimar Goethe prese più volte in prestito l’edizione francese. 136 Anne Claude Philippe de Tubières, comte de Caylus, autore di un Recueil d’antiquités égyptiennes, etrusques, grecques et romaines in sette volumi (1752-1767); Johann Friedrich Christ, dal 1734 professore a Lipsia, come archeologo influenzò tra gli altri Heyne e Lessing. Nega­ tivo è invece il giudizio su Karl Heinrich von Heinecken, direttore della galleria di Dresda e critico d’arte, perché durante la sua permanenza a Dresda, dal 1748 al 1755, Winckelmann aveva aspramente litigato con lui. L’ultimo è Philipp Daniel Lippert, disegnatore e insegnante di dise­ gno, sovrintendente della collezione di antichità di Dresda; si interessa­ va particolarmente per i cammei, da cui anche Goethe era affascinato, e fu il fondatore della gemmologia. 137 Dopo la panoramica generale sulla Germania, l’attenzione si punta ora sui collezionisti e intenditori d’arte di Lipsia: Michael Huber, docente di francese all’università di Lipsia, tradusse tra gli altri Geßner, Klopstock, Gellert e Lessing in francese. Franz Wilhelm Kreuchauff era commerciante, collezionista di incisioni e critico d’arte; varie sue opere si trovavano nella biblioteca di Goethe. Questi insieme ad altri componevano un circolo di eruditi, uomini di cultura, artisti ed estima­ tori d’arte che, a partire dal 1763, si incontrava con cadenza settimanale al museo Richter. Goethe lo frequentò, come emerge da alcune lettere

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inviate a Oeser. Infine viene ricordato Gottfried Winckler, banchiere e consigliere all’edilizia, proprietario di una considerevole collezione di dipinti, incisioni e disegni. Kreuchauff compilò il catalogo della colle­ zione, venduta all’asta nel 1810, e Goethe ne possedeva una copia. 138 La collezione comprendeva incisioni e dipinti fiamminghi e olan­ desi, raccolti dal commerciante e consigliere Johann Zacharias Richter, che la rese accessibile al pubblico in una sorta di museo privato. 139 Lo scritto di Lessing: Laokoon oder über die Grenzen der Malerei und Poesie apparve nel 1766 e fu di estrema importanza, poiché fece crollare il dogma che aveva dominato la teoria dell’arte dal ba­ rocco in poi, il celebre «ut pictura poesis» tratto dal verso 361 dell’Ars poetica di Orazio: la poesia è pittura che parla, la pittura poesia che tace. Lessing operò invece una distinzione sistematica, sostenendo che la pittura è un accostamento di oggetti nello spazio mentre la poesia è una sequenza di avvenimenti nel tempo e di conseguenza le due arti richiedono diversi soggetti e diverse tecniche di rappresentazione. Per esemplificare la sua teoria si basò sulla descrizione del gruppo del Lao­ coonte fatta da Winckelmann. 140 Karl Friedrich Abel, musicista operante a Dresda e Londra. Du­ rante un viaggio passò da Francoforte, probabilmente nel 1785, e fu ospite a casa Goethe. 141 Johann Friedrich Haucke. Cfr. Stübel 1920. 142 A quel tempo la collezione di dipinti era collocata nel cosiddetto Johanneum, un palazzo sul Neumarkt appositamente ristrutturato per ospitare la collezione d’arte. Era costituito da una serie di sale collegate l’una all’altra che si susseguivano lungo tutto il perimetro esterno dell’e­ dificio rettangolare e ospitavano i dipinti della scuola olandese, oltre a opere di pittori tedeschi e francesi: è la galleria esterna in cui il giovane visitatore si sofferma in questa prima visita. Una seconda serie di sale, che girava tutto intorno al cortile interno, rappresentava il cuore della collezione con i pittori spagnoli e italiani. Goethe ha più volte visitato la galleria di Dresda, nel 1768, 1790, 1794 e 1810. Sommerfeldt 1921. 143 Una simile riflessione è documentata anche nel Viaggio in Italia quando, osservando una scena di vita veneziana, vi coglie la stessa luminosità presente nei quadri dei pittori locali: «Il mio vecchio dono di guardare il mondo esterno con gli occhi di quel pittore i cui quadri mi siano da poco impressi in mente, m’ha suscitato un’idea singolare» (Viaggio in Italia, Venezia, 8 ottobre 1786, p. 93). Emerge più volte, all’interno del libro ottavo, lo stretto legame tra poesia e pittura, che si manifesta nel frequente ricorso all’ekfrasi, un esercizio retorico che

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godeva di grande prestigio nell’antichità, che consisteva nel tradurre un elemento visivo, in genere un’opera d’arte, in un testo scritto. Que­ sta stretta relazione intersemiotica si dimostra particolarmente feconda come stimolo poetico, come era già emerso nelle pagine precedenti (in part. p. 659). 144 Johann Anton Riedel, pittore e incisore, fu dal 1757 al 1816, quindi per un lunghissimo periodo, direttore della galleria; nel 1765 ne aveva curato e dato alle stampe il catalogo. 145 Godfried Schalcken, pittore della scuola olandese che dipingeva spesso interni notturni dove l’unica fonte di luce era una lampada. Nella galleria c’erano quattro suoi dipinti con queste caratteristiche. 146 Christian Ludwig von Hagedorn, fratello del poeta Friedrich von Hagedorn, era direttore di tutte le Accademie di belle arti di Lipsia e Dresda e critico d’arte. La sua importante raccolta di quadri finì poi in Danimarca. 147 Herman van Swanevelt, pittore paesaggistico olandese seguace di Claude Lorrain che Goethe apprezzava molto. 148 George Bähr. 149 Nel 1760, durante la Guerra dei sette anni, Dresda era stata posta sotto assedio e bombardata dai prussiani. L’esclamazione del sacresta­ no riprende il versetto evangelico di Mt 13, 28. 150 La «frottola», che nel tedesco viene definita «Märchen» (anche ‘favola’), era stata ritenuta tale anche dalla critica; si pensava infatti, proprio come gli amici di Lipsia, che il racconto del calzolaio fosse una finzione letteraria. In seguito è stato identificato il personaggio reale (Stübel 1920), ma ciononostante l’episodio presenta molte stranezze, evidenziate in un recentissimo contributo di Ernst Osterkamp [in stam­ pa]. Pare infatti molto poco plausibile che il visitatore sia rimasto sol­ tanto nella galleria esterna, mentre era quella interna a costituire il cuore della collezione e ad attirare visitatori da ogni dove; il direttore Riedel, tra l’altro, era un grandissimo estimatore della pittura italiana e aveva messo in grande evidenza, nel suo catalogo, proprio quei capolavori, tra cui eccelleva la celebre Madonna sistina. Pare dunque impossibile che non vi abbia accompagnato il visitatore, presentandogli i pezzi più pregiati della raccolta. Forse l’insistenza sulla galleria esterna rispon­ de invece più a esigenze narrative e a una suddivisione dei materiali biografici pensata dall’autore; in questa prima fase della giovinezza gli preme più sottolineare la vicinanza a questo tipo di pittura, mentre la scoperta dell’antico e dell’arte italiana era stata riservata a una fase di formazione estetica successiva trattata in altre opere biografiche, in primis il Viaggio in Italia.

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Nonché fondatore della tipografia e libreria, divenuto poi celebre in particolare per essere l’editore delle opere di Gottsched. Quando fu messa a punto la stampa delle note musicali con lettere mobili, il figlio Johann Gottlob Immanuel ampliò l’attività anche con edizioni musicali. Dal 1795 la denominazione dell’editore mutò in Breitkopf und Härtel. 152 Il figlio maggiore è Bernhard Theodor, dal 1781 tipografo e li­ braio a San Pietroburgo. La piccola pubblicazione fu stampata con il titolo Neue Lieder, in Melodien gesetzt von Bernhard Theodor Breitkopf (Leipzig 1770). Si tratta della prima stampa di sue poesie, seppure sen­ za indicazione dell’autore. In seguito egli inserì alcuni di questi compo­ nimenti nelle edizioni delle sue opere del 1785 e 1815. 153 Georg Christian Reichel, professore di medicina a Lipsia. 154 Johann Michael Stock. Goethe mantenne anche in seguito rapporti con la famiglia Stock; la figlia maggiore, Johanna Dorothea, si fidanzò con l’amico di Schiller Ludwig Ferdinand Huber, divenne pittrice e di­ pinse alcuni famosi ritratti tra cui quelli di Mozart, Schiller, Körner. La sorella minore, Anna Maria Jakobine (Minna), sposò Christian Gottfried Körner. Goethe le rivide entrambe più volte a Jena, a casa di Schiller. 155 Johann Alexander Thiele, dal 1738 pittore di corte a Dresda, spe­ cializzato nel dipingere paesaggi. Due incisioni di Goethe su modelli di Thiele si sono conservate. 156 Ad esempio un ex libris per Annette Schönkopf. 157 Johann Adam Hiller, compositore, maestro di musica e organista a Lipsia, oltre che apprezzato compositore di Singspiele; musicò tra le altre cose il Singspiel di Daniel Schiebeler, giurista e scrittore di Am­ burgo, intitolato Lisuart e Dariolette, messo in scena a Lipsia nel 1766. – Johann Joachim Eschenburg, di sei anni maggiore di Goethe, colla­ borò alla traduzione di Shakespeare fatta da Wieland e fu in seguito un influente critico letterario. 158 Lessing si fermò a Lipsia per un breve periodo tra l’aprile e il maggio del 1768, per prendere accordi con il suo editore. Cfr. la lettera a Charlotte von Stein del 20 febbraio 1781. 159 Le «pagine sibilline» sono una definizione ricca di reminiscenze. Oltre a quelle legate all’antichità, ai libri sibillini custoditi sul Campi­ doglio a Roma con i responsi della sibilla di Cuma, può essere riferita anche agli scritti alchemico-pansofici che vengono nominati alla fine dell’ottavo libro, che nella loro vaghezza e ambiguità di formulazione occultano profondi segreti alchemici; la medesima espressione sarà uti­ lizzata più avanti per descrivere la lettura di Hamann, a cui Herder lo introduce (cfr. p. 865). 151

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Il professore di retorica di Halle, Christian Adolf Klotz, aveva aspramente criticato gli scritti filologici di Lessing, soprattutto il Laocoonte. Lessing reagì con le sue Briefe, antiquarischen Inhalts (17681769), e anche Herder rispose all’attacco di Klotz. In seguito Lessing partecipò anche ad altre accese diatribe, delle quali la più famosa e significativa fu il Fragmentenstreit (1778), che vide opporsi gli illumi­ nisti ai teologi protestanti più ortodossi. 161 Si tratta del principe Leopoldo iii von Anhalt-Dessau, che si ispi­ rava ai principi umanitari dell’Illuminismo. In alcune lettere Winckel­ mann, che lo aveva conosciuto a Roma, parla di lui lodandolo come il più nobile di tutti i principi e modello per ogni governante e ogni uomo. Il parco di Wörlitz, vicino a Dessau, fu allestito come giardino all’in­ glese dall’architetto Friedrich Wilhelm von Erdmannsdorff – il castello di Wörlitz e l’annesso parco sono considerati la sua opera più notevole. Goethe lo visitò diverse volte e ne trasse spunto per la ristrutturazione del parco di Weimar. Cfr. lettera a Charlotte von Stein del 14 maggio 1778. 162 Winckelmann fu assassinato a Trieste l’8 giugno 1768. 163 La malattia manifestatasi a Lipsia viene oggi identificata come una tubercolosi polmonare emorragica, accompagnata da un ingros­ samento dei linfonodi del collo (Kühn 1949; Oberhoffer 1949). – La grave malattia segna il climax negativo e la conclusione del primo periodo di studi, e nel riconsiderare quella fase non vengono rispar­ miate le critiche: «non brillavo in quanto a costanza», fare il saputello, la «momentanea stupidità, non rara nei giovani presuntuosi e viziati», «sgarbati malumori»… Comportamento e atteggiamento vengono di­ pinti in modo molto negativo e il tracollo fisico viene letto a posteriori come conseguenza e somatizzazione di tutto il disagio, l’insoddisfa­ zione e l’irrequietezza che avevano segnato la permanenza a Lipsia. D’altra parte, l’affetto e la sollecitudine che molti amici e conoscenti gli dimostrarono in quel frangente indica chiaramente che era stato capace anche di costruire rapporti stretti e duraturi, il suo comportamento e sta­ to d’animo non erano quindi così negativi come appaiono nel ricordo. 164 Christian Gottfried Hermann, figlio del predicatore di corte a Dresda e futuro borgomastro di Lipsia, con cui Goethe rimase in con­ tatto anche in seguito. 165 Georg Gröning nel 1781 divenne senatore per gli affari esteri e in seguito borgomastro di Brema, molto stimato come diplomatico. 166 Ernst Theodor Langer fu come Behrisch precettore a Lipsia e poi successore di Lessing come bibliotecario a Wolfenbüttel. La profonda 160

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influenza di Langer, soprattutto in ambito religioso, emerge chiaramen­ te dalle lettere che Goethe gli scrisse, che furono ritrovate soltanto nel 1922 (Grosser 1949, pp. 203-207). In seguito Langer prese posizione contro le Xenie miti di Goethe e Schiller (1797). 167 Glauco scambiò le sue armi d’oro con quelle di bronzo di Diome­ de (Iliade vi, vv. 234-236). 168 Le agitazioni erano state causate da un intervento del consigliere Böhme che nell’estate del 1768, durante il periodo del suo rettorato, aveva cercato di limitare i diritti studenteschi. 169 La partenza avvenne il 28 agosto 1768. 170 Si riferisce alla battaglia che ebbe luogo nei pressi di Auerstedt nell’ottobre del 1806, in seguito alla quale Jena e Weimar furono invase e saccheggiate dalle truppe francesi. Goethe ebbe paura per l’integri­ tà delle sue collezioni e dei suoi manoscritti: l’impressione lasciata da questo episodio insieme alla morte di Schiller (9 maggio 1805), lo con­ vinsero a pubblicare tutte le opere che conservava ancora manoscritte. Nacque così l’edizione in 12 volumi pubblicata da Cotta (cfr. lettera a Cotta del 24 ottobre 1806). 171 Nel lungo periodo trascorso a Weimar fu spesso gradito ospite del duca Ernst ii, della moglie Maria Charlotte Amalie e del fratello August von Sachsen-Gotha. 172 Susanna Katharina von Klettenberg, amica e cugina della signora Goethe, era vicina alla corrente pietista degli Herrnhuter. Come indi­ cato nel testo, fornì il modello per le Confessioni di un’anima bella contenute nel sesto libro degli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister, ma tratti dell’amica di famiglia sono presenti anche nella figura di Macaria negli Anni di pellegrinaggio. Cfr. Funck 1912; Chiarloni 1989. 173 Johanna Dorothea Griesbach, moglie del pastore della chiesa di S. Petri. Goethe conosceva anche il figlio Johann Jakob. 174 Negli ambienti pietisti si sviluppò una specifica terminologia, che venne poi in parte ripresa dall’Empfindsamkeit, l’epoca della sen­ sibilità. Si consolidò man mano un vero e proprio stile di scrittura che prediligeva generi testuali autobiografici e con un marcato carattere in­ trospettivo. Cfr. Langen 1954. 175 Viene descritta una nuova tappa del lento percorso verso l’ela­ borazione della sua personale religione, iniziato nel primo libro con l’altare innalzato al Dio dell’Antico Testamento (che sottolinea la di­ stanza dalle scelte radicali di gruppi come la Comunità dei fratelli o i silenti della terra). Dopo la crisi e i dubbi circa la bontà di Dio provocati dal terremoto di Lisbona, segue il racconto degli studi biblici con il

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vecchio direttore Albrecht, un altro scettico che alle domande poste dal fanciullo «non la smetteva più di ridacchiare», guardandosi bene dal dargli qualsiasi informazione che avrebbe potuto comprometterlo. Si tratta però di una figura viva, descritta con umanità e bonarietà, ben di­ versa dal padre confessore di famiglia nella scena fredda e impersonale della prima confessione. Pur considerando col distacco della vecchiaia e grande ironia il suo atteggiamento giovanile verso Dio e la religio­ ne e mantenendo le distanze da ogni forma di ortodossia, l’autore non manca di sottolineare tutti i momenti in cui incontra una religiosità più autentica, feconda per la vita e per il singolo, che siano i sacramenti cattolici, la fede profonda e serena della signorina von Klettenberg o, più avanti, l’amore incondizionato per la divinità di Spinoza (Bowman 1966/1967). 176 Il medico era Johann Friedrich Metz, il chirurgo si chiamava Crisp. Le due professioni erano a quel tempo completamente separate: la prima era accademica e si basava sullo studio della letteratura medi­ ca, mentre era il chirurgo o barbiere a intervenire sul malato con piccole operazioni. 177 I medici dovevano limitarsi a fare le prescrizioni, mentre la pre­ parazione e la vendita dei medicinali era compito esclusivo dei farma­ cisti. 178 Seguendo la strada aperta dalla pansofia barocca, nella sua ope­ ra Georg von Welling cerca di collegare in un unico sistema la storia della salvezza con l’ordine naturale unendo alchimia, teologia e magia naturale, e richiamandosi alle dottrine di Paracelso. Nonostante tutti gli sforzi di chiarificazione dell’Illuminismo, la letteratura alchemica continuò ad avere ampia diffusione e in alcune cerchie, soprattutto tra i pietisti, Welling era considerato un’autorità (cfr. in particolare Telle 1983, che integra e rettifica le informazioni di Zimmermann 1961). No­ nostante partisse da presupposti alchemici, Welling perseguiva l’alchemia mystica, il cui intento non era quello di fabbricare oro, bensì com­ prendere Dio attraverso la natura; sale, mercurio e zolfo rappresentano per lui i princìpi primi, grazie ai quali tutto era stato creato. L’edizione dell’Opus mago-cabbalisticum del 1760, con i rimandi scritti a margine di suo pugno, si trovava nella biblioteca del padre, poi nella biblioteca di Goethe a Weimar, che se ne servì anche per il Faust. 179 L’opera di Welling suscita il suo interesse per la letteratura er­ metica in generale, «davvero una lunga sequenza, che va dalla tavola [smeraldina] di Ermete fino a Musarion di Wieland» (lettera a Langer dell’11 maggio 1770); qui vengono ricordati soltanto alcuni dei suoi

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rappresentanti a cominciare da Paracelso, medico, filosofo della natura e alchimista del Cinquecento, fondatore della pansofia tedesca, che fu spesso al centro degli interessi del poeta (Sudhoff 1932); se ne occupò ad esempio nel periodo a Strasburgo e ne trasse molti spunti per il Faust. – Basilio Valentino, mitica figura di alchimista che la tradizione vuo­ le monaco benedettino di inizio Quattrocento, a cui venivano attribuiti molti scritti di argomento alchemico. – Johann Baptist van Helmont, chimico, medico e filosofo fiammingo, principale rappresentante del­ la iatrochimica, riprese la teoria paracelsiana dell’archeus. Tutti i suoi scritti furono poi raccolti e pubblicati dal figlio Jan Baptist (Ortus medicinae, Amsterdam 1648), e poi tradotti in tedesco da Christian Knorr von Rosenroth (Auffgang der Artzney-Kunst, Sulzbach 1683). – George Starkey fu un medico inglese, alchimista e pansofista, influenzato a sua volta da Paracelso e da Helmont. Su queste letture teosofiche, cfr. Fai­ vre 2000; molti di questi autori sono trattati anche nel manuale di storia di Arnold ricordato più avanti (Storia della Chiesa e degli eretici) e nel solido manuale di Buhle (Göttingen 1800) di cui Goethe si servì per la stesura di queste pagine, come è documentato nel suo diario. Buhle in particolare fornisce un’ampia introduzione alle correnti neoplatoniche e si sofferma sulla filosofia cabalistica e sulla teoria della contrazione ed espansione della materia. 180 L’aurea catena di Omero era uno scritto di carattere alchemi­ co e pansofico apparso nel 1723, probabilmente opera del rosacrocia­ no Anton Joseph Kirchweger. La metafora della catena aurea, ripresa dall’Iliade (viii, vv. 18-27), indicava la connessione mistica tra il mondo naturale e quello soprannaturale. 181 Si tratta di un forno di fusione di piccole dimensioni che funzio­ nava con un sistema di ventilazione naturale: entrando dalle molteplici aperture, il vento poteva alimentare la fiamma (Fumagalli 2000). 182 Secondo Welling, l’aria in quanto elemento chimico di base era saturata con un sale celeste che lui considerava una panacea universale (Kopp 1844, vol. ii, pp. 149-152). Il sale intermedio invece si riteneva fosse una sostanza in bilico tra il regno minerale e quello vegetale. 183 Anche l’attrezzatura del giovane discepolo prevede un forno fu­ sorio a ventilazione naturale e un bagno di sabbia, cioè un recipiente con della sabbia in cui le soluzioni venivano surriscaldate mediante ca­ lore indiretto, in modo che si formassero dei cristalli. 184 Surriscaldando il biossido di silicio e unendolo ad altre sostanze si otteneva un acido silicico che era considerato negli scritti di pansofia come una forma di transizione tra l’essere organico e quello anorgani­

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co, tra il mondo minerale e quello vegetale e animale: rappresentava quindi una forma di Urzeugung. 185 In alchimia, ‘terra vergine’ era una delle denominazioni usate per indicare la prima materia, che avrebbe la capacità di trasmutare i metalli. Goethe ne parla anche nel capitolo dedicato agli alchimisti all’interno dei Materiali per la storia della teoria dei colori. 186 In opposizione al fuoco alchemico o filosofico, che era utilizzato per lo scopo più nobile della trasmutazione dei metalli e si riteneva avesse il potere di trasmettere alla materia la scintilla vitale. 187 Con il riferimento a Herman Boerhaave si abbandona il rea­ me dell’alchimia per entrare nella chimica moderna. I suoi Elementa chemiae (1732) hanno costituito per lungo tempo la guida allo studio della chimica; l’altra opera ricordata sono invece gli Aphorismi de cognoscendis et curandis morbis in usum doctrinae domesticae digesti (1709). Questi ultimi furono utilizzati più volte da Goethe, alcuni passi sono trascritti ad esempio nelle Effemeridi di Strasburgo del 1770. 188 Johann Ludwig Ernst Morgenstern, dal 1769 attivo come pittore a Francoforte; diede lezioni di disegno al poeta e alla sorella Cornelia. 189 I complici erano originariamente una commedia farsesca in atto unico, mentre dopo un radicale processo di revisione, nel 1769 furono trasformati in una commedia di carattere in tre atti sul modello di Les­ sing; la modifica più consistente fu l’aggiunta di un’esposizione iniziale in cui si annunciano i motivi portanti dell’opera e si forniscono le infor­ mazioni necessarie a comprendere lo sviluppo della trama. 190 Il testo di Arnold ripercorre la storia della Chiesa e della devozio­ ne dai tempi di Gesù fino agli inizi del pietismo. L’autore, che aderiva del resto al movimento pietista, rappresenta la storia religiosa non come storia dei dogmi e delle istituzioni, bensì come storia della devozio­ ne e della religiosità. In questo senso, sono letti positivamente alcuni movimenti ereticali e alcune figure che miravano al recupero dei tratti originali del cristianesimo delle origini. L’opera ha profondamente in­ fluito su Goethe, che l’aveva a disposizione nella biblioteca del padre (Meinecke 1936, vol. i, pp. 47-55; Brinkmann 1982, pp. 91-126). I due grandi volumi in folio mostravano una profonda conoscenza storica unita a una capacità di analisi straordinaria per la sua epoca. 191 Le riflessioni che seguono e l’immagine del cosmo e della cre­ azione sono fortemente influenzate dagli scritti neoplatonici, ermetici e mistici più volte nominati in queste pagine, che lo accompagneran­ no anche nel periodo di Strasburgo. L’esordio del paragrafo sottolinea come l’immagine della divinità che emergeva da quelle letture fosse in

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sintonia con il suo sentire personale. Nel diario, in data 9 marzo 1811 Goethe fa riferimento a questa visione del cosmo definendola un «dog­ ma mistico». In essa si sovrappongono tre livelli diversi: il contenuto degli scritti pansofici citati, la visione del mondo del giovane ventenne e l’interpretazione elaborata nell’età matura, che costituisce il punto di partenza per la descrizione (li analizza nel dettaglio Hippe 1979).

Libro nono Per recuperare notizie sulla letteratura del tempo, Goethe prese a prestito dalla biblioteca di Weimar molti numeri della «Allgemeine deutsche Bibliothek», che presentava recensioni di libri tedeschi di tutti i campi del sapere. A quanto risulta dal suo diario, la lesse estensiva­ mente. Da questa rivista (1765, i, 1, p. 128) proviene infatti la citazione, tratta dal saggio del celebre filologo Christian Gottlob Heyne, che re­ censisce un’opera di Johann Gottlieb Lindner: Lehrreicher Zeitvertreib Ovidianischen Verwandlungen (1764). 193 La prima fase di Wieland era il periodo svizzero (1752-1760), trascorso a Zurigo sotto l’influsso di Bodmer, durante il quale compose lirica religiosa con una forte impronta pietistica. La seconda fase inizia invece con il trasferimento a Biberach (1760) come segretario di can­ celleria, ed è contrassegnata dalla convinta adesione all’Illuminismo, che sfocia in uno stile ironico e gioioso. Il poeta prima deriso divenne allora il portavoce della letteratura illuministica tedesca, si parlava mol­ to di lui proprio negli anni in cui Goethe studiò a Lipsia. Le sue opere principali sono: Die Abenteuer des don Sylvio von Rosalva (1764), Komische Erzählungen (1765), Die Geschichte des Agathon (1766/1767), Musarion (1768). Questa seconda fase viene celebrata da Goethe an­ che nell’elogio funebre di Wieland scritto nel 1813, quindi poco tempo dopo la stesura di queste pagine. Un diverso giudizio su Wieland si avrà invece nel periodo dello Sturm und Drang, che segna una terza tappa nella sua ricezione e su cui si tornerà più avanti. 194 Shakespeare: Amleto i, 5: «Vi sono in cielo e in terra, Orazio, assai più cose di quante ne sogna la tua filosofia» (trad. di Eugenio Montale, Milano 1982). 195 Durante il viaggio di ritorno dall’Italia Goethe padre si era fer­ mato a Strasburgo (nel 1741), dove aveva seguito alcune lezioni. La sua «intenzione» quindi riguardo alla formazione del figlio è ancora una volta orientata alla riproposizione del suo percorso formativo per­ sonale. 192

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NOTE AL TESTO

La partenza per Strasburgo avverrà nell’aprile del 1770. Dal terzo libro era emerso chiaramente come tutta l’esistenza del consigliere imperiale ruoti intorno alla casa; egli era totalmente con­ centrato sulla sfera casalinga e familiare e questo aspetto è già stato visto più volte con occhio critico dal figlio, che non condivide questo stile di vita inattivo e ritirato. Ancora una volta quindi, la critica alla casa, la scenata e l’ira del padre sono indice di un conflitto molto più profondo, che investe la sfera personale e sociale dell’individuo nel suo complesso. 198 Lo sguardo a volo d’uccello presenta la regione intorno a Stra­ sburgo che fornirà l’ambientazione per i prossimi tre libri, paragonata a una pagina intonsa che il poeta si accinge a riempire con la sua nar­ razione. Fin dal primo sguardo, l’Alsazia viene descritta come un para­ diso, con tutte le caratteristiche proprie del locus amoenus: vengono ri­ proposti tutti i topoi tipici dell’Arcadia, con il suo paesaggio campestre segnato da graziosi corsi d’acqua, prati e boschetti – ma anche molti altri elementi verranno ripresi da questa tradizione letteraria e dal pe­ trarchismo, perfetti per descrivere quel paesaggio idilliaco (cfr. Krepold 2009). – Dopo il periodo della contrazione e chiusura in se stessi (ma­ lattia e convalescenza, trascorse nello spazio ristretto della casa), ecco l’espansione, l’allargarsi dello sguardo su uno spazio sconfinato e allet­ tante, ricco di promesse. Sul periodo di Strasburgo e la sua permanenza in Alsazia cfr. Traumann 1923; Vermeil 1932; Fuchs 1973; Pange 1925. 199 Goethe alloggia da un certo Schlag, un pellicciaio originario di Francoforte. 200 Johann Georg Hebeisen, che aderiva al pietismo insieme a tutta la sua famiglia. 201 Anne Marie e Suzanne Marguerite Lauth. 202 Johann Meyer, che poi esercitò come medico a Vienna e Londra. 203 Nell’edizione di riferimento l’anziano ufficiale è identificato con Freiherr von Cronhjelm, cavaliere dell’ordine di S. Luigi, istituito dal re di Francia Luigi xiv per meriti militari. Gabrielle Bersier, cogliendo numerosi riferimenti intertestuali alle opere di Kleist, suppone invece che la figura dell’ipocondriaco pieno di idiosincrasie, di cui nel corso del libro verranno narrati alcuni aneddoti, sia invece un ritratto di Kleist, con cui Goethe aveva un rapporto difficile e non privo di polemiche, e che era morto da poco (Bersier 2011). 204 Johann Daniel Salzmann, attuario al tribunale dei minori di Stra­ sburgo (cfr. la lettera a Susanne von Klettenberg del 24 agosto 1770). 205 Si tratta probabilmente di Johann Konrad Engelbach. Si trattava 196 197

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in genere di studenti degli ultimi anni che, per guadagnare qualcosa, aiutavano i nuovi arrivati nello studio. 206 Jakob Reinhold Spielmann, professore di chimica e botanica alla facoltà di medicina di Strasburgo. 207 Johann Friedrich Lobstein, uno degli anatomisti e chirurghi più famosi dell’epoca, professore di anatomia all’università di Strasburgo. Le impressioni e le riflessioni dell’autore sulle lezioni di Lobstein a cui assistette confluiranno anche negli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (lib. iii, cap. 3); cfr. Enke/Wenzel 1998. 208 La quindicenne Maria Antonietta passò da Strasburgo il 7 mag­ gio 1770, sulla strada per Parigi, dove doveva andare in sposa al re di Francia Luigi xvi. 209 La delegazione francese che doveva andare incontro alla giovane sposa era guidata da Louis Georges Erasme Marquis de Contades. 210 Raffaello disegnò nel 1515/1516 una serie di dieci cartoni per gli arazzi che avrebbero coperto la parte inferiore delle pareti della Cappella Sistina con scene tratte dalla vita degli apostoli Pietro e Paolo. Gli arazzi furono poi ricamati a Bruxelles, allora il centro della fabbrica dei gobelins del Rinascimento, e inviati a Roma nel 1519, dove venivano esposti in occasioni particolari; Goethe li vide durante il suo soggiorno a Roma nel giugno 1787 (Viaggio in Italia, Secondo soggiorno a Roma, Arazzi papali, pp. 401-405). In aggiunta alla serie commissionata da papa Leo­ ne x ne furono ricamati anche alcuni esemplari aggiuntivi, uno dei quali fu esposto a Strasburgo in questa occasione. Contrariamente a quanto detto a proposito della visita alle gallerie di Dresda, la sua attenzione non era rivolta esclusivamente alla pittura olandese, ma aveva già sviluppato un grande amore per l’arte italiana del Rinascimento (cfr. nota 150). 211 A rappresentare la pittura francese moderna è in questo caso il ciclo di sette arazzi con la storia di Giasone di Jean-François de Troy. Durante la spedizione degli argonauti, per conquistare il vello d’oro Giasone deve catturare due tori scatenati che sputano fuoco, deve sot­ toporli al giogo e con loro arare un campo. Medea, figlia del re della Colchide, lo aiuta con un incantesimo e poi fugge con lui. Ma giunti a Corinto, Giasone la abbandona per sposare Creusa. Per vendicarsi, Medea invia allora alla rivale una veste nuziale che va in fiamme non appena indossata, uccidendo non soltanto Creusa ma anche il padre di lei, accorso per aiutarla; uccide poi anche i figli che aveva avuto da Giasone. 212 La disgrazia si verificò nella notte tra il 30 e il 31 maggio 1770, e sembra che sia costata la vita a più di 500 persone.

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NOTE AL TESTO

Johann Heinrich Jung, detto Stilling, studiava medicina a Stra­ sburgo. Si stabilì poi a Elberfeld e nonostante i molti casi sfortunati, divenne un famoso oculista. Nel 1778 fu chiamato a Kaiserslautern alla cattedra di contabilità, nel 1787 si trasferì a Marburgo con lo stesso ruo­ lo. Grazie a un vitalizio, dal 1803 poté ritirarsi e dedicarsi soltanto alla scrittura. Jung si lasciò indurre da Goethe a scrivere la propria biografia e gli consegnò il manoscritto, non destinato a essere pubblicato. Goethe lo conservò alcuni anni, per poi farlo stampare nel 1777 in forma ridotta (Heinrich Stillings Jugend), dopo aver espunto molti passi di carattere religioso e moraleggiante. In questa forma, l’opera segna il passaggio dell’autobiografia pietista dall’ambito personale a quello letterario, ed è significativa soprattutto per la descrizione dell’infanzia, che andrà a costituire un vero e proprio genere letterario. Allettato dal successo dell’opera, Jung proseguì il racconto della sua vita in una serie di altri scritti, in cui l’elemento religioso diviene sempre più preponderante. – Goethe rimase in contatto con lui per molti anni, ma la fede cieca che Jung aveva nella provvidenza determinò una distanza sempre maggiore nel modo di vivere dei due amici, fino ad allontanarli definitivamente. Cfr. Götting 1937. 214 Si intendono i cosiddetti Stillen im Lande, i silenti della terra, la cor­ rente del pietismo a cui aderiva Jung che da qui prese il nome di Stilling. 215 Franz Christian Lerse (Lersée), studente di teologia, poi inse­ gnante all’accademia militare di Colmar, infine precettore a Vienna; condivideva con Goethe l’entusiasmo per Shakespeare. 216 Johann Christian Ehrmann, medico condotto della città e profes­ sore di medicina; il figlio Georg Friedrich era anch’egli professore di medicina (in particolare ostetricia). 217 François Marie Gayot era pretore di Strasburgo, cioè il funziona­ rio di grado più alto nell’amministrazione, che fungeva da intermedia­ rio tra la cittadinanza e il re. – Jacques François Blondel, importante ar­ chitetto francese, progettò importanti edifici a Parigi, Strasburgo, Metz. 218 In seguito alla pace di Vestfalia (1648), alcune parti dell’Alsazia erano divenute dominio francese; nel 1681 fu occupata dai francesi an­ che la città di Strasburgo, dove poco dopo si insediarono i gesuiti, che furono in seguito banditi dalla Francia con un decreto reale nel 1764. 219 Molti membri della famiglia Klinglin ricoprirono la carica di pre­ tore; l’ultimo, Franz Joseph Klinglin, fu arrestato per abusi e corruzione nel 1752 e sollevato dal suo incarico, e morì poi in prigione nel 1755. 220 L’episodio in cui Mentore, il suo precettore, riesce a salvare in extremis Telemaco, il figlio di Odisseo, è narrato alla fine del settimo libro 213

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del romanzo di Fénelon Les avantures de Télémaque. Erich Trunz (HA pp. 770-771) ricorda la bella incisione colorata che accompagnava l’edizione del romanzo letta da Goethe in gioventù e in seguito con­ servata nella sua biblioteca di Weimar, disegno che ha probabilmente contribuito a fissargli il fatto nella memoria. 221 Le osservazioni che seguono sulla cattedrale di Strasburgo si ba­ sano in buona parte sui lavori di Sulpiz Boisserée che Goethe aveva sot­ tomano: cfr. Firmenich-Richartz 1916. Nel libro xi si tornerà di nuovo a parlare della cattedrale. 222 Il saggio Von deutscher Baukunst. D. M. Erwini a Steinbach fu stampato nel 1772 (ma con data 1773; per la datazione, cfr. RobsonScott 1959); nel titolo viene dedicato al costruttore del duomo Erwin von Steinbach (Divis Manibus, iscrizione tipica delle lapidi romane), e manifesta tutto l’entusiasmo di Goethe per quel monumento, mentre in queste pagine predomina il filtro più misurato e obiettivo dell’età matura (Hübner 1936, pp. 86-87). Il testo fu subito dopo inserito nel volume di Herder Von deutscher Art und Kunst (1773), che diventerà il manifesto dello Sturm und Drang. 223 Si riferisce all’arte classica e a quella rinascimentale, che costi­ tuiranno una tappa successiva nella sua formazione estetica (cfr. note 150 e 210). Il duomo di Colonia lo visitò nel 1774 durante il viaggio lungo il Reno, poi ancora nel 1792 di ritorno dalla campagna di Francia, mentre quello di Friburgo nel 1775 e poi nel 1779 in occasione dei due viaggi in Svizzera. 224 I fratelli Boisserée, entusiasmati dal sentimento nazionale che si sviluppa nel Romanticismo e come reazione all’occupazione francese, caldeggiarono con grande energia il proseguimento della costruzione del duomo di Colonia, iniziato nel 1243 e poi rimasto incompiuto, riu­ scendo a conquistare anche il sostegno di Goethe per il progetto (lettere a Boisserée del 26 giugno e 8 agosto 1811). Dopo i primi contatti epi­ stolari, Sulpiz andò a Weimar di persona per parlare con Goethe, e si trattenne una decina di giorni, incontrandolo regolarmente. Gli mostrò i disegni del duomo di Colonia, Strasburgo, Amiens, Reims e riuscì a fargli apprezzare l’arte gotica nel suo complesso, mentre in precedenza Goethe ne aveva conosciuti soltanto alcuni esempi particolari. Sulpiz mirava a scrivere una storia dell’arte gotica per stimolare la conclusione del duomo incompiuto, e riuscì nei suoi intenti. La sua opera Ansichten, Risse und einzelne Teile des Doms zu Köln apparve nel 1821-1831; la storia del gotico apparve subito dopo (Denkmale der Baukunst am Nieder-Rhein vom 7. bis 13. Jahrhundert, 1831-1833) e la costruzione del ix,

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NOTE AL TESTO

duomo fu completata sui suoi disegni nel 1842-1880 (cfr. FirmenichRichartz 1916; Benz 1940; Grisebach 1949; Hübner 1936, pp. 93-94). 225 La giga è un ballo di origine irlandese con un tempo ternario piut­ tosto veloce; il murky era un brano musicale accompagnato da un basso arpeggiato a ottave spezzate, utilizzato per la prima volta nei canti degli studenti di Lipsia nel Settecento. 226 Il cosiddetto ‘ballo tedesco’ era una forma di valzer che venne poi dichiarata ballo nazionale.

Libro decimo Nella società medievale gli artigiani si raccoglievano in corpo­ razioni che garantivano ai singoli membri assistenza e tutela, oltre che una forte identità di gruppo; in una corporazione erano riuniti anche i Meistersinger del Cinquecento, che erano quindi rappresentati e rico­ nosciuti all’interno del corpo sociale. In seguito al disgregarsi di queste strutture, i poeti rimasero isolati e la loro ‘arte’ perse lo status di profes­ sione vera e propria. 228 La poesia d’occasione soddisfaceva il bisogno di autocelebra­ zione delle corti e nel Seicento divenne un fenomeno di notevoli di­ mensioni; nel corso del Settecento si estende anche al ceto medio del­ la borghesia cittadina e presenta forme di alta poesia accanto a forme epigonali della peggior specie (Segebrecht 1977). Da questo punto di vista, la poesia su commissione appare come l’erede diretta della poesia dei Meistersinger, basata su maestria tecnica e abilità, al pari delle altre professioni artigianali. Già nel v e poi nel vii libro Goethe racconta di aver lui stesso coltivato questo genere testuale con esiti più o meno fe­ lici (pp. 357, 633) e ora lo rivaluta con una riflessione più approfondita sul ruolo dell’esperienza e sul valore del singolo evento nella sensibi­ lità del poeta: prendendo spunto dalle piccole cose quotidiane, il poeta è capace di trasformare ciò che lo colpisce in immagine poetica (cfr. p. 595): «un caso particolare diventa universale e poetico proprio per il fatto che è il poeta a trattarlo. Tutte le mie poesie sono poesie d’occasio­ ne, trovano spunto nella realtà e nella realtà hanno il loro fondamento e il loro terreno. Le poesie campate per aria non le tengo in nessun conto» (Eckermann, Conversazioni, 18 settembre 1823, p. 36). 229 Friedrich von Hagedorn lavorava come segretario in una società commerciale di Amburgo ed era fin dagli anni Trenta conosciuto come autore di fiabe e poesie anacreontiche e poeta delle «ore libere» (cfr. p. 297): una delle opere di Hagedorn si intitola appunto Erlesene Pro227

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ben poetischer Nebenstunden. – Barthold Heinrich Brockes proveniva da una famiglia patrizia di Amburgo ed era attivo come diplomatico e senatore nella sua città. La sua opera principale, Irdisches Vergnügen in Gott (1721-1748) è una sorta di poesia naturale teologico-speculativa. – Su Haller cfr. nota 82. – Johann Peter Uz era giurista e presidente del tribunale regionale: acquistò prestigio letterario grazie alle sue tradu­ zioni di Anacreonte e altre traduzioni dal latino. – Rabener (cfr. nota 49) era consulente fiscale, Weiße un esattore a Lipsia (cfr. nota 42). 230 Se nella panoramica letteraria del vii libro Klopstock era stato no­ minato solo di sfuggita (p. 567), ora Goethe lo pone al centro dell’atten­ zione e lo celebra come colui che ha svolto un ruolo determinante nella sua formazione poetica (Lyon 1882). Quanto fosse stato importante per il suo avvicinamento alla poesia lo chiarisce l’aneddoto raccontato in chiusura del secondo libro (pp. 163-167) mentre gli schemi preparatori dimostrano come gli accenni a Klopstock fossero meditati e accurata­ mente distribuiti all’interno della biografia, a testimonianza del debito che Goethe sente nei suoi confronti. In questa nuova panoramica sulla letteratura del tempo, che prelude alla nuova fase segnata dall’incontro con Herder, la sua figura acquista maggior risalto: Klopstock inaugura l’epoca del genio poetico e in quanto tale viene considerato un precur­ sore dello Sturm und Drang che sta per iniziare a Strasburgo. Il loro cordiale rapporto, iniziato a Francoforte e proseguito in forma episto­ lare, si interruppe bruscamente per un litigio nel periodo di Weimar, ciononostante il suo ritratto non ne risulta turbato, ma rimane limpido e improntato alla gratitudine. 231 Queste righe tratteggiano in forma molto sintetica il contenuto del Messia, con un riferimento alla figura di Abbadona, l’angelo caduto che si pente. Esso compariva già nei primi canti del poema e aveva col­ pito molto i lettori, che per tutto il tempo si chiesero cosa sarebbe stato di lui: alla fine (xix canto) l’autore lo fa comparire davanti al giudice supremo che gli concede la grazia. 232 Nello schema biografico del 1809 (Paralipomenon 1, FA xiv, p. 856) sono già indicate le parole-chiave: «1752 lettera di Klopstock del 9 aprile. Sentimento della dignità personale del poeta». In quella lettera indirizzata a Gleim, infatti, Klopstock contesta con veemenza l’opinione manifestata da alcuni suoi lettori che lo ritenevano un poeta di corte di vecchio stampo a causa di un’ode scritta in onore del re di Danimarca. 233 Nella parte finale del Messia (xx, vv. 595-630) ai cori celesti si unisce il canto di due mortali, che sono il poeta stesso e la moglie Meta.

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NOTE AL TESTO

Goethe non è rimasto colpito soltanto dai primi dieci canti, quelli più famosi che trattano la vita di Cristo fino alla Crocifissione e che aveva letto da ragazzino, o da alcune figure particolari come Abbadona, ma apprezza anche la seconda parte del poema, più complessa e teologica, quella che Klopstock considerava la più significativa. 234 La prima donna di cui Klopstock si innamorò era la cugina Maria Sophia Schmidt, la Fanny delle Odi, che poi sposò un commerciante di Eisenach. Cfr. lettera di Klopstock alla donna datata dicembre 1785. La moglie Meta (Margarethe) Moller, cantata nelle Odi come Cidli, sposò Klopstock nel 1752 e morì di parto nel 1758. Solo nel 1791 Klopstock accettò di risposarsi, con Elisabeth von Wintem nata Dimpfel, una nipo­ te della moglie defunta. – Goethe conobbe personalmente Maria Sophia e la famiglia, mentre ebbe notizie solo indirette e vaghe del matrimonio con Meta, ma intuì comunque la purezza e la profondità del legame tra i due. 235 Si tratta di Johann Hartwig Ernst von Bernstorff, dal 1751 mini­ stro degli esteri danese. Dopo la morte di Meta Klopstock fu accolto e ospitato a casa sua e quando Bernstorff lasciò il suo incarico nel 1770, Klopstock si trasferì ad Amburgo con lui. 236 Le Odi (dal 1748) e il Messia (1748-1773). Le Odi apparvero singolarmente in varie riviste, finché Klopstock non le raccolse in una grande edizione nel 1771. A queste due opere deve la sua celebrità, perché le altre (ad esempio la Repubblica dei dotti, 1774) non ebbero grande diffusione. 237 Johann Wilhelm Ludwig Gleim era stato già ricordato nel vii li­ bro per i suoi Kriegslieder, i canti di guerra filo-prussiani che gli con­ quistarono la fama di un Tyrtaeus tedesco (il poeta che componeva i canti di guerra degli spartani). Era segretario del capitolo di Halberstadt e canonico dell’abbazia di Walbeck, due cariche ben retribuite e senza troppi compiti, e si dedicava quindi alla vita letteraria: era molto attento ai giovani talenti che cercava di favorire ed era in rapporti epistolari con i maggiori autori del suo tempo (Petzsch 1969; Kozlowski 1907). 238 Molti di quegli epistolari vennero pubblicati, in particolare quelli di Gleim, per sua propria iniziativa e spesso senza nemmeno il permes­ so del corrispondente. Furono così divulgate le lettere tra lui e Heinse, Uz, Jacobi, Spalding, Herder, Lessing, Wieland, oltre a quelle della cer­ chia di Klopstock (Klopstock und seine Freunde, Halberstadt 1810). Con questo drastico giudizio finale, che sancisce il tramonto definitivo dell’Empfindsamkeit, Goethe chiude il suo bilancio su Gleim e Klop­ stock, uomini eccellenti e con grandi meriti in ambito letterario, ma

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troppo concentrati su se stessi e sulla loro insignificante quotidianità. Anche il giovane Goethe avvertiva questa limitazione e non sapeva dove cercare la materia per la sua poesia (cfr. pp. 585-587, 593-595): sarà l’incontro con Herder a indicargli la via. Cfr. Brandes 2001. 239 Goethe scrisse queste pagine nel 1811-1812, diversi anni dopo la morte di Herder (1803): come per Klopstock, si tratta anche qui del bi­ lancio di una lunga amicizia, che tra alti e bassi durò comunque tutta la vita. L’impressione indelebile lasciata dal loro primo incontro e dal pe­ riodo indimenticabile trascorso insieme a Strasburgo si unisce alla più profonda comprensione dell’uomo e della sua contrastata personalità acquisita nei decenni successivi. – Johann Gottfried Herder viaggiò nel 1769 da Riga a Parigi, dove ricevette la proposta di affiancare il figlio sedicenne del principe-vescovo di Lubecca, Peter Friedrich Wilhelm von Holstein-Gottorp. Herder accettò e nel 1770 partì da Amburgo con il giovane e il suo precettore per il consueto viaggio di formazione. A Darmstadt conobbe Caroline Flachsland, che poi avrebbe sposato, e proseguì verso Strasburgo. I rapporti con il suo pupillo e il precettore non erano però facili, tanto che Herder decise di separarsi da loro e accettò un posto di predicatore a Bückeburg. Prima però si trattenne a Strasburgo per sottoporsi alla complessa operazione all’occhio che sarà descritta tra poco e il giovane studente poté quindi frequentarlo assi­ duamente e a lungo. Questa fase così importante per entrambi è oggetto di numerosi studi, tra cui Kelletat 2004; Gillies 1952; von Wiese 1929; Van Der Laan 1986. 240 Daniel Pegelow, studente di medicina a Strasburgo e in seguito chirurgo in Russia. Herder aveva fatto la sua conoscenza a Strasburgo, e non già ai tempi di Riga, dove aveva invece incontrato suo cugino Begrow. 241 Con questi primi scritti (Kritische Wälder, 1769, e le tre raccolte di frammenti Über die neuere Deutsche Litteratur, 1767) Herder si era infatti subito guadagnato la reputazione di critico letterario di prim’or­ dine. 242 Nel 1769 l’accademia di Berlino aveva posto la seguente doman­ da: «En supposant les hommes abandonnées à leur facultés naturelles, sont-ils en état d’inventer la langue? et par quelles moyens parvien­ dront-ils d’eux-memes à cette invention?» Herder vinse il premio con il suo scritto Über den Ursprung der Sprache, pubblicato poi nel 1772 a spese dell’Accademia. Mentre il teologo Johann Peter Süßmilch aveva tenuto fede all’origine divina del linguaggio, Herder sostenne la tesi che esso non era né un dono divino né un prodotto solamente umano,

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NOTE AL TESTO

bensì un dono dell’essere di natura che si è sviluppato come conseguen­ za di alcune particolari condizioni storiche e che è legato a determinati processi cognitivi: per la prima volta si era posta l’attenzione sul lega­ me tra linguaggio e pensiero. Cfr. Neis 2003. 243 Qui Goethe confonde il pastore e naturalista Georg Christoph Sil­ berschlag con Peter Süßmilch, predicatore del concistoro di Berlino e autore del saggio: Versuch eines Beweises, daß die erste Sprache ihren Ursprung nicht von den Menschen, sondern von dem Schöpfer erhalten hat (1766), che fu inviato al concorso dell’Accademia. 244 Domenico Fetti, pittore di genere della fine del Cinquecento; a Dresda era esposto un ciclo di otto dipinti sulle parabole (cfr. lettera a Herder del settembre 1771). Il giovane studente, impulsivo, ingenuo ed entusiasta, è un facile bersaglio per Herder e il suo sarcasmo. 245 Robert Lowth era un ebraista celebre in tutta Europa, che non soltanto interpretò i libri dell’Antico Testamento dal punto di vista teo­ logico, ma ne sottolineò il valore poetico in particolare nella sua opera Praelectiones academicae de poesia sacra Hebraeorum (1753). Herder si occupò della poesia ebraica in molti dei suoi scritti, tra cui Älteste Urkunde des Menschengeschlechts (1774-1776), Lieder der Liebe (1778), Über die Wirkung der Dichtkunst auf die Sitten der Völker (1778) e infine Vom Geist der Ebräischen Poesie (1782-1783), dove il tema giunse a compiuta elaborazione. 246 Dalla descrizione della frequentazione con Herder, Goethe ap­ pare come colui che ‘prende’ (Brandes 2001), che riceve stimoli e idee dalla natura in costante fermento dell’altro: dapprima l’aggiornamento sul mondo letterario attuale, poi la riflessione sul linguaggio, Hamann, la letteratura inglese e infine l’interesse per la poesia dei popoli primiti­ vi (Urpoesie) e quella popolare, in particolare fiabe e ballate. Insieme a Herder, si dedicò effettivamente alla raccolta di canti popolari alsaziani, soprattutto ballate, alcune delle quali furono poi inserite nella raccolta di Volkslieder pubblicata da Herder (1778-1779); ma mentre l’amico le raccoglieva estrapolandole da testi e volumi più antichi, Goethe le registrava dalla viva voce degli abitanti durante le sue escursioni nella regione. 247 Per tutta la vita Goethe cercò di raccogliere gli scritti sparsi di Hamann, che erano noti per essere oscuri, enigmatici, profetici ed erano stati pubblicati singolarmente, in fascicoletti con pochissimi esemplari. Hamann stesso soleva definirli «pagine sibilline», e la definizione po­ trebbe essere giunta fino a Goethe tramite Herder, che conosceva per­ sonalmente Hamann.

PARTE SECONDA, LIBRO X

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Maria Caroline Flachsland, che avrebbe sposato nel 1773. L’in­ sistenza sul difetto fisico che gli deturpava il volto e il suo permanere, nonostante la complessa e dolorosa operazione, richiama un’osserva­ zione precedente riguardo al vaiolo, che deturpava in modo vistoso molti coetanei; ma l’autore, che ne era stato colpito da ragazzino, ne era guarito senza che sul suo volto ne restasse traccia alcuna. Il «difet­ to» dell’occhio e la sofferenza che ne deriva offrono una scusante per il perenne spirito di contraddizione di Herder, distruttivo e caustico, e diviene simbolo visibile di quel difetto dello spirito che lo porta a «intossicare a se stesso e agli altri anche i momenti migliori», quasi a esemplificare «l’effetto morale delle malattie». In tutta le descrizione del personaggio vi è un attento bilanciamento di elementi positivi e negativi, in cui attrazione e repulsione, fascino e irritazione sono gli ef­ fetti complementari che emanano dalla sua forte personalità in costante fermento (Van Der Laan 1986). 249 Allude alla favola di Lessing Der Knabe und die Schlange [Il bambino e il serpente, in: Favole ii, 3] che si chiude con la morale se­ guente: «i benefattori mossi da scopi meschini ed egoistici, figlio mio, si meritano di ricevere in cambio ingratitudine invece che ringrazia­ mento». 250 Nel momento in cui scrive, il 1812, egli è uno dei collezionisti più importanti e più famosi di tutta Europa, ed è particolarmente af­ fezionato alle sue raccolte, come dimostrano anche queste righe. Le mostrava volentieri ai suoi visitatori, scegliendo di volta in volta alcuni pezzi da presentare: in questi anni è la collezione di autografi a essere in primo piano, negli anni precedenti mostrava con piacere le collezioni di disegni e incisioni o di minerali. – Il grande ritratto di Herder si chiude con la lunga digressione sull’ingratitudine che gli permette di tornare al punto di partenza, alla collezione di sigilli di cui gli aveva parlato nei loro primi incontri e che era stata tra le prime vittime della furia distruttrice dell’amico. La passione per il collezionismo era comunque sopravvissuta e gli offre lo spunto per un bilancio tra il dare e l’avere: con l’esempio del denaro prestato e restituito con tanta scortesia è come se Goethe volesse sottolineare che anche lui, per quello che poteva all’epoca, aveva ‘dato’ all’amico (Brandes 2001). 251 Dal motto latino: «semper aliquid haeret». 252 Pur riconoscendo e apprezzando la grandezza di Herder, da cui riceve moltissimi stimoli, il giovane Goethe impara anche a difendersi dal suo sarcasmo distruttivo che riesce a fargli perdere il gusto per mol­ te letture e a fargli «andare di traverso» anche gli autori più cari. Così, 248

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NOTE AL TESTO

dopo essere stato oggetto di scherno persino nel proprio nome, su cui Herder aveva costruito etimologie piuttosto offensive, si guarda bene dal confidargli altri due nomi che stavano acquistando forma dentro di lui come prodotti poetici: Götz e Faust. La biografia del primo (Lebensbeschreibung des Herrn Gözens von Berlichingen, zugenannt mit der Eisernen Hand, 1731) la lesse con tutta probabilità nel 1771 a Fran­ coforte, mentre nelle Effemeridi di Strasburgo (1770-1771) si trovano appunti sulla vendetta e il diritto del più forte. Non sappiamo invece in che modo sia per la prima volta venuto in contatto con la materia del Faust, se nei Volksbücher che trovava dal libraio vicino a casa o, come sembrerebbe qui, nelle rappresentazioni popolari nel teatro delle mario­ nette, dove la storia di Faust era molto amata. 253 Jung ne parla infatti nella sua Heinrich Stillings Wanderschaft (Berlin/Leipzig 1778, pp. 158-159): «Quest’inverno giunse a Strasbur­ go il signor Herder. Stilling fece la sua conoscenza tramite Goethe e Troost. Nella sua vita non ha mai ammirato un uomo tanto come lui. “Herder ha un solo pensiero, e quello è il mondo intero!” […] E se uno spirito ha mai ricevuto una spinta per mettersi in moto perpetuo, Stilling l’ha ricevuta da Herder e questo perché, per carattere naturale, era più in armonia con quel genio eccelso piuttosto che con Goethe». 254 Da uno spazio ristretto, questa volta la camera del malato Herder, lo sguardo può di nuovo spaziare in campo aperto; la posizione elevata e il cannocchiale permettono di ampliare ulteriormente le coordinate spazio-temporali anticipando anche ciò che sta per accadere (un’intu­ izione che è per Goethe dono dei poeti) e preparando gradualmente il lettore al dolce idillio campestre e alla storia d’amore che sta per nasce­ re a Sessenheim. 255 La gita segna l’emergere dell’interesse per la geologia, per le mi­ niere e il loro sfruttamento e per gli elementi economici e amministra­ tivi che vi sono collegati. Il punto di vista del narratore è dunque quello della vecchiaia, quando lo sguardo retrospettivo coglie l’importanza di un’escursione, per il giovane studente forse solo una tra le tante, ma a posteriori quella di gran lunga «più ricca di conseguenze», con la scoperta di campi d’attività che lo accompagneranno per tutta la vita (Beyer-Kirnbauer 1970). 256 Johann Konrad Engelbach concluse gli studi a Strasburgo nel 1770 e probabilmente era il tutor con cui Goethe studiava; divenne poi consigliere del principe di Nassau-Saarbrücken. – Friedrich Leopold Weyland era invece iscritto a medicina ed esercitò in seguito la profes­ sione a Francoforte. Sarà lui a portarlo per la prima volta a Sessenheim.

PARTE SECONDA, LIBRO X

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L’escursione a Zabern e Saarbrücken ebbe luogo dal 22 giugno al 4 luglio e terminò con il rientro a Strasburgo (e non a Sessenheim, come invece verrà narrato qui). Per la descrizione dell’itinerario l’au­ tore poté avvalersi ancora dei diari, che in seguito invece distrusse, e utilizzò inoltre l’opera di Johann Daniel Schöpflin: Alsatia illustrata (cfr. p.  1009; Michel 1983). – La sequenza cronologica degli eventi narrati in questo libro non rispetta quella reale: la gita a Zabern precede infatti il primo incontro con Herder che avviene in settembre, la prima escursione a Sessenheim in ottobre e la lettura del Vicario di Wakefield risale al mese di novembre 1770. Nella narrazione invece i diversi ele­ menti si sovrappongono e si fondono, e tutti mirano alla costruzione di un climax reso ancora più avvincente dal suo rifrangersi nel parallelo letterario di Goldsmith (Hösle 2006). Sulla cronologia del decimo li­ bro e la sua rielaborazione letteraria si soffermano ampiamente anche Bracht 1989, pp. 262-266; Grappin 1980. 258 Louis Constantin de Rohan-Guémené, allora vescovo di Stra­ sburgo. 259 La strada, lunga 4 km, che raggiunge il passo (Col de Saverne) e conduce da Zabern a Pfalzburg (oggi Phalsbourg) fu costruita per vole­ re di Luigi xv: era un’opera molto imponente, considerata ai tempi una meraviglia dell’ingegneria e della tecnica. 260 I rincari dei prezzi delle derrate alimentari erano una conseguen­ za dell’estate del 1770, che era stata molto piovosa e aveva compro­ messo il raccolto. Soprattutto in Svevia molte persone furono costrette a spostarsi e la carestia offrì lo spunto per l’introduzione forzata della coltura della patata (imposta in Prussia da Federico ii) in ampie zone della Germania. 261 Si tratta di un rilievo della zona, secondo la leggenda luogo di ritrovo delle streghe che si radunavano qui prima di volare verso il Bro­ cken. 262 Johann Reinhard iii, conte di Hanau-Lichtenberg. 263 Friedrich Wilhelm Heinrich ii von Nassau-Saarbrücken. 264 Ludwig von Nassau-Saarbrücken. 265 Hieronymus Max Freiherr von Günderode, governatore di Saarbrücken; era rampollo di una delle famiglie patrizie di Francoforte (i Limpurg, cfr. p.  1523), per questo l’accoglienza è particolarmente calorosa. 266 Dalla lavorazione dell’allume si ottenevano sostanze utilizzate moltissimo nella concia e nella tintura, ma anche per la fabbricazione della carta e di medicinali. 257

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NOTE AL TESTO

Il chimico Johann Kaspar Staudt aveva allora 60 anni. Fu un in­ ventore geniale, le cui scoperte per la lavorazione del carbone vennero messe in pratica solo molti anni dopo. 268 Era l’antica denominazione degli alchimisti e così si definiva ad esempio il teosofo, chimico e alchimista Johann Baptista van Helmont, una delle letture fatte a Francoforte durante la convalescenza (p. 721). 269 La scena notturna riprende tutti gli elementi tipici del romantici­ smo: il cielo stellato, il silenzio notturno, lo sguardo che spazia su monti e valli che si perdono nel crepuscolo, il corno che suona in lontananza… Tutto ripropone la Sehnsucht romantica, che risveglia di nuovo un’an­ ticipazione del futuro, l’amore che lo aspetta all’orizzonte. Il racconto della gita è infatti teso verso il punto di arrivo, il ritmo subisce ora una brusca accelerazione, la via del ritorno è percorsa a spron battuto, senza soste, creando anche nel lettore un’attesa sempre più impaziente – ma si inserisce una nuova pausa narrativa, la lettura con Herder del Vicario di Wakefield. Se da una parte tiene in sospeso il lettore, dall’altra l’ironico gioco di specchi tra letteratura, realtà e narrazione rende il racconto che sta per iniziare ancora più ricco e coinvolgente. Cfr. Bracht 1989; Grappin 1980; Meller 1994. 270 Il duca Christian iv von Pfalz-Zweibrücken. 271 Johann von Dietrich, grande proprietario di terreni e imprendi­ tore della zona. Le sue fucine e fabbriche impiegavano 1500 persone. 272 Cfr. la lirica Il viandante (Tutte le poesie, vol. i, pp. 739-751) che fissa proprio le impressioni raccolte durante la breve sosta a Niederbronn, dove i viaggiatori si aggirano tra antiche vestigia romane (anche se nella lirica l’ambientazione viene trasferita in Italia, nei pressi di Cuma). 273 L’iscrizione è riportata nell’opera di Schöpflin: Alsatia illustrata (cfr. nota 257). 274 Il romanzo di Oliver Goldsmith apparve nel 1766, e già l’anno successivo uscì la prima di una folta serie di traduzioni tedesche; in Germania ebbe infatti grande fortuna, perché rispondeva al gusto per l’idillio campagnolo tipico della Empfindsamkeit (Price 1929). Mentre lavorava al x e xi libro, Goethe prese in prestito dalla biblioteca di Wei­ mar sia l’originale, sia la traduzione. 275 Riferimento alla figura biblica di Melchisedek, re, sacerdote e profeta (Gen 14, 18-20). 276 In più occasioni Goethe mostra di apprezzare particolarmente la grande ironia che contraddistingue e rende così gradevole il romanzo di Goldsmith, ma che rispecchia anche l’atteggiamento con cui lui stesso guarda a (e scrive) la propria biografia; nel diario, il 18 maggio 1810, 267

PARTE SECONDA, LIBRO X

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annota: «Visione ironica dell’esistenza nel senso più alto, grazie alla quale la biografia si eleva al di sopra della vita»; lo ribadirà infatti anche tra poco. 277 Nel terzo capitolo del romanzo vi è effettivamente un dialogo in cui il protagonista, travestito per nascondere la propria identità, parlan­ do passa inavvertitamente dalla terza alla prima persona. L’attenzione analitica di Herder si sofferma sulla struttura dell’opera e sugli elementi narrativi e retorici, considerandola quindi in primo luogo come prodot­ to artistico; il suo giovane ascoltatore invece apprezza il romanzo im­ medesimandosi nel racconto e vivendolo come «prodotto della natura», capace di suscitare entusiasmo e partecipazione emotiva. Entrambi gli atteggiamenti, legati anche alle diverse fasi della vita, sono accolti e legittimati, e si compenetrano in quel «mondo autenticamente poeti­ co» che, nella sua perfezione formale, ha il potere di toccare gli animi (Hösle 2006; Heukenkamp 1982). 278 La leggenda di Filemone e Bauci si trova nelle Metamorfosi di Ovidio (viii, vv. 611-724) ed è rappresentata anche in molti dipinti. L’anziana coppia offre ospitalità a Ermes e Zeus, che per ricompensarli si offre di esaudire i loro desideri: i coniugi chiesero di poter essere sacerdoti nel tempio di Zeus e di poter morire insieme, nello stesso momento. Il racconto viene poi rielaborato anche nel Faust ii, atto v, vv. 11043-11142. – L’episodio su Enrico iv è narrato invece nel Singspiel di Christian Felix Weiße e Johann Adam Hiller: Die Jagd [La caccia]. 279 Così erano soprannominati gli eruditi e i precettori quando anda­ vano a cavallo: quell’attività non rientrava tra le loro abituali occupa­ zioni, per cui erano goffi e maldestri e per questo derisi. 280 Johann Jakob Brion, parroco di Sessenheim dal 1760; la moglie è Magdalene Salomea Brion nata Schöll, una famiglia alsaziana rinomata e benestante. Cfr. Guggenbühl 1961. 281 Maria Salomea Brion, la figlia maggiore, aveva la stessa età di Goethe, la sorella era di tre anni più giovane. Friederike Elisabeth Brion è l’unica della famiglia a essere chiamata col suo vero nome, per tutti gli altri vengono utilizzati i nomi del romanzo di Goldsmith, e per ricre­ are una somiglianza ancora maggiore tra i Primrose e i Brion non ven­ gono menzionate ad esempio altre due figlie (Lorenczuk 2013; Meller 1994; Matzen 1983; Froitzheim 1893). Tutto l’episodio è segnato da un continuo oscillare tra realtà e letteratura, tra Sessenheim e Wakefield, in un gioco di specchi e rimandi che si moltiplica all’infinito, coinvol­ gendo anche il lettore che vede sovrapporsi diversi mondi immaginari e mondi reali.

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NOTE AL TESTO

Christian Brion, che divenne a sua volta pastore a Niederbronn e Barr; nel romanzo il figlio del vicario si chiama appunto Moses. La corrispondenza tra i personaggi di Goldsmith e la famiglia Brion è com­ pleta, e tra poco l’amico Weyland suggerirà per Goethe il ruolo di Lord Burchell, il benefattore che risolverà la situazione molto difficile dei Primrose portando il racconto a un lieto fine – alla fine dell’avventura di Sessenheim il ruolo dell’ospite in incognito è invece più sfumato: se da una parte è colui che ravviva, arricchisce e porta novità, dall’altra è anche colui che distruggerà l’idillio e causerà pena e sconforto. Per il significato del trasvestimento come chiave di lettura dell’episodio di Sessenheim, con il suo intreccio di elementi psicologici, antropologici e letterari cfr. Ponzi 2008. 283 In una lettera a Schiller del 4 febbraio 1797 Goethe parla del pro­ getto di questa fiaba, che venne però realizzato solo nel 1807. Proprio mentre lavorava al decimo libro di Poesia e verità la fiaba viene dettata e scritta in bella copia (diari, 24-29 settembre 1812); sarà prima pub­ blicata nel Taschenbuch für Damen auf das Jahr 1817 e poi inserita nel Wilhelm Meister. Non è questo l’unico caso in cui Goethe raccoglie ele­ menti narrativi e li conserva dentro di sé per decenni prima di dar loro forma compiuta; a proposito della Nuova Melusina scrive infatti nella prefazione alla prima edizione degli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (1821): «Hanno preteso da me la fiaba di cui parlo alla fine del secondo volume delle mie confessioni. Purtroppo ora non posso trascri­ verla nella sua originaria innocenza: è stata scritta solo molti anni più tardi e nella sua conformazione attuale rispecchia un periodo più matu­ ro rispetto a quello di cui si parla in quel passo. Questo basta per pre­ parare adeguatamente l’ascoltatore accorto. Se dovessi raccontare ora quella fiaba, inizierebbe così: […]». – A differenza di quanto accaduto per il Novello Paride, la fiaba non viene inserita nel testo (ma i lettori di Goethe la conoscono bene, visto che era stata stampata di recente); le accomuna invece la rivisitazione di un personaggio noto che viene spo­ stato in un contesto completamente nuovo e attuale. Melusina era infatti la fatina protagonista di un’antica fiaba alsaziana, una di quelle che Go­ ethe aveva raccolto e trascritto su stimolo di Herder insieme alle ballate locali, e da questo punto di vista trova una collocazione ideale nella cornice narrativa di Sessenheim. Invaghito di lei, il cavaliere Raymont accetta di farsi rimpicciolire assumendo la dimensione di Melusina per sposarla, ma poi si pente amaramente perché in quel modo ha perso la libertà, la statura e con essa una parte di sé. Se il tema delle limitazioni e della rinuncia si inserisce perfettamente nel Wilhelm Meister, il tema 282

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del matrimonio impari destinato al fallimento e all’infelicità non è di buon auspicio per la storia d’amore che sta per sbocciare e ne mette in luce fin dall’inizio l’elemento critico che ne segnerà la fine (Gould 1981, pp. 44-47). Ma come per Paride, anche ora gli ascoltatori saranno colpiti dalla mescolanza tra realtà e immaginazione, tale che ancora una volta non si riesce più distinguere dove sia il confine tra la favola e la realtà (cfr. pp. 951-953; Geulen 1985). 284 L’eredità materna e paterna viene descritta in modo molto pre­ gnante nelle Xenie miti: «Del padre ho la statura, / la dirittura morale, / della mamma l’indole gaia / e il piacere di favoleggiare». (Tutte le poesie, vol. i, p. 1345, trad. di Maria Teresa Giannelli). 285 Franz Joseph Gall, anatomo e frenologo, in base ai suoi studi sul cranio formulò la teoria che localizzava nelle diverse zone del cervello le varie disposizioni d’animo dell’uomo; dall’osservazione della forma del teschio cercava quindi di dedurre le doti, il carattere e le inclinazioni dei singoli. Questa teoria fu molto contrastata ai suoi tempi, in Germa­ nia venne persino proibita tanto che Gall si trasferì a Parigi. Goethe ascoltò una sua conferenza nel 1805 a Halle, e descrive le sue impres­ sioni negli Annali per l’anno 1805.

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NOTE AL TESTO

Parte terza Libro undicesimo Il motto che apre la terza parte è la variazione di un proverbio tramandato anche nelle Tischreden di Lutero: «Gott muss den hohen Bäumen steuern, dass sie nicht in den Himmel wachsen» [Dio deve guidare gli alberi più alti, affinché non crescano fino al cielo]. Il terzo motto introduce quindi, nel passaggio verso una fase più matura della vita, la necessità di un’istanza regolatrice che non è però la divinità, so­ stituita dal pronome impersonale (Ehrentreich 1963); sulla predilezione di Goethe per i proverbi, che si accresce in età matura, cfr. Seiler 1922. – Dopo la pubblicazione dei primi due volumi Goethe pensò di concen­ trare il progetto dell’autobiografia in soli tre volumi, comprimendola in 15 libri; progettò quindi una prefazione alla terza parte, probabilmen­ te per motivare questa riduzione, ma in seguito modificò nuovamente le sue intenzioni (Scheibe 1967b). In quella prefazione (che poi deci­ se di non utilizzare, ma che è conservata nel Paralipomenon 78, FA xiv, pp. 971-973) applicava il modello della metamorfosi delle piante al dispiegarsi dell’individuo, indicandolo come principio strutturante dell’autobiografia; un modello da cui poi invece prese le distanze rico­ noscendo dapprima la polarità tra libertà e necessità e infine l’irrompere del demonico (forse anche come riflessione sugli avvenimenti storici a cui assisteva), una forza metafisica imperscrutabile che trascina l’uomo attraverso l’esistenza (Niggl 1999; Michel 1983). 2 Si riferisce al ruolo di Raymond nella Nuova Melusina. 3 Il «venerato maestro» è Ehrmann, ma non è chiaro se si tratti del padre o del figlio, entrambi professori di medicina a Strasburgo. Si veda la lettera a Johann Christian Ehrmann del 20 marzo 1816 e l’articolo in Zastrau: Goethe-Handbuch, s. v. ‘Ehrmann’. 4 Goethe si era occupato di Ippocrate durante la redazione del Wilhelm Meister, dove detti ippocratici compaiono a più riprese sia ne­ gli Anni dell’apprendistato che negli Anni di pellegrinaggio. 5 La situazione descritta, come anche l’atmosfera notturna, rispec­ chia fedelmente la poesia Benvenuto e addio. 1

PARTE TERZA, LIBRO XI

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Johann Peter Hebel, scrittore molto popolare e autore di poesia dialettale. Goethe aveva recensito le sue Poesie alemanne, pubblicate nel 1803, e si era soffermato in particolare sul componimento Sonntagsfrühe [Domenica mattina]. La recensione apparve sulla «Jenaische allgemeine Literatur-Zeitung» del 1805 (vol. xii, pp. 261-266). 7 La fiaba di Melusina, che presenta troppe somiglianze con il reale, su saggio consiglio dell’amico non viene scritta; e anche ora che Friede­ rike dichiara di leggere molto volentieri romanzi, il Vicario di Wakefield non viene consigliato dal protagonista, forse per il timore che, scorgen­ do gli evidenti parallelismi con la situazione reale, ci si interroghi anche sul suo ruolo, che sta ancora oscillando tra il benefattore Burchell e il nipote malintenzionato e seduttore. Suona comunque molto ironica la dichiarazione finale di Friederike, a cui piacerebbe molto assomigliare ai personaggi dei romanzi. Cfr. Grappin 1980; Matzen 1983. 8 Fino a quel momento il romanzo inglese aveva svolto la funzione di termine di paragone, ma a esclusivo vantaggio dei due visitatori; ora appare anche fisicamente, come oggetto concreto e argomento comu­ ne di conversazione; e come per i protagonisti della fiaba di Melusina erano stati individuati subito dei corrispondenti reali, le ascoltatrici non tardano a identificarsi con la famiglia Primrose. I due piani che finora scorrevano paralleli, quello letterario e quello reale, ora convergono, marcando il punto di rottura dell’equilibrio, già ampiamente annunciato nelle righe precedenti. Cfr. Grappin 1980; Matzen 1983. 9 È il nome della moglie di Hanswurst, il rozzo pagliaccio della com­ media popolare tedesca: cfr. la farsa di Goethe Le nozze di Hanswurst. 10 Si tratta di Benvenuto e addio, Con un nastro dipinto (di cui par­ lerà fra poche righe descrivendo la situazione che l’ha ispirata), Festa di maggio, Presto rivedrò Richetta, Svegliati, Federica, Ora sente quell’angelo il mio sentimento, Muore la volpe resta la pelle, A moscacieca. 11 Amleto era già disponibile nella traduzione di Wieland; sull’im­ portanza di Shakespeare si veda più avanti, pp. 1043-1049. 12 Il paesaggio arcadico, il cielo campestre, l’aria aperta sono l’unico elemento in cui l’idillio può esistere; in città le due sorelle sono come pesci fuor d’acqua e per lo stesso protagonista causa di disagio e ansia: la visita a Strasburgo è un esame che la famiglia Brion non supera, l’idillio non regge al confronto con la realtà. La distanza tra città e cam­ pagna, accentuata dalle molte ore di cavalcata che le dividono, è resa più acuta che mai: la placida Sessenheim è l’opposto dell’affaccendata e rumorosa Strasburgo; in campagna tutto è perfetto, persino i tempo­ 6

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NOTE AL TESTO

rali, e la bellezza dell’Alsazia ripropone tutti i topoi dell’Arcadia con effetti anche sul benessere fisico (in città compare subito quel fastidioso malessere che lo tormenta). Ma emerge con sempre maggior chiarezza come la relazione con Friederike sia una mésalliance: Goethe è rampol­ lo di una delle famiglie più in vista di una grande città, sta completando gli studi per poi esercitare una professione tra le più tradizionali e in un ambiente alto-borghese; l’idillio alsaziano sembra quasi una fuga, un ultimo tentativo di sottrarsi al progetto di vita del padre, ma proprio per questo è destinato a fallire, per cause non esterne ma interne all’indivi­ duo stesso. Bracht 1989, pp. 272-276; Gould 1981, pp. 41-46; Krepold 2009. 13 Augustin Freiherr von Leyser (1683-1752), professore di diritto a Helmstedt e Wittenberg e autore di un famoso manuale (Meditationes ad Pandectas, 1717-1748) che Goethe aveva letto già a Francoforte, prima ancora di immatricolarsi a Strasburgo. 14 La sua dissertazione De legislatoribus non è conservata. Cfr. la lettera a Engelbach del 30 settembre 1770; Radbruch 1954. 15 Johann Friedrich Ehrlen. 16 Le tesi furono stampate nel 1771 a Strasburgo: Positiones juris. Erano 56 tesi in latino riguardanti diversi ambiti della giurisprudenza, scelte in modo da potersi collegare con alcuni temi dibattuti all’epoca, come ad esempio schiavitù e diritto naturale, punizione delle infantici­ de, riforma del diritto penale ecc. Cfr. Schubart-Fikentscher 1949; Gen­ ton 1971; Simson 1949. 17 Con l’esame consegue il titolo di utriusque juris licentiatus, che corrispondeva al titolo di dottore di ricerca conferito dalle università tedesche, ma in realtà non ne chiese mai il riconoscimento. Scrive a Salzmann alla fine dell’agosto 1771: «A parte il cerimoniale, non mi importa niente di essere un dottore in legge. Sono così stufo di dottora­ ti, così stufo di praticantati che faccio giusto il minimo necessario per mantenere le apparenze». Cfr. anche la lettera al tribunale degli scabini di Francoforte del 28 agosto 1771. 18 Johann Daniel Schöpflin, professore di storia e retorica a Strasbur­ go. La sua opera principale, Alsatia illustrata (1751-1761), a cui più volte si fa riferimento, fu pubblicata a Colmar in due grandi volumi in folio di circa mille pagine ciascuno con numerose illustrazioni, ed è una descrizione storica, geografica e socio-culturale della regione che l’au­ tore stesso utilizza come fonte per i libri x e xi. Schöpflin si sofferma in particolare sui monumenti dell’epoca romana e medievale, un ambito di studi che aveva in Alsazia una robusta tradizione storiografica.

PARTE TERZA, LIBRO XI

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Era il 24 novembre 1770. Christoph Wilhelm von Koch, allievo di Schöpflin, divenne bi­ bliotecario dell’università di Strasburgo nel 1766 e professore di di­ ritto pubblico nel 1779. – Jeremias Jacob Oberlin proseguì l’opera del maestro sugli usi e i costumi dell’Alsazia e insegnò logica e metafisica sempre a Strasburgo fino al 1763. 21 È questo uno snodo centrale del libro, dove diverse questioni aperte richiedono una decisione. Ancora una volta il protagonista si tro­ va confrontato con un progetto di vita che gli viene proposto dall’ester­ no, la carriera accademica a Strasburgo, in ambiente francese; la storia d’amore con Friederike, che richiederebbe un impegno definitivo ma di cui già è stata annunciata la fine; l’interesse per il mondo letterario, acuito dall’incontro con Herder, con il risvegliarsi della vena poetica. Tutte tensioni che premono per una scelta di vita, che non sarà frutto del dispiegarsi regolare e continuo dell’individuo, bensì prodotto di un «in­ sieme imperscrutabile di libertà e necessità», dove a dominare sono le circostanze esterne. Cfr. i suoi versi: «Come? quando? e dove? Gli dei non rispondono! / Attieniti al quia, non chiedere lo scopo». Cfr. Tutte le poesie, vol. i, p. 802, trad. di Maria Teresa Giannelli. 22 Il riferimento è alla Guerra dei Sette anni e in particolare al perio­ do dell’occupazione francese di Francoforte, descritto nel terzo libro. Sulla fase di apprendimento e il rapporto con la lingua francese cfr. Schreiner 1992; Grappin 1990; Hombourger 1986; sulla scelta di ab­ bandonarla e di rinunciare a una carriera in Francia, come spiegherà tra poco, cfr. Weill 1932, pp. 468-471. 23 I calvinisti infatti non erano autorizzati a tenere cerimonie religio­ se all’interno della città, per cui la loro chiesa si trovava a Bockenheim, nei sobborghi di Francoforte. 24 Di Montaigne apprezzava in modo particolare gli Essais (15801594), importanti per la storia dell’autobiografia; il vescovo cattolico Jacques Amyot era noto come scrittore e traduttore di Diodoro Siculo, Longo e Plutarco. François Rabelais doveva la sua fama ai romanzi sa­ tirici Pantagruel (1532) e Gargantua (1534), molto noti anche in Ger­ mania, mentre Clément Marot era un poeta di rilievo. 25 Friedrich Melchior Freiherr von Grimm visse a Parigi nella cer­ chia di Diderot e degli enciclopedisti. Aveva contatti epistolari con mol­ te corti e fu un importante mediatore culturale dell’epoca. In seguito alla Rivoluzione francese, nel 1790 lasciò la Francia per trasferirsi a Gotha. Goethe lo conobbe personalmente a Eisenach nel 1771 e lo in­ contrò poi varie volte anche in seguito. 19 20

1764

NOTE AL TESTO

Sebbene la Francia avesse preso possesso di Alsazia e Lorena fin dal xvii secolo, un discreto numero di principi e vescovi tedeschi aveva mantenuto diritti feudali su quelle regioni, diritti che furono aboliti solo con la Rivoluzione francese. L’esproprio di tutti quei beni, avvenuto in seguito alla Rivoluzione, fu uno dei motivi principali che condusse all’invasione tedesca della Francia nel 1792. 27 Federico ii di Prussia, definito «stella polare» con un epiteto tratto dal Giulio Cesare (iii, 1) di Shakespeare. Cfr. Herre 1935. 28 Gilles Ménage, scrittore e critico francese del Seicento, che Goe­ the conosceva per la celebre frase contro Perrault: «Oh questo secolo di cattivo gusto!». Il ‘buon gusto’ era un termine centrale nel dibattito sull’estetica del Settecento (cfr. von Bormann 1974). 29 Urfaust, vv. 197-198 (trad. di Andrea Casalegno). 30 Figura popolare che riuniva in sé tutti gli stereotipi del tedesco. Di origine forse rinascimentale, era molto diffusa in canti e commedie del Seicento, e assumeva connotazioni diverse a seconda dei contesti: il Michele tedesco [der deutsche Michel] era il contadino grossolano e un po’ ottuso che mangiava e beveva a più non posso, ma anche il patriota che protestava contro l’abuso dei forestierismi che infestavano la lingua tedesca, come nel celebre foglio volante di Grimmelshausen (Der teutsche Michel, 1642). È proprio la sua figura a introdurre la bre­ ve panoramica sulla letteratura francese che segue: la posizione molto critica è esplicitata fin dall’inizio, nell’intento di tratteggiarne non il va­ lore intrinseco, bensì la ricezione che aveva in quegli anni tra i giovani tedeschi. E nonostante il giudizio negativo, Goethe seguì e si interessò di ciò che accadeva in Francia, come dimostrano le sue assidue letture di opere e riviste francesi lungo tutto il corso della sua vita. 31 Nel 1764 Voltaire aveva curato un’edizione commentata in dodici volumi del teatro di Corneille. – Goethe lesse Voltaire fin da ragazzo (molte sue opere erano presenti nella biblioteca del padre) e si occupa di lui a più riprese: nel 1799 traduce la sua opera teatrale Maometto, nel 1800 il Tancredi per il teatro di Weimar, e anche nelle note alla sua traduzione del Nipote di Rameau si sofferma sulle sue opere. 32 Allusione all’articolo ‘Dio’ nel suo Dizionario filosofico (1764). 33 Goethe non apprezza la feroce critica della Bibbia operata da Vol­ taire e la sua massiccia rielaborazione di opere dell’antichità classica; ma ciò che gli farà perdere definitivamente la stima in lui è un tema molto concreto, e cioè l’articolo dedicato al ‘Diluvio universale’ nel Dizionario filosofico, in cui viene rigettata sia la spiegazione biblicoteologica, sia quella geologica. 26

PARTE TERZA, LIBRO XI

1765

Caterina ii di Russia; Gustavo iii di Svezia; Cristiano vii di Da­ nimarca; Stanislaus August ii, figlio del conte Stanislaus Poniatowski, ultimo re di Polonia e testimone di tre spartizioni del suo paese; Frie­ drich Heinrich Ludwig, un fratello minore di Federico ii di Prussia, fu un valoroso generale e un personaggio pubblico di rilievo nella Prus­ sia di fine Settecento, mentre Carlo (Karl Wilhelm Ferdinand) era duca di Braunschweig e padre della duchessa di Weimar Anna Amalia. – Il lungo elenco dei principi e regnanti che si dichiarano debitori e «vas­ salli» di Voltaire è sintomatico e contrasta con la visione dello scrittore francese che viene presentata dal padre: il favorito del re caduto poi in disgrazia e persino arrestato. Agli occhi del figlio, Voltaire è invece colui che si mette a servizio di un principe illuminato e riesce poi a sog­ giogare gli spiriti, a far cadere ai propri piedi un’intera nazione (Kiesel 1979, pp. 404-405). Si intuisce quindi una concezione del tutto diversa della relazione tra potere e spirito, tra politica e letteratura. 35 L’imperatore Giuseppe ii, durante il suo viaggio in Francia nel 1777, evitò di incontrare Voltaire. 36 Le siège de Calais, opera teatrale di Pierre Laurent Buyrette de Belloy, pubblicata nel 1765; insieme a lui viene ricordato Philippe Néri­ cault Destouches, drammaturgo di successo soprattutto nel genere della commedia seria. Entrambi sono più volte citati da Lessing nella Drammaturgia di Amburgo (1768); Goethe nomina Destouches anche nelle note al Nipote di Rameau. 37 Da questa breve panoramica sulla letteratura francese del Sette­ cento sembrano salvarsi soltanto Diderot e Rousseau. Di Diderot ha apprezzato in particolare alcune opere, tra cui il dramma borghese Il figlio naturale (1757), il racconto I due amici di Bourbonne, in cui il protagonista è un contrabbandiere, e il dialogo Il nipote di Rameau, che Goethe stesso traduce e commenta nel 1805 (sulla ricezione di Diderot in Germania, cfr. Mortier 1967). 38 Queste erano le indicazioni che Diderot aveva formulato per il dramma borghese (genre sérieux), che in Germania si erano diffuse grazie alla mediazione di Lessing: Das Theater des Herrn Diderot [Il teatro del signor Diderot] (1760). 39 Henri Louis Lecain (1728-1778), l’attore prediletto da Voltaire che fu in buona parte il fautore del successo delle sue opere in teatro. A lui si contrappose, con l’ideale della naturalezza, Jean Rival Aufresne, specializzato nella recitazione di Corneille (cfr. Valentin 2018). 40 Augusto è il protagonista della tragedia di Corneille Cinna (1640), mentre Mitridate è quello dell’omonima tragedia di Racine (1763). 34

1766

NOTE AL TESTO

Quando Goethe studia a Strasburgo, Rousseau era già divenuto una celebrità europea: nel 1761 era apparsa Giulia o la nuova Eloisa, l’anno successivo il romanzo pedagogico Emilio o dell’educazione. Il melodramma Pigmalione, pubblicato nel 1762, tratta il consueto tema dell’artista che si innamora della statua che lui stesso ha scolpito e chie­ de ad Artemide di donarle la vita. 42 Annuncia il movimento dello Sturm und Drang. 43 Paul Thiry d’Holbach: Système de la nature, pubblicato anonimo nel 1770, opera molto radicale in fatto di materialismo e determinismo; l’autore era del resto noto per la sua violenta polemica anticlericale e antireligiosa, ma tra i libri proibiti c’erano ad esempio anche i Pensées philosophiques di Diderot (1746) e le Lettres Anglaises ou Lettres philosophiques (1734) di Voltaire. Per rinfrescarsi la memoria, Goethe ri­ prese in mano il suo trattato nel 1812 (diari, 25 ottobre, 4 e 9 novembre 1812). 44 All’inizio pensava di trattare in modo più ampio l’importanza e l’opera di Shakespeare, come si evince anche dalla lettera a Zelter del 12 dicembre 1812, ma in seguito decise per una forma più concentrata, sia perché ne aveva già scritto in precedenza (negli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister, ma anche nel discorso scritto in occasione del festeggiamento in onore del poeta inglese che si era tenuto a Francofor­ te il 14 ottobre 1771, Zum Schäkespears Tag [Per la giornata in onore di Shakespeare]), sia perché ha intenzione di soffermarsi sull’argomento in una pubblicazione separata (Shakespeare und kein Ende [Shakespe­ are senza fine], composta nel 1813 e pubblicata poi in due parti nel 1815 e nel 1826). Cfr. Oppel 1949; Schöffler 1940; Willoughby 1955 e Schröder 1949. 45 William Dodd, teologo e studioso di Shakespeare, pubblicò un’an­ tologia delle opere shakespeariane che fu pubblicata in prima edizione nel 1752 e andò per la maggiore fino a Ottocento inoltrato. 46 Wieland aveva tradotto in prosa 22 opere shakespeariane (Zurigo, 1762-1766); questi otto volumi si trovavano già nella biblioteca del pa­ dre a Francoforte, li ritroviamo poi a Weimar, nella sua biblioteca con delle annotazioni di suo pugno: sono stati evidentemente utilizzati per la stesura della biografia. Anche nel discorso di commemorazione che Goethe terrà nel 1813, per la morte di Wieland, parlerà di questa tradu­ zione a cui attribuisce grande rilevanza. – Johann Joachim Eschenburg, poeta e storico della letteratura, dal 1767 docente al Collegium Caroli­ num di Braunschweig, fu il secondo traduttore tedesco di Shakespeare, che ne tradusse, sempre in prosa, l’opera completa (Zurigo, 1775-1782, 41

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1767

13 voll.). Eschenburg riprese, con piccole modifiche, i 22 drammi già tradotti da Wieland e aggiunse i restanti; una seconda edizione (17981806) fu invece completamente rielaborata. Grazie a queste due tra­ duzioni i giovani scrittori e poeti dello Sturm und Drang conobbero Shakespeare. 47 L’Iliade e l’Odissea circolavano in tedesco dal 1781 la prima, dal 1793 la seconda, nella traduzione in esametri fatta da Johann Heinrich Voß. Pur apprezzando il lavoro del traduttore, Goethe non mancò di criticarne alcuni passaggi (lettera a Knebel del 10 marzo 1813), e le sue osservazioni pedagogiche sulla preferenza per traduzioni in prosa, basate sull’esempio di Omero, possono essere forse una velata critica a Voß, che si era vantato di aver trovato l’unica forma di traduzione adeguata per Omero. 48 Un esempio di queste traduzioni accurate ma troppo cavillose per raggiungere la massa era la traduzione di Tacito fatta da Ludwig Wolt­ mann, uscita nel 1811 (cfr. lettera a Woltmann del 18 agosto 1811). 49 Il saggio di Herder Shakespeare (1773) fu inserito nel volume mi­ scellaneo Von deutscher Art und Kunst [Intorno al carattere e all’arte dei tedeschi], che può essere considerato il manifesto dello Sturm und Drang. Oltre a questo saggio, il volume conteneva, sempre di Herder, Auszug aus einem Briefwechsel über Ossian und die Lieder alter Völker [Estratto da un carteggio su Ossian e i canti dei popoli antichi], lo scritto di Goethe sull’architettura gotica, ispirato dalla cattedrale di Strasburgo (Dell’architettura tedesca), oltre a scritti di Paolo Frisi (Saggio sopra l’architettura gotica) e Justus Möser (Storia tedesca). 50 Jacob Michael Reinhold Lenz era originario della Livonia, studiò a Königsberg e trovò poi impiego come precettore per due nobili della Curlandia al cui seguito arrivò a Strasburgo nella primavera del 1771. Frequentò anche lui la cerchia di Salzmann e rimase a Strasburgo ben oltre la partenza di Goethe (agosto 1771). Come per Goethe e Herder, fu anche per lui un periodo ricchissimo di stimoli, da cui scaturirono le sue prime opere. Le Annotazioni sul teatro tedesco con annessa la tra­ duzione di Love’s Labour’s Lost (che egli intitolò Amor vincit omnia) apparvero anonime nel 1774 e riflettono l’esaltazione del genio e l’en­ tusiasmo per il drammaturgo inglese; partendo da posizioni antiaristo­ teliche, Lenz enuncia quelle che saranno le linee programmatiche del teatro dello Sturm und Drang. Il rapporto tra i due poeti fu complesso e difficile, per questo Lenz viene descritto come ‘bizzarro’. Lenz cercò con insistenza di instaurare un legame di amicizia più stretto, ammirava il giovane Goethe e cercava di competere con lui in tutto; dopo la sua

1768

NOTE AL TESTO

partenza da Strasburgo iniziò a seguirne le orme, andando negli stessi luoghi e cercando l’amicizia delle persone che lui aveva frequentato, ma la sua insistenza importuna indusse Goethe a sospettare disonestà nel suo comportamento. I ripetuti tentativi di Lenz di avvicinarsi a lui si conclusero a Weimar nel 1776 con uno scandalo, che fece emergere più chiaramente i suoi disturbi mentali. Le sue prime opere (Il precettore, 1774, e I soldati, 1776) furono molto fortunate, ma a seguito della malattia mentale la sua vena letteraria si estinse. Sul controverso rap­ porto Goethe-Lenz, che sarà approfondito nel lib. xiv, cfr. Froitzheim 1891; Winkler 1894; Sommerfeld 1935; Inbar 1978; Kreutzer 1980; Hill 1994. 51 Si tratta dei versi di Oloferne, che compone un epitaffio estempo­ raneo per il cervo ucciso dalla principessa (Love’s Labour’s Lost iv, 2: «The preyful princess pierced and prick’d / a pretty pleasing pricket; / Some say a sore; but not a sore, / till now made sore with shooting. / The dogs did yell: put L to sore, / then sorel jumps from thicket; / Or pricket sore, or else sorel; / the people fall a-hooting. / If sore be sore, then L to sore / makes fifty sores O sorel. / Of one sore I an hundred make / by adding but one more L.»). In tedesco la traduzione del gioco di parole è facilitata poiché, come in inglese, il diminutivo si formava anticamente con un suffisso in -L [Hirsch – Hirschel, cervo – cerbiatto] inteso poi come numero 50 romano. In italiano non c’è questa possibi­ lità, per cui ho tradotto giocando sulla doppia iniziale che, riferendosi al ‘cento’ romano, ha permesso di riprendere (accrescendola) l’iperbole già presente nel testo. 52 Nel diciottesimo saggio della sua Drammaturgia di Amburgo, in­ fatti, Lessing aveva difeso il pagliaccio e le figure comiche della com­ media popolare, contrapponendosi così alla riforma del teatro auspicata da Gottsched in pieno spirito razionalistico. 53 Aerolito caduto nella campagna dell’Alsazia nel novembre 1492, il primo meteorite di cui è documentata la caduta in Europa. Avvistato da molti chilometri di distanza, gli abitanti accorsero ad ammirare il mi­ sterioso oggetto, e iniziarono a staccarne delle parti come portafortuna. Dei complessivi 140 kg originari, il frammento più grande è oggi di 55 kg ed è esposto al museo di Ensisheim. Tra gli osservatori dell’evento ci fu anche Albrecht Dürer, che si trovava a pochi chilometri di distanza e che lo immortalò in seguito in molte delle sue incisioni. – Goethe non accoglie la teoria che il fisico tedesco Ernst Florens Friedrich Chladni (oggi conosciuto prevalentemente per i suoi studi di acustica) presentò nel 1794 sull’origine cosmica delle meteore (Über Feuer-Meteore), per

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1769

questo si mostra scettico; si attiene invece alla teoria più antica dell’ori­ gine gassosa e parla di conseguenza di «creature dell’aria». 54 Odilienberg, un sacro monte dell’Alsazia dove sorgeva il mona­ stero di S. Odilia, patrona della regione, circa 30 km a Sud-Ovest di Strasburgo; il nome sarà poi utilizzato per il personaggio di Ottilia nelle Affinità elettive. 55 Johann Andreas Silbermann, figlio e nipote dei famosi costruttori di organi; fu archeologo, organista e sovrintendente alle antichità di Strasburgo. 56 Il dolce idillio campestre con Friederike era stato annunciato con un’anticipazione e vaghe intuizioni del futuro, e si chiude con una pre­ monizione, un’anticipazione vera e propria, in cui il poeta vede se stes­ so quasi come uno spettro avanzare lungo la strada. La strana visione ricorda i sogni premonitori di nonno Textor, ma anche la capacità del poeta di fondere passato e presente in un unico attimo (quello che egli definisce aperçu), come osserverà più avanti il protagonista («era la sensazione che passato e presente fossero una cosa sola, una percezione che introduceva nel presente qualcosa di spettrale», p. 1329). In effetti, in occasione del suo viaggio in Svizzera insieme al duca Karl August, passò nuovamente da Sessenheim per rivedere Friederike (25 settembre 1779). Cfr. lettera a Charlotte von Stein del 28 settembre 1779 e il breve appunto autobiografico Visita a Sessenheim 1779 [Besuch in Sesenheim 1779, HA x, pp. 537]. Bracht 1989. 57 Oggi noto come ‘fauno danzante’, conservato agli Uffizi. 58 Lo scultore Peter Anton von Verschaffelt fu chiamato alla corte palatina nel 1752 da Karl Theodor von der Pfalz; dall’anno successivo raccolsero a Mannheim tutti i calchi in gesso che il conte già possedeva e ne commissionarono di nuovi dall’Italia; fu costruita un’apposita sala per esporli, mentre Verschaffelt li collocò su piedistalli rotanti, come quelli che usavano gli scultori. Poiché in Germania non esistevano qua­ si originali di sculture antiche e un viaggio a Roma o Firenze era una possibilità riservata a pochi, la sala delle antichità di Mannheim diven­ ne ben presto celebre, in quanto unica occasione per contemplare l’arte classica (Beringer 1907; Zastrau: Goethe-Handbuch, s. v. ‘AntikenSammlungen’). Tutti coloro che la visitavano ne erano entusiasti e la celebravano come un tempio, luogo per eccellenza dell’esperienza este­ tica: Lessing (1777), Schiller (Der Antikensaal zu Mannheim, 1784), Sophie von La Roche (Briefe über Mannheim, 1791) e molti altri. Nel momento in cui Goethe ne scrive, la sala non esisteva più e i gessi erano stati trasportati a Monaco – si tratta quindi di una rievocazione

1770

NOTE AL TESTO

letteraria, in cui lo spazio espositivo diviene narrazione dell’esperienza estetica, descritta in base a categorie concettuali che, al momento effet­ tivo della visita, ancora non erano state sviluppate. Cfr. Pehlke 2017. 59 Nella sua descrizione Goethe ripropone le indicazioni che veni­ vano fornite ai visitatori dei nascenti musei per guidarli nell’esperienza estetica: focalizzarsi su alcune opere singole, osservarle nella luce mi­ gliore e dall’angolazione giusta per poterne godere appieno, astraendo dall’ambiente circostante. Dopo essere stato sopraffatto dalla massa di statue nel suo insieme, lo sguardo seleziona quindi e illumina alcune opere particolari, primo tra tutti l’Apollo del Belvedere, copia romana di una statua dello scultore greco Leocare (iv sec. a. C.), ritrovata nel xv secolo e ora conservata nei Musei Vaticani. Winckelmann ne aveva parlato con entusiasmo nella sua Storia dell’arte nell’antichità e da al­ lora fu considerata uno dei capolavori assoluti della scultura antica. Nel 1782 Goethe ricevette in dono dal duca di Gotha un calco della testa che collocò nell’ingresso della sua casa sul Frauenplan, dove è visibile ancora oggi, finché non poté vedere l’originale nel corso del suo viag­ gio in Italia. Cfr. Wilpert: Goethe-Lexikon, s. v. ‘Apoll von Belvedere’. 60 Il gruppo del Laocoonte, ritrovato a Roma nel 1506 (ora nei Musei Vaticani), ebbe una profonda influenza sulla scultura dal Rinascimento in poi, e fu utilizzato da Winckelmann come esempio per eccellenza per esporre la sua teoria dell’arte (Pensieri sull’imitazione [Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst]; Storia dell’arte nell’antichità). Anche Lessing si ri­ chiamò a questa scultura nella sua contrapposizione con Winckelmann e ne fece il simbolo per sviluppare la distinzione tra le tecniche rappre­ sentative delle arti figurative e quelle della poesia (Laocoonte, ovvero dei limiti della pittura e della poesia, 1766). Wilpert: Goethe-Lexikon, s. v. ‘Laokoon’; Cometa 1999. 61 Il Gladiatore morente (oggi noto come ‘Galata morente’, conser­ vato ai Musei Capitolini di Roma), ritrovato a inizio Seicento durante gli scavi per Villa Ludovisi, divenne una delle sculture dell’antichità più note e più ammirate per il realismo e il pathos della rappresentazio­ ne. – Il gruppo di Castore e Polluce è generalmente noto come ‘Gruppo di S. Ildefonso’ (Madrid, Prado), e raffigura due figure maschili co­ ronate di alloro. Su chi rappresentassero circolavano all’epoca molte ipotesi, e per questo si parla di resti «enigmatici»: alcuni ritenevano ad esempio che si trattasse di due statue indipendenti accostate solo in seguito, Lessing invece le interpretò come il sonno e la morte (sia in greco che in tedesco due sostantivi maschili) nel suo celebre scritto Wie

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PARTE TERZA, LIBRO XII

die Alten den Tod gebildet [Come gli antichi rappresentavano la morte], una lettura che ebbe vastissima ricezione nel periodo successivo (cfr. nota 224, parte i). Anche di questo gruppo Goethe aveva a Weimar una riproduzione; cfr. la lettera a Meyer del 10 novembre 1812. 62 La «famosa domanda» riguardava la compostezza della figura di Laocoonte, che non grida e il cui volto non è sfigurato dal dolore né dal­ la rabbia: Wickelmann aveva formulato alcune considerazioni in pro­ posito esponendo il suo principio della «quieta grandezza» della figura: mentre il corpo si contorce per il dolore, il volto sublima la sofferenza e la sua dignità intrinseca rende bella e misurata l’espressione di qual­ siasi passione. Cfr. Keller 1935. La descrizione del gruppo rappresenta dunque una sintesi tra l’esperienza estetica, la visione diretta (descritta anche nella lettera a Langer del 30 novembre 1769, l’unica in cui de­ scrive la visita alla sala), e il discorso erudito-letterario sulla statua, che egli elaborò anche negli anni seguenti (Pehlke 2017, pp. 99-101). 63 Rivista dedicata all’arte che Goethe pubblicò dal 1798 al 1800; il saggio di apertura tratta proprio questo gruppo scultoreo (Sul Laocoonte), che nel frattempo aveva visto in originale a Roma.

Libro dodicesimo 64 Johann Jakob Riese, più tardi amministratore di una fondazione caritatevole di Francoforte, faceva anche lui parte del gruppo di amici di Cornelia descritti nel libro sesto (pp. 481-499). 65 I fratelli Schlosser erano già stati menzionati nel quarto libro. Hieronymus Peter, avvocato e poi consigliere, borgomastro e scabino a Francoforte; Johann Georg, di dieci anni maggiore di Goethe, aveva prima lavorato per il duca di Württemberg a Treptow (in questa veste era stato nominato nel libro settimo, in occasione del suo passaggio a Lipsia, pp. 559-565), ma dal 1769 era rientrato a Francoforte ed eser­ citava come avvocato, nel 1773 sposò Cornelia e l’anno successivo la coppia si trasferì a Emmendingen. Insieme a Merck e Höpfner fu cura­ tore, dal 1772, delle «Frankfurter gelehrte Anzeigen» e proseguì poi la sua attività pubblicistica con numerosi piccoli scritti. Cfr. ADB; Beutler 1995, pp. 108-116. 66 Johann Heinrich Merck aveva accompagnato in viaggio Heinrich Wilhelm von Bibra, facendogli da precettore; in seguito divenne te­ soriere dell’esercito, poi consigliere di guerra a Darmstadt; conobbe Goethe nel 1771 grazie ai fratelli Schlosser. Merck era molto attivo in campo letterario, autore di un romanzo (Geschichte des Herrn Oheims,

1772

NOTE AL TESTO

1778), traduttore e soprattutto critico letterario per la «Allgemeine deutsche Bibliothek», il «Teutscher Merkur» e dal 1772 editore insie­ me a Schlosser della rivista francofortese. Era in contatto con Herder, Wieland e la corte di Weimar, ma aveva un carattere difficile, molto critico e pungente; sull’orlo della bancarotta e tormentato da una dolo­ rosa malattia, si tolse la vita nel 1791. Sulle varie fasi dell’amicizia tra Goethe e Merck cfr. Bräuning-Oktavio 1950. 67 Johann Caspar Lavater: Frammenti di fisiognomica (4 voll., 17751778). Lavater commissionò e raccolse ritratti di tutti i principali perso­ naggi del tempo nel tentativo di ricostruire, partendo dai tratti somatici esteriori, le caratteristiche interiori, per procurare così un fondamento alle sue teorie sulla ‘conoscenza empirica dell’uomo’ (cfr. Matt 1983). Lavater e la sua opera saranno trattati ampiamente nei libri xiv e xviii. 68 Era un gruppo accomunato originariamente dall’ammirazione per Klopstock e l’Empfindsamkeit, che si raccoglieva intorno alla contes­ sa Henriette Christine Caroline von Hessen-Darmstadt. Oltre a Merck, la personalità di maggior rilievo era il consigliere segreto e poi mini­ stro Andreas Peter von Hesse con la moglie Friederike von Hesse, nata Flachsland e Maria Caroline Flachsland, sua sorella, futura moglie di Herder. Completavano il gruppo il precettore Georg Wilhelm Petersen e il rettore del liceo di Darmstadt Helfrich Bernhard Wenck. Cfr. PezzoliBonneville 2002; Bräuning-Oktavio 1950, pp. 179-185. 69 Nella tragedia Saul (1763), Voltaire aveva riproposto in chiave let­ teraria la critica illuminista alla Bibbia. Samuele è presentato come un despota assetato di sangue, Saul un vigliacco superstizioso e lussurioso, David come rappresentante dell’arbitrio e degli eccessi del principe. La storia di Saul, in particolare, era molto cara a Goethe fin dall’infanzia, e l’ha utilizzata come base per lo spettacolo delle marionette negli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister; gli attacchi di Voltaire lo aveva­ no quindi profondamente indignato. 70 Es 1, 8. 71 Queste tesi sono presentate nel saggio Due importanti questioni bibliche finora mai commentate (1773): la prima riguarda cosa ci fosse scritto sulle tavole dell’alleanza, la seconda il dono delle lingue avve­ nuto a Pentecoste. 72 Lettera del pastore di *** al nuovo pastore di *** (1773). 73 Libreria di Francoforte allora gestita da Johann Conrad Deinet, che aveva sposato la vedova di Eichenberg. 74 Intende l’edizione delle sue opere in venti volumi che Cotta stava preparando (Stuttgart/Tübingen 1815-1819); ma i due scritti non fu­

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1773

rono inseriti: apparvero invece soltanto nel 1842, nel volume lvi della Ausgabe letzter Hand. 75 Friedrich Karl von Moser era stato criticato da Hamann e ne era seguita una polemica a distanza, ma in seguito si sviluppò tra i due un rapporto di amicizia. Durante il loro scambio polemico, Moser ave­ va soprannominato Hamann ‘il mago del Nord’, visto che risiedeva a Königsberg, un nomignolo che a Hamann non dispiacque. Nel 1764 Hamann passò da Francoforte, dove non incontrò Moser ma conobbe invece la Klettenberg, che ne fu molto colpita e lo definì un grande genio. 76 Lettere di Hamann a Moser del 1° dicembre 1773 e 27 febbraio 1774: i due autografi sono rimasti nella collezione di Goethe e si trova­ no oggi al Goethe- und Schiller-Archiv di Weimar. 77 «Königsbergische gelehrte und politische Zeitung». 78 Lo scritto di Hamann Philologische Einfälle und Zweifel über eine akademische Preisaufgabe [Intuizioni e dubbi filologici circa uno scritto premiato dall’Accademia], che quando Goethe scrive circolava ancora solo in forma manoscritta, si basa sul presupposto dell’origine divina del linguaggio. 79 Gli scritti di Hamann venivano pubblicati in quadernetti con ti­ rature molto modeste e di limitata circolazione, per cui possederne una raccolta era cosa rara e preziosa; egli la metterà a disposizione di Friedrich Roth e del pronipote Nicolovius che ne cureranno l’edizione (1821-1824). Cfr. lettera a Nicolovius del 20 luglio 1819. 80 Nell’ultima parte della sua vita, Jonathan Swift fu decano della cattedrale di San Patrizio a Dublino e anche Herder era un religioso: da qui i fraintendimenti tra le due figure. Cfr. lettera a Herder del 7 dicembre 1772. 81 Il mecenate è il conte Friedrich Ernst von Schaumburg-Lippe, che nel 1770 chiama Herder come predicatore di corte a Bückeburg; il posto era stato occupato in precedenza da Thomas Abbt, teologo e noto esponente della filosofia popolare. 82 Klopstock viveva dal 1770 ad Amburgo, e rispose alla chiamata del margravio Karl Friedrich von Baden, che nel 1774 lo invitò alla corte di Karlsruhe; il poeta vi si recò, ma si fermò solo pochi mesi. 83 Klopstock iniziò a scrivere odi nel 1747; alcune le inviava ad amici e parenti e circolavano quindi solo in forma manoscritta, altre vennero pubblicate in ordine sparso su varie riviste. Per questo i suoi estimatori iniziarono, col passare del tempo, a trascriverle in raccolte private. La prima di queste raccolte fu pubblicata nel 1771 dal circolo

1774

NOTE AL TESTO

di Darmstadt, in un’edizione privata con solo 34 esemplari, curata dalla langravia stessa e da Merck. Ma a causa delle ripetute trascrizioni, in quelle raccolte vi erano molti errori e persino odi non sue; questo con­ vinse l’autore a curarne lui stesso un’edizione, che uscì ad Amburgo nello stesso anno ma con i testi rivisti e in parte rielaborati. 84 Questo periodo è proprio quello in cui avvengono grandi cambia­ menti nel mondo dell’editoria. La possibilità di stampare grandi tiratu­ re permette guadagni consistenti e inizia la consuetudine di pagare un onorario agli scrittori, che così possono vivere del loro lavoro, senza considerarlo un ‘passatempo’ delle ore libere. Nasce quindi la figura dello scrittore come professione autonoma, il mercato letterario e l’edi­ toria moderna; la piaga più grave era la presenza di tipografi, i cosiddet­ ti Raubdrucker, che ristampavano opere celebri senza autorizzazione, quindi senza corrispondere alcun onorario all’autore. Goethe fu più vol­ te danneggiato dai Raubdrucker, come racconterà anche più avanti; si impegnò quindi molto a favore del diritto d’autore e combatté con forza le ristampe non autorizzate, e con lui molti suoi contemporanei. Cfr. Kiesel / Münch 1977; Pozzo 2005; Unseld 1997. 85 Die deutsche Gelehrtenrepublik, ihre Einrichtung, ihre Gesetze, Geschichte des letzten Landtags apparve nel 1774, ma non ebbe poi alcuna risonanza, se non per l’elevato numero di persone che aveva­ no aderito alla sottoscrizione: 3600. In una lettera a Gottlob Friedrich Ernst Schönborn (4 luglio 1774), Goethe parla con entusiasmo dell’o­ pera in sé e della sua difficile ricezione: «Della Repubblica dei dotti di Klopstock sono tutti scontenti, nessuno la capisce. Avevo previsto che quello splendido libro avrebbe fatto una ben misera figura una volta messo nelle mani di tutti». 86 Si tratta di una sorta di cooperativa fondata nel 1781 dagli scritto­ ri, e sciolta poi nel 1788. 87 Viene sottolineato qui il ruolo importante svolto da almanacchi e riviste per la formazione di un ambiente letterario. Sul modello del parigino Almanac des Muses (avviato nel 1769) iniziarono a uscire an­ che in Germania a cadenza annuale delle antologie con liriche ancora inedite di giovani poeti, che trovarono vasto gradimento tra il pubblico. Il primo in Germania fu il «Göttinger Musenalmanach», edito da Boie e Gotter. – Le riviste erano un prodotto dell’Illuminismo, su influsso inglese si erano diffuse fin dal 1710, inizialmente come riviste settima­ nali a carattere pedagogico che trattavano tutti gli ambiti della cultura e della vita quotidiana, in genere di diffusione locale. La prima rivista di ampio respiro che ebbe diffusione in tutta la Germania fu il «Teutscher

PARTE TERZA, LIBRO XII

1775

Merkur» di Wieland, dal 1773; nel 1764 con la «Allgemeine deutsche Bibliothek» di Nicolai nasce il genere della rivista di critica letteraria, a cui poi ne seguiranno molte altre. Goethe stesso nella sua vita sarà cofondatore di molte riviste. 88 Lo Sturm und Drang. 89 Si tratta probabilmente di Henriette Helene von Roussillon, dama di corte della duchessa di Pfalz-Zweibrücken a Darmstadt; la giovane morì nel 1773. 90 Entrambe le strofe sono tratte da odi di Klopstock, la prima è intitolata Braga, vv. 13-15, la seconda Der Eislauf [Il pattinaggio], vv. 26-28. Klopstock, abile pattinatore e nuotatore, fu il primo a tematizza­ re in lirica il sentimento di gioia e vitalità che l’attività fisica procura, e in particolare fu lui a promuovere e diffondere in Germania la moda del pattinaggio su ghiaccio. 91 Simili considerazioni sugli sport invernali, che non stancano ma sembrano anzi conferire sempre nuove energie sono ripetute anche negli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (lib. ii, cap. 5), in occasione di un’altra bellissima scena di pattinaggio notturno (cfr. Simonek 1994). 92 La lettura e la frequentazione dei poemi di Ossian (Fragments of Ancient Poetry), pubblicati dallo scozzese James Macpherson nel 1761-1765 e da lui attribuiti al mitico cantore celtico, risalgono proprio al periodo dello Sturm und Drang, di cui hanno profondamente influen­ zato la visione della natura, soprattutto per le lugubri scene notturne. 93 Klopstock: Der Eislauf, vv. 9-12. 94 L’opera di Datt è una delle fonti primarie sulla dieta di Worms e sulla riforma dell’Impero che in quella sede venne avviata; uno degli aspetti più rilevanti fu la promulgazione della pace perpetua e la costi­ tuzione del Tribunale camerale imperiale, che ebbe sede prima a Fran­ coforte e poi, dal 1693, a Wetzlar, dove anche Goethe sta per recarsi per un periodo di praticantato. Durante la stesura di queste pagine, per documentarsi prese a prestito dalla biblioteca di Weimar questa e nume­ rose altre opere sull’argomento; la panoramica storica che segue serve anche a tratteggiare il contesto in cui si muove Götz von Berlichingen, di cui aveva già composto una prima stesura prima di recarsi a Wetzlar. Hübner 1936; sulla tempistica della composizione cfr. anche Düntzer 1880, pp. 144-146. 95 Le consuetudini del diritto germanico erano conservate in due an­ tiche raccolte di leggi, il Sachsenspiegel di Eike von Repgow (ca. 1225) e lo Schwabenspiegel (ca. 1275), che con il passare dei secoli avevano acquistato lo status di codici giuridici a tutti gli effetti.

1776

NOTE AL TESTO

Il Tribunale della Vema era un sistema giudiziario nato nel Medio­ evo in Vestfalia e poi diffusosi in tutta la Germania; era amministrato da giudici di legge spesso segreti che avevano il potere di comminare la pena di morte. A partire dal xv secolo persero di importanza, poiché avversati dai signori locali e dagli Stati dell’Impero. 97 Massimiliano i insediò il Tribunale camerale il 31 ottobre 1495 a Francoforte. 98 Il Consiglio aulico era il tribunale imperiale che dal 1559 aveva sede a Vienna; per quanto riguardava le cause di diretta pertinenza dell’Impero, era in concorrenza con il Tribunale camerale, e a secon­ da dei periodi storici e degli equilibri politici, a prevalere era l’uno o l’altro. 99 All’epoca in cui ci lavorò Goethe i processi accumulati e ancora pendenti raggiungevano i 16.000, e continuavano ad aumentare. Le vi­ cende del Tribunale camerale, del resto, furono molto complesse: non soltanto fu spostato in diverse città (Norimberga, Ratisbona, Speyer, Esslingen e, dal 1693, Wetzlar), ma con l’invasione francese del Pa­ latinato nel 1688 l’archivio fu in parte suddiviso e spostato in diversi luoghi, in parte requisito dai francesi. Essi restituirono la documenta­ zione solo dopo il 1697, ma le varie componenti dell’archivio furono ricongiunte solo nel 1808 a Wetzlar. 100 Nella mitologia greca, Sisifo è un astutissimo mortale, protagoni­ sta di varie vicende che sottolineano la sua capacità di ordire imbrogli e tranelli. Nell’Odissea egli è collocato nell’oltretomba condannato a rotolare eternamente sulla china di una collina un macigno che, una volta spinto fino in cima, ricade dall’altro lato (da qui la locuzione fatica di Sisifo per indicare un’impresa che richiede grande sforzo senza alcun risultato). 101 L’anfizionia era l’alleanza fra popolazioni limitrofe dell’antica Grecia per regolare questioni che oltrepassavano la giurisdizione di una singola città, come ad esempio la difesa dei luoghi sacri venerati da tutti. 102 Frobenius Ferdinand, principe di Fürstenberg, fu presidente del Tribunale camerale dal 1718 al 1721. 103 Giuseppe ii d’Asburgo. 104 Goethe si registrò a Wetzlar per il praticantato il 25 maggio 1772. Sul suo legame all’ideale imperiale, e allo stesso tempo la chiara perce­ zione che si trattava ormai di un «corpo assai malato» cfr. Srbik 1939, in part. pp. 216-217. Sul periodo trascorso a Wetzlar cfr. anche Gloël 1911. 96

PARTE TERZA, LIBRO XII

1777

Sono i segretari dei 24 legati incaricati di procedere all’ispezione sul lavoro del Tribunale. 106 Lo spunto fu loro offerto dalla rappresentazione del romanzo ca­ valleresco Gabriele de Bergy di Dormont de Belloy, avvenuta a Wetzlar nel 1771. 107 Christian Albrecht Freiherr von Kielmannsegg, che in seguito sarà il presidente del tribunale di Güstrow. 108 August Siegfried von Goué, segretario della legazione del Braun­ schweig, scrittore. 109 Volksbuch di origine francese, che dal 1530 circolava anche in Germania in moltissime variazioni. 110 Friedrich Wilhelm Gotter, segretario della legazione di SachsenGotha, lavorava dal 1770 al Tribunale camerale. Era poeta ispirato dal rococò francese e traduttore, più tardi tornò a Gotha dove acquistò no­ torietà come commediografo e uomo di teatro. 111 A Göttingen si era raccolto un gruppo di giovani poeti che nel 1772 avevano fondato il cosiddetto Göttinger Hain. Il loro organo uffi­ ciale era l’«Almanacco delle muse» che Heinrich Christian Boie pub­ blicava già dal 1769 con la collaborazione di Gotter e in cui anche Goe­ the pubblicò quattro suoi componimenti (L’aquila e la colomba; Canto a Maometto; Lingua; Il viandante). Principali esponenti del gruppo erano i fratelli Christian e Friedrich Leopold conti di Stolberg, che fu­ rono suoi compagni durante il primo viaggio in Svizzera e sui quali si soffermerà a lungo nella quarta parte dell’autobiografia; Gottfried Au­ gust Bürger, celebre per le sue ballate, Johann Heinrich Voß, traduttore di Omero, e il poeta Ludwig Heinrich Christoph Hölty. 112 Il commerciante protestante Jean Calas di Tolosa era stato accu­ sato nel 1762 di aver spinto il figlio, che voleva convertirsi al cattoli­ cesimo, al suicidio; era quindi stato torturato e giustiziato. La vedova fuggì in Svizzera, dove incontrò Voltaire e gli raccontò l’accaduto. Vol­ taire avviò quindi una polemica sulla stampa contro l’esecuzione conte­ stando la regolarità del processo nel suo scritto Sur la tolérance à cause de la mort de Jean Calas. Ottenne così la riapertura del processo che si concluse con la riabilitazione di Calas e dei suoi familiari. 113 Insieme a Johann Heinrich Füßli, Lavater aveva denunciato in uno scritto anonimo (Der ungerechte Landvogt [il balivo disonesto], 1762) la corruzione e la cattiva amministrazione del governatore locale, il balivo Felix Grebel: il balivo fu rimosso, le vittime risarcite e il caso divenne famoso in tutta la Germania. Cfr. la lettera a Lavater dell’ago­ sto 1774, in cui Goethe gli chiede i dettagli dell’accaduto. 105

1778

NOTE AL TESTO

Questo è uno dei temi rilevanti dell’epoca e molto trattato dallo Sturm und Drang: il contrasto tra il desiderio di giustizia del singolo, quindi la forza della morale privata da un lato, e il ‘tribunale’ costituito dall’opinione pubblica, un’istanza emergente che veniva chiamata in causa con valore di giudice e davanti alla quale ci si doveva giustificare dall’altro. Se ne occupa anche Schiller nel saggio Die Schaubühne als moralische Anstalt betrachtet (1785). In seguito, dopo la Rivoluzione francese e al termine dell’età napoleonica, il tema assunse una valenza molto diversa rispetto a quella fase del Settecento, e nella maturità Goe­ the mostra un certo scetticismo nei confronti dell’opinione pubblica, che emerge anche qui. Cfr. Habermas 1990. 115 La Battaglia di Arminio: un bardito, parte di una trilogia dedicata all’eroe germanico, apparve nel 1769. In essa Klopstock diede forme liriche e corali a una poesia di ispirazione nordico-germanica che susci­ tò poi in tutto il paese una corrente di letteratura ‘bardita’ (ovvero pa­ triottica), dove il bardo ossianico è identificato con la figura originaria del poeta germanico. I due esponenti principali di questa corrente furo­ no Karl Friedrich Kretschmann e Heinrich Wilhelm von Gerstenberg; Goethe stesso recensì alcuni loro componimenti («Frankfurter gelehrte Anzeigen» 58, 20 luglio 1773). 116 Cfr. l’aforisma Dovere civico. 6 marzo 1832, in cui riprende pro­ prio le stesse parole: «Ognuno spazzi davanti alla sua porta / e ogni quartiere della città sarà pulito. / Ognuno pratichi quanto ha appreso, / così starà utilmente in Consiglio» (Xenie miti, in: Tutte le poesie, vol. ii, p. 957, trad. di Maria Teresa Giannelli). 117 Federico ii di Prussia. 118 Paul Henry Mallet, dal 1752 professore di belle lettere a Copen­ aghen, aveva pubblicato nel 1755 la sua Introduction à l’Histoire de Dennemarc che conteneva anche una traduzione dell’Edda. L’opera era poi apparsa nel 1765-1766 in traduzione tedesca. 119 Johann Petrus Resenius aveva pubblicato nel 1665 un’edizione dell’Edda con il testo in antico nordico e una traduzione latina; Herder ne aveva tradotti alcuni passi per inserirli nel suo saggio Über Ossian und die Lieder der alten Völker. L’interesse per la mitologia nordica sarà poi uno degli elementi basilari del Romanticismo, ad esempio con lo studio della tradizione dei Nibelunghi. 120 Olfert Dapper: Asia oder Ausführliche Beschreibung des Reichs des Großen Mogols (1672); pubblicato in olandese, apparve in tradu­ zione tedesca nel 1681. L’opera era un ricco compendio di tutte le fonti disponibili all’epoca sui paesi orientali. 114

PARTE TERZA, LIBRO XII

1779

Si tratta di episodi tratti dall’epopea indiana Rāmāyana [i destini di Rāma] del poeta Valmiki, che descriveva le vicende del protagonista Rāma e della consorte, rapita da una divinità malvagia; l’eroe è aiutato nella sua lotta dal re delle scimmie Hanumān. Rāma rappresentava l’in­ carnazione (in sanscrito: avatāra, nel testo di Dapper trascritto errone­ amente come ‘altare’) del dio Visnu. 122 Fino a quel momento la ricezione della grecità era stata media­ ta dal classicismo francese, che nella sua fase più tarda era dominato da figure «esasperate e gonfiate». In questi anni si ha invece una nuova riscoperta dei testi omerici con Pierre Augustin Guys: Voyage littéraire de la Grèce ou lettres sur les Grecs anciens et modernes (1771); Robert Wood: Essay on the original genius and writings of Homer (1769). Una recensione del testo di Wood, poi tradotto in te­ desco nel 1773, era apparsa sulle «Göttinger Anzeigen von gelehrten Sachen» il 15 marzo 1770 e in queste righe ne viene ripresa l’argo­ mentazione. 123 Johann Georg Sulzer pubblicò nel 1771-1774 la sua Allgemeine Theorie der schönen Künste, una sorta di dizionario di tutte le belle arti che riassumeva le conoscenze dell’epoca in forma di enciclopedia, ed ebbe ampia diffusione. La generazione dello Sturm und Drang era piuttosto critica nei suoi confronti, e Goethe stesso recensì negativa­ mente una parte dell’opera («Frankfurter gelehrte Anzeigen» 101, 18 dicembre 1772). 124 Johann Georg Christian Kestner, il cui nome viene deliberata­ mente taciuto. Dal 1767 era stato segretario della legazione a Wetzlar, e in seguito consigliere di corte ad Hannover; morì nel 1800. 125 Charlotte Sophie Henriette Buff si fidanzò con Kestner nel 1768 (cfr. Ulrich 1921). I nomi dei protagonisti non vengono svelati, perché alcuni di loro sono ancora vivi, ad esempio la stessa Lotte, che si reche­ rà a Weimar per incontrarlo nel 1816; e Amalia, la sorella di Lotte, ave­ va sposato il consigliere di camera Ridel e risiedeva proprio a Weimar. I documenti che accompagnano la gestazione dell’autobiografia mani­ festano in più occasioni il suo scrupolo nei confronti dei personaggi ancora viventi e la sua insofferenza per la curiosità morbosa dei lettori, eccessivamente interessati a documentare singoli dettagli autobiografi­ ci, che anche qui rimangono volutamente nel vago. 126 Il motivo del gramolare la canapa, lavoro che Giulia e le ven­ demmiatrici svolgono la sera cantando, proviene dalla v parte, lettera vii di Giulia, o la nuova Eloisa di Jean-Jacques Rousseau; la lettera si conclude proprio con il desiderio espresso dall’innamorato di «rico­ 121

1780

NOTE AL TESTO

minciare l’indomani, e posdomani, e tutta la vita», espressione presente anche in Werther. 127 Karl Wilhelm Ferdinand Jerusalem, figlio dell’abate di Braun­ schweig, aveva frequentato l’università a Lipsia insieme a Goethe e si trovava a Wetzlar come segretario della legazione del Brauschweig. Trai due non c’era particolare simpatia, e il 18 luglio 1772 Jerusalem scrive di Goethe a Eschenburg: «Era a Lipsia nel mio stesso periodo ed era un damerino, e adesso per di più scrive per le riviste di Fran­ coforte». 128 Salomon Geßner era famoso sia come autore (Idilli) sia come incisore, e provvedeva spesso di persona a illustrare le proprie opere. 129 Jerusalem era innamorato di Elisabeth Herd, moglie del segreta­ rio di legazione del Palatinato, Philipp Jakob Herd; l’amore non corri­ sposto sarà una delle cause che porterà Jerusalem al suicidio. 130 L’elegia di Goldsmith The deserted village apparve a Londra nel 1770 e fu subito tradotta in tedesco, grazie alla notorietà che l’autore si era già conquistato con il suo romanzo; nel 1772 Merck si procurò la versione originale. Il componimento descrive il periodo di prosperità di un villaggio, in seguito abbandonato. 131 Ludwig Julius Friedrich Höpfner, professore di diritto a Gießen, era un personaggio poliedrico e fu collaboratore di Merck e Schlosser come editore delle «Frankfurter gelehrte Anzeigen». 132 Christian Heinrich Schmid insegnava retorica e letteratura a Gießen e aveva recensito negativamente il saggio di Goethe Sull’architettura tedesca. 133 La rivista esisteva già fin dal 1736 ma aveva scarsa rilevanza; sotto la direzione di Merck, dal 1772 divenne invece l’organo principa­ le e l’espressione dello Sturm und Drang nella Germania meridionale. Le annate 1772 e 1773 furono curate da Merck, Schlosser, Höpfner e Goethe, che contribuì con diversi piccoli saggi e recensioni, spesso anonimi. Dovendo parlare di quell’epoca, scrive al nipote di Schlosser chiedendo di inviargli le annate della rivista (lettere a Johann Friedrich Heinrich Schlosser del 1° febbraio e 31 marzo 1812) e lo ringrazia, co­ municandogli quanto gli sia stato utile rileggere i documenti di «quella curiosissima epoca», che altrimenti sarebbe stato impossibile richiama­ re alla memoria. 134 Nel volume xxxii della Ausgabe letzter Hand (1830) sono raccol­ te tutte le recensioni che egli considera come propria opera. 135 Schlosser e Cornelia si fidanzarono nell’agosto 1772 e si sposa­ rono il 1° novembre 1773.

1781

PARTE TERZA, LIBRO XIII

Samuel Clarke aveva tradotto Omero in latino (Ilias graece et latine, Londra 1729-1732; Odyssea graece et latine, Londra 1740); nella sua edizione critica di Omero (1759-1764) il grecista Johann August Ernesti aveva incluso la traduzione latina di Clarke – e Werther, com­ posto proprio in quel periodo, legge Omero in questa stessa edizione bilingue (I dolori del giovane Werther, lettera del 28 agosto 1771). 137 Sono personaggi e avventure narrati nelle antiche saghe nordiche Voluspa e Gylfaginning (la prima parte dell’Edda); la scimmia Hanu­ man era invece protagonista dell’epopea indiana L’altare di Rama, di cui aveva parlato poco prima. 138 Goethe lasciò Wetzlar l’11 settembre 1772 all’improvviso, senza alcun preavviso. 136

Libro tredicesimo Marie Sophie von La Roche era inizialmente fidanzata con Wie­ land, poi sposò invece un funzionario altolocato della corte di Treviri, Georg Michael Frank von La Roche. Rimase comunque sempre in ami­ cizia con Wieland, che la incoraggiò a coltivare il suo talento letterario e la aiutò a pubblicare il romanzo epistolare Das Fräulein von Stern­ heim (1771), tutto improntato all’Empfindsamkeit, che ebbe un discreto successo, soprattutto tra i giovani. 140 Viene ripreso il tema della vocazione pittorica, che nella vecchia­ ia l’autore tendeva a minimizzare e a considerare con ironia, ma che in molte fasi della sua vita, soprattutto in gioventù e nel corso del viaggio in Italia, ebbe un ruolo molto rilevante, tanto da costituire addirittura un’alternativa a quella letteraria. Come lui stesso dichiara, era spesso colto da «accessi di febbre pittorica» (Stöcklein 1943, p. 70) e dipingere lo aiutava molto nei momenti di intenso fermento intellettuale. 141 Le due figlie sono Maximiliane Euphrosyne (Maxe), che nel 1774 sposò Peter Anton Brentano, un ricco commerciante di Franco­ forte, e Luise. 142 Franz Michael Leuchsenring, precettore del principe dell’Assia a Darmstadt e poi del futuro re di Prussia Federico Guglielmo iii. Era una figura piuttosto discussa dell’Empfindsamkeit, famoso per i suoi estesi carteggi (Bräuning-Oktavio 1950, pp. 179-185); era in amicizia anche con Friedrich Heinrich Jacobi, a cui aveva fatto visita a Düsseldorf. 143 La famiglia bergamasca dei Tasso aveva creato in Italia i primi servizi postali regolari; Francesco Tasso ottenne poi dall’imperatore Massimiliano i l’appalto per le comunicazioni postali nel Tirolo e via 139

1782

NOTE AL TESTO

via nel Sud della Germania, nel 1516 la gestione esclusiva delle poste imperiali, che rimasero poi in mano al ramo austriaco della famiglia, i Thurn und Taxis (nobilitati nel Seicento) fino al 1866. 144 Julie Bondeli, figlia di un patrizio di Berna, nella sua città natale aveva creato il più importante circolo letterario della Svizzera ed era ritenuta una delle donne più colte e raffinate della sua epoca; fu tra l’altro amica di Rousseau, Lavater, Zimmermann, Wieland e Sophie von La Roche. 145 Georg Michael Frank von La Roche era (pare) figlio illegittimo del conte Stadion; in quanto segretario di Stadion aveva prima servito il vescovo di Magonza, dal 1771 si spostò a Treviri come consigliere segreto del vescovo e dal 1775 consigliere di Stato e cancelliere. Gli scritti a cui si allude sono le Briefe über das Mönchswesen [lettere sul monachesimo], apparse anonime a Zurigo nel 1771, di cui si parlerà ancora tra breve. 146 Anton Heinrich conte Stadion era primo ministro del principe elettore di Magonza; ammiratore di Voltaire, fu uno dei primi fautori dell’Illuminismo in ambito cattolico, oltre che mecenate di Wieland. 147 Il marito nel 1780 fu infatti esonerato con disonore dalla sua ca­ rica a Treviri e morì in quello stesso anno; la vedova gli sopravvisse per altri 19 anni. Nella lettera a Schiller del 24 luglio 1799 il giudizio su Sophie è molto più severo di quello esposto qui. 148 Sull’altopiano situato a Sud-Ovest di Coblenza sorgeva un con­ vento di certosini fondato nel xiv secolo. 149 Il primo scritto è una farsa sulla scia di Hans Sachs, scritta pro­ babilmente per le nozze di Herder (Ein Fastnachtsspiel, auch wohl zu tragieren nach Ostern, von Pater Brey, dem falschen Propheten, 1774). Il modello per la figura di Padre Brey, con il buffo nome parlante (che potremmo tradurre con ‘Padre Vinavil’), era proprio Leuchsenring, che aveva un certo ascendente sulla futura moglie e aveva irritato e fatto ingelosire Herder. Il secondo testo (Satyros, oder der vergötterte Wald­ teufel) è una farsa scritta nel 1773 ma pubblicata soltanto nel 1817, nel quinto volume dell’edizione delle sue opere in venti volumi. 150 Un modo per coltivare la passione per la pittura è frequentare i maggiori collezionisti della città natale, ad esempio Johann Friedrich Ettling, che prediligeva la pittura tedesca e olandese, e Johann Benja­ min Ehrenreich, pittore, incisore e collezionista. Il pittore Nothnagel è già stato nominato ampiamente in precedenza; possedeva anche lui una collezione di quadri e nel 1774 diede a Goethe lezioni di pittura a olio. 151 Il 3 settembre 1771 Goethe riceve l’autorizzazione a esercitare

PARTE TERZA, LIBRO XIII

1783

l’avvocatura a Francoforte (Simson 1949 porta anche esempi delle cau­ se che seguì e del suo stile nella redazione degli atti; cfr. anche Fuchs 1932; Weißel 1927; Scherer 1900). – Il nonno era morto il 6 febbraio 1771, lo zio è Johann Jost Textor, avvocato e scabino della città. 152 Johann Wilhelm Liebholdt lavorò moltissimi anni per la famiglia, anche dopo la morte del padre; fu lui a compilare il catalogo quando fu messa all’asta la biblioteca del consigliere imperiale. 153 Il mestiere del boia era considerato disonorevole e quindi preclu­ deva l’accesso ad alcune cariche e professioni. Il giovane in questione è Johann Michael Hoffmann di Marburgo, che esercitò come medico a Francoforte e che Goethe conosceva personalmente. Hoffmann fu an­ che autore di opere teatrali, una delle quali incentrata sulla figura di Pasquale Paoli che proprio in quel periodo era passato in città entusia­ smando gli animi (Mentzel 1899, pp. 165-166). 154 Si riferisce all’editto sulla tolleranza emanato in Prussia da Fe­ derico ii e in Austria da Giuseppe ii, seguiti poi da molti altri principi. 155 Molto informativi sul teatro dell’epoca sono ad esempio il «Thea­ terkalender» (1775-1800) pubblicato a Gotha da Heinrich August Otto­ kar Reichard o il suo «Theater-Journal für Deutschland» (1777-1784); oppure Christian Heinrich Schmid / Johann Gottfried Dyk: Chronologie des deutschen Theaters (1775); Ephemeriden der Literatur und des Theaters (1784-1787). 156 Soprattutto alcune correnti del pietismo mossero molte critiche nei confronti di arte, letteratura e teatro, la cui utilità morale divenne un tema molto discusso. Nel 1769 Johann Melchior Goeze pubblicò uno scritto, approvato dall’università di Göttingen, che scatenò un ac­ ceso dibattito: Theologische Untersuchung der Sittlichkeit der heutigen Teutschen Schaubühne überhaupt, wie auch der Frage, ob ein Geistlicher […] die Schaubühne besuchen […] und […] verteidigen könne [Esame teologico della moralità dell’odierno teatro tedesco, e della questione se per un religioso sia opportuno frequentarlo e difenderlo]. 157 La battaglia per l’eliminazione del pagliaccio tedesco (Hanswurst) fu portata avanti soprattutto da Gottsched, che con la compagnia di Ca­ roline Neuber inaugurò una profonda riforma del teatro, introducendo i modelli francesi. La sua riforma si estese anche ad altri campi del­ la letteratura e della lingua tedesca, in cui cercò di sostituire allo stile sovrabbondante del barocco una scrittura più lineare e razionale, av­ viando anche una significativa azione di codificazione di grammatica e ortografia. A difesa dell’Hanswurst si schierarono invece Justus Möser: Harlekin oder Verteidigung des Groteske-Komischen (1761); Lessing:

1784

NOTE AL TESTO

Drammaturgia di Amburgo (saggio 18); Wieland: Storia di Agathon (prima stesura, x, i). Goethe stesso ha utilizzato questa figura comica in alcuni dei suoi pezzi giovanili. 158 Scapino e Crispino erano due figure comiche della commedia francese, paragonabili all’arlecchino italiano e al pagliaccio tedesco. – Heinrich Gottfried Koch, attore e direttore del teatro di Lipsia e Ambur­ go, recitava a Lipsia negli anni in cui Goethe vi frequentò l’università. 159 La carrellata raccoglie in un’unica panoramica opere tedesche, inglesi e francesi che avevano eletto a protagonisti personaggi del ceto medio e che contribuirono alla diffusione della letteratura moraleggian­ te di ispirazione borghese. Alcune di queste opere sono già state ricor­ date nel terzo libro, quando aveva descritto i suoi primi contattati con il teatro durante l’occupazione francese di Francoforte (pp. 187-195), altre si aggiungono. Clarissa (1748) di Richardson apparve in tradu­ zione tedesca nel 1748-1753; Charles Fenouillot de Falbaire de Quin­ gey: L’honnête criminel (1768); Louis Sébastien Mercier: La brouette du vinaigrier (1775), tradotta in tedesco da Heinrich Leopold Wagner; Michel Jean Sedaine: Le philosophe sans le savoir (1765); Pierre Au­ gustin Caron de Beaumarchais: Eugénie (1767). Seguono poi le opere tedesche di questo stesso genere: Johann Jakob Engel: Der dankbare Sohn (1770); Gottlieb Stephanie d. J.: Der Deserteur aus Kindesliebe (1773); Tobia Philipp Freiherr von Gebler: Der Minister (1772), Clementine (1771); Otto Heinrich Freiherr von Gemmingen: Der deutsche Hausvater (1780). Cfr. Mentzel 1882 e 1899. 160 Hans Konrad Dietrich Ekhof lavorò ad Amburgo, Weimar (dove recitò anche con Goethe) e Gotha e il suo stile stabilì il canone per la recitazione del Settecento. 161 Friedrich Ludwig Schröder, dal 1771 direttore del teatro di Am­ burgo e autore di moltissime opere teatrali. Grazie a lui Shakespeare fece il suo ingresso nel teatro tedesco, ma Schröder rielaborò anche molte altre commedie di autori inglesi meno conosciuti. La figura di Serlo negli Anni dell’apprendistato di Wilhelm Meister è ispirata a lui. 162 Moritz August von Thümmel, scrittore e ministro a SachsenCoburg, pubblicò nel 1764 Wilhelmine oder Der vermählte Pedant, ein prosaisches komisches Gedicht [Guglielmina, ovvero Il pedante marita­ to]. L’opera era presente anche nella biblioteca del padre. 163 Gustav Friedrich Wilhelm Großmann, attore, direttore di teatro e drammaturgo. La sua opera Nicht mehr als sechs Schüsseln [Non più di sei zuppiere] (1780), racconta di un padre di famiglia borghese che ha sposato una nobile, ma insiste per utilizzare a pranzo solo sei zuppiere,

PARTE TERZA, LIBRO XIII

1785

come si usava nelle famiglie borghesi, a differenza delle 18 previste dai pranzi dei parenti nobili (il galateo prevedeva che a tavola una zuppiera servisse per non più di tre persone; limitarsi a sei significava quindi ridurre notevolmente il numero degli invitati). Il pezzo fu un grande successo, riproposto in molti teatri; era anche nel repertorio del teatro di Weimar, e quando Goethe ne assunse la direzione, lo eliminò. 164 Si tratta della prima stesura, il cosiddetto Urgötz, scritto in po­ chissime settimane e inviato nei primi mesi del 1772 a Merck e Herder; per le reazioni di Herder si vedano la lettera a Herder del 10 luglio 1772 e le poesie di Herder: Antwort auf die Felsenweihe Psyches e Bilderfabel für G. Questa stesura (Geschichte Gottfriedens von Berlichingen mit der eisernen Hand, dramatisiert) sarà poi pubblicata nel 1832, nel xlii volume della Ausgabe letzter Hand. 165 Cioè l’unità d’azione, la terza e ultima delle unità aristoteliche. Il dramma infatti era ambientato in moltissimi luoghi diversi e copriva un lasso di tempo molto lungo. 166 La rielaborazione del Götz iniziò nel mese di febbraio 1773, a giugno era già stampato e con Merck cominciarono a spedire le copie, ma prima della fine dell’anno erano già apparse due ristampe non au­ torizzate. 167 Sul «Teutscher Merkur» (vol. iii, saggio iii, settembre 1773) era apparsa una recensione di Christian Heinrich Schmid, professore a Gießen (cfr. lo scherzo di cui fu fatto segno a pp. 1163-1169), che defi­ niva l’opera «un bellissimo e interessantissimo mostro». Wieland, che della rivista era il direttore, recensì a sua volta il Götz (giugno 1774), commentando: «magari avessimo tanti mostri come quello!» (Goethe im Urteil seiner Kritiker, vol. i, p. 15). 168 Henriette Christine Caroline Louise; si trattenne a Pietroburgo dal maggio al dicembre 1773. 169 Si tratta della lettera di Gottfried August Bürger a Boie datata 8 luglio 1773 (tuttora conservata nella collezione di autografi di Goethe), in cui Bürger definisce l’autore del Götz «lo Shakespeare tedesco». 170 È la nuova edizione della biografia di Götz von Berlichingen (Lebensbeschreibung Herrn Götzens von Berlichingen, Norimberga 1731), da cui lui stesso aveva tratto ispirazione. Fu ristampata nel 1775 da Felßecker a Norimberga e nella prefazione si spiega che l’improvviso interesse del pubblico per quel cavaliere medievale è stato sollecitato dalla recente opera di Goethe incentrata sulla sua figura. Il suo nome non era quindi sul frontespizio, ma nella prefazione. 171 ‘Cognato’ [Schwager] era il termine che si usava anche per indi­

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NOTE AL TESTO

care il cocchiere: Götz era infatti cocchiere di Franz von Sickingen, di cui era anche amico; ma nella tragedia l’autore li fa diventare cognati a tutti gli effetti perché Franz sposa Maria, la sorella di Götz. 172 Per il motivo del taedium vitae, di antica tradizione letteraria ma tornato alla ribalta proprio in quel periodo, si veda il diario al 14 aprile 1813 e la lettera a Karl Friedrich Zelter del 3 dicembre 1812, dove ri­ sponde all’amico che gli aveva comunicato il suicidio del figlio. Nella lettera si sofferma a lungo su questo male, da cui lui stesso in gioventù si era liberato con fatica: la stesura di questa parte dell’autobiografia si intreccia quindi con l’attualità nelle considerazioni sulla giovane gene­ razione che ancora ne soffre. Cfr. Schings 1977. 173 Egmont, atto ii, scena ii: «Se il mattino non ci sveglia a nuova gioia, se a sera non ci rimane da sperare più alcun piacere, vale la pena di vestirsi e spogliarsi?» (trad. di Silvio Benco, Firenze: Sansoni 1944, vol. i, p. 266). 174 Si riferisce a una lettera di Jacobi a Heinse, datata 20 ottobre 1780, nella quale si parla di Lessing. 175 La mongolfiera era stata inventata nel 1783 dai fratelli Mont­ golfier; pochissimo tempo dopo Goethe stesso, incuriosito, se ne era procurata una per effettuare alcuni esperimenti nel giardino di casa (1 giugno 1784). 176 Edward Young: The complaint or Nights-thoughts on life, time, friendship, death and immortality (1741-1744), apparsi poi in tedesco nel 1751-1752, ebbero enorme influsso sulle giovani generazioni e sulla corrente letteraria dell’Empfindsamkeit. Cfr. Willoughby 1955, p. 470. 177 La citazione è tratta dal componimento A Satyr against Mankind, pubblicato anonimo durante il regno di Carlo ii e in seguito attribuito a John Wilmot Earl of Rochester: «Allora vecchiaia ed esperienza, mano nella mano, / lo condussero alla morte e gli fecero capire, / dopo una ricerca così lunga e dolorosa, / che per tutta la vita era stato in errore». 178 Thomas Gray era noto soprattutto per la poesia Elegy written in a country-churchyard (1751); John Milton: Allegro (1635); Oliver Goldsmith, di cui nel libro x e xi era stato tanto apprezzato il Vicario di Wakefield, era autore anche di un poema pedagogico intitolato The Traveller or a prospect of society (1764). 179 Tutti elementi evocativi di un Nord primigenio: Tule è per Vir­ gilio (Georgica i, 30) e Tacito un’isola all’estremo Nord dell’Europa; la Caledonia è in Tacito l’odierna Scozia, mentre lo spirito di Loda è il vento dei morti evocato nel primo canto di Ossian (presente anche nella biblioteca di casa). La breve evocazione di Ossian lascia intendere che

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ebbe rilievo più per l’eco e l’influsso che suscitò che per l’effettivo valore della sua poesia. 180 Citazione tratta dalla poesia di Thomas Warton: The suicide (1771). «Incline alle sofferenze per natura, / aveva più ferite di quante la natura gliene avesse inferte / e con la fantasia vedeva il fantasma della miseria / con tinte fosche e tormenti immaginari». 181 Montesquieu: Considérations sur les causes de la grandeur des Romaines et de leur décadence (1734), cap. xii. 182 Elenco di suicidi celebri descritti nella letteratura: Aiace dalla tra­ gedia di Sofocle (un esempio ripreso anche da Hölderlin); Cassio dopo la battaglia di Filippi (Shakespeare: Giulio Cesare v, 3); Ofelia, ancora in Shakespeare, e infine Cleopatra. 183 L’imperatore romano Marco Salvio Otone, rimasto in carica per soli tre mesi e morto nel 69 d.C., l’anno dei quattro imperatori; la sua morte è descritta da Svetonio e Plutarco. La sua figura (nella realtà piut­ tosto ambigua) viene ripresa nell’omonima tragedia di Corneille, dove Otone viene esaltato e celebrato come il monarca ideale. 184 Karl Friedrich Jerusalem si sparò il 30 ottobre 1772. Goethe rice­ vette un resoconto dettagliato da Kestner nel mese di novembre mentre il romanzo fu scritto più avanti, dal febbraio al marzo 1774, ma qui viene stabilito un nesso diretto tra il suicidio di Jerusalem, la nuova crisi depressiva che lo aveva colpito al ritorno a Francoforte e l’incresciosa situazione che si viene a creare in casa Brentano, che sta per raccontare: anche qui si frappone tra marito e moglie, come gli era appena capitato a Wetzlar con i due fidanzati. Sulla cronologia e le sue discrepanze in rapporto alla composizione del Werther, cfr. anche Düntzer 1880, pp. 141-144. 185 Su desiderio dei genitori, la diciottenne Maximiliane von La Ro­ che aveva sposato nel gennaio 1774 il commerciante di Francoforte Pe­ ter Anton Brentano, un vedovo di 39 anni con cinque figli. Maximiliane avrà a sua volta dodici figli, tra cui Clemens e Bettina (poi moglie di Achim von Arnim), esponenti principali della generazione romantica. 186 Damian Friedrich Dumeiz, padre superiore del convento di S. Leonhard e canonico del duomo di Francoforte; era in amicizia con le principali famiglie cattoliche della città. 187 La signora non più giovane è Maria Johanna Josepha Servières, moglie di un fabbricante francese di profumi che aveva un negozio an­ che a Francoforte; gli Schweitzer sono la famiglia del commerciante cattolico, di origine italiana, Franz Maria Schweitzer, che aveva sposato Paula Maria Allesina.

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NOTE AL TESTO

Fin dal loro primo incontro Goethe si era invaghito di Maximi­ liane (cfr. p. 1191), e il suo ruolo di amico di famiglia e di confidente non era del tutto disinteressato; il suo trasporto non passò ovviamente inosservato e suscitò la gelosia del marito finché, a un certo punto, gli proibì di frequentare la loro casa. 189 Riappare il tema della «confessione», che riprende la metafora della scrittura autobiografica e della sua funzione liberatoria, spes­ so definita proprio con questo termine (pp.  595, 1109; Stern 1982). A proposito del Werther, in particolare, vengono distinti due livelli: quello che l’opera fu per lui, quindi la componente autobiografica e la confluenza psicologica dei diversi elementi; e quello che il romanzo avrebbe dovuto essere per i lettori: un’opera letteraria e niente più, un testo che andava preso «per quello che era» (p. 1259). – Sulla genesi del Werther e il suo rapporto con l’autobiografia cfr. Maurer 1963; Voisine 1989. 190 Rientrato da poco dal viaggio in Russia, Merck aveva scoperto che la moglie aspettava un figlio da un altro uomo. Cfr. Bräuning-Okta­ vio 1950, pp. 202-207. 191 Cornelia e Schlosser si sposarono il 1° novembre 1773, mentre il Werther venne completato nel marzo 1774. Alcuni studiosi ritengono che Goethe si sia confuso, ma lo slittamento cronologico potrebbe es­ sere un’associazione voluta tra i due eventi, visto che nella lettera del 26 marzo 1813 aveva chiesto a Schlosser informazioni precise riguardo alla data delle nozze. – L’editore di Lipsia Christian Friedrich Weygand si distinse per aver stampato molte opere dello Sturm und Drang e sva­ riati scritti di Goethe. 192 Leiden und Freuden Werthers des Mannes (1775), una parodia dell’illuminista berlinese Friedrich Nicolai. Sulla ricezione delle opere di Goethe cfr. Sommerfeld 1935; Goethe im Urteil seiner Kritiker, in part. vol. i, che tratta il periodo 1773-1832. 193 Daniel Chodowiecki, molto famoso all’epoca come incisore e illustratore; aveva approntato le incisioni per le figure del Werther nel 1774, in seguito anche per altre opere di Goethe, ad esempio Hermann e Dorothea. 194 La breve satira (non riferibile perché scurrile), intitolata Freuden des jungen Werthers [Gioie del giovane Werther] e composta nel 1775 per deridere Nicolai, fu ritrovata nel lascito e pubblicata postuma; il dialogo (Anekdote zu den Freuden des jungen Werthers [aneddoto sulle gioie del giovane Werther]), spedito all’editore Weygand ma rifiutato, fu pubblicato soltanto nel 1862. 188

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Nicolai diventò col tempo sempre più intransigente e attaccò Kant, Schelling, Fichte, Schiller e così via; per questo fu messo alla ber­ lina anche nelle Xenie: «Nicolai continua a viaggiare, viaggerà ancora a lungo, / ma non troverà mai la via per il paese della ragione» (Tutte le poesie, vol. ii, p. 539, trad. di Maria Teresa Giannelli). 196 Cfr. Tutte le poesie, vol. ii, p. 281, trad. di Dario Del Corno. Per questo epigramma l’autore dice di aver tratto spunto da «antiche rime», e in effetti i vv. 3-4 e 7-8 riprendono la strofa premessa da Eike von Repgow al suo Sachsenspiegel, che recita: «Swenne swer so swummen nicht ne kan, / Wil he deme wazzer wizen daz, / So ist he unversunnen. / So leren daz se lezen baz, / Die ez vernemen nicht ne kunnen» [Se uno non sa nuotare / e di questo rimprovera l’acqua, / è uno stolto. / Così de­ vono imparare a leggere meglio / quelli che non sono capaci di capire]. 197 Allusione all’opera Nathan il saggio di Lessing (iii, 7): quando il Saladino gli chiede, per mettere alla prova la sua saggezza, quale tra le tre religioni monoteiste sia quella vera, Nathan risponde con la parabola dei tre anelli. Uno solo è quello vero, ma tutti e tre, se portati con amore e con virtù, hanno lo stesso valore. 198 Das Jahrmarktsfest zu Plundersweilern. Ein Schönbartspiel [La fiera di Plundersweilern, una rappresentazione carnascialesca], pezzo completato nel marzo 1773 e pubblicato nel 1774. Fu completamente rielaborato e ampliato per una rappresentazione amatoriale a Weimar nel 1778. 199 Karl Friederich Bahrdt, professore di teologia a Lipsia, Erfurt e Gießen, esponente della cosiddetta ‘teologia naturale’, aveva pubbli­ cato nel 1773 una nuova traduzione del Nuovo Testamento che aveva intitolato Neueste Offenbarungen Gottes in Briefen und Erzählungen [ultimissime rivelazioni di Dio in lettere e racconti], una rielaborazio­ ne razionalistica e superficiale dei Vangeli. Nell’umoristica scenetta di Goe­the (1774) i quattro evangelisti appaiono a Bahrdt mettendo in ri­ dicolo il suo pastrocchio letterario. Bahrdt era spesso al centro dell’at­ tenzione per i continui scandali che portarono alla sua destituzione dall’incarico per eresia; la sua autobiografia (Carl Friedrich Bahrdts Geschichte seines Lebens, seiner Meinungen und Schicksale, 17901791, 4 voll.) è una delle più significative del Settecento. 200 Möser, originario di Osnabrück, ricoprì le più alte cariche della sua città partecipando sempre attivamente alla vita pubblica. I suoi numerosi articoli, pubblicati in varie fasi sulle due più rinomate riviste di Osnabrück, furono poi raccolti e pubblicati dalla figlia (Jenny Wilhelmine Juliane von Voigts) nel 1774-1778 col titolo Fantasie pa195

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NOTE AL TESTO

triottiche; un’opera particolarmente importante, perché prelude alla decisione di recarsi a Weimar: fu infatti il punto di partenza della con­ versazione con il futuro duca di Sachsen-Weimar in occasione del loro primo incontro, quando parlando di Möser si creò un’immediata sinto­ nia. Non è un caso quindi che, dopo aver raccontato la genesi e il suc­ cesso delle sue prime opere e la conseguente maturazione della voca­ zione letteraria, subito venga introdotto il tema dell’impegno nella vita pratica, dell’azione concreta a favore del bene comune, a cui dedicherà i lunghi anni di lavoro a Weimar come ministro e consigliere. 201 Goethe si mise in contatto con la figlia dopo la pubblicazione del primo volume (lettera a Jenny von Voigts, 28 dicembre 1774). 202 Benjamin Franklin, scrittore e statista americano di cui Goethe aveva letto l’autobiografia (1791).

Libro quattordicesimo Lo Sturm und Drang, in cui erano confluiti elementi dell’Empfind­ samkeit. 204 I «vecchi amici» sono quelli del periodo di Strasburgo, a cui ri­ sale la gestazione di queste opere, come Merck, Herder e Lenz; a loro si aggiungono Klinger, Lavater, Friedrich Heinrich Jacobi e molti altri. 205 Una delle manifestazioni psicologiche tipiche del tempo era la malinconia unita all’ipocondria, che affliggeva soprattutto i giova­ ni come ha già accennato in relazione al Werther (cfr. Lepenis 1972; Schings 1977). La crescente attenzione all’io e l’esercizio di introspe­ zione stimolato dal pietismo favoriscono l’affermarsi della psicologia empirica come disciplina vera e propria; il pietismo infatti prestava grande attenzione ai moti dell’animo del singolo, e lo invitava a descri­ verli e analizzarli in diari e biografie (l’esempio più celebre sono i ro­ manzi di Karl Philipp Moritz e la sua rivista «Magazin zur Erfahrungs­ seelenkunde»). Rappresentanti più rilevanti di questa disciplina furono Karl Kasimir von Kreutz, Johann Heinrich Lambert, Johann Christian Lossius, Johann Nikolaus Tetens, Ferdinand Überwasser. Cfr. Dessoir 1894. 206 Si tratta del barone Friedrich Georg von Kleist, che si era inna­ morato della figlia del gioielliere di Strasburgo Susanne Cleophe Fibich e le aveva promesso di sposarla – una promessa che poi non mantenne. 207 Lenz aveva redatto uno scritto Sui matrimoni dei soldati (1776), che voleva pubblicare in prima battuta in francese. Alcuni rimedi ridi­ coli e irrealizzabili erano già stati accennati nella parte finale della com­ 203

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media I soldati (1776), dove si auspicava ad esempio un «allevamento di donne per i soldati» per prevenire le aggressioni dei militari ai danni delle ragazze civili. 208 Lenz aveva scritto nel 1774 un diario per Goethe, che venne ri­ trovato nel lascito di Schiller e fu pubblicato nel 1877 sulla «Deutsche Rundschau» (vol. ii, pp. 254-292). 209 Oltre alle sue opere più note, nominate per prime, Lenz pubblicò anche una traduzione molto libera di cinque commedie di Plauto (Lustspiele nach dem Plautus fürs deutsche Theater, 1774) e una traduzione di Love’s Labour’s Lost di Shakespeare a cui diede il titolo Amor vincit omnia (cfr. p. 1049). 210 Goethe propose infatti a Weygand, l’editore di Lipsia, di pubbli­ care le opere di Lenz, non immaginando che Lenz avrebbe sviluppato un’esasperata forma di antagonismo letterario e personale. Lenz infatti prese contatto con tutte le persone a lui care, andò a far visita Friederike Brion a Sessenheim, alla sorella Cornelia a Emmendingen, alla madre a Francoforte, persino a Charlotte von Stein. Il suo soggiorno a Weimar nella primavera del 1776 si concluse con un scandalo, tanto che il duca gli ingiunse di lasciare la città (cfr. anche nota 50). Il principale difetto che Goethe segnala di Lenz è la mancanza di contatto con la realtà che lo porta a vivere in un mondo immaginario, in una rete di relazioni fitti­ zie con rivalità e amori del tutto irreali; e sembra essere proprio questo scollamento a costituire la radice della sua pazzia, almeno questa è la lettura che il Goethe anziano ci offre. Sul contrastato e discusso rap­ porto Goethe-Lenz cfr. Froitzheim 1891; Winkler 1894; Sommerfeldt 1935; Inbar 1978; Kreutzer 1980; Hill 1994. 211 Heinrich Leopold Wagner, studente di giurisprudenza a Strasbur­ go e poi avvocato a Francoforte, tradusse gli scritti sul teatro di LouisSébastien Mercier. L’accusa di plagio nei suoi confronti per il dramma L’infanticida (1776), che avrebbe ripreso alcune scene del Faust, è oggi considerata infondata, forse frutto dell’irritazione per una satira che Wagner aveva scritto (Prometheus, Deukalion und seine Rezensenten, 1775) e che venne attribuita da tutti a Goethe, causandogli parecchio imbarazzo (queste sono le «conseguenze» a cui accenna in apertura del paragrafo). 212 Friedrich Maximilian Klinger, nato a Francoforte e di tre anni più giovane, aveva studiato giurisprudenza a Gießen, e i due si erano conosciuti nel 1773, dopo che Klinger era rientrato a Francoforte. Il suo dramma Sturm und Drang composto nel 1776 diede il nome al movimento, un accostamento compiuto per la prima volta dalla du­

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NOTE AL TESTO

chessa Anna Amalia di Sachsen-Weimar. Klinger era entrato al servi­ zio della Russia come ufficiale ricoprendo diverse alte cariche, venne poi anche nobilitato e sposò la figlia di un generale; la sua vita attiva e di successo sembra fare da contrappunto alla figura di Lenz. – Nel 1776 i rapporti tra Goethe e Klinger si interruppero per una lite, ma dal 1801 ripresero almeno in forma epistolare; nel 1811 Klinger inviò a Goethe i primi volumi dell’edizione delle sue opere, pubblicate a Königsberg a partire dal 1809 (cfr. diario, 8 dicembre 1811; lettere a Klinger dell’8 dicembre 1811, 8 maggio 1814 e 20 dicembre 1818; Waidson 1954). 213 Jean-Jacques Rousseau: Émile ou de l’éducation (1762). 214 Willigis fu arcivescovo di Magonza (975-1011) e aveva nel suo stemma una ruota come riferimento al lavoro del padre che era un car­ rettiere. Allo stesso modo le canne di cannone sullo stemma di Klinger ricordavano il padre che era un ufficiale della guardia cittadina. Cfr. lettera a Klinger dell’8 dicembre 1811. 215 Divenuto famoso per il suo attacco al balivo Grebel, Lavater era un personaggio di richiamo come predicatore e scrittore moraleggiante, e aveva molto seguito non solo in Svizzera ma anche in Germania. Egli venne a sua volta colpito dalla Lettera del pastore di *** al nuovo pastore di *** (1773), tanto da desiderare di conoscerne di persona l’au­ tore (cfr. Guinaudeau 1949, pp. 214-216). Ciò accadde in occasione di un viaggio a Ems ed Elberfeld, che prevedeva Francoforte come tappa di passaggio (giugno 1774); quel viaggio fu solo il primo di una lunga serie che lo portò a contatto con i suoi entusiastici ammiratori dal Sud al Nord della Germania. Come emerge dal ritratto che ne tratteggia in queste pagine, Goethe era in parte attratto, in parte respinto dalla sua forte personalità su cui si soffermerà anche nel xviii e xix libro (ma anche in altre sue opere, che dimostrano come Lavater avesse un ruolo importante per un lungo tratto della sua esistenza). Durante il suo pri­ mo viaggio in Svizzera, infatti, i due si incontreranno ancora e ciò darà occasione per una valutazione generale della sua opera di fisiognomica, sebbene verso la fine dell’autobiografia la distanza critica si faccia man mano più marcata (in seguito infatti i rapporti si interromperanno per le divergenze sempre più profonde, tanto che in un viaggio successivo Goethe eviterà di passare da Zurigo per non incontrarlo). Cfr. Funck 1901; Pestalozzi 1984; Guinaudeau 1949. 216 Lavater dedicò la seconda parte della sua traduzione della Palingénésie philosophique di Charles Bonnet (1769-1770) al filosofo ebreo Moses Mendelssohn, ponendogli un aut-aut: se non era in grado

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di confutare la dimostrazione filosofica contenuta nel testo sulla verità del cristianesimo, avrebbe dovuto convertirsi. 217 Lettera di Lavater a Goethe, 1 maggio 1774. 218 Il riprovevole comportamento del balivo Felix Grebel viene de­ nunciato da Lavater e dall’amico pittore e scrittore Johann Heinrich Füssli. Nel 1763, sia per completare la propria formazione, sia per far calmare le acque in seguito a questo episodio, Lavater e l’amico si al­ lontanano dalla patria e viaggiano a lungo nel Nord della Germania, soggiornando tra l’altro presso il celebre teologo Johann Joachim Spal­ ding. 219 Riferimento alla Gerusalemme liberata di Tasso, che Goethe ave­ va letto fin da ragazzo nella traduzione di Koppe (cfr. p. 163). Lo scudo di diamante di Ubaldo ha la proprietà di riflettere l’immagine di chi vi si specchia, facendogli acquistare consapevolezza di sé; in questo modo riesce a liberare Rinaldo dall’incantesimo di Armida. 220 Riferimento a Cicerone: Tusculanae disputationes iv, 80. 221 Lc 8, 4-15. 222 Johann Heinrich Lips, pittore e incisore, lavorò a partire dal 1773 per Lavater e dal 1789 al 1794 fu professore all’Accademia di disegno di Weimar. Ma dai diari di Lavater sappiamo che ad accompagnarlo in quel viaggio a Francoforte e poi lungo il Reno nel 1774 non fu Lips, bensì il pittore Georg Friedrich Schmoll, che collaborò a sua volta con Lavater. 223 Jacopo Sannazzaro, autore di un poema in esametri latini incen­ trato sul mistero della nascita divina (De partu Virginis, 1526). 224 Lo diventò qualche anno più tardi, stimolato dal deismo e dalla filosofia kantiana; il conflitto fu portato avanti, tra gli altri, da Friedrich Heinrich Jacobi, Jakob Friedrich Fries, docente di filosofia a Jena, e Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher, rappresentante della nuova ge­ nerazione. 225 Si riferisce probabilmente alle cause che seguiva in quel periodo; la sua assenza fu effettivamente molto breve, dal 28 al 30 giugno. 226 Johann Bernhard Basedow era uno dei pedagoghi più di richiamo dell’epoca. Il suo manuale Elementarwerk [Opera elementare] (1774) soppiantò tutti gli altri manuali di pedagogia; dal 1771 viveva a Des­ sau, dove nel 1774 inaugurò un collegio all’avanguardia ispirato ai suoi princìpi pedagogici, che si basavano sulle dottrine di Rousseau e mi­ ravano a un’educazione orientata alla vita pratica, rispettosa delle at­ titudini naturali e delle capacità cognitive del bambino. Il Filantropino ebbe però breve durata e vicende alterne, a causa del difficile carattere

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NOTE AL TESTO

di Basedow che rendeva arduo trovare dei collaboratori stabili; a conso­ lidare e diffondere le sue idee pensarono però i suoi successori, tra cui Johann Heinrich Campe e Christian Gotthilf Salzmann. Basedow arrivò a Francoforte nei primi giorni del luglio 1774, nel corso di un viaggio in cui si proponeva di raccogliere fondi per il suo progetto. 227 Basedow aveva esposto le sue idee a proposito della Trinità nel­ lo scritto Versuch einer freimütigen Dogmatik nach Privat-Einsichten (1766). Ipostasi, ousia e prosopon sono i tre principi della teologia tri­ nitaria così come erano stati fissati dal Concilio di Nicea in reazione allo scisma ariano, che rifiutava la Trinità e metteva in discussione la divinità di Gesù. Nel Settecento le dottrine ariane ebbero una rinascita anche sull’onda del socinianesimo, una corrente teologico-morale che influenzò molto la vita culturale in Europa propugnando la tolleranza e la libertà religiosa, e quindi l’argomento era di nuovo molto dibattuto. 228 L’autore richiama invece la sua adesione a una religione naturale, propria dell’Illuminismo, che riconosceva a tutte le religioni rivelate una sostanza religiosa comune a cui si può attingere tramite la ragione e che costituisce il fondamento del vivere morale. Propugnata soprattutto dai deisti inglesi, questa dottrina fu poi ripresa dagli illuministi francesi, dai sociniani olandesi e, in Germania, da von Loën, Reimarus, Lessing, Kant. 229 L’esca utilizzata per accendere pipe e acciarini era effettivamente ottenuta da un fungo, che dopo essere stato trattato con appositi proce­ dimenti, bruciava lentamente e conservava il fuoco. 230 Dopo averlo lasciato a Ems a fine giugno, lo incontra di nuovo a Ems il 15 luglio 1774. 231 Il nome di Tirone, il liberto che Cicerone teneva al suo servizio e che aveva inventato una sorta di scrittura stenografica per trascrivere più velocemente i discorsi pubblici, era spesso usato per indicare uno scrivano o un segretario. 232 Henriette Caroline vom und zum Stein, madre del celebre mini­ stro prussiano Freiherr vom Stein. 233 In realtà il romanzo apparve nel settembre 1774, per cui non po­ teva essere ancora oggetto di conversazione in società. 234 Le rovine sono quelle di Lahneck. Il componimento è conserva­ to nel diario di Lavater (e non di Lips, cfr. nota 222), sotto la data 18 luglio 1774. Nel 1789 Goethe lo inserì nei suoi Schriften con il titolo Geistesgruß [Saluto del fantasma]. Cfr. Tutte le poesie, vol. i, p. 114. – Si sofferma su questa parte del viaggio Bach 1968. 235 Tutte le poesie, vol. i, p. 877, trad. di Maria Teresa Giannelli. La

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poesia Pranzo a Coblenza fu pubblicata nel vol. ii (1815) dell’edizione delle sue opere apparsa tra il 1815 e il 1819, e questi quattro versi ne costituiscono il finale. Nella versione conservata in un manoscritto pre­ cedente invece mancavano: è quindi possibile che fossero stati annotati altrove e solo in seguito aggiunti a quella poesia. Il riferimento biblico è l’episodio di Emmaus in Lc 24, 13-35; cfr. Bach 1951. 236 Si prepara l’incontro con altri due personaggi illustri dell’epoca ai quali rimarrà legato da profonda amicizia, i fratelli Johann Georg e Friedrich Henrich Jacobi; la residenza della famiglia si trovava a Pem­ pelfort, una località nelle immediate vicinanze di Düsseldorf. Il primo fu poeta, editore della rivista «Iris» (dove anche Goethe pubblicò alcu­ ne poesie) e professore di filosofia e retorica a Halle, poi a Friburgo; il secondo era scrittore e autore di molti saggi a carattere filosofico-reli­ gioso e di due romanzi (Allwill, 1775, e Woldemar, 1781), e divenne in seguito presidente dell’Accademia delle scienze di Monaco. Con Fritz in particolare l’amicizia sarà molto intensa, anche se le inevitabili dif­ ferenze portarono spesso a tensioni e conflitti, come si vedrà in seguito (p. 1365). Cfr. Rehder 1938; Nicolai 1965; le lettere scambiate tra i due amici sono state pubblicate prima da Hecker 1941-1943, poi nel volu­ me “Ich träume lieber Fritz den Augenblick…” (2005). 237 Briefe von Gleim und Johann Georg Jacobi (1768), un altro degli innumerevoli volumi di epistolari che esaltavano il valore dell’amici­ zia, molto di moda nell’Empfindsamkeit. Gleim in particolare sfruttò molto quella moda facendo pubblicare tutti i suoi epistolari, anche quel­ li privati (suscitando talvolta grande irritazione nei suoi corrisponden­ ti, spesso nemmeno interpellati), finendo col diventare stucchevole e stereotipato. Goethe non solo critica questa moda (p. 847 e nota 238, parte ii), ma il cattivo uso degli epistolari così frequente in quel periodo lo indusse nel 1797 a bruciare tutte le lettere che aveva ricevuto negli anni precedenti: un rogo di cui si pentirà in seguito, soprattutto quando iniziò a scrivere l’autobiografia (cfr. lettera a Johann Friedrich Rochlitz, 4 aprile 1819). – Una di quelle «spiritosaggini» era la satira Das Unglück der Jacobis [La disgrazia degli Jacobi, 1772], che circolava tra gli amici di Goethe e di cui si ha notizia, anche se il testo non ci è rimasto. 238 Johanna Katharina Sybilla Fahlmer, zia acquisita dei fratelli Ja­ cobi ma più giovane di loro. Dal 1772 risiedeva con la madre a Franco­ forte e conosceva la famiglia Goethe; dopo la morte di Cornelia sposò il vedovo Johann Georg Schlosser. 239 La sorella minore, Charlotte (Lolo) si trattenne nel 1773 a Fran­ coforte ospite della zia e divenne intima amica di Cornelia; in quella

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NOTE AL TESTO

visita era accompagnata dalla moglie di Fritz, Helene Elisabeth von Clermont in Jacobi. 240 Forse per questo la sintesi poetica fissata nell’autobiografia diver­ ge dalla cronologia reale. Il primo incontro tra Goethe e Jacobi avvenne infatti a Elberfeld, da Jung-Stilling; da lì i due si recarono a Düsseldorf e proseguirono poi per Colonia. L’incontro a Colonia, di cui Jacobi rife­ risce a Goethe nella lettera del 28 dicembre 1812 (una fonte importante da cui Goethe riprese molti dei motivi trattati in queste pagine, oltre ai toni caldi e affettuosi) non era dunque il primo. 241 La costruzione del duomo di Colonia fu ultimata soltanto nel xix secolo. Gli amici a cui si riferisce sono i fratelli Boisserée. Nel 1810 infatti Sulpiz Boisserée gli invia i disegni del duomo di Colonia e i progetti per il suo completamento con l’intento di coinvolgerlo nel progetto: sarà l’inizio della loro amicizia. Cfr. Grisebach 1949 e lettera a Sulpiz Boisserée del 14 febbraio 1814. 242 Nella mitologia greca, la dea Atena era fuoriuscita dalla testa spaccata di Zeus già adulta e armata di tutto punto. 243 Everard Jabach, direttore della Compagnia francese delle Indie orientali, aveva raccolto nella sua casa di Colonia una preziosa col­ lezione di opere d’arte. Il quadro che ritrae tutta la famiglia era stato dipinto intorno al 1660 da Charles Lebrun; quel ramo della famiglia si era poi estinto nel 1761, mentre la casa fu distrutta dai bombardamenti nel 1943. 244 Le due ballate erano ancora inedite: Il re di Thule fu concepita nel 1774, è dunque coeva alla stesura del primo Faust, ma fu pubblicata soltanto nel 1782; Il ragazzo infedele apparve invece prima, nel 1776, inserito in Claudine di Villa Bella. Cfr. Tutte le poesie, vol. i, pp. 203205 e 209-211. 245 In diverse fasi della sua vita Goethe si occupò intensivamente del pensiero di Baruch Spinoza, e di lui parlerà ancora diffusamente nel sedicesimo libro; gli impulsi ricevuti dalla sua filosofia sono tra quelli di maggior rilievo per la produzione giovanile (oltre a Hamann è l’unico filosofo trattato diffusamente nella biografia) e l’opera che maggiormente attira la sua attenzione in questa fase è l’Ethica Ordine Geometrico demonstrata (pubblicata postuma nel 1677). Cfr. lettera a Jacobi del 9 giugno 1785; Bollacher 1969; Delf / Schoeps / Walther 1994. 246 Spinoza: Ethica Ordine Geometrico demonstrata, pars v, propositio 19: «Qui Deum amat, conari non potest, ut Deus ipsum contra amet». Trad. ital. di Gaetano Durante, rivista da Andrea Sangiacomo

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(Milano 2010, p. 1577). – Questa stessa frase è citata anche nella lettera a Herder del 20 febbraio 1786. 247 Sono le parole che Philine rivolge a Wilhelm Meister negli Anni dell’apprendistato (lib. iv, cap. 9, p. 207). 248 Il termine utilizzato qui (Wahlverwandtschaft) e in altri punti dell’autobiografia (ad esempio a p.  1195), è un termine tecnico della chimica che indica la forza di attrazione che si esercita tra due corpi, sollecitati l’uno verso l’altro. Solo in seguito alla diffusione del suo omonimo romanzo, il termine assumerà le connotazioni psicologiche, spirituali e letterarie che ancor oggi conosciamo. 249 Jacobi pubblicò in seguito delle celeberrime lettere indirizzate a Mendelssohn Sulla dottrina di Spinoza (1785). 250 Il castello di caccia di Bensberg era stato costruito nel 1706-1710 per il principe elettore del Palatinato Johann Wilhelm, e affrescato dal pittore olandese Jan Weenix il giovane. 251 Nel Settecento era una delle collezioni di dipinti di maggior rilie­ vo di tutta la Germania; fu in seguito venduta e finì in gran parte nella Vecchia Pinacoteca di Monaco. 252 Goethe non apprezzò infatti i romanzi di Jacobi, All­will (1775) e Woldemar (1781) e li criticò con sarcasmo come era solito fare con gli amici di Weimar; Jacobi lo venne a sapere e si offese, ma al divario de­ finitivo si giunse quando Jacobi scatenò il dibattito su Spinoza (Spinoza-Streit, 1785) coinvolgendolo suo malgrado. È dunque difficile per Goethe parlare della loro amicizia e lo fa calibrando ogni parola; da una lettera a Riemer (24 luglio 1813) sappiamo che fu a lungo incerto su quanto e cosa scrivere a questo proposito e poi tralasciò un paragra­ fo che gli sembrava troppo duro. Ciononostante, quando Jacobi lesse queste righe che dichiaravano pubblicamente la frattura avvenuta tra i due amici di un tempo, se ne risentì e scrisse all’autore. Rispose Goe­ the: «Gli uomini vengono uniti dalle intenzioni, separati dalle opinioni. Le prime sono una cosa semplice, in cui è facile ritrovarsi, le seconde sono molteplici e ci si disperde. Le amicizie di gioventù si fondano sulle prime, le divergenze della vecchiaia sono causate dalle secon­ de. Se fossimo consapevoli di questo fin da giovani, potremmo fare in modo di sviluppare, insieme alle nostre opinioni, anche una certa liberalità nei confronti delle altre, persino di quelle opposte: saremmo così più accondiscendenti, e basandoci sulle intenzioni cercheremmo di riunire quello che il modo di pensare ha frammentato» (lettera a Friedrich Heinrich Jacobi, 6 gennaio 1813). Cfr. anche Rehder 1938; Gebhardt 1937.

1798

NOTE AL TESTO

Riferimento alla teoria dei ‘tre impostori’, molto diffusa nel Set­ tecento e circolante in molti testi del libertinismo di matrice francese (ad es. Bayle). In base a questa teoria i tre fondatori delle religioni mo­ noteiste (Mosè, Gesù e Maometto) sarebbero tre impostori che mirava­ no soltanto alla gloria personale e al dominio politico. 254 Forse con il volume di Turpin: Histoire de la vie de Mahomet (1773). 255 Il dramma intitolato a Maometto doveva comprendere cinque atti, ma ne rimangono soltanto pochi frammenti, risalenti all’autun­ no 1772-inizio 1773, quindi antecedenti all’incontro con Lavater e Jacobi. Nel momento in cui scrive non possedeva più quel testo, ma aveva dimenticato di averne regalata una trascrizione a Charlotte von Stein; esso rimase nel suo lascito e fu pubblicato nel 1846 da Adolf Schöll: Briefe und Aufsätze von Goethe. Comunque, sebbene siano ormai trascorsi parecchi decenni e ne abbia persa ogni traccia, i ri­ cordi riguardo alla struttura dell’opera e ai suoi contenuti sono ancora molto precisi. 256 L’inno, che doveva essere cantato a due voci dal genero Alì e dal­ la figlia Fatima, fu pubblicato per la prima volta (in forma rielaborata) nel 1774 nel «Göttinger Musenalmanach». Cfr. Tutte le poesie, vol. i, pp. 595-599. 253

Libro quindicesimo 257 Georg Friedrich Kersting, pittore di Dresda celebre per i suoi dipinti di interni. Proprio mentre stava scrivendo questa parte dell’au­ tobiografia ebbe occasione di acquistare alcuni suoi dipinti per il duca Karl August. 258 La poesia è tramandata soltanto in Poesia e verità, in relazione al disegno che è andato perduto, ed è verosimilmente databile all’ultimo anno di vita della Klettenberg, il 1774; non è possibile identificare con certezza la destinataria, amica di entrambi, il cui ritratto si trovava nella stanza della Klettenberg (cfr. v. 7); in MA (i.1, p. 872) si avanza l’ipo­ tesi che possa trattarsi di Barbara Schultheß. – Cfr. Tutte le poesie, vol. ii, p. 323, trad. di Dario Del Corno (che parte però da un testo tedesco leggermente diverso, la sua traduzione è stata quindi opportunamente modificata). 259 Nikolaus Ludwig, conte di Zinzendorf. Di formazione pietista, dal 1722 aveva raccolto intorno a sé i superstiti della corrente dei Fra­ telli boemi nella sua tenuta di Herrenhut (da cui presero anche il nome

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di Herrenhüter), a cui si erano uniti membri di altre confessioni perse­ guitate; nel 1727 fondò la Comunità dei fratelli (Brüdergemeinde). Essa si considerava un riflesso diretto della comunità dei discepoli raccolta intorno a Gesù nella prima ora, e si caratterizzava per un’impostazione del culto molto emotiva. Appoggiata da Federico Guglielmo i di Prus­ sia, la corrente prese piede non soltanto in Germania ma anche in altri paesi, fino in America. 260 Nel caso di decisioni particolarmente importanti, i Fratelli aveva­ no la consuetudine di accettare il verdetto della sorte. Goethe si informò su questi aspetti nel trattato di David Cranz: Alte und neue Brüder-Historie oder kurz gefaßte Geschichte der Evangelischen Brüder-Unität (1771). 261 Il 21 e 22 settembre 1769 si era svolto a Marienborn, un convento (in seguito distrutto) nei pressi di Francoforte, un sinodo degli Herrenhüter; in una lettera a Schlosser (15 gennaio 1813) Goethe chiede in­ formazioni riguardo alla data in cui si svolse. Egli accompagnò Johann Friedrich Moritz, consigliere di legazione danese a Francoforte. 262 Il complesso delle dottrine facenti capo al monaco Pelagio e i movimenti ereticali che da esso derivarono furono condannati nel Concilio di Cartagine (411); acceso avversario del pelagianesimo fu S. Agostino, che sviluppò per contrasto la dottrina della Grazia e della predestinazione. Il pelagianesimo riteneva che l’uomo potesse con le sue sole forze osservare i comandamenti e salvarsi; la Grazia sarebbe quindi solo un aiuto aggiuntivo. – Una presentazione di queste correnti è contenuta in Gottfried Arnold: Kirchen- und Ketzer-Historie (cfr. p. 737), ed è comunque un motivo essenziale nelle posizioni religiose del giovane Goethe, poi attenuato con il passare degli anni ma sempre di una certa rilevanza (Grosser 1949). 263 La leggenda dell’ebreo errante era diffusa in tutta Europa fin dal Medioevo; il Volksbuch tedesco che la riproponeva si intitolava Ahasverus. – La progettata Storia dell’ebreo errante è conservata solo come frammento (1774); anche in questo caso, come per Maometto, l’autore riferisce molto dettagliatamente delle opere che non ha scritto, più che di quelle effettivamente portate a termine. 264 Da Hans Sachs, famoso Meistersinger del Cinquecento, anche lui calzolaio di professione, viene ripresa anche la tipica forma metrica (Knittelvers) che Goethe utilizza spesso nella sua produzione giovanile. Cfr. Burchinal 1912. 265 L’episodio è narrato nei tre Vangeli sinottici: Mt 27, 32; Mc 15, 21 e Lc 23, 26.

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NOTE AL TESTO

Due versetti biblici: il primo è tratto dal Vangelo di Luca (Lc 4, 23), il secondo dal libro del profeta Isaia (Is 63, 3). 267 Ovvero quella umana, dopo quelle degli dei e dei titani. 268 Si tratta del celebre Spinoza-Streit, che suscitò un violento dibat­ tito (cfr. nota 252). Oltre ai due contendenti principali, Mendelssohn e Jacobi, vi parteciparono Goethe, Herder, Hamann, Claudius, gli illu­ ministi berlinesi e Kant, ma echi della discussione sono percepibili in tutta la filosofia e la letteratura dell’epoca. Jacobi, riportando una serie di conversazioni avute con Lessing, aveva fatto emergere l’adesione di quest’ultimo allo spinozismo, sollevando la questione su quale fosse veramente il contenuto ultimo della sua filosofia. Lo spunto che aveva spinto Lessing a fare le dichiarazioni riferite da Jacobi era stata la lettu­ ra dell’inno di Goethe Prometeo (Tutte le poesie, vol. i, pp. 626-631), in cui avrebbe trovato conferma della tendenza fondamentale dell’epoca. A sostegno delle sue considerazioni Jacobi pubblica quindi la poesia, senza avvisare l’amico, nel suo scritto Sulla dottrina di Spinoza (1785), suscitando enorme scalpore. Mendelssohn reagì con lo scritto Moses Mendelssohn agli amici di Lessing (uscito postumo nel 1786), in cui difendeva Lessing dall’accusa di spinozismo, affermando che Jacobi avrebbe frainteso le sue parole. Il dibattito che ne scaturì fu molto acce­ so, ma una delle conseguenze fu che il Prometeo venne considerato un manifesto dello spinozismo (Bollacher 1969; Delf / Schoeps / Walther 1994; Gebhardt 1937). Mendelssohn morì all’improvviso e Johann Ja­ kob Engel, che portò a termine la pubblicazione dello scritto, affermò nella prefazione che la morte precoce del filosofo era stata causata dalla pretesa di Lavater di convertirlo (cfr. p. 1293), che gli aveva inferto un primo duro colpo, e poi dallo scritto di Jacobi. 269 Le divergenze di opinioni che l’inno Prometeo aveva suscitato, in aggiunta alla sua pubblicazione senza il consenso dell’autore, fu una delle cause dell’allontanamento tra lui e Jacobi (cfr. p. 1341). Goethe infatti prende le distanze dal dibattito filosofico e rivendica la sua opera all’ambito poetico. Nel 1813 non possedeva più il frammento del dram­ ma di Prometeo, di cui aveva scritto solo due atti; fu ritrovato nel 1819 nel lascito di Lenz e venne in seguito inserito nella Ausgabe letzter Hand (1830, vol. xxxiii). Cosa pensasse in età matura di queste compo­ sizioni lo rivelano le lettere a Seebeck del 5 giugno 1819 e 30 dicembre 1819 e la lettera a Zelter dell’11 maggio 1820. 270 Tutti e tre sono colpevoli di aver osato troppo, spinti dal loro desiderio di conoscenza hanno superato il confine che separa i mortali dagli dei: Tantalo era stato ammesso al banchetto degli dei da Zeus, ma 266

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voleva carpirne i segreti e fu così precipitato negli Inferi; la maledizio­ ne dei Tantalidi, i suoi discendenti, diventerà un motivo centrale nella trama di Ifigenia. Issione godette a sua volta del favore di Zeus, ma si innamorò di Hera e tentò di usarle violenza: Zeus lo punì legandolo a una ruota infuocata e lanciandolo attraverso il cielo. Sisifo era invece il più scaltro dei mortali e subì anche lui la collera di Zeus che lo scagliò negli Inferi, dove era condannato a rotolare in eterno un masso enorme risalendo un pendio. 271 Si tratta dei componimenti: Canto serale dell’artista (Tutte le poesie, vol. i, pp. 761-763; una seconda versione, che Goethe spedì a La­ vater nella lettera del 19 aprile 1775, prese il titolo Canto di un disegnatore fisiognomico); L’esperto (ivi, vol. ii, p. 551); Critico e artista (ivi, vol. i, pp. 763-765); Intenditore ed entusiasta (ivi, vol. i, pp. 765-767). 272 Karl Ludwig von Knebel, scrittore e traduttore, precettore del principe Constantin von Sachsen-Weimar, che negli anni seguenti a Weimar divenne molto amico di Goethe. Nel dicembre 1774 Knebel accompagnava i giovani duchi di Weimar a Parigi, e nel viaggio fecero tappa a Francoforte. Negli anni di Weimar, Goethe e Knebel rimasero poi sempre in buoni rapporti (cfr. lettera a Knebel del 10 marzo 1813). 273 Johann Nikolaus Götz era un pastore protestante e poeta anacre­ ontico. Knebel lo aiutò a pubblicare a Potsdam nel 1773 la sua elegia Die Mädcheninsel, che fu letta persino dal re di Prussia Federico ii. 274 Si affaccia gradualmente sulla scena il tema di Weimar, che se­ gnerà il periodo successivo della sua vita e la seconda parte (almeno secondo il progetto iniziale) dell’autobiografia. Ciò avviene tramite in­ formazioni portate da terze persone, che man mano introducono luoghi e personaggi. – La duchessa Anna Amalia, dopo la morte del marito Ernst August ii Constantin, nel 1759 prese le redini del ducato in quanto reggente e tutrice dei figli, Karl August e Constantin, finché il principe ereditario non raggiunse la maggiore età nel 1775. Wieland era stato chiamato nel 1772 come precettore del figlio maggiore, ma operava prevalentemente come poeta e aveva raccolto intorno a sé un ragguar­ devole circolo letterario; cuore della sua attività era la pubblicazione della rivista «Teutscher Merkur», che in breve si affermò come una delle pubblicazioni più quotate in ambito letterario. A rendere rinomata la città di Weimar contribuì anche il teatro in cui lavorava stabilmente la compagnia di Seyler con il suo attore più famoso, Konrad Ekhof. Sulla corte di Weimar in quel periodo cfr. Raßloff 2018; Berger 2003. 275 Il vecchio castello di Weimar, in cui era collocato anche il teatro, era andato a fuoco dopo essere stato colpito da un fulmine il 6 maggio 1774.

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NOTE AL TESTO

Johann Eustachius conte di Schlitz, detto Görtz, precettore del principe ereditario Karl August, rimase anche in seguito al servizio del duca come consigliere e funzionario. 277 L’ interesse e la passione con cui si sofferma sull’opera di Möser sono strettamente legati alla sua affezione all’idea di Impero, che rima­ ne per Goethe un punto di riferimento politico fondamentale nonostante ne colga con lucidità le contraddizioni e la fragilità, che percepisce sia nel momento di maggior splendore esterno (l’incoronazione descritta nel quinto libro), sia dall’interno durante il lavoro a Wetzlar – e nel momento in cui scrive queste pagine, ha assistito allo scioglimento defi­ nitivo di quella istituzione. Cfr. Srbik 1939 (in particolare pp. 218-219, sull’opera di Möser e il suo ruolo nell’incontro con il duca). 278 Cioè su se stesso e sui lavori che aveva già scritto e pubblicato, Götz von Berlichingen e Werther. 279 Massima latina: «lontano da Giove, lontano dal fulmine». 280 Il 20 marzo 1813 l’autore annota nel suo diario: «Versi pro e contro la corte». La raccolta è frutto dello spoglio di diversi dizionari e raccolte di proverbi, tra cui quelli di Johann Agricola, Sebastian Franck, Johann Lassenius e Andreas Schellhorn; l’interesse per i proverbi emer­ ge in più occasioni negli anni della vecchiaia (Seiler 1922); nel 1815 pubblicò anche una sezione delle sue poesie sotto il titolo Motti proverbiali (Opere in 20 volumi, vol. ii, Stuttgart/Tübingen 1815-1819 – Tutte le poesie, vol. i, pp. 813-861). L’antico sapere popolare viene qui orga­ nizzato in una sorta di tenzone dialettica, dove la posizione del padre si identifica con la tradizionale opposizione degli eruditi verso la vita pra­ tica: trae infatti i suoi argomenti non da esperienze ed esempi concreti, bensì da raccolte e florilegi, da un sapere ormai staccato dalla vita, men­ tre la questione, che costituisce uno dei fili sottesi a tutta l’autobiogra­ fia, era di grande attualità da più punti di vista ed è uno dei temi-chiave che emergono fin dai primi libri e conducono all’improvvisa partenza per Weimar del finale. Ma l’attualità del tema ha anche precisi risvolti personali: da un lato, si trattava di rispondere alle critiche, talvolta vee­ menti, che i contemporanei, soprattutto i giovani poeti, gli muovevano di frequente: aver rinunciato alla sua libertà per diventare un cortigiano, servo e adulatore di un principe (Goethe im Urteil seiner Kritiker, vol. i). Dall’altro doveva trovare una sintesi, soprattutto a livello personale, tra la sua aspirazione alla libertà poetica e le costrizioni che la corte e le cariche ufficiali imponevano – costrizioni che nel primo decennio a Weimar lo avevano soffocato fino a portarlo alla ‘fuga’ in Italia (Kiesel 1979). Si tratta quindi di un tema molto sensibile, che emerge costante­ 276

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mente e viene osservato da più punti di vista. Ai modelli borghesi che gli vengono proposti nella città natale (Olenschlager, Reineck) vengono abilmente contrapposti personaggi che si impegnano nella vita civile ma trovano un posto dignitoso a corte come Schöpflin o Klopstock, dove proprio la corte è il luogo che conferisce incisività al loro agire. Si tratta quindi di costruire la motivazione per una scelta imprevista e sorprendente, a prima vista inconciliabile con le tensioni dello Sturm und Drang; una scelta che, nella dialettica tra padre e figlio, rimane ancora irrisolta – ma richiede all’autore di fare un bilancio degli ultimi cinquant’anni della sua vita. 281 Voltaire risiedeva a Potsdam dal 1750, ma irritò il re Federico ii di Prussia per i suoi ripetuti attacchi al direttore dell’Accademia delle scienze di Berlino, Maupertuis. Quando il re gli intimò di lasciare la Prussia, Voltaire se ne andrò portando via alcune poesie scritte dal re il quale, temendo che volesse farle stampare, diede ordine di fermarlo per costringerlo a restituire i manoscritti. L’arresto avvenne proprio a Francoforte nel 1753. 282 La visita a Magonza si svolse dal 13 al 16 dicembre 1774. 283 Alceste (1773) era un Singspiel ispirato all’omonima opera di Eu­ ripide. Wieland poi ne aveva parlato in alcune lettere pubblicate nello stesso anno sulla sua rivista, intitolate Briefe an einen Freund über das Singspiel Alceste [lettere a un amico a proposito di Alceste]. La pole­ mica contro Wieland e l’esaltazione di Shakespeare erano due elementi caratteristici della generazione dello Sturm und Drang. 284 La lettera a Wieland non è conservata (ma nella lettera a Sophie von La Roche del 22 dicembre 1774 parla della visita a Magonza e riferisce di avergli scritto). Nel quarto volume del «Teutscher Merkur» Wieland aveva effettivamente accolto e commentato con spirito la pa­ rodia del giovane Goethe, raccomandandolo a tutti gli amanti delle pa­ squinate come un capolavoro della satira e dell’umorismo sofistico. 285 Sono conservati il ritratto del conte Görtz e quello di Karl August. 286 Susanna von Klettenberg morì il 13 dicembre 1774 (lettera a So­ phie von La Roche del 22 dicembre 1774). La sua morte, che coincide proprio con i primi contatti con Karl August, viene quasi a rappresenta­ re una cesura esistenziale: si chiude il periodo dell’infanzia e giovinez­ za, legato alla città natale, e si apre invece il periodo di Weimar, dove vocazione letteraria e impegno politico e civile potranno giungere al pieno dispiegamento. 287 La satira (Prometheus, Deukalion und seine Rezensenten) ap­ parve anonima nel 1775. Essa utilizzava la stessa forma metrica che

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NOTE AL TESTO

Goethe prediligeva in quella fase e di conseguenza molti la attribuirono a lui. Prometeo (Goethe) consegna la sua opera intitolata Deucalione (Werther) a un pappagallo (l’editore di Lipsia Weygand) che, contrav­ venendo a quanto era stato stabilito, pubblica anche il nome dell’auto­ re. Seguono poi le parodie delle varie recensioni. Il postino di Altona è la rivista locale «Altonaer Reichspostreuter», l’oca simboleggia le «Frankfurter gelehrte Anzeigen», Mercurio ovviamente la rivista edita da Wieland, il «Teutscher Merkur». Subito Goethe fece pubblicare una sua dichiarazione in cui negava la paternità dell’opera e indicava Wag­ ner come autore, ma solo pochi ci credettero. 288 Klopstock è il primo autore contemporaneo a venire citato nell’o­ pera (p. 161); è il primo anche nella carrellata letteraria sulla poesia te­ desca del decimo libro e anche qui, tra i visitatori, occupa il primo posto in ordine di importanza; ora però viene descritto come persona, non più come precursore e modello letterario, e si sottolinea il suo amore per lo sport e in particolare il pattinaggio (Lyon 1882). Klopstock giunse a Francoforte il 27 settembre 1774, di passaggio verso Karlsruhe. 289 Al posto di Schlittschuhe [der Schlitten, la slitta] Klopstock pre­ ferisce infatti il termine Schrittschuhe [der Schritt, il passo, è un deri­ vato del verbo schreiten, camminare], che anche secondo il DWB è la forma più antica. Già in precedenza, parlando del pattinaggio (p. 1109), era stato menzionato l’entusiasmo di Klopstock per questa attività, un entusiasmo che si manifesta anche nella precisione terminologica. 290 A differenza di altri scrittori, la vita di Klopstock era già oggetto di numerose trattazioni, le più famose sono quella di Karl Heinrich Jör­ dens: Lexikon deutscher Dichter und Prosaisten, vol. iii (1808) e quella di Karl Friedrich Cramer: Klopstock, er und über ihn (1780-1792, 7 voll.), che Goethe utilizzò. 291 Johann Georg Ritter von Zimmermann, svizzero, aveva studiato medicina a Göttingen con Haller. Come medico esercitò a Berna e dal 1768 a Hannover. Grazie ai suoi scritti divenne famoso come filosofo popolare, particolare successo ebbe il trattato Sulla solitudine (1773), vicino alla sensibilità pietista, ed era perfettamente inserito nella tem­ perie culturale del suo tempo che esaltava Rousseau, Ossian e Werther e stimava molto la fisiognomica di Lavater. Goethe lo aveva incontrato nel luglio 1775 a Strasburgo, e a settembre dello stesso anno lo ospitò a Francoforte, e sottolinea di lui ciò che anche i contemporanei ave­ vano evidenziato: tanto era lucido e affidabile nell’esercizio della sua attività, tanto era ipocondriaco e affetto da manie e fissazioni nella vita privata.

PARTE TERZA, LIBRO XV

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Katharina, la figlia di Zimmermann, aveva 19 anni, e in quello stesso periodo Goethe era già fidanzato con Lili. La pazzia del fratello Jakob è documentata a partire dal 1777; Katharina morì a 25 anni. 293 Zimmermann soffriva per un’ernia, che fu però guarita nel 1771. Della sua vita e degli ultimi infelici anni riferiscono diverse fonti: Johann Ernst Wichmann: J. G. Zimmermanns Krankheitsgeschichte (1796); Henrich M. Marcard: Beitrag zur Biographie des seligen Hofrathes und Ritters von Zimmermann (1796); Samuel Auguste David Tissot: Vie de Mr. Zimmermann (1797); Ernst Gottfried Baldinger: J. G. Zimmermann, wie er gesund und krank war («Neues Magazin für Ärzte» 18, 1796, 2, pp. 121-139). 294 Mitologico mostro a nove teste, poi sconfitto da Eracle; per ogni testa che veniva abbattuta, ne ricrescevano due. 295 Karl Ulysses von Salis-Marschlins aveva fondato a Marschlins, nei Grigioni, un convitto sul modello del Filantropino di Basedow. Goe­ the si interessava molto a questi progetti pedagogici che trovarono poi espressione letteraria nella ‘Provincia pedagogica’ (nel secondo libro degli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister). Von Salis passò da Francoforte nell’autunno del 1774, rientrando da un viaggio a Dessau dove aveva visitato il collegio di Basedow. 296 Johann Georg Sulzer passò da Francoforte ai primi di settem­ bre 1775. Nel suo Tagebuch einer von Berlin nach den mittäglichen Ländern von Europa in den Jahren 1775 und 1776 getanen Reise und Rückreise (1780, pp. 16-17) scrive infatti: «A Francoforte ebbi il pia­ cere di fare una visita al dottor Goethe, divenuto famoso in Germania fin dalla giovane età per diverse sue opere. Questo giovane letterato è un autentico genio di natura, con una libertà sfrenata di pensiero sia in ambito politico che culturale. Ha una capacità critica acutissima, una fervida fantasia e una vivace sensibilità. Ma i suoi giudizi su uomi­ ni, costumi, politica e gusto non sono ancora sostenuti da un’adeguata esperienza. Nel conversare lo trovai gradevole e affabile». 297 Lo zio Johann Jost Textor era diventato scabino nel 1771, per cui altri familiari non potevano accedere al Consiglio. Nel 1792, dopo la morte dello zio, fu offerto a Goethe di candidarsi come consigliere ma lui, stabilitosi ormai definitivamente a Weimar, rifiutò. 298 Probabilmente Susanne Magdalena Münch, figlia di un commer­ ciante della città. Cfr. le lettere a Kestner del 26 gennaio e 11 febbraio 1773. 299 Quatrième mémoire à consulter par Pierre Augustin Caron de Beau­marchais (Paris 1774). Nel mémoire vi è un resoconto del suo 292

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NOTE AL TESTO

viaggio in Spagna, dove Beaumarchais era andato nel 1764 per vendi­ care l’onore della sorella, fidanzata con uno scrittore spagnolo che poi rifiutò di sposarla. Da questo spunto nacque la tragedia Clavigo. 300 Nel dramma Carlos è l’amico di Clavigo; la ballata inglese è con tutta probabilità ispirata a Lucy and Colin, compresa nell’antologia di Thomas Percy (Reliques of Ancient English Poetry, London 1765) e parzialmente tradotta da Herder con il titolo Röschen und Kolin. La tragedia fu terminata alla fine del maggio 1774.

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PARTE QUARTA, LIBRO XVI

Parte quarta A differenza delle prime tre parti, la quarta non era dotata di motto. Il lavoro all’autobiografia procedeva ormai da molti anni, ma subiva continue interruzioni; i primi tre volumi erano stati pubblicati, ma Goe­ the non fece in tempo a completare e pubblicare la quarta e ultima parte, che fu quindi rivista e data alle stampe dai curatori Eckermann e Riemer (cfr. Nota editoriale e Scheibe 1968a). Per analogia, decisero di pre­ mettere un motto anche a quest’ultimo volume e dopo varie valutazioni (interpellarono anche il cancelliere von Müller, lo scambio di lettere in proposito è conservato) scelsero la frase «Nemo contra deum nisi deus ipse» presente nel xx libro (p. 1653), che riassume in modo pregnante l’elemento demonico su cui l’autobiografia si chiude (Scheibe 1964). Il motto, la sua provenienza, la sua interpretazione, l’applicazione alla fi­ gura di Napoleone e a Goethe stesso sono argomento di numerosi studi (tra i più recenti: Mommsen 1951; Fischer-Lamberg 1954; Leese 1961; Ehrentreich 1963; Janentzky 1966; Jantz 1972, pp. 621-634; Milder 1981); si veda anche più avanti, nota 154. 1

Libro sedicesimo Il volumetto di Johannes Colerus: Das Leben des Benedict von Spinoza (1733), una traduzione dell’originale olandese (1705), era pre­ sente sia nella biblioteca comunale di Francoforte, sia nella biblioteca del padre (cfr. Götting 1953). 3 Anche Jacobi aveva ripreso da Bayle l’accusa di ateismo, ma con un grande rispetto per la personalità di Spinoza. Jacobi considerava infatti l’ateismo del filosofo olandese una conseguenza logica del suo pensiero, non un atteggiamento preconcetto, spregiativo di ogni morale. Ciononostante molti contemporanei associavano Spinoza all’ateismo tout court, che andava combattuto con ogni mezzo. Cfr. Goethe-Wörterbuch, s. v. ‘Atheismus’. 4 Spinoza: Opera posthuma (1677). – Il ritratto del pensatore olande­ se è costruito con un collage di citazioni che offrono via via un’imma­ gine sempre più positiva (Gould 1991, pp. 297-298): si parte dall’opu­ 2

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NOTE AL TESTO

scolo di Colerus, di cui viene sottolineata la scorrettezza metodologica, per proseguire con l’articolo di Bayle, in cui si mescolano note positive e negative, a sua volta contrapposto al versetto evangelico (Mt 7, 16 e 20) che con autorevolezza ne mette in luce le incongruenze, per con­ cludere con l’esperienza personale rasserenante della lettura delle sue opere. Spinoza viene considerato soprattutto come uomo, più che come filosofo, per sottolineare l’unità tra persona e opera: è questa armonia che colpisce il giovane Goethe che non sta cercando un sistema metafi­ sico, bensì una via per affrontare la vita. Lui che fino a poco prima era stato tormentato da pensieri suicidi, trova nel filosofo una serenità e una calma che si fondano non più sul disprezzo del mondo, come prima, bensì sull’accettazione serena delle leggi della vita, e un’armonia tra la persona, il suo insegnamento e il suo stile di vita che lo rasserena e avrà su di lui una profonda e duratura influenza. 5 Si riferisce allo Spinoza-Streit che vide opporsi Jacobi e Mendels­ sohn (cfr. nota 268 parte iii) e alla più recente controversia tra Jacobi e Schelling scoppiata nel 1811-1812. Nel suo scritto Sulle cose divine e la loro rivelazione (Von den göttlichen Dingen und ihrer Offenbarung, 1811), l’ultimo dei suoi scritti filosofici fondamentali, Jacobi aveva in­ fatti equiparato la filosofia dell’identità di Schelling allo spinozismo suscitando la veemente replica di Schelling: Denkmal der Schriften von den Göttlichen Dingen etc. des Herrn von Jacobi [Monumento dello scritto sulle cose divine del signor Jacobi (1812)]. 6 Il tema della Entsagung, la rinuncia, è molto presente in tutta l’opera della maturità, in particolare negli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, che ha come sottotitolo proprio Die Entsagenden [I rinunzianti, coloro che rinunciano]. Cfr. Meads 1973. 7 Qo 12, 8: «Vanità delle vanità, dice Qoelet, e tutto è vanità». 8 Intende i materialisti francesi. 9 La pianta, originaria del Bengala e classificata da Linneo con que­ sta denominazione, era molto nota a causa del movimento spontaneo e continuo delle sue foglie e quindi considerata una curiosità naturale. 10 Sono i versi iniziali della poesia L’alunno delle muse (Der Musensohn; in: Tutte le poesie, vol. i, pp. 27-29, trad. di Maria Teresa Giannel­ li), che Goethe cita evidentemente a memoria, variando l’ultimo verso: nell’originale era «so gehts von Ort zu Ort», me ne vado di terra in terra. 11 Si racconta che Petrarca si annotasse dei versi sulla giubba; l’a­ neddoto è tramandato in varie biografie, ad esempio in quella di Karl Ludwig Fernow, annessa a una nuova edizione delle Rime di Petrarca (1806). Cfr. diari, 5 gennaio 1807.

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Christian Friedrich Himburg, tipografo ed editore berlinese, era tra i più spregiudicati in quanto a ristampe abusive. Nel 1775-1776 pub­ blicò un’edizione in tre volumi delle opere di Goethe, che poi ristampò una seconda e una terza volta nel 1777 e 1779, inserendo anche molti errori nei testi e facendo passare per opere di Goethe persino un saggio di Herder e una poesia di Jacobi. L’atteggiamento del poeta, che consi­ dera offensivo vendere per denaro il suo dono di natura, è in stridente contrasto con l’atteggiamento di Himburg che specula invece sul ta­ lento altrui in modo proditorio e disonesto. Su Himburg e il problema del riconoscimento del diritto d’autore, per il quale Goethe si batté per decenni, cfr. Schleif 1965; Unseld 1997; Pozzo 2005. 13 Questa è la seconda stesura della poesia Der vierte Teil meiner Schriften. Berlin 1779 bei Himburg. La prima stesura (La quarta parte dei miei scritti, usciti a Berlino nel 1779 presso Himburg, in: Tutte le poesie, vol. ii, pp. 384-387) era stata inviata in una lettera a Charlotte von Stein il 4 luglio 1779. Il verso 6 ricorda Sosia e il fratello, i librai più famosi di Roma al tempo di Orazio. 14 Il dualismo descritto da Spinoza (da una parte la natura che agisce in base a leggi eterne e necessarie, dall’altra l’uomo che si muove in base a principi morali e razionali in vista del bene comune) viene applicato alla sua situazione personale e gli offre una chiave di lettura adeguata per conciliare i due estremi. Il primo è il talento letterario, che egli considera un dono di natura: è irrefrenabile, im­ prevedibile e incontrollabile, si sviluppa con sue proprie leggi ed è creativo ma non razionale, né teso a uno scopo; il secondo elemen­ to è il desiderio di darsi da fare concretamente, di agire nella vita assolvendo un compito per il bene comune. Il giovane deve quindi imparare a lasciare spazio alla forza creativa da un lato, ma anche trovare una via per applicare le sue energie in modo utile e produttivo dall’altro. Divenendo consapevole della necessità di conciliare i due elementi, ne scaturisce immediata una decisione – deve muoversi in questa direzione, sebbene il ‘come’ non sia ancora chiaro; man mano si vedrà che a Francoforte uno sviluppo armonico sui due piani è im­ pensabile, e il finale presenterà Weimar come il luogo in cui questa sintesi sembra possibile. 15 Karl Friedrich von Baden aveva in effetti sostenuto l’editore Karl Friedrich Macklot, che aveva al suo attivo parecchie stampe non auto­ rizzate (sebbene non di Goethe, a differenza di Himburg e dell’editore di Karlsruhe Christian Gottlieb Schmieder, che nel 1778-1780 aveva stampato anche lui un’edizione pirata delle sue opere). Un altro famige­ 12

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NOTE AL TESTO

rato tipografo senza scrupoli era il viennese Johann Thomas Edler von Trattner, favorito dall’imperatore Giuseppe ii. 16 Caroline Louise von Baden. 17 A partire dal xvi libro il carattere del testo appare più frammenta­ rio; nel manoscritto sono intercalati ampi spazi vuoti (qui resi con una sola riga vuota), che indicano che le diverse parti del testo erano isolate, scritte anche in tempi diversi, e aspettavano di essere ordinate e colle­ gate tra loro. Questo spiega i passaggi talvolta bruschi da un episodio all’altro, le ripetizioni, la discontinuità anche nello stile che rendono la scrittura (e la lettura) meno fluida. 18 L’incendio avvenne nella notte tra il 28 e il 29 maggio 1774. Cfr. lettera a Schönborn del 1° giugno 1774. 19 L’episodio è narrato in base a un aneddoto trascritto da Bettina von Arnim, alla quale era stato raccontato dalla madre di Goethe. Cfr. Goethes Briefwechsel mit einem Kinde [Carteggio di Goethe con una bimba], lettera del 28 novembre 1810. 20 La citazione non è stata rintracciata, alcuni la attribuiscono a Rousseau. 21 Nel racconto di Voltaire: L’ingenuo (1767), il protagonista è un europeo cresciuto presso la tribù indiana degli uroni, che quindi osserva con sguardo estraneo la situazione dell’Europa. A questo ri­ ferimento si sovrappone quello al dramma di Cumberland The WestIndian (tradotto in tedesco da Bode nel 1772), ma Goethe si confonde e scrive Cleveland al posto di Cumberland. Anche in questo caso si tratta di un ragazzo cresciuto con gli indiani d’America che non capi­ sce e disapprova il modo di vivere europeo: nel 1778 in una rappre­ sentazione teatrale a Weimar Goethe aveva persino recitato la parte del protagonista. 22 Questo episodio introduce il tema del libro successivo, la storia d’amore con Lili, che qui viene solo osservata con distacco e nemmeno chiamata per nome. Si parla infatti genericamente della casa di un noto banchiere, Johann Wolfgang Schönemann, deceduto nel 1763, ma i cui affari erano stati portati avanti dalla moglie insieme a uno dei suoi soci in affari. L’unica figlia è Anna Elisabeth (Lili) Schönemann, che all’e­ poca del primo incontro, nel 1774, aveva 16 anni. Una volta sciolto il fidanzamento con Goethe, Lili sposò nel 1778 il banchiere di Strasbur­ go Bernhard Friedrich von Türckheim (Beutler 1995, pp. 194-199), ma i due rimasero comunque sempre in contatto. 23 Il soggiorno di Jung a Francoforte si verificò nei mesi di febbraio e marzo, e poi nell’agosto 1775. Jung stesso lo descrive dettagliatamen­

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te nel suo scritto autobiografico Heinrich Stillings häusliches Leben (1789). Cfr. anche Götting 1937. 24 Friedrich Maximilian von Lersner, segretario della legazione da­ nese, nel 1775 aveva 39 anni. 25 Il medico esperto era Johann Michael Hoffmann (cfr. p. 1203), men­ tre il commerciante sfortunato era un certo Bauch, originario della Turingia. 26 I cosiddetti ‘risvegli’ (Erweckungen) sono un fenomeno tipico del pietismo, una sorta di esperienza mistica in cui il singolo percepisce l’azione della grazia di Dio nella propria vita. – La figura dell’amico Jung, così devoto e fiducioso nelle forze divine, fa da contrappunto alla descrizione del giovane Goethe, lettore di Spinoza, che cerca una sua propria via per risolvere i conflitti e le opposizioni dell’esistenza. Come ha osservato poco prima, «quando gli uomini erano buoni, erano anche devoti; quelli attivi erano invece sciocchi e spesso incapaci» (p. 1449); tra gli amici e i conoscenti, nessuno rappresenta una via adatta a lui per trovare l’equilibrio, non certo Jung, eccessivamente fiducioso e devoto. 27 Il termine aperçu, tipico della fase matura, è utilizzato soprattutto negli scritti scientifici e con una connotazione specifica: si tratta di per­ cezioni particolari, osservazioni molto acute e pregnanti che all’interno di un certo contesto portano a intuizioni nuove e inaspettate di regolari­ tà e nessi nascosti (cfr. Goethe-Wörterbuch, s. v. ‘Aperçu’). 28 Questa massima ripresa dal filologo fiammingo Jan Gruter (Florilegium ethico-politicum, 1610) era già stata inserita nella raccolta di epigrammi lirici Dio, sentimento, mondo (compresa nel ii volume dell’edizione in 20 volumi del 1815), dove Goethe l’aveva tradotta così: «In wenig Stunden / hat Gott das Rechte gefunden» («In poco tempo / Dio trovò il modo giusto», Tutte le poesie, vol. i, p. 800, trad. di Maria Teresa Giannelli). 29 Nel Libro di Giobbe, tre amici si recano dal protagonista, colpito da mille disgrazie, per condolersi con lui e per consolarlo (Gb 2, 11); nei dialoghi che si intrecciano si alternano lamento, protesta, consola­ zione, esortazione e rimprovero. 30 L’aneddoto è narrato da Jung stesso, nel suo racconto autobiogra­ fico Heinrich Stillings häusliches Leben (1789). – Della sua fiducia nel­ la Provvidenza, totale ma passiva, vengono messi in evidenza i limiti, illustrando la grave situazione in cui versa la sua famiglia; tra le righe si intuisce che è da attribuire almeno in parte a una certa sua leggerezza nell’affrontare le situazioni della vita. Goethe evita prudentemente di parlare delle opere di Jung e della parte successiva della sua vita, ma chiude l’episodio con un tono positivo e di speranza.

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NOTE AL TESTO

Libro diciassettesimo La poesia, poi intitolata Amore nuovo vita nuova, fu spedita a Merck in forma manoscritta nel febbraio 1775. La prima pubblicazio­ ne avvenne (senza il titolo) sulla rivista «Iris» nel marzo dello stes­ so anno. Cfr. Tutte le poesie, vol. i, pp. 81-83, trad. di Maria Teresa Giannelli. 32 La seconda, A Belinda, fu anch’essa composta e pubblicata nel febbraio-marzo del 1775, sempre su «Iris» (Tutte le poesie, vol. i, pp. 83-85, trad. di Maria Teresa Giannelli). La situazione descritta nella po­ esia, il contrasto tra la felicità dell’innamorato che, solo nella sua stan­ zetta può chiudere gli occhi e sognare felice la donna amata, mentre per poterla vedere fisicamente deve sottostare alle luci e alla vacuità della vita di società, è descritta con vivacità anche in una lettera alla contessa Auguste von Stolberg (13 febbraio 1775). 33 Lo zio è Nicolas Bernard, proprietario di una manifattura di ta­ bacco a Offenbach; Jean George d’Orville era un cugino di Lili e aveva sposato una nipote di Bernard. Cfr. Wilpert: Goethe-Lexikon, s. v. ‘Ber­ nard’; Beutler 1995, pp. 230-253. 34 Johann André proveniva da una famiglia di produttori di seta di Offenbach, ma si era appassionato di musica: fondò nel 1774 una casa editrice di musica e una tipografia per spartiti, dal 1777 al 1784 fu diret­ tore d’orchestra a Berlino e musicò due componimenti di Goethe: nel 1775 Erwin ed Elmire, nel 1780 Claudine di Villa Bella. 35 Theobald Marchand, attore e dal 1771 al 1777 direttore del teatro di Francoforte, poi di Monaco (Mentzel 1882, pp. 321-340); nel 1775 mise in scena Erwin ed Elmire. – L’opera a cui fa cenno è La bella e la bestia (1771) di André Erneste Grétry, compositore francese (sul teatro dell’epoca, e in particolare a Francoforte, sono utili e ricchissimi di informazioni gli studi di Mentzel 1882 e 1899). 36 Con «i cacciatori» si intende forse l’opera La caccia (1773) di Christian Felix Weiße, musicata da Johann Adam Hiller; il bottaio è Le tonnelier di Nicolas Médard Audinot, mentre Der Töpfer [Il vasaio] è l’opera di Johann André, prima rappresentazione a Francoforte il 3 novembre 1773. Cfr. lettera a Johanna Fahlmer del 31 ottobre e del 23 novembre 1773; a Betty Jacobi del 3 novembre 1773. 37 Johann Ludwig Ewald, teologo e pastore della comunità calvini­ sta di Offenbach, acquistò una certa notorietà come scrittore moraleg­ giante. 31

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La ballata di Gottfried August Bürger, considerata una delle sue migliori composizioni, apparve nel 1773 nel «Göttinger Musenalma­ nach» per l’anno 1774; André la musicò con grande successo nel 1775. 39 Johann Wilhelm Liebholdt nel 1775 aveva 35 anni. 40 Si tratta di una strofa del Canto del patto [Bundeslied], conosciuto nella successiva versione profondamente rielaborata in cinque strofe, pubblicata nella Ausgabe letzter Hand. Esso venne in realtà composto non per il compleanno, bensì per il matrimonio del pastore Ewald av­ venuto il 10 settembre 1775, e poi pubblicato sul «Teutscher Merkur» l’anno successivo. Cfr. Tutte le poesie, vol. i, pp. 143-145, trad. di Ma­ ria Teresa Giannelli. 41 Jakob Georg, fratello minore di Lili. 42 La data del compleanno e l’età di Lili sono esatte, ma in quegli stessi giorni Goethe si trovava sul passo del Gottardo nel corso del suo viaggio in Svizzera. L’aneddoto con il dettagliato resoconto della pic­ cola commedia che segue ha attirato per molti versi l’attenzione: sia per l’incongruenza delle date (Müller [FA XIV, p. 1267] e altri sono del parere che l’aneddoto si riferisca a un altro avvenimento simile che coinvolse gli amici e i parenti di Lili), sia per l’ampiezza, che sugge­ risce una rilevanza che va al di là del semplice aneddoto (Gould 1981, pp. 54-56). Tiedemann 1996 suppone che si tratti di un capovolgimento pensato ad arte: era Goethe quello che non si sentiva a suo agio in quella relazione ed era in crisi, e fu lui a non presentarsi alla festa. Il lungo aneddoto sarebbe quindi fittizio, una proiezione letteraria che, attraver­ so la tipica tecnica psicologica del capovolgimento, esprimerebbe il suo disagio e i sensi di colpa. Lo confermerebbe anche il fatto che della composizione non è rimasta alcuna traccia, né è mai stata nominata in un qualsiasi documento, lettera o altro. 43 Nel teatro del Sette e Ottocento, la parte del caratterista era affida­ ta in genere ad attori di una certa età; erano ruoli anche importanti ma non da protagonista, che tratteggiavano personaggi tipizzati, talvolta con aspetti quasi caricaturali. 44 Massime e riflessioni, N. 806: «A ogni età dell’uomo corrisponde una certa filosofia. Il bambino appare come un realista: giacché è persuaso dell’esistenza delle pere e delle mele come della propria». 45 Sono le parole della sposa che attende trepida l’arrivo dell’amato nel Cantico dei Cantici (5, 2). Proprio in questo periodo Goethe ne aveva tradotti dei passaggi; il motivo è determinante anche per la com­ posizione Der Bräutigam [Lo sposo; Tutte le poesie, vol. ii, pp. 872873], scritta in età più tarda (1824), ma più volte menzionata negli sche­ 38

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NOTE AL TESTO

mi preparatori: evidentemente era collegata a riflessioni più profonde sull’intensità del legame con Lili e sulle passioni che lo avevano agitato in quella fase. Il legame tra il Cantico dei Cantici e la condizione del promesso sposo riassume quindi, nella sintesi sublimata dal tempo, una fase cruciale della sua giovinezza. 46 Helena Dorothea Delph aveva una propria attività a Heidelberg ma era spesso presente a Francoforte, dove svolgeva anche incarichi diplomatici per conto di diversi nobili; Goethe la incontrò anche in se­ guito, nel 1793 e 1797. Cfr. Huffschmid 1924. 47 Goethe aderì alla massoneria nel 1780, quando fu accolto nella Loggia Anna Amalia di Weimar, ma il suo atteggiamento rimase distac­ cato: considerava la massoneria un intrattenimento di società e criticò esplicitamente le sue pervasive intenzioni sociali e politiche (relazione per il duca Karl August del 31 dicembre 1807); nel 1812 chiese a Ridel, maestro della loggia, di scioglierlo da ogni obbligazione. Cfr. Freschi 2017. 48 Caterina ii di Russia condusse nel 1768-1784 la prima guerra con­ tro i turchi, che fu vittoriosa e culminò con la distruzione della flotta turca vicino a Çeşme, cittadina sulla costa dell’Asia minore nel luglio del 1770. Il pittore Philipp Hackert fu incaricato di dipingere un ciclo di sei quadri sulla battaglia, ma il sesto che ritraeva proprio la flotta in fiamme, non soddisfò il committente. Hackert si giustificò dicendo che non aveva mai visto una nave da guerra bruciare ed esplodere, e di conseguenza il conte Orlov, ammiraglio della flotta russa, ottenne il permesso di far saltare in aria una nave russa nella baia di Livorno. Dopo la dimostrazione Hackert dipinse nuovamente la scena, questa volta con piena soddisfazione. Goethe ha riportato questo aneddoto nel­ la sua biografia di Hackert. 49 Gustavo iii, nipote di Federico il Grande, assunse nel 1771 il go­ verno della Svezia e reintrodusse un governo monarchico forte a sca­ pito dell’aristocrazia; da sovrano illuminato, instaurò una monarchia costituzionale e promosse una serie di riforme economico-sociali. 50 La Corsica era sotto il dominio di Genova quando si verificarono diverse sommosse popolari, capeggiate da Pasquale Paoli, finché l’isola non fu venduta nel 1768 alla Francia. Nella battaglia di Ponte Nuovo (8 maggio 1769) Paoli fu sconfitto dai francesi e fuggì quindi in Inghilter­ ra. Durante il viaggio passò da Francoforte, dove Goethe lo incontrò nel settembre 1769 in casa del banchiere Johann Philipp Bethmann. 51 Dopo che la Guerra dei sette anni aveva comportato la cessione delle colonie francesi Canada e Louisiana all’Inghilterra, nelle colonie

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nordamericane ci furono i primi episodi di ribellione, a cui seguì la guerra che portò alla dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776), san­ cita poi nel 1783 con il trattato di Versailles. Le vicende furono seguite con grandissimo interesse in Europa (Wertheim 1957; Dippel 1976), e i due nomi di spicco erano quelli di Benjamin Franklin, già famoso come scrittore e scienziato, e George Washington. 52 Luigi xvi, che nel 1770 aveva sposato Maria Antonietta, salì sul trono nel 1774; essendo molto diverso dal suo predecessore, si ripone­ vano in lui grandi speranze. 53 Francia e Inghilterra erano già molto più progredite nel processo di industrializzazione, e Goethe seguiva con molto interesse le innova­ zioni e le scoperte che avvenivano in quei paesi, ad esempio la mon­ golfiera, la meccanizzazione della tessitura, il gas per l’illuminazione, le macchine a vapore. 54 Questo paragrafo, che presenta un’evidente ripetizione rispetto al precedente, era poi stato eliminato nell’edizione curata da Eckermann e Riemer, che avevano invece inserito ex novo alcune righe per intro­ durre la lettera di Hutten indirizzata all’amico, il patrizio di Norimberga Williband Pirkheimer. Goethe la traduce da: Ulrichi D. Hutten ad B. Pirckheimer […] epistulae. Commentarium subiecit Jacobus Burkhard (1717). Potrebbe essersi imbattuto in Hutten durante le sue ricerche storiche per scrivere il Götz, ma la sua attenzione sul celebre umanista potrebbe averla richiamata anche Herder, che si occupò di lui in un articolo pubblicato nel 1776 sul «Teutscher Merkur»; Wieland nel 1775 annunciò la sua intenzione di scrivere una serie di saggi su personaggi significativi del Cinquecento, e scrisse infatti su Agrippa, Paracelso, Hutten, Hans Sachs, Pirkheimer, Erasmo e altri. La tendenza alla risco­ perta di Medioevo, Rinascimento e Umanesimo era molto diffusa all’e­ poca, il primo ad aprire la strada era stato Bodmer. Cfr. Cooper 1909. 55 Nel periodo dell’Umanesimo l’ideale della nobilitas literaria si era affermato a fianco della nobilitas generis, per cui la «bella erudi­ zione», la sapienza appresa nella facoltà di filosofia, la cultura e le arti liberali erano in grado di nobilitare il singolo, per proprio merito e non in base a un diritto acquisito per nascita. Il lungo passo presenta un tema che era diventato di nuovo attuale in quel periodo e, come Goethe fa anche in altre occasioni, riflessioni pedagogiche ed educative vengono trasmesse con le parole di altri. Qui è Hutten che richiama l’importanza di una nobiltà culturale e morale che ciascuno conquista con le proprie forze, un’esortazione ai giovani del suo tempo ma anche una legitti­ mazione del suo proprio titolo nobiliare, acquisito per meriti letterari:

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NOTE AL TESTO

la lunga citazione ha dunque anche fini autorappresentativi e trasmette un’immagine precisa dell’io narrante (più che del protagonista). Cfr. Gould 1991. 56 Intende le fasi della sommossa popolare capeggiata da Fettmilch. 57 Fino al 1788 i calvinisti non avevano il permesso di celebrare le loro funzioni all’interno della città; per questo la domenica si spostava­ no in una chiesa a Bockenheim.

Libro diciottesimo Nelle sue Odi Klopstock riprese e utilizzò forme della metrica classica e l’esametro, dal 1754 in poi il verso libero. 59 I Moralische Erzählungen und Idyllen [racconti e idilli morali] di Salomon Geßner (pubblicati a partire dal 1756) erano scritti in versi liberi. 60 La Morte di Adamo (1757) è il primo dramma di Klopstock, una delle composizioni che ruotano intorno al Messia. 61 Il blank verse usato da Shakespeare, il pentametro giambico sciol­ to, si diffuse rapidamente nel Settecento e soppiantò l’alessandrino di matrice francese. Lo adottarono per primi Johann Elias Schlegel e Wie­ land, ma si affermò definitivamente con Nathan il saggio di Lessing (1779). 62 Goethe stesso rielaborò a più riprese alcune sue liriche proprio per questioni metriche; l’incertezza venne risolta in via definitiva con il Saggio sulla prosodia tedesca [Versuch einer deutscher Prosodie] di Karl Philipp Moritz (1786); nel Viaggio in Italia (10 gennaio 1787, p. 174) l’autore infatti osserva: «Se da parecchi anni ho dato la preferenza alla prosa nelle mie opere, ciò è dipeso dalla grande incertezza in cui si dibatte la nostra prosodia, tent’è vero che i dotti e intelligenti amici che m’assistevano nel lavoro, per la soluzione di vari problemi si affi­ davano al sentimento, al gusto, confermando così la mancanza d’ogni norma sicura. All’impresa di mettere in giambi l’Ifigenia non mi sarei mai arrischiato, se non mi fosse apparsa una fida stella nella Prosodie di Moritz. […] Questo se non altro è un punto d’appoggio, e anche se in tal modo non si risolve tutto, si ha in mano un filo conduttore al quale appigliarsi». 63 Un primo tentativo di riscoperta e rivalutazione dei Minnesänger e della notevolissima lirica medievale era stato fatto da Bodmer, che intorno al 1750 ne aveva pubblicate due antologie che passarono però quasi inosservate; la loro piena valorizzazione avvenne soltanto con il 58

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Romanticismo, quando parallelamente si svilupparono anche compe­ tenze filologiche per avvicinarsi al tedesco medievale. 64 In quanto autore popolare, Hans Sachs non godeva di molta stima nel Settecento. Fu proprio Goethe a riscoprirlo durante il suo periodo Sturm und Drang, e riprendendo il Knittelvers per le sue farse e com­ medie burlesche aprì la strada a una nuova fase, positiva, per la sua ricezione (Burchinal 1912). 65 Alcune di queste composizioni erano state già pubblicate nella Ausgabe letzter Hand; altre, rimaste manoscritte, saranno inserite nei volumi pubblicati postumi, in particolare nel vol. lvii (1842). 66 Singspiel composto nel 1774/1775, pubblicato nel 1776 (Gould 1982). – Segue ora un ampio spazio vuoto in cui, da quanto si può ca­ pire dagli schemi preparatori, doveva seguire un resoconto sul Faust, come accaduto in precedenza per altre opere abbozzate ma non portate a termine (cfr. nota 263, parte iii); parte del resoconto fu anche dettata nel 1816, quando non immaginava che sarebbe riuscito a ultimare l’opera, ma fu in seguito eliminata. – Il brano successivo riguarda invece la com­ posizione, decisamente meno significativa, delle Nozze di Hanswurst, che appare slegato dal contesto; il fatto che sia stato pensato per que­ sto libro, nella cornice della storia con Lili, sembra suggerire un ulte­ riore fattore di incompatibilità: la commedia popolaresca mal si intona all’ambiente raffinato e ricercato in cui si muove Lili, e diviene sintomo letterario dell’ennesima mésalliance amorosa (Gould 1981, pp. 56-57). 67 L’antica opera per burattini è Monsieur le Harlequin oder des Harlekins Hochzeitsschmaus (1695) di Christian Reuter, che Goethe riela­ bora nelle sue Nozze di Hanswurst ovvero Così va il mondo (1775), di cui ci è rimasto un frammento. Hanswurst (qualche volta tradotto come Giansalsiccia) era il corrispondente tedesco della maschera italiana di Arlecchino, una figura popolare contadina che compariva spesso al ter­ mine degli spettacoli di marionette per rallegrare il pubblico ed esplicita­ re la morale della rappresentazione (sulla sua presenza nel teatro a Fran­ coforte cfr. Mentzel 1899, in part. pp. 114-116 e 128-130). Nel Viaggio in Italia (Napoli, 19 marzo 1787, p. 238) Goethe assimila Hanswurst ad altre figure popolari regionali come Pulcinella e Arlecchino. 68 Tutti i personaggi, come si vedrà, hanno buffi (e spesso scurrili) nomi parlanti: Brustfleck è ‘Pettomacchiato’, mentre la madre, qui per pudore indicata con «Ursula ecc. ecc.» nella farsa si chiamava ‘Ursula dal buco freddo’. 69 Il testo che segue è infatti una pagina inserita all’interno del ma­ noscritto con l’unico frammento rimasto della commedia, di cui l’auto­

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NOTE AL TESTO

re non aveva ancora deciso cosa fare. Questa prima riga è quindi un’in­ dicazione per chi pubblicherà l’opera, i curatori del suo lascito, ai quali viene lasciata la decisione: evidentemente intuiva che non avrebbe fatto in tempo a provvedere di persona. Il brano venne mantenuto e inserito in tutte le edizioni di Poesia e verità. 70 Il personaggio è Hans Arsch von Rippach [Gian Culo di Rippach], protagonista di molti scherzi studenteschi negli anni di Lipsia; compa­ re anche nel Faust I, nella scena della taverna di Auerbach (vv. 21892190). 71 Nelle saghe nordiche, i guerrieri più selvaggi erano colti da una sorta di furia (la cosiddetta Berserkerwut) che conferiva loro forze so­ vrumane. Il termine deriva da ‘pelle d’orso’ (in antico nordico bersekr) di cui tradizionalmente si vestivano i guerrieri, unito al sostantivo Wut, ‘ira, furore’. 72 Anche nel testo originale vi è un gioco di parole tra il nome dell’e­ ditore Macklot e il termine Makulatur, carta di scarso valore. Nella far­ sa è impersonato da un venditore ambulante, quindi, pensando a merce di scarso valore, è stato creato il neologismo corrispondente. Tutta la pagina è comunque piena di divertentissimi giochi di parole basati sul­ la polisemia dei termini, su ricorrenze e variazioni lessicali di grande effetto comico. 73 I fratelli Christian e Friedrich Leopold, conti di Stolberg-Stolberg facevano parte della cerchia di Klopstock e durante gli anni di univer­ sità si erano uniti ai poeti del Göttinger Hain. Arrivarono a Francoforte a inizio maggio 1775 e i rapporti erano di grande amicizia e sintonia. I loro eccessi e sregolatezze, tipici del ‘genio’ così come era vissuto dai giovani stürmeriani, vengono invece descritti con distacco e una vena di disapprovazione, propri dell’atteggiamento con cui il Goethe anzia­ no prende le distanze dalla sua fase giovanile (Schumann 1949 e1951; Gerhard 1970). 74 Si riferisce probabilmente al progressivo allontanamento da Fried­rich Leopold Stolberg, dovuto sia allo sgradevole episodio acca­ duto in seguito, quando litigarono a causa di un suo intervento polemico riguardo alla poesia di Schiller Die Götter Griechenlands [Gli dei della Grecia], sia alla sua conversione al cattolicesimo, una moda del Ro­ manticismo che Goethe guardava con occhio molto critico. 75 Christian August Haugwitz (in realtà conte e non barone) diventò poi ministro degli esteri prussiano dal 1792 al 1807, quindi per i lettori era un personaggio molto noto. 76 Aja era la madre dei quattro figli di Aimone che nel Volksbuch (cfr.

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pp. 71, 1133) partono per girare il mondo, e il riferimento crea così un ironico parallelo con i quattro ragazzi in partenza per la Svizzera (cfr. lettera a Auguste von Stolberg del 3 agosto 1775); allo stesso tempo Goethe gioca anche con l’antico termine presente nelle lingue romanze aia/aja/aya che indicava l’istitutrice, la governante. 77 Friedrich Leopold Stolberg, in particolare, si era fatto conosce­ re per le sue veementi liriche contro i despoti e ogni tipo di tirannia, tema comune anche agli altri giovani poeti del Göttinger Hain. – Nella Cronaca di Gottfried viene narrato l’episodio di re Cambise, ripreso da Erodoto (Storie iii, 35) e illustrato in una delle tavole. Dopo un banchet­ to, il re colpisce al cuore con una freccia il figlio di un cortigiano per dimostrare di non essere ubriaco e di avere la mano ferma: fa quindi aprire il petto del ragazzo, lì davanti al padre, per controllare che la freccia abbia proprio colpito il cuore. 78 Licurgo, re di Tracia e acerrimo nemico di Dioniso (Bacco), dal quale fu torturato, accecato e ucciso (Iliade vi, vv. 130-141). 79 Ad esempio Tucidide nella Guerra del Peloponneso, ma anche altri storici dell’antichità. 80 L’atteggiamento con cui Goethe, ormai anziano, valuta la sua gio­ vinezza nel periodo di adesione allo Sturm und Drang è bivalente. Se per un verso è critico verso quel movimento con i suoi eccessi e srego­ latezze, per un altro verso lo considera con comprensione, sapendo di non poterne fare a meno: furono anni sostanziali per la sua maturazione poetica, quelli in cui si sviluppano i germi di tutta la sua produzione, come per Herder. Il desiderio è quindi quello di costruire una continuità armonica tra le diverse fasi della sua vita che armoniche non furono: cerca di individuare legami e di dare coerenza (o di costruirla ex novo) anche ai periodi che ora disapprova, nel contesto di un percorso perso­ nale e letterario organico (Satonski 1982). 81 Sophie Hanbury. 82 I viaggiatori arrivano a Karlsruhe il 17 maggio; Klopstock invece, su invito del margravio del Baden si era trattenuto lì dall’ottobre 1774 al marzo dell’anno seguente, e di conseguenza non si trovava più lì al loro arrivo. La concomitanza serve però per ribadire la venerazione che i giovani avevano per Klopstock, in particolare i due Stolberg che, in quanto membri del Göttinger Hain, riconoscevano in lui il loro maestro. 83 Karl Friedrich von Baden, con la moglie Caroline Louise. 84 La principessa abitava con la zia, margravia del Baden, e nel 1774 si era fidanzata con Karl August; le nozze ebbero luogo a Karlsruhe il 3 ottobre 1775.

1820

NOTE AL TESTO

In quel periodo Goethe stava lavorando al frammento dell’Urfaust: se mai è stato possibile che ne leggesse delle parti a Klopstock, ciò deve essere per forza avvenuto in occasione del suo passaggio a Francoforte (p. 1393); cfr. Düntzer 1880, pp. 146-150. 86 La sorella Cornelia si era sposata con Johann Georg Schlosser nel 1773 e dopo un breve periodo a Karlsruhe la coppia si era trasferita a Emmendingen. 87 Già in precedenza (pp.  477-483) aveva ammesso la sua diffi­ coltà a parlare della sorella, dicendo che per descriverla avrebbe do­ vuto ricorrere a una forma letteraria, ad esempio quella dei romanzi di Richardson; nel sesto libro ne ha tratteggiato aspetto e personali­ tà osservandola all’interno della loro cerchia di amici. Ora Cornelia viene nuovamente posta al centro dell’attenzione come donna e come moglie, un ruolo che secondo il fratello non le si addice affatto: i suoi tratti peculiari vengono ripresi ma in una luce pragmatica e quasi im­ pietosa, sottolineando come prima cosa la sua mancanza di grazia e bellezza (Michel 1979; Eissler 1983). Quasi negli stessi termini ne par­ la in una conversazione con Eckermann (28 marzo 1831, pp. 381-382): «questo capitolo verrà letto con interesse dalle donne colte, perché ce ne saranno molte come mia sorella che, pur in possesso di eccellenti doti intellettuali e morali, non hanno anche la fortuna di potersi sentire belle. […] Era una creatura singolare, – ha detto Goethe, – di nobili sentimenti morali e senza la minima traccia di sensualità. Il pensiero di concedersi a un uomo le ripugnava, ed è facile immaginare che, dato questo suo sentimento, il matrimonio le avrà procurato parecchie ore sgradevoli. Le donne che provano la stessa avversione o non amano i loro mariti capiranno cosa vuol dire. Pertanto non riuscivo a imma­ ginarmela sposata […]. Ed è stato proprio perché non era felice nel matrimonio, anche se suo marito era il migliore degli uomini, che ha fatto di tutto per dissuadermi dall’unirmi a Lili, come avevo intenzione di fare». 88 Il commerciante francofortese Johann Georg Gerock si trasferì a Emmendingen con tutta la famiglia, e le tre figlie erano buone amiche di Cornelia. 89 Lavater era in quel periodo parroco della chiesa dell’orfanotrofio a Zurigo, affiancato dalla moglie Anna Schinz. La sua opera (Physiognomische Fragmente zur Beförderung der Menschenkenntniß und Menschenliebe) fu stampata in quattro volumi dal 1775 al 1778. – Su Lavater e Goethe cfr. nota 215, parte iii; sulle varie visite di Goethe a Zurigo cfr. Zollinger 1932. 85

PARTE QUARTA, LIBRO XVIII

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Non è del tutto vero: non soltanto aveva rivisto il testo, ma ha redatto di suo pugno tutta una serie di articoli (von der Hellen 1888). 91 Nel 1775 Lavater aveva scritto uno Sendschreiben […] von einem Zürcherischen Geistlichen [Lettera di un religioso di Zurigo] polemiz­ zando contro il filologo Johann Jakob Hottinger (cfr. lettera a Lavater dell’aprile 1775) e contro di lui si scagliava anche nella Fisiognomica. – La poesia inserita da Goethe nel primo volume dell’opera di Lavater si intitola Lied eines physiognomischen Zeichners [Canto del disegna­ tore fisiognomico]. Nelle sue raccolte di liriche la intitolò invece Künst­ lers Abendlied (Canto serale dell’artista, cfr. Tutte le poesie, vol. i, pp. 761-763); è uno di quei componimenti briosi e ironici ricordati già in precedenza, in cui viene sancita l’inadeguatezza del disegno nei con­ fronti della bellezza e della spontaneità della natura. 92 Johann Heinrich Lips, pittore e incisore attivo prima a Zurigo, poi a Roma e dal 1789 al 1794 anche all’Accademia di belle arti di Weimar; di sua mano abbiamo diversi ritratti di Goethe. 93 Johann Jakob Bodmer era non solo molto anziano (aveva allora 77 anni), ma era altresì famoso per le sue liriche sul mondo dei pa­ triarchi. 94 Anton Graff era pittore di corte a Dresda, famoso in particolare come ritrattista. – Johann Friedrich Bause, professore all’Accademia di Lipsia, era invece celebre per le acqueforti. L’incisione con il ritratto di Bodmer è presente anche nella collezione di ritratti di Goethe. 95 Jakob Ludwig Passavant, originario di Francoforte, era teologo riformato e per un certo periodo aiutante di Lavater a Zurigo. 96 Il 15 giugno 1775 inizia l’escursione nei Cantoni di Schwyz, Uri e Lucerna, che si affacciano sul Lago dei Quattro Cantoni. Sull’entu­ siasmo che in quel periodo regnava per la Svizzera, cfr. Ziehen 1922; Strich 1949. – Sui diversi viaggi di Goethe in Svizzera la letteratura è abbondante: Koethschau / Morris 1907; Bode 1922; Bohnenblust 1932; Huegli 1949; Sandberg 1983; Schnyder-Seidel 1984; Farrelly 1995; Steiger 2000; ulteriori indicazioni anche sul sito della Goethe-Gesellschaft della Svizzera: www.goethe-gesellschaft.ch/goetheschweiz.html (ultima consultazione 23.2.2020). 97 Una prima stesura di questa lirica, composta durante la traversata sul lago di Zurigo verso Richterswil, è contenuta nel Diario del viaggio in Svizzera; nel 1789 venne in parte rielaborata per inserirla nell’edi­ zione degli Schriften con il titolo Sul lago; questa seconda versione è quella riprodotta qui. Cfr. Tutte le poesie, vol. i, p. 93, trad. di Maria Teresa Giannelli. 90

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NOTE AL TESTO

Johannes Hotz, medico di Richterswil e amico di Lavater; Goethe tornò a fargli visita nel 1779, durante un successivo viaggio in Svizzera. 99 La lunga citazione mancava nel manoscritto, che vi faceva riferi­ mento e conteneva soltanto il rimando. Venne inserita per la prima volta nella Akademie-Ausgabe e a quella si attiene anche la nostra edizione. Il brano è tratto da Lavater: Physiognomische Fragmente, vol. ii, 1776, p. 215 [traduzione mia, non esiste una versione italiana completa dell’o­ pera di Lavater]. 100 Il «quadernetto di ricordi» è il diario del viaggio in Svizzera, che Goethe ha utilizzato e rielaborato per scrivere questa parte dell’autobiografia. Lì è conservata anche la lirica, intitolata Dalla montagna al lago [Vom Berge in die See], pubblicata poi negli Schriften (1789) con il titolo abbreviato Dalla montagna e una modifica nell’ulti­ mo verso. Qui riprende invece la versione originale, che gli sembra più espressiva ed efficace (cfr. Tutte le poesie, vol. i, p. 93, trad. di Maria Teresa Giannelli). Anche per il prosieguo vengono utilizzati gli appunti del diario, sebbene l’impeto dello stile giovanile venga molto attenuato; di questa parte del viaggio sono conservati anche molti schizzi e disegni (Koetschau / Morris 1907; CdGZ). 101 L’abbazia benedettina di Einsiedeln era (ed è) un famoso luogo di pellegrinaggio nel cantone di Schwyz. La chiesa, considerata uno dei migliori esempi del barocco in Svizzera, è opera di Kaspar Moosbrug­ ger e comprende al suo interno la cappella dell’eremita Meinrad, morto nel 861. 102 In realtà l’artista è Martin Schongauer, pittore e incisore del XV secolo. Solo nel 1819 Goethe riuscì a procurarsi l’incisione descritta qui, cfr. lettera a Sulpiz Boisserée del 23 marzo 1820: «Le ho già detto che sono finalmente riuscito a soddisfare un mio antichissimo deside­ rio, acquistare un’eccellente riproduzione della morte di Maria di Martin Schön?» Ne scriverà poi con ammirazione molte volte, in diverse lettere. 103 Un nobile von Schwanau, un brigante, spadroneggiava in quella zona; nel 1308 gli abitanti del Cantone insorsero e rasero al suolo il suo castello, di cui rimasero soltanto delle rovine 104 Sul prato del Grütli i tre Cantoni forestali rinnovarono nel 1307 il giuramento prestato nell’agosto del 1291, ponendo così il primo nucleo della confederazione svizzera: l’alleanza eterna o patto confederale. Con «i tre Tell» intende probabilmente i tre rappresentanti dei Canto­ ni che fecero il giuramento, divenuti altrettanto leggendari nella storia della Svizzera. Cfr. Dizionario storico della Svizzera, s.v. ‘Miti di fon­ dazione’. 98

PARTE QUARTA, LIBRO XIX

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Guglielmo Tell, l’eroe nazionale, la cui vita leggendaria si intrec­ cia con gli albori della storia della piccola confederazione. Goethe si era informato su di lui leggendo la Schweizer Chronik di Ägidius Tschu­ di (pubblicata nel 1734-1736) e aveva persino in mente di ricavarne un’opera; negli anni successivi, parlandone con Schiller, lasciò a lui il personaggio per il dramma Guglielmo Tell, che venne rappresentato per la prima volta a Weimar nel marzo 1804. 106 La profonda gola della Schöllenen era un ostacolo naturale che aveva isolato per secoli la valle dal resto del Cantone di Uri. Nel corso del tempo si cercò di valicarla con delle passerelle in legno, poi con dei ponti in pietra, più volte distrutti dalle piene del fiume Reuss, finché a inizio Settecento si decise la costruzione di una strada con una galleria (l’Urnerloch appunto) lunga 64 metri, il primo traforo alpino. 107 Si confonde: la Valle Leventina si trova più a Sud, oltre il Got­ tardo, mentre i due viaggiatori percorsero tutta la valle di Orsera che conduce fino al passo del Gottardo. L’esperienza del paesaggio alpino, roccioso e selvaggio, lasciò una profonda impressione sul giovane Goe­ the e ampie tracce nella sua produzione, ad esempio nella ballata di Mignon: «Conosci il monte e il suo sentiero tra le nubi? / Cerca la strada da seguire il mulo nella nebbia, / in spelonche l’antica stirpe dei draghi dimora, / precipita la rupe e i fiotti d’acqua sopra» (Tutte le poesie, vol. i, p. 197, trad. di Roberto Fertonani). 108 Lo storico ospizio dei Cappuccini sul passo del Gottardo, docu­ mentato fin dal 1237. Il libro si chiude proprio con l’arrivo al passo, affacciato sull’Italia: un punto di svolta cruciale, come nel punto di ar­ rivo del pendolo – un attimo di sospensione e poi, con il libro seguente, inizia il movimento di ritorno, in cui il conflitto tra il ‘genio’ e il mondo civile e borghese, prima solo accennato, si manifesterà in tutta la sua virulenza. 105

Libro diciannovesimo Padre Lorenzo, che rivide nei successivi viaggi in Svizzera (1779, 1797). Cfr. lettera a Karl August del 17 ottobre 1797. 110 Questo disegno, in particolare, si è conservato, insieme a molti altri risalenti a questo viaggio (CdGZ i, p. 120). 111 Johann Georg Keyßler: Neueste Reisen durch Teutschland, Böhmen, Ungarn (1729; nella biblioteca di casa Goethe c’era l’edizio­ ne del 1751). Le isole del Lago Maggiore sono rappresentate anche in una delle illustrazioni e questa zona, con la sua natura lussureggiante, 109

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NOTE AL TESTO

farà da sfondo a un episodio degli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (lib. ii, cap. 7), che rivisita uno dei paesaggi evocati da Mignon. Quando però Goethe, molti anni dopo, scenderà in Italia, sceglierà il passaggio dal Brennero, non quello del Gottardo. 112 Pubblicata per la prima volta negli Schriften del 1789 con il tito­ lo An ein goldenes Herz, das er am Halse trug (A un cuore d’oro che portava al collo, in: Tutte le poesie, vol. i, pp. 115-117, trad. di Maria Teresa Giannelli). Sebbene nell’aria aleggi già la fine della relazione con Lili, intorno al ciondolo si cristallizzano tutti i motivi che lo tratten­ gono e lo spingono a tornare indietro invece che affrontare l’avventura del viaggio in Italia, un passo al quale non si sente ancora pronto. Alla nostalgia di Lili può aggiungersi anche l’implicito rifiuto per il progetto di vita che il padre aveva formulato per lui, che prevedeva appunto il viaggio in Italia prima del matrimonio e della definitiva sistemazione professionale. 113 Nel luogo dove Guglielmo Tell aveva ucciso il balivo Hermann Gessler sorge ora una cappella. 114 Heinrich Julius Freiherr von Lindau si era trasferito in Svizze­ ra dopo una delusione amorosa e conduceva un’esistenza eremitica. In seguito si arruolò e combatté nella guerra d’indipendenza americana, dove morì. Aveva preso con sé e istruito un giovane pastore, che nel 1777 si presentò a Weimar e ricevette aiuto da Goethe (Beutler 1995, pp. 479-495). 115 Rientra a Zurigo il 26 giugno 1775 e gli Stolberg erano in realtà ancora lì, partiranno il 5 luglio. Cfr. lettera a Auguste von Stolberg del 25 luglio 1775. 116 Il frammento era stato pensato per le «Horen» di Schiller; con­ cepito nel 1796 utilizzando gli appunti del diario del primo viaggio in Svizzera (1775), fu però pubblicato soltanto nel 1808 con il titolo Lettere dalla Svizzera. Parte prima. Nella prefazione si dice che le lettere sono state ritrovate tra le carte di Werther. Sulle «Horen» nel 1796 furo­ no invece pubblicate le lettere del secondo viaggio in Svizzera (1779), con il titolo Lettere dalla Svizzera. Parte seconda. Cfr. Bohnenblust 1932, p. 86. 117 Opera di Lavater in quattro volumi (Aussichten in die Ewigkeit, 1768-1778). Il terzo volume, apparso nel 1773, fu recensito da Goethe nelle «Frankfurter gelehrte Anzeigen» 88, 3 novembre 1772. 118 Quest’opera di Lavater (pubblicata nel 1782-1785) contribuì all’allontanamento tra i due amici (lettera a Charlotte von Stein del 6 aprile 1782).

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Abraham a Sancta Clara (Johann Ulrich Megerle) era un padre cappuccino, forse il predicatore più famoso del Seicento, soprattutto nella zona di Vienna, noto anche per le numerose opere satirico-mora­ leggianti dalla prosa vivace, spiritosa, coinvolgente. 120 Gli artigiani che lavoravano i metalli pregiati si servivano di que­ sta pietra nera molto dura (il paragone è una varietà di diaspro) dalla superficie leggermente ruvida per saggiare l’oro e la qualità dei metalli. 121 Ci furono molte reazioni scettiche e beffarde nei confronti della Fisiognomica, in particolare quelle di Musäus (Physiognomische Reisen [Viaggi fisiognomici], 1778-1779) e Lichtenberg (Fragment von Schwänzen [Frammento sulle code], 1783). 122 Si riferisce probabilmente a J. C. Lavaters Vermischte physiognomische Regeln, ein Manuskript für Freunde [Varie regole fisiognomiche di J. C. Lavater, un manoscritto per gli amici], redatto nel 1789 e pub­ blicato postumo nel 1802; Goethe ne possedeva una copia. La critica a Lavater è molto dura e si concentra sul piano del metodo: l’amico non riesce a staccarsi dalla percezione geniale e intuitiva dei dettagli per giungere a formulare delle leggi generali, dei principi validi, e finisce così col disperdersi nelle minuzie senza riuscire a dare un fondamento ai suoi studi – come invece farà Goethe quando si occuperà di scienze naturali e di morfologia. 123 Il quarto libro dell’opera di Johann Georg Zimmermann: Von der Erfahrung in der Arzneikunst (2 voll., 1763-1764) si intitola appunto Von dem Genie und den ersten Schritten desselben zur Erfahrung [Sul genio e i suoi primi passi verso l’esperienza]. Sul concetto di ‘genio’ cfr. Schmidt 1985 e il dizionario coevo di Adelung, s. v. ‘Genie’. 124 Riferimento alla definizione di Kant nella Critica del giudizio (1790, §§ 46-50): «Genio è il talento (dono naturale) che dà la regola all’arte» (§ 46). Cfr. lettera a Lavater del 3-5 dicembre 1779. Il richiamo a Kant rende ancora più evidente le due diverse accezioni del termine: il genio non è colui che sovverte le regole e trasgredisce le leggi, bensì colui che stabilisce regole nuove e innovative; non coincide dunque con un banale anticonformismo, come invece veniva (fra)inteso all’epoca. 125 La filosofia di Kant, appunto. Sulla ricezione della filosofia kan­ tiana in Goethe e il suo particolare apprezzamento per la Critica del giudizio, cfr. Jodl 1901. 126 L’attenzione si sposta ora sui fratelli Stolberg, che al momento della stesura di questa parte di Poesia e verità erano contestatissimi. Infatti Friedrich Leopold nel 1800 si era convertito al cattolicesimo se­ guendo una tendenza molto diffusa in quegli anni, e aveva pubblicato 119

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NOTE AL TESTO

scritti religiosi ed edificanti. Irritato dal mutamento politico e religio­ so del compagno di gioventù, Johann Heinrich Voß pubblicò nel 1819 uno scritto molto polemico nei suoi confronti (Wie ward Fritz Stolberg ein Unfreier? [Come mai Fritz Stolberg è diventato uno schiavo?]) che suscitò molto scalpore. Stolberg reagì con la Kurze Abfertigung der Schmähschrift des Herrn Hofrats Voß [breve liquidazione del libello del signor consigliere Voß], che uscì però postuma dopo la sua morte, avvenuta proprio nel 1819; seguì un’ulteriore replica di Voß nel 1820. Nonostante fosse ormai su posizioni molto distanti da quelle dei fratelli Stolberg (Schumann 1951) e fosse lui stesso critico nei confronti delle conversioni romantiche, Goethe fu infastidito dalla polemica, perché considerava l’amico di gioventù una persona sincera e onesta, incapa­ ce di opportunismo o servilismo. Scrive infatti a Knebel (lettera del 29 dicembre 1819): «Non è improbabile che un uomo sensibile come Friedrich Leopold, vedendo alla fine le sue migliori intenzioni messe alla berlina in modo così vergognoso davanti a tutto il mondo, ne abbia ricevuto un dolore mortale». Senza intervenire di persona, coglie quindi la possibilità di trarre dall’opera di Lavater una lunga citazione in sua difesa. Sull’utilizzo dell’intertestualità per illuminare diverse sfaccetta­ ture di un personaggio cfr. Gould 1991. 127 L’espressione merita una nota, non fosse altro che per i frainten­ dimenti che ha causato in altre traduzioni. Il composto verbale hartzermalmend evoca immediatamente Klopstock (di cui i fratelli Stolberg erano entusiastici ammiratori), e in particolare i versi del Messia ricor­ dati nel secondo libro (pp. 165-167), quando Wolfgang e la sorella, reci­ tandoli di nascosto, per poco non causano un grave incidente familiare. Nel testo vengono quindi sottolineati i due aspetti tipici dello Sturm und Drang, di cui Friedrich Leopold Stolberg era uno degli esponenti prin­ cipali: da un lato il poeta che si consuma nel tedio e nella malinconia, incapace di reagire, dall’altro quello che si scaglia con impeto contro qualsiasi cosa per distruggerla. 128 Le parole tra virgolette sono tutte suggestioni e motivi tipici della poesia giovanile di Leopold Stolberg. 129 Lavater: Physiognomische Fragmente, vol. ii (1776), pp. 244-247 e pp. 248-249. 130 La sosta a Darmstadt sulla via del ritorno fu il 21 luglio 1775, il giorno seguente rientra a Francoforte. 131 Composta nel 1775, la poesia fu pubblicata la prima volta negli Scritti del 1789 (Lili’s Park; Tutte le poesie, vol. i, pp. 641-649). 132 Cfr. Tutte le poesie, vol. ii, pp. 749-751, trad. di Roberto Fer­

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PARTE QUARTA, LIBRO XX

tonani. – Nella prima stesura di Erwin ed Elmire (seconda scena), il protagonista maschile cantava questi versi davanti a un mazzo di rose appassite; nella seconda stesura il componimento apre il primo atto. La poesia esprime la delicata e sofferente coesistenza di malinconia, tristezza e speranza, e insieme la consapevolezza che una felicità che sembra a portata di mano, si dilegua nell’attimo in cui si cerca di affer­ rarla (Lüdke 1999). 133 Nell’ottavo capitolo del Vicario di Wakefield si trova infatti A ballad, che nomina i due personaggi Edwin e Angelina a cui Goethe si ispirò. 134 Susanna Magdalena Münch. 135 La tragedia si svolge a Bruxelles negli anni dal 1566 al 1568, all’inizio della ribellione delle Province Unite al dominio spagnolo, e si ispira al personaggio storico Lamoral von Egmond. Il conte Egmond, di antica famiglia aristocratica e molto amato dai suoi sudditi, parte da una situazione che pare solida e inattaccabile, che lo porta però a sottovalu­ tare il pericolo costituito dagli spagnoli, finendo col diventare vittima degli intrighi del duca d’Alba. – Il lavoro a Egmont inizia in realtà già nel 1774 (cfr. lettera a Boie del 23 dicembre 1774), ma sarà terminato soltanto molti anni più tardi: la prima edizione è del 1788.

Libro ventesimo Johann (Georg) Melchior Kraus, pittore e incisore originario di Francoforte, si era perfezionato a Parigi dal 1761 sotto la guida di Jo­ hann Georg Wille, e rientra in patria nel 1766. Lavora poi in Svizzera, Austria e per diverse corti tedesche, finché nel 1775 si stabilisce defi­ nitivamente a Weimar. Lui e Goethe diventeranno amici e negli anni di Weimar Kraus sarà spesso il suo accompagnatore nei viaggi, ad esempio nello Harz per disegnare elementi geologici; fece ritratti di svariati per­ sonaggi di Weimar e le sue vedute del Lago Maggiore saranno di ispira­ zione per molte scene del Wilhelm Meister (Beutler 1995, pp. 453-478). 137 Il pittore Jakob Philipp Hackert visse a Parigi dal 1765 al 1768, poi in Italia. Goethe fece la sua conoscenza nel 1787 a Napoli e nel 1811 pubblicò la sua biografia sulla base dei materiali che Hackert stes­ so gli aveva lasciato. 138 Johann Georg Wille, che lavorava a Parigi, era uno degli incisori più famosi dell’epoca; Friedrich Melchior Freiherr von Grimm, già ri­ cordato nel libro xi, era amico di tutti gli illuministi francesi e celebre per i suoi epistolari letterari. 136

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NOTE AL TESTO

Sono tutti pittori francesi che a quel tempo segnavano la tenden­ za: François Boucher, un contemporaneo; Antoine Watteau era invece morto già nel 1721 ma era ancora molto di moda e imitato, e infine Jean Baptiste Greuze, famoso per i suoi tableaux con scene di interni borghesi, molto apprezzati da Diderot. 140 Johanna Louise vom und zum Stein, che nel 1773 sposò il conte Jakob Friedemann von Werthern; la coppia si stabilì poi in Turingia. 141 Ernst Wilhelm Wolf, musicista e maestro di cappella alla corte di Weimar; la moglie Caroline era cantante. 142 Località nei pressi di Jena. Qui operava l’amministratore fore­ stale Traugott Friedemann Slevoigt e qui Goethe trascorse il periodo di Natale del 1775. – Il paesaggio di Weimar e i personaggi che animano la vita culturale del piccolo ducato sono descritti in modo mediato, at­ traverso gli occhi di un altro e attraverso la pittura, un’arte in cui Goethe si cimenterà per decenni ma alla quale non era destinato. Questo doppio filtro determina l’avvicinamento al luogo che segnerà il suo destino e in cui si compirà la sua vocazione letteraria: è svincolato dal reale e collocato interamente nella dimensione dell’arte (Hösle 2006, p. 122). 143 La figlia maggiore, Friederike Elisabeth Caroline, sposò infat­ ti Bertuch; Auguste, la minore, divenne la moglie di Kraus. Friedrich Justin Bertuch fu editore, libraio e scrittore, autore per la compagnia teatrale di Seyler, dal 1775 segretario privato del duca Karl August. Fu editore di una delle riviste di moda più in voga del tempo («Journal des Luxus und der Moden») e abile imprenditore: nella sua fabbrica tessile lavorò per un certo tempo anche Christiane Vulpius, la futura moglie di Goethe. Cfr. lettera a Bertuch del 15 dicembre 1816. 144 Vengono ricordati diversi personaggi che animarono la vita cul­ turale del piccolo ducato. Johann Karl August Musäus, scrittore e dal 1769 professore al ginnasio di Weimar; il suo romanzo Grandison ii (1760-1762) nasce come parodia dei romanzi di Richardson e intro­ duce il romanzo comico-satirico in Germania, sul modello del Don Chisciotte. – Franz Kirms era segretario di corte a Weimar e dal 1791 componente della sovrintendenza per il teatro. – Hieronymus Dietrich Berendis, consigliere camerale, amico di Winckelmann e funzionario di corte. – Johann August Ludecus, segretario privato e poi consigliere. – La vedova Kotzebue è Anna Christiane nata Krüger, vedova del se­ gretario di legazione Kotzebue, morto nel 1761; la figlia Amalia aveva fatto coppia con Goethe nella rappresentazione teatrale della sua opera Die Geschwister [Fratello e sorella, 1776]; il figlio maschio è invece August von Kotzebue, allora quattordicenne, che diverrà scrittore. 139

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Karl August von Sachsen-Weimar assunse il governo del ducato nel 1775, appena divenuto diciottenne e appena rientrato da un lungo viaggio di formazione, durante il quale aveva appunto conosciuto Goe­ the; nel periodo precedente, dal 1759 al 1775, la madre, duchessa Anna Amalia, era stata sua tutrice e aveva governato in sua vece. 146 Il duca aveva intenzione di riaprire le miniere di ferro di Ilme­ nau, ferme dal 1739: nel 1777 Goethe entrò a far parte della nuova Commissione della miniera, dopo essersi già occupato dei progetti per la sua riattivazione, ma le attività si rivelarono poco redditizie e furo­ no definitivamente sospese nel 1798, in seguito a un crollo con conse­ guente allagamento delle gallerie. Cfr. Zastrau: Goethe-Handbuch, s. v. ‘Bergwerkskommission’. 147 L’università di Jena faceva parte del ducato Sachsen-WeimarEisenach, ma veniva finanziata anche dagli altri principati della Sasso­ nia. A partire dal 1790 ebbe un periodo di grande fioritura, grazie alla chiamata di rinomati professori: il filosofo Reinhold, il teologo Paulus, il medico Hufeland, e poi Schiller, Fichte, August Wilhelm Schlegel e Ritter – chiamate avvenute non senza l’attiva partecipazione di Goethe. 148 La contessa Louise Auguste di Hessen-Darmstadt, che sposò nel 1775 Karl August. 149 Dopo l’ampia descrizione dedicata a Weimar che si sofferma su molti aspetti, dal paesaggio all’università, dall’ambiente letterario alle miniere, l’attenzione si sposta bruscamente su un nuovo tema, il demo­ nico – quasi a suggerire come questo elemento sia indispensabile per comprendere le motivazioni della scelta per Weimar. Riepiloga dunque in estrema sintesi il suo percorso religioso, ricordandone le tappe prin­ cipali: dall’altare con oggetti naturali costruito dal fanciullo nel finale del primo libro, allo studio della Bibbia e dei patriarchi (lib. iv) fino al contatto con i movimenti pietisti tramite Langer e la signorina von Klet­ tenberg (lib. viii): alla fine si allontana anche da loro per concentrarsi su se stesso e trovare una sua propria dimensione religiosa. Il punto di arrivo del processo, che passa anche attraverso la lettura di Spinoza, è la «fede universale», un «cristianesimo a mio uso e consumo» (p. 1357). 150 Il concetto è presente ad esempio in Platone, nel Timeo, nel Simposio e nell’Apologia di Socrate, e sarà molto rilevante nel pensiero del Goethe maturo (cfr. Muschg 1958) che ora presenta la sua rifles­ sione sul tema, come interpretazione di ciò che in gioventù poteva solo rappresentare come intuizione, ad esempio nella tragedia di Egmont. Riferisce Eckermann (Conversazioni, 2 marzo 1831, pp. 364-365): «Il demonico è ciò che non si può spiegare né con l’intelletto né con la 145

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ragione. Non è nella mia natura, ma io gli sono sottomesso. […] In generale si manifesta, nei modi più svariati, in tutta la natura, in quella invisibile come in quella visibile. Alcune creature sono interamente de­ moniche, altre non lo sono che in parte». 151 Le fonti principali che ebbe a disposizione per la storia dei Paesi Bassi sono Famianus Strada: De bello belgico decades duae (1551), ed Emanuel von Meteren: Eygentliche und vollkommene historische Beschreibung des Niederländischen Krieges i (1627). 152 Egmont fu pubblicato nel 1788 nel quinto volume degli Scritti. La prima rappresentazione a Weimar non ebbe seguito, finché nel 1796 non venne rimesso in scena in una forma rielaborata da Schiller (che tra l’altro lo ridusse da cinque a tre atti), che costituì la base della successi­ va ricezione teatrale; Beethoven ne compose le musiche. 153 In alcune delle sue conversazioni con Eckermann l’elemento de­ monico viene spiegato e approfondito: Goethe considera nature demo­ niche Napoleone, «il granduca buonanima» e tra i musicisti Paganini (Eckermann, Conversazioni, 2 marzo 1831, pp. 364-365); sintomo ne sono un’energia e un’irrequietezza illimitate, ma – precisa – «il demo­ nico si esprime in un’energia assolutamente positiva». In una conver­ sazione successiva (8 marzo 1831, pp. 367-368) torna sull’argomento e aggiunge all’elenco anche Byron, Federico ii di Prussia e lo zar Pietro il Grande. 154 Questo detto fu poi apposto dagli editori in apertura della quarta parte (cfr. nota 1); gli studiosi vi individuano sfumature spinoziste, ma la provenienza esatta non è stata finora individuata. Alla luce di queste considerazioni sul demonico, il corso della vita non appare più effetto di un’istanza educativa o regolatrice, né è sviluppo e maturazione di ciò che l’individuo ha dentro di sé in nuce, come suggerivano i motti pre­ cedenti; la chiusura dell’autobiografia trasmette invece l’idea che l’esi­ stenza sia piuttosto soggetta a circostanze esterne, a una forza possente e imperscrutabile che trascina l’uomo su vie a lui stesso sconosciute. Secondo i curatori, questo motto offre dunque un’utile chiave di lettura per le vicende personali narrate nella quarta parte: si tratta di una serie di situazioni che a prima vista, considerate dall’esterno, rappresentano un crescendo di elementi positivi, concrete possibilità di un proficuo e felice inserimento affettivo, sociale e lavorativo, ma a tutte il giovane si sottrae: vi è una sorta di ribellione interiore, una forza imperscrutabile che lo spinge a fuggire da tutto ciò che gli viene proposto dall’esterno, che sia la carriera nella città natale, il fidanzamento con Lili, il viaggio auspicato dal padre, i progetti di demoiselle Delph a Heidelberg… Nul­

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la sembra opporsi al protagonista (che appare anzi favorito dalla sorte), se non il protagonista stesso. Sul motto cfr. tra gli altri Mommsen 1951; Fischer-Lamberg 1954; Leese 1961; Ehrentreich 1963; Janentzky 1966; Jantz 1972, pp. 621-634; Milder 1981. 155 Nella mitologia greca (Esiodo: Teogonia) Pandora è la prima donna mortale, creata da Efesto su ordine di Zeus. Inviata tra gli uo­ mini, fa subito innamorare Epimeteo, ma nella tradizione Pandora è conosciuta non tanto per le sue doti di seduttrice, quanto per il vaso che portava con sé: glielo aveva regalato Zeus con l’ordine di non aprirlo per nessun motivo, ma la curiosità ebbe la meglio. Dal vaso fuoriescono tutte le disgrazie che si avventano furiose tra gli uomini, e dentro rima­ ne soltanto la speranza. Il tema è stato rielaborato molto liberamente nel frammento Pandora (1807/1808), pubblicato poi nel 1810. 156 Cfr. la sua ballata Der Zauberlehrling [l’apprendista stregone]. 157 La duchessa vedova Charlotte Amalie di Meiningen, i figli Karl August e Georg Friedrich Karl (che Goethe aveva già incontrato il 3 febbraio 1775) e il loro seguito si trovavano casualmente a Francofor­ te nell’ottobre 1775, insieme al consigliere Franz Christian Eckbrecht von Dürckheim, precettore dei principi e successivamente consigliere a Meiningen. 158 Il giovane poeta era infatti stato invitato a pranzo dai principi di Meiningen, che desideravano a loro volta fare la sua conoscenza. Ma è così concentrato su Weimar che fraintende l’invito e, alla partenza del gruppo di Weimar, se ne va anche lui senza onorare l’invito dei principi di Meiningen. 159 Johann August Alexander von Kalb, ufficiale sassone, consigliere camerale e funzionario a Weimar. 160 Il giorno previsto per la partenza era probabilmente il 17 ottobre 1775, cfr. lettera a Bürger del 18 ottobre 1775. 161 Si tratta del componimento A Belinda (Tutte le poesie, vol. i, pp. 83-85). La storia d’amore con Lili occupa tutta la quarta e ultima parte dell’autobiografia: iniziata al pianoforte (lib. xvi), ha raggiunto il suo vertice nel libro successivo, dove il tempo trascorso insieme è il tema centrale; i libri xviii e xix descrivono invece la separazione e ora, sem­ pre sulle note del pianoforte, la storia si chiude in una scena emblemati­ ca: Lili è sempre seduta al piano nella sala illuminata a festa, lui invece non è più al centro dell’attenzione bensì fuori, solo e nell’oscurità; non più agghindato a festa ma avvolto in un mantello informe per camuf­ farsi, può soltanto scorgere l’ombra dell’amata e ascoltare da lontano le parole d’amore scritte per lei (Gould 1981, pp. 50-53). Quanto fosse

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stata importante per lui la storia con Lili lo dimostra anche una conver­ sazione con Eckermann (5 marzo 1830, pp. 559-560) in cui riferisce che era stato trattenuto dal pubblicare la quarta parte dell’autobiografia da «certi teneri scrupoli, una sorta di delicatezza non nei riguardi di me stesso, bensì verso Lili che a quei tempi viveva ancora. Sarei stato fiero di dire a tutto il mondo quanto l’avevo amata; e credo che anche lei non sarebbe arrossita nel confessare che il mio affetto era ricambiato. […] E davvero, fu la prima donna che ho amato di un amore autentico e profondo. E posso anche dire che fu l’ultima; perché tutte le piccole passioni che mi hanno toccato in seguito nella vita sono state leggere e superficiali se paragonate alla prima». 162 Ferdinand Joseph Wreden (poi von Wrede), impiegato e consi­ gliere a Heidelberg, fu nobilitato nel 1790; le due figlie, Marie Louise Josepha e Franziska Charlotte nel 1775 avevano 21 e 19 anni. 163 Karl Theodor, conte palatino di Sulzbach, era dal 1742 anche elettore palatino, essendosi riuniti i due rami della famiglia (Heidelberg e Sulzbach). Nel 1777, quando si estinse la casa dei Wittelsbach, ere­ ditò anche la Baviera e spostò nel 1778 la sua residenza da Mannheim a Monaco. 164 La terza parte si era chiusa con la morte della signorina Klet­ tenberg a cui il giovane aveva chiesto consiglio al momento di accettare l’invito dai duchi di Weimar di raggiungerli a Magonza. A lei si era af­ fidato con serenità, perché quando «abbracciava con il suo sguardo se­ reno, quasi beato, le cose terrene, ecco che si districavano facilmente i fili che impicciavano invece noi altri, figli della terra, e in genere sapeva indicare la strada giusta, proprio perché guardava il labirinto dall’alto senza esservi prigioniera lei stessa» (p. 1383). Ora invece a consigliarlo è demoiselle Delph, che «era una di quelle persone che, pur senza essere intriganti, si immischiano sempre, coinvolgono gli altri e hanno sem­ pre ora questo, ora quello scopo da ottenere» (p. 1667): è uno sguardo terreno, pragmatico, di chi è immerso nel mondo e cerca di muoverne i meccanismi, e il suo progetto di vita finisce con l’assomigliare molto a quello del padre, che suscita istintiva avversione. Alla fiducia verso la prima consigliera si oppone quindi la diffidenza verso la seconda, troppo pianificatrice e interessata; il contrasto tra le due figure è netto e fa emergere in modo drammatico la solitudine del protagonista davanti alla scelta che segnerà tutto il corso della sua vita. 165 Il motivo del viaggio in Italia era presente fin dal primo libro, dove le illustrazioni di monumenti e paesaggi italiani appese in casa, in ricordo del viaggio compiuto dal padre, avevano suscitato la curiosità

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del fanciullo. Il viaggio verso Sud fa dunque da contrappeso alla parten­ za verso Nord per Weimar, ma rinvia anche al capitolo successivo della sua autobiografia, il Viaggio in Italia, la cui ultima parte, il Secondo soggiorno romano, era appena stata pubblicata (1829). 166 Il domestico che lo accompagna e si fermerà con lui anche a Wei­ mar come suo segretario è Philipp Friedrich Seidel. 167 Egmont, atto ii, scena ii [trad. mia]. La metafora del cocchio del sole richiama l’elemento astrologico di apertura, la costellazione fa­ vorevole verificatasi alla nascita del poeta, ma simboleggia anche il demonico, che trascina l’uomo per strade sconosciute, con una forza che proviene da dentro di lui e alla quale non può opporsi. E se all’ini­ zio sembrava che il demonico fosse introdotto come chiave di lettura per Egmont, è ora evidente con quanta forza in vecchiaia sia percepito come motore dell’esistenza. – La chiusura con la citazione da Egmont è un finale di grande effetto, è l’anello che congiunge il suo percorso precedente al futuro, la giovinezza all’età della piena consapevolezza. Proprio nel momento in cui il protagonista reale si identifica con l’eroe letterario si raggiunge il climax e si ricompone l’unità: le tensioni, le dissonanze, l’irrequietezza, le pressioni esterne, l’incertezza esistenzia­ le si dissolvono e in un attimo raggiunge la chiarezza. Così la scelta per Weimar viene posta all’insegna dell’arte e della vocazione letteraria, ma sottolinea anche la fine di un’epoca. Se alla fine del xix libro il lavo­ ro a Egmont era ancora sotto la stretta sorveglianza del padre, che ben conosceva il suo ritmo incostante e dispersivo nel lavoro, ora invece diventa il simbolo del giovane che lascia il nido e spiega le ali portato dai cavalli solari, esce quindi definitivamente dalla sfera familiare e si slancia, autonomo, verso il futuro. La partenza per Weimar, inizialmen­ te pensata come una breve visita, diventa espressione del destino che nel giro di pochi attimi determina il corso della sua vita futura.

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Libro primo Senza soffermarsi troppo sulla scansione temporale, il primo libro narra episodi ed esperienze della prima infanzia. Il cuore pulsante della vita è la casa paterna, la cui ristrutturazione è uno dei primi ricordi diretti del piccolo Goethe; da lì parte poi, a cerchi concentrici, l’esplorazione dello spazio circostante, da cui emerge man mano il profilo di Francoforte, libera città imperiale, in tutto il suo spessore storico. Dalla biblioteca paterna e dalla collezione di dipinti e stampe provengono le prime impressioni formative, approfondite poi dalle lezioni che il padre stesso impartisce ai figli. Il raggio d’azione del bambino si allarga per gradi estendendosi alla cerchia di parenti e vicini, infine avviene la transizione dallo spazio domestico a quello pubblico della città. La condizione esterna è quella di una pace stabile, ma su questo sfondo di tranquillità si stagliano le esperienze dissonanti del devastante terremoto di Lisbona, delle malattie infantili, della morte dei fratellini. Si delineano in modo apparentemente casuale diversi motivi che saranno poi rilevanti per tutta l’opera: l’effetto del teatro delle marionette, la vita ritirata del padre, l’avvenimento spettacolare dell’incoronazione, i progetti paterni per la carriera del figlio. Un rilievo particolare assume il racconto della prima esperienza religiosa: è narrata con ironia e in forma aneddotica ma introduce uno dei fili conduttori che accompagneranno tutto il percorso di crescita del protagonista.

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Libro secondo Il secondo libro prosegue con il racconto dell’infanzia: lo sguardo sul mondo si amplia sperimentandone anche i lati oscuri, che decretano la fine di una fase innocente e spensierata – i litigi tra gli adulti, la perfidia degli altri bambini. Il libro si apre e si chiude su due spaccature significative all’interno della famiglia; la prima è causata dalla politica per la Guerra dei sette anni, dove padre e figlio si contrappongono a tutto il resto della famiglia, la seconda invece è letteraria: a scatenarla è il Messia di Klopstock, rifiutato con veemenza dal padre ma adorato da Wolfgang e dalla sorella Cornelia. Fa loro da contrappunto, al centro del libro, la fiaba del ‘novello Paride’, il primo testo letterario inserito nella biografia, che annuncia il precoce manifestarsi della vocazione poetica. Grazie alla fiaba si avvia una prima riflessione, per quanto infantile, sul rapporto tra il poeta e il suo pubblico, tra fantasia e realtà; il bambino rileva per la prima volta il potere di suggestione della letteratura e prende gradualmente coscienza della propria speciale posizione all’interno della cerchia di amici e conoscenti. Inizia anche a osservare con occhio più attento lo stile di vita del padre, che come altri benestanti aveva rinunciato a esercitare una professione e non prendeva parte alla vita pubblica. Libro terzo Il terzo è forse il libro più epico di tutta l’autobiografia, denso di fatti e avvenimenti. Protagonista è il conte Thoranc. Le vicende della guerra, che già nel secondo libro avevano diviso l’opinione pubblica, si acuiscono con l’occupazione della città da parte dei francesi. Dover alloggiare in casa propria dei soldati francesi, per il padre che era un accanito sostenitore dei prussiani, è un vero e proprio affronto che sconvolge il suo stile di vita, molto rigido e concentrato negli spazi domestici; alle sue manie ipocondriache, da cui persino la moglie in questa circostanza si dissocia, fa da contrappeso la figura del luogotenente Thoranc, attivo, coscien-

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zioso, equilibrato oltre che colto e amante dell’arte, che diviene sempre più il modello positivo. Il cuore del libro è costituito da una lunga e divertentissima scena comica, rivissuta in forma dialogica, in cui il luogotenente e il suo interprete mettono in ridicolo le debolezze caratteriali del padrone di casa, che con la sua ostinazione ha provocato una situazione di crisi assai grave; saranno Thoranc e il bonario interprete a provvedere per un lieto fine. L’influenza pedagogica paterna, che fino a quel momento era stata dominante, passa ora in secondo piano: sarà infatti grazie a Thoranc che il ragazzino inizia a conoscere i pittori di Francoforte. Anche il padre li stimava, ma è il luogotenente che sa trasformare questo avvicinamento alla pittura in un’esperienza educativa. Contro la volontà paterna l’undicenne inizia a frequentare regolarmente il teatro francese che si è stabilito in città e che diviene fonte di preziose esperienze linguistiche, culturali ed estetiche. Libro quarto Il quarto libro è tutto all’insegna della formazione e delle influenze determinanti per la crescita personale e letteraria. A differenza del libro precedente e del successivo, che hanno una trama narrativa, questo assume quasi la forma della cronaca – solo la storia dei patriarchi, un elemento-chiave della formazione che stimola la fantasia del fanciullo, viene messa in risalto con un andamento narrativo. L’accento è posto non soltanto sui contenuti, ma anche sul modo in cui vengono appresi, e qui si riconosce di nuovo l’impronta del padre. Il suo insegnamento abbraccia tutto lo spettro formativo del tempo, che è incentrato sulle lingue e sulle scienze ma comprende anche le belle arti e le attività pratiche. Molto significativo è inoltre il contatto con i vari artigiani che lavorano in città e l’approfondimento della storia di Francoforte. In prospettiva, la formazione prelude già al momento della scelta della professione, che viene accennato in chiusura. Come il padre, anche altri eminenti personaggi cercano di indirizzare

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quella scelta, e si delineano diverse possibilità: servizio a corte, diplomazia, avvocatura... A tutto ciò si contrappone, in tono scherzoso ma come ultima parola, il desiderio che sta emergendo nel giovane: la corona di alloro del poeta. Libro quinto Fin dal primo libro Goethe ha più volte fatto riferimento all’incoronazione dell’imperatore come a uno degli avvenimenti più rilevanti della sua gioventù; nella storia dell’epoca, essa sancisce la fine di un periodo fortemente segnato dall’esperienza della guerra. È curioso quindi che non costituisca davvero il nucleo contrale del libro ma che sia in parte subordinata, in parte incastonata nella prima esperienza amorosa (forse fittizia e comunque non documentata), che rappresenta uno degli snodi narrativi più intensi di tutta l’opera. In questo modo il fatto storico viene collocato in un orizzonte interpretativo ben diverso, diviene parte dell’esperienza personale. L’avventura con Gretchen pone il ragazzino in contatto con i ceti inferiori e si presenta fin dall’inizio nel segno della mistificazione e dell’inganno. È proprio l’emergere del talento poetico, posto in grande evidenza alla fine del libro precedente, a condurlo alla mistificazione: delle poesie d’occasione composte con tanta facilità viene fatto cattivo uso, e il rampollo di buona famiglia viene a trovarsi in ambienti e situazioni che gli sfuggono di mano. Anche la passione per Gretchen è del tutto innocente ma, come si scoprirà alla fine, basata sull’autoinganno. Alla fine si troverà coinvolto, suo malgrado, in una serie di malefatte: la storia si conclude per lui con un interrogatorio e una punizione, mentre Gretchen viene allontanata dalla città. Tra la narrazione romanzata del primo innamoramento e la sua tragica fine si posiziona l’avvenimento storico-politico di capitale importanza dell’incoronazione, che viene mediato e filtrato dall’infatuazione amorosa. – Quando Goethe nel 1811 scrive il quinto libro, il Sacro Romano Impero era ormai tramontato, ma già in precedenza era percepito da molto tempo come un corpo

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malato, vivo quasi per miracolo; i rituali dell’incoronazione appaiono come involucri vuoti, ormai lontani dagli interessi concreti delle varie parti politiche. I motivi sviluppati a partire dalla storia d’amore, apparenza e mistificazione, vengono inevitabilmente proiettati anche sull’avvenimento storico e ne costituiscono la chiave interpretativa. Libro sesto Il sesto libro è tutto nel segno della crisi, che investe vari ambiti. Se da una parte si stempera la disperazione per la prima delusione amorosa, dall’altra l’equilibrio riconquistato non conduce a un nuovo orientamento di vita soddisfacente. Lo studio della filosofia, gli esperimenti nel disegno dai quali emerge una certa propensione per le arti figurative, l’esperienza della natura, le forme giovanili di aggregazione sociale non riescono a rasserenarlo; e qui si inserisce il commosso ritratto della sorella, compagna di giochi e confidente degli anni adolescenziali. La vita nello spazio chiuso della città, strettamente collegata a quelle che erano le aspettative del padre, diventa sempre più opprimente: il protagonista sviluppa una resistenza passiva verso quella forma di esistenza circoscritta e borghese che il padre ha programmato per lui, ma alla fine deve accettare di iscriversi a giurisprudenza a Lipsia, nonostante il suo desiderio fosse di andare a Göttingen, rinomata per i suoi docenti di filologia. La partenza per l’università non gli procura però quel senso di liberazione tanto atteso, al contrario: la città aperta e alla moda (la ‘piccola Parigi’) impone nuove costrizioni e per essere accettato deve modificare il suo aspetto, il suo modo di vestire e persino di parlare, infine i suoi gusti letterari. Ne scaturisce una profonda crisi esistenziale e il libro si chiude con un autodafé in cui tutto ciò che aveva scritto fino a quel momento viene dato alle fiamme.

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Libro settimo La totale insicurezza nel giudizio e l’impossibilità di individuare un canone letterario di riferimento vengono motivate attraverso una panoramica sulla scena letteraria del momento, piuttosto confusa e caotica; l’autore non intende fornire una valutazione complessiva, quanto piuttosto mostrare come le diverse tendenze abbiano influito sul giovane poeta. Il difetto principale della letteratura tedesca è individuato nella mancanza di un contenuto che abbia valore nazionale; lo si scorge finalmente nella Minna von Barnhelm di Lessing, che infatti viene lodata in chiusura della carrellata. Dal suo isolamento letterario e sociale di Lipsia il protagonista inizia lentamente a costruire un proprio percorso e capisce che per stimolare la creazione poetica è inutile cercare all’esterno: deve guardare dentro di sé. Le sue opere sarebbero dunque tutte «frammenti di una grande confessione», accomunate dall’elemento autobiografico, o anche Erlebnisdichtung, composizioni strettamente legate alle circostanze che ne hanno fornito lo spunto. Nuove frequentazioni (Behrisch), la tormentata storia d’amore con Annette Schönkopf, nuovi contenuti negli studi, nuovi interessi segnano man mano il superamento della crisi. La ricerca della propria strada investe anche l’ambito religioso, dove il protestantesimo illuminista gli appare eccessivamente freddo e rigido; gli si contrappone la Chiesa delle origini, descritta nella sua ricchezza sacramentale e simbolica e vista anch’essa sotto il segno delle esigenze poetiche. La conclusione è il rifiuto di ogni autorità e il riconoscimento della base essenzialmente soggettiva della poesia; deve dunque conquistarsi tutto da solo e capisce che ciò che gli manca è l’esperienza. Libro ottavo A integrazione delle considerazioni letterarie appena esposte, segue una riflessione sulle arti figurative. Fino al viaggio in Italia Goethe fu convinto di essere portato per la pittura e solo allora

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si renderà conto che si trattava soltanto di una delle sue «false tendenze»; ma a differenza della letteratura, in questo campo rie­ sce a trovare dei punti di riferimento stabili grazie alle dottrine di Winckelmann, a cui il pittore Adam Friedrich Oeser lo introduce, e agli scritti estetici di Lessing; le sue predilezioni in fatto di pittura trovano inoltre conferma in occasione della visita alla galleria d’arte di Dresda. Il periodo di studio a Lipsia, una fase della crescita descritta nel complesso in modo piuttosto critico, si interrompe bruscamente per una grave malattia, alleviata dalla dedizione e dalle attenzioni degli amici. Il rientro a Francoforte e la lunga convalescenza sono segnati da una tendenza all’introspezione che lo spinge ad avvicinarsi ai movimenti pietisti intorno ai quali si muove la signorina von Klettenberg, amica di famiglia. Il giovane si sprofonda negli scritti mistico-alchemici che circolavano in quegli ambienti e si dedica a esperimenti di alchimia e chimica che preludono ai suoi futuri lavori nel campo delle scienze naturali, mentre il libro si chiude con una ‘professione di fede’ che riunisce dottrine neoplatoniche, pansofiche e mistiche in un unico dogma soggettivo. Libro nono Una volta ristabilito, il padre lo manda a Strasburgo per completare gli studi giuridici. La descrizione di questo periodo nei libri ix, x e xi costituisce un’unità tematica che collega i tre libri centrali. Molti stimoli e intuizioni si intrecciano ma senza formare una trama precisa, sono un mosaico complesso e variegato di idee per il futuro. Questo è infatti un periodo fondamentale, in cui la sua identità poetica si afferma in via definitiva e germogliano molti dei temi che svilupperà e porterà con sé per tutta la vita. Se la partenza da Francoforte è segnata da ulteriori conflitti con il padre e da incomprensioni sempre più marcate, l’Alsazia porta apertura e nuovi orizzonti: a Strasburgo il giovane rifiorisce, dispiega i suoi talenti e acquisisce un suo specifico profilo. Gli studi divengono man mano secondari, in primo piano si sta-

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glia invece la cattedrale: da una parte è il simbolo della scoperta e rivalutazione dello stile gotico, dall’altra parte l’altezza della sua torre è l’elemento che permette di scorgere le infinite promesse del paesaggio alsaziano, foriero di abbondanti e feconde esperienze. Tra le nuove amicizie spiccano Jung-Stilling e l’ipocondriaco cavaliere di S. Luigi, mentre l’architettura gotica rimane il filo conduttore che si intreccia alla riflessione sulla vecchiaia come momento della piena maturazione dei doni e delle qualità intuite in gioventù – proprio mentre scrive queste pagine stava infatti nascendo l’amicizia con Sulpiz Boisserée che condivide con lui l’entusiasmo per il gotico e i progetti per il completamento del duomo di Colonia. Il libro si conclude con il racconto delle lezioni di ballo e il motivo delle ‘labbra maledette’, un finale inquietante ma carico di attese. Libro decimo Si riapre sulla situazione letteraria già descritta nel settimo libro, ma per preparare una svolta epocale che si preannuncia nella nuova considerazione per il ruolo del poeta nella società. L’Empfindsamkeit è spodestata in un baleno dalla conoscenza con Herder: la sua critica sferzante, anche a livello personale, è in netto contrasto con le relazioni garbate e ostentatamente cordiali (ma in fondo insignificanti) di quei poeti, e ha un ruolo decisivo nel fargli acquisire maggior consapevolezza e sintonia con i nuovi fermenti letterari. Se i suoi insegnamenti sono troppo poco sistematici per produrre effetti duraturi, è la sua personalità a esercitare un’enorme influenza: il giovane Goethe ne è affascinato, sebbene soffra per il carattere difficile e aspro del nuovo amico. Proprio per questo si guarda bene dal parlargli dei progetti letterari che gli stanno più a cuore, per timore di esporli al suo caustico giudizio. Alle scoperte letterarie si intercalano esperienze di tipo diverso ma altrettanto significative, come un’escursione in Lorena, che stimola l’interesse per la geologia e le miniere, per l’amministrazione e l’economia, o la gita a Sessenheim dove

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nascerà la bella storia d’amore con Friederike Brion. Con un’abile strategia narrativa, prima di parlarne torna ancora una volta a Herder e alla lettura del Vicario di Wakefield, che fa da filigrana ai personaggi di Sessenheim creando un affascinante intreccio tra realtà e letteratura e dando avvio a un complesso gioco delle parti, visto che il protagonista si presenta a sua volta con diversi travestimenti. Alle scene campestri si alternano riflessioni sul ruolo dell’opera d’arte, su gratitudine e ingratitudine e sul suo debito nei confronti di Herder. Una fase di grandissimo fermento che, dopo la crisi di Lipsia e la lunga malattia, rimette in movimento tutte le sue capacità creative, simboleggiate dalla fiaba della Nuova Melusina. Libro undicesimo La terza parte dell’autobiografia si apre nel momento culminante dell’idillio di Sessenheim. Se dunque nelle prime pagine domina ancora il bel paesaggio dell’Alsazia e l’atmosfera campestre, diversi elementi affiorano man mano ad annunciare l’inevitabile conclusione di quella bella storia. È ancora una volta una riflessione sul rapporto tra realtà e letteratura a innescare il processo: nel momento in cui il Vicario di Wakefield viene letto in gruppo ad alta voce, l’idillio diviene consapevole e la realtà riprende il sopravvento. La distanza tra i due mondi diviene ancora più evidente quando Friederike e la sorella si recano a far visita ai parenti in città: il loro disorientamento, l’imbarazzo, sono sintomi dell’addio ormai vicino. Con la città cambia però anche il testo letterario di riferimento: a fare da scenografia agli ultimi giorni con Friederike non è più l’atmosfera bucolica di Goldsmith ma quella cupa di Amleto. Con ritmo veloce si susseguono le ultime scene della vita studentesca a Strasburgo. La preparazione della dissertazione, all’insegna del minimo sforzo, permette una digressione su alcuni dei giuristi più famosi dell’epoca, in particolare Schöpflin, modello che alla fine decide di non seguire rifiutando la prospet-

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tiva di una carriera accademica in Francia. Per motivare la decisione inserisce un excursus sulla letteratura e la filosofia francesi che non riscuotono la sua simpatia. Alla letteratura elitaria e ormai invecchiata della Francia, rappresentata da Voltaire, si contrappone la figura di Shakespeare, genio fresco e potente, che prelude alla stagione dello Sturm und Drang che lui, Herder e Lenz stanno inaugurando; in questo nascente movimento si colloca anche l’interesse per l’arte gotica e il Medioevo tedesco. La conclusione degli studi e la partenza portano come corollario inevitabile l’addio a Friederike, vissuto con senso di colpa e disagio ma mitigato da una visione che anticipa il suo ritorno a Sessenheim (che effettivamente avverrà otto anni più tardi); le ultime pagine prefigurano già elementi di una fase successiva: la figura di Ottilia, protagonista delle Affinità elettive, e la scoperta dell’arte classica nella gipsoteca di Mannheim. Dal punto di vista compositivo, il libro x e xi costituiscono il centro di Poesia e verità: legano strettamente insieme la seconda e la terza parte creando un’unità, ma allo stesso tempo la cesura tra i due segna un confine: si chiude la stagione dell’idillio, la simbiosi tra letteratura e realtà si infrange e il rapporto tra le due dimensioni diventa più critico e consapevole. Libro dodicesimo Il protagonista rientra a Francoforte dopo aver conseguito il titolo accademico a Strasburgo – ma si profila in modo sempre più deciso come poeta. Il padre stesso dedica maggior considerazione alle sue produzioni poetiche, che stanno attirando l’attenzione del pubblico, e sembra accettare di buon grado che «mille inclinazioni, passioni e distrazioni» allontanino il figlio dalla carriera avvocatizia. La descrizione si sposta dunque sul costituirsi di un nuovo panorama letterario che ruota intorno alla figura di Merck, l’amico che assiste alla gestazione delle sue prime opere importanti, Faust e Götz von Berlichingen. Al fascino dello stile nebuloso e sibillino di Hamann si affianca la forza espressiva

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della Bibbia tradotta da Lutero, che introduce una digressione sull’importanza delle traduzioni. La panoramica si allarga alla situazione delle corti, dove prìncipi illuminati chiamano al loro servizio poeti e scrittori, e al mondo dell’editoria, dove il rapporto fra scrittori ed editori sta cambiando. L’esempio di Klopstock è significativo per questa evoluzione, ma è legato anche a due altri aspetti: la passione per il pattinaggio e il filone della poesia celtica. Quest’ultimo non si rivela produttivo per il giovane Goe­ the, che si sente invece molto più vicino alla mitologia greca. Il resoconto del soggiorno a Wetzlar con l’apprendistato al Tribunale camerale (che sancisce in via definitiva la crisi dell’Impero) fa da sfondo ai due temi principali: il Medioevo, da cui trae alimento Götz von Berlichingen, e il nuovo «idillio tedesco» che costituirà la materia del Werther. Ancora una volta la poesia ha funzione terapeutica, lo aiuta a rielaborare i sensi di colpa per aver lasciato Friederike e lo libera dal pensiero ossessivo del suicidio. Parlando del Werther il biografo può per la prima volta richiamare elementi poetici ben noti al pubblico, ma evita di fornire quei dettagli che tanto stimolavano la curiosità dei lettori per concentrarsi sul valore estetico del romanzo (ulteriormente approfondito nel libro successivo). Dei rapporti tra i protagonisti riferisce in modo assai scarno, mentre si sofferma a lungo sulla gelosia nei confronti della sorella, in procinto di sposarsi con Schlosser. L’attività di Merck come editore delle «Frankfurter gelehrte Anzeigen» procura allo Sturm und Drang un importante organo di diffusione: sono giovani impetuosi con un forte sentimento patriottico e un desiderio insoddisfatto di libertà e cambiamento, di cui Werther diventerà il portavoce. Il libro si chiude con l’improvvisa partenza da Wetzlar che, a differenza di quella da Strasburgo a cui più volte viene fatto riferimento, non è altrettanto problematica.

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Libro tredicesimo Il tema principale è la corrente dello Sturm und Drang e la composizione dei due capolavori di questo periodo, Götz von Berlichingen e I dolori del giovane Werther, che vengono trattati in parallelo nonostante siano stati composti in momenti diversi. Il successo dirompente della prima grande opera drammaturgica viene collocato sullo sfondo del teatro dell’epoca, mentre per Werther si insiste sui presupposti etici e psicologici da cui ha preso spunto la narrazione. Il resoconto più strettamente autobiografico è incentrato sul soggiorno a Ehrenbreitstein dalla famiglia von La Roche e sulla notizia del suicidio di Jerusalem. Se da una parte si sottolinea come nella trama delle due opere siano confluiti elementi soggettivi e molto eterogenei, poi rielaborati dalla fantasia, dall’altra non si nega che essa sia comunque espressione dello stato d’animo di una generazione. I giovani sono infatti dominati dalla poesia elegiaca inglese, dalla malinconia e da un’insoddisfazione esistenziale che finisce col diventare autodistruttiva, come nel caso di Jerusalem: Werther diviene il simbolo di una generazione senza prospettive, soffocata da un ambiente conservatore e stagnante, condannata a un’esistenza scialba e insignificante; tantissimi giovani si identificarono con Werther, decretando l’enorme successo del romanzo. Il consolidarsi della vocazione letteraria è accompagnato dall’apprezzamento per Justus Möser, che con il suo intenso impegno politico e sociale rappresenta una valida alternativa alla stagnazione: l’ammirazione per Möser diviene argomento di conversazione durante il breve incontro con Karl August, il futuro duca di Weimar di passaggio a Francoforte, e sembra indicare il cammino verso un impegno attivo e concreto nella vita pubblica coltivato di pari passo con il talento letterario.

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Libro quattordicesimo Il libro presenta una galleria di personaggi, a cominciare dai protagonisti del panorama letterario (Lenz, Wagner, Klinger). Nei ritratti di poeti e scrittori si alternano luci e ombre, anche per effetto dell’evoluzione che quelle amicizie subiranno nel corso degli anni; le opinioni del Goethe anziano mitigano gli entusiasmi della gioventù. La pubblicazione delle sue prime opere gli procura la celebrità, e le conseguenze si manifestano sia in un maggior grado di autoconsapevolezza, sia nelle relazioni con l’esterno, più ricche ma dispersive. La celebrità gli permette però anche di instaurare rapporti più approfonditi con personaggi di rilievo della vita pubblica in uno scambio alla pari, primi tra tutti Lavater e Basedow: le loro personalità e i brevi viaggi compiuti in loro compagnia lungo il Reno formano il cuore del libro e offrono lo spunto per esaminare le differenti modalità di relazionarsi con il pubblico. Una tappa successiva lo avvicina ai fratelli Jacobi; con Fritz in particolare il rapporto di amicizia sarà molto intenso. Il confronto personale e spirituale con questi personaggi lo stimola moltissimo, spingendolo a riflettere sulle proprie convinzioni che acquistano così contorni sempre più definiti. Il libro si chiude con un elogio della filosofia di Spinoza, motore importante della produzione giovanile, e con una riflessione sulla difficile conciliazione tra divino e umano che trova forma letteraria nella progettata opera su Maometto. Libro quindicesimo Prosegue l’approfondimento delle tematiche religiose che aveva chiuso il libro precedente e che è sotteso ai progetti letterari sull’ebreo errante e Prometeo. Questa poesia fu in seguito citata da Jacobi nell’ambito del dibattito su Spinoza che coinvolse con grande vivacità il mondo culturale tedesco e in cui Goethe si trovò suo malgrado invischiato: vi si sofferma quindi per chiarire la propria posizione. Una nuova prospettiva si apre grazie ai contat-

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ti con la corte di Weimar, che hanno l’effetto immediato di riaccendere il conflitto tra padre e figlio. Il contrasto tra i due stili di vita, libertà del cittadino e servizio al principe, vita privata e vita pubblica, sarà un motivo ricorrente in tutta la parte conclusiva dell’opera, volta a fornire una legittimazione alla scelta finale. Al padre fa da controparte la signorina von Klettenberg, che saluta invece con favore la nascente amicizia: la visione serena e positiva dell’amica affezionata, morta pochi giorni dopo, aleggia come un buon auspicio sui primi incontri tra il poeta e il duca. Contemporaneamente si aprono a Francoforte nuove opportunità lavorative e di inserimento sociale che corrispondono ai desideri dei genitori e allo status sociale della famiglia, e tra le amiche di Cornelia si profila una possibile fidanzata e gradita nuora. Gli incontri con Klopstock e Zimmermann consolidano ulteriormente la fama ormai raggiunta, mentre la produzione letteraria procede con la stesura di Clavigo. La terza parte si chiude dunque con una prospettiva di vita concreta e ben avviata all’interno della famiglia e della città natale, mentre un’atmosfera di pace e tranquillità pervade la casa. Libro sedicesimo Questo libro ha carattere di transizione: non si verificano eventi esterni di rilievo ma si approfondisce la visione personale del mondo, influenzata in primo luogo dalla filosofia di Spinoza. Vista l’intensità del dibattito, ci tiene a precisare che la sua è una lettura personale e soggettiva, che lo aiuta a trovare un equilibrio tra io e mondo, tra natura (nella quale fa rientrare il suo talento poetico) e razionalità. Il poeta non agisce più per ispirazione divina (come ancora Klopstock), ma dà voce alla propria interiorità e soggettività, alla verità del proprio cuore nella sua particolare relazione con la natura esterna. Intuisce quindi la via per conciliare vocazione poetica e vita attiva al servizio del bene comune, due aspetti che saranno determinanti per tutta la sua esistenza; nei libri seguenti diventerà sempre più evidente come ciò sia im-

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possibile da realizzare a Francoforte. Dalla lettura di Spinoza assorbe anche il tema della ‘rinuncia’, che prelude al racconto della relazione con Lili Schönemann. L’intuizione raggiunta si consolida grazie a esempi di una conciliazione in senso negativo tra vita e poesia, come il comportamento dei tipografi che stampavano abusivamente o la figura dell’amico Jung-Stilling, che con la sua fede passiva nella Provvidenza si dimostra inadeguato alla vita reale. Due aneddoti (l’incendio del ghetto e il pattinaggio sul Meno ghiacciato) mostrano il protagonista in tutta la sua singolarità, che appare sempre meno compatibile con la Francoforte del tempo, rigida e convenzionale. Libro diciassettesimo L’evoluzione del rapporto con Lili, dal primo incontro fino al fidanzamento è il tema principale. L’intensità e la pienezza della relazione sono all’insegna della poesia, ma nella realtà molte sono le stonature, tanto che il fidanzamento stesso ha bisogno di un’intermediaria e le due famiglie non riescono comunque a legare. L’ambiente più libero e aperto di Offenbach offre al talento poetico maggiori possibilità per dispiegarsi, l’amicizia col musicista André gli offre l’occasione per misurarsi anche con la musica, ma le differenze sociali e religiose si fanno man mano più evidenti e un disagio sempre crescente si insinua nel protagonista. Anche l’impegno nella professione, che grazie all’aiuto del padre si intensifica, non nasce da un autentico desiderio interiore bensì dalla volontà di compiacere Lili ed è quindi incostante e superficiale. Si aprono diverse possibilità per un impiego stabile, ma nessuna sembra interessarlo fino in fondo, né essere adeguata al tenore di vita della fidanzata; appare inappropriata in quell’ambiente persino la sua produzione poetica, che si volge anche a temi della commedia popolare (Le nozze di Hanswurst). Il disagio e la percezione sempre più netta delle incompatibilità porteranno infine alla crisi.

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Dal mondo sfavillante e alla moda di Lili lo sguardo torna alla realtà politica e sociale, con una carrellata sulla società del tempo in Germania in generale e a Francoforte in particolare: le notizie su ciò che accade nel mondo, gli slanci riformistici contro un sistema aristocratico invecchiato (in Norvegia, Corsica, America), la consapevolezza del ceto medio del proprio valore – ovunque si sta diffondendo la coscienza e l’aspirazione a un nuovo tipo di nobiltà, paragonabile alla nobilitas literaria dell’umanesimo, descritta grazie a una lunga citazione tratta da una lettera di Ulrich von Hutten. Libro diciottesimo Questo libro e il successivo sono strettamente collegati e descrivono il primo viaggio in Svizzera (1775), con il movimento dell’andata (libro xviii) e del ritorno (xix). La cesura tra i due è costituita da un elemento geografico, il passo del San Gottardo, che funge da spartiacque sia compositivo che biografico. L’improvvisa partenza da Francoforte è quasi una fuga, una ‘prova’ che anticipa e insieme sancisce la separazione da Lili, auspicata perentoriamente anche dalla sorella Cornelia. Il viaggio segna inoltre il culmine e il superamento della fase dello Sturm und Drang, presentata all’inizio del libro tramite una serie di elementi: l’aneddoto sul «sangue del tiranno», l’amicizia con i fratelli Stolberg con i quali intraprenderà il viaggio, il culto per la natura, la ricerca di nuove forme poetiche; il filo conduttore è la contrapposizione tra il ‘genio’ e la società. Alcuni eventi significativi segnano il percorso di andata: il rinnovato invito a Weimar da parte del duca Karl August e della consorte, incrociati a Karlsruhe; la visita all’amico Merck, che con il suo sguardo lucido gli permette di mettere a fuoco un altro aspetto della sua identità poetica (la sua tendenza a «dare forma poetica al reale»), e infine la visita alla sorella, sposata ma infelice. Giunti a Zurigo le strade si dividono, Goethe si ferma da Lavater parecchi giorni per lavorare con lui alla Fisiognomica e prosegue poi il viaggio alla scoperta della natura selvaggia e alpina non con più gli Stolberg ma con l’amico Passavant.

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Libro diciannovesimo Il libro si apre sul valico del Gottardo, davanti a una svolta decisiva: scendere in Italia (assecondando il desiderio del padre, quindi il suo progetto di vita), o tornare indietro. Decide per la seconda opzione, è la nostalgia di Lili a prevalere e non si sente pronto ad allontanarsi dalla patria ma tutto, sulla via del ritorno, assume connotazioni negative e opprimenti. Prende le distanze dai fratelli Stolberg e dallo scandalo che hanno provocato con il loro comportamento trasgressivo (‘geniale’), e anche la grande opera di Lavater (geniale e intuitiva ma priva di metodo e di sistematicità) viene ora considerata da un punto di vista critico che prelude alle divergenze di opinione che si manifesteranno in seguito tra i due amici. Il racconto ha carattere frammentario, si configura come un montaggio in cui si alternano stralci dal diario del viaggio in Svizzera, liriche composte per Lili, lunghe citazioni dall’opera di Lavater, intrecciati a eventi e motivi che matureranno solo molto più avanti. Rientrato a Francoforte la situazione è mutata: persino Lili si è convinta della necessità della separazione e gli innamorati si piegano con fatica alle convenzioni sociali. Il concetto stürmeriano di ‘genio’ viene problematizzato e poi superato grazie alla filosofia kantiana, mentre il grande vuoto lasciato da Lili è colmato da un nuovo impeto creativo: incoraggiato dal padre che è orgoglioso dei suoi successi letterari, si applica sempre di meno all’esercizio dell’avvocatura per dedicarsi nuovamente a una grande opera: Egmont. Libro ventesimo Con il lavoro a Egmont viene introdotto il motivo del demonico che verrà poi sviluppato nel corso del libro, allargandosi a considerazioni generali fino a diventare una chiave di lettura profonda della casualità del destino e dell’elemento superiore e imperscrutabile che il protagonista riconosce come motore del-

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la propria esistenza. La repentina decisione finale di partire per Weimar viene preparata durante tutto il libro – dapprima è una nuova amicizia francofortese a riportare in primo piano l’invito: il pittore Georg Melchior Kraus con i suoi dipinti gli mostra situazioni e personaggi del piccolo ducato, culturalmente molto attivo e dinamico. Decisiva nel protagonista è la consapevolezza di doversi allontanare da Lili e quindi da Francoforte, ma non riesce a prendere una decisione definitiva. L’intenzione di accettare l’invito a Weimar suscita di nuovo l’opposizione del padre che ha però buon gioco: approfittando di un malinteso e di un ritardo nella partenza lo convince a cambiare meta e a dirigersi verso Sud, alla volta dell’Italia. Ad Heidelberg viene trattenuto dai progetti della signorina Delph, che vorrebbe legarlo alla corte dell’elettore palatino Karl Theodor a Mannheim; ancora una volta si tratta di un progetto imposto dall’esterno, la sgradevole sensazione di sentirsi manipolato lo induce a riprendere subito il viaggio – ma proprio all’ultimo minuto, in un crescendo narrativo, ecco arrivare la carrozza e la scelta, istintiva e improvvisa, di non scendere in Italia ma di partire per Weimar. Eroe autobiografico ed eroe letterario si sovrappongono nell’esclamazione finale di Egmont/Goethe, che enuncia il potere del demonico e descrive la partenza come inevitabile, effetto di una forza a cui l’uomo non può opporsi e che assume il controllo dell’esistenza. Alla costellazione favorevole e fiduciosa della nascita si sostituiscono i cavalli del sole, la cui corsa incontrollabile e inquietante decreta la fine della giovinezza e degli anni francofortesi.

BIBLIOGRAFIA

La bibliografia comprende, oltre alle edizioni delle opere di Goe­ the (elencate in ordine cronologico), una scelta fra gli innumerevoli studi critici incentrati sulla figura del poeta e una sezione specifica su Poesia e verità (il titolo dell’opera in tedesco viene sempre abbreviato con DuW). 1. Principali edizioni storico-critiche delle opere di Goethe Schriften Goethes’s Schriften. Leipzig: Göschen 1787-1790, 8 voll. Ausgabe letzter Hand Goethe’s Werke. Vollständige Ausgabe letzter Hand. Stuttgart/ Tübingen: Cotta 1828-1830, 40 voll. Integrata poi con: Goethe’s Nachgelassene Werke. Hrsg. von Johann Peter Eckermann und Friedrich Wilhelm Riemer. Stuttgart/Tübingen: Cotta 1832-1842, voll. 41-60 + un volume con gli indici curato da Carl Theodor Musculus. WA – Weimarer Ausgabe (Sophien-Ausgabe) Goethes Werke, hrsg. im Auftrag der Großherzogin Sophie von Sachsen. Weimar: Böhlau 1887-1919, 133 voll. suddivisi in 4 sezioni. JA – Jubiläumsausgabe Sämtliche Werke. Jubiläums-Ausgabe. Hrsg. von Eduard von der Hellen et al. Stuttgart/Berlin: Cotta 1902-1907, 40 voll. + indice (1912). GA – Gedenkausgabe Gedenkausgabe der Werke, Briefe und Gespräche. Hrsg. von

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Goethes Briefe – Hamburger Ausgabe Textkritisch durchgesehen und mit Anmerkungen versehen von Karl Robert Mandelkow. Hamburg: Wegner 1962-1967, 4 voll. a cui si aggiungono 2 supplementi. Edizione unificata poi in: Goethes Briefe und Briefe an Goethe. Hrsg. von Karl Robert Mandelkow. München: Beck 1988, 6 voll. CdGZ – Corpus der Goethe-Zeichnungen. Bearbeitet von Gerhard Femmel et al. Leipzig: Seemann 1958-1973, 7 voll. 2. Traduzioni italiane di Poesia e verità Autobiografia: poesia e verità Prima versione italiana di Adolfo Courthéoux. Milano: Sonzogno 1884 (Biblioteca universale, 177-178 e 206-207) 2 voll., 421 pp. La traduzione, fortemente abbreviata, copre la prima parte dell’autobiografia fino al termine del lib. xii, con la partenza da Wetzlar. Poesia e verità Trad. di Emma Sola. Milano: Alpes 1929 2 voll., xxix + 936 pp. Poi ripubblicata in: Goethe, Opere. Firenze: Sansoni 1944, edizione in 4 voll.: vol. i, pp. 571-1338 [nell’edizione più recente in un solo volume, a cura di Vittorio Santoli, Poesia e verità non è compresa] Dalla mia vita. Poesia e verità Introd., trad. e note a cura di Alba Cori. Torino: UTET 1957 (I grandi scrittori stranieri, 213-214) 2 voll., 1086 pp. Dalla mia vita. Poesia e verità A cura di Enrico Ganni, introduzione di Klaus-Detlef Müller. Torino: Einaudi 2018 (I millenni) 758 pp.

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3. Traduzioni italiane di altre opere di Goethe utilizzate Faust. Introduzione, traduzione e note a cura di Franco Fortini. Milano: Mondadori 19969 (I Meridiani). Faust. Urfaust. Introduzione e prefazione di Italo Alighiero Chiusano; sommario, traduzione e note di Andrea Casalegno. Milano: Garzanti 1994. Massime e riflessioni. A cura di Paolo Chiarini, traduzione di Anna Bignami. Roma/Napoli: Theoria 1983. Opere. Firenze: Sansoni 1944-1951, 4 voll. [traduttori vari] [alcune opere sono poi state ripubblicate in un’edizione in un solo volume, a cura di Vittorio Santoli. Firenze: Sansoni 1970]. Romanzi. A cura di Renata Caruzzi con una prefazione di Claudio Magris. [I dolori del giovane Werther, trad. di G. A. Borgese; La vocazione teatrale di Wilhelm Meister, trad. di Emilio Castellani; Le affinità elettive, trad. di Massimo Mila]. Milano: Mondadori 20037 (I Meridiani). Tutte le poesie. Edizione diretta da Roberto Fertonani con la collaborazione di Enrico Ganni, premessa di Roberto Fertonani. Milano: Mondadori 1989-1997 (I Meridiani), 3 voll. in 5 tomi [traduttori vari]. Viaggio in Italia. Trad. di Emilio Castellani; commento di Herbert von Einem, adattato da Emilio Castellani; prefazione di Roberto Fertonani. Milano: Mondadori 20029 (I Meridiani). Wilhelm Meister: gli anni dell’apprendistato. Traduzione di Anita Rho ed Emilio Castellani. Nuova edizione riveduta. Milano: Adelphi 2006. Eckermann, Johann Peter: Conversazioni con Goethe negli ultimi anni della sua vita. Trad. di Ada Vigliani. Torino: Einaudi 2008.

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4. Fonti Per le fonti, in particolare quelle consultate da Goethe stesso per la stesura dell’autobiografia, si indica, quando possibile, le edizioni che consultò perché presenti nella biblioteca paterna o che prese in prestito dalla biblioteca di Weimar. Qualora nel testo compaiano citazioni dirette, viene indicata anche la traduzione italiana utilizzata. Archenholz, Johann Wilhelm von: Geschichte des Siebenjährigen Krieges in Deutschland. Berlin: Haude und Spener 1793. Arnim, Bettina von: Goethes Briefwechsel mit einem Kinde. Berlin: Dümmler 1835. Arnold, Gottfried: Unparteyische Kirchen- und Ketzer-Historie von Anfang des Neuen Testaments bis auff das Jahr Christi 1688. Frankfurt a. M.: Fritschens Erben 1729, 2 voll. Benner, Johann Hermann: Entdeckter Ungrund der sog. einzig wahren Religion: aus dem summarischen Jnhalt einer also betitelten Schrift, welche Herr Johann Michael von Loen zu Franckfurt herausgegeben, zu Abwendung des Anstoses bey den Schwachen und Sicheren vor Augen gestellet. Frankfurt/ Leipzig: Brönner 1751. Benner, Johann Hermann: Antwort auf Loen’s Sendschreiben über seine einzig wahre Religion. Frankfurt/Leipzig: Brönner 1751. Beschreibung des Erdbebens, welches die Hauptstadt Lissabon und viele andere Städte in Spanien und Portugal ganz umgeworfen, teils sehr beschädigt hat. Danzig: Schuster 1756. Bogatzky, Karl Heinrich von: Güldenes Schatzkästlein der Kinder Gottes, deren Schatz im Himmel ist. Breslau: 1718. Bouterwek, Friedrich: Geschichte der Poesie und Beredsamkeit seit dem Ende des dreizehnten Jahrhunderts. Voll. v e vi. Göttingen: Röwer 1806-1807. Bower, Archibald: Unparteiische Historie der Römischen Päpste. Magdeburg/Leipzig: Seidel und Scheidhauer 1751-1779, 10 voll.

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INDICI a cura di Stefano Apostolo Si offrono in questa sezione gli indici dell’autobiografia di J.W. Goethe: l’Indice dei nomi, l’Indice delle opere e l’Indice dei luoghi; si riferiscono esclusivamente al testo di Poesia e verità (note escluse) con indicazione della paginazione del testo italiano. Nell’Indice dei nomi, per l’identificazione dei personaggi e i riferimenti biografici, sono stati utilizzati i dati forniti dalla FA, in seguito verificati e integrati con l’ausilio della Deutsche Biographie e dello Historisches Lexikon der Schweiz. Per i personaggi storici particolarmente noti ci si è limitati all’indicazione della data di nascita e di morte (qualora reperibili), mentre per gli altri si forniscono anche brevi cenni biografici. La grafia utilizzata corrisponde sempre a quella oggi considerata corretta. Nei nomi di persona e nei toponimi svizzeri, secondo l’ortografia elvetica, la lettera ‘ß’ è sempre sostituita da ‘ss’. Il simbolo ∞ davanti a nomi di personaggi femminili indica il legame coniugale con i personaggi immediatamente precedenti. Figlie e figli seguono i rispettivi genitori e, qualora non sia noto il loro nome, sono preceduti da trattini. In parentesi quadre sono riportate le pagine dove personaggi e opere non sono espressamente citati ma possono essere ricavati dal contesto. Tutte le opere citate nell’autobiografia sono riportate sotto i rispettivi autori e precedute da trattini – fanno eccezione le opere di Goethe, riportate nell’apposito indice. Le opere non attribuibili ad autore preciso (Bibbia, Edda, ecc.), sempre precedute da trattini, sono inserite in ordine alfabetico nell’indice dei nomi e poste sullo stesso livello di questi; le riviste letterarie seguono invece i nomi dei principali editori.

INDICE DEI NOMI Abelardo, Pietro (1079-1142), filosofo e teologo francese 391. Abbt, Thomas (1738-1766), consigliere concistoriale a Bücke­ burg, filosofo e scrittore 1097. Abel, Karl Friedrich (1723-1787), musicista e compositore, virtuoso della viola da gamba 671. Abelin, Johann Philipp (pseudonimo: Johann Ludwig Gottfried/ Gotofredus) (ca. 1584-1633), erudito e compilatore di cronistorie 69, 309, 673, 1537. – Historische Chronica oder Beschreibung der Geschichte vom Anfang der Welt bis auf das Jahr 1619 (1633) 69, 309, 673, 1537. Abraham a Sancta Clara (Johann Ulrich Megerle) (1644-1709), predicatore a Vienna, autore di opere satirico-moraleggianti 1607. Agrippa von Nettesheim, Heinrich Cornelius (1486-1535), filosofo, medico e alchimista 335. – De incertitudine et vanitate omnium scientiarum et artium (1531) 335. Ahasverus, l’ebreo errante 13571361. Albrecht, Johann Georg (16941770), direttore del ginnasio

di Francoforte, insegnante di ebraico di Goethe 257-265, [717]. Allesina-Schweitzer, famiglia del commerciante veronese Franz Maria Schweitzer e di sua moglie Paula Maria nata Allesina 1247. Althann, Michael Johann conte di (1710-1778), coppiere imperiale [417-421], [427]. Amyot, Jacques (1513-1593), ve­ scovo, scrittore e traduttore francese 1017. André, Johann (1741-1799), editore musicale e compositore a Offenbach, poi direttore musicale a Berlino 1473-1477, 1487-1489, 1493. – Der Töpfer (1773) 1475. Anna Amalia di Sachsen-WeimarEisenach nata duchessa di Braunschweig (1739-1807), con­sorte di Ernst August ii Constantin, 1759-1775 reggente e tutrice 1371, [1645]. Annette → Schönkopf, Anna Katharina. Anson, George (1697-1762), lord inglese, ammiraglio e scrittore 69. – (Walter Richard, redatto da) Voyage round the world (1748) 69.

1902 Apel, Heinrich Friedrich Innocenz (1732-1802), commerciante, patrizio, poi borgomastro di Lipsia 585, 641. Aprill, notaio imperiale a Ratisbona 379. Aristofane (ca. 445-385 a.C.), commediografo greco 655. Aristotele (384-322 a.C.) 223, 465, 1147. – Poetica [223], [1147]. Arnold, Gottfried (1666-1714), teologo e storico della Chiesa 737. – Unpartheyische Kirchen- und Ketzer-Historie (1699-1700) 737. Audinot, Nicolas Médard (17321801), drammaturgo e compositore francese [1473]. – Le tonnelier [1473]. Aufresne (Jean Rival) (17281804), attore francese 1037. Augusto ii di Polonia → Federico Augusto i di Sassonia. Augusto iii di Polonia → Federico Augusto ii di Sassonia. Bähr, George (1666-1738), costruttore, architetto (Frauenkirche di Dresda) [683]. Bahrdt, Karl Friedrich (1741-1792), teologo 1267, 1293. Basedow, Johann Bernhard (17231790), pedagogo, fondatore del Filantropino di Dessau 13111325, 1333, 1341. – Das Elementarwerk (1774) 1313. Bauch, commerciante di Sonneberg in Turingia [1449-1451].

INDICI

Bause, Johann Friedrich (17381814), acquafortista e professore all’Accademia d’arte di Lipsia 1565. Bayle, Pierre (1647-1706), filosofo francese 501, 1427. – Dictionnaire historique et cri­tique (1695-1697) [501], 1427. – Articolo «Spinoza» 1425-1427. Beaumarchais, Pierre Augustin Caron de (1732-1799), drammaturgo francese 603, [1207], 1411. – Eugénie (1767) 1207. – Fragment de mon voyage d’Espagne (in: Quatrième mé­moire à consulter) (1774) 1411. – Le barbier de Séville (1775) [603]. – Le mariage de Figaro (1784) [603]. Begrow, cugino di Daniel Pegelow, conoscente di Herder a Riga [853-855]. Behrisch, Ernst Wolfgang (17381809), precettore del conte Lindenau a Lipsia, dal 1767 alla corte di Dessau 625-631, 635, 641-645, 649, 651, 659, 699-701, 705, 737, 795, 1003, 1133. Belleisle, Charles Louis Auguste Fouquet, duca di (1684-1761), maresciallo di Francia, ambasciatore francese all’incoronazione di Carlo vii [39]. Belloy, Pierre Laurent Buyrette de (1727-1775), attore e drammaturgo francese [1031].

INDICE DEI NOMI

– Le siege de Calais (1765) 1031. Bengel, Johann Albrecht (16871752), teologo pietista, consigliere concistoriale a Stoccarda 581. Benner, Johann Hermann (16991782), professore di teologia a Gießen 153. Berendis, Hieronymus Dietrich (1719-1782), segretario privato della duchessa Anna Amalia a Weimar 1645. Berlichingen, Götz von (14801562), cavaliere e feudatario tedesco 873, [1131], 12131217, 1223-1225. – Lebensbeschreibung des Herrn Götzens von Berlichingen, zu­genannt mit der Eisernen Hand (1731) 873, 12131217, 1223-1225. Bernard, Nicolas (1709-1780), commerciante a Offenbach, zio di Lili Schönemann 1473, 1489. Bernstorff, Johann Hartwig Ernst conte di (1712-1772), ministro danese, amico e mecenate di Klopstock [843]. Bertuch, Friedrich Justin (17471822), libraio, editore e scrittore a Weimar, fondatore della «Allgemeine LiteraturZeitung» (dal 1784, a partire dal 1804 «Jenaische LiteraturZeitung»), editore del «Journal des Luxus und der Moden» 1645. ∞ sua moglie → Friederike Elisabeth Caroline Slevoigt.

1903 Bethmann, Johann Philipp (17151793), commerciante e banchiere a Francoforte 1509. – Bibbia (Antico e Nuovo Testamento, singoli libri) [67], 263-293, 299, 301, 327, [463], 495, [573], 577-581, 705, 841, [903], 1047, 1081-1087, 1143, 1297, [1305], 1313-1315, [1323], [1459], [1493], 1607. Bibra, Heinrich Wilhelm von (*1749), allievo di Merck, in seguito gentiluomo di camera del principato elettorale di Sassonia [1073]. Bismann, Johann Andreas (17151811), organista e insegnante di pianoforte a Francoforte [239]. Blondel, Jacques François (17051774), architetto francese 793. Bodmer, Johann Jakob (16981783) professore di storia elvetica a Zurigo, filologo e critico letterario 291, [551-555], 555, 573, 1561-1565. – Die Noachide (1752) 573. Boerhaave, Herman (1668-1738), medico, professore di medicina, botanica e chimica a Leida 725, 1403, 1429. – Aphorismi de cognoscendis et curandis morbis in usum doctrinae domesticae digesti (1709) [725]. – Institutiones et experimenta chemiae (1724) [725]. Bogatzky, Karl Heinrich von (16901745), teologo evangelico e poeta [205]. – Güldenes Schatzkästlein der

1904 Kinder Gottes, deren Schatz im Himmel ist (1718) 205. Böhme, Johann Gottlob (17171780), professore di storia a Lipsia 515-519, 533, 605. ∞ Maria Rosine nata Görtz (1725-1767), sua moglie 515517, 533-537, 605, 729, 777. Boie, Heinrich Christian (17441806), poeta, membro del Göttinger Hain, editore del «Göttinger Musenalmanach» 1135, [1535]. – «Göttinger Musenalmanach» 1135, 1535. Boisserée, Johann Sulpiz Melchior Dominicus (1783-1854), collezionista d’arte e autore 819, [1329]. – Ansichten, Risse und einzelne Teile des Doms zu Köln (1822-1831) [819-821]. – Denkmale der Baukunst am Nieder-Rhein vom 7. bis 13. Jahrhundert (1831-1833) [821]. Boisserée, Melchior Hermann Joseph Georg (1786-1851), suo fratello, collezionista d’arte e autore [1329]. Bondeli, Julie von (1731-1778), figlia di un patrizio di Berna, qui fondatrice e anima di un circolo letterario 1187. Boucher, François (1703-1770), pittore francese 1639. Bouilly, Jean Nicolas (1763-1842), poeta francese [603]. – Les deux journées, ou Le porteur d’eau (1800) → Cherubini 603.

INDICI

Bower, Archibald (1686-1766), gesuita e storico scozzese 299. – The History of the Popes (1748-1766) 299. Breidbach zu Bürresheim, Emmerich Joseph Freiherr von (17071774), dal 1763 arcivescovo e principe elettore di Magonza 383-385, 393-395, 421, 431. Breitenbauch, Georg August von (1731-1817), storico e scrittore [573]. – Jüdische Schäfergedichte (1765) 573. Breitinger, Johann Jakob (17011776), professore di greco ed ebraico al ginnasio di Zurigo, scrittore e critico letterario 551-555. – Kritische Dichtkunst (1740) 551. Breitkopf, Bernhard Christoph (1695-1777), libraio, tipografo ed editore a Lipsia 563, 683685, 701, 1099. Breitkopf, Johann Gottlob Immanuel (1719-1794), libraio e tipografo a Lipsia, suo figlio 685. Breitkopf, Bernhard Theodor (17491820), tipografo e libraio a S. Pietroburgo, figlio di J.G.I. Breitkopf 685. – Neue Lieder, in Melodien ge­setzt (1770) [685]. Breitkopf, Christoph Gottlob (1750-1800), editore e tipografo a Lipsia, figlio di J.G.I. Breitkopf 685. Breitkopf, Theodora Sophie Constantia sposata Oehme (1748-

INDICE DEI NOMI

1818), figlia di J.G.I. Breitkopf, amica di Johann Adam Horn 685. Breitkopf, Louise Marie Wilhelmine (†1790), figlia di J.G.I. Breitkopf 685. Brentano, Peter Anton (17351797), commerciante a Francoforte, sposato con Maximiliane von La Roche [1247]. ∞ Maximiliane Euphrosyne nata von La Roche (1756-1793), sua seconda moglie 1185-1195, 1247-1249. Brinckmann, Philipp Hieronymus (1709-1761), pittore storico e paesaggista a Mannheim 55, 181. Brion, Johann Jakob (1717-1787), pastore a Sessenheim [909945], [961-991]. ∞ Magdalena Salomea nata Schöll (1724-1786), sua moglie [909-945], [959-997]. Brion, Maria Salomea sposata Marx (*1749), loro figlia (G: Olivie) [909-945], [951-953], [959-997], 1057. Brion, Friederike Elisabetha (1752-1813), loro figlia [895], [899-901], [909-911], 915945, 951-953, 959-997, 10571059, 1105-1109, 1179, 1665. Brion, Christian (1763-1817), loro figlio (G: Moses), in seguito pastore a Niederbonn e Barr 919-945. Brockes, Barthold Heinrich (16801747), poeta e senatore ad Amburgo 839. Broglie, Victor François duca di

1905 (1718-1804), maresciallo francese 199-201, 379. Brucker, Johannes Jakob (16961770), sacerdote ad Augsburg, storico della filosofia 463. – Institutiones historiae philo­ sophiae, usui academicae iuventutis adornatae (1756) 463. Brühl, Heinrich conte di (17001763), ministro sassone 647. Buff, Henrich Adam (1710-1795), funzionario dell’Ordine teutonico a Wetzlar [1153]. ∞ Magdalene Ernestine nata Feyler (1731-1771), sua moglie [1153]. Buff, Charlotte Sophie Henriette sposata Kestner (1753-1828), loro figlia [1153-1157], [1161], [1175], [1179-1181], [12611263]. Buffon, Georges Louis Leclerc conte di (1707-1788), naturalista francese 539. Bürger, Gottfried August (17471794), poeta, membro del Göttinger Hain 1135, 1123, 1475, 1537. – Lettera a Boie (8.7.1773) 1123, 1537. – Lenore (1773) 1475. Burggrave, Johann Philipp (17001775), medico della famiglia Goethe [449]. Calas, Jean (1698-1762), commerciante protestante a Tolosa, giustiziato per motivi religiosi, riabilitato da Voltaire 1137. Canitz, Friedrich Rudolph Lud­ wig Freiherr von (1654-1699),

1906 diplomatico prussiano, poeta 163. Carlo (Karl Wilhelm Ferdinand) di Braunschweig (1735-1806), duca 1031. Carlo i (742-814) (Carlo Magno), dal 768 re dei Franchi, dal 800 imperatore del Sacro Romano Impero 31, 37, 419, 423. Carlo iv (Venceslao) (1316-1378), dal 1334 re di Boemia, dal 1346 imperatore del Sacro Romano Impero 37. Carlo v (1500-1558), dal 1516 Carlo i re di Spagna, 15191556 imperatore del Sacro Romano Impero 37, 1123. Carlo vii Alberto (1697-1745), dal 1726 principe elettore di Baviera, dal 1742 imperatore del Sacro Romano Impero 39, 83, 93, 377. Caroline Louise von Baden nata principessa di Hessen-Darm­ stadt (1723-1783), moglie del margravio Karl Friedrich von Baden 1097, 1439, 1547. Caterina ii di Russia nata principessa di Anhalt-Zerbst (17291796), sposata con Pietro iii, dal 1762 zarina 1031, 1507. Caylus, Anne Claude Philippe de Tubières, conte di (16921765), antichista francese 661. Cellarius, Christoph (1638-1707), filologo, rettore a Weimar e Merseburg, professore di eloquenza e storia a Halle 63-65. – Historia universalis (1716) [65].

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– Latinitatis probatae et exer­ citatae liber memorialis (1755) [63]. Charlotte Amalie von SachsenMeiningen nata langravia di Hessen-Philippstal (1730-1801), dal 1763 tutrice e reggente [1655-1657]. Cherubini, Luigi Carlo Zanobi Salvatore Maria (1760-1842), compositore italiano [603]. – Les deux journées, ou Le porteur d’eau (1800), su li­ bretto di Bouilly 603. Chodowiecki, Daniel Nikolaus (1726-1801), calcografo e acquafortista, celebre illustratore, direttore dell’accademia d’arte di Berlino 1257. Christ, Johann Friedrich (17001756), archeologo, professore di storia e dell’arte poetica a Lipsia 661. Christian iv von Pfalz-Zweibrücken (1722-1755), dal 1740 duca [895]. Cicerone, Marco Tullio (106-43 a.C.) 539, 859, 1147. – De oratore 539, [1147]. Clarke, Samuel (1675-1729), filosofo inglese e traduttore di Omero 1175. – Omero, Ilias gr. et lat. (172932) 1175. – Omero, Odyssea gr. et lat. (1740) 1175. Clarus, Johann Christoph → Pilade. Clauer, Johann David (17321796), studente di diritto, poi Dr. jur., malinconico, viveva

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sotto tutela del consigliere Goethe in casa sua, sbrigava lavori da copista e di scrittura [293], [295], [523]. Clavigo (Clavijo) y Fayardo, Jose (ca. 1730-1806), scrittore spagnolo, archivista a Madrid 1411. Clemente xiv, Giovanni Vincenzo Ganganelli (1705-1774), dal 1769 Papa [1031]. Clemens Wenzeslaus von Sachsen (1739-1812), figlio di Augusto iii di Polonia, 1768-1801 principe elettore e arcivescovo di Treviri [1191]. Cleopatra (69-30 a.C.), regina d’Egitto [1243]. Cleveland → Cumberland 1447. Clodius, Christian August (17381784), professore di filosofia a Lipsia, poeta 633-639, [769]. – Medon oder Die Rache des Weisen (1767) 637-639, 769. – Prolog zur Eröffnung des Leip­ziger Neuen Komö­dien­ hau­ses am 6. 10. 1766 [635637]. Colerus, Johannes (†1707), pastore luterano all’Aia [1425]. – Korte, dog waarachtige Levens-Beschrijving van Benedictus de Spinosa (1705) [1425]. Comenius, Jan Amos (15921670), predicatore della Comunità dei fratelli, 1632 loro vescovo, pedagogo 67, 1313. – Orbis sensuailium pictus (1658) 67, [1313]. Contades, Louis Georges Erasme

1907 marchese di (1704-1793), ma­ re­sciallo francese [763]. Corneille, Pierre (1606-1684) 225, 1025, [1037]. – Cinna (1640) 1037. – Discours sur le poème dramatique (1660) 225. – Le Cid (1635) 225. – Le théâtre de Corneille, ed. da Voltaire (1764) 1025. Cramer, Johann Andreas (17231788), predicatore di corte a Qued­linburg e Copenaghen, professore di teologia a Kiel, poeta [295]. – Das jüngste Gericht (da Goethe erroneamente attribuita a J. E. Schlegel) 295. Cramer, Carl Friedrich (17521807), scrittore, professore di filologia a Kiel, libraio a Parigi, suo figlio [1395]. – Klopstock. Er und über ihn (1780-1792) [1395]. Creuz, Friedrich Karl Kasimir Freiherr von (1724-1770), poeta, consigliere di corte imperiale a Vienna 163. Crisp, chirurgo a Francoforte [717], [733]. Cristiano vii (1749-1808), dal 1766 re di Danimarca 1031. Cronegk, Johann Friedrich Freiherr von (1731-1758), poeta 639. – Dialog zwischen dem großen und dem kleinen Christoph (1754) [639]. Cronhjelm, Freiherr von, cavaliere dell’ordine di S. Luigi, commensale di Goethe a Strasburgo [757], [797-807].

1908 Crusius, Christian August (17151775), professore di filologia e teologia a Lipsia 581. Cumberland (G erroneamente: Cleveland), Richard (17321811), scrittore inglese [1447]. – The West Indian (1769) [1447]. d’Alembert, Jean le Rond (17171783), filosofo francese e matematico, con Diderot editore della Encyclopédie [1033]. Dante Alighieri (1265-1321) 1643. – Commedia (1472) [1643]. Dapper, Olfert (ca. 1636-1689), medico olandese e autore di letteratura di viaggio 1143. – Asia oder Ausführliche Beschreibung des Reichs des Großen Moguls (1672, ted. 1681) 1143. d’Argenville, Antoine Joseph Dézallier (1680-1765), storico dell’arte francese 659. – Abrégé de la vie des plus fameux peintres (1745-52, → Johann Jakob Volkmann) 659. Daries (Darjes), Joachim Georg (1714-1791), professore di rale e politica a Jena, di mo­ giurisprudenza a Francoforte sull’Oder, oppositore di Christian Wolff 461. Datt, Johann Philipp (1654-1722), storico del diritto a Eßlingen e Stoccarda 1113. – Volumen rerum Germanicarum novum sive De pace imperii publica libri v (1698) 1113.

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Daun, Leopold Joseph Maria conte di (1705-1766), feldmaresciallo austriaco 97. Defoe, Daniel (1660-1731) [69]. – Robinson Crusoe (1719) 69. Deinet, Johann Konrad (17351797), dopo il matrimonio con la vedova Eichenberg proprietario della libreria Eichenberg a Francoforte [1087]. Delph, Helena Dorothea (17281808), donna d’affari di Heidelberg, amica della famiglia Schönemann 1497-1501, 16551673. Delph, Sibylla Elisabeth (ca. 1726-1794), sua sorella 1497. Derones (de Rosne?), attrice francese a Francoforte 191. – sua figlia 189-191. – suo figlio, amico di gioventù di Goethe 189-197, 221-223. – suo figlio minore 191. Descartes, René (1596-1650) 1431. Destouches, Philippe Néricault (1680-1754), commediografo francese 187, [525], 1031. – Le poète campagnard (→ Louise Adelgunde Victorie Gottsched) [525]. Diderot, Denis (1713-1784) 195, 1033-1035, 1207. – Le fils naturel (1757) [1033]. – Le père de famille (1758) 195, 1207. – Les deux amis de Bourbonne (1773) [1033-1035]. Diene, Johann Heinrich (17261786), interprete del conte Thoranc a Francoforte 175, 179, 201, 207-219, 225, 231.

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Dietelmair, Johann Augustin (17171785), professore di teologia a Altdorf [265]. – Die Heilige Schrift des Alten und Neuen Testaments (Bibbia inglese, 1749-1770) [265]. Dietrich, Johann von (17191795), proprietario di miniere e imprenditore in Lorena 897899. Dodd, William (1729-1777), teologo inglese e scrittore, studioso di Shakespeare 1045. – The beauties of Shakespeare (1752) 1045. d’Orville, Jean George (17471799), commerciante a Offenbach, membro della comunità riformata francese, zio di Lili Schönemann 1473, 1485, 1489. ∞ Jeanne Rachel nata Bernard, sua moglie 1485. Drollinger, Karl Friedrich (16881742), poeta 163. Dumeiz, Damian Friedrich (17281802), dal 1767 decano del convento di S. Leonhard a Francoforte, poi sacerdote a Erfurt 1247. Dürckheim, Franz Christian Eck­ brecht von, precettore di corte, poi consigliere segreto a Meiningen 1655-1657. Dyhern (Dyhrn, Dyherrn), Georg Karl Baron von (1710-1759), tenente generale sassone [297]. Eben, Johann Michael (1716-1761), calcografo a Francoforte, inse­

1909 gnan­ te di disegno di Goethe [237]. – Edda 1141. Egmont, Lamoral conte di (15221568), generale in servizio spagnolo nei Paesi Bassi 1649. Ehrenreich, Johann Benjamin (1733-1806), collezionista e commerciante d’arte a Francoforte, pittore e calcografo, possessore di una grande collezione d’arte 1199. Ehrlen, Johann Friedrich (17301775), professore di giurisprudenza a Strasburgo, dal 1771 decano della Facoltà di giurisprudenza [1003-1005]. Ehrmann, Johann Christian (17101797), professore di medicina a Strasburgo 789, [955-977]?, [969-971]?. Ehrmann, Georg Friedrich (17401800), professore straordinario di ostetricia e medico all’ospedale cittadino di Strasburgo, suo figlio 789, [955-977]?, [969-971]? Eichenberg → Deinet, Johann Konrad. Eike von Repgow (fl. 1209-1233), giurista, membro del tribunale di Falkenstein [1259]. – Sachsenspiegel (1215-35) [1259]. Ekhof, Hans Konrad Dietrich (1720-1778), attore 1209. Emilie, figlia di un insegnante di danza francese a Strasburgo 825-837, [973-977]. – sua sorella → Lucinde. Emmerich Joseph → Breidbach zu Bürresheim.

1910 Engel, Johann Jakob (1741-1802), scrittore, filosofo, professore di ginnasio a Berlino [12071209]. – Der dankbare Sohn (1770) 1207-1209. Engelbach, Johann Konrad (17441802), compagno di studi di Goethe a Strasburgo, forse suo tutor, poi consigliere del principe di Nassau-Saarbrücken [757-761], 877, [1005]. Enrico iv (1553-1610), dal 1589 re di Francia 911. Enrico di Prussia (Friedrich Heinrich Ludwig) (1726-1802), tenente generale prussiano, fratello di Federico ii 1031. Epitteto (ca. 60-140), filosofo dello Stoicismo 465. Erdmannsdorff, Friedrich Wilhelm Freiherr von (1736-1800), architetto di Anhalt-Dessau 693. Ernesti, Johann August (17071781), professore di teologia a Lipsia, filologo e teologo, rettore della Thomasschule di Lipsia 507, 539, 581, [1175]. – Homeri opera omnia ex recensione et cum notis S. Clarkii (1759-1764) [1175]. Erthal, Friedrich Karl Joseph Frei­ herr von und zu (1719-1802), dal 1774 arcivescovo e principe elettore di Magonza 379. Erwin von Steinbach (†1318), mastro costruttore della cattedrale di Strasburgo [815]. Eschenburg, Johann Joachim (1743-1820), storico letterario e traduttore, professore al Col-

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legium Carolinum di Braunschweig 689, 1045. – Shakespeares Theatralische Werke (1775-82), traduzione 1045. Esiodo (ca. 700 a.C.), poeta greco 463. – Teogonia [463]. Esopo (vi secolo a.C.), scrittore di favole greco 257, 553. Esterhàzy von Galantha, Nikolaus Josephus (1714-1790), feldmaresciallo generale austriaco 379, 433-435. Ettling, Johann Friedrich (17121786), scabino a Francoforte, collezionista d’arte 1199. Ewald, Johann Ludwig (17471822), pastore riformato a Offenbach, poi a Detmold e Brema, professore a Heidelberg, consigliere ecclesiastico a Karlsruhe, scrittore e pedagogo 1475, 1481, 1489. ∞ Rachel Gertrud nata Dufay, sua moglie 1489. Fahlmer, Johanna Katharina Si­ bylla (1744-1821), zia acquisita dei fratelli Jacobi, sposò dopo la morte di Cornelia nel 1778 Georg Schlosser 1325. Favart, Charles Simon (17101792), autore di commedie e opere francese [187]. – Annette et Lubin (1769, insieme a Marie Justine Benedicte Favart [1727-1772]) 187. Federico iii (1415-1493), dal 1440 imperatore del Sacro Romano Impero 1115.

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Federico Augusto i di Sassonia (1670-1733), dal 1694 principe elettore, dal 1697 re di Polonia con il nome di Augusto ii 555, 557, 647. Federico Augusto ii di Sassonia (1696-1763), dal 1733 principe elettore, re di Polonia con il nome di Augusto iii [405], [647]. Federico Augusto iii di Sassonia (1750-1827), dal 1763 principe elettore, dal 1806 re di Sassonia con il nome di Federico Augusto i [623], [647]. Federico Guglielmo i di Prussia (1688-1740), dal 1713 re prussiano [557-559]. Federico ii di Prussia (1712-1786), dal 1740 re prussiano 91, 95, 147, 153, 209, 379, 393, 435, 587-591, 623, 647, 1021, 1031, 1127, 1139, [1369], 1381, 1507. Fénelon, François de Salignac de la Mothe (1651-1715), arcivescovo di Cambrai, scrittore 69. – Les aventures de Télémaque (1699) 69. Fenouillot de Falbaire de Quingey, Charles Georges (17271800), autore teatrale francese [1207]. – L’honnête criminel (1768), 1207. Ferber, Friedrich Traugott (17011763), segretario di gabinetto a Varsavia [549]. – Lettera di Rabener (12.8.1760) [549]. Ferdinando di Braunschweig (17211792), duca, feldmaresciallo

1911 generale prussiano 199-201. Ferrand, Friedrich Joseph, maestro di scherma e danza francese a Francoforte [303]. Fesch, Willem de (1687-1761), compositore olandese [25]. – Rolli, Solitario bosco ombroso 25. Fetti, Domenico (ca. 1589-1623), pittore italiano 861-863. Fettmilch, Vinzenz (†1616), scri­ vano, poi pasticcere, guidò nel 1612 la rivolta contro il patriziato di Francoforte, fu giustiziato nel 1616 per proscrizione da parte dell’imperatore 307. Fibich, Susanne Cleophe (17541820), figlia di un gioielliere di Strasburgo, fidanzata con Friedrich Georg von Kleist, corteggiata da Lenz [1279-1281]. Fichard, Johann Karl von (16951771), nel 1753 borgomastro di Francoforte 1381. Flachsland, Maria Caroline (17501809), fidanzata, poi moglie di Herder [867], 1077. Fleischer, Johann Georg (17231796), libraio ed editore di Francoforte 507, 515. ∞ Charlotte Wilhelmine nata Triller (1735-1803), sua moglie 507, 511, 515. Franklin, Benjamin (1706-1790), statista e scrittore nordamericano 1273, 1509. Francesco i (1494-1547), dal 1515 re di Francia 37. Francesco i (1708-1765), dal 1729 duca di Lorena, dal 1737 gran-

1912 duca di Toscana, nel 1745 incoronato imperatore del Sacro Romano Impero, sposato con Maria Teresa d’Austria 39, 93, 55, 317, 383, 395-401, 403407, 417-427, 429-431, 447449. Fresenius, Johann Philipp (17051761), teologo, superiore del ministero evangelico-luterano di Francoforte, padre confessore della famiglia Textor 297. Freytag, Franz von, residente prussiano a Francoforte 153, 1381. Friederici, Christian Ernst (17091780), costruttore di pianoforti e organi a Gera 247. Friedrich Wilhelm Heinrich ii von Nassau-Saarbücken (17181768), principe [885], [893]. Friedrich Ferdinand Constantin von Sachsen Weimar-Eisenach (1758-1793), fratello di Karl August 1369-1375, 1383-1387. Friedrich Ernst Wilhelm von Schaumburg-Lippe (17241777), dal 1748 conte, comandante inglese 1097. Friedrich Eugen von Württemberg (1732-1797), dal 1795 duca 559, 1073. Füssli, Johann Heinrich (17411825), pittore, professore del­ l’ac­cademia d’arte di Londra, nel 1762 denunciò insieme a Lavater le mancanze del balivo Grebel [1299]. Fürstenberg, Frobenius Ferdinand principe di (1664-1741), dal

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1718 al 1729 presidente del Tribunale camerale imperiale 1125. Gall, Franz Joseph (1758-1828), anatomista e frenologo 947. Garve, Christian (1742-1798), filosofo morale di Breslavia, studioso di estetica e traduttore di Ferguson 583. Gayot, François Marie (16991776), pretore di Strasburgo 793. Gebler, Tobias Philipp Freiherr von (1720-1786), uomo di stato austriaco e scrittore 1209. – Clementine oder Das Testament (1771) 1209. – Der Minister (1772) 1209. Geiler von Kaysersberg, Johannes (1445-1510), predicatore popolare a Strasburgo 527. Gellert, Christian Fürchtegott (1715-1769) 163, 505, 515519, 537, 555, 565, 605, 619623, 631-633, 727, 735, 1099. – Fabeln und Erzählungen (1746-1748) [555]. – Leben der schwedischen Grä­ fin von G*** (1747-1748) 565. – Moralische Vorlesungen, nach des Verfassers Tode hg. von Johann Adolf Schlegeln und Gottlieb Leberecht Heyern (1770) [621]. Gellert, Friedrich Leberecht (17111770), maestro di scherma a Lipsia, suo fratello 621. Gellius, Johann Gottfried (17321781), scrittore a Lipsia, tra-

INDICE DEI NOMI

duttore di Goldsmith (Der Landpriester von Wakefield, 1767) [901]. Gemmingen-Hornberg, Otto Hein­ rich Freiherr von (1755-1836), diplomatico e scrittore 1209. – Der deutsche Hausvater (1780) 1209. Georg Friedrich Karl von Sachsen-Meiningen (1761-1803), dal 1763 duca (insieme a suo fratello Karl August Friedrich Wilhelm) [1655-1657]. Gerock, Johann Georg (†1796), commerciante di Francoforte 1553. ∞ Sophie Christine (1727-1772), sua moglie, amica della moglie del consigliere Goethe 1553. Antoinette Louise (*1753), Charlotte e Katharina, loro figlie, amiche di Cornelia Goethe 1553. Gerstenberg, Heinrich Wilhelm von (1737-1825), giurista, poeta 567. Gesner, Johann Matthias (16911761), filologo, professore di poesia ed eloquenza a Göttingen 499. – Primae lineae isagoges in e­ruditionem universalem (1756) 499. Gessler, Hermann (†1307), balivo di Uri [1593]. Geßner, Salomon (1730-1788), poeta, calcografo e libraio, membro del Gran Consiglio di Zurigo 569, 573, 1157-1159, 1525, 1597. – Moralische Erzählungen und

1913 Idyllen (1756-1772) [573], [1525], [1597]. – Radierungen 1157, 1597. Gesù Cristo 465, 531, 765, 769, 1291-1293, 1307, 1351, 13571361, 1605-1609. Geyser, Christian Gottlieb (17401803), calcografo, insegnante all’accademia di disegno di Lipsia 653, 687. Giovinazzi, Domenico (1693-ca. 1763), insegnante d’italiano a Francoforte 23-25. Giuseppe ii (1741-1790), dal 1765 imperatore del Sacro Romano Impero 209, 315-317, 371, 381, 383, 395-401, 407, 409, 417-427, 429-431, 447, 1031, 1127, 1137, 1439. Gleim, Johann Wilhelm Ludwig (1719-1803), poeta 567, 589, 591, 845-847, 1325. – Briefe von Gleim und Johann Georg Jacobi (1768) [847]. – Preußische Kriegslieder in den Feldzügen 1756 und 1777 von einem Grenadier (1758) 567, 589. Goethe, Friedrich Georg (16571730), sarto, dal 1705 oste (proprietario della locanda Corte dei salici) a Francoforte, nonno di Goethe 139-143. ∞ Cornelia, nata Walther vedova Schellhorn (1668-1754), sua seconda moglie, nonna di Goe­ the 19, 25, 97, 141-143. Goethe, Johann Kaspar (17101782), Dr. jur., consigliere imperiale, padre di Goethe 23-29, 51-55, 59-65, 87, 93, 103, 141,

1914 143, 149, 151, 153, 157, 161167, 171-177, 185-187, 201217, 219-223, 231-233, 235241, 245-257, 263, 293-301, 313-325, 341, 371, 377-381, 411-413, 437, 445-447, 471477, 501, 503-505, [515-517], 521-525, 595, [665], 669, 679, 709-713, 727-731, 747-751, [771], 821-823, 861, 911, 945947, 999-1007, 1069-1071, 1087, 1201-1203, 1315, 1371, 1375-1377, 1381-1383, 1389, 1407-1409, 1417, 1449, 1459, 1479, 1499-1503, 1537-1541, 1555, 1627, 1635-1637, 16571663, [1665], 1671. – Electa de aditione hereditatis ex jure Romano et Patrio (1738) 61. – Viaggio per Italia fatto nel anno mdccxl 19, [711-713]. ∞ Katharina Elisabeth nata Textor (1731-1808), sua moglie, madre di Goethe 23-25, 83, 95, 149, 163-165, 175-179, 185, 201-217, 315-317, 341, 413, 437, 477, [515-517], 711713, 721, [771], 945-947, 1069, 1371, 1375, 1383, 1391, 13991401, 1415-1419, 1445, 1449, 1459, 1499-1503, 1537, 1555, 1635, 1657-1659, [1665]. Goethe, Cornelia Friederike Christiane (1750-1777), dal 1773 sposata con Georg Schlosser, sorella di Goethe 17, 63, 75, 137, 165-167, 201-207, 239241, 247-249, 253, 327, 369371, 445-447, 475-493, 507, 709-711, 727, 735, 821-823,

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1071, 1173-1177, 1213, 1253, 1327, 1349, 1409, 1417, 15491555, 1629. Goethe, Hermann Jakob (17521759), fratello di Goethe 73. Goethe, Georg Adolf (17661767), fratello di Goethe [75]. Goethe, Katharina Elisabeth (1754-1756), sorella di Goethe [75]. Goethe, Johanna Maria (17571759), sorella di Goethe [75]. Goeze, Johann Melchior (17171786), teologo luterano e primo pastore ad Amburgo [1207]. Goldsmith, Oliver (1728-1774), scrittore inglese [901-905], 905-909, [919], [921-923], [969], [981-983], [989], 1159, 1237, 1635. – The deserted village (1770) 1159, 1237. – The Vicar of Wakefield (1766) [901-905], [919], [921-923], 969, 981-983, [989], 1159, 1635. – A Ballad (“Turn, gentle hermit of the dale”) [1635]. – The traveller (1764) 1237. Görtz, Johann Eustachius conte di Schlitz, detto di Görtz (17371821), precettore del principe ereditario Karl August a Weimar 1371, 1383-1387, 1547. Gotter, Friedrich Wilhelm (17461797), segretario della legazione di Sachsen-Gotha a Wetzlar, poeta del Göttinger Hain 1135, 1147, 1159. Gottfried, Johann Ludwig → Johann Philipp Abelin.

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Gottsched, Johann Christoph (1700-1766), poeta, riformatore letterario, professore di logica e metafisica a Lipsia 533, 551, 563-565, 573, 639, 685, 1099. – Versuch einer kritischen Dicht­­ kunst (1730) 551, 573. ∞ Louise Adelgunde Victorie nata Culmus (1713-1762), scrittrice, sua moglie [525]. – Destouches, Der poetische Dorfjunker (1741, traduzione) 525. Götz, Johann Nikolaus (17211781), pastore, traduttore e poe­ta anacreontico 1369. – Die Mädcheninsel (1773) 1369. Goué, August Siegfried (August Friedrich) von (1743-1789), segretario della legazione di Braunschweig a Wetzlar, scrittore 1131. – Der hoeere Ruf [1133]. Graff, Anton (1736-1813), ritrattista, dal 1766 pittore di corte a Dresda 1565. Grav, Hans (†1565), grafico, cartografo e intagliatore in legno 33. Gray, Thomas (1716-1771), poeta inglese 1237. – Elegy written in a country-churchyard (1751) 1237. Grebel, Felix (1714-1787), balivo nella signoria svizzera Grüningen, criticato da Lavater e Füssli per abuso d’ufficio [1137], [1299]. Gretchen, amore di gioventù di

1915 Goethe a Francoforte 347-371, 373, 387-389, 409-413, 433437, 441, 447, 451, 455-461, 483, 503, 565, 597, 599, 823, 1105. Grétry, André Erneste Modeste (1741-1813), compositore fran­ cese [187], 1473. – Marmontel, Zémir et Azor (La belle et la bête, 1771) [1473]. Greuze, Jean-Baptiste (1725-1805), pittore francese 1639. Griesbach, Johann Jakob (17451812), figlio del pastore di St. Petri a Francoforte, professore di teologia a Halle e Jena 337, 507. Griesbach, Johanna Dorothea nata Rambach (1726-1775), moglie del pastore luterano di St. Petri a Francoforte, Konrad Kaspar Griesbach, faceva parte della cerchia della signorina von Klettenberg, amica della moglie del consigliere Goethe 715. Grimm, Friedrich Melchior barone di (1723-1807), scrittore e diplomatico a Parigi, amico di Diderot 1017, 1639. Gröning, Georg (1745-1825), compagno di studi di Goethe a Lipsia, dal 1813 borgomastro di Brema 699. Groschlag von Diepurg, Karl Friedrich Willibald Freiherr von (1729-1799), ministro del­ l’elettorato di Magonza, inviato all’incoronazione di Giuseppe ii [377-393]. Gross, Johann Gottfried (17031768), insegnante e scrittore [63].

1916 – Der angehende Lateiner, d.  i. Erste Übungen der lateinischen Sprache nach der Lange­ schen Grammatik (1747) 63. Großmann, Gustav Friedrich Wil­ helm (1746-1796), attore, direttore di teatro e drammaturgo 1211. – Nicht mehr als sechs Schüsseln (1780) 1211. Grozio (de Groot), Hugo (15831645), erudito e statista olandese 501. Günderode, Hieronymus Max Freiherr von (1730-1777), governatore di Saarbrücken 885. Günther, conte di Schwarzburg (1304-1349), re in opposizione a Carlo iv, nel 1349 imperatore tedesco 37. Günther, Johann Christian (16951723), poeta 557, 839. Gustavo iii (1746-1792), dal 1771 re di Svezia 1031, [1507]. Guys, Pierre Augustin (17211799), antichista francese, com­ merciante di Marsiglia 1143. – Voyage littéraire de la Grèce ou Lettres sur les Grecs anciens et modernes (1771) [1143]. Häckel, Heinrich Jakob von (1682-1760), ufficiale e collezionista a Francoforte 151. Hackert, Jakob Philipp (17371807), pittore, 1765-1768 a Parigi, dal 1768 in Italia 1639. Hagedorn, Christian Ludwig von (1712-1780), diplomatico e cri­tico d’arte, direttore della collezione e dell’accademia d’arte a Dresda e Lipsia 681.

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Hagedorn, Friedrich von (17081754), poeta, suo fratello 163, 505, 839. Haller, Albrecht von (1708-1777), anatomista e fisiologo, botanico, professore a Göttingen, membro del Gran Consiglio di Berna, poeta 163, 539, 567, 583, 839, 1403. Hamann, Johann Georg (17301788), filosofo, scrittore 865, 955, 1079, 1087-1095. – Articoli nella «Königsbergische gelehrte und politische Zeitung» 1091. – Lettere a Moser (1.12.1773 e 24.2.1774) 1089. – Kreuzzüge des Philologen (1762) 1091. – Philologische Einfälle und Zwei­­fel über eine akademische Preisaufgabe (1823) [1091]. – Sokratische Denkwürdigkeiten (1759) 1087-1089. – Die Wolken. Ein Nachspiel sokratischer Denkwürdigkeiten (1761) 1089. Hanbury, Sophie, fidanzata del conte Friedrich Leopold zu Stolberg [1545]. Hanf, Friedrich (fl. 1809), scrittore [601]. – Alle strafbar (1809, rielaborazione dei Complici) [601]. Hardenberg, Karl August principe di (1750-1822), uomo di stato prussiano [651]. Haucke, Johann Friedrich (17051777), calzolaio a Dresda [671675], [681], [1357]. ∞ sua moglie [673], [681].

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Haugwitz, Christian August Heinrich Kurt conte di, Freiherr von Krappitz (1752-1832), dal 1792 ministro degli Esteri prussiano 1537-1539, 15411547, [1561], [1567], [1627]. Hebeisen, Johann Georg (17311804), commerciante a Strasburgo [753-755]. Hebel, Johann Peter (1760-1826), teologo evangelico del Baden, poeta 961. – Sonntagsfrühe, in Alemannische Gedichte (1803) [961]. Heineccius, Johann Gottlieb (16811741), storico del diritto, professore di giurisprudenza a Halle e Francoforte sull’Oder 517. Heinecken, Karl Heinrich von (1707-1791), critico d’arte, direttore delle gallerie d’arte di Dresda, segretario privato del conte Brühl 661. Helmont, Johann Baptist van (1577-1644), medico e teosofo fiammingo 721. Hendel, Samuel, pasticcere a Reud­nitz presso Leipzig 637. Henriette Christine Caroline Louise di Hessen-Darmstadt nata principessa di Pfalz-Zweibrücken (1721-1774), consorte del langravio Ludovico ix di Hessen-Darmstadt 1221. Herd (Herdt), Philipp Jakob (17351809), segretario segreto presso la legazione di Pfalz-Lautern a Wetzlar [1159], [1249]. ∞ Elisabeth nata Igell (17411813), sua moglie, amata da

1917 Karl Wilhelm Ferdinand Jerusalem [1159], [1249]. Herder, Johann Gottfried von (1744-1803) 815, 849-875, 901-909, 955, 1003, 1049, 1073, 1077-1079, 1091, 10951097, 1141, 1215, 1269, 1325. – Abhandlung über den Ursprung der Sprache (1772) [857], 1091. – Aus Sympathie behagt mir besonders ein Meister 863. – Kritische Wälder (1769) 857. – Shakespeare (1767) 1049. – Über die neuere deutsche Li­ te­ratur. Fragmente (1767) 857. – Von deutscher Art und Kunst (1773) 815, 1049, 1079. – Wenn des Brutus Briefe dir sind in Cicero’s Briefen 859861. Herder, Maria Caroline → Flachs­ land. Hermann, Johann Gottfried (17071791), predicatore alla corte di Dresda 565. Hermann, Christian Gottfried (1743-1813), Dr. jur., suo figlio, amico di gioventù di Goe­the, assessore presso l’alto tribunale di corte a Lipsia, dal 1794 borgomastro di Lipsia 565, 671, 697. Hesse, Andreas Peter von (17281803), consigliere segreto, dal 1780 ministro a Darmstadt, cognato di Herder 1077. ∞ Friederike nata Flachsland (ca. 1745-1801), sua moglie, sorella della moglie di Herder 1077.

1918 Heyder, suoceri di Johann Heinrich Jung [1463]. Heyne, Christian Gottlob (17291812), filologo, professore di eloquenza a Göttingen 505, [745], [873], [1143]. – Recensione a Lindner, Lehrreicher Zeitvertreib in Ovidianischen Verwandlungen (1765) [745], [873]. – Recensione a Wood, Essay on the original genius and writings of Homer (1770) [1143]. Hiller, Johann Adam (1728-1804), musicista, scrittore e compositore a Lipsia, dal 1785 al 1801 direttore del Thomanerchor 689, [911], [1473]. – Schiebeler, Lisuart und Da­ rio­lette (1766) 689. – Weiße, Die Jagd (1770) [911], [1473]. Himburg, Christian Friedrich (1733-1801), libraio ed editore a Berlino, stampatore abusivo 1435-1437. Hirt, Wilhelm Friedrich (17211772), pittore di Francoforte 55, 181-183. Hoffmann, Johann Michael (17411799), medico a Francoforte, figlio di un boia di Marburgo [1203]. Hohenheim, Philipp Theophrast von → Paracelsus. Holbach, Paul Thiry barone d’ (1723-1789), filosofo illuminista francese, amico di Diderot [1039-1043]. – Système de la nature ou Des lois du monde physique et

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du monde moral (1770) 1039-1043. Hölty, Ludwig Heinrich Christoph (1748-1776), poeta, membro del Göttinger Hain 1135. Höpfner, Ludwig Julius Friedrich (1743-1797), professore di giurisprudenza a Gießen 11611173, 1177-1179. Hoppe, Joachim (1656-1712), giu­rista, professore a Danzica 301, 499, 759. – Examen institutionum imperialium (1684) [301], [499], [759]. Horn, Johann Peter (1711-1782), cancelliere a Francoforte [375]. Horn, Johann Adam (1749-1806), amico di gioventù di Goethe, Dr. jur., cancelliere di tribunale a Francoforte, amico di Constantia Breitkopf 495-497, 639, 701, [769-771], 1071. Hottinger, Johann Jakob (17501819), canonico e professore di lingue antiche al Collegium humanitatis (Carolinum) di Zurigo [1559]. Hotz, Johannes (1734-1801), medico a Richterswil 1569. Huber, Michael (1727-1804), professore di francese a Lipsia, traduttore e critico d’arte 663. Hüsgen, Wilhelm Friedrich (16921766), consigliere di corte di Brandenburg-Ansbach e di Anhalt, agente a Francoforte 333-337. ∞ sua moglie 335. Hüsgen, Heinrich Sebastian (17451807), storico d’arte, suo figlio,

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amico di gioventù di Goethe [333-335]. Hutten, Ulrich von (1488-1523), umanista tedesco 1517-1521. – Lettera a Willibald Pirkheimer (25.10.1518) 1517-1521. Ippocrate (ca. 460-370 a.C.), medico greco 957, 1403. Jabach, Everhard iv (1618-1695), banchiere a Colonia, collezionista d’arte 1331. ∞ Anna Maria nata de Groote, sua moglie 1331. Jacobi, Johann Georg (17401814), professore di filosofia ed eloquenza a Halle, di belle lettere a Friburgo 1325. – Briefe von Gleim und Jacobi (1768) 1325. Jacobi, Charlotte (Lolo) (17521832), sua sorella, amica di Cornelia Goethe 1325-1327. Jacobi, Friedrich Heinrich (1743-1819), scrittore, filosofo, presidente dell’accademia delle scienze di Monaco, fratello di Johann Georg 1325, 1333-1337, 1339-1341, 1365, 1369. – Über die Lehre des Spinoza, in Briefen an Herrn Moses Mendelssohn (1785) [1365]. ∞ Helene Elisabeth (Betty) nata von Clermont (1743-1784), sua moglie 1325-1327. Jerusalem, Johann Friedrich Wilhelm (1709-1789), teologo luterano, abate del monastero Riddagshausen, vicepresidente

1919 del concistoro di Wolfenbüttel 581, 1157, [1261]. Jerusalem, Karl Wilhelm Ferdinand (1747-1772), suo figlio, scrittore, assessore alla cancelleria del tribunale di Wolfenbüttel, nel 1771 segretario della legazione di Braunschweig a Wetzlar 1157-1159, 1245, 1249, 1261. Johann Reinhard iii conte di Hanau-Lichtenberg (1665-1736) 883. Joseph Friedrich Wilhelm principe di Hohenzollern-Hechingen (1717-1798), arciciambellano [417], [421], [425]. Juncker, Johann Christian (17091781), maestro di scherma a Francoforte [303-305]. Juncker, Justus (1703-1767), pittore di Francoforte 55, 181183, 319-321. Jung, Johann Heinrich, detto Jung-Stilling (1740-1817), sarto, insegnante, medico, cameralista, scrittore pietista, amico di gioventù di Goethe a Strasburgo 779-785, 875, 1339, 1449-1463. – Henrich Stillings Jugend (1777) [783]. – Henrich Stillings Jünglingsjahre (1778) [783]. – Henrich Stillings Wanderschaft (1778) [783]. ∞ Christine nata Heyder (17511781), sua moglie [1463]. Kalb, Johann August Alexander von (1747-1814), dal 1772

1920 consigliere camerale e funzionario a Weimar [1659], [1665], [1669-1671]. Kant, Immanuel (1724-1804) [16151617]. – Kritik der Urteilskraft (1790) [1615]. Karl Friedrich von Baden (17281811), margravio 1097, 1439, 1547. Karl Theodor Philipp von der Pfalz (1724-1799), dal 1741 conte palatino di Sulzbach, dal 1742 principe elettore del Palatinato, dal 1777 principe elettore di Baviera 1667. Karl August Friedrich Wilhelm von Sachsen-Meiningen (17541782), dal 1763 duca insieme a suo fratello Georg Friedrich Karl [1655-1657]. Karl August von Sachsen-Weimar-Eisenach (1757-1828), dal 1775 duca 1371-1375, 13831387, 1547, 1645, 1655-1659. Kersting, Georg Friedrich (17851847), pittore a Dresda e Meißen 1349. Kestner, Johann Georg Christian (1741-1800), dal 1767 segretario di legazione a Wetzlar, poi consigliere di corte a Hannover, fidanzato e marito di Charlotte Buff [1151-1157], [1181]. Keyßler, Johann Georg (16931743), autore di letteratura di viaggio 53, 1589. – Neueste Reisen durch Teutschland, Böhmen, Ungarn, die Schweiz, Italien und Lothringen (1729) [53], 1589.

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Kielmannsegg, Christian Albrecht Freiherr von (1748-1811), praticante al tribunale camerale imperiale di Wetzlar, poi presidente del tribunale di Güstrow 1131. Kirchweger von Forchenbronn, Anton Joseph (†1746), medico, rosacrociano [721]. – Aurea catena Homeri oder Eine Beschreibung von dem Ursprung der Natur und natürlichen Dingen (1723) 721. Kirms, Franz (1750-1826), segretario di corte, dal 1791 membro della sovrintendenza di corte per il teatro a Weimar, collaboratore di Goethe 1645. Klein, Georges, figlio dell’oste e del postiere di Drusenheim, poi guardaboschi [927-943], [969]. Kleist, Ewald Christian von (1715-1759), maggiore prussiano, poeta 585. – Gedichte (1756-1758) 585. Kleist, Friedrich Georg von (17511800), ufficiale nel reggimento Schomberg a Strasburgo, allievo di Lenz, fidanzato con Cleophe Fibich [1279]. Kleist, Ernst Nikolaus von (17521787), ufficiale nel reggimento Anhalt a Strasburgo, suo fratello [1279]. Klenck, Friedrich Alexander (17031768), maggiore a Francoforte [329]. ∞ Marie Salome nata von Reineck (1735-1803), sua moglie [329]. Klettenberg, Susanna Katharina (1723-1774), amica di Goethe

INDICE DEI NOMI

e di sua madre 713-721, 1089, 1307-1309, 1349-1353, 1383, 1389, [1417]. Klinger, Friedrich Maximilian von (1752-1831), amico di gioventù di Goethe, poeta, ufficiale russo, amministratore dell’Università di Dorpat 1285-1291. ∞ Cornelia Margarethe Dorothea nata Fuchs (1728-1800), sua madre 1287. – Anna Katharina (1751-1813), sua sorella 1287. Klinglin, Franz Joseph (ca. 16851755), pretore a Strasburgo 795-797, 1009. Klopstock, Friedrich Gottlieb (1724-1803) 161-167, 291, [299], 567-569, 591, 841-847, 1097-1103, 1109-1111, 11351141, 1393-1395, 1525, 15451547. – Braga 1109. – Der Eislauf 1111. – Der Tod Adams (1757) 1525. – Die deutsche Gelehrtenrepublik (1774) 1099-1103. – Die Hermannsschlacht (1769) 1137, 1525. – Messias (1748-1773) 163167, 299, 437, 567, 841, 1101. – Oden 567, 1101, 1109, 1141. – Oden und Elegien (1771) 1097. – Tragödien 567. ∞ Margaretha (Meta, Cidli) nata Moller (1728-1758), sua prima moglie 843. Klotz, Christian Adolf (17381771), filologo e archeologo,

1921 professore di filosofia a Göttingen, dal 1765 professore di eloquenza a Halle, oppositore di Lessing 691. Knebel, Karl Ludwig von (17441834), ufficiale prussiano, poi ufficiale di Sachsen-Weimar, scrittore, precettore del principe Constantin von SachsenWeimar-Eisenach, amico intimo di Goethe 1369-1375, 1383-1387. Koch, Christoph Wilhelm (17371813), giurista, storico e bibliotecario a Strasburgo, professore di diritto pubblico 1011. Koch, Heinrich Gottfried (17031775), attore e direttore teatrale 1207. Kölbele, Johann Balthasar (17221778), giurista a Francoforte [487-495], [1409-1411]?. König, Johann Ulrich von (16881744), poeta di corte e maestro di cerimonie a Dresda 555-557. – August im Lager (1731) 555557. König von Königsthal, Gustav Georg (1717-1771), delegato di Norimberga per l’ispezione del Tribunale camerale imperiale a Wetzlar, nel 1763 ospite a casa di Goethe in qualità di rappresentante di Norimberga all’incoronazione dell’imperatore 375-377, 413. Königsegg-Rothenfels, Maximilian Friedrich conte di (17081784), dal 1761 arcivescovo e principe elettore di Colonia 391, 421, 431.

1922 Königsthal → Gustav Georg König von Königsthal. Koppe (Kopp), Johann Friedrich, traduttore 163. – Versuch einer poetischen Übersetzung des Tassoischen Heldengedichts, genannt: Gott­fried oder Das befreite Jerusalem (1744) 163. ∞ Anna Maria Jakobine, sua moglie → Stock. Kotzebue, Anna Christiane nata Krüger (1736-1828), vedova di un segretario di legazione di Weimar 1645. Kotzebue, Karoline Amalia spo­ sata Gildemeister (1757-1844), sua figlia [1645]. Kotzebue, August Friedrich Ferdinand (1761-1819), scrittore, figlio di Anna Christiane Kotzebue [1645]. Kraus, Georg Melchior (17371806), pittore e incisore a Weimar, dal 1780 direttore della scuola di disegno 1639-1645. ∞ sua moglie → Auguste Slevoigt. Krebel, Gottlob Friedrich (17291793), esattore capo della cassa generale delle accise di Lipsia, autore di manuali geograficogenealogici, commensale di Goethe a Lipsia 565-567, 671. Krespel (Crespel), Johann Bern­ hard (1747-1813), amico di gioventù di Goethe a Francoforte, poi lì archivista [487495], [1409-1411]?. Kreuchauff, Franz Wilhelm (17271803), commerciante a Lipsia, collezionista d’arte 663.

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Krüger, Johann Christian (17221750), autore e drammaturgo 597. – Herzog Michel (1763) 597. La Chaussée, Pierre Claude Nivelle de (1692-1754), drammaturgo francese 187. Lang, Franz Christoph von, ufficiale imperiale preposto all’acquartieramento [375]. Langer, Ernst Theodor (17431820), ufficiale degli ussari prussiano, successore di Beh­ risch come precettore di corte del conte Lindenau a Lipsia, poi bibliotecario a Wolfenbüttel (successore di Lessing), amico di gioventù di Goethe a Lipsia 701-707, 861. La Roche, Georg Michael Frank von (1720-1788), dal 1771 consigliere segreto dell’elettorato di Treviri, dal 1775 consigliere segreto di Stato e cancelliere, figlio naturale del conte Stadion 1185-1195. – Briefe über das Mönchswesen (1771) 1189-1191. ∞ Marie Sophie von nata Gutermann von Gutershofen (17301807), sua moglie, scrittrice, amica di Wieland 1183-1197, 1247, 1319, 1325. La Roche, Maximiliane Euphro­ syne von → Brentano. La Roche, Friedrich von (*1757), ufficiale, loro figlio 1193-1195. La Roche, Franz Wilhelm von (1768-1791), ufficiale, loro figlio 1193-1195.

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Lauremberg, Peter (1585-1639), erudito, professore di matematica e fisica al ginnasio accademico di Amburgo, dell’arte poetica a Rostock [69]. – Acerra philologica (1633) 69. Lautensack, Georg Friedrich (†1777), gioielliere e pittore di Francoforte 315-317. Lauth, Anne Marie e Suzanne Marguerite, locandiere della pensione di Goethe a Strasburgo [755]. Lavater, Johann Caspar (17411801), teologo di Zurigo e scrittore 385-387, 1075, 1137, 1291-1323, [1327], 1333, 13411343, 1557-1561, 1567-1569, 1599-1627, 1643. – Der ungerechte Landvogt (1762) [1137], [1299]. – Aussichten in die Ewigkeit, in Briefen an Herrn Johann Georg Zimmermann (17681778) 1605, 1609. – Herrn K. Bonnets philosophische Palingenesie (17691770) [1293-1295]. – Jesus Messias oder Die Zukunft des Herrn. Nach der Offenbarung Johannis (1780) [385-387]. – Physiognomische Fragment­e zur Beförderung der Menschenkenntnis und Menschenliebe (1775-1778) (in­ tro­duzione → Johann Georg Zim­mermann, Lavater von der Physiognomik) 1075, 1291-1293, 1305, 1557-1561, 1569, 1601-1627.

1923 – Pontius Pilatus oder Der Mensch in allen Gestalten (1782-1785) 1607. – Sendschreiben [...] von ei­ nem Zürcherischen Geistlichen (1775) [1559]. ∞ Anna nata Schinz (1742-1815), sua moglie 1557. Lebrun, Charles (1619-1690), pittore francese 237. – Discours sur les expressions des passions de l’âme (1698) 237. Lecain, Henri Louis (1728-1778), attore francese 1037. Leibniz, Gottfried Wilhelm von (1646-1716) 1429. Lemierre, Antoine Martin (17231793), poeta francese 187, [193]. – Hypermnestre (1758) 187, 193. Lenz, Jakob Michael Reinhold (1751-1792) 1049-1051, 1133, 1275-1285, 1387. – Amor vincit omnia (1774) [1049-1051], [1283]. – Anmerkungen übers Theater nebst angehängten übersetzten Stück Shakespeares (1774) 1049, 1283. – Der Hofmeister (1774) 1283. – Der neue Menoza (1774) 1283. – Die Soldaten (1776) 1279, 1283. – Die schöne Prinzessin schoß und traf 1051. – Ein Ritter wohnt in diesem Haus 1053. – Poesie 1051. – Lustspiele nach dem Plau-

1924 tus fürs deutsche Theater (1774) 1283. – Über die Soldatenehen (1775/ 76) [1279-1281]. – Über unsere Ehe (1773, non conservato) 1281. Leopold iii Friedrich Franz von Anhalt-Dessau (1740-1817), dal 1758 principe, dal 1807 duca 643, 691. Lerse (Lersé, Lersée), Franz Christian (1749-1800), studente di teologia a Strasburgo, lì amico di Goethe, poi ispettore alla scuola militare di Colmar 785787, 805, 1021. Lersner, Achilles August von (1662-1732), scabino e borgomastro di Francoforte 307, 381. – Der weltberühmten Freien Reichs-, Wahl- und Handelsstadt Frankfurt am Main Chronica (1706) 307, 381. Lersner, Friedrich Maximilian von (1736-1804), segretario di legazione danese, 1449-1453, [1457]. Lesage, Alain-René (1668-1747), poeta francese [33]. – Le diable boiteux (1707) 33. Lessing, Gotthold Ephraim (1729-1781) [219], 555, 567, [585], 591, 665-669, 689-691, 737, 869, 1053, 1063, 1207, 1211, [1263], 1365. – Briefe, antiquarischen Inhalts (1768-1769) [691]. – «Briefe, die neueste Literatur betreffend» (1759-1765, con Moses Mendelssohn e Christoph Friedrich Nicolai) 585.

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– Emilia Galotti (1772) 567, 1211. – Fabeln (1753; 1759) [555]. – Der Knabe und die Schlange [869]. – Gedichte 567. – Hamburgische Dramaturgie (1767-1769) 1053. – Laokoon (1766) 665-669, [1063]. – Minna von Barnhelm (1767) 567, 591-593, 737. – Miss Sara Sampson (1755) 219, 1207. – Nathan der Weise (1779) 567, 1263. – Wie die Alten den Tod gebildet (1769) [667]. Leuchsenring, Franz Michael (1746-1827), consigliere di corte di Hessen-Darmstadt, scrittore 1187. Leyser, Augustin Freiherr von (1683-1752), esperto di diritto, professore di legge a Helmstedt e Wittenberg 999. – Meditationes ad Pandectas (1717-1748) [999]. Lichtwer, Magnus Gottfried (17191788), autore di favole 555. – Vier Bücher Äsopischer Fabeln (1748) [555]. Licurgo, re degli Edoni in Tracia 1539. Liebholdt, Johann Wilhelm (17401806), copista della famiglia Goethe, nel 1794 scrisse il catalogo della vendita all’asta della biblioteca del consigliere Goethe [1203], [1479-1481], [1635].

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Liechtenstein, Joseph Wenzel Lorenz principe del (1696-1772), feldmaresciallo austriaco 377. Lili → Anna Elisabeth Schönemann. Lillo, George (1693-1739), drammaturgo inglese [219], [1207]. – The London Merchant (1731) 219, 1207. Limprecht, Johann Christian (1741-1812), studente di teologia, vicino di stanza di Goethe a Lipsia [515], [671], [695]. – suo cugino a Dresda → Johann Friedrich Haucke. Lindau, Heinrich Julius von (†1777), eremita in Svizzera, ufficiale in servizio dell’Assia nella Guerra d’indipendenza americana 1595. Lindenau, Heinrich Gottlieb conte di (1723-1789), maestro di stalla a Dresda 639-643, 701. Lindenau, Karl Heinrich August conte di (1755-1842), allievo di Behrisch e Langer a Lipsia, poi tenente generale prussiano e maestro di stalla, suo figlio 625, 641-643, 701. Linneo, Carlo (1707-1778), naturalista svedese, professore di botanica a Uppsala 539. Lippert, Philipp Daniel (17021785), disegnatore e insegnante di disegno, professore di antichità all’accademia d’arte di Dresda, lì anche custode della collezione antica 661, 685. – Dactyliotheca (1755-1768) [661]. Lips, Johann Heinrich (1758-1817),

1925 pittore e calcografo a Zurigo, lavorò per Lavater (Physiognomik), 1789-94 professore all’accademia di disegno di Weimar 1305, 1323, 1559. Liscow, Christian Ludwig (17011760), scrittore 545-547. Lobstein, Johann Friedrich (17361784), professore di anatomia a Strasburgo 763, 853, 865. Loën, Johann Michael von (16941776), scrittore, presidente del governo a Lingen, prozio di Goethe 83, 151-153, 159. – Der redliche Mann am Hofe oder Die Begebenheiten des Grafen von Rivera (1740) 153. – Die einzig wahre Religion (1750) 153. – Homers Ilias, oder Beschreibung der Eroberung des trojanischen Reiches (1754) 83-85. ∞ Katharina Sibylla Maria nata Lindheimer (1702-1776), sua moglie, prozia di Goethe 151. Loewenich (Loevenich), Bartholomäus (1722-1798) e suo figlio Isaak (1751-1820), fabbricanti di stoffa a Burscheid presso Aachen 523. Longino, Cassio (213-273), filosofo neoplatonico e retore ad Atene 1147. – Trattato del Sublime [1147]. Lorenzo, padre cappuccino all’ospizio del San Gottardo 15871593. Louise Auguste von SachsenWeimar-Eisenach nata langravia di Hessen-Darmstadt (1757-1830), dal 1775 sposata

1926 con il duca Karl August von Sachsen-Weimar-Eisenach 1547, [1647], 1655-1659. Löwen, Johann Friedrich (17271771), scrittore 499. – Die Walpurgis Nacht (1756) 499. Lowth, Robert (1710-1787), vescovo, teologo inglese 863. Luciano (ca. 120-180), scrittore greco 259, 265. Lucinde, figlia di un insegnante di danza francese a Strasburgo 825-837, [961], [973-977]. – sua sorella → Emilie. Ludecus, Johann August (17421801), segretario privato della duchessa Anna Amalia a Weimar 1645. Ludwig viii von Hessen-Darmstadt (1691-1768), dal 1739 langravio 407. Ludwig ix von Hessen-Darmstadt (1719-1790), tenente generale prussiano, dal 1768 langravio [1077]. Ludwig von Nassau-Saarbrücken (1745-1794), dal 1768 principe [885], [893]. Ludwig Eugen von Württemberg (173l-1795), dal 1793 duca (in realtà Friedrich Eugen von Württemberg) 559. Ludwig, Christian Gottlieb (17091773), consigliere di corte, professore di medicina a Lipsia 537-539, 565, 761. Luigi xvi di Francia (1754-1793), dal 1774 re di Francia 763, [769], 1509. Lupton, Arthur (1748-1807), pra-

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ticante inglese a Francoforte, amico di Cornelia Goethe [483-485], [493]. Lutero, Martin (1483-1546) 263, 1047, 1081. – Katechismus 615. – Übersetzung des Alten Testaments 1047. Macklot, Karl Friedrich (†1839), editore di Karlsruhe, editore pirata 1439, 1535, 1547. Macpherson, James (1736-1796), teologo e poeta scozzese, falsificò antica poesia scozzese (Ossian) [1111], [1141], [1239]. – Fragments of Ancient Poetry (1764) [1239]. Magonza, principi elettori → Emmerich Joseph von Breidbach zu Bürresheim; Friedrich Karl Joseph von und zu Erthal. Malapert, Friedrich Wilhelm von (1700-1773), maggiore di Hessen-Kassel e Svezia a Francoforte, possessore di saline 331333. Mallet, Paul-Henri (1730-1807), storico, professore di belle lettere a Copenaghen 1141. – Introduction à l’histoire du Danemark (1755) 1141. Maometto (ca. 570-632), 13431345. Marchand, Theobald (1741-1800), attore e direttore di teatro a Francoforte, poi a Monaco, direttore della compagnia del Palatino 1473. Maria Antonietta Giuseppa Gio-

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vanna di Francia nata arciduchessa d’Austria (1755-1793), consorte di Luigi xvi, dal 1774 regina di Francia 763-769. Maria Teresa (1717-1780), dal 1740 imperatrice del Sacro Romano Impero, regina di Ungheria e Boemia 39, 93, 97, 405, 419. Marivaux, Pierre Carlet de Cham­ blain de (1688-1763), scrittore francese 187. Marmontel, Jean François (17231799), scrittore francese [1473]. – Zémire et Azor (La belle et la bête) (1771) (→ André Erneste Modeste Grétry) [1473]. Marot, Clément (1496-1544), poeta francese 1017. Mascow Johann Jakob (16891761), storico e giurista, professore di legge a Lipsia 515. Massimiliano i (1459-1519), dal 1493 imperatore del Sacro Romano Impero 37, 241, 1115. Megerle (Megerlin), Hans Ulrich → Abraham a Santa Clara. Meinrad (†861), dal 835 eremita, santo [1573]. Melber, Georg Adolf (17251780), droghiere a Francoforte, zio di Goethe 81, [93], [95]. ∞ Johanna Maria Jakobäa nata Textor (1734-1823), sua moglie, zia di Goethe 73, 81-83, [93], [367]. Ménage, Gilles (1613-1692), scrittore francese, abate 1023. Menandro (ca. 342-291 a.C.), commediografo greco [5] (epigrafe). Mendelssohn, Moses (1729-1786),

1927 filosofo popolare a Berlino, amico di Lessing 583, [585], 1293, 1365. – An die Freunde Lessings (1786) [1365]. – «Briefe, die neueste Literatur betreffend» (1759-1765, con Gotthold Ephraim Lessing e Christoph Friedrich Nicolai) 585. Mercier, Louis Sébastien (17401814), scrittore e politico francese [1207]. – La brouette du vinaigrier (1775) 1207. Merck, Johann Heinrich (17411791), tesoriere dell’esercito a Darmstadt, 1774 consigliere di guerra, scrittore 10731077, 1095, 1147, 1161-1169, [1173], 1177-1179, 1183-1185, 1195-1199, 1215, 1217-1221, 1253, 1305, [1389], 1415, 1541-1545, 1627. – «Frankfurter gelehrte Anzeigen» (editore) 53, 1169, 1177, [1389]. – Poetische Episteln 10751077. ∞ Louise Françoise, nata Charbonnier (1743-1810), sua moglie 1179, 1195-1197. Merck, Heinrich Emanuel (17661780), suo figlio 1179, 11951197. Merian, Matthäus, il vecchio (15931650), incisore a Basilea, commerciante d’arte a Francoforte 67. – Folio Bibel (1630) 67. Metz, Johann Friedrich (1724-

1928 1782), medico a Francoforte [717-723]. Meyer (di Lindau), Johann (17491825), studente di Medicina a Strasburgo, lì commensale di Goethe, poi medico a Vienna 755, 1021. Michaelis, Johann David (17171791), teologo e orientalista, professore a Göttingen, esponente della filologia biblica 505, 579. – Mille e una notte 1375. Miller, Johann Martin (17501814), poeta e romanziere, membro del Göttinger Hain, professore a Ulm [255]. – Siegwart, eine Klostergeschichte (1776) 255. Milton, John (1608-1674), poeta inglese 575, 1237, 1367. – L’Allegro (1645) 1237. – Paradise Lost (1667) [1367]. Möller (Müller), J. C., compositore, supervisore di Goethe a Francoforte [455-473]. Molière, Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière (1622-1673) 187, [219], 225. – Les fourberies de Scapin (1671) 219, [1207]. Monsigny, Pierre-Alexandre (17291817), compositore francese [187]. – Sedaine, Rose et Colas (1764) 187. Montaigne, Michel Eyquem de (1533-1592), filosofo france­ se, borgomastro di Bordeaux 1017. Montesquieu, Charles de Secon­

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dat, barone di La Brède e de (1689-1755), filosofo francese e pensatore politico 1241. – Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence (1734) [1241]. Morgenstern, Johann Ludwig Ernst (1738-1819), pittore di Francoforte 731. Morhof, Daniel Georg (16391691), poeta e critico letterario, professore di poesia ed eloquenza a Rostock e Kiel 499. – Polyhistor (1688-1692) 499. Moritz, Heinrich Philipp (17111769), consigliere di corte, direttore di cancelleria della contea di Solms-Rödelheim a Francoforte, inquilino temporaneo a casa del consigliere Goethe 233-235. Moritz, Johann Friedrich (17161771), consigliere di legazione danese a Francoforte, suo fratello 235-237, 1353. Morus, Samuel Friedrich Nathanael (1736-1792), professore di greco e latino, poi di teologia a Lipsia 507, 535, 539. Moser, Friedrich Karl Ludwig Freiherr von (1723-1798), scrittore, consigliere di corte imperiale a Vienna, ministro a Hessen-Darmstadt 159-161, 291, 583, 1089, 1547. – Daniel in der Löwengrube (1763) 161, 291. – Herr und Diener (1759) 161. – Reliquien (1766) 161. Möser, Justus (1720-1794), uomo

INDICE DEI NOMI

di stato, storico e scrittore 1267-1273, 1373-1375. – Patriotische Phantasien (17741778; prima pubblicato negli «Osnabrücker Intelligenzblätter») [1267-1269], 1271-1273, 1373. Müller, Anna Dorothea (16851758), levatrice a Francoforte [15]. Münch, Susanne Magdalena (17531806), amica di gioventù di Goethe e di sua sorella a Francoforte [1411], [1503], [1635]. Musäus, Johann Karl August (1735-1787), teologo, dal 1769 professore al ginnasio di Weimar, scrittore 1645. Nemeiz, Joachim Christoph (16791753), consigliere di corte del principe di Waldeck, pubblicista, autore di letteratura di viaggio 53. – Nachlese besonderer Nachrichten aus Italien (1726) [53]. Nepote, Cornelio (ca. 100-25 a.C.), storico romano 65. Neukirch, Benjamin (1665-1729), poeta 69, 163. – Die Begebenheiten des Prin­­ zen von Ithaca, aus dem Fran­zösischen des Fénelon in deutsche Verse gebracht (1727-1739) 69, 163. Nicolai, Christoph Friedrich (17331811), editore a Berlino, scrittore [571-573], [585], [745], [1169], 1255-1257. – «Allgemeine deutsche Bibliothek» (1765-1805) (= «Ber­

1929 liner Bibliothek») 571-573, 585, 745, 1169. – «Bibliothek der schönen Wissenschaften und freien Künste» (1757-1765) 585. – «Briefe, die neueste Literatur betreffend» (1759-1765, insieme a Gottlob Ephraim Lessing e Moses Mendelssohn) 585. – Freuden des jungen Werthers. Leiden und Freuden Werthers des Mannes (1775) 1255. Noailles, Philipp de, duca di Mouchy (1715-1794), maresciallo francese, inviato per il ricevimento di Maria Antonietta a Strasburgo nel 1770 [763]. Nothnagel, Johann Andreas Benjamin (1729-1804), pittore, proprietario di una fabbrica di tela cerata a Francoforte, impartì a Goethe nel 1774 lezioni di pittura a olio 181, 321-323, 1199. Oberlin, Jeremias Jakob (17351806), filologo, insegnante di ginnasio, professore di logica e metafisica a Strasburgo 10111013. Ochsenstein, Johann Christoph von (1674-1747), consigliere imperiale, podestà e scabino a Francoforte [17], [79]. Ochsenstein, Johann Sebastian (1700-1756), avvocato a Francoforte, suo figlio maggiore 17-19, 155. Ochsenstein, Heinrich Wilhelm (1702-1751), senatore a Fran-

1930 coforte, suo secondo figlio 1719. Ochsenstein, Heinrich Christoph (1715-1773), consigliere segreto del principato di Isenburg, suo terzo figlio 17-19. Oeser, Adam Friedrich (17171799), pittore, incisore e scultore, dal 1759 direttore dell’accademia di belle arti a Lipsia 571, 651-665, 685-687, 691693, 765, 1063, 1065. Olenschlager, Johann Daniel von (1711-1778), Dr. jur., scabino e borgomastro di Francoforte, autore di scritti storici 225, 325-329, 337, [371]. – Neue Erläuterung der Guldenen Bulle Kaiser Karl iv. (1766) 327. – Wahl- und Krönungsdiarien (1742 e 1745) 327, 371. Olenschlager, Johann Nikolaus von (1751-1820), suo figlio 327. Omero (ca. 800 a.C.) [77], 83-85, 575, [703], 1047, 1143, 1175, 1395, 1621. – Iliade [83-85], [703]. – Odissea [77]. Orazio Flacco, Quinto (65-8 a.C.) 551, 573-575. – Ad Pisones (De arte poetica) 551. Orth, Johann Philipp (1698-1783), giurista a Francoforte 153-155, 325. – Anmerkungen über die sogenannte erneuerte Reformation der Stadt Frankfurt a. M. (1731-1774) 155.

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Ossian → James Macpherson. Ostade, Adriaen van (1610-1685), pittore olandese 675. Osuna, Pedro Tellez Girón y Guzmán (1574-1624), duca, viceré di Sicilia e Napoli 179. Otone, Marco Salvio (32-69), nel 69 imperatore romano 1243-1245. Otto, Everhard (1685-1756), professore di diritto a Duisburg e Utrecht, direttore della cancelleria a Bremen 517. Ovidio Nasone, Publio (43 a.C.17 d.C.), poeta romano 69, 221, [327], 745, 873, [911]. – Metamorfosi 69, 221, 327, 873, [911]. Palissot de Montenoy, Charles (1730-1814), drammaturgo fran­­ cese 195. – Les philosophes (1760) 195. Paoli, Pasquale (1725-1807), patriota corso, dal 1793 presidente e generale, guidò tra il 1755 e il 1769 le rivolte contro Genova e la Francia, nel 1769 fuggì in Inghilterra 1509. Pappenheim, Friedrich Ferdinand conte di (1702-1793), arcimaresciallo 375, [383], 399-401, 417, [421-427]. Paracelso (1493-1541), in realtà Philipp Theophrast von Hohenheim, medico e alchimista 721, 1405. Pasor, Georg (1570-1637), lessicografo, professore di teologia a Herborn 65. – Manuale graecarum vocum Novi Testamenti (1600) [65].

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Passavant, Jakob Ludwig (17511827), teologo, nel 1774-75 aiutante di Lavater, amico di gioventù di Goethe di Francoforte 1565-1595, 1665. Pegelow, Daniel, studente di Medicina a Strasburgo, amico di Herder, poi chirurgo di stato maggiore russo 853-855, [859], 865, 907. Pelagio, Morgan (ca. 360-420), monaco inglese [1355]. Percy, Thomas (1729-1811), vescovo di Dromore, poeta inglese [1415]. – Reliques of ancient english poetry (1765): Lucy and Collin [1415]. Peter Friedrich Wilhelm von Holstein-Gottorp (G: HolsteinEutin) (1755-1829), principe ereditario, allievo di Herder, coadiutore del principato-vescovado di Lubecca, principe di Oldenburg [849], [853]. Petersen, Georg Wilhelm (17441816), teologo, precettore di principi a Darmstadt 1077. Petrarca, Francesco (1304-1374) [1435]. Pfeil, Johann Gottlob Benjamin (1732-1800), Dr. jur., precettore a Lipsia, commensale di Goethe, poi funzionario di giustizia a Rammelburg, scrittore 565-567, 595. – Geschichte des Grafen von P. (1755) 565. Pfeil, Leopold Heinrich (ca. 17251792), servitore e segretario del consigliere Goethe a Fran-

1931 coforte, dal 1755 direttore di una scuola privata e convitto 245-247, 483. ∞ Friederike Charlotte Wilhelmine nata Walther (1718-1783), sua moglie, cugina della madre di Goethe [245]. Philippi, Johann Ernst (ca. 17001758), professore di eloquenza a Halle [545-547]. Piazzetta, Giovanni Battista (1682-1754), pittore, direttore dell’Accademia di belle arti di Venezia 237. Pilade, amico di gioventù di Goethe a Francoforte, forse Johann Christoph Clarus (1741-1811) 101, 341, 349, 355, 359-365, 387-389, 409-411, 433-437, 439, 445, 455. Pindaro (ca. 522-448 a.C.), poeta greco 575. Piranesi, Giovanni Battista (17201778), pittore e incisore italiano 23. Pirkheimer, Willibald (1470-1530), umanista e diplomatico a Norimberga 1517-1521. – Lettera di Ulrich von Hutten (25.10.1518) 1517-1521. Piron, Alexis (1689-1773), drammaturgo francese 221. Platone (428/427-348/347 a.C.) 465. Plauto, Tito Maccio (ca. 254-184 a.C.), commediografo romano 423, 1283. Plitt, Johann Jakob (1727-1773), professore di teologia a Rinteln, tra il 1762 e il 1773 come successore di Fresenius decano

1932 del ministero evangelico-luterano a Francoforte 297. Plotho, Erich Christoph Edler von (1707-1788), legato del­ l’elettorato di Brandeburgo a Ratisbona e ministro di Stato prussiano, nel 1764 ambasciatore dell’elettorato di Brandeburgo a Francoforte 379, 393, 435. Plotho, Wilhelmine Ernestine Baronin von, amica di Maria Rosine Böhme a Lipsia [533]. Pomey, Francois Antoine (16181673), filologo francese 221. – Pantheum mythicum (1659) 221. Poniatowski, Stanislaw August (1732-1798), conte polacco, 1764-1795 re di Polonia 1031. Pope, Alexander (1688-1744), scrittore inglese 497, 563, 573. – An essay on man (1733) 563. – The rape of the lock (171214) 497, 573. Pütter, Johann Stephan (17251807), giurista e storico, professore di giurisprudenza a Göt­tingen 583. Quintiliano, Marco Fabio (ca. 3596), oratore e retore a Roma 1147. – De institutione oratoria [1147]. Rabelais, François (1483/14941553), scrittore francese 1017. Rabener, Gottlieb Wilhelm (17141771), funzionario delle imposte a Dresda, scrittore 547-551, 839, 1099, 1211.

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– Lettera a Ferber (12.8.1760) 549. – Lettera a Weiße (30.10.1767) 549. – Briefe, von ihm selbst gesammlet und nach seinem Tode nebst einer Nachricht von seinem Leben und Schriften hg. von C. F. Weiße (1772) [549]. – Satiren (dal 1741) [549-551]. Racine, Jean Baptiste (1639-1699), scrittore e drammaturgo francese 187, 225, [1037]. – Andromaque (1667): Préface de l’auteur [223-225]. – Britannicus (1669) 225, 327. – Mithridate (1673) 1037. Raffaello Sanzio (1483-1520) 763, 771. Ramler, Karl Wilhelm (1725-1798), poeta 567-569, 589, 635, 1369, 1527. – Lyrische Blumenlese, 2 voll. (1774-1778) 567-569. – Oden (1767) [589]. – Lieder eines Deutschen [589]. Reichel, Georg Christian (17271771), professore di medicina a Lipsia, medico di Goethe 685687, 695. Reineck, Friedrich Ludwig von (1707-1775), consigliere di guerra segreto dell’elettorato di Sassonia e di Polonia a Francoforte, commerciante di vini 329-333, 337. Reineck, Adalbert von (17491822), suo figlio [329]. Reineck, Marie Salome, sua figlia → Klenck.

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Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606-1669), pittore olandese 55. Resen (Resenius), Johannes Petrus (1625-1688), studioso del­ l’antichità danese 1141. – Edda Islandorum (1665) [1141]. Reuter, Christian (1665-1712), scrit­ tore a Lipsia [1531]. – Monsieur le Harlequin oder Harlekins Hochzeitsschmaus (1695) [1531]. Richardson, Samuel (1689-1761), scrittore e stampatore inglese 479, 1207. – Clarissa, or The history of a young lady (1747-1748) 1207. Richelieu, Armand Jean du Plessis, duca di (1585-1642), cardinale francese, dal 1624 primo ministro, fautore dell’Assolutismo in Francia [223-225]. Richter, Johann Thomas (17281773) collezionista d’arte 665. Riedel, Johann Anton (17361816), pittore e scrittore, ispettore superiore della galleria d’arte di Dresda 677. Riese, Johann Jakob (1746-1827), amministratore di una fondazione caritatevole a Francoforte, amico di gioventù di Goethe 1071. Rochester, John Wilmot Earl of (1647-1680), poeta inglese [1237]. – A satyr against mankind (1675) [1237]. Rodolfo i d’Asburgo (1218-1291), dal 1273 re di Germania 37.

1933 Rohan-Guémené, Louis Constantin principe di (1697-1779), cardinale, vescovo di Strasburgo [877]. Rolli, Paolo (1687-1765), poeta e compositore italiano [25]. – Solitario bosco ombroso (1727) (→ Willem de Fesch) 25. Rost, Johann Christoph (17171765), poeta a Lipsia 639. – Der Teufel an Herrn G. (1753) [639]. Rousseau, Jean-Jacques (17121778) [187], [391], 559-561, 695, 1033-1035, 1037-1039, [1157], 1187, 1287, [1445]?. – Lettera a Ludwig Eugen von Württemberg (10.11.1763) 559-561. – Émile ou De l’éducation (1762) 1287. – Le Devin du village (1752) 187. – Julie ou la Nouvelle Héloïse (1761) [391], 1157. – Pygmalion (1762) 10371039. Roussillon, Henriette Helene von (†1773), dama di corte della duchessa di Pfalz-Zweibrücken a Darmstadt [1107]. Rubens, Pieter Paul (1577-1640), pittore fiammingo 1325. Runckel, Karl Ambrosius (17091767), stalliere e insegnante d’equitazione a Francoforte [305]. Sachs, Hans (1494-1576), poeta e drammaturgo tedesco 1357, 1527-1529.

1934 Saftleven (Sachtleben, Sachtleven, Zaftleeven), Herman (1609-1685), pittore e incisore olandese 55. Saint-Jean, cameriere del conte Thoranc 179, 209. Salis-Marschlins, Karl Ulysses von (1728-1800), diplomatico svizzero, pedagogo e scrittore, fondatore del convitto a Marschlins 1405-1407. Salomone (ca. 1011-931 a.C.), figlio di Davide, re d’Israele 463. Salzmann, Johann Daniel (17221812), attuario al tribunale dei minori di Strasburgo 757, 773779, 783-785, 787, 1013, 1021. Sannazaro, Jacopo (1457-1530), poeta italiano 1307. – De partu virginis (1526) [1307]. Schade, Johann Peter Christoph (*1734), insegnante di inglese a Francoforte [253]. Schalcken, Godfried (1643-1706), pittore olandese 679. Schenk, Jan e Leonhard, cartografi olandesi del secolo xviii 157. Schiebeler, Daniel (1741-1771), scrittore di Amburgo 689. – Lisuart und Dariolette (1766) (→ J. A. Hiller) 689. Schlag, affittacamere a Strasburgo 753. Schlegel, Johann Elias (17191749), giurista e poeta, professore all’accademia di Sorø (Danimarca) 295 (erroneamente per J. A. Cramer), 327, 573. – Canut (1748) 327.

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– Hermann (1743) 573. Schlicht, Georg Sigismund (17101754), chirurgo a Francoforte [15]. Schlosser, Hieronymus Peter (1735-1797), avvocato a Francoforte, consigliere, borgomastro, dal 1792 scabino 337, 1071-1073, 1201. – Poematia [1073]. Schlosser, Johann Georg (17391799), giurista e scrittore, alto fun­zionario a Emmendingen, suo fratello, cognato di Goethe 337, 559-565, 697, 729, 1071-1073, 1161-1169, 1173-1177, 1201, 1205, 1253, [1389], 1549-1553. – Anti-Pope oder Versuch über den natürlichen Menschen (1766) 563. – «Frankfurter gelehrte Anzeigen» (editore) 1169, [1389]. ∞ Cornelia Friederike Christiane → Goethe. Schmid, Christian Heinrich (erroneamente: Philipp Heinrich) (1746-1800), filosofo, professore a Gießen 1163-1169, [1221]. Schmidt, Sebastian (1617-1696), professore di teologia a Strasburgo, curatore di una traduzione della Bibbia in latino 263, 1081. Schmidt, Johann Georg (16941781), pastore a Francoforte, padre confessore della famiglia Goethe [615-617]. Schmoll, Georg Friedrich (†1785), disegnatore e pittore, collaboratore di Lavater (Physiognomik) [1305].

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Schnabel, Johann Gottfried (1692ca. 1750), scrittore e giornalista [69]. – Die Insel Felsenburg (17311743) 69. Schneider, Johann Kaspar (17121786), commerciante, consigliere dell’elettorato di Baviera e agente a Francoforte, amico della famiglia Goethe 143, 163, [297-299], 437-451, [851]. Schön → Martin Schongauer. Schönemann, Susanna Elisabeth nata d’Orville (1722-1782) [1447], 1465, 1499-1503, [1665]. Schönemann, Anna Elisabeth (Lili, Belinda) sposata von Türckheim (1758-1817), sua figlia, nel 1775 fidanzata con Goethe [1447], 1465-1467, 1475, 1483-1505, 1541, 1553-1555, 1571, 1575, 1591, 1627-1637, 1653-1655, 1661, 1665-1671. Schönemann, Jakob Georg (*1760), figlio più giovane di Susanna Elisabeth Schönemann [1467], 1483-1485. Schongauer, Martin (um 14201480), pittore e incisore (Goe­ the scrive erroneamente: Schön) 1575. Schönkopf, Christian Gottlob (17161791), stagnino, poi locandiere a Lipsia 561. ∞ Katharina Sibylla nata Hauk (1714-1790), sua moglie 561. Schönkopf, Anna Katharina (Annette, Annina) sposata Kanne (1746-1810), loro figlia, amica di Goethe a Lipsia 565, 587, 597-599, 1105.

1935 Schöpflin, Johann Daniel (16941771), storico, professore di eloquenza e storia a Strasburgo 1007-1013, 1017. – Alsatia illustrata (17511761) 1009. Schröder, Friedrich Ludwig (1744-1816), attore, direttore di teatro, drammaturgo 1209. Schütz, Christian Georg, il Vecchio (1718-1791), pittore di Francoforte 55, 181. Schwanau, Edler von (ca. 1300), brigante [1579]. Schwarzburg → Günther, conte di Schwarzburg. Sedaine, Michel Jean (17191797), drammaturgo francese [187], [1207]. – Le Philosophe sans le savoir (1765) 1207. – Rose et Colas (1764) (→ Monsigny, Pierre-Ale­ xandre) 187. Seekatz, Johann Konrad (17191768), pittore di corte a Darm­ stadt 55, 181, 185, 229-233, 473, 671. ∞ sua moglie 181, 231. Seidel, Philipp Friedrich (17551820), segretario di Goethe, poi funzionario a Weimar [1673]. Senckenberg, Johann Hartmann (1655-1730), medico a Francoforte 157. Senckenberg, Heinrich Christian (1704-1768), suo figlio maggiore, dal 1751 Freiherr von, giurista, professore a Göttingen, consigliere di governo a

1936 Gießen, consigliere imperiale a Vienna 157-159. Senckenberg, Johann Christian (1707-1772), suo secondo figlio, medico a Francoforte, consigliere di corte di HessenKassel e medico privato, fondatore dell’istituto omonimo 157-159. Senckenberg, Johann Erasmus (1717-1795), terzo figlio di J. H. Senckenberg, avvocato a Francoforte, dal 1746 senatore, nel 1762 dispensato 157-159. Servières, Maria Johanna Josepha nata Togni (1731-1805), moglie di un commerciante a Francoforte 1247. Shakespeare, William (15641616) [93], [329], 571, 655, [747], [995], 1043-1051, 1213, 1239, [1283], 1385, 1415. – Hamlet 747, 995, 1239. – Love’s Labour’s Lost 10491051, [1283]. – Romeo and Juliet 93. – Timon of Athens 329, 337, 571. Sickingen, Franz von (1481-1523), cavaliere imperiale 1223. Silbermann, Johann Andreas (1712-1783), costruttore d’organi e archeologo, sovrintendente della costruzione della cattedrale di Strasburgo [10591061]. Silberschlag, Georg Christoph (1731-1790), pastore e naturalista (erroneamente per Johann Peter Süßmilch) 859. Simone di Cirene 1361.

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Sinzendorf, Wenzel Johann Nepo­ muk conte di (1724-1773), teso­­ rie­re imperiale [417], [421], [427]. Slevoigt, Traugott Friedemann, amministratore forestale a Waldeck presso Jena [1643-1645]. Slevoigt, Auguste sposata Kraus, sua figlia [1645]. Slevoigt, Friederike Elisabeth Caroline sposata Bertuch (17501810), sua figlia [1645]. Socrate (470-399 a.C.) 465, 1303, 1357. Sofocle (ca. 496-406 a.C.) 655. Sosia, libraio romano all’epoca di Orazio 1437. Soubise, Charles de Rohan Prince de (1715-1787), maresciallo francese 199. Spalding, Johann Joachim (17141804), teologo e filosofo morale, pastore alla chiesa di San Nicola di Berlino 581. Spangenberg, cittadino di Francoforte (nome inventato) 217. Spielmann, Jakob Reinhold, il Vecchio (1722-1783), professore di chimica e botanica a Strasburgo 763. Spies, Johann, editore di Francoforte [69]. Spinoza, Benedictus de (Baruch) (1632-1677) 1333-1335, 14251433. – Ethica ordine geometrico demonstrata (1677) 1333. – Opera posthuma (1677) 1427. Stadion, Anton Heinrich Friedrich conte (1691-1768), consigliere segreto e ministro dell’elettorato di Magonza 1189-1191.

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Stalburg von, famiglia patrizia di Francoforte 31. Starck, Johann Jakob (17301796), pastore presso la chiesa di S. Caterina di Francoforte, zio di Goethe 83-85, [93], [95]. ∞ Anna Maria nata Textor (17381794), sua moglie, sorella della madre di Goethe 83, [93], [367]. Starkey, George (1628-1665), alchimista inglese, naturalista e medico 721. Staudt, Johann Kaspar (*1710), chimico, direttore di una miniera di carbone e allume a Sulzbach presso Saarbücken 887-893. Stein, Henriette Caroline vom und zum nata Langwerth von Simmern vedova von Löw (17211783), moglie di un consigliere segreto dell’elettorato di Magonza, madre del Freiherr vom und zum Stein 1319, [1641]. Stephanie, Gottlieb, il Giovane (1741-1800), attore e drammaturgo a Vienna [1209]. – Der Deserteur aus Kindesliebe (1773) 1209. Stilling → Jung, Johann Heinrich. Stock, Johann Michael (17391773), incisore a Lipsia, collaboratore di Oeser, lavorò per la casa editrice Breitkopf 687689, 701, 733. ∞ Marie Helene vedova Endner nata Schwabe (1733-1782), sua moglie 687. Stock, Johanna Dorothea (17601832), loro figlia, pittrice 687.

1937 Stock, Anna Maria Jakobine (1762-1843), loro figlia, vedova Körner 687. Stockhausen, Johann Christoph (1725-1784), teologo e storico, rettore a Lüneburg e Darmstadt, sovrintendente e primo pastore a Hanau 519. – Kritischer Entwurf einer auserlesenen Bibliothek für die Liebhaber der Philosophie und der schönen Wissenschaften (1752) [519]. Stolberg-Stolberg, Christian conte di (1748-1821), poeta, membro del Göttinger Hain 1135, 1535-1539, [1541-1549], [1561], [1567], 1595-1599, 1603, [1617], [1623-1627]. Stolberg-Stolberg, Friedrich Leopold conte di (1750-1819), poeta, membro del Göttinger Hain, suo fratello 1135, 15351539, [1541-1549], [1561], [1567], 1595-1599, 1603, [1617-1623], [1627]. Straube, Johanna Elisabeth nata Winckler (1696-1780), padrona di casa di Goethe a Lipsia, vedova di un commerciante [515]. Streiber, Johann Lorenz (17221796), commerciante, poi consigliere della Camera e borgomastro di Eisenach [843]. ∞ Maria Sophia nata Schmidt (1731-1799), sua moglie [843]. Struve, Georg Adam (1619-1692), professore di legge e presidente del concistoro a Jena 301. – Jurisprudentia romano-germanica forensis (1670) [301].

1938 Sulzer, Johann Georg (17201779), filosofo, professore di matematica al ginnasio di Joachimsthal e all’accademia di Berlino 1147, 1407. – Allgemeine Theorie der schönen Künste (1771-1774) 1147. – Tagebuch einer von Berlin nach den mittäglichen Ländern von Europa in den Jahren 1775 und 1776 getanen Reise und Rückreise (1780) 1407. Süßmilch, Johann Peter (17071767), predicatore e consigliere concistoriale a Berlino, economista (Goethe scrive erroneamente: Silberschlag) [859]. – Versuch eines Beweises, daß die erste Sprache ihren Ursprung nicht von Menschen, sondern vom Schöpfer erhalten hat (1766) [859]. Swanevelt, Herman van (ca. 1600-1655), paesaggista e incisore olandese 681. Swift, Jonathan (1667-1745), scrit­ tore irlandese 955, 1075, 1095. Tacito, Cornelio (ca. 55-117) 467, 567. – Germania [467]. Tasso, Torquato (1544-1595) 53, [163]. – La Gerusalemme liberata (1575) (→ Koppe) [163]. Tauentzien, Bogislaw Friedrich von (1710-1791), generale prus­ siano 593. Tell, Wilhelm, eroe nazionale svizzero 1581, 1593.

INDICI

Teller, Romanus (1703-1750), pro­ fessore di teologia a Lipsia [265]. – Die Heilige Schrift des Alten und Neuen Testaments (Bibbia inglese, 1749-1770) [265]. Terenzio (Publio Terenzio Afro) (ca. 190-159 a.C.), commediografo romano 219, [329], 501. – Heautontimorumenos 329. Textor, Johann Wolfgang (16931771), dal 1731 scabino, dal 1747 podestà a Francoforte, nonno di Goethe 15, 49, 7581, 93-97, 139, [149], 169, 185, [193], 367, 381, 439, 457, [503], 623, 1201, 1407. ∞ Anna Margaretha Justina nata Lindheimer (1711-1783), sua moglie, nonna di Goethe 49, 75-79, [93-95], 151, 367. Textor, Johann Jost (1739-1792), loro figlio, avvocato a Francoforte, dal 1788 scabino [633], 1201, 1407. Teocrito (iv-iii sec. a.C.), poeta greco a Siracusa 575. Thiele, Johann Alexander (16851752), paesaggista, pittore di corte a Dresda 687. Thoranc, François de Théas de (1719-1794), luogotenente del re a Francoforte, conte dell’impero 173-185, 199-217, 225233, 375, [749]. Thoranc, Albert de Théas de, suo fratello 181. Thümmel, Moritz August von (1738-1817), consigliere segreto di Sachsen-Coburg e ministro, poeta 1211.

INDICE DEI NOMI

– Wilhelmine oder Der vermählte Pedant (1746) 1211. Thurn und Taxis, famiglia di principi, detentori del privilegio del servizio postale [1187]. Thym, Johann Heinrich (17231780), maestro di calligrafia e calcolo a Francoforte, insegnante di calligrafia di Goethe [295]. Tissot, Simon André (1728-1797), medico svizzero 583. Trattner, Johann Thomas Edler von (1717-1798), libraio, stampatore di corte e fabbricante di carta a Vienna, editore pirata 1439. Trautmann, Johann Georg (17131769), pittore di Francoforte 55, 181-183. Truchseß, Franz Ernst Joseph Anton conte di (1704-1774), siniscalco imperiale [417], [421], [425-427]. Uffenbach, Johann Friedrich Armand von (1687-1769), naturalista, collezionista d’arte e poeta, borgomastro e scabino a Francoforte 151. Unzer, Johann August (17271799), psicologo e medico ad Amburgo 583. Uz, Johann Peter (1720-1796), poeta 839. Valentino, Basilio (xv sec.), monaco benedettino a Erfurt, alchimista 721. Vālmīki, poeta indiano (ca. ii-i sec. a.C.) [1143].

1939 – Rāmāyana [1143], [1175]. Verschaffelt, Peter Anton von (1710-1793), scultore e mastro costruttore a Roma, direttore dell’accademia di disegno e scultore di corte a Mannheim 1063. Virgilio (Publio Virgilio Marone) (70-19 a.C.) 85, [327], 575. – Eneide [85], 327. Voigts, Jenny Wilhelmine Juliane von nata Möser (1749-1814), figlia di Justus Möser, editrice dei suoi scritti 1269. Volkmann, Johann Jakob (17321803), autore di letteratura di viaggio e di scritti sull’arte [659]. – Argenville, Nachrichten aus dem Leben der berühmtesten Maler (1767-1768) (traduzione) [659]. – Volksbücher – – Der Eulenspiegel 71. – – Der ewige Jude (→ Ahasverus) 71, 1357. – – Die schöne Magelone 71. – – Die schöne Melusine 71. – – Die vier Haimonskinder 71, 1133-1135, [1537]. – – Fortunatus 71. – – Kaiser Octavian 71. Voltaire (François-Marie Arouet) (1694-1778) 153, 193, 10231031, 1085, 1137, 1381, 1447. – Le théâtre de Corneille (1764) [1025]. – L’ingénu (1764) [1447]. – Saul (1763) 1085. – Sémiramis (prefazione) [193]. Voß, Johann Heinrich (1751-1826),

1940 poeta, membro del Göttinger Hain, traduttore di Omero 1135. Wagner, Heinrich Leopold (17471779), avvocato a Francoforte, poeta 1283-1285, [1389], 1391-1393. – Die Kindermörderin (1776) 1285. – Prometheus, Deukalion und seine Rezensenten (1775) 1389-1393. Wagner, Johann Adolf, vice-segretario del tribunale a Francoforte [367], [437-443], [457]. Walderdorf, Johann Philipp Frei­ herr von (1701-1768), dal 1756 principe dell’elettorato di Treviri con il nome di Johann ix 391, 421, 431. Waldersee, Franz Anton Johann Georg conte di (1763-1823), figlio naturale del principe Leopoldo iii Friedrich Franz von Anhalt-Dessau, allievo di Behrisch, poi alto consigliere segreto di finanza prussiano e maestro superiore di corte a Dessau. Al suo posto Goethe cita per errore Friedrich von Anhalt-Dessau 643. Walter, Richard (ca. 1716-1785), predicatore di bordo, accompagnatore di Lord Anson nel suo viaggio intorno al mondo [69]. – Voyage round the world (1748) (→ Lord Anson) 69. Warton, Thomas (1728-1790), poeta e storico letterario inglese, professore di storia a Oxford [1241].

INDICI

– The suicide (1771) [1241]. Washington, George (1732-1799) 1509. Watteau, Jean Antoine (16841721), pittore francese 1639. Weenix, Jan, il Giovane (16401719), pittore olandese 1337. Weiße, Christian Felix (17261804), esattore delle tasse a Lipsia, poeta 535, 689, 839, [911], [1473]. – Lettera di Rabener (30.10. 1767) 549. – Die Jagd (1770) (→ J. A. Hiller) [911], [1473]. – Die Poeten nach der Mode (1751) 535. Welling, Georg von (1655-1727), mistico e alchimista 719-723. – Opus mago-cabbalisticum et theosophicum (1735) 719. Wenck, Helfrich Bernhard (17391803), teologo e storico, direttore del ginnasio e consigliere concistoriale a Darmstadt 1077, 1169. Werthern, Jakob Friedemann conte di (1739-1806) 1641. ∞ Johanna (Jeanette) Louise nata vom und zum Stein (17511811), sua moglie [1641]. Weygand, Christian Friedrich (ca. 1742-1807), libraio ed editore a Lipsia, primo editore del Werther 1253, [1283]. Weyland, Friedrich Leopold (17501785), studente di medicina a Strasburgo, poi medico a Francoforte, amico di Goethe, rese possibile la conoscenza con la famiglia Brion 877, 881, [887-

INDICE DEI NOMI

891], [893-895], [899], 909945, [951], 957, 979-981. Wieland, Christoph Martin (17331813) 539, 567-571, [657], 747, 1045, [1169], 1221, 1371, 1381, 1385-1387, [1389], 1391, 1527, 1645, 1655. – Alceste (1773) 1385. – Briefe an einen Freund über das Singspiel Alceste (1773) 1385. – Der Sieg der Natur über die Schwärmerei oder Die Abenteuer des Don Sylvio von Rosalva (1764) 567. – «Der Teutsche Merkur» 1169, 1221, 1371, 1385, 1387, [1389], 1645. – Die Geschichte des Agathon (1766; 1773; 1798) 567. – Erklärung über Goethes «Götz von Berlichingen» (1774) [1221]. – Erklärung über Goethes «Götter, Helden und Wieland» (1774) [1387]. – Idris und Zenide (1768) 567. – Komische Erzählungen (17611762) 567, 571. – Musarion oder Die Philosophie der Grazien (1768) 567, 571, 657. – Shakespeares Theatralische Werke (1762-1766) 571, 1045, 1385. Wille, Johann Georg (1715-1808), incisore a Parigi 1639. Willigis (†1011), dal 975 arcivescovo di Magonza, arcicancelliere del Sacro Romano Impero 1291.

1941 Winckelmann, Johann Joachim (1717-1768) 653, 661-663, 691-693, 1063. – Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke in der Malerei und Bildhauerkunst (1755) [1063]. Winckler, Johann Heinrich (17031770), professore di filosofia a Lipsia, fisico e filologo 519. Winckler, Gottfried (1731-1795) commerciante e consigliere all’edilizia a Lipsia, collezionista d’arte 663-665. Wittenberg, Albrecht (1728-1807), avvocato ad Amburgo, scrittore [1389]. – «Der Altonaer Reichspost­ reuter» 1389. Wolf, Ernst Wilhelm (1735-1792), compositore, maestro di cappella di corte a Weimar 1643-1645. ∞ Caroline nata Benda (17421820), musicista, cantante, sua moglie 1643-1645. Wood, Robert (1717-1771), archeologo inglese, segretario di Stato a Londra 1143. – Essay on the original genius and writings of Homer (1769) [1143]. Wreden, Ferdinand Joseph (17221792), impiegato e consigliere di governo palatino a Heidelberg, nobilitato nel 1790 come von Wrede 1665. ∞ Katharina nata Jünger (17291804), sua moglie 1665. Wreden, Marie Louise Josepha sposata Horn (*1754), loro figlia [1665], [1669].

1942 Wreden, Franziska Charlotte Josepha sposata Tillmann (*1756), loro seconda figlia [1665], [1669]. Young, Edward (1683-1765), poeta inglese 1235. – The Complaint or NightThoughts on life, time, friendship, death and immortality (1741-1744) 1235. Zachariä, Justus Friedrich Wilhelm (1726-1777), professore a Braunschweig e Halle, poeta 497-499, 529-531, [565], 597, 689, 1211. – Der Renommist (1744) 499, 529. – Sammlung einiger musikalischer Versuche (1760) [597]. Zachariä, Georg Ludwig Friedrich (1735-1808), suo fratello 565, 689.

INDICI

Zimmermann, Johann Georg Ritter von (1728-1795), medico, filosofo e consigliere di corte a Hannover 583, [1291], 13951401, 1405, 1613. – Lavater von der Physiognomik [introduzione all’opera di Lavater] (1772) 1291. – Von der Erfahrung in der Arzneikunst (1763-1764) 1405. Zimmermann, Katharina von (17561781), sua figlia 1399-1401. Zimmermann, Jakob von (*1755), suo figlio 1399. Zinzendorf, Nikolaus Ludwig conte di (1700-1760), (ri-)fondatore della Comunità dei fratelli e loro guida spirituale 715, [1353]. Zollikofer, Georg Joachim (17301788), teologo, pastore a Lipsia 581.

INDICE DELLE OPERE L’Indice delle opere si basa anch’esso sull’indice presente nella FA e registra tutte le opere di Goethe citate (o alle quali si fa riferimento) nell’autobiografia. Le poesie citate nel testo senza titolo sono registrate con il primo verso seguito dal titolo tra parentesi. Opere andate perdute o fittizie, articoli di giornale e testi non letterari sono in caratteri tondi. Trattandosi dell’indice della traduzione italiana, si riportano prima i titoli utilizzati nel testo italiano e di seguito, tra parentesi quadre, quelli originali in tedesco. Anacreontiche, poesie 295. Aneddoto sulle gioie del giovane Werther [1257]. Annette [627], [659], [735]. Appassite, dolci rose [Ihr ver­blü­ het, süße Rosen] 1633. Canto a Maometto [Mahomets Ge­ sang] 1347. Canto del viandante nella tempesta [Wandrers Sturmlied] 1107. Canto serale dell’artista [Lied eines physiognomischen Zeichners / Künstlers Abendlied] [1559]. Carme nuziale per Johann Jost Textor 633. Claudine di Villa Bella [Claudine von Villa Bella] 1529-1531. Clavigo 1109, 1411-1415. [Commediola francese] 219-223. Con un nastro dipinto [Mit einem gemalten Band] [987-989].

Cuore, cuore mio, che accade? (Amore nuovo vita nuova) [Herz, mein Herz, was soll das geben (Neue Liebe, neues Leben)] 1467-1469. De legislatoribus [dissertazione] [1001-1003]. Dei, eroi e Wieland [Götter, Helden und Wieland] 1381-1387. Diario del viaggio in Svizzera [1571], [1577-1585]. Due importanti questioni bibliche finora non commentate [Zwo wichtige bisher unerörterte biblische Fragen] [1085-1087, 1219-1221]. E come verso Emmaus si andò avanti (Pranzo a Coblenza) [Und, wie nach Emmaus, weiter ging’s (Diné zu Coblenz)] 1323. E fresco alimento, sangue nuovo (Sul lago) [Und frische

1944 Nahrung, neues Blut (Auf dem See)] 1567. Egmont 1637, 1649-1651, 16591661, [1663], 1673. Erwin ed Elmire [Erwin und Elmire] 1635. Faust 873, 1077, [1179], 1285, 1431, 1547. Giuseppe [Joseph] 291-295. Gli anni di apprendistato di Wil­ helm Meister [Wilhelm Meisters Lehrjahre] 713, [10431045], [1335]. Götz von Berlichingen 787, 873, 1077, 1109, 1113, 1139, 1149, 1213-1225, 1255, [1275], 1281-1283, [1375], 1513-1515, 1537, 1637. Guarda in questo specchio incantato [Sieh in diesem Zauberspiegel (An eine auswärtige Freundin)] 1349-1351. I capricci dell’innamorato [Die Laune des Verliebten] 599-603, 737. I complici [Die Mitschuldigen] 601-603, 737, 875, 1219. I dolori del giovane Werther [Die Leiden des jungen Werthers] 1149-1151, 1229, 1241, 12451261, [1275], 1277, 1319, 1361, [1375], 1431, 1513, 1577, 1599-1601. Ifigenia in Tauride [Iphigenie auf Tauris] 1367. Il novello Paride [Der neue Paris] 103-131, 945. Il ragazzo infedele [Es war ein

INDICI

Bube frech genug (Der untreue Knabe)] 1331. Il re di Thule [Der König in Thule] 1331. Il serraglio di Lili [Lilis Park] 1633. Il viandante [Der Wanderer] 1139. In cima alla torre antica (Saluto del fantasma) [Hoch auf dem alten Turme steht (Geistesgruß)] 1323. In tutte le ore serene (Canto del patto) [In allen guten Stunden (Bundeslied)] [1481-1483]. La fiera di Plundersweilern [Das Jahrmarktsfest zu Plundersweilern] 1267. La nuova Melusina [Die neue Melusine / Der neue Raimond] 943-945, 951-953, 981. L’apprendista stregone [Der Zauberlehrling] [1407], [1653]. L’ebreo errante [Der ewige Jude] 1357-1361, 1431. Le affinità elettive [Die Wahlverwandtschaften] [1055]. Leggiadri testimoni di anni trascorsi in dolci sogni (La quarta parte dei miei scritti, usciti a Berlino nel 1779 presso Himburg) [Holde Zeugen süß verträumter Jahre (Der vierte Teil meiner Schriften. Berlin 1779 bei Himburg)] 1437. Leipziger Liederbuch → Neue Lieder, in Melodien gesetzt von Bernhard Theodor Breitkopf. Le nozze di Hanswurst [Hanswursts Hochzeit] 1531-1535.

INDICE DELLE OPERE

Lettera del pastore di *** al nuovo pastore di *** [Brief des Pastors zu *** an den neuen Pastor zu ***] 1087, [12191221], 1291. Lettere dalla Svizzera. Parte prima [Briefe aus der Schweiz. Erste Abteilung] 1599-1601. Lettere da Lipsia 725-729, 735. Maometto [Mahomet. Dramatisches Fragment] 1343-1347. Motti proverbiali [Sprichwörtlich] [1381]. Nicolai sulla tomba di Werther [Nicolai auf Werthers Grabe (Ein junger Mensch – ich weiß nicht wie –)] 1257. Non viene [Sie kommt nicht] 1485. Nuovi Lieder, messi in musica da Bernhard Theodor Breitkopf [Neue Lieder, in Melodien gesetzt von Bernhard Theodor Breitkopf] [595] 685. O Hendel, la cui fama [O Hendel, dessen Ruhm] 637, 639, 769. Padre Brey, il falso profeta [Ein Fastnachtsspiel, auch wohl zu tragiren nach Ostern, vom Pater Brey, dem falschen Propheten] 1197. Pensieri poetici sulla discesa di Cristo agli Inferi [Poetische Gedanken über die Höllenfahrt Jesu Christi] 295. Per la giornata in onore di Shakespeare [Zum ShakespeareTag] [1045].

1945 Per vagare tra boschi e campi (L’alunno delle muse) [Durch Feld und Wald zu schweifen (Der Musensohn)] 1435. Perché mi attiri irresistibilmente (A Belinda) [Warum ziehst du mich unwiderstehlich / Ach wie ziehst du mich unwiderstehlich (An Belinden)] 14691471, 1661. Poesia per l’ingresso di Maria Antonietta a Strasburgo 767-769. Positiones juris [1005]. Prologo alle nuove rivelazioni di Bahrdt [Prolog zu den neusten Offenbarungen Gottes, verdeutscht durch Dr. Karl Friedrich Bahrdt] 1267. Prometeo. Frammento drammatico [Prometheus. Dramatisches Fragment] 1363. Prometeo. Ode [Prometheus] 1365. «Propyläen» 1065. Quell’uomo tronfio e vanitoso (I dolori del giovane Werther a Nicolai) [Mag jener dünkelhafte Mann (Die Leiden des jungen Werthers an Nicolai)] 1259. Recensioni per le «Frankfurter gelehrte Anzeigen» 1169-1171. Ricordo di felicità svanita (A un cuore d’oro che portava al collo) [Angedenken du verklungner Freude (An ein goldnes Herz, das er am Halse trug)] 1591. Romanzo in più lingue 253-255.

1946 Satyros, o il fauno idolatrato [Satyros oder Der vergötterte Waldteufel] 1197. Se io, mia cara Lili, non ti amassi (Dalla montagna) [Wenn ich liebe Lili dich nicht liebte (Vom Berge)] 1571.

INDICI

Shakespeare senza fine [Shakespeare und kein Ende] [1045]. Sul Laocoonte [Über Laokoon] [1065]. Sull’architettura tedesca [Von deutscher Baukunst] 815, 1079.

INDICE DEI LUOGHI Questo indice, redatto ex nihilo, non comprende Stati attuali o storici. Al suo interno sono tuttavia registrate regioni storico-culturali come Alsazia e Lorena, mete di significativi viaggi di Goethe.

Airolo 1589, 1627. Albis 1593, 1597. Alpi 1663. Alsazia 751, 791-793, 821, 863, 877, 881-883, 899, 909-911, 1009, 1019, 1053-1055, 1061, 1071. Altdorf 1581. Altona 1389. Amburgo 255, 689, 1209. Amsteg 1581. Andermatt 1585. Antibes 173. Aquisgrana 41, 383, 403, 415, 523. Aschaffenburg 405, 1119. Auerstedt 511, 695, 709. Augsburg 375. Bacharach 1199. Bärental 897. Basilea 1007, 1055. Bastberg 881, 1029. Bellinzona 1589. Belvedere (Weimar) 1647. Bensberg 1337. Bergen (oggi Bergen-Enkheim, quartiere di Francoforte) 201, 215.

Berlino 385, 857, 1369, 14371439. Betlemme 387. Biebrich 475, 1199. Bingen 1199. Bitsch 897-899. Bockenheim (oggi quartiere di Francoforte) 331, 1017, 1523. Bockenheim (Sarre-Union, → Neusaarwerden) 885. Brema 699. Buchsweiler (Bouxwiller) 881. Bückeburg 1095. Bürgel 1643. Canaan 271-273, 283. Çeşme 1507. Coblenza 1183, 1323, 1339. Coburg 61. Colmar 1055. Colonia 819-821, 1323-1329. Darmstadt 55, 181, 229, 407, 867, 1073, 1077, 1089, 1107, 1135, 1151, 1169, 1175, 1305, 15411543, 1627. Dessau 693, 1103. Dettingen 41.

1948 Diez 1185. Dresda 93, 531, 549, 565, 639, 669-671, 677-679, 683, 861, 1357. Drusenheim 909-911, 925-927, 933, 951, 969, 1061. Dudweiler 887-889, 899. Düsseldorf 1187, 1325-1327, 1337-1339. Ebron 271. Ehrenbreitstein 1185, 1195, 1249. Einsiedeln 1571. Elberfeld 1339. Elfeld (Eltville) 1199. Emmendingen 1549, 1553. Ems 1185, 1305, 1309-1311, 1325. Ensisheim 1055. Ettersburg 1647. Eufrate 267-269, 273, 987. Feldberg 473. Firenze 405. Flüelen 1581. Fort-Louis 985. Francoforte sul Meno 15, 27, 33, 37, 39, 43, 55, 69, 93, 97, 147155, 159, 173, 181, 229, 235, 247, 307, 317, 333, 365-367, 375, 385, 391, 397, 405, 559561, 633, 749, 769-771, 823, 857, 901, 999, 1005, 1069, 1073, 1107, 1135, 1151, 1175, 1183, 1199, 1219, 1247, 1283, 1293, 1299, 1311, 1315, 13251327, 1371, 1375, 1381-1383, 1449, 1461, 1473, 1495-1497, 1505, 1521, 1539, 1559, 1627, 1639-1641, 1655, 1659, 16691671.

INDICI

Friburgo (Brisgovia) 819. Friedberg 141, 1393. Friedrichsthal 893. Gelnhausen 509. Gera 247. Gersau 1581. Gerusalemme 1357, 1361. Gießen 61, 153, 1161, 1169, 1173, 1177, 1267. Ginevra 1287. Giordano 269-273. Gotha 709. Göttingen 65, 505-507, 523, 1135, 1143. Grasse 173, 181. Grigioni 1663. Grütli 805. Hagenau (Haguenau) 899, 985. Halle 529. Hanau 249, 315, 509. Hanau-Lichtenberg (contea) 881. Heidelberg 403-407, 1497, 16631667, 1673. Heilbronn 1515. Heusenstamm 395, 407. Höchst 21, 365. Homburg 473, 1107. Honau 885. Hornbach 897. Hubertusburg 317, 325. Ill 751. Ilmenau 1645. Isenburg 1461. Jena 461, 529, 1371, 1645. Jagst 1515. Jagsthausen 1515.

INDICE DEI LUOGHI

Kaltbad 1579. Karlsruhe 1393, 1545-1547, 1553, 1655, 1659, 1663-1665. Königsberg 1089. Königstein 473. Kronberg 473. Küssnacht 1593. Lago dei Quattro Cantoni (Vier­ waldstättersee) 1581, 1593. Lago Maggiore 1589. Lahn 1151, 1161, 1183, 1323, 1641. Lauerz 1579. Leventina (valle) 1585. Lichtenberg 883. Limburg 1185. Limmat 1561-1563, 1599. Lindau 755. Lingen 153. Lipsia 61, 65, 505-507, 513, 529, 561-565, 619, 623-625, 659, 663, 683-685, 689, 697, 707709, 725-727, 733-735, 749, 759, 769-771, 823, 857, 1017, 1045, 1061, 1253. Lisbona 57, 95. Livorno 1507. Lobositz 93. Lorena 883. Lucerna 1587. Lützelstein (La Petite-Pierre) 883. Madrid 33. Magonza 365-367, 475, 1069, 1197, 1375, 1383, 1387, 1391. Mamre 271, 283. Mannheim 1009, 1061, 1201, 1545, 1667, 1671. Mar Morto 271.

1949 Marburg 297. Marienborn (Büdingen) 1353. Marschlins 1405. Marsiglia 255. Meißen 527-529. Meno 29, 49, 143, 201, 435, 527, 725, 1443, 1461, 1473. Merseburg 695. Milano 1587-1589, 1627. Moder 899. Molsheim 1053. Monaco 39. Monte di Santa Odilia (Odilien­ berg) 1055. Mosella 883, 1195. Napoli 65, 1627. Nassau 1185, 1319, 1641. Neckar 1665. Neunkirchen 893. Neusaarwerden (Sarre-Union, → Bockenheim) 885. Niederbronn 899. Niedermodern 899. Niederrad (oggi quartiere di Francoforte) 355. Nilo 269. Norimberga 45, 49, 383, 687. Oberlahnstein 1185. Offenbach sul Meno 1473-1475, 1483-1485, 1491, 1495. Orsera 1583-1585. Ortenau 985. Osnabrück 1267-1269, 1373. Overijssel 63. Parigi 65, 763, 771, 895, 1023, 1033-1037, 1639. Pempelfort 1327, 1337. Pfalzburg (Phalsbourg) 879.

1950 Philippsburg 985. Pietroburgo 1221, 1253. Pleiße 529, 587, 699. Pleißenburg 651, 665, 693. Potsdam 1369. Rapperswil 1575. Ratisbona 65, 379, 583, 1407. Reichshofen 899. Reno 53, 55, 143, 181, 331, 473, 527, 751, 763, 779, 801, 805, 895-897, 911, 933, 953, 971, 983-985, 993, 1007, 1011, 1029, 1179, 1185, 1195-1197, 1299, 1323-1325, 1337, 1341, 1385, 1449, 1555-1557, 1561, 1665. Reuss 1581-1583. Rheinfels 1199. Richterswil 1569. Riga 853. Rigi 1579, 1593. Röderberg 1495. Roma 23, 249, 789. Roßbach 201. Saale 529. Saaralbe (Sarralbe) 885. Saar 883-885, 893, 897. Saarbrücken 885, 895. Saargemünd 885. Sachsenhausen 29, 41, 171, 307, 395, 401, 1495. San Gottardo (passo del) 1653. Sankt Goar 1199. Schindellegi 1571. Schlettstadt 1055. Schwalbach 473. Schwyz 1577-1579. Schwyzer Hocken 1577. Sciaffusa 1555.

INDICI

Sessenheim 899, 911, 927, 951, 955, 959, 981, 985, 991, 995, 1151. Siddim 271-273. Sihl 1563, 1593, 1597. Speyer 1119. Strasburgo 747, 757, 763, 767, 771-773, 777, 781, 793-795, 819, 821-823, 849, 853, 861, 867, 899-901, 909, 923, 933, 951, 997, 1001, 1007-1009, 1013-1015, 1021, 1037, 1049, 1073, 1173, 1279, 1283, 1329, 1387, 1451, 1659, 1671. Svevia 883. Thal 1185. Tigri 267-271, 987. Tirolo 1663. Treptow 559, 729, 1073. Tule 1239. Urnerloch 1583. Venezia 309. Versailles 769, 1013. Vienna 65, 405, 1407. Vitznau 1581. Vosgi 879, 883, 933. Wantzenau 777. Wasenburg 899. Wassen 1583. Weilburg 1185. Weimar 1369, 1547, 1641-1643, 1655, 1659, 1671. Wetzlar 65, 1113, 1127-1129, 1145, 1161, 1173-1175, 1179, 1551. Wiesbaden 473. Wittenberg 507.

INDICE DEI LUOGHI

Wolfenbüttel 701. Worms 1119. Zabern 877-879, 881.

1951 Zug 1593. Zurigo 1555, 1557, 1563-1565, 1571, 1599-1601. Zweibrücken 895.

INDICE GENERALE Prefazione di Marino Freschi Poesia e verità: la grande ‘rivelazione’ 1. La fine di un’epoca 2. La trama di una vita 3. La crisi stürmeriana 4. Il romanzo di Lili 5. La grande rivelazione 6. Crisi e scrittura 7. A Weimar! Cronologia della vita e delle opere Cronologia di Poesia e verità Prospetto degli scritti autobiografici Nota editoriale Nota del traduttore «… nonostante quella forma imperfetta …». Traduttore e lettore alle prese con Poesia e verità 1. Tradurre con il testo a fronte 2. I testi nel testo 3. Giocando con le parole 4. Anche l’autore può sbagliare 5. Cronaca letteraria 6. Le varietà linguistiche 7. L’orecchio dello storico

vii ix xx xxiii xxv xxviii xxxiv xl xliii lxxxvii ciii cv cix

cxiv cxvi cxviii cxxv cxxxi cxxxii cxxxv

1954

INDICE GENERALE

DALLA MIA VITA. POESIA E VERITÀ Parte prima [Prefazione] Libro primo Libro secondo Libro terzo Libro quarto Libro quinto Parte seconda Libro sesto Libro settimo Libro ottavo Libro nono Libro decimo Parte terza Libro undicesimo Libro dodicesimo Libro tredicesimo Libro quattordicesimo Libro quindicesimo Parte quarta Prefazione Libro sedicesimo Libro diciassettesimo Libro diciottesimo Libro diciannovesimo Libro ventesimo

5 7 15 91 169 235 341 453 455 543 651 745 839 949 951 1069 1183 1275 1349 1421 1423 1425 1465 1525 1587 1639

Note al testo

1675

Regesto

1835

Bibliografia

1853

INDICE GENERALE

1955

Indici Indice dei nomi Indice delle opere Indice dei luoghi

1899 1901 1943 1947