Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. I manoscritti rossiani [Vol. 2]
 8821009149, 9788821009143

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STUDI E TESTI 482

CATALOGO DEI CODICI MINIATI DELLA BIBLIOTECA VATICANA I I manoscritti Rossiani 2 Ross. 416 – 1195 a cura di Silvia Maddalo con la collaborazione di Eva Ponzi e il contributo di Michela Torquati

C I T T À D E L VAT I C A N O B I B L I O T E C A A P O S T O L I C A V AT I C A N A 2014

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La collana “Studi e testi” è curata dalla Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana Marco Buonocore (Segretario) Eleonora Giampiccolo Timothy Janz Antonio Manfredi Claudia Montuschi Cesare Pasini Ambrogio M. Piazzoni (Presidente) Delio V. Proverbio Adalbert Roth Paolo Vian

Le schede del catalogo sono di: A.A. Aletta, M. Ambrosetti, M. Bernardini, M.A. Bilotta, M. Bollati, M. Buonocore, E. Condello, G. Corso, F. D’Aiuto, L. Dal Poz, G.M. Fachechi, N. Falaschi, L. Forgione, S. Fumian, S. Maddalo, F. Manzari, M. Mencherini, M.R. Menna, G. Morello, L. Novello, M. Pavón Ramírez, A.M. Piemontese, E. Ponzi, F. Rafanelli, S. Sansone, F. Toniolo, M. Torquati, G. Z. Zanichelli

Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va

La ricerca è stata realizzata grazie al finanziamento del MIUR (fondo FISS) nell’ambito dell’attività scientifica dell’Istituto storico italiano per il medio evo

e con il contributo della Fondazione CARIVIT di Viterbo ______________________________________________ Proprietà letteraria riservata © Biblioteca Apostolica Vaticana, 2014 ISBN 978-88-210-0914-3

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SOMMARIO

VOLUME 1 S. E. Jean-Louis Bruguès, O.P., Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Massimo Miglio, Prefazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Silvia Maddalo, Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Catalogo Ross. 2 – Ross. 413 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

VII IX XI 3

VOLUME 2 Ross. 416 – Ross. 1195 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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VOLUME 3 Tavole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia, a cura di E. Ponzi e M. Torquati . . . . . . . . . . . . . . . . Indici, a cura di E. Ponzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei manoscritti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli autori delle opere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice delle opere anonime o con titolo redazionale . . . . . . . . Indice cronologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei copisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei miniatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice delle scuole o dei luoghi di produzione . . . . . . . . . . . . . Indice delle lingue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli antichi possessori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei soggetti iconografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei luoghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli stemmi e delle imprese araldiche . . . . . . . . . . . . . Indice dei nomi di persona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1361 1843 1949 1951 1963 1969 1975 1979 1981 1985 1989 1991 1995 2017 2025 2027

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ROSS. 416

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Ross. 416 (olim IX, 106) MARCUS TULLIUS CICERO, Epistulae ad familiares 1, 2, 3-4; 1, 4; 1, 5a (f. 1r-v); De officiis I-III (ff. 2r-84r) Italia settentrionale (Bologna?); sec. XV, seconda metà (1474?) (f. 1r) Martinus Lufft decre(torum) doct(or) iusto titulo / me possidet Membr.; ff. V (cart.), 85, V’ (cart.); sul f. IIr è stato incollato un foglietto, piegato in quattro, recante un’annotazione di mano ottocentesca sulla datazione, sulla struttura e sul contenuto del codice; foliazione moderna meccanica (1-85) in cifre arabe apposta in basso a destra; antica foliazione parziale (184) in cifre arabe in alto a destra, che non tiene conto del f. 1, aggiunto posteriormente; mm 224×165 (f. 3r); specchio scrittorio mm 159×108 (f. 3r). Richiami assenti. RigaRoss. 416, f. 2r tura a colore. Scrittura umanistica corsiva di due mani, che vergano rispettivamente il f. 1r e 1v (circa la metà superiore) e il f. 1v (metà inferiore); sul f. 1v, in alto, la stessa mano che ha copiato epist. 1,5a ha aggiunto un altro passo, inc.: Miraris Iuga que subimus; expl.: In nuptis suis intitula); scrittura umanistica tonda, elegante e posata, vergata a inchiostro bruno, di mano unica (ff. 2r-85v) che verga anche, ai ff. 84v-85v, il Registrum, con indicazione dei singoli capitula dell’opera e rinvio alle rispettive carte. Specchio di scrittura a una colonna su 27 linee. Occasionali note marginali.

L’epistola 1, 2, 3-4 è acefala (inc.: [Or]dinum video perspicio), mentre la 1, 3 è copiata di seguito alla precedente, senza soluzione di continuità; l’epistola 1, 5a è mutila (expl. De tuis rebus et agendi et coitandi). L’apparato decorativo, molto essenziale, è costituito dall’iniziale Q di Quamquam te, Marce, in foglia d’oro (mm 33×37) a f. 2r, a bianchi girari, inserita su fondo policromo (blu, verde, rosso) e profilato in blu a puntini bianchi. Iniziali cromatiche alternativamente in rosso e blu all’inizio delle partizioni maggiori del testo. Rubricati i titoli dei libri di cui si compone l’opera e dei paragrafi, apposti per lo più a margine e solo talvolta inseriti nel testo. Stato di conservazione nel complesso abbastanza buono; il danno più grave è rappresentato dal distacco quasi totale del f. 1; danni alla cucitura; il f. 2 reca una lacerazione in basso, precedente alla foliazione. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione, lievi danni da uso al dorso. Taglio decorato. Sul dorso in alto si legge (in oro): M(ARCI) TULLII / CICERONIS / DE OFFICIIS / LIB(RI) III; in basso (in oro): COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

A f. 2r stemma non identificato (scudo a testa di cavallo, di rosso alle tre tazze d’argento cerchiate in oro, sostenuto da due leoni rampanti e affrontati). I dati contenuti nella sottoscrizione del copista al f. 85v (N M / 3 Iunij LXXIIII Bonon.) non sono sufficienti per identificare lo scriba e localizzare con maggior precisione la confezione del manoscritto, che, per la decorazione, si può assegnare in maniera generica ad area centroitaliana. Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 133 nr. 289), dal canto suo, pensava a un’origine fiorentina, che sembra trovare riscontro nell’apparato decorativo ma non nella pur indeterminata sottoscrizione. Non è chiaro poi se la nota di possesso apposta in alto al f. 1r, databile probabilmente all’inizio del XV secolo, sia da riferirsi all’intero codice oppure solo al f. 1, di altra derivazione e inserito nel corpo del manoscritto solo posteriormente. (SILVA TAROUCA, III, 28r; Bibl. Rossianae, IV, 175r) GOLLOB, Die Bibliothek, 18; TIETZE, Die illuminierten, 133 nr. 289; Manuscrits classiques latins, 438.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 420 (olim IX, 110) MATTEO PALMIERI, Della vita civile stampato in antico Italia (Firenze), sec. XV2

Ross. 420, f. 2r

Membr.; ff. VI (I moderno, carta di colore azzurro come la controguardia), 64, V’ (cart.). Presenti tre tipi di foliazione. La prima moderna, meccanica e progressiva posta nell’angolo inferiore destro del recto, segna l’intero codice. La seconda, coeva alla realizzazione del manoscritto, verga, all’angolo superiore destro con inchiostro bruno e cifre romane, il recto dei ff. 11 (X), 21 (XX), 31 (XXX), 41 (XL), 51 (L), 61 (LX). Lo sfalsamento tra le due numerazioni è dovuto al moderno conteggio che ha numerato anche il foglio con il titolo (f. 1r), escluso dall’antica foliazione. Infine la terza, sempre di età moderna, a lapis, verga la numerazione sull’angolo superiore destro del recto dei ff. 2, 62-64 con cifre arabe. Richiami visibili sul verso del margine inferiore, alla fine del fascicolo. Il codice misura mm 283×201. La scrittura umanistica corsiva si dispone su 41 righe ed è vergata da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare il Proemio, gli incipit

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ROSS. 416-420

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e i nomi dei personaggi che compaiono nei testi dialogati. I ff. 63v e 64r-v sono bianchi. Lo specchio di scrittura è di mm 210×128 ed è composto da 40 righe. Rigatura a mina di piombo. Notabilia di età coeva. Lingua italiana.

La decorazione del codice è costituita da: 1 iniziale maggiore decorata a bianchi girari (mm 33×30), 4 iniziali medie calligrafiche che segnano l’incipit dei diversi libri (media mm 19×19). L’iniziale maggiore è racchiusa in un campo di forma quadrangolare di colore blu, il corpo in foglia d’oro emerge dal fondo realizzato nei colori rosa antico e verde illuminati da puntinatura in oro. Due terminazioni floreali si allungano sul margine esterno; su quello inferiore è una piccola farfalla. f. 2r: iniziale M di Molte volte pensando. Incipit del Proemium. La decorazione miniata del codice appare molto semplice e limitata alla iniziale a bianchi girari della pagina di incipit. Compreso da Tietze (Die illuminierten, 117-119 nr. 244) nel nutrito gruppo dei manoscritti rossiani di matrice toscofiorentina, l’esemplare mostra all’analisi stilistica consonanze con tale tipologia di ornato nelle terminazioni floreali, nella cromia impiegata e nell’intreccio dei racemi. Inoltre la menzione (f. 1r) di Matteo Palmieri, autore del testo, e di Alessandro Alessandri, committente dell’opera, entrambi fiorentini, sembra confermare l’ambito geografico di produzione. La presenza della piccola farfalla che ingentilisce il girale e la sottigliezza del segno grafico porta a ipotizzare una datazione vicina alla seconda metà del secolo. Discreto lo stato di conservazione. La pergamena appare ingiallita e macchiata in diversi fogli; si segnala l’attacco di tarli in diversi punti; lacerazione sferica a f. 1. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge: M(ATTEO) / PALMIER(I) / DELLA / VITA / CIVILE, in basso CO(DICE) ME(MBRANACEO) SEC(OLO) XV. Committente dell’opera, come viene ricordato a f. 1r, è Alessandro Alessandri: «Prohemio del libro della vita civile composta da Matteo Palmieri / fiorentino ad Alessandro Alessandri optimo cittadino». Sulle vicende successive del codice non si ha alcuna notizia sino all’acquisizione da parte di Giovan Francesco de Rossi. (Bibl. Rossianae, IV, 179r) TIETZE, Die illuminierten, 117-118 nr. 244.

NATALIA FALASCHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 421 (olim IX, 111) MICHAEL SCOTUS, Astronomiae liber secundus qui dicitur liber particularis (ff. 1r-48v), Libellus physionomiae (ff. 49v71v; preceduto da un proemio a f. 49r-v), Futura presagia Lombardiae, Tusciae, Romagnolae et aliarum partium (f. 72r-v) Roma-Napoli, sec. XIVin. (d.to 1308 marzo 6) (f. 72r, rubricato) explicit: Explicit liber Michaelis Scotti astrologi d(omi)ni Frederici Rome Imp(er)atoris et se(m)p(er) Augusti que(m) libru(m) compilavit q(uas)i vulgalit(er) (sic) ad p(re)ces ia(m) d(i)c(t)i Imperato(r)is et no(n) t(antu)m ad sui (sic) laude(m) q(uan)tu(m) fec(it) ad s(er)vitiu(m) et ad utilitate(m) scolariu(m) novitio(rum) q(ui) ex gra(n)di (sic) amore sapi(enti)e cupiu(n)t de quadrivio adiscere arte(m) astronomie. MCCCVIII, Ross. 421, f. 23r Ind(iction)e VI die VI ma(r)tii (il seguito, abraso, era posto a guisa di glossa su sei linee). Membr. (pergamena giallastra, a tratti molto spessa, forte contrasto tra lato pelo e lato carne); ff. V (cart., il primo in cartoncino azzurro), 72, V’ (cart., l’ultimo in cartoncino azzurro); mm 273×185 (media delle misure). Numerazione antica in inchiostro in alto a destra sul recto di ogni foglio. Richiami in fine di fascicolo al centro del margine inferiore, in orizzontale, vergati in inchiostro bruno e riquadrati da sottilissima cornice e decori in rosso e bruno. Scrittura textualis, testo a piena pagina, specchio mm 216×155 (misure prese a f. 31v), su 40 linee. Rigatura quasi invisibile a punta metallica su ogni recto e verso.

L’apparato decorativo è composto da 3 iniziali istoriate (ff. 1r, 49r-v); miniature senza cornice alternate al testo (ff. 12v, 13r-v, 15v, 16r, 22v, 23r, 26r, 30v, 37r, 63r) con immagini di diverso argomento; iniziali decorate (37r, 58v, 65v). Titoli rubricati, così le iniziali di paragrafo (di dimensioni pari a due linee di testo) e i pie’ di mosca. Toccate di rosso anche alcune lettere. La tavolozza pittorica utilizzata nelle illustrazioni si limita all’uso del verde-blu, azzurro, viola e rosso. Gli incarnati (cfr. ad es. f. 23r) sono piuttosto scuri, ribaditi su una base verdastra. f. 1r: iniziale C di Cum ars astronomie (mm 55×58), all’incipit dell’opera, con l’imperatore Federico II seduto, intento alla lettura di un libro (probabilmente l’opera dello Scoto), posto dinanzi, su un leggio a colonna. Ha fondo in foglia d’oro (ormai quasi del tutto deperdita), corpo rosso in campo blu riquadrato da sottile cornice ocra. Sul fondo blu che incornicia la let-

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ROSS. 421

f. 12v: f. 13r: f. 13r:

f. 13v:

f. 15v:

f. 16r:

f. 22v: f. 23r:

f. 26r: f. 30v: f. 37r:

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tera in alto e in basso ai margini due piccoli tondi raffiguranti il sole e la luna. Dalla lettera si dipartono due fregi fogliacei in rosso e blu con globi aurei. Oltre la cornice, in alto, emerge un profilo barbuto, con berretto frigio gemmato (il ritratto di Michele Scoto?). Poggiato sul fregio che corre al margine superiore, un uccello col becco rivolto al volto ritratto. la raffigurazione dell’universo (mm 84×84) realizzata con cerchi concentrici in inchiostro bruno. Al centro la terra. l’orbe tripartito (mm 53×60) circondato dall’oceano. Inchiostro bruno e verde. una ruota (diametro mm 77) in inchiostro bruno, divisa in quindici spicchi e cinque sezioni concentriche all’incipit del De nomine elementorum similis convinctorum con, dall’esterno: i mesi, il riferimento ad aria, acqua, fuoco e terra, i segni zodiacali, le stagioni, la scritta corpus humanum (una lettera collocata in ciascuna sezione). Accanto in rosso, verde, viola, un rettangolo (mm 35×68) decorato a righe orizzontali, con cornici intrecciate. negli stessi colori dei disegni del foglio precedente è uno schema a righe intrecciate (mm 119×132), in riferimento al passaggio testuale corrispondente, d’argomento astronomico. la raffigurazione del sole e della luna inseriti all’interno del firmamento celeste (mm 47×47); Expo(s)itio rote sup(er)i(or) notate recita il titolo rubricato. Cornice rossa. la raffigurazione delle stelle (mm 35×70). Titolo rubricato accanto all’immagine De no(m)i(n)e stella(rum) celi et de cau(sis) ea(rum) stabilitate motu et significatione. un diagramma circolare (diametro mm 130) riassume schematicamente le direzioni dei venti. Nella sezione de quarto vento ventorum. la ruota dei venti (mm 175×170). Posti attorno, i venti rappresentati da volti umani: connotati dai nomi scritti accanto (in alcuni casi non più leggibili) e ciascuno caratterizzato da una diversa acconciatura o copricapo aggiornati alle tendenze e alle mode del tempo. Tramontana (testa coronata); Grecale (capigliatura folta); Levante (uomo barbuto e canuto); Scirocco (monaco con lungo cappuccio azzurro verde); Ostro (uomo biondo); Libeccio (uomo con cappuccio rosso bordato di bianco); Ponente (donna con frenello) e Maestrale (uomo con cappello a tesa rialzata e lunga punta anteriore). Nella sezione de quarto vento ventorum. la raffigurazione del sole e dell’arcobaleno (mm 70×130) nella parte de arcu celi (iniziata a f. 24v). un dardo (mm 18×72), su fondo rosso riquadrato in blu, de sagitta tonitrus. iniziale C (mm 47×53, non introduce alcuna parola, cfr. infra) rosa su un fondo blu racchiuso in una sottile cornice ocra; la cornice si intreccia con l’inquadratura sottostante a un’angolazione di 150° ca. Dalla lettera si dipartono fregi di foglie accartocciate (arancio, azzurro verde, bordeaux e grigio). All’interno, tra gli intrecci a terminazione vegetale, fondo in foglia

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f. 49r:

f. 49v:

f. 58v:

f. 63r:

f. 65v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

d’oro. Accanto alla lettera decorata una figura geometrica in inchiostro bruno (diametro mm 60): una cornice circolare in cui è inscritto un quadrato contenente un piccolo cerchio. Incipit di De fu(n)damento terre et d(e) mirabilibus mu(n)di. iniziale istoriata O di O imperator (mm 47×53), al prohemium del Liber physionomie. L’imperatore sembra conversare con un personaggio (lo Scoto?) abbigliato con una sopravveste porpora senza maniche a mostrare la veste azzurra sottostante. Iniziale in corpo rosa su campo blu racchiuso da sottile cornice ocra finita da linea nera, decori a biacca. Fondo in foglia d’oro (parzialmente deperdita); piccoli decori fogliacei su tre dei quattro spigoli della cornice. Globi aurei. iniziale O di O nobilis imperator (mm 44×53), all’incipit del Liber physionomie, istoriata con l’immagine, quasi illeggibile, dell’imperatore seduto in conversazione (con lo Scoto?). Con corpo azzurro, foglia d’oro, campo viola, cornice ocra definita da un sottile filetto nero. Due fregi fogliacei si dipartono da due spigoli e si allungano sul margine esterno del foglio in alto e in basso. Decori in biacca. iniziale decorata R di Revertentes autem doctrinam physionomie (mm 44×42), all’incipit della seconda parte del Liber physionomie. Ha corpo grigio, fondo porpora, campo blu senza cornice. Le linee che danno vita alla lettera si allungano all’interno avvolgendosi a spirali con terminazione vegetale; esternamente si dipartono due brevi fregi, vegetali anch’essi, sul margine esterno del foglio. l’immagine di un uomo (mm 76×55), in corrispondenza di De notitia sternutationis, racchiuso entro una semplice cornice de penna, appare intento a contare: la mano destra mostra il mignolo e il pollice uniti. Indossa una cuffia bianca, una cioppa rossa con collo di vaio, che mostra in basso l’abito scuro sottostante. iniziale decorata A di Ad particulas (mm 50×47), all’incipit della terza e ultima parte del Liber physionomie, in tutto simile a quella di f. 58v, in pessimo stato di conservazione. Tracce di foglia d’oro alle terminazioni fogliacee interne.

Il Ross. 421 tramanda il Liber particularis di Michele Scoto, opera appartenente all’omogeneo gruppo di testi di contenuto astrologico realizzati nel terzoquarto decennio del secolo XIII, di cui fanno parte anche il Liber introductorius e Physionomia. Il Liber particularis è testimoniato in numerosi esemplari conservati in biblioteche di tutta Europa, tra i quali: Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. Misc. 555, ai ff. 1r-59r (a. 1256); Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. L 92 sup., ai ff. 1r-89r (a. 1256); Bibliothèque nationale de France, ms. nouv. acq. lat. 1401, ai ff. 129r-162v (mutilo e acefalo posto a seguire il Liber introductorius, di produzione italiana e databile al 1279); Biblioteca di El Escorial, ms. e. III. 15 (mutilo); Berlin, Deutschen Nationalbibliothek, ms. lat. 550 (HASKINS, Studies in the History, 290-291, n. 117).

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ROSS. 421

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L’esemplare rossiano si discosta dalla tradizione perché privo dell’incipit (Incipit liber particularis Michaelis Scotti astrologi domini Frederici Rome imperatoris et semper augusti quem secundo loco breviter compilavit ad eius preces in nomine Iesu Christi qui fecit celum et terram in intellectu, prohemium, cfr. THORNDIKE, Michael Scot, 122). L’iniziale C a f. 37r, inoltre, avrebbe dovuto introdurre il passaggio testuale Cum diutissime Fredericus imperator Rome et semper Augustus oppinatus fuisset per institutum ordinem a semetipso tràdito, oltre che dal rossiano, da esemplari quali il ms. Canon Misc. 555 (Oxford, Bodleian Library), f. 44v, e il nouv. acq. lat. 1401 (Paris, Bibliothèque nationale de France), f. 156v. Si tratta di un testo posto all’interno del Liber particularis come un addendum dal titolo De fundamento terre et de mirabilibus mundi. Nel rossiano la C resta isolata e il testo inizia con le parole che seguono: de varietatibus totius terre que sunt et app(ar)ent in ea super eam inter eam et sub ea, introducendo i quesiti posti da Federico a Michele Scoto sugli argomenti più vari, seguiti dalle risposte dell’autore. Sotto l’aspetto decorativo appare opportuno il confronto dell’esemplare rossiano con le immagini che arricchiscono il messale di Salerno, Museo della Cattedrale, già ricondotte al cosiddetto Maestro del Messale di Salerno secondo la tesi di Ferdinando Bologna (Paris, BOLOGNA, Opere d’arte, 23-26; La pittura italiana, 87-88; I pittori alla corte angioina, 55-57; Momenti della cultura figurativa, 244) e autore di una parte (i ff. 1r-165v, BOLOGNA, Il ‘Tito Livio’, 41-116) del codice noto come il ‘Livio di Petrarca’ (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 5690). Di tale miniatore la critica è concorde nel riconoscere lo stile maturato sugli esempi figurativi provenienti da Parigi e filtrati attraverso gli ateliers universitari bolognesi, senza certezze sulla provenienza e il luogo di attività. François Avril (AVRIL, Scheda nr. 49, 262-263) e Marie-Thérèse Gousset (GOUSSET, Scheda nr. 176, 226-228) hanno ribaltato tali tesi a favore di una genesi romana dell’intero manoscritto del Petrarca, affiancandolo a opere romane della fine del sec. XIII (ad esempio la Cronique d’Outremer jusqu’en 1274, databile al 1295, oggi alla Bibliothèque nationale de France, ms. fr. 9082). Il confezionamento dell’esemplare parigino del Livio, ribadito dal catalogo dei miniatori (ZANICHELLI, s.v. Maestri del Livio, 434-436), pare ancora oscillare tra Roma e Napoli in un ampio arco temporale che abbraccia gli ultimi anni del sec. XIII fino al primo quarto del successivo. Il Ross. 421, datato 1308, condivide con gli esempi appena citati le linee progettuali e gli indefinibili contorni stilistici che, in assenza di solide conferme documentarie, contribuiranno ad alimentare, probabilmente a lungo, dibattiti per ancorare nel tempo e nello spazio questo importante gruppo di testimonianze miniate. Mediocre stato di conservazione: un fascicolo quasi completamente distaccato (ff. 17-24), uno solo parzialmente (ff. 34-39); le iniziali istoriate sono quasi illeggibili. Il primo foglio, con inchiostro dilavato a macchie, denuncia la quasi totale caduta della foglia d’oro dell’iniziale. Vasti annerimenti della pergamena (soprattutto a ff. 9v-12r); una lacerazione al foglio 63.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in lettere capitali, è riportato: in alto MICHAELIS / SCOTTI / ASTROLOGIA, in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / ANNI 1308. (SILVA TAROUCA, III, 30r-33r) TIETZE, Die illuminierten, 73 nr. 105; VAN BALBERGHE, Un album, 315; Scriptorium, 52 (1998), B 635; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 12.

MICHELA TORQUATI

Ross. 424 (olim IX, 114) Tavola dei contenuti (ff. 2r-9r). Laudes: IACOPONE DA TODI (ff. 10r-31v e 146v153r?). UGO PANZIERA DA PRATO (ff. 31v-108v). BATTISTA MALATESTA (ff. 110r-112r e 153v-155r). LEONARDO GIUSTINIAN (ff. 112r-117r). FEO BELCHARI (ff. 117r-146v, 155r-159v e 176v-190r). GIROLAMA MALATESTA (f. 153r-v). BIANCO DI SANTI DA SIENA (ff. 160r-176v e 190r-199v). ANTONIO DI GUIDO (f. 200r). GIROLAMO SAVONAROLA (ff. 200v-204v). IL THOLOSANO (ff. 204v-208r, 208v-210r, 216r). FRANCESCO LANDINI (f. 208r). IACOPO BRACHALI PISTOIESE (f. 208r-v). CASTELLANO CASTELLANI (ff. 210r213v). HIERONIMO BENIVIENI (ff. 213v-215v). Lauda anonima (f. 216v) Italia centro-settentrionale/area padana (Siena? Ferrara?), sec. XV, metà (f. 1r) iscrizione: † yhs / Libro di laude di Pandolfo Rucellai. Richordasi per chi l’avesse di rimandargliele

Ross. 424, f. 10r

Membr. (pergamena di buona qualità abbastanza sottile, a eccezione dei primi fogli utilizzati per le tavole dei contenuti); ff. II (cart.), 216, II’ (cart.). Numerazione moderna meccanica in basso a destra sul recto di ogni foglio. Una seconda numerazione in alto a destra (antica?), a inchiostro, inizia a f. 10, conta tre fogli (1-3), salta ai ff. 18-21 (considerandoli 9-12), 23 (14), 34-35 (25-26), 69 (60), 89 (80), 96 (87), 102-106 (93-97),108-117 (99-108), 120-131 (111-122), 142 (133); da f. 184 a 216 la numerazione è d’altra mano, segue il conteggio iniziato dalla seconda e numera i fogli come 175207. Si intravedono ulteriori numerazioni già realizzate a matita e poi cancellate nel margine superiore destro. Un’altra sporadica numerazione a matita compare al centro del margine inferiore di alcuni fogli (ad esempio ff. 86v105r) senza alcuna corrispondenza con le al-

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ROSS. 421-424

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tre. Sottile rigatura a inchiostro bruno. Richiami di fascicolo presenti ai ff. 19v, 29v, 39v, 49v, 59v, 69v, 79v, 89v, 99v, 139, 149v, 169v, 198v in verticale, in prossimità della legatura; mm 273×195. Sempre rispettata la regola di Gregory, tranne che ai ff. 188v-189r e 198v199r, in corrispondenza di un quinterno inserito per completare il testo (cfr. infra). Scrittura gotica calligrafica, con movenze umanistiche, a inchiostro bruno, su una colonna di 40 linee (specchio scrittorio mm 190×112) fino a f. 116v; da f. 117r il testo è disposto su due colonne (mm 190×139, intercolumnio mm 6) con lo stesso numero di linee ma con ripetuti cambi di mano e di grafia. Una mano si occupa di vergare il testo da f. 117r probabilmente fino a f. 129v (a f. 123v si nota un cambio d’inchiostro, ma non di copista, in corrispondenza della laude di Feo Belcari). Il f. 109 è rigato ma non scritto. In questa parte (ff. 117r-129v) sono presenti unicamente gli spazi riservati alle letterine alternate in rosso e blu (poste abitualmente a segnare l’inizio della nuova lauda), mai realizzate. Da f. 130r interviene nuovamente il primo copista che verga il testo fino a f. 155r dove, ancora in corrispondenza delle laudi di Feo Belcari, è il secondo a operare fino a f. 159v. Accade nuovamente a partire da f. 176v fino a 199v (il testo comprende qui anche laudi di Bianco Ingesuato). Un’altra mano, in umanistica corsiva, verga i ff. da 200r fino a f. 204v (compresa la toppa cartacea), testo di Girolamo Savonarola; da f. 204v in una corsiva d’altra mano è vergato il testo fino a f. 206r, con un inchiostro bruno e punta sottile. Alla fine di f. 206v (inizia la Lauda de Magi adoranti Cristo: composta per il Tholosano) interviene una mano ulteriore che opera fino a f. 216r (l’inchiostro appare a tratti sbiadito). Conclude il codice un testo vergato a f. 216v da una mano ulteriore. La tavola dei contenuti mostra aggiunte successive, riferite alle laude d’altra mano.

(f. 115r): notazione a margine (cinquecentesca?) riporta otto versi in corsiva accanto alla lauda di Leonardo Giustiniano. (f. 125v): F(rater) Hier(onimus) Savon e una freccia a indicare il verso in cui è scritto: Ycto fe dolce Idio Signore eterno lume et conforto et vita del mio core. La stessa mano numera il foglio successivo (e gli altri in alto a destra) come 117. Annotazioni del copista in inchiostro rosso, in corrispondenza dello spazio abitualmente riservato ai titoli: (f. 80r): «Queste tre stanze seguenti o trovate in alcuno libro ma per chelle non mi paiono facte dall’auctore della laude di sopra ma più tosto agiunte da altri però lo poste qui apresso separate». (f. 102v): «Istas quatuor stantias sequentes inveni in quodam libro permistas (?) cum laude superiorii». A f. 204v il testo di una delle due colonne è trascritto su una carta incollata. Si intravede il testo vergato sulla pergamena sottostante. L’apparato decorativo del codice è costituito da una pagina d’incipit con un’iniziale istoriata; moltissime letterine rosse e blu (due linee di scrittura) alternate in apertura di ciascuna lauda. f. 10r: pagina d’incipit. Iniziale A di Amor di caritate (mm 38×40), all’incipit della Lauda 89 (inc. Amor de caritate, perché m’ài ssi feruto) istoriata con la figura di Iacopone barbuto in abiti francescani che stringe al petto un libro chiuso. Corpo della lettera in due tonalità di rosso con sottili decori a biac-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ca. Campo in foglia d’oro, fondo verde. Dalla lettera si diparte un fregio di fiori, foglie, decori a penna e globi aurei che incornicia parzialmente i lati interno e superiore. Nel bas-de-page due putti alati sorreggono un porta stemma muto, incorniciato da corona di lauro bordata in foglia d’oro. Sotto e ai lati un fregio in tutto simile a quello già descritto. Il Ross. 424 mostra affinità d’impianto con il laudario conservato a Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 2762. La pagina d’incipit del codice fiorentino (databile alla metà del sec. XV) si apre con la stessa lauda e con un’iniziale analoga (differisce il libro tra le mani del santo, che in questo caso Iacopone mostra aperto); il testo è disposto su un’unica colonna con lo stesso numero di linee del rossiano, che riporta però in apertura le tre linee d’incipit in latino assenti nel riccardiano. Sotto l’aspetto decorativo è coerente il confronto con il Ross. 651 (vedi in questo catalogo), come questo assegnabile ad ambito senese e databile alla metà del sec. XV. La tavolozza cromatica, la consistente carnosità delle volute vegetali, la terminazione a globi aurei dei fregi sul lato esterno avvicinano il ridotto apparato decorativo dell’esemplare alla coeva produzione della città toscana. Tuttavia alcuni elementi in aggiunta, come l’uccellino dal piumaggio bicromo e dal becco lungo rivolto verso l’alto inserito nel margine inferiore e i genietti alati reggistemma (i cui corpi mostrano tratti scultorei resi con un forte chiaroscuro, ali poco definite dal colore piatto e un’espressione caratteristica dei volti) alle prese con un’impresa rimasta muta, suggeriscono in qualche modo di considerare anche un intervento di mano vicina ad ambito ferrarese. A questo proposito forse, benché si tratti solo di una suggestione, può considerarsi l’ipotesi che Pandolfo Rucellai sia entrato in possesso dell’esemplare in occasione della sua ambasceria a Ferrara, nell’anno 1473, in occasione delle nozze del duca Ercole d’Este con Eleonora Gonzaga. Al codice, i cui contenuti testuali dovrebbero considerarsi tràditi da esemplari esclusivamente d’area senese (cfr. AGENO, Il Bianco, XVII) e il cui impianto formale si fonda su un modello già utilizzato (come si diceva a proposito dell’esemplare riccardiano), si accostano dunque dettagli decorativi di gusto ferrarese, lasciando aperta la possibilità di un intervento a quattro mani o ancora di una confezione prodotta in un atelier nel quale si trovavano al lavoro identità artistiche diverse responsabili di esemplari “di confine”. Codice in buono stato di conservazione, ingiallimento della pergamena solo sui primi fogli e rari difetti di concia (ad es. ff. 146, 188 e 216); un rattoppo a f. 176. Legatura Rossi A, uno strappo incipiente della pelle del piatto posteriore in corrispondenza dell’attaccatura al corpo dell’esemplare. Sulla coperta in pelle marrone incisioni in oro sui piatti, all’interno e all’esterno. Sul dorso in lettere capitali si legge: in alto LAUDE ANTICHI / SPIRITUALI (sic) DI / DIVERSI AUTORI, al centro in modulo minore: M(ANU)S(CRIPTUS) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULORUM) 14.15. Taglio dorato e decorato.

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701

ROSS. 424-425

Entrato a far parte della collezione del de Rossi, il codice faceva senz’altro parte del gruppo da lui inviato al bibliotecario Telesforo Bini, perché questi ne analizzasse i testi creandone un’edizione critica (BINI, Rime e prose). Il Bini non specifica nell’edizione quali manoscritti rossiani abbia consultato unitamente ad alcuni altri esemplari che tramandano l’opera di Iacopone da lui consultati in altre biblioteche italiane (a Firenze, a Venezia, a Siena). Del gruppo facevano forse parte anche i Ross. IX, 124; X, 32 (Ross. 651, in questo catalogo) e XI, 280. (Bibl. Rossianae, IV, 184r) TIETZE, Die illuminierten, 122 nr. 253; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 333; Versi di Castellano Castellani, 281-350; Bulletin 371, 184-185; Bulletin 469, 220; BUONOCORE, I codici miniati, 176, n. 64.

MICHELA TORQUATI Ross. 425 (olim IX, 115) RUPERTUS ABBAS TUITIENSIS, De glorificatione (incipit: de sanctificatione) sancte Trinitatis (ff. 11r-112r); Libellus de meditatione mortis (ff. 112r-124v); preceduti da: Epistula nuncupatoria (ff. 1r-2v); Index capitulorum (ff. 2v-11r) Area franco-mosana, sec. XII, seconda metà Membr.; ff. I (in cartoncino bianco, come la controguardia), 124, I’ (in cartoncino bianco come la controguardia; numerazione antica non contemporanea al codice, in cifre arabe in alto a destra e inchiostro nero da f. 1r a f. 15r, e ai ff. 25r, 30r, 40r, 50r, 60r, 70r, 75r. La stessa mano numera erroneamente il f. 79r come 80r, e continua nell’errore ai ff. 84r, 89r, 94r, 99r, 107r, 109r, 112r, 114r, 119r, 124r, numerati correttamente da una mano successiva, che depenna la cifra errata e che segna anche i fogli sui quali manca la numerazione antica. Non vi sono richiami, ma, a iniziare dal secondo fascicolo, si scorgono, sul recto del primo foglio, indicazioni di registro numeriche, vergate in cifre romane sul secondo e sul terzo e in cifre arabe sui restanti tredici fascicoli. Il manoscritto misura mm 284×184 (misure prese a f. 1r); scrittura gotica incipiente sui ff. 2r-124v di un’unica mano e, al f. 1r-v, scrittura umanistica, inchiostro nero per il testo, in alcuni casi bruno per gli incipit. Il testo è disposto su una colonna di scrittura (mm 212×126), di 33 linee; rigatura a secco, probabilmente realizzata a fascicolo chiuso. Si notano, inoltre, i fori guida. Note di una mano umanistica (forse la stessa che verga il f. 1r-v) ai ff. 27r (margine superiore) e 124v (margine inferiore).

L’apparato decorativo del manoscritto si compone di 11 iniziali maggiori in monocro-

Ross. 425, f. 12v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

mo (ff. 11r, 12v, 21v, 33r, 43v, 54v, 66r, 77r, 87r, 96v, 112r), in apertura del prologo, dei nove libri che compongono l’opera principale e del Libellus de meditatione mortis. Si segnala, inoltre, la presenza di numerose iniziali medie (da un massimo di quattro linee di scrittura a un minimo di due) e minori vergate con inchiostro rosso e color porpora. Con gli stessi inchiostri sono realizzate, all’interno del testo, anche le rubriche, il numero dei libri e, dove presenti, i riempilinea (per es. ai ff. 78r, 82r). Una mano quattrocentesca indica il numero dei libri sul margine superiore dei fogli e dal f. 112r verga il titolo corrente dell’opera, Tractatus mortis. f. 11r:

f. 12v:

f. 21v: f. 33r:

f. 43v: f. 54v: f. 66r:

f. 77r:

f. 87r: f. 96v: f. 112r:

iniziale Q di Quidfaciam ophilo Cristi (mm 74×72), tracciata a penna con inchiostro porpora, è decorata con un tralcio vegetale che termina con carnose palmette trilobate. Il corpo della lettera è rialzato con campiture dello stesso color porpora e interessato da decorazioni geometriche. iniziale T di Thesaurus desiderabilis (mm 92×88), decorata come la precedente e come sarà anche per le successive, con un tralcio vegetale e inserzioni, sul corpo, di motivi geometrici e campiture di colore. iniziale Q di Qui thesauros (mm 42×48), decorata con un tralcio vegetale e motivi geometrici. iniziale B di Benedicentes dominum (mm 83×55), arricchita da una decorazione a tralcio vegetale. L’asta verticale sembra connessa alle due pance, e queste tra di loro, da tre legacci decorati con motivi geometrici. iniziale S di Sapientis viri (mm 56×42), decorata con un tralcio vegetale. iniziale S di Spes nostra (mm 59×42), arricchita da un tralcio vegetale. iniziale Q di Quotiens de gratia (mm 77×77). Lo spazio interno della lettera è occupato da una decorazione a tralci vegetali, terminante con palmette e, nella parte centrale, con un grosso fiore. La coda della lettera, che attraversa in basso il testo, vergato riservando a essa lo spazio necessario, è sostituita dal corpo di un drago. iniziale G di Gaudemus in ista (mm 73×68). Il corpo della lettera è sostituito interamente da quello di un drago, dalla cui coda nasce il tralcio vegetale che si sviluppa nello spazio vuoto dell’iniziale. iniziale C di Canticum domini (mm 47×51) con un intreccio vegetale. iniziale G di Glorificationem tuam (mm 41×33), decorata come la precedente, con un semplice intreccio vegetale. iniziale Q di Quid nunc (mm 48×46), arricchita al suo interno da un tralcio desinente in foglie e palmette. La coda, che attraversa in basso due linee di testo, è sostituita da una grossa foglia, campita con lo stesso inchiostro porpora utilizzato per la realizzazione dell’iniziale.

Dal punto di vista sia paleografico (il copista appartiene a una cultura grafica di transizione dalla carolina alla gotica) sia decorativo (gli intrecci larghi e corposi che si concludono con desinenze carnose di palmette trilobate, la presenza di un’ornamentazione sul corpo della lettera che sembra richiamare la tecnica orafa, la monocromia come scelta estetica, che porta a realizzare le iniziali con lo stesso inchiostro color porpora della rubrica), e anche per la mise-en-page in cui

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ROSS. 425

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le iniziali occupano lo spazio a esse riservato senza la mediazione di una cornice, il manoscritto sembra potersi assegnare a una produzione di area franco mosana e collocare nella II metà del secolo XII. Si potrebbe proporre un confronto con le Homeliae di Origene, ms. 9136 della Bibliothèque Royale Albert Ier di Bruxelles (LAPIÈRE, La lettre ornée, 146-147), dove però il linguaggio decorativo è forse ancora più accentuatamente zoomorfo, e soprattutto con il più tardo (II metà del sec. XII) De bello Iudaico, ms. 10855 della stessa biblioteca. Entrambi i codici si assegnano alla produzione dello scriptorium dell’abbazia benedettina di SaintLaurent a Liegi, produzione di cui è stata giustamente sottolineata l’eleganza e la sobrietà decorativa, che ritroviamo anche nell’esemplare rossiano. Forse ancora più calzante appare il confronto con manoscritti allestiti presso l’abbazia di SaintTrond (LAPIÈRE, La lettre ornée, 199 ss.), in particolare con l’editoria legata al mandato abbaziale di Wéric (1155-1180), e con quelli prodotti nell’abbazia di SaintHubert, negli anni nei quali si rafforzano i rapporti tra le due strutture (LAPIÈRE, La lettre ornée, 206-216; STIENNON, Documents inédits, 169-180). Proprio ai codici ornati in questi scriptoria nel III-IV quarto del secolo XII, e in particolare al De civitate Dei di Agostino, ms. 62 della Bibliothèque de l’Université di Liegi (LAPIÈRE, La lettre ornée, 212-214, 399 nr. 102; FIESS-GRANDJEAN, Catalogue la Bibliothèque, 96), si può accostare il Ross. 425. Significativo in particolare il confronto tra la Q di Quotiens di f. 66r del rossiano e la Q di Quoniam a f. 176r del manoscritto mosano: entrambi gli esemplari propongono un’ornamentazione di tipo caledoscopico, in cui, se pure l’attenzione alla struttura morfologica non viene mai meno, l’elemento zoomorfo si sostituisce, in tutto o in parte, al morfema grafico e, nel contempo, diviene principio generatore della decorazione a intrecci vegetali che campisce per intero il fondo delle lettere; in entrambi i codici, inoltre, hanno un ruolo significativo, nella definizione della facies decorativa, le suggestioni dalla coeva oreficeria mosana. Il manoscritto appartenne alla biblioteca del Collegio Capranica. Nel Catalogo Capranica è repertoriato al nr. 98. Non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze, ipotizzare come venne in possesso del cardinale Firmano. Le condizioni del codice sono mediocri. Si segnalano infatti molti difetti di concia (per es. ai ff. 5, 7, 40, 56, 57, 112) e rammendi ai ff. 30 e 108. Legatura Rossi A, restaurata e in ottime condizioni. Sul dorso si legge in alto ROUTPERTI / MONACHI / DE / TRINITATE / ET / PROC(ESSIONE) SP(IRITUS) SAN(CTI); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIII / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FI(RMANI). (SILVA TAROUCA, III, 39r-v; Bibl. Rossianae, IV, 183r) SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 426 (olim IX, 116) NICOLAUS DE LYRA, Postilla super librum psalmorum Italia centrale (Toscana), sec. XV2 (f. 185r) explicit: Explicit postilla sup(er) librum psalmorum edita a fratre Nicholao de Lyra Ordine fratrum minorum sacre teologie doctore Huic scribat simile qui dixerit hoc fore vile. Si melius fuerit plus sibi laudis erit (f. 185r) colophon: Iohannes notarius de Pistorio scripsit et exemplavit. Deo gratias (f. 187r) explicit: Deo gratias. Amen Membr. (pergamena consistente e molto rovinata); ff. VI, 187, V’ (I e V’ in cartoncino blu come le controguardie; gli altri sono tutti cart. moderni; VI membr. anepigrafo sul Ross. 426, f. 1r verso, non fa parte del primo fascicolo); foliazione manuale moderna in alto a destra, a inchiostro nero, in cifre arabiche; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso del foglio, nel margine inferiore a destra; mm 280×208; scrittura testuale gotica di una sola mano, a inchiostro bruno; glosse marginali di una mano diversa da quella che trascrive il codice; specchio scrittorio (mm 222×156) a due colonne di 45 linee di scrittura, con spazio intercolonnare di mm 18; rigatura a mina di piombo, eseguita su recto e verso di ogni foglio, con le righe che inquadrano lo specchio scrittorio che giungono a toccare i margini superiore, inferiore ed esterno; visibili i fori, sul margine esterno, praticati per eseguire la rigatura; il codice si apre con il lato pelo del foglio di guardia membranaceo.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 3 iniziali maggiori fitomorfe (mm 98×54); numerose iniziali medie e minori filigranate alternativamente rosse e blu; segni di paragrafo rubricati; ai ff. 185v-186v non sono state eseguite le iniziali minori filigranate previste, lo spazio riservato è rimasto vuoto; letterine rilevate in rosso. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 4v, 144v; tutte le iniziali sono inserite in uno spazio riservato campito in giallo e profilato in nero, con il corpo viola-porpora percorso da decorazioni a biacca. Completano la decorazione fregi vegetali policromi (blu, verde, viola-porpora, arancio). f. 1r:

iniziale P di Propheta magnus, all’incipit dell’opera, fitormofa; nel campo di colore blu con filamenti bianchi creato dalla pancia della P, il minia-

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ROSS. 426

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tore ha eseguito un ricco motivo floreale, anch’esso nella medesima policromia indicata per tutte le iniziali. f. 4v: iniziale B di Beatus vir, all’incipit del Salterio, fitomorfa; la lettera è di dimensioni ridotte rispetto a quelle dello spazio riservato. f. 144v: iniziale D di Dixit domini, all’incipit del salmo 109. L’apparato decorativo del codice potrebbe ricondursi a una delle numerose botteghe fiorentine attive nei primi decenni del Quattrocento, forse a quella che fa capo a Bartolomeo d’Antonio Varnucci (1412/1413 ca.-1479). Le tre iniziali del manoscritto rossiano, con il loro spiccato cromatismo, la fine decorazione a biacca e l’ariosità dei motivi floreali ricordano i modi esecutivi di tale artista. Confrontando infatti l’ornamentazione del Ross. 426 con la lettera maggiore a f. 6r del codice Ricc. 1396, conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze e attribuito alla mano di Varnucci (I manoscritti datati, 40), sembra possibile ricondurre entrambi i manoscritti al medesimo artefice. Il manoscritto si presenta in condizioni conservative discrete e non sembra essere stato interessato da restauri. Numerosi sono però i difetti di concia, nel margine esterno ai ff. 24, 30, 43, 45, 60, 113-114, nell’angolo in basso ai ff. 26 e 138, nell’angolo in alto a f. 153. Il f. 166 è invece macchiato nel margine esterno, mentre nei ff. 169-187 è visibile un risarcimento in pergamena, poco accurato, a causa della scarsa qualità della pelle. È infine da segnalare qualche sporadico foro provocato dai tarli. Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge: NICOLAI / DE / LYRA / POSTILLAE / SUPER / PSALMOS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). Problemi all’apertura per via della legatura poco adesa alla compagine dei fascicoli, il codice si sfoglia tuttavia senza difficoltà. A f. Ir una mano moderna ha vergato la nota Cod(ex) Collegii Romani Capranicensis / X, forse in riferimento alla nota di possesso presente a f. 187r, di mano del cardinale Capranica: Iste liber est mei cardinalis Firmani ma(n)u p(ropri)a. Il Ross. 426 è inoltre un codex rescriptus, già al f. 1r infatti, ma soprattutto ai ff. 60r, 73v e 78v, è ben individuabile una scrittura sottostante al testo di Nicola de Lyra, posta in senso verticale ed erasa solo parzialmente, che potrebbe essere prodotta in una cancelleria del secolo XIV. Il cattivo stato della pergamena potrebbe essere dovuto all’intervento di rasura. (SILVA TAROUCA, III, 40r; Bibl. Rossianae, IV, 187r) EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 428 (olim IX, 118) Statuta artis ortolanorum et spiczicarellorum civitatis burgorum et suburgorum Perusii (ff. 3r-20v); Catalogi nominum membrorum (ff. 21r-34v); Varia (ff. 35r-40r) Perugia, sec. XIV, metà (anno 1400 per il testo dello statuto)

Ross. 428, f. 2v

(ff. 3v-4r) mandato dicti Nercoli camerarii et prioris, in capella Vinciolorum sita in civitate Perusii i(n) capella et domibus Ecclesie et loci fratrum minorum ordi(ni)s beati Fra(n)cisci in porta s(an)c(t)e Subsanne de qua plene constat et apparet manu S(e)r Bartholomey mag(ist)ri Filippi de Perusio notarii et script(um) et pub(licatum) p(er) me Iovannem Ser Martini de Perusio (…) sub annis domini millesimo quadringentesimo, indictione octava, te(m)p(o)re d(omi)ni Bonifatii pape noni die (assenti il mese e il giorno)

Membr. (pergamena giallastra, non troppo lavorata, resa sottile dall’uso); ff. VI (cart., il I in cartoncino azzurro), 40 (ff. 39-40 cart.), VI’ (cart., il VI’ in cartoncino azzurro). L’esemplare, modificato con aggiunte e sostituzioni di fascicoli ha misure che variano da un minimo di mm 268×191 (f. 39) a un massimo di mm 274×198 (f. 30). Numerazione antica (probabilmente seicentesca) a inchiostro bruno in alto a destra su ogni foglio. Fascicolazione: un doppio foglio iniziale (pergamena spessa, mm 270×190); due quaternioni (ff. 3-10, 11-18); quattro fogli sciolti (ff. 19-22); un ternione (ff. 23-28) ma il secondo foglio (corrispondente ai ff. 24 e 27) è capovolto, opponendo un lato pelo al lato carne successivo; un quaternione (ff. 29-36); due doppi fogli (ff. 37-38 e 39-40, il secondo cartaceo). La regola di Gregory non è rispettata. Tipologie diverse di rigatura, non sempre presente: ff. 3r-18r a secco, a tratti ribadita con punta metallica (ad es. f. 6v); ff. 18v-20v a inchiostro sottile; ai ff. 21v-34r la rigatura è mista ma sempre visibile (fanno eccezione i ff. 23-24, 25-27); ff. 35r38v rigatura a secco per le righe orizzontali e a punta metallica per le verticali; i ff. 39-40 non sono rigati. Visibili in alcuni fogli i fori guida (ad es. ff. 21-24, 26, 31-38). Per la sola parte che concerne lo Statuto (ff. 3r-17r) è utilizzata una gotica libraria a inchiostro nero, rosso per le rubriche, disposta su un’unica colonna di 25-27 linee (in alcuni fogli il testo comincia sopra la prima riga). Specchio scrittorio da mm 180×126 di f. 7v a 184×127 di f. 15r; i ff.17v-18r sono vergati in corsiva a piena pagina (mm 230×170 ca.); i ff. 18v-20v sono vergati in corsiva su una colonna (specchio mm 200×116); ai ff. 21v-34r il numero delle linee varia insieme con le scritture che si succedono (diverse per tipologia, modulo, altezza cronologica); ff. 35r-38v scritture corsive (degli anni 1416-1430) a inchiostro molto scuro su una colonna (mm 201×117). I due fogli cartacei finali (a. 1637) sono vergati in corsiva a piena pagina (mm 220×165 ca.). Numerose maniculae e annotazioni di mani e inchiostri diversi a margine.

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ROSS. 428

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L’apparato decorativo del codice è composto da: 1 antiporta miniata (f. 2v); 1 miniatura (f. 3r); miniature ritagliate e apposte ai fogli 21r, 23r, 25r, 27r, 29r che riportano le cinque porte di Perugia, entro cui è raffigurato il santo di riferimento; 1 iniziale decorata. f. 2v: miniatura su due registri sovrapposti, ciascuno definito da una sottile cornice di colore terra di Siena naturale, che vira all’arancio. In alto (mm 134×162) la Vergine con Bambino in trono: a sinistra sant’Ercolano in abiti vescovili con libro e pastorale; a destra san Lorenzo con palma e libro e san Costanzo, con piviale bianco, libro e pastorale. Il trono della Vergine ha schienale rivestito con un drappo a decori geometrici (simili a stelle) identico al piviale di san Costanzo. Foglia d’oro per i nimbi, i pastorali e alcuni elementi dell’abbigliamento dei santi. Nel registro inferiore (mm 104×162) due membri dell’Arte degli ortolani effettuano la raccolta della frutta. Uno è in piedi su un albero intento a cogliere e riporre i frutti in un cesto attaccato a un ramo. Accanto è un secondo uomo ritratto nel riversare la frutta raccolta in una grande cesta, posata a terra. f. 3r: miniatura (mm 114×54) incorniciata da una sottile linea rossa, raffigurante un santo frate (francescano?) a lavoro nei campi. Fondo blu con sottilissimi decori in biacca a creare una cornice decorata. Un’iniziale (mm 61×34), la Q di Quoniam in Iesu Christi (ormai quasi illeggibile), decorata con inchiostro rosso e blu a penna e a pennello, è posta in apertura del testo. Le 5 miniature collocate a distinguere gli elenchi matricolari sono realizzate su porzioni di pergamena incollata sui fogli e riquadrate da semplici cornici rosse a pennello. f. 21r: (mm 100×64) De porta S(an)c(t)i Petri. San Pietro stante raffigurato al centro della porta merlata che porta il suo nome. La foglia d’oro è quasi completamente caduta a lasciare scoperta la spessa preparazione sottostante. f. 23r: (mm 100×65) De porta solis con sant’Antonio abate. Nell’angolo sinistro è il disegno a inchiostro del maiale, simbolo consueto della sua iconografia già mancante nell’immagine e aggiunto al momento dell’inserzione di quest’ultima nel manoscritto. f. 25r: (mm 98×70) De porta S(an)c(t)i Angeli. L’arcangelo Michele con lancia e globo trafigge il drago ai suoi piedi. f. 27r: (mm 105×70) De porta S(an)ct(e) Subxa(n)ne. Santa Susanna con libro e palma del martirio. f. 29r: (mm 95×67) De porta Eburnea. San Giacomo con libro e bordone. Le immagini appena descritte rientrano, per ragioni iconografiche, collocazione e finalità d’uso, tra quelle tradizionalmente poste negli Statuti perugini a segnalare l’inizio degli elenchi dei membri afferenti a uno dei cinque rioni della città, con la raffigurazione simbolica della porta urbica connotata dal santo tito-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lare dell’edificio religioso più significativo. Quando, col passare del tempo, i fogli a disposizione per la raccolta dei nomi risultavano insufficienti, si provvedeva a sostituirli con nuovi fascicoli, all’inizio dei quali si apponeva, ritagliata e incollata, la miniatura dello Statuto originario. La funzione unicamente pratica riconosciuta a queste immagini (SANTANICCHIA, La miniatura e le corporazioni, 54) poste a mo’ di segnalibro, ne giustificava la manipolazione e spesso un’accidentale mutilazione, come dovette accadere a f. 23r in corrispondenza dell’immagine di sant’Antonio, che una mano successiva ha provveduto a integrare con il maialino, suo tradizionale attributo iconografico. Il testo dello Statuto degli ortolani, tràdito dal Ross. 428 e formalizzato nell’anno 1400, mostra un apparato decorativo di qualche anno precedente. La realizzazione delle miniature a f. 2v e delle cinque porte dei rioni perugini (difficile formulare qualsiasi ipotesi sulla rovinatissima immagine di f. 3r) è stata ricondotta al cosiddetto Maestro delle Matricole degli spadai. Attivo a Perugia intorno alla metà del sec. XIV, questi mostra di risentire dell’opera di Meo da Siena (a Perugia nel secondo decennio del secolo) e di artisti locali quali il Maestro di Paciano (SANTANICCHIA, Scheda nr. 2, 73) a cui sono state ricondotte tre illustrazioni a piena pagina inserite nella Matricola della Confraternita di San Benedetto (quattrocentesca, ora a Lugano, collezione privata, in TODINI, Miniature, 39-42). Il miniatore del rossiano firma, in ambito municipale, opere caratterizzate da soggetti ed elementi iconografici ricorrenti che ne rendono inconfondibile l’intervento. La mano del maestro risulta sempre riconoscibile perché, come è stato correttamente osservato, opera unicamente in ambiente municipale e, manifesta la sua intensa attività miniatoria in commesse soprattutto statutarie, con contenuti e temi iconografici codificati (SUBBIONI, Scheda nr. 18, 122). Così lo Statuto degli orefici (Perugia, Biblioteca comunale Augusta, ms. 976) e lo Statuto degli spadai (Roma, Biblioteca del Senato della Repubblica, ms. 84) hanno in apertura di codice (rispettivamente a f. 2v e f. 1v) una Maestà in tutto identica a quella del rossiano, che si distingue solo per l’aggiunta del sant’Ercolano a turbare appena l’equilibrio speculare dell’impianto. Un’altra Madonna in trono, di maggior complessità strutturale, opera del medesimo artista, è stata individuata a f. 2v del ms. II dell’Archivio del Nobile Collegio della Mercanzia a Perugia, databile al 1356. È dato supporre quindi che il miniatore riproducesse quasi serialmente le antiporte da collocare in apertura dei testi statutari che di volta in volta sancivano l’ordinamento interno alle corporazioni cittadine, fiorentissime nel corso del secolo XIV. Tali immagini con ogni probabilità venivano poi rimosse e ricollocate ad arricchire nuove più aggiornate versioni delle matricole, secondo lo schema seguito per le immagini degli elenchi dei membri. La mano del maestro degli spadai è stata riconosciuta anche nelle immagini delle porte del ms. 968 (Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, Statuto dell’arte della seta e della bambagia) come risulta evidente dal confronto con la resa di Porta Sant’Angelo a f. 12r, in tutto simile a quella del rossiano, e anch’essa ritagliata e rincollata più volte, come dimostrano le diverse scritture apposte ai margini (SUBBIONI, Scheda nr. 40, 186-188).

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ROSS. 428

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A dimostrazione dell’uso prolungato nel tempo che è stato fatto dell’esemplare si segnalano alcune annotazioni interne: (f. 1r):

Al Sig / Quoniam experientia compertum est, cursum certe, et espedite / iustitie (lettura incerta) in qua salus Reipublice consistit (in corsiva, forse settecentesca, che non trova riscontri con le scritture interne); (f. 18r): Datum Perusie apud Sanctum Laurentium die XXVIII Februarii MDXXII (riferito al testo in corsiva di ff. 17v-18r); (f. 19v): Anno a nativitate domini millesimo segientesimo (sic) nono…vigesima sexta mensis Iunii Perusii (per il testo dei ff. 18v-19v); (ff. 20r): sub die 9a decembris anni 1717 (riferito al testo in italiano contenuto ai ff. 20r-v); (ff. 21r-34r): Inscripta sunt nomina et pronomina omnium artificum hominum dicte artis pizzecarellorum (d’altra mano ma forse coeva allo statuto, su fogli parzialmente erasi e riscritti in epoche successive); (f. 30r): Gismondo de mesere Andrea (in scrittura di modulo grande, a inchiostro bruno introdotto da segno paragrafale in rosso), preceduto da Miniatore (in rosso) e dalla piccola iscrizione Mortuus de anno 1527; (f. 35r): verbale di adunanza del 28 dicembre 1416 (la stessa mano verga i ff. 35r-36v, 37r-v); (f. 37r-v): verbale di adunanza del 10 marzo 1420; (f. 38r): verbale di adunanza (d’altra mano) del 22 gennaio 1430; (f. 38v): verbale di adunanza (d’altra mano) del 26 luglio 1440; (f. 39r-40r): adunanza generale del 1 gennaio 1637 (in italiano). Mediocre stato di conservazione: le miniature iniziali sono quasi del tutto illeggibili a causa di significative cadute di colore: a f. 2v distacco della foglia d’oro dalle aureole e dalle vesti dei santi raffigurati nel registro superiore e difficoltà di lettura dell’immagine in basso; il volto del santo frate ritratto a f. 3r è in condizioni conservative tanto precarie da essere appena visibile e la parte inferiore della miniatura è fortemente compromessa. La foglia d’oro del nimbo è quasi del tutto caduta. Così il testo, dilavato e abraso, soprattutto al f. 3r. La pergamena è fortemente ingiallita e consunta dall’uso e si incontrano pesanti risarcimenti poco rispettosi del manufatto (ff. 3-4). Un foro circolare in corrispondenza del lato interno del margine inferiore attraversa il codice fino a f. 20. Un ulteriore segno circolare, probabilmente un difetto di concia, a f. 36. Tracce di umidità soprattutto nella seconda parte (ff. 21-38), sul bordo inferiore. I fogli cartacei (39-40) risultano macchiati. Legatura Rossi A in marocchino rossiccio con impressioni a secco, oro e cornice tinta di nero. Sul dorso a lettere capitali si legge: in alto STATUT(A) / ARTIS / PIZZICA(RELLORUM) / ET / ORTOLA(NORUM) CIVITAT(IS) / PERUSIA(E), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / ANNI / 1400. Il manoscritto è stato utilizzato almeno fino al 1804 (cfr. la data che compare a f. 34r in fondo all’elenco dei nomi dei membri di Porta Eburnea).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il codice è stato esposto in: Per buono stato de la citade: le matricole delle arti di Perugia (Perugia, Palazzo della Penna, 20 giugno-15 settembre 2001). (Bibl. Rossianae, IV, 189r) TIETZE, Die illuminierten, 95 nr. 161; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 334; VALENTI, Gli Statuti dei Fruttaioli, 213-269; SANTANICCHIA, La miniatura e le corporazioni, 54 e Scheda nr. 2, 73; SUBBIONI, Schede nr. 18, 40, 122 e 186-188; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 173-174, 176, n. 27.

MICHELA TORQUATI Ross. 429 (olim IX, 119) IEREMIAS

DE

MONTAGNONE, Compendium moralium dictorum

Italia settentrionale (Padova?), sec. XV, metà (f. 159r) explicit: Alama(us) / scripsit Bassus / Explicit compendium moralium dictorum do(mini) / Iheremie de Mo(n)tagno(n)e, civis Paduani Membr.; ff. VI, 159, VI’ (fogli di guardia cart.; il I e il VI’ in cartoncino azzurro come le controguardie). Foliazione moderna, progressiva e meccanica, in numeri arabi, visibile sull’angolo inferiore destro di ogni recto. Il f. 70r appare anche numerato a lapis nell’angolo superiore sempre in cifre arabe. Richiami presenti sul verso, alla fine di ogni fascicolo, al centro del margine inferiore, all’interno di una cornice geometrica. Nel margine inferiore dei primi fogli di alcuni fascicoli compare una serie di numeri il cui significato è di difficile interpretazione. Rigatura a secco. Le dimensioni del codice vanno da mm 284×194 (f. 4) a 285×198 (f. 69). Vergato in scrittura gotica da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit, i tituli e i segni di paragrafo. I ff. 53 e 54 sono bianchi. Specchio di scrittura (mm 185×125) a due colonne di 37 linee (spazio intercolonnare mm 18). Sul recto, all’inizio di ogni fascicolo, nel margine superiore dello specchio scrittorio ricorre l’invocazione Maria vergata in scrittura gotica con inchiostro bruno.

Ross. 429, f. 1r

La decorazione del manoscritto è composta da: 1 pagina d’incipit; 1 iniziale maggiore abitata (mm 59×54); numerose iniziali medie geometriche realizzate a pennello nei colori blu e rosso e filigranate a penna con inchiostro blu e rosso a segnare gli incipit dei diversi testi; numerose iniziali minori realizzate a pennello nei colori blu e rosso filigranate a contrasto

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ROSS. 428-429

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per i titoli. La tavolozza pittorica vede l’impiego del blu, azzurro, verde intenso e chiaro, arancio, rosa antico, oro in polvere e in foglia. f. 1r: iniziale T di Tullius de natura deorum, all’incipit del libro, abitata con il ritratto dell’autore, un dotto: avvolto in mantello rosso dal collo bordato di zibellino, ha sulla testa un copricapo rosso e tiene un libro tra le mani. La lettera è posta all’interno di un campo di forma quadrangolare il cui fondo marrone è arricchito da ramages dorati. Da questo si dipartono elementi vegetali ornati da boccioli e globi dorati che si dispongono lungo i margini dello specchio scrittorio. In quello inferiore è lo stemma Capranica. Il codice proviene dalla biblioteca Capranica così come testimonia lo stemma presente a f. 1r e l’iscrizione visibile sul dorso. Si tratta della prima opera che cita la Recensio Durandi realizzata nel 1295 da Durand d’Alvernia e tràdita da 77 manoscritti, molti di questi custoditi presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Bulletin 751, 338-339). Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 10 nr. 13) attribuiva la paternità del manoscritto a un artista tedesco della Germania meridionale sulla base della desinenza us del nome del copista, Alamaus Bassus (f. 139r). La critica (SILVA TAROUCA, III, 45) ha successivamente assegnato la produzione del manoscritto all’Italia settentrionale individuando in Padova il possibile scriptorium di provenienza, basandosi, allo stesso modo, sulla lettura e studio dell’explicit. Si è senza dubbio in presenza di un artista di estrazione settentrionale che riprende, pur semplificandolo, il linguaggio artistico diffuso nell’Italia del Nord, soprattutto in area padana, sino alla metà del Quattrocento. Il fogliame, “snellito” della propria carnosità, si allunga e si distende lungo lo specchio scrittorio, i globi dorati non affollano, ma diventano parte integrante degli stessi tralci vegetali e scandiscono il bastone di ascendenza bolognese. Nella decorazione che corre lungo il margine destro sembra intravedersi il motivo a intreccio, sottolineato dall’impiego della bicromia, che tanta fortuna avrà in ambito veneto a partire dalla metà del XV secolo. Tali considerazioni e la presenza dello stemma del cardinale Capranica spingono a datare il manoscritto alla metà del secolo, prima che il recupero dell’antico diventi la tipologia decorativa caratterizzante l’ambiente artistico padovano. Mediocre lo stato di conservazione soprattutto per ciò che riguarda i fogli iniziali che presentano ingiallimento, macchie lungo i bordi, piegatura della pergamena, sbiadimento dell’inchiostro e conseguente difficoltà di lettura. Buono lo stato di conservazione della seconda parte. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge MONTAGNA / PATAVINI / COMPEND(IUM) / DICT(ORUM) MORA(LIUM), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). Nessuna notizia certa si ha del manoscritto sino alla sua acquisizione per la propria biblioteca da parte di Giovan Francesco de Rossi. La presenza dell’im-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

presa del cardinale Domenico Capranica fa tuttavia supporre che il codice fece parte, nel Quattrocento, della biblioteca del Firmano. Sul margine inferiore è lo stemma del Capranica: d’oro, a tre cipressi sradicati di verde, ordinati in fascia intrecciati nei tronchi da una gomena di rosso, con l’ancora dello stesso legata e attraversante in base al tronco di mezzo. Sormontato da galero cardinalizio. (SILVA TAROUCA, III, 45r; Bibl. Rossianae, IV, 190r) TIEZTE, Die illuminierten, 10 nr. 13; BERTUCCI, s.v. Capranica, 298; Colophons, 233 nr. 1875; Bulletin 751, 338-339.

NATALIA FALASCHI

Ross. 433 (olim IX, 123) PLATO, Epistulae Italia (Firenze), sec. XV (ante 1465) Membr. (pergamena di ottima qualità, ben lavorata, difficile distinguere il lato pelo e il lato carne); ff. VII (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart., VII membr.), 54, VI’ (I’-V ’ cart.; VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna, meccanica e progressiva, in numeri arabi, visibile nell’angolo inferiore destro di ogni recto; affiancata da un’altra che segna in numeri romani, con inchiostro nero, all’angolo superiore destro gli originali fogli di guardia; infine una terza segnatura segnala, con numeri arabi posti nell’angolo superiore destro del recto, l’inizio di ciascun fascicolo. I fogli 53-54 sono bianchi. Richiami presenti sul verso, alla fine dei fascicoli, in posizione verticale, lungo il margine destro dello specchio di scrittura. Il codice misura mm 256×153. Vergato da una sola mano in scrittura umanistica libraria e capitale, per gli incipit, con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit e i titoli; l’impiego del colore blu e rosa antico è limitato alla dedica (f. 1r) e all’incipit (f. 4r). Specchio di scrittura (mm 166×88) a una colonna di 28 linee delimitato da 4 righe verticali. Rigatura a secco.

Ross. 433, f. 1r

La decorazione del codice è costituita da: 1 pagina d’incipit, 1 iniziale maggiore decorata a bianchi girari, 1 iniziale decorata nei colori del blu, verde e rosa con lumeggiature in giallo e a biacca, iniziali calligrafiche dipinte a pennello nei colori blu e rosa alternati, stemma.

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ROSS. 429-433

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f. 1r: pagina d’incipit. Una cornice a bianchi girari prende avvio dall’iniziale e corre lungo tre lati lasciando libero il margine superiore. Questo appare ornato da un delicato fregio flogliaceo. Nel bas-de-page due putti sorreggono un clipeo contenente uno stemma. Quattro linee di capitali all’antica realizzate nei colori blu e rosa alternati precisano la dedica e il contenuto del codice. Iniziale V di Vellem Malatesta Novelle princeps (mm 38×39). Incipiunt Epistulae. All’interno di un campo di forma quadrangolare, delimitato da una doppia cornice lineare in biacca, è racchiusa l’iniziale il cui corpo è realizzato in foglia d’oro. Il fondo, nei colori del verde e del rosa antico, è illuminato da puntinatura a biacca e oro. Come si evince dall’incipit, illustre dedicatario dell’opera è Malatesta Novello, signore di Cesena e fratello di Sigismondo Pandolfo. Nel 1441 sposò Violante di Montefeltro, sorella di Federico, probabilmente con l’intento di allontanare la minaccia delle mire espansionistiche del feltresco (VASOLI, Dalle armi, 30-31). La sua vita vissuta a lungo sui campi di battaglia non gli impedì di formarsi una cultura umanista, aspetto questo che Novello cercò di affermare in maniera forte nel momento in cui dovette abbandonare le armi nel 1447 a causa di gravi problemi di salute (RINALDI, Malatesta Novello, 66-68). Nel 1452 finanziò la costruzione di una “libraria” per il convento e lo studio dei Frati francescani conventuali, istituendo uno scriptorium con il compito di realizzare i codici. Lui stesso raccolse e successivamente donò manoscritti pregiati (VASOLI, Dalle armi, 35-37). La morte a soli 47 anni lasciò incompiuto il suo progetto culturale e, a livello embrionale, i rapporti con le diverse corti dell’Italia settentrionale. Noti sono i suoi legami con Poggio Bracciolini, il quale aveva premura di inviargli le sue opere, e gli scambi epistolari con i Medici in cui si parlava di libri (PICCIONI, Di Francesco Uberti, 48). Il codice rossiano, traduzione latina di un autore greco, è lo specchio di questa stagione culturale che vede Novello impegnato nell’affermarsi come uomo di lettere e contestualmente nell’allontanamento dal fratello Sigismondo che sinora lo aveva messo in ombra. La tipologia decorativa del manoscritto è da attribuire indubbiamente a uno scriptorium fiorentino (TIETZE, Die illuminierten,117-119 nr. 244), la qualità dell’ornato a un miniatore esperto e capace. I girali si dispongono in maniera armonica nello spazio, la cromia è proposta in maniera alternata creando equilibrio e continuità, l’inchiostro bruno ingentilisce e definisce i racemi. Lo stemma che compare nel bas-de-page è probabilmente da attribuire a un membro della famiglia Roverella (LITTA, s.v. Roverella di Ferrara, 58-67) dal quale differisce unicamente per la presenza dei tre monti (da Tietze identificato come appartenente alla famiglia Roverilli, Die illuminierten,117-119 nr. 244). Buono lo stato di conservazione del manoscritto. Si registrano, tuttavia, diverse macchie e una lacerazione sferica a f. 29 precedente la foliazione meccanica. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: EPIST(ULAE) / LAT(INAE), in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Nel margine inferiore stemma: partito al monte di tre cime di verde, nel primo d’oro alla mezz’aquila di nero uscente dalla partizione, nel secondo di bianco un albero. (Bibl. Rossianae, IV, 194r) LITTA, s.v. Roverella di Ferrara; PICCIONI, Di Francesco Uberti, 48; TIETZE, Die illuminierten, 117-119, nr. 244; RINALDI, Malatesta Novello, 66-68; VASOLI, Dalle armi, 30-37.

NATALIA FALASCHI

Ross. 436 (olim IX, 126) Mazor (Libro di preghiere) Italia, sec. XV, prima metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI, 285, VI’ (i risguardi, la prima e l’ultima guardia cartacei sono in carta azzurrina, le altre guardie cartacee sono bianche); mm 272×210; foliazione meccanica in cifre arabe a sinistra in basso sul recto; lo specchio di scrittura (mm 180×130) si articola su 1 colonna di 26 linee; i primi 27 fascicoli (tutti quinioni, dei quali il primo mutilo del primo foglio) hanno richiamo; rigatura a inchiostro e fori di costruzione; scrittura a inchiostro bruno con puntuazione di tre moduli: alto 2 linee l’incipit di ogni sequenza; alta 1 linea la scrittura principale; alta mezza linea la scrittura di alcune sequenze. A uno scriba principale si affiancano (ff. 267v-272r e 280v) due altre mani; ai ff. 281v-283v lo scriba Moses ha evidenziato il proprio nome.

Ross. 436, f. 1r

Il codice contiene (ff. 1r-280r) le preghiere dei sette giorni della settimana e del primo giorno del mese lunare e letture e liturgie tra le festività di Hanukkah (celebrazione autunnale della consacrazione del Tempio nel 161 a.C.) e di Shabbat Nahamu (il sabato successivo alla festa estiva di Tisha B’Av, commemorazione delle due distruzioni del Tempio, nel 586 a.C. e nel 70 d.C.); la raccolta segue la tradizione aschenazita, con elementi romani, evidenti soprattutto nella letture per Shavuot, la festa della mietitura.

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ROSS. 433-436

Il codice presenta attualmente, oltre a tre lettere con semplici ornati grafici ai ff. 45r, 46r e 272r, solo un modesto disegno sul foglio iniziale (mm 115×130), ma è probabile che fosse preceduto da un frontespizio più solenne sul foglio mancante all’inizio del volume; sul f. 1r una struttura cuspidata a profilo trilobato interno inquadra l’incipit del volume, risolvendo così in termini minimalisti l’uso della porta architettonica che costituisce la forma di frontespizio privilegiata nella tradizione libraria ebraica. Il motivo è desunto da un altro contesto, come documenta l’edicola della Torah della sinagoga di Nabratein nella Galilea Superiore (IV-V secolo), ora conservata nell’Israel Museum di Gerusalemme. In questa edicola i leoni appaiono rampanti, secondo l’antica iconografia, nel codice rinascimentale però la struttura è stata aggiornata: infatti la sommità della cuspide termina in un germoglio trilobato, mentre all’interno della cuspide sono disposte tre stelle. Dalla sommità dei lati obliqui della struttura si dipartono due lunghe e mosse foglie d’acanto su cui sono affrontati due leoni passanti, lampassati e con coda desinente in lungo fiocco: l’animale a sinistra poggia una zampa su una sfera, mentre quello a destra la tiene sospesa. Poiché sia i leoni che le foglie di palma che le stelle sono elementi araldici ricorrenti nella tradizione ebraica italiana, appare probabile che questo sia lo stemma della famiglia committente; uno stemma così composto però non figura tra quelli appartenenti alle grandi famiglie ebraiche fino a ora individuati. Il disegno, eseguito a inchiostro seppia e acquarellato in giallino, offre pochi elementi per individuare la cultura del disegnatore, probabilmente da identificare con lo scriba. Il Tietze su base paleografica assegna il codice all’area italiana, attorno al 1400, ma il trattamento naturalistico della criniera mossa e l’uso della sfera sotto la zampa dell’animale di sinistra suggerisce una cronologia più avanzata, probabilmente alla metà del secolo. Stato di conservazione discreto. Legatura tipo A con piatti a cornici auree; dorso con disegni lineari e iscrizione in caratteri capitali aurei, in alto: MACHAZOR / HEBRAICE; in basso: COD(EX) / MEMBRANACEUS / SAEC(ULI) XV. Al f. 284v nota di vendita del codice, per 15 ducati d’oro, da parte di Salomon ben Daniel al nipote Reuben ben Jekuthiel, datata 24 ottobre 1467; la memoria attesta che né il fratello Immanuel Hai, né gli altri relativi possono accampare diritti sul manoscritto. (Bibl. Rossianae, IV, 199r) TIETZE, Die illuminierten, 95 nr. 160; Hebrew Manuscripts, 579-581.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 439 (olim IX, 129) PUBLIUS VERGILIUS MARO, Opera: Bucolica (ff. 1r-13r); Georgica (ff. 13r-45r); Aeneidis argumentum (f. 45v); Aeneis (ff. 46r-189v). Epitafii Virgilii (f. 190r). Versi aggiunti (ff. 190v-191r). Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV3 (d.to 1462 agosto) (f. 189v) Scriptum Ferrarie anno a nativitate domini nostri Yhesu Christi MCCCCLXII. Augusti hora XXI. Veneris diei Membr. (fine la pergamena); ff. V, 191, V’ (fogli di guardia cartacei); numerazione meccanica in cifre arabe nell’angolo inferiore destro; solo qualche foglio è numerato anche a matita da mano moderna nell’angolo superiore destro; mm 252×177; scrittura umanistica di una sola mano in inchiostro bruno Ross. 439, f. 1r che si sottoscrive al f. 189v; una mano più tarda è invece responsabile dei ff. 190v-191r; specchio scrittorio (mm 180×115) a piena pagina di 35 linee di scrittura; rigatura a inchiostro, con righe verticali che si estendono sul margine superiore e inferiore e 36 righe orizzontali; fascicolazione in quinterni regolari con richiami verticali nel margine inferiore dell’ultimo foglio. Titoli in capitale con alternanza di inchiostro rosso e bruno. Maniculae e segni di richiamo in inchiostro bruno.

Decorazione: iniziali a bianchi girari all’inizio delle Bucoliche (f. 1r), delle Georgiche (f. 13r) e dell’Eneide (f. 46r). Iniziali in oro entro riquadro con sfondo dipinto a pennello in due o tre colori (blu, rosa e verde) e filigranato in giallo o a biacca all’inizio dei libri delle Georgiche (ff. 20v, 28v, 26v) e dell’Eneide (ff. 57r, 68v, 79r, 89r, 102r, 115r, 127r, 137v, 149v, 162v, 176r). f. 1r: iniziale T di Titire tu patule (mm 43×38), in oro a bianchi girari entro riquadro a lacunari in rosso, verde e blu puntinato e profilato da cornice in lamina d’oro; i girari sono corposi e presentano motivi a cinghietta, viticci e inflorescenze terminali. Sul margine esterno fregio ad asta in lamina d’oro ornato da cappi blu, verdi e rossi che si intrecciano alle estremità e al centro dell’asta. Sempre al centro e alle estremità del fregio ad asta si trova l’ornato a filigrana di penna con foglie multicolori e bottoni dorati. f. 13r: iniziale Q di Quid faciat (mm 34×34), in oro a bianchi girari su campo a lacunari verdi, rossi e blu puntinati; i girari sono corposi e presentano mo-

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ROSS. 439

tivi a cinghietta, infloresecenze e viticci. Il campo della lettera non è inquadrato da cornice, ma ha profilo irregolare perché segue l’andamento dei girari. f. 46r: iniziale A di Arma virumque (mm 50×48), in oro a bianchi girari su campo a lacunari rossi, verdi, blu puntinati; i girari sono corposi con motivi a cinghietta, inflorescenze terminali e viticci. Il campo della lettera non è inquadrato da cornice ma segue il profilo irregolare dei girari. Bell’esemplare di codice umanistico, certamente ferrarese, perché sottoscritto e datato; curata e di qualità la scrittura e di pregio anche la miniatura. Sobria e raffinata la decorazione a bianchi girari delle iniziali poste a principio delle Bucoliche, delle Georgiche e dell’Eneide. Essa bene rappresenta l’interpretazione padana di tale ornato, fornendo un interessante esempio datato. I girari sono caratterizzati, a differenza di quelli fiorentini, da una interpretazione più naturalistica che si coglie nella presenza dei motivi a cinghietta realizzati a penna, nei riccioli e nelle inflorescenze. Inoltre diversamente dagli esemplari toscani i colori dei lacunari sono a tinte vivaci. Il disegno del tralcio che si arrotola sulla lettera in lamina d’oro è condotto con grande perizia nel creare un effetto di elegante euritmia. Per confronti con altre opere ferraresi dello stesso torno d’anni si vedano le Satirae di Giovenale della British Library di Londra (ms. Harley 2649) datato 1462 e, sempre nella stessa biblioteca, un Terenzio (ms. Add. 11907) datato Ferrara 1463 (per l’ornato a bianchi girari a Ferrara, cfr. TONIOLO, Marco dell’Avogaro e TONIOLO, Decorazione all’antica). Va inoltre segnalata la presenza al f. 1r di un fregio ad asta con terminazioni a cappio intrecciato che pure è motivo ricorrente nei codici eseguiti a Ferrara nel settimo decennio; si veda, ad esempio, come un fregio analogo appaia al f. 224r del Ross. 455 miniato da collaboratore di Guglielmo Giraldi nella prima metà degli anni Sessanta. Il codice è in buono stato di conservazione; al f. 1 lacuna restaurata nel margine inferiore destro. Legatura Rossi A. Sul dorso, in alto, P(UBLI) VIRGILII MAR(ONIS) / BUCOL(ICA) GEORG(ICA) / AENEIS e, in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, III, 46r; Bibl. Rossianae, IV, 202r) TIETZE, Die illuminierten, 128-129 nr. 277; ALESSIO, Tradizione Manoscritta, 432-443.

FEDERICA TONIOLO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 440 (olim IX, 130) BASILIUS, De XII libris Aeneidos (f. 1r), Anthologia latina 634 (omessi i vv. 12, 15, 16, 30, 32). Caesari Augusto tributum (f. 1v), Anthologia latina 672. PUBLIUS VERGILIUS MARO, Prologus (f. 1v), Aeneis (ff. 2r-145r) Italia (Firenze), sec. XV, metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI, 146, VI’ (fogli di guardia cart.; il I e il VI’ moderni, in cartoncino azzurro come le controguardie). Foliazione contemporanea, meccanica e progressiva visibile nell’angolo inferiore destro sul recto dei ff. 1-146. È affiancata da un’altra, moderna, manuale, a lapis, in cifre arabiche, posta nell’angolo superiore destro sul recto dei ff. 1-10. Richiami presenti nel margine inferiore, in posizione orizzontale e spostati verso destra. Il codice misura mm 246×168. Scrittura umanistica libraria vergata con inchiostro di colore bruno da un’unica mano all’interno di uno specchio scrittorio che Ross. 440, f. 2r misura mm 183×110 e consta di 35 linee, delimitato da 4 righe verticali. I ff. 145v-146 sono bianchi. Notabilia marginali di età antica. L’incipit del primo libro è vergato in caratteri capitali con inchiostro di colore oro, blu, rosso alternati. Rigatura a inchiostro.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 12 iniziali maggiori a bianchi girari (media mm 40×46); iniziali calligrafiche realizzate a pennello, alternate, nei colori rosso e blu; una doppia giustificazione a sinistra accoglie iniziali maiuscole di modulo leggermente maggiore rispetto alla scrittura e lievemente staccate dalla linea di scrittura. Le iniziali maggiori presentano il corpo in foglia d’oro profilato da una linea di colore nero mentre bianchi girari decorano il campo e il fondo le cui campiture sono definite nei colori blu, porpora e verde rialzati con biacca e oro a pennello. Il campo è incorniciato da una linea di colore rosso. Le iniziali maggiori a bianchi girari sono collocate ai ff. 2r, 13r, 24v, 35r, 45r, 57v, 71r, 82v, 93v, 105v, 118v, 131v. f. 2r: iniziale A di Arma virumque cano. Incipit del Liber I. f. 13r: iniziale C di Conticuere omnes intentique. Incipit del Liber II. f. 24v: iniziale Q di Qostque (sic, anziché postquam) res Asiae. Incipit del Liber III. f. 35r: iniziale A di At regina gravi. Incipit del Liber IV. f. 45r: iniziale I di Interea medium Aeneas. Incipit del Liber V. f. 57v: iniziale S di Sic fatur lachrymans. Incipit del Liber VI.

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ROSS. 440

f. f. f. f. f. f.

71r: 82v: 93v: 105v: 118v: 131v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

T di Tu quoque litoribus. Incipit del Liber VII. U di Ut belli signum. Incipit del Liber VIII. A di Atque ea diversa. Incipit del Liber IX. P di Panditur interea domus. Incipit del Liber X. O di Oceanum interea surgens. Incipit del Liber XI. T di Turnus ut infractos. Incipit del Liber XII.

La decorazione a bianchi girari, che si mostra raffinata e curata nell’intero manoscritto, è con tutta probabilità opera di un miniatore di formazione fiorentina (TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244), che appare ricercato nell’intreccio, piuttosto elaborato, i cui racemi appaiono ben definiti e delineati nei particolari, sapiente nell’uso della materia pittorica che risulta compatta e solida, abile nel tracciare il segno grafico che appare sottile e sicuro. L’artista, inoltre, segna i profili delle iniziali in foglia d’oro quasi a voler modificare la bidimensionalità cui è costretta la decorazione cercando in tal modo di dare spessore e profondità e, al tempo stesso, movimento con il ricco intersecarsi dei girari. La presenza della parola greca Telòs, che chiude il dodicesimo libro dell’Eneide, e sembra legare il codice a un ambito accademico, a una cerchia di umanisti toscani che in quegli anni studiavano, traducevano e copiavano manoscritti e fonti di età classica. I quattro versi che costituiscono il prologo all’Eneide sono riportati nella traduzione di Elio Donato e Servio (VIRGILIO, Eneide, 6). Il codice, all’inizio del Novecento, veniva menzionato nell’inventario redatto da Eduard Gollob (GOLLOB, Die Bibliothek, 16) quando l’intera collezione rossiana si trovava conservata presso il Collegio dei Gesuiti di Vienna. Mediocre appare lo stato di conservazione del manoscritto. Ai ff. 1-10 si osservano importanti lacerazioni lungo il margine, risarcite con carta giapponese; ai ff. 11-18, 64-66, 146 appaiono le medesime mancanze, in questo caso, però, non risarcite. Strappi non risarciti ai ff. 35-37, 40, 67, 146. Macchie ai ff. 139-146. I fogli hanno perduto la loro naturale planarità. Legatura Rossi A in mediocre stato di conservazione. Il dorso appare incoerente lungo il margine destro e mancante di una parte superiore. In alto si legge: AENEIDOS, in basso: CO(DEX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, III, 47r; Bibl. Rossianae, IV, 203r) GOLLOB, Die Bibliothek, 16; TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; Manuscrits classiques latins, 440.

NATALIA FALASCHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 444 (olim IX, 134) B(ARTOLOMEO) L(EONICO) (attr.), Sonetto (f. Iv). PUBLIUS OVIDIUS NASO, Heroides (ff. 1r-54r); Epistulae ex Ponto (ff. 54v105r). B(ARTOLOMEO) L(EONICO) (attr.), Sonetto (f. 107r) Toscana (Firenze), sec. XV, seconda metà (f. Iv) incipit: Colui che disse credo pudicizia (f. 107v) incipit: Benvenuto talor lo mio cussino Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart.), 107, VI’ (I’-V’ cart., VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione coeva alla realizzazione del manoscritto, manuale, a inchiostro bruno, in cifre arabiche visibile nell’angolo superiore di ogni recto; a partire dal f. 104 una seconda numerazione provvede a un esatto conteggio che comRoss. 444, f. 1r prende anche il f. 103, prima dimenticato. Richiami assenti. Il codice misura da un minimo di mm 250×138 (f. 1) a un massimo di mm 250×141 (f. 52). Vergato da due mani in umanistica corsiva: la prima scrive l’intero testo mentre la seconda aggiunge a una data imprecisata, ma certo qualche decennio più tardi, i versi in volgare ai ff. Ir e 107r, versi dei quali è stato possibile identificare l’autore individuato nel codice dalla sigla B.L., anche se solo per via ipotetica, grazie ai suggerimenti di Isabella Nuovo, che si ringrazia sentitamente (cfr. infra). Ai ff. 106v e 107v annotazioni varie. L’inchiostro impiegato è di colore bruno e rosso, quest’ultimo utilizzato per i titoli correnti. Il f. 106r è rimasto bianco. Si segnala la presenza di maniculae. Lo specchio di scrittura misura mm 190×81 e consta di 31 linee mentre 32 righe sono quelle su cui si dispone il testo; a sinistra è presente una doppia giustificazione (mm 4) che accoglie la lettera iniziale di ogni linea di scrittura. Rigatura a secco.

La decorazione del codice è costituita da: 2 iniziali maggiori decorate a bianchi girari ai ff. 1r (mm 26×28) e 54v (mm 53×40); 1 fregio a bianchi girari a f. 1r (mm 82); iniziali calligrafiche di colore rosso. Il corpo dell’iniziale è realizzato in foglia d’oro e profilato con una linea di colore scuro. Il campo si presenta di colore blu mentre il fondo è di colore verde e porpora illuminato da piccoli punti in biacca e oro. f. 1r: iniziale H di Hanc tua Penelope, decorata a bianchi girari. Incipit dell’Heroides. f. 54v: iniziale N di Naso Thomitanae iam, decorata a bianchi girari. Incipit delle Epistulae ex Ponto.

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ROSS. 444

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Il codice si trova menzionato nel nutrito gruppo di codici toscani individuati da Tietze nel fondo rossiano (Die illuminierten, 117-119 nr. 244). L’apparato decorativo è verosimilmente ascrivibile alla seconda metà del quindicesimo secolo e testimonia, insieme alla scrittura, di un manoscritto realizzato per uso personale. Lo sviluppo dei girari segue un andamento poco fluido, numerosi sono gli intrecci che si intersecano attorno alle iniziali; l’equilibrio che, sottolineato dall’alternanza cromatica, caratterizza solitamente questo tipo di decorazione, qui viene meno proponendo, nelle campiture che gli intrecci vengono a formare, i colori anche in maniera sequenziale; i racemi, definiti da un rapido segno grafico, sono chiaroscurati con l’inchiostro bruno; i fiori carnosi sono qualificati da pochi particolari; piccoli punti a inchiostro segnano la parte terminale del fregio e sembrano quasi simulare i globi a pastiglia spesse volte ricorrenti nella tipologia ormai matura. Discreto lo stato di conservazione del codice. Antico restauro con integrazioni di pergamena visibili ai ff. 1, 5, 7, 47, 56, 63, 72, 89, 93, 101, 107. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: OVIDII / HEROIDES; in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Qualche problema ha creato l’identificazione dell’autore dei sonetti vergati all’inizio e alla fine del manoscritto (cfr. supra). Potrebbe trattarsi di Bartolomeo Leonico Tomeo, detto Fusco, letterato veneziano, fratello del più noto Niccolò, vissuto tra la II metà del sec. XV e i primi decenni del XVI. Lo spoglio del Kristeller, che peraltro cita il Ross. 444 (KRISTELLER, Iter II, 466), ha consentito di individuare altri manoscritti che contengono opere connotate dalla stessa sigla B.L. Si cfr. in part. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. XII 158, con a f. 95r BARTHOLOMEI FUSCI LEONICI DE THOMEIS Carmina; Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. Z 502, misc. sec. XVIin., contenente tra l’altro lettere con iniziali B.V. e B.L., volgarizzamenti di Bartolomeo Leonico di due Paradossi di Cicerone e un’epistola di Ovidio tradotta in versi in volgare; Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, B. 40 (MAZZATINTI, Vicenza, 78, n. 96), miscellaneo del sec. XVI, contenente componimenti in versi in latino di vari autori, per lo più di area veneta, tra cui alcuni siglati B.L.; Volterra, Biblioteca Guarnacciana, ms. 5031, miscellaneo della II metà del sec. XV. Particolarmente interessante il Marciano lat. Z 502 da cui sono tratti epigrammi riguardanti il Laocoonte e altri che trattano tematiche a carattere figurativo (la celebrazione di una statua marmorea di Apollo, identificata da Agosti (AGOSTI, Un amore) come l’Apollo del Belvedere, l’esaltazione di Mantova e dei Gonzaga, il singolare componimento dedicato a Giovanni Bellini e ai suoi amori omosessuali), che testimonia un’operazione forse analoga a quella del codice rossiano, e cioè l’associazione tra un interesse ovidiano e la propensione al volgarizzamento poetico. Questi elementi e insieme la presenza di una parola quale cussino, che appare attestata solo in area veneta, consentono di supporre per il manoscritto

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

rossiano un passaggio in Veneto, dove sarebbero stati aggiunti i versi in volgare del Leonico. (SILVA TAROUCA, III, 52r; Bibl. Rossianae, IV, 207r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; KRISTELLER, Iter II, 466; Manuscrits classiques latins, 442-443; DE BELLIS, La vita e l’ambiente, 37-75; AGOSTI, Un amore, 44-83; SETTIS, Laocoonte, fama e stile, 134-135; Il petrarchismo, 490.

NATALIA FALASCHI

Ross. 445 (olim IX, 135) PUBLIUS TERENTIUS AFER, Comoediae sex Italia settentrionale (miniatore padovano di formazione bolognese), secc. XIVex.XVin. (f. 100v) explicit: Terentii Affri Phormio sexta et ultima comedia / feliciter explicit DEO GRATIAS AMEN / Andria vel Eunucus Heutun Adelphus Hechura / Phormio succedens fabula sexta datur (f. 100v) colophon: GULIELMINUS I S P Membr. (pergamena di buona qualità, consistente ma ben lavorata, anche se talvolta si percepiscono al tatto i follicoli); ff. VI (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VI cart. moderni), 100, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione manuale antica in alto a destra, in cifre romane a inchiostro nero, sembra contemporanea alla scrittura; nessun richiamo di fascicolo; mm 286×198; scrittura minuscola umanistica di una mano a f. 1r, a inchiostro nero, mentre un’altra mano si serve di inchiostro nero per trascrivere i ff. 1v100v; vi è infine un ulteriore copista che scrive Explicit Andria. Incipit Eunucus, sempre in minuscola umanistica e a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 190×110) a piena pagina, di 32 linee di scrittura; rigatura a secco leggerissima su recto e verso di ogni foglio, con le linee orizzontali ripassate a inchiostro ocra, talvolta appena visibile, e le linee verticali che inquadrano lo specchio e giungono a toccare i margini superiore e inferiore; il codice si apre con il lato carne.

Ross. 445, f. 1r

L’apparato decorativo è costituito da 7 iniziali maggiori (mm 51×47) di diversa tipologia (la prima abitata, le altre tutte decorate); 1 pagina di incipit con stemma abraso; 1 iniziale minore decora-

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ROSS. 444-445

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ta (mm 20×25); all’interno delle iniziali medie rubricate sono ancora visibili le letterine guida; segni paragrafali; letterine rilevate in giallo; indicazioni rubricate di coloro che pronunciano le battute; una mano umanistica corsiva ha glossato i margini con le corrispondenze dalle opere di Plauto; maniculae. Le iniziali sono collocate ai ff. 1r, 2r, 19v, 38r, 55v, 72v, 85v. f. 1r: iniziale T di Terentius genere, all’incipit della Vita Terentii; su un campo in foglia d’oro molto degradata e riquadrato in nero, si dispone la lettera realizzata in grigio-blu e in viola-porpora, con campiture decorate a puntini bianchi e filamenti. L’asta della T è arricchita da un nodo centrale rosso e viola-porpora, pigmenti impiegati anche per le estremità fiorite; decorazioni floreali declinate negli stessi toni nascono poi dall’asta e dalla curva formata dal corpo della lettera. All’interno dell’iniziale è collocato il consueto ritratto d’autore, a mezzo busto e posto di profilo, colto nell’atto di alzare la mano destra, come a voler significare un gesto di insegnamento. Terenzio veste abiti contemporanei agli anni di produzione del codice, dal momento che appare abbigliato con una veste verde coperta da una cappa rossa e con indosso un copricapo, anch’esso rosso e bordato di vaio, che gli ricade sulle spalle. La sua figura si staglia su una campitura grigio-blu, arricchita da puntini e filamenti in biacca. Il margine inferiore è infine qualificato da un piccolo stemma abraso, inglobato in una cornice poliloba di gusto gotico, dai colori verde e rosso, e arricchita dalla presenza di foglie policrome (verde, blu, viola, rosso). Le decorazione della pagina è infine completata dalla presenza dell’invocazione IN XRI(STI) NO(M)I(N)E AMEN filigranata. f. 2r: iniziale V di Vos istaec, all’incipit dell’atto I dell’Andria, realizzata su una campitura di colore blu e profilata in nero, eseguita con le stesse modalità della precedente e con la medesima tavolozza pittorica. Lo spazio creato dal corpo della lettera è decorato con un elemento fitomorfo policromo (rosso, azzurro e verde). Le iniziali seguenti sono tutte della medesima tipologia e sono tutte campite degli stessi colori, verranno quindi descritte in modo sintetico. f. 19v: iniziale Q di Quid igitur faciam, all’incipit dell’atto I dell’Eunucus. f. 38r: iniziale Q di Quamquam hec, all’incipit dell’atto I dell’Heauton Timorumenos. f. 55v: iniziale S di Storax non rediit, all’incipit dell’atto I dell’Adelphoe. f. 72v: iniziale P di Per Pol quam paucos, all’incipit dell’atto I dell’Hecyra. f. 85v: iniziale A di Amicus meus summus, all’incipit dell’atto I del Phormio. Il manoscritto si presenta in buone condizioni conservative, se si esclude un esteso intervento di rasura a f. 1r, e non sembra aver subito restauri.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A, con il dorso quasi interamente staccato dalla compagine dei fascicoli, tanto che l’intera legatura è protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge TERENTII / COMOEDIAE; in basso: COD(EX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. Taglio spruzzato di rosso. Ignota l’identità di Gulielminus, nome che sembra potersi riferire al copista dal momento che è posto a suggello del codice ed è inoltre vergato con il medesimo inchiostro con cui sono indicati gli explicit. Rimane poi oscuro il significato delle tre lettere I S P vergate in capitale appena sotto il nome dello scriptor. (SILVA TAROUCA, III, 53r-55r; Bibl. Rossianae, IV, 208r) TIETZE, Die illuminierten, 90 nr. 139; RIOU, Essai sur la tradition, 99; BILLANOVICH, Terenzio, 36; Manuscrits classiques latins, 443-444; BUONOCORE, Bibliografia, 660.

EVA PONZI

Ross. 446 (olim IX, 136) PUBLIUS TERENTIUS AFER, Comoediae: Andria (ff. 1r-18v); Eunuchus (ff. 19r-37r); Heautontimorumenos (ff. 37r-54v); Adelphoe (ff. 54v-70v); Hecyra (ff. 70v-85r); Phormio (ff. 85r-102v) Italia centrale (Firenze), d.to 1457 gennaio 26 (f. 102v) explicit, a inchiostro rosso: Liber Terentii Afri poete comici clarissimi / explicit scriptus per me Otolinum de Otolinis / Veronensem de anno domini millesimo qua/dringentesimo quinquagesimo septimo in/dictione quinta die vigesimo sexto mensis / Ianuarii. Otolinus de Otolinis

Ross. 446, f. 1r

Membr.; ff. VI, 102, VI’ (fogli di guardia cartacei; il I e il VI’ in cartoncino azzurro come le controguardie). Foliazione moderna, a lapis, in cifre arabiche visibile sull’angolo superiore destro del recto dei ff. 1-10; foliazione meccanica, in numeri arabi, nell’angolo destro inferiore, numera l’intero codice. Richiami a inchiostro, alla fine di ogni fascicolo, posti nel margine inferiore del verso, ai ff. 10, 20 e 30, arricchiti da segni a penna. Il codice misura mm 258×180. Scrittura umanistica corsiva e capitale vergata da Ottolino Ottolini di Verona con inchiostro bruno e rosso per segnare gli incipit e gli explicit, rialzare le iniziali capitali presenti sul margine esterno dello specchio e indicare i nomi dei personaggi nei testi dialo-

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ROSS. 445-446

gati; glosse marginali o interlineari vergate da diverse mani contemporanee e più tarde; in alcune parti sono visibili le annotazioni per il copista. Specchio di scrittura (mm 170×111; spazio intercolonnare mm 7), a una colonna di 29 linee delimitato da righe marginali verticali, doppie sul lato sinistro dello specchio scrittorio, destinate a ospitare le capitali, di modulo leggermente maggiore rispetto a quello del testo, che qualificano ogni linea di scrittura. Rigatura a mina di piombo. Alcune glosse marginali o interlineari di diverse mani del XV secolo o più tarde; visibili, non sempre, le annotazioni per il copista.

La decorazione del codice è costituita da: 6 iniziali maggiori (media mm 35×42) decorate a bianchi girari; iniziali calligrafiche realizzate a pennello nei colori rosso e blu alternate; titoli correnti rubricati visibili su ogni recto e verso. Le iniziali, racchiuse all’interno di un campo di forma quadrangolare, presentano il corpo realizzato in foglia d’oro (f. 1r) o a pennello con il colore giallo (ff. 1r, 19r, 37r, 54v, 70v, 85r). Il fitto intersecarsi dei racemi si staglia su un fondo realizzato nei colori blu, porpora e verde. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari sono collocate ai ff. 1r, 19r, 37r, 54v, 70v, 85r. f. f. f. f. f. f.

1r: 19r: 37r: 54v: 70v: 85r:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

S di Sororem falso creditam. Incipit dell’Andria. M di Meretrix adolescentem. Incipit dell’Eunuchus. A di Ad militiam. Incipit dell’Heautontimorumenos. D di Duos eum haberet. Incipit dell’Adelphoe. U di Uxorem duxit Pamphilus. Incipit dell’Hecyra. C di Cremetis frater aberat. Incipit del Phormio.

L’apparato decorativo del codice è costituito unicamente da iniziali a bianchi girari che segnalano gli incipit delle diverse opere. Evidente appare la disuguaglianza che caratterizza tale repertorio miniato: pigmenti pastosi, foglia d’oro e precisione di esecuzione qualificano l’iniziale dell’Andria (f. 1r), colori fluidi e poco brillanti, l’adozione del giallo per definire il corpo dell’iniziale, la mancanza di puntinatura nelle campiture e di profili evidenziati con la biacca definiscono, al contrario, le altre iniziali. La tipologia dell’ornato riconduce a una matrice di sicura origine fiorentina (TIETZE, Die illuminierten, 127). Lo stato di conservazione appare mediocre soprattutto quello dei fogli iniziali (da f. 1 a f. 13) per la consunzione della pergamena nell’angolo inferiore destro. Ingiallimento. Ai ff. 64, 90 e 101 lacerazioni sferiche risarcite. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge TERENTII COMOEDIAE; in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, III, 56r; Bibl. Rossianae, IV, 209r) GOLLOB, Die Bibliothek, 15; TIETZE, Die illuminierten, 127 nr. 274; Colophons, 352; Manuscripts classiques latins II, 445.

NATALIA FALASCHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 447 (olim IX, 137) PUBLIUS TERENTIUS AFER, Comoediarum fragmenta: Eunuchus (acefalo ff. 1r-7v); Eantotumerumenos (sic) (ff. 7v-25v); Adelphoe (ff. 26r-39v; ff. 48r-49v); Echira (ff. 50r-57v; ff. 40r-44v); Phormio (ff. 45r47v) Italia centrale, sec. XV1 (f. 1r) incipit: De ista rogas virgine? Membr.; ff. VII, 57, VII’ (fogli di guardia cartacei; il I e il VII’ rinforzati in cartoncino di colore blu come le controguardie). Foliazione moderna, meccanica e progressiva, in numeri arabi, visibile nell’angolo inferiore destro del recto. Richiami assenti. Numerazione di fascicolo, a inchiostro bruno, visibile sul verso del margine inferiore, alla fine dei fascicoli (da IIII a VIIII): IIII (f. 10), V (f. 20), VI (f. 30), VII (f. 39), VIIII (f. 47), VIII (f. 57). Si segnala l’inversione dei richiami VIII e VIIII. Rigatura a secco. Il codice non sembra essere stato rifilato; sono visibili i Ross. 447, f. 50r fori guida; misura mm 278×117. Scrittura umanistica libraria disposta su una colonna di 33 linee e vergata da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare incipit, explicit, tituli e i nomi dei personaggi ricorrenti nei testi dialogati. Specchio di scrittura mm 196×117 (f. 53r) delimitato da 4 righe verticali, consta di 32 righe. In capitale la prima lettera di ciascuna linea, inserita sul margine sinistro dello specchio scrittorio. Annotazioni marginali di mani antiche; ai ff. 39v e 40r annotazioni a lapis dell’autore dell’inventario Bibl. Rossianae che segna sui margini inferiore e superiore la parte di testo relativa. È rispettata la regola di Gregory fatta eccezione per il terzo fascicolo, un quinione, mutilo del settimo foglio.

La decorazione del codice è costituita da: 7 iniziali maggiori decorate a intrecci bianchi (media mm 39×34); iniziali calligrafiche dipinte a pennello nei colori blu e rosso alternati; lettere guida. L’apparato decorativo è realizzato nei colori del blu, rosa antico, verde, rosso, oro in polvere, biacca. A f. 50r spazio riservato alla U di Uxorem non realizzata, ma annunciata da una letterina d’attesa. Le iniziali maggiori, decorate a bianchi intrecci, sono collocate ai ff. 7v, 26r, 45r, 45v, 50r. f. f. f. f. f.

7v: 26r: 26r: 45r: 45v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

I di In militiam proficisti, incipit Eantotumerumenos. D di Duos cum haberet, incipit Adelphoe. P di Postquam poeta sensit, incipit Prologus Adelphoe. E di Ex duobus fratribus, incipit Phormio. C di Cremetis abierat frater, incipit argumentum Phormio.

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ROSS. 447-448

f. 45v: iniziale P di Postquam poeta vetus, incipit prologus Phormio. f. 50r: iniziale A di Adolesens (sic) qui meretricis, incipit Echira. L’apparato decorativo del manoscritto, ascrivibile al secolo XV, recupera gli stilemi decorativi dei codici miniati tra i secoli XI e XII in area centro italiana (SILVA TAROUCA, III, 57r; TIETZE, Die illuminierten, 117-119). Il corpo delle iniziali è realizzato con motivi a intreccio, simmetrici ed equilibrati, definiti da una ristretta gamma cromatica che vede l’impiego di quattro colori base: il rosa antico unito al verde e l’oro in polvere legato al rosso; il campo blu dalla forma mistilinea appare profilato da una sottile linea di biacca e punteggiato sempre in bianco di piombo. Il fondo è animato da intrecci che si dispongono in maniera simmetrica. I racemi sono evidenziati dal colore rosso (tranne nell’iniziale P di f. 26r dove sono di colore verde) mentre le piccole foglie sono definite da un rapido tratto di colore verde. Il segno grafico appare piuttosto sottile mentre i pigmenti sono slavati e, in diversi casi, hanno perduto la loro originaria vividezza. Mediocre è lo stato di conservazione del manoscritto. La pergamena si presenta fortemente macchiata lungo i margini dei ff. 1-3; macchie diffuse; piccole lacerazioni ad andamento circolare su alcuni fogli. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: TEREN(TII) / COMOED(IARUM) / FRAGM(ENTA), in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, III, 57r; Bibl. Rossianae, IV, 210r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; Manuscrits classiques latins, 445-446.

NATALIA FALASCHI

Ross. 448 (olim IX, 138) AMBROSIUS MACROBIUS THEODOSIUS, Saturnalia Italia (Firenze), sec. XV3 Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI, 183, VI’ (fogli di guardia cart.; il I e il VI’ moderni, in cartoncino avorio come le controguardie). Foliazione moderna, meccanica e progressiva, in numeri arabi, posta nell’angolo inferiore destro di ogni recto, numera l’intero manoscritto compresi i fogli di guardia IV-VI, che rimangono bianchi. Una seconda foliazione, in cifre arabe, visibile nell’angolo superiore destro del recto, numera il primo foglio dei fascicoli, iniziando dalla pagina d’incipit, segna poi anche il f. 182r (erroneamente, poiché il fascicolo è un senione e non un quinione come gli altri). Richiami alfanumerici a fascicolo (da a a s) vergati a inchiostro bruno, non sempre visibili per la rifilatura subita dal codice, posti sul verso, alla fine di ogni fascicolo. Il manoscritto misura mm 275×176. Scrittura umanistica libraria e capitale vergate da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit, gli explicit, i termini greci, la numerazione dei paragrafi (dal numero XXIIII a f. 30r al numero CLXXXXVII a f. 178r), annotazioni marginali in umani-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

stica libraria. Delimitato da quattro righe verticali, lo specchio di scrittura misura mm 171×108 e consta di 28 linee mentre il testo si dispone su una sola colonna di 29 righe. Rigatura a secco.

Ross. 448, f. 3r

f. f. f. f. f. f.

3r: 4v: 64v: 76v: 98v: 151r:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

La decorazione del codice è costituita da: 6 iniziali maggiori (media mm 31×27), decorate a bianchi girari, 1 pagina d’incipit (f. 3r); iniziali calligrafiche dipinte a pennello, nei colori blu e rosso alternati; visibili le indicazioni per il rubricatore; iniziali maiuscole caratterizzano il testo in versi: sono accolte tra due righe verticali, che delimitano sulla sinistra lo specchio scrittorio, leggermente staccate da esso. All’interno di un campo quadrangolare di colore blu sono poste le iniziali maggiori che presentano il corpo in foglia d’oro e si stagliano su un fondo definito dalla bicromia del verde e del rosa. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari sono collocate ai ff. 3r, 4v, 64v, 76v, 98v, 151r.

M di Multas variasque res. Incipit del Prologus. S di Saturnalibus apud Vectium. Incipit del Liber I. H di Hic ubi modestus. Incipit del Liber II. V di Violatum cum se nosset. Incipit del Liber III. S di Sermone movetur. Incipit del Liber IV. P di Primus mensis. Incipit del Liber V

L’esemplare propone cinque dei sette libri di cui è composta l’opera. La decorazione, raffinata ed elegante, è costituita da bianchi girari. L’ornato della pagina d’incipit nasce dall’iniziale e si dispone lungo i margini laterale e superiore del foglio. Chiudono i fregi due fiori dalla corolla allungata. Nel bas-de-page lo stesso motivo decorativo, indipendente dall’ornamentazione marginale ma a questa raccordata mediante un piccolo globo dorato, incornicia una corona d’alloro bordata di oro ospitante uno stemma muto. Due uccelli animano il fregio. Il segno grafico che definisce i girari si mostra leggero e sottile, gli intrecci appaiono accurati ed equilibrati, tale aspetto è sottolineato anche dalla perfetta alternanza della bicromia; globi dorati impreziosiscono l’ornato e ne definiscono la terminazione. Puntinature a biacca e oro illuminano le campiture. Tali peculiarità stilistiche assegnano la paternità dell’opera a un artista fiorentino (TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244) che realizza il codice nella seconda metà del secolo quando l’ornato si arricchisce di uccelli, putti e insetti. Il copista, non ancora identificato, chiude il testo vergando l’espressione Laus Deo e le lettere F. B. X.

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ROSS. 448-449

Questo non rappresenta un caso isolato. Altri codici, conservati in diverse biblioteche, sono assegnati, ancora in via ipotetica, da Jonathan J. Alexander e Albinia de la Mare (The Italian Manuscripts, 96) all’ignoto scriba che verga le iniziali greche in un altro manoscritto conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (ms. Urb. lat. 250, Theophrastus, De plantis). Buono, nel complesso, lo stato di conservazione del codice. Alcuni fogli mostrano l’attacco di tarli, diversi interventi di integrazione con pergamena (per es. ai ff. 21, 45). Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: MACROBII / SATURNALIUM / LIBRI V; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, III, 58r; Bibl. Rossianae, IV, 211r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 96; Manuscrits classiques latins, 446-447.

NATALIA FALASCHI

Ross. 449 (olim IX, 139) LUCIUS CAELIUS FIRMIANUS LACTANTIUS, Divinae institutiones Ferrara, sec. XV3 (f. 103v) explicit: Ac devicto adv(er)sario triu(m)phantes p(re)miu(m) vi(r)tutis q(uo)d ip(s)e promisit a d(omi)no cumsequimur. Amen Membr. (pergamena di buona qualità, chiara e ben lavorata); ff. IX (cart. tranne il IX, cfr. infra; il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 105, VII’ (cart.; il VII’ in cartoncino azzurro, come la controguardia). Numerazione moderna meccanica in basso a destra (il foglio IX, membranaceo, è segnato I: su di esso l’iscrizione: † / Lactantius Firmianus databile al sec. XVII); rigatura sottile a inchiostro su tutti i fogli; ff. 104-105 rigati ma non scritti. Richiami in verticale sul lato interno di ogni ultimo verso; mm 297×216. Scrittura gotica con elementi umanistici a inchiostro bruno vergata su due colonne di 43 linee (specchio scrittorio mm 192×59; spazio intercolonnare mm 14). I brani in greco (previsti nel testo di Lattanzio) sono vergati in

Ross. 449, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

porpora (un inchiostro non utilizzato né dal copista né dal calligrafo) e da altra mano nello spazio che il copista principale lascia in bianco e che talora risulta eccedente (ad es. a f. 26v), talora insufficiente (come a f. 27r). Traduzione latina in corsiva di modulo ridotto dei vocaboli greci.

Il copista invoca la benedizione divina trascrivendo Yh(es)us a f. 1r e terminando con amen (f. 103v). L’apparato decorativo è costituito da: 1 pagina d’incipit, 7 iniziali decorate maggiori e numerose iniziali calligrafiche, alte tre o quattro linee di scrittura (mm 15 ca.) alternativamente in rosso e blu con decori nel colore opposto all’inizio dei paragrafi; titoli rubricati in scrittura distintiva di modulo ampio (fino a f. 34r). f. 1r: pagina d’incipit miniata. Iniziale decorata M di Magno et excellenti ingenio (mm 156×160). Il corpo della lettera è in due tonalità di rosa, decori floreali e acantiformi in blu, verde, rosa e giallo; le linee interne sono ribadite in oro (steso a pennello), il campo è in foglia d’oro. Internamente, su fondo blu, decori in biacca e inserti floreali. Il fregio che corre lungo i margini del foglio, a esclusione del lato esterno, ha le medesime caratteristiche cromatiche dell’iniziale: fiori, foglie e uccelli si susseguono alternati a piccoli globi aurei incorniciati da sottili linee a inchiostro bruno. Nel margine inferiore due putti alati sorreggono un clipeo laureato e incorniciato in oro rimasto muto. In alto, sopra la decorazione marginale, la parola Y(es)hus è resa in inchiostro bruno nella stessa dimensione del testo. f. 15v: iniziale decorata Q di Quamq(uam) primo libro (mm 44×47), all’incipit del II libro. La lettera ha corpo blu, linee interne sottolineate in oro a pennello. All’interno, un fregio acantiforme verde con boccioli gialli su fondo blu e rosa antico. Campo in foglia d’oro. Dalla lettera si snoda, verticalmente in entrambe le direzioni, un piccolo prolungamento acantiforme verde, rosa e blu, arricchito da globi aurei e sottili decori a inchiostro bruno. f. 29r: iniziale V di Velle michi quam veritas (mm 46×42), all’incipit del III libro. Caratteristiche analoghe a quelle già incontrate nelle iniziali precedenti: corpo in due tonalità di rosa; oro a pennello per le linee interne; foglie acantiformi blu e rosa e decori in biacca nel fondo; campo in foglia d’oro; brevi fregi che si dipartono dall’iniziale; globi aurei e sottili linee in inchiostro bruno. L’asta destra delle lettera è stretta da un nodo. f. 44v: iniziale C di Consideranti m(ihi) et cum animo (mm 36×40), all’incipit del IV libro. La lettera ha corpo blu, sottolineato in oro a pennello; il fondo interno è rosa con fregio floreale blu e verde, decori in biacca. Campo d’oro in foglia. Brevi fregi acantiformi si dipartono dalla lettera che è arricchita da globi aurei sottolineati in inchiostro bruno. Al di sopra dell’iniziale è visibile lo spazio destinato, negli altri libri, all’incipit rubricato e da qui in avanti lasciato in bianco. f. 60r: iniziale N di Non est apud me (mm 37×37), all’incipit del V libro. Rosa, con oro a pennello per le linee più interne; sul fondo blu decorato a biacca è

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ROSS. 449

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un decoro verde, giallo e rosa; campo in foglia d’oro. Brevi fregi rosa, verde e blu, globi aurei e fregi a penna terminano la decorazione. f. 73r: iniziale Q di Quod erat off(iciu)m (mm 32×34), all’incipit del VI libro. La lettera ha corpo rosa, definito internamente con oro a pennello; decoro acantiforme interno in rosa, fondo blu e globo giallo al centro, biacca per decorare. Campo in foglia d’oro. Brevi fregi rosa, verde e blu, globi aurei e inchiostro sottile per le cigliature. f. 89r: iniziale B di Bene valet (mm 46×40), all’incipit del VII libro. Decorata con corpo blu, definita internamente con oro a pennello; decoro, su fondo blu e rosa ornato a biacca, di foglie verdi con bocciolo giallo. Foglia d’oro per il campo, brevi fregi rosa, verdi e blu. Globi aurei e inchiostro per le linee cigliate. La realizzazione del codice può essere ricondotta ad ambito nord italiano e circoscritta al terzo quarto del secolo XV. Prodotto d’area probabilmente ferrarese, esso mostra alcune affinità decorative con parte della produzione di tale ambito intorno agli anni ’70 del secolo. Si confrontino, come esempio, il fregio d’incipit del rossiano e il primo foglio dell’esemplare conservato a Ferrara, Archivio storico diocesano, Fondo biblioteca (La miniatura a Ferrara, 222-223), che tramanda la traduzione in volgare del De disciplina et perfectione monasticae conversationis. Questo codice è stato assegnato a un miniatore vicino a Guglielmo Giraldi e datato al 1470 ca. Nei dettagli decorativi, di gusto decisamente contenuto, con fregi in campo aperto senza cornice, così come nella tavolozza pittorica e nelle linee che definiscono l’iniziale, appare stringente l’accostamento al rossiano. Si propone inoltre per questo esemplare, una “familiarità di realizzazione” con il Ross. 424 per quanto concerne gli elementi decorativi e fisionomici dei puttini reggistemma, rispetto al quale si riscontra tuttavia una scelta cromatica decisamente più accesa. Scelta quest’ultima connessa a un’identità più definita per il Ross. 449, a differenza delle argomentazioni proposte per il 424 (cfr. quanto detto in merito, in questo catalogo). Buono lo stato di conservazione. Sporadici segni da attacco di tarli nelle parti più esterne del codice e difetti di concia (ad es. ff. 12, 29, 91, 95 dove, sul verso, è presente anche un rattoppo). Uno strappo a f. I, che risulta quasi del tutto staccato dal corpo del ms., e due lacerazioni interne ai ff. 14 e 16. Tracce di umidità sui fogli di guardia che hanno preservato in qualche modo il codice. Legatura Rossi A in mediocre stato di conservazione, il dorso è completamente staccato. Su questo, a lettere capitali dorate: in alto LACTANTII / FIRMIANI / OPERA IN / COMP(LETA) / REDACT(A), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV ricoperta da cartoncino azzurro. Taglio dorato. (SILVA TAROUCA, III, 59r; Bibl. Rossianae, IV, 212r) TIETZE, Die illuminierten, 121 nr. 252.

MICHELA TORQUATI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 450 (olim IX, 140) EUSEBIUS CAESARIENSIS, Historia ecclesiastica Italia (Firenze?), sec. XV3 Membr.; ff. VI, 188, VI’ (fogli di guardia cart.; il I e il VI’ moderni, in cartoncino azzurro come le controguardie). Foliazione moderna, meccanica e progressiva posta nell’angolo inferiore destro di ogni recto. Richiami visibili nel verso, spostati verso destra, alla fine di ogni fascicolo, inquadrati da una cornice geometrica. Una numerazione a fascicolo (da a a t) è parzialmente visibile, perché rifilata, a partire da f. 15r dove si intuisce la lettera b. I ff. 1 (cart.) e 188v (rigato) sono bianchi. Il codice misura mm 301×204. Scrittura umanistica libraria vergata da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit, gli explicit, i titoli correnti, i titoli e i numeri dei paragrafi. Lo specchio di scrittura misura mm 200×130 ed è delimitato da 4 righe verticali; il testo consta Ross. 450, f. 2r di 30 linee e si dispone su 31 righe. Rigatura a secco; visibili, quasi sempre, i fori di guida; lettere guida.

La decorazione del codice è costituita da: 9 iniziali maggiori (media mm 38×31) decorate a bianchi girari; 1 pagina d’incipit decorata a bianchi girari (f. 2r); iniziali calligrafiche di colore blu realizzate a pennello; la doppia rigatura accoglie, sul lato esterno, le iniziali maiuscole che si presentano di modulo leggermente maggiore e lievemente staccate dalla linea di scrittura; le iniziali decorate a bianchi girari presentano il corpo in foglia d’oro profilato da una linea di colore scuro. Il campo, di forma quadrangolare, è di colore blu mentre il fondo è ornato da racemi che si intrecciano costituendo campiture definite nei colori del verde e del rosa. Puntinatura in giallo e bianco. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari si trovano ai ff. 2r, 3r, 20r, 36r, 55r, 72v, 93v, 115v, 131r. f. 2r: f. f. f. f. f.

3r: 20r: 36r: 55r: 72v:

iniziale P di Peritorum dicunt esse. Incipit del Prologus, in capitale d’imitazione a inchiostro rosso. iniziale S di Successiones sanctorum apostolorum. Incipit del Liber I. iniziale Q di Quecumq(ue) oportuit velut. Incipit del Liber II. iniziale I di Igitur Iudei debitis. Incipit del Liber III. iniziale D di Duodecimo anno principatus. Incipit del Liber IV. iniziale I di Igitur Soteri episcopo. Incipit del Liber V.

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ROSS. 450

f. f. f. f. f. f.

93v: 115v: 131r: 144r: 155v: 173v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

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A di At cum Severus. Incipit del Liber VI. S di Septimum nobis ecclesiasticae. Incipit del Liber VII. A di Apostolorum successionibus. Incipit del Liber VIII. H di Huiuscemodi edictis imperialibus. Incipit del Liber IX. C di Cum apud Alexandriam. Incipit del Liber X. P di Post Iuliani necem. Incipit del Liber XI.

Come recitato nel prologo, vergato in lettere capitali a inchiostro rosso, Incipit historia eccle / siastica Eusebii Cesarien / sis ep(isco)pi translata a Rufi / no presbitero de greco / in latinum ad Cromatiu(m) / episcopum (f. 2r), il codice propone la storia ecclesiastica del vescovo Eusebio tradotta dal greco dal presbitero Rufino (Aquilensis). Un’altra copia del’opera è costituita dal ms. Vat. lat. 238. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari segnalano l’incipit degli undici libri e aprono il codice attraverso il prologo. L’intreccio si mostra fluente ed elegante, il segno grafico appare sottile e raffinato, il ritmo della composizione è scandito dall’alternanza dei colori verde e rosa che definiscono il fondo e da globi dorati che si dispongono lungo l’intero fregio della pagina d’incipit. Due uccelli e una farfalla arricchiscono l’ornato. Nel margine inferiore il fregio ospita un clipeo bordato di oro con lo stemma del cardinale Capranica; consentendo in tal modo di assegnare la committenza del codice (o comunque la sua acquisizione) al Firmano. L’intreccio risulta particolarmente curato nella pagina d’incipit, meno nelle iniziali che aprono i libri. Dalla critica indicato come opera di un artista di ambito toscano-fiorentino (TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; Bibl. Rossianae, IV, 213r), il codice rivela influssi e suggestioni mutuati da tale ambiente artistico riproponendo gli intrecci dei bianchi girari che si arricchiscono, in questo caso, di elementi decorativi a penna. L’ornato si mostra elegante e armonioso, valorizzato dall’inserimento di animali e uccelli ad ali spiegate; da sottolineare la figura del falco proposto in una inusuale posizione frontale, forse cifra stilistica del miniatore stesso. La produzione fiorentina – seriale e ripetitiva nei motivi e negli intrecci, che si codifica nella prima metà del Quattrocento – trova numerosi confronti con il codice qui studiato. Un confronto per quanto riguarda l’andamento e la tipologia dei girari si può trovare, ad esempio, con un codice di Francesco Antonio del Chierico (Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Urb. lat. 224, f. 2r, anche in Miniatura fiorentina, 235, fig. 426) in cui le terminazioni fogliacee assumono la forma a cuore e fascette abbelliscono il girale. Il codice è in buono stato di conservazione. La pergamena si mostra ingiallita lungo i margini. Rare lacerazioni sferiche. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: EUSEBII / HISTORIA / LATINE / A / RUFINO / REDDITA; in basso: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FI(RMANI).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Nel margine inferiore stemma del cardinale Capranica: d’oro a 3 cipressi sradicati di verde intrecciati nei tronchi di una gomena di rosso con un’ancora sotto il tronco di mezzo. (SILVA TAROUCA, III, 60r; Bibl. Rossianae, IV, 213r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

NATALIA FALASCHI

Ross. 451 (olim IX, 141) CYRILLUS ALEXANDRINUS, Thesaurus adversus hereticos I-XIV (ff. 7r-229r); Tabula (ff. 2r-5r); Epistula Cyrilli ad fratrem suum (ff. 6r-7r) Toscana (Firenze), sec. XV3 (d.to 1457 febbraio 17) (f. 6r): CYRILLI ARCHIEPISCOPI ALEXANDRI / NI LIBER QUI APPELLATUR THESAU / RUS ADVERSUS HERETICOS QUOD FILIUS ET / SPIRITUS SANCTUS UNUS DEUS CUM PA / TRE SUNT AD FRATREM SUUM NEMES / SINUM PETENTEM CONSCRIPTUS / A GEORGIO TRAPEZUNTIO TRADUCTUS (f. 229r) colophon: Cyrilli Archiep(iscop)i Alexandrini liber qui appel / latur Thesaurus adversus hereticos liber ul / timus explicit a Georgio Trabeçuntio tra / ductus. Scriptum per Johannem Caldarificem / presbiterum MCCCCLVII die XVII mensis / februarii finitum et completum. Laus Deo (Per il copista cfr. Colophons nr. 9122; RUYSSCHAERT, Annonciation, 252) Membr.; ff. V (cart.), 230, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica ff. 1-230 in cifre arabe, in basso a destra; foliazione parziale precedente (ff. 1-10) e altri fogli numerati occasionalmente, per lo più alle decine (ff. 90, 120, 130, 140, 150, 160, 170, 180, 190, 229) in alto a destra; mm 305×217 (f. 136r); specchio scrittorio mm 186×106 (f. 64r), 27 linee di scrittura; richiami verticali (assenti nei fascicoli I e VI) in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo; bianchi i ff. 1r-v, 5v, 229v230r-v. Rigatura a secco eseguita dal lato pelo. Umanistica corsiva elegante e regolare, di mano di Giovanni Caldarifice (vd. supra), vergata in inchiostro bruno a piena pagina.

Ross. 451, f. 6r

Il manoscritto contiene la traduzione latina del Thesaurus adversus hereticos di Cirillo di Alessandria, curata da Giorgio Trapezunzio (1395-1473).

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ROSS. 450-451

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Il raffinato apparato decorativo è costituito da 1 pagina d’incipit e da 15 iniziali maggiori a bianchi girari; iniziali cromatiche in blu per le partizioni minori del testo (con sporadiche dimenticanze); titoli correnti e dei capitoli in lettere capitali e rubricati; occasionali iniziali rubricate. A f. 6r nella pagina d’incipit ricco fregio a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosso, oro) profilato in blu con piccoli puntini bianchi e completato alle estremità da piccoli dischi dorati e cigliati, che prende le mosse dall’iniziale A di Ad maximos nos labores (mm 61×49), in foglia d’oro in campo quadrato, e si estende sul margine laterale sinistro verso l’alto e verso il basso. Nel margine inferiore clipeo laureato predisposto per ricevere uno stemma mai inserito e collocato all’interno di un altro fregio a bianchi girari che si allunga verso le estremità destra e sinistra. Iniziali analoghe alla prima con prolungamento dei tralci, come nella pagina d’incipit, ma di calibro per lo più inferiore e variabile, si trovano all’inizio di ciascuno dei libri che costituiscono l’opera: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

7r: 38v: 60v: 80r: 87r: 106v: 112v: 118r: 129v: 137v: 159r: 164v: 206v: 220r:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

S di Si Ariani nos (mm 48×30). S di Si pater generaret (mm 54×39). A di Aon (errata per Non) est mirum (mm 60×44). N di Non potuit homo (mm 49×38). Q di Qui furorem Arii (mm 50×40). E di Et quomodo inquiunt (mm 60×35). S di Si filius inquiunt (mm 59×40). S di Sed scribitur apud Paulum (mm 55×45). N di Nihil possunt verba (mm 56×45). S di Sed quomodo inquiunt (mm 50×35). I di Ingenita est inquiunt (mm 61×49). A di Ad Romanos scribens Paulus (mm 58×46). S di Si quoniam spiritus ex Deo (mm 62×45). A di Ad Romanos scribens Paulus (mm 58×45).

I caratteri della decorazione (la tipologia dei bianchi girari, la tavolozza pittorica) inducono a collocare la confezione del manoscritto in area fiorentina (così già TIETZE, Die illuminierten, 127 nr. 272 e SILVA TAROUCA, III, 61r). Stato di conservazione complessivamente buono. Legatura Rossi A, in non buono stato di conservazione (parte inferiore del dorso staccata dai piatti; ulteriori lievi danni da uso, pelle sfiorata sul dorso e sui labbri). Sul dorso in alto si legge (in oro): S(ANCTI) CYRILLI / ARCH(IEPISCOPI) ALEXAND(RINI) / THESAURUS / ADV(ERSUS) HERETICO(S) LATINE / A GEORG(IO) TRAPEZU(NTIO). Più in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1457. Ancora più in basso, in nero: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). Taglio in oro. Il ms. fu posseduto dal Collegio romano Capranica, fondato dal cardinale Domenico Capranica (m. 1458), come indica la nota di possesso a f. 1r, Cod. Collegij Romani Capranicensis / XLIII, e la scritta sul dorso in basso (vd. supra), non-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ché la citazione nell’inventario della biblioteca del collegio Capranica contenuto nel ms. Vat. lat. 8184, dove il codice è registrato col nr. 61 al f. 7v. (SILVA TAROUCA, III, 61r; Bibl. Rossianae, V, 214r) TIETZE, Die illuminierten, 127 nr. 272; KRISTELLER, Iter II, 466; RUYSSCHAERT, Annonciation, 252; BUONOCORE, Bibliografia, 660.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 452 (olim VIII, 133) S. AURELIUS AUGUSTINUS, De trinitate I-XV (ff. 1r-262v); capitula (ff. IIr-Vr); Liber retractationum, summaria (f. Vr-v) Toscana (Firenze), sec. XV, metà (f. 1r) Incipiunt libri de trinitate quae Deus est gloriosissimi doctoris Augustini Yponensis episcopi. Sequitur prologus omnium librorum. Et est epistula ad Aurelium Carthaginiensem episcopum Membr.; ff. VI (II in cartoncino azzurro; III-V cart.), 256 (5+251), VII’ (I’-V’ cart; VI’ in cartoncino azzurro); ff. 1-5 (I-V): foliazione moderna a matita in cifre romane (il f. 1 è in realtà l’originario f. 263 capovolto, e inserito in quel punto con la legatura moderna, come indica la numerazione ‘263’ in basso a sinistra sul verso di detto foglio); ff. 6-257: foliazione (1-262, che sarà seguita nella scheda) rubricata a cifre arabe apposta dalla mano che verga i capitoli e i titoli correnti (vd. infra) in alto a destra con salto nella numerazione da 49 a 60; mm 293×216 (f. 121r), con specchio scrittorio di mm 185×138; richiami presenti in basso a destra in posizione orizzontale sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, a volte parzialmente rifilati se non addirittura solo in minima parte visibili; rigatura a secco eseguita sul lato pelo. Ai ff. IIr-Vv: scrittura corsiva piuttosto regolare; ai ff. 1r-262v: minuscola umanistica, elegante e di buon calibro, di mano unica a inchiostro bruno, a piena pagina; il f. segnato come I è anepigrafo; 25 linee; sporadiche glosse marginali e correzioni di altre mani. Bianco il f. Ir-v.

L’apparato decorativo è costituito da 1 pagina d’incipit (f. 1r), da 15 iniziali maggiori a bianchi girari, da iniziali cromatiche in blu per i paragrafi, titoli dei capitoli rubricati, titoli correnti in rosso. f. 1r: Ross. 452, f. 1r

incipit rubricato, ricca cornice a bianchi girari su fondo policro-

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ROSS. 451-452

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mo (blu, verde, rosa, oro): profilata in blu con puntini bianchi e completata da ulteriori dischetti in oro cigliati disposti a gruppi di tre, dove sono disposti uccelli dalla lunga coda e dal piumaggio di vario colore (verde, rosa, blu e oro); nel bas-de-page putto che sostiene lo stemma del cardinale Domenico Capranica (d’oro ai 3 cipressi sradicati intrecciati nei tronchi di una gomena con un’ancora sotto il tronco di mezzo), di cui è però eseguito solo il disegno; iniziale istoriata D di Domino beatissimo (mm 55×58), in foglia d’oro in campo quadrato a bianchi girari; vi è raffigurato Sant’Agostino benedicente in veste e ornamenti episcopali insieme a un fanciullo con aureola in oro che attinge acqua dal mare con una coppa. Rispetto alla tipologia consueta del frequente motivo iconografico agostiniano (incontro fra sant’Agostino e un fanciullo che convince il santo, con la metafora dell’acqua del mare versata in un fosso per mezzo di un piccolo recipiente, della difficoltà per la mente umana di comprendere il mistero della Trinità), il paesaggio è insolitamente rigoglioso, con montagne verdi e un cielo turchino con nuvolette. Iniziali cromatiche in blu per i paragrafi; titoli dei capitoli rubricati vergati da mano posteriore, la quale a volte li inserisce nel testo (dove per essi non è stato lasciato spazio), a volte li appone a margine (spesso con corrispondente segno di richiamo nel testo); titoli correnti in rosso della stessa mano. Le iniziali maggiori, in oro in campo quadrato a bianchi girari, sono di calibro pressoché omogeneo (mm 40×37 ca.), a eccezione di quelle, più piccole, del f. 1v (mm 25×25), del f. 110v (mm 35×24), e del f. 189v (mm 37×25) e con prolungamento dei tralci (tranne quella del f. 1v), segnano l’inizio di ciascuno dei libri che compongono l’opera: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

1v: 24v: 47r: 64r: 90r: 102r: 110v: 125r: 138v: 150r: 162r: 176r: 189v: 211v: 231v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

L di Lecturus haec. C di Cum homines Deum. C di Credant qui volunt. S di Scientiam celestium. H di Hinc iam exordiens. Q di Qualitatem patris et filii. I di Iam nunc queram. D di Diximus alibi ea. T di Trinitatem certe querimus. N di Nunc ad ea ipsa. N di Nemini dubium est. A di Age nunc videamus. I di In libro superiore. N di Nunc de sapientia. V di Volentes in rebus.

Lo stato di conservazione appare complessivamente buono.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A in buono stato di conservazione, con lievi danni da uso nella parte bassa del dorso. In alto si legge (in oro): S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / DE / TRINITATE; in basso: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). Di origine toscana (fiorentina per TIETZE, Die illuminierten, 117 nr. 244), il ms. fu posseduto (vd. nota sul dorso) e verosimilmente anche commissionato (vd. stemma a f. 1r) dal cardinale Domenico Capranica (m. 1458). L’appartenenza alla biblioteca del collegio Capranica è assicurata anche dalla registrazione nell’antico inventario manoscritto (l’attuale ms. Vat. lat. 8184), al f. 4v nr. 28. (SILVA TAROUCA, III, 62r; Bibl. Rossianae, V, 162r) TIETZE, Die illuminierten, 117 nr. 244; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 179; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 347; BUONOCORE, Bibliografia, 660.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 455 (olim IX, 145) HUGOLINUS

DE

URBEVETERI, Tractatus musicae disciplinae

Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV (1460-1465) Membr.; ff. II (I in cartoncino avorio; II membr. antico), 251, II’ (I’ membr. antico, rigato; II’ in cartoncino avorio); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; mm 330×230; scrittura umanistica a inchiostro bruno, forse di due mani diverse (la seconda a partire dal f. 184v). Specchio scrittorio mm 215×134, a piena pagina di 44 linee di scrittura; rigatura a punta d’argento con due righe verticali e 2 orizzontali che chiudono lo specchio di scrittura e che giungono fino ai margini inferiore e superiore. Fascicolazione a quinterni, regolare, con richiami; i 25 fascicoli sono numerati con cifre arabe a matita, da mano moderna, nel primo foglio in basso a destra. Numerosi tetragrammi in rosso con notazione quadrata in nero. Bianco, ma rigato, il f. 250.

Ross. 455, f. 131v

Decorazione: come incipit dell’opera 1 foglio con fregio sui quattro margini figurato e iniziale figurata (f. 1r); a incipit dei capitoli II e V e delle sezioni del trattato in cui si dibatte l’origine della musica, 4 fogli con fregio figurato o decorato su un margine, iniziale figurata o decorata e con illustrazione tabellare nel margine inferiore (ff. 100r, 131v, 224r, 225v);1 iniziale figura-

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ROSS. 452-455

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ta (f. 1v); 1 iniziale a bianchi girari (f. 2v); iniziali in oro su campi esterni colorati e filigranati a biacca; iniziali filigranate di penna; numerosissimi schemi musicali disegnati a penna si alternano al testo. f. 1r:

f.

f. f. f.

f.

fregio sui quattro margini a filigrana con foglie, fiori e sferette dorate, riquadrato da cornice in lamina d’oro; al centro del margine superiore, cartiglio con iscrizione in greco, presumibilmente da leggere come upomonh (“costanza”) e stemma purtroppo pesantemente manomesso (attualmente di nero alla banda d’argento, accostata da sei rose d’argento, ma rosse in trasparenza, tre in capo e tre in punta simile a quello della famiglia ferrarese dei Ruggeri, PASINI FRASSONI, Dizionario Storico, 495); sul margine esterno, cinque medaglioni con geni alati intenti a suonare una viella, un liuto, un organo portativo, un salterio e una ghironda; al centro del margine inferiore, cinque geni alati cantano seguendo lo spartito, tenuto in mano da uno di loro; iniziale istoriata P di Potentiarum anima nobilissima (mm 55×50), fogliacea di colore rosa con sferette colorate, su campo esterno in lamina d’oro profilato di nero, raffigurante Iubal che battendo i martelli scopre la musica; in lontananza le tre colonne che tradizionalmente accompagnano la raffigurazione di questo biblico inventore della musica. 1v: iniziale I di In hierarchia celesti (mm 40×40), fogliacea, su campo esterno in lamina d’oro profilato di nero, raffigurante una cornamusa e strumenti a fiato. 2v: iniziale M di Multorum doctrinam (mm 30×30), decorata a bianchi girari. 10r-v: iniziali filigranate di penna rosse e viola. 100r: sul margine interno, asta dorata percorsa da un cappio con, al centro, un medaglione a cappi intrecciati e, all’estremità, due medaglioni, incorniciati da serti di lauro, contenenti rispettivamente una cornamusa e due ciaramelle incrociate; nel margine inferiore, vignetta (mm 62×135) con due genietti, in un paesaggio, intenti a reggere un cartiglio su cui è vergato un canone a quattro voci; iniziale H di Homo dicitur (mm 64×50), in finta scultura con bucrani, festoni, e figure di draghi attorti, su fondo in lamina d’oro profilato di nero. 131v: sul margine esterno, asta dorata percorsa da due cappi intrecciati con due terminazioni a viluppi di cappi; dal centro dell’asta si diparte un medaglione a cappi intrecciati su lamina d’oro, entro il quale è raffigurato, in un paesaggio, un salterio a doppia cassa di risonanza; al di sopra del medaglione, doppio timpano con due battenti e, sotto, un doppio salterio; nel margine inferiore, miniatura tabellare (mm 60×139) raffigurante una scuola di musica: entro un’aula di forme classiche, chiusa da un portale di bronzo, Aristotele dirige un complesso di otto fanciulli; dei quattro a sinistra, uno legge la musica e canta e gli altri suonano strumenti a corda (un liuto, una viella, un altro liuto); dei fanciulli a destra, uno legge la musica e canta e gli altri suonano strumenti a fiato o a pizzico (un

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

flauto, una ciaramella, un’arpa gotica); in mano ad Aristotele una frusta con nodi e, sul pavimento, un organo portativo a manovella e un clavicembalo; iniziale A di Aristoteles in elenchis (mm 60×55), su fondo in lamina d’oro, corpo in azzurro, formata da cappio intrecciato e tralci colorati, all’interno della quale si trova un tamburello con tripla fila di cembali, dal quale si dipartono due cornucopie. ff. 134r e 135r: due iniziali in oro su campo esterno verde e rosa e campo interno blu filigranato a biacca. ff. 131r-140v: iniziali e fregi a filigrana di penna. f. 224r: sul margine interno, asta dorata percorsa da cappi intrecciati con, al centro, un medaglione entro il quale è raffigurato un genio alato che, seduto su una ghironda, suona un tamburello; sul margine inferiore, miniatura tabellare (mm 60×135), profilata in lamina d’oro, raffigurante Pitagora che scopre la musica sentendo il suono dei martelli dei fabbri nell’officina; iniziale L di Legimus ut refert (mm 55×40 ca., corrispondenti a 9 linee di scrittura), su fondo in lamina d’oro profilato a filigrana, formata da cappio intrecciato, tralci colorati e fiorami; all’interno dell’iniziale si trovano un liuto, un timpanetto e una bombarda con due ciaramelle. f. 224v: schema musicale a penna con cartigli recanti le leggende DIAPASON, DIATESSARON, TONUS; all’inserto dei cartigli, quattro martelli in argento brunito su fondo blu; sullo sfondo, un paesaggio verde con due alberelli e cespugli. f. 225v: sul margine esterno, breve fregio a filigrana con foglie, fiori e sferette dorate e colorate entro il quale appare un tondo raffigurante un genietto che naviga su una imbarcazione costituita da una tiorba, un doppio timpano e un salterio; l’albero della barca è formato da una tromba e il timone da un’arpa gotica; il putto legge un libro di musica e suona; miniatura tabellare (mm 72×75), posta presso l’iniziale, con cornice in lamina d’oro entro la quale appare un cielo stellato blu con la raffigurazione della terra circondata dalle sfere celesti e dalla via solis; iscrizioni esplicative in oro: terra, meridies, via solis, oriens, settentrio, via solis, occidens, circulus medietatis; negli angoli della miniatura quattro strumenti musicali: tromba, tamburello, mandolino e salterio; iniziale T di Tres esse musicas (mm 15×10), in oro filigranata di pennello. Il codice è uno dei pochi esemplari quattrocenteschi giunti fino a noi della Declaratio musicae disciplinae di Ugolino da Orvieto, basilare trattato di teoria musicale del XV secolo (SEAY, Ugolini Urbevetani; HUGHES, Ugolino, 21-39; CALANDRINI, FUSCONI, Forlì e i suoi vescovi, 373-382; SEEBASS, Deux analyses iconographiques, 2341). Ugolino d’Orvieto, approdato a Ferrara da Forlì nel 1429, divenne nel 1431 arciprete della Cattedrale dove negli anni Quaranta svolse un ruolo di vero animatore presso la Schola cantorum. Nella scuola del duomo e nella cappella musicale della corte estense, entrambe istituite nel 1443, si condussero innovative ricerche sulla musica polifonica che consentirono a Ferrara di divenire centro d’avanguardia in tale sperimentazione musicale (LOCKWOOD, La musica a Ferrara, 45-90; PEVERADA,

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ROSS. 455

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Vita musicale). Nell’opera, composta presumibilmente negli anni Quaranta e certamente conclusa prima del 1452 – data della morte di Ugolino – vengono analizzate l’origine e la funzione della musica all’interno di una visione organica e unitaria attenta non solo all’aspetto meramente filosofico ma anche a quello tecnico. Nel testo risultano evidenti una grande competenza strumentistica e parallelamente una profonda conoscenza della trattatistica musicale antica e medievale. Non stupisce dunque che il codice rossiano, unico esemplare quattrocentesco miniato, sia stato eseguito proprio a Ferrara. L’origine è resa evidente dall’apparato illustrativo, che, come la critica ha precisato da tempo (TONIOLO, I miniatori estensi; MARIANI CANOVA, Guglielmo Giraldi), fu eseguito da due dei principali miniatori attivi alla corte estense. Giorgio d’Alemagna risulta infatti autore del primo foglio, mentre a Guglielmo Giraldi, coadiuvato da collaboratori, spettano le altre pagine miniate. L’attribuzione è confermata da confronti con il Virgilio Sanudo (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 7939 A), opera documentata dei due artisti che vennero pagati per le miniature del manoscritto tra il 1458 e il 1459. I confronti con le pagine di Giorgio nel Virgilio e il foglio d’apertura del manoscritto rossiano evidenziano in quest’ultimo, specie negli angeli dei medaglioni e del bas-depage, una maggiore e più raffinata articolazione formale in linea con le opere databili verso il 1465, quali ad esempio il Libro d’ore di Basilea (Öffentliche Bibliothek der Universität, ms. AN VIII 45). Pertanto anche le miniature di Guglielmo Giraldi potrebbero situarsi nella prima metà del settimo decennio, dopo il Virgilio e prima dell’attività del miniatore per i Corali della Certosa di Ferrara (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia). In tal senso fa gioco anche l’approfondimento dell’approccio a Piero della Francesca ben evidente nella miniatura con Aristotele che insegna e dirige un gruppo di giovani musicisti al f. 131v, dove il rovello del panneggio conduce a Cosmè Tura, pittore cui Giraldi guarda in tutta la sua lunga e felice carriera. Va sottolineato altresì nelle rappresentazioni di strumenti musicali, eseguite da Giraldi, un gusto per la natura morta e l’impaginazione prospettica degli oggetti vicino a quello delle tarsie di Cristoforo e Lorenzo da Lendinara. Sembrerebbe da attribuire a un collaboratore molto modesto di Giraldi il f. 100r mentre a un allievo promettente, forse lo stesso maestro che molti anni dopo minia la causa XXVI del Decretum Gratiani (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia, OA 1350), spetta la vignetta con Pitagora che scopre la musica (f. 224r), in cui l’impianto e la qualità della luce possono ricordare la Flagellazione di Piero della Francesca di Urbino. Tutti i maestri attivi dimostrano grande capacità nel dare veste figurata al testo di Ugolino, suggerendo la presenza di un programma figurativo dettato da un esperto. Nell’iniziale del frontespizio Giorgio fornisce una delle rare raffigurazioni di Iubal mitico inventore della musica secondo la tradizione biblica ebraica, mentre un allievo di Giraldi, al f. 224r, dove il capitolo tratta dell’origine della musica secondo la teoria greca, minia una vignetta con Pitagora che intuisce la regola delle proporzioni musicali dal suono dei martelli dei fabbri nell’officina. Gli strumenti musicali sono ritratti con grande aderenza alla realtà. Si veda-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

no ad esempio, di Giorgio, gli angeli nei medaglioni del fregio intenti a suonare la viella, il liuto, l’organo portativo, il salterio, la ghironda e, di Giraldi, la fantasiosa immagine di un fanciullo che naviga su una inverosimile imbarcazione formata da una tiorba cui fanno da galleggianti un timpano e un salterio, mentre un’arpa funge da timone e una tromba fa da albero (f. 222v). Altre precisissime immagini di strumenti musicali appaiono nei fregi dei ff. 100r, 131v e 224r, entro medaglioni uniti da barre colorate su fondo in lamina d’oro con inserti di ornato a cappio intrecciato. Quest’ultimo motivo decorativo di schietto gusto umanistico, presumibilmente giunse a Ferrara dal Veneto verso la fine del sesto decennio del Quattrocento, grazie al tramite del calligrafo Andrea Contrario. L’intento umanistico appare altresì nella ripresa di elementi antiquari, quali, ad esempio, il bucranio nel campo dell’iniziale H (f. 100r), anche se questi motivi sono spesso associati a fantasiose invenzioni decorative, quali i draghi, che derivano dalle soluzioni d’ornato adottate nella Bibbia di Borso d’Este. Al tempo della schedatura del codice nella monografia di Guglielmo Giraldi e per la scheda dell’opera nel catalogo della mostra a Ferrara del 1998 suggerivo una lettura errata della parola greca soprammessa allo stemma, che più giustamente Cesarino Ruini (Produzione e committenza) ipotizza possa essere upomonh (in greco: costanza). Lo studioso fa notare come la stessa scritta appaia, associata a un diverso stemma nobiliare non identificato, anche in un altro manoscritto italiano di teoria musicale conservato a Berlino (Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz, ms. Mus. theor. 1599). Inoltre lo studioso obietta la proposta che lo stemma manomesso possa essere identificato con quello della famiglia Ruggeri, famiglia che non si distinse per interessi musicali e propende per ritenere che il codice sia stato commissionato da membri della corte estense. Stato di conservazione buono. Il f. 250 è stato ritagliato nel margine inferiore. Legatura moderna con riutilizzo di una più antica legatura nei piatti, probabilmente originale, in pelle bruna con motivi decorativi a secco (molto simile a quella del ms. Vat. lat. 3570, fiorentino del 1441) segni di borchie (5) e fermagli (4); taglio dorato; restauro sul dorso ove è apposta un’etichetta di riporto con il titolo dell’opera: Tractat(us) / Musice / Discipl(ina). Sul piatto anteriore interno una targhetta cartacea riporta: IX, 145 Ugolino d’Orvieto. Si presume che il codice sia stato eseguito a Ferrara nell’ambiente della corte estense; lo stemma manomesso non permette di precisare il possessore originale; così come appare dopo le manomissioni il blasone è simile a quello della famiglia ferrarese dei Ruggeri (PASINI FRASSONI, Dizionario Storico, 495); non possediamo altre notizie sul manoscritto prima del suo ingresso nella collezione di Giovanni Francesco de Rossi. Tra i ff. II e 1 un foglio di dimensioni ridotte, piegato e collegato al corpo del ms. mediante una doppia brachetta cart., riporta una lunga nota di mano tardosettecentesca. (SILVA TAROUCA, III, 63r-64r; Bibl. Rossianae, V, 218r-219v) TIETZE, Die illuminierten, 127-128 nr. 276.

FEDERICA TONIOLO

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ROSS. 457

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Ross. 457 (olim IX, 147) AEGIDIUS ROMANUS, De regimine principum (trad. Henri de Gauchi, ff. 1r-134v) (ed. MOLENAER, Livres du gouvernement). FLAVIUS VEGETIUS RENATUS, Epitoma rei militaris (trad. Jean de Vignay, ff. 135r-168v) (ed. LÖFSTEDT, Flave Vegece) Francia settentrionale, sec. XIV, seconda metà (1370 ca.) (f. 134v) explicit: explicit le gouvernement des roys / et des princes. // Ci fíne le líures de gouvernement des royz / et des princes que frere Gillez de Romme / de l’ordre Saínt Augustín a faít. Lequel / líure maístre Henrí de Gauchí par le comman/dement le noble Roy de FranRoss. 457, f. 1r che a trans/late de latín en franchoís (f. 168v) Explicit le liure des enseigne/mens de la bataille par mer et par terre Membr. (pergamena di buona qualità ben lavorata; ben percettibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. I, 168, I’; mm 347×233. Il codice è in gotica libraria francese a inchiostro bruno chiaro, rosso per gli incipit e per porzioni significative del testo; di piú mani, databile al 1370 ca. (cfr. LÖFSTEDT, Flave Vegece, 11), di 32-40 linee (specchio scrittorio mm 215/225×160); testo vergato su 2 colonne; rigatura a matita marginale verticale e orizzontale. I ventidue fascicoli sono distinti da richiami indicati nel margine inferiore di ciascun foglio finale, talvolta inscritti entro cartigli.

Il codice contiene la traduzione francese di due opere: la prima (ff. 1r-134v), conosciuta da oltre trenta testimoni, è quella realizzata dal canonico di San Martino a Liegi Henri de Gauchi, non dopo il 1282 (DI STEFANO, Preliminari, 65), del De regimine principum di Egidio Romano, un’opera composta tra il 1277 e il 1279 per incarico di Filippo l’Ardito e destinata all’educazione dell’erede al trono di Francia Filippo il Bello; la seconda (ff. 135r-168v) è quella di Jean de Vignay, composta nel 1320 (LUCAS, Translations, 249), dell’Epitoma rei militaris di Vegezio (si conoscono altre due traduzioni in francese: quella di Jean de Meun del 1284 e quella, anonima, del 1380). Entrambi i trattati, spesso trasmessi insieme in traduzione su singoli testimoni, offrivano non solo insegnamenti di ordine politico e bellico ma anche consigli più genericamente morali e pratici (ad esempio le trattazioni sulle virtù proprie del perfetto principe e del governo della famiglia). L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 15 miniature tabellari collocate ai ff. 1r, 9r, 30v, 39v, 47r, 59v, 72r, 82v, 92v, 118r, 135r, 135v, 142r, 149r,

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162v; sono di varie dimensioni disposte a ouverture delle opere e di singoli capitoli: mm 147×145 al f. 1r; mm 88×72 al f. 149r; mm 80×73 al f. 118r; mm 77×77 ai ff. 47r, 92v; mm 77×75 ai ff. 59v, 72r, 82v; mm 75×75 al f. 135r; mm 70×72 al f. 162v; mm 70×70 al f. 9r; mm 69×75 al f. 135v; mm 66×78 a f. 142r; mm 66×75 ai ff. 30v, 39v. La sintassi iconografica si avvale anche di 16 iniziali maggiori collocate ai ff. 1r, 9r, 30v, 39v, 47r, 59v, 72r, 82v, 92v, 118r, 135r, 135v, 142r, 149r, 162v; anch’esse di varie dimensioni scandiscono le opere e i libri: una misura mm 37×30 (al f. 142r), una a mm 35×30 (al f. 9r), tre misurano mm 30×30 (al f. 135r); mm 29×29 (al f. 1r); mm 27×25 (al f. 1r), due mm 27×23 (al f. 92v); mm 25×20 (al f. 46r), tre mm 25×25 (al f. 118r); mm 25×20 (al f. 135v); mm 18×13 (al f. 30v) e sei mm 22×17 (al f. 82v); mm 20×13 (al f. 162v); mm 15×15 (al f. 149r); mm 12×17 (al f. 72r); mm 12×12 (al f. 59v); mm 12×10 (al f. 39v). Le iniziali sono rosse e blu decorate con filigrana del colore opposto, all’inizio dei capitoli. Titoli costantemente rubricati. Le miniature tabellari presentano lo sfondo spesso quadrettato, con uso frequente della tempera blu e arancione per gli abbigliamenti dei personaggi. Quasi sempre le aste delle lettere incipitarie si sviluppano in code discrete che si distendono di poco fuori dello specchio scrittorio. Ciascuna lettera è campita dalla foglia d’oro incastonata in una discreta linea nera di contorno. f. 1r:

pagina decorata all’incipit del testo A son especiel seigneur. Nella parte superiore del foglio è una miniatura suddivisa in quattro riquadri con la rubrica relativa al prologo Ci commance le liure du gouvernement des roys et des princes comment il se doiuent gouverner chascun en son royaume. Lo specchio scrittorio è inquadrato da una cornice, da cui si dipartono foglioline di vite, intervallata da sei medaglioni con volti maschili e femminili (tre nel margine esterno e tre nel margine inferiore). Nel primo riquadro miniato (in alto a sinistra) è un monaco seduto a un leggio in atto di consegnare un libro al giovane principe. Questa miniatura di dedica, in cui sono rappresentati Egidio Romano e il giovane Filippo il Bello, è seguita dalla scena tripartita del principe che impartisce ordini agli operai intenti a costruire un edificio con muratura isodomica su cui, una volta costruito, un gruppo di uomini l’ascolta. f. 9r: all’incipit del Libro I, parte II, capitolo 1: è rappresentato un uomo barbuto, ammantato di rosso, in atto d’insegnare a un giovane re, a un uomo in abito azzurro e a un uomo con in mano un martello. f. 30v: all’incipit del Libro I, parte III, capitolo 1: il riquadro raffigura un uomo assiso, anch’egli ammantato di rosso, mentre si rivolge a un gruppo di astanti incappucciati con corte vesti. f. 39v: all’incipit del Libro I, parte IV, capitolo 1: nel riquadro, davanti alla porta di un edificio turrito il re si volge indietro verso due giovani. f. 47r: all’incipit del Libro II, parte I, capitolo 1, che secondo la rubrica enseigne comment len doit gouverner sa fame et ses effans et sa mesme: il riquadro raffigura il re, mentre (seduto accanto alla regina) si rivolge a un gruppo di giovani, due fanciulli in ginocchio a mani giunte e due adolescenti in piedi.

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f. 59v: all’incipit del Libro II, parte II, capitolo 1: il riquadro raffigura l’educazione del fanciullo: un uomo, in corta veste rossa con cappuccio, tiene per i capelli un fanciullo ignudo inginocchiato e leva il braccio per colpirlo (cfr. capitolo 6); a destra sono una donna in veste rossa e grembiule rosato e un edificio turrito. f. 72r: all’incipit del Libro II, parte III, capitolo 1: un uomo barbuto seduto colloquia con due giovani – un uomo in corta veste azzurra e una donna in abito azzurro e grembiule rosato – entrambi raffigurati con le mani protese; sullo sfondo abbiamo il consueto edificio turrito. f. 82v: all’incipit del Libro III, parte I, capitolo 1, che enseigne que les viles et les cites sont establies pour aucun bien: un giovane re e due giovani discutono indicando la città. f. 92v: all’incipit del Libro III, parte II, capitolo 1, che enseigne comment len doit gouverner les cites et les temps de pais: per l’immagine è stato utilizzato, ampliandolo nei particolari, lo stesso disegno usato per il secondo riquadro del f. 1r. All’edificio in costruzione sono al lavoro gli stessi tre operai: uno in cima a una scala, uno a una finestra con in mano la cazzuola, e uno che batte con il martello. L’unica aggiunta è la figura maschile barbuta – simile a quella di f. 9r – in atto di conversare con il re. f. 118r: all’incipit del Libro III, parte III, capitolo 1, che enseigne quele est chevalerie et coment et aque le chose et elle est faite et ordenee. Et que toutes evurez de bataille sont contenues sous chevalerie: davanti al consueto edificio turrito è un cavaliere, in armatura di maglia, sopravveste rossa ed elmo a calotta, che si rivolge a gruppo di cavalieri con sopravvesti azzurre e rosa. f. 135r: all’incipit del prologo della traduzione del De re militari di Vegezio (Aussi conme dist segons li philosophes) con la rubrica relativa al prologo Ici commance li livres Flave Vegesce de la chose de chevalerie: un uomo barbuto, con cappello a calotta e manto rosati, parla, indicando il palmo della propria mano sinistra con l’indice della destra, rivolto a un gruppo di cavalieri con sopravvesti rosse e rosate. La scena raffigura Vegezio mentre istruisce con i suoi insegnamenti. f. 135v: all’incipit del I Libro: il riquadro trasmette un uomo barbuto con cappello a calotta, che si rivolge, indicando il palmo della mano sinistra con l’indice della mano destra, a un re barbuto e a due uomini in corte vesti con cappuccio. f. 142r: all’incipit del II Libro: un re barbuto si rivolge a un gruppo di cinque monaci tonsurati; i due monaci in primo piano hanno lunghi mantelli con cappuccio e recano un piccolo scudo con una croce azzurra su fondo bianco. f. 149r: all’incipit del III Libro, introdotto dalla rubrica Ci comance li tiers livre qui enseigne la petite bataille: il riquadro raffigura una schiera di cavalieri armati di lance, all’assedio di una città, con sopravvesti rosse, rosa e verdi. Il primo cavaliere, che indica la città volgendosi indietro verso gli altri, reca uno scudo rosso fasciato d’oro, gli stessi colori dello stendardo; il cavaliere alle sue spalle reca uno scudo dorato caricato con mezze lune rovesciate.

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f. 162v: all’incipit del IV Libro, qui enseigne assalir ou chastiaux ou citez: è riutilizzato per la terza volta il disegno dell’edificio in costruzione usato a f. 1r e a f. 92v. Come nel secondo caso, un re e un uomo con cappello a calotta sono davanti alla costruzione. I riquadri miniati posti a illustrare le partizioni del testo non richiamano tanto il contenuto quanto il carattere didattico delle due opere come sopra evidenziato. Nelle rubriche questa particolarità è sottolineata dal ricorrente qui enseigne e nelle illustrazioni è sintetizzata dal dialogo tra un docente e un gruppo di persone, attraverso l’uso di gesti convenzionali che indicano l’espressione della parola. Le scene sono piuttosto monotone e spesso viene impiegata la medesima composizione. Dal punto di vista stilistico, le miniature – come ha evidenziato Francesca Manzari (MANZARI, Scheda nr. 53, 276) – possono essere confrontate con quelle presenti in un codice incompleto, conservato parzialmente a Digione (Bibliothèque municipale, ms. 525), esemplato tra il 1355 e il 1362 (cfr., ad esempio, il f. 145bis per cui vd. ZAŁUSKA, Manuscrits, tav. LXXXI). Buono lo stato di conservazione quantunque la pergamena in alcuni margini risulti ingiallita. L’apparato decorativo non presenta cadute della pellicola pittorica e della foglia d’oro. Legatura Rossi A (legatura cartonata cucita su corda ricoperta in piena pelle con filettature dorate nei piatti esterni e nel dorso), in buono stato di conservazione (rest. nel 1965). Sul dorso in alto si legge GILLE DE ROME / GOUVERNEMENT / DES / ROIS ET DES PRINC(ES); in basso M(ANU)S(CRIT) / EN PARCHEMIN. Il codice fu acquisito da Giovanni Francesco de Rossi (1796-1854) (sigilli della Rossiana ai ff. 1v e 168v). Dal 1922 è parte integrante dei fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il codice è stato esposto nella mostra Vedere i classici, Città del Vaticano 1996-1997. (SILVA TAROUCA, III, 65r-66r) TIETZE, Die illuminierten, 36-38 nr. 60; VITTE, Les manuscrits français, 107-110; BRUNI, De Regime Principum, 354, 361, figg. 1 (f. 1r), 2 (f. 59v); LUCAS, Translations, 249; SHRADER, Manuscripts, 302; LÖFSTEDT, Flave Vegece, 11-13, 18-22, 27-32, 37-122; DI STEFANO, Preliminari, 6566; MANZARI, Scheda nr. 53, 274-276 figg. 206 (f. 1r), 207 (f. 47r), 208 (f. 92v), 209 (f. 149r).

MARCO BUONOCORE Ross. 458 (olim IX, 148) CONSTANTINUS AFRICANUS, Viaticum I-VII (ff. 1r-40r). ISAAC IUDAEUS, De febribus I-V (ff. 41r-77r); De dietis particularibus I-II (ff. 78r-102r, preceduto al f. 78r da un indice del contenuto dell’opera). Calendario mensile di raccolta delle erbe e dei fiori (f. 102r). Elenco di medici e delle loro opere (f. 102v). Computatio mensis et dies medicinalis (f. 102v). Lista di ingredienti (f. 102v)

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Italia settentrionale (Veneto), sec. XIII, metà Membr.; ff. V (cart.), 102, V’ (cart.). Foliazione moderna (1-102) meccanica in cifre arabe apposta in basso a destra; foliazione antica (1103) in cifre arabe apposta al centro del foglio sul margine destro, con qualche salto (da 77 a 79, ma in conseguenza della caduta di un foglio) o dimenticanza (f. 19), in alcuni casi i numeri sono solo parzialmente visibili per cancellature o rifilature dei fogli, in altri casi sono stati invece depennati (ff. 91-94). Alcuni fogli presentano una foliazione ulteriore, a matita in cifre arabe, apposta in alto a destra (ff. 1, 10, 17, 20, 25, 30, 40, 49, 50, 57, 60, 65, 70, 73, 87). Sono in buona parte numerati anche i paragrafi, con numeri apposti sul margine esterno della colonna. Il codice misura mm 317×215 (f. 1r), il testo è disposto su due colonne, con specchio scrittorio di mm 241×128 e spazio intercolonnare di mm 10 (f. 2r) di 51 linee di scrittura. Indicazione dei fascicoli apposta in alto al centro Ross. 458, f. 1r del recto in cifre romane, che non corrisponde però alla reale struttura fascicolare. Richiami assenti (il richiamo alla fine del fascicolo II è in realtà un’aggiunta posteriore, probabilmente di una delle mani che hanno vergato alcune delle glosse marginali). Rigatura in parte a secco, eseguita dal lato carne e per lo più ripassata a colore, in parte solo a colore. La regola di Gregory non è apparentemente rispettata nel passaggio dal f. 77 al f. 78, dove si affrontano lato pelo e lato carne, ma in quel punto si registra la caduta di un foglio. Gotica italiana a inchiostro nero, rosso per le rubriche, di mano unica (ff. 1r-102rb); scrittura corsiva (f. 102rb); scrittura simile alla precedente, ma di mano diversa (f. 102va); scrittura gotica dai tratti simili a quelle della prima parte del manoscritto (f. 102vb); scrittura dai tratti fortemente corsivi (f. 102vb). Note marginali di diverse mani posteriori. Bianchi i ff. 40v e 77v.

L’esemplare tramanda traduzioni latine di testi medici arabi realizzate da Costantino Africano (seconda metà del secolo XI); in particolare, il Viaticum (inc.: Quoniam quidem ut in rethoricis ait Tullius; expl.: Concule (sic) marine incense cum oleo ro(sae)) è la traduzione latina del testo arabo Kita¯b za¯d al-musa¯fr waqu¯ t al-ha¯dir, Le provviste del viaggiatore e l’alimentazione del sedentario, scritto dal ˘ a ‘far Ahmed ibn Ibra¯hı¯ m ibn abı¯ Ha ˘ azza¯r, di cui Costanti¯ G ¯ lid al-G medico Abu no ha tradotto anche altre opere (VON FALKENHAUSEN, s.v. Costantino, 323; SCHIPPERGES, Assimilation, 40 s.); il De febribus (inc.: Quoniam te karissime fili; expl.: quia natura nondum excoquit materiam neque eam digessit) è la traduzione (epitomata) del Kita¯b al-hummaya¯t di Isaac Iudaeus (Isha¯q ibn Sulayma¯n al Isra¯’ı¯ lı¯ , morto verso la metà del X secolo); il De dietis (inc.: Q (uia) complevimus in libro I; expl.: et lapides in renibus creant) è la traduzione della grande opera di dietetica dello stesso Isaac (SILVA TAROUCA, III, 68; VON FALKENHAUSEN, s.v. Costantino, 322 s.; JACQUART, MICHEAU, Médicine, passim). Seguono opere anonime (Calenda-

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rio mensile di raccolta delle erbe e dei fiori, inc.: Ratio de radicibus et floribus et seminibus; expl. non leggibile; Elenco di medici e delle loro opere, inc.: Medicina dividitur teoricam (sic) et praticam (sic); expl.: ponendo curas eorum; Computatio mensis et dies medicinalis, inc.: notandum, quid est mensis; expl.: dies medicinalis constabit ex 23 horis et una; Lista di ingredienti, verosimilmente per una ricetta). La decorazione è costituita da alcune iniziali istoriate e da una serie di iniziali zoomorfe e fitomorfe collocate all’inizio di alcuni dei capitoli delle opere maggiori. Le iniziali dei paragrafi sono alternativamente in rosso e blu sottilmente arabescate, i titoli dei paragrafi sono rubricati. Negli indici premessi alle varie opere le iniziali dei singoli titoli sono alternativamente in rosso e blu. f. 1r: iniziale Q di Quoniam quidem (mm 40×40), realizzata in rosso a piccoli cerchi in campo quadrato blu e decorata internamente con un complicato intreccio di motivi zoomorfi e fitomorfi. Nel prolungamento della lettera, che si allunga verso il basso e termina in un motivo acantiforme bicromatico, è contenuto uno strano ibrido zoomorfo, formato dal corpo di un volatile e la testa forse di toro, parzialmente intrusa all’interno della lettera stessa. f. 1r: iniziale istoriata C di Capillus ex fumo (mm 32×35), realizzata in rosa chiaro a motivi geometrici di tono più scuro, in campo quadrato blu, dove sono raffigurati un bambino (o un paziente) in ginocchio dinanzi a un uomo anziano (forse un medico) seduto, che gli impone le mani sul capo, e dietro di lui un altro personaggio in piedi, parimenti rivolto al medico. L’iniziale ha forse qualche attinenza con il testo, è posta infatti all’inizio della trattazione della alopecia. f. 7v: iniziale zoomorfa S di Superior particula (mm 30×30), realizzata in verde con piccoli motivi in bianco su campo quadrato blu, costituita dal corpo di un serpente. Nell’ansa inferiore è collocato un quadrupede sdraiato (un bovino) in viola a piccoli motivi in bianco. Nell’ansa superiore è posta un’altra figura, verosimilmente un altro animale, ma difficile da identificare. f. 12v: iniziale zoomorfa I di In duobus libris precedentibus (mm 93×18), in campo blu, in cui è raffigurato uno strano essere con testa bianca taurina e corpo allungato in viola a piccoli motivi in bianco, e con braccio ittiforme in blu. f. 18v: iniziale istoriata Q di Quoniam in tertio libro (mm 18×18), realizzata in rosso a motivi lineari in biacca, all’interno della quale è raffigurato un uomo recante un bicchiere nella mano destra. L’iniziale è forse in relazione con il contenuto del capitolo intitolato De difficultate disglutiendi (sic). f. 23v: iniziale M di Multis in locis (mm 20×18), realizzata in blu a piccoli tratti in bianco posta su campo viola e verde, sotto le anse della quale sono inseriti due serpenti affrontati. f. 30r: iniziale D di Deus ad animalium genera (mm 27×27), realizzata in rosso a sottili motivi in biacca su campo in blu, l’interno della quale è riempito da motivi fitomorfi in rosso e verde.

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f. 33v: iniziale E di Expletis in superiore (mm 29×28), realizzata in rosa chiaro con tratti geometrici di tonalità più scura (l’asta centrale è in violetto con tratti in bianco) su fondo blu. Nelle anse della lettera motivi fitomorfi in verde. f. 41r: iniziale Q di Quoniam te karissime (mm 50×47), realizzata in rosso chiaro e scuro con filamenti in biacca su campo quadrato in blu. All’interno della lettera diversi motivi fitomorfi policromi. La coda della lettera si estende verso il basso, lungo il margine sinistro, su campo viola e filamenti in bianco, e termina con motivo acantiforme bicromatico. La miniatura presenta vistose perdite di colore, soprattutto nel campo blu. f. 47r: iniziale P di Priusquam de ethica (mm 36×15), realizzata in bianco a motivi in rosso su campo blu, con elementi fitomorfi all’interno dell’occhiello. f. 51v: iniziale C di Causom (sic) continuum habet (mm 42×36), realizzata in giallo a sottili motivi in bianco su fondo tricromatico rosso/blu/verde. Nell’occhiello della lettera complicati intrecci in bianco cui si mescolano elementi zoomorfi (volti di animali) e fitomorfi in verde. f. 66v: iniziale Q di Quia disputavimus de febribus (mm 35×35), realizzata in viola a motivi in biacca su campo quadrato in viola chiaro. L’interno della lettera è in blu e reca motivi e intrecci fitomorfi policromatici. Nella coda della Q, terminante con motivo acantiforme policromo, un uccello dal corpo viola e ala verde, la cui testa (di diverso animale) è intrusa nel corpo della lettera. f. 78r: iniziale Q di Q(uia) complevimus in libro I (mm 39×47), realizzata in rosso a motivi geometrici in bianco su campo quadrato in blu. All’interno della lettera complicati intrecci formati da elementi fitomorfi policromi. La coda della Q è costituita dal corpo di un uccello, con ala verde e lungo collo retroverso; la testa di un altro animale è inserita nell’occhiello della lettera. f. 88r: iniziale Q di Quia complevimus in hoc libro (mm 44×50), realizzata in rosso di due tonalità (più scuro all’interno, più chiaro all’esterno) e motivi in bianco su campo quadrato in blu. Complessi intrecci policromi con elementi fitomorfi e zoomorfi arricchiscono l’interno della lettera. La coda della Q, terminante con motivo acantiforme policromo, reca il corpo di un animale in viola, con lungo collo retroverso e testa intrusa nell’occhiello della lettera stessa. Gli abbinamenti cromatici, la morfologia delle lettere, nonché gli elementi costitutivi delle stesse, in particolare il repertorio zoomorfo, formato da uccelli con teste canine o taurine e zampe leonine, per lo più flessuosi nel formare il corpo dei capilettera, sono tutti caratteri tipologici peculiari delle miniature che illustrano manoscritti contenenti trattati medici (o, più in generale, opere tecniche) confezionati in area veneta a partire dalla metà del XIII secolo. Si vedano ad es. le iniziali e le decorazioni del ms. lat. 14389 (Paris, Bibliothèque nationale de France), contenente opere di Galeno, realizzato in Italia nordorientale fra la metà e il terzo quarto del XIII secolo (cfr. Manuscrits enluminés d’origine ita-

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lienne 2, 17 s., nr. 16 e Planche VIII), per nulla inconsuete in testi del genere (cfr. anche il ms. lat. 6921, che contiene l’Avicenna latino, in D’ALVERNY, Avicenne, XVI 131 e Plate VI, scritto in Italia alla fine del XIII secolo). Questa localizzazione trova conferma anche nel forte interesse per la scienza naturale e per gli studi di medicina che si manifestò nell’ambiente culturale padovano del XIII secolo, sia quello gravitante intorno alla neonata Università (la facoltà di diritto nacque nel 1222), sia quello religioso degli ordini conventuali; interesse che portò in questo secolo a un notevole incremento di traduzioni di testi scientifici arabi (LUCCHETTA, Presenza, 135 ss.). Più genericamente il Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 118) collocava il manufatto in Italia nella metà del XIV secolo. Stato di conservazione complessivamente discreto; la pergamena appare in più punti scura e/o disidratata, spesso con macchie di umidità, diversi fogli recano oculi, alcuni presentano rattoppi o risarcimenti inadeguati. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione; la pelle del dorso è stata riapplicata in sede di restauro (1965). Taglio decorato. Sul dorso in alto si legge (in oro): ISAACI / ARABICI / OPERA / MEDICA; in basso, sempre in oro: COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. (SILVA TAROUCA, III, 67r-69r; Bibl. Rossianae, V, 223r-224r) TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 118; MACKINNEY, Medical Illustrations 1959, 17; MACKINNEY, Medical Illustrations 1965, 177; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 461 (olim IX, 151) Revelatio ecclesiae beati Michaelis Arcangeli in montem qui dicitur Tamba (ff. 1r2v). De sancto Iohanne evangelista. De nativitate sancti Stephani prothomartyris. De sancto Laurentio (ff. 4r-5v). Tabula de festis (ff. 7r-8v). IACOBUS DE VORAGINE, Legenda aurea (ff. 1r-200r) Area padano-veneta, sec. XIVex. Manoscritto composito di tre parti (rispettivamente ff. 1-3; 4-6; 7-200, numerati 7-8 + I-CC) (f. 1r) incipit: Incipit revelatio ecclesiae beati Michaelis Arcangeli in montem qui dicitur Tamba (f. 4r) De sancto Iohanne evangelista; De nativitate sancti Stephani prothomartiris (f. CCr) explicit: Expliciunt legende sanctorum Deo gratias. Sotto: Ipse liber est mei Cardinalis Firmani manu propria (autografa) Membr.; ff. V (cart.), 208 (8 + 200), V’ (cart.); mm 299×219 (f. 17r). Foliazione moderna a matita (1-8) apposta in alto a destra per i primi otto fogli; il foglio seguente è numerato I a

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matita; segue una foliazione coeva (ff. 2-200 = II-CC) in cifre romane rubricate apposta in alto al centro del recto di ciascun foglio (non sono numerati i ff. 8, 12, 13, 60, 61, 74, 79, 81, 88). Specchio scrittorio di mm 214×150, con testo disposto su due colonne (spazio intercolonnare di mm 10, f. 17r); 42 linee di scrittura. Richiami presenti in basso sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, internamente allo specchio di scrittura. Rigatura a colore. La legge di Gregory non è rispettata nel passaggio dal f. 8v al f. numerato Ir, dove si affrontano lato pelo e lato carne. Scrittura gotica italiana, a inchiostro nero, di varie mani, che vergano rispettivamente i ff. 1r-2v; 4r-5ra; 5rb-v; 7r-8v, mentre i ff. Ir-200r sono vergati in una gotica più tarda da diverse mani che si alternano. Bianchi i ff. 3r-v, 6r-v, 200v.

Nel manoscritto la Legenda aurea di Iacopo da Varazze è preceduta dal racconto dell’apparizione di san MicheRoss. 461, f. 1r le arcangelo sul monte Tamba: inc. (P)ostquam gens Francorum; expl. accesserunt discipuli ad Yohannem, e da scritti apocrifi su alcuni santi. L’apparato decorativo, presente solo nella parte del codice occupata dalla Legenda aurea, è costituito da 1 pagina d’incipit (f. Ir), da 5 iniziali istoriate collocate nei punti del testo relativi agli episodi della vita di Gesù (ff. Ir, 12v, 61r, 79r, 81r) e da una ricca serie di iniziali filigranate, alternativamente in rosso/blu e blu/rosso, poste all’inizio delle singole vite dei santi di cui si compone il testo. Numerosissime sono di dimensioni medio-grandi, alcune in particolare si segnalano sia per le dimensioni molto significative sia per la struttura a intarsio bicromatico nel fondo interno e campo esterno a filigrana rosso/blu (si vedano ad es. la S di f. 38v e la U di f. 84v, entrambe su 14 linee di scrittura; o la P di f. 93v, 12 linee di scrittura con un fregio arabescato lungo il margine sinistro). Segni paragrafali prevalentemente in rosso, a volte anche in blu. Numerose iniziali sono toccate in rosso. Sono rubricati i titoli delle vite. f. Ir:

pagina d’incipit con iniziale istoriata A di Adventus domini (mm 77×67), realizzata in rosa a sottili arabeschi in biacca, fogliata e contornata in oro, all’interno della quale è raffigurata su fondo blu l’Annunciazione a Maria (parte inferiore): a destra la Madonna di fronte a un leggio con libro, a sinistra l’arcangelo Gabriele con in mano un giglio. Sulle loro teste lo Spirito Santo effigiato come colomba. Nella parte superiore motivo floreale policromo su fondo rosso. La decorazione è completata da un fregio a foglie di acanto rosso, blu, verde e rosa e dischetti in oro. Dalla metà del la-

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to sinistro verso il basso il fregio si presenta danneggiato con perdita di pigmenti di colore. Nel bas-de-page due stemmi uguali nella partizione, ma a colori diversi: a sinistra: inquartato, nel I e nel IV di blu al capriolo d’oro; nel II e nel III d’oro al capriolo di blu; al centro: inquartato, nel I e nel IV bianco al capriolo di rosso; nel III e nel IV di rosso al capriolo di bianco. f. 12v (XIIv): iniziale istoriata N di Nativitas domini nostri (mm 70×54), realizzata in rosa con lievi arabeschi in biacca su foglia d’oro e piccolo fregio acantiforme policromo lungo il margine sinistro. Vi è raffigurata la Natività, con Maria a sinistra, Giuseppe poco più in basso a destra, come ripiegato su se stesso e addormentato, e il bambino riscaldato dai due animali, il bue e l’asino. Nello scenario notturno si riconosce la stella cometa in alto e una grotta dietro i personaggi. f. 61r (LXIr): iniziale istoriata R di Resurrectio Christi (mm 65×47), realizzata in rosa a delicati arabeschi in biacca, su campo quadrato in foglia d’oro, accompagnata da breve fregio acantiforme policromo con sferette d’oro sul margine sinistro. Vi è raffigurata, nell’occhiello, la Resurrezione: Cristo trionfatore sulla morte e benedicente esce dal sepolcro, mentre due soldati di guardia al sepolcro giacciono addormentati. Nella parte inferiore della lettera motivo acantiforme policromo su fondo verde chiaro. f. 79r (LXXIXr): iniziale istoriata A di Ascensio domini (mm 49×49), realizzata in rosa a filamenti in biacca su campo quadrato in foglia d’oro, che si prolunga in alto e in basso in un fregio di foglie di acanto policrome. Nella parte superiore su fondo blu è raffigurata l’Ascensione: Cristo ascende al cielo, mentre in quella inferiore gli apostoli assistono all’evento. f. 81r (LXXXIr): iniziale istoriata S di Spiritus sanctus (mm 49×42), realizzata in rosa in campo quadrato in foglia d’oro. Nell’ansa superiore della lettera la Pentecoste: lo Spirito Santo, sotto forma di raggi rossi su fondo blu all’interno di un motivo a foglie di acanto, discende sui dodici apostoli radunati, raffigurati nell’ansa inferiore. La lamina d’oro presenta un parziale distacco di pigmento. Lungo il margine sinistro si prolunga anche in questo caso un fregio a foglie di acanto policrome. Per i caratteri morfologici delle iniziali rosate, fogliacee con i ricorrenti motivi in biacca, collocate su campo esterno in lamina d’oro, accompagnate da fregi fogliacei, dai colori vivaci (rosso, blu, verde, rosa, lilla) e impreziositi da bottoni dorati, lungo uno o più margini del foglio, il manoscritto, praticamente inedito se si eccettua Tietze (Die illuminierten, 82 nr. 125), che lo assegnava all’area napoletana e lo datava alla seconda metà del XV secolo, può collocarsi nella produzione padovana dell’estremo Trecento (e primi del Quattrocento), forse con qualche ascendenza bolognese: si confrontino ad es. gli Antifonari conservati a Padova (Biblioteca capitolare ms. E 18 e E 19), databili tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, realizzati dalla Bottega della Bibbia Istoriata padovana (su questi codici cfr. rispettivamente MINAZZATO, Scheda nr. 55, in Calligrafia, 162 e

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MINAZZATO, Scheda nr. 60, in Parole dipinte, 174 s.) o il Graduale conservato a Padova (Biblioteca Antoniana, ms. VII), miniato da Nicolò di Giacomo di Nascimbene nella prima metà del settimo decennio del XIV secolo (cfr. PASUT, Scheda nr. 43, in Parole dipinte, 133s.) oppure il codice parigino (Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 6468), contenente il Currus Carrariensis moraliter descriptus di Franciscus de Caronellis, miniato verso il 1376 da un miniatore padovano di formazione bolognese (cfr. GOUSSET, Scheda nr. 45, in Parole dipinte, 136). Stato di conservazione complessivamente discreto. Si osserva il distacco di pigmenti di inchiostro in diverse parti del manoscritto e di pigmenti cromatici in alcune miniature (cfr. supra). Legatura Rossi A in non buono stato di conservazione: il dorso è in gran parte staccato dai piatti. Sul dorso si legge in alto (in oro): IACOBI / DE / VORAGINAE / LEGENDE / SANCTORUM; in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV; ancora più in basso, in nero: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). Il codice appartenne alla biblioteca del cardinale Domenico Capranica (m. 1458), come indica la nota di possesso autografa al f. 200r, la nota sul dorso e la registrazione con il nr. 11 al f. 2v del ms. Vat. lat. 8184, catalogo della biblioteca del collegio Capranica. Non è dato sapere tuttavia come il cardinale ne venne in possesso. (SILVA TAROUCA, III, 74r; Bibl. Rossianae, V, 229r-230r) TIETZE, Die illuminierten, 82 nr. 125.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 462 (olim IX, 152) Mariegola di Santa Caterina (ff. 6r-42r); preceduta da una Tavola dei capitoli (ff. 2v-3v) Venezia, secc. XV3 -XVIII (1777) (f. 2v) Prologo de questa mariegola de madona (sic) santa Catarina (…) (f. 6r) Al nome de la sanctissima et individua Trinità padre et fiolo et spiritu sancto (…) (f. 18v) 1562 a dì 18 settembrio. / Essendo la schola nostra retiratta (…) (f. 20r) In Xristi nomine amen. Anno nativitatis eiusdem MCCCCCXI, Indictione XIIII, Martii, die 23 (f. 22r) In Xristi nomine amen. Anno nativitatis eiusdem Millesimo quingentesimo undecimo, indictione XIIIa. Die vero nono mensis octobris Membr. (pergamena spessa e giallastra, in particolare quella del bifoglio iniziale che ospita a f. 1v e 2r, sul lato pelo, due illustrazioni a piena pagina); ff. VII (cart., fatta eccezione del primo che è in cartoncino azzurro come la controguardia), 43, VII’ (cart., fatta eccezione per l’ul-

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timo, in cartoncino azzurro come la controguardia posteriore); il manoscritto presenta una doppia foliazione: manuale, antica, in cifre arabiche e a inchiostro nero, a partire dalla pagina d’incipit (quindi da f. 6r, segnato come 1, a f. 29, segnato come 24), che è stata completata in epoca recente da una foliazione a matita, in numeri romani, realizzata in alto a destra sul recto dei primi 6 fogli; meccanica in cifre arabiche, contemporanea, sull’angolo inferiore destro del recto di ciascun foglio, a partire da f. 2, numerato con I (nel corso della scheda si farà riferimento a questa foliazione); infine i ff. 35, 40, 42 sono numerati da una mano contemporanea con i numeri 30, 35, 37. Sul recto del foglio iniziale numerato I rimane traccia di una antica numerazione. Richiamo di fascicolo, al centro del margine inferiore di f. 15v. Il codice misura mm 313×221 (misurato a f. 6r). Il testo, a ragione della tipologia testuale, è vergato da più mani: ff. 2v-18r, gotica rotunda, di modulo ampio, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche; f. 18v, Ross. 462, f. 1r umanistica posata, vergata con inchiostro bruno piuttosto leggero (datate 1562); ff. 20r-21v, gotica rotunda vergata a inchiostro nero (a f. 16v la sottoscrizione del notaio apostolico Nicolaus e il suo contrassegno); ff. 22r-v, gotica rotunda, con elementi umanistici, vergata a inchiostro nero (a f. 22v la sottoscrizione del notaio apostolico Nicolaus e il suo simbolo); ff. 22v-43v, scritture personali di varie mani e di varia cronologia (l’ultima, a f. 42v, si data all’anno 1771). Specchio scrittorio su una sola colonna di 26 righe per 25 linee di scrittura (che misura costantemente mm 200×130 fino a f. 22v); rigatura a mina di piombo molto leggera; sono rigati, ma anepigrafi, i ff. 2r, 4r-5v, 13r-v; non sono né rigati, né scritti i fogli segnati con I (= 1r) e il f. 1v (= 2v). Nota manoscritta, quasi illeggibile, lungo il margine superiore di f. 2r. Nota marginale di mano moderna a f. 6r.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 pagina d’incipit (f. 6r) decorata con un fregio vegetale e floreale che inquadra sui quattro lati lo specchio scrittorio; 1 iniziale maggiore istoriata (f. 6r); 24 iniziali rubricate in rosso e blu e filigranate con inchiostro viola, all’incipit dei corrispondenti capitoli, mm 20×20 ca.; 4 iniziali rubricate; 2 illustrazioni a piena pagina, affrontate sul verso del primo foglio non numerato e sul recto di f. 1. f. 6r: la decorazione vegetale e floreale, a foglie e fiori minuti, disseminata di globi aurei e raccordata da fitte filigrane a penna, è impostata su una tavolozza pittorica limitata, basata essenzialmente sui colori blu, rosa intenso, con tocchi di verde e di giallo, e sull’uso dell’oro; sul lato interno prende le mosse dall’iniziale P di Pensando et considerando (mm 57×60), il cui corpo di rosa intenso con terminazioni in blu e verde e collarino in rosso arancio, risalta sul campo in foglia d’oro. Sul fondo l’immagine

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della Vergine Maria seduta a protendere il Bambino verso santa Caterina di Alessandria, che, inginocchiata e connotata dalla corona e dalla palma, offre a Gesù con la mano destra quelle che sembrano monete; in primo piano, abbandonata sul terreno antistante, la mezza ruota simbolo del suo martirio. Nel margine inferiore un clipeo laureato contenente il monogramma cristologico crucigero, che viene ripetuto, racchiuso in un medaglione verde, su quello superiore. In un medaglione collocato al centro del fregio sul lato destro, l’immagine dello Spirito Santo. Lungo il bordo superiore del foglio è rubricata la data 1436 ottobre 1. Le due tabulae (mm 224×155) miniate raffigurano rispettivamente la Crocifissione e Caterina d’Alessandria, santa eponima della mariegola, entrambe inquadrate da una cornice in cui la fascia vegetale policroma (nei colori del rosa sui lati brevi e del blu e del verde sui lati lunghi) si alterna a una fascia aurea a ovuli oblunghi, all’interno, e a sottili listelli, all’esterno; entrambe le scene sono ambientate sullo sfondo di uno scabro paesaggio collinare, che si ripete molto simile, nelle dimensioni ridotte dell’iniziale, a f. 6r, dove, degradando all’orizzonte in una scansione di piani sciolta e articolata, ospita, al centro dell’illustrazione, una conca palustre, disseminata di imbarcazioni; entrambe sono realizzate con la stessa tavolozza pittorica della pagina d’incipit (tutta tenuta sui toni del blu e del rosa), arricchita di fittissime lumeggiature dorate nella realizzazione degli abiti dei protagonisti delle due scene sacre. Nella Crocifissione – che si conforma a un modello iconografico piuttosto diffuso in area veneta: cfr. ad esempio una tavola del Messale, stampato a Venezia nel 1491 (Padova, Biblioteca capitolare, Inc. 260, f. 58b) – alla splendida figura di Cristo fanno da concerto, in alto, due angeli che esibiscono calici dorati, simbolo del sacrificio divino, e che, dipinti con lo stesso colore dello sfondo, quasi sfumano tra le nuvole del cielo, e, in basso, ai piedi della croce, Maria, Giovanni e Maria Maddalena che, inginocchiata e rivolta verso il riguardante, abbraccia il sacro legno. Sul foglio affrontato santa Caterina, incoronata regina e martire da due figure alate, anch’esse realizzate in monocromo dello stesso colore del cielo, tiene nelle mani i simboli del martirio (la palma e la mezza ruota) e si erge su un sarcofago aureo all’antica, toccato con pennellate di rosso e decorato sulla faccia anteriore con sfingi alate, che sfumano in racemi a foglie di acanto. In alto un cordone a grossi grani di corallo, alternati a festoni vegetali, sostiene al centro un medaglione d’oro e di perle, incastonato con una pietra preziosa violacea che sembra presentare in monocromo le palme del martirio e sormontato da trofeo vegetale su cui è poggiato un uccello dalla lunga coda e dal piumaggio colorato; in basso, ai lati del sarcofago due cerbiatti stanno forse a simboleggiare la purezza della santa martire. L’apparato figurativo del codice sembra appartenere a due diverse fasi di realizzazione, se pure non troppo distanti nel tempo, anche se l’adozione di una stessa tavolozza pittorica sembra suggerire l’appartenenza degli artisti all’opera nella confezione del manoscritto a una stessa bottega, attiva con tutta probabi-

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lità a Venezia tra ottavo e nono decennio del secolo XV. La data apposta sul margine superiore della pagina d’incipit – A(nno) D(omini) CCCCXXXVI p.mo Otubrio –, in una gotica forse più tarda di quella che verga il testo e collocabile al valico tra il secolo XV e il XVI, non data, comunque, la confezione del manoscritto, ma forse un archetipo o, in ultima analisi, le origini della mariegola. Alla prima fase, da ascrivere ai primi anni cinquanta, appartiene l’artista, che realizza l’iniziale istoriata a f. 6r, e al quale si deve forse anche la decorazione dell’intera pagina incipitaria, che si collega nella realizzazione del fregio vegetale alla miniatura ferrarese, rinnovata dagli influssi veneti, e in particolare a esemplari miniati nell’ambito di Giorgio d’Alemagna (appare particolarmente significativo il confronto, anche per le analogie della vicenda compositiva, con gli Statuti dell’arte degli Speziali, ms. Cl. I 478 della Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara, miniato a Ferrara tra 1454 e 1472: cfr. FACHECHI, Scheda nr. 8, 91-92) o se ci sposta più avanti nel secolo, rimanendo in un analogo ambito di produzione, a manoscritti miniati da Franco de’ Russi (tra i tanti si propone il confronto con la Biblia Italica, stampata a Venezia nel 1471 per i tipi di Vindelinus Spirentiis), o anche allo stile di Antonio Maria Sforza, in particolare al primo periodo veneto del maestro, cui si data la realizzazione ad esempio del Breviario, ms. Douce 314 della Bodleian Library di Oxford (CANOVA, La miniatura veneta, 84, 160 nr. 105), che tra l’altro fu copiato nel 1473 da un monaco veneziano attivo tra Padova e la città lagunare. Del secondo miniatore, responsabile del bifoglio iniziale aggiunto in una fase posteriore, è evidente il coinvolgimento nel linguaggio figurativo postmantegnesco e in una attardata cultura antiquaria, cui fa riferimento il serto di coralli e festoni di f. 1r e la citazione all’antica proposta nel sarcofago su cui poggia la santa. Ancora di marca veneta con inflessioni ferraresi appare il composto patetismo con cui viene espressa la sofferenza di Cristo sulla croce e la partecipazione a essa degli altri protagonisti del dramma sacro e che sembra coinvolgere anche la scabrosità del paesaggio. Quest’ultima caratteristica e alcuni particolari, come le cornici di lauro che contengono le due illustrazioni permettono di accostare il nostro manoscritto agli Offici di Montecassino (Archivio dell’Abbazia, ms. 620), assegnati a cultura ferrarese con cadenze venete e alla II metà del Quattrocento (CANOVA, La miniatura veneta, 46, 150 nr. 52) Lo stato di conservazione del manoscritto è discreto. Legatura Rossi A in stato di conservazione mediocre: il dorso si presenta molto rovinato, tanto che con difficoltà vi si legge: in alto, STAT(U)T(I) / DE / S(ANCTA) / CATT(ERINA) / DE VENIEZ(IA) (sic); in basso, C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / ANNO / 1436. (Bibl. Rossianae, V, 232r) TIETZE, Die illuminierten, 146 nr. 322.

SILVIA MADDALO

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ROSS. 464

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Ross. 464 (olim IX, 154) HUGO DE SANCTO VICTORE, De archa Noe liber I (ff. 1r-26v); De sacramentis christianae fidei libri I-III (ff. 27r-133v) Veneto, 1250 (?) (f. 133v) explicit: EXPLICIT PARS DUODECIMA ET LIBER DE SACRAMENTIS Note: (f. Ir)

indice XV secolo e timbri CAMUCCINI con cimiero con aquila; timbro ovale Biblioteca Rossiana (f. 133v) O q(ui)cu(m)q(ue) legis isti(us) dogmata legis / Ante Deum facito praeconia pro Gileberto (f. 133v) Ego frater Iacobus de Marchis feci emere istum librum pro loco sancRoss. 464, f. 1r tae Mariae de Gratijs iuxta oppidum Montispran(donis) pro tribus ducatis auri manu propria (XV sec.) Sul margine laterale ricette mediche sul mal di testa etc. Membr. (bianca dal lato carne e giallina dal lato pelo); ff. VI, I, 134, III’ (risguardi e guardie cartacee, tranne la interna anteriore; risguardi in cartoncino azzurro); foliazione in cifre romane a destra in alto in inchiostro seppia; numerato in cifre romane sul recto del primo foglio del fascicolo fino al fascicolo VIII compreso (f. 68v), poi, a partire dal IX fascicolo, la numerazione è trascritta sull’ultimo foglio, insieme al richiamo, che appare della stessa grafia del testo; mm 290×205; lo specchio di scrittura (mm 215×140) è occupato da due colonne, ciascuna di 38 linee; fori e rigatura a punta d’argento; composizione: 28, 110, 48, 110, 68, 110, 110; mutilo di due fogli finali; scrittura testuale vergata a inchiostro bruno, rosso per gli incipit e gli explicit.

Il sistema illustrativo è formato da rubriche dello stesso modulo del testo, da piccole iniziali rosse alte 1 linea all’inizio dell’indicazione dei capitoli; lettere rosse semplici, con globuli e con piccole desinenze arabescate nei capitoli del testo; le divisioni maggiori sono indicate da lettere a pennello. Incipit rubricati. Queste iniziali, le cui dimensioni oscillano tra 2 e 4 linee negli incipit minori (mm 15/25×10/15, hanno una struttura ancora rigorosamente inquadrata dal campo geometrico e il nastro è monocromo con elementi fogliacei o cerchielli evidenziati a biacca, mentre piccoli motivi vegetali sono collocati negli spazi di risulta del campo; in alcune lettere si sviluppano foglie di acanto a polipo; nel fondo sono dipinte figure umane micrografiche di modulo allungato. La gamma cromatica è limitata al verde petrolio, verde acqua, viola cupo, rosso scuro e bruno, mentre le carna-

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gioni sono ottenute con lievi tocchi rosacei sul fondo della pergamena. Riempilinea ad andamento geometrico e a inchiostro giallo. f. 1r:

f. 2v:

f. 10v:

f. 17r:

f. 27r:

f. 28r:

f. 30v:

f. 42r:

f. 49r:

f. 59v:

f. 66v: f. 77r:

Incipit prologus magistri Hugonis in libro de archa Noe. Iniziale istoriata C di Cum sederem (mm 25×30), con nastro viola fogliaceo e nel fondo un frate brunovestito e tonsurato stante con libro. Nel campo esterno piccoli tralci con foglioline rivoltate con bordo frastagliato. Campo sagomato, contornato in viola. Incipit rubricato. Incipit liber primus. Iniziale D di Duobus modis Deus (mm 80×50), formata da cerchio con tralcio e drago bipede, alato con coda desinente in acanto a polipo nell’asta. Explicit liber primus. Incipit liber secundus. Iniziale Q di Quod dicere volumus (mm 70×40), fogliacea con campo turchese contornato in rosso; nastro marrone con foglie viola scuro e tralcio interstiziale marrone-rossiccio con foglie ripiegate. Explicit liber secundus. Incipit liber tercius. Iniziale I di In fine precedentis libri (mm 60×15), fogliacea con putto ignudo, ma con cuffietta, che si nasconde parzialmente dietro l’asta, che è decorata a cerchielli. Incipit prologus libri de sacramentis ab initio usque ad finem in unam seriem dispositis. Iniziale L di Librum de sacramentis (mm 65×30), formata da un cane che azzanna un drago. Explicit prologus. Incipit prephatio in libro primo. Iniziale C di Cum igitur de prima eruditione (mm 15×10), fogliacea piccola. Incipit liber primus. Iniziale istoriata Q di Quisquis ad divinarum (mm 75×40), con maestro docente nell’occhiello e coda desinente in drago. Prima pars exameron in opera conditionis. Iniziale A di Arduum profecto opus est (mm 65×60), con cornice rossa a due nastri geometrici intrecciati e fondo arancio. Il corpo della lettera è formato da due draghi verdi e viola intrecciati, dalle cui bocche fuoriescono due mani sanguinanti. Tralcio interstiziale viola, verde e rosso con acanto a polipo non sottile. Incipit secunda pars de causa creationis humane et de causis primordialibus rerum omnium. Iniziale I di In principio operis (mm 140×30), con apici fogliacei e con una figurina ignuda che si arrampica lungo l’asta. Incipit tertia pars qualiter ab initio Deus agnitus est et quia trius. Iniziale S di Scriptura dicit: Deum (mm 45×40), fogliacea con corpo formato da drago androcefalo barbuto e tralcio con piccole foglie ripiegate. Incipit quarta pars de voluntate Dei. Iniziale P di Prima rerum omnium (mm 120×40), con una maschera mostruosa con bianche corna ricurve e asta; il nastro è formato da compartimenti non ornati e termina con intreccio apicale. Incipit quinta pars de creatione angelorum. Iniziale istoriata D di De angelorum natura (mm 35×40), fogliacea con angelo annunziante entro l’occhiello. Incipit sexta pars quare Deus hominem ex corpore et anima fecit. Iniziale Q di Que in prima in prima parte, fogliacea con acanto a polipo.

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f. 91v: Incipit septima pars de lapsu primi hominis. Iniziale istoriata, D di Domino igitur mundi (mm 50×60), con coda desinente in testa umana e scena della Creazione di Adamo all’interno dell’occhiello. f. 101r: Incipit pars octava de eo quod sunt consideranda circa reparationem hominis. Iniziale P di Prima culpa hominis (mm 110×40), fogliacea. f. 107v: Incipit pars nona quattuor esse considerando in institutione sacramentorum. Iniziale T di Tractare volentibus de sacramentis (mm 40×40), con elementi vegetali e zoomorfi: un frutto tra due foglie simmetriche esce dalle estremità dell’asta orizzontale; due tralci originati alla base inquadrando l’asta verticale e sopra tra i tralci e l’asta orizzontale si affrontano due piccoli leoni bruni simmetrici. f. 113v: Incipit decima pars de fide septem esse requirenda. Iniziale D di De fide tractare volentibus (mm 110×50), fogliacea con coda costituita da un corpo d’uccello desinente in foglia. f. 122r: Incipit pars undecima de sacramentis naturalis legis. Iniziale P di Post fidem de sacramentis (mm 90×60), fogliacea con acanto a polipo. f. 125r: Incipit pars duodecima de unione populi fideli. Iniziale P di Primus status ab Adam (mm 80×50), fogliacea con acanto a polipo. Il codice, ritenuto di produzione italiana e assegnato alla seconda metà del XIII secolo da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 60), presenta una fusione di vari elementi, fusione confermata dall’analisi paleografica che evidenzia caratteri italiani con forte presenza di manierismi francesi, che determinano l’andamento angoloso del ductus. La stessa compresenza delle due tradizioni si avverte nelle miniature, dato che la struttura della lettera è italiana, ma le figurine micrografiche disegnate a inchiostro e con i volti a risparmio appaiono condizionate dalla tradizione delle bibliae Parisienses. Le lettere, che molto spesso sono arricchite non solo da putti, ma da elementi zoomorfi che formano le code della Q o le aste delle d, ma che talora si azzannano a vicenda, replicano modelli del XII secolo (f. 28v) e trovano riscontro soprattutto nei manoscritti del XIII secolo prodotti in area veneta, come le Sententiae di Pietro Lombardo della Bibliothèque nationale de France di Parigi (ms. lat. 441) o il Canzoniere provenzale, ms. fr. 12473 della stessa biblioteca. Pur senza potere individuare confronti decisivi, molti elementi puntano a quest’area: ad esempio la preferenza per la gamma cromatica scura e spenta, che ritroviamo in molti codici di questo ambito, dalla Bibbia di Autun, Bibliothèque municipale, ms. 197, databile attorno al 1270 al ms. 116 (a. T. 4. 14) della Biblioteca Estense di Modena, contenente il Livre des Saints Apostres et des Saints Martirs, prodotto attorno al 1300. La struttura ancora fortemente romanica dell’iniziale, la tipologia degli elementi zoomorfi e il modo di rialzare i fondi blu e rosso scuro con rosette o triangoli puntinati, la comparsa di fascette e compartimenti nei nastri suggeriscono una datazione entro la metà del secolo. Il miniatore usa solo quattro iniziali figurate: due con l’autore all’inizio delle due opere: Ugo da San Vittore è rappresentato nel primo caso come chierico vestito di un saio bruno, stante con libro aperto in mano (f. 1r) e nel secondo (f. 28v) come dottore universitario,

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vestito di un abito rosso, in cattedra nell’atto di insegnare. Le altre due illustrano invece due capitoli del Liber de sacramentis: al f. 66v inizia la pars quinta dedicata alla creazione degli angeli e nell’iniziale è dipinto un angelo annunciante, mentre al f. 91r la pars septima relativa al peccato originale è introdotta dall’immagine della Creazione di Adamo. Questa scelta suggerisce la realizzazione in uno scriptorium monastico o secolare, ove l’immagine viene scelta per evidenziare il tema del peccato e della redenzione attraverso l’opera mediatrice della Chiesa. Stato di conservazione buono. Legatura Rossi A in buone condizioni di conservazione; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XIII. Sul dorso in alto si legge HUGONIS A SANCTO VICTORE / TRACT(ATI) VARII / IN S(ACRIS) SCRIPTUR(IS). (SILVA TAROUCA, III, 75r-76r; Bibl. Rossianae, V, 233r-v) TIETZE, Die illuminierten, 60 nr. 93.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 466 (olim IX, 156) [PETRUS DE PALUDE], De causa immediata ecclesiasticae potestatis (ff. 1r-58r). Propositio facta in consistoro coram Domino Benedicto papa XII pro Ludovico de Bavaria a Domino Iohanne XXII ante excommunicato (ff. 58r-59v). [PLUTARCHUS], De institutione Traiani (fragmentum, ff. 59v60r). DOMINICUS DE DOMINICIS, De termino pontificalis potestatis (ff. 67r-130v, preceduto da un prologo al f. 61r-v e da una divisio libri ai ff. 61v-67r). PETRUS DE CLARAVALLE, De potestate ecclesiae quaestio (ff. 132r-146v). Epistola Luciferi ad principes Ecclesiae (ff. 146v-148r). PETRUS DE CLARAVALLE, Epistola de commendatione trium virtutum theologicarum (ff. 148r-188v). Index (ff. 189r-190v) Italia settentrionale, sec. XV, prima metà

Ross. 466, f. 1r

(f. 1v numerato I) Petrus de Palude de ecclesiastica potestate et aljj tractatus aliorum (f. 58r) explicit: Explicit tractatus conpilatus a domino fratre Petro de Pa-

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ROSS. 464-466

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lude Ordinis predicatorum sacre pagine magistro eximio patriarchae Ierosolimitano (f. 60r) explicit: Explicit liber de Regimine clavium Deo gratias amen; sotto: Qui scrissit (sic) scribat semper cum domino vivat (cfr. Colophons nrr. 23202, 23203); ancora sotto: Vivat incelis (sic) Iohanes (sic) nomine felix (simile a Colophons nr. 23203), cui segue a fianco: Facto fine pia laudetur virgo amen (f. 61r) colophon: De termino pontificalis potestatis ad quid et ad quousque summi pontificis potestas / se extendat per concordancias teologie et juris canonici magistri domini / Veneti episcopi Torcellani ad sanctissimum patrem dominum Calistum / papam tertium (f. 146v) explicit: Explicit parvum decretum de potestate sancti Petri vicarij Dei gloriosi et sublimis; segue sotto: Incipit epistula Luciferi ad principes ecclesie Membr.; ff. V (cart.), 191 (I+191, con un salto nella foliazione, vd. infra), V’ (cart.). Foliazione antica (1-189) in cifre arabe (I in numeri romani) apposta in alto a destra in inchiostro bruno, con un salto da 130 a 132; i ff. 190 e 191 recano invece una foliazione a matita posteriore, parimenti apposta in alto a destra in cifre arabe; tracce di una diversa, precedente foliazione in cifre arabe, poi erasa, si vedono sugli attuali ff. 154 (su cui si legge 216), 169 (su cui si legge 231), 175 (su cui si legge 237), sull’attuale f. 146 si legge 2//. Mm 291×212 (f. 1r); specchio scrittorio mm 250×145 (f. 1r), mm 210×149 (f. 83r), mm 215×125 (f. 150r), con spazio intercolonnare di mm 15 nei ff. 132r-190v; 40 linee di scrittura. Richiami presenti alla fine dei fascicoli I-V, collocati in basso, in posizione centrale e circondati da semplici arabeschi, assenti alla fine del fascicoli VI (f. 60v, bianco)-XIII; alla fine dei fascicoli XVII e XVIII (rubricato) si trovano richiami apposti sul margine estremo in basso a destra; le note di richiamo apposte alla fine dei fascicoli XIV-XVI in basso a destra sono scritte da mano posteriore. Rigatura a secco, eseguita dal lato pelo, prevalentemente ripassata a colore. La regola di Gregory non è rispettata nel passaggio dal f. 102v al f. 103r (carne/pelo), e nel passaggio dal f. 103v al f. 104r (carne/pelo), ma in questo secondo caso il mancato rispetto è dovuto alla perdita di un foglio rifilato. Nel manoscritto si susseguono le seguenti scritture: scrittura gotica italiana di mano unica a piena pagina a inchiostro nero (ff. 1r-60r); scrittura gotica italiana con evidenti influssi di cancelleresca, di mano unica, disposta a piena pagina (ff. 61r-130v); gotica italiana di mano unica disposta su due colonne, diversa da quella dei ff. 1r-60r, di modulo più piccolo e regolare (ff. 132r-188v). La tavola dei ff. 189r-190v è stata eseguita da una mano identificata da Silva Tarouca come quella di Franciscus de Toledo ed è la stessa del ms. Vat. lat. 4039, del Ross. 543 (ff. 329v334v) e del Ross. 588 (ff. 291ra-318ra), cfr. MIETHKE, Die handschriftliche, 289 nr. 40. Numerose note marginali più tarde, di varie mani, presenti in tutto il manoscritto, che nella prima parte (ff. 1r-60r) sono spesso anche molto estese, quasi di commento. Bianchi i ff. 60v, 191r-v.

Il manoscritto contiene numerose e importanti opere teologiche: il De causa immediata ecclesiasticae potestatis (ff. 1r-58r, inc.: Circa potestatem a Christo collatam; expl.: veritas declaretur vel alias declarata continetur), attribuita a Guglielmus Petri de Godino da SILVA TAROUCA (III, 79r) e da MCCREADY (Theory, 58-59); sulla questione della paternità dell’opera e i suoi rapporti con il Tractatus de potestate papae di Pietro de Palude cfr. anche STELLA (Tractatus, 1 ss.; 21 ss.); la Propositio facta in consistoro coram domino Benedicto papa XII pro Ludovico de Bavaria a domino Iohanne XXII ante excommunicato; un frammento della pseudoplutarchea De institutione Traiani (inc.: Est autem res plubica (sic); expl.: per ter-

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ram vadunt); seguono poi: il De termino pontificalis potestatis di Domenico de Dominicis (inc.: Utrum papa possit circa ius divinum dispensare; expl.: doctrina nullatenus convenit deviare), la De potestate ecclesiae quaestio (inc.: (C)irca decimamoctavam distinctionem; expl.: que procul sunt insulis longe lateque respersis magnificentia) e l’Epistola de commendatione trium virtutum theologicarum (inc.: (I)n fine autem nobis, expl.: in rebus proprijs redit argus in Poliphemo), entrambe di Pietro da Chiaravalle, separate dalla Epistola Luciferi ad principes ecclesiae (inc.: (L)ucifer princeps tenebrarum; expl.: sub terribili signete (sic) caractere in roborem premissorum). Il sobrio apparato decorativo è così distribuito: nella prima sezione del manoscritto (ff. 1r-60r) 6 iniziali in lamina d’oro su fondo bicromatico arricchito da una delicata decorazione a filamenti in biacca; diverse iniziali cromatiche rubricate poste per lo più all’inizio delle partizioni minori del testo; numerosissime iniziali toccate in rosso e in oro; frequentissimi segni paragrafali in rosso sovramodulati rispetto alla scrittura. Le iniziali maggiori sono così disposte: f. 1r:

iniziale C di Circa potestatem (mm 15×15), su fondo rosa e cornice verde oliva; Q di Quantum ad primum de potestate (mm 23×20), su fondo blu e cornice rosa; l’occhiello della lettera contiene un motivo fitomorfo; sul margine sinistro arabeschi terminanti con dischetti cigliati e dorati. f. 3r: iniziale Q di Quantum ad secundum articulum (mm 28×22), su fondo blu arricchito internamente da motivo fogliaceo verde/rosso e cornice rosa; a lato arabeschi terminanti con bottoncini dorati. f. 22v: iniziale Q di Quantum ad tertium articulum (mm 20×18), su fondo bicromatico blu e rosa e cornice in verde e rosa; a lato arabesco con dischetti dorati e cigliati. f. 26r: iniziale Q di Quantum ad quartum articulum (mm 20×17), su fondo rosa contenente un quadrifoglio verde al centro, cornice in blu e consueta terminazione arabescata sul margine sinistro con bottoncini dorati. f. 40r: iniziale Q di Quantum ad sextum articulum (mm 20×15), su fondo rosa e cornice bicromatica blu/verde e arabesco con dischetti dorati sul margine sinistro. Nella seconda sezione del manoscritto (ff. 61r-130v) iniziali rubricate con motivi a filigrana in bruno di notevoli dimensioni: f. 61r, R di Rex ille sapiens (6 linee di testo); f. 67r, U di Utrum papa possit (5 linee di testo); f. 92v, P di Papa non potest amovere (12 linee di testo); iniziali cromatiche per le successive partizioni del testo, che probabilmente non hanno ricevuto la filigranatura; titoli dei capitoli e dei paragrafi rubricati; numerosissime iniziali toccate in rosso e numerosi segni paragrafali. Nella terza sezione (ff. 132r-188v; l’indice dei ff. 189r-190v è privo di qualunque decorazione) non sono state realizzate le iniziali (per le quali è stato predisposto lo spazio), ma sono rubricati i titoli dei capitoli.

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ROSS. 466-467

Il manoscritto fu posseduto dal cardinal Domenico Capranica (m. 1458), come si evince dalla nota apposta sul dorso e soprattutto dalla registrazione con il nr. 159 al f. 16v del ms. Vat. lat. 8184, antico inventario della biblioteca del collegio Capranica. Stato di conservazione complessivamente buono. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, con qualche lieve danno da uso sui labbri, la cui pelle si presenta qua e là sfiorata, mentre la cucitura è in alcuni punti lesionata. Sul dorso si legge in alto, in oro: PET(RI) DE PALUD(E) / PATR(IARCHAE) HIEROS(OLIMITANI) / ORD(INIS) PRAED(ICATORUM) / ET / DOM(INICI) VENETI / EPISC(OPI) ORCELL(ANI) (sic) / DE / ECCL(ESIASTICA) POTESTA(TE) / ALIORUM / TRACT(ATI) VARII; in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV; e sotto, in nero: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FI(RMANI). (SILVA TAROUCA, III, 79r-80v; Bibl. Rossianae, V, 238r-241r) KRISTELLER, Iter II, 466; VAN DEN AUWEELE, Tradition, 188; MIETHKE, Die handschriftliche, 289 nr. 40, 321; MCCREADY, Theory, 58-59; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 467 (olim IX, 157; gr. 15) SYMEON METAPHRASTES, Menologium, tom. VIII (18-31 ianuar.) Oriente bizantino (ambito provinciale imprecisato), sec. XI (ultimo terzo) Membr. (pergamena di mediocre qualità, spessore medio, colore appena più crema sul lato pelo, che però spesso reca evidenti tracce dei follicoli e radici di peli, ad es. ai ff. 17v18r, 21v-22r, 23v-24r, 108v-109r, 137r, 139r, e così via; presenta inoltre imperfezioni, fori, e rammendi previi alla copia, talora anche interni allo specchio, ad es. ff. 29, 37, 39, 116, 133, 148, 149, 186, 188, 189, e così via, e lisières, ad es. ff. 44, 52, 54, 117, 135, 140, 141, e così via); ff. VIII, 245, VIII’ (ff. di guardia II-VIII e I’-VII’ cart., probabilmente coevi alla legatura rossiana; i ff. I e VIII’ in cartoncino azzurro come le controguardie, cui sono solidali). Foliazione araba meccanica nell’angolo inferiore esterno di ciascun recto; una precedente foliazione, presumibilmente del secolo XVIII, in inchiostro bruno-grigiastro con numeri di grande modulo – comparendo solo di cinque in cinque fogli, ma talora anche altrove – nel margine superiore del recto, in varia posizione ma per lo più al centro: parrebbe essere stata apposta dalla mano di Filippo Vitali (m. 1771). Fascicoli (per lo più quaternioni) segnati, nell’angolo inferiore interno della prima pagina, in lettere greche maiuscole con valore numerico da mano coeva, forse del copista stesso: la cifra è inquadrata, sopra e sotto, da trattini ornamentali (la segnatura è sporadicamente ripetuta, talora da altra mano, nell’angolo inferiore interno dell’ultima pagina, ad es. ai ff. 79v, 103v, 119v, 159v, 199v, 215v, 221v, 227v; una numerazione araba dei fascicoli a matita, recente, è nell’angolo inferiore interno dell’ultima pagina di ciascun fascicolo); nella prima pagina di ciascun fascicolo, nel margine superiore entro l’intercolumnio, è talora apposta (a

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

partire dal f. 65r) una crocetta, in apparenza dal copista stesso. Il codice misura mm 302/295×230 (specchio mm 218×148, intercolumnio mm 18; misure prese al f. 64). Il testo è vergato su due colonne di 23-29 linee (per lo più 28), in inchiostro bruno medio, in una grafia che si può latamente ricondurre all’alveo della Perlschrift nella fase della decadenza e dissoluzione dello stile; la scrittura presenta frequenti cambi di ductus e di passo, ora più posata e formale, ora più rapida e disordinata. In alcuni momenti, in associazione con un certo rinvigorirsi del ductus (ad es. ff. 94r-95r), la grafia si avvicina a soluzioni di scritture librarie su base corsiveggiante e dall’andamento irregolare che, pur meno canoniche per l’epoca, sono però solidamente attestate nella seconda metà dell’XI secolo, come la personale scrittura del «Copiste du Métaphraste» (LEROY, Un copiste; HUTTER, Le copiste). Difficile è dire con certezza se nel codice, come sono propenso a credere, abbiamo a Ross. 467, f. 221v che fare con una sola mano che a tratti devia dal perseguito modello ideale, o se si diano il cambio più copisti. La rigatura è eseguita a secco, secondo il sistema 1 e i tipi, alternati, 44C2, B 44C2, C 44C2 della codifica di Julien Leroy. I fascicoli iniziano con il lato carne.

L’apparato decorativo consta del solo ornato di penna, realizzato in carminio. Esso consiste, in inizio di ciascun testo agiografico, di porte (2 occorrenze: ff. 1r, 221v; altezza, senza elementi sporgenti: mm 51-34) o fasce (9 occorrenze: ff. 34r, 103r, 108v, 127v, 169r, 179v, 205r, 229v, 235v; altezza, senza elementi sporgenti: mm 19-11) che precedono o avvolgono il titolo, anch’esso in carminio. Ciascun testo è inoltre aperto da un’iniziale maggiore quasi sempre ornata, di diversa tipologia (11 occorrenze: ff. 1r, 34r, 103r, 108v, 127v, 169r, 179v, 205r, 221v, 229v, 235v; altezza: mm 55-25). In carminio sono anche le piccole iniziali calligrafiche secondarie (solo fino a f. 31v, poi in inchiostro bruno) e le indicazioni della data liturgica poste nel margine superiore in corrispondenza di ciascuna Vita, integrate sempre in rosso da mano seriore (apparentemente del XV sec.). L’ornato impiega talora la tecnica della réserve del motivo sul fondo, né sembra che si prevedesse una successiva campitura di colore. I motivi di porte e fasce, nei casi più eleborati, ora attingono alla diffusa tipologia di palmetta caratteristica del Blütenblattstil, pur imbastardendola e declinandola con inflessioni «provinciali», ora svariano incrociando motivi e combinazioni di fantasia, fuori dei canoni, evidentemente frutto dell’estro di un orecchiante – con buona probabilità il copista stesso –, non certo un ornatista professionale, come si desume anche dalla scarsa cura delle simmetrie. In particolare, accanto alle solite

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ROSS. 467

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iniziali ornate a segmenti di tralcio e rosette, che, normalmente associate al Blütenblattstil e alla Perlschrift, vengono qui eseguite in maniera piuttosto grossolana, sono indicative di ciò alcune iniziali meno banali che associano motivi e tecniche con risultati insoliti. Si veda il tau di f. 103r: esso è curiosamente montato su un podio a sei gradini; intorno al suo fusto si contorce geometricamente, irrigidita a mo’ di saetta, una serpe. Si tratta di un motivo corrente, che nella produzione coeva, ad esempio, si trova interpretato con ben altra morbidezza in un manoscritto attribuito alla fase finale del celebre ergasterion del «Copiste du Métaphraste», Oxford, Bodleian Library, ms. Auct. T inf. 2. 7, f. 58v (HUTTER, Le copiste, pl. 39 nr. 9). Interessante è anche il rude alpha di f. 221v: iniziale zoomorfa, stavolta, dal disegno rudimentale; si tratta di un quadrupede, in apparenza un felino, il cui pelo è caratterizzato da un effetto di rado puntinato che orna in particolare il contorno della figura e la lunga coda ritorta; ma i puntini caratterizzano anche quello che pare una sorta di collare a doppia fascia. Insomma, pare di vedere in questa realizzazione una forma schematizzata in senso fantastico della morfologia del leopardo, che si ritrova eseguita a ben altro livello in manoscritti mediobizantini con decorazione policroma, quale ad esempio il Sı¯na¯’, Monh\ th~ j `Ag…aj A„kater…nhj, ms. gr. 339 (Omelie di san Gregorio Nazianzeno: cfr. WEITZMANN, GALAVARIS, The Monastery, 140-153, n. 56, colorpl. XXIXXV e pl. 472-586, in particolare pl. 500, 503, 517, 573): fra l’altro, per questo genere di presenze d’animali esotici nella miniatura bizantina, in particolare dell’XI e XII secolo, Nancy Patterson Ševcˇenko ha di recente invocato le testimonianze, visive e testuali, relative alla cattività d’animali esotici nel giardino aristocratico medio-bizantino, ritenendo che l’osservazione diretta possa esser stata una importante fonte d’ispirazione (ŠEVCˇ ENKO, Wild Animals). Nel nostro caso, invece, questo motivo si dimostra interpretato con formule di genere, muovendo verso una semplificante astrazione che ricorda, almeno da un punto di vista meramente tipologico, soluzioni più antiche, anche d’ambientazione provinciale diversa, quali le raffigurazioni di animali in manoscritti d’aree «eccentriche» attribuibili già al X secolo, come l’Esopo da Grottaferrata ora a New York, Pierpont Morgan Library, ms. M. 397 (sec. X-XI: cfr. ALETTA, Scheda nr. 17), o il Fisiologo di Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. E 16 sup. (sec. XI: cfr. GENGARO, LEONI, VILLA, Codici, 126-130, n. 35, tavv. XXXV-XL; PASINI, Scheda nr. 22; bibliografia in PASINI, Bibliografia, 236-237), o infine il Tetravangelo, di dibattuta origine provinciale, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. gr. 354 (an. 949: cfr. DEGNI, Scheda nr. 37 con ulteriore bibliografia). Se, infine, la ricerca nella disposizione del testo in forme ornamentali nella colonna conclusiva di ciascuna Vita (con varie forme di décalage simmetrico sui due lati, ad es. ff. 102v, 221r) è un tratto comune alla produzione mediobizantina, negli ulteriori riempitivi a volte adottati per il sottostante spatium vacuum finale, con composizioni di crocette e/o asterischi multipli, ma combinati a più inconsueti motivi di stelle e di heliakà ripetuti (ad es. f. 245v), si ravvisa invece ancora una volta una certa eccentricità di soluzioni. In conclusione, il Ross. 467 rappresenta un prodotto di livello esecutivo e di committenza modesti, di gusto alquanto

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«provinciale», ma certamente d’origine orientale, forse persino attribuibile alla capitale o comunque ad area da essa non troppo lontana, e da datarsi fra il terzo quarto e la fine dell’XI secolo. f. 1r:

f. f.

f. f.

porta con motivi non campiti, ma risparmiati sul fondo carminio, delimitata da sottile cornice a doppio filetto. Il fondo carminio è suddiviso in tre scomparti a forma di trapezio da due filetti diagonali, che tagliano la porta all’altezza dei vertici superiori: al centro di ogni scomparto sta un medaglione che include una palmetta reminiscente del tipo Blütenblattstil; ai due lati del medaglione, ancora una palmetta per parte, ma libera sul fondo (con petalo superiore a punta quelle inscritte negli apici superiori della porta). A coronamento degli apici superiori della porta, disposte in senso diagonale verso l’esterno, elaborate palmette Blütenblattstil (con petalo superiore a punta), su piedistallo triangolare da cui pendono ai due lati altrettanti giglietti, inusualmente rialzato su piccola mandorla. Alla base della porta la cornice a doppio filetto si prolunga brevemente sui due lati, orizzontalmente verso l’esterno, come d’uso, finendo a ricciolo ripiegato all’indietro, dal quale pende in basso un giglietto. Da tali prolungamenti laterali della cornice si levano su alti steli, ai due lati dei montanti della porta, una sorta di palmetta sasanide a sinistra, una carnosa mezza palmetta sulla destra. 1r: iniziale alpha (”Alloi m≥n) a segmenti di tralci e di rosette non campiti. 34r: in fondo alla prima colonna di testo, sottile fascia riempita dal motivo, risparmiato sul fondo carminio, di un tralcio ondulato da cui nascono, accompagnate da una gemmazione tonda, cinque carnose mezze palmette a pennacchio (Wellenranke mit dreifingrigen Blättchen) che si dispongono, rivolte verso sinistra, entro le curve generate dal tralcio stesso. La cornice a doppio filetto termina ai quattro apici in altrettante mezze palmette lievemente curvate verso l’esterno della composizione. 34r: all’inizio della seconda colonna di testo, iniziale kappa (Kaˆ pantÕj) a segmenti di tralci e rosette non campiti. 103r: fascia con motivi non campiti, ma risparmiati sul fondo carminio, delimitata da sottile cornice a doppio filetto. Il fondo carminio è scandito centralmente da tre medaglioni a cornice circolare tangenti, che contengono ciascuno una palmetta del tipo Blütenblattstil; ai due estremi, lo spazio non occupato dai medaglioni è riempito, senza troppa cura per la simmetria, con due coppie di palmette angolari più piccole, libere, con petalo superiore a punta, ma dal disegno semplificato. La cornice a doppio filetto genera verso l’esterno: agli apici della fascia, palmette composite con petalo superiore a punta disposte diagonalmente; al centro dei lati corti, palmette della stessa tipologia ma più piccole; al centro del lato superiore, una palmetta del tipo Blütenblattstil prolungata verso l’alto in un alto peduncolo sul quale è un’ulteriore palmetta con petalo superiore a punta, più piccola.

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f. 103r: iniziale tau (TimÒqeon) a segmenti di tralci e rosette non campiti, montata su un podio a sei gradini; intorno al suo fusto si avvolge, irrigidita a mo’ di saetta, una serpe cornuta a fauci aperte. f. 108v: fascia con motivi non campiti, ma risparmiati sul fondo carminio, delimitata da sottile cornice a doppio filetto. Il campo è scandito da tre medaglioni contenenti ciascuno una palmetta del tipo Blütenblattstil, raccordati fra loro simmetricamente da un doppio filetto vuoto posto in diagonale, ascendente fra i primi due, discendente fra il secondo e il terzo. Fra i medaglioni, in ciascuno degli spazi triangolari di risulta, una palmetta simile, libera, ma con petalo superiore a punta; altre due, dissimmetricamente, se ne ritrovano pure, più piccole, come riempimento soltanto all’estrema destra del campo, fra il terzo medaglione e la cornice. Agli apici della cornice, posizionate diagonalmente verso l’esterno, in alto svasate palmette a calice adagiate su un sottile listello rettangolare di raccordo, in basso palmette composite, quasi ibride fra Blütenblattstil e sasanidi, con petalo centrale a punta. f. 108v: iniziale tau (Th~ j meg£lhj) a segmenti di tralci e nodi non campiti, con pesanti terminazioni in carnose mezze palmette a pennacchio, sia alla base (una sola mezza palmetta rivolta verso sinistra), sia a costituire, sui due lati, la traversa della lettera. f. 127v: fascia con motivi non campiti, ma solo delineati in carminio, senza che sia campito nemmeno il fondo, caratterizzata da esecuzione particolarmente rozza e difettosa. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto vuoto. Il campo è suddiviso in triangoli da uno zig-zag costituito da cinque segmenti di doppi filetti obliqui: nei quattro triangoli centrali, che tendono alla forma isoscele, alternativamente orientate una verso il basso una verso l’alto stanno altrettante palmette su stelo diritto, sul quale si impostano due petali arrotondati, con piccolo cuore centrale a cerchio o trilobato, e al di sopra due lunghi petali a punta divaricati verso l’esterno, con un numero variabile, sopra il cuore, di petali più piccoli a punta (o, nella seconda palmetta da sinistra, un petalo centrale arrotondato e due cerchietti); nei due triangoli rettangoli alle estremità, più piccoli, a sinistra una deforme palmetta con due petali arrotondati laterali e uno centrale a punta più sviluppato, a destra un fiorellino a cinque petali arrotondati con cuore circolare, su breve stelo che nasce dall’angolo retto. Agli apici esterni della fascia, diagonalmente, giglietti. f. 127v: iniziale mi (Met≠ diakosiostÕn) a segmenti di tralci e anelli non campiti, dall’esecuzione incerta. f. 169r: fascia con motivi e fondo non campiti, ma solo delineati in carminio. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto. Il campo è suddiviso in triangoli da uno zig-zag costituito da sei segmenti di doppi filetti obliqui: nei sei triangoli centrali, tendenzialmente equilateri, orientate in alternanza una verso l’alto una verso il basso stanno altrettante palmette sasanidi con i tre petali superiori arrotondati. Nei due triangoli rettangoli

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f. 169r:

f. 179v:

f. 179v:

f. 205r:

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(o meglio, trapezi rettangoli con il lato parallelo più corto in basso) posti alle estremità del campo, le palmette, dello stesso tipo (ma quella all’estrema destra di soli tre petali), sono inclinate, impostate sul punto centrale del segmento dello zig-zag. Ai quattro apici della fascia, diagonalmente verso l’esterno, giglietti con il petalo superiore arrotondato. iniziale omicron (`O kainÕj) a mandorla, formata da due allungate mezze palmette, ognuna con quattro petali inferiori arrotondati (ricadenti verso l’interno della lettera) e il petalo superiore a punta, disposte contrariées la prima verso l’alto, la seconda verso il basso; sulla porzione di base del picciolo di ciascuna mezza palmetta si innesta, sviluppandosi verso l’interno della lettera, una palmetta: quella in alto è sasanide a petali mediani arrotondati, centrale a punta, quella in basso è dello stesso tipo ma a sette petali, di cui arrotondati i cinque centrali. Al centro dell’iniziale, un piccolo cerchietto vuoto, da valutarsi forse pure come una sorta di sopravvivenza, entro il vocabolario decorativo, d’un elemento legato alla pratica utilitaristica della lettre en attente. fascia decorata à réserve. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto. Il fondo, campito in carminio, è attraversato dal motivo, riservato, di una Wellenranke segmentata in «esse» contrariées: una sola «esse» centrale, due mezze «esse» ai lati. Dalla giunzione fra le «esse», sottolineata da una gemma sopra e sotto, partono, a riempire le curve, coppie di carnose mezze palmette «a dita» simmetriche, desinenti in forma di pennacchio ritorto all’indietro verso il centro dello scomparto. Ai due estremi laterali del campo, in ciascuno degli spazi triangolari di risulta, un quarto di rosetta a tre petali, arrotondato quello centrale, a punta gli altri due. Ai quattro apici della fascia, diagonalmente verso l’esterno, giglietti con petalo superiore a punta. iniziale sigma (Sugkalei~) di forma lunata, a motivi non campiti, eseguito al compasso in tre cerchi concentrici a formare una sorta di spesso nastro bisolcato quasi chiuso circolarmente, con soltanto una stretta apertura a destra. L’iniziale ricade nella usuale tipologia a segmenti di tralcio/nastro interrotto da rosette/nodi (tre nodi: in alto, a sinistra e in basso). La parte mediana della lettera è rinforzata internamente da una «corda» a doppio filetto orientata in senso verticale, sottesa all’arco di cerchio dell’estrema curvatura sinistra dell’iniziale. Il profilo del lato destro della corda presenta al centro tre piccole protuberanze arrotondate raggruppate. fascia decorata à réserve. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto. Il fondo, campito in carminio, è suddiviso in triangoli da uno zigzag costituito da cinque segmenti di doppi filetti obliqui: i quattro triangoli centrali, che tendono a essere equilateri, sono occupati da palmette che nascono dalla metà circa del segmento di zig-zag, dirette alternativamente verso destra e verso sinistra; tali palmette sono anch’esse, per meglio occupare lo spazio, di forma grosso modo triangolare, a cinque

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ROSS. 467

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petali, più grandi e a punta i due inferiori e quello centrale, più piccoli e arrotondati gli altri due. I due triangoli rettangoli (o meglio, trapezi rettangoli) posti alle due estremità laterali del campo contengono quello di sinistra una palmetta grosso modo dello stesso tipo ma alquanto deformata, quello di destra un informe abbozzo. Ai quattro apici della fascia, disposte diagonalmente verso l’esterno, palmette non lontane dal tipo Blütenblattstil, con petalo superiore a punta. f. 205r: iniziale xi (Xenofw~ n) in forma di serpe rivolta verso sinistra, il cui corpo si annoda due volte e cambia obliquamente direzione più volte; il capo dell’animale, che ospita una fila di puntini per gran parte della sua lunghezza, è fornito di una coppia di corna arcuate, sotto la mascella ha una sorta di corta appendice o barba, ai due lati del collo altrettante coppie di aculei ricurvi. Dalle fauci aperte, verso sinistra, esce una coppia di segmenti paralleli, forse a indicare, più che la lingua, l’alitare della fiera. f. 221v: porta in carminio decorata à réserve. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto. Il fondo, campito in carminio, è suddiviso in cinque scomparti rettangolari più larghi che alti (tre nella traversa della porta, uno per parte nei due montanti) grazie a quattro doppi filetti che partono ortogonalmente a due a due dai vertici degli angoli superiori interni della porta. Dei tre scomparti superiori, i due laterali sono campiti a scacchiera di sedici caselle, con le otto caselle bianche trasformate in fiorellini squadrati facendo partire dal centro di ciascuno dei quattro lati della casella un breve trattino diritto rivolto, senza raggiungerlo, verso il centro della casella stessa. Lo scomparto superiore centrale è occupato da una palmetta aperta formata da due sinuosi tralci con gemme, simmetricamente disposti, nascenti da uno stelo centrale comune, mentre nello spazio centrale si dispone un’informe palmetta più piccola, a tre petali su base ad anello; gli scomparti inferiori nei due montanti della porta presentano lo stesso motivo, ma lievemente semplificato, e disposto a rovescio verso il basso. Agli apici superiori della porta, rivolte diagonalmente verso l’esterno, palmette non lontane dal tipo Blütenblattstil, con petalo superiore a punta, appoggiate su un listello rettangolare (quella di destra presenta listello e petali inferiori fusi fra loro); ai quattro angoli inferiori, piccole protuberanze in forma di coppie (o terne) di gemme arrotondate accostate. f. 221v: iniziale alpha ('All≠ pw~ j) zoomorfa delineata in carminio ma non campita, dal disegno rudimentale ma efficace, in forma di quadrupede accovacciato di profilo, con le zampe anteriori erette, corpo rivolto verso sinistra, testa invece all’indietro, verso destra; dalla bocca aperta, con due coppie di denti aguzzi, fuoriesce la lingua (o una stilizzata rappresentazione dell’alitare?); le orecchie sono alquanto allungate; la lunga coda, passando dietro il corpo, si volge anch’essa ad arco (in senso orario) verso destra, terminando in un ricciolo. L’animale sembra da interpretarsi come un felino, in particolare come un leopardo: il contorno interno del-

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f. 229v:

f. 229v:

f. 235v:

f. 235v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

la figura, la coda e quello che pare una sorta di collare a doppia fascia sono ornati da puntini disposti in fila. Sotto il collare si nota l’alpha maiuscolo en attente. L’interno del corpo, dal garrese al bacino, è segnato da sei piccole «esse». fascia decorata à réserve. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto. Il fondo, campito in carminio, è attraversato dal motivo, riservato, di una Wellenranke: a riempire le sue tre curve nascono dal tralcio stesso, accompagnate nel punto d’attacco da una grossa gemma arrotondata e rivolte verso sinistra, carnose mezze palmette a pennacchi multipli variamente ritorti, l’ultimo sempre desinente all’indietro verso destra. Ai quattro apici della fascia, diagonalmente verso l’esterno, palmette non lontane dal tipo Blütenblattstil, con petalo superiore a punta. iniziale epsilon (`Efraˆm) (sic) calligrafica, in carminio a tratto pieno, di forma ogivale allungata, con lieve trama decorativa (boules con spilli; un giglietto all’apice superiore; elaborata la struttura del tratto mediano della lettera). fascia con motivi e fondo non campiti, ma solo delineati in carminio. La cornice esterna è costituita da un duplice filetto. Il campo è occupato da una treccia a quattro capi, i cui nastri sono alternativamente vuoti o segnati da una fila di puntini; alle giunzioni dei nastri, lungo il profilo esterno della treccia, stanno piccole gemme arrotondate. Ai quattro apici della fascia, diagonalmente verso l’esterno, palmette non lontane dal tipo Blütenblattstil, con petalo superiore a punta; ciascuno dei due petali inferiori arrotondati è solcato da uno spillo, disposto orizzontalmente, che nasce dallo stelo. iniziale kappa (Ku~ roj) in carminio, a segmenti di tralci e quarti di rosetta non campiti.

Lo stato di conservazione è mediocre. I primi fogli presentano fori di tarli e lacerazioni, soprattutto lungo i margini, e un foro nella superficie scritta, che, localizzato in prossimità del centro del margine esterno dello specchio, si ripete riducendosi via via di dimensione nei ff. 1-3; particolarmente ingiallito il f. 1. Alla fine del codice (ff. 237-245), annerimenti progressivamente più importanti lungo i margini dei fogli sono dovuti al contatto, diretto o indiretto, con le ribattiture del rivestimento in pelle di una precedente legatura. I fogli finali (ff. 244-245) sono macchiati lungo il margine esterno da gore d’umidità e presentano fori di tarli lungo i margini. Il margine esterno di f. 49 è stato tagliato in antico, senza danno per il testo, evidentemente per riusare la striscia di pergamena così ottenuta. Macchie d’umido nella parte alta della pagina, internamente allo specchio, con parziale dilavamento del testo, nei ff. 15-19. Apparente rosicatura nel margine superiore dei ff. 26-28. Lacuna di un foglio dopo f. 77. Un foro nello specchio, forse da bruciatura, con danno per il testo, a f. 112. Dal f. 239 è stata asportata una striscia verticale irregolare sulla destra, con danno per il testo posto in prossimità del margine esterno. Alla fine del codice si riscontra un certo stato di di-

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ROSS. 467-471

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sordine dei ff. 229-245 (che vanno letti nella sequenza: ff. 229, 232, 237, 230-231, 238, 233-236, 241-243, 239-240, 244-245). Legatura Rossi A, con decori a ferri geometrico-floreali in oro e a secco, in buono stato di conservazione. Sul dorso, rifatto in pelle bruna nel corso di un intervento di restauro, è stato riapplicato il precedente rivestimento del dorso della legatura rossiana, sul quale si legge, in alto: VITAE ALIQUOT / SANCTORUM / GRAECE; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) X. Il codice era ancora in ambiente grecofono nel XV secolo, data alla quale paiono risalire, come si è detto, le integrazioni in carminio all’indicazione della data liturgica posta nel margine superiore in corrispondenza di ciascun inizio di Vita (ad es. ff. 1r, 34r, etc.). Nel XVIII secolo la ricordata foliazione araba in numeri di grande formato ricorda da vicino la mano di Filippo Vitali, e potrebbe dunque essere indizio di una provenienza dalla Biblioteca Angelica, come nel caso di numerosi altri codici greci che, trafugati da essa negli anni Trenta del XIX secolo e immessi nel mercato antiquario, finirono per entrare più tardi nella raccolta rossiana (cfr. MERCATI, Note, passim). Nella medesima direzione spinge un ulteriore indizio, ovvero la presenza, nel margine inferiore del f. 2r, della traccia di un timbro a inchiostro (quello del cardinale Domenico Passionei?), dilavato, secondo le medesime modalità riscontrate nel Ross. 322 (cfr. la relativa descrizione), al fine di eliminare le tracce del precedente possessore. Sembra dunque che anche il Ross. 467 possa essere qui aggiunto alla serie di manoscritti per i quali si deve sospettare un passaggio dall’Angelica alla collezione rossiana. Al XVIII o XIX secolo risale anche una mano corsiva (che non sembra identificabile con la mano del Vitali), che appone una nota in italiano a ristabilire in parte il corretto ordine dei fogli nel margine inferiore di f. 243v, con rinvio all’indietro al f. 239r. (SILVA TAROUCA, III, 81r-83r; Bibl. Rossianae, V, 242r-v) VORST, Verzeichnis, 500; GOLLOB, Griechische Literatur, 41-43; VAN DE VORST, DECatalogus Germaniae, 87-88; EHRHARD, Überlieferung, II, 555; PERRIA, Indice, 55 e n. 104; CANART, PERRIA, Écritures, 73, 89; SAUTEL, LEROY, Répertoire, 398 (con la menzione, in relazione al codice, del solo tipo di rigatura 44C2); MOSSAY, HOFFMANN, Repertorium Nazianzenum V, 202-203 (nr. 222); D’AIUTO, Per lo studio, 252-254 e fig. 34 f.t. VAN DE

LEHAYE,

FRANCESCO D’AIUTO

Ross. 471 (olim IX, 161) Liber statutorum et regulamentorum ecclesiae Sanctae Opportunae Parisiensis Parigi, secc. XIV-XVII (f. 1r) Liber statutorum et regulamen / torum regalis Ecclesiae S. Opportunae / Parisiis

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(f. 11r, rubricato) Ordinationes R(eginaldi) episcopi Parisiensis super statu Ecclesie sancte Oportune / que observari debent a canonicis et vicariis per ipsorum iuramen / ta sicut constitutum est ab episcopo et a capitulo canonicorum predicte ecclesie Membr.; ff. VII (cart.), 131, IV’ (cart.); foliazione antica (1-131) in cifre arabe apposta in alto a destra; foliazione parziale (178) in cifre romane in basso a destra apposta sugli attuali ff. 11-88, leggibile al momento solo sui ff. 4 e 9-88; mm 300×224 (f. 11r), mm 290×220 (ff. 22-23); specchi scrittori diversi nelle varie parti del manoscritto (mm 224/221×162/143), con diversi casi di smarginamento della scrittura (ff. 123r, 124r, 125r); rigatura a colore in inchiostro rosso (ff. 1r-9r; 92r131v) e in bruno o a matita, a tratti su precedente rigatura a secco (ff. 9v-89r), menRoss. 471, f. 11r tre i ff. 89v-91v sono privi di rigatura. Richiami orizzontali presenti in basso a destra solo nella parte centrale del manoscritto (ff. 11-88). Manoscritto composito, il cui nucleo originario è rappresentato dagli attuali ff. 11-89. All’interno dell’intero codice si succedono diverse scritture di epoche diverse, tutte disposte su uno specchio scrittorio a piena pagina, oscillante tra le 22 e le 40 linee di scrittura: ff. 1r-8r: scrittura corsiva del XVII secolo, uguale a quella che verga i ff. 111r-116r; ff. 8v-10v: gotica francese di grosso calibro, di due mani diverse, la prima posteriore alla seconda, che vergano rispettivamente il f. 8v e i ff. 9r-10v; ff. 11r-88v: batârde di mani e inchiostri diversi; f. 89r-v: bâtarde di altra mano, posteriore e maggiormente caratterizzata rispetto alle precedenti; ff. 90r-126v: diverse scritture corsive, appartenenti ai secc. dal XV al XVII. Mani posteriori hanno aggiunto i titoli nella sezione scritta in bâtarde in spazi lasciati liberi. Numerose note marginali, semplici o di commento, di mani ed epoche diverse, sono presenti in tutte le sezioni del manoscritto. I documenti trascritti nel codice sono numerati 1-207 sul margine esterno. Bianchi i ff. 127r-131v. Cartoncino volante (originariamente una pagina di libro a stampa in lingua tedesca) inserito fra la controguardia e il f. I, reca questa scritta (di mano moderna): IX, 161 / Chartularium Ecclesie S. Opportune / Parisiensis s. XIV.

Il manoscritto contiene una serie di documenti legati alla chiesa di Santa Opportuna di Parigi così disposti: ff. 1r-8r: parte moderna copiata nel XVII secolo, contenente copie di due atti emanati sotto il regno di Carlo il Calvo, cui seguono le analisi di 24 atti, dal 1150 al 1604, contenuti in buona parte nel cartulario più antico (vd. infra), con indicazione dei fogli in cui questi si trovano; ff. 8v-10v: due formule di giuramento imposte l’una ai semiprebendi, l’altra alle canoniche di Santa Opportuna; ff. 11r-89v: il cartulario più antico, che contiene 156 atti, in latino e in francese, il più antico dei quali emanato da Thibaut, vescovo di Parigi,

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ROSS. 471

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nel 1150 (f. 18r); il più recente è del 24 febbraio 1400; ff. 90r-92r: menzioni di accoglienza di canoniche, redatte in francese e latino, dal 1403 al 1647; ff. 92v-126v: 17 copie, eseguite nel XVII sec., di decreti del Parlamento, di ordinanze reali o sentenze diverse concernenti il capitolo, risalenti a un periodo compreso tra il 1225 e il 1696, trascritte in ordine non cronologico (Bibl. Rossianae, V, 247r-249r; VITTE, Les manuscrits français, 19-20). La decorazione è in sostanza limitata alla sola iniziale abitata del f. 11r, la R di R(everendus) miseracione divina Parisiensis ecclesie minister (mm 45×40), realizzata in rosa a motivi in bianco, inserita in una cornice blu profilata in oro, in cui è rappresentata santa Opportuna in abito da badessa e recante una croce nella mano destra e un libro nella sinistra; ai suoi fianchi due figure di frati tonsurati, genuflessi; i tre personaggi si stagliano sullo sfondo in oro. Dall’iniziale si diparte lungo il margine sinistro un tralcio in blu e oro, terminante in alto e in basso con fogliette spinose. La miniatura presenta qualche distacco di pigmenti di colore. Iniziali filigranate alternativamente rosso/blu, a partire dal f. 11v, non più eseguite, nonostante lo spazio predisposto, dal f. 73r in poi. Nei ff. 8v-10v iniziali cromatiche rosse o blu. Dal f. 90r alla fine del manoscritto assenza di qualunque decorazione. Sul recto e sul verso in alto al centro di ciascun foglio sono presenti indicazioni di registro erase (per lo più nella prima metà) e/o depennate. Per i caratteri della decorazione si confrontino, se pure con molta cautela, alcune realizzazioni del maestro di Boucicaut (attivo a Parigi nei primi decenni del XV secolo) e della sua bottega, come quelle del ms. New York, Coll. Kettaneh, contenente la traduzione francese del De casibus virorum illustrium del Boccaccio (in particolare il tralcio riprodotto nella tav. 392 di MEISS, French Painting); oppure quelle del ms. fr. 2810 della Bibliothèque nationale de France di Parigi, contenente il Libro delle meraviglie, realizzato dalla bottega prima del 1413 (in particolare tav. 87 in MEISS, French Painting). Stato di conservazione complessivo non buono, la pergamena appare in più punti scura, spesso con macchie e/o rattoppi, alcune carte sono lesionate o mancanti di parti. Distacco di pigmenti cromatici nella miniatura di f. 11r. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (rest. nel 1965); sul dorso si legge, in alto, in oro: STAT(UTA) / ET / REGULAM(ENTA) / ECCLESIAE / S(ANCTAE) OPORTUNAE / PARISIIS; in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, V, 247r-249r) TIETZE, Die illuminierten, 33 nr. 53; VACCARO, DELLA ROCCHETTA, ‘Apud Notizie’, 613; VITTE, Les manuscrits français, 19-20; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353.

MARIA AMBROSETTI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 473 (olim IX, 163) IOHANNES DUNS SCOTUS, Lectura prima in librum sententiarum (ff. 2r-177v); Index (f. 177v) Francia settentrionale, sec. XV2 (f. 1r) Giovanni Duns, detto il Sottilissimo Scoto. / In librum primum Sententiarum (di mano posteriore) Membr.; ff. V (cart.), 177, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-177) in cifre arabe in basso a destra; mm 294×216 (f. 15r); richiami orizzontali, in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, presenti solo nei fascicoli 3-14; al richiamo del fascicolo 9 non corrisponde la ripresa del testo, che infatti presenta in quel punto una lacuna (cfr. infra). Rigatura a colore. Il rispetto o meno della legge di Gregory non è verificabile, a causa della pergamena, sottile, ma piuttosto ruvida. Ross. 473, f. 2r Littera Parisiensis vergata a inchiostro nero da mani diverse e disposta su due colonne (specchio scrittorio mm 204×140, spazio intercolonnare mm 17, f. 15r), di 45 linee di scrittura. Numerosissime glosse marginali di mani e inchiostri diversi, anche in rosso. Bianco il f. 1.

Il manoscritto contiene il Prologus e le Distinctiones I-VIII (incompleta); XIII (parziale)-XVII; XIX-XLIV della Lectura prima di Duns Scoto, commento al Liber sententiarum di Pietro Lombardo. Il testo, vergato in una scrittura universitaria ricchissima di abbreviazioni (vd. supra), sembra piuttosto corrotto. L’indice del f. 177v è parziale. L’apparato decorativo è costituito da una pagina d’incipit con una iniziale istoriata. Iniziali cromatiche alternativamente in rosso e in blu si trovano all’inizio dei capitoli delle singole distinctiones; numerosissimi segni paragrafali, che si alternano anche questi in rosso e blu. Rubricati in alto al centro del recto di ciascun foglio (con qualche dimenticanza) i numeri, in cifre romane, delle distinctiones in cui si suddivide l’opera e sul verso la D onciale di Distinctio. f. 2r: iniziale U di Utrum homini (mm 57×69), istoriata con il Trono di grazia. Il corpo della lettera, decorato a motivi geometrici a carattere fitomorfo in biacca su fondo rosso scuro, è inserito in un riquadro in foglia d’oro. Sul trono dorato di stile gotico sono assise due figure ammantate di un colore rosso scuro rialzato in oro. La figura di sinistra, Cristo, con nimbo crucisignato, ha

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ROSS. 473

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nella mano destra una croce; Dio è a destra con tiara e globo crucigero. Entrambi sorreggono con le mani libere un libro aperto posto fra di loro; in alto, al centro, la colomba dello Spirito Santo. Dal trono raggi in oro si irradiano sullo sfondo blu. L’iniziale vuole verosimilmente illustrare alcune delle tematiche trattate nella lectura prima, tra cui l’unità e l’essenza di Dio. La decorazione della pagina d’incipit è completata da una ricca bordura, orlata da una sottile linea a inchiostro rosso, che si sviluppa su tre lati (a sinistra, in alto e in basso), costituita da una fitta trama di tralci fitomorfi con foglioline spinose in foglia d’oro e foglie più grandi verdi, racemi di acanto in blu e oro, altri fiori a petalo in blu e in rosa e fragole rosse. Nel bas-de-page stemma non identificato (scudo alla fascia d’oro, nel primo di rosso alla stella a otto punte d’oro, nel secondo bandato d’oro e di blu di sette pezzi). f. 26r: iniziale C di Circa distinctionem primam, all’incipit della Distinctio prima, di grandi dimensioni (mm 65×54), filigranata in blu e rosso, recante all’interno motivi a carattere fitomorfo risparmiati su un fondo in colore bruno molto chiaro. I manoscritti Ross. 473, 474 e 475 fanno parte di un medesimo progetto compositivo, tematico e decorativo, che comprendeva probabilmente anche un altro codice, di cui si sono perse le tracce, contenente la Lectura in librum tertium sententiarum dello Scoto. I caratteri tipologici e cromatici della decorazione, fatta da tralci in blu e oro, da una sobria, ma comunque varia gamma vegetale che comprende fiori a petalo e fiori carnosi, nonché frutta, sembrano appartenere alle prime fasi di quella ricca produzione di manoscritti confezionati nel nord della Francia soprattutto dalla metà del XV secolo. Si vedano, ad es., la ricca cornice del ms. 2543 della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna (contenente la Chronique de la Bouquechardiere di Jean de Courcy), realizzato in Normandia intorno al 1470 (PÄCHT, THOSS, Illuminierten, tav. 105). In particolare l’inquadratura e la morfologia della lettera incipitaria e la disposizione delle figure ricordano altri manoscritti di produzione francese, come, ad es., il ms. 2559 sempre della Österreichische Nationalbibliothek (contenente una traduzione francese del De remediis utriusque fortunae di Petrarca), prodotto a Parigi intorno al 1470 (PÄCHT, THOSS, Illuminierten, tav. 153) o il ms. 2617 della medesima Biblioteca (una versione francese della Teseida di Boccaccio) realizzato ad Anjou intorno al 1460 (PÄCHT, THOSS, Illuminierten, tav. 43). Stato di conservazione complessivamente buono; il danno più grave è costituito dal distacco completo del f. 1. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione; lievi danni da uso sul dorso (pelle sfiorata); sul dorso in alto si legge (in oro): I(OHANNIS) DUNS SCOTI / IN LIB(RO) I / SENTENTIARUM; in basso (in oro): COD(EX) MEMBRA(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il ms. appartenne al convento di Santa Maria del Prato di Feltre, come indica una nota di possesso, risalente al XV secolo, al f. 1r (////// Sententiarum docto-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ris subtilis Iohannis Scoti conventi / Sancte Marie del Prato civitatis Feltri) e da un’altra, apposta al f. 1v verosimilmente dalla stessa mano (Primus Sententiarum doctoris subtilis Johannis Scoti conventi / Sancte Marie Ordinis fratrum minorum de Feltro), e, come indica il prosieguo della nota di f. 1v, scritta da altra mano più o meno coeva con inchiostro diverso (et fuit olim Reverendi / Bartholomei Bellati Feltrensis eiusdem conventi qui obijt Bononie regens), al padre Bartolomeo Bellati (prima metà sec. XV-1479), grande predicatore dell’Ordine dei fratri minori conventuali e celebre teologo scotista, editore del Liber primus lecturae Parisiensis dello Scoto (Bononiae 1478) e deciso a pubblicare l’intero corpus del commento scotiano alle Sententiae di Pietro Lombardo; progetto, questo, probabilmente interrotto dalla morte, avvenuta a Roma nel 1479 (cfr. TORCELLAN, s.v. Bellati, 614 s.). (Bibl. Rossianae, V, 250r) TIETZE, Die illuminierten, 43 nr. 69.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 474 (olim IX, 164) IOHANNES DUNS SCOTUS, Lectura secunda in librum sententiarum (ff. 2r-146r); Index (ff. 146r-147r) Francia settentrionale, sec. XV2 (f. 1r) Giovanni Duns, detto il Sottilissimo Scoto, / in librum secundum sententiarum (di mano posteriore)

Ross. 474, f. 2r

Membr.; ff. V (cart.), 147, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-147) in cifre arabe, apposta in basso a destra; mm 292×216 (f. 68r); richiami orizzontali presenti sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo in basso a destra, tranne che alla fine del fasc. 1. Rigatura a colore. La regola di Gregory è rispettata, tranne che nei ff. 1v-2r, dove si affrontano lato pelo e lato carne. Bâtarde a inchiostro nero verosimilmente di mano unica, disposta su due colonne di 45 linee (specchio scrittorio mm 202×147, con spazio intercolonnare di mm 20, f. 68r); numerosissime note marginali di mani e inchiostri diversi, anche in rosso. Bianchi i ff. 1r-v; 147rb-v. Fra gli interventi esegetici successivi vanno segnalati alcuni piuttosto singolari, costitui-

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ROSS. 473-474

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ti da disegni che illustrano, con maggiore o minore pertinenza, il contenuto. Tra questi sono da notare in particolare: teorema di Euclide (f. 33r); modi di propagazione della luce e processo di percezione di questa da parte dell’occhio umano (f. 99r); sistema solare geocentrico (f. 101r); sistema solare dei pianeti disegnati (f. 101v); zodiaco (f. 102v); rosa dei venti (f. 103r).

Il manoscritto contiene le Distinctiones I-XLIV della lectura secunda. Il testo sembra corrotto, a volte forse anche epitomato. L’apparato decorativo è costituito da una pagina d’incipit con relativa iniziale istoriata. f. 2r: pagina d’incipit con bordura analoga a quella del Ross. 473, orlata in rosso, che si sviluppa su tre lati (a sinistra, in alto e in basso), formata da una ricca trama di tralci fitomorfi con foglioline spinose in foglia d’oro e foglie più grandi verdi, racemi di acanto in blu e oro, altri fiori a petalo in blu e in rosa e fragole rosse. La decorazione si completa con l’iniziale istoriata C di Circa secundum librum (mm 24×23), inserita in un riquadro in foglia d’oro. Vi è raffigurata una figura maschile in ginocchio (Dio) con veste bianca e ammantata di rosso scuro, con aureola, che poggia le mani su globo crucigero diviso in due emisferi (in oro quello boreale, in bianco quello australe). Lo sfondo è rappresentato da un cielo azzurro. L’iniziale intende illustrare alcuni degli argomenti trattati nella lectura secunda (ad es. la relazione Dio/natura e la potenza della creazione). Nel bas-de-page stemma non identificato, identico a quello del Ross. 473 (scudo alla fascia d’oro, nel primo di rosso alla stella a otto punte d’oro, nel secondo bandato d’oro e di blu di sette pezzi). Iniziali calligrafiche alternativamente in rosso e in blu all’inizio delle partizioni maggiori del testo; numerosissimi segni paragrafali che si alternano parimenti in rosso e in blu. In rosso al centro del recto di ciascun foglio sono indicate in numeri romani le distinctiones in cui è ripartita l’opera (non più segnate a partire dalla terza), mentre sul verso, sempre al centro, è segnata una D in rosso (in blu da un certo punto in poi) con numerose mancanze. Per i caratteri tipologici della decorazione si veda il Ross. 473, che faceva parte di un medesimo progetto compositivo in cui rientrava anche il Ross. 475. Il ms. fu posseduto dal convento di Santa Maria del Prato di Feltre, come indica la nota di possesso di mano del XV secolo al f. 1v (Secundum Sententiarum Johannis Scoti doctoris subtilis conventi Sancte / Marie Ordinis fratrum minorum de Feltro), e dal padre Bartolomeo Bellati, come segnala il prosieguo della nota al f. 1v, scritto da mano diversa, ma coeva (Et fuit olim et Reverendi id est magistri Bartholomei / Bellati Feltrensis eiusdem conventi, qui Bononie regens obijt). Le mani che hanno apposto le note sono le stesse che le hanno apposte sul Ross. 473 al f. 1v. Per il teologo scotista Bartolomeo Bellati vd. Ross. 473. Stato di conservazione complessivamente buono.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione; distacco parziale della parte alta del dorso; pelle sfiorata in alcuni punti; generici danni da uso. Sul dorso in alto si legge (in oro): I(OHANNIS) DUNS SCOTI / IN LIB(RO) II / SENTENTIARUM; in basso (in oro): COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, V, 250r) TIETZE, Die illuminierten, 43 nr. 69.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 475 (olim IX, 165) IOHANNES DUNS SCOTUS, Lectura quarta in librum sententiarum (ff. 1r-243r); Index (ff. 243r-244v) Francia settentrionale, sec. XV2 (f. 243r) colophon: Finito quarto sit laus et gloria Christo / subtilis Scoti ////// (conscriptus?) per manus Marti(n)i / quomodo die mensis f///////// (fructifere?) septembris / sabbato proficiens iubet inde //// omnipotens / Deo gratias. Il copista non è stato identificato Membr.; ff. V (cart.), 244, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-244) in cifre arabe, apposta in basso a destra; mm 293×214 (f. 1r); richiami presenti in basso a destra e in posizione orizzontale sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, tranne che alla fine dei fascicoli X-XII e XIV-XV; qualche richiamo è solo parzialmente visibile a causa della rifilatura. Rigatura a colore. Il rispetto o meno della legge di Gregory non è verificabile, in quanto la pergamena si presenta piuttosto ruvida. Littera Parisiensis a inchiostro nero apparentemente di mani diverse (ma vd. sottoscrizione a f. 243r), ricca di abbreviazioni, disposta su due colonne, di 47 linee (specchio scrittorio mm 203×134, con spazio intercolonnare di mm 17, f. 10r). Numerosissime glosse marginali e altri segni diacritici e disegni di mani e inchiostri diversi, anche in rosso.

Ross. 475, f. 1r

Il manoscritto contiene le Distinctiones I-L della scotiana Lectura quarta del Liber sententiarum di Pietro Lombardo.

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ROSS. 474-478

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L’apparato decorativo è costituito da una pagina d’incipit recante una iniziale istoriata. f. 1r: cornice che si sviluppa su tre lati (a sinistra, in alto e in basso) analoga a quella dei Ross. 473 e 474, ma meno ricca nei motivi ornamentali costitutivi: reca infatti solo foglioline spinose in oro e qualche foglia verde più grande, qualche fiore a petali blu o rossi e sporadiche fragoline rosse. L’ornamentazione è completata dall’iniziale istoriata S di Samaritanus iste (mm 50×38), inserita in una cornice in foglia d’oro. Vi è illustrata una versione particolare della Parabola del buon samaritano, con due figure maschili: Gesù (o un santo) con aureola e veste viola chiaro ammantato di rosso scuro, in atto di benedire un secondo personaggio che presenta una ferita sanguinante alla gamba destra e che si sostiene con due stampelle; sullo sfondo motivo architettonico (casa o chiesa) e cielo notturno stellato. Nel bas-de-page stemma analogo, ma non identico, a quello dei Ross. 473 e 474, parimenti non identificato (scudo alla fascia blu, nel primo di rosso alla stella a otto punte d’oro, nel secondo bandato d’oro e di blu di sette pezzi). Iniziali calligrafiche alternativamente in rosso e in blu all’inizio delle partizioni maggiori del testo con sporadiche dimenticanze negli spazi predisposti ad accoglierle; numerosissimi segni paragrafali in rosso o in blu. In rosso al centro del recto di ciascun foglio sono indicate in numeri romani le distinctiones in cui è ripartita l’opera; sul verso, sempre al centro, è segnata una D in rosso (occasionalmente anche in blu). Per i caratteri della decorazione si veda il Ross. 473. Stato di conservazione discreto; il corpo del ms. è parzialmente staccato dalla legatura. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione con danni da uso, abbastanza evidenti soprattutto agli angoli. Rest. nel 1965. Sul dorso in alto si legge (in oro): I(OHANNIS) DUNS SCOTI / IN LIB(RO) IV / SENTENTIARUM; in basso (in oro): COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, V, 250) TIETZE, Die illuminierten, 43 nr. 69.

MARIA AMBROSETTI Ross. 478 (olim IX, 168) Haphtaroth (Pericopi dei profeti priori e posteriori) Italia adriatica centro-settentrionale, sec. XIIIex. (1294 ca.) (f. IXr) Le mutilazioni ai ff. 70, 71 sono già segnalate nel registro V. Valeri, anno 1963-1963. Paolo Vian – 19 luglio 2004

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(f. Xr scritto su un foglietto posto tra i fogli di guardia e il corpo del ms.): Haphtaroth ossia sezioni dei Profeti, da leggersi colle Lezioni della Legge e nelle diverse feste dell’anno. Sembra del Secolo XIIII (XIX sec.) (f. V’v scritto su un foglietto cartaceo applicato sul foglio): Haphtaroth (Sectiones Prophetarum quae pro divinis festis debet legi simul et conjunctim cum Sectionibus Legis) sine anno (in inchiostro); sed videtur esse ejusdem scripturae ac Psalterium a. 1294 (a matita) Membr. (pergamena ben levigata, ma giallastra, con in evidenza i segni dei bulbi piliferi sul lato pelle); ff. X (I-II cart. giallini come la controguardia; III-IV in cartoncino blu; V-X cart. bianchi, l’ultimo di dimensioni minori), 71, IX’ (I’-V’ cart. bianchi; VI’-VII’ in cartoncino blu; VIII’-IX’ cart. giallini come la controguardia); mm 342×225; foliazione meccanica in cifre arabiche a sinistra in basso sul recto, con l’omissione del foglio finale del V quinione (ora numerato a matita come 49a), che risulta Ross. 478, f. 1r fortemente ridotto per l’asportazione della parte centrale e inferiore; rigatura a secco, senza alcuna traccia dei fori originali; scrittura askenazita italica con puntuazione a inchiostro nero; lo specchio di scrittura (mm 225×140) contiene due colonne, di 24 linee (intercolumnio mediamente di mm 20); struttura del codice: 610 + 112.

Il sistema illustrativo del codice è costituito esclusivamente da intestazioni, barre di completamento rigo e segni paragrafali miniati; le haftaroth relative al Pentateuco si trovano ai ff. 1-49a e quelle dei sabati ai ff. 50-71. Le pericopi del Pentateuco coincidono tutte con la suddivisione canonica, con particolare attenzione alla tradizione sefardita, tranne quelle del Deuteronomio che sono diventate 13: il f. 1r presenta una particolare struttura ornamentale, dato che contiene nella prima colonna il prologo, introdotto da un piccolo fregio di completamento rigo (altezza pari a 2 linee di scrittura; mm 25×60), costituito da un draghetto di colore bruno su fondo blu racchiuso entro una cornice rettangolare, mentre nella parte inferiore un grande fregio (altezza pari a 13 linee di scrittura; mm 120×65) contiene al centro un motivo circolare geometrico, con soli oro e due animali fantastici, il tutto racchiuso entro cornice a listelli rettangolare; gli altri fregi di completamento rigo miniati nel codice (di altezza variabile da 2 a 4 linee di scrittura; mm 25/35×60) contengono dei draghetti alati e dalle lunghe orecchie con coda vegetale, o volatili verdi su fondo blu delimitato da cornice a tempera (ff. 1r, 32r, 36r, 38v, 57r, 63r); al f. 70 e 71 fregi di completamento sono stati asportati. La seconda colonna del f. 1r contiene la prima haftarah che, come tutte le seguenti, è racchiusa in una cornice rettangolare costituita da un listello oro in foglia contornato in inchiostro rosso e inchiostro nero o da listelli in oro in foglia e tempera rosa, rossa, azzurra, ocra (altezza media pari a 2-4 linee

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ROSS. 478-479

di scrittura; mm 25/35×60; più raramente 60×60). Nel margine invece un ibrido formato da elementi zoomorfi desinenti in un tralcio bolognese, costituito da una corda annodata e arricchita di chicchi e conchiglie terminante in una lunga foglia; in questi ibridi l’elemento zoomorfo è prevalentemente ornitomorfo, ma non mancano teste bovine e leonine; i colli talora si prolungano annodandosi su se stessi, mentre zampe monongulate arricchiscono l’insieme reso con una gamma cromatica spenta, giocata sui colori ocracei, l’azzurro, il grigio, il rosa antico e il verde oliva. Non mancano alcuni tentativi narrativi, come il trampoliere al f. 26r (ma anche l’ibrido al f. 21r, in atto di afferrare il pesce col becco). Raramente gli ibridi impugnano attrezzi, solo una spada (ff. 11r e 64r) e un’anfora (ff. 8v, 13r, 17r, 27v, 28r). Al f. 42r l’ibrido comprende eccezionalmente una testa umana vista da dietro. Le intestazioni si trovano: Gen ff. 1r, 1v, 2v, 3v, 4v, 6r, 7r, 7v, 8v, 9r, 9v, 10v; Ex ff. 11r, 11v, 13r, 14r, 15r, 15v, 17r, 18r, 19r, 19v, 20r; Lev ff. 20v, 21r, 21v, 22v, 23v, 24v/25r, 25v, 26r, 27r, 27v; Num ff. 28r, 29r, 30r, 31r, 32r, 33r, 34v, 35r, 36r/36v, 37r; Dt ff. 37v, 38v, 40r (2); 40v, 41v, 42r, 43r, 44v, 46r, 47r, 47v, 49r. Seguono le 23 delle 25 haftaroth canoniche delle feste: ff. 50r, 51r, 52r (2), 52v, 53r, 54v, 55v, 56r, 56v, 57r/57v, 58r, 59r, 60r, 61r, 61v, 63r, 64r, 65r, 66v, 67v, 68v, 69v. Il foglio 70r è stato mutilato di una sezione di pergamena corrispondente a 8 linee di testo, forse contenente l’explicit. Così il f. 71. Le sette benedizioni finali, ff. 70v-71v, sono introdotte da ibridi marginali, senza intestazioni. Per il dibattito si veda il ms. 556. Discreto stato di conservazione. Legatura di restauro che ingloba parti della legatura rossiana tipo A; sul dorso è scritto in caratteri capitali aurei: in alto, HAPHTA(ROTH) / HEBRAIC(E); in basso, COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIII. (Bibl. Rossianae, V, 257r) TIETZE, Die illuminierten, 67 nr. 99; MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 218220; GUTMANN, Hebrew Illuminated, 28; MILLER, Scheda nr. 12; Hebrew Manuscripts, 585586; MADDALO, Ragioni, 153, n. 17; ZANICHELLI, Manoscritti ebraici, p. 236.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 479 (olim IX, 169) IACOBUS

DE

VORAGINE, Legenda aurea (ff. 2v-379v); Index (ff. 1r-2r)

Umbria (Assisi), sec. XIIIex. Membr.; ff. II (cart.), 380, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-380) in cifre arabe apposta in basso a destra (il f. 380 reca anche un numero a matita nella stessa posizione); mm 241×181 (f. 202r); rigatura a secco eseguita dal lato carne ripassata a colore. Richiami orizzontali presenti in basso all’inizio della seconda colonna di scrittura sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo (assenti alla fine dei fascicoli I-VI, IX-XI, XIII, XVIII-XXII, XXIV, erasi al-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

la fine dei fascicoli VII, VIII, XII, XIV, rifilati alla fine dei fascicoli XXXVIII, XL); i fascicoli (quinterni) recano una numerazione coeva in cifre romane (solo il I fascicolo ha l’indicazione primus), con decorazione a puntini in rosso/bruno e a lineette in bruno disposte a croce, apposta sul verso dell’ultimo foglio e sul recto del primo foglio del fascicolo successivo. La fascicolazione presenta alcune irregolarità, vale a dire il salto di tre fascicoli (dal XIV al XVII) tra i ff. 140 e 141 (cfr. la nota apposta al f. 141r in basso: desunt tres quinterni) e un altro (il XXXVIII) tra i ff. 350 e 351, inserito successivamente a partire dal f. 361 (cfr. anche la nota al f. 351r in basso: qui hic deest quinternus, / sequitur infra post 10 folia). Gotica testuale italiana vergata da mani diverse in inchiostro nero su due colonne, specchio scrittorio di mm 166×112, con intercolumnio di mm 10 (f. 61r); 35 linee di scrittura. Sporadiche note marginali di epoche e mani diverse, in particolare Ross. 479, f. 19v al f. 379v (in alto): valoris decem florenorum, e in basso: In isto libro omnes quaterni sunt XLI et duo folia in principio sine scriptura; al f. 380r (in alto): ///ientia de preteritis scire futura facit, cui segue a fianco: felicitas amicum facit, sed infortunium faciet inimicum / Que vero pestis efficacior ad nocem dum quam fami / liaris inninicus (sic). Al centro del foglio altre note erase e non più leggibili. Bianco il f. 380r-v.

Il testo della Legenda presenta una lacuna in corrispondenza del salto di tre fascicoli (cfr. supra): dal De sancto Petro martyre (expl.: tunc demones exeuntes, f. 140v) si passa al De sanctis Vito et Modesto (inc.: illi autem ab angelo continuo soluti, f. 141r) e una alterazione testuale dovuta all’errato inserimento del fascicolo XXXVIII, a causa del quale dal De sancta Katherina (expl.: in obscurum carcerem tradi) si passa al De sanctis Barlaam et Iosaphat (inc.: illo igitur in omnibus deliciis permanente). La decorazione è costituita da una serie di iniziali figurate collocate all’inizio di partizioni particolarmente significative del testo. Iniziali filigranate alternativamente rosso e blu si trovano all’inizio delle partizioni maggiori del testo; numerosissime iniziali toccate in rosso. Rubricati i titoli dei paragrafi; numerosissimi segni paragrafali. f. 1r:

iniziale abitata I di Incipiunt capitula (12 linee di scrittura), in cui è raffigurato un monaco (forse l’autore Iacopo da Varazze) con saio azzurro e mantello rosa su fondo blu, che si allunga lungo il margine sinistro e termina in basso con motivo acantiforme policromo con boccioli in oro. La miniatura presenta vistosi distacchi di pigmento.

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ROSS. 479

f. 2v:

f. 19v:

f. 19v:

f. 37v:

f. 70r:

f. 75v:

f. 104v:

f. 114r:

f. 163v: f. 217v: f. 253v:

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iniziale abitata U di Universum enim (mm 38×37), in rosa con decoro a piccoli cerchi in tonalità più scura e inserti dorati, collocata su una cornice blu. Vi è raffigurato Cristo benedicente, nimbato, con manto blu e veste rosso arancio. Dall’iniziale si diparte un prolungamento terminante con tralcio policromo (verde, rosa, blu, arancio, violetto) di foglie di acanto e piccoli boccioli in oro. iniziale abitata D di Dicto de festivitatibus (mm 39×39), in rosa inserita in una cornice blu a sottili filamenti bianchi. Vi è raffigurato Cristo benedicente, con nimbo dorato, veste in arancio e mantello blu. Termina con motivo fitomorfo in rosa rivolto in alto. iniziale abitata N di Nativitas domini (mm 20×12), del tutto identica, per caratteristiche tipologiche, figurative e cromatiche (ma Cristo ha veste blu e manto arancio), a quella della colonna precedente (ma di dimensioni minori). iniziale abitata C di Circumcisionis diem (mm 14×16), realizzata in azzurro e fondo in rosa scuro e collocata su una cornice in blu. Vi è raffigurata la testa di Cristo nimbato. iniziale abitata D di Dicto de festivitatibus (mm 38×40), in rosa a piccoli motivi circolari e filamenti in biacca, con interno in rosa più scuro. L’iniziale, collocata su una cornice in blu, si estende verso l’alto con foglie di acanto policrome. La raffigurazione di Cristo è analoga a quella delle iniziali presenti nei fogli precedenti. iniziale abitata P di Purificatio beate Virginis (mm 32×27, misure del corpo, con la coda che si allunga verso il basso), realizzata in rosa a cerchietti in biacca e piccole bande in oro, disposta su una cornice in blu a filamenti in biacca, terminante con tralci acantiformi policromi. All’interno vi è raffigurata Maria con nimbo dorato, veste viola chiaro e manto celeste, con le mani alzate come a benedire. iniziale abitata A di Annunciatio beate Virginis (mm 26×22), in rosa e motivi in biacca su una cornice in blu a filamenti in biacca, terminante in oro. All’interno Maria benedicente con nimbo dorato e veste violetto con manto azzurro. iniziale abitata D di Dicto de festivitatibus (mm 40×42), raffigurante Cristo benedicente dai tratti uguali a quelli presenti nelle iniziali dei fogli precedenti. Il foglio presenta un foro che coinvolge anche l’iniziale. iniziale decorata S di Septem patres (mm 16×16), policroma su fondo blu e tralcio acantiforme parimenti policromo. iniziale decorata A di Assumptio Virginis (mm 15×15), analoga alla precedente. iniziale abitata N di Nativitas gloriose Virginis (mm 29×23), realizzata in rosa a cerchietti in biacca su cornice in blu filettata in biacca e prolungamento fitomorfo policromo verso il basso. Nell’ansa è raffigurata la Vergine Maria in veste rossa e ammantata di azzurro, con aureola in oro e con le mani alzate come in atto di benedire.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 315v: iniziale abitata H di Homnium (sic) sanctorum festivitas (mm 54×29), realizzata in rosa a sottili motivi in biacca collocata su una cornice blu profilata e decorata sempre in biacca. Nell’ansa è raffigurato Cristo benedicente nimbato, con veste rosa e manto blu, circondato da sei figure maschili di santi, di cui si vedono solo le teste, alcune con aureola dorata. L’asta della lettera termina con motivo fitomorfo policromo e dorato. I peculiari caratteri decorativi, morfologici e cromatici, e la tipologia delle figure umane, riconducono le origini del manoscritto ad area umbro-romana. Si confrontino ad es. le tavole relative al Graduale (Biblioteca capitolare di Perugia, ms. 16), descritto in CALECA, Miniatura in Umbria, 171 ss. (tavv. a p. 304 ss.). Proprio per la modalità nella raffigurazione dei volti, delineati con tratti marcati, il naso dritto, e i capelli e la barba segnati da tocchi scuri, il miniatore del Ross. 479 mostra evidenti relazioni con la pittura umbro-cimabuesca e caratteristiche confrontabili con il Maestro del trittico Marzolini di Perugia, con gli affreschi della Basilica Superiore di Assisi del Torriti, come pure, d’altro canto, con quelli delle Storie francescane di Subiaco e con quelli del terzo Maestro della cripta della cattedrale di Anagni: così La biblioteca del sacro convento, 132, che localizza il prodotto appunto ad Assisi; localizzazione che verrebbe confermata anche da elementi interni, come la presenza nel Calendario della Legenda di san Francesco (f. 290v), di santa Elisabetta (f. 331r) e dei santi sette frati (f. 163v), nonché dalla menzione della festa di san Giovanni a Porta Latina del 1282. Stato di conservazione complessivamente discreto, la pergamena si presenta in alcuni fogli piuttosto scura, è inoltre particolarmente vistosa in alcune parti la differenza tra il lato pelo e il lato carne; alcune colonne di scrittura presentano un significativo scolorimento dell’inchiostro (ad es. ff. 10v-11r, 70v-71r, 90v, 128v129r, 137r). L’iniziale di f. 1r presenta distacchi di pigmenti cromatici. Restauro eseguito dal laboratorio della Biblioteca Vaticana, registro nr. 8, 28 marzo 1992, come risulta dal talloncino apposto sul contropiatto posteriore. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, la pelle del dorso è spaccata in senso longitudinale; altri lievi danni da uso. Sul dorso si legge in alto (in oro): LEGENDARIUM / SANCTORUM; in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIII. Confezionato per uso privato, come indicano non solo le dimensioni del manufatto, ma anche le iniziali figurate, con piccole scenette (CIARDI, Miniatura, 324) e, non da ultimo, l’indicazione del prezzo apposta sul f. 379v (La Biblioteca del Sacro Convento, 132), il codice è appartenuto al convento di Assisi, come prova la peculiare numerazione dei fascicoli di questo monastero (MERCATI, Codici del Convento, 86), e sembra corrispondere al nr. 170 (per l’incipit) o al nr. 171 (per l’explicit) della libreria segreta del convento (MERCATI, Codici del Convento, 99; nr. 171 secondo La Biblioteca del Sacro Convento, 131). In seguito passò al cavaliere conte Fabrizio Rilli Orsini (m. 1826; vd. timbro con monogramma CFRO nel margine inferiore del f. 1r; SILVA TAROUCA, III, 87; MERCATI, Codici del Convento, 99), pro-

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ROSS. 479-482

babilmente all’epoca della dominazione francese (nel 1798, quando parte del convento fu disfatta, o nel 1810, quando l’intero convento fu soppresso: cfr. ancora MERCATI, Codici del Convento, 104), prima di essere acquisito dal de Rossi. (SILVA TAROUCA, III, 87r; Bibl. Rossianae, V, 258r) TIETZE, Die illuminierten, 80 nr. 116; MERCATI, Codici del Convento, 99-100; CIARDI, Miniatura, 324; La Biblioteca del Sacro Convento, 129-132; CERESA, Bibliografia 1991, 277; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353.

MARIA AMBROSETTI Ross. 482 (olim IX, 172) [TURPINUS], Historia Caroli Magni et Rolandi (ff. 1v-35r); Epistula [Turpini] Leuprando (f. 1r); Index capitulorum (f. 1r-v) Umbria, sec. XIVin. (f. 1r) titolo, di mano settecentesca: Turpini archiepiscopi Rhemensis Gesta Caroli Magni Imperatoris Membr.; ff. V (cart.), 36, V’ (cart.); bianchi i ff. 35v e 36r-v; foliazione antica (1-36) in cifre arabe in inchiostro bruno, apposta in alto a destra; mm 236×166 (f. 2r); rigatura a colore; richiami orizzontali apposti in basso al centro del verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, nella parte sottostante all’intercolumnio. Littera textualis verosimilmente non italiana, forse francese, disposta su due colonne, vergata da mano unica in inchiostro bruno (specchio scrittorio mm 163×122, spazio intercolonnare mm 13) di 30 linee di scrittura (f. 2r). Incipit rubricati. Sporadiche note marginali posteriori.

Il testo presenta alcuni capitoli della pseudoturpiniana Historia Caroli Magni mancanti nell’edizione Schmidt, mentre è privo di altri accolti invece in questa, ma le vistose alterazioni testuali sono una caratteristica comune ai circa 200 testimoni dell’opera (per i dettagli cfr. SCHMIDT, Praefatio V). Nell’epistula a Leuprando si legge Leupanido. L’apparato decorativo è costituito da 2 iniziali maggiori e da una serie di iniziali filigranate per le partizioni maggiori del testo. Iniziali filigranate alternativamente in rosso/blu e in blu/rosso all’inizio dei capitoli dell’opera, sempre con

Ross. 482, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

prolungamento della filigrana lungo il margine sinistro o nell’intercolumnio e terminazione in aggrovigliati viticci; l’iniziale T di (T)emporibus Pipini regis di f. 27r non è stata eseguita. Titoli dei capitoli rubricati. Iniziali rubricate alternativamente in rosso e in blu, all’incipit dei titoli dei capitoli nell’Index. Numerosi segni paragrafali alternativamente in rosso e blu nei ff. 18v-20r. f. 1r: iniziale figurata T di Turpinus Dei gratia (mm 36×43), fogliacea in rosa con due piccoli bottoncini d’oro incastonati nel corpo della lettera in alto e a sinistra, collocata su una cornice blu a filamenti in biacca. All’interno della lettera (in stile onciale) si staglia sul fondo in oro la figura del vescovo Turpino, con i paramenti sacri (mitria, veste e manto rosso) e intento a leggere un libro che sostiene con entrambe le mani. Dall’asta orizzontale della lettera si diparte un fregio fogliaceo policromo (rosso, blu petrolio, rosa, verde) costituito da palmette frastagliate o trilobate e da semplici foglie lanceolate, con piccoli boccioli in oro, che si distende lungo tutto il margine sinistro. f. 1v: iniziale istoriata G di Gloriosissimus namque Christi (mm 18×25), fogliacea in rosa, su campo quadrato in blu. Nell’occhiello sono rappresentati una figura maschile distesa a letto e coronata d’oro e un’altra, rappresentata di profilo, con un curioso cappello di foggia ‘moderna’, che appare in sogno alla prima. Un tralcio policromo, simile per morfologia figurativa e gamma cromatica a quello del f. 1r, si sviluppa dall’iniziale e si estende in alto e in basso lungo tutto l’intercolumnio. Il capolettera illustra il contenuto del capitolo di cui costituisce la decorazione iniziale, vale a dire l’apparizione in sogno a Carlo Magno dell’apostolo Giacomo. I caratteri compositivi e coloristici della miniatura, il tipico fogliame e l’impostazione delle figure nelle due iniziali, la presenza dei fiori a petalo nei quali si concludono i tralci, indicherebbero una stretta relazione del manoscritto con alcuni prodotti di scuola umbra: si veda ad es. il ms. 38 della Biblioteca capitolare di Perugia (tavv. in CALECA, Miniatura in Umbria, 358 ss., nr. 557 ss.). Osta un poco con questa localizzazione la scrittura, una littera textualis che denuncia influenze non italiane, elemento, questo, che indurrebbe a rapportare il copista del Ross. 482 con ambienti transalpini. Il Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 90 nr. 138) pensava a un’origine norditaliana del manoscritto con influssi bolognesi. Stato di conservazione complessivamente buono. Cadute d’inchiostro nei ff. 5v, 12r, 15v-16v, 27r. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, con pelle sfiorata sul dorso e mancanza del capitello superiore; sul dorso si legge, in alto (in oro): (T)URPINUS / DE / GESTIS / KAROLI / MAGNI; in basso, sempre in oro: COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. (SILVA TAROUCA, III, 91r-92r; Bibl. Rossianae, V, 263r) TIETZE, Die illuminierten, 90 nr. 138.

MARIA AMBROSETTI

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ROSS. 483

Ross. 483 (olim IX, 173) HERODIANUS, Ab excessu divi Marci I-VIII (ff. 1r-56v) Italia centrale (Firenze, Roma), sec. XV3 (f. 1r) HERODIANI HISTORICI GRECI DE ROMANIS / IMPERATORIBUS AB ANTONIO / BONFINE TRADUCTI LIBER PRIMUS Membr.; ff. IV (cart. + una velina gialla), 58, IV’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-58) in basso a destra in cifre arabe; è presente anche una numerazione di registro, anteriore, a matita, in alto a destra in cifre arabe; mm 240×168 (f. 9r); richiami verticali in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, esterni allo specchio di scrittura; rigatura a colore. Scrittura umanistica elegantissima e regolare, di piccolo calibro, di mano unica a piena pagina, vergata a inchiostro bruno, specchio scrittorio mm 169×96 (f. 25r), di 47 linee di scrittura. Bianchi i ff. 57r-v e 58r-v.

Ross. 483, f. 1r

Il manoscritto contiene la versione latina (inc.: Plurum ex his qui in componenda historia se exercuere; expl.: Gordianus vero annos circiter XIII natus imperatorque declaratus Romam habenas imperii suscepit) dell’opera di Erodiano realizzata da Antonio Bonfini (1427-1502/5) prima del 1486, anno in cui egli la presentò al re Mattia Corvino (cfr. RILL, s.v. Bonfini, 28). Essa non dovrebbe essere stata conosciuta e utilizzata dal Poliziano per la sua traduzione di Erodiano del 1487 (cfr. GIONTA, Pomponio Leto, 441, n. 31; sulla traduzione del Poliziano cfr. anche STAVENHAGEN, Praefatio, IV; MENDELSSOHN, Praefatio, VII), influenzata invece da quella, parziale, realizzata da Omnibonus Leonicenus all’incirca nel 1459, ora parzialmente conservata nella Roma Triumphans di Biondo Flavio (cfr. Herodian, LXXXIV). L’apparato decorativo è costituito da 1 pagina d’incipit e da 8 iniziali maggiori poste all’inizio di ciascun libro di cui si compone l’opera. Il titolo del libro primo, in scrittura capitale a policromia alterna, è disposto su tre righe, la prima rossa, la seconda giallo oro, la terza blu. I titoli dei libri successivi sono in lettere capitali in rosso. f. 1r:

ricco fregio a bianchi girari su fondo policromo (rosso, verde e blu) profilato in blu a puntini bianchi che si diparte dall’iniziale P di Plurum ex his (mm 28×28), realizzata in foglia d’oro in campo quadrato, e si sviluppa sul margine laterale sinistro e su quello superiore, dove la decorazione è ulterior-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

mente arricchita con piccoli motivi floreali in oro. In basso clipeo laureato sorretto da due putti contenente uno stemma lievemente abraso, ma ancora abbastanza ben visibile, non identificato (di bianco a tre bande rosse). Iniziali analoghe alla prima, ma di calibro leggermente minore (mm 20/5×21/5), all’inizio di ciascuno dei libri dell’opera (f. 9r: C di Commodo mortuo; f. 18r: D di De morte Pertinacis; f. 26r: S di Severi gesta; f. 33r: Q di Quomodo Antoninus imperavit; f. 38v: A di Antoninus iunior; f. 44r: Q di Qua vita Alexander; f. 51v: P di Post Gordiani mortem). La decorazione è di origine fiorentina secondo Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 119). In mancanza di elementi particolarmente caratterizzanti è difficile confermare o contrastare tale opinione; tuttavia i putti grassocci (dei quali volti e ali sembrano ritoccati con inchiostro nero, tanto da rendere ardua l’analisi formale), richiamano i modi di Giuliano Amedei, per es. nel ms. Vat. lat. 1901, miniato dall’artista per Pietro Ferriz (cfr. RUYSSCHAERT, Miniaturistes, fig. 25). Lo stato di conservazione appare complessivamente buono. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, con dorso mancante di un frammento nella parte alta; lievi e generici danni da uso. Taglio decorato. Sul dorso in oro si legge (in alto): LATINE / AB / ANTONIO / BONFINI; (in basso): COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, III, 93r; Bibl. Rossianae, V, 264r) TIETZE, Die illuminierten, 119 nr. 244; GIONTA, Pomponio Leto, 441, n. 31.

MARIA AMBROSETTI Ross. 485 (olim IX, 175) FRANCISCUS

DE

MAYRONIS, Commentarius in libros sancti Augustini De civitate Dei

Venezia, sec. XV2 (d.to 1433) (f. 99v) colophon: Ego G.M. scripsi MCCCCXXXIII Venetiis Membr. (pergamena piuttosto spessa, color avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. V (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 100, V’ (cart.; il V’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna, meccanica, in cifre arabiche, in basso a destra solo sul recto. Il codice misura mm 230×168 (misure prese a f. 3). Testo vergato in umanistica corsiva di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, da una sola mano in inchiostro bruno e rosso per i titoli e gli incipit, disposto su una colonna di 31 linee; lo specchio di scrittura di mm 146×90 è rigato alla mina di piombo verticalmente e orizzontalmente. Titoli correnti rubricati nel margine superiore del recto e del verso. Presenza di molte annotazioni marginali.

L’apparato decorativo del codice consiste in 1 lettera ornata maggiore, a f. 1r, all’inizio del I libro, e 22 iniziali decorate minori della stessa tipologia

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ROSS. 483-485

(mm 17×13 in media) a introdurre i ventidue libri in cui è suddivisa l’opera di Franciscus de Mayronis o Francesco di Meyronnes, filosofo scolastico provenzale (1280-1325), la cui prima edizione è stata pubblicata col titolo Theologicae veritates in St. Augustinum de Civitate Dei (Colonia, 1473; cfr. FIORENTINO, Francesco). Da f. 89v si incontrano solo iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto, a introdurre le tabulae de litteris, cioè l’indice alfabetico. f. 1r: iniziale I di In primo libro (mm 20×17), all’inizio del I libro; in colore rosa e decorata con foglie d’acanto blu, verdi e rosse su quadranti in foglia oro e blu lapislazzuli con filetRoss. 485, f. 1r tatura di biacca, che si prolungano parzialmente nel margine sinistro accompagnate da palline auree monocoda. La decorazione delle lettere, da assegnare alla mano di un solo miniatore, di formazione emiliana, è piuttosto comune nei prodotti tardogotici dell’Italia altoadriatica come, ad esempio, il ms. 639 del Museo civico medievale di Bologna, attribuito al protagonista indiscusso del tempo, Giovanni da Modena (Haec sunt statuta, Scheda nr. 26, 152-155). Discreto lo stato di conservazione del codice che tuttavia denuncia, oltre a qualche lisière (ff. 79, 82 etc.), l’asportazione di tasselli di pergamena nella parte inferiore dei ff. 1, 25 e 99, che con ogni probabilità contenevano indicazioni di possesso. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, IN AUGUSTINI / LIBROS / DE CIVIT(ATE) DEI, in basso, COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, III, 95r; Bibl. Rossianae, V, 266r) TIETZE, Die illuminierten, 108 nr. 209; UÑA JUÁREZ, San Augustín, 283.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 486 (olim IX, 176) Prefatio novae interpretationis (f. 1r); Vita sancti Iohannis Scolastici a monaco Daniele scripta (f. 2r); Iohanni Climaco Epistula eiusque responsum (ff. 6r-8r); IOHANNIS CLIMACUS, Scala Paradisi (ff. 8r148r); Liber ad pastorem eiusdem auctoris (ff. 148r-157r); Commendatio precedentis operis a Iohanne abbate Raithense (ff. 157r-159r) Firenze, sec. XV, metà Membr. (pergamena piuttosto sottile, giallastra, lavorata in modo omogeneo); ff. V (cart., tranne il primo in cartoncino azzurro come la controguardia), 163, VI’ (cart., tranne l’ultimo in cartoncino azzurro come la controguardia). Il codice misura mm 242×168 (misure prese al f. 1r). Numerazione moderna a penna e inchiostro bruno in alto a destra solo sul recto con cifre romane per i primi tre fogli (dei quali i primi due sono bianchi, l’ultimo reca l’indice dei contenuti) e arabiche per tutto il resto. Ross. 486, f. 1r Testo vergato in umanistica di modulo piccolo con inchiostro bruno, rosso per i titoli, da una sola mano e disposto in una colonna di 30 linee entro uno specchio di scrittura di mm 153×92, rigato verticamente e orizzontalmente alla mina di piombo.

Il codice contiene la Scala Paradisi di Giovanni Climaco o Scolastico (PG 88, 596-1209; CLIMACO, La scala 1995; CLIMACO, La scala 2005; ŠPIDLÍK, s.v. Giovanni), tradotta senza commento da Ambrogio Traversari (1386-1439) per incarico del priore del convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze, Matteo di Guido Cardinali (VARALDA, Prime indagini), come attesta anche la dedica che compare a f. 1r (Domino amantissimo et merito venerabili Patri Matheo. Ambrosius). Sappiamo dell’interesse del Traversari verso quest’opera greca grazie a una delle lettere scritte tra il 1416 e il 1417 a Francesco Barbato, in cui chiede un codice con la Scala Paradisi di Giovanni Climaco, che avrebbe voluto tradurre per rimediare alle malefatte di un inetto traduttore medievale e che cominciò effettivamente a tradurre nel 1418 (GENTILE, Umanesimo, 47), più o meno contemporaneamente al Liber ad Pastorem. L’apparato decorativo del codice consiste in 40 iniziali ornate, di cui 34 maggiori (mm 25×25 in media) a introdurre le parti principali dei testi contenuti, e 6 minori (mm 13×13 in media) all’incipit di partizioni testuali secondarie, ai ff. 6r, 7r, 19r, 118v, 127r, 132v. Presenza di richiami a fine fascicolo posti nel margine inferiore a destra.

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ROSS. 486

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Le iniziali maggiori si trovano ai ff.: 1r, H di Hortatus es, all’Introduzione; 2r, I di Iuvenem hunc, all’inizio della Vita di san Giovanni Scolastico; 8r, C di Cum summe incomprensibilis, all’inizio del primo gradino della Scala Paradisi; 14r, Q di Qui Deum, all’inizio del secondo gradino; 16r, P di Peregrinatio est, all’inizio del terzo gradino; 19v, N di Nunc iam nobis, all’inizio del quarto gradino; 42v, P di Penitentia est, all’inizio del quinto gradino; 50r, O di Omne verbum, all’inizio del sesto gradino; 52v, L di Luctus secundum, all’inizio del settimo gradino; 59r, S di Sicut aqua, all’inizio dell’ottavo gradino; 63r, S di Sancte quidem virtutes, all’inizio del nono gradino; 64v, N di Nullus reor, all’inizio del decimo gradino; 66r, D di Diximus in precedentibus, all’inizio dell’undicesimo gradino; 67r, E di Ex lapide, all’inizio del dodicesimo gradino; 68r, U di Unus, all’inizio del tredicesimo gradino; 69r, D di De gula loqui, all’inizio del quattordicesimo gradino; 72v, A di Audivimus modo, all’inizio del quindicesimo gradino; 83r, P di Plurimi sapientissimi, all’inizio del sedicesimo gradino; 84v, I di Insensibilitas, all’inizio del diciasettesimo gradino; 86r, S di Somnus est, all’inizio del diciottesimo gradino; 87r, T di Terrenis quidem, all’inizio del diciannovesimo gradino; 88v, Q di Qui in cenobiis, all’inizio del ventesimo gradino; 89v, S di Solent plerique, all’inizio del ventunesimo gradino; 93v, S di Superbia est, all’inizio del ventiduesimo gradino; 96r, S di Seu et radicis, all’inizio del ventitreesimo gradino; 98r, P di Precurrit quidem, all’inizio del ventiquattresimo gradino; 100r, Q di Qui duum, all’inizio del venticinquesimo gradino; 107v, D di Discretio, all’inizio del ventiseiesimo gradino; 130v, N di Nos quidem, all’inizio del ventisettesimo gradino; 138r, O di Oratio secundum, all’inizio del ventottesimo gradino; 143r, E di Ecce nos, all’inizio del ventinovesimo gradino; 145r, N di Nunc itaque, all’inizio del trentesimo gradino, 148r, I di Inferiori quidem, all’inizio del Discorso al Pastore; 157r, Q di Qualem esse aportere, all’inizio del Commento all’opera precedente. Si tratta di lettere dorate a bianchi girali piuttosto sottili e asimmetrici, con elaborate terminazioni fitomorfe, su fondo blu a lacunari rossi e verdi puntinati di biacca e d’oro, di evidente gusto fiorentino. Solo la lettera a f. 1r è arricchita da un fregio che occupa parzialmente il margine sinistro, impreziosito da piccoli globi raggiati e animato da un erote che siede scomposto su un girale, esempio di uno dei temi più diffusi nella cultura figurativa fiorentina del Quattrocento, il putto eroico, sviluppato compiutamente in Filippo Matteo Torelli (GALIZZI, s.v. Torelli, 956-958), specializzato nella ornamentazione dei bordi delle pagine miniate. Nell’importante impresa della decorazione dei Corali commissionati da Cosimo de’ Medici per il monastero domenicano di San Marco, fra 1446 e 1454, questo elemento è ancora raro; in seguito, già dal 1457-1458, si assiste a un infittirsi della presenza di putti (Miniatura fiorentina, I, 34). Buono lo stato di conservazione del codice che presenta, tuttavia, qualche taglio (f. III) e abrasione (f. 13v), fori (ff. 45, 59) e macchie (f. 54).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A in mediocre stato conservativo. Sul dorso, che si sta staccando, si legge, in alto, IOANNIS / SCHOLASTICI / SCALA / SPIRITALIS, in basso, COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Il manoscritto proviene dal Collegio Capranica, come si evince dalla nota a f. Ir: COD. COLLEGY ROMANI CAPRANICENSIS LI. (SILVA TAROUCA, III, 96r-v; Bibl. Rossianae, V, 268r) TIETZE, Die illuminierten, 108 nr. 207; SPANÒ MARTINELLI, Italia, 75.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 487 (olim IX, 177) DANTE ALIGHIERI, Commedia (Inferno, ff. 1r-62r; Paradiso, ff. 69r-130v). IACOPO ALIGHIERI, Divisione (ff. 64r-65v). BOSONE DA GUBBIO, Capitolo (ff. 66r-68r) Perugia, sec. XIV, seconda metà (f. 1r) Cap(itulum) p(ri)mum I(n)ferni Da(n)tis / de civitate Flore(n)tie p(ri)mo / de luxu(r)ia et ava(r)itia et sup(er)bia (f. 64r) Incipiunt ve(r)sus super Dante (sic) et div(i)siones / fa(c)te (sic) p(er) filiu(m) Dantis post mo(r)te(m) ip(s)ius (f. 69r) Pa(ra)disi p(ri)mum cap(itulum) de luna et / postea de aliis planetis / usque ad Saturnum et c(etera) (ff. 62r e 130v) explicit: Trinus et unus amor nutritus lacte Ma(r)ie / Adpo(r)tum vere nos ducat philosophie / Amen (Amen non si legge al f. 130v)

Ross. 487, f. 1r

Membr.; ff. IV (cart.), 130, IV’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-130) in cifre arabe apposta in basso a destra; mm 237×156 (f. 1r). Richiami presenti in basso, al centro e in posizione orizzontale (assenti nei fascicoli VIII (foglio bianco), IX (foglio bianco) e in tutti i successivi fascicoli). Rigatura a secco, a volte ripassata a colore (molti fogli non presentano però alcuna rigatura). La legge di Gregory non è rispettata ai ff. 68v-69r, dove si affrontano lato pelo e lato carne. Scrittura semigotica con tratti di cancelleresca per il testo, vergata a inchiostro bruno, rosso per i titoli; cancelleresca per i titoli e le rubriche; specchio scrittorio mm 182×80 (f. 40r); 39 linee/versi a foglio. Moltissime glos-

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ROSS. 486-487

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se marginali, in alcuni punti fittissime, anche interlineari, di mani diverse, la maggior parte delle quali è in latino. Bianchi i ff. 62v-63v e 68v.

Oltre alla prima e alla terza Cantica della Commedia dantesca, il manoscritto contiene la Divisione di Iacopo Alighieri – inc.: O voi che site (sic) dal verace lume; expl.: nel meçço del camin de nostra vita –, un sommario in terzine della Commedia composto nel 1322 e dedicato a Guido da Polenta (cfr. CROCIONI, Rime, 29; D’ADDARIO, s.v. Alighieri, 453) e il Capitolo (in terzine) di Bosone da Gubbio (inc.: pero che sia piu fructo e piu dilecto; expl.: fortificando la christiana fede). L’apparato decorativo è costituito da 2 iniziali istoriate poste all’inizio di ciascuna delle due Cantiche contenute nel codice e da iniziali filigranate alternativamente in rosso/blu e blu/rosso poste all’inizio di ogni Canto; 1 iniziale filigranata di calibro maggiore si trova anche al f. 64r. Sono inoltre toccate in rosso tutte le lettere iniziali di ciascuna terzina. Rubricati i titoli delle Cantiche e dei singoli Canti, nonché gli explicit da una mano, diversa da quella che verga il testo, che appone spesso a margine, sempre in rosso, notazioni di richiamo o di commento (la più frequente è Nota). f. 1r: iniziale istoriata N di Nel meço del camin de nostra vita (mm 42×42), in cui è raffigurato Dante di fronte alle tre fiere (collocate su una collina con vegetazione boschiva), con il volto girato a guardare un vecchio nudo (Virgilio) che gli si rivolge con la mano destra alzata a mo’ di giudice. L’iniziale, realizzata in rosa con arabeschi filiformi in biacca, poggia su uno sfondo in oro ed è circondata da una cornice blu. Dall’iniziale si prolunga un tralcio di acanto policromo (blu, rosso, rosa, viola, oro) che si estende lungo il margine sinistro fino al basso e lungo il margine superiore. Boccioli in oro si schiudono dalle foglie di acanto. f. 96r: iniziale istoriata L di La gloria di cului (sic) che tucto move (mm 38×35), in cui sono raffigurati Dante e Beatrice che si tengono per mano e si librano in aria su uno sfondo di luce accecante reso con lamina d’oro; in alto il sole, la luna e cinque stelle in un cerchio a sfondo blu. Dall’iniziale, in rosa con filamenti in biacca situata all’interno di una cornice blu, si diparte anche in questo caso, come in quella del f. 1r, un tralcio di foglie d’acanto policromo che, arricchito da boccioli in oro, si allunga per tutto il margine sinistro e il margine superiore. La decorazione, peculiare nei tratti morfologici e cromatici, l’attenzione al panneggio, alla volumetria delle figure e ai dettagli anatomici, convincono a comprendere l’esemplare tra quelli (ad es. Perugia, Biblioteca capitolare, ms. 38 (tavv. in CALECA, Miniatura in Umbria, 358 ss.); Venezia, Bibl. Marciana, ms. lat. Z 2), realizzati dai miniatori che collaborarono con il Maestro dei Corali di San Lorenzo, benché il rossiano appaia meno curato (cfr. LUNGHI, s.v. Vanni, 971; per l’origine umbra del codice già TODINI, Miniatura, 170 nr. 18 e TODINI, Maestro, 237 nr. 1; diversamente sia

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

TIETZE, Die illuminierten, 77 nr. 112, che colloca la fattura del ms. in Italia settentrionale, verosimilmente in ambiente veneziano, intorno al 1340, sia BOSCHI ROTIROTI, Codicologia, 114, che pensa invece a un’origine meridionale del codice; di süditalienische Orthographie parla anche RODDEWIG, Dante, 297). Stato di conservazione discreto; il danno più grave è costituito dalla lacerazione che alcuni fogli mostrano nel margine inferiore (ff. 15, 34, 35, 77, 78, 130). La lacerazione è precedente alla foliazione. La pergamena, di non eccelsa qualità, si presenta sovente ispessita e/o scura e reca numerose macchie di origini diverse. Al f. 96r la lamina d’oro che campisce il fondo dell’iniziale è parzialmente distaccata. Restauro eseguito dal Laboratorio della BAV in data 6 giugno 1966, registro nr. 8 (cfr. talloncino apposto sulla controguardia posteriore). Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (angoli rinforzati in sede di restauro); sul dorso in alto si legge (in oro): DANTE / INFERNO / E / PARADISO; in basso (parimenti in oro): COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Taglio decorato. Il ms. è appartenuto alla Biblioteca Angelica di Roma (segn. T 6 22), da dove venne sottratto da un bibliotecario fra il 1840 e il 1845 (RODDEWIG, Dante, 298). (Bibl. Rossianae, V, 269r) TIETZE, Die illuminierten, 77 nr. 112; TODINI, Maestro, 237 nr. 1; TODINI, Miniatura, 170 nr. 18; RODDEWIG, Dante, 297-298; CERESA, Bibliografia 1991, 277; BOSCHI ROTIROTI, Codicologia, 114; LUNGHI, s.v. Vanni, 971.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 488 (olim IX, 178) THOMAS WALLEIS – NICHOLAUS TREVET, Expositio super libros Augustini De civitate Dei (ff. 1r-127v) Umbria, sec. XIVin. (f. 1r) incipit: Incipit expositio super libros De civitate Dei beati Augustini secundum fratrem Thomam et fratrem Nicolaum Trevectum / de Anglia prologus (f. 1r) Thoma Valois et Nicolai Triveth Ordinis predicatorum expositio in libros / civitatis Dei d. Augustini (aggiunto da mano tarda in alto in inchiostro nero) (f. 115r) Finitur opus secundum fratrem Thomam Valeys Ordinis predicatorum sacre pagine professorem / Sequentia sunt de expositione fratris Nicholai Triveth magistri in theologia eiusdem / ordinis ne opus imperfectum obmissis sequentium

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ROSS. 487-488

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librorum expositionibus videretur; sequitur / in capitulum 19 secundum fratrem Nicholaum Triveth (f. 128v) Qu// pudeat (ut vid.) qui se prodesse fatentur et obsunt / discat in auctorem pena redire suum Membr.; ff. V (cart.), 128, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-128) in cifre arabe apposta in basso a destra; foliazione a matita occasionale apposta sui ff. 1, 30, 40, 114, 115, 127, 128, sempre in cifre arabe; il manoscritto presenta anche una foliazione antica (36-164) in cifre arabe, apposta sugli attuali ff. 1-128 in alto a destra; mm 236×166 (f. 1r). Richiami orizzontali presenti in basso al centro del verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, circondati da una cornice rossa orlata da motivi decorativi; rigatura a colore, visibile solo in minima parte. Ai ff. 1r-20v: littera textualis ricchissima di abbreviazioni vergata da almeno due maRoss. 488, f. 1r ni in inchiostri bruni e disposta su due colonne (specchio scrittorio di mm 177×117, con spazio intercolonnare di mm 11) e 36 linee di scrittura; ai ff. 21r-127v: scrittura gotica con evidenti tracce di corsività, vergata da mani diverse in inchiostri bruni, a piena pagina (specchio scrittorio di mm 165×114 e 34 linee di scrittura). Bianco il f. 128r-v.

L’apparato decorativo è costituito da 1 iniziale abitata, completata da diverse iniziali cromatiche alternativamente in rosso e blu all’inizio dei paragrafi. Numerosissime iniziali toccate in rosso. Titoli dei capitoli rubricati. Passi significativi del testo sono spesso sottolineati in rosso. f. 1r: iniziale figurata F di Fluminis impetus letificat (mm 83×40), su 18 linee di testo, all’interno della quale, in una cornice cerulea, è rappresentato un monaco domenicano, verosimilmente uno dei due autori del Commento al De civitate Dei agostiniano, con saio bianco e mantello nero, seduto allo scrittoio e scrivente; alle sue spalle un motivo architettonico. Realizzata in rosa su campo esterno sagomato in oro e fondo blu con filettature bianche, l’iniziale si prolunga verso il basso in un tralcio policromo (blu, celeste, rosa, rosso, verde) fatto di foglie seghettate e terminante con un motivo spiraliforme arricchito da elementi floreali. La decorazione della pagina è completata da una iniziale filigranata in blu/rosso, l’unica all’interno del manoscritto. L’apparato decorativo, limitato in sostanza alla lettera iniziale del f. 1r, che per di più appare di fattura non particolarmente pregevole, con le foglie del tralcio quasi acquarellate, sembra doversi ricondurre, per la tipologia con termina-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

zione a spirale del tralcio fogliaceo e la gamma coloristica, ad ambiente umbro. Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 89-90) pensava invece a un’origine norditaliana del manoscritto con influssi bolognesi. Stato di conservazione mediocre, vistosi danni alla cucitura, a causa dei quali parti del corpo del manoscritto, anche interi fascicoli (IV e V), risultano quasi completamente staccate dalla legatura. Disidratazione della pergamena in più punti, soprattutto nella seconda parte. Legatura Rossi A in cattivo stato di conservazione, il dorso è separato dal piatto posteriore; sul dorso in oro si legge, in alto: VALOIS / ET TRINETH / IN LIBROS / S(ANCTI) AUGUSTINI / DE CIVIT(ATE) DEI; in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, V, 270r-272r) TIETZE, Die illuminierten, 89-90 nr. 137; KRISTELLER, Iter II, 466.

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Ross. 489 (olim IX, 179) LEONARDUS ARETINUS, Francisci Petrarcae vita (ff. 1r-5v). DANTE ALIGHIERI, Canzoni CIII; Conv. II, canzone prima; Conv. III, canzone seconda; Conv. IV, canzone terza; XC; XCI; CI; CII; C; LXVII; LXXXIII (ff. 6r-20v). FRANCESCO PETRARCA, Rime CCXCII-CCCIII; CCCXX-CCCXL; CCCLI-CCCLIV; CCCL; CCCLV; CCCLIX; CCCXLI; CCCXLIII; CCCLVI; CCCXLIV-CCCXLIX; CCCLVII; CCCLVIII; CCCLX-CCCLXVI (ff. 21r-46r); Thriumphi (Cupidinis I; III; IV; II; Pudicitiae; Mortis; Fame I, redazione anteriore; I; II; III; Temporis; Divinitatis) (ff. 47r-83r) Italia settentrionale, sec. XV

Ross. 489, f. 6r

(f. 1r) incipit: FRANCISCI P(ETRARCAE) PO(ETAE) CLARISSIMI / VITA FOELICITER INCIPIT (f. 47r) incipit: F(RANCISCI) P(ETRARCAE) PO(ETAE) C(LARISSIM)I TRIUMPHORUM / LIBER INCIPIT FELICITER (f. 1r) incipit: Francesco Petrarca huomo di grande ingegno et non di mi-

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ROSS. 488-489

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nore virtù; (f. 5v) explicit: perché la virtu e certa ella corona talvolta perlieve giudicio cosi a chi merita come a chi non merita dare si può (f. 83r) nota del XV sec.: facto fini pia laudetur virgo Maria amen (cfr. Colophons nr. 21188 e, con piccole varianti, nr. 21184) (f. 83v) nota di mano del XVI sec.: car///a qui quondam studio florente peri// / In se///hor fusti cosi Membr.; ff. V (cart. + una velina verde iniziale), 83, V’ (cart.; il f. V’ è incollato alla velina verde). Foliazione moderna meccanica in cifre arabe (1-83), apposta in basso a destra; foliazione precedente a matita in cifre arabe (191-199; 1000-1010 (sic); 111-11(3); 118-149; 160-180; 182-188), in alto a destra; mm 229×163 (f. 27r); richiami presenti sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo in basso a destra in posizione verticale. Rigatura a colore. Scrittura umanistica inchiostro bruno, piuttosto regolare, di mano unica, a piena pagina, linee 29, specchio scrittorio mm 155×90 (f. 3r). Al f. 6r da mano moderna a matita sul margine destro è stato aggiunto Dante, al f. 21r Petrarca; sempre a matita e verosimilmente dalla stessa mano sui margini esterni sono scritti i numeri dei singoli componimenti dei due poeti (ma in modo errato). Al f. 68v (Triumphus fame I, redazione anteriore: vd. supra) la stessa mano scrive Rifiutato dal Petrarca. Depennato anche il titolo rubricato. Bianchi i ff. 46v e 83v.

L’apparato decorativo è costituito da 2 iniziali a bianchi girari e da diverse iniziali campite in foglia d’oro su fondo bicolore. Rubricati e in capitale i titoli dei singoli libri e delle singole partizioni dei Triumphi. Iniziali maggiori in foglia d’oro in campo quadrato con decorazione a bianchi girari su fondo policromo (blu, rosso, verde) al f. 6r (C di Cosi nel mio parlar, mm 20×20) e al f. 47r (N di Nel tempo che rinova, mm 24×25), entrambe molto logore, con vistoso distacco dei pigmenti di colore, in particolare la seconda. Iniziali medie in foglia d’oro su fondo policromo (verde, rosso, blu; verde e blu solo quella del f. 80v) ai ff. 1r (F di Francesco Petrarca, mm 17×11), 59r (Q di Quando ad un giogo, mm 16×17), 62v (Q di Questa leggiadra, mm 16×17), 68v (N di Nel cor pien d’amarissima, mm 15×14), 78r (D di Del taureo albergo, mm 15×15), 80v (D di Dapo (sic) che socto (sic) il ciel, mm 15×12). Quella del f. 62v presenta un tralcio floreale che si sviluppa lungo il margine sinistro verso il basso. Iniziali cromatiche in blu all’inizio dei singoli componimenti; quella del f. 65v (L di La nocte che segui terribil caso) è collocata su vaso di fiori, che discendono a tralcio. Stato di conservazione complessivo abbastanza buono. La pergamena non è di buona qualità e presenta diverse macchie nonché alcuni oculi. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso in oro si legge (in alto):DANTE / E / PETRARC(A) / RIME; in basso: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, V, 273r-274r) KRISTELLER, Iter II, 466; PELLEGRIN, Manuscrits, 111-113; BUONOCORE, Bibliografia, 661; GUERRINI, Sistema, 173, 176; DE ROBERTIS, Manoscritti, 347; CERESA, Bibliografia 1998, 381.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 491 (olim IX, 181) S. BRIGITTA DE SUECIA, Revelationes I-II (ff. 1r-94v). EGIDIUS ASSISIENSIS, Collactiones (f. 96r-v). IOHANNES DE TURRECREMATA, Defensiones revelationum S. Birgittae (ff. 99v-104r); Epistula Geretino Petro confessori generali monasterij warestenensis (sic) in regno Swetie et achoni Johannis prefati monasterij fratri conventuali (f. 99r-v). Bonifaci IX papae S. Birgittae canonizationis bulla (ff. 104r-108v). Martini V papae S. Birgittae canonizationis confirmatio (ff. 108v-109r). Articula conciliaria (ff. 109r-157r) Italia centrale (Roma?), sec. XIV e XV (I); Italia centrale (Roma?), sec. XV (II) (f. 1r) incipit: Incipit prologus in libro re / velacionum d(omi)ne Brigide / de Suecia (f. 4r): Hic est titulus huius / libri qui liber cele / stium revelacionum / intitulatur Ross. 491, f. 99r ut seq(ui)tur (f. 30r): Visum a me Prospero / de Capranica (f. 96r) incipit: Incipiunt quedam collationes fr(atr)is Egidii socii b(ea)ti Francisci viri sanctissimi / de continua oratione et contemplatione: cuius contemplatione(m) nimis co(m) / mendavit sanctus Franciscus (f. 99r) incipit: Incipiunt defensiones quorun/dam articulorum librorum reve / lationum s(an)c(t)e Brigitte f(ac)te i(n) Con/cilio Basilien(si) per mag(ist)r(u)m Io(hannem) / de Turrecremata sacri ap(osto)lici / mag(ist)r(u)m Ord(in)is p(re)dicatorum na / tion(is) Yspanie et postmodum / cardinalem s(an)c(t)i Sixti vulga / riter nu(n)cupatum Membr.; ff. V (cart.), 157, V’ (cart.). Foliazione moderna meccanica (1-157) in cifre arabe in basso a destra. Rigatura a colore. Bianchi i ff. 95r-v, 97r-98v, 157v.

Codice composito di due parti (rispettivamente ff. 1-96 e ff. 97-157). La pergamena della prima parte è molto più spessa e grezza, quella della seconda è di migliore qualità, più sottile e raffinata. I (ff. 1-96) mm 249×183 (f. 17r). In questa prima parte si susseguono le seguenti scritture: ff. 1r-94v: gotica italiana disposta su due colonne, vergata da due mani diverse, la prima dal tratto più posato che verga i ff. 1r-45v, metà colonna (tranne f. 43rb-va, vergato dalla seconda mano) e i ff. 65vb-94v, la seconda dal tratto più serrato che verga i ff. 45vb (da metà colonna)-65va,

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ROSS. 491

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specchio scrittorio mm 174×115, con spazio intercolonnare di mm 14 (f. 19r); f. 96r-v: scrittura umanistica corsiva di mano unica, a piena pagina, a inchiostro nero. Richiami presenti (ad eccezione del fasc. I) in basso a destra e in posizione orizzontale, internamente allo specchio di scrittura, a volte collocati entro cornici decorative. Rigatura in parte a secco ripassata a colore, in parte solo a colore. La legge di Gregory è rispettata, tranne che nel passaggio dal fasc. I al II, dove si affrontano lato pelo e lato carne, e al fasc. XI, ff. 95 e 96, dove si affrontano lato carne e lato pelo.

Iniziali filigranate in verde/rosso e rosso/verde, alcune di dimensioni notevoli, ai ff. 1r (S di Stupor et mirabilia, mm 24×21); 4r (H di Hic est titulus, mm 22×15; A di Ad honores, mm 25×23); 7r (E di Explicit prologus, mm 18×20; E di Ego sum creator, mm 38×40). Iniziali filigranate in rosso/blu e blu /rosso nei ff. 9r-94v (una in verde/rosso a f. 49r) all’inizio delle partizioni maggiori del testo. Di molte di queste è stato eseguito tuttavia solo il corpo della lettera senza la filigranatura. Altre iniziali sono decorate soltanto con fregi simili alla filigrana. Numerosissime iniziali toccate in giallo e numerosissimi segni paragrafali in rosso. Rubricati i titoli di tutte le partizioni maggiori del testo. II (ff. 97-157) mm 250×182 (f. 109r); scrittura gotica italiana disposta su due colonne di due differenti mani, che vergano, con inchiostro nero, rosso per i titoli e gli incipit, rispettivamente i ff. 99r-109r e 109v-157r, specchio scrittorio mm 172×103, con spazio intercolonnare mm 13 (f. 116r); richiami presenti in basso a destra, in posizione orizzontale, esterni allo specchio di scrittura, tranne che per i fascc. IV, V e VI, dove i richiami si trovano in posizione centrale (parzialmente rifilato quello del fasc. IV).

f. 99r: iniziale V di Venerabilibus patribus (mm 25×32), in foglia d’oro in campo quadrato a bianchi girari su fondo policromo (rosso, verde e blu). Iniziali cromatiche alternativamente in rosso e in blu all’inizio delle partizioni maggiori del testo. Numerosissime iniziali toccate in rosso e numerosi segni paragrafali parimenti in rosso. Rubricato il titolo al f. 99r. Il manoscritto contiene, oltre alle Revelationes di santa Brigitta e alle Collationes di Egidio di Assisi, opere e documenti relativi alla vita e alla canonizzazione della santa di origine svedese, tra cui le Defensiones revelationum fatte da Giovanni di Torquemada nel corso del concilio di Basilea (1431-1439), la bolla di Bonifacio IX relativa alla canonizzazione della santa (Roma, San Pietro, 1391 ottobre 7) e quella di conferma emanata da Martino V (Firenze, 1419 luglio 1), nonché una serie di articoli conciliari (per i quali si veda MANSI, Sacrorum conciliorum, XXX, 699-814). Stato di conservazione complessivamente buono. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione; il dorso è parzialmente staccato dal corpo della legatura; ulteriori, ma lievi danni da uso (pelle sfiorata). Sul dorso in alto, in oro: S(ANCTAE) BIRGITTA(E) / REVELATION(ES) / CUM / DEFENSIONIB(US) / CARDINALIS / DE TURRECRE(MATA); più in basso, sem-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

pre in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV-XV; in basso, in nero: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). Il codice fu posseduto dal cardinal Domenico Capranica (m. 1458), come indicano la nota sul dorso e la registrazione col nr. 100 al f. 11r nel ms. Vat. lat. 8184, antico inventario della biblioteca del Collegio Capranica. (SILVA TAROUCA, III, 98r-v; Bibl. Rossianae, V, 277r-279r) KRISTELLER, Iter II, 466.

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Ross. 492 (olim IX, 182) LEONARDUS ARETINUS, De nobilitate (ff. 1r-20v). MARCUS IUNIUS BRUTUS, Epistulae ad Pergamenos (ff. 21r-37r) Toscana (Firenze), sec. XV, seconda metà (f. 1r) incipit: CONARDI (sic) ARETINI ORATIO DE NOBILITATE / PRECLARISSIMA INCIPIT FOELICITER (f. 20v) explicit: GAI FLAMMINEI ORATIO DE NOBILITATE EX/PLICIT FOELICITER / SEQUUNTUR AEPISTOLAE BRUTI (f. 21r) SANCTISSIMO DOMINO NOSTRO NICOLAO P(A)PE / QUINTO RINUTIUS CUM DEVOTIONE RE/VERENTIAE VOTUM (f. 37r) colophon: BRUTI AEPISTOLAE FINIUNT / IO. SCHALLUS

Ross. 492, f. 1r

Membr.; ff. V (cart.), 38, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica 1-38 in cifre arabe in basso a destra; mm 231×164 (f. 3r); un unico richiamo presente in basso a destra in posizione orizzontale sul verso dell’ultimo foglio del fasc. III (l’assenza degli altri è dovuta al fatto che il f. 10 ultimo del fasc. I è parzialmente risarcito in basso e il fasc. II coincide con la fine dell’opera dell’Aretino). Rigatura a secco eseguita dal lato pelo. Scrittura umanistica elegante e regolare di mano unica, a inchiostro nero, a piena pagina, specchio scrittorio mm 155×93 (f. 19r), linee 23. Note marginali di altra mano posteriore (si tratta per lo più di ri-

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ROSS. 491-492

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chiami a nomi e contenuti del testo). Bianchi i ff. 37v-38v. Per il copista, che si sottoscrive a f. 37r (Io. Schallus), cfr. Colophons nr. 8237, dove viene però citato come Io. Sebolius (l’errore anche in TIETZE, Die illuminierten, 121).

Le Epistulae ad Pergamenos di Bruto contenute nel manoscritto sono nella traduzione latina di Alamanno Rinuccini (1426-1499/1504). L’apparato decorativo è costituito da 1 pagina d’incipit e da 4 iniziali maggiori. Rubricati tutti i titoli; quelli delle singole epistole di Bruto sono in capitali rubricate. f. 1r: pagina d’incipit con ricco fregio a bianchi girari su fondo policromo (verde, rosso scuro, blu e oro), filettato di blu, che si diparte dall’iniziale A di Apud maiores (mm 30×25), in foglia d’oro in campo quadrato e si sviluppa lungo il margine sinistro e quello superiore; in basso clipeo laureato inserito in altra decorazione a bianchi girari in verde, rosso scuro, blu e oro, filettata in oro, contenente uno stemma non identificato (d’azzurro e motivi floreali bianchi alla fascia d’oro, accompagnato in capo da un leone nascente movente dalla fascia). Iniziali analoghe a quella della pagina d’incipit, ma di calibro minore, si osservano ai ff. 3r (S di Sex vobis Lucretia, mm 19×18), 8r (M di Magna mihi gracia (sic) est, mm 23×17) e 21r (S di Solent beatissime pater, mm 24×17). Particolarmente significativa è l’iniziale di f. 21r, in campo quadrato in foglia d’oro da cui si sviluppa un lungo tralcio a bianchi girari sul lato sinistro verso il basso. f. 22v: iniziale B di Bruti aepistolas (sic) in lamina d’oro su fondo policromo bipartito rosso scuro/verde con piccoli motivi in biacca (i fori della lettera B sono riempiti con i colori invertiti rispetto alla base). La decorazione è di origine fiorentina (così già TIETZE, Die illuminierten, 121). Stato di conservazione complessivamente buono. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, con dorso parzialmente separato dal corpo della legatura; sul dorso in oro si legge, in alto: CONRA (sic) / ARETIN(I) / ET ALI(I) / ORATIO; più in basso, sempre in oro: BRUTI EPISTO(LAE); in basso, ancora in oro: COM (sic) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, III, 99r; Bibl. Rossianae, V, 280r-281r) TIETZE, Die illuminierten, 121 nr. 249; KRISTELLER, Iter II, 466.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 494 (olim IX, 184) FRANCESCO PETRARCA, Thriumphi (Cupidinis I, III, IV, II; Pudicitiae; Mortis, I, II; Famae, I, redazione anteriore, I, II, III; Temporis; Eternitatis) (ff. 1r-38r); Rime XXII, XXIII, XXVIII, XXIX, XXX, XXXVII, L, LII-LV, LIX, LXVI, LXX-LXXIII, LXXX, CV, CVI, CXIX, CXXI, CXXV-CXXIX, CXXXV, CXLII, vv. 1-29, CCVI, CCVII, CCXIV, CCXXXVII, CCXXXIX, CCLXIV, CCLXVIII, CCLXX, CCCXXIII, CCCXXIV, CCCXXV, vv. 1-111, CCCXXXI, CCCXXXII, vv. 1-74, CCCLIX, CCCLX, XI, CLXIX, CCCLXVI, II-X, XII-XXI, XXIV-XXVII, XXXI-XXXVI, XXXVIII-XLIX, LI, LVI-LVIII, LX-LXV, LXVII-LXIX, LXXIV-LXXIX, LXXXI-CIV, CVII-CXVIII, CXX, CXXII-CXXIV, CXXX-CXXXIV, CXXXVI-CXLI, CXLIII-CXLVIII, CL-CCV, CCVIII-CCXIII, CCXV-CCXXXVI, CCXXXVIII, CCXL-CCLXIII, CCLXV-CCLXVII, CCLXIX, CCLXXI-CCCXXII, CCCXXVI-CCCXXX, CCCXXXIII-CCCXL, CCCLI-CCCLIV (ripetuti alla fine, in ordine diRoss. 494, f. 40r verso), CCCL, CCCLV, CCCXLI, CCCXLIII, CCCLVI, CCCXLIV-CCCXLIX, CCCLVII-CCCLVIII, CCCLXI-CCCLXV, CCCLI-CCCLII, CCCLIV, CCCLIII (ff. 40r-180v). Notizie su eventi meteorologici avvenuti nell’anno 1527 a Venezia, Vicenza e Mantova (f. 181r). Nota di natura giuridica (?) e ricetta (f. 181v) Italia centro-meridionale, sec. XVex. Membr.; ff. II, 182. I ff. IIr, 38v, 39r-v presentano tracce ancora piuttosto visibili di diverse scritture corsive che sono state cancellate. Foliazione moderna meccanica (1-182) in cifre romane, apposta in basso a destra. Alcuni fogli (1-3, 38, 98-100) recano una più antica foliazione a matita in alto a destra, il f. 98 presenta anche un altro numero (8) apposto al di sopra del 98 a matita; mm 230×150 (f. 4r); scrittura umanistica tonda regolare di mano unica (ff. 1r-180v), a inchiostro bruno, al pari delle linee di scrittura distintiva. Specchio scrittorio mm 150×85 (f. 4r). Tre scritture corsive che si dispongono la prima al f. 181r, le altre due al f. 181v. Sul f. 98r in alto al centro si legge 1527, scritto dalla stessa mano che ha scritto le notizie di f. 181r. Bianchi i ff. 38v-39v, 98r-100r, 182r-v. Rigatura a secco eseguita dal lato pelo, talvolta ripassata a colore. Richiami assenti. La regola di Gregory non è rispettata nel passaggio dal f. 39v al f. 40r, dove si affrontano lato pelo e lato carne, ma l’anomalia è in realtà causata dalla mancanza di un foglio che è stato tagliato.

Dal punto di vista critico-testuale va notato che il Triumphus Pudicitiae manca dei primi 2 versi, mentre il Triumphus Mortis è frammentario (inc.: Quanti già nelleta matura & acra; expl.: quella per cui ben far prima mi piacque). Il mano-

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ROSS. 494

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scritto presenta infine la redazione anteriore del Triumphus Famae I (inc.: Nel cor pien da marissima dolcecça; expl.: Po ad la fin Artu re vidi & Carlo) poi rifiutata dall’autore (vd. anche Ross. 489). L’apparato decorativo è sobrio ma elegante, con 2 iniziali maggiori e numerose iniziali minori all’inizio dei singoli carmi petrarcheschi. f. 1r: iniziale N di Nel tempo che / rinnova (mm 40×35), realizzata in argento con elementi in oro e collocata su uno sfondo rosso scuro a motivi fitomorfi, caratterizzata dal corpo ombrato al mezzo, a imitare le lettere incise su marmo. f. 40r: iniziale A di A qualunque a / nimale (mm 43×35), del tutto analoga alla precedente, ma collocata su uno sfondo blu a motivi fitomorfi. Iniziali in rosa o azzurro, disposte su fondi di colore diverso (verde, rosa, blu) a sottili motivi in biacca o in giallo o in verde si trovano all’inizio di ogni singolo componimento. In particolare l’ultima sezione del ms., quella dedicata ai sonetti (ff. 100v-180v), dove questi sono disposti due per pagina, le iniziali si succedono per lo più in questo modo: blu su fondo rosso a motivi in giallo; rosa o verde su fondo blu a filamenti in biacca; rosso o rosa su fondo verde a motivi parimenti verdi; rosa su fondo blu a motivi in oro o blu su fondo rosso o rosa a motivi in biacca. Per quanto la decorazione sia in sostanza limitata alle due iniziali dei ff. 1r e 40r, le due litterae mantinianae, con i loro eleganti caratteri a bassorilievo e le loro ombreggiature imitative dell’epigrafia classica, consentono di inquadrare l’ornamentazione del ms. in quel capitolo della miniatura della seconda metà del XV secolo detta ‘all’antica’, la quale, sorta in ambito veneto, venne imposta da miniatori quali Gaspare da Padova dapprima nell’Italia centrale (dove essa negli anni Settanta del XV secolo soppiantò la decorazione fiorentineggiante diffusasi a opera di miniatori come Gioacchino de’ Gigantibus) e poi anche in quella meridionale, ad es. nella corte aragonese (cfr. TOSCANO, Miniatura “all’antica”, 249 ss.). Stato di conservazione complessivamente buono. La pergamena risulta macchiata ai ff. 24-27. Il f. 181 presenta delle lacerazioni e un taglio. Restauro eseguito dal Laboratorio della BAV (cfr. etichetta cart. nel contropiatto posteriore in basso: Registro n. 8 / 16 feb. 1992). Legatura R. P. Chilliat in pelle nera con cornice a motivi floreali in oro sui piatti e impressioni in oro sul dorso e sui labbri; dorso a 5 nervi, con impressioni in oro uguali in tutti gli scomparti, tranne che nel secondo, dove si legge PETRARCHE / RIME. In basso si legge: XV S(AECULI). Taglio in oro. Al f. 1r, in basso: sorretto da un putto, stemma della famiglia Gianfigliazzi di Firenze (d’oro al leone d’azzurro armato e lampassato di rosso) secondo Pellegrin (PELLEGRIN, Manuscrits, 115). Del tutto identico è però anche lo stemma della famiglia Acquaviva. Lo stemma di f. 99r (d’oro a sette losanghe di verde unite in

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

banda), aggiunto posteriormente, dovrebbe appartenere a Giovanni Bardi di Vernio (PELLEGRIN, Manuscrits, 115). (Bibl. Rossianae, V, 283r-v) TIETZE, Die illuminierten, 155 nr. 338; PELLEGRIN, Manuscrits, 114-115; BUONOCORE, Bibliografia, 661; GUERRINI, Sistema, 173, 176; CERESA, Bibliografia 1998, 381.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 495 (olim IX, 185) PETRUS LOMBARDUS, Sententiarum libri IV Italia meridionale (Napoli?), sec. XIII3 (f. 388v) nota di mano tarda nella prima metà del foglio erasa e solo in minima parte visibile. Nella seconda metà altra nota, sempre di mano tarda: Scias mi barbata laus quod homines ve/niunt constituti ex operibus suis suorum / suas eccetuata gratia vinca vincas semper / Ideo vinca prima quia idea prima ma/// / Ideo respondens Mariae comodo fiet / istud quoniam virum non congnosco (sic) b/// / quia conveniens erat sibi virum congno/// / misso loquens eccetuata c(um) mano mo/// / Inteligo (sic) bene quia unica Maria un/// / fuit ex quia crucifixo domino Deus/// / verus unicus Deus Membr.; ff. VI (cart.; il I in cartoncino azzurro), 388, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino azzurro); foliazione moderna meccanica (1-388) in cifre arabe apposta in basso a destra; l’attuale f. 2r è numerato 85 in cifra romana in alto a destra; mm 232×166. Scrittura gotica italiana, di piccolo modulo, vergata da mano unica in vari inchiostri, nero e bruno. Specchio scrittorio di mm 114×67 e 31 linee di scrittura (f. 15r). Il ridotto specchio scrittorio rispetto alle dimensioni del manoscritto indica che il testo in origine fu forse predisposto per ricevere un commento poi mai scritto. Solo nei fogli in cui si trovano gli indici premessi a ciascun libro dell’opera la scrittura è disposta su due colonne. Rigatura a colore. Richiami presenti in basso al centro sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo con semplice cornice decorativa. Sporadiche glosse marginali posteriori, presenti soprattutto negli ultimi fogli. Bianco il f. 388v.

Ross. 495, f. 1r

L’apparato decorativo è costituito da una serie di iniziali decorate poste ri-

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ROSS. 494-495

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spettivamente all’inizio del prologo, del libro primo, della distinctio secunda del medesimo libro e di ciascuno degli altri tre libri seguenti. Iniziali filigranate alternativamente in rosso/blu e blu/rosso all’inizio dei singoli capitoli e paragrafi, i cui titoli sono tutti rubricati. Iniziali cromatiche alternativamente rosse e blu per i capitula degli indici, premessi a ciascun libro. Sul verso di ogni foglio in alto al centro si legge una L (di Liber) rossa a filamenti in blu; sul recto nello stesso punto i numeri dei singoli libri in cifre romane con i caratteri alternativamente in rosso e blu. Ulteriori indicazioni di rubrica sono presenti sul margine interno, sia del recto sia del verso, dove sono segnate in cifre romane con i caratteri alternativamente in rosso e blu i numeri delle singole distinctiones di cui si compone l’opera. Le iniziali maggiori sono così disposte: f. 1r:

iniziale figurata C di Cupientes aliquid de penuria (mm 30×28), dipinta in blu, con piccoli globi realizzati nella triade coloristica del blu, su campo marrone e fondo blu. Il fondo della lettera è decorato da motivi fitomorfi in rosso e bottoncini in oro brunito. All’interno della lettera è raffigurato Pietro Lombardo vestito del saio francescano, che benedice con la mano destra mentre tiene un libro nella sinistra. f. 5r: iniziale V di Veteris ac nove legis (mm 34×30), in rosa scuro con piccole terminazioni fogliacee in marrone su fondo blu a piccoli cerchi in oro. L’interno della lettera è costituito da un complesso intreccio fitomorfo in verde e marrone. f. 8r: iniziale H di Hoc itaque vera ac pia (mm 33×22), in blu a motivi geometrici (piccoli globi nell’asta sin., greche nella destra) in bianco e asta trasversale in bruno chiaro, bande laterali in bruno a filamenti e gruppi di tre puntini in biacca. All’interno, su fondo blu, complessi intrecci fitomorfi in beige, blu, grigio/blu. f. 123r: iniziale figurata C di Creationem rerum (mm 23×32), in colore rosso scuro a piccoli filamenti e motivi in biacca e decorata sul margine interno ed esterno da dischetti in oro brunito. Il fondo è blu cobalto con gruppi di tre puntini bianchi. All’interno due uccelli rapaci affrontati in verde e ocra e motivi fitomorfi in verde, oro e rosa scuro. f. 216r: iniziale a carattere zoomorfo C di Cum venit igitur plenitudo temporis (mm 30×38), in blu, con piccoli globi nella triade coloristica del blu, con bottoncini in oro brunito sul margine esterno e piccole terminazioni fogliacee. Su campo marrone, l’interno della lettera è riempito da complessi intrecci fitomorfi e nastriformi in verde, marrone e oro disposti specularmente. Sulla curvatura della lettera due testine di cane affrontate che sembrano mordere i motivi vegetali. f. 284v: iniziale S di Samaritanus vulnerato (mm 34×30), in verde, con piccoli globi più chiari e terminazioni fogliacee in marrone. È collocata su un campo rosa scuro con gruppi di tre puntini in bianco. L’interno della lettera è in blu con decori in biacca, nelle due anse motivi fitomorfi in mar-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

rone/ocra e blu disposti a specchio. Il decoro è completato da bottoncini in oro brunito sul margine esterno della lettera. La gamma cromatica, che spazia dal blu scuro a quello chiaro e all’azzurro, dal rosso all’ocra, al giallo, all’ocra rosato, dal grigio al grigio/verde, all’oro brunito, nonché gli intrecci complessi e le volute nastriformi, accanto alla presenza di elementi zoomorfi, come uccelli e musi canini, ricordano da vicino importanti miniature di epoca sveva, come quelle della Bibbia di Manfredi (ms. Vat. lat. 36) e di altre Bibbie oggi conservate a Parigi, Bibliothèque nationale de France (ms. lat. 40; ms. lat. 10428), realizzate tutte a Napoli nel terzo quarto del XIII secolo (cfr. Manuscrits d’origine italienne 2, Schede nrr. 181 e 182, 153 ss.; tavv. N: CVICVIII; O: CIX-CXI; sulla Bibbia di Manfredi, RUSSO, Scheda nr. 30, 258 ss.; PERRICCIOLI SAGGESE, Miniatura, 229 ss.). Si può quindi attribuire la realizzazione dell’intervento decorativo del manoscritto a un miniatore, d’origine francese o educato su modelli francesi, attivo a Napoli nella II metà del Duecento, al servizio dei Predicatori, francescani e domenicani, oltre che della corte e dello studio domenicano di San Domenico Maggiore. Stato di conservazione complessivamente buono. Legatura Rossi A in non buono stato di conservazione; la pelle del dorso è staccata dal piatto posteriore ed è lesionata in senso longitudinale; sul dorso in alto si legge (in oro): PETRI LOMBARDI / LIBER SENTENTIARUM; in basso, sempre in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, V, 284r) TIETZE, Die illuminierten, 94 nr. 155.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 498 (olim IX, 188) MOSEH

BEN

MAYMON, Jad Hazakah o Mishneh Torah (Commenti)

Mantova (?) o Italia nord-orientale, 1470-1480 (f. Iv) R. Moyses filius Majmonis / Jad Hachazaka (id est) Manus fortis. Segue descrizione del codice che segnala, tra l’altro, nel terzo libro l’inversione delle sezioni finali, così che la nona e la decima sono al posto della settima e ottava e viceversa. (f. 214v) Il nome Nehemia, verosimilmente quello dello scriba, appare puntuato. Membr. (la pergamena è stata finemente lavorata, ottenendo fogli bianchi e sottili); ff. I, 273, I’ (I cart., verdino, contiene una nota ottocentesca di descrizione del codice; I’ cart.;

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ROSS. 495-498

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risguardi cart.); mm 228×180; foliazione meccanica in cifre arabe a sinistra in basso sul recto, abbinata a una identica foliazione a matita in cifre arabiche a partire dal f. 89; dall’indice si deduce che i fogli dovevano essere in origine numerati, ma le cifre sono state eliminate dalle pesanti rifilature; specchio di scrittura (mm 190×130) si articola in una colonna di 46 linee; struttura del codice: 208, 16, 138, 13; l’attuale quarto fascicolo, segnato con numero 32, che contiene l’indice dell’intera opera articolata in 14 libri, doveva trovarsi in origine all’inizio; manca nel XV fascicolo il bifolio centrale, che conteneva sul verso del secondo foglio l’inizio del quarto libro (si distingue ancora nettamente la traccia della cornice miniata che introduceva il libro); i 35 fascicoli sono numerati in cifre arabe a matita sull’angolo inferiore sinistro dell’ultimo foglio, seguendo il senso di lettura latino, cioè partendo dalRoss. 498, f. 2v l’inizio; rigatura a inchiostro; scrittura askenazita non puntuata di tre moduli. Sono bianchi i fogli: 1r, 1v, 2r, 31v, 32r, 32v.

Il sistema illustrativo è formato dall’uso dell’inchiostro rosso per sottolineare gli inizi delle suddivisioni del testo, da intestazioni miniate con illustrazioni marginali (alte 4-6 linee, ma fortemente tagliate in modo tale che è impossibile ipotizzarne l’originaria larghezza), all’inizio delle sezioni e da cinque grandi pagine miniate all’inizio del prologo e dei primi tre libri della Mishneh Torah o Revisione della Torah; il codice infatti contiene solo i primi cinque libri dei quattrordici in cui si articola l’opera scritta prima del 1180 dal Maimonide, che costituisce una dettagliata revisione di tutti gli argomenti teologici e legali (halakah) contenuti nella Torah. f. 2v:

la pagina che introduce il prologo visualizza l’intento didattico del volume mediante una miniatura tabellare (mm 157×130) con la rappresentazione di un’aula scolastica ove un rabbino in cattedra è intento a insegnare a otto allievi seduti in tre file parallele di fronte a lui; l’ambiente, delimitato da pareti lineari e da un soffitto ondulato, occupa solo parte della sezione inferiore del riquadro, dato che alla sinistra un portale merlato lascia intravedere un paesaggio con alberi e rocce; la parte superiore reca la parola iniziale in caratteri oro in foglia su un fondo blu filigranato in bianco con opalescenti motivi di tralci con foglie ibridate; una cornice formata da due listelli in oro che racchiudono un serto di foglie apicali separa la scena dal fregio esterno formato da grafismi in inchio-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

stro seppia su cui si adagiano fiori, foglie a girale, farfalle, uccelli, bottoni aurei e, nel bas-de-page, due anatre. ff. 4r-10r: è esposta la struttura dei quattordici libri dell’opera. f. 13v: un’altra miniatura a piena pagina (mm 110×130) introduce il primo libro, il Libro della Conoscenza o Sefer Ha-Madda, che esamina i fondamenti della fede ebraica: quattro astronomi sono rappresentati nell’atto di studiare il cielo stellato nel quale sono inscritte in oro anche le lettere iniziali del testo (Ha-Madda); due di loro tengono in mano un compasso, due invece hanno sfere armillari; attorno a loro o sulle loro ginocchia giacciono i libri aperti. La miniatura e l’inizio del testo sono racchiusi entro una cornice di tralci di vite da cui pendono grappoli d’uva, mentre naturalistici cardellini, insetti, quadrupedi e putti vendemmiatori appaiono tra i pampini e i viticci. Segue il primo gruppo di leggi, relative alla fede in Dio. f. 18r: il secondo gruppo di leggi, relative al comportamento personale, è introdotto da una intestazione (mm 45×105) a fondo blu con quattro fiori angolari, contenente l’incipit in caratteri oro; a lato una figura maschile barbuta stante, con corta tunica e lungo mantello nell’atto di indicare la targhetta. f. 21v: il terzo gruppo di leggi, relative allo studio della Torah, è ancora segnato dall’intestazione in blu con caratteri oro in foglia (mm 55×100); si intravedono le tracce di una immagine marginale, eliminata dalla rifilatura. f. 33r: il quarto gruppo di leggi, che trattano della proibizione nei confronti dell’idolatria, è introdotto dall’intestazione (mm 55×110) blu che contiene i caratteri oro della prima parola e una miniatura marginale con un’architettura violacea rifilata; è probabile che in origine contenesse l’immagine di un idolo. f. 39r: il quinto gruppo di leggi, relative alla penitenza, è introdotto da una intestazione blu profilata in viola con incipit in caratteri oro (mm 60×80). Non appare alcuna traccia di miniature marginali. f. 43v: inizio del secondo libro, Sefer Ahavah o Libro dell’Amore, dedicato all’amore di Dio. La miniatura tabellare (mm 105×138) è divisa in due registri: quello superiore, a fondo blu filigranato in bianco con motivi floreali, contiene i caratteri oro dell’incipit (Ahavah), mentre sotto, contro uno sfondo purpureo filigranato in giallo, si svolge un torneo tra sei cavalieri che si scontrano, lancia in resta. La cornice è costituita da un tralcio verde, con fiori azzurri e rosa e bottoni aurei circondati da grafismi a inchiostro. Segue il primo gruppo di leggi. f. 46r: il secondo gruppo, relativo alle preghiere e benedizioni, è introdotto da una intestazione campita in oro in foglia, profilata da una cornice viola di foglie apicali (mm 50×110). f. 56v: il terzo gruppo, introdotto da una intestazione viola profilata da una cornice di foglie apicali verdi con incipit oro in foglia (mm 50×115), tratta dei tefillin o filatteri.

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ROSS. 498

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f. 64v: il quarto gruppo, relativo alla tzizit cioè l’indumento maschile con frange, è introdotto da una intestazione blu profilata con cornice di foglie apicali verdi con incipit in oro (mm 50×95). f. 66v: identica intestazione introduce il quinto gruppo di leggi relative alle benedizioni (mm 47×108); nel margine si notano tracce di una miniatura, forse un sostegno. f. 74v: ancora identica alle precedenti è l’intestazione del sesto gruppo di leggi (mm 60×96), relative alla circoncisione; nel margine rifilato resta solo un personaggio stante con vassoio o catino in cui è appoggiato un bricco; indossa giubba viola con lunghe maniche, un berretto e calze viola. f. 85v: il terzo libro, Sefer Zemanim o Libro delle Stagioni, è introdotto da una miniatura tabellare divisa in due registri (mm 125×135): in alto su fondo blu filigranato in bianco con motivi floreali, l’incipit in oro (Zemanim); in basso due scene: a sinistra, sotto un pergolato, quattro personaggi maschili siedono attorno a una tavola imbandita, evidente allusione alla festa autunnale dei Tabernacoli (Sukkot), mentre a destra, entro una sala rappresentata “a casa di bambole” due coppie danzano, mentre un giullare alle loro spalle suona un flauto, allusione probabile alla festa di Purim, ricordata nel Libro di Ester. Lungo i lati verticali lo specchio di scrittura è delimitato da due aste di foglie apicali, mentre nei margini, tra girali grafici, sono dipinti fiori, foglie a girali, soli oro e uccelli; al centro dei lati lunghi un clipeo racchiude a sinistra un cervo, mentre a destra la rifilatura ha eliminato gran parte del tondo; nel bas-de-page un pavone è collocato su un’isoletta delimitata da due alberelli. Seguono le leggi sullo shabath. f. 111r: resta lo spazio per l’intestazione non eseguita relativa al secondo gruppo di leggi, la Eruvin, legge rabbinica che facilita l’osservanza dello shabath. f. 117v: una intestazione a fondo blu, profilata in blu, con incipit oro (mm 47×105) introduce il terzo gruppo di leggi, che riguardano le proibizioni relative alle feste maggiori; nel margine restano un candelabro acceso e un leggio. f. 120r: identica intestazione (mm 50×100) introduce il quarto gruppo di leggi relative al riposo durante le grandi feste; nel margine le tracce di un pergolato e di un tavolo con bottiglia. f. 127v: l’incipit è semplicemente disegnato su fondo arabescato (mm 50×78), il tutto a inchiostro seppia acquarellato in giallino; sono introdotte le leggi sul pane lievitato e azimo. f. 137v: l’intestazione è blu, profilata in verde con incipit oro (mm 55×120); entro la targhetta, sul lato destro, una figura giovanile con tunica e manto suona un corno ricurvo; traccia di breve fregio nel margine, con tralci grafici a spinapesce arricchito di bottoni verdi, viola, azzurri. Le leggi introdotte sono relative allo shofar, cioè il corno di montone usato nella sinagoga. f. 144r: il settimo gruppo di leggi, relative al denaro o Shequels, è introdotto da una intestazione blu profilata in verde con incipit oro (mm 50×120); ai lati delle lettere due figure giovanili, sempre con tunica e lungo manto,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

suonano rispettivamente una tromba ricurva a S e una lunga tromba sottile; un tralcio fogliaceo nel margine interno. 148r: l’ottavo gruppo di leggi è relativo alla santificazione dei mesi ed è introdotto da una intestazione blu profilata in oro con incipit in oro (mm 53×110); nel margine rifilato si vede un riquadro incorniciato in oro con cartiglio e un accenno di paesaggio. 151v: le leggi delle Feste sono introdotte da una intestazione simile alla precedente (mm 53×110); nel margine una miniatura entro una cornice oro è stata rifilata, sicché ora si vede solo un prato, il cielo con tracce di personaggio con manto e in mano uno sgabello. 153v: una intestazione blu e oro introduce le leggi del rotolo di Ester e Hannukah (mm 55×140); a lati delle lettere due astronomi poggiano i piedi su un prato verde: quello a destra guarda verso il cielo e tiene in mano un’asta, quello a sinistra tiene fra le mani un pendolo o sestante a pendolo. 163terv: della miniatura che doveva introdurre il quarto libro, il Libro delle Donne o Sefer Nashim, resta solo la traccia impressa sul f. 164r. Il primo gruppo di leggi riguarda il matrimonio. 187v: l’intestazione che precede il secondo gruppo di leggi, relative al divorzio, è blu e oro (mm 52×90) ed è accompagnata nel margine da una figura femminile stante, con elegante acconciatura a turbante: sembra di intravedere a fianco le tracce di una figura maschile rifilata. 201r: ancora una intestazione blu e oro per introdurre il terzo gruppo di leggi, quello relativo alle vedove (mm 55×106): nel margine una vignetta contornata in oro con figura femminile inginocchiata in un prato in atto di raccogliere forse dei fiori rifilati. 207r: il quarto gruppo di leggi, relativo alle vergini e introdotto da una intestazione blu profilata in oro con incipit oro (mm 55×95), è illustrato da una vignetta laterale con un personaggio maschile, giovane ed elegantemente vestito con sopraveste verde, stante con cappello in mano, in un prato. 208r: il quinto gruppo di leggi, relativo al matrimonio tra cognati e il suo scioglimento, ha una intestazione blu profilata in oro con incipit oro (mm 64×110); nel margine una vignetta rifilata contiene un giovane davanti a un edificio merlato rosa. 224v: all’inizio del libro quinto, dedicato alla Santità o Sefer Kedushah, è stato appena abbozzato a inchiostro seppia l’incipit (Kedushah) (mm 150×130). 241r: l’intestazione blu profilata in oro con incipit oro del secondo gruppo (mm 60×110), relativo ai cibi proibiti, reca nella parte inferiore una scena acquatica, formata da un lago con anatre e pesci. A lato nel margine vi è traccia di una vignetta con prato, cielo, un cane nero; si intravvede un braccio di un personaggio stante. 259r: una simile intestazione (mm 55×110) introduce le leggi sulla macellazione rituale; a lato una vignetta contornata in oro è stata rifilata, ma si vede ancora un prato, il cielo e parte di un personaggio in atto di macellare un animale.

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ROSS. 498

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Il codice, reso noto da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 138 nr. 306) che lo assegna dubitativamente all’area veronese o lombarda, indicando una esecuzione nella seconda metà del XV secolo, mentre Gutmann (GUTMANN, Hebrew Manuscript, 30, 37 e tav. XVII) propone una più generica assegnazione all’Italia settentrionale, restringendo però l’arco cronologico al terzo quarto del secolo; lo studioso inoltre segnala l’esistenza del secondo volume dell’opera, già pubblicato da Narkiss (NARKISS, Hebrew Illuminated Manuscripts, 160), ma non collegato con il codice rossiano: di questa parte, precedentemente nella Deutsche Nationalbibliothek di Frankfurt am Main, ms. Ausst. 6, poi in collezione privata a New York, oggi proprietà comune dell’Israel Museum di Gerusalemme e del Metropolitan Museum di New York; Gutmann pubblica la miniatura che precede il quattordicesimo libro, Sefer Shoftim, cioè il Libro dei Giudici. Il manoscritto in esame viene analizzato poi da Mortara Ottolenghi, che descrive le miniature dei frontespizi e indica come ambito di produzione la scuola di Cristoforo de Predis e una cronologia posteriore al 1465; la contestualizzazione nell’ambito lombardo è ripresa da Gutmann (GUTMANN, Hebrew Illuminated Manuscripts, 29) che propone anche come possibile autore il giovane Franco de’ Russi. Il tentativo di meglio definire la cultura del Ross. 498 si verifica in relazione al dibattito intorno a un altro manoscritto ebraico, la così detta Miscellanea Rothschild dell’Israel Museum di Gerusalemme, ms. 180/51: Mortara Ottolenghi (MORTARA OTTOLENGHI, Il codice errante; MORTARA OTTOLENGHI, The Illumination) propone un confronto fra i due codici per dimostrare l’origine lombarda della Miscellanea, mentre BauerEberhardt (BAUER-EBERHARDT, Miniature italiane, 428-429), ritiene che ambedue i codici siano da assegnare a Leonardo Bellini; in particolare la studiosa ritiene che nel codice rossiano siano attivi due maestri, il capobottega, ravvisabile nella miniatura del primo libro (f. 13v) e un suo allievo, più sensibile ai modelli lombardi, nella miniatura del prologo, miniatura alla base delle argomentazioni della Mortara Ottolenghi. Nel recente catalogo dei codici ebraici vaticani (Hebrew Manuscripts) si propone una cronologia al terzo decennio del secolo e la pertinenza all’ambito italo settentrionale, mentre in quello della mostra di Londra del 2010 (Illumination. Hebrew Treasures) si ribadisce la possibile paternità di Cristoforo de Predis o di Franco de’ Russi. Il precario stato di conservazione rende veramente difficile condurre un’accurata analisi stilistica delle miniature del Ross. 498, anche perché sarebbe necessario abbinare all’esame di questa parte del manoscritto l’analisi della seconda parte in collezione privata, cosa che non è risultata possibile a chi scrive a causa dell’anonimato che circonda l’attuale proprietario del volume. Si deve anche osservare che gli studi condotti tra l’ultimo decennio del secolo scorso e l’inizio di questo hanno profondamente rivisto il problema dei rapporti tra ambito veneto e ambito lombardo nel corso del Quattrocento, individuando aree ove le due culture si intrecciano e convivono con effetti straordinari, come nell’ambito padovano, veronese e mantovano. Giustamente la Bauer-Eberhardt (BAUER-EBERHARDT, Miniature italiane, 428-429) ha indi-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

cato la presenza di più mani, la cui esatta consistenza è difficile da stabilire proprio a causa del cattivo stato di conservazione di gran parte delle miniature, ma questo non impedisce di rilevare alcuni dati significativi; innanzi tutto le differenti tipologie dell’apparato ornamentale. I quattro frontespizi superstiti infatti presentano alcuni elementi comuni e schemi differenziati. È comune a tutte le miniature del codice l’uso di filigrane trasparenti con motivi a tralci e fiori sui fondi blu degli sfondi, motivo dominante negli ateliers lombardi, ma scarsamente diffuso in quelli veneti; all’ambito romagnolo-emiliano sembra invece appartenere l’uso di cornici con foglie apicali, così come l’architettura merlata della miniatura del Prologo che trova confronto nel ms. Parm. 3273 della Biblioteca Palatina di Parma. Le cornici che racchiudono le scene maggiori appaiono seguire modelli differenti: ferraresi (f. 2v), ferraresi con varianti lombarde (f. 85v) determinato quest’ultimo dall’isoletta con pavone nel bas-de-page, lombarde (f. 43v) con il tralcio nodoso che termina in fiori socchiusi che richiamano i modelli di Belbello. Ma al f. 144r il tralcio diviene grafico e assume le cadenze della scuola di Cristoforo Cortese; la cornice al f. 13v propone invece girali con grappoli d’uva che trovano riscontro in codici mantovani realizzati attorno al 1459 (ZANICHELLI, La produzione miniata, 416), anche se qui il motivo appare arricchito dei cardellini e dei putti, che appaiono più vicini all’ambito veneto. Il paesaggio compare solo nella miniatura del prologo, ove risulta molto abbreviato, ridotto a pochi elementi rocciosi e a qualche alberello; in altri casi il miniatore si limita a un tappeto erboso con qualche elemento fitomorfo ingrandito in primo piano o semplicemente celato da una tappezzeria che compare sullo sfondo, con decorazioni monocrome a filigrana, che appaiono una traduzione italiana dei patterns usati dai maestri fiamminghi del gruppo dei Gold Scrolls; al f. 241r il piccolo paesaggio palustre risulta assolutamente convenzionale. Il compito affidato ai miniatori è semplicemente di illustrare il testo, restando fedeli alle direttive impartite dal committente, e gli artefici eseguono creando vivaci scene in colori squillanti, che conferiscono decoro al codice e ne agevolano la consultazione; la capillarità dell’impresa, in gran parte obliterata dalla successiva operazione di rifilatura, implica una stretta collaborazione fra maestri e committente, interessato a una illustrazione letterale delle singole sezioni, traendo i soggetti da svariate fonti. Infatti la scena iniziale della lezione sembra derivare da codici universitari, quella del torneo da codici cavallereschi e le scene rituali dell’haggadah, come indicherebbe il frontespizio del terzo libro. Questa ampia scelta implica una bottega perfettamente organizzata e probabilmente abituata a lavorare per la committenza ebraica. Sebbene, per le difficoltà esposte, non sia possibile formulare un giudizio definitivo sulla prima parte di questa lussuosa impresa, certamente si può avanzare qualche considerazione; la cultura dei maestri appare prevalentemente orientata verso modelli lombardi, anche se si rileva una buona conoscenza di alcune delle novità elaborate in area veneta, più padovana che veronese, come documenta la mancanza di qualunque cenno alla tradizione pisanelliana. La cultura

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ROSS. 498-500

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di riferimento è ancora quella cortese cavalleresca, come dimostrano le scene di tornei e l’attenzione per la caratterizzazione dei personaggi attraverso gli abiti, ma anche l’ambito strettamente bembesco pare da rifiutare. Sulla base di quanto esposto appare possibile collocare la produzione del codice, che si pone cronologicamente circa al terzo quarto del secolo, nella Lombardia orientale, e forse a Mantova, come dimostra il confronto con i quattro volumi prodotti a San Benedetto al Polirone, contenenti la Cronaca di Antonino da Firenze (Paris, Bibliothèque nationale de France, mss. lat. 8949, 8950, 8951 e Mantova, Biblioteca comunale, ms. 462) ed eseguiti da un maestro che presenta caratteristiche affini al miniatore principale del codice rossiano, che però sviluppa un più rapido racconto micrografico. Codice molto rifilato e con consistenti tracce di umidità, che hanno causato sbavature di colore. Legatura rossiana di tipo A, rest. nel 1965. Nel dorso, ornato di motivi impressi, è scritto in capitale aurea: in alto, MANUS FORTIS; in basso, COD(EX) RABBIN(ICUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, V, 287r-v) TIETZE, Die illuminierten, 138 nr. 306; GUTMANN, Hebrew Manuscripts, 30, 37 e tav. XVII; T. e M. METZGER, La vie juive, 314; MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 223224; GUTMANN, Hebrew Illuminated Manuscripts, 29; MILLER, Scheda nr. 38, 75; MORTARA OTTOLENGHI, Il codice errante, 74; MORTARA OTTOLENGHI, The Illumination; BAUEREBERHARDT, Miniature italiane, 428-429; Hebrew Manuscripts, 586; Illumination. Hebrew Treasures, 8, 18-19, 34.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 500 (olim IX, 190) PRISCIANUS, Institutiones grammaticae (ff. 1r-208v). PSEUDO PRISCIANUS, De accentibus (ff. 208v-212v) Area anglosassone (Rochester?), sec. XII1 Membr.; ff. VI (cart.), 212, VI’ (cart.); numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra da f. 1r a f. 156r; numerazione meccanica in basso a destra; mancano i richiami di fascicolo, ma sono presenti indicazioni di registro in lettere minuscole in basso, all’estremità del margine sinistro, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo (mancano ai ff. 32v, 56v e 146v). A f. 8v un numero romano, I, vergato al centro del margine inferiore, accompagna l’indicazione di registro. Sul verso di f. 16, che chiude il secondo fascicolo, si scorge, ma rifilato, il numero II (26 fascicoli, tutti quaterni, tranne il 16 e il 23 che sono quinterni, il 18 un ternio e il 19 un sesternio, con due fogli mancanti); mm 222×148; scrittura carolina vergata a inchiostro bruno, rosso per le rubriche, su una colonna

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(mm 168×93), di 40 linee; numerose note marginali di diverse mani. Rigatura a secco, realizzata probabilmente a fascicolo chiuso, talvolta ripassata a mina di piombo. Si scorgono inoltre, dove non rifilati, i fori guida.

(f. 212v) nota di possesso erasa: Liber Poggii secretarii pape sulla quale è stato scritto Liber Carroly Borromei quem Dominicus Brasichillensis preceptor meus humanissimus emit a Poggio Florentino secretario XII ducatis MCCCCLIIII 20 iniziali maggiori ai ff. 1r, 1v, 10v, 20r, 27r, 33v, 44v, 60v, 78v, 98r, 108r, 119v, 127r, 133r, 139r, 148r, 154v, 158r, 183r, 208v, di tipologia e misure spesso differenti, in apertura dei diciotto libri che compongono le Institutiones grammaticae e all’incipit del De accentibus. Si segnala la presenza di numerose iniziali Ross. 500, f. 1r medie e minori decorate o tracciate con inchiostro colorato. Da f. 158r compare sul margine superiore il numero del libro. Spesso i titoli dei libri e dei paragrafi sono realizzati con inchiostro rosso. La tavolozza pittorica, all’interno di tutto il manoscritto, va dal blu al verde, dal giallo al rosso, dal bianco al rosa. f. 1r:

iniziale maggiore C di Cum omnis eloquentiae (mm 72×62) decorata, in apertura del prologo. Al di sotto di cinque linee di scrittura distintiva tracciata con inchiostro blu, rosso, verde, viola, un tralcio vegetale abitato da figure animali si aggroviglia intorno al corpo della lettera e ne campisce il fondo policromo (di blu, rosso e giallo). f. 1v: iniziale maggiore P di Philosophi definiunt (mm 94×63) decorata, in apertura del I libro (De voce). L’asta verticale della lettera è realizzata con un decoro geometrico, campito di blu rosso e verde, sul quale si sviluppa il tralcio con figure zoomorfe e antropomorfe. f. 10v: iniziale maggiore S di Syllaba est comprehensio (mm 51×37) decorata, in apertura del II libro (De syllaba). All’interno del tralcio è aggrovigliato un animale. f. 20r: iniziale maggiore C di Comparativum est (mm 45×45) decorata, in apertura del III libro (De comparativis). All’interno del tralcio un uomo sembra combattere con la vegetazione, rinviando al comparativo fortis-fortior del testo. f. 27r: iniziale maggiore D di Denominativum appelatur (mm 40×47) decorata da un tralcio vegetale, in apertura del IV libro (De denominativis).

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ROSS. 500

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f. 33v: iniziale abitata Q di Quoniam de speciebus (mm 40×43), in apertura del V libro (De generibus). Nello spazio interno della Q una figura di sacerdote, in posizione frontale, probabilmente a commentare figurativamente il testo, Unde commune articulum sive articulare pronomen tam masculini quam feminini generis assumit, ut ‘hic sacerdos’ et ‘haec sacerdos’, neutrum autem separatum ab utroque genere articulum asciscit, ut ‘hoc regnum’. La coda della lettera è sostituita da un drago. f. 44v: iniziale abitata Q di Quoniam in superioribus (mm 60×67), in apertura del VI libro (De nominativo et genitivo casu). All’interno della lettera è ritratto Prisciano, identificato anche dalle tre linee rubricate, Prisciani grammatici viri disertissimi doctoris urbis Romae. Il grammatico, abbigliato all’antica, è raffigurato di tre quarti mentre, con le mani, poggia un libro sul leggio. Dall’alto scende un drappo che, nell’avvolgersi al corpo della Q, chiude lateralmente la scena. Un drago sostituisce la coda orizzontale della lettera. f. 60v: iniziale maggiore T di Terminales sunt nominum (mm 79×61) decorata da un tralcio vegetale, in apertura del VII libro (De ceteris casibus). f. 78v: iniziale maggiore V di Verbum est pars (mm 44×45), in apertura dell’VIII libro (De verbo). Nello spazio interno della V un carnefice è ritratto con la spada ancora alzata, nell’atto di sferrare il colpo sulla sua vittima. f. 98r: iniziale istoriata D di Dictionum aliae sunt (mm 36×36), in apertura del IX libro (De generali verbi declinatione). Nella pancia della lettera un satiro cavalca un mulo. f. 108r: iniziale maggiore I di In io a antecedente (mm 121×5), in apertura del X libro (De praeterito perfecto tertiae coniugationis), realizzata con inchiostro rosso. f. 119r: iniziale maggiore Q di Qui tercio loco (mm 35×38) decorata con un tralcio vegetale, in apertura dell’XI libro (De participio). f. 127r: iniziale maggiore P di Pronomen est pars orationis (mm 103×46) decorata con un tralcio vegetale abitato da un animale, in apertura del libro XII. f. 133r: iniziale maggiore C di Casus quoque accidit (mm 50×45) decorata con un tralcio vegetale, in apertura del XIII libro (De casibus). f. 139r: iniziale maggiore Q di Quoniam de omnibus (mm 42×47) decorata, in apertura del XIV libro (De praepositione). La coda della lettera è sostituita da un drago dalle cui fauci si sviluppa il tralcio che arricchisce lo spazio vuoto all’interno della lettera. f. 148r: iniziale istoriata A di Adverbium est pars orationis (mm 74×55), in apertura del XV libro (De adverbio). All’interno della A un uomo sta ammaestrando un orso, allusione all’educazione scolastica. f. 154r: iniziale maggiore C di Coniuncto est pars orationis (mm 40×36) decorata con un tralcio vegetale, in apertura del XVI libro (De coniunctione). f. 158r: iniziale abitata Q di Quoniam in ante expositis (mm 43×49) arricchita da decorazioni vegetali, in apertura del XVII libro (De constructione). Nello spazio interno della lettera due uomini stanno lottando.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 183r: iniziale maggiore I di In superiore libro (mm 77×9) decorata con intrecci geometrici e inserti vegetali nelle sue estremità, in apertura del XVIII libro (De constructione). f. 208v: iniziale maggiore L di Littera est nota (mm 105×10) decorata, in apertura del libro De accentibus. La lettera, arricchita da una stilizzata decorazione vegetale, termina, nella sua asta orizzontale, con la testa di un drago a fauci spalancate da cui esce un foglia. Il manoscritto riflette lo splendore degli anni successivi alla conquista normanna dell’Inghilterra. La decorazione dell’intero codice, nell’unione di tralcio abitato e disegno a penna testimonia, infatti, l’amalgamarsi delle due culture, quella normanna, appunto, e quella anglosassone (NILGEN, La miniatura, 145). Il Ross. 500, la cui realizzazione non può farsi risalire oltre il primo quarto del secolo XII, è stato assegnato alla scuola miniaturistica di Canterbury (BOASE, English Art, 4445). Possono trovarsi legami strettissimi, infatti, confrontando il codice rossiano con manoscritti prodotti nei primi decenni del secolo, all’interno dei due scriptoria della città, quello legato alla Christ Church e quello dell’abbazia di Sant’Agostino. In alcuni casi, come per esempio nel ms. Bodley 271 conservato a Oxford presso la Bodleian Library oppure nel ms. Dd. I. 4 della University Library di Cambridge, entrambi prodotti a Canterbury intorno al 1130 (KAUFFMANN, Romanesque Manuscripts, 79-80), questi rapporti appaiono ancora più stringenti. La scuola di Canterbury, a cavallo dei secoli XI e XII, come polo principe dell’erudizione benedettina, influenzò lungamente anche gli scriptoria limitrofi, in particolar modo quello di Rochester (KAUFFMANN, Romanesque Manuscripts, 13). A testimoniare i rapporti tra le due città, ritroviamo, in un commentario di Girolamo al Vecchio Testamento (Cambridge, Trinity College, ms. O. 4. 7), prodotto a Rochester intorno al 1120 (English Romanesque Art, 107), nell’iniziale A, a f. 75r, la scena con l’uomo che ammaestra l’orso. In tal senso appare significativo un particolare sfuggito sinora all’analisi codicologica del rossiano. Sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, vergata in basso, all’estremità del margine sinistro, è appena visibile una lettera minuscola di piccolo modulo. L’uso di lettere come indicazioni di registro era un fatto ricorrente nei manoscritti copiati a Rochester, talvolta unito a numeri romani, ma del tutto sconosciuto in quelli realizzati a Canterbury, dove costantemente si utilizzavano i soli numeri romani (DODWELL, The Canterbury School, 119). Si può proporre, allora, l’ipotesi che il Prisciano rossiano possa essere stato copiato a Rochester, da uno scriptor del luogo e miniato da un artista formatosi presso lo scriptorium della Christ Church di Canterbury, come attesta la decorazione dell’intero manoscritto e i rapporti con codici realizzati in questa città, e attivo in quegli anni nella vicina Rochester (SANSONE, Il Prisciano di Bracciolini, 232). Di notevole interesse è anche il fatto che il Ross. 500 fu acquistato da Poggio Bracciolini, così come testimonia la nota di possesso a f. 212v, probabilmente negli anni in cui l’umanista soggiornava in Inghilterra e dove continuava la sua ricerca di antichi codici latini e greci all’interno di biblioteche monastiche (BIGI, PETRUCCI, s.v. Bracciolini, 641-642).

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ROSS. 500-502

Il manoscritto si presenta in buone condizione di conservazione. Legatura Rossi A, restaurata nel 2002 presso il Laboratorio di Restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana, così come attesta la nota incollata sulla controguardia posteriore. Sul dorso si legge in alto LIBRI XVII / E(X) BIBLIOTH(ECA) / POGGII FLOR(ENTINI) e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI)/ XII. Il codice è stato esposto in: Virgilio e il Chiostro. Manoscritti di autori classici e civiltà monastica (Abbazia di Montecassino, 8 luglio – 8 dicembre 1996); Vedere i classici. L’illustrazione libraria dei testi antichi dall’età romana al tardo medioevo (Salone Sistino, Musei Vaticani, 9 ottobre 1996 – 19 aprile 1997). (SILVA TAROUCA, III, 102r; Bibl. Rossianae, V, 289r) TIETZE, Die illuminierten, 56 nr. 81; BOASE, English Art, 44-45; ROMANINI, Il “Maestro dei Moralia”, 231-232; BUONOCORE, Bibliografia, 661; CERESA, Bibliografia 1991, 277; ADORISIO, Scheda nr. 8, 120; VILLA, Commentare per immagini, 56-57; CERESA, Bibliografia 1998, 381; CERESA, Bibliografia 2005, 479; SANSONE, Il Prisciano di Bracciolini, 232; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 15.

SALVATORE SANSONE

Ross. 502 (olim IX, 192) TITUS LUCRETIUS CARUS, De rerum natura Italia centrale (Firenze?), sec. XV3 Membr. (pergamena ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino marrone come la controguardia; II-VI cart. moderni), 167, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino marrone come la controguardia); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche, in basso a destra, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che conta solo i fascicoli (con l’aggiunta dei ff. 1-3, 98-100, 116 che sono anch’essi numerati); richiami di fascicolo collocati costantemente in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio; mm 250×155; scrittura minuscola umanistica a inchiostro bruno di una sola mano (cfr. infra); specchio scrittorio (mm 150×97) a piena pagina di 24 linee di scrittura; rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio, con doppie righe verticali e orizzontali che chiu-

Ross. 502, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

dono lo specchio e che giungono tutte ai margini inferiore e superiore; la regola di Gregory è sempre rispettata, tranne ai fogli 137v e 138r, rispettivamente lato pelo e lato carne. Nel codice mancano gli ultimi quattordici versi del quinto libro e i primi ventidue del sesto, tanto che non è presente l’iniziale maggiore che sottolinea, invece, gli incipit di tutti gli altri libri. Non sembra, tuttavia, esserci alcun problema nella fascicolazione, che appare regolare.

5 iniziali maggiori a bianchi girari su fondo policromo (mm 42×43, media delle misure); 1 pagina d’incipit; capilettera rossi e blu; titoli correnti aggiunti in scrittura umanistica corsiva da altra mano, la stessa che segnala l’inizio di un nuovo libro; la mano che verga l’intero codice, invece, aggiunge a margine l’indicazione rubricata degli argomenti. f. 1r:

pagina di incipit, iniziale E di Eneadum genetrix, in apertura dell’opera, a bianchi girari su fondo policromo; i caratteristici tralci vegetali nascono da un cantharos, mentre il corpo della lettera è realizzato con l’uso di pigmento blu; essa è inoltre circondata da un campo in foglia d’oro, riquadrato a sua volta con dell’inchiostro nero. L’apparato decorativo del foglio è completato dalla presenza dei primi versi del poema in crisografia e da un filatterio contenente il nome dell’autore e il titolo dell’opera, tutto in lettere capitali e a inchiostro metallico aureo e blu; nel margine sinistro, infine, si sviluppa un fregio a penna arricchito da bottoni d’oro e dalla presenza di una piccola farfalla colorata. f. 24r: iniziale S di Suave mari magno, all’incipit del secondo libro, a bianchi girari su fondo policromo; in questo caso il corpo della lettera è in foglia d’oro e il profilo della lamina metallica è sottolineato dalla presenza di una linea blu, messa in evidenza da una sottile decorazione a puntini bianchi. f. 49r: iniziale E di E tenebris tantis, all’incipit del terzo libro, a bianchi girari su fondo policromo; il corpo della lettera e la cornice che la circonda, riquadrata a inchiostro nero, sono in foglia d’oro; è inoltre stata realizzata una seconda cornice che sottolinea il profilo della lettera e ne accompagna la curva. f. 74v: iniziale Q di Quia (sic, per Avia) Pieridum, all’incipit del quarto libro, a bianchi girari su fondo policromo, intrecciati a una losanga blu, messa in evidenza da filamenti e puntini bianchi; la Q, come la cornice riquadrata a inchiostro nero, è in foglia d’oro. Vi è un’ulteriore cornice blu rigata di bianco, che accompagna il profilo della lettera e della lamina metallica. f. 104v: iniziale Q di Quis potis est, all’incipit del quinto libro, a bianchi girari su fondo policromo punteggiato di bianco, intrecciati a una cornice quadriloba in ocra; il corpo della lettera, come la cornice, è in foglia d’oro. L’esiguità dell’apparato figurativo non permette di attribuire un’identità al miniatore che esegue le iniziali del manoscritto, né di proporre la sua adesione

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ROSS. 502

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ai modi di una particolare bottega, ma è tuttavia possibile suggerire l’esecuzione della decorazione a bianchi girari e della facies della pagina di incipit a un artista di formazione fiorentina, che padroneggia con una certa sicurezza il motivo a intrecci su fondo policromo. Lo stato di conservazione appare buono, a eccezione della compagine dei fascicoli, che non risulta più saldamente inglobata nella legatura. Questa, infatti, è tanto fragile da dover essere protetta da una sovraccoperta di spesso cartoncino ruvido blu. Un’ultima annotazione riguarda il primo foglio, interamente resecato nel margine inferiore, immediatamente sotto l’ultima linea di scrittura. Legatura Rossi A, in pessime condizioni di conservazione. In alto si legge: T(ITUS) LUCRETIUS / DE RERUM NATURA LIBRI SEX; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Taglio spruzzato in rosso. Al f. 167v è presente un ex libris: Ioannis Francisci Pauli Guidi Urbinatis, annotazione che appare apposta dalla stessa mano che indica, all’inizio di ogni libro, sia il nome dell’autore sia il titolo dell’opera sia il numero del libro e che correda il manoscritto dei titoli correnti. Sembrerebbe esserci una notevole differenza tra la mano che verga il primo e il secondo libro dell’opera e quella impegnata invece nel resto del manoscritto. Tale osservazione parrebbe avvalorata anche da una piccola differenza di costruzione dello specchio scrittorio: nel primo e nel secondo libro infatti le linee di scrittura sono 24, mentre dal terzo si riducono a 22, pur non comportando, questa alterazione, variazioni nelle misure dello specchio stesso. A fronte di queste osservazioni, è però vero che da un’analisi più puntuale della scrittura emerge che alcune caratteristiche peculiari (come il nesso ct o il modo di abbreviare la desinenza bus) rimangono inalterate in tutto il codice. Bisogna quindi concludere che non sono da riconoscere mani diverse all’interno del manoscritto, bensì un cambiamento dell’atteggiamento scrittorio di un unico copista. Scorrendo con attenzione i fogli, si ha infatti l’impressione che le parole si espandano progressivamente sulle linee di scrittura, fino ad aumentare di modulo, che risulta, in alcuni casi, quasi raddoppiato rispetto ai primi fascicoli. Si potrebbe quindi intravedere, dietro questo peculiare mutamento, l’intervento del committente, che forse suggerisce allo scriba un’impostazione più ariosa e leggera nella facies del foglio. (SILVA TAROUCA, III, 105r; Bibl. Rossianae, V, 291r) GOLLOB, Die Bibliothek, 14; TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; MERRILL, The Italian Manuscripts, 347; GORDON, A Bibliography, 291; REEVES, The Italian, 32-33, 36; Manuscrits classiques latins, 450; BUONOCORE, Bibliografia, 353.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 504 (olim IX, 194) MARCUS TULLIUS CICERO, De finibus bonorum et malorum (ff. 1r-80v); Tuscolanae disputationes (ff. 81r-161r) Italia centrale (Firenze?), sec. XV2 (d.to 1442 gennaio 5) (f. 81v) explicit: FINIS / Die V mensis ian M° CCCC°XXXXII° manu mei Mariani Antonii Membr. (pergamena di buona qualità, spessa ma ben lavorata); ff. V (I in cartoncino ocra come la controguardia; II-V cart. moderni), 161, V’ (I e V’ in cartoncino ocra, come la controguardia; tutti gli altri sono cart. moderni); numerazione manuale contemporanea alla scrittura del codice, in cifre arabiche, in alto a destra, che indica come f. 3 l’attuale f. 1; numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra e numerazione manuale moderna a inchiostro in alto a destra, che indica il f. 1 come 3; richiami di fascicolo collocati in basso a destra; mm 242×161 Ross. 504, f. 1r (media delle misure, poiché il manoscritto risulta irregolare nel formato); scrittura minuscola umanistica di una sola mano a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 167×101) a piena pagina, di 30 linee di scrittura; la rigatura, eseguita sul lato pelo di ogni bifolio, è a secco ripassata a inchiostro grigio e costruisce lo specchio scrittorio con quattro righe verticali, che arrivano a toccare i margini superiore e inferiore del foglio. A partire dai ff. 153v e 154r, fino alla fine del manoscritto, si riscontra una sorta di confusione nell’esecuzione della rigatura: in questa parte del codice, infatti, le righe si sovrappongono dando vita a un sistema alquanto disordinato; il codice è vergato a partire dal lato carne e, in molti casi, è ancora visibile la foratura nel margine esterno.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 10 iniziali maggiori (mm 29×29) di varia tipologia (zoomorfe, fitomorfe, zoomorfo-caleidoscopiche), tutte con fregi caleidoscopici o fitomorfi; 2 pagine di incipit; la fine di ogni libro è segnalata con una rubrica; titoli correnti rubricati; maniculae in tutto il manoscritto e, soprattutto nelle Tuscolanae disputationes, si possono leggere alcune note a margine, apposte da una mano forse sei-settecentesca, a inchiostro nero. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 14v, 36v, 49v, 63r, 81r, 102r, 113r, 128v, 143r. f. 1r:

pagina di incipit all’opera De finibus bonorum et malorum. Iniziale N di Non eram nescius, in apertura del proemio, su campo in foglia d’oro, mentre il corpo della lettera è di colore blu; dalla cornice che la riquadra si sviluppa un fregio che campisce i margini laterale e superiore e che ricorda nella forma una candelabra, molto stilizzata tuttavia, ma arricchita dalla

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ROSS. 504

f. 14v:

f. 36v:

f. 49v:

f. 63r:

f. 81r:

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presenza di bottoni d’oro. Nella decorazione del margine laterale compare il viso di un puttino, realizzato a inchiostro grigio, tecnica utilizzata anche per il disegno di un uccello, forse una cicogna, dal cui lungo becco prende vita il fregio che occupa il margine superiore della pagina, dove un altro amorino gioca arrampicandosi su di esso. I colori dominanti, blu rosso e rosa, creano un effetto di contrasto cromatico con gli elementi figurativi realizzati con il solo inchiostro. A completare l’apparato decorativo del foglio vi sono, infine, il nome dell’autore e il titolo dell’opera in lettere capitali rubricate: tali linee di scrittura costituiscono quasi un fregio laterale, che giace sul margine esterno. iniziale H di Hic cum uterque, all’incipit del secondo libro del De finibus, caleidoscopica su fondo quadrangolare in foglia d’oro. La curva della lettera ha le sembianze di un drago che si sorregge all’asta dell’H; dalla bocca spalancata dell’animale fantastico non fuoriescono fiamme, bensì le forme del fregio fitomorfo, con bottoni aurei, che campisce il margine laterale del foglio, per tutta la lunghezza dello specchio scrittorio. Il drago è dipinto con veloci pennellate verdi e rosa, le stesse tinte impiegate per l’asta della lettera e per il fregio fitomorfo, con l’aggiunta inoltre di lumeggiature in giallo. iniziale V di Voluptatem quidem Brute, all’incipit del terzo libro del De finibus, zoomorfa dal corpo di cicogna o di cigno, rosso e con le ali verdi, realizzato su un fondo in foglia d’oro. Il fregio laterale è composto di elementi vegetali nella medesima fantasia cromatica; anche in questo caso sono presenti i bottoni metallici. L’elemento però più significativo della decorazione è un puttino tibicino e alato, a inchiostro e dalla leggera sfumatura rosata, come acquerellata, tenue nell’incarnato e nella lunga tromba, ma che si fa più intensa nelle ali. iniziale Q di Que cum dixisset, all’incipit del quarto libro del De finibus, fitomorfa e policroma, su un fondo in foglia d’oro; da essa prende vita uno stilizzato fregio vegetale rosa e verde, con bottoni aurei. iniziale C di Cum audissem Antiochum, all’incipit del quinto libro del De finibus, fitomorfa in rosso, rosa e verde, mentre lo spazio lasciato libero dal corpo della lettera è di colore blu, completato dalla presenza di puntini bianchi e da foglie d’acanto rosa, su fondo in lamina metallica. Il fregio si dispone sul lato inferiore del foglio ed è fitomorfo, caratterizzato da elementi policromi e dai consueti bottoni aurei. pagina di incipit delle Tuscolanae disputationes, con rubrica del nome dell’autore e del titolo dell’opera, in scrittura minuscola umanistica. Iniziale C di Cum defensionum laboribus, in apertura del proemio, zoomorfo-caleidoscopica con le sembianze di un drago rosa, dalla cui coda nasce il fregio fitomorfo, policromo con bottoni d’oro, che si sviluppa sui margini laterale e inferiore. Il corpo della lettera è eseguito, anche in questo caso, su un fondo a foglia d’oro e, in qualche punto, è ancora visibile una cornice blu che doveva completare la miniatura; lo spazio

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f. 102r:

f. 113r:

f. 128v:

f. 143r:

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creato dalla curva della lettera ha il fondo in blu e ospita un elemento vegetale verde. iniziale N di Neoptolomus quidem apud Ennium, all’incipit del secondo libro delle Tuscolanae, decorata con elementi vegetali e un fregio fitomorfo policromo con bottoni aurei; il corpo della lettera è blu su campo in foglia d’oro, riquadrato con una sottile linea rossa. iniziale Q di Quidnam esse Brute, all’incipit del terzo libro delle Tuscolanae, fitomorfa e policroma, su fondo a foglia d’oro; dal corpo della lettera nasce un fregio fitomorfo anch’esso policromo e con bottoni aurei. iniziale C di Cum multis locis, all’incipit del quarto libro delle Tuscolanae, fitomorfa realizzata in blu e rosa su campo a lamina metallica; lo spazio lasciato libero dal corpo della lettera è occupato da un fiore giallo chiaro con il bottone centrale rosso; il fregio laterale fitomorfo è molto stilizzato e policromo, con bottoni aurei. iniziale Q di Quintos hic dies, all’incipit del quinto e ultimo libro delle Tuscolanae, fitomorfa blu e rosa, su campo a foglia d’oro, completata da una sottile cornice rossa e blu; una corta ‘coda’ vegetale, blu e rossa con bottoni aurei, nasce dal corpo della lettera.

Il codice non si rivela in buone condizioni: alcune iniziali hanno perso una discreta parte della pellicola pittorica, così da risultare poco leggibili dal punto di vista cromatico; tale fenomeno è particolarmente evidente nella foglia d’oro, tanto degradata da lasciare spesso intravedere il sottostante bolo rosso. In più punti le pagine sono resecate negli angoli esterni nonché, sovente, caratterizzate dalla presenza di tagli di forma semilunare; alcuni fogli appaiono punteggiati di fori di varie dimensioni e, inoltre, i ff. 64 e 67 sono strappati nel margine laterale, risarciti quindi con del filo bianco. Non sembra, tuttavia, esserci traccia di restauri significativi. La legatura Rossi A e in cattive condizioni di conservazione: in vari punti i fascicoli sono poco solidali con il dorso che, tra le altre cose, è attraversato da una fenditura che lo percorre interamente in senso verticale. Su di esso si possono però ancora leggere, in alto M(ARCI) TULL(II) CICER(ONIS) / QUAEST(IONES) TUSC(ULANAE) ET DE FINIBUS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / AN(NI) MCCCCXLII. La firma dell’explicit permette di formulare un’ipotesi suggestiva sull’identità dello scriptor. Il nome di Mariano d’Antonio riporta alla mente quell’omonimo miniatore oggetto di una indagine di Mirella Levi D’Ancona, che nel suo lavoro (LEVI D’ANCONA, Miniatura e miniatori, 174-175), fornisce sia le coordinate anagrafiche del personaggio sia quelle riguardanti la sua attività. Mariano d’Antonio di Salimbene era un miniatore, nato intorno al 1423 e probabilmente già morto nel 1480. In due documenti, conservati nell’Archivio di Stato di Firenze e riportati dalla studiosa, l’artista è qualificato proprio con il termine miniatore. Sembra infatti che la sua mano possa riconoscersi nell’esecuzione dell’apparato de-

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ROSS. 504-506

corativo di un Antifonario del Duomo di Siena, come indica un pagamento del 1467 e che assegna all’artista 2 lire «per uno minio grande» che realizzò «a uno volumi di detti Antifonarj» (BOLLATI, s.v. Mariano di Antonio, 730). Particolare interessante, nel caso del Ross. 504, è che il nome di Mariano non compare associato all’esecuzione dell’apparato decorativo del codice, ma si lega invece alla trascrizione del testo: l’explicit recita infatti manu mei Mariani Antonii, espressione riferita per consuetudine all’atto del copiare e non a quello del miniare. Tale annotazione pone il profilo intellettuale di Mariano sotto una luce diversa; la sua attività non sarebbe quindi circoscritta alle sole imprese artistiche ed è forse possibile indagare in futuro sulla sua esperienza di scriptor. Egli, inoltre, al momento della firma aveva poco meno di venti anni ed è forse per questo motivo che la decorazione del manoscritto rossiano non si accosta ad alcuno dei suoi lavori successivi ed è quindi probabilmente da assegnare a una fase giovanile del suo lavoro. (SILVA TAROUCA, III, 108r; Bibl. Rossianae, V, 293r) GOLLOB, Die Bibliothek, 10; TIETZE, Die illuminierten, 115 nr. 238; Colophons IV, 122; Manuscrits classiques latins, 452; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353; FOHLEN, Colophons, 262; CERESA, Bibliografia 2005, 479.

EVA PONZI

Ross. 506 (olim IX, 196) Epitaphium Terentii (f. 2r); PUBLIUS TERENTIUS AFER, Comoediae (ff. 2r-118r) Toscana, Firenze (?), sec. XV (d.to 1413 gennaio 2-1414 agosto 23) (f. 98r) colophon: Completum fuit istud scriptum die licet secunda ianuarii MCCCCXIII (f. 118r) colophon: Terentii Afri poete comici Phormio comedia sexta et ultima explicit. Scriptus est liber iste anno MCCCCXIIII, die XXIIIa augusti, hora XVII (seguito da una parola erasa, illeggibile) Membr. (pergamena piuttosto spessa e scura, soprattutto sul lato pelo caratterizzato da larghe macchie scure, ma levigata con cura); ff. V (I di restauro, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart.), 120, V’ (I’-IV’ cart., V’ di restauro, in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione meccanica in cifre arabiche, in basso a destra sul recto dopo f. 11 manca il foglio corrispondente a f. 1; richiami appena visibili, perché scritti al centro, sul margine inferiore del foglio, e rifilati, ai ff. 11v, 29v, 99v; ben visibili perché collocati più in alto ai ff. 79v e 89v; mancanti, perché del tutto rifilati alla fine degli altri fascicoli; mm 240×175 (misure prese a f. 78); scrittura preumanistica di 2 mani, vergata con inchiostro bruno e nero, talora sbiadito, per il testo, rosso per gli incipit (talora, come a f. 43r, di modulo maggiore) e per richiamare i protagonisti dei dialoghi delle comoediae, indicati sia con

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

il nome per esteso all’inizio di ogni cambio di scena, sia con sigle, all’interno del testo; note interlineari e marginali di mani diverse (almeno tre oltre quella del copista, talvolta riscritte su rasura, per es. a f. 22r), alle quali si affiancano numerose maniculae (talora piuttosto elaborate) e notabilia zoomorfi (per es. molto peculiare quello di f. 20v), tracciati presumibilmente dalla stessa mano cui si deve il testo e con lo stesso inchiostro, e rialzati con sottili pennellate in rosso, che commentano, proponendo una sorta di bestiario estemporaneo quanto originale, alcuni passaggi ritenuti salienti. I commenti marginali, quasi costantemente di una mano, coeva al testo salvo in rari casi (come a f. 58r) sono spesso incorniciati da una sottile riquadratura a inchiostro e segnalati da segni di paragrafo monocromi o, più spesso, a inchiostro rosso. Talora, come a f. 62r, presentano lo stesso modulo scrittorio della ‘glossa ordinaria’ vergata tra l’explicit di una comoedia e l’incipit della successiva (manca al passaggio tra la I e la II). Testo vergato su unica colonna (mm 161×11), così come il commento (mm 178×68, a f. 42v); rigatura a secco realizzata sempre sul lato pelo e costituita da 29 righe rettrici orizzontali, per 28 linee di testo, e da quattro rettrici verticali sui margini esterno e interno dello specchio scrittorio (talora visibili, se pure rifilati, i fori guida); per il commento (ai ff. 42v, 61v, 81v, 98r), che si avvale delle rettrici orizzontali, quasi dimezzando, però, l’unità di rigatura, vengono tracciate due rettrici a inchiostro molto leggero, che chiudono sulla destra lo specchio scrittorio. Non sono né rigati, né scritti i ff. 1r-v, 118v. Fori guida raramente visibili sul margine esterno del foglio (per es. ai ff. 2, 98), perché accuratamente rifilati.

L’apparato decorativo consta di: 7 iniziali maggiori (ff. 2r, 22r, 43r, 62v, 82r, 98v), all’incipit dell’Epitaphium Terentii (cfr. per l’ Epitaphium: Anthol. Lat. 487c) e degli argumenta delle sei commedie edite (da un massimo di mm 41×36, a f. 2r, a un minimo di 30×25 f. 43r); 40 iniziali medie, all’incipit dei prologi, dei commenti, ma anche all’interno del testo per segnalare l’alternarsi dei personaggi (misurano da un minimo di 2 a un massimo di 6 linee di testo); di numerose iniziali minori rubricate alternativamente in rosso e blu. Iniziali maggiori e medie sono realizzate in oro musivo, in campo blu, privo di cornice, con decorazioni a intreccio vegetale tracciato a risparmio sul fondo campito di blu dell’iniziale e su lacunari realizzati per la maggior parte nei colori del rosa antico e del verde e talora del rosso, intrecci che, nel caso di alcune iniziali maggiori, sembrano attraversare il corpo della lettera (anticipando il gusto per il trompe-l’oeil, che sarà proprio della miniatura dell’Umanesimo più avanzato e in particolare di quello di derivazione veneta) e si concludono con desinenze a foglietta appuntita e a foglia di acanto resa di profilo. Presenza di letterine guida per le iniziali maggiori (realizzate con inchiostro bruno molto leggero), presumibilmente anche per quelle medie, ma quasi sempre non visibili perché coperte dalla decorazione, e per quelle rubricate. Titoli correnti rubricati. Il titolo rubricato della III commedia, a f. 43r, è qualificato, così come la parola Argumentum, da una leggera filigrana a inchiostro bruno. f. f. f. f. f. f.

2r: 22r: 43r: 62v: 82r: 98v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

S di Sororem falso, all’incipit di Andria. M di Meretrix adolescentes, all’incipit di Eunuschus. I di In militiam, all’incipit di Heantontimerumenon. D di Duos cum haberet, all’incipit di Adelphoe. A di Adolescens qui meretrice, all’incipit di Hecyra. E di Ex duobus fratribus, all’incipit di Phormio.

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ROSS. 506-508

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Il manoscritto appare esempio significativo della riproposta da parte del primo umanesimo fiorentino della tipologia dei codici romanici di area centroitaliana. Tale riproposta, che significa anzitutto, sotto l’aspetto testuale, una rinnovata attenzione per la correttezza dei testi tràditi (attenzione che permea l’ambiente fiorentino rappresentato da umanisti quali Coluccio Salutati, Antonio Loschi, Poggio Bracciolini, etc.), si esprime attraverso l’adozione di una decorazione a intrecci bianchi, di grande semplicità, disegnati su un fondo dalla policromia molto ridotta, che rappresenta l’incunabolo dei bianchi girari e che ricorda l’ornato di esemplari assegnabili ai secoli XI e XII (si cfr. in proposito CECCANTI, Proposte; e anche ALEXANDER, Italian Renaissance). Qualche analogia si riscontra con il Ross. 447, manoscritto del sec. XVin., testimone anch’esso della tradizione umanistica delle opere di Terenzio e riferibile alla stessa area geografica e cronologica. Lo stato di conservazione è discreto; qualche problema dovuto a difetti di concia, non risarciti, ai ff. 3, 15; macchie di natura indefinibile ai ff. 20v, 28r-v; taglio verticale sul margine inferiore di f. 22, conseguente all’azione della punta metallica usata per la rigatura; perdita di planarità del supporto a f. 53; piccoli fori, dovuti forse a vecchi attacchi di tarli, nell’ultimo fascicolo (ff. 116-118, I’). Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Il taglio è colorato in blu. Il dorso è frutto di un restauro recente; il dorso originario, che presenta la doppia iscrizione: in alto TERENTIUS, in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1414, è incollato sulla controguardia anteriore. Nulla si sa delle vicende del codice fino all’acquisizione da parte del de Rossi; a f. 118r una nota di possesso, Augusti kthma, vergata da una mano di fine sec. XV, sembra suggerire l’appartenenza a un non meglio identificabile Augusto (così in Manuscrits classiques latins, 455). (SILVA TAROUCA, III, 110r-111r; Bibl. Rossianae, V, 296r) GOLLOB, Die Bibliothek, 15; TIETZE, Die illuminierten, 105 nr. 193; RIOU, Gloses et commentaires, 21-22, 26 nr. 41, 28-36; Manuscrits classiques latins II, 2, 453-455.

SILVIA MADDALO Ross. 508 (olim IX, 198) CAIUS SALLUSTIUS CRISPUS, Catilinae coniuratio (ff. 1r-23r); De bello Iugurthino (ff. 23r-69/70v) Italia centrale, sec. XIIin. Membr. (pergamena molto scura e di una certa consistenza); ff. VI (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 69, VI’ (VI’ in cartoncino blu, come la controguardia; tutti gli altri sono cart. moderni); numerazione manuale moderna in alto a destra a inchiostro nero; tra i ff. 20 e 21 si è perso un foglio, che doveva contenere i versi 53.3-56.3 della Coniuratio; lo stesso accade tra i ff. 40 e 41 dove, a causa di un foglio completamente strappato, mancano i versi 39.5-42.1 del Bellum; il codice, inoltre, si interrompe poco pri-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ma della conclusione del Bellum Iugurthinum, con le parole consul absens (114.3); sono assenti i richiami di fascicolo; mm 228×149 (media delle misure); scrittura minuscola carolina di una sola mano a inchiostro bruno molto scuro; glosse marginali e interlineari in minuscola carolina a inchiostro ocra/rosso. Specchio scrittorio (mm 158×80) a una colonna, di 30 linee di scrittura; rigatura a secco eseguita sul lato pelo dei bifogli, non solo le righe verticali che chiudono lo specchio di scrittura giungono ai margini superiore e inferiore, ma talvolta lo stesso accade anche per le righe orizzontali; il codice è vergato a partire dal lato carne, il f. 20v è lato pelo mentre il f. 21r è lato carne.

Ross. 508, f. 24v

L’apparato decorativo del codice è costituito da 3 iniziali maggiori di varia tipologia (a intrecci bianchi, zoo-fitomorfa, figurata, mm 40×33); numerose maniculae in tutto il codice; glosse marginali. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 23r, 24v.

f. 1r: iniziale O di Omnes homines, all’incipit della Catilinae coniuratio, a intrecci bianchi; essa è realizzata su una campitura verde, mentre il corpo è in rosso e bianco, colore quest’ultimo che torna negli intrecci vegetali che si sviluppano all’interno della lettera. Il nome dell’autore e l’incipit dell’opera, entrambi rubricati, completano la pagina di apertura del manoscritto. f. 23r: iniziale F di Falso queritur, all’incipit del De bello Iugurthino, zoo-fitomorfa con le sembianze di un animale alato con zampe e muso da felino e dalla coda fogliata; dalla sua bocca prende vita un elemento vegetale. Anche se leggibile con difficoltà, il colore impiegato per la miniatura doveva essere il verde, associato a un pigmento rosso per le ombreggiature. f. 24v: iniziale B di Bellum scripturus sum, all’incipit del quinto libro del De bello Iugurthino, figurata con le sembianze di un uomo che cavalca un grifo; la figurazione, in alto, è completata da una decorazione caleidoscopica: dalla bocca di un animale prende vita una testa canina. L’iniziale è realizzata a inchiostro bruno e la gamma cromatica impiegata, seppur poco leggibile, si limita all’uso di un pigmento verde e di uno rosso. Si nota una differenza nella realizzazione della lettera di apertura del codice, a intrecci vegetali bianchi, e le due iniziali successive, dove invece si riscontra una preferenza per gli elementi zoomorfi. Questa caratteristica è forse da imputare alla presenza di due diversi miniatori che lavorano al codice, uno presente solo nel primo fascicolo, mentre l’altro si occupa del resto del manoscritto.

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ROSS. 508-509

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L’apparato decorativo del manoscritto mostra le consuete caratteristiche riscontrabili nella produzione centro italiana di quegli anni. Il Ross. 508 si apre infatti con una iniziale a intrecci bianchi, motivo che avrà il suo massimo sviluppo nei secoli successivi (cfr. GARRISON, Studies in the History); le lettere zoomorfe, dalle sembianze mostruose, sono anch’esse parte del repertorio caro all’imagerie figurativa di epoca romanica, non solo nel libro illustrato. Basti pensare alla quantità di creature ibride e dall’aspetto spaventoso che popolano i capitelli o gli arredi liturgici degli edifici ecclesiastici, tra i secoli XI e XII. Lo stato di conservazione è mediocre: la pergamena ha assunto una colorazione scura in più punti e spesso i fogli risultano tagliati, strappati o irregolari nei margini; la pellicola pittorica delle iniziali, inoltre, è caduta in più punti, tanto da compromettere la lettura cromatica delle miniature. Bisogna anche sottolineare che il codice non è stato rifilato in modo uniforme: in molti fogli infatti è ancora visibile la foratura nel margine esterno, guida per l’esecuzione delle righe dello specchio scrittorio. Legatura Rossi A, in pessime condizioni, dal momento che in molti casi i fascicoli si presentano non più solidali con il dorso della coperta. Sul dorso, in alto si legge: SALLUST(IUS); in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XII. Il Ross. 508, che tramanda sia il testo della Catilinae coniuratio sia quello del De bello Iugurthino, è un esemplare della famiglia dei cosiddetti integri (SCHIERLING, The Rossi 1, 18), manoscritti contenenti i due testi sallustiani. Esso è quindi particolarmente significativo dal punto di vista dello studio filologico, perché offre la lettura corretta di alcuni passaggi testuali, permettendo così l’integrazione delle lacune (SCHIERLING, Rossi 508, 68). (SILVA TAROUCA, III, 113r; Bibl. Rossianae, V, 297r) GOLLOB, Die griechische, 1 nr. 1; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 333; Manuscrits classiques latins, 455-456; SCHIERLING, The Rossi 1, 18; SCHIERLING, The Rossi 2, 180-181; SCHIERLING, Rossi 508, 67, 68; CERESA, Bibliografia 1991, 277; CERESA, Bibliografia 1998, 381.

EVA PONZI

Ross. 509 (olim IX, 199) CAIUS SALLUSTIUS CRISPUS, De coniuratione Catilinae (ff. 1r-34v); De bello Iugurthino (ff. 35r-103r) Italia centrale (Firenze?), sec. XV3 Membr. (pergamena spessa, ma molto ben lavorata, tanto che a fatica si distinguono il lato pelo e il lato carne); ff. VI (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 104, VII’ (VII’ in cartoncino blu, come la controguardia; tutti gli altri sono cartacei e moderni, tranne I’ che è invece membranaceo); numerazione meccanica moderna in basso a

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

destra; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, appena sotto lo specchio scrittorio; mm 235×161; il codice si compone di undici fascicoli così ripartiti: 1-1010, 112; scrittura minuscola umanistica di una sola mano, a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 156×92) a piena pagina, di 24 linee di scrittura; rigatura a secco eseguita sul lato pelo dei bifogli, con le righe verticali che si prolungano fino a toccare i margini; talvolta accade lo stesso anche per le singole righe orizzontali; il f. 104 non è né rigato né vergato da scrittura; la regola di Gregory non è sempre rispettata: il codice si apre con il lato pelo, il f. 1v è lato carne, mentre il 2r è lato pelo.

Ross. 509, f. 1r

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 2 iniziali maggiori di due tipologie: in foglia d’oro su fondo policromo e a bianchi girari (mm 50×30); 33 iniziali minori a foglia d’oro su fondo policromo; 2 pagine d’incipit; maniculae e segni di rimando; glosse marginali e interlineari. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r e 35r.

f. 1r: iniziale O di Omnes homines, all’incipit del De coniuratione Catilinae, realizzata in foglia d’oro su campo blu, percorso da una sottile linea bianca e arricchito da brevi filamenti, anch’essi in bianco; lo spazio lasciato libero dal corpo della lettera è diviso in due parti, che assumono una colorazione rispettivamente rosa tenue e rosa più intenso; nella prima metà sono state disegnate sottili volute a inchiostro nero, nell’altra le stesse volute sono bianche. L’apparato decorativo della pagina di incipit è completato dal nome dell’autore e dal titolo dell’opera in scrittura distintiva (lettere capitali a inchiostro nero, lo stesso con cui è vergato l’intero codice). f. 35r: iniziale F di Falso queritur, all’incipit del De bello Iugurthino, a bianchi girari su fondo rosa e verde profilato di blu e punteggiato di oro; l’asta della lettera è in foglia d’oro, mentre i due tratti orizzontali sono in lamina d’argento; ad arricchire la pagina di incipit vi sono le prime tre parole dell’opera vergate in lettere capitali. Ai ff. 2v, 9v, 15v, 16r, 20v, 23v, 27r, 29v, 32r, 37r, 39r, 42r, 44v, 46r, 47v, 49v, 50v, 53r-v, 55v, 61v, 66v, 67v, 68v, 71v, 73r, 75r, 76v, 77v, 81v, 84r, 88v, 93v, 97r, 101v le pagine sono ornate con capilettera (mm 14×14) in foglia d’oro su fondo di colore blu o blu e rosa, con la presenza talvolta di un pigmento verde. Nonostante l’esiguo apparato decorativo, si è in grado di assegnare il manoscritto alla mano di miniatori di probabile provenienza toscana. I girari hanno

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ROSS. 509-510

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infatti il consueto respiro di quelli eseguiti in tale area di produzione, alla quale è possibile accostare anche la tavolozza pittorica, caratterizzata da colori freddi e intensi e dall’impiego delle lamine di metalli preziosi per la realizzazione del corpo della lettera. Da sottolineare che l’iniziale maggiore, al primo fascicolo, in apertura della Coniuratio è stata realizzata da un miniatore diverso da quello che decora la seconda iniziale, nel quarto fascicolo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono, a eccezione del f. 1r: in questo caso, infatti, la pergamena ha assunto una colorazione più scura, l’inchiostro appare sbiadito e la foglia d’oro del corpo della lettera è caduta, lasciando intravedere il bolo rosso sottostante. Vi sono poi delle macchie scure concentrate soprattutto nel margine esterno dei fogli. Legatura Rossi A, in cattive condizioni conservative, alcuni fascicoli infatti non risultano più solidali con la coperta. Sul dorso, in alto si legge C(AII) CRISPI SALLUSTI / HISTORIAE; in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. La legatura è protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu. Anche il Ross. 509, come il 508, è un manoscritto significativo ai fini dell’esegesi delle due opere sallustiane che tramanda; esso ha infatti reso possibile colmare in modo definitivo alcune lacune, il cui testo era stato in precedenza ricostruito solo in via ipotetica (SCHIERLING, The Rossi, 180-181). (SILVA TAROUCA, III, 114r; Bibl. Rossianae, V, 298r) GOLLOB, Die Bibliothek, 17; TIETZE, Die illuminierten, 109 nr. 214; Manuscrits classiques latins, 456; SCHIERLING, The Rossi 2, 180-181; CERESA, Bibliografia 1991, 277; CERESA, Bibliografia 1998, 381.

EVA PONZI

Ross. 510 (olim IX, 200) PUBLIUS OVIDIUS NASO, Metamorphoses Francia, sec. XIIIex. (sec. XVin. al f. 158r) (f. 158r) explicit: Explicit liber Ovidij Metamorphoseos. Qui scripsit scribat, semper cu(m) d(omi)no vivat. Vivat i(n) celis scriptor in nomine Felix. Nihil tam dificil(e) (sic) est quin quere(n)do i(n)vestiga(r)i posit (sic) (aggiunto in minuscola umanistica a inchiostro nero) Membr. (pergamena scura e spessa); ff. VIII (I in cartoncino bianco come la controguardia; II-VIII cart. moderni), 158, VIII’ (VIII’ in cartoncino bianco come la controguardia; tutti gli altri sono cart. moderni); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra, numerati manualmente i ff. 1, 2, 3, 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90, 100, 110, 120, 130, 140, 150, il f. 158 indicato come 157; non sono presenti i richiami di fascicolo; mm 232×158; scrittura gotica vergata in inchiostro bruno molto scuro di una sola mano; specchio scrittorio

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(mm 180×60) a piena pagina di 39 linee di scrittura, glosse marginali e interlineari; rigatura a mina di piombo leggerissima (tanto che non sempre risulta visibile e ciò crea delle difficoltà nello stabilire se sia tracciata su entrambi i lati dei fogli); il codice si apre con il lato carne; non tutti i fogli sono stati rifilati nello stesso modo, per questo motivo spesso sono visibili ancora i fori guida.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale maggiore fitomorfa (mm 210×38); capilettera filigranati all’incipit di ogni libro dell’opera; titoli correnti; segni paragrafali rubricati. f. 1r: iniziale I di In nova fert animus, all’incipit delle Metamorphoses, fitomorfa con il corpo in foglia d’oro e con elementi vegetali in verde, rifiniti in blu e in rosso. Ai ff. 107v, 116r, 150r, 152r, 154r sono appena visibili degli schizzi, eseguiti a mina Ross. 510, f. 1r di piombo o a inchiostro leggerissimo; nel caso dei fogli 152r e 154r sembra verificarsi un preciso rapporto testo/immagine tra tali disegni e i versi in corrispondenza dei quali sono stati realizzati. A f. 152r le sembianze di teste equine accompagnano i vv. 391-420 del XV libro: «Desinet ante dies, et in alto Phoebus anhelos / aequore tinguet equos, quam consequar omnia verbis / in species translata novas» (Il giorno finirà e Febo farà tuffare i cavalli anelanti nel profondo mare, prima che io possa illustrare con le parole tutto ciò che trasformandosi assume nuovo aspetto). La frase viene pronunciata da Pitagora, che narra dell’ininterrotto mutamento che governa il mondo. A f. 154r, invece, si possono intravedere due figure umane, forse due donne, in origine realizzate probabilmente a inchiostro metallico aureo, in prossimità dei vv. 547-563 del medesimo libro, che narrano il momento in cui la ninfa Egeria, disperata per la morte del marito Numa, viene trasformata in fonte: «Non tamen Egeriae luctus aliena levare / damna valent, montisque iacens radicibus imis / liquitura in lacrimas, donec pietate dolentis / mota soror Phoebi gelidum de corpore fontem / fecit et aeternas artus tenuavit in undas» (Nonostante ciò, le disgrazie degli altri non riescono a lenire il dolore di Egeria; collocatasi presso i piedi di un monte, si scioglie in lacrime, fino a quando la sorella di Febo, commossa dal dolore dettatole dall’amore, non trasformò il suo corpo in una fresca fonte e sciolse le sue membra in un flusso d’acqua perenne). Negli altri tre casi, tuttavia, non sembra esserci alcuna corrispondenza fra gli schizzi e i versi ovidiani o, quantomeno, ciò che oggi si osserva con fatica non è sufficiente per affermare con certezza che nell’esemplare si intendesse stabilire un evidente rapporto tra testo e immagine.

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ROSS. 510-514

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Il codice mostra vari segni di degrado: numerose sono le pagine resecate e al foglio 146 si riscontra il danno maggiore: parte della lettera iniziale filigranata risulta ritagliata; inoltre il manoscritto è spesso interessato da fori di varie dimensioni e il foglio 24 presenta il risarcimento di uno strappo nel supporto. Legatura Rossi A, non in buone condizioni di conservazione, a causa della scarsa adesione dei fascicoli. Sul dorso, in alto si legge P(UBLII) OVIDII NAS(ONIS) / METAMORPH(OSES) LIB(RI) XV; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, III, 115r; Bibl. Rossianae, V, 299r) GOLLOB, Die Bibliothek, 14; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 333; MUNARI, Catalogue, 70; Manuscrits classiques latins, 456-457; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 157; COULSON, A Bibliographical Update, 14; BUONOCORE, I Codici di Ovidio, 9, 35, 50, 52; CERESA, Bibliografia 2005, 479.

EVA PONZI

Ross. 514 (olim IX, 204) Constitutiones fratrum Congregationis Montis Oliveti Italia centrale, sec. XVex. (post 1495) (f. 40r) colophon: Infra scripte sunt reformationes Ordinis nostri Montis Oliveti. In melius reformate interpretate et declarate per reverendum in Christo patrem fratrem Leonardum de Imperialibus de Ianua abbatem generalem tunc et visitatores prefati ordinis et obtente (sic) in capitulo generali per secretum scrutinium in anno domini millesimo quadringentesimo nonogesimo (sic) tertio (f. 47v) Anno domini millesimo quadringentesimo nonogesimo (sic) quinto (…) Membr. (pergamena sottile nei primi fascicoli, di maggiore consistenza in quelli di chiusura; ben lavorata, anche se in più fogli sono ancora visibili i follicoli); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni), 48, VI’ (fogli di guardia cart. moderni; il VI’ in cartoncino azzurro, al pari della controguardia); foliazione moderna meccanica in basso a destra; sono assenti i richiami di fascicolo; mm 263×180; scrittura umanistica corsiva con elementi cancellereschi di una sola mano a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 170×130) a piena pagina di 28 linee di scrittura; i ff. 37v-39v sono vergati da una seconda mano, diversa da quella che ha compilato il codice fino al f. 37v e che riprende poi dal f. 40r; rigatura a mina di piombo grigia leggerissima, eseguita su recto e verso di ogni foglio; la regola di Gregory non viene rispettata. Il manoscritto si apre con il lato carne.

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832

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 2 iniziali maggiori decorate (mm 36,5×29); 1 pagina di incipit con fregio; numerosi capilettera all’inizio di ogni capitolo, in foglia d’oro su campo quadrato policromo; indicazione e numerazione dei capitoli rubricate e segni paragrafali a inchiostro metallico aureo. Le iniziali istoriate sono collocate ai ff. 1r e 40r. f. 1r: iniziale A di Ad laudem santissime Trinitatis, nella pagina di incipit, caledoscopica, vale a dire decorata con motivi fitomorfi policromi, nei colori del verde, dell’azzurro e del rosa, zoomorfi (una testa di delfino che costituisce la terminazione di un elemento floreale) e Ross. 514, f. 1r antropomorfi (un profilo umano che sembra emergere dall’asta sinistra della A). Dal corpo della lettera si sviluppa in alto un breve motivo a terminazione floreale e in basso il fregio, che inquadra su tre lati lo specchio scrittorio. Sul margine superiore, la pagina è completata dall’incipit dell’opera, rubricato e caratterizzato dall’iniziale I di Incipit prologus, in foglia d’oro, racchiusa in un campo bipartito in rosso e verde e decorato con una leggera filigranatura a inchiostro metallico; e in alto, da un filatterio campito di blu e vergato in lettere capitali crisografate, che riporta l’espressione Sancte Pater Benedicte ora pro nobis. Il fregio richiama la tavolozza pittorica dell’iniziale ed è interamente costruito sull’alternanza di elementi fitomorfi e bottoni in foglia d’oro; due tabelle polilobate a fondo blu, che riportano i nomina sacra IHS e XPS, ne interrompono, sui due lati, la continuità. Il margine inferiore è abitato da motivi vegetali e profili di mascheroni di diverse dimensioni, realizzati nei colori del blu e del rosso, che affiancano un doppio clipeo, rosso-arancio con decorazioni a inchiostro metallico all’esterno, e laureato all’interno, che ospita lo stemma della Congregazione di Monte Oliveto, di blu al monte di tre lune d’oro, sormontato da una croce d’oro e da due rami d’ulivo. f. 40r: iniziale I di Infra scripte sunt reformationes, all’incipit delle Reformationes ordinis nostri Montis Oliveti, decorata con un motivo a candelabra, policromo su campo in foglia d’oro riquadrato di nero e completato da grani rossi.

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ROSS. 514

833

La decorazione del manoscritto può essere assegnata a un miniatore che padroneggia con una certa abilità il linguaggio artistico di matrice fiorentina; i racemi policromi e i numerosi bottoni aurei cigliati appartengono infatti all’imagerie toscana, soprattutto a quella che si ritrova nei codici a contenuto liturgico. Egli non manca poi di aggiungere una nota personale, come sembrano essere i mascheroni antropomorfi della pagina di incipit. L’artefice del Ross. 514 (o quello che sembra il committente, Leonardo Imperiali, cfr. infra) sceglie tale linguaggio, a suo avviso forse più adatto al contenuto del libro, non certo liturgico, ma neanche classico, al quale solitamente era riservata la decorazione a bianchi girari. Al f. 2r nel margine inferiore, è il timbro contenente lo stemma della Congregazione di Monte Oliveto, completato dalla scritta BIBLIOTHECAE MONTIS OLIVETI DE NEAPOLI. Lo stato di conservazione appare buono e il codice non sembra aver subito interventi di restauro di particolare rilevanza; solo il dorso della legatura risulta leggermente rovinato, tanto da rendere necessaria una sovraccoperta di spesso cartone blu. Legatura Rossi A; sul dorso, in alto si legge F(RATRUM) CONGR(EGATIONIS) MONTI(S) OLIVETI; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Taglio spruzzato. Il codice tramanda le Constitutiones della Congregazione di Monte Oliveto, fondata nei primi anni del secolo XIV da Giovanni Tolomei (1272-1348), che sceglierà poi di mutare il nome in Bernardo, in ricordo della figura di Bernardo di Chiaravalle (1090 ca.-1153). Il Tolomei, esponente di una delle famiglie più importanti di Siena, decise di dedicarsi all’eremitaggio, ritirandosi insieme ad altri due compagni sul monte Accona, nelle vicinanze della cittadina toscana, per fondarvi poi il monastero di Monte Oliveto, in osservanza alla regola benedettina. Ben presto la nuova formazione si arricchì di filiazioni su tutto il territorio italiano, una delle quali fu il priorato di Santa Maria di Monteoliveto a Napoli che nacque a metà del secolo XV e da cui proviene il codice, come testimonia il timbro presente al f. 2r. Il cenobio campano divenne uno dei centri benedettini più rilevanti, soprattutto grazie agli stretti rapporti che intrecciò con la casa regnante aragonese, acquisendo addirittura lo status di luogo di sepoltura degli Aragona. I legami con la famiglia ispano-napoletana furono ancora più forti negli anni di Alfonso II (1494-1495), duca di Calabria, che donò ai monaci parte della biblioteca reale, il cui nucleo primitivo era quello costituito dai codici raccolti da Alfonso V il Magnanimo (1442-1458) e poi via via arricchito da tutti i suoi successori; la biblioteca venne dispersa con la discesa in Italia di Carlo VIII di Francia (1491-1498) (TOSCANO, La collezione di Ippolita Sforza, 266). In apertura del manoscritto è citato il nome di Leonardo Imperiali, abate generale della Congregazione negli anni 1493-1497, il codice può quindi datarsi in questo giro di anni. Una delle sue prime azioni fu quella di riorganizzare e ridurre nel numero le moltissime constitutiones e ordinazioni compilate in precedenza, dando vita così a un corpus di regole ordinato e omogeneo (SCARPINI, I monaci benedettini, 115).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Al f. 37v si fa riferimento a papa Paolo III (1534-1549) che, benché discusso e controverso, intuì che la Chiesa romana necessitava di essere profondamente riformata. In questa ottica il pontefice offrì il suo sostegno agli antichi Ordini religiosi, come la Congregazione olivetana, e approvò la nascita di nuovi, come ad esempio i Teatini, i Somaschi, i Gesuiti. Un’istanza riformatrice che trova il suo apice nella convocazione del Concilio di Trento il 15 dicembre 1545. (Bibl. Rossianae, V, 304r) EVA PONZI

Ross. 518 (olim IX, 208) PAPIAS, Vocabolarium Italia centrale (Firenze?), sec. XV3 (f. 356v) colophon: Ergo mente pia pro me rogitate Papia (f. 1r, nel margine inferiore) una mano moderna ha vergato il nome Brogio Membr. (pergamena bianca, ben lavorata, seppur con tracce di follicoli ancora visibili); ff. VI (I in cartoncino blu; II-VI cart. moderni), 357, VII’ (fogli di guardia cartacei moderni, il VII’ in cartoncino blu; I’ membr. anepigrafo); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo presenti in basso a destra, talvolta evidenziati da un riquadro a inchiostro nero; alcuni fogli (ad esempio 181-182, 285, 294, 305, 341), nell’angolo in basso a destra, mostrano le indicazioni alfanumeriche del registro, non presenti però in tutto il codice, forse a causa della rifilatura cui sono state sottoposte; mm 268×184; scrittura minuscola umanistica di una sola mano vergata a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 210×130) a due colonne, di 45 linee e con spazio intercolonnare di mm 10; rigatura a secco eseguita sul lato carne di ogni bifolio, il f. 10v è rigato ma non scritto, così come il f. 357r-v; il codice si apre con il lato carne.

Ross. 518, f. 11r

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 iniziale maggiore a bianchi girari su fondo policromo, 15 iniziali medie (mm 39×34) e 7 minori (mm 27×26), tutte realizzate a bianchi girari su fondo policromo con corpo in foglia d’oro; un fregio a bianchi girari abitati; segni paragrafali alternativamente blu e rossi.

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ROSS. 514-518

835

f. 11r: iniziale F di Filii uterque carissime (mm 55×55), all’incipit dell’opera, a bianchi girari su fondo policromo e con elementi in foglia d’oro, come il corpo della lettera; i girari si estendono in un fregio che si sviluppa lungo i margini laterale interno e superiore; nell’angolo in alto a sinistra, un uccello dal piumaggio rosa, verde e giallo, tiene nel becco uno dei tralci vegetali bianchi; mentre un secondo volatile, dal corpo blu e dalle ali verdi e porpora come la cresta, è collocato alla base del fregio laterale, nel medesimo atteggiamento del precedente: racchiude nel becco uno degli estremi della decorazione in foglia d’oro. Il fregio superiore, pesantemente rifilato, è delimitato da una ornamentazione a bottoni in lamina metallica e da una farfalla realizzata a inchiostro e con le ali policrome (blu, rosa, verde). Un’ultima annotazione: la lamina metallica è lavorata a punzonatura, lungo il perimetro nel corpo della lettera e a gruppi di tre puntini nel fondo dei girari. Il fregio a bianchi girari su fondo policromo, come l’iniziale maggiore, di f. 1r collocano il Ross. 518 nell’ambito della produzione fiorentina. Benché l’apparato decorativo del manoscritto risulti contenuto e la tipologia dell’ornato sia consueta, un elemento peculiare come i due volatili presenti negli intrecci consentono di formulare quantomeno una proposta di attribuzione. Unicamente sulla base di confronti stilistici, dal momento che il codice non suggerisce ulteriori vie di indagine, si potrebbe avanzare l’idea di una produzione zanobiana, o almeno vicino a tale bottega. I due volatili che animano gli intrecci ricordano quelli che vivacizzano la cornice a bianchi girari, a f. 3r del manoscritto lat. XII. 68 della Biblioteca Nazionale Marciana, a Venezia, assegnato da Annarosa Garzelli alla mano di Zanobi Strozzi (Miniatura fiorentina del Rinascimento, 21); il codice contiene i Punica di Silio Italico. Le due anatre poste al di sopra del clipeo, nel bas-de-page del manoscritto marciano, richiamano, nel lungo collo curvo e nel becco anch’esso particolarmente evidente, il medesimo uccello che si intreccia ai girari nell’angolo superiore sinistro della pagina incipitaria del Ross. 518. Qui, come nell’altro caso, è infatti evidente l’attenzione dell’artefice per il dato naturalistico, reso anche attraverso un uso sapiente della tavolozza pittorica. Lo stato di conservazione è buono, anche se in qualche passaggio l’inchiostro risulta un po’ sbiadito e si notano alcuni difetti di concia, come a f. 22, 43, 79, 140, 220, 247, 270, 274, 298, 300, 324, 338. Non sembra esserci traccia di restauri sostanziali. Legatura Rossi A, in pessime condizioni conservative: il dorso è quasi completamente staccato nella parte superiore, tanto che si è reso necessario proteggere il codice con una copertina di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge PAPIAE LEXICON; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Taglio colorato di blu. L’Elementarium doctrinae rudimentum di Papias, benché testo significativo anche nei secoli precedenti, ebbe una particolare fortuna soprattutto in epoca

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

umanistica, quando l’opera fu tramandata non solo per via manoscritta, ma pure in esemplari a stampa (quattro edizioni in venti anni; PAPIAS, Elementarium doctrinae, VI). Si può inoltre ricordare la lettera del Guarino, del 1427, in cui chiedeva a Giacomo Zilioli di recargli un Papias litteris vetustissimis, conservato allora nella cattedrale di Reggio; e allo stesso modo, testimone una lettera dell’Ergotete al Panormita, si parla di un Papias egregius liber. Sembra, infine, che Domenico Bandino (1335-1418) sia stato il primo commentatore studioso dell’opera del grammatico (PAPIAS, Elementarium doctrinae, VI). (Bibl. Rossianae, V, 309r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244.

EVA PONZI

Ross. 520 (olim IX, 210) ABBAS

GENERALIS

O(RDINIS) MONTIS OLIVETI, Epistulae

Italia centrale (Toscana?), sec. XV3-4 Membr. (pergamena spessa, ma di buona qualità e ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VI cart. moderni), 62, VI’ (fogli di guardia cart. moderni; VI’ in cartoncino blu al pari della controguardia; si registra la presenza di 1 foglio di carta velina a protezione della pagina d’incipit); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra; sono assenti i richiami di fascicolo; mm 245×174; scrittura minuscola umanistica di una sola mano vergata in inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 140×90) a piena pagina, di 22 linee di scrittura; rigatura, raramente visibile, a inchiostro, realizzata su recto e verso di ogni foglio; il manoscritto si apre con il lato carne.

Ross. 520, f. 1r

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 iniziale figurata all’interno dell’unica pagina di incipit; numerosi capilettera in foglia d’oro e fondo blu e rosso; iniziali minori realizzate con foglia d’oro; in blu i titoli delle singole parti della regola e in rosso le parti e le parole degne di nota; maniculae e segni di richiamo.

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ROSS. 518-520

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f. 1r: iniziale C di Charissimi in Cristo (mm 50×45), all’incipit dell’opera, figurata con l’immagine del fondatore dell’Ordine, il beato Bernardo, vestito del saio bianco che caratterizza i monaci della Congregazione, con il pastorale nella mano destra e il libro aperto, rivolto verso chi guarda, nella sinistra; ha una lunga barba grigia, la tonsura e il nimbo lavorato in foglia d’oro, materiale utilizzato anche per il corpo della lettera; l’immagine prende vita su un fondo azzurro. Il corpo della lettera è su campo del medesimo colore, arricchito da elementi vegetali policromi e in oro, e riquadrato in lamina metallica. Ingloba inoltre l’iniziale C, estendendosi su tutti e quattro i lati del foglio, una cornice a bianchi girari abitati, profilata da una doppia banda in oro, interna ed esterna, e da un motivo a grecae, che occupa però solamente i margini esterno e inferiore. Anche i girari su fondo policromo sono percorsi da un sottile listello aureo, che in quattro punti si dirama fino a formare altrettanti clipei: nel margine interno, il piccolo tondo contiene un fiore di colore viola-rosa intenso e blu con il bottone centrale giallo, mentre quello superiore ospita un ritratto virile frontale su fondo azzurro; il clipeo del margine esterno porta il ritratto a mezzobusto di un santo barbato, canuto e con il nimbo, vestito con una tunica giallo-verde e protetto da una sorta di mantellina rossa punteggiata di bianco, tiene in mano un filatterio muto, che quasi forma una seconda aureola dietro il suo capo. Due vittorie alate stanti, nel bas-de-page, reggono lo stemma della Congregazione, d’azzurro al monte sovrastato dalla croce al centro e da due ramoscelli di ulivo, circondato da un clipeo laureato doppiamente bordato in oro. I girari sono abitati da conigli, farfalle d’oro e multicolori, da un uccello con la cresta vestito di un piumaggio di tutte le sfumature, dal blu all’azzurro dal rosso all’oro, caratterizzato da un lungo collo e da un becco aquilino. Un amorino è intento a prendere un cervo per le corna, mentre un suo compagno gioca con uno dei due pavoni che completano l’ornamentazione del margine inferiore. L’incipit del testo è realizzato in scrittura metallica, sempre in minuscola umanistica, e la piccola I di Incipiunt diventa parte della banda in oro della cornice a girari. L’anonimo miniatore che esegue l’apparato decorativo del codice mostra una buona padronanza nell’uso del linguaggio e degli stilemi ornamentali in voga in quegli anni nelle botteghe fiorentine. Peculiari appaiono, nella pagina di incipit, le vittorie reggistemma, caratterizzate da piccole ali e avvolte in un leggero peplo; interessanti sono poi i due pavoni dalle lunghe code a inchiostro aureo che arricchiscono i girari del bas-de-page. Un parallelo stilistico può far avvicinare i modi compositivi della pagina del Ross. 520 con il f. 4v del manoscritto 1226, conservato alla Biblioteca Riccardiana di Firenze. Tale codice, contenente opere di Callimaco Esperiente (Filippo Buonaccorsi), è datato all’ultimo quarto del secolo XV e mostra nella decorazione notevoli somiglianze con il rossiano, in special modo nella costruzione dell’architettura della pagina. Medesima è infatti la cornice inquadrata da sottili listelli in oro, impiegati

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

non solo per il perimetro interno ed esterno della stessa, ma anche intrecciati ai girari; simili sono poi i clipei laureati e profilati in lamina metallica, come caratteristiche appaiono le piccole lepri presenti in entrambi i manoscritti. Il codice è in buone condizioni di conservazione e non sembra aver subito restauri. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge ABBATIS MONTIS OLIVETI / EPIST(ULAE) AD FRATRES; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, V, 311r) CERESA, Bibliografia 1991, 381; GUIDI, Gli studia humanitatis, 224; CERESA, Bibliografia 1998, 381; CERESA, Bibliografia 2005, 479.

EVA PONZI

Ross. 521 (olim IX, 211) ALBERTUS

DE

PADUA, Expositio Evangeliorum dominicalium

Italia settentrionale (Padova), sec. XIV2 (d.to 1333) (f. 91r) explicit: Explicit postilla evangeliorum dominicalium venerabilis fratris Alberti de Padua, sacre pagine professoris (segue una linea cancellata e ritagliata) doctoris. Anno domini Millesimo CCCXXXIII. Die sabbati festo apparitionis Michaelis arcangeli. Civitate (corretto in is) Padue (sic) in conventu nostro Sancti Augustini referatur (f. 91r) colophon: Finito libro gratia Xristo qui est alpha et omega quo nullum finitum opusculum. Deo gratias amen

Ross. 521, f. 1r

Membr. (pergamena di una certa consistenza, frequenti le tracce dei follicoli sul lato pelo); ff. VI, 91, VI’ (fogli di guardia cart. moderni; il I e il VI’ in cartoncino blu, come le controguardie); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo collocati al centro del margine inferiore ed evidenziati da una decorazione a filigrana; mm 271×190; scrittura testuale gotica a inchiostro nero, ricca di abbreviazioni, vergata da una sola mano; specchio scrittorio (mm 201×130) di due colonne di 57 linee, con spazio intercolon-

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ROSS. 520-521

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nare di mm 14; qualche glossa marginale; rigatura a mina di piombo su tutti i fogli. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da un’unica iniziale figurata; numerose lettere filigranate e rifinite in inchiostro metallico d’argento; segni paragrafali alternativamente rossi e blu; titoli e numerazione, in cifre romane, dei capitoli rubricati. f. 1r: iniziale D di Domine Deus (mm 30×33), all’incipit dell’opera, figurata con il ritratto dell’autore, Alberto da Padova (cfr. infra), su fondo rosso scuro, con l’abito domenicano e in mano il libro chiuso, di cui è visibile solo un angolo. Il corpo della lettera, in rosa antico, è su campo blu. Dalla lettera e dal riquadro blu nascono due brevi tralci fitomorfi policromi, l’uno che si posiziona su parte del margine superiore e l’altro che va a occupare quello laterale interno. L’apparato decorativo si può supporre opera di un artista attivo presso lo Studium domenicano di Padova e forse di origine bolognese o comunque influenzato dalla miniatura bolognese dei primi decenni del secolo XIV, come indicherebbero i modi del ritratto d’autore all’interno dell’iniziale e il fregio a bastone con foglie d’acanto. Lo stato di conservazione appare discreto, anche se la pergamena non è stata lavorata in modo particolarmente accurato, tanto che i lati pelo appaiono molto scuri e questo condiziona in parte la leggibilità del testo. Il f. 1 presenta un ampio strappo nel margine inferiore; i ff. 32 e 76 sono stati tagliati nel margine inferiore, mentre ai ff. 78 e 86 si incontrano delle cuciture di risarcimento. Il manoscritto, tuttavia, non sembra aver subito restauri recenti. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge ALBERTI DE PADUA / IN EVANGEL(IA) DOMINICALIA; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Le frammentarie e difficilmente verificabili notizie riguardanti Alberto da Padova lo vogliono, oltre che membro dell’Ordine degli eremitani di sant’Agostino, anche allievo a Parigi di Egidio Romano, la cui influenza è riscontrabile nelle sue opere. Egli fu molto celebre come predicatore e sembra che anche papa Bonifacio VIII (1294-1303) fosse rimasto così affascinato dal personaggio da conferirgli la nomina di predicatore apostolico. Non fu da meno negli studi teologici, poiché divenne baccelliere nello Studio generale agostiniano di Bologna (1317-1318); pare sia morto a Parigi, dove ormai insegnava, tra il 1318 e il 1319 (GIACOMINI, s.v. Alberto da Padova, 747). A lambire la seconda colonna di scrittura del f. 1r è una nota, forse un ex libris, erasa. (Bibl. Rossianae, V, 312r) TIETZE, Die illuminierten, 76-77 nr. 111.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 522 (olim IX, 212) AEGIDIUS COLUMNA (ROMANUS), De regimine principum libri III Italia centrale (Firenze? Roma?), sec. XVin. (f. 170v) explicit: Explicit liber de regimine regum et principum a fratre Egidio de Urbe compositus ordinis fratrum heremitarum sancti Agustini. Deo gratias. Amen. Sullo stesso foglio e sulla stessa colonna lunghe note cancellate per rasura. Al f. 170r è stata vergata, in gotica corsiva, una preghiera alla Vergine; sul verso dello stesso foglio, nel margine superiore, un’altra mano scrive altri versi in volgare. Membr. (pergamena di buona qualità, lavorata discretamente, sul lato pelo sono Ross. 522, f. 1r spesso visibili i follicoli); ff. VI (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 171, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu come la controguardia); numerazione manuale a inchiostro bruno in cifre arabiche in alto a destra; richiami di fascicolo costanti, collocati in basso a destra, spesso messi in evidenza da semplicissime cornici; mm 292×207; scrittura testuale gotica a inchiostro nero e di mani diverse (cfr. infra); specchio scrittorio (mm 175×125) a due colonne, di 36 linee di scrittura, con uno spazio intercolonnare di mm 12; rigatura a secco, talvolta ripassata a mina di piombo, con le righe verticali che arrivano a toccare i margini superiore e inferiore. Il manoscritto si apre con il lato carne.

Apparato decorativo costituito da 1 iniziale maggiore fitomorfa (mm 55×50); 1 pagina di incipit; numerose lettere filigranate; segni paragrafali alternativamente in rosso e in blu; titoli e numerazione dei capitoli rubricati, in cifre romane; qualche glossa marginale e maniculae. f. 1r: iniziale E di Ex regia, all’incipit dell’opera, fitomorfa rosa-violacea, con elementi vegetali verdi su fondo blu all’interno dello spazio creato dalla lettera, realizzata in uno spazio riservato rivestito in foglia d’oro. Posato sul margine laterale del foglio, si diparte dal riquadro aureo della lettera un breve fregio di colore rosa-violaceo e verde, arricchito da bottoni metallici e dalla presenza di ghiande. Uno stemma – di bianco a tre scorpioni neri 2, 1, con capo di blu a tre gigli d’oro male ordinati e scaglione dell’uno all’altro di porpora, il cui possessore tuttavia non è stato individuato – entro un clipeo laureato su fondo a foglia d’oro, occupa il bas-de-pa-

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ROSS. 522-524

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ge; a completamento della decorazione sono stati aggiunti nastri rosa-violacei legati al clipeo, a formare una sorta di ariosa cornice. Lo stato di conservazione risulta nel complesso discreto, con qualche eccezione, rappresentata dalla la presenza di fori dovuti all’azione dei tarli, dal dorso della legatura che ormai è quasi completamente staccato dalla compagine dei fascicoli, dal f. 171 interessato da macchie, gualciture e da un risarcimento eseguito con uno spesso inserto di pergamena. Il manoscritto non sembra però essere stato sottoposto a restauri. Legatura Rossi A, protetta da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu, in buone condizioni conservative. Sul dorso, in alto si legge AEGIDII DE REGIMIN(E) PRINCIP(UM); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Un’analisi paleografica puntuale è stata condotta nell’opera a cura di Francesco Del Punta e Concetta Luna (Aegidii Romani Opera Omnia, 30) in cui si segnalano cinque diverse mani che vergano il manoscritto, così ripartite: una prima che trascrive i ff. 1r-v, 8r-v, 169r-v; una seconda che compare ai ff. 2r-7v, 9r-38v; una terza che verga i ff. 39r-114v (lin. 23, quasdam), mentre un ulteriore copista subentra ai ff. 114rb (lin. 23, leges)-166, 167r-v, (lin. 21, est); l’ultima infine che scrive i ff. 166v, 167v (lin. 21, ante)-168v, 170r-v. (Bibl. Rossianae, V, 313r-v) TIETZE, Die illuminierten, 94-95 nr. 157; BRUNI, Catalogo, 41; BRUNI, De Regimine Principum, 354, 357; BUONOCORE, Bibliografia, 661; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353.

EVA PONZI

Ross. 524 (olim IX, 214) PETRUS LOMBARDUS, Sententiarum libri IV Italia settentrionale (Bologna?), sec. XIII3-4 Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. VII (I in cartoncino blu, al pari della controguardia; II-V cart. moderni; VI-VII in pergamena. Al VI linee di scrittura rifilate nel margine superiore, forse perché foglio di riuso, e al VII una nota erasa), 316, V’ (I’-IV’ cart. moderni; V’ in cartoncino blu come la controguardia); numerazione manuale antica in cifre arabiche a inchiostro bruno in alto a destra, il f. 35 è numerato come 36, la numerazione prosegue errata. Richiami collocati in prossimità del centro del margine inferiore e talvolta evidenziati da cornici, sempre sul verso del foglio; mm 294×199; scrittura testuale gotica di una sola mano vergata con inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 170×118) di 37 linee su due colonne, con uno spazio intercolonnare di mm 10; rigatura eseguita a inchiostro per le righe verticali e a mina di piombo per quelle orizzontali, su tutti i fogli; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 4 iniziali maggiori figurate (mm 28×29); 2 iniziali minori (mm 18×22; f. 1r-v, C di Cupientes aliquid al-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 524, f. 164r

l’incipit del Prologo, con il ritratto d’autore e S di Suis doctrina all’incipit dell’elenco dei capitoli) della stessa tipologia delle precedenti e con fregio marginale; fregi marginali; numerosi capilettera filigranati; letterine rilevate in rosso; titoli correnti rubricati e filigranati, con la L tagliata da notula abbreviativa; a partire dal f. 4r, sulla medesima riga del titolo corrente, ma spostate verso l’angolo esterno, sono collocate cifre romane rubricate, che indicano le distinctiones in cui è suddiviso il testo; titoli dei capitoli rubricati. Sul primo foglio, nel margine superiore, una mano moderna ha scritto in inchiostro nero Quattuor Libri Sententiarum Petri Lombardi, e nell’angolo in alto Carte CCCXV. Le iniziali figurate sono collocate ai ff. 3v, 88r, 163r, 225v.

f. 3v:

iniziale V di Veteris ac nove legis, all’incipit del primo capitolo del primo libro, figurata con il Doppio ritratto di Cristo, con il nimbo crucisignato e il libro chiuso in mano, uno paludato di porpora, l’altro di blu; la doppia immagine vuole forse rendere immediatamente manifesto l’argomento di cui si tratterà nelle pagine successive, il mistero della Trinità. Le due figure giacciono su un campo in spessa foglia d’oro, mentre il corpo della lettera è rosso su campo blu, da cui nasce il fregio a bottoni metallici, che percorre lo spazio intercolonnare per tutta la sua lunghezza e nel margine superiore si dispone quasi ad avvolgere la L di Liber. f. 88r: iniziale C di Creationem rerum, all’incipit del secondo libro, il cui argomento è infatti la Creazione; la lettera figurata ospita l’immagine di Cristo-Dio che regge nella mano sinistra il globo terrestre e nella destra il globo del cosmo. Egli è paludato con una veste porpora e blu, colori che ritornano anche nel nimbo crucisignato, e campeggia su un fondo a foglia d’oro; il corpo della lettera è viola e rosso su campo blu. A essa sono appoggiate due teste di volatili, che nel becco reggono il fregio laterale policromo arricchito da bottoni metallici, che arriva in alto fino a metà colonna nel margine esterno e si sviluppa in parte nel bas-de-page, con un accenno a elemento fitomorfo. f. 163r: iniziale C di Cum venit igitur, all’incipit del terzo libro, che tratta dell’Incarnazione del Verbo; la lettera è così figurata con l’immagine della Madonna Eleusa, abbigliata con un abito blu e con il capo cinto da un nimbo rosso-arancio. La Vergine tiene in braccio il Bambino crucinimbato e

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ROSS. 524

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coperto da una tunicella color rosa-viola: i due sono rappresentati guancia a guancia, atteggiamento di tenerezza che caratterizza tale iconografia e l’uno e l’altra si stagliano su un fondo a foglia d’oro. Il corpo della lettera è viola su campo blu, da esso nasce un fregio viola che giace su tutta la lunghezza della colonna, nel margine laterale interno, e in basso acquista le forme di una piccola decorazione fitomorfa policroma (gialla, rossa e blu) arricchita da bottoni metallici. f. 225v: iniziale S di Samaritanus enim, all’incipit del quarto libro, che tratta della dottrina del Signore; è figurata, in modo sintetico, con la scena principale della parabola del buon samaritano (Lc 10, 30-37), figura tipologica di Cristo. È per questo motivo infatti che, nella parte del soccorritore, l’artista ha raffigurato Cristo stesso, paludato come nell’iniziale al f. 88r: è lui che, con l’unguento dell’ampolla che tiene in mano e la pietas, allevia il dolore delle ferite di cui è ricoperto il corpo dell’uomo aggredito. Quest’ultimo, vestito solo di un drappo rosso-arancio e a torso nudo, giace a terra con gli occhi serrati e le membra completamente abbandonate alla sofferenza. Anche in questo caso, il fondo è in lamina metallica, mentre il corpo della lettera è grigio su fondo blu. Da esso nasce il fregio policromo (blu, rosso e rosa) con bottoni d’oro, che si posa lungo il margine interno, per la lunghezza della colonna, fino a lambire in parte il bas-de-page. L’apparato decorativo del manoscritto può essere assegnato a un miniatore bolognese che lavora in una delle numerose botteghe della città tra il terzo e l’ultimo quarto del secolo XIII. L’esecuzione delle iniziali figurate, in cui si riscontra un’insistita attenzione per le fisionomie, rese ancor più peculiari dalla spessa ombreggiatura intorno agli occhi, e la padronanza della tavolozza pittorica incentrata sulle triadi del blu e del rosa, collocano l’artefice in tale vivace panorama artistico. Queste particolarità, inoltre, rendono possibile un confronto con i modi esecutivi del miniatore della Bibbia di Oxford, ms. Canon. Bibl. lat. 56 conservato presso la Bodleian Library e datato al 1265, in cui si ritrovano l’uso sapiente del colore e alcune somiglianze nella resa dei volti. Lo stato di conservazione appare buono, anche se a f. 1, a partire dal bas-depage e fino al centro del foglio, è stata ritagliata parte della pergamena, che doveva forse riportare una scritta; in corrispondenza dei margini del taglio, sembra infatti di poter individuare le tracce di alcune lettere. Dal f. 246r si possono trovare brani di testo in cui l’inchiostro risulta di difficile lettura perché molto sbiadito; nell’iniziale del f. 225v, una parte della foglia d’oro è caduta, scoprendo così il fondo bianco. Vi sono poi piccoli difetti di concia ai ff. 62 e 137, mentre nei ff. 131, 141, 143, 149 e 184 sono visibili interventi a rammendo, come nel foglio di guardia membranaceo VI. Il codice non sembra però aver subito interventi di restauro. Legatura Rossi A, cattivo stato di conservazione, il dorso soprattutto risulta semistaccato, per questo si è reso necessario proteggere la legatura con una so-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

vraccoperta di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge PETRI LOMBARDI / LIBRI IV SENTENTIARUM; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Taglio dorato. (Bibl. Rossianae, V, 315r) TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 121.

EVA PONZI

Ross. 526 (olim IX, 216) FRANCESCO PETRARCA, De viris illustribus (ff. 1r-178r: Proemio ff. 1r-1v; rubriche delle 23 vitae ff. 1v-2r; dal f. 2r inizia il De viris illustribus). Griseldis Bocaccii historia (trad. lat.) (ff. 178v-182v). Epigramma Scipionis Africani superioris. Scipionis Emiliani posterioris Africani Epigramma (f. 183r) Italia settentrionale, sec. XV (d.to 1418) (f. 178r) explicit: Gaius Iulius Cesar explicit. His gestis Cesaris cum instaret obiit ipse vatis celeberrimus Francischus Petrarcha Milleximo (sic) trecentesimo septuagesimo quarto decimo nono Iulii Arquade inter montes Euganeos deno ab urbe Patavii miliario / Francisci Petrarce poete laureati quorundam virorum illustrium et clarissimorum heroum ad inclitum Franciscum de Cararia insignem Patavi dominum explicit epithoma Nella riga successiva sottoscrizione datata del committente il cui nome è stato abraso: P(etrus de Neapoli) (?) fecit scribi hunc librum MCCCCXVIII

Ross. 526, f. 1r

Membr.; ff. V (cartacei; I in cartoncino azzurro come la controguardia), I (membranaceo), 183, V’ (cartacei; V’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione antica in cifre arabiche a inchiostro rosso sul margine superiore destro da 1r a 178r; la numerazione antica non conteggia il primo foglio, che è bianco e numerato da mano moderna in inchiostro nero con numero romano I; numerazione moderna in cifre arabe a matita da f. 179 a f. 183; mm 295×223; ff. 1r-178v: scrittura gotica di una sola mano in inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 184×130) a piena pagina di 32 linee di scrittura; rigatura a inchiostro,

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ROSS. 524-526

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sul lato carne, con righe verticali che si estendono sul margine superiore e inferiore e 33 righe orizzontali; fascicolazione in quinterni regolari con richiami nel margine inferiore dell’ultimo foglio. Rubriche in rosso al centro del margine superiore con il nome dell’uomo illustre cui si riferisce la vita; ff. 178v-182v: scrittura proto-umanistica di unica mano in inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 136×194) a piena pagina di 33 linee di scrittura; rigatura a secco visibile solo ai ff. 178 e 179; f. 183r: scrittura proto-umanistica di un’unica mano in inchiostro bruno; 38 linee di scrittura (per queste aggiunte si veda PELLEGRIN, Manuscrits de Petrarque, 116).

La decorazione di penna e di pennello riguarda l’opera di Petrarca: 3 iniziali figurate ai ff. 1r, 2r, 93r; iniziali decorate ai ff. 5r, 6v, 8r, 8v, 9r, 9v, 10r, 15r, 15v, 16r, 17v, 18v, 19r, 19v, 23r, 55r, 29r, 34v, 42v, 49r, 89v, 97r (da un massimo di mm 38×42 a f. 89v a un minimo di mm 19×19 a f. 97r). Iniziali filigranate di penna ai ff. 50v, 52v, 53v, 62v, 65r, 72r, 73r, 75v, 77v, 86r, 94r, 96r, 100v, 104v, 107v, 162v, 163v. Numerose iniziali toccate di penna in rosso e in blu. f. 1r: fregio fogliaceo e figurato sui quattro margini; foglie, racemi, bacche, bottoni dorati e cigliati tra i quali appaiono un putto, tre teste di profilo e sette uccelli; nel margine inferiore i racemi formano tre rombi entro i quali, un tempo, dovevano apparire tre stemmi oggi abrasi e non leggibili; colori predominanti arancio, blu e rosa; iniziale figurata I di Illustres quosdam viros (mm 122×43), all’inizio del Proemio; è in lamina d’oro, bordata a inchiostro nero, entro la quale si trova un decoro fogliaceo rosa che si apre a mostrare la figura di Petrarca laureato, vestito con manto rosso orlato di pelliccia bianca; il poeta è ritratto a figura intera e nell’atto di girarsi verso destra; lo sfondo è blu con motivi a filigrana di biacca. f. 2r: iniziale figurata R di Romulus Romanorum regum (mm 45×47), Vita di Romolo; fogliacea rosa su campo esterno in lamina d’oro riquadrato a inchiostro; nel campo interno figura di guerriero (Romolo?); l’iniziale si prolunga nel margine interno con un fregio fogliaceo rosa, arancio e blu, arricchito da bottoni dorati e cigliati a inchiostro e terminante con figura di uccello. f. 5r: iniziale decorata N di Numa Pompilius, Vita di Numa Pompilio; iniziale fogliacea rosa con campo esterno in lamina d’oro bordato a inchiostro e campo interno blu, orlato di giallo ocra e filigranato di biacca; l’iniziale si prolunga nel margine interno con un fregio fogliaceo rosa, arancio e blu, arricchito da bottoni dorati e cigliati a inchiostro e terminante con figura di uccello. f. 6v: iniziale decorata T di Tullus Hostilius, Vita di Tullio Ostilio; iniziale fogliacea arancione su campo esterno in lamina d’oro bordato a inchiostro e campo interno blu orlato di giallo ocra e filigranato di biacca; l’iniziale si prolunga nel margine esterno con breve fregio fogliaceo blu e arancio con bottoni dorati e cigliati. f. 8r: iniziale decorata A di Ancus Martius, Vita di Anco Marzio; iniziale fogliacea rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno blu orlato in ocra e filigranato a biacca; l’iniziale si prolunga nel margine interno con fregio fogliato rosa e blu e bottoni d’oro cigliati.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 8v: iniziale decorata I di Iunius Brutus, Vita di Giunio Bruto; iniziale fogliacea rosa su campo esterno in lamina d’oro bordato a inchiostro; l’iniziale si prolunga in un fregio nel margine esterno a foglie rosa e blu con bacche cigliate che termina con un uccello. f. 9r: iniziale decorata D di De hoc viro, Vita di Orazio Coclite; iniziale fogliacea rosa su campo esterno in lamina d’oro bordato a inchiostro e campo interno blu orlato in ocra e filigranato a biacca; fregio nel margine interno rosa e azzurro f. 9v: iniziale decorata L di Lucius Quintius Cincinatus, Vita di Lucio Quinto Cincinnato; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio sul margine fogliaceo in rosa, arancio e blu terminante con uccello. f. 10r: iniziale decorata M di Marcus Furius Camillus, Vita di Marco Furio Camillo; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; breve fregio marginale fogliaceo in rosa e blu con bottoni dorati e cigliati. f. 15r: iniziale decorata T di Titus Manlius Torquatus, Vita di Tito Manlio Torquato; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di arancio e filigranato a biacca; breve fregio marginale fogliaceo in arancio e rosa con bottoni dorati e cigliati. f. 15v: iniziale decorata M di Marcus Valerius Corvinus, Vita di Marco Valerio Corvino; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di arancio e filigranato a biacca; breve fregio marginale con foglie in rosa e arancio con bottoni dorati e cigliati. f. 16r: iniziale decorata P di Publius Decius, Vita di Publio Decio; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di arancio e filigranato a biacca; breve fregio fogliaceo su due margini in rosa, arancio e blu con bottoni dorati e cigliati. f. 17v: iniziale decorata L di Lucius Papirius Cursor, Vita di Lucio Papirio Cursore; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; breve fregio marginale in rosa e arancio con bottoni dorati e cigliati f. 18v: iniziale decorata M di Marcus Curius Dentatus, Vita di Marco Curio; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di arancio e filigranato a biacca; breve fregio marginale fogliaceo in rosa e arancio con bottoni cigliati e dorati. f. 19r: iniziale decorata F di Fabritius Lucilius, Vita di Fabrizio Lucilio; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; breve fregio fogliaceo in rosa, arancio e verde con bottoni dorati e cigliati.

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ROSS. 526

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f. 19v: iniziale decorata A di Alexander Macedo, Vita di Alessandro il Macedone; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa, arancio e verde con bottoni dorati cigliati. f. 23r: iniziale decorata P di Pirus Epiri rex, Vita di Pirro; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa, arancio e blu con bottoni dorati cigliati. f. 55r: iniziale decorata H di Hanibal dux Cartaginensius, Vita di Annibale; iniziale fogliacea in arancio su campo esterno in lamina d’oro, profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa e arancio con bottoni dorati cigliati. f. 29r: iniziale decorata Q di Quintus Fabius Maximus, Vita di Quinto Fabio Massimo; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa e arancio con bottoni dorati e cigliati, terminante con uccello. f. 34v: iniziale decorata M di Marcus Claudius Marcellus, Vita di Marco Claudio Marcello; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa e arancio con bottoni dorati cigliati. f. 42v: iniziale decorata H di Hos duos, Vita di Claudio Nerone e Livio Salinatore; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa, arancio, blu con bottoni dorati cigliati. f. 49r: iniziale decorata P di Publius Cornelius Scipio, Vita di Publio Cornelio Scipione Africano; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro, profilato a inchiostro, e campo interno in blu orlato d’arancio e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa e arancio con bottoni dorati e cigliati, terminante con uccello. f. 89v: iniziale decorata M di Marci Portii Censorii, Vita di Marco Porcio Catone; iniziale fogliacea in rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di ocra e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa e blu con bottoni dorati e cigliati, terminante con uccello. f. 93r: iniziale figurata G di Gai Iulii Cesaris (mm 48×52), Vita di Giulio Cesare iniziale fogliacea rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno figurato con guerriero a cavallo (Giulio Cesare?) su fondo blu, orlato di arancio e filigranato a biacca; l’iniziale si prolunga in un fregio marginale fogliaceo in rosa, arancio e verde con bottoni dorati e cigliati, terminante con un uccello. f. 97r: iniziale decorata N di Nunc. Iniziale fogliacea rosa su campo esterno in lamina d’oro profilato a inchiostro e campo interno in blu orlato di arancio

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

e filigranato a biacca; fregio marginale fogliaceo in rosa e blu con bottoni dorati e cigliati. La lettura della sottoscrizione al f. 178r, resa peraltro incerta dall’abrasione, ha indotto a ipotizzare una provenienza napoletana, messa in dubbio da Mommsen (MOMMSEN, Un’antica raffigurazione) che, seguendo l’indicazione di Martelletti, autore dell’edizione critica del De viris illustribus (PETRARCA, De viris illustribus), che prova la derivazione del nostro codice dal manoscritto Ott. lat. 1833 della Biblioteca Apostolica Vaticana in possesso di Coluccio Salutati, propone una origine fiorentina. In realtà sono noti i rapporti di Coluccio con Napoli. Diversamente Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 115) aveva suggerito per l’esecuzione delle miniature una attribuzione ad ambito veneto, più precisamente padovano. Per ciò che concerne il testo, Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, III, 118r-v) rimanda all’edizione di Razzolini (PETRARCA, Le vite degli uomini illustri). L’apparato illustrativo del codice è di pregevole fattura e non trova riscontro a Napoli, ma meglio si colloca in area settentrionale. Le tre iniziali figurate, le numerose iniziali decorate e i fregi marginali fogliacei e figurati, posti a incipit delle vite degli uomini illustri, possono essere ascritti a un maestro tardogotico attivo verso la fine del secondo decennio del Quattrocento, in area emiliana. Soprattutto l’iniziale con Petrarca a figura intera e l’ampio fregio marginale, con putto, teste in profilo e uccelli, al f. 1r incipit del Proemio, trovano convincenti confronti con una serie di opere, eseguite in area emiliana tra primo e secondo quarto del Quattrocento. Per Ferrara ricordo manoscritti quali il Manuale della Chiesa ferrarese datato 1400 (London, British Library, ms. Add. 28025), primo esempio di rinnovamento tardogotico nella miniatura estense, e il Libro delle donne famose, l’esemplare della traduzione in volgare di Donato degli Albanzani del De claris mulieribus di Boccaccio (Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. It. 86) eseguito con ogni probabilità verso il 1418, anno del matrimonio di Niccolò d’Este con Parisina Malatesta (per queste opere cfr. MARIANI CANOVA, La miniatura e le arti, 243248). Miniato da maestro tardogotico emiliano è anche il De civitate Dei eseguito tra 1415-1419 per Pandolfo III Malatesta, a quel tempo signore di Fano, Bergamo e Brescia, oggi conservato alla Biblioteca Gambalunghiana di Rimini (ms. 2) e attribuito al Maestro del De civitate Dei di Rimini, artista che evidenzia una cultura prossima agli affreschi della Cappella di Santa Caterina nella Sagra di Carpi, uniti a riprese dalla miniatura tardogotica bolognese (MARIANI CANOVA, La miniatura alla Gambalunghiana, 66-67; NICOLINI, s.v. Maestro del De civitate, 505-507). Con quest’opera il Petrarca rossiano, specie nel primo foglio, di più raffinata qualità rispetto alle altre iniziali figurate, dimostra affinità nelle foglie acantiformi arrotolate, negli uccelli vivaci e fantastici – dai lunghi colli e con lunghe zampe di colore arancio vivace – nel putto paffuto e nella scelta dei colori rosa pallido e arancio. Anche la figura del poeta coronato, atteggiata con eleganza e vestita con manto purpureo orlato di pelliccia, secondo Mommsen chiara allusione al Privilegium laurae conferito al Petrarca nel 1341, denuncia l’attenzione al particolare naturalistico e la ricerca di stilemi cortesi, visibili anche nel De civitate con il quale con-

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ROSS. 526-527

divide la resa a sottile tratto di pennello. Il nostro maestro si distanzia però dalle figure del codice riminese per la minore espressività. È comunque in questo ambito che va collocata l’esecuzione e non in ambiente padovano dove la cultura figurativa tardogotica rivela, da un lato, il retaggio del neo giottismo di età carrarese e, dall’altro, un pronto rinnovamento sulle proposte veneziane. Lo stato di conservazione appare buono. Legatura Rossi A rovinata sul dorso. Sul dorso in alto si legge FRANC(ISCI) PETRARCHAE DE VITIS IMPERATORU(M) / CUM BOCATII TRACT(ATUS) e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) ANNI 1418; inoltre vi è segnalazione dell’appartenenza alla biblioteca Capranica: E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). Al f. 1r tre rombi dovevano contenere gli stemmi, oggi abrasi, dell’originario possessore; il codice appartenne alla biblioteca del cardinale Domenico Capranica (Catalogo Bibl. Capranica, ms. Vat. lat. 8184, nr. 310), di mano del quale sono numerose note marginali; acquistato da Giovan Francesco de Rossi nel 1842. (SILVA TAROUCA, III, 118r-v; Bibl. Rossianae, V, 317r-320r) TIETZE, Die illuminierten, 105, nr. 194; FOERSTER, Mittelalterliche Buch, 83-84 pl. XLV; MOMMSEN, Un’antica raffigurazione, 101-105; PETRARCA, De viris illustribus, XXII-XXIV; KRISTELLER, Iter II, 466; PELLEGRIN, Manuscrits de Petrarque, 74, 115-117; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

FEDERICA TONIOLO

Ross. 527 (olim IX, 217) IACOBUS DE VORAGINE, Legenda aurea (tabula capitulorum a f. 1r-v) Francia settentrionale (area parigina?), sec. XIII, seconda metà (f. 271v) explicit: Benedictum sit nomen domini nostri Ihesu Christi in eternum et ultra. Amen. Deo gratias. Deo gratias Membr. (pergamena di qualità mediocre, pesante e poco lavorata; molto visibili sul lato pelo ampie macchie scure); ff. VIII, 272, VIII’ (i fogli di guardia sono tutti cart. moderni, bianchi come la controguardia); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo, al centro del margine inferiore; mm 290×203; scrittura testuale gotica di una sola mano a inchiostro bruno,

Ross. 527, f. 2r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

rosso per le rubriche, ricca di abbreviazioni; annotazioni e glosse di più mani (almeno tre) nei margini inferiori e su quelli laterali; una di esse, fortemente corsiveggiante, verga la colonna destra di f. 271v e il f. 272r, che appare oggi mutilo e ridotto alla sola colonna sinistra; specchio di scrittura (mm 193×128) di 39 linee su due colonne, con uno spazio intercolonnare di mm 11; la rigatura è a inchiostro bruno su recto e verso di ogni foglio, spesso molto visibile, con le righe verticali che giungono ai margini superiore e inferiore del foglio; in più parti del manoscritto è ancora presente la foratura, nel margine laterale esterno; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 14 iniziali maggiori fitomorfe (mm 89×35, media delle misure); numerose lettere filigranate; indicazione degli argomenti a margine; segni paragrafali alternativamente rossi e blu; indicazione, in cifre romane in alto a destra, dei singoli passaggi del testo; appaiono poi, nel margine superiore, sul recto del foglio, singole lettere maiuscole vergate dalla stessa mano che trascrive il testo, non presenti tuttavia nell’intero codice. f. 2r:

f. 2v: f. 13v: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

29r: 50v: 54v: 70v: 121v: 135r: 157r: 163v: 175r: 186v: 231v:

iniziale A di Adventus domini, all’incipit del primo capitolo dell’opera, fitomorfa policroma su campo blu; l’asta sinistra e il tratto orizzontale che chiude in alto la lettera si sviluppano in un breve fregio, anch’esso fitomorfo. iniziale U di Universum tempus, all’incipit del Prologus. iniziale N di Nativitas domini, all’incipit del passo corrispondente, come le successive. iniziale E di Epiphania domini. iniziale P di Purificatio beatae Virginis. iniziale A di Agatha virgo. iniziale A di Adnuntiatio beatae Virginis. iniziale P di Petrus trinomius extitit. iniziale M di Maria Magdalena. iniziale D di Donatus cum Iuliano. iniziale A di Assumptio Virginis. iniziale A di Augustinus. iniziale N di Nativitas gloriose Virginis. iniziale O di Omnium sanctorum festivitas.

Nonostante l’esiguità dell’apparato decorativo, è possibile, tenendo presente anche il dato paleografico, assegnare il codice alla produzione di uno dei numerosi ateliers attivi a Parigi tra la prima e la seconda metà del Duecento. Elementi significativi che sembrano suffragare tale ipotesi sono, ad esempio, la scelta della tavolozza pittorica, tutta giocata sull’alternanza delle tonalità del rosa e del blu, oltre che la presenza delle terminazioni a mezza palmetta che arricchiscono le iniziali maggiori; altro indizio, infine, è la spessa linea nera che ne definisce il perimetro e che contribuisce in tal modo a esaltarne la tenue cromia. Lo stato di conservazione è discreto, anche se talvolta, nel bas-de-page, alcuni fogli risultano risarciti con inserti di pergamena; tra il f. 200 e il f. 220 l’inchiostro è spesso sbiadito, mentre la parte finale del codice è interessata da una vasta macchia di umidità nel margine inferiore; numerosi sono i risarcimenti a

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ROSS. 527-529

rattoppo, presenti ai ff. 5, 81, 101, 115 (in questo caso il filo di cucitura è andato perduto), 125, 139, 163, 167 (risarcito prima della stesura del testo), 175, 178, 179 (anche in questo caso non vi è più il filo), 203, 206, 217, 222, 230, 245. Molti difetti di concia, che interessano i ff. 59, 66, 73, 166, 187, 189, 201, 204, 227, 234, 239, 269. Sono infine visibili altri interventi di risarcimento, come al f. 40, dove il bas-de-page è integrato con della pergamena, o come al f. 249 in cui un esteso taglio del margine inferiore è stato maldestramente rattoppato con delle strisce di carta leggerissima o, ancora, come al f. 258, il cui margine inferiore è stato integrato a pergamena. Legatura Rossi A, in buono stato conservativo. Sul dorso, in alto si legge LECTIONARUM DE SANCTIS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII. (Bibl. Rossianae, V, 321r) MAGGIONI, Dalla prima alla seconda redazione, 264, 265, 267; CERESA, Bibliografia 2005, 479.

EVA PONZI

Ross. 529 (olim IX, 219) Commentarium in psalmos (ff. 1r-16v) Italia meridionale sveva / San Giovanni d’Acri (?), sec. XIII, metà Membr. (pergamena di qualità discreta e ben lavorata, ma con evidenti problemi di tensione); ff. XI, 16, XI’ (I e XI’ sono marmorizzati, I sul recto e XI’ sul verso, come le rispettive controguardie; I’ e II’, III’ V’e VI’, VII’ e VIII’, IX’ e X’ sono solidali tra loro attraverso il margine superiore). Il manoscritto è mutilo (explicit: Disperdat dominus universa labia dolosa, in linguam mag ///). Foliazione moderna, meccanica in basso a destra; richiamo sull’estremo margine inferiore del verso di f. 8, dove si scorge anche un’indicazione di registro a cifre romane, che compare, ma senza il richiamo, anche sul verso di f. 16; mm 276×189 (misure prese a f. 1). Scrittura gotica, disposta su una colonna (mm 187×119), di 27 linee; di unica mano, di modulo ampio, rigida, piuttosto angolosa e non perfettamente allineata sul rigo, vergata a inchiostro bruno chiaro che vira all’ocra, rialzato con tocchi di inchiostro rosso nelle lettere, maiuscole o minuscole che segnalano punti salienti del testo; rosso per l’explicit di ogni sal-

Ross. 529, f. 2v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

mo. Alcuni passaggi all’interno dello specchio scrittorio sono sottolineati a inchiostro rosso. Ai ff. 5v e 10r, una seconda mano riscrive, su rasura e con inchiostro nero, parti del testo. Correzioni su rasura, per es. ai ff. 7v, 9v, da parte dello stesso scriptor responsabile dell’apparato grafico nel suo complesso. Scrittura distintiva (maiuscola gotica ma con tendenza alla capitale) realizzata a pennello in blu e rosso a righe alterne, ad esempio per l’incipit del salmo 1 a f. 2v. Rigatura a mina di piombo appena visibile, tracciata sul recto e sul verso dei fogli. Sul margine sinistro di tutti i fogli si scorgono i fori guida.

f. 1r:

lungo il margine superiore, una nota di mano sette-ottocentesca scrive, con inchiostro nero: Pretiosissimi codicis postillatum in psalmos fragmentum sicut iste peteant (?) peccatores (?) a facie Dei.

L’apparato decorativo del codice è rappresentato da: 2 iniziali maggiori, l’una decorata (f. 1r), l’altra istoriata (f. 2v), a segnalare l’incipit del Prologo e del salmo 1; 11 iniziali maggiori, da un minimo di 2 a un massimo di 4 linee di scrittura, all’inizio dei salmi (segnalato anche da un numero romano vergato in rosso sul margine esterno dello specchio scrittorio), rubricate in rosso e blu e ornate all’interno con decorazione di penna e di pennello; numerose iniziali minori rubricate alternativamente in rosso e in blu all’inizio dei versetti dei salmi; incipit a f. 2v tracciato a pennello con inchiostro blu e rosso e decorato, sul corpo delle lettere, con leggeri motivi di penna a biacca. f. 1r: iniziale maggiore decorata I di Iste liber (mm 73×11). La lettera, desinente alle due estremità con un ornamento geometrico tracciato in blu con rifiniture a biacca e riquadri campiti in rosso, reca, nella parte mediana, un clipeo contenente un grosso fiore. La I è contornata da un sottile tratto di inchiostro rosso e accompagnata, esternamente, sul lato sinistro, da un semplice intreccio a penna desinente in palmette. f. 2v: iniziale maggiore istoriata B di Beatus vir (mm 105×73). Il corpo della lettera, inquadrata da una cornice e posta su un campo in oro decorato a motivi geometrici puntinati in biacca, ospita fasce verdi e rosse sagomate da una sottile cornice in bianco e poste su un fondo blu. L’arco superiore della lettera ospita una Maiestas domini: la scena si svolge all’interno della Gerusalemme celeste, così come attesta la presenza dei quattro fiumi paradisiaci nascenti dalla fonte in basso e indicati dai nomi, Geon, Phison (sta per Phision), Tygris, Eufrate. Cristo, seduto su un trono senza spalliera, benedice con la destra, mentre con l’altra mano regge un libro che poggia sulla gamba. Ai lati due alberi, probabilmente quello della vita e quello della conoscenza, che richiamano la pianta raffigurata nel Miracolo della verga fiorita, a f. 58v della Bibbia di Manfredi, ms. Vat. lat. 36 della Biblioteca Apostolica Vaticana, a conferma del legame con la cultura figurativa duecentesca d’ambito italomeridionale. Uno straordinario ritratto di re David – identificato dal titulus come David / s(anctus) rex – è ospitato, nell’arco inferiore della lettera: il re biblico è seduto su uno scranno quadrato da cui scende un panno bianco che ricorda da vicino, quello che copre sul lato anteriore il sedile di Maria nella corrispondente B di Beatus

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ROSS. 529

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vir a f. 36r del Salterio c.d. di Isabella o Libro dei Salmi di Federico II (Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 323; cfr. infra), ed è raffigurato nell’atto di suonare un’arpa, la cui estremità superiore termina con una testa di volatile, che mostra delle significative analogie con la terminazione zoomorfa dell’arpa suonata da Davide nello stesso salterio riccardiano. In secondo piano, quasi sullo sfondo, in un’immagine peculiare e di grande suggestione, una danzatrice volteggia con leggerezza al suono della musica, accompagnandosi con strumenti musicali da mano. L’eleganza che connota il movimento della figura richiama, ancora una volta, il Salterio di Isabella, e in particolare, sia pur in una figuratività più accentuatamente gotica, l’angelo dell’Annunciazione (ancora a f. 36r), e uno degli astanti nella scena dell’Annuncio ai pastori nella stessa lettera istoriata. Le forti assonanze appena indicate con la cultura italomeridonale sveva (del periodo compreso tra l’età di Federico II e quella del di lui figlio Manfredi) trovano conferma, e consentono un’ulteriore puntualizzazione, nella decorazione geometrica a fiori minuti (a 4 petali), realizzati nei colori del rosso e del verde con bottone al centro della tonalità più scura, che campisce il fondo esterno dell’iniziale B, di f. 2v, decorazione che ricorda l’Histoire Universelle, ms. 10175 di Bruxelles, Bibliothèque Royale (per es. f. 119r), databile al III-IV decennio del Duecento e assegnato allo scriptorium di San Giovanni d’Acri (BUCHTHAL, Miniature Painting, 68-87). Quella rappresentata dal salterio rossiano si caratterizza come una cultura composita, in cui si coniugano suggestioni dalla miniatura francese dei primi decenni del Duecento, con elementi della cultura figurativa bizantina e con le nuove linee della miniatura italo meridionale di età sveva. Ed è vero che questo splendido connubio identifica a perfezione la produzione libraria miniata dello scriptorium gerosomilitano. Determinante appare peraltro il confronto, sopra sottolineato, con uno dei prodotti più prestigiosi di questa scuola, il Salterio di Isabella (per il quale cfr., in una bibliografia ricchissima: MENNA, Il Salterio, 334-338; LAZZI, Scheda nr. 2, 59-61; MADDALO, Writing/Figure, 52; LAZZI, Scheda nr. 67, 191), con cui il Ross. 529 si può confrontare, oltre che per l’apparato decorativo e figurativo (se pure, come si è detto, trasposti in una chiave più squisitamente gotica), anche per quello grafico, in particolare per la scrittura del testo che, come quella del Salterio di Isabella, è una gotica del tipo adottato nella prima metà del sec. XIII nello scriptorium gerosolimitano. Lo stato di conservazione del manoscritto è mediocre. Mediocri sono anche le condizioni della legatura, di tipo A, dalla quale il primo fascicolo è quasi del tutto staccato. Sul dorso si legge in alto DECL(INATUM) / PSAL(TERIUM) e in basso COD(EX) / MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (Bibl. Rossianae, V, 323r) TIETZE, Die illuminierten, 26 nr. 41.

SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 531 (olim IX, 221) PUBLIUS VEGETIUS, De meneschalcharia (tavola degli argomenti ai ff. 1r-6v) Napoli, sec. XV3-4 Membr. (pergamena ben lavorata, ma spesso scura); ff. VI (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 113, VI’ (fogli di guardia cart. moderni; il VI’ in cartoncino blu, come la controguardia); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra (si segnala un errore nell’assemblaggio dei fascicoli: l’attuale f. 1 sarebbe in realtà il f. 5 e, inoltre, quello che oggi è indicato come f. 2 dovrebbe essere il f. 6; i ff. 3-6 sono infatti i primi fogli del codice); i fascicoli sono segnalati, nel margine inferiore in prossimità della cucitura, dalle lettere dell’alfabeto vergate in capitale; mm 275×187; lingua volgare; scrittura umanistica corsiva di un’unica mano a inchiostro bruno e rosso, per la tavola degli argomenti; ai ff. 5r, 9v, 10r, 44v, 78v numerose probationes calami; a f. 5r Ross. 531, f. 9r è presente una nota vergata a inchiostro nero, di difficile lettura; a f. 6r si legge 1526 fatto p(er) mano de //; a f. 113v, ancora un’annotazione lan(n)o 2626 (sta per 1626 ?) // una darcha de grano de // 2000; il testo è inoltre spesso annotato da diverse mani, una in particolare segnala le patologie equine. Specchio scrittorio (mm 186×115) a piena pagina, di 29 linee di scrittura; glosse marginali di una mano posteriore; rigatura a inchiostro leggerissima, eseguita su recto e verso di ogni foglio; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 5 iniziali maggiori a bianchi girari su fondo policromo (mm 40×39) con fregio; numerosi capilettera in foglia d’oro su fondo policromo; 1 pagina di incipit; numerazione in cifre romane e titoli dei capitoli dell’opera rubricati. Le iniziali maggiori a bianchi girari sono collocate ai ff. 7r, 9r, 45r, 95v, 104v. f. 7r: iniziale S di Spesse volte, all’incipit della lettera di dedica, a bianchi girari su fondo policromo e con elementi in foglia d’oro, usata a profusione in tutta la cornice, enfatizzata lungo il perimetro da una linea a inchiostro nero. Un fregio, anch’esso a bianchi girari, è delimitato alle estremità da una decorazione fitomorfa di colore bianco e blu ed è completato da bottoni in lamina metallica. Tale ornamentazione occupa il margine laterale interno del foglio, mentre il medesimo apparato decorativo è stato rifilato insieme al margine superiore della pagina. f. 9r: iniziale N di Non fu posposta la cura, a bianchi girari in foglia d’oro e su fondo policromo, con il campo profilato in lamina metallica e a inchiostro

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ROSS. 531

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nero, inserita nella pagina di incipit all’opera. I quattro margini della pagina sono sottolineati da una cornice a bianchi girari, riquadrata e listellata in foglia d’oro. Per fornire maggiore vivacità alla decorazione, l’artista ha inserito nel fitto degli intrecci vegetali varie specie di animali (volatili, farfalle e conigli, un pipistrello); inoltre, tra le volute, giocano due coppie di amorini biondi. Ognuno di essi è rappresentato in un atteggiamento differente: c’è chi suona delle piccole trombe, chi calza un copricapo da gnomo, chi tiene in mano una palma, mentre tutti portano al collo una collana di rossi grani di corallo. La complessità esornativa della pagina è anche ottenuta grazie alla presenza di quattro clipei inseriti nella cornice: nella parte superiore ne compaiono due, uno contenente l’impresa della sedia infuocata e l’altro con l’ermellino che porta in bocca un filatterio d’oro con la scritta PROBANDA. Nel margine esterno, un tondo laureato e doppiamente incorniciato in oro ospita il ritratto del committente o del destinatario dell’opera (forse lo stesso Ferrante d’Aragona per volontà del quale l’opera di Vegezio fu tradotta), o forse quello dell’autore del volgarizzamento italiano: si tratta di un personaggio abbigliato in vesti civili, con il capo coperto da una berretta rossa bordata da una sorta di corona di vaio e con una sopravveste su tunica rossa; nella mano destra esibisce un oggetto da identificare forse con una grossa pinza, molto probabilmente uno degli strumenti usati per la cura dei cavalli. Nel bas-de-page campeggia uno stemma affiancato da due puttini reggistemma, caratterizzati anch’essi dalla collanina di corallo al collo; il blasone (inquartato nel I e nel IV d’oro a quattro pali di rosso, nel II e nel III tripartito: fasciato d’argento e di rosso di otto pezzi, d’argento seminato di gigli d’oro, d’argento alla croce di Gerusalemme d’oro, sormontato da corona) è contenuto in un clipeo laureato e doppiamente bordato in oro, con uno sfondo blu ornato da filamenti e volute bianchi. Lo stemma è quello di Ferrante d’Aragona, re di Napoli (1458-1494). Completa la pagina l’incipit in lettere capitali crisografate: Incomincia il proemio de P. Vegetio homo illustre De meneschalcharia. f. 45r: iniziale L di L’arte de menescalcharia, all’incipit del secondo libro dell’opera, a bianchi girari su fondo policromo e con elementi in foglia d’oro, materiale utilizzato in tutta la cornice. Da questa nasce un fregio a bianchi girari, che si sviluppa sui margini interno e superiore del foglio, arricchito da una decorazione fitomorfa, realizzata in bianco e blu, e dalla presenza di bottoni in foglia d’oro. f. 95v: iniziale A di A da disprezzare, all’incipit del terzo libro dell’opera, a bianchi girari su fondo policromo e uguale in ogni sua componente alla lettera descritta appena sopra. Anche in questo caso, come già riscontrato al f. 7r, il fregio è stato rifilato insieme al margine superiore. Lo stesso fenomeno di registra al f. 104v, con l’iniziale H di Hordinando io li libri, all’incipit del quarto libro; la lettera è a bianchi girari su fondo policro-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

mo ed è realizzata come tutte le altre che costituiscono l’apparato decorativo del codice. L’esecuzione dell’apparato decorativo è assegnabile a Gioacchino de’ Gigantibus (notizie dal 1450 al 1485 circa). I bianchi girari abitati da animali, in particolare volatili, e da genietti con collane di corallo che si arrampicano e giocano tra le volute, sono infatti la cifra stilistica del miniatore di origine tedesca. Egli lavorò nella città partenopea dal 28 marzo 1471 fino al 15 novembre 1480, dove è indicato come scriptore e miniatore del Signor Rey (PASUT, s.v. Gioacchino de’ Gigantibus, 265). Dopo tale data, su richiesta di Sisto IV (1471-1484), Gioacchino tornò a Roma (dove aveva già lavorato per Callisto III (1455-1458), Pio II (1458-1464) e Paolo II (1464-1471), negli anni precedenti il soggiorno napoletano). Oltre al blasone, segni inequivocabili della committenza aragonese sono le imprese del ‘trono infuocato’ e l’ermellino con il filatterio che reca il motto probanda, l’una e l’altro visibili in due dei quattro clipei che arricchiscono la decorazione della cornice a bianchi girari, nella pagina di incipit; la presenza di questo emblema è, insieme ai dati biografici del miniatore e a quelli dell’autore del volgarizzamento (cfr. infra), un’ulteriore conferma della datazione del manoscritto alla seconda metà del secolo XV. L’Ordine dell’Ermellino fu infatti fondato da Ferrante I il 29 settembre del 1465 e posto quindi sotto la protezione di san Michele Arcangelo (DE MARINIS, La biblioteca, 134). Lo stato di conservazione è discreto, anche se, come già detto, il codice è stato rifilato. La compagine dei fascicoli mostra qualche difetto, soprattutto a causa della scarsa adesione alla legatura, protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu; in alcuni punti la foglia d’oro è venuta a cadere, come nello stemma, dove peraltro si fa fatica a distinguere a occhio nudo le piccole croci di Gerusalemme, caratteristiche di due partizioni del blasone. I primi fogli, inoltre, risultano di una colorazione più scura rispetto al resto del manoscritto, tanto che il f. 1r è addirittura leggibile con difficoltà. Sono infine presenti, diffusi in tutto il libro, sia fori dovuti ai tarli sia macchie di umidità che, prima che fossero apposti fogli di carta velina a protezione delle miniature, hanno lasciato la loro impronta sul foglio affrontato. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge DI MASCHALC(ARIA) VULGARE; in basso COD(ICE) MEMBR(ANACEO) / DEL SEC(OLO) XV. Taglio colorato di giallo. Il Ross. 531 contiene la Mulomedicina, trattato di patologia equina, compilata tra la fine del secolo IV e gli inizi del V da Publio Vegezio. Nel Medioevo l’opera riscuote una discreta fortuna e, oltre che da esemplari in lingua latina, essa viene tramandata anche sottoforma di traduzione, come nel caso del codice oggetto della scheda. Esso è infatti un volgarizzamento realizzato nel terzo quarto del Quattrocento da Giovanni Brancati, personaggio di spicco della corte aragonese di Napoli. Giunto in quella città nel 1465, aveva stretto un rapporto di fidu-

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ROSS. 531

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cia con Antonello Petrucci, segretario di Ferrante. Fu grazie a lui che Brancati fu introdotto a corte, dove riuscì a ottenere l’incarico di direttore della biblioteca, distinguendosi per la carica umanistica e per la competenza nelle lettere (MUTINI, s.v. Brancati Giovanni, 824). Nel Ross. 531 non è tuttavia mai menzionato il nome dell’autore del volgarizzamento, ma l’attribuzione al livrero mayor della Biblioteca reale napoletana si può ipotizzare sulla base di elementi testuali (ORTOLEVA, Giovanni Brancati, 371). Dopo la tavola degli argomenti, i ff. 7r-8v sono infatti occupati da una epistola prefatoria indirizzata a un importante esponente della casa regnante. È inoltre indubbio che questo manoscritto fosse parte della biblioteca reale, fatto da considerarsi certo grazie alla presenza, nella pagina di incipit, sia dello stemma aragonese sia degli emblemi parlanti, disseminati nella cornice a bianchi girari. Sembra che Brancati, nonostante fosse uno strenuo sostenitore della lingua latina e, in più di un’occasione, si fosse manifestato restio alla traduzione dei classici, eseguisse la traduzione in volgare della Mulomedicina, in risposta alle insistenti richieste del re; significativa a questo proposito fu la sua posizione nei confronti della versione della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, realizzata da Cristoforo Landino (1424-1498) in quegli stessi anni, e giudicata dal Brancati del tutto inadeguata rispetto all’originale (MUTINI, s.v. Brancati Giovanni, 825). Mentre non sono a tutt’oggi noti altri esemplari tradotti dell’opera di Vegezio, sono invece conosciuti due codici, ugualmente provenienti dalla collezione aragonese, che tramandano il testo latino della Mulomedicina: il ms. lat. 7010 della Bibliothèque nationale de France e il Nov. Eboracensis cat. 69 nr. 72, della Libreria H. P. Kraus di New York; proprio tali esemplari guidarono forse Brancati nella compilazione del suo volgarizzamento (ORTOLEVA, Giovanni Brancati, 374). Sono sconosciute le vicende attraverso le quali il codice, nell’Ottocento, è entrato a far parte della collezione de Rossi. Si ricorda tuttavia che la Biblioteca reale aragonese, una collezione tra le più ricche dell’Europa del tempo, venne dispersa a partire dalla discesa di Carlo VIII (1491-1498) in Italia, nel 1495. (Bibl. Rossianae, V, 325r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; PUGLIESE CARRATELLI, Due epistole, 191; RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 277; BUONOCORE, Bibliografia, 661; ORTOLEVA, Giovanni Brancati, 370, 371-374; ORTOLEVA, La cosiddetta tradizione, 267; ORTOLEVA, Alcune espressioni, 261; APRILE, Identificazione dell’antigrafo, 213, 229-231; CERESA, Bibliografia 2005, 479.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 535 (olim IX, 225) PRISCIANUS, De octo partibus orationis libri XVI (ff. 1r-155r); commento a un trattato grammaticale (f. 156r-v) Italia centro-meridionale, sec. XII2-3 Membr. (spessa, ma di buona qualità e ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VI cart. moderni), 156, VI’ (VI’ in cartoncino blu, al pari della controguardia; tutti gli altri sono cart. moderni); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo nell’angolo inferiore a destra, accompagnati, ma al centro del bas-de-page, da indicazioni di registro alfabetiche messe in evidenza da una filigranatura; sia queste sia i richiami sono presenti fino a f. 72v, per poi sparire nei fascicoli successivi; mm 260×175; scrittura minuscola di una sola mano a inchiostro bruno, al f. 156 di mano diversa; specchio scrittorio (mm 188×100) a piena pagina di 44 linee di scrittura; rigatura a secco eseguita sul lato pelo di ogni bifolio, con le righe verticali che arrivano a toccare i margini supeRoss. 535, f. 14r riore e inferiore; la foratura per tracciare le righe non è stata rifilata; il codice si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è composto da: 20 iniziali maggiori di varia tipologia (zoomorfe, decorate, fitomorfe, caleidoscopiche) (mm 54×39); titoli e capilettera rubricati; numerosissime letterine rilevate in rosso; le prime linee di scrittura in apertura degli incipit o di altre parti importanti sono realizzate in scrittura distintiva (capitali di modulo decrescente, alternativamente a inchiostro rosso e bruno); numerazione dei fascicoli in cifre romane in alto a destra, contemporanea alla scrittura; glosse marginali e interlineari, quest’ultime più rade delle prime; ai ff. 37v, 42v, 43r, 59r sono state vergate alcune parole in greco; indicazione dei libri in cifre romane. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 11r, 14r, 15r, 22r, 30r, 37r, 48v, 49r, 62v, 64r, 79v, 99r, 109r, 120r, 127v, 132v, 138v, 147r, 153r-v. f. 11r:

f. 14r:

iniziale S di Sillaba est comprehensio literarum, all’incipit del II libro dell’opera (De syllaba), zoomorfa su campo rosso. L’animale che prende le sembianze della lettera è una sorta di grifo, con testa di volatile dal grande becco e con le ali, le zampe, la coda da felino. L’immagine è realizzata a inchiostro bruno scuro con una linea ondulata rossa a segnare la curva del collo dell’animale e della sua ala. iniziale P di Partes orationis igitur sunt, a sottolineare il passo testuale dal titolo De oratione, all’interno del II libro, decorata con intrecci fo-

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ROSS. 535

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gliati e forme animali, su campo rosso; la lettera è eseguita a inchiostro bruno scuro. f. 15r: iniziale N di Nomen est pars orationis, a segnare il passaggio testuale intitolato De nomine, all’interno del II libro, zoo-antropomorfa eseguita a inchiostro bruno scuro su campo rosso; la lettera prende le sembianze di un drago dalla testa umana che indossa un cappello a punta. f. 22r: iniziale C di Comparativum est, all’incipit del III libro (De comparatione), caleidoscopica con la forma di un animale fantastico con zampe, ali, coda pinnata e testa canina, dalla cui bocca spalancata nasce un elemento vegetale fogliato. La lettera è eseguita a inchiostro bruno ed è appena accennato il riquadro intorno a essa, forse rosso come nelle miniature descritte in precedenza. f. 30r: iniziale D di Denominativum appellatur, all’incipit del IV libro (De nominativis), zoomorfa realizzata a inchiostro bruno scuro; essa ha le sembianze di un drago, che regge nella sua bocca la propria coda terminante con un’ulteriore testa di drago. f. 37r: iniziale Q di Quoniam de specibus sive formis nominum, all’incipit del V libro (De generibus), zoomorfa a inchiostro bruno scuro, con le sembianze di un drago che si chiude su se stesso per serrarsi la coda nella bocca, coda che diventa la gamba della Q. f. 48v: iniziale B di Breviter regularis tibi me iussisti, all’incipit del VI libro (De nominativo et genitivo casu), eseguita in uno spazio riservato a fondo azzurro riquadrato in rosso; è zoomorfa con testa canina che serra in bocca la propria coda, formando così la pancia della lettera, il cui spazio interno è rosso; il corpo invece doveva essere realizzato in foglia d’oro: è rimasto solo il bolo steso in uno strato molto spesso, sul quale sono ancora visibili, con l’aiuto di una lente di ingrandimento, impercettibili tracce di foglia d’oro, nella parte superiore della lettera. f. 49r: iniziale Q di Quattuordecim sunt litere terminales, che segna un passaggio testuale all’interno del VI libro; stessa tipologia della lettera descritta in precedenza, con l’unica differenza che riguarda i colori, che sono invertiti nell’ordine; anche in questo caso, inoltre, è da segnalare la stessa problematica con la lamina metallica, già riscontrata nella lettera B di Breviter. f. 62v: iniziale B di Breviter igitur possumus colligere, in chiusura del VI libro, passo che il copista sottolinea rubricando il termine recapitulatio; zoomorfa a inchiostro bruno su fondo rosso riquadrato in azzurro; la pancia della lettera è formata dalla posizione della testa canina che tiene nella propria bocca la coda, terminante con un elemento fitomorfo. f. 64r: iniziale T di Terminales sunt nominum literae, all’incipit del VII libro (De ceteris casibus), fitomorfa a inchiostro bruno, con fondo in rosso. f. 79v: iniziale V di Verbum est pars orationis, all’incipit dell’VIII libro (De verbo), zoomorfa realizzata a inchiostro su un fondo per metà azzurro e per

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f. 99r:

f. 109r:

f. 120r:

f. 127v:

f. 132v: f. 138v:

f. 147r:

f. 153r:

f. 153v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

metà rosso, riquadrato con gli stessi pigmenti, ma alternati nell’ordine; le aste della V hanno la forma di due cani rampanti affrontati. iniziale D di Dictionum aliae sunt uniformes, all’incipit del IX libro (De generali verbi declinatione), semi-fitomorfa, con l’estremità dell’asta della lettera che si chiude con un elemento fogliato, mentre lo spazio all’interno del corpo della lettera è occupato da una sorta di fiore stilizzato, che nasce dalla lettera stessa. iniziale I di In 10 unum invenitur, all’incipit del X libro (De praeterito perfecto III coniugationis), realizzata con il medesimo inchiostro impiegato per vergare il testo. iniziale Q di Qui tertio loco participium posuerunt, all’incipit dell’XI libro (De participio), zoomorfa a inchiostro, è un drago che si chiude su se stesso. iniziale P di Pronomen est pars orationis, all’incipit del XII libro (De pronomine), caleidoscopica a inchiostro bruno, ittiomorfa nella pancia della lettera e vegetale nell’asta verticale. iniziale C di Casus quoque accidit pronominibus, all’incipit del XIII libro (De casibus), ittiomorfa a inchiostro. iniziale Q di Quoniam de omnibus, all’incipit del XIV libro (De praepositione), a inchiostro bruno a forma di drago che crea la lettera chiudendosi la coda in bocca. iniziale A di Adverbium est pars orationis indeclinabilis, all’incipit del XV libro (De adverbio), a inchiostro, zoomorfa con corpo di drago e testa di canide. iniziale I di Interiectionem Greci inter adverbia ponunt, segna il passaggio testuale intitolato appunto De interiectione all’interno del XV libro; a inchiostro con il corpo che assume le sembianze di una sorta di scudo rosso, che ospita un canide rampante. iniziale C di Coniunctio est pars orationis indeclinabilis, all’incipit del XVI libro (De coniunctione), a inchiostro e dalla forma di serpente.

Il Ross. 535 è un pregevole codice di studio, assemblato con una pergamena di buona qualità e vergato in una scrittura minuscola professionale. La sua destinazione sembra confermata dall’insieme delle iniziali, realizzate in modo accurato, ma con l’impiego di una tavolozza pittorica assai scarna. Per le modalità di esecuzione e per gli estremi cronologici proposti, si suggerisce un ambito di produzione circoscritto all’Italia centrale. Lo stato di conservazione desta qualche preoccupazione: per prima cosa va segnalato che ai ff. 1r e 2r, in corrispondenza del prologo e dell’incipit del primo libro, le lettere iniziali sono state ritagliate; lo stesso fenomeno si riscontra, in molti casi, anche nei margini laterale e inferiore; si rileva poi la presenza di macchie di umidità e di fori causati dall’azione dei tarli; ulteriori problemi si registrano nella compagine dei fascicoli, che spesso risulta scarsamente solidale con il dorso della legatura.

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ROSS. 535-537

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Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione, protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge PRISCIANO (sic) ROM(ANI) / COMMENTARIORUM GRAMMAT(ICAE) / LIB(RI) XVIII; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XII INEUNT(E). Marina Passalacqua, nel suo catalogo dei codici di Prisciano (PASSALACQUA, I codici, 323-324), segnala al f. 156v due note di possesso: Iste Priscianus est Petri, datata al secolo XIV e un’altra erasa. Occorre inoltre aggiungere che al f. 156r il nome Iacobus è ripetuto più di ventiquattro volte (Manuscrits classiques latins, 457-458); si tratta forse di una probatio calami. Circa mille sono i codici che tramandano il De octo partibus di Prisciano (grammatico bizantino, vissuto tra la fine del secolo V e gli inizi del successivo), la cui opera venne largamente impiegata nelle scuole occidentali durante tutto il Medioevo. Il Ross. 535 è un’ulteriore conferma di tale successo. È interessante notare come, al f. 99r, lo scriba abbia trascritto una nota, in forma di explicit, presente presumibilmente nell’antigrafo e forse nella tradizione precedente o in un ramo di essa, poiché compare in numerosi altri manoscritti, vergati anch’essi tra i secoli XI e XII e che tramandano la medesima opera, come ad esempio nel ms. Burn. 275 della British Library di Londra o nel ms. 47.5 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze o, ancora, nell’Add. C 142 della Bodleian Library di Oxford. In essa – Liber VIII explicitus est feliciter. Fl. Theodorus Dionisii ut memorialis epistularum et adiutorium quaestoris s(acri) p(alacii) scripsi ertem Prisciani eloquentissimi gramatici doctoris mei manu mea in urbe Roma Costantinopoli die tertio idus ianuarii Mavortio V consule indictio V – si legge infatti il nome del copista, Teodoro Dionisio, che lavorò a Costantinopoli, intorno al 527, come indicato dall’indizione (V) e dal nome del console (Mavorzio). (SILVA TAROUCA, III, 119r; Bibl. Rossianae, V, 329r) GOLLOB, Die Bibliothek, 13; MAZZINI, Il codice Vaticano latino 3313, 214-215; GIBSON, Priscian, 121; PASSALACQUA, I codici, 323-324; Manuscrits classiques latins, 457-458; BUONOCORE, Bibliografia, 661.

EVA PONZI

Ross. 537 (olim IX, 227) SEVERINUS BOETHIUS, In Isagogas Phorphirii 1 (ff. 1r-26v); In Isagogas Phorphirii 2 (ff. 27r-58v); In Categorias (ff. 59r-105v); De differentiis topicis (ff. 106r-126r); De Syllogismis categoricis (ff. 123r-139r). GERBERTUS, De rationali et ratione uti (ff. 140v-141r) Italia centrale (Firenze), sec. XII1-2 (1120-1130) Membr. (pergamena bianca sul lato carne e giallina al lato pelo; ben lavorata); ff. VI, 142, V’ (risguardi e guardie cartacee); foliazione a matita in cifre arabe a destra in alto sul

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

recto; mm 250×170; lo specchio di scrittura, tracciato a secco come la rigatura (mm 190×110), si articola su una colonna con 41 linee (mm 190×110); il fascicolo 12° è un quaternione mutilo del foglio finale; il primo libro delle Isagogae sembra essere realizzato modularmente, dato che è distribuito su 28, 18, 14; il secondo è contenuto esattamente nei 48 successivi, mentre le altre opere sono trascritte nei 108 successivi, con l’aggiunta di 12 finale; gli ultimi 3 fogli sono stati aggregati in un secondo momento. Scrittura carolina vergata a inchiostro bruno, rosso per le rubriche, con parole scritte in greco; annotazioni marginali coeve in corrispondenza della terza opera e quattrocentesche nel resto del codice; maniculae.

(f. 142v) Ego Thomasius (…); lista di nomi ecclesiastici fiancheggiati da somme di denaro espresse in tarenti (talenti). Il sistema illustrativo è costituito da rubriche, tocchi rossi nelle maiuscole del teRoss. 537, f. 1r sto, lettere di penna e di pennello; le rubriche sono dello stesso modulo del testo nei capitoli, mentre le scritture d’apparato sono in capitale o alfabeto misto, con inchiostro rosso e seppia, talora con lettere inchiavardate. Le iniziali a penna sono semplici, in inchiostro rosso, alte 1 linea; nel primo libro le iniziali a pennello sono state eseguite completamente fino al f. 18v, poi seguono alcune lettere parzialmente eseguite fino al f. 22r, mentre gli ultimi fogli presentano gli spazi predisposti rimasti in bianco (ai ff. 23r e 24r si registra un tentativo di eseguire una iniziale sostitutiva in inchiostro rosso). Nei libri e nelle opere successivi solo la prima iniziale è stata completamente eseguita, mentre talune lettere minori sono state semplicemente abbozzate dall’originario artefice o completate sommariamente a inchiostro rosso in seguito. Le lettere eseguite appartengono al repertorio toscano del XII secolo, caratterizzato da nastri aurei, corpo compartimentato con intrecci apicali e patterns fogliacei, mentre i fondi delle lettere, campiti in azzurro, rosso e porpora, sono ornati con tralci vegetali acquarellati. f. 1r:

Anicii Mailii (sic) Severini Boetii viri clari et illusris (sic) ex cursu senatoris ordine patricii in isagogas Paulo Victorino translatas, editionis prime liber primus incipit. L’iniziale H di Hiemantis anni tempore (mm 103×85) ha il corpo con nastro vuoto, contornato da listelli in oro steso a pennello che formano intrecci apicali; i compartimenti hanno un motivo ornamentale costituito da rosette quadripetale iscritte in un quadrato in inchiostro blu e rosso. Nel campo superiore della H è disegnata a risparmio l’immagine dell’autore nell’atto di dettare il testo a un discepolo su

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ROSS. 537

f. 16v:

f. 19v:

f. 20r:

f. 20v:

f. 21r: f. 22r:

f. 23r:

f. 24r:

f. 27r:

f. 32v: f. 37r: f. 38v:

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un fondo blu scolorito; nel campo inferiore un tralcio fogliaceo risparmiato e parzialmente acquerellato in verde, blu e rosso è adagiato su un fondo porpora, blu e rosso; alcuni uccelli sono posati tra le fronde. iniziale M di Multatam nobis con nastro in oro a pennello e scomparti rosso e blu, all’incipit del Liber secundus Anici Manlii Severini Boetii (mm 80×65). Al centro della lettera è disegnata una mucca con vitello, mentre alla sommità due uccelli con collo intrecciato si affrontano. iniziale P di Proprium quattuor all’incipit del capitolo De proprio (mm 55×30) con campo in porpora non contornato e il nastro compartimentato della piccola lettera in oro a pennello. iniziale D di Deffinit Porphirius a introdurre il capitolo De accidenti (mm 48×30), con campo in porpora e nastro in oro compartimentato con motivo vegetale al centro. iniziale E di Explicitis igitur all’incipit del capitolo Quesit communio omnium (mm 30×20); lettera disegnata, ma solo parzialmente colorata, su campo quadrato porpora; iniziale E di Expeditis ergo omnium, all’incipit del capitolo De communionibus generis et differentiae (mm 25×25), come il precedente. iniziale P di Post demonstrationem all’incipit del capitolo De differentis generis et differentiae (mm 48×30); anche questa iniziale è parzialmente dipinta. iniziale N di Nunc autem (mm 25×18), all’incipit del capitolo De communibus generis et speciei, con fondo porpora e tralcio vegetale; il corpo della lettera non è stato eseguito; iniziale D di Dissedit igitur (mm 40×25), all’incipit del capitolo De propriis generis et speciei, identica alla precedente. iniziale D di Difert autem (mm 40×25), all’incipit del capitolo De propriis generis et propri; il disegno preparatorio del primo minatore è stato sommariamente ripassato in inchiostro rosso. iniziale E di Et est communio (mm 20×20), all’incipit del capitolo De communibus differentiae et speciei; ripassata a inchiostro rosso come la precedente. iniziale S di Secundus hic arrepte (mm 55×35), all’incipit del secondo libro di Anici Manlii Severini Boetii viri clari secunda editio; su campo rettangolare in porpora la lettera a nastri oro a pennello con patterns geometrici nei compartimenti e tralcio acquerellato in verde su fondo rosso e blu. iniziale V di Videtur autem (mm 40×30), all’incipit del Liber secundus, fogliacea disegnata, ma non colorata. iniziale S di Superior de genere disputatio (mm 50×30), all’incipit del Liber tercius, fogliacea disegnata, ma non colorata. iniziale schema dell’Albero di Porfirio (cioè della SUBSTANCIA), formato da un’asta sormontata da busto umano aureolato che regge due fiori in mano; nell’asta sono 5 clipei (inscritti: CORPUS, ANIMATUS CORPUS, ANIMAL, RACIO NATURALIS, HOMO) dai quali si dipartono due foglie ibridate, con le consuete contrapposizioni. Lo schema è colorato in giallo, rosso e blu.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 43r:

iniziale D di De differentia dispuntanti (mm 45×28), all’incipit del Liber quartus, in inchiostro rosso e bruno a imitazione delle precedenti. f. 50r: iniziale E di Expeditis per se (mm 25×25), all’incipit del Liber quintus, in inchiostro rosso e bruno a imitazione delle precedenti. f. 59r: iniziale E di Expeditis his quae (mm 70×50), all’incipit del Liber primus di Anici Manlii Severini Boetii viri clari cathegoriarum editionis primae; con corpo oro a pennello, compartimentato e tralcio fogliaceo ombreggiato in verde su fondo rosa, blu e porpora. f. 73v: iniziale E di Et si nos (mm 45×40), all’incipit del Liber secundus, in inchiostro rosso e seppia. f. 79r: iniziale P di Post quantitatis tractatum (mm 80×30), all’incipit del capitolo De relativis, in inchiostro rosso e seppia. f. 95r: iniziale S di Suscipit autem (mm 30×20), all’incipit del capitolo De facere epati et de reliquis; solo disegno originale a inchiostro. f. 96r: iniziale Q di Quotiens solem (mm 40×40), all’incipit del capitolo De oppositis, solo disegno originale a inchiostro. f. 103r: iniziale P di Prius autem altrui (mm 60×25), all’incipit del capitolo De priore, solo disegno originale a inchiostro. f. 104r: iniziale S di Simul autem dicunt (mm 35×20), all’incipit del capitolo De simul, solo disegno originale a inchiostro. f. 105r: iniziale Q di Quominus facendo (mm 35×30), all’incipit del capitolo De motu, solo disegno originale a inchiostro. f. 106r: iniziale O di Omnis ratio disserendi (mm 45×40), all’incipit di Anici Manlii Severini Boetii viri clari liber topicorum; completa con nastro oro doppio unito, tralcio acquerellato in verde e campi blu, rosso e porpora. f. 109v: iniziale O di Omnia quidam quae (mm 25×20), all’incipit del Liber secundus, solo disegno originale a inchiostro. f. 115r: iniziale Q di Quod locorum differentia (mm 45×30), all’incipit del Liber tercius, solo disegno originale a inchiostro. f. 118v: iniziale S di Si quis operis titulum (mm 38×25), all’incipit del Liber quartus, solo disegno originale a inchiostro. f. 123r: iniziale M di Multa gra(v)i veteres (mm 40×35), all’incipit di Anici Manlii Severini Boetii viri clari liber primus categoricorum sillogismorum; corpo a nastro oro su campo blu contornato in porpora con tralcio acquerellato in verde. f. 125v: disegno dello schema delle DIFFERENTIAE in inchiostro rosso e seppia. f. 128v: spazio per schema rimasto in bianco. f. 130r: iniziale S di Superioris series (mm 40×25), all’incipit del Liber secundus, disegno in inchiostro seppia. ff. 135-138v: schemi in inchiostro rosso e seppia. f. 139r: disegno a inchiostro seppia di tralcio vegetale simmetrico che occupa la maggior parte della pagina, all’explicit del Liber categoricorum sillogismorum. f. 140r: schema con l’arbor della SUBSTANTIA.

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f. 140v: Incipit Soliloquium Gerberti pape de rationale et ratione uti, scritto in inchiostro seppia, con un piccolo schema. f. 142r: schema ad arbor in inchiostro rosso e seppia della QUALITATIS. Il codice è stato trascritto da un unico amanuense professionista, come dimostra il fatto che questi costruisce modularmente il volume, facendo coincidere l’inizio dei libri della prima opera con un nuovo fascicolo; lo scriptor rivela una cultura estesa che gli permette di trascrivere correttamente anche le parole greche, che ritocca in giallo e in rosso. Allo stesso maestro è affidata anche la realizzazione delle rubriche, dei titoli in capitale di differente modulo, in inchiostro rosso e seppia e con ritocchi ad acquerello giallo, nonché degli schemi che visualizzano entro cartigli geometrici o fogliacei, collegati da linee, le divisioni della materia, per favorirne la comprensione e la memorizzazione. A un secondo artefice vengono affidate le lettere degli incipit e il miniatore esegue compiutamente solo le iniziali maggiori relative alle singole opere (ff. 1r, 27r, 59r, 106r, 126r, 139r) e quelle minori all’inizio dei primi libri nei primi tre fascicoli (16v, 19v, 20r), arrivando, per una parte delle rimanenti, a una esecuzione parzialmente colorata (ff. 20v, 21r e 22r, 59r) oppure a tracciare solo il disegno della lettera (ff. 32v, 37r, 95r, 96r, 103r, 109r, 118r); le altre iniziali non vennero eseguite e in alcuni degli spazi rimasti vuoti furono realizzate solo iniziali in inchiostro rosso e seppia, forse a opera di uno scriba non bene identificato. Il Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 56-57) per primo rilevò la difficile contestualizzazione di questo manoscritto, nel quale segnalò comunque tratti italosettentrionali, proponendo una cronologia attorno al 1100; questa collocazione venne parzialmente accolta dal Garrison (GARRISON, Studies in the History I, 164 n. 1, 176) che non riscontra alcun tratto propriamente toscano nella scrittura e nelle iniziali, anche se la struttura delle lettere e i decori dei compartimenti rivelano elementi di tipo fiorentino; propone quindi una probabile origine in relazione a questo centro e una cronologia al secondo quarto del secolo XII. Berg (BERG, Studies in Tuscan, 34, 98, 313314 nr. 149 e figg. 91-92) ribadisce il collegamento con Firenze e la cronologia, confrontandolo in particolare con le iniziali a tralcio con elementi zoomorfi della prima parte del Passionario, ms. Edili 139 della Biblioteca Medicea Laurenziana, la cui origine nella città sull’Arno è documentata dalla presenza di san Zanobi. Se il dibattito ha finora evidenziato i problemi stilistici relativi al testo, individuando Firenze come sede di realizzazione del codice e il secondo quarto del secolo come cronologia (ma forse si può restringere l’impresa al terzo decennio) resta comunque aperto il problema della progettazione del sistema illustrativo all’interno di un atelier che normalmente eseguiva codici liturgici o esegetici, per i quali dovevano esserci repertori di iniziali già sperimentate. Il volume in esame contiene la così detta Logica vetus, cioè l’insieme di testi aristotelici noti attraverso la traduzione di Boezio del VI secolo; si tratta di un testo scolastico assai diffuso, dato che si insegnava nelle scuole, già a partire dal Trivio, nella sezione corrispondente alla Dialettica. E l’ambiente scolastico si riflette direttamente sulla scelta illustrativa del frontespizio, ove Boezio è rappresentato nell’atto non solo di inse-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

gnare, ma di disputare con un giovane allievo, che solleva verso di lui la mano con l’indice teso riflettendo specularmente il gesto dell’insigne traduttore; è la classica iconografia della disputa scolastica, come la si trova nel celebre e coevo disegno di Klosterneuburg (Stiftsbibliothek, ms. 311, f. 82v); se l’antico modello della Dialogdarstellung nel codice austriaco è reso con abiti moderni in riferimento a Ugo da San Vittore, autore del testo De sacramentis contenuto nel volume, il miniatore fiorentino si attiene a una immagine più aulica, presentando Boezio nel paludamento all’antica, o meglio di quello che veniva presentato come all’antica nei volumi atlantici, ove manti e abiti con la parte superiore in tessuto operato e quella inferiore panneggiata rappresentano in qualche modo la toga della tradizione classica. Memorie di modelli antichi sono ravvisabili nei riccioli a chiocciola dell’allievo, ma anche nella corta capigliatura di Boezio e, soprattutto, nel fatto che sia rappresentato con le gambe incrociate, atteggiamento proprio della meditazione filosofica nella cultura classica; motivi all’antica sono presenti anche nelle iniziali fogliacee, come la mucca e il vitello nella iniziale del f. 16v. Elemento particolarmente interessante appare la scelta dell’oro a pennello per il nastro delle lettere e la porpora per campire molti degli spazi interstiziali; questo evidenzia l’originario progetto di eseguire un codice di lusso, probabilmente destinato a un committente laico, la cui scomparsa determinò forse la mancata esecuzione di tutto il programma illustrativo e la successiva acquisizione, con conseguente affrettata esecuzione di parte delle lettere mancanti, da parte di una scuola ecclesiastica, come sembrerebbe provare l’elenco con nomi di ecclesiastici apposto alla fine del volume. Stato di conservazione discreto. Legatura tipo A (rest. 1966); dorso con disegni lineari impressi e iscrizione in caratteri capitali aurei, in alto: SEVERINI BOETII / VARIA PHILOSOPHICA / ET RETORICA; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII. (SILVA TAROUCA, III, 121r-122r; Bibl. Rossianae, V, 331r) TIETZE, Die illuminierten, 56-57 nr. 82; GARRISON, Studies in the History I, n. 164 1, 176; Aristoteles Latinus nr. 1804; Aristoteles Latinus, XXI; BERG, Studies in Tuscan, 34, 98, 313-314 nr. 149 e figg. 91-92; TRONCARELLI, Boethiana Aetas, 1; Codices Boethiani, 511-512.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 538 (olim IX, 228) SEVERINUS BOETHIUS, De consolatione philosophiae Italia settentrionale (area padana, Padova, Bologna?), sec. XIIIex. Membr. (pergamena piuttosto spessa, con larghe macchie lasciate dai follicoli sul lato pelo, ma ben lavorata); ff. VIII (I in cartoncino bruno leggero con la controguardia; II-VIII cart. moderni), 42, VIII’ (I’-VIII’ cart., moderni; VIII’ realizzato in cartoncino bruno molto leg-

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ROSS. 537-538

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gero, al pari della controguardia); numerazione manuale moderna a inchiostro blu in alto a destra; mm 283×223; richiami di fascicolo realizzati sul verso dell’ultimo foglio, al centro del margine inferiore, contornati da una semplice cornice filigranata a inchiostro rosso; risulta pesantemente rifilato il richiamo di f. 32v; scrittura testuale gotica di una sola mano a inchiostro bruno; numerose glosse marginali e interlineari in corsiva gotica a inchiostro nero, di più mani, una delle quali verga un componimento in versi a f. 42r e frequenti maniculae; specchio scrittorio (mm 190×120) a piena pagina di 34 linee di scrittura; rigatura a secco ripassata a mina di piombo leggerissima, eseguita a volte sul lato pelo altre sul lato carne; sono anepigrafi i ff. 41v e 42v. Il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 5 iniziali magRoss. 538, f. 1r giori, due delle quali, ai ff. 1r e 14r, figurate (mm 48×40, media delle misure); 2 iniziali filigranate; capilettera rubricati alternativamente rossi e blu. Le lettere maiuscole, sia a inizio di linea di scrittura, sia all’interno, sono toccate con inchiostro rosso. Explicit e incipit dei libri rubricati ai ff. 6v, 25r, 34r. Rubricato l’explicit, vergato a f. 41r, sul margine superiore. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 6v, 14r, 25v, 34r. f. 1r: iniziale figurata C di Carmina qui, all’incipit dell’opera, su spazio riservato blu scuro decorato con brevi filamenti rossi e riquadrato di nero. Il corpo della lettera, in verde molto scuro, con elementi fitomorfi e decorazioni in oro musivo, contiene il ritratto, quasi frontale, dell’autore, assiso al proprio scrittoio, intento al lavoro di copia e di correzione del testo, cui fanno riferimento da un lato atramentarium e rasorium e dall’altro un bifoglio da cui legge seguendo la scrittura con la mano sinistra. Egli è vestito di un sontuoso mantello rosso rifinito in vaio, il capo coperto da un cappello largo e floscio in oro; al di sotto si intravede una veste azzurra. f. 6v: iniziale P di Post hec, all’incipit del secondo libro, su fondo blu scuro profilato di nero, decorato con punti e volute violette e rosse; il corpo della P è porpora contornato di nero, con terminazioni fitomorfe e decorazioni in oro musivo. f. 14r: iniziale I di Iam cantum, all’incipit del III libro, campita di blu scuro, riquadrata in nero e decorata lungo la cornice da una sottile filigrana in rosso e da bottoni in oro musivo; all’interno è raffigurato un drago, che spu-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ta dalle fauci spalancate una sottile lingua di fuoco, realizzato in verde acido con lumeggiature gialle e definito da una spessa linea nera di contorno, che ne mette anche in evidenza i particolari anatomici. f. 25v: iniziale H di Hic cum, all’incipit del IV libro, su campo porpora riquadrato di nero, arricchito da punti e filamenti violetti e rossi; la lettera è verde con rialzi in giallo, l’asta è ornata da elementi vegetali; l’arco assume sembianze zoomorfe; elementi decorativi in oro musivo arricchiscono ulteriormente la miniatura. f. 34r: iniziale D di Duxerat (sic, per dixerat) or(ati)o(n)isqu(e), all’incipit del V libro, realizzata in oro musivo con motivi vegetali in blu, profilati di nero e è ospitata in un riquadro di color porpora, incorniciato in nero e decorato con sottili arabeschi in rosso e viola pallido. Le modalità di esecuzione suggeriscono che il manoscritto sia stato prodotto in una delle numerose botteghe sorte in area padana nel secolo XIII. Il contenuto del codice, il cui testo appare glossato, annotato e commentato in molti passaggi indicati talvolta anche da maniculae, permette di ipotizzare, infatti, un ambito di produzione legato forse agli Studia universitari. Lo stato di conservazione appare buono e il codice, che è protetto da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu, non sembra essere stato interessato da restauri. Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative. Sul dorso, in alto si legge BOETII DE CONSOLAT(IONE); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SÆC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, III, 123r; Bibl. Rossianae, V, 332r) TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 117; POCHAT, Eine datierte Boethius-Miniatur, 393.

EVA PONZI

Ross. 540 (olim IX, 230) MARCUS TULLIUS CICERO, Epistolae ad Marcum Brutum (ff. 1r-24r); Epistolae ad Quintum Fratrem (ff. 24r-39r); Epistola ad Octavianum (ff. 39r-40v); Epistolae ad Atticum (ff. 40v-218v); Oratio pro lege Manilia (ff. 219r-228r) Italia centrale (Firenze? Roma?), sec. XV2-3 (f. 228r) explicit: Ad legem Maniliam finit. M. T. C. Oratio pro Pompeio deligendo Imperatore adversus Mitridatem Membr. (pergamena piuttosto spessa e con evidenti macchie scure sul lato pelo, ma ben lavorata); ff. VII (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 232, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu come la controguardia); la numerazione manuale moderna in

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ROSS. 538-540

cifre arabiche a matita in alto a destra, inizia dal secondo foglio e continua ininterrottamente fino a f. 229 (segnato 228), il I foglio, anepigrafo, è numerato con cifra romana; così anche i 4 fogli finali dell’ultimo fascicolo, rigati ma anepigrafi, come f. 123v; richiami di fascicolo apposti costantemente sul verso dell’ultimo foglio, in basso al centro; mm 286×213; scrittura corsiva umanistica di una sola mano a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 190×120) a piena pagina, di 32 linee; rigatura a inchiostro ocra leggerissimo su recto e verso, le righe verticali giungono a toccare i margini; il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 iniziale maggiore a bianchi girari su fondo policromo (mm 25×25); 1 pagina di incipit con fregio e clipeo a bianchi girari nel bas-de-page; capilettera a bianchi girari e foglia d’oro all’incipit di ogni epistola e capilettera in blu. f. 1r:

Ross. 540, f. 1r

pagina di incipit al manoscritto, con l’iniziale C di Cicero Bruto salutem dicit in foglia d’oro e a bianchi girari sul consueto fondo policromo, girari che si sviluppano fino a diventare un breve fregio che si distende sui margini superiore e laterale e si chiude con una decorazione a bottoni in lamina metallica. Nel bas-de-page è presente uno stemma muto, al centro del quale è visibile il foro lasciato dal compasso, decorato con una bordura in foglia d’oro, incorniciato da una decorazione a bianchi girari, della stessa tipologia di quelli della lettera sopra descritta e ugualmente arricchiti da bottoni d’oro.

Di area centroitaliana la semplice decorazione a bianchi girari su fondo blu, rosa e verde. Lo stemma muto fa supporre che il codice sia stato acquistato sul mercato librario. Lo stato di conservazione è ottimo, sebbene il dorso non sia completamente in buone condizioni. Il manoscritto non sembra aver subito restauri di una qualche entità. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione, protetta da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge M(ARCI) T(ULLII) CICERONIS / EPIST(OLAE) AD ATTIC(UM) / ORATIO PRO LEGE MANILIA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMA(NI). Nell’inventario del fondo Rossiano, redatto dal Silva Tarouca, si legge che ai ff. 1r-4v sono presenti i consueti segni di richiamo attribuibili alla penna di Do-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

menico Capranica (1400-1458). Il codice fa parte dunque dei circa duecento codici del fondo che provengono dalla biblioteca del Collegio Capranica, fondato appunto dal cardinale e ospitato nel suo palazzo nei pressi della chiesa di Santa Maria in Aquiro, a Roma, e fu dunque acquisito dal de Rossi nel 1842. Marco Buonocore, inoltre, identifica il Ross. 540 con il codice indicato come nr. 323 nell’inventario della biblioteca Capranica, vergato ai ff. 2r-46v del manoscritto Vat. lat. 8184 e redatto nel 1480 da Arcangelo de Iuzantibus, scholasticus della Sapienza firmana (BUONOCORE, Seneca Vaticani, 294). (SILVA TAROUCA, III, 125r; Bibl. Rossianae, V, 334r) TIETZE, Die illuminierten, 137 nr. 301; Manuscrits classiques latins, 460; BUONOCORE, Seneca Vaticani, 294; CERESA, Bibliografia 2005, 479; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

EVA PONZI Ross. 541 (olim IX, 231) Vitae diversorum principum er tyrannorum a diversis compositae (Historia Augusta); tavola degli argomenti (f. 298v) Italia centrale (Roma), sec. XV (d.to 1466 giugno 16) (f. 298r) colophon: Exemplatus per me N. de Pa. de Fer. die XVI Iunii MCCCCLXVI die (depennato) Rome. Laus Deo Membr. (pergamena di una certa consistenza, ma ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino bianco, come la controguardia; II in cartoncino blu; IIIVI cart. moderni), 298, VI’ (I’-IV’ cart. moderni; V’ in cartoncino blu; VI’ in cartoncino bianco, al pari della controguardia); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a destra; richiami collocati appena sotto lo specchio scrittorio, sulla destra, e posti in senso verticale; mm 283×190; scrittura umanistica corsiva di una sola mano a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 180×95) a piena pagina, di 27 linee di scrittura; rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio; le righe verticali, che giungono a toccare i margini superiore e inferiore del foglio, sono talvolta ripassate a inchiostro; il codice si apre con il lato carne.

Ross. 541, f. 1r

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit, 33 iniziali a bianchi girari su fondo policromo riquadrato in nero o in foglia d’oro (mm 69×52) e 1 iniziale minore della stessa tipologia (f. 14v, D di Diocleciano Augusto,

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ROSS. 540-541

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mm 53×23); incipit in lettere capitali rubricate; indicazioni degli argomenti rubricate, al margine laterale esterno; titoli correnti rubricati; segni paragrafali in rosso; numerosi notabene in tutto il codice. Le iniziali maggiori a bianchi girari sono collocate ai ff. 1r, 14v, 18v, 23v, 38r, 43v, 48r, 57r, 64v, 71v, 83v, 90r, 97r, 102v, 106r, 113r, 117v, 133r, 162v, 177v, 193v, 203r, 206v, 214r, 216v, 235r, 243v, 265r, 270v, 273r, 284v, 290v. f. 1r: pagina di incipit con iniziale O di Origo imperatoris Adriani a bianchi girari su fondo policromo, con corpo in foglia d’oro. Al centro della lettera un puttino, che indossa una collanina di corallo dalla quale pende una piccola croce, gioca con una palla. La cornice, anch’essa a fitti intrecci e che racchiude lo specchio scrittorio, è percorsa da un doppio listello in lamina aurea, che qualifica il margine esterno e il bas-de-page; oro in foglia è poi utilizzato per inquadrare l’intera architettura della pagina. Da un cantharos sul margine destro prendono vita i girari, animati dalla presenza di rotondi puttini, taluni alati, che portano una peculiare collanina di grani di corallo da cui pende una piccola croce, anch’essa corallina. Due di essi, nel margine superiore, srotolano un filatterio recante la scritta Hadrianus imperator, vergata in lettere capitali; una coppia ha la funzione di reggistemma, eraso e racchiuso entro un clipeo laureato; un ultimo genietto mostra un cuore bipartito rosso e arancio trafitto da una saetta. Pappagallini verdi, altri volatili variopinti, un cervo rincorso da un cane e un agnellino addormentato, sono gli altri abitanti della cornice. L’apparato decorativo della pagina è infine completato da tre linee di scrittura rubricate, come presentazione dell’opera contenuta nel manoscritto: Vitae diversorum principu(m) et tyranno / rum a diversis compositae / Hadriani imperatoris vita incipit feliciter. Tutte le iniziali maggiori sono a bianchi girari a fondo policromo, talvolta profilato con una spessa linea nera, talaltra qualificato da una cornice di oro in foglia; questa ornamentazione è arricchita da una decorazione a penna e a bottoni in lamina metallica. f. 14v: iniziale C di Ceionius Comodus, all’incipit del prologo e della vita di Lucio Vero. In questo caso, la cornice che sottolinea i lati del fondo policromo è in foglia d’oro; compare inoltre un pettirosso appoggiato sulla parte superiore della cornice. f. 18v: iniziale T di Tito Aurelio Fulvio, all’incipit della vita di Antonino Pio; anche in questo caso la lettera è arricchita dalla cornice in lamina metallica, invece che dal semplice riquadro a inchiostro nero. f. 23v: iniziale M di Marco Antonino, all’incipit della vita di Marco Aurelio. f. 38r: iniziale S di Scio plerosque, all’incipit della vita di Diocleziano. f. 43v: iniziale D di Didio Iuliano, all’incipit della vita di Didio Giuliano; il mordente della foglia d’oro è passato sul recto del foglio. f. 48r: iniziale D di De Comodi Antonini, all’incipit della vita di Commodo. f. 57r: iniziale P di Publio Elio Pertinaci, all’incipit della vita di Pertinace.

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872 f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

64v: 71v: 83v: 90r: 97r: 102v: 106r: 113r: 117v: 133r:

f. 162v: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

177v: 193v: 203r: 206v: 215r: 216v: 235r: 243v: 265r: 270v: 273r: 284v: 290v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

iniziale A di Avidius Cassius, all’incipit della vita di Avidio Cassio. iniziale I di Interfecto Didio, all’incipit della vita di Settimio Severo. iniziale R di Rarum atque difficile, all’incipit della vita di Pescennio. iniziale U di Uno eodemque tempore, all’incipit della vita di Clodio Albino. iniziale E di Ex duobus liberis, all’incipit della vita di Caracalla. iniziale S di Scio Constantine, all’incipit della vita di Geta. iniziale U di Vite illorum, all’incipit della vita di Macrino. iniziale A di Antonini Diadumeni, all’incipit della vita di Diadumeno. iniziale V di Vitam Heliogabali, all’incipit della vita di Eliogabalo. iniziale I di Interfecto Vario Heliogabalo, all’incipit della vita di Alessandro Severo; anche in questo caso è stata aggiunta la cornice in foglia d’oro. iniziale N di Ne fastidiosum clementiae, all’incipit della vita di Massimino il Trace. iniziale F di Fuerat quidem consilium, all’incipit della vita di Gordiano. iniziale I di Interemptis in Africa, all’incipit della vita di Massimiano. iniziale I di Inter haec Valerianus, all’incipit della vita di Valeriano. iniziale C di Capto Valeriano, all’incipit della vita di Gallieno. iniziale S di Saloninus Gallieni filius, all’incipit della vita di Salonio. iniziale S di Scriptis iam pluribus libris, all’incipit della vita di Ciriade. iniziale F di Feliciter prevenutus est, all’incipit della vita di Claudio. iniziale H di Hilaribus quibus, all’incipit della vita di Aureliano. iniziale Q di Quod post excessum Romuli, all’incipit della vita di Tacito. iniziale H di Hic frater Taciti, all’incipit della vita di Floriano. iniziale C di Certum est quod, all’incipit della vita di Probo. iniziale M di Minusculos tyrannos, all’incipit della vita di Saturnino. iniziale F di Fato rem publicam, all’incipit della vita di Carino.

Come recita il colophon, che riporta la data topica (Rome) e quella cronica (MCCCCLXVI), il manoscritto sembra essere stato prodotto nell’Urbe negli anni del pontificato di Paolo II Barbo (1464-1471). Le caratteristiche formali dell’apparato decorativo, inoltre, potrebbero essere accostate ai modi di Andrea da Firenze, miniatore attivo a Roma nel settimo decennio del secolo XV, o comunque a un artefice vicino al suo linguaggio compositivo. Tale artista è infatti documentato in Curia negli anni sessanta del Quattrocento, fino al 1464, quando il suo nome compare nel libro dei conti di papa Piccolomini (1458-1464) con la qualifica di miniatore (PASUT, s.v. Andrea da Firenze, 23). Come nel manoscritto vaticano, Chig. J. VIII. 275 (contenente le Storie di Erodoto), o nel ms. Vat. lat. 2060 (che tramanda la Repubblica di Platone), entrambi assegnati da Josè Ruysschaert alla mano di Andrea da Firenze (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 255 e 256), così anche nel Ross. 541 sono presenti dei motivi cari all’artista toscano. Accade quindi che gli intrecci del codice rossiano siano vivacizzati dalla presenza di grassocci puttini, non solo sorretti da ali variopinte, ma anche recanti delle collanine di piccoli grani di corallo, impreziosite da una minuscola croce della stessa materia. Presenze zoomorfe si intrecciano ai

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ROSS. 541-542

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bianchi girari, un esempio sono i pappagallini verdi dal becco rosso, stilema consueto nel linguaggio non solo di Andrea, ma più in generale del repertorio esornativo del libro umanistico (si vedano, solo per citare un caso, i frontespizi opera di Gioacchino de’ Gigantibus). Lo stato di conservazione appare buono, tanto che il manoscritto non sembra aver subito alcun intervento di restauro, anche se le iniziali decorate sono protette da strisce di carta giallina. Legatura Rossi A, in buono stato conservativo (rest. nel 1966). Sul dorso, in alto si legge SCRIPTORES HISTORIAE AUGUSTAE; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI 1466. Lo stemma nel bas-de-page non permette l’identificazione del committente, a causa della pesante operazione di rasura che ne ha completamente cancellato l’arma. Il nome N. de Pa. de Fer., citato nel colophon, cela l’identità di Niccolò, o di suo fratello Nardo, de Palmerius di Ferrara, nome del copista che ha vergato il testo (CALDELLI, Copisti a Roma, 26 nr. 6, 132). (SILVA TAROUCA, III, 126r; Bibl. Rossianae, V, 335r) GOLLOB, Die Bibliothek, 27; TIETZE, Die illuminierten, 130 nr. 281; RUYSSCHAERT, Miniaturiste, 219; Colophons IV, 229, 237; Manuscrits classiques latins, 460; CALLU, DESBORDES, Le “Quattrocento”, 269; CERESA, Bibliografia 1998, 382; FOHLEN, Colophons, 237, 262; CERESA, Bibliografia 2005, 479; CALDELLI, Copisti a Roma, 172.

EVA PONZI

Ross. 542 (olim IX, 232) LUCIUS ANNEUS SENECA, Tragoediae X Italia settentrionale (Bologna?), secc. XIVex.-XVin. Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata); ff. V (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-V cart. moderni), 209, V’ (V’ in cartoncino blu, al pari delle controguardie; tutti gli altri sono cart. moderni; un foglio di carta velina a protezione della pagina di incipit); foliazione moderna manuale in cifre arabiche a matita in alto a destra apposta, tranne che per i ff. 1 e 2, soltanto ogni dieci fogli; dal f. 49, tuttavia, la numerazione si sfalsa: esso viene infatti indicato come f. 50, proseguendo quindi con il conteggio errato; numerazione moderna meccanica corretta, in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo assenti, forse rifilati; mm 305×205; scrittura testuale gotica di una sola mano a inchiostro bruno molto scuro; una mano posteriore, ugualmente gotica ma dal ductus più corsiveggiante, ha vergato in più punti del codice, in prossimità della cucitura centrale, le prime lettere dei nomi dei personaggi sulla scena, all’estremità della linea di scrittura corrispondente alla battuta. Specchio scrittorio (mm 207×104) a un’unica colonna di 29 linee di scrittura; rigatura a mina di piombo eseguita su recto e verso di ogni foglio, con le righe verticali che giungono a toccare i margini superiore e inferiore; il codice si apre con il lato carne.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 10 iniziali fitomorfe e decorate (mm 51×44); 10 pagine di incipit, una per ogni tragedia; numerosi capilettera filigranati; segni paragrafali alternativamente blu e rossi; indicazione rubricata dei personaggi sulla scena e degli atti; maniculae; incipit rubricati; in alcuni casi è visibile, nei fregi delle pagine di incipit, il disegno preparatorio. Le iniziali fitomorfe sono collocate ai ff. 1r, 25v, 46v, 58v, 81v, 100v, 121r, 140r, 157v, 175r. f. 1r: iniziale S di Soror tonantis, all’incipit dell’Hercules furens, decorata con elementi fitomorfi su fondo in foglia d’oro riquadrato in nero; il corpo della lettera è di color arancio e giallo con elementi vegetali policromi. La Ross. 542, f. 1r decorazione della pagina è completata dalla presenza di un fregio abitato da animali fantastici, dalle sembianze di roditori alati; mentre una delle foglie del tralcio si trasforma all’estremità in una testa mostruosa dalle orecchie di asino. La decorazione che campisce il margine superiore, pesantemente rifilata, è anch’essa policroma, con elementi in lamina metallica e terminante con una decorazione a garofani rossi e blu. Le lettere maggiori che qualificano le altre nove pagine di incipit sono della medesima tipologia di quella appena descritta, ma si distinguono in parte da essa per l’assenza della lamina metallica, sia come elemento esornativo del fregio sia come campitura di fondo della lettera, sostituita da un pigmento blu intenso. I corpi delle lettere sono sempre in giallo e in arancio, arricchiti da motivi floreal-fitomorfi policromi (arancio, rosa con rialzi a biacca e verde con puntinature o lumeggiature gialle; in qualche caso si aggiungono anche i colori verde e blu, come accade a f. 58v); il fregio, che si dispone sempre a occupare il margine per tutta la sua lunghezza, è anch’esso costruito da elementi vegetali policromi (rosa e blu con rialzi a biacca, verde, arancio lumeggiato in giallo). Nel caso del f. 121r, lo spazio creato dalla lettera D ospita un caratteristico fiore dai petali rosa rialzati a biacca, che diventano di color arancio in prossimità del bottone centrale verde. Garofani rossi e blu, come quelli visibili a f. 1r, chiudono il fregio marginale a f. 140r così come a f. 175r. f. 25v: iniziale Q di Quis inferorum, all’incipit della tragedia Thyestes.

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ROSS. 542

f. f. f. f. f. f. f. f.

46v: 58v: 81v: 100v: 121r: 140r: 157v: 175r:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

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C di Caeci parentis, all’incipit delle Phoenissae. I di Ite umbrosas, all’incipit della Phaedra. I di Iam nocte, all’incipit dell’Oedipus. Q di Quicumque regno, all’incipit delle Troades. D di Dii coniugales, all’incipit della Medea. O di Opaca liquens, all’incipit dell’Agamemnon. I di Iam vaga, all’incipit dell’Octavia. S di Sator deorum, all’incipit dell’Hercules Oetaeus.

Il Ross. 542 sembra essere un testimone di quel successo che investì le Tragedie di Seneca nell’Italia trecentesca, quando tale testo divenne per la prima volta oggetto di discussioni stilistiche e storiche (VILLA, Le tragedie di Seneca, 59). Questo rinnovato interesse esegetico dette impulso anche alla produzione manoscritta, che fu particolarmente fiorente a Bologna, catalizzata dalla presenza dello Studium e dall’attività del retore Pietro da Moglio, che compilò dei versi mnemonici per favorire il ricordo del contenuto delle singole tragedie (VILLA, Le tragedie di Seneca, 60). È proprio da una bottega bolognese, o comunque vicina a quell’ambito di produzione, che deve essere uscito il manoscritto rossiano, il cui apparato decorativo appare vicino agli stilemi a cui ricorre Niccolò di Giacomo da Nascimbene (1349 ca.-1403 ca.), uno dei maggiori artefici di miniature in codici senecani. Sebbene egli sia maggiormente ricordato per l’abilità nel realizzare le illustrazioni a commento del testo classico (PASUT, PERRICCIOLI SAGGESE, s.v. Niccolò di Giacomo, 830), sembra di poter riconoscere nel Ross. 542 alcuni dei motivi che ricorrono nei fregi marginali presenti nei lavori a lui attribuiti, come ad esempio il collocare animali fantastici e mostruosi tra gli elementi vegetali policromi. Buono lo stato di conservazione, anche se qualche problema si riscontra al livello della legatura e negli ultimi fogli, dove sono visibili i fori dovuti all’azione dei tarli. Tutte le iniziali delle pagine di incipit sono protette da interi fogli o da singole strisce di carta. Legatura Rossi A, discreto stato conservativo, rest. nel 1965. Sul dorso, in alto si legge L(UCII) ANNEI SENECAE / TRAGOEDIARUM LIBER; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAECULI XIV. Taglio spruzzato in rosso. (SILVA TAROUCA, III, 127r; Bibl. Rossianae, V, 336r) TIETZE, Die illuminierten, 91; Manuscrits classiques latins, 462; CERESA, Bibliografia 1991, 278; BUONOCORE, Per un iter, 76; CERESA, Bibliografia 2005, 479.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 543 (olim IX, 233) BARTHOLOMEUS PISANUS, Liber conformitatum vitae sancti Francisci ad vitam domini Iesu (ff. 1r-329r), tavola degli argomenti (ff. 329v-333v) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 (f. 1r) explicit: Editum a fratre Bartholomeo de Pisis Ordinis minorum sacrae theologie (…) anno domini mill(esim)o trecentesi(m)o LXXXV Membr. (pergamena chiara e ben lavorata, anche se spesso sui lati carne sono ancora visibili i follicoli); ff. VIII (I di cartoncino bianco, al pari della controguardia; II di cartoncino blu; III-VII cartacei bianchi moderni; VIII membranaceo e anepigrafo, inserito nel primo fascicolo, segnato I), 334, VII’ (I’-V’ cartacei moderni; VI’ in cartoncino blu; VII’ in cartoncino bianco, come la controguardia); foliazione manuale antica ma Ross. 543, f. 1r non contemporanea alla scrittura in cifre arabiche, a inchiostro bruno in alto a destra; richiami di fascicolo al centro del margine inferiore, spesso rifilati; mm 340×245; scrittura testuale gotica, con andamento corsiveggiante, di una sola mano a inchiostro nero ai ff. 1r-v-329r, mentre ai ff. 329v-334v è vergata, in una scrittura minuscola umanistica, una tavola degli argomenti a inchiostro bruno e sembra essere della stessa mano che appone la numerazione ai fogli; specchio scrittorio (mm 225×155) a due colonne di scrittura di 44 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 24; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit al f. 1r; 3 iniziali maggiori, una figurata e due a bianchi girari (mm 73×43); 1 fregio; numerosi capilettera realizzati in foglia d’oro su fondo alternativamente porpora e blu riquadrato in nero; ai ff. 99v-100r iniziali minori calligrafiche alternativamente rosse e blu, accompagnate da letterine guida a inchiostro; f. 329v, iniziale con cadella a inchiostro nero; segni paragrafali rossi e blu; titoli dei capitoli rubricati, come gli incipit e gli explicit di ogni libro. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 181v, 218r. f. 1r:

pagina di incipit del primo prologo dell’opera, con iniziale S di Sanctorum vita, istoriata con l’immagine di San Francesco, vestito del saio e del cordone e con le stimmate alle mani, che introduce a Cristo-Dio, posto in alto e tra cherubini fiammeggianti, un personaggio paludato con abito e galero cardinalizi, inginocchiato e con le mani giunte; il panorama cam-

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ROSS. 543

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pestre entro cui si muovono i protagonisti della miniatura è corredato, a sinistra, da un albero carico di pomi gialli, mentre a destra si erge un edificio ecclesiale. Nella parte superiore su un fondo interamente a foglia d’oro, è raffigurato Cristo-Dio, che si affaccia con le braccia protese verso il cardinale. La lamina metallica è lavorata a sottili righe incise attorno alla figura della divinità, per conferire all’immagine un effetto di maggiore luminosità non solo reale, ma anche simbolica, quasi a voler rendere tangibile la luce che irradia da Cristo. Il corpo della lettera è rosa e verde, ricco di elementi fitomorfi, e da esso nasce un fregio vegetale policromo e con bottoni metallici, che circonda tutti e quattro i margini del foglio. Nel bas-de-page due amorini alati reggono lo stemma del cardinal Capranica, d’oro a tre alberi con pomi dorati sormontato da cappello cardinalizio, riquadrato di nero, anche se manca la consueta àncora solitamente presente nel blasone del cardinale; al di sotto dell’insegna è vergato un ex libris: R(everendissi)mi d(omin)i Hieronymi Grimaldi S(anctae) Ro(manae) E(cclesiae) sancti Georgii Diaconi Cardinalis. f. 181v: iniziale P di Postquam libro, all’incipit del secondo libro, a bianchi girari su fondo policromo con piccoli bottoni in lamina metallica; il corpo della lettera è in foglia d’oro punzonata lungo tutto il perimetro; la cornice di girari si estende brevemente lungo parte della colonna e si chiude su entrambi i lati con una decorazione a penna rossa e bottoni d’oro; in basso è inoltre presente un elemento vegetale bianco e aureo. f. 281r: iniziale V di Virtus illa, all’incipit del terzo libro, della medesima tipologia della lettera appena descritta, con l’aggiunta di un fregio realizzato a penna rossa e con elementi fitomorfi e floreali policromi arricchiti da bottoni in lamina metallica. Lo stato di conservazione appare buono, anche se i margini inferiori sono stati pesantemente rifilati, tanto da provocare la perdita parziale dei richiami di fascicolo. Il manoscritto non sembra essere stato interessato da interventi di restauro di una qualche rilevanza. Foglio di carta velina a protezione della pagina d’incipit e porzioni di carta velina a protezione dell’iniziale maggiore di f. 281r. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (rest. nel 1966). Sul dorso, in alto si legge BARTHOLOMÆI DE PISIS / LIBER CONFORMITATUM; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Pur se in apertura è riportata la data 1385, il codice è stato senza dubbio commissionato dal cardinale Capranica, come indicato dallo stemma, presente nel margine inferiore della pagina di incipit. Ed è probabile che si possa identificare con il cardinale la figura che è protagonista, insieme a san Francesco, della decorazione dell’iniziale maggiore. Egli sembra voler ribadire così il proprio ruolo di committente, riservandosi di comparire nella posizione più importante e di maggiore visibilità dell’intero manoscritto.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’ex libris appartiene invece a Girolamo Grimaldi (metà secolo XV-1543), nominato cardinale da Clemente VII (1523-1534) nel 1527, dal 1528 nel titolo diaconale di San Giorgio al Velabro, titolo a cui fa riferimento la nota di possesso. Nonostante non si sia in grado di stabilire per quali vie il manoscritto sia stato acquisito dal Grimaldi, si può in ogni caso segnalare che quella del cardinale doveva essere una vera e propria collezione: solo nel fondo Rossiano sono infatti presenti altri tre codici caratterizzati dalla sua nota di possesso, il Ross. 288, il Ross. 289 e il Ross. 290 (per i quali si rimanda alle schede in questo catalogo). Non può essere inoltre senza significato il fatto che tre dei quattro esemplari da lui firmati provengano dalla biblioteca di Domenico Capranica (1400-1458). In un suo articolo Jürgen Miethke (MIETHKE, Die handschriftliche, 289, n. 40) sostiene che la mano che verga i ff. 329v-334v del Ross. 543 è la stessa che compare ai ff. 291r-318r del Ross. 588 e ai ff. 189r-190v del Ross. 466 (cfr. rispettive schede). Sembra che tutte le tavole degli argomenti vergate in questi codici siano riconducibili alla mano di Franciscus de Toledo, individuato da Carlos da Silva Tarouca nel suo inventario manoscritto del fondo Rossi (SILVA TAROUCA, Descriptio codicum, 128), come scriptor del Ross. 466. Il Ross. 543 compare al numero 132 dell’inventario manoscritto della Biblioteca Capranica. (SILVA TAROUCA, III, 128r; Bibl. Rossianae, V, 337r-v) TIETZE, Die illuminierten, 121 nr. 250; MIETHKE, Die handschriftliche, 289 n. 40; BUONOCORE, Bibliografia, 661-662; BUONOCORE, I codici miniati, 168.

EVA PONZI

Ross. 544 (olim IX, 234) PETRUS LOMBARDUS, Sententiae, liber tertius De incarnatione Verbi (ff. 2v-49r), tavola degli argomenti ai ff. 1-2r Italia meridionale (area napoletana?), secc. XIIIex.-XIVin. Membr. (pergamena chiara, di buona qualità e ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino bianco come la controguardia; II in cartoncino blu; III-VI cart. moderni), 49, VI’ (I’-IV’ cart. moderni; V’ in cartoncino blu; VI’ in cartoncino bianco, al pari della controguardia); foliazione meccanica in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo assenti, forse a causa della pesante rifilatura di cui è stato fatto oggetto il margine inferiore; mm 340×280; scrittura testuale gotica di una sola mano a inchiostro nero; specchio di scrittura (mm 260×190) a due colonne di 30 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 18; qualche glossa marginale apposta da una mano diversa da quella che trascrive il codice; rigatura a mina su recto e verso di ogni foglio, righe verticali che giungono ai margini e altre due righe verticali sul margine esterno; il codice inizia con il lato carne.

A f. 1r lo spazio riservato a quella che doveva essere una miniatura tabellare è rimasto vuoto; l’apparato decorativo del codice si compone quindi di 1 ini-

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ROSS. 543-544

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ziale maggiore istoriata e numerose iniziali filigranate; capilettera alternativamente rossi e blu; titoli correnti in rosso e in blu, con la L tagliata da notula abbreviativa; ai margini indicazioni degli argomenti rubricate; ai lati delle colonne di scrittura l’indicazione in cifre romane e a inchiostro bruno delle distinctiones in cui è suddiviso il testo. f. 2r: iniziale C di Cum venerit igitur (mm 45×50), all’incipit del III libro, istoriata con la scena dell’Annunciazione su campo blu con decorazioni fitomorfe in bianco; il corpo della lettera è rosa con decorazioni in biacca che conferiscono lucentezRoss. 544, f. 2r za alla figurazione e negli angoli del campo blu, riquadrato in nero, sono presenti bottoni in lamina metallica; all’interno della pancia della lettera, su un fondo color porpora decorato con crocette decussate a biacca, si staglia l’arcangelo Gabriele, avvolto in un mantello blu e in una veste rossa con ali blu e bianche, che porta il filatterio in cui si può leggere Ave Maria, mentre con la destra indica la Vergine. Questa, con la testa velata e avvolta da una veste grigia e da un manto blu, tiene nella mano sinistra velata il libro chiuso; sulla sua testa vola la colomba dello Spirito Santo, circondata da un nimbo aureo che riprende quello dell’annunciante. Tra l’angelo e Maria è posto un vaso bianco a doppia ansa che contiene tre gigli stilizzati. Il pur esiguo apparato illustrativo ricorda i modi esecutivi di una delle numerose botteghe attive a Napoli tra la fine del Duecento e gli inizi del secolo successivo. Nell’Annunciazione rossiana è infatti riconoscibile quell’insieme di matrici espressive precipuo della produzione angioina: il linguaggio francese, di cui il fondo decorato sembra un retaggio, si fonde con gli stilemi bolognesi, individuabili nella tavolozza pittorica. Un insieme che dà vita a un’immagine originale e che risponde in toto ai modi della koinè espressiva in auge in quegli anni. Le condizioni conservative del codice appaiono buone, a eccezione del dorso, privo ormai della parte superiore; il manoscritto non sembra essere stato sottoposto a restauri.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (rest. nel 1966). Sul dorso, in alto si legge: IES(US) CHR(ISTI) INCARNATI(ONIS) TRACTATUS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, V, 338r) TIETZE, Die illuminierten, 33 nr. 54.

EVA PONZI Ross. 547 (olim IX, 237) GIOVANNI BOCCACCIO, Il filocolo Italia centrale (Firenze?), sec. XV2-3 Membr. (pergamena molto consistente, non di buonissima qualità e spesso scura sul lato pelo); ff. VII (I in cartoncino bianco, come la controguardia; II-VII cart. moderni), 231, VIII’ (I’VII’ cart. moderni; VIII’ in cartoncino bianco, al pari della controguardia); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; numerazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra, ai ff. 1-12, 20, 30, 40, 50, 60, 70; richiami, non costanti forse perché rifilati, collocati al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo; mm 325×230; scrittura minuscola umanistica, con elementi gotici, a inchiostro nero di due mani: una verga i fogli da 1r a 129v, l’altra, più corsiveggiante, i ff. 130-231; i ff. 98v, 113v, 123r-v e 126r-v, 153r-v, 154v, 155r, 156r-v, 164v, 166v, 167r, 169r, 175v, 190v, 207v, 208r, 212v, 213r, 220v, 221r, 225r, 229r mostrano il riutilizzo della pergamena, lasciando intravedere consistenti tracce di scrittura sottostante non completamente erasa, ridotta a un’ombra di inchiostro verdastro; specchio scrittorio (mm 220×148) a piena pagina, di 40 linee di scrittura; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio; la regola di Gregory è rispettata, anche se non sempre si riesce a distinguere con agilità la differenza di lato a causa della grossolana lavorazione della pergamena; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale maggiore a bianchi girari su fondo policromo e 1 pagina di incipit; capilettera in blu presenti solo fino al f. 10v, poi gli spazi riservati, accanto ai quali sono visibili le letterine guida, sono rimasti vuoti; maniculae.

Ross. 547, f. 1r

f. 1r: iniziale M di Mancato già tanto le forze (mm 58×62), all’incipit dell’opera, a bianchi girari su fondo policromo, con due piccoli fregi sul margine interno e su quello supe-

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ROSS. 544-549

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riore, terminanti con una decorazione a bottoni in foglia d’oro, in lamina metallica è anche il corpo della iniziale. Nel bas-de-page, all’interno di un clipeo laureato, provvisto di due nastri bianchi punteggiati di rosso che spuntano da sotto l’alloro, era stato realizzato uno stemma, poi eraso. Appare difficile precisare il luogo di produzione del codice sulla base dell’unica iniziale maggiore, decorata con una tipologia di ornato che ha tra i primi decenni e la fine del Quattrocento un’ampia diffusione, soprattutto in area centro-meridionale. Si può, tuttavia, proporre un’assegnazione, sia pure ipotetica, all’ambito fiorentino, cui si richiama la tavolozza pittorica limitata, nel codice, a tre soli colori e tinte fredde e metalliche. Lo stato di conservazione risulta discreto, anche se alcuni fogli sono stati rifilati nel margine inferiore in modo non omogeneo; il f. 1r sembra essere stato interessato da umidità, che ha prodotto le macchie sparse soprattutto nella metà inferiore del foglio, toccando anche lo stemma abraso; ai ff. 25, 38, 48, 74, 171172, nei margini esterni, sono visibili risarcimenti in pergamena, mentre il f. 49 mostra un difetto di concia. I ff. 77, 230-231 risultano macchiati in più punti. Si segnalano infine fori dovuti alla presenza di tarli. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (rest. nel 1966). Sul dorso, in alto si legge BOCCACCIO / FILOCOPO (sic); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, V, 341r) TIETZE, Die illuminierten, 136 nr. 300; BRANCA, Tradizione, 39; QUAGLIO, La tradizione, 88.

EVA PONZI

Ross. 549 (olim IX, 239) DIOGENES LAERTIUS, Vitae atque sententiae eorum qui in philosophia claruerunt (ff. 1r-119v: traduzione latina di Ambrogio Traversari, con tavola dei contenuti al f. 119v). EUSEBIUS, De temporibus (ff. 120r-183v). HIERONYMUS, Chronicon Eusebii (ff. 184r-187r). PROSPER, Chronicon vulgatum (ff. 187v-190r). PROSPER, Chronicon imperiale (ff. 190v-193r). HIERONYMUS, De laude et fructu psalmorum (ff. 193v-194r) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV3 (f. 184v) nota: Posuerat clarissimus poeta D. F. Petrarcha in Eusebio suo quem propriis manibus scripserat… (f. 190r) Nota diligenter ea que scribit Prosper post Geronimum: prout repperi in libro clarissimi poete domini Francisci Petrarce quem propriis manibus suis scripserat. Ordinata sic erant ut infra

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(f. 199r) Hos ego versiculos feci, tulit alter honores in nona fecit animus mutatas dicere formas Membr. (di buona qualità e ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino blu, come la controguardia; II-VI cart. bianchi), 199, V’ (I’-IV’ cart. moderni; V’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); foliazione manuale antica, forse contemporanea alla stesura del testo, in cifre arabiche a inchiostro bruno, in alto a destra, ben visibile fino al f. 120, poi rifilata; i ff. 130, 140, 150, 160, 170, 180, 195, 196-199 sono segnati con un pastello blu, mentre i ff. 184, 187, 190, 194 sono indicati a penna nera; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo rifilati (es. f. 40v); mm 338×235; struttura del codice: 1-1210, 138, 1412, 158, 1612, 178, 1812, 198, 2012 (mutilo dell’ultimo foglio); scrittura corsiva umanistica di una sola mano vergata con inchiostro bruno chiaro, rosso per gli incipit e le rubriche; specchio scritRoss. 549, f. 1r torio (mm 235×140) a piena pagina, di 43 linee di scrittura (così fino al f. 125r, dopo non tutte le linee di scrittura sono vergate); numerose glosse marginali, anche in greco, spesso vergate a inchiostro rosso; rigatura a secco molto poco visibile, ma sembra eseguita sul lato carne del bifolio; i ff. 194v, 195r-197v, 198v e 199v sono anepigrafi; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 11 iniziali maggiori a bianchi girari a fondo policromo e corpo in foglia d’oro; numerose iniziali medie della stessa tipologia; iniziali minori calligrafiche blu e una campita (f. 6r); letterine guida; fregi laterali e una pagina di incipit. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 2v, 15r, 30r, 39v, 42v, 46v, 55r, 84v, 104v, 120r (media delle misure mm 45×41). Tutte le iniziali sono realizzate con il corpo in foglia d’oro e su bianchi girari a fondo policromo, che si estendono lungo lo specchio scrittorio, a costituire un piccolo fregio disposto nel margine laterale e talvolta anche in quello superiore. Le lettere sono tutte poste all’incipit della vita di un filosofo, salvo dove diversamente segnalato. f. 1r:

iniziale V di Volventi mihi, all’incipit della traduzione di Traversari, a bianchi girari e foglia d’oro su fondo policromo; la pagina è qualificata da una cornice a intrecci bianchi che circonda tutti i margini; essi hanno dimensioni maggiori in quelli esterno e inferiore, mentre si restringono in quelli interno e superiore; nascono, a destra come a sinistra e in alto, da losanghe arboree il cui fondo è in lamina metallica; il titolo e il nome dell’autore sono vergati in lettere capitali rubricate. Nel bas-de-page, benché molto rovinato perché abraso, è ancora in parte riconoscibile lo stemma di Bartolo-

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ROSS. 549

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

2v: 15r: 30r: 39v: 42v: 46v: 55r: 84v: 104v: 120r:

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meo Roverella (1461-1476), partito nel I d’oro all’aquila bicipite di nero e movente dalla partizione e nel II d’azzurro alla rovere di verde; con molta probabilità era sormontato da una mitra vescovile. Al centro del margine esterno è stato praticato un taglio che ha forse asportato un timbro. iniziale P di Philosophiam a barbaris, all’incipit dell’opera. iniziale A di Anasimandro Milesio. iniziale P di Plato Aristone. iniziale Q di Que de Platone, introduce l’ultima parte della vita di Platone. iniziale A di Archesilaus Seuti. iniziale A di Aristoteles Nichomachi. iniziale A di Antisthenes Anthistenis. iniziale H di Hactenus de Ionica. iniziale E di Epicurus Neochis. iniziali AE di AEusebius Hieronimus, all’incipit del De temporibus, a bianchi girari su fondo policromo, con il corpo delle lettere in foglia d’oro, a eccezione della stanghetta inferiore della E, per metà realizzata in lamina d’argento, tutto delimitato da inchiostro nero. Il fondo che ospita le lettere, inoltre, è completato da un doppio bordo realizzato a penna; mentre l’estremità della decorazione è chiusa da un piccolo fregio a girari decorato con bottoni metallici.

L’apparato decorativo della prima parte del codice (fascicoli 1-12), a eccezione dell’ultimo foglio del dodicesimo fascicolo, può essere assegnato alla mano di un miniatore di scuola ferrarese. Peculiari di tale ambito di produzione sono infatti gli intrecci molto fitti e la diversificazione delle loro dimensioni, come appunto anche nella pagina di incipit del Ross. 549. La seconda parte del codice (fascicoli 13-20) vede invece attivo un artefice che sembra aderire ai modi compositivi delle botteghe fiorentine degli anni a cavallo tra la prima e la seconda metà del secolo XV. Il codice è in buone condizioni di conservazione, anche se talvolta la compagine dei fascicoli non è molto solidale con la legatura. Soprattutto negli ultimi fogli, inoltre, sono presenti fori dovuti all’azione dei tarli. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge DIOGENIS LAERTII VITAE PHILOSOPHOI (sic) LATINE / EUSEBIUS DE TEMPORIBUS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Taglio dorato. Secondo l’inventario manoscritto del fondo, il codice sarebbe uno di quelli appartenuti al cardinale Capranica (1400-1458): parte della sua biblioteca, infatti, confluì nel 1842 nella collezione del de Rossi. Negli altri esemplari, però, tale provenienza è segnalata sul dorso della legatura ottocentesca con la dicitura ex bibliotheca cardinalis Firmani, che in questo caso non compare. Il collegamento con la collezione libraria del Capranica, peraltro, contrasta, dal punto di vista cronologico, con la presenza dello stemma di Bartolomeo Roverella, vissuto nel terzo quarto del secolo XV e per il quale, presumibilmente, fu confezionato il manoscritto, forse negli anni del cardinalato a Ravenna, dal 1461 fino alla sua morte, nel 1476.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il Ross. 549 è inoltre legato anche al nome di Petrarca (1304-1374): il codice, per la seconda parte, è infatti copia di un esemplare oggi perduto, trascritto dal poeta e le cui note al testo sono riproposte nel manoscritto (PELLEGRIN, Manuscrits, 117). (SILVA TAROUCA, III, 129r-133r; Bibl. Rossianae, V, 343r-344r) TIETZE, Die illuminierten, 136 nr. 299; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 335; KRISTELLER, Iter II, 466; PELLEGRIN, Manuscrits, 117; CERESA, Bibliografia 1991, 278; SOTTILI, Il Laerzio latino e greco, 707.

EVA PONZI

Ross. 550 (olim IX, 240) POLIBIUS, Historiarum libri V (traduzione latina di Niccolò Perotti) Italia centrale (Roma?), sec. XV3-4 (f. 185r) colophon: Aspicis illustris lector quicumquem libellos / Si cupis artificum nomina nosse: lege. / Aspera ridebis cognomina Teutona: forsan / Mitiget ars Musis inscia verba virum. / Conradus Suueyneym: Arnoldus Pannartzque Magistri / Rome impresserunt talia multa simul. / MCCCCLXXIII / Die Iovis ultima decembris Membr. (pergamena ben lavorata); ff. VII (I in cartoncino blu, al pari della controguardia; II-VI cartacei moderni; VII in pergamena, inserito nella compagine dei fascicoli, ma non appartenente al corpo del manoscritto), 185, VI’ (I’-V’ cartacei moderni; VI’ in cartoncino blu, come la controguardia); due diversi tipi di foliazione, una meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra sul recto del foglio; l’altra, manuale e ugualmente moderna, sempre in cifre arabiche, a matita nell’angolo superiore del recto dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, risulta sfalsata, dal momento che non tiene conto dell’antiporta pergamenacea; accade quindi che il f. 11 sia indicato come f. 10, e così in avanti. La numerazione manuale riprende poi dal f. 181, numerato 180, per proseguire senza interruzioni fino alla fine del manoscritto. Richiami di fascicolo nell’angolo inferiore destro; mm 333×233; scrittura di due diverse mani: la prima verga i ff. 2r-181v in minuscola umanistica a inchiostro bruno; la seconda subentra nell’ultimo fascicolo (ff. 182r-185v), servendosi di un inchiostro di colore nero; specchio scrittorio (mm 225×135) a piena pagina di 35 linee; rigatura a mina di piombo sul recto e sul verso di ogni foglio, con una doppia rigatura verticale che delimita lo spazio destinato ai capilettera; il codice si apre con il lato carne. Ross. 550, f. 2r

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ROSS. 549-550

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L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 5 iniziali maggiori a bianchi girari su fondo policromo e in foglia d’oro (mm 50×53); 1 pagina di incipit; titoli correnti rubricati, con L(iber) in capitale, tagliata da notula abbreviativa, e numeri romani; indicazione dell’incipit e dell’explicit di ogni libro in lettere capitali rubricate; indicazione rubricata degli argomenti, sul margine esterno. Le iniziali maggiori a bianchi girari sono collocate ai ff. 2r, 4r, 42r, 70v, 116r. f. 2r: iniziale A di Absolvi tandem, in apertura della lettera di dedica del Perotti a papa Niccolò V, a bianchi girari su fondo policromo e con corpo in foglia d’oro attraversato da una linea rossa. Pagina di incipit con cornice a intrecci abitati bianchi su fondo policromo, che si dispone su tre margini del foglio, lasciando libero quello esterno, ed è percorsa all’interno da un doppio listello probabilmente in lamina d’argento, oggi fortemente ossidata, che si apre al centro del margine inferiore a ospitare un clipeo laureato, pronto ad accogliere uno stemma mai realizzato. I bianchi girari sono lo sfondo dei giochi di morbidi e biondi genietti alati, colti in diversi atteggiamenti: due di loro sono reggistemma, mentre una coppia, collocata ugualmente nel margine inferiore, sembra intenta ad adattare il doppio listello argenteo all’andamento dell’intera cornice; ve ne sono ancora due, nel margine esterno e in quello superiore, seduti tra gli intrecci. Questi ospitano anche una nutrita presenza zoomorfa, una lepre e un cerbiatto dal collare bianco, accovacciato tra i girari del margine inferiore, un gruppo di piccoli volatili dal piumaggio declinato nei toni del bruno, un pappagallo smeraldino; e ancora farfalle dalle ali verdi profilate in rosa. Il perimetro esterno e interno della decorazione sono inoltre percorsi da un motivo a grecae intrecciate policrome e in lamina metallica aurea, arricchite da elementi floreali e da bottoni cigliati. La pagina incipitaria si apre con quattro linee rubricate in scrittura capitale, che introducono l’opera: Nicolai Perotti prefatio ad Nicolaum quintum summum pontificem in Polibili Megalopolitani Historiam ex greco in latinum per eum traductam incipit foeliciter e, allo stesso modo, sono indicati tutti gli incipit e tutti gli explicit. f. 4r: iniziale S di Si ab his qui res gestas, all’incipit del primo libro dell’opera di Polibio, a bianchi girari su fondo policromo, con corpo in foglia d’oro. Rubricato in lettere capitali, si legge: Polibili Megalopolitani liber primus incipit e greco in latinum per Nicolaum Perottum traductus. Le tre iniziali che seguono sono tutte a bianchi girari su fondo policromo e con corpo in lamina metallica: f. 42r, iniziale S di Superiori libio (sic, per libro), all’incipit del secondo libro; f. 70v, iniziale S di Satis est a nobis, all’incipit del terzo libro; f. 116r, iniziale A di Abunde ut nobis quidem, all’incipit del quarto libro. Al f. 148r non è stata invece eseguita, nello spazio a essa riservato, l’iniziale all’incipit del V libro, la A di Annus imperii Arati.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Alla pagina d’incipit, si contrappone un foglio membranaceo che ne riproduce perfettamente la decorazione, se pure ampliata al margine destro e con un grande stemma regale al centro, e che rappresenta una sorta di antiporta. L’apparato decorativo del manoscritto può essere assegnato a un anonimo miniatore fiorentino, attivo a Firenze intorno agli anni sessanta del Quattrocento. Albinia de la Mare ha tracciato il catalogo della sue opere (DE LA MARE, New Research, 442-443, n. 165; 437, 547, 557), al quale si propone di aggiungere anche il ms. Vat. lat. 1809, fino a oggi non ricondotto a tale artefice. Si suggerisce inoltre l’ipotesi che l’artista fiorentino possa essersi trasferito a Roma nel settimo decennio del secolo XV, forse attirato dalla vivacità culturale delle corti cardinalizie e ancor più da quella pontificia (MADDALO, PONZI, Dalla stampa al manoscritto, 44); tale idea sarebbe sostenuta dal colophon presente a f. 185r, che riporta la sottoscrizione che i prototipografi Conradus Sweynheym e Arnold Pannartz apponevano alle loro opere a stampa (MIGLIO, Aspicis illustris lector, 111115). È possibile, tuttavia, che l’incunabolo da cui è stato trascritto il Ross. 550 potesse circolare in ambiente fiorentino. La peculiarità di questo codice, infatti, è proprio quella di essere stato esemplato su un incunabolo, processo già noto e ancora tutto da indagare (LOMBARDI, Dal manoscritto alla stampa, 29-40), e non su un altro manoscritto (MADDALO, PONZI, Dalla stampa al manoscritto, 44, 52). Lo stato di conservazione risulta discreto, anche se le ultime pagine sono interessate da fori dovuti all’azione dei tarli e sono inoltre risarcite nel margine inferiore con degli inserti di pergamena. Il manoscritto è protetto da una sovraccoperta di cartoncino color porpora. Legatura Rossi A, problemi al dorso, che appare poco solidale con la compagine dei fascicoli. Su di esso, in alto si legge POLIBII LATINE / A NIC(OLAO) PEROTTO; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il Ross. 550 presenta alcune anomalie, concentrate tutte nell’ultimo fascicolo (ff. 182r-185v). Si è già detto del cambio di mano a partire da f. 182r, in cui la trascrizione appare eseguita con un ductus irregolare e con le parole che sembrano disporsi con fatica sulle linee di scrittura; non è irrilevante poi il cambio di inchiostro, bruno nella prima parte del codice e nero nel binione. Anche l’antiporta membranacea, posta in apertura del codice, presenta anomalie non trascurabili: ripropone l’impaginazione della pagina di incipit, estendendola anche al margine destro, ma trascura la cura del dettaglio, che caratterizza invece il f. 2r, e impiega una tavolozza pittorica sorda e opaca, che contrasta con l’altra, vivace e brillante tipica della produzione fiorentina tra la prima e la seconda metà del secolo. Tali differenze nella facies compositiva dell’ultimo fascicolo e dell’antiporta sono forse da imputare a una operazione di remake riconducibile all’ambiente della corte parmense della seconda metà del secolo XVIII, come sembra testimoniare il grande stemma regale che campeggia al centro del primo foglio membranaceo (MADDALO, PONZI, Dalla stampa al manoscritto, 47, 50). Il blasone appartiene infatti a Ferdinando I di Borbone (1751-1802), duca di Parma negli anni in cui la

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ROSS. 550-552

città viveva una vivace stagione culturale, animata in particolar modo dagli stretti rapporti intessuti da Paolo Maria Paciaudi, bibliotecario della Reale Biblioteca parmense con Angelo Maria Bandini, curatore delle collezioni dei Medici. Quest’ultimo supervisionò inoltre il lavoro del restauratore e ‘miniatore’ Pietro Ciatti, che intervenne nel manoscritto Fies. 44 della Biblioteca Medicea Laurenziana, risarcendo il margine inferiore del foglio 1r contenente la pagina di incipit, riproducendone il fregio, e apponendo infine nello stemma muto la firma e la data, 1792. Fatto che testimonia che operazioni di questo tipo non dovevano essere inconsuete all’epoca (MADDALO, PONZI, Dalla stampa al manoscritto, 47, 50-51). (SILVA TAROUCA, III, 134r; Bibl. Rossianae, V, 345r) TIETZE, Die illuminierten, 131 nr. 284; KRISTELLER, Iter II, 466; KRISTELLER, Niccolò Perotti, 21 n. 23; MADDALO, PONZI, Dalla stampa al manoscritto, 43-52; PONZI, Appunti e spunti, 221-226; MADDALO, Ragioni, 153, n. 17; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 170.

EVA PONZI

Ross. 552 (olim IX, 242) PSEUDO GIOACCHINO

DA

FIORE, Praemissiones (ff. 1r-5r); Super Esayam (ff. 5v-65r)

Italia meridionale, sec. XIII3 (f. 65r) colophon rubricato: Explicit Deo gratias amen / Hic scribendae sunt figurae bestiarum Membr. (pergamena giallastra, abbastanza spessa); ff. VI, 65, VI’ (guardie cartacee moderne, la seconda e la penultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; altra numerazione recente, a lapis, nell’angolo in alto a destra; richiami nel margine inferiore del fascicolo, a destra o al centro; mm 312×220 (f. 3); il rispetto della regola di Gregory salta in corrispondenza delle lacune tra f. 8 e f. 9, tra f. 10 e f. 11, tra f. 44 e f. 45, tra f. 47 e f. 48 e tra f. 53 e f. 54; scrittura gotica libraria a inchiostro bruno di più mani, con numerose annotazioni, spesso in corsiva umanistica; specchio scrittorio irregolare nei ff. 1-5r; ai ff. 5v-12r, specchio scrittorio a due colonne (mm 220×130, spazio intercolonnare mm 9) di 37 linee di scrittura per il testo, affiancato da due colonne per il commento (larghezza complessiva mm 200), di ca. 40 linee di scrittura; ai ff. 12v-

Ross. 552, f. 2v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

27r, lo stesso specchio scrittorio accoglie diagrammi geografici, mentre il testo è relegato nelle colonne laterali; a f. 27v, specchio scrittorio a piena pagina (mm 202×110), contenente il sommario di 18 linee di scrittura; ai ff. 28r-65r, specchio scrittorio a due colonne (mm 217×134, spazio intercolonnare mm 11) di 31 linee di scrittura, con glosse sporadiche; rigatura a secco e a colore nero e rosso, con linee rettrici appositamente aggiunte per la glossa.

La decorazione comprende iniziali filigranate rifesse a intarsio rosso e blu all’incipit delle partizioni del testo (ff. 5r, 28r, 53r), iniziali ingrandite colorate in blu e in rosso, letterine toccate in rosso, segni paragrafali rossi e blu, rubriche rosse. Il codice è corredato da numerosi disegni e schemi geometrici a piena pagina relativi ai testi, realizzati con lo stesso inchiostro bruno del testo e con tratti in rosso (come a f. 2r). Le Praemissiones sono illustrate dai seguenti disegni: f. f. f. f. f.

1r: 1v: 2r: 2v: 3r:

f. 3v: f. 4r: f. 4v: f. 5r:

l’Aquila con i cinque sensi delle Scritture e le sette specie di intelligenze. i due Alberi dell’Ordo Patriarcharum e dell’Ordo Apostolorum. i tre Cerchi intrecciati, simbolo dei tre Stati. il Mysterium Ecclesiae, in forma di serpente demoniaco. i tre Cerchi delle età, raffiguranti i tempi ante legem, sub lege e sub gratia; la Tuba, simbolo della predicazione; i Sette sigilli. il Draco magnus et rufus, simbolo dell’Anticristo, incarnato nei regnanti del tempo. i due alberi contrapposti di Roma e Babylon, simbolo delle persecuzioni. il Salterium decem cordarum, simbolo della Trinità. il Carro di Ezechiele, rappresentazione della visione del profeta.

Il trattato Super Esayam è corredato dai seguenti disegni: f. 11r: Visio super Hierusalem, pianta ideale di Gerusalemme, costituita da una ruota formata da due cerchi concentrici. ff. 12v-27r: schemi geometrici di argomento geografico. f. 54r: diagramma della Forma tabernaculi federis. Schemi geografici a penna rossa. Il codice contiene il commento pseudo gioachimita alle visioni del profeta Isaia, introdotto dalle figure esplicative note come Praemissiones. Oltre a essere uno dei testimoni più antichi e accurati dell’opera, il Ross. 552 è altresì uno dei rari codici contenenti la serie completa delle 11 figure. Queste sono eseguite al tratto, con inchiostro nero talvolta ribadito in minio. Il disegno è preciso e sicuro, i diagrammi e le figure sono inseriti armonicamente nello specchio della pagina, in rapporto spaziale equilibrato con il testo e con le didascalie. Dal punto di vista tecnico, le forme geometriche sono ottenute con l’uso sistematico di riga e compasso, il che conferisce grande regolarità e chiarezza ai disegni. Gli schemi geografici contenuti nel testo sono formati da grappoli di ‘piattelli’ con i nomi geografici inscritti; a f. 26v compare una barretta che rappresenta il Mar Rosso (Mare rubrum), tinteggiata in arancio e riempita con disegni di pesci e animali acquatici.

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ROSS. 552-553

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La composizione del testo e l’elaborazione delle figure, in gran parte derivate dal Liber figurarum di Gioacchino da Fiore e dalle illustrazioni di altre opere autentiche, sono state attribuite da Reeves a un circolo gioachimita dell’Italia meridionale, probabilmente calabrese (REEVES, The ‘Figurae’, 170-199). Allo stesso ambito è stato del resto assegnato il commentario pseudogioachimita Super Hieremiam. Le due opere condividono l’atteggiamento polemico verso la Chiesa romana e verso l’imperatore Federico II. Tale impostazione ideologica trova piena giustificazione nel clima politico degli anni Quaranta del XIII secolo; tuttavia, le tematiche affrontate dal trattato Super Esayam e dalle Praemissiones dovevano apparire attuali anche nel corso dei decenni successivi, fino all’inizio del secolo seguente (DI GIOIA, Un manoscritto pseudogioachimita, 106). I caratteri della decorazione e della scrittura suggeriscono una collocazione del codice rossiano in ambito meridionale e una datazione al terzo quarto del XIII secolo. Si può aggiungere che tanto l’accuratezza del testo, quanto la chiarezza dei diagrammi, permettono di ipotizzare che gli artefici del codice avessero a disposizione un ottimo modello cui rifarsi, oppure che fossero in contatto con l’ambito di origine dell’opera. Il codice è stato restaurato nel 1966 presso il laboratorio della Biblioteca Apostolica Vaticana (cfr. timbro nel risguardo posteriore) e si conserva in stato discreto. Legatura di tipo A, con triplice cornice dorata e motivo a impressione centrale sui patti. Sul dorso si legge, in alto: ABBATIS / IOACIM(IS) / SUPER / PROPHET(AM); in basso: COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il codice non presenta elementi che permettano di ricostruirne le vicende conservative e di identificarne i possessori precedenti all’acquisto da parte del cavalier Giovan Francesco de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 347r-v) TIETZE, Die illuminierten, 82 nr. 123; REEVES, The ‘Figurae’, 67, 276, 278, 279, 282, 286; DI GIOIA, Un manoscritto pseudogioachimita, 86, 94-103, figg. 1, 2, 3, 7, 9a; TRONCARELLI, DI GIOIA, Scrittura, testo, immagine, 180.

GIORGIA CORSO

Ross. 553 (olim IX, 243) Pentateuco con Meghilloth Italia centro-settentrionale adriatica, sec. XIIIex. (1294) Membr. (pergamena di buona qualità, ben levigata, anche se mantiene tracce visibili dei bulbi piliferi); ff. VI (I cart. azzurro come il corrispondente risguardo; II-V cart. bianchi), 113, VI’ (I’ azzurro come il corrispondente risguardo; II’-V’ cart. bianchi); foliazione mec-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

canica in cifre arabiche a sinistra in basso sul recto; mm 338×230; rigatura a secco; specchio di scrittura (mm 225×140) a 2 colonne con 24 linee e intercolumnio di mm 22; scrittura italica con puntuazione a inchiostro; struttura del codice: 110, 16, 510, 18, 310, 111 (perché mutilo del foglio finale); il codice è privo dei fascicoli iniziali (inizia con le ultime 4 voci del v. 57 del cap. XIII del Levitico) e del fascicolo che doveva trovarsi tra gli attuali ff. 66 e 67 (contenente dalle ultime tre voci del cap. IV, 38 alla sestultima voce del cap. XIV, 26 del Deuteronomio); il secondo quaderno è irregolare, ma il testo non presenta lacune; con segnatura nell’angolo interno del margine inferiore del verso dell’ultimo foglio.

Sistema illustrativo: parashot uguali a quelle del ms. 478, compresi gli ibridi marginali (mm 130×30 ca.) armati di scimitarra (f. 15r, 37v, 44r), ma non quelli con anfora; l’unica differenza è costituita dalla mancanza delle cornici attorno alla Ross. 553, f. 94r prima parola del testo. Restano nel Levitico le parashot dalla quinta alla decima (ff. 1r, 4r, 7r, 9r, 13r, 15r), nei Numeri sono regolarmente state indicate dalla seconda alla decima (ff. 23r, 29r, 33v, 37v, 41r, 44r, 47v, 53r, 57r), mentre nel Deuteronomio mancano la terza e la quarta per la caduta del fascicolo che conteneva i relativi testi, mentre la nona (f. 82r) non è stata miniata; restano pertanto la seconda (f. 65r), dalla quinta all’ottava (ff. 68v, 72v, 75v, 80r) e la decima e la undicesima (ff. 83v e 85r). I singoli libri sono invece introdotti da una cornice: f. 18r una barra bolognese nel margine interno collega l’intestazione collocata alla sommità della prima colonna con il fregio del margine inferiore; l’intestazione è costituita da un rettangolo a fondo blu con cornice bruna di due tonalità contenente un draghetto verde e la prima parola del testo in oro in foglia (mm 48×65); attorno sono dipinti un leone in oro a pennello e una scimmia bruna; nel bas-de-page entro due girali si stagliano un uccello bruno ittiofago su fondo verde e un arciere dal corpo leonino desinente in busto umano con la testa girata verso il fondo in modo da mostrare solo una corta capigliatura, su fondo blu. La seconda colonna del foglio 17v termina con un fregio di completamento rettangolare a fondo blu (mm 88×65) iscrivente un cerchio formato da due nastri intrecciati che a sua volta iscrive una figura a sei petali; negli angoli quattro teste zoomorfe, tre delle quali ittiofaghe. Al f. 61r i Numeri sono introdotti da un fregio bolognese che corre nel margine superiore e in quello interno, collegando intestazione e bas-de-page; l’intestazione è un semplice quadrato blu contornato in arancio (mm 57×60) con la prima parola del testo in oro in foglia; nel margine superiore un drago e un uccello dal lungo collo sono posati sul tralcio; nel margine inferiore due girali con-

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ROSS. 553

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tengono due uccelli dal collo intrecciato, uno bruno e uno argenteo su fondo blu, e un ibrido in dicotomia, formato dalle due parti anteriori di un uccello bruno e da un cane alato ittiofago in argento; nel f. 60v un fregio di completamento è formato da un quadrato blu incorniciato in arancio e iscrivente cerchi concentrici intrecciati con una figura regolare a quattro petali (mm 50×60). L’intestazione del libro di Ruth (f. 87r) è stata asportata, ma doveva come al solito contenere la prima parola del testo in caratteri in oro in foglia; resta la cornice che corre lungo il margine interno, prolungandosi nei due lati brevi con tralci abitati: nel margine superiore è dipinto un grifone grigio-azzurro dal becco ricurvo, mentre in quello inferiore un ibrido arciere, formato da un corpo di drago sormontato da un busto umano con braccia desinenti in zampe e testa di rapace, prende di mira un draghetto ornitomorfo verde. Al f. 90r il Cantico dei cantici, iniziando a quattro righe dalla fine della seconda colonna, presenta una intestazione rettangolare campita in due registri (mm 88×60), verde e blu, contenenti rispettivamente un leone di profilo e la prima parola del testo in caratteri oro in foglia; il fregio rettilineo corre lungo il lato esterno, prolungandosi con una virata ad angolo retto nel margine superiore, mentre forma due girali in quello inferiore: nel primo, campito in verde, è collocata un’aquila ad ali spiegate, di profilo; nel secondo un uccello dal lungo collo su cui è posato un piccolo volatile. Lo spazio dell’intercolumnio è occupato nella parte inferiore da un leone argenteo in atto di azzannare un draghetto bruno. L’Ecclesiaste (f. 94r) inizia nuovamente alla sommità della prima colonna, con una intestazione rettangolare (mm 78×60) contenente, su fondo blu contornato in arancio, la prima parola in oro in foglia, sormontata da un uccello grigio e sottesa da un ibrido costituito dalla parte anteriore di un leone desinente in coda di pesce; un rigido bastone bolognese occupa il lato interno della pagina, formando un piccolo girale abitato da un uccello dal lungo collo e prolungandosi in quello superiore, ove costituisce una pertica di appoggio per un galletto bruno. Nel lato inferiore si forma un tralcio ondulato su cui cammina un ibrido dal corpo equino desinente in busto umano azzurro, alato, sormontato da testa mostruosa e nell’atto di impugnare una clava per difendersi dal leone che lo assale alle spalle. Nella pagina precedente (f. 93v) il fregio di completamento (mm 88×60) è formato da una ruota intrecciata con nastri bicromi che formano al centro una figura regolare a sei petali entro una cornice rettangolare contornata in arancio e campita in blu; nello spazio di risulta inferiore è dipinto un uccello bruno con un lunghissimo collo annodato. Al f. 101v le Lamentazioni iniziano nella prima colonna sotto due linee di testo: la prima parola, scritta in oro in foglia, è contenuta in un rettangolo con cornice arancio (mm 90×60), campito in blu e contenente anche un leone bruno e un uccello grigio; il fregio fogliaceo si prolunga nel margine superiore in due volute simmetriche che formano la base su cui è dipinto un cervo in corsa; nel margine esterno il bastone bolognese forma un girale entro cui è rappresentato un uccello dal lungo collo annodato, mentre nel margine inferiore una lunga foglia blu, desinente a girale iscrivente un motivo geometrico, inquadra una leonessa che fronteggia un serpente verde minaccioso. Anche l’intestazione del Libro di

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ester al f. 105v, che si trovava all’inizio della seconda colonna, è stata asportata e resta solo un fregio bolognese rovinato nel margine superiore e perfettamente leggibile in quello laterale interno; nel bas-de-page lunghe foglie blu sostengono un drago verde e un leone bruno dalle lunghe ali rosa che si fronteggiano. Alla fine della prima colonna il fregio di completamento (mm 23×60) riprende il motivo diffuso nel ms. 478, cioè un rettangolo blu contenente un uccello verde. Per il dibattito critico si veda il ms. 556. Tracce di umidità e margini talora corrosi negli spigoli esterni; sono stati tagliati i margini esterni dei ff. 75, 103, 107, 109, 111 e quello inferiore del 112. Legatura rossiana di tipo A; sul dorso è scritto in lettere capitali auree: in alto PENTATHUC(UM) HEBRAICE, in basso, COD(EX) MEMB(RANACEUS) SAEC(ULI) XIII. (Bibl. Rossianae, V, 348r-v) TIETZE, Die illuminierten, 68 nr. 100, MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 218220; GUTMANN, Hebrew Illuminated, 28; MILLER, Scheda nr. 12, 47; Hebrew Manuscripts, 591; MADDALO, Ragoni, 153, n. 17; ZANICHELLI, Manoscritti ebraici, 236, 238, n. 17.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 554 (olim IX, 244) Testamentum Vetus (hebraice) Roma, sec. XIII4 (d.to 1286)

Ross. 554, f. 290v

(f. 536v) colophon: E fu compiuta tutta l’opera del lavoro di santità, che feci in questo libro io Jekutiele figlio di Rabbi Jachiele della famiglia degli Anawim (Mansueti) nel terzo dì della settimana, nel IV dei giorni della luna (del mese) di iiav dell’anno cinquemila e quarantasei della creazione del mondo (martedì 30 aprile 1286). E lo scrissi per l’amato mio Rabbi Manachem figlio di Rabbi Mosè, sua requie sia il paradiso. Il giudice creatore per le sue misericordie lo purifichi per meditare in quello esso e il suo seme e il seme del suo seme fino alla fine di tutte le generazioni. Amen. E adempia sopra di noi ciò che sta scritto: Non recederà il libro di questa legge dalla tua bocca e mediterai in esso dì e notte, per mantenerti nello eseguire secondo tutto lo

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ROSS. 553-554

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scritto in esso; che allora feliciterai la tua via, e allora intenderai. Conforta Jekutiele scrittore, e conferma ognuno che legge in quello. Beniamino figlio di Rabbi Joab scrisse le vocali (f. 536v) Nota che attesta come mercoledì 10 settembre 1432 Mosè figlio di rabbi Jekutiele abbia venduto questo libro, donatogli da rabbi Nataniele, suo suocero, a rabbi Giacobbe Vachi figlio di rabbi Abramo medico, al prezzo di 42 ducati d’oro. Venerdì 22 maggio 1433 rabbi Giacobbe attesta di avere effettuato la transazione, ma di avere poi venduto per la stessa somma il volume al proprio genero rabbi Shabtai figlio di rabbi Jekutiele. Membr. (pergamena bianca e ben lavorata); ff. V, 537, III’ (su f. 537v è applicato un foglio cart. piegato a costituire un bifoglio di dimensioni ridotte, che riporta la descrizione del codice e dei suoi contenuti); numerazione moderna meccanica in cifre arabiche in basso a sinistra sul recto; mm 350×230; scrittura italica di due moduli (il testo di modulo maggiore di una sola mano e masora di un unico puntatore a inchiostro); specchio scrittorio (mm 213×150) su 2 colonne di 26 linee con intercolumnio di mm 15; rigatura a inchiostro; struttura del codice: 18 (mancano i ff. 1-2 e 11-12), 111 (manca f. 1), 3012, 16, 1412, 16; fascicoli con numeri e richiami in ebraico in inchiostro e con numerazione in cifre arabiche a matita a sinistra in basso nell’ultimo foglio; bianchi il f. 386v, alla fine dei Profeti Posteriori, e il f. 537r.

Il sistema illustrativo del testo, che inizia da Genesi III, 23, è organizzato mediante indicatori eseguiti a penna e intestazioni a pennello; gli indicatori di 47 parashot, cioè le suddivisioni liturgiche del Pentateuco, che è trascritto sui primi 12 senioni, sono costituite da grandi segni paragrafali, con lunghe code, rosso chiaro e blu, incorniciati con grafismi ornamentali nelle tinte complementari, disposti a filamenti e riccioli rialzati in acquarello giallo. Si inizia dalla seconda parashah del Genesi (f. 2v: 6, 9) e seguono le restanti 10 (ff. 5v, 8v, 10v, 12v, 15r, 18v, 22r, 25r, 28v e 31r), dato che la lacuna (XVIII, 8-XXII, 5) non comporta la perdita di un incipit; nell’Esodo sono segnate le parashot dalla seconda alla undicesima (ff. 36v, 40r, 43r, 46r, 48r, 50v, 53r, 55v, 59r, 62r); nel Levitico dalla seconda alla decima (ff. 67r, 69v, 71v, 73v, 75v, 76v, 78r, 82r, 83v); nei Numeri dalla seconda all’undicesima, con l’eccezione della settima che non è stata tracciata al f. 103v (ff. 89r, 93r, 96r, 99r, 101v, 106r, 109v, 112v); nel Deuteronomio dalla seconda all’undicesima, con l’eccezione della nona che manca al f. 137r (ff. 117v, 121r, 124v, 127v, 130r, 133r, 136r, 138r, 140r). Nei ff. 141r-386v la parte dei Profeti priori e posteriori, che non segue il Talmud, ma il ms. metropolitano del 1009 – cioè inverte la posizione del Libro di Ester e delle Cronache – è trascritta su 20 senioni e 1 ternione; questa sezione è contrassegnata dagli indicatori di 149 haphtaroth posti in corrispondenza dell’inizio delle letture liturgiche da eseguirsi il Sabato e nei giorni festivi dopo la lettura del Pentateuco; tali indicatori sono costituiti da grafismi ornamentali, simili ai precedenti, disposti nei margini a formare cerchi, ovali o triangoli in inchiostro rosso chiaro e blu con rialzi in acquarello giallo, che circoscrivono le indicazioni marginali dei passi (misure medie mm 60/70×30). Le intestazioni (mm 60/90×70) introducono i singoli libri e sono formate da cornici che inquadrano la parola iniziale, posta su un fondo a filigrana; la strut-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

tura assume solitamente una forma quadrata con fondo in rosa e blu in cui si adagiano antenne desinenti in piccole foglie ripiegate o tralci nodosi con foglie trilobate o allungate; più raramente l’indicatore si struttura a forma di lira, in modo da incorniciare meglio il testo. Piccoli soli oro contornati e, talora, cigliati in nero impreziosiscono il disegno; in qualche caso il registro superiore assume la forma di uno skyline, con due o più torri con tetto a spioventi. In molte intestazioni compaiono elementi zoomorfi, particolarmente protomi canine/leonine bianche o uccelli con un chicco aureo nel becco; sinuosi grafismi ornamentali blu e rossi rialzati ad acquarello giallo completano l’insieme; secondo lo stesso pattern sono realizzate anche le cornici di alcuni explicit, che sono inserite quando il testo si arresta a qualche linea dalla fine e il libro successivo viene trascritto all’inizio della colonna seguente (sia quando questo si verifica nella stessa pagina, che in pagine contigue). Inoltre questo si verifica anche quando si vuole conferire particolare rilievo al testo, come ai ff. 159r, 261v, 501v. Al f. 386v un sistema di 2 cornici (mm 210×70) segna la fine dei Profeti posteriori; il verso è bianco, indice di composizione modulare del codice, dato che questo è l’ultimo foglio del fascicolo. Le intestazioni si trovano ai ff. 33v (Es), 64r (Lev), 85v (Num), 114v (explicit), 115r (Deut), 141r (Ios), 159r (explicit e Iug), 176r (explicit), 176v (Sam), 219r (Re), 261v (explicit e Ger), 290v (explicit e Ez), 328r (explicit e Is), 361r (explicit e Os), 365r (Il), 367r (Am), 370v (Ab), 371r (In), 372r (explicit e Mic), 374v (explicit e Nh), 375v (Hab), 376v (Zefania), 378r (explicit e Ag), 379r (Zc), 384v (Ml), 386r (fine dei Profeti Posteriori), 387r (Chron), 430r (Ps 1), 439r (Ps 42), 446v (Ps 74), 451v (Ps 90), 456r (Ps 107), 465v (explicit), 466r (Iob), 480r (explicit), 480v (Pro), 492r (Rt), 494v (Cn), 496v (Ec), 501v (explicit e Lm), 504v (Est), 509 (explicit), 510r (Dn), 520r (Es), 536v (colophon inquadrato da 4 cornici, mm 70×70 ciascuno). Questo codice, ampiamente studiato per le note di possesso relative alla famiglia Anawim (MORTARA OTTOLENGHI, Un gruppo di manoscriti ebraici, 148-151; BEIT-ARIÉ, Hebrew Codicology, 66; BUSI, Libri e scrittori, 86 nr. III.I.3), è stato collegato per le sue miniature (MORTARA OTTOLENGHI, Un gruppo di manoscritti ebraici, 148-151; MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 216-217) a prestigiosi manoscritti, quali la Bibbia di Parma, Biblioteca Palatina, ms. Parm. 3216, quella di Cambridge, Emmanuel College, ms. I. 1. 5-7, e la Guida dei perplessi del Maimonide della British Library, ms. Harley 5786 A, cui si deve aggiungere il ms. Hebr. 197 della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, che contiene il Commento alla Misnah dello stesso autore. È proprio quest’ultimo manoscritto, finora avvicinato alla produzione di codici ebraici romani del periodo solo per motivi paleografici (BEIT-ARIÉ, The Cryptic Name, 56 e BUSI, Libri e scrittori, 102) a presentare più stretti legami, condivisi unicamente dal manoscritto di Parma; infatti in questi tre codici opera lo stesso miniatore che esegue i raffinati disegni a inchiostro ove i sottili e mossi grafismi danno vita a ibridi composti da uccelli dal lungo becco e da protomi leonine. Caratterizza però il Ross. 554 l’assenza del-

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le porte grafiche, ricorrenti in tutti gli altri codici del gruppo, ma qui sostituite da intestazioni miniate di grande impatto visuale. La cultura eclettica del miniatore, che fonde modelli parigini con elementi propri della coeva cultura romana (ZANICHELLI, Manoscritti ebraici romani, 112 e 215; ZANICHELLI, Roma attorno al 1300, 635) si avverte soprattutto nel ricco repertorio vegetale, che abbina larghe foglie pentalobate, di modello gotico, con piccole foglie ripiegate, comuni ai codici prodotti nell’Urbe, e lunghe foglie d’acanto mosse. Altrettanto significativi sono i volatili con una piccola sfera nel becco, motivo proprio degli ateliers francosettentrionali, ma diffuso in Italia attraverso lo scriptorium delle bibbie di Manfredi, che lo usa in molti codici, come il ms. Vat. lat. 36; come pure indicano modelli settentrionali le piccole protomi leonine che compaiono sui corpi ibridi di piccoli draghi alati. La gamma cromatica utilizza prevalentemente il rosa e il blu, secondo il modello francese, cui unisce anche il verde oliva e il giallino, riecheggiando da vicino le scelte operate nella bottega di Magister Nicolaus, l’unico miniatore romano attivo nel terzo quarto del secolo finora chiaramente identificato (MADDALO, Da Magister Nicolaus, 99-100). L’uso abbondante dell’oro in foglia e la sistematicità della realizzazione attestano il prestigio del volume, realizzato per onorare rabbi Manachem ben Mosè, maestro dello scriba che appartiene alla potente famiglia degli Anawim. Stato di conservazione buono. I primi due fascicoli del codice hanno subito gravi danni, mentre i restanti 46 sono in buone condizioni. Da segnalare in particolare il f. 9, di cui resta solo un frammento applicato con un restauro a rattoppo a un foglio moderno in cartoncino avorio. Legatura Rossi A, in cuoio con fregi aurei che inquadrano un dittico con ante arrotondate alla sommità e l’iscrizione: BIBLIA HEBRAICA / CODEX ANTIQUISS(IMUS). Sul dorso si legge: in alto: BIBLIA / HEBRAICA; in basso: CODEX MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1286 / PER MANUM / JECUTIELIS FIL(II) R(ABBI) JACHIELIS / E FAMILIA ANAVIM. (Bibl. Rossianae, V, 349r-v) TIETZE, Die illuminierten, 66 nr. 97; Catalogo della mostra 1935, 9; BEIT-ARIÉ, The Cryptic Name, 56; Il libro della bibbia, 43 nr. 81; MORTARA OTTOLENGHI, Un gruppo di manoscritti ebraici, 148-151; BEIT-ARIÉ, SIRAT, Manuscrits médiévaux, 12; BEIT-ARIÉ, Hebrew Codicology, 66; MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 216-217; PACE, Codici miniati a Roma, 319; GUTMANN, Hebrew Illuminated Manuscripts, 28; MILLER, Scheda nr. 11, 46; BUSI, Libri e scrittori, 86 nr. III.I.3; MORTARA OTTOLENGHI, Scribes, Patrons and Artists, 87-88; NICOSIA, Testimonianze ebraiche, 53; METZGER, A History and Analysis, 111, n. 92; ZANICHELLI, Manoscritti ebraici romani, 112 e 215; ZANICHELLI, Roma attorno al 1300, 635; Hebrew Manuscripts, 592-593; MADDALO, Ragioni, 153, n. 17; ZANICHELLI, Manoscritti ebraici, 233-240.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 555 (olim IX, 245) JACOB BEN ASHER (YA’AQUOT BEN ASER), Arbaah Turim (Quattuor ordines) Mantova, sec. XV2 (d.to 1435)

Ross. 555, f. 127bisv

(f. 440r) colophon: Io, scriba Isaac ben Obadiah ho completato quest’opera in 10 mesi a Mantova, il terzo giorno di Kislev, 5196 (24 novembre 1435) e lo scrissi per rabbi Mordecai ben Avigdor (…) e confesso di aver ricevuto da lui tutto quello che mi è dovuto (seguono le firme dello scriba, del proprietario e dei testimoni Abraham ben Binyamin di Revere e Jacob ben Moses ben Avigdor). A seguire: poema composto da Judah ben Joseph ben Judah ben Isaac; notizia di una vendita a Forlì. (f. 440v) Camillo Jaghel 1575 Lugo; revisus per me Laurentium Franguellii 5795 (f. 441v) Janij sum

Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata; appena percepibile la differenza fra lato pelo e lato carne); ff. I, 441, I’; foliazione moderna, manuale, in inchiostro bruno, in cifre arabiche a destra in alto sul verso (non sono numerati i fogli iniziali del secondo e quarto libro, ora 127bis e 292bis, probabilmente a causa della mancanza di spazio libero dovuto alla presenza della miniatura che occupa l’intero verso del foglio; anche il primo libro presenta una miniatura sul verso, ma in questo caso il cartulatore, pur non apponendo il numero, lo ha saltato nella sequenza, permettendo una integrazione moderna a matita del numero 12); mm 331×234; scrittura italiana di due moduli a inchiostro bruno e rosso; specchio scrittorio (mm 230×155) su 2 colonne di 52 linee; rigatura a inchiostro; struttura del codice: 16, 1810, 212, 510, 18, 1512, 17; richiami al centro del margine inferiore del verso dell’ultimo foglio del fascicolo con un ornamento grafico a tralcio in inchiostro seppia; bianchi i ff. 281v-282r, 292v-292bisr, 440v e 441r-v.

Il sistema illustrativo del codice è costituito da elementi grafici e da quattro miniature a piena pagina all’inizio dei quattro libri; gli ornamenti grafici sono in parte realizzati in inchiostro seppia e costituiscono, oltre alle cornicette che individuano i richiami, anche brevi segmenti rettilinei o curvilinei con patterns geometrici a risparmio che occupano alcuni degli spazi di risulta nel testo. Interessante è l’uso di questi ornamenti per incorniciare la fine sagomata del libro quarto, come si vede al f. 281r, creando un sistema che richiama visivamente quello della micrografia. Inchiostri rossi e blu sono invece impiegati per tracciare i rettangoli che inscrivono gli argomenti nel margine superiore di alcune pagine, alcune glosse marginali, gli schemi a griglia ai ff. 78r-78v e 405v e alcune

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intestazioni di capitoli nel primo e nel quarto libro: in quest’ultimo caso i grafismi si allungano nel margine formando raffinati tralci desinenti in fiori e riccioli. Le quattro miniature si trovano all’inizio dei 4 libri in cui è diviso canonicamente il trattato giuridico scritto dal rabbino di origine germanica, Jacob ben Asher, che visse a Toledo nel XIV secolo: al f. 12v è dipinta quella relativa al I libro, Tur Orah Hayyim, che contiene le leggi rituali relative alle preghiere quotidiane, a quelle del sabato e degli altri giorni festivi: la scena iniziale (mm 175×155) rappresenta la preghiera dei fedeli nella sinagoga, davanti all’armadio della Torah (Arón ha-Kodesh), mentre il cantore (hazzan), a lato della struttura, regge con le mani velate un rotolo ricoperto di tessuto prezioso, di analogo disegno a quello del drappo che definisce il piano interno del sacro ambiente; una cornice a cassetta, delimitata da un listello verde e uno blu, ha al centro una decorazione aurea a ramages su fondo rosso. Ai quattro angoli quattro animali reggono un cartiglio: sono l’aquila, il leopardo, il leone e il cervo menzionati all’inizio di questa sezione. L’intera sequenza, che occupa i tre quarti superiori del foglio (mm 105×155), è racchiusa, insieme a 10 linee di testo, da una ricca cornice fogliacea, abitata da personaggi oranti o in abiti cortesi entro lussurreggianti girali policromi su lamina oro. Al f. 127bisv la seconda pagina miniata introduce il libro successivo, Tur Yoreh De‘ah, che contiene le leggi relative alle cose legali e illegali; viene rappresentata nella miniatura che occupa la parte superiore del foglio, la macellazione rituale (shechitah), che prevede il taglio netto della gola dell’animale, in questo caso due bovini e due volatili, mediante un coltello affilato. Tre macellai (schochet) sono all’opera, mentre una dama con un grande turbante si affaccia da una delle porte arcuate che immettono nel macello; attorno alla miniatura e all’inizio del testo si sviluppa la cornice abitata da personaggi in abiti cortesi, un putto, fiore e uccelli. Il terzo libro, Tur Eben ha-‘Ezer, contiene le leggi relative al matrimonio e al divorzio ed è introdotto, al f. 220r, da una scena di matrimonio (mm 105×155), con i due sposi in eleganti abiti nell’atto di scambiare l’anello nuziale davanti al rabbino; la sposa è avvolta in un’ampia pellanda vaiata, blu con melograni, il frutto sacro di Israele, ricamati in oro, mentre lo sposo indossa una lussuosa corta sopraveste vaiata. Gli invitati alla cerimonia riempiono completamente la scena, mentre sullo sfondo a destra si nota un coro ligneo con due suonatori di flauto; la cornice presenta un andamento analogo alle precedenti, ma nei girali angolari compaiono in alto due volatili e in basso un leone e un lupo. Al f. 292bisr la quarta miniatura introduce il Tur Hoshen ha-Mishpat, il libro delle leggi civili; viene rappresentata una scena di tribunale con giudici, notai e segretari seduti in scranni lignei, mentre patrocinatori e clienti si alternano davanti a loro, chiaramente differenziati dagli abiti, lunghi e solenni quelli dei primi, più feriali e corti quelli dei secondi. La miniatura tabellare (mm 90×155) e 20 linee di testo sono racchiusi entro la cornice fogliacea che presenta nei girali angolari quattro suonatori intenti a suonare rispettivamente una viella, un mandolino, un flauto e un organo da braccio. Il manoscritto è stato spesso citato sia perché costituisce un elemento impor-

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tante per ricostruire la cultura ebraica mantovana (SIMONSHON, History of the Jews, 204 e 655) sia perché trascritto dallo scriba Isaac ben Obadiah di Forlì, che sottoscrive altri importanti codici, quali i mss. Harley 5686 e Add. 19944-5 della British Library, rispettivamente a Bologna nel 1427 e a Firenze nel 1441; su questa base i paleografi gli hanno attribuito una serie cospicua di manoscritti che testimoniano una lunga attività professionale nel secondo quarto del XV secolo (Hebrew Manuscripts, 10 nr. 25). Per quanto invece concerne l’apparato illustrativo, nonostante l’analisi del Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 110-111 nr. 217) avesse evidenziato la presenza di elementi bolognesi nelle cornici fogliacee e una ripresa dei modelli pisanelliani, segno di una cultura complessa, nel corso dei primi tre quarti del secolo scorso finisce per prevalere una generica attribuzione all’ambito lombardo (Miniature del Rinascimento, 43 nr. 65), anche se non mancano tentativi di individuare un più preciso nesso con la cultura degli Zavattari e di Bonifacio Bembo (GUTMANN, Hebrew Manuscript, 104-108; MORTARA OTTOLENGHI, Alcuni manoscritti miniati, 43; GUTMANN, Hebrew Illuminated Manuscripts, 29-30) in gran parte degli interventi. Negli anni Ottanta il codice viene sottoposto a nuove indagini e Cadei (CADEI, Gli Zavattari, 42-43) individua nel volume l’attività di almeno quattro maestri, il decoratore che esegue le cornici in collaborazione con il miniatore della scena del matrimonio, autore anche di alcune delle figure inserite fra i tralci, un secondo maestro cui spetterebbero le miniature della sinagoga e del tribunale, caratterizzato da una più attenta ripresa della prospettiva lineare, e un terzo, di minore abilità, responsabile della scena della macellazione rituale. Solo per il primo maestro, di cui viene evidenziata la raffinata cultura che fonde preziosismi cromatici e morbida volumetria, è accettabile l’avvicinamento alla bottega dei Bembo nella fase giovanile, cioè nel momento in cui si apre alla meditazione sulle novità importate non tanto dalla Toscana, quanto da Mantova e dal Veneto. Per il secondo maestro sono identificati precisi nessi con la cultura veneziana. La prospettiva veneta, favorita anche dagli studi di Giordana Mariani Canova (MARIANI CANOVA, Il recupero di un complesso librario), che aveva individuato nel Maestro dell’Antifonario Q un rappresentante di questa congiuntura mantovano-veronese con aperture lombarde formatosi attorno alla metà del XV secolo, viene ripresa da Castiglioni (Scheda nr. 1) a proposito dei rapporti tra la cultura dei miniatori del codice mantovano e quelli attivi nel Messale di Verona (ms. 738 della Biblioteca civica) e nei codici relati, quali l’Offiziolo della British Library, ms. Add. 22569. La traccia pisanelliana del Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 110-111 nr. 217), saltuariamente citata nel corso del dibattito degli anni precedenti (ZANOLI, Sugli affreschi di Pisanello, 36), viene compiutamente contestualizzata da Boskovits (BOSKOVITS, Arte lombarda, 18-20) che pone il codice rossiano come prova della precoce presenza a Mantova di Pisanello; è negata invece decisamente da Conti (CONTI, Frammenti di Mantova, 41) che individua nel miniatore principale, cui assegna le miniature tabellari, a eccezione di quella con la macellazione rituale, precisi elementi veneziani; Bauer-Eberhardt (BAUER-EBERHARDT, Miniature italiane in codici ebraici, 435-437), senza distinguere le varie mani presenti nel codice mantovano, lo assegna alla bottega di Battista da Vicenza, maestro che condivide alcuni elementi spaziali con l’autore della scena del

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tribunale, ma che si rivela di qualità ben diversa a quella dei maestri attivi nel manoscritto in esame. Ritorna sul problema della cultura dei differenti maestri attivi nel trattato Arbaah Turim Massimo Medica (MEDICA, Matteo de’ Pasti, 505-507), che ribadisce la distinzione fra il maestro del matrimonio e quello che esegue le scene della sinagoga e del tribunale, sottolineando per quest’ultimo una conoscenza diretta della cultura veneziana; avanza invece la possibilità che l’autore della scena della macellazione sia lo stesso primo maestro, in un momento di maggiore espressività. Lo studioso inoltre riconosce una precisa impronta pisanelliana nel primo maestro e in quello che esegue le eleganti cornici vegetali; proprio su questa base propone una datazione analoga anche per il ms. Add. 22569, il Libro d’ore di committenza veronese, che ritiene eseguito nello stesso atelier, come dimostra il fatto che sembra riflettere una analoga divisione del lavoro fra due o tre miniatori. In particolare lo studioso avvicina il f. 13r con la Madonna dell’Umiltà e il f. 13r con l’Ufficio dei morti del codice londinese al secondo miniatore del trattato ebraico, mentre propone un rapporto meno stretto fra il primo miniatore e le miniature dell’Annunciazione, Matrimonio della Vergine e Visitazione. Alla luce di questa constatazione chi scrive (ZANICHELLI, s.v. Maestro del 1449, 481 e Miniatura a Mantova, 92) ha individuato precisi riflessi del primo maestro nell’atelier mantovano che realizza alcuni codici gonzagheschi, quali il Plutarco della Mediceo Laurenziana, ms. 69. 1, e il Cicerone di Trento, Biblioteca civica, ms. 3565, che rielaborano nelle cornici abitate alcuni elementi dei maestri attivi nel codice di Jacob ben Asher. I più evidenti legami di questo codice con la produzione mantovana sono forniti dalle raffinate filigrane, in inchiostro rosso chiaro e blu, che riprendono elementi ornamentali presenti in manoscritti latini prodotti a Mantova, quali il Salterio (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 772) commissionato dalla stessa famiglia regnante nel terzo decennio del secolo e realizzato, nella sua fase iniziale, da un gruppo di maestri che rivelano caratteristiche culturali affini a quelli attivi nel codice in esame, attenti cioè sia alle novità lombarde, sia a quelle venete (ZANICHELLI, Miniatura a Mantova, 206); inoltre la non sistematicità di questi indicatori grafici e la mancanza di coincidenza con la divisione dei fascicoli, che potrebbe indicare un cambiamento nell’esecuzione del lavoro, induce a pensare che si tratti di una scelta voluta dal committente, che in questo modo evidenzia argomenti di particolare interesse. Analogamente devono essere state scelte le scene relative ai quattro frontespizi e il fatto che esse siano realizzate da differenti artefici testimonia la volontà di affidarsi a un atelier professionista, in grado di realizzare rapidamente il codice di lusso, un vero e proprio status symbol in linea con quelle che erano le tendenze della élite dominante mantovana. Le caratteristiche del secondo miniatore, cui si devono i frontespizi del primo e quarto libro con le scene della sinagoga e del tribunale e che si differenzia per una netta propensione al trattamento grafico delle forme, sono state ben delineate da Cadei (CADEI, Gli Zavattari) e da Medica (MEDICA, Matteo de’ Pasti), e l’indicazione di una probabile formazione veneziana, suggerita dall’uso di architetture gotiche complesse, ove strutture cuspidate, ricche di guglie e pinnacoli, si alternano a drappi preziosamente ricamati secondo la tradizione del gotico internazionale, appare

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convincente; il fatto che gli stessi modelli siano alla base di alcune composizioni di Battista da Vicenza non giustifica l’identificazione dell’artefice con il secondo maestro del Ross. 555, come suggerito per l’intera opera da Bauer-Eberhardt (BAUER-EBERHARDT, Miniature italiane in codici ebraici), ma aiuta certamente a confermarne l’iter formativo. Le altre due miniature sono unite da una comune caratteristica: la tendenza a ingrandire le figure, fino a renderle dominanti rispetto allo spazio circostante, che viene reso con pochi, essenziali elementi architettonici, prevalentemente costituiti da nude pareti forate da portali con archivolto. Conforta l’ipotesi dell’esecuzione da parte di un solo artefice delle miniature del matrimonio e della macellazione rituale (MEDICA, Matteo de’ Pasti) l’analisi dei volti dei personaggi delle due scene, che sembrano riflettere le stesse tipologie giovanili, con i volti assorti e gli sguardi persi in lontananza o rivolti a oggetti vicini, ma mai in contatto con lo spettatore. La contrapposizione tra i colori lussuosamente cangianti e i preziosi materiali della scena del matrimonio e le tinte pacate e sorde della scena della macellazione accentuano una differenza che risiede più nell’intenzionalità dell’artefice di contrapporre a una scena di élite una relativa alla vita quotidiana, che non nelle due differenti personalità. Il maestro, aggiornato sulle novità importate da Pisanello, la cui presenza a Mantova è documentata a partire dal 1422, riprende i modelli del pittore nelle pose fluide dei corpi, nella preziosità degli abiti, nella ricchezza della morbida gamma cromatica, ma rimane legato alle tipologie giovanili dei volti lombardi, preferendo forme arrotondate e la resa micrografica, in linea con le scelte di un altro artefice che esegue nel 1439 un’altrettanto lussuosa edizione dello stesso testo in ebraico, il ms. Canon. Or. 76 della Bodleian Library, commissionato, come denunciano le insegne araldiche nei frontespizi, dallo stesso committente del celebre codice di Avicenna della Biblioteca universitaria di Bologna, ms. 2197, riccamente miniato e, come questo, eseguito probabilmente tra Emilia orientale e Romagna. Questo secondo maestro realizza le cornici abitate, inserendo tra le mosse foglie dei girali, piccoli profili giovanili e figure in diversificato rapporto col testo: nel primo frontespizio, dedicato alla preghiera, compaiono eleganti figure di oranti, mentre i quattro animali reggono cartigli con i simboli degli evangelisti; nel secondo invece figure in abito cortese sembrano osservare la scena, mentre appaiono collegate da un vincolo più tenue alla scena principale la dama, i putti e gli animali angolari del terzo libro e i quattro suonatori del quarto. Si conferma partanto quanto già evidenziato negli studi più recenti, cioè l’attenzione dei due artefici non tanto verso i modelli lombardi, e ancor meno verso quelli fiorentini, ma piuttosto verso l’ambito veneziano e veronese, mentre il rapporto tra i personaggi del tralcio e la struttura vegetale stessa sembra derivare dal Plutarco scritto da Gerardo da Patrasso nel 1431 per Vittorino da Feltre a Mantova (ZANICHELLI, Miniatura a Mantova, 92), a riprova dell’indubbia esecuzione anche delle miniature del codice a Mantova. Il fascino esercitato dalle biblioteche allestite nelle corti padane determina quindi anche nelle nobili famiglie delle comunità ebraiche non solo un desiderio di emulazione, ma anche la volontà di usare elementi dignificanti analoghi, cioè

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lussureggianti bordure abitate e le raffinate miniature tabellari; l’uso di un artefice latino implica necessariamente la presenza del committente come advisor, e quindi una sua partecipazione diretta alla progettazione del sistema illustrativo, sia per quanto concerne la scelta dei testi da illustrare sia per quanto riguarda le iconografie con cui documentarli. Legatura Rossi A, restaurata in cuoio bruno con fregi oro che formano dicotomie vegetali su campi rettangolari o romboidali colorati in rosso e verde e inseriti entro uno schema geometrico; simile motivo ricorre anche sul dorso su cui è scritto, in caratteri oro capitali, in alto: R. JACOBI F. ASCER / QUATTUOR ORDINIBUS HEBRAICE; in basso: CODEX MEMBRANACEUS / ANNO MCCCCXXVI / EXEUNTE. Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Quinto centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana 1475-1975, Città del Vaticano 1975. (Bibl. Rossianae, V, 350r) TIETZE, Die illuminierten, 110-111 nr. 217; Miniature del Rinascimento, 43 n. 65; BLUM, Des miniatures, 15; NARKISS, Hebrew Illuminated Manuscripts, tav. 48; ZANOLI, Sugli affreschi di Pisanello, 36; Quinto centenario, 106 nr. 275; SIMONSHON, History of the Jews, 204, 655; GUTMANN, Hebrew Manuscript Painting, 104-107; MORTARA OTTOLENGHI, Alcuni manoscritti miniati, 43; MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 222, n. 27; CADEI, Gli Zavattari, 42-43; CASTIGLIONI, Scheda nr. 1, 185-187; GUTMANN, Hebrew Illuminated Manuscripts, 2930; MILLER, Scheda nr. 40, 77; BOSKOVITS, Arte lombarda, 18-20; Arba’ ha Turim; CONTI, Frammenti di Mantova, 41; BAUER-EBERHARDT, Miniature italiane in codici ebraici, 435-437; MORTARA OTTOLENGHI, Scribes, Patrons and Artists, 91, n. 24; SED-RAJNA, L’art juif, 466 e 524 nr. 445; MORTARA OTTOLENGHI, “Figure e immagini”, 982; MEDICA, Matteo de’ Pasti, 505-507; Hebrew Manuscripts, 10 nr. 25; ZANICHELLI, La produzione miniata, 410; ZANICHELLI, s.v. Maestro del 1449, 481; ZANICHELLI, Miniatura a Mantova, 92; Hebrew Manuscripts, 593-594; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 17.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 556 (olim IX, 246) Psalterium Italia centro-settentrionale adriatica, sec. XIIIex. (d.to 1294) (f. 59r) colophon: Fu finito questo libro dei Salmi per mano di Rabbi Elia figlio di Giacobbe sacerdote (Haccohen) e lo scrissi per Rabbi Shabtai figlio di Salomone. Ed ebbe fine nel giorno sesto (venerdì), nell’ottavo del terzo mese cinquantaquattro anni del millenario sesto (circa la metà dell’anno 1294) Membr. (pergamena di buona qualità, ben levigata, anche se mantiene tracce visibili dei bulbi piliferi); ff. VI, 59, VIII’; risguardi e guardie cart.; foliazione meccanica in cifre arabiche a sinistra in basso sul recto; mm 343×225; rigatura a secco; specchio di scrittura (mm 220×140) a 2 colonne con 26 linee e intercolumnio variabile da mm 5 a 25; scrittura itali-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ca di due moduli a inchiostro nero e bruno, una per la prima parola, l’altra per il testo puntuato; scrittura italica con puntazione; struttura del codice: 19, 212, 210, 16; con segnatura nell’angolo interno del margine inferiore del verso dell’ultimo foglio.

L’illustrazione è costituita da miniature all’inizio delle cinque partizioni del salterio; sono caratterizzate da animali bipedi ocracei su fondo blu filigranato, da fregio marginale a bastone bolognese, mentre le intestazioni (mm 50×140) degli incipit hanno elementi in oro in foglia.

f. 16r

f. 27v

f. 36r

f. 43r

f. 1r salmo 1: l’intestazione è costituita da una tabella blu (mm 57×140) profilata in tempera ocra chiara su cui si posa un uccello dalle zampe massicce, mentre due bipedi, un’anatra e un quadrupede abbreviato sono alRoss. 556, f. 36r l’interno e a lato dell’incipit. Nel lato esterno una barra con bipede ornitomorfo e chicchi; nel bas-de-page due girali con un motivo geometrico e due bipedi dal lungo collo intrecciato. salmo 42: intestazione tabellare con draghetto tripede e pesce; nel margine superiore un uccello bipede desinente in tralcio; in quello inferiore un girale con bipede armato di spada che minaccia un ibrido metà leone e metà pesce. salmo 74: intestazione tabellare asportata (mm 60×140 ca.); resta solo la cornice, formata da uno stelo che si prolunga con un draghetto bipede verso l’alto terminando con girale con testa ornitomorfa; un uccello nel margine esterno a lato del bastone bolognese; due girali nel bas-de-page con ibrido arciere e aquila. salmo 90: intestazione blu (mm 60×140) con incipit in oro in foglia; due uccelli sopra e nel bas-de-page un quadrupede alato e un trampoliere. La miniatura risulta completa, ma è stata tagliata e riapplicata in modo grossolano. salmo 107: intestazione (mm 75×140) con titolo oro e due ibridi ornitomorfi col collo annodato; tracce di cornice a bastone bolognese, ma con grandi aree asportate sia in alto (al centro) che in basso (quasi tutto il basde-page, in corrispondenza di miniature non ritenute ortodosse).

Il codice presenta caratteristiche stilistiche affini ai mss. Ross. 478 e 553, pertanto nel corso del dibattito critico sono stati citati insieme, anche se è stato il Salterio ad attirare maggiormente l’attenzione; le brevi menzioni riguardano

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ROSS. 556

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prevalentemente il problema dell’identificazione del committente e del luogo di esecuzione, dato che la data 1294 è chiaramente indicata nel colophon. Il Tietze si limita a descrivere i tre sistemi illustrativi, rilevando un’origine genericamente italiana per il Ross. 478, la presenza di elementi maggiormente connotati secondo modelli bizantini nel Ross. 553, che ritiene databile attorno al 1300, mentre per il Ross. 556 propone una origine nord-italiana, pur proponendo il confronto col ms. Add. 5710/11 della British Library, di origine romana. L’indicazione all’Italia settentrionale viene mantenuta per il Salterio nei cataloghi delle due mostre vaticane (Catalogo della mostra 1935, nr. 12 e Il libro della Bibbia, 44 nr. 83), mentre Mortara Ottolenghi (MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 218-220) propone una origine romana, tentando di identificare lo scriba e il destinatario del ms. Ross. 556 con personaggi appartenenti alla famiglia Anawim. Nel catalogo della mostra di Miami-New York del 1989 Gutmann e Miller riprendono l’attribuzione all’ambito romano, indicando come confronto il gruppo di codici studiato da Beit-Ariè (BEIT-ARIÈ, Hebrew Codicology, 124) e Mortara Ottolenghi (MORTARA OTTOLENGHI, Un gruppo di manoscriti ebraici e Miniature ebraiche italiane, 213-216). I confronti indicati da questi studiosi non risultano soddisfacenti, come dimostra l’assoluta assenza delle caratteristiche cromatiche che contraddistinguono lo produzione romana dell’ultimo decennio del XIII secolo; infatti i miniatori romani, sia attivi nei codici latini che in quelli ebraici, si segnalano per l’uso di una gamma chiara, caratterizzata da tinte tenui ma variate, fra cui emergono il rosa e il blu, colori dedotti dalla tradizione francese che gli Angioini avevano capillarmente diffuso negli ateliers romani. È vero che non mancano alcuni elementi comuni, come l’uso degli ibridi, ma questi derivano dalla tradizione bolognese che li aveva diffusi attraverso i codici giuridici, portati in tutta Europa dai dottori e dagli addottorati di questa università; se gli ibridi innestati sui rigidi tralci bolognesi caratterizzati da chicchi, nodi e sinuose foglie d’acanto rimandano agli scriptoria della città felsinea, così come i clipei decorati e i simmetrici girali nel bas-de-page, altri elementi, come i draghi a corpo intero e soprattutto i leoni in atto di azzannare la preda, gli uccelli dai lunghi colli intrecciati, le aquile, i centauri e i galli risultano completamente estranei a questo repertorio, che pure è ricco di elementi zoomorfi, soprattutto nella produzione del così detto primo stile. Gli animali che ricorrono nel repertorio decorativo trovano invece riscontro nella tradizione sefardita, ma soprattutto in quella askenazita, ove non solo gli animali imperiali, aquila e leone, appaiono frequentemente, ma ricorrono anche particolari soluzioni, frequenti nei tre codici rossiani, come il leone desinente in coda di pesce (sconosciuto sia a Roma che a Bologna) o il centauro col capo girato all’indietro, in modo tale da mostrare solo i capelli all’osservatore, in linea con il rifiuto della rappresentazione della figura umana proprio di alcune fasi della cultura ebraica. Questi elementi inducono a ipotizzare che la cultura del miniatore si sia formata su modelli bolognesi, ma anche germanici, cioè quei modelli che erano ampiamente diffusi in tutte le comunità giudaiche dell’Italia settentrionale. Un altro elemento che caratterizza i tre codici è la gamma cromatica limitata a tinte ocracee, al blu e al verde: la scelta è da imputarsi probabilmente

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

a motivi ideologici, come una latente iconofobia, alimentata dalla tendenza ascetica propria di questo periodo; infatti nei codici coevi solo gli animali escatologici come Behemot e Leviatan vengono rappresentati a vivaci colori, mentre per gli altri si preferiscono tinte sommesse, quasi una particolare accezione della grisaille. La stessa scelta non è però estranea ad alcuni centri produttivi dell’Italia settentrionale, come ad esempio a Rimini, ove nei primissimi anni del XIV secolo opera il Maestro del Fulget, un collaboratore di Neri; e proprio nell’ambito di questa città settanta anni dopo sono prodotti due manoscritti, il parmense 3208, contenente la Guida dei perplessi (Moreh ha-Nevukim) di Moses ben Maimon, e il parigino ebr. 401, contenente il Libro dell’iniziazione (Sefer-ha-Hinukh) di Aaron haLevi di Barcellona e terminato il 14 gennaio 1379 da Yequtiel ben Salomoh da Bevagna per Menahem ben Natan, che presentano caratteristiche affini al gruppo dei tre rossiani (ZANICHELLI, Manoscritti ebraici, 233-240). La persistenza di modelli nella produzione dei codici ebraici è elemento più volte ribadito dagli studiosi ed è proprio sulla base di queste considerazioni che l’area emiliano-romagnola appare il luogo più probabile per la realizzazione della serie di codici, certamente destinati alla biblioteca privata di qualche ricco e colto ebreo, che doveva usarli per le devozioni private. Ancora una volta la progettazione del sistema illustrativo deve essere stata concertata tra il committente e il miniatore dei tre codici, dato che appare evidente che in tutti e tre opera lo stesso maestro, che forse si avvale di aiuti in qualche caso, come forse proprio nel Ross. 554, ove Tietze individuava la presenza di modelli più legati a Bisanzio, e dove vi è sicuramente una più naturalistica resa di alcuni animali. È anche probabile che il miniatore sia esso stesso ebreo, dato che appare condividere perfettamente i referenti culturali delle comunità israelite italiane, che per motivi economici e religiosi mantenevano stretti legami con i confratelli dell’area askenazita. Legatura rossiana di tipo A con piatti ricoperti in cuoio; sul dorso, restaurato nel 1965, la parte centrale originale reca le scritte in lettere capitali auree: in alto PSALTE(RIUM) HEBRAI(CE); in basso, COD(EX) MEMB(RANACEUS) ANNI 1294. Il codice è stato esposto in: Mostra di manoscritti e documenti bizantini disposta dalla Biblioteca Apostolica e dall’Archivio Segreto in occasione del V congresso internazionale di studi bizantini, Città del Vaticano 1936; Il libro della Bibbia. Esposizione di manoscritti e di edizioni a stampa della Biblioteca Apostolica Vaticana dal secolo III al secolo XVI, Città del Vaticano 1972. (Bibl. Rossianae, V, 351r) TIETZE, Die illuminierten, 66-67 nr. 98; Catalogo della mostra 1935, 12; Il libro della Bibbia, 44 nr. 83; MORTARA OTTOLENGHI, Miniature ebraiche italiane, 218-220; GUTMANN, Hebrew Illuminated Manuscripts, 28; MILLER, Scheda nr. 12, 47; Hebrew Manuscripts, 594; MADDALO, Ragioni, 153, n. 17; ZANICHELLI, Manoscritti ebraici, 233-240.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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ROSS. 557

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Ross. 557 (olim IX, 247) MARCUS TULLIUS CICERO, Opera: De oratore (ff. 1r-61r); Orator (ff. 61r-78v) Italia settentrionale (Padova?), sec. XV, prima metà (terzo-quarto decennio) Membr. (pergamena chiara e omogenea, con margini ampi); ff. VI, 78, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Numerazione moderna in cifre arabiche, apposta a penna nell’angolo superiore destro; altra numerazione, saltuaria e di poco precedente, all’inizio di ogni decina di fogli. Richiamo orizzontale, al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo; mm 325×260 (f. 2). Scrittura gotica italiana, a inchiostro bruno, di modulo piccolo e serrato, di una sola mano (a inchiostro nero per l’incipit di f. 1r, vergato con la stessa scrittura di modulo molto ampio). Specchio scrittorio a piena pagina (mm Ross. 557, f. 1r 194×140), di 43 linee di scrittura. Rigatura a mina di piombo, eseguita facciata per facciata. Regola di Gregory sempre rispettata, eccetto che tra f. 64v (lato carne) e f. 65r (lato pelo), intervallati da un foglio ritagliato. Il codice è composto da un’alternanza irregolare di ternioni e quaternioni.

1 iniziale ornata (mm 55×53); 10 iniziali filigranate in rosso e blu, con ornati di penna di colore opposto o bruni, all’incipit dei libri e di alcuni paragrafi. Incipit ed explicit in scrittura distintiva di modulo ingrandito, a inchiostro nero per gli incipit, rosso per gli explicit. f. 1r: iniziale C di Cogitanti michi sepe, all’incipit del De oratore. Il corpo della lettera è di color ocra rosato, chiaroscurato e decorato con piccoli arabeschi in biacca; l’occhiello interno contiene un tralcio verde avvolto con foglioline polilobate di colore rosso, verde tenero e ocra, sul fondo campito in azzurro; anche il campo esterno quadrangolare è azzurro, profilato da una linea nera e presenta filetti e arabeschi in biacca. Dal centro dell’iniziale si diparte a sinistra un breve tralcio verde tenero con foglie d’acanto più larghe, ocra, rosse e verdi che si estendono nel margine interno del foglio. Miniatore di pennello di scuola padovana. L’unica lettera miniata è ornata secondo lo stile tipico dell’età carrarese, la cui diffusione si protrae anche nei primi decenni del XV secolo. L’uso di campiture piatte e la particolare gamma cromatica adottata riportano allo scadere del XIV secolo; tuttavia, il disegno più articolato dell’acanto sembra suggerire una datazione più avanzata, in accordo con quanto indicato dal contenuto testuale del codice, che non può essere anteriore al 1421.

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906

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Una decorazione morfologicamente simile compare ancora intorno al 1430, ad esempio nella Lectura super quinto Decretalium di Antonio de Budrio (Padova, Biblioteca universitaria, ms. 1648), che condivide con il codice rossiano anche la veste grafica tipica dei libri accademici, con gli incipit evidenziati in scrittura distintiva di modulo ingrandito (cfr. Parole dipinte, 218). Il codice appare integro e in buono stato di conservazione; solo i primi e gli ultimi fogli presentano segni di usura. Legatura Rossi A in discrete condizioni di conservazione; i piatti in cartoncino rivestiti in marocchino presentano una cornice dorata esterna e decorazioni a impressione al centro. Il dorso ha decorazioni a impressione e in oro. In alto vi si legge: M(ARCI) T(ULLII) CICERON(IS) / DE ORATOR(E) LIBRI III; in basso: COD(EX) M(EM)B(RANACEUS) / SAEC(ULI) XIII / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). Il codice contiene i due trattati di Cicerone nella forma integra, nota solo a partire dal 1421 grazie al ritrovamento, da parte del vescovo di Lodi Gerardo Landriani, di un antico esemplare completo, noto come codice Laudense, andato perduto già nel 1428 (REYNOLDS, Text and Transmission, 107). Il Ross. 557 appartiene al filone dei testimoni integri, tutti derivati dal Laudense, ma non rientra fra i codici utilizzati per l’edizione critica dei testi (WESTMAN, Cambiamenti nel fondo testuale, 107). Appartenne al card. Domenico Capranica, come attesta la sigla impressa sul dorso della legatura “E.B.C.F.” (Ex Bibliotheca Cardinalis Firmani). Nel Catalogo Capranica I il codice è menzionato con il numero 322. Alla mano del cardinale, Silva Tarouca assegna l’unica nota marginale del codice, presente su f. 1v. (SILVA TAROUCA, III, 135r; Bibl. Rossianae, V, 852r) TIETZE, Die illuminierten, 97 nr. 168; WESTMAN, Cambiamenti nel fondo testuale, 102; Manuscrits classiques latins, 462-463; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

GIORGIA CORSO

Ross. 558 (olim IX, 248; gr. 17) PLATO, Symposium (ff. 1r-20r); Parmenides (ff. 21r-39r); Philebus (ff. 39r-64v); Gorgias (ff. 64v-101r); Cratylus (ff. 101r-125r); Euthyphro (ff. 129r-139v); Crito (ff. 139v-146v); Theaetetus (ff. 147r-186r); Sophista (ff. 186r-214r); Politicus (ff. 214r-245r); Alcibiades I (ff. 245r-262v); Hipparchus (ff. 262v-266v); Charmides (ff. 266v-280v); Laches (ff. 280v-294r); Euthydemus (ff. 294r-315v); Protagoras (ff. 315v-347r); Menexenus (ff. 347r-357r); Clitophon (ff. 357r-358r) Sec. XVI (ff. 1-20 e 21-130), sec. XVI, prima metà (ff. 131-360) Membr. (pergamena occidentale, probabilmente lavorata in ambito italiano, di ottima qualità, colore ocra chiaro, sottile e levigata omogeneamente: molto liscia sul lato carne, ruvi-

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ROSS. 557-558

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da e mediamente porosa sul lato pelo, esente da difetti di lavorazione); ff. VI (cart. di restauro; il I in carta rosata più spessa, solidale con la controguardia, presenta una filigrana composta dall’intrecciarsi delle lettere A e V sormontate da una corona e seguite inferiormente da uno spicchio di luna), 358, VI’ (ff. I’-VI’ cart. di restauro; la filigrana del foglio, analogo per tipologia al I, non è stata riconosciuta in nessuno degli esemplari censiti da Briquet); ff. 1r, 20r-v, 125v-128r-v, 358v sono bianchi. Foliazione manuale antica a inchiostro nero con numeri arabi tra due punti, collocata nell’angolo superiore esterno del recto di ciascun foglio; presenta un salto nella numerazione per il taglio dei ff. 127 e 128; da f. 119 a f. 249 è illeggibile tanto da dover essere integrata da una foliazione moderna manuale a matita; la foliazione meccanica con numeri arabi, collocata nell’angolo inferiore esterno del recto di ciascun foglio, non rispecchia la fascicolazione originaria, che prevedeva 360 fogli a causa del taglio dei ff. 127 e 128, e va da 1 a 358. Il codice misura mm 335×220. Sono distinte 3 diverse mani di copisti: ai ff. 1-19 minuscola corsiva di piccolo formato vergata con inchiostro bruRoss. 558, f. 129r no chiaro da un copista ignoto, presenta delle oscillazioni di formato anche all’interno della stessa pagina anche se nel complesso risulta piuttosto regolare, leggermente tendente a destra. L’apparato decorativo calligrafico è incompleto, infatti gli a capo a inizio di paragrafo sono privi delle iniziali rubricate. Datata al XVI secolo (GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 65), la stessa mano è stata riconosciuta nella prima parte del manoscritto gr. 101 dell’Angelica di Roma (WHITTAKER, Greek Manuscripts, 233). Ai ff. 21-125, minuscola corsiva di piccolo formato vergata con inchiostro grigio-bruno a volte molto diluito, lievemente pendente a destra, vergata da altro copista ignoto. Anche qui l’apparato decorativo calligrafico è incompleto. Scrittura datata al XVI secolo (GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 65). Ai ff. 131-360, minuscola corsiva di medio formato vergata con inchiostro bruno, caratterizzata da un evidente polimorfismo e dalla tendenza ad ampliare con segni morbidi e arrotondati i tratti terminali delle lettere. È stata attribuita a due copisti frequentemente confusi: Costantino Mesobote (riconosciuto anche ai ff. 1-351 e 414-459 del Ross. 1023; Repertorium der griechischen Kopisten, 1A, nr. 224, 124-126) e Valeriano Albino da Forlì (WHITTAKER, Greek Manuscripts, 233) entrambi attivi in Italia nella prima metà del XVI secolo. L’apparato decorativo calligrafico è incompleto. Specchio scrittorio (mm 217×120) a un’unica colonna di 32 linee. La rigatura è realizzata a secco seguendo uno schema che richiama il tipo semplice 00D1 (SAUTEL, LEROY, Répertoire, 39). La fascicolazione è attualmente costituita da 1 senione e 1 quaternione (ff. 1-20, facilmente individuabili poiché risultano quasi completamente distaccati dal corpo del codice, anche se la presenza del richiamo di fascicolo a f. 11v suggerisce una diversa articolazione della fascicolazione in origine: infatti l’attuale f. 1 solidale al f. 11 doveva essere collocato, girato con il recto in posizione di verso, dopo l’attuale f. 20; lo stesso Gollob vi ha riconosciuto due quinterni; GOLLOB, Die griechische Literatur, 65); 11 quinterni (ff. 21-130, di cui l’ultimo mancante di due fogli) e 23 quinterni (ff. 131-360). Doppia segnatura di fascicolo: in lettere greche a inchiostro rosso carminio sbiadito con valore nu~ merico, da in (ma forse per prw ton, con commistione col sistema di numerazione romano) a i (per d≤katon), di cui la prima cifra si legge a f. 21r, l’ultima a f. 111r, sono poste al centro

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del margine inferiore del recto del primo foglio dal terzo al nono fascicolo; lettere greche a ~ ~ inchiostro bruno con valore numerico, da a on (per prw ton) a kg, la prima a f. 129r, l’ultima a f. 349r, sono poste nel margine inferiore del recto del primo foglio degli ultimi ventitré fascicoli e sono seguite da una numerazione romana a registro con bastoncini per la prima metà del fascicolo che talora inizia dal secondo talaltra dal terzo bifolio degli ultimi ventitré fascicoli. Le segnature sono state talvolta malamente rifilate e tendono a oscillare tra la giustificazione esterna e il centro della pagina. Un unico richiamo di fascicolo, posto verticalmente nel margine inferiore del f. 11v, lungo la traccia della giustificazione interna.

L’apparato decorativo calligrafico è molto ridotto in tutte e tre le parti di cui è composto il codice, probabilmente realizzato dal relativo copista, è composto dalle linee di interruzione tra un capitolo e l’altro a inchiostro bruno scuro o rosso carminio molto liquido e semplici iniziali maggiori rubricate. ff. 1-20:

a f. 2r, iniziale maggiore D mancante, è presente la piccola lettera di riferimento per il calligrafo; in alto sono state lasciate in bianco dal copista due interlinee che avrebbero dovuto accogliere una fascia calligrafica. ff. 21-130: ai ff. 21r, 39r, 64v, 101r, 4 iniziali maggiori rubricate, i cui corpi piuttosto semplici, posti esternamente all’impaginato per una o due interlinee, sono ornati da brevi rabeschi che li ingentiliscono. Semplici linee a inchiostro bruno composte da una serie di piccole onde intervallate da quattro virgolette poste a chiusura di capitolo. ff. 131-360: a f. 131r, fascia calligrafica e rubricata costituita da un sottile bastone doppio interrotto in quattro punti da altrettante coppie di piccoli gigli stilizzati che si dispongono specularmente, rivolgendosi in alto e in basso, lungo il corpo del bastone e sono ripetuti singolarmente, volti verso l’esterno, alle due estremità. Ai ff. 131r, 139v, 147r, 186r, 214r, 245r, 262v, 266v, 280v, 294r, 315v, 347r, 357r, 13 iniziali maggiori rubricate a inizio capitolo e linee rubricate a chiusura di ciascun capitolo. Le prime si sviluppano all’esterno dello specchio scrittorio per due linee di scrittura e sono ornate da delicati racemi stilizzati. Le linee rubricate sono generalmente interrotte da piccoli elementi decorativi come nodi con quattro punte o doppie sfere con piccoli raggi.

Iscrizioni: f. 1v: in alto, due titoli del XVI secolo: Eutipii (?) opera, scritto con inchiostro bruno e cancellato dalla stessa mano; più in basso, Platonis opera, e, sullo stesso rigo, Folia 360 di mano differente. In base agli elementi paleografici, è possibile propendere per una datazione al XVI secolo per le prime due parti del codice (ff. 1-20 e 21-130) e circoscrivere meglio l’esecuzione della terza (ff. 131-360) alla prima metà del secolo. La cura formale del codice permette di supporre che possa aver fatto parte del gruppo di manoscritti realizzati per il teologo Egidio da Viterbo del quale

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ROSS. 558

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si riconoscono le sottolineature inter alia e le tipiche note al margine vergate a inchiostro rosso carminio molto leggero, arricchite da rapidi disegni come le tre alture, quella centrale prominente, con altrettante croci sulle sommità (cfr. f. 106r). Nel complesso la pergamena ha mantenuto la propria elasticità e non ha subito particolari danni provocati da umidità ed esposizione a fonti di calore. La legatura, invece, presenta il distacco dei primi fascicoli (e del penultimo) dal resto del corpo del volume e dal piatto anteriore della coperta. La coperta è stata restaurata con l’inserimento lungo il dorso di un nuovo supporto di pelle sul quale è stata ricollocata la parte decorata di quello originario ed entrambi i piatti presentano i segni di piccole lacerazioni e graffi diffusi. Legatura Rossi A in marocchino bruno rossiccio graffiato in superficie da un leggero intreccio di linee a formare una rete. Il dorso è bordato e ripartito da una sottile filettatura dorata in tre riquadri: in alto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee PLATONIS / OPERA; nel riquadro centrale, più ampio, è stata impressa a secco un’ampia losanga con punzonature circolari ai punti d’incrocio ed elementi vegetali a foglia d’acanto che si dispiegano simmetricamente per tutta l’area, mentre nel terzo è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Tagli dorati e cesellati a impressione formando un motivo di cordami disposti a reticolo Per quanto riguarda la vicenda storica, il codice probabilmente non fece parte dalla biblioteca del cardinale Domenico Passionei (1682-1761), come indica l’assenza di annotazioni di mano di padre Filippo Vitali (m. 1771), il quale realizzò l’elenco di tutti i manoscritti donati all’Angelica dal cardinale, mentre risulta custodito nella biblioteca agostiniana fin dai primi decenni del XVIII secolo, come testimoniano l’indice Rassegnier (m. 1734), dove era segnato con la sigla T.+.7.1., e l’elenco del Marcolini (1788), qui indicato come Platonis opera. Graec. Membr. Fol.C.I.9. Le ultime notizie sulla presenza del codice nella biblioteca agostiniana risalgono al 1817-1819 quando Bekker ebbe modo di consultarlo per il suo studio sulle varianti dei manoscritti di Platone, dopodiché se ne perdono le tracce fino al suo ingresso nella biblioteca rossiana (MERCATI, Note, 35). (Bibl. Rossianae, V, 353r, 354r-v) VORST, Verzeichnis, 537; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 65-66; MERCATI, Note, 35-36, 59; WHITTAKER, Greek Manuscripts, nr. 31, 233; Repertorium der griechischen Kopisten nr. 224, 1A, 124-126; 1B, 96-97, 1C; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11. VAN DE

MANUELA MENCHERINI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 559 (olim IX, 249) HIERONYMUS PRESBYTER, Vita Senecae (f. 2r). PSEUDO SENECA, Epistulae ad Paulum (f. 2r-v); Epitaphium Senecae (f. 2v). LUCIUS ANNAEUS SENECA, Epistulae ad Lucilium et capitula (ff. 2v-68v); Epistula ad Lucilium 88 (ff. 68v-70r); Naturales quaestiones I-VII (ff. 72r-95v); De clementia (ff. 96r-99v); Dialogi (ff. 99v-125v); De remediis fortuitorum (ff. 125v-126v). PSEUDO SENECA (MARTINUS BRACARENSIS), Formula vitae honestae (ff. 126v-127v); De moribus (ff. 127v-128r). PSEUDO ARISTOTELES, Aenigmata (f. 128r-v). PSEUDO SENECA, Epistula ad Paulum 11 (f. 128v, exc.). PUBLILIUS SYRUS, Sententiae (ff. 128v-129v). PSEUDO SENECA, Proverbia (ff. 129v-130v). LUCIUS ANNAEUS SENECA, De ira (ff. 132r-143r); De beneficiis (ff. 144r162v). SENECA RHETOR, Excerpta controversiarum (ff. 164r-178v). (add. sec. XV) Ross. 559, f. 180r SILIUS ITALICUS, Punica (f. 179v, exc.). MARCUS TULLIUS CICERO, Tusculanae disputationes (ff. 180r-206v); De fato (ff. 206v-209r). (add. sec. XV) Anth. Lat. 785 (f. 209v); MARCUS TULLIUS CICERO, De officiis (ff. 209v-229v). PSEUDO CICERO, Rhetorica ad Herennium (ff. 230r-246v). MARCUS TULLIUS CICERO, De inventione (ff. 247r-268r); De divinatione (ff. 270r-287r); (add. sec. XIV/XV) Vita Catonis (f. 287v); Paradoxa ad Brutum (ff. 287v-289v); Laelius de amicitia (ff. 290r-294v) con accessus a f. 290r; Cato de senectute (ff. 295r-299v) con accessus a f. 295r; Anth. Lat. 603-609 (f. 299v). MARCUS TULLIUS CICERO, Orationes in L. Catilinam I-IV (ff. 300r-307r). PSEUDO SALLUSTIUS, Invectiva in Ciceronem (f. 307v). PSEUDO CICERO, Invectiva in Sallustium (ff. 307v-308v). MARCUS TULLIUS CICERO, Pro M. Marcello (ff. 309r-310r); Pro Q. Ligario (ff. 310v-312r); Pro rege Deiotaro (ff. 312r-314r). (add. sec. XV) DECIMUS IUNIUS IUVENALIS, Saturae (exc.: 9, 122-126) (f. 314v). MARCUS TULLIUS CICERO, Orationes in M. Antonium Philippicae I-XIV (ff. 314v-345r); De finibus (ff. 346r-383v); Academica posteriora (ff. 383v-387r); De natura deorum (ff. 390r-419r); Timaeus (ff. 419r-420v). MACROBIUS, Commentarius in Somnium Scipionis (ff. 421r-440v). SEVERINUS BOETHIUS, Consolatio philosophiae (ff. 440v-453r). FRECULPHUS LEXOVIENSIS, Chronicon (exc.: II, 5, 18) (ff. 453v-454r) Italia centro-settentrionale (Bologna, Roma?), secc. XIIIex.-XIVin. (ff. 1-327v; 419r-454), sec. XV, prima metà (ff. 327v-419r)

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ROSS. 559

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Membr. (pergamena di buona qualità ben lavorata; appena percettibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. 454 (secondo la numerazione moderna; antica ff. V, 450; salto di un foglio tra i ff. 105-107, ora ff. 110-111). Tavola del contenuto a f. 1v; mm 347×233. Il codice è in gotica umanistica di piú mani, a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su 2 colonne di 50-55 righe (specchio scrittorio mm 235/240×155, spazio intercolonnare mm 3), rigatura a matita o a sgraffio marginale verticale e orizzontale. Hanno vergato i copisti del sec. XIV almeno le seguenti otto sezioni a sé stanti, poi compattate nell’unità codicologica: mano 1: ff. 2r-71v, mano 2: ff. 72r-131v, mano 3: ff. 132r-143v, mano 4: ff. 144r-163v, mano 5: ff. 164r179v, mano 6: ff. 180r-269v, mano 7: ff. 270r-327v (linn. 1-24 della seconda colonna), mano 8: ff. 419r (linn. 10-38 della prima colonna)-454v. I ff. 327-419 sono stati riutilizzati eradendo il testo di bolle di Martino V (1368-1431) ancora visibile in alcuni punti della pergamena (cfr. ff. 329v, 330r, 332r, 336r, 344v, 373v, 378r, 380r, 413r): due sono i copisti che hanno vergato entro al metà del sec. XV questa sezione relativa all’opus Ciceronianum, imitando la scrittura gotica umanistica del manoscritto originario: 1) ff. 327v (linn. 25-54 della seconda colonna)-387; 2) ff. 390-419r (linn. 1-9 della prima colonna). Numerosi gli interventi di mani posteriori (correzioni, commenti e glosse marginali e interlineari), sempre d’ambito umanistico, tra cui segnalo almeno quella, d’inizio umanesimo, che ha interessato l’opus Ciceronianum ai ff. 179v, 180r, 190r, 200r, 195r, 209v, 314v, 346v. Presenza di richiami nel margine inferiore dei fogli finali di ciascun fascicolo (i primi 2-7 segnati con lettere A-F, gli altri in modo discontinuo con verba reclamantia in gotica umanistica. Sono bianchi i fogli 1r, 4r-5v, 70r-71v, 95v, 131r-v, 143v, 162v-163v, 179r-v, 247r, 268v-269v, 345v, 387v-389v, 454r-v. Segni di richiamo nei margini del testo attribuibili in parte al cardinale Domenico Capranica (14001458), possessore del codice (vd. infra).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 126 iniziali maggiori di cui 2 istoriate (ff. 6r e 180r) e 124 decorate posizionate all’inizio di quasi tutte le opere e di alcuni libri delle stesse. Le iniziali sono di varie dimensioni, da un massimo di mm 55×20, corrispondenti a 12 linee di scrittura (f. 383v) a un minimo di mm 9×7, corrispondenti a due linee di scrittura (f. 145r). Titoli costantemente rubricati. Le iniziali maggiori presentano lo sfondo di varie tonalità di colore, con uso frequente della tempera verde e rossa. Ciascuna lettera è campita dalla foglia d’oro incastonata in una sottile linea nera di contorno. Non riempita dal colore è la lettera a f. 374r (mm 32×35); lasciato lo spazio per le lettere previste ai ff. 391r, 398v e 399r. Le iniziali dei rimanenti capita sono alternate in blu con fregi in rosso e in rosso con fregi in blu. Quasi sempre le aste delle lettere incipitarie si sviluppano in code che si distendono talvolta di poco fuori dello specchio scrittorio, talvolta lungo tutto il margine verticale del foglio; talora, come ai ff. 6r e 180r il fregio, rappresentato da una sottile asta intercalata da dischetti, motivi fogliacei, figure antropomorfe, teste umane (assai prossima stilisticamente al cordone bolognese) impegna tre lati (superiore, interno e inferiore) dello specchio scrittorio. f. 6r:

iniziale I di Ita fac mi Lucilli, all’incipit di SEN., Epist. I, 1, 1. Seneca, con libro tenuto nella mano sinistra, è raffigurato lievemente barbato in atto d’indicare con la destra il testo scritto. f. 180r: iniziale C di Cum defensionum laboribus, all’incipit di CIC., Tusc. I, 1. Anche in questo caso Cicerone, con barba più accentuata rispetto al ritratto di Seneca, viene rappresentato con il libro tenuto nella mano in atto d’indicare con la destra il testo scritto.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Le due iniziali istoriate riproducono i ritratti di Seneca e Cicerone la cui opera è parte fondamentale dell’intero codice. Si assiste a una vera e propria tipizzazione, che, pur con le debite eccezioni, segue canoni prestabiliti (cfr. Immaginare l’autore, 2000): l’abbigliamento al di fuori dalla moda, l’età mai giovanile, la mancanza di caratterizzazione fisiognomica e non da ultimo la gestualità strutturano un modello da usare indipendentemente dall’identità dell’effigiato, per cui Seneca non differisce da Cicerone. Da segnalare inoltre che l’opera di Macrobio ai ff. 431v, 432v, 435r, 435v e 436v è arricchita da cinque schemi circolari tracciati in rosso, ma non completati; come è noto, infatti, quasi tutti i testimoni del commentario di Macrobio, il cui contenuto è anzitutto scientifico e filosofico, sono accompagnati da una serie di cinque diagrammi circolari destinati a illustrare la lunga esposizione cosmologica che occupa la fine del libro I e i primi nove capitoli del libro II; la loro raffigurazione prevedeva, nell’ordine, il diagramma raffigurante la posizione dei sette pianeti e i loro movimenti lungo l’orbita zodiacale, lo schema esplicativo della caduta della pioggia sulla terra, quello con le cinque zone della terra, l’altro con le cinque zone del cielo che circondano la terra, con l’ellittica, l’ultimo la carta schematica del mondo che, sull’esempio del noto ms. lat. 6371 della Bibliothèque nationale de France a Parigi (Francia sett., Champagne, sec. XI prima metà), prevedeva, nella disposizione generale, la divisione in cinque zone del mappamondo circolare: septentrionalis frigida inhabitabilis, temperata nostra, perusta zona (con la larga fascia che occupa la parte mediana attraversata dal mare verde, al quale pure corrisponde a nord il Mar Rosso), temperata antipodum e frigida australis inhabitabilis; il diagramma del rossiano (f. 436v) riporta soltanto le consuete quattro didascalie del contorno esterno pertinenti le direzioni delle correnti periferiche. Ciascuna epistola senecana reca in testa, in inchiostro rosso, l’argumentum e il numero progressivo. La decorazione del manoscritto rossiano si può accostare, nella semplicità che poco concede all’arricchimento del fregio a cordone annodato (il c.d. bastone bolognese), ai codici miniati a Bologna allo scadere del secolo XIII, ad esempio (ma molti altri esempi si potrebbero proporre) al Lezionario, Bologna, Museo civico, 516, assegnato agli anni ’80 del Duecento. Alcuni elementi, tuttavia, consigliano di cercare altrove, se pure sempre in Italia centrale, la matrice figurativa del Ross. 559; non nella miniatura fiorentina o in quella senese, nelle quali il bastone bolognese veniva reinterpretato e arricchito con elementi decorativi a carattere soprattutto vegetale (si cfr. ad esempio il Cor. 41 della Biblioteca Medicea Laurenziana, assegnato al c.d. Maestro daddesco, oppure le opere della corrente figurativa legata al Maestro del Codice di San Giorgio e alla tarda committenza Stefaneschi), quanto piuttosto a Roma e, in particolare (ma non solo) nella cerchia di miniatori che, tra la fine del secolo XIII e gli inizi del XIV, operarono per lo stesso Stefaneschi, decorando i codici contenenti le sue opere e da lui commissionati (CONDELLO, Libri e committenza). Tra gli elementi più significativi, a riprova di tale ipotesi: le teste barbute riprese di profilo, che emer-

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ROSS. 559

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gono dagli intrecci (per es. nel margine inferiore dei ff. 6r e 180r), richiamano motivi analoghi presenti nel Pontificale della Curia romana, ms. Vat. lat. 1155 (assegnato alla fine del Duecento; TORQUATI, Scheda nr. 131); ma anche, e con maggiore evidenza, le desinenze fitomorfe del fregio che consentono di accostare la decorazione del rossiano con quella di un altro Pontificale, il ms. lat. 15619 della Bibliothèque nationale de France (si cfr. ad esempio il f. 180r del rossiano con il f. 69r del parigino), e con il Messale, ms. 713 della Pierpont Morgan Library di New York, dove, per es. a f. 55r, troviamo a chiusura del fregio superiore sul lato destro un motivo decorativo che ritorna identico nel rossiano (per l’appunto a f. 180r); e, ancora, le statue colonna a carattere antropozoomorfo, che interrompono la continuità del cordone annodato, così nella decorazione del rossiano (ff. 6r e 180r) come nell’Exultet, ms. Archivio di San Pietro B 78, ad esempio a f. 3r (CONDELLO, Scheda nr. 133). Discreto lo stato di conservazione sebbene la pergamena risulti spesso ingiallita. Presenti macchie di umidità e solo in alcuni margini esterni si notano fori di tarli. L’apparato decorativo non presenta cadute della pellicola pittorica e della foglia d’oro. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (legatura cartonata cucita su corda ricoperta in piena pelle con filettature dorate nei piatti esterni e nel dorso). Sul dorso in alto si legge M(ARCI) ANN(AEI) SENECAE / DECLAMATION(ES) / L(UCII) ANN(AEI) SENECAE / OPERA VARIA / M(ARCI) T(ULLII) CICERONIS / FERE OMNIA / MACROBII / IN SOMN(IO) SCIPION(IS) / SEV(ERINI) BOETII / DE CONSOLATIONE PHILOSO(PHIAE); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Nel margine inferiore del dorso è scritto EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il codice apparteneva al cardinale Domenico Capranica (1400-1458) prima di entrare a far parte, per disposizione testamentaria dello stesso cardinale, della biblioteca del Collegio da lui fondato (noto anche come “Sapienza Firmana”; vd. ms. Vat. lat. 8184, ff. 36v-37r nr. 303 = f. 68v nr. 369). Il codice fu in seguito acquisito da Giovanni Francesco de Rossi (1796-1854). Dal 1922 è parte integrante dei fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana. (SILVA TAROUCA, III, 136r-141r; Bibl. Rossianae, V, 355r-v) TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 122; Manuscrits classiques latins, 463-467 (con altra bibliografia); PELLEGRIN, Quelques accessus, 503-506; BUONOCORE, Seneca Vaticani, 283-286; BUONOCORE, Seneca, 198, 204; BUONOCORE, Per un iter, 27, 28, 29, 30, 76; BUONOCORE, I codici miniati, 176, 178.

MARCO BUONOCORE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 560 (olim IX, 250) MARCUS FABIUS QUINTILIANUS, Institutio Oratoria, I-XII Toscana (Firenze?), sec. XV, prima metà (d.to 1433 luglio 28) (f. 191v) colophon: Anno MCCCCXXXIII die XXVIII iulii per me Domicum (sic) Niccholai de Pollinis expletum opus scribendi. Scriptoris misereatur DEUS AMEN Membr.; ff. V (cart.), 191, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche nel margine inferiore destro del foglio; il manoscritto si compone di 19 fascicoli regolari (ff. 2-191) con il richiamo sempre presente, orizzontale e centrato nel margine inferiore dell’ultimo foglio senza alcun elemento decorativo; il f. 1 è bianco e non appartiene al ms., al quale sarebbe stato aggiunto in una seconda fase con una differente decorazione (SILVA TARoss. 560, f. 4r ROUCA, III, 142), della quale tuttavia si intuiscono appena minime tracce di colore: di fatto il testo vero e proprio del ms. inizia a f. 2 con l’indice dei capitoli e paragrafi (Rubrice Libri Marci Fabii Quintiliani de Institutionibus Oratoriis, ff. 2-3); mm 350×250; scrittura umanistica posata molto elegante, dal ductus uniforme e di modulo regolare, con le tipiche lettere distintive di questa scrittura codificata (aste ascendenti e discendenti dal rigo che terminano con piccolo bottone decorativo, pochi contrasti tra tratti sottili e spessi, poche abbreviazioni): l’insieme della pagina è elegante e curato, tipico di un copista di professione come Domenico di Niccolò Pollini che si sottoscrive a f. 191v; rare le notazioni marginali, mentre nel testo sono a volte presenti (cfr. f. 130r) e a volte assenti le parole in greco forse perché aggiunte in una seconda fase del lavoro di copia, fase che quindi non è stata terminata. Specchio scrittorio a piena pagina (mm 250×165) di 37 linee di testo. Rigatura a secco, scrittura sulla prima linea rigata con una sola linea rettrice verticale a sinistra e due nel margine di destra che chiudono lo specchio scrittorio.

L’apparato decorativo è costituito da 13 iniziali maggiori a bianchi girari che presentano il corpo della lettera in foglia d’oro su fondo policromo (rosa, verde, rosso scuro, profilature in blu) e che sono impiegate per l’incipit dell’opera e l’inizio di ciascun libro; iniziali minori a penna in rosso e blu (alternate) utilizzate per paragrafi e sottocapitoli; titoli correnti dei libri rubricati nel margine superiore, rispettivamente sul verso (Ł per Liber) e sul recto (I, II, etc.) dei fogli. Completano l’apparato decorativo i titoli rubricati dei capitoli, nonché gli incipit e gli explicit di ogni libro e del codice stesso, rubricati e vergati in capitale.

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ROSS. 560

f. 4r: f. 4v: f. 23v: f. 40v: f. 56v: f. f. f. f. f. f. f. f.

69v: 89r: 102r: 116r: 130r: 149r: 162v: 178v:

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iniziale E di Efflagitasti quotidiano, all’incipit della littera dedicatoria dell’opera (mm 60×50). iniziale P di Post impetratam, incipit del I libro; è la decorazione più ricca del manoscritto (mm 100×55). iniziale Q di Quae tenit, incipit del II libro (mm 40×40). iniziale Q di Quomodo in libro secundo, incipit III libro (mm 40×40). iniziale P di Perfecto M(arcelli) Victori, incipit IV libro, di modulo più grande (mm 55×40). iniziale T di Tuerunt et clari, incipit V libro (mm 40×40). iniziale H di Haec M(arcelli) Victori, incipit VI libro (mm 40×40). iniziale D di De inventione ut arbitror, incipit VII libro (mm 40×40). iniziale H di His fere que, incipit VIII libro (mm 45×45). iniziale C di Cum sit proximo, incipit IX libro (mm 45×45). iniziale S di Sed hec eloquendi, incipit X libro (mm 40×40). iniziale P di Parata sicut superiore, incipit XI libro, più grande (mm 65×45). iniziale V di Ventum est ad partem, incipit XII libro (mm 40×40).

L’ornamentazione del codice, benché sobria e inserita in una tipologia standardizzata, evidenzia una buona tecnica di esecuzione, sia nella fattura dei bianchi girari, sia nella scelta cromatica elegante e raffinata. Questo tipo di decorazione è stata presumibilmente eseguita dallo stesso Domenico di Niccolò Pollini (1395-1473), copista attivo a Firenze soprattutto tra gli anni ’30 e ’40 del XV secolo, al quale Albinia de la Mare attribuisce un corpus di almeno 18 manoscritti (DE LA MARE, New Research, 492-493). Lo stato di conservazione del manoscritto è complessivamente buono (la pergamena evidenzia macchie più scure solo sul lato pelo di alcuni fogli). La legatura di tipo Rossi A presenta il dorso staccato di netto dai piatti ed è ricoperta da uno spesso cartoncino azzurro. Sul dorso staccato è impresso in oro, sul primo tassello in alto, M(ARCI) FAB(II) QUINTILIANI INSTITUTION(IS) ORATORIAE LIBR(I) XII; più in basso, su un secondo tassello ancora in oro, c’è l’indicazione COD(EX) MEMBR(ANACEUS) ANNI 1433; infine si legge EX BIBL(IOTECA) CARD(INALIS) FIRMA(NI). Il Ross. 560 faceva parte di quel gruppo di circa 200 mss. (Manuscrits classiques latins, 418) che entrarono a far parte della biblioteca di Giovan Francesco de Rossi provenienti da quella del collegio Capranica. Nell’antico catalogo della biblioteca Capranica questo ms. era indicato con il nr. 331 (SILVA TAROUCA, III, 142r) e di fatti con questo numero è presente al f. 40v nell’inventario di quella biblioteca contenuto nel Vat. lat. 8184, che fu compilato per la sua prima parte (ff. 2-46) nel 1480. (SILVA TAROUCA, III, 142r; Bibl. Rossianae, V, 362r) TIETZE, Die illuminierten, 108 nr. 208; WINTERBOTTOM, Fiftheenth Century Manuscripts, 351; Manuscrits classiques latins, 468; DE LA MARE, New Research, 493; FOHLEN, Colophons, 238, 262; CERESA, Bibliografia 2005, 479; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

LAURA FORGIONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 561 (olim IX, 251) TITUS LIVIUS, Ab Urbe condita (Decas III) (ff. 2r-208r: ll. XIX-XXVII) Italia settentrionale (Lombardia), sec. XV, metà (ante 1458) Membr. (pergamena chiara e omogenea, piuttosto sottile e ondulata); ff. IV, 209, IV’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Foliazione meccanica a cifre arabiche nell’angolo inferiore destro. Il codice è costituito interamente da quinioni, l’ultimo dei quali (ff. 202-208) privo degli tre fogli finali; all’inizio e alla fine del corpus dei fascicoli sono allegati due fogli membranacei bianchi, attualmente numerati come f. 1 e f. 209, ma che in origine fungevano da fogli di guardia. Richiamo scritto in orizzontale nel margine inferiore all’estrema destra, tra virgolette decorative. Il codice misura mm 340×236 (f. 2). Scrittura umanistica tonda di una sola mano, in inchiostri di varie tonalità, dal bruno al nero; annotazioni marginali coeRoss. 561, f. 2r ve in inchiostro rosso, rosato e bruno. Specchio scrittorio a piena pagina (mm 222×132) di 35 linee. Rigatura a colore bruno chiaro e a secco.

La decorazione comprende 9 iniziali maggiori a bianchi girari su fondo policromo (mm 80×70 ca.), all’incipit dei singoli libri; una decima iniziale, per la quale era predisposto lo spazio a f. 148v, non è stata realizzata. Titoli correnti e rubriche in lettere capitali a inchiostro rosato o purpureo; talvolta la scrittura distintiva degli incipit è arricchita dall’alternanza degli inchiostri rosa e nero nelle linee di scrittura o nelle singole lettere. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

2r: 22r: 43v: 62v: 81v: 101v: 124r: 172r: 189r:

iniziale ornata I di In parte operis, all’incipit del Liber primus Belli punici. iniziale ornata I di Iam vero apparebant, all’incipit del Liber secundus. iniziale ornata N di Nec Hannibal post, all’incipit del Liber tertius. iniziale ornata U di Ut ex Campania, all’incipit del Liber quartus. iniziale ornata C di Cum hec in Africa, all’incipit del Liber quintus. iniziale ornata C di Cornelius Fulvius Centumalus, all’incipit del Liber sextus. iniziale ornata H di Hic status rerum, all’incipit del Liber septimus. iniziale ornata S di Scipio postquam in Siciliam, all’incipit del Liber nonus. iniziale ornata C di Cornelius et Servilius, all’incipit del Liber decimus.

La decorazione del codice comprende esclusivamente iniziali ornate, tutte dello stesso tipo: il corpo del capolettera, in foglia d’oro, è avviluppato da bian-

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ROSS. 561

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chi girari dai tralci sottili, desinenti in boccioli a calice o a imbuto. La lettera è circondata da un campo policromo, suddiviso dall’intreccio dei girali in settori campiti in blu, verde chiaro, rosa pallido e ocra, disseminati di puntini color porpora raggruppati a triangolo. L’intero apparato decorativo è opera di un solo miniatore di livello mediocre: la forma delle lettere capitali è talvolta irregolare, il disegno dei tralci non molto raffinato e la stesura del colore appare sciatta. Anche l’iniziale tralasciata a f. 148v è indizio di un’esecuzione piuttosto trasandata, che contrasta con l’aspetto curato e ordinato della scrittura e della impaginazione del codice. Il codice si conserva in buono stato. La legatura, di restauro, è stata confezionata reimpiegando per errore la coperta in marocchino proveniente dalla legatura rossiana di un altro codice: i piatti presentano una cornice dorata e decori a impressione. Sul dorso, ornato con motivi impressi a caldo, si legge in alto l’errata indicazione: S(AN) GREGORIO / MORALI / DAL LIB(RO) XIX / AL LIB(RO) XXVII. In basso si legge: CODICE / MEMBRANACEO / DEL SEC(OLO) XV. Il codice, di tipo umanistico, contiene la III decade dell’opera di Tito Livio in una recensione della tradizione deteriore particolarmente diffusa in Italia settentrionale ed è stato avvicinato al gruppo di codici milanesi denominato a(b) da Reeve (REEVE, The Third Decade, 147 nr. 1). Il Ross. 561 è stato inoltre accostato al Ross. 562, codice di ambito milanese contenente la decade successiva; in particolare, Albinia de la Mare, seguita da Reeve, ha riconosciuto nei due codici la mano dello stesso copista. Anche l’impaginazione dei due volumi appare identica per concezione, misure e numero delle linee di scrittura. I due codici differiscono tuttavia nella decorazione, che nel caso del presente volume si limita a iniziali ornate di bianchi girari, mentre per il Ross. 562 comprende anche una pagina d’incipit e segue uno stile ancora legato alla tradizione tardogotica milanese. Infine, al pari del Ross. 562, anche il 561 appartenne al cardinale Domenico Capranica, come attestava l’ex libris impresso sul dorso, segnalato da Silva Tarouca e andato perduto in seguito alla rilegatura del codice. L’opera corrisponde al numero 344 del Catalogo Capranica I. Silva Tarouca riconosce la mano del cardinale in alcune annotazioni apposte nei margini, perciò il codice non può in ogni caso essere datato dopo il 1458, anno della morte del cardinale. (SILVA TAROUCA, III, 143r; Bibl. Rossiana, V, 363r-365v) TIETZE, Die illuminierten, 119 nr. 244; Manuscrits classiques latins, 468; REEVE, The Third Decade, 147 nr. 1; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

GIORGIA CORSO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 562 (olim IX, 252) TITUS LIVIUS, Ab Urbe condita (Decas IV) (ff. 2r-168v) Italia settentrionale (Milano), sec. XV, metà (ante 1458)

Ross. 562, f. 2r

Membr. (pergamena liscia e chiara, piuttosto sottile e omogenea); ff. VIII, 168, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Foliazione meccanica a cifre arabiche nell’angolo inferiore destro. Il codice è costituito interamente da quinioni, eccetto il quinto fascicolo (ff. 42-49), che è un quaternione; all’inizio e alla fine del corpus dei fascicoli sono allegati due fogli membranacei bianchi, attualmente numerati come f. 1 e f. 170, ma che in origine fungevano da fogli di guardia. Richiamo scritto in orizzontale nel margine inferiore all’estrema destra, tra due puntini. Il codice misura mm 343×237 (f. 2). Scrittura umanistica tonda di una sola mano, a inchiostro bruno. Annotazioni marginali coeve in inchiostro rosso e bruno. Specchio scrittorio a piena pagina (mm 222×132) di 35 linee. Rigatura a colore bruno chiaro e a secco.

La decorazione comprende 1 pagina d’incipit con fregio marginale, 9 iniziali ornate a pennello (mm 70×50 ca.), numerose iniziali colorate in rosso e blu. Incipit ed explicit, rubriche e titoli correnti in capitale, a inchiostro rosato. Segni paragrafali rossi e blu. f. 2r:

f. 2r:

pagina d’incipit ornata con fregio marginale, stemma eraso e un’iniziale miniata, all’incipit della Decas IV. Nel margine interno del foglio corre una doppia barretta oro e blu, che termina in alto e in basso con un fiore ed è ornata da piccole infiorescenze e solicelli dorati. Nei margini superiore e inferiore i tralci vegetali sono formati da sottili foglie d’acanto colorate e da ramages filiformi disegnati a penna in rosso e blu, che si espandono anche nel margine esterno, arricchendosi di fiorellini colorati e foglie trilobate spinose d’oro. Al centro del margine superiore compare un uccello del paradiso; in quello inferiore è visibile uno stemma eraso, su campo d’oro, affiancato dalle lettere A e L. iniziale M di Me quoque iuvat, all’incipit del De bello Macedonico liber primus. Iniziale su campo d’oro in foglia punzonata; le aste della M sono due braccia vestite con maniche purpuree, nell’atto di brandire una spada; le due spade costituiscono i tratti diagonali della lettera e si incontrano al centro, in un nodo colorato da cui partono riccioli di tralci spi-

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ROSS. 562

f. f. f. f. f. f. f. f.

19r: 34r: 54r: 71v: 87v: 111r: 134v: 155v:

919

raliformi policromi con foglioline di varia forma e colore. Il campo della lettera è leggermente dentellato. La lettera non è unita al fregio. iniziale ornata C di Consules pretoresque, all’incipit del Liber secundus. iniziale ornata I di Inter bellorum magnorum, all’incipit del Liber quartus. iniziale ornata P di Principio anni, all’incipit del Liber quintus. iniziale ornata C di Cornelium Scipionem, all’incipit del Liber sextus. iniziale ornata L di L(ucio) Cornelio Scipione, all’incipit del Liber septimus. iniziale ornata D di Dum in Asia, all’incipit del Liber octavus. iniziale ornata D di Dum hec Rome, all’incipit del Liber nonus. iniziale ornata P di Principio in sequentis, all’incipit del Liber decimus.

Le iniziali ornate poste all’incipit dei singoli libri seguono tutte la stessa tipologia: presentano il corpo in foglia d’oro, con gli occhielli ornati all’interno da racemi bianchi, rialzati da pennellate ocra, che spiccano sul fondo suddiviso in settori di vari colori (blu, porpora, verde). La lettera è sempre racchiusa da un campo dentellato suddiviso in quattro scomparti di due colori contrastanti, arricchiti da motivi ornamentali disegnati in biacca. Dagli apici si sviluppano nei margini brevi ciuffi di steli filiformi, eseguiti a penna in blu e porpora, terminanti con foglioline trilobate d’oro. La decorazione del codice, che sembra provenire dall’ambiente umanistico milanese sviluppatosi attorno alla corte viscontea nel corso del XV secolo, segue lo stile caratteristico delle opere databili intorno alla metà del secolo, in concomitanza con il passaggio dal periodo visconteo a quello sforzesco. Si nota soprattutto nell’ornato marginale della pagina d’incipit il retaggio del linguaggio tardogotico proprio del Maestro delle Vitae Imperatorum, attivo nella prima metà del secolo in molti codici classici di ambito visconteo, tra cui un altro Tito Livio vaticano contenente la IV decade (ms. Vat. lat. 1854). Il successo dei fregi a barretta terminanti con grossi fiori, circondati da ramages filiformi disseminati da fogliette d’oro, oltrepassa la metà del secolo, come dimostra la Gramatica di Baldo Martorelli (Milano, Biblioteca Trivulziana, ms. 786), dove peraltro si ritrovano anche iniziali con girali colorati su fondo oro, simili a quella posta nel frontespizio del Ross. 562. Nelle rimanenti iniziali ornate del codice rossiano compare invece una versione piuttosto semplificata e sui generis dei bianchi girari centroitaliani, di gusto più spiccatamente umanistico. Il codice si conserva in buono stato. È stato rilegato e restaurato nel 1966 presso il Laboratorio di restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana, come attesta il cartellino incollato all’interno del piatto posteriore della legatura. La legatura, Rossi A, è stata restaurata nel 1966: i piatti presentano una cornice dorata e decori a impressione. Sul dorso, ornato con motivi impressi a caldo, si legge in alto: TITI LIVI / DECAS / IV; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Al di sotto è impresso l’ex libris del cardinale Capranica, EX BIBL(IOTHECA) C(ARDINALIS) FIRMANI.

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920

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La recensione della IV decade di Tito Livio contenuta nel codice appartiene alla tradizione deteriore b, attestata in manoscritti dell’Italia settentrionale (MCDONALD, Praefatio ad lectorem, XXXVIII). In accordo con le ipotesi avanzate dai filologi (REEVE, The Transmission of Livy, 134, 136-137), il codice va assegnato alla cultura umanistica di ambito milanese intorno alla metà del XV secolo, come indicano da una parte l’adozione della scrittura umanistica, dall’altra il ricorso a un tipo di ornamentazione ancora aderente ai modi tardogotici viscontei, seppure timidamente aggiornati al nuovo gusto classicheggiante. La completa abrasione dello stemma riportato sul frontespizio non consente di gettare luce sulla specifica committenza dell’opera. Il Ross. 562 è stato accostato al Ross. 561, contenente la III decade di Tito Livio, poiché vi è stato riconosciuto il medesimo copista e un’identica mise-en-page. Al pari del Ross. 561, anche il 562 appartenne al cardinale Domenico Capranica, come attesta l’ex libris impresso sul dorso, e corrisponde al numero 345 nel Catalogo Capranica I. Silva Tarouca individua la mano del cardinale in alcune annotazioni apposte nei margini, perciò il codice non può essere datato dopo il 1458, anno della morte del cardinale. (SILVA TAROUCA, III, 144r; Bibl. Rossianae, V, 364r) TIETZE, Die illuminierten, 119 nr. 246; MCDONALD, Praefatio ad lectorem, XXXVIII; Manuscrits classiques latins, 468-469; REEVE, The Transmission of Livy, 134, 136-137; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

GIORGIA CORSO

Ross. 563 (olim IX, 253) MATTHEUS COSTANTINOPOLITANUS, Liber testimoniorum Sacrae Scripturae Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, metà Membr. (pergamena liscia, chiara e omogenea); ff. VIII, 140, VIII’ (guardie cartacee moderne, la seconda e la penultima in cartoncino azzurro); numerazione moderna a penna in cifre arabiche nell’angolo superiore destro; mm 393×240 (f. 2); richiamo orizzontale al centro del margine inferiore tra quattro virgole; scrittura gotica libraria di una sola mano a inchiostro bruno; annotazioni marginali e interlineari di modulo ridotto; specchio scrittorio (mm 250×195) a una colonna di scrittura per il testo (mm 250×100) e due colonne laterali per le note, con rigatura indipendente; rigatura a secco e a punta metallica, rettrici ribadite a colore pagina per pagina.

L’apparato decorativo comprende 5 pagine ornate con 5 iniziali istoriate (mm 40/120×50), poste all’incipit del prologo e di ciascuno dei quattro libri; numerosissime iniziali filigranate medie e piccole, in rosso e blu, con ornati di penna di colore opposto. Le prime parole di ciascun libro sono in scrittura distintiva, costituita da lettere filigranate rosse e blu alternate; rubriche ed explicit in rosso; numerazione dei capitoli a margine, in cifre romane alternate rosse e blu;

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ROSS. 562-563

921

titoli correnti aggiunti posteriormente a penna nel margine superiore. f. 1r:

f. 1r:

f. 7r:

f. 7r:

f. 62r: f. 62r:

f. 105v: f. 105v:

f. 128r: f. 128r:

pagina ornata all’incipit del Prologus: nei margini interno e superiore, fregio con fitti ramages a penna ornati di fiori e di animali. iniziale istoriata O di Omnia poma nova, all’incipit del Prologus. Al centro dell’iniziale, un medaglione racchiude l’effigie di san Domenico, recante il giglio e il libro aperto. pagina ornata, all’incipit del Liber primus: nei margine interno, superiore e inferiore, fregio con medaglione contenente un cardinale inginocchiato in preghiera, con accanto il cappello cardinalizio, deposto a terra. Nel margine inferiore, tra due grandi volute di acanto, due angeli (con tunica ocra e Ross. 563, f. 7r rosa) annodano e appendono a un chiodo la corona d’alloro contenente lo stemma del cardinale Domenico Capranica. iniziale istoriata I di In genesi de patre, all’incipit del Liber primus. Al centro dell’iniziale, un medaglione quadrilobo racchiude l’immagine di Dio Padre che sostiene la croce con Gesù crocifisso, in riferimento al contenuto del libro (De trinitate et unitate). In cima alla lettera spunta un piccolo angelo che suona il corno. pagina ornata, all’incipit del Liber secundus: fregio nei margini superiore e interno, con uccelli e farfalle. iniziale istoriata I di In genesi, all’incipit del Liber secundus. Al centro della lettera, un medaglione esagonale contiene la figura di san Pietro martire, recante il libro e i simboli del martirio. pagina ornata, all’incipit del Liber tertius: fregio nei margini superiore ed esterno, con maschera ferina e civetta. iniziale istoriata I di In genesi dixit, all’incipit del Liber tertius. Al centro dell’iniziale, un medaglione bordato d’alloro contiene la mezza figura di un santo domenicano che tiene in mano il modello di una chiesa. pagina ornata, all’incipit del Liber quartus: fregio nei margini interno e inferiore, con piccoli animali. iniziale istoriata I di In Ieremia, all’incipit del Liber quartus. Al centro della lettera, un medaglione ottagonale contiene la mezza figura di un santo domenicano che tiene in mano un libro e indica il cielo, dove appare un piccolo volto luminoso.

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922

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Le pagine d’incipit presentano tutte un fregio costituito principalmente da ramages filiformi eseguiti a penna, disseminati di fiori e di inserti figurati. Nel caso dell’incipit principale (f. 7r), nella bordura si inseriscono anche medaglioni figurati e voluminosi girari d’acanto policromo. I capilettera I con cui si aprono quasi tutti i libri, sono racchiusi entro una tabella rettangolare d’oro in foglia, che occupa per intero lo spessore del fregio marginale e vi si incorpora armoniosamente; le lettere istoriate, formate da motivi di acanto avvolto in volute colorate, presentano al centro un medaglione tondo o sagomato, contenente l’illustrazione. Lo stile delle miniature riporta alla produzione di ambito ferrarese protorinascimentale, risalente ai decenni centrali del XV secolo, in un momento precedente la grande impresa della Bibbia di Borso d’Este (cfr. MEDICA, Da Leonello a Borso, 75-101). L’aspetto degli ornati conserva infatti retaggi del gusto tardogotico, per l’uso di medaglioni mistilinei, l’esuberanza degli elementi floreali, non ancora rigidamente disposti in schemi simmetrici, l’assenza di filetti rettilinei a inquadrare il tappeto di filigrane che occupa i margini. Il repertorio ornamentale utilizzato nei margini è simile a quello che compare nei codici attribuiti alla prima attività di Giorgio d’Alemagna (TONIOLO, s.v. Giorgio d’Alemagna, 267-272), quali il Breviario di Leonello d’Este (Cambridge, Houghton Library, ms. Typ. 301), le Tabulae Astrologiae di Giovanni Bianchini (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, ms. I 147, f. 1r), o La Spagna in rima (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, ms. II, 132). Anche i tipi facciali adottati dal miniatore del codice Ross. 563, dai volti addolciti e tondeggianti, con palpebre rigonfie e bocche socchiuse, sono assimilabili a una cultura emiliana ancora intrisa di richiami pisanelliani e lombardi. La pagina ornata a f. 7r, contenente lo stemma del cardinale Capranica, insieme al probabile ritratto dello stesso cardinale, suggerisce inoltre il confronto con i corali legati alla committenza del cardinale Bessarione, in particolare con il Graduale de tempore (Cesena, Biblioteca Malatestiana, ms. Bessarione 2) che presenta all’incipit dell’introito Ad te levavi l’effigie del prelato in preghiera. Tale codice, avvicinato alle sperimentazioni di Giorgio d’Alemagna, è databile intorno al 1452 (LOLLINI, Corali miniati del Quattrocento, 99-103 e I manoscritti miniati, 116); il codice rossiano può essere assegnato a un periodo di poco precedente. Lo stile della decorazione induce ad assegnare le miniature all’ambito ferrarese; occorre sottolineare che il cardinale ebbe modo di recarsi a Ferrara nel 1437-1438, in occasione di una delle sessioni italiane del Concilio di Basilea, ma al momento non è possibile accertare in quali circostanze il codice sia stato realizzato e acquisito. È probabile, dunque, che il codice vada legato alla specifica committenza del cardinale: a f. 7r compaiono tanto lo stemma cardinalizio del Capranica, quanto l’effigie di un cardinale in preghiera che può essere identificato con il nostro. Inoltre, il volume contiene l’opera di un autore poco noto, legato all’ordine dei Predicatori, tenuti dal Capranica in particolare considerazione.

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923

ROSS. 563-564

Il codice, restaurato, si presenta in ottimo stato. Legatura di tipo Rossi A. Sui piatti, cornici e impressioni quasi tutte in oro. Sul dorso si legge in alto: MATTHEI / PATRIARCH(AE) / COSTANTINO (POLITANI) / ORD(INIS) PRAED(ICATORUM) / TESTIMONIA / SS. SCRIPTURAE. In basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) /SAEC(ULI) XV. Segue l’ex libris: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FI(RMANI). Il codice sembra essere appartenuto fin dall’inizio al cardinale Domenico Capranica e fu custodito presso la biblioteca romana del Collegio Capranica, come attesta l’ex libris sul dorso della legatura. L’opera corrisponde al numero 104 del Catalogo Capranica I. (SILVA TAROUCA, III, 145r; Bibl. Rossianae, V, 365r-v) TIETZE, Die illuminierten, 119 nr. 247; BUONOCORE, I codici miniati, 174, n. 41.

GIORGIA CORSO

Ross. 564 (olim IX, 254) PAPIAS, Lexicon (Vocabularium) (ff. 1r-153v) Italia settentrionale, sec. XIV (f. 153v) Scripto Papia, lautetur (sic) Virgo Maria. Segue nota di possesso: Hunc librum Papie donavit mihi, fratri Iacobo, magnificus dominus Malatesta et devotissima uxor domina Violans pro animabus eorum et suorum parentum quem librum dedi loco Sanctae Mariae de gratia iuxta oppidum montis Prandonis Membr. (pergamena omogenea, giallastra, molto ondulata); ff. IV, 153, IV’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Foliazione meccanica a cifre arabiche nell’angolo inferiore destro; altra numerazione moderna saltuaria a matita nell’angolo superiore destro. Richiamo in orizzontale nel margine inferiore, a destra, alla fine di ogni fascicolo. Il codice misura mm 385×260 (f. 2) ed è costituito interamente da quinioni, tranne l’ultimo fascicolo (ff. 151-153), che è un binione privo dell’ultimo foglio. All’interno di ogni fascicolo, i primi 5 fogli r-v sono numerate in cifre romane o con lettere, in minutissimi caratteri tracciati a inchiostro rosso. Segnatura dei fascicoli moderna, a registro, nell’angolo

Ross. 564, f. 151v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

inferiore destro sul recto dei fogli. Scrittura gotica italiana a inchiostro nero. Annotazioni marginali coeve. Specchio scrittorio su due colonne di 58 linee (mm 276×190; intecolumnio: mm 13). Rigatura a colore, eseguita su ogni pagina.

La decorazione comprende 1 iniziale maggiore istoriata (mm 195×30) all’inizio dell’opera, 23 iniziali medie ornate a pennello (mm 38×38) all’inizio di ogni partizione (tutte le lettere dell’alfabeto), rare iniziali filigranate in rosso e blu a contrasto, numerosissime letterine colorate alternatamente in rosso e blu; segni paragrafali in rosso e blu. f. 1r: iniziale istoriata F di Fili utique Karissime, all’incipit del Prologus dell’opera, con ritratto a mezzobusto dell’autore in veste di magister raffigurato tra le traverse della lettera. La figura indossa il mantello rosso con collo d’ermellino e un copricapo rigido di colore bruno; tiene un libro verde nella sinistra, mentre con la destra levata indica il testo. Il corpo della lettera è verde oliva e rosa con terminazioni fogliacee. L’asta si allunga verso il basso nel margine interno, racchiusa in un campo sagomato bicolore, porpora e blu, bordato da un listello ocra. Dagli apici della lettera si dipartono tralci tubolari attorcigliati e foglie d’acanto policromo con oro, nei colori azzurro, grigio violaceo, verde acqua e arancio acceso. Alla base della lettera, entro una tabella rettangolare, compare uno stemma nobiliare non identificato (d’azzurro, seminato di gigli d’oro, alla banda d’argento accostata da due cotisse). Le iniziali ornate, opera di uno stesso miniatore, si trovano ai ff. 1v (A), 15r (B), 17v (C), 31v (D), 37v (E), 44r (F), 51v (G), 54r (H), 56v (I), 65r (K), 65v (L), 72v (M), 82r (N), 87v (O), 92r (P), 110v (Q), 113r (R), 118v (S), 136r (T), 144r (U), 151v (X), 151v (Y), 153r (Z). In esse si ravvisano le medesime caratteristiche: il corpo della lettera, colorato in rosa o grigio, è racchiuso entro un campo quadrangolare color porpora o blu, con terminazioni fogliacee policrome agli apici. Il fondo dell’iniziale, campito in azzurro scuro o rosa, talvolta bordato in ocra, è arricchito da foglie chiare (ad es. a f. 1v) o da tralci ornati di foglioline (ad es. a f. 15r). Fa eccezione la lettera figurata I a f. 56v, formata dalla mezza figura di un vecchio barbuto dal lungo collo fantasticamente annodato, che indossa una mantellina azzurra e un lungo copricapo a punta. Nelle rare lettere filigranate, gli ornati di penna formano strette spirali sopra e sotto la lettere e un festone di perline tutto intorno. Il miniatore mostra di appartenere a una scuola italiana centro-settentrionale riconducibile al XIV secolo, con forti elementi bolognesi, evidenti ad esempio nel disegno delle foglie d’acanto e nell’uso della drôlerie a f. 56v. Il tipo di tralci vegetali tubolari utilizzati all’interno di alcune lettere ricorda invece esempi umbri e toscani. Il codice è integro e in buono stato di conservazione, con tracce di restauri; solo i primi e gli ultimi fogli sono fortemente ingialliti e macchiati lungo i margini.

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ROSS. 564-565

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Legatura Rossi A: gli assi in cartone rivestiti in marocchino presentano una doppia cornicetta dorata e impressioni a secco. Su dorso si legge in alto: PAPIAE / LEXICON; in basso: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. La nota di possesso vergata a f. 153v ricorda come il codice fu donato a san Giacomo della Marca, predicatore e riformatore osservante (1393-1476); autori della donazione furono Novello Malatesta, signore di Cesena, e sua moglie Violante, entrambi molto devoti al frate e a lui particolarmente vicini negli anni 1457-1458 (GATTUCCI, Frate Giacomo, 341). Giacomo della Marca aveva raccolto una notevolissima biblioteca presso il convento di Santa Maria delle Grazie a Monteprandone, da lui fondato alla metà del XV secolo. Novello Malatesta condivideva con il frate la passione per i libri e a sua volta fondò la Biblioteca Malatestiana di Cesena. Donò al frate un manoscritto pregiato, antico, destinato alla biblioteca di Monteprandone. L’assegnazione al XV secolo riportata sul dorso della legatura (cfr. anche Bibl. Rossianae, V, 366r), è stata giustamente anticipata al secolo precedente, sulla base dei caratteri materiali del codice (CASELLI, Alcuni codici, 21-22) e ciò trova conferma nello stile della decorazione. Tra gli inventari compilati dallo stesso frate, il codice di Papia risulta registrato al numero 130 della lista alfabetica nota come Tabula librorum B (LASIC´, Le ‘Tabulae librorum’, 38). Il codice fu probabilmente sottratto al convento in occasione del furto che, secondo una denuncia anonima di cui si conserva copia, venne perpetrato nel 1777 dal cardinale Cesare Brancadoro di Fermo (LOGGI, I Codici della Libreria, XXX-XXXVI). I codici trafugati giunsero a Roma, e lì, pochi decenni dopo, Giovan Francesco de Rossi, ebbe modo di acquistarne una decina, facendoli confluire nella sua raccolta (CASELLI, Alcuni codici, 21-22); essi sono ancora riconoscibili dalla nota di possesso apposta dal santo. (Bibl. Rossianae, V, 366r) TIETZE, Die illuminierten, 82 nr. 124; CASELLI, Alcuni codici, 21-22; LASIC´, Le ‘Tabulae librorum’, 38; GATTUCCI, Frate Giacomo, 341.

GIORGIA CORSO

Ross. 565 (olim IX, 255) GUILLELMUS DE MONTE LAUDANO, Apparatus super Clementinis et Extravagantibus Iohannis XXII (ff. 1r-64r). CLEMENS V, Constitutiones, con glossa di Giovanni d’Andrea (ff. 65r-124v). IESSELINUS DE CASSANHIS, Apparatus super Clementinis (ff. 125r-173r). Estratti da CLEMENS V, Constitutiones e da IOHANNES XXII, Extravagantes (ff. 175r-177v). IOHANNES XXII, Extravagantes, con glossa di Iesselinus de Cassanhis (ff. 178r-231v) Inghilterra (Oxford?), sec. XIV2

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Membr. (pergamena grigiastra, abbastanza sottile); ff. VIII, 231, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; richiamo nel margine inferiore, a destra, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo; mm 390×245 (f. 2); scrittura gotica testuale di mani diverse a inchiostro bruno specchio scrittorio a due colonne (mm 310×165, spazio intercolonnare mm 15) di 72 linee di scrittura; diversa impaginazione a ff. 65-124 e ff. 178-231: specchio scrittorio su due colonne (mm 318×192, comprendente lo spazio per la glossa, spazio intercolonnare mm 10), di ca. 15 linee di scrittura per il testo, circondate da glossa a tenaglia di 76 linee; rigatura a colore su ogni pagina, oppure a mina di piombo, eseguita sul lato pelo, ma talvolta ribadita sul lato carne.

La decorazione del codice comprende 1 pagina ornata, 1 miniatura tabellare (mm 50×54), 1 iniziale istoriata (mm 40×40), 59 iniziali ornate (mm 20×25), iniziali filigranate maggiori a intarsio policromo, numerosissime iniRoss. 565, f. 1r ziali filigranate minori, con motivi decorativi a risparmio all’interno della lettera, nei colori alternati rosso e blu, con ornati di penna di colore opposto. Rubriche rosse, segni paragrafali in rosso e blu, titoli correnti in caratteri rossi e blu, non sempre presenti. f. 1r:

f. 1r:

f. 1r: f. 65r:

f. 65r:

pagina ornata, all’incipit dell’Apparatus di Guillelmus de Monte Laudano: sottili fregi marginali collegati con le iniziali miniate, costituiti da steli vegetali rosa e azzurri, contornati da un campo di colore contrastante con inserti d’oro in foglia; gli steli sono arricchiti da fogliette trilobe dipinte in verde e carminio, cosparse di puntini in biacca. iniziale istoriata M di Magnifice bonitatis, all’incipit dell’Apparatus di Guilelmus de Monte Laudano. Il papa, assiso in cattedra, a colloquio con un chierico. I personaggi sono racchiusi nei due occhielli campiti in oro all’interno della lettera, dipinta in rosa su un campo azzurro bordato d’oro. iniziale ornata I di Iohannes episcopus, all’incipit del paragrafo. Lettera dorata, compresa entro il fregio marginale dipinto in rosa e azzurro. miniatura tabellare, all’incipit delle Constitutiones. Il papa in cattedra, in atto benedicente. Il testo è incorniciato da un fregio vegetale formato da una barretta colorata diritta, ornata da un drago, fiori e teste ferine rosse; tralcio con foglioline rosse e blu lungo l’intercolunnio. iniziale ornata I di Iohannes episcopus, all’incipit delle Constitutiones. Lettera campita in blu, percorsa da filetti e cerchietti in biacca, racchiusa entro un campo mistilineo rosa; apici terminanti in brevi tralci con boccioli floreali.

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ROSS. 565

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f. 65r:

iniziale ornata I di Iohannes graciosum, all’incipit della glossa. Lettera dal corpo allungato e curvilineo, campito in blu, percorso da filetti e cerchietti in biacca e circondato da un campo esterno dentellato rosa; apici terminanti in brevi tralci con boccioli floreali. f. 125r: iniziale grande filigranata R di Reverentissimo in Christo, all’incipit dell’Apparatus di Iesselinus de Cassanhis. Le altre iniziali ornate compaiono ai ff. 26 r (D), 65r (I), 65r (I), 66r (F), 67v (A), 69r (C), 73v (C), 74r (Q), 75r (C), 76r (Q), 76r (I), 76v (V), 76v (I), 78r (A), 78v (D), 79v (Q), 80v (C), 81r (S), 81v (S), 82r (A), 82v (L), 83r (C), 83v (R), 85v (E), 85v (U), 87r (S), 89r (D), 90v (S), 92v (C), 93v (M), 94v (D), 94v (R), 95r (E), 98r (R), 98r (U), 99v (N), 102 (E), 104r (U), 105v (C), 106v (G), 107r (P), 107r (S), 110r (Q), 110v (E), 110v (I), 111v (S), 115v (S), 115v (E), 116v (F), 117v (R), 117v (R), 118v (S), 120r (C), 120v (C), 121v (E), 123r (S). Le miniature presenti nel codice, probabile opera di un solo artefice, rispecchiano lo stile decorativo inglese della prima età del Trecento, tanto per il repertorio decorativo, comprendente fregi sottili arricchiti da foglioline policrome e inserti animali, quanto per le illustrazioni. La figura del papa in cattedra a f. 1r e a f. 65r è delineata da contorni marcati, che disegnano pieghe schematizzate, sovrapposte alle campiture piatte dei colori. Le miniature sono paragonabili, sotto l’aspetto formale e iconografico, a quelle presenti in un altro esemplare dell’Apparatus di Guillelmus de Monte Laudano, conservato a Oxford (Bodleian Library, ms. Bodley 247) e datato alla metà del Trecento (PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts 3, 39, tav. LXIV). Una eventuale provenienza da Oxford del Ross. 565 può essere ipotizzata anche in base alla presenza nel testo della Bolla che sanciva la trasmissione delle costituzioni alle università e che in questo caso risulta indirizzata proprio a Oxford (SOETERMEER, The Origin, 109). Il codice presenta evidenti segni di usura (pagine scure, molto consunte lungo i bordi, macchie di varia natura), ma si conserva sostanzialmente integro. Legatura rossiana di tipo A originale, con piatti in cartone rivestiti in marocchino con cornici dorate e motivi a impressione sui piatti. Sul dorso, si legge in alto: CONSTITUTION(ES) / CLEMENTINAE / ET / EXTR(AVAGANTES) IOANN(IS) XXII / CUM / WILL(ELMUS) DE M(ONTE) HAUD(AN)I (sic) / IOANN(IS) ANDREAE / ET / IESSELINI / DE CASSHANIS / APPARATUS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. Non è al momento possibile ricostruire le vicende del passaggio del codice in Italia e dell’acquisizione da parte di de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 367r-372r) TIETZE, Die illuminierten, 74 nr. 106; IZBICKI, New Notes, 63; TARRANT, The Life and Works, 48, 54, 59; TARRANT, The Manuscripts, 117, 140; SOETERMEER, The Origin, 109.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 567 (olim IX, 257) PETRUS PICTAVIENSIS, Compendium historiae in genealogia Christi Italia meridionale, sec. XIII, prima metà Membr. (pergamena giallo-grigiastra, molto consunta, ma già in origine piuttosto irregolare e fallata); ff. XIV, 9, XIV’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; mm 368×250 (f. 4); un solo fascicolo mutilo dell’ultimo foglio; scrittura gotica italiana a inchiostro nero; specchio scrittorio variabile (mm 300×195 ca.), solitamente su due colonne di grandezza e numero di linee irregolari; rigatura a secco o a punta metallica.

Il codice è interamente illustrato con le diverse sezioni di uno schema ad albero che rappresenta la successione cronologica del racconto biblico: ogni foglio presenta diagrammi geometrici completi di medaglioni istoriati e figure in campo aperto, attinenti alle storie e ai personaggi biblici. A partire da f. 1v, i fogli contengono le seguenti illustrazioni: f. 1v: schema riassuntivo della Bibbia, senza illustrazioni. f. 2r: schema del Genesi: entro un riquadro disegnato in rosso, Adamo ed Eva accanto all’Albero della Conoscenza; Eva è in procinto di ricevere il frutto dal serpente, attorcigliato sull’albero; al disotto, è rappresentata schematicamente la discendenza dei progenitori; a sinistra, compare lo schema geometrico dell’arca di Noè; a destra, è raffigurato Noè nell’atto di potare la vigna. f. 2v: prosecuzione dell’albero biblico. Entro un medaglione circolare in cima alla pagina compare il Sacrificio di Isacco: Abramo, di giovane aspetto, è in procinto di sacrificare il piccolo Isacco, accovacciato nudo sull’ara, trattenuto per i capelli dal padre; un angelo afferra la lama della spada e indica ad Abramo, che si volta ad ascoltarlo, un ariete presso l’altare. f. 3r: prosecuzione dell’albero biblico. Sulla destra sono disegnate la griglia con le Mansiones (le stazioni di fermata del popolo di Israele durante l’Esodo) e lo schema dalla Disposizione delle Tribù di Israele intorno al Tabernacolo. f. 3v: prosecuzione dell’albero biblico. f. 4r: prosecuzione dell’albero biblico, a metà del quale, entro un medaglione circolare, è raffigurato Re David intento ad accordare l’arpa. Ross. 567, f. 8v

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ROSS. 567

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f. 4v: prosecuzione dell’albero biblico. f. 5r: prosecuzione dell’albero biblico, concluso in basso da un medaglione contenente il busto di Re Sedechias. f. 5v: prosecuzione dell’albero biblico. f. 6r: prosecuzione dell’albero biblico, accompagnato a sinistra dalla Pianta ideale di Gerusalemme. f. 6v: prosecuzione dell’albero biblico. f. 7r: sezione dell’albero biblico relativa al Vangelo: la linea di discendenza principale dell’albero genealogico è interrotta da tre medaglioni sovrapposti. Il primo raffigura la Natività, con la Vergine distesa in basso a vegliare Gesù Bambino in fasce, accompagnato dalla didascalia: Christus natus. Al centro, un secondo medaglione mostra il Christus puer, in piedi, benedicente; in basso, il terzo medaglione contiene il Crocifisso, accompagnato dalla didascalia Christus passus. Un quarto medaglione, disegnato su un lato e circondato da 12 medaglioni più piccoli con i nomi degli apostoli, contiene l’immagine di Christus resurgens, mentre fuoriesce dal sepolcro. ff. 7v-8r: le due pagine affrontate costituiscono un’unica tavola, contenente un ulteriore compendio della storia biblica da Adamo all’Apocalisse, riassunta in uno schema percorso da medaglioni figurati. Nell’angolo in basso a sinistra, all’inizio della sequenza, c’è un medaglione rosso, campito in giallo, con il Peccato originale: Adamo ed Eva sono in procinto di scambiarsi il frutto dell’albero proibito, dato loro dal demonio, rappresentato come un serpente dalla testa di donna. Nell’angolo in alto a sinistra, in un altro medaglione, è raffigurato Mosè con le tavole della Legge. La sequenza prosegue a f. 8r, con il medaglione raffigurante la Natività: Maria vestita d’azzurro è distesa su un giaciglio verde e accarezza il Bambino, avvolto in fasce nella mangiatoia. Il medaglione successivo, nell’angolo in basso a destra, contiene la mezza figura del Cristo risorto, che fuoriesce dal sepolcro, con bastone sormontato da croce, corona, veste azzurra e manto rosso. La sequenza termina di nuovo su f. 7v, con l’ultimo medaglione della serie, raffigurante il Cristo Giudice, assiso in trono, con la croce nella mano sinistra e la destra benedicente. Tutta la parte centrale di f. 8r è occupata da una grande Ruota dei viRoss. 567, f. 9r zi e delle virtù, formata da anelli

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

concentrici di piccoli tondi, recanti ciascuno il nome di un vizio o di una virtù. I cerchi sono collegati da raggi trasversali verdi. Nel medaglione centrale campeggia una figura regale in trono. Al centro di f. 7v, adiacente al margine destro e tangente alla ruota disegnata nella pagina accanto, è raffigurata una figura femminile regale, identificata dalla didascalia come la Superbia. La figura, disposta in senso perpendicolare rispetto alla scrittura, è racchiusa entro un’arcata ogivale disegnata a inchiostro rosso e indossa una lunga veste azzurra con mantello verde, ha la testa coronata e tiene in mano un giglio rosso. f. 8v: Candelabro a sette bracci, delineato a inchiostro rosso, campito a colori acquerellati in verde e giallo, con ornati ad arabesque azzurri e rossi. La base poggia su 4 zampe ferine, mentre in alto sono appese decorazioni e lampade. L’illustrazione è posta in relazione con il testo contenuto nella pagina, appartenente alle Allegoriae super tabernaculum Moysis di Petrus Pictaviensis. f. 9r: Compendio delle facoltà e delle attività create da Dio: entro un medaglione posto in cima allo schema, compare il busto di Dio benedicente, con veste azzurra e manto rosso. f. 9v: Compendio delle facoltà e attività derivanti dal diavolo: nel medaglione posto in alto, compare il demonio, raffigurato come un quadrupede cornuto. Il manoscritto contiene il compendio didattico dell’Antico e del Nuovo Testamento, redatto dopo il 1167 da Petrus Pictaviensis, docente di teologia e poi rettore dell’Università di Parigi tra il 1193 e il 1205. Il trattato ci è pervenuto in una cinquantina di esemplari di età medievale, per lo più di produzione francese o inglese; il testo, che riporta sintetiche notizie biografiche dei personaggi biblici, è associato al disegno di un albero genealogico, concepito come ausilio mnemonico per lo studio della Bibbia. Gli schemi che compongono l’albero della genealogia, costituiti essenzialmente da fasce rettilinee articolate in varie diramazioni e percorse da piattelli concatenati, sono disegnati a inchiostro nero e rosso e corredati da didascalie e iscrizioni. Le illustrazioni sono disegnate con tratto sottile a penna nera e sono parzialmente colorate con tinte uniformi e liquide, nei colori azzurro, rosso, giallino e verde pallido. È possibile distinguere una mano principale, responsabile della quasi totalità delle illustrazioni, e una più modesta, cui spetta il medaglione a f. 2r raffigurante Adamo ed Eva accanto all’Albero della Conoscenza e, sullo stesso foglio, l’immagine di Noè nell’atto di potare la vigna. I disegni eseguiti dal primo miniatore esprimono uno stile grafico sintetico, che con grande economia di tratti e colori delinea solo gli elementi essenziali di ogni immagine, senza però rinunciare all’espressività dei gesti. Si veda ad esempio la rappresentazione della Natività a f. 8r, in cui la Vergine vestita d’azzurro è distesa su un giaciglio verde e accarezza il Bambino, avvolto in fasce nella mangiatoia. Lo stile adottato nelle illustrazioni denuncia l’influenza del linguaggio transalpino, specialmente quello romanico normanno rielaborato in ambito cistercense, fattore questo che pare avvalorare una localizzazione in Italia meridiona-

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ROSS. 567-570

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le, suggerita anche dallo stile della scrittura. D’altra parte, al pari di altri codici analoghi, il Compendium rossiano pone significativi problemi di datazione e localizzazione, a causa della grande diffusione dell’opera e dei tratti fortemente arcaici delle illustrazioni, evidentemente condizionate dal modello iconografico di riferimento e dal prevalere dell’intento didattico negli esecutori dei disegni. La stessa cultura grafica espressa dagli artefici del codice rossiano è comune a diverse regioni europee, per quanto riguarda l’illustrazione di trattati didattici; si tratta probabilmente di uno stile funzionale, veicolato e influenzato nei suoi caratteri formali dai libri di modelli (EVANS, Medieval Drawings, 12). Al contrario di quanto si osserva nella maggior parte degli esemplari del Compendium, il codice rossiano non pare essere stato concepito in origine come un rotolo: lo schema di rigatura e di foratura suggeriscono infatti che sia stato allestito fin dal principio in forma di codice. Il Ross. 567 non si trova menzionato nei censimenti dei manoscritti contenti le opere di Petrus Pictaviensis. Il codice, restaurato, si presentava già in cattivo stato di conservazione: quasi tutti i fogli mostravano i margini largamente danneggiati ed estese macchie scure dovute all’umidità e all’attacco di muffe e parassiti. Legatura di tipo Rossi A, con triplice cornice d’oro e motivo centrale a impressione sui piatti. Sul dorso si legge, in alto: GENEAL(OGIA) / D(OMINI) N(OSTRI) / I(HESU) CH(RISTI); in basso: COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. Non ci sono tracce di antichi possessori, dunque non è possibile risalire alle circostanze dell’acquisizione da parte del de Rossi. (SILVA TAROUCA, III, 377r; Bibl. Rossianae, V, 377r) TIETZE, Die illuminierten, 61 nr. 64; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

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Ross. 570 (olim IX, 260) PETRUS COMESTOR, Historia scholastica (glossata) Francia (Parigi?), sec. XIII, metà Membr. (pergamena grigiastra, margini di media ampiezza occupati dalle glosse); ff. VIII, 256, VIII’ (guardie moderne cartacee, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche in basso a destra; mm 362×242 (f. 2); richiamo e numerazione dei fascicoli al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo; scrittura gotica testuale di mani diverse a inchiostro nero, specchio scrittorio su due colonne (mm 227×135) di 44 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 13); glossa disposta a geometria variabile entro le colonne di scrittura e nei margini; altre note nei margini esterni, talvolta anche nel margine inferiore e superiore; rigatura a mina di piombo ribadita su ogni pagina.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La decorazione del codice comprende 4 iniziali ornate (mm 40×35), numerose iniziali filigranate con code in rosso e blu; iniziali filigranate più grandi, a intarsio, con ornati di penna bicolori all’interno, poste all’incipit dei singoli libri. Rubriche rosse, segni paragrafali in rosso e blu, titoli correnti e numerazione dei fascicoli in margine a lettere alternate rosse e blu. f. 1r: iniziale ornata R di Reverendo patri, all’incipit del Prologus epistularis. Lettera dipinta nei colori rosa e azzurro alternati, con racemi interni avvolti a spirale e terminanti in boccioli a tre petali rossi e blu; fondo interno in oro, campo esterno quadrangolare rosa bordato in oro e arricchito da fiorellini di biacca; piccoRoss. 570, f. 1r le foglie agli apici, entro campi sagomati d’oro. f. 1r: iniziale ornata I di Imperatore maiestatis, all’incipit della Prefacio in Historia scholastica. Lettera costituita da una barretta dorata riempita da draghi alati con teste canine, terminanti in tralci spiraliformi policromi. f. 1r: iniziale ornata I di In principio erat Verbum, all’incipit dell’Historia scholastica. Lettera costituita da una barretta dorata riempita da draghi alati con teste canine, terminanti in tralci spiraliformi policromi. f. 179r: iniziale ornata M di Mortuo Symone, all’incipit del De commendatione Iohannis Hyrcani. Lettera rosa su campo azzurro quadrato incorniciato d’oro; campo interno dorato, riempito da tralci spiraliformi con minuscoli draghi e cani. Apice inferiore ornato da una breve coda fogliacea. A eccezione dei due schemi dell’arca dell’alleanza disegnati a penna nel margine inferiore di f. 11r, probabile opera del glossatore, la semplice decorazione aniconica del codice, opera di un miniatore francese, è vicina a quella di un altro esemplare dell’Historia scholastica, il Ross. 571, assegnabile alla bottega parigina individuata da Branner intorno alla personalità di Gautier Lebaube (BRANNER, Manuscript Painting, 72-75). Allo stesso ambito è stato ricondotto un altro codice, proveniente come il Ross. 570 dalla Biblioteca del Sacro Convento di Assisi: si tratta della miscellanea di opere filosofiche, ms. 298 (La Biblioteca del Sacro Convento, 201-204), datato alla metà del XIII secolo.

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ROSS. 570-571

Il codice si presenta integro e in buono stato di conservazione, a parte la consunzione e l’ingiallimento delle carte, dovuto a un uso prolungato. Legatura di tipo Rossi A, con cornici e filetti dorati e motivi a impressione sui piatti (rest. 1958). Sul dorso si legge in alto: PETR(I) TRECENSIIS / HISTORIA / SCOLASTICA, in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII. Mercati ipotizzava che il codice potesse provenire da Assisi, riconoscendovi il codice XCIX della Libraria Secreta (MERCATI, Codici del Convento, 101); Cenci (CENCI, Bibliotheca manuscripta, 202) sembra accogliere l’identificazione, sebbene il manoscritto non riporti tracce di ex libris o dei segni di foliazione tipici dei codici assisiati. Di certo appartenne a Fabrizio Orsini de’ Rilli, come attesta il timbro apposto su f. 1r, con l’acronimo CFRO. Da questi passò in seguito alla collezione di Giovan Francesco de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 385r) MERCATI, Codici del Convento, 101; CENCI, Bibliotheca manuscripta, 202, 500, 512.

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Ross. 571 (olim IX, 261) PETRUS COMESTOR, Historia scholastica (glossata) Francia (Parigi), sec. XIII, metà Membr. (pergamena grigiastra, ma abbastanza sottile e molto omogenea); ff. V, 169, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; richiamo e numerazione del fascicolo nel margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, quasi sempre rifilato; mm 358×234 (f. 2); scrittura gotica testuale di più mani a inchiostro nero, con annotazioni marginali vergate in scrittura corsiva a inchiostro chiarissimo; specchio scrittorio su due colonne (mm 210×130) di 51 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 12); rigatura a mina di piombo eseguita sul lato pelo.

Ross. 571, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La decorazione comprende 1 iniziale istoriata (mm 140×22), 25 iniziali ornate (mm 30×25), iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore opposto. Rubriche rosse, titoli correnti in caratteri rossi e blu, segni paragrafali rossi e blu. f. 1r: iniziale I di In principio erat Verbum, all’incipit dell’Historia scholastica, istoriata con I giorni della Creazione: le scene sono racchiuse entro losanghe a fondo d’oro sovrapposte entro una barretta terminante con code fogliacee; negli spazi triangolari che affiancano le losanghe, sono dipinte in biacca delle mezze aquile. Iniziali ornate a ff. 1r (R), 1r (I), 25r (S), 25r (S), 38v (T), 38v (U), 51v (Q), 54r (L), 57r (E), 63v (F), 76v (I), 86r (P), 98r (H), 98r, 100v (F), 100v (E), 102r (F), 106v (S), 109r (H), 112v (L), 116v (T), 120v (S), 121v (M), 125r (F), 151v (A). Le iniziali ornate, eseguite tutte dallo stesso miniatore, presentano una struttura omogenea: le lettere rettilinee (le I, le L), sono formate da barrette dorate riempite da draghi alati che si prolungano, terminando con code fogliate o arricciate a spirale. Le lettere di forma tondeggiante (le C, le E, le O) hanno il corpo campito in azzurro o rosa, racchiuso entro un campo quadrangolare di colore contrastante o in foglia d’oro, arricchito da brevi code vegetali; il fondo interno è campito in oro e arricchito da tralci spiraliformi, desinenti al centro in boccioli o fiori a più petali, o, in un caso soltanto (lettera P a f. 98r), nella mezza figura di un guerriero nudo, armato di scudo e clava. Nelle altre lettere i due tipi si combinano variamente. Il miniatore può essere avvicinato, per la predilezione verso colori chiari e luminosi e per il repertorio decorativo adottato, all’atelier riunito da Branner attorno al miniatore Gautier Lebaube, attivo a Parigi intorno alla metà del XIII secolo (BRANNER, Manuscript Painting, 72-75). In particolare, alcuni elementi riportano allo stile peculiare di questo atelier: l’inserto frequente di piccoli cani e uccelli nella decorazione interna delle iniziali; la presenza costante, nelle aste delle lettere, di draghi formati da corpi, diritti e allungati, di uccelli con testa canina e colli attorcigliati; l’adozione di una foglia a palmetta da lunghi petali che si ripiegano alle estremità. Anche le figurine che animano le scene della Creazione nell’unica iniziale istoriata (f. 1r) ricordano le forme semplificate adottate dai miniatori del gruppo parigino menzionato. Il codice si presenta integro e in buono stato di conservazione, a parte i segni di un uso prolungato. Legatura di tipo Rossi A, con cornici e filetti dorati e motivi a impressione sui piatti. Sul dorso si legge in alto: PETR(I) TRECENSIIS / HISTORIA / SCOLASTICA, in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII.

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ROSS. 571-572

Il codice non conserva tracce che permettano di risalire alle circostanze dell’acquisizione del codice da parte di Giovan Fancesco de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 386r) TIETZE, Die illuminierten, 35 nr. 58.

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Ross. 572 (olim IX, 262) PETRUS LOMBARDUS, Liber sententiarum Italia settentrionale (Veneto), sec. XIII, prima metà (f. 35r) colophon vergato a inchiostro nero: Laus tibi Christe quoniam labor explicit iste. Scriptorem Christus benedicat carminis huius. Segue (in inchiostro rosso) Explicit liber magistri Petri Lombardi Membr. (pergamena abbastanza liscia e chiara, tendente al giallo, con difetti piuttosto frequenti); ff. IV, 236, IV’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); foliazione meccanica a cifre arabiche in basso a destra; richiamo apposto in orizzontale al centro del margine inferiore; il codice misura mm 343×228 (f. 2); scrittura gotica italiana di più mani a inchiostri bruni molto chiari, con rubriche rosse; specchio scrittorio su due colonne (mm 214×122) di 42 linee; numerose annotazioni marginali in inchiostro rosso; rigatura a mina di piombo, eseguita foglio per foglio.

5 iniziali maggiori (mm 60×50 ca.), delle quali 2 istoriate e 3 ornate, numerose iniziali filigranate in rosso e blu, con modesti ornati di penna di colore opposto. Titoli correnti e numerazione dei paragrafi apposti successivamente, con inchiostro nero. Rubriche, segni paragrafali e riempilinea in rosso. f. 1r:

iniziale istoriata C di Cupientes aliquid, all’incipit del Liber Sententiarum. L’iniziale contiene l’effigie di Pietro Lombardo, raffigurato come un giovane biondo che tiene in mano un cartiglio con su scritto Petrus; indossa una veste bianca con sopravveste rossa e verde. I colori piatti sono stesi in uno strato spesso e uniforme. Il corpo della lettera C è chiaroscurato in verde, con fondo interno in giallo oro e

Ross. 572, f. 3v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

campo esterno quadrato color porpora (mm 54×56), incorniciato da un listello tridimensionale blu con decorazioni in biacca. L’iniziale, che si differenzia dalle altre presenti nel codice per l’adozione del carattere in capitale e per lo stile della miniatura, è il risultato di un rifacimento posteriore. Lungo i margini sono visibili le tracce erase dell’iniziale preesistente. f. 3v: iniziale istoriata V di Veteris ac nove, all’incipit del Liber I. Busto di Cristo benedicente, con libro d’oro nella mano sinistra velata; indossa una veste viola coperta da un manto azzurro, veste e manto sono striati di lumeggiature lineari in biacca; i tratti del volto sono resi con pennellate brune, bianche e rosse sovrapposte su una base verdastra. L’iniziale presenta l’asta gialla ornata da foglioline violacee e la pancia formata da un drago verde con ala violetta; il fondo interno è d’oro, il campo quadrangolare esterno, profilato in nero, è dipinto in porpora e blu, con ornati e profilature in biacca. f. 75v: iniziale ornata C di Creacionem rerum, all’incipit del Liber II; lettera blu con due tralci spiraliformi in verde e lilla, intrecciati all’interno con fiori giallini; fondo interno arancio e blu con puntini bianchi; campo quadrangolare d’oro, cornice tridimensionale viola; colori piuttosto opachi. f. 133r: iniziale ornata C di Cum venit igitur, all’incipit del Liber III; lettera verde con foglia avvolta giallina; all’interno, tralcio a spirale lilla, con fiore lilla, verde e blu; fondo interno e campo quadrangolare d’oro, cornice tridimensionale viola. f. 174v: iniziale ornata S di Samaritanus enim vulnerato, all’incipit del Liber IV; lettera d’oro con tralci avvolti all’interno verde, lilla e blu, con fiori a tre petali in verde e lilla; campo quadrangolare a settori arancio e blu, con decorazioni in biacca; cornice tridimensionale verde. La seconda iniziale figurata e le tre ornate a pennello sono opera di un miniatore veneto influenzato dallo “stile prezioso” e dallo “stile padano di transizione”, espresso dai codici confezionati per la basilica di San Marco nei primi decenni del XIII secolo, in particolare dall’anonimo ornatista indicato come Maestro del Commento al Vangelo di san Marco (MARIANI CANOVA, La miniatura nei libri liturgici, 158-169). Sebbene la fattura appaia alquanto trasandata, per l’uso di oro di bassa qualità e di colori abbastanza opachi, si riconoscono alcuni elementi tipici dello stile ornamentale elaborato dal Maestro del Commento, in particolare nell’adozione di cornici colorate, nel repertorio vegetale e nella presenza del piccolo drago a formare l’iniziale di f. 3v. Altri confronti riguardano soprattutto le espressioni più mature dello stile del Maestro, ad esempio le iniziali figurate dell’Antifonario per l’uso liturgico marciano ora in collezione privata (MARIANI CANOVA, CATTIN, Un prezioso antifonario, 9-26), le quali costituiscono un termine di paragone per il busto del Redentore nel codice rossiano, con speciale riferimento alla fisionomia del volto, al disegno spezzato dei panneggi e all’uso delle lumeggiature.

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ROSS. 572-574

Lo stato di conservazione del codice è buono; segni di usura sono evidenti soprattutto sui primi e sugli ultimi fogli, insieme a macchie di umidità e fori di insetti. Molte carte presentano un taglio a metà del margine esterno. La legatura Rossi A è in buono stato di conservazione; i piatti in cartoncino rivestito di marocchino presentano cornici concentriche in oro e a impressione con un motivo ornamentale centrale; la decorazione è impressa sul dorso, dove in oro si legge: P(ETRI) LOMBARDI / LIBER / SENTENTIAR(UM) e in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. Si può avanzare l’ipotesi di un uso del codice in ambito monastico: a f. 1r, nel margine inferiore, è presente un’iscrizione quasi completamente abrasa; la lampada di Wood permette di leggere alcune parole che sembrano pertinenti a istruzioni per la sua conservazione: ad usum fratrum / in armario /// remaneat. A f. 236r, che in origine fungeva da guardia, compare una nota di possesso erasa: lib. Dom ///. (Bibl. Rossianae, V, 387r) TIETZE, Die illuminierten, 90 nr. 140; AMMANN, Darstellung und Deutung, 120-156.

GIORGIA CORSO

Ross. 574 (olim IX, 264) PIETRUS LOMBARDUS, Liber sententiarum Italia, sec. XIVin. Membr. (pergamena giallastra, abbastanza chiara e omogenea); ff. VI, 296, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo inferiore destro, posteriore alla caduta di un numero imprecisato di fogli tra gli attuali 198 e 199; richiamo in orizzontale al centro o a destra nel margine inferiore dell’ultimo foglio di ogni fascicolo; varie forme di numerazione a registro dei fascicoli, in minutissime cifre arabiche o romane nei margini inferiori; mm 396×266 (f. 3); scrittura gotica testuale italiana; specchio scrittorio (mm 258×152) su due colonne di 35 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 24); rigatura a tecnica mista (a inchiostro, a punta metallica, a secco), spesso eseguita su entrambi i lati.

La decorazione del codice comprende numerose iniziali filigranate grandi (mm 60×55) e piccole (mm 20×20), campite con inchiostri

Ross. 574, f. 273v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

rossi e blu disposti a intarsio e arricchite di ornati di penna di colore opposto; titoli correnti e scrittura distintiva a caratteri maiuscoli rossi e blu alternati; segni paragrafali e graffe disposte in file diritte o in cordoni ondulati nei margini, accanto alle colonne di scrittura; rubriche in rosso; un disegno marginale a inchiostro rosso e blu. All’incipit del prologo e di ciascun libro l’iniziale filigranata grande è accompagnata da ornati marginali e le prime parole del testo sono in scrittura distintiva arricchita da filigrane: f. 1r: f. 3r: f. f. f. f.

105v: 138v: 201v: 273v:

iniziale filigranata C di Cupientes aliquid, all’incipit del Prologus. iniziale filigranata V di Veteris (ac nove legis) continentiam, all’incipit del Liber primus. iniziale filigranata C di Creationes rerum, all’incipit del Liber secundus. iniziale filigranata C di Cum venit plenitudo, all’incipit del Liber tertius. iniziale filigranata S di Samaritanus enim, all’incipit del Liber quartus. illustrazione marginale: disegno raffigurante sant’Agostino, eseguito a penna blu con tocchi di colore rosso. Il santo, in abiti vescovili, tiene il pastorale nella sinistra, ha la destra levata, e l’aureola disegnata in rosso; la figura poggia i piedi su una piccola pedana con su scritto AGUSTI(NI) in lettere maiuscole gotiche rosse e blu.

L’apparato decorativo del codice è opera di un calligrafo piuttosto abile, che tende a sfruttare per quanto gli è possibile le potenzialità estetiche offerte dall’uso degli inchiostri bicolori e dalle ornamentazioni disegnate a penna. Raggiunge talvolta effetti di una certa ricchezza e originalità, ad esempio a f. 5r, dove le lettere filigranate a intarsio bicolore presentano complicati incastri tra le due zone cromatiche e sono disseminate di motivi a risparmio di forme svariate (fiorellini, fogliette trilobe, puntini), mentre i disegni di riempimento si sviluppano in spirali e cerchietti quadrettati. Davvero singolari risultano, nelle pagine d’incipit dei singoli libri e del prologo, gli ornati marginali costituiti da lunghe “catenelle” ondulate di graffe rosse e blu, interpretabili come bizzarre rielaborazioni degli ornati di penna caratteristici dei libri di ambito universitario parigino del XIII secolo. Anche l’unica illustrazione del codice, ovvero la figura di sant’Agostino disegnata nel margine laterale di f. 273v, è riconducibile alla mano dello stesso calligrafo, come indicano l’adozione dei medesimi inchiostri usati per le altre decorazioni e il carattere prettamente grafico dell’immagine. La mancanza di spiccati caratteri stilistici regionali impedisce di avanzare ipotesi che vadano oltre una generica attribuzione all’ambito italiano del primo Trecento. Lo stato di conservazione del codice, che presenta una piccola lacuna tra f. 198 e f. 199, è nel complesso discreto; risultano molto rovinate le facciate esterne dei fascicoli, come se questi fossero rimasti per un certo tempo separati ed esposti all’usura. Forse il codice è stato sfascicolato e poi rimontato; a una simile operazione potrebbe risalire la numerazione a registro dei fascicoli, aggiunta con cifre e lettere databili al XV secolo.

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ROSS. 574-575

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Il codice risulta restaurato: appaiono risarcite alcune carte che presentavano falli della pergamena. Legatura Rossi A, in cattivo stato di conservazione. I piatti in cartoncino rivestito di marocchino presentano decorazioni alternate in oro e a impressione; sul dorso si legge in alto: PETRI LOMBARDI / LIBRI SENTENTIARUM; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il codice non conserva elementi che permettano al momento di ricostruirne le vicende conservative e le circostanze dell’acquisizione da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 389r) GIORGIA CORSO

Ross. 575 (olim IX, 265) AVERROÉ, AVENZOAR, AVICENNA, Medica opera (in latinum translata ex arabico): AVERROÉ, Colliget (acefalo) (ff. 3r-84v); AVENZOAR, De medicina practica (ff. 86r147v); AVICENNA, Cantica, cum comencto (sic) Averroys (ff. 148r-220r) Veneto, sec. XIV, prima metà Membr. (pergamena giallastra, abbastanza chiara e omogenea, margini piuttosto ampi); ff. VII, 222, VII’ (guardie cartacee moderne, la seconda e la penultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo inferiore esterno; un’altra numerazione in cifre arabiche, più antica, nell’angolo superiore destro, precedente all’asportazione del primo foglio, ricomincia all’incipit di ciascun testo (f. 86r e f. 148r); il codice misura mm 375×265 (f. 2); scrittura gotica libraria a inchiostro bruno, di più mani, non sempre perfettamente allineata sul rigo e ricca di abbreviazioni; annotazioni marginali coeve e posteriori; specchio scrittorio (mm 260×170 ca.) su due colonne di 51/53 linee (spazio intercolonnare mm 12); nella terza parte del codice (ff. 148r-220r) il commento è incorporato nella colonna di scrittura e si alterna al testo, scritto con modulo più grande e spaziatura doppia; rigatura a punta metallica, eseguita sul recto e sul verso di ogni foglio; corpo del codice costituito principalmente da quinioni; richiamo nel margine inferiore a destra, in orizzontale, tra virgole decorative; segnatura dei fogli a registro solo nei primi due fascicoli; gli attuali ff. 1-2 e 221-222 costituivano le guardie antiche; è caduto il primo foglio del codice, contenente l’incipit del testo. Ross. 575, f. 148r

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940

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il foglio d’incipit del codice, perduto, era originariamente ornato da un’iniziale miniata e da un fregio marginale contenente uno stemma nel bas-de-page, come si evince dall’impronta su f. 2r. La decorazione superstite comprende 2 iniziali ornate medie, a f. 86r (mm 37×42) e a f. 148r (mm 80×25), poste all’incipit dei trattati; numerose iniziali ornate minori (mm 20×20 ca.), all’incipit dei singoli libri; iniziali filigranate in rosso e blu. Rubriche in rosso, titoli correnti e indicazione del libro al centro del margine esterno in inchiostro rosso e blu, segni paragrafali in rosso e blu. f. 86r: iniziale ornata C di Convenerunt omnes, all’incipit del Liber de medicina practica di Avenzohar. La lettera C dipinta in arancio è racchiusa entro un campo sagomato d’oro, bordato in azzurro; l’occhiello interno, campito in rosa, contiene tralci azzurri con bolli d’oro. Dagli apici della lettera spuntano steli vegetali che si sviluppano nei margini superiore e interno, ornati con boccioli e foglie d’acanto policrome, dalle forme allungate e seghettate, arricchite da bottoni d’oro. f. 148r: iniziale ornata I di Inquid Aboolic beuroist, all’incipit dei Cantica di Averroè. La lettera I di forma triangolare è campita in oro e bordata da un listello violaceo; all’interno contiene la figura molto consunta di un grifone rampante e alato, dipinto in arancione e azzurro. Dagli apici della lettera spuntano steli violacei che si sviluppano nei margini, avvolti da foglie d’acanto multicolore e inserti d’oro, arricchiti da boccioli colorati e gocce d’oro. Le iniziali ornate minori ripropongono tutte la stessa tipologia semplificata: la lettera è circondata da un campo di colore contrastante, da cui si sviluppano brevi ornati di foglie d’acanto; l’occhiello è campito con colori chiari e riempito da tralci vegetali. Solo la lettera I a f. 49v presenta all’interno una figurina grottesca di guerriero, con la parte inferiore del corpo che si trasforma in foglia. La tipologia degli ornati è di origine bolognese e padovana, ma i colori più chiari e luminosi (azzurro, verde chiaro, rosa, beige e lilla, rosso e arancio), l’abbondanza dell’oro, il disegno più libero e arioso, la forma leggermente appuntita delle foglie, la presenza del drago come elemento decorativo, riportano piuttosto a esempi veneziani, come la Descriptio Terrae Sanctae di Burchardus de monte Sion (Padova, Biblioteca del Seminario vescovile, ms. 74, f. 1r), opera veneziana del primo Trecento (FLORIO, Scheda nr. 54, 24). Il codice è stato restaurato nel 1966 e appare in discreto stato di conservazione, ad eccezione delle miniature, spesso piuttosto rovinate. Legatura di tipo Rossi A, con cornicetta dorata e impressioni a freddo e caldo sui piatti. Sul dorso si legge in alto: AVEROYS / IN MEDICINA / AVENZOBAR / DE MEDICINA / PRACTICA / AVICENNAE / CANTICORUM / OMNIA EX ARAB(O); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV; subito sotto è impresso a caldo l’ex libris del cardinale Capranica E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI).

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941

ROSS. 575-576

Il codice è certamente il prodotto dell’ambiente accademico veneto, padovano o più probabilmente veneziano, dove i testi medici arabi tradotti in latino venivano studiati e divulgati già alla fine del XIII secolo. Riporta all’ambiente degli studia anche l’annotazione relativa a una stima del codice, apposta sull’antica guardia (f. 221v): 1393 die 25 mai coliget Averis (sic) Avenazuhar canticarum canticorum Avicenne. Extimatus fior. decem auri. Amrosinus generalis bidellus studii / Magistri Matthei de Sicilia. Sull’antica guardia ora numerata come f. 222r è trascritto un Epitaphio Petri Comestoris, insieme a una serie di formule superstiziose. Nel XV secolo il codice appartenne al cardinale Domenico Capranica, come attesta l’ex libris sul dorso. (Bibl. Rossianae, V, 390r-393r) GIORGIA CORSO

Ross. 576 (olim IX, 266) PETRUS

DE

UNZOLA, Apparatus super ordinem Iudiciorum

Italia settentrionale (Bologna), sec. XIV2 Membr. (pergamena giallastra, abbastanza liscia, ma piuttosto spessa e ondulata; frequenti falli e strappi con cuciture); ff. VI, 96, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); foliazione meccanica a cifre arabiche in basso a destra; codice mutilo in fine (il testo si interrompe a f. 96v, nel capitolo De accusatoribus, alle parole secundus casus); richiamo in orizzontale nel margine inferiore a destra, entro un riquadro semplice o con piccole decorazioni; il codice misura mm 385×255 (f. 2); scrittura gotica libraria di modulo piccolo, molto fitta, a inchiostro nero di più mani; correzioni coeve in margine; numerose maniculae e annotazioni marginali più recenti in scrittura corsiva; specchio scrittorio su due colonne (mm 287×172, intercolumnio mm 13) di 69 linee; rigatura a punta metallica e a secco.

La decorazione è costituita da 1 pagina d’incipit contenente 1 miniatura (mm 44×78) e 1 iniziale istoriata (mm 35×33); numerose iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore opposto (motivi a spirale negli occhielli, code filiformi con perlinature e riccioli lungo i margini). Incipit ed explicit rubricati; segni paragrafali in rosso e blu.

Ross. 576, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 1r: pagina d’incipit con ornati marginali all’inizio del Liber sententiarum: lungo tutto il margine interno e parte di quello superiore si estendono steli azzurri diritti, ornati da nodi, boccioli e foglie d’acanto, nei colori rosso, verde, blu, grigio-azzurro, rosaceo; il fregio è affiancato per tutta la lunghezza da bolli d’oro. Nel margine inferiore le foglie d’acanto multicolori si attorcigliano a spirale, creando due ruote su fondo color mattone: al centro si trova un medaglione rotondo profilato in rosa e campito all’interno in azzurro, con filigrane in biacca; foglioline colorate si aprono a girandola all’interno del medaglione e si avvolgono all’esterno. f. 1r: miniatura con La creazione di Adamo. Entro un riquadro rettangolare profilato in ocra, la scena della creazione è ambientata in un paesaggio roccioso con due alberelli sullo sfondo. Il Creatore, in piedi al centro, è raffigurato con aspetto giovanile, imberbe, abbigliato con tunica rossa e manto beige; con la sinistra prende per mano e solleva a sé Adamo, che giace a terra sulla destra, poggiato sulle ginocchia, ignudo e con il berretto frigio sul capo. A sinistra, si apre la fossa scavata nella terra per plasmare il primo uomo. f. 1r: iniziale F di Fecit Deus, all’incipit dell’Apparatus. L’autore in veste di magister. La lettera, con il corpo grigio-azzurro racchiuso da un campo d’oro in foglia, contiene la figura a mezzo busto dell’autore, abbigliato con veste azzurra, sottoveste rossa, mantello rosato con collo d’ermellino e berretto rosso floscio pure ornato di ermellino. La decorazione è opera di un solo miniatore, di scuola bolognese. Lo stile figurativo della miniatura e il repertorio ornamentale richiamano le decorazioni del ciclo di corali per la chiesa di San Domenico a Bologna, eseguiti nel corso del terzo decennio del Trecento e conservati ancora in loco (ALCE, I libri corali, 141169). I fregi che ornano i margini della pagina d’incipit del Ross. 576 sono specialmente vicini a quelli che accompagnano le miniature eseguite dal cosiddetto Quarto Maestro dei corali di San Domenico, identificato con il Maestro del 1328 (MEDICA, s.v. Maestri dei Corali, 413-415 e s.v. Maestro del 1328, 473-475). Si vedano in particolare i fogli miniati staccati dagli Antifonari 11 e 14 della Biblioteca di San Domenico, attualmente conservati a Venezia presso la Fondazione Giorgio Cini, inv. nrr. 2165, 2166, 2035 e 2158 (MARIANI CANOVA, Nuovi contributi, 10-13): vi si ritrovano i medesimi fregi sviluppati intorno a barrette rettilinee che si incrociano agli angoli della pagina, arricchiti da svariati elementi floreali, nodi e foglie d’acanto e affiancati da coppie di bottoncini dorati. Identica è anche la mise-en-page, per il rapporto spaziale che intercorre tra la miniatura tabellare, l’iniziale miniata e la decorazione marginale. L’autore della miniatura con la Creazione di Adamo e dell’iniziale istoriata costruisce le figure e gli elementi del paesaggio con fare compendiario, mediante pennellate giustapposte che disegnano le pieghe delle vesti e marcano i tratti del viso, tracciando una caratteristica ombra appuntita sotto l’occhio. Il suo stile figurativo non è riconducibile a nessuno dei miniatori dei corali bolognesi, ma non si può escludere che egli sia anche l’artefice del fregio marginale.

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ROSS. 576-579

943

Gli ornati del codice rossiano appaiono leggermente più fitti e corposi rispetto a quelli bolognesi domenicani e si distinguono per la tavolozza improntata su tonalità piuttosto scure. Il motivo della ruota di acanto variopinto, che nei corali di San Domenico compare solo sporadicamente (ad es. nell’Antifonario 14, f. 21r), nell’Apparatus appare maggiormente sviluppato, a indicare forse una cronologia più avanzata entro il secondo quarto del secolo. Lo stato di conservazione del codice è discreto: mostra segni di usura lungo i margini, soprattutto nei primi e negli ultimi fogli; molte carte presentano un taglio a metà del margine esterno e macchie di varia natura. La legatura del tipo Rossi A è in buono stato di conservazione: sui piatti, in cartoncino rivestito di marocchino, compare una cornice dorata e un motivo floreale impresso al centro entro un riquadro dorato; sul dorso sono presenti decorazioni in oro e a impressione. In alto si legge: PETRI / DE / UNZOLA / APPARAT(US) / SUPER / ORD(INEM) IUDIC(IORUM); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Non si conoscono le vicende del codice precedenti all’ingresso nella collezione rossiana. Nel margine inferiore di f. 1r è apposta a inchiostro la segnatura 129 T, probabilmente pertinente a un’antica collocazione. (Bibl. Rossianae, V, 294r) TIETZE, Die illuminierten, 94 nr. 154.

GIORGIA CORSO

Ross. 579 (olim IX, 269) EUCLIDES, Geometriae elementa, I-XI (ff. 1r-126v); Scholia, I-XVII (ff. 126v-130v) Italia (Veneto), sec. XIII, prima metà (f. 126v) explicit: Expletus est liber Euclidis simul cum 2 partibus ab Afsicolao editis. Cuius partes sunt quindecim (f. 130v) colophon del copista: Finis huius libri Euclidis est hic 13 Membr. (pergamena abbastanza chiara, giallastra, piuttosto ondulata); ff. VIII, 130, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); foliazione meccanica a cifre arabiche, in basso a destra; altra numerazione, sporadica, recente a matita, apposta nell’angolo superiore esterno all’inizio di ogni decina di fogli; richiami in orizzontale nel margine inferiore dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, spostati verso destra, riquadrati in rosso, con l’indicazione del numero del fascicolo in cifre arabiche; il codice misura mm 336×224 (f. 2) ed è costituito interamente da quinioni; scrittura gotica di una sola mano a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 218×130) su due colonne di 44 linee; rigatura a mina di piombo, eseguita sul recto e sul verso di ogni foglio; rare annotazioni marginali coeve; aggiunte moderne con titoli ed enunciati nel margine inferiore.

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944

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La decorazione del codice è costituita da 15 iniziali ornate a pennello (mm 30×20), di cui 14 geometriche e 1 zoomorfa, poste all’incipit delle singole parti del testo; iniziali filigranate all’inizio di ogni paragrafo, in rosso e blu, con ornati di penna di colore opposto, che si espandono brevemente nei margini con motivi lineari. Segni paragrafali alternati in rosso e blu. Rubriche in rosso. Richiami riquadrati in rosso. Successivamente sono stati aggiunti i titoli a inchiostro nero, in scrittura minuscola libraria. Tre iniziali ornate hanno dimensioni maggiori e forma più elaborata: f. 1r:

Ross. 579, f. 97v

iniziale E di Ea a quibus, all’incipit della Geometria Euclidis. f. 1r: iniziale P di Punctum est all’incipit della pars prima. f. 97v: iniziale F di Figura corporea ornata all’incipit della pars undecima.

Le iniziali ornate minori si trovano a ff. 15v (C), 28r (F), 33r (Q), 38r (F), 46r (U), 52r (S), 58r (S), 64r (Q), 107r (O), 113v (S), 120r (C), 125r (I). Le iniziali ornate che costituiscono l’apparato decorativo del codice adottano la struttura geometrica ispirata agli stili ornamentali usati nelle bibbie atlantiche di età romanica e ripresa dai miniatori veneziani all’inizio del XIII secolo. Le lettere, eseguite a colori su fondo d’oro in foglia o viceversa, sono arricchite da elementi vegetali che riempiono gli occhielli e i lacunari nelle aste cave. Queste sono spesso arricchite da motivi decorativi in biacca, con la prevalenza della croce di Sant’Andrea. Le lettere sono circondate da un campo geometrico delimitato da una cornicetta colorata. I due capilettera più grandi ed elaborati si trovano nella pagina d’incipit e a f. 97v. L’iniziale I a f. 125r è invece costituita da un piccolo drago. Prevalgono i colori chiari, sempre stesi in due tonalità accostate e alleggeriti da lumeggiature e puntini di biacca. La gamma cromatica comprendente i colori blu, verde, porpora, rosa e giallo, combinati con l’oro in foglia, è tipica del cosiddetto “stile prezioso”, che caratterizza i codici eseguiti per la basilica di San Marco a Venezia (MARIANI CANOVA, La miniatura nei libri liturgici, 158-163): capilettera geometrici o zoomorfi assai simili a quelli del codice rossiano si trovano ad esempio nel Tractatus super Evangelium sancti Marci (Venezia, Biblioteca Marciana, ms. lat. Z 506 = 1611, f. 11v), e nel più maturo Graduale berlinese (Berlino, Staatsbibliothek Kulturbesitz, Mus. 40608), entrambi decorati dal Maestro del Commento al Vangelo di san Marco al principio del Duecento (MARCON, I codici medievali, 230).

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ROSS. 579-580

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Il codice si conserva in stato discreto e si presenta integro, ma il terzo fascicolo risulta staccato dal corpo. Tracce di usura e macchie di umidità anche estese compaiono soprattutto nelle prime e nelle ultime carte, che si presentano anche maggiormente ondulate. Legatura del tipo Rossi A; sui piatti compaiono una cornicetta dorata, tre filetti dorati e una decorazione centrale floreale a impressione. Il dorso, conservato incollato all’interno del piatto anteriore, presenta impressioni a caldo e scritte in oro; in alto si legge: EUCLIDIS / GEOMETRIAE / ELEMENTA; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il codice costituisce uno dei più importanti esemplari degli Elementa di Euclide nella traduzione di Gerardo da Cremona; appartiene a un piccolo gruppo di codici con trattati matematici, omogenei per scrittura, impaginazione e decorazione, derivanti da un modello toledano e attribuiti all’area veneto-padovana (D’ALVERNY Translations, 459; BURNETT, The Strategy, 96, 113); gli altri esemplari del gruppo, datati anch’essi al principio del XIII secolo, sono conservati a Parigi, Bibliothèque nationale de France, mss. lat. 9335 e lat. 15461 (JACQUART, Les manuscrits, 212). Non si conoscono le circostanze e la data dell’ingresso del codice nella collezione rossiana. (Bibl. Rossianae, V, 401r) TIETZE, Die illuminierten, 95 nr. 159; D’ALVERNY, Translations 459; BURNETT, The Strategy, 96, 113, pl. Xe; JACQUART, Les manuscrits, 212.

GIORGIA CORSO

Ross. 580 (olim IX, 270) IOSEPHUS FLAVIUS, Antiquitates Iudaicae I-XX (ff. 2r-399r); Contra Apionem I-II (ff. 402r-429r) Italia centrale (Roma?), sec. XV, metà (d.to 1453) (f. 399v) explicit: Finis Flavii Iosephi Iudaice Antiquitatis Liber ultimus finit feliciter. Deo gratias (f. 429r) explicit e colophon: Finis Flavii Iosephi Iudaice Vetustatis Liber ultimus finit feliciter Deo gratias; Opus transcriptum a Leonardo Antonii de Kalendinis de Prato MCCCCLIII Membr.; ff. V (cart.), 429, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche nel margine inferiore destro del foglio; il manoscritto presenta una fascicolazione regolare; la nuova opera inizia a f. 402r, con un nuovo fascicolo; richiamo verticale comune nei codici umanistici di questo periodo, contornato da quattro puntini esornativi e inserito tra le due righe rettrici laterali del margine interno dell’ultimo foglio del fascicolo; f. 1 è numerato anche se non è solidale con il fascicolo (ff. 2-11) e presenta anche una pergamena più spessa e ingialli-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ta, forse faceva parte di una precedente legatura, a guisa di foglio di guardia; mm 370×260; scrittura umanistica posata di Leonardo di Antonio de Calendinis da Prato (v. infra) di grosso calibro, dal modulo grande e uniforme con rare abbreviazioni e grafia standardizzata; a inchiostro nero, presenta pochi contrasti nel tratteggio delle lettere e poche le aste che interrompono l’uniformità del rigo; non molto numerose le notazioni marginali (presenti per lo più tra i ff. 140220 e più fitte tra ff. 190-200): alcune sembrano coeve e forse del copista stesso (f. 168r), altre hanno un ductus più corsivo e certamente sono di mano posteriore, come f. 191r e sgg. Bianchi i ff. 400-401 ma rigati. Specchio scrittorio a piena pagina (mm 240×140) di 37 linee di scrittura; rigatura a secco (tracce di foratura evidenti nei margini) con doppie rettrici verticali esterne che chiudono lo specchio scrittorio (all’interno di queste due rettrici è inserito il richiamo), scrittura sotto la prima linea di rigatura.

La decorazione del manoscritto si compone di 1 pagina d’incipit, a f. 22r, 22 iniziali maggiori (20 per la prima opera e 2 per la seconda) a bianchi girari che presentano il corpo della lettera in foglia d’oro su fondo policromo in blu, rosso e verde chiaro rifilato di blu, puntinato di bianco, ai ff. 4r, 21v, 41r, 59v, 78r, 98v, 122r, 146r, 172v, 189v, 204v, 220v, 241v, 263r, 286r, 305r, 321r, 343v, 367r, 386r, 399v, 402r, 415v; i titoli correnti, gli incipit e gli explicit delle opere contenute nel codice e dei vari libri sono rubricati e vergati in scrittura capitale; rubricati pure i numeri dei titoli negli indici dei vari libri; presente 1 sola iniziale blu a pennello (f. 6v). Ross. 580, f. 2r

f. 2r:

f. 4r:

pagina di incipit (Incipit Praefatio Flavii Iosephi Iudaice Antiquitatis); iniziale H di Historias conscribere a bianchi girari (mm 40×45); il corpo della lettera è in foglia d’oro su fondo policromo. Dalla lettera, il fregio a bianchi girari si svolge lungo il margine interno del foglio per mm 150 (circa la metà del foglio). La decorazione si completa nel margine superiore con un putto nudo con mantello violetto che corre inseguendo una farfalla multicolore, mentre altre due farfalle dalle ali rosse, blu e verdi si trovano nel bas-de-page intorno al festone a bianchi girari (mm 80×150) che contorna il clipeo laureato in cui è inserito lo stemma del cardinale Domenico Capranica, possessore o forse anche committente del codice (v. infra). iniziale I di In principio creavit a bianchi girari (mm 70×30), incipit del I libro; corpo della lettera in foglia d’oro su fondo policromo; il tralcio della decorazione a bianchi girari si estende nel margine fino a occupare circa mezzo foglio.

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ROSS. 580

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f. 21v: iniziale P di Puero Isaach (mm 170×60), incipit II libro, realizzata come la precedente. f. 41r: iniziale I di Igitur inopinabiliter (mm 65×30), incipit III libro; dal corpo della lettera (che presenta stessi colori e tecnica) si diparte un fregio a bianchi girari che si distende in altezza per circa 120 mm. f. 59v: iniziale H di Hebreos itaque vita (mm 65×50), incipit IV libro; intorno alla lettera si sviluppa una decorazione di circa mm 100 in altezza. f. 78r: iniziale M di Moyse itaque predicto (mm50×50), incipit V libro, decorazione nel margine interno di circa mm 70. f. 98v: iniziale T di Tenentes igitur Palestini (mm 60×60), incipit VI libro, tralcio di circa mm 110 di altezza. f. 122r: iniziale P di Predictum itaque prelium (mm 130×60), incipit VII libro: dalla lettera si diparte un fregio (mm170) che si allunga sul margine laterale fino a quello inferiore. f. 146r: iniziale D di De David itaque eius (mm 60×60), incipit VIII libro; fregio solo intorno alla lettera (mm 85). f. 172v: iniziale I di Iosaphat itaque regi (mm 70×30), incipit IX libro; grande fregio lungo il margine (mm 170). f. 189v: iniziale D di Dum Ezechias (mm 65×65), incipit X libro; ancora un fregio di mm 100. f. 204v: iniziale P di Primo imperii (mm 145×70), incipit XI libro; molto importante il fregio nel margine che misura in altezza 180 mm. f. 220v: iniziale A di Alexander rex (mm 68×68), incipit XII libro e fregio di 115 mm in altezza. f. 241v: iniziale Q di Quibus modis (mm 70×70), incipit XIII libro; fregio di 120 mm. f. 263r: iniziale A di Alexandre regine morte (mm 70×70), incipit XIV libro, fregio di 130 mm. f. 286r: iniziale S di Sossius et Herode (mm 75×70), incipit XV fregio di 120 mm. f. 305r: iniziale I di In admiratione rerum (mm 85×40), incipit XVI, fregio di mm 150. f. 321r: iniziale A di Antipatro autem postquam (mm 70×70), incipit XVII libro, fregio di 140 mm. f. 343v: iniziale C di Cirinus autem unus (mm 68×70), incipit XVIII libro, fregio di 100 mm. f. 367r: iniziale E di Et ea quidem (mm 70×75), incipit XIX libro, fregio di 90 mm. f. 386r: iniziale M di Moriente si quidem (mm 70×70), incipit XX libro, fregio di 110 mm. Dopo due fogli bianchi, a f. 388r, su nuovo fascicolo, segue il secondo testo (Contra Apionem) in due libri, con decorazione uguale al resto del manoscritto. f. 402r: iniziale S di Sufficienter ut arbitror (mm 70×70), incipit I libro del Contra Apionem. f. 415v: grande iniziale P di Priori quidem volume (mm 140×70), incipit II libro.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La decorazione del manoscritto è sobria ma elegante e si caratterizza – oltre che per la matura tecnica di esecuzione dei bianchi girari, pur nella scelta cromatica non particolarmente originale – per la nitidezza dei colori (ancora molto brillante l’effetto della foglia d’oro) e per la presenza di molti elementi chiaramente identificabili nell’ambito della produzione dei libri umanistici di studio del primo rinascimento. Attivo in Toscana dalla metà del XV secolo, il copista Leonardo di Antonio de Calendinis da Prato è certamente a Roma ancora nei primi anni ’70 (DE LA MARE, New Research, 435): presbitero e rettore del monastero di San Vincenzo a Prato (come egli stesso scrive nella sottoscrizione dell’Ottob. lat. 114 della Biblioteca Apostolica Vaticana), Leonardo potrebbe aver copiato il codice su commissione del cardinal Capranica come propone anche Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 126 nr. 268) e ipotizza Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, III, 148) riferendosi alla mano che ha vergato le leggere annotazioni nei margini nel Contra Apionem. Censito da Albinia de la Mare tra i codici noti di Leonardo da Prato, per un errore di stampa nel volume del 1985, era stato indicato con il numero d’ordine 508 del fondo rossiano (anziché 580) e così non è stato più ripreso nella successiva bibliografia. Buono lo stato generale di conservazione: qualche macchia scura della pergamena non sembra imputabile all’umidità, ma forse più a una caratteristica propria della pergamena stessa, ben lavorata anche se piuttosto spessa al tatto. Legatura Rossi A; nel restauro del 1966 – testimoniato da un tassello incollato all’interno del piatto posteriore: Laboratorio restauro registro n. 8, data 6 giugno 1966 – sono state salvate parti della legatura ottocentesca (pelle dei piatti e del dorso con decorazione in oro). Sul dorso, impresso in oro, si legge sul primo tassello in alto, FL(AVII) IOSEPHI DE ANTIQUITATIBUS IUDAEORUM; più in basso, su un secondo tassello ancora in lettere in oro, c’è l’indicazione COD(EX) MEMBR(ANACEUS) ANNI 1453; infine EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Nell’antico catalogo della biblioteca Capranica questo manoscritto era indicato con il nr. 136 (SILVA TAROUCA, III, 148r) e di fatti con questo numero è presente a f. 14v (Iosephius Antiquitatum) nell’inventario di quella biblioteca contenuto nel ms. Vat. lat. 8184, che fu compilato per la sua prima parte (ff. 2r-46r) nel 1480. (SILVA TAROUCA, III, 148r; Bibl. Rossianae, V, 402r) TIETZE, Die illuminierten, 126 nr. 268; The Latin Josephus, 36 nr. 23; search, 435, 509; BUONOCORE, I codici miniati, 174, 176.

DE LA

MARE, New Re-

LAURA FORGIONE

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ROSS. 581

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Ross. 581 (olim IX, 271) IOSEPHUS FLAVIUS, De bello Iudaico in linguam latinam traslati libri VII Italia settentrionale (Lombardia?, Emilia?), sec. XV, metà Membr. (pergamena che doveva essere pregiata, ora è molto compromessa nei margini superiore e inferiore, a causa di umidità e altro, con perdita di parte della membrana per tutto il codice e di parte della decorazione del basde-page del f. 1); ff. V (cart.), 159, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero, sul recto del foglio, nel margine inferiore destro. Il manoscritto si compone di 16 fascicoli regolari (tutti quinioni tranne l’ultimo, cui manca un foglio, ff. 151-159), assenti i richiami; mm 360×250; scrittura umanistica posata elegante, di una sola mano, a inchiostro bruno, dal modulo grande e uniforme, molto regolare e Ross. 581, f. 1r con pochi contrasti fra i tratti e scarse notazioni marginali; specchio scrittorio (mm 250×180) su due colonne (spazio intercolonnare mm 20) e 38 linee di testo all’inizio del manoscritto, che si riducono rispettivamente fino a meno di mm 240 di altezza e a 34 linee. Rigatura a secco in cui le quattro rettrici verticali delimitano rispettivamente il margine destro, sinistro e lo spazio intercolonnare.

L’apparato decorativo si compone di 1 pagina d’incipit e di 7 iniziali (oltre a quella inserita nel foglio d’incipit) decorate in foglia d’oro su sfondo a bianchi girari multicolori: la lettera è sempre inserita in un campo quadrangolare, anche se le diverse iniziali esprimono un gusto e una tavolozza pittorica che evidenzia il lavoro di almeno due diversi miniatori. f. 1r:

pagina di incipit, iniziale Q di Quoniam bellum (mm 90×85), a bianchi girari in apertura dell’opera (Quoniam bellum quod cum populo Romano gessere Iudei omnium); il corpo della lettera è in foglia d’oro, mentre il campo a bianchi girari, che fa da sfondo, ha i contorni blu e tocchi di verde, rosa e oro frammisti ai girari di acanto. La stessa decorazione è presente nel fregio che contorna lo specchio scrittorio su tre lati, impegnando interamente il margine inferiore. Quest’ultimo è qualificato dallo stemma di Francesco Gonzaga, piuttosto stilizzato e inserito in una corona d’alloro: scudo d’argento, inquartato alla croce patente di rosso accantonata da quattro aquile nere, nel I e nel III su fondo rosso, nel II e nel IV su fondo d’oro; all’interno della corona d’alloro, in alto, anche le iniziali del possessore (o committente?): I. F., forse Ioannis Franciscus Gonzaga (1444-1483; creato cardinale nel 1461; cfr. LAZZARINI, s.v. Gon-

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f. 2v: f. 37r:

f. 66v: f. 83r:

f. 94v:

f. 106r:

f. 128r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

zaga Francesco, 756-760). Nel margine superiore di f. 1r, si legge ancora – nonostante la gora di umidità e la perdita di parte della pergamena – un nota di possesso: (Romani) Domini Hieronimi Grimaldi (S. R. E.) Diaconi Cardinalis Sancti Georgii. iniziale C di Cum potentes Iudeorum (mm 70×65), inizio libro I; presenta il corpo in foglia d’oro su fondo policromo: blu, verde, rosa. iniziale T di Turbarum autem novarum (mm 65×65); ancora una volta è in foglia d’oro su fondo a bianchi girari e policromo blu, verde, rosa, molto simile alle precedenti. Una mano successiva vi scrive Liber II. iniziale N di Neronem autem ubi res (mm 60×70), inizio del libro III; è ancora in foglia d’oro su fondo policromo blu, verde, rosa. iniziale Q di Quicumque autem Iudei (mm 65×70), libro IV; la lettera – molto bella ed eseguita con una tecnica in parte diversa dalle precedenti, presenta all’esterno dei bianchi girari una cornice polilobata – ha il corpo in foglia d’oro su fondo policromo verde rosa e blu puntinato di bianco; le terminazioni dei tralci, disposte simmetricamente nei quattro angoli della cornice della lettera, sono molto carnose. iniziale A di Anano quidem et Ihesu (mm 65×70), non segnala l’inizio di un libro (per l’edizione moderna, si cfr. Flavii Josephi opera), anche se si può pensare a una diversa divisione dei libri; l’esecuzione è simile a quella di f. 83r, ma la cornice esterna è meno bella, più liscia, con la terminazione dei tralci meno carnosa, e il fondo è solo poco puntinato. iniziale T di Titus quidem ad eum modum (mm 75×70), inizio libro V, è simile a quella di 94v ma, nel fondo policromo a bianchi girari, è dominante il verde e le terminazioni dei tralci non sono più carnose ma a foglie d’acanto; la cornice esterna, di tipologia analoga a quella delle iniziali precedenti, è piuttosto liscia. iniziale C di Clades quidem Hierosolimorum (mm 60×65), inizio libro VI, simile per fattura a quella di f. 106r, è però totalmente diversa per tavolozza cromatica, perché presenta il corpo in blu su fondo oro brillante, mentre i bianchi girari, con terminazioni a foglie di acanto, non sono realizzati a risparmio, ma sono colorati, in verde e rosa sfumati.

L’inizio del libro VII (Incipit: Quia vero quos occideret; explicit: Explicit liber septimus Flavi Iosephi de Iudaica captivitate Deo gratias amen), a f. 143v, non presenta un’iniziale decorata, ancora una volta ad evidenza per una diversa divisione dei libri, e finisce a f. 158r. L’analisi complessiva dell’originale apparato decorativo, che è ricco e sobrio al contempo, pur nella sua presenza canonica rispetto alla partizione dell’opera, lascia propendere per una origine italo-settentrionale del manoscritto, dagli accenti più decisamente lombardi per quel che riguarda la prima parte (incipit e prime 3 iniziali), mentre per la seconda (le restanti 4 iniziali decorate) si può proporre un’attribuzione emiliana o romagnola (Rimini?): in ogni caso saremmo comunque di fronte all’opera di almeno due miniatori (ringrazio Giordana Mariani

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ROSS. 581-587

Canova per avermi confortato in questa ipotesi, durante lo studio in Biblioteca Vaticana). L’esecuzione dell’esemplare va situata proprio a metà del XV secolo, per una serie di elementi che suffragano l’analisi stilistica: innanzitutto lo stemma di Francesco Gonzaga (a f. 1r) non reca il cappello cardinalizio e dunque fu forse apposto prima del 1461; inoltre, la presenza del manoscritto nella Biblioteca del cardinale Capranica (morto nel 1458) ne fa ulteriormente anticipare la possibile data di allestimento. È ipotizzabile allora che il codice sia stato commissionato dal Gonzaga e poi da questi donato o trasmesso al Capranica. Lo stato di conservazione del ms. appare discreto, con l’eccezione delle macchie e dei danni alla pergamena di cui si è detto. Sul dorso della legatura di tipo Rossi A, totalmente staccato dai piatti e tenuto solidale da una sovraccoperta di cartoncino azzurro, è scritto, in alto: FL(AVII) IOSEPHI DE BELLO IUDAICO; più sotto COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV; ancora sotto EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIR(MANI). Secondo Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, III, 149r) questo manoscritto non apparirebbe nel catalogo dell’antica biblioteca Capranica: ritengo tuttavia possa trattarsi del nr. 137 (Iosephius de bello iudaico) presente al f. 14v del ms. Vat. lat. 8184, che contiene come noto l’inventario della Biblioteca Capranica redatto nel 1480. (SILVA TAROUCA, III, 149r; Bibl. Rossianae, V, 403r) TIETZE, Die illuminierten, 119 nr. 244; BUONOCORE, I codici miniati, 168, 176.

LAURA FORGIONE

Ross. 587 (olim IX, 277) ZACHARIAS CHRYSOPOLITANUS, Unum ex quattuor sive De concordia evangelistarium Italia centrale (Toscana), sec. XII4 Membr. (bianco il lato carne e giallino il lato pelo); ff. VIII, 227, VIII’ cart. (i risguardi e la guardia esterna anteriore e posteriore sono ocra); foliazione meccanica in cifre arabe a destra in basso; mm 378×278; rigatura a secco; specchio di scrittura (mm 280×175) suddiviso in due colonne, di 42 linee ciascuna; composizione: 18, 14 (ff. 1-12 indici e canoni), 268 (ff. 13-220), 17 (ff. 221-227); richiami di modulo inferiore al testo; carolina rotunda di due scribi, vergata a inchiostro nero e bruno il primo dei quali realizza i primi 16 fascicoli che sono contrassegnati sull’ultimo foglio anche da una lettera dell’alfabeto, da A a Q, oltre che dal richiamo; bianco il f. 227v.

Il sistema illustrativo è composto dalle rubriche, dai tocchi rossi nelle iniziali del testo, da lettere semplici rosse (mm 10×10), all’inizio dei capitoli e da lettere rosse con elementi ornamentali (mm 20/25×20), all’inizio del prologo relativo ai quattro evangelisti; le iniziali dei libri sono a nastro giallo vuoto, con motivi geo-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

metrici in inchiostro rosso e blu, con motivi fitomorfi definiti con grafismi a inchiostro verde e rosso; solo l’iniziale del primo libro presenta un volto umano clipeato. Gli elementi illustrativi di maggior impatto visivo corrispondono alle tavole dei canoni e al frontespizio: le prime mutuano dalla tradizione della plastica architettonica protomi e telamoni, oltre che capitelli fogliacei e basi con gola e toro, mentre il secondo adegua l’immagine nello spazio lasciato libero dal testo. f. 8v:

arcate con colonne monocrome blu, azzurre e rosse con capitelli e basi formate prevalentemente da teste umane (mm 305×195); negli spazi di risulta degli archi sono dipinti motivi fogliacei. Le Ross. 587, f. 12r due basi esterne delle colonne sono formate da due teste, quelle al centro da un telamone ignudo. Canon primus in quo quattuor. f. 9r: continua il primo canone con colonne con capitelli fogliacei e volti umani negli spazi di risulta (mm 370×200); nella parte inferiore della pagina Canon secundus in quo tres: Matheus, Marcus, Lucas. Le arcatelle sono sostenute da due telamoni stanti, un busto e una protome umana. f. 9v: continua il canone secondo con arcate con capitelli fogliacei alternati a due teste (mm 320×200). Le basi sono costituite da quadrupedi bianchi alternati a un corpo umano nudo carponi e a una protome. f. 10r: la pagina è scandita da sei colonne affiancate (mm 310×200): nelle prime tre termina il secondo canone e comincia il terzo: Canon tertius in quo tres: Matheus, Lucas, Iohannes, che termina nella parte alta del secondo gruppo di arcate, ove inizia Canon quartus in quo tres: Matheus, Marcus, Iohannes; i capitelli sono tutti fogliacei e le basi architettoniche. f. 10v: in alto i capitelli contengono protomi umane e demoniache (mm 320×200); le basi sono architettoniche, Canon quintus in quo duo: Matheus e Lucas. f. 11r: capitelli fogliacei e basi architettoniche (mm 320×200), alla fine del quinto canone Canon sextus in quo duo: Matheus e Marcus. f. 11v: capitelli fogliacei e basi architettoniche (mm 320×200), Canon septimus in quo duo: Matheus e Iohannes, Canon octavus in quo duo: Lucas e Marcus, Canon nonus in quo duo: Lucas e Iohannes e Canon decimus in quo unus: Matheus.

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ROSS. 587

f. 12r:

f. 12v:

f. 13r:

f. 24v:

f. 25r:

f. 62v:

f. 102v:

f. 176v: f. 223v:

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capitelli fogliacei e basi architettoniche (mm 320×200), Canon decimus in quo unus: Marcus, Canon decimus in quo unus: Lucas, Canon decimus in quo unus: Iohannes, capitelli fogliacei e basi architettoniche. il prologo all’intera opera Ex ordine quattuor doveva essere introdotto da una piccola iniziale, probabilmente in inchiostro rosso, che non è stata eseguita; il testo occupa la colonna di sinistra. Nella colonna di destra invece è dipinta l’immagine di Cristo stante entro spazio cuspidato, decorato da motivi ornamentali a rosette quadrilobe purpuree monocrome e contornato in giallo (mm 200×80); quattro clipei con simboli evangelici teriomorfi, contrassegnati da una lettera: L(eo), A(ngelus), B(os), A(quila), sono contenuti entro una barra orizzontale (mm 60×210) che delimita in basso le due colonne. iniziale D di De excellentia, all’incipit del Prologus secundus (altezza pari a 9 linee di scrittura; mm 60×60), iniziale miniata con corpo giallo, tralcio acquarellato e campo in blu e porpora. iniziale N di Notum est (altezza pari a 7 linee di scrittura; mm 50×50), a nastro giallo e pattern geometrico in inchiostro rosso e blu, all’inizio del prologo del libro I, alla fine dei capitoli. iniziale I di In principio (altezza pari a 24 linee di scrittura; mm 170×25), con volto clipeato e corpo a nastro giallo con pattern geometrico in inchiostro rosso e blu, all’incipit del liber primus. iniziale E di Et factus est (altezza pari a 8 linee di scrittura; mm 50×40), a nastro giallo con pattern geometrico in inchiostro rosso e blu, all’incipit del liber secundus. iniziale V di Venit autem (altezza pari a 6 linee di scrittura; mm 40×35), a nastro giallo con pattern geometrico in inchiostro rosso e blu e tralci colorati, all’incipit del liber tertius. iniziale E di Et factum est (altezza pari a 7 linee di scrittura; mm 50×30), in inchiostro rosso arabescata, alla Explicatio seu declaratio libri tertii. iniziale I di Incipiunt intrepretationes nominum in evangelio (altezza pari a 6 linee di scrittura; mm 30×10), calligrafica, fessa, in inchiostro rosso, all’explicit unum ex iiii seu concordia evangeliarum et desertatio espositiva continua actissima diligentia edita a Zacharia Crisopolitano.

Il codice è stato ritenuto veronese da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 55 nr. 80) che lo assegnava al 1100, mentre Boeckler (BOECKLER, Abendländische, 101) lo ritiene collegato alle bibbie atlantiche nord-italiane della fine del XII secolo; Garrison (GARRISON, Studies in the History IV, 315-316 e figg. 281-282) invece, pur rilevando la particolarità delle tavole dei canoni, senza confronti nelle opere centroitaliane, così come la miniatura del f. 12v, ritiene la scrittura e le iniziali eseguite in uno scriptorium della Toscana orientale, probabilmente Pistoia, cui rimandano più specificamente, anche se non obbligatoriamente, alcuni elementi, quali i simboli evangelici e l’iniziale del f. 25r con il busto in clipeo. La scrittura inoltre sembrerebbe rimandare a modelli camaldolesi, anche se tali elementi non

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

sembrano esclusivi degli scriptoria di questa famiglia monastica. Le lettere fogliacee però non hanno caratteri specificamente pistoiesi, come pure la straordinaria figura di Cristo, di cui lo studioso sottolinea la qualità e la dipendenza da modelli bizantini che si avvertono nei raffinati drappeggi della tunica; sulla base di una serie di ampi confronti, che coinvolgono i maggiori miniatori toscani, a partire dal Maestro della Bibbia di Corbolino (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Conv. Soppr. 630), e che propongono assonanze, ma non nessi diretti, si suggerisce una collocazione cronologica nell’ultimo quarto del XII secolo. Segre Montel (SEGRE MONTEL, Gli affreschi della cappella, 30 e fig. 18), nell’ambito dell’indagine sugli affreschi della cappella di Sant’Eldrado del monastero della Novalesa, ritiene il ms. Ross. 587, per cui accetta la cronologia 1100 e la provenienza dall’ambito settentrionale, l’unico codice strettamente legato al ciclo in esame; la studiosa confronta in particolare il Cristo in maestà dipinto con l’immagine stante miniata e riconosce a quest’ultima una maggior fedeltà al modello classico. Berg (BERG, Studies in Tuscan, 145-146, 314 nr. 150 e figg. 233-234) invece, pur accettando l’ipotesi del Garrison relativa all’area orientale della Toscana come luogo di origine del codice, individua in Firenze la patria e l’ottavo decennio del secolo come limite cronologico; a sostegno di questa ipotesi lo studioso propone il confronto con il Cristo in trono del frammento di Omeliario rilegato nel Passionario ms. Strozzi 2 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Anche per questo studioso i tratti distintivi, quale l’eleganza dei drappeggi e la monumentalità delle figure, pongono il miniatore all’altezza dei più illustri colleghi, quali il Maestro di Corbolino, quello del Sacramentario Morgan e del Salterio di Marturi. La vicenda critica del codice evidenzia chiaramente i differenti elementi che caratterizzano il manufatto, che le iniziali a nastro giallo con patterns ornamentali geometrici denunciano chiaramente di esecuzione toscana; anche la grande figura del Cristo stante, sul fondo operato a motivi a rombo iscrivente un quadripetalo risparmiato, trova precisi confronti nelle iniziali del Salterio di Marturi (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. 17. 3), ma anche nelle maestose figure allungate del Passionario ms. Conv. Soppr. 303. Rispetto a questi modelli, che si collocano nel terzo quarto del secolo, il miniatore del manoscritto in esame rivela una puntuale conoscenza di modelli bizantini, evidenti non solo nella maestosa plasticità della figura stante, ma anche nei simboli teriomorfi, soprattutto il leone e il toro, con l’attaccatura delle ali aperte a ventaglio, fortemente ribassata. Diverso modello presentano invece le tavole dei canoni, con le semplici colonne stilizzate e le protomi, come mensole architettoniche formate da protomi di vecchioni, e i telamoni che sostengono le singole arcate; queste strutture presentano un modello davvero differente, dato che trovano riscontro in area settentrionale nelle tavole delle concordanze e negli schemi che compaiono nei codici giuridici, ove, accanto a miniatori italiani, collaborano artefici provenienti d’oltralpe, dalla Francia settentrionale e dall’Inghilterra. In particolare un gruppo di codici del Decretum Gratiani, su cui hanno recentemente attirato l’attenzione Susan L’Engle e Robert Gibbs (Illuminating the Law, 70-71 e

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ROSS. 587

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105-110), presenta strutture analoghe: ad esempio, il Decretum di Vercelli (Biblioteca capitolare, ms. 118/XXV, f. 57r) mostra nella tavola delle concordanze una struttura e un telamone assolutamente simili a quelli del codice in esame (ZANICHELLI, Thesaurus armarii, 172-180 e 306-308). La diffusione di questi modelli fino alla metà del secolo seguente è ampiamente dimostrata dalla loro presenza nella Bibbia di Torpino della cattedrale di Vicenza (ANDRIOLO, Un contributo alla storia). Il codice dunque appare fondere la grande tradizione del codice liturgico di lusso toscano con quella dei manoscritti giuridici del Decretum Gratiani; è difficile dire dove esattamente possa essere avvenuto l’incontro fra queste diversificate culture, incontro che i dati stilistici evidenziati confermano intorno al nono decennio del secolo XII. Certamente però questa capacità di recepire nuovi modelli, siano essi giunti dal nord dell’Europa via Bologna o dall’est via Costantinopoli, oppure, come è più probabile, siano stati assimilati dopo essere stati in qualche modo inglobati nella cultura stratificata delle scuole monastiche o vescovili, si abbina nell’artefice alla duttilità nell’adattarli a un testo nuovo e difficile, in cui l’autore, dotto esegeta premonstratense scomparso nel 1155, tenta di dimostrare l’armonia dei Vangeli, fornendo glosse etimologiche delle parole ebraiche, greche e, in qualche caso, latine in essi contenute. Nell’adattare alle tavole dei canoni le nuove strutture ornamentali, il miniatore si allontana dalla tradizione classica che rappresentava la concordanza evangelica mediante porte identificate con quelle del paradeisos grazie alla presenza di copiosi elementi vegetali e animali, e le assimila invece a quelle delle nascenti cattedrali gotiche, con i loro mensoloni a protome, con i telamoni che sostengono timpani e portali; così facendo la struttura mnemotecnica della concordanza si identifica, secondo un procedimento già in atto a partire dall’XI secolo, con quella della Chiesa, all’interno della quale la meditazione sui testi sacri trova la sua armonia. Stato di conservazione buono. Legatura Rossi tipo A, rest. nel 1965. Sul dorso ornati lineari impressi e titoli in capitale aurea, in alto: ZACHARIAE CRISOPOLITANI / CONCORDIA EVANGELORIUM. In basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII. (Bibl. Rossianae, V, 409r) TIETZE, Die illuminierten, 55 nr. 80; BOECKLER, Abendländische, 101; GARRISON, Studies in the History IV, 315-316 e figg. 281-282; SEGRE MONTEL, Gli affreschi della cappella, 30 e fig. 18; BERG, Studies in Tuscan, 145-146, 314 nr. 150 e figg. 233-234.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 588 (olim IX, 278) ALVARUS PELAGIUS, De planctu ecclesiae Bologna, sec. XIV, metà (f. 2r) firmato: NICHOLAUS FECIT

Ross. 588, f. 2r

Membr.; ff. IX (I-VIII cartacei, il primo azzurro come la controguardia; IX, membr. senza nessuna annotazione con numerazione meccanica in nero, in basso nel margine destro), 318, VIII’ (cartacei, l’ultimo di colore azzurro); la numerazione dei fogli è doppia: la più antica compare nel margine superiore destro in inchiostro rosso in cifre romane e una seconda moderna, meccanica, nel margine inferiore in cifre arabe (fino a f. 268r). Si segue nella descrizione questa seconda numerazione. Numerazione recente a matita nel margine superiore dei fogli 291-318, bianco il f. 318v; mm 278×450; quinterni con richiami nel margine inferiore dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, profilato a penna ma privo di decori; scrittura gotica textualis di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, su due colonne, vergata a inchiostro nero; specchio scrittorio mm 185×330, spazio intercolonnare mm 20. Evidenziati i segni dei paragrafi alternativamente in inchiostro rosso e blu.

1 miniatura tabellare, a f. 2r; 1 iniziale maggiore istoriata a f. 2r. Iniziali medie, all’incipit delle Partitiones, con motivi fitomorfi su campi esterni di colore azzurro profilati a biacca (mm 15×15 di media) ai seguenti ff.: 91r, 96v, 123r, 147v, 148v, 149r, 151v, 152v, 153r, 154v, 155v, 156r, 157r, 157v, 158r, 159v, 160v, 161v, 162r, 162v, 163v, 164r, 166r, 166v, 167v, 170r, 171v, 175r, 175v, 176v, 178v, 202r, 205v, 247v, 251v, 253r, 267r, 267v, 269v, 273r, 274r, 274v, 275v, 276v, 280v, 282v, 283r, 283v, 286r. f. 2r: miniatura tabellare (mm 180×142): il pontefice, seduto in cattedra al centro e circondato da cardinali della curia e dottori della legge, si rivolge a un re. Il sovrano, accompagnato da alcuni soldati e dalla corte, insieme ad altri dottori in legge, si presenta in ginocchio al pontefice e riceve da lui la spada. Il maestro ha apposto la sua firma in inchiostro nero nel margine inferiore destro della scena di presentazione: NICHOLAUS FECIT. Al di sotto della miniatura tabellare, iniziale istoriata O di Optimus moribus et virtutibus (mm 35×40) con figura di dottore di profilo, in parte consunta nel volto e nella foglia d’oro esterna alla lettera. Rasura al centro del margine inferiore del foglio forse in corrispondenza di uno stemma. Dopo la pubblicazione a cura di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 88 nr. 134), che ne riconosceva la paternità al bolognese Niccolò di Giacomo, sulla base anche

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ROSS. 588

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della firma apposta dal maestro nella miniatura d’incipit, il codice non ha conosciuto una particolare fortuna critica negli studi sul maestro. Solo in anni recenti Francesca Pasut (PASUT, Qualche considerazione, 442) fa menzione del manoscritto, collocandolo negli anni giovanili dell’attività di Niccolò, accanto alla serie di corali per il convento domenicano di Imola (oggi all’Archivio e Museo diocesano) – per i quali rinvio allo studio di Fabrizio Lollini (LOLLINI, Miniature a Imola) – e all’Ordene della vita cristiana di Simone da Cascia (London, British Library, ms. Add. 27428). Il codice, miniato nel solo frontespizio e arricchito da moltissime iniziali fitomorfe, rivela il maestro ai suoi esordi nel decennio immediatamente successivo all’offiziolo di Kremsmünster (Stiftsbibliothek, ms. Schatzkasten 4), sottoscritto da Bartolomeo de Bartoli nel 1349 e prima opera datata del maestro finora identificata. La decorazione dell’offiziolo lo rivela artista dal linguaggio espressivo fortemente modulato con accenti naturalistici vivaci nella continuità di una tradizione figurativa, appresa probabilmente lavorando fianco a fianco con il Maestro del 1346. La stessa articolazione vivace e attenta distingue il miniatore nella miniatura d’incipit del codice rossiano che nella traduzione in immagine del testo rinvia a soluzioni ben note nell’illustrazione del Decretum di Graziano. Tuttavia nel codice rossiano i toni si fanno più pacati e allentati a confronto con le accensioni cromatiche e ritmiche che caratterizzano, su influsso di Vitale da Bologna, le opere intorno alla metà del secolo, a partire dall’offiziolo di Kremsmünster fino alle Clementine della Biblioteca Nacional di Madrid (ms. 1146), ricondotte a questo suo momento giovanile da Massimo Medica (MEDICA, I miniatori dei corali, 67), e che ha il suo apice nella illustrazione tormentata e vibrante delle Novelle super tertio, quarto et quinto Decretalium della Biblioteca Apostolica Vaticana (ms. Vat. lat. 2534). Il confronto con i corali domenicani di Imola, le due Matricole della Società dei Merciai del 1360 (Bologna, Museo civico medievale, ms. 635; BATTISTINI, Scheda nr. 16, 130; MEDICA, Scheda nr. 3, 190-191; e Bologna, Museo civico medievale, ms. 636, MEDICA, Scheda nr. 2, 187-189), la Novella super IV Decretalium della Biblioteca Apostolica Vaticana (ms. Vat. lat. 2538) sembrerebbe confermare per il codice rossiano una datazione allo stesso decennio durante il quale Niccolò di Giacomo viene maturando quelle soluzioni di matrice più spiccatamente neogiottesca che divulgherà con successo negli anni successivi. Buono lo stato di conservazione. Legatura del tipo Rossi A. Sul dorso senza nervature: in basso impresso in nero EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. In alto: ALVARI DE PLANCTU ECCLESIAE CUM REPERTOR(IO) SCRIPTO A FRANC(ISCO) DE TOLEDO ARCH(IDIACONI) ASTIG(IANI) ANNO 1457; in basso sempre impresso in oro: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) ANNI 1332 AVENIONI SCRIPTUS. Di grande interesse appare l’iscrizione impressa sul dorso del codice, dove questo si dice trascritto ad Avignone, nel 1332; allo stato attuale delle conoscenze tuttavia questa indicazione non riesce a fornire indizi sulla storia del codice fino all’acquisizione da parte del Firmano. Poche le notizie su Francisco da Toledo, al quale la stessa iscrizione fa riferimento. A Francisco, cappellano e fami-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

liare del Capranica, si debbono le note ai fogli 291r e 318r, vergate rispettivamente in apertura e in chiusura di una sorta di indice ragionato che fu scritto per volontà dello stesso cardinale, su tre quinterni aggiunti in appendice al testo (dei quali l’ultimo privo degli ultimi tre fogli), tra il 1457 e il 1458. (SILVA TAROUCA, III, 155r-v; Bibl. Rossianae, V, 410r) TIETZE, Die illuminierten, 88 nr. 134; PASUT, Qualche considerazione, 442, n. 14.

MILVIA BOLLATI Ross. 589 (olim IX, 279) BONIFACIUS VIII, Liber VI Decretalium cum apparatu Iohannis Andree Inghilterra, sec. XIVin. Membr. (pergamena scura, ma abbastanza liscia e omogenea); ff. VIII, 96, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; richiamo orizzontale, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, al centro del margine inferiore, con piccole decorazioni a penna; mm 447×286 (f. 2); scrittura gotica testuale sia per il testo, a inchiostro nero, che per la glossa vergata a inchiostro bruno; specchio scrittorio a due colonne (mm 410×260; spazio intercolonnare mm 19), con glossa disposta a tenaglia; numero di linee variabile tanto per il testo (ca. 30), quanto per le glosse (fino a 94); numerose annotazioni aggiunte da più mani in epoche diverse, nei margini e sugli antichi fogli di guardia; rigatura a punta metallica, eseguita sul lato pelo.

La decorazione comprende 1 pagina ornata, 1 iniziale istoriata, 131 lettere ornate poste all’incipit dei capitoli, tanto nel testo (mm 18×20) quanto nelle glosse (mm 15×18); iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore contrastante; rubriche rosse; titoli correnti in lettere capitali rosse e blu alternate; segni paragrafali rossi e blu.

Ross. 589, f. 2r

f. 2r: pagina ornata all’incipit del Liber VI Decretalium: lo spazio tra le colonne del testo e la glossa è occupato da un fregio policromo formato da draghi dalla testa umana, i cui corpi si allungano trasformandosi in steli fogliati. Iniziale istoriata B di Bonifacius episcopus (corrispondente a 6 linee di testo), all’incipit del Liber VI Decretalium. La consegna delle Decretali ai chierici da parte di Bonifacio

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ROSS. 588-589

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VIII. Lettera azzurra arricchita da motivi decorativi bianchi, circondata da un campo d’oro sagomato per seguire il profilo dell’iniziale; dagli apici spuntano brevi tralci vegetali. Considerato da Tietze come un prodotto belga o olandese di metà Duecento, il codice rimanda piuttosto, per la tipologia e la gamma cromatica della decorazione, all’ambito inglese del primo Trecento. Caratteristico è l’uso delle tinte verde acqua e arancio acceso, in combinazione con l’azzurro e il rosa purpureo. I fregi marginali fitomorfi assumono la tipica conformazione flessuosa e si combinano con creature ibride, con teste umane e corpi ferini, desinenti in tralci fogliati. Le lettere ornate sono dipinte in blu o in rosa, su campo quadrato di colore contrastante o d’oro in foglia, profilato in nero e arricchito agli apici da foglioline e bolli d’oro; l’interno della lettera è riempito da tralci colorati arrotolati e intrecciati, da boccioli o da teste leonine. I tralci che costituiscono le iniziali I terminano abitualmente in alto con una testa ferina. Lo stile decorativo è paragonabile a quello espresso da prodotti inglesi quali il Codex di Giustiniano con glossa di Accursio della biblioteca del Gonville and Caius College di Cambridge, ms. 11/11, databile al primo ventennio del XIV secolo e caratterizzato, come il codice Ross. 589, dall’adozione della scrittura gotica rotunda (Illuminating the Law, 216-219). Una datazione precoce, forse in accordo con la data 1301 apposta in calce al testo del codice rossiano (f. 95v), pare confermata dal carattere calligrafico e bidimensionale della miniatura contenuta nell’unica iniziale istoriata, posta all’incipit del testo (f. 2r). Il codice si conserva completo e in buono stato. Legatura del tipo Rossi A, con semplici impressioni a caldo sui piatti; sul dorso si legge in alto: BONIF(ACII) VIII / SEXTUM DECRETAL(IUM) / CUM / APPARATU / IOH(ANNI) ANDRE(E); in basso: COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Segue l’ex libris EX BIB(LIOTHECA) C(ARDINALIS) FIRMANI. Il codice appartenne al Collegio Capranica, come attesta l’ex libris presente sul dorso della legatura. Sulle antiche guardie del codice è riportata per due volte (f. 1v e f. 96r) la seguente annotazione: Hic liber fuit donatus domino Innocentio Sumarippa presbitero veronen(si) huius Collegii Capranicen(sis) cappellano quem idem Innocentius eidem Collegio gratiose donavit die 22 maij 1513. Da ciò si ricava che il codice non faceva parte della primitiva biblioteca del Collegio, raccolta dal cardinale Domenico Capranica alla metà del XV secolo, ma fu donato da Innocenzio Sumarippa nel 1513, anno in cui pervennero alla stessa istituzione anche altri codici (MORPURGO-CASTELNUOVO, Il Cardinale Domenico Capranica, 125). (Bibl. Rossianae, V, 411r) TIETZE, Die illuminierten, 177-178 nr. 370; MORPURGO-CASTELNUOVO, Il Cardinale Domenico Capranica, 125; ALESSIO, Per la biografia, 195.

GIORGIA CORSO

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960

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 590 (olim IX, 280) CLEMENS V, Constitutiones cum apparatu Italia settentrionale, sec. XIV, seconda metà

Ross. 590, f. 11r

Membr. (pergamena giallastra, abbastanza sottile e omogenea); ff. V, 52, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; codice acefalo per la caduta dei primi due fogli, costituito da quinioni e quaternioni, privi di richiamo, ma con numerazione dei fogli all’interno di ciascun fascicolo; mancano altri due fogli dopo f. 19; il codice misura mm 455×320; scrittura gotica textualis sia per il testo che per la glossa, in inchiostro nero e bruno; specchio scrittorio a due colonne (mm 242×348, intercolumnio mm 22), con glossa disposta a tenaglia; numero di linee di scrittura variabile, fino a un massimo di 58 per il testo, 91 per la glossa; rigatura a secco e a punta metallica, eseguita sul lato pelo.

La decorazione consiste esclusivamente in iniziali filigranate di buona fattura, presenti su quasi tutti i fogli, all’incipit di ogni paragrafo del testo e della glossa. Non si riscontrano spazi vuoti che possano far supporre il mancato completamento della decorazione con eventuali miniature di pennello; l’asportazione del primo foglio fa però supporre che almeno l’incipit dell’opera fosse arricchito da un intervento decorativo di maggior impegno. Le iniziali nel testo (mm 20×30) presentano il corpo in foglia d’oro e le filigrane eseguite alternatamente in blu, in rosso e in violetto; quelle nella glossa (mm 18×25) hanno il corpo campito in rosso o in blu, con filigrane di colore opposto. Gli ornati di penna disegnano strette volute e festoni intorno alla lettera, per poi svilupparsi nei margini con sottili tralci conclusi da boccioli floreali. Segni paragrafali rossi e blu; rubriche e titoli correnti in rosso. Il codice si conserva in buono stato, fatta eccezione per la caduta dei fogli iniziali. Legatura di restauro, realizzata reimpiegando la coperta in marocchino rosso proveniente dalla legatura originaria, di tipo Rossi A; cornice dorata e decorazioni a impressione sui piatti; impressioni a caldo sul dorso, su cui si legge, in alto: CLEME(NTIS) / V / CONST(ITUTIONES); in basso: C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV.

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ROSS. 590-591

Non si conoscono le vicende conservative del codice, che può essere assegnato all’ambito universitario bolognese o padovano del XIV secolo, sulla base della scrittura adottata e per la tipologia delle iniziali filigranate, nonché in considerazione della particolare attenzione riservata nei due Studia alle Constitutiones Clementinae (SOETERMEER, The Origin, 109). Alla fine dell’apparato, è stata apposta la parola greca THELOS, scritta in lettere capitali latine di forma grecizzante, una particolarità che si ritrova nei codici di area veneta, in particolare del sec. XV. L’assegnazione al XIV secolo non è condivisa da Kuttner (KUTTNER, The Date of the Constitution, 437), che lo posticipa al secolo seguente per la presenza di caratteri preumanistici nella scrittura. (Bibl. Rossianae, V, 412r) KUTTNER, The Date of the Constitution, 437; TARRANT, The Manuscripts, 117-118, 140; SOETERMEER, The Origin of Ms. d’Ablaing, 109.

GIORGIA CORSO

Ross. 591 (olim IX, 281) CLEMENS V, Liber septimus Decretalium (= Constitutiones), con apparato di Giovanni d’Andrea Umbria (Perugia), sec. XIV2 (post 1329) (f. 67v) explicit della glossa di Giovanni d’Andrea: Sub annis domini MCCCXXIX die prima mensis martii Membr. (pergamena giallastra, non molto sottile); ff. VI, 67, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); foliazione meccanica in cifre arabiche in basso a destra; il codice è costituito da 7 fascicoli, tutti quinioni, tranne l’ultimo, un quaternione privo dell’ultimo foglio; richiamo al centro del margine inferiore verso di ogni fascicolo; ogni fascicolo presenta nel margine inferiore della prima e dell’ultima facciata la numerazione in cifre romane entro il simbolo di cartulazione del Sacro Convento (coroncina di fiammelle rosse e nere); il codice misura mm 432×273 (f. 2); scrittura gotica textualis sia per il testo che per la glossa, in inchiostro nero e bruno; specchio scrittorio a due colonne (mm 390×240, intercolumnio mm 15), con glossa disposta a tenaglia; numero di linee variabile tanto per il testo (fino a un massimo di 40, a f. 63), che per la glossa (ca. 65 linee); rigatura a secco e a mina di piombo, eseguita solitamente sul lato pelo, ma spesso ribadita sul lato carne; maniculae nei margini.

Ross. 591, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La decorazione comprende 1 pagina d’incipit in apertura del testo; 53 iniziali ornate a pennello (mm 40×45 ca.) all’incipit dei singoli capitoli, 1 lettera rifessa in rosso e blu all’incipit della glossa (f. 1r); numerose letterine e segni paragrafali in rosso e blu, rubriche in rosso. f. 1r: pagina d’incipit con ornati marginali e iniziale ornata. La decorazione è costituita da lunghe foglie d’acanto ondulate e seghettate, che si dipartono dall’iniziale estendendosi nei margini tra il testo e la glossa, nell’intercolumnio e nel margine inferiore della pagina. Le foglie sono divise longitudinalmente in due zone cromatiche contrastanti; alle estremità si attorcigliano avvolgendo un fiore oppure si assottigliano in steli flessuosi, percorsi da foglioline appuntite. I colori (porpora violaceo, rosa, arancio acceso, ocra, blu petrolio, verde scuro, tutti usati in due tonalità) sono stesi in campiture piatte rialzate da pennellate più scure tono su tono, e risultano costantemente impreziositi da profilature e minutissimi motivi decorativi disegnati a biacca. L’ornato è sporadicamente arricchito da piccoli inserti di foglia d’oro. Iniziale I di Iohannes episcopus, all’incipit del Liber septimus Decretalium. Il corpo della lettera, più grande rispetto alle altre (mm 70×47), in rosa, si presenta ornato al centro da un bottone d’oro; dagli apici nascono le foglie d’acanto che in parte si allungano nei margini, in parte si ripiegano, delimitando il campo che circonda l’iniziale, dipinto in azzurro e arabescato da disegni lineari a biacca. Le iniziali ornate sono opera di un solo artefice di buon livello, di scuola umbra, probabilmente perugina. Lo stile tipico degli atelier umbri si riconosce tanto negli ornati marginali presenti nel frontespizio, quanto nelle iniziali, ornate all’esterno con motivi vegetali di foglie d’acanto policrome, all’interno con tralci sinuosi percorsi da foglioline; tipico è anche l’uso del campo colorato in azzurro che circonda la lettera, talvolta bordato in ocra, talvolta di forma irregolare. Nelle iniziali dei capitoli, la foglia d’argento sostituisce l’oro, usato solo per la pagina d’incipit. Riconducono allo stile umbro perugino anche la scelta della gamma cromatica e la sovrabbondanza di filettature e rabescature in biacca. La decorazione del codice rossiano è particolarmente vicina a quella di alcuni manoscritti databili al secondo quarto del XIV secolo, spesso entro gli anni Trenta, quali il Messale perugino di Santa Maria del Verzaro (Perugia, Biblioteca capitolare, ms. 8), il Messale agostiniano della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi (ms. 267), databile tra il 1312 e il 1334, o anche, nella stessa biblioteca assisiate (ms. 78), la Postilla super libros Pentateuci Paralipomenon et Esdrae di Nicholaus de Lyra, successiva al 1331. Tali confronti suggeriscono anche per il Ross. 591 un’assegnazione al quarto, o al massimo al quinto decennio del Trecento. La presenza dell’apparato critico di Giovanni d’Andrea, risalente al 1329, e l’explicit apposto alla glossa (cfr. supra) fornisce il termine post quem per la datazione del codice. La data 1324, riportata sul dorso della legatura, deriva probabilmente dall’errata lettura della cifra riportata alla fine della glossa.

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ROSS. 591-592

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Il codice si presenta in buono stato di conservazione; solo alcuni fogli appaiono ingialliti. La legatura rossiana appare deteriorata in più punti; presenta la consueta cornice dorata e decorazioni geometriche e floreali a impressione e in oro sui piatti. Sul dorso si legge in alto: CLEM(ENTIS) V / CONST(ITUTIONES) / CUM / APPAR(ATU); in basso: COD(EX) / MEM(BRANACEUS) / 1324. Il codice proviene dalla Biblioteca Pubblica del Sacro Convento di Assisi, dove era conservato con il numero 178 (MERCATI, Codici del Convento, 101); nel 1381 fu apposta la numerazione dei fascicoli che caratterizza i libri del convento assisiate; a f. 1r rimangono tracce dell’ex libris settecentesco del Sacro Convento. Successivamente, il codice passò nella collezione di Fabrizio Orsini de’ Rilli, come attesta il timbro a f. 1r, contenente le iniziali C.F.R.O., e la medesima sigla riportata a penna nel margine superiore del foglio. Probabilmente, il manoscritto entrò nella collezione del de Rossi dopo il 1826 (La Biblioteca del Sacro Convento, 213-215). (Bibl. Rossianae, V, 413r) ALESSANDRI, Inventario dell’antica Biblioteca, 35; TIETZE, Die illuminierten, 76 nr. 110; MERCATI, Codici del Convento, 83-127: 101; CENCI, Bibliotheca manuscripta, nr. 178, 1037, 1409; TODINI, Maestro, 245; TODINI, Miniatura, 170; TARRANT, The Manuscripts, 118, 140; SOETERMEER, The Origin, 109; La Biblioteca del Sacro Convento, 167, 178, 184, 213-215.

GIORGIA CORSO Ross. 592 (olim IX, 282) GREGORIUS IX, Decretales. BERNARDUS Decretales

DE

BOTONE PARMENSIS, Glossa ordinaria in

Bologna, sec. XIV¹ Membr.; ff. VIII (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VIII cart.), 396, VIII’ (I’-VII’ cart., VIII’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione antica, manuale, a inchiostro bruno, in numeri romani, collocata sul recto dei ff. 3-396, al centro del margine superiore; foliazione moderna meccanica, a inchiostro nero, stampata in basso a destra sul recto del foglio; quest’ultima foliazione è successiva all’intervento di legatura, in quanto il quinione comprendente i ff. 295-304 non è stato fascicolato nella sequenza corretta; al f. 1r compare in alto a sinistra in cifre arabiche il numero 1 scritto a mano a matita. A fine fascicolo nel margine inferiore sono quasi sempre presenti i richiami, accompagnati anche da indicazioni di correzione (numero romano seguito dal segno co¯r), a volte rifilate o mancanti del tutto. Il codice misura mm 424/5×266 (misure prese ai ff. 16v e 213r). Littera textualis vergata da più mani coeve in inchiostro bruno, in molti punti sbiadito e corroso, nero per la glossa, rosso per gli incipit e le rubriche; numerose annotazioni interlineari e marginali di mani ed epoche diverse; ai ff. 1-2 e 395-396 sono presenti aggiunte, postille e osservazioni varie: in particolare ai ff. 1r, 2r e 2v numerose annotazioni di mani trecentesche recanti note e osservazioni di contenuto giuridico, tra cui si riconoscono le rubriche delle Decretales (f. 2v); al f. 1v note di viaggio con spese datate 1383; al f. 3r, in basso a destra, una annotazione molto sbiadita, parzialmente leggibile, di un certo Nicola da Urbino, probabile possessore del codice, il cui nome ri-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

corre anche al f. 396v in un’altra nota datata 22 ottobre 1374. Specchio di scrittura del testo variabile (mm 165/180×129/135 circa) a 2 colonne di un numero variabile di linee tra le 26 e le 36 circa (spazio intercolonnare mm 13/15); glossa inquadrante di misura variabile (mm 290/390×220/230 circa). Rigatura a secco e a colore.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 5 illustrazioni collocate in apertura dei cinque libri delle Decretales, ai ff. 3r, 114v, 223r, 310r, 334r, su una colonna di testo (mm 50/70×72/92); da 4 iniziali figurate di media grandezza (mm 40/50×35/40) ai ff. 3r, 223r, 310r, 334r; da numerose iniziali decorate, prevalentemente di piccole dimensioni (da un minimo di mm 21×20 a un massimo di mm 25×24 corrispondenti a una grandezza compresa fra le 3 e le 4 linee), a eccezione di alcune più grandi provviste di aste, come per esempio ai ff. 189v (mm 46 di altezza), 224v (mm 92 di altezza), Ross. 592, f. 310r 247r (mm 70 di altezza), 357v (mm 60 di altezza); da numerosissime iniziali rosse e blu filigranate, da piccole iniziali calligrafiche rosse o blu, da segni di paragrafo di colore rosso e da titoli correnti recanti il numero del libro vergati in inchiostro alternativamente rosso e blu. Il fondo delle immagini, inquadrate nella parte superiore da una cornice bicolore, è totalmente o parzialmente in foglia d’oro. Le iniziali figurate hanno campo interno blu filigranato a biacca e campo esterno in foglia d’oro, profilato di nero, esclusa però l’iniziale F del f. 3r in cui la foglia d’oro è sostituita dal colore blu. Le decorate hanno campo interno ed esterno di colore blu con motivi a biacca, con l’eccezione delle due iniziali poste ai ff. 3r e 228r in corrispondenza degli incipit della glossa, dove invece è utilizzata nel campo esterno la foglia d’oro. Tutte le iniziali sono caratterizzate da un corpo litterale pieno, prevalentemente di colore azzurro o rosa, quasi sempre con risvolti fogliacei agli apici, che in alcuni si allungano in un breve fregio vegetale ripassato a biacca. Accanto alle illustrazioni o lungo i fregi compaiono anche motivi decorativi costituiti da piccoli bottoni in foglia d’oro cerchiati di nero. I colori a tempera utilizzati sono il blu, il verde, il rosa, il lilla, il grigio-azzurro, il rosso arancio, il verde, l’avorio. Le miniature maggiori sono le seguenti: f. 1r:

illustrazione su una colonna collocata all’incipit del primo libro raffigurante al centro il papa assiso in trono mentre riceve il testo delle Decretali da un personaggio inginocchiato ai suoi piedi alla presenza di sette astanti, tra chierici e laici. La targa miniata a bande alternate rosa e blu, collocata al di sotto dell’immagine, contiene in crisografia la prima pa-

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ROSS. 592

f. 114v:

f. 223r:

f. 310r:

f. 334r:

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rola del testo (Gregorius). Iniziale figurata F di Firmiter credimus con busto di Cristo dall’aureola in foglia d’oro. illustrazione su una colonna collocata all’incipit del secondo libro. Il papa seduto su uno scranno indica con il braccio destro levato, alla presenza di quattro personaggi, un vescovo che sta per essere allontanato. illustrazione su una colonna collocata all’incipit del terzo libro. È rappresentata La celebrazione della Messa: l’officiante, rivolto verso l’altare alla presenza di chierici e fedeli, alcuni dei quali inginocchiati, è colto nel momento dell’elevazione dell’ostia. Iniziale figurata U di Ut layci, collocata sotto l’immagine precedente, con personaggio maschile che rivolge lo sguardo verso l’alto e porta la mano destra al volto, forse in contemplazione del mistero eucaristico sopra rappresentato. Dalla parte superiore del campo della lettera si diparte un fregio acantiforme, con motivi a voluta e bottoncini d’oro cerchiati di nero, che corre per un breve tratto verso il basso lungo il margine interno tra testo e glossa. illustrazione su una colonna collocata all’incipit del quarto libro raffigurante La celebrazione di un matrimonio: al centro della scena appaiono i due sposi attorniati da numerosi astanti. Iniziale figurata D di De Francia collocata sotto l’immagine precedente. All’interno della lettera è miniato un fraticello intento nella lettura di un libro; dal risvolto fogliaceo superiore dell’iniziale si diparte un breve fregio d’acanto con bottoncini d’oro cerchiati di nero che corre verso il basso lungo il margine compreso tra il testo e la glossa. illustrazione su una colonna collocata all’incipit del quinto libro. Il papa, seduto su uno scranno, indica con la destra il giovane che sta in piedi di fronte a lui, attorniato da numerosi personaggi maschili. Dall’angolo inferiore sinistro dell’immagine si diparte un fregio acantiforme con bottoncini d’oro che corre verso il basso per un breve tratto lungo l’intercolumnio, a fianco dell’iniziale sottostante. Iniziale figurata S di Si legittimus, collocata al di sotto della miniatura precedente, in cui è raffigurato un giovane seduto.

La mise-en-page e l’esecuzione dell’apparato decorativo sono quelle tipiche dei codici giuridici bolognesi dei primi decenni del Trecento. La concezione delle illustrazioni risulta assai semplice, quasi sempre priva di architetture che definiscano un ambiente o un edificio, salvo la presenza del trono del pontefice, cui fa da sfondo un semplice drappo, o del ciborio raffigurato nella scena della celebrazione eucaristica al f. 223r. I personaggi, plasticamente costruiti e avvolti in vesti che cadono in morbidi panneggi, mostrano lineamenti marcati con profili e occhi sottolineati da ombre. Le miniature sono opera di un unico artista molto vicino al cosiddetto Maestro del 1328, attivo a Bologna nella prima metà del XIV secolo, altrimenti noto, secondo la definizione di Venturino

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Alce (ALCE, I libri corali, 164), come Quarto Maestro di San Domenico (per l’attività di tale miniatore si veda MEDICA, s.v. Maestro del 1328, 473-474 con bibliografia). Possibili confronti stilistici possono essere proposti con alcuni manoscritti che costituiscono le prime prove del Maestro del 1328, ovvero con l’Antifonario dei Santi, ms. 11, della Biblioteca di San Domenico di Bologna (I corali di San Domenico, 36-39 con bibliografia precedente), al quale appartengono anche alcuni fogli oggi alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia (inv. 2165, 2166 e 2035), databile come la restante serie sicuramente ante 1324-26, e con le Decretali di Gregorio IX (ms. 2040) dell’Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, di poco successive (MARIANI CANOVA, Miniature dell’Italia, 10-12, Schede nrr. 14, 15 e 16). A questi si possono aggiungere ulteriori confronti con le miniature di altri due codici, entrambi collocabili intorno al 1330 e sempre riferibili allo stesso artista, ovvero il ms. A 3 della Biblioteca capitolare di Padova contenente le Constitutiones Clementinae (TONIOLO, Scheda nr. 27, 184-185) e il ms. Can. 72 della Staatsbibliothek di Bamberga recante l’Apparatus ad Sextum di Guido de Baysio, recentemente attribuito da Massimo Medica al Maestro del 1328 (MEDICA, s.v. Maestro del 1328, 474). La decorazione del Ross. 592 si verrebbe così a collocare a Bologna negli anni Venti o nei primi anni Trenta del Trecento. Lo stato di conservazione del codice, che è stato pesantemente rifilato, appare nel complesso mediocre per la consunzione della pergamena e dell’inchiostro e per la presenza di numerose lacerazioni, soprattutto buchi e tagli, a volte restaurati con tasselli di pergamena o malamente risarciti. Per quanto riguarda la decorazione si segnala l’iniziale figurata del f. 3r danneggiata per la caduta della foglia d’oro e del colore. Legatura Rossi A in cattivo stato di conservazione, attualmente protetta da una coperta in carta rigida di colore grigio-azzuro. Sul dorso in alto si legge impresso in oro il titulus in lettere capitali: DECRETAL(ES)/ GREG(ORII) IX / CUM GLOSSIS, in basso sempre in lettere capitali: COD(EX) MEMBR(ANACEUS)/ SAEC(ULI) XIV. Il codice appartenne probabilmente a un certo Nicola da Urbino, il cui nome ricorre in due annotazioni poco leggibili poste ai ff. 3r e 396v. Per il resto mancano notizie sulla provenienza del manoscritto, prima della sua acquisizione da parte di Giovan Francesco de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 414r-v) TIETZE, Die illuminierten, 77 nr. 113; DICHTL, Codicum Rossianae, 20 nr. 680; PAGNIN, La littera, 1652.

LORENZA NOVELLO

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ROSS. 593

Ross. 593 (olim IX, 283) HENRICUS BOHIC, In quinque decretalium libros commentaria (= Lectura super libros V Decretalium per distinctiones), Tomus II Francia (Langres?), 1385 (f. 116r) colophon alla fine del commento al Liber I: Explicit lectura Henrici Bovyhic super primo libro decretalium scripta per manum Haymardi Thiodeti clerici Lingonesis diocesis familiaris domini Iohannis de /// Anno domini millesimo trecentesimo octuagesimo quinto et die vicesima tertia mensis februarii Deo gratias (f. 244v) altro colophon del medesimo copista alla fine del commento al Liber II: Explicit lectura Henrici Bovyhic super secundo libro decretalium completa per manum Aymardi Thiodeti de Musseno Lingonen(sis) diocesis clerici

Ross. 593, f. 2r

Membr. (pergamena abbastanza chiara e omogenea); ff. VII, 317, VII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra (f. 1 e f. 217, bianchi, erano le antiche guardie membranacee); numerazione all’interno di ogni fascicolo dei primi 6 fogli, coeva al testo, con lettera dell’alfabeto seguita da numero romano; negli ultimi 2 fascicoli, aggiunti (ff. 385-316), la lettera è seguita da cifra arabica; richiamo in orizzontale nel margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, talvolta riquadrato; mm 443×296 (f. 2); manoscritto costituito da due parti, composte quasi esclusivamente da quinioni; nella prima parte (ff. 2r-284v), scrittura gotica corsiva francese vergata a inchiostro nero e rosso per gli incipit con sporadiche annotazioni coeve; specchio scrittorio a due colonne (mm 322×200, intercolumnio: mm 22), di 64 linee di scrittura; nella seconda parte (ff. 285r-316v), scrittura umanistica libraria; specchio scrittorio a due colonne (mm 348×233, intercolumnio mm 22), di 67 linee di scrittura; rigatura a tecnica mista, a colore, a punta metallica e a secco.

La decorazione della prima parte del codice comprende 2 iniziali ornate (mm 30×40), numerose iniziali filigranate rosse e blu con modeste filigrane di colore opposto, collocate all’incipit di ogni paragrafo, con la prima parola evidenziata dalla scrittura distintiva; segni paragrafali in rosso e blu; titoli correnti in rosso. Nella seconda parte del codice, il primo capolettera dell’elenco alfabetico è filigranato (iniziale A di Abbas, f. 285r), tutti gli altri sono colorati in rosso e blu. f. 2r:

iniziale ornata V di Venerabilibus et discertis, all’incipit del Liber primus. Lettera campita in azzurro, circondata da un campo rosa bordato d’oro e riempita all’intero da foglioline colorate; fregio marginale costituto da una barretta bicolore, ornata all’apice superiore dalla figura di un drago alato;

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

tralci di foglioline policrome alle estremità dei fregi e della lettera. Al centro del margine inferiore compare uno stemma gentilizio eraso. f. 118r: iniziale ornata D di De quo vult, all’incipit del Liber secundus. Lettera campita in azzurro, circondata da un campo rosa bordato d’oro e riempita all’interno da foglioline colorate; fregio marginale costituto da una barretta bicolore; tralci di foglioline policrome alle estremità dei fregi e della lettera. Al centro del margine inferiore compare uno stemma gentilizio eraso, parzialmente leggibile, ma non identificato. f. 247r: iniziale ornata V di Videtur quod queritur, all’incipit della Tabula. Lettera d’oro in foglia su campo quadrangolare dentellato, suddiviso in quattro settori, dipinti in rosso e blu e arricchiti da filigrane in biacca. La semplice decorazione del codice, assegnabile a un’unica mano, è opera di un miniatore francese che adotta lo stile parigino dell’età di Carlo V, ancora memore del linguaggio elaborato e diffuso da Jean Pucelle. A esso riportano in particolare i fregi marginali costituiti da un listello blu o rosa e uno d’oro accostati a formare delle sottili barrette rettilinee che incorniciano i margini laterali e sono talvolta circondate da ridotte campiture dentellate in oro. Le barrette sono concluse e percorse da tralci sinuosi con fogliette trilobe dorate, oppure dipinte in rosa e in blu. Le stesse fogliette riempiono gli occhielli delle lettere ornate, dipinte in azzurro o rosa su campi d’oro in foglia e arricchite da motivi decorativi disegnati in biacca. Il codice, restaurato, si presenta integro e in buono stato, con rare macchie di umidità. Legatura di tipo Rossi A. Di restauro le guardie e le controguardie anteriori e posteriori. Sui piatti, in cartone rivestito in marocchino, decorazioni impresse a caldo e cornice dorata; sul dorso si legge, in alto: ENRICI BOVYHC / SUPER / V LIBR(UM) DECRETAL(IUM) / LECTURAE PER DISTICTIONES / PARS II; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1385. Segue l’ex libris: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il colophon del copista Haymardo Thiodeti, ripetuto quasi identico in due punti del codice, permette di datarlo con esattezza al 1385, mentre rimane necessariamente ipotetica una provenienza dalla diocesis Lingonensis, corrispondente al territorio di Langres, nel nord-est della Francia. Non è stato possibile identificare lo stemma gentilizio riportato nei margini inferiori di f. 2r e f. 118r, eraso ma ancora leggibile (partito: il primo d’oro crociato di rosso il secondo d’azzurro alla torre d’oro). Il codice costituisce con il Ross. 594 un’opera in due volumi, pervenuta in Italia dalla Francia presumibilmente prima della metà del XV secolo. I due codici gemelli sono infatti appartenuti al cardinale Domenico Capranica, che potrebbe anche essere l’autore dell’aggiunta del Glossario in scrittura umanistica, conforme per dimensioni e mise-en-page alla parte trecentesca. Nonostante l’errata indicazione sul dorso della legatura (PARS II), il Ross.

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ROSS. 593-594

593 costituisce il primo tomo delle Lecturae: l’equivoco potrebbe essere stato causato da una disattenzione del rilegatore, che ha allegato alla prima parte del testo gli apparati, ovvero la Tabula, il Repertorium e il più recente Glossario. (Bibl. Rossianae, V, 415r-v) TIETZE, Die illuminierten, 38 nr. 61.

GIORGIA CORSO Ross. 594 (olim IX, 284) HENRICUS BOHIC, In quinque decretalium libros commentaria (= Lectura super libros V Decretalium per distinctiones), Tomus II Francia (Langres?), 1385 Membr. (pergamena abbastanza chiara e omogenea); ff. VII, 376, VII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra (il primo foglio, non numerato, e l’ultimo, f. 375, bianchi, erano le antiche guardie membranacee); numerazione all’interno dei primi 6 fogli di ogni fascicolo, coeva al testo, con lettera dell’alfabeto seguita da numero romano; richiamo in orizzontale nel margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, talvolta riquadrato; mm 445×296 (f. 2); manoscritto costituito quasi esclusivamente da quinioni; scrittura gotica corsiva francese a inchiostro nero, rosso per gli incipit; sporadiche annotazioni coeve; specchio scrittorio su due colonne (mm 322×206, intercolumnio: mm 26), di ca. 60 linee di scrittura; rigatura a colore e a secco.

La decorazione comprende 3 iniziali ornate (mm 30×40), numerose iniziali filigranate rosse e blu con modeste filigrane di colore opposto, collocate all’incipit di ogni paragrafo, con la prima parola evidenziata dalla scrittura distintiva; segni paragrafali in rosso e blu; titoli correnti in rosso. f. 1r: iniziale ornata C di Clerici arma, all’incipit del Liber tertius. Lettera rosa su campo rettangolare azzurro bordato d’oro, fondo interno d’oro con foglioline trilobate. Nel margine interno, fregio a barretta doppia ornata di foglioline dorate e colorate. Al centro del margine inferiore compare uno stemma eraso, racchiuso entro un medaglione polilobato inscritto entro una tabella quadrata, incorniciata d’oro e suddivisa in settori dipinti in blu e rosa con finiture in biacca.

Ross. 594, f. 219r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 157r: iniziale ornata D di De materia istius libri, all’incipit del Liber quartus. Lettera rosa su campo rettangolare azzurro bordato d’oro, fondo interno d’oro con foglioline trilobate. Sulla lettera compare una scimmietta che tiene in mano un tralcio di foglioline. Nel margine interno, fregio a barretta doppia ornata di foglioline dorate e colorate. Al centro del margine inferiore compare uno stemma eraso, racchiuso entro un semplice riquadro colorato. f. 219r: iniziale ornata S di Si legitimus, all’incipit del Liber quintus. Lettera azzurra su campo rettangolare rosa bordato d’oro, fondo interno d’oro con foglioline trilobate. Nel margine interno, fregio a barretta doppia ornata di foglioline dorate e colorate. Al centro del margine inferiore compare lo stemma cardinalizio di Domenico Capranica, racchiuso entro un medaglione inscritto entro una tabella quadrata, incorniciata d’oro e suddivisa in settori dipinti in blu e rosa con finiture in biacca. La semplice decorazione del codice, assegnabile a un’unica mano, è opera dello stesso miniatore attivo nel codice Ross. 593, che costituisce la prima parte delle Lecturae e al quale si rimanda per l’analisi dello stile ornamentale. Il codice, restaurato, si presenta integro e in buono stato, con rare macchie di umidità. Legatura di tipo Rossi A. Di restauro (1965) le guardie anteriori e posteriori. Sui piatti, in cartoncino rivestito in marocchino, decorazioni impresse a caldo e cornice dorata; sul dorso si legge, in alto: ENRICI BOVYHC / SUPER / V LIBR(UM) DECRETAL(IUM) / LECTURAE PER DISTICTIONES / PARS I; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1385. Segue l’ex libris: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il codice costituisce il secondo volume di un manoscritto datato 1385: la prima parte dell’opera è il Ross. 593, al quale si rimanda per le considerazioni relative agli aspetti storici. L’appartenenza dei Commentaria al cardinale Domenico Capranica, attestata dall’ex libris riportato su entrambi i volumi, è qui confermata dalla presenza dello stemma del cardinale, dipinto in sostituzione di quello originario. (Bibl. Rossianae, V, 415r-v) TIETZE, Die illuminierten, 38 nr. 61.

GIORGIA CORSO

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ROSS. 595

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Ross. 595 (olim IX, 285) De gradibus consanguinitatis (ff. 1r-4r); Decretum Gratiani abreviatum (ff. 5r-12v); Decretum Gratiani cum glossis (ff. 13r-302v); Versus (ff. 303r-306v) Italia settentrionale, 1300-1350 (primo bifoglio); Italia, 1250 ca. (secondo bifoglio); Piemonte (?), 1170-1200 (Decretum abbreviato) (f. 303v) In isto libro quaterni sunt XXXIII (XIV sec.) Membr.; ff. VII (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VII cart. bianchi), 306, VIII’ (VIII’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-VII’ cart. bianchi); foliazione a matita in cifre arabe a destra in alto; mm 403×248; 2 colonne di 50 linee; i fascicoli, tranne l’ultimo, sono numerati in cifre romane da I a XXXII e il codice raggiunse entro il XIV secolo l’attuale composiRoss. 595, f. 2v zione, come conferma la nota al f. 303v (vd. infra). 14, 18, 2910, 14: il primo fascicolo contiene due bifogli di differente origine, contenenti lo stesso testo e scritti in semigotica italiana di modulo piccolo a inchiostro bruno; il secondo fascicolo ha specchio di scrittura con rigatura a secco (mm 250×140) articolato su 2 colonne di 50 linee e scrittura carolina italiana di modulo medio a inchiostro nero; scrittura distintiva a inchiostro blu e rosso per gli incipit; i seguenti 29 fascicoli sono scritti in rotunda bononiensis di due moduli e presentano rigatura in inchiostro, con specchio di scrittura (mm 220×150) su 2 colonne di 45 linee nella parte relativa alle Quaestiones (ff. 13r-83r). Bianchi i ff. 1r, 3v, 4v e 306v.

Il sistema illustrativo del Decretum abreviatum è formato da incipit con lettere rosse e blu di modulo pari a 4 linee di scrittura (mm 15×5) con grafismi filiformi di colore contrastante, prolungantisi nei margini in jeux-de-plume a forma di palloncini, infiorescenze o tralci fogliacei, da piccole lettere semplici rosse e blu all’inizio dei paragrafi (altezza pari a 1 linea di scrittura; mm 5×5) e da iniziali miniate; poiché ogni parte inizia con la lettera I, questa è costituita da figure umane, più raramente animali, contornate a inchiostro e colorate in giallo, blu e ocra, con panneggi disegnati in tinte contrastanti (rosso su giallo, rosso e blu su bianco). Il sistema illustrativo del Decretum è invece formato solo da rubriche e iniziali a penna rosse e blu, con grafismi ornamentali filiformi in colore contrastante, alte 2 linee di scrittura, pari a mm 8, all’inizio dei paragrafi, mentre le Cause sono introdotte, a eccezione della prima che è rifessa, da iniziali di uguale scrittura, ma di grandezza variabile da 10 linee di scrittura (mm 50×15) a 6 (mm 30×15). f. 1v:

schema della arbor consanguinitatis disegnato a inchiostro nero e acquarellato in rosso, azzurro e verde con immagine di sovrano con corona e manto (mm 210×130).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 2v:

schema della arbor consanguinitatis con re disegnato a inchiostro e acquarellato, con insegne del potere (mm 230×160). f. 3r: schema della arbor affinitatis senza alcuna figura (mm 252×140). f. 4r: schema della arbor affinitatis (mm 210×130) con due figure in abiti cortesi avvolte in lunghi manti e in atto di portare una mano al petto, verso il nastro che collega i due lembi; il personaggio maschile tiene un rotolo nella mano sinistra, quello femminile reca un falco appoggiato alla mano destra. L’intero schema è realizzato in inchiostro rosso e nero. f. 5r: iniziale I di In prima parte (mm 230×30), con nastro in oro a pennello e compartimenti ornati con patterns geometrici a inchiostro rosso e blu; alla base dell’asta una testa umana con foglia fuoriuscente dalla bocca. f. 5v: iniziale I di In secunda parte (mm 80×20), formata da figura maschile stante con manto giallo e tunica blu. f. 6r: iniziale I di In secunda causa (mm 110×20), formata da uccello allungato, di colore blu e ocra. f. 6v: iniziale I di In tertia causa (mm 150×20), formata da un serpente-drago blu. f. 7v: iniziale I di In quarta causa (mm 110×15), con tralcio, in parte incolore e in parte acquarellato in giallo, tratteggiato in rosso e blu su campo con spazi interstiziali rossi e blu; I di In quinta causa (mm 115×20), formata da un pesce colorato in blu e ocra. f. 8r: iniziale I di In sexta causa (mm 95×35), formata da una figura maschile con abito blu e giallo; I di In septima causa (mm 85×25), formata da suonatore stante con tunica ocra e rossa. f. 8v: iniziale I di In octava causa (mm 125×40), formata da un uomo, vestito di una tunica gialla e blu, con bastone in mano; I di In nona causa (mm 85×20), formata da una lepre in corsa. I di In decima causa (mm 100×15), formata da un cane allungato, color ocra. f. 9r: iniziale I di In undecima causa (mm 75×20), formata da un chierico con tunica gialla e manto blu; I di In duodecima causa (mm 60×15), formata da un uccello ocra e blu. f. 9v: iniziale I di In tertiadecima causa (mm 130×15), decorata secondo il modello geometrico con tablet-flowers a losanga. f. 10r: iniziale I di In quartadecima causa (mm 105×30), formata da figura maschile con tunica e manto giallo; I di In quintadecima causa (mm 90×20), formata da un drago androcefalo, con corpo ocra e ali gialle. f. 10v: iniziale I di In sextadecima causa (mm 75×15), formata da braccio con manica gialla e blu. f. 11r: iniziale I di In septimadecima causa (mm 100×15), formata da gamba ocra e blu. f. 11v: iniziale I di In XVIII causa (mm 105×20), formata da un pesce ocra e blu; I di In XIX causa (mm 100×25), formata da uccello trampoliere giallo, blu e ocra. f. 12r: iniziale I di In XX causa (mm 110×15), fogliacea tratteggiata in rosso e blu; I di In XXI causa (mm 50×15), fogliacea tratteggiata in rosso e blu,

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ROSS. 595

f. 13r:

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entro campo rettangolare ocra; I di In XXII causa (mm 120×20), formata da un serpente giallo tratteggiato in blu. iniziale H di Humanum genus, all’incipit della Concordia discordantium canonum ac primum de iure nature et constitutionis (mm 50×15), rifessa in inchiostro rosso e blu con grafismi ornamentali bicromi.

Le iniziali rosse e blu con grafismi ornamentali bicromi di trovano a: f. 83r Causa I; f. 99r Causa II; f. 112v Causa III; f. 118v Causa IV; f. 120r Causa V; f. 121v Causa VI; f. 124r Causa VII; f. 128v Causa VIII; f. 131r Causa IX; f. 133r Causa X; f. 135v Causa XI; f. 143v Causa XII; f. 151v Causa XIII; f. 155r Causa XIV; f. 157r Causa XV; f. 160v Causa XVI; f. 170v Causa XVII; f. 173r Causa XVIII; f. 175r Causa XIX; f. 176r Causa XX; f. 178r Causa XXI; f. 179r Causa XXII; f. 185v Causa XXIII; f. 202v Causa XXIV; f. 211r Causa XXV; f. 214v Causa XXVI; f. 220r Causa XXVII; f. 226v Causa XXVIII; f. 229v Causa XXIX; f. 231r Causa XXX; f. 233v Causa XXXI; f. 235v Causa XXXII; f. 294v Causa XXXIII; f. 273v Causa XXXIV; f. 274v Causa XXXV; f. 281r Causa XXXVI. f. 279r: schema originale della arbor consanguinitatis e della arbor affinitatis non figurato. f. 282r: D di De ecclesiarum consecratione filigranata secondo lo schema consueto. Il sistema illustrativo del bifoglio formato dai fogli numerati 1 e 4 è costituito da due disegni, di mani diverse, strettamente relativi al testo: al f. 1v il miniatore esegue una raffinata figura che segue un modello aulico, come indica la struttura del busto e le insegne del potere. Una mano differente traccia il secondo schema del bifoglio, più rozzo nell’esecuzione, ma improntato ugualmente a un modello aulico, sebbene aggiornato secondo i nuovi canoni della società cortese, come indica la presenza del falcone sulla mano guantata della dama. Nel secondo bifoglio (ff. 2-3) solo lo schema della consanguinità è stato compiutamente eseguito e l’artefice ha usato esclusivamente il disegno a inchiostro acquarellato per raffigurare il sovrano. Il sistema illustrativo della versione abbreviata del Decretum, incompleta a causa della perdita ab antiquo del secondo fascicolo dell’opera, che ora si arresta alla causa XXII (testimonia alios attra ///) è costituito da iniziali a penna e a pennello; le iniziali a penna sono alte lettere gotiche rosse e blu con complessi grafismi ornamentali che si allungano nel margine e negli intercolumni, formando motivi a spiga, a sfere a tratteggio e a riccioli. Le lettere a pennello sono poche iniziali fogliacee e iniziali figurate costituite interamente da figure umane o animali vivacemente colorate; i colori sono realizzati con tempera magra e gli abiti sono segnati da incisi panneggi in tinta complementare, come rosso su giallo o blu su azzurro. Le carnagioni sono chiare e spesso nei volti si intravede la pergamena: solo gli zigomi sono sempre segnati da due sferule rosse. Nel Decretum ricorrono segni paragrafali rossi e blu e rubriche, titoli e grafismi assolutamente identici a quelli del secondo fascicolo.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il primo bifoglio del codice è stato datato da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 57 nr. 83) all’inizio del XIV secolo, mentre le miniature del Decretum abbreviato sono state confrontate con quelle del Codice Magno di Piacenza (Biblioteca capitolare, ms. 65), per cui si accetta la cronologia al 1140; al XIII secolo è stato assegnato il resto del manoscritto. Altri interventi (GARCIA Y GARCIA, Los manuscritos, 161-193; SCHADT, Die Darstellungen) si sono occupati soprattutto delle arbores dei ff. 1-4 in relazione al testo di glosse che le accompagnano, testo che è stato individuato, per quanto riguarda il secondo bifoglio (ff. 23) come quello di Giovanni Teutonico, composto nel 1235 ca., mentre Melnikas (MELNIKAS, The Corpus of the Miniatures, I, fig. 1 e III, 1259) ha rilevato la rarità della presenza di immagini nel Decretum abbreviato e Ladner (LADNER, Medieval and Modern Understanding, 249 e fig. 15) ha ipotizzato che il progenitore del f. 2v derivi direttamente da un modello bizantino e possa essere datato attorno al 1200. Il primo disegno del primo bifoglio (f. 1r) è realizzato a inchiostro da un miniatore professionista che non ha condotto a termine l’opera, mentre il secondo (f. 4r), che rappresenta la coppia dinastica, è rialzato in inchiostro rosso e acquarello ocra; mentre il capostipite della arbor consanguinitatis segue un modello tradizionale, la coppia della arbor affinitatis si differenzia dalle rappresentazioni antiche, che mostravano i due coniugi a lato della arbor, ma anche da quelle della fine del XII secolo, che dipingevano i due progenitori con le braccia intrecciate, in atto di reggere le corde che collegano le cellule dei due nuclei familiari, visualizzando proprio attraverso l’intreccio il problema delle relazioni tra i due gruppi legati da affinità. A partire dal XIV secolo però i due coniugi, soprattutto in ambito francese, sono rappresentati secondo i canoni della vita cavalleresca, elegantemente vestiti e nell’atteggiamento proprio dell’incontro fra amanti, come viene dipinto nelle illustrazioni dei canzonieri o scolpito sugli avori parigini. A questo mondo si rifà, ma in termini lievemente diversi, anche il disegnatore del primo bifoglio, che accentua in modo particolare il nobile rango dei due protagonisti rappresentandoli nel gesto topico di portare la mano alla catenella che congiunge i due capi del mantello, codice gestuale diffusosi nel corso del XIII secolo. Due altri elementi sono aggiunti per meglio evidenziare l’alto rango dei protagonisti, il rotolo che tiene in mano il marito e il rapace che tiene sulla mano la moglie. Il secondo disegno non ha una particolare qualità e la sua esecuzione sembra essere stata affidata allo stesso scriptor, la qual cosa rende veramente difficile la loro collocazione; il confronto con la grafia, certamente italiana e con molti elementi notarili, induce a pensare a una sua realizzazione fuori dall’ambito universitario. L’Italia settentrionale appare il probabile luogo di esecuzione dell’opera, soprattutto nelle aree di forte diffusione di modelli francesi, come potrebbe essere l’area veneta o quella piemontese; la cronologia può essere fissata entro la prima metà del XIV secolo. Il secondo bifoglio, contenente il testo di Giovanni Teutonico, presenta solo il primo schema; anche in questo caso il modello seguito appare francese, co-

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ROSS. 595

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me ben conferma il confronto con codici quali il ms. 455 della Bibliothèque municipale di Troyes, f. 96v, o il ms. lat. 12883 della Bibliothèque nationale de France di Parigi: come questi modelli l’antenato è un sovrano incoronato che regge in mano un germoglio come segno del buon governo e della capacità di fare prosperare i propri sudditi. Su questi referenti s’innesta un forte modello bizantino, ben evidente nel fatto che lo scettro è sostituito da un’asta, segno per antonomasia del potere imperiale, ma anche dal fatto che, invece del taglio dei biondi capelli alla paggio, come nei manoscritti indicati, resta la lunga barba e fluente capigliatura bruna, mentre l’abito reca ricami distintivi della tradizione italiana e orientale. La fusione di questi elementi induce a proporre l’Italia come luogo di esecuzione e la metà del XIII secolo come periodo di realizzazione. Ancora all’Italia settentrionale riporta il Decretum abbreviato, con le straordinarie invenzioni di sottili e aggraziate figure umane o zoomorfe, che formano la I che introduce il riassunto delle prime 20 delle 36 cause dell’opera; il confronto con il Codice Magno, proposto da Tietze (TIETZE, Die illuminerten, 57 nr. 83) non appare assolutamente calzante; molti elementi nel volume in esame, quali appunto l’assottigliarsi delle figure, la foggia degli abiti, la evidenziazione dei panneggi mediante tinte contrastanti, gli animali rappresentati con più naturalismo e la tipologia delle lettere a penna, unite agli immancabili jeux-deplume nei margini e negli intercolumni, inducono a pensare agli ultimi decenni del secolo XII. Il modello che ha ispirato il miniatore potrebbe essere analogo a quello che compare nell’Omeliario della Biblioteca capitolare di Ivrea, ms. 38/LVII, eseguito da un miniatore francese nel secondo quarto del secolo; coincide perfettamente sia la gamma cromatica, che la tipologia dei volti dei personaggi, ma il trattamento dinamico degli abiti scompare completamente nella opera in esame, tradotta nella forma allungata che sembra imitare alla lontana le statue colonna dei portali gotici, come dimostra il personaggio stante al f. 10r che è sostenuto da un piedistallo vegetale, come le immagini dei santi e dei profeti negli strombi di un portale. A causa di questi nessi si può, con cautela, ipotizzare la decorazione del codice in ambito piemontese, in una delle grandi scuole capitolari, da Vercelli a Ivrea, da Novara a Torino, dove per le esigenze della scuola si mette a punto un esemplare le cui iniziali facilitano la memorizzazione dei gruppi di argomenti del testo. Legatura rossiana di tipo A; sul dorso in lettere auree capitali si legge: in alto, DECRETUM GRATIANI / CUM GLOSSIS; in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, III, 15; Bibl. Rossianae, V, 418r-v) TIETZE, Die illuminierten, 57 nr. 83; GARCIA Y GARCIA, Los manuscritos, 161-193; MELNIKAS, The Corpus of the Miniatures, I, fig. 1 e III, 1259; LADNER, Medieval and Modern Understanding, 249 e fig. 15 (f. 2v); SCHADT, Die Darstellungen; WEIGAND, Die Glossen zum Dekret Gratians, 970-971.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 597 (olim IX, 287) INNOCENTIUS IV, Apparatus in quinque libros Decretalium (ff. 2r-258v); Repertorium in eiusdem apparatus (ff. 259r-329v) Italia centrale, secc. XIII e XV (f. 329v) explicit in calce alla seconda parte del codice, alla fine del Repertorium: Explicit Repertorium super Innocentio, ponendo conclusive dicta sua cum additionibus factum per excellentissimum famosissimumque utriusque iuris doctorem dominum Baldum magistri Francisci de Ubaldis de Perusio Amen Segue un’annotazione aggiunta a penna in caratteri corsivi: Vide supra in verbo laycus & in verbo libertas, quia repertorium vix est Baldi Membr. (ff. 1-258: pergamena abbastanza spessa e scura) e cart. (ff. 259-329: filigrana similare ai tipi Briquet 11652 e 11662); ff. VI, 329, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche, nell’angolo in basso a destra; codice composito, formato da due unità codicologiche: la prima parte è costituita prevalentemente da quinioni, con richiamo al centro del margine inferiore verso, entro una sottile riquadratura; mm 394×270 (f. 2); scrittura gotica libraria italiana a inchiostro nero con numerose annotazioni marginali coeve o più tarde; specchio scrittorio a due colonne (mm 290×180) di 71 linee di scrittura; rigatura a colore. Bianco il f. 1r-v. La seconda parte è costituita da fascicoli di diversa consistenza, privi di richiamo; mm 398×278 (f. 259); scrittura gotica corsiva a inchiostro nero specchio scrittorio a due colonne (mm 265×167) di 61 linee di scrittura; rigatura a mina di piombo e a secco. Ross. 597, f. 2r

La prima parte del codice (ff. 1-258) presenta 5 iniziali ornate all’incipit dei singoli libri (mm 30×25 ca.), numerose iniziali filigranate, letterine colorate e segni paragrafali in rosso e blu, rubriche rosse e titoli correnti in caratteri rossi e blu alternati. La seconda parte del codice (ff. 259-329) presenta all’incipit di ogni voce dell’elenco alfabetico la prima parola in caratteri distintivi neri con il capolettera ingrandito e colorato in rosso o in blu; la prima iniziale (A di Abbas, a f. 259r) è arricchita di filigrane in rosso e blu. f. 2r:

iniziale ornata L di Legitur in Ezechiele, all’incipit dell’Apparatus. Corpo della lettera rosa su campo sagomato azzurro, contenente un tralcio sinuoso rosa ornato di foglioline verdi e rosso arancio; agli apici della lettera, un bocciolo floreale e foglie d’acanto, nei colori azzurro, verde,

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ROSS. 597

f. 85v:

f. 166r:

f. 214r:

f. 222r:

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arancio e rosa. Nel margine interno della pagina, fregio ad antenna rosa con perline, nodi, boccioli e foglioline multicolori; dall’apice superiore dell’antenna prende forma una figura di vegliardo con lunghi capelli e barba, vestito di un’ampia veste rosa, nell’atto di leggere da un libro aperto. iniziale ornata D di De quo vult, all’incipit del Liber secundus. Corpo della lettera bruno chiaro, occhiello bordato in oro e campito in porpora, contenente tralci azzurri percorsi da foglioline in verde, arancio e grigio; campo sagomato blu bordato in nero, con decorazioni in biacca; agli apici, foglie d’acanto seghettato color arancio. iniziale ornata U di Ut laici, all’incipit del Liber tertius. Corpo della lettera arancio, con l’interno bordato d’oro e campito in verde, contenente foglie azzurre e ocra; campo sagomato azzurro bordato d’oro, con fogliolina azzurra all’apice. iniziale ornata D di De Frantia, all’incipit del Liber quartus. Corpo della lettera ocra, con occhiello bordato in oro e campito in verde, contenente ornati vegetali azzurri e arancio; campo rettangolare azzurro bordato in nero e filigranato in biacca, con foglioline colorate all’apice. iniziale ornata S di Si legittimus, all’incipit del Liber quintus. Corpo della lettera arancio acceso, fondo interno bordato in oro e campito in porpora, contenente un tralcio azzurro percorso da foglioline verdi; campo rettangolare azzurro bordato in nero, foglia d’acanto seghettato azzurro all’apice inferiore.

Le iniziali ornate dell’Apparatus, ritenute da Tietze opera senese del secondo quarto del XIV secolo, in realtà adottano la struttura, la gamma cromatica e il repertorio ornamentale tipici della produzione umbra dell’avanzato XIII secolo, quali si ritrovano ad esempio in un altro esemplare umbro dell’Apparatus di Innocenzo IV (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 3990), paragonabile ad alcuni manoscritti perugini tardoduecenteschi conservati a Parigi (Manuscrits enluminés d’origine italienne, 119-124). I capilettera a f. 85v e a f. 222r, realizzati da una stessa mano, diversa da quella cui si devono le miniature meno raffinate dei ff. 166r e 214r, sono avvicinabili a quelle di fattura presumibilmente assisiate del Cantorino 3 di Assisi (Biblioteca del Sacro Convento, ms. 2) e della Legenda aurea (Assisi, Biblioteca del Sacro Convento, ms. 350), entrambi databili verso la fine del secolo (SESTI, I manoscritti italiani, 121-125, tav. XXV, figg. 73-75 e 190-192, tav. LVI). Nella decorazione all’incipit dell’Apparatus, infine, si avverte un maggiore ascendente dello stile bolognese, per l’uso di tralci spiraliformi agli apici della lettera e per l’adozione del fregio ad antenna. Riporta al repertorio bolognese anche la drôlerie costituita dalla figura del ‘sapiente’, anziano e barbuto, delineato con disegno accurato e forte risalto plastico. Simili elementi di origine emiliana, non insoliti nei codici di contenuto giuridico, compaiono con una certa insistenza in alcuni manoscritti di ambito perugino, quali l’Evangelistario ms. 266 della Bi-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

blioteca del Sacro Convento di Assisi, databile anch’esso allo scadere del XIII secolo (SESTI, I manoscritti italiani, 132-139, figg. 84-107). Il codice, restaurato, si conserva in uno stato discreto, con macchie di umidità soprattutto nei primi e ultimi fogli della parte in pergamena e in tutta la parte cartacea. Legatura di tipo Rossi A: sui piatti, cornice dorata e motivi a impressione al centro; sul dorso si legge in alto: INNOCENTII IV / APPARATUS / SUPER / DECRETALES / COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIII, in basso: REPERTORIUM / EIUSDEM APPARATUS / COD(EX) CHART(ACEUS) SAEC(ULI) XV. Segue l’ex libris: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il codice è il risultato dell’unione, avvenuta in un momento imprecisato, di due manoscritti di epoca diversa. Il codice più antico, in pergamena, è appartenuto al cardinale Domenico Capranica, come attestano le note di possesso sull’antica carta di guardia (f. 1r): Liber Dominici r(everendissi)mi cardinalis Firmani e alla fine del testo (f. 258v): Iste liber est d(omi)ni cardinalis Firmani. L’ex libris della Biblioteca Capranica è presente anche sul dorso, ma non compaiono analoghe note di possesso sulla parte più recente del codice, assegnabile alla metà del XV secolo sulla base dei caratteri materiali e della filigrana della carta, attestata a Firenze intorno al quarto decennio del Quattrocento. Molti indizi inducono a ritenere che questa seconda parte sia stata allestita appositamente a complemento del codice duecentesco, riproducendone le misure e la mise-en-page. Non è da escludere che tale operazione possa essere ascritta allo stesso Capranica. (Bibl. Rossianae, V, 420r-v) TIETZE, Die illuminierten, 75-76 nr. 109.

GIORGIA CORSO

Ross. 598 (olim IX, 288) ASTESANUS

DE

AST, Summa de casibus conscientiae

Francia settentrionale, sec. XIV Membr. (pergamena giallastra, piuttosto liscia e omogenea); ff. IX, 390, VII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione recente a matita, nell’angolo in alto a destra, in cifre arabiche; richiamo sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, nel margine inferiore a destra, riquadrato in rosso; mm 418×282 (f. 2); scrittura gotica testuale, di modulo piccolo, ricca di abbreviazioni e vergata a inchiostro bruno; specchio scrittorio su due colonne (mm 302×194) di 64 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 18); rigatura a punta metallica, ribadita su ogni pagina.

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ROSS. 597-598

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La decorazione comprende 1 pagina ornata, 1 iniziale istoriata, 9 iniziali ornate grandi (mm 60×65 ca.) e 3 piccole (mm 25×50), iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore opposto, che spesso si prolungano in graffe lungo tutta la colonna di scrittura; titoli correnti e segni paragrafali in rosso e blu, rubriche rosse. f. 1r:

f. 1v: f. f. f. f. f. f. f. f.

51r: 86r: 136v: 162r: 207r: 282v: 321r: 364r:

pagina ornata all’incipit della Summa de casibus conscientiae: fregi a barretta rosa e blu con inserti d’oro lungo il margine esterno e inferiore; in quello superiore si sviluppano tralci curvilinei, abbastanza spessi, percorsi e conclusi da foglie trilobe dipinte in rosa, azzurro e oro. Lungo il fregio inferiore, compare un cane che insegue una lepre tra due alRoss. 598, f. 1r berelli; nei margini compaiono due uccelli. Iniziale istoriata R di Reverendo in Christo (mm 55×65), all’incipit della Epistula. La consegna del libro all’abate, da parte dell’autore, al cospetto di alcuni astanti. Iniziale dipinta in azzurro, con decorazioni filiformi in biacca, entro un campo quadrangolare rosa bordato d’oro, da cui partono tralci con foglioline trilobate in azzurro, rosa e oro. Iniziale ornata V di Venerabili et religioso, all’incipit del paragrafo, piccola. Iniziale ornata B di Bonorum laborum gloriosus, all’incipit del Prohemius. iniziale ornata D di Dicimus ergo, all’incipit del Liber I (De lege divina primus titulus). iniziale ornata E di Expeditis per Dei, all’incipit del Liber II. iniziale ornata F di Finitis per Dei, all’incipit del Liber III, piccola. iniziale ornata E di Expeditis per Dei, all’incipit del Liber IV. iniziale ornata F di Finita quarta parte, all’incipit del Liber V. iniziale ornata E di Expeditis per Dei, all’incipit del Liber VI. iniziale ornata C di Cum in libro, all’incipit del Liber VII. iniziale ornata F di Finitis auxiliante Deo, all’incipit del Liber VIII. iniziale ornata C di Consequenter quia in aliquibus, all’incipit della Tabula, piccola.

Le iniziali sono tutte dello stesso tipo: il corpo della lettera è dipinto in azzurro entro un campo quadrangolare rosa, o viceversa; l’interno della lettera è campito in foglia d’oro e ornato da tralci percorsi da fogliette trilobe azzurre e

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

rosa, talvolta disposte a girandola (f. 321r). Dalle iniziali si dipartono i listelli bicolori che si estendono nei margini o nell’intercolunnio. La biacca è usata largamente per lumeggiare le foglie e per ingentilire la struttura della lettera. Il frontespizio miniato, comprendente l’iniziale istoriata e i fregi marginali con drôleries animali, è particolarmente indicativo per l’assegnazione del codice alla produzione francese del XIV secolo, ispirata ai modelli della bottega parigina di primo Trecento di Jean Pucelle; il motivo del cane che insegue la lepre nel boschetto stilizzato si ritrova ad esempio nel ms. Chig. G. VII. 230 della Biblioteca Apostolica Vaticana, miniato a Parigi nel 1315-1320. Tuttavia, la fattura meno raffinata delle parti figurate e la forma più spessa dei tralci ornamentali sembrano indicare per il codice rossiano l’appartenenza a un ambito provinciale. Il codice si conserva integro e in buono stato. Legatura Rossi A, ornata sui piatti da cornicetta dorata e da motivi a impressione al centro; sul dorso, si legge in alto: FR(ATRIS) IOH(ANNIS) ASTEXANI / DE AST / SUMMA / DE CASIB(US) CONSCIEN(TIAE); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Sotto: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il codice è appartenuto al cardinale Domenico Capranica, che lo inserì nella biblioteca del suo Collegio, come attesta l’ex libris riportato sul dorso della legatura. Nel catalogo Capranica 1 è registrato al nr. 288. Il manoscritto è passato al de Rossi in occasione dell’acquisto della biblioteca Capranica, avvenuto nel 1842. (SILVA TAROUCA, III, 157r; Bibl. Rossianae, V, 421r-v) TIETZE, Die illuminierten, 35-36 nr. 59.

GIORGIA CORSO

Ross. 601 (olim IX, 291) Prophetarum lectiones. Testamentum Vetus: Pentatheucum et Prophetae priores cum masorah magna et parva (in ebraico) Huesca, 1276 e sec. XIV (1370?) (f. 1r): Primus in ordine B. Bibliae pars continens Pentatheucum, Libros Iosue Iudicum. Libros quattuor Tergum. Ex initio decimoquarti speculi scripta (f. 9v): Io Giuseppe il minimo, figlio di Rabbi Giacobbe b.m., figlio di G. Nach terminai di scrivere le varianti dei Profeti con l’aiuto del cielo nel giorno secondo del mese di Caslev, nell’anno cinquemila e sei e trenta (22 novembre 1276), secondo il nostro computo che noi computiamo qui nella città di Osca. La Salute si avvicinerà. Benedetto il Signore in eterno. Amen. Amen (traduzione in Bibl. Rossianae, V, 424)

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ROSS. 598-601

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Membr. (pergamena gialla sul lato pelo e bianca sul lato carne, ben lavorata); ff. VII, 273, VII’; numerazione in cifre arabiche a matita in alto a sinistra sul recto, f. 1 non numerato; mm 362×290; scrittura sefardita di tre moduli (modulo maggiore usato per le cornici, modulo intermedio per il testo e modulo piccolo per la micrografia); specchio scrittorio del testo (mm 240×204) su tre colonne di 30 linee, con intercolumnio di mm 25 ca. e specchio scrittorio della masorah (mm 294×290) con 3 linee nel margine superiore e 4 in quello inferiore; rigatura a inchiostro; struttura del codice: 19 (1 quaternione + 1 foglio finale), 1612, 111 (mutilo dell’ultimo foglio).

Il sistema illustrativo è formato dalle cornici e figure geometriche micrografiche che scandiscono i 9 fogli iniziali con le varianti della legge secondo i rabbini babilonesi e paRoss. 601, f. 38v lestinesi, con impiego di inchiostro rosso e seppia; i motivi geometrici sono quasi sempre uguali nelle facciate contigue: ff. 1v-2r presentano una divisione in 2 registri, contenenti in alto due porte ad arco mozarabico e 5 ad arco a tutto sesto in quello inferiore; la fascia di separazione dei 2 registri nel f. 2r è compartimentata con patterns risparmiati a treccia e a entrelacs. I ff. 2v-3r sono divisi in rombi, mentre i ff. 3v-4r presentano cornici micrografiche e macrografiche che circondano due ellissi formate da linee micrografiche intrecciate. I ff. 4v-5r ripropongono 2 serie di 3 porte ad arco mozarabico disposte specularmente in 2 registri, mentre i ff. 5v-6r presentano, entro una cornice di esagoni allungati, il testo disposto su 5 colonne inframmezzato da porte variamente strutturate, con piccoli spazi triangolari, identificati da micrografie, acquarellati in rosso e seppia. Il foglio 6v ha solo la cornice micrografica a esagoni allungati racchiudente il testo disposto su 5 colonne; anche i ff. 7r-9v dispongono la scrittura su 5 colonne delimitate da sottili cornici micrografiche, ma queste terminano sempre in archi mozarabici sui lati brevi. Il cantico di Mosè al f. 10r è racchiuso entro due cornici macrografiche in inchiostro rosso formanti un dittico dalle ante arrotondate superiormente. Il Pentateuco è scandito da segni marginali (mm 50-60×20) che individuano le parashot, cioè le suddivisioni liturgiche dei 5 libri: sono strutturati in forma di piccoli cerchi, ovali, gocce, pentagoni, quadrati, delimitati da nastro in tempera rosa o grigio-azzurra, che si prolunga in brevi tralci desinenti in foglie trilobate rosa, arancio e verdi, con bianche venature; si trovano immediatamente a lato dell’incipit, ovviamente a destra, ma talora sono collocate anche sulla sinistra, se questa coincide col margine esterno o se il lato destro è occupato dalla masorah.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Nel Genesi si trovano così distribuite: f. 13r (6, 9), f. 15v (12, 1), f. 18r (18, 1), f. 20v (23, 1), f. 22v (25, 19), f. 24v (28, 10), f. 27r (32, 4), f. 30r (37, 1), f. 32r (41, 1), f. 35r (44, 18), f. 37r (47, 28); nell’Esodo compare una parashah più del consueto dato che la sesta (21, 1 – 24, 18) è suddivisa in due parti (21, 1 – 22, 23 e 22, 24 – 24, 18): f. 41v (6, 2), f. 43v (10, 1), f. 45v (13, 17), f. 48r (17, 1), f. 49v (21, 1), f. 50v (22, 24), f. 51v (25, 1), f. 53r (27, 20), f. 55r (30, 11), f. 58r (35, 1), f. 60r (38, 21); nel Levitico non è stata realizzata l’indicazione miniata della quinta parashah (14, 1) all’inizio della terza colonna del f. 68v, mentre le restanti si trovano: a f. 64r (61, 1), f. 65v (9, 1), f. 67v (12, 1), f. 70r (16, 1), f. 72r (19, 1), f. 73r (21, 1), f. 75r (25, 1), f. 76r (26, 3); canoniche risultano le rimanenti: Numeri f. 80r (4, 21), f. 83r (8, 1), f. 85v (13, 1), f. 87v (16, 1), f. 89v (19, 1), f. 91r (22, 2), f. 93r (25, 10), f. 95v (30, 2), f. 97v (33, 1); Deuteronomio f. 101v (3, 23), f. 104v (7, 12), f. 107v (11, 26), f. 109v (16, 18), f. 111v (21, 10), f. 113v (26, 1), f. 116r (29, 9), f. 117r (31, 1), f. 117v (32, 1), f. 118v (33, 1). La prima parashah, corrispondente all’inizio del libro, non ha alcun elemento ornamentale nel Genesi (f. 10v), mentre per i quattro restanti viene incorniciata dalle intestazioni dipinte che costituiscono l’elemento ornamentale dell’explicit del libro precedente; infatti è l’explicit a essere privilegiato e evidenziato con un sistema di antenne azzurro polvere e rosa, che si dilatano in nodi cuspidati e che terminano in foglie trilobate azzurre, rosa, arancio: f. 38v Genesi (mm 130×120), f. 61v Esodo (mm 50×150), f. 77v Levitico (mm 90×90), f. 99v Numeri (mm 130×80) e f. 119v Deuteronomio (mm 100×80). Il libro di Giosuè non contiene alcun elemento illustrativo, né all’inizio né alla fine (ff. 120v-134r), mentre nei libri seguenti sono evidenziati gli explicit dei due libri di Samuele (f. 178v) (mm 80×80) e quelli dei Re (f. 211v) (mm 70×50). Il codice, analizzato prevalentemente per il testo da Kennicott (KENNICOTT, Dissertatio Generalis, 492 nr. 459) e De Rossi (DE ROSSI, Variae lectiones, LXXXII nr. 459), è stato indagato per quanto concerne il suo apparato illustrativo solo da Teresa Metzger (METZGER, La masora ornamentale, 95-96) che lo ha ritenuto un testimone importante della produzione aragonese dell’ultimo quarto del XIII secolo, avvicinandolo all’unico altro manoscritto assegnabile a questa area, il ms. Parm. 3183 della Biblioteca Palatina di Parma: la studiosa ha rilevato però una differenza sostanziale nei due codici, determinata dall’uso di differenti strutture architettoniche di organizzazione dei testi, dato che nel codice vaticano sono formate da eleganti catene migrografiche in inchiostro rosso, mentre in quello parmense sono costituite da cornici dipinte in rosso verde e giallo. La studiosa ha indicato le coincidenze di motivi, come la scansione della pagina mediante losanghe (Ross. 601, ff. 2v-3r, e ms. Parm. 3183, ff. 1v-2r), mediante cinque colonne di testo desinenti in semicerchi (Ross. 601, ff. 7v-9r, e ms. Parm. 3183, ff. 324v325r), mediante una divisione in due registri, quello superiore più alto con archi a ferro di cavallo, quello inferiore più basso con archi a tutto sesto (Ross. 601, ff. 1v-2r, e ms. Parm. 3183, f. 323v), mediante porte e archi a ferro di cavallo (Ross. 601, ff. 5v-6r, e ms. Parm. 3183, ff. 324r, 325v); infine il Cantico di Mosè è ricopiato entro un inquadramento che replica la struttura di due tavole cuspidate nel

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ROSS. 601

983

Ross. 601, f. 10r, mentre in ms. Parm. 3183, f. 326v, è contenuto entro una sola tavola. La Metzger infine evidenzia la differente qualità esecutiva dei due codici, dato che il secondo presenta una più accurata esecuzione degli apparati architettonici; con questa conclusione concorda Kogman Appel (KOGMAN APPEL, Jewish Book Art, 168, n. 85), mentre chi scrive in un breve cenno mette in dubbio le strette somiglianze individuate. Il codice si compone di due unità: i primi 9 fogli sono sicuramente eseguiti alla data indicata dalla iscrizione, nel 1276, a Huesca; per questa complessa parte, caratterizzata dalle strutture micrografiche, i confronti indicati dalla Metzger con il ms. Parm. 3183 appaiono calzanti, anche se lo stile può suggerire forse un certo scarto cronologico, collocando così il secondo codice alla fine del XIII secolo o all’inizio del seguente (RICHLER, BEIT-ARIÉ, Hebrew Manuscripts, 5 nr. 8). La parte principale invece appare eseguita in un momento ulteriore, come denunciano le intestazioni formate da brevi tralci-antenne azzurri e rosa, con foglie trilobate rosa e azzurre e piccoli ornamenti aurei cuspidati alle intersezioni. La tipologia di questi tralci appare quella diffusa dagli scriptoria avignonesi nel corso del XIV secolo in tutta l’area della Francia sud-occidentale e Spagna settentrionale, mentre particolare attenzione meritano i rari indicatori che assumono forma architettonica, un piccolo torrione merlato rosa, con una alta finestra, struttura che trova un parziale riscontro nelle più monumentali pagine finali del ms. Parm. 3183, ff. 324r e 325v, riconfermando la possibilità della formazione delle due parti del codice in area aragonese. Lo sviluppo delle strutture architettoniche, nei più antichi codici ebraici limitate alle porte delle intestazioni e alla riproduzione simbolica del tempio di Gerusalemme, in castelli turriti è un fenomeno diffuso a partire dalla fine del XIII secolo in tutti i codici ebraici dell’area sefardita e askenazita, come dimostrano, ad esempio, le intestazioni della Bibbia, ms. Kennicott 3 della Bodleian Library di Oxford, eseguita in Germania nel 1299; in Italia invece, a causa dello sviluppo urbano delle sedi del potere, predominano le immagini delle città dalle cinte murarie merlate, come si vede nel coevo Salterio romano, ms. Parm. 1870 (ZANICHELLI, Il sistema illustrativo dei codici, 249-251). Stato di conservazione discreto. Legatura rossiana restaurata di tipo A; dorso con motivi a girali impressi e scritte in capitale quadrata aurea; in alto, PENTATEUCHUS / ET PROPHETAE MINORES / CUM UTRAQUE MASORA / HEBRAIC(E); in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI MCCLXXVI. Provenienza: Roma, Biblioteca Angelica. (Bibl. Rossianae, V, 424r-v) KENNICOTT, Dissertatio Generalis, 492 nr. 459; DE ROSSI, Variae lectiones, LXXXII nr. 459. METZGER, La masora ornamentale, 95-96; KOGMAN APPEL, Jewish Book Art, 168, n. 85; Hebrew Manuscripts, 595; ZANICHELLI, I manoscritti ebraici, 233-240.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 603 (olim IX, 293) MARCUS TULLIUS CICERO, De finibus bonorum et malorum I-V (ff. 1r-53r); Paradoxa stoicorum (ff. 53v-58v); Laelius de amicitia (ff. 59r-70r); Cato maior de senectute (ff. 70v80v); De divinatione I-II (ff. 81r-112v); De officiis I-III (ff. 113r-154r); De oratore I-III (ff. 154r-229r); In M. Antonium orationes Philippicae I-XIV (ff. 229v-288v); indice del contenuto del ms. (verso del primo f. non numerato); indice del De officiis (ff. 289r-290v) Lombardia, sec. XV, metà Membr.; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart.; VI membr.), 291, V’ (I’-IV’ cart.; V’ in cartoncino azzurro); tra i ff. V e VI è stato inserito un foglietto cartaceo, che reca in alto la seguente nota (di mano settecentesca): N° 2. Codex membranaceus in folio maximo / Saec. XV; segue un indice delle opere contenute nel manoscritto con rinvio ai rispettivi fogli e infine in basso la seguente nota: Codex ex bibliotheca Ross. 603, f. 53v cardinalis Firmani, optimis / litteris et emendata satis scriptura ab una / totus manu exaratus. Foliazione antica (1-290) apposta a matita in alto sull’estremo margine destro del recto di ciascun foglio (il primo foglio non è stato numerato); mm 397×265 (f. 147r); specchio scrittorio mm 242×141 (f. 147r). Richiami presenti in basso a destra in posizione orizzontale esternamente allo specchio scrittorio, tranne che alla fine del fasc. VIII (fine del De senectute) e del fasc. XXIX (fine delle Philippicae e del contenuto del manoscritto). Rigatura a colore nei ff. 1-150, rigatura a secco, eseguita dal lato pelo, nei ff. 151-290. Scrittura umanistica posata ed elegante, di mano unica, a piena pagina, linee 40, vergata a inchiostro bruno, rosso per le rubriche, bruno alternato a rosso per gli incipit in scrittura maiuscola (per es. a f. 113r). Notabilia marginali di varie mani, sporadici nella prima parte del codice, molto più frequenti nella seconda (soprattutto nei fogli che contengono le Philippicae).

L’apparato decorativo è costituito da 32 iniziali apposte all’inizio di ciascuna opera o all’inizio dei singoli libri, quando l’opera è costituita da più libri o parti, di calibro non omogeneo (mm 45/60×35/50 ca.), mentre di calibro più grande è quello di f. 1r (mm 60×58): f. f. f. f. f. f.

1r: 8v: 22v: 31r: 40v: 53v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

N di Non eram nescius, all’incipit del De finibus. H di Hic cum uterque. V di Voluptatem quidem Brute. Q di Que cum dixisset. C di Cum audissem. A di Animadverti Brute, all’incipit dei Paradoxa Stoicorum.

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ROSS. 603

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

59r: 70v: 81r: 95v: 113r: 130v: 140v: 154r: 176r: 208v: 229v:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

234r: 247v: 252r: 254r: 258r: 260v: 264r: 263v: 266v: 269v: 273v: 274v: 277v: 278r: 284v:

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iniziale Q di Quintus Mutius augur Scevola, all’incipit del Laelius de amicitia. iniziale O di O Tite siquid ego audito, all’incipit del Cato maior de senectue. iniziale V di Vetus opinio est, all’incipit del De divinatione. iniziale Q di Querenti michi. iniziale Q di Quamquam te Marce fili, all’incipit del De officiis. iniziale Q di Quemadmodum verum offitia ducerentur. iniziale P di Publium Scipionem Marce fili. iniziale C di Cogitanti michi, all’incipit del De oratore. iniziale M di Magna nobis pueris. iniziale I di Instituenti michi. iniziale A di Antequam de re publica patres conscripti, all’incipit delle In M. Antonium orationes Philippicae. iniziale Q di Quoniam meo facto. iniziale S di Servis omnino. iniziale F di Frequentia vestrum incredibilis. iniziale N di Nichil unquam longius. iniziale P di Parvis de rebus. iniziale C di Confusius hesterno die est acta res. iniziale O di Omnes id quidem facere debemus. iniziale V di Vellem dii immortales fecisset (sic). iniziale M di Maximas tibi pansa gratias. iniziale M di Magno indolore sum. iniziale H di Hoc s. c. ardente. iniziale E di Etsi minime decere videtur. iniziale H di Hec ego in urbe prevideo. iniziale P di Principio huius belli. iniziale S di Sicut ex litteris que recitate sunt.

Il corpo delle lettere è in rosa con delicati arabeschi in biacca ed è esternamente contornato di rosa più scuro. L’interno delle lettere ha sfondo blu o rosa o giallo ed è inoltre decorato con eleganti motivi e intrecci floreali e fitomorfi in rosa/rosso, verde, azzurro/blu. Le iniziali sono tutte collocate su campo esterno quadrato in lamina d’oro. Alcune lettere presentano prolungamenti di foglie di acanto in verde e rosso verso l’alto e verso il basso. Iniziali calligrafiche alternativamente in rosso e blu si trovano all’inizio delle partizioni minori del testo. I titoli e gli explicit e talvolta anche le prime parole dell’opera sono in lettere capitali alternativamente in bruno e rosso. Rubricati i titoli dei capitoli (talvolta apposti a margine). Il taglio compositivo delle iniziali, la gamma coloristica, la decorazione a biacca nel corpo della lettera e, inoltre, la tipologia delle foglie acantiformi sono tutte caratteristiche della miniatura lombarda a partire dal Magister Vitae Imperatorum e per tutto il XV secolo. Si vedano, ad es., alcune delle realizzazioni della bottega del Balsemo, dalla fisionomia molto vicina a quella delle iniziali del Ross. 603 (Codici e incunaboli, tavv. 114, 116, 121).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Stato di conservazione complessivo buono. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione; lievi danni da uso sul dorso (pelle sfiorata). Sul dorso si legge in alto (in oro): M(ARCI) T(ULLII) CICERONIS / DE FINIBUS / PARAD(OXA) / AMICIT(IA) / SENECT(UTE) / DE OFFICIIS / ORATORE / PHILIPPICAE; poco più in basso (in oro): COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV; ancora più in basso (in nero): EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il manoscritto è appartenuto al cardinale Domenico Capranica (m. 1458), come indicano la nota sul dorso e la nota del foglietto inserito nel corpo dell’esemplare, nonché la citazione nella prima parte dell’inventario della biblioteca del collegio Capranica, risalente al 1480, contenuto nel ms. Vat. lat. 8184, dove il codice è registrato al f. 39r con il nr. 320. (Bibl. Rossianae, V, 426r) BADALÌ, Codici, 54; Manuscrits classiques latins, 470; BUONOCORE, Bibliografia, 663; BUONOCORE, I codici miniati, 176.

MARIA AMBROSETTI Ross. 604 (olim IX, 294) SENECAÊ RHETOR,Ê ControversiaeÊ (ff.Ê 1r-59v).Ê LUCIU SÊ ANNAEU SÊ SENECA,Ê DeÊ remediisÊ fortuitorumÊ(ff.Ê61r-63r).ÊPSEUDOÊ AUSONIUS,ÊSeptemÊsapientiumÊsententiaeÊ(III-VII) (f.Ê63r-v);Ê (f.Ê63v).ÊEUGENIUSÊ TOLETANUS,ÊCarmina,Ê8, 1-15Ê (exc.)Ê (f.Ê 63v).Ê PUBLILIU SÊ SYRU S,Ê SententiaeÊ (ff.Ê 63v-67v);Ê SententiaeÊ morales. ExcerptaÊdaÊautoriÊclassici:ÊSENECA,ÊDeÊremediisÊfortuitorumÊ(f.Ê67v).ÊPSEU DOÊ SENECA,Ê DeÊ moribusÊ (ff.Ê 67v-68v).Ê CAECILIUS BALBUS,Ê DeÊ nugisÊ philosophorumÊ (ff.Ê68v69r).ÊPSEU DOÊ SENECA,ÊDeÊmoribusÊ(f.Ê69r). LUCIUSÊ ANNAEUSÊ SENECA,ÊEpistulaeÊadÊLuciliumÊ(f.Ê69r-v).ÊCAECILIU SÊ BALBUS,ÊDeÊnugis philosophorumÊ(f.Ê69v);ÊÊ(f.Ê69v). PU BLILIUSÊ SYRU S,Ê SententiaeÊ (ff.Ê 69v-70r). Ê (ff.Ê 70r73r).Ê PSEU DOÊ SENECA,Ê DeÊ copiaÊ verborum (ff.Ê 73r-78v).Ê LUCIUSÊ ANNAEUSÊ SENECA,Ê De iraÊ (inÊ 5Ê libri)Ê (ff.Ê 79r-106r);Ê DeÊ beneficiis (ff.Ê106r-159v);ÊNaturalesÊquaestionesÊ(inÊ6 =Ê 7Ê libri)Ê (ff.Ê 160r-216r).Ê PSEUDOÊ SENECA, ProverbiaÊ perÊ alphabetumÊ (ff.Ê 216r-218r). Ross.Ê604,Êf.Ê36rÊ LUCIUSÊ ANNAEUSÊ SENECA,Ê DialogiÊ (ff.Ê 219r-

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ROSS. 603-604

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282r). De tranquillitate animi (ff. 219r-228r); De brevitate vitae (ff. 228r-235v); Consolatio ad Polybium senza rubrica (ff. 235v-242r); De providentia (ff. 242r247r); De constantia sapientis (ff. 247r-253r); De vita beata (ff. 253r-261v); De otio (ff. 261v-264r); Consolatio ad Marciam (ff. 264r-274r); Consolatio ad Helviam (ff. 274r-282r). Vita Senecae (f. 282r). PSEUDO SENECA, De moribus (ff. 282r-284r). LUCIUS ANNAEUS SENECA, De clementia (ff. 284r-295v). SIDONIUS APOLLINARIS, Opera (exc.): Carmina 1 (f. 295v); Epistulae 5, 7 (f. 296r-v), 7, 9, 5-25 (ff. 296v-298v). LUCIUS ANNAEUS SENECA, Apocolocyntosis (fino a 7, 2) (ff. 298v-299v) Italia settentrionale (ambiente bolognese), sec. XIVex. Membr. (pergamena di buona qualità ben lavorata; appena percettibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. VI (cart.; I in cartoncino azzurro), 299, VI’ (cart.; VI’ in cartoncino azzurro). Foliazione coeva manuale, a inchiostro bruno, in cifre arabiche, in alto a destra dei fogli (salto di numerazione da f. 289 a f. 291); mm 410×275. Il codice è in scrittura gotica textualis a inchiostro nero, rosso per gli incipit e le rubriche, di 38 linee ai ff. 1r-59r (specchio scrittorio mm 232×90), su 39 ai ff. 61r-299v (specchio scrittorio mm 240×174), su due colonne ai ff. 61r-299v; rigatura a matita (spazio intercolonnare mm 3,5). Trenta fascicoli con richiami (a eccezione dei fascicoli 6, 8, 22, 30), nei primi 5 segnati in corsivo nell’angolo inferiore destro, nei restanti al centro in gotica. Sono bianchi i fogli 59v-60v, 218v. Segni di richiamo nei margini del testo attribuibili al cardinale Domenico Capranica (1400-1458), possessore del codice (vd. infra).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 46 iniziali maggiori istoriate collocate ai ff. 1r, 9r, 14v, 21r, 27v, 31v, 36r, 43r, 47r, 51v, 61r, 63v, 67v, 73v, 79r, 85v, 96v, 100r, 104r, 106v, 111r, 118v, 126v, 136r, 143v, 152v, 160r, 169v, 180r, 189r, 200r, 209r, 219r, 228r, 242v, 247r, 253v, 264r, 274r, 282r, 282v, 284v, 295v, 296r, 296v, 298v; sono di varie dimensioni posizionate all’inizio di quasi tutte le opere e di alcuni libri delle stesse (sono strettamente attinenti al messaggio scritto o con precisi riferimenti testuali o con proposizioni di più ampia portata). Le iniziali sono rosse e blu decorate con filigrana del colore opposto, all’inizio dei capitoli. Titoli costantemente rubricati. Le iniziali istoriate presentano sempre lo sfondo in blu, con frequente uso della tempera verde e rossa per gli abbigliamenti dei personaggi. Quasi sempre le aste delle lettere incipitarie si sviluppano in code discrete che si distendono di poco fuori dello specchio scrittorio; solamente nelle lettere ai ff. 219r e 228r le aste sono affiancate all’esterno da una sorta di fregio a cordone geometrico/vegetale che si sviluppa per circa 2/3 della colonna iscritta. Ciascuna lettera è campita dalla foglia d’oro incastonata in una spessa linea nera di contorno. f. 1r:

iniziale E di Exigitis rem magis iucundam (mm 45×53), all’incipit di Controversia 1, praef. 1. Seneca, in qualità di maestro di retorica, insegna dalla cattedra a un gruppo di cinque astanti. La miniatura è ispirata alle immagini più consuete relative all’insegnamento universitario, che già nel Trecento vedevano il maestro in atto di insegnare ma anche di discutere con gli astanti; la cattedra, che s’innalza come un pulpito, di solido modulo architettonico e arricchita di tarsie, non è inusitata per il maestro o il

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lettore universitario e può richiamare alla mente illustrazioni come quella della Commedia dove si rappresenta la «lectura Dantis». f. 9r: iniziale C di Cum repeterem (mm 45×53), all’incipit di Controversia 2, praef. 1. Il personaggio è assorto nella meditazione, in quanto a civilibus officiis abhorrens nonché ab omni ambitu aversus, scil.: vultus dicentis lenis et pro tranquillitate morum remissus; vocis nulla contentio, nulla corporis adservatio, cum verba velut iniussa fluerent; iam videlicet conpositus et pacatus animus cum veros compressisset affectus et iram doloremque procul expulisset, parum bene imitari poterat quae effugerat (contr. 2, praef. 2). f. 14v: iniziale Q di Quosdam disertissimos (mm 45×53), all’incipit di Controversia 3, praef. 1. La raffigurazione di due personaggi, quello di destra stante in atto di interrogare e quello di sinistra seduto in atto di rispondere, vuole marcare, della praefatio, il locus Memini itaque me a Severo Cassio quaerere, quid esset, cur in declamationibus eloquentia illi sua non responderet. f. 21r: iniziale Q di Quod munerarii solent (mm 45×60), all’incipit di Controversia 4, praef. 1. La miniatura rappresenta la scena di un cambiavalute (numerarius/nummularius) intento a contare una somma di denaro posta sulla mensa assistito dal dispensator/arcarius che scrive sul registro. Ma il codice ha munerarius (gli editores munerum – o anche munerarii – erano quei magistrati cittadini, non poche volte investiti delle piú alte cariche e spesso anche patroni locali, i quali dovevano curare l’allestimento delle rappresentazioni anfiteatrali che prevedeva l’allestimento di uno o piú munera – durante i quali si cimentavano i paria gladiatorum – a volte accompagnati dalla venatio): questo significa che la sintassi iconografica ha seguito una tradizione parallela a quella testuale. Veniamo, quindi, in questa occorrenza quanto mai singolare, a trovarci di fronte a due tradizioni distinte, quella testuale e quella iconografica; anzi, quest’ultima, dimostra aver avuto non secondaria fortuna a causa di una contaminazione testuale. Sembra quasi che, se anche il testo senecano nel tempo abbia restaurato con alterne vicende la lectio di munerarius (recuperabile nei codici piú autorevoli della tradizione manoscritta), la trasmissione miniaturistica, a sua volta ispirata ad altrettante immagini dell’antigrafo o di un qualsiasi esemplare illustrato di Seneca retore o di un libro di modelli, sia rimasta ancora legata alla lectio di numerarius (evidentemente generata da un’errata trascrizione del gruppo mun/num, di cui nella tradizione di altri autori sono ampiamente registrate varie occorrenze), senza che poi al momento della sua specifica realizzazione fosse stata avvertita questa eclatante discrepanza fra testo e immagine. La variante numerarius – come da tempo ebbe modo di avvertire il Müller nella sua esemplare edizione del 1888, unico tuttavia degli editori, anche recenti, a sottolinearlo – è già presente in A (Admont, Stiftsbibliothek, ms. 221), un codice databile nella seconda metà del sec. XII, ma poi continua a essere registrata nei secoli successivi sia nei manoscritti sia negli incunaboli, ad-

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dirittura con ulteriori varianti scrittorie. Ma vi è di piú. Il paragrafo in questione dovette subire nel tempo interferenze testuali necessarie per un ripristino esegetico coerente in tutto il dettato; la variante incipitaria numerarius pro munerarius non poteva che portare a una serie di contaminazioni lessicali giustificabili sia sul piano semantico che paleografico; ecco quindi che la corretta tradizione originaria del testo senecano, cosí come restituita dalla filologia, scil. Quod munerarii solent facere, qui ad expectationem populi detinendam nova paria per omnes dies dispensant, ut sit, quod populum et delectet et revocet, hoc ego facio, poteva rimanere difficilior per un’utenza medievale, alla quale, pertanto, si era venuta a consegnare una tradizione facilior di piú agevole intelligenza per quei tempi ma che travisava il messaggio senecano, scil. Quod numerarii solent facere, qui ad expectationem populi detinendam nova paria (vel varia) per omnes dies pensant, ut sit, quod populum et delectet et revocet, hoc ego facio. Non è facile ripercorrere i segmenti temporali di questo iter, peraltro costellato di ulteriori contaminazioni in fase di redazione finale: si confrontino almeno, ad esempio, il passaggio di noua paria a nova/nota/vota paria/varia nonché l’avvenuta aplografia orizzontale per “saut to même au même” in dies pensant, generata dall’errata lettura da parte del copista del corretto sintagma dies dispensant. Nel caso specifico del nostro testimone vaticano, la lezione munerarius – allotria alla tradizione cosí come dallo stesso trasmessa – sembra frutto non di una correzione autonoma del copista rispetto all’antigrafo, dove verosimilmente era presente il termine numerarius che ben si addiceva a tutto lo sviluppo testuale del paragrafo, ma di un banale errore di copia del gruppo mun/num; lezione che non fu emendata in fase di lettura, anche se il segno apposto nel margine laterale destro proprio in rispondenza della parola dimostrerebbe, almeno, che una qualche perplessità doveva aver suscitato il lemma in questione, estraneo sia al prosieguo del paragrafo sia, e con maggiore evidenza, alla miniatura incipitaria la quale, a sua volta, avrebbe dovuto offrire al lettore quel solido confronto testuale come avviene per tutti gli altri capilettera miniati. f. 27v: iniziale I di Inscripti maleficii (mm 45×45), all’incipit di Controversia 5, 1. Il tragico titolo (scil. Quidam naufragio facto, amissis tribus liberis et uxore incendio domus suspendit se) bene è stato visualizzato nella lettera incipitaria (sebbene non filologicamente corretta, in quanto due sono i figli rappresentati e non tre come trasmesso dal testo), miniatura che vuole anche ricordare la triste conclusione della medesima controversia (scil. cui me vitae reservas ? ut aedificem ? aspice incendium, ut navigem ? aspice naufragium, ut educem ? aspice sepulchrum. In tam calamitosa domo feliciores fuistis, uxor et liberi: vobis mori contigit). f. 31v: iniziale A di Abdicato frater cyrographum (mm 45×45), all’incipit di Controversia 6, 1. La scena dei due personaggi (quello di destra è raffigurato con il chirographum) vuole sintetizzare quanto espresso proprio nel tito-

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lo della controversia, scil. Abdicato frater chirographum dedit dimidiam se partem daturum hereditatis, si non respondisset. f. 36r: iniziale I di Instatis michi quotidie (mm 110×35), all’incipit di Controversia 7, praef. 1. Il giovane da punire (contr. 7, 1: alterum ex adulescentibus domi parricidi damnavit) è raffigurato nudo giacente su una pelle nella quale dovrà essere avvolto insieme a un animale per essere poi gettato in mare, per metonimia raffigurato con un pesce; si tratta del culleus/-um (un sacco di pelle bovina di grande capacità), in quo includebantur parricidae (solo i rei confessi per SVET., Aug. 33, 1) cum simia, serpente et gallo (CGL, IV, 502, 3). f. 43r: iniziale M di Magistratus de confessa (mm 45×47), all’incipit di Controversia 8, 1. Nuovamente la scena che visualizza il titolo (scil. Orbata post laqueum sacrilega. Magistratus de confessa sumat supplicium. Amisso quaedam viro et duobus liberis, suspendit se. Incidit ei laquem tertius filius) coinvolge emotivamente il lettore; la mulier, impiccatasi dopo aver perso il marito e due figli, viene deposta dal terzo figlio. f. 47r: iniziale A di Adulterum cum adultera (mm 45×47), all’incipit di Controversia 9, 1. È trasmessa l’immagine di un uomo e di una donna giacenti a letto sorpresi in adulterio come riferisce il titolo della controversia: adulterum cum adultera qui deprenderit, dum utrumque corpus interficiat, sine fraude sit. f. 51v: iniziale Q di Quod ultra michi (mm 45×47), all’incipit di Controversia 10, praef. 1. Il giovane stante sulla destra in atto di chiedere al magister seduto sulla sinistra, in perfetto raccordo con l’ouverture dell’opera, vuole riassumere proprio il messaggio iniziale della controversia: interrogate, si qua vultis, et sinite me ab istis iuvenilibus studiis ad senectutem meam reverti. f. 61r: iniziale L di Licet cunctorum (mm 47×40), all’incipit di De remediis. L’immagine posta a esordio dell’opera – inizio quanto mai singolare al corpus del Seneca morale (riassume tutta l’espressione di 2, 9: in freto morieris. Non ubi, sed qualiter moriaris, ad rem pertinet. Quo devenient opes ? Unde venerunt, revertentur, hoc est ad fortunae manus, inde rursus ad alios abiturae, apud neminem diu mansurae) – vuole evidenziare una tematica che tanto credito ha avuto nel mondo antico, di cui, ad esempio, lo stesso Orazio aveva offerto una sintesi pregnante in Carm. 1, 1, 11-13, 15-18, confortati dal sicuro ancoraggio del commento di Porfirione. f. 63v: iniziale Q di Quanto plus liceat (mm 47×47), all’incipit di Septem sapientium sententiae (III-VII). Immagine del sapiente, dal consueto abbigliamento verde/rosso, intento nel leggere un rotolo iscritto. Ma la miniatura fa evidente riferimento anche ai successivi ff. 63v-67v che trasmettono le sententiae di Publilio Siro. f. 67v: iniziale L di Licet cunctorum (come per il De remediis senecano) (mm 32×27), all’incipit degli excerpta di autori classici (vd. supra). La miniatura trasmette l’inquietante immagine della morte raffigurata con un filatterio latore del consueto hodie michi cras tibi.

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f. 73v: iniziale Q di Quatuor virtutum (mm 37×37), all’incipit di De copia verborum. Raffigurazione probabilmente della prudentia, la prima a essere ricordata tra le quattro virtù, insieme alla magnanimitas, la continentia e la iustitia. f. 79r: iniziale E di Exegisti a me novate (mm 41×42), all’incipit di De ira, 1, 1, 1. Una donna discinta in abito rosso raffigura l’ira, dai sapientes definita brevis insania. L’immagine ben sintetizza gli indicia certa furentium, tra cui il miniatore, ripercorrendo il testo d’esordio senecano, evidenzia l’audax et minax vultus nonché le inquietae manus; sembra proprio che flagrant ac micant oculi, multus ore toto rubor exaestuante ab imis praecordiis sanguine, labra quatiuntur, dentes comprimuntur, horrent ac surriguntur capilli (De ira, 1, 1, 4). f. 85v: iniziale P di Primus liber novate (mm 28×21), all’incipit di De ira, 2, 1, 1. Questa volta è un uomo a raffigurare le tristi conseguenze a cui può portare l’ira, il volontarium animi vitium. f. 96v: iniziale N di Ne irascamur prestabimus (mm 29×27) di De ira, 3, 5, 3 (qui considerato inizio del liber tertius). Viene raffigurata l’avaritia nelle sembianze di una donna vestita di rosso con copricapo bianco, che stringe al seno il sacculus evidentemente gonfio di denaro: è infatti il primo degli omnia pessima vitia da confrontarsi con l’ira. f. 100r: iniziale I di Iram in quocumque (mm 29×27), all’incipit di De ira, 3, 16, 1 (qui considerato inizio del liber quartus). Nel personaggio raffigurato, oltre che il consueto sapiente, si potrebbe adombrare il riferimento al divus Augustus (definito in De clem. 1, 9, 1, mitis princeps), che multa digna memoria fecit dixitque ex quibus appareat iram illi non imperasse (De ira 3, 23, 4). D’altronde le esortazioni a rifuggire l’ira sono rivolte particolarmente a chi è legum praeses o civitatis rector (cfr. De ira 1, 6, 3), a chi è vitae necisque arbiter (cfr. De clem. 1, 1, 2), a chi, in generale, deve assolvere delicatissimi compiti. f. 105r: iniziale V di Videamus quomodo (mm 29×32), all’incipit di De ira, 3, 39, 1 (qui considerato inizio del liber quintus). La figura, rappresentata con in mano una piccola coppa di cristallo, fa esplicito riferimento al gradevole e noto episodio dall’incipit fregerat unus ex servis eius crustallinum (De ira 3, 40, 2-5). f. 106v: iniziale I di Inter multos ac varios (mm 40×35), all’incipit di De beneficiis, 1, 1, 1. Viene raffigurata una donna, simbolo della virtù di chi dà senza interesse, che offre una tunica bianca ad Aebutius Liberalis; cfr. il locus di De benef. 1, 1, 12: nunc est virtus dare beneficia non utique reditura, quorum a viro egregio statim fructus perceptus est. f. 111r: iniziale I di Inspiciamus liberalis virorum optime (mm 35×29), all’incipit di De beneficiis, 2, 1, 1. L’immagine del filosofo vestito nella consueta maniera potrebbe sintetizzare il concetto espresso in De beneficiis 2, 1, 3: Optimum est antecedere desiderium cuiusque, proximum sequi; illud melius, occupare ante quam rogemur, quia, cum homini bono ad rogandum

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f. 118v:

f. 126v:

f. 136r:

f. 143v:

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os concurrat et subfundatur rubor, qui hoc tormentum remittit, multiplicat munus suum. iniziale N di Non referre beneficiis (mm 37×37), all’incipit di De beneficiis, 3, 1, 1. L’immagine proposta nella miniatura è quella del Pudor che dovrebbe accompagnare sempre l’ingratus, colui che beneficium accepisse se negat, colui che quod accepit dissimulat, non reddit, oblitus est (De benef. 3, 1, 3). iniziale E di Ex omnibus que tractavimus (mm 29×27), all’incipit di De beneficiis, 4, 1, 1. Il personaggio raffigurato nella lettera incipitaria potrebbe far riferimento a Sallustio, con il cui quesito Seneca dà inizio al quarto libro: an beneficium dare et in vicem gratiam referre per se res expetendae sint (De benef. 4, 1, 1). iniziale I di In prioribus libris (mm 28×21), all’incipit di De beneficiis, 5, 1, 1. La donna intenta a suonare un’arpa sintetizza la lode che Seneca tributa ad Aebutius Liberalis, homo natura optimus et ad beneficia propensus (De benef. 5, 1, 3). iniziale Q di Quedam liberalis (mm 30×35), all’incipit di De beneficiis, 6, 1, 1. La miniatura, che raffigura un uomo armato in atto di aggredire un personaggio indifeso, sembra far esplicito riferimento a De benef. 6, 3, 2: omnia ista, quae vos tumidos et supra humana elatos oblivisci cogunt vestrae fragilitatis, quae ferreis claustris custoditis armati, quae ex alieno sanguine rapta vestro defenditis. iniziale B di Bonum mi liberalis (mm 30×33), all’incipit di De beneficiis, 7, 1, 1. La figura svincolata da legami cogenti con il testo perché dettata da un intento celebrativo, commemorativo, segnaletico, potrebbe rimandare a Demetrius Cynicus, vir magnus secondo Seneca (De beneficiis 7, 1, 3) o a quell’Hecaton, a cui Seneca in tutto il trattato più volte rimanda; oppure genericamente al ricco, al monarca, a quanti possiedono mezzi per aiutare, poiché l’insegnamento è teso a ristabilire fra gli uomini quell’uguaglianza in cui la natura li ha creati. iniziale Q di Quantum inter phylosophiam interest (mm 35×40), all’incipit di Naturales quaestiones, 1, praefatio 1, 1. È raffigurato Seneca in atto di scrutare il firmamento stellato (cfr. Naturales quaestiones 2, 1, 1: natura siderum et magnitudo et forma ignium quibus mundus includitur). iniziale O di Omnis de universo (mm 30×35), all’incipit di Naturales quaestiones 2, 1, 1. Il personaggio raffigurato – a esordio del libro De fulminibus et tonitribus – in atto di tendere l’arco con la freccia potrebbe far riferimento a Giove, colui che fulmina mittit quasi fossero tela (Nat. 2, 43-45). iniziale N di Non preterit me Lucili (mm 30×33), all’incipit di Naturales quaestiones, 3, praefatio 1, 1. Il poeta raffigurato nella lettera incipitaria del libro terzo De aquis terrestribus sembra proprio fare riferimento ai due esametri virgiliani (Aen. 1, 245-246) riferiti in Nat. 3, 1, 1: unde per ora novem vasto cum murmure montis / it mare proruptum et pelago premit arva sonanti.

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f. 189v: iniziale D di Delectat te quemadmodum (mm 30×33), all’incipit di Naturales quaestiones 4, praefatio 1, 1. Il poeta è raffigurato con lo sfondo occupato dal fiume Nilo a cui fa riferimento anche la rubrica di f. 189r: De proprietate et natura Nili et quare mensibus estiuis magis abundat. f. 200r: iniziale P di Pompeios celebrem (mm 43×33), all’incipit di Naturales quaestiones, 5 (= 6), 1, 1. Il consueto personaggio è questa volta raffigurato con tutto lo sgomento della costernatio e dell’ingens timor dinanzi alla catastrofe delle città campane (il libro, infatti, trasmette la rubrica De motu terrae et causis motu), che porta alla triste realtà che mundus ipse concutitur et partes eius solidissimae labant (Nat. 6, 1, 4). f. 209r: iniziale N di Nemo usque eo tardus (mm 32×27), all’incipit di Naturales quaestiones 6 (= 7), 1, 1. Raffigurazione generica del giovane Lucilio intento a osservare una cometa, in linea con la rubrica de cometis et ipsorum opinionibus. f. 219r: iniziale I di Inquirenti michi in me quedam (mm 50×40), all’incipit di De tranquillitate animi 1, 1. In uno sfondo agreste viene raffigurato un uomo intento nel suonare la cetra, forse quel Democrito autore di un volumen egregium sulla ™uqum…a / tranquillitas (De tranquillitate animi 2, 3), che Seneca vede raggiunta quando animus semper aequali secundoque cursu eat propitiusque sibi sit et sua laetus aspiciat et hoc gaudium non interrumpat, sed placido statu maneat nec attollens se umquam nec deprimens (Tranq. 2, 4). La tranquillitas, insomma, è uno stato d’animo di gioia costante, di serena letizia, che induce a valutare gli omnia vulgi vitia con sorridente indulgenza, come aveva fatto appunto Democrito (Tranq. 15, 2). f. 228r: iniziale M di Maior pars mortalium (mm 45×47), all’incipit di De brevitate vitae 1, 1. È il sapiens dalla barba fluente, raffigurato con il braccio sinistro intorno all’albero della vita e il libro tenuto con la mano destra poggiato sulla gamba (il pensiero rimanda prepotentemente all’immagine di San Giovanni a Patmos frequentemente trasmessa nei codici medievali), che sa andare contro il noto aforisma vita brevis ars longa (Brev. vitae 1, 1): satis longa vita et in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene conlocaretur (Brev. vitae 1, 3) … vita, si uti scias, longa est (Brev. vitae 2, 1). Chi ha tempo nel ricercare la saggezza e la vita dello spirito, che dal tempo non è più condizionato, vive davvero e vive fuori del tempo. f. 242v: iniziale Q di Quesisti a me Lucilii (mm 47×47), all’incipit di De providentia 1, 1. Raffigurazione della providentia con libro nella sinistra e fiaccola nella destra, da cui nihil accidere bono viro mali potest (Provid. 2, 1), soprattutto quando inter bonos viros ac deos amicitia est conciliante virtute (provid. 1, 5). D’altronde per Seneca sventure e avversità sono in realtà, nel disegno provvidenziale, un mezzo efficace per stimolare i buoni e conferire loro il verum robur (Provid. 2, 6). f. 247r: iniziale T di Tantum inter stoicos (mm 50×40), all’incipit di De constantia

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f. 253v:

f. 264r:

f. 274r:

f. 282r:

f. 282v:

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1, 1. Nella miniatura viene riassunto il riferimento all’oltraggio subìto da Catone, personaggio stoico per eccellenza su cui mai cadrà né l’iniuria né la contumelia: huic tu putas iniuriam fieri potuisse a populo, quod aut praeturam illi detraxit aut togam, quod sacrum illud caput purgamentis oris adspersit? Tutus est sapiens nec ulla adfici aut iniuria aut contumelia potest (De const. 2, 3). Il sapiens, infatti, è quell’uomo pervaso da profonda e serena tranquillità, capace, grazie alla saldezza che gli conferisce la sua forza interiore verso il bene, di rimanere illeso dall’iniuria, anche quella peggiore, di non essere toccato dall’altrui ostilità. iniziale V di Vivere Gallio (mm 47×45), all’incipit di De vita beata 1, 1. Quanto mai indicativa è la raffigurazione della ruota della Fortuna (simbolo diffuso sin dai tempi di Boezio e ampiamente trattato in tutto il Medioevo) posta ai piedi del filosofo epicureo Diodoro, a cui Seneca fa esplicito riferimento in De vita beata 19, 1, ricordando il locus virgiliano (Aen. 4, 653) vixi et quem dederat cursum fortuna peregi (cfr. anche Epist. 12, 9): per vivere felici bisogna perseguire il bene dello spirito non le false felicità, dai plures costantemente anelate, che in ogni momento la sorte riduce a mera illusione. iniziale N di Nisi te Marcia scirem (mm 45×40), all’incipit di Consolatio ad Marciam, 1, 1. È raffigurato Seneca in atto di lenire il dolore di Marcia, la figlia di Cremuzio Cordo, per la morte di suo figlio Metilio. Ma la morte non è un male per chi ne è stato colpito: perché la morte null’altro è se non la fine che ci riconduce alla pace nella quale eravamo immersi prima di nascere (Consolatio ad Marciam, 19, 5: mors dolorum omnium exsolutio est et finis ultra quem mala nostra non exeunt, quae nos in illam tranquillitatem in qua antequam nasceremur iacuimus reponit), certi di un ricongiungimento con la persona cara: «ci siamo separati da loro, anzi, li abbiamo mandati avanti con l’intenzione di raggiungerli» (Consolatio ad Marciam 19, 1: dimisimus illos, immo consecuturi praemisimus). iniziale S di Sepe iam mater optima impetum cepi consolandi te (mm 50×45), all’incipit di Consolatio ad Helviam, 1, 1. Seneca in atto di confortare sua madre Elvia per il distacco causato dall’esilio, inteso tuttavia come una semplice commutatio loci, in quanto egli sa di poter fruire in ogni luogo della stessa natura, dello stesso cielo. iniziale M di Marcus Anneus Seneca (mm 17×17), all’incipit della Vita Senecae. Ritratto di Seneca raffigurato calvo con barba fluente (sulla tipizzazione del ritratto di Seneca nei manoscritti medievali vd. ora FRANCHI DELL’ORTO, Iconografia, 27-41). iniziale O di Omne peccatum actio (mm 47×50), all’incipit di De moribus, 1. La miniatura sintetizza De mor. 19: omnes infantes terra nudos excipit: non te pudet sordidius vivere quam nasci. A dir poco sorprendente è la raffigurazione nella lettera incipitaria O (Omne) del de moribus di un personaggio di mezza età, grasso e un poco flaccido, ben rasato nonché calvo col doppio mento e il collo tozzo: mi domando se nella figura così

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f. 284v:

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f. 296v:

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delineata dal miniatore si debba o meno ravvisare il ritratto del filosofo Seneca nella tradizione che trova, proprio nella doppia erma con Seneca e Socrate dello Staatliche Museum di Berlino (una copia da originale di I secolo d.C.), l’unico confronto; se cosí fosse potrebbe essere nuovamente riproposta come autorevole la tradizione che vedeva nei tratti somatici in quel modo proposti i lineamenti di Seneca, tradizione che, unitamente a quella di maggior utenza e in stretto collegamento con la trasmissione testuale senecana, era non del tutto estranea anche alla tradizione iconografica medievale. iniziale S di Scribere Nero (mm 47×47), all’incipit di De clementia, 1, 1. Rispetto all’argomento specifico del trattato, la miniatura presenta un taglio in parte eccentrico, ma pienamente coerente con l’uso prevalente del trattato in epoca medievale: al posto della clementia politica e del tema giuridico della ‘punizione’, infatti, vince la funzione più generale che ammanta il concetto di sovrasensi morali e religiosi. Nel giovane che aiuta due poveri infermi si potrebbero evincere due richiami, generali, al concetto della virtù considerata più umana, che anche il sovrano mai dovrà ignorare (1, 3, 2), e al paragone tra buon principe e medico (1, 17, 2), oppure due loci forse maggiormente puntuali (2, 6, 2; 2, 6, 3). Giova ricordare che, al di là della reinterpretazione cristiana medievale e contro di essa, Seneca in realtà condanna la misericorda (cfr. 2, 4, 5 – 5, 4) e distingue da essa la vera clementia. iniziale C di Cum iuvenem super astra (mm 32×27), all’incipit di Carmina 1. La donna con una lunga treccia bionda sembra far riferimento al Castalidum chorus che vario modulamine plausit (SIDON., Carm. 1, 9) ad Anthemius, imperatore negli anni 467-472, nostri spes maxima saecli (SIDONIUS, Carmina 1, 23). iniziale S di Sidonius Thaumasto (mm 17×17), all’incipit del titolo di Epistulae, 5, 7. È raffigurato Sidonio nel tipico aspetto del sapiens, del tutto simile alla rappresentazione di Seneca raffigurato calvo con barba fluente nell’iniziale M all’incipit della Vita Senecae di f. 282r. iniziale R di Refert hystoriam secularis (mm 17×17), all’incipit di Epistulae 7, 9, 5. Il ms. trasmette la sola contio dell’epistula (5-25). Il personaggio raffigurato potrebbe fare allusione a uno di quei filosofi – come ricorda il paragrafo introduttivo del discorso – che insegnava la patientia tacendi prima della doctrina loquendi. iniziale Q di Quid actum sit (mm 25×25), all’incipit di Apocolocyntosis, 1, 1. È raffigurato Seneca con il medesimo abbigliamento trasmesso nella miniatura incipitaria di f. 274r (Cons. Helv.). La gestualità sembra indirizzare il lettore a riflettere sul messaggio dell’opera, che, al di là della satira contro gli abusi del passato, vuole prospettare un’evoluzione politica che riconduca l’esercizio del potere all’esemplare mitezza del regno augusteo.

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Il codice – come ho cercato altrove di dimostrare – sembra essere stato commissionato insieme a un altro, l’attuale ms. Vat. lat. 7319 (latore delle Tragoediae e delle Epistulae ad Lucilium), anch’esso appartenuto al Capranica (vd. ms. Vat. lat. 8184, f. 36v nr. 302 = f. 69r nr. 378). Si aveva così a disposizione per l’utenza tutto l’opus senecano, compreso non solo quello dello Pseudo Seneca ma anche quello del Seneca retore, secondo una ben consolidata confusione che vedeva nelle Declamationes – cosí erano chiamati gli excerpta delle Controversiae – tutto quello che era noto dell’opera retorica del Seneca moralis; a fronte, viceversa, della parallela tradizione perdurante fino all’Umanesimo italiano che aveva fatto distinguere a Sidonio Apollinare, sulla base dell’errata interpretazione di due loci di Marziale (scil. 1, 61, 7-8 duosque Senecas unicumque Lucanum / facunda loquitur Corduba; 4, 40, 2 et docti Senecae ter numeranda domus) addirittura due Seneca, quorum unus colit hispidum Platona / incassumque suum monet Neronem, / orchestram quatit alter Euripidis (Carm. 9, 232-234). Sulla base dell’analisi paleografica possiamo affermare che almeno tre sono stati i copisti operanti nel medesimo scriptorium che si sono avvicendati in momenti diversi tra la fine del sec. XIV e l’inizio del successivo nella stesura definitiva del prodotto (indicativo è inoltre sottolineare come ben scandita sia la fascicolazione di ciascuna di queste sezioni), compattato ora nei due codici vaticani: a un primo copista si devono i ff. 191-334 del ms. Vat. lat. 7319 (cioè la sua attuale seconda sezione) e i ff. 61-299 del Ross. 604 (in questo modo si sarebbe completata tutta l’opera del Seneca morale e dello Pseudo Seneca); a un secondo copista si devono gli attuali primi ff. 1-60 del Ross. 604 che ci trasmettono il Seneca retore; a un terzo copista si deve la trascrizione del testo delle tragedie senecane ora nei ff. 1-190 del ms. Vat. lat. 7139. In questo modo il committente/possessore aveva a disposizione il Seneca morale, il Seneca tragico e il Seneca retore. La medesima articolata successione temporale si potrebbe supporre anche per la realizzazione della sintassi decorativa (strettamente legata alla visualizzazione testuale), che sembra essere contemporanea all’impianto grafico, la quale nell’impostazione grafico-formale avrebbe avuto come ispiratore comune quel miniatore noto come il Maestro delle iniziali di Bruxelles (e il suo atelier), maestro che sappiamo esordire intorno all’ultimo decennio del Trecento con opere da cui si recupera con sicuri ancoraggi iconografici il suo apprendistato presso la bottega del miniatore bolognese Niccolò di Giacomo (vd. GIBBS, Master, 317-321; BOLLATI, Maestro, 12-14 e Aggiunta, 133-139; CECCANTI, Maestro, 93-95; MEDICA, Nuove tracce, 471-479; Corali, passim; MEDICA, s.v. Il Maestro delle Iniziali, 565-567 e Miniatura a Bologna, 190). In particolare, proprio al Maestro delle iniziali di Bruxelles è da riferire, come già proposto, la realizzazione delle miniature delle Tragedie nel ms. Vat. lat. 7319; a un’altra personalità, forse un suo valente allievo, cosí almeno sembrerebbe, quella delle Epistole dello stesso codice nonché almeno quella compresa tra i ff. 61-218 del Ross. 604; ad altri miniatori sempre della medesima bottega quella prevista per i restanti ff. 1-60, 219-299 del medesimo Ross. 604 (sebbene non sia del tutto da escludersi in alcuni casi anche l’intervento del Maestro). Resta da definire l’e-

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poca in cui fu realizzata la decorazione dell’opera senecana. L’esame paleografico ci consente di collocare i ff. 191-334 del ms. Vat. lat. 7319 e i ff. 61-299 del Ross. 604 al piú tardi a un periodo compreso nell’ultimo decennio del sec. XIV, così come i ff. 1-60 del Ross. 604 e i ff. 1-190 del ms. Vat. lat. 7139 al piú tardi entro il primo decennio del sec. XV. Se corretta risulta essere questa ripartizione cronologica del testo – suscettibile di eventuali precisazioni – sarebbe da pensare, conseguentemente, che anche la decorazione o è contemporanea alle varie scansioni della definizione testuale (il che riproporrebbe la precisa assegnazione cronologica della seriazione delle opere del Maestro) oppure, come ritengo, che essa è stata effettuata nella sua completezza in un secondo tempo, quando si poté avviare l’allestimento delle miniature, previsto ma non eseguito in contemporanea alla redazione scritta, vale a dire nel secondo decennio del 1400, nel periodo in cui il Maestro delle iniziali di Bruxelles lavorava direttamente alla realizzazione delle Tragedie, che peraltro sembra non aver portato a compimento, nonché al Valerio Massimo ora ms. Vat. lat. 7320. Buono lo stato di conservazione sebbene la pergamena risulti spesso ingiallita. Presenti sporadiche macchie di umidità e solo in alcuni margini esterni si notano fori di tarli. L’apparato decorativo non presenta cadute della pellicola pittorica e della foglia d’oro. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (legatura cartonata cucita su corda ricoperta in piena pelle con filettature dorate nei piatti esterni e nel dorso). Rest. nel 1965. Sul dorso in alto si legge M(ARCI) ANN(AEI) SENECAE / RHETOR(IS) / CONTROV(ERSIARUM) LIBRI / L(UCII) ANN(AEI) SENECAE / PHILOS(OPHI) / OPERA VARIA / SIDON(IUS) APOLIN(ARIS) / QAEDAM (sic); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Nel margine inferiore del dorso è scritto EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il codice apparteneva al cardinale Domenico Capranica (1400-1458) prima che esso, per sua disposizione testamentaria, entrasse a far parte della biblioteca del Collegio dallo stesso fondato (noto anche come Sapienza Firmana; vd. Vat. lat. 8184 f. 36r nr. 301 = f. 69r nr. 377). Un Iulius Caesar Valentinus Romanus iuris utriusque doctor si firma almeno nel XVII secolo nel margine superiore del f. 1v. Il codice fu in seguito acquisito dal cavaliere Giovanni Francesco de Rossi (1796-1854) (sigilli della Rossiana ai ff. 1r e 299v). Dal 1922 è parte integrante dei fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana. (SILVA TAROUCA, III, 161r-164r; Bibl. Rossianae, V, 428r) TIETZE, Die illuminierten, 91-92 nr. 144, fig. 118; FOHLEN, Apocryphe, 159-160, 184, 189; Manuscrits classiques latins, 471-474; BUONOCORE, Seneca Vaticani, 283, 286-289, 294-296; BUONOCORE, Seneca, 198, 205; PASUT, Miniatori, 544; BUONOCORE, Per un iter, 19-20, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 76-77; BUONOCORE, Variante testuale, 193-204, figg. 1-12; BUONOCORE, Tra i codici miniati, 176, n. 51, 179, 181.

MARCO BUONOCORE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 605 (olim IX, 295) Gradualis-Antiphonarium: Officium sanctae Clarae (ff. 1r-28r); Missae (ff. 28v85v); Antiphona “Salve sancte Pater Patriae” (ff. 85v-86v) Firenze, sec. XVI1 (f. 87r) Tempore sororis Lucretie de Beninis digne abbatissae Santae Clarae de /// Membr. (pergamena omogenea, abbastanza spessa ma liscia e chiara); ff. I, 87 (i ff. I e 87, pergamenacei, erano le antiche guardie); numerazione recente (XX secolo) in cifre arabiche a lapis nell’angolo in alto a destra; richiamo in orizzontale al centro del margine inferiore, tra 4 virgole; il codice misura mm 505×365 (f. 2); scrittura gotica corale a inchiostro bruno; notazione musicale quadrata nera su tetragramma rosso, con chiavi e custos; specchio scrittorio a piena pagina (mm 330×223), con 5 sistemi per pagina; rigatura a colore bruno chiaro, ribadita pagina per pagina.

La decorazione comprende 1 pagina ornata, 5 iniziali istoriate (mm 150×120); 2 iniziali ornate grandi (fino a mm 200×190, ma in genere mm 130×120); 118 iniziali ornate piccole (mm 60×65 ca.). Lettere filigranate piccole, a colori alternati rosso e blu; 1 iniziale ornata piccola aggiunta a f. 85v. Iniziali nere leggermente ingrandite e ornate da tocchi di colore giallino e disegni a penna. Rubriche in rosso.

Ross. 605, f. 1r

Ross. 605, f. 28v

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ROSS. 605

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f. 1r: pagina ornata: i margini superiore interno e inferiore sono riempiti da un fregio continuo, costituito da una bordura dorata, incorniciata da un listello viola; sul fondo d’oro si distendono i tralci floreali, sviluppati da un unico stelo diritto, interrotto da vasi e putti con la parte inferiore del corpo formata da foglie. Nel margine superiore, compare un medaglione purpureo con il monogramma dorato YHS; nel margine inferiore, campeggia un grande medaglione istoriato, raffigurante santa Chiara che protegge col suo mantello le monache clarisse. f. 1r: iniziale ornata I di Iam sancte Clare, all’incipit dell’Ufficio In sancte Clare virginis. In primis vesperis. La lettera è costituita da una barra azzurra con la parte interna più scura, arricchita da un motivo a intreccio dorato; è circondata da un campo rettangolare purpureo incorniciato d’oro, riempito da due pendagli appesi alle terminazioni fogliacee della lettera, formati da gemme, perle e due cammei con busti virili all’antica. f. 12v: iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes, all’incipit dell’Introito della Messa In die sancte Clare. Santa Chiara è rappresentata a mezza figura, recante libro e giglio, davanti a un muretto che nasconde il paesaggio alle sue spalle. Accanto alla lettera, nel fregio floreale che riempie il margine, compare il monogramma YHS entro un medaglione purpureo. f. 17v: iniziale istoriata P di Post vite Clare, all’incipit dell’Antifona In die sancte Clare. In secundis vesperis. Santa Chiara è rappresentata a mezza figura, di tre quarti, ancora con il giglio e il libro in mano e un muretto azzurro alle spalle. f. 28v: iniziale istoriata S di Salve sancta parens, all’incipit della Messa della beata Vergine Maria. La Vergine con il Bambino. Sullo sfondo, una finestra aperta su un muro in controluce, rivela un paesaggio con alberi e colline. La Madonna, vestita con una tunica purpurea e un mantello azzurro dai risvolti verdi, tiene in braccio il Bambino, che le afferra il mantello e le accarezza il volto; il Bambino indossa una vestina bianca e una mantellina viola, cangiante al rosa. f. 40r: iniziale istoriata P di Puer natus est, all’incipit dell’Introito della Messa In nativitate domini. Adorazione del Bambino. Maria e Giuseppe pregano inginocchiati nella capanna, mentre dallo sfondo si avvicinano due pastori. Il Bambino è posato sull’erba e vegliato dal bue e dall’asinello. Le iniziali ornate, presenti su quasi tutte le pagine, sono molto uniformi per tipologia e dimensione: su un fondo quadrato d’oro bordato di nero, spicca il corpo della lettera, colorato in blu, porpora o verde, con interstizi più scuri, ravvivati da intrecci o arabeschi d’oro. Sul corpo della lettera aderiscono foglie d’acanto multicolore, mentre gli occhielli, bordati da un listello ocra e campiti in tinte scure, sono riempiti da singoli fiori o foglie arricciate. Due iniziali, di tipo identico, ma di dimensioni maggiori, sono poste all’incipit delle importanti festività di santa Chiara e della Vergine (ff. 9v e 24r).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Fa eccezione la rozza iniziale di f. 85v, posta all’incipit del canto aggiunto in epoca posteriore, Salve sancte pater patrie (ff. 85v-86v). La lettera presenta il corpo dipinto in color ciclamino, con l’interno bianco riempito da fiorellini colorati in verde e arancio; il campo esterno quadrato è colorato in ocra. L’apparato decorativo del codice è il risultato della collaborazione di artisti diversi, tutti riconducibili ad ambito fiorentino di primo Cinquecento. Le iniziali ornate e i fregi floreali sono realizzati nello stile caratteristico della bottega di Giovanni di Giuliano Boccardi, detto Boccardino il Vecchio (GALIZZI, s.v. Boccardi, 113-116): a esso riportano le grandi lettere campite in colori scuri (blu, porpora, verde cupo), con decorazioni dorate in forme vegetali o a intreccio negli interstizi e con occhielli riempiti da un singolo fiore o da una foglia accartocciata su fondo scuro. Altrettanto caratteristico è il fregio di foglie e fiori colorati, elegante e arioso, campito su fondo oro o sulla pergamena risparmiata, spesso arricchito, come nella pagina iniziale del codice, da gemme, perle o da elementi ornamentali ripresi dalla glittica antica. Particolarmente vicine a quelle del codice rossiano sono le iniziali ornate e le bordure realizzate da Boccardino e dai suoi collaboratori nei codici eseguiti per la Badia Fiorentina nel secondo decennio del XVI secolo, specialmente riguardo al Salterio del Museo di San Marco ms. 548, datato intorno al 1518 (Codici liturgici miniati, 122-125). Le illustrazioni delle iniziali istoriate rivelano la mano di un artista diverso, identificabile con Monte di Giovanni (GALIZZI, s.v. Monte, 798-801), con il quale Boccardino il Vecchio collaborò, ad esempio, nel Salterio del Museo di San Marco, ms. 542, eseguito per la Badia Fiorentina nel 1514-1515 (Codici liturgici miniati, 75-95). Appartengono al suo stile le figure di santi e personaggi sacri saldamente modellate dal chiaroscuro, contraddistinte da fisionomie espressive, facilmente riconoscibili grazie ai volti pieni, agli occhi tagliati a mandorla, ai nasi leggermente schiacciati e alle bocche piccole e carnose. L’autografia del maestro è ipotizzabile per tutte le illustrazioni, ma specialmente per la bellissima Vergine con il Bambino (f. 28v), caratterizzata dalla grande naturalezza dei gesti e dalla qualità iridescente dei colori utilizzati per le vesti, dipinte a minuscoli tocchi di pennello, con una tecnica ‘divisionista’ che dà ai panneggi un aspetto morbido e pulviscolare, paragonabile agli esiti di Filippo Lippi. Il codice, restaurato, si presenta in buono stato di conservazione, a parte qualche pagina consunta, per esempio la prima, dove la miniatura in basso è molto rovinata e la foglia d’oro screpolata. Legatura molto probabilmente originale, restaurata recentemente. Le assi in legno sono rivestite dalla coperta di reimpiego in pelle, con semplici filetti impressi. I piatti conservano tracce di antichi fermagli perduti, cantonali e una placca centrale in ottone, a forma di fiore. Il corale proviene sicuramente da un convento di clarisse, come indicano la nota a f. 87r, ma soprattutto il contenuto liturgico del codice e l’iconografia delle iniziali miniate. Tuttavia, il luogo esatto di provenienza è sconosciuto e il no-

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ROSS. 605-606

me del luogo che era riportato nella nota è stato completamente eraso. È probabile che il de Rossi sia entrato in possesso del corale acquistandolo direttamente presso la chiesa o il convento in cui esso era conservato. (Bibl. Rossianae, V, 429r-v) TIETZE, Die illuminierten, 150 nr. 331; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 84 nr. 184; CORSO, Corali miniati, 206, 213, 215.

GIORGIA CORSO Ross. 606 (olim IX, 296) Gradualis-Antiphonarium monasticum: Missae Natalis et in honore Spiritus Sancti, Missae et Officia sancti Iohannis Baptistae, sanctae Clarae, Decollatio sancti Iohannis Baptistae, Sequentia Natalis ‘Verbum Caro’ (ff. 1r-58v); Himnum ‘Sancti Battiste martiris Iohannis’ (ff. 58v-59r) Toscana, sec. XVI1 (f. 58v) colophon: Hoc librum fecit frater Iulianus Ordinis Montis Oliveti pro monasterium Sancti Ioannis de Pistorio tempore domine Camille de Cambis de Florentia abbatissa. Membr. (pergamena chiara e molto liscia, ma abbastanza spessa); ff. I, 159 (guardia membranacea antica); numerazione recente, a cifre arabiche apposte a matita nell’angolo in alto a destra, salta un foglio tra f. 12 e f. 13; mm 480×345 (f. 2); codice costituito esclusivamente da quinioni, senza richiami; scrittura gotica corale in inchiostro nero a piena pagina; scrittura musicale quadrata nera su tetragramma rosso, con chiavi, custos e separazione delle battute; specchio rigato (mm 307×225) con 5 sistemi musicali e 5 linee di testo per pagina; rigatura a colore, ribadita su ogni pagina.

La decorazione comprende 5 iniziali istoriate, di cui 2 maggiori (mm 120×110) e 3 medie (mm 85×75), 2 iniziali ornate (mm 65×65 ca.) e 21 iniziali filigranate con decorazioni floreali e figurate policrome a pennello e oro (mm 60×60 ca.); iniziali decorate con tocchi di colore; iniziali colorate rosse con motivi a risparmio solo a ff. 58v-59r; rubriche rosse.

Ross. 606, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 1r: iniziale istoriata D di Dominus dixit, all’incipit dell’Introito della Messa In nativitate domini. Adorazione del Bambino. Al riparo della stalla, Maria e Giuseppe inginocchiati adorano il Bambino, posato sull’erba. Sullo sfondo si intravede un sereno paesaggio campestre. Iniziale di grandi dimensioni, corrispondente a due sistemi musicali, accompagnata dal fregio floreale che si sviluppa nel margine interno della pagina. f. 5r: iniziale istoriata S di Spiritus domini, all’incipit dell’Introito della Messa In honore Spiritus Sancti. La Pentecoste. Nell’occhiello superiore della lettera, la colomba nimbata scende in volo in un cielo limpido; in quello inferiore è raffigurata a mezzo busto la Vergine in preghiera, affiancata dai santi Pietro e Paolo. Iniziale di dimensioni medie, corrispondente a un sistema musicale, accompagnata da un breve tralcio floreale nel margine interno della pagina. f. 10v: iniziale ornata I di Ipse peribit, all’incipit dell’Antifona In vigilia sancti Ioannis Baptiste ad vesperas. Lettera formata da un fusto ornato di foglie e fiori multicolori, su campo quadrangolare in foglia d’oro. f. 17v: iniziale istoriata D di De ventre matris, all’incipit dell’Introito della Messa In nativitate sancti Ioannis Baptiste. Nascita di san Giovanni Battista. All’interno della camera spoglia in cui Elisabetta è accudita nel suo letto da alcune ancelle, il neonato in fasce è presentato dalle nutrici a Zaccaria. Iniziale di dimensioni medie, corrispondente a un sistema musicale. Nel margine esterno della pagina si estende un fregio floreale contenente tre medaglioni dorati con all’interno i busti di san Francesco, santa Chiara e sant’Antonio da Padova. f. 33v: iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes, all’incipit dell’Introito della Messa In die sancte Clare. Santa Chiara accoglie sotto il suo manto sei monache clarisse, secondo lo schema iconografico della Madonna dei raccomandati. Iniziale di grandi dimensioni, corrispondente a due sistemi musicali, accompagnata da un fregio floreale nel margine esterno della pagina. f. 41v: iniziale ornata H di Herodes enim tenuit, all’incipit dell’Antifona In decollatione sancti Ioannis Baptiste in primis et secundis vesperis. Lettera dal corpo azzurro con ornamenti in biacca, arricchita da foglie e fiori multicolori, su campo quadrangolare in foglia d’oro e fondo interno porpora con ramages dorati. f. 48r: iniziale istoriata I di Iustus ut palma, all’incipit dell’Introito della Messa In decollatione sancti Ioannis Baptiste. Decollazione di san Giovanni Battista. Nel cortile della prigione, il carnefice rinfodera la spada, mentre la testa del santo giace a terra staccata dal corpo. Iniziale di dimensioni medie, corrispondente a un sistema musicale, accompagnata da un breve tralcio floreale nel margine interno della pagina. Iniziali filigranate ai ff. 22r (H), 22v (I), 24r (I), 27r (C), 27v (D), 31v (V), 33r (G), 37v (P), 38r (A), 39r (H), 39v (L), 45v (V), 52r (P), 53r (S), 54v (V), 55r (V), 55v (G), 56r (A), 56v (V), 57v (V).

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ROSS. 606

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La decorazione del codice rientra nella produzione fiorentina del primo Cinquecento. Le iniziali miniate a pennello presentano il corpo liscio di colore azzurro o porpora, chiaroscurato in modo da suggerire la tridimensionalità, ornato da disegni geometrici e floreali in biacca e fasciato da foglie d’acanto colorate; il campo esterno quadrangolare è in foglia d’oro chiaro. Le bordure marginali sono costituite da un tralcio continuo di fiori e foglie multicolori, disposte simmetricamente attorno a uno stelo diritto, oppure con andamento ondulato. Le iniziali filigranate sono rifesse, campite in rosso o blu; la filigrana, spesso eseguita in due colori, forma un campo quadrato attorno alla lettera e quasi sempre racchiude al centro un singolo motivo decorativo eseguito a pennello, raffigurante diamanti, gemme, perle, cammei, maschere, oppure medaglioni illustrati con piccole figure di suore clarisse, putti alati, cerbiatti, trofei e fiori. Notevole è la lettera filigranata posta all’incipit dell’Antifona in die sancte Clare, in secundis vesperis: l’iniziale, di dimensioni maggiori del solito, è campita in oro e racchiude al centro dell’occhiello un clipeo con l’effigie di santa Chiara, raffigurata sullo sfondo di un paesaggio roccioso. Iniziali filigranate di tale ricchezza si ritrovano nei codici miniati per la Badia Fiorentina al principio del Cinquecento, in particolare in alcuni salteri conservati a Firenze presso il Museo di San Marco, mss. 542 e 543 (Codici liturgici miniati, 75-95 e 96-103). Il confronto con i codici della Badia vale anche per quanto riguarda le iniziali ornate e le bordure, che corrispondono allo stile elaborato e diffuso dalla bottega di Giovanni di Giuliano Boccardi, detto Boccardino il Vecchio (GALIZZI, s.v. Boccardi, 113-116). Allo stesso maestro, o forse a un suo collaboratore, si possono assegnare le parti figurate del corale rossiano, a eccezione della prima iniziale istoriata. In esse si riscontra infatti quel certo impaccio e la scarsa espressività fisionomica che caratterizzano le storie e i personaggi eseguiti da Boccardino, il cui valore si esprime piuttosto negli apparati ornamentali. Riportano comunque al repertorio della sua bottega le figure di santi a mezzobusto, stagliati su paesaggi montuosi: ricorrono in diversi codici della Badia, quali i salteri di San Marco, mss. 544 e 545 (Codici liturgici miniati, 104-108 e 109-112), oltre al già citato ms. 542, tutti databili al secondo decennio del XVI secolo. Un’inflessione stilistica leggermente diversa connota l’illustrazione con l’Adorazione del Bambino, contenuta nell’iniziale istoriata all’incipit del testo: la minuzia dei dettagli, il disegno più preciso e costruttivo, l’adozione di colori smaltati e infine, una maggiore dolcezza ed espressività nei volti dei personaggi, rivelano a mio avviso l’intervento di un altro miniatore, più sensibile al modello di Domenico Ghirlandaio. Il codice necessita di una nuova rilegatura, ma i fogli si conservano tutti in ottimo stato. Legatura antica (sec. XVII-XVIII), di tipo monastico: gli assi in legno sono rivestiti di una coperta in pelle rosso-bruna, con decorazioni impresse e dorate a filetti multipli, cornici concentriche e singoli motivi vegetali sui piatti, e sempli-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ci riquadri con croci di sant’Andrea sul dorso. Si conservano le borchie, i cantonali e la placca centrale di metallo niellato con motivi floreali, oltre a tracce di fermagli, non più esistenti. Sul piatto anteriore, in alto a sinistra, è incollato il piccolo cartellino con la segnatura rossiana IX, 296. All’interno del piatto anteriore compare un altro cartellino, probabilmente staccato dal dorso, recante la segnatura Q 8, pertinente a una precedente collocazione. Il codice fu realizzato per il monastero di Clarisse di San Giovanni Battista di Pistoia, come attesta il colophon a f. 58v: Hoc librum fecit Frater Iulianus Ordinis Montis Oliveti pro monasterium Sancti Ioannis de Pistorio tempore domine Camille de Cambis de Florentia abbatissa. È probabile che frater Iulianus vada identificato con il copista. La provenienza è confermata dal contenuto liturgico e dall’iconografia delle miniature, che danno grande risalto alle feste relative al Battista e a santa Chiara, oltre che dall’aggiunta posteriore, alla fine del testo, dell’inno Sancti Battiste martiris Iohannis (ff. 58v-59r). L’ulteriore addizione, a f. 59v, del canto Benedicamus domino, in notazione quadrata bianca, è accompagnata dall’invocazione sit in nomen (sic) domini benedictus [///], con il nome sfortunatamente cancellato. (Bibl. Rossianae, V, 430r-v) TIETZE, Die illuminierten, 137-138 nr. 304; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 84 nr. 185; CORSO, Corali miniati, 206, 213, 214, 218.

GIORGIA CORSO

Ross. 607 (olim IX, 297) Gradualis-Antiphonarium: In conversione sancti Pauli (ff. 1r-31v); Missae in commemoratione sancti Pauli, Missae Virginis (ff. 31v-58v); Missae communium et defunctorum (ff. 58v-90v); Officium defunctorum (ff. 90v-129v); Missae (mutilo e d’altra mano?, ff. 130r-133r) Firenze, sec. XVIin. Membr. (pergamena giallastra, abbastanza spessa, con alcune imperfezioni); ff. III, 132, III’ (le prime 2 e le ultime 2 guardie sono cartacee moderne, la terza e la quarta membranacee antiche); numerazione antica, a numeri romani, apposta in rosso sul recto del foglio, al centro del margine esterno, per i ff. I-CXXIX, proseguita da una mano più recente sui fogli seguenti, salta da XXIII a XXV; numerazione meccanica moderna, in cifre arabiche, nell’angolo inferiore esterno, per ff. 1-133; richiami non sempre presenti, disposti al centro del margine inferiore nell’ultimo foglio verso del fascicolo, tra quattro trattini disposti a raggiera; il codice misura mm 410×275 (f. 2); scrittura gotica corale in inchiostro bruno o nero; notazione quadrata nera, con chiavi e custos, separazione delle battute, su tetragrammi rossi; specchio scrittorio (mm 294×196) a piena pagina, con 6 sistemi musicali e 6 linee di scrittura per foglio; rigatura a colore bruno chiaro, ribadita su ogni facciata; regola di Gregory sempre rispettata, a eccezione di ff. 9v e 10r (rispettivamente lato carne e lato pelo), tra i quali però non si registrano lacune.

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ROSS. 606-607

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La decorazione comprende 3 pagine ornate, 3 iniziali istoriate (mm 100×100 ca.); numerose iniziali filigranate medie (mm 50×55) e piccole (mm 25×30), in rosso e blu, con ornati di penna di colore opposto; ai ff. 26v-31v, decorazione semplificata, con iniziali rifesse in rosso e blu, senza filigrane; iniziali più grandi in nero, toccate in giallo; rubriche in rosso. Nelle parti aggiunte (ff. 105r-132v) compaiono solo iniziali rosse con filigrane rosse e blu. f. 1r: pagina ornata: i margini interno, superiore e inferiore sono riempiti da una bordura floreale arricchita da vasi e putti alati; al centro del margine inferiore compare un medaglione circolare azzurro bordato in oro con le lettere S(ANCTUS) P(AU)L(U)S, Ross. 607, f. 4v sorretto da due putti alati con i corpi terminanti in foglie. Iniziale istoriata E di Ego plantavi Apollo, all’incipit dell’Antifona In conversione sancti Pauli ad vesperas. San Paolo con spada e libro, in piedi entro il paesaggio, con grande barba e capelli lunghi. Iniziale dal corpo azzurro ornato di foglie multicolori e racchiuso entro un campo dorato. f. 4v: pagina ornata: tutti e quattro i margini sono occupati da una fitta bordura costituita da fiori, foglie, vasi, putti alati e rari gioielli con perle e gemme. Il margine inferiore ospita lo stemma della famiglia Tolomei: d’azzurro, alla fascia d’argento, accompagnata da tre mezzelune montanti d’argento, due in capo e una in punta. Iniziale istoriata S di Scio cui credidi, all’incipit dell’Introito della Messa In conversione sancti Pauli. Conversione di san Paolo. Saulo, caduto a terra, si porta una mano alla fronte, colpita dai raggi divini; è raffigurato in armatura, con barba e capelli lunghi, entro un paesaggio con montagne in lontananza. f. 14v: pagina ornata: tutti i margini sono occupati da fregi floreali con mascheroni, cornucopie, scimmie, pavoni e animali fantastici (cavalli alati e un’arpia); un gioiello campeggia al centro del margine inferiore. Iniziale istoriata Q di Qui operatus est, all’incipit del Responsorio In conversione sancti Pauli, ad matutinum. San Paolo predica a vari personaggi, occidentali e orientali, entro un ambiente in fondo al quale una finestra si apre su un cielo parzialmente coperto dagli alberi. Paolo è in piedi sui gradini, mentre i tre astanti stanno seduti con alle loro spalle un muro, al di là del quale altri due giovani ascoltano in piedi.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’ornamentazione del codice non prevede iniziali decorate a pennello, ma solo rare pagine ornate e capilettera istoriati, riferibili all’ambito della produzione fiorentina che fa capo a Francesco di Antonio del Chierico (su cui BOLLATI, s.v. Francesco di Antonio del Chierico, 228-232), presso la cui bottega si formarono i principali miniatori attivi negli ultimi decenni del XV secolo. Si considerino in particolare le bordure, costituite da fitti tralci floreali in campo aperto, generati da un unico stelo diritto e arricchiti da elementi ornamentali (vasi, gioielli, perle e festoni), da putti alati e da animali esotici e fantastici: le decorazioni appaiono eseguite con particolare cura, con l’applicazione di oro in foglia e con un disegno sicuro, che si apprezza soprattutto nelle figure degli eroti. Per quanto riguarda le illustrazioni, l’aspetto stilistico generale e, più nel dettaglio, la conformazione e la fisionomia delle figure, rimandano all’ambito di Attavante, miniatore fiorentino attivo tra gli ultimi decenni del Quattrocento e i primi due del Cinquecento, celebrato già dai contemporanei per la grande quantità e l’elevata qualità dei suoi lavori (Miniatura fiorentina, 219-238; GALIZZI, s.v. Vante, 975-979). Formatosi negli anni Settanta presso la bottega di Francesco di Antonio del Chierico, dal quale mutuò il tipo di ornato marginale, Attavante ottenne committenze prestigiose tanto nell’ambito ecclesiastico, quanto in quello nobiliare. Tuttavia, almeno fino al 1515 l’artista realizzò anche libri liturgici di tono minore, destinati a una clientela più modesta e contrassegnati dalla rinuncia al sontuoso stile architettonico, tipico dei frontespizi delle sue creazioni maggiori; anche il ricorso alle citazioni dall’antico nel repertorio ornamentale delle bordure vi appare molto ridotto. In una simile produzione di tipo più corrente, nella quale trova spazio l’intervento della bottega, rientra anche il codice rossiano, che per il grado di maturità dello stile può essere collocato all’inizio del XVI secolo. Tutti i capilettera istoriati sono incentrati sulla figura di san Paolo, a introdurre testi e canti liturgici dedicati al santo; la prima miniatura (f. 1r) lo raffigura in piedi, isolato entro un paesaggio, armato di spada e avvolto da un ampio mantello purpureo, con riflessi dorati. La seconda immagine (f. 4v) ce lo restituisce nel momento della conversione, seduto a terra, nell’atto di proteggersi gli occhi dalla luce divina che lo ha reso cieco: la posa del santo riprende quella di un soldato che assiste alla Resurrezione di Cristo in una iniziale miniata da Bartolomeo di Domenico di Guido in uno dei corali di San Bonaventura in Bosco (ora a Firenze, Biblioteca del Convento di San Marco, ms. 585, f. 1r). La terza lettera istoriata del codice rossiano (f. 14v) rappresenta invece la predicazione, ambientata entro uno spazio chiuso che richiama l’interno di una chiesa; il santo è in piedi sui gradini che potrebbero appartenere al presbiterio, mentre gli astanti sono circondati da un muretto che sembra alludere al recinto del coro. Nonostante le differenze nell’ambientazione delle scene e nella scala dimensionale dei personaggi, le tre miniature sembrano appartenere alla mano di un solo miniatore, come rivela l’analisi dei dettagli e della tecnica pittorica.

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ROSS. 607-608

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Il codice è in buone condizioni, integro, ma è stato eccessivamente rifilato, causando una parziale perdita delle bordure miniate. Una breve sezione ai ff. 26v-31v, andata forse perduta ab antiquo o rimasta incompiuta, è stata integrata da una mano di poco posteriore, in modo da mantenere la continuità del testo con il fascicolo successivo. Legatura di restauro (1965) con assi in legno rivestite della coperta antica, in pelle bruna con impressioni a caldo a filetti e fregi e piccoli tondi con il monogramma YHS; i piatti presentano cantonali e placca centrale metallici, con decorazioni floreali a niello, mentre i semplici fermagli sono moderni. Il codice conserva alcune tracce della sua originaria destinazione, non sufficienti tuttavia a identificarne con precisione il committente o il possessore. Nel margine inferiore del frontespizio a f. 4r compare uno stemma identificabile con quello della famiglia Tolomei. Poiché tale stemma è evidentemente originale e armonicamente integrato nella decorazione, possiamo sicuramente collegare la committenza del codice alla nobile famiglia senese. Il contenuto liturgico del corale, unitamente all’iconografia dei capilettera istoriati, è espressione di una speciale devozione verso san Paolo; vi compaiono infatti l’Ufficio e Messa in conversione sancti Pauli e la Messa in commemoratione sancti Pauli. È dunque probabile che il volume sia stato approntato per il culto di una chiesa o di una confraternita dedicata all’apostolo. Non è possibile risalire alle precise circostanze dell’acquisizione del codice da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 481r-v) TIETZE, Die illuminierten, 136 nr. 298; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 84-85; CORSO, Corali miniati, 206.

GIORGIA CORSO

Ross. 608 (olim IX, 298) Gradualis: Proprium missarum de tempore (ff. 1r-209r); Proprium missarum de sanctis (ff. 209r-222r); Hymni ordinarii (ff. 222v-236v); Missae variae (ff. 236v238r); Missae votivae et hymni (ff. 238v-251v) Firenze, sec. XV3 Membr. (pergamena leggermente spessa e ondulata, non molto chiara e omogenea; nella seconda parte decisamente spessa e scura); ff. V, 251, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); gli ultimi tre fascicoli (ff. 239-251) sono un’aggiunta del XVII secolo; numerazione antica in cifre romane al centro del margine esterno in rosso; altra numerazione moderna meccanica in cifre arabiche nell’angolo inferiore esterno, successiva alla caduta di f. XLVIII e all’asportazione di f. CLXVIII; la regola di Gregory non

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

è rispettata in corrispondenza delle due lacune (tra f. 47v e f. 48r, tra f. 166v e f. 167r) e negli ultimi tre fascicoli; richiamo in orizzontale al centro del margine inferiore, tra due punti; mm 540×378 (f. 2); scrittura gotica corale a inchiostro nero; notazione musicale quadrata nera su tetragrammi rossi, con chiavi e custos, divisione delle battute; in alcuni passi, note cancellate; specchio scrittorio (mm 387×270; ma nei fascicoli aggiunti mm 385×265) a piena pagina, con sette sistemi per pagina; rigatura a colore, ribadita su ogni facciata.

Ross. 608, f. 137r

La decorazione della parte originaria del codice comprende 5 iniziali istoriate (mm 200×190 ca.), 41 iniziali ornate (mm 110×110 ca.), iniziali filigranate grandi (mm 120×120) e piccole (mm 35×40); rubriche rosse, scrittura distintiva a lettere piccole filigranate alternate rosse e blu. Negli ultimi tre fascicoli compaiono solo 1 grande iniziale (mm 120×120) campita in inchiostri colorati e alcune lettere colorate più piccole.

f. 1r:

iniziale istoriata A di Ad te levavi, all’incipit dell’Introitus missae in dominica I de adventu domini. David, in piedi tra le nubi, eleva a Dio la propria anima, raffigurata come un fanciullo nudo inginocchiato in preghiera nella sua mano sinistra. Le prime parole del testo sono in scrittura distintiva di lettere bicolori alternate con semplici filigrane. f. 25r: iniziale istoriata P di Puer natus est, all’incipit dell’Introitus missae in die nativitatis domini. Adorazione del Bambino. Maria, inginocchiata in un paesaggio in cui si scorge in lontananza la grotta rocciosa del presepio, adora il bambino, disteso a terra nudo. f. 137r: iniziale istoriata R di Resurrexi et adhuc, all’incipit dell’Introitus missae in resurrectione domini. La Resurrezione. Cristo risorto esce dal sepolcro mostrando la ferita sulla mano destra, con il vessillo nella sinistra. Il sepolcro su cui il Redentore poggia i piedi è scorciato in profondità, sullo sfondo di un paesaggio naturale privo di altri personaggi. f. 162v: iniziale istoriata V di Viri Galilei quid, all’incipit dell’Introitus missae in dominica ascensionis. L’Ascensione. La Vergine e gli apostoli, raffigurati a mezzo busto, assistono all’ascensione di Cristo, che appare tra le nubi, mostrando le stimmate. f. 175v: iniziale ornata C di Cibavit eos ex adipe, all’incipit dell’Introitus missae in sollempnitate (sic) corporis Christi. L’occhiello della lettera, campito in azzurro con ornati in filigrana bianca, racchiude il calice eucaristico tutto d’oro, sormontato dall’ostia crucisegnata.

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ROSS. 608

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f. 215v: iniziale istoriata B di Benedicite dominum omnes, all’incipit dell’Introitus missae in honorem beati archangeli Michaelis. La battaglia celeste tra l’arcangelo Michele e il drago. Iniziali ornate ai ff. 3r (P), 5v (G), 30v (E), 32v (I), 39v (C), 43r (E), 45v (E), 54v (I), 79r (O), 91v (L), 104v (I), 116v (D), 141r (A), 150v (Q), 153v (I), 157r (V), 164v (E), 169r (A), 173v (B), 178v (D), 180r (F), 181r (R), 182r (D), 183r (E), 184r (D), 187r (S), 182r (E), 189v (D), 192r (R), 193r (P), 193v (I), 194v (M), 195r (I), 197r (D), 199v (I), 201r (S), 204v (S), 209r (E, corretta come S), 211v (I), 213v (E), f. 220r (S). Iniziale policroma a inchiostro a 239r (G). La decorazione del codice, omogenea per quanto riguarda il corpus originario, va assegnata alla scuola fiorentina del terzo quarto del XV secolo. In particolare, le illustrazioni contenute nelle iniziali istoriate spettano al miniatore fiorentino ser Ricciardo di Nanni (Miniatura fiorentina, 55-66; BOLLATI, s.v. Ricciardo di Nanni, 906-908), attivo a Firenze negli anni 1445-1480 presso la corte medicea e per le principali istituzioni ecclesiastiche e monastiche fiorentine nei decenni successivi alla metà del XV secolo. Sulla base dell’evidenza stilistica, Garzelli colloca il codice rossiano prima della decorazione dei corali per il Duomo di Firenze, intrapresa nel 1468 (Miniatura fiorentina, 61). Le figure miniate nel codice rossiano sono caratterizzate dalle fisionomie marcate, con espressioni corrucciate e sovrabbondanti barbe spartite a metà; le anatomie sono espressionisticamente accentuate, fin quasi alla deformazione. I fondali presentano paesaggi luminosi, con orizzonti molto bassi e cieli solcati da nuvole. Tali elementi trovano riscontro in opere miniate da Ricciardo nel settimo e ottavo decennio del secolo, quali un Graduale del 1473 (Firenze, Biblioteca del Convento dei Servi dell’Annunziata, ms. D), che nell’illustrazione per la festa del Corpus Christi, a f. 71r, presenta un’immagine paragonabile alla miniatura della Resurrezione del codice Ross. 608 (f. 137r), tanto per l’iconografia del Redentore, quanto per la composizione, arricchita da elementi architettonici in prospettiva che suggeriscono la profondità. Anche le iniziali ornate, strutturalmente identiche a quelle istoriate, corrispondono alla tipologia adottata nei codici eseguiti dalla bottega del maestro: il corpo della lettera, dipinto in azzurro o in cremisi, è chiaroscurato in modo da suggerire il risalto volumetrico e impreziosito da minuti disegni in biacca. A esso si avvolgono foglie multicolori dalla forma particolare, con i lembi stondati e arricciati che mostrano risvolti di colore contrastante. Il campo esterno è di oro chiaro in foglia, profilato in nero e circondato di sottili motivi a penna e gocce d’oro cigliate. Gli occhielli sono invece bordati da un listello di porporina o di color giallo e riempiti con grandi fiori o foglie su fondo unito. Tra i colori adottati, oltre all’azzurro e al cremisi, troviamo il lilla, il verde chiaro, l’arancio acceso e il giallo limone, tutti stesi in strati coprenti e carichi. La tavolozza utilizzata per le illustrazioni è più ricca e sfumata. Va notata l’assenza di bordure marginali e pagine ornate, frequenti nella coeva produzione fiorentina. Il dato è forse rivelatore di una ricerca di so-

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brietà, in linea con l’impiego monastico del corale. Le iniziali filigranate sono campite in rosso o blu, con corpo rifesso o ornato da motivi a risparmio; l’esterno è circondato da un motivo a catenella che segue tutto il profilo dell’iniziale, mentre l’interno può essere riempito da motivi a tappeto o da disegni floreali ‘a giorno’. Il codice si conserva in stato discreto, nonostante le piccole mancanze; la pellicola pittorica è ben conservata. L’usura dei margini dei fogli, così come l’aggiunta di canti in appendice e l’apposizione di annotazioni risalenti al XVII secolo, testimoniano un uso prolungato del corale. Legatura rossiana di tipo A, con cornici concentriche e una losanga centrale in oro, e altri ornati impressi a caldo; sul dorso si legge in alto: CHORALIS, in basso: MEMBRANACEUS / SAECULI XV. Sulla base del contenuto liturgico, si deduce che il codice fu realizzato per un monastero vallombrosano: a f. 218v è infatti celebrata la ricorrenza di san Giovanni Gualberto, fondatore dell’Ordine. Gli aspetti stilistici della decorazione riportano inoltre all’ambito fiorentino. È tuttavia arduo stabilire con precisione la provenienza del corale, anche perché questo, in una data imprecisata, da collocarsi probabilmente nel pieno Seicento, deve essere passato a un centro gesuita; le messe aggiunte negli ultimi fascicoli sono infatti dedicate in parte ai santi di questo ordine, quali ad esempio il fondatore sant’Ignazio di Loyola e san Francesco Saverio, santificato nel 1622. Può risalire allo stesso periodo l’aggiunta del canto polifonico Asperges me domine, a f. 231v. Non vi sono indizi utili a ricostruire le vicende più recenti del codice, fino all’acquisizione da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 432r) TIETZE, Die illuminierten, 150 nr. 332; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 85; Miniatura fiorentina, 61, fig. 168; CORSO, Corali miniati, 206.

GIORGIA CORSO

Ross. 609 (olim IX, 299) Antiphonarium Toscana meridionale (Arezzo?), sec. XIII4 Membr. (pergamena spessa e giallastra); ff. IV, 241, IV’ (guardie cartacee; l’ultimo foglio del codice, cartaceo, è un’aggiunta moderna); paginazione moderna a cifre arabiche apposte a inchiostro nell’angolo superiore esterno di ogni pagina, errata: salta da p. 339 a p. 341, omettendo il numero 340; richiamo orizzontale al centro del margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, quasi sempre rifilato; mm 500×333 (misure prese a p. 5); codice costituito da quaternioni, quinioni e senioni, disposti spesso in ordine

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ROSS. 608-609

Ross. 609, p. 2

Ross. 609, p. 227

scorretto, a causa di un’errata rilegatura (l’impaginazione è esatta solo a pp. 1-120 e pp. 221-240; la corretta successione dei fascicoli centrali sarebbe la seguente: pp. 205212, 141-144, 213-220, 121-140, 165-185, 145-164, 185-204); codice mutilo in fine e acefalo; scrittura gotica corale a inchiostro nero; notazione musicale quadrata nera su tetragrammi rossi, con chiavi, custos, e divisione delle battute; specchio scrittorio (mm 360×230) a piena pagina, con 8 sistemi per pagina; rigatura a inchiostro rosso, ribadita su ogni pagina.

La decorazione comprende 25 iniziali istoriate, di cui 7 maggiori (mm 140×125), 17 medie (mm 90×80) e 1 piccola (mm 45×50), poste agli incipit delle antifone o dei responsori delle feste dell’anno e dei santi; iniziali ornate medie (mm 90×80) e piccole (mm 40×40); iniziali filigranate di vario tipo: rifesse a intarsio bicolore; colorate con filigrane di colore opposto, talvolta con fiori o piccoli volti disegnati all’interno. Lettere ingrandite toccate in rosso. Rubriche rosse. p. 2:

iniziale istoriata maggiore A di Angelus domini, all’incipit del Responsorio in resurrectione domini. Le Marie al Sepolcro. Le tre pie donne trovano il Sepolcro aperto, con l’angelo seduto sul coperchio divelto, entro un’edicola; ai piedi dell’angelo, a terra, una spada; accanto due soldati addormentati, di dimensioni più piccole. La lettera, di forma onciale, è incorniciata da listelli rosa e gialli, nell’occhiello superiore, entro una mandorla, è raffigurato l’episodio del Noli me tangere: Maddalena si inginocchia ai piedi

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p. 63:

p. 77:

p. 130:

p. 157:

p. 166:

p. 184:

p. 190:

p. 197:

p. 212:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

di Cristo che impugna una grande croce, accanto a un albero. Gli spazi nei quattro angoli dell’iniziale, campiti in azzurro chiaro, sono riempiti da tralci spiraliformi con fiori, teste ferine e piccoli musici nudi. iniziale istoriata media P di Post passionem suam, all’incipit del Responsorio in ascensione domini. L’Ascensione. Nell’occhiello della lettera, gli apostoli assistono all’ascensione di Cristo, di cui si scorgono ormai soltanto i piedi. L’iniziale, incompleta, è soltanto disegnata. Nel margine inferiore si estendono tralci vegetali animati da drôleries; due uccelli, un uomo con una pietra in mano, e una testa di trombettista. iniziale istoriata maggiore D di Dum complerentur dies, all’incipit del Responsorio in die Pentecostes. La Pentecoste. Dalle nubi poste in alto, la colomba dello Spirito Santo e i raggi di luce rossa scendono sugli apostoli inginocchiati in basso, sul fondo di un cielo blu stellato. L’iniziale, dal corpo arancione avvolta da foglie rosa e bordata all’interno di giallo, è racchiusa entro un campo sagomato blu, profilato da una cornice più scura. iniziale istoriata media P di Peto domine, all’incipit del Responsorio in dominica secunda mensis septembris, Libro di Tobia. Tobia è seduto a terra, benedetto dalla mano di Dio che appare in cielo tra le nubi. iniziale istoriata media D di Dum perambularet dominus, all’incipit del Responsorio in festo sancti Andree, inizio del Santorale. La Vocazione degli apostoli Andrea e Pietro. Cristo appare a sinistra e chiama i futuri apostoli, intenti a pescare. iniziale istoriata media D di Domine rex, all’incipit dell’Antifona in festis septembris, Libro di Giuditta. Giuditta in preghiera, inginocchiata in mezzo a due piante, incoronata. iniziale istoriata media V di Vidi dominum, all’incipit dell’Antifona in kalendis novembris. Il Redentore assiso in cattedra, in atto benedicente e con il libro; in basso, compare la figura di un orante. iniziale istoriata media L di Lucia virgo, all’incipit del Responsorio in festo sancte Lucie. Santa Lucia in piedi, tenendo in mano un recipiente, calpesta un mostro con corpo di basilisco e testa umana, dalla cui bocca spunta un tralcio che orna il fondo interno della lettera. iniziale istoriata media D di Diem festum sacratissime, all’incipit del Responsorio in festo sanctae Agnetis. Santa Agnese in piedi entro un’arcata triloba, incoronata e con il libro in mano. iniziale istoriata grande I di In principio Deus, all’incipit dell’Antifona in sabbato kalendis augusti. La Sapienza raffigurata entro un’edicola, come una donna ammantata di ermellino, con una piccola mitria sul capo; l’edicola è sorretta da un telamone con tunica bicolore, sostenuto a sua volta da un guerriero a mezza figura, avvolto in un panneggio che in basso si trasforma in tralcio vegetale, formando due ruote contenenti teste che suonano. I tre livelli dell’iniziale sono affiancati da colonnine che sostengono i ripiani.

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p. 219: iniziale istoriata media S di Si bona suscepimus, all’incipit del Responsorio in dominica I mensis septembris, Liber Iob. Scena di dubbia interpretazione: una donna si rivolge a indicare un uomo barbuto, che si volta verso di lei: Giobbe al cospetto della moglie? p. 227: iniziale istoriata grande A di Adhorna talamum tuum, all’incipit del Responsorio in purificatione beate Marie Virginis. Presentazione di Gesù al Tempio. Entro l’edificio sacro, suggerito dall’altare con dietro una colonna e due arcate, sormontate da una loggia, Simeone va incontro alla Vergine che porta in braccio il Bambino. Questi si volta e tende le braccia a Giuseppe, ritratto con le due colombe tra le mani. L’iniziale è racchiusa in un campo quadrato bordato da cornici chiare. p. 240: iniziale istoriata media D di Dum torqueretur, all’incipit del Responsorio in festo sancte Agathe. Il martirio di sant’Agata. La santa è nuda al centro della scena, tra i due carnefici intenti a tormentarla con le tenaglie; ha le mani legate dietro la schiena e la parte inferiore del corpo coperta da un drappo appeso tra due colonne; queste sostengono le arcate che inquadrano i tre personaggi. p. 258: iniziale istoriata media B di Beatus vir, all’incipit del Responsorio in festivitate sanctorum a Pasca usque ad Pentecostem. Re David musicista, al cospetto del Signore, raffigurato a mezzobusto nell’occhiello superiore. p. 270: iniziale istoriata media D di Dulce lignum, all’incipit del Responsorio in inventione sanctae Crucis. L’imperatore Costantino in adorazione, inginocchiato ai piedi della croce lignea. p. 278: iniziale istoriata maggiore F di Fuit homo missus, all’incipit del Responsorio in festo sancti Iohannis Baptistae. San Giovanni Battista predica nel deserto. Entro una specie di grotta, il santo è raffigurato in piedi, con un mantello grigio sulla veste di pelle ferina, scalzo e scarmigliato. Sulla destra appare l’agnello: il santo lo indica e nella mano sinistra tiene il cartiglio con le parole: Ecce ag(nus) Dei. Lo spazio sottostante è riempito da tralci spiraliformi. Nel tralcio a sinistra dell’apice superiore, compare il busto di un angelo. Alla base della lettera, formata da una barretta rosa, entro campo sagomato blu chiaro, è un drago; un altro drago, rosso, forma la sbarra inferiore della lettera F. p. 296: iniziale istoriata media S di Simon Petre, all’incipit del Responsorio in festivitate sanctorum Petri et Pauli. San Pietro con le chiavi. L’iniziale è molto rovinata e il volto del santo è stato cancellato. Un fregio ad antenna orna l’apice inferiore. p. 309: iniziale istoriata media Q di Qui operatus est, all’incipit del Responsorio in festo sancti Pauli. San Paolo con spada e libro. In basso si sviluppa un fregio ad antenna. p. 331: iniziale istoriata media L di Levita Laurentius, all’incipit del Responsorio in festo sancti Laurentii. San Lorenzo e un pellegrino. I due personaggi sono raffigurati entro due arcate: a sinistra Lorenzo, con una semplice tunica e l’aureola; a destra il pellegrino, con la tunica corta, il cappello e il bastone.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

p. 348: iniziale istoriata maggiore V di Vidi speciosam, all’incipit del Responsorio in assumptione beate Marie Virginis. L’Assunzione della Vergine. La Madonna, raffigurata in piedi, di tre quarti, nella posa dell’orante, sale al cielo entro una mandorla sorretta da due angeli, al cospetto degli apostoli stupiti. p. 365: iniziale istoriata maggiore H di Hodie nata est, all’incipit del Responsorio in nativitate virginis Mariae. La nascita di Maria. In alto Anna si riposa, distesa su un giaciglio che sembra sospeso in aria, davanti a una serie di arcate con colonne in prospettiva. In basso, un’ancella accudisce la piccola Maria, immersa entro un grande bacile simile a un fonte battesimale; sulla destra, un’ancella porta una veste per la neonata. Il corpo della lettera, molto rovinata, è ornato da maschere grottesche. p. 379: iniziale istoriata media F di Factum est silentium, all’incipit del Responsorio in festo sancti Michaelis. L’arcangelo Michele trafigge il drago, ai suoi piedi. Il santo, vestito di tunica e mantello, reca il globo nella mano sinistra e la lancia nella destra. Un altro piccolo drago si trova in fondo all’asta della lettera. p. 403: iniziale istoriata media H di Hic est Martinus, all’incipit del Responsorio in festo sancti Martini. San Martino raffigurato in piedi, in abiti pontificali. Nel margine interno si sviluppa un fregio ad antenna; all’apice compare una creatura fantastica, con testa di uccello, corpo umano armato di scudo, scure e scimitarra; il basilisco gli morde le caviglie. p. 417: iniziale istoriata media C di Cantantibus organis, all’incipit del Responsorio in festo sancte Cecilie. Santa Cecilia, in piedi, velata, con un recipiente in mano, entro un semplice arco sorretto da colonne scanalate. p. 428: iniziale istoriata piccola O di Orante sancto Clemente, all’incipit del Responsorio in festo sancti Clementis. San Clemente raffigurato a mezzobusto entro un’iniziale arricchita in basso da un fregio a spirali e dalla mezza figura grottesca di un guerriero con scudo che sostiene l’iniziale. Iniziali ornate alle pp. 1 (S), 4 (A), 14 (S), 16 (S), 18 (X), 79 (D), 82 (I), 84 (A), 84 (D), 88 (A), 91 (N), 94 (P), 137 (A), 186 (S), 192 (O), 222 (I), 237 (S), 255 (M), 264 (S), 272 (H), 288 (H), 292 (I), 304 (P), 319 (E), 324 (R), 325 (D), 344 (L), 356 (A), 360 (M), 362 (H), 371 (N), 375 (O), 389 (S), 398 (V), 412 (D), 426 (C), 431 (O), 443 (P), 463 (S), 465 (I). Iniziali incompiute alle pp. 7 (M), 10 (U), 12 (E), 37 (D), 52 (S), 435 (spazio vuoto destinato a una miniatura). Il codice presenta una decorazione costituita da un fitto corredo di iniziali miniate, eseguite da diversi artefici, probabilmente in due momenti distinti. La maggior parte dei capilettera è stata eseguita in una prima fase di lavoro da un’équipe di ambito toscano meridionale, la cui attività potrebbe collocarsi negli ultimi decenni del XIII secolo.

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ROSS. 609

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Le iniziali ornate, numericamente prevalenti, presentano varie tipologie, ma tutte disegnate con tratto finemente calligrafico e campite a tinte piatte. I corpi sono per lo più di colore rosa pallido, arancio o giallino, percorsi da file di cerchietti, ma anche da motivi fitomorfi, trecce o cordoni ondulati, spesso di colore contrastante (azzurro chiaro o grigio); talvolta, figure di pesci e di draghi si sostituiscono a singoli tratti delle lettere (ad es. a p. 18). Le iniziali sono quasi sempre racchiuse entro un campo quadrangolare o sagomato azzurro, ingentilito da filigrane e puntinature bianche. Gli spazi interni e gli occhielli sono riempiti con tralci vegetali, talvolta di aspetto più naturalistico, ma più spesso avvolti a spirale e intrecciati tra loro, desinenti con una palmetta o con fiori a cinque petali (ad es. a p. 169). Piuttosto frequente è anche il motivo di riempimento costituito da foglie d’acanto di più colori, smerlate o seghettate, disposte a coppia o affrontate. Si trova pure, qua e là, una diversa tipologia di iniziale, dal corpo grande e pieno, ornato da nodi e collarini, concluso alle estremità da foglie lobate avvolte e boccioli carnosi; in questo caso, il profilo del campo esterno si adatta alla forma della lettera con espansioni curvilinee (ad es. a p. 292). Il repertorio ornamentale qui descritto trova confronto con le creazioni di un atelier aretino che, nella seconda metà del Duecento, produce i corali miniati conservati presso l’Archivio capitolare del duomo di Arezzo, originariamente destinati al duomo e ad altre chiese cittadine, oltre a quelli per la chiesa di San Francesco a Cortona, ora presso l’Accademia Etrusca (CIARDI, La miniatura del Duecento, 196-197). I punti di contatto con il codice rossiano riguardano in particolare alcuni corali più tardi, databili verso l’ultimo quarto del secolo, allorché lo stile dei principali maestri della bottega toscana acquisisce caratteri più decisamente gotici. È il caso del corale di Arezzo segnato Antifonario C, ma forse proveniente da San Francesco, nel quale troviamo appunto diverse tipologie decorative paragonabili a quelle del nostro Antifonario. I capilettera istoriati dell’Antifonario rossiano, comprendenti singole figure di santi o più articolate composizioni raffiguranti gli episodi evangelici e agiografici legati alle feste principali, rivelano l’intervento di vari illustratori, ai quali succedono i coloritori, che talvolta non hanno portato a termine il loro lavoro, tralasciando in tutto o in parte la stesura delle tinte. Per questo motivo, solo alcune lettere presentano la gamma cromatica completa, comprendente l’azzurro, il blu petrolio, l’arancio acceso, il verde e l’azzurro acquerellati, il giallo pallido, il rosa, il bruno e il nero; l’oro compare in piccole quantità, mentre appare costante l’aggiunta di decorazioni a biacca. La mano di un primo maestro dallo stile più pittorico e raffinato, si distingue nella prima iniziale istoriata (p. 2) e in quella per la festa di san Giovanni Battista (p. 278); caratteristica di questo stile, oltre a una certa disinvoltura nel disegno della figura umana, è l’uso di coloriture acquerellate, con tinte smorzate e trasparenti, rialzate da tocchi filamentosi di biacca. I due capilettera richiamano le realizzazioni dell’artefice principale del già citato corale C dell’Archivio capitolare di Arezzo, al quale è assegnata anche un’altra monumentale miniatura d’incipit, nel ms. 2 A dell’Accademia Etrusca di Cortona (DEGL’INNOCENTI GAMBUTI, I codici miniati medieva-

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li, 65-67). Tale miniatore, di cultura tosco-umbra, risente della cultura cimabuesca espressa nel cantiere di Assisi ed è verosimilmente attivo intorno al nono decennio del secolo (GIORGI, s.v. Maestro dell’Antifonario C, 546-547). Tornando all’Antifonario rossiano, si individua un secondo maestro, di cui possiamo osservare bene lo stile calligrafico, grazie all’iniziale incompiuta di p. 63, raffigurante l’Ascensione; il tratto svelto e sottile, con il quale fissa gesti vivaci e fisionomie espressive, è parzialmente nascosto nella sua seconda iniziale, a p. 130, dalla coloritura a tinte piatte e coprenti che troviamo su gran parte delle lettere miniate. Un terzo maestro, che sembra molto più a suo agio nel repertorio ornamentale che con la figura umana, è autore di tutte o quasi le altre iniziali istoriate, dal momento che forse in alcune, con singole effigi di santi (a pp. 190, 197, 212, 227, 296, 309, 331, 379, 403, 417, 428), si può riconoscere una personalità di poco differente. Caratteristiche di queste iniziali, che sono le più numerose, sono le figure estremamente sgraziate nei volti (caratterizzati da lumeggiature verdi o bluastre) e nelle membra, atteggiate in pose innaturali e disarticolate. Tuttavia, le miniature non mancano di vivacità ed effetto decorativo, grazie soprattutto alla colorazione a tinte accese e contrastanti, dalle tonalità sature di blu, giallo, arancio e verde, con aggiunte di biacca per lumeggiare i panneggi o per cospargere di stelle i fondi azzurri (pp. 227, 348). Tanto le storie, quanto le figure isolate, sono solitamente inquadrate da elementi architettonici, come semplici edicole o gallerie di arcatelle su colonne, a volte scaglionate su più file per suggerire la profondità. Altra caratteristica è la presenza delle drôleries, in particolare delle testine di uomini che suonano la buccina all’interno dei tralci ornamentali, oppure dei grotteschi telamoni accovacciati a sostenere le lettere che contengono le figure dei santi. A questo terzo maestro vanno assegnate anche molte iniziali ornate di grande impatto visivo, notevoli per la precisione della fattura e la gradevolezza delle proporzioni e del colore: si veda ad esempio la grande P a p. 94, dove si rivela al massimo grado il talento del decoratore. Queste iniziali, da confrontare con quelle presenti nel ms. 7 F dell’Accademia Etrusca di Cortona e con il ms. A dell’Archivio capitolare di Arezzo, sono spesso completate da fregi marginali ad antenna terminanti in volute che racchiudono le tipiche drôleries e profili di vecchi barbuti. A partire da p. 443, lo stile della decorazione cambia bruscamente: le lettere assumono forme compatte e bombate, arricchite da foglie carnose. L’effetto tridimensionale è ottenuto sfumando con il bianco i colori (azzurro polvere, verde oliva, lilla, rosa, arancio e porpora), stesi in campiture pastose e coprenti. I campi esterni sono profilati in nero. Poiché alcune iniziali all’interno del codice sono rimaste incompiute (pp. 7, 10, 12, 37, 52 e 435), la presenza di simili lettere, più evolute e probabilmente già trecentesche, pare rivelare il tentativo di portare a termine in un secondo momento la decorazione originaria; tuttavia, anche questo intervento fu interrotto prima della fine del lavoro. Il codice si presenta in stato mediocre, nonostante un recente restauro: numerose pagine, anche all’interno, mostrano vaste abrasioni della scrittura e del-

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la pellicola pittorica; vi sono segni di un uso prolungato, quali macchie, sgualciture, strappi e annotazioni di epoche anche recenti (XVI-XVIII secolo), oltre all’aggiunta in appendice di un foglio cartaceo su cui è trascritto un Alleluia (sec. XVII?) su tetragramma nero, con notazione quadrata. Gli errori nella disposizione dei fascicoli sono avvenuti prima della numerazione delle pagine, riconducibile con ogni probabilità al XVIII secolo. Le antiche guardie sono state asportate, così come un largo tassello di pergamena al centro del margine inferiore della prima pagina, verosimilmente deputato in origine a ospitare stemmi, note di possesso o altri indizi della provenienza del volume. Legatura Rossi A con assi di cartone rivestite in marocchino rosso, cornici dorate e motivi impressi a caldo sui piatti; complicate decorazioni in oro, a motivi floreali e greche sul dorso, dove si legge: LIBER / CORALIS; in basso MEMBRANAC(EUS) / SAECULI XV. I tagli sono spruzzati di rosso. Il codice non conserva alcun elemento che possa documentare l’informazione riportata nel Catalogo a schede (Bibl. Rossianae, V, 438r-v), secondo cui esso proverrebbe da un monastero di clarisse di Pistoia, come i codici Ross. 605 e Ross. 606. Semmai, il grande risalto conferito alla festa di san Giovanni Battista può suggerire la pertinenza a un convento con questa intitolazione. Altrettanto incerta è l’ipotesi di Tietze, il quale suggerisce l’appartenenza a un monastero agostiniano (TIETZE, Die illuminierten, 74-75). Restano ignote le circostanze dell’ingresso del codice nella raccolta rossiana. (Bibl. Rossianae, V, 438r-v) TIETZE, Die illuminierten, 74-75 nr. 107; SALMON, Manuscrits liturgiques I, 85 nr. 127; CORSO, Corali miniati, 206, 207, 214; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 172-173.

GIORGIA CORSO

Ross. 610 (olim IX, 300) Antiphonarium fratrum minorum: Kalendarium (ff. 2r-6v); Antiphonarium (ff. 9r149v e 1r’-222r’) Italia centro-settentrionale (Bologna?), sec. XV3 Membr. (pergamena giallastra/grigiastra, non molto spessa, piuttosto omogenea); codice costituito dall’unione di due volumi, originariamente separati, ciascuno con propria numerazione dei fogli: ff. V, 149+222’, V’ (guardie cartacee moderne); numerazione recente a matita nell’angolo superiore destro nella prima parte (ff. 1-149), moderna a inchiostro (sec. XVI?) nella seconda parte (ff. 1’-222’); mm 530×360 (f. 9); richiamo al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, tra 4 riccioli; scrittura gotica corale a inchiostro nero, notazione quadrata su tetragramma rosso; specchio scrittorio a piena pagina (mm 345×230), con 16 linee di testo, oppure 5 sistemi musicali grandi nelle sezioni notate, ma 8 a ff. 127r-144v; rigatura a punta metallica e a inchiostro rosso.

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Ross. 610, f. 99r

Ross. 610, f. 149v

La decorazione del codice consiste in 5 pagine ornate, 32 iniziali istoriate, di cui 5 maggiori, 13 medie e 14 minori; 11 iniziali ornate (mm 70×70). Iniziali filigranate rifesse a intarsio rosso e blu (mm 70×50), con filigrane interne ed esterne di più colori (rosso, blu, bruno, verde), con motivi a risparmio e cornicette nei margini (mm 50×60). Numerose iniziali filigranate piccole rosse e blu con filigrane opposte; lettere ingrandite toccate in giallo. Rubriche rosse, segni paragrafali rossi e blu. f. 9r:

pagina ornata: fregio di tralci d’acanto multicolore su tutti e quattro i margini; iniziale istoriata D di Deus domine (mm 140×140), all’incipit del salmo ad primam. Cristo in preghiera nell’orto; iniziale ornata I di Ima lucis orto sidere, all’incipit dell’inno ad primam. f. 18r: iniziale istoriata B di Beati immaculati (mm 140×140), all’incipit dell’antifona in feria diebus. Una monaca in preghiera benedetta da Dio. f. 25v: iniziale istoriata L di Legem pone (mm 70×70), all’incipit del salmo ad III feriam in tempore pascali usque ad ascensionem. Entro una mandorla Dio con le due tavole della Legge appare in cielo a una monaca in preghiera. f. 32v: iniziale ornata D di Defecit in salutare, all’incipit del salmo in dominicis et feriis pascalibus. f. 39r: iniziale ornata M di Mirabilia testimonia, all’incipit del salmo in dominicis et feriis pascalibus. f. 46r: pagina ornata: fregio su tutti e quattro i margini, formato da tralci d’acanto interrotti al centro da medaglioni contenenti la figura del calice euca-

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ROSS. 610

f. 52v:

f. 53v: f. 56v: f. 60r: f. 63r: f. 69r: f. 75v: f. 81v: f. 89r:

f. 91r:

f. 96v:

f. 98r:

f. 99r:

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ristico; iniziale istoriata D di Dixit dominus (mm 140×140), all’incipit dell’antifona in dominicis diebus, ad vesperas. Incoronazione della Vergine: su un trono marmoreo Maria, vestita di tunica azzurra e manto damascato e Dio Padre, che le pone la corona sul capo. L’iniziale, formata da foglie colorate, è racchiusa entro un riquadro incorniciato d’alloro e campito a quadretti oro e blu. iniziale istoriata M di Magnificat anima mea (mm 70×70), all’incipit del Magnificat (ad matutinum). Visitazione: Maria ed Elisabetta si abbracciano. iniziale ornata D di Dilexi quoniam exaudiet, all’incipit del salmo 114 (feria II, ad vesperas). iniziale ornata L di Letat dominum, all’incipit del salmo (feria III, ad vesperas). iniziale ornata N di Nisi dominus hedificaverit, all’incipit del salmo 123 (feria IV, ad vesperas). iniziale ornata M di Memento domine, all’incipit del salmo 131 (feria V, ad vesperas). iniziale ornata C di Confitebor tibi domine, all’incipit del salmo 110 (feria VI, ad vesperas). iniziale ornata B di Benedicamus domino, all’incipit del salmo 117 (sabbato, ad vesperas). iniziale ornata C di Cum invocarem exaudivit, all’incipit del salmo 4 (ad completorium). iniziale istoriata P di Pange lingua (mm 70×70), all’incipit dell’inno (in festo corporis Christi, ad vesperas), contenente l’immagine dell’altare sormontato dal calice eucaristico. iniziale istoriata E di Engratulemur hodie (mm 100×110), all’incipit dell’inno in sancti Antonii de Padua, ad vesperas. Sant’Antonio da Padova con la croce e il libro. iniziale istoriata C di Concitat plebe (mm 70×70), all’incipit dell’inno in sancte Clare, ad vesperas. Santa Chiara in cattedra con il libro, tende la mano, perché la baci, a una monaca inginocchiata. iniziale istoriata A di Ave maris stella (mm 70×70), all’incipit dell’inno in assumptione et in omnibus festivitatibus. Beate Marie, ad vesperas. Sulla destra siede la Vergine con Bambino in braccio; a sinistra una monaca è inginocchiata in adorazione. pagina ornata: il fregio, esteso su tutti e quattro i lati, presenta una sequenza di medaglioni tondi e poligonali, incorniciati d’alloro e circondati da girali colorati; nei medaglioni compaiono, alternati, il calice eucaristico e gli angeli, inginocchiati (nel margine superiore) o in piedi (negli altri lati). Il medaglione al centro del margine inferiore racchiude invece l’immagine del Redentore, che reca in mano la croce, mostra le ferite sanguinanti e tocca il grande calice posato ai suoi piedi. Iniziale istoriata C di Conditor alme syderum (mm 140×140), all’incipit dell’inno in

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f. 109r:

f. 113v:

f. 116v: f. 127r:

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adventu domini, ad vesperas. Dio Padre benedicente appare in cielo, circondato dalla mandorla di luce, alle monache inginocchiate in cerchio. La lettera è racchiusa entro un campo quadrangolare, campito da quadretti blu e dorati e incorniciato d’alloro. iniziale istoriata V di Vergente mundi vespere (mm 70×70), all’incipit dell’inno in festo sancti Ludovici, ad vesperas. San Ludovico in abiti pontificali e manto azzurro gigliato d’oro. iniziale istoriata P di Proles de celo (mm 70×70), all’incipit dell’inno in sancti Francisci, ad vesperas. San Francesco si china per far baciare la mano a una suora inginocchiata alla sua destra. iniziale istoriata E di Exultet celum laudibus (mm 70×70), all’incipit dell’inno in nativitate apostolorum. I santi Pietro e Paolo. iniziale istoriata S di Sacerdos in eternum (mm 100×110), all’incipit dell’antifona in Corpus Domini, ad vesperas. Elevazione del calice eucaristico da parte del sacerdote, che celebra sull’altare, vestito di verde; dietro di lui, l’accolita sostiene il mantello e regge il cero acceso. iniziale istoriata I di Iam sancte Clare (mm 70×70), all’incipit dell’antifona in primis vesperis sancte Clare. Santa Chiara benedicente appare, seduta tra le nubi, a una monaca inginocchiata; la scena si svolge in uno spazio dipinto accanto all’iniziale ornata. iniziale istoriata P di Post vite Clare (mm 70×70), all’incipit dell’antifona in secundis vesperis sancte Clare. Santa Chiara appare in cielo a due monache inginocchiate. iniziale istoriata C di Cibavit eos (mm 100×110), all’incipit del salmo in secundis vesperis sancte Clare. Una monaca inginocchiata riceve l’eucarestia dal sacerdote dinanzi all’altare. iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes (mm 100×110), all’incipit dell’introito in sancte Clare. Santa Chiara appare in cielo a quattro monache. L’iniziale è incorniciata d’alloro. iniziale istoriata S di Salve sancta parens (mm 100×110), all’incipit dell’introito della messa Beate Marie Virginis. La Vergine con il Bambino, assisa sulle nubi, appare a tre monache inginocchiate. iniziale istoriata R di Requiem eternam (mm 70×70), all’incipit dell’introito della Missa pro defunctis. La lettera racchiude la figura di uno scheletro. iniziale istoriata V di Venite exultemus (mm 70×70), all’incipit del salmo in dominicis diebus usque ad kalendas octobris. Due monache inginocchiate in adorazione del calice eucaristico posato sull’altare. iniziale istoriata P di Primo dierum omnium (mm 70×70), all’incipit dell’inno ad nocturnum. Santa Chiara benedicente in cattedra appare a una monaca inginocchiata. Nel margine, accanto alla lettera, compare un grande calice eucaristico adorato da due angeli. pagina ornata. Il fregio, esteso su tutti e quattro i lati, è costituito da un girale continuo d’acanto, racchiuso tra due cornici d’alloro e intervallato

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da medaglioni romboidali, contenenti immagini di angeli e del calice eucaristico. Iniziale istoriata B di Beatus vir (mm 140×140), all’incipit del salterio in primis Pascae: nell’occhiello superiore, il busto di Dio Padre benedicente appare da un’aureola di cerchi concentrici celesti; in quello inferiore, il giovane re David suona il salterio al cospetto di una monaca inginocchiata. Lettera di formato gigante, racchiusa entro un fondo quadrettato in blu e oro e incorniciata d’alloro. 2v’: iniziale ornata C di Cum invocarem exaudivit, all’incipit del salmo 1 (Dominica dies). Nel fregio marginale compare il calice eucaristico. 32r’: iniziale istoriata D di Dominus illuminatio mea (mm 100×110), all’incipit del salmo 26 (feria II). Dio appare in cielo e illumina una monaca sorpresa in preghiera. 58r’: iniziale istoriata D di Dixi custodiam (mm 100×110), all’incipit del salmo 38 (feria III). Dio appare entro una mandorla di luce a una monaca che indica la propria bocca. 78r’: iniziale istoriata D di Dixit insipiens (mm 100×110), all’incipit del salmo 52 (feria IV). In un paesaggio alberato, Dio appare entro la mandorla di luce a una monaca tormentata da un piccolo demonio che la colpisce alla testa. 98r’: iniziale istoriata S di Salvum me fac (mm 100×110), all’incipit del salmo 68 (feria V). Nell’occhiello superiore, Dio entro un medaglione azzurro interviene a salvare una monaca, raffigurata nell’occhiello inferiore sul punto di annegare. Iniziale racchiusa entro una cornice d’alloro. 125v’: iniziale istoriata E di Exultate domino (mm 100×110), all’incipit del salmo 80 (feria VI). Una monaca suona le campane con i martelletti. 148v’: iniziale istoriata C di Cantate domino (mm 100×110), all’incipit del salmo 95 (sabbatum). Le monache cantano in piedi davanti al leggio, guidate da una corifea. Iniziale racchiusa entro una cornice d’alloro. 177r’: iniziale istoriata D di Dominus regnavit (mm 100×110), all’incipit del salmo 92 (laudes). Dio appare assiso sulle nubi, benedicente, circondato dalla mandorla di luce. 184r’: pagina ornata: il fregio, esteso su tutti e quattro i lati, è costituito da un tralcio vegetale incorniciato d’alloro e intervallato da medaglioni a forma di losanga, contenenti figure di angeli e il calice eucaristico; iniziale istoriata V di Verbum supernum (mm 100×110), all’incipit dell’inno in adventu domini, ad nocturnum. Incarnazione. La scena si svolge in un paesaggio roccioso: Dio appare nell’angolo superiore destro, entro un fascio d’azzurro reso prospetticamente. Egli invia a Maria, inginocchiata a sinistra, l’animula di Gesù: un bambino ignudo. Maria è giovane, col capo scoperto, vestita di rosa e manto azzurro cosparso di stelle d’oro. 221r’: iniziale istoriata T di Te Deum laudamus (mm 70×70), all’incipit dell’inno ad laudes: due monache inginocchiate in adorazione del calice eucaristico posato sull’altare.

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Il codice è il risultato dell’unione di due tomi complementari, originariamente separati; la seconda parte aveva inizio in corrispondenza del Salterio, che si apre a f. 149v con una pagina d’incipit sontuosamente ornata. Il corale presenta una decorazione particolarmente ricca e molto omogenea, al punto che, almeno per quanto riguarda le illustrazioni, si può ipotizzare l’intervento di un solo miniatore; le parti puramente ornamentali dei capilettera e delle bordure potrebbero spettare più verosimilmente a un collaboratore. Lo stile della decorazione è caratterizzato dalla compresenza di elementi desunti dalla tradizione cortese di età tardogotica e di altri aggiornati al gusto rinascimentale. I fregi marginali che incorniciano i frontespizi delle feste principali, o accompagnano per breve tratto alcune iniziali istoriate, adottano un tralcio spiraliforme con volute d’acanto dalle lunghe foglie smerlate, spesso con l’aggiunta di ciuffi filiformi ornati di perline colorate, cerchietti e foglie d’oro. Tali elementi rimandano al repertorio ornamentale tardogotico, così come gli inserti di piccoli animali, draghi, chiocciole dalla testa umana e altre creature fantastiche nascoste tra le foglie. D’altra parte, i numerosi putti che pure animano i fregi marginali denunciano un diverso gusto antiquariale, avvertibile anche nelle cinque pagine ornate con fregi incorniciati da rigidi cordoni fogliacei, che spesso isolano singoli medaglioni circolari o poligonali. Le illustrazioni sono improntante a un gusto vivace ed espressivo, specialmente nella sezione del Salterio, dove una monaca clarissa sostituisce quasi sempre la figura tradizionale del salmista. Altre particolarità iconografiche risiedono nell’eccezionale risalto conferito al tema del sangue e del corpo di Cristo: il calice eucaristico compare insistentemente nelle iniziali istoriate, nei medaglioni entro i fregi marginali, accanto alla lettere. Va inoltre segnalata l’iconografia del Corpus Christi a f. 99r (con il Cristo disceso dalla croce che versa il proprio sangue nel calice) e quella dell’Incarnazione a f. 184r’, risolta sul modello di un’Annunciazione eccezionalmente ambientata in un paesaggio roccioso, in cui compaiono soltanto Dio Padre e la Vergine. La gamma cromatica, varia e vivace nelle illustrazioni, appare appena un po’ spenta nei margini per l’uso più esteso dell’ocra. I colori sono abbastanza scuri: prevalgono il ciclamino, il verde, il rosso acceso, il blu. Più raramente utilizzati il giallo chiaro, il lilla e il rosa usato per l’incarnato. L’oro è applicato nei fondi dei capilettera maggiori, oppure a ravvivare i margini, in gocce e foglioline. Le lettere ornate hanno corpi tridimensionali e rigonfi, avvolti da foglie colorate che si sviluppano dagli apici. L’interno è bordato di ocra e di solito riempito con foglie colorate o inflorescenze. Emerge ovunque una spiccata tendenza alla profusione decorativa, evidente nell’uso di campi quadrettati per le iniziali maggiori, nei fondi d’oro punzonati e incisi, nelle damascature delle vesti dei personaggi, tali da ricordare le figure delle carte da gioco di ambito cortese. Gli angeli sfoggiano graziose tuniche colorate e ali policrome. Il tono delle illustrazioni è affabile e pacato, talvolta bonariamente umoristico, come nella vignetta raffigurante la monaca tormentata da un diavolo (f. 78r’).

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Le ambientazioni paesaggistiche sono frequenti, seppure piuttosto monotone, nella costante riproposizione di cieli corruschi, prati e boschetti dipinti in punta di pennello. Gli scenari d’interno sono invece costituiti da ambienti spogli, con pavimenti a quadretti prospettici o a mattonelle. Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 151-152 nr. 333) assegnava il codice a un ambito umbro-fiorentino di fine Quattrocento, ma le miniature troverebbero una collocazione più convincente nel contesto emiliano della seconda metà del secolo. Caratteristiche simili a quelle descritte sono ravvisabili nel codice, ora sfortunatamente irreperibile, che costituiva probabilmente un esemplare di dedica dei Libri foedorum di Antonio Minucci da Pratovecchio (ubicazione ignota; già in Lucca, Biblioteca capitolare, ms. 427). La miniatura del frontespizio, raffigurante la consegna del codice all’imperatore e al cardinale Bessarione da parte dell’autore, ricorda le illustrazioni del codice rossiano per le figure composte e bonarie, per la tipologia degli angeli, nonché per certi dettagli dell’ambientazione, quali il cielo solcato da nubi e il pavimento di piccole mattonelle tondeggianti. Simile è anche il fregio fogliaceo, formato da uno stelo contornato di foglie sfrangiate e popolato da draghi e farfalle, un tipo di ornato, databile al settimo decennio del XV secolo, ispirato alla produzione bolognese precedente (MARCON, Scheda nr. 91, 478). Non appaiono fuori luogo, in un simile contesto, gli evidenti richiami al mondo gotico cortese lombardo e adriatico presenti nel corale rossiano. Se il contenuto agiografico e l’iconografia indicano senza dubbio la pertinenza del codice a un convento di clarisse, non è tuttavia possibile precisarne l’origine esatta. La presenza della festa di san Bernardino, istituita nel 1450, fornisce il termine post quem per l’esecuzione dell’esemplare. Il codice si conserva integro e in buono stato; le miniature mantengono intatta la pellicola pittorica; tuttavia su alcuni fogli sono presenti larghe macchie di varia natura (ad esempio ai ff. 53-56). Legatura rossiana stravagante, in marocchino rosso con grossi fermagli metallici e decorazioni peculiari: sui piatti, due riquadri centrali sono formati da quadratini blu e porpora alternati, con impressioni a caldo; cornici concentriche dorate. Rest. nel 1965. Sul dorso, tra i nervi doppi e le impressioni, si legge: CHORALIS / MEMBRANACEUS / SAEC(ULI) XV. Carta decorata nei risguardi. Non si conoscono le vicende che hanno portato il codice nella raccolta rossiana. È forse possibile ipotizzare che i due volumi siano stati riuniti e rilegati insieme nella biblioteca del de Rossi. (Bibl. Rossianae, V, 434r-v) TIETZE, Die illuminierten, 151-152 nr. 333; SALMON, Manuscrits liturgiques I, 65-66 nr. 128; CORSO, Corali miniati, 206, 212.

GIORGIA CORSO

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Ross. 611 (olim IX, 301) Homiliarium de tempore et de sanctis, a Pascha usque ad Adventum (ff. 1r-220v). Vita sancti Nicolai episcopi et confessoris (ff. 209v-220v). Passio ss. Petri et Pauli (ff. 221r-225v). Prologus passionis ss. Symonis et Iudae (f. 225v); Passio ss. Symonis et Iudae (ff. 225v-228v) Italia centrale, sec. XIIex.-XIIIin. Membr. (pergamena di buona qualità, nonostante qualche discromia evidente tra lato pelo e lato carne e rari difetti originari, es. f. 178); ff. VI, 228, V’ (guardie cartacee moderne, tranne VI, membranacea del sec. XV). Foliazione di mano del XV secolo, in cifre romane, a inchiostro, al centro del margine superiore; altra foliazione fino al f. 40, moderna (sec. XVII), a cifre arabe nell’angolo esterno del margine superiore; nella medesima collocazione, sporadica foliazione a mina, di mano moderna, da f. 57 in poi, con errori (f. 73 numerato 70; f. 97 su correzione). Il codice misura mm 496×336 Ross. 611, f. 1r (f. 17), e appare severamente rifilato (cfr. ff. 5r, 184v, passim); lo specchio di scrittura è di mm 376×221, su due colonne (intercolumnio di mm 25) di 47/48 linee con scrittura posta sopra la prima rettrice. 29 fascicoli, quaternioni tranne il 28, binione (ff. 217-220); l’ultimo fascicolo (ff. 221-228) diverge dai precedenti per pergamena più scadente, margini mal tagliati, iniziali non eseguite, inchiostro notevolmente sbiadito, scrittura, testo mutilo, ed è chiaramente una aggiunta, sebbene di poco posteriore. Foratura minuta e regolarissima, rigatura a secco sul lato pelo di ogni bifolio; richiami conservati nella maggior parte dei fascicoli, di prima mano o più tardi (ff. 8v, 96v), collocati al centro del margine inferiore dell’ultimo foglio verso. Scrittura di tre mani, le principali attive fino a f. 220v, la terza nel fascicolo finale aggiunto, ff. 221r-228v. Le mani principali si alternano nella trascrizione delle omelie vergando ambedue una carolina tarda e calligrafica, databile alla fine del XII o inizi del XIII secolo, in evidente transizione verso la littera textualis: la scrittura è larga, tonda, rigida, con lettere ben staccate, ma eseguita già con punta mozza, presenta contrasto, aste alte sul rigo con ritocco a spatola insistito, aste sotto il rigo brevi talora concluse da filetto obliquo, utilizzo di et in nota tironiana e di frequenti abbreviazioni, sebbene convenzionali. La prima mano trascrive l’inizio del codice fino a f. 1v, r. 2 e riprende a f. 89r (inizio di fascicolo) fino a 220v in una minuscola di transizione dal contrasto leggero, con diverse lettere che preludono in grado minore o maggiore alla scrittura nuova (d tonda schiacciata e contrastata, h con occhiello quasi chiuso; b, e, q, s, x). La seconda mano trascrive la sezione ff. 1v, r. 3-88v in una minuscola meno tonda, di modulo progressivamente più grande, con maggiore incidenza di contrasto, sporadica tendenza al compattamento, e con spezzature di molti tratti curvi, cenni di forcellatura nelle aste alte sul rigo, abbreviazioni più frequenti specie se per letterina soprascritta, molte lettere ulteriormente connotate in direzione della textualis (a, b, e, g, m, n, s), z moderna. La mano cui si deve l’ultimo fascicolo è probabilmente di poco posteriore alle due precedenti ed è una tappa ulteriore di avvicinamento alla scrittura nuova, per maggio-

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re verticalità, forcelle sulle aste alte sul rigo, contrasto. Le due mani delle omelie utilizzano come scritture distintive per la prima linea dei testi la capitale epigrafica con A alla greca e M di maiuscola gotica; per i titoli e di norma per la seconda linea delle omelie, una onciale imitativa della tipizzazione romana, artificiosamente elegante, rubricata nei titoli, con A esasperatamente a foglietta, filetti esornativi e forcelle in F, L e T, et in nota tironiana, G a ricciolo, titulus abbreviativo con motivo circolare al centro e trattini obliqui alle estremità (gli ultimi due elementi nei fogli vergati dalla seconda mano).

L’apparato decorativo consiste di 2 lettere maggiori riferibili al late geometrical style, in apertura di due omelie; di iniziali rubricate (da mm 40×10 a mm 85×30, equivalenti a 4-11 linee), decorate con pannelli inserti di motivi geometrici, per le altre omelie; di lettere calligrafiche ingrandite (mm 40×25, pari a 4 linee) e rubricate, per le lectiones fino a f. 192r, e per rare omelie nella seconda metà del codice (ff. 115v, con letterina guida f; 126r, 129r, 159r). Spazi riservati da f. 221r alla fine. Titoli rubricati. Le iniziali rubricate presentano i tratti delle lettere ornati internamente di motivi geometrici neri e rossi in riserva (file di perle, archetti, palmette, intrecci), anche in pannelli. Appaiono eseguite da due mani, la prima delle quali appare chiaramente influenzata da esempi bizantini o italomeridionali: opera nei primi dodici fascicoli (ff. 4r-v, 5r, 7v, 10v, 12r, 15r, 17v, 18v, 20r, 22r, 23v, 27v, 28r-v, 31r, 33r-v, 34v, 37r, 39v, 41v, 42v, 43r-v, 46v, 51v, 54r-v, 55v, 56v, 58r, 60v, 63r, 64r, 65v, 70r, 73v, 79r, 80v, 81v, 83v, 85r, 90r, 93r, 95r), ove appone lettere al cui interno, o dalle estremità di aste e traverse, si sviluppa un tralcio monocromo stilizzato terminante in palmetta o in foglia appuntita cuoriforme, oppure un motivo floreale simbolico di gemme rotonde o di bottone raggiato (es. P a f. 15r), accompagnato da palmette rosse e nere a voluta contrapposta. Le iniziali della seconda mano, dal fascicolo 13 alla fine (ff. 97v, 100v, 101v, 103v, 105r, 107r, 109r, 110r, 111v, 115v, 117v, 122r, 123r, 125r, 126r, 130r, 137r, 140r, 141v, 142v, 143r-v, 145r, 146r, 147r, 148r, 149r-v, 150r-v, 151r-v, 152r, 153r, 154v, 156v, 158v, 160r, 161r, 163r, 165r-v, 166r, 167r, 168r-v, 169r, 178r, 179r-v, 180r, 182v, 184v, 189v, 191r, 192v, 194r, 196v, 197r, 203v, 206v, 208v, 209v), ripetono la tipologia, ma hanno volute e fogliame più semplici, terminali a fiorellino con giro di perline a simboleggiare i petali, piccoli fregi a S neri. Danneggiate da una rifilatura invasiva le iniziali dei ff. 5r, 184v. Le due iniziali maggiori a decorazione geometrica si trovano ai ff. 1r e 2v. Le lettere si stagliano su sfondo azzurro profilato di colore, recante piccoli fregi rossi stilizzati all’esterno degli angoli; sono eseguite in giallo ocra e riempite di tralci e fogliette in riserva ombreggiati di verde, rosa e azzurro, con lacunari verdi e carminio. Ambedue le lettere presentano motivi che trovano riscontri precisi in area centro-italiana non precisata, talvolta toscana (GARRISON, Studies in the History III, figg. 48-50, 200; cfr. inoltre II, figg. 99, 161, 167; IV, figg. 177, 265). f. 1r: iniziale P di Passionem vel resurrectionem, all’incipit della prima omelia (AUGUSTINUS, Sermones de tempore, CLV). Lunga quasi quanto lo specchio di scrittura (mm 360×10), si staglia su fondo azzurro ornato di rosette e triadi di puntini bianchi, profilato da nastro carminio, verde, azzurro. La

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lettera è delineata in giallo ocra, i tratti contengono inserti di motivi geometrizzanti rossi e azzurri; alla sommità dell’asta, nodo geometrizzante con lacunari rossi e verdi; nell’occhiello, delicati tralci di girari bianchi con palmette, ombreggiati di più colori. La parte terminale della lettera, piuttosto deteriorata, presenta alla base dell’asta una testina umana da cui discende una coda di tralci in riserva, originariamente ombreggiati in verde e giallo su fondo azzurro, carminio e verde. f. 2v: iniziale M di Multis vobis lectionibus, all’incipit della terza omelia (GREGORIUS MAGNUS, In Evangelia, 21). Alta 10 linee (mm 95×75) la lettera presenta nodo geometrico alla base dell’asta di destra, e tralci di riempimento ombreggiati di colore, nascenti da due foglie di base e terminanti con foglie trilobate e appuntite. I tratti della lettera sono ornati internamente da profilatura rossa con perle (asta di sinistra e tratto obliquo di destra), e da inserto di motivi decorativi geometrici rossi e azzurri, a filo di perle o a motivi triangolari, su fondo bianco (tratti complementari). L’omeliario tràdito dal codice è misto, con presenza preponderante di sermoni dall’Omiliario di Paolo Diacono. Segue il Temporale dalla Pasqua all’inizio dell’Avvento; per il santorale, si registrano omelie per Giovanni Battista (ben 8: ai ff. 140r-144v, 179r-182v); gli apostoli Pietro e Paolo riuniti (7 omelie: ff. 148r152r) e singoli (2: ff. 153r-154v, 161r-163r); i santi Maccabeo e Felicita (2: ff. 158v160r); Lorenzo (3: ff. 165r-167r); Michele Arcangelo (2: ff. 193r-194v). Seguono una Vita sancti Nicolai (BHL 6105) e un fascicolo aggiunto recante le Passiones degli apostoli Pietro e Paolo, Simone e Giuda (BHL 6657, 7749) quest’ultima con prologo (BHL 7752, 7753). Lo stato di conservazione non è ottimale. L’iniziale di f. 1r presenta in alcuni punti sbiadimento o perdita di colore e si riscontrano danni severi da asportazione di porzioni del margine esterno e inferiore di diversi fogli (con perdita di testo ai ff. 195, 196, 225). Danni pregressi subiti: mutilazioni nei margini di numerosi fogli, reintegrati poi da membrana per restauro moderno (ff. 1, 27, 32, 33, 224, margine esterno; ff. 66, 225 margine inferiore; f. 184 margine esterno tagliato), e danni da umidità con trasporto di scrittura tra i ff. 221v e 222r. Legatura Rossi A (rest. nel 1958). Sul dorso, etichetta con la segnatura attuale; impressi in oro, in alto HOMILIAE / SS. / PATRUUM, in basso COD(EX) MEMBRANACEUS / SAEC(ULI) XIV. La compresenza nel codice, liturgico originariamente di formato atlantico, di late geometrical style in due iniziali e di influssi di decorazione italomeridionale bizantineggiante nelle iniziali rubricate, suggerisce una origine italo-centrale; paleografia e ornamentazione rendono pertinente la datazione alla fine del XII secolo o entro i primi del XIII. Il codice non riporta tracce significative di studio e di uso liturgico; solo una mano della seconda metà del XV secolo, sembra la stessa responsabile della foliazione in cifre romane, ha riportato, sull’unica guardia membranacea (VIv), l’elenco parziale (fino a f. 63r) delle lectiones,

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omelie e incipit secondo il calendario liturgico. Alla medesima cronologia risale l’ex libris con segnatura (Cod. Collegii Romani Capranicensis XLI) apposto sulla stessa guardia membranacea, al recto, che attesta l’appartenza alla biblioteca del Collegio Capranica, parzialmente acquisita da de Rossi nel 1855; con la raccolta rossiana il codice è passato nel 1922 alla Biblioteca Vaticana. (SILVA TAROUCA, III, 165r-173r; Bibl. Rossianae, V, 435r-v) TIETZE, Die illuminierten, 59 nr. 85; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 333; SALMON, Manuscrits liturgiques IV, 44 nr. 134; PHILIPPART, Catalogues,186; BAROFFIO, Iter, 276.

EMMA CONDELLO Ross. 612 (olim IX, 302) Gradualis ad usum fratrum minorum: Proprium sanctorum (ff. 1r-63v); Communis (ff. 63v-147r); In agenda mortuorum (ff. 147v-151r); Cantus Ordinarii (ff. 151v165r); Sequentiae (ff. 165r-172v); Missae votivae (ff. 172v-179r) Toscana (Siena), sec. XIIIex. (1290-1295) Membr. (pergamena omogenea, ma piuttosto spessa e scura); ff. I, 179, I’ (guardie cartacee moderne); numerazione antica a cifre romane al centro del margine esterno, in caratteri rossi e blu alternati, sul recto di ciascun foglio, per i ff. 1-188; numerazione moderna a matita nell’angolo superiore esterno, discontinua, successiva alla caduta di 10 fogli, per ff. 1-

Ross. 612, f. 26r

Ross. 612, f. 53v

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178 (numerazione corretta fino a f. 60; da qui in poi chi ha eseguito la foliazione ha rimediato a un proprio errore, sottraendo in maniera esplicita un foglio; quindi prosegue da f. 61 (indicato come 62-1) a f. 117 (= 118-1); saltuaria da f. 118 a f. 149; prosegue da f. 150 a f. 178; l’ultimo foglio non è numerato); caduti il foglio tra f. 152 e f. 153 (f. CLIII) e il suo solidale tra f. 158 e f. 159 (f. CLX), più un intero quaternione prima di f. 159 (ff. CLXI-CLXVIII); richiamo in orizzontale al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, talvolta rifilato; mm 500×345 (f. 2); codice costituito interamente di quaternioni, numerati recentemente a matita nell’angolo inferiore destro del primo foglio; scrittura gotica corale a inchiostro nero, notazione musicale quadrata a inchiostro nero su tetragramma rosso, con chiavi e custos e divisione delle battute; specchio scrittorio (mm 340×230) a piena pagina, con 6 sistemi per pagina; rigatura a punta metallica e a secco; regola di Gregory non rispettata in corrispondenza della caduta di uno o più fogli, tra 152 e 153 e tra 158 e 159.

L’apparato decorativo comprende 14 iniziali istoriate (mm 120×100), 2 figurate (mm 120×50), 28 iniziali ornate grandi (mm 120×110) e 10 ornate piccole (mm 70×60), numerose iniziali filigranate grandi e piccole, con corpo rifesso campito in rosso o blu e con ornati di penna di colore opposto, talvolta arricchiti da campiture di colore giallo; rubriche rosse, segni paragrafali blu. f. 10r: iniziale istoriata S di Suscepimus Deus, all’incipit dell’introito in purificatione sancte Marie. Presentazione di Gesù al Tempio. Il sacerdote Simeone tiene in braccio il Bambino benedicente, al cospetto di Maria, Giuseppe e la profetessa Anna. La scena si svolge attorno all’altare, sul quale è posato il calice eucaristico, illuminato da alcune lampade appese al soffitto. f. 24r: iniziale istoriata E di Exclamaverunt ad te, all’incipit dell’introito in sanctorum apostolorum Philippi et Iacobi. Santi Filippo e Giacomo, a mezzobusto, recanti ciascuno un libro. f. 26r: iniziale istoriata N di Nos autem gloriari, all’incipit dell’introito in inventione sanctae Crucis. Crocifissione. Il crocifisso, affiancato da due angeli dolenti in volo, si staglia su un paesaggio urbano stilizzato, raffigurante la città di Gerusalemme. Il margine della pagina contiene un fregio ad antenna, terminante in alto con una drôlerie costituita da una figura virile, avvolta dai panneggi, e la testa coperta da un cappello. f. 32r: iniziale istoriata D di De ventre matris, all’incipit dell’introito in nativitate sancti Iohannis Baptiste. Predicazione del Battista. Il santo, in piedi su un piccolo poggio, si rivolge a un uditorio di persone sedute alle porte di una città turrita. Il margine della pagina contiene un fregio fogliaceo, terminante in alto con una drôlerie costituita da una figura virile panneggiata. f. 36r: iniziale istoriata N di Nunc scio vere, all’incipit dell’introito in festo apostolorum Petri et Pauli. Liberazione di san Pietro. Il santo, ancora rinchiuso in prigione, è preso per mano dall’angelo che scende in volo a liberarlo. Il margine della pagina contiene un fregio fogliaceo, ornato dalla figura di una cicogna e terminante in alto con una drôlerie costituita dalla figura di un uomo armato di sciabola e di scudo blasonato (d’azzurro fasciato d’argento, con due crescenti di bianco, uno in alto e uno in basso).

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f. 42v: iniziale istoriata C di Confessio et pulcritudo, all’incipit dell’introito in nativitate sancti Laurentii. Martirio di san Lorenzo. Il santo giace nudo sulla graticola, mentre l’imperatore, dall’alto di un palazzo, ordina ai carnefici di procedere. Il margine della pagina ospita un fregio vegetale terminante in alto con una drôlerie costituita da una figura ibrida (metà uccello e metà uomo) che soffia con un mantice sotto la graticola del martire, per alimentare le braci. f. 44v: iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes, all’incipit dell’introito in assumptione beate Marie virginis. Assunzione di Maria. La Vergine sale in cielo nella mandorla sorretta da due angeli. In basso gli apostoli osservano la scena, ai lati del sepolcro. Il fregio ad antenna nel margine contiene una drôlerie costituita da una figurina virile che porta una brocca sulle spalle. f. 47v: iniziale istoriata S di Salve sancta parens, all’incipit dell’introito in nativitate sancte Marie virginis. La Natività. Nello spazio superiore della lettera, Maria giace distesa nella grotta accanto alla mangiatoia, in compagnia di Giuseppe e di due angeli. Nello spazio inferiore, Maria bambina, immersa in un grande bacino, è accudita da due ancelle. Da notare l’incongruenza della raffigurazione del Presepio, per illustrare il testo liturgico relativo alla nascita di Maria. f. 53v: iniziale istoriata B di Benedicite dominum omnes angeli, all’incipit dell’introito in dedicatione sancti Michaelis. Cacciata degli angeli ribelli. Nell’occhiello superiore della lettera Cristo appare in un clipeo per benedire i due angeli che ricacciano i ribelli verso il basso; nell’occhiello inferiore, gli angeli ribelli precipitano verso il suolo insieme a demoni e dragoni. f. 58v: iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes in domino, all’incipit dell’introito in nativitate beati Francisci. Morte di san Francesco. Francesco giace sul catafalco, attorniato da monaci e chierici, mentre il vescovo compie i riti funebri; nell’angolo in alto a destra della lettera, entro un medaglione, è raffigurato il Crocifisso in forma di serafino, nell’atto di inviare le stimmate al santo, che è raffigurato inginocchiato in un altro medaglione, nell’angolo in basso a sinistra dell’iniziale. Nel fregio ornamentale in alto a sinistra compare la figura di un angelo. f. 60r: iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes in domino, all’incipit dell’introito in festo omnium sanctorum. La Vergine e santi. I personaggi ricevono la benedizione del Redentore, raffigurato in lato, entro un clipeo sorretto da due angeli. Il fregio geometrico nel margine termina in alto con una drôlerie costituita da una figura virile con mantello e turbante. f. 63v: (= 64-1), iniziale istoriata I di In medio ecclesie, all’incipit dell’introito in plurimorum martyrum. Sant’Antonio da Padova, raffigurato in piedi entro un’edicola turrita sorretta da un telamone. Il fregio marginale è arricchito dalla figura di un uccello e dal busto di un angelo che si rivolge al santo. f. 65r: (= 66-1), iniziale istoriata M di Michi autem nimis, all’incipit dell’introito in nativitate plurimorum apostolorum. Gli Apostoli benedetti dalla mano di Dio che appare nel cielo. Il fregio marginale ad antenna è concluso in alto da una drôlerie costituita da una figura virile con cappello.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 82v: (= 83-1), iniziale istoriata P di Protexisti me Deus, all’incipit dell’introito in natale unius sancti. Un santo, raffigurato a mezzo busto, con un libro. f. 85v: (= 86-1), iniziale figurata I di Intret in conspectu tuo, all’incipit dell’introito in natalitiis plurimorum martyrum. Una figura virile a mezzo busto, con un cappello a punta, fuoriesce da una conchiglia posta alla sommità della lettera. f. 89v: (= 90-1), iniziale figurata I di Iudicant sancti, all’incipit di un altro introito in natalitiis plurimorum martyrum. Una figura virile, dalle orecchie ferine, fuoriesce dalle fauci di un animale mostruoso. Iniziali ornate maggiori ai ff. 1r (D), 14r (G), 30v (N), 46v (P), 62r (= 63r-1) (D), 62v (= 63v-1) (E), 72r (= 73v-1) (I), 73r (= 74r-1) (L), 73v (= 74v-1) (I), 74r (= 75r-1) (G), 84r (= 85r-1) (S), 86r (= 87r-1) (S), 86v (= 87v-1) (S), 87r (= 88r-1) (C), 89r (= 90r-1) (L), 90r (= 91r-1) (L), 90v (= 91v-1) (T), 91r (= 92r-1) (I), 112r (= 113r-1) (S), 113v (= 114v-1) (S), 114r (= 115r-1) (S), 114v (= 115v-1) (I), 126r (O), 128v (D), 129v (L), 130r (M), 144v (T), 147v (R). Iniziali ornate medie ai ff. 34v (D), 37r (S), 40v (D), 87v (= 88v-1) (M), 88r (= 89r-1) (E), 113r (= 114r-1) (S), 131r (C), 173r (= 183r) (D), 175r (= 185r) (R), (178r = 188r) (G). Iniziali filigranate maggiori ai ff. 6r (L), 130v (V). La decorazione del Graduale, edita nel 2004 da Ada Labriola (LABRIOLA, La miniatura senese, 36-38), che ha individuato le mani dei due miniatori di ambito senese, ha consentito di assimilare il codice a un Graduale temporale conservato a Cortona (Biblioteca comunale, ms. 1) di cui costituirebbe il volume complementare. La parte più consistente della decorazione del Ross. 612, comprendente undici iniziali istoriate (ff. 10r, 24r, 26r, 32r, 36r, 53v, 58v, 60r, 63v, 65r, 82v), le due figurate (ff. 85v, 89v) e gran parte di quelle ornate, va ascritta allo stesso maestro incaricato di miniare il ms. 1 di Cortona (DEGL’INNOCENTI GAMBUTI, I codici miniati medievali, 75-95). L’identificazione di questo miniatore con il pittore senese Guido di Graziano, avanzata da Valagussa (VALAGUSSA, s.v. Guido di Graziano, 332-333), non è accolta da Labriola (LABRIOLA, La miniatura senese, 36-37), che preferisce limitarne il corpus alle sole miniature, mantenendo il tradizionale appellativo di Maestro del Graduale di Cortona. Il suo stile si distingue per la grande raffinatezza e per la presenza di alcuni caratteri originali, che rimandano alla cultura cimabuesca assisiate. La sua mano è facilmente riconoscibile nel Graduale rossiano, grazie all’adozione della gamma cromatica chiara, luminosa e delicatissima negli accordi tra l’azzurro, il rosa e l’arancio, in combinazione con la foglia d’oro, nella struttura salda delle iniziali – circondate da un campo azzurro o rosa spesso delimitato da una cornice di colore contrastante –, cui fa da contraltare la libertà compositiva degli ornati marginali, costituiti da steli mistilinei, ornati da girandole fogliacee e da frequenti drôleries, quali uccelli o figure umane e angeliche generate da elementi vegetali. Le illustrazioni contenute nelle iniziali istoriate presentano spesso, come sfondo, complicate costruzioni, fantasticamente combina-

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ROSS. 612

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te per suggerire l’ambientazione architettonica della scena, come accade per le mura di Gerusalemme su cui si staglia la Crocifissione (f. 26r), oppure per la prigione ove ha luogo la Liberazione di san Pietro (f. 36r). Su questi fondali coloratissimi si muovono personaggi dipinti in sfumature più tenui e caratterizzati da gesti composti e volti vivacemente espressivi. Le tre iniziali istoriate rimanenti, tutte contenute nel medesimo fascicolo e raffiguranti il Martirio di san Lorenzo (f. 42v), l’Assunzione (f. 44v) e la Natività (f. 47v), spettano invece al Primo miniatore dei Corali del Duomo di Siena, uno dei principali responsabili dell’impresa decorativa compiuta nell’ultimo decennio del Duecento per la cattedrale senese (LABRIOLA, La miniatura senese, 31-33; LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali del Duomo, 452-453). Gli interventi di questo secondo artefice si distinguono per l’impiego di colori più opachi e stridenti, stesi con pennellate alquanto fluide e sommarie; la struttura della lettera risulta semplificata e nelle vignette non compaiono le ambientazioni architettoniche. Le miniature del codice rossiano sono particolarmente vicine a quelle nei corali senesi eseguite a partire dalla fine del nono decennio del secolo (Siena, Museo dell’Opera del Duomo, mss. 36. F, poi 33. C e 34. D) e parrebbero a esse leggermente successive; ciò suggerisce per il Graduale Ross. 612 una datazione entro la prima metà dell’ultimo decennio del Duecento. Le iniziali filigranate sono connotate da intarsi mistilinei e motivi decorativi sovrapposti a biacca, anziché lasciati a risparmio. Le maggiori sono bicolori, con campiture color ocra negli interstizi delle filigrane. Gli ornati di penna sono solitamente serrati intorno alle iniziali, con strette volute o ruote agli apici, da cui partono singole linee avvolte a cappio e arricciate all’estremità. Il codice si conserva in uno stato discreto, ma presenta segni evidenti d’uso prolungato, soprattutto negli ultimi fogli: alcune miniature appaiono consunte. Legatura di tipo Rossi A. Di restauro le guardie e le controguardie anteriori e posteriori. I piatti in cartone sono rivestiti di marocchino, con cornice e filetti concentrici in oro e un motivo decorativo centrale impresso a caldo; sul dorso, ugualmente decorato con impressioni a caldo, si legge in alto: CORALIS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice costituisce la seconda parte di un Graduale in due volumi destinato a una chiesa francescana: il primo tomo, contenente il Temporale, è stato individuato nel ms. 1 della Biblioteca comunale di Cortona (LABRIOLA, La miniatura senese, 36-38). Quest’ultimo pervenne all’attuale luogo di conservazione dal convento cortonese di San Francesco, in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi sancite dallo Stato italiano nel 1867 (DEGL’INNOCENTI GAMBUTI, I codici miniati medievali, 75); al contrario, non è possibile risalire alle circostanze dell’acquisizione del codice contenente il santorale da parte di Giovan Francesco de Rossi. Sulla base dello stile espresso dalle miniature, per il codice di Cortona è stata proposta un’origine senese (DEGL’INNOCENTI GAMBUTI, I codici miniati medievali, 82). L’ipotesi potrebbe trovare ulteriore conferma nel Graduale rossiano, qua-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lora si potesse accertare, per lo scudo raffigurato nella drôlerie di f. 36r, l’appartenenza alla famiglia senese dei Tolomei. (SILVA TAROUCA, III, 174r-175r; Bibl. Rossianae, V, 436r-v) TIETZE, Die illuminierten, 77-78 nr 114; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 85 nr. 188; LABRIOLA, La miniatura senese, 32-33, 36-38, 262, 269; LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali del Duomo, 452; CORSO, Corali miniati, 206.

GIORGIA CORSO Ross. 613 (olim IX, 303) Biblia Latina cum glossa (Libri quattuor Regum et duo Paralipomenon) Parigi, sec. XIII, prima metà (1240-1245) Membr. (pergamena giallastra, piuttosto ruvida, sottile e ondulata, con margini ampi); ff. VII, 312, VII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione moderna (sec. XIX) in cifre arabiche a matita, in alto a destra; mm 472×328 (f. 2). Scrittura gotica testuale di una sola mano, in inchiostro nero, di modulo dimezzato nella glossa. Specchio scrittorio (mm 248×160) su due colonne di 51 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 10) per i prologhi (ff. 1r-2v, 212v-213v), su una colonna di 26 linee per il testo biblico; glosse disposte su una o due colonne incorporate nello specchio scrittorio, di cui sfruttano la medesima rigatura. Rigatura a mina di piombo, ribadita su ogni facciata; sulla prima e sull’ultima facciata di ogni fascicolo, nel margine inferiore, compare la numerazione in cifre romane dei fascicoli, entro il segno di cartulazione del Sacro Convento di Assisi; richiamo orizzontale, nel margine inferiore, a destra.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 6 iniziali maggiori istoriate (mm 40×40 ca.) all’inizio dei libri della Bibbia; 4 iniziali medie ornate (mm 30×30 ca.) all’inizio dei prologhi e delle glosse; iniziali filigranate rosse e blu, segni paragrafali negli stessi colori, titoli correnti e indicazione dei capitoli in lettere alternate rosse e blu.

Ross. 613, f. 213v

f. 1r: iniziale ornata V di Viginti et duas, all’incipit del Prologo al Liber Regum I. f. 1v: iniziale ornata V di Viginti et duas, all’incipit delle Glosse al Liber Regum I. f. 3r: iniziale istoriata F di Fuit vir unus, all’incipit del Liber Regum I: Saul in preghiera.

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ROSS. 612-613

f. 56r: f. 102v: f. 167v: f. 212v: f. 213r: f. 213v: f. 259r:

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iniziale istoriata F di Factum est autem, all’incipit del Liber Regum II: Suicidio di Saul. iniziale istoriata E di Et rex David, all’incipit del Liber Regum III: Abisag condotta al letto di David. iniziale istoriata P di Prevaricatus est, all’incipit del Liber Regum IV: Acazia sul letto di morte e Il profeta Elia (?). iniziale ornata S di Septuaginta interpretum, all’incipit del Prologo del Liber Paralipomeni I. iniziale ornata E di Eusebius Ieronimus, all’incipit delle Glosse al Liber Paralipomeni I. iniziale istoriata A di Adam, Seth, Enos, all’incipit del Liber Paralipomeni I: Creazione di Adamo. iniziale istoriata C di Confortatus est, all’incipit del Liber Paralipomeni II: Salomone in preghiera nel Tempio.

Le iniziali, eseguite tutte dallo stesso miniatore, sono dipinte in azzurro o rosa e ornate da filetti, dischetti o altri piccoli motivi bianchi; talvolta uno o più elementi dell’iniziale sono costituiti dal corpo di un drago. Gli occhielli e i fondi interni, campiti in oro, nelle lettere istoriate accolgono l’illustrazione, in quelle ornate sono riempiti da piccoli draghi o da tralci vegetali avvolti a spirale, arricchiti da fogliette e teste ferine. I campi esterni, privi di smerlature, sono campiti in rosa o azzurro, a contrasto con la lettera, e sono spesso bordati da un listello d’oro. Dagli apici si sviluppano semplici code fitomorfe che terminano con foglie, palmette o protomi animali. Gli episodi raffigurati nelle iniziali istoriate sono ridotti ai loro elementi essenziali, con un numero minimo di personaggi, tutti rappresentati in pose rigide e stereotipate; l’ambientazione è suggerita al massimo da un arco trilobato. I tratti dei volti inespressivi sono semplicemente disegnati, mentre il chiaroscuro è reso dalla sovrapposizione di pennellate più scure sulle campiture piatte. Il codice appartiene alla serie dei 17 volumi che componevano la Bibbia glossata di San Francesco ad Assisi, miniati da diversi artefici parigini nella prima metà del XIII secolo (La Biblioteca, 148-149). In particolare, la stessa scrittura e il medesimo stile per le miniature si ritrovano nei codici 4, 5b e 11 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, che in origine costituivano un solo volume, suddiviso dai frati per facilitarne la consultazione (ASSIRELLI, I manoscritti, 110114). Già Branner aveva isolato le miniature di questi codici, avvicinandoli genericamente agli atelier parigini della prima metà del Duecento e aggiungendo al gruppo due manoscritti conservati a Parigi presso la Bibliothèque nationale de France, ovvero l’Histoire d’Outremer di Guglielmo di Tiro, ms. fr. 2827, e la Bibbia, ms. lat. 27 (BRANNER, Manuscript Painting, 81, 198). Spetta ad Assirelli (ASSIRELLI, Schede nrr. 29-30, 140-142, 143-145) il merito di avere accostato a questo nucleo di miniature il Ross. 613 e alcuni altri codici datati, così da poter ricostruire l’attività di una bottega, o, meglio ancora, di un artista, operante tra il quarto e quinto decennio del Duecento in ambito parigino, spesso al servizio dei francescani.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il corpus di questo anonimo miniatore comprende, oltre alle opere menzionate, un Salterio glossato datato al 1236 (Tournai, Bibliothèque de la Ville, ms. 5) e altri due volumi della Bibbia glossata di Assisi, il ms. 12 della Biblioteca del Sacro Convento e il Ross. 299 della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il Ross. 613, insieme all’Histoire d’Outremer di Tournai e ai volumi di Assisi 4, 5b e 11, costituirebbero gli esiti più maturi di tale produzione e andrebbero datati verso il quinto decennio del secolo. Il codice è stato restaurato e appare integro e in buono stato di conservazione. Legatura rossiana di tipo A, con cornicetta dorata, filetti in oro e impressioni a caldo sui piatti. Rest. nel 1965. Sul dorso si legge in alto: LIBRI REGUM / ET / PARALIPOMENON / DE MEDICINA / CUM COMMENTARIOR(UM) / CATENA; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il codice proviene dalla Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco ad Assisi, come attestano la numerazione dei fascicoli, il caratteristico segno di foliazione e le tracce dell’ex libris settecentesco presenti a f. 1r. Nel 1381 il codice si trovava nella Biblioteca Pubblica del Convento e corrispondeva al volume numero VII (MERCATI, Codici del Convento, 102). Si tratta di uno dei 17 volumi che componevano la Bibbia glossata duecentesca, secondo la tradizione donata ai frati da re Luigi IX (1215-1270), o più probabilmente pervenuta ad Assisi a più riprese, verso la metà del XIII secolo (ASSIRELLI, I manoscritti, 110-114). Nel XIX secolo il codice entrò nella collezione di Fabrizio Orsini de’ Rilli (morto nel 1825), che appose sul margine inferiore di f. 1r il suo timbro con l’acronimo CFRO. Successivamente, passò a Giovan Francesco de Rossi e seguì le vicende della sua biblioteca. (SILVA TAROUCA, III, 176r; Bibl. Rossianae, V, 437r) ALESSANDRI, Inventario, 5; TIETZE, Die illuminierten, 29-30 nr. 44; MERCATI, Codici del Convento, 100, 102; CENCI, Bibliotheca Manuscripta, 15-80; ASSIRELLI, Schede nrr. 29-30, 138142, 143-145; La Biblioteca del Sacro Convento, 113, 114, 116, 117, 158, 169, 182, figg. XLVXLVI, 82-85.

GIORGIA CORSO

Ross. 614 (olim IX, 304) BARTHOLOMAEUS

DE

CARUSIS, Milleloquium veritatis Augustini (pars altera)

Italia centro-settentrionale, secc. XVex.-XVIin. Membr. (pergamena tendente al giallo, chiara, omogenea e trasparente; tagli dorati); ff. XII, 338, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione recente a matita, in cifre arabiche nell’angolo in alto a destra, saltuaria; richiamo in oriz-

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ROSS. 613-614

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zontale sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, nel margine inferiore a destra; mm 495×352 (f. 2); scrittura bastarda a inchiostro nero; specchio scrittorio a due colonne di 54 linee (mm 346×230, spazio intercolonnare mm 28); rigatura a colore bruno eseguita sul lato carne, spesso ribadita sul lato pelo.

La decorazione del codice è costituita da 1 pagina ornata, 12 iniziali ornate (mm 70×60 ca.), numerose iniziali filigranate in rosso e blu; segni paragrafali rossi e blu, rubriche rosse. f. 1r:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

61v: 76v: 91v: 169v: 173r: 203r: 261r: 281r: 329r: 336r: 337v:

pagina d’incipit: bordura marginale nei margini superiore, interno e inferiore, costituita da foglie e fiori variopinti e boccioli d’oro racchiusi entro una cornice ocra; al centro del margine inferiore compare un Ross. 614, f. 1r clipeo laureato che accoglie uno stemma eraso; iniziale ornata M di Magdalena vidistis. iniziale ornata N di Nativitas Christi. iniziale ornata O di Obedientia non prohibuit. iniziale ornata P di Patientia virtus. iniziale ornata Q di Quadragesima quadragenarius. iniziale ornata R di Radix quomodo. iniziale ornata S di Sabbatum probabiliter. iniziale ornata T di Tabernaculum. In tabernaculis. iniziale ornata V di Vanitas. Odisti observantes. iniziale ornata X di Christus. Christus a crismate. iniziale ornata Y di Ydea. Idee sunt. iniziale ornata Z di Zacharias. Zacharias memor.

Le iniziali ornate, tutte dello stesso tipo, a eccezione della Y a f. 336r, sono poste all’inizio di ciascuna sezione alfabetica e presentano la serie delle lettere dalla M alla Z, dal momento che il codice riporta solo la seconda parte del compendio di Bartolomeo da Urbino, una raccolta di excerpta delle opere di sant’Agostino, disposte in ordine alfabetico. Il corpo della lettera è di un solo colore, solitamente azzurro o rosa, chiaroscurato e ornato da sottili disegni in biacca; vi si aggiungono collarini e foglie sottili e aderenti, multicolori. I campi che racchiudono i capilettera, di forma regolare tendente al quadrato, sono in oro chiaro, circondati da pesanti bordure nere. Neri sono pure i fondi interni, profilati da un listello color ocra e talvolta al-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

leggeriti da rabescature in biacca. I fiori e i boccioli che ornano gli occhielli e gli spazi interni, in alternativa alle semplici foglie, sono dipinti con colori brillanti (azzurro, verde, rosa, lilla), rialzati da sottili lumeggiature bianche. I boccioli mostrano a volte forme appuntite, simili a spighe, oppure a grappolo. Particolare risalto è riservato alla lettera S di f. 203r, più grande ed elaborata rispetto alle altre, e impreziosita da tratteggi di biacca che conferiscono ai colori un effetto iridescente. Il capolettera Y di f. 336r presenta invece un aspetto diverso: il corpo dorato della lettera, sinuoso e molto allungato (mm 184×54), è racchiuso entro in campo trapezoidale campito a tinta unita lilla, ornato da arabeschi bianchi e profilato in nero. Le iniziali filigranate, poste in apertura di ogni capoverso, presentano semplici ornati di penna di colore opposto, con cappi formati da una sola linea al disopra e al disotto della lettera. Il frontespizio di questa seconda parte del Milleloquium (f. 1r) è contrassegnato dalla pagina ornata, che in origine doveva anche comprendere una illustrazione mai realizzata, come attesta lo spazio rimasto vuoto in cima alla prima linea della colonna di scrittura. La bordura nei margini è riempita da tralci sottili, affilati, arricchiti da pistilli, boccioli appuntiti, ma anche da grandi fiori carnosi a cinque petali. Il tutto è disseminato di piccolissimi bolli d’oro e virgole a penna; la veste cromatica appare piuttosto fredda, per l’assenza del giallo. Lo stile della decorazione è ispirato alla produzione fiorentina rinascimentale ampiamente attestata tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del secolo successivo; bordure simili si ritrovano ancora, ad esempio, in un corale vallombrosano miniato da Attavante nel secondo decennio del Cinquecento (Vallombrosa, Biblioteca dell’abbazia, ms. IV. 28, f. 485r, cfr. Codici liturgici miniati, 207). Vista la larga diffusione della tipologia ornamentale, il codice deve essere genericamente assegnato a un atelier dell’Italia centro settentrionale. Colpisce il contrasto con la scrittura di tipo transalpino, ma questo tipo di combinazione non è insolita, in un periodo di fitti scambi culturali e commerciali tra le diverse regioni europee, il che comportava anche lo spostamento degli artisti o la movimentazione dei codici, che potevano essere scritti in un contesto ed essere completati altrove per soddisfare le specifiche esigenze della committenza. Il codice si conserva integro e in buono stato. Legatura Rossi A, con motivi a impressione parzialmente dorati, rest. nel 1965. Riquadri impressi con motivi floreali sul dorso, dove si legge in alto: S(ANCTI) AURELII AUGUSTINI / MILLELOQUIUM VERITATIS / DIGESTUM / A BARTHOLOMEO DE CARUSIS / EPISCOPO URBINATI / PARS ALTERA; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV.

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ROSS. 614-615

Non si conoscono le circostanze dell’acquisizione del codice da parte del de Rossi. Tanto lo stemma contenuto nel clipeo a f. 1r, tanto la nota di possesso a f. 338r sono stati completamente erasi. (Bibl. Rossianae, V, 438r) GIORGIA CORSO

Ross. 615 (olim IX, 305) Lectionarium ecclesiae Sancti Venantii de Camerino Italia centrale (Marche?), sec. XIVex. Membr. (pergamena piuttosto spessa, giallastra, lavorata grossolanamente); ff. VI (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 285, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna, a lapis e cifre arabiche in alto a destra sul recto dei primi dieci fogli, poi solo delle decine, e contemporanea, meccanica, con cifre arabiche in basso a destra sul recto, sbagliata a partire da f. 18 che risulta numerato 28. Il codice misura mm 475×325 (misure prese a f. 1). Testo vergato in gotica di modulo grande con inchiostro bruno e rosso per le rubriche da una sola mano e disposto su due colonne di 36 linee (spazio intercolonnare di mm 14), entro uno specchio di scrittura di mm 320×210, rigato alla mina di piombo verticalmente e orizzontalmente. Presenza di notazioni musicali (ff. 191r, 198r). Pochi interventi correttivi e integrativi, anche molto estesi (f. 222r). Richiami molto semplici a fine fascicolo, sistemati al centro del margine inferiore.

L’apparato decorativo del codice, contenente ai ff. 1r-200v il Temporale dall’Avvento a Pasqua, lezioni della Sacra Scrittura, sermoni, vite dei santi, omelie e, ai ff. 201r-295r, il santorale da san Saturnino ai santi Tiburzio e Valeriano, consiste in 15 iniziali ornate, di dimensioni assai variabili (si veda oltre), a introdurre le varie lectiones, e numerose iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto, a volte anche molto elaborate (ff. 45r, 83v, 94v, 250r). Le lettere, pur se variate l’un l’altra, sono della stessa tipologia. Si presentano con il corpo colorato a bande (solitamente due o tre colori non divisi nettamente) dalle tonalità spente, spesso evocative di materiali preziosi come l’oro, l’argento e la porpora (e dunque ocra, grigio o grigio-azzurro, amaranto). Nelle campiture interne rosa antico o arancio si aprono sottili ra-

Ross. 615, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

meggi e volute, solitamente blu illuminati di biacca, su riquadrature blu di lapislazzulo incorniciate di giallo, da cui si dipartono racemi a foglie rosse, rosa, verdi, blu e gialle, e spuntano gocce d’oro, che si estendono sempre, ma solo parzialmente, sui margini del foglio e negli spazi intercolonnari. Esse si trovano a: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

1r: 31v: 37r: 40v: 60r: 73r: 101v: 105v: 108v: 113r: 117v: 146v: 201v: 219v:

la V di Visio Ysaie (mm 45×57), in prima dominica de Adventu. la P di Primo tempore (mm 85×48), in nativitate domini. la S di Secundam post Neronem (mm 37×40), in sancti Iohannis apostoli. la H di Hodie fratres (mm 80×49), in nativitate sanctorum innocentium. la O di Omnes sitienses (mm 38×47), in die Epyphannie (sic). la P di Paulus filius (mm 110×56), incipit epistola ad Romanos. la P di Paulus apostolus (mm 100×48), ad Galathos. la P di Paulus apostolus (mm 85×50), ad Ephesios. la I di In principio (mm 115×27). la H di Hoc vero (mm 33×43). la D di Dixit autem dominus (mm 36×50), dominica in quinquagesima. la I di Ioseph cum sedecim (mm 115×34), dominica III in quadragesima. la P di Passionem sancti Andree (mm 123×63), i(n) sancti Andree apostoli. la S di Servuus Christi Ambrosius (mm 28×31), in festivitate beate Agnetis virginis. f. 242v: la S di Scriptum est (mm 55×55), all’incipit del commune sanctorum.

Giudicato dal Tietze un prodotto dell’Italia settentrionale della prima metà del Quattrocento, il manoscritto è più opportunamente databile al XIV secolo e riconducibile all’Italia centrale. La decorazione, che è di fattura piuttosto modesta (a volte il colore fuoriesce dai limiti del disegno) nonostante l’uso del lapislazzulo e della foglia oro, mostra elementi di chiara ascendenza umbra, come le lunghe foglie d’acanto che compongono i tralci e che presentano la nervatura sottolineata da puntini che dividono longitudinalmente le foglie maggiori in due parti, dipinte secondo accoppiamenti cromatici usuali (ocra e rosa, ocra e blu petrolio), tipiche in primis di Perugia e Assisi, poi di Gubbio, Todi, Orvieto, tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento, in seguito diffuse altrove nelle zone limitrofe. La provenienza del codice dalla chiesa tardotrecentesca di San Venanzio a Camerino (su cui MARIANO, Architettura, 66), la destinazione del manoscritto liturgico per la chiesa secolare gotica camerte, e, infine, un confronto sul piano del lessico ornamentale e della scelta cromatica con quel che resta della miniatura marchigiana del XIV secolo che, pur con aperture bolognesi, si accosta alle esperienze più conservatrici della cultura umbra, come si vede, ad esempio, nei corali conservati presso il Museo Albani di Urbino (mss. 1, 2, 7, 9, 10, 11), scritti da Nicolò Saraceno da Bagnacavallo nel 1350 per il Capitolo metropolitano della città feltresca (FACHECHI, Scheda nr. 117, 296-297), o nel corale 2 della Biblioteca comunale di Fermo, miniato da Bartolo da Fabriano (FACHECHI, s.v. Bartolo, 59), tutto questo permette di avan-

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ROSS. 615-616

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zare l’ipotesi di una esecuzione nella stessa Camerino dove, tra l’altro, esisteva certamente una produzione libraria, di cui verosimilmente fa parte anche il ms. 2877 della Biblioteca Palatina di Parma (cfr. ZANICHELLI, Scheda nr. 53, 257259), ma anche i corali composti per la chiesa (e oggi nell’Archivio di San Venanzio), tra cui il Salterio-Innario che reca a f. 141r la firma dei miniatori che nel 1409 lo decorarono, Angelo Maria e Nardo di Bartolomeo, probabilmente camerti (FACHECHI, Appunti, 52 e nr. 23). Il codice versa in uno stato di conservazione mediocre. Sono presenti macchie sulla pergamena (f. 1r), diffuso sbiadimento dell’inchiostro (ad es. ff. 32v33r) e del colore delle miniature, con tentativi di risarcimento in inchiostro bruno, notevoli lisière (ff. 31-34, 81, 105, 191, 205, 240), tagli (f. 88), fori (f. 180r). Inoltre è caduta quasi completamente la foglia d’oro inserita nella decorazione di f. 1r, che non prevedeva la preparazione a bolo. In generale si nota un miglioramento dello stato di conservazione della parte miniata man mano che si procede verso l’interno del codice. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, LECTIONARIUM, in basso, CODEX / MEMBRANACEUS / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, V, 439r) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 202; SALMON, Les manuscrits IV, 44 nr. 135; PHILIPPART, Catalogues, 186.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 616 (olim IX, 306) Biblia Latina cum glossa (Acta apostolorum, Epistulae canonicae et Apocalipsis) Parigi, sec. XIII, metà (1240-1255) Membr. (pergamena giallastra ma chiara, leggermente ruvida, con margini ampi); ff. VII, 225, VII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione moderna (sec. XIX) in cifre arabiche a matita, in alto a destra; mm 468×313 (f. 2); scrittura gotica testuale di una sola mano in inchiostro nero, di modulo dimezzato nella glossa; specchio scrittorio (mm 252×164) su due colonne di 51 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 10) per i prologhi (f. 1r), su una colonna di 26 linee per il testo biblico; glosse disposte su una o due colonne incorporate nello specchio scrittorio, di cui sfruttano la medesima rigatura; rigatura a mina di piombo, ribadita su ogni facciata; sulla prima e sull’ultima facciata degli 11 fascicoli (tutti senioni, tranne l’ultimo – ff. 221-225 –, ternione privo dell’ultimo foglio), nel margine inferiore, compare la numerazione in cifre romane dei fascicoli, entro il segno di cartulazione del Sacro Convento di Assisi; richiamo in orizzontale, nel margine inferiore, a destra.

L’apparato decorativo comprende 1 iniziale maggiore istoriata (mm 145×28), a f. 1v, e 2 iniziali ornate (mm 40×20), a f. 1r; iniziali filigranate rosse e blu, segni paragrafali, titoli correnti e indicazione dei capitoli in lettere alternate rosse e blu.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 1r: iniziale ornata L di Lucas medicus, all’incipit del prologo agli Acta apostolorum. La lettera è dipinta in rosa e ornata agli apici da piccole code vegetali. Il campo esterno è ridotto a una strisciolina azzurra. Lo spazio tra le aste, campito in oro, contiene una spirale azzurra con foglioline bianche, arancio e verdi. f. 1r: iniziale ornata L di Lucas Antiocensis, all’incipit del secondo prologo agli Acta apostolorum. La lettera d’oro è bordata da una strisciolina rosa; lo spazio tra le aste è azzurro, ornato da un arabesco bianco. f. 1v: iniziale istoriata P di Primum quidem, all’incipit degli Acta apostolorum. Quattro apostoli ammantati sono raffigurati entro l’occhiello della lettera, sullo sfondo d’oro. L’iniRoss. 616, f. 1v ziale, dipinta in azzurro e rosa, si prolunga lungo la colonna di scrittura con una lunga coda interrotta a metà da un piccolo drago e terminante in basso con una fogliolina arancio e verde. Il campo esterno è in oro. La decorazione delle lettere segue lo stile degli atelier parigini del primo Duecento, semplificando al massimo le forme e i motivi decorativi. Il codice appartiene alla serie dei 17 volumi che componevano la Bibbia glossata di San Francesco ad Assisi, miniati da diversi artefici parigini nella prima metà del XIII secolo (La Biblioteca, 148-149). In particolare, la stessa scrittura e un analogo stile estremamente semplificato per le miniature si ritrovano nella prima parte del codice Assisi 5 della Biblioteca del Sacro Convento, contenente il Libro di Giobbe. Si tratta dei pezzi artisticamente più deboli dell’intera serie, databili agli anni ’40-’50 del secolo; le iniziali del Ross. 616, forse disegnate dallo stesso autore delle miniature del Libro di Giobbe, appaiono persino più sciatte per l’intervento di un coloritore maldestro che fraintende il disegno sottostante. Il codice è stato restaurato e appare integro e in buono stato di conservazione. Legatura rossiana di tipo A, con cornicetta dorata, filetti in oro e impressioni a caldo sui piatti. Sul dorso si legge in alto: ACTA APOST(OLORUM) / EPIST(ULAE) PETRI / IACOBI IUDAE / IOANNIS / ET APOCALYP(SIS) / CUM COMMEN(TARIORUM) / CATENA; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV.

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Il codice proviene dalla Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco ad Assisi, come attestano la numerazione dei fascicoli, il caratteristico segno di cartulazione e le tracce dell’ex libris settecentesco presenti a f. 1r. Nel 1381 il codice si trovava nella Biblioteca pubblica del Convento e corrispondeva al volume numero XVI (MERCATI, Codici del Convento, 102-103). Si tratta di uno dei 17 volumi che componevano la Bibbia glossata duecentesca, secondo la tradizione donata ai frati da re Luigi IX (1214-1270), o più probabilmente pervenuta ad Assisi a più riprese, verso la metà del XIII secolo (ASSIRELLI, I manoscritti, 110-114). Nel XIX secolo il codice entrò nella collezione di Fabrizio Orsini de’ Rilli (morto nel 1825), che appose il suo timbro con l’acronimo CFRO sul margine inferiore di f. 1r e la sua nota di possesso nel margine superiore. Successivamente, il codice passò a Giovan Francesco de Rossi e seguì le vicende e gli spostamenti della sua biblioteca. (SILVA TAROUCA, III, 177r-181r; Bibl. Rossianae, V, 440r) TIETZE, Die illuminierten, 30 nr. 45; MERCATI, Codici del Convento, 102-103; ASSIRELLI, Scheda nr. 39, 177-179; La Biblioteca del Sacro Convento, 114, 123, 148, figg. LXIII, 130-131.

GIORGIA CORSO

Ross. 617 (olim IX, 307) Biblia sacra, utriusque Testamenti, versione Vulgata (Gen 1 - Cor 9 I.IX.10; ff. 4r221v). S. HIERONYMUS, Epistula 53 (52) ad Paulinum presbiterum (ff. 1v-4r) Italia (Roma), sec. XIIin. Membr. (pergamena ben lavorata; rari fori originari, v. ff. 15, 50, 97, passim); ff. V, 221, V’ (fogli di guardia moderni, cartacei tranne V e I’, membranacei). Foliazione del XX secolo, a matita, nel margine superiore esterno, da 1 a 221. Il codice misura attualmente mm 585×401 (f. 56r) e reca traccia di rifilatura severa che ha danneggiato alcune iniziali a piena pagina (es. f. 5); lo specchio di scrittura è di mm 456×275, disposto in due colonne di 59 linee (intercolumnio di mm 30) con scrittura sopra la prima riga. La rigatura a secco, eseguita sul lato pelo dei singoli bifolii, presenta rettrice supplementare nel margine superiore per i titoli correnti. I fascicoli attuali sono 30, in maggioranza quaternioni tranne un binione (8), e sette ternioni (3, 4, 7, 12, 24, 28, 29), che iniziano sempre dal lato pelo. Tracce dei richiami originali solo ai ff. 202v e 208v, nel margine inferiore verso l’interno; numerazione dei fascicoli moderna (sec. XVIII), sull’ultimo foglio verso, margine inferiore al centro, mentre sul primo recto, specularmente, si ripete il numero del fascicolo precedente. Molto più corposa la consistenza originaria del codice, di almeno 68 fascicoli e di 500 fogli circa, compromessa dalla perdita di oltre la metà dei fascicoli e quasi la metà dei fogli: la gran parte delle perdite pare essersi prodotta prima della segnatura moderna di fascicolo, così come le alterazioni riscontrabili nella successione di fascicoli e fogli. L’ordine fisico originario era quindi il seguente: ff. 1-37 (fasc. attuali 1-5; lacuna interna al 4, mancante di un foglio tra gli attuali 6 e 7); lacuna (equivalente a 2 quaternioni, tra gli attuali ff. 37/38); ff. 38-63 (fasc. 6-9); lacuna (1 quaternione, tra i ff. 63/64); ff. 64-71 (fasc. 10); lacuna (2 qua-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ternioni, tra i ff. 71/72); ff. 72-79 (fasc. 11); lacuna (1 quaternione, tra i ff. 79-80); ff. 80-84 (fasc. 12, mancante di un foglio tra gli attuali 80 e 81); ff. 117-132 (fasc. 17, 18); lacuna (2 tra quaternioni e ternioni, tra i ff. 132/133); ff. 133-140 (fasc. 19); lacuna (3 quaternioni, tra i ff. 140/141); ff. 141-164 (fasc. 20-22); lacuna (2 ternioni, dopo il f. 164); ff. 101-108 (fasc. 15); lacuna (7 quaternioni + 1 ternione, tra i ff. 108/109); ff. 109-11 (fasc. 16); lacuna (6 quaternioni, dopo il f. 116); ff. 85-100 (fasc. 13, 14); lacuna (probabilmente 3 fascicoli, di cui due quaternioni, dopo il f. 100); ff. 165-213 (fasc. 23-29; irregolare il 24, ternione manipolato con l’aggiunta dei ff. 179 e 180, pertinenti al fascicolo seguente, mentre la corretta sequenza dei ff. è: 172, 173, 176, 177, 174, 175, 178, 179; lacuna interna nel 29, mancante di un foglio tra gli attuali 209 e 210); lacuna (6 fascicoli, di cui quattro o cinque quaternioni, tra i ff. 213/214); ff. 214-221 (fasc. 30); lacuna (2 quaternioni). Vanno inoltre computati singoli fogli caduti all’interno di fascicoli superstiti (1 tra i Ross. 617, f. 215v ff. 6-7; 2 tra ff. 26-27; 1 tra ff. 188-189). Scrittura carolina rotonda, uniforme, di modulo grande, pesante nel tracciato e compatta sul rigo, calligrafica, databile agli inizi del XII secolo. Il codice è vergato da 11 mani (A ff. 1r-55v; B ff. 56r-79v, 117r-164v, 214r-221v; C ff. 64ra r. 54-r. 59; D ff. 66rb rr. 15-17; E ff. 67va r. 59-b r. 1; F ff. 69vb r. 47-70ra r. 17; G ff. 70ra r. 19-b r. 17; H ff. 80r-84v; I ff. 85r-116v; J ff. 165r-180v; K ff. 181r-213v) delle quali C, D, E, F, G intervengono brevemente sempre all’interno di fascicoli vergati da B. Mano preminente è appunto B, che scrive ampi tratti poco dopo l’inizio del codice, al centro e alla fine, in una scrittura con influssi di minuscola romanesca (u angolari, maiuscole in fine rigo (specie -R) e anche in fine parola, la tipicissima m finale onciale, l’uso ricorrente di pochi ma caratteristici nessi, le abbreviazioni di -orum e -arum anche a fiocco) di cui si colgono tracce anche in C, G, I. In romanesca esplicita i brevi interventi su rasura di due mani dei secoli XII, a f. 213va, rr. 20-22, e XIIex.-XIIIin., a f. 83v ultime tre righe. Vari interventi di correzione minimale, su rasura, di mani coeve (es. ff. 5v, 39v, passim). Interventi erasi nei margini ai ff. 1v (prove di penna, forse una nota di possesso, altra nota forse di mano del sec. XIV), 171r (in minutissima minuscola diplomatica, sbiadita e rifilata, su due righe: Ronaldus Pet(ri)…massaro de…Iohanne et Ma(r)tini…); 214v-215r e 216r (mano del XVI secolo: Omia amante onamorato viso qano vego el tuo belo viso mepare devedere le parte; per fidem Leo). Scrittura distintiva principale è una capitale epigrafica utilizzata per gli incipit solenni: ricca di lettere incluse, lettere rimpiccolite, nessi, talora gemmature lungo i tratti rettilinei verticali e obliqui, con G e D di modello onciale con occhiello avvolto all’interno a ricciolo (ff. 1r-v, 5r); per incipit, explicit e riga iniziale dei testi, capitale analoga alla precedente, con lettere grecizzanti (ad es. A f. 5r), o onciale ancora con G a ricciolo. Onciale rubricata per i titoli correnti, collocati ad aperture alterne sulle due facciate.

L’apparato decorativo consiste di 1 pagina incipitaria, di 40 iniziali decorate in stile geometrico, con motivi di girari, o zoomorfe animate, che contrassegna-

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no l’incipit di prefazioni e di singoli libri; di iniziali minori rubricate, protratte nel margine o nell’intercolumnio, talora gemmate a metà dei tratti rettilinei, in un caso con un tentativo di elementare filigrana aggiunta in inchiostro bruno (O f. 11r). Nelle iniziali minori si riscontrano errori di lettera che non si verificano altrimenti (come Q in luogo di F, f. 11r; V al posto di S, f. 11v). Nei capitularia premessi a ogni libro, numeri rubricati; titoli e titoli correnti rubricati. Due rozzi disegni tracciati a inchiostro nei margini esterni ai ff. 145r (figura nimbata con tunica) e 157r (figura femminile). La pagina incipitaria e 18 iniziali corrispondono al middle geometrical style, con retaggi di early, e risalgono manifestamente a una medesima mano, di qualità notevole. Per queste iniziali – e il confronto si rivela valido anche per le iniziali a girari e zoomorfe – Garrison collocava il codice all’interno di un corpus di bibbie atlantiche derivanti da un prototipo comune, attribuite a Roma e assegnate al primo quarantennio del XII secolo: i mss. lat. Z 1 della Bibl. Marciana, XV AA 1 della Bibl. nazionale di Napoli, Vat. lat. 4217, e Vat. lat. 42204221, M 55 dell’Arch. di Sant’Ambrogio di Milano (GARRISON, Studies in the History I, 96-98). Stile, motivi e modalità di cui il corpus è testimone primigenio saranno oggetto di imitazione in particolare in area toscana alla metà del secolo XII, come conferma anche il confronto tra diverse iniziali geometriche della Bibbia rossiana e quelle della Bibbia di Firenze, Biblioteca Laurenziana, XV. 1. La Bibbia rossiana manifesta particolare affinità con la decorazione della Bibbia atlantica di Napoli e con gli altri codici riconosciuti come doni del vescovo Guglielmo II al capitolo di Troia negli anni 1108-1137, acquisiti a Roma e databili tra gli inizi e il primo quarto del XII secolo (BRAGA, OROFINO, PALMA, Manoscritti). La pagina incipitaria, a f. 1r, danneggiata nel margine esterno in basso, solennizza l’inizio dell’epistola dedicatoria geronimiana e reca il testo in capitale epigrafica di modulo solenne rubricata, circondata da una cornice (mm 268×435) profilata di giallo e bruno, ripartita in segmenti alternati a decorazione geometrico-floreale azzurra, verde, rossa, carminio con filettature gialle; al centro dei lati brevi, losanga con cornice rossa o gialla contenente motivi floreali azzurri e rossi; al centro dei lati lunghi, medaglione circolare verde ormai illeggibile. Due delle iniziali geometriche sono monumentali (mm 460×135), ambedue danneggiate in basso per la perdita di parte del foglio: f. 1v: iniziale F di Frater Ambrosius, all’incipit dell’epistola geronimiana Ad Paulinum, ove la lettera presenta asta e tratti orizzontali profilati di giallo e di rosso, costituiti da tre nastri affiancati di motivi floreali geometrizzanti azzurri, rossi, verdi profilati di giallo o bianco; alla terminazione dei tratti orizzontali e all’intersezione tra il primo di essi e l’asta, intrecci geometrici gialli su fondo azzurro e verde puntinato di giallo, e carminio; a metà dell’asta, medaglione di nastri concentrici a decorazione geometrico-floreale, con rosetta centrale.

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f. 5r: iniziale I di In principio, all’incipit del Liber Genesis, analoga alla precedente: l’asta è riempita con motivi floreali anche su fondo nero, e termina in basso con motivo policromo di triangolo rovesciato, dal cui vertice promanano due palmette orizzontali. Le altre iniziali geometrizzanti, ai ff. 4r, 21r, 34r, 43r, 56r, 63v, 66r, 90r, 101v, 108r, 114v, 117r, 132v, 139r, 156r, 172r, 181r, 196r, esprimono forte coerenza stilistica: varie nelle dimensioni (da mm 68/310×12/100), ripetono i colori rosso, azzurro, verde, carminio, presentano la lettera profilata di giallo e i tratti divisi all’interno in segmenti riempiti di motivi floreali geometrizzanti, le aste possono recare al centro medaglioni circolari con motivo centrale di rosetta (f. 4r, D iniziale della prefazione geronimiana al Pentateuco), gli occhielli spesso terminano all’interno con motivo di fogliame e motivo analogo si trova alla terminazione inferiore dell’asta (f. 63v, P iniziale di Id e f. 156r B iniziale di Ps). Le iniziali a girari sono 16, compaiono solo dal f. 135r in poi (ff. 136v, 142v, 143v, 145v, 146r, 147r, 148v, 149v, 150r, 151v, 155r, 190r, 206v, 215v, 220r), in dimensioni variabili da mm 45×42 a 77×65, corrispondenti a 6-9 righe. La lettera gialla (raramente a doppia barra rossa e gialla: ff. 215v e 220r P iniziale di Rm e 1Cor; f. 150r U iniziale di Sph) è circondata o riempita di girari in riserva su fondo a lacunari azzurri, rossi, carminio, verde, talora con intreccio geometrizzante alla sommità di un tratto verticale (ff. 142v, 143v, 145v, 147r U iniziale di Il, Am, Ab, Mic). La gran parte delle iniziali è opera di una mano molto elegante, e di notevole esito è anche la seconda mano cui spettano almeno le due O con girari speculari e motivo centrale di gracile corolla o foglietta, ai ff. 148r e 149v, iniziali di Nh e Hab; a una terza e meno abile mano, sommaria nell’esecuzione dei comparti colorati di sfondo, si debbono due lettere ai ff. 150r (U iniziali di Sph) e 155r (O iniziali di Ml). Le 4 iniziali zoomorfe animate misurano da mm 95×23 a 220×20, e appaiono eseguite da due mani. I motivi zoomorfi utilizzati sono il drago con zampe, ali e fauci in forma di palmette, e l’uccello dal cui becco spuntano fogliami, secondo una tipologia attestata in codici del secolo XII, inizi e prima metà, di ormai riconosciuta produzione romana (la già citata Bibbia atlantica di Napoli, Biblioteca nazionale, ms. XV AA 2, f. 165v e ancora a Napoli, Sant’Agostino ms. VI B. 4, f. 33r e Commentarium in Matthaeum, ms. VI B. 10, ms. f. 182v) o anche più meridionale (es., le eleganti F ornitomorfe del ms. 10 di Palermo, Archivio storico diocesano, ff. 20r e 57r). La prima mano esibisce finezza di disegno e colorismo sapiente negli sfumati, pone la figura animale su sfondi bipartiti longitudinalmente in toni diversi di azzurro, o in azzurro e verde scuro, in parte o del tutto puntinati di giallo, talora terminanti in basso con palmetta, ed esegue la I (f. 64r, iniziale di Rt), in forma di drago di colore aranciato su fondo azzurro; o anche la I (f. 94r, iniziale di Est) come drago del tutto analogo al precedente; oppure la I (f. 98r, iniziale di Es), in forma di uccello di colore aranciato, dalla lunga coda, con becco che diventa fogliame. La se-

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conda mano esegue la I (f. 152r, iniziale di Zc), in forma ancora di uccello azzurro e giallo, dal becco che si sviluppa in girari, stagliato su fondo carminio puntinato di giallo chiuso in basso da palmetta. Nella condizione attuale, la Bibbia tràdita dal codice presenta la sequenza testuale: Gn, Ex, Lv, Nm, Dt, Ios, Id, Rt, 1 Sm, 1-2 Rg, Ib, Tb, Idt, Est, Es, Pro, Ec, Sir, 1 Cr, Is, Ir, Lm, Bar, Ez, Os, Il, Am, Ab, Ion, Mic, Nh, Hab, Sph, Ag, Zc, Ml, Ps, 1-2 Mc, Mt, Mr, Lc, Io, Ap, Rm, 1 Cor, e le imponenti lacune riguardano: Gn (7, 18-11, 23), Ex (16, 23-22, 31), Lv (13, 35-fine), Nm (fino a 25, 11), Id (1, 27-21, 11), 1 Sm (17, 36-fine), 2 Sm, 1 Rg (fino a 1, 49; 18, 21-fine), 2 Rg (fino a 14, 16), Ir (1, 17-49, 10), Ez (7, 5-fine), Dn, Os (fino a 5, 9), Ps (70, 16-fine), Ec (4, 14-fine), Cn, Sap, Sir (fino a 32, 1), 1 Cr (7, 36-fine), 2 Cr, Ib (fino a 34, 10), Es (9, 12-fine), Ne, 1 Mc (fino a 5, 42), Mt (25, 8-26, 68), Ac, Ic, 1-2 Pt, 1-3 Io, Iu, Ap (fino a 22, 15), 1 Cor (9, 10-fine), 2 Cor, Heb. La sequenza originaria era, per il Vecchio Testamento: Gn, Ex, Lv, Nm, Dt, Ios, Id, Rt, 1 Sm, 2 Sm, 1 Rg, 2 Rg, Is, Ir, Lm, Bar, Ez, Dn, Os, Il, Am, Ab, Ion, Mic, Nh, Hab, Sph, Ag, Zc, Ml, Ps, Pro, Ec, Cn, Sap, Sir, 1 Cr, 2 Cr, Ib, Tb, Idt, Est, Es, Ne, 1-2 Mc; per il Nuovo Testamento: Mt, Mr, Lc, Io, Ac, Ic, 1-2 Pt, 1-3 Io, Iu, Ap, Rm, 1-2 Cor, Gal, Eph, Ph, Col, 1-2 Th, 1-2 Tm, Tt, Phl, Heb. Il canone originario del codice corrisponde a quello di un gruppo di Bibbie atlantiche che comprende alcuni testimoni romani tra i più antichi e alcuni altri databili entro il secolo XII, metà (Parma, Biblioteca Palatina, ms. Pal. 386; Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Barb. lat. 587; Paris, Bibliothèque nationale de France, mss. lat. 50 e lat. 104; Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. lat. 4217 e 4220-4221; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. lat. Z 1 (1949-1950); Napoli, Biblioteca nazionale Vitt. Em. III, XV AA 1; Milano, Archivio S. Ambrogio ms. M 55; cfr. CONDELLO, Indagine): alcuni tra essi erano già segnalati da Garrison per affinità decorative con la Bibbia rossiana. Stato di conservazione buono; restauro nel 2000; il codice presenta comunque danni pregressi rilevanti per asportazione di pergamena nei margini, reintegrati da restauri moderni (ff. 1-5, 17-38, 73, 101, 106, 161-163, 219-221); restauro antico per strappi ricuciti con cordino a ff. 90, 100, 154, 155, 158, 163. Legatura Rossi A, restaurata, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in oro, al di sopra dell’etichetta cartacea con l’attuale segnatura, è impresso BIBLIA SACRA / VULGATAE LECTIONIS; in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. L’origine del manoscritto può verosimilmente essere ipotizzata in Roma, stante la conferma e l’ampliamento delle suggestioni in tal senso avanzate precedentemente da Garrison e da Berg. Conferma ulteriore viene dai dati testuali, e dalla stretta affinità decorativa con i codici del “gruppo troiano”. Questo ultimo dato, così come l’analisi paleografica, inducono a datare l’origine del codice agli inizi o al primo scorcio del XII secolo. Non è dato conoscere i passaggi della storia del codice, e una (forse due) probabili note di possesso al f. 1v sono era-

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se e illeggibili. Il codice fu acquisito dalla Biblioteca Vaticana con il resto della raccolta manoscritta di de Rossi, nel 1921. (SILVA TAROUCA, III, 178r-181r-v; Bibl. Rossianae, V, 441r) TIETZE, Die illuminierten, 54-55 nr. 79 figg. 68, 69; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 327; GARRISON, Studies in the History, I, 26 nr. 42, 96-98, 113, figg. 139-141 e III, 60, 62; BERG, Studies in Tuscan, 50; MANIACI, Suddivisione, 111, n. 87; Bibbie atlantiche, 191-193 nr. 19, fig. a 192; CONDELLO, Per una indagine, 189-203.

EMMA CONDELLO

Ross. 625 (olim X, 6; gr. 42) Catena in Canticum Canticorum, Typus B2 (THEODORETUS CYRRHENSIS; Catena trium Patrium: S. GREGORIUS NYSSENUS, S. NILUS ANCYRANUS, S. MAXIMUS CONFESSOR; MICHAEL PSELLUS) Sec. XVI, prima metà Cart. (biancastra, italiana, con filigrana di àncora circoscritta in un cerchio coronato da stella, uguale a Briquet 478, a. 1502); ff. VII (I in cartoncino, solidale con la controguardia del piatto anteriore, II-VII in carta del XIX sec.), 222, V’ (I’-IV’ in carta del XIX sec., come sopra; V’ in cartoncino, solidale con la controguardia posteriore). Foliazione moderna di cinque in cinque posta sul margine superiore esterno, ripetuta più recentemente con numeratore meccanico sul margine inferiore esterno; richiami verticali apposti sull’ultimo verso del fascicolo (quaternioni regolari). Il codice misura mm 210×150. Testo vergato a colonna unica (mm 130×75) per 20 righe di scrittura. Scrittura greca di una mano individuale piuttosto elegante; la mise-en-page pare volersi rifare intenzionalmente ai prodotti umanistici latini; riconducibile al primo XVI secolo. L’uso di inchiostri acidi motiva la presenza di un alone giallognolo o rossastro (qualora sia impiegato inchiostro rosso) intorno alla scrittura.

Ross. 625, f. 1r

Ornamentazione ridottissima, di tipo calligrafico, funzionale alla presentazione del titolo (in rosso), per il quale si ricorre a una minuscola rotondeggiante. Le capitali segna-paragrafo – poste in ekthesis – hanno dimensioni ridotte (mm 3×3) e sono eseguite in rosso con il medesimo alfabeto minuscolo altrimenti impiegato nel testo. f. 1r: testata, disegno realizzato secondo il metodo della riserva. Su un fon-

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ROSS. 617-634

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do rosso si dispongono, orientati alternativamente verso l’alto e verso il basso, sette scomparti cuoriformi, includenti palmette a tre o cinque lobi/foglie; ai due estremi, nei due triangoli di risulta, palmette non classificabili. Sugli angoli esterni ulteriori elementi vegetali non riconducibili a tipologie classificate, fatta eccezione per la semipalmetta sulla sinistra. Sovrasta la testata, in posizione centrale, un nastro annodato che riproduce la forma di una «croce greca». f. 1r: capitale maggiore H di `H tw ^ n qe…wn (mm 55×13), in ekthesis, costruita a tratto rosso rinforzato; dalle aste germogliano minuti elementi vegetali volti ad arricchire il disegno di base. Entro la lettera, al di sopra e al di sotto della traversa si sviluppano due ritorte volute, adornate da ulteriori elementi fogliati e riccioli. Lo stato di conservazione del codice è molto buono. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, rifatto, è stato riapplicato il rivestimento della medesima legatura rossiana; ivi, in alto, si legge in oro THEODORETI / EPISC(OPI) CYR(RHENSIS) / IN CANTICA / CANTICORUM. Alla base del dorso si legge in oro COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV; titolo sul taglio di piede: THEODORET(US) IN CANTICA CANTICORUM. Al f. 1r, al centro del margine inferiore, un piccolo ovale di carta risarcisce accuratamente una lacuna creatasi con l’asportazione, forse fraudolenta, di un’indicazione di provenienza, certo un timbro o stemma. Sempre a f. 1r sul margine superiore, in posizione centrale, si legge un titolo latino di mano corsiva, in inchiostro bruno Theodoretus in Cantica Canticorum. La mano potrebbe essere identificata con quella del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), che aveva iniziato un catalogo dei codici greci del Passionei. (Bibl. Rossianae, VI, 13r, 14r) GOLLOB, Griechische Literatur, 16-17 nr. 9.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 634 (olim X, 15) Liber precum monasticus Germania, sec. XV, metà Cart.; ff. VI, 564, VI’. Il codice presenta due numerazioni, entrambe successive all’epoca di confezione del libro: la prima, vergata a matita in numeri arabi, si trova nell’angolo superiore destro del recto di tutti i fogli; la seconda (presa come riferimento in questa scheda), sempre in numeri arabi, è apposta con numeratore meccanico sul margine inferiore destro del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 160×100 (misure prese a f. 22). Specchio scrittorio, mm 130×90 (misure prese a f. 56r) a una colonna centrale con 18 linee

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di testo; rigatura assente. Scrittura corsiva di una sola mano in inchiostro nero con rubriche in rosso; lingua tedesca. La composizione dei fascicoli è regolare. Richiami presenti sul verso di tutti gli ultimi fogli di ogni fascicolo.

La decorazione del codice, sobria e accurata, si compone di una grande iniziale istoriata A, posta in corrispondenza dell’incipit del manoscritto (f. 2r, mm 80×65) e dipinta a pennello in rosso, nella quale è inserito un riquadro con Una monaca inginocchiata al cospetto della Vergine col Bambino. Chiarezza e semplicità sono i principi estetici cui si ispira l’autore di questa illustrazione, priva di reali coordinate spaziali, scevra di ogni motivo ornamentale e di qualsiasi sfarzosità; si notano infatti la totale assenza di decorazione per i capilettera e l’utilizzo di una gamma sobria di colori ridotta all’azzurro, al rosa, al rosso e al marrone. Un conRoss. 634, f. 2r torno a pennello definisce con nitidi e sicuri tratti le figure, colorate solo nelle vesti, mentre i visi e le mani sono ottenuti con pergamena a risparmio; soltanto in qualche occasione, come nella definizione delle vesti della monaca, la stesura si arricchisce della sovrapposizione di un colore più scuro, a dare rilievo alle pieghe del panneggio. Completano l’ornamentazione del manoscritto numerosissime iniziali rubricate in rosso, che misurano una linea di scrittura. Lo stato di conservazione del codice è, nel complesso, buono. Legatura Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione. Il contropiatto e la controguardia sia anteriore che posteriore sono rivestiti con cartone azzurro. Il codice non presenta sottoscrizioni, note di possesso o altri elementi che possano contribuire a far luce sulla sua origine o sulle fasi più antiche della sua vicenda storica. Si può supporre, dall’osservazione della miniatura a f. 2r, che questo libro di devozione sia stato realizzato per una consorella e che, forse, sia stato anche miniato da una religiosa nell’ambito di una comunità di suore clarisse. Lo stile dell’iniziale del codice rossiano è caratteristico infatti del cosiddetto Nonnenmalerei o Nonnenarbeit (GERCHOW, MARTI, “Nonnenmalereien”, 144): si tratta di una particolare produzione di manoscritti, connotati da un linguaggio formale fortemente caratterizzato, fiorita nell’ambiente monastico femminile durante il XV secolo, caratterizzata da una efficace comunicazione visiva, sempre subordinata alla necessità di un’esperienza spiri-

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tuale all’interno del chiostro e in stretto rapporto con la produzione tessile, tradizionalmente praticata in questo ambiente (HAMBURGER, Nuns as Artists, 7-61). Nell’iniziale rossiana, infatti, il linguaggio “infantile” adottato nella delineazione dei volti, le piccole figure con teste tonde, le forme appiattite e la naïveté generale che pervade l’intera composizione, sono tipici del Nonnenarbeit. La cultura conventuale evidenziata da questa iniziale poggia sul confronto con altre immagini che, coeve e con caratteristiche simili, si trovano in codici conventuali decorati da suore dedite a illustrare manoscritti. Il confronto tra l’iniziale A del codice rossiano e, per esempio, la medesima iniziale nel messale (Inv. – Nr. Cent. III, 86, f. 20r), oggi conservato nella Stadtbibliothek di Norimberga, proveniente dal monastero di Santa Caterina di questa città e datato al 1452 (SAUER, Scheda nr. 465, 516-517), non lascia adito a dubbi sull’appartenenza dei due manoscritti a un medesimo contesto culturale ed espressivo; ciò è sottolineato anche dall’uso identico di particolari modi pittorici che si notano nelle pennellate dense e pastose che definiscono il corpo delle lettere, nei tratti grafici e decisi disegnati a profilare le figure oppure nei rapidi tocchi di colore, rosso o rosato, velocemente posati a rialzare le gote. Riscontri altrettanto convincenti sono possibili pure con l’illustrazione devozionale di un Libro d’ore (ms. 75, f. 1r), miniato nella seconda metà del XV secolo da una monaca del monastero di Sante Margherita e Agnese in Strasburgo, oggi custodito nella Bibliothèque du Grand Séminaire della medesima città (GARDILL, Scheda nr. 394, 463). Ancora, alcune componenti del linguaggio dell’iniziale rossiana trovano riscontro, seppure a un livello di espressione più alto e curato, nel collettario della suora domenicana Margareta Widmann del convento di Sant’Agnese di Strasburgo, oggi custodito presso la Universitätsund Landesbibliothek di Bonn (ms. S. 1943, f. 248v; HAMBURGER, Scheda nr. 332, 427-428): sono comuni le teste arrotondate, i tipi fisionomici dalla caratteristica espressione sorridente, con gli occhi neri che emergono vividi dai pallidi incarnati. Infine, altrettanto pertinente appare il confronto con un libro di preghiere per una suora realizzato a Colonia intorno al 1450, oggi conservato a Philadelphia nella Walter and Lenore Annenberg Rare Books and Manuscripts Library (ms. 141, f. 1r; CASHION, Scheda nr. 41, 123-125): qui si ritrovano, ad esempio, affini caratteristiche somatiche. Di tale linguaggio, diffuso nell’area tedesca, l’illustratore del codice rossiano può essere stato protagonista nella sua fase di piena fioritura, intorno o subito dopo la metà del XV secolo. Si tratta dunque di un gruppo di codici realizzati in diversi luoghi da religiose per altre religiose all’interno di monasteri e conventi, codici creati per pregare, per facilitare esperienze contemplative, preziosi testimoni della spiritualità femminile tardomedievale (HAMBURGER, The Visual and the Visionary, passim). Anche se il voto di clausura, generalmente osservato dalle monache e dalle suore, impediva loro di lasciare i propri istituti, i collegamenti stilistici tra manoscritti prodotti in differenti città e aree geografiche suggeriscono che tra i diversi monasteri femminili si sia verificato, nel XV secolo, un fecondo scambio di opere d’arte, quali miniature, disegni e dipinti prodotti negli stes-

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si monasteri (HAMBURGER, Nuns as Artists); e ciò appare del tutto verosimile se si considera che in quest’epoca proprio il movimento di riforma delle Clarisse aveva accresciuto la propensione delle religiose al raccoglimento spirituale, favorendo conseguentemente, con finalità educativa, la produzione e la circolazione di manoscritti devozionali anche illustrati (FORTUNATI, Pregare con le immagini, 48). Un collegamento fra i conventi di Norimberga e l’Alsazia si stabilì, ad esempio, nel 1428, quando le suore dalla casa domenicana di Schönensteinbach si trasferirono nel convento di Santa Caterina a Norimberga per riformarlo; è interessante notare che fra i riformatori vi era la religiosa Margareta Kartauserin alla quale si deve la produzione di almeno undici manoscritti per il convento di Santa Caterina (SCHRAUT, Stifterinnen und Künstlerinnen, 46; CASHION, Scheda nr. 41, 124). Manoscritti come il Ross. 634 diventano dunque testimoni privilegiati di una vita conventuale di clausura, nella quale in ogni religiosa era vivo il desiderio di divenire modello esemplare non solo di santità ma anche di cultura. (Bibl. Rossianae, VI, 24r-v) MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 639 (olim X, 20) Rime Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XVI Cart. (filigrana similare al tipo 12845 di Briquet); ff. VIII, 64, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; altra numerazione coeva al testo, a penna, con lettere dell’alfabeto, prima maiuscole, poi minuscole nell’angolo inferiore destro; altra numerazione antica, in cifre arabiche a penna, nell’angolo superiore destro; mm 144×104; codice composto esclusivamente da quinioni, privi di richiamo; scrittura umanistica corsiva a inchiostro bruno; specchio scrittorio a piena pagina (mm 90×68), 14 linee di scrittura; rigatura a punta metallica.

Ross. 639, f. 1r

L’apparato decorativo comprende 1 pagina ornata, 20 iniziali d’oro decorate a pennello (mm 10×10); letterine ingrandite a inchiostro rosato all’inizio di ogni verso.

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ROSS. 634-644

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f. 1r: pagina ornata e iniziale ornata O di O messaggi del cor, all’incipit del testo. Capolettera d’oro entro un riquadro color porpora, da cui scende nel margine inferiore una barretta purpurea. Negli altri margini, fregio con oro e colori: listello doppio a colori alternati blu e oro nel margine esterno; da lì si dipartono decorazioni di penna con fiorellini colorati e bottoncini d’oro; al centro del margine inferiore, clipeo dorato con stemma eraso, d’azzurro, con decorazioni illeggibili in oro. Lo stile della decorazione riporta alla miniatura emiliana rinascimentale del primo Cinquecento, in particolare all’ambito ferrarese, per il carattere degli ornati marginali nella pagina d’incipit, con fitti ramages a penna disposti in fasci spiraliformi, disseminati di fiorellini multicolori e gocce d’oro. Le letterine dorate sono sempre racchiuse entro piccoli riquadri ripartiti in due settori di colore contrastante e cosparsi di puntini d’oro e biacca. Il codice si conserva integro e in uno stato discreto, con macchie di umidità diffuse soprattutto sulla metà superiore dei fogli. Legatura rossiana di tipo A, con ornato centrale a impressione e semplici filetti dorati; su dorso si legge in alto: RIME / VARIE, in basso: COD(EX) / CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. La data 1585, apposta a penna in calce all’ultimo verso (f. 61v) da una mano coeva o poco più tarda del testo, può essere assunta come termine ante quem per la fattura del codice, contenente rime di Ludovico Ariosto e di altri lirici italiani del XVI secolo. (Bibl. Rossianae, VI, 34r) TIETZE, Die illuminierten, 155 nr. 337.

GIORGIA CORSO

Ross. 644 (olim X, 25) Miscellanea: RAIMUNDUS LULLUS, Ars brevis (ff. 1v-6r). Testo sacro (ff. 7r-19r). Liber Sibillae (ff. 19v-27r; 30r-52r). Vaticinia (ff. 53v-59r) Italia settentrionale?, sec. XVIin.? (I foglio di guardia) Codice miscellaneo del sec. XV. / Contiene / 1. un Frammento di Filosofia / 2. una canzonetta in dialetto italiano di / sacro argomento / 3. due visioni attribuite alla sibilla / 4. un frammento latino sacro – figurato Cart.; ff. V, 59, VII’ (I e VII’ rinforzati di seta giallo-verde come la controguardia); foliazione meccanica in basso a destra su ogni recto; richiami assenti; mm 137×98 (ff. 1-53), mm 137×106/9 (ff. 54-59). Scritture gotiche corsive di più mani realizzate in inchiostro bruno e nero. Specchio scrittorio mm 110×80/85, a una (ff. 5r-6r, 19v-59r) o due colonne

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(ff. 7r-19r; spazio intercolonnare mm 4 ca.). Note marginali. Testi in latino e in italiano. Rigatura a matita; visibili in alcuni casi i fori guida (ff. 6r, 27v-29v). I ff. 6v, 27v-29v, 52v-53r sono bianchi. Filigrana a forma di àncora vicina al tipo 574 di Briquet (BRIQUET, Les filigranes, III). Il codice è stato rifilato.

ff. 1v-4v: schemi logici. f. 1v: schemi riassuntivi delle regole dell’Ars brevis (LULLUS, Ars brevis, IV, C.C. Continuatio medievalis, 38, 214 ss.). f. 2r: Prima figura dell’Ars brevis di Raimondus Lullus. f. 2v: Secunda figura dell’Ars brevis di Lullus. f. 3r: Tertia figura dell’Ars brevis di Lullus. f. 3v: Quarta figura dell’Ars brevis di Lullus; in questo caso manca lo Ross. 644, f. 55v schema interno (sembra trattarsi di un non finito). f. 4r: tabula combinatoria dell’Ars brevis, II.6 di Lullus. f. 4v: schema della Quarta figura dell’Ars brevis, II.4 (?) di Lullus (si ringrazia Giorgio Stabile per l’aiuto nell’analisi di questa parte della scheda). ff. 53v-59r: nella parte contenente i Vaticinia compaiono disegni a inchiostro acquerellato realizzati su pergamena a risparmio, privi di cornice. La tavolozza pittorica è ridotta a rosso, rosa, verde, arancio, ocra, bruno. f. 53v: l’immagine di una città cinta da alte mura occupa i due terzi della pagina (mm 87×100 ca., sotto il testo). All’interno della cinta muraria si intravedono cinque uomini di guardia. La porta, chiusa, è colpita da raggi (?) rossi provenienti da una testa gigante barbuta, distesa su un sostegno, posta all’esterno. Dentro la città, in una seconda cinta muraria in mattoni, spicca la raffigurazione di una basilica con due campanili laterali, rosone centrale e immagine della Vergine con Bambino al di sopra del portale d’ingresso, connotato da due rosse croci greche. A destra un edificio circolare (il Pantheon?). f. 54r: in poco più della metà del foglio (al di sotto di 11 linee di testo) compare la probabile veduta prospettica di un palazzo (o forse una città, la civitas Septicollis). A sinistra dell’immagine una mano tesa. f. 54v: sotto 7 linee di scrittura, è l’immagine, che occupa in altezza i due terzi del foglio, del pontefice (piviale rosso, al di sotto una bianca tunica, tiara e nimbo tondo) con libro in una mano e nell’altra l’abbozzo di un’asta. In basso una volpe si protende a toccare le tre bandiere astili poste a sinistra:

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ROSS. 644

f. 55r:

f. 55v:

f. 57r:

f. 57v:

f. 58r:

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una bianca, una rossa, una bianca crociata di rosso. Sopra le insegne, due mani tese. l’immagine, posta sotto 6 linee di testo, occupa più di due terzi del foglio e mostra un uomo seduto, nudo, ai fianchi solo un panno bianco, col capo reclinato sulla mano sinistra. Pare interloquire con l’uomo, abbigliato di una tunica verde, che si protende verso di lui a braccia conserte. In alto un astro rosso, a destra le parole dei vaticinia. un angelo (san Michele?) vestito di bianco, ammantato di rosso, un libro nella mano sinistra, rivolge con l’altra una tiara verso un essere dal volto umano e corpo desinente in suino. La creatura, supina, sostenuta da due animali (un lupo e un vitello?), ha sul capo l’aquila con le ali spiegate. L’immagine occupa due terzi del foglio ed è collocata al di sotto di 10 linee di testo. nell’immagine il pontefice, barbuto, con tunica purpurea e bianco piviale, è incoronato dall’angelo che gli pone sul capo la tiara, stringendo nell’altra mano un libro chiuso, come pure tiene in mano un libro chiuso lo stesso pontefice. Sono entrambi connotati da un nimbo circolare. La raffigurazione occupa oltre i due terzi del foglio, al di sotto di 5 linee di testo. nell’immagine, che posta al di sotto di 9 linee di testo occupa i due terzi del foglio, è raffigurato un pontefice con barba e tiara gemmata, seduto in cattedra, affiancato da due angeli uno in bianco, l’altro in rosso, con manto bianco appoggiato su una spalla. Tutte le figure sono nimbate, il papa ha in mano un libro. il papa stante è abbigliato con rossa tunica e piviale bianco. Stringe un libro in una mano e nell’altra una tiara, che rivolge a terra. Sul capo nimbato il phrigium. L’immagine occupa oltre i due terzi del foglio ed è posta sotto 7 linee di testo.

La parte contenente i Vaticinia de summis pontificibus si richiama alla tradizione, testuale e iconografica, di un’opera letteraria dai contorni e dalla genesi ancora in parte da chiarire (cfr. a questo proposito il Ross. 374 e i rimandi bibliografici in esso contenuti). Il testo dei Vaticinia, in passato erroneamente attribuito a Gioacchino da Fiore, è solo parzialmente presente nell’esemplare rossiano. Sono in esso riportate le sole profezie riguardanti i pontefici che, all’epoca della compilazione, non erano ancora vissuti, risultando esse, più delle altre, profetiche e visionarie. In effetti nel Ross. 644 le immagini, ormai “rivelate” dall’avvento dei papi, non vengono connotate (come invece appare in quegli esemplari confezionati anteriormente a tali pontificati) da alcun riferimento a persone reali, rimanendo ancorate al testo profetico ed, eventualmente, alla sua didascalia. Lo schema seguito nella successione (Vaticinia 23, 25, 26, 21, 22, 27, 28, 29, 30) si richiama a una delle famiglie individuate dalla Millet (MILLET, Il libro delle immagini, 62-67) della quale fanno parte il ms. Arundel 117 della British Library e il Ross. 374, in cui l’ordine testuale di alcuni Vaticinia non rispetta quello della tradizione corrispondente (cfr. MILLET, Il libro delle immagini, 237-246 per una breve disamina dei tentativi di realizzare un’edizione delle profezie basata sugli esemplari esistenti).

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Il Ross. 644 nasce miscellaneo, l’ipotesi è confermata dall’omogeneità grafica e iconografica che mostra, ma le opere che contiene convivono in esso per ragioni difficili da argomentare allo stato degli studi. Si può affermare tuttavia che la raccolta in questione rientri tra quelle scelte “editoriali” rappresentative di una certa committenza interessata a opere di contenuto storico-scientifico-profetico che la critica (cfr. MILLET, Il libro delle immagini, 197 ss) è riuscita a individuare e circoscrivere ad aree dell’Italia centro settentrionale dei secc. XV-XVI. La somiglianza della filigrana col tipo rinvenuto da Briquet nell’Archivio notarile di Bergamo, recante la data 1506 (una variante a Venezia) contribuirebbe allora a rafforzare, o semplicemente a confermare, l’area principale di diffusione di questi esemplari “profetici”, spesso confezionati accostando testi diversi, ma resi omogenei dagli interessi della committenza. Il codice è in mediocre stato di conservazione. La carta è in molti punti consunta e fragile, diffusi annerimenti del supporto; inchiostro dilavato a f. 5r; parti di testo sbiadite (e poco leggibili) soprattutto nel bordo superiore dei ff. 44v-59r. Il fenomeno è forse legato all’uso, ipotesi confermata dalla consunzione degli angoli dei fogli corrispondenti. Lacerazioni diffuse e qualche intervento di risarcimento (soprattutto nella parte finale). I fogli 54-59 inoltre sono ripiegati (per uniformità dimensionale al resto del codice) generando un ulteriore problema conservativo. Legatura Rossi A in pelle verde con impressioni in oro e a secco, rest. nel 1965. Ulteriore coperta a busta Rossi B con impressioni in oro e a secco. Sul dorso, in oro, si legge: in alto FRAMME(NTI) / VARII in basso COD(ICE) CH(ARTACEO) / DEL / SEC(OLO) XV. Dorso parzialmente distaccato. (Bibl. Rossianae, VI, 42) MICHELA TORQUATI Ross. 651 (olim X, 32) BIANCO

DI

SANTI

DA

SIENA, Laudi spirituali

Siena, sec. XV, prima metà Cart. (a eccezione dei ff. I, II, 1 e 8); ff. VII (I-V cart., tranne il primo in cartoncino grigioazzurro come la controguardia, VI e VII membr., contenenti l’indice), 168 (cart., tranne il primo e il f. 8, in pergamena), V’ (cart., tranne l’ultimo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna a inchiostro e cifre arabiche in alto a destra solo sul recto. Il codice misura mm 161×118 (misure prese a f. 1). Testo in volgare vergato in gotica in inchiostro bruno e rosso per i titoli da unica mano, disposto in una sola colonna di 26/31 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 110×76, rigato verticalmente e orizzontalmente a matita. Presenza di richiami a inchiostro bruno incorniciati sobriamente e posti al centro del margine inferiore a fine fascicolo (ff. 1v, 16v, 24v etc.). Non è rispettata la regola di Gregory tra i ff. VIIv-1r, rispettivamente lato pelo-lato carne.

L’apparato decorativo del codice, contenente le 92 Laudi di Bianco di Santi (1350 ca.-1410), in parte composte a Siena e trasmesse da codici senesi (AGENO, Il Bianco, XVII), consiste in una sola iniziale istoriata a introdurre i circa 20.000

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ROSS. 644-651

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versi dell’opera (cfr. Laudi spirituali), e in numerose lettere de penna rosse e blu filigranate a contrasto. f. 1r: iniziale N di Non potrai fuggire (mm 50×33), all’inizio della I Laude, in viola lumeggiato di biacca, con la terminazione superiore dell’asta che si prolunga in una decorazione fitomorfa, su quadrante oro incorniciato di inchiostro nero, vivacizzata da palline dorate incorniciate di verde, blu, ocra, con all’interno l’immagine dell’autore dell’opera, Bianco di Santi, raffigurato come un monaco in veste bianca con cappuccio e mantello grigio in preghiera davanti a una croce terminante col cartiglio INRI Ross. 651, f. 1r (che fuoriesce dal bordo della lettera) alla quale è appeso un Cristo livido, cinto di un perizoma bianco e macchiato di sangue nel volto, al costato, ai polsi e ai piedi. Nel fondo è un cielo blu lapislazzuli e una montagna rocciosa verde. Sul codice, quasi certamente senese (BRAMBILLA AGENO, La prima ecloga, 529), copiato nella prima metà del Quattrocento, come indica la scrittura, fu condotta la stampa a cura di Telesforo Bini (Laudi spirituali). Anche lo stile della miniatura concorre a questa definizione del codice. Le figure aggraziate, l’attenzione per la descrizione dettagliata, la finezza del tratto che delinea il volto e i contorni con nitida e tagliente precisione indugiando nell’accentuazione del chiaroscuro, riportano il miniatore nell’ambito della cultura figurativa tardogotica senese, caratterizzata dalla ricerca del particolare interessante e da un senso di immediatezza narrativa, che si ritrova in pittori come Bartolo di Fredi, Andrea di Bartolo, Gualtieri di Giovanni e altri (cfr. FREULER, La miniatura senese, 177-207). Buono lo stato di conservazione del codice. Legatura Rossi A in mediocre stato di conservazione; si registra infatti il quasi totale distacco della pelle del dorso, su cui si legge, in alto, BIANCO / DA SIENA / LAUDAE / SPIRITUALI, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, VI, 49r) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 201; BRAMBILLA AGENO, La prima ecloga, 529; GRAFINGER, Beiträge zur, 101, 155.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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Ross. 652 (olim X, 33) Kalendarium (ff. 1r-6v); Index seu “Tavola” totius operis (ff. 7r-10v); Epistolae et Evangelia totius anni (ff. 11r-187r) Italia centrale (Toscana?), sec. XV3-4 (f. 186r) colophon: Chompiute sono le epistole e le profezie e lezioni dell’apochalis e degli atti degli apostoli e i vangeli i quali si legghono nella messa dì per dì chom’è seguita tutto l’anno sechondo l’uso e ordine della santa chiesa di Roma, Yehsu Christo n’abbia laude e gloria sechula sechulorum. Amen Cart. (spessa e ruvida al tatto; filigrana a forma di monte, del tipo Briquet 11702, Italia centrale, sec. XV2); ff. VII, 187, VII’ (I e VII’ in carta marmorizzata come le controguardie; gli altri fogli sono cart. moderni); foliazione contemporanea alla stesura del testo, al centro del margine superiore, presente a partire dall’attuale f. 11, in cifre romane precedute da un segno paragrafale Ross. 652, f. 11r rosso; numerazione manuale moderna, in cifre arabiche, a matita in alto a destra, con un salto nella stessa ai ff. 13r-14r, ff. 16r-19r, ff. 21r-24r, ff. 26r-29r, ff. 31r-34r, ff. 36r-39r, ff. 41r-44r, ff. 46r49r, ff. 51r-54r, ff. 56r-59r, ff. 61r-64r, ff. 66r-69r, ff. 71r-74r, ff. 76r-79r, ff. 81r-84r, ff. 86r-89r, ff. 91r94r, ff. 96r-99r, ff. 101r-109r. Fino al f. 109 la numerazione corrisponde a quella segnata a matita nell’angolo superiore destro, il f. 110 è segnato come 115 e la numerazione continua errata, anche se non mancano fogli dai fascicoli; richiami collocati nel margine inferiore, appena sotto lo specchio scrittorio, spostati verso la cucitura, sempre sul verso dell’ultimo foglio; mm 281×195; testo in volgare vergato in scrittura mercantesca di una sola mano, a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 195×142), a piena pagina costruito con 29 linee di scrittura; la rigatura è a secco, visibile chiaramente ai ff. 186v-187r-v che sono gli ultimi e non sono scritti.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale abitata; numerose lettere filigranate; segni paragrafali alternativamente blu e rossi; titoli rubricati, preceduti da un segno paragrafale blu. f. 11r: iniziale F di Frategli sappiate (mm 45×50), all’incipit del testo Epistolae et Evangelia totius anni; all’interno della F è ritratto San Paolo con la spada e il libro chiuso. La lettera è su campo in foglia d’oro, materiale utilizzato anche per l’aureola, la spada del santo e i bottoni della decorazione a foglie d’acanto, che occupa parte del margine laterale sinistro e del margine superiore. Nel margine inferiore è stato realizzato uno stemma, non identificato, a scudo a bucranio di grigio a tre crescenti montanti di rosso-arancio posti nel I e nel II, inscritto in una corona di lauro. Anch’esso è circondato da una decorazione a bottoni aurei e pomi, analoga a quella del fregio generato dalla lettera.

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ROSS. 652

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L’apparato decorativo del manoscritto potrebbe essere assegnato alla mano di Bartolomeo di Domenico di Guido, miniatore attivo negli anni di massima fioritura della decorazione fiorentina rinascimentale. Egli lavorò soprattutto tra gli anni sessanta e gli anni ottanta del Quattrocento e nei documenti la sua attività è legata al nome del cartolaio Zanobi di Mariano che, assieme a Vespasiano da Bisticci, forniva di frequente importanti commissioni al miniatore. Tra queste si possono ricordare le committenze della Badia di Fiesole o di Federico da Montefeltro (1422-1482) o ancora di Ferdinando d’Aragona (1423-1494) (Miniatura fiorentina, 165). Durante la sua carriera egli si dedicò alla decorazione, oltre che del codice classico e umanistico, anche di quello liturgico, e il Ross. 652 potrebbe esserne un esempio. La pagina di incipit al f. 11r del manoscritto vaticano trova corrispondenza con il f. 1r del codice Fies. 194, un Epistolario, conservato presso la Biblioteca Medicea Laurenziana. Medesima è l’impostazione della pagina e medesimo è il modo di costruire la lettera iniziale, che nel Ross. 652 è una F, mentre nel Fies. 194 è la A di Ascientes. In entrambi i casi essa è abitata dal busto di san Paolo qualificato dal nimbo e dalla spada. Il manoscritto fiesolano, secondo Annarosa Garzelli (Miniatura fiorentina, 168), è cronologicamente vicino alla data di esecuzione di un esemplare datato (1468) e firmato da Bartolomeo, contenente le Vite di Plutarco, Fies. 185. La studiosa sostanzia la sua ipotesi proponendo un’analisi stilistica dei tralci vegetali e del San Paolo dell’iniziale maggiore, concludendo che le formule miniatorie adottate in tale manoscritto debbano essere ricondotte ai modi esecutivi in auge nelle botteghe fiorentine del decennio che abbraccia gli anni sessanta e gli anni settanta del secolo XV. Tale analisi consente quindi di proporre l’inserimento del Ross. 652 nel catalogo delle opere di Bartolomeo, collocandone l’esecuzione in quello stesso giro di anni. Discreto lo stato di conservazione, anche se sono presenti tracce di umidità e la compagine dei fascicoli in più punti risulta poco aderente al dorso della legatura; nei primi sessanta fogli, si segnalano fori provocati da tarli; la presenza di fondelli membranacei ai ff. 6v-7r, 28v-29r, 40v-41r, 51v-52r, 63v-64r, 75v-76r, 99v-100r, 111v-112r, 123v-124r, 135v-136r, 147v-148r, 159v-160r, 171v-172r, 178r, sembra l’unica traccia di interventi di restauro. Legatura Rossi A, in cattivo stato di conservazione, in modo particolare nel dorso, mancante quasi per intero del tassello superiore, tanto che la parola epistolae si legge solo parzialmente. In alto, nella porzione di marocchino rimasta, si legge EPI(STOLAE) / LEZIONI EVANGELII / IN VOLGARE; in basso COD(ICE) CHART(ACEO) / DEL SEC(OLO) XIV. Taglio spruzzato in rosso. (Bibl. Rossianae, VI, 50r) TIETZE, Die illuminierten, 135 nr. 297; Inventario, 882; LANDOTTI, I lezionari, 405-407, 430; BALBONI, Lezionari liturgici, 83; BUONOCORE, Bibliografia, 664; GARAVAGLIA, I lezionari, 370, 375, 387, 388; CERESA, Bibliografia 2005, 480.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 654 (olim X, 35) S. B ERNARDUS , Opera varia: Libro della coscienza (ff. 1r-46r); Libro delle meditazioni (ff. 46v-75r); Sermone (ff. 75r-80r); Stimolo di amore (ff. 80v-91r); Specchio di monaco (ff. 91r-93v) Italia settentrionale, sec. XVex. Cart. (carta spessa, ruvida al tatto, ma di buona qualità; filigrana a forma di volatile simile a una papera, del tipo Briquet 12128 (Italia settentrionale, sec. XV3-4); ff. IV, 95, IV’ (I e IV’ in cartoncino lucido blu solo sul recto, verso bianco, come le controguardie); numerazione moderna manuale a matita in cifre arabiche in alto a destra; richiami appena sotto lo specchio scrittorio, spostati verso destra, sempre sul verso del foglio; mm 271×186; il testo, in lingua volgare, è vergato in una testuale gotica da una sola mano con inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 168×130) su due colonne di 30 linee, Ross. 654, f. 3r con uno spazio intercolonnare di mm 18; la rigatura è a inchiostro ocra sul recto e sul verso di ogni foglio, le righe che delimitano lo specchio scrittorio giungono a toccare i margini del foglio; nonostante siano stati rigati (le righe laterali verticali in questo caso sono tracciate a secco), i ff. 94-95 non sono scritti, mentre il f. 93v appare scritto solo parzialmente.

L’apparato del codice è costituito da: 5 iniziali maggiori, fitomorfe; iniziali minori calligrafiche rubricate; letterine rilevate in giallo all’interno del testo; indicazione dei capitoli in cifre romane; indicazione rubricata degli incipit di ogni capitolo; segni paragrafali rubricati; qualche nota marginale posteriore alla stesura del codice, vergata a inchiostro nero; numerose maniculae. Le iniziali maggiori fitomorfe sono collocate ai ff. 3r, 46v, 75r, 80v, 91r (media delle misure mm 40×41). f. 3r: iniziale Q di Questa casa, in apertura al Libro della coscienza, fitomorfa, su campo in foglia d’oro riquadrato di nero. Il corpo della lettera è di colore rosa-porpora e lo spazio al suo interno è occupato da un elemento fogliato verde, rosso e foglia d’oro, su campo blu. Da essa si diparte un fregio, anch’esso fitomorfo, costituito da volute vegetali che diventano decorazioni a penna e bottoni cigliati, sia in foglia d’oro sia policromi. f. 46v: iniziale M di Molti sanno, in apertura al Libro delle meditazioni, fitomorfa, su campo in oro musivo riquadrato in nero. Il corpo della lette-

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ROSS. 654-655

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ra è rosa e porpora, mentre lo spazio attorno a essa è stato realizzato con un pigmento blu su cui giacciono elementi fogliati di colore verde e profilati in giallo; dalla gamba sinistra della M nasce un piccolo racemo rosso, anch’esso profilato di giallo. f. 75r: iniziale S di Se tu vuoli, in apertura al Sermone, fitomorfa, su campo in oro musivo riquadrato in nero. La costruzione e la tavolozza pittorica della lettera ripropongono le medesime caratteristiche descritte per il f. 46v, con la sola differenza che il piccolo tralcio vegetale che nasce dal corpo della S è di colore verde. f. 80v: iniziale E di El buono, in apertura allo Stimol di amore, a decorazione fitomorfa, su campo in oro musivo riquadrato in nero. Anche in questo caso la lettera mostra le caratteristiche già segnalate; minime infatti sono le differenze, che riguardano solo la varietà dei pigmenti: gli elementi vegetali dell’iniziale sono sia verdi sia rossi, colori che tornano pure nel racemo che nasce dalla E. f. 91r: iniziale S di Se alcuno, in apertura allo Specchio di monaco, a decorazione fitomorfa, su campo in oro musivo riquadrato in nero. La lettera è identica a quella presente al f. 80v, a eccezione dell’elemento vegetale nato da essa che è invece verde e rosa-porpora. L’apparato decorativo del manoscritto potrebbe essere attribuito a un miniatore di origine italiana, di ambito settentrionale, come sembrerebbero indicare i racemi ariosi e il motivo della foglia accartocciata all’interno del corpo della lettera. Un’ulteriore conferma arriva dal tipo di carta che, secondo la filigrana, fu prodotta a Verona. Ottimo stato di conservazione, ma nessuna traccia di interventi di restauro di particolare importanza. Legatura Rossi A in buone condizioni conservative. Sul dorso, in alto si legge S(ANCTUS) BERNAR(DUS) / TRATTATO DELLA COSCIENZA / VULGAR(I); in basso COD(EX) CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VI, 53r) TIETZE, Die illuminierten, 119 nr. 244.

EVA PONZI

Ross. 655 (olim X, 36; gr. 32) EMMANUEL MOSCHOPULUS, Dictionum Atticarum collectio (ff. 1r-106v); De nominibus (ff. 106v-124r); De accentibus (ff. 124r-127v). Fabula Daphnes (f. 128r). Fabula Pegasi (ff. 128r-130v) Sec. XVI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Cart. (carta di qualità media, color giallo pallido e spessore importante); ff. VI (probabilmente del sec. XIX; sul f. I r è stato incollato un foglio in carta lucida blu solidale con la controguardia. I ff. II, IV, VI mostrano una filigrana con lettere M e P maiuscole), 130, VI’ (probabilmente del XIX secolo; su VI’v è stato incollato un foglio di carta blu lucida solidale con la controguardia. I ff. I’, III’ e V’ presentano una filigrana con lettere M e P maiuscole, nel resto del codice è presente un giglio con una croce vicina al Briquet 7315, datato al 1528); foliazione manuale con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo superiore esterno del recto di ciascun foglio, ai ff. 129 e 130 sostituita da una foliazione manuale a matita. Il codice misura mm 278×205; scrittura minuscola a inchiostro bruno tendente al nero con note e richiami a margine vergati dalla stessa mano in rosso carminio talora sbiadito. La scrittura è di medio formato con spazi tra le lettere e divisione tra le parole non Ross. 655, f. 1r costanti; nei punti di maggiore rapidità d’esecuzione gli intervalli si contraggono e il tratteggio inizia a indurirsi accentuando la tendenza dell’asse delle lettere a inclinarsi verso destra. Probabilmente la scrittura dell’intero testo è da assegnare a un unico soggetto mentre è possibile individuare interventi successivi nelle note a margine, in particolare una corsiva a inchiostro bruno tendente al verde che interviene apportando correzioni all’interno del testo, aggiungendo il titolo del capitolo a f. 128r e inserendo rimandi al margine con segni a forma di quadrato e asterischi (come ad esempio a f. 4r); specchio scrittorio di mm 198×150 ca., a 1 colonna di scrittura di 21 linee; rigatura a secco realizzata per incisione dal verso dei fogli creando uno schema che si avvicina al tipo B34D1 (SAUTEL, LEROY, Répertoire, 230). Fascicolazione di 13 quinterni con segnature in numeri arabi tra due puntini che hanno inizio dal quinto fascicolo (f. 50v: 5) e sono poste trasversalmente nel margine inferiore interno del verso dell’ultimo foglio, talvolta non sono visibili perché nascoste dalla cucitura moderna. Richiami di fascicolo posti trasversalmente nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio dei primi quattro fascicoli lungo la traccia della giustificazione interna.

L’organizzazione dell’ornamentazione è costituita da 7 fasce calligrafiche rubricate; 19 linee rubricate (mm 5×40 in media); 1 iniziale calligrafica maggiore (mm 45×12); iniziali calligrafiche semplici; tituli rubricati; chiudiriga e maniculae. f. 1r:

fascia calligrafica rubricata (mm 30×116), desinente con due teste maschili con barba lunga e appuntita di profilo. All’interno della fascia corre un tralcio stilizzato in rosso con semplici terminazioni a boccioli, entro una serpentina risparmiata che lascia in alto e in basso piccoli triangoli rossi negli spazi di risulta, mentre sopra la fascia al centro

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ROSS. 655

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emerge una sporgenza a cespo che sormonta una base simile a un rocchio di colonna. f. 124r: fascia calligrafica rubricata (mm 24×119), composta da una banda rettangolare divisa al centro da un medaglione ellittico e terminante, ai lati corti, con due elementi triangolari a gradoni. La decorazione dei due segmenti della banda si svolge attorno alle diagonali, all’incrocio delle quali si stagliano due elementi ovali bianchi e rossi, con motivi fitomor~ ~ fi stilizzati e piccoli triangoli. Sotto la fascia, ai lati del titolo tw n fwnw n, si trova una linea rubricata dalla quale si sviluppa una griglia di parentesi affatto regolari che contengono entro un diagramma brani di testo anch’essi rubricati (e in parte ripassati con l’inchiostro nerastro usato dal copista) ed è attraversata da un stelo centrale con cinque piccole teste umane in asse, ripercorse con gesto rapido a inchiostro bruno. ff. 105r e 106v: 2 fasce calligrafiche decorate con semplici motivi geometrici, come le piccole linee calligrafiche rubricate d’inizio capitolo, e arricchite con terminazioni vegetali. Le piccole fasce calligrafiche rubricate si trovano generalmente a inizio capitolo e affiancano il titolo rubricato formando due segmenti simmetrici. Hanno una forma rettangolare con piccoli elementi circolari, talora dei trifogli, che sporgono dai quattro vertici e semplici motivi geometrici a riempimento, solitamente diversi tra i due segmenti: triangoli pieni alternati a triangoli vuoti e doppie linee a zig-zag alternate a puntini (come a ff. 84r e 127v, da quest’ultima ha origine un albero di nomi collegati da una linea doppia a inchiostro rosso sbiadito) o piccoli triangoli rossi (come a f. 127v) e tralci stilizzati (come a f. 185v). Chiudiriga rubricati composti da piccoli motivi decorativi a nodo o a losanga disposti in sequenza (cfr. 116r). ~ f. 1r: T di tw n, iniziale maggiore rubricata ad apertura di partizione testuale maggiore, parzialmente inserita nel corpo del testo, è realizzata con l’inchiostro rosso sbiadito del titolo e della fascia calligrafica ed è ornata in modo molto semplice con lunghi arabeschi che nascono come prolungamenti dal corpo della lettera. Le iniziali calligrafiche semplici sono maiuscole, generalmente occupano un’interlinea e sono realizzate con l’inchiostro rosso sbiadito delle rubricature (solo l’iniziale D di DakrÚw a f. 26r presenta un ornato simile all’iniziale T di f. 1r). In base agli elementi codicologici e paleografici, è possibile assegnare il codice al XVI secolo. La carta risulta nel complesso ben conservata: presenta in modo piuttosto diffuso e in particolare lungo i tagli dei fogli iniziali e finali, piccole macchie giallo-brune causate dall’umidità. Il rivestimento della legatura, leggermente abraso lungo gli angoli e con leggerissimi graffi superficiali nel piatto anteriore, mostra lievi segni di usura in prossimità dell’attaccatura dei piatti al dorso.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La legatura, del tipo Rossi A, è in marocchino bruno rossiccio. Lungo la cucitura interna di f. 10v rimangono impresse in controparte le tracce di una scrittura gotica a inchiostro nero e rosso. Il dorso è riquadrato da una sottile cornice dorata: in alto corre l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su cinque linee MOSCHOPULI / COLLECTIO / DICTIONUM / ATTICARUM / GRAECE, mentre in basso si legge l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS)/ SAEC(ULI) XVI. I tagli non presentano colorazione. Capitelli in verde e rosso. Al codice è allegato, sciolto, un bigliettino, 80×40 mm, in carta color grigio chiaro scritto con inchiostro nero da una mano moderna (XIX-XX secc.) con indicati i contenuti, segnatura e datazione del codice, con firma non decifrabile. VAN DE

VORST, Verzeichnis, 541-542; GOLLOB, Die griechische Literatur III, 84-85.

MANUELA MENCHERINI

Ross. 668 (olim X, 48) RICHOBALDUS FERRARIENSIS, Chronica extracta de Archivo Ecclesiae Ravennae. Chronica (ff. 1-51r); De Synodis (ff. 51r-56r); Memoriale temporum et annorum praeteritorum a creatione mundi ad Adam usque ad nativitatem Christi (ff. 56r62r); Ordo Romanus ad benedicendum et coronandum imperatorem (ff. 62v-69v); brevi annotazioni su eventi tra il 1360 e il 1499 (ff. 70r-71v) Italia settentrionale, sec. XV, seconda metà (f. 62r) explicit: Explicit Cronica ex quo Deo sit laus honor et gloria.

Ross. 668, f. 2r

Cart. (spessa e ruvida al tatto; filigrane a forma di testa di capro, del tipo Briquet 15479, e a forma di fiore del tipo Briquet 6588 o 6591, Italia settentrionale sec. XIVex. e sec. XV3-4); ff. VI, 74, VI’ (I e VI’ in cartoncino blu, al pari delle controguardie); foliazione manuale moderna, a matita, in cifre arabiche in alto a destra; richiami collocati appena sotto lo specchio scrittorio in prossimità della cucitura e disposti in senso verticale, sempre sul verso del foglio; mm 285×200; scrittura minuscola umanistica a inchiostro bruno ai ff. 1r-69v mentre ai ff.

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ROSS. 655-668

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70r-71v appare un’altra mano, corsiva umanistica; specchio scrittorio (mm 180×118) a piena pagina di 30 linee; rigatura, su recto e verso di ogni foglio, a inchiostro ocra leggerissimo per le righe orizzontali e a matita per le righe verticali, che raggiungono i margini superiore e inferiore; i ff. 72-73 sono rigati, ma non scritti.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 1 iniziale fitomorfa; numerose iniziali calligrafiche rosse; letterine rilevate in rosso all’interno del testo; letterine guida; segni paragrafali rubricati; capilettera rubricati; indicazione e numerazione rubricata dei titoli. f. 2r: iniziale D di Dum derelicta (mm 48×52), in apertura della Cronica; il corpo della lettera è di color rosa su campo blu, l’interno è riempito da foglie d’acanto verdi, rosse e oro; dal corpo della lettera prendono vita due foglie d’acanto, anch’esse rosse e verdi, che si allungano lungo il margine laterale sinistro. Sia il corpo della D sia il campo blu sono arricchiti da un motivo a filamenti bianchi. Nel bas-de-page è presente uno stemma, con sostegno fitomorfo, d’azzurro a una croce di bianco accostata da quattro palle di rosso e retta da un destro. Adriana Marucchi include nel suo repertorio (MARUCCHI, Stemmi di possessori, 34) uno stemma molto simile, che tuttavia si differenzia da quello appena descritto per la presenza di due lettere, B e F, che accompagnano il blasone e per il fatto che la croce è retta da una mano. La studiosa attribuisce l’arma, seppur con qualche riserva, a Gianfrancesco Ciarlini, compositore di un poema elegiaco all’inizio del secolo XVI (TIRABOSCHI, Biblioteca modenese, 28). Non convince del tutto tale attribuzione, sia per le piccole ma significative varianti ricordate sia per lo spostamento troppo in avanti della cronologia, rispetto alla facies decorativa del manoscritto. L’iniziale maggiore appare costruita secondo il linguaggio consueto della miniatura lombarda di quegli anni, caratterizzata tra le altre cose dall’impiego di ariose foglie d’acanto percorse da linee di colore giallo per metterne in evidenza il profilo. Lo stato di conservazione del manoscritto appare discreto, anche se sono talvolta visibili tracce di umidità; il codice non sembra aver subito restauri. Legatura Rossi A, in cattivo stato di conservazione: il dorso è quasi completamente perso, tanto che il manoscritto è protetto da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge, con difficoltà, FERRARI CRONICA; in basso, come di consueto, doveva apparire l’indicazione CODEX CHARTACEUS e il secolo, ma nulla è più leggibile. A f. 1v, una mano ha vergato la nota Questo scrittore formò le sue opere negli anni circa 1292 come attestano l’Equicola, ed il Maffei nelle storie loro di Mantova, ed il Rossi in quella di Ravenna, mentre una seconda ha aggiunto ed il Muratori parte I cap. XI antichità esten. E al cap. 36 ancora. Al f. 2r, nel margine superiore,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

è presente l’ex libris del conte Achille Crispi (Achille Conte Crispi 1750), personaggio di cui però non si è individuata l’identità. (Bibl. Rossianae, VI, 77r-v) MURATORI, Delle antichità estensi, 74; TIETZE, Die illuminierten, 97 nr. 169; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 332, 335; HANKEY, Riccobaldo of Ferrara, 54.

EVA PONZI

Ross. 670 (olim X, 50) BERNARD(IN)US DE ROSERGIRO, Super pragmaticam sanctionem Caroli VII; Mortuorum et viventium ecclesiastici quidam fuerunt (ff. 1r-2r); Prima pars huius libri (ff. 2r-27r); Secunda pars huius libri (ff. 27r-44r); Tertia pars principalis huius libri (ff. 44v-60v) Italia centrale, sec. XV2 (d.to Roma 1444 novembre 30) (f. 60v) explicit: Explicit hic liber in urbe Rome compositus anno domini millesimo CCCC°.XLIIII° paratus die ultima mensis novembris. Deo gratias Cart. (carta consistente ma non troppo ruvida al tatto); ff. VIII (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VIII cart. moderni), 60, VIII’ (I’-VII’ cart. moderni, VIII’ in cartoncino blu, come la controguardia); foliazione originale a inchiostro nero in alto a destra, in cifre arabiche, completa a eccezione del f. 8; ai ff. 4, 5, 6, 7, 10, 14, 15, 16, 17 quella originale è poco leggibile e quindi ne è stata vergata un’altra a matita, sempre in cifre arabiche; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, a destra, sempre sul verso del foglio; mm 285×207; scrittura umanistica corsiva, vergata da una sola mano a inchiostro nero; specchio di scrittura (mm 195×121) a piena pagina; rigatura a inchiostro ocra leggerissimo realizzata sul recto e sul verso di ogni foglio (33 righe orizzontali e 2 verticali, che giungono a toccare i margini superiore e inferiore del foglio). La filigrana non risulta visibile.

Ross. 670, f. 1r

1 iniziale fitomorfa, anche se l’impianto del codice ne prevedeva altre che tuttavia non sono state realizzate, lasciando vuoti gli spazi a esse riservati, in cui sono visibili le letterine

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ROSS. 668-675

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guida. Numerose maniculae lungo tutto il manoscritto e notabene; segni paragrafali in blu; note a margine. f. 1r: iniziale M di Mortuorum et vivencium (mm 25×25), fitomorfa in apertura dell’intero codice; su campo a foglia d’oro con doppia profilatura a inchiostro nero, il corpo della lettera è color indaco con piccole foglie d’acanto verdi e blu. Poiché tale lettera è l’unico elemento decorativo presente nel manoscritto, risulta assai difficoltoso formulare ipotesi sull’ambito di produzione, che forse potrebbe essere individuato a Roma, dove, secondo l’explicit, fu allestito il libro. Nel complesso il manoscritto si presenta in un buono stato di conservazione, benché siano presenti tracce di umidità in tutto il codice e il f. 39 all’angolo inferiore sia strappato. Non sembra aver subito restauri. Legatura Rossi B in buono stato di conservazione, anche se è stata messa a protezione del codice una copertina di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge DE PRAGMA(TICA) SANCIO(NE); in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI 1444. (Bibl. Rossianae, VI, 80r-v) EVA PONZI

Ross. 675 (olim X, 55) DOMINICUS

DE

DOMINICIS, Expositiones evangeliorum quadragesimalium

Italia centro-settentrionale (Toscana?), sec. XV, seconda metà Cart; ff. V (I in cartoncino blu come la controguardia; II-V cart. moderni), 88, V’ (I’-IV’ cart. moderni in cartoncino blu, al pari della controguardia); numerazione moderna manuale, a matita, in cifre arabiche in alto a destra; mm 285×203; scrittura minuscola umanistica vergata da una sola mano con inchiostro nero; annotazioni marginali apposte da una mano successiva all’interno di tutto il manoscritto; specchio scrittorio (mm 185×129) a piena pagina, di 33 linee; rigatura a inchiostro ocra realizzata sul recto e sul verso di ogni foglio, con le righe verticali che giungono a toccare i margini superiore e inferiore del foglio; sono rigati ma privi di scrittura i ff. 81-88; due tipi diversi di filigrana, entrambi individuati dal repertorio Briquet (ai ff. 1-79 è a forma di balestra, del tipo 746; mentre invece ai ff. 80-88 riproduce delle forbici, del tipo 3685).

1 iniziale fitomorfa con fregio; numerose iniziali rubricate; segni paragrafali alternativamente blu e rossi; titoli rubricati; qualche glossa marginale posteriore alla scrittura, a penna e a inchiostro nero. f. 1r: iniziale D di Dum ieiunatis (mm 35×45), in apertura dell’opera, a decorazione fitomorfa su campo quadrangolare a foglia d’oro; il corpo è campito con

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

i colori rosa e giallo, mentre all’interno di questo, su un campo rosso decorato con piccole volute dello stesso colore, è stato realizzato un fiore dalle foglie verdi e con i petali percorsi da sottilissime linee bianche. Sul margine interno del foglio si sviluppa un fregio, che nasce dalla lettera, e appare costituito da elementi vegetali, pomi e bottoni aurei. Nel margine inferiore, invece, un clipeo in foglia d’oro contiene uno stemma abraso; il tondo è circondato dalla medesima tipologia decorativa che caratterizza il fregio laterale. Per la decorazione della pagina di incipit si può suggerire l’attribuzione a un miniatore di ambito toscano, che forRoss. 675, f. 1r se è a conoscenza dei lavori eseguiti nella bottega di ser Ricciardo di Nanni. L’anonimo artista sembra infatti riproporre alcuni dei motivi decorativi che ornano i codici prodotti in tale atelier, come ad esempio la decorazione fito-floreale arricchita da bottoni d’oro e pomi gialli. Le pessime condizioni conservative del f. 1 sono dovute sia a fenomeni di umidità sia a un’integrazione cartacea nel margine laterale esterno; una macchia più estesa delle altre interessa la parte inferiore del fregio. A protezione dell’iniziale è stato inserito un piccolo quadro di carta velina. Problemi conservativi si registrano anche per lo stemma, la cui pellicola pittorica risulta quasi completamente caduta, tanto da non permettere l’identificazione del simbolo araldico. Per ciò che riguarda il resto del manoscritto, vanno segnalate varie tracce di umidità, soprattutto presenti nei margini superiore e inferiore. Il codice non sembra essere stato interessato da interventi di restauro, anche se si è provveduto a dotarlo di una copertina di spessa e ruvida carta blu a protezione della legatura. Legatura Rossi A, in discrete condizioni di conservazione. Nel dorso, in alto si legge DOMINICI VENETI EPISCOPI BRIXIENSIS / EXPOSITI(O) EVANGELICA; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VI, 83r) TIETZE, Die illuminierten, 126 nr. 269; KRISTELLER, Iter II, 466.

EVA PONZI

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ROSS. 688

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Ross. 688 (olim X, 68; gr. 9) THEODORETUS CYRRHENSIS, Eranistes (ff. 1r-80r); Haereticarum fabularum compendium (ff. 80r-140r) Sec. XVI, prima metà Cart. (biancastra, italiana, con filigrana di àncora entro un cerchio, simile a Briquet 470, a. 1526; si annovera una seconda tipologia, non identificata); ff. V (I in cartoncino color carta da zucchero, di cui una facciata è solidale con la controguardia del piatto anteriore; II-V in carta del XIX secolo), 140, V’ (I’-IV’ in carta del XIX secolo, come sopra; V’ in cartoncino color carta da zucchero, di cui una facciata è solidale con la controguardia del piatto posteriore). Foliazione moderna posta a matita sul margine superiore esterno; fascicoli segnati di prima mano sul margine inferiore – in posizione centrale – sul primo recto del fascicolo (quinioni), con lettere alfabetiche con valore Ross. 688, f. 1r numerico; i ff. 2-5 di ciascun fascicolo sono altresì numerati in cifre romane (II-V). Il codice misura mm 305×210. Testo vergato con inchiostro bruno a colonna unica (mm 210×140) per 28/30 linee scritte, allineate e inquadrate dai filoni. Scrittura greca di mano individuale da ricondurre al primo XVI secolo.

Ornamentazione assai scarna, di tipo calligrafico, funzionale alla presentazione dei titoli; questi ultimi sono vergati, di norma, con un inchiostro rosso dalla tonalità spenta, ove si ricorre all’alfabeto minuscolo altrimenti impiegato per il testo. Le capitali segna-paragrafo hanno dimensioni ridotte (mm 5×7), sono in rosso – di regola in ekthesis –; viceversa, le capitali maggiori mordono il testo. f. 1r: guilloche, uno dei due capi è campito in rosso; all’incrocio di ciascun nodo si innestano elementi a «dente di cane», il tutto realizzato con un disegno rapido e poco curato. Linee ornate: ff. 20v, 76v, 80r: motivo ondulato riconducibile alla cosiddetta «fascia studita»; sulle curve si inseriscono minuscole “P ”, mentre le porzioni terminali si concludono con un elemento vegetale trilobo; ff. 49v, 75r, 78r: la «fascia studita» prevede l’inserzione nelle curve di semicerchi contrariés. Sono riconducibili allo stesso schema di base anche i segmenti di linea ornata che inquadrano il titolo come chiudi-riga ai ff. 81v, 99v, 107r. Capitali maggiori: f. 1r, E di E„sˆ t∫n≥j (in rosso), morde il testo (mm 35×55 ca.); di fattura incerta, il disegno di base prevede l’inserimento di filettature volte a circoscriver-

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lo e arricchirlo. La forma della lettera richiama quella di un calice, al centro del quale si sviluppa un motivo a ramages. f. 49v: O di “Ot∫ m≥n ¥treptoj, alla base, all’interno e sulla porzione sommitale della lettera si sviluppano elementi a ramages e riccioli che arricchiscono il disegno di base; lo stesso dicasi per omicron capitale maggiore ai ff. 78r, 81v, 92v, 99v, 97r ('E di 'Epeidh\) e per f. 107v (G di Gluk∞). f. 75r: M di M…an toà patrÕj (mm 38×10 ca.), le aste della lettera sono tracciate a tratto semplice ripassato, sui cui tratti si innestano noduli inquadrati da trattini; alla base della lettera e distinta da quella, si snoda il consueto motivo a ramages. Il disegno di base prevede la verticalizzazione dei tratti – anche di quelli inclinati; la sommità delle lettere contempla due semicerchi con funzione di raccordo, a loro volta sormontati da una sorta di schematico tegurio piramidale concluso da trattini. f. 76v: M di M…an fÚsin (mm 30×10), in ekthesis, il profilo è rinvigorito da un secondo tratto a fascia che si annoda sulle aste in tre punti; la parte sommitale della lettera termina con un ulteriore elemento a ramages. f. 80r: A di 'Axi≤painoj (mm 30×12 ca.), in ekthesis, il tratto orizzontale è verticalizzato «a stetoscopio», il secondo tratto inclinato termina con elemento a ramage; alla base della lettera, distinta da quest’ultima, ulteriore ricciolo di ascendenza vegetale. Lo stato di conservazione del codice è molto buono. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, rifatto, è stato riapplicato il rivestimento della medesima legatura rossiana; ivi, in alto, si legge in oro THEODORETI / EPISC(OPI) CYR(RHENSIS) / DIALOGI III. / IMMUTABILIS / INCONFUSUS / IMPATIBILIS / GRAECE. Alla base, ancora in oro sul dorso, COD(EX) CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Sul taglio di piede, tracce di titolo latino. Sul margine inferiore interno di f. 1r, e a f. 140v, in posizione centrale, si trova il timbro ovale impresso con inchiostro nero (secc. XIX-XX), con legenda Bibliotheca Rossiana. Poco più a destra, al centro del medesimo margine di f. 1r, un piccolo rettangolo di carta risarcisce accuratamente una lacuna creatasi con l’asportazione, forse fraudolenta, di un’indicazione di provenienza. Sempre a f. 1r sul margine superiore, in posizione centrale, è stato annotato il nome dell’autore Theodoretus. La mano potrebbe essere identificata con quella del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), che aveva iniziato un catalogo dei codici greci del Passionei. Il margine superiore esterno del piatto anteriore conserva l’ex libris, ritagliato da una originaria carta giallina, con lo stemma di Maria Luisa Carlotta di Borbone, cui si affianca il talloncino con l’attuale segnatura vaticana; il margine inferiore esterno riporta l’antica segnatura a matita (X, 68). (SILVA TAROUCA, III, 114r; Bibl. Rossianae, VI, 113r, 114r) GOLLOB, Griechische Literatur, 39-40 nr. 14; RAHLFS, Verzeichnis, 324; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 324.

ALESSIA A. ALETTA

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ROSS. 693

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Ross. 693 (olim X, 73) ALBERTUS MAGNUS, Logica Italia settentrionale (Emila Romagna?), sec. XV2 (d.to 1427) (f. 69v) explicit: explicit liber de quinque universalibus per me Heinricum de Meynungen (f. 217v) explicit e colophon: et sic finitur Albertus super libro Perihermeneias per me Heinricum de Meynungen clericum Herbipolensis dioecesis Explicit ars vetus secundum magistrum Albertum magnum sacre theologie doctorem venerabilissimum quam fecit scribere magister Priamus de Sacrato de Feraria anno d(omi)ni MCCCCXXVII die ultima feb (espunto). Ianuarii Cart.; ff. VIII (I in cartoncino avorio come la Ross. 693, f. 1r controguardia), 221 (gli ultimi 4 vacanti), V’ (l’ultimo in cartoncino avorio come la controguardia). Foliazione moderna, a inchiostro bruno e cifre arabiche in alto a destra sul recto, integrata a matita nei casi in cui si è persa a causa di una seria rifilatura dei fogli (ad es. f. 152). Il codice misura mm 303×214 (misure prese a f. 2). Testo vergato in scrittura corsiva di modulo piccolo con inchiostro bruno, disposto entro due colonne (spazio intercolonnare mm 20), di 48 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 203×130, rigato verticalmente e orizzontalmente alla mina di piombo. Presenti numerosissime note marginali in inchiostri diversi, soprattutto rosso, firmate da un certo Antonellus, scritto anche in caratteri greci (ff. 151r, 187r, 217v). Richiami in inchiostro bruno incorniciati sobriamente in basso a destra a fine fascicolo (ff. 10v, 20v etc.). Elaborate maniculae (ad es. a f. 108v).

Il codice contiene la Logica vetus o Ars vetus di Alberto Magno (1206-1280), ovvero le riflessioni in chiave cristiana sui libri che componevano l’opera omonima di Aristotele (cfr. Alberti Magni Opera omnia, 1890-99; Alberti Magni Opera omnia, ed. critica in corso). L’apparato decorativo consiste in 1 pagina d’incipit in cui trova posto 1 iniziale istoriata, all’inizio della prima opera, in altre 3 lettere ornate (in media di mm 26×26), a introdurre le altre tre opere, e infine da numerose iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto, alcune delle quali molto elaborate (f. 9r). f. 1r: iniziale D di De logica intendentes (mm 63×50), all’inizio del Liber de quinque universalibus in rosa con filamenti di biacca, che si staglia su un quadrante aureo, campita di azzurro di lapislazzuli, istoriata, con la figura di

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un monaco, certamente l’autore Alberto Magno, con mantello nero e cappuccio in testa, abito bianco, un libro nella mano sinistra e atteggiamento di adlocutio. Un fregio corre lungo i margini con foglie d’acanto, palline dorate monocoda e figure geometriche, interrotto, nel bas-de-page, da una cornice quadrilobata mistilinea rosa, campita d’oro, entro cui era in origine uno stemma, poi abraso. Le altre lettere si trovano ai ff. 70r, la I di In aure (mm 21×29), all’inizio del Liber de praedicamentis; 151v, la Q di Quamvis de ordinatione (mm 29×29), all’inizio del Liber de 6 principiis; 187v, la S di Sicut a principio (mm 22×21), all’inizio del Liber Perihermenias. Si tratta di lettere rosa campite di blu percorso da filamenti di biacca su cui si stagliano foglie rosse e verdi, in uso in area emiliana già alla fine del Trecento per tutta la prima metà del Quattrocento. Anche il fregio, ancora goticheggiante e influenzato, benché da lontano, dalla lezione di Niccolò da Bologna, ma interpretato con una articolata vivacità, ben si inserisce nel gusto tipico della miniatura bolognese della prima metà del Quattrocento. Da due degli explicit si ricavano informazioni importanti sul codice. La sottoscrizione di f. 69v restituisce la firma del copista, Heinricum de Meynungen, che sappiamo essere chierico della diocesi di Würzburg, e che ricompare anche nella prima parte del colophon di f. 217v (che chiude l’ultima opera, il Perihermeneias), la cui seconda parte sigla l’intero corpus (explicit ars vetus…) e contiene il nome del committente, tale magister Priamus de Sacrato de Ferraria, nonché la data di completamento della stesura grafica, cioè il 1427. Buono lo stato di conservazione del codice, nonostante un diffuso ingiallimento dei fogli. Il f. 1 ha subito nel margine inferiore l’asportazione di un tassello, in cui era sicuramente una scritta (se ne vedono tracce), con ogni probabilità una nota di possesso, operazione che fortunatamente non ha intaccato la parte decorata. Pesanti attacchi di insetti nella seconda parte del codice. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione, rest. 1966. Sul dorso si legge, in alto, ALBERTI MAGNI / LOGICA, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI 1427. (Bibl. Rossianae, VI, 119r-v) TIETZE, Die illuminierten, 108 nr. 206.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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ROSS. 702

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Ross. 702 (olim X, 82) CHRISTOPHORUS DE BUONDELMONTIBUS, Liber insularum Archipelagi Firenze, sec. XV3 (f. 37v) explicit: Xristoforus Ego Ensenium venerande pater primum tibi affectanter misi ut notitiam insularum Cicladum omnibus sunt per te indicatum. Nunc vero postquam magis in partibus perscrutatus fui, secundam copiosorem etiam tibi descriptionem valui (sic) destinare quod quando fexus extiteris sepe ad hunc librum animum possis iocundare tuum. DEO GRATIAS AMEN Cart. (Briquet 3388 Firenze, 1475-1479); ff. XV (il f. I è in cartoncino bianco, come la controguardia; il f. II è in cartoncino azzurro), 40, XV’ (il f. XIV’ è in cartoncino azzurRoss. 702, f. 32v ro, il f. XV’ è in cartoncino bianco, come la controguardia); numerazione antica in cifre arabe in basso a destra e moderna in cifre arabe in alto a destra; richiami di fascicolo vergati verticalmente sulla riga d’ambito destra dello specchio di scrittura; mm 289×201; scrittura umanistica corsiva, di 39 linee, a inchiostro bruno su una colonna (mm 200×126); ff. 38r-40v bianchi, ma rigati; rigatura a penna, tracciata sul recto e sul verso dei fogli.

79 illustrazioni intercalate nel testo o realizzate a piena pagina, che raffigurano, in una visione a volo d’uccello, intere zone geografiche o singole città. Tranne rari casi (ff. 5v, 6v, 31r), tutte le immagini sono accompagnate da tituli esplicativi o a commento delle stesse. All’incipit del testo a f. 1r, è vergata a penna un’iniziale maggiore (C di Constitui namque pater di mm 40×42) realizzata in un secondo tempo rispetto al resto del codice, forse a risarcire una lacuna del foglio. Sul verso dello stesso, infatti, la parte mancante di testo è trascritta da una mano diversa da quella che copia l’intero manoscritto. Si segnala, inoltre, la presenza, in apertura di tutti i paragrafi, di iniziali vergate alternativamente con inchiostro rosso e blu. f. f. f. f. f. f. f.

2r: 2v: 3r: 3v: 4r: 4v: 5v:

Corfù e la costa vicina, nel testo Corfu (su due terzi del foglio, mm 159×126). Pachiso, nel testo Pachisos (sul margine superiore, mm 58×126). Santa Maura, nel testo Leuchata (sul margine superiore, mm 80×127). Itaca, nel testo Dulichia o Ithaca (sul margine superiore, mm 52×129). Cefalonia, nel testo Cephalonum (su due terzi del foglio, mm 137×126). Jacintus, nel testo Iacinthus (sul margine inferiore, mm 94×140). Strofadi, nel testo Strophades (sul margine superiore, mm 46×109).

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f. 5v: costa del Peloponneso, con Corone e Modone, nel testo Sapientia (sul margine inferiore, mm 108×132). f. 6r: Cerigo, nel testo Chituria (sul margine inferiore, mm 63×127). f. 6v: Sicolli, nel testo Sequilus (al centro, mm 49×117). f. 7v: Creta, nel testo Creta (su due terzi del foglio, mm 173×201). f. 8v: Scarpanto, nel testo Carpathus (sul margine superiore, mm 65×167). f. 9r: Rodi, nel testo Rhodos (sul margine inferiore, mm 127×87). f. 9v: Simie e la vicina costa, nel testo Simiae (al centro, mm 102×177). f. 10r: Chalchi, nel testo Caristos (sul margine superiore, mm 55×112). f. 10r: Piscopia, nel testo Dilufanos (sul margine inferiore, mm 79×126). f. 10v: Nixaros, nel testo Caria (al centro, mm 68×139). f. 11r: Stampalia, nel testo Astympalea (al centro, mm 108×126). f. 11v: Santorini, nel testo Aegasa (al centro, mm 148×105). f. 12r: Sicandros, nel testo Sicandros (sul margine superiore, mm 53×108). f. 12r: Policandros, nel testo Policandros (sul margine inferiore, mm 70×121). f. 12v: Polimio, nel testo Polimio (sul margine superiore, mm 110×41). f. 13r: Milo, nel testo Milos (al centro, mm 123×126). f. 13v: Sifanos, nel testo Siphanos (al centro, mm 86×140). f. 14r: Serfino, nel testo Serphinos (al centro, mm 74×125). f. 14v: Thermia, nel testo Thermia (sul margine superiore, mm 72×126). f. 15r: Cea, nel testo Cea (sul margine superiore, mm 63×132). f. 15v: Andros, nel testo Andros (sul margine superiore, mm 98×159). f. 16r: Caloieros, nel testo Caloieros (sul margine superiore, mm 65×153). f. 16v: Tino, nel testo Tino (sul margine superiore, mm 64×149). f. 16v: Michonos, nel testo Myconos (sul margine inferiore, mm 77×145). f. 17v: Delo, nel testo Delos (sul margine inferiore, mm 111×131). f. 18r: Suda, nel testo Suda (al centro, mm 69×136). f. 18v: Paros, nel testo Paros (al centro, mm 83×133). f. 19r: Antiparos, nel testo Antiparos (sul margine superiore, mm 43×78). f. 19r: Panaya, nel testo Panaya (al centro, mm 63×107). f. 20r: Nasso, nel testo Naxos (sul margine superiore, mm 121×136). f. 20r: Podia, nel testo Podia (sul margine inferiore, mm 51×120). f. 20v: Raclea e Chiero, nel testo Raclea e Chiro (sul margine superiore, mm 46×117). f. 20v: Nio, nel testo Nio (sul margine inferiore, mm 74×126). f. 21r: Anafios, nel testo Anafios (sul margine superiore, mm 50×116). f. 21r: Amurgo, nel testo Buport (sul margine inferiore, mm 58×127). f. 21v: Chinera e Levata, nel testo Chinera e Levata (sul margine superiore, mm 36×129). f. 21v: Caloierus, nel testo Caloieros (sul margine inferiore, mm 54×98). f. 22v: Lango (Cos) e la costa vicina, nel testo Choa (su due terzi del foglio, mm165×192). f. 23r: Calimene, nel testo Claros (al centro, mm 61×121). f. 23r: Lero, nel testo Herro (sul margine inferiore, mm 68×140). f. 23v: Patmos, nel testo Pathmos (al centro, mm 82×118).

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ROSS. 702

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

23v: 24r: 24r: 24v: 24v: 25r: 25v: 25v: 26r: 27r: 28r: 29r: 30r: 30v: 30v: 31r: 32v: 33r: 33v: 33v: 34r: 34v:

f. f. f. f. f.

35r: 35r: 35v: 35v: 35v:

f. 36r: f. 36v: f. 37r: f. 37v:

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Lipso, nel testo Dipsi (sul margine inferiore, mm 45×120). Crussie, nel testo Crusie (sul margine superiore, mm 46×102). Icharea, nel testo Icarea (sul margine inferiore, mm 56×138). Mandria, nel testo Mandria (sul margine superiore, mm 38×71). Formachus e Agatussa, nel testo Formacus e Agathussa (al centro, mm 47×112). Samo, nel testo Samo (sul margine inferiore, mm 84×172). Furni, nel testo Furni (al centro, mm 62×92). Tenosa, nel testo Tenosa (sul margine inferiore, mm 44×75). Psara, nel testo Psara (al centro, 70×107). Chio e la vicina costa, nel testo Chios (a piena pagina, mm 217×183). Mitilene e la vicina costa, nel testo Lesbos (a piena pagina, mm 269×201). Tenedos e la vicina costa, nel testo Tenedos (a piena pagina, mm 182×201). Gallipoli e i Dardanelli, nel testo Gallipoli (a piena pagina, mm 190×201). Marmora, nel testo Marmora (al centro, mm 74×133). Calanimo, nel testo Calonimo (sul margine inferiore, mm 45×103). Isole dei Principi, nel testo Scopuli Caloierorum (al centro, mm 44×142). Costantinopoli, nel testo Polis (a piena pagina, mm 252×201). Stalimene, nel testo Stinlimini (sul margine inferiore, mm 111×99). Embarum, nel testo Embaros (sul margine superiore, mm 60×117). Mandrachi, nel testo Mandrachi (sul margine inferiore, mm 60×132). Taso, nel testo Taxo (sul margine superiore, mm 66×93). Mons Sanctus, nel testo Mons Sanctus (Athos) (sul margine inferiore, mm 134×179). Samotracia, nel testo Sanstrati (sul margine superiore, mm 65×121). Limen, nel testo Limen (sul margine inferiore, mm 65×81). Dromos, nel testo Dromos (sul margine superiore, mm 41×101). Calchis, nel testo Macri (al centro, mm 57×129). Schiati e Scopoli, nel testo Sciathi e Scopuli (sul margine inferiore, mm 72×112). Sant’Elias, nel testo Sanctus Elias (sul margine superiore, mm 58×106). Sciro, nel testo Schyros (sul margine superiore, mm 75×134). Negroponte e la vicina costa, nel testo Egrippos (a piena pagina, mm 286×189). Egina, nel testo Aegina (al centro, mm 51×97).

Il manoscritto, prodotto a Firenze intorno al terzo quarto del secolo XV, come conferma la filigrana della carta, tramanda la versione abbreviata del Liber insularum Archipelagi redatta da Cristoforo Buondelmonti. Del Liber insularum esiste anche una versione più ampia che, a differenza di quella breve la quale si ritrova in trentasette testimoni, è tràdita soltanto da tre manoscritti, il ms. 308 della Biblioteca comunale di Ravenna, il ms. A 1219 inf. all’Ambrosiana di Milano e il ms. lat. X 125 conservato presso la biblioteca Marciana di Venezia (THOMOV, New Information, 435). Il Buondelmonti, nato a Firenze intorno al 1385, lasciò la città nel 1414, per completare i propri studi a

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Rodi, dove acquisì una buona conoscenza del greco e da dove iniziò i suoi viaggi di conoscenza nelle isole dell’Egeo (NIUTTA, Prospettive, 212). Il Liber, che è pensato come un itinerario corredato di mappe nel quale non sono assenti digressioni storiche e mitologiche sui luoghi visitati, fu dedicato al cardinale Giordano Orsini. Una prima redazione, che purtroppo non ci è pervenuta, fu inviata all’Orsini nel 1420. Un testo più ampio venne inviato dal Buondelmonti al cardinale nel 1420 dalla città di Rodi. Successivamente seguì una nuova redazione, completata a Costantinopoli nel 1422 e infine, nel 1430, una quarta (WEISS, s.v. Buondelmonti, 199). Thomov ritiene essere quest’ultima la traduzione del testo dal latino in volgare, versione che è conservata nel codice Ross. 704 (THOMOV, New Information, 435). Del Liber insularum Archipelagi, come anche della Descriptio Cretae, altra opera del Buondelmonti, non ci è giunto purtroppo l’autografo e i codici superstiti, nonostante siano vicini all’età dell’autore, mostrano notevoli differenze tra loro (GEROLA, Le vedute, 253). Le illustrazioni che accompagnano il testo del Ross. 702 sono tracciate a penna e mostrano una particolare attenzione nell’arricchire con un tono giallo-verde le isole, con il celeste i fiumi, con il rosa per gli abitati. Roberto Almagià notava come lo stile del disegno, «con la caratteristica successione di incisioni semilunari ed esagerazione delle insenature e delle sporgenze», fosse proprio delle carte nautiche (ALMAGIÀ, Planisferi, 108). Probabilmente anche per il Ross. 702 vale quanto affermava il Gerola, cioè che le illustrazioni, spesso, erano realizzate da un’altra mano rispetto a quella del copista, ma sembra invece non essere confermato il fatto che esse non avessero punti di contatto col testo stesso (GEROLA, Le vedute, 253). Nel Ross. 702, infatti, le immagini camminano di pari passo col testo. A riprova di ciò è importante notare come, talvolta, errori commessi dal copista siano riportati anche sulle carte. Il manoscritto è in buone condizioni. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge BUONDEL(MONTIS) / GRAECIA / ET ASIA / INSULAE e in basso COD(EX) / CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VI, 144r-v) TIETZE, Die illuminierten, 102 nr. 182; GEROLA, Le vedute, 253; ALMAGIÀ, Planisferi, 108; BUONOCORE, Bibliografia, 664; CERESA, Bibliografia 1991, 280; NIUTTA, Prospettive, 212; THOMOV, New Information, 435; CERESA, Bibliografia 1998, 382; CERESA, Bibliografia 2005, 480.

SALVATORE SANSONE

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ROSS. 703

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Ross. 703 (olim X, 83) CHRISTOPHORUS DE BUONDELMONTIBUS, Descriptio insulae Cretae Chio, sec. XV2 (d.to 1425) (f. 1r) incipit: Incipit tractatus descriptionis insulae Cretae editus per presbiterum XPOforum de Bondelmontibus de Florentia in Rhodiam civitatem quem misit Nicolao de Nicolis de Florentia anno domini MCCCCXXV (f. 24r) colophon: Vale in Candia 1417. Explicit liber tertii et ultimi tractatus Candie in insula Chii scriptus per me Bartholomeum de Columpnis. Feliciter Cart.; ff. XIV (il I è in cartoncino blu, come la controguardia), 25 (il f. 25 è di pergameRoss. 703, f. 25r na), XIV’ (il XIV’ è in cartoncino blu, come la controguardia); numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra, che continua anche sui fogli di guardia posteriori fino a f. 36r; richiamo di fascicolo a f. 12v vergato orizzontalmente; mm 265×198; scrittura antiqua a inchiostro nero su una colonna (mm 183×102), di 33 linee; rigatura a secco.

Una raffigurazione dell’isola di Creta a f. 25r. Iniziali rubricate in apertura dei paragrafi. A f. 2r si nota lo spazio vuoto destinato in principio ad accogliere un’iniziale maggiore. Si segnala la presenza di iniziali maggiori e note marginali rubricate. f. 25r: l’illustrazione raffigura l’isola di Creta (mm 240×190), orientata a est. L’immagine dell’isola è molto dettagliata. Si distinguono, infatti, i principali edifici monumentali, ognuno dei quali è corredato di un titulus a commento. Sui lati destro e sinistro del foglio si può leggere, rispettivamente, pars meridie e pars tramontane, in basso pars ponentis. La mancanza in alto della dicitura a indicare l’est fa supporre che probabilmente sia andata perduta la raffigurazione della parte orientale dell’isola. Si scorge infatti, in alto, una netta linea di demarcazione, dove è ipotizzabile che la carta si congiungesse con la metà perduta. Il manoscritto rossiano, prodotto a Chio nel 1425, tramanda il testo della Descriptio insulae Cretae, la cui prima redazione era già completata nel 1417, quando fu inviata al Niccoli a Firenze. Il Buondelmonti successivamente redigeva altre due versioni dell’opera, una in forma più breve, l’altra invece consistente in

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

un testo rielaborato sulla prima versione e completato a Costantinopoli nel 1422 (WEISS, s.v. Buondelmonti, 199). La data che si legge a f. 24r si riferisce, quindi, alla composizione del testo e non alla copia, realizzata da Bartolomeo de Colunnis nel 1425, così come è attestato dalla data vergata a f. 1r. A conferma di ciò l’anno 1417 e la dedica al Niccoli si ritrovano nell’acrostico formato dalle iniziali dei capitoli dell’opera (CAMPANA, Chi era lo stampatore, 4). Augusto Campana mette in evidenza, inoltre, come colui che realizza le iniziali maggiori rubricate, aggiunte successivamente, non sia lo stesso Bartolomeo de Colunnis, al quale si deve, come visto, la copia del testo, ma un anonimo copista che verga anche le note marginali. Lo stesso anonimo copista realizza, nella seconda metà del secolo XV, i codici Ross. 704 (cfr.) e Ross. 705 (CAMPANA, Da codici, 52). Dal punto di vista cartografico, così come sottolineava gia Roberto Almagià, l’interesse del codice è dato dalla presenza della carta dell’isola di Creta, qualitativamente superiore, perché molto più particolareggiata e esatta, rispetto a quelle realizzate nelle copie del Liber insularum Archipelagi. Questa carta è assente, inoltre, in tutte le copie della Descriptio e compare soltanto in un manoscritto, contenente il testo del Liber insularum, conservato alla Bibliothèque nationale de France di Parigi, Rés. Ge. FF. 9351 (ALMAGIÀ, Planisferi, 116; Immagini dell’isola, 26). Stato di conservazione discreto. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge in alto: BONDEL(MONTIS) / CRETA / INSULA e in basso: COD(EX) / CART(ACEUS) / 1417. (Bibl. Rossianae, VI, 146r-v) TIETZE, Die illuminierten, 102, nr. 183; CAMPANA, Chi era lo stampatore, 4; ALMAGIÀ, Planisferi, 116; CAMPANA, Da codici, 52; BUONOCORE, Bibliografia, 664; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 353; Immagini dell’isola, 26; CERESA, Bibliografia 1998, 382.

SALVATORE SANSONE

Ross. 704 (olim X, 84) CHRISTOPHORUS

DE

BUONDELMONTIBUS, Isole dell’Arcipelago greco

Firenze, XV3-4 Cart. (Briquet nr. 202, aquila circoscritta, Firenze, 1472); ff. VIII (il I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 74, VIII’ (l’VIII’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra; richiami di fascicolo sul verso dei fogli 24, 44, 54, 64 e indicazioni di registro alfanumeriche, in basso a destra, sul recto dei primi cinque fogli di ogni quinterno (per la fascicolazione del manoscritto si rimanda a CAMPANA, Da codici, 49-50); mm 266×194 (misure prese a f. 4r); scrittura umanistica corsiva a inchiostro bruno su una colonna (mm 167×123, a f. 3r), di 29 linee; lingua volgare; rigatura a secco.

75 vedute a piena pagina o intercalate all’interno dello specchio scrittorio e 2 disegni sul margine inferiore di f. 32r e di f. 58r. Si scorgono letterine guida

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ROSS. 703-704

1077

per le iniziali maggiori, non realizzate. A f. 39v si legge una lunga glossa sui quattro margini del foglio. f. 2r: Saxena e Vallona, sul margine inferiore del foglio (mm 133×191). f. 2v: Fanò, all’interno dello specchio di scrittura (mm 74×128). f. 3v: Corfù, a piena pagina (mm 266×173). f. 4r: Itaca, sul margine superiore del foglio (mm 99×188). f. 6r: Sapienza, sul margine superiore del foglio (mm 143×179). f. 10v: Candia, a piena pagina (mm 210×155). f. 12r: Scarpanto, all’interno dello specchio di scrittura (mm 71×117). f. 14r: Rodi, a piena pagina (mm 236×174). Ross. 704, f. 2r f. 14v: Simie, sul margine inferiore del foglio (mm 116×139). f. 15r: Chalchi, sul margine inferiore del foglio (mm 74×120). f. 15v: Piscopia, sul margine inferiore del foglio (mm 95×122). f. 16v: Nixaros, all’interno dello specchio di scrittura (mm 65×89). f. 17r: Stampalia, all’interno dello specchio di scrittura (mm 80×123). f. 18r: Santorini, sul margine superiore del foglio (mm 100×108). f. 18v: Sicandros, sul margine inferiore del foglio (mm 53×82). f. 19r: Policandros, sul margine inferiore del foglio (mm 56×81). f. 19v: Polimio, all’interno dello specchio di scrittura (mm 48×58). f. 21r: Milo, sul margine superiore del foglio (mm 132×166). f. 21v: Sifanos, sul margine inferiore del foglio (mm 55×104). f. 22v: Serfino, all’interno dello specchio di scrittura (mm 67×109). f. 23r: Thermia, sul margine inferiore del foglio (mm 79×132). f. 24v: Cea, all’interno dello specchio di scrittura (mm 68×107). f. 26r: Andros, all’interno dello specchio di scrittura (mm 103×129). f. 26v: Caloieros, sul margine inferiore del foglio (mm 85×122). f. 27v: Tino, sul margine superiore del foglio (mm 77×118). f. 28r: Michonos, sul margine inferiore del foglio (mm 102×107). f. 30r: Delo, sul margine inferiore del foglio (mm 90×85). f. 30v: Suda, sul margine inferiore del foglio (mm 93×149). f. 31v: Paros, sul margine superiore del foglio (mm 78×134). f. 32r: Antiparos, all’interno dello specchio scrittorio (mm 62×126). f. 32v: Panaya, sul margine superiore del foglio (mm 57×113).

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1078 f. f. f. f. f. f. f. f. f.

34v: 35r: 35v: 36v: 37v: 38r: 38v: 43r: 45r:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

45v: 46r: 46v: 47r: 47v: 51v: 52r: 52v: 53r: 53v: 54r: 54v: 62r: 65r: 71v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Nichosia, sul margine inferiore del foglio (mm 166×133). Mandria, all’interno dello specchio scrittorio (mm 36×51). Agatussa e Formachus, sul margine superiore del foglio (mm 47×102). Samo, all’interno dello specchio scrittorio (mm 66×124). Furni, sul margine inferiore del foglio (mm 67×123). Tenosa, all’interno dello specchio scrittorio (mm 37×61). Psara, sul margine inferiore del foglio (mm 57×67). Tenedos, al centro del foglio (mm 37×172). Podia, all’interno dello specchio scrittorio (mm 42×98) e, sul margine inferiore, Raclea e Chiero (mm 32×121). Nio, sul margine inferiore del foglio (mm 55×99). Anafios, sul margine inferiore del foglio (mm 65×127). Amurgo, all’interno dello specchio scrittorio (mm 59×114). Chinera e Levata, all’interno dello specchio scrittorio (mm 33×111). Caloierus, sul margine inferiore del foglio (mm 89×142). Lango e la costa vicina, a piena pagina (mm 238×197. Calimene, sul margine inferiore del foglio (mm 83×163). Lero, all’interno dello specchio scrittorio (mm 79×117). Patmos, sul margine inferiore del foglio (mm 61×96). Lipso, all’interno dello specchio scrittorio (mm 42×82). Crussie, sul margine superiore del foglio (mm 53×77). Icharea, sul margine inferiore del foglio (mm 57×131). Embarum, all’interno dello specchio scrittorio (mm 47×76). Mons Sanctus, sul margine superiore del foglio (mm 138×188). Egina, sul margine superiore del foglio (mm 59×102).

Ai ff. 40v, 42r, 55v, 56r-v, 57r, 61v, 62v, 63r, 65v, 66r-v, 67r, 68v, 70v, 71r, 72v, 73r, sono stati tracciati, a matita, soltanto i contorni delle isole, da un massimo di 38 a un minimo di cinque linee di scrittura. Il manoscritto rossiano, prodotto a Firenze intorno al terzo quarto del secolo XV, come conferma la filigrana della carta, contiene la versione in volgare marchigiano del Liber insularum Archipelagi, nella redazione del 1430, questa purtroppo non pervenutaci (Immagini dell’isola, 25). Altre due versioni volgari del testo, in dialetto veneto, si ritrovano nel ms. ital. VI 19 della Marciana e nel ms. Y 72 sup. dell’Ambrosiana (WEISS, s.v. Buondelmonti, 200). Il manoscritto ha subito la perdita di parecchi fogli, soprattutto nei primi due fascicoli. Si possono distinguere varie mani che realizzano le vedute. La prima che esegue quelle fino a f. 15r (eccetto la veduta a f. 14v); un’altra, più rozza, che prosegue da f. 15v fino alla fine del manoscritto (CAMPANA, Da codici, 50). Le prime dieci vedute sono di ottima fattura, ricche di particolari, ma probabilmente di fantasia e di certo realizzate da una mano esperta. In questa prima serie rientrano, infatti, anche figurazioni di isole quali la Saxena e la Vallona e Fanò, che non si ritrovano in nessun testimone del Liber insularum. Il manoscritto fu copiato dallo stesso anonimo scriptor che annotò il Ross. 703 (cfr.) e trascrisse il testo

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ROSS. 704-708

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del Ross. 705. Campana ipotizza, dunque, che il copista, probabilmente di origine anconetana (CAMPANA, Giannozzo Manetti, 504; CHERUBINI, Le isole jonie, 87) non fosse un amanuense di professione, ma un semplice studioso che copiava e annotava per sé, non escludendo neppure l’ipotesi che lo stesso anconetano sia stato l’anonimo compilatore del volgarizzamento in marchigiano (CAMPANA, Da codici, 52). Il manoscritto è in mediocre stato di conservazione. Smembrato, fu rimontato senza rispettare l’originario ordine dei fascicoli (CAMPANA, Da codici, 49-50). Legatura Rossi A, in cattivo stato di conservazione. Il piatto anteriore è infatti staccato dal dorso. Su quest’ultimo si legge in alto BONDELM(ONTE) / ARCIPELAG(O) e in basso COD(EX) CART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VI, 147r) TIETZE, Die illuminierten, 102 nr. 184; WEISS, s.v. Buondelmonti, 200; CAMPANA, Da codici, 49, 50, 52; CAMPANA, Giannozzo Manetti, 504; CHERUBINI, Le isole jonie, 87; Immagini dell’isola, 25; BUONOCORE, Bibliografia, 664; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 354; CERESA, Bibliografia 1998, 382; CERESA, Bibliografia 2005, 480.

SALVATORE SANSONE

Ross. 708 (olim X, 88) JEAN DE MANDEVILLE, Itinerarius in partes Iherosolimitanas et in ulteriores transmarinas (ff. 1r-92v). Lucidarius (ff. 93r-136r) Germania, sec. XV, metà Cart. (carta di buona qualità; i fogli presentano una filigrana a forma di grappolo, di difficile identificazione); ff. I, 142, I’. Sul recto di ogni foglio, nell’angolo superiore destro, è apposta una numerazione moderna a matita in numeri arabi. Il codice misura mm 292×219 (misure prese a f. 42v). Scrittura gotica corsiva vergata da una sola mano con inchiostro nero per il testo e con inchiostro rosso per le rubriche. Specchio di scrittura (mm 267×169) a 2 colonne di 34 linee (spazio intercolonnare mm 18, misure prese a f. 42v). Appena visibili le 4 righe verticali, realizzate a lapis, che inquadrano le colonne. La fascicolazione è regolare.

Il codice presenta un testo con ampi margini bianchi ai lati e inferiormente. Nella prima parte del manoscritto (ff. 1r-92v) quasi ogni paragrafo è seguito dalla propria illustrazione, che occupa uno spazio orizzontale, spesso rettangolare. Le immagini, 157 in tutto, prive di qualsiasi incorniciatura, sono indifferentemente collocate nel margine inferiore o superiore della pagina; spesso interrompono ad altezza variabile il testo scritto, e talvolta sono anche tre per pagina. Raffigurano episodi narrati nel testo dilungandosi anche in aneddoti mi-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

nori del racconto. Le immagini, complementari alla narrazione e a essa strettamente coordinate, tratteggiate con icastica vivacità, si trovano a:

f. 9v: f. 12r: f. 15r:

f. f. f. f.

15v: 18r: 18v: 19r:

f. 20v: f. 21v: f. 22v: f. 22v: f. 23r: f. 23v:

f. 5r: Statua equestre dell’imperatore Giustiniano che, nudo, leva la mano destra verso il sole (Costantinopoli). f. 5v: Gli strumenti della Passione: la croce, la tunica, la spugna e un chiodo della Croce (Costantinopoli). f. 6v: Le reliquie portate in Francia, a Parigi, nella Cappella dei re: la corona di spine, la punta della lancia con la quale è stato trafitto il costato di Gesù, un chiodo della croce. f. 9r: San Giovanni evangelista, accanRoss. 708, f. 28r to a lui il suo simbolo evangelico, l’aquila (Isola di Patmos, dove san Giovanni visse dopo la Passione di Cristo). Un dragone (Isola di Lango). Il cavaliere si reca al castello dove incontra una giovane dama (Isola di Rodi). Due uomini dalla pelle scura in vesti variopinte (Il sultano di Babilonia) – In basso una figura grottesca con la parte anteriore del corpo umana e la parte posteriore animale. La fenice in una fiamma d’altare. In un piccolo giardino un bambino nudo sta per essere morso da un serpente; Martirio di santa Caterina – Martirio di un santo vescovo. Mosè dinnanzi al roveto ardente, dove gli apparve Dio Padre – Santa Caterina giace su un sarcofago mentre delle colombe vi portano ramoscelli d’olivo (Miracolo al monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai). Mosè che fa sgorgare l’acqua dalla roccia – Mosè riceve da Dio Padre le tavole della Legge. Abramo accoglie i tre Angeli – Adamo lavora la terra – Eva accudisce i figli. Abramo lavora la terra – Eva tesse – Tre uomini e una donna. Una donna in un roseto (Una giovane donna condannata a morte erroneamente). La Stella cometa – La nascita di Cristo – La Vergine Maria nella chiesa di San Nicola a Betlemme (Betlemme). Tre corone.

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ROSS. 708

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f. 24r: La Resurrezione di Cristo. f. 24v: Crocifissione di Cristo – Il sacrificio di Isacco. f. 25r: Le quattro colonne del martirio di Cristo, tre delle quali trasudano acqua, a Gerusalemme, accanto al monte Calvario – Le tre croci sul monte Calvario. f. 25v: I chiodi della croce di Cristo, uno dei quali fu portato a Roma all’imperatore Costantino dalla madre Elena – Il corpo di Cristo nella tomba di Giuseppe d’Arimatea – L’ingresso di Cristo a Gerusalemme. f. 26r: La lapidazione di santo Stefano (Chiesa di Santo Stefano nella Valle di Iosafath). f. 28r: L’Ultima cena di Cristo (città di Tiberiade) – L’incredulità di Tommaso (Monte Oliveto) – La Pentecoste. f. 28v: Decapitazione di san Giacomo – Giuda impiccato a un albero. f. 29r: Cattura di Cristo. f. 29v: Ascensione di Cristo al cielo (Valle di Iosafath). f. 30r: Una donna. f. 30v: L’Agnello mistico con lo stendardo della Croce – La mano di Dio (evocazione della Morte di Giuliano l’Apostata in Samaria). f. 31r: Due uomini con grandi copricapi (I Samaritani). f. 31v: Annunciazione (Nazareth) – Cristo bambino attinge l’acqua da un pozzo (Nazareth). f. 32r: Trasfigurazione di Cristo (sulla strada che conduce da Nazareth al Monte Tabor). f. 33r: Cristo incontra san Pietro e lo perdona dei suoi peccati e del tradimento (Valle di Iosafath) – Una città – Piccioni viaggiatori. f. 33v: La caduta di Paolo sulla via di Damasco. f. 34r: San Giorgio che uccide il drago – Una giovane donna in preghiera. f. 34v: Il sacrificio di Isacco. f. 35r: Una città nella quale si trova un vescovo con il pastorale e la chiave. f. 36v: Un uomo mangia e beve su una rozza tavola, sulla quale si trovano vari tipi di vivande – Fiamme che guizzano dalle nuvole. f. 37r: Un lago (Lago di Assa foetida), sulla destra una torre (la pagina e l’immagine sono danneggiate). f. 37v: Una donna discorre con un satiro – Un mare bollente. f. 38r: Un leone e un lupo. f. 39v: Una donna. f. 40r: Noè nell’Arca. f. 41r: Una donna a piedi nudi davanti a un uomo (Regno dei Caldei). f. 42r: Quattro amazzoni armate (Regno delle Amazzoni). f. 42v: Il sole – Un uomo e una donna dalla pelle scura – Nella parte inferiore destra della pagina, uno sciapode sta riposando disteso sotto un albero (Regno di Etiopia). f. 43r: Una giovane donna seduta, davanti a lei un uomo (India). f. 43v: Due uomini nudi si bagnano in acqua (Isola di Hermes). f. 44r: Un uomo nudo e una donna vestita stanno in acqua (Isola di Hermes).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 44v: Un cane con un piccolo animale tra le fauci, di fronte a un leone e a un cervo (Isola di Lana). f. 45r: Quattro serpenti sotto due alberi (Isola di Cana). f. 45v: Un uomo che attinge l’acqua da una fonte, una donna dà da bere a un altro uomo (città di Polomes). f. 46r: Cremazione di una vedova indiana col proprio marito (città di Polomes) – Due uomini barbuti stanno seduti in conversazione (Miracolo di san Tommaso) (Regno di Mabaron). f. 47r: Un pellegrino davanti a un tempio porge un’ostia alzando un braccio (Regno di Mabaron). f. 47v: Una coppia di uomini nudi – Due uomini con un bambino mangiano carne umana – Un navigante su un’imbarcazione. f. 48r: Un uomo è marchiato a fuoco sulla fronte con un ferro rovente (Isola Sumobor). f. 48v: Un uomo con armatura e uno nudo combattono con due grosse spade (Isola Sumobor) – Tre alberi frondosi ricchi di frutti (Giava). f. 49v: Tre alberi frondosi (Regno di Pathen o Salmasse). f. 50v: Cinque donne e quattro bambini al cospetto del re di Talonak assiso in trono (si tratta delle mogli del re). f. 51r: Un elefante che porta dei guerrieri su una torretta (Regno di Talonak). f. 51v: Gran numero di pesci (Regno di Talonak) – Lumaca dal guscio tanto grande da poter alloggiare più persone. f. 52r: Una vedova viene arsa sul rogo – Tre cani dilaniano un uomo nudo (Isola Melke) – Un uomo nudo è appeso a un albero ed è dilaniato dagli uccelli (Isola Caffolos) – Combattimento di due adolescenti con armatura (Isola Melke). f. 52v: Due uomini bevono sangue da una coppa (Isola Melke) – Due uomini mangiano serpenti (Isola Tracota). f. 53r: Due uomini consumano le membra di un uomo ucciso (Isola Nacumer) – Due uomini soffocano un malato (Isola Dondun). f. 53v: Un uomo nudo viene smembrato (Isola Dondun) – Diversi uomini deformi – Quattro uomini con il becco da uccello. f. 54r: Mangiatori di uomini – Acefali orientali. f. 54v: Figure mostruose – Uomini vestiti con pelli d’animali. f. 55r: Ermafroditi. f. 55v: Cinocefali che adorano un idolo a forma di toro (Isola Macumer). f. 56r: Cinocefalo che strangola un guerriero con l’armatura. f. 56v: Un drago divora un piccolo animale – Diversi animali in un giardino. f. 57r: Una coppia di uomini nudi e un piccolo animale in acqua. Diversi uccelli a due teste e un leone. f. 57v: Un uomo e una donna in abito verde (regno di Mancy). f. 58r: Uccelli e serpenti – Un banchetto nel quale è servito un serpente – Un animale tiene una rana in bocca. f. 58v: Un monaco nutre diversi animali in un giardino (città di Cansay). f. 59r: Una coppia di pigmei e due giganti che vendemmiano (Chilenfo). f. 60r: Numerose imbarcazioni.

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ROSS. 708

f. f. f. f.

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61r: 62r: 65r: 67v:

Imperatore in trono con due donne e un bambino (Gran Khan del Catai). La tavola del Gran Khan del Catai. Un uomo dorme sotto un albero. Un uomo e donna adornata con un lungo tessuto sotto un albero (Tartari del Catai). f. 68r: Una donna armata a cavallo – Una donna intenta ad arare – Scena di battaglia. f. 68v: Tre donne tagliano le orecchie a un uomo incatenato. f. 69r: Un uomo nudo giace in una tenda davanti alla quale si trovano molti cavalli (Sepoltura dell’imperatore dei Tartari). f. 71v: Un re e tre guerrieri in pieno armamento. f. 72r: Un uomo con un naso appuntito a forma di becco. ff. 72v e 73v: Diverse piante (Regno del Catai). f. 74r: Tre uomini con il cappello a punta si trovano su una collina davanti alla quale siede una donna incoronata – Il re sulle montagne sciite. f. 74v: Una figura mostruosa, metà animale e metà uomo che divora un bambino – Un grifone ghermisce un agnello. f. 76r: Un uccello dal piumaggio verde. f. 76v: La Croce sul carro da guerra del prete Giovanni. f. 77r: Un grosso pesce. f. 78r: Paesaggio con due soli – Due uomini con le corna. f. 78v: Due pappagalli verdi. f. 79v: La testa del diavolo in una valle incantata (Isola Mistorak). f. 80v: Una coppia di giganti. f. 81r: Una donna con i suoi bambini sta vicino a due donne che festeggiano – Una sepoltura. f. 81v: Un drago divora un uomo. f. 82r: Elefanti, unicorni, cani volanti e altri animali. f. 83r: Una coppia di uomini sotto un albero (Isola Bragman). f. 83v: Tre uomini mangiano frutta – Un uomo indossa una pelliccia e una donna si bagna in acqua. f. 84r: Due uomini siedono sotto un albero – Un albero attorniato da sole e luna. f. 84v: Un cavallo trasporta un carico, vicino a un ruscello. f. 85r: Il Peccato originale. f. 86r: Le colonne d’Ercole. f. 86v: Un cadavere viene tagliato a pezzi e gettato agli uccelli – Un uomo beve dal cranio di suo padre. f. 87r: Due uomini. f. 87v: Un uomo ricco attorniato da quattro donne che lo servono. f. 90r: Un uomo conduce un cammello. f. 91r: Due donne piangono un uomo morto. f. 91v: Un giovinetto e un monaco sotto una capanna. Lo stato di conservazione del codice appare nel complesso piuttosto buono; solo su due fogli (ff. 37r, 55r) le illustrazioni risultano rovinate. Legatura del tipo Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione (rest. nel 1966).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il volume non contiene indicazioni circa la sua provenienza; appare recensito nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 10-12) dove è datato alla metà del XV secolo e localizzato in Germania. Il manoscritto contiene la traduzione tedesca di Otto von Diemeringen (RIDDER, Jean de Mandevilles, 82-85) dell’opera, nota con il titolo francese di Voyage d’outremer, di Jean de Mandeville (1300?-1372), un cavaliere anglo-francese che è anche il protagonista del racconto. Redatto verso il 1356-1357 in lingua francese, il libro si diffuse con grande rapidità attraverso traduzioni, volgarizzamenti e adattamenti di vario tipo (DELUZ, Le Livre des Merveilles). Il libro di Mandeville più che un resoconto di viaggio rappresenta una sorta di immagine del mondo nella quale si trovano riunite tutte le informazioni allora disponibili riguardanti la Terrasanta, l’Asia e le isole dell’Oceano Indiano. I Viaggi sono stati strutturati a partire da fonti cronologicamente vicine all’autore che si ispira a Vincent de Beauvais, Giovanni da Pian del Carpine, Guglielmo di Rubruck ma anche a Marco Polo e a Odorico da Pordenone. L’opera pertanto non risulta di pura fantasia perché si basa parzialmente su racconti di viaggio reali e veritieri (Le Livre de Jehan de Mandeville). I Viaggi di Mandeville furono a lungo ritenuti una narrazione relativamente verosimile e realistica, una fedele relazione del viaggio di un cavaliere inglese prima in pellegrinaggio in Terrasanta e poi, attraverso i paesi musulmani, verso l’India, la Cina dei Mongoli e l’Asia interna. Nel testo di Mandeville sono descritte meraviglie naturali come gli alberi del pane e del miele o gli alberi cinesi sui quali crescono agnelli, lumache dai gusci tanto grandi da poter alloggiare più persone e topi delle dimensioni di levrieri. Con il testo di Mandeville l’elenco dei popoli favolosi si amplia all’inverosimile: egli avrebbe visto non solo i consueti popoli acefali, sciapodi, androgini, ma anche popoli che, non avendo lingua, non possono parlare; popolazioni che hanno il labbro inferiore così grande che quando vogliono dormire al sole, usano questo labbro per coprirsi la faccia; esseri che camminano solo in ginocchio; uomini che non parlano, ma grugniscono; altri che hanno un solo braccio in mezzo allo stomaco e un solo piede, e così via. L’opera aveva successo proprio in virtù di queste fantasticherie e destò nelle masse un rinnovato interesse per i paesi lontani, per i popoli stranieri e per gli animali esotici, si è giunti ad affermare che Mandeville preparò indirettamente il terreno per i successivi viaggi in Africa, India e America compiuti all’epoca delle conquiste; ma l’opera ebbe grande successo anche fra i dotti e gli eruditi che la citarono spesso nelle loro opere (SEBENICO, I mostri dell’Occidente medievale, 102-105). Il secondo testo contenuto nel Ross. 708 è il cosiddetto Lucidarius (GOTTSCHALL, STEER, Der Deutsche Lucidarius, 15; VON ERTZDORFF, NEUKIRCH, SCHULZ, Reisen und Reiseliteratur, 383) conosciuto anche come Der große Lucidarius per distinguerlo dal Der kleine Lucidarius; si tratta di un libro di saperi medievali scritto in prosa e diffusamente utilizzato nelle scuole. L’opera si compone di tre libri il primo dei quali si occupa di cosmografia, geografia e psicologia; il secondo e il terzo di teologia, in particolare di dottrina, liturgia ed escatologia. Il testo venne composto tra il 1190 e il 1195 per volere del duca Enrico il Leone il quale

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ROSS. 708

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si augurava che venisse intitolato Aurea gemma. Chiarezza e semplicità sono i principi estetici cui si ispira l’autore delle immagini del Ross. 708, le quali trascurano ogni motivo decorativo e qualsiasi sfarzosità: si notano infatti la totale assenza di inquadrature, l’assoluta mancanza di decorazione per i capilettera e, infine, l’utilizzo di una gamma sobria di colori. Più che vere e proprie miniature le immagini sono in realtà disegni a penna colorati con colori a corpo. Un contorno a penna di colore nero definisce con nitidi e sicuri tratti le figure; poche cromie colorano in modo leggero e uniforme le sagome; soltanto in qualche occasione la stesura si arricchisce grazie alla sovrapposizione di un colore più scuro che dà effetti di rilievo alle pieghe di un panneggio. La monotonia derivante dall’ordine compositivo troppo elementare e dall’iterato ripetersi dei gesti è mitigata dalla vivacità con la quale l’illustratore si diverte a raccontare le avventure di Mandeville con l’inserzione di qualche piccolo apporto vivacemente aneddotico. L’illustratore del Ross. 708 è espressione di un orientamento figurativo carico di uno schietto spirito realistico e di una vivacità quasi popolare, capace di infondere alle narrazioni di viaggio un’atmosfera di accattivante familiarità. Esponenti di questa corrente, i quali dimostrano consonanza con la sensibilità narrativa dell’anonimo miniatore e nei quali si ritrova lo stesso gusto per la narrazione vivace e spigliata, possono essere ritrovati in alcuni codici realizzati in Germania e in Austria, nella regione compresa fra l’alto Reno ed il lago di Costanza e in Baviera, nella prima metà del XV secolo (STAMM, Die Rüdiger, passim; SAURMA-JERTSCH, Spätformen mittelalterlicher, passim): un manoscritto con la Weltchronich di Rudolf von Ems (Spencer 38), custodito alla Public Library di New York, realizzato in Germania, probabilmente in Baviera, agli albori del XV secolo (GEORGI, Scheda nr. 22, 109-115), una Bibbia historiale tedesca (Spencer 52) datata 1464, custodita nella stessa biblioteca (HAMBURGER, Scheda nr. 24, 124128) e ancora un manoscritto con il Wingalois di Wirnt von Grafenberg, localizzato in Alsazia e datato tra il 1420 ed il 1430 (Scheda nr. 16, 94-99). In conclusione, sia i modelli iconografici utilizzati dal miniatore sia la moda degli abiti sia i riferimenti stilistici orientano verso una datazione del Ross. 708 intorno alla metà del XV secolo e una localizzazione in Germania, nell’area dell’alto Reno: qui l’illustratore rossiano si inserisce con agio, prediligendo un segno lineare nitido e asciutto poco incline all’aulicità e volto alla ricerca di un realismo schietto e vivace. (Bibl. Rossianae, VI, 152r-153r) TIETZE, Die illuminierten, 10-12 nr. 14; LEITZMANN, Winsbeckische, IX; SCHANZE, Meisterliche, 228; RIDDER, Jean de Mandevilles, 32, 82, 85; VON ERTZDORFF, NEUKIRCH, SCHULZ, Reisen und Reiseliteratur, 383; GOTTSCHALL, STEER, Der deutsche Lucidarius, 15; HAUSTEIN, STACKMANN, Sangsprüche in Tönen, 30; TZANAKY, Mandeville’s Medieval Audiences, 10, n. 21; Handschriftencensus. Eine Bestandsaufnahme der handschriftlichen Überlieferung deutschsprachiger Texte des Mittelalters (http: //www.handschriftencensus.de/5603, ultima cons. 26-05-2010).

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 715 (olim X, 95) FRANCESCO PETRARCA, Rerum familiarum libri (ff. 2r-344v); Index (ff. 2r-6v); Interrogatio quedam ab amico (ff. 344r-v) Padova, secc. XIVex.-XVin. (f. 344r) explicit: Francisci Petrarche laureati. Rerum familiarum liber XXIIII explicit feliciter Membr.; ff. VI (cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 344 (il f. 1r-v è bianco e non rigato), VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra, tranne al f. 246r, numerato manualmente in tempi moderni, perché quasi del tutto scomparsa quella meccanica, e il f. 279 numerato ancora a mano ma, erroneamente, con 289 e successivamente corretto depennando il numero 8; richiami sul verso del margine inferiore dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, arricchiti da una Ross. 715, f. 7r decorazione a penna, appena schizzata; mm 365×249 (misure prese a f. 7r); littera textualis di mano unica vergata con inchiostro nero; rosso, blu e nero per l’Index; scrittura umanistica incipiente al f. 344r, per l’Interrogatio ab amico e per la segnalazione che se ne fa in calce nell’Index, a f. 6v; note marginali (per es. ai ff. 26v, 343v) in una corsiva molto probabilmente del secolo XV. Due colonne di scrittura (mm 155×244; spazio intercolonnare mm 24), di 43 linee; rigatura a mina di piombo appena visibile e spesso ripassata a inchiostro.

L’apparato decorativo del manoscritto è formato da 1 pagina d’incipit con iniziale maggiore a f. 7r, in apertura del I libro dell’opera e da altre 23 iniziali maggiori con fregio laterale all’incipit dei successivi libri (ff. 23r, 40r, 56r, 72r, 86r, 100r, 113r, 128v, 143r, 154v, 167v, 179v, 192v, 203v, 217v, 229r, 241r, 254r, 268v, 282r, 296v, 312v, 329v). Si segnala la presenza di numerose lettere minori filigranate con inchiostro alternativamente rosso e blu, come la decorazione di penna che le accompagna. Gli incipit e gli explicit dei libri sono rubricati così come i destinatari delle missive. Sul recto e sul verso di tutti i fogli, sul margine superiore, è rubricato il titolo corrente. Sono realizzati con inchiostro alternativamente rosso e blu anche i segni paragrafali. Dove non rifilata si scorge appena, all’estremità superiore dei fogli, l’indicazione, tracciata a penna, del numero del libro. La decorazione delle iniziali maggiori si sviluppa identica per tutto il corpo del manoscritto. Le lettere, poste su un campo in foglia d’oro, sono arricchite sul fondo, sempre campito di un colore blu, da una decorazione vegetale rifinita a

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ROSS. 715

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biacca. Lungo lo specchio scrittorio e sul margine superiore (talvolta anche su quello inferiore, per es. ai ff. 56r, 113r, 312v) si sviluppa un fregio anch’esso a grosse e lunghe foglie e accompagnato da globi aurei. L’intera decorazione utilizza una tavolozza pittorica che va dal rosa tenue, al blu, all’azzurro, al verde e al rosso, con inserti di oro in foglia e rifiniture a biacca. f. 7r:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

23r: 40r: 56r: 72r: 86r: 100r: 113r: 128v: 143r: 154v: 167v: 179v: 192v: 203v: 217v: 229r: 241r: 254r: 268v: 282r: 296v: 312v: 329v:

pagina d’incipit e iniziale maggiore Q di Quid vero nunc (mm 40×37). All’interno della lettera il volto di Petrarca ritratto di profilo. Sul lato destro si nota un volume chiuso, tenuto tra le mani, non raffigurate. Sui margini superiore e inferiore e su quello interno una decorazione vegetale a fiori e grosse foglie, accompagnata da globi aurei, avvolge un bastone. Sul margine inferiore, all’interno di un clipeo sormontato da un galero cardinalizio, è ospitato lo stemma di Domenico Capranica, schizzato a penna. iniziale maggiore I di Ingens scribendi (mm 38×40). iniziale maggiore P di Perambulanti veterum (mm 40×39). iniziale maggiore A di Altissimum regionis (mm 40×43). iniziale maggiore Q di Quod verebar accidit (mm 41×39). iniziale maggiore I di Infelicem invidiam (mm 39×40). iniziale maggiore I di Inter multifides (mm 43×46). iniziale maggiore H di Heu miserande senex (mm 37×40). iniziale maggiore C di Crebros insultus (mm 44×48). iniziale maggiore P di Precipitium horret (mm 53×36). iniziale maggiore S di Sperabam loci (mm 39×42). iniziale maggiore O di Olim tibi princeps (mm 44×45). iniziale maggiore S di Scio cui loquor (mm 43×46). iniziale maggiore C di Clarum fieri (mm 43×46). iniziale maggiore Q di Quamvis antiquus (mm 44×48). iniziale maggiore S di Si ille Carthaginensium (mm 46×40). iniziale maggiore R di Religiosi cuiusdam viri (mm 40×42). iniziale maggiore C di Cesareos apices (mm 40×40). iniziale maggiore E di Et gaudium ingens (mm 38×40). iniziale maggiore P (sta per G) di Gravem curis (mm 61×46). iniziale maggiore M di Multa animo (mm 39×41). iniziale maggiore A di An magis expediat (mm 42×40). iniziale maggiore L di Loquor quia cogor (mm 42×43). iniziale maggiore A di Ante hos triginta (mm 60×60).

Il Ross. 715 rappresenta un esemplare significativo e pregevole della produzione manoscritta padovana, nell’ultima stagione culturale e artistica dei da Carrara, ed è collocabile quindi nell’età di Francesco da Carrara e del figlio Francesco Novello da Carrara, signore di Padova dal 1390 al 1405. In esso si coniugano in un insieme di grande eleganza il dato figurativo – che si identifica con lo splendido ritratto del Petrarca contenuto nella iniziale Q di

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 7r, collegandosi, come suggerisce Federica Toniolo, allo stile ritrattistico di Altichiero (doc. dal 1369) e quindi a un periodo risalente della miniatura padovana – e l’impianto decorativo, che qualifica le pagine incipitarie con un ornato vegetale ricco e raffinato e trova paralleli molto stretti nel ductus, nella forma allungata delle foglie e nelle scelte cromatiche con i codici eseguiti nell’ultimo decennio del Trecento a Padova. A confronto, per l’uno e l’altro aspetto, si può proporre da un lato il Petrarca, Epistolae, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Acquisti e Doni 687, che a f. 1r tramanda un ritratto assai realistico del Petrarca (MINAZZATO, Scheda IV 10); dall’altro, per il corredo decorativo, l’ornamentazione del c.d. Poemetto carrarese (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Barb. lat. 3966); e soprattutto del Currus Carrariensis moraliter descriptus, Parigi, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 6468 (databile all’ultimo quarto del Trecento; per il quale si cfr. GOUSSET, Scheda nr. 45, 136-137), dove il fregio lussureggiante della pagina d’incipit, attraversato da un bastone di derivazione bolognese, rappresenta uno straordinario precedente per il Petrarca rossiano. Il manoscritto si presenta nel complesso in buono stato di conservazione. Legatura del tipo A, restaurata nel 1965. Sul dorso si legge in alto: FRANC(ISCUS) PETRARCHAE / RERUM / FAMILIARUM / LIBRI XXIV e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il codice appartenne al cardinale Domenico Capranica, come testimonia lo stemma Capranica, realizzato a penna all’interno di uno scudo molto probabilmente abraso per cancellare le insegne di un precedente possessore-destinatario, che la presenza del galero cardinalizio, posto al di sopra del clipeo e a evidenza facente parte della decorazione originaria, fa supporre fregiato della stessa carica ecclesiastica; a f. 2r, inoltre, sul margine superiore è visibile l’ex libris del Firmano. Sono inoltre presenti in maniera diffusa segni di richiamo nei margini del testo, attribuibili allo stesso Capranica. (Bibl. Rossianae, VI, 161r-v) TIETZE, Die illuminierten, 92 nr. 146.

SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

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ROSS. 716

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Ross. 716 (olim X, 96) AZO, Summa super IX libro Codicis et IV Institutionum Italia centro-settentrionale, sec. XIII, seconda metà Composito, quattro unità: I = ff. II-IX, mm 379×235; II = ff. 1-192, mm 383×238 (f. 173v, d.to febbraio 1253); III = ff. 193-226, mm 385×241; IV = ff. 227-238, mm 380×237. I.

, Additiones ad Summam codicis Azonis (ff. Ir-VIIIv); note aggiunte secc. XIV/XV (ff. VIIIv-IXv) II. AZO, Summa Codicis (ff. 1r-148v), Summa Institutionum (ff. 149r-164v). AZO et AL., Summulae digestorum (ff. 164v-173v). AZO, Collectio quaestionum (ff. 174r-178r). Ross. 716, f. 1v HUGOLINUS, Distinctiones (ff. 178r-191v). H(UGOLINUS)? (ff. 191v-192r) III. PLACENTINUS, Summa trium librorum (ff. 193r-194r). PILLIUS, Prosecutio summae librorum Placentini (ff. 194r-204r); Commentaria super leges dotis (ff. 204v205r). ROLANDUS DE LUCA, Summa trium librorum (ff. 205r-225v). ALDREVANDINUS DE MEDIO ABATE, Summulae super novem titulos libri XII Codicis (ff. 215v218v). IV. ACCURSIUS - IOHANNES BASSIANUS, Summa Authenticorum (ff. 227r-236v), Quaestio (f. 236v). Aggiunto in calce l’Epitaphium super Vergilium (cfr. Anthologia Latina, 276). (f. 173v) explicit: Tum autem domine miserere nobis. Anno domini MCCLIII. De mense februarii. Finis Membr; ff. VII (I -VII cart.; II in cartoncino azzurro), 247, VII’ (I’-V’, VII’ cart. di restauro, VI’ in cartoncino azzurro). Foliazione in numeri romani per i primi nove fogli; moderna in cifre arabe, in alto a destra, a matita sul recto dei ff. 1-238; la fascicolazione non è regolare. Le quattro unità presentano una scrittura di mano singola italiana diversa da unità a unità, textualis (a eccezione della IV unità, in scrittura gotica-preumanistica, vergata a inchiostro bruno; specchio scrittorio a due colonne di dimensioni variabili, da un minimo di mm 250×150, 77 lin. (I) a un massimo di mm 290×190, 73 lin. (IV); lo spazio intercolonnare oscilla tra mm 10 e 13. Rigatura alla mina; talvolta è possibile apprezzare i fori di guida nel margine esterno e la foratura per squadratura nel margine inferiore.

Delle unità che formano questo codice soltanto la II e la IV presentano un apparato decorativo di rilievo. Gli unici elementi di tipo ornamentale nell’unità I

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sono pie’ di mosca in rosso e blu e rubriche in rosso che segnano l’inizio delle sezioni; nell’unità III le rubriche sono accompagnate da iniziali in blu e rosso con semplici motivi a penna nel colore opposto. L’unità II presenta un ricco apparato illustrativo: 17 iniziali ornate e istoriate all’inizio di ogni libro (da un minimo di mm 10×10 a un massimo di mm 35×32, a eccezione delle iniziali I e P le cui dimensioni superano sempre tali misure); all’inizio dei capitoli, iniziali rubricate in rosso e blu decorate con filigrana del colore opposto che formano motivi ornamentali con filamenti che scendono e salgono intorno all’iniziale, creando all’interno motivi circolari; pie’ di mosca in rosso e blu e titoli rubricati in rosso. Le iniziali hanno, in generale, il corpo decorato in marrone o rosso scuro con filettature bianche su un fondo blu con poche varianti, le figure interne alla lettera presentano caratteristiche fisiche molto simili, volti definiti con crude pennellate di grigio e bianco e capelli biondi sciolti. I personaggi maschili sono rappresentati con uno scritto (f. 8v) o un libro in mano (f. 159v), o con le braccia protese in avanti come per prendere parte a una discussione, come di fatto accade nella Q di Quia al f. 94r. In merito al rapporto con il testo, la scena più significativa – a parte quella che apre l’opera (f. 1r) in cui un monaco, che sulla base di confronti si propone di identificare con l’autore Azzone, sfoglia un libro – è senz’altro quella dell’imperatore Giustiniano in veste di legislatore, con il collo d’ermellino e attributi regali: corona, spada e globo. Questa immagine rimanda direttamente al testo legislativo. Un’altra scena interessante è quella interna alla D di Dictum est che si trova all’inizio del terzo libro (f. 156r), in cui un moribondo giace in un letto, affiancato da familiari. Qui l’artista ha provato ad adattare i personaggi alle dimensioni della lettera e alle prime parole del testo: De testamentaria successione. Il resto dell’unità presenta una serie di iniziali con decorazione fitomorfa composta da palmette, sempre in una gamma cromatica che va dal rosso scuro, al blu e al grigio, con alcune pennellate di giallo chiaro. Non rientra in questa tipologia un’iniziale a decorazione zoomorfa che non trova corrispondenza con nessun inizio di libro: è di piccole dimensioni (mm 10×10) e presenta una testina di toro di profilo, forse aggiunta dal miniatore all’ultimo momento. Le iniziali ornate sono collocate ai ff. 1r, 1v, 8v, 27r, 46v, 77v, 94r, 115v, 129r, 141r, 149r, 151v, 156v, 158r, 159v, 164v. f. 1r:

f. 1v:

iniziale istoriata C di Cum post inventionem (mm 28×25), in apertura dell’opera Summa Codicis. Azzone, in abito blu, sfoglia un libro poggiato su un leggio a colonna, raffigurato all’interno di una doppia arcata architettonica; lungo il margine interno si sviluppa una decorazione a filigrana in rosso e blu, composta da filetti e motivi floreali. Sia il campo che il fondo dell’iniziale sono in un blu scuro, mentre il corpo della lettera è in marrone. iniziale figurata I di Imperator Iustinianus, all’incipit del libro I (mm 140×15). L’iniziale è divisa in due parti: sopra, l’imperatore Giustiniano con corona a tre lobuli, spada e globo, indossa la tunica con collo d’er-

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f. 8v:

f. 27r:

f. 46v:

f. 77v:

f. 94r:

f. 115v:

f. 129r:

f. 141r:

f. 149r:

f. 149r:

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mellino tipico dei giuristi; sotto, prolungando il corpo della I, la figura fantastica di un drago riempie l’iniziale. iniziale istoriata D di Dictum est supra, all’incipit del libro II (mm 20×25); uomo barbuto con uno scritto. La lettera, al cui interno si trova la figura, ha il corpo in marrone scuro e si staglia su un fondo blu con filigrane in biacca. iniziale fitomorfa E d’Explicitis praeparatoriis, all’incipit del libro III (mm 20×23). Il corpo della lettera in rosso-marrone scuro su fondo blu, con filamenti in bianco, presenta una palmetta centrale nel campo dell’iniziale, in tonalità ocra chiara. iniziale istoriata P di Pertractatis in rem actionibus, all’incipit del libro IV (mm 72×23); uomo che indossa vesti blu e gialle e con uno scritto tra le mani. Corpo della lettera in rosso scuro, campo dell’iniziale in giallo ocra, fondo blu scuro con filamenti bianchi. iniziale istoriata E di Expedivimus in superiore libro, all’incipit del libro V (mm 25×22); uomo con le braccia protese in avanti, vestito di rosso. Corpo della lettera in blu, su campo grigio e fondo giallo ocra, con decorazioni in bianco. iniziale istoriata Q di Quia in superiori libro, all’incipit del libro VI (mm 35×32); due uomini che presentano tratti somatici simili – entrambi con i capelli biondi, il primo ha una veste color ocra e il secondo rossa – discutono animatamente. Il corpo dell’iniziale si allunga in una piccola antenna vegetale, che precede le tipiche forme bolognesi, su campo grigio, con fondo ocra e corpo blu, con filamenti bianchi. iniziale istoriata E di Explicitis et summatim, all’incipit del libro VII (mm 25×25); uomo con le braccia protese in avanti, vestito in blu con un mantello ocra. Il corpo della lettera in rosso scuro si staglia sul fondo blu, mentre il campo dell’iniziale è in grigio. iniziale figurata I di In libris superioribus, all’incipit del libro VIII (mm 75×13); uomo con le braccia protese che rompono il bordo dell’iniziale. Indossa una veste color ocra e ha i capelli biondi. Sotto di lui una figura grottesca con testa d’animale e corpo stilizzato che diventa un prolungamento dell’iniziale. Fondo blu con filamenti bianchi. iniziale fitomorfa S di Supra de civilibus, all’incipit del libro IX (mm 22×24), decorazione vegetale. La S in marrone scuro si staglia su un fondo blu, l’interno della lettera presenta mezze palmette in giallo chiaro, rosso e blu. iniziale istoriata Q di Quasi modo geniti, all’incipit dell’opera Summa institutionum (mm 25×25); l’autore, Azzone, in vesti religiose, è rappresentato in piedi, con un libro. Fondo blu, lettera in marrone scuro, tunica color ocra. iniziale istoriata H di Huius prooemii, all’incipit del libro I (mm 30×25); l’imperatore con corona, spada e libro si staglia sul campo dell’iniziale di colore grigio, il corpo della lettera è in blu e il fondo in giallo scuro.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 151v: iniziale antropozoomorfa I di Ipse imperator facit, all’incipit del libro II (mm 55×12); figura per metà uomo e per metà animale, con scudo e spada o bastone. Colori: giallo chiaro, blu e arancione, tutto su un fondo blu scuro; l’iniziale termina in un prolungamento vegetale. f. 156v: iniziale istoriata D di Dictum est supra, all’incipit del libro III (mm 25×30); uomo moribondo che giace a letto, con accanto due personaggi che dovevano essere familiari o amici. L’immagine è un chiaro riferimento alle prime parole di questo libro. f. 158r: iniziale zoomorfa E di Explicuimus ius illud, all’incipit del De obligationibus (Inst. 3.13) (mm 10×10); iniziale molto più piccola delle altre. Testa di toro di profilo che occupa interamente l’interno della lettera, su fondo dorato. f. 159v: iniziale istoriata H di Haec quidem, all’incipit del libro IV (mm 25×20); uomo con libro. Il corpo della lettera in marrone scuro si staglia su di un fondo blu con decorazioni a filamenti bianchi, il campo dell’iniziale è in grigio. f. 164v: iniziale istoriata I di In nomine, all’incipit dell’opera Summulae digestorum (mm 105×13), con il ritratto dell’autore Azzone. La figura è in piedi, vestita di rosso e ha in mano un libro. Si staglia su un fondo blu. Al di sotto è rappresentato un ibrido che termina in una coda vegetale, su di un fondo color ocra. L’esame delle miniature permette di attribuire questo codice (sul quale si cfr. Magrini, Appendice a CONTE, I diversi volti, 378-384, che offre una descrizione molto approfondita di questo esemplare, soprattutto dal punto di vista giuridico, cui si fa qui riferimento) alla produzione libraria dell’Italia centrosettentrionale della metà del sec. XIII, alla maniera che Gibbs ama definire come proto-bolognese style (GIBBS, The Development, 186), precedente la comparsa del più conosciuto primo stile della miniatura bolognese (CONTI, La miniatura bolognese, 20). Questo stile è ancora caratterizzato dall’esistenza di un forte legame con le radici romaniche e con i modelli del Nord Europa, la cui influenza è chiaramente riscontrabile nella mano cui si attribuisce la maggioranza delle iniziali del codice: figure minute delineate in nero, con predominio dei colori scuri, ma anche con frequenti filettature in bianco – che a tratti ricordano la cultura umbra –, e in posture ancora rigide. Vi sono però anche due scene, forse attribuibili a un secondo artista o collaboratore, che sono più prossime al primo stile, la cui diffusione era ormai imminente: la figura dell’imperatore Giustiniano al f. 1v (lo stesso imperatore appare rappresentato al f. 149r con tratti completamente diversi) è in linea con la tradizione dei manoscritti giuridici in cui l’imperatore appare in veste di magister a inizio dei libri, accompagnato dai simboli del potere (si cfr. il Digestum vetus conservato a Torino, Biblioteca nazionale Universitaria, ms. E. I. 16, f. 255r; Duecento, 229-231 nr. 63, fig. 63a, 229) e, occasionalmente, con un drago o una figura fantastica. L’altra scena, che presenta una figura antropomorfa con scudo e bastone, si tro-

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va all’inizio del secondo libro. Si caratterizza per un certo gusto del grottesco, che si troverà più tardi nella tradizione bolognese. I colori sono ocra, rossi, bruni e grigi con filettature in bianco di biacca. L’unità IV presenta un’unica iniziale decorata, in apertura d’opera. Il resto del codice è ornato da titoli rubricati in rosso, pie’ di mosca sempre in rosso e iniziali filigranate elaborate, che formano dei circoli sopra e sotto l’iniziale e al suo interno, dipinte in colori opposti a quelli della lettera. f. 227r: iniziale istoriata L di Liber iste, all’incipit della Summa authenticorum (mm 20×11); profilo di giurista riconoscibile per il berretto e il collo d’ermellino, con il corpo proteso in avanti e le mani alzate, come a sostenere un’interessante disputa giuridica o a impartire una lezione. È caratteristico il volto ovale con un punto di colore rosa sulla guancia. La lettera è sorretta dalla figura di un telamone nudo, da cui parte un lungo fregio vegetale. Di scuola bolognese, databile al 1290-1320/1330. La figura del telamone presenta delle ombreggiature che ne modellano il corpo e il fregio i motivi vegetali tipici della tradizione bolognese. Buono stato di conservazione, a parte qualche macchia di umidità sui margini inferiori dei primi fogli. Legatura, Rossi A, in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro, rest. nel 1966. Sul dorso, in alto, si legge AZONIS / SUMMA IUR(IS) CIVIL(IS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII; EX BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. I due nomi, Petrus de Carsis e Ludovicus de Carsis, vergati rispettivamente ai ff. 175v e 238v, e l’ex libris Hic liber est mei Ludovici de Carsis (f. 226v) confermano l’appartenenza, nella prima metà del sec. XV, ai due membri della famiglia de Carsis. Alla fine del secolo il manoscritto è citato con il nr. 278 nell’inventario cartaceo della biblioteca Capranica, stilato nel 1480 (ms. Vat. lat. 8184, f. 30v) e in quello del 1486 (ms. Vat. lat. 8184, f. 64r), con il nr. 308. Passato nella biblioteca del Collegio Capranica, fu in seguito acquisito da Giovanni Francesco de Rossi. (Bibl. Rossianae, VI, 162r-v) TIETZE, Die illuminierten, 59-60 nr. 89; CONTE, Federico I Barbarossa, 259; CONTE, Tres libri Codicis, 118 nr. 13; NARDI, Origini, 54; CONTE, Servi medievali, 284; CONTE, Coloni, 611; CERESA, Bibliografia 1998, 382; MAGRINI, Appendice, 378-384; CERESA, Bibliografia 2005, 480.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 719 (olim X, 99) Ceremonialis summi pontificis (Ordo XIV di Mabillon), con annotazioni di Pedro González de Burgos (Petrus Gundisalvi Burgensis) Europa del Nord? Fiandre?, sec. XV4

Ross. 719, f. 3r

Membr. (pergamena di alta qualità); ff. IX (I, III-VII, cart. di restauro, II in cartoncino azzurro, VIII-IX membranacei), 96, VII’ (I’V’, VII’ cart. di restauro, VI’ in cartoncino azzurro); numerazione a matita; mm 344×237 (f. 2r), a una colonna di 27 linee, rigatura e rettrici tracciate a secco, specchio di scrittura (mm 230×148). Fascicolazione regolare a quaterni, richiamo orizzontale centrale. Scrittura umanistica a inchiostro bruno e rosso, sporadiche annotazioni marginali, alcune in greco, con probabile riferimento ad alcune frasi o parole sottolineate; rubriche in rosso; f. 96r-v bianco. Sono ancora visibili i fori di guida in alcuni fogli, anche se la maggior parte è andata perduta con la rifilatura. Nota infine al f. 40v: vide f. 49ss che corrisponde a un salto nel testo.

Manoscritto complesso che presenta un ricco apparato decorativo costituito da: 3 pagine ornate (ff. 1r, 2v, 7r), 21 iniziali istoriate (mm 40/25×20/25, in media 4 lin.) e 204 iniziali ornate (mm 20×20, in media 3 lin.). Una ricca bordura vegetale con foglie di forma allungata e in movimento che si arricciano al termine, di colore rosa, verde e azzurro filettati, illustra i primi fogli del codice e, al f. 7r, appare arricchita da fiori e frutti e con le foglie che appaiono meno morbide, più spinose. Numerose piccole figure popolano i fregi e si nascondono tra le foglie: putti, angioletti, cavalieri e altri personaggi, tutti in grisaille in tonalità che vanno dal blu al grigio. Le iniziali istoriate, abbellite da foglie avviluppate entro le quali si affacciano i personaggi, sono occupate generalmente da busti o mezzi busti di ecclesiastici e laici in grisaille su fondo in lamina d’oro. In uno stile diverso appare la raffigurazione all’interno dell’iniziale istoriata C (f. 82r), dove il pontefice, accompagnato da alti dignitari ecclesiastici, sembra accogliere l’imperatore per la sua incoronazione. Molto simile, per stile e uso dei colori, è l’immagine raffigurata nell’iniziale E (f. 82v) di un re o imperatore in armatura, con gli attributi del potere temporale: corona, spada e globo. Le iniziali ornate appartengono a tipologie fra loro differenti, probabilmente perché si tratta di un lavoro realizzato a più mani. È possibile suddividerle in quattro grandi gruppi o classi tipologiche, anche se ciascuna di esse presenta al proprio interno ulteriori varianti:

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ROSS. 719

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a) Il gruppo più numeroso è costituito da iniziali ornate con motivi fitomorfi, spesso terminanti in filamenti leggeri cosparsi di sferette color rosso e oro. In alcuni casi, l’occhio dell’iniziale è in lamina d’oro o decorato con spirali a motivi vegetali: ff. 34v, 35r-v, 36r-v, 40r-v, 42v, 46r, 47v, 49r-v, 50v, 51v, 52r, 53v, 54r-v, 56r-v, 57r, 59r-v, 60v, 62v, 63r, 64r-v, 65r-v, 66r-v, 67r-v, 68r-v, 69r-v, 70r-v, 71r-v, 72r-v, 81r, 84r-v, 85v, 86r, 88v. b) Il corpo dell’iniziale è in rosso o in blu, con ornamenti in biacca entro un riquadro in lamina d’oro, contornato da filigrane di colore rosso: ff. 11v, 13r, 14r, 19r, 24r, 34r, 35v, 38r, 42r, 44v, 51v, 55v, 83r-v, 86v. c) Iniziali campite a incavi con il corpo in lamina d’oro, su campo esterno e interno di colore rosso, filigranato a biacca: ff. 75r, 87r, 90r-v, 91r-v, 92r-v, 93r, 94r-v, 95r. d) Iniziali ornate a bianchi girari ff. 89r, 94r. Il manoscritto è un esemplare di pregio, per la cui decorazione è stato utilizzato oro in abbondanza; la tecnica della grisaille è inoltre usata sia per il corpo di molte iniziali, sia per le figure di putti, cavalieri o angeli che ornano le pagine. A volte sono integralmente a grisaille, in blu (f. 6v) o in grigio, altre volte si combinano con altri colori, come nel caso degli angeli con le ali di colore rosso o blu. f. 1r: fregio vegetale perimetrale costituito da fiori di colore blu, verde e rosa, in tonalità sia chiara che scura, arricchito da sferette d’oro che formano triangoli decorati da motivi filigranati. Iniziale figurata Q di Qualiter proceditur, in apertura dell’opera. Il corpo della lettera è di colore rosa, con decorazioni a biacca su fondo in lamina d’oro; all’interno la figura a mezzo busto di un vescovo con mitra e casula. f. 2v: fregio vegetale con fiori di colore blu, rosa e verdi nei margini superiore, inferiore e interno. Sempre al f. 2v, iniziale figurata I di In nomine domini. Il corpo della lettera è di colore verde su un fondo in lamina d’oro; all’interno, una testina in grisaille. f. 3r: iniziale istoriata P di Primo predicti. Il corpo della lettera è in grisaille su fondo in lamina d’oro, nell’occhio dell’iniziale un santo a mezzo busto con l’aureola e un libro nella mano. Due putti giocherellano sopra l’iniziale, uno porta un vaso di fiori e l’altro tiene un pavone legato a una catena. Sotto, diversi putti, raffigurati vicino ad alcuni animali, scagliano frecce con l’arco. Iniziale istoriata E di Ego P. cardinalis. In mezzo ai tralci che avvolgono l’iniziale ci sono due guerrieri, il primo con una banderuola e un piccone, il secondo armato con un mazzafrusto. Nelle vicinanze un giovane cavaliere sfoglia un libro, mentre un putto prova, con una foglia, a distrarlo. f. 3v: iniziale istoriata I di In nomine domini. Il corpo della lettera è di colore blu, con sopra delle foglie di color rosso scuro, mentre i margini laterali sono decorati in verde e blu su di un fondo in lamina d’oro. Sopra la lettera, un’aquila incoronata con un filatterio che esce dal becco. Un leone in grisaille e sfumature in giallo, anch’esso con filatterio, e al di sotto un pavone di colore blu pure con filatterio, legato alla lettera da una catena.

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f. 4r: iniziale istoriata N di Non solent. Una figura in grisaille con cappello si riposa su alcune foglie. Queste, aprendosi, accolgono nella parte sottostante un personaggio con corona, scettro e mantello. f. 5r: iniziale istoriata R di Romana ecclesia, in grisaille, circondata da bottoncini di colore blu e rosso. Nell’occhio della lettera una figura a mezzo busto, di profilo, con un libro fra le mani e un mantello sulle spalle. f. 6r: iniziale istoriata P di Procedit subdiaconus, ornata da tralci vegetali ricchi di spine e putti. Nell’occhio della lettera, il busto di un santo con aureola. Iniziale istoriata P di Procedens autem, anch’essa ornata da elementi vegetali. L’occhio della lettera accoglie una raffigurazione dello Spirito Santo sotto forma di colomba e all’esterno un putto che gioca con un angelo. f. 7r: iniziale istoriata E di Et ipse. Iniziale in grisaille su fondo dorato con due busti di santi, uno sopra e uno sotto, anch’essi in grisaille. Bordura vegetale con foglie d’acanto che ruotano su loro stesse facendo vedere sui due lati cardi e qualche fiore, raffigurati in due tonalità diverse dello stesso colore. Sotto l’iniziale, una figura con viso allungato e cappello; un angioletto con dei fiori in mano esce da una foglia al margine del bordo. f. 7v: iniziale ornata P di Post missam, con putti, due sopra l’iniziale, uno sotto e un altro sul lato. Iniziale istoriata P di Pie omnibus, corpo della lettera di colore giallo che assomiglia al tronco di un albero, da un lato si stacca un ramo con delle foglie di colore rosa. Sopra, una testina coronata e nell’occhio dell’iniziale, un busto di un personaggio con un libro. Sotto, scena di lotta fra due figure. f. 9r: iniziale istoriata D di Deinde ducitur, corpo in lamina d’oro arricchito da sferette d’oro che formano triangoli decorati da motivi filigranati. All’interno dell’iniziale, un personaggio sostiene con entrambe le mani un foglio scritto. f. 10r: iniziale istoriata P di Primo procedit. Nell’occhio della lettera il busto di un uomo barbuto e sopra una conchiglia in lamina d’oro. f. 10v: iniziale istoriata D di Deus qui adesse. Iniziale dipinta in blu con il busto di un personaggio, che indossa una tonaca di colore rosso scuro ornata in oro, con una mano appoggiata sul petto. Iniziale istoriata D di Deus qui apostolum. Il corpo della lettera è di colore rosa, all’interno il busto di san Pietro (?), con aureola e un libro, con casula di colore blu e fascia dorata. f. 15v: iniziale istoriata Q di Quibus finitis, raffigura un personaggio con una veste bianca decorata in blu, con in mano un documento. f. 82r: iniziale istoriata C di Cum imperator. Il pontefice, con il triregno, è accompagnato da diversi personaggi, tra cui alcuni vescovi e altri prelati. Benedice con la mano destra e accanto ha un frate che sostiene una croce. Di fronte a loro si trova un gruppo di laici, uno agita uno stendardo con la mano e un altro si prostra a terra, dinanzi al papa. Le figure sono

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ROSS. 719

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dipinte con colori piatti, verde, rosso e giallo ocra, che risaltano sul fondo bianco della pergamena. f. 82v: iniziale istoriata E di Ego enim. Un sovrano in armatura, in piedi, con i simboli del potere, la corona, la spada e il globo. I colori sono blu, rosa, giallo e verde. Il manoscritto Ross. 719 è uno degli esemplari rimasti, insieme ai mss. Urb. lat. 469 e Barb. lat. 2561, di una versione del Ceremoniale Romanum di Iacopo Stefaneschi (Ordo XIV di Mabillon), oggi perduto, utilizzato e annotato da Pedro González de Burgos (Petrus Gundisalvi Burgensis), chierico spagnolo che fu nominato cerimoniere da Eugenio IV nel 1445, rimasto in carica fino al pontificato di Paolo II (1464-1471) (DYKMANS, Le cérémonial papal III, 87 nr. 30). Le annotazioni di Petrus Burgensis, più numerose nel periodo di papa Niccolò V, hanno fatto sì che nel XVI secolo questo testo venisse erroneamente attribuito allo stesso cerimoniere papale. Manoscritto di notevole pregio e di elevato valore artistico; è probabile che il committente sia stato un alto prelato o un umanista facoltoso. La decorazione è attribuibile a varie mani e probabilmente fu eseguita in momenti diversi. La prima parte si caratterizza per una complessa definizione stilistica, poiché i colori e i motivi decorativi sembrano rinviare all’Italia settentrionale mentre le fisionomie dei volti fanno pensare all’area nord-europea. Per il Tietze, il codice sarebbe stato scritto in Italia attorno al 1450 e la prima parte sarebbe opera di un miniatore della Francia settentrionale, il cui stile nelle parti figurative rimanderebbe allo stile di Jacquemart de Hesdin (TIETZE, Die illuminierten, 117 nr. 243). A mio avviso invece, in accordo anche con quanto sostiene il Dykmans (DYKMANS, Le cérémonial papal III, 31), la datazione del manoscritto sarebbe da posticipare di almeno un quarto di secolo sulla base delle caratteristiche del testo. Per quanto riguarda l’apparato decorativo, è stato probabilmente aggiunto in un secondo momento e possiamo datarlo verso la fine del secolo, tra il 1480 e il 1500. I fregi fogliacei perimetrali entro cui si affacciano i personaggi sono una caratteristica costante della miniatura veronese degli anni trenta e quaranta del Quattrocento (CASTIGLIONI, Tre salteri, 213-228), ma tale modello in parte differisce da quello attestato nel nostro codice, in cui l’uso della tecnica della grisaille, i visi allungati dei personaggi e alcuni fiori particolari come i cardi sono un chiaro richiamo di ascendenza nordica. Nell’ambito della produzione olandese troviamo alcuni esempi, come a Delft, che riflettono il gusto per gli ornati vegetali nelle bordure, entro cui si affacciano animali e figure che presentano delle affinità con l’esemplare rossiano, come il Libro d’ore, attribuito al Maestro di Wodhull-Haberton Hours (ca. 1490-1495) conservato a Utrecht, Rijksmuseum Het Catharijneconvent, ms. ABM 20 (The Golden Age, 186 Scheda nr. 92, 255, Pl. 92, fig. 145). Un altro motivo del codice rossiano che ricorda la tradizione olandese è quello delle iniziali a tralcio nodoso, che imitano il tronco di un albero (f. 7v) ricorrente in alcuni manoscritti fiamminghi e olandesi di fine Quattrocento,

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per es. in un Libro d’ore conservato a Parma, Biblioteca Palatina, ms. Pal. 137 (“Cum picturis ystoriatum”, Scheda nr. 40, 216-219) o in un manoscritto della scuola ganto-bruggese conservato a Padova, Biblioteca capitolare, A 72, ff. 29v30r (Codici miniati, 10). La decorazione delle iniziali istoriate C (f. 82r) ed E (f. 82v), nei fascicoli finali del codice, sembrano invece opera di un altro miniaturista, di matrice germanica. Le caratteristiche stilistiche rimandano alla produzione alemanna di metà XV secolo, con disegni realizzati a inchiostro nero e l’uso di colori piatti: rosso, verde e ocra, stesi direttamente sulla pergamena. Le iniziali ornate a bianchi girari (ff. 89r, 94r) riprendono un motivo ornamentale nato in ambiente fiorentino agli inizi del XV secolo, che avrà però ampia diffusione europea in epoca posteriore. Il codice è riferibile a una committenza legata al mondo curiale, che rimanda a modelli alti sottolineati dall’uso di una grafia umanistica. Il repertorio decorativo, almeno nella prima parte del manoscritto, propone di assegnare l’esemplare a un maestro influenzato da esempi nordici, sia che il manoscritto sia stato miniato durante la permanenza del prelato in Curia (e in tal caso si aprirebbero nuovi scenari per quanto riguarda la produzione miniata a Roma nel XV secolo), sia che questi abbia accompagnato il suo committente a Roma, e poi in un secondo momento provveduto alla decorazione. Tanto la scrittura quanto le iniziali a bianchi girari, entrambi elementi che porterebbero a collegare la decorazione a modelli italiani, non sono elementi in sé determinanti, data l’ampia diffusione nell’Europa quattrocentesca. Il codice si presenta in buono stato di conservazione, a eccezione di qualche macchia di umidità nel margine laterale destro (f. 67r) e una lacerazione, ma senza perdita della pergamena, nel f. 50. La legatura Rossi A, in buone condizioni – il dorso sembra quello originale recuperato nel corso del restauro del 1966 – è in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro. In alto si legge P(ETRI) BURGENSI RITUALE / DE / ELEGENDO / SUM(MO) PONT(IFICI); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VI, 166r-v) TIETZE, Die illuminierten, 117 nr. 243; TAMBURINI, Le cérémonial, 20; SALMON, Les manuscrits liturgiques III, 119 nr. 400; SCHIMMELPFENNIG, Die Zeremonienbücher, 407; SCHIMMELPFENNIG, Die Krönung, 200-201; DYKMANS, Le cérémonial papal III, 31, 57 nr. 32, 87-89, 147; BUONOCORE, Bibliografia, 665.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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ROSS. 720

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Ross. 720 (olim X, 100; gr. 6) S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, In Evangelium Iohannis homiliae Italia, sec. XVI, metà / seconda metà Cart. (biancastra, italiana con diverse filigrane, fra le altre: àncora, cfr. f. 28, simile a Briquet 518, anno 1545, ma con contromarca non coincidente; bilancia, cfr. f. 228, non lontana dal tipo Piccard, V, VI.93, anno 1523; frecce, cfr. f. 36, non lontana da Briquet 6296, anni 1526-1528); ff. V (I in cartoncino color carta da zucchero, solidale alla controguardia anteriore; II-V in carta del XIX secolo), 228, IV’ (I’-III’ in carta del XIX secolo, come sopra; V’ in cartoncino carta da zucchero, solidale alla controguardia posteriore). Foliazione in numeri arabi moderna (sec. XVI o XVII) posta a inchiostro sul margine superiore esterno, in parte rifilata, e perciò ampiamente inteRoss. 720, f. 64v grata a matita da mano recente; fascicoli (quinioni) ordinati grazie a reclamantes orizzontali di mano del copista posti nell’angolo inferiore interno dell’ultimo verso. Il codice misura mm 336×231 (f. 127). Testo vergato a inchiostro bruno su un’unica colonna (mm 223×129) per 30 linee, allineate grazie alle vergelle. Scrittura greca di mano individuale, ricondotta a Nicola (sec. XVI, seconda metà), noto per aver operato nell’atelier di Camillo e Bartolomeo Zanetti tra Padova, Venezia e Bologna (cfr. GAMILLSCHEG, Nikolaos Pachys). Le sue trascrizioni si svolgono di frequente in cooperazione; tra le altre, si ricordino quelle con Valeriano Albini, Costantino Mesobote (cfr. Ross. 1023) e Giovanni Mauromate (sull’atelier degli Zanetti cfr. CATALDI PALAU, Collection de manuscrits, e Copistes de Guillaume Pellicier).

Ornamentazione assai scarna, di tipo calligrafico, funzionale alla presentazione dei titoli; questi ultimi sono vergati, di norma, con un inchiostro rosso carminio dalla tonalità cupa, dalla diluizione variabile, con ricorso a una stentata maiuscola di tipo epigrafico. Le capitali maggiori, in inizio di ciascuna omelia, sono in ekthesis (alte in media mm 40, inclusi i prolungamenti fitomorfi): si tratta di iniziali calligrafiche a tratto pieno, nello stesso carminio dei titoli, arricchite sopra, sotto ed entro la lettera da semplici motivi vegetali, in particolare segmenti di tralcio con foglioline cuoriformi, o piccoli ramages con boules terminali; talvolta di forma appena più elaborata, cfr. infra. Rare le iniziali secondarie, più piccole, sempre eseguite in carminio, per lo più calligrafiche senza aggiunta di elementi decorativi ulteriori. Sono possibili disposizioni ornamentali del testo in fine omelia, a decrescere (ad es. ff. 184v, 209r), o a clessidra (ff. 79r, 227r). Capitali maggiori: in carminio, per lo più iniziali calligrafiche arricchite con ramages, come descritto sopra, o con altri minimi elementi di decoro semplice,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

tranne quando diversamente specificato fra parentesi: ff. 1r, 5r, 12r, 19v (tau a doppio tratto vuoto, con asta montata su un podio a tre gradini non campiti; sull’asta una traversa terminante alle due estremità con due rozze semipalmette volte in basso, e coronata in alto centralmente da una palmetta a profilo seghettato a cinque punte), 25v (iniziale calligrafica con ramages, ma, come il titolo corrispondente, d’uno spento rosso mattone diluito), 31v, 33v, 36r (omicron calligrafico senza alcun decoro), 39v, 43v, 47v, 50v (tau calligrafico con ramage inferiore, montato su largo podio a quattro gradini non campiti), 55r, 59v, 64v (tau calligrafico con ramages inferiore e superiore, montato su largo podio a cinque gradini non campiti), 68v, 73v, 79v, 85v, 88v, 92r, 97r, 101v, 106r, 110v, 114v, 118v, 122r, 126v, 130r, 130v, 134r, 141r (tau a doppio tratto vuoto, con traversa come a f. 19v; l’asta è definita lateralmente da un doppio filetto per il segmento dei due terzi superiori e nella piccola base, leggermente svasata, mentre il terzo inferiore è come avvolto in una cartouche che in alto prende forma di palmetta rovesciata; sotto la lettera, il consueto ramage), 144r, 145v, 149v, 152v, 154r, 158r, 161v, 164v, 171v, 179v, 185r, 188v, 194r, 196v, 199v, 205r, 209v, 215v, 218v (tau calligrafico montato su largo podio a cinque gradini non campiti), 223r. Lo stato di conservazione del codice è molto buono. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge in oro: S(ANCTI) IOANNIS / CHRYSOSTOMI / HOMILIAE / IN EVANGELIUM / IOANNIS / GRAECE; tale impressione parrebbe rifatta su una impressione precedente dal testo non coincidente (pentimento?). Ancora sul dorso, in basso, in oro: COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XVI. I tagli erano incisi, e forse tinti d’un colore ormai indefinibile (rosso?). Sul margine inferiore di f. 1r e al centro di f. 227v si trova il timbro ovale impresso con inchiostro nero (sec. XIX-XX), con legenda Bibliotheca Rossiana. Al centro del margine inferiore di f. 1r è stata accuratamente erasa, forse con intenzioni fraudolente, un’indicazione di provenienza (un timbro?), con assottigliamento del supporto in una piccola zona circolare. Sempre a f. 1r sul margine superiore, in posizione centrale, è stato annotato (sec. XVI o XVII) il nome dell’autore e il titolo dell’opera: S(ancti) Io(annis) X(risosto)mi In Ioan(nem) (per mano di Filippo Vitali?, m. 1771). All’angolo superiore esterno della controguardia anteriore, incollato accanto all’ex libris con lo stemma di Maria Luisa Carlotta di Borbone, è un talloncino con l’attuale segnatura vaticana; il margine inferiore esterno riporta l’antica segnatura a matita (X, 100). (Bibl. Rossianae, VI, 168r). VOGEL, GARDTHAUSEN, Schreiber, 355; GOLLOB, Griechische Literatur, 11-12 nr. 6; WITTEK, Album, 57; Repertorium der griechischen Kopisten, 2.A, 161 nr. 435, 3.A, 185-186 nr. 511; CATALDI PALAU, Copistes du Guillaume Pellicier, 214, 224, 229; GAMILLSCHEG, Nikolaos Pachys, 288.

ALESSIA A. ALETTA

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ROSS. 721

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Ross. 721 (olim X, 101; gr. 13) Acta Concilii Chalcedonensis Roma, 1525 febbraio 17 (f. 208r) colophon: micah~ loj damaskhnÕj π krh` j pen…v tw~Ä polukef£lwÄ qhr…wÄ suzw~ n, kaˆ taÚthn th`n tw~ n praktikw~ n th~ j ¡g…aj kaˆ o„koumenikh~ j tet£rthj ™n calkhdÒni sunaqroisqe…shj sunÒdou, tw~Ä eÙlabest£twÄ kaˆ a„desimot£twÄ kur…wÄ, kur…wÄ „w£nnV matqa…wÄ gib≤rtwÄ tw~Ä th~ j berÒnhj ™piskÒpwÄ kaˆ datar…wÄ tou~ ¢postolikou~ qrÒnou. ™n tV~ paneuf»mwÄ ¢rca…a r`èmV, ™x≤graya: ™n œtei ¢pÕ th~ j tou~ s(wth~ )r(o)j Ωmw~ n „(hso)u~ c(risto)u~ tou~ q(eo)u~ sarkèsewj: afkew. feubrouar…ou / izh. Rubricato su otto linee di scrittura. Cart.; ff. VI (di restauro; il I è in cartoncino Ross. 721, f. 79r bruno come la controguardia), 208, VI’ (di restauro; f. VI’ è in cartoncino bruno come la controguardia); foliazione manuale con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo superiore esterno del recto di ciascun foglio. Il codice misura mm 333×233; la scrittura è una minuscola corsiva di piccolo formato vergata a inchiostro bruno, non troppo regolare e di aspetto omogeneo, di mano del cretese Micah\l DamaskhnÒj che sottoscrive nel colophon a f. 208r (Repertorium der griechischen Kopisten, III/A3, 457). A f. 149r si nota un cambio di mano, coeva; lo specchio scrittorio (mm 254×148 ca.) è costituito da una colonna di scrittura di 34 linee. Fascicolazione di 26 quaternioni con segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico (da a/ a kj/), poste nel margine inferiore esterno del recto del primo foglio di ciascun quaternione e ripetute, tra puntini di separazione, per ciascun foglio della prima metà di ogni fascicolo aggiungendo, a registro, le lettere a, b, g, d a eccezione dei ff. 42, 74, 100, 148 e 188. Richiami di fascicolo posti verticalmente nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo.

L’organizzazione dell’ornamentazione è costituita da 1 fascia calligrafica, 10×47 mm; iniziali rubricate (mm 27×15 in media) e crocette riempilinea. f. 79r: fascia calligrafica, pari in larghezza a un terzo circa dell’ampiezza dello specchio, disposta centralmente, realizzata ad inchiostro rosso carminio scuro costituita dalla torsione di un nastro continuo a due capi con due fogliette cuoriformi alle estremità e delle piccole punte che sporgono all’incrocio delle volute. Le iniziali di capitolo rubricate a inchiostro rosso carminio scuro, nella prima parte del codice sono arricchite da elementi decorativi molto semplici, costituite da foglie cuoriformi dal corto gambo e terminazioni arricciate mentre, a partire dal-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

l’iniziale U di f. 127r, i sottili corpi sono ornati da esili germogli che diventano ampi cespi di volute vegetali stilizzate terminanti in piccoli globi e foglie cuoriformi. Iscrizioni: f. 1r: Acta Concilii Chalcedonensis, apposta centralmente nel margine superiore, è scritta con inchiostro bruno scuro in una minuscola regolare assegnata a padre Filippo Vitali (m. 1771) (MERCATI, Note per la storia, 38). f. 1r: titolo b…bloj prèth tîn praktikîn th~ j ™n calkhdÒni (tet£rt)hj sunÒdou:- rubricato su due linee, posto centralmente all’inizio del testo. Lo stato di conservazione del codice è piuttosto buono, anche se lungo i tagli si notano delle piccole macchie scure e tracce di spotting provocate dall’umidità. Il rivestimento della legatura è leggermente logoro sui piatti: quello anteriore presenta un’abrasione lungo l’estremità destra in prossimità del dorso, mentre quello posteriore mostra delle leggere lesioni nei pressi degli angoli. La legatura, in marocchino bruno rossiccio, è del tipo Rossi A. Il dorso è ripartito in cinque scomparti dai nervi e bordato con un filetto dorato: in quello più in alto è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee ACTA / CONCILII / CHALCEDONENSIS; nei tre centrali è stato impresso un motivo a volute vegetali tra due fregi a greca; in quello inferiore è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su cinque linee COD(EX) CHART(ACEUS) / DESCRIPTUS IUSSU / IOAN(NIS) MATTH(AEI) GIBERTI / EPISC(OPI) VERONEN(SIS) / AN(NO) AB INCARN(ATIONE) MDXXV. Capitelli in filo verde e rosso. Nel taglio di piede corre il titolo trasversale in lettere maiuscole a inchiostro bruno: H EN CALKHDONI SUNODOS. Il codice è stato scritto nel 1525 a Roma per Giovanni Mattia Giberti (m. 1543), datario di papa Clemente VII (1523-1534) e vescovo di Verona, dal copista cretese Michele Damaskenòs, che appone la propria firma nel colophon a f. 208r. Mercati lo identifica con il manoscritto VI, 182 che Piccolomini aveva rintracciato all’interno della biblioteca sforziana attraverso gli indici del Torres e dell’Allacci (MERCATI, Note, 32). Successivamente il codice divenne di proprietà del cardinale Domenico Passionei (1682-1761) e, a partire dal 1763, entrò a far parte della biblioteca Angelica. Probabilmente durante uno di questi passaggi, Mercati non chiarisce se direttamente nella biblioteca agostiniana, il manoscritto venne dotato al centro del margine inferiore di f. 1r di un bollo di forma ovale poi accuratamente raschiato. (Bibl. Rossianae, VII, 169r) VAN DE VORST, Verzeichnis, 499; GOLLOB, Die griechische Literatur, 34-39; MERCATI, Note, 31-33, 59; Repertorium der griechischen Kopisten, III/A3 nr. 457; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

MANUELA MENCHERINI

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ROSS. 723

Ross. 723 (olim X, 103) Quadragesimale de spiritualibus pugnis (ff. 1r-48v). Quadragesimale de verbis Psalmi 144 (ff. 49r-67v). Sermo de SS. Trinitate. Sermonem de uno martyre (ff. 68r69v). Quadragesimale de vitiis et virtutibus (ff. 70r-117v). Quadragesimale de luminibus (ff. 119r-178v) Ferrara, sec. XV2 (d.to 1427) (f. 48v) explicit: Explicit Quadragesimale de spiritualibus pugnis per manus et non per pedes, prima die mensis decembris in Ferraria in monasterio Sancti Francisci, anno Domini MCCCCXXVII Si Gun ponatur et te ei attribuatur et rus iungatur, qui scripsit ita vocatur / Guntherus Beyer, clericus dyocesis Missinensis (f. 117v) explicit: Explicit sermones completi per me Conradum anno domini 1427

Ross. 723, f. 1r

Cart.; ff. VI (il primo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 179, VI’ (l’ultimo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione doppia: la più recente, meccanica, corregge con cifre arabiche poste in basso a destra la precedente, posizionata in alto a destra, eseguita a matita, che aveva saltato il f. 120. Il codice misura mm 340×233 (misure prese al f. 1). Testo vergato in corsiva da più mani con inchiostri bruni e disposto in due colonne (spazio intercolonnare mm 20) su un numero di righe che varia da 42 (f. 1r) a 64 (f. 179r), entro uno specchio di scrittura irregolare (mm 210×156, 230×185, 250×160), rigato a matita orizzontalmente e verticalmente.

L’ornamentazione de pennello del codice si limita a 1 iniziale (f. 1r) che introduce il primo dei sermoni quaresimali contenuti. Per il resto, il manoscritto presenta numerose iniziali de penna rosse e blu, in media di mm 20×20 (raramente più grandi come a f. 49r), con prolungamenti calligrafici a contrasto che però si interrompono a f. 137v, dove gli spazi a loro destinati sono rimasti bianchi, riprendendo poi a f. 149v. f. 1r: iniziale D di Dixit Iesus (mm 55×42), in rosa con filamenti di biacca su quadrante aureo intorno al quale sono quattro globi a quattro raggi; presenta al suo interno un campo blu attraversato da un motivo fitogeometrico viola rosso e verde, secondo un gusto genericamente bolognese assai diffuso in tutta l’area emiliana già nel Trecento. Il codice reca due colophones: l’uno a f. 48v, cioè alla fine del sermone sulle battaglie spirituali, che restituisce il nome del calligrafo Guntherus Beyer,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

chierico della diocesi di Meissen, non altrimenti noto, l’altro a f. 117v, cioè alla fine del sermone sui vizi e le virtù, firmato da Conradum. Entrambi riportano la stessa data, il 1427. Il primo explicit permette la localizzazione del manufatto nel convento di San Francesco a Ferrara, di cui sarebbe il primo codice noto, che, benché anonimo, viene attribuito dalla tradizione manoscritta a Roberto Holcot O.P. o ad Agostino da Urbino O.S.A. (PIANA, Lo studio, 147). Mediocre lo stato di conservazione del codice. Il margine inferiore dei primi fogli è interessato da ampie macchie di umidità; in alcuni punti l’inchiostro si è sciolto rendendo quasi illeggibile il testo (f. 116r). Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, CONRADI / SERMONES, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI / 1427. (Bibl. Rossianae, VII, 172r-v) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 205; PIANA, Lo studio, 147.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 725 (olim X, 105; gr. 14) THEODORUS BALSAMON, Sacrorum Canonum explanatio Sec. XVI, quarto decennio, o metà

Ross. 725, f. 1r

Cart. (piuttosto bianca, italiana, con filigrana di scala a quattro pioli sormontata da una stella, simile, ma non uguale, a Briquet 5922, anni 1506-1510); ff. V (I in cartoncino color carta da zucchero, solidale alla controguardia del piatto anteriore, II-V fogli cartacei del XIX sec.), 245, VIII’ (I’-III’ corrispondono alle guardie originarie; IV’-VII’ in carta del XIX sec. come sopra; VIII’ anch’esso in cartoncino color carta da zucchero, solidale alla controguardia del piatto posteriore). Foliazione moderna a matita (ff. 1-10), che riprende a f. 16 e continua, di cinque in cinque, posta nell’angolo superiore esterno di ciascun recto; segue una foliazione contemporanea apposta con numeratore meccanico nell’angolo inferiore esterno del recto; segnature di fascicolo di prima mano, al centro del margine inferiore della prima e dell’ultima

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ROSS. 723-725

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pagina di ciascun fascicolo (quaternioni regolari), con lettere alfabetiche greche con valore numerico, cui è sovrapposta la desinenza del rispettivo numero ordinale; inoltre, richiami orizzontali sul margine inferiore interno, sull’ultimo foglio verso del fascicolo.

Il codice misura mm 335×230. Testo vergato a colonna unica (mm 230×130) per 33 linee di scrittura. Scrittura greca vergata a inchiostro bruno, di un copista unico, identificato in un primo momento da Paul Canart con Arsenio (Aristobulo) Apostolio, vescovo di Monemvasia e figlio di Michele Apostolio. Tale attribuzione è stata in seguito rivista dallo stesso studioso, il quale ritiene adesso di poter ascrivere la trascrizione a un anonimo da lui appellato come «pseudoAristobulo». Il copista è ritenuto responsabile anche della copia dei mss. Ross. 976 e Vat. gr. 2169 (ff. 51r-166v), congiuntamente ai mss. Suppl. gr. 449, 451 e 452 della Bibliothèque nationale de France. L’ornamentazione, di tipo calligrafico, è funzionale alla presentazione dei titoli in rosso, così come le capitali maggiori, poste di norma in ekthesis; i titoli sono suddivisi in capitoli numerati (in rosso) con numerazione posta al di fuori del quadro scrittorio. Pyle f. 1r:

costruita su una base campita con tinta rosso mattone diluito, con disegno ricavato secondo il metodo della riserva. All’interno si snoda una cortina a intreccio con effetto di anelli circolari di catena con maglie irregolari. La profilatura è data da una cornice bianca, il cui tratto si annoda nella porzione mediana di ciascun segmento della cornice stessa; dalla cornice, inoltre, si dipartono, limitatamente al lato di testa della pyle, due semipalmette, poste una a un terzo, l’altra a due terzi dell’estensione. Gli angoli esterni della porta sono sottolineati e arricchiti da elementi triangolari, disposti diagonalmente, che prendono vita dalla medesima cornice, la quale si ravviva nel suo procedere lineare con l’inserimento di brevi ramages e minuti elementi fogliati. Sopra il lato di testa della porta, a coronamento della pyle e realizzata con analoga metodologia di nastri annodati, prende vita una sorta di edicola romboidale all’interno della quale è posta la scritta C(RISTO)S.

Testate: f. 117r: fascia a intreccio, costruita mediante l’annodarsi asimmetrico di sei capi dispiegati su fondo rosso dalla tonalità spenta, analoga per il disegno alla pyle di f. 1r, e ricavati secondo il metodo della riserva. Sopra la fascia, al centro, in campo libero, una «croce greca» dai bracci potenziati trifogliati; fra i bracci, si legge la formula IC XC NIKA, 'I(hsoà)j C(ristÕ)j n(i)k(´). f. 139r: realizzata secondo il metodo della riserva. Il disegno prevede lo svolgersi asimmetrico all’interno della cornice di un vigoroso elemento vegetale, assimilabile al girale d’acanto, seppure rivisitato in chiave stilizzata,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

racchiuso entro una cornice bianca i cui tratti esterni si annodano o, addirittura, contribuiscono alla formazione di ulteriori elementi ornamentali: sugli angoli superiori il nastro relativo alla cornice dà vita a due semipalmette, dal disegno speculare, il cui profilo nervoso si estroflette verso l’interno e inquadra una terza palmetta posta al centro del lato superiore della testata. I due angoli inferiori propongono il motivo della cosiddetta palmetta sassanide ad ‘ali’ spiegate, ripetuto anche al centro del lato inferiore. f. 150r: fascia, in rosso. Tre eleganti tralci vegetali in campo libero, arricchiti da lievi ramages, sono separati da due motivi a ‘doppia esse’. f. 32v: riempilinea, in rosso. Un riempilinea lineare inquadra sui due lati il titolo, centrato: l’estremità esterna di ciascun tratto termina con un elemento vegetale a ricciolo, ripiegato all’indietro, di discreta eleganza. f. 34v: riempilinea, in rosso. Il titolo è inquadrato fra due chiudi-riga in forma di tralcio, dal disegno analogo a quelli della fascia di f. 150r. f. 41v: il titolo è inquadrato fra brevi aste riempilinea con foglioline, e un giglietto all’estremità esterna. f. 49r: l’asta riempilinea è costruita da due nastri terminanti con una semipalmetta. f. 161r: il titolo è preceduto da una linea ornata formata da tre brevi aste, le due più esterne come il riempilinea di f. 41v. f. 178v: asta eseguita a tratto doppio, tagliata in tre parti da due larghi nodi avviluppati all’asta; le porzioni di risulta sono arricchite, al centro di ciascuna, da tre coppie di cerchietti pieni accostati uno sopra uno sotto l’asta; le estremità dell’asta si concludono con ulteriori nodi: dal sinistro fuoriesce una testa teriomorfa (di cane o di serpe cornuta?) dalle fauci aperte e con lingua allungata, dal destro una semipalmetta; ff. 2r, 20v, 77r, 81r, 91r, 156r: linee ornate dalla fattura assai semplice, riconducibile al cosiddetto «tipo studita»: il nastro ondulato si svolge accogliendo sulle anse piccoli semicerchi contrariés e termina con un nodo a foglietta triloba; in altri casi il medesimo disegno è adattato alle fasce riempi-linea atte a inquadrare il titolo (cfr. f. 38r-v). Guilloche f. 86r: in rosso con perle incastonate tra i nodi. f. 113r: guilloche nella variante ad anse alternate tonde e aguzze, sormontata centralmente nella porzione sommitale dalla scritta 'I(hsoà)j. Capitali maggiori f. 1r: P di Pe…qesqe (in rosso), morde il testo (mm 55×25). Le aste verticali, eseguite a tratto doppio e annodato nella porzione centrale (rinforzate verso l’interno della lettera da un nastro pieno accostato), convergono in alto in una traversa con andamento semicircolare, arricchita esternamente ai lati da due semipalmette. La porzione sommitale accoglie una fo-

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ROSS. 725

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glietta triloba. Dalla base dell’asta destra prende vita un sontuoso motivo vegetale a ramages che si avvolge con eleganti riccioli. f. 117r: O di `O ¢postolikÒj (rosso), posto in ekthesis (mm 10×5), alla base si svolge un ricciolo modestamente sviluppato. f. 139r: E ornata di E‡ tij, in rosso (mm 25×15), il corpo della lettera è costruito da elementi vegetali e ramages che l’avvolgono arricchendola con un ornato inconsueto rispetto a quanto adottato altrove nel manoscritto. Altre capitali maggiori si incontrano ai ff. 159v M, f. 161r H, f. 178v T. Queste ultime si distinguono rispetto a quanto appena descritto per le dimensioni ridotte (mm 25×10); l’esecuzione si deve a una mano esperta. Si riscontra un certo divario qualitativo nell’ornato a partire da f. 117r fino alla fine del libro, per il quale non si esclude l’intervento di una seconda e più esperta mano – limitatamente all’apparato ornamentale. Per quanto concerne le formule ornamentali, non si ritrovano elementi caratterizzanti rispetto alla produzione del periodo. Lo stato di conservazione del codice è buono; la carta di alcuni fogli si mostra lievemente ingiallita, in particolare lungo i margini esterni della pagina. Nel corpo centrale del libro vi sono tracce di umidità. Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge SACRORUM CANONUM / EXPLANATIO, in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. Sul taglio di piede, in inchiostro bruno, il titolo in latino, vergato in maiuscola: EXPOSITIO SACR(ORUM) CANO(NUM) GRAECE. Sul margine superiore di f. 1r, in posizione centrale, si legge un titolo latino di mano corsiva, tracciato con inchiostro bruno, posteriore alla fattura del manoscritto Expositio SS. Canonum. La mano potrebbe riconoscersi in quella del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), il quale aveva iniziato un catalogo dei codici greci del Passionei. Nello stesso foglio, sul margine inferiore interno, timbro ovale impresso con inchiostro nero (sec. XIX-XX), con legenda BIBLIOTHECA ROSSIANA; il timbro è impresso anche sul verso dell’ultimo foglio, in posizione mediana; nel margine inferiore di f. 1 lacerazione, risarcita, forse tesa a occultare un segno di appartenenza. (Bibl. Rossianae, VII, 175-176) GOLLOB, Griechische Literatur, 39-41 nr. 14; CANART, Scribes grecs, 59; CANART, Écriture de Michel, 89, 100-101, tav. XVII; CANART, Copiste expansif, 126; CANART, Démétrius Damilas, 312; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 324.

ALESSIA A. ALETTA

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 733 (olim X, 113) Taxae sedis apostolicae solvendae (ff. 77r90r, elenco dei cardinali e delle province ecclesiastiche con il suffragio; ff. 91r94r, tavola degli argomenti) Italia centrale (Roma?), sec. XV3 (d.to 1483) (f. IXv) nota: Hunc librum taxarum necessarium Gobinus Manset Gallus diocesis Laudunensis homo prudentissimus et pius comesque palatinus papae Pauli pontificis maximi secundi et cardinalis Rothomagensis magnique camerarius, barbitonsor et scrutifer, proprio aere et sue liberalitatis gratia condonavit officio anno domini M°CCCCLXXXIII° Membr. (pergamena di buona qualità, spessa ma ben lavorata); ff. IX (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VIII cart. moderni; Ross. 733, f. 2r IX membr. anepigrafo sul recto), ff. 94, VIII’ (I’-VII’ cart. moderni; VIII’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione manuale moderna, a matita, in alto a destra, che indica come 1 il foglio di guardia membranaceo (da questo momento, i numeri dei fogli verranno indicati non tenendo conto del primo foglio di guardia); richiami di fascicolo collocati sempre sul verso del foglio, nel margine inferiore appena sotto lo specchio scrittorio; assenti le indicazioni di registro; mm 305×211; scrittura minuscola umanistica di due diverse mani, entrambe a inchiostro bruno: una trascrive il testo e l’altra verga una sorta di nota al testo stesso; specchio scrittorio a piena pagina (mm 190×110) di 32 linee di scrittura; rigatura a inchiostro ocra leggerissimo, tanto che a volte risulta visibile a fatica, tracciata su recto e verso di ogni foglio, con le righe verticali che giungono a toccare i margini superiore e inferiore; il codice si apre con il lato pelo del recto del foglio di guardia.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 1 pagina di incipit; 23 iniziali maggiori, collocate agli incipit delle sedi ecclesiastiche da tassare, a bianchi girari su fondo policromo e corpo in foglia d’oro (mm 40×40), con fregio della medesima tipologia, talvolta rifilato (f. 51r) arricchito da bottoni cigliati in lamina; 2 iniziali medie della stessa tipologia (ff. 1r, 77r, mm 29×28); da f. 77r fino a f. 89v, numerose iniziali minori campite a fondo policromo (porpora, blu, verde) con decorazioni a inchiostro aureo e corpo in foglia d’oro; numerosi segni paragrafali in rosso, blu e foglia d’oro; a f. IXv vi è il disegno di una colonna (o un candelabro?) realizzata in foglia d’argento fortemente ossidata e in foglia d’oro, anch’essa in stato di evidente degrado. La struttura è messa in evidenza, nei contorni, da una leggera acquarellatura. Molte note di mani diverse in tutto il codice.

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ROSS. 733

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Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 10v, 15v, 27r, 28r, 30v, 33v, 35v, 36r, 37r-v, 43r, 48v, 51r, 52r, 57v, 60v, 66v, 72r, 76r-v. f. 1r:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

pagina di incipit con cornice a bianchi girari abitati su fondo policromo, con le iniziali R di Romana ecclesia e A di Aitanensis ecclesia. La cornice, percorsa nel perimetro interno e in quello esterno da un listello in foglia d’oro, ospita puttini alati che giocano tra gli intrecci assumendo diversi atteggiamenti: mentre uno è accompagnato da un volatile nel margine inferiore, un altro suona uno strumento in quello esterno; un terzo, infine, sembra voler adattare alla pagina l’iniziale media. A completare la decorazione vi sono poi due genietti alati reggistemma, collocati nel basde-page, affiancati al blasone contenuto entro un clipeo laureato e su un fondo color porpora con motivi damascati in oro; lo stemma è di blu al capriolo di rosso, accompagnato da una branca e da un leone rampante di rosso. 10v: iniziale B di Biterrensis. 15v: iniziale C di Carcassonensis. 27r: iniziale D di Dolensis. 28r: iniziale E di Eariensis. 30v: iniziale S di Sanctiflori. 33r: iniziale G di Gerundensis. 35v: iniziale H di Herbipolensis. 36r: iniziale I di Ierosolimitanensis. 37r-v: iniziale K di Kalleobensis e iniziale L di Langonensis (per Lingonensis). 43r: iniziale M di Metensis. 48v: iniziale N di Noviomensis. 51r: iniziale O di Olorensis. 52r: iniziale P di Parisiensis. 57v: iniziale Q di Quinque ecclesiensis e iniziale R di Rothomagensis. 60v: iniziale S di Senonensis. 66v: iniziale T di Turonensis. 72r: iniziale U di Urbevetanensis. 76r-v: iniziali X di Xantonensis, iniziale U di Uporeiensis (sic Eporediensis) e iniziale Z di Zamorensis.

Il precario stato di conservazione della pagina d’incipit, l’unica a presentare un apparato decorativo elaborato, non consente di proporre con sufficiente sicurezza l’assegnazione a un ambito geografico e tantomeno a una bottega di artisti del libro. Alcuni elementi, tuttavia, quali la semplicità misurata dell’intreccio vegetale che si conclude con robuste desinenze, la tavolozza pittorica basata su tinte non accese, lo stile dei putti suggeriscono di collocare l’allestimento del codice in una delle botteghe romane attive a partire dal pontificato di Niccolò V e per tutta la seconda metà del Quattrocento, ipotesi suffragata peraltro dalla nota vergata a f. IXv.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il codice si presenta in discrete condizioni conservative, anche se va segnalata in alcuni punti una scarsa adesione della legatura con la compagine dei fascicoli. La pagina di incipit è la parte del manoscritto che sembra aver subito più danni, in quanto i girari sembrano come sbiaditi e dai contorni ormai sfumati, soprattutto nel margine esterno e, inoltre, cadute di pellicola pittorica interessano anche i due genietti reggistemma. Fortemente degradata è poi la foglia d’oro, fenomeno comune a tutto il codice, spesso completamente persa od opacizzata. Legatura Rossi A, in discrete condizioni; sul dorso in alto si legge: LIBER / TAXARUM / DAT(ARIAE) APOST(OLICAE); in basso: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SÆC(ULI) XV. Taglio spruzzato di rosso e di bruno. (Bibl. Rossianae, VII, 186r-v) TIETZE, Die illuminierten, 144 nr. 319.

SILVIA MADDALO – EVA PONZI

Ross. 736 (olim X, 116; gr. 10) Varia theologica: S. MAXIMUS CONFESSOR, Capita theologica (ff. 2r-102v). S. ANASSINAITA, Quaestiones et responsiones (ff. 103r-153v). NEMESIUS EMESENUS, De natura hominis, excerptum (ff. 153v-154r). THEOPHILUS PRESBYTER, Interpretatio orationis Dominicae (ff. 154r-155v). Quaestio, inc. PÒqen πrîmen tin≠j ™n ta‹j yuca‹j (ff. 155v-159r). S. GERMANUS I CONSTANTINOPOLITANUS, Historia mystica ecclesiae catholicae (ff. 159r-169r). Interpretationes locorum Scripturae Sacrae, tit. Perˆ tîn ™pizhtoÚntwn peiratikîj tin≠ tÁj qe…aj grafÁj, inc. Tin≥j t≠j ple…ouj ™perwt»seij (ff. 169v-186r). S. ATHANASIUS ALEXANDRINUS, Quastiones ad Antiochum ducem (ff. 186r-204). Variorum dubia de locis Scripturae Sacrae (inter alios auctores nominantur S. METHODIUS PATARENSIS, THEODORETUS CYRRHENSIS, S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS) (f. 204r-209v). PSEUDO BASILIUS CAESARIENSIS, Sermo ob sacerdotum instructionem (f. 210r-v). DIADOCHUS PHOTICENSIS, Capita hortatoria, excerptum (ff. 214v-217v). Excerpta ascetica (ff. 217v-227v). TASIUS

Ross. 736, f. 42v

Sec. XIex.

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ROSS. 733-736

1111

Membr. (pergamena bizantina di qualità media, di colore ocra chiaro con scarsa discromia fra pelo e carne; presenta diffusi difetti di concia, come a f. 102, a f. 222 forse una lisière, radici dei peli spesso evidenti, cfr. f. 184r, non molto sottile, al tatto rigida e omogeneamente levigata su entrambe le facce: liscia sul lato carne e molto porosa sul lato pelo); ff. X (cart. di restauro, il I in cartoncino bianco come la controguardia; su f. IIr è stato incollato un foglio di carta blu lucida), 222, X’ (cart. di restauro di cui X’ è in cartoncino bianco come la controguardia, su f. IX’v è stato incollato un foglio lucido di carta blu); f. 1 è perduto mentre i ff. 59, 218, 219, 220 sono stati tagliati. Foliazione manuale moderna con numeri arabi a matita, collocata nell’angolo superiore esterno del recto dei fogli; il codice misura mm 234×173; scrittura minuscola corsiva a inchiostro bruno cangiante dal medio allo scuro, talora nerastro, di piccolo formato, ricca di abbreviazioni e svolazzi a tratti ampi. L’asse delle lettere presenta evidenti variazioni d’inclinazione, all’interno di un tessuto caratterizzato da una generale lieve attitudine a inclinarsi. La scrittura si sviluppa sotto la traccia del rigo di riferimento mentre le glosse a margine, affatto uniformi per tutto il codice, raramente si sviluppano a catena e sono vergate con inchiostro bruno scuro. Specchio scrittorio (mm 155×110) a 1 colonna di scrittura su 25 linee; rigatura realizzata a secco per incisione sul lato carne dei fogli seguendo uno schema avvicinabile al tipo 31C1b, in alcuni fogli privo del marginale inferiore (SAUTEL, LEROY, Répertoire, 52). Soprattutto nella parte finale del codice, a causa della rifilatura poco precisa, è ancora visibile la foratura di riferimento. Due segnature di fascicolo: la prima recente, in numeri arabi a matita, posti nell’angolo inferiore interno al verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo; la seconda in lettere greche con ¯ a f. 221r), valore numerico (in parte perdute, la prima è d¯ a f. 17r mentre l’ultima è l probabilmente posteriore alla fattura del codice, sono apposte nel margine inferiore esterno del recto del primo foglio di ciascun fascicolo.

L’ornamentazione è costituita da 6 fasce calligrafiche, di mm 23×140 in media; linee ornate di mm 6×140 al massimo; iniziali rubricate di mm 10×8 in media e titoli rubricati. f. 42v: fascia calligrafica a inchiostro rosso carminio costituita da una catena di quadrati e rettangoli alternati, i primi con un piccolo cerchio al centro e due punte che sporgono in alto e in basso, gli altri divisi a metà da una linea orizzontale doppia e delimitati da quattro cerchietti agli angoli; alle due estremità la fascia si chiude con una sorta di stilizzato fleur de lys coricato. ff. 43v, 75v, 123r, 144v, 146v: fasce calligrafiche a inchiostro rosso carminio costituite dallo svolgersi in senso orizzontale di un nastro (talora ornato da cerchietti) che corre attraverso le maglie di una catena, alle due estremità possono chiudersi col citato motivo del fleur de lys coricato; le linee ornate a inchiostro rosso carminio sono raccolte nella prima metà del codice e nascono dal ripetersi di semplici motivi calligrafici su una linea orizzontale, completati alle due estremità con virgole, foglioline triangolari aguzze o maniculae e talora hanno la funzione di riempilinea. I principali temi decorativi sono: le serie di motivi a esse intervallati da linee ondulate (come a f. 19v), talora arricchite con l’aggiunta di bastoni fogliati (come a f. 56r); i semplici bastoni (come a f. 66r); gli intrecci a guilloche di un nastro continuo a due capi dalle cui volute sporgono delle punte (come a f. 103r) oppure le linee a zig-zag con piccoli t a riempimento (come a f. 41r).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Lo stato di conservazione è molto compromesso nei primi fogli. Da f. 2 a f. 14 la pergamena appare bruna e irrigidita. Il codice è stato sottoposto a molteplici interventi di restauro ricostruttivo durante i quali si è proceduto reintegrando i fogli lacerati con pergamena (cfr. f. 1) o carta (cfr. f. 104). Il rivestimento della legatura è stato restaurato: il dorso, probabilmente lesionato all’altezza dell’attaccatura dei piatti, è stato risarcito con un ritaglio di pelle dello stesso colore, sul quale è stata ricollocata la parte decorata del dorso rossiano. La legatura è in marocchino bruno rossiccio graffiato in superficie da un leggero intreccio, del tipo Rossi A. Il dorso è riquadrato e tripartito da una sottile filettatura dorata: in alto corre l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee COLLECTIO VARIORUM / THEOLOGICA / GRAECE, al centro è impresso un motivo a rombo, riempito e circondato da elementi vegetali a foglia d’acanto, mentre in basso si legge l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XII. I tagli presentano una colorazione bruno scura della quale non è dato stabilire se intenzionale oppure dovuta all’invecchiamento della pergamena. Il codice è un miscellaneo di scritti filosofici e teologici che presenta un vivace, seppur semplice, apparato decorativo modellato sui principali temi dell’ornamentazione dei codici greci. Il manoscritto è vessato da numerose rasure, in particolare nella prima parte (ff. 19-20), e anche se particolarmente caratterizzato, non è stato possibile ricostruire la sua vicenda storica prima dell’arrivo nella biblioteca rossiana. Per quanto riguarda la datazione, rispetto all’iscrizione dorata che corre sul dorso della legatura rossiana e che assegna il manoscritto al XII secolo, l’analisi paleografica eseguita da Guglielmo Cavallo nel corso del Colloquio internazionale di paleografia greca del 1998 (CAVALLO, Scritture informali, 231) ha indotto a ipotizzarne l’esecuzione nel tardo XI secolo. Lo studio ha voluto inserire a pieno titolo la scrittura del codice rossiano all’interno del cosiddetto gruppo informale ad andamento corsivo e ha suggerito di circoscrivere ulteriormente l’arco cronologico compreso tra XI e XII secolo proposto da Gollob (GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 17). (Bibl. Rossianae, VII, 190r, 191r-v) VORST, Verzeichnis, 496-98; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 17-29; CAVALLO, Scritture informali, 231, tav. 13c.

VAN DE

MANUELA MENCHERINI

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ROSS. 742

Ross. 742 (olim X, 122) Psalterium (ff. 1r-165r). Canticum laudum: Benedictus, Te Deum (ff. 165r-182r); Capituli, Hymni (ff. 182r-190r) Austria (Salisburgo), sec. XV, seconda metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. I (cart.) 190, I’ (cart.). Il codice presenta una numerazione vergata a penna in numeri arabi nell’angolo superiore destro del recto di tutti i fogli; misura mm 229×144 (misure prese a f. 1r). Scrittura gotica corsiva tedesca vergata con inchiostro nero per il testo in lingua tedesca, con inchiostro rosso per le rubriche. Specchio di scrittura (mm 147×98, misure prese a f. 1r) a una colonna di 22 linee, inquadrate da 2 righe marginali verticali. Rigatura a inchiostro. La fascicolazione è regolare.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 8 iniziali decorate (ff. 1r, 25v, 41r, 55v, 70v, 89r, 106v, 125r) e da numerose iniziali rubricate rosse e blu, occupanti una linea dello specchio scrittorio. Le iniziali decorate (mm 51×55), tipologicamente unitarie, campite entro uno sfondo quadrangolare dipinto a pennello, hanno il corpo costituito da foglie d’acanto rosa, azzurre e verdi. Tralci vegetali sinuosi e avvolgenti dal modulo allungato, con foglie verdi, lilla, rosa e azzurre, partono dalle lettere fino a incorniciare i lati dello specchio scrittorio. Si tratta di iniziali gradevoli che testimoniano una notevole sicurezza di mestiere e una discreta tenuta qualitativa nell’esecuzione. Le pose poco irrigidite dei fogliami rivelano gli sforzi dell’autore per evidenziare le aggraziate forme delle volute, decisamente allungate e animate da una certa dinamicità. f. 1r: f. 25v: f. 41r: f. 55v: f. 70v: f. 89r: f. 106v: f. 125r:

S di Selig ist der man, all’incipit dei salmi (Salmo 1). U di Unser Herr ist mein, rubrica Am Montag (Salmo 26). I di Ich hab gesprochen, rubrica Am fritag (Salmo 38). E di Es sprach der, rubrica Am mitichen (sic) Invitator (Salmo 63). G di Got mach mich, rubrica Am phinztag (Salmo 68). F di Frewt euch mit Got, rubrica (f. 88v) Am Freytag (Salmo 80). S di Singt dem Herren, rubrica Am sambtzag (Salmo 97). D di Der Herr sprach zu, rubrica Am suntag (Salmo 109, salmo domenicale festivo).

Ross. 742, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(si ringraziano Giacomo Baroffio e Gerhardt Wiedmann per l’aiuto prezioso nella lettura del testo e nell’individuazione dei contenuti) Lo stato di conservazione del codice è buono. Legatura del tipo Rossi A anch’essa in buono stato di conservazione (rest. nel 1965). Sul dorso si legge: PSALTERIUM / GERMAN(ICUM) / COD(EX) CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice non presenta elementi che possano contribuire a far luce sulla sua origine o sulle fasi più antiche della sua storia. Non sappiamo dunque quali siano state le sue vicende prima di entrare a far parte della collezione di Giovanni Francesco de Rossi. Il manoscritto venne inserito nel catalogo dei codici miniati della biblioteca rossiana, nel quale Hans Tietze ritenne di poterlo ricondurre ad area austriaca, a Salisburgo, e datare intorno al 1470 (TIETZE, Die illuminierten, 15). Lo stile delle iniziali miniate del manoscritto mostra effettivamente i caratteri dell’illustrazione austriaca che si sviluppò nella seconda metà del Quattrocento. Tali lettere richiamano, infatti, quella di una pagina staccata da un antifonario (Lewis E M 65.7), conservata alla Public Library di New York, miniata a Zwettl, in Austria, intorno al 1440 (CASHION, Scheda nr. 54, 161-162). L’anonimo miniatore del Ross. 742 sembra inoltre conoscere alcuni dei prodotti più curati dell’illustrazione libraria di quest’area geografica come potrebbe suggerire il confronto con altre due pagine miniate staccate da un antifonario (Lewis E M 65.49, 65.50), conservate nella medesima biblioteca, miniate sempre a Zwettl, in Austria, intorno al 1435 (CASHION, Scheda nr. 55, 163-166). Un’ulteriore indicazione utile a conferma di questa localizzazione può essere data dal confronto con un’altra pagina, più raffinata, staccata da un graduale (Lewis E M 64.13), miniata a Ratisbona intorno al 1435 dal cosiddetto Maestro della Biblia pauperum della Pierpont Morgan Library (ms. 230), conservata nella Free Library di Philadelphia (CASHION, Scheda nr. 51, 151-154). Sulla base dello stile delle iniziali e in considerazione della loro tipologia si può quindi pensare che il miniatore che ha realizzato l’apparato ornamentale del Ross. 742 abbia operato in una bottega austriaca nella seconda metà del XV secolo. (Bibl. Rossianae, VII, 205r-v) TIETZE, Die illuminierten, 15 nr. 22; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 196-197 nr. 616.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA –

REDAZIONE

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ROSS. 743

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Ross. 743 (olim X, 123) PSEUDO AUGUSTINUS, Soliloquia Firenze, sec. XV, metà Cart.; ff. VI (il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 62, VI’ (il VI’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna a lapis e cifre arabiche in alto a destra solo sul recto. Il codice misura mm 220×140 (misure prese a f. 2). Testo vergato in corsiva di modulo piccolo da una sola mano in inchiostro bruno e rosso per i titoli, disposto in una sola colonna di 22/23 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 140×90, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente. Presenti richiami calligrafici piuttosto sobri al centro del margine inferiore a fine fascicolo. Presenza a f. 62v di alcuni versi dei Salmi scritti da altra mano e con altro inchiostro.

Contenente una traduzione italiana dei Soliloquia di sant’Agostino (PL, 195, 105Ross. 743, f. 1r 114; ESNOS, Les traductions), anonima ma tradizionalmente attribuita ad Agostino dalla Scarperia (Firenze), priore di Lucca, tra il terzo e il quarto decennio del XIV secolo (PERINI, Fra Agostino), questo codice fa parte di un gruppo esiguo di testimoni, come il ms. II. IV. 104, il ms. Pal. 16 e il ms. Pal. 29 della Biblioteca Nazionale di Firenze, il ms. 1329 della Biblioteca Riccardiana di Firenze e il ms. Barb. lat. 4119 della Biblioteca Apostolica Vaticana (DOVERI, La tradizione, 100), che recano una delle tre versioni (la B) di questo testo (della versione A si conoscono ben 52 manoscritti, della versione C solo 2). La versione italiana dei Soliloquia fu pubblicata nel 1480, e ancora sei volte prima della fine del secolo (Milano, 1480, 1492; Firenze, 1489, 1491, 1496; Venezia, 1495). Scritto con cura, il codice è decorato sobriamente con 1 lettera de pennello, all’incipit dell’opera trascritta, e alcune iniziali de penna rosse (mm 13×9 in media) a introdurre i vari capitoli. f. 1r: iniziale S di Signor mio (mm 40×31), profilata di inchiostro seppia, parzialmente colorata in rosso e verde, terminante con due teste di serpente a fauci spalancate, sorretta dalla mano destra dell’autore dei Soliloquia, sant’Agostino, identificato anche dal titulus in forma abbreviata ai lati del viso aureolato, a mezza figura, glabro, tonsurato, in veste grigia e manto verde con interno rosso, che con la mano sinistra mostra l’opera. Rara testimonianza iconografica di Agostino, solitamente raffigurato come vescovo, in veste di monaco, in riferimento alla sua vita ascetica a Ippona, dove fondò un monastero.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Probabilmente il codice fu confezionato in ambito agostiniano, e forse decorato dallo stesso scriba, come denuncia il disegno incerto e il modo piuttosto approssimativo di stendere il colore, quasi sicuramente a Firenze (DOVERI, La tradizione, 100), dove la produzione e la circolazione dei volgarizzamenti di opere di sant’Agostino, prodotti di una religiosità straordinariamente attiva quale era quella sviluppatasi nella Toscana del Trecento, raggiunse nel XV secolo picchi di estremo interesse dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo. Il codice si trova in uno stato di conservazione discreto nonostante un generale annerimento del supporto cartaceo, uno strappo a f. 20, e lo sbiadimento dell’inchiostro a f. 1, i cui bordi sono parzialmente deteriorati. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, S(ANTO) AGOST(INO) / SOLILOQ(UIA); in basso COD(ICE) / CART(ACEO) / DEL SEC(OLO) / XIV. (Bibl. Rossianae, VII, 206r) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 204; DOVERI, La tradizione, 100.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 750 (olim X, 130) Index (ff. 1r-5r); Invitatorium (f. 6r-v); Psalterium (ff. 7r-235v); Cantici antiqui et novi Testamenti, hymni, capituli, collectae (ff. 235v-267r); Orationes (ff. 268r-269r) Germania meridionale, sec. XV, seconda metà

Ross. 750, f. 7r

Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. di restauro), 269, VI’ (I’-V’ cart. di restauro, VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Il codice presenta due numerazioni entrambe cronologicamente successive al corpus del libro: la prima, vergata a penna in numeri arabi, si trova nell’angolo superiore destro del recto di tutti i fogli; la seconda (presa come riferimento nella presente scheda), sempre in numeri arabi, è apposta con numeratore meccanico sul margine inferiore del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 213×144 (misure prese a f. 7). Scrittura gotica corsiva tedesca vergata con inchiostro nero per il testo, in lingua tedesca, con inchio-

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ROSS. 743-750

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stro rosso per le rubriche, di unica mano fino a f. 267r (ma di modulo minore ai ff. 262v267r); di altra mano ai ff. 268r-269r. Non rigati né scritti i ff. 5v, 267v, 269v. Specchio di scrittura (mm 147×98, misure prese a f. 7r) a una colonna di 22 linee, inquadrate da 2 righe marginali verticali che raggiungono i margini inferiore e superiore del foglio, così come le due rettrici superiore e inferiore raggiungono i margini laterali. Rigatura a inchiostro rosso. La fascicolazione è regolare.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 8 iniziali decorate (ff. 7r, 59v, 78r, 99v, 129r, 155r, 181v), collocate all’incipit dei salmi, che vengono segnalati, in numeri romani, da una rubrica collocata al lato esterno dello specchio scrittorio, e da numerose iniziali rubricate rosse e blu, occupanti una linea dello specchio scrittorio. Le iniziali decorate (mm 51×55), tipologicamente unitarie, campite entro uno sfondo quadrangolare dipinto a pennello, hanno il corpo costituito da foglie d’acanto rosa, azzurre e verdi dalle quali si dipartono tralci vegetali dal modulo allungato con foglie verdi, lilla, rosa e azzurre (tra i quali si inseriscono figure animali, come a f. 129r), a incorniciare i lati delle pagine. Si tratta di iniziali gradevoli che testimoniano una notevole sicurezza di mestiere e una discreta tenuta qualitativa nell’esecuzione. Le pose poco irrigidite dei fogliami rivelano, così come nel Ross. 742, gli sforzi dell’autore per evidenziare le aggraziate forme delle volute, decisamente allungate e animate da una certa dinamicità. Nel margine inferiore di f. 7r si trova uno stemma, non ancora identificato (di rosso, alla testa di profilo, incappucciata di nero), sorretto da un angelo. f. f. f. f. f. f. f.

7r: 59v: 78v: 99v: 129r. 155r: 181v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

S di Selig ist der Man, all’incipit dei salmi (Salmo 1). H di Hich hab gesprochen (Salmo 38). E di Es sprach der (Salmo 63). G di Got mach mich (Salmo 68). F di Frewt euch mit Got (Salmo 80). S di Singt dem Herren (Salmo 97). D di Der Herr sprach (Salmo 109).

(si ringraziano Giacomo Baroffio e Gerhardt Wiedmann per l’aiuto prezioso nella lettura del testo e nell’individuazione dei contenuti) Lo stato di conservazione del codice è buono. Legatura del tipo Rossi A, in stato di conservazione discreto (il dorso è staccato). Sul dorso in alto si legge: PSALTERIUM / ET / PRECES / GERMANICE; in basso, COD(EX) CHART(ACEUS). Il codice non presenta elementi che possano contribuire a far luce sulla sua origine o sulle fasi più antiche della sua storia. Non sappiamo dunque quali siano state le sue vicende prima di entrare a far parte della collezione di Giovanni Francesco de Rossi. Il manoscritto venne inserito nel catalogo dei codici miniati della Biblioteca Rossiana, nel quale Hans Tietze ritenne di poterlo asse-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

gnare a una non meglio precisata area geografica compresa fra il sud della Germania e l’Austria (TIETZE, Die illuminierten, 14-15). Le iniziali miniate del manoscritto, come peraltro quelle del Ross. 742 (cui si rimanda per ulteriori riflessioni di carattere comparativo) sono effettivamente ben riconoscibili come appartenenti a tipologie diffuse nella Germania meridionale e in Austria nel XV secolo. Tali lettere, infatti, rappresentano il punto di arrivo di una lunga tradizione, diffusa oltralpe e che risale in queste forme già all’inizio del secolo. Iniziali piuttosto vicine a quelle del Salterio rossiano si trovano in un messale della diocesi di Salisburgo (FSM 6), conservato nella Biblioteca Feininger di Trento (Scheda nr. 75, 313), stampato a Norimberga nel 1505. Nel salterio rossiano la maggior parte delle lettere è modellata dal miniatore in forme morbide con racemi che riempiono i margini delle pagine con giochi di caleidoscopio che variano continuamente le simmetrie possibili tra i fogliami carnosi e vellutati. Anche la gamma cromatica assume sofisticate tonalità pastello che danno effetto di una vivacità lucida e brillante. Lettere simili si trovano in una pagina staccata da un Antifonario (ms. Lewis E M 65.7), conservata alla Public Library di New York, miniata a Zwettl, in Austria intorno al 1440 (CASHION, Scheda nr. 54, 161-162): nella pagina si nota una variazione di questo tipo di repertorio dove è evidente, come nel Ross. 750, il gusto per l’inserimento inatteso di inserti in oro tra i racemi della vegetazione. Si tratta di un linguaggio assai diffuso nel sud della Germania e in Austria nel XV secolo tanto da uniformare gran parte della produzione miniatoria di quest’area. (Bibl. Rossianae, VII, 221r-v) TIETZE, Die illuminierten, 14-15 nr. 19; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 197 nr. 617.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA –

REDAZIONE

Ross. 766 (olim X, 146; gr. 12) ANDREAS CAESARIENSIS, Commentarium in Apocalypsim Iohannis Salento, sec. XIV, seconda metà / XVin. Cart. (giallognola, italiana, con filigrana di forbice e – nella porzione terminale del volume – con bilancia); ff. V (I di restauro, solidale con la controguardia del piatto anteriore; II-V in carta del XIX sec.), 121, X’ (I’-III’ guardie originarie; IV’-IX’ in carta del XIX sec. come sopra; X’ cartaceo di restauro, solidale con la controguardia del piatto posteriore). Foliazione moderna a inchiostro bruno evanido, di cinque in cinque, in alto a destra nel recto; nella stessa posizione, una seconda mano interviene a matita completando la foliazione mancante. Segnatura originale con lettere alfabetiche greche con valore numerico, apposta nell’angolo superiore esterno del primo recto di ciascun fascicolo (quaternioni regolari). Il codice misura mm 225×140. È vergato da due mani contemporanee: A: ff. 1r-106v; B: ff. 106v p. inf.-121v.

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ROSS. 750-766

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Testo vergato a colonna unica (mm 150×90) per 20/24-26 righe tracciate e scritte, delimitate da un’unica riga di giustezza sul margine esterno.

L’apparato ornamentale è di tipo calligrafico, circoscritto alle testate e alle capitali maggiori che introducono il testo. Si conta un’unica testata posta ad apertura del libro (f. 1r); i titoli sono tracciati in rosso e vergati in una maiuscola assai incerta, ove si riconosce l’influenza esercitata dall’alfabeto gotico. Le capitali maggiori sono eseguite rozzamente, di norma in ekthesis, tracciate in rosso dalla tonalità accesa. L’esecuzione prevede un disegno a tratto doppio, su cui si innesta una semplice decorazione a riccioli o ramages; anche per queste ultime è possibile chiamare in causa l’apporto fornito dalle cosiddette Ross. 766, f. 1r iniziali filigranate della scrittura gotica, il tutto rivisitato secondo moduli personali volti a una semplificazione del disegno. Le capitali maggiori riscontrabili ai ff. 90v-121v, seppure analoghe nella tipologia a quelle che le precedono, sono realizzate in un inchiostro dilavato dalla tonalità spenta. Caratteristico l’uso di riempire occasionalmente i nuclei, specialmente tondi, delle lettere del testo con inchiostro rosso, secondo modalità diffuse nella produzione manoscritta del Salento. Testata f. 1r: incipit a fascia realizzata secondo il metodo della riserva (mm 4,5×1,5). Su una base di inchiostro rosso è risparmiato un elegante motivo vegetale riconducibile ai girali d’acanto. Il ramo maestro, che prende avvio sul margine interno, delimita il lato sinistro della testata che si conclude in alto con due foglie disposte a calice, le quali ospitano un volatile appollaiato di profilo; un secondo ramo dai contorni sinuosi si distende occupando l’intero sviluppo orizzontale della fascia mediante tre anse includenti nelle rispettive porzioni centrali una sorta di bocciolo. L’insieme si arricchisce di movimento grazie al vigoroso fogliame dai profili lanceolati che si avvolge intorno allo stesso stelo dal quale prende vita. La tinta impiegata per il disegno è un inchiostro bruno trasparente, opportunamente modulato per ottenere le sfumature, nonché per realizzare lo stesso disegno. Capitali maggiori f. 1r: iniziale P di Poll£kij, in ekthesis, tracciata a inchiostro su profilatura rossa in campo libero (mm 48×22 ca.). La lettera è costruita da due nastri ad-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

dossati che si annodano, incrociandosi, l’uno risparmiato in bianco, l’altro campito con una tinta dilavata forse in origine gialla, dall’effetto ora d’un color ocra; l’asta sinistra è conclusa alla base da un elemento circolare con punta centrale, dal quale si diparte un elemento trilobo. Si contano altre capitali maggiori calligrafiche a tratto doppio; le aste accolgono serpentine o trifogli, mentre dal corpo della lettera si dipartono filettature e ramages (cfr. f. 4r; A di 'Apok£luyij, mm 23×10). Una seconda variante è data da lettere le cui aste sono eseguite a tratto doppio rinforzato, sulle quali si innestano noduli e trattini (cfr. f. 13r). Cfr. A, f. 4r, E, f. 9r, K, f. 13r, K, f. 14r, K, f. 16r, K, 17v, M, f. 21v, K, f. 24v, K, f. 27r, K, f. 27v, K, f. 29r, K, 29v, K, f. 30v, K, f. 33r, M, f. 35v, K, f. 37r, K, f. 39r, K, f. 39v, K, f. 40r, K, f. 40v, K, f. 41r, K, f. 43v, K, f. 46r, K, f. 47r, K, f. 49r, K, f. 51r, K, f. 52r, K, f. 52v, K, f. 56r, K, f. 58r, K f. 59r, K, f. 61r, W 63r, K, f. 63v, K, f. 65r, K, f. 66r, K, f. 67v, K, f. 68r, K, f. 69v, K, f. 71v, K, f. 72r, K, f. 73v, K, f. 74r, K, f. 76r, K, f. 77v, K, f. 79r. f. 30v: K di Kaˆ (mm 28×12), il corpo della lettera è sostituito da due serpentelli dalle teste cinocefale – eseguiti a tratto doppio –, dall’intreccio dei quali emerge la fisionomia della lettera; l’interno delle aste è macchiato da tocchi di rosso. f. 71v: K di Kaˆ (mm 33×13), il tratto verticale, eseguito a tratto doppio, accoglie al proprio interno una serpentina eseguita a risparmio; i tratti obliqui sono sostituiti dalla fisionomia di un serpente dalla testa cinocefala che si annoda sull’asta verticale. f. 80v: K di Kaˆ (mm 32×25), la lettera è sostituita nella fisionomia originaria da un drago raffigurato di profilo, eseguito poveramente al tratto e profilato in rosso. Iniziali figurate: f. 9v: O di “Oti (mm 10×8). f. 17r: O di `Onikîn. f. 35v: O di Oátoi, in ekthesis. Il profilo delle lettere è sostituito dalla fisionomia di un volto umano calvo (al f. 35v con un copricapo a zucchetto), tracciato con pochi tratti sintetici, espressi con modalità esecutive elementari. Lo stato di conservazione dell’esemplare è buono, sebbene si riscontrino tracce di umidità sui margini esterni. Il margine inferiore di f. 1r è stato asportato, probabilmente per occultare tracce di provenienza, e poi risarcito con carta (cfr. Ross. 894). Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, rifatto in pelle marrone, è stato applicato nuovamente il rivestimento della legatura rossiana; su di esso, in alto, si legge in oro IN / APOCALYPSIM / IOANNIS / COMMENTAR(IUM) / ANDREAE / ARCHIEP(ISCOPI) CAESA(REAE) / GRAECE. Alla base, ancora sul dorso, si legge in oro COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) / XIV.

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ROSS. 766-768

Nel f. I’v sono contenuti, di mano del XVI secolo, calcoli in latino, con relativo schema, di un’eclissi lunare in data 29 gennaio, all’ora diciassettesima, e minuti 40. A f. 1r, al centro del margine superiore, si legge un titolo latino di mano corsiva, in inchiostro bruno. La scrittura potrebbe essere quella del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), il quale aveva iniziato un catalogo dei codici greci del Passionei. Il margine inferiore del medesimo foglio è stato asportato (e poi risarcito) per occultare un qualche segno di possesso. (Bibl. Rossianae, VII, 245r-v) SCHMID, Einleitung, 69-70; D’AIUTO, Per lo studio, 243-244.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 768 (olim X, 148) GIOVANNI BOCCACCIO, Elegia di madonna Fiammetta Italia settentrionale (Venezia?), sec. XV, metà Cart. (fogli abbastanza sottili e non ruvidi); ff. V (I in cartoncino blu, al pari della controguardia; II-V cart. moderni), 146, V’ (I’-IV’ cart. moderni; V’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); foliazione antica, ma non contemporanea alla stesura del testo, in cifre arabiche a inchiostro bruno scuro, in alto e destra, allo stesso livello della prima linea di scrittura; l’indicazione numerica è presente in tutto il codice ed è regolare fino al f. 141; quello che dovrebbe essere segnato come f. 142 è invece indicato con la cifra 143; la causa è da individuare semplicemente nell’errore di chi ha numerato il manoscritto, dal momento che non sembra mancare nessun foglio. Richiami di fascicolo collocati sempre sul verso del foglio, in prossimità della cucitura e vergati in senso verticale; mm 231×149; scrittura corsiva umanistica di una sola mano, a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 142×82) a un’unica colonna di 25 linee di scrittura; rigatura a secco eseguita sul recto di ogni foglio, con le righe inquadranti lo specchio scrittorio che giungono a toccare tutti e quattro i margini; filigrana a forma di cappello, di cui non è identificabile il tipo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit, con 1 iniziale maggiore floreale (fregio laterale della stessa tipologia e 1 stemma nel bas-de-page; iniziali minori alternativamente rosse e blu, che presentano una filigranatura appena visibile perché fortemente sbiadita; serpentine e maniculae.

Ross. 768, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 1r: pagina di incipit, con l’iniziale maggiore S di Suole a miseri, di tipo fitomorfo; essa è realizzata su un campo in lamina metallica, riquadrato con inchiostro nero. La leggibilità della tavolozza pittorica, nell’intera composizione, risulta in parte compromessa, a causa dell’aspetto sbiadito dei colori: il corpo della S doveva infatti essere campito con dell’oro in polvere, di cui rimane qualche traccia residua individuabile con una lente di ingrandimento. Il fondo su cui l’iniziale è realizzata doveva essere invece in parte colorato con pigmento verde e in parte blu, sul quale sono ancora visibili due fiori; uno di questi presenta una candida corolla e il bottone centrale in porporina, mentre l’altro ha petali arancio e foglie verdi. Le linee che costruiscono la S confluiscono, al centro della stessa, in un bottone d’oro in foglia; la lettera è inoltre arricchita da elementi vegetali, da cui peraltro nasce il fregio laterale, che riprendono la gamma pittorica già segnalata nei fiori. Il medesimo fenomeno si riscontra nel fregio stesso, che occupa quasi per intero il margine laterale e per metà circa quello superiore; anche la sua tipologia, come quella dell’iniziale, è fitomorfa, arricchita da inserti in lamina metallica e dai consueti bottoni d’oro. Il bas-de-page ospita uno stemma circondato da un clipeo laureato e bordato sia all’interno sia all’esterno da fini cornici in foglia d’oro. Il tondo è inoltre quadripartito, due porzioni sono infatti decorate con il frequente stilema dell’alloro verde, mentre nelle altre due le foglie della medesima pianta mostrano una campitura rosa. Un fondo rosso caratterizza invece il campo che accoglie il blasone, con l’aggiunta di motivi a sottilissime volute vegetali bianche; la figurazione è infine circondata da racemi, anche floreali, policromi (blu, rosa, bianco, verde, arancio) completati dalla presenza di bottoni d’oro in foglia. Lo stemma è di rosso alla banda di bianco caricata di tre elementi accompagnata in capo e in punta da due elementi di difficile identificazione per le non buone condizioni. Sul f. 1v, una mano successiva a quella che verga il codice ha ricalcato a inchiostro bruno i contorni del blasone e ha eseguito, sempre con il medesimo inchiostro, maniculae tutt’intorno allo stemma. Al di sotto di esso, ha inoltre apposto una scritta di difficilissima lettura, poiché l’inchiostro risulta fortemente sbiadito. Qualche parola si riesce a decifrare, anche con l’ausilio della lampada di Wood: Ista minevica (?) /// est Guido ///. Itala Minerva est caude dicti (o dictando ?) pharetre (o pharetram, pharetra ?) Iacobus sale ///// a (?) ex spe/// mon///. Lo stato di conservazione è discreto, anche se si riscontrano dei problemi a livello della compagine dei fascicoli, soprattutto in apertura del codice. Come già accennato, la lettura dell’apparato decorativo della pagina di incipit appare compromessa a causa della tavolozza pittorica fortemente sbiadita e della completa perdita dell’oro in polvere nel corpo dell’iniziale maggiore. Un tipo di de-

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ROSS. 768-772

grado simile interessa sia i capilettera, in cui la decorazione filigranata spesso è ridotta a un’ombra, sia l’inchiostro utilizzato per vergare il testo, in molti casi pesantemente sbiadito. Molti fogli sono infatti percorsi da una grossa macchia di umidità a forma di triangolo che ha per base il margine superiore del foglio e il vertice rovesciato, posto al centro del foglio stesso. Il f. 1 infine è risarcito, in basso nel margine esterno, con una porzione di carta più spessa e ruvida. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione, protetta tuttavia da una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge BOCCACCIO / LA FIAMMETTA; in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / SEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, VII, 247r) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 203; BRANCA, Tradizione, 33; DELCORNO, Studi sulla tradizione, 7, 11, 21, 51, 53, 98, 99 (indicato con la sigla Vr).

EVA PONZI

Ross. 772 (olim X, 152) Kalendarium Italia settentrionale (Venezia?), secc. XVex.-XVIin. (al f. 1v è indicata la data 1484; al f. 10r il 1483) (f. 10r) colophon: Scriptu(m) Venetiis M°CCCC°LXXXIII. (f. 31v) Hoc an(n)o 1574; Seguent(e) anno 1575 Cart. (consistente e ruvida al tatto); ff. VI (I in cartoncino blu, come la controguardia; II-VI cart. moderni); 52, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu, come la controguardia); foliazione manuale moderna, a matita, in alto a destra; assenti i richiami di fascicolo; mm 205×158; nel codice si individuano sette diverse mani, tutte verganti il testo in minuscola umanistica e con inchiostro bruno, salvo dove diversamente indicato: A ai ff. 1v-7v; B ai ff. 10r-22r, a inchiostro bruno e rosso; C ai ff. 23v-28r; D al f. 29v; E al f. 31r; F e G utilizzano una scrittura corsiva umanistica vergata a inchiostro bruno: l’una ai ff. 31v-34r e di nuovo ai ff. 41v-43v; l’altra ai ff. 35v-40r. Definire in modo univoco, per questo manoscritto,

Ross. 772, f. 10v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lo specchio scrittorio risulta impossibile, data la grande differenziazione nell’architettura del foglio; si descriveranno di seguito tutte le tipologie di mise-en-page che si susseguono all’interno del codice: f. 1v specchio scrittorio a piena pagina (mm 170×120) di 43 linee di scrittura; ff. 2r-7v, tabelle (mm 172×119) contenenti l’indicazione dei mesi: f. 2r, Ianuarius habet dies XXXI; f. 2v, Februarius habet dies XXVIII; f. 3r, Martius habet dies XXXI; f. 3v, Aprilis habet dies XXX; f. 4r, Madius habet dies XXXI; f. 4v, Iunius habet dies XXX; f. 5r, Iulius habet dies XXXI; f. 5v, Augustus habet dies XXXI; f. 6r, setember (sic) habet dies XXX; f. 6v, October habet dies XXXI; f. 7r, November habet dies XXX ; f. 7v, December habet dies XXXI; ff. 8v-9v anepigrafi; ff. 11r-22r, tabelle (media delle misure, mm 138×107) di 33 finche; f. 29r, griglia (mm 176×148); f. 30r-v, due griglie (una di mm 185×130 e di 20 finche, l’altra di mm 202×141 e di 37 finche); f. 31r, tabella (mm 187×135, 10 linee di scrittura); altre tabelle ai ff. 32r (mm 199×138, di 37 finche), 33v-34r (mm 197×137, di 7 finche), 40r (mm 190×117, di 29 finche), 42v (mm 191×139, di 12 finche). Specchio scrittorio a piena pagina ai ff. 10r (mm 138×109, di 21 linee di scrittura), 29v (mm 190×117, con 11 linee vergate), 31v (mm 180×121, con 14 linee), 33r (mm 180×119, con 23 linee). I ff. 35v, 36v, 37v, 38v e 39v hanno uno specchio scrittorio omogeneo nelle misure (mm 179×119), pur variando le linee di scrittura vergate (rispettivamente: 23, 20, 21, ancora 23 e infine 16). Le dimensioni dello specchio (mm 180×138) accomunano anche i ff. 41v e 42r, che però presentano una differenza nel numero di linee, 24 nel primo caso e 18 nel secondo. Il f. 43r-v, infine, mostra ancora una volta uno specchio scrittorio (mm 182×139) a piena pagina, di 24 sul recto e 8 sul verso. Un’impostazione peculiare è poi presente ai ff. 27r-28v, che ospitano un cerchio dentro il quale è inscritto un rettangolo, compilato con un finalino (vergato in volgare, forse dell’Italia settentrionale) di lunghezza variabile: si va infatti da un massimo di 26 linee di scrittura a un minimo di 19; al f. 28r è inoltre presente, nel bas-de-page, un’ulteriore tabella composta da 5 finche. La stessa varietà di impostazione si riscontra pure per la rigatura, che necessita anch’essa di indicazioni più articolate. L’esecuzione in ocra, più o meno leggera e con diverse sfumature di tonalità (dal bruno scuro a quello più chiaro), si incontra ai ff. 1v-7v, 10r22r (sul verso c’è sempre la rappresentazione del mese), 22v, 29r (a costruire la tabella), 29v30v (in cui tende al rosso), 31r, 40r. Una tecnica mista, vale a dire in ocra leggera affiancata alla mina di piombo, è presente unicamente al f. 8r. Ai ff. 8v-9v sono invece eseguite solo le quattro righe che delimitano lo specchio scrittorio, tracciate a inchiostro rosso, come accade anche ai ff. 35r-39v e ai ff. 41v-43v, dove però è presente pure un sistema di righe a secco ripassate a mina di piombo. Tale procedimento è inoltre adottato ai ff. 31v-32r, 33r34r e ai ff. 44r-46r; i ff. 32v, 34v, 40v-41r, 46v-52r, infine, sono completamente bianchi. Due sono i tipi di filigrana: una, ai ff. 1-7 e ai ff. 35-52, dalla forma di bucranio, molto simile al tipo Briquet 15376 (area tedesca, sec. XVex.); l’altra, individuata ai ff. 8-19 e ai ff. 20-34, a forma di cappello, simile al tipo Briquet 3381 (area tedesca, sec. XVex.).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 12 miniature raffiguranti i lavori dei mesi, inscritte in circonferenze (diametro mm 135). Ognuna di queste è accompagnata dalla tabella relativa al mese stesso, contenente inoltre l’indicazione del santorale. Tutti i disegni sono eseguiti a inchiostro bruno scuro e poi ripassati con colori acquerellati; sono talvolta impiegate finiture a inchiostro d’argento, appena visibili, ma che conferiscono luminosità alle immagini. Arricchiscono poi l’apparato decorativo 11 disegni di palmi di mano aperti, le cui falangi ospitano serie di numeri o di lettere. Completano infine il manoscritto 11 circonferenze vuote, 21 tabelle da riferirsi al calendario e un diagramma contenente l’alfabeto (f. 1v). Da segnalare, in ultimo, che la mise-en-page dell’intero codice è costituita dal

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ROSS. 772

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foglio inquadrato, su ogni margine, da doppie righe che isolano lo spazio riservato, all’interno del quale è stata realizzata una circonferenza, un palmo di mano o ancora una tabella. Tale sistema di linee muta colore di foglio in foglio, sempre secondo la medesima sequenza cromatica (rosso, verde, bruno, ocra chiara). Le miniature dei mesi sono collocate ai ff. 10v, 11v, 12v, 13v, 14v, 15v, 16v, 17v, 18v, 19v, 20v, 21v; mentre i disegni dei palmi di mano sono presenti ai ff. 23r, 24r, 25r-v, 26r-v, 35r, 36r, 37r, 38r, 39r; le quattro circonferenze che contengono il rettangolo con il finalino sono poste ai ff. 27r-v, 28r-v; i cerchi vuoti sono ai ff. 46v, 47r-v, 48r-v, 49r-v, 50r-v, 51r-v, 52r; le tabelle infine sono ai ff. 2r-v, 3r-v, 4r-v, 5r-v, 6r-v, 7r-v, 29r, 30r-v, 31r, 32r, 33v, 34r, 40r, 42v. Tutte le miniature dei mesi sono realizzate all’interno di un sistema di circonferenze che segnalano, di volta in volta, il numero dei giorni, l’alternarsi di notte e dì con l’indicazione del numero di ore dell’una e dell’altro; sono poi presenti la posizione del sole e il segno zodiacale che qualifica il mese. f. 10v: rappresentazione del mese di gennaio, Ianuarius; oltre al simbolo dell’Acquario, esso è identificato dal titulus Acquarius, presente peraltro solo in questo caso, vergato in lettere capitali, ed è simboleggiato da un uomo ignudo che versa dell’acqua contenuta in vasi verdi. All’interno della circonferenza è la rappresentazione di un interno, con soffitto a cassettoni a decorazioni rosse e con il pavimento a scacchi bianchi e rossi, dominato dalla presenza di un camino acceso. Sul fuoco, probabilmente ben alimentato dal mantice posato ai piedi del camino stesso, bolle un paiolo; un grosso scranno ligneo con schienale è posato al centro della scena e su di esso siede un signore barbato avvolto da una lunga veste viola e protetto da un berretto verde; egli protende le mani alla fiamma, come per ricevere sollievo dall’ardere della legna; dietro di lui una tavola apparecchiata. f. 11v: rappresentazione del mese di febbraio, con il segno zodiacale dei Pesci; in primo piano, un contadino, con indosso dei vistosi stivali, rivolta le zolle di terra servendosi di una pala. A terra, accanto a lui, altri strumenti da lavoro, come il falcetto e la vanga, e oggetti per il ristoro: una piccola botticella da mano e un cestino in vimini. In secondo piano si apre un paesaggio invernale, reso con un’ombra di vegetazione non ancora lussureggiante, dati i rigori della stagione. f. 12v: rappresentazione del mese di marzo, l’Ariete è il segno zodiacale; la scena è quella della potatura e dell’innesto di nuove piante, che ruota attorno all’immagine di un arbusto spoglio affiancato da due uomini. Quello a sinistra è paludato con un abito sontuoso, una lunga cappa e un copricapo che giunge a toccargli le spalle. Egli, forse il padrone della terra, sembra dare indicazioni all’uomo che gli sta di fronte. Questi è abbigliato con un caratteristico copricapo a punta, che cade oltre i lombi ed è inoltre stretto alla vita da una cinta, alla quale è fissata una sacchetta, forse piena di semi; il contadino è intento a tagliare o incidere la pianta con un falcetto. Nella scena compare anche una costruzione bassa, una

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f. 13v:

f. 14v:

f. 15v:

f. 16v:

f. 17v:

f. 18v:

f. 19v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

sorta di pergola di piccolissime dimensioni, all’interno della quale sta nascendo un germoglio. La rappresentazione si svolge in un paesaggio campestre, dove è raffigurato un casolare rosso affiancato da un pozzo dello stesso colore. mese di aprile con il segno del Toro; il centro della scena è occupato da un uomo coperto da un cappello verde a piccole tese irregolari, che calza stivali simili a quelli osservati nell’immagine del mese di febbraio. Egli sta spalancando le braccia e, nella mano sinistra, regge un fiore a stelo lungo, mentre nell’altra porta un falcone, poggiato sul guanto di cuoio pesante. Dal suo gomito si diparte un nastro a cui è legato un levriero bianco che lo accompagna nella caccia. Il secondo piano è invece dominato da un paesaggio collinare in cui si scorge, in lontananza, una città. rappresentazione del mese di maggio, caratterizzato dal segno zodiacale dei Gemelli; la scena è quella di una giostra cavalleresca o di un torneo, resa però in modo sintetico. Lo sfondo è ancora quello di un paesaggio campestre, in cui un cavaliere, in groppa al suo destriero rampante, tiene in mano una lunga lancia nell’atto di colpire. Egli è protetto da un copricapo decorato da una piuma e calza speroni ai piedi. mese di giugno, simbolo zodiacale del Cancro; la scena è quella della mietitura del grano, con un contadino intento a tagliare le messi con una grossa falce. mese di luglio, segno del Leone; la rappresentazione è in questo caso quella della battitura del grano: ancora una volta sullo sfondo di un paesaggio campestre, un uomo scalzo e avvolto in una veste bianca e leggera batte le spighe raccolte in fasci, servendosi del correggiato e liberando così i chicchi. I residui stopposi delle spighe sono ammassati da un lato sotto forma di covoni di fieno, come quello che compare alle spalle del contadino, mentre ai suoi piedi giace un piccolo animale di difficile identificazione. rappresentazione del mese di agosto, segno zodiacale della Vergine; all’interno di una stanza, un medico riccamente paludato somministra al suo paziente, che giace nel letto, il medicinale contenuto in un’ampolla; quest’ultimo elemento può essere però solo immaginato, dal momento che proprio tale parte risulta oscurata da una macchia. Con le gambe coperte dalle coltri, il malato è seduto su un letto ligneo; ha il torso nudo e indossa solo un berretto rosso, mentre aspetta, a occhi chiusi e con le braccia incrociate, le cure del medico. La stanza è qualificata anche da un camino spento, posto accanto a una porta timpanata, dalla quale fa capolino la testa di un giovane. mese di settembre, segno della Bilancia; immagine della vendemmia: da una lussureggiante pergola, un contadino sta raccogliendo dei grappoli di uva nera, riponendoli nel cesto di vimini, appeso a uno dei rami più robusti della pianta, mentre un altro cesto è poggiato in terra; accanto all’uomo, un bambino mostra un grosso grappolo. mese di ottobre, segno zodiacale dello Scorpione; nella scena è la prosecuzione della vendemmia, ma il momento fissato nell’immagine è quello

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ROSS. 772

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della pigiatura delle uve. Con una chiesa rossa sullo sfondo, la rappresentazione è dominata dalla presenza di un grosso tino, traboccante di grappoli. Un contadino immerso fino alle gambe vi è intento a pigiare l’uva, mentre una scala è appoggiata alla costruzione in mattoncini rossi. Il succo ottenuto confluisce in due canali e si riversa in piccole botticelle, che una volta colme saranno depositate in cantina da un secondo uomo che le porta via a spalla. f. 20v: rappresentazione del mese di novembre, segno zodiacale del Sagittario; la scena è quella dell’aratura del terreno, caratterizzata da un contadino che guida l’aratro tirato da due buoi; l’artista ha voluto visualizzare l’idea della natura che lentamente si addormenta qualificando il paesaggio con la sola presenza di un albero spoglio, su cui è posato un bianco volatile. f. 21v: dicembre, segno del Capricorno; il mese è identificato con il momento della macellazione del maiale, eseguita all’interno di una stanza dal soffitto e dal pavimento a scacchi rossi e bianchi, nella quale è acceso un camino di notevoli dimensioni. Sulla sinistra, al soffitto, è appeso il maiale appena ucciso, sulla destra è presente un’asta di legno dalla quale pendono, in prossimità della fonte di calore, degli insaccati. Un uomo è in piedi davanti al focolare ed è nell’atto di porre su un braciere una coppa, in modo però che la parte concava sia a contatto con le fiamme. f. 23r: disegno del palmo della mano, coperta con un polsino viola foderato in verde, con asole e bottoncini, all’interno della quale è visualizzato il conteggio dei giorni di cui sono costituiti i singoli mesi dell’anno: nelle falangi del pollice è vergato il numero 31, mentre in basso si legge zener, augusto e marzo; nell’indice piegato, è presente il numero 30 che accomuna aprile e settembre, e la cifra 28 che invece caratterizza feb(b)r(aio); sul dito medio sono poi indicati ma(r)zo e ottobre, di 31 giorni; e ancora sull’anulare piegato, zugno e novembre di 30 giorni, mentre nel mignolo ci sono luglio e dezembre di 31 giorni. Nei fogli successivi sono presenti altre mani riempite di sequenze alfanumeriche diverse e circonferenze con indicazioni di vario tipo: f. 27r: Questa rota sie la raxon de trovar la letera diminichale. f. 27v: In questa rota sie la raxon de trovar l’auro numero. f. 28r: In questa rota sie la raxon de trovar la pata. f. 28v: Questa rota si dimostra la raxon de li dicion. f. 29r: AURUS NUMERUS. f. 30r: Aurus numerus. f. 30v: tabella per il computo della Pasqua. f. 31r: tabella per il computo della Pasqua. f. 32r: TABELLA AD INVENIENDUM FESTA MOBILIA. ff. 33v-34r: tabella con l’indicazione delle feste liturgiche.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Lo stato di conservazione è discreto, anche se sono presenti macchie di umidità in tutto il codice; è inoltre presente un problema di scarsa adesione dei primi fascicoli. Legatura Rossi A, in buone condizioni. Sul dorso, in alto si legge KALEND(ARIUM); in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il manoscritto sembra essere stato compilato in due momenti distinti: la prima parte deve essere stata vergata intorno alla fine del Quattrocento, mentre la seconda potrebbe risalire al secolo successivo. È però presumibile che, dal punto di vista materiale, il codice sia assemblato alla fine del secolo XV, come sembrano indicare le filigrane. Le cadenze linguistiche veneziane consentono di presumere per il codice la realizzazione in terra veneta. Sul f. 1r, infine, vi è l’indicazione della data 1483, mentre al f. 1v, in basso, si può leggere MCCCCLXXXIIII. (Bibl. Rossianae, VII, 252r-v) TIETZE, Die illuminierten, 17 nr. 28; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 108 nr. 334.

EVA PONZI

Ross. 780 (olim X, 160) Gesta Romanorum. Erkenntnis der Sünde (ff. 1r-143v). IACOBUS DE THERAMO, Liber Belial (ff. 144r-219v) Germania, sec. XVex.

Ross. 780, f. Iv

Cart. (carta di buona qualità); ff. VII (VI cart., I membr.), 219, VI’ (cart.). Il codice presenta due numerazioni, entrambe cronologicamente successive al corpus del libro: la prima (presa come numerazione di riferimento nella scheda), più recente, è realizzata con numeratore meccanico, in numeri arabi nel margine inferiore sinistro sul recto di tutti i fogli; la seconda, sempre in cifre arabiche, tracciata a matita, nel margine superiore destro sul recto di tutti i fogli, non investe tutto il manoscritto (manca ai ff. 1120, 21-30, 32-40, 42-50, 52-60, 62-70, 72-80, 86-90, 91-95, 97-100, 102-110, 112-119, 122130, 132-134, 137-140, 142-143, 146-150, 152160, 162-170, 172-174, 176-179, 182-190, 192200, 202-210, 212-219) e presenta alcuni errori (il foglio 31 è numerato come 30, il foglio

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ROSS. 772-780

1129

41 è numerato come 40). Il codice misura mm 280×210 (misure prese ai ff. 1r, 87r). Scrittura corsiva vergata da una sola mano con inchiostro nero per il testo e con inchiostro rosso per le rubriche. Specchio scrittorio (mm 195×150, misure prese a f. 1r; mm 200×140, misure prese a f. 15r) a due colonne di 29 linee, inquadrate da due righe marginali verticali (spazio intercolonnare mm 20). Rigatura a inchiostro. La fascicolazione è regolare.

Un foglio membranaceo, numerato a matita nel margine superiore destro con la cifra romana I, precede il corpus del manoscritto; in origine tale foglio fungeva verosimilmente da rivestimento del contropiatto anteriore di una legatura precedente a quella odierna (rimangono sulla pergamena i segni dei risvolti fatti per rivestire il piatto della legatura). Sul verso di questo foglio è stata realizzata una miniatura tabellare (mm 170×240), disegnata a inchiostro e non colorata, racchiusa entro una spessa cornice in inchiostro bruno, raffigurante Dio Padre in trono, circondato dagli angeli, soprastante un paesaggio fluviale. Il manoscritto non è decorato e presenta solamente lungo il testo numerosissime iniziali rubricate in rosso, occupanti una linea di scrittura. I margini inferiori di alcuni fogli (7v, 18v, 20v, 30v, 42v, 64v) sono arricchiti da veloci disegni marginali, cartigli e volti umani. Lo stato di conservazione del codice è, nel complesso, buono. Frequenti e numerose sono le macchie di umidità che si estendono lungo il margine superiore e il margine destro dei fogli. Legatura del tipo Rossi A, in buono stato di conservazione. Il contropiatto e la controguardia sia anteriore che posteriore sono rivestiti con cartone azzurro. Il codice non presenta elementi che possano contribuire a far luce sulla sua origine o sulle fasi più antiche della sua vicenda storica. Sul foglio 144v, nel margine inferiore, è stata aggiunta, da una mano diversa da quella che ha vergato il testo, l’annotazione Petrus Pichler sum vocatus in nomine domini. Il codice si trova recensito nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 17), ove viene localizzato nella Germania settentrionale e datato alla fine del XV secolo. Di esecuzione veloce, il disegno a f. Iv rivela un artista dotato di una certa vena narrativa, carica di vivacità popolaresca e aneddotica. I personaggi sono delineati con un disegno spesso e pesante, che si sofferma volentieri sui tratti fisionomici individuali e sulle espressioni. Poste preferibilmente di tre quarti, le figure sono contraddistinte da volti angolosi, da nasi appuntiti e da gesti un po’ impacciati, anche se piuttosto espressivi, riecheggianti le modalità espressive della xilografia tedesca coeva, come ben dimostra il confronto con alcune incisioni in un libro, stampato nel 1494 a Basilea, contenente il testo De insulis nuper in mari Indico inventis di Cristoforo Colombo, preceduto dall’Historia Baetica di Carolus Verardus (Scheda nr. 46, 226-231). Il Ross. 780 tramanda il testo, tradotto in tedesco (la traduzione tedesca venne stampata per la prima volta ad Augusta nel 1489), dei Gesta Ro-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

manorum, una collezione di aneddoti, estremamente popolare nel Rinascimento (forse anche William Shakespeare vi trasse ispirazione), uno per ogni imperatore romano; alcuni aneddoti sono di argomento storico e terminano tutti con una massima morale. Segue nel codice l’opera Erchantnuzz der sund di Heinrich von Langenstein (1325-1397), teologo e riformatore dell’Università di Vienna: una sorta di manuale di penitenza in lingua tedesca, che egli compose nel 1388 per il figlio del duca Albrecht III d’Austria (RUDOLF, Heinrich von Langenstein, 50 nr. 71). Insieme con il testo dei Gesta Romanorum e quello dell’Erchantnuzz der sund nel Ross. 780 si trova anche il testo di Iacopo da Teramo (1349-1417), Belial. Iacopo da Teramo fu autore di diverse opere, la più importante delle quali è la Consolatio peccatorum, seu processus Luciferi contra Iesum Christum, scritta intorno al 1382. Questa “consolazione dei peccatori” (con il colophon liber Bellial) prende la forma di una causa legale tra Lucifero e Gesù Cristo, presieduta da Salomone, nella quale il Diavolo cita Cristo per essere disceso all’inferno. Nella prima udienza Mosè è il consulente legale di Gesù Cristo e Belial lo è per il Diavolo. Nella seconda udienza il patriarca Giuseppe è il giudice, Aristotele e Isaia difendono Gesù Cristo e l’imperatore Augusto e Geremia difendono il Diavolo. In entrambe le cause il verdetto è in favore di Cristo, ma nella seconda causa il Diavolo si arroga il diritto di prendere i corpi e le anime dei dannati nel Giudizio finale. Recentemente è stato osservato che il Liber Belial era considerato come un testo legale che spiegava il processo canonico di una causa a uomini laici come, ad esempio, ufficiali giudiziari e procuratori legali. Malgrado fosse considerato blasfemo da alcuni storici antichi per aver descritto una causa intentata contro Cristo, il Liber Belial dimostrò anche il potere di Cristo sul Demonio e offrì, come recita il titolo latino, una consolazione ai peccatori (Scheda nr. 39, 194-197). (Bibl. Rossianae, VII, 266r-267r, con 1 foglio non numerato scritto solo sul recto e inserito tra i ff. 266-267) TIETZE, Die illuminierten, 17 nr. 29; RUDOLF, Heinrich von Langenstein, 50 nr. 71.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 802 (olim X, 181) GIORDANO RUFFO

DI

CALABRIA, Il libro della mascalcia

Italia, sec. XV1 Cart.; ff. VIII (I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 90, VIII’ (VIII’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Bianchi i ff. 89v e 90r-v. Numerazione moderna a inchiostro bruno e cifre arabiche in alto a destra solo sul recto (con un salto da f. 50 a f. 52). Il codice misura mm 285×215 (misure prese a f. 4). Testo vergato in semigotica di modulo piccolo da una sola mano con inchiostro bruno (talora rialzato in

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ROSS. 780-802

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rosso) e rosso per i titoli, disposto su una sola colonna di 45 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 185×116, rigato verticalmente e orizzontalmente con punta di piombo. Rari interventi integrativi marginali. A f. 89r è una nota che recita: A di 24 de otobre 1548 / naque Nicola figliolo di Gironimo / a ora una meza de note a di 24 de otobre 1548. Un’altra scrittura annota alla fine dell’opera a f. 87r la ricetta di una bevanda a uno cavallo che avesse dolori. Una nota di possesso di difficile lettura nel margine inferiore di f. 1r sembra potersi leggere come Petrii Bruni da Pistorii.

Il codice contiene la traduzione italiana del testo latino De medicina equorum scritto da Giordano Ruffo (Iurdanu Ruffu, Iourdain Ruf, o, nei vari manoscritti, Risso, Rusto). Nato a Tropea intorno al 1195, secondogenito di Pietro I conte di Catanzaro, il quale ai tempi dell’imperatore Federico II era Ross. 802, f. 1r stato vicerè e gran giustiziere in Sicilia e Calabria, Giordano Ruffo fu alto giustiziere, cavaliere e gran scudiero, marescallus maior, nonché amico e commensale di Federico II. Ruffo scrisse la sua opera intorno alla metà del Duecento, non senza l’aiuto e l’incitamento dell’imperatore, come vien detto nella stessa introduzione, dalla quale si desume pure che la divulgazione dell’opera fu successiva alla morte di Federico, avvenuta il 12 dicembre 1250: ego Iordanus Ruffus de Calabria miles in marestalla quondam domini imperatoris Friderici secundi. L’opera, divisa in 6 parti, De creatione et nativitate equi, De domatione et captione eius, De custodia et doctrina, De cognitione pulchritudinis corporis, De infirmitatibus, De mediciniis ac remediis, è nota anche come Libro della marescialleria (cfr. RUFFO, Lo libro; BENEDETTI, La ‘Mascalcia’), incentrata com’è appunto sulla mascalcia, l’arte di allevare e di curare i cavalli. Si tratta di uno dei principali trattati scientifici dell’Italia medievale, anzi uno dei primi testi di valore veramente scientifico, essendo privo di qualsiasi riferimento a pratiche magiche e a superstizioni. Il successo immediato dell’opera è attestato sia dalle molte traduzioni antiche (per l’area romanza, in francese, provenzale, catalano, italiano, gallego-portoghese, siciliano) sia dal numero di oltre 160 manoscritti finora individuati (BENEDETTI, La ‘Mascalcia’, 297), alcuni dei quali anche miniati (BRUNORI CIANTI, CIANTI, La pratica, 237-253 Schede nrr. 2-3; BRUNORI CIANTI, Testo e immagine). Particolarmente importante è il codice Berlin, Kupferstichkabinett 78 C., contenente il volgarizzamento dell’opera, di cui è stata approntata un’edizione (RUFFO, Lo libro), utile soprattutto per seguire i percorsi della fortuna del trattato in Italia, durata fino al Rinascimento inoltrato.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’apparato decorativo del codice consiste in 3 iniziali de pennello: l’una a f. 1r (dove è anche un fregio), a introdurre l’opera; l’altra a f. 29r, a introdurre il III libro; l’ultima a f. 43r, a introdurre il IV libro. Numerose sono le iniziali de penna rosse, piccole e medie, da mm 5×3 a 15×12, eccezionalmente (f. 16r) di mm 30×25, all’incipit del II libro, qualche volta decorate con inchiostro seppia e tocchi di giallo (ff. 57v, 80v). La lettera di f. 56v contiene al suo interno l’immagine di un uomo delineato a inchiostro seppia con piccoli tocchi di colore rosso. f. 1r: iniziale L di L’arte della medicina (mm 37×35). In origine coperta da foglia d’oro, completamente caduta, presenta un colore verde della preparazione di base. All’interno è un albero fruttifero (si vedono ancora alcuni pomi d’oro) che si erge su un prato fiorito sotto un cielo in cui campeggiano a sinistra il sole e a destra la luna. Il testo è incorniciato sui tre margini esterni da un doppio listello in giallo riempito da un festone verde acantiforme e piccoli fiori rossi e rosa che lascia spazio nel bas-de-page a uno stemma, oggi abraso. Un più sottile fregio riempie il margine sinistro: è costituito da una semplice asta verde interrotta da gruppi di foglie e maschere rosa viste di profilo. f. 29r: iniziale Q di Questo trattato (mm 25×30), in rosso con campitura interna a disegni geometrici, in inchiostro seppia con piccoli interventi in tempera gialla e verde; dalla lettera si diparte un breve fregio fitomorfo, della stessa tavolozza, che va a riempire parzialmente il margine sinistro. f. 43r: iniziale I di Inchominciamento (mm 25×22), in inchiostro seppia e tempera gialla con decorazione geometrica e fitomorfa che si estende in un breve fregio che va a riempire parzialmente il margine inferiore, in parte campito di giallo. Difficile inquadrare in un preciso contesto geoculturale il manoscritto, la cui decorazione, piuttosto scarna e qualitativamente irrilevante, farebbe propendere per un’esecuzione sommaria da parte forse dello stesso calligrafo. Per la scrittura l’esemplare si colloca entro il primo ventennio del Quattrocento. Il manoscritto è in uno stato di conservazione discreto. Il f. 1, probabilmente assai deteriorato lungo i bordi, ha subìto un intervento integrativo volto a restituirne l’integrità, come anche il f. 50; si notano altri microinterventi (ad es. a f. 18v). In alcuni punti (come a f. 1r) l’inchiostro si è sbiadito. Alcuni fogli (ff. 8, 14, 40 etc.) si stanno staccando, altri sono macchiati (ff. 10, 11, 19 etc.). Legatura Rossi A in ottimo stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, IORDANO / RUFO / MASCALCIA / LIB(RO) VI, in basso, COD(ICE) CART(ACEO) / DEL SECOLO / XIV. (Bibl. Rossianae, VII, 304r-v) TIETZE, Die illuminierten, 125 nr. 263.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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ROSS. 808

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Ross. 808 (olim X, 187) ALBERTUS MAGNUS, Summa de creaturis Bologna, sec. XV, metà (1452 ca.) (f. 274r) alla fine del testo e prima della formula Deo gracias Amen compare in inchiostro rosso la scritta 1452 F. Cart.; ff. V (il primo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 274, V’ (l’ultimo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia); numerazione moderna a inchiostro seppia e cifre arabiche, eccezionalmente romane (ff. X, XI) in alto a destra sul recto, errata a f. 200 (segnato 220) e integrata da una più recente a lapis laddove la precedente è andata perduta a causa di una rifilatura dei fogli. Il codice misura mm 432×297 (misure prese a f. 1). Il testo è vergato in una scrittura di transizione all’umanistica, ricca di abbreviazioni e di modulo piccolo, con inchiostro bruno da una sola mano, disposto in Ross. 808, f. 1r due colonne (spazio intercolonnare mm 30) di 60 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 287×165, rigato alla mina di piombo verticalmente e orizzontalmente. Numerose annotazioni marginali di altre mani, soprattutto nella seconda parte del manoscritto (a partire da f. 97r), dove si incontrano anche sottolineature (f. 97r, 98r, 99r, 101r-v etc.). Richiami in basso a destra alla fine di ogni fascicolo. Signa paragraphalis a inchiostro alternativamente blu e rosso.

L’apparato decorativo del codice, che contiene la Summa de creaturis di Alberto Magno (Lauingen 1206-Colonia 1280), un’opera particolarmente importante per la conoscenza di molte dottrine attinenti alla morale generale, preceduta a f. Ir dall’Index questionum, incompleto, perché relativo solo ai ff. 1-20, consiste in un fregio marginale a f. 1r, a incorniciare l’incipit dell’opera, 2 lettere de pennello, l’una di mm 55×55, a f. 1r, la Q di Queritur de creaturis, a introdurre la prima parte, il De quatuor coaevis, e l’altra di mm 63×60, a f. 97r, la C di Consequenter queritur de homine, all’inizio della seconda parte, il De homine, nonché numerose iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto, di mm 20×15 in media. Le lettere incipitarie miniate, che si stagliano su campi quadrangolari in lamina d’oro, hanno il corpo rosa a diverse bande tonali filettate di biacca, al quale si avvincono verdi foglie d’acanto, e contengono al loro interno un motivo fitomorfo a foglie blu, verdi e rosse (che al f. 97r si organizzano attorno al motivo della croce) su campo in lapislazzuli damascato di bianco. Il fregio di f. 1r corre lungo il margine sinistro e inferiore dove trova posto, entro una cartella mistilinea (risultante dalla sovrapposizione di un quadrato e di un tetralobo), limitata da una cornice tripartita rosso, verde e blu, su fondo oro, uno stemma non identificabile. L’ornato è realizzato per mezzo di volute fo-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

gliacee blu, rosso, rosa e verde ampie e tondeggianti, con foglia d’oro negli spazi interstiziali e bottoni raggiati che costeggiano i bordi, vivacizzato da tre volatili, uno a mezza altezza del bordo laterale, gli altri araldicalmente disposti ad ali spiegate ai lati dello stemma, e due putti, nudi e calvi, uno sulla spalla dell’altro, che si confondono tra l’ornato a sinistra. Lo stile della decorazione si inserisce nel filone della cultura bolognese di metà Quattrocento, caratterizzato da un ornato basato su una cromia prevalentemente rossa, blu e verde e una morfologia robusta, e arricchito, già alla fine del secondo decennio del XV secolo, soprattutto con il Maestro degli Statuti padovani, di uccelli e putti (cfr. MEDICA, Per una storia). Il codice si trova in uno stato di conservazione buono, nonostante il parziale sbiadimento dell’inchiostro dei primi fogli. Legatura Rossi B (seta rossa), in discreto stato di conservazione anche se si ravvisano i primi segni di stacco del dorso. Sul dorso si legge, in alto, B(EATI) ALBERTI MAGNI / SUMMA / DE CREATURIS / IN DUAS PARTES, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / AN(NO) M.CCCC.LII. Se pure posteriore di qualche anno rispetto al Ross. 809 (che contiene la seconda parte dell’opera di Alberto Magno), il codice potrebbe fare parte di uno stesso progetto editoriale. Sul f. Iv è la nota di possesso in inchiostro seppia che recita Liber domini Grimani cardinalis Sancti Marci e dichiara l’appartenenza del codice a Domenico Grimani (1461-1523), anche noto, appunto, per la sua preziosa quanto cospicua raccolta di manoscritti (DILLER, SAFFREY, LEENDERT, Bibliotheca). (Bibl. Rossianae, VII, 312r-v) TIETZE, Die illuminierten, 125 nr. 266; MERCATI, Opere minori, 161.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 809 (olim X, 188) ALBERTUS MAGNUS, Summae de creaturis secunda pars (ff. 1r-163v); tabula quaestionum libri de homine Alberti Magni (ff. 164r-165r) Bologna, sec. XV2 (d.to 1446 gennaio 13) (f. 163v) explicit: Anno domini MCCCCXXXXVI mensis Ianuarii die XIII Cart.; ff. III, 166, III’; numerazione moderna a lapis e cifre arabiche in alto a destra sul recto dei primi dieci fogli, poi solo sulle decine, a segnalare l’ultimo foglio del fascicolo, infine, sugli ultimi sette fogli. Il codice misura mm 424×290 (misure prese a f. 1). Testo, scritto con inchiostro bruno in semigotica, di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, da una sola mano; disposto in due colonne (spazio intercolonnare mm 32) di 60 linee, entro uno

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ROSS. 808-809

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specchio di scrittura di mm 270×176, rigato a colore verticalmente e orizzontalmente. Richiami in basso al centro alla fine di ogni fascicolo. Signa paragraphalis a inchiostro alternativamente blu e rosso.

Il codice contiene 1 iniziale de pennello al f. 1r, di mm 360×380, all’incipit della seconda parte del De creaturis di Alberto Magno, e numerose iniziali de penna rosse e blu filigranate con inchiostro seppia di mm 25 in media. f. 1r: iniziale C di Circa secundam parte, dal corpo rosaceo attraversato da leggere filigrane a biacca, su campo esterno in lamina d’oro e con campo interno in lapislazzuli lumeggiato di biacca e riempito da un motivo fitomorfo policromo. Nella parte alta del margine siniRoss. 809, f. 1r stro si estende un fregio acantiforme con foglie verdi blu rosse rosa e ocra e bottoni dorati monocoda posti a costeggiarlo. Nel bas-de-page entro una cartella quadriloba verde (data dalla sovrapposizione di un quadrato e di un tetralobo), su un campo rosa antico damascato è uno stemma ormai abraso. Lo stile della decorazione si inserisce nel filone della cultura bolognese del secondo quarto del Quattrocento caratterizzato da un ornato basato su una cromia accesa data dall’accostamento di verdi e rosso minio con inserzioni di blu e una morfologia sostenuta (cfr. MEDICA, Per una storia). Il codice si trova in cattivo stato di conservazione; alcuni fra i primi fogli sono staccati (ff. 30, 31) o stanno per staccarsi (f. 7). Legatura Rossi B (seta rossa), in discreto stato di conservazione: si ravvisano i primi segni di stacco del dorso. Sul dorso si legge, in alto, ALBERTI MAGNI / QUAESTIONUM / LIBRI / DE HOMINE, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI 1446. Se pure precedente di qualche anno rispetto al Ross. 808 (che contiene la prima parte dell’opera di Alberto Magno), il codice potrebbe fare parte di uno stesso progetto editoriale. Sul margine superiore del f. Iv è la nota di possesso in inchiostro seppia che recita Liber D(ominici) Grimani cardinalis S(ancti) Marci e dichiara dunque l’appartenenza del codice a Domenico Grimani (1461-1523), anche noto, appunto,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

per la sua preziosa quanto cospicua raccolta di manoscritti (DILLER, SAFFREY, LEENDERT, Bibliotheca). (Bibl. Rossianae, VII, 313r-v) TIETZE, Die illuminierten, 116 nr. 241; MERCATI, Opere minori, 161.

GRAZIA MARIA FACHECHI Ross. 820 (olim X, 194) Iuridici diversorum tractatus: ANGELUS DE GAMBELLIONIBUS ARETINUS, Practica maleficiorum (ff. 1r-79v). LUDOVICUS DE SARDO (DE SARDIS) DE FERRARIA, De spuriis (de legittimatione) (ff. 81r-117r); Quaestiones aliquot et cursus iuridici (ff. 117r-118r). BENEDICTUS DE BENEDICTIS, Super Capitulum Raynucii de testamentis (ff. 121r-152v). BARTOLUS, Tractatus de duobus fratibus (ff. 152v-159v). (IOHANNES) ANDREAE, Summula super Quarto (Summula de Sponsalibus) (ff. 159v-162r). RAYNERIUS DE FORLIVIO, Casus i.e. a rubricella ex oblivione (ff. 163v-168v). BARTOLUS DE SAXOFERRATO, Glossae XI collationis (ff. 168r-172v). BALDUS DE PERUSIO, Tractatus constituti et constituendi pro mercatoribus (ff. 172v-174r). ANGELUS DE PERUSIO, Tractatus sequestrationum (ff. 174r-175r); Tractatus de suppliciis inferendis (ff. 175v-176v). BARTOLUS DE SAXOFERRATO, De Guelfis et Ghibellinis (ff. 177r-178v); Tractatus qui a testificando repelluntur (ff. 179r-179v). IOHANNES BAPTISTA DE CACCIALUPIS DE Sancto SEVERINO, De modo studendi in utroque iure et vita doctorum (ff. 182r-190v). MANSUETUS DE MANSUETIS DE PERUSIO, Repetitio rubricae C de testamento militis (ff. 191r-212v). LANFRANCUS DE ORIANO DE BRIXIA, Repetitio super corpus quoniam contra (ff. 217r-277v); Tractatus de arbitriis (ff. 281r-307v) Firenze, sec. XV3

Ross. 820, f. 1r

(f. 79v) explicit: Explicit tractatus et pratica maleficiorum editus per egregium legum doctorem dominum Angelo de Glambiglionibus de Aretio per mei Relmeri Woldertrum scriptus atque completus manu anno domini MCCCCXXI ipsa die sexta septembris (f. 117r) colophon: Datum Bononie MCCCCXXV die VII. Iulii (f. 152v) Scriptum pro spectabili et peritissimo viro Mariotto de Montefalco per Georgium Iohannis Alamanum scriptorem Perusinum etc. 1472

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ROSS. 809-820

1137

(f. 175r) Explicit tractatus sequestri secundum Angelum de Perusio per Georgium Iohannis scriptus (f. 176v) Finis […] per Georgium Iohannis de Alamania scriptus (f. 178v) Scriptus per Georgium Iohannis de Alamania. 1472 (f. 179v) Explicit tractatus per Georgium Iohannis de Alamania 1472 (f. 190v) Ego Georgius Iohannis de Alamania scripsi (f. 212v) explicit: Finivit Georgius Iohannis Germanus XVIII aprilis 1472 (f. 307v) Finis 1442 die 24 iunii Cart.; ff. IV (I-II moderni di restauro), 309, II’ (moderni di restauro). Numerazione moderna a lapis e cifre arabiche in alto a destra nei primi dieci fogli, poi nelle decine e da f. 80r anche di altri fogli ma saltuaria; numerazione contemporanea meccanica in basso a destra con cifre arabiche (errata l’indicazione del f. 179 segnato 170). Richiami in basso al centro del foglio alla fine di ogni fascicolo (a destra solo nel primo). Il codice misura mm 430×280 (misure prese a f. 1). Testo vergato in semigotica di modulo piccolo da varie mani e con inchiostri diversi, a volte rosso per i titoli, disposto in 2 colonne di un numero assai variabile di linee (mediamente 60), entro uno specchio di scrittura rigato a secco di mm 270×170 (spazio intercolonnare mm 35); mm 260×150 (mm 40); mm 310×180 (mm 28); mm 280×170 (mm 40). Bianchi i ff. 80r-v, 118v-120v, 213r-216v, 278r-280v, 308r-v, 309rv. Numerose annotazioni marginali e richiami. Signa paragraphalis a inchiostro alternativamente blu e rosso.

Il codice contiene una miscellanea giuridica, la cui Tabula repetitionum huius voluminis si trova a f. IIr (il f. I è bianco). Nel manoscritto compaiono dieci sottoscrizioni, otto delle quali riportano il nome del copista, in un caso Relmerus Woldertrum Moldertrum Wolderkinius (f. 79v), negli altri Georgius Johannis de Alamania (ff. 152v, 175r, 176v, 178v, 179v, 190v, 212v), che data la fine del suo ultimo lavoro al 1472. Presentano invece solo la data le sottoscrizioni di ff. 117r (1425) e 307v (1442). Mentre è di certo errata, e frutto di una interpolazione, come dimostra anche l’abrasione in corrispondenza della prima X al posto probabilmente della precedente L, la data 1421 che compare a f. 79v al termine della scrittura della fatica più nota di Angelo Gambiglioni (MAFFEI, MAFFEI, Angelo), il Tractatus de maleficiis (di cui il manoscritto contiene la versione più breve), composto invece a Bologna nel 1438, e che divenne rapidamente la più diffusa monografia in campo penale e penal-processuale. Il codice presenta 1 miniatura de pennello di mm 55×55, in corrispondenza dell’incipit della prima opera contenuta, cioè Angelus de Gambellionibus, Practica maleficiorum (ff. 1-79) e numerose iniziali de penna rosse e blu, in media di mm 13×11, solo nella prima opera. Assenti le iniziali nel secondo testo contenuto ai ff. 81r-117r. Alcune iniziali de penna rosse di varie dimensioni ai i ff. 121r152v e 168v-212v. Assenti incipit decorati ai ff. 152v-168v, 217r-307v. Segni di paragrafo in rosso e blu. f. 1r: iniziale S di Sepe michi nature, dorata a bianchi girari sottili e regolari, di fattura fiorentina, databili al terzo quarto del Quattrocento, organizzati in un disegno geometrico, terminanti in ricchi boccioli di fiori che

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

fuoriescono dal campo della lettera e vanno a invadere parzialmente il margine sinistro e superiore terminando con motivi a filigrana e bottoni aurei su campo esterno a lacunari verdi, rossi e blu, disseminati di gruppi di tre puntini di biacca, che vanno a occupare parzialmente i margini superiore e sinistro. Al bas-de-page, entro una corona d’alloro è uno scudo su campo tondo amaranto con puntini di biacca tre a tre; lo stemma, non identificato, appare partito orizzontalmente: d’azzurro al profilo maschile, al capo di verde caricato di tre primule rosse ordinate in fascia. Il codice è in uno stato di conservazione buono, se si eccettuano gli ultimi fogli che recano estese tracce di umidità. Legatura Rossi B, in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto TRACTATUS / VARII / LEGALES, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VII, 326r-v) TIETZE, Die illuminierten, 117-118 nr. 244; QUAGLIONI, Il pubblico, 199; CORTESE, Alle origini, 27; MAFFEI, MAFFEI, Angelo, 41-44; MAFFEI, Giovan Battista, 396-397.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 838 (olim X, 200) ANGELUS

DE

GAMBELLIONIBUS ARETINUS, Commentaria super Institutionibus

Ferrara, sec. XV, metà (d.to 1449 dicembre 31) (f. 96v) Ego Angelus Iohannis de Gambiglionibus de Aretio minimus inter legum doctores Bononie iura civilia legens istum primum librum institutionum compilavi. Quem postea Ferrarie legens revidi et revidere et supplere et corrigere perfeci die XI februarii 1448 (f. 247r) Explicit ista prima pars huius operis revisa per me Angelum de Gambiglionibus de Aretio die 16 octobris Ferrarie 1448 (f. 307v) Quod ego Angelus Iohannis de Gambiglionibus de Aretio minimus inter legum doctores hunc tertium librum institutionum compilavi Bononie. Et nunc hic Ferrarie die 20 decembris 1448 revidi etc. et corressi (sic) (f. 358r) colophon: Et hic sit finis huius operis, quod ego Angelus de Gambiglionibus de Aretio legum doctor perfeci die ultimo mensis decembris 1449, dum publice legerem ius civile in civitate Ferrariae sub inclito et excelso principe domino Leonello Marchione Estensi

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ROSS. 820-838

1139

Cart.; ff. V, 358, V’. Numerazione a lapis e cifre arabiche in alto a destra sul recto dei primi dieci fogli, poi solo delle decine, in corrispondenza dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, e una più recente meccanica in basso a destra con cifre arabiche che però salta il f. 3 (in seguito numerato 2° a matita). Il codice misura mm 430×285 (misure prese a f. 1). Testo vergato in inchiostro bruno e rosso per i titoli da una sola mano in semigotica ad andamento corsiveggiante, di modulo piccolo, disposto su due colonne (spazio intercolonnare mm 35) di 60 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 255×170, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente. Richiami sistemati in basso al centro a fine fascicolo. I ff. 247v-249v, che separano la prima parte dell’opera dalla seconda, sono bianchi. Pochi interventi marginali. Signa paragraphalis a inchiostro alternativamente rosso e blu.

Il codice contiene la Lectura Institutionum dell’aretino Angelo Gambiglioni (MAFFEI, MAFFEI, Angelo), uno dei maggioRoss. 838, f. 1r ri esponenti della scienza giuridica quattrocentesca, morto nel 1461, il quale nel 1444-1445, o l’anno dopo, passò da Bologna a Ferrara. Autore del più celebrato trattato criminalistico del tempo, il De maleficiis, opera destinata a giudici e avvocati, il giureconsulto non brillò meno per quest’opera, essenzialmente didattica, che conobbe anch’essa una straordinaria diffusione già come testo a penna subito dopo il suo apparire, quindi per il tramite di innumerevoli edizioni a stampa fra il 1473 e gli inizi del Seicento. Diffuso attraverso 7 manoscritti, 20 incunaboli a partire dall’editio princeps pavese del 1473 e, infine, ben 37 cinquecentine e addirittura due secentine, di cui l’ultima uscita a Venezia nel 1609 (MAFFEI, MAFFEI, Angelo, 44-47), questo lungo commentario alle Istituzioni fu elaborato in un largo tratto d’anni, dopo il Tractatus de maleficiis, fino al 1449, rivedendo, organizzando e correggendo le lecturae universitarie, tra Bologna e Ferrara. È proprio il Ross. 838 a dare importanti informazioni in merito. Secondo il manoscritto, ovvero secondo gli explicit dei quattro libri di cui si compone l’opera (ff. 96v, 216r, 307v, 358r) e l’explicit della prima parte (f. 247r), la revisione del I libro fu conclusa l’11 febbraio 1448, quella della prima parte (vale a dire fino al titolo De successionibus sublatis compreso, Inst. 3.12) il 16 ottobre 1448, e quella del III libro il 20 dicembre dello stesso anno. Dall’ultimo explicit si ricava che l’opera fu terminata l’ultimo giorno di dicembre del 1449 a Ferrara sotto il principe Leonello. Il codice contiene 1 iniziale de pennello di mm 55×60, a f. 1r, all’inizio del Proemio, segnalato da scrittura distintiva a inchiostro nero, e numerose iniziali de penna rosse e blu di varie dimensioni, fino a mm 50×40 (f. 1v). Sono state lasciate bianche le parti superiori dei ff. 1r e 97r (secondo la numerazione mecca-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

nica), agli incipit del I e del II libro dell’opera, che forse prevedevano l’inserimento di una miniatura. f. 1r: iniziale C di Clarissimi viri domini, disegnata lievemente inclinata a destra rispetto al testo, a bande di varie tonalità di rosa e filettature bianche con una fascia ocra all’interno che fa risaltare il campo in colore blu puntinato di biacca a gruppi di tre e fiore centrale (quasi una campanula), rosa con stelo e foglie verdi, su campo esterno in foglia d’oro. Dal corpo della lettera si dipartono prolungamenti marginali che vanno a riempire parzialmente il bordo sinistro, costituito da foglie d’acanto di fattura chiara e semplice rosa e verdi e rosa e blu rilevate in biacca o con tonalità diverse dal colore di base, da cui si affacciano rare gocce d’oro, le cui terminazioni sono impreziosite da un breve fregio filigranato color seppia e palline raggiate auree. La fattura piuttosto semplice della miniatura denuncia stilemi ferraresi del periodo fra Niccolò III e Leonello, ed è dunque inseribile in quel protorinascimento interessato dall’arrivo di correnti moderne, in primis la decorazione a bianchi girari dei codici umanistici, definita a “littere ingropade” (MEDICA, Da Leonello a Borso, 75), che si affiancheranno alla corrente di gusto marcatamente tardogotico. Questo manoscritto si colloca subito dopo l’esecuzione del sontuoso Breviario di Leonello miniato da vari artisti tra cui Giorgio d’Alemagna, della cui decorazione a sottili fregi filigranati conserva traccia, e dei manoscritti chiesastici eseguiti fuori dall’ambiente della corte, come i corali di San Giorgio (oggi al Museo di Schifanoia), per i quali operarono vari miniatori, in primis il bolognese Giovanni di Antonio. Il miniatore di questo codice sembra lo stesso che si incontra nel Ross. 841. Il codice si trova in uno stato di conservazione discreto, anche se interessato dall’annerimento di alcuni fogli, soprattutto i primi, e da qualche piccolo foro (ff. 1-3). Legatura Rossi B (seta rossa) in pessimo stato di conservazione; si registra lo stacco quasi totale della pelle del dorso, mancante nella parte superiore, dove era in origine il titolo che rimane dunque solo parzialmente leggibile: /// INSTITUTIONES / LECTURAE / PARS I. In basso è scritto: COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI / 1449. Il codice proviene dalla Biblioteca Capranica, come è segnato nel dorso, sotto la datazione: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. (Bibl. Rossianae, VII, 345r-v) TIETZE, Die illuminierten, 129 nr. 278; MAFFEI, MAFFEI, Angelo, 16, 44, 46, 66 ss.; MAFFEI, La vita, 12, n. 17.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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ROSS. 841

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Ross. 841 (olim X, 203) ANGELUS DE GAMBELLIONIBUS ARETINUS, Tractatus maleficiorum (ff. 1r-87v); Lectura super titulo de Apellationibus (ff. 89r-224v) Ferrara, sec. XV, metà (1450 ca.) (f. 87v) explicit tractatus de malleficis domini Angeli de Gambilionibus de Aretio legum doctoris excellentis. Amen. Di seguito con scrittura, inchiostro e mano diversi: Quem tractatum ego Laurentius de Maximis emi a magistro Bartolomeo cartulario Bitello nostro duobus ducatis pontificiis. Nec non exposui pro miniatura ipsius bolos (?) quinque perusinos (f. 224v) Tractatus iste completus fuit per egregium et famosum legum doctorem dominum Angelum de Gambliglionibus de Aretio Ross. 841, f. 1r publice legentem in almo studio bononiensi die lune secundo septembris MCCCCXLIII. Appena sotto: Qui scripsit, scribat et semper cum domino vivat, vivat in celis Antonellus de Addamo de Cuccaro nomine felix etc. Poi una mano più recente, forse la stessa che ha aggiunto la scritta a f. 87v, riferisce: Ego Laurentius Maximi de Maximis de Urbe, studens Perusii etc. emi hunc librum scilicet Appellationes Angeli, quae sunt 13 quaterni cum tabula a nobilibus viris heredibus Viti de Baldis mercatoribus Perusinis pro pretio trium florenorum ad rationem (?) XL bolorum pro quolibet folio de ista moneta … ducatos duos cum dimidio papales etc. quem librum miniari feci et religari cum praecedenti tractatu maleficiorum eiusdem Angeli. In quibus exposui ducatum medium. Et computatis omnibus etiam que exposui in praecedente tractatu, ut in fine ipsius apparet, totus iste liber integer constitit michi quinque ducatis et quinque bolis (?) Perusinis etc. Cart.; ff. V, 224, V’. Numerazione moderna a lapis e cifre arabiche in alto a destra sul recto dei primi dieci fogli, poi solo sulle decine, e meccanica in cifre arabiche in basso al centro del recto dei fogli. Il codice misura mm 427×279 (misure prese a f. 1). Testo vergato in inchiostro bruno, e rosso per i titoli, in textualis, per le linee incipitarie e in semigotica, di modulo piccolo, da due mani diverse (la prima trascrive i ff. 1r-87v, la seconda i ff. 89r224v), disposto in 2 colonne (spazio intercolonnare di circa mm 35) di un numero variabile di linee (da 58 a 61), entro uno specchio di scrittura di mm 255×160, rigato a colore verticalmente e orizzontalmente. Richiami in basso a destra o al centro a fine fascicolo. Bianco il f. 88r-v. Annotazioni marginali soprattutto nella prima parte del codice anche piuttosto estese, a volte a grappolo, a volte ancor più elaborate (f. 11r). Signa paragraphalis in inchiostro alternativamente rosso e blu.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Il codice contiene due opere del civilista aretino Angelo Gambiglioni, uno dei maggiori esponenti della scienza giuridica quattrocentesca, morto nel 1461, il quale nel 1444-1445, o l’anno dopo, passò da Bologna a Ferrara: il celeberrimo Tractatus de maleficiis, composto a Bologna nel 1438, in seguito rivisto e integrato con aggiunte dallo stesso autore, e il De appellationibus, terminato, sempre a Bologna, nel 1443. Particolarmente importante è il Tractatus de maleficiis, la più popolare e diffusa trattazione di diritto e procedura penale del tempo. Ripubblicato incessantemente fino alla fine del secolo successivo, è tradito da 18 manoscritti, 18 incunaboli a partire da quello stampato a Mantova nel 1472, e 31 cinquecentine, l’ultima delle quali impressa a Colonia nel 1599. Il Gambiglioni vi profuse tutta la sua esperienza di magistrato, corredandola di un solido bagaglio dottrinale: l’ambivalenza del trattato, teorica e pratica insieme, ne fece uno strumento insostituibile per gli operatori di diritto e allo stesso tempo gli assicurò grande considerazione nel mondo universitario (MAFFEI, MAFFEI, Angelo, 41-44). Il Ross. 841 reca una versione piuttosto completa ma comunque con brani aggiunti a margine. Il De appellationibus (preceduto nei ff. 89r-97v dalla Tabula) è una delle quattro monografie (insieme al De actionibus, il De exceptionibus e il De re iudicata), diverse per mole e fortuna, testimoni dell’attenzione rivolta dal Gambiglioni al diritto processuale; quest’opera ebbe minore fortuna rispetto ad esempio al De actionibus: sono testimoni 4 manoscritti, 2 incunaboli e 2 cinquecentine del 1503 e del 1579 (MAFFEI, MAFFEI, Angelo, 47-49). Il codice, scritto nella seconda parte da un tale Antonellus de Addamo de Cuccaro, di cui nulla si conosce, contiene 1 iniziale de pennello a f. 1r, di mm 53×42, all’inizio del Tractatus maleficiorum e, nella seconda parte del codice, qualche iniziale de penna, anche filigranata a contrasto, in un caso molto elaborata, di mm 35×30, a f. 97v, cioè all’inizio del De appellationibus. f. 1r: iniziale S di Sepe michi autem, in due tonalità di rosa filettato di bianco, con una fascia ocra interna, con campo interno blu damascato e campo esterno in foglia d’oro. Dalla lettera si dipartono brevi rameggi acantiformi policromi (verdi e rosa) da cui spuntano gocce auree, che vanno a riempire parzialmente il margine superiore e il margine interno, coronato all’estremità da una decorazione a filigrana seppia con soli dorati. La fattura piuttosto semplice della miniatura denuncia stilemi ferraresi del periodo fra Niccolò III e Leonello, ed è dunque inseribile in quel protorinascimento interessato dall’arrivo di correnti moderne, in primis la decorazione a bianchi girari dei codici umanistici, definita a “littere ingropade” (MEDICA, Da Leonello a Borso, 75), che si affiancheranno alla corrente di gusto marcatamente tardogotico. Questo manoscritto si colloca subito dopo l’esecuzione del sontuoso Breviario di Leonello miniato da vari artisti tra cui Giorgio d’Alemagna, della cui decorazione a sottili fregi filigranati conserva traccia, e dei manoscritti chiesastici eseguiti fuori dall’ambiente della corte, come i corali di San Giorgio (oggi al

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ROSS. 841-843

Museo di Schifanoia), per i quali operarono vari miniatori in primis il bolognese Giovanni di Antonio. Il miniatore di questo codice sembra lo stesso che si incontra nel Ross. 838. Il manoscritto si trova in buono stato di conservazione. Legatura Rossi B (seta verde), in discreto stato di conservazione: si registra il parziale distacco della pelle del dorso dove si legge, in alto, ANGELI / DE GAMBIGLION(IBUS) / DE MALEFICIIS / ET / DE APPELLATIONIB(US) / TRACTATUS, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) ANNI 1443. Il codice proviene dalla Biblioteca Capranica, come è segnalato nel dorso EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Le aggiunte in calce alle sottoscrizioni sono assai utili per conoscere il nome dell’acquirente, un tale Lorenzo Massimi, studente a Perugia, che oltre a comprare i due trattati, li fece rilegare assieme e miniare, riportando i conti di tutte le operazioni effettuate. (Bibl. Rossianae, VII, 348r-v) TIETZE, Die illuminierten, 116 nr. 240; MAFFEI, MAFFEI, Angelo, 41, 49, 63s, 73.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 843 (olim X, 204b) NICOLAUS

DE

TUDESCHIS, Lectura super II libro Decretalium

Siena, sec. XV2 (d.to 1433 settembre 2) (f. 416v) colophon: Explicit tercia pars lecture super II libro Decretalium compilatum per egregium virum dominum Nycholaum de Sicilia abbatem ac decretorum doctorem famosissimum. Deo gratias. Anno domini MCCCCXXXIII die II mensis septembris per me p. de. ze (Bénédictins, Colophons V, 11). Cart. (con un grifone in filigrana); ff. I (membr.), 417. Doppia foliazione; moderna, manuale, a matita, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei ff. 1-10, poi solo su quello delle decine, e contemporanea, meccanica (che si seguirà nella scheda) in basso al centro sul recto di tutti i fogli, a partire dal f. I, dunque procedendo di un numero superiore rispetto alla precedente. Il codice misura mm 432×294 (misure prese ai ff. 51 e 329, secondo la numerazione più recente). Testo vergato in semigotica di modulo piccolo da più mani e con inchiostri diversi, con alcuni interventi marginali, e disposto su due colonne, contenenti da 53 a 66 linee, entro uno specchio di mm 290×170 (spazio intercolonnare mm 27), inquadrato da righe marginali verticali e orizzontali a secco. In alto, sul recto dei fogli, sono i titoli correnti in inchiostro bruno. Semplici richiami sistemati a destra nel margine inferiore dei ff. 11v, 21v etc., alla fine di ogni fascicolo.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Parte di un complesso di 4 manoscritti (Ross. 842-845), contenenti la Lectura super II, III, IV, V libris Decretalium del benedettino Nicolaus de Tudeschis Panormitanus (Catania 1389-1466), arcivescovo di Palermo e cardinale, professore di diritto canonico a Siena, Parma e Bologna (RIEDEL-SPANGENBERGER, s.v. Nicolaus), questo codice che, vergato da un copista di cui conosciamo dalla sottoscrizione di f. 416v solo le iniziali p. de. ze., costituisce il secondo tomo dell’insieme e contiene la Lectura in librum Decretalium II (dalla 19 alla fine: cfr. Niccolo’ Tedeschi).

Ross. 843, f. 2r

L’apparato decorativo del codice consiste in 1 iniziale de pennello a f. 2r (secondo la numerazione meccanica) di mm 67×52, a introdurre il De probationibus, e numerose iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto.

f. 2r: iniziale H di Hec rubrica, con il corpo in due tonalità di rosa percorso da filettature in inchiostro bruno e in biacca, terminante in lambrecchini dai risvolti a contrasto in colori modulati verde chiaro, blu e rosa, e da cui spuntano gocce d’oro, campita in marrone su cui è un fiorone policromo (in verde rosso blu variamente modulati), e che si staglia su un quadrante in foglia d’oro. Il margine sinistro e, parzialmente, quello superiore sono riempiti da fiori fogli e palline dorate incastonate su sottili linee realizzate a inchiostro. Il tratto finale di questa decorazione mostra invece tracce di un rivestimento in foglia d’argento ormai ossidata. Nel bas-de-page è uno scudo, parzialmente abraso, bipartito in rosso e verde con filettature tono su tono (bruno sul rosso e verde chiaro sul verde scuro) con al centro un non ben leggibile motivo a fiore. Dai lati dello scudo si dipartono due rami fogliacei per lato, che si distribuiscono simmetricamente intorno a un’asta dorata, arricchendosi di fiori e palline e gocce in foglia d’oro. Le soluzioni formali del miniatore dimostrano un superamento del tardogotico senese (su cui FREULER, La miniatura) che ancora si incontra nei primi decenni del Quattrocento con Andrea di Bartolo (FREULER, s.v. Andrea di Bartolo), e rappresentano invece la premessa allo stile decorativo senese che sarà tipico poi di Giovanni di Paolo di Grazia (PISANI, s.v. Giovanni) e di Pellegrino di Mariano (BOLLATI, s.v. Pellegrino). Interessante notare certi contatti con la miniatura pa-

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ROSS. 843-844

dana, già presenti nel Messale Casini (CHELAZZI DINI, Scheda nr. 133) e riscontrabili anche nella Divina Commedia Yates Thompson (PISANI, s.v. Maestro; BOLLATI, Introduzione). Discreto lo stato di conservazione del manoscritto che mostra però i fogli piuttosto anneriti lungo i margini e, nel foglio membranaceo, due lacune di media estensione. Alcuni fascicoli mostrano primi segni di danni meccanici, visibili nel parziale allentamento della cucitura. Legatura Rossi B (stoffa verde) in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, NIC(OLAI) DE TUDESCHIIS / ABBATIS SICULI / ARCHIEP(ISCOPI) PANORMITANI / SUPER / II DECRETALIUM / LECTURAE / PAR(S) II, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI / 1433. Il codice proviene dalla Biblioteca del cardinale Domenico Capranica, vescovo di Fermo, come si legge in una nota di possesso collocata in alto al f. I: Liber domini Dominici cardinalis Firmani. (Bibl. Rossianae, VII, 349r-v) TIETZE, Die illuminierten, 116 nr. 239.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 844 (olim X, 204c) NICOLAUS

DE

TUDESCHIS, Lectura super III libro Decretalium

Siena, sec. XV2 (d.to 1442) (f. 352r numerazione meccanica) colophon: Explicit lectura tercie partis decretalis (…) in prefulgenti Studio Senensi pronunciata. Et per manus Christofori Baers in castro civitatis Zivani in territorio Senensi in posterum copiata. Sub annis domini millesimoquadragentesimo XLII° ipso die sancti Leonardi confessoris (…). Cart. (con un grifo in filigrana); ff. I (membr.), 353. Doppia foliazione; quella moderna, manuale, a matita, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei ff. 1-10, poi solo ogni dieci fogli (ff. 20, 30 etc.), a partire dal f. I; quella contemporanea, meccanica (che si seguirà nella scheda), che parte dal f. 2, in basso al centro sul recto di tutti i fogli, e dunque procede di un numero inferiore rispetto alla precedente. Il codice misura mm 432×288 (misure prese ai ff. 6 e 250, secondo la numerazione più recente). Scritto in semigotica, fortemente corsiveggiante, di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, da più mani e con inchiostri diversi e con diversi interventi marginali, il testo è disposto su due colonne, contenenti da 53 a 60 linee, entro uno specchio di mm 280×170 (spazio intercolonnare mm 30), inquadrato da righe marginali verticali e orizzontali realizzate a secco. L’incipit di f. 1r è vergato in semigotica di modulo più ampio. In alto, sul recto dei fogli, sono i titoli correnti in inchiostro bruno. Sempli-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ci richiami alla fine di ogni fascicolo, sistemati a destra nel margine inferiore dei ff. 11v, 12v etc. Signa paragraphalis a inchiostro alternativamente blu e rosso.

Parte di un complesso di 4 manoscritti (Ross. 842-845), contenenti la Lectura super II, III, IV, V libris Decretalium di Nicolaus de Tudeschis Panormitanus (Catania 13891466), arcivescovo di Palermo e cardinale, professore di diritto canonico a Siena, Parma e Bologna (RIEDEL-SPANGENBERGER, s.v. Nicolaus), questo codice, vergato dal copista Christoforus Baers, di cui non si hanno notizie, nel castello di una città, in territorio senese, non identificabile, che costituisce il terzo tomo dell’insieme, contiene la Lectura in librum Decretalium III (cfr. Niccolò Tedeschi). L’apparato decorativo del codice consiste in 1 iniziale de pennello, di mm 57×32, a Ross. 844, f. 1r f. 1r (secondo la numerazione meccanica), e numerose iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto. f. 1r: lettera R di Redemptoris, con il corpo in due tonalità di verde percorso da filettature in tinta più chiara, terminante in lambrecchini rosa, campita in rosso con filettature gialle, e che si staglia su un quadrante in foglia d’oro. Dalla lettera si diparte un fregio che corre lungo tutto il margine sinistro composto da foglie d’acanto prevalentemente rosa ma anche rosse e verdi, da cui spuntano gocce d’oro, fiordalisi e campanule; in basso il fregio termina con un sottile ramo di fogliette lanceolate. Le soluzioni formali del miniatore dimostrano un superamento del tardogotico senese (su cui FREULER, La miniatura) che ancora si incontra nei primi decenni del Quattrocento con Andrea di Bartolo (FREULER, s.v. Andrea), e rappresentano invece la premessa allo stile decorativo senese che sarà tipico poi di Giovanni di Paolo di Grazia (PISANI, s.v. Giovanni) e di Pellegrino di Mariano (BOLLATI, s.v. Pellegrino). Interessante notare certi contatti con la miniatura padana, già presenti nel Messale Casini (CHELAZZI DINI, Scheda nr. 133) e riscontrabili anche nella Divina Commedia Yates Thompson (PISANI, s.v. Maestro; BOLLATI, Introduzione). Discreto lo stato di conservazione del manoscritto che presenta però i fogli piuttosto anneriti lungo i margini e, nel foglio membranaceo, alcune lacune di piccola estensione. Alcuni fascicoli mostrano primi segni di danni meccanici, visibili nel parziale allentamento della cucitura.

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ROSS. 844-859

Proviene dalla Biblioteca del cardinale Domenico Capranica, vescovo di Fermo, come si legge in una nota di possesso collocata in alto a f. I: Liber domini Dominici cardinalis Firmani. Legatura Rossi B (stoffa verde) in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, NIC(OLAI) DE TUDESCHIIS / ABBATIS SICULI / ARCHIEP(ISCOPI) PANORMITAN(I) / SUPER / III DECRETALIUM / LECTURAE / PAR(S) II, in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI / 1442. (Bibl. Rossianae, VII, 349r-v) TIETZE, Die illuminierten, 116 nr. 239.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 859 (olim XI, 12) PSEUDO AUGUSTINUS, Sermones ad fratres heremitas (ff. 2r-112v); index sermonum (f. 1r-v) Italia settentrionale, sec. XV2-3 Cart. (carta di buona qualità); ff. IV (Ir verde al pari della controguardia, Iv bianco; II-IV cart. moderni), 112, VI (I’-V’ cart. moderni; V’r bianco, V’v verde al pari della controguardia); foliazione manuale a matita, nell’angolo in alto a destra, presente sul recto dei ff. 110 e poi ai ff. 15, 20, 25, 30, 35, 40, 45, 50, 60, 70, 80, 90, 100 e ancora ai ff. 109-112; richiami di fascicolo costanti collocati al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio; mm 195×140 (misure prese ai ff. 5 e 98); scrittura minuscola umanistica di un’unica mano, di modulo piccolo e ben spaziata, a inchiostro bruno per il testo e rosso per i tituli; specchio scrittorio (mm 130×95) a piena pagina di 28 linee di scrittura; rigatura a secco. A f. 49r-v si nota appena visibile una filigrana non identificata (margherita a 8 petali).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 iniziale maggiore figurata (mm 33×50); numerose iniziali medie calligrafiche accompagnate dalle letterine guida. A f. 63v manca l’inziale F di Fratres mei. Incipit ed explicit rubricati, così come l’indicazione dei capitoli.

Ross. 859, f. 2r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 2r: iniziale I di In hac vita, all’incipit del De contemptu mundi; il corpo della lettera, in viola arricchito da una perlinatura a biacca, chiude su un lato un fondo in blu che ospita il ritratto d’autore nelle vesti di vescovo. Dalla medesima cornice prendono vita due lambrecchini che si allungano nel margine esterno. L’esiguità dell’apparato decorativo non consente di formulare ipotesi attributive. Si può tuttavia proporre una generica assegnazione ad ambito veneto, forse alla miniatura padovana di metà Quattrocento, sia per la tipologia dell’ornato ad ampi fogliami che si allungano lungo lo spazio scrittorio, sia per la resa fisionomica della figura del santo, sufficientemente caratterizzata. Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono. Legatura Rossi A, in ottimo stato conservativo. In basso, sul dorso, si legge COD(EX) CART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VIII, 12r) TIETZE, Die illuminierten, 125 nr. 264; DICHTL, Codicum Rossianae, 6r nr. 150; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 263; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 183, 389; 267, 347; HAIN, Repertorium, 249; BUONOCORE, Bibliografia, 667; Clavis Patrum Latinorum, 137-149.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 861 (olim XI, 14) Passionarium (ff. 1r-124v). Oratio sancti Augustini (ff. 125r-128v). Oratio Beatae Virginis Mariae (ff. 129r-130v) Germania, secc. XVex.-XVIin. Cart. (carta di buona qualità); ff. VI (I cart. azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni), 131, V’ (I’-IV’ cart. moderni, V’ cart. azzurro come la controguardia); foliazione manuale moderna in cifre arabiche a lapis, in alto a destra; mm 185×135 (misure prese ai ff. 3 e 110); scrittura minuscola corsiva tedesca in inchiostro nero per il testo e rosso per i tituli, riferibile a un’unica mano; iscrizione posteriore in tedesco poco leggibile a f. 131v; specchio scrittorio (mm 140×88) a piena pagina di 23 linee di scrittura; rigatura non visibile per le righe orizzontali, mentre quelle verticali sono tracciate in rosso su recto e verso di ogni foglio; filigrana al centro del bifolio (Briquet, 13015 area tedesca, secc. XV-XVI).

24 miniature tabellari realizzate a inchiostro, con tratti spessi e pesanti, e acquerellate con colori intensi e pennellate corpose; poste a introduzione del testo, sono tutte riquadrate da una cornice rossa; lettere medie calligrafiche rubricate; letterine rilevate in rosso; titoli dei passi rubricati; segni paragrafali in rosso; numerose maniculae e numerosi notabilia fitomorfi in tutto il codice; sul margine destro dei ff. 3r-v e 4r è tracciata una sequenza di numeri (1-12; 1-10; 1-6).

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ROSS. 859-861

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Le miniature tabellari sono collocate ai ff. 1r, 8v, 10r, 11v, 18v, 25v, 34r, 36v, 42r, 46v, 47v, 50r, 54v, 56v, 60r, 65r, 70v, 72r, 75r, 99v, 102r, 104r, 108v, 109v. f. 1r: Sacrificio di Isacco (mm 120×76), ad apertura del manoscritto. f. 8v: Visitazione (mm 98×65); sullo sfondo di una città avviene l’incontro tra Maria ed Elisabetta. f. 10r: Ultima cena (mm 81×71). f. 11v: La lavanda dei piedi (mm 18×69); scena accompagnata dal titulus vergato in lettere maiuscole Timete Deum. f. 18v: Cristo nell’orto degli Ulivi (mm 90×70). f. 25v: Cattura di Cristo (mm 105×71); nell’immagine, accanto a Gesù, è ben visibile Pietro che sguaiRoss. 861, f. 11v na la spada. f. 34r: Cristo al cospetto del sacerdote Hanna (mm 114×70). f. 36v: Cristo davanti a Caifa (mm 105×68); anche in questo caso è presente un titulus al di sopra del sacerdote, Caypha Rex, che peraltro travisa la carica del personaggio. f. 42r: Cristo davanti a Pilato (mm 63×79); identificato dall’iscrizione in lettere capitali Pilat(us). f. 46v: Cristo davanti a Erode (mm 95×68); identificato dalla scritta in lettere capitali Rex Herodes. f. 47v: Cristo davanti a Pilato (mm 92×70); anch’egli accompagnato dal nome Pilat(us). f. 50r: Flagellazione di Cristo (mm 91×73); alla sommità della colonna si può leggere Fiat. f. 54v: Cristo coronato di spine (mm 103×68); sul soffitto dell’ambiente in cui si svolge la scena si legge, vergato in capitali, Os Aba (sic) Teme teum (sic). f. 56v: Cristo davanti a Pilato e ai Giudei (mm 89×71); anche in questo caso l’architettura fa da supporto al titulus Ecce Homo. f. 60r: Pilato si lava le mani (mm 99×82); sulla parete di fondo il titulus Pilatus. f. 65r: Cristo aiutato dal Cireneo porta la croce al Calvario (mm 99×72); sulla porta di Gerusalemme è scritto Rex regum Ihesus. f. 70v: Cristo spogliato delle vesti (mm 93×74). f. 72r: Cristo inchiodato alla croce (mm 88×69); la scena si svolge alla presenza delle pie donne. f. 75r: Cristo Crocifisso (mm 87×81). Sulla croce il titulus INRI.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 99v: peculiare raffigurazione dell’Anastasis (mm 95×75); l’arcata della porta è sormontata da un mostro infernale. Sull’arco della porta agli Inferi si legge ADVENI STATU (sic); in alto una scritta di difficile interpretazione. f. 102r: Compianto sul Cristo morto (mm 94×76). f. 104r: Cristo deposto nel sepolcro (mm 87×80); scena accompagnata, anche in questo caso, da tituli che identificano, sul nimbo, i personaggi: Ioseph, Maria, Magdalena. f. 108v: Resurrezione (mm 103×79). f. 109v: Cristo appare a Maria (mm 88×78); Gesù risorto appare alla madre, distogliendola dalla lettura; sul gradino dell’altare su cui è inginocchiata Maria si legge, vergato in lettere maiuscole: Timete D(eum). L’apparato figurativo del manoscritto è collocabile in ambito transalpino, presumibilmente in area tedesca. La particolare tipologia esecutiva delle miniature tabellari suggerisce infatti una certa affinità con le coeve incisioni xilografiche, a carattere popolareggiante, largamente diffuse in ambito germanico alla fine del secolo XV. L’analisi della filigrana (Briquet, 13015) conferma questa ipotesi, poiché la carta con cui è realizzato il codice veniva prodotta a Friburgo nel 1499. Discreto lo stato conservativo, a eccezione di sporadiche sbavature dell’inchiostro che coprono il testo localizzate ai ff. 120v-121; estese tracce d’umidità sui ff. 62v-63r. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge HISTOR(IA) / PASSIONIS / D(OMINI) N(OSTRI) I(ESUS) C(HRISTI) / GERMANICAE; in basso COD(EX) CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VIII, 14r) TIETZE, Die illuminierten, 13 nr. 16; DICHTL, Codicum Rossianae, 33r nr. 1043.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 872 (olim XI, 25) Preghiere arabo-turche Impero ottomano, sec. XI H./XVIII Cart.; ff. 167; mm 145×105; numerazione meccanica, seguente il testo arabo, in cifre arabiche in basso a sinistra sul verso. Diversi copisti: ff. 1r-37v scrittura nash nera, con titoli ˘ non vocalizzain rosso non vocalizzata; ff. 38r-157r, scrittura nash nera, con titoli in rosso ˘ 160r-166r scrittura nash nera non vota; ff. 157r-160r, scrittura nash nera vocalizzata; ff. ˘ ˘ pagina. calizzata; specchio scrittorio riquadrato in rosso mm 130×70, 9 linee a piena

Raccolta con preghiere (du‘a¯’) arabo-turche e emblemi con 10 illustrazioni di tipo araldico, riportanti sigilli (muhr) e 4 quadrati magici di tipo talismanico. Il codice è dedicato ai principali personaggi dell’Islam classico e ad alcune pratiche

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ROSS. 861-872

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religiose di pertinenza sciita. Dal punto di vista del suo impiego questo codice appare come un’appendice al testo coranico e i suoi sigilli presentano alcune analogie con quelli presenti in un Corano, il Ross. 870. f. 20r:

f. 21r:

f. 22r:

f. 23r:

“Sigillo della Profezia (muhr-i nubuwwat)” su sfondo giallo (mm 70×75), costituito da quattro cerchi concentrici in rosso all’interno dei quali compaiono scritture magiche in nero, con quattro piccole esedre disposte di fronte agli angoli della pagina includenti all’interno l’invocazione ya¯ ‘Alı¯. La didascalia riporta un’iterazione bilingue (araRoss. 872, f. 24v bo-turca) dell’aggettivo dimostrativo “questo” (ar. hada¯/turco bu ¯ , seguito quest’ultimo dal predicato verbale turco dur, “è”), caratteristica di alcuni manoscritti araboturchi. “Sigillo dell’occhio di ‘Alı¯ (‘ayn-i ‘Alı¯)”, al centro della pagina (mm 85×72), costituito dal monogramma di ‘Alı¯ in carattere cufico quadrato disposto entro due anelli concentrici, il primo rosso, il secondo nero, profilato in rosso, spezzati sul margine destro, estrema stilizzazione della lettera ‘ayn (cfr. ‘ayn “occhio”). Al centro compare l’epigrafe ‘Alı¯ Alla¯h. Attorno all’emblema è iterata, in scrittura minuta, la parola Alla¯h. Tra i vari anelli concentrici compaiono iscrizioni magiche di tipo numerico, ortoepico e scrittorio. Un quadrato magico è disposto all’interno della lettera ‘ayn del monogramma di ‘Alı¯. Agli angoli quattro esedre a spicchio, profilate da doppio tratto rosso, contengono le invocazioni alternate ad ‘Alı¯ (ya¯ ‘Alı¯) e ad Alla¯h (ya¯ Alla¯h) in nero su sfondo giallo. “Sigillo del profeta Giuseppe (muhr-i Yu ¯ suf-i payg˙ambar)”, al centro della pagina (mm 65×72) costituito da emblema circolare con quattro esedre lobate a ridosso degli angoli contenenti l’invocazione ya¯ Alla¯h. Al centro il sigillo si caratterizza per un disegno stellare a forma di “Sigillo di Salomone”. L’intero emblema è campito in giallo, bianco e rosso. “Sigillo del lascito della generosità di Alla¯h (karam Alla¯h)”, costitutito da un grosso tondo centrale (mm 61×75) con quattro esedre lobate a ri-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

dosso degli angoli contenenti l’invocazione ya¯ Alla¯h, entro cui compaiono numeri magici in nero su sfondo bianco entro righe parallele. f. 23v: nella parte inferiore della pagina jadwal (tabella), contenente gli epiteti di Muh·ammad entro griglia (mm 71×70) scritti su fondo giallo e bianco in rosso, e nero. f. 24v: “Sigillo del Libro della Corona del Profeta (ta¯jna¯ma-yi rasu ¯ l)”, nella parte superiore della pagina (mm 74×71), costituito da cerchi concentrici che racchiudono al centro un disegno a loto, al centro del quale compare l’invocazione ya¯ muh · ammad, entro uno sfondo rosso, giallo e bianco. A ridosso degli angoli della figura, compaiono quattro esedre semicircolari bianche contenenti l’invocazione: ya¯ Alla¯h. Il fondo della figura è in due registri, superiormente in rosso, inferiormente in nero. f. 25v: “Sigillo del Libro della Corona del Profeta”, al centro della pagina (mm 62×71), entro cerchi concentrici. f. 26r: “Sigillo dell’arco e della freccia (tı¯r-i kama¯n)”, nella parte inferiore della pagina (mm 72×73), raffigurante un arco nero teso con una freccia rossa rivolti verso il basso. La freccia esce dallo spazio del riquadro rosso che profila l’illustrazione. Superiormente compare l’invocazione ya¯ h · afı¯ alt·a¯f bi-janna¯ mimma¯ na˘h afu. Ripetuta inferiormente ai due lati della freccia. f. 27r: “Sigillo del profeta Elia (h · az˙ rat-i Iliya¯s)”, nel centro della pagina (mm 71×63) entro quattro quadranti che alternano lo sfondo giallo e rosso contenenti l’invocazione ya¯ Alla¯h. Al centro due cerchi concentrici che racchiudono un quadrato magico a griglia con dei numeri. Iterazione bilingue nella didascalia come in 20r. ff. 29v-31r: tavole magiche in scrittura crittografica nera con campitura delle lettere in giallo e rosso. f. 31v: doppio jadwal, a rombi del “nobile lascito altissimo della vittoria” includenti il “dolce lascito (waqf-i šı¯rı¯n)” e “il lascito evidente (al-d · ah ·h · á)”, entro campi gialli e neri, al centro della pagina (mm 50×50 e mm 46×48). ff. 32v-33r: Jadwal analogo al precedente in alto sulla pagina (mm 48×68) descrivente “i sette pianeti (haft sayya¯ra)”. f. 33r: otto cerchi con iscrizioni magiche disposti su due colonne (mm 110×70). f. 34r: Jadwal a griglia contenente il “nome supremo (ism-i a‘z·am)” con 24 quadrati disposti in diagonale e formanti otto losanghe. f. 59r: disegno raffigurante una “mano magica” inanellata, rozzamente eseguito a penna. f. 98r: “Sigillo benedetto della lampada (muhr-i mubarak-i qandı¯l)”, solo disegnato senza campiture colorate (mm 61×70) al centro della pagina con cerchi concentrici ed esedre angolari. f. 167r: disegno raffigurante una mano magica inanellata, analogo a quello in f. 59r.

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ROSS. 872-874

Stato di conservazione. Buono. Legatura in pelle marocchino granata con risvolto a sparabecco e medaglioni a mandorla impressi. (Bibl. Rossianae, VIII, 27r-v) LEVI DELLA VIDA, Elenco dei manoscritti arabi, 277; PIEMONTESE, I codici arabi, 284.

MICHELE BERNARDINI

Ross. 874 (olim XI, 27) Corano Impero ottomano, sec. XVIII Cart.; ff. II, 302; mm 167×105. Numerazione meccanica moderna in basso a sinistra seguente il testo arabo, in cifre arabe (ff. 1-4 a matita in alto a sinistra in cifre arabe), accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che indica i fogli delle decine (a eccezione dei ff. 65, 301 e 302, che sono invece numerati). Indicazioni frequenti in nero ogni quattro sure (rub‘); in rosso ogni dieci sure (‘ašr); in rosso alla sessantesima parte del Corano (h · izb). Richiami nel bas-de-page, sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo. Scrittura nash ˘ ottomana vocalizzata minuta nera con segni ortoepici in rosso.

Le sure sono divise tra loro da tondi in oro attraversati nel centro da una linea sinuosa. A eccezione del frontespizio, i fogli sono caratterizzati da riquadrature in oro ulteriormente riquadrate in blu e rosso. Di sicura fattura ottomana, può essere accostato al Ross. 878, soprattutto nella realizzazione dei medaglioni in margine, sebbene in questo codice si può parlare di una minore perizia esecutiva nell’esecuzione del disegno minuto. ff. 1v-2r: doppio frontespizio miniato a tappeto speculare costituito da un sarlawh · “a padiglione” entro riquadro aperto sui margini superiori. In alto in entrambi i fogli, una cornice “a timpano” è campita da ornato floreale a peonie rosa e viola su sfondo azzurro entro il quale è inserita un’ulteriore cornice d’oro a peonie azzurre su sfondo

Ross. 874, ff. 1v-2r

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f. f. f. f.

12r: 22r: 32r: 42r:

f. 52r: f. 62r: f. 72r: f. 82r: f. f. f. f. f. f. f.

92r: 102r: 112r: 122r: 126v: 132r: 137r:

f. 142r: f. 147r: f. 152r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

cremisi. Ai lati compaiono due ante anch’esse decorate con motivi floreali. Segue un ‘unwan a tabula ansata stilizzata con fondo oro contenente il nome delle due prime sure medinesi in carattere nash bianco (f. ˘ 1v su ¯ rat al-fa¯tih ¯ rat al-baqra madı¯na). Il riquadro cen· a madı¯na; f. 2r su trale è suddiviso in due parti, una maggiore contenente i versetti entro ovali irregolari disposti in orizzontale. Sulla destra del f. 1v e la sinistra del f. 2r compaiono due ornati “a grata” caratterizzati da peonie rosse, azzurre e gialle raffigurate a indicare i punti di incontro delle linee diagonali. Un ultimo riquadro inferiore, contiene due tabulae ulteriori, ai cui lati sono disposti elementi floreali, contenenti indicazione del numero dei versetti delle sure (f. 1v sab‘ aya¯t; f. 2r mı¯’a¯t wa sitta ‘ašara aya¯t). 42 medaglioni floreali disposti senza apparente relazione con la sequenza delle sure, ogni 10 fogli, sulla parte superiore sinistra della pagina (fanno eccezione i medaglioni a f. 126v, 137r, 147v, 155v, 168r, 183v, 209r, 228r, 241r, 265r, 293r, 295r). Quattro eccezioni nella disposizione sulla pagina sono costituite dai medaglioni sui fogli 126v, e su ff. 147v, 155v, 183v dove compare in alto a destra. Ogni medaglione è caratterizzato da due steli fogliati, uno superiore e uno inferiore, di colore azzurro. I medaglioni possono essere suddivisi in cinque tipologie distinte: stellari, floreali, solari, circolari e a mandorla. medaglione a stella a sei punte con campiture in rosso, oro e azzurro. medaglione a peonia con nucleo in oro e petali in azzurro e rosso. medaglione a stella a raggiera d’oro entro peonia con petali azzurri e rosa. medaglione a peonia “fiammeggiante” con nucleo d’oro e petali azzurri e rosa. medaglione con peonia “fiammeggiante” a “cammeo” con nucleo d’oro e petali rossi e azzurri. medaglione con “sigillo di Salomone” d’oro su peonia rossa e azzurra. medaglione a stella con sei punte d’oro su peonia rosa e azzurra. medaglione a peonia circolare con nucleo oro e petali rossi, azzurri e rosa. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali azzurri e rosa. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali azzurri e rosa. medaglione con “sigillo di Salomone” d’oro su peonia azzurra e rosa. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali azzurri e rosa. medaglione con peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a mandorla con nucleo d’oro e contorni rosa e azzurro. medaglione con “sigillo di Salomone” in oro su peonia con petali rosa e azzurro. medaglione a sole a raggiera, con nucleo d’oro su peonia con petali rosa e azzurri. medaglione a gladiolo con nucleo d’oro e petali azzurro e rosa. medaglione a peonia “fiammeggiante” con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri.

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ROSS. 874

f. 155v: f. f. f. f. f. f. f.

162r: 168r: 172r: 182r: 183v: 190v: 192r:

f. 202r: f. 209r: f. f. f. f.

212r: 222r: 228r: 232r:

f. 241r: f. f. f. f. f.

242r: 252r: 262r: 265r: 272r:

f. 282r: f. 292r: f. 293r: f. 295r:

medaglione a stella a sei punte con nucleo d’oro su peonia con petali azzurri. medaglione a peonia a “cammeo” con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo rosa e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con petali rosa e azzurri. medaglione a stella a raggiera su peonia con petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione circolare con iscritta peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione con “sigillo di Salomone” su peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione con stella a quattro punte su peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a stella a raggiera su peonia con petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione con stella a quattro punte su peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia “fiammeggiante” con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione con stella a sei punte su peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione con “sigillo di Salomone” su peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione a stella a raggiera su peonia con petali rosa e azzurri. medaglione a peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri. medaglione con “sigillo di Salomone” su peonia con nucleo d’oro e petali rosa e azzurri.

L’unico riferimento a questo manoscritto è rinvenibile in Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 185 nr. 380) e la sua assenza in Levi Della Vida (Elenco dei manoscritti arabi), nonché nel catalogo di Anzuini (I manoscritti coranici), costituisce un punto enigmatico legato forse alla storia dello spostamento del fondo rossiano a Vienna e a quella del suo ingresso nella Biblioteca Apostolica Vaticana. (Bibl. Rossianae, VIII, 29r) TIETZE, Die illuminierten, 185 nr. 380; PIEMONTESE, I codici arabi, 286.

MICHELE BERNARDINI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 877 (olim XI, 30) ‘ABDALLA¯ H HA¯ TIFI¯, Layl¯ı u Magˇnu¯n Iran (Mašhad o Qazvin), 1570 ca. (f. 84r) Colophon: Katabtuha¯ bint Maqs·u ¯d ‘Al¯ı Zaynab Sult·a¯n: ‘La scrissi io Zaynab Sult·¯an, la figlia di Maqs·u ¯ d ‘Alı¯’. Cart. non filigranato; ff. II, 82, II’ (fogli di guardia cart. moderni); testo ff. 3v-84r, richiami originali in calce. Lacune per strappo o caduta di almeno un foglio dopo i ff. 9, 15, 34. Cornice e testo incompleti, ff. 67, 73. Foliazione moderna, meccanica, in cifre arabiche, in basso a sinistra sul recto; moderna precedente a matita, in cifre arabiche, in alto a sinistra sul recto, prime due guardie escluse. Il codice, di formato tascabile, misura mm 197×115. Specchio di scrittura (mm 120×60) a due colonne di 12 linee, inquadrate da cornice dipinta. Spazio intercolonnare mm 5. Restauro orientale moderno e mano di copista diverso ai ff. 3, 55-56, 65, 68.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: a) carta levigata bianca avorio, o coloraRoss. 877, f. 79r ta arancio (xwud-rang ‘il colore di per sé’), rosa, blu (recante il testo in scrittura oro, ff. 26, 29, 62), gialla (ff. 34-35, 76); b) dolce, placida calligrafia nasta‘lı¯q nera; c) sarlawh · ‘testata di frontespizio’, sostituita in restauro moderno (f. 3v), anepigrafa, rettangolare oro e blu, a motivi geometrici e floreali multicolori; d) gˇadval ‘cornice’ dorata a interstizi rosso, verde, azzurro, oro, turchese, e filettatura esterna blu; e) scacchiera, dove il testo è disposto in tralice (ff. 47v-48v, 77v-78v, 83v); f) ‘unva¯n ‘titolo’ di episodi a cornice rettangolare azzurra (mm 5×50), in nasta‘lı¯q bianca su fondo dorato, cosparso di foglioline rosse, azzurre, verdi: ff. 5v (cornice bianca), 8v, 11r, 14v, 16v, 23r, 25v, 28v, 30v, 32v, 34v, 35v, 37r, 45r, 49v, 52r, 54v, 58r, 59r, 61v, 64r, 66v, 75r, 79v; g) 7 pregevoli, interessanti miniature, che sembrano eseguite da un valente artista, anonimo; forse uno diverso interviene su f. 49r. Il codice contiene un poema romanzesco persiano che rievoca (ca. 888 H./1483) l’antica leggenda araba del contrastato, infelice amore di Layl¯ı (‘Notturna’) e Magˇnu ¯ n (‘Ossesso’), celebrato nelle opere analoghe di Niz·a ¯ m¯ı (Gangia, 1188), ˇ a¯m¯ı (Herat, 1484). Ha Amı¯r Xusraw (Delhi, 1298) e G ¯ tif¯ı (n. in Xargird, ora Lanˇa gar, presso G ¯ m, provincia di Herat, m. 927 H./1521), nipote del poeta mistico ˇ a¯m¯ı, varia il tema narrativo (Ha G ¯ tif¯ı, Layl¯ı; ASADULLOEV, Lajli; HÂTEFI, I Sette, 1120, 83-84, 89). Le miniature sono integrate da brani solidali del testo, attinenti all’episodio illustrato. Tale fattore classico indica il buon raccordo compositivo tra la sequenza narrativa e la scena figurata. Questa si apre come una finestra

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ROSS. 877

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disposta tra due strati simmetrici di versi (3, più sovente 4/5, scanditi a coppie di emistichi, sopra e sotto lo spazio dipinto). In scansione di lettura, il testo scelto introduce e sanziona l’immagine, ne costituisce la didascalia. Il campo scenico viene sempre ampliato tramite vari segmenti che modificano e movimentano su uno dei due lati verticali la forma della cornice, il rettangolo che inquadra lo specchio scrittorio. Il registro dei piani simmetrici mira a presentare contrasti scenografici semplici ma intensi. Il programma figurativo compendia la progressione drammatica del testo. Le scene di gruppo, genere sociale, si alternano a quelle di tipo singolo, intimo. In sfondo schematico sono il cielo oro e un paesaggio montagnoso arido, liscio o roccioso, a tenui sfumature viola, rosa, verde, grigia, ravvivate da radi cespugli verdi, serti di foglie e steli, talvolta qualche fiore. f. 20r: Layl¯ı e Magˇnu ¯ n a scuola (mm 95×85). Presso un graticcio di giardino, il maestro spiega un testo al primo della classe, formata da due livelli di alunni agiati, che sono intenti a leggere, scrivere o contemplare fra librini, fogli e leggii. Quattro alunni, tra cui il protagonista, portano il colbacco di pelliccia, in moda centroasiatica, e uno il cappello viola a pan di zucchero. Composizione rara, fine e vivace di un soggetto frequente. f. 27v: Layl¯ı soccorre Magˇnu ¯ n (mm 77×80). Ella porge la mano al viandante mendico, che è caduto a terra. Il brano testuale in didascalia comincia: Layl¯ı su ¯ y-i a ¯ n fita ¯ da šud tı¯z / dast-aš bigirift u guft bar xı¯z: ‘Layl¯ı accorse verso il caduto, gli prese la mano e disse: – Alzati! –’. La madre della giovane, che veste la maqna‘a bianca di matrona devota e una tunica azzurra, osserva compunta, dalla soglia del padiglione esagonale che divide lo scenario montano. f. 40r: Magˇnu ¯ n prostrato dinanzi al cane di Layl¯ı (mm 75×82). All’ombra di padiglioni sgargianti, le personalità della tribù osservano il giovane commosso in un angolo, mentre il cane guarda indietro. Al confronto, figurazione insipida del soggetto in una copia miniata dello stesso poema (941 H./1534), Berlin, Preußischer Staatsbibliothek, ms. Or. Oct. 149, f. 44r (GROHMAN, ARNOLD, Denkmäler, tav. 52). f. 43v: Magˇnu ¯ n presso il maestro asceta (mm 95×72). L’iniziatore aitante, in saio marrone, e il giovane sensibile, in tunica rossa, conversano in una cella. Il pavimento a piastrelle esagonali azzurre orlate di bianco è tanto ampio da evocare quasi un lago solido smosso da onde concentriche. Fuori, il padre del giovane attende perplesso sulla costa della montagna fiorita. f. 49r: Layl¯ı respinge il marito imposto (mm 83×75). Scena insolita di commedia: il malcapitato in sala di gineceo, regno di vispe dame eleganti. Le due più leste afferrano tra le braccia l’uomo che, già scosso da una “forte sberla (t·apa ¯ ncˇa)”, e spinto ancora per una gamba, scapicolla dal trono-talamo (taxt) verso il pavimento, dove si protende invano la matrona premurosa (il cui busto, con la maqna‘a, è punteggiato a spolvero, che traspare meglio su f. 49v). f. 69r: Layl¯ı incontra Magˇnu ¯ n asceta (mm 75×70). La viaggiatrice alla ricerca del

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

giovane, che si è isolato in vita ascetica. Il gagliardo dromedario marrone e il baldacchino lussuoso, da cui la ricca dama si rivolge al povero seminudo, dominano lo scenario montano. f. 79r: Magˇnu ¯ n vegliato dagli amici animali (mm 77×80). Il giovane asceta, defunto nella pianura pedemontana, giace entro un duplice “cerchio (h · alqa)” formato da sei sassi e da otto “belve e bestie (dad u da¯m)” meste. Sintesi contrastiva dei mondi umano, zoologico e naturale. Segno di fine scenica: il cielo solcato da cirrocumuli biancogrigi, un tratto ornamentale di origine cinese. La serie delle miniature sembra da situarsi nella scuola di stile nordorientale (Khorasan), che peraltro intercomunica con la coeva produzione libraria di Qazvin. Secondo una definizione congrua, tale stile è «characterized by firm and effective figure-drawing» e da «the reduction of surface decoration on buildings and garnments to a minimum, an extreme simplification of the landscape, with rocks of bubble-like form, and an unusual colour-scheme with olive green and pale blue often used for the ground» (ROBINSON, A Survey, 54). Due esemplari miniati dello stesso poema, prodotti dalle scuole di Tabriz (938 H. /1532) e di Širaz (988 H. /1580), sono abbastanza diversi (STCHOUKINE, Les peintures, 60 nr. 11; 120 nr. 149). Il codice ha un pregio particolare per il fatto inconsueto di essere esemplato da una donna. I repertori autoctoni inerenti a biografie e opere dei calligrafi segnalano un solo lavoro di Zaynab Sult·a¯n, che in modo identico al Rossiano sottoscrive una copia del Dı¯ va¯n di Šarı¯f-i Tabrı¯zı¯, poeta persiano coevo, ms. 407 della Biblioteca della Madrasé-ye Sepahsa ¯ la¯r, Teheran (BAYA¯ NI, Ah · va¯l, I, 223 nr. 350; MANS· URI, Fehrest, 114 nr. 174). Mulla¯ Maqs·u ¯ d ‘Alı Šı¯ ra¯zı¯, padre di Zaynab Sult·a¯n, un religioso sciita di origine turca che esercitava la professione della calligrafia, fu allievo di Sult·a¯n ‘Al¯ı Mašhad¯ı, sommo calligrafo (Mašhad, 841ca. 926 H. /1437-1520), inoltre a propria volta maestro di Mawlan ¯ a¯ Qut·b al-Dı¯n Muh·ammad Yazdı¯ (BAYA¯ NI, Ah va ¯ l, III, 813, 918 nr. 1387-88; M OS · · T· AFÀ ‘ALI EFENDI, Mana ¯ qeb, 66, 85, 132; MA¯ YEL, Keta¯ba¯ra¯yi, 67). Fa¯t·ima Sult·a¯n, sorella di Zaynab Sult·a¯n e anch’essa calligrafa, eseguì un Corano di grande formato (rabı¯ ‘ I 982 H./ luglio 1574), su committenza di Sult·a¯n Begum, figlia del re safavide T·amha¯sp I (1524-1576), la cui città capitale era Qazvin (BAYA¯ NI, Ah · va¯l, IV, 1129, nr. 351; MANS· URI, Fehrest, 144 nr. 395). Lo stato di conservazione appare mediocre, per i vari guasti provocati da macchie di acqua, strappi, lacerazioni nelle cornici, scoloriture, scrostature, rattoppi, restauri. In particolare risultano danneggiate le miniature ai ff. 27v (il volto e la mano di Magˇnu ¯ n sfigurati), 69r (volti sfigurati dei due protagonisti, fondo scrostrato e scolorito), 79r (fenditura trasversale, fondo scolorito). Legatura Rossi B: cartone (XIX secolo); piatti laccati alla maniera orientale moderna, con medaglione centrale di forma ovale (turangˇ ‘cedro’) a motivi flo-

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ROSS. 877-878

reali oro, su fondo nero cosparso di fiorami a colori ocra, oro e nero (guasti da scoloriture e scalfitture). Custodia di cartone (guasta), sul cui dorso in pelle si legge a caratteri dorati: in alto NERAMI / AMORES / LEILAH / ET / MADYN, in basso CODEX / PERSIAN(US). Riflette il titoletto ottocentesco a penna (f. 86v) Les amours de Leilah et Madjnoun par Nerami, cioè Nezami, con indicazione erronea dell’autore dell’opera. Il codice è dapprima rimasto presso calligrafi locali. Tre possessori hanno apposto (f. 84v) motti sciiti pugnaci come esercizi calligrafici in nasta‘lı¯ q nera. In lato superiore, oltre l’appunto di un verso poetico, spicca la scritta Abu ¯ T · a¯lib 961961: Abu¯ T a ¯ lib, padre di ‘Alı ¯ , il primo imam sciita, e cifra magica relativa. · Sotto un verso o motto abraso si legge la data scolorita sanah [‘anno’] 981 H./ 1573-74. Il motto poetico Hast bar qatl-e šanı¯ ya¯n ra¯g·ib / du ¯ ’l-faqa¯r-i ‘Aliyy-i Bu ¯ ¯ T a ¯ lib, fena ¯ lib, ‘Anela uccidere gli abominevoli la spada di ‘Alı ¯ , figlio di Ab¯ u T · · dente le vertebre’, è sottodatato sanah 982 H./1574-75. Più sotto, un’altra mano ha scritto di traverso, in muh · aqqaq ortografica, la formula f¯ı šahr s·afar xutima bi’l-xayr wa’l-z·afar: ‘fu terminato nel mese di s·afar, in bene e trionfo’; tra il 23.V e il 20.VI.1574, se si implica il riferimento al 982 H. In basso, la firma ‘Al¯ı Qu¯l¯ı Va¯yh·u ¯ š (?) Beg sovrasta il motto poetico Hast bar qatl-e ra¯fiz·ı¯ ra¯g·ib / cˇa¯r ya¯r-i kiba¯r u Bu ¯ T · a¯lib: ‘Anelano uccidere l’eretico i quattro Compagni grandiosi (= Califfi) e Abu¯ T·a¯lib’. (Bibl. Rossianae, VIII, 32r-v) TIETZE, Die illuminierten, 184 nr. 379; ROSSI, Elenco, 178-179; PIEMONTESE, I codici arabi, 277, 287; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 19.

ANGELO MICHELE PIEMONTESE

Ross. 878 (olim XI, 31) ABU¯ ‘ABD ALLA¯ H MUH· AMMAD B. SULAYMA¯ N (B. ABI¯ BAKR la¯’il al-hayrat (Le dimostrazioni dell’eccellenza) ˘

¯ LI¯) AL-JAZU¯ LI¯, AL-SAMLA

Da-

Impero ottomano (Istanbul?), 29 du ¯ ’l-qa‘da 1168/6 settembre 1755 ¯ (f. 72r) colophon: katabahu ad ¯ f bi-sayya¯dı¯-za¯de · ‘a¯f al-kutta¯b isma¯‘ı¯l al-ma‘ru min tala¯mid h usayn al-ma‘ru ¯ f bi-h affa ¯ f-za ¯ de (…) fı ¯ al-yawm al-ta ¯ si‘ wa ‘ašrı¯n min ˘ ¯ · di’l-qa‘da al-šarı¯fa li-tama¯n wa sittı¯n wa miyat wa alf ¯ ¯ Cart.; ff. 72; numerazione a matita, seguente il testo arabo, in cifre arabiche in alto a sinistra sul f. verso; mm 170×105; scrittura nash nera ottomana, vocalizzata, con segni ortoepici accessori in rosso, segni divisori del ˘testo in oro, stellati al centro, rubriche in oro, con testo bianco; specchio scrittorio riquadrato in oro (mm 119×68), 13 linee a piena pagina. Numerose glosse in rosso e nero, in scrittura nash minuta, spesso disposte a ˘ triangolo nei margini entro secondo riquadro più ampio in nero.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Esemplare di lusso, forse di fattura palatina, di eccellente esecuzione, del Dala¯’ı¯l al-h ayrat wa šawa¯riq al-anwa¯r fı¯ dikr al-alat ˘ ¯ ‘alá’l-Nabı¯ al-muhtar di al-Jazu ¯ lı¯, autore ma˘ rocchino (m. probabilmente nell’869 H./1465) e fondatore della setta della Jazu¯liyya. Si tratta di una raccolta di preghiere indirizzate al profeta Muh·ammad con la descrizione del suo sepolcro e dei suoi nomi nonché indicazioni sulle modalità di preghiera. Si caratterizza per una ricca ornamentazione miniata, con l’inclusione di diverse miniature tabellari a soggetto floreale o raffiguranti paesaggi con funzione di antiporta tra i principali passaggi testuali, chiaramente influenzate dall’arte occidentale allora in voga nell’impero ottomano, nonché di sedici medaglioni floreali disposti sui margini delle pagine di esecuzione molto minuta. Il copista, Isma¯‘ı¯l, noto come Sayya¯dı¯Ross. 878, f. 12v za¯de, appartiene ad ambiente istanbuliota, fu un allievo (come recita il colofone) di H affa¯f-za¯de di Ye· usayn noto come H ˘ volta di ‘Abduldikule, celebre calligrafo morto nel 1154 H./1741, allievo a sua la¯h Efendi (Sicill-i Osmanî, III, 705). L’esemplare rossiano fa parte di una serie di manoscritti analoghi recanti l’opera di al-Jazu¯lı¯ prodotti in ambito ottomano nel corso del XVIII secolo. Esso presenta analogie stringenti con una serie di manoscritti coevi, recanti la stessa opera e conservati presso la Biblioteca del Topkapı Sarayı Müzesi (ms. Y. Y. 141; M. R. 275), pubblicati da Tanındı (TANIN· DI, Islam Resminde, 41-411, figg. 23-24). f. 1v: frontespizio miniato con ‘unwa¯n (cartiglio) d’oro in forma di tabula ansata recante il titolo dell’opera: dala¯’il al-h ayrat, sormontato da un disegno a ˘ “timpano” (sarlawh · ) campito da un’ornamentazione floreale di tipo prettamente ottomano, in blu, rosso, oro e bianco, da cui si dipartono i caratteristici steli a “nappa”. Inferiormente il testo riporta l’incipit consueto dell’opera dopo la basmala entro riquadro. Sul margine destro compare un medaglione floreale a “peonia” in oro e blu da cui si dipartono due steli uno superiore e l’altro inferiore. f. 2r: medaglione floreale blu, oro e rosa, con steli superiore e inferiore, sul margine interno sinistro della pagina. f. 8r: nella parte inferiore della pagina jadwal (tabella), sormontato da un ‘unwa¯n d’oro recante il titolo: asma¯’ al-nabı¯ ·sallá alla¯h ‘alayhi wa salam, riportante entro ottagoni e quadrati, disposti a reticolo, i nomi del Profeta in oro e nero entro campo neutro.

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ff. 8v-10v: prosecuzione della tabella a f. 8r sull’intero specchio scrittorio. f. 10v: chiusa della parte relativa ai nomi del Profeta disposta a forma di triangolo rovesciato accanto al quale due triangoli sono decorati all’interno da girali floreali in oro. La scrittura alterna qui il nero all’oro e invade il disegno del triangolo. Inferiormente un pannello incorniciato in azzurro con campiture dorate, racchiude una peonia centrale in oro da cui si dipartono girali fogliati. f. 11r: miniatura tabellare (mm 118×68) con funzione di antiporta, raffigurante una rosa cremisi entro un paesaggio attraversato da un fiume in una dimensione prospettica alterata, secondo una tipologia caratteristica del gusto proto-barocco ottomano. Vi si potranno scorgere le forti suggestioni provenienti da influenze occidentali, pur con tratti conservatori come le nuvole derivanti da modelli classici ispirati all’arte cinese per il tramite della miniatura persiana. f. 11v: miniatura tabellare raffigurante l’area sacra di Medina, al centro della quale sorge la tomba del profeta Muh·ammad, entro un paesaggio di chiara influenza occidentale percepibile soprattutto nella resa del paesaggio montuoso e delle nuvole dietro di esso. Si può anche percepire un abbozzo prospettico del recinto sacro. f. 12r: miniatura tabellare (mm 118×68) raffigurante l’area sacra di Mecca con la Ka‘ba, secondo gli stilemi già descritti nella miniatura precedente che gli è affrontata. f. 12v: miniatura tabellare (mm 116×67) con funzione di antiporta, raffigurante un fiore di croco cremisi dai petali fortemente stilizzati e declinanti in forma di spiga, entro un paesaggio attraversato da un fiume analogo a quello della miniatura di f. 11r. Come in quel caso sono presenti le nuvole cinesi nel cielo ricavato dal fondo della pagina. f. 13v: pagina con titolo al centro entro ‘unwa¯n d’oro. Sul lato sinistro, medaglione floreale con campiture in oro. f. 14r: chiusa a triangolo rovesciato del testo, nella parte inferiore dello specchio scrittorio, pannello ornamentale con al centro una peonia da cui si dipartono delle palmette lanceolate in oro sul fondo della pagina (mm 31×55). f. 14v: miniatura tabellare (mm 116×68) con funzione di antiporta, raffigurante una peonia, entro paesaggio analogo alle miniature in ff. 11r e 12r. f. 15r: miniatura tabellare (mm 116×68) con funzione di antiporta, raffigurante una camelia entro un paesaggio analogo alle miniature in ff. 11r, 12r e 14v. f. 16v: frontespizio miniato analogo per ornato e disposizione a quello presente in f. 1v con ‘unwa¯n (cartiglio) d’oro in forma di tabula ansata recante il titolo del capitolo: Fı¯ kayfiyya ·salwa¯t ‘alá al-nabı¯. Basmala affiancata da palmette d’oro fogliate. Medaglione a peonia con steli superiore e inferiore, sul margine esterno sinistro. f. 22r: medaglione a peonia con steli superiore e inferiore, in basso a destra in oro blu e rosso.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 27v: titolo nella parte inferiore della pagina entro ‘unwa¯n d’oro. Sul lato destro, entro il margine esterno, medaglione floreale con campiture in oro blu e rosso. f. 32r: titolo al centro della pagina entro ‘unwa¯n d’oro. Sul lato sinistro della pagina entro il margine esterno medaglione a stella in blu, celeste, oro, verde e rosso. f. 35v: medaglione a stella, azzurro, oro e verde, con steli superiore e inferiore, sul margine sinistro. f. 40v: titolo al centro della pagina entro ‘unwa¯n d’oro, con medaglione a stella azzurro, oro e verde, con steli superiore e inferiore, nel margine esterno destro della pagina. f. 42v: medaglione a stella entro fiore, con steli superiore e inferiore, in blu oro e rosa, entro il margine sinistro esterno della pagina. f. 50v: medaglione a peonia in azzurro, bruno, oro e rosa, con steli superiore e inferiore, sul margine destro esterno della pagina. f. 51v: titolo al centro della pagina entro ‘unwa¯n d’oro, con medaglione a stemma in oro e blu, con steli superiore e inferiore, entro il margine destro esterno della pagina. f. 55v: titolo al centro della pagina entro ‘unwa¯n d’oro, con medaglione a peonia rosa, bruno, azzurro e oro entro il margine esterno della pagina. f. 58v: medaglione a peonia in azzurro, bruno, oro e rosa, con steli superiore e inferiore, sul margine destro esterno della pagina. f. 66v: medaglione a peonia in azzurro, oro e rosa, con steli superiore e inferiore, sul margine destro esterno della pagina. f. 70r: titolo al centro della pagina entro ‘unwa¯n d’oro, con medaglione floreale rosa, azzurro e oro entro il margine esterno sinistro della pagina. f. 72r: pagina conclusiva del manoscritto recante superiormente un ‘unwa¯n d’oro, privo di epigrafe, e inferiormente il testo del colophon disposto a triangolo rovesciato. Sui due triangoli laterali sono disposte delle campiture floreali. Nella parte inferiore è collocato un riquadro rettangolare (mm 52×53) con un garofano dipinto al centro. Stato di conservazione ottimo. Legatura in pelle impressa con ampio decoro in oro rosso e bianco. Ulteriore custodia in pelle. (Bibl. Rossianae, VIII, 33r-v) TIETZE, Die illuminierten, 185 nr. 381; LEVI DELLA VIDA, Elenco dei manoscritti arabi, 278; PIEMONTESE, I codici arabi, 277, 288.

MICHELE BERNARDINI

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ROSS. 886

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Ross. 886 (olim XI, 39; gr. 33) GEORGIUS GENNADIUS II SCHOLARIUS, Grammatica (anonima rielaborazione in forma di Erotemata, ff. 1r-96v). Estratti grammaticali anonimi (ff. 97r-97v) Sec. XV2-3 Cart. (di qualità media, giallastra e di medio spessore, è facilmente leggibile il sistema di vergatura e presenta 3 filigrane: un cavallo di profilo, come Briquet 3567, filigrana datata al 1433, anch’essa attraversata dalla catenella, cfr. ff. 18, 19; un monte a tre colli, quello al centro prominente, racchiuso da un cerchio, simile a Briquet 11845 e 11846, datate rispettivamente al 1441-1442 e 1444, cfr. ff. 6, 27; un quadrupede rampante non identificabile cfr. f. 63); ff. XI (I-VI moderni; il I in cartoncino grigio-blu, solidale con la controguardia), 109, VI’ (I’-VI’ moderni; il VI’ è in cartonciRoss. 886, f. 1r no grigio-bluastro solidale con la controguardia), da f. 98 a 109 in bianco; foliazione meccanica con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo inferiore esterno del recto di ciascun foglio, va da f. 1 a f. 110 perché computa anche il foglio di guardia I’; manuale (probabilmente anteriore all’altra e comunque combaciante con essa) con numeri arabi a matita, collocata nell’angolo superiore esterno del recto dei fogli, presente in genere ogni cinque fogli, ma su ciascun foglio nei ff. 90-98. Segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico (a/-ib/), apposte (l’ultima a f. 89r) nell’angolo inferiore esterno del primo recto di ogni fascicolo. Il codice misura mm 145×108 ed è vergato con una minuscola personale moderatamente corsiva con spazi tra le lettere e divisione tra le parole non costanti. Difficile dire se i cambi di ductus corrispondano a più mani, o solo a un diverso atteggiarsi, più o meno posato, di una sola mano. Lo specchio scrittorio, mm 102×65 circa, presenta un’unica colonna di 15-19 linee. Rigatura difficilmente leggibile, realizzata a secco incidendo dal verso dei fogli con uno schema avvicinabile al tipo D 22D1 (SAUTEL, LEROY, Répertoire, 238).

L’apparato decorativo del manoscritto è composto da: 1 fascia calligrafica (mm 7×82); 8 linee ornate (mm 3×30 in media, concentrate nella prima parte del manoscritto); 2 tipologie di iniziali calligrafiche rubricate: minori (in media mm 50×50) e grandi (in media mm 100×100); talora rubricatura per la punteggiatura e per le lineette sovrapposte alle lettere o sillabe oggetto di commento grammaticale. f. 1r: fascia calligrafica profilata a inchiostro rosso carminio sbiadito e poi sommariamente ripassata con uno bruno, è costituita dalla ripetuta torsione su se stesso di uno spesso nastro a due capi che forma una treccia

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

dalle volute irregolari e termina alle estremità con due nodi. Le linee ornate a inchiostro rosso carminio sbiadito sono costituite da un segmento orizzontale con andamento a zig-zag terminante con una foglia appuntita a tre lobi e con piccoli t che colmano le anse del fregio: ai ff. 9r, 11r, 12r, 18r hanno la funzione di chiudiriga, ai ff. 15v, 17v la funzione decorativa; non sempre previste nell’impianto delle pagina ordito dal copista, sono talora aggiunte nei margini all’atto della rubricatura, come ai ff. 11v, 18v. Le iniziali sono realizzate a penna con il medesimo inchiostro rosso carminio sbiadito utilizzato per il resto dell’ornato; talora le iniziali (in particolar modo le minori), dimenticate all’atto della rubricatura, sono state eseguite in un secondo tempo, in apparenza da altra mano, a inchiostro carminio più vivo (cfr. ff. 8v e 9r). Le iniziali di grandi dimensioni sono spesso ornate da brevi rabeschi che ne ingentiliscono i corpi piuttosto semplici, in particolare gli O sono arricchiti da delicati racemi stilizzati. Lo stato di conservazione della carta è buono, benché lungo i margini si concentrino delle macchie scure provocate dall’umidità e il f. 78 risulti staccato, mentre il rivestimento della legatura è alquanto logoro sul dorso, in particolar modo in prossimità dell’attaccatura dei piatti e del capitello superiore; presenta inoltre due lesioni tamponate sul piatto posteriore vicino ai tagli di testa e davanti. La legatura in marocchino bruno rossiccio è del tipo Rossi A. Il dorso è bordato e ripartito in tre scomparti da un filetto dorato: in quello più in alto è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su cinque linee ANONYMI / GRAMMAT(ICI) / MACARII / FRAGM(ENTA) / GRAECE; in quello centrale campeggia un motivo vegetale stilizzato racchiuso da una losanga incisa con quattro punzonature ai vertici, negli spazi di risulta sono elementi floreali; in quello inferiore è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) / CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Capitelli in filo verde e rosso. Contrariamente a ciò che riferisce il dorso della legatura, il codice contiene testi di grammatica, tra i quali Gollob ha voluto riconoscere una rielaborazione erotematica della Grammatica di Giorgio Scolario (1405-post 1472, patriarca di Costantinopoli dal 1453/1454 col nome di Gennadio II Scolario), il quale fece parte della delegazione bizantina a Firenze in occasione del Concilio (GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 85). In base agli elementi codicologici e paleografici, è possibile propendere per una datazione al secondo o terzo quarto del XV secolo, e ipotizzarne l’esecuzione da parte di un ellenofono, ma in ambiente occidentale. Iscrizioni: f. IX, in alto, sopadej (forse modificato su sotadej), scritto con inchiostro bruno molto diluito da mano occidentale non avvezza al greco; f. 1r, in-

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ROSS. 886-887

vocazione: + ¢rc(h~j) kall…st(hj) ¢gaqÕn do…hj t≤l(oj) : Ω trisopant≤leioj ¢gaqarc…a : –, iscrizione rubricata a inchiostro rosso molto sbiadito in minuscola ripartita su due linee al di sopra del fregio; ff. 12r e 24r, postille nel margine esterno in latino, vergate con inchiostro bruno scuro in una minuscola libraria regolare press’a poco coeva; f. 96v, nota (non è possibile stabilire se si tratti di una nota di possesso o dovuta al copista), + makar…ou eÙtel(ou~j) ƒeromon£cou. (Bibl. Rossianae, VIII, 44r-v) VAN DE VORST, Verzeichnis, 542; GOLLOB, Die griechische Literatur, 85; SAUTEL, LEROY, Répertoire, 238.

MANUELA MENCHERINI

Ross. 887 (olim XI, 40; gr. 34) Miscellaneo di grammatica, astronomia, etimologia e varia: Indice in greco (ff. VrVIv). Indice in latino (f. VIIr). (ff. 1r-222r). THEODORUS PRODROMUS, Fragmenta, inc. ’Ist≤on w ’ pa‹, Óti to\ ¥lfa dasÚnetai ™n l≤xesi toiaÚtaij..., inc. TÍ cq≥j oÙk ™zumèsamen..., necnon carmen figuratum, inc. Storgh\n prodeikn∞j suggenoàj sumyuc…aj... (ff. 222v-227r). Fragmentum de etymologia, inc. T…j ™stin ¥nqrwpoj… (ff. 227v-234r). LEUCTRUS PHILOSOPHUS BABYLONICUS, De septem astris (ff. 234v-236r). ANASTASIUS SINAITA, Fragmentum, inc. PÒqen ˜tumologe‹tai qeo\j (ff. 236v-245v). Exempla epistularum ad varios (ff. 245v-256r). De shme…oij adhibitis in manuscriptis Gregorii Nazianzeni (ff. 256r-258r) Sec. XV, seconda metà Cart. (carta di buona qualità, di colore ocra chiaro e sottile, si legge facilmente la vergatura); ff. III, 232, III’ (ff. I-III e I’-II’ sono fogli di guardia, di cui il f. III, cartaceo, ha uno spessore maggiore, mentre i ff. I, II e I’, II’, membranacei, presentano una rigatura tracciata con poca cura e a legatura avvenuta, costituita da rettrici a inchiostro bruno, probabilmente si tratta di fogli di riuso preparati in origine per un codice di dimensioni maggiori. Sono presenti due fogli in cartoncino ocra chiaro, uno ad apertura e l’altro a chiusura del codice, solidali con le controguardie); i ff. segnati come IIv, III, VIv, VII, 258v, 259v e I’v sono bianchi mentre i ff. 17, 23 e 257 sono stati anteposti rispettivamente ai

Ross. 887, f. 28v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ff. 16, 22 e 256 (errore probabilmente intervenuto in tempi moderni durante il rifacimento della legatura). La foliazione, manuale con numeri arabi a inchiostro nero, è collocata nell’angolo superiore esterno del recto di ciascun foglio e presenta un salto tra i ff. 147 e 148 al quale in età moderna si è ovviato aggiungendo a matita, sempre nell’angolo superiore esterno, il numero 147. Contestualmente la numerazione venne integrata apponendo numeri romani da I a VII ai ff. I-III, 1-4 e i numeri arabi 259 e 260 ai ff. I’ e II’. Il codice misura mm 147×100; la scrittura minuscola corsiva ad andamento verticale è realizzata con inchiostro bruno scuro e, benché presenti dei cambiamenti nel ductus (per esempio da f. 222v a 227r la scrittura acquista un maggiore respiro, le lettere sono più rotonde e aumentano gli spazi di divisione), è stata attribuita a un unico copista: il diacono Georghios che rubrica a monocondilio il proprio nome (Geèrgioj di£konoj) a f. 258r in chiusura di codice (Repertorium der griechischen Kopisten, III/3A nr. 142, 3B 55, 3C tav. 78). Specchio scrittorio (mm 112×75) a 1 colonna di 17 linee; ai ff. 194v-196r 2 colonne di scrittura di 17 linee, mm 112×32 ciascuna; ai ff. 196v-221v 3 colonne di scrittura di 17 linee, mm 112×20 ciascuna. Fascicolazione di difficile lettura, si trattava probabilmente di un codice composto da soli quaternioni; ora se ne leggono 32 tra i ff. 1-254 (mancanti di 2 fogli) e 1 binione ai ff. 255-258; la rifilatura dei margini dei fogli ha causato la perdita della maggior parte delle segnature dei fascicoli in lettere greche che aprivano e chiudevano ciascun fascicolo. Le seconde erano collocate nell’angolo inferiore esterno dell’ultimo verso mentre le prime si trovavano nell’angolo inferiore esterno del primo recto (come è ancora possibile osservare ai ff. 71v [q/], e 72r [i/]).

L’ornamentazione del codice è composta 6 fasce calligrafiche (mm 15×70 in media); 8 linee ornate; 13 linee ornate; iniziali calligrafiche rubricate: 2 grandi (mm 11×5 in media) e numerose minori (mm 4×3 in media). Fasce calligrafiche: ff. 28v, 97v, 113r: fasce a inchiostro nero con riempimenti rossi costituite dalla torsione su se stesso di un nastro continuo a due capi le cui volute sono alternativamente campite e puntinate in rosso. Il nastro è chiuso da una cornice rossa su fondo nero ornata da lunghi puntali ai vertici e tre sporgenze più piccole su ciascun lato lungo, entrambi riempiti con puntini rossi. ff. 122r, 194v: fasce costituite da un tralcio vegetale profilato con inchiostro nero e lumeggiato in rosso, chiuso da una cornice dello stesso colore su fondo nero dalla quale spuntano nove puntali riempiti con puntini rossi: quattro lunghi agli angoli e cinque più piccoli lungo i lati lunghi. f. 227v: fascia a inchiostro nero con riempimenti rossi costituita dalla torsione di un nastro continuo a due capi dalle cui volute, alternativamente campite e puntinate in rosso, sporgono delle punte. 8 linee ornate costituite da sottili bastoni annodati a inchiostro rosso carminio (cfr. f. 140v); ai ff. 178v, 192v, 222v i bastoni sono stati tracciati a inchiostro bruno e dai nodi spuntano quattro o sei punte. 13 linee ornate semplici composti dalla successione di piccole croci a inchiostro rosso vivo e bruno (cfr. f. 27v). ff. 222v, 226r: due iniziali maiuscole realizzate a penna con il medesimo inchiostro rosso vivo utilizzato per il resto dell’ornato.

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ROSS. 887

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Iscrizioni: f. [IIr]: Moschopulos, scritto nel margine superiore con inchiostro bruno molto diluito. f. 97r: iscrizione in italiano su sei linee ad inchiostro bruno, seguita da tre linee di scrittura greca vergata con il medesimo inchiostro degli indici e della numerazione manuale, van de Vorst legge l’incipit: + aupe mhni~ „oun…w z (= 7 giugno 1485) (VAN DE VORST, Verzeichnis, 543). f. 258r: Geèrgioj di£konoj, monocondìlio a inchiostro rosso carminio collocato a chiusura del testo, sotto l’invocazione preceduta da una croce. f. [I’r]: alfabeto greco sulle prime due righe di scrittura e, nella riga sottostante, sei dittonghi in greco moderno, entrambi a inchiostro nero. f. [II’r]: in alto, nota a piramide rovesciata con i nomi di Gregorius Ziraldus e Mercurius Iuppiter in minuscola gotica molto accurata con terminazioni arricciate e un bocciolo stilizzato, entrambi accompagnati da monogrammi. Lo stato di conservazione è buono in particolare nell’ultima parte del codice dove la carta non è molto ruvida e macchiata come lungo i margini dei primi fogli. Il codice è già stato sottoposto a un restauro in tempi moderni come dimostrano l’integrazione di lacune e l’incollaggio di un foglio di carta al verso del f. 258 che appartiene al tipo con vergatura orizzontale dei ff. IV-VIII. Anche il rivestimento della legatura è ben conservato, a parte una piccola lesione tamponata sul piatto anteriore nell’angolo tra il taglio di testa e davanti. La legatura è in pelle bruno rossiccia del tipo Rossi A. Il dorso è bordato e ripartito in quattro riquadri da un filetto dorato: nel primo dall’alto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su cinque linee THEOD(ORI) PRODRO(MI)/ LEVCTRI BABIL(ONICI)/ ET/ ANAST(ASII) SINAIT(AE)/ VARIA; nel secondo una decorazione a pressione con due rombi inscritti riempiti da fiori stilizzati; nel terzo è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CH(ARTACEUS)/ SAEC(ULI) XIV e il quarto è riempito da un segmento dorato. I tagli sono uniformemente dorati. Il codice contiene una miscellanea di scritti di grammatica ed è stato vergato dal greco Georghios che ha apposto la propria firma rubricata a chiusura del testo. La vicenda storica del codice è ancora ampiamente lacunosa; è però possibile circoscriverne la realizzazione alla seconda metà del XV secolo sulla base dell’ante quem costituito dall’annotazione di f. 97r datata al 1485 (VAN DE VORST, Verzeichnis, 543), come conferma l’analisi paleografica tracciata nel Repertorium dei copisti greci a cura di Hunger, purtroppo non si è potuto colmare l’arco cronologico antecedente l’arrivo nella biblioteca rossiana intorno alla metà del XIX secolo. La complessa struttura del codice, data la compresenza di fogli cartacei e membranacei, la fascicolazione rimaneggiata e l’imprecisione nel ritagliare i profili, racconta di un passato piuttosto articolato del quale potrebbe essere protagonista Gregorius Ziraldus, personaggio

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

sconosciuto che si firma in chiusura di volume attraverso una nota scritta in una gotica molto curata apposta centralmente su uno dei fogli pergamenacei (f. II’r). (Bibl. Rossianae, VIII, 45r, 46r-v) VAN DE VORST, Verzeichnis, 542, 543; GOLLOB, 85-89; HÖRANDNER, Visuelle Poesie, 36; Catalogus codicum astrologorum graecorum, 106, 107; Repertorium der griechischen Kopisten, III/3A nr. 142; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

MANUELA MENCHERINI

Ross. 893 (olim XI, 46) PUBLIUS OVIDIUS NASO, Epistulae Heroidum Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XVin. (f. 74v) explicit: Laus sit tibi Chr(ist)e / Q(uoni)am liber explic(it) iste Cart.; ff. 74. Foliazione moderna a matita in cifre arabe in alto a destra dei fogli. Il codice misura mm 202×146; di copista unico con qualche rara glossa marginale e interlineare, è in scrittura umanistica corsiva, vergata con inchiostro bruno. Specchio di scrittura (mm 130×105) a 22 linee, inquadrate da righe a grafite marginali verticali e orizzontali (spazio intercolonnare mm 6). La filigrana rinvia a Ferrara (Briquet 3296, a. 1406). La moderna fascicolazione in sette elementi è posteriore a quella originaria in quanto ha dovuto tenere conto della caduta di tre fogli, il primo all’inizio del testo, il secondo da posizionarsi tra gli attuali ff. 10 e 11 (manca Her. IV, 27-71), il terzo tra gli attuali ff. 70 e 71 (manca Her. XX, 51-94). Il codice, esemplare delle Heroides di Ovidio, appartiene alla classe più numerosa dei manoscritti dell’opera, circa 200, in cui si leggono integralmente le prime quattordici epistole e quindi, dopo l’omissione della quindicesima Sappho Phaoni, i seguenti versi delle successive, XVI, 1-38 e XVI, 145 – XXI, 14 (non sempre, tuttavia, costantemente). Una nota di mano posteriore al f. 74v recita Heroides Epistulae Ovidij nr. XX. Vigesima tamen initium Ross. 893, f. 48v tantum habet.

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ROSS. 887-893

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L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 21 iniziali maggiori, collocate ai ff. 1r, 3v, 6v, 10r, 13r, 16v, 20v, 24v, 27v, 29v, 31r, 34r, 37r, 42r, 45v, 48v, 54v, 60v, 65r, 69v, 74r; sono di varie dimensioni posizionate all’inizio di tutte le epistulae: misurano da un massimo di mm 37×25 a f. 48v a un minimo di mm 15×12 a f. 32. 9 di esse sono riccamente decorate con disegni a penna che raffigurano sovente i personaggi mitologici dell’opera: ff. 1r (I), 3v (II), 6v (III), 13r (V), 16v (VI), 20v (VII), 48v (XVI), 60v (XVIII), 65r (XIX). Sono fitomorfe – talvolta arricchite da animali fantastici – le iniziali dei restanti incipit delle Heroides IV (f. 10r), VIII (f. 24v), IX (f. 27v; maggiore anche la G di Geryonis all’incipit di v. 92), X (f. 31r), XI (f. 34r), XII (f. 37r), XIII (f. 42r), XIV (45v), XVII (f. 54v), XX (f. 69v), XXI (f. 74r). f. 1r: H di Hanc tua Penelope (mm 30×18), istoriata, all’incipit di Her. I (Penelope a Ulisse). L’eroina è raffigurata nel margine sinistro del foglio stabilmente ancorata a un fusto di colonna – corrispondente all’asta verticale sinistra della lettera H incipitaria – impreziosita da crepido, con lungo mantello a cui fa da cintura un filatterio con iscritto l’emistichio iniziale del primo esametro in parte danneggiato (scil. hanc [tua Pe]nelope lento): sembra ribadire da un lato il vuoto avvertito dall’assenza del coniuge, di cui quel lentus riferito a Ulisse (che risulta glossato in piger; lentus è anche Demofonte in Her. II, 23) sintetizza tutta la distanza fisica e morale in cui Penelope si era venuta a trovare, pur sempre rimanendo la moglie di Ulisse (v. 84: Penelope coniunx semper Ulixis ero), dall’altra la preoccupazione di perdere la freschezza giovanile testificata dall’explicit (vv. 115-116: Certe ego, quae fueram te discedente puella, / protinus ut venias, facta videbor anus) e anche ampiamente sottoscritta da Arianna (Her. X, 149). Ulisse, raffigurato sempre nel margine sinistro al di sotto di Penelope con corta tunica e calzari fino al ginocchio, è di dimensioni minori, quasi a voler dimostrare la distanza venutasi a creare tra lui e Penelope, trascinata in tutti quegli anni di attesa nella sofferenza e nella solitudine. f. 3v: H di Hospita Demofon (mm 15×12), istoriata, all’incipit di Her. II (Fillide a Demofonte). Il personaggio raffigurato è Fillide (come chiarito anche dalla didascalia incisa nella base ove l’eroina si trova stante: philis); con la sinistra imbraccia un gladium (ricostruito nel tratto verticale sinistro di quell’Hospita incipitaria), evidente allusione all’esiziale fine che l’eroina preannuncia per se stessa ai vv. 139-140 (saepe cruenta / traiectam gladio morte perire iuvat). Anche in questo caso il personaggio (vestito di lunga tunica riempita in rosso) così com’è rappresentato rievoca l’ultimo incontro e l’estremo momento di contatto con l’abeuntis imago dell’amato Demofonte, in partenza, appunto, dalla Tracia; il tema dell’addio, ben conosciuto a Ovidio e che nel distico dei Trist. I, 3, 79-80 ha trovato una riscrittura di forte valenza emotiva e di stretta affinità lessicale (su tutti quel sintagma finale esametrico

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

abeuntis inhaeret di Her. II, 91 e abeuntis inhaerens di Trist. I, 3, 79), è chiaramente sotteso, come lo sono gli abbracci, le languide pose, i baci interminabili e appassionati commisti alle lacrime, le formule di saluto. Ma è solo Fillide a essere raffigurata, che suggella il passato vissuto insieme non senza prefigurare la ricostituzione della coppia; non troviamo Demofonte, che pur si lamenta del favore delle brezze che in questo modo affretteranno il distacco dall’amata. f. 6v: Q di Quam legis (add. a rapta) Briseide (mm 20×21), istoriata, all’incipit di Her. III (Briseide ad Achille). Il personaggio con lungo vestito raffigurato alla sinistra del testo rappresenta Briseide, la fanciulla di Brisa (città di Lesbo), il dono d’onore che i Greci assegnarono ad Achille, il quale a tal punto la considerava da non voler prendere più parte alla guerra quando Agamennone la volle per sé, in quanto era stato costretto a riconsegnare Criseide. Briseide, dopo essere stata restituita ad Achille, piange amaramente sul cadavere di Patroclo e in suo onore sacrificò le proprie chiome. L’eroina è raffigurata con corta capigliatura (forse con riferimento al v. 15: at lacrimas sine fine dedi rupique capillos) e probabilmente quelle che erano state le sue belle chiome (infatti in IL II, 689 è definita eu”kohoj) si riflettono nello speculum da lei imbracciato costituente la Q incipitaria. f. 13r: P di Perlegis an coniunx (mm 30×20), istoriata, all’incipit di Her. V (Enone a Paride). La figura rappresenta un essere composito; il busto è di una giovinetta a capo scoperto, con capigliatura a riccioli biondi, sulla quale dalla vita in giù s’innesta il corpo di un quadrupede villoso, di specie evidentemente felina, con zampe ad artiglio e lunga coda. La figura reca in mano una spada con la quale resiste opponendosi a un serpente cornuto avvolto su tre spire che la minaccia e la cui coda s’insinua tra le zampe. Sottostante sul lato sinistro stanno due altre figure, un personaggio maschile adagiato su un paesaggio stilizzato e incatenato e un felino (un gatto o una lince) dal corpo di pari dimensioni; sopra questa seconda scena si legge, nonostante il testo sia parzialmente abraso, il nome Paris. Nella prima figura si dovrà riconoscere la ninfa Enone, la cui origine fluviale (v. 10: edita de magno flumine nympha fui), la pratica venatoria (cfr. vv. 17-20), le conoscenze di erboristeria (cfr. vv. 147-148) e l’indole stessa di abitatrice dei boschi e delle selve sembrano essere tutti elementi atti a giustificarne la natura centauresca e quindi ctonia e silvestre, in contrapposizione a Elena, la straniera venuta al di là del mare. Enone appare ben decisa nel difendere con la spada la sua castità maritale (v. 133: at manet Oenone fallenti casta marito), contro le insidie del serpente della lussuria, che le soffia in volto, e conferma la sua determinazione facendo passare il braccio attorno a un tronco, che costituisce l’asta della P incipitaria dalla quale si dipartono foglie bianche e rosse. Foglie e tronco sono un motivo guida nel testo della lettera (il giaciglio degli amanti è stato sotto un albero, sulla terra coperta di foglie, vv. 13-

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ROSS. 893

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14, tra le fronde del faggio, v. 87; Paride è levior foliis a v. 109), ma soprattutto il loro rapporto è stato sancito dalle dichiarazioni d’amore incise da Paride sul tronco degli alberi (vv. 21-22: incisae servant a te mea nomina fagi / et legor Oenone falce notata tua; e ancora v. 28: hoc in rugoso cortice carmen habes), che ora Enone rivendica come prova e garanzia del suo buon diritto. Paride, come destinatario dell’epistola, non è affiancato sul lato destro, come in altre raffigurazioni del codice, ma è stato collocato in posizione di sudditanza sotto la protagonista (come lo è Ulisse a f. 1r); la figura, priva di riempiture di colore, sta con le mani e i piedi legati, ormai succubo dell’invincibile lussuria, raffigurata dal grottesco e panciuto felino, dal colore più scuro, che regge con una zampa i legami che l’avvincono e solletica significativamente con l’altra la pianta del piede del prigioniero. f. 16v: L di Litora Thesalie (mm 20×10), istoriata, all’incipit di Her. VI (Issipile a Giasone). È raffigurato il solo Giasone, vestito di corto mantello, nell’atto di indicare con la mano destra qualcosa che non è presente, ma forse evidente allusione alla sua amata Issipile: entrambi sono, infatti, accomunati dal pianto all’annunzio della partenza degli Argonauti, Giasone nel momento di giurare fedeltà alla donna e al figlio portato nel grembo (vv. 60-62: vir tuus hinc habeo, vir tibi semper ero, / quod tamen e nobis gravida celatur in alvo, / vivat, et eiusdem simus uterque parens), Issipile nel momento del distacco finale (v. 70: huc feror, et lacrimis osque sinusque madent). f. 20v: S di Sic ubi fata vocant (mm 20×20), istoriata, all’incipit di Her. VII (Didone ad Enea). L’immagine che occhieggia nello spazio superiore della curva della S incipitaria dovrebbe fare riferimento a Didone, l’eroina sedotta e poi abbandonata dal perfidus Enea (v. 79), lei che mille procis placuit (v. 123). Enea sembra potersi riconoscere nell’abbozzo del personaggio tratteggiato lungo il margine esterno del foglio, visualizzato con quello che mi sembra essere stato nelle intenzioni del disegnatore uno scudo con umbone: naturale viene pensare allo scudo foggiato da Vulcano (Aen. 8, 625-731), mediante cui l’eroe, una volta imbracciatolo quale segno dell’accettazione del destino, si mostrerà pronto ad assumere il ruolo di condottiero assegnatogli dai fati, a cui nel testo talvolta è fatto esplicito ricordo o anche nei volgarizzamenti dei prologi già allora circolanti. Ma non escluderei anche la possibilità di ravvisarvi un riferimento al v. 35 della lirica (scil. Fallor, et ista mihi falso iactatur imago): l’inganno che l’eroina ha subìto da parte di Enea a lei presentatosi con propositi poi non risultati veritieri, rispecchiando una falsa immagine di sé riflessa sullo scudo. f. 48v: H di Hanc tibi Priamides (mm 37×25), istoriata, all’incipit di Her. XVI (Paride a Elena). Il mittente sta a sinistra, in posizione eretta mentre regge con la mano l’asta della lettera H, suggerendo quindi, come altrove già indicato, un rapporto tra protagonista e testo scritto, il destinatario

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

è invece a destra. Paride è armato di spada e porta un mantello e un cappello adorno di cristae, mentre Elena regge in mano la lettera in forma di volumen, dove si legge Helena Paridis. La comunicazione con la dichiarazione di amore è quindi nelle mani di Elena, che risponderà con l’epistola successiva; questa è però priva di illustrazioni, con la sola decorazione della H di Hunc a f. 54v. f. 60v: M di Mittit abidenus (mm 25×25), istoriata, all’incipit di Her. XVIII (Leandro a Ero); qui Leandro sta a sinistra ed Ero sta a destra con la lettera in mano e sopra la scritta Leander ad Ero; Leandro è abbigliato con maniche ampie e ricadenti fin quasi a terra e arricchite da piccoli manicottoli, e i suoi piedi poggiano su elementi di paesaggio non meglio evidenziati, ma separati tra loro, mentre con la mano indica verso Ero che sta reggendo la lettera. f. 65r: Q di Quam mihi misisti (mm 20×15), istoriata, all’incipit di Her. XIX (Ero a Leandro). Anche in questo caso il mittente sta a sinistra, in posizione eretta mentre regge con la mano il ricciolo della lettera Q, suggerendo il consueto rapporto tra protagonista e testo scritto, il destinatario è invece a destra. Anche per questo rapporto, come nel caso della coppia Paride-Elena, Ovidio ha composto anche la risposta: quella di Ero è appunto la risposta alla missiva di Leandro: ma di chi è la lettera che compare in questa raffigurazione? Si tratta infatti di un volumen tenuto in mano, mentre avvolge a spira il corpo di Ero; sul rotolo non compare nessuna scritta e anche il colore del materiale scrittorio risulta scuro, quasi a voler indicare il pelo delle pergamena; a destra sta Leandro presso il cui capo si legge Aero Lea. Quella di Ero non può essere la lettera che Leandro, impossibilitato dal mare mosso, ha frettolosamente scritto affidandola all’ultimo nauita in partenza dal porto, cf. XVIII, 916, che ora sta in mano a Ero (v. 1: Quam mihi misisti verbis, Leandre, salutem), perché questa scena è già stata illustrata al f. 60v: si tratta, quindi, della lettera scritta da Ero, che Leandro non riceverà mai, perché nel frattempo è annegato. La posizione del rotolo avvolge il corpo dell’eroina, sottolineando la separatezza dall‘amante, l’impossibilità a comunicare e la stessa non-funzionalità della risposta; Leandro ha infatti deciso di sfidare il mare in tempesta, come aveva annunciato a Ero (cfr. XVIII, 190: in freta non cautus tum quoque mittet Amor), ed è destinato ad annegare, come il delfino nel sogno premonitore di Ero (vv. 201202: quem [scil. delphina] postquam bibulis illisit fluctus harenis, / unda simul miserum vitaque deseruit). Lo stile dei disegni rimanda verosimilmente all’Italia settentrionale, forse Ferrara. Se l’abbigliamento con cui sono raffigurati numerosi personaggi delle Epistulae rimanda a un periodo cronologico compreso nella metà del sec. XV, la filigrana della carta e la scrittura tenderebbero ad alzare la datazione ai primi decenni del secolo.

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ROSS. 893-894

Buono lo stato di conservazione, nonostante i margini esterni presentino macchie di umidità e fori di tarli. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (legatura cartonata cucita su corda ricoperta in piena pelle con filettature dorate nei piatti esterni e nel dorso). Sul dorso in alto si legge OVIDII / EPISTOL(AE) / HEROIDE(S); in basso COD(EX) / CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Il codice fu acquisito dal cavaliere Giovanni Francesco de Rossi (1796-1854). Dal 1922 è parte integrante dei fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il codice è stato esposto in: Vedere i classici, Città del Vaticano 1996-1997. (Bibl. Rossianae, VIII, 53r) GOLLOB, Die Bibliothek, 14; Manuscrits classiques latins, 482; BUONOCORE, Aetas, 158 nr. 189, tavv. XX (f. 48v), XXI (f. 65r); SANTINI, Scheda nr. 79, 331-334 figg. 300 (f. 13r), 301 (f. 48v), 302 (f. 65r).

MARCO BUONOCORE

Ross. 894 (olim XI, 47; gr. 25) FLAVIUS IOSEPHUS, Antiquitates Iudaicae lib. I-II (ff. 1r-128v); PSEUDO FLAVIUS IOCommentarium in Maccabaeos BHG 1006 (ff. 105r-128v). ANONYMUS, Computatio temporum usque ad Iustiniani regnum (ff. 129r-133v) SEPHUS,

Sec. XVI, prima metà/metà Cart. (bianca, italiana, con filigrana di àncora inclusa entro cerchio, tipologicamente affine a Briquet 467-469 (aa. 1495-1512); ff. X (I in cartoncino ocra, solidale alla controguardia anteriore; II-VI cartacei, del XIX sec.; VII-X in apparenza guardie più antiche, bianche, con filigrana di giglio entro cerchio, sormontato da lettere C C, e, più in alto, A, del sec. XVI), 135, (134-135 guardie originali), VI’ (I’-V’ in carta del XIX sec. come sopra; VI’ in cartoncino ocra, come sopra, solidale con la controguardia posteriore). Foliazione moderna a matita, di cinque in cinque, in alto a destra nel recto; successiva foliazione con numeratore meccanico, apposta in basso a destra nel recto; richiami verticali, di mano del copista, in

Ross. 894, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

basso a destra nell’ultimo foglio verso. Il codice misura mm 205×150. Scrittura greca di un copista anonimo. Testo vergato a colonna unica (mm 130×75) per 20 linee scritte (quaternioni regolari). I ff. 102v-104v sono bianchi.

L’ornamentazione del manoscritto è calligrafica, eseguita in rosso, la cui tinta acida ha lasciato un alone scuro sulla facciata opposta. I libri che compongono l’opera sono introdotti da fasce ornamentali, cui segue il titolo in minuscola, nello stesso rosso; l’incipit è sottolineato da vigorose capitali maggiori calligrafiche poste in ekthesis. Le capitali minori sono in rosso, eseguite nelle stesse forme alfabetiche del testo. Testate: f. 1r: fascia attraversata da losanga al di sopra e al di sotto della quale si inseriscono palmette trilobe ritagliate in bianco su fondo rosso, secondo il metodo della riserva. I quattro angoli sono sottolineati da elementi globulari a nodo; sulla sommità centrale della cornice campeggia una grande palmetta i cui lobi si aprono simmetricamente. f. 74r: fascia, realizzata secondo il metodo della riserva, all’interno della quale si snoda una treccia a tre capi, risparmiata; ai quattro angoli esterni e sulla sommità del margine superiore si inseriscono motivi globulari a nodo analoghi a quelli di f. 1r. f. 105r: nastro formato da un tralcio ondulato nelle cui anse si diramano carnose semipalmette su campo libero, tutte volte a sinistra tranne la prima. f. 129r: fascia formata da una semplice asta rettangolare a doppio tratto vuota, al centro della quale si innesta un nodo. Iniziali maggiori: f. 1r:

I di `Ikanîj (mm 80×20), in ekthesis, l’asta è avviluppata al centro da un nodo; alla base e alla sommità della stessa si sviluppano riccioli ornamentali con lobi aperti simmetricamente; al di sotto, un vistoso tralcio con diramazioni multiple di semipalmette, dagli sviluppi parzialmente simmetrici. f. 74r: D di Di£ (mm 50×20), in ekthesis, il tratto orizzontale della lettera si confonde con la densa trama di palmette e appendici globulari apposte sulle sue terminazioni e sviluppate simmetricamente intorno e, soprattutto, al di sotto della lettera stessa. f. 105r: F di Filosofètaton (mm 60×12), in ekthesis, dallo schema affine a quello incontrato a f. 1r. Lo stato di conservazione del codice è buono, sebbene gli inchiostri acidi impiegati abbiano macchiato la superficie scritta; la carta si presenta in alcuni fogli lievemente ingiallita, in particolare lungo i margini esterni della pagina. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge FL(AVII) IOSEPHI / ANTIQUIT(ATUM) IUDAIC(UM) / LIB(ER) I ET II. / ID (EST) DE RATIONIS / IMPERIO / GRAECE, in basso COD(EX) CART(ACEUS) (sic) / SAEC(ULI) XIII.

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ROSS. 894-895

Il margine di f. 1r è, in realtà una integrazione cartacea, eseguita con carta filigranata presumibilmente cinquecentesca (si intravede una porzione di filigrana con coppia di frecce incrociate): l’integrazione dové evidentemente risarcire l’asportazione dell’originario margine inferiore del foglio, forse finalizzata a obliterare tracce di possessori precedenti. Il Ross. 894 costituisce uno degli esemplari Sforziani, ed è descritto nel catalogo di Domenico Allacci (m. 1669) con la segnatura 121. CXXXXIII. 1; appartenuto poi a Domenico Passionei (dal 1698), il cimelio è stato considerato da Aubrey Diller uno dei dispersi dell’Angelica, sicché l’asportazione dell’originario margine inferiore potrebbe aver celato le note di Filippo Vitali (m. 1771), ovvero lo stesso timbro del Passionei (m. 1761). (Bibl. Rossianae, VIII, 54r-57r) GOLLOB, Griechische Literatur, 74-75 nr. 25; RAHLFS, Verzeichnis, 324; DILLER, Scipio Tettius’, 16, n. 6; MERCATI, Note, 41, 123; CANART, 54r, 55r, 56r, 57r, PERI, Sussidi bibliografici, 325; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 895 (olim XI, 48; gr. 27) DIONYSIUS PERIEGETA, Orbis descriptio (ff. 1r-30v) Sec. XVI, prima metà Cart. (biancastra, italiana, con filigrane diverse); ff. VII (I cui è stato incollato un foglio, solidale con la controguardia anteriore, di carta marmorizzata sui toni dell’azzurro, con vene rosse e nere = marmo di pietra; II-VII in carta del XIX sec.), 33 (3133 guardie come sopra; all’ultimo foglio è stato incollato, sul verso, un foglio di carta marmorizzata, solidale con la controguardia del piatto posteriore). Foliazione moderna posta sul margine superiore esterno a matita; altra foliazione moderna a inchiostro, appena leggibile solo nei primi fogli a causa della significativa rifilatura del libro; segnatura originaria, ormai pesantemente rifilata, forse di mano del copista, sul margine inferiore esterno del primo recto del fascicolo, con lettere alfabetiche greche dal valore numerico, cui è sovrapposta la desinenza del rispettivo numerale ordinale; richiami verticali inseriti dal copista, in basso a destra nell’ultimo foglio verso del fasci-

Ross. 895, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

colo. Il codice misura mm 190×140. Testo vergato a colonna unica (mm 150×85), a inchiostro bruno, per 20 linee di scrittura. Scrittura greca di un copista che impiega una minuscola individuale, inquadrabile intorno alla prima metà del secolo XVI.

Ornamentazione di tipo calligrafico, circoscritta a f. 1r, eseguita con lo stesso inchiostro bruno del testo per il disegno (e forse ancora il medesimo, ma diluito, nelle campiture); i titoli correnti sono da ricondurre alla maiuscola epigrafica di ascendenza classica, allo stato attuale parzialmente decurtati dalla significativa rifilatura. Testata f. 1r: fascia costituita dall’accostamento di due elementi orizzontali in forma – per così dire – di cinturone, fra i quali si frappone, a saldarli, un piccolo motivo a fiore con quattro petali romboidali; ciascuno dei due cinturoni è costituito da quattro capi ritorti, campiti in bruno diluito, fermati al centro da una sorta di “fibbia” a doppio anello risparmiato in bianco; l’incrocio delle maglie dell’intreccio è sottolineato, verso l’esterno della composizione, da “denti di lupo” campiti in bruno. Capitale maggiore f. 1r: A di 'ArcÒmenoj (mm 25×10 ca.), in ekthesis; dalle aste prendono vita motivi a ramages; sotto la base – separato dal corpo della lettera stessa – si inserisce un ulteriore ricciolo morbidamente ripiegato su se stesso. Lo stato di conservazione del codice è discreto; la carta, di qualità particolarmente buona, presenta qualche traccia di umidità. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge in oro DIONI(SIUS) [sic] / DE / SITU / ORB(IS) / GRA(ECE). Alla base, ancora sul dorso, in oro: COD(EX) / CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. Si trascrive la collazione conclusiva di f. 31v: A. b. g. d. e. a“panta e„si@\ tetr£di@a / plˆn toà .a. kaˆ toà .e. toà m≥n .a. di@ad…ou / toà (d≥) .e. monad…ou. (Bibl. Rossianae, VIII, 57r, 58r) GOLLOB, Griechische Literatur, 76-77 nr. 27; LIVADARAS, Historia, 244; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 325; REEVE, Some Manuscripts, 211 passim.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 897 (olim XI, 50; gr. 37) Varia scripta vel excerpta geometrica, stereometrica et astronomica (HERO ALEXANDRINUS; DIDYMUS ALEXANDRINUS) Secc. XV, fine-XVI, inizio.

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ROSS. 895-897

Cart. (carta di media qualità, piuttosto spessa e non molto liscia, di colore ocra chiaro permette di leggere facilmente la vergatura disposta orizzontalmente); ff. VI (I in cartoncino marrone chiaro solidale con la contro guardia), 95, VI’ (VI’ è in cartoncino marrone chiaro solidale con la controguardia); foliazione manuale con numeri arabi a inchiostro bruno (probabilmente di antica fattura), di cinque in cinque, talora affiancata, corretta, o sostituita, da una moderna a matita; entrambe collocate nell’angolo superiore esterno del recto di ciascun foglio; mm 207×156; scrittura minuscola corsiva di piccolo formato realizzata con inchiostro bruno scuro da un unico copista; è caratterizzata da un ductus polimorfico, talora tendente a un segno a scatti; ff. 1v, 18v, 76v in bianco. Specchio scrittorio (mm 155×90) a unica colonna di scrittura di 26 linee. Segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico (a/-ib/, l’ultima a f. 88r), apposte nel margine inferiore del primo recto di ciascun fascicolo, ma tendenti a spostarsi verso l’angolo esterno.

Ross. 897, f. 21v

L’ornamentazione è composta da 1 fascia calligrafica (mm 3×87); iniziali calligrafiche rubricate (mm 10×4 in media) e titoli rubricati. Inoltre è presente un importante apparato illustrativo, composto da tabelle e piccoli schemi esplicativi già previsti nell’impianto della pagina disegnato dal copista, realizzati con strumenti tecnici come righe e compassi, anche se spesso risultano ripassati o corretti a mano libera, adoperando lo stesso inchiostro bruno scuro del testo e solo a f. 93v occupano più della metà della pagina. f. 21v: fascia bicroma a inchiostro bruno costituita dall’intreccio ondulato di un nastro continuo a due capi le cui onde sono alternativamente campite con il medesimo inchiostro rosso utilizzato per rubricare le iniziali. Le iniziali calligrafiche rubricate ad apertura di capitolo sono arricchite da elementi decorativi molto semplificati consistenti in piccole foglie cuoriformi dal corto gambo accompagnate talvolta da semplici terminazioni a rabeschi. Le iniziali calligrafiche di inizio periodo sono più semplici e a inchiostro rosso che delinea solamente il corpo della lettera arrivando in rari casi a prolungare i bracci con piccole virgole di colore. Benché i fogli di guardia I-VII siano ormai completamente distaccati dal corpo principale, lo stato di conservazione del codice è discreto: i margini dei fogli sono interessati da una leggera ondulazione dovuta probabilmente all’umidità

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

che ha anche provocato l’emergere di piccole macchie scure negli ultimi fogli del codice. La legatura, in marocchino bruno rossiccio graffiato in superficie da un leggero intreccio di linee incise a formare una rete è del tipo Rossi A. Il dorso è ripartito in cinque riquadri dai nervi: in alto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su quattro linee VARIORUM / GEOMETRICA / ET ASTRON(OMICA) / GRAECE; i tre riquadri centrali sono bordati da una cornice a racemi vegetali stilizzati; nel quinto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee COD(EX) / CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il rivestimento della legatura è leggermente logoro in prossimità dell’attaccatura dei piatti al dorso. I tagli sono stati dipinti con un colore rossiccio ormai sbiadito. Il codice presenta una raccolta miscellanea di scritti scientifici e, come il Ross. 986, possiede un importante apparato illustrativo. Tra le sezioni d’argomento geometrico-astronomico sono stati riconosciuti dei brani tratti dall’Antologia di Vettius Valens, discepolo di Tolomeo e il brano dedicato al calcolo dell’eclissi solare (ff. 10v-11r) presenta stringenti riferimenti scientifici con un codice cartaceo degli inizi del XIV secolo (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. gr. 2497) da far supporre una discendenza per copiatura accreditata dalla presenza di entrambi i volumi nella biblioteca di Coner (TIHON, Le calcul de la longitude de Vénus, 53 e Le calcul de l’éclipse de Soleil, 41). Per quanto riguarda la vicenda storica del codice, la ricchezza di segni di possesso permette di ricostruirne i tratti principali già a partire dagli inizi del XVI secolo. La nota d’acquisto (1508 Venetiis. Andreae Coneri, in minuscola corsiva distribuita su due linee e posta centralmente nel margine superiore) e lo stemma nel bas-de-page a f. 2r riferiscono della presenza del codice nella biblioteca di Andrea Coner, dotto chierico di Bamberga di stanza a Venezia al momento dell’acquisto dell’esemplare (in seguito a Mantova e, già dall’estate del 1513, a Roma dove probabilmente era entrato a far parte della curia pontificia), il quale lo custodì fino al 1527, anno della sua morte. Insieme ad altri manoscritti e libri a stampa di geometria e astronomia (tra i quali si trovava anche il Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. gr. 2497), il codice fu acquistato da Lattanzio Tolomei, ambasciatore della città di Siena presso la corte pontificia di papa Paolo III (già a Roma nel 1522 e morto nel 1543) che ne siglò il verso del f. 95, † | Pq L. | Ph., in disposizione cruciforme, monogramma, con lettere greche, a inchiostro bruno chiaro, collocato sotto l’ultima riga di scrittura nella parte alta del foglio; ciascun segno o gruppo di segni è disposto entro tre puntini. Dalla lettura dell’inventario dei beni di Andrea Coner, Mercati arriva a supporre che i due volumi Heronis di cui si fa menzione costituissero due entità separate e che siano stati assemblati nel codice 897 in un secondo momento, probabilmente non troppo lontano, come permette di ipotizzare l’indice latino a f. 1r assegnabile agli inizi del XVI secolo (MERCATI, Note, 127, 128, tav. 20). Non è noto quando il codice entrò in possesso di Marzio Milesio Sarazani (m. 1633/1634), editore e antiquario (nota a f. 1r, Martii Milesii Sarazanii, in let-

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ROSS. 897-904

tere maiuscole a inchiostro nero nel centro del margine inferiore), dal quale passò ai Teatini di San Silvestro al Quirinale di cui rimane il timbro della biblioteca nel margine interno di f. 2r. La presenza nello stesso foglio di due timbri o stemmi attentamente rasati, dal profilo a mandorla, e in rapporto speculare ai lati dello stemma del Coner, non è stata ancora chiarita. (Bibl. Rossianae, VIII, 61r-62r) VAN DE VORST, Verzeichnis, 544, 545; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 93-101; MERCATI, Scritti di Isidoro il cardinale Ruteno, 138-150; GERSTINGER, Giovanni Mercati, 373; MOGENET, Autolycus de Pitane, 87, n. 2; MERCATI, Note, 126, 133, 144 n. 1; RUYSSCHAERT, Costantino Gaetano, 281, n. 9; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

MANUELA MENCHERINI

Ross. 904 (olim XI, 57) HERODIANUS, Historiae Romanae libri VIII (Angelo Politiano interprete): Titulus et index imperatorum (f. I); Historiae Romanae Libri VIII (ff. 1r-112r); Appendix de Nerva et Traiano imperatoribus (ff. 115r-129v) Firenze?, sec. XVex. (post 1487) Cart.; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-V cart. di restauro), 130, VI’ (I’-V’ cart. di restauro, VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione moderna, a matita, richiami verticali in basso a destra, in gran parte persi dopo la rifilatura; mm 240×157 (f. 61r); fascicolazione regolare a quaterni; specchio di scrittura (mm 200×95, f. 61r) a una colonna di 28 linee. Scrittura umanistica corsiva a inchiostro bruno, titoli e rubriche in rosso; sul margine superiore titoli correnti in maiuscola a inchiostro rosso; ff. Iv, 112v-114v bianchi; rigatura a secco.

L’apparato decorativo del codice comprende 1 iniziale maggiore con fregio vegetale al margine, in apertura dell’opera (f. 1r); 1 pagina miniata (f. 2r) e 9 capilettera collocati all’inizio di ogni libro (misure in media mm 18×20) ai ff. 3r, 4r, 20r, 37r, 53v, 67v, 78r, 87v, 102r. Le iniziali miniate sono tracciate in oro su campo verde (per es. la lettera O, a f. 20r) o viola (per es. la lettera I, a f. 3r) decorato con esili spiraline in colore nero.

Ross. 904, f. 2r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 1r:

C di Cum Rome, in apertura dell’opera (mm 27×27). L’iniziale fitomorfa è posta su di un fondo in lamina d’oro, con intorno motivi vegetali in blu; il tutto entro una cornice di tipo architettonico. Lungo il margine interno, un fregio floreale punteggiato in oro con suppellettili all’antica. f. 2r: nastro miniato che si stende lungo il margine interno, con funzione di appoggio alla prima iniziale del testo, ugualmente miniata. Il fregio, delimitato da listelli d’oro, presenta un vasto repertorio ornamentale dove oltre a elementi fitomorfi – variazioni sul tema del tralcio vegetale – si gioca sull’accostamento di motivi all’antica: cornucopie, ghirlande sospese, bucrani, anfore, sfingi e delfini. Fondo in colore malva con motivi decorativi tracciati in oro e qualche elemento in verde, rosso e blu. Q di Qui res antiquas, all’inizio dell’Herodiani prohemium, figurata (mm 40×40). La lettera, in lamina d’oro posta su di un campo viola decorato con sottili racemi in inchiostro nero, reca all’interno un profilo laureato (un imperatore romano?). Nel centro del bordo inferiore, è ancora visibile la parte superiore di una corona d’alloro, intrecciata di nastri, con un cappello prelatizio nero posto probabilmente sopra lo stemma del proprietario del codice (oggi perso a causa della pesante rifilatura). f. 115r: spazio lasciato in bianco, forse in previsione dell’inserimento di una decorazione di fatto mai eseguita. Papa Innocenzo VIII chiese al Poliziano – durante il suo viaggio a Roma al seguito dell’ambasceria inviata da Lorenzo il Magnifico nel 1484 – di ricercare per lui tra gli autori greci uno storico dell’impero romano da tradurre. Con ogni probabilità, la scelta di Erodiano fu guidata dall’ambiente intellettuale dell’Urbe (GIONTA, Pomponio Leto, 434). Secondo il Perosa, la traduzione venne eseguita tra il 1485 e il 1487 (PEROSA, Due lettere, 358). La miniatura all’antica, di gusto mantegnesco e padovano, rientra nell’ideale di recupero della tradizione classica che s’impose a Roma in quegli anni e che riscosse notevole successo a partire dal settimo decennio del secolo fra i più importanti esponenti curiali (TOSCANO, Gaspare da Padova, 453-463). Il rossiano, la cui committenza ecclesiastica è deducibile dalla presenza del cappello prelatizio, potrebbe essere stato miniato nel contesto della produzione di manoscritti per personaggi della curia (il cappello prelatizio di colore nero era usato da diversi ecclesiastici: protonotari apostolici, abati, superiori maggiori degli ordini religiosi etc., HEIM, L’araldica, 68-69). Il codice contiene due frontespizi dipinti in maniera raffinata, uno all’inizio della dedica (f. 1r), l’altro in apertura del testo (f. 2r). In ambedue i casi, le iniziali miniate, tracciate in oro con precisione epigrafica, ricordano certi esemplari della cosiddetta littera mantiniana, tanto comune in territorio veneto. Altro elemento che suggerisce l’esistenza di legami con il nord-est, è individuabile nei caratteristici motivi cari al gusto del recupero classico e archeologico padovano-mantegnesco: anfore, cornucopie, bucrani etc., che si manifesta anche attraverso l’uso del colore viola posto a imitazione della por-

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ROSS. 904

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pora dei manoscritti tardo-antichi, e nella raffigurazione di un busto dell’imperatore ispirato ai cammei antichi. L’elemento che invece lega il nostro manoscritto alla produzione fiorentina di fine Quattrocento è l’impostazione della pagina (f. 2r), con un nastro miniato che si sviluppa lungo il margine interno, delimitato da listelli d’oro, e a fianco una iniziale miniata. Questa scelta, che troviamo in altri esemplari toscani dello stesso periodo, riflette un cambiamento nel gusto del tempo: il frontespizio architettonico cede il posto a soluzioni più variabili, che contaminano il vocabolario antiquario con un repertorio di preziosità da orefice e producono impostazioni “alla ferrarese”. Un esempio è il Libro d’ore (Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, ms. 55. K. 16. MANZARI, 243-244, Scheda nr. 107) realizzato per le nozze tra Alessandro de’ Medici e Margherita d’Austria, celebrate a Firenze nel 1536, che presenta nell’impostazione di alcune pagine miniate delle analogie con il nostro esemplare – per es. f. 41v, f. 145v – nel modo di disporre le bordure decorate nel margine sinistro accanto all’iniziale miniata. Assai simile per impaginazione e decorazione secondaria è il manoscritto di M. F. Quintiliano, Institutiones oratoriae, conservato a Valencia, Biblioteca universitaria, ms. 292 (cfr. l’iniziale Q a f. 58), attribuito a Giovanni Todeschino (Maestro del Plinio di Londra?) (La biblioteca reale di Napoli, 470, fig. 4). Anche il fregio vegetale che illustra il f. 1r, che ha delle caratteristiche stilistiche più in linea con Ferrara, trova confronti con codici toscani, come con il codice delle Elegie di Naldo Naldi (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. 35. 34, f. 1r; MANETTI, 72-73, Scheda nr. 2, 54). Lo stato di conservazione appare mediocre, soprattutto a causa della pesante rifilatura dei margini inferiore ed esterno che ha comportato rilevanti perdite nel testo e nella decorazione. Inoltre, la compagine dei fascicoli non risulta più saldamente inglobata nella legatura. La legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione, è in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro. In alto si legge A(NGELI) POLITIANI HISTORIA HERODIANI LATINE; in basso COD(EX) CH(ARTACEUS) / SAEC(ULI) XV. Protetto da copertura grigia in carta. A f. Ir l’ex libris C.F.R.O. fa riferimento alla biblioteca del conte Fabrizio Rilli Orsini (Poppi 1742-ivi 1826). (Bibl. Rossianae, VIII, 74r) TIETZE, Die illuminierten, 149 nr. 326; MAÏER, Les manuscrits, 283-284; KRISTELLER, Iter II, 467; GIONTA, Pomponio Leto, 439, 446; CERESA, Bibliografia 2005, 481.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 915 (olim XI, 65) FRANCESCO PETRARCA, Triumphi (ff. 1r-36v); Rime (ff. 37r-186v) Ferrara?, sec. XV2 Cart.; ff. V (I in cartoncino marmorizzato come la controguardia, II-IV cart. di restauro), 186, V’ (I’IV’ cart. di restauro, in carta marmorizzata come la controguardia); filigrane tipo Briquet 11705; numerazione moderna, a matita, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei ff. 1-41; mancante dal f. 42, dal f. 50 al f. 141 numerazione di registro con l’indicazione del primo foglio (per es. ff. 60, 61); dal f. 142 soltanto numerazione per decine ai ff. 150, 160; numerati i ff. 170, 171, 172; mancante dal f. 173 al 179; tarda nei ff. 179-186; richiami verticali in basso a destra; mm 265×166; specchio di scrittura (mm 185×77, f. 33r) a una colonna di 27 linee. Fascicolazione regolare a quinterni, tranne due quaterni (ff. 15r-22v; ff. 33r-40v) e un ternione finale (f. 181r-186v). Scritto in italiano; scrittura umanistica rotonda a inchiostro bruno, rigatura alla mina. Maniculae (per es. f. 27r) e anRoss. 915, f. 12r notazioni nei margini in inchiostro più chiaro rispetto al testo di unica mano; di altra mano, a inchiostro nero, rinvii nei ff. 171v, 172r, 179v, 180r. Guerrini identifica il copista con Bese Ardinghelli (GUERRINI, Sistema, 173).

Il codice comprende due opere del Petrarca: I Triumphi (ff. 1r-36v incipit mutilo: L’uno è Dyonisio e l’altro è Alessandro) e le Rime (ff. 37r-186v incipit mutilo: E mansueto più Giove che Marte). L’apparato decorativo del codice è molto più ricco nel testo dei Triumphi che nelle Rime. Nel primo caso, è costituito da 4 iniziali fitomorfe, collocate all’inizio di ognuno dei Triumphi, su campo esterno in lamina dorata e recante all’interno una decorazione di piccoli fiori blu e rosa. Il corpo delle lettere è in rosa con filettature bianche e volute vegetali in rosa e verde. Accanto a ogni iniziale si sviluppa un fregio a filigrana con all’interno fiori variopinti e stilizzati accompagnati da bottoncini d’oro. Rubriche in rosso all’inizio di ognuna delle parti del testo; iniziali rubricate di rosso e blu con filigrana del colore opposto, anche viola, la filigrana forma strisce verticali nel centro e nei lati, con prolungamenti nel margine sinistro. Nel testo delle Rime, la decorazione è affidata a iniziali filigranate simili a quelle trovate nel testo dei Triumphi. Senza rubriche né iniziali decorate. Le iniziali decorate si trovano ai ff. 12r, 21v, 31v, 34r: f. 12r: iniziale Q di Quando vidi, all’inizio di Pudicitie triumphus secundus, fitomorfa (mm 28×35). Iniziale fogliacea posta su campo esterno in lamina

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ROSS. 915

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d’oro, con fregio a racemi, fiori, foglie e bottoncini dorati nel margine laterale sinistro. f. 21v: iniziale N di Nel cor pien, all’inizio di Fame triumphus quartus, fitomorfa (mm 20×20). Iniziale fogliacea su campo esterno in lamina dorata; corpo della lettera rosa con filettature bianche e volute fogliacee in verde e blu. Fregio laterale a filigrana con fiori stilizzati e bottoncini dorati. f. 31v: iniziale D di Del laureo, all’inizio di Temporis triumphus quintus, fitomorfa (mm 37×30). Iniziale fogliacea posta su campo esterno in lamina d’oro e recante all’interno una spirale vegetale verde su campo blu. Un’antenna vegetale si distacca del corpo della lettera andando a intrecciarsi con il fregio laterale a filigrana con fiori e bottoncini dorati. f. 34r: iniziale D di Da poi, all’inizio di Eternitatis triumphus sextus et ultimus, fitomorfa (mm 26×30). Iniziale fogliacea posta su campo esterno in lamina d’oro recante all’interno motivi decorativi fogliacei in rosa e blu. Il corpo della lettera è in rosa con filettature bianche. Fregio laterale a filigrana con fiori in verde, blu e rosa accompagnati di bottoncini dorati. I fregi di filigrana, che accompagnano le iniziali fitomorfe, ricordano i motivi propri della miniatura ferrarese dove questa decorazione a penna ha il suo sviluppo principale accompagnata da bei fiori stilizzati, primule e rosette con bottoncini aurei. La chiara impronta ferrarese si traduce in una versione realizzata applicando, per quanto in maniera più semplificata, i moduli dell’ornato di alcune parti della Bibbia di Borso d’Este (Modena, Biblioteca Estense Universistaria, ms. V. G. 12 = lat. 422). Per altri riferimenti sulla Bibbia di Borso d’Este cfr. La miniatura a Ferrara, 105-113. Lo stato di conservazione del manoscritto appare discreto: macchie d’umidità e qualche strappo (a f. 4r, ce n’è uno non risarcito nell’angolo superiore sinistro). L’apparato decorativo è ben conservato. Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Legatura in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro. La guardia e controguardia (anteriore e posteriore) sono in carta marmorizzata; la legatura è protetta da carta di color grigio. Sul dorso, staccato, si legge in alto PETRARCA / I TRIONFI E IL CANZONIE(RE); in basso: COD(EX) CHA(RTACEUS) / SEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, VIII, 86r-v) TIETZE, Die illuminierten, 133 nr. 290; PELLEGRIN, Manuscrits, 120-121 nr. 57; GUERRINI, Il sistema, 173, 176, 177; GUERRINI, Scrivere, 473; CERESA, Bibliografia 1998, 383.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 926 (olim XI, 76) TITUS MACCIUS PLAUTUS, Comoediae Italia (Firenze?), sec. XVin. Cart.; ff. I-V (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. di restauro), 115, IV’ (I’-III’ cart. di restauro, IV’ in cartoncino azzurro come la controguardia); filigrane tipo Briquet 15820: Pistoia, 1399; tipo Briquet 797: Lucca, 1390-94; tipo Briquet 7461: Firenze, 1412; numerazione moderna a matita in cifre arabiche, in alto a destra, che inizia da f. 2r, mentre f. 1 è numerato I (nella descrizione si farà riferimento a questa); dal f. 11r indica i fogli delle decine e del foglio seguente (per es. ff. 20, 21) continua così fino al f. 111 (a eccezione del f. 71, senza numerazione); numerati i ff. 111-114, mm 285×205. Fascicolazione regolare a quinterni, dove i fascicoli si collegano tra di loro attraverso le lettere dell’alfabeto a cominciare dalla lettera B (nel primo fascicolo) posta nell’angolo inferiore destro (f. 10v) in corrispondenza con il faRoss. 926, f. 1r scicolo seguente dove la B appare nell’angolo inferiore sinistro (f. 11r); fino alla lettera M, l’ultimo fascicolo è un binione (ff. 111r114v); scrittura umanistica rotonda a inchiostro bruno di una sola mano (ff. Ir, 113v-114v bianchi). Specchio scrittorio (mm 200×125, f. 31r) a piena pagina di 33 linee di scrittura; rigatura a secco, con doppie righe verticali e orizzontali che chiudono lo specchio e che giungono tutte ai margini inferiore e superiore. Glosse marginali di mano del copista.

f. Iv (= 1v): (add.) GELLIUS, Noctes Atticae (estratto: VULCACIUS SEDIGITUS, De poetis). Inc.: Multos incertos certare hanc rem videmus. Nove iniziali maggiori a bianchi girari su fondo blu; iniziali semplici rubricate di rosso e blu; rubriche in caratteri capitali in inchiostro rosso; titoli e nomi dei personaggi in rosso. In ogni bifolio, nel margine superiore, il numero della commedia (per es. CO VII) e il titolo (per es. EPIDICUS). f. 1r (= 2r): pagina di incipit, iniziale I di In faciem (25×19 mm), in apertura dell’opera Anphitrio, a bianchi girari su fondo blu, il corpo della lettera è in colore giallo. Iniziale A di Amore captus (25×25 mm), all’incipit dell’argumentum, a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. f. 20r (= 21r): iniziale A di Amanti argento (22×23 mm), all’incipit di Asinaria, a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. f. 36r (= 37r): iniziale C di Captus est (20×25 mm), all’incipit di Captivi duo (così nel manoscritto), a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo.

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ROSS. 926

1185

f. 53r (= 54r): iniziale G di Gurgulio missu (sic) (33×35 mm), all’incipit di Gurgulio (così nel manoscritto), a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. f. 64v (= 65v): iniziale S di Salvere iubeo (25×25 mm), all’incipit di Cassina (così nel manoscritto), a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. f. 79r (= 80r): iniziale C di Conprimit adolescens (sic) (35×25 mm), all’incipit di Cistellaria, a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. f. 87v (= 88v): iniziale E di Emit fidicinam (24×25 mm), all’incipit di Epidicus, a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. f. 99v (= 100v): iniziale S di Senex avarus (25×25 mm), all’incipit di Aulularia, a bianchi girari su fondo blu; il corpo della lettera è in colore giallo. Come nota François Avril nella sua scheda sul manoscritto con le commedie di Plauto conservato a Parigi (Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 16234; Vedere i classici, 404, Scheda nr. 107), questo autore, contrariamente a Terenzio, non ha mai goduto di una tradizione iconografica ben fissata e continua; e comunque, nei casi dove troviamo manoscritti illustrati, le immagini non raggiungono mai l’ampiezza dei cicli illustrativi di Terenzio. Il manoscritto oggetto di questa descrizione presenta un’illustrazione semplice con delle iniziali a bianchi girari collocate in apertura di ciascuna delle otto commedie contenute nel volume (una per ogni commedia, due per l’Anphitrio). Lo stile geometrico vegetale dei nastri che avvolgono l’iniziale e il colore giallo usato per riempire il corpo della lettera – che sarà poi sostituito per l’oro nello sviluppo della decorazione a bianchi girari (DE LA MARE, Vespasiano, 168) –, sono elementi che ci permetteno di datare questa illustrazione ai primi decenni del secolo (CECCANTI, Proposte, 12). Un esempio dei primi codici a bianchi girari è il volume di Cicerone copiato da Poggio Bracciolini nel 1408, conservato a Berlino, Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz, ms. Hamilton 166, f. 96r (DE HAMEL, A History, fig. 218). Lo stato di conservazione del codice è discreto, la cucitura di alcuni fascicoli si è un po’ allentata senza che ci sia stata, almeno a quanto pare, alcuna perdita di testo. Il foglio iniziale e l’ultimo (ff. 1 e 113) sono stati rifilati nel margine superiore (f. 1) e nel margine inferiore (f. 113). Resti di tarli nei primi venti fogli. Legatura Rossi A, in discrete condizioni di conservazione. Dorso quasi staccato. In alto si legge: PLAUTI / COMOEDIAE; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Legatura protetta da una fodera in carta di color grigio. Non ci sono elementi per individuare i primi possessori; nel f. 11r, la cifra 212 in verticale, in basso, nel margine esterno. (Bibl. Rossianae, VIII, 98r-v) GOLLOB, Die Bibliothek, 15 nr. 31; TIETZE, Die illuminierten, 103 nr. 189; Manuscrits classiques latins, 483.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 927 (olim XI, 77; gr. 36) HERO ALEXANDRINUS, Definitiones nominum geometriae, excerpta; Geometrica, excerpta; Stereometrica, excerpta [= Liber geoponicus] (ff. 1r-24v). CASSIANUS BASSUS, Geoponica (ff. 25r-187v) Sec. XVIin. Cart. (biancastra, italiana, con filigrana di sirena iscritta entro un cerchio, simile a Briquet 13885, a. 1507; cane inserito entro cerchio, uguale a Briquet 3646, a. 1515; per finire, nell’ultimo fascicolo, crescente lunare attraversato simmetricamente dal filone sul quale si innesta una croce latina ad anse gemmate, simile, ma non uguale, a Briquet 524, a. 1512); ff. V (I in cartoncino color carta da zucchero, solidale con la controguardia anteriore; II-V in carta del XIX sec.), 188, V’ (I’-IV’ in carta del XIX sec.; V’ in cartoncino come sopra, solidale con la controguardia posteriore). Foliazione araba moderna a matita posta nell’angolo superiore esterno del recto; fasciRoss. 927, f. 1r coli segnati di prima mano sul margine inferiore – in posizione centrale – sul primo recto del fascicolo, con lettere alfabetiche greche con valore numerico; richiami verticali apposti sul margine inferiore interno sull’ultimo foglio verso del fascicolo, attualmente solo parzialmente visibili in seguito alla rifilatura.

Il codice misura mm 275×205. Testo vergato a colonna unica (mm 185×120) per 25 linee di scrittura. Scrittura greca a inchiostro bruno di un copista identificato in un primo momento da Paul Canart con Arsenio (Aristobulo Apostolio), vescovo di Monemvasia e figlio di Michele Apostolio. Tale posizione è stata rivista dallo stesso studioso, il quale ritiene adesso di poter ascrivere la trascrizione a un amanuense anonimo da lui appellato «pseudo-Aristobulo», comunque inquadrabile nel medesimo milieu culturale. A tale figura sarebbero da ascrivere anche i mss. Ross. 976 e 725, il ms. Vat. gr. 2169 (ff. 51r-166v) e i mss. Suppl. gr. 449, 451 e 452 della Bibliothèque nationale de France. L’ornamentazione è di tipo calligrafico, quanto mai limitata, funzionale alla presentazione dei titoli, vergati di norma in rosso carminio piuttosto opaco (fino a f. 35r), poi in rosso minio acceso, e per i quali si impiega la stessa scrittura del testo, ovvero vi si trovano titoli vergati in rosso in un’artificiosa maiuscola di tipo epigrafico. Anche le capitali segna-paragrafo hanno dimensioni ridotte, sono in rosso e normalmente in ekthesis, sebbene sussista una seconda tipologia intesa a sottolineare l’attacco dei capitoli, ovvero la prima lettera è eseguita con la minuscola del testo ma tracciata in rosso.

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ROSS. 927-939

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Testata f. 1r: costruita secondo il metodo della riserva; una treccia a quattro capi si dispone, abbastanza simmetricamente, su un fondo omogeneo rosso acceso, a sua volta contornato da una sottile cornice lineare vuota profilata in rosso, che si annoda sugli angoli, ove dà luogo a una sorta di giglio costituito da due riccioli laterali e un elemento romboidale centrale. La sommità centrale della cornice accoglie un ulteriore elemento che potrebbe rimandare al cosiddetto nodo di Salomone. Coppie di riccioli come quelli sugli angoli fuoriescono dalla cornice anche alla metà del lato inferiore e destro. Capitali maggiori f. 25r: T di T≠ diafÒroij calligrafico, in rosso carminio dilavato (in ekthesis) (mm 10×10); alla base e al di sopra di esso si svolge un ricciolo vegetale modestamente sviluppato che contribuisce ad arricchire una lettera altrimenti modesta. Rientrano in quest’ultima tipologia T (f. 53r) (con unico elemento vegetale posto alla base), E (f. 67r), T (f. 89r); i libri dell’opera di Erone riportano figure e schemi geometrici eseguiti in rosso carminio, di fattura incerta, da ricondurre allo stesso copista. Lo stato di conservazione del codice è molto buono; i fogli sono lievemente ingialliti, specie lungo i margini, senza tuttavia compromettere le condizioni d’insieme del libro. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, rifatto, è stato riapplicato il rivestimento della medesima legatura rossiana; ivi, si legge in oro HERONIS / GEOMETRIA / ET / CASSIANI BASSI / GEOPONICA / GRAECE. In basso, sul dorso, si legge COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XVI. I tagli dovettero essere un tempo colorati, in una tinta azzurra o verdastra. (Bibl. Rossianae, VIII, 99r-v) GOLLOB, Griechische Literatur, 92-93 nr. 36; CANART, Scribes grecs, 59; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 325.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 939 (olim XI, 89) Speculum humanae salvationis Germania meridionale (?), sec. XV, metà Cart.; ff. VIII (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VIII cart. di restauro), 52, VIII’ (I’-VII’ cart. di restauro, VIII’ moderno, in cartoncino come la controguardia); numerazione moderna, a matita, nel centro del margine superiore (i ff. 1 e 2 presentano una doppia numerazione a matita, rispettivamente 247 e 248); richiami orizzontali in basso a destra,

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1188

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

in gran parte persi dopo la rifilatura; mm 216×293 (f. 4r). Fascicolazione regolare a senioni (a eccezione del duerno finale, ff. 49-52); il bifolio centrale d’ogni fascicolo è rinforzato a volte con strisce di pergamena; specchio di scrittura (mm 233×187, f. 4r) su due colonne di 28 linee (spazio intercolonnare mm 11). Scrittura bastarda a inchiostro bruno, rubriche in rosso; rigatura alla mina. Forse nell’intervento di rilegatura sono stati spostati dei fascicoli, visto che per la continuità del testo e delle illustrazioni, al f. 48v (Prima tristitia) dovrebbe seguire il f. 51r (Secunda e Tertia tristitia) e non il f. 49r (Secundum e Tertium gaudium). L’ordine corretto sarebbe stato: f. 48v, 51r-v, 50r, 49r-v, 52r, 50v.

L’apparato illustrativo, molto ampio, presenta complessivamente 96 miniature, che accompagnano il testo dello Speculum humanae salvationis, insieme a iniziali filigranate in rosso e Ross. 939, f. 4v verde poste all’incipit di ogni capitolo. L’impostazione della pagina, tipica di questa tipologia di testo, prevede per ogni capitolo una coppia di pagine affrontate illustrate con quattro immagini; ognuna di queste è costituita da un riquadro miniato posto al di sopra di una colonna di testo, con i titoli dei capitoli rubricati in rosso. I disegni acquarellati presentano una gamma di colori vivaci: azzurro, verde, arancio, rosa, rosso, marrone, lilla, giallo resi in più tonalità. Le figure si inseriscono su un fondo a tinta unita, generalmente in blu, verde o rosso; con eventuali decorazioni a racemi in rosso, bianco o nero (per es. rosso, f. 9v), o in una tonalità più scura dello stesso colore utilizzato per il fondo. Ogni capitolo è illustrato da 4 vignette (mm 88×88). f. 1r: ff. 4v-5r: ff. 5v-6r: ff. 6v-7r:

ff. 7v-8r: ff. 8v-9r:

proemio, spazio per un’iniziale mai eseguita, comunque di minori dimensioni rispetto al resto. cap. I, Caduta degli angeli ribelli; Creazione di Eva; Nozze di Adamo ed Eva; Tentazione di Eva. cap. II, Peccato originale; Cacciata dal Paradiso; Il lavoro di Adamo ed Eva; Arca di Noè. cap. III, Annuncio a Gioacchino; Il re Astiage vede, in una visione, germogliare una vite dal corpo della figlia; Fonte sigillata; Balaam e l’asina fermati dall’angelo. cap. IV, Nascita di Maria; Albero di Iesse; Porta clausa, simbolo di Maria; Tempio di Salomone. cap. V, Presentazione di Maria al Tempio; La mensa d’oro pescata

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ROSS. 939

ff. 9v-10r: ff. 10v-11r: ff. 11v-12r: ff. 12v-13r:

ff. 13v-14r: ff. 14v-15r:

ff. 15v-16r:

ff. 16v-17r: ff. 17v-18r:

ff. 18v-19r:

ff. 19v-20r:

ff. 20v-21r:

ff. 21v-22r: ff. 22v-23r:

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dai pescatori e offerta nel Tempio del sole; Il sacrificio della figlia di Iefte; La regina dei persiani contempla la sua patria in un giardino pensile. cap. VI, Nozze di Maria e Giuseppe; Raguele sposa la figlia Sara con Tobia; Torre di Baris; Torre di David. cap. VII, Annunciazione; Il Signore appare a Mosè; Il vello di Gedeone; Rebecca porge una brocca a Eleazar, messaggero di Abramo. cap. VIII, Natività; La visione del coppiere del Faraone; La verga di Aronne fiorisce; Annuncio della Sibilla ad Augusto. cap. IX, Adorazione dei Magi; I Magi contemplano la stella, dove appare Gesù bambino; I tre guerrieri offrono a Davide l’acqua della cisterna di Betlemme; L’offerta della regina di Saba a Salomone, raffigurato in trono. cap. X, Presentazione di Cristo al Tempio; L’Arca dell’Alleanza; Il candelabro a sette bracci; Anna offre Samuele al Signore. cap. XI, Crollo degli idoli durante la fuga in Egitto; La statua della Madonna con il Bambino fatta dagli Egiziani; Mosè fanciullo rompe la corona del Faraone; Nabucodonosor vede in sogno una grande statua, che in questo caso raffigura il diavolo con una corona. cap. XII, Cristo battezzato da Giovanni nel Giordano; Il bacino di bronzo sorretto dai buoi posto all’ingresso del Tempio; Naaman il lebbroso lava le proprie piaghe nel Giordano; Il Giordano si secca al passaggio dei sacerdoti che portano l’Arca dell’Alleanza. cap. XIII, Tentazioni di Cristo nel deserto; Davide uccide Golia; Davide uccide l’orso e il leone. cap. XIV, Maria Maddalena lava i piedi di Cristo; Il re Manasse imprigionato e legato; Il ritorno del figliol prodigo; Davide inginocchiato alla presenza del profeta Nathan. cap. XV, Entrata a Gerusalemme; Geremia piange la distruzione di Gerusalemme; Davide offre alle fanciulle il capo reciso di Golia; Eliodoro flagellato. In questo caso, l’artista non raffigura Eliodoro, ma la lotta tra due uomini a cavallo: uno di loro porta in mano un flagello e si scontra con un altro che brandisce una spada, mentre il suo cavallo schiaccia un altro uomo. cap. XVI, Ultima cena; La raccolta della manna nel deserto; L’Agnello pasquale mangiato dagli ebrei; Il sacerdote Melchisedec offre pane e vino ad Abramo. cap. XVII, Gesù prostra i suoi nemici con una sola parola; Sansone uccide mille uomini con la mascella di un asino; Sangar uccide seicento uomini con un vomere; Davide uccide ottocento uomini con un colpo solo. cap. XVIII, Cattura di Cristo; Ioab accosta ingannevolmente Amasa e lo uccide; Davide placa Saul con la cetra; Caino uccide Abele. cap. XIX, Cristo deriso; Hus soffocato di sputi dagli ebrei, viene colpi-

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ff. 23v-24r:

ff. 24v-25r:

ff. 25v-26r:

ff. 26v-27r:

ff. 27v-28r: ff. 28v-29r:

ff. 29v-30r:

ff. 30v-31r:

ff. 31v-32r:

ff. 32v-33r:

ff. 33v-34r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

to a sassate in testa (in questo caso, appare Cristo nel centro della scena, fiancheggiato da altre due figure); Cam deride il padre Noè, denudato mentre dorme ubriaco; Sansone accecato dai Filistei. cap. XX, Flagellazione; Achior viene legato a un albero; Lamech è flagellato dalle sue due mogli (in realtà, le due donne gli strappano i capelli); Giobbe è flagellato da Satana e dalla moglie. cap. XXI, Gesù incoronato di spine; Apeme prende la corona del re Dario; Semei maledice Davide colpendolo con sassi e legna; Amon taglia le vesti dei messaggeri di pace di Davide. cap. XXII. Immagini che corrispondono al testo del cap. XXIII: Cristo inchiodato alla Croce; Tubalcain e Iubal inventano la lavorazione dei metalli e la musica; Isaia tagliato in due con la sega; Il re di Moab uccide suo figlio. L’artista ha invertito l’ordine delle immagini anche se i testi seguono l’ordine corretto: prima, quelle del cap. XXIII e dopo quelle del cap. XXII. cap. XXIII, Andata al Calvario; Isacco porta la legna seguendo il padre che lo conduce al sacrificio; La parabola dell’erede della vigna, cacciato fuori e ucciso; Due uomini trasportano un grappolo della terra promessa. Errore nella collocazione delle immagini, prima quelle del cap. XXIII e dopo quelle del cap. XXII. cap. XXIV, Crocifissione; Il sogno di Nabucodonosor; Il re Codro ucciso da un soldato; Eleazar trapassa un elefante. cap. XXV, Cristo in croce deriso dagli ebrei; Micol deride Davide suo marito; Uccisione di Absalon trafitto dalle spade di un guerriero; Evilmerodach taglia il corpo del padre in trecento pezzi. cap. XXVI, Deposizione; Giacobbe piange al vedere la tunica del figlio Giuseppe; Adamo ed Eva piangono la morte di Abele; Noemi con le braccia alzate piange per suo marito e i suoi figli. cap. XXVII, La Madonna assiste alla deposizione di Cristo nel sepolcro; Il re Davide piange la sepoltura di Abner; Giuseppe calato nel pozzo dai fratelli (l’artista rappresenta Giuseppe su di un carro); Giona buttato a mare dalla barca e inghiottito dalla balena. cap. XXVIII, Discesa all’inferno; Cristo insieme ai tre fanciulli ebrei nella fornace; Abacuc ciba Daniele nella fossa dei leoni; Lo struzzo libera il suo pulcino. cap. XXIX, Cristo risorto trafigge il diavolo con la croce (l’artista rappresenta Cristo che si avvicina a una enorme fauce con dentro i condannati tra lingue di fuoco); Banania trafigge il leone; Sansone dilania il leone; Aioth uccide Eglon. cap. XXX, Maria, vittoriosa sul diavolo, lo trafigge con la lancia, circondata dai simboli della Passione (l’artista rappresenta Maria, coronata da due angeli, con Gesù bambino in braccio che calpesta il diavolo con i piedi); Giuditta uccide Oloferne; Giaele perfora la testa di Sisara con un chiodo; La regina Thamaris decapita il re Ciro.

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ROSS. 939

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ff. 34v-35r: cap. XXXI, Discesa al Limbo; Ebrei liberati dall’Egitto; Abramo liberato dal fuoco dei Caldei; Loth abbandona Sodoma. ff. 35v-36r: cap. XXXII, Resurrezione; Sansone distrugge le porte di Gaza; Giona liberato dal ventre della balena; La parabola della pietra scartata dai costruttori. ff. 36v-37r: cap. XXXIII, Ascensione; La Scala di Giacobbe; Cristo Buon pastore porta in spalla la pecorella perduta; Elia, sul carro, è condotto in Paradiso. ff. 37v-38r: cap. XXXIV, Pentecoste; La costruzione della Torre di Babele; Il Signore concede i dieci comandamenti; I vasi della povera vedova sono riempiti di olio. ff. 38v-39r: cap. XXXV, Immagine di Maria circondata dai dieci luoghi santi; Anna piange l’assenza di suo figlio e di Maria; La parabola della donna che aveva dieci dracme; La sposa di Davide, Micol, data a un altro uomo. ff. 39v-40r: cap. XXXVI, Assunzione di Maria; Davide e l’Arca, un libro e una croce, all’interno di una chiesa; Signum magnum apparuit in celo: la Donna, con ali angeliche e incoronata, poggia i piedi sul sole e la luna ed è circondata da mandorla infuocata; Il re Salomone fa sedere la madre alla sua destra. ff. 40v-41r: cap. XXXVII, Visione di san Domenico: la Madonna placa l’ira di Cristo; Abigail placa l’ira di Davide contro lo stolto Nabal; La donna di Tekoa placa l’ira di Davide contro Absalon; Una donna saggia placa l’ira di Ioab contro la città. ff. 41v-42r: cap. XXXVIII, Maria protettrice dell’umanità, con Cristo; Tharbis difende la città contro Mosè (invece, il miniatore raffigura una scena di matrimonio); Abimelech assassinato da una donna di Tebe; Micol aiuta Davide a fuggire dai soldati. ff. 42v-43r: cap. XXXIX, Cristo mostra le sue ferite a Dio Padre e intercede per l’umanità; Antipater mostra le sue ferite a Giulio Cesare; Maria intercede per gli uomini mostrando il seno nudo a Gesù; Ester intercede per il suo popolo presso il re Assuero. ff. 43v-44r: cap. XL, Il Giudizio universale; La parabola dei talenti; La parabola delle Vergini sagge e delle Vergini stolte; Daniele interpreta la scritta misteriosa apparsa sulle mura di Balthazar. ff. 44v-45r: cap. XLI, Le pene dell’inferno; Punizione dei nemici di Davide; Punizione dei nemici di Gedeone; Il Faraone e l’esercito egiziano sono sommersi nel Mar Rosso. ff. 45v-46r: cap. XLII, Cristo in maestà, alla presenza di due angeli musici; La regina di Saba visita il re Salomone; Il banchetto di Assuero; Il banchetto dei figli di Giobbe. ff. 46v-47r: cap. XLIII, Miraculum de passione Christi. La Visione del Cristo portacroce, un uomo inginocchiato; Ultima cena (Hora vespertina); Cattura di Cristo (Hora completorii); Cristo davanti a Caifa (Hora matutina). ff. 47v-48r: Cristo davanti a Erode (Hora prima); Flagellazione (Hora tertia); Cristo davanti a Pilato (Hora sexta); Crocifissione (Hora nona).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ff. 48v-49r: cap. XLIV, Miraculum de dolore Christi et gloriose sue Matris. La visione del domenicano con i chiodi infissi nelle mani e nei piedi e una spada nei fianchi; Presentazione al Tempio (Prima tristitia); Visitazione (Secundum gaudium); Natività (Tertium gaudium). ff. 49v-50r: cap. XLV, Epifania (Quartum gaudium); Presentazione al Tempio (Quintum gaudium); Deposizione nel sepolcro (Sexta tristitia); Maria (con le orme di Cristo) (Septima tristitia). ff. 50v-51r: Miraculum de septem gaudiis beate Virginis. Maria appare a un sacerdote malato, tra due angeli che portano ceri; Annunciazione (Primum gaudium); Fuga in Egitto (Secunda tristitia); Cristo davanti ai dottori (Tertia tristitia). ff. 51v-52r: Cattura di Cristo (Quarta tristitia); Crocifissione (Quinta tristitia); Cristo nel Tempio (Sextum gaudium); Coronazione della Vergine (Septimum gaudium). Lo Speculum appartiene alla categoria delle opere di divulgazione della Bibbia attraverso le immagini, sviluppatasi a partire dalla fine del XIII secolo. In linea con la Biblia pauperum, ma con un testo più ampio, lo Speculum evidenzia le relazioni tipologiche tra singoli episodi dell’Antico e Nuovo Testamento attraverso il confronto fra le relative raffigurazioni (SCHMIDT, Bibbia dei poveri, 487491). Nel nostro caso, come in altri esemplari dello Speculum, il testo è completato dalla Passione di Cristo, divisa in sette ore canoniche, dalle Sette tristezze e dalle Sette gioie di Maria. Questo trattato ebbe larghissima diffusione tra il XIV e il XVI secolo, soprattutto in area tedesca e olandese, anche se esiste una importante linea di diffusione italiana (FRUGONI, MANZARI, Immagini, 16). La disposizione delle figure corrisponde in linea di massima a quella del manoscritto di Monaco di Baviera (Bayerische Staatsbibliothek, ms. Clm 146), esemplare datato al sec. XIV, proveniente da Sélestat, e considerato il codice più vicino al prototipo. Breitenbach (BREITENBACH, Speculum, 35, 76, nr. 311), avvicina il Ross. 939 (che manca nel corpus di LUTZ, PERDRIZET, Speculum) al manoscritto di Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibliothek, ms. Clm 3974 (BREITENBACH, Speculum, 19 nr. 203; Regensburger, 163-164 nr. 97,107-108, fig. 71). Ambedue i manoscritti concordano largamente nella maggior parte delle raffigurazioni. Le caratteristiche stilistiche del codice rossiano rimandano alla produzione tedesca di metà del sec. XV, nella quale ebbe ampia diffusione questa tipologia di opere. Appaiono rilevanti i legami con un altro esemplare dello Speculum conservato alla Hessische Landes-und Hochschulbibliothek di Darmstadt, ms. Hs. 270, (WILSON, A Medieval Mirror, 41) anch’esso dotato di un ricco apparato illustrativo, costituito da disegni in gran parte acquarellati. Un altro esemplare tedesco, anteriore cronologicamente, mostra elementi simili nelle raffigurazioni degli angeli con ricci e grandi occhi neri, o nel motivo dei racemi – utilizzati come fondo per alcune raffigurazioni nel nostro codice – e che qui appaiono come motivi disegnati sulle vesti di alcuni personaggi, in particolare nell’episodio di Abramo e i tre Angeli, nella Weltchronik di Rudolf von Ems Oberrhein, dell’anno 1402 (ora

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ROSS. 939-944

a New York, Public Library, Spencer, ms. 38; BOECKLER, Deutsche Buchmalerei der Gotik, 35; The Splendor, 109-115 nr. 22). Per concludere, l’esecuzione non appare delle più raffinate, in linea con una produzione di tipo popolare conosciuta anche come Volkshandschriften, caratterizzata da questi disegni a inchiostro nero, che danno risalto alle figure, e da illustrazioni colorate ad acquerello. Il codice si presenta in buono stato di conservazione; la carta è scurita e alcuni fogli hanno i bordi rovinati o tagliati (ff. 50, 51). La legatura Rossi A, in discrete condizioni di conservazione, è in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro. In alto si legge SPECULUM HUMANAE SALVATI(ONIS); in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XV. Legatura protetta da una fodera in carta grigia. (Bibl. Rossianae, VIII, 124r-v) TIETZE, Die illuminierten, 15 nr. 23; BREITENBACH, Speculum, 35, 76.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 944 (olim XI, 94) FRANCESCO PETRARCA, Africa Italia centrale (Firenze?), sec. XVex.

Ross. 944, f. 1r

Cart.; ff. VIII (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VIII cart. di restauro), 120, VIII’ (I’-VII’ cartacei di restauro, VIII’ cartoncino azzurro come la controguardia); filigrane Briquet 6027 e Briquet 8441; numerazione meccanica moderna nell’angolo inferiore destro, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che indica i fogli delle decine (manca la num. al f. 10r) nell’angolo superiore destro; richiami orizzontali in basso a destra; mm 303×212 (f. 17r); segnatura alfanumerica dei fascicoli sul recto (incompleta), nell’angolo inferiore destro. Fascicolazione regolare a quaterni, il bifolio centrale d’ogni quaterno è rinforzato con strisce di pergamena; specchio di scrittura (mm 200×123, f. 43r) a una colonna di 28 linee. Scrittura umanistica corsiva a inchiostro bruno, rubriche in rosso; rigatura a secco. Rare postille nei margini, e alcune citazioni da Cicerone e passi dei Punica di Silio Italico.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’apparato decorativo del codice comprende una iniziale maggiore (f. 1r) a bianchi girari su fondo a lacunari rossi e verdi e 10 capilettera (misure in media mm 35×30) ai ff. 2r, 11v, 21v, 35v, 42v, 58r, 72v, 92v, 111v, 120v. Le iniziali sono semplici, in inchiostro rosso o blu, collocate all’inizio d’ogni libro, a eccezione della Q (f. 2r) con decorazione a filigrana e la P (f. 92v) a tralci vegetali. Incipit ed explicit di ogni libro non sempre riportati, nel caso a inchiostro rosso, ma uno spazio in bianco è sempre lasciato tra un libro e l’altro. f. 1r: iniziale E di Et mihi (mm 40×45), in apertura dell’opera; in foglia d’oro, su di un fondo verde e rosso con decorazione a bianchi girari incorniciata da una linea blu con una sottile decorazione a puntini bianchi. f. 2r: iniziale Q di Que tantis, all’inizio del libro primo; in blu con filigrana in inchiostro seppia che si sviluppa intorno alla lettera e all’interno con una decorazione floreale. f. 92v: iniziale P di Pronus, all’inizio del libro ottavo; in blu con decorazione a penna a tralci vegetali che si staglia sul fondo rosso dell’occhio della lettera e va oltre il corpo dell’iniziale, incompleta. Il codice si presenta in buono stato di conservazione, a eccezione di qualche macchia di umidità nel margine superiore a partire dal f. 92r. La legatura Rossi A, ben conservata, è in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro. In alto si legge F(RANCISCUS) PETRARCA AFFRICA; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XV. Nella controguardia anteriore, in alto a sinistra, lo stemma della principessa Carola Ludovica di Borbone, moglie di Giovan Francesco de Rossi, su un foglio (mm 80×60) di colore giallo. (Bibl. Rossianae, VIII, 134r-135r) TIETZE, Die illuminierten, 133 nr. 288; PETRARCA, Africa, XXI-XXII; KRISTELLER, Iter II, 467; PELLEGRIN, Manuscrits, 121 nr. 58; Manuscrits classiques latins, 489-490; BUONOCORE, Bibliografia, 662.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ Ross. 953 (olim XI, 103) IOHANNES DE FREIBURG, Summa confessorum (ff. 342r-373r, tavola degli argomenti) Area tedesca (Germania meridionale? Boemia?), sec. XV, metà (d.to 1452) (f. 341r) colophon: Anno domini millesimo quadringentesimo quinquagesimo secundo finitus est iste liber per Vitum Augsburger de Ulma sabato die proxima ante festum purificationis beate gloriosissime virginis Marie Cart. (carta consistente e ruvida al tatto; filigrana a forma di bilancia, del tipo 2401, da Briquet); ff. VI, 373, VI’ (I e VI’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione manuale contempo-

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ROSS. 944-953

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ranea alla stesura del codice, in cifre romane rubricate al centro del margine superiore, che salta il f. 13 e indica così il f. 14 come XIII, sfalsando la foliazione; i fogli contenenti la tavola degli argomenti sono invece privi di numerazione, ma sono indicati da una foliazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra, errata anch’essa perché segue quella antica; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, in prossimità della cucitura, visibili parzialmente solo ai ff. 179v, 227v, 263v, 275v, 313v, 337v, mentre nella maggior parte dei casi sono stati completamente rifilati; mm 293×215; scrittura bastarda di un’unica mano a inchiostro nero; specchio scrittorio a piena pagina (mm 192×122) di 30 linee; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio, di cui sono visibili sono le righe che inquadrano lo specchio e che giungono a toccare i margini del foglio, il f. 341v è bianco, ma con un accenno di rigatura, come il f. 373v, né rigato né vergato.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 iniziale fitomorfa con Ross. 953, f. 1r un esilissimo fregio che nasce dalla lettera e si dispone lungo la parte inferiore dello specchio scrittorio; numerose iniziali calligrafiche rubricate, accanto alle quali sono spesso visibili le letterine guida a inchiostro nero; lettere rilevate in rosso; item rubricati. L’iniziale maggiore è collocata a f. 1r. f. 1r: iniziale S di Sanctus Petrus (mm 60×80), all’incipit dell’opera, verde con lumeggiature gialle e con una decorazione fitomorfa nello spazio di raccordo tra le due curve della lettera. Essa si staglia su un campo riquadrato da una cornice porpora che racchiude un fondo blu e serti fitomorfi a inchiostro d’oro. Dalla seconda curva della lettera prende vita una sorta di pampino che si dispone lungo il margine interno, a lambire la lunghezza dello specchio scrittorio. Per l’esecuzione dell’iniziale maggiore, unico elemento decorativo dell’intero manoscritto, si propone l’attribuzione a una miniatore di origine boema o proveniente dalla Germania meridionale. La struttura della lettera, arricchita dai motivi vegetali lumeggiati in oro e messi in evidenza rispetto al colore uniforme del fondo, e l’uso di sottili prolungamenti dell’iniziale a costituire il fregio laterale, sono stilemi molto comuni nella miniatura di tali aree geografiche. Questa attenzione per l’elemento naturale può peraltro essere ricondotta a un’influenza diretta dei manoscritti miniati fiamminghi, che in quegli stessi anni, nella seconda metà del Quattrocento, iniziavano a circolare in quelle terre. Discreto stato di conservazione; gli ultimi fogli, quelli della tavola degli ar-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

gomenti, sono tarlati e nel margine superiore vicino all’angolo interno presentano un’estesa macchia di umidità circolare che in alcuni punti ha forato la carta; non si riscontrano tracce di restauro. Legatura Rossi A, dal dorso molto rovinato, tanto che viene protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu; sul dorso, in alto si legge: SUMMA / IOHANNIS e in basso: COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI 1452. Cfr. Schede Ross. 724, Ross. 750. (Bibl. Rossianae, VIII, 145r-v) TIETZE, Die illuminierten, 13 nr. 17; Colophons, 480.

EVA PONZI

Ross. 956 (olim XI, 106) MARCUS TULLIUS CICERO, Rhetorica ad Herennium (ff. 1r-14r; 111r-112v); De officiis (ff. 15r-63r); De amicitia (ff. 64r-75v); De senectute (ff. 109r-110v). QUINTUS HORATIUS FLACCUS, Sermones seu Saturae (ff. 76r-108v) Italia centro-settentrionale, sec. XVin. Cart.; ff. V (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-V cart. di restauro, sul recto di f. V è applicato un f. cartaceo contenente la descrizione del ms.), 113, V’ (I’-IV’ cart. di restauro, V’ in cartoncino azzurro come la controguardia); filigrane tipo Briquet 6077: Palermo, 1459; 4464: Palermo, 1437). Fogli bianchi: 14v, 63v, 113r-v. Foliazione moderna, a matita, successiva, in cifre arabiche, nell’angolo superiore destro; mm 290×210 (f. 3r). Fascicolazione irregolare (in maggioranza senioni); specchio di scrittura (mm 200×120) a una colonna di 32 linee; rigatura a piombo. Scrittura gotica semicorsiva italiana a inchiostro bruno. Nel margine esterno sono visibili i fori di guida. Abbondanti note marginali e glosse interlineari di diverse mani.

Ross. 956, f. 1r

Dal punto di vista decorativo il manoscritto presenta 2 iniziali decorate, E (f. 1r) e Q (f. 15r), anche se l’abbondanza di spazi lasciati in bianco per iniziali e rubriche lascia capire che, in un primo momento, l’apparato decorativo era stato concepito in modo più ampio.

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ROSS. 953-956

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Per ragioni sconosciute, la decorazione non è stata portata a termine come previsto. Alla fine del volume (f. 111r-v) si trovano delle iniziali medie dipinte in colore rosa collocate all’inizio dei paragrafi. f. 1r:

iniziale E di Et si negotiis, in apertura dell’opera Rhetorica, fitomorfa (mm 63×65); posta su campo esterno in lamina d’oro incastonata in una spessa linea nera di contorno, il corpo della lettera è in blu con filettature bianche, il campo interno rosso con un disegno a onde. Antenne fogliacee di stile bolognese in rosso, blu e un bianco sporco si sviluppano nel margine interno. f. 15r: iniziale Q di Quamquam te, Marce fili, in apertura dell’opera De officiis, fitomorfa (mm 43×43); posta su campo esterno in lamina d’oro, corpo della lettera rosa con filettature bianche, recante sul campo interno rosso un motivo a fogliame. Intorno piccole borchie dorate. f. 111r-v: 4 iniziali dipinte (R, C, C, T), in rosa sbiadito (in media mm 15×15) probabilmente parte di un progetto iniziale che prevedeva l’illustrazione di tutto il testo, poi non portato a termine. La scrittura del codice, ancora con delle caratteristiche di tipo gotico, non ci permette di datare l’esemplare molto avanti nel sec. XV; per Tietze, 1400 (TIETZE, Die illuminierten, 96 nr. 165). Le due iniziali ornate sembrano opera dello stesso miniatore, che nella lettera che decora il f. 15r presenta anche dei bottoni dorati con motivi decorativi a penna. La semplicità dei motivi vegetali rende difficile attribuire la decorazione a una scuola ben precisa, anche se i racemi vegetali potrebbero collegarsi, a mio avviso, alla produzione italiana centro-settentrionale. Il codice presenta un discreto stato di conservazione: la lamina d’oro dell’iniziale del f. 1r presenta delle screpolature; macchie d’umidità, nei margini superiore ed esterno. Interventi di restauro dei contorni perduti o danneggiati nei ff. 1 e 2. Incollata al f. V, un foglio supplementare con descrizione in latino del codice. La legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione, è in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro. In alto si legge M(ARCI) TULLII CICER(ONIS) / VARIA ET HORATII SERMONES; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Nella controguardia anteriore, in alto a sinistra, lo stemma della principessa Carola Ludovica di Borbone Parma, moglie di Giovan Francesco de Rossi, su un foglio (mm 80×60) di colore giallo. A f. 108v due note contenenti informazioni sui possessori del codice. La prima: Facta ratione totius t(em)poris preteriti post (depennato) p(er) totu(m) mensem martii tam de cam(m)era quam de vino ipse guardianus v(el) custos S(an)cti Francisci s(cilicet) frater Simo h(ab)uit XX4 libras id est cellerii. La seconda: Michael Alb(er)to fra(te)llo de messer Rugerio dei Ligali confeso avere recepto da Santo de Hofida uno ducato, il qualle Santo fo securtat p(er) ser Renzo de Hofida. Per Tietze queste anno-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

tazioni documentano l’origine del manoscritto, che sarebbe stato copiato in un monastero francescano del centro Italia nel 1400. (Bibl. Rossianae, VIII, 149r) GOLLOB, Die Bibliothek, 16; TIETZE, Die illuminierten, 96 nr. 165; BO, Opera, X; Manuscrits classiques latins II, 2, 491-492; BUONOCORE, Codices Horatiani, 169 nr. 112, tav. CXX; BUONOCORE, Recensio, 5, 14, 21-28; VILLA, Orazio, II, 94; WINTERBOTTOM, The Transmission, 242; CERESA, Bibliografia 2005, 481.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 962 (olim XI, 112; gr. 18) PROCLUS, Commentarium in Platonis Parmenidem (ff. 1r-358r = pp. 1-716); Commentarium in Platonis Alcibiadem I (ff. 359r-386r = pp. 718-772); Theologia Platonica (excerpta) (ff. 387r-408v = pp. 773-816) Sec. XVI1 Cart.; ff. V (di restauro; il I in cartoncino grigio-blu solidale con la controguardia), 408 (pp. 816), V’ (di restauro; il V’ in cartoncino grigio-blu solidale con la controguardia); paginazione manuale moderna con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo superiore esterno, con diversi salti e corretta contestualmente sovrascrivendo e talora aggiungendo le cifre esatte con lo stesso inchiostro. Il formato dei numeri va gradualmente diminuendo con il progredire delle cifre. Nella parte conclusiva del codice (nell’angolo superiore esterno di ciascuna pagina da p. 771 a p. 815), la paginazione antica viene affiancata da una paginazione manuale moderna con numeri arabi a matita; mm 315×230; scrittura minuscola corsiva di medio formato vergata con inchiostro bruno scuro, piuttosto regolare e sicura. Inizialmente riconosciuta di mano di Valeriano d’Albino da Forlì (in particolare da MERCATI, Note, 37 e WHITTAKER, Greek Manuscripts, 234), in seguito attribuita a Nicola Scutellio o a Costantino Mesobote (status quaestionis in WHITTAKER, Giles of Viterbo, 104) e, in ultimo, definitivamente assegnata a Costantino Mesobote, copista del Ross. 983 e dell’ultima sezione del Ross. 558 (Repertorium der griechischen Kopisten III/A3 nr. 363). Numerose glosse a margine e strumenti grafici che marcano il testo; quelle a inchiostro rosso e porpora sono di mano di Egidio da Viterbo (WHITTAKER, Greek Manuscripts, 234). I ff. 358v (p. 716) e 386v (p. 772) bianchi. Specchio scrittorio (mm 211×120) a unica colonna di 31 linee. Fascicolazione regolare: 35 quinioni e 1 quaternione finale; segnature di fascicolo in lettere Ross. 962, f. 1r

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ROSS. 956-962

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greche con valore numerico (da a/ a lj/, e poi ancora da a/ a e/) con l’aggiunta, in esponen~ te, della desinenza -on, a indicare l’aggettivo numerale ordinale (prw ton, e così via), apposte (l’ultima a f. 374r = p. 748) nel margine inferiore verso l’esterno del primo foglio recto di ciascun fascicolo, seguite, nei fogli successivi al primo all’interno della prima metà di ciascun quinione, da una numerazione romana di registro (ovvero da II a IIIII per i quinterni, a IIII per il quaterno).

L’ornamentazione è costituita da linee ornate (a f. 1r = p. 1 mm 12×113, e f. 359r = p. 718 mm 4×130) e iniziali rubricate (a f. 1r = p. 1 mm 37×20, e a f. 359r = p. 178 mm 27×15): p. 1:

linea ornata realizzata con l’inchiostro rosso sbiadito del titolo e dell’iniziale, è costituita da una linea orizzontale divisa a metà da un nodo molto grossolano da cui sporgono due punte ed è interrotta da dieci X. p. 717: linea ornata realizzata con l’inchiostro rosso sbiadito del titolo e dell’iniziale, è costituita da un bastone con quattro nodi e termina alle estremità con virgole. pp. 1 e 717: due iniziali maiuscole rubricate ad apertura di capitolo, parzialmente inserite nel corpo del testo, esse sono decorate in modo molto semplice prolungando il corpo delle lettere con sottili ricci e piccoli globi che richiamano gli arabeschi e affiancandogli delle volute vegetali. Lo stato di conservazione è molto buono, i segni dell’umidità risultano superficiali e limitati lungo i tagli dove si concentrano piccole macchie scure e leggere tracce di spotting. La carta ha ben conservato la propria morbidezza. La legatura in marocchino bruno rossiccio è del tipo Rossi A. Il dorso è riquadrato da una sottile cornice dorata: in alto corre l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee PROCLI OPERA / GRAECE, al centro è impresso un ricco motivo quadrilobato contornato da elementi vegetali stilizzati che si ripetono lungo i margini superiore e inferiore, mentre in basso si legge l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli non sono colorati, ma lungo il taglio davanti corre il titolo trasversale in lettere maiuscole a inchiostro bruno PROCL(I) / PARM(E)N(IDES) / ALCIBIAD(ES), su due linee (la prima in lettere di formato maggiore). I capitelli sono in filo verde e rosso. Il rivestimento della legatura è leggermente logoro, sono presenti piccole abrasioni nell’angolo superiore esterno del piatto anteriore e lesioni più evidenti sul dorso, soprattutto lungo l’attacco dei piatti. Il codice, segnato come S. 7. 8. dal Rasseguier e C. I. 13 a f. 121r del Vat. lat. 9779 da Girolamo Amati (1768-1834), appartiene al gruppo di manoscritti trafugati dalla Biblioteca Angelica tra il 1833 e il 1836. Purtroppo non è possibile avanzare l’ipotesi che in precedenza abbia fatto parte anche della biblioteca sforziana poiché non sono state trovate descrizioni compatibili nell’indice dell’Allacci. Sulle origini del testo è noto che molto probabilmente venne trascritto prima del Sacco di Roma (1527) su commissione del teologo Egidio da Viterbo che lo

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

utilizzò come testo di studio. Il codice possiede, nonostante l’aspetto elegante e la scrittura molto accurata, un apparato decorativo molto scarno e un’impaginazione che prevedeva un ampio margine esterno per appuntare note e richiami al testo. Assai raramente le note sono di mano del copista, in particolare nel Parmenide è presente una scrittura estemporanea a inchiostro rosso o porpora assegnata allo stesso Egidio il quale impiega anche particolari strumenti grafici per sottolineare le parti importanti del testo: le maniculae, le serpentine (cfr. p. 60) e i lemmi, per esempio, questi ultimi costituiti da rapidi disegni schizzati quali un martello che colpisce un cuneo sopra un tronco d’albero (cfr. p. 67). Inoltre adopera una scrittura sovramodulata molto invasiva (cfr. p. 67) e corregge errori del copista utilizzando dei rimandi al margine con sottolineatura del testo relativo. Contestualmente sono presenti delle glosse interlineari in greco e in latino in una minuscola libraria di piccolo formato molto elegante e tendente verso destra (cfr. p. 718) e note a margine scritte in greco a inchiostro nero di una mano grossolana ignota (cfr. p. 307). Annotazioni: p. 1:

Proclo Greco, iscrizione su una linea di scrittura con inchiostro bruno collocata al centro del margine superiore.

(Bibl. Rossianae, VIII, 159r) VORST, Verzeichnis, 538; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 66-67; MERCATI, Note, 36-37; WHITTAKER, Greek Manuscripts, 234, 235; WHITTAKER, Giles of Viterbo, 103-104; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11. VAN DE

MANUELA MENCHERINI

Ross. 964 (olim XI, 114) Iuris canonici tractatus varii: FRANCISCUS DE ZABARELLIS, Commentarius in librum IV decretalium (ff. 1r-185r). BONINCONTIUS, Tractatus de appellationibus (ff. 187r229v). ANTONIUS DE BUTRIO, Repetitiones (ff. 229v-256r) Padova (?), sec. XVin. (d.to 1406 settembre 3) (f. 185r) colophon: Explicit commentum super arborem consanguinitatis et affinitatis secundum Franciscum de Zabarellis completum MCCCCVI tertio septembris Cart.; ff. V (cart. di restauro), 256, V’ (cart. di restauro); numerazione meccanica moderna in cifre arabe, in basso a destra, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che indica i fogli delle decine (a eccezione dei ff. 75, 101-112, 118122, 185-190, 214, 247 e 254-256, che sono invece segnati); mm 416×280 (f. 3r); scrittura umanistica di modulo ridotto e ricca di abbreviazioni. In bianco i ff. 102r-v, 118v,

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ROSS. 962-964

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121v, 185v-186v, 256v. Specchio scrittorio (mm 265×170) a due colonne di 57 linee; rigatura a piombo, con righe verticali e orizzontali che chiudono lo specchio e che giungono tutte ai margini inferiore e superiore. Fascicolazione regolare a quinterni (a eccezione di un senione, ff. 101r-11v, e di un binione ff. 183r-186v); richiamo orizzontale nel centro del margine inferiore (dal ff. 187 al 256, a destra).

L’apparato decorativo del codice prevede 2 iniziali a motivi vegetali H (f. 1r) e S (f. 187r), in apertura di due delle tre opere contenute nel manoscritto; numerose iniziali a penna in rosso e blu decorate con filigrana all’inizio dei capitoli e piè di mosca in rosso e blu. Le rubriche sono a inchiostro in colore nero. f. 1r:

iniziale H di Huius libri, in apertura dell’opera, fitomorfa (mm Ross. 964, f. 1r 85×70). Senza titolo, la metà superiore del foglio è lasciata in bianco prevedendo forse l’inserimento di una miniatura mai eseguita; posta su campo esterno in lamina d’oro, il corpo in verde e rosa con filettature bianche, recante all’interno una decorazione a tralci vegetali in rosso e verde che formano un disegno geometrico. Nel margine sinistro si sviluppa un fregio acantiforme, arricchito da bottoni d’oro. f. 187r: iniziale S di Scio domine, in apertura dell’opera, fitomorfa (mm 55×55); iscritta in un riquadro di fondo blu con filettature bianche, il corpo della lettera è marrone e reca all’interno racemi vegetali in rosso e verde; due antenne vegetali partono dalla lettera, in alto e in basso, rispettivamente in rosso e verde.

La tipologia dell’ornato con grandi foglie in verde, rosso, blu e sferette in oro ricorda la miniatura padovana del primo Quattrocento dove i modi decorativi di ispirazione bolognese, dominanti nel terzo quarto del sec. XIV, continueranno agli inizi del secolo seguente (AVRIL, Scheda nr. 76, 90), come d’altronde i nastri intrecciati che la lettera reca all’interno e che sembrano più in sintonia con le esperienze veneziane dei primi decenni del Quattrocento, modellati sulla decorazione libraria del XII secolo (Parole dipinte, 254 nr. 98; 216-217 nr. 81; PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts, 648 nr. 647, pl. LXIII). Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono, a eccezione di qualche macchia d’umidità, alcuni strappi e alcuni segni della presenza dei tarli.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

La legatura Rossi B è in buone condizioni di conservazione. Legatura in mezza pelle marrone con angoli e dorso decorati con motivi impressi a secco e in oro; quadranti ricoperti in tela di colore verde con motivi decorativi impressi a secco. In alto si legge FR(ANCISCUS) DE ZABARELLIS DE MATRIMONIO ET CONSANGUINITAT(E) TRACTATUS NECNON SUP(ER) IV LIB(RO) DECRET(ALIUM) COMMENTUM / BONICONCII FILII IOH(ANNIS) ANDR(EAE) DE APPELLATIONIB(US) IN CAUSIS BENEFICIA; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / ANNI 1406 BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. La legatura è protetta da una fodera moderna in carta di colore grigio. Al f. 1r, è presente la nota: 1420 22 dec(embris) Iohannes m (depennato). (Bibl. Rossianae, VIII, 165r) TIETZE, Die illuminierten, 103 nr. 186; GUIZARD, Codices manu scripti, 25.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 976 (olim XI, 126; gr. 21) ALEXANDER APHRODISIENSIS, In Aristotelis meteorologicorum libros commentaria Sec. XVI, metà

Ross. 976, f. 42r

Cart. (bianca, italiana, con filigrana di ancora circoscritta entro cerchio, sormontato da una stella a sei punte, assai prossima a Briquet 478, a. 1502, comunque diffusa nella prima metà del secolo XVI); ff. XII (I-III, il primo dei quali solidale alla controguardia anteriore, tutti, come questa, in cartoncino rosato, dal colore ocra evanido; IV-VIII in carta del sec. XIX, con scritta in filigrana: Giovanni Innamorati; IX-XII in carta con filigrana di giglio entro cerchio, sormontato da lettera A), 138, VI’ (I’V’ in carta del sec. XIX come sopra; VI’ anch’esso in cartoncino rosato come la controguardia posteriore, cui è solidale). Foliazione moderna a inchiostro bruno, di cinque in cinque, in alto a destra nel recto, ma con salto di un foglio visibile a partire dal 130, apposto erroneamente sul f. 131 (da f. 130 alla fine, una mano recente corregge e integra foglio per foglio a matita tale foliazione); nella stessa posizione ma un po’ più esternamente, forse in età più antica e certamente d’altra mano, il f. 138 reca il nr. 138 apposto in inchiostro bruno pallido; una foliazione con numeratore meccanico è apposta in basso a destra nel rec-

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ROSS. 964-976

1203

to; fascicoli segnati, al centro del margine inferiore della prima e dell’ultima pagina di ciascuno, con lettere alfabetiche greche con valore numerico, cui è sovrapposta la desinenza del rispettivo numerale ordinale; richiami, ora orizzontali ora verticali, apposti dai copisti, in basso a destra nell’ultimo foglio verso. Il codice misura mm 331/328×231/234. Scritture greche, a inchiostro bruno, piuttosto personali, di due mani che collaborano: A 1r-2r (lin. 8), 83r-138r; B ff. 2r (lin. 8)-81v. La mano A è stata identificata in un primo momento da Paul Canart con quella di Arsenio (Aristobulo Apostolio), vescovo di Monemvasia e figlio di Michele Apostolio. Tale posizione è stata rivista dallo stesso studioso, il quale ritiene adesso di poter ascrivere la trascrizione a un copista anonimo da lui appellato «pseudo-Aristobulo», inquadrabile nel medesimo milieu culturale. A tale figura sarebbero da ascrivere anche il Ross. 725, il ms. Vat. gr. 2169 (ff. 51r-166v) e i mss. Suppl. gr. 449, 451 e 452 della Bibliothèque nationale de France di Parigi. Testo vergato a colonna unica (mm 225×122 ca.) per 30 righe tracciate e scritte, delimitate da doppia linea di giustezza (la rigatura, a secco, sembra far uso di tabula ad rigandum).

L’ornamentazione del manoscritto, ridottissima, è meramente calligrafica, nello stesso inchiostro del testo. Le diverse parti del codice alternano liberamente semplici inizialette in ekthesis senza alcun elemento di differenziazione dalla scrittura del testo – ma nel caso della mano B tali inizialette, previste ma non eseguite dal copista, sembrano supplite a posteriori, forse, almeno in alcuni casi, dalla mano A – e forme di iniziale calligrafica leggermente ingrandita e talora decorata (ad es. a partire da f. 42r). La mano A rinuncia, in genere, anche all’uso dell’inizialetta in ekthesis, ma in un caso (f. 110r) lascia uno spazio per l’iniziale maggiore, poi riempito con una semplice inizialetta maiuscola di modulo molto piccolo, forse da intendersi en attente, ma con minima decorazione. L’ornato si limita quasi soltanto alle coppie di riempilinea simmetrici ai due lati della prima linea, centrata, del titolo di ciascuno dei quattro hypomnemata in cui è scandito il commentario: in forma di esile voluta vegetale lineare (f. 1r: mano A); di carnosa palmetta tripartita, delineata a inchiostro (f. 42r: mano B); e ancora di voluta vegetale lineare (f. 110r: mano A), associata in questo caso all’uso di una artificiosa maiuscola di tipo epigrafico per la prima parola del titolo; ma per il terzo hypomnema (f. 83r) ai riempilinea è preferita una semplice linea ornata sovrapposta al titolo, composta da una linea ondulata – le cui curve sono riempite da piccoli semicerchi contrariés – chiusa a ciascuna delle due estremità da un fiorellino, eretto verso l’alto, composto da tre petali ovali sul più alto dei quali è un ricciolo. Gli elementi esornativi messi in opera dal copista A corroborano l’attribuzione avanzata da Paul Canart su base paleografica, circa l’identificazione del copista con l’anonimo responsabile – tra gli altri – della trascrizione del Ross. 725, anch’esso corredato da un apparato ornamentale nel quale ricorre il medesimo vocabolario di ramages e riccioli eseguiti a inchiostro. Lo stato di conservazione del codice è molto buono; la carta si presenta in alcuni fogli lievemente ingiallita, in particolare lungo i margini esterni della pagina. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (ma con logoramento e/o ammaccatura del rivestimento agli angoli esterni dei piatti, e una spaccatura ver-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ticale del medesimo nella parte alta del dorso, con perdita di un frammento in corrispondenza del capitello superiore). Sul dorso, in alto si legge APHRODISIENSIS / IN / METEOROLOGICO(RUM LIBROS?) / ARISTOTELIS / GRAECE, in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli dovettero essere un tempo colorati, forse in rosa o rosso pallido, ora sbiadito. Titolo sul taglio di piede in inchiostro bruno, AFRODISEUS. Al f. 1r, al centro del margine superiore, si legge un titolo latino di mano corsiva moderna, in inchiostro bruno: Alexander Aphrodisensis, da identificarsi – forse – con la mano del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), il quale aveva avviato un catalogo della biblioteca del Passionei. Nello stesso foglio, nel margine inferiore di sinistra, nota di possesso (sec. XVI) Antonii Mylesii, da riferire ad Antonio Milesi (m. 1563), i cui libri passarono ai Teatini in Roma per via del legato che della propria biblioteca fece in loro favore l’antiquario Marzio Milesi (morto a Roma nel 1637; cfr. anche Ross. 897, f. 1r, con una sua nota di possesso); elementi di questa collezione in seguito, dalla biblioteca dispersa della casa teatina di San Silvestro al Quirinale, passarono, fra le altre destinazioni, anche nella Biblioteca Angelica, e, forse tolti proprio da quest’ultima, alla Rossiana. Nel medesimo f. 1r, nel margine interno, verso il basso, timbro impresso con inchiostro nero (sec. XVII-XVIII) della biblioteca di San Silvestro al Quirinale, raffigurante su un podio a semisfera una croce greca, sormontata da un cartiglio a nastro con legenda Bibliot. S. Silvest /// (sulle vicende della biblioteca cf. VIAN, Manoscritti di chiese teatine). Al centro del margine inferiore del medesimo f. 1r, l’assottigliarsi dello spessore della carta, erasa in una piccola area, indica l’asportazione, probabilmente fraudolenta, di un’indicazione di provenienza, verosimilmente un timbro (quello del card. Passionei?). (Bibl. Rossianae, VIII, 189r, 190r) GOLLOB, Griechische Literatur, 69-70 nr. 21; DILLER, Scipio Tettius’, 16 nr. 6; MERCATI, Note, 123, 125-127; WARTELLE, Inventaire, 147; CANART, Scribes grecs, 59; CANART, Écriture de Michel, 89 nr. 6; CANART, Copiste expansif, 126; CANART, Démétrius Damilas, 312; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 325; LILLA, Codices Vaticani Graeci, 68; CERESA, Bibliografia 1998, 383, D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 977 (olim XI, 127; gr. 35) Varia opera de re musica: CLEONIDES, Introductio harmonica. EUCLIDES ALEXANDRINUS, Sectio canonis. GAUDENTIUS PHILOSOPHUS, Harmonica introductio. BACCHIUS SENIOR, Introductio artis musicae. ARISTOXENUS TARENTINUS, Elementa harmonica. ARISTIDES QUINTILIANUS, De musica. THEON SMYRNAEUS, Synopsis de re musica. ALYPIUS, Isagoge. PSEUDO PLUTARCHUS, De musica

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ROSS. 976-977

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Italia, sec. XVI, metà Cart. (bianca, italiana, con filigrana di frecce incrociate, sormontate da stella a sei punte, prossima a Briquet 6293, a. 1511-1519); ff. VIII (I, in cartoncino rosato solidale con la controguardia anteriore; IIVIII in carta del XVI secolo), 102 (pp. 204) VI’ (I’-V’ in carta del XVI sec. come sopra; VI’ in cartoncino rosato solidale alla controguardia posteriore. Paginazione originaria (fino a p. 28), tracciata con inchiostro bruno in cifre arabe, poste sul margine superiore esterno; dopo p. 28, salto della paginazione, la pagina successiva è infatti numerata 31 con una nuova paginazione moderna, eseguita da altra mano (Filippo Vitali?), che inizia da tale foglio nella stessa posizione, e giunge fino alla fine del manoscritto; questa stessa mano aggiunge anche sporadicamente, per lo più di dieci in dieci, una foliazione nei primi fogli del manoscritto. Il codice misura mm 333×235. La trascrizione è del noto copista Ross. 977, p. 15 Giovanni Onorio da Maglie, che operò a Roma nel pieno XVI secolo. Il testo è vergato a inchiostro bruno a colonna unica per 37 linee di scrittura.

L’ornamentazione del manoscritto, ridottissima, è meramente calligrafica, realizzata in rosso dalla tonalità dilavata. Le diverse parti del codice sono introdotte da un suggestivo titolo in maiuscola epigrafica classica, inquadrato da discreti ma al contempo eleganti riccioli fitomorfi nei quali si inserisce una foglietta a cuore; segue il testo, a sua volta introdotto da una capitale maggiore, di regola in ekthesis. Ciascuna pagina riporta in rosso sul margine superiore al di fuori del quadro scrittorio, come titoli correnti, il nome dell’autore (facciata di sinistra) e la parte del libro in questione (facciata di destra). La fisionomia della lettera iniziale, in alcuni casi, è ingentilita dalla sostituzione di una delle aste con un elemento vegetale a tratti avvolgenti e riccioli che arricchisce con lievità propriamente umanistica l’elemento lineare, senza tuttavia appesantire l’insieme: si vedano ad esempio (p. 1) A di `Armonik» (mm 35×10). In altri esempi la struttura della lettera è quella della capitale epigrafica arricchita in alto e in basso dai consueti elementi ornamentali a ricciolo fitomorfo, altrimenti visti con la funzione di riempi linea: p. 29, M di Mousik» (mm 23×10); un’altra variante prevede che la lettera sia sovrastata da alcuni motivi a ricciolo. Un elemento extra-ornamentale, ma che incide significativamente nella resa complessiva del manufatto, risiede nella qualità stessa della scrittura calligrafica di Onorio, di modulo rotondo, ben equilibrata e dal ductus costante, disposta sulla pagina con squisito senso per l’equilibrio.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Lo stato di conservazione del codice è discreto; la carta è lacera in corrispondenza della piega; alcuni fogli sono lievemente ingialliti, in particolare lungo i margini esterni della pagina. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (ma con logoramento e/o ammaccatura del rivestimento agli angoli esterni dei piatti). Sul dorso, in alto si legge in oro CLEONIDIS GAUDENT(II) / BACCHII ARISTOXENI / ARISTIDIS THEONIS / ALYPII / ET PLUTARCHI / DE MUSICA, in basso, sempre in oro, COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Al centro del margine inferiore della medesima p. 1, l’assottigliarsi dello spessore della carta, erasa in una piccola area, indica l’asportazione, probabilmente fraudolenta, di un’indicazione di provenienza, verosimilmente un timbro (quello del cardinale Passionei?). (Bibl. Rossianae, VIII, 191r-199r) GOLLOB, Griechische Literatur, 89-90 nr. 35; DILLER, Scipio Tettius’, 16 nr. 6; MERCATI, Note, 124-125; DA RIOS, Aristoxenus, XXXIX, LX, XCVIII, CII, CIII, 3; WINNINGTON, INGRAM, Quintilianus, VIII; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 325; SCHARTAU, SMITH, Towards, 335 n. 26; Repertorium der griechischen Kopisten, 3A, 112; SOLOMON, Vaticanus gr. 2338, 250, 251, 253; MATHIESEN, Ancient Greek Music, 657-660; AGATI, Giovanni Onorio, 70, 83, 104, 121, 209, 285, tav. 15; CERESA, Bibliografia 1991, 281; CERESA, Bibliografia 2005, 281, n. 4, 245, n. 11; D’AIUTO, Per lo studio, 243.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 978 (olim XI, 128; gr. 38) EUCLIDES ALEXANDRINUS, Catoptrica (ff. 1r-7r); Phaenomena (ff. 7r-21r); Opticorum recensio Theonis (ff. 21-33v); Data (ff. 33v-59r). MARINUS PHILOSOPHUS, Commentarium in Euclidis data (ff. 59r-60r). AUTOLYCUS PITANAEUS, De sphaera quae movetur (ff. 61r-65v); De ortibus et occasibus (ff. 65v-77r). HYPSICLES ALEXANDRINUS, Anaphoricus (ff. 77r-79r). ARISTARCHUS SAMIUS, De magnitudinibus et distantiis solis et lunae (ff. 79v-87r). THEODOSIUS TRIPOLITES, Sphaerica (ff. 87r-120r); De habitationibus (ff. 120r-125v); De diebus et noctibus (ff. 125v-137r) Sec. XVI, metà Cart. (bianca, italiana, con filigrana di àncora inclusa entro cerchio sormontato da stella a sei punte, assai prossima a Briquet 478, a. 1502, comunque diffusa nella prima metà del secolo XVI); ff. VI (I in cartoncino rosato evanido, solidale con la controguardia anteriore; II-VI in carta del XVI o XVII secolo), 149, VI’ (I’-V’ in carta del XVI o XVII secolo, come sopra; VI’ in cartoncino rosato, come sopra, solidale con la controguardia posteriore). Foliazione moderna a inchiostro bruno, di cinque in cinque, apposta sul recto, sul margine superiore esterno; una mano recente corregge e integra foglio per foglio a matita tale foliazione. Nella stessa posizione, ma maggiormente vicina al margine esterno, segnatura dei fascicoli apposta con lettere alfabetiche con valore numerico; richiami

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ROSS. 977-978

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verticali inseriti dal copista, in basso a destra nell’ultimo foglio verso (quaternioni regolari). Il codice misura mm 335×235. Scrittura greca a inchiostro bruno intenso, dal tracciato piuttosto personale. Testo vergato a colonna unica (mm 230×135).

L’ornamentazione del manoscritto è meramente calligrafica, in un rosso mattone spento e opaco, forse anche in parte deterioratosi, che lascia tracce brunastre sul verso del foglio, e tende a formare un alone. Le diverse parti del codice alternano liberamente semplici inizialette in ekthesis, tracciate in una capitale epigrafica che richiama quella classica, altrimenti impiegata nei titoli. Per questi ultimi si annovera altresì una variante in minuscola, tracciata anch’essa in marrone-rossiccio dalla toRoss. 978, f. 53v nalità spenta. Le capitali possono essere arricchite nella loro fisionomia di base con alcuni elementi accessori applicati nelle due porzioni superiore e inferiore; essi constano di riccioli e/o elementi a ‘girino’. Lungo il testo si dispiegano numerosi diagrammi e figure geometriche, che formano il cospicuo apparato illustrativo dei trattati presenti nel manoscritto, e sono disposti lungo i margini esterno e inferiore. Sono eseguiti dal medesimo copista nello stesso inchiostro bruno del testo, con riga e compasso, spesso accompagnati da legende. Lo stato di conservazione del codice è buono; la carta si presenta in alcuni fogli lievemente ingiallita, in particolare lungo i margini esterni della pagina. L’uso di inchiostri acidi motiva la presenza di un consistente alone in corrispondenza con lo specchio di scrittura. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione, fatta eccezione per il dorso logoro e strappato. Sul dorso, in alto si legge in oro [EUCLIDIS] / CATOPTRICA / ET OPTICA / AUTOLYCI / DE SPHERA (sic), in basso sempre in oro COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. A f. 1r, al centro del margine superiore, si legge un titolo latino di mano corsiva moderna (Euclides), in inchiostro bruno, secondo Giovanni Mercati da identificarsi con la mano di Filippo Vitali (m. 1771), il quale dette inizio a un catalogo dei greci della biblioteca Passionei. Il margine inferiore del f. 1 reca uno strappo nella porzione centrale, accuratamente risarcito con carta, evidentemente causato dall’asportazione, proba-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

bilmente fraudolenta, di un’indicazione di provenienza, verosimilmente un timbro (quello del Passionei?). (Bibl. Rossianae, VIII, 200r-205r) GOLLOB, Griechische Literatur, 101-106 nr. 38; HEIBERG, Theodosius, VIII; DILLER, Scipio Tettius’, 16 nr. 6; MOGENET, Autolycus de Pitane, 53, 115-125, 153; MERCATI, Note, 123-124; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 325; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 979 (olim XI, 129; gr. 24) SEXTUS EMPIRICUS, Pyrrhoniae hypotyposes (ff. 1r-81v); Adversus mathematicos (ff. 81v-251r) Sec. XVI, metà Cart. (carta di media qualità, resistente e di colore bianco tendente al giallo, abbastanza liscia e di spessore medio); ff. V (di restauro; il I in cartoncino blu, solidale con la controguardia), 252, V’ (di restauro; il V’ in cartoncino blu solidale con la controguardia); doppia foliazione manuale con numeri arabi, la prima, a inchiostro bruno scuro venne eseguita da Filippo Vitali (padre basiliano che prima del 1771 stilò un catalogo dei codici appartenuti alla biblioteca del cardinale Domenico Passionei, 1682-1761) nell’angolo superiore esterno di ciascun foglio (MERCATI, Note, 38). Da f. 35r corretta con lo stesso inchiostro, sovrascrivendo o barrando la cifra errata e accostandogli il numero esatto; la seconda è di piccolo formato a inchiostro bruno scuro, probabilmente più antica della precedente e accostata al taglio superiore verso l’angolo esterno, ai ff. 72, 100, 101, 140, 157, 200, 251 (quest’ultimo è indicato come f. 252). Il codice misura mm 232×133; la scrittura minuscola corsiveggiante di medio formato è vergata a inchiostro nero e presenta un ductus polimorfico che, nei punti di maggiore rapidità d’esecuzione, contrae gli spazi tra le lettere e tende a indurire il tratteggio, sembra assegnabile a un’unica mano non ancora identificata; ff. 251v e 252rv in bianco. Al copista può essere anche attribuita la realizzazione dell’apparato decorativo, lo confermano i tituli che talora sono realizzati con lo stesso inchiostro impiegato per ornare le fasce e le iniziali calligrafiche. Specchio scrittorio (mm 333×228) a unica colonna di scrittura di 30 linee; rigatura difficilmente leggibile, realizzata a secco e incisa dal verso dei fogli probabilmente secondo il tipo semplice 00D1 (SAURoss. 979, f. 97r

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ROSS. 978-979

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TEL, LEROY, Répertoire, 39). Fascicolazione ff. 1-248: 31 quaternioni; ff. 249-252: 1 ternione mancante degli ultimi due fogli; richiami di fascicolo posti verticalmente nel margine interno al verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo.

L’ornamentazione è generalmente realizzata a inchiostro bruno-rossiccio, talora a inchiostro rossiccio o nero intenso del testo, presenta numerosi motivi calligrafici a “nodo di Salomone”, fasce calligrafiche, linee ornate, tituli e iniziali di capitolo (di mm 35×20 ca.). Le 12 fasce calligrafiche sono raggruppabili in tre tipologie: 2 a girale vegetale (f. 131v di mm 10×70; f. 134r di mm 8×74), 7 a catena (mm 8×110, la maggiore, a f. 97r) e 3 rettangolari (f. 23v di mm 12×150; f. 112r di mm 10×60; f. 113r di mm 10×90). I “nodi di Salomone” sono generalmente ornati da quattro punte (cfr. f. 54v) e si trovano isolati alla fine di un capitolo o al lato delle fasce e delle linee ornate, essi sono costituiti dall’intreccio di due maglie di una catena a formare un motivo quadrilobato e si annodano passando alternativamente sopra e sotto il braccio della maglia contigua. Le fasce a girale vegetale a inchiostro nero sono costituite dalle carnose volute di una fronda terminanti con foglie trilobate, riccioli e piccole boules, come quelli che ornano le iniziali calligrafiche. La fascia di f. 131v è accompagnata da un nodo di Salomone al quale sono state sostituite le quattro punte con altrettante foglie trilobate. Le fasce a catena sono formate dallo svolgimento di un nastro sottile a due capi che si sovrappongono l’uno sull’altro alternativamente verso l’alto e verso il basso. Spesso queste fasce terminano con piccoli punti o con segni nervosi che caratterizzano l’apparato decorativo. Le fasce rettangolari sono realizzate in positivo su un fondo uniformemente campito con l’inchiostro nero del testo sul quale sottili bastoni si intrecciano formando un traliccio di losanghe racchiusi da una cornice di piccoli nodi e punte. Le estremità si concludono con grovigli di segni che creano delle forme appuntite talvolta simili a profili zoomorfi. A f. 23v, invece, la cornice scompare, l’intreccio diventa più morbido e volumetrico e gli spazi tra le losanghe vengono in parte riempiti da piccole croci. Le numerose linee ornate hanno dimensioni diverse e fungono anche da riempilinea, esse sono costituite da segmenti ondulati o a zig-zag con piccoli t o virgole che ne riempiono le anse; questi segmenti terminano con segni fantasiosi, raramente simmetrici, frutto del gesto nervoso del decoratore. Il corredo delle iniziali è molto lacunoso, è principalmente composto da alcune iniziali calligrafiche e ornate raccolte nella parte centrale del codice. L’unica iniziale maggiore prevista era la lettera T di Toi~j ad apertura di volume (f. 1r), dove rimane il riquadro interno allo specchio scrittorio con al centro la lettera guida. Le altre iniziali si trovano solitamente a inizio capitolo, si sviluppano in media per tre linee fuori o solo parzialmente inserite nello specchio scrittorio, sono a inchiostro nero del testo o bruno rossiccio (solo a f. 95v viene utilizzato un ros-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

so carminio sbiadito). Le iniziali sono ornate da sottili ed eleganti germogli che negli esempi più complessi diventano ampi cespi carichi di volute vegetali terminanti in piccole boules e foglie trilobate. Le iniziali più riccamente decorate sono anche accompagnate da gigli e arabeschi. Lo stato di conservazione è buono, la carta ha mantenuto la propria elasticità anche se presenta evidenti macchie d’umidità lungo i tagli e in modo esteso nell’ultima parte del codice (in particolare tra i ff. 120-224). Ad ogni modo il codice è già stato sottoposto a un restauro in tempi moderni, come dimostra l’integrazione del f. 1 di cui era andato perduto parte del margine inferiore, durante il quale probabilmente si è intervenuti anche per arginare l’attacco degli insetti. La legatura in marocchino bruno rossiccio, del tipo Rossi A, è ben conservata; presenta solo delle lievi lacerazioni in prossimità dell’attaccatura dei piatti al capitello inferiore. Il dorso è ripartito in cinque scomparti dai nervi e bordato con un filetto dorato: in quello più in alto è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee SEXTI EMPIRICI / OPERA / GRAECE; nei tre centrali è stato impresso un motivo a losanghe con punzonature sferiche ed elementi cruciformi al centro; in quello inferiore in alto si ripete lo stesso motivo mentre, inferiormente, è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Capitelli in ocra chiaro e ocra scuro. Riconosciuto tra i venticinque manoscritti greci dispersi dalla biblioteca Angelica, il codice faceva parte della collezione del cardinale Domenico Passionei (1682-1761), acquistata dagli agostiniani nel 1763, e probabilmente da lui acquisita agli inizi del XVIII secolo dalla biblioteca sforziana (così riporta l’indice dell’Allacci al nr. 104. CXIIII: 1. Sexti Empirici Pyrrhoniarum Hypotyposeon Lib.3. 2. Eiusdem adversus Mathematicos, chart., recens et varia manu scriptus. Per quanto riguarda la datazione è possibile assegnare il manoscritto al pieno XVI secolo, infatti la lettura paleografica del testo, insieme alla datazione delle filigrane, ha costituito un importante elemento volto a ridurre l’ampia forbice cronologica proposta dai precedenti studi (XV secolo: VAN DE VORST, Verzeichnis, 539; XV-XVI secolo: GOLLOB, Die griechische Literatur, 72; XVI secolo: MERCATI, Note, 38). Di contro l’apparato decorativo non ha costituito un elemento utile per circoscrivere la datazione; parzialmente completo e raccolto perlopiù da f. 51 a f. 135, è opera assegnabile alla mano del copista-rubricatore. Annotazioni: f. 1r:

Sextus Empiricus, apposta nel margine superiore, leggermente spostata verso l’esterno, è scritta con inchiostro bruno scuro in una minuscola regolare assegnata a padre Vitali (MERCATI, Note, 38). f. 147v: Sextus Empiricus adversus Logicos, su due linee di scrittura nella parte inferiore del margine esterno in un’elegante minuscola della stessa mano presente a f. 235r.

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ROSS. 979-980

f. 235r: Sexti Empirici adversus Physicos l. I, su un’unica riga di scrittura posta centralmente nel margine esterno, realizzata dalla stessa mano presente a f. 147v. (Bibl. Rossianae, VIII, 206r-207r) VORST, Verzeichnis, 539; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 72-74; MERCATI, Note, 38; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

VAN DE

MANUELA MENCHERINI

Ross. 980 (olim XI, 130; gr. 39) Varia scripta vel excerpta de arithmetica, inter alia: MAXIMUS PLANUDES, Scholia in Diophanti Arithmeticam (1r-42r). GEORGIUS PACHYMERES, Arithmetica, excerpta (ff. 42r-53r) Sec. XVI3 (d.to 1575) (f. 1r) Maximus Planudes de Arithmetica, scritto nel margine superiore su un’unica linea di scrittura con inchiostro bruno molto diluito; (f. 63v) colophon: ™teleièqh tÕ parÕn bibl…on dia ceirÕj ™mou~ ™lac…stou „w£nnou r`aseou ™k n»ssou kr»thj ™n œth afoew ™ min(i) „oul…w ka/ ™n Ωm≤ra p≤mptV: oƒ / ¢naginèskontej eÜcesqai kaˆ mh\ katara~sqai; fa seguito la formula: ésper x≤noi ca…rontej oƒdei~n patr…da: oÛtJ kaˆ oƒ qalatteÚontej eÙrei~n loim≤n(a): oÛtJ kaˆ oƒ gr£fontej oƒdei~n bibl…ou t≤loj; e l’invocazione finale t≤loj sun q(e)J~ ¡g…J ¢m»n, scritta con inchiostro bruno scuro, con inizialette in rosso. Cart. (carta di buona qualità, anche se sono presenti piccoli difetti come pieghe e talora macchie brune, è di colore ocra chiaro, sottile e si legge facilmente la vergatura); ff. X, 63, V’ (ff. I-V e I’-V’ fogli di guardia di restauro di cui i ff. I e V’ sono fogli di cartoncino grigio-bluastro solidali con le controguardie. I fogli di guardia moderni presentano una filigrana costituita da un giglio entro cerchio sormontato dalle lettere maiuscole A e C C che formano i vertici di un triangolo e seguito in basso dalla lettera maiuscola F); foliazione manuale con numeri arabi a inchiostro bruno, collocata nel margine superiore di cia-

Ross. 980, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

scun foglio in linea con la giustificazione esterna, attribuita da Giovanni Mercati alla mano di padre Filippo Vitali (m. 1771); mm 250×160; scrittura minuscola corsiva di piccolo formato, piuttosto regolare e di aspetto omogeneo a conferma dell’esecuzione da parte di un unico copista Giovanni Raseos di Creta che si firma nel colophon (f. 63v). La scrittura è caratterizzata da un ampio e costante intervallo tra le singole lettere e da un abbondante spazio d’interlinea che rende molto elegante l’impostazione del testo scritto. È sempre presente il vezzo di ricci/ghirigori come prolungamenti delle lettere r m a fondo pagina. Talora l’inchiostro bruno scuro è così carico da impregnare la carta e trasparire in controparte. Specchio scrittorio (mm 334×233) a unica colonna di scrittura di 32 linee. Fascicolazione regolare.

L’ornamentazione è composta da 3 fasce calligrafiche e rubricate (mm 25×173), iniziali maiuscole rubricate (mm 8-10 di massima) e un vivace apparato grafico composto principalmente da tabelle ed elenchi raccordati da parentesi graffe, la maggior parte dei quali erano già previsti nell’impianto della pagina predisposto dal copista, altrimenti aggiunti nel margine esterno. Essi sono stati realizzati con strumenti tecnici come righe e compassi, anche se spesso risultano ripassati o corretti a mano libera, adoperando lo stesso inchiostro bruno scuro del testo e solo a f. 93v occupano più della metà della pagina. ff. 1r, 42r, 56v: fasce calligrafiche costituite dall’intrecciarsi in senso orizzontale di un nastro rosso continuo a due capi dalle cui volute fuoriescono delle punte nere. La fascia di f. 1r termina in entrambe le estremità con due carnose foglie d’acanto di profilo mentre a f. 27v lo stesso motivo a treccia viene usato quale riempilinea. Le iniziali rubricate sono maiuscole ad apertura di capitolo e minuscole a inizio di periodo, questa ripartizione sussiste nella prima parte del codice mentre in seguito la differente caratterizzazione si perde: le prime sono ornate talora da piccole sporgenze e in un caso da sottili volute vegetali (cfr. l’iniziale E di 'Epit£ssei a f. 7v), le altre iniziali sono molto semplici e non essendo sempre state previste nell’orditura della pagina stabilita dal copista trovano posto al margine dello specchio scrittorio. Lo stato di conservazione del codice è piuttosto buono; tuttavia è stato sottoposto a un restauro in tempi moderni (come dimostrato dall’integrazione della lacuna nel margine inferiore di f. 1 con l’incollaggio di un foglio di carta). La carta ha ben conservato la propria morbidezza, si notano solo piccole macchie scure e tracce di spotting provocate dall’umidità, in particolare negli ultimi fogli del codice. La legatura in marocchino bruno rossiccio, del tipo Rossi A, presenta il rivestimento leggermente logoro e con due profondi graffi paralleli sul piatto posteriore vicino all’attacco con il dorso. Questo è bordato e ripartito in cinque riquadri dai nervi e da un filetto dorato: in quello più in alto è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su sette linee MAXIMI / PLANUDIS / IN / DIOPHANTI / ARITHMETIC(AM) / COMMENTA(RII) / GRAECE; nei tre centrali è impresso un

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ROSS. 980-981

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motivo a palmette tra volute ripetute specularmente; in quello inferiore è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Capitelli in filo giallo e rosso mentre i tagli sono uniformemente dipinti di blu. Come documentato dal colophon il copista, Giovanni Rhaseos di Creta, sigla la conclusione del codice apponendo la data 1575. Nello stesso anno Rhaseos firma anche il ms. Suppl. gr. 26 della Bibliothèque nationale de France, una raccolta di trattati con scritti tra gli altri di Apollodoro, Leone VI e Niceforo II. Il Ross. 980, che come il 986, accanto al testo scritto presenta un vivace apparato grafico, appartenne al cardinale Domenico Passionei (1682-1761), come dimostra la numerazione di mano di padre Filippo Vitali (m. 1771); tuttavia mancando sia nell’indice, ms. Barb. lat. 3158, che in quello dell’Allacci non è possibile ipotizzare che avesse fatto parte della collezione sforziana come i Ross. 979 e 1022. Giovanni Mercati si oppone all’ipotesi che abbia fatto parte del fondo antico della Biblioteca Angelica (MERCATI, Note, 39). (Bibl. Rossianae, VIII, 208r-209v) VAN DE VORST, Verzeichnis, 546, 547; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 106-108; MERCATI, Note, 39; Repertorium der griechischen Kopisten, III/3A nr. 297; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

MANUELA MENCHERINI

Ross. 981 (olim XI, 131; gr. 30) Varia scripta vel excerpta de rhetorica (inter alios auctores nominantur DYONYSIUS HALICARNASSENSIS; DEMETRIUS PHALEREUS; APSINES ATHENIENSIS; MINUCIANUS; AELIUS ARISTIDES; MENANDER RHETOR) Sec. XVI, metà Cart. (bianca, italiana, con filigrana di cappello cardinalizio non repertoriata da Briquet); ff. VI (I in cartoncino color carta da zucchero, solidale con la controguardia anteriore; IIV cartacei recenti; VI, numerato I, è una piccola scheda cartacea assicurata per il margine interno con colla al f. V, che sul verso reca annotazioni greco-latine al testo di Dionigi di mano forse del XVII o XVIII secolo), 150, V’ (I’-IV’ cartacei recenti come sopra; V’ in cartoncino color carta da zucchero, come sopra, solidale con la controguardia posteriore). Foliazione moderna a inchiostro bruno, di cinque in cinque, in alto a destra nel recto; foliazione con numeratore meccanico apposta in basso a destra nel recto; fascicoli segnati, sul margine inferiore sinistro, sull’ultimo foglio di ciascun fascicolo (quaternioni regolari), con lettere alfabetiche con valore numerico, cui è sovrapposta la desinenza del rispettivo numerale ordinale. Il codice misura mm 330×230. Scritture greche a inchiostro, apparentemente di due mani che collaborano: A 1r-42v (lin. 18); B ff. 42v (lin. 18)-150r, ma forse a tratti alternandosi ancora con la mano A; in effetti, le oscillazioni non infrequenti di aspetto d’insieme della pagina e i cambi di ductus e penna rendono difficile operare una distin-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

zione analitica. Testo vergato a colonna unica (mm 220×130) per 38 linee scritte, parrebbe seguire le tracce dei filoni.

Ross. 981, f. 1r

Ornamentazione assai scarna, di tipo calligrafico, eseguita a inchiostro rosso, si limita a un’unica fascia ornamentale a f. 1r e alle capitali maggiori. La successione del testo è resa perspicua grazie al titolo eseguito con lo stesso alfabeto del testo; l’incipit è introdotto da capitali maggiori, che mordono appena il testo, caratterizzate da un modesto sviluppo modulare (mm 30×15 ca.) appena arricchito dall’inserimento dei consueti motivi ornamentali di riccioli e globuli: cfr. f. 1r, P; f. 2r, E; f. 3r, E; f. 3v, P; f. 4r, I; f. 6r, A; f. 8r, A; f. 13r, T; f. 19v, T; f. 22r, O; f. 24v, E; f. 27v, D; f. 49r, W; f. 50r, T; f. 51r, E; f. 51r, O; copista B: f. 51v, D, E; f. 52r, A; f. 73v, T.

f. 1r: testata a fascia à réserve, riempita con una successione di anelli all’interno dei quali si innestano due nastri, le cui estremità fuoriescono sui lati brevi dando vita, ai quattro angoli della fascia stessa, ciascuno a una semipalmetta (tranne che nell’angolo in basso a destra, ove il nastro si annoda e torna all’indietro, finendo in una piccola palmetta a tre petali, arrotondati i laterali, a punta il centrale). La sommità centrale della testata è sormontata da un complesso nodo con struttura a forma di «croce greca» entro cerchio che parrebbe evocare il cosiddetto «nodo di Salomone». f. 1r: P di PanhgÚreij (mm 40×20 ca.) morde appena il testo, la lettera, a nastro pieno, è arricchita e “doppiata” lungo il perimetro esterno da un ulteriore nastro vuoto, che dà vita alle estremità, agli angoli e sulla sommità a carnose palmette e mezze palmette fitomorfe; nello spazio entro la lettera sale un tralcio lineare ondulato pieno, nelle cui tre curve si dispongono altrettante sinuose mezze palmette. Lo stato di conservazione del codice è buono; la carta si presenta in alcuni fogli lievemente ingiallita, in particolare lungo i margini esterni della pagina. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (ma con logoramento e/o ammaccatura del rivestimento agli angoli esterni dei piatti e nel dorso, con perdita di qualche frammento in corrispondenza del capitello superiore). Sul dorso, in alto si legge in oro DIONYSII HALIC(ARNASSENSIS) / DEMETRII PHAL(EREI) /

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ROSS. 981-983

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ET ALIOR(UM) GRAEC(ORUM) / DE ARTE RHETOR(ICA) / GRAECE, in basso sempre in oro, COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Al f. 1r, al centro del margine superiore, si legge un titolo latino di mano corsiva moderna, in inchiostro bruno (Dionysius Halicarnasseus) da identificarsi, forse, con la mano del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), il quale iniziò un catalogo dei greci della biblioteca di Domenico Passionei. Il Ross. 981 costituisce uno dei codici Sforziani, e fu descritto da Leone Allacci (m. 1669) (f. 30) con la segnatura 87. CLXXV. 1; passato alla biblioteca del Passionei, entrò poi all’Angelica (B. 1. 11), come attesta l’indice di Girolamo Amati – conservato nel ms. Vat. lat. 9781 (f. 138) – nel quale sono riportati inc./des. di ciascun foglio (fino a f. 66). Al centro del margine inferiore del medesimo f. 1r, l’assottigliarsi dello spessore della carta, erasa in una piccola area, indica l’asportazione, probabilmente fraudolenta, di un’indicazione di provenienza, verosimilmente un timbro. (Bibl. Rossianae, VIII, 211r-217r) GOLLOB, Griechische Literatur, 69-70 nr. 21; SCHMID, Aristides, VII; MERCATI, Note, 31 nr. 1, 39-40, 125; WARTELLE, Inventaire, 147; CANART, Scribes grecs, 59; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 325; CANART, Écriture de Michel, 89 nr. 6; CANART, Copiste expansif, 126; CANART, Démétrius Damilas, 312; LILLA, Codices Vaticani Graeci, 68; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

ALESSIA A. ALETTA

Ross. 983 (olim XI, 133; gr. 31) IOHANNES STOBAEUS, Anthologium Sec. XVI2 Cart. (carta di buona qualità, giallastra e piuttosto sottile, è facilmente leggibile il sistema di vergatura); ff. II (originali), 400, II’ (I’-II’ appartenenti alla legatura originale); nel restaurare la legatura il codice è stato dotato di altri 10 fogli di guardia cartacei, 5 ad apertura e 5 a fine codice, dei quali il primo e l’ultimo sono in cartoncino grigio-blu solidali con le controguardie; foliazione manuale a inchiostro bruno chiaro composta da un numero arabo accompagnato da un numero greco con funzione di titolo corrente, coevi e appartenenti alla stessa mano, sono separati da un puntino e sono posti al centro del margine superiore del recto di ciascun foglio, da f. 63r salgono al limite con il taglio superiore e da f. 161r si spostano nell’angolo esterno. La foliazione presenta diversi errori di numerazione che hanno inizio a f. 29r; a partire dallo stesso foglio compare, a correzione della foliazione antica, una foliazione manuale moderna con numeri arabi a matita, collocata nell’angolo superiore esterno e presente in modo piuttosto continuo su tutto il codice proseguendo anche sui ff. I’, II’ segnati rispettivamente con le cifre 401 e 402, mentre i ff. I, II sono indicati con i relativi numeri romani. Il codice misura mm 325×240; la scrittura è una minuscola corsiva personale di medio formato vergata con inchiostro bruno, piuttosto regolare e sicura, tende leggermente a inclinarsi verso destra. Come è avvenuto per il coevo commentario a Platone nel Ross. 962, la scrittura è stata alternativamente attribuita a Valeriano Albini da Forlì

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

(MERCATI, Note, 37 e WHITTAKER, Greek Manuscripts, 235) e a Costantino Mesobotes (DI LELLO-FINUOLI, A proposito di alcuni codici, 353) entrambi operanti in Italia agli inizi del XVI secolo (status quaestionis in WHITTAKER, Giles of Viterbo, 104). Anche se non ci sono riferimenti diretti alla figura di Egidio da Viterbo, Whittaker riconosce la mano del teologo in numerose glosse a margine (cfr. f. 12v) e nei segni grafici che marcano il testo (come le parentesi three hills; WHITTAKER, Giles of Viterbo, 104). Probabilmente lo studioso non ebbe la possibilità di dedicarsi alla lettura di tutto il volume, vista la presenza limitata di note di sua mano che convivono con una gran quantità di note apposte dallo stesso scriba ai margini dello specchio scrittorio. Inoltre sono state individuate altre mani sconosciute e più tarde: una ha apportato correzioni e glosse interlineari in latino; si tratta della stessa mano che ha eseguito l’indice dei contenuti ai ff. I e II e l’indice degli autori alla fine del volume ff. I’ e II’ Ross. 983, f. 1r (WHITTAKER, Greek Manuscripts, 234). Lo specchio scrittorio (mm 223×123) è costituito da 1 colonna di scrittura di 32 linee. Fascicolazione regolare; segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico (da a a m, con sovrapposta, talora, la desinenza -on per indicarne una lettura come aggettivo ordinale) sono poste nel margine inferiore del recto del primo foglio di ciascun fascicolo, sono spesso malamente rifilate e tendono a oscillare tra la giustificazione esterna e il centro della pagina. Le segnature si accompagnano a una numerazione a registro per la prima metà del fascicolo: a partire dal secondo foglio sono generalmente accompagnate da una numerazione ad aste (da II a IIIII).

L’ornamentazione è composta da 1 linea ornata mm 10×110 (f. 1r), 1 iniziale rubricata (mm 38×27) e titoli rubricati. f. 1r: linea ornata realizzata con l’inchiostro rosso carminio sbiadito del titolo e dell’iniziale, è costituita dal ripetersi in senso orizzontale di un motivo stellato a otto punte con un cerchio al centro collegato all’elemento contiguo attraverso un anello. Iniziale maggiore A di 'All', rubricata ad apertura di capitolo, parzialmente inserita nel corpo del testo, è decorata in modo molto semplice con brevi filamenti e piccoli globi che richiamano gli arabeschi e nascono come prolungamenti del corpo della lettera. Lo stato di conservazione è molto buono, la carta ha mantenuto la propria elasticità e presenta solo piccole macchie lungo i tagli dei fogli. I fogli di guardia sono più danneggiati perché di qualità inferiore, lungo i tagli sono molto evidenti i segni di degrado dovuti all’umidità.

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ROSS. 983

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La legatura in marocchino bruno rossiccio è del tipo Rossi A. Il rivestimento della legatura, leggermente abraso lungo gli angoli e con fenditure superficiali nel piatto posteriore, è stato restaurato realizzando un nuovo supporto di pelle dello stesso colore sul quale è stata ricollocata la parte decorata del dorso rossiano. Questo è ripartito e bordato in tre riquadri da un filetto dorato: in alto è impressa l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee STOBAEI / OPERA OMNIA / GRAECE; nel riquadro centrale è stato impresso un motivo a losanga con palmette, agli angoli e al centro, e volute fitomorfe ai vertici; in quello inferiore corre l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli non sono colorati, ma lungo il taglio davanti corre il titolo trasversale in lettere maiuscole a inchiostro bruno STOMBAIOS. Capitelli in verde e rosso. Il codice, segnato come S.+.7.9. dal Rassegnier (m. 1734) e B.6.8 nell’indice Marcolini (1788), fece parte del gruppo di manoscritti trafugati dalla Biblioteca Angelica tra il 1833 e il 1836. Sulla scorta del confronto paleografico con la scrittura del commentario a Platone contenuto nel Ross. 962, grazie al quale il copista è stato identificato in Valeriano Albini da Forlì o Costantino Mesobotes (il primo in MERCATI, Per la cronologia, 37; WHITTAKER, Greek Manuscripts, 235 e Repertorium der griechischen Kopisten, III/A3 nr. 363; il secondo in DI LELLO-FINUOLI, A proposito di alcuni codici, 353), il codice è stato assegnato al secondo quarto del XVI secolo, posticipando la datazione tradizionalmente consolidata, come pure riferita dal dorso della legatura, che lo voleva del XV secolo (VAN DE VORST, Verzeichnis, 541). Non è possibile affermare che abbia fatto parte del corposo gruppo di codici direttamente commissionati da Egidio da Viterbo, con il quale tuttavia condivide alcune caratteristiche codicologiche come il formato, l’ampiezza dei margini e così via, dal momento che il teologo vi lasciò pochi riferimenti ai margini del testo. Note: f. Ir, Ioan(n)is To(…)ii, nota ad inchiostro bruno al centro del margine superiore. (Bibl. Rossianae, VIII, 220r) VAN DE VORST, Verzeichnis, 541; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 81-84; MERCATI, Note, 37; DI LELLO-FINUOLI, A proposito di alcuni codici, 353; WHITTAKER, Greek Manuscripts, 235236; Repertorium der griechischen Kopisten, III A nr. 363; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

MANUELA MENCHERINI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 986 (olim XI, 136; gr. 16) Varia poetica, lexicographica, metrica, mathematica, astronomica, philosophica, inter alia: Versus ad Alexium Comnenum imperatorem, inc. KlÒnoi, sparagmo…, kaˆ for≠ makrîn crÒnwn (f. 1r). Varia de re metrica (EMMANUEL MOSCHOPULUS; HEPHAESTION) et lexicographica quaedam (ff. 3r-34v). HOMERUS, Iliados lib. I-III, necnon hypotheseis I-IV (ff. 35r-96v). Varia geographica, geometrica, mathematica, astronomica (inter alios auctores nominantur HERO ALEXANDRINUS, ISAAC ARGYRUS MONACHUS, NICOLAUS ARTABASDUS RHABDAS, MAXIMUS PLANUDES, HERMES TRISMEGISTUS, CLEOMEDES, IOHANNES PEDIASIMUS, NICOLAUS CABASILAS, DIOPHANTUS, NICEPHORUS GREGORAS: ff. 97v-239v). Excerpta patristica (inter alios auctores nominantur S. DIONYSIUS AREOPAGITA, S. MAXIMUS CONFESSOR, S. IUSTINUS, S. GREGORIUS THAUMATURGUS, S. ATHANASIUS ALEXANDRINUS: ff. Ross. 986, f. 286v 240-243v). Officium liturgicum in Sanctum Georgium (ff. 244r-246v). Varia gnomica (MOSCHION; PSEUDO PHOCYLIDES; PSEUDO GREGORIUS NAZIANZENUS) (ff. 247r-250). GREGORIUS CYPRIUS, Laudatio Sancti Georgii (ff. 250-269). THEODORETUS CYRRHENSIS, excerpta quaedam de natura hominis et de fato (ff. 269r-277v). PLOTINUS, Enneades, excerptum (ff. 277v-284r). GEORGIUS-GENNADIUS SCHOLARIUS, Canon paracleticus pro Peloponnesi salute (ff. 284r-286v); preghiera in prosa per la salvezza del Peloponneso (ff. 286v-288r). MATTHAEUS CAMARIOTA, Officium liturgicum in Sanctum Iohannem Damascenum (ff. 289r-291r); due preghiere alla Trinità e alla Vergine Maria (ff. 291r-293v). GEORGIUS-GENNADIUS SCHOLARIUS, omelia per il Venerdì Santo (ff. 294r-306r). De duodecim articulis fidei in symbolo et de septem sacramentis quaedam (ff. 306r307r). GEORGIUS-GENNADIUS SCHOLARIUS, epistulae duo (f. 307r-v); De primo cultu divino, seu Lex evangelica in epitome (ff. 309r-333r); De providentia et praedestinatione (ff. 333r-354v); excerpta quaedam theologica (ff. 354v-357v). Epigrammi vari (sul Salterio; incisi sulla fronte dei fratelli Teodoso e Teofane Grapti; posti in bocca ai fratelli Teodoro e Teofane Grapti dal patriarca Metodio; f. 358r-v). Elenco degli imperatori romani (f. 358v). PLUTARCHUS, De liberis educandis (ff. 359-370). PLATO, Menexenus, excerpta (ff. 370r-378v). Metrica quaedam (f. 379r-v). Sortes psalmorum, necnon varia magica et astrologica (ff. 380-390). Excerptum metricum (f. 391r). Sec. XV, metà / seconda metà

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ROSS. 986

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Cart. (carta di mediocre qualità, di colore ocra chiaro, ruvida e si legge facilmente la vergatura disposta orizzontalmente); ff. VIII (di restauro), 392, VIII’ (I’-VIII’ di restauro); da f. 1 a f. 391 foliazione manuale moderna con numeri arabi a matita, collocata nell’angolo superiore esterno di ciascun foglio, presenta un errore a causa della ripetizione del numero 201 in due fogli consecutivi (il secondo corretto a matita blu). Il codice misura mm 218×147; scrittura minuscola corsiva, a inchiostro bruno chiaro, dal ductus rapido e nervoso a momenti così irregolare da permettere di supporre la presenza di diversi copisti (evidenti le variazioni d’inchiostro, dal bruno chiaro, scuro fino ai toni del nero); ff. 97r, 152 e 211 in bianco. Specchio scrittorio non costante riconducibile a due tipologie principali: 1 colonna di scrittura di 25-27 linee, mm 160×89 e 1 colonna di scrittura di 17 linee, mm 160×85. Rigatura difficilmente rilevabile, sembra limitarsi alla delimitazione dello specchio scrittorio aggiungendo talora una o più righe marginali verticali nel margine esterno per l’apposizione di scolii (come a f. 178v con glossa a catena). Fascicolazione irregolare. Segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico (da a/ a mb/) sono apposte (l’ultima a f. 391v) centralmente nel margine inferiore dell’ultimo foglio verso di ogni fascicolo. Vengono sostituite oppure, quando parzialmente rifilate, sono accompagnate da una segnatura moderna con numeri arabi a matita collocata nell’angolo inferiore interno del medesimo foglio.

L’ornamentazione è costituita da forme geometriche e schizzi esplicativi che affiancano i trattati di astronomia, matematica e geometria utilizzando sia l’inchiostro rosso carminio della rubricatura che il colore bruno del testo; sono realizzati con righe e compassi, talora ripassati a mano libera, e occupano i margini esterni del foglio, in qualche caso vengono accolti all’interno dello specchio scrittorio dando l’impressione di essere stati previsti nel progetto dell’impaginazione ordito dal copista (così a f. 218r, mentre ai ff. 178r e 191r occupano l’intera pagina). Il resto dell’ornamentazione è composto da: 7 fasce calligrafiche (in media: mm 10×160 le maggiori e mm 7×80 le minori); 4 riempilinea (mm 8×35 in media); iniziali calligrafiche rubricate di grandi dimensioni (mm 25×10 in media); iniziali calligrafiche rubricate di piccole dimensioni (mm 7×6 in media) e titoli rubricati. ff. 5r, 153r, 212r, 286v: 4 fasce a inchiostro rosso carminio costituite dall’intreccio di un nastro continuo a due capi arricchito da sporgenze per lo più appuntite (a f. 212r sono arrotondate), che nascono nei punti di sovrapposizione e, nei primi due casi, da quattro terminazioni globulari alle estremità riempite da piccoli puntini rossi. La fascia di f. 153r è stata ornata con piccoli ritocchi dati con l’inchiostro bruno del testo. f. 183v: linea ornata a inchiostro rosso carminio costituita da un sottile tratto orizzontale ondulato terminante alle estremità con due palmette di dimensioni differenti, entrambe a cinque lobi, e arricchito da piccole boules rosse tra le anse della linea, ai ff. 306r e 307r stesso motivo con funzione di riempilinea. ff. 105r e 284r: la medesima tipologia di linea ornata, sempre a inchiostro rosso carminio (fortemente scolorito nella prima), termina con palmette a tre lobi e presenta nelle curve degli occhielli che ricordano il nesso ou; ai ff. 250v e 355r è presente con funzione di riempilinea. Le iniziali rubricate di grandi dimensioni, ad apertura di sezione, sono generalmente ornate da robusti tralci e volute vegetali poco aggraziate che termi-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

nano con globi e fogliette. Fa eccezione, al f. 286v, l’iniziale decorata b di basileà le cui pance, quadrate e staccate, sono costituite da un sottile nastro annodato arricchito da piccoli globi rossi e colmate, nella pancia superiore, da uno stilizzato elemento floreale a quattro petali realizzato a risparmio sulla carta e da un motivo a sfere rosse, più grandi e più piccole, nell’ansa inferiore. Le iniziali minori sono molto semplici: il tratto delinea il corpo della lettera ornando talvolta i prolungamenti dei bracci e aggiungendo fogliette o boules alle estremità. Lo stato di conservazione è mediocre: ampie macchie di umidità interessano il margine superiore dei fogli della parte iniziale (a tal punto che in alcune zone hanno compromesso la leggibilità del testo) e terminale del codice provocandone il deterioramento. Nel margine interno verso il taglio superiore dei ff. 1, 366-391 (dove il danno si estende quando si procede verso l’esterno) si notato i segni dell’attacco di insetti che hanno provocato danni peggiori lungo l’attaccatura del dorso. I fascicoli iniziano a perdere adesione l’uno dall’altro. La legatura in marocchino bruno rossiccio, del tipo Rossi A, ha i due piatti con anima in cartone. Il dorso è bordato e ripartito da una sottile filettatura dorata in tre riquadri: in alto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee COLLECTIO / VARIORUM / PHILOSOPHICA / GRAECE; nel riquadro centrale, più ampio, è stato impresso a secco un largo reticolo a losanghe con punzonature circolari ai punti d’incrocio; nel terzo è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) / CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli, ora piuttosto scompaginati, presentano una decorazione a inchiostro bruno, tipica della produzione tardo e post-bizantina, con un ricco fregio a medaglioni nato dall’intreccio di robusti racemi all’interno dei quali si aprono grandi foglie carnose a cinque punte. Il rivestimento della legatura, restaurato recentemente lungo l’attaccatura dei piatti al dorso attraverso il risarcimento con un ritaglio di pelle dello stesso colore sul quale è stata ricollocata la parte decorata del dorso rossiano, non presenta importanti lacerazioni, solo qualche graffio superficiale sul dorso posteriore e due ampie crepe che corrono lungo il dorso. Il codice presenta una facies codicologica eterogenea e la presenza dell’apparato illustrativo composto da figure geometriche e schizzi esplicativi fanno del manoscritto un esemplare piuttosto interessante. Mentre è possibile individuare una certa omogeneità di mano nel lavoro del calligrafo rubricatore, il quale arriva a circondare con una sottile cornice rossa le iniziali che il copista dimenticava di omettere, dal punto di vista paleografico, a causa della coesistenza di scritti d’argomento differente alcuni dei quali prevedono un’impaginazione ad hoc, il codice presenta un aspetto molto eterogeneo dovuto ai frequenti cambi di inchiostro e alle diverse mises-en-page (in versi, a piena pagina spesso con glosse e a più colonne, o a volte accompagnate da grafici e tabelle). La presenza dello scritto sulla Divina Provvidenza e Predestinazione (ff. 333r354v) attribuito a Giorgio-Gennadio II Scolario (1405-post 1472, patriarca di Co-

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ROSS. 986-1014

stantinopoli dal 1453-1454 col nome di Gennadio II Scolario) fornisce un importante post quem per la datazione del codice, infatti a f. 333r la composizione è esplicitamente datata all’a.m. 6967 (corrispondente all’a.D. 1458-1459). Questo indizio cronologico trova conferme nell’analisi paleografica e nella presenza a pagina intera dell’alfabeto greco in elaborate forme maiuscole di tipo umanistico (f. 1v) e di quello latino maiuscolo (margine inferiore del f. 2v), in base alle quali è anche possibile ipotizzarne l’esecuzione da parte di uno o più copisti ellenofoni, ma in ambiente occidentale. Annotazioni: a partire da f. 251r, titoli correnti posti, in modo non costante, nell’angolo superiore esterno del recto dei fogli. (Bibl. Rossianae, VIII, 225r, 226r-v) VORST, Verzeichnis, 501-508; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 43-65; Oeuvres completes, XXXVIII, XXXIX; Catalogus codicum astrologorum graecorum, 107-109; KOTZABASSI, Gregor von Zypern, 214-215. VAN DE

MANUELA MENCHERINI

Ross. 1014 (olim XI, 163) ˙ A¯ NIM, Vocabolario arabo-turco IBRA¯ HI¯M G Istanbul, du’l-qa‘da 1222 H./dicembre ¯ 1807-gennaio 1808 Cart.; ff. I, 125, I’; numerazione a matita seguente il testo arabo, in cifre arabiche in alto a sinistra sul foglio verso; mm 240×160; scrittura nash ot˘ in tomana nera vocalizzata con segni ortoepici rosso. Cornice dello specchio scrittorio in oro profilata in nero. Specchio scrittorio mm 210×125, 8 linee per pagina. Questo vocabolario è costruito secondo l’ordine alfabetico della prima radicale e entro questa dell’ultima radicale dei termini arabi tràditi. I lemmi sono disposti entro segni divisori circolari con un tratto ondulato e piccoli tondi in blu e rosso sulla circonferenza; inferiormente è disposta una traduzione interlineare in diagonale verso il basso in scrittura più minuta, talvolta eseguita in forma di triangolo con l’apice rovesciato. Ogni nuova lettera dell’alfabeto è introdotta da una rubrica ovale profilata in oro. I ff. 124 e 125 non sono stati scritti

f. 1v:

frontespizio con testata (sarlawh ·) superiore a timpano, in oro, cam-

Ross. 1014, f. 77v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

pita da motivi floreali. Inferiormente, in rosso breve introduzione all’opera dell’autore. f. 77r: chiusa a triangolo che nella parte inferiore contiene un disegno floreale in oro su fondo bianco. f. 77v: indice delle lettere tradite “a pala” (mm 190×125) a piena pagina con al centro il numero delle occorrenze in nero e rosso e nelle parti inferiore e superiore brevi commenti analitici in rosso con vocalizzazione in nero. Sullo sfondo è ripresa la decorazione floreale in oro del foglio precedente. f. 78r: frontespizio con testata (sarlawh · ) superiore a timpano in oro, campita da motivi floreali, analogo a quello di f. 1v. f. 80r: lemma “Ifla¯·tu ¯ n” (Platone) con spiegazione enciclopedica nella parte inferiore in forma di giara profilata in oro (mm 85×60). In rosso una didascalia a destra del lemma recita: «Come Platone diagnosticando una malattia divenne famoso. Questo è il ritratto della giara». Entro la giara è scritto: «Era figlio del divino Aristotele (arast·u ¯ n-i ilahı¯). Versato nella scienza dell’unicità e nella sapienza, nacque nel periodo di Artaserse I (ardašı¯ r-i avval ‘as·rında dünya¯ya geldı¯). Si distinse nelle arti e nelle scienze. Lasciò insegnamenti a discepoli e allievi. Dopo la sua morte il suo pensiero continuò a vivere, imponendosi a lungo anche oltre le scienze di cui era detentore. I seguaci si divisero in due fazioni: una fu quella dei Peripatetici (masˇsˇa¯’ı¯yu ¯ n), l’altra quella degli “orientali” (isˇra¯ qiyu ¯ n). Era dotato di così tanta dottrina, scienza, intelletto e intelligenza che riempì una giara infilandoci tutto il suo intelletto. Giunse un infermo e Platone colpì l’esterno della giara e dal suono della giara diagnosticò la sua malattia, informandolo della medicina adatta alla cura. Così parlando Platone si rese celebre e famoso. L’opera di Platone è in lingua greca ma il significato della sua opera è nell’idioma veritiero (s·a¯diq al-qawl) […] ». f. 114v: chiusa dell’opera a triangolo rovesciato analoga a quella di f. 77r. f. 114v: indice delle lettere tradite “a pala” (mm 190×125) a piena pagina analogo a quello di f. 77v con uguale ripetizione dell’ornato vegetale del f. precedente. Stato di conservazione. Ottimo. Legatura in cartone decorato con la tecnica ebrulu (disegno marmorizzato), con risvolto a sparabecco, coerente col manoscritto. (Bibl. Rossianae, IX, 275r) LEVI DELLA VIDA, Elenco dei Manoscritti arabi, 280; PIEMONTESE, I codici arabi, 277, 293.

MICHELE BERNARDINI

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ROSS. 1018

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Ross. 1018 (olim XI, 167; gr. 40) Codice di medicina: MAXIMUS PLANUCanon de urinis aegrotorum (ff. 3r-7r). HIPPOCRATES, excerpta varia (ff. 7r-12r). PAULUS NICAENUS, De cognitione et curatione variorum morborum (ff. 12v-135v). Preparationes medicamentorum (ff. 136r-156r) DES,

Sec. XV Cart. (carta di qualità mediocre e di colore giallastro, non molto spessa, ma ruvida e rifilata con poca cura, lo si nota dall’irregolarità dei margini superiore e inferiore, evidente in particolare ai ff. 64-71, dove il margine esterno rientra di circa 10 mm); ff. I (moderno in cartoncino bianco, come la controguardia), 156, I’ (f. I’ moderno in cartoncino bianco solidale con la controguardia); foliazione manuale con numeri Ross. 1018, f. 3r arabi a matita, collocata nell’angolo superiore esterno del recto di ciascun foglio, sporadicamente presente nell’angolo inferiore, è stata attentamente cancellata (cfr. f. 40r) e foliazione meccanica moderna con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo inferiore esterno del recto di ciascun foglio; mm 213×160; scrittura minuscola, a inchiostro bruno, di medio formato, caratterizzata da un andamento alquanto regolare con l’asse lievemente oscillante. Il testo è probabilmente da attribuire a un’unica mano, che si occupa anche delle rubricature e dell’apparato decorativo. Specchio scrittorio (mm 160×98) a 1 colonna di 24 linee ai ff. 3-135v, mentre ai ff. 1, 2, 136-156v (mm 160×66 ca.) a 2 colonne di 18-21 linee; segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico, visibili sporadicamente e in modo irregolare nell’angolo superiore esterno del primo foglio recto di ciascun fascicolo; altra segnatura in lettere greche con valore numerico (a/-iq/), apposte (l’ultima a f. 151v) nell’angolo inferiore interno dell’ultimo foglio verso di ciascun fascicolo.

L’ornamentazione del codice è costituita da 4 fasce calligrafiche: f. 1r, mm 51×120; f. 3r, mm 36×133; f. 135v, mm 28×123; f. 156v, mm 38×65; linee, bastoni e nodi riempilinea; iniziali rubricate ad apertura di capitolo (da mm 10×8 a mm 40×19) e iniziali minori, mm 7×4 in media; titoli rubricati. Le fasce calligrafiche sono costituite dal ripetuto intrecciarsi di un sottile nastro bianco risparmiato, profilato a inchiostro bruno pallido a formare una treccia lenta i cui incroci sono sottolineati da piccoli rombi con al centro un cerchio, gli spazi di risulta sono campiti uniformemente con l’inchiostro rosso carminio delle rubricature e agli angoli spuntano nodi o terminazioni vegetali, solitamente con foglie d’acanto di profilo. A f. 1r la treccia viene triplicata orizzontalmente e dagli angoli superiori spuntano delle protomi animali affrontate, mentre la fascia a f. 156v è composta dall’intreccio di tre

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

nastri e manca della campitura a inchiostro rosso; inoltre, nell’angolo inferiore interno, uno dei nastri termina con una protome di serpe con il collo annodato. Linee, bastoni e nodi riempilinea realizzati a inchiostro bruno pallido, sono concentrati nell’ultima parte del codice e riprendono i motivi vegetali delle terminazioni delle fasce calligrafiche. I bastoni sono di tipo semplice con nodi o più complessi con terminazioni a protomi animali (cfr. f. 137r) mentre i riempilinea sono costituiti da segmenti ondulati con piccole t, a riempire le anse e trifogli stilizzati alle estremità. Le iniziali maiuscole rubricate ad apertura di capitolo si sviluppano generalmente per uno o due interlinee e sono decorate con sottili ricci e piccoli globi che, in pochi esemplari, diventano delle brevi fronde che richiamano gli arabeschi, arricchite da boccioli e volute vegetali. Lo stato di conservazione è piuttosto buono, in particolare al centro del codice, dove la carta non è molto ruvida e macchiata come lungo i margini dei primi fogli. Il codice è già stato sottoposto a un restauro in tempi moderni come dimostra il rifacimento della legatura e le piccole integrazioni di lacune come a f. 1, ritagliato nel margine inferiore. La legatura è in marocchino bruno rossiccio, del tipo Rossi A graffiato in superficie da un leggero intreccio di linee a formare una rete. Il dorso è riquadrato da una sottile cornice dorata: in alto corre l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su cinque linee SUMMA / ARTIS MED(ICAE?) / PER MAXIMUM / PLANUDEM / GRAECE, al centro è impresso un rombo riempito e circondato da motivi vegetali stilizzati al centro e carnosi nei ritagli di spazio, mentre in basso si legge l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli non presentano colorazione. Il codice è annoverato fra i sette esemplari attraverso i quali è stata tramandata l’opera medica di Paolo di Nicea. Il rossiano è stato riconosciuto nel manoscritto V.3.2 dalla Biblioteca Angelica grazie all’ampia descrizione che ne fece Amati (1768-1834) a f. 124v del Vat. lat. 9779. Il codice apparteneva al folto gruppo di volumi scomparsi dal fondo agostiniano tra il 1833 e il 1836, in precedenza appartenuto alla collezione del cardinale Domenico Passionei (1682-1761), il quale l’aveva a sua volta acquistato dalla biblioteca sforziana, dove l’esemplare era conservato con il numero d’inventario 156.CLXXIII (MERCATI, Note, 40-41). A f. 156v è presente, realizzata con lo stesso inchiostro del testo, una menzione di Antonio Piropulo, discepolo di Giovanni Argiropulo, medico e possessore di codici vissuto nel XV secolo (IERACI BIO, L’opera medica di Paolo di Nicea, 317). Annotazioni: f. 1r:

medicina diversorum, nel margine superiore iscrizione in latino di mano di padre Filippo Vitali (m. 1771).

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ROSS. 1018-1022

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f. 156v: † Ñrmhn…a „atrou tou~ phrrépoulou, che è stato interpretato come sottoscrizione, a inchiostro bruno, collocata alla fine del testo e a metà della colonna interna, realizzata per mano del copista identificato in Antonio Piropulo (IERACI BIO, L’opera medica di Paolo di Nicea, 317). (Bibl. Rossianae, IX, 280r) VORST, Verzeichnis, 547, 548; GOLLOB, Medizinische griechische Handschriften, 1-12; MERCATI, Note, 40-41; GÄRTNER, Zum ersten Kapitel, 373; IERACI BIO, L’opera medica di Paolo di Nicea, 313-318; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

VAN DE

MANUELA MENCHERINI Ross. 1022 (olim XI, 171; gr. 28) EUSTATHIUS THESSALONICENSIS, Commentarii ad Dionysii Pariegetae Orbis descriptionem (ff. 1r-174v). Paraphrasis in Dionysium (ff. 177r-250v). De duodecim ventis (ff. 251r-252v) Sec. XV Cart.; ff. V (di restauro; il I è in carta più spessa), 255, V’ (di restauro; V’ è di carta più spessa); foliazione manuale con numeri arabi a matita, collocata nell’angolo superiore esterno del recto dei fogli, presente in genere ogni cinque fogli, ma su ciascun foglio da f. 1 a f. 10; foliazione meccanica con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo inferiore esterno del recto di ciascun foglio, presenta un errore di numerazione per la duplice ripetizione del foglio 32; mm 217×158; sono particolarmente evidenti le differenze stilistiche di scrittura tra i due commentari: il primo è vergato con una minuscola moderatamente corsiva di piccolo formato tendenzialmente regolare, caratterizzata da largo respiro tra le singole lettere e ampio spazio d’interlinea così da rendere molto elegante l’impostazione del testo scritto, questo è spesso affiancato da note rubricate (realizzate con lo stesso inchiostro delle iniziali) ascrivibili alla mano del copista poiché generalmente la prima lettera è scritta con l’inchiostro nero del testo. La scrittura utilizzata nel secondo commentario (a partire da f. 177r) è una minuscola corsiva nella quale i cambi di ductus sono repentini (più volte nella stessa pagina, oscillando da un formato minore rispetto la scrittura del primo commentario, dove le lettere t misurano poco più di 1 mm in altezza, a uno più ampio), tali da non permettere di stabilire se corrispondano a più mani o solo a un diverso atteggiarsi di un unico copista. In generale è presente un ridotto spazio tra le lettere e un’evidente tendenza a inclinarsi verso sinistra; Ross. 1022, f. 1r ff. 175, 176, 253-255 in bianco. Specchio scrit-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

torio (mm 142×93) a 1 colonna di scrittura di 23 linee, ai ff. 1-174 e (mm 169×85), a 1 colonna di scrittura di 21 linee, ai ff. 177-255. Due serie di segnature di fascicolo in lettere greche con valore numerico, vergate entrambe a inchiostro nero e parzialmente tagliate da una poco attenta rifilatura: la prima serie (la prima lettera leggibile è b a f. 9r e l’ultima kb a f. 168r) è posta centralmente nel margine inferiore del recto del primo foglio sui primi ventidue fascicoli; la seconda serie inizia da f. 177r e occupa l’angolo inferiore esterno del primo foglio negli ultimi dieci fascicoli (la prima lettera leggibile è G a f. 193r e l’ultima i a f. 249r); altre due serie di segnature a inchiostro bruno chiaro: con numeri arabi posti nel margine inferiore verso l’angolo esterno del recto del primo foglio dei primi ventidue fascicoli (l’ultima, 22, a f. 169r) e l’altra in lettere latine maiuscole nei successivi dieci fascicoli (dalla A a K, la prima a f. 177r e l’ultima a f. 249r). Richiami di fascicolo posti in coda allo specchio scrittorio nel verso dell’ultimo foglio dei primi ventidue fascicoli.

L’ornamentazione è costituita da 1 fascia calligrafica: mm 8×89; iniziali rubricate: mm 7×5 in media, e iniziali calligrafiche rubricate, mm 18×11 in media; note e richiami rubricati. f. 1r: la fascia calligrafica è costituita dallo svolgersi in senso orizzontale di una treccia rossa a due capi i quali, mentre si avvolgono su se stessi, passano all’interno di anelli campiti con inchiostro bruno chiaro e si invertono a ogni incrocio formando delle annodature ornate da due punte bianche che ricordano i cosiddetti nodi di Salomone. Le iniziali si dividono in due tipologie: le iniziali rubricate dei primi ventidue fascicoli di fattura molto semplice e le iniziali rubricate e calligrafiche del secondo commentario caratterizzate da dimensioni maggiori e ornate da delicati tratti stilizzati che ricordano dei racemi (ad esempio: f. 177r, lettera A, è l’iniziale più grande, misura mm 36×16 ed è ornata da tralci e volute vegetali che nascono dal corpo della lettera). Lo stato di conservazione è piuttosto buono: la carta ha mantenuto il colore chiaro e la consistenza originari; infatti presenta poche macchie, segni dell’azione della luce e dell’umidità, che si concentrano in particolare lungo i tagli dei fogli. La legatura, del tipo Rossi A, è in marocchino bruno rossiccio graffiato in superficie da un leggero intreccio di linee a formare una rete. Il dorso è bordato e ripartito in cinque riquadri da una sottile filettatura dorata: in alto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su quattro linee DIONYSII / DE SITU ORBIS / CUM COMMENTO / GRAECE; nei tre riquadri centrali è stato impresso un motivo a rabeschi lungo i lati e una croce al centro; nel quinto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli, attualmente quasi illeggibili, dovevano essere ornati con inchiostro bruno a delineare un fregio composto da nastri intrecciati bianchi e medaglioni con corone circolari; corone e trecce sono riempiti con colore verde. Il rivestimento della legatura è stato restaurato sostituendo il dorso, probabilmente lesionato all’altezza dell’attaccatura dei piatti, con un ritaglio di pelle dello stesso colore su cui è stata ricollocata la parte decorata del dorso rossiano.

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ROSS. 1022-1023

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La storia del manoscritto è particolarmente complessa. Datato al XV secolo, i primi nomi ai quali è legato risalgono al pieno XVI: Arsenio di Monembasia e il nipote Giorgio di Corinto, entrambi menzionati a f. 1r in due note di mani differenti. Il secondo, maestro di greco a Bologna (dal 1548 trasferitosi a Roma al seguito del cardinale Alessandro Farnese) donò, o vendette, il manoscritto a Guido Ascanio Sforza, cardinale di Santa Fiora, non è noto se in modo diretto (probabilmente a Bologna dove quest’ultimo studiò greco insieme ai nipoti di papa Paolo III Farnese). Confluito nella biblioteca sforziana (se ne ritrova l’indicazione nel taccuino di Luca Holstenio; ms. Barb. lat. 2988, f. 27r), passò agli inizi del XVIII secolo alla collezione del cardinale Domenico Passionei (1682-1761) e di lì, a partire dal 1763, nella Biblioteca Angelica come dimostrano due segni presenti nel margine inferiore di f. 1r: una finestra dovuta al taglio di quello che si può credere un timbro e la postilla al f. 1 di padre Filippo Vitali (MERCATI, Note, 35). Annotazioni: f. 1r: k(aˆ) tÕ parÕn bibl…(on) kth~ m£ ™stin ¢rsen…ou tou~ monembas…(aj), nota di possesso in minuscola ad inchiostro nero è collocata nel margine superiore del foglio al di sotto di un asterisco; continuata subito sotto da un’altra nota di mano differente, ripartita su due linee e tracciata con inchio~ stro bruno rossiccio tÕ nu~ n d' e„nai gewrg(…ou) kÒmhtoj korinq(…ou) foithtou~ kaˆ ¢neyiou~ . f. 1r: Dyonisus de (…), posta nel margine inferiore in linea con la giustificazione interna, nota in minuscola corsiva a inchiostro bruno di mano di padre Vitali. (Bibl. Rossianae, IX, 286r-v) VAN DE VORST, Verzeichnis, 540; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 77, 78; DILLER, The Tradition, 38; MERCATI, Note, 34, 35, 124, 125; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

MANUELA MENCHERINI Ross. 1023 (olim XI, 172; gr. 22) SIMPLICIUS ATHENIENSIS, In Epicteti enchiridion commentarius (pp. 1-415). GEORGIUS CYPRIUS, Oratio in imperatorem Andronicum II Palaeologum (pp. 416-459) Italia, sec. XVI, prima della metà Cart. (bianca, italiana, di ottima qualità, con filigrana di sirena racchiusa entro cerchio, le cui mani afferrano la coda bicaudata, assai prossima a Briquet 1388, a. 1523; agnello pasquale con stendardo inscritto entro cerchio, uguale a Mošin 78, sec. XVI in.; corno circoscritto entro cerchio, molto vicino a Briquet 7855, a. 1513); ff. VI (I in cartoncino azzurro solidale con la controguardia del piatto anteriore; II-V in carta del sec. XIX; VI guardia originaria in carta, apparentemente coeva al manoscritto), 231 (pp. 462), VII’ (I’ guardia originaria; II’-VI’ in carta del sec. XIX; VII’ in cartoncino azzurro, come so-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

pra, di cui l’ultima facciata è solidale con la controguardia del piatto posteriore. Paginazione moderna in numeri arabi a inchiostro bruno, in alto a destra (recto) e a sinistra (verso); fascicoli segnati, sul margine inferiore esterno della prima pagina, con lettere alfabetiche greche con valore numerico, cui è sovrapposta la desinenza del rispettivo numerale ordinale; i fogli che costituiscono la prima metà del fascicolo – fatta eccezione per il primo ove è indicata la segnatura – sono numerati in lettere romane sul margine inferiore esterno (II-IIII) (quaternioni regolari); due facciate riportano il nr. 237; due pp. il nr. 458; una p. tra 222 e 223 non è numerata; il nr. 261 è assente; pertanto, bisogna aggiungere tre pagine al computo effettuato nel codice (pp. 462). Il manoscritto misura mm 210×140. Testo vergato a colonna unica (mm 150×80) per 23 righe tracciate e scritte, delimitate dalle vergelle. Scrittura greca, di due mani che Ross. 1023, f. 1r collaborano, la cui individuazione resta controversa. Uno dei copisti è stato identificato con Valeriano Albini (pp. 1-351; 391 lin. 2-392 lin. 5; 414, lin. 2-415), il secondo con Costantino Mesobote (pp. 352-391, lin. 1-392, lin. 6-414, lin. 1; 414 lin. 2-459) (WHITTAKER, Greek Manuscripts). Viceversa, altri ritengono che le pp. 1-351, 414-459 siano del Mesobote e le restanti di un copista anonimo (GAMILLSCHEG, rec. a Whittaker, Greek Manuscripts, 89). Valeriano Albini, già canonico regolare agostiniano di San Salvatore a Bologna, opera intorno al secondo quarto del secolo XVI (sul personaggio cfr. FREUDENBERGER, Augustinus Steuchus, 59-96; FREUDENBERGER, Bibliothek, 29). Le sottoscrizioni dei manoscritti, congiuntamente alle date apposte negli Atti del Capitolo Generale della Congregazione, permettono di ricostruirne l’attività, che ebbe a svolgersi per lo più in Italia settentrionale (Venezia, Reggio Emilia, Bologna e Ferrara) ma anche a Roma (aa. 1545-1547/1548) (cfr. MERCATI, Note, 169). Costantino Mesobote lavora a Padova nella cerchia di Zaccaria Calliergi (f. 1473-1524), in un secondo momento a Venezia e a Bologna con Valeriano Albini; la sua attività è documentata negli anni 1508-1533. Si rammenta che l’apografo del Ross. 1023, ovvero il ms. Pal. gr. 100, si deve interamente al suo operato.

L’ornamentazione del manoscritto è meramente calligrafica, ridotta alla testata di p. 1, eseguita con inchiostro carminato-rosaceo: treccia lenta a quattro capi, ai cui incroci – nella porzione interna – si innestano dei fioroni, mentre in quelli esterni si inseriscono trattini verticali; sui lati brevi si sviluppano quattro festoni zigzaganti, realizzati con scarsa attenzione al dato formale. p. 1: P di Perˆ (mm 10×10), in ekthesis, a tratto pieno rinforzato, al cui interno, ma anche alla base del tratto di sinistra, si inseriscono elementi vegetali appena tratteggiati. Le diverse parti del codice alternano liberamente semplici inizialette in

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ekthesis, spesso introdotte da una maiuscola di modulo minuto, en attente, cui si affiancano le iniziali vere e proprie eseguite a tratto libero con inchiostro rosato. Lo stato di conservazione del codice è molto buono; la carta è appena ingiallita. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (ma con logoramento e/o ammaccatura del rivestimento nelle porzioni terminali del dorso); i tagli sono tinti in rosso chiaro. Su quest’ultimo, in alto si legge SIMPLICII / IN EPICTETUM / GRAECE, in basso COD(EX) CART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Titolo greco, in inchiostro bruno, sul taglio davanti EPIKTHT(OS). Il Ross. 1023 è corredato di ampie note dell’agostiniano card. Egidio Canisio da Viterbo (1469-1532) (sul personaggio cfr. SIGNORELLI, Cardinale Egidio; O’MALLEY, Giles of Viterbo; WHITTAKER, Giles of Viterbo), e si ritiene che fu lo stesso Egidio a commissionarlo a Valeriano Albini (o al Mesobote), il quale lavorò per l’umanista in altre dieci occasioni. Entrambi i copisti collaborano alla trascrizione di altri codici rossiani, precisamente i Ross. 558 (Platone) e 962 (Proclo). Questi ultimi, congiuntamente ai Ross. 412 (Aristotele) – cui deve aggiungersi il Ross. 983 (Stobeo) già donato da Egidio alla biblioteca di Sant’Agostino in Roma –, confluirono nella Biblioteca Angelica alla morte del cardinale; numerosi altri pezzi, invece, andarono dispersi durante il Sacco di Roma del 1527. Intorno al 1838 Giovan Francesco de Rossi acquistava cinque di quei manoscritti di cui si lamentava il furto in Angelica, da inquadrarsi tra il 1833-1836; alla morte di quest’ultimo possessore (m. 1855) la raccolta è stata donata ai Gesuiti, dai quali è stata trasferita nel collegio di Vienna (a. 1877); come è noto, sono in deposito presso la biblioteca dei papi dal 1922. Al f. VIv, al centro del margine superiore, si leggono titoli latini di mani corsive moderne. (Bibl. Rossianae, IX, 287r-288r) VORST, Verzeichnis, 539 nr. 22; VOGEL, GARDTHAUSEN, Schreiber, 369-372; GOLLOB, Griechische Literatur, 70-72 nr. 22; DILLER, Scipio Tettius’, 16 nr. 6; MERCATI, Note, 37, 123; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 326; WHITTAKER, Greek Manuscripts, 217, 233, 236-237; GAMILLSCHEG, rec. a Whittaker, Greek Manuscripts, 89; Repertorium der griechischen Kopisten, IA, 124-126, nr. 224; HADOT, Tradition manuscrite, 2, 7, 10, 35, 45-49, 51-53, 55-61, 85, 87, 97-98; BOTER, Greek Sources, 171 nr. 34, 173; CATALDI PALAU, Copistes de Guillaume Pellicier, 202-204, 221, 225; HADOT, Simplicius, 165, 169, 236 passim; KOTZABASSI, Kopist des Geschichtswerkes, 307-317; KOTZABASSI, Gregor von Zypern, 215-216; Repertorium der griechischen Kopisten IIIA, 138-139 nr. 363; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11. VAN DE

ALESSIA A. ALETTA

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 1026 (olim XI, 175) Decisiones novae Rotae Romanae ex annis 1376-1381 collectae pro Wilhelm Horborch (ff. 1r-167v e ff. 173r-232r) Italia centrale (Toscana?), sec. XV3 Cart./membr. (carta consistente e ruvida al tatto; pergamena spessa, ma di buona qualità e discretamente lavorata, anche se talvolta sono visibili i follicoli); ff. X (I in cartoncino blu, al pari della controguardia, IIX cart.), 232, X’ (I’-IX’ cart.; X’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); i ff. 1, 10, 20, 30-31, 40-41, 50-51, 60-61, 70-71, 80-81, 90-91, 100-101, 110-111, 120-121, 130-131, 140-141, 152-153, 162-163, 172-173, 177178, 182-183, 187-188, 192-193, 197-198, 202-203, 207-208, 212-213, 217-218, 222223, 227-228, 232 sono in pergamena (numerazione corretta); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; numerazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra; l’una e l’altra Ross. 1026, f. 1r sono presenti e corrette fino al f. 10, poi c’è solo quella meccanica e corretta fino al f. 20; nel codice sono inseriti dei bifogli in pergamena, come nel caso dei ff. 20 e 21, anche se il 21 è indicato come 20A, sfalsando in questo modo la numerazione meccanica; quella manuale, presente di nuovo a partire dal f. 40 e solo sulle decine (a eccezione dei ff. 177, 167-173, 162, 152-153, 151, 232), tiene invece presente il f. 20A come 21 e quindi prosegue correttamente; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, sempre sul verso del foglio, a destra, spesso rifilati; mm 300×216; scrittura semigotica ad andamento corsiveggiante e ricca di abbreviazioni, vergata a inchiostro nero da due diverse mani: la prima compila il testo fino al f. 167v, mentre a partire dal 173r interviene un’altra mano, fino alla fine del codice (a partire dal f. 215r i titoli dei singoli capitoli sono vergati in lettere capitali e non più in gotica); specchio scrittorio (mm 185×115) a piena pagina di 41 linee di scrittura; rigatura a mina di piombo con le linee verticali che arrivano a toccare i margini, mentre i fogli in pergamena sono rigati a secco sul lato pelo e ripassati a mina di piombo, i ff. 168-172 sono rigati ma non vergati; nei fogli pergamenacei è rispettata la regola di Gregory; filigrana a forma di fiore del tipo Briquet 6655 (Pisa, sec. XV3).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale a foglia d’oro su campo a bianchi girari; 1 iniziale media della medesima tipologia (P di Prima est, mm 32×28). Le iniziali sono entrambe collocate nella pagina di incipit, al f. 1r, e comprese nello stesso fregio a bianchi girari. Numerose iniziali filigranate; numerazione dei capitoli ai margini dello specchio scrittorio. Nella seconda parte ci sono i titoli delle diverse sezioni e i segni paragrafali alternativamente in blu e rosso; numerazione degli item in cifre romane ai margini esterni.

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ROSS. 1026-1033

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f. 1r: iniziale I di In nomine Dei (mm 110×60), a bianchi girari su fondo policromo punteggiato di giallo, con corpo in foglia d’oro il cui perimetro interno è profilato con del colore giallo; al di sopra del corpo della I il miniatore ha realizzato un cervo dal mantello bruno, lumeggiato con polvere d’oro e d’argento; al di sotto della lettera è invece presente un volatile dal folto piumaggio verde, che doveva probabilmente avere il becco in foglia d’oro, ma la lamina metallica è quasi completamente caduta. Nel bas-de-page, da un cantharos a foglia d’oro prende vita una decorazione a bianchi girari della stessa tipologia di quella delle iniziali, completata dalla presenza di due piccole farfalle ai lati della decorazione; al centro dei girari è ricavato uno spazio a forma di goccia, riservato probabilmente a ospitare uno stemma, tuttavia non realizzato. Benché l’apparato decorativo del manoscritto risulti molto ridotto, appare peculiare il modo utilizzato all’artefice per rendere il piumaggio del pappagallo verde dal becco spalancato e dal collo ritorto intrecciato tra i girari. Le piume non hanno l’aspetto consueto, ma sembrano invece più morbide. Tale caratteristica si ritrova, anche con maggiore risalto, in un manoscritto conservato alla Biblioteca Riccardiana di Firenze, ms. 620 (L. IV. 11), contenente la Tebaide di Stazio, di cui la critica tuttavia non ha individuato la paternità. Stato di conservazione complessivamente buono, anche se nel margine superiore è presente una estesa macchia di umidità, visibile soprattutto nei primi fogli. Questi sono rifilati ai lati e ciò li rende di larghezza non omogenea rispetto al resto del codice. Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative, protetta da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge DECISIONES NOVAE S(ACRAE) R(OTAE) (ROMANA) E (?); in basso COD(EX) CH(ARTACEUS)-MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). (Bibl. Rossianae, IX, 295r-v) TIETZE, Die illuminierten, 113 nr. 227.

EVA PONZI

Ross. 1033 (olim XI, 182) I. (ABU¯ ’L-H ¯ war · ASAN) ‘ABD AL-RAH· MA¯ N B. ‘UMAR AL-S·U¯ F¯ı, Kita¯b al-ja¯mi‘ li-ma‘rifat s·u al-kawa¯kib al-muštamal ‘al-tama¯nı¯ wa al-arba‘ı¯ (ff. 1r-103v) (Libro integrale sulla ¯ conoscenza delle immagini degli astri includente quarantotto (costellazioni); II. (ABU¯ ‘AL¯ı) H ¯ war al-kawa¯kib · USAYN B. ‘ABD AL-RAH· MA¯ N ‘UMAR AL-S·U¯ FI¯ , Rajaz fı¯ s·u (ff. 105r-120r) (Poema sul Libro degli astri (di ‘Abd al-Rah·ma¯n b. ‘Umar al-S ¯ fı¯) ·u Sebta (Ceuta), 621H./1223

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(f. 120r) colophon: Wa Ka¯ na tama¯muhu bimadı¯nat Sabta h arasaha¯ ˙ Alla¯ h lı¯-Abı¯ al-Hasan ‘Alı¯ bin Muh am˙ ˙¯ ¯ ˙ a¯ fiqı¯ as‘adahu Alla mad b. ‘Alı¯ al G h fı sanat ahad wa ‘asˇrı¯n wa sittima’ia wa ˙ sallà Alla¯ hu ‘alà Muhammad. ˙ ˙ «Fu completato nella città di Sabta (Ceuta) che Alla¯h la protegga, da Abı¯ ’l-Hasan ‘Alı¯ bin Muh ammad b. ˙˙ ¯ ¯ ˙ ‘Alı¯ al G a fiqı – per lui la fortuna da Alla¯h – nell’anno seicentosessantuno, che che Alla¯h benedica Muhammad. ˙ Cart.; ff. VIII, 120, VIII’; numerazione meccanica moderna, seguente il testo arabo, in cifre arabiche in basso a sinistra, accompagnata da altra numerazione a matita, anch’essa moderna in alto a sinistra che presenta nuRoss. 1033, f. 38r merose difformità con la precedente consistenti in salti di numerazione e omissioni derivanti tra altri fattori, dall’asportazione di alcuni fogli e dalla loro sostituzione con nuovi fogli in fase di restauro. Si registrano errori di rifascicolazione (f. 73 e f. 76). I fogli posti a integrazione in fase di restauro riportano la numerazione meccanica e talvolta quella a matita: ff. 10r-17r (meccanica) = 12r-19r (a matita); f. 18r = f. 25r; f. 19r = 22r; f. 20r = f. 26r; f. 22r = f. 27r; ff. 23r-27r = ff. 20r-24r; ff. 28r-45r = ff. 28r-45r; da f. 46r a f. 49r (solo num. meccanica); ff. 50r-54r = ff. 50r-54r; f. 55r (solo num. meccanica); ff. 56r-57r = ff. 56r-57r; da f. 58r a f. 70r (solo num. meccanica); f. 70r = f. 74r; ff. 71r-72r = ff. 71r-72r; da f. 73 a f. 78r (solo num. meccanica); ff. 79r-85r = ff. 79r-85r; f. 86r (solo num. meccanica); ff. 87r-96r = ff. 90r-99r; da f. 97r a f. 99r (solo num. meccanica); f. 100r = f. 89r; da f. 101r a f. 102r (solo num. meccanica); ff-103r-104r = ff. 103r-104r; da f. 105r a f. 120r (solo num. meccanica). Altra numerazione complementare indicante le decine da f. 29r): f. 18r = 21; f. 21r (mec.) = 11; f. 29r (mec.) = 30; f. 29r (mec.) = 30; f. 39r (mec.) = 40; f. 49r (mec.) = 50; f. 59r (mec.) = 60; f. 69r (mec.) = 70; f. 79r (mec.) = 80; f. 96r = 100; f. 100r = 90; f. 105r = 105; f. 110r = 120. Un foglio volante inserito in corso di restauro alla fine del codice, reca numerazione meccanica (121). Al f. 109r ulteriore segno di numerazione (9). I e II coerenti, mm 270×186; I: scrittura magrebina corsiva minuta seppia con rubriche in rosso; specchio scrittorio mm 198×138 a piena pagina di 25 linee; II: scrittura corsiva magrebina, nera, di dimensioni più ampie disposta su due colonne (specchio scrittorio di mm 184×57 ognuna) con spazio intercolonnare centrale di mm 7; 19 linee a piena pagina. Le due opere contenute nel codice consistono (I) nella celebre descrizione

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ROSS. 1033

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delle costellazioni, seguendo una doppia trafila consistente nell’adozione del sistema tolemaico e della tradizione araba degli ‘anwa¯’, opera di ‘Abd al-Rah·ma¯n al-S·uf¯ı (291H./903-376H./986), astronomo originario di Ray, che operò nella città di Isfaha¯n presso la corte del principe buyide ‘Ad·ud al-Dawla (338H./949˙ 372H./983), maggiore esponente della dinastia buyide, nel corso della seconda metà del sec. X. L’opera venne probabilmente redatta attorno al 355H./965 e fu dedicata a quel sovrano. Nella seconda parte (II) il codice contiene un commento in versi redatto dal figlio di ‘Abd al-Rah·ma¯n al-S·u ¯ fı¯, H · usayn. Il trattato di alS·u ¯ fı¯, più generalmente noto come S· uwar al-kawa¯kib al-ta¯bita, è stato eseguito in numerose edizioni manoscritte, realizzate tutte in ambito islamico orientale, eccezion fatta per il Ross. 1033 che fu invece eseguito in ambito nord-africano occidentale (Sabta/Ceuta) e rappresenta perciò un caso unico in tal senso: due esemplari dell’XI secolo, sono conservati presso l’Istituto delle lingue orientali di S. Pietroburgo (nr. 185; 396/1005-6, seconda parte/402/1011, prima parte) e la Bodleian Library di Oxford (Marsh 144; 400/1009-10). Si tratta dei due testimoni datati più antichi in assoluto di manoscritti illustrati islamico-orientali. Altri esemplari precedenti il Ross. 1033, sono stati realizzati nel XII secolo in ambito Mesopotamico settentrionale (Istanbul, Topkapı Sarayı, ms. Ahmet III 3493; 10 safar 525/12 gennaio 1131); presso la corte artuqide di Mardin (Istanbul, Süley˙ ˙ a¯zı¯ II, maniye, Fatih 3422; 529/1134-5); presso la corte zenghide di Sayf al-Dı¯n G atabeg al quale è dedicato il ms. (Oxford, Bodleian Library, ms. Hunt 212; 566/ 1171) e in Iran (Berlin, Preußischer Kulturbesitz, Orientabteilung der Staatsbibliothek, ms. Ar. 5659 – Mq 704; 600/1203). Lungo è l’elenco degli esemplari eseguiti dopo il Ross. 1033 (fino al secolo XV: Berlin, Preußischer Kulturbesitz, Orientabteilung der Staatsbibliothek, ms. Ar. 5658, Mossul, 630H./1233; London, British Library, ms. Or. 5323; ambito selgiuchide, prima metà del XIII secolo; Istanbul, Süleymaniye, ms. Aya Sofya 2595, Marag˙a, Azerbaijan, 647/1249-50; Oxford, Bodleian Library, ms. Or. 133, ff. 81v-93r, ambito selgiuchide; Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. Arabe 2489, ambito selgiuchide, XIII secolo; Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. Arabe 2488, XIII secolo; Berlin, Preußischer Kulturbesitz, Orientabteilung der Staatsbibliothek, ms. Ar. 5660, ca. 800H./1397; New York, Metropolitan Museum of Art, ms. Rogers Fund 1913 (13.160.10), fine XIV secolo o XV secolo, Samarcanda o Iran; Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. Arabe 5036, Samarcanda, copiato per Ulug˙ Beg, 1437 ca. La tradizione manoscritta è proseguita sino al XIX secolo. Si segnala qui una traduzione latina rielaborata, il Liber de locis stellarum fixarum, cum ymaginibus suis verificatis, ab Ebennesophy philosopho, annis Arabum 272, risalente al terzo quarto del XIII secolo, realizzata forse a Bologna o forse in Sicilia (Paris, Bibliothèque de l’Arsenal, ms. lat. 1036). Pur risentendo fortemente della più antica tradizione manoscritta orientale, soprattutto sul piano del dettato iconografico, il Ross. 1033 se ne separa per ragioni diverse: da un lato si constaterà l’adozione integrale della tradizione scrittoria e calligrafica islamica occidentale (v. le varianti fonetiche rispetto alla pre-

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cedente tradizione manoscritta, ad es. al-bakka per al-fakka, f. 17v, o la scrittura della lettera fı¯ per la lettera qa¯f; cfr. f. 14v ‫ ففاوس‬per qiqa¯’u¯s “Cefeo”). Non mancano tuttavia elementi di novità rispetto al passato, spesso inseriti volutamente con spirito fortemente didascalico a indicazione della varietà della nomenclatura (cfr. ad es. f. 16v al-baqqa¯r “il vaccaro” inesistente altrove); d’altro canto si noteranno alcune varianti nel dettato iconografico e nella presenza di didascalie con l’introduzione di una nomenclatura inedita rispetto al passato. Non mancano le sviste e gli errori di scrittura, per altro non infrequenti in altri esemplari come il ms. Marsh 144 della Bodleian Library. Frequenti sono anche le omissioni dei punti diacritici o la errata disposizione sopra o sotto il ductus. Nulla è dato sapere del copista, segnalato nel colophon a f. 120r, e nel frontespizio f. 1r, che sembrerebbe l’esecutore di I e II, Abu¯’l-H · asan ‘Alı¯ b. Muh·am˙a ˙a mad b. ‘Alı¯ al-G ¯ fiqı¯, di origine spagnola a giudicare dal nome: G ¯ fiq, odierna Belalcázar, era capitale del Fah· s· al-Ballu¯t· sulla strada tra Cordova e Toledo. Quanto all’esecuzione, il colophon riporta il nome di Sebta (Ceuta) e la data 621H./1224. Il nome del disegnatore non è indicato mai nel codice, anche se vari indizi permettono di affermare che le illustrazioni furono eseguite nello stesso periodo della scrittura: spesso questa si sovrappone ai disegni e spesso avviene il contrario. L’ipotesi dell’ingaggio di un disegnatore di ambito orientale, tardo-abbaside e mesopotamico, fortemente influenzato dalle tradizioni più antiche, risulta per il Ross. 1033 assai plausibile. I. f. 1r: frontespizio su tre registri riportante l’autore e il titolo dell’opera: quello superiore e quello inferiore sono entrambi di due linee in carattere nash ˘ magrebino d’oro profilato in nero con medaglioni trilobati campiti in oro e azzurro alle estremità delle linee; al centro su cinque linee ampliamento del titolo in nero. II. f. 105r: frontespizio in sola scrittura nash magrebina d’oro profilata in nero, ˘ su sei linee, riportante il titolo dell’opera. I. f. 89: disegni eseguiti da un’unica mano rappresentanti le costellazioni astrologiche. Gli astri, uniti dal tratto che funge da contorno delle figure, sono rappresentati con tondi campiti in oro e con altri tondi minori in blu e rosso. I contorni delle figure sono sistematicamente profilati da una triplice riga blu, rossa e nera. Talvolta il tratto è ondulato per rappresentare il movimento di flussi d’acqua o le squame della pelle dei rettili. Anche i nomi degli astri sono trascritti in vari colori, nero, blu e rosso. Spesso le figure hanno alcune parti campite in oro, in taluni casi queste campiture sono istoriate all’interno con tratto calligrafico. È il caso di numerose cinture, bracciali e collane, o ancora delle corone, indossati dai personaggi in cui spesso l’artista inserisce un decoro a meandro. Anche alcune parti degli animali raffigurati sono campite in oro, ad esempio le orecchie dei mammiferi o le branchie dei pesci. In altri casi, soprattutto per rendere il manto degli animali, l’artista ha fatto ricorso a un tratteggio a penna consistente in brevi tratti paralleli, croci e disegno a spiga. I copricapi sono og-

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getto di particolare attenzione, spesso sono raffigurati a spicchi, come nel caso dei turbanti e campiti, oltre che con l’oro, con la tinta azzurra. In alcuni casi compaiono accenni a tipologie della decorazione architettonica, quali le palmette lanceolate o i girali floreali che rimandano ai decori in stucco e ceramica di ambito orientale del XIII secolo. Pressoché tutte le illustrazioni sono eseguite in due versioni, utilizzando un foglio o due fogli affrontati, a indicare l’osservazione della costellazione secondo “come si vede nel cielo” (‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’); o “come si vede nel globo celeste” (‘alá ma¯ tará f¯ı al-kura) concepito quest’ultimo probabilmente da al-S·u¯fı¯ stesso sull’impianto di diversi esemplari esistenti che si basavano su un modello tolemaico poi ripreso dagli astronomi musulmani. Ogni illustrazione è corredata da una tavola con il nome degli astri recante una didascalia col titolo in rosso (asma¯’ al-kawa¯kib, “nomi degli astri”) nella pagina, o nelle pagine, che seguono. Ogni disegno è corredato da una didascalia in rosso nella quale compare il nome della costellazione spesso con le trascrizioni dei nomi tràditi; vi compaiono talvolta lezioni diverse rispetto ad altri esemplari più antichi come il ms. Marsh 144 della Bodleian Library di Oxford, è il caso di Perseo (f. 25r). Alcune variazioni caratterizzano anche l’iconografia, pur in generale rispondente ai modelli più antichi di cui riprende numerosi dettagli emblematici. Va segnalata l’assenza di alcune costellazioni presenti nei codici più antichi: è il caso di Cassiopea, convenzionalmente tra il Cigno e Perseo, qui sostituita da due fogli bianchi (ff. 23 e 24), posti a integrazione in fase di restauro di fogli mancanti perché evidentemente asportati. f. 8v:

f. 9v:

f. 10r:

illustrazione singola raffigurante l’Orsa minore (al-dubb al-asg˙ar; mm ˙ 140×72) nella parte inferiore della pagina, come essa appare dalla osservazione del cielo. Una didascalia in rosso è disposta sopra la testa dell’Orsa: ·su ¯ rat al-dubb al-al-asg˙ar ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama¯’. Rispetto al ms. ˙ Marsh 144 della Bodleian Library (cfr. WELLESZ, An Early al-S ¯ fı¯, fig. 18), ·u l’Orsa è raffigurata con minore naturalismo, evidenziando la distanza che caratterizza più in generale il Ross. 1033 da modelli ellenizzanti, confermando perciò l’adozione di una tradizione orientale indipendente prossima al contesto abbaside per tenore stilistico. Non mancano tuttavia riferimenti anatomici, come nella resa della muscolatura delle zampe qui sottolineata con decisione dall’artista. illustrazione singola raffigurante l’Orsa minore (mm 140×86), affrontata alla precedente di cui è la riproduzione invertita, nella parte inferiore della pagina, come essa appare sul globo celeste. La didascalia, in rosso, è disposta sopra la figura nel centro della pagina: ·su¯rat al-dab al-asg˙ar ‘alá ˙ m¯a tará f¯ı al-kura. Segue al f. 9r la tavola col nome degli astri relativa all’illustrazione. doppia illustrazione su due registri, quello superiore raffigurante la costellazione dell’Orsa maggiore (al-dubb al-akbar; mm 248×180), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. I due disegni, so-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

vrapposti e retrospicienti, sono di formato maggiore rispetto alla raffigurazione dell’Orsa minore. Le didascalie sono poste al centro della pagina sopra le costellazioni. Quella superiore è lacunosa (s·u ¯ rat (al-dab alakbar ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama’)) ¯ a causa di guasto materiale; quella inferiore compare per esteso (s·u ¯ rat al-dubb al-akbar ‘alá ma¯ tará f¯ı al-kura). Nei ff. 10v-11r compaiono le tavole con i nomi degli astri e la loro posizione. Sul piano iconografico vale quanto detto per le due tavole precedenti (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 19). f. 12v: doppia illustrazione nella parte inferiore della pagina raffigurante la costellazione del Dragone (tinnı¯n; mm 120×194), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Superiormente, un drago serpentiforme si snoda in orizzontale lungo la pagina e reca la didascalia sopra la figura a destra: ·su ¯ rat al-tinnı¯n ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama’. ¯ Inferiormente la stessa figura compare invertita rispetto alla precedente e reca la didascalia sopra la figura a destra e nel centro della pagina: ·su¯rat al-tinnı¯n ‘alá ma¯ tará f¯ı al-kura. La figura inferiore del dragone è in esubero rispetto al margine della pagina. Nei fogli 13r e 13v compaiono le tavole degli astri relative all’illustrazione e la loro posizione. La riduzione stilizzata delle squame in Ross. 1033 sintetizzate da un tratto ondulato, contrasta con la resa più naturalistica sull’intera superficie del corpo del Dragone in ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 20) a precisa indicazione di un procedimento di sintesi iconografica dei modelli più antichi. f. 14v: doppia illustrazione su una pagina raffigurante la costellazione di Cefeo (qı¯ fa¯wu ¯ s/al-multahib “la fiammeggiante”; mm 188×135) come essa appare dall’osservazione del cielo, a destra, e del globo celeste, a sinistra, in posizione reciprocamente retrospiciente. La costellazione è raffigurata nei suoi due aspetti come una figura barbata il cui capo è cinto da un elmo. Le due figure, scalze, sono disegnate in movimento nell’atto di alzare una mano verso l’alto. Didascalia a destra: ·su ¯ rat al-qı¯fa¯ws wa huwa almultahib ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama¯’. Didascalia a sinistra: ·su ¯ rat al-qı¯fa¯ws wa huwa al-multahib ‘alá ma¯ tará f¯ı al-kura. Nel f. 15r compare la tavola relativa con gli astri e le loro posizioni. In questo caso va segnalata l’attenzione dell’artista al modello iconografico invalso, cfr. ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 3). f. 16v: doppia illustrazione su una pagina raffigurante i due aspetti della costellazione di Bootes (al-‘awwa¯) e le parti che la compongono (al-d · iba¯‘, “l’avanbraccio”; baqqa¯r “il vaccaro”; h a ¯ ris al-šima ¯ l “la sentinella setten· trionale”, mm 181×158) come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Il disegno occupa pressoché tutta la pagina ed è costituita da due figure barbate e inturbantate, affiancate e retrospicienti. La didascalia sulla sinistra è posta sopra la testa della figura: ·su ¯ rat al‘awwa¯wa yusammá al-d iba ¯ ‘ wa’l-baqqa ¯ r wa h a ¯ ris al-šima ¯ l ‘alá ma ¯ tará f¯ı al· · kura; quella sulla destra è anch’essa posta sopra la testa della figura ·su ¯ rat al-‘awwa¯ wa yusammá al-d · iba¯‘ wa’l-baqqa¯r wa h · a¯ris al-šima¯l ‘alá ma¯ tará

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f¯ı al-sama¯’. Nei ff. 17r e 17v compare la tavola con il nome degli astri e la loro posizione. Sul piano iconografico va notata la divergenza rispetto al Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 4) nel quale Bootes tiene in una mano un arco, assente nel Ross. 1033. Inoltre, la figura lì inturbantata è invece resa nell’esemplare vaticano con un elmo. f. 17v: doppia illustrazione, nella parte inferiore della pagina, raffigurante la costellazione della Corona boreale (al-fakka; mm 38×109), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. La costellazione è raffigurata, iscritta entro semplici archi di cerchio, tagliati nella parte superiore e profilati in rosso. Le didascalie sono disposte sopra i disegni: a destra, ·su ¯ rat al-fakka ‘alá ma¯ tará f¯ı al-kura; a sinistra, ·su ¯ rat al-fakka ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama¯’. Nel f. 18r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 19v: illustrazione singola raffigurante la costellazione di Ercole (al-ja¯t¯ı ‘alá rukbatayhi “Ercole inginocchiato”; al-ra¯qis· “il Danzatore”; mm 138×152), che precede un foglio posto a integrazione in fase di restauro di un’evidente lacuna, ciò spiega la raffigurazione di un solo aspetto, quello risultante dall’osservazione del cielo. La figura adulta e barbata, sprovvista di turbante e scalza, indossa una tunica caratterizzata da righe rosse alternata a righe bianche, e appare “danzante” nell’atto di indicare con la mano sinistra all’esterno della pagina, mentre la destra sollevata ha la mano col pugno chiuso. Lo specchio scrittorio invade quello dell’illustrazione. La didascalia compare in alto sulla sinistra: ·su ¯ rat al-ja¯t¯ı ‘alá rukbatayhi wa huwa yusammá al-ra¯qis· ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama¯’. Nel f. 20r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Questo disegno, riprodotto da Ettinghausen, La peinture arabe, 130, diverge dalla tipologia invalsa: in primo luogo la figura dell’uomo barbato e anziano, contrasta con l’iconografia giovanile di Ercole presente in ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 5) e con quella presente nel ms. Arabe 2489 della Bibliothèque nationale de France di Parigi (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 52). Inoltre diversamente da quanto avviene in quei due codici, Ercole non ha in mano una falce. Si noterà però che il tentativo di rendere il movimento della veste alzata sopra le ginocchia e lo stesso movimento delle gambe e delle braccia faccia allusione a un modello comune in particolare a ms. Marsh 144, qui evidentemente rielaborato. f. 20r: doppia illustrazione raffigurante la costellazione della Lira (al-saliya¯q, sta per al-šaliya¯q; mm 64×130) come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due costellazioni appaiono affiancate in basso nella pagina. La costellazione è disegnata come un arbusto dalle chiome a goccia. Didascalia in alto a destra: ·su ¯ rat al-salya¯q ‘alá ma¯ tará f¯ı alkura; didascalia in alto a sinistra: ·su ¯ rat al-salya¯q ‘alá ma¯ tará f¯ı al-sama¯’. Nel f. 20v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Il disegnatore ha in questo caso interpretato modelli più antichi, trasformando la sagoma a forma di vaso che si ritrova in codici quale il

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f. 22r:

f. 25r:

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Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 22b) in un elemento vegetomorfo. doppia illustrazione raffigurante la costellazione del Cigno (al-t·ayir “l’uccello”/al-daja¯ja “Cigno”; mm 252×152), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Il disegno è a piena pagina e precede un’integrazione costituita da due fogli bianchi inseriti in fase di restauro (ff. 23 e 24). Le due costellazioni sono qui raffigurate come due uccelli sovrapposti con le ali dispiegate nell’atto di volare verso la parte superiore della pagina. Le loro immagini, colte dal basso hanno, quella superiore il capo con l’occhio rivolto verso destra, quella inferiore l’occhio rivolto verso sinistra. Sopra la figura superiore, al centro della pagina, compare la didascalia: ·su ¯ rat al-t·a¯’ı¯r wa huwa al-daja¯ja ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Sopra la figura inferiore al centro della pagina compare la didascalia: ·su ¯ rat al-t·a¯’ı¯r wa huwa al-daja¯ja ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. In questo caso, più che in altri può essere constatata la rispondenza iconografica a un modello largamente invalso (ad es. quello in ms. Marsh 144, cfr. WELLESZ, An Early alS·u ¯ fı¯, fig. 23; ma anche Bibliothèque de l’Arsenal, ms. lat. 1036, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 59), pur sempre con un’“orientalizzazione” del tema iconografico e una sua consistente stilizzazione. doppia raffigurazione della costellazione di Perseo, barsa¯wš/h·a¯mil ra’s al-g· u¯l “Il Portatore (della testa) del (demone-tiranno) Ra’s al-g·u¯l” (mm 178×180) come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure a piena pagina sono affiancate e retrospicienti, hanno le fattezze di un personaggio barbato danzante, con un braccio sollevato verso l’interno della pagina nell’atto di brandire una spada e l’altro rivolto verso l’esterno, proteso nell’atto di sollevare la testa di Medusa, qui resa con una sovrapposizione iconografica che evoca quella di un Giano barbato, ovvero come una figura formata da tre visi, due retrospicienti e uno di faccia, rivolto all’osservatore. La specificazione nella didascalia del nome di “Portatore (della testa) del (demone-tiranno) Ra’s al-g·u¯l”, indica l’inclusione di un tema vernacolare nel repertorio iconografico che, pur già presente in passato, sembra qui essere oggetto di ulteriore interpretazione iconografica. Dal volto di Perseo sgorga una lacrima. Le due figure sono separate da una sottile linea a “stelo”. Lo specchio scrittorio invade quello del disegno. La pagina è danneggiata sul margine esterno e restaurata. Le didascalie sono poste sopra le figure. A sinistra: ·su ¯ rat barsa¯wš wa huwa h·a¯mil ra’s al-g˙ul ¯ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; sulla destra: ·su ¯ rat barsa¯wš wa huwa h·a¯mil ra’s al-g˙ul ¯ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Nei ff. 25v e 26r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Il soggetto ha un parallelo abbastanza calzante, con l’illustrazione relativa a Perseo nel ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early alS·u ¯ fı¯, fig. 7), sebbene la raffigurazione della testa di Medusa, che nel manoscritto bodleiano è rappresentata con le fattezze di un vecchio barbato (Ra’s al-g˙ul), ¯ pur resa nel Ross. 1033 seguendo la sagoma di quel mo-

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dello, ne diverge con l’aggiunta dei due volti laterali di profilo, come a voler rendere più calzante l’allusione al demone-tiranno. f. 27r: doppia illustrazione raffigurante la costellazione dell’Auriga (mumsik ala‘inna “Colui che tiene le redini”; mm 150×1178), disposta nella parte inferiore della pagina, come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure affiancate e retrospicienti sulla pagina, hanno le fattezze di due vegliardi barbati, vestiti con dei turbanti a cono da cui si diparte un lembo svolazzante verso il centro della figura, delle lunghe tuniche e dei calzari. Una delle mani regge una corda raffigurata ad anello, l’altra stringe la cintola che cinge la vita. Nella parte superiore lo specchio scrittorio invade il disegno. Le didascalie sono collocate ai lati dei personaggi. Didascalia a sinistra: ·su ¯ rat mumsik al-a‘inna ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; didascalia a destra: ·su ¯ rat mumsik al-a‘inna ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Al f. 27v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Sul piano iconografico colpisce anche in questo caso l’adozione di un personaggio anziano per raffigurare l’Auriga, contrariamente ai tratti giovanili presenti nella figura in ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 8), Istanbul, Süleymanye, Aya Sofya, 2595 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 48), Bibliothèque nationale de France, ms. Arabe 2489 (WELLESZ, An Early al-Su · ¯ fı¯, fig. 54). Diversamente da quei soggetti si noterà anche il fatto che il frustino che compare sistematicamente in quei disegni è qui sostituito da una corda arrotolata, così come il lembo di stoffa tenuto in mano dalle figure, diventa nel Ross. 1033, la cintura dell’Auriga. f. 30r: illustrazione singola, nella parte inferiore della pagina, raffigurante la costellazione del Serpentario, h · iyat al-h · awa¯’ (qui al-h · awa¯’ wa al-h · iya; mm 160×168) come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura ha qui le fattezze di un giovane sbarbato in piedi, rivolto verso destra, vestito solo di un perizoma, che tiene tra le mani un serpente che si annoda in quattro anelli. Il corpo è descritto con pochi tratti che forniscono vaghi accenni anatomici. Lo specchio scrittorio invade il disegno nella parte superiore. La didascalia appare sul lato sinistro della testa del personaggio: s·u ¯ rat al-h · awa¯’ wa al-h · iya ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Rispetto all’iconografia presente nel ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 9), il Serpentario non presenta qui divergenze significative, eccezion fatta per i quattro anelli del serpente del Ross. 1033, solo due nel ms. Marsh 144. f. 30v: illustrazione invertita rispetto alla precedente, raffigurante la costellazione del Serpentario come essa appare dall’osservazione del globo celeste (mm 149×164). La figura è in esubero rispetto alla pagina con la mancata raffigurazione di un piede. Non c’è invasione, come nel caso precedente, dello specchio scrittorio sul disegno. La didascalia è collocata alla destra della testa: ·su ¯ rat al-h · awa¯’ wa al-h · iya ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei fogli 30v-32v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 33r: doppia illustrazione raffigurante la costellazione dell’Aquila (al-‘uqab),

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come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due aquile sono raffigurate affrontate poggianti a terra, con le ali aperte. Le didascalie sono poste sopra le figure, a sinistra: ·su ¯ rat al-‘uqab ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; a destra: ·su ¯ rat al-‘uqab ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei fogli 33r e 34v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Rispetto a tipologie iconografiche più remote, come quella in ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 24), qui l’aquila non è raffigurata nell’atto di volare ma poggia a terra le sue zampe. f. 34r: doppia illustrazione raffigurante nella parte inferiore della pagina la costellazione del Delfino (al-dulbı¯n; mm 50×158), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. I due pesci sono raffigurati affrontati. La didascalia della figura di destra e collocata sopra il disegno a destra: ·su ¯ rat al-dulbı¯n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; la didascalia della figura di sinistra è collocata sopra il disegno a sinistra: ·su ¯ rat al-dulbı¯ n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Nel foglio 34v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 35r: illustrazione singola, nella parte inferiore della pagina, raffigurante la costellazione di Pegaso (al-faras al-‘a¯·zam, “Il sommo cavallo”; mm 126×139) come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura rampante consiste solo nella metà anteriore di un cavallo alato. La didascalia è disposta in alto a destra della figura: ·su ¯ rat al-faras al-‘a¯·zam ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. L’iconografia evoca qui il modello iconografico utilizzato per il Cavallo maggiore in Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 30) che si ritrova, per raffiguare Pegaso, anche in altri codici, come Aya Sofya 2595 (WELLESZ, An Early al-Su · ¯ fı¯, fig. 50). f. 35v: illustrazione singola invertita alla precedente, nella parte inferiore della pagina, raffigurante la costellazione di Pegaso (mm 126×138) come essa appare dall’osservazione del globo celeste. La didascalia è disposta alla sinistra della testa del cavallo: ·su ¯ rat al-faras al-‘a¯·zam ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei fogli 35v e 36r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 37v: illustrazione singola a piena pagina raffigurante la costellazione di Andromeda (al-mara’at al-musalsala, “La donna incatenata”; mm 190×137), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura ha le fattezze di una donna con le braccia aperte e le mani aperte che poggia il piede su un pesce e il gomito su di un altro affrontato al primo. Il capo è sormontato da un diadema a cresta campito in oro, le braccia hanno dei torques d’oro ai polsi e dei bracciali d’oro ai gomiti. La didascalia è collocata sopra la testa: ·su ¯ rat al- mara’at al-musalsala ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Rispetto all’iconografia presente in ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 12), il soggetto subisce qui un ampliamento con l’introduzione di un secondo pesce sotto al gomito, teso probabilmente a sostituire il pesce che ne divora un altro presente in una seconda raffigurazione di Andromeda del ms. Marsh 144 (WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 11). Assenti altrove (cfr. Aya

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Sofya 2595, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 49; Bibliothèque nationale de France, ms. Arabe 2489, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 55; Topkapı Sarayı, ms. Fatih 3422, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 61; Bibliothèque nationale de France, ms. Arabe 5036, fig. 70), le raffigurazioni dei due pesci mostrano un particolare legame tra il Ross. 1033 e modelli molto arcaici, con uno sforzo ulteriore rispetto ad essi, di resa didascalica. f. 38r: illustrazione singola a piena pagina raffigurante la costellazione di Andromeda, invertita rispetto alla precedente (mm 193×121) come essa appare dall’osservazione del globo celeste. La didascalia è collocata sopra la testa: al-mara’at al-musalsala ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel foglio 38v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Nella parte inferiore del foglio sono presenti i segni di un guasto dovuto all’umidità. f. 39v: illustrazione singola, sprovvista di didascalia, raffigurante due cavalli restrospicenti sovrapposti nel centro della pagina (mm 226×160). La figura è probabilmente un disegno realizzato per errore e poi rifatto nella pagina successiva. f. 40r: doppia illustrazione raffigurante la costellazione del Cavallo minore (qit·a‘at al-faras; mm 55×132), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. L’immagine consiste in due teste di cavallo affrontate. Le didascalie sono collocate al centro, quella di destra è scritta in verticale dall’alto verso il basso: ·su ¯ rat qit·a‘at al-faras ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; quella di sinistra sempre in verticale, va dal basso verso l’alto: ·su ¯ rat qit·a‘at al-faras ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nello stesso foglio 40r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 40v: doppia illustrazione raffigurante la costellazione del Triangolo (mutallat; mm 37×89), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Il disegno molto schematizzato consiste in due semplici quadrilateri sui quali sono puntati i nomi degli astri. Didascalia a sinistra: ·su ¯ rat al-mutallat ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; didascalia a destra: ·su ¯ rat al-mutallat ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. f. 42r: illustrazione singola, disposta nella parte inferiore della pagina, raffigurante la costellazione dell’Ariete (al-h · amal; mm 85×116), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura dell’ariete incede verso destra con una zampa anteriore alzata. Il corpo dell’animale è decorato nel petto e sui fianchi da un disegno che alterna delle croci a dei doppi tratti allo scopo di rendere il manto. La didascalia compare nel centro a sinistra: s·u ¯ rat al-h · amal ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. f. 42v: illustrazione singola raffigurante la costellazione dell’Ariete come essa appare dall’osservazione del globo celeste (mm 84×120), invertita rispetto alla precedente. Questa figura presenta alcune difformità rispetto alla precedente in particolare nel profilo del petto, qui campito da un disegno in oro a quadrati e nelle corna anch’esse in oro. La didascalia è collocata in alto a destra: ·su ¯ rat al-h · amal ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei fogli 42v e 43r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 45v: illustrazione singola raffigurante la costellazione del Toro (al-tawr; mm 98×155), come essa appare dall’osservazione del cielo. L’animale è disegnato solo per la metà anteriore del corpo, nell’atto di caricare e volge il capo verso chi osserva la figura apparendo perciò di faccia. La didascalia è disposta sulla destra: ·su ¯ rat al-tawr ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Anche in questo caso si noterà una particolare rispondenza al modello comune presente nel disegno in ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 32). f. 46r: illustrazione singola raffigurante la costellazione del Toro come essa appare sul globo celeste, invertita rispetto alla precedente. La didascalia è disposta sulla sinistra: ·su ¯ rat al-tawr ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei fogli 46r e 47v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 49r: illustrazione singola a piena pagina raffigurante la costellazione dei Gemelli (tawa¯’mı¯n; mm 123×140), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura consiste in due giovinette nude le cui braccia si incrociano reciprocamente all’altezza del petto. Le due figure “danzanti” incedono verso destra e aprono verso l’alto il braccio che dà sull’esterno della pagina, con la mano nell’atto di indicare. La didascalia è disposta in alto a destra: ·su ¯ rat al-tawa’mı¯n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Il disegno presente in Ross. 1033 sembra seguire un modello comune a quello del ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S ¯ ¯, fig. 22a). · ufı f. 49v: illustrazione singola a piena pagina raffigurante la costellazione dei Gemelli invertita rispetto alla precedente (mm 123×140), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. La didascalia è disposta al centro della pagina sopra la testa dei personaggi: ·su ¯ rat al-tawa’mı¯n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel f. 50v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 51r: doppia illustrazione disposta nella parte inferiore della pagina raffigurante la costellazione del Cancro (sarat·a ¯ n; mm 148×107), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure sono sovrapposte e sono raffigurate con le chele aperte e con la testa dai tratti vagamente umani. Sopra alla figura superiore compare la didascalia: ¯ rat al-sarat·a¯n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; sopra alla figura inferiore la di·su dascalia: ·su ¯ rat al- sarat·a ¯ n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel f. 51v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 53v: doppia illustrazione a piena pagina raffigurante la costellazione del Leone (al-asad; mm 250×175), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. I due animali sono disposti su due registri sovrapposti e volgono in direzioni opposte, quello superiore incede verso destra, quello inferiore verso sinistra. Sul registro superiore compare la didascalia: ¯ rat al-asad ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; in quello inferiore: ·su ¯ rat al-asad ‘alá ·su ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 54r-54v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Pur con le peculiarità stilistiche degli altri disegni del Ross. 1033, improntati a una sostanziale “orientalizzazione” dell’immagine, la figura del leone è molto vicina a quella presente in

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ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 33) di cui si direbbe, tenta di riprendere anche la descrizione del volto, anche se con l’introduzione di alcuni espedienti ornamentali tipici del Ross. 1033, quali la definizione calligrafica dei lineamenti e l’inserimento di campiture in oro. f. 56v: illustrazione singola, disposta a sdraio rispetto all’orientamento della pagina, raffigurante la costellazione della Vergine (al-sunbula “Spiga”; mm 110×181), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura ha le fattezze di una donna in atteggiamento danzante, col capo chino, vestita con una tunica. La figura ha un braccio proteso verso l’esterno con la mano aperta e l’altro rivolto verso il basso con la mano chiusa. La didascalia compare parallelamente al corpo della donna sul lato esterno della pagina: ·su ¯ rat al-sunbula ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Anche in questo caso la rispondenza a modelli arcaici appare vistosa (cfr. ms. Marsh 144, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, 13; Istanbul, ms. Ahmet III, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 43), anche se nel disegno del Ross. 1033, risulta meno felice il tentativo di rendere l’atteggiamento di ritrosia del personaggio femminile. Uguale è la disposizione della braccia e dei piedi nonché l’inclinazione del capo. f. 57r: illustrazione singola invertita rispetto alla precedente, raffigurante la costellazione della Vergine, come essa appare dall’osservazione del globo celeste (mm 102×185). Rispetto alla precedente la figura presenta qui alcune piccole varianti nell’ornato. La didascalia compare parallelamente al corpo della donna sul lato esterno della pagina e utilizza un diverso termine per il nome di Venere, qui al-‘azra¯’ “la Vergine”: ·su ¯ rat al-‘azra¯’ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 57r-58v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 59v: illustrazione singola raffigurante la costellazione della Bilancia (al-miza¯n; mm 120×178) come essa appare dall’osservazione del cielo, disposta nella parte inferiore della pagina. Il disegno è stato ottenuto facendo utilizzo del compasso per tracciare i due piatti, mentre l’asse mediano che li unisce ha al centro un elemento triangolare sormontato superiormente da una sfera da cui si diparte un pennacchio. La didascalia è disposta sopra la figura: ·su ¯ rat al-miza¯n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. f. 60r: illustrazione singola raffigurante la costellazione della Bilancia, come essa appare dall’osservazione del globo celeste (mm 112×78). La figura è invertita rispetto alla precedente e ha la didascalia disposta superiormente: ·su ¯ rat al-miza¯n ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel f. 60r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 62r: doppia illustrazione raffigurante la costellazione dello Scorpione (al-‘aqrab; mm 167×180), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure sono affiancate con le teste rivolte verso l’alto. Hanno le zampe e le giunture delle chele campite in oro, mentre l’aculeo è nero. Tra le chele sono disposte le didascalie, a destra: ·su ¯ rat al-‘aqrab ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; a sinistra: ·su ¯ rat al-‘aqrab ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel f. 62v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

f. 64v: doppia illustrazione raffigurante la costellazione del Sagittario (al-qaws “L’arciere”; mm 241×140), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure sono disposte a sdraio sull’intera pagina. I due centauri sono affrontati e riflettono un’iconografia evocante figure dal tratto arcaico, paragonabili a temi iconografici presenti nei bassorilievi assiro-babilonesi, qui resa sopratutto nel trattamento delle teste dei personaggi barbuti e coperti da un turbante, non colorato all’interno e definito superiormente da un deciso tratto orizzontale, i cui avvolgimenti s’intrecciano al centro, lasciando dipartire un lembo volante verso l’esterno. Le didascalie sono disposte al centro dei due centauri attraversandone il ventre perpendicolarmente. Nella figura superiore: ·su ¯ rat al-qaws ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; nella figura inferiore: ·su ¯ rat al-qaws ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel f. 65r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Questa iconografia si discosta con le sue suggestioni arcaizzanti, da modelli più antichi come quello costituito da ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 14) nel quale la figura giovanile, priva di barba mantiene l’impianto iconografico degli altri disegni del codice. Si direbbe che nel Ross. 1033, l’artista abbia invece voluto introdurre un elemento particolare, ricavato forse da osservazione diretta, di un modello orientale. Fatto questo che porta a ulteriore conferma dell’impressione di una mano orientale nella realizzazione dei disegni. f. 66v: illustrazione singola raffigurante la costellazione del Capricorno (al-jadiyya (al-jady); mm 141×148), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. La figura è disposta nella parte inferiore della pagina nell’atto di incedere verso destra; il Capricorno è raffigurato con una coda di pesce a forma di V rovesciata. La didascalia è posta all’altezza dell’attaccatura delle corna: ·su ¯ rat al-jadiyya ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. In questo caso il disegno attesta di una particolare rispondenza al modello presente nel ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 31). f. 67r: illustrazione singola raffigurante la costellazione del Capricorno, disposta invertita rispetto alla precedente in posizione retrospiciente (mm 138×140), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura non presenta differenze significative rispetto alla precedente. La didascalia è posta all’altezza dell’attaccatura delle corna: ·su ¯ rat al-jadiyya ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Nei ff. 67r e 67v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 70r: illustrazione singola a piena pagina raffigurante la costellazione dell’Acquario (al-dalw “il Secchio”; mm 178×135), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura ha le fattezze di una donna in piedi nella cui mano sinistra scorre un flusso d’acqua. Il corpo è vestito da una tunica e alza il braccio destro con la mano aperta al cielo La didascalia è disposta sopra la testa al centro della pagina: ·su ¯ rat al-dalw ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Anche in questo caso va registrata una rispondenza col modello raf-

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f. 73r:

f. 73v:

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f. 76v:

f. 78v:

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figurato in ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 15), anche se va registrata in Ross. 1033 l’assenza del vaso da cui sgorga l’acqua. illustrazione singola a piena pagina invertita rispetto alla precedente raffigurante la costellazione dell’Acquario (mm 190×123), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. Rispetto alla precedente la figura presenta alcune differenze significative nel trattamento dell’abbigliamento qui trattato con ombreggiature azzurre che ne definiscono il panneggio. Inoltre si riscontra la presenza di una corona a cresta che sormonta il capo della figura femminile e di un pendente, assenti entrambi nel disegno gemello. La didascalia è disposta sopra la testa al centro: ¯ rat al- dalw ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 71r-72v compare la relativa ·su tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. illustrazione singola raffigurante la costellazione della Balena (qit·as; mm 120×185) nel suo aspetto celeste disposta nella parte inferiore della pagina. La figura ha qui le fattezze di un pistrice cinocefalo con coda di pesce. La didascalia è disposta superiormente al centro della pagina: ·su ¯ rat qit·as ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Pur con una resa più “orientale”, va notata la sostanziale analogia iconografica del disegno con il disegno dello stesso soggetto in ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 34). Si noterà, rispetto all’ordine canonico nella disposizione delle costellazioni un’inversione con il f. 76 dovuta a una errata rifascicolazione del codice. illustrazione singola invertita rispetto alla precedente raffigurante la costellazione della Balena (mm 122×178), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. La didascalia è disposta superiormente al centro della pagina: ·su ¯ rat qit·as ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 73v-74v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. illustrazione singola raffigurante la costellazione dei Pesci (al-h ¯ t; mm ·u 121×180), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura è caratterizzata da due pesci che muovono in direzioni divergenti. Sotto il pesce inferiore è raffigurata una scia ansata al centro, che contiene diversi astri. La didascalia è posta sopra al disegno al centro della pagina: ¯ rat al-h ¯ t ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. ·su ·u illustrazione singola raffigurante la costellazione dei Pesci (mm 122×178), come essa appare dall’osservazione del globo celeste, disposta nella parte inferiore della pagina. L’illustrazione invertita rispetto alla precedente non mostra con essa differenze significative. La didascalia è disposta sopra al disegno al centro della pagina: ·su ¯ rat al-h ¯ t ‘alá ma¯ tará ·u fı¯ al-kura. Nei ff. 76v-77r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. illustrazione singola, a piena pagina, raffigurante la costellazione di Orione (al-jawza¯; mm 198×137), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura è resa con le fattezze di una donna nell’atto di danzare con le braccia aperte che reggono da un lato un flabello e dall’altro sono interamente ricoperte dalla manica della tunica. La didascalia è posta al

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lato del disegno: ·su ¯ rat al-jawza¯ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Anche in questo caso andrà riscontrata la prossimità al modello costituito dal ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 16). f. 79r: illustrazione singola a piena pagina, raffigurante la costellazione di Orione (mm 191×135), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. La figura, retrospiciente alla precedente, non presenta differenze iconografiche rilevanti rispetto ad essa. La didascalia è disposta a lato del disegno: ·su ¯ rat al-jawza¯ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 79v-80r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 81v: illustrazione singola, nella parte inferiore della pagina, raffigurante la costellazione di Eridano (al-nahr “il Fiume”; mm 170×140), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura si snoda in orizzontale formando due anse. La didascalia è posta sopra il disegno al centro: ·su ¯ rat al-nahr ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. f. 82r: illustrazione singola raffigurante la costellazione di Eridano, invertita rispetto alla precedente (mm 176×150), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. Sopra la figura è disposta la didascalia: ·su ¯ rat al-nahr ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 79v-80r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi; ff. 82v-83r tavole. f. 83v: illustrazione doppia raffigurante la costellazione della Lepre (al-arnab; mm 80×155), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. La figura è caratterizzata da due lepri affrontate. La didascalia è disposta superiormente al centro delle figure; a destra: ·su ¯ rat al-arnab ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; a sinistra: ·su ¯ rat al-arnab ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nel f. 84v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Si noti l’analogia puntuale con ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 28). f. 85v: doppia illustrazione, a piena pagina, raffigurante il Cane maggiore (alkalb al-akbar; mm 225×151), su due registri orizzontali, come la costellazione appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. I cani sono raffigurati rampanti mentre volgono l’uno in direzione dell’altro in postura araldica. Le didascalie sono disposte sopra le figure al centro della pagina, sulla figura superiore: ·su ¯ rat al-kalb al-akbar ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; sulla figura inferiore: ·su ¯ rat al-kalb al-akbar ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 86r-86v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. Anche in questo caso il raffronto con ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-Su · ¯ fı¯, fig. 27) si dimostra puntuale inclusa la disposizione sulla pagina degli animali. f. 87r: doppia illustrazione, nella parte superiore della pagina, raffigurante la costellazione del Cane minore (al-kalb al-asg˙ar; mm 56×172), come essa ˙ appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le figure sono affrontate. Le didascalie sono disposte sopra le figure; a sinistra: ·su ¯ rat alkalb al-asg˙ar ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; a destra: ·su ¯ rat al-kalb al-asg˙ar ‘alá ma¯ ˙ ˙ tará fı¯ al-sama¯’ Nel f. 87r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi.

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ROSS. 1033

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f. 89v: illustrazione singola, a piena pagina, raffigurante la costellazione della Nave (al-safı¯na; mm 235×175), come essa appare dall’osservazione del cielo. La figura definita da contorni molto marcati presenta in cima all’albero della nave una cuspide campita in oro a forma di palmetta lanceolata evocante la decorazione architettonica coeva al codice; un altro elemento architettonico è presente nell’ornato della stiva. I remi risultano non finiti nell’esecuzione. La didascalia è posta nella parte superiore: ¯ rat al-safı¯na ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. In Ross. 1033, si ritrova la pro·su pensione presente già in ms. Marsh 144 (cfr. WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 21) a raffigurare la nave coi remi, in forma stilizzata. f. 90r: illustrazione singola, disposta a piena pagina, invertita rispetto alla precedente e a essa retrospiciente della costellazione della Nave (mm 230×178), come essa appare dall’osservazione del del globo celeste. Rispetto alla precedente questa illustrazione presenta solo il disegno preparatorio, non ritoccato dal contorno nero marcato della figura. La didascalia è posta nella parte superiore della pagina: ·su ¯ rat al-safı¯na ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 90v-91r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 93r: doppia illustrazione, disposta a sdraio a piena pagina, raffigurante la costellazione dell’Idra (al-šuja¯‘, “il Coraggioso”; mm 230×170), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure serpentiformi sono affrontate. La didascalia è disposta sopra le figure al centro, in posizione orizzontale; superiormente: ·su ¯ rat al-šuja¯‘ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’; inferiormente: ·su ¯ rat al-šuja¯‘ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura.‘ f. 94v: doppia illustrazione, disposta nella parte superiore della pagina, raffigurante la costellazione del Cratere (al-bat·iya, sta per al-ba¯·tiya; mm 54× 111), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. La figura è costituita da un doppio cratere. Le didascalie sono disposte sopra le figure: a sinistra: ·su ¯ rat al-ba¯·tiya ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; a destra s·u ¯ rat al al-bat·iya ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Nel f. 94v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. f. 95r: doppia illustrazione raffigurante la costellazione del Corvo (al-g˙ura¯b; mm 51×120), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le due figure sono retrospicienti. Le didascalie sono disposte in verticale ai lati dei due uccelli. Sul lato sinistro: ·su ¯ rat al al- g·ura¯b ‘alá ma¯ · tará fı¯ al-kura; sul lato destro: ·su ¯ rat al al- gura¯b ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. f. 98r: illustrazione singola, a piena pagina, raffigurante la costellazione del Centauro (qitu ¯ rus, sta per qintu ¯ rus) e il Lupo (sabu‘; mm 182×168), come ¯ ¯ essa appare dall’osservazione del cielo. Il Centauro è rampante verso sinistra, la parte umana del suo corpo indossa le vesti di un cavaliere medievale e afferra con una mano il lupo, nell’altra tiene due steli sormontati da foglie guttiformi. Il volto ha una barba bianca ed è ricoperto da un elmo sormontato da una cresta. La didascalia è posta nella parte superiore della pagina al centro: ·su ¯ rat al al-qitu ¯ rus wa al-sabu‘ ‘alá ma¯ tará ¯

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f. 98v:

f. 101r:

f. 102r:

f. 103r:

f. 103v:

f. 120r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

fı¯ al-sama¯’. Il Ross. 1033 riprende nella sua lezione iconografica la versione più arcaica del modello in cui il Centauro combatte con il Lupo (cfr. ms. Marsh 144, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 17), una versione che sarà poi sostituita dall’introduzione del Leone in codici più recenti (cfr. Istanbul, ms. Aya Sofia 2595, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 63; Istanbul, Topkapı Sarayı, ms. Fatih 3422, WELLESZ, An Early al-S·u ¯ fı¯, fig. 66). Diversamente dal centauro presente in ms. Marsh 144, il disegno del Ross. 1033, introduce anche l’elmo, ma riprende la sostituzione della clava con un fascio di piante, qui sintetizzato in due steli fogliati alle estremità. illustrazione singola raffigurante la costellazione del Centauro e del Lupo, invertita rispetto alla precedente, nel loro aspetto terrestre (mm 55×74), come essa appare dall’osservazione del globo celeste. A differenza della illustrazione di f. 98r, qui la barba del Centauro è campita in nero e il manto del corpo è reso con croci e tratti orizzontali paralleli. La didascalia è disposta superiormente al centro della pagina: ·su ¯ rat al-qitu ¯ rus wa ¯ al-sabu‘ ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura. Nei ff. 99r-100r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. doppia illustrazione raffigurante la costellazione dell’Ara (al-mijmara “Il bruciaprofumi”; mm 55×74), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Il disegno, essenziale, riproduce i due aspetti della costellazione come due quadrati sormontati da un triangolo e affiancati. Le didascalie sono disposte sopra le figure; a destra: ·su ¯ rat al-mijmara ‘alá ma¯tará fı¯ al-kura; a sinistra: ·su ¯ rat al-mijmara ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Nei ff. 101r-102v compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. doppia illustrazione raffigurante la costellazione della Corona Australe (al-iklı¯l al-janu¯b¯ı; mm 65×170), come essa appare dall’osservazione del cielo e del globo celeste. Le figure affiancate consistono in due semplici anelli che uniscono le stelle tra loro. Sopra la figura di sinistra è disposta la didascalia: ·su ¯ rat al-ikl¯ıl al-janu ¯ b¯ı ‘alá ma¯ tará fı¯ al-kura; sopra la figura di destra: ·su ¯ rat al-ikl¯ıl al-janu ¯ b¯ı ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. Nel f. 102r compare la relativa tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi. illustrazione singola, a piena pagina, raffigurante la costellazione del Pesce australe (al-h ¯ b¯ı; mm 130×135), come essa appare dall’osser· u¯t al-janu vazione del cielo. Il pesce curvo verso sinistra ha la bocca aperta. La didascalia è posta sopra la figura: ·su ¯ rat al-h ¯ b¯ı ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. · u¯t al-janu illustrazione singola, raffigurante la costellazione del Pesce australe, invertita rispetto alla precedente (mm 155×140), come essa appare dall’osservazione del cielo. La didascalia è posta superiormente, al centro della pagina: ·su ¯ rat al-h ¯ b¯ı ‘alá ma¯ tará fı¯ al-sama¯’. La figura non è se· u¯t al-janu guita dalla tavola con la posizione delle stelle e i loro nomi, a indicare il carattere mutilo del testo. Il foglio 104, posto a integrazione in fase di restauro divide I da II. colophon dell’intero manoscritto, iscritto entro cornice in oro con decorazione interna a meandri. Sul lato sinistro compare un medaglione guit-

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ROSS. 1033-1037

toforme disposto in orizzontale campito all’interno da una fregio vegetomorfo (mm 65×165). Discreto stato di conservazione, pur con alcuni danni derivati da asportazione di fogli e da tracce di umidità. Nei ff. 121r-v, note a penna con descrizione del codice. Legatura occidentale del XVIII secolo in pelle marocchino granata con impressi fregi in oro. Il codice è custodito in un’ulteriore custodia di fattura occidentale, in stoffa con il dorso in pelle. (Bibl. Rossianae, IX, 305r-v) TIETZE, Die illuminierten, 184 nr. 378; BREND, A Reconsideration of the Book of Constellations, 89-95; PIEMONTESE, I codici arabi, 277, 296; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 18.

MICHELE BERNARDINI

Ross. 1037 (olim XI, 186) DOMINICUS DE DOMINICIS, Sermones quidam festivi (ff. 1r-185r); Tractatus plures dogmatici (ff. 190r-337v) Italia centrale (Roma?), sec. XV3 (f. 185r) Tu qui suxistis de virgine virginum lac / celestis regni scriptorem participem fac Cart/Membr. (f. 1 e 10: bifolio membranaceo; f. 190 e f. 199: bifolio membranaceo; pergamena spessa e ruvida al tatto); due tipi di filigrana, ai ff. 2-189, a forma di balestra, del tipo Briquet 746 (Roma, sec. XV3); ai ff. 191-337, a forma di grifone, del tipo Briquet 7465 (Italia centrale, sec. XV3). ff. VI (I in cartoncino blu, come la controguardia; II-VI cart. di restauro), 337, V’ (I’IV’ cart. di restauro; V’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione manuale moderna a matita in cifre arabiche in alto a destra, a eccezione del f. 292, che non è segnato; indicazioni di registro collocate nel margine inferiore; richiami di fascicolo collocati in senso verticale, appena sotto lo specchio scrittorio, in prossimità della cucitura; mm 276×214; scrittura di due mani, la prima, ff. 1r-185r, è una minuscola uma-

Ross. 1037, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

nistica a inchiostro bruno, ricca di abbreviazioni, la seconda, ff. 190r-337v, è corsiva umanistica a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 185×114) a piena pagina di 34 linee; rigatura a inchiostro ocra leggerissimo con doppie righe verticali, sul recto e verso di ogni foglio, per la prima parte; nella seconda essa è eseguita a secco sul recto e sul verso di ogni foglio e ripassata a inchiostro ocra chiarissimo per le righe orizzontali e a matita per quelle verticali; i fogli 185v-189v sono rigati, ma non vergati.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 miniatura tabellare (f. 1r, mm 115×112); 1 pagina di incipit con le prime linee di scrittura rubricate; 8 iniziali maggiori fitomorfe in foglia d’oro (mm 27×31); qualche iniziale minore fitomorfa e numerose iniziali minori filigranate, che talvolta lasciano intravedere le letterine guida; segni paragrafali alternativamente in blu e rosso; incipit rubricati; maniculae e glosse marginali posteriori alla scrittura del codice. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 190r, 271r, 284v, 296v, 318v, 325r, 331v. f. 1r:

pagina di incipit ai Sermones, con cornice fito-floreale policroma (blu, violetto, verde, giallo) e bottoni in lamina metallica, a qualificare tre lati del foglio; nel bas-de-page, in un clipeo doppiamente profilato in foglia d’oro, è presente uno stemma completamente abraso, ma che doveva essere anch’esso in foglia d’oro: sono infatti ben visibili il bolo rosso della preparazione e qualche traccia di inserto metallico. Il margine superiore è occupato da una miniatura tabellare, raffigurante San Marco seduto al leggio intento nella scrittura del libro: stringe infatti in mano una piccola piuma d’oca. Come di consueto nell’iconografia di tale personaggio, il volto è barbato e incorniciato da lunghi capelli; indossa una veste color porpora coperta da un mantello blu foderato di stoffa verde. La presenza del simbolo dell’evangelista, il leone, in questo caso disteso ai suoi piedi con il vangelo chiuso tra le zampe, completa l’immagine. Anche il titulus, Sanctus Marcus, al di sopra della testa della figura, contribuisce all’identificazione del santo. L’evangelista è rappresentato all’interno di una stanza caratterizzata da un pavimento a mattonelle di colore verde e da un soffitto a cassettoni; sul fondo si aprono una monofora, che lascia intravedere un paesaggio campestre, e una porta che immette in un altro ambiente. L’intera figurazione è costruita come se lo spettatore, dall’esterno, si affacciasse nella stanza: la visione è di tre quarti e a sinistra l’artista, proprio per sottolineare l’idea dell’illusione visiva, ha posto di scorcio una sorta di stipite; a destra è invece visibile un muro a mattoncini, in cui si apre una porta che immette all’interno dell’ambiente stesso. Un’ultima annotazione: la tabella è riquadrata da una cornice color porpora rigata di bianco, con l’aggiunta di foglia d’oro e inchiostro nero. Nello stesso foglio è presente una lettera maggiore, la S di Salutat vos Marcus, all’incipit dei Sermones fitormofa policroma (blu, porpora, verde e porporina), su campo in lamina metallica riquadrato a inchiostro nero.

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ROSS. 1037

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f. 190r: iniziale S di Sanctissimo ac beatissimo, all’incipit del Tractatus seu questio de sanguine Christi, della stessa tipologia della precedente, identica anche nella tavolozza pittorica. Nel margine interno si sviluppa un fregio fito-floreale realizzato con i medesimi pigmenti, arricchito anche da bottoni aurei. Delle successive iniziali maggiori si indicherà solo la posizione, dal momento che la tipologia e le campiture cromatiche utilizzate sono le stesse delle lettere miniate appena descritte (su un campo in foglia d’oro riquadrato a inchiostro nero, è realizzata l’iniziale fitomorfa policroma, talvolta con fregio dalle stesse caratteristiche). f. 271r: iniziale U di Utrum gratia in anima, all’incipit della Questio de gratia Dei. f. 284v: iniziale U di Utrum caritas, all’incipit della Questio de caritate. f. 296v: iniziale C di Cum sepe numero, all’incipit della Questio seu tractatus de ordinis. f. 318v: iniziale Q di Questio utrum, all’incipit della Questio de sorte eterna. f. 325r: iniziale U di Utrum stante, all’incipit della Questio de celebratione feste conceptionis Beatae Mariae virginis. f. 331v: iniziale R di Reverende in Cristo, all’incipit della Questio de forma baptismi. L’apparato decorativo del manoscritto è stato assegnato da José Ruysschaert alla mano di Giuliano Amidei (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 263). Egli lavorò a Roma durante tutto il pontificato di Paolo II (1464-1471) ed è spesso citato in documenti che fanno riferimento alla costruzione e alla decorazione di edifici, soprattutto alla fabbrica di Palazzo San Marco nell’Urbe; l’Amidei è menzionato anche con gli appellativi di miniator e familiaris di papa Barbo. Ruysschaert assegna all’attività di Amidei un’ampia lista di codici – per citarne solo alcuni, il ms. Vat. lat. 972, i mss. Vat. lat. 1819 e Vat. lat. 2008 o ancora i mss. Chig. A. V. 137 e Chig. A. VII. 211 e infine i mss. Ott. lat. 1226 e Ott. lat. 2063 –, molti dei quali di committenza pontificia, osservando come la peculiarità della decorazione dell’artista sia la sobrietà, ottenuta nella realizzazione di frontespizi a bianchi girari. Lo studioso aggiunge a questa lista anche il Ross. 1037, affiancato dal ms. Vat. lat. 7628, nonostante la decorazione di entrambi i manoscritti sia più ricca rispetto a quelle individuate in precedenza; si tratta infatti di frontespizi carichi di fiori e fogliame variopinti. Con l’attribuzione proposta da Ruysschaert concorda anche Luisa Miglio (MIGLIO L., Calami, 14), che ravvisa inoltre una somiglianza con l’ornamentazione dell’incunabolo chigiano Inc. Chig. III. 260. Si discosta invece da questa ipotesi Mauro Minardi (MINARDI, s.v. Miniatore romano, 786) che assegna alcuni dei manoscritti, tra quelli che Ruysschaert riconduce all’Amidei, a un anonimo Miniatore romano o Miniatore dei Piccolomini. Tale artista avrebbe svolto la sua attività esclusivamente nell’ambito della Curia pontificia, tra il 1460 e il 1475 circa. La sua prima impresa sarebbe da riconoscere nel codice contenente la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, ms. L 1504-1896 conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, in cui compaiono gli stemmi di Gregorio Lolli Piccolomini, segretario del pontefice Pio II (1458-1464) (MINARDI, s.v. Miniatore romano, 786).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Lo studioso suggerisce poi che siano da attribuire a questo artista anche quattro manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana: i mss. Burgh. 366, Pal. lat. 5819, Chig. J. VIII. 280, datati 1462, e il ms. Chig. H. V. 155, del 1464, in quanto presentano tutti la medesima impostazione nell’apparato decorativo, vale a dire l’utilizzo di cornici a bianchi girari abitati da putti, uccelli e altri animali, ravvisando in questo modo di costruire la pagina una vicinanza con i motivi decorativi adottati da Gioacchino de’ Gigantibus (notizie dal 1450 al 1485 circa), altro miniatore attivo alla corte papale in quegli stessi anni (MINARDI, s.v. Miniatore romano, 787). Minardi ricorda infine che l’apparato decorativo che più si accosta a quello presente nel Ross. 1037 è visibile nel ms. A 9 della Biblioteca capitolare di Padova, in cui si tramandano le Allegationes di Lapo da Castiglionchio; tale codice venne eseguito per il vescovo patavino Iacopo Zeno all’epoca della sua permanenza a Roma. Ed è in tale esemplare che il Miniatore romano adotta un repertorio ornamentale diverso da quello per lui consueto, impiegando invece ricchi motivi floreali quasi di ispirazione veneto-ferrarese, proprio come quelli che qualificano la pagina di incipit del rossiano vaticano (MINARDI, s.v. Miniatore romano, 787). Discreto stato di conservazione, presente solo qualche traccia di umidità e alcuni fori dovuti all’azione dei tarli; la carta ha assunto una colorazione ocra. Il codice non sembra essere stato interessato da interventi di restauro. Legatura Rossi A, in pessime condizioni conservative: il dorso è completamente staccato, tanto che si è reso necessario proteggere il codice con una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge DOMINICI VENETI EPISCOPI BRIXIENSIS / SERMONES FESTIVI ET QUEST(IO) DE GRAT(IA) DEI; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. A conclusione di ognuno dei sermoni di Domenico Domenici presenti nel manoscritto è stata riportata la data e talvolta il luogo e il dedicatario dell’opera stessa, tutte indicazioni forse desunte dai codici che i copisti stavano trascrivendo. Si riportano di seguito tali passaggi: (f. 1r): anno domini 1449. (f. 190r): anno a nativitate domini millesimoquadringentesimosexagesimoterzo mense Ianuarii circa principium. (f. 271r): anno domini 1447 in palatio sanctissimi domini Eugenii papae quarti. (f. 284v): anno domini 1442, Rhome (sic). (f. 296v): 1444. (f. 318v): anno domini 1454 per Callistum III papam. (f. 325r): 1458, 29 maggio Roma. (f. 331v): edita Rome anno domini 1457 de mense novembris. Al f. 2r, come già segnalato da Thomas Kaeppeli (KAEPPELI, Antiche biblioteche domenicane, 62), è stata vergata la nota Iste liber est Conventus Minerve, che

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ROSS. 1037-1045

testimonia l’appartenenza del codice alla collezione della Biblioteca del Convento di Santa Maria sopra Minerva. (Bibl. Rossianae, IX, 312r-v) KAEPPELI, Antiche biblioteche domenicane, 62; KRISTELLER, Iter II, 467; VILLA, Brixiensia, 257, 274; BIANCA, Francesco della Rovere, 29, n. 44; MIGLIO L., Calami, 14; MIGLIO L., Calami, stili, 119; CERESA, Bibliografia 1998, 383; MINARDI, s.v. Miniatore romano, 788; CERESA, Bibliografia 2005, 482.

EVA PONZI

Ross. 1045 (olim XI, 194) QUINTUS CURTIUS RUFUS, Historiae Alexandri Macedonis libri III-X Italia centro-settentrionale (Toscana?), sec. XV2 (d.to 1441 ottobre 19) (f. 128r) explicit: Q(uinti) Curtii de gestis Alexandri regis Macedonorum / fragmentorum voluminu(m) libro(rum) (sic). Die XIX octobris 1441 Cart. (carta non troppo spessa e levigata al tatto); ff. XIII (I in cartoncino blu al pari della controguardia), 130, IX’ (IX’ in cartoncino blu al pari della controguardia); foliazione manuale moderna a matita in cifre arabiche in alto a destra, ininterrotta fino al f. 10, poi presente solo ogni dieci fogli; numerazione moderna meccanica in basso a destra; una mano moderna numera anche i fascicoli, a matita in alto a destra; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, sempre sul verso del foglio, a destra, vergati in senso verticale e sovente rifilati; mm 292×216; scrittura umanistica corsiva di una sola mano a inchiostro bruno scuro; specchio scrittorio (mm 175×130) a piena pagina di 34 linee di scrittura; rigatura a matita, visibile solo a partire dal f. 41; vi sono solo le quattro righe, due orizzontali e due verticali, che chiudono lo specchio scrittorio, tutte che giungono a toccare i margini del foglio; i ff. 128v-130r sono rigati, ma non scritti; filigrana, a forma di clipeo contenente un monte sormontato da una croce latina, del tipo 11878 da Briquet (Tirolo, sec. XV2).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 7 iniziali maggiori a bianchi girari su fondo policromo e foglia d’oro (mm 38×33); 1 iniziale minore della stessa tipologia (Q di Quinti Curtii, mm 20×30); numerazione rubricata dei capitoli; indicazioni rubricate degli incipit e degli explicit di

Ross. 1045, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

ogni libro; titoli correnti rubricati nel margine superiore di ogni foglio; titoli dei paragrafi rubricati al margine laterale di ogni foglio; maniculae. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 13v, 39v, 68v, 84v, 103v, 117v. Esse sono tutte a bianchi girari su fondo policromo (blu, rosa e verde) punteggiato di bianco, con il corpo in lamina metallica e arricchite da una decorazione a bottoni d’oro. f. f. f. f.

1r: 13v: 39v: 68v:

iniziale I di Inter hec (sic) Alexander, all’incipit del III libro. iniziale D di Darius tanti modo exercitus, all’incipit del IV libro. iniziale Q di Quae interim ductu, all’incipit del V libro. iniziale P di Philothas sicut recentibus, all’incipit del VI libro (nell’edizione moderna corrisponde al VII libro). f. 84v: iniziale A di Alexander maiore fama, all’incipit del VII libro (nell’edizione moderna corrisponde all’VIII libro). f. 103v: iniziale A di Alexander tam memorabili, all’incipit dell’VIII libro (nell’edizione moderna corrisponde al IX libro). f. 117v: iniziale H di Hisdem fere diebus, all’incipit del IX libro (nell’edizione moderna corrisponde al X libro). La scelta della decorazione a bianchi girari e le modalità della sua esecuzione suggeriscono che il manoscritto sia stato prodotto in una delle numerose botteghe attive in territorio toscano. Lo stato di conservazione nel complesso risulta buono, anche se si segnala qualche traccia di umidità e qualche foro causato dai tarli.

Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione, protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge Q(UINTUS) CURTIUS / ALEX(ANDRI) MAGNI HISTORIA; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / ANNI 1447 / EX BIBL(IOTHECA) C(ARDINALIS) FIRM(ANI). A f. 1r, nel margine superiore si legge, con qualche difficoltà, la nota rubricata Ihe(sus) Mar(ia) 20 iulii. Nel catalogo Manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane (Manuscrits classiques latins, 506), nella scheda relativa a questo manoscritto, viene indicata anche la data 1441. Marco Buonocore indica il Ross. 1045 come uno dei codici appartenuti al cardinale Capranica, indicato con il nr. 346 nell’inventario della sua Biblioteca, vergato ai ff. 2r-46v del manoscritto Vat. lat. 8184 e redatto nel 1480 da Arcangelo de Iuzantibus, scholasticus della Sapienza firmana (BUONOCORE, Seneca vaticani, 294, n. 10). (Bibl. Rossianae, IX, 321r) GOLLOB, Die Bibliothek 1909, 18; TIETZE, Die illuminierten, 115 nr. 237; Manuscrits classiques latins, 506; BUONOCORE, Seneca vaticani, 294, n. 10; CERESA, Bibliografia 2005, 482; BUONOCORE, I codici miniati, 176, n. 60.

EVA PONZI

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ROSS. 1064

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Ross. 1064 (olim XI, 213) Acta generalis Concilii Costantiensis (ff. 1r-3r, tabula argumentorum) Italia centrale, sec. XV2-3 Cart. (molto spessa e ruvida al tatto); ff. VI (I in cartoncino blu, al pari della controguardia), 242, VI’ (VI’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); foliazione manuale antica in cifre arabiche a inchiostro bruno scuro in alto a destra, a eccezione dei ff. 20-21 indicati in cifre romane; richiami, sempre sul verso del foglio, presenti al centro del margine inferiore, talvolta sottolineati da una filigranatura; indicazioni di registro alfanumeriche, spesso rifilate, poste sul recto nel margine inferiore; mm 408×284; scrittura semi gotica ad andamento corsiveggiante e ricca di abbreviazioni, vergata da una sola mano a inchiostro bruno scuro; specchio scrittorio (mm 260×168) su due colonne di 60 linee di scrittura, con uno spazio intercolonnare di mm Ross. 1064, f. 3v 35; rigatura a mina sul recto e sul verso di ogni foglio, di quattro righe verticali e 60 righe orizzontali; filigrana di due tipi: ai ff. 1-45 e ai ff. 47-50, a forma di monte inscritto in un cerchio sormontato da una croce, del tipo Briquet 11881 (Vicenza, sec. XV3); mentre ai ff. 44-46 e ai ff. 51-242 è a forma di fiore del tipo Briquet 6658 (Firenze, sec. XV3).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 2 iniziali maggiori decorate; 1 pagina di incipit; indicazione dei titoli delle Sectiones degli Acta; segni paragrafali rossi; qualche manicula e qualche nota marginale. Le iniziali maggiori sono entrambe collocate al f. 3v (mm 28×27). f. 3v: iniziali I di In nomine e O di Origo generalis, all’incipit degli Acta, decorate con elementi fitomorfi policromi, che costituiscono una sorta di piccolo fregio sul margine esterno del foglio. Ad arricchire la decorazione, sono stati inseriti bottoni in foglia d’oro e d’argento, che sono gli stessi metalli preziosi impiegati per campire due spighe che completano il fregio. Le lettere si inscrivono su un campo in lamina aurea riquadrato a inchiostro nero. Nel bas-de-page, entro un clipeo laureato e doppiamente bordato con oro musivo, è presente uno stemma abraso; tutt’intorno, oltre a voluminosi bottoni eseguiti con della porporina, sono presenti foglie d’acanto di colore blu e filamenti realizzati a penna. L’ornato della pagina di incipit potrebbe essere ricondotto agli stilemi decorativi in uso in area toscana intorno alla seconda metà del Quattrocento, come farebbero supporre l’esecuzione delle due iniziali fogliacee dai colori vivaci e la presenza dei bottoni in lamina metallica, peraltro motivo comune alla miniatura di quegli anni.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Lo stato di conservazione risulta buono, anche se ai margini, talvolta, sono presenti tracce di umidità; il manoscritto non sembra aver subito restauri. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione, protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge ACTA CONCILII COSTANTIENSIS; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Titolo trasversale sul taglio anteriore, leggibile con difficoltà a causa dell’inchiostro sbiadito. (Bibl. Rossianae, IX, 342r-v) TIETZE, Die illuminierten, 105 nr. 195; KRISTELLER, Iter II, 468; STUMP, The Official Acta, 237; CERESA, Bibliografia 1998, 383.

EVA PONZI

Ross. 1065 (olim XI, 214) GUIDUS DE PERPINIANO, Tabula argumentorum (ff. 1r-3v); Glossae super Evangelia (ff. 5r-458v); Expositio super tria Cantica (ff. 459r-464r) Italia centro-settentrionale (area emiliana?), sec. XV3-4 (f. 458v) explicit: Expliciunt glose (sic) super Evangeliis edite a fr(atr)e Guidone ep(iscop)o Elnensi. Deo gratias

Ross. 1065, f. 5r

Cart. (spessa e ruvida al tatto); ff. V (I-V cart. moderni), 466, VII’ (III’-VII’ cart. moderno al pari della controguardia; I’-II’ cart. antichi anepigrafi, ma numerati); foliazione manuale antica in cifre arabiche a inchiostro nero in alto a destra, tra il f. 319 e il f. 320 è inserito un ritaglio di foglio anch’esso indicato come f. 320; durante la rilegatura, forse quella fatta eseguire dal de Rossi, il f. 457 è stato messo al posto del f. 450, e viceversa; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso dei fogli, al centro del margine inferiore, talvolta qualificati da una cornice; indicazioni di registro alfanumeriche sul recto dei fogli in basso, all’angolo esterno, spesso rifilate; mm 407×280; scritture gotiche di molte mani, la maggior parte in testuale gotica, talvolta anche in corsiva gotica, ricche di abbreviazioni e sempre a inchiostro nero; il f. 475 è vergato in minuscola umanistica, come accade anche in qualche inserto di scrittura centrale, per esempio ai ff. 452v-456v, sempre a inchiostro nero; la mise-en-page è organizzata secondo la modalità del commentario a corona, su due colonne (mm 292×202) di 64 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 20; al centro del commentario si dispone il testo, vergato con una

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ROSS. 1064-1065

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scrittura di modulo maggiore, in uno spazio che misura mm 70×120; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio, con quattro righe verticali che giungono a toccare i margini; il f. 4 non è né rigato né scritto; filigrana, a forma di carro a due ruote, del tipo 3544 di Briquet (Italia centrale e area francese, sec. XV3).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale maggiore (mm 80×65) fitomorfa; 1 miniatura tabellare (mm 80×90); numerose iniziali filigranate; segni paragrafali alternativamente blu e rossi; titoli correnti presenti ai ff. 1r-15v, 45r-52v, 85r-92v, 129r, 347r-354v, 342r-346v, 441r-448v. L’iniziale maggiore è collocata al f. 7r, mentre la miniatura tabellare è al f. 5r. f. 5r: miniatura tabellare all’inizio della prima colonna di scrittura, entro uno spazio riservato, raffigurante Cristo crucinimbato che reca in mano il libro chiuso, entro un clipeo laureato; questo è intrecciato ad altri quattro clipei della stessa tipologia che ospitano ognuno un evangelista con il rispettivo simbolo (in alto a sinistra, leggendo in senso orario, Marco con il leone e il libro aperto, Giovanni con l’aquila e il libro chiuso, Luca con il toro e il libro aperto. Matteo sostituito dal suo simbolo, l’angelo, che tiene un filatterio); i cinque clipei, ognuno di un colore diverso, sono percorsi nel perimetro da una spessa linea rossa e giacciono su un fondo in foglia d’oro riquadrato in nero. Le prime due linee di scrittura sono in gotica di modulo maggiore e in foglia d’oro, su fondo policromo. f. 7r: iniziale L di Liber generacionis (sic), all’incipit delle Glossae, fitomorfa con elementi vegetali policromi (porpora, verde e rosso), su fondo in foglia d’oro riquadrato in nero; lo spazio creato dalla lettera è occupato da un elemento vegetale, che ha quasi le sembianze di un fiore molto elaborato, su un fondo blu decorato con filamenti bianchi; le altre quattro lettere che costituiscono la parola Liber sono di modulo maggiore e realizzate in lamina metallica su un fondo policromo (blu, verde, porpora). Le modalità di esecuzione e l’impiego di una tavolozza pittorica dai toni particolarmente accesi suggeriscono un ambito di produzione italiano, di area emiliana. Lo stato di conservazione del codice risulta buono, a eccezione di estese macchie di umidità che interessano il piatto di chiusura del codice; non sembra aver subito restauri importanti, al di là dell’inserimento di due ritagli cartacei a protezione delle due miniature. Legatura Rossi B, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge GUIDONIS EPISCOPI ELNENS(IS) / GLOSSE SUPER EVANGELIA ET EXPOSITIO SUPER TRIA CANTICA; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XIV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. (Bibl. Rossianae, IX, 343r-v) TIETZE, Die illuminierten, 103 nr. 190.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 1067 (olim XI, 216) JOHANNES DE RUELANT, De herbis et aliis medicinis, secundum ordinem alphabeti Italia settentrionale (Veneto?), sec. XV2-3 (f. 161v) colophon: per me Johannem Ruelant de Almania Cart. (carta consistente e ruvida al tatto); ff. VIII (I in cartoncino blu, come la controguardia; II-VII cart. moderni; VIII cart., originale e anepigrafo, non numerato ed esterno al corpo del manoscritto), 164, VI’ (VI’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); foliazione manuale antica, ma non contemporanea alla compilazione del codice, in cifre arabiche, a inchiostro ocra in alto a destra, che talvolta è stata resecata; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, talvolta vergati in senso verticale, sempre sul verso del foglio; mm 405×236; scrittura umanistica corsiva di una sola mano a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 296×170) su due colonne di 61 linee di scrittura, con uno spazio intercolonnare di mm 23; Ross. 1067, f. 64r rigatura su recto e verso di ogni foglio a inchiostro ocra leggerissimo, con le quattro righe verticali che giungono a toccare i margini superiore e inferiore; sono rigati ma non scritti i ff. 162v e 164rv, mentre il 163r-v non è nemmeno rigato; filigrana a forma di scala, del tipo 5904 di Briquet (Venezia, sec. XV metà).

L’apparato decorativo del codice è costituito da veri e propri disegni, più che da miniature tout court, che rappresentano le piante descritte nell’erbario, inseriti all’interno delle colonne di scrittura; spesso, al margine, compaiono gli animali citati nelle varie voci del testo; iniziale maggiore filigranata in apertura del testo (mm 50×50) con fregio fitomorfo a inchiostri policromi (verde, rosso, ocra) che si dispone per metà della lunghezza del margine esterno, andando a coprire la prima colonna di scrittura, nel margine superiore; numerosi capilettera alternativamente rossi e blu; segni paragrafali rubricati. Dal momento che questo esemplare sembra seguire la tradizione propria degli erbari, tipologia libraria in cui si dà uno strettissimo rapporto tra testo e immagine, si proporranno di seguito solo le descrizioni di alcuni dei disegni più significativi (ff. 20v, 42v, 64r, 91r). f. 20v: all’interno della colonna di scrittura contenente il paragrafo dal titolo De balsamo, è l’immagine di un giardino fortificato, la cui porta d’ingresso è presidiata da due soldati armati di elmi, scudi e spade. La gran parte dello spazio del giardino è occupata dalla chioma verdeggiante di un al-

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ROSS. 1067

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bero; al di sotto delle fronde più lussureggianti sono poste delle piccole costruzioni in mattoni, come fossero dei piccoli pozzi, forse per la raccolta dei balsami, delle resine, degli umori dell’albero stesso. Il disegno è realizzato a penna e le uniche note di colore sono date dal verde acquerellato dell’albero, dai merli rossi della cinta fortificata del giardino, tonalità che torna nell’elmo di un soldato e nello scudo dell’altro, mentre l’altro scudo e l’altro elmo sono realizzati in giallo ocra. f. 42v: disegno del ciclamino, alla voce De ciclamine; l’artista rappresenta la pianta con le sue caratteristiche principali, mettendo in evidenza il grosso bulbo bruno, dalla cui massa scura nascono corte radici e le peculiari foglie cuoriformi dal profilo frastagliato; vi sono infine i piccoli fiori a trombetta dai petali rosa-lilla. f. 64r: protagonista del foglio è una pianticella di fragola, forse del tipo che cresce spontaneamente nei boschi, soprattutto nel periodo estivo. I frutti sono infatti piccoli e dalla forma allungata; di dimensioni contenute risulta anche l’apparato fogliare. f. 91r: compare qui la pianta del melograno, carico di frutti sia in maturazione sia pronti per la raccolta, che mostrano la spessa buccia spaccata da cui si intravedono i ricchi e succosi grani color rubino. f. 91v: il disegno della mandragora caratterizza questa pagina; tale pianta è rappresentata nella maggior parte degli erbari conservati ed è qui resa secondo la consueta iconografia della radice che assume le sembianze di un uomo copiosamente barbato e dai folti capelli; altra caratteristica è l’aspetto esageratamente lungo delle dita di mani e piedi a simulare l’apparato radicale. Dalla testa dell’essere antropomorfo prende vita una rigogliosa pianta, con numerose foglie verdi provviste di spesse nervature bianche e carica di bacche sferiche nella medesima tonalità e di minuti fiori violetti. f. 155r: protagonista del foglio è il tralcio di uva, che occupa l’intero spazio intercolonnare per poi disporsi nella parte superiore della pagina. L’artista ha in questo caso deciso di dare maggiore risalto ai racemi, piuttosto che ai grappoli, che sono di dimensioni molto contenute rispetto invece alle ariose foglie e alle volute dei pampini. Lo stato di conservazione è discreto, anche se i margini del codice devono essere stati resecati in modo significativo: in molti casi, infatti, i disegni risultano tagliati; sono inoltre presenti sporadiche macchie di umidità. Al f. 1, al centro del bas-de-page, è stato prelevato un tassello di carta, forse ritagliato per eliminare un ex libris o un timbro. Il codice non sembra essere stato interessato da restauri significativi. Legatura Rossi A, presenta alcuni problemi di degrado: la compagine dei fascicoli è scarsamente solidale con il dorso, tanto che l’intero codice è protetto da una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge IO(ANNES) RUE-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

LANT / HISTORIA PLANTARUM; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Taglio colorato in giallo, molto sbiadito. Il manoscritto tramanda un’edizione di erbario che fu in circolazione soprattutto nell’Italia settentrionale, fra Trecento e Quattrocento (RAGAZZINI, Un erbario del XV secolo, 6). Al f. 1r, nel margine superiore, è stata vergata da una mano antica, ma non contemporanea al codice, la didascalia Historia plantarum – Joannis de Ruclans de Alamania. Vi è inoltre, al centro della pagina, nello spazio intercolonnare, il timbro dell’Accademia dei Lincei. Si potrebbe immaginare, ma solo come suggestione, che tale erbario sia uno di quelli appartenuti a Federico Cesi (1585-1630), fondatore dell’Accademia e studioso di scienze naturali, di botanica in particolar modo. Egli, insieme al Galilei (1564-1642), introdusse un nuovo approccio nello studio dei fenomeni naturali, indagati dal vero. Cesi possedeva anche una importante collezione libraria a supporto dei suoi studi, raccolta che alla sua morte fu acquistata in un primo momento da un altro linceo, Cassiano dal Pozzo (1588-1657), ma che poi si disperse, per essere infine rilevata in parte dal cardinale Francesco Barberini (1597-1679) (MARINI-BETTÒLO, Introduzione, 9-11). (Bibl. Rossianae, IX, 345r-v) TIETZE, Die illuminierten, 15 nr. 20; MACKINNEY, Medical Illustrations 1959, 17; MACKINNEY, Medical Illustrations 1965, 177.

EVA PONZI

Ross. 1085 (olim XI, 226) IOHANNES DE MILIS, Repertorium iuris, alias “Alberti” (ff. 2r-3v, tavola dei contenuti) Italia settentrionale (Padova?), secc. XIVex.-XVin. Cart. (consistente e ruvida al tatto), sono presenti due tipi di filigrana: ai ff. 1-33, 38-40, 81-91 e 93-121, è a forma di monte sormontato da una croce, del tipo Briquet 11674 (Francia, sec. XIVex.); mentre ai ff. 34-37, 41-80, 92 e 122-190 è a forma di leone rampante, del tipo Briquet 10506 (Italia centrale, area francese, secc. XIVex.-XVin.); ff. V, 190, VI’ (VI’ originale, anepigrafo); foliazione manuale moderna in cifre arabiche, a matita in alto a destra, completa fino al f. 10, poi presente solo ogni dieci fogli; numerazione meccanica in cifre arabiche in basso a destra, che indica anche i fogli di guardia e quello posto a copertura del secondo contropiatto (ff. 191-195); richiami di fascicolo, sempre sul verso del foglio, al centro del margine inferiore; mm 435×290; scrittura umanistica corsiva di una sola mano a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 272×178) su due colonne di 60 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 40; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio, con le righe verticali e talvolta con quelle orizzontali, di chiusura, che giungono a toccare i margini; il f. 1 è bianco, mentre il f. 4 è rigato, ma non scritto e ancora, al f. 149r, è compilata solo la prima colonna, mentre l’altra è solo rigata; l’inverso si registra sul verso del foglio.

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ROSS. 1067-1085

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L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 19 iniziali decorate (mm 47×44) con elementi fitomorfi policromi su fondo in foglia d’oro; segni paragrafali blu e rossi; numerose maniculae. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 5r, 18r, 22v, 40r, 50r, 65v, 71v, 78r, 78v, 96r, 106r, 110r, 117r, 118r, 163r, 163v, 170v, 179v, 186r. f. 5r:

iniziale A di Absenti queritur, all’incipit dell’opera, decorata con elementi vegetali policromi, con corpo rosa e rifiniture bianche. Lo spazio interno è occupato dagli elementi fitomorfi su fondo blu, anch’esso decorato con filamenti e punti bianchi, mentre la letteRoss. 1085, f. 5r ra è su campo in foglia d’oro riquadrato a inchiostro nero. f. 18r: iniziale B di Bannitus qui ex forma, all’incipit della parte riservata alla lettera B, decorata con corpo blu e decorazioni bianche, lo spazio interno è rosa a filamenti bianchi, con foglie d’acanto. Il corpo della lettera è realizzato in foglia d’oro, mentre lo spazio riservato è riquadrato a inchiostro nero. A completare la decorazione, è stato miniato un breve fregio laterale a foglie d’acanto policrome. Le iniziali ai ff. 22v (iniziale C di Canonicus ecclesiae, all’incipit della parte riservata alla lettera C), 40r (iniziale D di Dampnum fragmentum, all’incipit della parte riservata alla lettera D), 50r (iniziale E di Eciam hec dictio, all’incipit della parte riservata alla lettera E), 71v (iniziale G di Genituum ab homine, all’incipit della parte riservata alla lettera G), 78r (iniziale H di Hereditas exponitur, all’incipit della parte riservata alla lettera H), 118r (iniziale P di Pacificus possessor, all’incipit della parte riservata alla lettera P) sono della medesima tipologia e presentano la stessa cromia della lettera appena descritta. f. 65v: iniziale F di Facere dicitur, all’incipit della parte riservata alla lettera F; si distingue dalle lettere precedenti per la presenza di motivi a croce decussata che ne ornano il corpo e per un elemento annodato alla sua asta. f. 78v: iniziale I di Iconomus ecclesiae, all’incipit della parte riservata alla lettera I, con corpo di colore porpora, all’interno del quale è presente una decorazione a lobi rosa. Il fondo si presenta per metà blu e per metà verde, con l’aggiunta di filamenti bianchi e di foglie d’acanto anch’esse blu e

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f. 96r:

f. 106r:

f. 110r:

f. 117r:

f. 163r:

f. 163v:

f. 170v:

f. 179v:

f. 186r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

verdi, alternate rispetto ai colori del fondo. Lo spazio riservato entro cui è stata miniata l’iniziale è riquadrato in nero e decorato con foglia d’oro e d’argento. iniziale L di Laicus non potest, all’incipit della parte riservata alla lettera L; si segnala nuovamente l’omogeneità nella tipologia e nella tavolozza pittorica rispetto alle descrizioni precedenti. È ancora una volta presente inoltre il motivo a croci decussate, nel corpo della L, mentre nel fondo l’artista ha posto un elemento decorativo lobato di colore blu, all’incrocio di foglie d’acanto, anch’esse impiegate per arricchire la decorazione. iniziale M di Maleficium proprie, all’incipit della parte riservata alla lettera M, con corpo campito in rosa, colore che torna insieme al blu negli elementi fogliati che si stagliano sul fondo verde. Completa infine la decorazione un nodo in blu, nell’asta centrale della M. iniziale N di Necessitas non habent, all’incipit della parte riservata alla lettera N; la realizzazione è identica a quella della iniziale appena descritta, con l’unica differenza riservata alle foglie d’acanto, che in questo caso sono tutte campite in blu. iniziale O di Oblacio que sit, all’incipit della parte riservata alla lettera O; essa è della stessa tipologia e presenta la medesima tavolozza pittorica delle iniziali ai ff. 22v, 40r, 50r, 71v, 78r, 118r, mentre se ne discosta per la presenza di foglie d’acanto di colore verde, su un fondo campito in rosa. iniziale Q di Qualitas aggravans, all’incipit della parte riservata alla lettera Q; la campitura di fondo è in verde e le foglie d’acanto sono realizzate con pigmenti blu e rosa, mentre il resto della decorazione della iniziale è lo stesso descritto per le altre. iniziale R di Ratificacio si fiat, all’incipit della parte riservata alla lettera R; anche in questo caso la lettera mostra le medesime caratteristiche enumerate in precedenza, a eccezione del corpo di colore blu, del fondo in rosa e delle foglie campite con un pigmento verde. iniziale S di Sacerdotis appellacione, all’incipit della parte riservata alla lettera S, con il corpo colorato in verde, mentre il fondo rosa è occupato da foglie di colore blu e verde. Per la decorazione di questa iniziale è stata impiegata inoltre lamina metallica aurea, in una striscia nella parte superiore e in una nella parte inferiore. iniziale T di Tantum et, all’incipit della parte riservata alla lettera T; ancora una volta si è in presenza di una iniziale analoga alle precedenti, tranne che nel corpo di colore rosa e nel fondo realizzato in blu, arricchito da foglie verdi. iniziale V di Varicacio an sit, all’incipit della parte riservata alla lettera V, realizzata con il corpo in blu, mentre il fondo è campito in rosa e il motivo a foglie d’acanto è di colore verde. Per il resto, la composizione è uguale alle altre sopra descritte.

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1263

ROSS. 1085-1086

L’apparato decorativo del manoscritto potrebbe essere assegnato a un miniatore di ambito padovano: consueto di quest’area appare infatti il motivo della lettera ornata di foglie d’acanto arricchita da puntini a biacca. Tale tipo di decorazione è molto vicina a quella che qualifica i ff. 356r, 370r e 392r del Ross. 1086, forse attribuibile a una medesima mano (cfr. scheda). Lo stato di conservazione del manoscritto risulta discreto, anche se talvolta nei margini sono presenti macchie di umidità. Il codice non sembra essere stato sottoposto a interventi di restauro. Legatura Rossi B, in buono stato di conservazione (rest. nel 1965). Sul dorso, in alto si legge IOH(ANNES) DE MILIS / REPERTORIUM IURIS; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMAN(I). (Bibl. Rossianae, IX, 367r) KRISTELLER, Iter II, 468.

EVA PONZI

Ross. 1086 (olim XI, 227) PETRUS

DE

BRACO, Repertorium iuris

Italia centro-settentrionale, sec. XV2-3 Cart. (carta spessa e ruvida al tatto), filigrana a forma di leone: anche se non si è individuato il corrispondente preciso, si potrebbe però avvicinare al tipo Briquet 10500 (Italia sett., sec. XV2); ff. VIII (I-V cart. moderni; VI membr.; VII-VIII cart. antichi), 396, V’ (V’ cart. moderno come la controguardia); foliazione manuale antica, ma non contemporanea alla scrittura, in cifre arabiche e a inchiostro bruno in alto a destra, a eccezione del foglio di guardia membranaceo indicato come I, mentre i due cartacei sono segnati II e III; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso al centro; richiami di fascicolo collocati sul verso, nel margine inferiore, a destra, in prossimità della cucitura; indicazioni di registro alfanumeriche presenti sia nell’angolo inferiore destro, spesso rifilate, sia appena sotto lo specchio di scrittura, sulla destra; mm 438×230; struttura del codice: 1-3910, 406; scrittura semigotica corsiva di una mano, a inchiostro bruno e nero

Ross. 1086, f. 1r

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1264

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

e dal ductus più posato nella seconda parte; specchio scrittorio (mm 272×168) su due colonne di 60 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 34; rigatura a secco talvolta sul recto e sul verso di ogni foglio, talvolta solo sul verso, con le righe verticali che arrivano a toccare i margini superiore e inferiore del foglio; le righe orizzontali, non sempre visibili, sono eseguite a mina di piombo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 4 iniziali maggiori (mm 28×34) di varia tipologia (una fitomorfa e tre decorate); altre erano previste, ma gli spazi a loro riservati sono rimasti vuoti, qualificati solo dalle letterine guida (ff. 98r, 134v, 152r, 155r, 165r, 195r, 209v, 235r, 246v, 302v); iniziali minori calligrafiche alternativamente rosse e blu, accompagnate da letterine guida; segni paragrafali alternativamente rossi e blu. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 356r, 370r, 392r. f. 1r:

iniziale Q di Quoniam nihil, all’incipit dell’opera, fitomorfa e policroma (verde rosa e blu), realizzata su un fondo in oro musivo riquadrato a inchiostro nero. A completare la decorazione, è stato realizzato un breve fregio laterale a inchiostro e bottoni in oro musivo. Nel bas-de-page, è presente lo stemma del cardinale Domenico Capranica (1400-1458). f. 356r: iniziale T di Tabellio tabellio, all’inizio della parte dedicata al lemma T; il corpo presenta una campitura color rosa, mentre il fondo è in blu e foglia d’oro, interamente riquadrato a inchiostro nero; per arricchire la decorazione sono stati aggiunti dei filamenti bianchi. Nel margine laterale, infine, si sviluppa un fregio a foglie d’acanto eseguite con pigmenti verdi e rosa. f. 370r: iniziale D di Datate id est, all’inizio della parte dedicata alla lettera D; essa presenta le medesime caratteristiche di quella appena descritta. f. 392r: iniziale X di Xenodochium atque, all’inizio della parte dedicata alla lettera X; ancora una volta si deve segnalare l’analogia di tipologia e di campiture rispetto alle iniziali precedenti.

Le iniziali maggiori che caratterizzano i ff. 356r, 370r e 392r (quindi i fascicoli 35-39) sembrano essere state eseguite dal miniatore che lavora anche all’apparato decorativo del codice Ross. 1085 (cfr. scheda), che utilizza un linguaggio diverso rispetto all’artista che esegue la pagina di incipit (fascicolo 1) del manoscritto che si sta descrivendo. Le ultime tre iniziali, infatti, mostrano una esecuzione più accurata rispetto alla lettera che caratterizza il f. 1r; vi è inoltre una differenza anche nella scelta dei materiali impiegati per la realizzazione della decorazione: ai ff. 356r, 370r e 392r il miniatore utilizza la lamina metallica per il campo dell’iniziale, mentre nel foglio di apertura è campito in oro musivo, fatto peraltro singolare; solitamente, infatti, la pagina di incipit godeva di una maggiore attenzione compositiva. Lo stato di conservazione nel complesso appare buono, anche se si segnala qualche traccia di umidità nei margini inferiori del codice. Esso non sembra essere stato sottoposto ad alcun intervento di restauro.

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1265

ROSS. 1086-1087

Legatura Rossi B, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge PETRI DE BRACO / REPERTORIUM IURIS; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Sul foglio in pergamena è scritto, nel margine superiore, Repertor Petri de Bracho secundus alphabetus. (Bibl. Rossianae, IX, 368r) TIETZE, Die illuminierten, 113 nr. 226.

EVA PONZI

Ross. 1087 (olim XI, 228) BALDUS

DE

UBALDIS, Lectura super I-III Codicis

Italia settentrionale, sec. XVin. (d.to 1406 agosto 13) (f. 265r) explicit: Explicit lectura domini Baldi de Perusio utriusque iuris doctoris eximii super tribus primis libris Codicis scripta per manum Gherardi quondam Gherardi Vogel de Daventria anno M° CCCC° VI° die XIII mensis augusti. Deo gratias amen Cart. (carta consistente e ruvida al tatto); ff. V, 270, V’ (I e V’ cartacei bianchi, come la controguardia); foliazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra, che indica tutti i fogli fino al 20, poi è presente solo in quelli delle decine, mentre appare di nuovo ai ff. 80-83, 126, 179 e agli ultimi ff. 260-270; foliazione meccanica in cifre arabiche in basso al centro; richiami di fascicolo collocati al centro del margine inferiore, sempre sul verso del foglio; mm 437×300; scrittura gotica corsiva, ricca di abbreviazioni e ad andamento irregolare, vergata da una sola mano a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 302×184) su due colonne di 73 linee di scrittura, con uno spazio intercolonnare di mm 28; rigatura a mina di piombo sul recto e sul verso di ogni foglio con le righe verticali che arrivano a toccare i margini; il foglio 8v è rigato e caratterizzato dal titolo corrente e da una mezza linea di scrittura, mentre il resto è bianco. Due diverse filigrane, l’una a testa di bue, del tipo Briquet 15021 (Italia settentrionale, sec. XIVex.) e l’altra a forma di basilisco del tipo Briquet 2661 (Italia settentrionale, sec. XVin.).

Ross. 1087, f. 1r

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1266

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit; 1 capolettera filigranato; fino a f. 125v, iniziali medie e minori calligrafiche rubricate; nel resto del codice sono vuoti gli spazi riservati ad accogliere le altre iniziali maggiori di questo tipo, caratterizzati solo dalla presenza di lettere guida appena accennate a lapis; letterine rilevate in rosso; segni paragrafali rubricati, fino al f. 133r; titoli correnti rubricati, fino al f. 56r; numerose glosse marginali, in particolare al f. 54 una glossa a corona; numerose maniculae. f. 1r: pagina di incipit con una scena di insegnamento (mm 88×190) realizzata nel margine superiore del foglio. Al centro dell’immagine è riprodotta una cattedra marmorea posta di scorcio e riccamente scolpita con racemi di foglie d’acanto di sapore classico. All’interno si staglia la figura di un magister, appoggiato a un alto schienale anch’esso finemente lavorato. Il personaggio è paludato con una lunga tunica blu e ha il capo coperto; davanti a lui è poggiato un libro aperto, da cui spiega ai suoi studenti, sottolineando le parole con un gesto della mano destra, alzata sopra la testa. La classe è suddivisa in due gruppi, con gli allievi seduti a sinistra e a destra della cattedra su panche lignee e con i libri aperti sui banchi, anch’essi di legno. Alcuni di loro sono intenti alla lettura, altri invece mostrano attenzione alle parole del maestro; le loro vesti sono verdi, rosse e grigie abbinate a copricapi verdi, rossi e blu. Le campiture di colore sono tutte completate da rialzi in biacca. Il bas-de-page e metà del margine laterale esterno sono occupati da un fregio policromo a foglie d’acanto (verde e rosso), che circonda uno stemma partito, nel I d’oro, nel II di vaio d’argento e d’azzurro, emblema del cardinale Niccolò Forteguerri (1460-1473). L’immagine permette di intuire immediatamente, ad apertura di codice, il contenuto del libro: l’iconografia del magister in cattedra, rivolto ai suoi allievi, qualifica infatti non di rado manoscritti di tipo giuridico. In questo caso, il miniatore sembra rivolgere un’attenzione particolare alla realizzazione della cattedra, decorata a simulare un rilievo all’antica, così come è all’antica il motivo fitomorfo nella specchiatura sulla fronte della struttura. Di sapore classico sono pure i racemi che avvolgono lo stemma; esso appare peraltro completato in un momento successivo rispetto all’esecuzione della decorazione – e le tipologie di filigrana confermano la datazione topica e cronica – come farebbe pensare l’esecuzione veloce, nel quarto a risparmio, e non in oro. Lo stato di conservazione del codice appare discreto, sono infatti presenti molte macchie di umidità, soprattutto al f. 1, e spesso la compagine dei fascicoli non aderisce completamente al dorso della legatura; gli ultimi fogli presentano inoltre irregolarità nei margini. Il manoscritto non sembra tuttavia essere stato sottoposto a interventi di restauro. Legatura Rossi B, in cattive condizioni di conservazione; il dorso infatti risulta attaccato alla compagine dei fascicoli solo per un lato. Per questo motivo il

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ROSS. 1087-1089

1267

libro è protetto da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge BALDUS DE UBALDIS / SUPER I II ET III PARTEM CODICIS / LECTURAE; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI 1406 / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. L’opera Lectura super I-III Codicis di Baldo degli Ubaldi è contenuta in una sequenza di quattro manoscritti, dal Ross. 1087 al Ross. 1090 (cfr. schede): tutti miniati tranne il Ross. 1088, privo di qualsiasi apparato decorativo. La presenza dello stemma permette di assegnare la proprietà del manoscritto a Niccolò Forteguerri (1419-1473), cardinale dal 1460 del titolo di Santa Cecilia. È probabile che il codice, che il colofone data al 1406, sia entrato a far parte della sua collezione libraria a distanza di qualche decennio dalla sua confezione e sia stato quindi dotato dello stemma del Forteguerri, che tuttavia bene si inserisce nel fregio a robuste foglie d’acanto. Forteguerri fu un personaggio chiave nella Curia pontificia a partire dagli anni sessanta del secolo XV: dottore in utroque iure, strinse rapporti di amicizia con Enea Silvio Piccolomini. Quando questi divenne papa con il nome di Pio II (1458-1464) non esitò a valorizzare le doti diplomatiche, amministrative e culturali dell’amico nominandolo tesoriere apostolico prima ed elevandolo alla porpora cardinalizia poi (ESPOSITO, s.v. Forteguerri Niccolò, 156). Non dovette quindi essere ininfluente la vicinanza con il pontefice umanista ed è possibile che gli interessi culturali di Forteguerri, già coltivati durante gli anni degli studi universitari, siano ancor più maturati a Roma. Un fatto apparentemente irrilevante, ma forse di un certo interesse se letto tenendo presente il clima culturale di quegli anni, fu l’ambasceria che egli guidò alla corte napoletana di Ferdinando d’Aragona (1458-1494) (ESPOSITO, s.v. Forteguerri Niccolò, 157). Piace pensare che in questo ambiente, altro polo di irradiazione della cultura umanistica, il Forteguerri possa aver tratto ancora altri spunti e altre suggestioni per l’arricchimento della propria biblioteca. (Bibl. Rossianae, IX, 369r-v) TIETZE, Die illuminierten, 124-125 nr. 262; Colophons II, 205.

EVA PONZI

Ross. 1089 (olim XI, 230) BALDUS

DE

UBALDIS, Lectura super I-III Codicis

Italia settentrionale (Bologna?), secc. XIVex.-XVin. (f. 366v) explicit: Explicit lectura speculans et utilis excellentissimi utriusque iuris doctoris egregii in orbe singulariter famosissimi domini Baldi magistri Francisci de Perusio super sexto libro codicis. Finita et completa in alma civitate Papiense. Nicolaus Laudemburg Theotonicus pinxit. Deo gratias

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1268

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Cart. (carta consistente e spessa al tatto); ff. V (I-V cart. moderni, al pari della controguardia), 367, V’ (I’-V’ cart. moderni al pari della controguardia); foliazione manuale moderna a matita in cifre arabiche in alto a destra, fino al f. 10, poi presente solo nei fogli delle decine; foliazione meccanica moderna in basso al centro in cifre arabiche; richiami di fascicolo collocati nel margine inferiore, in prossimità della cucitura, e qualificati da una filigranatura; indicazioni di registro alfabetiche, al centro del margine inferiore, ma non sempre presenti; mm 430×285; scrittura testuale gotica di una sola mano a inchiostro bruno chiaro. A vergare l’explicit è una mano diversa da quella del copista; specchio scrittorio (mm 265×163) su due colonne di 49 linee di scrittura, con un intercolumnio di mm 32; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio, con le righe verticali e orizzontali a delimitare lo specchio, che giungono ai margini; il f. 247v è rigato e vergato solo in qualche linea della prima colonna, come accade per il f. 367 anepigrafo; filigrana, a forma di leone: Ross. 1089, f. 1r anche se non si è individuato il corrispondente preciso, si potrebbe però avvicinare al tipo Briquet 10500 (Italia settentrionale, sec. XV1-2).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 iniziale fitomorfa; 1 fregio laterale; numerose iniziali medie e minori filigranate; segni paragrafali alternativamente blu e rossi; note marginali; maniculae e notabene; sull’angolo superiore esterno, una mano di poco posteriore a quella della scrittura ha vergato, sul recto di ogni foglio, delle parole, forse dei promemoria per individuare più velocemente i passaggi di testo. f. 1r: iniziale I di In Iesu Christi nomine (mm 98×30), all’incipit dell’opera di Baldo degli Ubaldi, fitomorfa policroma realizzata su campo blu riquadrato in nero, arricchito da filamenti e punti bianchi e impreziosito dall’uso di oro in foglia. Quasi per l’intera lunghezza del margine laterale, si estende un fregio della stessa tipologia decorativa dell’iniziale, caratterizzato dalla stessa policromia (rosso, blu, rosa, verde e azzurro) e arricchito da bottoni in lamina metallica. L’artista che lavora all’apparato decorativo di questo manoscritto sembra parlare lo stesso linguaggio figurativo di quello che esegue l’iniziale fitomorfa con fregio del Ross. 1096; l’origine di tale linguaggio si può ascrivere ad area bolognese, come sembra indicare il motivo a fogliame policromo spesso arricchito, come pure nel Ross. 1096, da protomi volatili. Lo stato di conservazione del manoscritto risulta discreto; si rileva la presenza di macchie di umidità nei margini.

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ROSS. 1089-1090

1269

Legatura Rossi B, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge BALDI DE UBALDIS / SUPER IV PARTEM CODICIS / LECTURAE; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI (quest’ultima parte risulta poco leggibile). Cfr. le schede dei Ross. 1087 e Ross. 1090, che sono parte anch’essi del corpus contenente l’opera di Baldo degli Ubaldi. (Bibl. Rossianae, IX, 369r-v) TIETZE, Die illuminierten, 124-125 nr. 262; Colophons IV, 286.

EVA PONZI

Ross. 1090 (olim XI, 231) BALDUS

DE

UBALDIS, Lectura super VII-IX Codicis

Italia settentrionale, sec. XV (1435-1462) (f. 218r) colophon: Explicit lectura Baldi de Perusio super VII° codice. Completa per me P. Gitoni anno domini 1462 et die IX iunii. Amen (f. 339v) colophon: Explicit lectura Baldi super nono codicis. Deo gratias amen. Et expleta fuit Senis 1435 die ultima iunii

Ross. 1090, f. 1r

Cart. (carta consistente e ruvida al tatto); ff. V (I-V cart. moderni come la controguardia), 340, V’ (V’ cart. moderno come la controguardia); foliazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra, completa fino a f. 10, poi presente solo a indicare i fogli di dieci in dieci, a eccezione dei ff. 279-282, anch’essi numerati; foliazione meccanica in cifre arabiche in basso al centro; richiami di fascicolo di due tipi: ai ff. 1-218 sono collocati sempre sul verso del foglio, appena al di sotto della colonna di scrittura, nel margine inferiore e talvolta sottolineati o incorniciati da un motivo a filigrana; ai ff. 282-340 sono ugualmente presenti sul verso del foglio, ma posti al centro del margine inferiore e talvolta affiancati da segni paragrafali rubricati; indicazioni di registro alfanumeriche nell’angolo inferiore destro, ai ff. 1r-218r; numeriche ai ff. 223r-339v, nell’angolo inferiore destro; mm 405×273; scrittura di quattro mani: ff. 1r-218r scrittura preumanistica ad andamento corsi-

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1270

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

veggiante a inchiostro nero; ff. 223r-317v scrittura corsiva di una mano diversa dalla prima, a inchiostro bruno; ai ff. 218r-339v, è presente una terza mano che verga il testo in scrittura testuale gotica, a inchiostro bruno; f. 340r: si individua un’ultima mano, che utilizza sempre una scrittura corsiva, a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 277×180) su due colonne di 68 linee di scrittura, con uno spazio intercolonnare di mm 32; rigatura a mina di piombo su recto e verso di ogni foglio, con le righe verticali che giungono a toccare i margini. Al f. 218r è scritta solo metà della prima colonna, anche se è stato rigato l’intero specchio scrittorio; lo stesso accade nel gruppo di fogli 218v-222v, non vergati da alcuna scrittura, ma ugualmente rigati; il f. 280v è parzialmente vergato, mentre il f. 281v non lo è affatto, l’uno e l’altro sono però rigati; il codice è assemblato con diversi tipi di carta, come dimostra la varietà di filigrane: ff. 1-26 e ff. 49-52, a forma di bilancia, del tipo Briquet 2447 (area tedesca, sec. XV3); ff. 27-48, a forma di stella inscritta in una circonferenza, del tipo Briquet 6076 (area francese, sec. XIVex.); ff. 53-224, a forma di lettera R, del tipo Briquet 8970 (Italia, sec. XV2-3); ff. 225-251, a forma di monte, del tipo Briquet 11662 (Firenze, sec. XV2); e infine, ff. 252340, a forma di fiore, del tipo Briquet 6642 (Toscana, sec. XV2).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 miniatura tabellare; nella prima parte del codice sono presenti numerose iniziali medie e minori filigranate, con segni paragrafali blu e rossi e glosse marginali. Nella seconda e terza parte, compaiono invece iniziali calligrafiche rubricate accompagnate da letterine guida; lettere rilevate in rosso; titoli correnti rubricati, ai ff. 223r-339v, con la L tagliata da notula abbreviativa; capilettera e segni paragrafali rubricati e maniculae. Una mano forse contemporanea a quella che verga il testo ha riportato, nell’angolo superiore esterno sul recto di ogni foglio, alcune parole, sorta di promemoria per individuare in modo più agevole i diversi luoghi testuali. f. 1r: miniatura tabellare (mm 92×170) al margine superiore. Una cornice, con prospettiva a cannocchiale, si apre su un paesaggio campestre, che fa da sfondo all’incontro tra due figure, poste entrambe di profilo. Sulla sinistra è un uomo assiso su un trono-baldacchino ligneo, abbigliato con una lunga veste rossa, rialzata in giallo intorno al colletto, e con indosso un elaborato copricapo viola del tipo molto diffuso alla metà del Quattrocento. Davanti a lui si inginocchia un fanciullo, che indossa una corta gonnella blu su calzamaglia grigia e, con le mani giunte e il capo leggermente chinato, riceve la benedizione dell’uomo. Si tratta forse di un’immagine di traditio ideale, ossia la raffigurazione del maestro in diritto che trasmette le sue conoscenze all’allievo. Pur nella spiccata caratterizzazione, sia nella scelta del tema, sia nella fisionomia dei personaggi, l’esecuzione della miniatura non sembra trovare confronti sufficientemente stringenti con altri esemplari tali da poter proporre suggerimenti di maggiore precisione per data topica e cronica, peraltro confermate dalla morfologia delle filigrane. Stato di conservazione discreto, anche se si segnalano molte macchie di umidità, presenti in tutto il codice e uno strappo che parte dal margine inferiore, al f. 277. L’esemplare non sembra aver subito restauri importanti.

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ROSS. 1090-1091

1271

Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative e provvista di una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge BALDI DE UBALDI / SUPER VII VIII ET IX PARTEM CODICIS-LECTURAE; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / ANNI 1435 / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Nel manoscritto sono presenti due explicit che forniscono due diverse date (1435 e 1462); il copista lavora su due antigrafi di età diversa, da lui non molto distanti cronologicamente, come sembra suggerire lo stile della miniatura e la tipologia degli abiti, che si collocano entrambe intorno alla metà del Quattrocento. Si cfr. le schede dei Ross. 1087 e Ross. 1089, parte anch’essi del corpus contenente l’opera di Baldo degli Ubaldi. (Bibl. Rossianae, IX, 369r-v) TIETZE, Die illuminierten, 124-125 nr. 262.

EVA PONZI Ross. 1091 (olim XI, 232) IOHANNES DE TURRECREMATA, Lectura super Decreto Gratiani (ff. 331r-340r, tavola degli argomenti) Italia centrale (Roma?), sec. XV2-3

Ross. 1091, f. 3r

Cart. (carta consistente e ruvida al tatto); ff. VII, 340, V’ (I-V e I-V’ cart. moderni bianchi, al pari delle controguardie; VI-VII cart. antichi, di cui VI anepigrafo); foliazione manuale moderna in cifre arabiche in alto a destra a matita, completa fino al f. 10, poi apposta solo nelle pagine delle decine; questa numerazione non tiene conto dei due fogli presenti all’inizio del codice, indicati infatti come I e II; foliazione meccanica in cifre arabiche in basso al centro, che numera i primi due fogli 1 e 2; richiami di fascicolo collocati nell’angolo inferiore destro, sul verso del foglio, non sempre presenti forse perché rifilati; indicazioni di registro alfanumeriche sul recto al centro del margine inferiore, non sempre presenti; mm 406×283; scrittura gotica di più mani: ff. 1r-v, gotica con tendenza alla minuscola; ff. 2r-82v semigotica corsiva vergata a inchiostro grigio; ff. 83r-326r semigotica di un’altra mano, a inchiostro nero; ff. 331r-340r, scrittura testuale gotica di una terza mano, a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 260×176) su due co-

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1272

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lonne di 63 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 38; rigatura a mina di piombo quasi sempre sul recto e sul verso di ogni foglio; i ff. 326v-330v sono rigati, ma non scritti. Il codice è stato confezionato con diversi tipi di carta, come indicano le varie tipologie di filigrana: f. I, a forma di balestra, del tipo Briquet 746; ff. 1-43, 50-56 e 93-115, a forma di lettera T inscritta in una circonferenza, del tipo Briquet 9129; ff. 44-49 e 57-92, a forma di lettera A inscritta in un cerchio, del tipo Briquet 7930; ff. 116-197, a forma di fiore, del tipo Briquet 6644 e del tipo Briquet 6653; ff. 198-273 e 277-282, a forma di frecce, del tipo Briquet 6269; ff. 274-276 e 283-323, a forma di monte sormontato da una croce, del tipo Briquet 11709; ff. 324-340, a forma di lettera M, del tipo Briquet 8349 (tutte le filigrane sono assegnate all’Italia centro-settentrionale, sec. XV2-4). Ai ff. 93 e 99 sono state aggiunte, nel margine inferiore, delle strisce cartacee per poter consentire la scrittura di una glossa particolarmente lunga.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 1 iniziale decorata e uno stemma a fondo pagina; numerose lettere filigranate medie e minori in tutto il codice, alternativamente rosse e blu; segni paragrafali alternativamente rossi e blu, presenti a partire da f. 83r e frequenti fino a f. 116r; titoli correnti; glosse marginali, al f. 98v una circonda l’intero specchio scrittorio. f. 3r: iniziale S di Sanctissimo et beatissimo (mm 38×35), all’incipit dell’opera, decorata con elementi fitomorfi policromi, con fondo a foglia d’oro e doppia cornice a inchiostro, da cui nasce un fregio laterale realizzato anch’esso a inchiostro, completato da una decorazione a bottoni in lamina metallica e da un elemento floreale. Al centro del bas-de-page, è presente uno stemma cardinalizio, d’oro alla torre di nero accesa di rosso con la bordura d’azzurro a otto gigli d’oro, sormontato da galero cardinalizio, sorretto da un elemento vegetale che riprende quelli presenti nella lettera. L’unica iniziale decorata del manoscritto potrebbe essere attribuita a un miniatore romano, forse vicino a Giuliano Amidei (1446-1496); oltre allo stemma del cardinale Juan de Torquemada, tangenze con la miniatura dell’Amidei si riscontrano tra la S incipitaria di questo manoscritto, quella di Salutat vos del Ross. 1037 (f. 1r), contenente sermoni di Domenico Domenici, e la R incipitaria del De potestate papae dello stesso Domenici, ms. Vat. lat. 7628 (f. 1r), contenute in pagine di incipit entrambe attribuite da José Ruysschaert a tale artista (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 264). Lo stato di conservazione è discreto, anche se si segnalano diffuse macchie di umidità; tra il f. 82 e il f. 83, inoltre, una pagina è stata completamente strappata: entrambe le foliazioni non ne tengono conto. Il manoscritto non sembra aver subito restauri. Legatura Rossi B, in buone condizioni conservative. Sul dorso, in alto si legge IOH(ANNES) DE TURRECREMAT(A) / CAR(DINALIS) S(ANCTI) SIXTI / SVPER DECRETOS-DISTINTIONES; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Titolo trasversale sul taglio inferiore.

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ROSS. 1091-1096

1273

La Lectura super Decreto Gratiani del cardinale Juan de Torquemada (14391468) è presente nella biblioteca rossiana in cinque codici raccolti in sequenza, dal Ross. 1091 al Ross. 1095. Solo il manoscritto oggetto della scheda è tuttavia qualificato da un intervento decorativo, seppur minimo, mentre gli altri sono del tutto privi di tale caratterizzazione. È però possibile che l’intero corpus sia appartenuto al cardinale, allo stesso tempo estensore e possessore dell’opera, come indicato dallo stemma. (Bibl. Rossianae, IX, 374r-v) TIETZE, Die illuminierten, 129 nr. 279; KRISTELLER, Iter II, 468; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 354; MCCARTHY, Heraldica Collegii Cardinalium, I, 173.

EVA PONZI

Ross. 1096 (olim XI, 235) OLDRADUS (DE PONTE)

DE

LAUDE, Consilia (ff. 195-203r, tabula argumentorum)

Italia settentrionale, sec. XVin. Cart. (carta spessa e ruvida al tatto); ff. V (I cart. moderno come la controguardia), 203, V’ (V’ cart. moderno come la controguardia); foliazione manuale moderna a matita in cifre arabiche in alto a destra, che segna tutti i fogli dall’1 al 10 e che viene poi apposta solo ogni dieci fogli. Fanno eccezione i ff. 181-183 e 195, segnati; numerazione meccanica in cifre arabiche in basso al centro; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso dell’ultimo foglio, al di sotto della seconda colonna di scrittura, e sottolineati da una filigranatura; indicazioni di registro alfanumeriche presenti nell’angolo inferiore destro, sempre sul recto dei fogli, spesso rifilate, ben visibili solo ai ff. 22r-25r; mm 430×288; la scrittura va assegnata ad almeno due mani distinte: la prima, in una gotica corsiveggiante, verga i ff. 1r-193v, a inchiostro bruno molto scuro; la seconda trascrive in scrittura semigotica corsiveggiante, i ff. 195r-203r, a inchiostro bruno chiaro; specchio scrittorio (mm 278×178) su due colonne di 62 linee, con uno spazio intercolonnare di mm 27; rigatura a secco sul recto e sul verso di ogni foglio, talvolta ripassata a mina di piombo, con le righe verticali che arrivano a toccare i margini. I fogli 182, 194, 203 sono rigati, ma non scritti; filigrana a forma di leone, del tipo Briquet 10500 (Italia settentrionale sec. XV1). Ross. 1096, f. 1r

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1274

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 iniziale fitomorfa con fregio marginale zoo-fitomorfo; numerose iniziali minori alternativamente rosse e blu; segni paragrafali rossi e blu; numerazione dei capitoli nei margini, in cifre romane. f. 1r: iniziale I di In nomine domini (mm 130×35), all’incipit dell’opera, fitomorfa policroma su fondo in parte blu, con filamenti e punti bianchi, e in parte in foglia d’oro profilata in nero; la lettera costituisce un corpo unico con il fregio zoo-fitomorfo policromo (verde, azzurro, blu, rosso) con decorazioni e bottoni in lamina metallica. Nell’intreccio di foglie e racemi si scorgono, ben mimetizzate, due teste di volatili dal piumaggio celeste: una cicogna, nella parte superiore del fregio, un uccello non ben identificato nella parte inferiore. L’artefice che esegue l’unica iniziale miniata del manoscritto sembra lo stesso che realizza la lettera al f. 1r nel Ross. 1089 (cfr. scheda). Lo stato di conservazione è discreto, anche se l’intero codice è interessato da estese macchie dovute all’umidità; talvolta, infatti, sono visibili importanti zone scure che, estendendosi dai margini, arrivano a lambire perfino lo specchio scrittorio, pur non arrecando danno alla leggibilità della scrittura. I ff. 44-45 sono interessati da uno strappo che percorre la pagina dal margine laterale esterno, per buona parte del foglio. Il codice non sembra essere stato oggetto di restauri. Legatura Rossi B con problemi conservativi sul dorso, che risulta non più adeso alla compagine dei fascicoli, tanto che si è reso necessario proteggere il codice con una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge: OLDRADI DE LAUDE / CONSILIA; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XIV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). (Bibl. Rossianae, IX, 380r) TIETZE, Die illuminierten, 91 nr. 143.

EVA PONZI

Ross. 1101 (olim XI, 240) IACOBUS

DE

FILIPPO, Farmacopea

Italia centrale (area adriatica), sec. XV (d.to 1479) (f. 208r) colophon: 1479, finis XIII marcii, Ambrosius Ritter (f. 239v) colophon: Finito el libro a magistro Iachamo Sychali de Montecausario a di XXII de quatragesima nel 1479 nel castro overo roccha del sopra scripto castello. Ambrosius Warenhauser de Ingolstavia

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ROSS. 1096-1101

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Cart. (carta consistente, ma morbida al tatto); ff. V (I in cartoncino bianco, come la controguardia; II-V cart. di restauro), 245, V’ (I’-IV’ cart. di restauro; V’ in cartoncino bianco, come la controguardia); foliazione antica ma non contemporanea alla stesura del testo, in cifre arabiche in alto a destra a inchiostro ocra, spesso resecata, che non tiene conto di quello che ora è indicato come foglio 1 dalla foliazione meccanica; foliazione manuale moderna in alto a destra in cifre arabiche a matita: anch’essa non tiene conto del foglio 1; foliazione meccanica in cifre arabiche in basso a destra che indica non solo il foglio 1, ma conteggia anche i fogli di guardia (ff. 246-248); richiami di fascicolo collocati, nel margine inferiore, all’interno di un filatterio; presenza di lettere in sequenza, dal f. 3r al f. 190r, collocate sempre sul recto del foglio, nel margine superiore, realizzate con inchiostri di diversi colori; mm 204×139; scrittura umanistica corsiva di una sola mano a inchiostro bruno scuro; specchio scrittorio Ross. 1101, f. 2r (mm 146×90) a piena pagina di 27 linee di scrittura; rigatura a mina di piombo, non sempre visibile, sul recto e sul verso di ogni foglio, con le righe che inquadrano lo specchio scrittorio e giungono a toccare i margini del foglio; sono rigati ma non scritti i ff. 240-241 (in realtà ai ff. 240v-241r una mano più recente ha vergato quello che sembra un elenco di prodotti per la farmacopea), sono completamente bianchi i ff. 242-245. Sono infine presenti due tipi di filigrane, entrambe a forma di mano dal palmo aperto (ff. 1-33 e ff. 143-245; ff. 134-143), che non è stato possibile individuare nel repertorio Briquet.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 2 disegni realizzati con inchiostro color ocra; 1 iniziale decorata; numerose iniziali calligrafiche verdi e ocra (colori forse conseguenza di uno sbiadimento rispettivamente del blu e del rosso); letterine rilevate in giallo; incipit, explicit e titoli rubricati; maniculae; talvolta glosse marginali; i fogli sono spesso arricchiti dalla presenza di disegni, a carattere estemporaneo, che ritraggono animali o raffigurano contenitori, come ad esempio albarelli, sempre in margine al foglio e sempre eseguiti a inchiostro; è molto probabile che la loro funzione sia di ausilio alla lettura, permettendo la visualizzazione immediata di determinati passaggi nel testo; al foglio 165r un capolettera è stato decorato con il disegno stilizzato di un fiore e del sole. f. 1r:

è posto in apertura all’opera il primo dei due disegni che corredano il codice (mm 170×140): su un tavolo cosparso di ampolle, provette e contenitori dalle forme e dalle dimensioni più disparate, è raffigurato un personaggio, stante e abbigliato da speziale. Ha le spalle coperte da un lungo manto e porta al collo una collana di vistosi grani. Il personaggio è rap-

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1276

f. 2r:

f. 21r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

presentato mentre indica con la mano destra il filatterio che un lungo serpente gli sta mostrando e con la sinistra stringe un mortaio, oggetto che torna come attributo del giovane inginocchiato davanti al tavolo, colto nell’atto di porgere il contenitore, peraltro vistoso, allo speziale-maestro. Il piano è inoltre utilizzato come base di un vessillo rettangolare, istoriato con uno stemma a tre gigli, 1 sormontato da una corona e circondato da quattro stelle mentre in basso, a destra e a sinistra, sono presenti la luna e il sole. Nel margine superiore, a destra, si può leggere un ex libris: Ex libris Mss. Advoc. Aug. Mariotti Rom. l’apertura dell’opera è sottolineata dalla presenza di un’immagine acquerellata (mm 109×111) che raffigura uno speziale, ancora una volta in piedi su un tavolo, come già visto al f. 1r. Anche questa mensa, come la precedente, accoglie libri, barattoli e sacchi aperti che mettono in mostra le pozioni in essi contenute; lo speziale stringe nella mano sinistra un contenitore sul quale è stata vergata una sequenza numerica (1 3 9 5 7 2), mentre con l’altra indica il barattolo. Il personaggio è vestito di una calzamaglia caratterizzata da una tripartizione e qualificata da colori diversi: una gamba è infatti avvolta da stoffa in tinta unita e l’altra è coperta da una doppia qualità di panno, con una fantasia a righe bianche e rosse fino al ginocchio e di colore verde nella parte inferiore dell’arto; completa l’abbigliamento un piccolo sacchetto legato alla vita. Intorno alla testa dell’uomo si dispongono le lettere B P M F, vergate in capitale e, come per la sequenza numerica sopra citata, di difficile interpretazione. Un ulteriore elemento che accomuna tale disegno a quello realizzato al f. 1r è la presenza di una sorta di stendardo, in questo secondo caso però assai ricco di particolari. Al suo interno si può riconoscere lo stemma papale della Rovere e lo schizzo di un Cristo risorto, seduto sul sepolcro a mostrare la croce-vessillo. Un secondo stemma, forse decorato con un’aquila bicipite, lascia solo intravedere tracce di insegne regali. Il resto della figurazione è di difficoltosa decifrazione, dal momento che il disegno, quasi uno schizzo, è di dimensioni assai ridotte ed eseguito in modo compendiario. Si riconosce una ruota, da identificare probabilmente con quella della Fortuna, alla quale si appoggiano quattro animali (conigli o cani dalle orecchie smisuratamente lunghe), posti nelle quattro direzioni dello spazio. La ruota sembra poggiare su un manto erboso che ospita altre due presenze dalla forma indefinita, come anche indefinite sono le due figurazioni situate tra la ruota e il Cristo risorto. In alto, è stata vergata l’indicazione 1479 XII februarii. Io sono degnissimo magistro e facto cavaliero. È presente infine una rubrica, in parte rifilata e poco leggibile a causa della sua posizione, poiché si trova al di sotto del disegno del maestro-speziale e l’inchiostro inoltre risulta molto sbiadito. iniziale A di Aquila et de li uccelli (mm 22×25), all’incipit della sezione ri-

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ROSS. 1101

f. 166r:

f. 190r:

f. 190v:

f. 208v:

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guardante tale animale, che difatti è decorata con l’immagine di un’aquila ad ali spiegate, quasi a richiamare un simbolo araldico, tutto eseguito a inchiostro nero, mentre il corpo della lettera è verde e su un fondo colorato con un tenue giallo. accanto all’iniziale minore S di Sena, realizzata a inchiostro, compare il disegno (mm 58×15) di un vessillo retto da una mano e ripartito in quattro quadranti: il I e il III sono caratterizzati dalla presenza di una piccola biscia, mentre nel II e nel IV è presente un’aquila araldica, con capo di profilo ed entrambe le ali spiegate. qualificato nuovamente dalla presenza dello stesso personaggio incontrato al f. 1r; egli si trova ancora in piedi sul tavolo e abbigliato con le stesse vesti, a eccezione del berretto piatto. L’uomo sembra indicare le linee rubricate al suo fianco. l’incipit di un nuovo libro è segnalato dal disegno di un codice chiuso (mm 15×50), nel margine superiore e rifilato in parte insieme a esso, all’interno si può leggere 2° Papia, con probabile riferimento ai contenuti del libro. La pagina è ornata, come già a f. 21r, dall’iniziale A di Aquila (mm 42×34), acquerellata e posta su una base a piccoli gradini arricchita dalla presenza di una sorta di fuoco acceso. La lettera è accompagnata da uno stendardo, retto in basso da una mano, e che mostra uno stemma, sormontato da una corona con un’aquila bifronte ad ali spiegate e a un’unica coda; sul tutto un globo tripartito. la pagina è costruita secondo le medesime modalità descritte per il f. 190v, con la sola distinzione che riguarda l’incipit di un nuovo libro, segnalato come 2° Lactantio, forse in riferimento al De opificio Dei di Lattanzio, probabilmente altra fonte per la compilazione del testo della farmacopea.

L’apparato figurativo viene assegnato a un artista tedesco da Loren MacKinney (MACKINNEY, Medical Illustrations 1965, 177), che tuttavia non propone alcun confronto utile a definire con maggiore precisione l’origine dell’apparato illustrativo. La ricerca sui più diffusi repertori di araldica non ha inoltre fornito spunti per l’identificazione degli stemmi e delle imprese presenti nel codice, spesso tracciate in modo veloce e compendiario, tanto da rendere difficoltoso anche il riconoscimento dei singoli elementi. Certo è che tale identificazione potrebbe essere risolutiva per una più completa definizione delle coordinate topiche e croniche del manoscritto. Nell’explicit a f. 239v è citata la località di Montecausario, la moderna Montecosaro in provincia di Macerata, che suggerirebbe una provenienza dall’area adriatica e che potrebbe spiegare i contatti con miniatori di origine tedesca. Lo stato di conservazione risulta discreto, anche se sono presenti sporadiche macchie di umidità nei margini dei fogli; il manoscritto, in ogni caso, non sembra aver subito restauri.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi B, in buone condizioni. Sul dorso, in alto si legge: IACOPO DI FILIPPO / FARMACOPEA; in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / DELL’ANNO 1479. (Bibl. Rossianae, IX, 385r-v) TIETZE, Die illuminierten, 16-17 nr. 27; MACKINNEY, Medical Illustrations 1959, 17; MACKINNEY, Medical Illustrations 1965, 177; KRISTELLER, Iter II, 468.

EVA PONZI Ross. 1115 (olim XI, 254) LAURENTIUS AMOLINUS RHODIGINUS, De syllogismo resolutorio Veneto, sec. XVex. (d.to Padova 1495) (f. 1r) dedica: Laurentius Amolinus Rhodiginus carissimo sacrae paginae illustratori Iacobo Bonacursio Rhodigino, viro primario in Minorum religione S. P. D. Cart. (carta spessa e ruvida al tatto); ff. VIII (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VIII cart. moderni), 42, VIII’ (I’-VII’ cart. moderni; VIII’ in cartoncino blu al pari della controguardia); numerazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso a destra, appena sotto lo specchio scrittorio, vergati in senso verticale; mm 205×150; scrittura umanistica corsiva di una sola mano a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 130×88) a piena pagina di 20 linee di scrittura; rigatura a secco talvolta sul recto e talvolta sul verso del foglio. Il codice è assemblato con diverse tipologie di carta, come indica la varietà di filigrane: ff. 1-5, ff. 9-21 a forma di bilancia (vicina ai tipi Briquet 2505 o 2509, Italia settentrionale, area tedesca, sec. XV4); ff. 68, ff. 29-42 a forma di uccello (vicina al tipo Briquet 12188, Italia settentrionale, sec. XV4); ff. 22-28 a forma di corona, di un tipo non identificato.

Ross. 1115, f. 1r

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 2 iniziali maggiori decorate con elementi vegetali; iniziali calligrafiche a inchiostro alternativamente rosso e blu; intestazioni dei libri rubricate; indicazioni rubricate dei capitoli. Le iniziali maggiori (mm 23×18) sono collocate ai ff. 1r e 9r; entrambe le lettere sono della stessa tipologia: decorate con elementi fitormorfi, realizzate su un campo in foglia d’oro riquadrato con un leggero inchiostro bruno. Al f. 1r, l’iniziale Q di Quod nos hoc, all’incipit del codice, ha il corpo

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ROSS. 1101-1117

1279

campito in viola, arricchito di punti e filamenti bianchi, mentre il colore dell’iniziale F di Facturi compendium al f. 9r e all’incipit dell’opera, è andato completamente perduto, anche se alcune tracce cromatiche potrebbero far pensare a una stesura in blu o in verde. Il codice non appare in buone condizioni conservative, in primo luogo per i problemi che interessano la legatura (cfr. infra) e poi per l’irregolarità (una sorta di ‘sfrangiatura’) rilevata nel margine inferiore dei primi otto fogli del manoscritto. Si segnalano inoltre numerose macchie di umidità e la presenza di zone dall’aspetto più scuro, fenomeno visibile soprattutto nell’iniziale F del f. 9r; non mancano, infine, fori dovuti all’azione dei tarli. Il manoscritto non sembra essere stato sottoposto a restauri. Legatura Rossi A, protetta da una sovraccoperta di cartoncino blu a causa dello stato di conservazione non buono: i problemi interessano in particolar modo la compagine dei fascicoli, che risulta scarsamente solidale con il dorso del manoscritto. Su di esso, in alto si legge LAURH(ENTI) AMOL(INI) / PHILO(SOPHIA) VARIA; in basso COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. A f. 3r si può leggere l’indicazione Vale. Patavy(ne) MCCCCLXXXXV, che sembra ricondurre all’ambito di produzione del manoscritto. Le due iniziali che costituiscono l’apparato decorativo ricordano, ma a un livello esecutivo di molto inferiore, quelle in auge nei decenni precedenti in ambito padovano, le cosiddette litterae mantinianae su fondo a campitura monocroma o in foglia d’oro, intrecciate talvolta a racemi o a elementi fitomorfi, che non modificano la forma della lettera. (Bibl. Rossianae, IX, 405r) EVA PONZI

Ross. 1117 (olim XI, 256) FELICE FELICIANO, Silloge poetica Italia settentrionale, sec. XVex. Cart. (carta di buona qualità, liscia al tatto)/membr. (cinque bifogli in pergamena di buona qualità, molto sottile e ben lavorata, che corrispondono ai ff. 1, 20, 21, 32, 43, 64, 74, 85, 93, 107); ff. VII (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VII cart. moderni), 107, VII’ (I’-VI’ cart. moderni; VII’ in cartoncino blu, al pari delle controguardie); foliazione manuale in cifre arabiche a matita in alto a destra, che numera il primo foglio 12 e così fino alla fine; accanto o al disotto di questa numerazione se ne scorge una antica, ma forse non contemporanea alla scrittura, in cifre arabiche e a inchiostro ocra, spesso rifilata, visibile a partire dal f. 2 (indicato come 13); le due numerazioni si sfalsano a partire dal foglio segnato 72; foliazione moderna in cifre arabiche a matita in basso a destra che conta i fogli quanti sono ora effettivamente, indica il f. 1 e poi proseguendo ogni dieci fogli (nota: da questo momen-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

to, la prima cifra indicherà il numero del foglio reale, mentre la seconda sarà quella indicata a matita sul foglio stesso); assenti i richiami di fascicolo; mm 193×131; scrittura corsiva umanistica di una sola mano a inchiostri nero, rosso e blu; specchio scrittorio (mm 81×81) a piena pagina su 14 linee di scrittura; rigatura a inchiostro ocra per le righe orizzontali e a secco per quelle verticali, talvolta ripassate a matita, sul recto e sul verso di ogni foglio; f. 33v, membranaceo, anepigrafo. Filigrana a forma di monte, non identificabile nel repertorio Briquet.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 2 iniziali maggiori (mm 73×99), eseguite sul primo foglio membranaceo; 2 pagine di incipit. I ff. 14v (28v), 27v (41v), 42r (57r), 55r (70r) sono qualificati, nel margine superiore, dal disegno di una corona eseguita a inchiostri ocra e bruno e corRoss. 1117, f. 21r redata talvolta dalla parola amor; ai ff. 19v (33v), 28v (42v), 45v (61v), 56v (72v), è invece presente, nel margine inferiore, il disegno di una corona di foglie. Maniculae ricorrono in tutto il codice, mentre solo in alcuni fogli sono visibili filatteri di colore rosso vivo, sempre collocati nel margine superiore. Si discosta da tale modello quello a f. 37v (52v), eseguito nel margine inferiore con inchiostri rosso, ocra chiara e ocra scura e che contiene il primo verso della poesia Tempo verà che te pentirai. Ai ff. 54v-56v (70v-72v), iniziali S di Se tu te meti, S di Sai tu; O di Ove i labri; A di Aiutami ormai; A di Aime ch’io; R di Rengratiarti non; I di Io priego), f. 60v (75v), iniziale G di Gentil madona, f. 61v (76v), iniziale S di Se non mi, sono state realizzate iniziali medie dalle sembianze di serpente o di piccoli draghi alati. Il f. 1r (12r) mostra volute vegetali dai toni del marrone, utilizzati per sottolineare la parola FINIS. Concorre infine ad arricchire la facies decorativa del manoscritto un’ulteriore scelta dello scriptor: i componimenti sono vergati sia in inchiostro nero sia in rosso e, in alcuni casi, egli si serve anche dell’alternanza di linee di scrittura di un colore e di linee di scrittura dell’altro; è stato talvolta utilizzato l’inchiostro blu; f. 107v, probatio calami lungo il margine esterno e in parte di quello inferiore. f. I:

iniziale O di Ove, all’incipit del componimento di Giorgio Sommariva Ove (sic Ov’è) la sacra efigie; la lettera è realizzata in foglia d’oro e si intreccia a un disegno geometrico fatto di losanghe a loro volta intrecciate, che prendono vita da due fogliette di profilo che completano ai lati la decorazione. Tale gioco decorativo, che si arricchisce per la presenza di fiori a quattro petali che vanno a riempire gli spazi vuoti creati dall’intreccio, è tutto bilanciato sui toni del viola.

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ROSS. 1117

1281

L’iniziale non è l’unico elemento decorativo della pagina di incipit, che è qualificata sia da tre linee di scrittura distintiva in capitale, enfatizzata dall’alternarsi di inchiostri rossi e blu, sia dalla presenza di foglioline, che richiamano anch’esse il gioco cromatico della scrittura. La decorazione, infine, è realizzata su una sorta di toppa mobile di pergamena, della misura sufficiente ad accogliere la lettera e le prime linee di scrittura sul recto, mentre sul verso prosegue il componimento poetico. f. 21r (35r): iniziale R di Rota, all’incipit del sonetto petrarchesco Rota (sic Rotta) e (sic è) l’alta colona el verde lauro, realizzata in foglia d’oro; la tipologia della lettera è la stessa di quella descritta per il f. I, anche se in questo caso i colori utilizzati sono il giallo e il bruno. Le quattro fogliette di profilo, come nell’iniziale sopra descritta, sono gli altrettanti punti di origine della decorazione a intreccio. Come per il foglio precedente, anche in questo caso l’apparato decorativo della pagina prevede la presenza di tre linee di scrittura capitale, vergate con inchiostri rosso e blu, e di foglioline stilizzate. Il Ross. 1117 è un’antologia poetica raccolta da Felice Feliciano (1433-1479 ca.) intorno alla metà del secolo XV; si ipotizza infatti una data di esecuzione del codice intorno al decennio 1460-1470 (COMBONI, Una nuova antologia poetica, 172). Secondo Andrea Comboni, che porta come prova della sua affermazione le forme peculiari della grafia dell’umanista e la caratteristica decorazione a nastri intrecciati e bicromi, il manoscritto deve essere «uscito dall’insigne scrittoio di Felice Feliciano», (COMBONI, Una nuova antologia poetica, 168). Motivi tipici della mise-en-page felicianesca sono infatti le foglioline, le corone, l’alternarsi di linee di scrittura vergate con inchiostri diversi, oltre che l’impiego di fascicoli dalla composizione mista carta e pergamena. Comboni (COMBONI, Una nuova antologia poetica, 169) propone inoltre un’analisi particolareggiata dei diversi componimenti poetici tramandati dal codice e individua gli autori di queste rime, tra i quali compaiono Dante, Francesco Petrarca, Giorgio Sommariva, il Burchiello, Cecco d’Ascoli, Fazio degli Uberti e altri. Questa è poi una raccolta che prevede anche la presenza di poeti veneti quattrocenteschi, come il Sommariva o Leonardo Montagna, ma anche padovani, ad esempio Domizio Borcardo. Tali componimenti sono raccolti in tre sezioni, con la prima che raggruppa i sonetti, la seconda che è costituita dagli strambotti, mentre la terza alterna differenti forme metriche; si potrebbe poi individuare una sottosezione, fatta solo di testi dialettali (COMBONI, Una nuova antologia poetica, 169). Lo studioso ipotizza anche una correlazione tra il Ross. 1117 e il codice Ottelio della Biblioteca comunale di Udine (ms. 10), sia per la presenza nel manoscritto vaticano dei sonetti in dialetto sia per il fatto che 95 rime individuate nel Ross. 1117 sono presenti pure nel codice friulano. Andrea Comboni (COMBONI, Una nuova antologia poetica, 174) suggerisce infine l’idea che il manoscritto vaticano possa essere il perduto codice di rime appartenuto alla Biblioteca Saibante di Verona (ms. 494), di cui è rimasta la descrizione di Ottavio Arlecchi nel catalogo dei codici della biblioteca da lui compilato; evi-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

dentemente dopo la dispersione della raccolta è stato poi acquistato dal de Rossi. Nel panorama di studiosi che si sono occupati del Ross. 1117 e che sono concordi nell’inserire il manoscritto nel catalogo delle opere di Felice Feliciano, vi è un voce, quella di Gemma Guerrini, che si discosta dalle tesi appena riportate. Ella infatti sostiene che, grazie all’esame paleografico, si possa giungere a una datazione più precisa ed eliminare dal corpus dei codici quattrocenteschi del Feliciano il manoscritto conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana, assegnabile «senz’altro al secolo XVI» (GUERRINI, Sistema, 125). A proposito della produzione di Felice Feliciano, cfr. scheda del Ross. 35. Al momento dell’indagine autoptica sul manoscritto, esso versava in pessime condizioni conservative, tanto che tra la copertina e il primo foglio di guardia era stata inserita l’avvertenza di consultare il codice con estrema cautela e la comunicazione che sarebbe stato restaurato in tempi brevi. Il pericolo maggiore era infatti quello dello smarrimento dei fogli, tanto i fascicoli erano precari, oltre al fatto che i f. 14 (28), f. 61 (76), f. 67 (82), f. 71 (86) erano stati risarciti, per una buona metà, con l’impiego di spessa carta bianca. Erano infine presenti numerose macchie di umidità. Durante i primi mesi del 2007 è stato eseguito un intervento conservativo a opera del Laboratorio di restauro della Biblioteca (sul contropiatto posteriore, in basso a destra, è stata applicata la targhetta con la scritta: Bibl. Apost. Vat. Laboratorio di restauro. Registro n° 8. Data: 16 feb. 2007). Il manoscritto è stato dotato di una nuova cucitura dei fascicoli ed è stato rifatto il capitello. La carta di risarcimento è stata sostituita con nuova carta chiara e dello stesso spessore del supporto cartaceo originario. Legatura Rossi A, in pessime condizioni, il dorso soprattutto mostrava diversi problemi di conservazione, si era quindi resa necessaria la presenza di una sovraccoperta di cartoncino blu. Sul dorso, in alto, si legge GIORGIO / SOMMAR(IVA) / RIME; in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. In apertura del codice era presente un inserto cartaceo vergato in un’italica moderna, a matita, con l’indicazione: Summariva Giorgio, V. Maffei, Verona illustrata parte II c. 133, che dopo il restauro è stato assicurato alla legatura con un prolungamento cartaceo. Al f. 96v (118v) compare la data 1459, apposta dalla stessa mano, moderna ma non contemporanea alla stesura del testo. (Bibl. Rossianae, IX, 407r-v) TIETZE, Die illuminierten, 162 nr. 355; PELLEGRIN, Manuscrits, 123; GUERRINI, Sistema, 125; QUAQUARELLI, Intendendo, 180-181; COMBONI, Una nuova antologia poetica, 168-176; CONTÒ, Petrarca, Verona, 208, 225, 226-227; MONTECCHI, Lo spazio, n. 272; QUAQUARELLI, Felice Feliciano, n. 148; CERESA, Bibliografia 1998, 383; CERESA, Bibliografia 2005, 482.

EVA PONZI

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ROSS. 1131

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Ross. 1131 (olim XI, 270) DOMENICO CAVALCA, Specchio di Croce Italia centro-settentrionale, sec. XV1-2 Cart. (carta consistente, ma liscia al tatto); ff. IX (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VIII cart. di restauro; IX membr. di spessa pergamena, dal lato pelo), 100, VIII’ (I’-VII’ cart. moderni; VIII’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); volgare; foliazione manuale moderna in cifre arabiche a matita in alto a destra, in tutte le pagine; si può talvolta intravedere un’altra numerazione, in cifre arabiche a inchiostro ocra in alto a destra, antica ma non contemporanea alla stesura del testo; richiami di fascicolo sul verso del foglio, al centro del margine inferiore; mm 210×150; scrittura minuscola di transizione (preumanistica), con qualche elemento corsiveggiante, vergata da una sola mano a inchiostro Ross. 1131, f. 1r bruno; specchio scrittorio (mm 135×100) di 30 linee; rigatura a matita per le righe verticali, a inchiostro ocra per quelle orizzontali, non sempre visibile, sul recto e sul verso di ogni foglio, con le righe verticali che giungono a toccare i margini; i ff. 51, 99-100 sono rigati ma non scritti; filigrana a forma di bucranio che tiene una freccia in bocca, del tipo Briquet 14871 (Italia settentrionale, sec. XV2).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale fitomorfa; 1 fregio; numerosi capilettera filigranati; letterine rilevate in giallo; titoli e numerazione dei capitoli rubricati. f. 1r: iniziale N di Narra el sancto evangelio (mm 25×25), all’incipit dell’opera, fitomorfa e di colore viola arricchita da filamenti e puntini bianchi, realizzata su campo in foglia d’oro riquadrato in nero; la lamina metallica è impiegata anche nei bottoni che completano la decorazione del fregio laterale, pure fitomorfo e policromo (verde, viola e grigio), che qualifica circa un terzo del margine interno. Sul fondo interno la croce issata sul Golgota (in riferimento, a evidenza, alla Crocifissione), eseguita in color ocra rosato su una campitura blu a filamenti e puntini bianchi. Nel margine superiore è vergata una nota di possesso, ex libris Sancti Eusebii de Urbe. Lo stato di conservazione è discreto, anche se tutto il codice è interessato da macchie scure di umidità e i ff. 18-20 sono stati risarciti con degli estesi inserti di carta pesante, nel margine inferiore, facendo perdere circa metà dell’ultima linea di scrittura di ogni foglio; in alcuni punti, inoltre, i fascicoli risultano completamente squadernati.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Legatura Rossi A, in buono stato anche se dotata di una sovraccoperta blu. Sul dorso, in alto, si legge: CAVALCA / SPECCHIO DI CROCE; in basso, COD(EX) CHART(ACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Al f. 100v si può leggere un ulteriore ex libris: Misser Angilo della magna cita de Bressa, con un’altra mano che aggiunge de Bevilaquis… da Bagniollo. Poiché l’apparato decorativo del manoscritto è costituito esclusivamente dall’iniziale maggiore, è solo possibile suggerire l’ambito di provenienza del codice. Esso può essere forse stato prodotto da una bottega dell’Italia settentrionale, come sembrerebbe indicare la natura del fregio marginale, ad ampi elementi fitomorfi percorsi da una linea di colore giallo o bianco per metterne in risalto il profilo. Il f. I è membranaceo e sul recto si intravede, realizzato a inchiostro nero, il disegno di due figure umane: della prima è ben visibile il capo e parte del busto, forse nudo, con le braccia incrociate davanti al petto. L’uomo ha i capelli lunghi e sembra barbato, inoltre ha una sorta di copricapo circolare (un nimbo molto elaborato?). In secondo piano, l’altra figura maschile, di cui si vede bene il viso, forse nella stessa postura della prima, è anch’essa barbata e con i capelli lunghi e come la prima indossa un copricapo circolare. Il foglio è segnato, in basso, 208, in cifre arabiche e a inchiostro bruno con una scrittura già moderna. Sul verso del foglio, lato carne, una mano corsiva umanistica a inchiostro nero, ha vergato l’Epistola Petri Damiani. (Bibl. Rossianae, IX, 435r-v) TIETZE, Die illuminierten, 98 nr. 172.

EVA PONZI

Ross. 1150-1154 (olim XI, 289-293) I manoscritti del fondo Rossiano 1150-1154 costituiscono un insieme di cinque codici contenente l’opera di Antonio da Budrio, Lectura super V libris Decretalium. Di questi volumi soltanto i codici Ross. 1152, 1153 e 1154 presentano una decorazione significativa. I tre codici analizzati presentano forti analogie nel formato, nel tipo di supporto e nell’impostazione della pagina, mentre hanno differenze nella decorazione e nel tipo di scrittura. Tutti e tre presentano una decorazione propria dell’Italia settentrionale; il Ross. 1152 ha un’ornamentazione in cui si riscontra una certa influenza francese che potrebbe legarlo alla produzione lombarda, mentre gli altri due codici sembrano più vincolati alle tradizionali scuole di produzione di codici giuridici, come quelle padovana e bolognese. Per quanto riguarda la scrittura, il Ross. 1154 presenta una littera gotica rotonda di chiara ispirazione bolognese. Possiamo dedurre che la realizzazione dell’opera fu affidata a diversi ate-

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ROSS. 1131-1152

lier contemporaneamente allo scopo di finire il lavoro in tempi brevi, da cui le diversità stilistiche e il fatto che gli altri due codici non analizzati – i Ross. 1150 e 1151 – abbiano una decorazione grafica filigranata semplice. Tutti i codici facevano parte della Biblioteca del cardinale Domenico Capranica (m. 1458). MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 1152 (olim XI, 291) ANTONIUS DE BUTRIO, Lectura super V libris Decretalium, tomo III: Lectura super libro II, Tit. 19-30 Italia settentrionale (Milano? Pavia?), secc. XIVex.-XVin. Cart.; ff. V (cart. di restauro), 308, V’ (cart. di restauro); ff. 245v-246r in bianco; numerazione meccanica moderna, in cifre arabe, al centro del margine inferiore, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che indica i fogli delle decine (a eccezione dei ff. 242, 245-252, 308 che sono invece numerati); a inchiostro più chiaro sono segnati in alto a destra i titoli dei capitoli. Segnatura alfanumerica nel centro del margine inferiore, nel recto dei fogli, persa in gran parte a causa della rifilatura. Fascicolazione regolare a quinterni (a eccezione di un senione, ff. 231-242 e di un ternione ff. 303-308), richiami orizzontali in basso a destra; mm 428×301 (f. 27r); specchio di scrittura (mm 270×170, f. 60v) a due colonne di 60 linee (spazio intercolonnare mm 14). Scrittura minuscola preumanistica a inchiostro bruno, ricca di abbreviazioni; rigatura alla mina. Note e annotazioni marginali. Lettere guida all’interno delle iniziali (per es. f. 64r, lettera D).

Pagina d’incipit con un’iniziale capitale U (mm 47×40); numerose iniziali semplici a penna in rosso e in blu di media grandezza all’inizio dei capitoli; piè di mosca in rosso e in blu; rubriche in rosso. f. 1r: iniziale U di Usso de confessionibus, in apertura dell’opera, fitomorfa. Il corpo della lettera è in lamina d’oro posta su di un campo blu – ad acquerello –, recante all’interno un tralcio vegetale con foglie trilobe; della stessa tipologia sono i tralci di foglie trilobe in rosso e blu che

Ross. 1152, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

partono dagli estremi superiore e inferiore della lettera, sviluppandosi nel margine interno del foglio. L’ornamentazione essenziale del codice non ci offre molti elementi per avanzare ipotesi definitive; tuttavia è evidente il carattere francesizzante della decorazione come ad esempio nel caso dei tralci vegetali allungati, che denotano l’imitazione diretta degli ornati consueti ai miniatori francesi. Nella miniatura di scuola lombarda si incontra, già a fine Trecento, il gusto per l’arte boema e francese, che continuerà ancora nei primi anni del Quattrocento. Frutto di questa influenza franco-fiamminga saranno i bordi vegetali con elementi floreali, caratterizzati da una particolare ricerca di regolarità e di equilibrio. Il codice in esame presenta elementi in comune con la decorazione marginale che si trova attestata in diversi codici di scuola lombarda, tra cui il Breviario di Maria di Savoia (Chambèry, Bibliothèque municipale, ms. 4; CAPPUGI, L’«Inferno», fig. 3) o altri codici conservati presso la Bibliothèque nationale de France di Parigi, come il manoscritto Smith-Lesouëff 22 o il manoscritto lat. 6540 (Manuscrits enluminès d’origine italienne III, 177-178, nr. 33, pl. 152-159; nr. 42, pl. 179 e 192). Lo stato di conservazione del manoscritto appare discreto, con molte macchie d’umidità nel margine superiore che hanno causato danni anche alla scrittura. La legatura Rossi B è in discrete condizioni di conservazione. Legatura in mezza pelle marrone con angoli e dorso decorati con motivi impressi a secco e in oro; quadranti ricoperti in tela di colore marrone. In alto si legge ANT(ONII) DE BUTRIO / SUPER / SEC(UNDAM) PAR(TEM) / DECRETALIUM / LECTURE; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XIV. La legatura è protetta da una fodera moderna in carta di colore grigio. (Bibl. Rossianae, IX, 469r-v) TIETZE, Die illuminierten, 93 nr. 149; GUIZARD, Codices manu scripti, 25.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 1153 (olim XI, 292) ANTONIUS DE BUTRIO, Lectura super V libris Decretalium, tomo IV: Lectura super libro III (ff. 1r-379v); Repetitio cum consultationibus (ff. 380r-394r) Padova, secc. XIVex.-XVin. Cart.; ff. V (cart. di restauro), 396, V’ (cart. di restauro); ff. 296r-v in bianco; numerazione meccanica moderna, in cifre arabe, al centro del margine inferiore, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, nei ff. 1-10, mancante a partire dal f. 11 per continuare indicando i fogli delle decine fino al 380 (a eccezione dei ff. 288-289, 296-299, 395 e 396, questi ultimi numerati erroneamente a matita 394 e 395 rispettivamente; numerazione meccanica corretta); mm 435×301; specchio di scrittura (mm 280×175, f. 20r) a due colon-

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ROSS. 1152-1153

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ne di 60 linee (spazio intercolonnare mm 28). Segnatura alfanumerica nell’angolo inferiore destro, non sempre presente; richiami orizzontali nel centro del margine inferiore, richiamo incorniciato con un disegno in inchiostro rosso (f. 60v, f. 90v); nel margine superiore, a destra, sono vergati i titoli dei capitoli; fascicolazione regolare a quinterni (a eccezione di un quaternione, ff. 289-297); scrittura semigotica di modulo piccolo a inchiostro bruno; rigatura alla mina. Note e annotazioni marginali. Scrittura preumanistica di diverse mani. Cambio d’inchiostro: nel f. 61r diventa più scuro. Lettere guida all’interno delle iniziali (per es. f. 103v, lettera C).

Pagina iniziale con cornice vegetale su quattro margini decorata con lo stemma del cardinale Firmano e 1 iniziale maggiore C, istoriata (f. 1r). La metà superiore del foglio è lasciata in bianco, forse in previsione dell’inserimento di una miniatura di fatto però mai eseguita; Ross. 1153, f. 1r numerose iniziali filigranate a penna in rosso e in blu di media grandezza, all’inizio dei capitoli; segni di paragrafo in rosso e in blu. f. 1r:

fregio vegetale a eleganti volute fogliacee – verdi, blu, rosse e rosa – poste su lamina d’oro o campi blu con decorazione a biacca, il tutto incorniciato da bottoni dorati; nel bas-de-page cartella polilobata con lo stemma del cardinale Domenico Capranica (m. 1458). Iniziale C di Clerici cum celebranti, in apertura dell’opera (mm 35×22), istoriata. Il corpo della lettera è in colore rosa, posto su di un campo in lamina d’oro incastonato in una linea nera di contorno. L’iniziale reca all’interno una figura a mezzo busto con un libro chiuso di colore rosso, con berretto e vesti nere e colletto di vaio. Potrebbe trattarsi della figura di un magistrato o, come appunta Tietze, di un giudice del Tribunale della Sacra Rota (TIETZE, Die illuminierten, 93 nr. 149).

L’apparato decorativo è attribuibile ad area padovana, anche se presenta notevoli somiglianze con le contemporanee proposte bolognesi. La decorazione marginale del codice, caratterizzata da intrecci fogliacei ornati da tramature a biacca, ha un sapore naturalistico proprio delle esperienze padovane di fine Trecento e primi anni del Quattrocento. In tal senso, si cfr. ad esempio il Boccaccio conservato a Padova (Padova, Biblioteca del Seminario, ms. 6, f. 18; MARIANI CANOVA, La miniatura a Padova, figg. 1, 3, 5, 6, 7) o gli Statuta del Capitolo dei canonici della cattedrale (Padova, Biblioteca capitolare, ms. D 66; Parole dipinte, 178-179 nr. 63). L’impostazione della pagina e la figura del magistrato nell’iniziale seguono la tradizione delle opere giuridiche di ampia produzione in ambito padovano e bolognese.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Lo stato di conservazione del manoscritto appare discreto, con molte macchie di umidità nel margine superiore, da cui derivano danni anche per la scrittura. Molto danneggiata appare anche la decorazione del f. 1r, in particolar modo il fregio vegetale che si trova nel margine superiore della pagina e che in parte è andato perduto. La legatura Rossi B è in discrete condizioni di conservazione. Legatura in mezza pelle marrone con angoli e dorso decorati con motivi impressi a secco e in oro; quadranti ricoperti in tela di colore marrone. In alto si legge ANT(ONII) DE BUTRIO / SUPER / TERT(IAM) PART(EM) / DECRETALIUM / LECTURE; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XIV EX BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. La legatura è protetta da una fodera moderna in carta di colore grigio. (Bibl. Rossianae, IX, 469r-v) TIETZE, Die illuminierten, 93 nr. 149; GUIZARD, Codices manu scripti, 25.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ Ross. 1154 (olim XI, 293) ANTONIUS DE BUTRIO, Lectura super V libris Decretalium Tomo V: Lectura super libro IV (ff. 1r-108v), V (ff. 111r-300r). Tres Repetitiones Francisci de Zabarellis (ff. 301r-320r) Bologna (?) Padova (?), secc. XIVex.-XVin.

Ross. 1154, f. 1r

Cart.; ff. V (cart. di restauro), 320, V’ (cart. di restauro); numerazione meccanica moderna (un salto di unità tra i ff. 110 e 111, ff. 303 e 304), in cifre arabe, in basso al centro, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, nei ff. 110, mancante a partire dal f. 11 (a eccezione dei ff. 108-120, 232, 313-318) per continuare indicando i fogli delle decine; mm 431×295; specchio di scrittura (mm 280×175, f. 2r) a due colonne di 65 linee (spazio intercolonnare mm 37, f. 2r); in alto a destra, vergati a inchiostro, i titoli dei capitoli; segnatura alfanumerica nell’angolo inferiore destro, non sempre presente. Fascicolazione regolare a quinterni (a eccezione di un senione, ff. 210r-221v e di un quaternione, ff. 292r-299r), richiami orizzontali nel centro del margine inferiore, rigatura alla mina di piombo. La scrittura è una gotica rotonda con elementi di littera bononiensis di diverse mani. Note e annotazioni marginali. In bianco ff. 109r-v, 110r-v, 221v (a eccezione della frase nihil deficit), 300v, 320v.

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ROSS. 1153-1154

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Pagina d’incipit con fregio a grandi foglie blu, rosso, rosa e oro e sferette in argento nel margine interno, che prende le mosse dall’iniziale M, maiuscola gotica (f. 1r). La metà superiore del foglio è lasciata in bianco, forse in previsione dell’inserzione di una miniatura, di fatto mai eseguita. Numerose iniziali semplici a penna in rosso e in blu di media grandezza all’inizio dei capitoli; pie’ di mosca in rosso e in blu; rubriche in nero. Al f. 111r, che coincide con l’inizio del libro V, è stato lasciato spazio per una miniatura, mai eseguita. f. 1r: iniziale M di Materiam libri, all’incipit di Lectura in IV libro Decretalium (mm 60×50), in apertura dell’opera, fitomorfa. Il corpo della lettera è in colore rosa, su di un campo in lamina d’oro incastonato in una spessa linea nera di contorno. L’iniziale reca all’interno un disegno a tralci vegetali su fondo blu scuro, con piccoli fregi filigranati in biacca. La miniatura comprende una cornice a motivi acantiformi in verde, blu, rosa e rosso di forte sapore naturalistico, accompagnati da sferette in argento e decorazioni a biacca. A fine Trecento e primi anni del Quattrocento questo ornato era ampiamente diffuso – tanto nei centri di produzione padovana, quanto bolognese – e da ciò deriva la difficoltà di attribuzione all’una o all’altra scuola. Si veda ad esempio il manoscritto contenente il Rituale della Cattedrale di Padova (Padova, Biblioteca capitolare, ms. B 52; Parole dipinte, 160 nr. 57), attribuibile a miniatore padovano e databile a fine XIV o inizi XV secolo, il cui ornato vegetale a grandi foglie e bottoni dorati ha peraltro molti elementi in comune con la decorazione marginale (in parte ritagliata) di una iniziale G (raff. Tutti i Santi), opera del miniatore bolognese Niccolò di Giacomo, databile agli ultimi decenni del Trecento (Miniature a Brera, 210-211 nr. 32). Lo stato di conservazione del manoscritto appare discreto, con molte macchie di umidità nel margine superiore che hanno arrecato danni anche alla scrittura. Particolarmente danneggiato appare l’apparato decorativo, soprattutto nella parte superiore del f. 1r. La legatura Rossi B è in buone condizioni di conservazione. In alto si legge ANT(ONII) DE BUTRIO / SUPER / IV ET V PART(ES) / DECRETALIUM / LECTURAE; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XIV / EX BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. La legatura è protetta da una fodera moderna in carta in colore grigio. f. 300r: In vigilia beati Io. Baptiste perfeci hos duos libros revidere (…) 1491. (Bibl. Rossianae, IX, 469r-v) TIETZE, Die illuminierten, 93 nr. 149; GUIZARD, Codices manu scripti, 25; GIRGENSOHN, Anleitungen, 533; CERESA, Bibliografia 2005, 482.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 1156 (olim X, 294b) DOMINICUS DE ARETIO, Fons memorabilium universi libri 34: Tomo II, partem IV, i.e. libros 18-29 Ferrara (?), sec. XV, prima metà Cart.; ff. VI (cart.), 380, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna al centro del margine inferiore, accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che indica i primi dodici fogli con cifre romane per continuare con cifre arabe a partire da f. 12 (numerato 1), indicando poi solo i fogli delle decine (presente però ai ff. 199, 289-310, 376); salto di numerazione da f. 290 a 301, nel f. 306r nota vide supra prod. f. 290; richiami orizzontali in basso a destra; sul margine superiore, in inchiostro rosso, numerazione corrente dei libri in cifre romane; mm 432×300 (f. 5r); segnatura alfanumerica dei fascicoli sul recto (incompleta), nell’angolo inferiore destro. Fascicolazione regolare a quinterni (fatta eccezione per un binione, ff. 251r-254v, e un ternione ff. 375380); specchio di scrittura (mm 314×200, f. 5r) a due colonne di 57 linee (spazio intercolonnaRoss. 1156, f. 11v re mm 45). Scrittura preumanistica a carattere corsiveggiante a inchiostro bruno, rubriche in scrittura umanistica; una mano per il testo, un’altra per la prefazione e gli indici; ff. Ir-v, 11r, 254r-v, 380v bianchi. Rigatura alla mina. Per Hankey (HANKEY, The Successive, 40-41) vi sono note dallo stesso cardinale Capranica (m. 1458). Nota scritta in greco a inchiostro rosso dopo l’explicit (f. 380r).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 miniatura a piena pagina in apertura del codice; da 1 iniziale maggiore in oro; iniziali capitali rubricate in rosso e blu all’inizio di ogni libro – in alcuni casi si trova il disegno a penna dell’iniziale privo del colore (f. 79v) –; iniziali rubricate in rosso e in blu decorate con filigrana del colore opposto, all’inizio dei capitoli; segni di paragrafo in rosso e in blu. f. 11v: illustrazione a piena pagina. Cristo, nimbato e con veste in rosso e blu, sorge dall’invaso superiore di una fontana a pianta poligonale. La vasca, che poggia su di un basamento a più gradini, ricorda il tipo di fontana italiana medievale (secc. XIII-XIV), e ha al centro un mascherone leonino da cui parte un corso d’acqua che poi si biforca. I cinque ruscelli che partono dalla fontana, due dei quali sono sostenuti dallo stesso Cristo, terminano in dischi di colore giallo al cui interno erano previsti i titoli delle diverse parti dell’opera. f. 12r: iniziale H di Hec est, all’inizio di De provincis et regionibus, calligrafica (60×55 mm). Corpo in lamina d’oro con disegni geometrici all’interno in rosso; i margini e la decorazione principale sono in blu.

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1291

ROSS. 1156-1157

L’immagine che illustra l’inizio di questo volume si ispira a quanto riportato dallo stesso autore, Domenico di Bandini, nell’introduzione alla sua Fons memorabilium universi (HANKEY, The Successive, 3-4). Il frontespizio rappresenta una fontana – in rapporto con il titolo dell’opera Fons mirabilium, fonte inesauribile di meraviglie – da cui partono dei ruscelli d’acqua con i titoli dei libri che compongono le cinque parti dell’opera. Il numero cinque rimanda alle cinque ferite di Cristo, che sorge dalla fontana e dirige i ruscelli. La stessa immagine si trova all’inizio del Ross. 1155 che compone l’opera insieme al Ross. 1157 e, con alcune varianti, in altri esemplari vaticani (Biblioteca Apostolica Vaticana, mss. Urb. lat. 300 e Vat. lat. 2028-2029). La scarsa qualità della rappresentazione, in cui il colore stenta a seguire il disegno, rende difficile l’attribuzione a una scuola specifica. L’uso del colore rosa nella fontana potrebbe confermare l’origine ferrarese, in accordo con il resto del codice, e anche l’immagine di Cristo e i colori blu e rosso della veste potrebbero indirizzarci a una matrice emiliana. È probabile che l’esecuzione dello schema sia stata affidata a un miniatore specializzato in questo tipo di rappresentazioni, come nel caso di altri schemi ad albero, come le Arbores consanguinitatis et affinitatis proprie dei testi giuridici (CONTI, La miniatura bolognese, 16). La fattura del resto del codice, e in particolar modo delle iniziali maggiori filigranate in rosso, blu e lamina d’oro, presenta analogie con la produzione ferrarese contemporanea, per il tipo di trattamento calligrafico e la notevole delicatezza, cfr. Guiniforte de Vicomercato, iniziale A, nel Graduale N degli Olivetani, Ferrara, Museo civico di Schifanoia (HERMANN, La miniatura estense, figg. 19, 46, 49). Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono. La legatura, Rossi B è in buone condizioni di conservazione. Legatura in mezza pelle marrone con angoli e dorso decorati con motivi impressi a secco e in oro; quadranti ricoperti in tela di colore rosso scuro. In alto si legge DOMINICI / DE / ARETIO / LIBRI XXXIV / DE / UNIVERSO / PAR(S) IV; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XIV; EX BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. (Bibl. Rossianae, IX, 475r-v) TIETZE, Die illuminierten, 123-124 nr. 150; MERCATI, Opere minori, 332; HANKEY, The Successive, 40-41; MEYER, Enzyklopädiekonzept, 237; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 355; CERESA, Bibliografia 2005, 482.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ Ross. 1157 (olim X, 294c) DOMINICUS DE ARETIO, Fons memorabilium universi, libri 34: Tomo III, partem V, i.e. libros 31-34 e Index Ferrara (?), sec. XV, prima metà Opus dedicatum est Pietro Colutio Salutato (m. 1406) Cart.; ff. VI (I-V cart. di restauro), 163, V’ (cart. di restauro); f. 11r in bianco; numerazione meccanica moderna al centro del margine inferiore, accompagnata da una numerazione,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

anch’essa moderna, a matita, che indica i primi 11 fogli con cifre romane e parte da f. VI; un’altra in cifre arabe parte da f. 12 (= 1) e arriva a f. 10, poi numera solo le decine (a eccezione dei ff. 50-62); aggiunta di un foglio (295×100 mm) dopo il f. 10, numerato 10ª; richiami orizzontali al centro del margine inferiore; sul margine superiore, in inchiostro rosso, numerazione dei libri in cifre romane e titoli correnti sull’angolo superiore destro; mm 440×300; segnatura alfanumerica dei fascicoli sul recto (incompleta), nell’angolo inferiore destro. Fascicolazione regolare a quinterni, fatta eccezione per un senione (ff. 152r-163v); specchio di scrittura mm 315×195 (f. 12r) a due colonne di 57 linee (spazio intercolonnare mm 40). Scrittura preumanistica a carattere corsiveggiante a inchiostro bruno; due mani: una per Ut evitaret (f. 1r) e l’Indice (f. 1r-v), l’altra per il resto del testo; rigatura a mina. Nota scritta in greco a inchiostro rosso dopo l’explicit (f. 163v). Diverse note in scrittura umanistica.

L’ornamentazione del codice è in gran parte simile a quella del Ross. 1156. L’apparato decorativo è costituito da 1 miniatura a piena pagina in apertura dell’opera e iniziali rubricate molto elaborate all’inizio di ogni libro in blu e rosso; iniziali rubricate in rosso e di blu decorate con filigrana del colore opposto, all’inizio dei capitoli; segni di paragrafo in rosso e in blu. Ross. 1157, f. 11v

f. 11v: illustrazione a piena pagina. Cristo, nimbato e con veste in rosso e blu, sorge dall’invaso superiore di una fontana a pianta poligonale. Cinque ruscelli partono dalla fontana, due di essi sostenuti dallo stesso Cristo, come le cinque parti dell’opera che fanno riferimento alle cinque ferite del Salvatore. Questi ruscelli terminano in una serie di dischi in cui sono inseriti i titoli dei diversi libri. f. 12r: iniziale T di Tempus erat, all’inizio di De sectis philosophorum, fitomorfa (58×67 mm); posta su di un campo in lamina d’oro, il corpo della lettera è in blu con filettature bianche e aggiunte vegetali in rosa e verde. Lo schema ad albero in apertura dell’opera è, in sintesi, uguale a quello che troviamo nel Ross. 1156. L’unica differenza è data dal fatto che in questo caso l’illustrazione è completa dei titoli dei libri, elemento che manca nell’altra immagine, incompleta. La scelta dei colori e del tipo di rappresentazione è la stessa e possiamo da ciò dedurre che il lavoro – comprendente l’illustrazione dei tre volumi (Ross. 1155-1157) –, era stato commissionato allo stesso artista. Hankey attribuisce l’inserzione dei titoli dei libri al figlio di Domenico, Lorenzo (HANKEY, The Successive, 40-41) che volle anche presentare l’opera a papa Martino V (1417-

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ROSS. 1157-1159

1431). Questi elementi, insieme al tipo di rappresentazione, alla scelta dei colori e all’impostazione, permettono di ipotizzare una datazione nella prima metà del XV secolo. La fattura del codice, soprattutto per quanto riguarda le iniziali maggiori, è di matrice ferrarese, come pure quella del Ross. 1156. Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono, a eccezione del f. 118, che risulta staccato. La legatura, Rossi B, è in buone condizioni di conservazione. In alto si legge DOMINICI / DE / ARETIO / LIBRI XXXIV / DE / UNIVERSO / PAR(S) V; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XIV; EX BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. (Bibl. Rossianae, IX, 475r-v) TIETZE, Die illuminierten, 123-124 nr. 150; MERCATI, Opere minori, 332; HANKEY, The Successive, 40-41; MEYER, Enzyklopädiekonzept, 237; BUONOCORE, Bibliografia, 670; CERESA, Bibliografia 2005, 482.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 1159 (olim XI, 94) DOMINICUS

DE

SANCTO GEMINIANO, Lectura super I parte Decreti Gratiani

Ferrara, sec. XV (ca. 1470) Cart. (filigrane tipo Briquet 4879, Ferrara, 1458, et al. senza identificazione); ff. VI (I-V cart. di restauro), 299, V’ (I’-V’ cart. di restauro); numerazione meccanica moderna al centro del margine inferiore, accompagnata da un’altra, anch’essa moderna, a lapis, che indica i primi 10 ff., poi solo quelli delle decine; richiami orizzontali in basso a destra; mm 431×289 (f. 51r); segnatura alfanumerica dei fascicoli sul recto (incompleta), nell’angolo inferiore destro. Fascicolazione regolare a quinterni, il bifoglio centrale d’ogni fascicolo è rinforzato con strisce di pergamena, che in alcuni casi sono state tolte o si sono perse; specchio di scrittura (mm 264×174, f. 51r) a due colonne di 60 linee (spazio intercolonnare mm 40). Scrittura gotica rotunda a f. 1ra, nelle prime 10 linee, a inchiostro nero e rosso, per l’incipit della Distinctio prima, minuscola semigotica per il prosieguo del testo, a inchiostro bruno; bianchi i f. 296r-299v; rigatura alla mina.

Pagina d’incipit decorata; numerose iniziali filigranate a penna in rosso e in blu

Ross. 1159, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

di media grandezza all’inizio delle dissertazioni; segni di paragrafo in rosso e in blu; i richiami sono inseriti entro decorazioni a penna. f. 1r: fregio sui quattro margini del foglio incluso entro cornice in lamina d’oro e riempito da filigrana di penna con foglie, fiori multicolori e bottoni dorati; all’interno del fregio rombi e clipei raffiguranti un orso, una scimmia, una farfalla, e nel bas-de-page, entro ghirlanda, lo stemma del cardinale Philippe de Levis, d’oro a 3 caprioli di nero, arrichito di lambello di rosso a tre pendenti e sormontato da una piccola croce (MARUCCHI, Elenco di stemmi, II, 44 nr. 8; SICARI, Stemmi cardinalizi, 16 nr. 104). Sempre nel fregio, a destra, oltre ai motivi vegetali sono dipinti due vasi e a sinistra due teste di draghi una verde e l’altra rossa. La metà superiore del foglio è lasciata in bianco prevedendo forse l’inserzione di una miniatura. Iniziale R di Reverendi patres, in apertura dell’opera (mm 45×30). Il corpo della lettera è in colore verde con volute fogliacee in rosa e blu su fondo in lamina d’oro. Come giustamente proposto da Tietze la miniatura è attribuibile ad area ferrarese. L’ornato a filigrana con foglie, fiori stilizzati, vasi e tondi con animali trova numerosi confronti; questa tipologia, inaugurata con la Bibbia di Borso d’Este eseguita tra il 1455 e il 1461, ha grande fortuna anche nel settimo e nell’ottavo decennio del secolo. In particolare sembra possibile avvicinare l’ornato, nel gusto simmetrico dei fiori, nella loro forma e anche nel disegno degli animali, alle prove di Guglielmo Giraldi e della sua bottega, e in particolare quelle assegnabili all’ottavo decennio (La miniatura a Ferrara, 185-223). Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono. La legatura, Rossi B, è in buone condizioni di conservazione. In alto si legge DOMINICI / DE / S(ANCTO) GEMINIANO / SUPER / OMN(ES) DISTINCT(IONES) / DECRETI; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBLIOT(HECA) CARD(INALIS) FIRM(AN)I. La legatura è protetta da una fodera moderna in carta in colore grigio. L’esemplare venne eseguito per il cardinale Philippe de Levis, di cui riporta lo stemma nel fregio. Arcivescovo di Arles, fu nominato cardinale da Sisto IV, nel 1473; morì nel 1475 (EUBEL, Hierarchia Catholica, II, 16). Grazie alla nota al f. VI, Legatus ex testamento R(everendi) patris D(omini) Guil(elmi) de Poneriis Sa(cri) Palatii auditorem (sic) bibliothece Firmane, anno salutis MD Iub(ilei), possiamo dedurre che il manoscritto era passato nelle mani di Guillelmo de Poneriis, auditore del Sacro Palatio, e successivamente legato per testamento alla biblioteca del Collegio Capranica, istituito dal cardinale Domenico Capranica. (Bibl. Rossianae, IX, 480r-v) TIETZE, Die illuminierten, 123-124 nr. 260.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

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ROSS. 1162

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Ross. 1162 (olim XI, 298) DOMINICUS DE SANCTO GEMINIANO, Lecturae super VI Decretalium pars prior Italia settentrionale (scuola lombarda?), sec. XV, prima metà Cart.; ff. VI (I-V cart. di restauro), 366, V’ (cart. di restauro); numerazione meccanica moderna al centro del margine inferiore (che inizia da f. VI) accompagnata da una numerazione, anch’essa moderna, a matita, che indica i fogli delle decine, a partire dal f. 187 (= 188) e fino al 197 (= 198), poi ai ff. 207-366 (= 208-367) (salto di una unità con rispetto della numerazione meccanica che arriva al f. 366); richiami orizzontali in basso a destra; mm 440×301 (f. 32r); segnatura alfanumerica dei fascicoli sul recto nel centro del margine inferiore. Fascicolazione regolare a quinterni, il bifolio centrale di ogni fascicolo è rinforzato con strisce di pergamena, solo in parte conservate; specchio di Ross. 1162, f. 1r scrittura (mm 269×173, f. 32r) a due colonne di 60 linee (spazio intercolonnare mm 40). Scrittura semigotica di modulo piccolo, ad andamento corsiveggiante, vergata a inchiostro bruno; rigatura alla mina.

Pagina d’incipit con fregio vegetale nei margini inferiore e laterali interno ed esterno, decorato da uno stemma, non identificato, al centro del margine inferiore; numerose iniziali a penna, in rosso e in blu, di media grandezza all’inizio dei capitoli; segni di paragrafo in rosso e in blu. Letterine guida. f. 1r: fregio vegetale con foglie d’acanto blu, rosse, verdi e oro, rialzate a biacca e arricchite da sferette d’oro. Nel margine inferiore la decorazione vegetale circonda, inserito entro un clipeo mistilineo e decorato con motivi di tralci a inchiostro su campo verde, uno stemma campito di rosso. La metà superiore del foglio è lasciata in bianco, forse in previsione dell’inserimento di una miniatura. Iniziale Q di Quia gloria in apertura dell’opera, (mm 42×40). Il corpo della lettera è in colore rosa con filettature bianche, su di un campo in lamina d’oro. All’interno, su un fondo blu turchese con tratti bianchi, è un motivo vegetale rosso, verde e bianco. L’ornato con foglie d’acanto e decorazione in filigrana con bottoni dorati fa riferimento a una tradizione miniatoria propria dell’Italia settentrionale, anche se le terminazioni a sferette d’oro su filigrana (motivo decorativo che ebbe presto una larga diffusione) non sono sufficienti per collegare l’opera all’area ferrarese. È invece possibile ascrivere ad area lombarda la decorazione del capolettera, che presenta elementi di confronto con due miniature di un codice di scuola

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

lombarda delle Vite di Plutarco, compendiate da Pier Candido Decembrio (sec. XV), conservato alla Biblioteca capitolare di Verona (ms. CCXXXIX, f. 4r, f. 166v; MARCHI, La Biblioteca, 11). L’impostazione della pagina, a due colonne e capolettera decorato all’inizio del testo è simile ad altre opere giuridiche databili al medesimo periodo – fra le quali si segnala un altro commentario alle Decretali, quello di Antonio da Budrio in cinque volumi, presente anch’esso nel fondo rossiano, nei codici Ross. 11501154. Un altro esemplare di questa opera con caratteristiche simili si trova nella Biblioteca universitaria di Padova (Padova, Biblioteca universitaria, ms. 1648; Parole dipinte, nr. 82, 218). Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono, nonostante l’inscurimento del primo foglio. La legatura Rossi B è in buone condizioni di conservazione. In alto si legge DOMINICI / DE / S(ANCTO) GEMINIANO / SUPER / SEXTIS DECRETALI(BU)S / PARS I; in basso COD(EX) CHA(RTACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBLIOT(HECA) / CARD(INALIS) FIRM(AN)I. La legatura è protetta da una fodera moderna in carta di colore grigio. In scrittura corsiva del sec. XVI, a f. 1r: Hic liber fuit donatus domino Innocentio Summaripa presbitero Veronensi huius Collegii Capranicensis cappellano, qui illum eidem Collegio gratiose donavit die 22 mai 1513 (frase ripetuta nel verso dell’ultimo foglio, f. 366v). (Bibl. Rossianae, IX, 482r) TIETZE, Die illuminierten, 103 nr. 187; MORPURGO-CASTELNUOVO, Il Cardinale Domenico Capranica, 125; BUONOCORE, Bibliografia, 355; BUONOCORE, I codici miniati, 177, n. 71.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 1164 (olim XI, 300) Missale fratrum minorum: Kalendarium (ff. 1r-6v); Proprium de tempore: dalla prima domenica dell’Avvento alla ventiquattresima domenica dopo Pentecoste (ff. 7r175v); Proprium sanctorum: dalla vigilia di sant’Andrea fino a santa Caterina (ff. 175v-223r); Commune sanctorum (ff. 223r-267v); Excerpta varia (ff. 268r-275v) Vienna, sec. XV3 (d.to 1469) Membr.; ff. II (il I rinforzato in raso verde, come la controguardia), 276, II’ (il II’ rinforzato in raso verde, come la controguardia); numerazione dei fogli moderna (sec. XIX) in cifre arabiche, a penna, nel margine superiore esterno da 1 a 275: la numerazione 202 è ripetuta due volte; mm 360×250; gothica textualis formata in inchiostro nero di tre mani: Georgius vergò nel 1469 i ff. 1r-267v (sottoscrizione al f. 267v), mentre a due mani di poco posteriori sono dovute le aggiunte ai ff. 125r e 268r-275v. Specchio di scrittura a due co-

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ROSS. 1162-1164

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lonne di 30 linee (mm 255×174, misure prese a f. 7r). Rigatura a penna.

3 pagine miniate, 36 iniziali miniate fitomorfe, di cui 17 maggiori, 8 medie e 11 minori, iniziali filigranate e iniziali rubricate rosse e blu, 13 monogrammi cristologici. Titoli, festività più importanti del calendario, lettere significative e ritocchi delle maiuscole in inchiostro rosso. Notazione musicale quadrata su tetragramma ai ff. 102r-106v, 119r-124v, 129v-130v, 268r, riempilinea di forma quadrangolare con fiore a quattro petali su fondo alternativamente rosso e blu. f. 125v: miniatura a tutta pagina con incorniciatura a racemi: San Francesco riceve le stimmate. Il santo è inginocchiato con le braccia levate verso Cristo crocefisso, che gli Ross. 1164, f. 125v appare in alto entro ali di cherubino; sullo sfondo paesaggio rupestre e una città. Incorniciatura rosa modanata lungo i lati esterno, interno e superiore. Nei quattro margini tralci fogliati in verde, blu e rosa, inframmezzati da grosse corolle floreali rosa, blu e/o gialle e tondini d’oro raggiati in rosa e terminanti in viticci. f. 126r: miniatura a tutta pagina con incorniciatura a racemi: l’Immacolata Concezione. La vergine Maria con la corona di dodici stelle e un’altra d’oro e gemme, circondata da raggi dorati, veste rosa e manto azzurro, col Bambino e un frutto nella mano destra, poggia su una mezzaluna; sullo sfondo un prato fiorito e un fondale rosa decorato da filettature e racemi dorati. Incorniciatura verde a rombi e tondini. Nei quattro margini tralci fogliati in verde, blu, rosa e marrone, inframmezzati da grosse corolle floreali rosa e blu e da tondini d’oro raggiati in rosa o viola e terminanti in viticci. f. 126v: miniatura a piena pagina con incorniciatura a racemi: il Cristo dolente e il re Mattia Corvino inginocchiato. Al centro della raffigurazione Cristo stante e a figura intera, coronato di spine e con le ferite sanguinanti, davanti al sepolcro aperto, sovrastato dall’Arma Christi, tunica e dadi ai suoi piedi, poggiante su un fondo d’oro in foglia punzonato; in basso a sinistra Mattia Corvino, committente del codice, inginocchiato con veste dorata e corona tempestata di gemme e accanto lo scudo con le sue armi. Dalla sua bocca esce un cartiglio con l’iscrizione PIE IESU MISERERE ME. Incorniciatura verde modanata e decorata da tondini. Nei

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

quattro margini tralci fogliati in verde, blu, rosa, marrone e oro in polvere, inframmezzati da grosse corolle floreali rosa e blu e da tondini. Le iniziali fitomorfe maggiori hanno dimensioni oscillanti tra i 60 e i 75 mm di altezza e i 55-68 di larghezza, più coda lungo uno o più margini. Si trovano all’inizio del Temporale, santorale, del Comune dei santi, delle festività più importanti e di alcune messe e precisamente: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

7r: 127r: 132r: 143r: 153v: 175v: 182v: 206r: 211r: 215v: 216v: 223r: 246r: 247v: 250r: 258v: 262r:

iniziale A di Ad te levavi, inizio del Temporale. iniziale T di Te igitur, Canon missae. iniziale R di Resurrexi et adhuc, Pasqua. iniziale V di Viri Galilei, Ascensione. iniziale C di Cibavit eos, Corpus Domini. iniziale D di Dominus secus mare Galilei, inizio del santorale. iniziale S di Suscepimus Deus misericordiam, Candelora. iniziale G di Gaudemus omnes, Ascensione di Maria. iniziale S di Salve sancta parens, Natività di Maria. iniziale B di Benedicite domino, dedicazione di san Michele. iniziale G di Gaudeamus omnes, Nascita di san Francesco. iniziale E di Ego autem, inizio del Comune dei santi. iniziale T di Terribilis est locus iste, anniversario della dedica di una chiesa. iniziale B di Benedicta sic santa Trinitas, Santissima Trinità. iniziale S di Salve sancta parens, Purificazione. iniziale Q di Quesumus omnipotens Deus, messa per il re. iniziale R di Requiem eternam, messa dei morti.

Il corpo delle lettere è blu o verde, con decorazione fogliata camaieu; fa eccezione la lettera al f. 216v, d’oro in foglia con piccole decorazioni geometriche o floreali impresse. Il fondo è rosa decorato da racemi, motivi floreali e/o geometrici oppure, più raramente, d’oro in foglia punzonato: in quest’ultimo caso il campo è in rosa, altrimenti d’oro in foglia con decorazioni impresse. Code fogliate in blu, rosa, verde e marrone, talvolta inframmezzate da grosse corolle floreali e tondini d’oro raggianti. Le iniziali miniate fitomorfe medie sono di grandezza oscillante tra i 33 e i 50 mm di altezza e i 40-57 di larghezza, più code piccole lungo uno dei margini, talvolta molto ridotte. Sono simili alle iniziali maggiori: si alternano le lettere camaieu rosa o verdi campite in verde, rosa o blu e lettere d’oro in foglia con piccole decorazioni impresse. Le iniziali miniate minori hanno dimensioni variabili tra i 16 e i 28 mm di altezza e 20-38 di larghezza, talvolta con piccola coda. Anche in queste lettere compaiono sia la tipologia camaieu, sia quella con corpo d’oro in foglia punzonato, questa ultima senza coda. I monogrammi cristologici sono costituiti da un sole raggiato (alludente a san Bernardino) inscritto in tondo, in rosso, blu, oro o argento (mm 35 ca. di diametro). Si trovano ai ff. 1r, 15r, 102v, 106r, 175v, 206r, 251v, 216v, 223r, 246r, 250r, 258v, 262r. Nella decorazione miniata sono impiegati colori a tempera blu, az-

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zurro, verde, rosso, rosa, giallo, marrone, bianco e nero, oro in foglia su bolo rosso e oro in polvere. La presenza di un’esplicita data topica e cronica, che lo indica eseguito a Vienna nel 1469 (ff. 7r e 267v), fanno di questo messale un caposaldo della miniatura viennese del XV secolo. La qualità dell’ornamentazione è del tutto consona alla sicura committenza regale del manoscritto. Come attesta la dedica al f. 126r, questo codice fu infatti donato dal re d’Ungheria Mattia Corvino, per motivi a noi non noti, al francescano Thomas de Hungheria, allora confratello del convento viennese presso il quale il codice rimase fino alla fine del XVIII secolo. Nel successivo, dopo ripetuti passaggi di mano (conte Ladislaus Festetics, storico di A. Kaltenbaech, Carola Ludovica di Borbone), fu infine acquistato da Giovanni Francesco de Rossi per la sua biblioteca che – passata alla sua morte ai Gesuiti di Roma – confluì infine nella Vaticana (1921). Il re d’Ungheria è raffigurato nel riquadro miniato che accompagna la dedica, nell’atto di essere incoronato da un angelo: il 3 maggio del 1469 egli era stato scelto come re anche da parte della nobiltà boema e perciò, come nota lo Schmidt (SCHMIDT, Missale, 362) la raffigurazione, una delle più antiche del re, vuole alludere alla legittimazione divina del suo potere. La decorazione del messale è unanimemente attribuita al più importatnte miniatore operante a Vienna in questi anni, il Maestro dei libri scolastici (Lehrbüchermeister), così denominato per aver miniato tra il 1465 ed il 1468 tre codici destinati all’istruzione del giovane principe e futuro imperatore Massimiliano d’Asburgo (Wien, Österreichische Nationalbibliothek, ms. 2368, ms. 2289 e Ser. Nov. 2617. Su questi codici si veda IRBLICH, Scheda nr. 90, 273-274). Il tipo di iniziali fogliate e di tralci a spirale adottati nel manoscritto rossiano si ispirano ancora alla decorazione libraria tedesca meridionale del quarto-quinto decennio del Quattrocento, ma sono rivisitati secondo una più acuta sensibilità verso il mondo naturale, derivante dalla conoscenza dei codici miniati fiamminghi che avevano cominciato a circolare in quest’area. Così anche i riquadri figurati del messale rossiano rivelano, rispetto alla produzione miniata austriaca precedente, una più compiuta assimilazione dell’arte d’oltre Reno. Già nelle miniature dei codici del maestro Lehrbüchermeister, Martinus Opifex, si poteva constatare l’assimilazione di quell’attitudine realistica invalsa nell’area tedesca meridionale tra il 1435 e il 1450: ad esempio nell’amplissimo ciclo illustrato a lui dovuto di una versione tedesca della guerra Troiana di Guido Colonna del 1445 circa (Wien, Österreichische Nationalbibliothek, ms. 2773), veniva introdotto nello sfondo delle scene, per la prima volta, il paesaggio. Ma questa tendenza si precisa ulteriormente e arriva a più matura espressione nelle nostre miniature, dove si raggiungono una spazialità di maggior respiro e un più accentuato senso plastico. Due riquadri del messale rossiano (ff. 126r e 126v) presentano ancora gli sfondi ornamentali astratti della tradizione boema trecentesca, cui la miniatura viennese di corte aveva largamente attinto, ma in una versione aggiornata: al f. 126r ai piedi della Madonna compare un bellissimo prato fiori-

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to, mentre al f. 126v l’iconografia simbolica dell’Arma Christi offre lo spunto per una galleria di personaggi e oggetti resi con acuto realismo; così come va notato l’ampio e arioso paesaggio alle spalle del foglio con san Francesco. Fino alla sua morte, avvenuta presumibilmente intorno agli inizi degli anni Settanta, il Lehrbüchermeister sembra aver esercitato un ruolo primario, o quasi monopolistico (SCHMIDT, Buchmalerei, 173), nella miniatura viennese, che fu reso possibile anche dal suo valersi di collaboratori. Anche nel messale vaticano assegnerei al maestro stesso solo una parte limitata delle miniature e precisamente quelle di maggior impegno e rilievo all’interno del codice: le pagine miniate istoriate e l’iniziale con fregi lungo i quattro margini del f. 7r. Nelle successive lettere decorate interviene a mio avviso un aiuto di bottega: i contorni a penna dei racemi fogliati e la stesura del colore – talvolta sbavato – diventano meno precisi, la decorazione dei fondi e dei campi più grossolana; un terzo miniatore mi pare mini saltuariamente a partire dal f. 225, in quelle iniziali dove la gamma cromatica si amplia con l’inserimento di un azzurro grigiastro e di un verde brillante, mentre si fa più rilevata la lumeggiatura tono su tono dei corpi fogliati delle lettere. Lo stato di conservazione del manoscritto è ottimo, così come quello della legatura. Ricca legatura ottocentesca di velluto rosso su assi con cantonali, borchie centrali, fermagli e nervature dorati. Il codice è racchiuso in una scatola fatta realizzare con molta probabilità ancora dal de Rossi nell’Ottocento, a simulare le legature dei manoscritti della collezione. Il coperchio e il fondo, così come il dorso, in cartone rivestito di pelle nera, sono decorati con un’incisione geometrica e motivi in oro. Sul lato lungo e sui due lati corti sono inseriti quattro ganci a tener chiuso il coperchio (due sul lato lungo e uno, rispettivamente, sui lati corti). L’interno è rivestito di velluto rosso. Il codice è stato esposto in: Monumenta Vaticana, 1980; Bibliotheca Corviniana 1490-1990, 1990; Liturgie und Andacht, 1992-1993; Liturgia in figura, 1995. (Bibl. Rossianae, IX, 485r-v) TIETZE, Die illuminierten, 18 nr. 31; DE HEVESY, La Bibliothèque du Roi; SCHMIDT, Buchmalerei, 173; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 142 nr. 354; Bibliotheca Corviniana 1490-1990, 152; SCHMIDT, Missale, 362-363 nr. 76; IRBLICH, Scheda nr. 90, 273-274; DAL POZ, Scheda nr. 49, 219-222; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 355; CERESA, Bibliografia 1991, 282; CERESA, Bibliografia 1998, 383.

LORENA DAL POZ * La scheda ripropone per volontà dell’autore, e adegua alle norme redazionali del catalogo, quella già pubblicata in Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, catalogo della mostra, a cura di G. MORELLO, S. MADDALO (Biblioteca Apostolica Vaticana – Salone Sistino, 29 marzo – 10 novembre 1995), Città del Vaticano – Roma 1995, pp. 219-222 nr. 49.

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Ross. 1165 (olim XI, 301) Missalis carthusiensis: Kalendarium (ff. IrVIv); Proprium de Tempore (ff. 1r-181r); Proprium sanctorum (ff. 182r-226r); Commune sanctorum (ff. 226r-244v); Orationes (ff. 244v-247v) Italia settentrionale (Emilia), sec. XIVex. (f. 1r) incipit: Incipit ordo missalis s(e)c(un)d(u)m consuetudinem fratru(m) de Cartusia (f. 247v) explicit: miserator eripias per dominum nostrum Yesum Membr. (pergamena di media qualità piuttosto spessa, perfettamente distinguibile il lato pelo dal lato carne); mm 420×280; ff. II (cart. il I rinforzato di seta rossa come la controguardia), 252, II’ (cart., il II’ rinforzato di seta rossa come la controguardia). Gotica rotunda di moRoss. 1165, f. 1r dulo ampio su due colonne (mm 207×52), spazio intercolonnare mm 11. Numerazione antica a inchiostro rosso a numeri romani al centro del margine superiore del recto di ogni foglio. La numerazione inizia dopo il calendario (i fogli che lo contengono sono numerati da 1 a 6 a matita, moderna, in alto a destra). Un foglio mancante al XV fascicolo: la numerazione salta da f. 117 a f. 119 e la regola di Gregory risulta in questo caso non rispettata (lato pelo 117v-lato carne 119r). Rigatura a inchiostro ribadita su recto e verso di ogni foglio. Richiami di fascicolo incorniciati da semplici virgole a inchiostro, inseriti orizzontalmente tra le righe poste a definire lo spazio intercolonnare, sull’ultimo foglio verso di ogni fascicolo. Notazione quadrata apposta su due righi rossi ai fogli 113r-117v; anche il foglio 121r-v, a seguire il Canone, è neumato. Segni di rasura a f. 1r: nel margine inferiore del foglio un’iscrizione corsiva non più leggibile. Si seguirà, per la descrizione del codice, la numerazione in cifre romane traslata in numeri arabi.

Messale dalla I domenica di Avvento (f. 1r) alla XXV domenica dopo Pentecoste; f. 132r Proprio dei santi da san Felice in Pincio a san Tommaso apostolo; in chiusura preghiere per sant’Anna, pro terra sancta, pro navigantibus. L’apparato decorativo è composto da: 1 pagina d’incipit (f. 1r), 40 iniziali istoriate (da un minimo di mm 30×30 a f. 205v, a un massimo di 100×64 a f. 14v), e lettere (alte costantemente due linee di scrittura) alternativamente rosse e blu con decori filigranati nel colore opposto ad ogni paragrafo. Letterine rialzate in giallo lungo tutto il testo. Tutte le iniziali istoriate mostrano le medesime caratteristiche decorative. Corpo rosa su campo in foglia d’oro; fregi terminali fogliacei nei colori rosa, verde, blu, a volte rosso spesso arricchiti di globi aurei.

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1302 f. 1r:

f. 10v:

f. 14v:

f. 17v:

f. 20v: f. 21v:

f. 119r:

f. 122r:

f. 138v: f. 144v:

f. 152v:

f. 154r: f. 182r: f. 187r:

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pagina d’incipit. Iniziale A di Ad te levavi (mm 79×66), all’introitus dominicae primae de Adventu. L’asta della lettera spartisce la scena con Davide raffigurato a mani giunte mentre volge lo sguardo al cielo dove brilla un astro dorato. Dalla lettera si snoda il fregio di foglie avvolte attorno a un bastone che occupa tutto il lato interno del foglio e giunge in alto quasi a toccare la scritta IHS, in foglia d’oro. La decorazione giunge a fondo pagina a racchiudere la figura di un monaco in preghiera incappucciato in un saio grigio. In alto e sul lato esterno una semplice spiga d’oro decorata a globi aurei chiude il fregio. iniziale H di Hodie scietis (mm 58×51), in vigilia nativitate domini. Una figura maschile con turbante e un filatterio in mano indica con la destra l’iscrizione in esso riportata. iniziale P di Puer natus est (mm 100×64), all’incipit missae maior, con la raffigurazione della Natività. Giuseppe e Maria adorano il piccolo Gesù in fasce sotto una tettoia. Su fondo blu brilla la stella. iniziale I di In medio eccl(es)ie (mm 43×34), all’introitus missae in sanctis Iohannis apostoli et evangeliste con l’immagine del santo che stringe un libro tra le mani. iniziale D di Deus qui salutis (mm 87×48), all’introitus missae in circumcisionem Dei, Gesù, bambino, seduto tra Simeone e Maria. iniziale E di Ecce advenit dominator (mm 50×56), all’incipit dell’Epiphania. I magi adorano Gesù seduto in grembo a Maria. In alto la stella getta raggi. iniziale T di Te igitur (mm 74×67), all’incipit canonis missae. È raffigurato un sacerdote che innalza un’ostia. Accanto a lui il diacono e il cero acceso. Sullo sfondo due donne assistono al rito. iniziale R di Resurrexi et adhuc (mm 58×55), all’incipit missae in die resurrectionis domini. Cristo trionfante con lo stendardo crociato sta uscendo dal sepolcro. iniziale V di Viri Galilei (mm 52×45), all’introitus missae in die ascensionis domini, Cristo sale in cielo brandendo lo stendardo. iniziale S di Spiritus d(omi)ni replevit (mm 56×56), all’introitus di in die sancto pentecosten. La Vergine circondata dagli apostoli accoglie la colomba dello Spirito Santo che scende come pioggia di fuoco dal cielo. iniziale B di Benedicta sit s(an)c(t)a trinitas (mm 50×54), all’introitus missae de sancta trinitate. Trono di grazia: Dio padre sullo sfondo accoglie tra le braccia aperte il Cristo crocifisso sul cui capo scende la colomba dello Spirito Santo. iniziale C di Cibavit eos (mm 45×45), all’incipit del Corpus Christi. Un fanciullo nimbato spicca immerso tra le ostie. iniziale C di Concede quaesumus (mm 45×40), all’incipit degli offitia missarum sanctorum totius. Gruppo di cinque santi disposti circolarmente. iniziale S di Suscepimus Deus (mm 46×44), all’interno missae in purificationem beate Marie. Sotto una volta, nel Tempio, Cristo tra Maria e Simeone.

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f. 192r: iniziale R di Rorate celi (mm 52×45), all’introitus missae in annunciatione sancte Marie virginis. L’arcangelo Gabriele e Maria annunciata. f. 194r: iniziale D di Deus qui beatum (mm 37×40), all’incipit Sancti Marci evangeli. San Marco con il vangelo aperto sulle ginocchia, accanto il leone. f. 194v: iniziale E di Exclamaver(un)t ad te d(omi)ne (mm 30×38), all’incipit missae Philippi et Iacobi apostolorum. I due santi con libro chiuso. f. 195r: iniziale N di Nos autem gloriari (mm 50×50), all’incipit missae in inventione Sanctae crucis. Al centro della lettera la croce irraggiante. f. 199r: iniziale D di De ventre matris (mm 54×54), all’interno missae sancti Iohanni Baptistae. San Giovanni Battista con un cartiglio. f. 201v: iniziale N di Nunc scio vere (mm 45×43), all’introitus missae in die apostolorum Petri et Pauli. I due santi con gli attributi corrispondenti. f. 202v: iniziale S di Scio cui (mm 46×43), all’incipit missae in commemoratione sancti Pauli. San Paolo. f. 204r: iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 38×38), all’incipit missae sanctae Mariae Magdalenae. Maria Maddalena. f. 205v: iniziale M di Michi autem minis (mm 30×30), all’incipit missae sancti Iacobi. Il santo con il bordone. f. 208r: iniziale D di Da nobis quaesumus (mm 31×40), all’introitus missae in die sancti Laurentii martiris. San Lorenzo con il libro e la palma del martirio. f. 209v: iniziale G di Gaudeamus om(ne)s i(n) d(omi)no (mm 52×52), all’introitus missae in die assumptionis. La Vergine sale al cielo attorniata da volti di cherubini. f. 210v: iniziale M di Michi autem (mm 37×40), all’introitus missae in sancti Bartholomei apostoli. San Bartolomeo con libro chiuso e calamo. f. 212v: iniziale G di Gaudeamus o(mne)s (mm 46×56), all’introitus missae Nativitas beate virginis Marie. Nascita della Vergine: sant’Anna, a letto, è seduta con Maria in fasce tra le braccia; accanto una donna. f. 214r: iniziale N di Nos autem gloriari (mm 38×38), all’introitus exaltationis sanctae crucis. La croce eretta su un colle. f. 215r: iniziale M di Michi autem (mm 28×40), alla Vigilia beati Mathei apostoli. San Matteo. f. 216v: iniziale B di Benedicite dominum (mm 45×41), all’introitus missae sancti Michaelis archangeli. San Michele in armatura con lancia e stadera. f. 217v: iniziale O di Os iusti meditabitur (mm 51×53), all’introitus missae in sancti Ieronimi presbiteri et confessoris. San Girolamo in abiti cardinalizi con libro chiuso tra le mani. f. 218v: iniziale M di Michi autem (mm 40×41), all’introitus missae in sancti Luce evangeliste. San Luca, accanto il toro. f. 219v: iniziale M di Michi ait nimis (mm 38×45), alla preghiera in vigilia apostolorum Symonis et Iude. I due apostoli. f. 220v: iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 44×57), all’introitus missae in festo omnium sanctorum. Numerosi santi disposti in cerchio.

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f. 221v: iniziale I di Iusti epulentur (mm 47×39), all’introitus missae in festo reliquiarum. Sull’altare una teca porta reliquie. f. 223r: iniziale D di Deus qui beatum (mm 37×44), all’incipit missae festum sancti Ugonis et omnia sicut in sancto Martino. Busto di sant’Ugone in abiti vescovili. f. 224v: iniziale M di Michi autem (mm 31×36), all’incipit missae sancti Andreae. Sant’Andrea con la croce. f. 225v: iniziale M di Michi autem (mm 30×39), all’incipit missae sancti Thomae. San Tommaso apostolo con il libro chiuso. f. 226r: iniziale M di Michi autem (mm 36×43), all’incipit missae sanctorum apostolorum. I santi ritratti in gruppo. f. 240r: iniziale R di Respice domine (mm 40×40), all’incipit dell’Officium pro defunctis. Un feretro crociato. Il Messale, redatto secondo l’uso dei frati certosini (come si legge a f. Ir), riporta nel calendario la festività di sant’Ugo di Lincoln (17 novembre) segnalata in rosso con l’iscrizione HUGONIS NOSTRI ORDINIS EPISCOPI LI(N)CO(L)N(INENSIS) ET CONFE(S)SO(RIS) e il ritratto del santo nell’iniziale di f. 223r. L’esemplare è stato definito dal catalogo di Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 98 nr. 171) come un prodotto senese, in cui sono presenti influssi bolognesi, e datato agli inizi del sec. XV. Secondo Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 142 nr. 355) è opportuno proporre una realizzazione d’ambito emiliano. In un’ottica puramente stilistica il codice si avvicina alle linee decorative proprie della produzione emiliana dell’intero sec. XIV, le cui caratteristiche si concretizzano nella definizione dei carnosi elementi vegetali che arricchiscono le iniziali, e nella scelta per essi di un cromatismo ricorrente: rosa per il corpo, blu per i fondi dai filamenti in biacca e i chicchi aurei liberi negli spazi bianchi del foglio. Si propone di restringere la datazione dell’esemplare allo scorcio del secolo, anche in virtù dei confronti possibili con la coeva produzione miniata. Si veda come esempio l’esemplare Urb. lat. 377, che la sottoscrizione del copista colloca a Modena nel 1399. Alcuni elementi connessi ai contenuti, come le preghiere copiate nei fogli finali (ff. 246-247) Pro terra sancta, Pro navigantibus o la festività di san Giorgio, patrono di Ferrara, riportata in rosso nel calendario al 23 aprile, rafforzano infine l’ipotesi che il codice sia stato prodotto in area emiliano-romagnola. Il Ross. 1165 è in discreto stato di conservazione. Segni d’uso sono visibili in modo particolare nella parte centrale, corrispondente al Canone della messa. A f. 204 è la traccia di un vecchio intervento di ricucitura della pergamena; fori dovuti all’attacco di tarli specie nella parte iniziale e finale del codice e a f. 210; difetti di concia nella parte inferiore degli ultimi fogli (due fascicoli interi). Ai ff. 119-122 si riscontra la presenza di muffa di colore scuro. La legatura in discreto stato di conservazione (si nota un significativo di-

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stacco della copertura del dorso e una generica consunzione del velluto) appare di complessa datazione, ma assegnabile ai primi decenni del secolo XIX. Piatti lignei ricoperti in velluto rosso (mm 700×450). La cornice realizzata in un materiale che è difficile determinare se sia osso o avorio, è apposta sui due piatti a inquadrare scene realizzate nello stesso materiale e mostra tracce di una preesistente colorazione, forse a polvere dorata, soprattutto nelle incisioni poste ai bordi. Qualche mancanza. Si ringrazia Angela Nuñez. Sul piatto anteriore: Cristo benedicente, su un trono a colonne tortili decorato con una testina d’aquila a sinistra e d’agnello a destra, poggia i piedi su un cuscino e mostra il Vangelo aperto. Ai suoi piedi due frati seduti in atteggiamento pensoso, entrambi con libro aperto in grembo. Intorno dodici santi inquadrati in edicole trilobe decorate, come il trono, a gattoni. Sul piatto posteriore: la Vergine stante col Bambino in braccio attorniata da dodici sante martiri poste entro edicole trilobate. Ai lati della Vergine due frati oranti in ginocchio. (Bibl. Rossianae, IX, 488r) TIETZE, Die illuminierten, 98 nr. 171; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 142 nr. 355.

MICHELA TORQUATI Ross. 1167 (olim XI, 303) Raccolta di frammenti Cart.; ff. VI, 100, XXI’ (I e XXI’ in cartoncino azzurro al pari delle controguardie; I’XX’ cartacei bianchi); i ff. 8, 10, 12, 14, 16, 18-19, 21, 23, 25, 27, 29, 31, 34, 36, 38, 40, 42, 44, 46-47, 49, 51, 53, 55, 57, 59-60, 62, 64-65, 67, 69, 71, 74-75, 77, 79 non ospitano alcun frammento. I frammenti sono tutti incollati su fogli cartacei e, salvo dove diversamente segnalato, sono membranacei. Filigrana con aquila ad ali spiegate, testa rivolta da un lato, solo una zampa poggiata sul monte a tre pelte e l’altra sospesa nell’aria, tutto inscritto in un cerchio, non presente nel repertorio Briquet.

f. 6r (nr. 1) Toscana, sec. XVin. Iniziale istoriata D (corpo mm 190×187, su frammento mm 195×228), con l’Entrata nell’Arca di Noè. In uno spazio riservato trattato con foglia d’oro punzonata a piccoli cerchi e inquadrato

Ross. 1167, f. 72r

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da una cornice rosa decorata con roselline bianche, è disposta la lettera costruita attraverso ricchi fogliami policromi (di arancio, verde e giallo, rosa), fermati alle estremità da due grosse perle in lamina metallica, anch’esse punzonate. Il corpo della lettera, al di sotto degli elementi vegetali, è di colore rosa con decorazioni a biacca, mentre un motivo a punta di diamante ne sottolinea la curvatura, messa inoltre in risalto da una campitura gialla. Protagonista della scena istoriata è l’Arca, rappresentata come una struttura architettonica, sulla cui facciata principale due aperture permettono l’ingresso delle diverse specie animali (volatili e mammiferi). A controllare la singolare processione è Noè, barbato e con lunghi capelli, ritratto di spalle, mentre, con le mani alzate verso il cielo, si rivolge a Dio, raffigurato in alto tra grigi nembi, con nella mano sinistra il libro chiuso, nell’atto di benedire il patriarca. È probabile che la decorazione fosse completata dalla presenza di un fregio marginale caleidoscopico, il cui elemento più importante doveva essere un dragone, ancora visibile, di colore giallo puntinato in rosso, con le ali di pipistrello in verde come il capo. Mentre dalla coda fa capolino un profilo di mascherone antropomorfo che mostra la lingua, dalla bocca dell’animale fantastico nasce il fregio fitomorfo in giallo e in blu, che sembra avvolgersi attorno a un’asta campita in rosa e arricchita da minute decorazioni bianche, oltre che da elementi in foglia d’oro. Il dibattito storiografico, attorno a questo e ad altri frammenti di miniature, è stato molto vivace e si è via via arricchito di proposte e di ipotesi. Mirella Levi D’Ancona ha studiato per prima l’immagine, nel 1978 (LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 233), individuandone l’origine nei corali provenienti dal Monastero di Santa Maria degli Angeli a Firenze, oggi conservati nella Biblioteca Medicea Laurenziana. La miniatura introduceva l’Antifona del Sabato prima della Settuagesima nell’attuale Corale 17, un Antifonario con la liturgia di gennaio, dalla Domenica di Settuagesima fino a san Biagio (3 febbraio), databile all’ultimo decennio del secolo XIV (DILLON BUSSI, FANTONI, I corali di S. Maria degli Angeli, 40). Insieme all’iniziale vaticana, la studiosa individua anche gli altri ritagli provenienti dal medesimo codice, come l’immagine con scene della Creazione, nel ms. Add. 37472-2 della British Library di Londra. Delle altre tre – una miniatura presumibilmente con Abramo o con Isacco ad apertura del Primo Responsorio per la Domenica di Quaresima; la Conversione di san Paolo, all’incipit dell’Antifona corrispondente e, infine, una Purificazione della Vergine – la studiosa fornisce solo testimonianza documentaria (LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 233). Questi libri liturgici fanno parte di un corpus di venti codici dai quali furono ritagliate complessivamente settantatré iniziali istoriate. È possibile datare con certezza il momento dell’operazione: nell’Antologia del 1826, il conte Leopoldo Cicognara (1767-1834) rendeva nota una lettera in cui citava due volumi del Monastero da lui acquistati durante la conquista napoleonica. Egli procedeva poi al confronto tra i codici in suo possesso e altri due già conservati in Biblioteca Laurenziana, vale a dire gli attuali Corale 3 e Corale 4, e osservava come una parte consistente dell’apparato figurativo di tali manoscritti fosse stato ritagliato (LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 213). Lo studioso suggeriva poi una proposta di cronologia e di attribuzione, sostenendo che i volumi a lui noti do-

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vevano essere quelli di cui aveva parlato Giorgio Vasari (1511-1574), che raccontava della loro realizzazione nel secolo XIV a opera dello scriptor Don Iacopo Monaco, attivo presso il monastero fiorentino. La D’Ancona solleva tuttavia qualche dubbio su tale tipo di identificazione, precisando che la datazione proposta dal Vasari, il 1350, non si accorda con l’arco di anni a cui vengono di solito assegnati i corali della Laurenziana, compresi invece tra il 1370 e il 1410 (LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 214). La studiosa propone quindi una doppia soluzione del problema, ipotizzando da un lato un errore da parte del Vasari – che dovette essersi confuso con Don Iacopo Brandini (m. 1348) e Don Iacopo dei Franceschi (m. 1396), entrambi scribi a Santa Maria degli Angeli, ma in momenti diversi –, e in alternativa, la possibilità dall’altro dell’esistenza di un’ulteriore serie di corali, effettivamente datati alla metà del Trecento, oggi però perduti (LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 214). Per quanto riguarda invece l’esecuzione delle miniature, ancora la Levi D’Ancona parla di un «artista provinciale» che appare lontano dalla «raffinatezza dei miniatori di Santa Maria degli Angeli», al quale la studiosa riconosce in ogni caso «una forte personalità e una maniera tutta sua di rappresentare le scene bibliche»; ella suggerisce infine una provenienza artistica da un altro centro toscano che non sia Firenze, forse Arezzo (LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 139). In questo stesso contributo, però, la studiosa smentisce in una nota – apposta quando il volume era già alle stampe – (LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 140) quanto da lei sostenuto per quasi venti anni, precisando che i ritagli del cosiddetto Maestro dell’Arca di Noè, cioè quelli vaticani e londinesi, non possono provenire da Santa Maria degli Angeli, poiché i tetragrammi hanno misure che non corrispondono a quelle del testo, senza però suggerire altra soluzione. Il dibattito si arricchisce tuttavia di un secondo filone di attribuzione per tali cuttings, quando Milvia Bollati propone la paternità delle miniature al cosiddetto Maestro dell’Innario della British Library, attivo a Siena nei primi decenni del secolo XV (BOLLATI, s.v. Maestro dell’Innario, 607). Egli lavorò per i monaci agostiniani del monastero di San Salvatore a Lecceto ed è stato identificato grazie ai ritrovamenti di Giulietta Chelazzi Dini, che dà conto della sua scoperta nel catalogo della mostra Il Gotico a Siena. Secondo questa seconda proposta il Maestro si sarebbe formato nella bottega senese di Andrea di Bartolo, e a tale vicinanza ricondurrebbe il linguaggio «vivace e quasi popolaresco» e il «fantasioso repertorio ornamentale» (BOLLATI, s.v. Maestro dell’Innario, 607), nonché le cadenze non fiorentine dell’artista, notate dalla Levi D’Ancona. Il frammento risulta molto degradato nella lamina aurea, in più punti infatti è chiaramente visibile la sottostante preparazione a bolo. Un forte degrado della pellicola pittorica interessa poi chioma e barba di Noè e in parte anche i piumaggi dei volatili*. LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 233; DILLON BUSSI, FANTONI, I corali di S. Maria degli Angeli, 41; LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 139; BOLLATI, s.v. Maestro dell’Innario, 607. * Si avverte che i frammenti presentano una numerazione che verrà riportata in corsivo.

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f. 7r (nr. 2) Italia settentrionale (Venezia?), sec. XV3-4 Il ritaglio (mm 316×235, misure del frammento) potrebbe essere stato un’antiporta, realizzata forse in Italia settentrionale (Venezia?), negli ultimi decenni del sec. XV. Il foglio mostra la scena della Pentecoste, inquadrata da una cornice a grottesche su foglia d’oro; nel margine inferiore i fregi prendono vita da due sfingi poste di profilo, che affiancano un medaglione ellittico contenente una scena bucolica (due piccoli cervi accucciati in un paesaggio montano). Agli angoli la cornice mostra invece i ritratti degli evangelisti accompagnati dai loro simboli e dal libro aperto, mentre i margini laterali sono intercalati da clipei abitati da personaggi ritratti in diversi atteggiamenti. La cornice inquadra la rappresentazione della Pentecoste, costruita su tre registri: in alto, su di un cielo celeste intenso, Dio Padre esce dai nembi accompagnato dalle schiere angeliche; il secondo livello è invece occupato dagli Apostoli che ricevono le fiammelle dello Spirito insieme alla Vergine, seduta in posizione frontale in mezzo a loro. Il primo piano, isolato da una sorta di architrave marmoreo, individua invece lo spazio ‘non sacro’, quello nel quale si muovono forse il committente e i destinatari del manoscritto, tutti inginocchiati con le mani giunte. A sinistra il gruppo è aperto da un doge, paludato con ricche vesti, accompagnato da dignitari di corte; a destra è raffigurato invece un gruppo di suore in vesti rosa e cappa nera, guidate da una badessa in vesti bianche e maforio nero. Le due ali di persone sono divise al centro da una grossa croce a doppio braccio, al culmine della quale si appoggia la colomba dello Spirito Santo. La pagina illustrata doveva essere probabilmente posta ad apertura di un codice di lusso, realizzato in ambito veneto, tra la fine del secolo XV e gli inizi del XVI. Tale immagine presenta tutti i protagonisti che contribuirono alla realizzazione del manoscritto, all’interno del quale potevano forse trovarsi riferimenti a committenti e destinatari, che avrebbero consentito di proporre una datazione più precisa. Per quanto riguarda le condizioni conservative, si riscontrano alcuni problemi a carico della lamina metallica, caduta in più punti e in particolar modo nel margine interno e in parte di quello inferiore. f. 9r (nr. 3) Umbria, sec. XIII4 Iniziale istoriata S (miniatura mm 137×132; frammento mm 148×133), con due scene disposte nelle due curve della lettera. Nel registro superiore è rappresentata una scena di banchetto, con un personaggio a capotavola e altre quattro figure sedute dietro la mensa, imbandita di pani e calici. Si tratta forse di un’immagine riferita al passo veterotestamentario Ib 1, 4, in cui si parla dei ripetuti banchetti nei quali si divertivano in maniera smodata i figli di Giobbe. Ed è a questo personaggio che si riferisce poi la scena del registro inferiore, occupato dalla Discussione tra Giobbe e gli amici (Ib 2-27): il patriarca, secondo l’usuale iconografia, appare con il corpo completamente coperto da piaghe, intento nella disputa teologica con i personaggi, paludati all’antica, che gli sono di fronte.

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f. 9r (nr. 4) Umbria, sec. XIII4 Iniziale istoriata C (miniatura mm 133×133; ritaglio mm 142×138) con una scena funebre officiata da monaci, alla presenza forse dei parenti del defunto, che giace su un catafalco coperto da una ricca stoffa a quadri, avvolto in una veste rossa e con il capo protetto da una cuffia nera. Studi recenti hanno assegnato senza dubbi le miniature del f. 9r della raccolta rossiana alla mano del Primo Maestro dei corali di Gubbio, in particolare al miniatore dell’antifonario C 2 dell’Archivio di Stato di Gubbio (CORSI, Primo Maestro dei corali, 182). Il dibattito critico attorno a tali cuttings e, più in generale, attorno alla figura e alla produzione dell’artista eugubino era avviato già dai primi anni Settanta del Novecento, quando Ilaria Toesca, pur non suggerendo alcuna personalità, assegnava i due frammenti a un miniatore «tra Roma e l’Umbria» (TOESCA, Miniature umbro-laziali, 59). Circa un decennio più tardi i due ritagli attirano l’attenzione di Luisa Morozzi e di Enrica Neri Lusanna; la prima individua in un gruppo di corali duecenteschi dell’Archivio di Stato di Gubbio, allora quasi sconosciuti, la loro origine, indicando anche i passaggi testuali a cui facevano riferimento, l’iniziale S in apertura del passo Cum audisset Iob e l’iniziale C di Convertere domine et eripe animam meam (MOROZZI, Contributo alla ricostruzione, 64 nr. 12). Neri Lusanna si dedicava invece a una trattazione più strettamente storico-artistica delle immagini, senza peraltro specificarne la provenienza (NERI LUSANNA, Il miniatore del Messale di Deruta, 184 nr. 21). Sia nelle scene dalla vita di Giobbe sia in quella della funzione funeraria sono evidenti gli stilemi del linguaggio del Maestro eugubino, attivo nell’ultimo quarto del secolo XIII: egli si serve di una vivace tavolozza pittorica, declinata sempre nelle medesime tonalità (rosso, blu, rosa, arancio), arricchite da filamenti in biacca che decorano il corpo delle iniziali; tutti elementi questi che gli derivano dalla tradizione perugina (NERI LUSANNA, Il miniatore del Messale di Deruta, 181). Egli lavora al gruppo di libri liturgici provenienti dalla chiesa di San Pietro, a Gubbio, oggi conservati nell’Archivio di Stato della città; si tratta di un corpus di manoscritti dalla complessa storia, soprattutto per la molteplicità degli apporti culturali cui sono stati ricondotti. Se da una parte vengono infatti sottolineate tangenze con i modi esecutivi del Maestro della pala di Santa Chiara ad Assisi e con quelli del miniatore noto come Maestro dei Messali Deruta-Salerno, dall’altra non può sfuggire l’apporto del cantiere assisiate e del linguaggio figurativo romano (NERI LUSANNA, Il miniatore del Messale di Deruta, 181-182; PACE, Per la storia della miniatura, 214; LUNGHI, s.v. Maestro dei Corali di Gubbio, 454). Buone le condizioni di conservazione. TOESCA, Miniature umbro-laziali, 59; MOROZZI, Contributo alla ricostruzione, 64 nr. 12; NERI LUSANNA, Il miniatore del Messale di Deruta, 184 nr. 21; LUNGHI, s.v. Maestro dei Corali di Gubbio, 454; CORSI, Primo Maestro dei corali, 182.

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f. 11r (nr. 5) Inghilterra, sec. XIV1 Iniziale istoriata C di Circa secundum librum (cfr. infra) (miniatura mm 55×50; frammento mm 60×53), con la Natività. Il corpo della lettera è realizzato con un rosa chiaro, arricchito da minute decorazioni a biacca; mentre lo spazio riservato, contornato da un listello in foglia d’oro e campito in blu, presenta delle decorazioni fitomorfe, anch’esse a bianco di piombo. Il fondo dell’iniziale, infine, è costituito da un reticolo di piccoli quadrati alternativamente in blu, porpora e in lamina metallica. La scena narrativa è costruita secondo una peculiare iconografia: Maria, distesa nella curva della C con le gambe coperte da un lenzuolo, regge con la mano sinistra una singolare mangiatoia; si tratta infatti di una sorta di colonnina, all’apice della quale il pulvino si apre ad accogliere il Bambino, le cui fasce vengono rimboccate dall’asino, mentre il bue osserva l’intera scena. La Vergine tende poi l’altra mano verso Giuseppe, posto affianco al giaciglio, nel consueto atteggiamento pensieroso. f. 11r (nr. 6) Inghilterra, sec. XIV1 Iniziale istoriata C di Circa incarnationem (cfr. infra) (miniatura mm 57×51; frammento mm 60×53), con la Creazione di Eva, della medesima tipologia di quella appena descritta. Mentre Adamo giace addormentato su un costone roccioso, sorreggendosi il volto con la mano sinistra, Cristo-Dio aiuta Eva a uscire dal corpo dell’uomo, tenendola vigorosamente per un polso e benedicendola. Gli incarnati dei Progenitori sono realizzati in biacca e il loro biancore appare invece in netto contrasto con le vesti sgargianti che indossa il Creatore. Le due miniature furono ritagliate, probabilmente alla fine dell’Ottocento, dagli incipit del secondo e del terzo libro di un codice datato al secolo XIV e di provenienza inglese, presente nella raccolta della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi almeno dal 1381 (ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 60). Il ms. 137 Biblioteca del Sacro Convento tramanda il Commento delle Sentenze di Pietro Lombardo compilato da Duns Scoto (1265-1308) e conserva la testimonianza dell’asportazione delle due miniature in una nota presente a f. 1r: «Tagliata la prima lettera miniata e quelle ai fogli 97, 139, 184, Fogli 291. xmbre 1883» (ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 59). I cuttings del rossiano, insieme alle altre due immagini sottratte, segnalavano l’incipit di ogni libro e il loro ritrovamento ha permesso l’attribuzione di tale apparato figurativo al cosiddetto Maestro dell’Apocalisse di Lincoln College 16, conservata a Oxford, i cui modi esecutivi sono stati inoltre collegati all’artefice che lavorò al Salterio della regina Mary, un codice conservato alla British Library di Londra, Royal 2. B. VII (ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 35). È possibile assimilare l’esecuzione dell’apparato figurativo dei due codici, poiché in essi si riscontra il medesimo modo di rendere i volti e le pieghe dei panneggi, ma anche

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la gestualità «elegante ed eloquente a un tempo» (ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 61). Ma se l’attività del miniatore dell’Apocalisse è stata collocata tra il 1320 e il 1330, Marco Assirelli sostiene invece che le iniziali istoriate del Ross. 1167 sono anteriori al manoscritto oxoniense, databili cioè al decennio che va dal 1315 al 1325 (ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 59). L’attribuzione cronologica dello studioso è proposta su base stilistica, in quanto egli rileva che nei due ritagli non è presente il «chiaroscuro plastico del panneggio», come invece accade in Inghilterra dal 1330 circa, data a partire dalla quale l’influenza francese appare estremamente significativa in campo artistico, soprattutto per gli apporti dell’opera di Jean Pucelle (1300-1355) (ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 35, 61). Le condizioni di conservazione appaiono buone. ASSIRELLI, L’Ordine francescano, 319, 322; ASSIRELLI, Manoscritti non italiani, 35, 59, 60; CIARDI, Introduzione, 22.

f. 12r (nr. 7) Italia settentrionale, sec. XV3-4 Iniziale fitomorfa A (mm 135×165), probabilmente asportata da un libro liturgico; lo spazio riservato è interamente coperto di foglia d’oro e su di esso si dispone la lettera floreale policroma (rosa-porpora, verde, blu, azzurro), terminante con estremità vegetali arricchite da bottoni cigliati. Il fondo dell’iniziale è invece blu ed è decorato con un elemento fitomorfo color porpora, da cui prendono vita due elementi fogliacei in giallo dorato e profilati in rosso. Dai pochi elementi a disposizione è possibile solo suggerire l’assegnazione a un ambito di produzione italosettentrionale, forse in particolare ad area venetopadana, e al terzo e ultimo quarto del secolo XV. Il frammento appare in buone condizioni conservative. f. 13r (nr. 8) Italia settentrionale, sec. XV3-4 Iniziale fitomorfa O (mm 160×155; frammento mm 170×170), probabilmente ritagliata da un libro liturgico. Su uno spazio riservato coperto di lamina metallica molto sottile, lavorata con una punzonatura a decorazioni fitomorfe, si dispone una lettera molto ricca nella realizzazione. Il fondo della lettera di colore blu e fittamente percorso da filamenti e inflorescenze bianchi, accoglie infatti un vistoso fiore policromo (rosso, giallo, verde, blu, viola) e, mentre il perimetro interno è percorso da una cornice di foglie di lauro, il corpo stesso è diviso in vari segmenti decorati, tra l’altro, da pomi d’oro. Non è possibile sostenere precise attribuzioni; si ipotizza tuttavia per il frammento una datazione tra il terzo e l’ultimo quarto del secolo XV e l’assegnazione all’Italia settentrionale (Ferrara?). Il modo nervoso di rendere il fiore centrale e i colori sgargianti potrebbero essere infatti accostati alle decorazio-

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ni visibili talvolta nelle opere di Cosmè Tura (1430 ca.-1495) o di Francesco del Cossa (1435-477). Desta qualche preoccupazione lo stato di conservazione della foglia d’oro, caduta in più punti tanto da mostrare distintamente la preparazione sottostante a bolo rosso. f. 13r (nr. 9) Italia settentrionale (?), sec. XV3-4 Questo ritaglio è stato probabilmente asportato da una cornice floreale policroma, arricchita da bottoni cigliati e in foglia d’oro (frammento mm 75×117). Esso era, con molta probabilità, collocato in uno dei margini della pagina di incipit che lo conteneva e mostra un clipeo a doppia cornice in lamina metallica aurea sorretto da genietti alati, all’interno del quale è presente il ritratto a mezzo busto di un santo barbato che reca un filatterio, dove è possibile leggere REGALI EX PROGEN(IE), e che indica contemporaneamente il proprio volto. L’esecuzione è raffinata, soprattutto per il modo peculiare di rendere la morbidezza degli incarnati e delle chiome. I modi esecutivi e la tipologia della decorazione marginale fanno pensare a un manoscritto realizzato tra il terzo e l’ultimo quarto del Quattrocento, in area veneto-padovana. Le condizioni di conservazione risultano buone, a eccezione di qualche lacuna che interessa la foglia d’oro del clipeo. f. 15r (nrr. 10 e 11) Italia settentrionale, sec. XV3-4 Miniature tabellari provenienti dal medesimo manoscritto: Stimmate di san Francesco (mm 92×67) e Adorazione dei Magi (mm 92×69). Entrambe sono racchiuse da cornici color porpora e percorse da puntini bianchi. Stimmate di san Francesco: sul Monte de La Verna, inginocchiato di fronte all’ingresso di una chiesetta e accompagnato da un confratello, il santo riceve nel suo corpo le ferite del Cristo, presente nella scena sotto forma di serafino. Allude inoltre al Redentore e alla sua resurrezione il pavone collocato accanto alla cappella. Sullo sfondo, tra rocce e colline si intravedono cinte di mura merlate. Adorazione dei Magi: sul medesimo paesaggio di fondo appena descritto, si svolge la processione dei Magi che arrivano al cospetto della Sacra Famiglia, in primo piano. I modi esecutivi e la tavolozza pittorica basata su colori vivaci e sgargianti potrebbe ricondursi alla produzione dell’Italia settentrionale e in particolare all’ambito padovano. La raffinatezza degli abiti, soprattutto nell’Adorazione dei Magi, e la combinazione tra paesaggio roccioso e collinare associato a mura merlate fa pensare a un miniatore vicino ai modi di Giorgio di Alemagna (m. 1479).

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Le condizioni di conservazione non destano preoccupazione, anche se in alcuni punti della cornice porpora si riscontrano lievissime cadute nella pellicola pittorica. f. 17r (nr. 12) Italia centrale (Siena), sec. XV, metà Iniziale istoriata K (mm 180×140; frammento mm 175×140), con l’Assunzione della Vergine, probabilmente asportata da un libro liturgico. La lettera, collocata su un fondo in foglia d’oro applicata su bolo rosso, presenta un’asta policroma (arancio, blu, verde) di tipo fitomorfo-caleidoscopico, al centro della quale si incontrano due mascheroni leonini che recano una perla arancio nelle fauci. Tali decorazioni richiamano l’altro mascherone fantastico collocato all’incrocio delle gambe della K, dalla cui bocca nasce un ulteriore elemento vegetale. Lo spazio creato dall’iniziale fa invece da sfondo alla scena dell’Assunzione, con la Madonna assisa all’interno di una mandorla di luce circondata dalle schiere angeliche. Le altre creature celesti, alcune delle quali musicanti, indossano vesti di colori sgargianti che si accordano alle tonalità vivaci delle ali – l’artista crea in questo modo accostamenti come giallo e indaco, indaco e verde e ancora indaco e porpora, o blu e verde, ma anche blu e porpora. Al di sotto della mandorla la figurazione è completata dalla presenza di un altare in marmo policromo la cui mensa è cosparsa di fiori variopinti. La miniatura è stata studiata e pubblicata per la prima volta da Maria Grazia Ciardi Duprè dal Poggetto, in un volume del 1984 sull’Osservanza di Siena (CIARDI, La libreria del coro, 111-154). Dopo una lunga disamina in cui tratteggia gli estremi cronologici, l’ambito di produzione e gli artisti al lavoro per l’Osservanza, la studiosa utilizza la miniatura vaticana come exemplum della «situazione senese “media”» intorno alla metà del Quattrocento, per la quale riconosce un influsso non solo del Sassetta (1392-1450 circa), ma anche di Sano di Pietro (14061481), oltre che di Giovanni di Paolo (1403-1482) e di Pietro di Giovanni Ambrosi (1410-1449); fondendo i modi esecutivi di tali artisti, l’ignoto artefice di questo ritaglio riesce a creare un linguaggio nuovo «con un disegno e con un colorito più moderno» (CIARDI, La libreria del coro, 144). Ella propone poi un confronto con la Madonna incoronata presente a f. 163r del corale G. I. 8 della Biblioteca comunale di Siena (CIARDI, La libreria del coro, 144). Molte in realtà sembrano le differenze, a cominciare dal modo di realizzare le vesti fitomorfe, per continuare con l’impostazione della figura della Vergine. Al di là del paragone, in ogni caso, la Ciardi propone di avvicinare la mano del maestro vaticano a quella del cosiddetto Primo miniatore dell’Osservanza e a Pellegrino di Mariano (1449-1492). Le condizioni di conservazione non destano preoccupazione, se non per le numerose lacune dovute al distacco della foglia d’oro, che rende visibile la preparazione a bolo. CIARDI, La libreria del coro, 144.

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f. 20r (nr. 13) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata D (mm 165×152), con il Miracolo di san Cerbone; su un fondo blu decorato a volute bianche, lo spazio riservato quadrangolare presenta agli angoli elementi in foglia d’oro. Su di esso si dispone il corpo della lettera di colore arancio e arricchito da palmette e filamenti a biacca che percorrono tutti il perimetro interno e che fanno pendant con una cornice rosa; le estremità laterali del corpo presentano invece motivi vegetali. L’artista ha raffigurato il vescovo Cerbone, di tre quarti, posto quasi al centro dello spazio creato dall’iniziale, seguito da due accoliti, l’uno con il capo coperto da una cuffietta che gli copre parzialmente la tonsura e con le mani velate dalla veste, l’altro abbigliato con una cappa dalle maniche svasate sotto le quali è visibile l’alba. Cerbone benedice delle oche che gli stanno mostrando la strada ed è caratterizzato da un nimbo in spessa lamina metallica e dalla mitra vescovile, indossa inoltre sull’alba gallonata una casula porpora sulla quale è appoggiato un pallio decorato a fiori neri stilizzati. Le condizioni di conservazione risultano discrete a eccezione delle oche, rese meno visibili da cadute della pellicola pittorica e da qualche zona in cui la pergamena appare non completamente tesa. f. 22r (nr. 14) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata Q (mm 215×260; ritaglio mm 215×265), con la Decollazione di san Paolo. La costruzione della lettera è uguale a quella appena descritta, il corpo è realizzato con la triade coloristica del rosa, arricchita da motivi circolari e a palmette; la zampa della Q presenta poi, alle due estremità, elementi fitomorfi policromi (rosso-arancio, blu, grigio) e spessa foglia d’oro. Anche la scena della Decollazione, come il Miracolo di san Cerbone, è collocata al centro dello spazio creato dall’iniziale ed è costruita secondo un preciso schema simmetrico: a sinistra vi sono infatti tre personaggi in piedi, il primo si porta un mano al volto – ma forse in origine era appoggiata alla bocca; l’altro è un soldato romano coperto da una corazza e reca una sorta di sciabola; del terzo, infine, è visibile solo il capo e parte della spada. Da sottolineare che tutti i volti, in particolare quello del soldato romano, sono stati cancellati. Sarebbe importante, a questo proposito, riflettere sulle cause di tale particolare, così da capire se si tratta di un caso di damnatio memoriae o di un atto vandalico. Propende per la prima ipotesi Cristina De Benedictis che attribuisce il gesto «a mano devota» (DE BENEDICTIS, Memmo di Filippuccio, 215). Per continuare la descrizione, a destra la posizione degli aguzzini è richiamata da una roccia grigio-blu, mentre al centro della scena vi è san Paolo inginocchiato e chino, colto nell’atto di pregare. Il boia, che rinfodera la spada, ha già tagliato di netto la testa dell’Apostolo nimbata e bendata, che rimbalza

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per tre volte sul terreno, facendo così sgorgare tre polle d’acqua, la cui presenza sembra essere sottolineata dal copioso sangue che fuoriesce dal collo del santo. Fatta eccezione per i volti sfregiati, vi è solo qualche caduta nella foglia d’oro e qualche gualcitura della pergamena, ma per il resto le condizioni conservative appaiono discrete. f. 24r (nr. 15) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata F (mm 385×270), con la Decollazione di san Giovanni; ancora un lettera della medesima tipologia delle precedenti, anche se con l’aggiunta di qualche elemento: oltre al corpo arancio e alle terminazioni vegetali in grigio, le due estremità dell’asta verticale si chiudono con due nodi, l’uno realizzato con la triade coloristica del verde scuro, l’altro di colore grigio e verde. Da questi nodi prendono vita i fregi laterale e inferiore realizzati in policromia (blu, arancio, azzurro, grigio, verde, nero), ai quali si aggiungono bottoni in foglia d’oro al centro del margine inferiore. Anche la costruzione della scena nello spazio isolato dalla F è la stessa riscontrata nelle miniature precedenti, poiché si presenta anch’essa chiusa ai lati, a destra dalla prigione, a sinistra da un altro edificio dal quale si affaccia un personaggio privo di capelli, ma barbato, che addita l’esecuzione. Al centro delle quinte architettoniche è Giovanni, in ginocchio e con i piedi nudi, nel medesimo atteggiamento di Paolo nel ritaglio precedente; pure il boia sembra lo stesso, tanto che si può ipotizzare l’utilizzo di piccoli patroni per le singole figure o addirittura per tutta la scena. La spada sguainata ha infine appena ferito il collo del santo, nimbato in lamina metallica aurea. Il degrado interessa solo la foglia d’oro, che lascia in evidenza il bolo. f. 26r (nr. 16) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata U (mm 130×128), con la Guarigione dell’indemoniato, del medesimo gruppo delle precedenti. Cristo, accompagnato da un discepolo, fa uscire dal corpo del malato un demone, sorta di cane alato con zampe di rapace. La scena è concitata: l’indemoniato è visto di spalle ed è leggermente piegato, come sotto il peso reale e metaforico della malattia, e sorretto ai reni da un altro uomo; assiste alla scena un terzo personaggio, più anziano, con un’espressione intensamente preoccupata. Il fondo rosa dello spazio creato dalla lettera è caduto in più punti e in particolare intorno al demone; per il resto la condizione conservativa appare discreta.

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f. 26r (nr. 17) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata U (mm 125×118), con Giovanni a Patmos, della stessa tipologia delle precedenti. L’isola è resa come uno sperone roccioso in mezzo ai flutti, sul quale Giovanni sta seduto proteso sul leggio, intento a scrivere sui fascicoli aperti il testo apocalittico, con lo stilo in una mano e il calamo ricavato da un corno fissato al tavolo di lavoro. Sono da segnalare in questo caso alcuni elementi di degrado, che interessano soprattutto il fondo blu della lettera, ma anche il corpo della U e la lamina metallica aurea, persa non solo nell’asta, ma anche nel nimbo del santo. f. 28r (nr. 18) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata D (mm 136×123), con l’Assunzione della Vergine e della medesima tipologia delle precedenti. All’interno di una mandorla, sorretta da due angeli, di colore blu e celeste la Madonna è in atteggiamento di preghiera con le mani semi giunte. Anche in questo caso, problemi di degrado a carico della foglia d’oro. f. 28r (nr. 19) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata L (mm 131×100), con il Miracolo dei pani e dei pesci. Il corpo della lettera, della medesima tipologia della precedenti, è stato quasi completamente tagliato. La scena si svolge su un terreno roccioso: a sinistra Cristo porta un sacco di stoffa, seguito da Pietro che reca in mano una cesta di vimini intrecciati, mentre un secondo apostolo, forse Giovanni, si sta chinando verso un uomo seduto con la mano protesa. L’uomo è parte di un gruppo di persone assiso in terra e c’è chi stringe uno dei pesci appena donatogli da Giovanni, chi porta la mano al mento in segno di meditazione, chi porta una mano alla bocca come per ingoiare l’ultimo boccone. Le condizioni conservative risultano discrete nel complesso, anche se nell’angolo in alto a destra la pellicola pittorica risulta abrasa. f. 39r (nr. 35) Italia centrale (Siena), sec. XIVin. Iniziale istoriata P (?) (mm 133×122), con l’Apparizione di Cristo agli undici, della stessa tipologia delle lettere appena descritte. All’interno di una sorta di balaustra grigia, due degli apostoli hanno il capo rivolto verso l’alto a osservare Cristo a mezzo busto circondato dai nembi. Nel gruppo sono riconoscibili Pietro, con il braccio alzato sul viso come a voler schermare la luce intensa che proviene dall’appari-

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zione, e Giovanni con il libro chiuso sorretto dalla mano velata; sulla destra, un altro discepolo, posto di spalle, indica anch’egli la visione con il braccio alzato. La pellicola pittorica appare scurita, soprattutto nella parte centrale della miniatura, probabilmente a causa della perdita di elasticità della pergamena che risulta infatti gualcita. Nel 1980 Cristina De Benedictis attribuì la realizzazione di tali miniature a Memmo di Filippuccio, attivo a Siena tra il 1294 e il 1324, le cui prime opere potrebbero riconoscersi nei corali per il duomo della città toscana. È infatti in questi libri liturgici che mostra di avvicinarsi alla maniera di Duccio, per il tramite del quale potrebbe essere approdato al cantiere assisiate, divenendo collaboratore di Giotto e realizzando alcuni santi nei sottarchi, la Volta dei Dottori e infine qualche sequenza delle Storie del registro superiore della Basilica (DE BENEDICTIS, Memmo di Filippuccio, 212). Di questo artista, tuttavia, la critica ha da sempre rilevato un andamento altalenante e la maggiore raffinatezza dell’attività di miniatore rispetto alle opere pittoriche (DE BENEDICTIS, Memmo di Filippuccio, 212). Portato del linguaggio giottesco sarebbe comunque la «maggiore leggibilità dell’evento sacro» grazie a un attento studio dello spazio all’interno del quale si muovono personaggi, anche ritratti in pose “ardite” e fortemente scorciate (DE BENEDICTIS, Memmo di Filippuccio, 213). Alla De Benedictis si deve anche l’analisi di ognuno dei cuttings, nei quali la studiosa sottolinea l’abilità artistica del miniatore e la sua perizia nel rielaborare la lezione dei due grandi modelli del tempo, Giotto e Duccio. Un’ipotesi interessante è poi quella che la studiosa ha avanzato, accostando la miniatura del Martirio di san Paolo del Ross. 1167 al Polittico Stefaneschi; ella vi ha ravvisato, in particolare, forti tangenze con tale opera sia nel gesto del carnefice che rinfodera la spada sia nei ritratti del guerriero romano che porta le verghe sia, infine, nel gesto del dignitario che si porta la mano al mento, in tutto simile a una delle donne della Crocifissione di san Pietro del Polittico (DE BENEDICTIS, Memmo di Filippuccio, 215). Ma se la De Benedictis nel 1980 poteva proporre ipotesi, avendo solo i ritagli vaticani e non l’intero codice, Ada Labriola ha individuato nel 2002 i manoscritti da cui è stato asportato questo gruppo di miniature: si tratta dei Corali 2, 9 e 10 del duomo di San Cerbone e della serie dei Corali di Sant’Agostino, chiese entrambe di Massa Marittima (LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455). Ella non si sbilancia tuttavia in un’attribuzione precisa, preferendo parlare di un «anonimo maestro», da ricondurre in ogni caso allo stesso ambito artistico già indicato dalla De Benedictis (LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455). A ogni modo, risolutiva per l’attribuzione è stata l’osservazione dell’iniziale maggiore S a f. 46r, istoriata con la Crocifissione di san Pietro e contenuta nel Corale 9 del duomo, che mostra stringenti affinità proprio con le immagini del Ross. 1167. Si deve alla Labriola inoltre la ricostruzione della vicenda critica relativa al miniatore dei corali di Massa Marittima: a partire da Pietro Toesca, che in anni lontani si era occupato del Corale 46-2 del Museo dell’Opera del Duomo di Siena, dell’Evangeliario ms. F. III. 6 della Biblioteca degli Intronati della stessa città e, infine, dei

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Graduali 1534, 1535, 1537, 1543, 4755 del Museo nazionale di San Matteo di Pisa, sottolineando per primo la peculiarità stilistica di tale artista che attingeva, a suo parere, sia dagli stilemi bizantini sia dall’imagerie gotica (LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455); per continuare con Giovanni Previtali che aveva suggerito il nome di Memmo di Filippuccio, artista documentato a Siena e a San Gimignano tra il 1288 e il 1324 (LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455), di cui sono noti, tuttavia, per quanto riguarda l’arte del minio, solo alcuni pagamenti, e con Roberto Longhi che riconduceva a lui anche alcune opere pittoriche, come la Madonna con Bambino nella chiesa di San Iacopo o le Storie profane nella Stanza della Torre di Palazzo Vecchio (LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455); mentre molti studiosi successivi, tra i quali Miklós Boskovits che proponeva di superare l’identificazione tra il miniatore e Memmo, osservavano una certa discrepanza tra la qualità presente nelle immagini miniate e quella invece, meno evidente, delle tavole e delle opere a fresco (LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455). DE BENEDICTIS, Memmo di Filippuccio, 213, n. 13, 214-216; LABRIOLA, s.v. Maestro dei Corali di Massa Marittima, 455.

f. 30r (nrr. 20-21) Italia centrale (Firenze?), sec. XV3-4 Iniziali decorate E (miniatura mm 91×110; frammento mm 91×118) e A (miniatura mm 120×98; frammento mm 137×137) con elementi fitomorfi. Entrambe sono circondate da una campitura in sottile foglia d’oro, mentre il perimetro interno è percorso da una stesura in oro musivo. Il corpo della E è rosa e viola arricchito da volute floreali in biacca, che si ripetono anche nella decorazione del fondo blu, che costituisce parte dello spazio creato dal corpo della lettera. Le aste orizzontali sono costruite con un motivo a foglie di lauro, in celeste chiaroscurato e in blu completato da terminazioni fitomorfe in verde e in rosa-viola. La decorazione, meglio visibile nella lettera A, doveva essere completata da una decorazione a penna e da bottoni cigliati in lamina aurea. La A, pur della stessa tipologia dell’altra iniziale, appare più ricca: il corpo è infatti rosa-viola e l’asta verticale sinistra mostra una decorazione fitomorfa di colore verde e blu, che poi si allunga in un lambrecchino policromo (verde, rosa-viola, blu) disposto al di sotto della lettera. L’asta centrale e quella superiore presentano un motivo a nodo rispettivamente blu e rosso, mentre il fondo della lettera è blu occupato da due tralci carichi di pomi, alcuni dei quali punteggiati di bianco; dal lambrecchino e dal fondo in foglia nascono infine foglie verdi. f. 32r (nrr. 22-24) Italia centrale (Firenze?), sec. XV3-4 Iniziali O (mm 83×102), B (mm 79×101; frammento mm 79×117) ed E (mm 88×89).

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f. 33r (nr. 25) Italia centrale (Firenze?), sec. XV3-4 Iniziale C (mm 80×84). f. 35r (nr. 30) Italia centrale (Firenze?), sec. XV3-4 Iniziale U (L?) (mm 85×77); le lettere maggiori sono tutte della medesima tipologia appena sopra descritta, probabilmente provenienti dal medesimo manoscritto. Per le modalità di esecuzione e per il repertorio ornamentale a cui attingono, esse potrebbero essere attribuite ad ambito toscano, forse fiorentino, del terzo o ultimo quarto del secolo XV; sembrano inoltre ritagliate da un libro liturgico. Le condizioni di conservazione appaiono nel complesso buone, in quanto si rileva solo qualche distacco o crettatura a carico della foglia d’oro. f. 35r (nr. 26) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 Iniziale decorata C; sul recto del ritaglio la lettera (miniatura mm 70×70; frammento mm 88×83) poggia su un fondo in lamina metallica riquadrato a inchiostro nero, mentre il corpo è costituito da elementi fitomorfi policromi (verde, rosso, porpora, blu, azzurro), arricchiti da perle rosse e blu. Il fondo della C è invece color porpora decorato con fiorellini in biacca. Sul verso (mm 67×72) è riproposta la medesima tipologia, ma cambia la campitura di fondo dell’iniziale, qui in azzurro. f. 35r (nr. 27) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 Iniziale decorata C (miniatura mm 60×80; ritaglio mm 73×85), con elementi fitomorfi, della medesima tipologia della precedente. È possibile che le due lettere provengano dallo stesso ambito di produzione e dalla stessa tipologia di libro, se non addirittura da un unico esemplare, anche se chi ha eseguito qui la doratura ha preferito realizzare una cornice a incavi. f. 35r (nr. 28) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 Iniziale U (L?) (miniatura mm 65×75; frammento mm 72×81), anch’essa decorata con elementi fitomorfi, in cui le aste verticali sono di colore verde arricchite da elementi in rosa e in porpora, mentre l’asta orizzontale, che ripropone la medesima tavolozza pittorica, presenta un elemento campito dalla triade coloristica dell’azzurro.

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f. 35r (nr. 31) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 Iniziale Q (miniatura mm 62×75; frammento mm 70×80). f. 37r (nrr. 32-34) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 Iniziali B (miniatura mm 64×61; frammento mm 71×75), S (miniatura mm 65×88; frammento mm 88×90) e D (miniatura mm 62×72; frammento mm 70×80), della medesima tipologia di quelle appena descritte. Tali iniziali, ritagliate da un libro liturgico, possono essere assimilate al lavoro di una bottega probabilmente ferrarese operante tra il secondo e il terzo quarto del secolo XV, come sembrano suggerire l’ornamentazione fitomorfa, la tavolozza pittorica vivace e la decorazione a incavi della foglia d’oro. Le condizioni conservative appaiono buone, si rileva infatti in modo sporadico un leggero degrado della lamina metallica. f. 35r (nr. 29) Italia settentrionale, sec. XV3-4 Iniziale decorata Q (mm 70×94; ritaglio mm 80×91) con elementi fitomorfi, mentre il corpo è realizzato con la triade coloristica dell’azzurro; le due curve della lettera sono unite in alto e in basso da tre perle, due rosa e porpora all’esterno e una verde all’interno. Il campo su cui poggia la Q è realizzato in spessa foglia d’oro ed è riquadrato in nero, mentre il perimetro interno è profilato con dell’oro musivo; la campitura del fondo è di colore rosso arricchita da un fiore giallo dal gambo verde, che prende vita dalla gamba della lettera. Si nota poi una peculiarità: l’iniziale deve essere stata eseguita dopo la stesura del testo poiché a sinistra, nella cornice in oro, è presente una sorta di rientranza triangolare realizzata per evitare che la decorazione coprisse la nota. L’iniziale potrebbe essere accostata a una mano vicina a quelle che realizzarono gli apparati decorativi dei libri liturgici dell’abbazia di Monteoliveto Maggiore, nel terzo e ultimo quarto del secolo XV, come ad esempio Venturino d’Andrea da Milano (documentato dal 1473, attivo entro il XV secolo), di cui sembrano riconoscersi la tavolozza pittorica e l’esecuzione di ampi tralci fogliacei, caratteristiche peraltro di matrice lombarda e ferrarese (GNONI MARAVELLI, Codice F, 331). Lo stato di conservazione risulta buono, se si eccettua qualche distacco della lamina metallica aurea. f. 37r (nr. 34) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV2-3 Iniziale C (mm 55×55) a bianchi girari su fondo blu e all’interno della lettera ocra chiara, con corpo in sottile foglia d’oro. La tipologia degli intrecci po-

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trebbe essere ricondotta all’ambito ferrarese, soprattutto per l’esecuzione della campitura di fondo dell’iniziale. La condizione conservativa è buona. f. 39r vedi supra f. 41r (nr. 36) Area fiamminga, sec. XV3-4 Miniatura tabellare (mm 112×77) con l’immagine dell’Annunciazione, circondata da una cornice dallo sfondo ocra sul quale si dispongono iris, boccioli e fiori rossi, piccole farfalle. La scena si svolge all’interno di una stanza in cui campeggia un imponente letto a baldacchino arricchito da coperte e tendaggi rossi rialzati in oro; da sinistra entra l’angelo, illuminato da un fascio di raggi dorati, e reca in mano una sorta di scettro, con il quale sfiora appena la spalla della Vergine, inchinata davanti al suo inginocchiatoio, che si volge verso l’angelo e si porta una mano al petto, inclinando leggermente il capo. Il foglio è stato staccato da un Libro d’ore prodotto, con molta probabilità, nelle Fiandre, come indicherebbe la ricca ornamentazione della cornice, consueta per l’area fiamminga tra terzo e ultimo quarto del secolo XV. Supposizioni sembrano confermate dai modi esecutivi della scena che bene si inserisce in tale tipologia testuale. Le condizioni conservative del frammento non destano preoccupazioni. f. 41r (nr. 37) Area germanica, sec. XV1-2 Miniatura tabellare (mm 90×63; ritaglio mm 126×90) con una scena di martirio. Da una rupe vengono gettati i corpi di santi martiri, tutti nimbati con la foglia d’oro, che vanno a conficcarsi su pali acuminati infissi nel terreno. Due di essi hanno già subito il supplizio, il terzo è sospinto dalla rupe dal carnefice; altri martiri si intravedono alle sue spalle. La scena è inquadrata da una cornice in lamina metallica aurea, arricchita da una decorazione a filigrana eseguita con inchiostro nero. Non vi sono elementi di degrado nel ritaglio. f. 43r (nr. 38) Area germanica, secc. XVex.-XVIin. Miniatura tabellare (mm 187×135), con la Madonna incoronata; l’immagine è bipartita: in alto, su un fondo a incavi color porpora decorato con fiori e puntini in monocromo violetto, campeggia un’enorme corona realizzata in foglia d’oro e decorata anch’essa con fiori dai petali blu, lo stesso colore che, insieme al rosso, interessa la puntinatura. Il fondo su cui poggia la testa della Vergine è co-

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perto da una campitura di colore rosso, su cui si legge il titulus: Mariam. Nel registro inferiore una cornice anch’essa rossa inquadra il gruppo della Madonna con Bambino: Maria è seduta su un manto erboso ed è affiancata da due angeli turibolanti, realizzati a penna su fondo in foglia d’oro. La lamina metallica ha, in questo caso, la funzione di una stoffa preziosa, da cui fanno capolino altre due figure angeliche realizzate in monocromo blu. L’intera miniatura è poi circondata da uno sfondo nero arricchito da una cornice a intreccio, realizzata a risparmio sulla pergamena e decorata con filamenti rossi. Risulta rovinata la foglia d’oro, caduta in più punti, ma per il resto le condizioni conservative della miniatura appaiono buone. f. 45r (nr. 39) Area germanica, secc. XVex.-XVIin. Miniatura tabellare tagliata (mm 120×97), sul recto è visibile la scena della Fuga in Egitto. Il verso è invece occupato dall’immagine della Presentazione di Gesù al Tempio. In questo caso il frammento è cartaceo, in buone condizioni conservative. f. 48r (nr. 40) Area germanica, secc. XVex.-XVIin. Disegno (mm 136×60) con l’immagine di santa Caterina, realizzata a risparmio sulla carta, con l’utilizzo di solo inchiostro bruno. La santa è caratterizzata da una corona e da un nimbo che reca il titulus S(ancta) Caterina virgo; nella mano sinistra mostra la palma del martirio e nella destra un ramo di giglio che porta tre fiori; dal più grande di essi esce un bambino vestito di azzurro. Il pigmento verde con cui è stata campita la palma ha forato la carta, unico elemento di degrado, questo, presente nel frammento. f. 48r (nr. 41) Area germanica, sec. XVex.-XVIin. Targa realizzata a risparmio su pergamena con inchiostro ocra, arricchita da lambrecchini rossi, mentre il cimiero è a biacca rialzato in azzurro. Sullo scudo è raffigurato un leone rampante di rosso fasciato di verde, un’immagine araldica che si ripete anche al di sopra della targa. Essa sembra essere stata ritagliata da un manoscritto in lingua tedesca, come si intuisce dalle poche parole rimaste appena sopra la figurazione; vi si legge inoltre una data, MCCCCC, mentre il leone al di sopra della targa è affiancato da altre cifre, 15 a sinistra e 9 a destra. Non è visibile alcuno zero per poter suggerire la data del 1509. La scrittura è una gotica corsiva a inchiostro nero, sul verso si sono conservate 11 linee vergate da due mani diverse; una scrive con inchiostro bruno scuro, l’altra con inchiostro più chiaro. Le condizioni di conservazione appaiono buone.

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I quattro cuttings appena descritti, pur non provenendo dal medesimo manoscritto, sembrano essere riconducibili a una produzione di ambito tedesco, circoscrivibile all’ultimo quarto del secolo XV e al primo Cinquecento. La loro presenza all’interno della raccolta sembra confermare il gusto eclettico del de Rossi che acquistava sia prezzi di grande pregio, sia pezzi di minore qualità, come in questo caso. f. 50r (nr. 42) Area germanica (?), secc. XVex.-XVIin. Foglio cartaceo di una certa consistenza e inquadrato da una cornice rossa (mm 346×243), sul quale sono stati applicati 14 piccoli disegni (mm 28×19) che incorniciano una Annunciazione di maggiori dimensioni (mm 194×61); i disegni sembrano essere realizzati a stampa e poi colorati in un secondo momento. Molte delle quattordici scene sono in realtà minuscole icone di martiri; le uniche scene narrative sono due decollazioni – si tratta forse di quella di san Paolo, mentre l’altra è di un santo vescovo, riconoscibile dalla mitra (san Dionigi?) –, l’immagine di san Paolo e di san Pietro con spada e chiavi, e infine scene tratte dalla vita di Cristo, l’Incontro con i discepoli, l’Anastasis, la Cacciata dei mercanti dal Tempio, Gesù tra i dottori. Al centro campeggia l’Annunciazione, che si svolge in un interno caratterizzato da un sontuoso letto a baldacchino (la coperta è decorata con un clipeo che reca la scritta in lettere capitali UBI IBI). Maria è all’inginocchiatoio, sul quale è poggiato un libro aperto e l’angelo è in piedi davanti a lei con in mano un serto di gigli rossi. In alto a sinistra Dio Padre è sorretto e circondato da testine di angioletti; egli accompagna, porgendolo a Maria, il Bambino che reca una piccola croce rossa ed è avvolto da un morbido involucro. f. 52r (nr. 43) Area germanica (?), secc. XVex.-XVIin. Medesima tipologia di mise-en-page di quella appena descritta, come medesime sono le misure; al centro della pagina sono visibili un vescovo accompagnato da alcuni santi, tra cui san Francesco e forse, accanto a lui, santa Chiara. In alto, l’apparizione di Dio Padre, circondato dalle testine alate di angeli e sotto un filatterio in cui si legge, in lettere capitali, HI SUNT I(N) QUORU(M) MIHI BENE CU(M)PLACUIT. Anche le piccole figure laterali presentano immagini di santi, tra i quali sono riconoscibili Giorgio che sconfigge il drago, e poi l’Annunciata, la Guarigione del cieco, San Giovanni accompagnato dall’aquila. È probabile che i fogli (ff. 50, 52) siano stati asportati da uno stesso esemplare di Biblia pauperum, come lascerebbe pensare la loro facies, caratteristica di tale tipologia di libro; il loro stato di frammenti non permette una collocazione nello spazio e nel tempo, nonostante vi siano elementi anche molto significativi, come ad esempio l’attenzione con cui è eseguito l’abbigliamento del vescovo, il cui significato è oggi non decifrabile. Si può però tentare di attribuire i due frammenti ad area tedesca, la stessa in

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cui peraltro nasce questo tipo di manoscritti, e a una data circoscrivibile tra l’ultimo quarto del secolo XV e il primo del successivo. Per entrambi i fogli le condizioni di conservazione appaiono buone. f. 54r (nr. 44) Francia, sec. XVIin. Pagina cartacea stampata, in scrittura gotica, arricchita da iniziali calligrafiche medie e minori a inchiostro oro e rilevate in rosso e in blu, e sulla quale sono presenti immagini sia sul recto sia sul verso. Nel primo caso, i margini superiore e interno sono contenuti entro una cornice suddivisa in più riquadri; nell’angolo superiore, su fondo rosso e blu, sono realizzate decorazioni fitomorfe a inchiostro metallico aureo; mentre nel margine inferiore, nell’angolo sinistro, è presente una figura a mezzo busto che regge una croce lignea. Il margine esterno è suddiviso in tre rettangoli – al di sotto dei quali sono altrettanti filatteri – in cui compaiono, dall’alto verso il basso, la Crocifissione, David con il salterio e Giovanni evangelista accompagnato dall’aquila. Il verso è interessato dalla medesima facies; vi sono state rappresentate, dall’alto in basso, la Resurrezione; l’effigie di un personaggio maschile con un cappello a falde larghe e che volge lo sguardo verso il Gesù risorto; vi è infine San Luca affiancato dall’angelo e sembrano entrambi volgere lo sguardo verso il Salvatore. Nel margine inferiore è visibile una figura femminile accompagnata da un vessillo in cui si può leggere il nome Ihesus. f. 56r (nr. 45) Francia, sec. XVIin. Medesima mise-en-page appena descritta; sul recto è rappresentata una Imago pietatis: il Cristo è coronato dalle spine e ha ferite alle mani e al costato (fig. 45); rivolti verso l’immagine tre religiosi inginocchiati. Il margine inferiore ospita poi una tabella in cui sono ritratti, a mezzo busto, un papa, un vescovo, un re e un altro dignitario, tutti in preghiera. Sul verso campeggia invece, sempre procedendo dall’alto verso il basso, una Flagellazione; Davide che reca il salterio; ancora San Luca e l’angelo; un santo. Nel margine inferiore è presente un’edicola che ospita quattro figure in preghiera. Si tratta di due fogli che provengono entrambi da una particolare tipologia di Libro d’ore. Durante i primi del Cinquecento infatti, tra Lione e Parigi, venne stampata una ingente quantità di codici di questa tipologia, che ebbero da subito una vastissima circolazione, non solo in Francia, ma anche in Inghilterra e nei Paesi Bassi (HARTHAN, Books of Hours, 169). Peculiare era la tecnica di realizzazione, poiché venivano utilizzati dei legni incisi, come in una forma rudimentale di xilografia, che servivano a imprimere

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sulla carta le immagini e le decorazioni marginali, colorate a mano in un secondo momento (HARTHAN, Books of Hours, 169). HARTHAN, Books of Hours, 169.

f. 58r (nr. 46) Italia centrale (Siena), sec. XV3 Iniziale E (mm 255×220) in policromia (rosa, porpora, arancio, verde) (fig. 46) e istoriata con la figura di san Nicola da Tolentino (cfr. infra). Il campo è realizzato in spessa foglia d’oro, mentre il corpo della lettera è campito dalla triade coloristica del blu arricchito da parti in monocromo e da palmette e filamenti a biacca. All’interno dello spazio creato dalla E il santo tonsurato, vestito del saio dei francescani, reca nella mano destra un giglio fiorito e nella sinistra un sole splendente di color rosso-arancio; serti di giglio circondano inoltre la figura, che sembra sorretta per le gambe da due angeli. Maria Grazia Ciardi Dupré dal Poggetto assegna il frammento alla bottega di Sano di Pietro (1405-1481), poiché vi riscontra «un’impronta fortissima» dell’artista, se pure espressa, probabilmente da un epigono, in un linguaggio più moderno rispetto a quello del maestro (CIARDI, La libreria del coro, 145). La studiosa, in ogni caso, riferisce la miniatura al periodo in cui la produzione di Sano era dedicata all’esecuzione dei codici per l’Osservanza di Siena, tra gli anni sessanta e settanta del Quattrocento (ibidem). Le numerose lacune nella lamina metallica mostrano, in più punti, il bolo rosso utilizzato come mordente per la foglia d’oro. Anche il fregio laterale è interessato da diverse cadute della pellicola pittorica. CIARDI, La libreria del coro, 145.

f. 61r (nr. 47) Italia settentrionale, sec. XVI1 Iniziale istoriata D (miniatura mm 180×195; frammento mm 237×205) con la scena della Lavanda dei piedi. Il corpo della lettera è realizzato in spessa foglia d’oro arricchita da elementi fitomorfi di colore blu e intorno si distende una decorazione che comprende tre tipi di piante fiorite, una in rosa, l’altra simile a un glicine ma di colore rosso e la terza infine con infiorescenze arancio a forma di spiga, realizzate con una tecnica veloce ma molto attenta alla resa, quasi botanica, del particolare. Nel fondo della lettera è rappresentata l’immagine evangelica. I personaggi sono tutti privi di aureola e sulla mensa, coperta da una tovaglia, campeggiano due candelabri accesi. Cristo è in ginocchio ad asciugare i piedi forse a Pietro, come lascerebbero pensare i tratti iconografici tipici del santo; intorno gli altri discepoli assistono alla scena aspettando il proprio turno. Le condizioni di conservazione non destano alcuna preoccupazione.

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f. 63r (nr. 48) Italia centrale (Toscana), sec. XV2-3 Iniziale istoriata C (?) (miniatura mm 186×165; ritaglio mm 220×195) raffigurante il Rito funebre di un monaco. La lettera è realizzata su un campo in spessa foglia d’oro, inquadrato da una doppia cornice, l’una in nero e l’altra in lamina metallica poco brunita. Il corpo della lettera è invece realizzato con la triade coloristica del verde, decorato con un leggero motivo filigranato a volute e puntini a biacca e da foglie di acanto policrome (rosa, arancio, blu, grigio), che fanno pendant con i nodi sulla curva della lettera. Tutt’intorno si dispone un fregio, anch’esso in policromia (rosa, blu, arancio, giallo, con elementi in foglia d’oro), pesantemente rifilato e di cui sono ancora visibili mascheroni antropomorfi posti di profilo. Alla cerimonia raffigurata nel fondo partecipano alcuni confratelli del defunto: l’uno reca una croce astile e un cero acceso, un altro il turibolo, mentre l’officiante abbigliato con paramenti sontuosi legge da un libro liturgico aperto, guidando il canto dei confratelli. Le condizioni di conservazione sono buone, se si esclude qualche caduta nella lamina metallica aurea. Il frammento potrebbe essere assegnato a un’area di produzione centro-italiana, forse toscana, al secondo o terzo quarto del secolo XV. Gli stilemi decorativi del fregio e la vivace policromia, oltre che i modi esecutivi che interessano la scena narrativa, farebbero infatti pensare a un miniatore formatosi in tale ambito artistico. f. 66r (nr. 49) Italia centrale (Firenze), sec. XIVex. Iniziale istoriata E (miniatura mm 178×170; ritaglio mm 255×180). Su di un campo in spessa lamina metallica aurea, inquadrato da una doppia cornice in ocra chiara e scura, si dispone il corpo della lettera nella triade coloristica del blu, decorato con motivi concentrici in monocromo del medesimo colore e con volute e filamenti a biacca; ulteriori elementi sono poi quelli fogliacei, lumeggiati anch’essi a bianco di piombo, e la cornice di colore ocra che percorre il perimetro interno della lettera. Il fondo ospita la figura di un santo vescovo a mezzo busto, benedicente e con il nimbo d’oro, il cui aspetto è reso ancor più solenne da barba e capelli bianchi. Egli indossa la mitra con castoni di pietre preziose e con infule che scendono sino al collo; sul saio nero è poggiato un manto ricamato a fiori aurei, chiuso sul petto da una fibula circolare in foglia d’oro. I suoi paramenti sono poi completati da guanti losangati sul dorso e da un anello d’oro alla mano destra, mentre nell’altra regge il libro chiuso. Uno degli elementi fitomorfi che decorano la lettera si allunga a disporsi al di sotto di essa, aprendosi in una sorta di clipeo policromo (arancio, blu, grigio, rosa con elementi in lamina aurea), con fondo in foglia d’oro, in cui è raffigurato un pontefice. Anch’egli è nimbato, riccamente abbigliato: indossa il triregno con lunghe infule che gli toc-

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cano le spalle, un impalpabile velo bianco che fuoriesce dalla tiara e che avvolge il collo, un piviale di color arancio, chiuso sul petto dal una fibula d’oro, a coprire una veste blu. Indossa bianche chirotecas decorate con pietre preziose. Con la mano sinistra regge un libro chiuso, con la destra sembra benedire. I modi esecutivi del frammento sembrano avvicinarsi a quelli di Don Silvestro dei Gherarducci (1339-1399), definito da Mirella Levi D’Ancona il «maggior miniatore fiorentino del tardo Trecento» (LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 113). Fu monaco in Santa Maria degli Angeli ed è stato possibile ricostruire il catalogo delle opere da lui eseguite per il monastero, per le quali non esistono pagamenti, solo sulla base di alcuni confronti con i corali prodotti per la chiesa di Santa Maria Nuova, che sono invece provvisti di questo tipo di documentazione (LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 113). Il suo linguaggio figurativo, connotato da una rilevante precisione esecutiva, in particolare nella resa dei volti regolari, ma anche dal pallore dell’incarnato che talvolta vira sulle tonalità del grigio, da peculiari occhi a mandorla e dalla tipologia delle pesanti vesti che nascondono la forma del corpo (LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 113), sono tutte cifre stilistiche dell’artista, che si ritrovano nella miniatura rossiana. A Silvestro sembrano inoltre ricondurre la perizia e l’attenzione con cui riproduce i paramenti liturgici – con i quali aveva certo grande consuetudine –, come si può osservare al f. 23r del Corale 2, oggi ms. B 1797 del National Museum di Stoccolma, in cui le ricche vesti di san Silvestro sono rese nei minimi dettagli, così nel san Sisto papa del f. 129v del medesimo corale, conservato presso la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Non è possibile, purtroppo, stabilire da quale manoscritto provenga il cutting rossiano, ma si potrà intraprendere in futuro uno studio in tal senso; in questa sede si può solo sottolineare l’importanza di questa immagine che, se ricongiunta al codice di provenienza, potrebbe anche far luce sia sull’identità del personaggio raffigurato nell’iniziale, sia sulle ragioni della sua presenza in relazione a quella del pontefice. Le condizioni di conservazione non danno alcun motivo di preoccupazione. LEVI D’ANCONA, Gli artisti, 113.

f. 68r (nr. 50) Italia centrale (Toscana), sec. XV3 Iniziale istoriata S (mm 148×149) con la coppia apostolica dei santi Pietro e Paolo qualificati dai loro consueti attributi, rispettivamente le chiavi e la spada; il corpo della lettera è campito dalla triade coloristica del rosa, cui si affiancano delle volute di colore bianco ed elementi fitomorfi in verde e blu; il campo su cui si inserisce l’iniziale doveva essere decorato con la lamina metallica aurea, oggi solo parzialmente visibile a causa della invasività dell’intervento. Le condizioni conservative appaiono buone, a eccezione della foglia d’oro, in parte non visibile.

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f. 68r (nr. 51) Italia centrale (Toscana), sec. XV3 Iniziale D istoriata (mm 130×138); il corpo della lettera è eseguito con la triade coloristica del blu, arricchita da una decorazione a foglie e piccole circonferenze, tutto realizzato in monocromo, con l’aggiunta di elementi fitomorfi policromi (viola-porpora, arancio, verde) e di perle di colore blu e arancio. All’interno del campo isolato dalla lettera, peraltro pesantemente ritagliato, si trova una santa in preghiera ritratta nel momento di una visione mistica. Elementi di degrado si notano a carico della lamina metallica aurea, della pellicola pittorica e della decorazione fogliacea. Anche per queste due iniziali, Maria Grazia Ciardi Duprè dal Poggetto propone l’attribuzione a un artista che opera in ambito toscano, il cosiddetto Alunno di Giovanni di Paolo (CIARDI, La libreria del coro, 147). La studiosa sottolinea la «personalità autonoma e originale» del miniatore, forse già a capo di una bottega, le cui opere più significative sono i Corali 61 e 67, facenti parte del gruppo di libri liturgici commissionati da Pio II Piccolomini (1458-1464) per la cattedrale di Pienza, in cui egli lavora affianco a maestri come Sano di Pietro (14051481) e Pellegrino di Mariano (1449-1492) (CIARDI, La libreria del coro, 147). CIARDI, La libreria del coro, 147.

f. 70r (nr. 52) Italia centrale (Toscana?), secc. XIVex.-XVin. Iniziale istoriata D (miniatura mm 95×91; ritaglio mm 120×112); il corpo della lettera è decorato con elementi fitomorfi policromi (arancio, verde con lumeggiature gialle, rosa con filamenti a biacca), cui fa da sfondo una campitura in spessa foglia d’oro. Dall’iniziale nasce un fregio fogliaceo – eseguito con la medesima tavolozza pittorica appena descritta, con l’aggiunta del blu – nel quale è visibile un mascherone antropomorfo, pesantemente rifilato. Il campo interno della D è occupato dall’immagine della Creazione di Adamo, scena che si svolge in un ambiente paradisiaco qualificato da un manto erbaceo punteggiato di fiori, sullo sfondo l’Albero della vita. Adamo è inginocchiato, con le mani giunte di fronte a Dio, che si affaccia da un turbinio di ali fiammeggianti di cherubini; egli è inoltre bifronte, se pure connotato da un unico nimbo, osserva Adamo ed è insieme è rivolto verso la schiera angelica. Il frammento, proveniente verosimilmente da un libro liturgico, può essere ricondotto alla mano di un maestro che opera in ambito toscano tra la fine del secolo XIV e primi anni del Quattrocento. Alcuni degli stilemi presenti nella Creazione si ritrovano ad esempio nei manoscritti prodotti nel monastero di Santa Maria degli Angeli, che ricordano il cutting rossiano per la ricchezza dell’apparato decorativo, oltre che per la preziosità dei materiali impiegati. Non è tuttavia possibile suggerire il nome di un miniatore né, tantomeno, indicare l’eventuale codice di provenienza. Non si segnala nessuna forma di degrado conservativo.

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ROSS. 1167

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f. 70r (nr. 53) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, seconda metà Iniziale U (L?) istoriata (miniatura mm 87×106; ritaglio mm 87×123); il corpo, costituito da elementi fitomorfi policromi (verde, rosso, blu) e floreali (corolle verdi e rosse), è adagiato su un campo originariamente campito in oro musivo, oggi, a causa del pesante intervento di taglio, non più visibile. Il fondo blu della lettera, arabescato con inchiostro metallico aureo e in monocromo di colore azzurro, ospita invece il mezzo busto di un santo martire, che reca nella mano destra il libro chiuso, mentre nell’altra regge la palma simbolo del martirio; su una veste realizzata in porporina egli indossa un manto rosso e verde. Al di fuori dell’iniziale è visibile un essere ibrido, dal busto antropomorfo e la coda di creatura marina, intento a suonare la cetra. f. 72r (nr. 54) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, seconda metà Iniziale istoriata G (mm 85×85); il corpo della lettera, costituito da una sorta di drago verde lumeggiato in giallo, con le fauci spalancate, si trasforma nella parte centrale in due fasci fitomorfi policromi (blu, verde, rosso, viola) raccordati da una testina infantile. L’iniziale ospita, su un fondo in oro musivo, una schiera di sante vergini in atteggiamento di preghiera. f. 72r (nr. 55) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, seconda metà Iniziale R istoriata (mm 76×81); l’asta della lettera è costituita da un cantharos policromo (arancio, verde, blu) posto su un piedistallo campito della medesima tavolozza pittorica; dal vaso prendono forma la curva e l’asta obliqua della R, costituite da elementi fitomorfi che ripropongono le stesse tonalità; il fondo è in oro musivo e ospita, all’interno, una santa con il capo reclinato sul petto. f. 72r (nr. 56) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, seconda metà Iniziale C istoriata (mm 76×78); la lettera è della medesima tipologia della precedente e al suo interno, su un fondo color porpora arabescato in oro e biacca, è raffigurato un santo martire, probabilmente san Lorenzo martire, accanto al quale è la graticola, suo emblema iconografico. f. 72r (nr. 57) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, seconda metà Iniziale C istoriata (mm 78×80); della stessa tipologia delle precedenti, all’interno della quale, ancora una volta, è la rappresentazione di un santo martire con il libro chiuso, la palma e quelle che sembrano essere le pietre del martirio (santo Stefano?).

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L’esecuzione di tali miniature, tutte e cinque provenienti dal medesimo codice, probabilmente liturgico, potrebbe essere ricondotta ad ambito ferrarese e alla seconda metà del Quattrocento. La tavolozza pittorica, ma soprattutto le terminazioni zoomorfe, riconducono infatti all’imagerie e al linguaggio figurativo utilizzato dagli artisti al lavoro alla corte estense al tempo di Borso d’Este (14521471). A titolo esemplificativo, un paragone può essere quello con la Musa Calliope di Cosmè Tura (1430-1495), oggi alla National Gallery di Londra, realizzata tra il 1458 e il 1463, in cui l’immagine femminile è completamente circondata oltre che da filamenti di perle, anche da creature marine dalle sembianze mostruose, che ricordano il drago dell’iniziale R (nr. 55) della raccolta rossiana. Un ulteriore paragone, ancora più stringente, è di nuovo con un’opera di Tura; si tratta della miniatura, anch’essa staccata e oggi conservata a New York, al Metropolitan Museum of Art, Rogers Fund, con la rappresentazione di Tutti i santi; anche in questo caso ritorna il peculiare impiego della forma animale per tracciare il corpo della lettera. I ritratti dei santi tuttavia non hanno nessuna consonanza con i modi esecutivi dell’artista, che rappresentava nei suoi lavori figure dai corpi nervosi e con volti dai tratti somatici molto marcati, elementi questi del tutto estranei ai frammenti vaticani in cui le figure, al contrario, presentano sembianze delicate e aggraziate. Non si riscontra alcun problema di tipo conservativo. f. 73r (nr. 58) Italia centrale (Firenze), sec. XVI1 Iniziale N istoriata (mm 173×168); su un fondo in lamina metallica aurea, la lettera è in parte costituita da elementi fitomorfi policromi (verde, blu, rosa) e in parte da elementi architettonici arricchiti da palmette realizzate a inchiostro d’oro. Sul fondo è l’immagine di Tutti i santi, che recano le palme del martirio e il nimbo. Tra gli altri sono riconoscibili san Giorgio, in una ricca ed elegante armatura e con una lunga lancia in mano; san Sebastiano raffigurato con le mani giunte al petto e due frecce che gli trafiggono l’addome e una coscia; dietro è san Pietro Martire in abito domenicano, con l’usuale attributo del coltello che gli trapassa la testa. Di difficile interpretazione, dato lo stato di frammento del supporto, sono altri due santi, raffigurati uno con il triregno e l’altro con la mitra bicorne. I modi esecutivi dell’iniziale ricordano quelli dei miniatori al lavoro, nel secondo decennio del Cinquecento, per la chiesa della Badia fiorentina. Il corredo di libri liturgici lì in uso fu infatti eseguito da un’importante équipe di artisti, come Giovanni di Giuliano Boccardi (1460-1529) e i fratelli Gherardo (1446 ca.1497) e Monte di Giovanni (1448-1532/1533). Gli unici elementi di degrado da segnalare sono quelli a carico della foglia d’oro, rovinata in più punti.

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f. 76r (nrr. 50-60) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, seconda metà Iniziali D (mm 129×127) e I (mm 151×67), istoriate con immagini di santi; la prima è decorata con volute ed elementi fitomorfi policromi (verde lumeggiato in giallo, rosa-viola, blu lumeggiato in bianco) su un fondo in sottile foglia d’oro; il perimetro interno è invece percorso da una cornice in giallo ocra; il fondo della lettera è blu intenso, ornato da una cornice a fiori in oro in monocromo e con filigranature bianche. Il busto di Giovanni Battista, che indossa una veste bruna e un mantello color porpora foderato in verde, campeggia all’interno dell’iniziale; egli tiene in mano una piccola croce astile e sulla sua testa di svolge un filatterio che reca la scritta ECCE AGNUS DEI QUI TOLLIT PEC(CATA). La seconda lettera, della medesima tipologia, si apre al centro per ospitare una figura di santo, non identificabile, illuminato dai raggi divini e che reca anch’egli in mano un filatterio muto e un libro chiuso. Le immagini ricordano in modo puntuale alcune delle iniziali realizzate da Iacopo Filippo Medici d’Argenta (metà secolo XV-post 1501) per i Corali del duomo di Ferrara, commissionati da Ercole I (1471-1505) e dal vescovo della città Bartolomeo della Rovere (1474-1495) (HERMANN, La miniatura estense, 154, 155). Peculiari del miniatore appaiono infatti le lettere maggiori con busti di santi dai corpi allungati, a ricordare quelli eseguiti da Cosmè Tura, privi tuttavia del tratto nervoso tipico del pittore e orientati al contrario verso una maggiore armonia, anche nelle espressioni dei volti. Gli unici elementi di degrado sono delle gualciture che pregiudicano in parte l’integrità della lamina metallica aurea. f. 78r (nrr. 61-63) f. 80r (nrr. 64-65) Si tratta di interi fregi marginali ritagliati, tutti della medesima tipologia e quindi, molto probabilmente, provenienti da un unico manoscritto; una decorazione a candelabre policrome (verde, rosa, arancio, oro, grigio) si dispone su un fondo di colore blu a disegnare giochi di volute, alle quali si intrecciano elementi floreali e cornucopie. Nel frammento di f. 78r (nrr. 61-63) si riscontra qualche caduta nella pellicola pittorica a causa delle gualciture che interessano la pergamena, mentre per quello di f. 80r (nrr. 64-65) si segnalano solo sporadiche cadute della foglia d’oro. Legatura Rossi B con coperte marmorizzate, in buone condizioni di conservazione. Il dorso deve aver subito un restauro, forse a causa di un distacco, poiché risulta incollato sulla controcoperta, mentre quello nuovo è realizzato con

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una diversa qualità di pelle, di color mogano (e non bruno come per quello originario). Nella porzione di dorso originale si legge PICTURA / FRAGME(NTA) / E / MEMBR(ANACEIS) / CODICIB(US) / DISTRAC(TIS). (Bibl. Rossianae, IX, 488r-489r) TIETZE, Die illuminierten, 171-175 nr. 368; SALMON, Les manuscrits liturgiques V, 99 nr. 455; CERESA, Bibliografia1991, 282; PONZI, Frammenti di una collezione, 241-247.

EVA PONZI

Ross. 1192 (olim XI, 328) Raccolta di fogli staccati e iniziali ritagliate (Toscana), secc. XIV-XV Cart.; II, 29 (mm 760×530). I frammenti membranacei sono cuciti ai 29 fogli cartacei tramite brachette membranacee. I fogli non sono numerati; mentre sono contrassegnati, con numerazione meccanica variamente posizionata, i frammenti.

f. 1 frammento 1 Toscana (Firenze), sec. XIV4

Ross. 1192, f. 1r

Maestro del Codice Rossiano. Foglio di corale (mm 610×430), segnato CXXIIII, di colore rosso e azzurro alternato (numerazione più recente a inchiostro 248). Decorato con foglie d’acanto di ampie volute, dai prevalenti colori azzurro e arancione, che contengono animali fantastici e figure umane: in alto a sinistra due teste di angeli di profilo, rivolti verso la scena, e più in basso un monaco, mentre un altro è visibile nella decorazione marginale in basso a destra. Nella stessa decorazione marginale inferiore, al centro, un uomo a mezzo busto si trafigge con un pugnale. Iniziale istoriata R di Resurrexi et adhuc (mm 240×195, su tre righe con notazione musicale), contenente la scena della Resurrezione di Cristo: Gesù sorge dal sepolcro con la bandiera della vittoria; davanti al sepolcro i soldati

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addormentati, mentre un altro, sempre dormiente, è raffigurato all’esterno della lettera, tra le volute vegetali decorative che accompagnano l’iniziale. Il foglio proviene da un libro corale, precisamente un graduale, realizzato per il monastero di San Miniato al Monte, nei pressi di Firenze, alla cui decorazione lavorarono tre differenti artisti e dal quale provengono diverse iniziali ritagliate, ora nel codice rossiano. f. 2 frammento 2 Firenze, sec. XIVex. Lorenzo Monaco. Iniziale ritagliata D di D(um complerentur) (mm 296×290), istoriata, su foglia d’oro e raffigurante la Pentecoste. La scena è divisa in due parti: in quella superiore Maria e gli Apostoli sono raccolti in preghiera mentre su di loro scende la colomba bianca, raffigurante lo Spirito Santo; in quella inferiore una persona è seduta all’esterno della casa, mentre un’altra cerca di spiare all’interno dal buco della serratura. La lettera è accompagnata da una decorazione marginale di foglie di acanto dalle ampie volute, dai prevalenti colori, azzurro, verde e arancione. In una delle volute, in alto a sinistra, testa di putto. Proviene dal gruppo di antifonari del monastero di Santa Maria degli Angeli di Firenze, precisamente dal Corale 1, realizzato nel 1396. frammento 3 Toscana (Firenze, Siena?), sec. XIV4 Maestro del Codice Rossiano. Iniziale istoriata V di V(iri Galilei) (mm 285×290), su foglia d’oro e raffigurante la scena dell’Ascensione. Cristo, avvolto da una nube di raggi dorati, sale al cielo accompagnato da un doppio corteggio di angeli musicanti mentre, in basso, gli Apostoli, tra i quali è riconoscibile Pietro, e la Vergine volgono gli occhi in alto. Il corpo dell’iniziale, di colore nero decorato con racemi dorati, è dello stesso tipo di quello delle iniziali al f. 1 e al f. 5, e rimanda quindi allo stesso autore. Nella decorazione, a sinistra in alto, un patriarca con cartiglio; in basso, drôlerie: un dragone con testa di uccello terminante con una coda con viso barbuto. f. 3 frammento 4 Toscana (Firenze?), sec. XIV4 Don Simone Camaldolese. Iniziale istoriata D di D(ominus dixit) (mm 286×298), su foglia d’oro con scena della Natività. Maria e Giuseppe inginocchiati adorano il Bambino, deposto nella mangiatoia riscaldato dal bue e dall’asino, sotto la tettoia della capanna, su cui si affollano le schiere angeliche. La decorazione attorno all’iniziale è costituita da ampie foglie d’acanto nelle cui volute si notano un monaco di profilo rivolto verso il basso e due profeti con cartiglio.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

frammento 5 Toscana (Firenze, Siena?), sec. XIV4 Maestro del Codice Rossiano. Iniziale istoriata C di C(ibavit eos) (mm 248×2680), su foglia d’oro, raffigurante la scena dell’Elevazione dell’Ostia, durante la celebrazione della Messa. Il sacerdote, di spalle, di fronte all’altare su cui è collocato un elegante trittico, alza l’ostia consacrata, mentre uno dei due diaconi inginocchiati tiene sollevata la parte terminale della pianeta indossata dal celebrante. Ai due lati dell’altare gruppi di monaci inginocchiati in preghiera. La decorazione che arricchisce l’iniziale, dai colori verde, azzurro e arancio, è formata da grandi foglie di acanto, nelle cui volute si scorgono, a sinistra, in alto e in basso, due monaci, a mezzo busto, in preghiera. f. 4 frammento 6 Toscana (Firenze), secc. XIVex.-XVin. Don Simone Camaldolese e Maestro dell’Epifania Breslauer. Iniziale istoriata H di Ho(die scietis) (mm 400×254), su foglia d’oro, in cui è raffigurato Cristo che appare a due profeti, che reggono ciascuno un cartiglio (Trasfigurazione? ma l’incipit sembra quello della messa di Natale: Hodie scietis quia veniet dominus). Ai piedi del monte due monaci camaldolesi in preghiera. Il frammento di foglio (mm 405×205) mostra, nel margine sinistro, l’antica numerazione in cifre romane, VI (a colori rosso e azzurro alternati) e più in basso un’antica numerazione a inchiostro 12. La decorazione che arricchisce l’iniziale è costituita da foglie di acanto, delle quali una termina con una testa di animale, in alto, e un’altra, in basso, contiene una testina di monaco. f. 5 frammento 7 Toscana (Firenze), secc. XIVex.-XVin. Don Simone Camaldolese e Maestro dell’Epifania Breslauer. Iniziale I di In (medio) (mm 295×243), istoriata su foglia d’oro e raffigurante l’evangelista Giovanni seduto allo scrittoio intento a vergare un rotolo; ai suoi piedi è l’aquila, suo simbolo parlante, ad ali spiegate. Il frammento di foglio (mm 293×243) mostra la consueta decorazione a foglia d’acanto, che arricchisce l’iniziale, fuoriuscire da essa e spaziare nel margine sinistro. frammento 8 Toscana (Firenze, Siena?), sec. XIV4 Maestro del Codice Rossiano. Iniziale Q di Q(uasi modo) (mm 173×153), istoriata su foglia d’oro, in cui è raffigurata la scena dell’Incredulità di Tommaso. Cristo a figura intera, accompagnato da Pietro, invita Tommaso, in ginocchio, a porre il dito nella ferita del costato. Il frammento di foglio (mm 201×229) con-

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serva nel margine sinistro la numerazione originaria, in cifre romane, CXLVIII, realizzata nei colori rosso e azzurro alternati. f. 6 frammento 9 Toscana (Firenze), secc. XIVex.-XVin. Don Simone Camaldolese e Maestro dell’Epifania Breslauer. Iniziale E di E(t enim) (mm 155×155), dipinta su foglia d’oro, raffigurante la scena della Lapidazione di santo Stefano. In primo piano il giovane diacono, rivestito delle vesti liturgiche, giace a terra colpito dalle pietre scagliate dai suoi carnefici. A sinistra, al bordo dell’iniziale, una figura barbuta (Saulo?), accompagnato da un armigero assiste alla scena. Il frammento di foglio (mm 196×230) conserva, come altri, i resti della notazione musicale. frammento 10 Toscana (Firenze, Siena?), sec. XIV4 Maestro del Codice Rossiano. Frammento di foglio di antifonario (mm 163×420). Bas-de-page con David che suona la cetra, nella voluta di sinistra, mentre in quella di destra si notano due monaci in preghiera. Sopra la decorazione si nota la numerazione a inchiostro, 384 simile a quella del nr. 1. Il frammento costituisce la parte inferiore di un foglio che conserva la lettera iniziale ritagliata B di Benedicta (?) (New York, Metropolitan Museum of Art, Robert Lehman Collection, 1975.1.2476). f. 7 frammento 11 Toscana, sec. XV Miniatore toscano. Frammento di foglio di libro corale (mm 550×350). Iniziale E di Ecce ego (mm 124×132) dipinta su foglia d’oro, raffigurante Dio Padre, tra i cherubini, che dall’alto benedice gli Apostoli, con Pietro in primo piano. Il frammento di foglio presenta una decorazione vegetale a colori rosso, azzurro, verde, arancione, arricchita da globi d’oro. f. 8 frammento 12 Toscana, sec. XV Miniatore toscano. Frammento di foglio di libro corale (mm 454×263). Iniziale di A(ngelus domini descendit) (mm 170×170), contenente l’immagine di un angelo in volo sopra il sepolcro vuoto. La lettera miniata appare della stessa mano di quella precedente.

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f. 9 frammento 13 Toscana, sec. XV Miniatore toscano. Frammento di foglio di libro corale (mm 500×238). Iniziale F di Franciscus (vir catho)licus (mm 173×100): san Francesco con la croce e un libro in mano, sullo sfondo di un paesaggio in cui emergono una chiesa e un castello (Assisi?). Anche questa miniatura appare di mano delle due precedenti. f. 10 frammento 14 Toscana, sec. XV Miniatore toscano. Frammento di foglio di corale (mm 444×310). Iniziale istoriata A di A(sperges me) (mm 175×176) su foglia d’oro, con raffigurazione del Miracolo delle stimmate di san Francesco. Nella decorazione marginale un uccello, mentre in basso è raffigurato un cerbiatto con due putti. f. 11 frammento 15 Toscana, sec. XV Miniatore toscano. Frammento di foglio di corale (mm 448×261). Iniziale V di Viri Galilei (mm 112×120), istoriata, su foglia d’oro, raffigurante l’Ascensione di Cristo, in una nube di cherubini; nella parte inferiore gli Apostoli assistono all’evento. Nella decorazione del margine sinistro è compreso un cerbiatto. La miniatura appare della stessa mano della precedente. f. 12 frammento 16 Toscana, sec. XV Frammento di foglio di corale (mm 340×278). Iniziale istoriata D di Dum (mm 116×120), in cui è raffigurato un santo (sant’Andrea?) con croce e libro. f. 13 frammento 17 Toscana, sec. XV Frammento di foglio di corale (mm 355×250). Iniziale istoriata H di Hodie no(bis) con rappresentazione della Natività. frammento 18 Frammento di foglio di corale (mm 263×224). Iniziale istoriata S di S(piritus domini) (mm 202×190), raffigurante la Discesa dello Spirito Santo sopra Maria Vergine e gli Apostoli nel Cenacolo (Pentecoste).

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f. 14 frammento 19 Sec. XV Frammento di foglio di corale (mm 240×278). Iniziale istoriata R di (Resurrexi) (mm 208×198), istoriata, raffigurante la Resurrezione di Cristo che si eleva nel cielo sopra il sepolcro scoperchiato, mentre i soldati di guardia sono a terra addormentati. frammento 20 Frammento di foglio di corale (mm 195×155). Iniziale M di M(issus est Gabriel) (mm 121×121), istoriata con l’arcangelo Gabriele e Maria, a raffigurare l’Annunciazione. Al di sopra corre la scritta (CONCE)PIT(UR) DE SPIRITU S(ANCTO). f. 15 frammento 21 Toscana, sec. XV Miniatore toscano. Foglio intero di corale (mm 550×450). Iniziale istoriata G di Gaudeamus omnes (mm 220×190), raffigurante San Francesco in una mandorla di cherubini. Nella decorazione marginale inferiore due angeli reggono un medaglione con un monaco inginocchiato in preghiera e rivolto verso l’immagine di Cristo che sorge dal sepolcro, raffigurata sullo sfondo. Nel margine superiore, al centro, il monogramma di Cristo: IHS. f. 16 frammento 22 Firenze, sec. XV3 (d.to 1473) Domenico Ghirlandaio. Foglio staccato di graduale (mm 594×407). Miniatura tabellare (mm 245×265) raffigurante la scena della Prova della Vera Croce. In un bellissimo paesaggio dai tenui colori verde e azzurro, sant’Elena inginocchiata in preghiera, accompagnata da un gruppo di donne, anch’esse in preghiera, osserva la fanciulla che risorge dalla bara dopo che vi era stata posta sopra la croce, sostenuta da tre uomini. Un uomo in piedi regge su una spalla un’altra croce, mentre la terza è poggiata a terra, davanti alla bara. Più indietro un gruppo di armati, con lance e corazze. Nel bordo della croce poggiata a terra si legge, tracciata con inchiostro nero, la data e la firma M°.CCCC°.LXXIII°. Florentia. Domenico Corradi. Iniziale decorata N di Nos autem (mm 95×70). Nel margine sinistro elegante decorazione a candelabra vegetale con fiori, piante, putti e globi d’oro; al centro medaglione con una santa. Nel margine superiore, simile decorazione fitomorfa con al centro due putti che reggono un globo a fondo azzurro raggiato d’oro, contenente le lettere greche IHS. XS. Nel margine a destra, vuoto, si nota la numerazione antica del foglio, CVI, in carattere rosso. La decorazione del foglio, da assegnare a Domenico di Corrado Bigordi, detto Ghirlandaio, è stata di recente messa in discus-

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sione a favore dell’attribuzione ad Attavante degli Attavanti (in proposito PASUT, s.v. Domenico, David e Benedetto, 199, che contesta l’autenticità della firma). f. 17 frammento 23 Toscana (Firenze?), secc. XVex.-XVIin. Attavante degli Attavanti (?). Foglio staccato di graduale (mm 592×418). Iniziale istoriata M di Michi autem (mm 263×266) in un riquadro a fondo oro, con decorazioni in oro, filigrana bianca, azzurro e ampie foglie d’acanto rosse e verdi. La scena raffigura Sant’Andrea in piedi con la croce, addossato a un tappeto verticale di colore rosso, che ne accentua la prospettiva. Decorazione marginale come la precedente: al centro del margine sinistro, medaglione con san Pietro. Nel margine in alto due putti affiancano il medaglione cristologico come il precedente. Nel margine destro vuoto si nota la numerazione originale del foglio, IIII, in colore rosso. f. 18 frammento 24 Toscana (Firenze?), secc. XVex.-XVIin. Attavante degli Attavanti. Foglio staccato di graduale (mm 590×400). Iniziale istoriata P di Protexisti me Deus (mm 349×215), su fondo oro, con la medesima decorazione della precedente, raffigurante l’evangelista Marco seduto, accompagnato dal leone alato, suo simbolo parlante, mentre è intento a scrivere il Vangelo. I margini non presentano alcuna decorazione, così come non è segnato il numero del foglio, facendo supporre che si tratti di un verso. f. 19 frammento 25 Toscana (Firenze?), secc. XVex.-XVIin. Bartolomeo della Porta, detto fra’ Bartolomeo (?). Frammento di foglio di corale (mm 376×296). Iniziale istoriata D di Dominus (di)xit (mm 138×130), con scena della Natività. f. 20 frammento 26 Frammento di foglio di corale (mm 397×270). Miniatore romano, sec. XV, seconda metà (?). Iniziale ritagliata E di Et e(nim sede)runt (mm 120×120) con la raffigurazione di Santo Stefano. f. 21 frammento 27 Miniatore romano, sec. XV, seconda metà (?) Frammento di foglio di corale (mm 295×246). Iniziale P di P(uer natus) (mm 140×140), con al centro il Bambino benedicente.

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frammento 28 Miniatore romano, sec. XV, seconda metà (?) Frammento di foglio di corale (mm 210×27). Iniziale E di Ex o(re infantium) (mm 120×120), con al centro il Bambino avvolto in fasce (Santi innocenti). f. 22 frammento 29 Miniatore romano, sec. XVex. Frammento di foglio di corale (mm 224×244). Iniziale E (mm 130×125), con al centro un Sovrano con una lampada. frammento 30 Miniatore romano, sec. XVex. Frammento di foglio di corale (mm 288×248). Iniziale C di Credo (quod redemptor) (mm 116×110), con al centro la raffigurazione della Morte, connotata dai suoi attributi. f. 23 frammento 31 Miniatore toscano, sec. XV, seconda metà Foglio staccato di libro corale (mm 645×468). Iniziale istoriata A di Ad te levavi (mm 240×205) raffigurante Davide inginocchiato con gi occhi rivolti al cielo. Ampia decorazione marginale a candelabra fiorita con putti e globi d’oro: nel margine sinistro tre medaglioni: in alto, san Benedetto; al centro, due cerbiatti seduti; in basso, san Bonaventura; altrettanti nel margine destro: in alto, san Francesco; al centro, un ghepardo; in basso, un santo vescovo. Nel margine inferiore, al centro, stemma del possessore (un vescovo) illeggibile. f. 24 frammento 32 Firenze, sec. XV3-4 Mariano del Buono. Foglio staccato di libro corale (mm 720×515). Iniziale istoriata B di Benedicta sit sancta (mm 255×250), con la raffigurazione della SS. Trinità in una mandorla di cherubini. Nelle volute del fogliame della decorazione marginale monaci e frati in preghiera nel lato destro, mentre in quello di sinistra si notano santi e vescovi. Nel margine inferiore, al centro, stemma del possessore, forse come quello del foglio precedente, anch’esso abraso, mentre ai due angoli lo stemma, di rosso alla stella d’oro a otto punte su sei monti in verde, sormontato da una mitria bianca. Iniziale S di Sit sancta (mm 90×100), con la raffigurazione di un santo monaco.

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f. 25 frammento 33 Toscana (Firenze), sec. XVIin. (d.to 1504) Raffaellino del Garbo (?). Foglio staccato di libro corale (mm 720×480). Nella grande lettera iniziale G di Gaudeamus omnes in do(mino)(mm 272×276) è raffigurato San Benedetto in gloria in una mandorla, sorretta da due angeli, mentre in basso due frati inginocchiati in preghiera volgono i loro sguardi verso l’alto. La O di Omnes (mm 108×100) è decorata su fondo oro. Nel fogliame rosso che circonda l’ovale, a destra e a sinistra monogramma TS, sormontato da una mitria. L’ampia decorazione marginale con grandi fiori e foglie dai vivi colori rosso, azzurro e verde è arricchita da numerosi medaglioni e ovali: in alto, al centro, la colomba dello Spirito Santo. Più in basso, a sinistra, l’Angelo annunciante e, a destra, la Vergine annunziata. Nel margine sinistro, in eleganti nicchie, in alto il patriarca Noè e in basso la personificazione della Giustizia; al centro, di profilo, un monaco, identificato dal cartiglio come Blasio Abbas Gene(ralis), probabilmente Biagio Milanesi, abate generale dei Vallombrosani. Nel margine destro, al centro, in una tabella è indicato il luogo e la data di realizzazione del manoscritto, a Vallombrosa, nel 1504. Nel margine inferiore è raffigurata la Morte di san Benedetto. f. 26 frammento 34 Toscana (Firenze), sec. XVin. (d.to 1410) Lorenzo Monaco. Foglio tagliato di corale. L’ampio disegno a inchiostro (mm 310×425) raffigura l’Entrata di Gesù a Gerusalemne. Gesù sull’asina, seguito dai discepoli si avvia verso la città, rappresentata sulla sinistra, da cui si parte una lunga processione di personaggi venuti ad acclamarlo, che posano per terra, come tappeti, i propri mantelli. Il disegno, così come i due seguenti, proviene da un graduale del convento di Santa Maria degli Angeli, realizzato nel 1410 (di cui esistono altri tre fogli tagliati nel Gabinetto dei disegni e delle stampe di Copenhagen, Statens Museum for Kunst). I fogli illustrano la fase iniziale del lavoro dell’artista che forse non ha avuto il tempo di completare la sua opera, colorando e decorando i fogli. frammento 35 Toscana (Firenze), sec. XVin. (d.to 1410) Lorenzo Monaco. Foglio tagliato di graduale. Il disegno (mm 164×389) occupa la zona inferiore del foglio e raffigura l’Ultima Cena. Ricollegandosi all’iconografia tradizionale fiorentina la scena mostra Cristo e gli Apostoli seduti dietro a un lungo tavolo, ricoperto dalla tovaglia e su cui sono poggiati gli utensili. Dall’altra parte del tavolo, quasi a indicare separazione, Giuda seduto su uno sgabello ascolta le parole di Cristo che preannunciano il suo tradimento.

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f. 27 frammento 36 Miniatore ferrarese, sec. XV (?) Frammento di libro corale (mm 357×290), con grande N istoriata (mm 298×235), raffigurante la Natività. La miniatura sembra ricollegarsi, per la presenza della levatrice che procede al bagno del Bambino, a una iconografia mutuata da canoni bizantini o dai Vangeli apocrifi. frammento 37 Toscana (Firenze), sec. XVin. (d.to 1410) Lorenzo Monaco. Foglio tagliato di graduale (mm 161×250). Il disegno, in bas-de-page, raffigura l’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni (12, 1-8) relativo alla cena di Gesù in casa di Marta e Maria. f. 28 frammento 38 Raccolta di fregi e medaglioni miniati tagliati da fogli di manoscritti e incollati su un unico foglio di pergamena. f. 29 frammento 39 Foglio frammentario di libro ebraico dove il testo è ospitato all’interno di uno spazio delimitato in alto da un’arcata sorretta da colonne. Lungo i margini corrono due fasce di decorazione vegetale. Al di sopra dell’arco, agli angoli, due pavoni dal piumaggio acceso. Pavoni anche all’interno del fregio. Policromia accesa e vivace: azzurro, verde, arancio e rosso, giallo, viola (mm 755×600). Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. TIETZE, Die illuminierten, 167 nr. 367; LEVI D’ANCONA, Miniatura e miniatori, II, 339-361; SALMON, Les manuscrits liturgiques V, 99 nr. 456; LEVI D’ANCONA, I corali di S. Maria degli Angeli, 219 e 229; BOSKOVITS, Il gotico, 265; MORELLO, Raffaello, 44, 50; Miniatura fiorentina, 210, 239, 257, 260; BORNGÄSSER, Die Apsisdekoration, 237; ELLIS, Fra Bartolomeo, 60; MORELLO, Scheda nr. 46, 214-218; Painting and Illumination, 210-215, 241-243, 276-280; GALIZZI, s.v. Vante, 976; KANTER, s.v. Lorenzo Monaco, 400; PASUT, s.v. Domenico, David e Benedetto, 199; CORSO, Corali miniati, 217.

GIOVANNI MORELLO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 1193 (olim XI, 329) Gradualis liber benedectinus (Proprium sanctorum, ex vigilia sancti Andreae ad Virginem septem dolorum) Italia centrale, sec. XVI2 Membr. (pergamena spessa e di buona qualità, lavorata discretamente); ff. II, 117, II’ (tutti i fogli di guardia sono in cartoncino blu, al pari delle controguardie); foliazione manuale contemporanea alla stesura del testo, rubricata in cifre romane, al centro del margine esterno sul recto di ogni foglio; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso del foglio, in basso a destra e disposti in senso verticale; mm 750×535; struttura del codice irregolare: 13+1, 24, 38, 44, 58, 64, 7-176, 1812, 192, 201. Scrittura gotica rotunda liturgica di una sola mano a inchiostro nero, con tetragramma a righe rosse e notazione quadrata in nero; specchio scrittorio (mm 500×330) a piena pagina di cinque o sei linee di testo alternate al tetragramma, che Ross. 1193, f. 44r occupa uno spazio di mm 20; rigatura a inchiostro verde chiaro per le righe orizzontali sul recto e sul verso di ogni foglio, le righe verticali sono invece eseguite a matita e giungono a toccare i margini superiore e inferiore, mentre il numero del foglio è a sua volta inquadrato da due righe, che si dispongono nel margine laterale esterno; il f. 33r è vergato solo nelle ultime tre linee di scrittura, con la rubrica In purificatione gloriosissime Virginis Marie. Introitus; il f. 59r, pur non essendo vergato, mostra, ma solo nel margine esterno, le due righe realizzate per ospitare la foliazione, secondo la disposizione descritta in precedenza; il f. 89r è anepigrafo; al f. 98v sono presenti due maniculae. Il codice si apre con il lato carne. Il f. 117, l’ultimo del codice, ha una facies in parte diversa rispetto a quella fin qui descritta; se il primo tetragramma, la rigatura e la foliazione appaiono omogenei rispetto al resto del manoscritto, gli altri cinque tetragrammi presenti nel foglio – uno in più quindi rispetto alla mise-en-page adottata – sono realizzati con un inchiostro diverso, di colore rosso tendente all’arancio, e compilati da un’altra mano meno ordinata e accurata rispetto a quella che lavora al resto del libro.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 8 iniziali maggiori istoriate o decorate con elementi vegetali (mm 214×214) e altrettante pagine di incipit, completate dalla presenza, lungo tutto il margine esterno, di fregi fitomorfi policromi (oro in foglia, blu, verde, porpora, arancio), che talvolta prendono vita dalla lettera stessa, altre volte invece ne sono indipendenti. In tutte ricorre la stessa policromia, utilizzata in diverse combinazioni, ed è frequente l’uso di motivi decorativi come quello delle perle grigie, nonché l’impiego di inchiostro dorato. 65 iniziali fitomorfe medie, mm 94×90 di media (da un massimo di mm 110×110 a f. 1r, a un minimo di mm 80×75 a f. 2r), talvolta con fregio; numerose

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iniziali minori (da un massimo di mm 75×65 a f. 6v, a un minimo di mm 53×50 a f. 1v), disposte all’interno di uno spazio riservato alternativamente blu e porpora, mentre il corpo della lettera è campito con inchiostro d’oro. Sono rubricati gli incipit e le indicazioni delle partizioni del testo. Numerose cadelle. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 4v, 9r, 33v, 44v, 59v, 67v, 89v, 97v; mentre le iniziali medie sono presenti ai ff. 1r, 2r, 3, 5v, 7v, 9v, 12v, 15r, 16v, 18r, 19r, 21r, 22r, 23r, 25r, 27r-v, 28r, 29r, 30v, 31v, 34v, 38r, 39r, 40r, 41v, 43r, 45v, 48v, 51r, 53r, 54r, 55r, 57r, 58v, 60v, 61v, 62v, 64r, 66v, 67r, 68v, 71v, 73v, 74v, 78r, 79r, 81v, 83v, 86v, 87v, 90v, 92v, 94r, 95r, 96v, 98v, 100r, 101r, 102r, 104r, 106r, 111v. Tutte le iniziali medie sono eseguite in uno spazio riservato inquadrato da una doppia riga a inchiostro nero e campito in foglia d’oro sottile. Elementi fito-floreali sia policromi (verde, porpora, blu, arancio, grigio, rosso, rosa) sia a inchiostro dorato vivacizzano non solo il corpo della lettera, ma decorano anche il campo da essa creato; ad arricchire l’ornamentazione vi sono spesso delle perle grigie, o di altri colori, realizzate sovente nei punti di raccordo della morfologia della iniziale. Il motivo vegetale può talvolta estendersi nelle forme di un breve fregio laterale. f. 4v:

iniziale M di Mihi autem nimis, all’incipit di In die sancti Andree apostoli. Introitus; la lettera è inserita all’interno di uno spazio riservato inquadrato da una doppia linea, più sottile quella esterna e più spessa quella interna, eseguita a inchiostro nero. La campitura di fondo è realizzata in lamina metallica poco corposa e ospita l’iniziale in blu ornata con elementi vegetali di colore bruno, sottolineati da rialzi a inchiostro aureo, impiegato anche per la decorazione a puntini. Le due aste della M presentano al centro un anello, realizzato con una campitura grigia illuminata di bianco; la decorazione dell’iniziale mostra inoltre dei fogliami color porpora rifiniti anch’essi con un pigmento candido e completati dalla presenza di una preziosa perla argentea. Il perimetro interno della lettera è infine messo in risalto da una linea di colore arancio. Il fondo della M è istoriato con un paesaggio campestre nel quale si può distinguere una città semi-fortificata con mura e torri, mentre in primo piano è rappresentato l’apostolo Andrea, nell’atto di reggere entrambi i suoi simboli, la croce decussata e un pesce all’amo. f. 9r: iniziale S di Salve sancta parens, all’incipit del passo In conceptione gloriosissime Virginis Marie matris Dei; la lettera è blu con decorazioni a inchiostro dorato, percorsa nelle curve esterne da un colore azzurro chiaro rigato di bianco, mentre all’interno è profilata di arancio. È inoltre arricchita da anelli in verde rialzati con un pigmento giallo; i suoi angoli sono decorati con volute vegetali in porpora e in verde. La campitura di fondo è di un rosso intenso con motivi a inchiostro d’oro e ospita un fiore dal lungo stelo con corolla blu rialzata in bianco e con le foglie policrome (oro, blu, verde). f. 33v: iniziale S di Suscepimus Deus, all’incipit del brano In purificatione gloriosissime Virginis Marie; istoriata con la Presentazione al Tempio. All’in-

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f. 44v: f. 59v:

f. 67v: f. 89v: f. 97v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

terno di uno spazio architettonico con colonne, e sul fondo del quale è visibile un’absidiola, Maria e Giuseppe presentano Gesù a Simeone. Altri personaggi, forse un riferimento a quelli citati nel passo evangelico (Lc 2, 22-40), accompagnano la sacra famiglia. iniziale G di Gaudeamus omnes, fitomorfa all’incipit del brano dedicato a Sancte Scolastice virgini. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit del passo In festo sanctissimi patris nostri Benedicti Abbati. La lettera è istoriata con San Benedetto, su una campitura di fondo in lamina metallica. Il santo è raffigurato all’interno di una vigna, qualificata da qualche tralcio di vite carico di grappoli di uva viola. Egli sovrasta i confratelli che pregano ai suoi piedi e tiene in una mano il pastorale e il libro chiuso, mentre con l’altra impartisce la benedizione. iniziale V di Vultum tuum, fitomorfa all’incipit del passo In annunciatione beatissime Marie Virginis. iniziale D di De ventre matris, fitomorfa all’incipit del brano In nativitate sancti Ioannis Baptiste. iniziale N di Nunc scio vere, all’incipit del passo In die apostolorum Petri et Pauli; istoriata con la doppia effigie di Pietro e Paolo, all’interno di un paesaggio campestre.

Iniziali medie f. 1r: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

iniziale D di Dominus secus, all’incipit del Proprium sanctorum e in particolare In vigilia sancti Andree apostoli. 2r: iniziale N di Nimis honorati, all’incipit del graduale. 3r: iniziale G di Gloria et honore, all’incipit dell’offertorio. 5v: iniziale C di Constitues eos principes, all’incipit del graduale. 7v: iniziale M di Mihi autem nimis, all’incipit dell’offertorio. 9v: iniziale B di Benedicta et venerabilis, all’incipit del graduale. 12v: iniziale B di Beata es Virgo Maria, all’incipit dell’offertorio. 15r: iniziale N di Nimis honorati sunt, all’incipit del passo In sancti Thome apostoli. 16v: iniziale I di In omnem terram, all’incipit dell’offertorio. 18r: iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit del passo In sancti Mauri abbatis. 19r: iniziale D di Domine prevenisti, all’incipit del graduale. 21r: iniziale I di In virtute tua, all’incipit dell’offertorio. 22r: iniziale S di Scio cui credidi, all’incipit del passo In conversione sancti Pauli apostoli. 23r: iniziale Q di Qui operatus est Petro, all’incipit del graduale. 25r: iniziale T di Tu es, all’incipit del passo Si hoc festum post dominicam LXX venerit tunc dicetur. Tractus. 27r-v: iniziale L di Lumen ad revelationem, all’incipit del passo In festo purificationis dicta tertia, ed E di Exurge domine, all’incipit di un salmo.

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f. f. f. f. f. f. f. f.

28r: 29r: 30v: 31v: 34v: 36v: 38r: 39r:

f. f. f. f. f. f. f.

40r: 41v: 43r: 45v: 48v: 51r: 53r:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

54r: 55r: 57r: 58v: 60v: 61v: 62v: 64r: 66v: 67r: 68v: 71v: 73v: 74v: 78r: 79r:

f. 81v: f. f. f. f. f. f. f.

83v: 85r: 86v: 87v: 90v: 92v: 94r:

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iniziale A di Ave gratia plena, all’incipit di un versetto. iniziale A di Adorna thalamum tuum, all’incipit dell’antifona. iniziale R di Responsum accepit, all’incipit dell’antifona. iniziale O di Obtulerunt per eo domino, all’incipit del responsorio. iniziale S di Suscepimus Deus, all’incipit del graduale. iniziale N di Nunc dimittis, all’incipit di un tractus. iniziale D di Diffusa est gratia, all’incipit dell’offertorio. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit del passo In sancte Agathe virginis et martyris. iniziale A di Adiuvabit eas Deus, all’incipit del graduale. iniziale Q di Qui seminant, all’incipit di un tractus. iniziale O di Offerentur regi, all’incipit dell’offertorio. iniziale S di Sanctimonialis femina, all’incipit del graduale. iniziale E di Elevatis in aere, all’incipit di un tractus. iniziale V di Vir domini, all’incipit dell’offertorio. iniziale S di Statuit ei dominus, all’incipit del passo In Cathedra sancti Petri apostoli. iniziale E di Exaltent eum, all’incipit del graduale. iniziale T di Tu es Petrus, all’incipit di un tractus. iniziale T di Tu es Petrus, all’incipit dell’offertorio. iniziale T di Tu es Petrus, a un incipit non segnalato. iniziale F di Fuit te venerabili gratia, all’incipit del graduale. iniziale A di Alleluia, incipit non segnalato. iniziale V di Vir domini benedictum, all’incipit di un tractus. iniziale L di Leta quies, all’incipit della sequenza. iniziale I di In tempeste noctis, all’incipit dell’offertorio. iniziale H di Hodie dilectus, all’incipit della compieta. iniziale D di Diffusa est gratia, all’incipit del graduale. iniziale A di Audi filia, all’incipit di un tractus. iniziale A di Ave Maria gratia plena, all’incipit dell’offertorio. iniziale P di Protexisti me Deus, all’incipit del passo In sancti Georgii martyri. iniziale C di Confitebuntur celi, all’incipit dell’offertorio. iniziale E di Exclamaverunt ad te domine, all’incipit del passo In sanctorum Philippi et Iacobi. iniziale N di Nos autem gloriari, all’incipit del passo In inventione sancte Crucis. iniziale D di Dextera domini, all’incipit dell’offertorio. iniziale N di Ne timeas, all’incipit del passo In vigilia sancti Iohannis Baptiste. iniziale F di Fuit homo missus, all’incipit del graduale. iniziale G di Gloria et honore, all’incipit dell’offertorio. iniziale P di Priusquem te, all’incipit del graduale. iniziale I di Iustus ut palma, all’incipit dell’offertorio. iniziale D di Dicit dominus, all’incipit del passo In vigilia sanctorum apostolorum Petri et Pauli.

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1346 f. f. f. f. f.

95r: 96v: 98v: 100r: 101r:

f. 102r: f. 104r: f. 106r: f. 111v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

iniziale I di In omnes terras, all’incipit del graduale. iniziale M di Mihi autem nimis, all’incipit dell’offertorio. iniziale C di Constitues eos principes, all’incipit del graduale. iniziale C di Constitues eos principes, all’incipit dell’offertorio. iniziale S di Scio cui credidi, all’incipit del passo In commemoratione sancti Pauli. iniziale Q di Qui operatus est, all’incipit del graduale. iniziale M di Mihi autem nimis, all’incipit dell’offertorio. iniziale I di In nomine Iesu, all’incipit del passo In festo sanctissimi nominis Iesu. iniziale C di Charitas Dei, all’incipit del passo In festo Philippi Neri.

L’apparato decorativo dei fascicoli 1-17 è assegnabile a un artista che esegue tutte le iniziali, maggiori medie e minori. Negli ultimi tre fascicoli, invece, si riscontra un cambio di mano: le iniziali sono soprattutto minori, realizzate in modo approssimativo e con una tavolozza pittorica diversa da quella impiegata dal primo miniatore. Le lettere, che giacciono su un campo azzurro o porpora decorato a motivi fitomorfi a biacca, sono in foglia d’oro; il fondo della iniziale è invece campito in porpora o azzurro, in alternanza a elementi bianchi. Lo stato di conservazione nel complesso appare buono, soprattutto per quanto riguarda la leggibilità delle immagini e delle lettere iniziali; qualche problema si riscontra talvolta nell’inchiostro, che può risultare sbiadito, ma non abbastanza da impedire la lettura del testo. Si segnala nei margini inferiori, di tanto in tanto, la presenza di risarcimenti effettuati con carta spessa e ruvida, forse in prossimità di tagli nella pergamena, oltre che di risarcimenti a rammendo (ff. 45 e 61 nel margine esterno; f. 58 nel margine inferiore). Difetti di concia sono invece visibili, nel margine esterno, al f. 23; nel margine inferiore ai ff. 32 e 48; nell’angolo superiore destro al f. 47; nel margine superiore a f. 94. Si segnalano infine, ai ff. 62 e 84, tagli non risarciti nella pergamena, ai margini dei fogli, mentre si possono riscontrare macchie di umidità e di attacchi biologici piuttosto diffusi. Dal f. 106 le condizioni del codice risultano meno buone, soprattutto per la leggibilità delle iniziali minori, in cui la foglia d’oro è spesso caduta e anche i colori appaiono talvolta fortemente sbiaditi. Il codice non sembra essere stato interessato da restauri, anche se è stata inserita della carta velina a protezione delle iniziali. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge CORALIS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Giacomo Baroffio, in un’appendice del catalogo della mostra Liturgia in figura (BAROFFIO, Codici liturgici datati o databili, 344), propone per il manoscritto una datazione al 1540 e un ambito di produzione individuabile nell’Italia centrale, pur non sostanziando le sue indicazioni, peraltro presenti anche nella scheda che Pierre Salmon presenta per tale codice (SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 86). Angela Dillon Bussi pone invece la sua attenzione sul f. 33r del rossiano, sugge-

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rendone provenienza da un corale, eseguito per i Vallombrosani di Santa Trinita a Firenze dal cosiddetto Maestro F. P., sul cui ambiente artistico di formazione la studiosa presenta un breve excursus (DILLON BUSSI, s.v. Maestro F. P., 710). Ella sostiene inoltre che la pagina contiene l’incipit della Messa di san Giovanni Gualberto, confluita nella «nota raccolta di carte smembrate (BAV Ross. 1193, f. 33)» (DILLON BUSSI, s.v. Maestro F. P., 710). È probabile che ci sia stata una banale svista a proposito della collocazione: il Ross. 1193 non è una raccolta di disiecta membra, come invece accade per il Ross. 1192, insieme di fogli provenienti da diversi manoscritti. Il refuso è ancora più evidente se si tiene presente il fatto che il foglio indicato dalla studiosa, nel Ross. 1193, non è qualificato da alcun intervento decorativo. Il medesimo errore si ritrova nel fondamentale testo di Annarosa Garzelli sulla miniatura fiorentina (Miniatura fiorentina, 221), dove la studiosa cita il manoscritto 1193, volendosi riferire ad evidenza al codice 1192. Possibile appare tuttavia l’assegnazione del codice ad ambito romano, suggerita tra l’altro dal risalto dato ad alcune ricorrenze del calendario liturgico come, per es., la festa dei santi Pietro e Paolo, enfatizzata nella raffigurazione dei due apostoli – ricordati a f. 94r con il passo In vigilia sanctorum apostolorum Petri et Pauli o ancora a f. 97v con il passo In die apostolorum Petri et Pauli – o come il richiamo alla Cattedra di san Pietro. Il manoscritto appare inoltre omogeneo fino a f. 106r, quando si verifica un repentino cambio nella facies dei fogli e nell’apparato decorativo. Gli ultimi tre fascicoli (ff. 107r-117r) sono qualificati soprattutto da iniziali minori, di aspetto diverso da quelle presenti nel resto del codice (cfr. infra) e anche la mano che verga il testo sembra cambiare, caratterizzata com’è da un ductus più morbido con lettere più arrotondate. Da sottolineare inoltre che a f. 107r sono ricordati nel testo sia san Filippo Neri (1515-1595) sia sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), entrambi canonizzati nel 1622. La presenza della qualifica di santo fa quindi ipotizzare un aggiornamento del codice successivo a tale data; ed è così possibile che esso fosse ancora percepito come oggetto prezioso e di lusso, tanto da favorirne non solo l’aggiornamento, ma anche l’uso quotidiano. D’altra parte le evidenti differenze nella mise-en-page degli ultimi tre fascicoli, mostrano tuttavia la difficoltà di riprodurre la facies originaria di un manufatto che era ormai lontano dall’orizzonte culturale del secolo XVII. (SILVA TAROUCA, III, 208r; Bibl. Rossianae, IX, 516r-v) TIETZE, Die illuminierten, 161 nr. 351; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 86 nr. 190; BAROFFIO, Codici liturgici datati o databili, 344; DILLON BUSSI, s.v. Maestro F. P., 710; CORSO, Corali miniati, 217.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 2

Ross. 1194 (olim XI, 330) Gradualis pars: Proprium de tempore (dal mercoledì delle Ceneri al sabato dopo la seconda domenica di Quaresima) Venezia, XVI2 Membr.; ff. V (I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 74, III’ (III’ foglio di guardia in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione originale in rosso in cifre romane a metà del margine esterno recto; precede un foglio, non compreso in questa numerazione, numerato da mano recente, in cifre arabiche, nell’angolo superiore esterno recto. Gotica rotunda liturgica di un’unica mano vergata in inchiostro nero; mm 743×512; specchio di scrittura a tutta pagina (mm 503×334), di cinque tetragrammi e 5 linee di scrittura. Richiami verticali. Rigatura a penna e mina di piombo.

1 pagina d’incipit con iniziale maggiore; 149 iniziali medie e minori decoRoss. 1194, f. 1r rate fitomorfe. In rosso titoli e tetragramma. Tutte le iniziali decorate hanno corpo fogliato verde, arancio, blu o rosso scuro, talvolta decorato da sfere e/o anelli e filettato in bianco o giallo. Il fondo è verde, arancio, blu o rosso decorato da sottili racemi gialli o bianchi e da motivi di foglie o fiori con grosso pistillo raggiato negli stessi colori. Il campo è d’oro in foglia profilato in nero. In tutta la decorazione miniata sono impiegati i colori a tempera blu, azzurro, rosso scuro, arancio, verde, viola, marrone, bianco, nero, e oro in foglia su bolo rosa o rosso. f. 1r: pagina d’incipit, con fregi lungo i quattro margini, e iniziale maggiore istoriata E di Exaudi nos domine (mm 200×200). Il corpo della lettera è rosso scuro, decorato da motivi fogliati blu e arancio, frutta, mascheroni e cornucopie. Nel fondo Davide inginocchiato con veste viola, a figura intera, con le mani incrociate sul petto, lo sguardo rivolto verso l’alto e turbante, con corona poggiata a terra; sullo sfondo paesaggio con una città turrita alla sommità di un profilo montuoso e un’altra città più in basso, sulla riva di un lago. Campo d’oro in foglia. I fregi lungo i quattro margini sono costituiti da tralci fogliati blu, rosso, verde e arancio campiti in oro e riquadrati in viola, arricchiti da sirene, sfingi, un telamone, mascheroni, coppe, gioielli; nel fregio, in basso, entro formella mistilinea, san Michele, con spada e bilancia, calpesta il diavolo, sullo sfondo di un paesaggio lacustre; a metà del margine esterno un tondo racchiudente un Paesaggio con pastore

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che suona il flauto. Ai quattro angoli riquadri di paesaggi con animali: in alto a sinistra un’upupa; in alto a destra una civetta, in basso a sinistra una cinciallegra, in basso a destra due caprioli. Considerata opera di Boccardino il vecchio da Tietze, che lo datava intorno al 1520 (TIETZE, Die illuminierten, 160 nr. 347), e da Paolo D’Ancona, che lo assegnava ai secoli XV-XVI (D’ANCONA, Contributo alla storia della miniatura, 152), la decorazione miniata del graduale vaticano fu riconosciuta dalla Levi D’Ancona – che ne cita solo il frontespizio come «foglio staccato» – stilisticamente non omogenea alle opere documentate del miniatore fiorentino (LEVI D’ANCONA, Miniatura e miniatori, 152). Spetta però all’Eberhardt (EBERHARDT, Nuovi studi, 130, 132, 136, 150-151), il merito di averla ricondotta al corpus del pittore e miniatore veronese Girolamo dai Libri. In precedenza, tuttavia, sulla base di una allora inedita segnalazione dello studioso tedesco, la pagina d’incipit vaticana era stata pubblicata (CASTIGLIONI, Miniature di Girolamo, 472-475) come opera di Girolamo e accostata a un gruppo di corali miniati dallo stesso per il monastero di San Benedetto al Polirone (ora Mantova, Archivio storico diocesano, mss. S. 1, T. 6 e T. 3), uno dei quali datato 1554 (ms. S. 1). Date le evidenti somiglianze tra le iniziali figurate del frontespizio del graduale rossiano e del codice mantovano T. 3 – entrambe raffiguranti Davide inginocchiato abbigliato in modo molto simile e con analogo paesaggio sullo sfondo – così come tra le iniziali fitomorfe dei due libri liturgici «che potrebbero essere scambiate tra i manoscritti senza destare sospetti», Castiglioni proponeva una datazione tarda, alla fase più matura dell’attività di Girolamo, anche per il nostro codice (CASTIGLIONI, Miniature di Girolamo, 472-475). È proprio l’Eberhardt, tuttavia (EBERHARDT, Nuovi studi, 130, 132, 136, 150-151), ad avere definitivamente suffragato l’attribuzione del graduale vaticano a Girolamo, alla cui mano egli assegna l’intera decorazione dal codice, precisandone la collocazione cronologica entro l’attività dell’artista. Ricollegando al maestro anche un foglio staccato della Collezione Wildenstein (ora esposta a Parigi, Musée Marmottan), lo studioso ne sottolineava la palmare somiglianza con la pagina d’incipit vaticana. In entrambe compare un’iniziale miniata recante Davide nel fondo e san Michele del bas-de-page, raffigurazione quest’ultima quasi identica nei due codici. Secondo l’esemplare ricostruzione critica di Eberhardt il foglio Marmottan, contenente l’inizio del primo salmo (Beatus vir), è da considerare «la prima carta del Salterio da coro» miniato da Girolamo dai Libri per l’abbazia di San Salvatore a Candiana (Padova) – già benedettina e dal 1462 dei canonici regolari agostiniani della Congregazione degli Scopetini di San Salvatore a Venezia – menzionato dal Vasari (GIORGIO VASARI, Le vite, 596) e di cui è parte anche il graduale vaticano. Ciò spiega tra l’altro la presenza di san Michele nel codice rossiano, liturgicamente non giustificato in un graduale della Quaresima. Questa committenza veneziana risulta confermata, come sottolineato dallo stesso Eberhardt, dalla presenza del leone di san Marco sopra la base del candelabro a sinistra e dallo scudo con l’iscrizione S.P.Q.V. (Senatus Populusque Venetus) en-

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tro il fregio e destra del foglio Wildenstein. Il racconto vasariano suggerisce a Eberhardt per le miniature del graduale rossiano una cronologia anticipata, che ritengo stilisticamente del tutto convincente, rispetto a quella tarda – non molto prima dei codici polironiani – proposta dal Castiglioni. Vasari infatti ci informa che a Candiana Girolamo «andò in persona a lavorare: il che non volle mai fare in altro luogo: e stando quivi, imparò allora i primi principii di miniare don Giulio Clovio, che era frate di quel luogo». Lo studioso ricorda che il soggiorno di Giulio Clovio a Candiana ebbe luogo dopo il Sacco di Roma, tra la fine degli anni Venti e il 1530, così come del resto una datazione intorno a quegli anni mi pare più in accordo con la biografia di Girolamo che, nato verso il 1474-1475, non sembra probabile abbia accettato, per l’unica volta nella sua vita, l’incarico di spostarsi per una commissione in età troppo avanzata. Il codice è in buone condizioni. Legatura ottocentesca di vitello con decorazione dorata su assi. Sul dorso si legge in alto CORAL(IS) e in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. Il codice è stato esposto in: Internationale Ausstellung, Wien 1894; Liturgia in figura, Città del Vaticano 1995. (Bibl. Rossianae, IX, 517r-v) TIETZE, Die illuminierten, 160 nr. 347; D’ANCONA, Contributo alla storia della miniatura, 152; LEVI D’ANCONA, Miniatura e miniatori, 152 ; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 86 nr. 191; CASTIGLIONI, Miniature di Girolamo, 472-475; EBERHARDT, Nuovi studi, 130, 132, 136, 150151; DAL POZ, Scheda nr. 74, 297-299; CERESA, Bibliografia 2005, 483; CORSO, Corali miniati, 206; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 7.

LORENA DAL POZ * La scheda ripropone integralmente per volontà dell’autore, e adegua alle norme redazionali del catalogo, per la cura della redazione, quella già pubblicata in Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, Catalogo della mostra (Biblioteca Apostolica Vaticana – Salone Sistino, 29 marzo – 10 novembre 1995), a cura di G. MORELLO, S. MADDALO, Città del Vaticano – Roma 1995, nr. 74, 297-299.

Ross. 1195 (olim XI, 331) Antiphonarium franciscanum (raccolta) Italia settentrionale, secc. XVex.-XVIin. Membr. (pergamena consistente, di buona qualità e ben lavorata); ff. III, 46, II’ (tutti i fogli di guardia sono in cartoncino bianco come le controguardie); foliazione manuale moderna in alto a destra a matita, vergata in cifre arabe sul recto, alla quale si accompagna sempre sul verso del foglio la numerazione originaria del manoscritto, apposta talvolta in inchiostro ocra e talvolta a inchiostro nero, fatto imputabile alla diversa provenienza dei sin-

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goli fogli, e che non procede secondo la sequenza naturale dei numeri (cfr. ANGIOLI, Codici rinascimentali, 30). Poiché il manoscritto risulta smembrato – esso è infatti una raccolta di parti di codici diversi –, la successione dei fogli non si accorda più alla successione dei passaggi testuali, elemento confermato dalla numerazione; accade quindi che il f. 1 sia segnato come 119, il f. 2 come 24, il f. 3 sia il 115 e così in avanti (f. 4-120, f. 6-175, f. 7-117, f. 8-114, f. 9-100, f. 10-149, f. 11-131, f. 12-94, f. 13-125, f. 14-29, f. 15-141, f. 16-71, f. 17-53, f. 18-70, f. 19106, f. 20-112, f. 21-159, f. 23-171, f. 24-199, f. 26-124, il f. 27 è segnato con un numero scarsamente leggibile, f. 28-65, f. 29-120, f. 32-173, f. 35-186, f. 40-65, f. 41-130, f. 43103, f. 46-4; i ff. 22, 30-31, 33-34, 36-39, mentre i ff. 42 e 44-45 non sono segnati da altro numero). I richiami di fascicolo presenti sono collocati al centro del margine inferiore, sempre sul verso del foglio; mm 540×413; scrittura gotica rotunda di almeno due mani, a inchiostri nero e rosso; notaRoss. 1195, f. 3r zione quadrata in nero su tetragramma rosso; specchio scrittorio a piena pagina (mm 428×287), unità di rigatura: per il tetragramma mm 13, per le linee di scrittura mm 40; rigatura a inchiostro ocra eseguita su recto e verso di ogni foglio, con le righe verticali che talvolta arrivano a toccare i margini superiore e inferiore; sono talora visibili, nei margini superiore e inferiore, i fori eseguiti per tracciare le righe di inquadramento dello specchio scrittorio; il codice si apre con il lato pelo e la regola di Gregory non viene rispettata. Per il f. 6r, la mise-en-page è solo simile ai fogli precedenti, poiché lo specchio scrittorio appare ridotto nelle dimensioni (mm 380×265), riduzione che investe anche il tetragramma (nel tetragramma unità di rigatura 10 mm) e il modulo di scrittura.

Il codice è una raccolta di singoli fogli staccati e riassemblati, provenienti da manoscritti diversi; la loro sequenza disordinata indica che colui che ha eseguito l’operazione non ha tenuto conto, o non ha potuto tener conto, della successione dei passi testuali. L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 46 iniziali maggiori (mm 137×134) istoriate; numerose iniziali medie (mm 41×41) e minori filigranate (mm 30×30), alternativamente blu e rosse; 3 pagine di incipit (ff. 44r, 45r, 46r); fregi fitomorfi policromi (verde, rosso-porpora, blu e azzurro) disposti variamente sui quattro margini del foglio; cadelle e qualche segno paragrafale; letterine rilevate in giallo a f. 6r. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 2r, 3r, 4r, 5r, 6r, 7r, 8r, 9r, 10r, 11r, 12r, 13r, 14r, 15r, 16r, 17r, 18r, 19r, 20r, 21r, 22r, 23r, 24r, 25r, 26r, 27r, 28r, 29r, 30r, 31r, 32r, 33r, 34r, 35r, 36r, 37r, 38r, 39r, 40r, 41r, 42r, 43r, 44r, 45r, 46r, tutte eseguite all’interno di uno spazio riservato coperto in foglia d’oro e profilato in nero, mentre il corpo della lettera si arricchisce di elementi fitomorfi policromi (porpora, verde, blu, viola), rialzati sia a inchiostro aureo sia a biacca; questo tipo di decorazione è

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talvolta completato da motivi decorativi a filamento, anch’essi eseguiti a biacca. Gli inserti fogliacei possono di tanto in tanto prendere le sembianze di delfini che danno vita a protomi canine (f. 1r) o a elementi vegetali (f. 5r, f. 13r), o a teste feline (f. 2r), o ancora a teste zoomorfe dalle cui fauci nascono elementi vegetali (f. 5r); possono essere talvolta decorate con motivi a foglie di lauro (f. 8r, f. 20r, f. 26r, f. 28r), o con le sole protomi zoomorfe (f. 15r, f. 21r), o con sembianze ittiomorfe (f. 17r), o con la testa di un volatile (f. 18r), o infine con protome di aquila (f. 19r). In ogni miniatura le finiture e le lumeggiature sono realizzate con inchiostro d’oro. f. 1r: iniziale C di Confessor Dei Nicolaus, all’incipit del responsorio di san Nicola; la lettera è istoriata con il vescovo barbato e benedicente assiso su un trono; egli è paludato da una cappa rossa crociata, al di sotto della quale, oltre ai guanti, si intravede un’alba gallonata in oro; il suo abbigliamento è completato da un pallio giallo ripiegato sul braccio. Alle spalle della figura, in lontananza, si scorge un paesaggio campestre. f. 2r: iniziale A di Angelus domini, all’incipit del responsorio, istoriata con le Pie donne al Sepolcro. f. 3r: iniziale M di Maria Magdalena, all’incipit della festività di Maria Maddalena; la lettera è istoriata con il prosieguo narrativo dell’immagine precedente, il momento rappresentato è infatti quello in cui l’angelo informa le Donne della Resurrezione, mostrando con la mano il sepolcro vuoto. f. 4r: iniziale D di Dulce lignum, all’incipit del responsorio; istoriata con il Cristo coronato di spine che porta la croce. f. 5r: iniziale H di Hodie nata est, all’incipit del responsorio; istoriata con la Nascita della Vergine. f. 6r: iniziale L di Locuti sunt adversum me, all’incipit del responsorio (Feria IV), istoriata con l’immagine del Cristo deriso. f. 7r: iniziale P di Post passionem, all’incipit del responsorio, istoriata con una delle Apparitiones post mortem di Cristo; si tratta probabilmente di una immagine sintetica della Missione degli Apostoli (Mt 28, 16-20; Mc 16, 1518; Lc 24, 36-49; Iv 21, 15-23). f. 8r: iniziale C di Centum quadraginta, all’incipit del passo In sanctorum martyrum innocentium. Responsorium, istoriata con la Strage degli Innocenti. f. 9r: iniziale U di Usepha longe, all’incipit del responsorio, istoriata con l’immagine di Giuseppe nel pozzo, che probabilmente si riferisce a Gn 37, 12-36. f. 10r: iniziale O di Omnes amici mei, all’incipit del responsorio, istoriata con il Tradimento di Giuda. f. 11r: iniziale O di O mirabile commercium, all’incipit di un’antifona (In laudibus et per horas dici), istoriata con la Vergine con Bambino ai quali rende omaggio san Francesco. f. 12r: iniziale S di Simon Petre, all’incipit del responsorio del primo notturno della festa di san Pietro in Vincoli, istoriata con Cristo e san Pietro. f. 13r: iniziale L di Locutus est dominus, all’incipit del responsorio, istoriata con Mosè davanti al faraone d’Egitto.

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f. 14r: iniziale S di Surgens Maria, all’incipit del responsorio del primo notturno, istoriata con la Visitazione. f. 15r: iniziale V di Vidi dominum sedentem, all’incipit del responsorio, istoriata con l’immagine di Isaia, a cui rimandano le parole del passo (Is 6, 1). f. 16r: iniziale M di Missus est Gabriel, all’incipit del responsorio, istoriata con l’Annunciazione. f. 17r: iniziale S di Si oblitus, all’incipit del responsorio, istoriata con David coronato e barbato che prega con lo sguardo rivolto al cielo, dal momento che il testo riprende il Salmo 136 (Ps 136, 5-6). f. 18r: iniziale V di Veni sponsa, all’incipit del responsorio, istoriata con l’immagine della Vergine o dell’Ecclesia, che sembra porgere la mano come per congiungerla al suo sposo. f. 19r: iniziale V di Valde honorandus, all’incipit del responsorio e istoriata con l’immagine di Giovanni evangelista, ritratto a mezzo busto mentre è intento a scrivere il suo Vangelo, con lo stilo stretto nella mano e il libro chiuso retto con la destra. f. 20r: iniziale V di Valde honorandus, all’incipit di un’antifona, di nuovo istoriata con il ritratto dell’evangelista Giovanni. f. 21r: iniziale F di Franciscus ut in plublicum (sic), all’incipit del responsorio, istoriata con san Francesco che riceve le stimmate. Al di sotto si può leggere la scritta M(agistrus) Petrus de Lucignano. f. 22r: iniziale S di Simon Petre, all’incipit del responsorio del primo notturno, istoriata con Cristo e Pietro. f. 23r: iniziale C di Contumelias et terrores, all’incipit dell’antifona, istoriata con il Cristo alla colonna. f. 24r: iniziale S di Sicut ovis ad occisionem, all’incipit del responsorio, istoriata con il Cristo che sale al Golgota. f. 25r: iniziale I di In die qua invocavi, all’incipit del responsorio, decorata a grottesche, con volute vegetali ed elementi fogliati, e completata dalla presenza di una coppia di sfingi poste di profilo, campite in grigio e rialzate con lumeggiature a biacca, come a voler riprodurre le venature del marmo. La lettera chiude, su un lato breve, una tabella doppiamente bordata a inchiostro nero, all’interno della quale è presente l’immagine di Cristo orante che mostra le ferite, avvolto in una veste porpora e sullo sfondo di un paesaggio montano-campestre. Tale tipologia di iniziale viene riproposta anche ai ff. 31r, 42r e 46r. f. 26r: iniziale E di Ecce Agnus Dei, all’incipit del responsorio, istoriata con il ritratto di Giovanni Battista stante; il santo si sorregge al bastone e con il braccio destro sembra indicare l’incipit del passo. f. 27r: iniziale S di Sancta et immacolata, all’incipit del responsorio della festività della Madonna della neve, istoriata con l’immagine corrispondente. f. 28r: iniziale D di Dum perambularet dominus, all’incipit del responsorio, istoriata con Cristo sulle sponde del lago di Tiberiade. f. 29r: iniziale H di Herodes iratus, all’incipit di un’antifona, istoriata con l’immagi-

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f. 30r:

f. 31r:

f. 32r:

f. 33r:

f. 34r:

f. 34v:

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ne di due Innocenti uccisi. Su di un manto erboso giacciono morti due neonati, dall’incarnato ormai grigio e con ferite sanguinanti su tutto il corpo. L’asta orizzontale della lettera ha le sembianze di un volatile crestato e con becco adunco, colorato di verde con finiture in oro; dagli estremi dell’asta verticale nasce il consueto fregio che si dispone sui margini laterale e inferiore. iniziale C di Crucis vox, all’incipit del passo In festo sanctorum stigmatum sancti Francisci, istoriata con il santo assisiate che mostra le stimmate e ha in mano una piccola croce. La parte centrale della curva della C è decorata con l’usuale motivo a foglie di lauro, con il fregio che occupa circa metà del margine laterale. iniziale I di In Monte Oliveto, all’incipit del responsorio, istoriata con Cristo in preghiera mentre l’angelo gli porge il calice. La figura celeste ha completamente sostituito il corpo della I che anche in questo caso, come accade ai ff. 25r, 42r e 46r, è posta a chiusura della tabella contenente la scena narrativa. iniziale L di Levita Laurentius, all’incipit del responsorio con l’Officio di san Lorenzo, istoriata con l’immagine di San Lorenzo e il cieco. L’asta orizzontale della lettera ha le forme di un delfino viola rigato di bianco, dalla cui bocca nasce l’asta destra; quella sinistra termina invece con due protomi canine verdi, mentre il fregio occupa parte del margine laterale. iniziale F di Factus est silentius, istoriata con l’immagine di San Michele che sconfigge Satana, all’incipit del passo In dedicatione sancti Michaelis Arcangeli; dalla lettera nasce il doppio fregio che si dispone in parte dei margini superiore, parzialmente resecato, e laterale. La parte superiore della lettera ha come terminazione una figura fito-zoomorfa, dalle cui fauci spalancate nasce l’asta di sinistra. All’interno della lettera, l’arcangelo con le ali spiegate e l’armatura scintillante brandisce la spada con la sinistra e regge con la destra la bilancia, sulla quale sono poggiate due animulae. Sotto i suoi piedi giace disteso Satana, orribile nell’aspetto: è infatti caratterizzato da un volto ibrido di felino con una sorta di criniera piumata, mentre le braccia terminano con una zampa anch’essa ferina, con cui tenta di scansare da sé la bilancia del santo, le gambe sono di uomo fino al polpaccio, per poi coprirsi di una folta peluria selvaggia, e i piedi, che si intravedono appena, sembrano quelli di un rapace. iniziale E di Et redimini et videte, all’incipit del passo In festo Conceptionis, istoriata con l’Incontro tra Gioacchino e Anna alla Porta Aurea. La curva della lettera è decorata con il consueto motivo laureato, mentre il fregio si sviluppa sui margini laterale e inferiore. iniziale I di Ista est columba, all’incipit dell’antifona Ad magnificat; fitomorfa e racchiusa in un riquadro filigranato a inchiostro, la lettera è incorniciata da un corona di alloro rossa con finiture in oro. Il corpo è in blu con decorazioni di colore celeste, arricchito da un motivo a cerchi policromi (verde, rosso, blu, giallo oro e ancora rosso); completa la decorazione una fascia in rosso puntinata in oro.

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f. 35r: iniziale H di Hodie in Iordano, all’incipit del responsorio, istoriata con il Battesimo di Cristo; le aste della lettera ricordano delle candelabre, arricchite da festoni e da rocchi di colonna. f. 36r: iniziale I di In dedicatione Templi, all’incipit del responsorio, istoriata con l’immagine di tutti i santi, tra cui spiccano Pietro e Paolo. f. 37r: iniziale T di Tolle arma tua, all’incipit del responsorio, istoriata con Isacco ed Esaù; la curva della lettera ha per terminazione un delfino di colore viola. f. 38r: iniziale M di Misit Herodes, all’incipit del responsorio, istoriata con il Martirio di Giovanni Battista. f. 39r: iniziale F di Funditur insontium sanguis, all’incipit del responsorio, istoriata con una scena di predicazione. La parte superiore della lettera è arricchita da una terminazione a protome canina, con il fregio che nasce dalla lettera stessa. Un paesaggio montano-campestre fa da sfondo all’incontro tra un frate e un gruppo di uomini riccamente paludati, ai cui piedi sono sedute in terra alcune donne in vesti scure. f. 40r: iniziale B di Beatus vir, all’incipit del responsorio, istoriata con il ritratto di re David coronato e barbato. La pancia maggiore della lettera è costituita da una testa di volatile che reca nel becco la pancia minore. f. 41r: iniziale S di Sicut lilium, di cui non è possibile individuare l’incipit, istoriata con l’immagine del Sogno di Gioacchino. La parola originalis dell’ultima linea di scrittura è vergata su rasura da una mano moderna, ma sempre a inchiostro nero. f. 42r: iniziale I di Immolabit edum, all’incipit della festività del Corpus Domini; il fregio è indipendente dalla lettera e si dispone nel margine laterale e in parte di quello superiore. L’iniziale è della medesima tipologia già segnalata per i ff. 25r, 31r e 46r, e definisce su uno dei lati brevi la miniatura tabellare raffigurante una scena liturgica. Un sacerdote tonsurato, che indossa il pallio rosso su due vesti sovrapposte, una bianca con maniche gallonate e una viola caratterizzata da un elemento quadrato sull’orlo, reca in mano l’ostia consacrata e con l’altra regge il calice; dietro di lui sono in evidenza il candelabro ligneo con il cero acceso e l’altare. Assistono alla cerimonia fedeli inginocchiati con le mani giunte, in attesa di prendere la comunione. f. 43r: iniziale D di Dum complerentur, all’incipit del responsorio, istoriata con l’immagine della Pentecoste. f. 44r: iniziale H di Hodie nobis, all’incipit del responsorio, istoriata con l’immagine della Natività, all’interno di una pagina di incipit chiusa su tutti i margini da una cornice percorsa all’interno e all’esterno da un listello in foglia d’oro. Nel margine inferiore, all’interno di una cornice quadriloba, un frate, Pietro di Lucignano, coperto dal saio stretto in vita da un cordone a tre nodi, è in ginocchio e prega con gli occhi rivolti al cielo davanti a un tronco spezzato, avvolto in un filatterio che in origine doveva presentare una colorazione rossa, oggi fortemente degradata. All’interno della lettera si svolge la scena della Nascita di Cristo. f. 45r: iniziale A di Aspiciens a longe, all’incipit del responsorio, istoriata con un’im-

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magine di David. Si tratta di nuovo di una pagina di incipit con una cornice come quella appena descritta, con l’eccezione del doppio listello aureo, non presente nel margine laterale interno. Nel margine superiore si apre un clipeo a doppia cornice, anch’essa in lamina metallica, contenente il busto di Dio Padre benedicente. Il margine esterno presenta nella cornice tre uomini stanti che rivolgono lo sguardo verso la divinità, due anziani barbati, e un terzo più giovane. All’interno della iniziale, in primo piano rispetto al consueto sfondo campestre, è rappresentata la Visione del profeta. f. 46r: iniziale I di In principio, istoriata con la Creazione, inserita all’interno di una pagina di incipit della medesima tipologia di quelle appena descritte. Nel margine inferiore un clipeo quadrilobo a doppia cornice in foglia d’oro ospita l’immagine di un frate, lo stesso del f. 44r, inginocchiato di fronte a un tronco spezzato avvolto da un filatterio, che reca la scritta F(rater) PETRUS D(E) LUSCIGNANO. Nel margine esterno, ancora all’interno di un clipeo ellittico una figurazione sintetica della Creazione di Adamo. La I ha ancora una volta il medesimo aspetto di cariatide dalle sembianze angeliche già segnalato ai ff. 25r, 31r, 42r; all’interno della tabella a doppia cornice in lamina metallica, Dio crea il firmamento. Lilian Armstrong ha analizzato a più riprese il Ross. 1195 nell’ambito dei suoi studi sulla produzione miniata veneta tra la fine del secolo XV e gli inizi del successivo. In un articolo del 1998 prima (ARMSTRONG, Benedetto Bordon, 161184) e in una monografia del 2003 poi (ARMSTRONG, Studies of Renaissance), la studiosa analizza in modo puntuale gli aspetti della produzione di tale manoscritto, giungendo ad attribuire l’apparato illustrativo a Benedetto Bordon (14451450 oppure 1460 (?)-1530), artista che opera tra Padova e Venezia. Egli si trova nella città lagunare già dalla fine del Quattrocento ed è qui che intesse fitti rapporti con Aldo Manuzio, con il quale collaborerà come disegnatore di legni per la stampa (ARMSTRONG, Benedetto Bordon, 162 e Studies of Renaissance, 651). Per tornare al codice rossiano la Armstrong, tassello per tassello, ne ricostruisce la storia. In un inventario di San Niccolò della Lattuga a Venezia – chiesa fondata nel 1354 alle spalle di Santa Maria dei Frari –, datato all’8 settembre 1515 e compilato per volere di fra’ Urbano da Belluno, a capo del convento e anch’egli collaboratore di Manuzio, si elenca un certo numero di libri liturgici donati da Pietro di Lucignano, reverendo padre e maestro dello stesso convento, morto poco prima, il 24 aprile 1514. Sono nominati libri da coro, un salterio e vari graduali, e un gruppo di undici antifonari. Alcuni dei fogli provenienti da questi sono confluiti nel Ross. 1195, che permette in tal modo di ricostruire il set dei libri, insieme ad altri due oggi conservati ad Arezzo (ARMSTRONG, Benedetto Bordon, 169 e Studies of Renaissance, 655). Il fatto che l’immagine del frate francescano torni per due volte – a f. 44r e a f. 46r, in entrambi i casi egli è presentato come una sorta di alter ego di san Francesco, nel primo caso associato all’immagine della Natività, nel secondo invece a quella della Creazione – fa pensare a una committenza francescana diretta.

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L’attribuzione dell’apparato figurativo pressoché certa a Bordon è suffragata dagli stretti rapporti della raccolta vaticana con il cosiddetto Evangeliario di Santa Giustina, ms. W. 107 della Chester Beatty Library di Dublino, miniato a Padova tra il 1523 e il 1525, e con le scene del Luciano di Vienna, l’incunabolo Inc. 4. G. 27 della Österreichische Nationalbibliothek, databile al 1494. Se si confrontano, ad esempio, l’immagine delle Mirofore del Ross. 1195 con quella nel codice padovano, l’identità dei modi esecutivi risulta evidente (ARMSTRONG, Benedetto Bordon, 173 e Studies of Renaissance, 661). Le immagini di tali fogli permettono poi di indagare il legame che Bordon intrecciò con l’ambiente degli stampatori veneziani, poiché da alcune fonti documentarie risulta evidente che non solo egli eseguì l’apparato figurativo di alcune aldine, ma si occupò anche della realizzazione di lastre in legno per i libri illustrati stampati sia da Aldo Manuzio (c. 1450-1515) sia da Lucantonio Giunta (14571538). E un’opera in particolare lega quattordici fogli del manoscritto rossiano – ff. 1r, 2r, 3r, 4r, 5r, 11r, 14r, 31r, 35r, 41r, 44r, 45r, 46r – a un’impresa di Lucantonio, vale a dire la stampa di una serie di libri liturgici eseguita tra il 1499 e il 1507; tale lavoro si avvaleva anche della consulenza di Johannes Emericus da Spira, specialista di stampa musicale. Il piano dell’opera prevedeva due volumi del graduale (1499-1500), quattro volumi dell’antifonario (1503-1504), un salterio (1507); ma è il solo graduale che permette di delineare la partecipazione di Benedetto all’impresa, poiché le sue immagini sono in tutto uguali a quelle presenti nei fogli della raccolta rossiana (ARMSTRONG, Benedetto Bordon, 176). Gabriella Angioli, circa dieci anni prima della Armstrong, proponeva un’altra lettura delle miniature del Ross. 1195 (ANGIOLI, Codici rinascimentali, 27-40). Ella prendeva in esame i due antifonari, citati anche dalla Armstrong, oggi conservati ad Arezzo, uno nella Pinacoteca comunale, ms. 1781, e l’altro nell’Archivio capitolare, ms. I. 19 e giungeva ad attribuirli al medesimo artista, vale a dire a quel Pietro Pulcetta di Lucignano (ANGIOLI, Codici rinascimentali, 27), al quale la studiosa americana riserva invece il solo ruolo di committente (cfr. infra). Anche la Angioli sostanziava le sue affermazioni sulla base della documentazione, in primo luogo delle Lettere Sanesi di Guglielmo della Valle, in cui padre Pietro viene indicato come miniatore di alcuni libri da coro eseguiti per la chiesa di San Francesco (ANGIOLI, Codici rinascimentali, 28). La Angioli, pur sottolineando il ruolo di Pulcetta nel Convento di San Niccolò a Venezia e proponendo un confronto fra i suoi modi e quelli di Bordon, assegnava in toto l’apparato decorativo del rossiano al frate francescano (ANGIOLI, Codici rinascimentali, 28-29, 31), anche per la presenza del suo ritratto ai ff. 44 e 46 (ANGIOLI, Codici rinascimentali, 29-30), cui si è già fatto cenno. È quindi possibile che alla Angioli non fosse noto il lavoro dell’artista veneto sulle lastre di legno, i cui disegni sono senza dubbio una sorta di calco dalle quattordici miniature del codice vaticano (cfr. infra). In conclusione, la combinazione di entrambe le proposte aiuta forse a comprendere le lievi disomogeneità nella realizzazione delle miniature nella raccolta rossiana. Il fatto che sia Bordon sia Pulcetta fossero a Venezia, nel medesimo

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convento nello stesso giro di anni, fa pensare a una loro collaborazione nell’esecuzione del corpus dei manoscritti liturgici per San Niccolò della Lattuga. Il frate francescano assumerebbe comunque il ruolo di committente, e in tale veste comparirebbe ai ff. 44 e 46 del Ross. 1195, dell’apparato figurativo dei codici. Durante il lavoro di revisione delle bozze di questo catalogo, in occasione del convegno internazionale Libri miniati per la chiesa, per la città, per la corte in Europa: lavori in corso (Padova, Palazzo del Bo, Archivio Antico-Museo Diocesano, 24 dicembre 2010), organizzato dalla Società Internazionale di Studi di Storia della miniatura, Lilian Armstrong ha presentato, nella sua relazione Liturgical Manuscripts Illuminated by Benedetto Bordon: Examples from Collections outside of Italy, alcune novità relative agli antifonari di San Niccolò della Lattuga. Su suggerimento di Jonathan Alexander, la studiosa ha rinvenuto e riconosciuto, nel ms. 246 della Special Collections Library della University of Michigan di Ann Arbor (MI), un foglio inedito proveniente dal primo degli antifonari veneziani, che tramanda il Temporale dalla prima domenica in Avvento fino alla sesta domenica dopo l’Epifania oltreché le feste fino alla conversione di san Paolo. Mentre il f. 5r del manoscritto Clm 30205 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, già individuato e pubblicato da Ulrike Bauer-Eberhardt (BAUER-EBERHARDT, Serienprodukt oder Unikat?, 271-273, 272, n. 37), apparterrebbe al terzo antifonario di San Niccolò della Lattuga, con il Temporale della Pasqua fino alla celebrazione della Trinità. L’ultimo contributo – a oggi – alla ricostruzione del set di libri liturgici è costituito dagli otto fogli rivenuti da Jonathan Alexander nel ms. Plimpton 40H della Rare Books Library della Columbia University di New York, citati ancora da Lilian Armstrong (ARMSTRONG, Studies of Renaissance, 712, n. 32). Si tratta di otto fogli staccati dal sesto volume degli antifonari veneziani, che tramandava il Comune dei Santi, con le feste speciali di dicembre. Tutta la mia gratitudine alla professoressa Armstrong che ha gentilmente messo a mia disposizione i risultati, ancora inediti, del suo lavoro. Lo stato di conservazione risulta discreto, a eccezione della legatura (cfr. infra), i fogli infatti sono tutti in buone condizioni, seppur talvolta resecati, tanto da apparire di dimensioni diverse l’uno dall’altro. Ogni foglio è protetto da carta velina ed è sostenuto da spesso cartone, del tutto simile a quelli utilizzati per i fogli di guardia. Le miniature sono in ottimo stato, anche se talvolta si possono riscontrare cadute nella pellicola pittorica (f. 5r) o la perdita e l’opacizzazione della foglia d’oro (f. 3r); questi fenomeni non compromettono tuttavia la lettura dell’immagine. Casi sporadici sono anche quelli in cui l’inchiostro utilizzato per vergare il testo risulta lievemente sbiadito e, dove ciò accade, una mano posteriore ha ripassato le parole a lapis. Si segnalano alcuni difetti di concia, come accade ai ff. 7 e 10, in entrambi nel margine laterale, ma l’uno verso l’angolo inferiore e l’altro verso l’esterno; mentre a f. 18 ne è presente uno nel margine inferiore. A f. 26 è invece visibile un intervento a rattoppo, sul quale è stata eseguita parte del fregio. A f. 6 si incontra infine l’applicazione di una striscia di pergamena sul margine esterno,

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utilizzata probabilmente per correggere un difetto di concia e per rendere regolare il margine stesso. Legatura Rossi A, in pessime condizioni conservative: il dorso è infatti completamente staccato, fatto che causa problemi a carico della compagine dei fascicoli; il manoscritto è quindi protetto da una cartella in cartone pesante, chiusa sul taglio con legacci. Sul dorso, custodito all’interno della cartella, si legge, in alto E CHORALI / SAEC(ULI) XV / DISTRACTAE, mentre in basso il tassello è muto. Non è possibile precisare quando avvenne l’operazione di riassemblaggio dei fogli sparsi e soprattutto per volontà di chi, non è dato di sapere quindi se fu il de Rossi ad acquistare fogli sparsi e a farli rilegare insieme perché simili nelle iniziali istoriate e nella mise-en-page (ed è l’ipotesi più convincente) o se la raccolta pervenne a lui già costituita e così fornita, in un secondo momento, solo della legatura che caratterizza tutto il fondo vaticano. (Bibl. Rossianae, IX, 518r-v) TIETZE, Die illuminierten, 157-159 nr. 344; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 66 nr. 129; BAUER-EBERHARDT, Serienprodukt oder unikat?, 271-273 nr. 37, 272; ANGIOLI, Codici rinascimentali, 27-40; ARMSTRONG, Benedetto Bordon, 169, 173; ARMSTRONG, Studies of Renaissance; CERESA, Bibliografia 2005, 483; CORSO, Corali miniati, 206.

EVA PONZI

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TIPOGRAFIA VATICANA

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