Concetti fondamentali dell'ebraismo 9788821183355

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Concetti fondamentali dell'ebraismo
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Gershorn Scholern

CONCETTI FONDAMENTALI DELL'EBRAISMO

MARIETTI 1820

La multiforme produzione di Gershom Scholem, accanto alle grandi monografìe sulla storia della mistica ebraica, sulla cabbala e su Sabbati Zevi, per le quali è giustamente famosa, comprende anche una ricca serie di contributi minori che o riprendono le tematiche precedenti da angoli visuali circoscritti o affrontano più in generale la storia della tradizione ebraica. I saggi raccolti in questo volume ripropongono, appunto, in forma sintetica, le ricerche condotte da Scholem sui temi più salienti dell'ebraismo: dalla dottrina di Dio, ai concetti di creazione e rivelazione, legge e tradizione, salvezza e attesa messianica. La profonda conoscenza che Scholem ha della tradi­ zione ebraica nel suo insieme gli consente qui di tracciare, con pochi tratti, interi complessi di idee e i loro sviluppi, con particolare attenzione ai loro riflessi sul pensiero cristiano.

Gershom Scholem (1897-1982) è, ms1eme a Martin Buber e Franz Rosenzweig, tra i maggiori esponenti della cultura ebraica del Novecento. Dal 1933 sino alla morte ha insegnato presso l'Università ebraica di Gerusalemme, dove si era trasferito agli inizi degli anni Venti dalla natia Berlino. Qui aveva conosciuto Walter Benjamin, a cui lo legò un'intensa amicizia e l'impegno a farne conoscere l'opera dopo la morte. Numerosi libri di Scholem sono stati tradotti in italiano. Ricordiamo in particolare: Le grandi correnti della

mistica ebraica (Genova 19862), Le origini della Kabbalà (Bologna 1973), Walter Benjamin e il suo angelo (Milano 19812).

ISBN 978- 88-211-8335-S

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183355

€ 16,00 IVA inclusa

RADICI

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Gershom Scholem

CONCETTI FONDAMENTALI DELL�EBRAISMO

MARIEITI 1820

Titolo originale:

Ober einige Grundbegri//e des Judentums

© Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1970, 19762 I Edizione 1986 II Edizione 1995 II Ristampa 2010

© 1986 Casa Editrice Marietti S.p.a.- Genova-Milano .mariettieditore.it

www

ISBN 978-88-211-8335-5 Finito di stampare nel mese di settembre 2010 da Rilegatoria Varzi, Città di Castello (PG)

INDICE

Prefazione La lotta tra il Dio biblico e il Dio di Platino nella cabbala antica

VII l

Creazione dal nulla e autolimitazione di Dio

41

Rivelazione e tradizione come categorie religiose dell'ebraismo

75

Per la comprensione dell'idea messianica nell'ebraismo Con un poscritto: Da una lettera a un teologo protestante

Indice dei nomi

PREFAZIONE

Le conferenze di cui il presente volume raccoglie i testi, sono state da me tenute tra il 1957 e il 1965 ai , ovvero delle sefiroth. Questo schema, per il quale la hyk e il mondo dei quattro elementi trovano la loro collocazione al di sotto delle se/iroth, corrisponde alla dottrina di Scoto Eriugena, per cui la hyk e i quattro ele­ menti, pensati ancora come incorporei, sorgerebbero come effetti immediati del mondo delle cau­ se prime o causae primordiaks, corrispondenti al mondo delle sefiroth dei cabbalisti. Subito di se­ guito alla citazione dello pseudo-Hai, si legge con sorpresa una proposizione che appare quasi la parafrasi del titolo e del contenuto metafisica dell'opera di Eriugena: •E cosi [circa la collocazio­ ne della hyk] hanno scritto i posscnti saggi della natura, i filosofi esperti in metafisica [(Chokh­ math ho-mecbqar)]ro. Non dunque i naturalisti, bensl i metafisici hanno il merito di aver avviato le ricerche intorno alla hyk. Questi sapienti della natura sono coloro, suppongo, che, come Eriuge­ na, hanno scritto intorno alla natura, intendendo per natura il reale in generale c il suo ordina­ mento gerarchico. Solo cosl si spiega senza forzature l'equivalenza che qui s'instaura tra i sapienti della natura e i metafisici.

IL DIO BIBLICO E IL DIO DI PLOTINO NELLA CABBALA ANTICA

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tura. Ma insieme, tale ambito può essere visto anche come proprio del­ la visione teosofica e gnostica della vita divina, i cui singoli momenti possono essere astrattamente interpretati come attributi, ma teosofica­ mente altrettanto bene possono leggersi come eoni, forze o mondi di luce in cui si rappresenta la pienezza della divinità nel suo esterioriz­ zarsi. Ma il primo aspetto, Dio considerato in sé e per sé dall'altra par­ te e specularmente si presenta naturalmente al tempo stesso come l'ambito in cui vige la prospettiva neoplatonica di una teologia negati­ ·va dell'Assoluto privo di determinazioni. Poiché, però, in tale prospet­ tiva non si considera Dio nel suo rivelarsi e comunicarsi, non dovette apparire incomprensibile che di questo Dio nascosto non si faccia pa­ rola nei documenti della rivelazione. In tal modo, l'esuberanza delle negazioni neoplatoniche poté liberamente connettersi alla teologia po­ sitiva e alla rappresentazione della divinità proprie della rivelazione bi­ blica: concernendo la prima, per cosl dire, la faccia oscura, la seconda la faccia illuminata della divinità. Difficile rimase, comunque, il pas­ saggio dall'uno all'altro aspetto. E nella discussione di questo passag­ gio dovette anzi emergere qualche asserzione intorno ai momenti su­ premi e determinanti di Dio, e alla tonalità specifica che il concetto di Dio assume presso i cabbalisti. Tutte questioni queste di cui si dovrà occupare il prosieguo della presente ricerca.

IL Ma torniamo ancora una volta al conflitto che, nell'orizzonte ideale dei cabbalisti, contrappone il Dio plotiniano a quello biblico. Dicevo già come tale contrapposizione, e ancor più la sua composizio­ ne, poté essere ottenuta in modo del tutto non polemico. Le espressio­ ni che nella Bibbia connotano positivamente Dio, i suoi stessi nomi, appartengono già a quell'ambito in cui egli si comunica. E dunque, non meraviglia che il nome di Dio par excellence, il tetragramma, sia stato regolarmente inteso dai cabbalisti come un simbolo supremo del­ la rivelazione divina, ovvero di ciò che, di Dio. si partecipa a noi. ll te­ tragramma viene interpretato o come l'energia centrale nel mondo del­ le sefiroth, o come una sigla che racchiude e comprende in sé l'intero ambito della sefiroth, impressa a segnare l'azione efficace di Dio, il suo essere se{irotico. Al di là di questo essere sefirotico, Dio non ha nome alcuno. E appunto tale anonimia che Lo rende disponibile ai predicati neoplatonici di Dio. Limpidissimo esempio di ciò sono, agli esordi della

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CONCETI! FONDAMENTALI DELL'EBRAISMO

cabbala, gli scritti di Azriel da Gerona, il quale ha portato all'estremo la separazione di tale ambito da quello trascrivibile in simboli biblici. Con altrettanta evidenza questa lingua dell'agnosticismo mistico, ele­ vata, alla maniera dello Pseudo-Dionigi, alla solennità della festa e del sacro, domina anche il discorso dello Zohar, nei luoghi in cui il testo, abbastanza di rado, per altro, tocca questa sfera. I nomi del deus ab­ sconditus sono parole artificiali del linguaggio speculativo, e per quanto questi cabbalisti si sforzino continuamente di tener ferma la personali­ tà di Dio come portatore delle sefiroth, in tali determinazioni traspare sempre e inequivocabilmente quell'elemento impersonale che in Ploti­ no è designato dall'Uno. La lingua ebraica rion distingue tra il maschile e il neutro, sicché quando si parla dell'Uno, si può intendere sia colui-che-è-Uno [der Eine] sia !'Uno [das Eine]; e lo stesso vale per analoghe determinazio­ ni. Nonostante ciò, nelle espressioni scelte per connotare l'essere su­ premo, è evidente la tendenza al valore neutro: , . È a questo mondo, al mondo inferiore della causae contingen­ tes che andrebbe, dunque, riferita l'idea della creazione dal nulla nel suo significato tradizionale, il quale non vale affatto, invece, per la creazione di quel mondo degli archetipi, delle causae primordiales, che non è nel tempo ma eterno. «; oppure le parole messe in bocca ad un maestro pagano: , viene interpretato dal trattato Chagigah (f. 3b): delle dottrine filosofiche razionalistiche. Ma questo