Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. I manoscritti rossiani [Vol. 1]
 8821009149, 9788821009143

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STUDI E TESTI 481

CATALOGO DEI CODICI MINIATI DELLA BIBLIOTECA VATICANA I I manoscritti Rossiani 1 Ross. 2 – 413 a cura di Silvia Maddalo con la collaborazione di Eva Ponzi e il contributo di Michela Torquati

C I T T À D E L VAT I C A N O B I B L I O T E C A A P O S T O L I C A V AT I C A N A 2014

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La collana “Studi e testi” è curata dalla Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana Marco Buonocore (Segretario) Eleonora Giampiccolo Timothy Janz Antonio Manfredi Claudia Montuschi Cesare Pasini Ambrogio M. Piazzoni (Presidente) Delio V. Proverbio Adalbert Roth Paolo Vian

Le schede del catalogo sono di: A.A. Aletta, M. Ambrosetti, M. Bernardini, M.A. Bilotta, M. Bollati, M. Buonocore, E. Condello, G. Corso, F. D’Aiuto, L. Dal Poz, G.M. Fachechi, N. Falaschi, L. Forgione, S. Fumian, S. Maddalo, F. Manzari, M. Mencherini, M.R. Menna, G. Morello, L. Novello, M. Pavón Ramírez, A.M. Piemontese, E. Ponzi, F. Rafanelli, S. Sansone, F. Toniolo, M. Torquati, G. Z. Zanichelli

Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va

La ricerca è stata realizzata grazie al finanziamento del MIUR (fondo FISS) nell’ambito dell’attività scientifica dell’Istituto storico italiano per il medio evo

e con il contributo della Fondazione CARIVIT di Viterbo ______________________________________________ Proprietà letteraria riservata © Biblioteca Apostolica Vaticana, 2014 ISBN 978-88-210-0914-3 TIPOGRAFIA VATICANA

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SOMMARIO

VOLUME 1 S. E. Jean-Louis Bruguès, O.P., Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Massimo Miglio, Prefazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Silvia Maddalo, Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Catalogo Ross. 2 – Ross. 413 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

VII IX XI 3

VOLUME 2 Ross. 416 – Ross. 1195 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

691

VOLUME 3 Tavole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia, a cura di E. Ponzi e M. Torquati . . . . . . . . . . . . . . . . Indici, a cura di E. Ponzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei manoscritti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli autori delle opere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice delle opere anonime o con titolo redazionale . . . . . . . . Indice cronologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei copisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei miniatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice delle scuole o dei luoghi di produzione . . . . . . . . . . . . . Indice delle lingue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli antichi possessori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei soggetti iconografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei luoghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice degli stemmi e delle imprese araldiche . . . . . . . . . . . . . Indice dei nomi di persona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1361 1843 1949 1951 1963 1969 1975 1979 1981 1985 1989 1991 1995 2017 2025 2027

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PREFAZIONE

Davanti al patrimonio di manoscritti che la Biblioteca Vaticana conserva, frutto di acquisizioni legate a modalità, storie, epoche e persone molteplici e variegate, lo studioso si sente inevitabilmente desideroso di consultare, ricercare, approfondire, ma anche, talvolta, smarrito, soprattutto nei casi in cui non possa ancora disporre degli strumenti idonei per accedere ai fondi. La Biblioteca Apostolica Vaticana è lieta di poter presentare, tra gli strumenti di questo tipo, il catalogo dei codici miniati del fondo Rossiano, redatto da diversi autori e curato da Silvia Maddalo. Personalmente sono felice di salutare il compimento di questa opera, pensata diversi anni fa nell’ambito dei progetti dell’Istituto storico italiano per il medio evo: nel 2005 la curatrice ne propose la coedizione al Prefetto di allora, Don Raffaele Farina, poi Cardinale Archivista e Bibliotecario, mio predecessore. L’impresa è stata portata a termine grazie al sostegno prima del Ministero per l’Università e la Ricerca scientifica e poi della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo. Dopo un lungo lavoro, dunque, oggi vede la luce questo catalogo in tre volumi che, partendo dal repertorio di Hans Tietze, seleziona ben 453 codici miniati, delle 1218 segnature totali del fondo, ed è il frutto della collaborazione di vari specialisti. Incentrato sulle miniature, esso però non rinuncia a dar conto degli elementi codicologici, contenutistici, conservativi, risultando così un utile strumento non soltanto per gli storici dell’arte, ma per ogni studioso. La collaborazione di tanti specialisti e la descrizione sintetica ma completa ribadiscono l’importanza di due aspetti: per redigere un catalogo che, sebbene appartenente alla categoria di quelli speciali, presenta una discreta varietà di contenuti e di tipologie di manoscritti, indispensabile è la collaborazione tra studiosi competenti nei diversi ambiti disciplinari; il manoscritto non è un oggetto da studiare da un solo punto di vista a prescindere dal resto, ma un testimone da leggere nel suo insieme. Torniamo allo studioso di manoscritti che cerca qualcosa di specifico dal punto di vista contenutistico, linguistico, storico artistico: il catalogo dei codici Rossiani miniati offre un aiuto concreto e ampio anche grazie agli indici di cui è corredato, più numerosi di quelli che ci aspetteremmo; vi si possono infatti individuare non soltanto nomi, luoghi, miniatori e soggetti iconografici, ma anche copisti, epoche e luoghi di produzione, oltre alle lingue in cui sono vergati i testi. Nel catalogo il ricercatore troverà anche la descrizione dei frammenti (fogli sciolti e ritagli), di non poca rilevanza in questo fondo, con le varie ipotesi di ricostruzione e appartenenza. Dalle schede e dalle immagini di questi volumi emergono gli elementi che consentono di ricostruire i tanti interessi culturali che animarono il collezionista Giovanni Francesco de Rossi (1796-1854), la sua passione per i libri, ereditata dal padre Giovanni Gherardo (1754-1827) e sbocciata in coincidenza del matrimonio (1838) con Luisa Carlotta di Borbone-Parma, nonché, in generale, l’amore

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VIII

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

per la bellezza – intesa come pregio sia dell’ornamentazione sia del contenuto –, espressione di culture diverse. Una bellezza accolta e custodita dalla Vaticana (dove dopo vari trasferimenti la collezione di de Rossi fu depositata alla fine dell’anno 1921), che da sempre sa guardare al di là di ogni differenza di lingua, di civiltà e di religione, apprezzando ciò che di meglio l’uomo ha prodotto, nei secoli, nei tanti ambiti del sapere, e mettendolo a disposizione degli studi. Nei Rossiani, infatti, molti sono i codici liturgici della tradizione cristiana, ma non mancano testi sacri e libri di preghiera ebraici e arabi; oltre ai libri sacri, poi, si trovano i testi della letteratura classica, quelli di carattere storico, scientifico, medico, geografico, giuridico, canonistico, grammaticale; il latino è la lingua prevalente, ma vi sono anche testi nei diversi volgari nazionali (italiano, tedesco, francese, olandese), e ancora in greco, in ebraico e nelle varie lingue orientali (arabo, turco, persiano). Una bellezza universale, dunque. Dopo aver ammirato il carattere universale, mi permetto di aggiungere solo alcune notazioni prettamente personali, mosse da ciò che, tra molto altro, intimamente mi colpisce guardando queste pagine. Aprendo il catalogo la mia attenzione è stata inevitabilmente attratta dalla descrizione del Ross. 3, un codice composito del secolo XIV che oltre a vite di santi e testi teologici e devozionali contiene il breve trattato dedicato ai Modi orandi sancti Dominici: i modi orandi sono illustrati da nove raffigurazioni del santo che ha segnato la mia vita. Inoltre, ho ammirato la grazia e l’intensità delle diverse raffigurazioni di Maria e di Cristo, le più frequenti nei Rossiani, come anche le miniature che permettono di visualizzare alcuni particolari dei testi classici o di quelli scientifici: possa la contemplazione dei testi e delle immagini condurci sulla via del bello, del vero e della vita. Per realizzare cataloghi come questo, che richiedono il lavoro di molte persone per lungo tempo, è necessario trovare il sostegno e il finanziamento di vari enti; nel momento storico non facile in cui viviamo, è opportuno ricordare ed essere consapevoli che gli investimenti a favore della cultura rimangono fondamentali per la crescita dell’umanità. Rinnovando la mia stima per la curatrice e per i collaboratori, auspico che tale iniziativa e in generale i progetti di questo genere possano proseguire e trovare il loro compimento. MONS. JEAN-LOUIS BRUGUÈS, O.P. Archivista e Bibliotecario di S.R.C.

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PREFAZIONE

Il progetto Censimento e catalogazione dei fondi manoscritti miniati della Biblioteca Apostolica Vaticana era stato presentato dall’Istituto storico italiano per il medio evo al Ministero della Ricerca scientifica nel 2003; i risultati sono pubblicati oggi: sono passati più di dieci anni; potrebbero sembrare tanti, ma altri numeri e soprattutto la qualità del lavoro e l’attenzione filologica che ha impegnato tutti i collaboratori, demoliscono l’impressione. Un intero fondo della Biblioteca Vaticana è stato schedato alla ricerca dei manoscritti miniati; ognuno di questi ultimi è stato repertoriato in maniera analitica, tanto da fornire elementi utili non soltanto agli studiosi del libro manoscritto. Potrebbero bastare queste indicazioni per richiamare l’attenzione di tutti e sorprendere quanti conoscono la Biblioteca Vaticana e sanno valutare le difficoltà, sempre, del lavoro con i manoscritti. Si aggiungano invece per completezza, anche se non esaustiva: le difficoltà di coordinamento di ventotto studiosi, che hanno lavorato su manoscritti in lingua latina e greca, in arabo e persiano, in ebraico, e che hanno dovuto rispondere, nella preparazione della loro scheda, a oltre sessanta domande principali e a tante altre derivate. E questo ripetuto per 453 manoscritti, quanti sono quelli miniati del fondo Rossiano. Ma, ancora una volta, i numeri da soli non bastano per qualificare una ricerca in campo umanistico. È opportuno invece aggiungere almeno un altro elemento relativo alla fase iniziale della ricerca, e una valutazione che deve essere proiettata sul futuro. Un elemento che era tanto importante da pretendere lo svolgimento di due Convegni e la successiva pubblicazione degli atti: il primo nell’ambito delle nostre Settimane di studio: L’Istituto storico italiano e la catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Vaticana: il fondo Rossiano (maggio 2007); il secondo a Viterbo, nel marzo del 2009: La catalogazione dei manoscritti miniati come strumento di conoscenza. Esperienze, metodologia, prospettive. Gli Atti erano stati pubblicati nel Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo (110/2, pp. 145-349), e, nel 2010, nella collana Nuovi studi storici (87) dell’Istituto storico italiano per il medio evo. L’uno e l’altro erano una riflessione sulle esperienze passate di catalogazione dei manoscritti miniati e un’analisi delle diverse metodologie in atto, da confrontare con i criteri adottati nella schedatura del fondo Rossiano; erano anche un passo ulteriore verso la creazione di un modello, starei per dire scientifico, da proporre a tutti. Ma a me interessa sottolineare come nel titolo del convegno venga proposto quanto per alcuni è ovvio, ma non per tutti, e cioè che la schedatura di manoscritti è conoscenza e, in quanto tale, momento di storia. Una storia che non ha bisogno di specificazioni o di articolazioni. Ogni manoscritto è un brano di stratigrafia di un’epoca; ogni immagine in un manoscritto è un’illuminazione su

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X

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

quell’epoca. Il loro studio è un momento di accrescimento della nostra conoscenza. Come conferma la tradizione centenaria dell’Istituto. Mi accorgo in tal mondo di aver già implicitamente proposto la proiezione nel futuro della ricerca: ogni pagina di questo volume, ogni frammento delle schede proposte, può dare l’avvio ad altre ricerche nei settori più disparati, nel gioco continuo della storia che si accresce sugli accumuli precedenti. L’Istituto storico italiano per il medio evo, che nel 2013 ha ricordato 130 dalla sua fondazione, nascita che molti, in modo approssimato, vollero conseguenza polemica dell’apertura alla ricerca dell’Archivio Segreto Vaticano, adempie invece in modo articolato nell’anno centenario alle intenzioni dei suoi fondatori con la pubblicazione di questa nostra ricerca nella collana Studi e Testi della Biblioteca e con la coedizione con l’Archivio Vaticano dell’altra ricerca che ci ha visto impegnati per altrettanti anni nella pubblicazione de Le carte dell’Archivio di Castel Sant’Angelo relative all’Italia. I. Documenti privati (sec. XIII) (Fonti per la storia d’Italia medievale, Regesta Chartharum, 60, Roma 2013). A introduzione di questo volume e della ricerca che conclude, un’ultima riflessione, legata al cambiamento che è intervenuto negli ultimi anni nella nostra società e al mutato atteggiamento nei confronti della cultura. Dieci anni fa era possibile progettare, ottenere i finanziamenti e mettere in cantiere una ricerca pura come questa, che non ha prospettive di ricadute immediate, che sembra non produrre economia o non la produce secondo i meccanismi tradizionali. Abbiamo potuto realizzarla sui tempi lunghi, e anche questo non è più possibile in una società tutta legata all’effimero. Lascio ad altri la valutazione sulle prospettive del nostro futuro culturale, anche se non sono capace di essere troppo pessimista. MASSIMO MIGLIO Presidente dell’Istituto storico italiano per il medio evo

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INTRODUZIONE

In apertura un’immagine. Anzi due immagini: i ritratti di Vincenzo Monti e della figlia Costanza che introducevano l’ultima sezione di una mostra romana del 2006 intitolata al Libro come tema1. In entrambi i dipinti il libro è attributo di uno status sociale e culturale ed espressione di una condizione dell’anima; per questo si possono proporre come exergo al catalogo che qui si introduce. Quasi contemporaneo il secondo agli eventi che portarono alla costituzione della Biblioteca Rossiana, di qualche decennio anteriore il primo (si data agli esordi dell’Ottocento), suggestionano con un riferimento sia pur indiretto ai protagonisti, Giovanni Francesco de Rossi e Luisa Carlotta di Borbone-Parma, di quegli avvenimenti. Il poeta, che è raffigurato assorto, il braccio poggiato su una piccola catasta di volumi chiusi sul tavolo (uomo e letterato nell’Italia neoclassica non ha bisogno di ostentarne l’uso), può richiamare il bibliofilo e collezionista Giovanni Francesco de Rossi. Costanza Monti Perticari, che il pittore ha colto come di sorpresa intenta alla lettura, una mano a tenere un libro chiuso, mentre l’altra ferma con le dita disposte a guisa di segnalibro la pagina lasciata interrotta, può assumersi, se pure ritratta poco più che fanciulla, a metafora di Luisa Carlotta. Donna di una certa cultura, ella comprese e favorì la passione libraria del marito Giovanni Francesco e dopo la morte di questi continuò ad arricchire, con una serie di libri a stampa acquistati nel corso dei suoi viaggi in Europa2, la collezione da lui raccolta in un giro brevissimo di anni, i pochi che intercorsero tra il matrimonio e la morte, avvenuta nel 1854. Le vicende relative alla formazione in meno di un ventennio della straordinaria collezione libraria del de Rossi, costituita da un ricco fondo manoscritto e da un ricchissimo fondo incunabolo e a stampa, sono note e hanno goduto so1 Si tratta di Il libro come tema. Arte e letteratura tra ‘800 e ‘900 nelle collezioni della galleria nazionale d’arte moderna. Catalogo della mostra, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 24 settembre – 19 novembre 2006, a cura di M.V. MARINI CLARELLI, M. URSINO, Milano 2006. I due ritratti, conservati entrambi presso la stessa GNAM e opera rispettivamente di Andrea Appiani e di Filippo Agricola, aprono la sezione dedicata a Il libro come attributo e come oggetto, pp. 112-131: 112-113. 2 Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, 2: Dipartimento Stampati – Dipartimento del Gabinetto Numismatico – Uffici della Prefettura. Archivio – Addenda, elenchi e prospetti, indici, a cura di F. D’AIUTO, P. VIAN, Città del Vaticano 2011 (Studi e Testi, 467), pp. 863-866, 1213-1214: p. 864; per il fondo manoscritto Rossiano si cfr., all’interno dello stesso progetto editoriale, A.M. PIAZZONI, Rossiani, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, 1: Dipartimento Manoscritti, Città del Vaticano 2011 (Studi e Testi, 466), pp. 515-520. Si veda, da ultimo, anche La Biblioteca Vaticana luogo di ricerca al servizio degli studi. Atti del Convegno, Roma, 11-13 novembre 2010, a cura di M. BUONOCORE, A. PIAZZONI, Città del Vaticano 2011 (Studi e Testi, 468), e in particolare gli interventi di P. VIAN, Il Dipartimento dei manoscritti, pp. 351-394; di M. BUONOCORE, Editoria, pp. 541-568.

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XII

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

prattutto di recente di una notevole fortuna bibliografica, di cui si dà conto in nota, perlomeno per le voci più importanti3.

3 A partire dalla monografia di Hans Tietze – H. TIETZE, Die illuminierten Handschriften der Rossiana in Wien-Lainz, Leipzig 1911 (Beschreibendes Verzeichnis der illuminierten Handschriften in Österreich, 5) – che rappresenta un punto fermo, ancor oggi, per chi si voglia accostare al prezioso corredo figurativo che qualifica in maniera assolutamente peculiare una parte dei codici che il collezionista romano aveva scelto, talora cercato sul mercato librario italiano ed europeo (certo attraverso intermediari abili e ben introdotti), quindi acquistato, forse in alcuni casi ricevuto in eredità dal padre Giovanni Gherardo. Il significato del catalogo del Tietze, e implicitamente del materiale che egli pubblicava, era evidente e il suo lavoro fu infatti ospitato in una prestigiosa collana – Beschreibendes Verzeichnis der illuminierten Handschriften in Österreich, a cura di F. WICKHOFF, 7 voll., Leipzig 1905-1917 – a inaugurare un interesse nuovo per i codici miniati. Il lavoro dello studioso austriaco – che aveva analizzato i manoscritti ancora nella residenza della Compagnia del Gesù a Lainz –, tuttavia, non ebbe una eco immediata e soprattutto non dovette suscitare l’interesse dei ricercatori, se per numerosi decenni pochi manoscritti rossiani furono oggetto di studi monografici o vennero inseriti in ricerche a carattere più ampio. Eppure datato come era al primo decennio del Novecento e quindi privo talvolta di una bibliografia di riferimento e di materiale figurativo di confronto, dovette apparire evidente già all’indomani della sua pubblicazione che aveva bisogno di un ‘supplemento’ di ricerca. Solo più tardi, molti anni dopo il trasferimento della Biblioteca Rossiana in Vaticano (di cui si parlerà più avanti), alcuni degli esemplari miniati di quello che era divenuto il fondo Rossiano divenivano oggetto di studi mirati e, soprattutto a partire dagli anni novanta del secolo scorso e dalla grande esposizione tedesca del 1992-1993 – Liturgie und Andacht im Mittelalter. Catalogo della mostra, Köln, Erzbischöfliches Diözesanmuseum, 9 ottobre 1992 – 10 gennaio 1993, Stuttgart 1992 –, trovavano accoglienza all’interno del dibattito storico artistico internazionale. Alcuni manoscritti liturgici furono presentati nella mostra Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana. Catalogo della mostra, Biblioteca Apostolica Vaticana – Salone Sistino, 29 marzo – 10 novembre 1995, a cura di G. MORELLO, S. MADDALO, Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma 1995; altri avevano trovato posto nell’esposizione sui libri d’ore vaticani – Libri d’Ore della Biblioteca Apostolica Vaticana. Catalogo della mostra, Biblioteca Apostolica Vaticana – Salone Sistino, 1988, a cura di G. MORELLO, Stuttgart 1988 –; altri ancora furono pubblicati nei cataloghi delle numerose mostre vaticane dedicate al bimillenario di Cristo. Alcuni, infine, ma si tratta di un numero limitato, furono inseriti in ricerche monografiche e tematiche. Per un quadro bibliografico più ampio si confronti PIAZZONI, Rossiani, pp. 518-520. Qui voglio solo richiamare alcune delle tappe più significative di questo percorso critico. Prendo quindi le mosse da J. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits, avec la collaboration de J. RUYSSCHAERT, Città del Vaticano 1973 (Studi e Testi, 272), pp. 134, 262, 266; e ancora da J. FOHLEN, Fonds Rossi, in Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, a cura di É. PELLEGRIN, J. FOHLEN, C. JEUDY, Y.-F. RIOU, II/2. Fonds Palatin, Rossi, Ste-Marie Majeure et Urbinate, a cura di J. FOHLEN, C. JEUDI, Y.-F. RIOU, Paris 1982 (Documents, études et répertoires publiés par l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes), pp. 417-419, per giungere infine ai fondamentali interventi di Christine Grafinger: CH.M. GRAFINGER, Eine Bibliothek auf der Reise zwischen Rom und Wien; eine Darstellung der Geschichte der Bibliotheca Rossiana, in EAD., Beiträge zur Geschichte der Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano 1997 (Studi e documenti sulla formazione della Biblioteca Apostolica Vaticana, 3; Studi e Testi, 373), pp. 95-185; GRAFINGER, Eine Bibliothek kehrt an ihren Entstehungsort zurück. Der Rücktransport der Rossiana nach Rom, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 14 (2007) (Studi e Testi, 443), pp. 273-289; da ultimo si cfr. A.M. PIAZZONI, Un collezionista e i suoi libri. Il fondo Rossiano della Biblioteca Apostolica Vaticana, in L’Istituto storico italiano e la catalogazione dei manoscritti miniati della Biblioteca Vaticana. Il fondo Rossiano, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medio evo

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INTRODUZIONE

XIII

Conviene, tuttavia, anche al fine di agevolare la consultazione del catalogo, ripercorrerne in estrema sintesi alcuni dei momenti più salienti. Prendo le mosse non dal matrimonio, nel 1838, di Giovanni Francesco con la principessa Luisa Carlotta, figlia di Ludovico di Borbone-Parma, ma dal suo “alunnato” presso il padre Giovanni Gherardo4, che, letterato erudito, poeta e antiquario, profondo conoscitore dei fenomeni artistici del suo tempo, godette di un certo prestigio nella Roma al valico tra secolo XVIII e secolo XIX ed ebbe for110 (2008), 2, pp. 157-166; S. MADDALO, Ragioni di un progetto, ibid., pp. 149-156. Ma si vedano anche, in quanto parte integrante della giornata di studio dedicata alla catalogazione del fondo Rossiano: M. BUONOCORE, Tra i codici miniati del Collegio Capranica, ibid., pp. 167-188; E. CONDELLO, Per una indagine sui secoli XI e XII: considerazioni sulla Bibbia atlantica Ross. 617, ibid., pp. 189-204; G. CORSO, Corali miniati nel Fondo Rossi: le ragioni di una scelta, ibid., pp. 205-220; E. PONZI, Appunti e spunti sul manoscritto Ross. 550 della Biblioteca Apostolica Vaticana, ibid., pp. 221-226; S. SANSONE, Il Prisciano di Bracciolini nella collezione de Rossi. Qualche nota a margine, ibid., pp. 227-232; G. Z. ZANICHELLI, Manoscritti ebraici: committenti e centri di produzione, ibid., pp. 233-240; F. D’AIUTO, Per lo studio dei manoscritti greci miniati del fondo Rossiano della Biblioteca Vaticana, ibid., pp. 241-263; M.R. MENNA, Il Rossiano 251: una particolare illustrazione della Scala Paradisi di Giovanni Climaco, ibid., pp. 263-274; A.M. PIEMONTESE, I codici arabi, persiani e turchi nel fondo Rossiano e don Leopoldo Sebastiani, ibid. (che è il primo a interessarsi ai mss. arabi miniati del fondo Rossi per gli esemplari miniati), pp. 275-300. Un ultimo lavoro da segnalare in relazione al fondo Rossiano sono gli atti di un convegno viterbese dedicato alla catalogazione: La catalogazione dei manoscritti miniati come strumento di conoscenza. Esperienze, metodologia, prospettive. Atti del Convegno internazionale di studi. Viterbo 4-5 marzo 2009, a cura di S. MADDALO, M. TORQUATI, Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, 2010 (Nuovi studi storici, 87); oltre agli interventi nel loro complesso, si cfr. in part. S. MADDALO, Introduzione, pp. 5-10; P. STIRNEMANN, The Catalogue of Illuminated Manuscripts as an Intellectual Tool, pp. 47-54; S. MADDALO, Dalla biblioteca del principe alla biblioteca di un collezionista, pp. 103-114. 4 Per Giovanni Gherardo si cfr. A. RITA, s.v. Giovanni Gherardo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 39, Roma, 1991, pp. 214-218, dove la bibliografia riportata inerisce quasi esclusivamente le sue doti di poeta e letterato e i suoi interventi in qualità di ‘critico d’arte’ (occorre ricordare gli scritti su Angelica Kauffmann, Antonio Canova, Vincenzo Camuccini, etc.), mentre vengono quasi del tutto taciuti gli interessi di collezionista antiquario e soprattutto quel «[…] rapporto tra arti figurative, poesia e filosofia [che] costituisce il nucleo centrale della sua militante critica d’arte». Ma si veda soprattutto L. BARROERO, Giovanni Gherardo biografo. Un esempio: la “vita” di Gaetano Lapis, in Roma moderna e contemporanea 4 (1996), 3, pp. 677-690; EAD., Le publicazioni periodiche a Roma nel Settecento: le Memorie per le Belle Arti e il Giornale delle Belle Arti, in Roma “Il Tempio del vero gusto”. La pittura del Settecento romano e la sua diffusione a Venezia e a Napoli. Atti del convegno internazionale di studi, Ravello – Salerno, 1997, Firenze 2001, pp. 91-99. Di recente la figura di Giovanni Gherardo è stata coinvolta in un rinnovato interesse critico per il collezionismo tardo settecentesco e ottocentesco. Segnalo solo qualche titolo: L. BARROERO, Aspetti, tipologie, dinamiche del collezionismo a Roma nel Settecento: alcune proposte di lavoro, in Geografia del collezionismo: Italia e Francia tra il XVI e il XVIII secolo. Atti del convegno, Roma, 19-21 settembre 1996, Roma 2001, pp. 25-39; F. CONTI, La figura dell’intellettuale nella Roma a cavallo tra Sette e Ottocento: alcune note su Giovanni Gherardo, in Ricerche di storia dell’arte 84 (2004), pp. 35-40; e ancora BARROERO, L’occhio critico di Giovanni Gherardo cit. Per i rapporti tra collezionismo e libro miniato, si cfr., infine, C. DE HAMEL, Les Rothschild collectionneurs de manuscrits, Paris 2004; F. MANZARI, Codici miniati nella Biblioteca Corsini: erudizione e bibliofilia agli albori del collezionismo della miniatura, in I Corsini tra Firenze e Roma. Aspetti della politica culturale di una famiglia papale tra Sei e Settecento. Atti del convegno, Roma, Palazzo Fontana di Trevi, 27-28 gennaio 2005, a cura di E. KIEVEN, in corso di stampa.

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XIV

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

se un ruolo non secondario nella formazione della collezione libraria di Giovanni Francesco; questi, mandato dal padre a scuola dal Camuccini negli anni della prima giovinezza, fu al contrario figura di secondo piano nella Roma della prima metà dell’Ottocento, se pure il matrimonio prestigioso con Luisa Carlotta, avvenuto nel 1838, lo riscattò dalla modesta carica di maggiordomo e ciambellano dei Borbone di Parma. Ricercatore attento di libri antichi e di pregio (dei quali il valore e la rarità dal punto di vista estetico non prescinde dalla qualità dei contenuti) – manoscritti, fogli miniati, frammenti, da un lato, incunaboli, cinquecentine, libri a stampa, dall’altro – e collezionista avvertito e sensibile, fu capace di arricchire in maniera significativa e con una attivissima politica di acquisti5 un primitivo nucleo, che egli, a mio avviso, doveva avere ereditato dal padre. Per questo Giovanni Francesco esercitò probabilmente anche un qualche tipo di influenza culturale, in particolare sull’orientamento assunto dal collezionismo librario in quella prima metà dell’Ottocento. Manca, tuttavia, una sua biografia intellettuale e sembra che di lui non resti traccia nella memoria dei contemporanei. Rimane, a contrastare l’oblio, l’epitafio funebre nella chiesa romana di San Carlo ai Catinari. Ma l’epigrafe, scolpita sul cenotafio marmoreo a parete di raffinato gusto neoclassico, che ricorda i genitori, il padre Giovanni Gherardo e la madre Clementina Ingami, e la moglie, Luisa Carlotta di Borbone, infanta di Spagna e duchessa di Sassonia, ne registra solo il matrimonio illustre e il lodevole impegno nelle lettere: multarum litterarum laude florens. Gli anni successivi alla morte di de Rossi, nel 1854, videro il passaggio quasi immediato del suo patrimonio librario dalla proprietà di Luisa Carlotta alla Compagnia del Gesù, che, oltre a trasferirla presso la Biblioteca al Gesù di Roma, si impegnava a garantirne unità ed integrità, ed erano queste condizioni espresse esplicitamente, nel rispetto di volontà dettate probabilmente dallo stesso Giovanni Francesco, nell’atto di donazione firmato dalla principessa6. A questo primo trasferimento ne seguirono altri: nel 1873, in seguito alla promulgazione delle leggi sulla soppressione degli enti ecclesiastici, la Biblioteca Rossiana venne acquisita dall’Impero austriaco (in ottemperanza all’articolo 5 dell’atto di donazione) e trasportata presso Palazzo Venezia, sede dell’ambasciata austro-ungarica; nel 1877 fu trasferita nella Casa gesuita di Vienna, poi, nel 1895, a Lainz, in un’altra residenza dei Gesuiti, dove rimase fino al dicembre del 1921, quando l’intera collezione dopo infinite trattative, e grazie alla lungimiranza del Generale della Compagnia di Gesù, padre Wlodimir Ledochowski7, ritornò a Ro5 Poiché «Facendo qualche conto, si scopre che Giovanni Francesco raccolse mediamente oltre 600 volumi ogni anno, una dozzina ogni settimana (all’incirca) due al giorno» (PIAZZONI, Un collezionista e i suoi libri cit., p. 158), per un totale di 5600 libri a stampa (tra i quali numerose cinquecentine), di oltre 2500 incunaboli, taluni di notevole pregio. Mentre 1218 sono i manoscritti (una ventina dei quali, dal numero 1196 al 1216, contenenti indici, inventari, frammenti, in una parola documentazione relativa al fondo, si aggiunsero più tardi); 453 sono quelli presi in esame in questo catalogo perché arricchiti da un intervento decorativo. 6 GRAFINGER, Eine Bibliothek kehrt cit., p. 141; PIAZZONI, Un collezionista e i suoi libri cit., p. 160. 7 Ambrogio M. Piazzoni (PIAZZONI, Un collezionista e i suoi libri cit., p. 164) riporta un brano significativo della lettera che il Ledochowski inviò al responsabile della Casa di Lainz per comunicargli l’intenzione di trasferire in Vaticano, nella Biblioteca del pontefice « [...] i

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INTRODUZIONE

XV

ma, per essere depositata in Vaticano a costituire uno dei fondi della Biblioteca Apostolica8. Di queste peregrinazioni rimane testimonianza, oltre che nella documentazione d’archivio (quella conservata presso l’Archivio della Prefettura della Biblioteca Vaticana, ma non solo), nelle riflessioni di storici, bibliotecari, bibliofili, di studiosi che a vario titolo e con esiti diversi si interessarono in quegli anni alla Biblioteca Rossiana; un mosaico di interessi assolutamente diversificati, in particolare per ciò che concerne i manoscritti, dei quali si vogliono segnalare qui solo alcune tappe, precedenti l’acquisizione da parte del Vaticano. Significativo, se pure sono risultate « […] inaffidabili le notizie» in esso riportate, il primo intervento a stampa in un articolo del 1872 dello studioso tedesco Ludwig Konrad Bethmann, impegnato nella ricerca di fonti per la storia tedesca da pubblicare nei Monumenta Germaniae historica9, significativo perché rivela comunque un implicito riconoscimento dei manoscritti come fonte storica. Di indiscutibile utilità l’Inventario manoscritto in dieci volumi compilato, tra il 1895 e il 1906, dal bibliotecario di Lainz Karl Anschütz e dal suo successore Josef Oberhammer e completato con una tavola alfabetica da Alois Dichtl, anch’egli bibliotecario della Casa dei Gesuiti della città austriaca, intorno alla metà degli anni ’20 del Novecento10. Conseguenti, forse, di certo successivi all’opera di inventariazione alcuni cataloghi “speciali”, quali quelli dei manoscritti greci pubblicati tra il 1906 e il 1910 a opera di Charles van de Vorst e di Eduard Gollob11; mentre ai codici miniati veniva dedicato nel 1911 il poderoso lavoro di Hans Tietze12, da cui ha preso le mosse il catalogo che oggi si pubblica. Ed è forse opportuno rimarcare che il lavoro di Tietze rappresenta uno dei primi numeri della prestigiosa Beschreibendes Verzeichnis der Illuminierten Handschriften in Österreich, iniziata nel 1905 per volontà di Franz Wickhoff, con l’intento di raccogliere i risultati della catalogazione dei manocimeli letterari (della collezione rossiana) che potranno essere usati dagli studiosi di ogni nazione». La minuta di questa lettera è conservata in Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 192B, s.f. 18 Per un’analisi più dettagliata delle complesse vicende che dalla Casa professa dei Gesuiti a Roma, portarono la biblioteca del de Rossi a Vienna e poi nel sobborgo viennese di Lainz e delle trattative intercorse tra i Gesuiti, il governo austriaco e la Biblioteca Vaticana, trattative che videro infine il trasferimento e il ‘deposito’ dell’intera collezione in Vaticano, si veda in part. GRAFINGER, Eine Bibliothek kehrt cit., passim, ricco di documentazione d’archivio, distribuita tra l’Archivio Segreto Vaticano e l’Archivio della Biblioteca Vaticana; e ancora PIAZZONI, Un collezionista e i suoi libri cit., pp. 160-165. 19 L. BETHMANN, Dr. Ludwig Bethmann’s Nachrichten über die von ihm für die Monumenta Germaniae historica benutzen Sammlungen von Handschriften und Urkunden Italiens aus dem Jahre 1854, in Archiv des Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde 12 (1872), pp. 201-426: in part. 409-417, cit. in PIAZZONI, Un collezionista e i suoi libri cit., p. 163. 10 L’inventario, a disposizione degli studiosi fino a pochi anni orsono nella sala antistante la Sala manoscritti della Biblioteca Vaticana, è oggi consultabile in formato digitale. I volumi dell’inventario hanno guidato, nella fase iniziale di questa ricerca, lo spoglio dell’intero fondo al fine di individuare i manoscritti da catalogare. 11 C. VAN DE VORST, Verzeichnis der greichischen Handschriften der Bibliotheca Rossiana, in Zentralblatt für Bibliothekwesen 23 (1906), pp. 492-508, 537-550. 12 TIETZE, Die illuminierten cit.

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XVI

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

scritti miniati conservati nelle biblioteche delle diverse regioni dell’Impero austriaco13. A dispetto dell’attenzione nei confronti della sua biblioteca, è scarsa, come si è detto, la documentazione sulla vicenda umana e sulla passione di bibliofilo di de Rossi. Non sappiamo quando egli abbia iniziato la sua attività di collezionista né quali furono i suoi interlocutori tra i membri di quella colta élite europea che già dalla fine del Settecento andava appassionandosi al collezionismo librario. Né abbiamo notizie riguardo a corrispondenti, intermediari, librai, bibliofili, uomini di lettere, forse anche mercanti d’arte con i quali egli dovette avere di necessità rapporti non casuali, sia diretti che mediati. Ma de Rossi era uomo del suo tempo e la sua collezione, tanto diversificata, come si vedrà più avanti, nella provenienza, nella cronologia, nelle tipologie testuali e connotata dai caratteri dell’internazionalità e dell’enciclopedismo (una biblioteca dunque «[…] tendenzialmente universale e diacronica» per richiamare una felice definizione di Armando Petrucci)14, e tanto ricca da potersi considerare una delle maggiori biblioteche private dell’Italia ottocentesca, si fa comunque specchio di quella diffusione delle idee e dei saperi che l’apertura culturale dell’illuminismo aveva favorito insieme alla libera circolazione di opere artistiche e letterarie15. Lo stesso processo di formazione della biblioteca, dunque (nel quale, come si è detto, dovette avere molto probabilmente un ruolo non secondario il padre Giovanni Gherardo, quanto meno nella formazione di un primo nucleo) si comprende meglio alla luce di problematiche macrostoriche, quali la nascita della cultura di matrice liberista e la crisi economica di fine Settecento che, coinvolgendo le grandi famiglie aristocratiche, aveva portato all’immissione sul mercato europeo di un numero eccezionale di opere d’arte, accostando al mercato ceti e gruppi sociali che sino ad allora ne erano esclusi. Egli, a mio avviso, dovette essere al corrente, direttamente o indirettamente, di quanto avveniva in Europa sul mercato artistico, in seguito allo smembramento di collezioni e biblioteche pubbliche e private. Di peculiare interesse appaiono infatti alcuni gruppi di codici dei quali dati interni rivelano la provenienza, consentendo la tracciabilità, almeno in parte, delle vicende che ne causarono la dispersione. Penso al piccolo nucleo di manoscritti (almeno tredici)16 che avevano fatto parte della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, erano poi passati, almeno in parte (probabilmente nove), alla biblioteca di Fabrizio Orsini de’ Rilli e, alla morte di questi, nel 1826, erano stati acquistati da de Rossi; penso ai codici, una decina, che erano appartenuti a san Giacomo della Marca e passati poi al convento franceBeschreibendes Verzeichnis cit.. A. PETRUCCI, Le biblioteche antiche, in Letteratura italiana, 2: Produzione e consumo, Torino 1983 (Letteratura italiana, 2), pp. 499-526. 15 Per queste problematiche si cfr. supra, p. XIII e n. 4. 16 G. MERCATI, Codici del Convento di S. Francesco in Assisi nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Francesco Ehrle. Scritti di storia e paleografia pubblicati sotto gli auspici di S.S. Pio XI in occasione dell’ottantesimo natalizio, 5. Biblioteca ed Archivio Vaticano biblioteche diverse, Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1924 (Studi e Testi, 41), pp. 83-127: 97-107 (la citazione a p. 98). 13 14

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INTRODUZIONE

XVII

scano di Monteprandone17; al gruppo (comprendente per esempio i Ross. 169, 412, 601, 980, 986) che forse provenivano dal fondo antico della Biblioteca Angelica; e ancora a quelli di Vallombrosa e della Certosa di Lucca; penso infine in particolare ai circa 200 esemplari provenienti dal Collegio Capranica, una vera e propria biblioteca nella biblioteca, acquistati nel 184218. Carattere di eccezionalità rivestono anche le varietà linguistiche ospitate nella collezione, con la presenza di manoscritti in lingua greca, araba ed ebraica e di un certo numero di esemplari (circa 300) nei diversi volgari nazionali. Su quello straordinario collettore di libri, manoscritti, incunaboli, edizioni a stampa che fu de Rossi19 e sulle modalità di acquisizione del materiale librario manca, lo ribadisco (o non è stata ancora ritrovata), documentazione d’archivio. Né, al contrario che per altri collezionisti contemporanei20, possiamo avvalerci di un epistolario, che rappresenterebbe certo una fonte di informazioni preziose per delineare il suo profilo intellettuale e per capire il valore, simbolico ed esi17 I libri di san Giacomo della Marca sono oggetto di un’ampia bibliografia (per la quale si fa riferimento a PIAZZONI, Rossiani cit., p. 517), della quale scelgo di citare solo alcuni titoli: P. VIAN, Nuovi documenti sull’asportazione e sulla restituzione dei codici di san Giacomo della Marca tra il 1841 e il 1844, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 2 (1988) (Studi e Testi, 331), pp. 313-323; C. SANSOLINI, S. Giacomo raccoglitore di codici e le vicende della sua libreria. Atti del 3° Convegno di studi in onore di s. Giacomo della Marca, Monteprandone, 13 novembre 1993, Monteprandone 1993, pp. 25-61. Da ultimo A. MANFREDI, Codici di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone ora in Vaticana. Aggiunte ed esclusioni, in Picenum Seraphicum 21 (2002), pp. 103-125. 18 Su questi codici cfr. M. MORPURGO-CASTELNUOVO, Il cardinale Domenico Capranica, in Archivio della R. Società Romana di Storia Patria 52 (1929), pp. 1-146: 117-127; A.V. ANTONOVICS, The Library of the Cardinal Domenico Capranica, in Cultural Aspects of the Italian Renaissance. Essays in Honour of Paul Oskar Kristeller, a cura di C.H. CLOUGH, Manchester – New York 1976, pp. 141-159; A.G. LUCIANI, Minoranze significative nella biblioteca del cardinale Domenico Capranica, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi. Atti del Seminario, Città del Vaticano, 1-2 giugno 1979, a cura di C. BIANCA, P. FARENGA, G. LOMBARDI, A.G. LUCIANI, Città del Vaticano 1980 (Littera antiqua, I,1), pp. 169-182. Da ultimo BUONOCORE, Tra i codici miniati cit. (da cfr. anche per la bibliografia). Sulla personalità del Capranica si cfr. in particolare A.A. STRNAD, Capranica Domenico, in Dizionario Biografico degli Italiani, 19, Roma 1976, pp. 147-153. 19 In tal senso suona significativa la nota scritta il 30 maggio 1920 nel quadro delle trattative per il ritorno della Rossiana a Roma. Il documento (Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 192, B 1), che contiene gli Appunti per una proposta di compera della Biblioteca Rossiana, enfatizza la rilevanza di «[…] una raccolta insigne come poche fra le private, e che interessa specialmente l’Italia, e soprattutto Roma e la Chiesa». E continua più avanti: «Così stando le cose, la biblioteca Rossiana può stimarsi di gran pregio in se stessa, sotto l’aspetto scientifico, letterario, artistico, bibliografico e commerciale… », ibid. 20 Penso, a tal riguardo, al fitto carteggio tenuto con corrispondenti italiani e stranieri (mercanti, bibliotecari, collezionisti) da Angelo Maria d’Elci, che fu collezionista di incunaboli ed edizioni a stampa di eccezionale rarità. In proposito si legga La collezione di Angelo Maria D’Elci. Incunaboli ed edizioni rare. Catalogo della mostra, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, settembre – ottobre 1989, a cura di A. DILLON BUSSI, A.M. FIGLIOLIA MANZINI, M. DIANELLA MELANI, I.G. RAO, L. BIGLIAZZI, A.R. FANTONI, Firenze 1989, dove, alle pp. 20-40 sono repertoriati i carteggi delciani. Nel catalogo si cfr. in part. i saggi di I.G. RAO, Cenni biografici su Angelo Maria D’Elci, pp. 13-19; A.M. FIGLIOLIA MANZINI, Biblioteche e libri per studio e per diletto, pp. 53-93.

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XVIII

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

stenziale oltre che culturale ed economico, che doveva avere per lui il possesso dei libri. La carenza di testimonianze e di dati d’archivio rende inoltre difficile cogliere con una qualche precisione i lineamenti originari della collezione. Non è dato infatti sapere se l’attuale assetto dei codici all’interno della Rossiana, organizzati prevalentemente per tipologie testuali, segua, quanto meno nelle linee generali, la configurazione originaria della biblioteca voluta dal suo fondatore o se, al contrario, sia stato loro assegnato quando, tra il 1895 e il 1906, furono inventariati a Lainz. Inventariazione cui si deve peraltro la segnatura alfanumerica sopravvissuta sino all’ingresso in Biblioteca Vaticana e che ancora oggi è riportata sulla controguardia o sulla guardia di numerosi esemplari; mentre è successiva all’ingresso in Vaticano l’attuale segnatura numerica21. Ed è forse utile ricordare che il rifacimento delle legature, cui de Rossi sottopose i manoscritti in maniera sistematica, ha del tutto obliterato, per la sostituzione dei fogli di guardia e la rifilatura dei margini che tale intervento prevedeva, informazioni che forse avrebbero contribuito anche a definire la posizione dei singoli esemplari all’interno della originaria sistemazione della raccolta. Resta comunque certo, a dispetto dell’indeterminatezza delle fonti, che dei manoscritti egli dovette essere profondo conoscitore poiché, seguendo come si è detto un canone per così dire illuminista, seppe raccogliere uno o più testimoni delle più varie tipologie testuali del libro medievale e umanistico (veramente rare le esclusioni). Quanto al repertorio, egemone appare la presenza di testi sacri: libri da coro, salteri e bibbie, sacramentari e messali, pontificali e cerimoniali, numerosissimi, come si dirà più avanti, i libri di devozione (breviari e libri d’ore), ma anche vite di santi e Padri della Chiesa orientale e occidentale, raccolte agiografiche, commentari sulle Sacre Scritture. Tra i codici di contenuto ‘laico’, per altri versi, si annoverano libri di scienza, di astronomia, di matematica e geometria, di geografia, di medicina (tra i quali un trattato di mascalcia), di filosofia e di etica, di logica e di grammatica, ‘dizionari’ ed epistolari, e poi resoconti di viaggio e atlanti nautici, statuti, libri di poesia; libri di storia e cronache; numerosi i testi classici latini (fatti oggetto questi di una particolare attenzione) e italiani e tanti i libri di diritto (decretali, constitutiones, decreta); esemplari in latino ma anche volgarizzamenti, libri in greco e in arabo (in lingua originale o nella traduzione latina), in ebraico. I codici che identificano le tipologie testuali dell’uno e dell’altro gruppo (opere religiose e laiche) sono testimoni, spesso di qua21 Di un qualche aiuto può essere, per la definizione della questione, la minuta di una lettera, in scrittura meccanica, scritta da Karlos Silva Tarouca l’8 novembre 1920 (in BAV, Arch. Bibl. 192, B 8) dove si legge che i libri della Rossiana, in procinto di essere inviati in Italia da Lainz, vengono collocati in casse seguendo «[…] i numeri correnti del catalogo, cominciando da VIIa 1. Codici di pergamena sono i nri. VIII e IX» e aggiunto a penna, a lato della colonna di scrittura, cioè nri. di scaffali, con riferimento quindi all’ordinamento che la biblioteca aveva a Lainz; e, a seguire «Credo (ancora Tarouca) che al più dieci casse basteranno per i codici di pergamena, e dieci per i cartacii (sic) X, XI; in queste casse dovranno intrare anche le cose contenute sotto le lettere D, X, ec.,/ 15 casse conto pei inconabuli, I-VII / I nri XII-XXV contenenti i libri stampati dopo il 1500 occuperanno ben 20 casse e anche più …». Di K. SILVA TAROUCA si cfr. La Biblioteca Rossiana, in La civiltà cattolica 73 (1922), pp. 320-335.

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INTRODUZIONE

XIX

lità notevole, di tendenze artistiche e di scuole diverse, sono diversi per ambiti di produzione e cronologia, talora sono opera di artisti di livello incomparabile (ed è il caso del Ross. 588, che, in calce alla illustrazione incipitaria, porta la firma di Niccolò di Giacomo: NICHOLAUS FECIT)22. La rilevanza della collezione manoscritta di de Rossi, in particolare per ciò che concerne il peculiare segmento costituito dai codici miniati (453, come si è detto, sono quelli presi in esame in questo catalogo perché arricchiti da un intervento decorativo)23, si rispecchia in un numero altissimo di esemplari di gran pregio (e non solo per l’apparato figurativo), ma è testimoniata anche da nuclei omogenei di manoscritti. Tra le tipologie più rappresentate si segnala la ricca collezione di libri d’ore, che accoglie più di 80 codici, molti dei quali di area fiamminga, provenienza che si fa specchio, oltre che della passione del collezionista, delle proposte del mercato librario europeo di quegli anni. Tra i libri di devozione raccolti da de Rossi, si segnala la presenza di manoscritti di qualità straordinaria per la preziosità dei materiali e per la raffinatezza della proposta figurativa e che, in qualche caso, risalgono a committenze di prestigio; si tratta di esemplari che si distribuiscono su un arco cronologico ampio (il più antico del genere, all’interno della collezione, il Ross. 89, si data tra lo scadere del XIII secolo e gli inizi del XIV)24 e che sono rappresentativi di alcune delle più insigni tra le scuole pittoriche regionali: peculiare, ad esempio, la presenza di libri di devozione in lingua tedesca, tra i quali voglio ricordare il Ross. 102, frutto della collaborazione di due artefici d’eccezione, il copista Erasm Stratter e il miniatore Ulrich Schreier, ai quali viene assegnato. Un altro nucleo significativo, se pure meno ampio numericamente, è rappresentato dalle bibbie duecentesche, molte delle quali sono da ascrivere alla cultura grafica e figurativa d’Oltralpe (i Ross. 127, 130, 317, 342, 613, 616, per ricordare solo alcuni esempi), in particolare alla vasta attività degli ateliers parigini (un vero e proprio caso editoriale di cui la Rossiana si fa testimone), attivi a cavallo tra la prima e la seconda metà del secolo XIII durante il lungo regno di Luigi IX, grande protettore delle arti e alleato fedele della Chiesa di Roma, o forse anche da collegare a quell’area di confine tra Francia settentrionale e Anglia sud-orientale su cui si vanno appuntando ricerche recenti25; e ancora dalla pregevole serie di bibbie bolognesi che si connettono alla produzione degli studia universitari (Bologna in primis) o all’attività dei Si cfr. la scheda Ross. 588 in questo catalogo. Il criterio che ha guidato la scelta nel corso del lavoro di spoglio dell’intero fondo, che è stato condotto con l’ausilio dell’Inventario manoscritto compilato a Lainz, individuava la soglia minima di intervento decorativo nelle iniziali decorate; solo in casi eccezionali (come ad esempio per il Ross. 259) si sono presi in esame manoscritti qualificati da una decorazione filigranata. Ed è interessante che nella nota del 30 maggio 1920 sopra segnalata (cfr. n. 20) si sottolinei che sono 381 i codici «[…] con miniature, prevalentemente (in 338 codici) di arte italiana, che vi è rappresentata per tutte le scuole e per quasi tutti i gradi dello sviluppo di essa». 24 Per tutti gli esemplari che si citeranno di seguito, a titolo esemplificativo, si cfr. la scheda corrispondente all’interno del catalogo. 25 Occorre sottolineare che le strette interrelazioni, di stile grafico e figurativo, tra i due ambiti di produzione, nei riguardi delle quali solo di recente si vanno affinando gli strumenti di ricerca, potrebbero condurre a dover rivedere in un futuro prossimo le attribuzioni di alcuni dei codici rossiani. 22 23

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

nuovi Ordini: di formato tascabile come il Ross. 154, di non comune complessità come il Ross. 255 che si distingue, oltre che per il richiamo diretto a modelli francesi (mediati forse dalla cultura figurativa bolognese), per la presenza di vere e proprie citazioni dalla miniatura manfrediana, questi esemplari appartengono alla tipologia delle bibbie da studio e da predicazione che rappresenta uno dei tratti distintivi, nel Duecento, dell’orizzonte librario europeo. L’impalcatura della collezione rossiana si sostanzia dunque della presenza al suo interno di serie omogenee, che ben rappresentano la gran parte dei generi del libro medievale e di quello umanistico, ma anche di numerosi manoscritti ai quali l’eccellenza qualitativa assegna un carattere di unicità: alcuni già noti alla storiografia artistica, altri in pratica inediti. Alludo, tra i molti casi che si potrebbero richiamare (e la selezione segue criteri assolutamente personali) allo splendido messale di Erfurt, Ross. 181, che si data al passaggio dal secolo XII al XIII e di cui vengono qui riproposte e discusse le complesse problematiche iconografiche. Penso anche alla ben nota e molto indagata bibbia Ross. 183, la cui provenienza viene messa oggi in discussione; e ancora al messale, Ross. 276 che, arricchito da uno straordinario corredo figurativo, sembra potersi assegnare secondo la proposta dell’estensore della scheda a una bottega attiva tra Napoli e l’Abruzzo negli ultimi anni del Trecento; all’Agostino, Ross. 259, firmato e datato dal calligrafo Jaquet Maci, che ne realizzò la straordinaria decorazione filigranata; o allo straordinario codice contenente la Scala Paradisi di Giovanni Climaco, Ross. 251, uno degli esemplari più significativi della tradizione manoscritta di area greco-bizantina così bene rappresentata nella Rossiana. Penso infine al Ross. 613, sopra richiamato, che fa parte della serie dei 17 volumi che componevano la Bibbia glossata di Assisi e che in antico formava un volume unico con altri tre manoscritti ancora conservati presso la Biblioteca del Sacro Convento. Un capitolo a sé, degno di una speciale menzione è rappresentato dall’antifonario francescano, raccolta di fogli provenienti da codici smembrati e riassemblati in maniera casuale di cui già Lilian Armstrong «[…] aveva ricostruito con acribia la complessa vicenda»26; e degne di nota sono le preziose raccolte di cuttings (i Ross. 1167 e 1192). Da prendere in considerazione, le due collezioni ma anche l’antifonario, quali frutto e cartina al tornasole del gusto personale di de Rossi. Assolutamente peculiare, infine, il caso del Polibio, Ross. 550, esemplato sulla copia realizzata a stampa dai prototipografi tedeschi Conradus Sweynheym e Arnold Pannartz, della quale il manoscritto riporta anche la sottoscrizione in esametri27. Inedito il Polibio28; privi di letteratura di riferimento altri esemplari pure La citazione è dalla relativa scheda di catalogo. Per una discussione sull’importanza di prestare maggiore considerazione agli esemplari a stampa (dai quali nel tardo Quattrocento furono tratte copie manoscritte) nello studio della trasmissione dei testi classici, si veda M.D. REEVE, Manuscripts and Methods. Essays on Editing and Trasmission, Roma, 20123, passim. 28 In realtà l’esemplare è stato studiato e pubblicato, mentre la realizzazione del Catalogo era in corso, da S. MADDALO, E. PONZI, Dalla stampa al manoscritto. Un caso inedito e qualche riflessione, in Scritture per Massimo Miglio, in RR. Roma nel Rinascimento. Bibliografia e note (2006), pp. 43-52. 26 27

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INTRODUZIONE

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estremamente significativi della Rossiana: il Ross. 421, ad esempio, che, con la datazione 1308, è testimone tardo della tradizione del Liber particularis, opera di Michele Scoto, filosofo astronomo e uomo di corte, membro illustre della Magna Curia di Federico II di Svevia, copia tarda ma di grande interesse per alcune peculiarità testuali e per il pregio dell’apparato figurativo; così il Commentarium in psalmos, Ross. 529, che suggestiona per i collegamenti con il c.d. Salterio di Isabella conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze e che, al pari di quello, appare emblematico delle relazioni per l’apparato grafico e per quello decorativo tra la produzione di San Giovanni d’Acri e gli scriptoria italomeridionali di età sveva; e ancora opere come il ‘lemmario’ di Alano da Lilla, Ross. 393, prezioso testimone dell’adesione a un linguaggio figurativo di ascendenza classica, passato attraverso il filtro di sorgente romanica della miniatura cistercense. Per chiudere questo breve elenco di ‘eccellenze’ vorrei richiamare qualche esempio del fondo Rossiano che intriga sotto aspetti diversi da quello figurativo e decorativo. Nell’evangelistario, Ross. 235, testimone splendido di quella stagione della editoria illustrata di area centroitaliana fiorita tra secolo XI e secolo XII (datazione che ne fa uno degli esemplari più risalenti della collezione rossiana), una breve scritta in volgare romanesco della fine del secolo XV collega a Roma la vicenda storica del codice; così come con Roma, nell’anno del Sacco, si può mettere in relazione la lunga nota vergata in chiusura del Petrarca, Ross. 494, in cui si narra di una città funestata dalle avverse condizioni metereologiche: «L’ano del 1527 comenza a die 2 de zenaro a piover… », e dalla piena del Tevere, ancor prima che dalla discesa dei Lanzi29; nell’Aristotele, Ross. 412, infine, che l’impresa araldica assegna se non proprio alla committenza certo alla proprietà di Niccolò Perotti, ancora una nota, vergata da un Egidius nel 1514, ricorda la donazione del codice da parte di Egidio da Viterbo alla biblioteca romana di Sant’Agostino. Sono pochi esempi, notazioni minime, tracce di un passato che si insinua nei fogli manoscritti contendendo il palcoscenico alla fascinazione dell’immagine. La vastità degli orizzonti cronologici e geografici degli esemplari conservati e la loro peculiare unicità; la presenza di gran parte delle tipologie testuali del libro medievale e di quello umanistico; il carattere per gran parte inedito della collezione, in particolare sotto l’aspetto figurativo e iconografico, sono dunque i tratti caratterizzanti del fondo Rossiano. Ed è proprio in ragione di tali caratteri, che, quando nel 2005, proposi all’allora Prefetto don Raffaele Farina e al Vice Prefetto Ambrogio M. Piazzoni la catalogazione di un fondo manoscritto e miniato della Biblioteca Vaticana, la loro scelta di fare partire l’esperienza da quel Fondo fu da me immediatamente condivisa. L’Istituto storico italiano per il medioevo, nella persona del presidente Massimo Miglio, accolse la ricerca nella sua programmazione, la Biblioteca Vaticana accettò di pubblicare il catalogo, tra i cataloghi dei suoi fondi manoscritti, nella collana Studi e Testi. Il Ministero per l’università e la ricerca scientifica, prima, e in un secondo momento la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo finanziarono il progetto. 29

Ross. 494, f. 181r.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Alla base del progetto vi era la consapevolezza, da parte di chi scrive e di coloro che quel progetto avevano appoggiato, del carattere ermeneutico della catalogazione e della sua importanza per la conoscenza e la conservazione dei manoscritti30 e, per quanto riguarda lo studio sistematico, se pure da una angolazione particolare, di intere collezioni (quella rossiana appunto e quella collegata a Federico da Montefeltro, cui è dedicato il prosieguo della ricerca), della possibilità di indagare attraverso le singole opere la storia del libro medievale e per altri versi di meglio comprendere vicende artistiche, realtà culturali, ideologie, storie personali del periodo o dei periodi presi in esame. A queste e ad altre problematiche è stato dedicato un convegno nel 2009, con l’intenzione di segnalare l’iniziativa (anche a un pubblico più vasto) e di provocare riflessioni e approfondimenti da parte degli addetti ai lavori. I risultati, pubblicati negli atti31, esentano, insieme ad altri contributi personali32, da un ulteriore approfondimento. Dopo quasi otto anni il catalogo dei miniati rossiani vede le stampe. E si pubblica in tempo relativamente breve tenuto conto della chiusura, per tre anni, della Biblioteca stessa, ma soprattutto delle difficoltà di un’indagine su materiale in gran parte inedito e della novità che il progetto rivestiva, perlomeno nel contesto vaticano. Proprio il contesto in cui il catalogo andava a inserirsi e dal quale prendeva le mosse imponeva alcune scelte preliminari. Prima di tutte la necessità di uniformarsi alle metodologie di catalogazione adottate dalla Biblioteca Vaticana. Il modello di scheda da seguire (che si pubblica in appendice a questa introduzione) era dunque quello adottato per la catalogazione dei datati, se pure adattato a un catalogo ‘speciale’, come quello relativo ai manoscritti miniati. Ai collaboratori è stato fornito questo modello e norme uniformi per la redazione della scheda. All’interno di questa trama, di necessità a maglie larghe, ogni autore ha proposto una propria interpretazione delle indicazioni offerte e ha interrogato il singolo manoscritto in maniera diversa arrivando a elaborare schede spesso non omogenee, se pure uniformi sotto l’aspetto metodologico. L’eterogeneità che identifica il fondo Rossiano (manoscritti diversi, come si è visto, per contenuti testuali, per committenza, per caratterizzazione codicologica, paleografica e decorativa, per provenienza, per dovizia e qualità del corredo figurativo, per complessità del programma iconografico), richiedeva peraltro un approccio duttile, capace di rispecchiare volta per volta le peculiarità dell’oggetto preso in esame e, nel contempo, di corrispondere all’esigenza di rilevare «[…] 30 A proposito della complessità intrinseca all’opera di catalogazione, ricordo gli atti di un convegno degli anni Novanta del secolo scorso: Metodologie informatiche per il censimento e la documentazione dei manoscritti. Atti dell’Incontro internazionale di Roma, 18-20 marzo 1991, a cura del Laboratorio per la documentazione e la catalogazione del manoscritto, Roma 1993. 31 La catalogazione dei manoscritti miniati come strumento di conoscenza cit.; e, all’interrno del volume, MADDALO, Introduzione cit. 32 Segnalo qui in particolare S. MADDALO, Libri miniati alla corte dei principi nei Fondi Rossiano e Urbinate della Biblioteca Apostolica Vaticana: proposte e riflessioni, in Manuscrits Illuminats. L’escenografia del poder durant els segles baixmedievals. Atti del I Cicle Internacional de conferències d’història de l’art, Lleida, 24-25 novembre 2008, a cura di J. PLANAS, Lleida 2010, pp. 115-135.

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INTRODUZIONE

XXIII

una serie di dati relativi agli elementi di natura fisica, testuale e storica di ciascun manoscritto ritenuti essenziali e capaci di permetterne l’esatta individuazione patrimoniale e scientifica»33 da parte di studiosi e ricercatori che ne avrebbero poi approfondito le diverse caratteristiche. Mentre l’assenza di letteratura critica per la maggior parte degli esemplari catalogati (aspetto questo che al curatore era apparso immediatamente tanto chiaro quanto problematico) aveva reso necessario in via preliminare lo spoglio di tutto il fondo (che ha comportato un impegno di oltre un anno), al fine di individuare gli esemplari caratterizzati da un intervento decorativo anche minimo e quindi da sottoporre all’indagine catalografica e conduceva poi (in particolare per quelli di maggior rilievo sotto l’aspetto storico-artistico) alla necessità di lunghe e complesse ricerche bibliografiche e indagini comparative. Le schede sono state affidate ad autori diversi (specialisti della materia, docenti, bibliotecari, giovani ricercatori) a comporre un variegato e articolato mosaico di competenze (dalla paleografia alla filologia, alla codicologia, alla storia del libro, alla storia dell’arte, alla storia della miniatura), di biografie scientifiche e professionali, di formazioni e preparazioni non omogenee. Questa complessa articolazione delle collaborazioni ha talora comportato problemi anche rilevanti (e il lettore più avvertito se ne renderà conto nella consultazione del catalogo), e non solo nell’uso di una terminologia non sempre omogenea, problemi che hanno contribuito a ritardare la pubblicazione; ma ha sempre rappresentato una sfida che il curatore e i suoi più stretti collaboratori, che si sono avvicendati negli anni (e anche questo è fisiologico in lavori di così ampia durata), hanno raccolto con entusiasmo. Per finire la riconoscenza per tutti coloro che in modi e in tempi diversi hanno reso possibile un’impresa che già in fase di avvio (e ancor più quando la Biblioteca chiudeva i battenti per un periodo certo non breve) appariva complessa. A Sua Eminenza Jorge Mejía (oggi Archivista e Bibliotecario emerito di S.R.C.), a Sua Eminenza Raffaele Farina (prima Prefetto, poi Archivista e Bibliotecario di S.R.C.), all’Archivista Bibliotecario di oggi, Sua Eccellenza Jean-Louis Bruguès, all’attuale Prefetto mons. Cesare Pasini e al Vice Prefetto, dott. Ambrogio M. Piazzoni, al Direttore della Sala manoscritti, dott. Paolo Vian, al Presidente dell’Istituto storico italiano per il medio evo, prof. Massimo Miglio, al Presidente della Fondazione CARIVIT, anzi ai Presidenti che si sono avvicendati negli anni, il dott. Aldo Perugi, il prof. Francesco M. Cordelli, il dott. Mario Brutti. Un ringraziamento a Francesco D’Aiuto e Angelo Michele Piemontese che al Catalogo hanno collaborato non soltanto in qualità di schedatori, ma che hanno offerto un aiuto prezioso nella selezione preliminare degli esemplari greci e arabi da catalogare e nella revisione degli elaborati proposti dai collaboratori; uno particolare a Christine Grafinger e ad Angela Nuñez Gaitan: entrambe sono state prodighe di consigli preziosissimi. Un grazie sincero anche al personale delle due istituzioni (la Biblioteca Apostolica Vaticana e l’Istituto storico italiano per il medio evo) che, in modi e tempi diversi ma sempre con preziosa e affettuosa disponibilità, ha contribuito alla riu33 A. PETRUCCI, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Roma 1992 (ed. or. Roma 1984) (Aggiornamenti, 45), p. 10.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

scita dell’opera, ad Antonio Schiavi, ad Andrea Zucchi, a Luciano Droghieri, a Elena Guerra, a Davide Borgonovo, e anche a Giuseppe Ciminello, Federica Orlando, Maria Teresa Dalla Torre, suor Jacinta Coscia, suor Gabriella Pettirossi, per la BAV; a Federica Colandrea, Patrizia Facchini, Abbondio Zuppante per l’ISIME. E grazie agli estensori delle schede (che non cito perché sono elencati nella seconda di copertina) e ai responsabili della cura redazionale; senza tutti loro, è ovvio, il catalogo non sarebbe stato possibile. Con il rammarico per le imperfezioni, le ingenuità, le carenze di questo lavoro, dedico il Catalogo ai miei tanti maestri, a quelli che non ci sono più (per i manoscritti restano indimenticabili gli insegnamenti di Augusto Campana), a quelli che hanno seguito negli anni e che ancora seguono le mie ricerche. A tutti loro un ringraziamento non rituale per l’imprescindibile sostegno.

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INTRODUZIONE

XXV

NOTE PRELIMINARI. In apertura di questo Catalogo, appare necessario segnalare alcuni criteri seguiti nella schedatura. – La scheda catalografica, il cui schema è allegato a questa introduzione, prende a modello quella dei manoscritti datati, con alcune significative varianti, quindi con una peculiare attenzione per l’apparato figurativo e decorativo. In particolare, nel catalogo dei Rossiani (per la catalogazione in atto del Fondo urbinate si sta procedendo in maniera diversa), si è deciso, d’accordo con il personale scientifico della sezione manoscritti, di non includere nella prima parte della scheda, quella codicologica, l’analisi della fascicolazione, che è stata indicata solo in casi eccezionali, quando era indispensabile alla comprensione della prassi esecutiva dell’apparato figurativo. Le schede analizzano in maniera esaustiva le componenti materiali dei manoscritti (la tipologia e la qualità del materiale esecutivo, la foliazione, la presenza di fori guida e la rigatura, la tipologia della scrittura), alle quali è dedicata la prima parte dello schema e, per quanto riguarda la legatura, la chiusura della seconda parte (quella prettamente descrittiva); nella parte finale viene approfondita la storia critica e sono discusse le caratteristiche (di stile, di tecnica e di iconografia) dell’apparato decorativo e illustrativo e così, ove possibile, le vicende che portarono i singoli esemplari a far parte della collezione Rossiana. Particolare attenzione è posta, nella parte centrale della scheda, all’analisi dell’apparato grafico e all’elencazione schematica degli elementi costitutivi l’apparato figurativo e poi a una loro descrizione, descrizione sempre attenta alle materie impiegate (inchiostri e colori), alle tecniche messe in uso, da un lato, dall’altro al rapporto stretto tra parola e immagine, quindi, nell’analisi delle iniziali istoriate e delle miniature tabellari, ma anche delle decorazioni marginali e delle drôleries, ai contenuti del testo di riferimento. Dell’indagine tecnico materica, infine, sono parte integrante le indicazioni sullo stato di conservazione. – Per i contenuti, ai quali è dedicata l’intestazione della scheda, si sono seguite le indicazioni dell’Inventario manoscritto conservato in Biblioteca34, verificandole attraverso l’analisi autoptica e con l’ausilio di repertori bibliografici e dandone conto nella descrizione dell’apparato decorativo. – Tra le principali norme redazionali adottate, si segnalano: nella citazione dei libri biblici, l’adozione di Bibliorum sacrorum iuxta vulgatam Clementinam, a cura di A. GRAMATICA, Milano 1922; per la corretta lezione dei nomi di autori medievali, il ricorso al Repertorium fontium medi aevii, per gli altri, classici e moderni, all’Enciclopedia Italiana dell’Istituto Treccani; nell’edizione dei colofoni il ricorso a BÉNÉDICTINS DU BOUVERET, Colophons de manuscrits occidentaux des origines au XVIe siècle, I-VI, Fribourg 19651982 (Spicilegii Friburgensis subsidia, 1-6); per i manoscritti cartacei il riferimento a C.-M. BRIQUET, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier des leur apparition vers 1282 jusqu’en 1600, Amsterdam 1968. 34

Cfr. supra, n. 11.

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XXVI

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

– Infine la legatura35. Questa voce della scheda ha richiesto una riflessione preliminare più attenta, nella consapevolezza della mancanza in Italia di una vera tradizione di ricerca sull’argomento e della necessità quindi di affrontare quest’aspetto della classificazione dei manoscritti con il supporto di competenze specifiche (in particolare per ciò che attiene i materiali, le tecniche di fabbricazione e la storia conservativa del manoscritto) e attraverso un’analisi autoptica che è possibile solo in fase di restauro. In ragione del fatto che de Rossi volle rendere uniforme la facies esterna della sua collezione libraria proprio attraverso la sostituzione delle legature originali con legature di una stessa tipologia (e con tutta probabilità di una stessa manifattura), che si differenziano solo per la dovizia di decorazione a secco e/o in oro, per la descrizione della legatura si è optato quindi, al fine anche di evitare inutili ripetizioni, per una descrizione sommaria, comprendendo sotto la dicitura Legatura di tipo A le legature che si devono a quell’intervento e trattando in maniera analitica solo i casi di particolare interesse; con la dicitura Legatura di tipo B si è inteso indicare invece una seconda classe di legature che pure si datano agli anni di de Rossi (o sono di qualche decennio anteriori) ma che si differenziano dal primo gruppo per caratteri di stile decorativo, talora per la scelta dei materiali. Si può anche ipotizzare che, con finalità ‘mimetiche’, per i codici di questo gruppo venissero confezionate custodie cartonate, rinforzate (ma solo in qualche caso) con un dorso in pelle, stilisticamente omogenee alla tipologia A, che per la maggior parte andarono perdute nel corso dei numerosi spostamenti ai quali la Rossiana fu sottoposta nel corso degli anni: esemplare in tal senso è il caso del Ross. 276, appartenente alla tipologia B ma dotato di una custodia il cui dorso si modella appunto alla perfezione sulle legature che caratterizzavano la collezione nel suo complesso36. Di entrambe le tipologie, la A e la B, si indicheranno di seguito gli elementi caratterizzanti. Legatura di tipo A: si tratta di legature in marocchino per la gran parte bruno o bruno/rossiccio su assi quasi costantemente di cartone, protette spesso da sovraccoperte di cartoncino piuttosto pesante, talora da custodie cartonate rinforzate (ma solo in qualche caso) con un dorso in pelle. La presenza di assi lignee suggerisce al contrario una datazione risalente. La decorazione, più o meno elaborata, è costituita da una o più fasce delimitate da filetti dorati e a secco colorato di marrone scuro, occupate da motivi a cerchi, geometrici e/o vegetali. La cornice (o le cornici) inquadra una o più specchiature concentriche anch’esse decorate con maggiore o minore dovizia di motivi diversi, geometrici, vegetali o floreali, antichizzanti, etc. Talora i piatti (è il caso del Ross. 529) sono decorati con una fitta e minutis-

35 Per l’analisi delle legature ci si è avvalsi di: F. PETRUCCI NARDELLI, La legatura italiana. Storia, descrizione, tecniche (XV-XIX secolo), Roma 1989; M. MANIACI, Terminologia del libro manoscritto, Roma 1996 (Addenda. Studi sulla conoscenza, la conservazione e il restauro del materiale librario, 3); da ultimo F. MACCHI, L. MACCHI, Dizionario illustrato della legatura, Milano 2002. 36 Per scatola che contiene il Ross. 276 è stato necessario un restauro piuttosto significativo, a motivo del precario stato di conservazione.

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INTRODUZIONE

XXVII

sima rete di motivi decorativi geometrici impressi a secco. Sul risguardo anteriore è, in molti casi, applicata un’etichetta in carta che riporta lo stemma dei Borbone-Parma e, talora, è segnata a lapis la vecchia segnatura alfanumerica. I compartimenti del dorso, che contengono in alto la tipologia del materiale costitutivo del manoscritto (membranaceo o cartaceo) e i contenuti, e in basso la cronologia, sono in molti casi decorati con filettature a secco o in oro e con ferri di varia tipologia ornamentale. I fogli di guardia, sempre di restauro, sono costantemente in cartoncino nei colori avorio e grigio-azzurro, solo raramente in carta marmorizzata. In pochissimi casi di legature del gruppo A, e solo in presenza di particolari tipologie testuali, furono adottati fermagli (una coppia o talora due o quattro) metallici, di cuoio o di stoffa (ma con tenoni e puntali metallici). Nel caso di libri di grande formato la legatura A è talora dotata di borchie metalliche (di solito 5), talora di medaglione centrale e di cantonali. Il taglio può anche essere dorato o marmorizzato. Tra i manoscritti rossiani di tipologia A un numero significativo è stato oggetto nel secolo scorso37 di un intervento di restauro conservativo rappresentato dalla sostituzione del dorso e dalla sistemazione delle assi sulle quali è stata riapplicato il marocchino della legatura rossiana. Legatura di tipo B: rientrano in questa tipologia legature pressappoco contemporanee alla formazione della collezione ma che si devono assegnare a una manifattura diversa: quindi, ad esempio, le legature del Ross. 181 e forse quella del Ross. 276; vi rientra anche una legatura peculiare, quella del Ross. 877, in cui i piatti in cartone sono laccati, come nota l’autore della scheda, alla maniera orientale moderna. Vi rientra infine il piccolo Petrarca, Ross. 494, in pelle nera, con decorazioni in oro, che sul dorso riporta quella che potrebbe essere la ‘firma’ del legatore R. P. CHILLIAT 38. A un terzo gruppo appartengono, infine, le ‘eccellenze’, i casi cioè sui quali de Rossi non intervenne in ragione forse dell’alta qualità dei materiali, del livello delle tecniche esecutive e/o del pregio estetico dei manufatti. Si tratta di legature (in numero, a dire il vero, molto limitato) risalenti all’allestimento originario del manoscritto o frutto di un intervento successivo (queste più numerose) ma comunque anteriore all’ingresso nella collezione. È certo originale la splendida legatura in velluto purpureo con fermagli in bronzo del Ross. 25, che il clipeo centrale con lo stemma cardinalizio dei della Rovere assegna agli inizi del Cinquecento e al pontificato di Giulio II, al quale il manoscritto, contenente pri37 I restauri numericamente più consistenti sono stati effettuati tra la fine degli anni Cinquanta (un intervento abbastanza ampio si data all’autunno 1958) e i primi anni Settanta del Novecento (due significative campagne di restauro sono del 1965 e del 1976). Alcuni mss. del fondo Rossiano sono stati restaurati nel 1989 (i Ross. 98 e 101), nel 1990 (i Ross. 3, 92, 256, 374, 1192). Il Ross. 613, infine, è stato restaurato nel 2008. Mi sono confrontata a lungo con Angela Nuñez, alla quale debbo queste informazioni e numerosi suggerimenti. A lei vanno la mia stima e i miei ringraziamenti. 38 Da sciogliersi forse (ma allo stato è solo un’ipotesi) come R(ELIURE) P(AR) CHILLIAT.

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XXVIII

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

vilegi concessi ai canonici lateranensi, è collegato; ed è forse originale la coperta in pelle allumata tinta di fucsia su assi lignee del Ross. 338, raffinato codicetto assegnato alla metà del Trecento; ed è frutto di un restauro, se pure piuttosto risalente, realizzato riutilizzando le coperte originali dei piatti lignei, la legatura del graduale-antifonario Ross. 605. Sono al contrario antiche ma non coeve al codice la coperta sei-settecentesca, anch’essa su assi lignee, del Ross. 606, ‘rimodernata’ con l’aggiunta di borchie, cantonali e fermagli in metallo in luogo di quelli deperditi, e pregevole è la legatura dell’innario trecentesco, Ross. 280. Un caso particolare è rappresentato infine dal messale tardo-trecentesco, Ross. 1165, in cui la splendida coperta in velluto porpora su assi lignee pone problemi di non facile soluzione: a partire dalla datazione (secolo XIVex. o primo Ottocento?) e dall’ambito di produzione, per arrivare alla componente materiale (avorio?) del prezioso corredo figurativo che arricchisce i piatti anteriore e posteriore e infine al significato del programma iconografico, incentrato sulle figure di Cristo e della Vergine39. Anche nelle legature si riverbera dunque l’attenzione per la preziosità dei materiali, per la qualità e l’originalità dei manufatti, che, insieme all’esigenza di uniformità, connota le scelte di Giovanni Francesco de Rossi. Hanno rappresentato, infatti, al pari della componente grafica e dell’apparato figurativo, un elemento significativo di riflessione, in quanto tracce intriganti delle modalità di costruzione di una collezione libraria e delle ragioni stesse del collezionismo. SILVIA MADDALO Roma – Città del Vaticano, 2013. giugno. XXI

39 Ho discusso prima con Angela Nuñez e poi con Barbara Iatta, Guido Cornini ed Eva Mentelli, sul materiale, sulla tecnica esecutiva e infine sulla datazione di questo peculiare manufatto. Ma neppure il loro aiuto ha risolto i problemi nati dallo studio di questa legatura.

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INTRODUZIONE

XXIX

MODELLO DI SCHEDA 1. Segnatura 2. Contenuti: AUTORE, Titolo, successione dei libri. Nel caso di codici miscellanei: AUTORE [se diverso dal primo], Titolo, successione dei libri (indicazione dei fogli corrispondenti). Titolo [nel caso di opere anonime], successione dei libri. 3. Data topica e cronica, es.: Roma, sec. XIII, metà (d.to 1250 giugno 15); sec. XIV1 (in esponente l’indicazione, ove possibile, del quarto di secolo; sec. XVin. / ex., metà, prima / seconda metà. 4. Explicit [solo se significativo per la realizzazione del codice], preceduto dall’indicazione del foglio tra parentesi tonde; colophon. 5. Materia; consistenza [es.: ff. I, 420, I’] (indicazione dei fogli anepigrafi); foliazione (materia, collocazione, datazione, eventuali omissioni, salti, ripetizioni di numerazione); richiami (posizione ed eventuali mancanze); eventuale presenza di indicazioni di registro; misure in mm, altezza per base (indicazione del foglio, o dei fogli, dove sono prese); scrittura con colore dell’inchiostro del testo e delle rubriche, indicazione delle mani se sono individuabili; così anche per le glosse; colonne con misure dello specchio e dell’intercolumnio; sistema e tipo di rigatura (unità di rigatura), da indicare anche nei fogli anepigrafi; Regola di Gregory (solo nei casi in cui non è rispettata). 6. Apparato figurativo: tipologia delle iniziali (istoriate, figurate, zoomorfe, fitomorfe, caledoscopiche, filigranate, rubricate); numero delle iniziali maggiori (con indicazione qui delle misure solo se le iniziali hanno identiche misure; indicazione della media delle misure se le iniziali sono troppo numerose); tipologia delle iniziali medie, con media delle misure; tipologia e numero delle illustrazioni; indicazione della presenza di fregi e pagine d’incipit; indicazione della presenza di segni paragrafali, titoli correnti, numerazione di capitoli e paragrafi, numerazione e richiami di fascicoli quando qualificati da elementi decorativi e soprattutto nel caso di esemplari poveri di altra qualificazione decorativa. 7. Posizione nel testo e descrizione delle iniziali in rapporto alle partizioni del testo; delle maggiori si forniscono le misure in mm (la misura corrisponde alle linee di scrittura, si omettono quindi i girali, le decorazioni che esondano dalla lettera); descrizione e misure (in mm) delle illustrazioni. Presenza di uno o più decoratori e miniatori: se possibile con l’indicazione del numero delle mani in rapporto alla fascicolazione; identificazione del miniatore, dell’ambito geografico, della scuola o della bottega; eventuale confronto con altri codici. Riferimento al dibattito critico intorno all’apparato figurativo e alle problematiche iconografiche. 8. Stato di conservazione; eventuali restauri. 9. Legatura: tipologia A; tipologia B (in questo caso breve descrizione); casi stravaganti (descrizione con indicazione della materia). In tutti i casi indicazio-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

ne della decorazione dei tagli; stato di conservazione e restauri. Iscrizioni sul dorso o sui piatti. 10. Breve storia del codice: possessori, stemmi, provenienza, passaggi di proprietà, etc. 11. Esposizioni (SILVA TAROUCA; Bibl. Rossianae) Firma per esteso Bibliografia [secondo le norme redazionali in uso per la collana Studi e Testi e indicando solo le opere che si riferiscono all’esemplare].

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C ATA L O G O

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Ross. 2 (olim VII, 2) S. BERNARDINUS SENENSIS, Confessio Italia settentrionale, sec. XV4 Membr.; ff. VIII (I-VI cart.; I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 76, VI’ (cart.; VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in alto a destra (ff. 1-20); a seguire sono numerati soltanto i ff. 30r, 40r, 50r, 60r. La foliazione riprende a f. 63r e continua fino al f. 76r; mm 152×107; scrittura antiqua su una colonna (mm 102×67), di 18 linee, a inchiostro bruno; richiami verticali ai ff. 10v, 20v, 40v, 50v, 60v, 72v; sul primo foglio di ogni fascicolo indicazione di registro sull’estremo margine inferiore sinistro; rigatura a penna realizzata sul recto e spesso sul verso di ogni foglio.

Il codice presenta numerose iniziali minori (mm 10×5) vergate in blu e rosso e una pagina d’incipit a f. 1r con un’iniziale maggiore. In apertura di paragrafo i titoli sono sempre realizzati con inchiostro rosso. f. 1r: iniziale miniata C di Chiama la sancta scriptura (mm 18×23) in blu su fondo oro. All’interno della lettera un monaco ritratto di profilo. Si diparte dal corpo della lettera un fregio a globi aurei e decorazioni floreali che si allunga sui margini sinistro, superiore e inferiore. Il codice, che tramanda il testo della Confessio di san Bernardino (m. 1444), è databile agli ultimi decenni del secolo XV (GOLLOB, Johann Winterburgers, 300) e si può assegnare con buona probabilità a una bottega attiva in Italia settentrionale, forse veneta. Il lavoro di penna che contraddistingue il fregio, legato ai fiori dai petali carnosi è, infatti, riconducibile a opere miniate intorno ai primi anni del terzo quarto del secolo XV in ambito veneto. L’attribuzione dell’opera a san Bernardino da Siena sembra certa, tuttavia non è stata esclusa l’ipotesi che il testo sia stato redatto da un suo discepolo, che poi abbia fatto passare l’opera come un lavoro del santo francescano. Il testo è tramandato da un numero notevole di manoscritti e di incunaboli (cfr. per es. il Ross. 1141), tutti probabilmente redatti, al più, nei trenta anni successivi dalla morte del santo (PACETTI, Le opere volgari, 477).

Ross. 2, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto presenta, sui fogli di guardia anteriori e sui fogli 75r-v e 76r, numerose note vergate da mani successive e spesso diverse tra loro. Tra le più interessanti quella scritta sul verso del I foglio di guardia recita: 1566, Die 7 mensis junii, die vero veneris vel feria 6, quatuor temporum. Fr. Jo. Franc(iscus) de Crema, visitator generalis qui supra. Ex libris ////////. Purtroppo l’abrasione dell’ex libris (anche la lettura con lampada di Wood si è dimostrata vana) non permette di sapere di più sulla storia del codice. Sul recto del f. II’ si legge la data 1489, e sul verso una preghiera, così come sui fogli 75r-v-76r. A f. 1r, infine, sul margine inferiore una mano più tarda annota fratis Hieronimi Vicentinj ///. Il manoscritto è in discreto stato di conservazione. Legatura Rossi A ben conservata. Sul dorso si legge, in alto: S(ANCTI) BERNA(RDINI) / DA SIENA / CONFESSI(O) e in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 4r; Bibl. Rossianae, I, 2r-v) TIETZE, Die illuminierten, 103 nr. 188; PACETTI, Le opere volgari, 477; GOLLOB, Johann Winterburgers, 300; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351.

SALVATORE SANSONE

Ross. 3 (olim VII, 3) Recepta medica (f. 1r). Ex vita beati Petri martyris (f. 1v). ARMANDUS, Tractatus de terminis theologiae (f. 2r). PSEUDO BONAVENTURA, De formatione novitiarum (ff. 2v-4v). GERARDUS TEUTONICUS (?), De novem modis orandi sancti Dominici (ff. 5r-13r). VINCENTIUS BELLOVACENSIS, Ex vita beati Dominici (ff. 13v-15r). S. THOMAS AQUINAS, Modus studendi in sacra scriptura (ff. 15r-v). Alique defloraciones ex vita beati Honorati (ff. 16r-19r). Alique defloraciones ex regula beati Benedicti (ff. 19v-31r). De beato Iohanne Evangelista (ff. 31r-v). Ex vita beati Antonii abbatis in Floribus sanctorum (ff. 31v-33r). Tabula in libro de vita domini nostri Ihesu Xristi (ff. 33r-v). Ex sancti Bernardi homilia II (ff. 33v-34r). ARMANDUS, Tractatus de terminis theologiae (f. 34r). De conditionibus bonae confessionis (f. 34v). Confessio s(cilicet) capitulum culparum (ff. 35r-41r). De missa celebranda (41v-44r). Ad quem finem Deus ordinavit sacramentum altaris (ff. 44r45v). Ex quibus signis cognoscamus, spiritum sanctum adesse vel inesse (ff. 45v46v). HUGO DE SANCTO VICTORE, De usu temporis (f. 46v). Diete super vita, conversatione et operibus mirabilibus domini nostri Ihesu Christi (ff. 47r-55r). Plura excerpta ex Armandi tractatu De terminis theologiae (ff. 55r-58v). Meditaciones vite domini nostri Ihesu Christi (ff. 59r-121r). Excerptum ex primo libro Pseudo Bonaventurae De formatione novitiarum (ff. 121r-v). Les revelaciones de santa Elisabet (ff. 122r-136v). Tractatus asceticus (ff. 137r-152v). Multa excerpta ascetica (ff. 152v-156r) Spagna, sec. XIVin.

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ROSS. 2-3

5

Membr.; ff. VII (cart.; il I è in cartoncino come la controguardia, il II è in cartoncino azzurro), 156, VII’ (cart.; il VII’ è in cartoncino come la controguardia, il VI’ è in cartoncino azzurro) numerazione meccanica in basso a destra; sono presenti, non costantemente, richiami di fascicolo (ff. 14v, 24v, 68v, 78v, 88v, 98v, 108v, 118v, 128v, 138v, 148v); mm 163×115; gotica su una colonna di scrittura (mm 112×78) a inchiostro bruno, al cui interno sono inserite le miniature tabellari. Le linee di scrittura (da un minimo di 11 a un massimo di 25) si riducono dove sono realizzate le miniature; rigatura a penna e a mina di piombo.

Otto miniature tabellari e una miniatura a piena pagina. Ogni paragrafo che descrive uno dei nove modi di pregare di san Domenico si apre con un’iniziale filigranata. Si segnala la presenza di 1 iniziale filigranata di modulo maggiore, la A di A sanctis in Ross. 3, f. 12r apertura del testo a f. 5r e di 9 di modulo minore (ff. 5v, 6r, 7r, 7v, 8v, 9v, 10v, 11v, 12v). Si segnalano inoltre segni di paragrafo vergati alternativamente con inchiostro rosso e blu. f. 6r: miniatura tabellare sul margine superiore (mm 66×102) raffigurante il primo modo di pregare di san Domenico. Davanti a Cristo crocifisso, il santo è ritratto inchinato e col capo basso. A fare da cornice alla raffigurazione è una struttura architettonica che si sviluppa sui quattro lati. All’estremità sinistra si nota un ingresso dal quale, probabilmente, è entrato il santo, che introduce in quella che è la cappella con il Crocifisso. Alle spalle del Cristo è un dittico con figure di santi. Una quinta ad arcatelle chiude la scena sul fondo. È interessante notare come la prima linea del testo si sovrapponga alla cornice che circonda l’immagine, fatto questo che porta ad ipotizzare la stesura del testo in un momento successivo, o comunque contestuale, alla realizzazione dell’apparato illustrativo. f. 6v: miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 65×109). San Domenico è raffigurato prostrato e a mani giunte, con il volto a terra, così come recita il testo a f. 6r. L’immagine è strutturata nello stesso modo della precedente: Cristo crocifisso si trova all’estremità destra della scena che è, a sua volta, chiusa da una quinta architettonica. All’estremità sinistra una porta. Fa da cornice alla scena una struttura architettonica con colonne sui lati brevi. f. 7r: miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 72×105). San Domenico flagellante è inginocchiato a torso nudo davanti al Cristo. L’organizzazione spaziale della scena è strutturata come le precedenti e come avverrà an-

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f. 8r:

f. 9r:

f. 10r:

f. 11r: f. 12r:

f 13r:

f. 14r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

che per le successive: chiusa sul fondo e incorniciata da elementi architettonici. miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 70×106). San Domenico è ritratto in due momenti della preghiera, ora genuflesso e ora in piedi, davanti a Cristo crocifisso. La scena è ancora inquadrata da una struttura architettonica. miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 76×107). Il santo è ritratto, in un primo momento della preghiera, con le mani aperte sul petto. Poi con le stesse giunte sul petto e infine vicine, all’altezza delle spalle. Sul lato sinistro si scorge ancora Cristo. Sulla quinta architettonica in secondo piano il miniatore dipinge un’iscrizione a lettere cufiche. miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 69×103). San Domenico prega con le mani e le braccia completamente aperte e stese a forma di croce, nella posizione dell’orante, quasi a emulare il Cristo crocifisso. miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 71×100). Il santo è raffigurato mentre prega proteso verso il cielo, con braccia levate e mani giunte. miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 75×103). San Domenico è raffigurato seduto al suo scrittoio con un libro aperto, intento nella preghiera. Di fronte è sempre l’immagine di Cristo. Un nuovo particolare ravviva la scena: al centro, all’esterno, si nota un giardino con alberi da frutto e fiori. miniatura a piena pagina su due registri sovrapposti (mm 148×110). Il santo è ritratto, nel registro superiore, mentre prega in cammino, lasciandosi alle spalle il compagno di viaggio. Nel registro inferiore questi gli offre da bere da una borraccia. L’intera scena è ambientata in un paesaggio rupestre. sul margine inferiore del foglio una piccola raffigurazione di genere (mm 31×48): una lumaca sul cui guscio poggia una farfalla.

Il codice, miscellaneo, contiene testi di varia natura e attribuibili a epoche diverse e a diversi copisti (PERARNAU I ESPELT, Un fragment, 284-285). Probabilmente il nucleo originario, realizzato verso i primi decenni del XIV secolo, era composto dai ff. 1-34 e 59-156. Successivamente, intorno alla fine del XIV e gli inizi del XV secolo, il manoscritto giunse al monastero certosino di Porta Coeli, presso Valencia (monastero citato all’interno del testo, per esempio ai ff. 40v, 41v, 42r), dove furono inseriti i fogli 35-58, senza rispettare l’andamento originario (BOYLE, The Ways of Prayer, 9). Il testo de I nove modi di pregare di san Domenico fu redatto probabilmente da un frate predicatore anonimo di Bologna negli anni tra il 1280 e il 1288. Il Ross. 3 può essere ricondotto a un ambito di produzione spagnolo, o meglio catalano, come attesta l’iscrizione a lettere cufiche vista nell’immagine miniata a f. 9r. Leonard Boyle ipotizza, tuttavia, che il manoscritto, almeno per la prima parte, quella originaria, possa essere stato prodotto nel sud della Francia, forse da un artista spagnolo che lavorava ad Avignone negli ultimi anni del pontificato di Giovanni XXII (BOYLE, The Ways of Prayer, 11), e ciò sulla base della presenza, ai ff. 16r-19r di un estratto dalla vita del beato Onorato, vescovo e patrono di Arles e nativo della città di Lerins.

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ROSS. 3-13

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Schmitt è propenso a datare il manoscritto vaticano entro il secolo XIV (SCHMITT, Entre le texte, 197), mentre Hood spostando in avanti la datazione ritiene essere il Ross. 3 una copia, probabilmente spagnola, del XV secolo (HOOD, Saint Dominic’s Manners, 198). Il manoscritto è in buono stato di conservazione. Legatura Rossi A ben conservata. Sul dorso si legge BONAVENTU(RAE) / VARIA / S(ANCTAE) ELISABETHA(E) / REG(INAE) HUNG(ARIAE) / REVELATIONE(S) / LING(UA) OCCITANA e in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) SAEC(ULI) XV. Taglio colorato di rosso. Il codice è sato esposto in: I Santi Patroni. Modelli di santità, culti e patronati in Occidente (Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, 3 giugno – 15 ottobre 1999). (SILVA TAROUCA, I, 5r, 6r, 7r; Bibl. Rossianae, I, 3r-12v) TIETZE, Die illuminierten, 40-41 nr. 66; SCHMITT, Entre le texte, 197; BUONOCORE, Bibliografia, 653; HOOD, Saint Dominic’s Manners, 198; SCHMITT, Il gesto, 283-288, tavv. XII-XX; CERESA, Bibliografia 1991, 273; PERARNAU I ESPELT, Un fragment, 284-285; Modi orandi; BOYLE, The Ways of Prayer, 9, 11; CERESA, Bibliografia 1998, 379; CERESA, Bibliografia 2005, 476; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 14.

SALVATORE SANSONE

Ross. 13 (olim VII, 13) Passio beatae Margaritae virginis Italia centrale, sec. XIV, prima metà Membr.; ff. VIII (ff. I-VI cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 26, VI’ (ff. I’-VI’ cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in alto a destra (sono numerati in cifre arabe anche i due fogli di guardia membranacei); i richiami sono stati rifilati, come si nota ai ff. 10v e 24v; mm 131×98; scrittura gotica su una colonna (mm 87×74) a inchiostro nero. Le linee di scrittura (da un massimo di diciotto a un minimo di due) si riducono quando si inserisce all’interno del testo la miniatura. Rigatura a secco appena percepibile; visibili i fori guida.

Un’iniziale miniata in oro, a f. 3r, apre il codice; sono presenti anche 23 iniziali medie vergate alternativamente in rosso e blu. Il codice mostra inoltre 22 miniature, da un minimo di 6 linee (f. 6r) a un massimo di 15 linee (ff. 7r e 14r), inserite all’interno dello specchio scrittorio, senza cornice, nello spazio a loro riservato. Sul recto del primo foglio di guardia in pergamena una mano successiva, forse settecentesca, verga Autor Giò Chrisostimu (sic). Sul verso del foglio di guardia successivo una lunga preghiera in gotica corsiva. Ai ff. 27v-28r, sempre in gotica, a una

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

mano diversa rispetto a quella che verga il codice si deve una breve orazione.

f. 6r: f. 7r: f. 8r: f. 9r: f. 10v: f. 11v: f. 12v: f. 14r: f. f. f. f. f. f.

14v: 16r: 18v: 19v: 20r: 21v:

f. 22r:

f. 3r: iniziale P di Post passionem et resurrectionem (mm 62×19) in rosso su fondo oro. Dall’asta della P un bastone decorato si sviluppa sul margine sinistro del foglio e termina, nel margine inferiore, con una decorazione a fogliette. f. 3v: ritratto dell’autore raffigurato su un seggio e con un fascicolo aperto sul leggio che ha di fronte. f. 4v: santa Margherita è ritratta tra due fanciulle. Le tre donne tengono alto un fuso. f. 5r: il prefetto Olibrio, raffigurato a cavallo insieme a due uomini del suo stesso rango e preceduto da un soldato a piedi, addita Ross. 13, f. 21v verso santa Margherita, ritratta sul verso del foglio precedente. santa Margherita è scortata da un soldato davanti al prefetto seduto in trono. il prefetto è in ginocchio ai piedi di una colonna: sulla sommità si erge un idolo animale bicefalo. la santa è nuovamente al cospetto del prefetto, scortata da un soldato. la santa è legata a una trave, incurante delle torture di due aguzzini. la santa, ancora legata per le mani, subisce una nuova tortura. I due aguzzini hanno due rastrelli con i quali la tormentano. la santa è scortata verso l’ingresso di una prigione fortificata con due torri laterali. apparizione di un drago. La santa, rivolta dal lato opposto, prega. la santa calpesta e uccide un volatile sotto le cui spoglie si nasconde il diavolo tentatore. il diavolo in persona appare alla santa in preghiera. la santa sconfigge il diavolo, calpestandolo e servendosi di un martello. il diavolo scompare nelle viscere della terra. la santa è di nuovo interrogata dal prefetto. la santa, legata, è torturata col fuoco da due uomini. la santa è immersa in una tinozza d’acqua. Tra due schiere di folla, scende dal cielo una colomba che le pone sul capo la corona del martirio. sei donne già ritratte nella scena precedente, qui sono condannate alle decapitazione, per essersi convertite al cristianesimo.

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ROSS. 13

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f. 23r: la santa è raffigurata durante i suoi ultimi momenti di vita: qui è scortata da un soldato. f. 23v: la santa è ritratta in preghiera. Alle sue spalle un soldato la osserva. f. 24v: la colomba dello Spirito, scesa dall’alto, reca una croce dorata alla santa in preghiera. f. 26r: la santa viene decapitata. Dall’alto scendono due angeli che la portano in gloria coronata e distesa su un velo. A lato un soldato svenuto. Le miniature rappresentano scene della passione e del martirio di santa Margherita, che accompagnano figurativamente il racconto. Il manoscritto, che si può far risalire alla prima metà del secolo XIV, fu realizzato in Italia centrale, probabilmente a Firenze, dove, tra i secoli XIII e XIV, la produzione di codici contenenti il testo della passione di santa Margherita sembra fosse abbastanza fiorente. Esiste, infatti, un buon numero di manoscritti, conservati in gran parte presso biblioteche fiorentine, strettamente legati tra loro e per richiami iconografici e per scelte stilistiche (SESTI, La leggenda, 363-364). Anche il manoscritto rossiano, citato erroneamente come Ross. 129 (SESTI, La leggenda, 365), si inserisce in questa tradizione. Accostato dal Tietze al ms. Ashb. 451, conservato alla Biblioteca Laurenziana di Firenze (TIETZE, Die illuminierten 83-84), ancora allo scadere del secolo scorso circolava l’ipotesi che potesse essere «collegabile» al suddetto codice (SESTI, La leggenda, 365), mentre in un recente lavoro dedicato alle «recensioni miniate della vita della santa» il Ross. 13 non è repertoriato (PETRELLA, La leggenda di Santa Margherita). Il legame con il codice laurenziano, datato alla fine del secolo XIV, è del tutto inesistente. Le sue miniature, infatti, sembrano rivolgere un’attenzione al paesaggio e una cura del particolare che non si riscontrano nelle scene del Ross. 13, dove le immagini, come già affermava Paolo D’Ancona, «non sono vere e proprie miniature ma piuttosto disegni colorati, buttati giù alla brava da qualche artista popolare, il quale […] ricercò più la vivacità rappresentativa che la finezza della esecuzione» (D’ANCONA, La miniatura fiorentina, I, 17). Proprio questa caratteristica di arte ‘popolare’ può rendere più facile l’accostamento, del manoscritto rossiano, al codice 52-6 della University Library di Princeton, datato al secolo XIII (WEITZMANN-FIEDLER, Zur Illustration, 37), che presenta la stessa impostazione delle scene senza cornice e alcune tipologie iconografiche molto simili (per es. il ritratto d’autore), e soprattutto al ms. Banco Rari 333 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, anch’esso datato alla prima metà del secolo XIV e «dallo stile rozzo» (SESTI, La leggenda, 372), alla maniera del Ross. 13. Vi sono, infatti, tra il manoscritto rossiano e quello fiorentino, forti somiglianze iconografiche nelle scene con santa Margherita condotta in carcere, con Olibrio che prega l’idolo e soprattutto con la scena dell’Assunzione dell’anima in cielo, in sintesi con la decapitazione. Il codice è in discrete condizioni, anche se su qualche foglio è difficile, se non impossibile, un’agevole lettura. Cadute di colore, inoltre, interessano diffusamente i panneggi dei personaggi raffigurati.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Legatura Rossi A discretamente conservata. Sul dorso si legge, in alto PASSIO / B(EATAE) / MARGA(RITAE) / VIRG(INIS) / SCRIPT(URA) / ET / PICTUR(A) / TRADIT(UR). In basso l’indicazione COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 18r; Bibl. Rossianae, I, 24r) TIETZE, Die illuminierten, 83-84 nr. 129; SESTI, La leggenda, 363-365, 372; CERESA, Bibliografia 1998, 380; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 14.

SALVATORE SANSONE Ross. 14 (olim VII, 14) De laudibus Virginis Mariae Italia settentrionale, sec. XV, seconda metà (f. 91r) explicit: Orate pro scriptore. Laus Deo et om(n)ib(u)s sanctis suis. Membr.; ff. I (cart.), 91, I’ (cart.); numerazione manuale moderna in alto a destra; richiami su ogni fascicolo, vergati sul margine destro in posizione verticale; mm 113×72; scrittura gotica rotunda su una colonna (mm 59×47) a inchiostro nero, di 14 linee, rigatura a penna sul recto e sul verso di ogni foglio.

Una pagina d’incipit con fregi a f. 1r e 1 iniziale maggiore decorata; 25 iniziali minori in oro. Si segnala la presenza di numerosi segni di paragrafo e di titoli di capitolo rubricati all’interno dello specchio scrittorio.

Ross. 14, f. 1r

f. 1r: pagina d’incipit decorata. Dalle aste orizzontali, rese con volute vegetali, dell’iniziale I di Imperatoriam maiestatem (mm 22×17) realizzata su fondo oro, si diparte un fregio anch’esso vegetale sui margini interno e superiore. Tra le volute si scorgono numerosi globi aurei. Sul margine inferiore un grande clipeo di fattura piuttosto approssimata, in origine destinato a contenere uno stemma, è rimasto vuoto. Si nota all’interno la stesura, anch’essa rozza e affrettata, dell’oro sulla pergamena. Sul margine esterno si sviluppa una nuova decorazione vegetale, con fiori e boccioli, caratterizzata dalla

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ROSS. 13-20

stessa tavolozza pittorica della decorazione dipinta sugli altri margini, di rosa, verde, blu e oro. Il piccolo manoscritto, databile alla seconda metà del XV secolo, è probabilmente il prodotto di una bottega veneta, forse padovana e realizzato per uso privato. Discreto lo stato di conservazione. Legatura Rossi A, in mediocre stato di conservazione. Sul dorso si legge DE LAUDIBUS / VIRG(INIS) M(ARIAE) e in basso l’indicazione CO(DEX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 19r; Bibl. Rossianae, I, 25r) TIETZE, Die illuminierten, 103 nr. 191.

SALVATORE SANSONE

Ross. 20 (olim VII, 20) BERNARDUS IUSTINUS, Oratio funebris in obitu Francisci Foscari Venezia, sec. XV3 (post 1457 novembre 1) Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. X (I-VIII cart., IX-X membr.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 60, X’ (I’-II’ membr., III’-X’ cart.; il f. X’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione manuale moderna in alto a destra. Sono numerati anche i quattro fogli di guardia in pergamena, cosicché la numerazione termina a f. 64. Richiami verticali sul margine inferiore destro; mm 150×103; scrittura umanistica corsiva su una colonna (mm 94×63) di 19 linee, a inchiostro nero, che realizza anche le numerose annotazioni a inchiostro rosso sul margine esterno dello specchio scrittorio, mentre di poco più tarda è l’italica della nota a f. IX: Foscarus ille toga sapiens Franciscus et armis. Hic situs est Venetum gloria summa ducum; rigatura a mina di piombo.

Iniziale abitata in oro e pagina d’incipit decorata (f. 3r).

Ross. 20, f. 3r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 3r: un bel fregio vegetale, dalla policromia ricca e intensa, inquadra lo specchio scrittorio sui quattro margini ed è incorniciato da un sottile listello rosso a ovuli, rifilato sul margine superiore. Sui lati lunghi la decorazione nasce da due cantari all’antica poggianti sul manto erboso di un paesaggio campestre con la vista del cielo all’orizzonte. Tra le candelabre vegetali, arricchite da grossi frutti e bacche, si scorgono figure di uccelli e, in alto a destra, uno splendido pavone dal piumaggio colorato. Al centro del margine laterale destro lo stemma della famiglia Giustiniani (all’aquila bicipite, col capo partito, spiegata d’oro, coronata dello stesso, caricata nel cuore di uno scudetto, alla fascia d’oro), mentre un secondo stemma, non identificato, si intravede sul lato opposto tra gli intrecci vegetali. Sul margine superiore è dipinto il corno dogale tra due cornucopie e su quello inferiore, all’interno di un clipeo polilobato vegetale, un terzo stemma purtroppo abraso. Lateralmente al clipeo, in posizione simmetrica, due conigli accompagnano la scena. L’iniziale abitata C di Cum egregia (mm 14×14) si scorge al di sotto delle quattro linee incipitarie, in oro, che tramandano l’autore e il titolo dell’opera. All’interno della C un busto di profilo ritrae probabilmente il destinatario. Il manoscritto, di buona fattura, tramanda l’orazione funebre di Bernardo Giustiniani per il doge Francesco Foscari, morto a Venezia il 1 novembre 1457 (GULLINO, s.v. Foscari, 312). È possibile ipotizzare, per la natura stessa del testo tràdito, che il manoscritto venisse confezionato in una bottega veneziana negli anni immediatamente successivi, anche se lo stile sia della grafia sia della decorazione consiglierebbe di spostarne in avanti la realizzazione. Bernardo Giustiniani (Venezia 1408-1489) (PISTILLI, s.v. Giustinian, 216, 222), fu uno dei membri più attivi della classe dirigente veneziana, impegnato soprattutto come diplomatico, in momenti di particolare tensione come quelli della guerra della Serenissima con Ferrara, che parve minare le basi dell’equilibrio creato con la precedente pace di Lodi. Oltre che per l’orazione funebre di Francesco Foscari, Giustiniani è ricordato soprattutto per la sua opera più importante, il De origine urbis Venetiarum, la cui redazione deve porsi tra il 1477 e il 1489 (GAETA, Storiografia, 45). Lo stato di conservazione è discreto, fatta eccezione per la pagina incipitaria miniata, che presenta cadute di colore e pesanti abrasioni. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge B(ERNARDI) IUSTIN(I) / ORAT(IO) / FUN(EBRIS) / IN OBIT(U) / FRANC(ISCI) / FUSCARI / D(OMINI) V(ENETI) e in basso l’indicazione COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. (SILVA TAROUCA, I, 24r; Bibl. Rossianae, I, 34r) TIETZE, Die illuminierten, 149 nr. 328.

SALVATORE SANSONE

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ROSS. 21

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Ross. 21 (olim VII, 21) GAIUS SALLUSTIUS CRISPUS, De coniuratione Catilinae (ff. 1r-3v). LUCIUS CAELIUS LACTANTIUS FIRMIANUS, Institutiones divinae (ff. 3r13v); De vita et moribus philosophorum (f. 14r); Quaedam que virtutem imitari ac cognoscere ac vicium fugere ostendunt (ff. 14v-16v) Italia settentrionale (Veneto?), sec. XV2 Membr.; ff. XI (cart.; il f. I è in cartoncino marmorizzato, come la controguardia), 16, XI’ (cart.; il f. XI’ è in cartoncino marmorizzato, come la controguardia); numerazione moderna in alto a destra; richiami verticali sul margine destro del fascicolo; mm 151×92; scrittura antiqua, di modulo molto ampio, su una colonna (mm 110×62) a inchiostro nero, di 26 linee; rigatura a penna quasi completamente scomparsa. Ross. 21, f. 1r Iniziale maggiore a f. 1r decorata e stemma sul margine inferiore del foglio; 1 lettera media decorata a penna a f. 3v; numerose iniziali minori; si segnala la presenza di titoli di paragrafo in origine rubricati e segni di paragrafo, anch’essi rubricati. Allo stato attuale le rubriche sono quasi illeggibili.

f. 1r: iniziale O di Omnes homines (mm 16×14) decorata a intrecci monocromi, terminanti con desinenze vegetali molto carnose, i quali si allungano a formare un piccolo fregio sul margine sinistro del foglio. Lo stemma, bandato di giallo e di verde, di sei pezzi al capo l’aquila con le ali spiegate, realizzato sul margine inferiore del foglio, non è stato identificato (Manuscrits classiques latins, 420). È inoltre accompagnato ai lati da una decorazione vegetale anch’essa realizzata su riserva e appena toccata di verde e di rosso e da una G e una A in scrittura capitale e inchiostro rosso. Il manoscritto non presenta particolari decorazioni. Sarebbe utile riuscire ad assegnare lo stemma a f. 1r per attribuirlo al suo possessore. Sia i curatori del volume Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane (Manuscrits classiques latins, 420), sia Prelog (PRELOG, Die Handschriften, 9) datano il manoscritto in un arco cronologico molto ampio, con l’indicazione generica ai secoli XVXVI. Mi sembra tuttavia che la realizzazione del codice, nonostante l’esiguo apparato decorativo, possa essere collocata in Italia settentrionale, forse in Veneto, intorno alla metà del secolo XV.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Lo stato di conservazione è mediocre. Legatura Rossi A in cattivo stato di conservazione: il dorso presenta infatti numerose lacerazioni. Su di esso, in alto, si legge: EXCE(RPTA) / EX / VAR(IIS) / AUCT(ORIBUS). (SILVA TAROUCA, I, 25; Bibl. Rossianae, I, 35r) Manuscrits classiques latins, 420; PRELOG, Die Handschriften, 9; CERESA, Bibliografia 1991, 274.

SALVATORE SANSONE

Ross. 22 (olim VII, 22) Physiologus (pp. 1-72); PSEUDO HUGO, De bestiis et aliis rebus (pp. 73-149) Francia settentrionale (Cambrai), sec. XV3 (d.to 1469) (p. 149) explicit: Explicit liber bestiarum domini Archidiaconi Cameracensis. Anno a nativitate domini 1469 Membr.; ff. VIII (cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 74, VIII’ (cart.; il f. VIII’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); paginazione in cifre arabe (sui ff. 1-9) e romane (sui ff. 10-149) in alto a destra, sul recto e sul verso di tutti i fogli (si utilizzano, nella scheda, le cifre arabe) richiami di fascicolo si scorgono soltanto alle pagine 38, 72, 93, 120; mm 146×109 (misure prese a f. 27); corsiva su una colonna di scrittura (mm 92×68) a inchiostro nero, di 25 linee. Lateralmente allo specchio di scrittura una mano diversa da quella che copia il testo, probabilmente successiva, verga i titoli dei paragrafi. Rigatura a secco, talvolta ripassata a mina di piombo.

39 illustrazioni a penna realizzate all’interno dello specchio scrittorio, nello spazio a loro riservato e delimitato in molti casi da una cornice, e sui margini bianchi del foglio.

Ross. 22, p. 64

p. 1: sul margine superiore del foglio, all’interno di una doppia cornice (mm 32×66), un leone, ambulat in montibus, così come recita il testo, a raffigurare la prima natura della bestia.

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ROSS. 21-22

p. 2:

p. 4:

p. 5:

p. 6:

p. 7: p. 9: p. 10: p. 11: p. 12:

p. 15:

p. 20: p. 21: p. 22:

p. 23:

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all’interno dello specchio scrittorio il leone (corrispondente a sette linee di scrittura), secondo quella che è la sua terza natura, è raffigurato nel momento in cui soffia sul volto di un cucciolo nato morto, ritratto sul margine sinistro, per dargli la vita (il testo recita: insufflet in faciem eius et vivificet eum). sul margine inferiore del foglio è raffigurata un’antilope (corrispondente a sette linee di scrittura), con le lunghe corna a mo’ di sega (serre figuram) che la caratterizzano. all’interno dello specchio scrittorio sono ritratti in una cornice (mm 23×36) un uomo e una donna circondati da fiamme, a simboleggiare le due pietre ignifere, dette therobolem, che il testo dice essere maschio e femmina e che, con il loro avvicinarsi, provocano un fuoco tale da bruciare tutto ciò che le circonda. all’interno dello specchio scrittorio è raffigurato un pesce sega (corrispondente a sei linee di scrittura), in latino serra, caratterizzato da due grandi ali (pennas habens immanes). Il mostro marino regge con la bocca un piccolo pesce. all’interno dello specchio scrittorio (corrispondente a sei linee di scrittura) è raffigurato un volatile, il calandro (calandrius). sul margine superiore, all’interno di una doppia cornice (mm 21×65), un pellicano con i suoi due piccoli, che sembrano colpirlo al volto. sul margine inferiore del foglio è raffigurato in una cornice (mm 66×19) un volatile, il nitticorace (nicticorax). sul margine inferiore, all’interno di una cornice (mm 14×66), è raffigurata un’aquila. sul margine superiore, all’interno di una cornice (mm 17×66), lateralmente a un fuoco acceso, che richiama la pira funeraria sulla quale brucerà, è raffigurata una fenice. all’interno dello specchio scrittorio è raffigurata, in una cornice (mm 23×66), un’upupa con i propri piccoli che, secondo il dettato del testo, staccano le piume vecchie della madre (evellunt vetustissimas pennas), cosicchè essa possa rinnovarsi su tutto il corpo. all’interno dello specchio scrittorio è raffigurata, in una cornice (mm 19×66), una sirena. sul margine superiore del foglio è raffigurato, in una cornice (mm 20×65), un onocentauro. all’interno dello specchio scrittorio è raffigurato, in una cornice (mm 27×67), un riccio (hericius) che, come afferma il testo, figuram habet porcelli lactentis. sul margine inferiore del foglio è raffigurato un ibis (ibex), corrispondente a quattro linee di scrittura, probabilmente nel momento in cui si ciba di un animale morto. Per questo motivo il Phisiologus afferma che inmundis est pre omnibus volatibus.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

p. 25: sul margine inferiore del foglio (corrispondente a tredici linee di scrittura) è raffigurata una volpe che, fingendosi morta, cattura due volatili: il Phisiologus afferma che la volpe est animal dolosum et nimis fraudulentum. p. 28: sul margine superiore del foglio è raffigurato un unicorno (corrispondente a dieci linee di scrittura), mentre tre cacciatori tentano invano di catturarlo. p. 30: all’interno dello specchio scrittorio è raffigurato, in una cornice (mm 21×66), un castoro, mentre con un morso si recide i testicoli. La macabra azione mette l’animale nelle condizioni di non essere catturato. Il Phisiologus afferma, infatti, che i cacciatori sono interessati soltanto ai suoi organi, utili per la cura di diversas invalitudines. p. 31: sul margine inferiore del foglio, all’interno di una cornice (mm 22×68), è raffigurata una iena (belua). p. 33: all’interno dello specchio di scrittura è raffigurata, in una cornice (mm 24×69), un’idra nel momento in cui entra nella bocca aperta di un coccodrillo, suo principale nemico, per dilaniargli le viscere. p. 36: sul margine superiore del foglio è raffigurata, all’interno di una cornice (mm 32×72), una capra. Il disegno è ravvivato da un colore bruno. p. 37: sul margine inferiore del foglio è raffigurato, all’interno di una cornice (mm 22×68), un asino (onager). Il disegno è ravvivato con un colore ocra. p. 39: sul margine superiore del foglio è raffigurata, in una cornice (mm 22×64), una scimmia. p. 40: sul margine inferiore del foglio è raffigurata, in una cornice (mm 23×66), una folaga (fulica). p. 42: all’interno dello specchio di scrittura, in una cornice (mm 26×66), una pantera è raffigurata alle spalle di un drago che simboleggia il diavolo ed è, come afferma il Phisiologus, il suo unico nemico. Entrambe le figure sono arricchite da un colore ocra. p. 43: all’interno dello specchio di scrittura è raffigurato, in una cornice (mm 24×65), un drago. La coda del mostro termina con una testa di animale. L’immagine è arricchita da un colore ocra. p. 44: sul margine inferiore del foglio, in una cornice (mm 32×71), è raffigurata di profilo una grande balena (cetus) sul cui dorso si poggia una barca con a bordo due marinai. Gli abiti e i copricapi degli uomini, i remi, l’occhio e la bocca dell’animale sono arricchiti da un coloro rosso. p. 46: sul margine inferiore è raffigurata, in una cornice (mm 22×61), una pernice (perdix). p. 48: all’interno dello specchio scrittorio, in un riquadro (mm 26×63), una donnola (mustela). Il disegno è arricchito da un colore ocra. p. 51: all’interno dello specchio scrittorio è raffigurato un animale mostruoso (corrispondente a nove linee di scrittura), probabilmente un drago. L’immagine si riferisce tuttavia al testo che tratta dell’aspide. p. 52: all’interno dello specchio scrittorio (corrispondente a otto linee di scrittura) la raffigurazione di uno struzzo (structio).

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ROSS. 22

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p. 54: sul margine superiore del foglio (corrispondente a sette linee di scrittura) è raffigurata una tortora (turtur). p. 56: sul margine superiore del foglio (corrispondente a dieci linee di scrittura) è raffigurato un cervo, che con la zampa colpisce un animale mostruoso, forse un drago. Nel testo, che narra di come il cervo estrae un serpente dalla tana, si parla appunto di un serpentem. p. 58: sul margine superiore del foglio (corrispondente a undici linee di scrittura) è raffigurato un quadrupede con corna e ali. Il testo parla tuttavia di una salamandra, un animale simile lacertule. Accompagnano il disegno dell’animale due fuochi accesi. L’intera raffigurazione segue quindi il dettato del testo, che afferma come al giungere della salamandra qualsiasi fiamma si spenga. p. 59: all’interno dello specchio scrittorio (corrispondente a otto linee di scrittura) sono raffigurate quattro colombe. p. 62: sul margine superiore del foglio (corrispondente a nove linee di scrittura) è raffigurato un albero sotto il quale stazionano quattro colombe. Il Phisiologus afferma infatti che esiste un albero in India presso il quale i volatili si ristorano. Tale albero è temuto dal drago che evita di avvicinarsi. Il disegno ritrae, allora, sulla sinistra, il mostro che osserva da lontano le colombe. p. 64: sul margine inferiore del foglio (corrispondente a sedici linee di scrittura) è raffigurato un elefante. L’animale regge sul dorso una torre da guerra. p. 66: all’interno dello specchio scrittorio (corrispondente a otto linee di scrittura) è raffigurato il profeta Amos con due capre, secondo il dettato del testo, pastor autem caprarum fuit. p. 68: sul margine inferiore del foglio (corrispondente a undici linee di scrittura) sembra essere raffigurato un diamante, così come recita il testo: est lapis qui dicitur adamas. Il manoscritto rossiano tramanda la versione BIs del Physiologus, interpolazione della versione latina attestata sin dall’VIII secolo che, rispetto al testo greco, eliminava circa una decina di capitoli, con le Etymologiae di Isidoro, in particolare con il XII libro, De animalibus (Bestiari medievali, XII). Contiene, inoltre, il primo libro del De bestiis et aliis rebus dello pseudo Ugo di San Vittore, del quale però mancano gli ultimi tre capitoli, De aquila, De ibe seu ibide, De fulica. I disegni del Ross. 22, realizzato a Cambrai nel 1469, come attesta la nota a p. 149 (VAN DEN ABEELE, Trente, 262), dal tratto veloce ed estemporaneo e che interpretano in maniera più libera gli schemi, a questa data, ormai standardizzati del Physiologus, mantengono tuttavia gli elementi essenziali alla doppia funzione insita nel testo, quella scientifica e quella mistico-allegorica (MURATOVA, I manoscritti miniati, II, 1362), restando fedeli alla consolidata tradizione iconografica delle miniature che accompagnavano di norma il Physiologus.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto è in discreto stato di conservazione, così come la legatura (Rossi A). Sul dorso si legge in alto ARCHIDIA(CONI) / CAMERAC(ENSIS) / LIBER / BESTIAR(UM) e in basso COD(EX) / MEM(BRANACEUS) / ANNI 1469. (Bibl. Rossianae, I, 36r) TIETZE, Die illuminierten, 15 nr. 21; MURATOVA, I manoscritti miniati II, 1362; CERESA, Bibliografia 1991, 274; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351; VAN DEN ABEELE, Trente, 262.

SALVATORE SANSONE Ross. 24 (olim VII, 24) BAPTISTA MASSA, De fructibus vescendis Ferrara, sec. XV, seconda metà (1470-1480) (f. 1r) incipit: Ad illustrem ac invictum armor(um) ducem d(omi)n(um) Herculem Aesten(sem), d(omi)n(um) beneficentissimum, opusculum de fructib(us) vesce(n)dis Physici licet indigni Baptiste Masse de Argenta in gymnasio Ferrar(iensi) p(re)clarissi(m)o Membr.; ff. VII (cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 67, VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione manuale in alto a destra; richiami verticali sul margine destro di ogni fascicolo; mm 170×110; scrittura umanistica con elementi corsivi su una colonna (mm 95×71) a inchiostro nero, di 19 linee; rigatura a mina di piombo sul recto e sul verso di ogni foglio.

Iniziale maggiore e pagina d’incipit a f. 1r; 26 iniziali minori in oro; si segnala, inoltre, le presenza di titoli di capitolo rubricati e di segni di paragrafo vergati, alternativamente, con inchiostro blu e rosso. Lateralmente si scorgono numerose rubriche di mano del copista che richiamano i personaggi citati nel testo. A f. 67r un indice con il luogo di provenienza delle auctoritates citate nel testo e in basso una nota della stessa mano che verga ancora con inchiostro rosso: Sup(er) fructib(us) quibus vescimur Hercules fortissime istor(um) viror(um) opiniones i(n) hoc tuo includunt(ur) fructibus opuscolo. Ross. 24, f. 1r

f. 1r: fregio a bianchi girari, incorniciato in oro, posto su fondo puntinato

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ROSS. 22-25

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in blu rosso e verde, circonda l’intero specchio scrittorio. Al di sotto delle cinque linee di dedica rubricate, la grande P di Prudentissimus ille (mm 43×43) è realizzata in oro e avvolta anch’essa da bianchi girari. In basso, in un clipeo dorato, due putti in piedi su un manto erboso e con all’orizzonte un paesaggio collinare, reggono l’anello con diamante e garofano, impresa di Ercole I d’Este, dedicatario dell’opera. Il codice, realizzato a Ferrara per il duca Ercole I d’Este (1471-1505) intorno agli anni ’70-’80 del XV secolo, si inserisce in quello che fu l’arricchimento della biblioteca di corte voluto dal duca, con una forte ripresa della decorazione all’antica, cara a Lionello e Novello Malatesta, ma quasi del tutto inesistente negli anni di Borso (MARIANI CANOVA, Hermann, 25). La decorazione a bianchi girari di questo periodo è caratterizzata dalla perdita della naturalezza del tralcio e da una evidente tendenza alla regolarizzazione dello stesso. Il fregio, inoltre, è sempre circondato da una doppia cornice realizzata in oro. Tutte queste caratteristiche si ritrovano nel Ross. 24, che sembra essere molto vicino alla decorazione del ms. 424 conservato alla Biblioteca Classense di Ravenna e contenente la Istoria Imperiale di Riccobaldo da Ferrara, nella traduzione di Matteo Maria Boiardo, il cui impianto decorativo è molto simile per tipologia a gran parte dei codici realizzati per il duca (TONIOLO, Scheda nr. 42, 229-231). Il manoscritto è in buono stato di conservazione. Si segnala l’asportazione di due iniziali minori ai ff. 15v e 26v. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge: in alto B(APTISTAE) MASSA(E) / DE / FRUCTIB(US) e in basso COD(EX) MEM (BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, I, 27r; Bibl. Rossianae, I, 38r) TIETZE, Die illuminierten, 149 nr. 327.

SALVATORE SANSONE

Ross. 25 (olim VII, 25) Privilegia concessa a Iulio II canonicis regularibus Sancti Salvatoris Ordinis Sancti Augustini Lateranensibus Italia centrale (Roma?), sec. XVI1 Membr. (pergamena di ottima qualità, chiarissima e lavorata in modo eccellente); ff. I (cart. moderno), 43; foliazione moderna, a matita e in cifre arabiche, in alto a destra; assenti i richiami di fascicolo; mm 189×134; nel codice si possono riconoscere quattro diverse mani: ff. 1r-39v, minuscola umanistica a inchiostro bruno; f. 40r, umanistica corsiva a inchiostro ocra; ff. 40v-41r, umanistica corsiva a inchiostro bruno; infine ai ff. 41r-42v, umanistica cor-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

siva a inchiostro ocra; specchio scrittorio a piena pagina (mm 132×82) su 21 linee di scrittura, mentre solo ai ff. 7v-8r lo specchio è di mm 110×77; rigatura a mina di piombo leggerissima, spesso non visibile, per le righe che delimitano lo specchio scrittorio e che giungono fino ai margini, eseguita sul recto e sul verso di ogni foglio; mentre per le rettrici orizzontali la tecnica è a inchiostro ocra sul recto e sul verso di ogni foglio. I ff. 42r-43v sono rigati ma non scritti, mentre il f. 7r è anepigrafo.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 2 pagine di incipit; 2 iniziali minori a inchiostro metallico (mm 14×14); crisografia in tutto il manoscritto; numerazione, in cifre romane, alternativamente blu e rosse dei singoli punti del privilegio; f. 39v firma parlante di Francesco di Alessandro de Mathesselanis, realizzata a Ross. 25, f. 7v inchiostro ocra e costituita da un doppio basamento sul quale è posizionata una colonna; questa regge una sfera tripartita, sormontata da una croce, contenente le lettere F R M, in capitale. È poi presente, al f. 40v, una seconda firma parlante, eseguita a inchiostro bruno; ha la forma di una manicula terminante con un piccolo rettangolo lobato che ospita le lettere Ty del nome Tydeus, vergate in capitale. La terza personalità è anch’essa accompagnata dalla firma parlante, dalla foggia di una colonna corinzia abbellita da una piccola croce alla sommità; dietro il fusto della colonna passa poi un filatterio nel quale si possono leggere, in capitale, le lettere F e C che stanno per Franciscus Castaneolus. Le due pagine di incipit sono collocate ai ff. 7v e 8r. f. 7v: iniziale U di Universis et singulis, in apertura del testo dei Privilegia, in lettere capitali d’oro. La lettera è collocata su un campo riservato quadrato blu e decorato con elementi vegetali in oro, appena accennati. La scelta dell’artista è stata quella di inserire l’iniziale non nello specchio scrittorio, bensì all’interno della cornice decorativa. Quest’ultima ha il fondo campito a inchiostro oro e ospita una decorazione a grottesche i cui elementi costitutivi sono dei motivi zoomorfi (un mascherone con protome leonina, dei pesci fantastici, come i delfini campiti con i toni del blu e dell’argento, e i grifoni variopinti) e dei motivi tipici del gusto antiquario come armature, scudi intrecciati, elmi di varie fogge, guanti metallici. Tutti questi oggetti sono uniti tra loro da un sottilissimo cordino rosso, che attraversa

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ROSS. 25

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ogni elemento. Lo specchio scrittorio sembra poi sostenuto dalle ali spiegate di una sfinge che occupa il bas-de-page; le ali mostrano una tavolozza pittorica che sfuma dal porpora al blu, passando per il verde, mentre la testa di donna è adornata da una coroncina impreziosita da una perla rossa che si dispone al centro della fronte, come a tenere la bionda capigliatura. La cornice, sia nel perimetro interno sia in quello esterno, è messa ancor più in risalto da un’ombreggiatura, realizzata con un veloce tratteggio che si fa a volte più rado a volte più intenso. f. 8r: iniziale I di Iulius Episcopus, all’incipit dei Privilegia; la pagina è vergata interamente in lettere capitali oro. L’impostazione della pagina è come quella appena descritta, con la I eseguita su uno spazio riservato di colore blu e decorato con elementi vegetali in oro, all’interno della cornice, ancora una volta a fondo oro e decorata a grottesche. Oltre agli elementi enumerati per il foglio precedente, si trovano qui strumenti musicali, come vielle e salteri. Il margine inferiore è invece occupato da un’anfora biansata, dalla quale fuoriescono due asce intrecciate, affiancata da due grifi variopinti. È presente anche in questo foglio la lumeggiatura viola. Lo stato di conservazione è ottimo, non si riscontra alcun tipo di problema, se non un piccolo difetto nell’adesione del dorso ai fascicoli, visibile appena si apre il codice, ma non tanto grave da arrecare danni al manoscritto. Non si individuano tracce di restauri. La legatura è in assi di cartone ricoperte in velluto purpureo, decorata con borchia centrale su entrambi i piatti. Questo non doveva essere l’unico elemento decorativo, come sembrano testimoniare i fori, alcuni ancora con dei piccoli chiodi infissi al loro interno, e le tracce circolari impresse sul velluto presenti su tutti gli angoli in entrambi i piatti. La borchia centrale è costituita da un clipeo con cornice in metallo dorato, contenente una piastrina con lo stemma della Rovere, sormontato dal galero cardinalizio; i piatti sono inoltre provvisti di due tenoni metallici, mentre i contropiatti sono rivestiti in raso porpora. La legatura, originale, è in buone condizioni, anche se il velluto risulta consumato in più punti, soprattutto nel dorso e in tutti i margini dei piatti, che lasciano intravedere la tramatura della stoffa sottostante. Il manoscritto è protetto poi da una legatura a busta ribaltata del tipo Rossi B, con dorso in pelle e piatti rivestiti di carta marmorizzata (del tipo che si definisce marmo-pietra). Sul dorso, si legge in alto PRIVIL(EGIA) / CONCESS(A) / A / IULIO II / CANONIC(IS) / REGUL(ARIBUS) / LATERAN(ENSIBUS); in basso, COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. Taglio dorato. Lo stemma contenuto nelle due borchie centrali appartiene alla famiglia della Rovere, quindi a papa Giulio II (1503-1513), che concede il privilegio conte-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

nuto nel manoscritto. Il blasone non è tuttavia papale, ma cardinalizio e potrebbe essere ricondotto a Sisto Franciotto della Rovere, nipote del pontefice, cardinale di San Pietro in Vincoli dal 1507. Il Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 160) indica un explicit a f. 41r (Datum Romae apud Sanctum Petrum anno incarnationis dominice MDXII, quarto nonas Aprilis), di cui tuttavia non si trova traccia. (SILVA TAROUCA, I, 28r-v; Bibl. Rossianae, I, 39r) TIETZE, Die illuminierten, 160 nr. 345.

EVA PONZI

Ross. 26 (olim VII, 26) ANDREA GRITTI, Diploma pro nobili viro Zuan Iachomo Baffo Italia settentrionale (Venezia?), sec. XVI1 (d.to Venezia, 1525 giugno 30, ultima data segnata sul codice, f. 45v, secondo la foliazione apposta sul manoscritto. Un’altra data, 1520 aprile 20, è presente a f. 45r) Membr. (pergamena di buona qualità, consistente e discretamente lavorata); ff. X (I in cartoncino blu, come la controguardia; II-X cart. moderni), 23, XIV’(I’-XIII’ cart. moderni; XIV’ in cartoncino blu, al pari della controguardia); foliazione antica, ma non contemporanea alla stesura del codice, al centro del bas-de-page, in cifre arabiche a inchiostro bruno; essa inizia a numerare il foglio 1 con la cifra 23 e continua così fino al f. 23 indicato come 46; il codice è privo dei richiami di fascicolo; mm 197×128; scrittura minuscola umanistica di una sola mano a inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 134×82) a piena pagina su 23 linee di scrittura; rigatura a tecnica mista, sempre su recto e verso di ogni foglio: in ocra chiarissima per le righe orizzontali e a mina di piombo leggerissima per quelle verticali, che giungono a toccare i margini; il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 iniziale maggiore in oro (mm 37×35); 1 pagina di incipit; numerose iniziali minori in capitale alternativamente rosse e gialle, talvolta anche in viola.

Ross. 26, f. 1r

L’iniziale e la pagina di incipit sono entrambe collocate al f. 1r (segnato come 23r).

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ROSS. 25-26

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f. 1r: iniziale N di Nos Andreas Griti, in apertura del diploma, in lettera capitale e campita in oro musivo, posata su un campo di colore viola e decorato con un elemento vegetale in porporina. Le prime linee di scrittura sono anch’esse vergate in capitale e realizzate con inchiostri alternati nei colori del viola, passando per il giallo, per arrivare fino al rosso. La pagina di incipit è percorsa su tutti i margini da una cornice floreale policroma (verde, porpora, azzurro), arricchita dalla presenza di fragoline e bottoni d’oro. Nel margine superiore, all’interno di una cornice blu, è l’insegna di Venezia, il leone di san Marco con il nimbo e il libro chiuso, mentre nel bas-de-page, all’interno di una sottile cornice viola, su fondo arancio, è uno stemma partito nel I d’oro a due bande di blu, nel II di blu a due bande d’oro. Il manoscritto appare in buono stato di conservazione e non sembra aver subito restauri. Legatura Rossi A, in buone condizioni; sul dorso, in alto si legge: ANDR(EAE) / GRIT(TI) / DOGE / DI / VENEZ(IA) / DIPLO(MA); in basso: C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / ANNO / 1525. A partire dal Quattrocento, e per buona parte del secolo XVI, la miniatura entra nelle pagine dei documenti ufficiali veneziani. Giordana Mariani Canova ha studiato il fenomeno (MARIANI CANOVA, La decorazione, 319-334), mettendo in luce l’importanza dell’indagine su questo tipo di decorazione, preziosa per la ricostruzione cronologica del panorama miniaturistico della città lagunare; nella maggioranza dei casi i documenti dogali sono infatti datati (MARIANI CANOVA, La decorazione, 319), elemento che permette di seguire quasi senza possibilità di travisamenti la linea di sviluppo della miniatura veneta. Poiché tramanda un diploma emesso dal doge Andrea Gritti (1523-1538), il Ross. 26 va quindi inserito in tale peculiare catalogo di opere miniate e il suo apparato decorativo, seppur con un linguaggio meno raffinato, può essere ricondotto alla lezione di Benedetto Bordon (1445-1450 oppure 1460-1530), artefice anch’egli della decorazione di documenti ufficiali ai primi del Cinquecento, la cui influenza permea il panorama artistico veneziano di quegli anni (MARIANI CANOVA, La decorazione, 333; MARCON, s.v. Bordon Benedetto, 124). (Bibl. Rossianae, I, 40r) TIETZE, Die illuminierten, 160 nr. 348.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 28 (olim VII, 28) FRATER GASPAR, Logica Ferrara, sec. XV2 (ante 1450) (f. 2r) incipit: Reverendissimo in Christo patri et domino, domino domino miseratione divina Sanctae Mariae in via Latae sacrosanctae Romanae Ecclesiae dyacono cardinali dignissimo Firmano communiter nuncupato, frater Gaspar minimus ordinis preaedicatorum salutem

Ross. 28, f. 2v

Membr.; ff. VI (cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), ff. 31, VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra (i ff. 1r-v e 29r-31v sono bianchi); richiami a f. 4v, 14v, 24v e, quando non rifilate, indicazioni di registro in basso a destra (ff. 1r, 2r, 6r, 7r, 8r, 9r, 14r, 17r, 18r, 19r, 24r, 26r, 27r, 28r); mm 193×145; scrittura umanistica corsiva su una colonna (mm 120×90) a inchiostro bruno, di 27 linee; talvolta si scorgono delle annotazioni marginali (ff. 13v, 17r, 17v, 18v). Rigatura a penna sul recto e sul verso di ogni foglio.

2 iniziali decorate di modulo maggiore, ai ff. 2v, 24v, e 14 iniziali filigranate di modulo minore in apertura di ogni paragrafo. f. 2v: iniziale maggiore decorata P di Propositio est (mm 23×20). Il campo della lettera è in oro. All’interno della P racemi e globi alternativamente verdi e rossi. f. 24v: iniziale maggiore C di Consequens est (mm 25×21), decorata allo stesso modo della precedente (f. 2v). Il manoscritto è uno dei circa duecento codici appartenuti al cardinale Capranica e alla biblioteca del Collegio da lui fondato. In seguito gran parte di essa fu venduta al de Rossi che fece apporre sul dorso delle legature l’iscrizione in lettere capitali B(ibliotheca) C(ardinalis) Fi(rmani). Il manoscritto si ritrova nell’inventario del Collegio Capranica (ms. Vat. lat. 8184) al numero 180. Nella prefazione, a f. 1r, si legge che il codice fu scritto da frate Gaspare Sighicelli e dedicato al cardinale. È l’unico manoscritto che tramanda il lavoro di Gaspare. Il frate entrò nel 1431 nei domenicani di Bologna e qui iniziò a studiare teologia. Fu vescovo di Imola nel 1450 e morì a Ferrara nel 1457 (KAEPPELI, s.v. Gaspard, XIX, 1359). Il manoscritto fu dunque realizzato, con molta probabilità, in questa città entro il 1450, anno della sua elezione a vescovo.

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ROSS. 28-29

Lo stato di conservazione del manoscritto è buono. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge in alto FR(ATRIS) / GASP(ARIS) / DE / BON(ONIA) / O(RDINIS) P(RAEDICATORUM) / LOGI(CAE) / TRAC(TATUS) e in basso l’indicazione C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FI(RMANI). (SILVA TAROUCA, I, 30r; Bibl. Rossianae, I, 42r) KAEPPELI, s.v. Gaspard, XIX, 1359; BUONOCORE, Bibliografia, 653; BUONOCORE, I codici miniati, 174, n. 41.

SALVATORE SANSONE

Ross. 29 (olim VII, 29) PSEUDO BERNARDUS, Libro sopra le septe ore Italia centrale, sec. XIV, metà Membr.; ff. IX (cart.; il f. I è in cartoncino marmorizzato, come la controguardia), 26, V’ (cart.; il f. V’ è in cartoncino marmorizzato, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra; richiami illustrati e presenza di indicazioni di registro in cifre arabe sul margine sinistro del primo foglio di ogni fascicolo; mm 196×129; scrittura gotica rotunda, di modulo ampio e ben spaziata, vergata su una colonna (mm 130×87) a inchiostro nero, di 20 linee; da f. 9r a f. 26r sono visibili i fori guida per la rigatura, realizzata a secco e a penna (a penna i ff. 1r, 3r, 5r, 7r, 15r, 22v, 25r).

8 iniziali filigranate (mm 25×16). Un’immagine in apertura di codice sul margine destro di f. 1r e 3 immagini ad accompagnare, quasi con funzione di drôleries, i richiami di fascicolo. All’inizio di ogni paragrafo il titolo vergato in rosso. f 1r:

sul margine destro del foglio è raffigurato un frate tonsurato e nimbato su un piedistallo dipinto di rosso. La mano destra benedice, mentre la sinistra sembra reggere un libro chiuso. L’immagine ritrae probabilmente Bernardo. f. 8v: un’immagine in basso accompagna il richiamo di fascicolo. Si tratta di un ibrido con corpo di

Ross. 29, f. 8v

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26

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

pennuto e gambe umane, che tiene nel becco un pesce. All’interno della coda dell’animale è realizzato, a penna un volto. Il richiamo è inserito nel corpo dell’animale. f. 14v: un gallo è raffigurato con volto di uomo barbuto. Sopra la testa dell’uomo è dipinta quella del gallo. Il richiamo è inserito nel corpo dell’ibrido. f. 22v: un drago è raffigurato con coda di pavone. All’interno del corpo si legge il richiamo di fascicolo. Il manoscritto fu forse prodotto in uno scriptorium monastico centro italiano, intorno alla metà del XIV secolo. La caratteristica dei richiami illustrati ritorna in altri due manoscritti dello stesso fondo, il Ross. 30 (cfr.) e il Ross. 32, che fanno probabilmente parte di un gruppo omogeneo di codici e quindi di un unico progetto editoriale. I richiami illustrati, che come visto raffigurano creature ibride e mostruose, e altre creazioni della fantasia del miniatore, possono essere accostati alle illustrazioni marginali, le drôleries, spesso prive di significato apparente, e di difficile classificazione, di cui uno dei primi esempi è il registro di Innocenzo III (Archivio Segreto Vaticano, Reg. Vat. 4), datato a cavallo tra il secolo XII e il XIII (IACOBINI, La pittura e le arti suntuarie, 300). Nel manoscritto rossiano, il miniatore, libero da un rapporto stretto col testo, realizza immagini di pura decorazione, quasi caleidoscopiche, nelle quali è intensa la commistione tra mondo umano e modo animale. Discreto lo stato di conservazione. Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge in alto CONT(IENE) / SULLA / PASSI(ONE) / D(I) CRI(STO) / TESTO / D(EL) BUO(N) / SECOL(O) e in basso COD(ICE) / MEM(BRANACEO) / D(EL) S(ECOLO) / XIV. (Bibl. Rossianae, I, 43r) WILMART, Le grand poéme, 270 ; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351.

SALVATORE SANSONE

Ross. 30 (olim VII, 30) Oratio ad Beatam Virginem Mariam (ff. 1r-v). Evangelium secundum Marcum (ff. 1v-2r). Meditazione spirituale (ff. 2v-65v). Oratio ad Beatam Virginem Mariam (ff. 66r-68v). Italia centrale, sec. XIV, metà (f. 65v) explicit non del tutto leggibile a causa di rasure: Finito libro isto /// gratia XPO ///

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ROSS. 29-30

27

Membr.; ff. V (cart.; il f. I è in cartoncino marmorizzato, come la controguardia), 68, V’ (cart.; il f. V’ è in cartoncino marmorizzato, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra; richiami illustrati; mm 196×129; scrittura gotica rotunda, di modulo ampio, su una colonna (mm 138×80) a inchiostro nero toccato di rosso, di 21 linee; rigatura a secco e a penna. Su qualche foglio si scorgono i fori guida (per es. ai ff. 33-40).

Miniatura tabellare a f. 2r; illustrazioni ad accompagnare i richiami di fascicolo. Sul margine esterno dei fogli si notano spesso maniculae e notabilia. I titoli, i segni di paragrafo, i riempilinea e l’explicit sono vergati in rosso. Sono presenti anche numerose iniziali filigranate e rubricate, con letterine guida per il tracciato delle stesse. f. 2r:

f. 4v: f. 12v: f. 20v: f. 26v: f. 32v: f. 40v: ff. 48v,

Ross. 30, f. 2r miniatura tabellare sul margine inferiore (mm 86×96). L’evangelista Marco nimbato, barbuto e in abito monacale è ritratto, di tre quarti, al suo scrittoio, colto nell’atto di vergare il testo. Dall’alto scende verso di lui un angelo, simbolo dell’ispirazione divina. Completa la scena, sulla sinistra, un albero da frutto. L’immagine è circondata da una spessa cornice tracciata in rosso. richiamo vergato all’interno del corpo di un cane all’interno del corpo di un drago dal volto umano si legge il richiamo. Sul capo dell’uomo è ritratta la testa di un gallo. un angelo tiene con le mani una sorta di riquadro nel quale è tracciato il richiamo. all’interno di una decorazione geometrica si legge il richiamo. all’interno di una decorazione geometrica si legge il richiamo. la testa di un cavallo circonda il richiamo. 52v, 60v: all’interno di decorazioni vegetali si leggono i richiami.

Il manoscritto fa parte, insieme al Ross. 29 e al Ross. 32, di un gruppo omogeneo di codici, prodotti in uno scriptorium monastico dell’Italia centrale, intorno alla metà del XIV secolo. La scrittura, l’abitudine di realizzare in rosso le maiuscole all’interno del testo, il colore degli inchiostri pressocchè identico e la presenza di uno stesso miniatore che realizza le illustrazioni, possono confermare questa ipotesi. Come per il Ross. 29 (cfr.), si segnala la presenza di richiami illustrati con figure di animali, in funzione di drôleries.

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28

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Discreto lo stato di conservazione. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto MEDITAZ(IONE) / SPIRITUA(LE) / TESTO / DEL BUON / SECOLO / e in basso COD(ICE) MEM(BRANACEO) / DEL / S(ECOLO) XIV. (Bibl. Rossianae, I, 44r) TIETZE, Die illuminierten, 83 nr. 128.

SALVATORE SANSONE

Ross. 31 (olim VII, 31) Ymago vite (ff. 1r-45v). Glorioso et devoto pianto et lamento de la gloriosa et dolente madre del nostro Signore (ff. 46v-61v) Italia settentrionale (Veneto?), sec. XVin. Membr.; ff. V (cart.; il f. I è in cartoncino blu, come la controguardia), 62, IV’ (cart.; il f. IV’ è in cartoncino blu, come la controguardia); numerazione antica, in cifre arabe, in alto a destra; su ogni fascicolo richiami al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio; mm 182×137; sei fascicoli (1-410, 512, 610); scrittura gotica su una colonna (mm 122×86) a inchiostro nero e rosso, di 30 linee; sono rigati ma non scritti i ff. 46r e 62r-v; rigatura a penna.

1 iniziale maggiore a f. 47r; 1 iniziale media a f. 2v; 1 iniziale minore a f. 1r; miniatura tabellare a f. 46v. Numerose iniziali minori rubricate in blu e rosso, alcune delle quali filigranate (ff. 5r, 6r, 10r, 10v, 15r, 16v, 25r, 26r, 26v). Spesso si riscontra la presenza di segni di paragrafo. Sui margini numerosi schizzi a penna ad accompagnare figurativamente le annotazioni marginali.

Ross. 31, f. 46v

f. 1r: iniziale minore decorata I di Io humilio (mm 23×21) su fondo bipartito in oro e blu. Sul margine sinistro del foglio, in prossimità della lettera, tre globi aurei disposti in verticale. f. 2v: iniziale media D di Di me o homo (mm 32×35) con decorazioni vegetali, su campo in oro.

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ROSS. 30-31

29

All’interno della lettera si scorgono due grandi foglie simmetricamente disposte ai lati di un elemento vegetale. Dalla decorazione che forma il tratto sinistro della lettera si diparte un ricco fregio vegetale, a fogliette e globi aurei, che si sviluppa lungo i margini sinistro e superiore del foglio. f. 46v: miniatura tabellare (mm 111×84) con la Crocifissione; l’immagine, dalla forte carica devozionale, impegna gran parte della pagina, al di sopra dell’incipit rubricato della seconda delle opere tràdite dal manoscritto. Ai piedi della croce, ritratti a mezzo busto, Maria e san Giovanni Evangelista. Il corpo del Redentore è cosparso di piaghe sanguinolente e dalla ferita del costato sgorga un fiotto di sangue. L’intera scena è realizzata su un fondo rosa tenue, sul quale il miniatore traccia, con la penna e il bianco di piombo, una leggera ma diffusa decorazione vegetale. Uno spesso tratto in nero incornicia l’immagine. f. 47r: iniziale maggiore C di Correte anime (mm 40×40) con decorazioni vegetali. All’interno della lettera si sviluppano tre grandi foglie, mentre altre due, terminanti in globi aurei, ne coronano la sommità. Il manoscritto, che tramanda due testi vergati da un’unica mano, sembra essere stato miniato da due artisti diversi, entrambi di scuola padovana, impegnati l’uno nella realizzazione dell’apparato decorativo, che comprende le due iniziali ai ff. 1r e 2v, segnalandosi per il raffinato ed elegante ornato vegetale che si sviluppa dall’iniziale D; l’altro, all’interno dell’unico senione che compone il manoscritto, nella fattura della miniatura tabellare di f. 46v e dell’iniziale maggiore sul recto del foglio successivo. Il codice, che può comunque ricondursi unitariamente ad ambito veneto, fu probabilmente realizzato intorno ai primi decenni del XV secolo. Discreto lo stato di conservazione, tranne che per qualche caduta di colore (ad es. nell’iniziale di f. 1r). Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge in alto IMAGINI / DELLA / VITA / PIANTO / DELLA / B(EATA) V(ERGINE) M(ARIA) e in basso COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (Bibl. Rossianae, I, 45r-46r) TIETZE, Die illuminierten, 100 nr. 179; GUIDI, Gli studia, 103, 127; GUIDI, Colombini, 418, 427; CERESA, Bibliografia 1998, 380; CERESA, Bibliografia 2005, 477.

SALVATORE SANSONE

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30

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 35 (olim VII, 35) BLANCUS CERUTUS VERONIENSIS, Declamationum novarum libellus (ff. 2r-5v); Accusationis Sulpitii in C. Iunium Norbanum imitatio (ff. 6r-27v); Testimonia ad probandum in cursu orationum (ff. 28r-31v) Verona, sec. XV, post 1477 (f. 2r) incipit: Argumentum declamationum novarum quae apud Xixtum IIII pontifex maximum et […] a Blanco Ceruto Veroniensis et Hermolao Curtivo acte sunt anno salutis cristianae 1472 (f. 31v) colophon: Blancus Cerutus Veronensis iuris doctor et reverendissimi domini cardinalis Foscari secretarius et auditor Membr.; ff. VIII (I-VI cart., il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 30, VI’’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in alto a destra. È numerato 1 il foglio VI (ultimo delle guardie anteriori); di conseguenza il foglio d’apertura del primo fascicolo è numerato 2. Richiami verticali sul margine destro ai ff. 11v e 21v; mm 195×134; scrittura umanistica corsiva a inchiostro nero, rosso per gli incipit su una colonna (mm 126×177), di 21 linee; rigatura a secco. Ross. 35, f. 1r

Una pagina di dedica, a f. 1r, con una cornice sui quattro lati. Una pagina d’incipit a f. 2r, con identica struttura e decorazione. 4 iniziali in oro maggiori e, ai ff. 6r e 16v, 1 decorazione a fogliette e girari. Si segnalano alcuni titoli di paragrafo rubricati (ff. 6r, 16v, 28r, 30r). f. 1r: pagina di dedica, dove il testo – Ill. Principi Constantio Sphortiae de Aragonia Pisauri Domino Blancus Cerutus Veroniensis salutem – è circondato da una cornice a intreccio geometrico, in bianco e blu, su campo in rosa tenue. Al di sotto delle tre linee di dedica rubricate, un’iniziale in oro, la F di Facit tum magnitudo (mm 24×14), arricchita da una delicata decorazione vegetale realizzata a penna e inchiostro blu e un riempilinea a girari e fogliette anch’esso in oro. f. 2r: pagina d’incipit, composta strutturalmente nello stesso modo della pagina di dedica. La cornice è, però, decorata in giallo e arancio su campo blu. Dopo le quattro linee dell’incipit, l’iniziale in oro N di Non sum (mm 16×18). f. 6r: iniziale in oro V di Video iudices (mm 25×27). Il testo, che apre l’Accusationis Sulpitii, è circondato da una decorazione a fogliette e girari realizzata a penna con inchiostro blu.

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ROSS. 35-36

31

f. 16v: iniziale in oro N di Nemini dubium (mm 20×20). La stessa decorazione, a fogliette e girari, circonda il testo sui quattro lati. Il manoscritto tramanda gli autografi di alcune opere di Bianco Ceruti. Questi, allievo di Giovanni da Lazise e segretario del cardinale Pietro Foscari dopo il dottorato in legge, legò il proprio nome a Sisto IV (AVESANI, Verona, 210-211). L’intera decorazione con fregi e lettere in oro è attribuibile alla mano di Felice Feliciano. Feliciano, che fu anche stampatore, lavorò come miniatore e calligrafo all’edizione del De re militari di Valturio, stampata a Verona da Johannes Nicolai nel 1472, l’attuale inc. Ross. 1335 (AVESANI, Verona, 137). La stessa decorazione geometrica a graticci, che con il Mardersteig si può ritenere una firma autentica del Feliciano, si ritrova ai ff. 34r e 99r del codice Ottelio, conservato alla Biblioteca Comunale di Udine, ms. 10 (MARDERSTEIG, Tre epigrammi, 378), in un altro conservato presso la Bodleian Library, ms. Canon. Misc. 123, datato al terzo quarto del XV sec. (PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts 2, 65), in un manoscritto della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (ms. XXIII. 17, f. 120r) e ancora in alcune decorazioni di iniziali maggiori, ai ff. 11r e 35r, nel Ross. 1117 (cfr.). La data 1472 che si legge nell’incipit a f. 2r è fuorviante. Il Ceruti, infatti, nel colophon si sottoscrive segretario del cardinale Foscari, elevato alla porpora il 10 dicembre 1477: è evidente, quindi, che il manoscritto fu terminato dopo tale data. Il codice è in buone condizioni, nonostante qualche caduta di colore per quanto riguarda la decorazione. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge in alto BLANC(I) / CERUT(I) / OPUSC(ULA) e in basso C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 33r-v; Bibl. Rossianae, I, 50) TIETZE, Die illuminierten, 133 nr. 287; DEROLEZ, Codicologie, 129.

SALVATORE SANSONE Ross. 36 (olim VII, 36) FRANCISCUS UBERTUS, Epigramaton Italia (Cesena), secc. XVex.-XVIin. (f. 1r) incipit: Ad illustrissimum ac excellentissimum dominum Ducem Valentinum dominum Caesarem Borgiam de Francia dominum nostrum ac Sanctae Romanae Ecclesiae confalonerium: Francisci Uberti Caesenatis Epigramaton libellus Membr.; ff. VIII (cart., il I in cartoncino azzurro come la controguardia), 30, VIII (cart., l’VIII’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione manuale in alto a destra. Il foglio in apertura del primo fascicolo, considerato erroneamente un foglio di guardia, è numerato con I. La numerazione in numeri arabi inizia quindi con quello che in realtà è il secondo foglio, ma

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32

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

numerato come 1; mm 198×127; scrittura umanistica corsiva a inchiostro nero, rosso per gli incipit, su una colonna (mm 127×85), di 22 linee; rigatura a mina di piombo realizzata sul recto e sul verso di ogni foglio.

Pagina d’incipit a f. 1r, con 1 iniziale maggiore miniata in oro; si segnala la presenza di numerose iniziali di modulo minore, vergate alternativamente con inchiostro blu e rosso. Sono presenti, inoltre, titoli di paragrafo rubricati. f. 1r: pagina d’incipit: al di sotto delle quattro linee di scrittura rubricate, che tramandano la dedica dell’opera, la L di Licet profecto (mm 33×31), miniata in oro, spicca su un fondo bipartito in blu e verde. Decorazioni a globi completano l’opera. Sul margine inferiore del foRoss. 36, f. 1r glio uno stemma non più leggibile (Silva Tarouca afferma essere quello della famiglia Borgia, ornato col diadema ducale). È possibile tuttavia ipotizzare che lo stemma fosse stato realizzato all’interno di un clipeo laureato, come suggerisce il lieve tono di colore verde che ancora lo circonda. Il manoscritto tramanda una raccolta di epigrammi di Francesco Uberti, poeta cesenate assai fecondo, nato intorno al 1440. Cesena è anche il luogo di produzione del codice, che si può far risalire agli ultimi anni del secolo XV o ai primissimi del XVI, quando Cesare Borgia è signore della città (1500-1504). Un altro esemplare, forse copia del Ross. 36, è tràdito dal ms. Vat. lat. 9223, datato al XVI sec. (KRISTELLER, Iter II, 486) e contiene anch’esso la serie degli Epigrammi dell’Uberti. Sul foglio I, che come visto fa parte del primo fascicolo, si legge la stessa dedica di f. 1r, vergata con inchiostro bruno sull’intero spazio del foglio. Le iniziali A di Ad e I di Illustrissimum sono decorate a penna. Buono lo stato di conservazione. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge in alto UBERT(I) / CAESEN(ATIS) AD CAE(SAREM) / BORGI(AM) / EPIGRA(MATON). In basso COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 34r; Bibl. Rossianae, I, 51r) KRISTELLER, Iter II, 386.

SALVATORE SANSONE

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33

ROSS. 39

Ross. 39 (olim VII, 39) Statuto degli avogadi del comune di Venezia Italia (Venezia), sec. XVI1 (d.to 1514) (f. 24r) colophon: Scriptum per me Angelum Sansonum notarium curie Maioris MDXIIII Membr.; ff. XII (I-X cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 22, X’ (cart.; il f. X’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra. Sono numerati anche i due fogli di guardia anteriori di pergamena, che sono rigati ma bianchi; mm 159×111; scrittura umanistica corsiva vergata a inchiostro bruno su una colonna (mm 114×74), di 20 linee; rigatura a mina di piombo, sul recto e sul verso dei fogli.

Ross. 39, f. 3r

Pagina d’incipit a f. 3r con iniziale maggiore decorata. f. 3r:

sul margine destro, su quello superiore e su quello inferiore un doppio listello racchiude una decorazione vegetale all’antica, realizzata in oro su fondo campito in violetto e che prende vita da un’anfora collocata in basso, sull’estremità destra del foglio. Al centro dei lati interessati alla decorazione tre ovali, quasi delle finestre, si aprono su raffigurazioni di paesaggi campestri, due delle quali accompagnate rispettivamente, in alto, dal leone della Serenissima e in basso da uno stemma non identificato (trinciato di rosso e di nero) accompagnato, lateralmente, alle lettere capitali N e B. L’iniziale maggiore I di Io debo (mm 13×12) in littera mantiniana è tracciata in oro su fondo rosa.

Il piccolo codice è sicuramente un prodotto di scuola veneziana. La decorazione sull’unico foglio miniato (f. 3r) è realizzata infatti nello stile di Benedetto Bordon, che influenzò e rivoluzionò l’intera produzione veneziana a cavallo dei secoli XV e XVI (Parole dipinte, 404). La decorazione, abolendo i rigidi schematismi del periodo precedente, si sviluppa su tutta la superficie disponibile, o con una semplice edicola, oppure, come avviene per il Ross. 39, con una serie di racemi dorati nei quali si inseriscono degli ovali, con un colore morbido e vivace (MARIANI CANOVA, La decorazione dei documenti, 328). Il fregio del Ross. 39 è stilisticamente vicino alla decorazione all’antica che Bordon realizza al f. 3r del volume contenente gli Epigrammata di Marziale, stampato da Aldo Manuzio a Venezia nel dicembre 1501 e oggi conservato a Lon-

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34

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

dra presso la British Library (C4 D11), copia di dedica di un membro della famiglia Mocenigo (Parole dipinte, 406). Il manoscritto è in ottimo stato di conservazione. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge, in alto, STATUT(O) / DEGLI / AVOGA(DI) / DEL / COMUNE / DI / VENEZI(A) e in basso C(ODICE) M(EMBRANACEO) / ANNO / 1514. (Bibl. Rossianae, I, 56r) TIETZE, Die illuminierten, 160 nr. 346; BUONOCORE, Bibliografia, 653.

SALVATORE SANSONE

Ross. 43 (olim VII, 43) PETRUS PAULUS VERGERIUS, De ingenuis moribus et liberalibus studiis Veneto (Padova?), sec. XV3 Membr.; ff. VIII (cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 40, VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione manuale in cifre arabe in alto a destra; richiami verticali sul margine destro di ogni fascicolo; mm 165×110; scrittura umanistica corsiva vergata a a inchiostro bruno su una colonna (mm 107×76), di 24 linee; rigatura a secco.

Iniziale maggiore e pagina d’incipit a f. 1r; 7 iniziali minori rubricate in rosso e blu.

Ross. 43, f. 1r

f. 1r: pagina d’incipit con un’iniziale maggiore F di Franciscus senior (mm 29×30) vergata in verde su fondo in oro. La lettera è avvolta da intrecci in blu e rosso, terminanti in fogliette. In basso, sul margine inferiore del foglio, un clipeo laureato contenente uno stemma non leggibile a causa delle pesanti cadute di colore. Due grossi putti reggono lateralmente il clipeo con due corde dorate desinenti a campanella.

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ROSS. 39-45

35

Il manoscritto tramanda il De ingenuis moribus et liberalibus studiis di Pier Paolo Vergerio (1370-1444), composto molto probabilmente tra il 1400 e il 1402 a Padova, dove il Vergerio era tornato nel 1399 per l’infuriare della peste in Toscana e dove rimase fino al 1405 (Epistolario, XVIII, XIX). Lo Gnesotto, nel suo lavoro dedicato all’edizione dell’opera del Vergerio, riteneva che a quest’ultimo fosse stata affidata da Francesco Novello da Carrara l’educazione del giovane figlio Ubertino (Petri Pauli Vergerii, 77) e che il De ingenuis moribus fosse stato scritto per quest’ultimo. Smith, invece, sottolinea come l’opera debba considerarsi un prodotto dell’Umanesimo fiorentino e anzi afferma improbabile la notizia che il Vergerio fosse il precettore di Ubertino, che, alla data in cui Pier Paolo lasciò Padova (nel 1397) aveva appena sette anni e, come maestro, Lazzaro de’ Malrotondi di Conegliano (Epistolario, XXIII). Il manoscritto rossiano, prodotto in ambito veneto, forse a Padova, dopo la metà del XV secolo, è uno dei tanti esemplari che riportano l’opera del Vergerio, gran parte dei quali conservati alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dove però non ritroviamo né l’autografo né l’apografo, e alla Biblioteca Marciana (Petri Pauli Vergerii, 53). Altro codice con l’opera del Vegerio è il Ross. 42, che purtroppo presenta gravi cadute di colore nell’unica lettera iniziale in apertura dell’opera. La decorazione dell’iniziale, che elabora la tipologia della lettera piatta avvolta da nastri intrecciati su fondo oro e terminanti con fogliette, era già in uso a Padova nel quinto decennio del secolo XV, per poi essere replicata nel sesto, soprattutto nei codici eseguiti per Guarniero d’Artegna e decadere definitivamente nel settimo, quando verrà accompagnata da decorazioni più rigide e senza fogliame (MARCON, Scheda nr. 98, 254). Il manoscritto è in discreto stato di conservazione, ma gravi cadute di colore in alcuni punti ne pregiudicano l’esatta lettura, come nel caso dello stemma a f. 1r. Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge VERGER(II) / DE INGENU(IS) / MORIB(US) / COD(EX) / MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 45r; Bibl. Rossianae, I, 60r) SALVATORE SANSONE

Ross. 45 (olim VII, 45) Liber precum (seu piae preces) Italia (Toscana?), sec. XIV (f. 20v) colophon: Iste liber est Lucie, nunc Benedicte in monasterio ordinis sancti Hieronimi in maxima sito, monice sed non adhuc professe. Qui hunc librum furatus fuerit, a Deo optimo maximo i ///

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36

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Membr.; ff. V (cart.; sul recto del f. I è incollato un cartoncino blu, come la controguardia), 20, V’ (cart.; sul verso del f. V’ è incollato un cartoncino blu, come la controguardia); numerazione moderna in alto a destra in cifre arabe (sul primo foglio si legge il numero 6 vergato da una mano precedente); nessuna presenza di richiami; mm 186×125; scrittura gotica rotunda vergata a inchiostro bruno su una colonna (mm 121×77), di 17 linee, della stessa mano che verga il colophon; sui margini della maggior parte dei fogli una mano successiva, probabilmente del XVII secolo, apporta correzioni e modifiche sostanziali al testo. Rigatura a mina di piombo, eseguita sul recto e sul verso di ogni foglio.

La decorazione è composta da 24 iniziali maggiori; lettere minori in oro e in colore blu filigranate. Si segnala la presenza di linee di scrittura rubricate, vergate con inchiostro blu e in oro. Ross. 45, f. 6r Anche il colophon a f. 20v è in lettere d’oro. Le iniziali maggiori (in media mm 26×20), collocate all’incipit delle orazioni, sono tutte realizzate in oro e contenute in un campo di rosso, verde e blu con decorazioni a biacca, che adatta la sua forma alla morfologia della lettera ed è riquadrato da una spessa linea nera. f. 1r: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

1v: 2v: 3r: 3v: 4r: 5r: 5v: 6r: 6v: 7r: 7v: 11v: 13v: 14v: 16v: 19r:

iniziale Deum. iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

P di Pater noster; iniziale A di Ave Maria; iniziale C di Credo in I di Introybo ad altarem Dei. C di Confiteor Deo. M di Misereatur vestri; iniziale I di Indulgentiam absolutione. G di Gloria in excelsis. C di Credo in Deum. P di Per omnia. A di Adoramus te; iniziale A di Ave preciosissimum. T di Te ergo. I di In principio. S di Salve regina. O di O dulcissime. D di Deus propitius. O di Omnipotens sempiterne. D di Domine Ihesu. O di Obsecro te. S di Sanctissima et certissima.

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ROSS. 45-50

f. 19v: iniziale O di O gloriosa regina. f. 20r: iniziale A di Ave regina; iniziale G di Gratiam tuam. Il manoscritto, acefalo (incipit: Pater noster qui es), contiene parte di un libro di preghiere. Prodotto probabilmente nel XIV secolo (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 196), può essere ricondotto ad ambito toscano. Dal colophon risulta difficile risalire al citato monastero di San Girolamo, anche se potrebbe trattarsi del monastero femminile di San Girolamo di San Gimignano, ma è un’ipotesi che necessiterebbe di ulteriori conferme. Il manoscritto è in discreto stato di conservazione. La legatura, tipo Rossi A, è in buono stato di conservazione, anche se parte del dorso è staccata dai piatti. Sul dorso si legge, in alto, PRECI e in basso COD(EX)/ MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Il manoscritto è stato esposto alla mostra: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 46r; Bibl. Rossianae, I, 62r) SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 196 nr. 615; MORELLO, Libri d’ore, 17.

SALVATORE SANSONE

Ross. 50 (olim VII, 50) BASILIUS MAGNUS, Epistula de utilitate studii in libros gentilium (ff. 1r-17r). PLUTARCHUS, De liberis educandis (ff. 17r-41v). PETRUS PAULUS VERGERIUS, De ingenuis moribus (ff. 41v-80r). XENOPHON, Tyrannus (ff. 80r-99r). MARCUS TULLIUS CICERO, Somnium Scipionis (ff. 99r-106r). PSEUDO PHALARIS, Epistula ad Demostenem (ff. 106r-107v). GREGORIUS PRESBYTER, Vita Gregorii Nazianzeni (ff. 111v-152v). Vita Hieronymi presbyteri (ff. 152v-175v). PSEUDO AESCHINES, Oratio ad senatum (f. 177r). PSEUDO DEMAS, Oratio ad Athenienses (ff. 177r-v). PSEUDO DEMOSTHENES, Oratio ad Alexandrum (ff. 178v-180v). FRANCESCO PETRARCA, Epistula ad Carolum IV imperatorem Romanorum (ff. 180v-186v). LUCIANUS, De prestantia ducum seu Scipio (ff. 186v-191v). FRANCISCUS DE FIANO, Con-

Ross. 50, f. 42r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tra magistrum Petrum (ff. 191v-192v). Oratio ad Beatam Virginem (ff. 192v-193v). Epitaphium Senecae (f. 193v). AULUS GELLIUS, Epistola Senatorum Romanorum ad Pirrum (ff. 193v-194). PSEUDO CICERO, Oratio V in L. Catilinam (ff. 194-196v). PSEUDO CATILINA, Responsio seu Invectiva in Ciceronem (ff. 196v-198v) Toscana (Firenze?), sec. XV4 Membr.; ff. V (I-IV cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 200, VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra. Si incontra spesso una seconda numerazione manuale vergata a matita in alto a destra (ff. 1-10, 20, 22, 46, 107-120, 128-134, 153, 160, 164, 177-196); richiami orizzontali sul margine inferiore del foglio verso e, dove non rifilate, indicazioni di registro, in basso sull’estremo margine destro; mm 195×137; scrittura umanistica con elementi corsiveggianti vergata a inchiostro bruno e rosso per gli incipit su una colonna (mm 134×81), di 23 linee; talvolta si scorgono annotazioni marginali, soprattutto nei primi fascicoli; ff. 108111, 115v-116v, 176r-v, 199-200 bianchi. Rigatura a mina di piombo, sul recto e sul verso di ogni foglio.

La decorazione consta di 1 iniziale maggiore a f. 42r, 6 iniziali medie ai ff. 2r, 18v, 82r, 99r, 117r, 153r, numerose iniziali minori decorate e filigranate. Gli incipit, gli explicit e spesso anche i titoli dei paragrafi sono rubricati. f. 42r:

iniziale maggiore F di Franciscus senior (mm 58×42). Il corpo della lettera, decorato in blu con rialzi a biacca, è tracciato su un campo in oro riempito da una decorazione vegetale a racemi e fogliette. Dalle due estremità laterali della lettera, lungo il margine sinistro del foglio, si sviluppa ancora una decorazione vegetale a foglie d’acanto, in blu, rosso, rosa e verde. f. 2r: iniziale media M di Multa sunt (mm 29×26). Il corpo della lettera, decorato in blu e rialzato a biacca, è tracciato su campo in oro riempito da una decorazione vegetale in rosa. Dalle due estremità superiore e inferiore della lettera si dipana ancora una decorazione vegetale a foglie d’acanto. f. 18v: iniziale media Q di Quid nam est (mm 27×26). Il corpo della lettera, decorato in blu, è tracciato su campo in oro riempito da una decorazione vegetale in rosso. Dal riquadro che la circonda si sviluppa un piccolo fregio vegetale a foglie d’acanto. f. 82r: iniziale media C di Cum ad (mm 27×22). Il corpo della lettera, decorato in rosa, è tracciato su campo in oro riempito da una decorazione vegetale in verde. Dalle due estremità si sviluppa ancora una decorazione a foglie d’acanto intrecciate. f. 99r: iniziale media C di Cum venissem (mm 24×21). Il corpo della lettera, decorato in rosa, è tracciato su campo in oro riempito da una decorazione vegetale in blu. Dalle due estremità si sviluppa ancora una decorazione a foglie d’acanto intrecciate. f. 117r: iniziale media P di Pateria illi (mm 23×22). Il corpo della lettera, decorato in blu, è tracciato su campo in oro riempito da una decorazione vege-

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ROSS. 50-54

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tale in verde. Un fregio, che si sviluppa dalle due estremità della lettera, avvolge il margine sinistro e superiore del foglio con una decorazione a foglie d’acanto intrecciate. f. 153r: iniziale media di B di Beati Iheronimi (mm 30×27). Il corpo della lettera, decorato in blu e rialzato, è tracciato su campo in oro riempito da una decorazione vegetale, accompagnata da due grossi fiori rosa. Dal riquadro che circonda l’intera lettera una decorazione vegetale a foglie d’acanto intrecciate si sviluppa sul margine sinistro del foglio e su parte di quello superiore. Il manoscritto, in origine appartenuto alla biblioteca del cardinale Capranica, può essere datato all’ultimo quarto del XV secolo e attribuito, vista la decorazione delle iniziali maggiori e di quelle medie, ad ambito toscano, forse fiorentino. Probabilmente il codice è una copia del manoscritto Clm 649 conservato a Monaco, presso la Bayerische Staatsbibliothek, datato al 1470 e copia, a sua volta, del manoscritto segnato IV. G. 4 presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (Manuscrits classiques latins, 421). Il codice si conserva in ottime condizioni. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge: in alto S(ANCTI) BASILII / PLUTARCHI / P(ETRI) P(AULI) VERGERII / XENOPHONTIS / CICERONIS / VARIA / S(ANCTI) GREGORII / ET / S(ANCTI) HIERONIMI / VITAE / ESCHINIS / ET / DEMOSTENIS / ORATIONES / PETRARCHAE / LIBANII / ET / ALIORUM / OPUSCULA e in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FIRMANI. (SILVA TAROUCA, I, 49r-51v; Bibl. Rossianae, I, 68r-v) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; Manuscrits classiques latins, 421; BUONOCORE, Bibliografia, 653; CERESA, Bibliografia 1991, 274; FLAMMINI, L’Epithaphium, 103; CERESA, Bibliografia 2005, 477.

SALVATORE SANSONE

Ross. 54 (olim VII, 54) Opuscula quaedam Sanctorum Patrum: De passione domini sermo (ff. 1r-7v); De nativitate domini sermo (ff. 7v-15v); Sancti Ephrem sermo de Antichristo (ff. 16r-29v); Eiusdem sermo de virginitate (ff. 30r-36v); Eiusdem sermo de laudibus martyrum (ff. 37r-44v); Eiusdem laudatio sancti Ioseph patriarchae (ff. 44v-67v); Sermo de Baptismo (ff. 68r-71r); Omelia sancti Iohannis (ff. 71r-89v); Sermo sancti Hieronimi presbiteri (ff. 89v-91v); Sermones sancti Iohannis episcopi (ff. 91v-101r); Sermo Maximi episcopi (ff. 101r-115r); Sermo Iohannis Costantino (ff. 115r-140r) Italia settentrionale, sec. XV, prima metà

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40

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Membr. (pergamena di ottima qualità in perfetto stato di conservazione); ff. VI (cart.), 140, VI’ (cart.). Numerazione, probabilmente contemporanea alla confezione del manoscritto, in numeri romani, vergata in inchiostro rosso, al centro nel margine superiore del recto di ogni foglio a partire dal secondo. Il codice misura mm 177×138 (misure prese a f. 1r). Specchio scrittorio (mm 98×77, misure prese a f. 1r), a una colonna centrale di 19 linee. Scrittura di transizione di modulo piccolo in inchiostro nero, rubriche in inchiostro rosso; rigatura a piombo e inchiostro bruno composta da 2 righe verticali e 20 orizzontali. Richiami, posti al centro del margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, vergati in inchiostro nero dalla stessa mano della scrittura del testo, inseriti entro una sottile cornice di forma rettangolare in inchiostro bruno. Foratura di guida per la rigatura ancora visibile sulla maggior parte dei fogli. Ross. 54, f. 1r

Il manoscritto ha una impaginazione elegantemente calibrata e la decorazione, assegnabile a un’unica mano, appare sobria ma molto curata; anche l’armonia cromatica è volutamente essenziale ma equilibrata. L’incipit del volume, che si apre con un Sermone sulla Passione di Cristo (f. 1r), è evidenziato dal monogramma YHS, decorato a bianchi girari e campito su di uno sfondo colorato in un intenso blu oltremare, opportunamente sagomato attorno alle terminazioni floreali, nel quale si inserisce l’iniziale ornata L di Loqui timeo (mm 64×61). L’impianto rigoroso delle lettere capitali in foglia d’oro brunita si impreziosisce grazie alle formule fantasiose dei motivi vegetali a intreccio, arricchiti dall’oro e dal colore, che gli si dispongono intorno. Nel margine inferiore della pagina, tra due angeli nimbati dalle sembianze infantili, si accampa uno stemma a scudo tripartito, non ancora identificato. Iniziali decorate a bianchi girari, tipologicamente analoghe ma di minori dimensioni rispetto a quelle della pagina d’incipit (mm 58×53), segnano anche l’inizio delle partizioni maggiori dei testi. Tali iniziali si trovano a: f. 7r: f. 16r: f. 30r: f. 37r:

iniziale decorata R di Rex celestis, all’incipit del Sermone in Nativitate domini. iniziale decorata Q di Quomodo peccatorum, all’incipit del Sermone di sant’Efrem sull’Anticristo. iniziale decorata D di De virginitate, all’incipit del Sermone de virginitate. iniziale decorata I di Insipiens imperitus, all’incipit del Sermone de laudibus martyrum.

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ROSS. 54

f. 44r: f. 68r: f. 71v: f. 89v: f. 91v: f. 95v: f. 101r: f. 104v: f. 115r: f. f. f. f.

126v: 132r: 134r: 137r:

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iniziale decorata D di Deus Abraham, all’incipit della Laudatio sancti Ioseph Patriarchae. iniziale decorata E di Ea quam, all’incipit del Sermone de Baptismo. iniziale decorata M di Multe tempestates, all’incipit dell’Omelia di san Giovanni Crisostomo. iniziale decorata P di Per sanctam, all’incipit del Sermone dei presbiteri. iniziale decorata P di Portabat Rebecca, all’insipit del Sermone di san Giovanni vescovo. iniziale M di Mittitur a Iacob, all’incipit del Sermone di san Giovanni vescovo. iniziale decorata S di Stabat Moyses all’incipit del Sermone di san Massimo vescovo. iniziale decorata P di Puto res ipsa. iniziale decorata di H di Hodierna die, all’incipit del Sermone di san Giovanni Constantino. iniziale decorata C di Convenientes ad stationem. iniziale decorata P di Presens ista. iniziale decorata H di Hodie incipiamus. iniziale decorata I di Iudei ergo.

Infine, completano l’apparato decorativo del manoscritto 4 iniziali rubricate a pennello in blu (ff. 40v, 59v, 69v, 89v), occupanti tre linee dello specchio scrittorio, le quali scandiscono le sezioni del testo di minore rilevanza. Lo stato di conservazione del manoscritto è complessivamente molto buono, malgrado lo stemma a f. 1r presenti una vistosa consunzione della pellicola pittorica con evidenti cadute di colore. Legatura del tipo Rossi A anch’essa in buono stato di conservazione. In alto si legge: OPUSCULA / QUAEDAM / SS. PATRUM; in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / S(AECULI) XV. Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. La prima citazione del codice risale a Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, I, 56r-v) che nel suo inventario dei manoscritti rossiani ne lascia la prima sintetica descrizione e data il manoscritto tra il XII ed il XIII secolo. Il codice è menzionato anche nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 106) che data il manoscritto alla prima metà del XV secolo e lo localizza in Toscana. L’apparato decorativo del Ross. 54 testimonia una certa sicurezza di mestiere e una discreta tenuta qualitativa nell’esecuzione; lo stile delle iniziali sembrerebbe suggerire una collocazione del manoscritto nell’Italia settentrionale. È infatti possibile individuare una certa parentela con le iniziali di un manoscritto con l’Expositio Evangeliorum dominicalium di Alberto da Padova (ms. MA 498), custodito nella Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, attribuito a scuola miniatoria lombarda e datato intorno al 1430 (BANDERA, Scheda nr. 88, 211-212); in particolare, le iniziali a f. 1r del codice bresciano appaiono strettamente consonanti al linguaggio formale di quelle del Ross. 54. Anche il particolare intreccio dei racemi vegetali, riccamente articolati, che

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42

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

si ripete con grande varietà di combinazioni in quasi tutte le iniziali di quest’ultimo manoscritto, venendo a costituire una sorta di cifra del miniatore, può essere messo in relazione con i motivi ornamentali presenti nell’Expositio bresciana. Nel complesso, dunque, il manoscritto rossiano si rivela opera di un miniatore verosimilmente settentrionale di discreta qualità che lavora probabilmente entro la prima metà del XV secolo, i cui mezzi tuttavia non consentono di andare oltre la sequela dei modelli prefissati, delle composizioni che va ricalcando o adattando alle proprie necessità espressive: predilige un segno lineare, nitido e asciutto poco incline all’aulicità e volto alla ricerca di un naturalismo schietto e vivace. (SILVA TAROUCA, I, 56r-v; Bibl. Rossianae, I, 74r) TIETZE, Die illuminierten, 106 nr. 197.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 59 (olim VIII, 1) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Evangeliorum quattuor initia (ff. 13r17v). Orationes: Obsecro te (ff. 17v-21r), O intemerata (ff. 21r-24v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 25r-99r); Hymnum Salve sancta et antiphona de Beata Maria Virgine (ff. 99v-100r); Vigiliae defunctorum (ff. 101r-147v); duae orationes (ff. 148r-149r) Francia (Parigi), secolo XIVex. Membr.; fogli di guardia assenti; ff. 149; foliazione a lapis, moderna, progressiva, in numeri arabi, visibile nell’angolo superiore destro di ogni recto; richiami orizzontali posizionati lungo il margine inferiore, ma rifilati, rimangono visibili solo sul verso dei ff. 20 e 56. Il codice misura mm 194×145. Scrittura gotica textualis vergata a più mani su una sola colonna di 15 linee con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per evidenziare i tituli e, nel calendario, il mese, il giorno e il nome del santo. I ff. 100v e 149v sono bianchi. Una mano scrive l’intero manoscritto, una seconda, di epoca posteriore, i ff. 99v-100r e una terza, ascrivibile al XV secolo, i ff. 148r-149r (SILVA TAROUCA, I, 61r-v). Specchio di scrittura di mm 104×58 (tranne ai ff. 41v e 43r dove misura mm 116×58) su 17 linee. Rigatura a inchiostro di colore rosso-bruno; sempre visibili i fori di guida.

La decorazione del codice è costituita da: 1 miniatura tabellare a f. 25r

Ross. 59, f. 25r

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ROSS. 54-59

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(mm 75×62); 9 iniziali maggiori decorate (media mm 19×24); iniziali calligrafiche realizzate in blu ed oro in foglia, alternate e filigranate a penna rispettivamente nei colori rosso e blu; a f. 148r 1 iniziale geometrica nei colori del blu e del rosso con filigranatura a penna nei medesimi colori; riempilinea a linee geometriche nei colori blu, rosso e oro in foglia. Poste all’interno di campi dorati e profilati da una cornice lineare nera, le iniziali maggiori presentano il corpo nei colori azzurro e rosa antico illuminato da filigranatura a motivi geometrici in biacca, mentre il fondo, in foglia d’oro, è ornato da elementi vegetali. Si dipartono da esse prolungamenti marginali nei colori dell’azzurro, del rosa antico e dell’oro in foglia che corrono lungo lo specchio scrittorio, arricchendosi di elementi vegetali a foglie spinose, di gusto tipicamente francese, realizzati a penna e in foglia d’oro e si espandono anche lungo i margini superiore e inferiore. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 25r, 49r, 53v, 58r, 62v, 66v, 74v, 101r, 148r. f. 25r:

f. 49r: f. 53v: f. 58r: f. 62v: f. 66v: f. 74v: f. 101r: f. 148r:

miniatura tabellare raffigurante l’Annunciazione in cui Maria appare seduta su di una sedia dallo schienale curvo e l’angelo, inginocchiato davanti a lei, tiene in mano un filatterio parlante. L’immagine è posta all’interno di una cornice lineare dipinta nei colori azzurro e rosa illuminati da filigranatura a biacca. Completano l’ornato tralci di foglie trilobate spinose. Iniziale decorata D di Domine labia mea aperies. Incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae. iniziale decorata D di Deus in adiutorium. Ad primam. iniziale decorata D di Deus in adiutorium. Ad tertiam. iniziale decorata D di Deus in adiutorium. Ad sextam. iniziale decorata D di Deus in adiutorium. Ad nonam. iniziale decorata D di Deus in adiutorium. Ad vesperas. iniziale decorata C di Convertere nos. Ad completorium. iniziale decorata D di Dilexi quoniam. Incipit dell’Officium defunctorum. iniziale geometrica O di O dulcissima virgo. Realizzata a pennello nei colori blu e rosso con ampia filigranatura a penna nei medesimi colori. Incipit della Oratio Virginis.

L’apparato illustrativo si limita alla miniatura tabellare con l’Annunciazione; in essa le figure si mostrano ben caratterizzate e definite: i volumi delle vesti sono indagati attraverso il chiaroscuro; le capigliature, mediante le sfumature del biondo dorato, delineano due acconciature diverse: capelli raccolti nella Vergine e mossi nell’angelo; i volti sono definiti con una pennellata sottile che sottolinea i particolari mentre un rosa tenue illumina le gote. Fedeltà iconografica si ritrova non soltanto nella proposizione dell’immagine della Madonna avvolta in una veste rosa e ammantata di blu, ma anche nella caratterizzazione del suo atteggiamento che mostra il sentimento di stupore attraverso la gestualità delle braccia aperte. A tale proposito è da sottolineare l’incongruenza della mano destra che dovrebbe mostrare il palmo verso lo spettatore, anziché il dorso. La scena si

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44

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

staglia contro uno sfondo geometrico costituito da piccoli riquadri che riprendono i colori caratterizzanti l’apparato decorativo e cioè l’azzurro, il rosa antico e l’oro in foglia. Una prima attribuzione relativa all’ambito di produzione ha assegnato il codice a un artista di origine fiamminga (TIETZE, Die illuminierten, 180 nr. 372; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 164) sulla base della presenza di alcuni santi particolarmente venerati in tale ambito come san Vincenzo (22 gennaio), i santi Filippo e Giacomo (1 maggio), santo Evonio (19 maggio), la Traslazione di san Martino (4 luglio), san Lamberto (17 settembre), san Dionigi (9 ottobre), santo Evodio (8 ottobre). Silva Tarouca (I, 61) sottolinea, invece, come i nomi dei santi siano propri più della Francia settentrionale che del Belgio e come niente riconduca all’ambito fiammingo. Una ipotesi alternativa (MORELLO, Libri d’ore, 44 nr. 40) vuole che l’apparato decorativo del codice sia opera di un artista francese (di matrice francese sono infatti i fregi ‘a foglie spinose’) ed in particolare parigino, non soltanto sulla base di consonanze stilistiche, ma anche per la presenza delle feste dedicate a san Dionigi (22 aprile) e a san Luigi IX, re di Francia (25 agosto). La datazione, che la critica (SILVA TAROUCA, I, 61; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 164; MORELLO, Libri d’ore, 40 nr. 40) riferisce genericamente al secolo XIV, potrebbe essere circoscritta, come proposto da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 180 nr. 372) alla fine del secolo, dato che i volti abbandonano la fissità gotica e assumono una maggiore caratterizzazione fisionomica, così come si può assegnare all’influenza del gotico internazionale l’inserimento, nello sfondo della miniatura tabellare, di un prato fiorito. Discreto lo stato di conservazione. La pergamena appare un po’ ingiallita, presenta macchie diffuse, i fogli che ospitano le iniziali maggiori esibiscono su quelli affrontati tracce della foglia d’oro. A f. 54 strappo risarcito in antico mediante cucitura. Legatura antica, forse originale. Assi ricoperte di pelle marrone. Doppia cornice lineare a secco, agli angoli quattro fiori impressi. Due file di motivo a losanga si intersecano lungo il perimetro definendo in tal modo la cornice. Al centro del campo una sorta di mandorla realizzata a ferri. Il dorso è diviso da quattro fasce in cinque compartimenti che ripropongono la decorazione dei piatti. Mediocre lo stato di conservazione. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 61r-v; Bibl. Rossianae, II, 1r) TIEZTE, Die illuminierten, 180 nr. 372; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 164; MORELLO, Libri d’ore, 40, 44 nr. 40.

NATALIA FALASCHI

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ROSS. 60

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Ross. 60 (olim VIII, 2) Officium Beatae Virginis Mariae seu Horae canonicae Beatae Mariae Virginis ad usum ecclesiae beati Launomari abbatis de Blesis (Blois): Kalendarium monasterii Corbionensis (ff. 1r-8v); Orationes ad sanctam Trinitatem et quindecim psalmi (ff. 9r-11v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 11v-50v); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniis et orationibus (ff. 50v-63v); Vigiliae mortuorum, incipit ex vesperis officium defunctorum (ff. 64r80r). Ex breviario monastico: suffragia, psalmi et preces ad primam et ad vesperas (ff. 80r136r); Suffragium sancti Sebastiani, preces ad matutinas et vesperas (ff. 136r-145v) Francia (Parigi?), sec. XVIin. (1510 circa) Membr.; ff. V, 145, V’ (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia, II-V cart. di rest.), Ross. 60, f. 51r 145, V’ (I’-IV’ cart. di rest., V’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna e progressiva, segnata in numeri arabi a lapis su ogni recto; è mancante il foglio posto tra il f. 63 ed il f. 64, tale mancanza risulta a livello testuale, ma non nel conteggio dei fogli. Richiami assenti; soltanto nel primo fascicolo è ancora visibile, parzialmente, l’indicazione alfanumerica di registro. Il codice misura mm 185×113. Scrittura antiqua vergata da una sola mano con inchiostro di colore bruno, rialzato costantemente in giallo, e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare, nel calendario, il mese, il giorno, il nome dei santi e le festività, nel testo, la preghiera (antifona, salmi etc.). Specchio scrittorio di mm 110×55 a una sola colonna di 27 linee; rigatura a inchiostro di colore rosso-bruno visibile su ogni recto e verso.

La decorazione del codice è costituita da: 4 pagine illustrate ai ff. 12v, 13r, 44r, 51r; 12 miniature tabellari ai ff. 26v, 31r, 35r, 39v, 106r, 134v, 136v, 141r, 141v, 143v, 144v, 145r; 4 iniziali maggiori (media mm 15×20) decorate con motivi vegetali e floreali (ff. 9r, 13r) o con lo stemma del committente visibile nel fondo (ff. 44r, 51r); sono poste all’interno di cornici quadrangolari profilate con una linea di colore scuro, il campo e il fondo si presentano nel colore blu od oro in polvere mentre il corpo è realizzato in grigio o con oro steso a pennello. Leggere filigranature a biacca. Numerose iniziali vegetali medie (media mm 8×14) segnano le preghiere; in tre casi nel fondo è raffigurato lo stemma del committente (ff. 50r, 141v, 145r). La tavolozza pittorica vede l’impiego dell’oro in polvere, del blu e della biacca. Numerose iniziali minori (media mm 4×7) indicano i diversi momenti all’interno dei testi sacri, i colori impiegati sono il blu, il rosso e l’oro a pennello. Una cornice a motivi vegetali a f. 9r; riempilinea raffiguranti tronchi di albero in oro e inchiostro rosso, che traggono ispirazione dal f. 9r, e a motivi geometrici nelle seguenti bicromie: blu e oro, rosso e oro.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 9r:

cornice (mm 160×92) all’incipit Orationum Sanctae Trinitatis costituita da rami di albero realizzati in oro a pennello e profilati a inchiostro rosso cui si avvolgono quattro cartigli, uno per lato, di colore blu su cui si legge la seguente iscrizione in caratteri capitali: SPES MEA A IUVENTUTE MEA. Al centro del margine inferiore è presente lo stemma del committente: d’oro alla croce d’azzurro accantonata da quattro soli di rosso caricata sul braccio in alto da una conchiglia. f. 12v: pagina illustrata (mm 180×103) all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae secundum usum ecclesiae beati Launomari raffigurante, all’interno di una cornice architettonica lignea profilata in oro e decorata a grottesche Philippe Hurault, in posizione inginocchiata, tra i santi Genoveffa e Filippo. f. 13r: pagina illustrata (mm 172×104) all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae raffigurante, all’interno di una cornice architettonica lignea profilata in oro e decorata a grottesche, l’Annunciazione. Sul basamento, in caratteri capitali, si legge la seguente iscrizione: SPES MEA A IUVENTUTE MEA. Al centro è visibile lo stemma del committente sorretto da due putti. f. 13r: iniziale maggiore D di Domine labia mea. Posta all’interno di una cornice quadrangolare in foglia d’oro profilata di nero l’iniziale presenta il corpo in grigio filigranato a biacca. Nel fondo un elemento floreale rosso. Incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 26v: miniatura tabellare (mm 45×44), raffigurante la Natività. In primo piano Giuseppe e Maria inginocchiati, al centro il Bambino protetto dal manto della Vergine e posto sulla nuda terra. Ad primam. f. 31r: miniatura tabellare (mm 44×44), raffigurante l’Annuncio ai Pastori. I pastori guardano con stupore l’angelo annunciante la nascita del Salvatore. Sullo sfondo gli armenti. Ad tertiam. f. 35r: miniatura tabellare (mm 46×46), raffigurante l’Adorazione dei Magi. La Vergine seduta tiene in braccio il Bambino. Davanti a loro i Re Magi offrono doni. Ad sextam. f. 39v: miniatura tabellare (mm 48×42), raffigurante la Presentazione al Tempio. Giuseppe e Maria presentano il loro figlio al sacerdote del tempio. Ad nonam. f. 44r: pagina illustrata (mm 183×106), raffigurante, all’interno di una cornice architettonica lignea profilata in oro, la Strage degli Innocenti. Sul basamento due ibridi dal volto umano e dal corpo ricoperto di peli sorreggono lo stemma del committente. Iniziale D di Deus in adiutorium. All’interno di una cornice blu è l’iniziale geometrica dorata. Il fondo è ornato dallo stemma del committente; lungo lo spazio rimanente tra il corpo dell’iniziale e lo stemma è la seguente iscrizione in caratteri capitali: SPES MEA A IUVENTUTE MEA. Ad vesperas. f. 46r: miniatura tabellare (mm 42×44), raffigurante l’Incoronazione della Vergine. La Vergine, inginocchiata, riceve la corona dall’Eterno. Ad completorium.

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ROSS. 60

f. 51r:

f. 89r:

f. 106r:

f. 134v:

f. 136v:

f. 141r:

f. 141v: f. 141v:

f. 143v:

f. 144v:

f. 145r:

f. 145r:

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iniziale D di Domine ne in furore. All’interno di una cornice blu è l’iniziale geometrica dorata. Il fondo è ornato dallo stemma del committente. Pagina illustrata (mm 177×102), raffigurante, all’interno di una cornice architettonica lignea profilata in oro, Betsabea al bagno. Sullo sfondo la figura di re David che la ammira affacciandosi da un balcone del suo palazzo. Sul basamento è visibile lo stemma del committente sorretto da due unicorni. Incipit dei Septem psalmi poenitentiales, psalmus 6. miniatura tabellare (mm 43×40), raffigurante Re David in preghiera. In un paesaggio naturale è raffigurato re David inginocchiato, mentre rivolge lo sguardo all’Eterno che appare da una nuvola. Psalmi. miniatura tabellare (mm 37×39), raffigurante la Fuga in Egitto. Maria e Gesù, raffigurati in groppa ad un cavallo, Giuseppe al loro fianco, volgono lo sguardo alle loro spalle. Psalmi et orationes. Horae primae. miniatura tabellare (mm 55×59), raffigurante San Launomaro. Al centro di una stanza di forma ovale è raffigurato il santo insieme a un monaco mentre impartisce una benedizione agli infermi che esibiscono le loro ferite. Psalmi et orationes ad vesperas. miniatura tabellare (mm 60×59), raffigurante il Martirio di san Sebastiano. Il santo è legato a un albero, il volto piangente; dalle ferite esce copioso sangue. Lateralmente un aguzzino sta per colpirlo con una freccia. Incipit del Suffragium sancti Sebastiani. miniatura tabellare (mm 55×57), raffigurante gli apostoli Filippo e Giacomo. I due santi sono raffigurati in cammino in un paesaggio naturale. Preces ad matutinas miniatura tabellare (mm 55×59), raffigurante la Vergine Maria in gloria. La Vergine è raffigurata con il Bambino in braccio. Oratio Virgini. iniziale O di Obsecro te. All’interno di una cornice dorata profilata di nero è posta l’iniziale decorata a motivi vegetali. Il corpo è grigio impreziosito da elementi fogliacei in biacca. Nel fondo è visibile lo stemma del committente. Oratio Virgini. miniatura tabellare (mm 50×58), raffigurante Santa Maria Maddalena circondata da angeli. La santa, coperta dai suoi soli capelli, è circondata da angeli. Oratio. miniatura tabellare (mm 55×59), raffigurante Santa Barbara. In un paesaggio naturale è raffigurata la santa con in mano la palma del martirio. Dietro di lei la torre, suo attributo iconografico. Oratio. miniatura tabellare (mm 43×58), raffigurante Santa Genoveffa. In un paesaggio naturale è raffigurata la santa con in mano un libro aperto e un cero rivolge lo sguardo a un angelo. Oratio. iniziale O di O felix ancilla (mm 14×15). All’interno di una cornice dorata profilata di nero è posta l’iniziale decorata a motivi vegetali. Il corpo è grigio e impreziosito da elementi fogliacei in biacca. Nel fondo è visibile lo stemma del committente. Oratio.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il Calendario, ricchissimo della presenza di santi, presenta l’uso liturgico della diocesi di Chartres nella quale il 16 ottobre era festeggiata la Dedicatio eccle(s)ie b(ea)te M(ari)e Carnoten(sis) (MORELLO, Libri d’ore, 89 nr. 115). Inoltre si ritrovano diverse festività relative a san Launomaro, fondatore del monastero benedettino di Corbion: a gennaio vi sono due giorni a lui dedicati come il 19, in cui è santificato come patrono, e il 26 che ne ricorda l’Octava; il 23 ottobre è ricordata la sua traslazione a Blois. Un ulteriore richiamo alla sua figura è costituito non soltanto dalla miniatura che lo ritrae (f. 134v), ma anche dall’annotazione a f. 11v, in cui si legge Sequuntur hore beate Marie virg(in)is secundum usum ecclesie beati Launomari abbatis de Blesis, la quale conferma, pur se indirettamente, che il codice fu copiato espressamente per il monastero di Blois (MORELLO, Libri d’ore, 89 nr. 115). La critica assegna univocamente la produzione del codice al 1510 (TIETZE, Die illuminierten, 51 nr. 76; SILVA TAROUCA, I, 63; GUIGNARD, Quelques oeuvres, 372; Miniature nel Rinascimento, 64 nr. 124; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 164; MORELLO, Libri d’ore, 89 nr. 115) e individua il committente in un membro della famiglia degli Hurault de Chivernay per la presenza costante, nell’apparato decorativo, dello stemma. Due furono i componenti di tale casata a essere legati all’abbazia di Blois: Philippe, abate a Saint-Laumer tra il 1510 ed il 1512 e Jacques, abate tra il 1514 ed il 1546. Con ogni probabilità si tratta di Philippe, per Silva Tarouca soltanto un’ipotesi (I, 63r), individuato con certezza da Guignard (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 372). In particolare Guignard ipotizza tale identificazione sulla base della miniatura di f. 12v dove riconosce, nel giovane inginocchiato in primo piano, Philippe Hurault. L’abate si trova tra due santi: Genoveffa, patrona di Parigi, identificata per la presenza, ai lati, di un angelo e di un demone (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 373-374) e non dunque la personificazione della Chiesa di Blois (TIETZE, Die illuminierten, 51 nr. 76) e Filippo individuabile per la croce astile che tiene stretta nella mano (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 374) e non san Launomaro (TIETZE, Die illuminierten, 51 nr. 76), dal momento che questi avrebbe indossato l’abito monacale come nella miniatura a f. 134v. L’apparato decorativo e figurativo, complesso e raffinato, non ha ancora avuto una attribuzione univoca da parte della critica che, al contrario, si mostra divisa e incerta. Il forte legame che emerge tra il codice e la stessa Blois ha fatto ipotizzare che il manoscritto sia stato realizzato dagli stessi monaci (Miniature nel Rinascimento, 64 nr. 124) o da una bottega nella stessa Blois dal momento che la corte di Luigi XII vi si era stabilita dopo l’avvelenamento del re e non era dunque difficile trovarvi artisti e letterati (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 374). Morello (MORELLO, Libri d’ore, 89, 91 nr. 115) avanza anche la possibilità che ad aver prodotto il codice sia un atelier vicino a quello che realizzò a Rouen le Grandes Heures per il re Luigi XII e la regina Anna di Bretagna. Infine Tietze individua nella scuola di Bourdichon lo scriptorium da cui era uscita l’opera (TIETZE, Die illuminierten, 51 nr. 76). Medesima attribuzione è avanzata da Guignard, il quale però, pur inserendo il rossiano qui studiato nel gruppo di opere del maestro e della sua scuola, si mostra dubbioso e propone altre possibili attribuzioni (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 372-378). Innanzitutto individua la mano di tre miniatori – di spessore artistico diverso – che

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ROSS. 60

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lavorano probabilmente sotto una medesima direzione; due eseguono le quattro pagine illustrate mentre il terzo le numerose miniature tabellari (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 374-377). L’appartenenza a un medesimo atelier e dunque la condivisione di un unico programma decorativo e, in secondo luogo, di stilemi artistici è visibile, ad esempio, nella scelta del grigio chiaro impiegato per la resa dell’incarnato, soprattutto delle figure femminili, ingentilito da un rosa pallido che illumina le guance o nella maniera di definire i manti, ricchi di pieghe ottenute mediante il chiaroscuro e sottolineate da linee dagli angoli netti e decisi. La mano del miniatore che realizza le scene minori appare grave nell’esecuzione dei tratti somatici caratterizzati da una linea spessa di colore che definisce occhi piuttosto tondeggianti e sopracciglia ben marcate in cui un rosa intenso colora le gote e le labbra, nelle posture che si irrigidiscono e nelle numerose figure che sembrano quasi essere riprese da repertori utilizzati dagli allievi tanto appaiono standardizzate le scene e ripetitive le tipologie fisiognomiche. La mano degli artisti che realizzano le miniature a piena pagina presenta un tratto lieve e delicato, una pennellata sottile che riesce a definire le figure in maniera altera ed elegante, appare però evidente l’inabilità prospettica di colui che attende alle scene relative al Bagno di Betsabea e al Massacro degli Innocenti (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 375-377). Queste due pagine non ricordano i modi di Bourdichon mentre per esse si possono istituire numerose correlazioni con i Libri d’ore stampati in Francia in quegli anni (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 377). Appare dunque verosimile assegnare la produzione del manoscritto a uno scriptorium, o a un artista, parigino oppure a un maestro suggestionato da modelli iconografici parigini, data la presenza di santa Genoveffa (GUIGNARD, Quelques oeuvres, 378). Tracce presenti come un filo rosso lungo l’intero codice inducono a pensare a una partecipazione attenta del committente all’ideazione del programma decorativo e figurativo del manoscritto. Accanto alla sua esplicita presenza nella miniatura a piena pagina (f. 12v), la sua religiosità e la sua affettività familiare continuano a ritrovarsi in maniera costante e discreta. Lo stemma della famiglia degli Hurault de Chivernay compare nell’ornato delle iniziali medie per tre volte: nella preghiera dei santi Cosma e Damiano (f. 50r), nell’orazione alla Beata Vergine Maria (f. 141v) e nella preghiera a santa Genoveffa (f. 145r) e ciò induce a pensare a una particolare e personale venerazione. La piccola miniatura tabellare raffigurante i santi Filippo e Giacomo fa supporre la volontà di ricordare nelle proprie preghiere Jacques Hurault, l’altro membro della casata presente presso l’abbazia di Blois. Buono appare lo stato di conservazione. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) / AD USUM ECC(LESIAE) / BLESEN(SIS) / COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Stemma: d’oro alla croce d’azzurro accantonata da quattro soli di rosso caricata sul braccio in alto da una conchiglia. Appartiene alla famiglia Hurault de Chivernay.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 62r-63v; Bibl. Rossianae, II, 2r-v) TIETZE, Die illuminierten, 51-52 nr. 76; GUIGNARD, Quelques oeuvres, 356-395: 372-378; Miniature del Rinascimento, 64-65; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 164 nr. 514; MORELLO, Libri d’ore, 89, 91, fig. 17; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 9.

NATALIA FALASCHI

Ross. 61 (olim VIII, 3) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 2r-7r); Precationes duae ad Beatam Mariam Virginem: O intemerata et Obsecro te domina (ff. 8r-12r); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 14r-44r); Officium de Sancto Spiritu (ff. 45r-47r); Officium de Sancta Cruce (ff. 48r-50r); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniis et orationibus (ff. 51r-64v); Vigiliae defunctorum (ff. 65r-85r) Fiandre (Bruges), sec. XV2 Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart.), 87, VI’ (I’-V’ cart.; VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in numeri arabi, moderna, con pastello viola, visibile nell’angolo superiore destro di ogni recto, tiene conto delle antiche mutilazioni; richiami assenti. Il codice misura mm 185×137. Scrittura gotica, molto allungata, vergata da una sola mano, su un’unica colonna di 19 linee, in uno specchio di scrittura di mm 119×76, con inchiostro nero, rialzato costantemente in rosso, e rosso per segnalare, nel calendario, il mese, i giorni, le festività, e nel testo i diversi momenti della liturgia (preghiere, salmi, orazioni). I ff. 1r, 12v, 13r-v, 45v, 50v, 85v, 86rv, 87r-v sono bianchi. Rigatura, visibile sia sul recto che sul verso di ogni foglio, realizzata a inchiostro viola.

Ross. 61, f. 26r

La decorazione del codice è composta da: 13 iniziali maggiori fitomorfe (media mm 35×25); numerose iniziali minori (media mm 20×10) decorate segnano i diversi momenti della liturgia

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(salmi, orazioni, antifone), iniziali calligrafiche in foglia d’oro e blu, a pennello, filigranate rispettivamente a inchiostro nero e rosso, miniature tabellari ai ff. 8r, 48r, 51r, 65r; pagine di incipit ai ff. 8r, 20v, 26r-v, 29v, 32r, 34v, 37r, 41v, 45r, 48r, 51r, 65r il cui testo, vergato all’interno della specchiatura, è delimitato da una cornice lineare realizzata in foglia d’oro e nei colori del blu, rosa antico, arancio e verde con filigranatura a biacca. Completano l’ornato motivi vegetali, floreali e animali realizzati a penna e a pennello che corrono lungo tre lati lasciando libero quello interno (tutti misurano mm 175×118); riempilinea a motivi geometrici realizzati nei colori dell’azzurro, marrone bruciato e oro in foglia. Le iniziali maggiori sono poste all’interno di un campo in foglia d’oro profilato da una cornice lineare nera, presentano il corpo realizzato a pennello nei colori del rosa e del blu filigranato a biacca mentre il fondo, anch’esso in foglia d’oro, è ornato da elementi vegetali e floreali nei colori blu, arancio e verde. Le iniziali maggiori sono visibili ai ff. 8r, 20v, 26r-v, 29v, 32r, 34v, 37r, 41v, 45r, 48r, 51r, 65r f. 8r: miniatura tabellare (mm 87×75), raffigurante la Madonna che tiene in braccio il Bambino e una santa con in mano una pisside da identificarsi forse con santa Barbara. L’immagine è racchiusa da una cornice lineare decorata a motivi geometrici nei colori azzurro, rosa antico e oro in foglia filigranati a biacca. Il pavimento è costituito da una scacchiera di colore verde mentre lo sfondo presenta una duplice decorazione: a piccoli quadri nei toni del blu, rosa antico e oro in foglia accanto a una parete verde a losanga arricchita da motivi geometrici rossi o bianchi. I margini sono ornati con motivi vegetali e floreali realizzati a penna e pennello in azzurro, rosa antico, arancio e oro in foglia. Iniziale O di O intemerata. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Precatio Virginis. f. 20v: iniziale D di Deus in adiutorium. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Incipit dell’ Officium Beatae Mariae Virginis. Ad laudes. f. 26r: iniziale G di Gaude virgo mater. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Precatio Virginis. f. 26v: iniziale D di Deus in adiutorium. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Ad primam. f. 29v: iniziale D di Deus in adiutorium. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Ad tertiam. f. 32r: iniziale D di Deus in adiutorium. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Ad sextam. f. 34v: iniziale D di Deus in adiutorium. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Ad nonam. f. 37r: iniziale D di Deus in adiutorium. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Ad vesperas. f. 41v: iniziale C di Converte nos Deus. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali. Ad completorium.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 45r: miniatura tabellare (mm 80×75), raffigurante la Pentecoste. La scena rappresenta la Vergine circondata dagli apostoli. Lo sfondo e il pavimento sono realizzati a piccoli quadri nei colori del blu, rosa antico e oro in foglia. Iniziale D di Domine labia mea aperies, decorata a motivi vegetali e floreali. Incipit dell’Officium de Sancto Spiritu. f. 48r: miniatura tabellare (mm 85×74), raffigurante la Crocifissione. La scena si staglia contro uno sfondo geometrico a piccoli quadri realizzati nei colori del blu, rosa antico e oro in foglia. Iniziale D di Domine labia mea aperies, decorata a motivi vegetali e floreali. Incipit dell’Officium de Sancta Cruce. f. 51r: miniatura tabellare (mm 88×75), raffigurante Re David in trono. Al centro della scena è rappresentato re David seduto in trono mentre regge con la mano sinistra un libro che mostra all’astante e con l’altra indica se stesso. Lo sfondo e il pavimento sono a piccoli quadri realizzati nei colori del blu, rosa antico e oro in foglia. Iniziale D di Domine ne in furore, decorata a motivi vegetali e floreali. Incipit dei Septem Psalmi Penitentiales. f. 65r: miniatura tabellare (mm 88×75), raffigurante una messa funebre. La scena mostra tre monaci durante la lettura del breviario. In primo piano ve ne sono altri due con il mantello nero. Sullo sfondo è visibile un altare con una pisside. Iniziale decorata a motivi vegetali e floreali da cui si diparte una cornice lineare, margini ornati. Iniziale D di Dilexi quoniam, decorata a motivi vegetali e floreali. Incipit dell’Officium mortuorum. L’apparato decorativo e figurativo si mostra ricco e particolareggiato, frutto di un medesimo progetto cui possono aver partecipato, come avveniva di solito nella realizzazione dei Libri d’ore, diversi artisti, ognuno dei quali specializzato nell’esecuzione di una determinata tipologia artistica. In tutti i volti è presente un fondo di verdaccio su cui poi il miniatore ha delineato i particolari fisionomici che si presentano delicati e definiti attraverso una pennellata leggera e finissima. Le pieghe delle vesti risultano piuttosto standardizzate, il pigmento si mostra compatto, il volume è ottenuto soprattutto mediante l’impiego di una linea di colore più scura che indaga i panneggi. La decorazione dei margini propone la medesima tavolozza pittorica caratterizzata da tonalità piuttosto accese. Steli molto sottili e dall’andamento sinuoso, realizzati a penna, riempiono l’intero spazio. Su di essi si sviluppano foglie di acanto dai colori squillanti, blu e arancio, fiori qualificati da tre o quattro petali, a campana, a conoide, piccoli garofani, foglie dorate, fragole rosse e animali. Questi ultimi, presenti solamente nell’incipit dell’Ufficio del Santo Spirito (f. 45r), rispondono a uno specifico programma iconografico legato al testo come sembra alludere la presenza del pavone. Il codice è stato inizialmente attribuito da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 38) a un artista francese influenzato da stilemi italiani, successivamente è stato ascritto alle Fiandre (SILVA TAROUCA, I, 65; Libri manoscritti, 25; MORELLO, Libri d’ore, 102 nr. 129). Il linguaggio stilistico fiammingo appare evidente nell’adozione del blu e del rosa antico delle cornici, nei motivi decorativi realizzati a biacca che ornano le iniziali, nel campo a foglia d’oro delle iniziali maggiori de-

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limitato da cornici smerlate, nel pavimento a scacchi della miniatura tabellare a f. 8r (motivo ideato dal Maestro dei tralci dorati), nella tipologia dei fiori qualificata da una forma a conoide. In particolare la decorazione dei margini – che tanto seguito ebbe – fu ideata e sviluppata da Wilhem Vrelant, miniatore olandese attivo a Bruges; tale peculiarità unita al calendario all’uso della diocesi di Bruges fa ipotizzare di poter circoscrivere la produzione del codice a una bottega attiva nella stessa città. Risulta mancante il foglio tra il 13 e il 14, della cui decorazione rimane traccia sul verso di f. 13. A f. 1r si legge una nota relativa a una vecchia collocazione del codice che recita Ar(marium) 33 n°. 1. Segue una nota di possesso abrasa. Buono appare lo stato di conservazione. Risultano rovinati i pigmenti di alcune miniature, i fogli successivi a quelli con margini decorati portano impressi i segni delle miniature. Restaurato dal Laboratorio di restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana, registro nr. 8, 17 febbraio 1990. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) / VIRGINIS / COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri manoscritti e stampati del Belgio nella Biblioteca Vaticana (secoli IX-XVII), Città del Vaticano 1979; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 64r-65v; Bibl. Rossianae, II, 3r) TIETZE, Die illuminierten, 38 nr. 62; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 165 nr. 515; Libri manoscritti, 25; MORELLO, Libri d’ore, 102 nr. 129.

NATALIA FALASCHI

Ross. 62 (olim VIII, 4) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Salutatio Beate Veronice Christi (ff. 13r-14r); Salutatio ad omnia membra Christi (ff. 15r-16r); Officium de Sancta Cruce (ff. 17r-23r); Officium de Sancto Spiritu (ff. 24r-29r); Missa Beatae Virginis Mariae cum quattuor evangeliis (ff. 31r-40v); Officium Beatae Virginis Mariae ad usum Curiae Romanae (ff. 41r- 107v); Obsecro te (ff. 108r-111r); O intemerata (ff. 111r-113r); Septem psalmi poenitentiales cum litaniis et orationibus (ff. 114r133v); Officium defunctorum (ff. 134r-175v) Fiandre (Bruges?), secc. XVex.-XVIin. Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino avorio come la controguardia; II-VI cart.), 175, VI’ (I’-V’ cart.; VI’ moderno, in cartoncino avorio come la controguardia). Foliazione moderna e progressiva, a lapis, visibile nell’angolo superiore destro di ogni recto; è mancante

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

il foglio tra il 29 e il 30. Richiami assenti. Il codice misura mm 170×122. Scrittura gotica rotunda vergata da un’unica mano con inchiostro nero poco intenso, costantemente rialzato in giallo, e marrone bruciato a indicare i diversi momenti della liturgia (preghiere, orazioni, antifone). I ff. 14v, 16v, 23v, 29v-30v, 74v, 79v, 99v, 113v sono bianchi. Il testo si dispone su una sola colonna di 17 linee, in uno specchio scrittorio di mm 90×62. Rigatura a colore (marrone tenue), visibile sia sul recto che sul verso (in alcuni casi sembra cancellata).

La decorazione del manoscritto è costituita da: 17 iniziali maggiori fitomorfe (media mm 30×30); numerose iniziali medie fitomorfe (media mm 10×13) indicano i diversi momenti della liturgia (preghiere, salmi, antifone); numerose iniziali fitomorRoss. 62, f. 88r fe minori (media mm 5×9) segnano, all’interno della liturgia, i diversi passi; fregi (tutti mm 98×28) sono presenti in tutti i fogli del codice a esclusione di quelli relativi al Calendario e alle pagine di incipit; la loro decorazione è costituita da fiori, insetti, volatili, animali diversi, ibridi su fondo monocromo tranne a f. 22v dove sono gioielli in pietre dure, perle e fiori; pagine di incipit (tutte misurano mm 150×111) ai ff. 13r, 15r, 17r, 24r, 31r, 41r, 59r, 70r, 75r, 80r, 84r, 88r, 96r, 100r, 108r, 114r, 134r, poste all’interno di una tabella inquadrata da cornice dai motivi geometrici, vegetali o floreali realizzati in oro su fondo di vari colori, a sua volta incorniciata e decorata con motivi vegetali, floreali e animali; il calendario è posto all’interno di una specchiatura con cornice a fondo blu decorata con motivi vegetali in oro, a sua volta incorniciata (tranne che sul lato interno) da un’altra (tutte misurano mm 150×81) decorata con foglie di acanto, animali e frutti, che ospita un tondo raffigurante i lavori dell’anno e presenta maggiore ampiezza nel margine inferiore rispetto al margine superiore, che accoglie un clipeo con il segno zodiacale; riempilinea a motivi vegetali. Le iniziali maggiori sono poste all’interno di un campo delineato, su due lati, da una cornice lineare nera e sugli altri due da una dorata. Il corpo, a foglie di acanto, è arricchito da fiori mentre il fondo è punteggiato in oro. La tavolozza pittorica dell’intero apparato decorativo è piuttosto ricca e vede l’utilizzo dei seguenti colori: nero, grigio, blu petrolio, azzurro, celeste, marrone scuro e chiaro, verde scuro e chiaro, rosso, arancio, rosa intenso e tenue, giallo, ocra, biacca, oro in polvere.

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fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che si scalda al focolare; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un uomo con brocca simboleggiante il segno zodiacale dell’Acquario. Kalendarium, mensis Ianuarii. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che taglia la legna; fregio del margine superiore, tondo raffigurante due pesci simboleggiante il segno zodiacale dei Pesci. Kalendarium, mensis Februarii. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che vanga; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un ariete simboleggiante il segno zodiacale dell’Ariete. Kalendarium, mensis Martii. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo con il falcone; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un toro simboleggiante il segno zodiacale del Toro. Kalendarium, mensis Aprilis. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo a cavallo; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un uomo e una donna nudi simboleggiante il segno zodiacale dei Gemelli. Kalendarium, mensis Maii. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che falcia il fieno; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un granchio simboleggiante il segno zodiacale del Cancro. Kalendarium, mensis Iunii. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che miete il grano; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un leone simboleggiante il segno zodiacale del Leone. Kalendarium, mensis Iulii. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante due uomini che battono il grano, cornice decorata a motivi geometrici e con fiori e foglie di acanto; fregio del margine superiore, tondo raffigurante una donna simboleggiante il segno zodiacale della Vergine. Kalendarium, mensis Augusti. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che schiaccia l’uva in un tino mentre un altro tiene sulle spalle una gerla; fregio del margine superiore, tondo raffigurante una donna con una bilancia in mano simboleggiante il segno zodiacale della Bilancia. Kalendarium, mensis Septembris. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che semina; fregio del margine superiore, tondo raffigurante uno scorpione simboleggiante il segno zodiacale dello Scorpione. Kalendarium, mensis Octobris. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che pascola dei maiali; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un centauro che sta per scoccare una freccia, simboleggiante il segno zodiacale del Sagittario. Kalendarium, mensis Novembris. fregio del margine inferiore, tondo raffigurante un uomo che uccide tra le fiamme un maiale; fregio del margine superiore, tondo raffigurante un capricorno simboleggiante il segno zodiacale del Capricorno. Kalendarium, mensis Decembris.

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56 f. 13r:

f. 15r:

f. 17r:

f. 24r: f. 31r:

f. 41r:

f. 59r: f. 70r: f. 75r: f. 80r: f. 84r: f. 88r:

f. 96r: f. 100r: f. 108r: f. 114r:

f. 134r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

cornice decorata a motivi geometrici e con fiori e foglie di acanto; iniziale fitomorfa S di Salve sancta facies. Incipit della Salutatio beate Veronice Christi. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori ed animali; iniziale fitomorfa S di Salve tremendum caput. Incipit Salutatio ad omnia membra Christi. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori, animali e ibridi; iniziale fitomorfa D di Domine labia mea. Incipit dell’Officum Beatae Virginis Mariae, matutinum. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori, farfalle e animali; iniziale fitomorfa D di Domine labia mea aperies. Ad laudes. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori, foglie, animali ed ibrid; iniziale fitomorfa I di Introibo ad altare Dei (Gv 1-15). Incipit Missae Beatae Virginis Mariae. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori ed uccelli; iniziale fitomorfa D di Domine labia mea aperies. Incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis ad usum Curiae Romanae. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori ed animali; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad laudes. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori e farfalle; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad primam. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad tertiam. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori e animali; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad sextam. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori ed ibridi; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad nonam. cornice decorata a motivi geometrici e fiori e una donna che ninna un gatto dentro una culla; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad vesperas. cornice decorata a motivi geometrici, fiori e animali; iniziale fitomorfa C di Convertere nos Deus. Ad completorium. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori e foglie di acanto; iniziale fitomorfa D di Deus in adiutorium. Ad vesperas. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori; iniziale fitomorfa O di Obsecro te. Preces Virginis. cornice decorata a motivi geometrici e con fiori, animali e ibridi; iniziale fitomorfa D di Domine ne in furore. Incipit dei Septem Psalmi Penitentiales cum Litaniis et Orationibus. cornice geometrica e decorata con fiori ed insetti; iniziale fitomorfa D di Dilexi quoniam. Incipit dell’Officium mortuorum.

La presenza nel calendario di alcuni santi come, ad esempio, san Dionigi (9 ottobre) o san Nicasio (14 dicembre) e festività come la Divisione degli Apostoli

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ROSS. 62

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(15 luglio) o la traslazione di san Remigio (1 ottobre) venerati e festeggiate nella zona francese di Reims, ha portato la critica ad assegnare a tale ambito geografico la produzione del codice (TIETZE, Die illuminierten, 48 nr. 73; SILVA TAROUCA, I, 67; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 165; MORELLO, Libri d’ore, 92-93), mentre altri lo attribuiscono genericamente alla Francia (Libri manoscritti e stampati del Belgio, 36). L’ornato che decora le cornici e i bordi – caratterizzato da fiori, fragoline, insetti e animali così come l’unica pagina dal fregio ingioiellato da perle e pietre dure – si richiama a un gusto schiettamente fiammingo denominato ‘Ghent-Bruges style’ e introdotto a Gent intorno agli anni 1475-1480 dal Maestro di Maria di Borgogna. Il registro cromatico appare ricchissimo sia per l’abbondante impiego dell’oro sia per la grande varietà dei pigmenti adottati; il corredo decorativo mostra numerosissime varietà compositive in cui, ogni volta, sono combinati, in maniera diversa, fiori e insetti che creano fregi differenti uno dall’altro; la parte figurativa, limitata ai tondi del calendario, riflette uno spiccato gusto per il particolare, anch’esso di matrice fiamminga, come, ad esempio, la presenza del cane che completa la scena del focolare domestico nel mese di gennaio, l’uomo seduto su di una panca, la cui presenza è appena percettibile, nel mese di marzo, i finimenti raffinati del cavallo nel mese di maggio, l’accuratezza nel descrivere le costruzioni, visibili sullo sfondo, sia negli alzati che nelle coperture nella scena del mese di giugno o il piccolo cane, dipinto con sottilissime pennellate, che si intravede sullo sfondo del mese di agosto. Il codice viene assegnato al XV secolo (TIETZE, Die illuminierten, 48 nr. 73; SILVA TAROUCA, I, 66; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 165; MORELLO, Libri d’ore, 92 nr. 119). Sulla base della presenza di ibridi dal corpo ricoperto di peli (uno, a f. 114r, tiene in mano anche un libro alludendo, forse, all’ammaestramento impartito dai padri cattolici ai popoli del Nuovo Mondo), si può circoscrivere la datazione tra la fine del XV secolo e l’inizio del successivo. Il foglio perduto tra quelli numerati 29 e 30 raffigura la Vergine col Bambino e angeli cantori all’interno di un giardino chiuso (BRINKMANN, Die Flämische Buchmalerei, 307). Acquistato dalla principessa Czartoryska (1746-1835), all’inizio dell’Ottocento andò a unirsi agli altri manoscritti donati ai principi o fatti acquistare dalla principessa stessa sul mercato librario, in particolare di Bruxelles, dal generale Michal Sokolnicki tra il 1810 e il 1811. La collezione, dispersa a causa della fuga cui furono costretti i principi nel 1830, è oggi custodita presso il Muzeum Narodowe di Cracovia dal 1876. La miniatura è stata attribuita al Maestro delle Ore di Dresda ed eseguita a Bruges (BRINKMANN, Die Flämische Buchmalerei, 307; HENRY, La collection de manuscrits, s.p.; Bulletin 272, 107). È da sottolineare come l’intero apparato decorativo e figurativo mostri, al contempo, legami e forti consonanze tipologiche anche con opere di altri maestri fiamminghi proprio a sottolineare il rinnovato clima culturale. Buono lo stato di conservazione. Le iscrizioni in oro presenti nel calendario risultano difficilmente leggibili per la scomparsa del pigmento. Finito di restaurare nel Laboratorio di Restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana il 28 maggio 1988, numero di registro 8.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) / V(IRGINIS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) /SAEC(ULI) XV. Nulla si conosce sui possessori del manoscritto. Considerando che il foglio appartenente alla collezione Czartoryski fu acquistato sul mercato librario dei Paesi Bassi, forse a Bruxelles, è possibile ipotizzare che il codice, realizzato nelle Fiandre, rimase nel luogo di origine almeno sino all’inizio dell’Ottocento quando ne venne acquistato un foglio. Forse solo dopo prese la via dell’Italia per essere poi acquistato dal de Rossi. Il ms. è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988; La colletion de manuscrits enluminés constituée à Pulawy par la princesse Isabelle Czartoryski, Krakow, Muzeum Narodowe 2001. (SILVA TAROUCA, I, 66r-67r; Bibl. Rossianae, II, 4r) TIETZE, Die illuminierten, 48 nr. 73; SALMON, Les manuscrits liturgiques, IV, 165 nr. 516; Libri manoscritti, 36, MORELLO, Libri d’ore, 92-93 nr. 119, fig. 89; BRINKMANN, Die Flamische Buchmalerei, 307; HENRY, La collection de manuscrits; Bulletin 272, 107.

NATALIA FALASCHI

Ross. 63 (olim VIII, 5) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r12v); Officium Sanctae Crucis, Missa Beatae Mariae Virginis (ff. 13v-25v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum usum Romanae Curiae (ff. 26v83v); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 84r-98v); Officium mortuorum (ff. 99r-122v); Orationes Beatae Virginis Mariae (ff. 124r-128v) Fiandre (diocesi di Gent), sec. XV, prima metà

Ross. 63, f. 76v

Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VIII (cart.; I in cartoncino azzurro come la controguardia), 128, VIII’ (cart.; VIII’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Sul recto di ogni foglio, nell’angolo superiore destro, è apposta una numerazione moderna, a matita, in numeri arabi. Il codice misura mm 165×122 (misure prese a f. 1). Specchio di scrittura (mm 85×64, mi-

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sure prese a f. 100r) a una colonna di 18 righe, tracciate con inchiostro viola, 17 linee di scrittura a piena pagina. Scrittura gotica, molto omogenea, ascrivibile a un’unica mano, di modulo medio in inchiostro nero; inchiostro rosso in corrispondenza dell’incipit delle diverse sezioni liturgiche. Rigati ma non scritti i ff. 123r-v.

Il manoscritto è un esemplare lussuoso riccamente miniato in numerosi fogli. Il corpus ornamentale del Libro d’ore è costituito da 11 miniature a piena pagina (sempre nel verso di fogli, il cui recto è lasciato bianco) iniziali decorate e infine da numerosissime iniziali calligrafiche, occupanti una linea di scrittura, con corpo blu e filigrane rosse oppure corpo dorato e filigrane viola chiaro. Infine, il Calendario (ff. 1r-12v), che non reca illustrazioni, riporta su tutti i fogli l’abbreviazione KL, colorata in oro, rosso e azzurro. Un preciso programma regola l’inserimento degli elementi decorativi nel testo. Le miniature del codice presentano un campo a forma di ‘finestra’ esternamente profilato da una cornice d’oro in polvere e delineato all’interno in biacca. Intorno a questi riquadri miniati, lungo i quattro margini del foglio, corre un bordo decorato a foglie d’acanto tipologicamente analogo a quello realizzato intorno alle iniziali decorate. La vegetazione di ciascun margine permette a stento di intravedere il fondo della pagina ed è composta di piccoli fiori bianchi toccati di rosso o di blu alle estremità dei petali, di fiori rosa, rossi e azzurri, di infiorescenze rosso cinabro, di boccioli di margherita, di appuntite foglioline dorate. Il fondo della pagina è disseminato di dischetti d’oro cigliati ed è percorso da una fitta trama grafica di virgolature e riccioli, disegnati con inchiostro nero. La specie vegetale maggiormente impiegata per la decorazione degli angoli della pagina è l’acanto, le cui foglie, dall’aspetto sottile e allungato, si avvolgono armoniosamente oppure si piegano a voluta o a ricciolo mostrando i risvolti, questi ultimi dipinti con colori contrastanti. Queste foglie, nelle quali predominano le tonalità del verde, del rosso-cinabro, dell’arancione e dell’azzurro, possono essere colorite anche di rosa antico e d’oro in polvere. Le miniature si trovano a: f. 13v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Crocifissione, ad matutinum Officii sanctae Crucis. f. 17v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Vergine col Bambino, all’incipit della Missa Beatae Mariae Virginis. f. 26v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine dell’Annunciazione, ad matutinum Officii Beatae Mariae Virginis. f. 41v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Visitazione, ad laudes Officii Beatae Mariae Virginis. f. 50v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Natività, ad primam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 54v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine dell’Annuncio ai pastori, ad tertiam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 58v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine dell’Adorazione dei Magi, ad sextam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 62v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Presentazione al Tempio, ad nonam Officii Beatae Mariae Virginis.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 66v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Strage degli Innocenti, ad vesperas Officii Beatae Mariae Virginis. f. 72v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Fuga in Egitto, ad vesperas Officii Beatae Mariae Virginis. f. 76v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine della Dormizione della Vergine, ad completorium Officii Beatae Mariae Virginis. f. 84v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine del Giudizio Finale, all’incipit dei Psalmi poenitentiales. f. 99v: miniatura a piena pagina (mm 96×60) con l’immagine dell’Ufficio funebre, all’incipit dell’Officium Mortuorum. Le iniziali decorate, tipologicamente unitarie, sono poste in un campo rettangolare esternamente profilato da una cornice in inchiostro bruno e sono ornate a foglie trilobate. L’armoniosa conduzione delle lettere viene arricchita dalla finissima gamma cromatica, che si basa sui toni del rosa e dell’azzurro del corpo dell’iniziale, e dell’oro in polvere del campo interno sul quale risaltano le tonalità vive delle foglie. È interessante evidenziare l’omogeneità di soluzioni che lo stelo a motivi vegetali disegna nel campo interno, formando dei nodi fogliati. Inoltre, dal corpo della lettera si diparte un’antenna, realizzata su un fondo dorato, profilata in inchiostro bruno e dipinta in rosso e azzurro con filetti in biacca. L’antenna diviene una vera e propria cornice nel margine inferiore e in quello destro dello specchio scrittorio; è inserita in un piano dorato delimitato esternamente da una linea a inchiostro nero. L’interno presenta un’alternanza cromatica di rosso e blu, disposti in modo tale che i lati risultino sempre di colori contrastanti. I motivi ornamentali in biacca vengono caratterizzati da un tratto alquanto sottile e delicato che sembra riprendere quello dell’iniziale soprastante. Intorno alle iniziali e allo specchio di scrittura, lungo i quattro margini del foglio, si dispone una rigogliosa bordura ornata secondo uno schema tipologico analogo a quello realizzato intorno alle miniature (al quale si rinvia per la descrizione). Queste iniziali si trovano a: f. 14r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), all’incipit del matutinum Officii sanctae Crucis. f. 27r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), all’incipit del matutinum Officii Beatae Mariae Virginis. f. 42r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), all’incipit delle laudes Officii Beatae Mariae Virginis. f. 51r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), ad primam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 55r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), ad tertiam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 59r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), ad sextam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 63r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), ad nonam Officii Beatae Mariae Virginis.

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ROSS. 63

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f. 67r:

iniziale decorata D di Deus in adiutorium (mm 30×45), ad vesperas Officii Beatae Mariae Virginis. f. 77r: iniziale decorata C di Converte nos (mm 30×45), ad completorium Officii Beatae Mariae Virginis. f. 85r: iniziale decorata D di Domine ne in furore (mm 30×45), all’incipit del Salmo 6 della sezione dei Psalmi poenitentiales. f. 100r: iniziale decorata D di Dilexi quoniam (mm 30×45), all’incipit dell’Officium Mortuorum. f. 124r: iniziale decorata O di Obsecro te (mm 30×45), all’incipit della preghiera De domina nostra. Lo stato di conservazione del codice è, nel complesso, molto buono. Legatura del tipo Rossi A anch’essa in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. I tagli sono dorati. Una prima descrizione del codice è tracciata, nel suo catalogo dei manoscritti rossiani (TIETZE, Die illuminierten, 180-182), da Hans Tietze che descrivendo il manoscritto e segnalando la presenza di decorazioni, propone una origine fiamminga e una datazione alla prima metà del XV secolo. In seguito, Pierre Salmon, nel suo catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 165), offre una sintetica descrizione del codice e ne indica l’ambito di origine nella Francia settentrionale, datandolo genericamente al XV secolo. Nella mostra dei Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana (MORELLO, Libri d’ore, 88-89), Giovanni Morello propende invece per una datazione alla prima metà del XV secolo e per un’origine fiamminga, da ricondursi alla operosa e frequentata bottega del cosiddetto Maestro dei tralci dorati, attiva tra il 1410 ed il 1450 (DOGAERT, Flemish Miniature, 27-32; SMEYERS, L’art de la miniature flamande, 234-235) a Bruges e, assai verosimilmente, anche in altre città fiamminghe. L’analisi codicologica e stilistica del pregevole Libro d’ore rossiano ha permesso di confermare la localizzazione nelle Fiandre e l’attribuzione dell’apparato decorativo alla bottega del Maestro dei tralci dorati. Il Calendario del manoscritto segue infatti l’uso liturgico della diocesi di Gent (TIETZE, Die illuminierten, 180) e sembra pertanto confermare la provenienza fiamminga del libro di devozione. La valutazione stilistica della decorazione del manoscritto non può che prendere avvio dalla constatazione della sua notevole qualità; infatti, l’ornamentazione marginale nel Ross. 63 e in molti altri codici attribuiti alla bottega del Maestro dei tralci dorati, è eseguita con cura ed eleganza; essa è formata da elementi fitomorfi, per lo più stilizzati, secondo schemi decorativi largamente diffusi nella miniatura franco-fiamminga fin oltre la metà del Quattrocento. Assai interessanti e personali anche le miniature, di buona qualità e dallo stile caratterizzato e facilmente riconoscibile; le figure sono realizzate con gusto linearistico di chiara ascendenza gotica trecentesca; il disegno, rapido e in certi casi schematico, definisce corpi esili ed allungati e i volti, tipici della bottega, accentuatamen-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

te patetici. Gli sfondi delle scene risultano assai convenzionali e presentano quella caratteristica soluzione decorativa che ha valso a questo gruppo di miniatori la denominazione di bottega del Maestro dei tralci dorati: un fondale di colore rosso, decorato da una fitta trama di sottili tralci color oro. Anche le ambientazioni paesaggistiche sono rese in maniera piuttosto convenzionale specialmente in rapporto alle contemporanee vedute paesistiche dei Fratelli Limbourg oppure di Jan van Eyck; assai caratteristiche risultano le colline a forma di roccia, motivo largamente diffuso nella miniatura franco-fiamminga fino al 1430. Gli sfondi paesaggistici concorrono comunque a definire un tono favolistico, ingenuo e popolare, tipico della bottega. Assai interessante e personale anche l’uso dei colori, talvolta audacemente accostati, sempre armonizzati con gusto sicuro; il miniatore predilige i toni del verde, del blu e un caratteristico arancione assai luminoso che spicca come nota più acuta su tonalità generalmente più pacate e meno vivaci e accende di intensità espressiva il calibrato grafismo della composizione delle bordure. Il gusto aneddotico e il tono sentimentale del racconto rispondono all’esigenza, tipica del miniatore, di dare un’interpretazione più umanizzata e attuale agli episodi della storia sacra; tali episodi tendono dunque a perdere le loro connotazioni più astrattamente simboliche per avvicinarsi alla sensibilità e alle esperienze quotidiane della realtà umana e rappresentano per tale ragione una sorta di preludio alle sperimentazioni espressive che caratterizzeranno l’opera del miniatore Wilhem Vrelant, olandese d’origine, attivo a Bruges nella seconda metà del XV secolo (DOGAERT, Flemish Miniature, 27-32). Caratteri del tutto analoghi a questi si trovano anche in altri due manoscritti del fondo Rossiano, il Ross. 97 ed il Ross. 100 (cfr. in questo catalogo), i quali, per tale ragione, sono stati assegnati alla stessa officina del Ross. 63 (LADMIRANT, Trois manuscrits, 61-65; I Libri d’ore, 88-89). E non è difficile ritrovare lo stesso clima di favolosa narrazione, improntata a un tono ingenuamente popolare, del Ross. 63 anche in altri Libri d’ore ascrivibili all’ambito del Maestro dei tralci dorati come i codici ms. Cl. V, 149 e il ms. Cl. V, 16 della Biblioteca del Museo Civico Correr di Venezia (LIMENTANI VIRDIS, Codici miniati, 41-45). Ancora, il Ross. 63 risulta particolarmente vicino ad un altro Libro d’ore fiammingo, il 55. K. 21, databile alla prima metà del XV secolo, conservato presso la Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma, nel quale si notano evidenti affinità nello stile delle miniature, nella resa degli strascichi delle vesti che si ripiegano a terra in pochi ampi lembi a sottolineare il morbido comportarsi dei tessuti, nella decorazione delle bordure e delle iniziali a foglie trilobate e infine nella decorazione cosiddetta secondaria (BILOTTA, Scheda nr. 102, 231). Il miniatore del Libro d’ore rossiano appare dunque come uno dei più tipici esponenti della bottega del Maestro dei tralci dorati, esponente di quella produzione libraria incrementata prevalentemente dal nuovo mecenatismo delle classi borghesi. Il gusto di tali committenti venne quindi ottimamente interpretato dalla bottega che seppe soddisfare pienamente le richieste di un vasto pubblico, popolare e provinciale, e seppe proporre nei suoi manoscritti una decorazione elegante e sobria, un colorismo piacevole ed espressivo e, nello stesso tempo, un’interpretazione umanizzata della narrazione evangelica.

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ROSS. 63-64

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Il codice è stato esposto alla mostra: I Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 68r-v; Bibl. Rossianae, II, 5r) TIETZE, Die illuminierten, 180-182 nr. 375; LADMIRANT, Trois manuscrits, 61-65; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 165 nr. 517; Libri manoscritti, 26; CARDON, LIEVIENS, SMEYERS, Typologische Taferelen, 155.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 64 (olim VIII, 6) Horae canonicae: Officium Beatae Virginis Mariae secundum consuetudinem Romanae curiae (ff. 1r-94v); Precationes variae (ff. 94v-109r); Septem psalmi poenitentiales cum litaniis et orationibus et symbolo quocumque (ff. 111r-141v); Officium de Sancta Cruce (ff. 142r-148v) Italia (Napoli), sec. XVex. Membr.; ff. VI (cart.), 148, VI’ (cart.; il I e il VI’ sono in cartoncino la cui parte esterna è decorata, su fondo rosa, a motivi geometrici di colore rosa intenso e fiori bianchi); la foliazione moderna, a colore viola, visibile nell’angolo superiore destro di ogni recto, tiene conto della mutilazione del f. 39 e segnala, tra parentesi, l’inversione dei ff. 25 e 26; richiami assenti. Il manoscritto è mutilo delle miniature dei ff. 31r e 39r, come si deduce dalle tracce lasciate sul verso dei fogli precedenti e doveva trattarsi delle pagine di incipit dell’Ora Prima – che inizia dal salmo 53 – e dell’Ora Terza – che prende avvio dalla seconda parte del Gloria – dell’Ufficio della Vergine. Risultano inoltre invertiti i ff. 25 e 26. Il codice misura mm 158×117. Scrittura umanistica libraria vergata da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit e le diverse parti della liturgia (preghiere, antifone, orazioni). I ff. 109v, 110r-v sono bianchi. Specchio di scrittura di mm 87×60 su una sola colonna di 14 linee; rigatura a secco e mina di piombo usate indistintamente; la regola di Gregory non è sempre rispettata, a causa delle mutilazioni subite dal codice. Risultano mancanti i ff. 31 e 39; invertiti i ff. 25 e 26. Ross. 64, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

La decorazione del codice è composta da: 7 iniziali maggiori istoriate (media mm 55×52) raffiguranti scene di soggetto religioso; numerose iniziali medie (media mm 18×18) decorate che segnalano i diversi momenti liturgici (preghiere, salmi); iniziali calligrafiche nei colori blu filigranate a inchiostro rosso e in foglia d’oro filigranate a inchiostro viola; segni di paragrafo blu; pagine di incipit ai ff. 1r, 15r, 44r, 50r, 56v, 67r, 111r delimitate da cornici decorate con fiori, foglie, putti, animali, insetti, vasi e vari personaggi nei colori del blu, verde, porpora e oro in foglia; stemma. f. 1r:

iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies, raffigurante la Vergine con il Bambino incoronata da due angeli. Cornice (mm 155×102), nella parte inferiore due putti sorreggono uno stemma. Incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 15r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium, raffigurante la Visitazione: sullo sfondo una costruzione turrita, in primo piano Maria ed Elisabetta si abbracciano. Cornice (mm 145×104) decorata con putti e animali. In alto il volto di un giovane. Ad laudes. f. 44r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium, raffigurante la Resurrezione: Cristo risorto, in basso il sepolcro vuoto e le guardie addormentate. Cornice (mm 147×103) decorata con fiori e animali, due putti si dissetano a una fontana mentre nel margine superiore un uomo con il turbante annuncia, attraverso un cartiglio, la resurrezione di Cristo. Ad sextam. f. 50r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium, raffigurante l’Apparizione di Cristo agli apostoli. In alto è Cristo circondato da due angeli, in basso gli apostoli, inginocchiati insieme alla Vergine, rivolgono lo sguardo verso l’alto. Cornice (mm 147×103) decorata con fiori, putti e animali tra cui un drago. In alto vi è la figura di un giovane in abito monacale con due elementi vegetali tra le mani. Ad nonam. f. 56v: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium, raffigurante la Pentecoste: al centro la Vergine, ai suoi lati gli apostoli, in alto la colomba dello Spirito Santo. Cornice (mm 147×104) decorata con fiori, animali e putti. Nel margine superiore l’immagine dell’Eterno benedicente. Ad vesperas. f. 67r: iniziale istoriata C di Convertere nos, raffigurante l’Assunzione della Vergine: in un paesaggio naturale sono raffigurati gli apostoli in posizione inginocchiata, in alto la Vergine, vestita di bianco e circondata da cherubini di colore rosso. Cornice (mm 148×103) decorata con fiori, putti e animali. Nel margine superiore è l’immagine di Cristo che tiene tra le mani la corona della Vergine. Ad completorium. f. 111r: iniziale istoriata D di Domine ne in furore, raffigurante l’Orazione nell’orto del Getsemani. Cristo è raffigurato in posizione inginocchiata, le mani giunte e lo sguardo rivolto verso l’alto. Cornice (mm 148×100) decorata con fiori, putti e animali. In alto è un giovane ritratto a mezzo busto con una tunica ammantata. Incipit dei Septem psalmi poenitentiales.

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Il codice è stato inizialmente assegnato al 1470 circa (TIETZE, Die illuminierten nr. 286; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166) mentre più tardi Morello lo sposta all’ultima decade del XV secolo (MORELLO, Libri d’ore, 68 nr. 97). Sino a De Marinis (DE MARINIS, La Biblioteca Napoletana, 158), il primo ad attribuire il manoscritto a Felice Matteo, la cui opinione fu avallata poi da altri (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 24; MORELLO, Libri d’ore, 68 nr. 97), la critica assegnava l’opera a una bottega operante nell’Italia del Nord (TIETZE, Die illuminierten nr. 286; SALMON, Les manuscrits liturgiques, IV, 166; Miniature nel Rinascimento, 66 nr. 129). L’attribuzione convincente di De Marinis e di Daneu Lattanzi non è ripresa nella voce biografica (TOSCANO, s.v. Felice Matteo, 215-218) né nel catalogo della mostra dedicata ai codici della Biblioteca reale di Napoli (La biblioteca reale). Il copista fu Giovan Marco Cinico da Parma (MORELLO, Libri d’ore, 68 nr. 97) e il committente Petro Bernardino (f. 37r) cui è rivolta l’intonazione: /// pro me famulo tuo (SILVA TAROUCA, I, 71; MORELLO Libri d’ore, 68 nr. 97). A tale personaggio potrebbe, quindi, appartenere lo stemma (SILVA TAROUCA, I, 71; MORELLO, Libri d’ore, 68 nr. 97). De Marinis ipotizzava la paternità feliciana del codice mettendolo a confronto con il Libro d’ore conservato a Napoli presso la Biblioteca dei Padri dell’Oratorio (ms. Pil. XXIV, n. 1) e con quello posseduto da Ambroise Firmin Didot. Apparivano numerose, infatti, le similitudini e le consonanze nella maniera di realizzare la testa dei pavoni o il volto dei putti, nella definizione degli elementi vegetali, particolarmente sinuosi, o nell’impiego dei globi dorati. Accanto a confronti stilistici il De Marinis confermava la propria ipotesi istituendo la corrispondenza tra un’annotazione relativa all’esecuzione di un Salterio istoriato che si ritrova nei pagamenti relativi a Felice Matteo e il codice qui presentato. Nella disposizione dei vari elementi delle cornici il manoscritto si mostra oscillante tra una tradizione dal sapore gotico e una di impronta più marcatamente rinascimentale (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 24, n. 43). La Madonna (f. 1r) rivela, infatti, la tipologia fisionomica feliciana pur non apparendo ancora così nettamente definita come i putti, realizzati forse da aiuti, ma molto simili a quelli visibili nel Psalterium Romanum conservato presso la Biblioteca Comunale di Monreale, ms. XXV. F. 7 (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 24, n. 43). Le cornici sono abitate da angioletti, animali, fiori e foglie di acanto valorizzate da una cromia vivace che però, si limita principalmente all’uso del blu, del porpora e dell’oro in foglia. I diversi atteggiamenti divertenti dei “piccolini”, termine con il quale sono definiti i putti nelle note di pagamento, che a volte si ritrovano con un cappello in mano o in groppa ai pavoni, altre volte raffigurati mentre tengono in braccio un leprotto oppure lo trattengono per una zampa, sembrano sopravvivenze delle spirito che ha animato le drôleries medievali (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 24, n. 43). Accanto a stilemi caratteristici di Felice come, ad esempio, gli alberi ad alto fusto con la chioma a più ordini concentrici (f. 15r), le grosse bugne che caratterizzano le costruzioni (f. 15r), il terreno ben indagato nella sua morfologia (f. 111r) convivono, si integrano e si rileggono, alla luce della propria cultura, elementi mutuati da linguaggi figurativi appartenenti ad altre tradizioni. Tale contaminazione rielabo-

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rata attraverso i propri stilemi caratterizza l’intera scuola napoletana. Così, alla medesima matrice appartengono le teste grosse – che si allungano in Felice – con occhi dalle palpebre gonfie e segnati da borse (f. 15r), a quella fiamminga i capelli piuttosto voluminosi che si arricciano lungo i lati e incorniciano i volti (f. 15r), a quella fiorentina le candelabre che nascono dai vasi e si sviluppano lungo i margini (f. 111r), a quella ferrarese i globi dorati e le foglie a grandi petali (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 8-9). Il codice mostra affinità stilistiche anche con il Psalterium della Collezione Spencer, conservato presso la Public Library di New York (ms. 130) dove si ritrova, ad esempio, la medesima tipologia delle spirali vegetali. L’opera può assegnarsi alla seconda fase del maestro definita dalla Daneu Lattanzi “al modo di Fiandra” caratterizzata da margini dai racemi sottili e dalla forma a spirale, dischetti, fiori e foglioline. Come il Ross. 65, anche questo codice rientra nel gruppo dei libri di devozione privata contenenti preghiere, ascrivibili al XV secolo, che testimoniano, nella Chiesa latina, la sopravvivenza di antiche forme che non si sono trasmesse successivamente (SALMON, Livrets de prières, 147). Le preghiere si trovano ai ff. 94v-109. Il manoscritto è in discreto stato di conservazione. I fogli si mostrano ingialliti, il f. 39 è stato tagliato lungo il margine laterale. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Stemma: partito, a pali d’oro e d’azzurro alternati. Non identificato (f. 1r). Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 70r-71r; Bibl. Rossianae, II, 6r) TIETZE, Die illuminierten, 123 nr. 286; Miniature nel Rinascimento, 66 nr. 129; DE MARINIS, La Biblioteca Napoletana I, 158; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166 nr. 518; DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 24; SALMON, Livrets de prières, 147-149; MORELLO, Libri d’ore, 68, 72, I nr. 97, fig. 137.

NATALIA FALASCHI Ross. 65 (olim VIII, 7) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum consuetudinem Romanae Curiae (ff. 13r-59v); Missa de Beata Maria Virgine (ff. 59v-64r); Officium defunctorum (ff. 65r-95v); Officium de Sancta Cruce (ff. 95v-98v); Officium de Sancto Spiritu (ff. 98v-101v); Psalmus Qui habitat (ff. 100r-101v); Septem psalmi poenitentiales cum litaniis et orationibus (ff. 102r124v); Precatio ad Beatam Mariam Virginem Obsecro te (ff. 124v-127v); Precatio

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Ave sanctissima Maria mater Dei cui praemittitur nota: papa Sixtus quartus concessit cuilibet denote dicenti infrascriptam orationem undecim milia annuorum de vera indulgentia (f. 127v); Quicumque vult salus esse (ff. 127v130r) Italia settentrionale (Veneto), sec. XVex. Membr.; ff. V (I moderno, tessuto verde incollato sul recto come la controguardia; IIV cart.), 133, V’ (I’-V’ cart.; VI’ moderno, tessuto verde incollato sul verso come la controguardia). Foliazione moderna, progressiva, a pastello color viola, in numeri arabi, visibile nell’angolo superiore destro di ogni recto; i ff. 64v, 131r-133v sono bianchi. Richiami vergati in posizione verticale lungo il margine interno dello specchio scrittorio a inchiostro marrone, non sono presenti ai ff. 12v, 36v, 101v, 117v. Il codice Ross. 65, f. 34r misura mm 177×130. Scrittura umanistica libraria vergata da un’unica mano con inchiostro bruno, blu per indicare, all’interno del calendario, nomi dei santi e festività, e oro per segnalare il mese e i giorni e le diverse liturgie (preghiere, salmi, orazioni). Specchio scrittorio di mm 105×70 a una sola colonna di 18 linee; rigatura a mina di piombo visibile su ogni recto e verso.

La decorazione del manoscritto è costituita da: 13 iniziali maggiori (media mm 35×41) di cui 12 istoriate e 1 decorata, numerose iniziali medie (media mm 10×12) decorate segnalano i diversi momenti liturgici (preghiere, salmi), numerose iniziali minori (media mm 5×5) decorate, pagine di incipit ai ff. 13r, 60r, 65r, 96r, 99r, 102r. Iniziali maggiori istoriate racchiuse all’interno di un campo monocromatico, talvolta decorato da motivi filigranati, profilato da una cornice lineare nera, il corpo è definito da linee dalla cromia sfumata; all’interno scene di vario soggetto. La tavolozza pittorica appare molto ricca e comprende una gamma cromatica piuttosto varia: nero, grigio, blu, azzurro, celeste, viola, giallo ocra, verde intenso, marrone, porpora, rosso, bianco, oro a tempera. f. 13r:

iniziale istoriata D di Domine labia mea. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Vergine in adorazione del Bambino. Sullo sfondo un paesaggio lagunare. Cornice (mm 165×120) a bianchi racemi intrecciati che nascono da una cornucopia posta nel margine inferiore e creano tondi abitati da fiori, animali, putti e medaglioni. Incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis.

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68 f. 20r:

f. 28r:

f. 31r:

f. 34r:

f. 37r:

f. 40r:

f. 45r:

f. 60r:

f. 65r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale decorata D di Deus in adiutorium. Fregio (mm 125×70) a campi dorati intrecciati nei colori dell’azzurro, verde intenso e rosso che orna la parte inferiore del margine laterale e quello inferiore. Al centro di quest’ultimo si apre un tondo in cui è raffigurata la Natività: Maria e Giuseppe inginocchiati davanti al Bambino. Ad laudes. iniziale istoriata D di Deus in adiutorium. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Sacra Famiglia mentre i Magi adoranti sono rappresentati nel margine laterale destro. Fregio (mm 73×117) a bianchi racemi intrecciati realizzato nei colori dell’azzurro, ocra, rosso, verde intenso e oro a tempera arricchito da elementi floreali trilobati. Ad primam. iniziale istoriata D di Deus in adiutorium. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Fuga in Egitto: Maria e Gesù sul dorso dell’asino mentre Giuseppe li guida. Fregio (mm 116×104) a campi intrecciati dorati nei colori del rosso e del blu orna i margini laterale e superiore, la chiusura è costituita da perle. Ad tertiam. iniziale istoriata D di Deus in adiutorium. Nel fondo dell’iniziale è raffigurato il Volto di Cristo. Fregio (mm 97×100) a campi intrecciati dorati nei colori dell’azzurro e verde intenso che orna i margini laterale e superiore. In quello laterale destro è raffigurato un uccello fantastico (mm 36×35). Ad sextam. iniziale istoriata D di Deus in adiutorium. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Strage degli Innocenti: donne proteggono i loro figli dai soldati, in primo piano giace un bimbo senza vita. Fregio (mm 93×102) a bianchi racemi intrecciati nei colori del rosso, ocra, verde intenso e azzurro, punteggiati di oro che orna i margini laterale e superiore. Ad nonam. iniziale istoriata D di Deus in adiutorium. Nel fondo dell’iniziale è raffigurato Gesù tra i dottori all’interno del tempio. Fregio (mm 96×113) a bianchi racemi intrecciati nei colori dell’azzurro, verde intenso e oro in tempera che orna i margini laterale e superiore. Quello del margine esterno presenta un ornato a campi intrecciati dorati nei colori del verde intenso e rosso punteggiato di oro. Ad vesperas. iniziale istoriata C di Converte nos. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Resurrezione di un defunto (Lazzaro?): Cristo, dal capo nimbato, impone la mano destra mentre un apostolo sostiene il defunto. Sullo sfondo un paesaggio lagunare. Fregio (mm 111×95) con motivo a candelabra lungo il margine laterale, a racemi verdi intrecciati nei colori dell’oro, rosso, azzurro e verde intenso lungo il margine superiore. Ad completorium. iniziale istoriata S di Salve sancta. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Vergine in gloria. Cornice (mm 163×118) a bianchi campi intrecciati nei colori del rosso, azzurro, ocra e verde intenso, punteggiata e ornata di sfere. Incipit Missa de Beata Maria Virgine. iniziale istoriata D di Dilexi quoniam. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata una Messa funebre alla presenza di monache. Cornice (mm 168×114) decorata, lungo i margini laterale interno e superiore, a bianchi campi

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intrecciati su fondo viola punteggiato di bianco mentre quello laterale esterno una candelabra con teschi, quello inferiore foglie di acanto dorate tra le quali giace un putto. Incipit dell’Officium defunctorum. f. 96r: iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Deposizione: ai piedi della croce la Vergine, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo depongono il corpo di Cristo nel sepolcro. Cornice (mm 165×120) decorata a racemi dorati intrecciati su fondo rosso, azzurro, ocra e verde intenso, punteggiata e abitata da animali e fiori. Nel margine superiore appare il viso della Vergine rivolto alla scena raffigurata nell’iniziale mentre in quello inferiore è raffigurato Cristo che trasporta la croce. Incipit dell’Officium de Sancta Cruce. f. 99r: iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies. Nel fondo dell’iniziale è raffigurata la Pentecoste: la Madonna, circondata dagli Apostoli, in alto la colomba dello Spirito Santo. Cornice (mm 163×117) decorata a grottesche e con mascheroni, foglie di acanto, vasi, figure alate e figure reggi-candelabre realizzate nei colori del rosso, verde intenso, azzurro, bianco e oro a tempera. Incipit dell’Officium de Sancto Spiritu. f. 102r: iniziale istoriata D di Domine ne in furore. Sono raffigurati Re David e Betsabea. Cornice (mm 166×120) a candelabre abitata da medaglioni, putti, figure femminili fitomorfe, elementi guerreschi e nudi reggi-candelabre realizzati nei colori dell’azzurro, rosso, verde intenso, oro a tempera e bianco. Incipit dei Septem psalmi poenitentiales cum litaniis et orationibus. f. 118v: pannello di piccole dimensioni (mm 43×73), il cui fondo azzurro è decorato in oro con elementi vegetali e floreali e un animale in posizione rampante. Finis orationis sancti Anselmi. f. 119r: pannello di piccole dimensioni (mm 29×75), il cui fondo azzurro è decorato in oro a motivi vegetali. Incipit dell’oratio Puro corde. Il manoscritto viene univocamente assegnato dalla critica alla fine del secolo XV e all’uso di Genova per la presenza nel calendario – peraltro povero di nomi – di santi genovesi come Desiderius ep(iscop)us Ian(uensis) (23 maggio), Sirius ep(iscop)us Ian(uensis) (6 luglio), Felis ep(iscop)us Ian(uensis) (9 luglio), Romulus ep(iscop)us Ian(uensis) (13 ottobre) (TIETZE, Die illuminierten, 147-149 nr. 384; SILVA TAROUCA, I, 73; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166; MORELLO, Libri d’ore, 79 nr. 129). Come il Ross. 64 anche questo Libro d’ore include preghiere di età carolingia che sopravvissero nella chiesa latina sino al secolo XV, senza essere successivamente trasmesse (ff. 117-124, ff. 147-149) (SALMON, Livrets de prières, 147-149). L’apparato decorativo è stato attribuito a un artista proveniente dall’Italia del Nord (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166), che mostra consonanze con l’autore del Libro d’ore di Bona Sforza (TIETZE, Die illuminierten, 147149 nr. 324). Tale attribuzione è fatta propria anche da Morello che assegna dunque la paternità del codice a Giovan Pietro Birago (MORELLO, Libri d’ore, 79 nr. 129). Ulteriore prova di tale attribuzione è, per lo storico, l’evidente consonanza

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

stilistica tra l’uccello fantastico miniato a f. 34r del rossiano e quello a f. 68v del Pontificale Ottoboniano (Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Ottob. lat. 501). Il manoscritto presenta un apparato miniato piuttosto ricco e articolato. L’Ufficio della Vergine è caratterizzato, sia nella cornice che nei fregi, da un linguaggio ornamentale che pare oscillare tra un idioma legato al gusto rinascimentale, per la cromia impiegata – azzurro, ocra, porpora e verde intenso – e per gli atteggiamenti dei putti che abitano, insieme a quadrupedi e uccelli, i tralci vegetali e un altro vicino a un lessico classicheggiante proposto attraverso l’impiego di medaglioni all’antica, perle e pietre dure. Con lo scorrere dei fogli il gusto antiquario si afferma sempre di più per fissarsi nella cornice dell’Ufficio dei Defunti (f. 65r) attraverso la proposizione di un fondo nero e azzurro intenso animato, su due lati, da una candelabra con teschi, ossa, falci e foglie di acanto dorate e profilate in rosso all’interno delle quali giace un putto senza vita e in quella dei Sette Salmi Penitenziali (f. 102r). Quest’ultima mostra un linguaggio pienamente classicista sia nell’impianto che nei singoli stilemi: il fondo azzurro intenso si anima di candelabre abitate da putti, delfini affrontati e medaglioni, mentre un nudo sorregge una colonna su cui si ammirano simboli guerreschi come scudi, corazze, elmi e spade. Similitudini, suggestioni e consonanze si notano, ad esempio, con il Decretum Gratiani realizzato per Nicolas Jenson intorno al 1477 da Girolamo da Cremona, dal Maestro delle Sette Virtù e da Benedetto Bordon, come, ad esempio, la tipologia dei due delfini affrontati (f. 102r) che ripropongono un profilo piuttosto allungato o i medaglioni racchiusi in una cornice dal fondo scuro che sostituiscono alle due valve che terminano, alle estremità, in due riccioli una sorta di nodi delimitanti in due parti la cornice del cammeo, visibili nel Decretum e opera del Maestro delle Sette Virtù (Gotha, Landesbibliothek, Mon. Typ. 1477, 2° [12], f. 2r). La provenienza veneta dell’artista, dunque, appare innegabile, non soltanto analizzando l’apparato ornamentale, dove si riscontrano tangenze sintattiche, ma anche in quello figurativo. A tale proposito si veda la Madonna col Bambino (f. 13r) e l’iniziale istoriata nel cui fondo è il Volto di Cristo (f. 34r); entrambi gli esempi appaiono debitori della coeva pittura veneta che ha il suo massimo esponente in Giovanni Bellini. L’impianto compositivo della Vergine col Bambino mostra il trono posto su suppedaneo e lo sfondo lagunare tagliato in due da una cortina color carminio; i volti di Maria e di Cristo mostrano rotondità, pelle ambrata, palpebre rigonfie e una tecnica di sfumatura perfettamente rispondenti alle specificità dell’ambiente veneto. Buono appare lo stato di conservazione. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) VIRGIN(IS); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV / ELEG(ANTER) PICT(US). Una interessante nota cinquecentesca traccia la storia del manoscritto, secondo cui esso, di proprietà del priore del monastero di San Clemente in Roma, fu ceduto, il 15 maggio 1593, a Lelio Zagarelli di Fano che attraverso Pompeo Flo-

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rido e il cardinale Risticucio lo fece pervenire a sua sorella Diana dimorante a Fano (f. 130v). Un’ulteriore annotazione attesta due secoli dopo il possesso da parte di (Io) Giuseppe Gabrielli 1770 (f. 132v) e di Isabetta Castracana (f. 132v). Officium hoc Divae Mariae / die decima quinta Maij 1593 / ab admodum R.do Patre / Priore Monasterii S. Clementis de Urbe / fuit largitum D(omino) Lelio Zagarello / Fanensi, qui eodem IIII die idem / officium consignavit mag(nific)o D(omino) / Pompeo Florido, suo consanguineo, ad effectum nomine eiusdem Lelii / dictum officium daret in civitate / Fani R(everendae) Matri sorori Dianae / de Zagarellis, suae dilectissimae / sorori, sicut d(ictu)s D(ominus) Pompeus ex / sua urbanitate facere promisit, / quando in dicta Civitate se con/feret cum ill(ustrissi)mo et r(everendissi)mo D(omino) Card(ina)li / Rusticucio communi Domino (f. 130v). Il codice è stato esposto alla mostra Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 72r-73r; Bibl. Rossianae, II, 7r) TIETZE, Die illuminierten, 147-149 nr. 324; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166 nr. 519; SALMON, Livrets de prières, 147-149; MORELLO, Libri d’ore, 79-80 nr. 129, fig. 108.

NATALIA FALASCHI

Ross. 66 (olim VIII, 8) Horarum liber: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Sanctae Crucis, Officium Spiritus Sancti (quest’ultimo mutilo all’inizio; ff. 13r-21r); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 21v-73r); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 73v-89v); Officium mortuorum (mutilo all’inizio ff. 90r-129v) Francia settentrionale, Lorena (diocesi di Toul), sec. XV, seconda metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (cart.; I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. di restauro), 129, VI’ (cart.; I’-V’ cart. di restauro, VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Numerazione moderna a matita in numeri arabi apposta nell’angolo in alto a destra sul recto di ciascun foglio; sebbene il codice abbia subito la decurtazione di tre fogli (asportati, lasciando evidenti segni sul margine interno, in corrispondenza della legatura, uno tra i ff. 17/18,

Ross. 66, f. 62r

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uno tra i ff. 89/90 e infine uno tra i ff. 115/116, la numerazione attuale tiene conto di tali perdite, dunque non presenta lacune e prosegue regolare dall’inizio alla fine del manoscritto. Due dei fogli asportati (tra gli attuali ff. 17-18 e 89-90), contenenti rispettivamente l’incipit dell’Ufficio dello Spirito Santo e di quello dei Defunti, dovevano essere decorati con miniature a piena pagina come si può desumere dal programma ornamentale che scandisce le partizioni testuali del Libro d’ore. La misura del codice oscilla tra mm 180×120 (misure prese a f. 1) e mm 183×125 (misure prese a f. 16). Specchio scrittorio (mm 106×70, misure prese a f. 18r) a una colonna di 16 righe, inquadrate da 2 righe marginali verticali. Scrittura gotica libraria di un’unica mano, in inchiostro bruno, disposta in genere su 15 linee (ma 6 linee a f. 73r, 8 linee a f. 33v, 11 linee a f. 21r e a f. 68v); le rubriche sono evidenziate in inchiostro rosso; rigatura a mina di piombo. Rigato ma non scritto f. 13r. I richiami, che dovevano essere apposti nel margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo, sono stati eliminati da una drastica rifilatura.

Il programma ornamentale del Libro d’ore, opera di una sola mano, risulta accuratamente organizzato in maniera tale da conferire maggiore rilevanza alle partizioni principali del testo liturgico. Il corpus ornamentale del manoscritto è costituito da miniature a piena pagina, iniziali decorate di grandi dimensioni e iniziali decorate minori. Infine il Calendario (ff. 1r-12v), che non reca illustrazioni, riporta su tutti i fogli l’abbreviazione KL (mm 30×15, misure prese a f. 2r), colorata in oro, rosso e azzurro. Un preciso programma regola l’inserimento di questi elementi decorativi nel testo. Assai unitario è l’apparato figurativo, caratterizzato da una cromia intensa e variegata, realizzato dal miniatore con un certo impaccio, soprattutto compositivo, che indica nell’artista verosimilmente una maggiore dimestichezza con l’opera di decorazione, nella quale egli perviene a esiti di più gradevole calibratura grafica e cromatica. Il miniatore del Libro d’ore rossiano rivela inoltre un pur timido avvicinamento a soluzioni compositive e formali più moderne, come indicano il disegno un po’ incerto, ma ‘pensato’ in prospettiva, degli scorci paesaggistici e il susseguirsi di piani di profondità negli sfondi paesistici caratterizzati nel complesso da un’ingenuità d’intonazione non priva di fascino. Le illustrazioni si trovano inserite entro una cornice dorata a forma di finestra, definita, sia nel margine interno che in quello esterno, da una spessa linea in inchiostro bruno. Tutto intorno ai riquadri si estende una rigogliosa bordura decorata, esile e aggraziata nei dettagli, nella quale, entro una fitta trama grafica di volute spiraliformi, delicata e vibrante, impreziosita da rigogliose fioriture, carnosi frutti e borchie dorate mistilinee, cigliate a inchiostro, si posano armoniosamente foglie acantiformi che si distendono dinamicamente sulla superficie della pagina e culminano in ardite volute e calligrafici riccioli dalle curve avvolgenti. Sovente, i margini inferiori delle pagine che ospitano le miniature sono arricchiti da graziose scenette dal sapore aneddotico e dal tono favolistico, ingenuo e popolare, scevre di ogni prolissità narrativa e non coordinate con le illustrazioni maggiori: è quanto accade, ad esempio, nel bas-de-page di f. 61v dove, sulla riva di un piccolo stagno, circondato da un fitto boschetto e animato da anatre e cigni, un cacciatore è intento a caricare la sua balestra. Le miniature, in capo alle sezioni liturgiche indicate fra parentesi, si trovano a:

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f. 13v: Crocifissione, miniatura a piena pagina (mm 105×70); Officium sanctae Crucis: Ad matutinum. f. 21v: Annunciazione, miniatura a piena pagina (mm 120×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad matutinum. f. 34v: Visitazione, miniatura a piena pagina (mm 110×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad laudes. f. 44v: Natività, miniatura a piena pagina (mm 120×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad primam. f. 49v: Annuncio ai pastori, miniatura a piena pagina (mm 130×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad tertiam. f. 53v: Adorazione dei Magi, miniatura a piena pagina (mm 130×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad sextam. f. 56v: Presentazione al Tempio, miniatura a piena pagina (mm 120×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad nonam. f. 61v: Strage degli Innocenti, miniatura a piena pagina (mm 130×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad vesperas. f. 68v: Fuga in Egitto, miniatura a piena pagina (mm 120×70); Officium Beatae Mariae Virginis: Ad completorium. f. 73v: David orante, miniatura a piena pagina (mm 130×70); incipit dei Psalmi poenitentiales. Le iniziali decorate grandi, poste a segnalare l’incipit delle sezioni liturgiche di maggiore solennità, sono realizzate secondo una tipologia omogenea. Ciascuna lettera si trova inserita in una campitura dorata rettangolare dai profili leggermente convessi e sottolineati da un tratto nero; il corpo di queste lettere è blu ed è percorso da motivi decorativi rilevati in biacca. Nel campo interno, su un fondo d’oro, si dispongono graziosamente racemi vegetali ricurvi, culminanti in corpose foglie trilobate tinte in rosa, blu e verde e sfumate in biacca nelle punte. La decorazione delle pagine che ospitano queste iniziali è completata da rigogliosi fregi a motivi vegetali che corrono lungo i margini a incorniciare lo specchio di scrittura; le bordure sono composte per lo più da sottili volute vegetali, tracciate da un segno grafico tagliente, con foglie auree trilobate alternate a rami fioriti, piantine di fragole, foglie policrome, lanceolate e frastagliate, disposte in equilibrio serrato, in alcuni casi arricchite da frutti granulosi, animali e figurette umane. Tali iniziali si trovano a: f. 14r: iniziale decorata D (mm 50×35) di Domine labia mea, all’incipit del matutinum Officii sanctae Crucis. f. 22r: iniziale decorata D (mm 50×35) di Domine labia mea, all’incipit del matutinum Officii Beatae Mariae Virginis. f. 35r: iniziale decorata D (mm 50×35) di Deus in adiutorium meum, all’incipit delle laudes Officii Beatae Mariae Virginis. f. 45r: iniziale D (mm 50×35) di Domine in adiutorium meum, ad primam Officii Beatae Mariae Virginis.

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f. 50r: iniziale decorata D (mm 45×35) di Deus in adiutorium meum, ad tertiam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 54r: iniziale decorata D (mm 50×40) di Deus in adiutorium meum, ad sextam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 57r: iniziale decorata D (mm 50×40) di Deus in adiutorium meum, ad nonam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 62r: iniziale decorata D (mm 50×40) di Deus in adiutorium meum, ad vesperas Officii Beatae Mariae Virginis. f. 69r: iniziale decorata C (mm 45×40) di Converte nos Deus, ad completorium Officii Beatae Mariae Virginis. f. 74r: iniziale decorata D (mm 50×40) di Domine ne in furore tuo, all’incipit del Salmo 6 della sezione dei Psalmi poenitentiales. Numerose iniziali, occupanti due linee di scrittura (mm 20×20, misure prese a f. 42r), sono poste a segnalare le sequenze testuali di minore rilevanza; queste lettere seguono una tipologia unitaria: il corpo dorato si trova inserito in un campo quadrangolare, percorso da motivi decorativi in biacca, colorito in azzurro e in rosa in modo tale che il campo esterno e quello interno risultino sempre di colori contrastanti. Numerosissime iniziali, della medesima tipologia delle precedenti, ma di misura pari a una linea di testo, si trovano infine disseminate entro lo specchio di scrittura. Il manoscritto si trova registrato nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 41) che ne traccia una dettagliata descrizione, attribuendo le miniature a una «Handwerksmäßige französische lothringische Arbeit» della seconda metà del XV secolo. Il codice appare recensito anche nel catalogo dei libri liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana stilato da Pierre Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166), il quale assegna le miniature all’arte lorenese del XV secolo e ne indica una provenienza dalla diocesi di Toul. Il Calendario del manoscritto segue infatti l’uso di Toul (MARTIN, Histoire des diocèses de Toul, 150) e sembra pertanto confermare la provenienza lorenese del libro di devozione; vi sono nominati i santi: Severino (7 gennaio), Serena, particolarmente venerata nella diocesi di Metz (29 gennaio), Amando di Maastricht (6 febbraio), Paolo di Verdun (8 febbraio), Albino, vescovo di Angers (1 marzo), Patrizio (15 e 16 marzo), Leodegario, vescovo di Autun (27 marzo, 2 ottobre), Opportuna (22 aprile), Gerardo, vescovo di Toul (23 aprile), Marina (30 aprile), Clemente (2 maggio e 23 novembre), san Giovanni in Laterano (6 maggio), Nicola (9 maggio), Gengolfo, particolarmente venerato nella diocesi di Langres (11 maggio), Desiderio (23 maggio), Medardo, vescovo di Noyon (8 giugno), Eligio, vescovo di Noyon (25 maggio), Teobaldo (1 luglio), Arnolfo di Metz (18 luglio, 16 agosto), Germano, vescovo di Auxerre (31 luglio), Prima (21 agosto), Fiacre (31 agosto), Ladre (1 settembre, 18 dicembre), Antonio (2 settembre), Mansueto, vescovo di Toul (3 settembre), Lamberto (17 settembre), Remigio, vescovo di Tours (1 ottobre), Dionigi (9 ottobre), Maglorio (24 ottobre), Quintino (31 ottobre), Uberto (3 novembre), Brizio (13 novembre), Eligio (1 dicembre),

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Firmino (3 dicembre), Nicasio, vescovo di Reims (14 dicembre), Valenziano (16 dicembre). Nel XV secolo, Toul, città episcopale della Lorena, era una vasta diocesi aperta, da un punto di vista liturgico, alle influenze alsaziane, provenienti da est, della Champagne, provenienti da ovest e infine borgognone, provenienti da sud. La città era inoltre un importante polo di attività libraria insieme con Metz e Verdun (Écriture et enluminure en Lorraine, passim; AVRIL, REYNAUD, Les manuscrits à peinture, 182). Anche l’apparato ornamentale e illustrativo del codice rossiano appare di immediata ambientazione culturale nella regione e di sicuro inquadramento cronologico. L’impianto decorativo, le bordure e la decorazione secondaria rimandano infatti alla produzione quattrocentesca dei Libri d’ore franco-fiamminghi (WIECK, Time Sanctified, passim). Nel linguaggio dell’ignoto miniatore del Ross. 66 sono presenti anche elementi arcaicizzanti, quali le ridotte e convenzionali indicazioni paesaggistiche e il fondo dorato della campitura delle iniziali decorate di maggiori dimensioni, elementi questi che sono verosimilmente da interpretare come segnali di una formazione condotta ai margini dei grandi centri della miniatura lorenese. Pur nella consapevolezza di non presentare raffronti palmari, ma soltanto culturalmente orientativi, varrà la pena di confrontare il Libro d’ore con opere di superiore levatura e tenuta stilistica, situabili nell’area ricordata quali il Messale all’uso di Troyes ms. lat. 865A della Bibliothèque nationale de France di Parigi (AVRIL, REYNAUD, Les manuscrits à peinture, 182-183) e le Postille all’Antico e al Nuovo Testamento di Nicola da Lyra, in più volumi, anch’esse custodite alla Bibliothèque nationale de France di Parigi (mss. lat. 11972, 11973, 11978; AVRIL, REYNAUD, Les manuscrits à peinture, 183-184) dove elementi ornamentali, quali le fioriture rigogliose e le figure umane e animali, cui si accompagna nelle bordure la decorazione grafica insistita a penna, si accordano con influenze fiamminghe, da individuare, queste ultime, nella struttura ariosa delle bordure, accompagnata da eleganti soluzioni a racemi. La movimentata e dilatata ornamentazione dei margini, pur trovando paralleli nella cultura miniatoria del nord della Francia, mostra infatti, nel sinuoso andamento dei fogliami in curve continue e contrapposte, dal ritmo serrato e simmetrico, una peculiare inflessione di linguaggio che si ritrova anche in territorio fiammingo (SMEYERS, L’art de la miniature flamande, 234-266). Le suggestioni franco-fiamminghe non si fermano qui e la propensione verso vivaci spunti narrativi sarà da cogliere anche in altri testimoni originari della Francia del nord, come si osserva, ad esempio, in un sontuoso Libro d’ore all’uso di Parigi, databile intorno al 1470, miniato dal cosiddetto Maître de Coëtivy, nel quale una figura di cacciatore intento a caricare la balestra si trova inserita, analogamente a quanto avviene nel codice rossiano (f. 61v), nei rigogliosi fogliami che attorniano lungo i margini la scena della Visitazione (HINDMAN, Books of Hours, 40-41). Il manoscritto si presenta in discreto stato di conservazione.

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Legatura Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. I piatti interni e le controguardie sono in cartoncino azzurro. I tagli sono dorati. Il volume non contiene indicazioni circa la provenienza originaria; molti indizi inducono a pensare che sia stato anticamente posseduto dalla comunità religiosa femminile dell’Annonciade nel monastero lorenese di Pont-à-Mousson, fondato nel 1623 (MARTIN, Histoire des diocèses de Toul, 150, 637). In alcuni fogli del manoscritto (ff. 33v, 34r, 127r, 128r, 129r) si leggono infatti diverse annotazioni, risalenti al XVII secolo, che fanno riferimento alle vicende Monasterii Virginum Annunciatarum Mussipontani: Nomina sororum et Martinus Mascarina primus Confessor Annunciatarum Monasterii Mussipontani anno salutis 1626 25 junii (ff. 33v e 34r); Anno salutis 1625 officium divinum in monasterio dicto de l’Annunciade incoepit, die 17 novembris in festo S. Gregorii Taumaturgi et fuit translatio sororum nostrarum (f. 127r); in ea translacione aderant (…) illustrissima Anrietta (Henriette de Lorraine) a Lotharingia princeps de Phaltsebourg (Phalsbourg) sororum protrectrics… (f. 128r; MARTIN, Histoire des diocèses de Toul, 150, 637). Tali annotazioni attestano dunque la permanenza del codice in terra di Francia anche in tempi più recenti. Assai interessanti sono pure le indicazioni dei santi nelle Litanie (ff. 85r-89v) dove si trovano trascritte le invocazioni ai santi Teobaldo, Maurizio, Dionigi, Biagio, Quintino, Silvestro, Clemente, Leone, Martina, Germana, Nicola, Gregorio, Remigio di Reims, Egidio di Nîmes, Elisabetta, Gertrude e Segolena. La presenza dei santi francesi nominati conferma la localizzazione del libro di devozione in terra d’Oltralpe. Non sappiamo come e quando il manoscritto abbia abbandonato la Francia, né quali siano state le sue vicende successive prima di entrare a far parte della collezione di Giovanni Francesco de Rossi. (SILVA TAROUCA, I, 74r-v; Bibl. Rossianae, II, 8r) TIETZE, Die illuminierten, 41 nr. 67; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 166 nr. 520.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 67 (olim VIII, 9) Horae canonicae: Kalendarium (in francese) (ff. 1r-10v); Quattuor Evangeliorum initia (ff. 11r-19v); Precationes (ff. 20r-23v); Officium Beatae Mariae Virginis, secundum usum Parisiis (ff. 24r-71v); Officium Sanctae Crucis (ff. 72r-77v); Officium Sancti Spiritus (ff. 78r-81r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 82r- 93v); Litaniae et orationes (ff. 94r-98v); Officium defunctorum (ff. 99r-127v); Hymni, orationes, suffragia (ff. 128r-145v)

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Francia (Parigi), sec. XV, seconda metà Membr.; ff. VI (cart.), 145, VI’ (cart.; il I e il VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Il codice misura mm 178×125; scrittura gotica vergata a inchiostro bruno, in rosso per gli incipit; specchio di scrittura: mm 84×57, misure prese a f. 128, di 15 linee per 16 righe. Richiami in basso al centro, in posizione orizzontale, sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo. Rigatura a inchiostro ocra realizzata in genere sul recto e sul verso dei fogli; numerazione in cifre arabiche, a matita moderna.

L’apparato decorativo è composto da 12 fogli miniati, alle pagine d’incipit delle diverse partizioni; 5 iniziali istoriate (ai ff. 11r, 20r, 52r, 56r, 66r); piccole tabelle quadrangolari che si affiancano all’iniziale semplicemente decorata che misura in media mm 15×30; le iniRoss. 67, f. 72r ziali decorate sono realizzate, in campo in lamina d’oro, nella triade coloristica del blu e arricchite all’interno con motivi vegetali di tralci, fiori e frutti; iniziali filigranate a colori alternati azzurro e oro e blu e rosso. Riempilinea in blu e oro, alternati a riempilinea a inchiostro d’oro o a inchiostro blu. f. 11r: esteso fregio decorato ad ampi fogliami con fiori e frutti che ricopre i tre lati dello specchio di scrittura. All’inizio del testo, rubrica: Secundum Iohannem e lettera iniziale istoriata I di In principio (mm 26×30), su foglia d’oro che continua a delimitare la tabella in cui è raffigurato l’evangelista Giovanni intento a scrivere il suo Vangelo con a fianco l’aquila, suo animale parlante. f. 12v: ampio fregio decorato come il precedente su tre lati dello specchio di scrittura, tranne che sul lato destro. All’inizio del testo rubrica: S(e)c(un)d(u)m Lucam. Lettera iniziale I di In illo, accompagnata da una illustrazione quadrangolare (mm 34×35), delimitata da una cornice e raffigurante l’evangelista Luca, seduto con il libro del Vangelo sotto il braccio e accompagnato dal bue, che rappresenta il suo simbolo nel tetramorfo. f. 14r: ampio fregio come sopra, assente nel margine destro. A metà dello specchio di scrittura, rubrica: S(e)c(un)d(u)m Matheum. Iniziale C di Cum natus, accompagnata da una illustrazione (mm 32×32) con l’evangelista Matteo intento a scrivere, accompagnato dal suo simbolo, qui erroneamente rappresentato da un leone invece dell’uomo alato o dell’angelo.

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f. 16r:

ampio fregio come il precedente. Nella parte superiore del testo, rubrica: Secundum Marcum. Iniziale I di in In illo, accompagnata da un’illustrazione (mm 32×32) con l’evangelista Marco intento a scrivere accompagnato dal suo simbolo parlante, qui erroneamente rappresentato dall’angelo invece che dal leone. f. 20r: ampio fregio come sopra. All’inizio del testo, iniziale istoriata O di O intemerata (mm 34×41), contenente la scena del Compianto della Vergine. f. 44r: pagina miniata con ampio fregio come sopra che scorre sui quattro lati. Miniatura tabellare (mm 75×55) con scena della Natività. Lettera iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum su foglia d’oro decorata con elementi fitomorfi. f. 52r: ampio fregio come sopra che corre su tutti e quattro i lati del foglio. Iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 34×39), contenente la scena dell’Adorazione dei Magi. f. 56r: ampio fregio come sopra che corre su i quattro lati. Iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 35×39), con scena della Presentazione al Tempio. f. 66r: ampio fregio come sopra. Iniziale istoriata C di Converte nos Deus (mm 35×36), con scena dell’Incoronazione della Vergine. f. 72r: pagina miniata con ampio fregio che corre su tutti i lati. Miniatura tabellare (mm 77×44) con scena della Crocifissione. Lettera iniziale D di Domine labia mea, su foglia d’oro, decorata con fiori e frutto. f. 99r: pagina miniata come sopra. Miniatura tabellare (mm 75×55) con scena di esequie. Iniziale D di Dilexi quidem, su foglia d’oro decorata con due frutti di fragola. f. 128r: ampio fregio decorato come sopra, assente nel margine destro. Iniziale G di Glorieuse vierge (mm 23×26), su foglia d’oro, decorata con due frutti di fragola.

Il manoscritto proviene probabilmente da un atelier parigino, come sembrano indicare i santi rubricati nel calendario (Geneviève, Nôtre Dame, Gille, Denis) e molti passi redatti in francese. Anche l’Ufficio della Beata Vergine orienta verso la regione parigina, come luogo di redazione del manoscritto. Nel calendario, che termina mutilo, mancano i mesi di giugno e luglio. Diverse parti iniziano mutile, perché probabilmente sono stati asportati i fogli di incipit miniati (f. 24r: Ufficio della Beata Vergine inc. (iu)bilemus ei; f. 82r: Salmi penitenziali inc. meis stratum meum rigabo); mutila risulta anche la parte finale del codice. Lo stile delle miniature è da assegnare a un miniatore francese attento alla lezione di Maître François, ma anche a quella della scuola di Bourges. Buono lo stato di conservazione, se si escludono le mutilazioni. Legatura Rossi A, con frattura sul dorso. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV.

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ROSS. 67-68

Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; I libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 76r-v; Bibl. Rossianae, I, 9) TIETZE, Die illuminierten, 46-47 nr. 71; Miniature del Rinascimento, 66; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 167 nr. 521; MORELLO, Libri d’ore, 102.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 68 (olim VIII, 10) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Mariae Virginis secundum usum Romanae Curiae (ff. 13r-83v); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 84r-107v); Officium Sanctae Crucis (ff. 109r-112v); Officium mortuorum, Officium Spiritus Sancti (ff. 113v-155v) Italia centrale, sec. XV, seconda metà Membr. (pergamena di buona qualità, chiara e piuttosto sottile); ff. VI (cart.), 155, V’ (cart). Sul recto di ogni foglio, nell’angolo superiore destro, è apposta una numerazione a matita in numeri arabi moderna: infatti, nonostante il codice abbia subito mutilazioni (tra gli attuali ff. 21 e 22 sono stati tagliati due fogli), essa prosegue regolare dall’inizio alla fine del manoscritto. Il codice misura mm 105×170 (misure prese a f. 1r). Specchio scrittorio (mm 50×90, misure prese a f. 61r) a una colonna centrale composto da 2 righe verticali e 16 orizzontali, tracciate a mina di piombo e, in alcuni casi, sottolineate con inchiostro verde (ff. 1r-13v, 59r84v); 15 linee di scrittura a piena pagina, le quali diventano 4 ai ff. 152r e 155v, 9 a f. 112v e 10 a f. 60r. La parola d’ordine, generalmente tagliata dalla rifilatura, appare nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio di alcuni fascicoli (ff. 26v, 91v, 99v). Scrittura minuscola umanistica, ordinata e spaziosa, vergata in inchiostro bruno, con rubriche in oro, in blu e verde. I ff. 34v, 39v, 43v, 47v, 51v, 60v, 108r-v, 113r sono rigati ma non scritti. Sembra opera di un unico copista, che scrive l’intero manoscritto a eccezione del f. 84r-v, dove interviene verosimilmente un altro copista che aggiunge 30 linee, sempre in una minuscola umanistica ma di modulo leggermente più grande rispetto a quella del resto del codice.

Il sistema decorativo si presenta piuttosto sobrio e molto omogeneo, assegnabile a un’unica mano (che tuttavia non com-

Ross. 68, f. 113v

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pleta tutto il compito previsto: da f. 114v a f. 154v si notano infatti numerose riserve per ornamentazioni) e comprende 1 pagina decorata, 6 iniziali ornate grandi, occupanti all’incirca 6 linee dello specchio scrittorio, numerose iniziali ornate di dimensioni minori e infine numerosissime iniziali rubricate a penna nei colori rosso e blu, occupanti una linea dello specchio scrittorio. Con la stessa raffinata cromia vengono tracciate spesso (alternando rosso e blu) anche le rubriche, composte sovente in abbreviazioni che ampliano le possibilità della fantasia del calligrafo. L’ornato di maggior impegno è riservato alla pagina iniziale dell’Ufficio dei defunti (f. 113v) dove l’intero specchio scrittorio è inquadrato da un fregio a intreccio vegetale con fitta tessitura a tralci continui di bianchi girari su fondo policromo con tocchi di colore rosso, verde, blu e oro, delimitato da listelli dorati. Al centro del margine inferiore, un insolito volatile dal becco affilato e dalla lunga coda si posa leggero sulle eleganti e rigogliose volute, cariche di fiori arricciolati, dai petali carnosi, dalle quali prende vigore il moto dei tralci. L’incipit dell’Ufficio è introdotto da un’iniziale dorata, iscritta in un campo di forma quadrangolare percorso da motivi calligrafici in biacca, che funge da cornice alla sola immagine contenuta nel codice: si tratta di una capitale D di Dilexi quoniam (mm 35×35), all’incipit del salmo 114 dell’Ufficio dei defunti, dal tratto rigoroso ed essenziale, nella quale, su uno sfondo blu intenso si staglia la Morte in forma di scheletro. La parte più rilevante della decorazione è costituita da 6 iniziali ornate, dipinte con colori vivaci, tutte in buono stato di conservazione, poste a segnalare l’incipit delle singole sezioni dei diversi Uffici che si avvicendano lungo le pagine del pregiato libro di devozione. Si tratta di iniziali che presentano la medesima struttura della precedente ma sono accompagnate a sinistra, lungo il margine del foglio, da un fregio a bianchi girari: il corpo delle lettere, rigorose capitali romane, è in oro su campo al contempo sagomato e quadrangolare blu oltremare, rifinito finemente a biacca; i tralci, sovente costellati di bolli d’oro cigliati, triplici o singoli, sono a risparmio con gli interspazi nel fondo coloriti a pennello in verde, blu, porpora e oro con una materia cromatica densa e pastosa. Dalla lettera i tralci si snodano lungo due margini della pagina, procedendo tra fiori e bocci, in un denso intrecciarsi di racemi, guidato dalle sinuose volute sottili ed eleganti. Queste iniziali si trovano a: f. 35r: iniziale mam. f. 40r: iniziale tiam. f. 44r: iniziale tam. f. 48r: iniziale nam.

decorata D di Deus in adiutorium meum (mm 40×40). Ad pridecorata D di Deus in adiutorium meum (mm 40×40). Ad terdecorata D di Deus in adiutorium meum (mm 35×40). Ad sexdecorata D di Deus in adiutorium meum (mm 40×40); Ad no-

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f. 52r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum (mm 35×35); Ad vesperas. f. 61r: iniziale decorata C di Converte nos Deus (mm 40×40); Ad completorium. Si susseguono infine nelle pagine del Libro d’ore numerose iniziali dorate di minori dimensioni (mm 15×15), iscritte in un campo quadrangolare alternativamente rosso e blu, ornato con volute in finissima biacca. Lo stato di conservazione è discreto, malgrado le mancanze segnalate di due fogli e il fatto che in alcune casi le iniziali miniate siano state ritagliate (ff. 46r, 77r, 78r, 79r, 80r, 81r, 86r, 87r, 124r, 140r, 141r, 146r, 151r, 154r): il manoscritto infatti non presenta tracce d’uso troppo significative e la pergamena è poco ingiallita. Anche le iniziali dipinte superstiti conservano i loro colori brillanti. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. Il contropiatto e la controguardia sia anteriore che posteriore sono in carta bianca; i tagli sono colorati in giallo. Nella scheda del catalogo dei manoscritti rossiani stilato da Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 108) viene proposta una prima definizione stilistica della decorazione, avvicinata alla produzione toscana del XV secolo, definizione confermata in tempi successivi anche da Pierre Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 167). Pur riconoscendo nel Ross. 68 una declinazione dell’impianto grafico dei bianchi girari di matrice fiorentina, caratterizzati da grande delicatezza e fluidità, sembra tuttavia che un riferimento più preciso possa essere ricercato accostando l’apparato decorativo di questo codice allo stile di Gioacchino de’ Gigantibus la cui vicenda artistica costituisce un’importante testimonianza del complesso nodo culturale intrecciatosi tra Roma e Napoli negli ultimi decenni del XV secolo. Questo miniatore, infatti, risulta attivo a Roma, al servizio della corte papale, a partire dalla metà degli anni Sessanta del Quattrocento fino al 1471, anno in cui è documentato a Napoli, presso il re d’Aragona. Tenendo presente il carattere più corsivo della decorazione del Libro d’ore rossiano, confronti si possono istituire, ad esempio, con il ms. 40. F. 15 della Biblioteca nazionale dei Lincei e Corsiniana contenente i Saturnalia di Ambrosio Macrobio e avvicinato allo stile di Gioacchino de’ Gigantibus (MADDALO, Scheda nr. 33, 122-123): pur riconoscendo in quest’ultimo manoscritto una maggiore finitezza ed eleganza e una maggiore accuratezza di esecuzione, vi si ritrovano i bianchi girari dalle terminazioni carnose e tondeggianti, la presenza di pennuti che abitano le morbide volute fogliacee, un certo calligrafismo nella resa dei racemi, oltre allo stesso uso del rosso, del verde e del blu impiegati nella colorazione del fondo

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

sul quale si svolge il sinuoso andamento dei tralci e delle loro fioriture. Elementi analoghi si ritrovano anche in un altro codice della Biblioteca nazionale dei Lincei e Corsininana, miniato dal de’ Gigantibus, il 43. F. 14, che tramanda il testo delle Noctes Acticae di Aulo Gellio (MADDALO, Scheda nr. 32, 121-122): sia la fisionomia sia l’andamento dei tralci fogliati sono molto vicini a quelli del Libro d’ore rossiano. Infine, l’impaginazione dalla condotta assai curata, misurata e compatta del f. 113v del manoscritto in esame ritorna senza sostanziali differenze anche nella produzione miniata attribuibile ad ambito napoletano come dimostra bene il Libro d’ore ms. 259 della Biblioteca Casanatense di Roma (f. 22r; TORRONCELLI, Scheda nr. 77, 436-437, fig. 77) nel quale lo specchio di scrittura è ospitato all’interno di un rigoroso inquadramento dalla trama fitta e articolata a bianchi racemi non dissimile da quello che racchiude il testo nel codice rossiano. Questi elementi sembrano corroborare l’ipotesi di un’origine romana o napoletana, piuttosto che toscana, del manoscritto. (SILVA TAROUCA, I, 78r; Bibl. Rossianae, II, 10r) TIETZE, Die illuminierten, 108-109 nr. 211; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 167 nr. 522.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 70 (olim VIII, 12) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r12v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 13r-62v); Officium Passionis domini nostri Ihesu Christi (ff. 63r-70v); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 71r-93v); Orationes pro indulgentia, Rosarium (ff. 94r-123v); Officium mortuorum (ff. 124r-174v) Olanda (diocesi di Utrecht), sec. XV, seconda metà

Ross. 70, f. 110r

Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (cart.), 174, VI’ (cart.). Numerazione moderna a matita, in numeri arabi, nell’angolo superiore destro del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 150×111 (misure prese a f. 79). Il testo, in lingua olandese, è vergato in scrittura gotica, piuttosto uniforme, da una sola mano con inchiostro nero e rosso per le rubriche delle diverse

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ROSS. 68-70

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sezioni liturgiche. Specchio di scrittura (mm 100×65, misure prese a f. 133r) a una colonna centrale di 17 linee, inquadrata da 2 righe marginali verticali; rigatura a inchiostro bruno. Bianco il foglio 174v.

La decorazione del Libro d’ore, di notevole finezza, è da riferire a un solo artista ed è costituita da iniziali decorate di grandi dimensioni (da un massimo di mm 60×55, a f. 110r, a un minimo di mm 55×50, a f. 13r), iniziali decorate di dimensioni minori (da un massimo di mm 35×35, a f. 51r, a un minimo di mm 30×30, a f. 42v); numerose iniziali calligrafiche blu con filigrana rossa e d’oro con filigrana in viola chiaro (da un massimo di mm 20×10, a f. 13r, a un minimo di mm 15×15, a f. 57r), le quali sovente ospitano nel campo interno graziose margherite, disegnate a penna e impreziosite dall’uso della lamina d’oro; infine, numerosissime iniziali, rubricate in rosso e in blu, occupanti una linea dello specchio scrittorio, sono disseminate lungo il testo. L’impianto coloristico, costante in tutto l’apparato decorativo del codice, è basato su tinte decise (blu, arancio, rosa tenue, grigio) ed è arricchito da un abbondante uso della foglia d’oro. Le iniziali decorate maggiori, nelle pagine d’incipit delle sezioni principali del Libro d’ore (Ufficio della Vergine, f. 13r; Ufficio della Passione, f. 63r; Salmi penitenziali, f. 71r; Preghiere di devozione, f. 94r; Rosario, f. 110r; Ufficio dei defunti, f. 124r), si conformano tutte a una tipologia omogenea e sono disposte in un campo quadrangolare in foglia d’oro brunita, impreziosito a volte da motivi floreali realizzati a pennello (f. 110r), delimitato esternamente da una linea in inchiostro bruno. Il corpo dell’iniziale, in azzurro, è scandito da delicati motivi fogliacei in biacca, mentre all’interno della lettera campeggiano motivi decorativi floreali, disposti secondo svariate combinazioni. Le pagine che ospitano queste iniziali sono impreziosite da ampie bordure a racemi vegetali dall’andamento a spirale, graficamente condotto, arricchiti da cigliature a inchiostro. Composte perlopiù da foglie lanceolate e fiori, a volte popolate da goffe figure di animali (f. 110r), le bordure si stagliano rigide sulla pagina, profilate da un segno grafico tagliente cui corrisponde la resa metallica delle infiorescenze e delle spighe dorate. Le iniziali decorate minori, poste a segnalare le diverse partizioni delle sezioni liturgiche (ff. 24r, 39r, 42v, 51r, 57r, 64v, 65v, 66v, 67r, 68r, 69v, 96r, 100v, 115v, 118r), sono realizzate secondo la medesima tipologia di quelle maggiori e si prolungano lungo lo specchio di scrittura a formare un delicato fregio fiorato, a volte arricchito da dischi cigliati e graziose farfalle (f. 57r). II codice è in buono stato di conservazione. Si nota che il volume è stato rifilato sui lati e dunque alcune pagine decorate presentano, in alto, la decorazione fogliacea leggermente tagliata. Legatura del tipo Rossi A anch’essa in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS). Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. Il contropiatto e la controguardia sia anteriori che posteriori sono in cartoncino azzurro.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il Libro d’ore non contiene indicazioni circa la sua originaria provenienza. Il codice appare recensito nel catalogo dei manoscritti Rossiani di Hans Tietze, dove viene rapidamente descritto, datato al 1400 e localizzato nella diocesi di Utrecht. L’origine fiamminga del Ross. 70 è di nuovo affermata da Pierre Salmon che si limita a una breve descrizione dei testi liturgici e che ripropone la datazione agli albori del XV secolo (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 168). Infine, Giovanni Morello, nel catalogo della mostra dei Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, conferma per l’esemplare la medesima datazione e localizzazione (I Libri d’ore, 53). Il Ross. 70 tramanda il testo del Libro d’ore tradotto in lingua olandese secondo la traduzione compilata alla fine del XIV secolo da Geert Grote (1340-1384), fondatore del movimento religioso conosciuto come Devotio moderna. Nella personale ricerca di spiritualità, Grote e molti dei suoi seguaci si impegnarono alacremente nella lettura e nella scrittura di testi devozionali. Lo stesso Grote incoraggiò fortemente la traduzione dei libri in lingua vernacolare e tradusse dal latino in olandese una versione del Libro d’ore, il libro di preghiera medioevale più popolare. Questa traduzione (il Getijdenboek van Geert Grote) ottenne un successo e una diffusione senza precedenti (VAN WIJK, Het “Getijdenboek”; VAN DIJK, Het Getijdenboek van Geert Grote). I Paesi Bassi del nord erano la sola regione nell’Europa occidentale dove i Libri d’ore in lingua vernacolare erano la regola piuttosto che l’eccezione (più del novanta per cento dei libri olandesi è in lingua vernacolare). Ciò significa che in quelle terre i Libri d’ore erano accessibili a tutte le persone alfabetizzate, non soltanto a quelle che conoscevano il latino (MARROW, Scheda nr. 68, 303). Il Calendario del manoscritto rossiano segue l’uso di Utrecht (TIETZE, Die illuminierten, 180 nr. 373) e sembra pertanto confermare la provenienza del libro di devozione da questa città; vi sono nominati i santi: Ponziano (14 gennaio), Pancrazio (12 maggio), Servaz (13 maggio), Bonifacio (5 giugno), Odolfo confessore (12 giugno), Remigio (1 ottobre), Vittore e Gereone (10 ottobre), Severino (25 ottobre), Cecilia (24 novembre). Partendo da queste premesse, è possibile precisare ulteriormente la datazione del Libro d’ore rossiano alla seconda metà del XV secolo. Infatti si trovano in almeno altri due Libri d’ore olandesi all’uso di Utrecht, iniziali miniate del tutto simili a quella a f. 13r del manoscritto in esame: in un Libro d’ore oggi custodito alla Krauth Memorial Library del Lutheran Theological Seminary di Philadelphia (ms. 3478; TANIS, Scheda nr. 29, 98-99), databile alla fine del XV secolo, ad esempio, è dipinta una lettera, a f. 15r, quasi esattamente sovrapponibile a quella del f. 13r del Ross. 70. Un altro esempio simile all’iniziale rossiana che sembra confermarne il contesto di produzione è costituito ancora da un Libro d’ore conservato alla Public Library di New York (ms. MA 74; MARROW, Scheda nr. 70, 311-313), localizzato in Olanda e databile alla fine del XV secolo. Il codice porta infatti, all’incipit del Mattutino dell’Ufficio della Croce, una iniziale, questa volta figurata, del tutto analoga a quella realizzata a f. 13r delle Ore rossiane. Si può osservare nelle iniziali del Ross. 70 anche l’attenzione

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ROSS. 70-71

sempre puntuale per una grafia precisa e nitida, evidente nella scelta degli strumenti da usare da parte del miniatore che maneggia con perizia il pennello, disegnando con tratto sottile i motivi ornamentali fogliacei nel corpo delle lettere con la biacca. Lo stesso tipo di insistenza si osserva anche in un codice oggi custodito alla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna (ms. 2726; PÄCHT, JENNI, Hollandische Schule, 100-104), localizzabile nei Paesi Bassi settentrionali. Appare pertanto plausibile che le iniziali del Ross. 70 siano opera di un miniatore attivo nella diocesi di Utrecht nella seconda metà del XV secolo. Il codice è stato esposto in: I Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (Bibl. Rossianae, II, 13r-14r) TIETZE, Die illuminierten,180 nr. 373; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 168 nr. 524; Libri manoscritti e stampati, 26; MORELLO, Libri d’ore, 53, fig. 90.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 71 (olim VIII, 13) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Mariae Virginis (acefalo; ff. 13r-105v); Septem psalmi poenitentiales (acefali; ff. 106r-136v); Litaniae (ff. 123r-127v); Officium mortuorum (ff. 138r-193r); Officium Sanctae Crucis, Officium Spiritus Sancti (ff. 197r-207r) Italia centrale (Firenze?), sec. XVex. Membr. (pergamena ben lavorata di ottima qualità); ff. VI (cart.), 208, VI’ (cart.). Sul recto di ogni foglio, nell’angolo superiore destro, è apposta una numerazione a penna in numeri arabi moderna: sebbene alcune sezioni liturgiche del codice risultino mutile (f. 13r, Ufficio della Vergine inc.: Laus tibi domine; Salmi penitenziali f. 106r, inc.: quis confitebitur tibi), la numerazione attuale tiene conto di tali perdite, dunque non presenta lacune e prosegue regolare dall’inizio alla fine del manoscritto. I fogli asportati, all’incipit delle sezioni liturgiche di maggiore rilevanza del Libro d’ore, dovevano essere decorati con iniziali istoriate, come si può desumere dal programma ornamen-

Ross. 71, f. 137r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tale che scandisce le partizioni testuali del manoscritto. Il codice misura mm 100×136 (misure prese a f. 1). Scrittura gotica rotunda, vergata con inchiostro nero per il testo e con inchiostro rosso per le rubriche. Specchio scrittorio (mm 70×50, misure prese a f. 28v) a una colonna centrale di 13 linee, inquadrata da due righe marginali verticali. Rigatura a piombo; i fogli 193v-196v e 207v-208v sono rigati ma non scritti. Richiami nel margine inferiore dei fogli 19v, 27v, 35v, 43v, 51v, 59v, 67v, 75v, 83v, 91v, 99v, 112v, 120v, 128v, 144v, 152v, 160v, 168v, 176v, 184v, 192v.

L’apparato decorativo del manoscritto, molto curato ed elegante, è attualmente costituito da 2 iniziali istoriate, 8 iniziali decorate, numerose iniziali calligrafiche blu con filigrana rossa nel contorno e rosse con filigrana lilla (mm 10×15, misure prese a f. 13r). Infine lungo il testo si incontrano numerosissime iniziali rubricate in rosso o in blu, occupanti una linea dello specchio scrittorio. Il Calendario (ff. 1r-12v), che non reca illustrazioni, riporta su tutti i fogli l’abbreviazione KL decorata. Le iniziali istoriate, poste agli incipit degli Uffici di maggiore rilevanza, si conformano tutte a una tipologia omogenea e rimandano al patrimonio figurativo della miniatura fiorentina del tardo Quattrocento. Sono dipinte, infatti, sullo sfondo di una campitura dorata, delimitata esternamente da una linea in inchiostro bruno. Il corpo della lettera è sottolineato da un bordo interno in oro ed è arricchito da naturalistici motivi fitomorfi. Le iniziali rivelano l’opera di un miniatore di abile resa figurativa, efficacemente essenziale. Le pagine che ospitano le lettere sono impreziosite da un largo fregio di polposi fogliami rosa scuro, blu oltremare, verde e giallo cangiante, nel quale si inseriscono fiori, frutti, candelabre, animali fantastici e figure umane in un fitto pullulare di dischi d’oro cigliati. Queste iniziali si trovano a: f. 137r: iniziale istoriata D (mm 35×40) di Dilexi quoniam, all’incipit dell’Officium mortuorum con l’immagine della Morte in forma di scheletro. f. 198r: iniziale istoriata D (mm 35×40) di Domine labia mea, all’incipit del Mattutino dell’Officium sanctae Crucis con l’immagine degli Strumenti della Passione. Le iniziali decorate, tipologicamente unitarie, mostrano uno schema analogo a quello delle iniziali istoriate (al quale si rinvia per la descrizione). Queste iniziali si trovano a: f. 28v: iniziale decorata D (mm 20×22) di Deus in adiutorium, all’incipit delle Laudes dell’Officium Beatae Mariae Virginis. f. 59r: iniziale decorata D (mm 20×22) di Deus in adiutorium, ad primam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 65v: iniziale decorata D (mm 25×25) di Deus in adiutorium, ad tertiam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 70r: iniziale decorata D (mm 25×25) di Deus in adiutorium, ad sextam Officii Beatae Mariae Virginis. f. 74v: iniziale decorata D (mm 25×25) di Deus in adiutorium, ad nonam Officii Beatae Mariae Virginis.

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f. 79v: iniziale decorata D (mm 23×23) di Deus in adiutorium, ad vesperas Officii Beatae Mariae Virginis. f. 88r: iniziale decorata C (mm 25×25) di Converte nos, ad completorium Officii Beatae Mariae Virginis. f. 148v: iniziale decorata V (mm 20×20) di Verba mea, all’incipit primi nocturni Officii mortuorum. Lo stato di conservazione del codice è complessivamente molto buono, malgrado le mancanze segnalate dei fogli. Legatura del tipo Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM / B(EATAE) MARIAE V(IRGINIS). Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. I tagli sono dorati. Nessuna nota di possesso antica offre indizi sull’origine del manoscritto. Il codice appare recensito nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 150) dove viene localizzato in Italia settentrionale, in particolare a Verona, e datato alla fine del XV secolo. Successivamente il codice è menzionato nel catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana compilato da Pierre Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 168) il quale ne dà una breve descrizione e lo localizza genericamente in Italia settentrionale. Lo stile delle miniature sembrerebbe forse suggerire piuttosto una collocazione del manoscritto in Toscana (ringrazio Federica Toniolo per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto) poiché appare accostabile a prodotti artistici di quest’area dell’ultimo quarto del secolo. Il modo con il quale sono delineate le iniziali richiama, ad esempio, il disegno di un’iniziale conservata nella collezione Amedeo Lia di La Spezia, assegnata alla cerchia di Boccardino il Vecchio, documentato dal 1460 al 1524 (DE BENEDICTIS, Scheda nr. 52, 266-269). Alcuni elementi cromatici, come l’uso del giallo cangiante o la presenza di frutti, in particolare more, lungo le esuberanti bordure accomunano il Libro d’ore rossiano sia con un Libro d’ore, custodito alla Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo (ms. Cassaf. 3.8), assegnato a Zanobi Strozzi (ROVETTA, Scheda nr. 93, 220-221), sia con un Salterio, collegato alla bottega di Mariano del Buono e datato intorno al 1470 (Brochure nr. 10, nr. 15), sia, infine, con un altro Libro d’ore, attribuito a Francesco d’Antonio del Chierico, custodito alla Biblioteca Estense Universitaria di Modena (ms. lat. 855 = a. G. 9. 5; RICCI, Scheda nr. 47, 349-352). Questi aspetti sembrano condurre verso la Toscana, probabilmente a Firenze. Tali analogie, che in futuro dovranno essere ulteriormente approfondite, suggeriscono una datazione del Libro d’ore rossiano fra gli anni Settanta e Ottanta del XV secolo; a quest’epoca, infatti la produzione miniata toscana aveva ormai quasi completamente abbandonato la decorazione a bianchi girari, prediligendo candelabre e motivi ornamentali derivanti dall’antico. (SILVA TAROUCA, I, 79r; Bibl. Rossianae, II, 15r) TIETZE, Die illuminierten, 150 nr. 329; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 168 nr. 525.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

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Ross. 73 (olim VIII, 15) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Virginis Mariae (ff. 13r-93v); Psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 95r-118v); Orationes, Officium Sanctae Crucis, Officium Spiritus Sancti (ff. 119r-132v); Officium mortuorum (ff. 134r-184r); Pericopae Evangelii secundum Iohannem, Missa sancti Nicolae, Orationes (ff. 184v-191r) Napoli, 1475-1480 Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (cart.), 191, VI’ (cart.). La numerazione, moderna, è apposta nell’angolo superiore destro sul recto di ogni foglio ed è vergata a matita in numeri arabi. Il codice misura mm 150×115 (misure prese a f. 1). Specchio scrittorio (mm 90×65, misure prese ai fogli 54r e 98r) a una colonna centrale di 15 linee di scrittura a Ross. 73, f. 13r piena pagina ai fogli 1r-118v; 121r-191v; 14 linee ai fogli 119r-120v. Fascicolatura perfettamente regolare. Le scritture del manoscritto sono due: la prima (ff. 1r-118v, 121r-191v) è una gotica italiana di unica mano, in inchiostro nero, raramente sbiadito, caratterizzata da un ductus arioso e tondeggiante; a un altro calligrafo, coevo, è verosimilmente da assegnare la minuscola libraria umanistica stilata con inchiostro bruno scuro e disposta su una colonna centrale ai fogli 119r-120v; bianchi i fogli 94 e 133. Rigatura a inchiostro, 2 righe verticali e 16 orizzontali. Rubriche in rosso e in oro.

L’esteso apparato ornamentale del codice, di alta tenuta qualitativa, nel quale si rileva un uso generoso dell’oro, caratterizza un prodotto che vuole essere di pregio ed è assegnabile a un’unica mano che completa tutta la decorazione prevista. Esso è arricchito da eleganti bordure lungo alcuni margini delle pagine, talora tutti e quattro. Tali fregi, con modalità di volta in volta differenti, sanciscono visivamente la rilevanza liturgica delle diverse partizioni testuali e cadenzano il loro susseguirsi lungo le pagine del pregiato volume. Il Calendario (ff. 1r-12v), che non reca illustrazioni, riporta solo la sigla KL su ogni foglio, colorata in oro, rosso e azzurro. Impreziosiscono l’apparato figurativo quattro pagine, ciascuna ospitante una miniatura tabellare di forma quadrangolare, posta all’inizio delle partizioni liturgiche di maggiore rilevanza. Tali pagine presentano, nei margini che circondano lo specchio di scrittura, ricche bordure a sottili racemi spiraliformi dalla trama sottile a guisa di filigrane, tracciati a punta di penna, terminanti in fiori (blu, verdi, aran-

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cio e rosa carminio) e in innumerevoli borchie dorate, popolati da piccoli animali e costellati da un carnoso fogliame di lontana origine ferrarese, il quale accentua l’aspetto squisitamente ornamentale dei racemi. Il pannello quadrangolare, racchiuso entro una cornice in foglie d’alloro, impegna più della metà della pagina, seguito da poche linee di testo, introdotte da un’iniziale decorata. Nei margini inferiori di due di queste pagine, le ariose bordure si svolgono secondo cadenze che vengono interrotte al centro da un medaglione, circoscritto da una ghirlanda d’alloro, il quale sembra scandire l’andamento dei tralci fogliati secondo un ritmo classicheggiante. Le miniature tabellari si incontrano a: f. 13r: un pannello quadrangolare (mm 65×65), racchiuso entro una cornice in foglie d’alloro, introduce il mattutino dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’Annunciazione. Sulla destra Maria, inginocchiata, raffigurata di tre quarti, indossa una veste rossa ammantata d’azzurro, morbidamente panneggiata, e si volge verso l’arcangelo Gabriele che, sulla sinistra, è inginocchiato davanti a lei. La scena, che si caratterizza per essenzialità narrativa, è costruita secondo tradizionali parametri iconografici e si svolge in un interno definito da pochi elementi: il pavimento, il leggio ligneo dell’inginocchiatoio, l’ampia finestra quadrata che si apre sulla parete di fondo e lascia intravedere un profondo paesaggio collinoso dal colorismo sobrio e vivace, con colline verdi che all’orizzonte si azzurrano. Iniziale decorata D (mm 25×25) di Domine labia mea aperies all’incipit del mattutino dell’Officium Beatae Virginis Mariae, inserita in una campitura in foglia d’oro brunita dai profili sottolineati con tratto nero, eseguita con corpo dipinto in rosso carminio; nel campo interno, piccoli fiori dalle forme graziose si stagliano su un compatto fondo blu oltremare. Un fregio, pervaso da un fitto pullulare di bottoncini dorati e composto di sottili girali a variopinti fogliami, incornicia i quattro margini della pagina, con esiti di gradevole calibratura grafica e cromatica, ed è arricchito, lungo il bordo destro, da un pavone. Nel margine inferiore, tra le vivaci e rigogliose infiorescenze, popolate da aggraziati volatili, si inserisce un clipeo cinto d’alloro con lo stemma d’Aragona non sormontato né dalla corona ducale né da quella reale. f. 95r: una tabella illustrata di forma quadrangolare (mm 60×60), circondata da un festone in foglie d’alloro, introduce i Psalmi poenitentiales con la tradizionale immagine di David in preghiera. Sullo sfondo di un paesaggio roccioso di ampio respiro, definito da montagne a lastroni, fortemente fiammingheggiante, David, in primo piano, è inginocchiato e raccolto in preghiera su un terreno, delineato nelle sue irregolarità. Iniziale decorata D (mm 25×25) di Domine ne in furore all’incipit del salmo 6 nella sezione dei Salmi penitenziali, tipologicamente simile a quella realizzata a f. 13r. In basso, nel fregio che corre lungo il

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margine inferiore della pagina, affine a quello realizzato a f. 13r, è inserito un medaglione, cinto da alloro, nel quale è raffigurato David che affonda tra le pietre. f. 121r: un pannello quadrangolare (mm 60×60), del tutto analogo ai precedenti, introduce l’Officium Sanctae Crucis con la Pietà. Ai piedi della Croce, la Vergine, assisa, tiene sulle ginocchia il corpo di Cristo. Iniziale decorata D (mm 25×25) di Deus in adiutorium all’incipit del mattutino dell’Officium Sanctae Crucis e Ore della Croce, analoga a quella realizzata a f. 13r. f. 134r: un pannello quadrangolare (mm 60×60) introduce l’Officium mortuorum con l’immagine delle Esequie del defunto. Entro un inquadramento prospettico un sacerdote, che tiene un libro fra le mani, assistito da quattro chierici, sta celebrando un funerale dinnanzi ad una bara, ricoperta da un drappo azzurro, davanti alla quale arde una candela. Iniziale decorata D (mm 25×25) di D(omin)o placebo all’incipit dell’Antifona I dell’Officium mortuorum anch’essa analoga a quella realizzata a f. 13r. Ancora, a f. 184v, una vignetta quadrata (mm 25×25) correda il testo delle Pericopae Evangelii secundum Iohannem: la piccola illustrazione ospita la figura intera di san Giovanni, raffigurato come un eremita. In corrispondenza delle sezioni liturgiche principali dell’Ufficio della Vergine, sono state inserite delle iniziali istoriate che offrono negli episodi sacri composizioni limitate ai personaggi essenziali, i quali si esprimono attraverso gesti del tutto convenzionali. f. 39r: iniziale istoriata D (mm 30×30) di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora prima dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine della Natività; nel campo interno della lettera, in un sobrio paesaggio roccioso che evoca scenari fiamminghi, Maria e Giuseppe, inginocchiati, adorano il Bambino. La lettera è accompagnata a sinistra, lungo il margine del foglio, da un fregio vegetale fiorato realizzato secondo i medesimi schemi ornamentali di quello eseguito su tutti e quattro i margini del foglio 13r; tali schemi ricorrono pure nei fregi delle successive lettere istoriate, composti perlopiù da racemi grafici e sottili, arricchiti da fiori policromi e borchie dorate. f. 45v: iniziale istoriata D (mm 35×35) di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora terza dell’ Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine dell’Annuncio ai pastori; in un paesaggio che ricorda, ancora una volta, il gusto fiammingo; i pastori si volgono ad ascoltare l’annuncio dell’angelo, giunto in volo per portare loro la lieta novella. f. 51r: iniziale istoriata D (mm 35×35) di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora sesta dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine dell’Adorazione dei Magi; entro lo spazio ristretto delimitato dal corpo del-

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l’iniziale, i Magi si dispongono a rendere omaggio alla Vergine che reca sulle ginocchia il Bambino. f. 56r: iniziale istoriata D (mm 35×35) di Deus in adiutorum, all’incipit dell’Ora nona dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine della Presentazione al Tempio; entro una sommaria struttura architettonica la Vergine porge il Bambino al Sacerdote dinanzi a lei. f. 61r: iniziale istoriata D (mm 35×35) di Deus in adiutorium, all’incipit dei vespri dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine della Fuga in Egitto; la Sacra Famiglia in fuga procede in un profondo paesaggio roccioso, intriso delle consuete cadenze fiammingheggianti. f. 70r: iniziale istoriata C (mm 35×35) di Converte nos, all’incipit della compieta dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine della Strage degli Innocenti; i personaggi principali del racconto, una giovane donna che reca in braccio un bambino e un soldato che tenta di ucciderlo, rigorosamente inscritti entro l’ansa dell’iniziale, animano la scena, risolta in forma sintetica a riprova di come il miniatore sia particolarmente versato nell’esecuzione di scene di piccolo taglio. Numerose iniziali decorate di piccole dimensioni ornano il manoscritto: esse sono poste all’inizio dei capoversi di maggiore importanza (mm 15×15). Tali lettere sono tutte caratterizzate da un corpo dorato che si staglia su di un campo alternativamente rosso e blu, di forma quadrangolare, percorso da motivi decorativi calligrafici in biacca e incorniciato da un bordo in inchiostro bruno a formare una sorta di orlo. Ancora raffinate iniziali ornate, dipinte con colori vivaci, di modulo superiore (mm 20×20, misure prese a f. 122v) rispetto a quelle appena descritte, sono poste a segnalare le sezioni liturgiche dell’Officium sanctae Crucis (ff. 122v, 124r, 125r, 126r, 127r, 128r) e alcune orazioni devozionali (ff. 130r-132v). Il corpo delle lettere, eseguito in rosso porpora oppure in blu, si staglia su di un campo quadrangolare in oro a foglia brunito, profilato da una spessa linea in inchiostro bruno e ravvivato da dischetti cigliati. Nel campo interno, il rosso e il blu si alternano al colore del corpo dell’iniziale. Un’ultima iniziale decorata, la D di Deus in adiutorium meum intende, di dimensioni ancora maggiori (mm 35×35), introduce, a f. 25v, l’incipit delle lodi dell’Officium Beatae Virginis Mariae. La decorazione a penna, assai elegante, è verosimilmente anch’essa opera di una sola mano che esegue numerosissime e minute iniziali filigranate, in inchiostro blu e oro con filigranatura rispettivamente in rosso e in viola chiaro, di formato corrispondente a una linea di scrittura. Buono nel complesso lo stato di conservazione del Libro d’ore con leggerissime cadute di inchiostro del testo scritto e una decisa rifilatura, eseguita in epoca non precisabile su tutti e tre i tagli, marmorizzati con inchiostro rosso. Il manoscritto non mostra pertanto i forellini guida per la rigatura

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e l’ornamentazione, in numerosi fogli (13r, 26v, 95r, 121r, 134r), risulta tagliata. Legatura, ottocentesca, del tipo Rossi A; il dorso presenta, negli spazi tra le nervature, le iscrizioni OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) in alto, e COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV in basso, impresse in oro a caratteri capitali. Nessuna nota di possesso antica offre indizi sull’origine del manoscritto, inserito nel catalogo dei codici miniati della Biblioteca Rossiana nel quale Hans Tietze ritenne di poterlo assegnare a una non meglio precisata Oberitalienische Schule (TIETZE, Die illuminierten, 119). La breve vicenda critica prosegue con la menzione del codice nel catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Vaticana, redatto da Pierre Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 168-169), dove la scheda del Libro d’ore ripropone una generica localizzazione del volume nell’Italia del nord e una datazione al XV secolo. La tipologia delle lettere istoriate presenta molte affinità con quella delle iniziali realizzate dal miniatore napoletano Matteo Felice nel Breviario Lewis E 51, oggi alla Free Library di Philadelphia (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 21 fig. 6) e mostra dunque di essere strettamente imparentata con la produzione napoletana degli anni ’70 e ’80 del XV secolo. Il contesto figurativo di riferimento del Libro d’ore rossiano è sicuramente quello della miniatura napoletana della seconda metà del Quattrocento (ringrazio sentitamente Gennaro Toscano per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto); a questa rimandano, anzitutto, come accennato poc’anzi, sia la struttura delle iniziali istoriate, accompagnate da fantasiose bordure, sia i fregi fogliati che corrono lungo i margini del manoscritto; i fregi riprendono stilemi comuni alla miniatura partenopea, come il fluido disporsi delle volute fiorate, ravvivate da colori vivaci, che ricordano modelli ferraresi (seppure molto affievoliti), e come le sottili trame grafiche dall’andamento a spirali continue e contrapposte. Le miniature del codice mostrano un linguaggio formale partecipe della temperie culturale che si era venuta a creare nella capitale meridionale tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del Quattrocento nell’ambiente della bottega miniatoria che produsse e decorò il Libro d’ore di Alfonso d’Aragona, oggi alla Biblioteca Nazionale di Napoli; nella bottega vennero confezionati numerosi codici da artisti ancora influenzati dal gotico internazionale ma aperti alle influenze culturali franco-fiamminghe e spagnole, determinate queste ultime, dalla presenza a Napoli di pittori, miniatori e copisti originari della penisola iberica, giunti nella capitale al seguito del sovrano aragonese. Il manoscritto sembra indubbiamente da riferire all’attività di uno di questi miniatori: Matteo Felice, artista attivo a Napoli almeno a partire dal 1455 fino all’ultimo decennio del secolo, formatosi proprio nell’ambito della cerchia di artisti che lavorava al servizio di Alfonso d’Aragona (TOSCANO, Matteo Felice, 87-118; TOSCANO, s.v. Felice Matteo, 215-221). La resa delle figure e dei drappeggi e il repertorio ornamentale delle fasce marginali così come la struttura delle pagine che ospitano le miniature tabellari nel Libro d’ore rossiano tro-

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ROSS. 73-74

vano infatti paralleli assai stringenti in manoscritti cronologicamente precedenti oppure immediatamente successivi, ascrivibili al Felice. Tanto in alcuni fogli del Libro d’ore Ross. 74, databile agli anni a cavallo tra il 1465 ed il 1470 (cfr. in questo catalogo), quanto nel Libro d’ore Ross. 64 (MORELLO, I Libri d’ore, 137, fig. 123, e la scheda in questo catalogo) e nel Salterio Spencer 130 della New York Public Library (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 22 fig. 7, 23 fig. 8; TOSCANO, Matteo Felice, 109 fig. 33; La Biblioteca reale di Napoli, 432 fig. 25), miniati entrambi da Matteo Felice quando era ancora attivo nella bottega dei Rapicano, poco dopo il 1480, ricorre infatti un’analoga mise-en-page ed analoghi caratteri ornamentali a quelli che si incontrano nel Ross. 73. Sia i modelli iconografici che i riferimenti stilistici orientano verso una datazione del Libro d’ore a cavallo tra il 1475 e il 1480; infine, la presenza a f. 13r dello stemma d’Aragona, non sormontato né dalla corona ducale né da quella reale, permette di ipotizzare che il grazioso volume sia stato realizzato per una delle principesse della nobile casata. (SILVA TAROUCA, I, 81r-v; Bibl. Rossianae, II, 17r) TIETZE, Die illuminierten, 119-120 nr. 248; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 168169 nr. 527.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 74 (olim VIII, 16) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r6v); Officium Beatae Virginis Mariae (ff. 7r-67r); Psalmi poenitentiales (ff. 67v86v); Officium Sanctae Crucis, Officium mortuorum (ff. 87r-118v) Italia (Napoli), 1465-1470 (f. 109v) colophon: Hoc opus fecit Antonius de Aq(ue)vive i(n) Neap(o)li Membr. (pergamena di buona qualità, presenta una buona lavorazione; lato pelo e lato carne risultano difficilmente distinguibili); ff. V (cart.), 109, VI’ (cart.). Sul recto di ogni foglio, nell’angolo superiore destro, è apposta una numerazione moderna, a matita. Il codice misura mm 150×103 (misure prese a f. 1). Specchio di scrittura (mm 90×60, misure prese a f. 109v; mm 65×95, misure prese a f. 7r) a una colonna di 15 li-

Ross. 74, f. 7r

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nee di scrittura su 16 righe tracciate a secco. I fascicoli sono assemblati secondo la regola di Gregory, con il lato carne esterno. Alcuni fascicoli recano traccia, sul verso dell’ultimo foglio (ff. 12v, 52v, 60v, 69v, 89v, 99v), delle parole d’ordine, che sono per lo più scomparse in seguito alla rifilatura dei margini. Scrittura gotica italiana, molto regolare, ascrivibile a un’unica mano, di modulo piccolo in inchiostro nero e rosso in corrispondenza dell’incipit delle diverse sezioni liturgiche.

Il sistema illustrativo del manoscritto risulta essere assai regolare, con iniziali decorate e iniziali istoriate di modesta inventiva iconografica, a segnalare l’incipit delle diverse sezioni liturgiche, nelle quali alla riproposizione di scelte iconografiche del tutto tradizionali corrisponde anche una stesura più affrettata della materia pittorica. Le iniziali si trovano racchiuse, insieme con l’intero specchio scrittorio, entro cornici ispirate ai margini franco-fiamminghi, con fondo a grafismi arricchiti da fiori, foglie e graziosi putti, ritratti in una grande varietà di atteggiamenti, spesso con lo sguardo abbassato, agili e scattanti nel loro hortus conclusus; tale repertorio si dimostra palesemente adattabile a differenti tipologie testuali quali codici liturgici, in particolare a carattere devozionale, e codici di argomento letterario e mostra di essere stato concepito nell’ambito di una bottega in grado di soddisfare, con una certa ripetitività, le esigenze di una committenza diversificata. I testi delle pagine d’incipit si trovano, dunque, racchiusi entro cornici a fasce particolarmente ariose che si estendono lungo i margini con esili racemi a inchiostro ritmicamente scanditi da filiformi spirali, ciascuna culminante al centro con un fiore isolato, più o meno grande. Esse si svolgono dilatandosi a moto alterno lungo i margini maggiori e con un andamento dolce e ondulato in quelli minori, e vanno disseminando lungo le bordure innumerevoli globetti cigliati e foglioline, entrambi dorati. I globetti, di influenza ferrarese come le verdi foglie a grossi virgoloni, possono essere cigliati e non; alcuni di essi, non cigliati, sono raggruppati a tre, meno spesso a quattro, mediante fili a U con la curva esterna al grappolino; si tratta di un motivo che conferisce alla fitta trama vegetale, mediante una tecnica grafica di ascendenza padovana, la medesima ariosità di una rete trapunta. I fiori centrali delle spirali sono caratterizzati da una accentuata corposità e da un modellato incisivo che sottolinea le loro forme decise e fantasiose e indica la loro morfologia in modo impressionistico e compendiario, mediante lievi linee bianche ricurve e sovrapposte al corpo amorfo del fiore. A volte, i fiori si riducono a minuti tocchi di colore percorsi da leggeri arabeschi in biacca, posati sulla fitta trama calligrafica allo scopo di conferire maggiore ariosità e pause cadenzate al fluire vorticoso del margine. Le iniziali istoriate, tipologicamente unitarie (mm 30×25, misure prese a f. 7r), si stagliano su un campo d’oro a foglia, che in alcuni punti presenta cadute, e sono poste a segnalare l’inizio dei singoli Uffici del Libro d’ore rossiano. Queste iniziali si trovano a: f. 7r: iniziale istoriata D (mm 40×30) di Domine labia mea, all’incipit del mattutino dell’Officium Beatae Virginis Mariae con l’immagine della Madonna

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col Bambino; lo specchio di scrittura si trova racchiuso entro un’ariosa cornice con grafismi a inchiostro e puntini d’oro animata da putti graziosi, dallo sguardo curioso e concentrato; al centro del margine inferiore, due figurette alate sostengono volando, come incantati, un medaglione cinto d’alloro nel quale lo stemma originale è stato abraso e sostituito con quello della famiglia Carafa. f. 58v: iniziale istoriata D (mm 35×40) di Domine ne in ira, all’incipit del Salmo 6 nella sezione dei Psalmi poenitentiales con l’immagine di David in preghiera; lungo i margini del foglio corre un delicato fregio floreale policromo con grafismi ad inchiostro e dischi dorati, abitato da vivaci putti e da animali (una lepre, un pappagallo e un cervo). f. 78r: iniziale istoriata D (mm 20×25) di Domine labia mea, all’incipit dell’ Officium Sanctae Crucis con l’immagine dell’Ecce homo; anche in questo foglio corre lungo i margini un delicato fregio a racemi vegetali, abitato da putti, pavoni e fiori. Le iniziali decorate, tutte appartenenti a una medesima tipologia, occupano anch’esse quattro linee dello specchio scrittorio (mm 30×25, misure prese a f. 15v); il corpo della lettera, colorato in rosso porpora o in blu, è percorso da motivi decorativi in biacca. Il campo interno delle lettere, a fondo blu o porpora (in alternanza con il colore del corpo dell’iniziale), è riempito da foglie carnose che sovente assumono un andamento a spirale e da dischi in foglia d’oro brunita. Le iniziali decorate, in capo ai testi indicati fra parentesi, si trovano a: f. 15v: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, all’incipit delle lodi dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 26r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora prima dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 27r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora terza dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 32r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora sesta dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 34v: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, all’incipit dell’Ora nona dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 37r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, all’incipit dei vespri dell’Officium Beatae Virginis Mariae. f. 42r: iniziale decorata C di Converte nos, all’incipit della compieta dell’Officium Beatae Virginis Mariae. Il manoscritto è dotato infine di numerose rubriche e molte sono, nel testo, le piccole lettere iniziali disegnate a penna, alternate in rosso e in blu, circondate da aggraziati ghirigori in rosso e in lilla, assai curati ed eleganti.

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Lo stato di conservazione del codice è, nell’insieme, discreto. Anche lo stato di conservazione delle miniature è complessivamente buono, salvo parziali cadute di colore in alcuni fogli più usurati, specie nei margini inferiori, dovute al frequente uso che è stato fatto del manoscritto. Si rintracciano anche casi (f. 7r) di screpolatura e di caduta dell’oro nelle campiture esterne delle iniziali. La legatura, non originale, del tipo Rossi A, risale all’epoca dell’ingresso del manoscritto nella collezione di Giovanni Francesco de Rossi. Nello stesso periodo sono stati inseriti i fogli di guardia cartacei, in principio e in fine. La legatura si compone di piatti in legno rivestiti di pelle marrone chiaro, finemente decorati con leggere impressioni a secco che disegnano una cornice rettangolare con motivo romboidale al centro; il dorso presenta, negli spazi tra le nervature, le scritte, impresse in oro a caratteri capitali, OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) in alto, e COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV in basso. Il taglio dei fogli è blu. Le uniche informazioni interne sulla storia del manoscritto si desumono dalla sottoscrizione del copista che a f. 109v annota: Hoc opus fecit Antonius de Aq(ue)vive i(n) Neap(o)li (MORELLO, Libri d’ore, 45). La nota sembrerebbe dunque fare riferimento a una realizzazione del codice rossiano entro l’ambito di committenza legato alla famiglia napoletana degli Acquaviva nella quale è ben noto il mecenatismo di Andrea Matteo III (HERMANN, Miniaturhandschriften, 147-216). Il codice appartenne poi a un membro della famiglia Carafa, come risulta dalla presenza dello stemma soprascritto a uno precedente nel margine inferiore di f. 7r (ringrazio Gennaro Toscano per avermi fornito questa informazione). La storia del grazioso libro di devozione tuttavia è ricostruibile con precisione solo a partire dal 1921 quando, insieme con l’intera Biblioteca di Giovanni Francesco de Rossi, entrò a far parte dei fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il Tietze, elencando il volume nel suo catalogo dei manoscritti rossiani, suggerisce una prima proposta di datazione al terzo quarto del XV secolo, notando che potrebbe trattarsi di un lavoro realizzato da una non meglio precisata Oberitalienische Schule (TIETZE, Die illuminierten, 133). Nella mostra dei Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Giovanni Morello propende invece per un’origine napoletana del codice, da ricondursi al miniatore Matteo Felice e da datarsi genericamente alla fine del Quattrocento (MORELLO, Libri d’ore, 45). Sono stati dunque finora espressi giudizi piuttosto eterogenei sull’origine e sullo stile del manoscritto, sia per il testo che per la decorazione. L’analisi codicologica e stilistica del Libro d’ore rossiano ha permesso di confermare la localizzazione a Napoli e l’attribuzione dell’apparato decorativo a Matteo Felice, documentato nella città partenopea dal 1466 al 1493, un ampio intervallo di tempo che segna il passaggio, nella miniatura napoletana, dallo stile tardo gotico all’umanistico e al rinascimentale (ringrazio ancora

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ROSS. 74

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Gennaro Toscano per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto). È immediato riconoscere nel Libro d’ore rossiano un tipico esito della prima attività di Matteo Felice, la cui personalità artistica si è in tempi recenti delineata con maggiore precisione grazie ai contributi di Gennaro Toscano (TOSCANO, Matteo Felice, 87-118; TOSCANO, s.v. Matteo Felice, 215-221). Alla fine degli anni Sessanta del Quattrocento, intorno al 1466-1470, quando il Felice risulta impegnato sia nella decorazione di codici devozionali sia nella realizzazione di manoscritti umanistici, sembra possibile ascrivere l’apparato illustrativo del Ross. 74; ciò si evince dalla notevole semplicità e chiarezza della decorazione e dallo stile delle bordure marginali, composte di grafici racemi fogliati che si dilatano sulla superficie del foglio, simili a un raffinato merletto, ove i motivi fitomorfi si mescolano, in un’atmosfera quasi surreale, con elementi naturalistici come figure di animali e di esserini alati, che il miniatore distribuisce con candido eclettismo, a dimostrazione della sua formazione e del suo continuo aggiornamento. Ciò si evince, infine, da altri particolari quali la tipologia dei volti, che rientrano nei tratti comuni ai miniatori napoletani del tempo, con teste grosse, e tuttavia aggraziate, piuttosto allungate, palpebre gonfie e borse risentite sotto gli occhi, e dei putti, seri e vivaci, con i capelli ordinatamente acconciati, ritratti in pose plastiche ma bloccate e pur pervasi da una grazia umana tutta propria. Il confronto del Libro d’ore rossiano con qualche altro manoscritto miniato dal Felice di più grandi dimensioni e di maggiori pretese qualitative non può che confermare quanto sinora esposto. Si veda in proposito il confronto fra i graziosi putti che animano le bordure del Ross. 74 e quelli che si mescolano ai bianchi girari nel frontespizio (f. 1r) del ms. Pal. lat. 1740 (TOSCANO, Matteo Felice, 87-88). Ancora, bordure molto simili a quelle del Libro d’ore in esame si incontrano nei codici Ross. 64 (DE MARINIS, La Biblioteca Napoletana, I, 158; DANEU LATTANZI, Di alcuni codici, 24), e Ross. 73 (cfr. in questo catalogo), realizzato dal Felice negli anni a cavallo tra il 1475 ed il 1480: nelle bordure di quest’ultimo manoscritto il miniatore si esprime con lo stesso tratto leggero e sottile che caratterizza i fregi floreali policromi a grafismi nel Ross. 74 e con la stessa evidente tendenza alla chiarezza e alla semplicità. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 83r-v; Bibl. Rossianae, II, 18r) TIETZE, Die illuminierten, 133-134 nr. 291; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 169 nr. 528; MORELLO, Libri d’ore, 45.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

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Ross. 77 (olim VIII, 19) Breviarii Romani partes aliquae: Commune sanctorum (ff. 1r-27r); Missa in dedicatione ecclesiae (ff. 27v-30v); Ordo officii Beatae Mariae Virginis in pluribus praesertim in lectionibus (ff. 31r-35v) Italia settentrionale (Veneto), 1440 ca. Membr. (pergamena di buona qualità); ff. I (cart.), 35, II’ (I’ membr., II’ cart.). Numerazione moderna a matita in numeri arabi apposta nell’angolo in alto a destra sul recto di ciascun foglio. Il codice misura mm 112×156 (misure prese a f. 1r). Specchio di scrittura su due colonne (mm 80×95; intercolumnio mm 10, misure prese a f. 1), composto di due righe verticali e 32 righe orizzontali. Scrittura gotica libraria di un’unica mano, in inchiostro bruno, disposta su 31 linee; le rubriche sono evidenziate in inchiostro rosso; rigatura a mina di piombo. Ross. 77, f. 1r

L’ornamentazione del codice, assai sobria, comprende un’unica raffinata iniziale figurata, posta a segnalare l’incipit del Comune dei santi (f. 1r), e numerosissime iniziali filigranate, occupanti una linea dello specchio scrittorio, le quali possono avere corpo blu e filigrane rosse nel contorno oppure corpo rosso e filigrane blu. L’iniziale figurata F di Fratres iam (mm 33×20) racchiude le figure nimbate dei santi Pietro e Paolo, campiti su di uno sfondo blu oltremare, percorso alla sommità da calligrafici motivi decorativi in biacca. La lettera, posta entro un campo dorato esternamente profilato da una spessa cornice in inchiostro bruno, presenta il corpo dipinto in rosa; dall’asta verticale si dipartono armoniosi tralci a motivi fogliati, contraddistinti da una stilizzata resa degli ornati vegetali, ancora pregni di quei contenuti liberi ed esuberanti che risalgono alla tradizione tardogotica, i quali si allineano al margine esterno della pagina e si estendono nella parte superiore e inferiore dello specchio scrittorio. Lo stato di conservazione del codice è nel complesso buono. Buone anche le condizioni della legatura Rossi B, che presenta assi in legno rivestite in velluto verde di seta; al centro dei piatti si trovano applicati due dischi metallici sui quali è inciso uno stemma non ancora identificato. Il contropiatto e la controguardia sia anteriori che posteriori sono rivestiti con un tessuto serico rosso porpora. Il dorso è privo di nervature.

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ROSS. 77

Nessuna nota antica sembra offrire informazioni utili sull’origine e sulla storia del manoscritto. Il Tietze, elencando il volume nel suo catalogo dei manoscritti rossiani, suggerisce una prima proposta di datazione alla seconda metà del XV secolo, notando che potrebbe trattarsi di un lavoro realizzato da una non meglio precisata Oberitalienische Schule (TIETZE, Die illuminierten, 109). L’analisi stilistica del pregevole Breviario rossiano sembra confermare la localizzazione nell’Italia settentrionale; infatti, la decorazione della lettera F a f. 1r e dei suoi aggraziati e calligrafici prolungamenti fogliati dai lobi ribattuti e lo stagliarsi delle figure dei santi contro il fondo scuro ravvivato da delicate filettature in biacca permettono di collegare il Breviario alla produzione veneta di metà Quattrocento: in particolare, si ravvisano nell’ornamentazione elementi che richiamano nel fare più corposo del fregio certe soluzioni d’ambito veronese. Allo stesso ambito si legano anche le due figure dei santi Pietro e Paolo che si accampano nel ristretto spazio dell’iniziale in una sicura e coerente costruzione spaziale, ottenuta anche tramite lo scorcio dei nimbi dorati; le figure riecheggiano modelli culturalmente originari di questa area geografica come ben attesta il confronto con la prestigiosa pagina d’incipit del Santorale del cosiddetto Breviario di Leonello d’Este, custodito presso la Houghton Library di Cambridge (Mass.), ms. Typ. 301 (WIECK, Late Medieval, 130; ringrazio Federica Toniolo per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto). Come è noto, il Breviario estense era destinato a uso personale, ma verosimilmente venne utilizzato anche nella cappella ducale e venne fatto eseguire dal duca fra il 1441 ed il 1448 da Giorgio d’Alemagna, affiancato da Bartolomeo Benincà, dal giovane Guglielmo Giraldi e infine da Matteo de’ Pasti, veronese seguace strettissimo di Pisanello (MARIANI CANOVA, La miniatura a Ferrara, 18, 20) e proprio la mano di quest’ultimo miniatore sembrerebbe identificabile nella lussuosa pagina conservata presso la Houghton Library (MEDICA, Scheda nr. 49; La Spagna in rima, 190-193; MEDICA, Da Leonello a Borso, 77). L’iniziale del Ross. 77 presenta alcuni punti di contatto con la pagina estense in particolare per quanto riguarda il fitto disegno spiraliforme di foglioline, boccioli, spighe e dischi cigliati, esile e aggraziato nei dettagli, disegno che impreziosisce i prolungamenti dell’iniziale distesi lungo i margini del foglio; simili sono pure, nelle iniziali figurate delle due pagine, l’inserimento nello spazio dei personaggi e la loro formulazione plastica, il gusto ornamentale che si estende dalla resa minuziosa degli ornati vegetali al leggero tracciato della materia cromatica lungo il corpo delle lettere. Poiché il Breviario estense venne realizzato tra il 1441 ed il 1448, questa data offre un utile appiglio cronologico per il codice rossiano, eseguito plausibilmente nello stesso torno di anni. Sulla base di tali indicazioni è possibile attribuire la decorazione del Breviario rossiano a un artista veneto vicino ai modi del veronese Matteo de’ Pasti. È pure verosimile dunque che l’ambito nel quale operava, verso il 1441-1448, l’anonimo autore dell’iniziale rossiana coincidesse con la zona geografica e culturale che aveva il suo centro in Verona. (SILVA TAROUCA, I, 90r; Bibl. Rossianae, II, 21r) TIETZE, Die illuminierten, 109 nr. 212; SALMON, Manuscrits liturgiques I, 153 nr. 315.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 85 (olim VIII, 27) Breviarium secundum consuetudinem Romanae curiae: Kalendarium (ff. 1r-6v); Ordo breviarii (ff. 7r-176r); Psalterium Gallicanum (ff. 177r-244r); Festivitates sanctorum (ff. 245r-334v); Commune sanctorum (ff. 335r-371r); Lectiones in festis sancti Hieronymi (ff. 371v-372v) Italia centro-settentrionale (Bologna, Padova), sec. XVin. (d.to 1404 settembre 1) Membr.; ff. VI (cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 372 (il f. 244v è bianco), VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in cifre arabiche in alto a destra; richiami sul margine inferiore del verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, tranne cha ai ff. 244v e 334v. Il manoscritto misura mm 181×132 (misure prese a Ross. 85, f. 5r f. 7r). Scrittura gotica textualis italiana, di due mani per la scrittura del Breviario: la prima (ff. 7r- 360v) segnala la propria identità firmando a f. 174v, sul margine inferiore della colonna interna: D(ominus) Petrus Paulus; e ancora a f. 360v: MCCCCIIII, die primo mensis septembris. D(ominus) Petrus Paulus de Pellumis s(crip)s(it), e dando contestualmente indicazioni sulla scansione temporale del lavoro di scrittura: a f. 244r, infatti, data il passaggio dal Salterio al Proprio dei santi: In MCCCCIIII, die XXIX Madii. Alla seconda mano, che lavora di seguito al primo copista, per di più all’interno dello stesso fascicolo e dello stesso foglio, senza mutare gli inchiostri e l’impostazione dell’impaginazione, si deve il completamento del lavoro di scrittura. A uno scriptor diverso, come giustamente sottolinea Silva Tarouca, si assegna, inoltre, la realizzazione grafica del calendario (ff. 1r-6v), che, vergato sul primo fascicolo, si distingue anche sotto l’aspetto figurativo dall’impianto generale del manoscritto, e che si può supporre aggiunto in un secondo momento, comunque alla fine del lavoro di scrittura e di decorazione. Mentre a una mano umanistica, fortemente corsiveggiante e intrisa ancora di cultura grafica gotica, si devono i ff. 371v-372v. Il testo è disposto su due colonne di scrittura di 35 linee (mm 137×96; spazio intercolonnare mm 12); rigatura a mina di piombo appena visibile.

L’apparato decorativo del manoscritto si compone di 12 miniature (in media mm 80×40), realizzate sul margine inferiore dei primi sei fogli del manoscritto, all’interno di una formella polilobata e bipartita, su fondo blu, decorato con rifiniture a biacca e contenente il mese e il segno zodiacale corrispondente, arricchita lateralmente da una decorazione a fiori e foglie; di 23 iniziali maggiori istoriate, in campo in foglia d’oro brunito e su fondo blu decorato con leggere filigranature in biacca, dal cui corpo prende vita il breve fregio vegetale che si svi-

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ROSS. 85

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luppa lungo lo specchio scrittorio (ff. 7r, 27v, 44v, 112r, 130r, 134v, 142v, 177r, 177v, 186v, 193v, 199v, 205v, 213v, 219v, 227v, 245r, 261v, 269r, 286v, 291r, 307r, 335r), di numerose iniziali medie (da un massimo di sette a un minimo di cinque linee di scrittura) e minori (da un massimo di quattro a un minimo di due linee di scrittura) decorate con motivi floreali, in una tavolozza pittorica che va dal blu al verde, dal rosa all’azzurro, al rosso. Si segnala inoltre la presenza di lettere filigranate in inchostro rosso e blu e intere linee di testo rubricate. f. 1r:

miniatura con Gennaio che si scalda davanti al fuoco e il segno zodiacale dell’Acquario. f. 1v: miniatura con Febbraio che pota i rami di un albero e il segno zodiacale dei Pesci. f. 2r: miniatura con Marzo che suona un corno e il segno zodiacale dell’Ariete. f. 2v: miniatura con Aprile seduto che tiene un fiore tra le mani e il segno zodiacale del Toro. f. 3r: miniatura con Maggio cavaliere con falcone e il segno zodiacale dei Gemelli. f. 3v: miniatura con Giugno che miete il grano e il segno zodiacale del Cancro. f. 4r: miniatura con Luglio che trebbia e il segno zodiacale del Leone. f. 4v: miniatura con Agosto bottaio e il segno zodiacale della Vergine. f. 5r: miniatura con Settembre che pigia l’uva e il segno zodiacale della Bilancia. f. 5v: miniatura con Ottobre che trasporta la legna e il segno zodiacale dello Scorpione. f. 6r: miniatura con Novembre che pianta agli in un campo e il segno zodiacale del Sagittario. f. 6v: miniatura con Dicembre che sventra il maiale e il segno zodiacale del Capricorno. f. 7r: iniziale istoriata F di Fratres scientes (mm 35×42). All’interno della lettera, realizzata in rosa antico su campo in foglia d’oro brunita, è ritratto san Paolo, a mezzo busto, con spada e libro. Dalle due estremità dell’asta verticale della lettera, che si sviluppa lungo 11 linee di testo, nasce una decorazione a foglie carnose, disseminata di globi aurei, che si sviluppa lungo i margini laterale, superiore e inferiore. Su quest’ultimo, al centro, si scorge una figura, non ben identificabile a causa dell’estesa caduta del colore, forse un monaco o frate tonsurato, raffigurato a braccia aperte nel gesto dell’orante. f. 27v: iniziale istoriata C di Concede quaesumus (mm 31×30), all’incipit dell’Oratio per la Natività di Cristo. All’interno della lettera, su campo in oro contornato da un tratto nero, la Vergine col Bambino in fasce. f. 44v: iniziale istoriata D di Deus qui hodierna (mm 31×30), all’incipit dell’Oratio per l’Epifania. All’interno della lettera la Vergine con Cristo benedicente. f. 112r: iniziale istoriata D di Deus qui hodierna (mm 27×26), all’incipit dell’Oratio per la Resurrezione. All’interno della lettera Cristo risorto e benedicente.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 130r: iniziale istoriata C di Concede quaesumus (mm 34×32), all’incipit dell’Oratio per l’Ascensione. All’interno della lettera Cristo, rivolto verso l’alto, ascende al cielo. f. 134v: iniziale istoriata D di Dum complerentur dies (mm 35×30), all’incipit della Pentecoste. All’interno della lettera lo Spirito Santo discende sugli apostoli. In alto sono raffigurate gambe e piedi del Cristo. f. 142v: iniziale istoriata D di Deus qui nobis (mm 27×28), all’incipit dell’Oratio del Corpus Christi. All’interno della lettera è ritratto Cristo. f. 177r: iniziale istoriata P di Primo dierum (mm 40×43), all’incipit del Psalterium gallicanum. All’interno della lettera Cristo addita con la sinistra al libro chiuso che regge con l’altra mano. Dall’asta verticale della lettera, che si sviluppa lungo otto linee di scrittura, nasce una decorazione vegetale che arricchisce il margine interno del foglio e parte di quello superiore. f. 177v: iniziale maggiore istoriata B di Beatus vir (mm 40×31), all’incipit del salmo 1. All’interno della lettera, nella pancia inferiore, è ritratto Davide con l’arpa, mentre dall’alto fa capolino Cristo. f. 186v: iniziale maggiore istoriata D di Dominus illuminatio (mm 33×31), all’incipit del salmo 26. All’interno della lettera Davide, di tre quarti, si tocca l’occhio sinistro. f. 193v: iniziale maggiore istoriata D di Dixi custodiam (mm 36×34), all’incipit del salmo 38. All’interno della lettera un uomo si tocca la bocca. f. 199v: iniziale maggiore istoriata D di Dixit insipiens (mm 34×33), all’incipit del salmo 52. All’interno della lettera un frate regge un bastone. f. 205v: iniziale maggiore istoriata S di Salvum me fac (mm 37×32), all’incipit del salmo 68. All’interno della lettera un uomo, a mani giunte, è immerso nell’acqua fino alla vita. f. 213v: iniziale maggiore istoriata E di Exultate Deo (mm 31×28), all’incipit del salmo 80. All’interno della lettera un frate suona una campana. f. 219v: iniziale maggiore istoriata C di Cantate domino (mm 33×30), all’incipit del salmo 97. All’interno della lettera è ritratto un chierico. f. 227v: iniziale maggiore istoriata D di Dixit dominus (mm 34×32), all’incipit del salmo 109. All’interno della lettera Cristo benedicente tiene con la sinistra un libro chiuso. f. 245r: iniziale maggiore istoriata D di Deus qui nos (mm 30×29), all’incipit delle Festivitates sanctorum. All’interno della lettera san Saturnino regge la palma del martirio. f. 261v: iniziale maggiore istoriata O di Omnipotens sempiterne (mm 24×28), all’incipit dell’Oratio in Purificatione Mariae Virginis. All’interno della lettera sono ritratti, abbracciati, Maria e il Bambino. f. 269r: iniziale maggiore istoriata D di Deus qui (mm 25×25), all’incipit dell’Oratio in Annuntiatione Mariae Virginis. All’interno della lettera sono ritratti, a mezzo busto, Maria e l’arcangelo Gabriele.

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f. 286v: iniziale maggiore istoriata D di Deus qui praesentem (mm 34×32), all’incipit dell’Oratio in Nativitate sancti Iohannis Baptistae. All’interno della lettera è ritratto il Battista con croce astile e rotolo. f. 291r: iniziale maggiore istoriata D di Deus qui hodiernam (mm 30×30), all’incipit dell’Oratio sanctorum Petri et Pauli. All’interno della lettera sono ritratti i due principi degli apostoli. Pietro tiene con la destra un libro chiuso e con l’altra mano una chiave. f. 307r: iniziale maggiore D di Da nobis quaesumus (mm 26×24), all’incipit dell’Oratio sancti Laurentii. All’interno della lettera san Lorenzo regge una graticola. f. 335r: iniziale maggiore istoriata F di Fratres iam non (mm 33×30), all’incipit del Commune sanctorum. All’interno della lettera san Paolo regge con la sinistra un libro chiuso. Nell’analisi dell’apparato figurativo del manoscritto occorre distinguere tra la decorazione del breviario, nelle sue varie articolazioni testuali, e quella che arricchisce, in maniera peculiare, le pagine del calendario. La prima appare connotata da forme vegetali molto tipizzate e da una tavolozza pittorica chiara e vivace, basata sul verde carico, il rosa chiaro, il blu e il rosso acceso (che richiama la contemporanea miniatura padovana), e insieme da iniziali istoriate con figure quasi costantemente di dimensioni ragguardevoli e a mezzo busto che, come in una messa a fuoco ravvicinata, sembrano rientrare a fatica nello spazio interno della lettera, caratteristica questa che, insieme alla resa fisiognomica, rappresenta una vera e propria cifra stilistica del miniatore e che lo collega senza dubbio alla miniatura bolognese di tardo Trecento, ponendolo in particolare sulla linea del linguaggio figurativo di matrice nicolesca. A ragione di ciò la miniatura del breviario sembra potersi assegnare a un artista di formazione appunto bolognese, attivo al transito tra secolo XIV e secolo XV, ma molto attento a quanto avveniva nella produzione libraria di ambito veneto, e in particolare a Padova. I confronti proponibili sarebbero numerosi e per questo si rimanda (anche per la definizione di un quadro critico d’insieme) al catalogo della mostra Parole Dipinte (133 e ss). Per i fregi vegetali, ad esempio, si possono comunque sottolineare le analogie con gli Statuta maioris ecclesiae Paduanae, ms. D 66 della Biblioteca capitolare di Padova (BELLINATI, Scheda nr. 63, 178-179), dei primi anni del sec. XV, o con l’Antifonario responsoriale, ms. E 19, della stessa capitolare (MINAZZATO, Scheda nr. 60, pp. 174-175). Per l’aspetto più propriamente figurativo, invece, le iniziali richiamano da vicino le opere assegnate a Stefano di Alberto degli Azzi, miniatore formatosi molto probabilmente nella bottega di Niccolò, intorno al quale solo di recente la critica ha raccolto un discreto catalogo che permette di ricostruire un’attività che, dalla metà del Trecento si protrae sino agli esordi del secolo successivo (si cfr. da ultimo, I corali di San Giacomo Maggiore, 89-97 nrr. 7-10, 11, 14); valgano tra tutte le analogie con il Collectario, ms. 638 del Museo civico medievale di Bologna (ibid., 224-227 nr. 10).

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Per la componente figurativa del calendario, trascritto ai ff. 1r-6v, appare più stringente il legame con la cultura artistica di area padovana al transito tra il Trecento e il Quattrocento. Si può in particolare proporre un collegamento con le opere realizzate nella cerchia del così detto Maestro della Novella, artista di grande originalità attivo in questi decenni in ambito veneto (per il quale da ultimo: NICOLINI, s.v. Maestro della Novella, con bibliografia precedente), sia per la componente decorativa (se pure con una resa tecnicamente più approssimata nella realizzazione dei brevi fregi a fogliette auree, fiori e tralci filigranati), sia per quella più propriamente figurativa, soprattutto per l’insistenza, nella fattura dei segni dello zodiaco (in particolare per alcuni dei essi, per esempio Scorpione, Sagittario e Capricorno) sulla componente iconografica astrologica, che in quell’ambiente godeva di una particolare fortuna, ma anche per la resa animata delle figure e per la decorazione a filigrana in biacca che dona agli sfondi delle scene grande raffinatezza e leggerezza. Significativo in tal senso, e di estremo interesse, appare il confronto non tanto con la Novella super tertio, quarto et quinto Decretalium, ms. A 5 della Biblioteca capitolare di Padova, cui il miniatore deve il nome, quanto con il Valerio Massimo, Facta et dicta memorabilia, ms. Vat. lat. 1917 (per il quale: SANTINI, Scheda nr. 74, 323325), di recente attribuito al Maestro della Novella (MINAZZATO, Un Valerio Massimo, 68-71), che proprio in quest’opera (e a nostro avviso anche nel Calendario del ms. rossiano), e grazie ai rapporti con il Maestro delle iniziali di Bruxelles, sarebbe tra i responsabili di quella sorta di cortocircuito culturale tra la miniatura bolognese e quella veneta che segna con forza la temperie culturale di questi anni. Lo stato di conservazione del manoscritto è mediocre. Si segnalano gravi cadute di colore soprattutto nelle miniature del calendario, da f. 1r a f. 6v. Cadute di colore anche all’incipit del Psalterium Gallicanum (f. 177r). Le miniature realizzate sul margine inferiore dei ff. 1r-6v e la decorazione vegetale a f. 1r risentono di una rifilatura approssimativa e dannosa. Legatura Rossi A restaurata, ma in mediocre stato di conservazione. Il piatto anteriore è completamente staccato dal corpo del manoscritto. Taglio marmorizzato in blu. Sulla controguardia anteriore è incollato il dorso fatto realizzare dal de Rossi. Si legge in alto BREVIARIUM ROMANUM e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1404. (SILVA TAROUCA, I, 102r-103r; Bibl. Rossianae, II, 32r) TIETZE, Die illuminierten, 100-102 nr. 181; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 155 nr. 318; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351; CERESA, Bibliografia 2005, 477; O’BRIEN, Renaissance, 81; PRESSOUYRE, “Marcius Cornator”, 421.

SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

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Ross. 86/1-2 (olim VIII, 28 a-b) Breviarium ad usum fratrum minorum (due volumi) Italia settentrionale, area padana (Emilia – Veneto), sec. XV, prima metà I. Breviarium ad usum fratrum minorum pars prima: Kalendarium (ff. 2r-7v); Psalterium Gallicanum liturgicum cum Ordinario; incipit hymnorum (ff. 8r-65v); Cantica laudarum, hymni; Litaniae (ff. 65v-75r). Hymni: Ordinarium, de Tempore, Sanctorum, Communis (ff. 75r-86v); Proprium de Tempore secundum ritum et formam Romanae curiae (ff. 87r-266v) Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (cart.), 266, f. VI’ (cart.). Numerazione antica a inchiostro in cifre arabiche nell’angolo supeRoss. 86, f. 1r riore destro del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 150×111 (misure prese a f. 79). Scrittura minuscola gotica libraria italiana di piccolo modulo, compatta e omogenea, disposta su 31 linee; inchiostro nero per il testo, inchiostro rosso per le rubriche, inchiostro rosso e blu per le iniziali filigranate. Specchio scrittorio a due colonne di 32 righe, inquadrate da 2 righe verticali; ciascuna delle colonne misura mm 100×75; lo spazio intercolonnare misura mm 5 (misure prese a f. 27r); rigatura a mina di piombo; il foglio 1 è rigato ma non scritto. Fascicolazione regolare, nel margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo sono visibili i richiami (ff. 16v, 26v, 36v, 46v, 56v, 66v, 76v, 96v, 106v, 116v, 126v, 136v, 146v, 156v, 166v, 176v, 186v, 196v, 206v, 217v, 236v, 246v, 256v).

Il manoscritto è ornato da 16 iniziali decorate (da un massimo di mm 40×30, f. 87r, a un minimo di mm 20×20, f. 16r), tipologicamente unitarie, poste in corrispondenza degli incipit dei testi liturgici di maggiore rilevanza (ff. 8r, 16r, 22r, 27v, 33r, 39r, 46r, 52v, 74r, 87r, 110r, 126r, 134v, 214v, 220v, 228r); numerose iniziali calligrafiche blu con filigrana rossa e rosse con filigrana blu, occupanti da un massimo di tre a un minimo di due linee di scrittura; infine numerosissime iniziali, rubricate in rosso e in blu, sono disseminate lungo il testo. Le iniziali decorate, ascrivibili a una sola mano, campite su uno sfondo quadrangolare in foglia d’oro, definito da una spessa cornice in inchiostro bruno, presentano un corpo colorito in rosa e racchiudono, nel campo interno, fantasiosi disegni geometrici, tutti giocati sull’uso dell’oro in foglia, del rosso aranciato e del blu oltremare, impreziositi da graziosi e minuti ghirigori in biacca. Dalla campitura della lettera si diparte un elegante fregio a foglie d’acanto che corre lungo il margine sinistro ad attorniare lo specchio di scrittura; di fattura arcaicizzante, nella quale

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la forma delle foglie è risolta secondo modalità astrattamente sintetiche, il fregio si caratterizza anche per i toni coloristici intensi basati sul contrasto del rosso e del blu. Secondo i canoni di un linguaggio tardogotico maturo, le foglie, agili e snelle, s’inseriscono con agio entro lo spazio dei margini, disponendosi in fluide cadenze ritmate, culminanti in rigide antenne, impreziosite da sciami di dischi aurei cigliati, quasi illusorie cornici per i margini della pagina. Lo stato di conservazione del codice è buono. Legatura del tipo Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge BREVIARIUM ROMANUM P(ARS)I. In basso si legge COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. II. Breviarium ad usum fratrum minorum pars secunda: Proprium sanctorum (ff. 1r-118v; da san Saturnino a santa Caterina); Commune sanctorum (ff. 118v-137v); Officium Beatae Virginis Mariae et Officium mortuorum, Benedictio mensae (ff. 137v151v); Officia Ordinis sancti Francisci, in festivitate Sanctae Crucis (ff. 152r-184v) Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (cart), 184, VI’ (cart.). Numerazione antica a inchiostro in cifre arabiche nell’angolo superiore destro del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 150×100 (misure prese a f. 75r). Scrittura gotica libraria italiana di piccolo modulo, disposta su 31 linee; inchiostro nero per il testo, inchiostro rosso per le rubriche, inchiostro rosso e blu per le iniziali filigranate. Specchio scrittorio a due colonne di 32 linee; ciascuna delle colonne, inquadrate da 2 righe verticali, misura mm 100×70, lo spazio intercolonnare misura mm 5 (misure prese a f. 93r); rigatura a mina di piombo, i fogli 150, 151v, 161v e 171v sono rigati ma non scritti. Fascicolazione regolare; nel margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo sono visibili i richiami (ff. 10v, 20v, 30v, 40v, 50v, 61v, 71v, 81v, 91v, 101v, 111v, 121v, 131v, 141v).

Il secondo volume del Breviario rossiano è ornato da 2 iniziali decorate (f. 1r, mm 30×30; f. 25v, mm 20×20), poste in corrispondenza degli incipit dei testi liturgici di maggiore rilevanza, tipologicamente analoghe a quelle realizzate nel primo volume (al quale si rinvia per la descrizione). Completano l’ornamentazione del manoscritto numerose iniziali calligrafiche blu con filigrana rossa e rosse con filigrana blu, occupanti da un massimo di tre ad un minimo di due linee di scrittura, e numerosissime iniziali rubricate in rosso e in blu, disseminate lungo il testo. Lo stato di conservazione del codice è buono. Si nota che il volume è stato rifilato sui lati e dunque alcune iniziali decorate presentano, in alto, la decorazione fogliacea leggermente tagliata. Legatura del tipo Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge BREVIARIUM ROMANUM P(ARS)II. In basso si legge COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XIV. Il Breviario rossiano non contiene indicazioni circa la sua provenienza, tuttavia alcune delle caratteristiche che presenta inducono a pensare che sia stato

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realizzato per una comunità francescana. Non sappiamo come e quando il manoscritto abbia abbandonato la sua sede originaria, né quali siano state le vicende successive prima di entrare a far parte della raccolta di Giovanni Battista de Rossi. Fin dalla sua prima apparizione nella letteratura critica, con la scheda nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze, il Breviario è stato riconosciuto come un lavoro nord italiano e datato intorno al 1400, forse proveniente da un convento francescano (TIETZE, Die illuminierten, 96). Nel catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana, curato da Pierre Salmon, la breve scheda riprende l’assegnazione del manoscritto ad area nord italiana e la datazione agli albori del XV secolo. La decorazione delle iniziali dichiara una cronologia indicativa intorno al primo decennio del XV secolo e un’esecuzione di dignitosa routine con foglie caratterizzate da un andamento morbido e ritmato; la tipologia dell’ornato, che mostra i segni del trapasso tra la tradizione trecentesca e le più sciolte e movimentate soluzioni tardogotiche, orienta verso l’ambito veneto (ringrazio Federica Toniolo per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto), ma in un’interpretazione provinciale, vivace e varia, non ancora pienamente coordinata. Di buona qualità è pure l’uso delle biaccature che servono per ornare con leggeri tocchi l’interno delle volute accartocciate, così come si vede nella coeva produzione miniata tanto padovana quanto veneziana. Il confronto del Breviario rossiano con qualche manoscritto di più grandi dimensioni e di maggiori pretese qualitative sembra confermare tale ipotesi. Ad esempio si incontrano soluzioni decorative affini nella realizzazione delle iniziali in un Evangelistario (ms. Plut. 17.18), oggi alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, datato alla prima metà del XV secolo e localizzato in area padovana (FRANCO, Scheda nr. 45, 328) e anche in un manoscritto con le Tragedie di Seneca (ms. Vat. lat. 1647), conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, databile alla fine del XIV secolo, sempre assegnato ad area padovana (SUPINO MARTINI, Scheda nr. 61, 297-299). Sembra interessante notare che soluzioni decorative piuttosto simili ricorrono anche nella miniatura bolognese del primo Quattrocento, come ben dimostra il confronto con il frontespizio della matricola dell’Arte dei Cordovani di Bologna (Inv. 552) della Collezione Amedeo Lia di La Spezia, miniato nella prima metà del XV secolo da Giovanni da Modena (Museo Civico Amedeo Lia, 144-147). Alcune componenti formali del Breviario rossiano possono pertanto collegarsi anche alla cultura figurativa emiliana degli inizi del Quattrocento e rivelano dunque il legame del miniatore con quel linguaggio diffuso nell’area medio-padana – tra il Veneto e alcune province emiliane – del quale egli sembra essere stato un felice sperimentatore. (SILVA TAROUCA, I, 104r-106r; Bibl. Rossianae, II, 33r-v) TIETZE, Die illuminierten, 96 nr. 164; SALMON Les manuscrits liturgiques I, 155-156 nr. 319.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 87 (olim VIII, 29) Breviarium: Kalendarium (ff. 2v-7v); Breviarium (ff. 10r-396r) Lombardia, sec. XV (1460-1470)

Ross. 87, f. 10r

Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata, appena percepibile la differenza tra lato pelo e lato carne; ff. VII, 400, VII’ (risguardo e I guardia cart. moderna di restauro; II in cartoncino azzurro; V cart.; le guardie posteriori sono simmetriche, con la penultima in cartoncino azzurro); foliazione moderna meccanica a destra in basso sul recto; mm 148×103; lo specchio di scrittura (mm 90×65) si articola su due colonne di 33 linee (intercolumnio mm 9); rigatura a inchiostro; composizione del codice: 17, 12, 318, 12, 178, 15; richiamo al centro del margine inferiore dell’ultimo foglio del fascicolo; bianchi i ff. 1r, 1v, 8r, 8v, 9r, 9v, 72r, 72v, 73r, 73v, 81v, 258r, 258v, 259r, 259v, 396v-400v; scrittura gotica libraria di modulo piccolo a inchiostro bruno, rosso per le rubriche.

Il sistema illustrativo è costituito da rubriche, lettere a penna e a pennello e tre pagine miniate a introdurre le sezioni maggiori del libro. f. 10r:

f. 82r:

la pagina contiene gli invitatoria della domenica e l’inno Primo dierum omnium, introdotto da una P semplice (altezza pari a due linee di scrittura; mm 5×5) in oro in foglia. Nella parte superiore del foglio è collocata una miniatura tabellare che rappresenta la Resurrezione di Cristo (mm 51×65): il sepolcro, un’arca violacea posta entro un loggiato rosa, occupa la parte sinistra dello spazio, mentre la figura di Cristo, col vessillo della vittoria, ascende al cielo in una nube aurea; sullo sfondo un paesaggio collinare lumeggiato in oro. Manca il particolare dei soldati dormienti, che abitualmente accompagna questa scena. La cornice che racchiude l’intera pagina è formata da una lamina d’oro, su cui si dispone un tralcio sottile a girali simmetrici racchiudenti fiori, foglie d’acanto spinoso, frutti. Nel bas-de-page un clipeo racchiude l’Agnus Dei aureolato e accovacciato sul libro apocalittico, col vessillo della vittoria retto con la zampa anteriore destra. Incipit ordo breviarii secundum consuetudinem Romane curie. In primo sabbato de adventu ad vesperum capitulum. La F di Fratres scientes (altezza pari a otto linee di scrittura; mm 23×30) ha un corpo in tempera rosa con

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ROSS. 87

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cerchielli in filigrana bianca su fondo oro e tralcio di acanto spinoso negli spazi interstiziali; nella parte superiore della pagina la scena dell’Adorazione del Bambino (mm 47×65) con la Vergine inginocchiata e il neonato risplendenti di luce, mentre a lato san Giuseppe seduto dorme; a sinistra in secondo piano la semplice capanna col bue e l’asino e a destra un paesaggio collinare con la città di Betlemme, lumeggiato in oro; la cornice è simile alla precedente, ma nel clipeo del bas-de-page compare la colomba ad ali flesse in un alone aureo, in atto di sorvolare un paesaggio collinare. f. 260r: Incipiunt festivitates sanctorum per anni circulum secundum consuetudinem Romane curie. In festo sancti Saturnini Martiris Oratio. La D di Deus qui nos (mm 25×25) miniata con pattern ad acanto spinoso e tre letterine semplici in foglia oro introducono la rubrica e l’inizio delle due lectiones. Al di sopra del testo una miniatura tabellare (mm 47×65) presenta la Vergine Assunta con un mosso manto cangiante e circondata da un alone luminoso contro lo sfondo di un paesaggio collinare lumeggiato in oro. La consueta cornice a lamina d’oro, con tralcio caratterizzato da fragole, reca nel bas-de-page un clipeo con la colomba ad ali tese. Tre feste sono introdotte da iniziali figurate su campo oro, con nastro monocromo rosa o azzurro formato da foglie monocrome avvolte intorno alla lettera; nel fondo è dipinto il busto della figura santa di riferimento: f. 10v: iniziale B di Beatus vir (mm 23×28), all’incipit del Psalterium: all’interno è rappresentato Davide con turbante e manto azzurro su tunica rosa, in atto di suonare la cetra con plettro. f. 345v: iniziale E di Ecce sacerdos (mm 25×29), all’incipit di In vigilia beatissimi patris nostri Augustini, con Agostino allo scrittoio con stilo e raschietto. f. 378r: iniziale F di Fratres (mm 25×29), Incipit commune sanctorum. In nativitate unius apostoli. Con la rappresentazione di un biondo apostolo, identificabile con san Paolo per la presenza della spada e del libro. Le lettere a pennello sono di due tipologie: piccole lettere semplici rosse e blu (mm 3 di altezza) nei versetti dei salmi e lettere rosse e blu con filigrane viola e rosse (altezza mm 5-7) nel calendario, nell’abbreviazione KL e all’inizio delle sequenze liturgiche; le filigrane si dispongono su campo quadrato con cerchielli, motivi a risparmio, prevalentemente foglie ovulari, e grafismi marginali a cappio con motivi cruciformi. Al f. 325v la filigrana si espande nel margine disegnando un uccellino di mediocre qualità; al f. 327r le filigrane, forse di altra mano, sono policrome o presentano desinenze a girale con fiore. Le 22 iniziali a pennello presentano un campo in oro in foglia su cui è dipinto il nastro prevalentemente in rosa e azzurro e un tralcio con foglie d’acanto spinoso negli stessi colori; nel margine una barra verticale, costituita da un li-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

stello aureo e da un listello a tempera rosa o azzurro, è fiancheggiata da fiori e foglioline. Queste iniziali introducono i salmi a: f. 22r: f. 23r: f. 24r: f. 25r: f. 27v: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

33r: 34r: 39v: 44v: 53r: 60v: 120v: 175v: 185v: 200r: 207v: 217r:

f. 337v: f. 351r: f. 357v: f. 364r: f. 369r:

iniziale L di Legem pone (mm 10×11), ps. 118.33, domenica, ad tertiam. iniziale D di Defecit in salutari (mm 14×17), ps. 118.81, domenica, ad sextam. iniziale M di Mirabilia testimonia (mm 13×17), ps. 118.129, domenica, ad nonam. iniziale D di Dixit dominus (mm 16×17), ps. 109, domenica, ad vesperas. iniziale D di Dominus illuminatio (mm 25×30), ps. 26, feria II, ad matutinum. iniziale D di Dilexi quoniam (mm 12×16), ps. 114, feria II, ad vesperas. iniziale D di Dixi custodiam (mm 16×20), feria III, ad matutinum. iniziale D di Dixit insipiens (mm 22×30), ps. 52, feria IV, ad matutinum. iniziale S di Salvum me fac (mm 25×30), ps. 68, feria V, ad matutinum. iniziale E di Exultate Deo (mm 20×25), ps. 80, feria VI, ad matutinum. iniziale C di Cantate domino (mm 23×28), ps. 98, sabato, ad matutinum. iniziale S di Surge illum (mm 17×19), in vigilia epiphanie. iniziale Q di Quomodo sedet (mm 14×18), incipit lamentatio Ieremie. iniziale P di Primum quidem (mm 24×26), domenica II, in nocturno. iniziale C di Concede (mm 25×30), in vigilia Ascensionis oratio. iniziale D di Deus qui (mm 27×28), in vigilia Pentecostem oratio. iniziale D (non eseguita) di Deus qui (spazio libero di mm 23×23), in vigilia corporis Christi oratio. iniziale F di Famulorum quorum (mm 13×15), in vigilia assumptionis beate Marie Virginis oratio. iniziale F di Famulis tuis (mm 25×30), in vigilia nativitatis beate Marie Virginis oratio. iniziale C di Concede quaesumus (mm 25×28), in vigilia Nicholai de Tolentino oratio. iniziale D di Deus qui (mm 14×18), in dedicatione ecclesie sancti Michaelis oratio. iniziale O di Omnipotens sempiterne (mm 23×28), in vigilia omnium sanctorum oratio.

Il manoscritto, già identificato da Tietze come prodotto per un committente agostiniano novarese, a causa della presenza di san Gaudenzio, patrono della città, e di santi dell’Ordine agostiniano nel calendario, nelle litanie e nelle feste del Santorale, è stato dallo studioso datato alla metà del XV secolo, giudizio ripreso senza varianti da Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 156) e da Curzi (CURZI, Scheda nr. 17, 129,131-132). Spetta a Pier Luigi Mulas (MULAS, Una presenza, 483-489 e Maestro delle Ore Birago, 571-572) il riconoscimento della mano del Maestro delle Ore Birago nel Ross. 87, ampliando il corpus di opere assegnate al prolifico miniatore a partire dalla sua identificazione a ope-

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ROSS. 87

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ra di Jonathan Alexander (ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 147150), che lo individuò nel libro d’ore eponimo (Genève, Bibliothèque Publique et Universitaire, ms. Fonds Comites Latentes 52), allora custodito nella Collezione Abbey. Il numero di codici assegnati al maestro testimonia di una lunga attività, frequentemente in collaborazione con altri miniatori, a cominciare da Belbello, nella cui bottega verosimilmente esordisce negli ultimi anni della permanenza pavese dell’inquieto artefice, aiutandolo a completare opere di alta committeza, come appunto le Ore di Daniele Birago (QUATTRINI, Livre d’heures Birago, 268), illustre committente di un altro codice prestigioso, il Breviario ms. Add. 35310 (ZANICHELLI, Codici miniati a Piacenza, 78). Nel corso del settimo decennio il miniatore collabora con un allievo del Maestro del Breviario francescano, e forse con lo stesso capobottega, nel Libro d’ore di Cecilia Gonzaga (New York, Pierpont Morgan Library, ms. M. 454), ma anche col Maestro di Ippolita e Giovan Pietro Birago nel Graduale di San Domenico a Brescia, ora a Londra, Victoria and Albert Museum, ms. L 3691-1963 (ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 149 n. 4). Non mancano opere completamente autografe, sia per gli Sforza, come il ms. lat. 4586 della Bibliothèque nationale de France), sia per membri della corte, come Muzio Attendolo Bolognini, per cui furono miniati dall’artefice anche testi classici latini. Numerose sono anche le committenze religiose, nella cui esecuzione il maestro opera spesso da solo, come dimostra il Libellus missarum del monastero cluniacense di San Maiolo a Pavia, eseguito nel 1466 (HEID-GUILLAUME, RITZ, Les manuscrits médiévaux, 49-53), il Breviario in esame e il suo codice gemello cioè il breviarium monasticum secundum consuetudinem monacorum congregationis de observantia sancte Iustine seu unitatis ordinis sancti Benedicti, in uso presso il monastero di San Sisto a Piacenza e ora conservato alla Cornell University Library. A causa della nota di possesso della Congregazione, Calkins (CALKINS, Medieval and Renaissance, 59 nr. 31) assegnò il codice all’ambito padovano del terzo quarto del secolo XV, ma l’analisi delle caratteristiche materiali e delle miniature non lasciano dubbi sull’autografia dell’opera e sull’esatta coincidenza con il codice in esame, così che pare che in una fase precoce della carriera il maestro si sia dedicato proprio alla esecuzione di manoscritti religiosi. Il codice piacentino presenta un sistema illustrativo più ridotto del rossiano, ma il confronto fra la pagina iniziale, f. 12r, con la scena dell’Annunciazione entro un ambiente architettonico lineare dalle cui finestre si intravede il paesaggio, la cornice a lamina aurea con i tralci di acanto spinoso e il clipeo con la colomba in volo e l’iniziale E(cce) della prima domenica d’Avvento con un profeta che cita ad unguem il David del f. 10v del manoscritto di Novara non permettono di dubitare della identità di mano dei due manoscritti gemelli. La forte presenza di citazioni dal repertorio di Belbello e l’uso sistematico dell’acanto spinoso, le preziose lumeggiature, il flessuoso allungarsi delle figure non risentono ancora delle novità del Maestro della Cappella Castiglioni che diventano più percepibili nelle opere più tarde, come nel Libro d’ore eponimo; in particolare proprio la struttura degli sfondi con l’uso diffuso delle lumeggiature trova un preciso riscontro nelle miniature delle pagine del Messa-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

le-Libro d’ore, ms. Smith Lesouëff 22 della Bibliothèque nationale de France commissionato da Pier Maria Rossi, mentre la forma del sepolcro al f. 10r del ms. Ross. 87 è esattamente riprodotta nei ff. 79v e 83r del Libro d’ore di Cecilia Gonzaga alla Pierpont Morgan Library di New York, ms. 454; la cronologia proposta per le due opere al settimo decennio del secolo è quindi estendibile anche al codice in esame. Le scelte iconografiche del codice rossiano presentano un programma fortemente orientato alla devozione mariana e le numerose citazioni di sante, tra cui Monica, nel calendario fanno pensare ad una possibile destinazione a un monastero femminile dell’Ordine; solo il Salterio-Innario, f. 10r, infatti è preceduto dalla rappresentazione della Resurrezione, che viene resa senza alcun dettaglio narrativo, ma con un preciso riferimento escatologico, rappresentato dall’Agnus Dei apocalittico nel bas-de-page; la scelta del tema, al posto della più consueta immagine della Creazione che accompagna solitamente l’inno Primo dierum omnium, sottolinea proprio questo aspetto della vittoria sulla morte presente nel terzo e quarto verso dell’inno di papa Gregorio Magno. Il Temporale invece, f. 82r, si apre non con la Natività, ma con l’Adorazione del Bambino, che risente fortemente della tradizione di santa Brigida: la Vergine bionda, risplendente di luce come il Bimbo, appare come in una epifania luminosa e il tema della visione ritorna insistentemente anche all’inizio del Santorale, f. 260r, con l’Assunta ascendente alla gloria dei cieli avvolta in una luce che si riflette nella schiera angelica che la circonda. Le immagini vengono pensate per la meditazione; infatti, visualizzando l’invisibile, forniscono al proprietario del Breviario uno strumento che trasforma la preghiera in ascesi mistica; ma tutto questo non cela completamente un altro ordine di riferimenti. Nel margine superiore del f. 82r la cornice al centro forma infatti un motivo ornamentale che ha tutto l’impatto visuale di una insegna araldica, anche se invece dei consueti tre anelli con diamante della tradizione visconteosforzesca se ne intrecciano quattro, a testimonianza del fatto che il codice liturgico-devozionale, oltre che essere uno strumento di preghiera, rappresenta anche, con il suo raffinato impatto visuale, la manifestazione del prestigio terreno del suo proprietario. Il codice è in ottime condizioni. Legatura Rossi A in cuoio con fregi e cornice oro; dorso restaurato in non buone condizioni di conservazione. Sul dorso: in alto BREVIARIUM ROMANUM, in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, I, 107r-109r; Bibl. Rossianae, II, 34r) TIETZE, Die illuminierten, 124 nr. 261; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 165 nr. 320; CURZI, Scheda nr. 17, 129, 131-132; MULAS, Una presenza, 483-489; MULAS, s.v. Maestro delle Ore Birago, 572; TONIOLO, Gli incunaboli miniati, 139.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

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ROSS. 89

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Ross. 89 (olim VIII, 31) Horae canonicae: Legenda Beatae Mariae (ff. 1r-3r); Kalendarium (ff. 3v-14v); Officium de Sanctissima Trinitate (ff. 15r38v); Officium de Sancto Spiritu (ff. 39r62v); Officium de Passione domini Nostri Ihesu Christi (ff. 63r-87v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 88r-163v); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniis et orationibus (ff. 164r-188r); Quindecim psalmi, cum orationibus (ff. 188r-201v); Officium mortuorum (ff. 201v-246r); Commendatio animae (ff. 246r-259v); Suffragia sanctorum (ff. 259v-285r); Praeces et orationes (ff. 285r-290r) Francia, sec. XIV Membr.; ff. VI (I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni), Ross. 89, f. 21v 290, VI’ (I’-V’ cart., moderni; VI’ in cartoncino azzurro-grigio come la controguardia); misure del codice mm 107×76 (mm 118×82 con legatura); scrittura gotica, assai regolare, a inchiostro bruno; specchio di scrittura mm 65×50, di 13 linee di scrittura; numerazione meccanica moderna realizzata dopo l’asportazione dei fogli incipitari; calendario mutilo; tutte le preghiere acefale.

Il manoscritto non presenta la caratteristica ampia decorazione dei Libri d’ore, poiché le pagine miniate, poste generalmente all’inizio dell’Ufficio o delle singole Ore, sono state asportate in passato. L’apparato decorativo è composto attualmente da iniziali filigranate a colori alternati azzurro e oro e da trentasei lettere capitali decorate, su fondo d’oro, con elementi fitomorfi e animali fantastici (media mm 20×23). Queste si trovano a: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

21v: 25r: 27v: 31r: 33v: 36v: 45v: 49r: 51r: 53r: 55r:

iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sanctissima Trinitate. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sanctissima Trinitate. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sanctissima Trinitate. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sanctissima Trinitate. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sanctissima Trinitate. iniziale C di Converte nos Deus, Officium de Sanctissima Trinitate. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sancto Spiritu. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sancto Spiritu. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sancto Spiritu. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sancto Spiritu. iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sancto Spiritu.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 56v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Sancto Spiritu. f. 60r: iniziale C di Converte nos Deus, Officium de Sancto Spiritu. f. 66v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 71r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 74r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 77r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 79v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 82r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 86r: iniziale C di Converte nos Deus, Officium de Passione domini nostri Ihesu Christi. f. 107r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 120v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 125v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 130r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 134v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 138v: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 147v: iniziale D di Converte nos deus, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 155r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 157r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 158r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 159r: iniziale D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 159v: iniziale C di Converte nos Deus, Officium Beatae Mariae Virginis. f. 178r: iniziale K di Kirye eleison, Psalmi poenitentiales. f. 189v: iniziale A di Ad dominum cum tribularer, Psalmi. f. 218r: iniziale P di Parce michi domine, Officium mortuorum. f. 247v: iniziale S di Sub venite sancti Dei, Commendatio animae. Il codice è stato redatto in una zona della Francia settentrionale, molto probabilmente in ambiente francescano, come suggerisce la presenza di numerose festività dell’Ordine dei frati minori nel calendario. A f. 14r, alla data del 18 novembre è annotato O(bitu)s medame de Lucenburgh, con evidente riferimento a una sovrana della casa di Lussemburgo. Mediocre appare lo stato di conservazione. Macchie diffuse (per esempio a f. 247v, dove la lettera S appare quasi illeggibile). Il manoscritto, inoltre, è stato rifilato nella parte superiore al momento della rilegatura.

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ROSS. 89-90

Legatura Rossi A, con frattura sul dorso. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE); in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: I libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 112r-116r; Bibl. Rossianae, I, 36r) TIETZE, Die illuminierten, 33 nr. 55; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 169-170 nr. 530; MORELLO, Libri d’ore, 35.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 90 (olim VIII, 32) Horae canonicae: Meditationes Passionis domini nostri Ihesu Christi, Orationes (ff. 1r-56v); Officium mortuorum (ff. 57r-99v); Orationes (ff. 99v-149v); Officium Beatae Virginis Mariae dolorosae, Orationes (ff. 150r-167v); Meditationes, Orationes (ff. 168r-253v); Litaniae Virginis, Psalmi poenitentiales, Litaniae sanctorum (ff. 254r-292v) Germania, sec. XV, seconda metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VII (cart.; I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. di restauro), 290, VI’ (cart.; I’-V’ cart. di restauro; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Numerazione in numeri arabi apposta con numeratore meccanico sul margine inferiore destro del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 102×80 (misure prese a f. 254). Scrittura gotica tedesca vergata con inchiostro nero per il testo, con inchiostro rosso per le rubriche. Specchio di scrittura (mm 63×50, misure prese a f. 254r) a una colonna di 14 linee, inquadrata da 4 righe marginali verticali. La fascicolazione è regolare.

La decorazione del codice, ascrivibile a un’unica mano, sobria e molto curata, è costituita da 2 iniziali istoriate (mm 27×30, misure prese a f. 254r), poste agli incipit dell’Ufficio dei defunti e delle Litanie della Vergine, e 6 iniziali decorate (mm 25×30, misure prese a f. 1r), a segnalare gli incipit delle partizioni testuali di minore importanza (ff. 1r, 47v, 149r, 162r, 165r, 167r, 263r):

Ross. 90, f. 254r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

sono analoghe, dal punto di vista tipologico e cromatico, a quelle istoriate. Le iniziali, inserite entro campiture quadrangolari dipinte a pennello, hanno il corpo costituito da foglie di acanto rosa e azzurre, dalle quali si dipartono sovente tralci vegetali dal modulo allungato: dal loro interno sbocciano larghi fiori con foglie blu, rosse, rosa, verdi e azzurre, arricchiti da dischi dorati. La vegetazione, descritta sempre dal miniatore replicando le stesse volute, si trasforma in un fregio ornamentale perfetto nella sua ripetitività. Il miniatore si caratterizza per il tratto fermo e deciso che si compiace di virtuosismi eleganti, inserendo talvolta fra la vegetazione anche graziosi uccellini. Le iniziali istoriate si trovano a: f. 57r:

iniziale istoriata B di Beiten wir umb alle, all’incipit dell’Officium mortuorum, con l’immagine di due anime tratte dalle fiamme dell’Inferno da due angeli. f. 254r: iniziale istoriata K di Kyrieleyson Kristeleyson, all’incipit delle Litaniae Virginis, con la raffigurazione della Vergine col Bambino.

Il codice risulta registrato nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 16) dove viene localizzato in un’area compresa fra la Germania meridionale e l’Austria e datato alla fine del XV secolo. In seguito Pierre Salmon elenca il volume nel suo catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 170), lo localizza genericamente in Germania e ripropone la medesima datazione di Tietze. Infine, nel catalogo della mostra sui Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Giovanni Morello colloca il manoscritto in un imprecisato contesto tedesco nel XV secolo (MORELLO, Libri d’ore, 53). Nel codice rossiano non è presente l’abituale calendario, come accade anche in altri Libri d’ore d’area germanica quali, ad esempio, il Ross. 102 (scheda in questo catalogo) e il ms. 55. K. 24 della Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma (MANZARI, Scheda nr. 105, 238). L’apparato decorativo del Libro d’ore rossiano segue soluzioni consuete in area austriaca e tedesca nella seconda metà del XV secolo: i motivi dei rigogliosi tralci fiorati composti in girali culminanti in grandi fiori dai petali arricciati, che compaiono come sigla costante nel codice, evidenziano, ad esempio, una stretta affinità con gli ornati vegetali di una pagina staccata da un Graduale (ms. Lewis E M 67.7), miniato in Germania, ad Augusta, alla fine del XV secolo, custodita alla Free Library di Philadelphia (CASHION, Scheda nr. 52, 154-156). La tipologia delle iniziali istoriate ai fogli 57r e 254r del Ross. 90, con prolungamenti fogliati che si estendono lungo i margini della pagina, si ritrova, benché più raffinata, in una pagina staccata da un Graduale (ms. Lewis E M 64.13), miniata a Ratisbona intorno al 1435 dal cosiddetto Maestro della Biblia pauperum della Pierpont Morgan Library (ms. M. 230), anch’essa conservata nella Free Library di Philadelphia (CASHION, Scheda nr. 51, 151-154). L’impaginazione spaziosa dei fogli miniati del codice rossiano è adottata frequentemente anche in altri manoscritti provenienti dalla medesima area geografica come dimostra ancora il confronto con una pagina tagliata da un An-

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ROSS. 90-91

tifonario (ms. Lewis E M 65.49) miniato in Austria, a Zwettl, intorno al 1435, custodito nella medesima biblioteca (CASHION, Scheda nr. 55, 163-166). Il miniatore del Ross. 90 sarà dunque da individuare nell’ambito di questa area geografica, a una data che non si discosta molto dall’ultimo quarto del XV secolo. Lo stato di conservazione del codice è buono. Si nota che il volume è stato rifilato sui lati e dunque alcune pagine decorate presentano l’ornamentazione fogliacea tagliata. Legatura del tipo Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) / ET PRECES. In basso: COD(EX) CHAR(TACEUS) / SAEC(ULI) XV. Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. Non si hanno informazioni sulla storia antica del codice, prima del suo ingresso nella raccolta di Giovanni Francesco de Rossi. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 117r-120r; Bibl. Rossianae, I, 37r-38r) TIETZE, Die illuminierten, 16 nr. 26; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 170 nr. 531; MORELLO, Libri d’ore, 53; OTT, BODEMANN, Katalog der deutschsprachigen, 165-167 nr. 43.1.41.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 91 (olim VIII, 33) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Mariae Virginis, secundum consuetudinem Romanae curiae (ff. 13r-94v); Officium mortuorum (ff. 95r-152v); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniiis et orationibus (ff. 153r184r); Officium Sanctae Crucis (ff. 185r-190v) Italia centrale, sec. XV, seconda metà Membr.; ff. V (I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia; II-V cart.), 190, V’ (I’-IV’ cart.; V’ in cartoncino azzurro come la controguardia); misure del codice mm 103×66 (110×68 con legatura); scrittura umanistica a inchiostro bruno su un’unica colonna; specchio di scrittura: mm 58×40 di 15 linee; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in alto a destra sul recto del foglio; richiami orizzontali, posti in prossimità della cucitura, visibili ai ff. 20v, 86v, 104v, 114v, 124v, 132v. Il codice conserva ancora il taglio dorato dei bordi.

L’apparato decorativo è composto da 5 fogli miniati, alle pagine d’incipit delle diverse partizioni; iniziali maggiori in foglia d’oro, inscritte in un’ampia decorazione a bianchi girari che si espande sul margine sinistro del foglio; iniziali medie decorate con foglia d’oro inscritte in riquadri, con colori prevalenti azzurro, verde e

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

rosso (media mm 10×10), ai ff. 45v, 51r, 56r, 60v, 64v, 73v; iniziali filigranate a colori alternati azzurro e rosso. f. 13r: ampio fregio decorato a bianchi girari che scorre ai quattro lati del foglio, arricchito da colori verde, rosso, azzurro e oro; negli intrecci del margine di destra sono presenti due uccelli. Nel margine inferiore due putti sorreggono un’ampia ghirlanda d’alloro, delimitata da bordi dorati, in cui è inscritto un blasone che doveva contenere lo stemma del possessore, mai realizzato. Iniziale istoriata D di Domine labia mea (mm 20×24), in foglia d’oro, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis nel cui interno, su fondo verde, è dipinta l’immagine della Vergine con Ross. 91, f. 13r il Bambino. f. 95r: ampio fregio decorato a bianchi girari che scorre su i quattro lati del foglio, arricchito dai colori verde, rosso, azzurro e oro; negli intrecci del margine di destra si nota la presenza di un uccello. Iniziale istoriata D di Dilexi quoniam (mm 31×25), in foglia d’oro, all’incipit dell’Officium mortuorum: nell’interno è raffigurato uno scheletro a mezzo busto, dalla cui bocca e dall’orecchio fuoriescono serpenti. f. 153r: ampio fregio decorato a bianchi girari che scorre lungo i quattro lati del foglio, arricchito dai colori verde, rosso, azzurro e oro; negli intrecci del margine di destra è dipinto un leprotto, mentre al centro del margine inferiore un putto, con una collana di corallo al collo, emerge dall’intreccio. Iniziale istoriata D di Domine ne in furore (mm 29×30) tracciata a foglia d’oro, all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales: nell’interno, su un fondo verde, è raffigurato Davide con la cetra. f. 185r: ampio fregio decorato a bianchi girari che scorre lungo i quattro lati del foglio, arricchito da colori verde, rosso, azzurro e oro; negli intrecci del margine di destra sono raffigurati due colorati uccelli. Lettera istoriata P di Patres sapientia (mm 38×25), realizzata in foglia d’oro, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis; all’interno, sempre in oro, è raffigurato il Calvario. Il manoscritto, già assegnato a un generico ambiente fiorentino, è più opportunamente da ricondurre a un atelier romano, come sembrano indicare anche i santi rubricati nel calendario (Agnetis, Catedra Petri, Leonis pape, Tyburcii et Valeriani, Gervasi et Protasi, Lini pape, Dedicatio basilicae Salvatoris, etc.).

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ROSS. 91-92

Lo stile delle miniature, secondo quanto proposto a suo tempo da J. Ruysschaert (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272), è da assegnare a Gioacchino de’ Gigantibus, attivo a Roma nella seconda metà del Quattrocento. Lo stato di conservazione del codice è discreto. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE); in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV, iscrizioni riportate su una striscia di pelle scura, probabilmente parte della legatura originale. Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA I, 121r; Bibl. Rossianae, I, 39) TIETZE, Die illuminierten, 106 nr. 196; Miniature del Rinascimento, 70; RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 170 nr. 532; MORELLO, Libri d’ore, 58-59.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 92 (olim VIII, 34) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Virginis Mariae ad modum Romanae Curiae non integrum (ff. 13r-72v); Officium mortuorum (ff. 73r-123r); Orationes pro defunctis (ff. 123r-124r); Officium Sanctae Crucis (ff. 124v-125r); Fragmentum Officii de Spiritu Sancto (ff. 125r-126r); Continuatio Officii Beatae Virginis Mariae (ff. 127r-151r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 153r-181v); Oratio ad Beatam Virginem Mariam (ff. 181v-184v) Italia (miniato tra Bologna e Ferrara), sec. XV2 Membr.; ff. VI (I moderno in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. di rest.), 184, VI’ (I’-V’ cart. di rest., VI’ moderno in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione di età moderna, meccanica e progressiva, in numeri arabi, posta nell’angolo inferiore destro del recto di ogni foglio. Indicazioni di registro in lettere progressive dell’alfabeto (da a a t) vergate a in-

Ross. 92, f. 13r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

chiostro bruno. Il codice misura mm 93×64. Scritto da tre mani su di una sola colonna di scrittura (specchio scrittorio da un minimo di mm 58×40 e 14 linee a f. 14r ad un massimo di mm 73×45 e 18 linee a f. 184v): la prima scrive l’intero codice in umanistica libraria di modulo ampio, la seconda in umanistica corsiva i ff. 123r-125r e i ff. 181v-184v mentre la terza, sempre in umanistica corsiva, i ff. 125r-126r. Il f. 126v è bianco. Inchiostro bruno, rosso e oro: il primo è impiegato per scrivere l’intero testo, il secondo per segnalare, nel calendario, i mesi, i giorni, i nomi dei santi e le festività, e nel testo, la liturgia (preghiere, salmi etc.), il terzo per evidenziare gli incipit ai ff. 13r, 73r e 153r. Rigatura a secco, rigatura a inchiostro ai ff. 123r-125r.

La decorazione del codice è costituita da: 9 iniziali maggiori (media mm 28×25) decorate a bianchi girari, numerose iniziali minori (mm 13×13) decorate segnano le diverse parti della liturgia (preghiere, antifone, salmi), iniziali calligrafiche rosse e blu alternate dipinte a pennello, iniziali calligrafiche rosse. La tavolozza pittorica vede l’impiego del blu, del verde, del porpora, del rosa intenso, del giallo, della biacca e della foglia d’oro. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari sono visibili ai ff. 13r, 25v, 41v, 47v, 52v, 57r, 61r, 73r, 153r. f. 13r:

f. f. f. f. f. f. f.

25v: 41v: 47v: 52v: 57r: 61r: 73r:

f. 153r:

iniziale D di Domine labia mea aperies. Incipit Officii Beatae Virginis Mariae. Iniziale a bianchi girari e cornice lineare in foglia d’oro ed elementi vegetali. iniziale D di Deus in adiutorium. Ad laudes. iniziale D di Deus in adiutorium. Ad primam. iniziale D di Deus in adiutorium. Ad tertiam. iniziale D di Deus in adiutorium. Ad sextam iniziale D di Deus in adiutorium. Ad nonam iniziale D di Deus in adiutorium. Ad vesperas. iniziale D di Dilexii quoniam. Incipit dell’Officium mortuorum. Iniziale a bianchi girari e cornice in piume di pavone e motivi vegetali. iniziale D di Domine ne in furore. Incipit dei Septem psalmi poenitentiales. Iniziale e cornice a bianchi girari.

Le tre pagine d’incipit presentano le iniziali maggiori decorate a bianchi girari. Pur se eseguite da un solo artista, le tre iniziali presentano differenze tipologiche. Tutte realizzate a pennello nei colori dell’azzurro, del verde e del porpora; la foglia d’oro è adoperata in soluzioni diverse: ai ff. 13r e 153r delinea il corpo della lettera, mentre a f. 73r ne definisce il campo. Ancora più evidenti appaiono le differenze tra le cornici. A f. 13r è un listello aureo (è visibile la preparazione a bolo) decorato da piccoli fiori e racemi ed è individuabile il bastone bolognese sulla destra; a f. 73r la cornice è adornata con penne di pavone e tralci vegetali mentre a f. 153r è a bianchi girari. La critica (TIEZTE, Die illuminierten, 141 nr. 316; MORELLO, Libri d’ore, 62 nr. 86) appare concorde nell’assegnare il codice all’ambito ferrarese sia per la particolare decorazione a bianchi girari sia in rapporto alla presenza, ad esempio, dei santi Giorgio e Barbara, protettori di Ferrara. È da sottolineare che compaiono, però, altri santi particolarmente venerati in area emiliana come, ad esempio, san Geminiano, protettore di Modena o san

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ROSS. 92-93

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Domenico, protettore di Bologna. Inoltre la presenza del caratteristico bastone bolognese (f. 13r) porterebbe a ricercare uno scriptorium nella città felsinea. Tuttavia, le differenti presenze agiografiche e le numerose peculiarità stilistiche non consentono di assegnare univocamente il manoscritto a una città ben precisa. Discreto appare lo stato di conservazione. Le miniature delle pagine d’incipit mostrano la foglia d’oro crettata, in parte perduta rendendo visibile la preparazione a bolo. Ingiallimento dei fogli. Sporadicamente è da segnalare l’attacco di tarli (per es. da f. 13 a f. 20). Il codice è stato oggetto di un restauro che ha provveduto a integrare con carta, in diversi fogli, l’angolo inferiore destro abraso dalla ripetuta consultazione. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: OFFICIUM / B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Nulla si conosce della storia del codice prima dell’acquisizione da parte del de Rossi. Una probabile nota di possesso (SILVA TAROUCA, I, 122r) appare purtroppo abrasa. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 122r; Bibl. Rossianae, II, 40r) TIETZE, Die illuminierten, 141 nr. 316; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 170-171 nr. 533; MORELLO, Libri d’ore, 62 nr. 86.

NATALIA FALASCHI

Ross. 93 (olim VIII, 35) Horae canonicae: Kalendarium Mediolanensis ecclesiae (ff. 1r-12v); Officium Beatae Virginis Mariae (ff. 13r-83v; 150r-155r); Officium mortuorum (ff. 84r-109v; 134r-149v); Septem psalmi poenitentiales (ff. 110r-123v); Litaniae (ff. 123v-134r); Officium de Sancto Spiritu (ff. 155r-160r); Officium de Sancta Cruce (ff. 160r-166r) Italia settentrionale (Padova), sec. XV1 Membr.; ff. VI (I moderno in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. di rest.), 166, VI’ (I’-V’ cart. di rest., VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in numeri arabi, moderna, meccanica e progressiva posta nell’angolo inferiore destro del recto di ogni foglio, tiene conto delle antiche mutilazioni presenti nel calendario, ma non della perdita del foglio tra gli attuali 12 e 13. Richiami vergati nel margine inferiore, spesso adornati da semplici elementi geometrici, realizzati con il medesimo inchiostro e illuminati da un colore giallo tenue dato a pennello. Il codice misura mm 96×77. Scrittura gotica libraria, vergata da un’unica mano con inchiostro di colore bruno, rialzato in giallo, ma non costantemente, e rosso, impiegato per segnalare nel calendario,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

il mese e i giorni, nel testo, i diversi momenti della liturgia (orazioni, salmi, preghiere) e gli incipit. Specchio di scrittura (mm 63×50) a una colonna di 11 linee. Rigatura a mina di piombo.

La decorazione è costituita da: 13 iniziali maggiori istoriate, abitate e decorate a motivi vegetali (media mm 37×36); iniziali calligrafiche rosse filigranate in viola alternate ad azzurre filigranate in rosso; riempilinea incipitali monocromi, realizzati con inchiostro bruno, rialzati in giallo, propongono una decorazione floreale e geometrica. All’interno di una cornice quadrangolare profilata da una sottile linea nera, sono poste le iniziali (abitate, istoriate e decorate) realizzate a pennello nei colori blu, verde petrolio, verde chiaro, rosso, Ross. 93, f. 38v rosso carminio e due toni di rosa antico, illuminati dall’impiego di biacca. Il fondo è in foglia d’oro brunita come pure le aureole. Le iniziali maggiori abitate sono ai ff. 24v, 38v, 43r, 47r, 50v, 54v, 63r, 110r, 134v, 140v, 155v, 160v. f. 24v: iniziale D di Deus in adiutorium. Ad laudes. Iniziale abitata con l’immagine di San Giovanni Battista. f. 38v: iniziale D di Deus in adiutorium. Ad primam. Iniziale abitata con l’immagine di San Pietro. f. 43r: iniziale D di Deus in adiutorium. Ad tertiam. Iniziale abitata con l’immagine di Santa Caterina. f. 47r: iniziale D di Deus in adiutorium. Ad sextam. Iniziale abitata con l’immagine di Santa Maria Maddalena. f. 50v: iniziale D di Deus in adiutorium. Ad nonam. Iniziale abitata con l’immagine di un santo cistercense non identificato. f. 54v: iniziale D di Deus in adiutorium. Ad vesperas. Iniziale abitata con l’immagine di Sant’Ambrogio. f. 63r: iniziale C di Converte nos a malo. Ad completorium. Iniziale abitata con l’immagine di Sant’Antonio abate. f. 110r: iniziale D di Domine ne in furore. Incipit dei Septem psalmi poenitentiales. Psalmus 6. Iniziale abitata con l’immagine di Re David. f. 124r: iniziale K di Kirye eleison. Iniziale decorata con motivi vegetali. Incipit delle Litaniae.

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ROSS. 93

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f. 134v: iniziale D di Dilexi quoniam. Incipit dell’Officium mortuorum. Psalmus 114. Iniziale abitata con l’immagine di uno scheletro orante. f. 140v: iniziale V di Verba mea. Matutinum primum. Psalmus 5. Iniziale abitata con l’immagine di Cristo nel sepolcro. f. 155v: iniziale D di Domine labia mea aperies. Incipit dell’Officium de Sancto Spiritu. Matutinum. Iniziale abitata con l’immagine dello Spirito Santo. f. 160v: iniziale D di Deus in adiutorium. Incipit dell’Officium de Sancta Cruce. Iniziale istoriata con l’immagine della Crocifissione: ai lati della croce le figure della Vergine e di san Giovanni. L’apparato figurativo è opera di un solo artista. La diversità che caratterizza l’iniziale istoriata a f. 63r, visibile soprattutto nella definizione a inchiostro del volto, è forse da attribuire a un intervento successivo e non all’opera di un secondo miniatore visto il modo di definire i tratti fisionomici, che risulta identico nelle altre iniziali. Oggi, inoltre, le diverse figure, realizzate a inchiostro nella definizione dei loro profili maggiori, risultano poco leggibili, in modo particolare i volti e le mani. L’apparato decorativo è stato assegnato a una bottega dell’Italia centrale (TIETZE, Die illuminierten, 96 nr. 163). L’artista è probabilmente da ricercare in ambito padano, forse patavino, come paiono suggerire la tavolozza pittorica, la definizione delle foglie di acanto e le ricche decorazioni a biacca che illuminano il corpo dell’iniziale e i tralci vegetali. Mediocre è lo stato di conservazione: la pergamena è ingiallita, alcuni fogli hanno subito un raggrinzimento nell’angolo inferiore destro e appare mancante parte della pergamena (ff. 103-107). Tagliata la parte inferiore dei ff. 11 e 12. Legatura, Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso: CO(DEX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. A f. 2v si ritrova il nome di un antico possessore Jo(hannes) Antonio / Ceccaroni da Cesena / 1657. A f. 109v si rintraccia una seconda nota di possesso abrasa. Infine a f. 166v è un’ultima annotazione di cui si riesce a leggere solamente Libro di 1657. La presenza della medesima data induce a ipotizzare che si tratti di una seconda nota vergata dal possessore emiliano. Un timbro, che Silva Tarouca (I, 124r) identifica con quello di una biblioteca il cui nome non è più leggibile, perché abraso, è visibile ai ff. 2r e 166v. Al centro vi sono, verosimilmente, un paio di tenaglie. (SILVA TAROUCA, I, 123r-124r; Bibl. Rossianae, II, 41r) TIEZTE, Die illuminierten, 163 nr. 63; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 171 nr. 534.

NATALIA FALASCHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 94 (olim VIII, 36) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1v13r); Salutatio ad sanctam Veronicam (Salve sancta Facies) (ff. 15r-16v); Officium Sanctae Crucis (ff. 18r-25r); Officium Sancti Spiritus (ff. 27r-32r); Missa Beatae Mariae Virginis (ff. 34r-42v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 43r135v); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniis et orationibus (ff. 137r-161v); Officium mortuorum (ff. 163r-211r); Oratio Obsecro te (ff. 212r-220r); Psalterium beati Hieronimi (ff. 222r-234v); Simbolum Athanasianum (ff. 235r-239v) Fiandre, sec. XV, seconda metà Membr.; ff. II (cart.), 240, VIII’ (cart.); misure del codice mm 91×66; numerazione moderna meccanica; scrittura gotica a inchiostro nero per il testo e rosso per le rubriche; specchio di scrittura mm 47×34, a una colonna di 15 linee. La rigatura, a inchiostro rosso Ross. 94, f. 14v molto leggero, è realizzata quasi costantemente sul recto e sul verso di ogni foglio; 16 righe orizzontali e 2 verticali, richiami verticali in basso, sul margine interno del verso.

L’apparato decorativo è composto da: illustrazioni a piena pagina all’incipit delle partizioni della liturgia delle Ore; iniziali maggiori (mm 20×20), su foglia d’oro, decorate all’interno da un piccolo fiore o un frutto; iniziali medie di medesima tipologia, inscritte in riquadri decorati con foglia d’oro; numerosissime iniziali minori dai tenui colori violacei inscritte in riquadri dorati (alte alternativamente una o due linee di scrittura). Negli ampi margini lasciati in bianco sono riprodotti eleganti fiori, generalmente viole e rose, piccoli uccelli, gioielli, animali mostruosi e personaggi grotteschi. Il calendario è inscritto su tre lati in un fregio decorato a foglia d’oro e riempito da fiori, frutta e piccoli animali. Nel bordo inferiore sono raffigurati alternativamente i segni dello zodiaco e i lavori dei campi. f. 14v: foglio interamente illustrato. Al centro, in una ancona, il Salvator mundi benedicente; una raggiera dorata riempie lo spazio dietro la testa. I bordi, a foglia d’oro, sono arricchiti da fiori, frutti e farfalle. Precede la Salutatio ad sanctam Veronicam. f. 15r: ampio bordo, decorato d’oro con fiori, frutta e farfalle, che inquadra lo specchio di scrittura. Iniziale S di Salve sancta facies, inscritta in un quadrato d’oro. Incipit della Salutatio ad sanctam Veronicam.

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ROSS. 94

f.17v:

f. 18r:

f. 26v:

f. 27r:

f. 33v:

f. 34r:

f. 43r:

f. 67v: f. 68r:

f. 83v: f. 84r:

f. 89v:

f. 90r:

f. 95v: f. 96r:

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foglio interamente illustrato secondo la tipologia precedente: al centro la scena della Crocifissione, con la Vergine e le Pie donne sulla sinistra e il centurione a cavallo sulla destra. Precede l’Officium Sanctae Crucis. ampio fregio decorato, simile al precedente. Iniziale D di Domine labia mea, con al centro del campo un piccolo fiore. Incipit dell’Officium Sanctae Crucis. foglio interamente illustrato secondo la tipologia precedente. Al centro della pagina è raffigurata la scena della discesa della Pentecoste: lo Spirito Santo scende sulla Vergine Maria e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo. Precede l’Officium Sancti Spiritus. ampio fregio decorato, simile al precedente. Iniziale D di Domine labia mea aperies, con al centro del campo un piccolo fiore. Incipit dell’Officium Sancti Spiritus. foglio interamente illustrato: lungo i bordi laterali e inferiore sono visibili alcune corone del rosario, racchiuse in cornici gotiche. Nel riquadro al centro della pagina è raffigurata la Vergine Maria con il Bambino in braccio. Precede la Missa Beatae Mariae Virginis. ampio fregio decorato sui i quattro lati da corone del rosario, racchiuse entro cornici gotiche. Iniziale E di Et introibo ad altarem Dei. Incipit Missa Beatae Mariae Virginis. ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e piccoli uccelli. Iniziale D di Domine labia mea aperies, recante al centro del campo un piccolo fiore. Incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la Visitazione. ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium, recante al centro del campo un piccolo fiore. Ad primam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la Natività. ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium, recante al centro del campo un piccolo fiore. Ad tertiam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena dell’Annuncio ai pastori. ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium recante al centro del campo un piccolo fiore. Ad sextam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena dell’Adorazione dei Magi. ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium, recante al centro del campo un piccolo fiore. Ad nonam.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 101v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Presentazione al Tempio. f. 102r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium, recante al centro del campo un piccolo fiore. Ad vesperas. f. 107v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Strage degli Innocenti. f. 108r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium, recante al centro del campo un piccolo fiore. f. 117v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Fuga in Egitto. f. 118r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale C di Converte nos a malo, recante al centro del campo un piccolo fiore. Ad completorium. f. 124v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con grandi fiori di rose bianche. Nel riquadro centrale è raffigurata l’Incoronazione della Vergine. f. 125r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con grandi fiori di rosa bianca, farfalle e lumache. Iniziale D di Deus in adiutorium, recante al centro del campo un piccolo fiore. f. 136v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, fragole e piccoli animali. Nel riquadro centrale è raffigurato Davide in preghiera. f. 137r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole e lumache. Iniziale D di Domine ne in furore, recante al centro del campo un piccolo fiore. Septem psalmi poenitentiales. f. 162v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, grappoli d’uva e pavoni. Nel riquadro centrale è raffigurata la Resurrezione di Lazzaro, ambientata in un ampio chiostro con arcate gotiche. Precede l’Officium mortuorum. f. 163r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole, grappoli d’uva e un pavone. Iniziale D di Dilexi quoniam recante al centro del campo un piccolo fiore. Incipit dell’Officium mortuorum. f. 212r: ampio fregio dorato su i tre lati del foglio, decorato con fiori, fragole, e un pavone. Lettera iniziale O di Obsecro te con al centro del campo la scena della Deposizione. Incipit dell’Oratio Obsecro te. f. 221v: foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, fragole, grappoli d’uva e farfalle. Nel riquadro centrale è raffigurato San Gerolamo penitente. Precede il Psalterium beati Hieronimi. f. 222r: ampio fregio d’oro su i quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole, grappoli d’uva e farfalle. Lettera iniziale B di Beatifica domine, recante al centro del campo un piccolo fiore. Incipit del Psalterium beati Hieronimi.

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ROSS. 94

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f. 235r: ampio fregio dorato su i quattro lati del foglio, decorato con fiori e fragole. Lettera iniziale Q di Quicumque vult salvus esse. Simbolum Athanasianum. La qualità del codice, accentuata dall’uso di una pergamena assai sottile e dalla accuratezza delle miniature, colloca questo Libro d’ore tra le migliori realizzazioni della scuola fiamminga, del periodo ‘post-bourguignonne’. Nelle miniature sono da notare i toni pastello e il tipo di decorazione marginale su sfondo monocromo d’oro che segneranno gran parte della produzione libraria, tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, nei Paesi Bassi meridionali. Di piccole dimensioni, il manoscritto contiene quindici miniature a piena pagina che si potrebbero paragonare, per quanto attiene allo stile, all’officina gantese di Gerard Horenbout. Per contro le scene che illustrano il calendario (i lavori dei mesi e i simboli zodiacali) e la miniatura di piccolo formato del f. 212r, con la Deposizione, sembrano essere di altra mano. I fogli di testo sono ornati, con notevole precisione, con insetti, uccelli, farfalle e soprattutto con fiori, isolati nel centro di ogni margine. Appaiono anche numerosi mostri e grottesche non sempre vuoti di simbolismo, come nel caso del folle (f. 120v), della sirena allo specchio (f. 151r) oppure del suonatore di cornamusa (f. 122v). Molte tra queste figure si ispirano senza alcun dubbio all’opera di Hieronymus Bosch, la cui influenza sui miniatori fiamminghi è innegabile. L’immagine assai nota del f. 114v (un barile dotato di gambe che reca una lanterna) si ritrova anche in un codice conservato alla Österreichische Nationalbibliothek (ms. 1858). Per quanto riguarda la decorazione marginale, Luigi Michelini Tocci (Das Studenbuch) ha proposto di designare il miniatore di questo apparato come il Maestro dei piccoli fiori. Buono appare lo stato di conservazione. Legatura non coeva in cuoio, probabilmente della fine del XVIII secolo, arricchita da decorazioni in metallo ai quattro angoli dei piatti anteriore e posteriore. Al centro dei due piatti il monogramma IHS sormontato al centro da una croce. La legatura conserva i due fermagli, di cui solo una mostra la decorazione originaria. Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA I, 125r-126r; Bibl. Rossianae, I, 42r) TIETZE, Die illuminierten, 182-183 nr. 377; Miniature del Rinascimento, 107; Manuscrits et livres, 36-37; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 171 nr. 535; Libri manoscritti, 33; Das Studenbuch; MORELLO, Libri d’ore, 112.

GIOVANNI MORELLO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 95 (olim VIII, 37) Horarum liber: Kalendarium (ff. 1r-24v); Officium passionis domini nostri Ihesu Christi (ff. 27r-62v); Missa Beatae Mariae Virginis (ff. 62v-101v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum ordinem Romanae Ecclesiae (ff. 102r-361r); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 361v-444r); Officium mortuorum (ff. 444r-687r); Gaudia Beatae Mariae Virginis, Litaniae Beatae Mariae Virginis (ff. 689r-732v) Italia settentrionale (Veneto), sec. XV, metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VIII (I-V cart., I in cartoncino azzurro, VI-VIII membr.; sui fogli di guardia anteriori è riportato, in una corsiva poco curata, un indice del contenuto testuale del manoscritto), 364 (pp. 728), VI’ (cart., l’ultimo foglio di guardia posteriore è in cartoncino Ross. 95, p. 102 azzurro). Numerazione moderna, tracciata a penna con inchiostro nero in numeri arabi, apposta nel margine superiore, sia sul recto che sul verso di ogni foglio, certamente posteriore al corpo del libro: in molte pagine, infatti, la numerazione è trascritta sulle decorazioni oppure sulle linee di scrittura, come accade, ad esempio, a p. 362 dove la numerazione è stata scritta sul fregio fogliato che corre lungo il margine. Salto di numerazione da p. 24 a p. 27. Il codice misura mm 75×50 (misure prese a p. 1). Specchio scrittorio (mm 40×30, misure prese a p. 27) a una colonna centrale composto da 2 righe verticali e 11 orizzontali: 10 linee scritte alle pp. 1-613, 617-673, 675-687, 689-731; nessuna alle pp. 732, 616, 615, 688; 6 linee scritte a p. 614; 8 linee scritte a p. 674. Le pagine 615 e 616, lasciate bianche, non presentano rigatura. Rigatura a mina di piombo, 2 righe verticali e 11 orizzontali; inchiostro bruno per il testo, rosso per i titoli. La fascicolazione non presenta irregolarità; nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo sono visibili i richiami. Scrittura gotica libraria italiana a inchiostro bruno, rosso per le rubriche, vergata da una sola mano, molto omogenea e regolare, disposta su una colonna generalmente di 10 linee.

Il manoscritto è un codice sostanzialmente omogeneo, caratterizzato da una impaginazione elegantemente spaziosa e da una non comune ricchezza decorativa che mette in risalto la fattura molto curata. Gli incipit degli Uffici di maggiore rilevanza sono evidenziati da iniziali istoriate che, campite su fondi d’oro in foglia, si caratterizzano per un andamento largo e spiegato delle forme. Decisi contorni scuri definiscono il campo esterno delle lettere, connotate da un sostenuto trattamento plastico dei fregi a ornati vegetali. I fregi, lumeggiati di bianco con effetto di temperata morbidezza, animati da esuberanti motivi fogliati e

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ROSS. 95

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rialzati da tocchi d’oro, corrono sovente lungo tutti i margini a incorniciare lo specchio di scrittura. In tali volute, graziose fioriture dai petali appuntiti si avvicendano a minute spighe dorate e a pingui fogliami accartocciati. La cromia brillante, dagli squillanti accostamenti cromatici, si basa essenzialmente sui toni dell’azzurro, del rosa e del verde. L’ornamentazione rivela un gusto calligrafico: larghi fogliami, impreziositi da tocchi dorati, si dipartono dal corpo delle iniziali mentre la penna si attarda lungo i margini a tracciare con inchiostro bruno grafiche volute tempestate di fiori, spighe e dischi dorati. Presenta tratti caratteristici anche l’impaginazione delle lettere, che prevede la collocazione delle figure su sfondi a campiture unitarie, privi di indicazione di profondità; i personaggi acquistano rilievo attraverso una ricerca calibrata della forma che costruisce le figure assecondandole con un appropriato impiego della materia cromatica e un uso sapiente delle lumeggiature in biacca. Le figure si distinguono per le loro fisionomie, addolcite e poco variate, dalle gote rigonfie e dalle labbra socchiuse e per un’accentuata mimica gestuale. Le iniziali si trovano a: p. 27:

iniziale istoriata D (mm 25×25) di Domine labia mea, all’incipit dell’ Officium passionis domini nostri, con l’immagine di Cristo sofferente. Ad matutinum. p. 102: iniziale istoriata D (mm 25×20) di Domine labia mea, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, con l’immagine della Vergine col Bambino. Nel margine inferiore della pagina, al centro, uno stemma non ancora identificato è inserito entro le volute vegetali. Ad matutinum. p. 362: iniziale istoriata D (mm 20×20) di Domine ne in furore tuo, all’incipit del Psalmus 6 nella sezione dei Septem psalmi penitentiales, con l’immagine del Re David in preghiera. Iniziali decorate, tipologicamente affini a quelle istoriate, disposte su campiture quadrate in oro a foglia, profilate da una spessa cornice in inchiostro bruno, contrassegnano le sezioni dei diversi Uffici e si trovano a: p. 34: p. 38: p. 42: p. 47: p. 51: p. 56: p. 71:

iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium passionis domini nostri Ihesu Christi. Ad primam. iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium passionis domini nostri Ihesu Christi. Ad tertiam. iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium passionis domini nostri Ihesu Christi. Ad sextam. iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium passionis domini nostri Ihesu Christi. Ad nonam. iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium passionis domini nostri Ihesu Christi. Ad vesperas. iniziale decorata C (mm 20×20) di Converte nos Deus, Officium passionis domini nostri Ihesu Christi. Ad completorium. iniziale decorata S (mm 20×20) di Salve sancta parens, all’incipit dell’Introitum Annunciationis Beatae Virginis Mariae.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

p. 137: iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad primam. p. 216: iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad primam. p. 233: iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad tertiam. p. 249: iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad sextam. p. 263: iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad nonam. p. 279: iniziale decorata D (mm 20×20) di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad vesperas. p. 308: iniziale decorata C (mm 20×20) di Converte nos Deus, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad completorium. Le partizioni minori dei testi si trovano indicate da più semplici iniziali filigranate (con corpo rosso e filigrane in color violetto oppure con corpo blu e filigrane rosse), su due linee di scrittura, e da iniziali rubricate, rosse o blu, occupanti una linea di scrittura, copiosamente disseminate lungo il testo. Nel catalogo dei manoscritti rossiani, Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 123) dà una breve descrizione del codice e lo assegna a una scuola miniatoria nord italiana della metà del XV secolo. Pierre Salmon, nel suo catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Vaticana (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 171-172), con una breve scheda di catalogo che elenca i testi contenuti nel Libro d’ore, propone una localizzazione nell’Italia settentrionale e una datazione al XV secolo. Il codice è stato successivamente esposto alla mostra dei Libri d’ore della Biblioteca Vaticana curata da Giovanni Morello che, in una breve scheda, classifica il Libro d’ore come un opera di scuola italiana e lo data, come Tietze, alla metà del XV secolo (MORELLO, Libri d’ore, 60). La menzione nel Calendario di sant’Antonio da Padova, vergata in rosso il 13 giugno, sembra suggerire un’origine padovana del raffinato libro di devozione. L’apparato decorativo, riferibile a un’unica mano, testimonia l’intervento di un artista che mostra una notevole sicurezza di mestiere e una non comune tenuta qualitativa nell’esecuzione delle miniature. Lo stile delle iniziali mostra i caratteri dell’illustrazione veneta che si sviluppò nella metà del Quattrocento sulla linea di un gusto ancora legato alla tradizione trecentesca, ma al contempo sensibile agli influssi più moderni. Le espressioni dei volti così come le strutture compositive delle iniziali e delle pagine ornate si richiamano infatti allo stile del codice C 48, un Pontificale custodito presso la Biblioteca capitolare di Padova, risalente alla metà del XV secolo, vergato dal prete Matteo da Padova e miniato da un cappellano del monastero del Corpus Domini di Venezia, molto sensibile, quest’ultimo artefice, alla cultura figurativa di Cristoforo Cortese (FRANCO, Scheda nr. 91, 234-235). L’anonimo miniatore del Ross. 95 sembrerebbe dunque essere un veneziano vicino ai modi del Maestro del

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ROSS. 95-96

Pontificale C 48 (ringrazio Federica Toniolo per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto) e sembrerebbe inoltre conoscere anche alcuni dei prodotti dell’illustrazione libraria fiorita in Emilia alla metà del XV secolo; la Vergine col Bambino racchiusa nell’iniziale a p. 102 del codice rossiano ricorda infatti, nei tratti fisionomici e nel naturalismo descrittivo e divagante, alcune iniziali della Collezione Amedeo Lia (Museo Civico Amedeo Lia, 170-175), eseguite da un miniatore emiliano intorno al 1450. Lo stato di conservazione del codice è nel complesso discreto, tuttavia in alcune iniziali miniate si notano cadute della foglia d’oro, come a p. 102, e in alcune pagine (pp. 27-33, 477-480, 563-588) la pergamena è stata rosa dai tarli. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS). Le iscrizioni sono impresse in oro a caratteri capitali. Il piatto interno e la controguardia sia anteriore che posteriore sono rivestiti con cartone azzurro; i tagli sono dorati. Il manoscritto non contiene indicazioni circa la sua provenienza. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 127r-128r; Bibl. Rossianae, II, 43r) TIETZE, Die illuminierten, 123 nr. 259; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 171-172 nr. 536; MORELLO, Libri d’ore, 60.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 96 (olim VIII, 38) Horarum liber: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 13r128v); Missa Beatae Virginis Mariae (ff. 129r-134r); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 134v-163v); Officium mortuorum (ff. 164r-224v); Officium Sanctae Crucis, Officium Spiritus Sancti, Psalmus 34, Symbolum quicumque vult (ff. 225r-271r) Italia centrale, sec. XVex. Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (cart.), 271, VI’ (cart.). Numerazione moderna in cifre arabe, apposta con numeratore meccanico nell’angolo inferiore destro del recto di tutti i fogli, che non tiene conto delle lacune. Il codice misura mm 55×40 (misure prese ai ff. 2, 140, 216). Specchio scrittorio (mm 37×27, misure prese a f. 135r) definito da due righe verticali e 16 orizzontali. Scrittura gotica libraria italiana, vergata a inchiostro bruno da una sola mano, molto omogenea e regolare e di dimensioni piuttosto ridotte, disposta su una colonna centrale di 15 linee; rigatura a secco tracciata con punta sottile; inchiostri bruno per il testo, rosso per i titoli. La parola d’ordine appare sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, nel margine inferiore.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 96, f. 31v

f. 31v:

Il codice è di notevole eleganza, grazie alla pergamena abilmente lavorata e alla scrittura regolare e molto ordinata. Anche la decorazione, assegnabile a un’unica mano, è di considerevole impegno ed è costituita da 8 pagine d’incipit illustrate con miniature e percorse, lungo l’intero perimetro, da eclettici fregi con cammei all’antica, perle, singole o riunite insieme, castoni preziosi di ottima tenuta qualitativa; numerose iniziali decorate, che segnano l’inizio dei testi liturgici maggiori; abbreviazione KL (mm 15×5; misure prese a f. 1r), miniata in oro a foglia su campo rettangolare alternativamente rosso porpora e verde su ogni foglio del Calendario (ff. 1r-12v), e infine iniziali rubricate a pennello in blu e in oro, corrispondenti a una linea dello specchio scrittorio. Le pagine miniate si trovano a:

la pagina d’incipit è articolata in tre parti: un riquadro miniato (mm 27×36), occupante la metà superiore della pagina, con l’episodio della Visitazione e quello della Natività; al centro le prime parole del versetto iniziale delle Lodi dell’Ufficio della Vergine; in basso, un ampio fregio dipinto che si estende lungo l’intero margine inferiore della pagina. Il riquadro miniato si sviluppa in due parti, architettonicamente connotate, nelle quali le figure si inseriscono con agio entro lo spazio: in quella di sinistra, la Vergine e santa Elisabetta si stringono in un reciproco abbraccio; Giuseppe, dai tratti vetusti, è rappresentato in secondo piano. Nella parte di destra Maria e Giuseppe sono inginocchiati in adorazione del Bambino, disteso sul terreno e affiancato da un angelo. Iniziale decorata D (mm 5×13) di Deus in adiutorium, Officium Beatae Mariae Virginis, Laudes, ha corpo dorato, inserito in un campo bipartito di colore verde e rosso porpora, percorso da graziosi motivi ornamentali in filigrana dorata. Nel campo interno dell’iniziale, un delicato fogliame disegnato in biacca campeggia su uno sfondo di colore blu oltremare. Nel margine inferiore, su di uno sfondo rosso porpora che mette in risalto la disposizione calibrata dei motivi ornamentali, entro uno spazio misurato, si dipana una dilatata tessitura di sottili tralci vegetali dorati desinenti in carnosi grappoli e delicate fioriture; al centro una testa di profilo dalle sfumature cangianti mostra bene il tono dei riferimenti antiquari presenti nell’apparato decorativo del codice, frutto di una ripresa mediata dai modelli classici.

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ROSS. 96

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f. 53r:

la pagina d’incipit interamente miniata (mm 55×40), è illustrata con l’episodio della Presentazione al Tempio. La scena si svolge entro una struttura architettonica di tipo rinascimentale, sormontata da un arco a tutto sesto e realizzata in maniera prospettica, che si apre su un interno dove la Vergine, accompagnata da Giuseppe, porge il Bambino al sacerdote che prega in piedi dinnanzi a loro. La pagina ornata presenta, in un’accezione raffinata e particolarmente curata, la struttura peculiare dei frontespizi elaborati in ambito veneto-padovano, così come venivano realizzati alla fine del Quattrocento. A questa tipologia si adeguano anche gli eleganti fregi ornamentali che corrono lungo i bordi di altre pagine del manoscritto a completarne l’ornamentazione. Officium Beatae Mariae Virginis. Ad primam. f. 61r: la pagina d’incipit è inquadrata, su tutti e quattro i margini, da un elegante fregio, definito da una spessa cornice in oro, nel quale, su di uno sfondo porpora, si avvicendano lungo i bordi preziosi motivi floreali, disegnati in filigrana dorata in un linguaggio formale improntato a un colorismo attento ai rapporti tonali, candelabre vegetali, arricchite da vasi all’antica, fili di perle e teste monocrome, realizzate con effetti scultorei. La parte superiore dello specchio scrittorio è occupata da un riquadro miniato (mm 20×20) raffigurante l’Adorazione dei Magi. La Vergine, affiancata da Giuseppe, tiene il Bambino sulle ginocchia ed è seduta dinanzi a un’architettura, definita con pochi tratti essenziali in filigrana dorata; sulla destra, si trova il re più anziano, adorante in ginocchio, dietro il quale sono gli altri due. La composizione si caratterizza per un forte senso della narrazione che si arricchisce di tratti emotivi riverberati dai gesti, dalle espressioni e dall’ambientazione scenica. Iniziale decorata D (mm 5×13) di Deus in adiutorium, tipologicamente affine a quella di f. 31v, Officium Beatae Mariae Virginis. Ad tertiam. f. 68r: la pagina d’incipit, interamente miniata (mm 55×40), presenta evidenti tracce di usura ed è illustrata con l’episodio della Fuga in Egitto. La pagina ripropone lo stesso modulo decorativo adottato al f. 31v e presenta l’inserimento di motivi decorativi architettonici all’antica, del tipo che si andava diffondendo alla fine del XV secolo sotto l’influenza del libro miniato veneto. Officium Beatae Mariae Virginis. Ad sextam. f. 74v: la pagina d’incipit decorata (mm 55×40) è illustrata con la Strage degli Innocenti; in un interno rinascimentale sulla sinistra il re Erode è assiso su di un trono in posizione sopraelevata mentre un soldato, abbigliato come un centurione, è intento a compiere la strage dei bambini alla presenza delle madri. In basso, il testo è inserito su un foglio di pergamena strappato che campeggia sull’azzurro del fondo. Iniziale decorata D (mm 5×13) di Deus in adiutorium, tipologicamente affine a quella di f. 31v, Officium Beatae Mariae Virginis. Ad nonam. f. 81r: pagina d’incipit (mm 55×40) illustrata con Cristo predica nel Tempio. Entro un’ampia struttura architettonica che si conclude alla sommità con

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

una volta a botte cassettonata, il Cristo, raffigurato in età giovanile, è ritratto in piedi su un piedistallo in posizione sopraelevata, attorniato da un gruppo di ascoltatori, disposti a semicerchio, dei quali sono visibili solo le teste. Nel margine inferiore si sviluppa un fregio tipologicamente affine a quello di f. 31v. f. 129r: pagina d’incipit (mm 55×40), di gusto rinascimentale, raffigurante la Vergine col Bambino. La miniatura rivela un’ottima qualità che traspare anche dalla risoluzione del rapporto tra pagina e figurazione, attuato nel rispetto dell’identità spaziale della prima che non limita però il dispiegarsi delle figure e della loro resa plastica nella scena mentre il margine inferiore della pagina, sul quale campeggia una testa di cherubino dorata, acquista un respiro dilatato, libero e pausato tipico della decorazione marginale dei codici risalenti agli ultimi anni del XV secolo. Missa Beatae Virginis Mariae. f. 134v: la pagina d’incipit ripropone la stessa impostazione adottata al f. 61r ed è circondata, sui quattro i margini, da un elegante fregio lungo il quale motivi ornamentali preziosi, quali perle e cammei, desunti ancora una volta dal repertorio all’antica di origine padovana, si susseguono su di un fondo alternativamente rosso porpora e blu oltremare. Il riquadro miniato (mm 22×22), illustrato con David orante, si apre su un ampio paesaggio roccioso nel quale è raffigurato il re David, in primo piano, ritratto nudo e a mezzo busto, assorto nella preghiera. Evidente è nella miniatura tabellare la tensione a un’espressività forte e caricata con la quale il miniatore enfatizza l’aspetto realistico dell’illustrazione, connotata da una disciplinata naturalezza che rivela l’intervento di un artista di abile resa figurativa, efficacemente essenziale nell’impostazione, aderente, nelle soluzioni di paesaggio, allo stile minuto e surreale dei fiamminghi. Iniziale decorata D (mm 5×13) di Domine ne in furore tuo, tipologicamente affine a quella di f. 31v; Septem psalmi poenitentiales, Psalmus sextus. Oltre alle miniature descritte dovevano in origine essercene altre due, forse tre: manca infatti l’illustrazione del Mattutino, che è mutilo all’inizio, generalmente introdotto nei Libri d’ore dall’Annunciazione, l’illustrazione della Compieta, e quella dell’Ufficio dei defunti, anch’esso mutilo all’inizio. Le iniziali decorate (mm 5×13), assai raffinate e tipologicamente unitarie, poste all’inizio dei testi di maggiore rilevanza, hanno il corpo dorato inserito in un campo policromo dipinto nei colori ricorrenti blu e verde all’esterno e rosso porpora all’interno, oppure blu e rosso acceso all’esterno e verde all’interno (ff. 60v, 67r), percorso da motivi decorativi in biacca; dalle estremità delle lettere si dipartono nei margini dischi cigliati (ff. 13r, 15v, 18v, 21v, 23v, 24r, 25v, 26v, 28r, 32r, 33v, 34v, 36v, 38r, 41v, 43v, 45r, 46r, 46v, 47v, 50r, 51r, 51v, 53v, 54r, 55v, 58r, 58v, 59r, 60r, 60v, 61v, 62v, 65v, 66r, 67r, 67v, 68v, 69v, 71r, 72r, 72v, 73v, 76r, 77r, 78v, 80r-v, 83r, 84v, 85r, 85v, 87r, 88v, 90v, 91r-v, 94r, 94v, 95r, 95v, 96r-v, 97r-v, 99r-v, 100v, 101v, 105r, 108r, 110v, 112v, 115rv, 116r, 117r, 118v, 120r, 123v, 124r, 128v, 129v, 130r, 132r, 133v, 136v, 139r, 143r, 146r,

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ROSS. 96

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150v, 152r, 163r, 165r-v, 166r, 168r-v, 170v, 172r, 174v, 177r-v, 181r, 182v, 184v, 186r, 187r, 191r, 194v, 196r, 198r, 199r, 203v, 206r, 209v, 211r, 213r, 216r, 219r-v, 222v, 223rv, 225r-v, 226r-v, 227r-v, 228r-v, 229r-v, 230r-v, 231v, 232r-v, 233r-v, 234r-v, 235r-v, 236rv, 237r-v, 238v, 244r, 251r, 256v, 259r). La presenza di elementi devozionali francescani si ritrova anche nelle iconografie scelte per illustrare un altro pregevole Libro d’ore, tipologicamente molto affine a quelle del rossiano: il ms. Douce 14 della Bodleian Library di Oxford, miniato da Matteo da Milano agli inizi del XVI secolo (TOSINI, Una collaborazione, 149-150). È possibile inoltre ipotizzare che il Libro d’ore rossiano sia stato realizzato per un committente di origine bolognese il quale avrebbe condizionato la scelta dei santi da inserire nel calendario, seguendo le consuetudini liturgiche in uso nella città felsinea. Del resto il manoscritto sembra palesemente ascrivibile a una committenza laica, come testimoniano la raffinata eleganza della decorazione e la delicatezza ricercata dei motivi ornamentali che rendono il codice il testimone di una cultura figurativa fortemente composita. Fin dalla sua prima apparizione nella letteratura critica, con la scheda nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 153), il Ross. 96 è stato indicato come un lavoro dell’Italia settentrionale della fine del XV secolo; un’ipotesi che è stata successivamente ripresa da Luigi Michelini Tocci e da Pierre Salmon (Quinto Centenario, 107; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 172). Il catalogo di Giovanni Morello ha ristretto l’ambito di origine a Bologna, rilevando nello stile delle miniature un felice esito della produzione padano-ferrarese e suggerendo pure una probabile origine francescana del Libro d’ore (MORELLO, Libri d’ore, 62-64). Il repertorio antichizzante impiegato nella decorazione del codice Ross. 96 sembra ben riconoscibile come appartenente a tipologie diffuse piuttosto in area padano-veneta, come mostra il confronto con il Breviario ms. 888 della Biblioteca comunale di Treviso (VACCARO, In nomine Domini, 36-37), illustrato da Liberale da Verona, nel quale si ritrovano cornici a monocromo con decorazioni all’antica assai vicine a quelle del Libro d’ore in esame. Il modo in cui viene delineato il paesaggio roccioso nella miniatura di f. 134v, che introduce i Salmi penitenziali con l’immagine di David orante, richiama inoltre, nella fattura delle rocce scabre, il Libro d’ore ms. Esp. 2 del Museo di Bassano, attribuito da Gino Castiglioni al cosiddetto Maestro degli Offici di Montecassino (CASTIGLIONI, Scheda nr. 15, 196-197), nel quale si ritrovano simili i paesaggi rocciosi dall’atmosfera quasi surreale (f. 17v) con alberelli piantati in un terreno dalla consistenza vitrea, non immuni da echi ferraresi. Infine, anche le miniature del codice Ross. 197 (cfr. MADDALO, Scheda nr. 52, 228-230), in particolare quelle realizzate dal cosiddetto maestro francese, verosimilmente attivo a Roma e a Napoli alla fine del Quattrocento (TOSCANO, Napoles y el Mediterraneo, 79-99), mostrano un’esecuzione vicina ai modi del miniatore del Ross. 96 per la definizione caratterizzante dei volti dei personaggi e per la vibrante conduzione narrativa (ringrazio Gennaro Toscano per le preziose indicazioni relative all’analisi formale di questo manoscritto). Quest’ultima osservazione

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

sembrerebbe corroborare l’ipotesi di un’origine napoletana piuttosto che nord italiana del manoscritto rossiano; è noto infatti che il repertorio decorativo all’antica, impiegato nell’ornamentazione del Ross. 96, partendo dal Veneto, attraverso la Roma del cardinal Francesco Gonzaga e del cardinale Giovanni d’Aragona, sia giunto anche nella Napoli aragonese (TOSCANO, Christoforo Majorana, 245-249) tramite il lavoro di artisti come Gaspare Romano da Padova e Giovanni Todeschino (DANEU LATTANZI, Di alcuni codici miniati, 4). Il piccolo codice rossiano si dimostra dunque il prodotto di una cultura decisamente composita nella quale componenti padane, venete e ferraresi, si uniscono a suggestioni veicolate da maestranze d’oltralpe. Del resto anche l’impiego del rosso porpora, utilizzato nella colorazione delle pagine del Ross. 96, tinte in modo da evocare il pregiato colore, era una pratica che dalla Padova di Mantegna e di Bartolomeo Sanvito (MARIANI CANOVA, La porpora, 399-371) era stata introdotta a Napoli dal veneziano Andrea Contrario già a partire dagli anni Settanta del Quattrocento (TOSCANO, Christoforo Majorana, 248). Nel progettare l’impianto decorativo dei fogli del Ross. 96 il miniatore avrebbe potuto ispirarsi alle soluzioni elaborate dunque in ambito veneto-padovano, ma ben presto adottate anche a Roma presso la corte papale e nella Napoli aragonese, e avrebbe ripreso, in particolare, il valore di colto reimpiego di modelli dell’antichità. Siamo verosimilmente negli anni Novanta del secolo, anni nei quali il maestro francese del Ross. 197 ha già assimilato la cultura antiquaria della Roma di Sisto IV; e a Napoli, grazie all’arrivo nelle collezioni aragonesi di codici di gusto veneto-padovano miniati dal Maestro del Plinio di Londra e da Gaspare Romano, si assiste a una vera e propria rivoluzione nella decorazione dei manoscritti miniati per le collezioni reali. È ben noto infatti come, a partire dagli anni Settanta del Quattrocento, cammei, perle, busti di imperatori e complessi frontespizi architettonici avrebbero arricchito la decorazione all’antica dei raffinati codici umanistici miniati dal cosiddetto Maestro del Plinio di Londra e da Gaspare Romano per il cardinale Giovanni d’Aragona e per Alfonso duca di Calabria (TOSCANO, Matteo Felice, 107-109). Il codice si presenta complessivamente in buono stato di conservazione, sebbene alcuni fogli siano stati tagliati, la miniatura a f. 68r presenti tracce di usura e non sia sopravvissuta la legatura originale. Nessuna indicazione pare reperibile sull’origine del manoscritto e sulle sue vicende più antiche. Nel Calendario (ff. 1r-12v) sono numerosi i richiami alla devozione francescana (Traslazione di sant’Antonio da Padova il 15 febbraio, Traslazione di san Francesco il 25 maggio, festa di santa Chiara il 12 agosto, Stigmate di san Francesco il 17 settembre, Traslazione di santa Chiara il 2 ottobre, festa di san Francesco il 4 ottobre) e al calendario liturgico bolognese (festa dei santi Vitale e Agricola, vergata in rosso, il 4 novembre); si può dunque concordare con l’ipotesi di un legame del codice rossiano con un ambiente francescano (TIETZE, Die illuminierten, 153; MORELLO, Libri d’ore, 62) ma solo per quanto riguarda il lavoro di trascrizione del testo: assai verosimilmente, infatti, il pregevole libricino deve essere stato vergato a opera di un copista appartenente all’Ordine dei frati minori.

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ROSS. 96-97

Legatura del tipo Rossi A; sul dorso in alto si legge OFFICIUM B(EATAE) / M(ARIAE) V(IRGINIS). L’iscrizione è impressa in oro a caratteri capitali. Tagli colorati in rosso. Il codice è stato esposto in: Quinto Centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana 1475-1975, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana 1975; I Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana 1988. (SILVA TAROUCA, I, 129r-130r; Bibl. Rossianae, II, 44r) TIETZE, Die illuminierten, 153-155 nr. 336; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 172 nr. 537; Quinto centenario, 107; MORELLO, Libri d’ore, 62-64.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 97 (olim VIII, 39) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Sanctae Crucis, Missa Beatae Virginis Mariae (ff. 13r-22v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum consuetudinem Romanae Ecclesiae (ff. 23r-86v); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 87r-102v); Officium mortuorum, Oratio Sancti Antonii de Padua (ff. 103v138v) Francia settentrionale (diocesi di Noyon), sec. XV, prima metà Membr. (pergamena di discreta qualità); ff. I (cart.), 138, I’ (cart.). Sul recto di ogni foglio, nell’angolo superiore destro, è apposta una numerazione a matita in numeri arabi moderna: infatti, sebbene il codice abbia subito molto probabilmente la decurtazione di numerosi fogli (tra i ff. 12/13, 22/23, 41/42, 53/54, 56/57, 60/61, 64/65, 66/67, 72/73, 86/87), la numerazione attuale meccanica tiene conto di tali perdite, non presenta dunque lacune e prosegue regolare dall’inizio alla fine del manoscritto. I fogli asportati, all’incipit delle sezioni liturgiche di maggiore rilevanza del Libro d’ore, dovevano essere decorati con miniature a piena pagina come si può desumere dal programma ornamentale che scandisce le partizioni testuali del codice (I Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, 65). Il codice misura mm 86×59 (misure prese a f. 103). Specchio di scrittura (mm 51×33,

Ross. 97, f. 103v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

misure prese a f. 104r) a una colonna di 16 righe, tracciate con inchiostro bruno, 15 linee di scrittura a piena pagina. Scrittura gotica, molto omogenea, ascrivibile a un’unica mano, di modulo medio in inchiostro nero; inchiostro rosso in corrispondenza degli incipit delle diverse sezioni liturgiche.

L’apparato decorativo, verosimilmente frutto della collaborazione di diversi miniatori, è costituito da 1 miniatura a piena pagina, iniziali decorate, che introducono le sequenze testuali di maggiore importanza, e infine da numerosissime iniziali calligrafiche, occupanti una linea di scrittura, con corpo blu e filigrane rosse oppure corpo dorato e filigrane di color violetto. Infine, il Calendario (ff. 1r-12v), che non reca illustrazioni, riporta su tutti i fogli l’abbreviazione KL, colorata in oro, rosso e azzurro. L’ornato di maggior impegno è riservato alla pagina iniziale dell’Officium mortuorum (f. 103v) introdotto da una miniatura a piena pagina (mm 50×29) con l’immagine dell’Ufficio funebre. L’illustrazione è inserita in una campitura a finestra ed è circondata da un rigoglioso fregio decorato a motivi vegetali, costituito sul lato interno da dischi dorati e sugli altri tre da una fittissima trama di tralci grafici con foglie d’oro cigliate alternate a fragole, fiori rossi e blu e boccioli di margherita. Il fregio rivela una discreta qualità con tralci vegetali tracciati a penna così ben rilevati sul fondo chiaro della pergamena da sembrare un gioiello in filigrana appoggiato sulla pagina. La parte più rilevante della decorazione è costituita da 11 iniziali ornate (mm 27×19) dipinte con colori vivaci, non tutte in buono stato di conservazione, poste a segnalare gli incipit delle singole sezioni dei diversi Uffici che si avvicendano lungo le pagine del libro di devozione. Le iniziali decorate, tipologicamente unitarie, sono poste in un campo rettangolare esternamente profilato da una cornice in inchiostro bruno e sono ornate a foglie trilobate. L’armoniosa conduzione delle lettere viene arricchita dalla finissima gamma cromatica, che si basa sui toni del rosa e dell’azzurro del corpo dell’iniziale, e dell’oro del campo interno sul quale risaltano le tonalità vive delle foglie. Inoltre, dal corpo della lettera si diparte un’antenna, realizzata su un fondo dorato, profilata in inchiostro bruno e dipinta in rosso e azzurro con filetti in biacca. L’antenna diviene una vera e propria cornice nel margine inferiore e in quello destro dello specchio scrittorio; è inserita in un piano dorato delimitato esternamente da una linea a inchiostro nero. L’interno presenta sul lato vicino alla legatura un’alternanza cromatica di rosso e blu, disposti in modo tale che i lati risultino sempre di colori contrastanti; sul lato inferiore e su quello esterno si trova un fregio con fondo dorato, costellato di graziosi fiorellini rossi e blu con i petali toccati in biacca. Intorno alle iniziali e allo specchio di scrittura, lungo i quattro margini del foglio, si dispone una rigogliosa bordura ornata secondo uno schema tipologico analogo a quello realizzato intorno alle miniature (al quale si rinvia per la descrizione) e connotata da una esuberante vitalità. Queste iniziali si trovano a: f. 13r: f. 23r:

iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Sanctae Crucis. Ad matutinum. iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad matutinum.

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ROSS. 97

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f. 42r: f. f. f. f. f. f. f. f.

iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad laudes. 54r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad primam. 57r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad tertiam. 61r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad sextam. 65r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad nonam. 67r: iniziale decorata D di Deus in adiutorium, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad vesperas. 73r: iniziale decorata C di Converte nos, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad completorium. 87r: iniziale decorata D di Domine ne in furore, Septem psalmi poenitentiales. Psalmus sextus. 104r: iniziale decorata D di Dilexi quoniam, Officium mortuorum.

Nel suo catalogo dei manoscritti della Biblioteca Rossiana Hans Tietze traccia una breve descrizione del Ross. 97, datandolo alla prima metà del XV secolo e attribuendo le miniature e il manoscritto alla Francia del Nord, in particolare alla diocesi di Noyon (TIETZE, Die illuminierten, 39). Il codice appare successivamente anche nel catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana di Pierre Salmon ove è sinteticamente descritto, datato a cavallo tra il XIV ed il XV secolo e localizzato nella Francia del Nord (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 172). Nel presentare il manoscritto nel catalogo dei Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Giovanni Morello ne dà una breve descrizione e assegna il codice all’ambito del Maestro dei tralci dorati, confermandone una provenienza dalla diocesi di Noyon; e la presenza nel Calendario della festività della traslazione delle reliquie di sant’Eligio sembra confermare tale localizzazione (MORELLO, Libri d’ore, 65). Sotto il profilo qualitativo il manoscritto appare piuttosto curato; la decorazione risulta sicuramente opera di un atelier, come dimostrano la mancanza di una precisa impronta stilistica complessiva e il carattere non unitario delle soluzioni ornamentali adottate nella realizzazione delle bordure marginali, decorate con discreta abilità secondo moduli largamente diffusi nella miniatura franco-fiamminga della prima metà del XV secolo: racemi di foglie e fiori oppure le più arcaiche foglie trilobate o a pugnale. Osservando tali bordure si resta immediatamente sorpresi dall’inatteso naturalismo delle volute che, pur rispettando il consueto schema decorativo della tradizione illustrativa franco-fiamminga, variano di continuo gli elementi vegetali costanti nei margini per poterli caratterizzare singolarmente con vivacità e realismo. La miniatura rimasta a f. 103v è dovuta a un artista che appartiene chiaramente all’ambito della bottega del cosiddetto Maestro dei tralci dorati (DOGAERT, Flemish Miniature, 27-32; SMEYERS, L’art de la miniature flamande, 234-235), attiva a Bruges tra il 1420 ed il 1450, come dimostrano i caratteri stilistici ed espressivi, oltre che i mo-

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duli compositivi e il tipico sfondo rosso a racemi dorati. Egli sa gestire con perfetto equilibrio il piccolo spazio della pagina, aprendo il campo dell’immagine con la semplice incorniciatura a finestra che ospita personaggi dalle grandi proporzioni, connotati da una certa compostezza. Il confronto con i manoscritti Ross. 63 e Ross. 100 (schede in questo catalogo), attribuiti alla medesima officina (LADMIRANT, Trois manuscrits, 61-65; I Libri d’ore, 88-89), rivela la qualità del miniatore non inferiore al modello sia sul piano tecnico che su quello espressivo. Il suo stile, assai piacevole, si basa su un disegno morbido e preciso e su un linearismo non privo di gradevolezza che qualche volta si traduce in un segno caratterizzato fatto di sicure geometrizzazioni. Lo sfondo presenta il caratteristico motivo dei tralci d’oro e il gusto coloristico, infine, appare sorvegliato e felicemente armonizzato. In base alle considerazioni fatte sembra che la datazione del codice possa essere riferita agli anni a cavallo tra il 1430 ed il 1440; ciò porta dunque a pensare che già nel corso del quarto decennio del XV secolo si sia sviluppata attorno alla bottega del Maestro dei tralci dorati una nutrita schiera di seguaci e imitatori le cui numerose opere, quasi una sorta di volgarizzazioni della cifra stilistica del Maestro, sono ora custodite in molte biblioteche europee. Ciò permette anche di osservare come l’attività della Bottega del Maestro si organizzasse ben presto in modo complesso e articolato, data la necessità di rispondere a una crescente domanda di testi devozionali; essa diede vita certamente a diversi ateliers nei quali l’ornamentazione dei codici veniva affidata ad allievi formati sulla cifra stilistica del Maestro; tali osservazioni sembrano dunque avvalorare ulteriormente l’ipotesi che la definizione di Maestro dei tralci dorati debba in realtà essere riferita a uno stile miniaturistico formatosi parallelamente e contemporaneamente in varie regioni nederlandesi e praticato da un nutrito gruppo di miniatori (TORRESAN, Scheda nr. 7, 47). Il codice non è in buono stato di conservazione: le pagine che ospitano le iniziali decorate hanno evidenti segni di usura e soprattutto la miniatura a f. 103v presenta vistose cadute di colore. Risultano inoltre mancanti numerose pagine miniate che introducevano le sezioni liturgiche del manoscritto. Legatura del tipo Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso si legge: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Nessuna nota di possesso antica offre indizi sull’origine del manoscritto. Una mano più moderna ha aggiunto a f. 135r l’annotazione Anno Dei MDCXC. Il codice è stato esposto in: I Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 131r; Bibl. Rossianae, II, 45r) TIETZE, Die illuminierten, 39 nr. 64; LADMIRANT, Trois manuscrits, 61-65; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 172 nr. 538; Libri manoscritti, 32; MORELLO, Libri d’ore, 65.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

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ROSS. 98

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Ross. 98 (olim VIII, 40) Horae canonicae (Libro d’ore Cesi): Kalendarium (ff. 1r-14v); Officium Beatae Mariae Virginis secundum consuetudinem Romanae curiae (ff. 16r-107v); Officium mortuorum (ff. 108r-168v); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniis et orationibus (ff. 170r-197v); Officium Sanctae Crucis (ff. 198r-203r); Psalmi graduales (204r-218r) Italia centrale (Firenze, Roma), sec. XV, seconda metà Membr.; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart.), 190, VI’ (I’-V’ cart.; VI’ in cartoncino azzurro); mm 103×66 (95×65, f. 2); numerazione moderna meccanica; scrittura gotica a inchiostro nero, rosso per le rubriche (bianco f. 1r-v); specchio di Ross. 98, f. 170r scrittura (mm 47×35), di 13 linee, rigatura a inchiostro. Richiami orizzontali posti al centro del margine inferiore, entro una semplice decorazione a inchiostro (visibili ai ff. 25v, 35v, 55v, 65v, 75v, 85v, 95v, 105v, 117v, 127v, 137v, 147v, 157v, 167v, 179v, 189v, 213v).

L’apparato decorativo è composto da 5 pagine d’incipit decorate e illustrate all’inizio dei singoli uffici (ff. 16r, 108r, 170r, 198r, 204r), da 4 fogli interamente illustrati da mano successiva (ff. 2v, 15v, 169v, 203v) e da altri 8 fogli (ff. 30r, 45r, 51r, 57r, 62v, 68r, 78v, 107v) decorati e illustrati dal secondo Maestro. Iniziali maggiori istoriate all’inizio dei singoli uffici, fitomorfe su campo in foglia d’oro. Iniziali medie (alte costantemente due linee di testo) alternate in rosso e azzurro e filigranate a contrasto, con decorazione che si estende sul margine sinistro del foglio per tutto lo specchio di scrittura e oltre. Iniziali minori (appena sovramodulate) rubricate alternativamente in rosso e blu e filigranate a contrasto. Le miniature tabellari e le iniziali maggiori sono accompagnate nei margini del foglio da decorazioni di due diverse tipologie. Quelle assegnabili al primo miniatore sono composte da un fregio vegetale e floreale, mentre i fogli miniati e le miniature tabellari assegnabili al secondo miniatore presentano un’ornamentazione a candelabra in oro su tabelle decorate alternativamente azzurro e porpora: f. 2v:

miniatura tabellare (mm 90×65), racchiusa in una decorazione dorata a candelabra, recante al centro del campo verde lo stemma vescovile di un prelato di casa Cesi, al’interno di una corona di alloro dorata, arricchita di nastri anch’essi d’oro, da cui pende una tabella a fondo porpora, rimasta non scritta.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 15v: ampia miniatura tabellare (mm 75×47), racchiusa da una cornice della stessa tipologia decorativa, dove è raffigurato un frate domenicano (Vincenzo Ferrer?) inginocchiato in preghiera e presentato alla Vergine, che appare dall’alto in una corona di nubi, da una santa (santa Caterina di Alessandria?). Davanti a lui in una tabella a fondo azzurro è scritto in lettere capitali dorate: MEMOR ESTO SERVI TUI. f. 16r: pagina d’incipit, caratterizzata da una decorazione vegetale che si svolge su i quattro lati del foglio, decorata con ampi fiori colorati e globi d’oro. Nel margine superiore, al centro, monogramma IHS a lettere d’oro su fondo azzurro. Nel margine inferiore, racchiuso in una corona d’alloro sostenuta da due putti alati, stemma del possessore, in gran parte perduto (si intravedono soltanto i monti della base, che fanno ipotizzare che si tratti dello stemma Cesi). Nel margine destro si scorge nella decorazione floreale un putto alato e due uccellini. Nell’iniziale istoriata D di Domine labia mea, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis (mm 25×30), la Vergine con il Bambino in braccio. f. 30r: decorazione vegetale a candelabra in oro su i tre lati del foglio, aggiunta successivamente. Nel margine in basso, rimasto bianco, è stata aggiunta la scena della Calunnia che tesse la tela (mm 30×65), identificata dalla scritta. Iniziale D di Deus in adiutorium (mm 12×17), decorata a motivi vegetali, in campo a foglia d’oro; Officium Beatae Mariae Virginis. Ad matutinum. f. 45r: decorazione simile alla precedente. Nel margine inferiore miniatura tabellare raffigurante la CALUMNIA, che incontra CREDULUS. In una tabella (mm 30×65), a fondo azzurro, con lettere d’oro, si legge GUTUR EIUS SEPULCRUM PATENS. Lettera iniziale D di Deus in adiutorium (mm 15×18), su fondo d’oro; Officium Beatae Virginis Mariae. Ad primam. f. 51r: miniatura tabellare (mm 30×65), con decorazione simile alla precedente; vi è raffigurato CREDULUS che incontra due donne, identificate dalla scritta come IGNORANTIA e SUSCIPIO. Iniziale D di Deus in adiutorium (mm 12×14), su fondo d’oro; Officium Beatae Virginis Mariae. Ad tertiam. f. 57r: miniatura tabellare (mm 30×65), con decorazione simile alla precedente; vi è raffigurata CALUMNIA, con una fiaccola accesa nella destra, mentre con l’altra mano trascina, afferrandolo per i capelli, un personaggio identificato dalla scritta come INNOCENS. Nella tabella, a lettere d’oro, è scritto: TU SCIS DOMINE INNOCENTIAE COGNITOR. Iniziale D di Deus in adiutorium (mm 16×18), su fondo d’oro; Officium Beatae Virginis Mariae. Ad sextam. f. 62v: la miniatura tabellare, in bas-de-page (mm 30×65), raffigura INVIDIA che insegue CREDULUS. Nella tabella a lettere d’oro si legge NON QUIESCUM. Iniziale D di Deus in adiutorium (mm 15×18), su fondo d’oro; Officium Beatae Virginis Mariae. Ad nonam. f. 68r: il foglio è decorato con la consueta ornamentazione a fogliami d’oro, mentre nella tabella nel margine inferiore è raffigurata la Calunnia men-

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ROSS. 98

f. 78v:

f. 107v:

f. 108r:

f. 169v:

f. 170r:

f. 198r:

f. 203v:

f. 204r:

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tre incontra Iniquitas e Ira (mm 30×65). Iniziale D di Deus in adiutorium (mm 15×18) su fondo d’oro; Officium Beatae Virginis Mariae. Ad vesperas. la miniatura tabellare (mm 30×65), in bas-de-page, raffigura CREDULUS mentre segue la personificazione di PENITENTIA. Nella tabella, in lettere dorate, è scritto NON PUTAREM. Iniziale C di Converte nos (mm 15×20), su fondo d’oro, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad completorium. il foglio presenta la consueta decorazione. Nella scena miniata nel margine inferiore (mm 37×65) sono raffigurati tre personaggi, due dei quali identificati dai tituli, come TEMPUS (un vecchio che si regge con le stampelle) e come VERITAS (una figura femminile). Nella tabella a lettere d’oro si legge: NOVIT DOMINUS QUI SUNT SUI. il foglio presenta, su tre lati, la decorazione floreale del primo minatore. In alto e in basso della decorazione due teschi. Nell’iniziale istoriata D di Dilexi quoniam (mm 27×30), all’incipit dell’Officium mortuorum, uno scheletro a mezzo busto con le mani giunte. foglio miniato. Sui quattro lati decorazione dorata a candelabra. Nell’ampia scena miniata, un anziano barbuto regge in mano un rotolo aperto di fronte a un sovrano seduto sul trono che indica verso di lui. Nell’ampia tabella a lettere d’oro su fondo rosso si legge: MELIUS EST INCIDERE IN MANUS DOMINI. nell’iniziale istoriata D di Domine ne in furore (mm 28×29), all’incipit dei Septem psalmi penitentiales, è raffigurato Davide che suona la cetra. Una cetra è rappresentata anche al centro della decorazione fitomorfa che riempie il margine inferiore, così come quello superiore e quello sinistro. decorazione vegetale del tipo precedente. Al centro del margine inferiore un putto alato sorge da un insieme di racemi. Nel margine in alto, al centro, una croce. Nell’iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies (mm 28×29), all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis, è raffigurato Cristo a mezzo busto, con i segni della Passione, che si erge dal sarcofago con la croce alle spalle. pagina miniata. La miniatura riempie buona parte del foglio: si vede CREDULUS inginocchiato in preghiera mentre alle sue spalle è raffigurata Santa Caterina di Alessandria, riconoscibile dalla ruota dentata del martirio ai suoi piedi. Nella tabella appesa con un nastro annodato si legge, a lettere d’oro: LIBERASTI ME AB OMNI OPERE MALO. La cornice, sui quattro lati, è del tipo a candelabra. nella grande iniziale istoriata A di Ad dominum cum tribularer (mm 28×29), all’incipit dei Psalmi graduales, è raffigurata la Vergine, a mezzo busto, in preghiera. La decorazione marginale, su tre lati, è del primo tipo.

Utile ai fini della datazione risulta la presenza della festività di san Vincenzo Ferrer (f. 6r, al 5 aprile), canonizzato da Callisto III il 29 giugno 1455, che rappresenta un sicuro post quem.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

La decorazione venne realizzata in ambiente fiorentino, nella II metà del Quattrocento, per essere poi ‘aggiornata’, forse a Roma, nei primi anni del Cinquecento, da un artista che decorò con illustrazioni e decorazioni alcuni margini e fogli lasciati in bianco, per un prelato di Casa Cesi, il cui stemma campeggia a f. 2v (MORELLO, Libri d’ore, 60). Lo stato di conservazione è mediocre. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Taglio dorato. Sul dorso si legge, inciso a lettere dorate, in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE), in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 132r-133r; Bibl. Rossianae, II, 46r) TIETZE, Die illuminierten, 155-156 nr. 339; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 172 nr. 539; MORELLO, Libri d’ore, 60.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 99 (olim VIII, 41) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 4r-15v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 17r-83v); Septem psalmi poenitentiales (ff. 87r-107v); Officium mortuorum (ff. 108r-146v); Officium Sanctae Crucis (ff. 147r-150v); Officium Sancti Spiritus (ff. 151r-159r) Firenze, sec. XVIin. Membr.; ff. 185 (1-14 cart.; 15-173 membr.; 174-187 cart.); tutti i fogli sono interamente trattati con colore viola; numerazione meccanica; richiami al centro del margine inferiore entro decorazioni. Misure del codice mm 108×80; scrittura umanistica su una colonna in caratteri d’oro (specchio di scrittura, mm 65×43, su 14 linee); i ff. 1-15 e 174-185 sono anepigrafi; rigatura a secco.

Ross. 99, f. 30v

L’apparato decorativo è composto da 2 fogli istoriati e decorati e da 2 iniziali maggiori e numerose minori (2 linee di testo) in caratteri argentei.

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ROSS. 98-100

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f. 30v: pagina interamente illustrata in cui è raffigurata la scena dell’Annunciazione (mm 85×40): la Vergine è inginocchiata mentre l’angelo è in piedi davanti a lei; sullo sfondo dell’architettura che si nota di scorcio, un ampio paesaggio. Ai due lati due pavoni. In una tabella sottostante, al centro di un cartiglio decorato a racemi dorati uno stemma sormontato da corona. Più in basso due cervi. f. 31r: foglio d’incipit dell’Ufficio della Vergine. Nel margine inferiore in una tabella (mm15×41) due uccelli acquatici. Il testo è affiancato, a destra e a sinistra, da due candelabri che mostrano quattro cammei gemmati con al centro un viso d’uomo. Lettera iniziale D di Domine labia mea aperies (mm 19×18), in oro, inscritta in un quadrato decorato da racemi dorati. Il codice, di piccole proporzioni scritto a lettere d’oro e d’argento su pergamena purpurea, è stato redatto probabilmente in uno scrittorio fiorentino, come sembra suggerire lo stemma partito che, sulla sinistra, ha l’emblema mediceo. Legatura Rossi A (decorata con motivi geometrici molto semplici) in mediocre stato di conservazione (i piatti sono completamente staccati dal corpo del ms. e in parte anche dal dorso). Sul dorso si legge, inciso a lettere dorate, in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE); in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Il codice è stato esposto in: Quinto centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1975. (SILVA TAROUCA, I, 134r-135r; Bibl. Rossianae, II, 47r) TIETZE, Die illuminierten, 141 nr. 315; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 173 nr. 540; Quinto centenario, 107.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 100 (VIII, 42) Horae canonicae (Libro d’ore di Maria de’ Medici): Kalendarium (ff. 2r-13v); Officium Sanctae Crucis (ff. 14r-17v); Missa de Sancta Maria (ff. 18r-30r); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 32r-102r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 103r-122v); Vigiliae mortuorum (ff. 125r-160v) Paesi Bassi (?), sec. XV Membr.; ff. II (I cart., II membr.), 166, I’ (cartaceo); il codice misura mm 107×75; numerazione meccanica moderna in basso a destra; scrittura gotica libraria su una colonna (mm 65×35) di 15 linee; rigatura a inchiostro.

L’apparato decorativo è composto da 13 pagine d’incipit decorate all’inizio dei singoli uffici (ff. 14r, 18r, 32r, 53r, 66r, 71r, 75r, 78r, 82r, 88r, 93r, 103r, 125r) e da 2 fogli

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

interamente illustrati (ff. 31v, 124v); le 2 miniature a piena pagina sono accompagnate nei margini del foglio da un’ampia decorazione con tralci e fiori, simile a quella che orna i fogli contenenti le iniziali maggiori. Queste ultime (media delle misure mm 23×30), all’inizio dei singoli uffici e partizioni sono decorate a racemi e fiori su foglia d’oro. Le iniziali medie (misurano mm 8×12) sono in oro, racchiuse in piccoli riquadri colorati e ornate, mentre le iniziali minori sono alternativamente in oro e blu. f. 14r: ampia decorazione marginale con fiori, tralci dorati e frutti. Il testo è racchiuso in una doppia banda dai colori oro e azzurro che termina nelle volute della lettera iniziale. Iniziale D di Domine labia mea Ross. 100, f. 124v aperies, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis. f. 18r: ampia decorazione marginale come la precedente. Iniziale decorata C di Confietor Deo, all’incipit della Missa de Sancta Maria. f. 31v: ampia miniatura tabellare raffigurante l’Annunciazione (mm 72×41). La Vergine inginocchiata in preghiera sotto un baldacchino verde e rosso riceve l’annuncio angelico, mentre dall’alto di una nube azzurro vola la colomba spinta dal soffio dello Spirito Santo. La scena è circondata da un’ampia decorazione marginale della medesima tipologia. f. 32r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. f. 53r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Mariae Virginis. Ad laudes. f. 66r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad primam. f. 71r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad tertiam. f. 75r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad sextam. f. 78r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad nonam. f. 82r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Deus in adiutorium meum, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad vesperas.

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ROSS. 100

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f. 88r:

ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata C di Converte nos Deo, Officium Beatae Virginis Mariae. Ad completorium. f. 93r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Lettera iniziale D di Deus in adiutorium meum. f. 103r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Domine ne in furore tuo, all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales. f. 124v: ampia miniatura tabellare raffigurante un Ufficio funebre (mm 70×40): dinanzi al catafalco ricoperto da un ampio panno azzurro è posto un cero; a destra due confratelli, vestiti di nero con il cappuccio, mentre dall’altro lato tre frati, forse francescani per l’evidente tonsura, recitano le preci davanti a un leggio da coro. La scena è circondata da un’ampia decorazione marginale della medesima tipologia. f. 125r: ampia decorazione marginale simile alle precedenti. Iniziale decorata D di Dilexi quoniam exaudiet, all’incipit dell’Officium mortuorum. Il manoscritto è stato realizzato con tutta probabilità nell’officina del Maestro dei tralci dorati la cui attività è attestata nei Paesi Bassi meridionali almeno fino al 1450. Situata probabilmente a Bruges, questa officina deve il suo nome al particolare modo di ornare i fondali di alcune scene: uno sfondo color porpora, decorato da una fitta trama di sottili tralci di filigrana d’oro, motivo che ebbe peraltro un grande successo. Come nella maggior parte dei manoscritti di questo gruppo, il Calendario, dove ritroviamo fra l’altro menzionati san Donaziano, san Basilio e Santa Walpurga, molto venerati a Bruges, sembra riflettere l’uso liturgico delle Fiandre. A f. 166v una annotazione, di mano successiva, attesta che Questo Officio era della Regina vecchia di Franza di Medici, cioè Maria de’ Medici, seconda moglie di Enrico IV, re di Francia. Lo stato di conservazione è buono. Bella legatura francese del XVII secolo, in marocchino bordeaux con ferri geometrico-vegetali colorati in nero e d’azzurro. Taglio dorato. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 136r-v; Bibl. Rossianae, II, 48r) TIETZE, Die illuminierten, 39-40 nr. 65; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 173 nr. 541; Libri manoscritti, 32; DOGAERT, Flemish Miniature, 31; MORELLO, Libri d’ore, 80.

GIOVANNI MORELLO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 101 (olim VIII, 43) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 2r13v); Salutatio ad sanctam Veronicam (Salve sancta Facies) (ff. 15r-16r); Officium Sanctae Crucis (ff. 18r-24r); Officium Sancti Spiritus (ff. 26r-31r); Missa Beatae Mariae Virginis (ff. 33r45r); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 47r-128r); Septem psalmi poenitentiales, cum litaniis et orationibus (ff. 130r-152r); Vigiliae mortuorum (ff. 154r-192v); Oratio Obsecro te (ff. 193r-200v); Psalterium beati Hieronimi (202r-213r); Simbolum Athanasianum (214r-218r) Fiandre, sec. XV, seconda metà Membr.; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni), 220, VI’ (I’-V’ cartacei; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); misure del codice mm 80×55; numerazione meccanica moderRoss. 101, f. 118v na; scrittura gotica a una colonna (specchio di scrittura mm 46×27, di 16 linee di scrittura), i ff. 14r, 16v, 17r, 24v, 25r, 31v, 32r, 45v, 46r, 67r, 80r, 86r, 91v, 92r, 97r, 102r, 111r, 118r, 128v, 129r, 152v, 153r, 201r, 213v, 218v, 219, 220r sono bianchi; rigatura a secco; richiami assenti.

L’apparato decorativo è composto da 16 iniziali maggiori fitomorfe (mm 15×15 di media), dai tenui colori violacei inscritte in riquadri dorati e 1 iniziale istoriata; numerose iniziali medie (corrispondenti a 2 linee di scrittura), tutte della medesima tipologia, realizzate in oro su fondo cromatico; iniziali minori, anch’esse in oro su fondo cromatico. Nei bordi dei fogli d’incipit e dei fogli, che presentano miniature tabellari (mm 50×28 di media), sono ampie decorazioni con fiori, frutti e piccoli animali. f. 14v: foglio completamente illustrato. Al centro, in una ancona, il Salvator mundi benedicente (che identifica l’iconografia della Veronica). I bordi sono ampiamente decorati con fiori e frutti; in particolare si notano grandi rose rosse. f. 15r: ampio bordo, analogo al precedente, che inquadra lo specchio di scrittura. Iniziale S di Salve sancta facies, all’incipit della Salutatio ad sanctam Veronicam, inscritta in campo quadrato in foglia d’oro. f. 17v: foglio interamente illustrato secondo la tipologia precedente: al centro la scena della Crocifissione.

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ROSS. 101

f. 18r: f. 25v:

f. 26r: f. 32v:

f. 33r: f. 46v:

f. 47r:

f. 67v: f. 68r:

f. 80v: f. 81r:

f. 86v: f. 87r:

f. 97v:

f. 98r:

f. 102v:

f. 103r:

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ampio fregio decorato, simile al precedente. Iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis. foglio interamente illustrato secondo la tipologia precedente con fiori, fragole e uccelli. Al centro della pagina è raffigurata la scena della Pentecoste, con la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo. ampio fregio decorato, simile al precedente. Iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Sancti Spiritus. foglio interamente illustrato: secondo la tipologia precedente. Nel riquadro al centro della pagina è raffigurata la Vergine Maria con il Bambino in braccio. ampio fregio decorato, simile ai precedenti. Iniziale E di Et introibo ad altarem Dei, all’incipit della Missa Beatae Mariae Virginis. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni fiori, frutta e un grande pavone. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena dell’Annunciazione. ampio fregio decorato, simile al precedente, dove si nota un grande pavone. Iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni fiori, frutta ed piccoli animali. Nel riquadro centrale è raffigurata la Visitazione. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad laudes. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Natività. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad primam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena dell’Annuncio ai pastori. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad tertiam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Presentazione al Tempio. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con viole, fragole e farfalle. Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad sextam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Strage degli Innocenti. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole e uc-

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f. 111v: f. 112r:

f. 118v:

f. 119r:

f. 129v: f. 130r: f. 153v:

f. 154r:

f. 193r:

f. 201v:

f. 202r: f. 214r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

celli. Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad nonam. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e farfalle. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena della Fuga in Egitto. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori frutta e farfalle. Iniziale C di Converte nos Deus, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad completorium. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutta e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurata la scena dell’Incoronazione della Vergine: la Vergine inginocchiata riceve la corona da Cristo, raffigurato con il globo, e Dio Padre, con la mitria, seduti, mentre tra i due scende la bianca colomba dello Spirito Santo. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole e farfalle. Lettera iniziale D di Deus in adiutorum meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad vesperas. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, farfalle e uccelli. Nel riquadro centrale è raffigurato Davide in preghiera. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato come i precedenti. Iniziale D di Domine ne in furore tuo, all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni con fiori, frutti e un grande pavone. Nel riquadro centrale è raffigurata la Resurrezione di Lazzaro, ambientata alle porte di una città murata. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole e un pavone. Iniziale D di Dilexi quoniam exaudiet, all’incipit delle Vigiliae mortuorum. ampio fregio sui tre lati del foglio, decorato con fiori, fragole, e farfalle. Iniziale istoriata O di Obsecro te, all’incipit dell’Oratio Obsecro te con al centro del campo la scena della Deposizione. foglio interamente illustrato: lungo i bordi decorazioni come le precedenti. Nel riquadro centrale è raffigurato san Girolamo penitente, inginocchiato dinnanzi al Crocifisso. ampio fregio, decorato con fiori, fragole, e farfalle. Iniziale B di Beatifica Domine, all’incipit del Psalterium beati Hieronimi. ampio fregio sui quattro lati del foglio, decorato con fiori, fragole e farfalle. Iniziale Q di Quicumque vult salvus esse, all’incipit del Simbolum Athanasianum.

La qualità figurativa e decorativa, accentuata dall’uso di una pergamena assai sottile e dalla accuratezza delle miniature, colloca questo manoscritto in uno scrittorio fiammingo, del periodo post-bourguignonne. Presenta la medesima partizione del testo e lo stesso apparato iconografico del Ross. 94. Nelle miniature sono da notare i toni pastello e il tipo di decorazione marginale su fondo monocromo d’oro che segneranno gran parte della produzione di questo atelier. Il Calendario, con cui si apre il manoscritto, riflette l’uso liturgico del Nord

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ROSS. 101-102

della Francia, ma contiene anche santi delle Fiandre, come santa Aldegonda (30 gennaio), particolarmente venerata a Gand. Buono lo stato di conservazione. Il manoscritto presenta una legatura del tipo Rossi A, in mediocre stato di conservazione (problemi relativi soprattutto al dorso). Sul dorso, a lettere dorate, si legge OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) / COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Quinto centenario della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1975; Libri e manoscritti e stampati del Belgio nella Biblioteca Vaticana, Città del Vaticano 1979; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 138r-139r; Bibl. Rossianae, II, 49r) TIETZE, Die illuminierten, 182 nr. 376; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 173 nr. 542; Quinto centenario, 170; Libri manoscritti, 33-34; MORELLO, Libri d’ore, 64-65.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 102 (olim VIII, 44) Horae canonicae: Officium mortuorum (ff. 1r-52v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 53r-101v); Officium Sanctae Crucis (ff. 102r-109v); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 112r-129v); Orationes (ff. 130v329v) Austria (Salisburgo), 1458 (f. 329v) colophon: Das puechel gehört dem Johannsen Pränntel dem jüngern und hat geschrieben Erasm Stratter von Radstat, Anno domini M°CCCCLVIII° feria secunda post Michaelis archangeli (sic) Membr. (pergamena di ottima qualità, levigata con grande accuratezza); ff. III (cart.), 329, III’ (cart). Il codice presenta due numerazioni, entrambe cronologicamente successive al corpus del libro: la prima (presa come numerazione di riferimento nella scheda), più recente, a matita in numeri arabi nel margine superiore destro sul recto di tutti i fogli; la seconda, più an-

Ross. 102, f. 184v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tica, in parte tagliata dalla rifilatura insieme con la decorazione marginale di alcune pagine, scritta a penna con inchiostro nero in cifre arabiche nel margine inferiore destro sul recto di tutti i fogli. Salto di numerazione tra f. 180 e f. 184, anche se risulta mancante un solo foglio. Il f. 279 è segnato erroneamente 144. Il f. 280 non è numerato. Il codice misura mm 102×74 (misure prese ai ff. 1, 195). Scrittura minuscola corsiva gotica di modulo piccolo, vergata da una sola mano a inchiostro nero, rosso per le rubriche (una seconda mano interviene ai ff. 260r-263v con una gotica più angolosa e serrata), disposta su 16 linee, 2 linee scritte a f. 109v, 13 a f. 134r, 5 a f. 160r; i fogli 110 e 111 sono rigati ma non scritti; sono bianchi i fogli 130r, 134v, 164v, 267r. In tedesco. Inchiostro rosso per le rubriche e per il colophon (f. 329v), inchiostri nero, oro (ff. 130v-131r) e blu (f. 131v) per il testo. Specchio scrittorio (da un massimo di mm 65×50, a f. 50r, a un minimo di mm 70×50, a f. 247r) a una colonna centrale di 16 righe, inquadrate da 2 righe verticali. Rigatura a mina di piombo.

La decorazione del codice, non particolarmente sontuosa ma assai raffinata, è costituita da 3 miniature a piena pagina; un riquadro miniato di minori dimensioni; 13 iniziali istoriate (da un massimo di mm 40×40, f. 135r, a un minimo di mm 30×30, f. 112r), in campo a oro in foglia; 8 iniziali decorate (da un massimo di mm 45×11, f. 130v, a un minimo di mm 30×40, f. 53r), analoghe dal punto di vista tipologico e cromatico a quelle istoriate; numerose iniziali calligrafiche blu con filigrana rossa, blu con filigrane verdi, rosse con filigrane verdi, rosse con filigrane rosse e rosse con filigrane violetto (da un minimo di mm 20×20 a un massimo di mm 20×30); in alcune di esse sono disegnati volti umani (ff. 89r, 101r). Infine, numerosissime iniziali rubricate rosse e blu, occupanti una linea dello specchio scrittorio (una sola iniziale rubricata di maggiori dimensioni si trova a f. 133r e misura mm 30×30), impreziosiscono ulteriormente il raffinato Libro d’ore. Le miniature, poste in corrispondenza degli incipit di alcune preghiere nella sezione dei Suffragi dei santi, sono connotate da una certa carica devozionale e si trovano a: f. 160r: miniatura a piena pagina (mm 48×65), all’incipit di una preghiera di devozione al Nome di Gesù, basata sul pensiero di san Bernardino con l’immagine di Cristo come Rex mundi. f. 184v: miniatura a piena pagina (mm 56×76), all’incipit di una preghiera a Maria, con l’Annunciazione. f. 267v: miniatura a piena pagina (mm 56×76), all’incipit di una preghiera a san Sebastiano con l’immagine del Martirio di san Sebastiano. f. 279r: miniatura tabellare (mm 48×48), all’incipit di una preghiera a san Cristoforo con l’immagine di san Cristoforo che reca sulle spalle il Bambino Gesù. Le iniziali istoriate e decorate (ff. 1r, 45r, 53r, 102r, 112r, 130v, 135r, 161r, 165r, 182r, 185r, 251r, 254r, 257r, 267r, 286r, 290v, 292r, 295r, 297v, 300r, 304v), realizzate con un pittoricismo fluido, sono costituite da foglie di acanto rosa, azzurre, lilla e verdi dalle quali si dipartono sovente tralci vegetali dal modulo allungato con foglie verdi, lilla, rosa e azzurre. La disposizione dei fogliami sulla

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superficie della pagina si rivela sempre attentamente calibrata, dimostrando un particolare gusto per l’equilibrio e il corrispondersi ritmico delle linee curve. Le iniziali istoriate si trovano a: f. 1r: f. 45r: f. 53r: f. 102r: f. 112r: f. 130v: f. 135r: f. 161r: f. 165r: f. 185r: f. 188r: f. 251r:

f. 254r: f. 257r:

f. 260r: f. 268r: f. 286v: f. 290v: f. 292r: f. 295r: f. 297v:

iniziale istoriata W di Wir sel(be)n, all’incipit dell’Ufficio dei Defunti con l’Anima di un defunto che brucia nelle fiamme dell’Inferno. iniziale decorata I di Ich han, all’incipit di Hie hebt. iniziale decorata H di Herr thue, all’incipit di Hie hebt. iniziale istoriata G di Gott mein Gott, all’incipit di Hie hebt, con la raffigurazione del Cristo patiens. iniziale istoriata O di O herr mitt Straf, all’incipit dei Salmi penitenziali, con la raffigurazione del Re David che suona il salterio. iniziale istoriata, I di Im anvang, con la raffigurazione dei simboli dei quattro evangelisti ospitati in un tralcio vegetale. iniziale istoriata A di Alig’ geist, all’incipit di una preghiera, con l’immagine dello Spirito Santo in forma di colomba. iniziale istoriata O di O guetiger Iesu, all’incipit di una preghiera con il trigramma bernardiniano IHS del nome di Gesù. iniziale decorata P di Parmherzichait, all’incipit di Die Hernachge. iniziale decorata I di Iesu Christi, all’incipit dell’Ufficium Virginis. iniziale decorata O di O Maria, ain mueter, all’incipit di una preghiera per la Vergine Maria. iniziale istoriata U con la raffigurazione di un Santo vescovo; all’iniziale, che non ha alcun rapporto con il testo, fa seguito il testo di una preghiera. Dal corpo della lettera, in blu, si dipartono sottili raggi aurei. iniziale istoriata C di Christenliche, all’incipit di una preghiera; raffigurazione della Santa Vergine. iniziale istoriata N di Nuwe con l’immagine di una Santa vedova; all’iniziale, che non ha alcun rapporto con il testo, fa seguito il testo di una preghiera. iniziale istoriata A di Allmechtiger parmherziger, all’incipit di una preghiera con la raffigurazione di una Chiesa. iniziale decorata F di Freuden reicher, all’incipit di una preghiera in onore di san Sebastiano. iniziale istoriata N di Nembt voar, all’incipit di una preghiera; raffigurazione di Santa Maria Maddalena. iniziale istoriata A di Aller Salichait, all’incipit di una preghiera; raffigurazione della Veronica. iniziale decorata L di Loblich aus, all’incipit di una preghiera a Santa Caterina. iniziale istoriata G di Göttliche craft, all’incipit di una preghiera; immagine di Santa Barbara. iniziale istoriata O di O wund’licher Streit con l’immagine di Santa Orsola; all’iniziale, che non ha alcun rapporto con il testo, fa seguito il testo di una preghiera.

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f. 300r: iniziale istoriata O di O Christus Iesus, all’incipit di una preghiera con la raffigurazione di Santa Dorotea. f. 304v: iniziale istoriata U di Ubegreifliche, all’incipit di una preghiera; raffigurazione della Celebrazione della Messa. (La redazione ringrazia Christine Grafinger e Gerhardt Wiedmann per l’aiuto nella lettura degli incipit e dei contenuti testuali del ms.) Fin dalla prima apparizione nella letteratura critica, con la scheda nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 13-14), le miniature del Libro d’ore in esame sono state riconosciute come opera del miniatore salisburghese Ulrich Schreier. Successivamente il codice appare recensito nel catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana di Pierre Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 174), nel quale è rapidamente descritto e assegnato a un’area di produzione tedesca. Infine, nel catalogo della mostra sui Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Giovanni Morello riprende l’attribuzione delle miniature a Ulrich Schreier. Nel codice rossiano non è presente l’abituale calendario come accade anche in altri Libri d’ore d’area germanica quali, ad esempio, il Ross. 90 (cfr.) e il ms. 55. K. 24 della Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana di Roma (MANZARI, Scheda nr. 105, 238). I testi generalmente più importanti in un Libro d’ore e più propriamente liturgici, come l’Ufficio della Vergine e i sette Salmi penitenziali, sono introdotti nel Ross. 102 soltanto da iniziali istoriate e decorate, mentre le tre miniature a piena pagina sottolineano l’importanza di alcuni testi devozionali. Nella sezione dei Suffragi dei santi (ff. 130v-329v), infatti, l’inserimento di miniature a piena pagina e di iniziali con la raffigurazione dei santi all’incipit delle brevi preghiere a essi rivolte lasciano supporre una fruizione di tipo devozionale. La funzione devozionale delle immagini, strumento per coinvolgere il fedele in una dinamica di visualizzazione del testo, è accresciuta, in alcuni casi (f. 160v), da un primo piano fortemente avanzato, un mezzo per comunicare al devoto l’immediatezza del dialogo (MANZARI, “Cum picturis ystoriatum”, 50-51); spiccano anche raffigurazioni di un certo patetismo come quella dell’Anima che brucia nelle fiamme dell’Inferno, scelta per illustrare l’Officium mortuorum (f. 1r). Il lettore doveva dunque utilizzare la breve preghiera e l’immagine come spunti per visualizzare le sue meditazioni, come avveniva con le tavole devozionali, nate anch’esse dalla diffusione di forme di pietà laica e privata (RINGBOM, Devotional Images, 164; MANZARI, “Cum picturis ystoriatum”, 40). La presenza di alcuni santi nei Suffragi può essere ricollegata alle scelte del committente, poiché in questa sezione del testo egli interveniva di frequente, indicando i santi da includere nelle preghiere e da raffigurare nelle immagini. È possibile, ad esempio, che la raffigurazione di San Sebastiano (f. 267v) sia legata al suo ruolo di protettore contro le epidemie (RÉAU, Iconographie des saints, 1190-1199). Oltre all’interesse testuale e iconografico è opportuno sottolineare anche la pregevolezza dell’apparato illustrativo del Ross. 102. Le miniature sono realizzate infatti con materiali di eccellente qualità che hanno risentito pochissimo dell’uso che certamente sarà stato assai frequente. Osservando le tre miniature a piena pagina

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(f. 160r, f. 184v, f. 267v), si resta sorpresi dal naturalismo delle raffigurazioni che, pur nel rispetto di schemi noti, le caratterizza singolarmente con vivacità e realismo. Già appare notevole nell’Annunciazione a f 185r la perizia nella descrizione spaziale dell’interno, minuta e puntigliosa, e ancor più sorprendente è l’arredo della stanza con un largo inginocchiatoio in prospettiva sul quale sono solidamente appoggiati due candelieri e un libro e dove un piccolo armadietto, aperto di sguincio sul lato sinistro, lascia intravede l’interno. Ma soprattutto i personaggi colpiscono per gli atteggiamenti, per i gesti quieti che ne sottolineano l’attitudine psicologica: dalla concentrazione della Vergine impegnata nella lettura nella scena dell’Annunciazione alla riflessione pensierosa del volto del Cristo nella miniatura a f. 160v. E anche l’uso sapiente dei contrasti tra luce e ombra accresce la verosimiglianza delle scene, nelle articolate e increspate superfici dei panneggi fatti di stoffe pregiate, quasi tangibili e stropicciate, sulle quali si disegna la trama sottile delle pieghe come il mantello del Cristo a f. 160v, sul quale risalta la gestualità delle lunghe mani affusolate: il mantello è appesantito da ricami a rilievo e appare tessuto in una stoffa spessa, uniforme, che ricade in ariose pieghe; è pure notevole il modellato tornito delle teste che hanno una monumentalità solida e lenta e un’efficacia espressiva non immemore della ritrattistica. Di grande qualità è anche la cornice che attornia la miniatura a f. 160v con tralci vegetali ben rilevati su fondo azzurro da sembrare quasi gioielli appoggiati sulla pagina. Da segnalare, infine, la gamma cromatica sorprendentemente ricca e raffinata, giocata su un non comune contrappunto di violetto e di verde e di delicatissime tinte cangianti, con rare accensioni di rosso aranciato. Il Libro d’ore rossiano costituisce un importante elemento del catalogo di Ulrich Schreier (TIETZE, Die illuminierten, 13-14), prolifico miniatore e legatore austriaco, attivo nel terzo quarto del XV secolo (ZIRNBAUER, Ulrich Schreier; FRISCH, Mittelalterliche Buchmalerei, 65; HOLTER, Buchkunst, 550-566, 627-640). Egli lavorò inizialmente a Salisburgo (ZIRNBAUER, Ulrich Schreier; LAURIN, Zur Einbandkunst, 234-243; LAURIN, Der Salzburger, 371-379; LAURIN, Die Lederschnittbände, 743-776) quindi, a partire dal 1477, prevalentemente a Vienna (LAURIN, Einbände, 1331-1352). Tra i suoi committenti vi furono anche personaggi di altissimo prestigio sociale come Bernhard von Rohr, arcivescovo di Salisburgo dal 1466 al 1482 (LAURIN, Die Lederschnittbände, 743-776), e l’imperatore Federico III (1440-1493), ma la sua feconda bottega realizzò anche la decorazione e le legature di numerosi manoscritti e incunaboli per committenti laici e per monasteri in Austria e anche nella parte occidentale dell’Ungheria. I primi lavori di Schreier, tra i quali si inserisce anche il Ross. 102, sono fortemente radicati nella tradizione figurativa salisburghese. Infatti, una delle sue prime commissioni importanti, datata 1469, l’illustrazione di una grande Bibbia (Graz, Universitätsbibliothek, ms. 48; EICHLER, Die deutsche Bibel) affidatagli da Erasmus Stratter, con il quale Schreier sembra aver collaborato anche nel Ross. 102, si collega stilisticamente a una più antica Bibbia salisburghese, datata intorno al 1430 (München, Bayer. Staatsbibl., ms. Clm. 15701). Nello stesso tempo, tuttavia, egli tende a introdurre nelle sue miniature figure singole (e occasionalmente anche intere composizioni) copiate dalle contemporanee incisioni di Stratter. Le sue pennellate, inizialmente molto sottili, perdono parte della loro qualità pittorica nella fase finale della sua carrie-

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ra, mentre è nella decorazione punzonata delle legature in pelle che egli perviene a un altissimo livello di sofisticazione. Il suo ultimo lavoro documentato, datato a cavallo tra il 1489 ed il 1490, è la sontuosa illustrazione del cosiddetto Marktbuch (Grein, Stadtarchv; HOLTER, Das Greiner Marktbuch, 325-330; Friedrich III, 328), ma successivamente alcuni membri della sua bottega potrebbero aver continuato a operare, seguendo lo stile del Maestro per diversi anni. Il Libro d’ore rossiano, di altissima qualità, rappresenta quindi una delle prime opere di Schreier e documenta un’intensa presa di coscienza dei ritmi tardogotici di estrazione locale e una virata di stile dell’artista, uno dei protagonisti della miniatura austriaca della seconda metà del Quattrocento, il quale sembra inaugurare con il Ross. 102 la fase più raffinata della sua prima attività. Lo stato di conservazione del codice è molto buono. Il Ross. 102 appartenne originariamente a un personaggio di nome Johannsen Pränntel e venne vergato dal copista salisburghese Erasmus Stratter, attivo tra il 1458 ed il 1469, come risulta dal colophon, a f. 329v del codice, dove viene indicata la data di lunedì 2 ottobre 1458. Non sappiamo come e quando il manoscritto abbia abbandonato l’Austria, né quali siano state le sue vicende successive prima di entrare a far parte della collezione di Giovanni Francesco de Rossi. Legatura del tipo Rossi A, anch’essa in buono stato di conservazione; i tagli sono dorati. Il volume è stato rifilato sui lati e dunque non si nota traccia dei fori guida e alcune pagine decorate presentano l’ornamentazione fogliacea e la numerazione in basso tagliate. Sulla controguardia posteriore è incollato un cartoncino di forma rettangolare con la dicitura: Biblioteca Apostolica Vaticana. Laboratorio di Restauro. Registro nr. 8. Data 18 febbraio 2005. Sul dorso in alto si legge OFFICIUM / B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE)/ ET ALIA GERMANICE; e, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1458. Il codice è stato esposto in: Libri d’Ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 140r, 141r, 142r; Bibl. Rossianae, II, 50r-51r) TIETZE, Die illuminierten, 13-14 nr. 18; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 174 nr. 543; MORELLO, Libri d’ore, 52-53.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA –

REDAZIONE

Ross. 103 (olim VIII, 45) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 2r-13v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum usum Romanae Curiae (ff. 15r-100v); Septem psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 102r-131v); Officium mortuorum (ff. 132r-179v); Officium Sanctae Crucis (ff. 180r-184v) Italia centrale (Siena?), sec. XV3

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Membr. (pergamena di buona qualità); ff. I (cart.), 185, I’ (cart.). Numerazione in cifre arabiche, apposta con numeratore meccanico sul margine inferiore destro del recto di tutti i fogli. Il codice misura mm 103×75 (misure prese a f. 15). Scrittura gotica vergata da una sola mano con inchiostro nero per il testo e rosso per le rubriche. Specchio di scrittura (mm 52×40), inquadrato da 2 righe marginali verticali, a una colonna di 11 linee. Rigatura a secco. Bianchi i fogli 1, 14, 101. La fascicolazione è regolare.

Il programma ornamentale del Libro d’ore rossiano, assai pregevole, omogeneo e strettamente funzionale al testo liturgico, si compone di 9 iniziali istoriate (mm 26×25), poste a segnalare gli incipit delle sezioni liturgiche di maggiore rilevanza; le partizioni minori dei testi si trovano indicate da più semplici iniziali filigranate Ross. 103, f. 15r (con corpo rosso e filigrane blu oppure con corpo blu e filigrane rosse), di due linee di scrittura, e da iniziali rubricate, rosse, occupanti una riga di scrittura, copiosamente disseminate lungo il testo. I colori sono molto vivi, di ridotta gamma cromatica (giallo, rosso, verde, lilla e oro), accordati in modo raffinato. Le iniziali istoriate, tipologicamente unitarie, stagliate su un fondo d’oro in foglia, dal corpo dipinto a pennello in blu o in rosa, ornate da foglie d’acanto ottenute con filamenti a pennello, rivelano un’alta qualità che traspare anche dalla risoluzione del rapporto tra la lettera e la figurazione, attuato nel rispetto della prima che non limita però il lento svolgersi della scena. Tali iniziali si trovano a: f. 15r:

iniziale istoriata D di Domine labia mea, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad matutinum, con l’immagine dell’Annunciazione. La pagina che ospita l’iniziale è circondata da un’ampia bordura decorata con elementi naturalistici: in corrispondenza degli angoli inferiori si trovano inserite sinuose foglie d’acanto, le quali, piegandosi delicatamente, formano volute e riccioli. La rimanente superficie del bordo è occupata da una rigogliosa vegetazione costituita da boccioli rotondi, fiorellini bianchi e blu, more, ai quali si aggiungono graziosi uccellini, vigorosi putti e, nell’angolo inferiore destro, un centauro intento a cacciare con l’arco. Al centro del margine inferiore, due paffute e goffe figurette alate sostengono volando, come incantate, un medaglione cinto d’alloro nel quale si trova lo stemma della famiglia Piccolomini.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 26r:

iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad primam, con l’immagine dell’Annuncio ai pastori. f. 41r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad tertiam con l’immagine della Natività. f. 51v: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad sextam, con l’immagine dell’Adorazione dei Magi. f. 60r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad nonam, con l’immagine della Fuga in Egitto. f. 70r: iniziale istoriata C di Converte nos Deus, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad completorium, con l’immagine dell’Incoronazione della Vergine. f. 100r: iniziale istoriata D di Domine in furore tuo, all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales, psalmus 6, con l’immagine di David che suona l’arpa. f. 132r: iniziale istoriata D di D(omin)o placebo, all’incipit dell’Officium mortuorum, con l’immagine delle Esequie del defunto. f. 180r: iniziale istoriata D (mm 42×34) di Domine labia mea, all’incipit Officium Sanctae Crucis, ad matutinum, con l’immagine della Crocifissione. Il codice risulta registrato nel catalogo dei manoscritti rossiani di Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 131-132), dove viene localizzato a Firenze e datato alla fine del XV secolo. In seguito Pierre Salmon elenca il volume nel suo catalogo dei manoscritti liturgici della Biblioteca Apostolica Vaticana (SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 174): lo localizza nuovamente a Firenze e ripropone la medesima datazione di Tietze. Infine, nel catalogo della mostra sui Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Giovanni Morello colloca il manoscritto sempre in Toscana, a Siena, e lo data intorno al 1470 (MORELLO, Libri d’ore, 59). L’analisi stilistica del codice rossiano, il senso di intimità che regna nell’abitacolo dell’Annunciazione a f. 15r e l’apertura verso un profondo paesaggio nella Crocifissione a f. 180r evocano influenze derivate dalla pittura fiamminga; così pure l’apparato ornamentale del manoscritto ripropone e rielabora un linguaggio decorativo originario delle Fiandre e dell’area tedesca. La Crocifissione mostra infatti evidentissime analogie con una pagina miniata da Johannes Bemler ad Augusta nel 1457, conservata alla Pierpont Morgan Library di New York (HARRISEN, Central European Manuscripts, 6869, tav. 71). Il fregio di f. 15r è pure ispirato ai margini franco-fiamminghi ma accoglie anche elementi più ariosi di matrice fiorentina e preferisce agli esseri grotteschi i graziosi putti di stampo italiano. Quindi si tratterebbe di uno stile nordico rielaborato in Italia centrale, probabilmente in Toscana. L’assorbimento della cultura nord europea di estrazione gotica e la sua rielaborazione in modi originali e nuovi si verificò nella seconda metà del XV secolo in diversi centri culturali della penisola. Ad avvalorare l’ipotesi di una realizzazione senese del Ross. 103, formulata da Giovanni Morello, concorrerebbe anche la presenza dello stemma dei Piccolomini. Il miniatore del codice potrebbe dunque individuarsi nell’ambito senese, a una data che non si discosta molto dall’ultimo quarto del XV secolo. Il volume è discretamente conservato: l’unico lieve danno si registra nell’iniziale D a f. 15r, la quale presenta piccole cadute dell’oro dalla campitura esterna.

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ROSS. 103-104

Legatura del tipo Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS); in basso si legge COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Nessuna nota di possesso antica offre indizi sull’origine del manoscritto. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 143r; Bibl Rossianae, II, 52r) TIETZE, Die illuminierten, 131-132 nr. 285; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 174 nr. 544; MORELLO, Libri d’ore, 59.

MARIA ALESSANDRA BILOTTA

Ross. 104 (olim VIII, 46) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum consuetudinem Romanae curiae (ff. 13r-78r, 82r); Officium Sanctae Crucis (ff. 79r-81r; la collocazione dei ff. 81-82 e 79-80 è invertita); Psalmi poenitentiales, litaniae (ff. 83r-102r); Officium mortuorum (ff. 103r-136v); Te Deum, Anima Christi, Officium passionis (sancti Bonaventurae) (ff. 136v-156r); Psalmi graduales, rubricae (ff. 159r-164r); Hymnus (ff. 164r-167r) Italia centrale (Toscana?), sec. XV, seconda metà (f. 138v) sottoscrizione: Deo gratias Amen. Qui scripxit (sic) scribat semper cum domino vivat. Hunc librum scripsit p(ater) A(ugustinus) g(e)n(er)i De Bondelmontibus Membr.; ff. III, 168, III’; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro dei fogli; fascicolazione regolare, tranne nel fascicolo 23-33 nel quale è stato aggiunto, forse nel tentativo di sanare una lacuna testuale, il foglio incollato (e numerato) 25, di diversa scrittura, che ha fatto così salire il numero dei fogli del fascicolo a 11; per quello che riguarda il richiamo al fascicolo successivo, il manoscritto appare diviso in due parti distinte: la prima, che comprende i ff. 1-138, presenta il richiamo posizionato vertical-

Ross. 104, f. 13r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

mente nel margine interno del foglio con appoggio sulla linea rettrice destra della rigatura, mentre nei successivi ff. 141-168 il richiamo è del tutto assente; mm 110×75. La scrittura è una umanistica posata calligrafica, forse ascrivibile a due mani diverse (la seconda è quella dei ff. 141-168) vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche. Questa ipotesi sarebbe confermata anche dall’analisi materiale dei ms., come la fascicolazione e la mise-en-page: lo specchio scrittorio nei ff. 1-138 e 159-168 misura mm 70×45, è a piena pagina di 14 linee di testo e presenta scrittura sopra la prima linea di rigatura; nei ff. 141-158, invece, ha dimensioni inferiori (mm 60×40), le linee di scrittura sono 13 e la scrittura è sotto la prima linea rigata. Infine, ai ff. 139-140 una mano corsiva, ascrivibile al XV-XVI sec., ha vergato diverse preghiere.

L’apparato decorativo comprende nelle pagine di incipit (ff. 13r, 81r, 83r, 103v e 141r) 5 iniziali maggiori figurate, istoriate in rapporto al contenuto del testo, e ricca bordura floreale con brillante tavolozza pittorica blu, verde, rosa, oro e arancio-rosso; 6 iniziali, di dimensioni variabili tra i mm 40×30 e i mm 25×25, decorate in foglia d’oro su elegante filigrana blu per le singole partizioni (ff. 35r, 39r, 44r, 48r, 52v e 60r); diverse iniziali calligrafiche filigranate rosse e blu alternate; titoli e scrittura distintiva e, infine, per le antifone, semplici iniziali alternate rosse e blu. Ai ff. 1-12 il Calendario, in foglia d’oro, presenta i giorni rubricati e le denominazioni dei santi in inchiostro nero. f. 13r:

Ufficio della Beata Vergine, si apre con l’iniziale abitata D di Domine labia mea (mm 32×36): su fondo oro il corpo della lettera è rosa antico sfumato, con elementi fitomorfi verde e azzurro; all’interno, nella mandorla formata da cinque testoline di angeli con aureola, la Madonna in abito rosa e manto azzurro impreziosito da una stella sulla spalla destra tiene in braccio il Bambino in fasce bianche. La delicata cornice che decora sui quattro lati l’intera pagina con racemi floreali, globi aurei, due putti nel margine esterno e due uccelli, nei colori sopraccitati, si chiude nel margine inferiore con 2 putti nell’atto di suonare la tromba ed un terzo a sorreggere la corona d’alloro in cui è inserito lo stemma che sembrerebbe quello della famiglia Buondelmonti (uno scudo, nel primo partito d’azzurro e nel secondo d’argento con piramide a sei cime e una croce). f. 81r: iniziale istoriata A di Adoramus te domine, pur nelle ridotte dimensioni (mm 17×20), mostra una scena suggestiva con Cristo flagellato e sofferente su fondo blu, aureola macchiata di sangue e corona di spine; dalla lettera si diparte un fregio a bordura su 3 lati (il margine esterno è bianco) con elementi fitomorfi, globi aurei e farfalla nei brillanti colori blu, oro, rosa e verde. f. 83r: incipit dei Salmi, in una ricca cornice floreale nei colori blu, verde, oro, rosa e arancio, è evidenziato da una iniziale D di Domine ne in furore tuo (mm 20×20), nella quale il re David tiene in mano un salterio. f. 103v: Ufficio dei morti si apre con la D di Dilexi quoniam (mm 40×35) che, posta su fondo quadrangolare in oro, ha corpo azzurro con leggeri ornamenti a biacca profilato internamente in oro ed elementi fitomorfi verdi, rosa e rossi che la definiscono esternamente; all’interno, il fondo ro-

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ROSS. 104-105

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sa antico presenta uno scheletro in piedi con braccia conserte. La ricca bordura floreale nei consueti colori blu, verde, rosa e arancio, si chiude al centro del margine inferiore con un bel fiore dai petali in oro. f. 141r: la grande iniziale P di Per signum crucis (mm 50×25) introduce l’Ufficio della croce mostrando al proprio interno una grande croce latina. Purtroppo la bordura sui tre lati è in cattive condizioni di conservazione, soprattutto nel margine inferiore. L’analisi del ricco apparato decorativo del manoscritto, oltre che la presenza nel Calendario di santi particolarmente venerati in Toscana, come santa Reparata di Cesarea, compatrona di Firenze e antica titolare della cattedrale che, dal 1412, assunse la denominazione di Santa Maria del Fiore o il richiamo a san Brizio cui è dedicata una delle più belle cappelle del Duomo di Orvieto, realizzata sotto la signoria fiorentina; la presenza a f. 13 dello stemma della nobile famiglia dei Buondelmonti (tra i membri della quale furono prestigiosi condottieri e politici di gran peso nella vita della Repubblica fiorentina e poi nella corte medicea) nonché la sottoscrizione che, ancora una volta, richiama il nome della casata, fanno propendere per una localizzazione della realizzazione in Toscana e per una datazione ascrivibile alla II metà del XV secolo. Lo stato di conservazione del manoscritto è buono, con l’eccezione dei ff. 141-168, ed in particolare dei ff. 155-156, che appaiono danneggiati da gore d’umidità. Bella legatura in ottimo stato in pelle rossa con stemma impresso in oro di papa Clemente XI (1700-1721), con chiavi, tiara e stemma Albani, costituito da scudo partito orizzontalmente da una banda con, nella zona superiore, una stella a otto punte e, in quella inferiore, il monte trilobato. Il taglio dorato è probabilmente risalente al momento della rilegatura ottocentesca, che ha però rifilato il margine superiore dei fogli, con perdita in alcuni casi anche di parte della decorazione (cfr. ad es. f. 13). (SILVA TAROUCA, I, 144r-145r; Bibl. Rossianae, II, 53r) TIETZE, Die illuminierten, 137 nr. 302; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 174 nr. 545; BAROFFIO, Kalendaria Italica, 470.

LAURA FORGIONE

Ross. 105 (olim VIII, 47) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Virginis Mariae (ff. 13r-117v); Psalmi poenitentiales, Litaniae, Officium Sanctae Crucis (ff. 118r-160r); Officium mortuorum (ff. 162r-215r) Italia settentrionale (Ferrara?), sec. XV (seconda metà?)

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Membr., pergamena di buona qualità; ff. V (I in cartoncino azzurro, II-V cart.), 215, V’ (I’-IV’ cart., il V’ in cartoncino azzurro); bianchi i ff. 152-153, 161; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro dei fogli. La fascicolazione, regolare, presenta richiami posti nel margine destro del foglio in posizione verticale, rubricato il solo richiamo a f. 201v; mm 120×85. Scrittura gotica calligrafica italiana tarda di mano unica, a inchiostro nero, rosso per le rubriche. Lo specchio scrittorio, che misura mm 60×40, è a piena pagina di 11 linee di testo; la rigatura a secco presenta le due sole linee rettrici verticali che delimitano le linee orizzontali e la scrittura è sotto la prima linea rigata.

Il manoscritto, che attualmente presenta 3 miniature a piena pagina, ha purtroppo subito la perdita di numerose altre miniature della stessa Ross. 105, f. 118r ampiezza, ancora descritte da Tietze, la prima delle quali (f. 13r) è stata verosimilmente sottratta dopo l’apposizione della numerazione meccanica ai fogli; anche un appunto di Ambrogio M. Piazzoni, datato 7 gennaio 2003, constata la mancanza della stessa miniatura. Silva Tarouca (I, 146) elenca tutte le miniature e aggiunge che in quella a f. 18r era presente lo stemma dei Boccabella (ricca e nobile famiglia romana). L’apparato decorativo si compone, come detto, di tre fogli miniati agli incipit degli Officii; vi sono, inoltre, titoli e scrittura distintiva (es. R con taglio trasversale, responsori e lectio in rosso), sette iniziali decorate (mm 20×20), numerose iniziali minori (mm 10×15) campite (corpo della lettera in foglia d’oro e fondo porpora e blu alternato, leggere decorazioni a biacca), alcune iniziali in foglia d’oro, piccole iniziali calligrafiche filigranate rosse e blu alternate. f. 118r: pagina incipitaria, con iniziale istoriata D (mm 30×30) di Domine ne in furore, all’incipit dei Psalmi poenitentiales, mostra re Davide che solleva lo sguardo al cielo: il corpo della lettera è di colore rosa ed è inserita un una ricca bordura (mm 100×70) ad ampie volute fitomorfe dai colori brillanti come rosa, azzurro, verde, marrone sfumato, oro. f. 154r: pagina incipitaria, con iniziale istoriata D (mm 40×40) di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis, presenta il corpo della lettera rosa e giallino profilato di nero e incorniciato d’oro policromo; la lettera, di tipo onciale, mostra al suo interno una suggestiva rappresentazione della Crocifissione, con i segni della passione, i chiodi e la co-

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ROSS. 105-106

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rona di spine apposta sulla croce; intorno alla lettera si sviluppa ancora la ricca bordura ad ampie volute fitomorfe (mm 100×70). f. 162r: pagina incipitaria, con iniziale istoriata D (mm 30×30) di Dilexi quomodo, all’incipit dell’Officium mortuorum, presenta il corpo della lettera rosa e al suo interno un teschio posto su un piedistallo; la lettera è ancora inserita un una ricca bordura (mm 100×70) ad ampie volute fitomorfe dai colori brillanti come le altre pagine d’incipit. Le iniziali decorate (ai ff. 27v, 46r, 52v, 59r, 65r, 69r, le belle D di Deus in adiutorium venit e a f. 83r la C di Converte nos, di dimensioni variabili tra mm 20×20 e mm 20×25) presentano, su fondo di colore scuro, un corpo alternativamente rosa, giallo e blu sfumato con fiore interno rosa. La lettera, appoggiata a un’asta oro e porpora, sviluppa un fregio che si allunga per 80 mm verso il margine sinistro e si conclude con terminazioni fitomorfe; da queste un nuovo fregio procede verso i margini superiore e inferiore con fiori rosa, blu, fogliame verde e dischi cigliati, riprendendo gli elementi decorativi delle pagine di incipit e denotando così la tendenza ad allargare l’ornamentazione a tutta la pagina. Lo sviluppo della decorazione ad ampie volute fitomorfe nonché l’impiego di una tavolozza cromatica ben identificabile (cfr., ad es., BARSTOW, Scheda nr. 27, 173-176) fa propendere per una probabile attribuzione dell’esemplare all’Italia settentrionale e forse a Ferrara in particolare, in un arco temporale ipotizzabile nella II metà del XV secolo. Buono lo stato di conservazione del manoscritto. La legatura di tipo Rossi A è in precario stato di conservazione per quanto riguarda il dorso, che è spaccato al centro in verticale e risulta mancante di parte del capitello del taglio di testa. Tale stato di cose ha comportato la perdita parziale dell’intitolazione presente in alto sul dorso, dove si legge OFF(ICIUM) B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS). Più in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 146r; Bibl. Rossianae, II, 54r) TIETZE, Die illuminierten, 143-144 nr. 318; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 175 nr. 546; BAROFFIO, Kalendaria Italica, 470.

LAURA FORGIONE

Ross. 106 (olim VIII, 48) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 2r-13v); Officium Beatae Virginis Mariae (incipit mutilo, ff. 14r-103v); Officium mortuorum et passionis sancti Bonaventurae (ff. 105r171r); Psalmi poenitentiales, Litaniae (ff. 175r-198v); Officium passionis sancti Bonaventurae et Sanctae Crucis (ff. 199r-230r); Antiphona sancti Raphaelis (ff. 230r-231) Italia settentrionale (Veneto?), sec. XV, seconda metà

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Membr.; ff. V (I in cartoncino azzurro, II-V cart.), 232, V’ (I’-IV’ cart., il V’ in cartoncino azzurro) numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro dei fogli. La fascicolazione, regolare, presenta richiamo orizzontale al centro del margine inferiore del foglio, inserito in leggeri tratti ornamentali sui quattro lati; mm 130×90. Scrittura gotica calligrafica italiana tarda di mano unica a inchiostro nero, rosso per le rubriche, dal modulo grande e scarsamente contrastato, ancora utilizzata in pieno XV secolo per questa tipologia libraria. Lo specchio scrittorio, che misura mm 75×52, è a piena pagina di 14 linee di testo; la rigatura a secco presenta le due linee rettrici verticali delimitanti lateralmente le linee orizzontali, la scrittura comincia sotto la prima linea rigata. Bianchi ff. 1, 104, 172-174, 232.

Il manoscritto, che attualmente presenta 1 sola pagina miniata, a f. 199r, ha subìto la perdita di altre 3 pagine incipitarie decorate (ff. 105r, 157r, 175r), asportate in tempi relativamente recenti (comunque successivi all’apposizione della numerazione meccanica dei fogli), ancora descritte sia da Tietze, sia da Silva Tarouca. In particolare, per i ff. 105r e 157r la mancanza è segnalata da un appunto di Ambrogio M. Piazzoni, vice Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana; per la perdita di f. 175r l’asportazione è documentata da una nota (ancora successiva) apposta da Paolo Vian il 3 luglio 2005. La struttura ornamentale mostra, dunque, una sola pagina miniata, titoli e parti rubricate con scrittura distintiva, grandi iniziali decorate (mm 30×30 e mm 40×40), piccole iniziali filigranate a colori alternati (mm 10×10 di media), iniziali cromatiche semplici alternate rosse e blu, responsori in rosso. Ross. 106, f. 199r

f. 199r: l’unica pagina d’incipit miniata superstite introduce l’Officium passionis sancti Bonaventurae et Sanctae Crucis. Qui la D onciale figurata di Deus in adiutorium meum (mm 45×50) risaltante su fondo quadrangolare in oro mostra la Croce sul monte Golgota. La lettera ha corpo rosa con elementi verdi che la definiscono nei lati superiore e inferiore; all’interno, su fondo blu, decorato con leggeri ornamenti a biacca si erge la croce latina in oro. Dalla lettera si dipartono poi elementi fitomorfi carnosi nei colori blu, rosa e verde e un fregio che dal margine interno si allunga su tutti i quattro lati del foglio, più consistente nei margini laterale esterno e inferiore, e mostra globi aurei, fiori, foglie a voluta, ghiande.

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ROSS. 106-107

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Le 6 pregevoli iniziali decorate su fondo oro (ai ff. 45v, 51r, 56v, 61v, 67v, le D di Deus in adiutorium e a f. 76r la C di Converte nos, tutte di mm 30×30, tranne quella di f. 61v che misura mm 40×40) presentano il corpo alternativamente rosa e blu, l’interno della lettera profilato in oro e fondo blu con leggeri elementi a biacca e motivi vegetali di colore rosa, verde e oro; delicati riccioli rosa (o blu e verde) partono dalla lettera e vanno a disegnare, nel margine interno dei fogli, un lieve elemento decorativo (che si allunga in misura variabile tra i 50 ed i 90 mm), a globi aurei e piccoli fiori di color verde e giallo o giallo e rosa o, ancora, blu e giallo. Il luogo di origine ipotizzato per il manoscritto trova riscontro nella decorazione dei fregi che appare essere molto simile a quella di esemplari di provenienza veneta (per confronti si vedano esemplari proposti ad esempio in: MARIANI CANOVA, La miniatura veneta, 19, 27, 85 e fig. 78); tale similitudine si estrinseca, in particolare, nella tecnica utilizzata dal miniatore nella realizzazione degli elementi floreali, ma anche per il lavoro di penna che accompagna i globi aurei e per l’andamento delle foglie che si sviluppano dalle iniziali maggiori. Lo stato di conservazione del manoscritto è buono. Mediocre è invece quello della legatura, di tipo Rossi A ricoperta di un cartoncino azzurro, che presenta il dorso totalmente staccato dai piatti. Sul dorso, in alto, si legge OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) VIRGINIS; più in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 147r-148r; Bibl. Rossianae, II, 55r) TIETZE, Die illuminierten, 109 nr. 213; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 175 nr. 547; BAROFFIO, Kalendaria Italica, 470.

LAURA FORGIONE

Ross. 107 (olim VIII, 49) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-12v); Initia quatuor Evangeliorum (ff. 13r19r); Obsecro te (ff. 19v-23v); Horae Virginis Mariae secundum usum Parisiensem (ff. 24r-90v); Horae de Sancta Cruce (ff. 91r-97v); Septem psalmi poenitentiales (ff. 99r-116v); Officium mortuorum (ff. 117r-166v); Preces et suffragia (ff. 166v-184v) Francia (Parigi), sec. XVex. Membr.; ff. VI (I in cartoncino azzurro, come la controguardia; II-VI, cart. moderni), 184, VI’ (I’ cart. antico; II’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia); misure mm 136×88; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche, in basso a destra; scrittura gotica francese a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su una colonna (specchio di scrittura mm 78×45) di 15 linee; il f. 98, anepigrafo, avrebbe dovuto contenere l’inizio dei Septem psalmi poenitentiales che iniziano acefali a f. 99r (inc.: lavabo per singulas noctes lectum meum); rigatura a inchiostro bruno.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

L’apparato decorativo è composto da iniziali maggiori (da un minimo di mm 10×8, a f. 19v, a un massimo di mm 16×18, a ff. 51r e 117r) decorate all’interno con tralci a foglie spinose e racchiuse in riquadro campito in foglia d’oro; da iniziali medie, della medesima tipologia; da iniziali dorate inscritte in riquadri nei colori rosso e azzurro alternati e decorate con fogliami in oro; da miniature tabellari. Nei bordi dei fogli d’incipit, che presentano le miniature tabellari, sono ampie decorazioni con fiori, frutti e ampi tralci vegetali. f. 13r: foglio completamente illustrato. Al centro, in una ancona (mm 95×50), San Giovanni evangelista, accompagnato dall’aquila, suo simbolo parlante, è assiso a scrivere in un ampio Ross. 107, f. 13r paesaggio roccioso. I bordi sono ampiamente decorati con piccoli fiori, fragole, fogliami e globi dorati. Lettera iniziale I di Iniciu(m) s(an)c(t)i evangelii. f. 14v: ampio bordo, decorato come il precedente, che inquadra lo specchio di scrittura. Nella parte terminale del testo, riquadro (mm 23×28) con l’immagine di San Luca evangelista, affiancato dal toro, mentre è intento a scrivere. Entro la cornice del riquadro è la piccola inziale I di In illo tempore. f. 16v: foglio interamente illustrato secondo la tipologia precedente: All’inizio del testo riquadro raffigurante San Matteo evangelista (mm 45×32) mentre scrive allo scrittorio alla presenza dell’angelo, suo simbolo parlante. Lettera iniziale C di Cum natus esset. f. 18r: ampio fregio decorato, simile al precedente. Nella parte inferiore del testo, riquadro con San Marco evangelista (mm 32×28), affiancato dal leone. Lettera iniziale I di In illo tempore. f. 19v: ampio fregio decorato su i tre lati del testo. All’inizio del testo riquadro in cui è raffigurata la Vergine in trono con il Figlio in braccio (mm 40×31) affiancata da due angeli. Lettera iniziale O di Obsecro te. f. 24r: foglio interamente illustrato secondo la tipologia precedente con fiori, fragole tralci e globi d’oro. L’ampia miniatura tabellare raffigura la scena dell’Annunciazione (mm 98×53). Lettera iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit delle Horae Virginis Mariae. f. 51r: la miniatura raffigura la Visitazione. Ampia decorazione marginale sui tre lati secondo la tipologia precedente (mm 95×49). Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad laudes.

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ROSS. 107

f. 68r:

f. 78r:

f. 85r:

f. 91r:

f. 117r:

f. 166v:

f. 167v:

f. 169r: f. 169v:

f. 170r: f. 171v:

f. 172v: f. 173r: f. 173v:

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ampia decorazione marginale che riempie i quattro lati del foglio. La scena raffigura l’Annuncio dell’angelo ai pastori (mm 96×52). Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad primam. ampia decorazione marginale come la precedente. Nella tabella è raffigurata la Strage degli Innocenti (mm 97×53). Iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. Ad tertiam. la miniatura raffigura la Deposizione dalla Croce (mm 97×55): la Vergine sorregge il corpo di Cristo deposto ai suoi piedi; ai suoi lati si riconoscono l’evangelista Giovanni, a sinistra, e Maria di Magdala, a destra. Decorazione del tipo precedente su i quattro lati del foglio. Lettera iniziale C di Converte nos. Ad completorium. solita decorazione marginale che riempie i lati del foglio. Scena miniata raffigurante la Crocifissione di Cristo (mm 97×55): la Vergine e san Giovanni sulla sinistra, la Maddalena inginocchiata ai piedi della croce, a destra il centurione con i suoi soldati. Iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit delle Horae de Sancta Cruce. decorazione marginale del tipo precedente. Nella tabella è raffigurato Giobbe sul letamaio (mm 98×52). Iniziale D di Dilexi quoniam, all’incipit dell’Officium mortuorum. decorazione sui tre lati del foglio con fiori, tralci, fragole e globi dorati. Al centro della decorazione nel margine sinistro in una tabella (mm 38×21), pesantemente rifilata, è raffigurato Cristo benedicente. Iniziale O di O bone Ihesu. Precede l’incipit delle Preces. decorazione come la precedente. Nel margine sinistro la miniatura (mm 70×25), pesantemente rifilata, raffigura San Bernardo allo scrittoio occupa la metà del foglio in altezza. decorazione come le precedenti. Al centro del margine destro è raffigurata Sant’Anna che insegna a leggere a Maria bambina (mm 37×22). nella solita ampia decorazione a margine, a sinistra è raffigurato in una miniatura pesantemente rifilata il San Nicola e il miracolo della fanciulla (mm 38×24). nell’ampia tabella che impegna metà della decorazione del margine destro è raffigurata Santa Caterina (mm 70×239). la tabella, nell’angolo destro in basso del testo (mm 39×27), raffigura Santa Genoveffa. Intorno, su tre lati, la consueta decorazione con tralci, fiori, fragole e globi dorati. nella tabella all’incipit del testo è rappresentata Santa Cunegonda (mm 40×29). Decorazione sui tre lati del foglio secondo la tipologia precedente. nella tabella (mm 38×29) è raffigurata Santa Margherita. Il foglio è decorato sui tre lati secondo lo schema consueto. decorazione marginale nella consueta tipologia; riquadro (mm 38×37) raffigurante San Martino che divide il suo mantello con il povero.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 174v: nella tabella all’inizio del testo è raffigurato San Lorenzo con la graticola simbolo del suo martirio (mm 40×30). Decorazione marginale nella consueta tipologia. f. 175r: la tabella (mm 38×30) raffigura Sant’Antonio abate; decorazione marginale nella consueta tipologia. f. 176r: all’incipit del testo, in un riquadro (mm 40×30), è raffigurato San Cristoforo con il Bambino sulle spalle. Decorazione marginale consueta. f. 177v: al centro del testo, in un riquadro (mm 38×32), è raffigurato San Giacomo; decorazione marginale su i tre lati del foglio secondo lo stile consueto. f. 178r: il riquadro istoriato (mm 38×31) posto alla fine del testo raffigura San Giovanni evangelista con il calice; decorazione marginale del tipo consueto. f. 179r: la miniatura (mm 40×31) rappresenta Andrea apostolo con la croce del martirio; nell’angolo superiore destro la piccola iniziale A di Andreas. Decorazione marginale nella consueta tipologia. f. 179v: la miniatura (mm 39×31) al centro del testo rappresenta San Pietro. Decorazione marginale nella consueta tipologia. f. 180r: nella miniatura (mm 38×29) è raffigurato San Michele arcangelo. Decorazione marginale nella consueta tipologia. f. 180v: nella miniatura posta nella parte bassa del testo (mm 37×31) è raffigurata la Trinità. Decorazione marginale nella consueta tipologia. f. 181v: nella miniatura (mm 40×32) è raffigurata la Vergine Maria dolorosa; decorazione marginale del tipo consueto. La qualità del codice, accentuata dall’uso di una pergamena assai sottile e dalla accuratezza delle miniature, colloca questo manoscritto in uno scrittorio fiammingo, del periodo post-bourguignonne. Presenta la medesima partizione del testo e lo stesso apparato iconografico del Ross. 94. Nelle miniature sono da notare i toni pastello e il tipo di decorazione marginale su fondo monocromo d’oro, tipico di gran parte della produzione di questo atelier. Il Calendario, con cui si apre il manoscritto, riflette l’uso liturgico del Nord della Francia, ma contiene anche santi delle Fiandre, come santa Aldegonda (30 gennaio), particolarmente venerata a Gand. Buono lo stato di conservazione. A f. 185v: la sottoscrizione di un antico possessore: Melchisedec Garnier. Il manoscritto presenta la legatura ottocentesca, del tipo Rossi A. Sul dorso, a lettere dorate, si legge OFFICIUM B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) / COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 149r-150r; Bibl. Rossianae, II, 56r) TIETZE, Die illuminierten, 48-50 nr. 74; GUIGNARD, Quelques oeuvres, 360; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 175 nr. 548; MORELLO, Libri d’ore, 102.

GIOVANNI MORELLO

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ROSS. 109

Ross. 109 (olim VIII, 51) Horae diurnae (acefalo, ff. 2r-85v) – Horae Beatae Virginis Mariae (ff. 93r-187r): Prima (ff. 2r-17v); Tertia (ff. 18r-29r); Sexta (ff. 29r40r); Nona (ff. 40r-50v); Vesperae et Completorium (ff. 51r-84r); Responsium beatissimi Antonii de Padua (ff. 84r-85v); Officium mortuorum (mutilo in fine, ff. 93r-143v); Psalmi poenitentiales (ff. 144r-171r); Canticum graduum (ff. 172r-179r); Forma absolutionis plenarie indulgentie (ff. 179v-183v); Oratio sancti Augustini (ff. 183v-187r) Italia centro-settentrionale (Firenze), sec. XV, seconda metà (f. 2r) incipit: tuo salvum me fac et in virtute tua indica (f. 143v) Officium mortuorum explicit: A facie ire indignationis tue (ps 101, iniziato a f. 143r con le parole sicut fumus dies mei et ossa mea)

Ross. 109, f. 93r

Membr. (pergamena bianca non troppo sottile ben lavorata: da f. 93 in fine aumenta di spessore), sempre percepibile la differenza tra lato pelo e lato carne; ff. III (I e II cart.), 186, III’ (II’ e III’ cart.), I e III’ rinforzati in carta rossa come i risguardi sui piatti, III e I’ in pergamena moderna (il III è numerato). Numerazione moderna meccanica in basso a destra sul recto di ogni foglio. Rigatura a mina di piombo (tranne che ai ff. 87-92, a colore, forse sanguigna). Misure del codice mm 114×78. Scrittura rotunda di più mani e di diverse cronologie su un’unica colonna (mm 62×45 fino a f. 92v; da f. 93r in fine mm 62×42) di 12 linee. Il f. 1 (moderno) è bianco; i ff. 86-92 sono rigati ma non scritti. A f. 179r uno dei copisti annota la parola finis. Sul verso dello stesso foglio inizia la forma absolutionis probabilmente d’altra mano. La regola di Gregory non è rispettata a f. 143v144r, dove il quinterno finisce col lato pelo (a f. 143v il richiamo quia a fondo pagina, rimane senza rispondenza nel foglio affrontato; sul fondo una nota a matita di mano moderna appunta post 8 folios!) e il quaterno successivo inizia col lato carne. Quest’ultimo inoltre termina senza richiamo: si tratta di un’anomalia perché i richiami sono sempre presenti, almeno nella prima parte del codice (tranne f. 50v), composta interamente da quinterni. I richiami sono realizzati a inchiostro bruno, posti in orizzontale e incorniciati da sottili decori a penna.

La decorazione del codice è composta da 3 fogli miniati (ff. 51r, 60v e 93r), 1 iniziale istoriata (f. 51r), 1 iniziale figurata (f. 93r), 1 iniziale decorata maggiore (f. 144r) e 2 medie (ff. 60v, 79v). Moltissime iniziali filigranate alternativamente in rosso e blu (alte costantemente due linee di scrittura) con sottili decori in inchiostro a contrasto e letterine rosse e blu si alternano nel testo. Parte del testo dell’Officium mortuorum è in crisografia (f. 142v: Explicit officium mo(r)tuorum. Laus Deo).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 51r:

interamente miniato. Iniziale istoriata D di Dixit dominus domino meo (mm 14×21), all’incipit Vesperae et Completorium. Su campo in foglia d’oro l’immagine di Davide col libro chiuso in mano. Dal corpo rosa della lettera si diparte un ricco fregio fogliaceo arricchito da piccoli globi aurei che si snoda lungo i lati del foglio (il fregio appare rifilato sul lato esterno). Il decoro è stato malamente incorniciato con una riga rossa, forse successiva, posta a definirne i contorni. f. 60v: iniziale decorata D di Dixit dominus domino meo (mm 19×25), Ad vesperas. L’iniziale mostra le stesse caratteristiche della precedente, ma riporta al suo interno un fregio floreale realizzato a penna su fondo ocra. Dall’iniziale si diparte un fregio che si snoda sul lato esterno e superiore del foglio, come a f. 51r, con la stessa incerta riga rossa che corre tutto intorno. Il fregio non è rifilato. f. 79v: iniziale C di Converte nos Deus (mm 15×18), Ad completorium vesperarum in foglia d’oro con decorazioni in inchiostro blu. f. 93r: foglio miniato all’incipit Officii mortuorum. Miniatura (mm 37×40) riquadrata da sottile cornice d’oro raffigurante tre frati, in saio grigio: uno con croce astile, l’altro con un libro aperto e aspersorio celebra il rito, l’ultimo al centro in preghiera, inginocchiato accanto alla salma di un confratello, ma in saio marrone, posto su una barella. L’immagine è posta su fondo blu con rombi e decori in biacca. Parzialmente distaccato il verde del prato e una parte della foglia d’oro della cornice. Fregio su tutti e quattro i lati del foglio: in esso si alternano fiori, animali, la testa di un puttino che esce da un fiore, globi aurei e sottili decori a penna. In basso stemma muto (probabilmente mai realizzato) all’interno di una cornice quadrilobata in foglia d’oro e fondo blu. Nel margine superiore un rombo con le stesse caratteristiche: fondo blu e cornice oro. Iniziale figurata D di Dilexi quoniam exaudiet (mm 14×18): campo in foglia d’oro, corpo in due tonalità di rosso e foglie verdi a nocciola, fondo blu con l’immagine di un teschio. f. 144r: iniziale decorata D di Domine ne in furore tuo (mm 30×31) con le lettere della prima parola che si dispongono in verticale su tutta l’altezza dell’iniziale. L’incipit dei Psalmi penitentiales che la precede è in crisografia. Su campo d’oro, l’iniziale ha corpo in due tonalità di rosa, ripassato internamente con oro a pennello, fondo blu con decori in biacca, e racchiude un fiore dai petali rosa e pistillo aureo. Dalla lettera fuoriesce un breve fregio di foglie accartocciate; sopra e sotto sottili decori a penna definiscono fogliette campite in verde e piccolissimi globi aurei. Su lato esterno del codice la decorazione si amplia e raggiunge i bordi superiore e inferiore del foglio arricchendosi di fiori. La critica è concorde nel ritenere il codice composto di due parti provenienti da due diversi esemplari e nel collocarlo per intero entro un arco temporale racchiuso tra i secoli XV-XVI, in un’area di produzione nord italiana (TIETZE, Die

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ROSS. 109-110

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illuminerten, 140 nr. 313; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 176 nr. 550; MORELLO, Libri d’ore, 28). Dall’indagine condotta sulle due parti che compongono l’esemplare emerge come la decorazione dei fascicoli compresi entro f. 83v, considerata la più antica e di mano piuttosto mediocre, si serva di un linguaggio genericamente venetoferrarese. Per la seconda parte si suggerisce piuttosto una genesi fiorentina, compresa tra gli esemplari di contenuto liturgico prodotti dal miniatore ser Ricciardo di Nanni, la cui opera è stata ricostruita (cfr. Miniatura fiorentina, 55-66) e recentemente ampliata (BOLLATI, s.v. Ricciardo di Nanni, 907). Due Libri d’ore a lui attribuiti e forse miniati entro gli anni ‘50 del secolo XV (Venezia, Biblioteca Marciana, mss. lat. III 103 e I 91) mostrano in particolar modo caratteristiche decorative affini ai fregi del Ross. 109. I decori marginali composti da fiori, foglie appuntite e bacche, tra cui volti di putti e animali di vario genere trovano bizzarra collocazione, dichiarano un’origine comune. Inoltre le inserzioni di taglio geometrico (croci, scudi, anfore) risultano in entrambi i casi di realizzazione quasi incerta, ingenuamente inseriti nell’ordinamento spaziale della pagina. Conservazione nel complesso buona se si eccettuano: inchiostro spesso sbiadito, fogli d’incipit consunti per l’uso nel supporto e nella decorazione, sporadiche tracce di umidità visibili sui bordi inferiori, un taglio e un raggrinzimento al bordo superiore di f. 112. Legatura moderna in cuoio marrone su piatti in cartone. Dorso alla greca con cinque nervature. Sui piatti quattro borchie. Una bindella metallica si aggancia ai piatti mediante una graffa. La contrograffa ha terminazione cuspidata. Il codice mostra poi tre segnalibri a nastrino rossi cuciti al capitello superiore. Taglio dorato. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Biblioteca Apostolica Vaticana 1988. (Bibl. Rossianae, II, 58r) TIETZE, Die illuminierten, 140 nr. 313; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 176 nr. 550; MORELLO, Libri d’ore, 28.

MICHELA TORQUATI

Ross. 110 (olim VIII, 52) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 3r-14v); Officium Beatae Virginis Mariae secundum consuetudinem Romanae curiae (acefalo, ff. 16r-100r); Officium mortuorum (acefalo, ff. 102r-156r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 161r-186r); Officium Sanctae Crucis (acefalo, ff. 188r-192v); Oratio superstitiosa contra pestem (De sancto Sebastiano) (ff. 193v-194v)

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Napoli, sec. XV3-4 (f. 16r) incipit: /// set loco eius dicitur. Laus tibi domine rex eterne glorie (f. 102r) incipit: Me convertere a(n)ima mea in requiem tuam (f. 188r) incipit: ///lis cito derelictus a Iudeis est traditus (Officium Sanctae Crucis mutilo del primo foglio che poteva aprirsi con gli inni d’incipit Per signum crucis o col mattutino inc. Patris sapientia) Membr. (pergamena di buona qualità, chiara e ben lavorata); ff. I (cart.), 195, II’ (cart.); foliazione moderna meccanica nell’angolo inferiore destro di ogni recto realizzata successivamente all’aggiunta del bifolio (già mutilo dell’angolo inferiore destro), ma precedente all’asportazione dei fogli mancanti (cfr. infra). Sottilissima rigatura a inchiostro bruno tracciaRoss. 110, f. 161r ta su tutti i fogli. I ff. 158-160 sono rigati ma non scritti. Richiami orizzontali al centro del margine inferiore in chiusura di quasi tutti i fascicoli (visibili ai ff. 8v, 24v, 34v, 44v, 54v, 64v, 74v, 84v, 94v, 110v, 120v 130v, 140v, 150v, 170v, 178v); mm 127×95; un doppio foglio di dimensioni appena ridotte (mm 124×92) aggiunto in apertura di codice: il f. 1r-v resta vuoto, il f. 2r è miniato in epoca successiva. Rotunda su una sola colonna di scrittura (specchio scrittorio mm 63×48) di 13 linee. Il testo della Oratio superstitiosa contra pestem (ff. 193v-194r) è di una mano diversa da quella che verga il resto del codice. La regola di Gregory rispettata in origine, non lo è più a causa della mutilazione del codice.

L’apparato decorativo è composto da 2 pagine d’incipit (ff. 2r, 161r), 1 iniziale istoriata (f. 161r) e 7 iniziali decorate maggiori ai ff. 39r, 53r, 58r, 63v, 69r, 74r, 83v (media delle misure mm 18×22). Sono poi decorate con foglia d’oro e blu e filigrana a contrasto (rispettivamente blu e rossa) le lettere KL in apertura dei fogli del calendario (i colori si alternano ogni tre monogrammi). Numerosissime letterine in foglia d’oro e blu arricchite da decori filigranati nei medesimi accostamenti cromatici. f. 2r:

pagina d’incipit (sec. XVIII). Un fregio fito-floreale si snoda sui quattro lati del foglio, tra i fiori uno scoiattolo; in alto entro un oculo incorniciato in giallo e su fondo blu, sant’Antonio caratterizzato dal giglio bianco e il Bambino Gesù tra le braccia. In basso due putti alati sostengono uno stemma muto. All’interno della cornice l’iscrizione OFFICIUM BEATAE MARIAE VIRGINIS. Oro a pennello utilizzato per tracciare la sot-

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ROSS. 110

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tile cornice che corre internamente al fregio e alcune lettere alternate a quelle a inchiostro rosso e blu. f. 161r: pagina d’incipit. Nella D di Domine ne in furore tuo (mm 37×40), all’incipit dei Psalmi poenitentiales è Davide in preghiera, raffigurato con le mani giunte e lo sguardo rivolto al cielo da cui scendono raggi d’oro, sullo sfondo un paesaggio verdeggiante. L’iniziale su campo in foglia d’oro ha corpo in due tonalità di rosso ed è decorata con fregi vegetali. La parola (D)omine è tracciata in verticale, in oro e in blu, sul lato destro dell’iniziale. Un fregio vegetal-floreale corre lungo i quattro lati del foglio definito da sottili linee dorate e da una cornice a catena blu. Il fregio è composto da fiori blu, rossi e moltissimi piccoli globi aurei, abitato da putti con sottili collane di corallo e arricchito dalla presenza di un volatile (un fagiano?). Il foglio non presenta alcuno stemma, ma il profilo che fuoriesce da una sorta di serpente stretto tra le mani del puttino nel bas-de-page suggerisce, forse, il rimando a un’impresa che allo stato delle ricerche rimane ignota. Le 7 iniziali decorate maggiori (le iniziali D di Deus in adiutorium meum, ma non la C di Converte nos Deus, a f. 83v) possiedono caratteristiche ricorrenti. Campo in foglia d’oro, corpo nelle due tonalità di rosso chiaro e scuro con decoro in biacca. All’interno mostrano un inserto floreale su fondo blu nei colori verde e rosso. Decori in foglia d’oro. Sul lato sinistro le iniziali si arricchiscono sempre di una sottile decorazione a inchiostro bruno (lo stesso con cui si verga il testo) e globi aurei. Sono stati sottratti (come segnala una nota interna al codice, datata 20 novembre 2002) i ff. 15, 101, 187. Si trattava dei fogli d’incipit degli uffici riportati da Silva Tarouca e Tietze (che ne descrive sommariamente le iniziali istoriate). Comparivano in origine tre lettere: a f. 15r, la D di Domine labia mea all’incipit dell’Officium matutinum (la Vergine con Bambino); a f. 101r, la D di Dilexi quoniam exaudiet, incipit del salmo 114, all’Officium mortuorum (uno Scheletro a mezzo busto); a f. 187r, la D di Domine labia all’Officium Sanctae Crucis (Cristo con i flagellanti). Dai due studiosi viene inoltre segnalata a f. 15r la presenza di uno stemma laureato con leoni d’oro sostenuto da putti. Il f. 161, precedentemente asportato è stato restituito alla Biblioteca e reintegrato nel gennaio 2004. Il codice è stato con ogni probabilità prodotto a Napoli, in ambiente conventuale, forse francescano. Convincono in tal senso le presenze nel calendario di molti santi cari a quest’ordine (san Francesco, sant’Antonio, santa Chiara, dei quali vengono anche rubricate le date di traslazione, rispettivamente 25 maggio, 15 febbraio e 2 ottobre), santi d’area napoletana, come santa Restituta (17 maggio) e sant’Agnello (14 dicembre). Il nome di Bernardino segnalato in rosso il 20 maggio colloca la realizzazione del codice dopo l’anno 1450 (data di canonizzazione del santo). Ben si aggancia tale datazione a ragioni più marcatamente stilistiche che consentono di restringere il

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

campo agli anni ’70 del secolo quando, attiva a Napoli la bottega dei Rapicano, presso cui si formò tra gli altri Cristoforo Maiorana, responsabile di molti esemplari di committenza aragonese, non era ancora stato sperimentato l’uso di frontespizi architettonici all’antica e trompe-l’oeil con fogli di carta fintamente appesi che ne caratterizzerà la produzione negli anni successivi. Il Maiorana, all’opera in un codice miniato oggi alla British Library, ms. Add. 14781 (Renaissance Paintings, 99-100), è in esso responsabile di elaborati fregi che richiamano il rossiano solo per l’uso di decorazioni interne simili con fiori, bacche, puttini e uccelli. Il codice, collocato in data anteriore al 1481 mostra come il Maiorana utilizzasse già in quegli anni un linguaggio nuovo, di chiara ascendenza padovana (cfr. a tale proposito il ms. Urb. lat. 225, con antiporta purpurea e frontespizio all’antica, di sua mano). Dai codici in cui è stato riconosciuto l’intervento di Cristoforo Maiorana e distinto da quello di Cola e Nardo Rapicano (è il caso ad esempio del ms. I. B. 26 a Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III realizzato a più mani) viene confermata la familiarità che il primo aveva nei confronti dell’antico e delle sue citazioni nelle pagine miniate dei codici commissionatigli, mentre da parte del resto della bottega traspare l’uso di un linguaggio che può definirsi ‘più decorativo’. L’opera dei Rapicano, Cola e il figlio o fratello Nardo, citati nei documenti reali dal 1467 e retribuiti per opere come messali, antifonari, salteri commissionati da Ferrante e destinati alla cappella reale (TOSCANO, s.v. Rapicano, Cola, 893896) è stata oggi in qualche modo stabilita con certezza e comprende numerosi esemplari coi quali compiere confronti significativi: ad esempio il ms. Vat. lat. 6264, un messale assegnato alla produzione della bottega (anni 1480-1485, cfr. Liturgia in figura, 225-227), identico nella decorazione dell’iniziale, nel ritratto di Davide al suo interno, nelle lettere decorate e nei paffuti puttini al Ross. 110, e che mostra qualche minima differenza nella cornice che racchiude il testo, realizzata negli stessi colori, ma con intrecci meno serrati. I puttini ritornano identici anche in un codice oggi a Londra, Library of Major J.R. Abbey, ms. J. A. 3213, miniato da Cola Rapicano per il duca di Calabria Alfonso d’Aragona, re di Napoli dal 1494 (ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 77-78). Stringente risulta ancora il confronto con ritratti (san Giuseppe nella Natività di f. 100r; i volti delle guardie al sepolcro nella Resurrezione di f. 176v) e puttini posti nei fregi del Breviario conservato a Valencia, Biblioteca Universitaria, ms. 890-726 sempre di mano di Cola. Ulteriori significativi confronti sono possibili con le decorazioni di mano dei Rapicano presenti in codici di più complessa struttura quali il Breviario di Ferrante d’Aragona o il codice contenente le Epistole di Cipriano (Napoli, Biblioteca Nazionale rispettivamente ms. I B. 57 e ms. VI C. 4 databili al 1480, in Libri a corte, 115-117). In essi, nonostante siano già presenti richiami all’antico, ricorrono ancora fiori, frutti, putti e animali a colorare i fogli occupando anche il più piccolo spazio rimasto vuoto. L’antico, quindi, nei codici firmati dalla bottega non sostituisce, ma giunge semmai ad arricchire lo stile dei Rapicano che negli anni ampliano il proprio repertorio decorativo utilizzando di volta in volta soggetti sempre più vari.

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ROSS. 110-111

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Lo stato di conservazione del codice è preoccupante: mutilato di quasi tutti i fogli d’incipit mostra un danno da umidità che ne ha causato l’annerimento, soprattutto nella parte inferiore dei primi venti fogli. Sporadici fori da attacco biologico. Il primo foglio di guardia (su cui è apposta l’annotazione che segnala la perdita dei fogli) è completamente staccato dal corpo del manoscritto, un difetto di concia a f. 1, mancante dell’angolo inferiore esterno. Legatura Rossi A in mediocre stato conservativo: il dorso è quasi completamente staccato dal corpo del manoscritto lasciando scoperti i tre nervi in corda che legano i fascicoli. Sul piatto anteriore, all’interno del decoro impresso in oro, e tecnicamente affini, in alto le lettere AG e in basso BG. Al centro la Crocifissione. Sul piatto posteriore compaiono le stesse iscrizioni: al centro la Vergine col bambino in trono. Taglio dorato. Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950. (SILVA TAROUCA, I, 152r; Bibl. Rossianae, II, 59r) TIETZE, Die illuminierten, 140 nr. 314; Miniature del Rinascimento, 68 nr. 137; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 176 nr. 551; KATZENSTEIN, A Neapolitan Book, 69-97; CERESA, Bibliografia 1998, 380.

MICHELA TORQUATI

Ross. 111 (olim VIII, 53) Horae canonicae et praeces (Libro d’ore di Andrea Donati): Kalendarium (ff. 1r-12v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 13r-102v); Officium mortuorum (ff. 103r-160v); Praeces variae (ff. 161r-227r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 229r-256v); Officium Sanctae Crucis (ff. 257r-263v); Missa Beatae Mariae Virginis (ff. 264r-267v) Venezia, sec. XV, seconda metà (d.to 1468 ottobre 28) (f. 228r) colophon: Ego presbiter Iohannes Putinus de Litio hoc i (depennato) opus scirpsi (sic) magnifico et generoso viro domino Andree Donado Potestati Mecthamauti. Anno domini MCCCC LXVIII, die XXVIII mensis octubris. etc. Membr.; ff. V, 267, V’ (fogli di guardia cartacei); mm 109×73; scrittura umanistica su una colonna a inchiostro bruno, rosso per gli incipit (specchio di scrittura mm 50×35, di 13 linee di scrittura); i fogli 227v e 228v sono bianchi; numerazione meccanica moderna, in cifre arabiche, in basso a destra. Rigatura a secco. Richiami orizzontali posti al centro del margine inferiore.

L’apparato decorativo è composto da: 10 iniziali maggiori istoriate, racchiuse in riquadri in foglia d’oro e accompagnate generalmente nel bordo sinistro da una

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

decorazione a fiori di rosso e d’azzurro arricchita da globi d’oro; iniziali medie (che misurano 2 linee di testo) e minori che presentano la medesima tipologia decorativa, in rosso e azzurro alternati. Nei bordi delle pagine d’incipit ampie decorazioni con fiori dai tenui colori rosso e azzurro alternate, arricchite da foglie e globi d’oro. f. 13r: iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies (mm 30×30), all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis su foglia d’oro, con all’interno la scena della Natività. Nei quattro bordi decorazione a grandi fiori e globi d’oro. In basso, sempre su foglia d’oro, in un clipeo circondato da un serto di alloro, lo stemma abraso del priRoss. 111, f. 13r mo possessore. f. 27r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 18×18), su foglia d’oro: all’interno busto di santo. Decorazione con fiori e globi d’oro su tre margini. Ad laudes. f. 42v: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 27×20), su foglia d’oro: all’interno busto di santo. Decorazione con fiori e globi d’oro sul margine sinistro. Ad primam. f. 49r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 28×28), su foglia d’oro: all’interno busto di San Francesco, riconoscibile dalle stimmate. Decorazione con fiori e globi d’oro su tre margini. Ad terciam. f. 55r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 20×21), su foglia d’oro: all’interno busto di San Domenico. Decorazione con fiori e globi d’oro su tre margini. Ad sextam. f. 61r: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 27×27), su foglia d’oro: all’interno busto di San Pietro Martire. Decorazione con fiori e globi d’oro su tre margini. Ad nonam. f. 66v: iniziale istoriata D di Deus in adiutorium meum (mm 18×18), su foglia d’oro: all’interno Santa Chiara. Decorazione con fiori e globi d’oro sul margine sinistro. Ad vesperas. f. 76r: iniziale istoriata C di Converte nos Deus (mm 28×28), su foglia d’oro: all’interno sono raffigurati i Santi Cosma e Damiano. Decorazione con fiori e globi d’oro sul margine sinistro. Ad completorium. f. 229r: iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies (mm 32×28), su foglia

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ROSS. 111-113

d’oro, all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales: all’interno è raffigurato il Re Davide in preghiera. Decorazione come le precedenti sui quattro lati del foglio. f. 257r: iniziale istoriata D di Domine labia mea aperies (mm 30×26) su foglia d’oro, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis: all’interno Cristo in pietà. Abituale decorazione sui quattro lati del margine. Elegante codice tascabile di provenienza veneta, confermata dalle numerose feste di san Marco, rubricate nel calendario. Il f. 103 è stato asportato successivamente alla descrizione di Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 130-131) come per altro attesta la notazione a firma di Paul Canart apposta sul verso del I foglio di guardia: Die 15 mensis decembris anno 1984 Fol. 103 deficit. Quando ablatum sit, nescitur. P. Canart, caput sectionis codicum. A f. 228r si legge una lunga sottoscrizione del copista. La località di Mecthamauti è da identificare con Methamaucum, cioè Malamocco, l’attuale Lido di Venezia, e non con Chioggia come proposto nel Colophon des manuscrits occidentaux (Colophons III, 450 nr. 11072). Andrea Donati, nobile veneziano, svolse importanti incarichi per la Repubblica di Venezia. Anche la decorazione del codice sembra collegarsi a una bottega veneziana, forse a quella di Leonardo Bellini. Stato di conservazione discreto. Legatura Rossi A, con frattura sul dorso. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988; Pregare nel segreto, Roma 1994. (SILVA TAROUCA, I, 153r, 154r, 155r, 156r; Bibl. Rossianae, II, 60r) TIETZE, Die illuminierten, 130-131 nr. 283; Colophons III, 450 nr. 11072; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 177 nr. 552; LEONELLI, Le peuple, 330; MORELLO, Libri d’ore, 61; Pregare nel segreto, 52.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 113 (olim VIII, 55) Breviarii partes: Psalterium (ff. 1r-167v); Orationes sancti Christophori et sanctae Reparatae (f. 168r); Commune sanctorum, Officii (ff. 169r-291r); Orationes sancti Thomae Aquinatis, sancti Petri martiris, sancti Iohannis confessoris, sanctae Annae, sanctae Marthae, sanctae Christinae, sancti Miniati cum sociis suis, sanctae Margaritae, sancti Miniati, sancti Alexii, sancti Romuli episcopi, sanctae Clarae (ff. 291r-293v) Italia centro-settentrionale (Firenze?), sec. XV3

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 113, f. 2r

Membr. (pergamena bianca, ben lavorata); ff. VI (il I in cartoncino azzurro, II-VI cart.), 294, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino azzurro). Foliazione moderna, meccanica in basso a destra sul recto di ogni foglio. Una seconda numerazione, antica, parzialmente rifilata, è visibile nel lato superiore dei fogli da 169r in avanti, ai quali assegna la numerazione da 1 fino a 122. Da f. 169r è inoltre una terza sequenza, a registro, alfanumerica. Sottile rigatura a colore su recto e verso di ogni foglio. Richiami orizzontali alla fine di ogni quinterno visibili fino a f. 160v, mancanti a f. 168v (che resta vuoto in chiusura del quaterno, prima dell’inizio del Comune dei santi) e ai ff. 188v, 208v, 218v, 258v, 276v. I ff. 168v, 294r-v sono rigati ma non scritti. Dimensioni del codice mm 102×77. Rotunda su una sola colonna (mm 63×47) di 17 linee di scrittura fino a f. 30v e 17 o 18 da f. 31r in fine. Inchiostro bruno, più scuro nella seconda parte del codice (ff. 169-292) e probabili cambi di mano da f. 168r in avanti, in corrispondenza dell’interruzione della decorazione.

2 pagine d’incipit (ff. 1r, 2r) e iniziali decorate ai ff. 1r, 2r, 26r, 34v, 50r, 61v, 73r, 92r, 108r, 138v. Moltissime iniziali (alte costantemente due linee di scrittura) alternate in rosso e blu con decori a penna nel colore a contrasto e letterine negli stessi colori. Titoli e indicazioni liturgiche rubricati (ma ai ff. 189r195r, 198r-201 i titoli rossi dei responsori e delle antifone sono in inchiostro marrone). Da f. 168r in avanti la decorazione si interrompe e si incontrano solo gli spazi riservati alle iniziali sovramodulate in cui è visibile l’indicazione della lettera mai realizzata e semplici letterine a inchiostro rosso e blu alternati. f. 1r: pagina d’incipit. Iniziale P di Primo dierum (mm 44×22), in apertura del Psalterium. La lettera ha corpo e fondo rosa con decori in biacca (forti cadute di colore per il corpo sottolineato in ocra); poggia su campo in foglia d’oro e ha brevi decori fogliacei in verde e blu. Il testo è interamente incorniciato da un fregio fito-floreale nella stessa cromia, arricchito da piccoli chicchi d’oro e sottili decori a inchiostro bruno. Il fregio appare rifilato ai bordi superiore e destro. f. 2r: pagina d’incipit. Iniziale B di Beatus vir (mm 25×27), in apertura del salmo 1. Corpo della lettera verde, blu e rosa con brevi terminazioni fogliacee, fondo blu con decori in biacca delimitato da inserzione color ocra. Campo in foglia d’oro. Decoro marginale identico a quello del foglio precedente con qualche aggiunta floreale, anch’esso rifilato.

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ROSS. 113

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Le altre iniziali decorate mostrano identiche caratteristiche: alternanza dei colori rosa, blu, verde e tocchi d’arancio per il corpo e il fondo dell’iniziale, decori interni in biacca, campo in foglia d’oro. Brevi terminazioni vegetali e chicchi d’oro. Si trovano a: f. f. f. f. f. f.

26r: 34v: 50r: 61v: 73r: 92r:

D di Deus Deus meus respice in me (mm 16×18), all’incipit del salmo 21. D di Dominus illuminatio (mm 24×25), all’incipit del salmo 26. D di Dixi custodiam (mm 20×22), all’incipit del salmo 38. D di Dixit insipiens (mm 24×25), all’incipit del salmo 52. S di Salvum me fac (mm 23×23), all’incipit del salmo 68. E di Exultate Deo (mm 22×22), all’incipit del salmo 80.

Sembrano differire le due iniziali a f. 108r e f. 138r, solo apparentemente coerenti col resto dell’apparato decorativo. Coincidono il campo in foglia d’oro e le terminazioni vegetali con piccoli globi aurei, ma l’uso del colore per il corpo e il fondo delle lettere si discostano dai modi utilizzati in precedenza. Sono la C di Cantate domino (mm 23×26), all’incipit del salmo 97, e la D di Dixit dominus domino (mm 19×22), all’incipit del salmo 109. Per queste è forse ipotizzabile l’intervento di un’altra mano. La decorazione del codice termina a f. 168r. Salmon riconosce nel piccolo codice contenuti liturgici d’area toscana (probabilmente fiorentina) ma suggerisce per la decorazione l’intervento di un artista nord italiano, forse lombardo (SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 157 nr. 323) sulla base di quanto già detto da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 123 nr. 258). Si propone, tuttavia, di collocare il Ross. 113 in un ambito di produzione fiorentino anche, e soprattutto, per i significativi confronti che è possibile effettuare con la produzione vicina alla figura di Francesco di Antonio del Chierico negli anni ’70-’80 del secolo XV. In particolar modo risulta stringente la citazione dell’opera del maestro Bartolomeo di Domenico di Guido (Miniatura fiorentina, 164; BOLLATI, s.v. Bartolomeo di Domenico di Guido, 63), coetaneo di Francesco di Antonio e attivo nel capoluogo toscano intorno alla seconda metà del secolo XV. Il Libro d’ore ms. Add. 11528 (London, British Library), databile al 1476, mostra forti affinità decorative col rossiano in esame e rientra nell’attività di un artista che, come sottolineato dalla Garzelli nella prima ricostruzione del corpus di Bartolomeo, «non era nuovo al settore [del libro d’ore]», risultando il suo nome in un documento datato 12 agosto 1467 che lo cita in pagamento «per fare uno principio di penello a uno libricino di donna» (Miniatura fiorentina, 167). Cfr. Ross. 652 in questo catalogo. Codice in buono stato di conservazione se si eccettuano alcune macchie scure visibili sul bordo esterno dei fogli compresi tra 146 e 176 e tra 246 e 294, la consunzione dei fogli d’incipit e i danni alla legatura. Legatura Rossi A, pelle marrone, decori a secco e in oro, in pessimo stato di conservazione. Il dorso è completamente staccato e molto fragile al tatto; sono vi-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

sibili i nervi delle cuciture sotto la consunta carta di protezione. Sul dorso, a lettere capitali in oro si legge: in alto HORAE / NOCTURNAE / ET DIURN(AE) / RIT(UALIS) ROM(ANI), in basso COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Taglio dorato. (SILVA TAROUCA, I, 157r; Bibl. Rossianae, II, 62r) TIETZE, Die illuminierten, 123 nr. 258; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 157 nr. 323.

MICHELA TORQUATI

Ross. 115 (olim VIII, 57) Breviarium Latinum, pars secunda: a Pascha usque ad anni finem (ff. 3r-520r). Breviarii Germanici, pars aestiva: Proprium de tempore: In sanctissima nocte Paschae ad vesperas (ff. 3r-193v); Homeliae viginti quinque dominicarum post festum Trinitatis usque ad Adventum domini (ff. 194r-226r); Proprium sanctorum (ff. 227r-520r) Area tedesca (Boemia?), sec. XV, metà Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata anche se talvolta risulta varia nella consistenza dei fogli, ma sempre liscia al tatto); ff. VIII (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VI cart. moderni; VII-VIII membranacei anepigrafi), 520, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso del foglio, spesso interamente o parzialmente rifilati; indicazioni di registro probabilmente alfanumeriche, sul recto del foglio, visibili solo a f. 355r, perché tutte rifilate; mm 118×80; scrittura bastarda di un’unica mano a inchiostro bruno e rosso; specchio scrittorio (mm 83×50) a piena pagina di 25 linee di scrittura; rigatura probabilmente a matita, ma non più visibile perché completamente cancellata, il f. 226v è anepigrafo; il codice si apre con il lato carne del primo foglio di guardia.

Ross. 115, f. 299v

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 16 iniziali maggiori, a carattere fito-zoomorfo; 1 pagina di incipit; 3 iniziali filigranate (ff. 45v, 73v, 504v); numerose iniziali calligrafiche alternativamente rosse e blu; capilettera rossi e

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ROSS. 113-115

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blu; letterine rilevate in rosso; segni paragrafali blu nei primi dieci fogli del codice; talvolta sono visibili le letterine guida rubricate per le iniziali calligrafiche; cadelle e piccoli volti angelici o mostruosi che nascono da lettere all’interno del testo, per poi disporsi nei margini inferiori. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 3r, 44v, 59r, 80v, 228v, 265r, 286v, 287v, 299v, 300v, 371r, 405r, 437v, 472r, 481r, 503r. f. 3r:

f. 44v:

f. 59r:

f. 80v:

f. 228v:

f. 265r:

iniziale V di Vespere autem sabbati (mm 24×23), all’incipit del Temporale; la lettera verde, decorata con un motivo vegetale nella parte curva della gobba, si inscrive in uno spazio riservato profilato in porpora, mentre il campo al suo interno è rivestito di spessa foglia d’oro. La pagina di incipit è poi qualificata, nel bas-de-page, da un fregio fitomorfo policromo (blu, porpora, verde) con inserti in lamina metallica che prende vita dalla I di In illo tempore, all’incipit di MC 16. Vi è infine un’ulteriore lettera calligrafica aurea media (I di In sanctissima nocte, mm 20×18), proprio al di sopra della V. iniziale E di Exivi a patre (mm 23×26), all’incipit dell’antifona In sancta nocte; la lettera ha il corpo in lamina metallica sottile e lavorata a volute fitomorfe, appena visibili. Il fondo su cui si staglia le E è campito in blu, mentre lo spazio riservato è percorso da una linea color porpora. La decorazione è infine completata da una filigranatura a inchiostro verde, nella parte sinistra dell’iniziale. iniziale S di Si diligite me (mm 22×21), all’incipit dell’antifona Super omnia laudate; il corpo della lettera è realizzato in viola, decorato con un elemento vegetale rialzato in biacca, mentre il fondo della S è lavorato in foglia d’oro. Dall’iniziale nasce il fregio vegetale verde e viola, che si dispone lungo il margine laterale per poi svilupparsi in quello inferiore, arricchito da elementi in lamina metallica. iniziale S di Sacerdos in eternum (sic) (mm 25×25), all’incipit dell’antifona In festo corporis Christi; è della medesima tipologia della precedente, si distingue però per una diversa scelta nella tavolozza pittorica: il corpo della lettera è infatti di color porpora, su un fondo ugualmente lavorato in foglia d’oro, ma riquadrato in azzurro. Anche in questo caso il fregio policromo (blu, porpora e verde) con motivi in lamina aurea nasce dalla S per occupare il margine laterale e in minima parte quello inferiore. iniziale T di Tiburtius et Valerianus (mm 21×23), all’incipit della prima delle vite del Proprium sanctorum; il corpo è in lamina metallica, mentre lo spazio riservato è di colore verde; dall’asta della T nasce il piccolo motivo fitomorfo in porpora e verde. iniziale S di Solemnitates nobis (mm 20×25), all’incipit di un’antifona; il corpo è stato realizzato in metallo aureo, mentre lo spazio isolato dalla curva della S è color porpora decorato con palmette di profilo, anch’esse del medesimo colore, ma in una tonalità più chiara. Dalla lettera nasce il fregio, fitomorfo e policromo (porpora, viola, verde) con elementi

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f. 286v:

f. 287v:

f. 299v:

f. 300v:

f. 371r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

in foglia d’oro, che si sviluppa nei margini laterale e inferiore, con terminazioni a forma di piccole fragole. iniziale E di Exurgens autem (mm 22×24), all’incipit dell’antifona In festo visitationis; il corpo di colore verde è decorato con le consuete palmette realizzate in una tonalità più chiara, il fondo della lettera è lavorato a lamina metallica; il campo è infine profilato in viola. iniziale Q di Quamquam fratres (mm 18×20), all’incipit di un’antifona; anche in questo caso la lettera color porpora è arricchita da palmette, mentre il fondo su cui è collocata è campito in blu con leggerissime decorazioni; la coda della Q ha le sembianze di una cicogna dal piumaggio verde e blu e si dispone lungo lo specchio scrittorio a guisa di fregio laterale. iniziale S di Sancti per fidem (mm 25×25), all’incipit di un’antifona; ancora una volta il corpo azzurro della lettera è qualificato dalle palmette realizzate a biacca, mentre lo spazio riservato è in foglia d’oro con riquadro di color porpora. Il fregio vegetale policromo (porpora, blu, verde con elementi in foglia) prende vita dalle zampe di un volatile visto di profilo, le cui ali nascono dal corpo della lettera. iniziale B di Beatus Kylianus (mm 23×20), all’incipit della vita di tale santo; il corpo color ocra sta forse a indicare che la lettera era stata lavorata con dell’oro musivo, mentre lo spazio a essa riservato è profilato in rosso; è di nuovo presente il fregio policromo (ocra, verde, blu e rosso) di tipo fito-floreale. iniziale C di Celebrabitis Deum (mm 21×21), all’incipit di Exodus 12,14; la lettera è della medesima tipologia delle precedenti, con il corpo di colore viola, il campo in lamina metallica e lo spazio riservato riquadrato in verde.

Le medesime caratteristiche si ritrovano anche nelle seguenti lettere: f. 405r: iniziale O di Ortus conclusus (mm 20×23), all’incipit di Prima ad matutinum. f. 437v: iniziale O di Omnes fideles (mm 19×20), all’incipit di In festo sancti Michaelis Archangeli. f. 472r: iniziale S di Sanctificavit dominus (mm 22×23), all’incipit di un’antifona. La lettera è realizzata con inchiostri colorati, mentre il corpo di colore verde è arricchito da palmette in ocra, forse base per l’applicazione dell’oro musivo; lo spazio riservato è invece color porpora con un motivo a palmette realizzato a risparmio. Il fregio è infine rubricato e filigranato nel margine laterale. f. 481r: iniziale L di Legimus in (mm 22×20); con il corpo in foglia d’oro e su uno spazio riservato blu riquadrato di porpora; da essa nasce il fregio fitomorfo policromo (verde, porpora e blu con elementi in lamina metallica). f. 503r: iniziale F di Fons ortorum (sic, mm 35×25), all’incipit di un’antifona (Fons hortorum); dal corpo di colore viola decorato con elementi vegetali, dall’asta verticale si allunga nel margine laterale per diventare fregio fitormofo

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ROSS. 115

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nel margine inferiore, tutto decorato come l’iniziale nel lato e poi verde, viola e blu nell’inferiore. Sono presenti sempre gli elementi in foglia. Alcuni degli elementi che caratterizzano questo piccolo e raffinatissimo codice – il corpo delle iniziali percorso da un tralcio di acanto realizzato in biacca (che richiama la cultura figurativa diffusa tra Francia meridionale e Boemia all’aprirsi del sec. XV), l’eleganza dei fregi nei quali foglie di acanto ‘accartocciate’, dalla policromia alterna in cui dominano il rosa intenso e l’azzurro, si avvolgono intorno a sottili tralci verdi desinenti in bottoni dorati, le presenze zoomorfe rese con grande attenzione naturalistica e colori lussureggianti (si veda ad esempio l’iniziale S di f. 299v) – consentono di assegnarne l’apparato decorativo a un maestro boemo e di collocarne la datazione agli anni Quaranta del Quattrocento. È possibile inoltre accostare il codice a esemplari presenti nella stessa collezione rossiana: si propone il confronto con il Salterio, Ross. 750 (cfr. scheda in questo catalogo) oppure con la Summa confessorum di Johannes de Freiburg, Ross. 953 (cfr. scheda in questo catalogo), datato quest’ultimo al 1452, ma certo di qualità esecutiva meno raffinata. In questi esemplari, e così nel Ross. 115, si può proporre un coinvolgimento significativo del calligrafo nella realizzazione a pennello e tempera delle stesse iniziali decorate. Non sono nulla di più, infine, che una suggestione, le analogie con la decorazione del Messale del vescovo Pietro Donato, ms. Vat. lat. 8700 (per il quale MANZARI, Scheda nr. 11; DE MARCHI, Scheda nr. 84), che appaiono comunque significative per l’individuazione dell’ambito di produzione. Un collegamento con la miniatura di ambito tedesco, ma con forti influenze fiamminghe, sembra inoltre confermato dal confronto ad esempio con il Libro d’ore, Oxford, Bodleian Library, ms. Douce 93, assegnato al c.d. Maestro di Gijsbrecht van Brederode (PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts 1, 17, nr. 218, tav. XV, 218a e 218b). Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono e l’esemplare non sembra aver subito restauri. Si segnalano però difetti di concia a f. 231, nel margine inferiore, e a f. 516, nel margine esterno. Sono poi presenti anche interventi a rattoppo, tutti ormai privi del filo, visibili a f. 271 nell’angolo inferiore, a f. 399 dove il perimetro della cucitura è percorso da una linea a inchiostro rosso, ai ff. 426, 514 e 519, tutti nel margine inferiore. Legatura Rossi A in pessime condizioni, poiché il dorso risulta completamente staccato dalla compagine dei fascicoli e questo ha portato alla necessità di proteggere il manoscritto con una sovraccoperta di pesante cartoncino color porpora. Sul dorso in alto si legge: BREVIARIUM; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, I, 158r; Bibl. Rossianae, II, 64r) SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 158 nr. 324.

SILVIA MADDALO – EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 118 (olim VIII, 60) Horae canonicae (Libro d’ore all’uso di Rouen): Kalendarium (ff. 1r-12v); Initia Quatuor Evangeliorum (ff. 13r-18v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 21r78r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 80r-100v); Officium Sanctae Crucis (ff. 101r-107v); Officium de Sancto Spiritu (ff. 108r-113v); Preces (ff. 114r127v); Officium defunctorum (128r173r); Preces (174r-183r) Francia (Rouen), sec. XVex.

Ross. 118, f. 13r

Membr.; ff. VIII (I-II in cartoncino giallino come la controguardia; III-VIII cart. moderni), 183, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino giallino come la controguardia cartacei); mm 205×118; scrittura gotica libraria, vergata con inchiostro nero, su una colonna di 15 linee (specchio di scrittura mm 90×70), i ff. 19r-v, 20r-v, 78v, 79r-v, 173v sono bianchi; numerazione meccanica moderna; ampi margini bianchi; rigatura a inchiostro rosso.

L’apparato decorativo è composto da 14 pagine d’incipit interamente illustrate e decorate a enfatizzare l’inizio del testo; miniature tabellari; iniziali maggiori racchiuse in riquadro a foglia d’oro (misurano costantemente mm 42×34 ca.); iniziali medie e minori (alte rispettivamente due e una linea di testo) a foglia d’oro, inscritte in riquadri dai colori azzurro e viola alternati e decorate con fogliami in oro. Le miniature tabellari sono inquadrate da ricche decorazioni con fiori, frutti e ampi tralci vegetali. Tutti i fogli sono accompagnati da una vasta banda decorata su foglia d’oro con piante fiorite, tralci e vasi a colori alternati azzurro e violaceo con globi d’oro e filigrane (mm 90×34). f. 13r:

f. 21r:

i Quattro Evangelisti con i loro simboli parlanti. Ampia decorazione a tutta pagina con bande fiorite, piante fiorite, tralci e drôleries. Si notano: uomo che esce da un guscio di lumaca, nel margine destro, e un animale fantastico metà leone e metà cervo, in basso. Bande colorate trasversali con decorazioni fitomorfe. Iniziale I di Inicium sancti evangelii. splendida scena di Annunciazione (mm 88×67): la Vergine è seduta davanti al leggio, sotto un elaborato baldacchino gotico, mentre riceve il saluto da un angelo dalle grandi ali, rivestito di un bellissimo mantello arabescato e recante un lungo cartiglio su cui si legge il testo del saluto angelico. Margini decorati color oro, con fragole, fiori e animali fantastici:

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ROSS. 118

f. 33r:

f. 47r:

f. 54r:

f. 58r:

f. 62r:

f. 66r:

f. 73r:

185

a lato uomo con celata e corpo di sfinge; in basso uomo con testa di pecora che esce da una chiocciola. Iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis. la miniatura tabellare raffigura la Visitazione (mm 88×67): all’incontro della Vergine Maria con santa Elisabetta assistono due angeli; sullo sfondo in un dolce paesaggio una città con alte torri rettangolari. Margini decorati come i precedenti: nel margine destro si nota un uomo che raccoglie grandi grappoli d’uva; in basso invece un uomo suona una cornamusa. Iniziale D di Deus in adiutorium meum. Ad laudes. la scena miniata illustra la Natività (mm 85×67), ambientata sotto una grande capanna, illuminata da un raggio dorato che scende dall’alto. Elaborata decorazione marginale in basso dove è raffigurata una grande fontana dalle cui bocche leonine sgorga acqua che forma un laghetto a cui si abbeverano una gru e un uccello. Iniziale D di Deus in adiutorium meum. Ad primam. la miniatura tabellare raffigura l’Annuncio ai pastori (mm 91×67), che vegliano con il loro gregge. Un angelo appare dall’alto sopra una città fortificata recante un cartiglio su cui si legge: Puer natus est. Nella decorazione marginale inferiore un grande vaso fiorito di garofani; in quella di destra due uccelli multicolori. Iniziale D di Deus in adiutorium meum. Ad tertiam. la scena dell’Adorazione dei Magi (mm 90×66) è ambientata sullo sfondo di una città turrita. Nella decorazione marginale sono compresi anche piccoli animali e uccelli. Iniziale D di Deus in adiutorium meum. Ad sextam. il foglio contiene la miniatura che raffigura la Presentazione al Tempio (mm 79×67): Maria rivestita di un mantello azzurro, inginocchiata davanti all’altare, presenta il Bambino con san Giuseppe alle sue spalle. Dietro l’altare un vescovo in abiti liturgici, accompagnato da un accolito, si appresta a accogliere con un panno il Salvatore. Ampia decorazione su i quattro lati del foglio con viole, garofani, grappoli d’uva. Animali fantastici nei margini destro e in basso. Iniziale D di Deus in adiutorium meum. Ad nonam. l’ampia miniatura presenta la scena della Fuga in Egitto (mm 80×67): Maria con il Bambino sull’asino, condotto da Giuseppe e accompagnato da un angelo. Decorazione marginale con il consueto apparato vegetale e animali fantastici. Iniziale D di Deus in adiutorium meum. Ad vesperas. la grande miniatura tabellare presenta la scena dell’Incoronazione della Vergine (mm 77×64): Maria riceve la corona, portata da due angeli, mentre è inginocchiata dinanzi a Dio Padre, in abiti pontificali e con il triregno. Decorazione lungo i margini con il solito apparato fitomorfo e la presenza di animali fantastici. Iniziale C di Converte nos Deus. Ad completorium.

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186 f. 80r:

f. 101r:

f. 108r:

f. 128r:

f. 174r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la pagina d’incipit contiene la raffigurazione di Davide in preghiera, rivestito degli abiti regali. Nella consueta decorazione vegetale dei margini si nota un uccello nel margine destro ed una coppia mostruosa di animali con la stessa testa. Iniziale D di Domine ne in furore tuo, all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales. la miniatura presenta la scena della Crocifissione (mm 85×66), con Cristo in croce tra i due ladroni. A sinistra la Vergine è confortata da Giovanni e Maria Maddalena, mentre a destra si nota il gruppo degli armati preceduto dal centurione. Nei margini ampia decorazione fitomorfa in cui sono compresi, a destra, un gallo e, a sinistra, due animali, in uno dei quali si riconosce un dragone. Iniziale decorata D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis. presenta la scena della Discesa dello Spirito Santo (mm 83×65), sotto forma di raggi, sopra Maria Vergine e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo, tra i quali a destra si riconosce Pietro. Nella consueta decorazione marginale con foglie e fiori si trovano anche grappoli d’uva e piccoli animali. Iniziale D di Domine labia mea aperies, all’incipit dell’Officium de Sancto Spiritu. l’Ufficio dei defunti si apre con la miniatura raffigurante la scena di un funerale (mm 77×67). Il defunto, racchiuso in un sudario, sta per essere seppellito nella fossa scavata nel terreno, alla presenza di due sacerdoti e di un accolito nonché dei membri della confraternita della Buona Morte rivestiti con il sacco ed il cappuccio nero. Decorazione marginale consueta che presenta, in basso, uno scheletro con una lunga freccia capovolta in mano, mentre nel margine di destra è dipinto un risorgente, a cui è stata successivamente ritagliata la testa. Iniziale D di Dilexi quoniam exaudiet all’incipit dell’Officium defunctorum. la miniatura raffigura la scena della Deposizione dalla Croce (mm 79×64): Cristo è adagiato sulle ginocchia della Vergine, con a sinistra san Giovanni e a destra una donna (Maddalena?), vestiti in abiti contemporanei. Nel margine inferiore sono invece i committenti del manoscritto, ambedue inginocchiati e con in mano cartigli di invocazione, a sinistra il marito, presentato da un santo vescovo, a destra la moglie presentata da Giovanni Battista. Iniziale D di Douce Dame de misericorde, all’incipit delle Preces.

Manoscritto molto elegante. Il testo è scritto su fogli con ampi margini bianchi in parte occupati da una decorazione su foglia d’oro con elementi vegetali, come foglie, fiori, piante, fragole, di vario colore, e putti, che accompagna il testo, alternativamente a destra e a sinistra. I fogli che contengono l’inizio delle singole parti del Libro d’ore sono invece decorati su tutti e quattro i margini, con lo stesso tipo di decorazione, arricchita da animali mostruosi e fantastici e personaggi diversi. Un’ampia miniatura tabellare precede l’inizio del testo. Il calendario, in francese, presenta i nomi dei santi in oro, rosso e azzurro.

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ROSS. 118-119

Il manoscritto è stato redatto in uno scrittorio di Rouen, come indica il calendario, che contiene l’indicazione delle feste di diversi santi, venerati nella diocesi, come sant’Ouen, di cui sono indicati almeno tre ricorrenze, nonché una precisa indicazione, al 3 dicembre, in cui è rubricata Les Reliques de Notre Dame de Rouen. Anche la decorazione è tipica della scuola di Rouen. Buono lo stato di conservazione. Legatura Rossi A, con frattura sul dorso. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM / B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 166r-167r; Bibl. Rossianae, II, 67r) TIETZE, Die illuminierten, 47-48 nr. 72; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 177 nr. 554; MORELLO, Libri d’ore, 76.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 119 (olim VIII, 61) Horae canonicae: Oratio ad Beatam Mariam Virginem (Obsecro te) (ff. 1v-5r); Kalendarium (ff. 6r-17v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 18r-62v); Officium Sanctae Crucis (ff. 63r-66v); Officium de Sancto Spiritu (ff. 67r-69r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 70r-89v); Officium mortuorum (ff. 90r-125r); Lectiones et precationes variae (ff. 127r-135v) Francia (Poitiers?), sec. XV Membr.; ff. V, 135, V’ (fogli di guardia cartacei); mm 210×144; foliazione meccanica, nell’angolo esterno del margine inferiore; scrittura gotica libraria, a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su una colonna di 13 linee (specchio di scrittura mm 90×60); rigatura a inchiostro ocra; richiami nel margine inferiore in parte scomparsi con la rifilatura del foglio per la legatura. I ff. 5v, 69v, 125v-126v sono bianchi.

L’apparato decorativo è composto da: 7 pagine d’incipit con scena miniata ospi-

Ross. 119, f. 44v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tata in riquadri centinati; nei bordi dei fogli d’incipit che presentano le illustrazioni sono ampie decorazioni con fiori, tralci vegetali, globi e foglioline d’oro; i fogli del calendario, cosi come quasi tutti i fogli del testo presentano, in genere sul margine destro, o su quello sinistro, un’ampia banda decorata, con fiori, racemi, globi e foglioline trilobate in oro; iniziali maggiori racchiuse in riquadro a foglia d’oro o di colore azzurro decorate da vasi con fiori o da racemi nelle pagine d’incipit; iniziali medie (misurano di media due linee di scrittura), inscritte in riquadri dai colori azzurro e rosaceo alternati su foglia d’oro e decorate all’interno con fiori o racemi fioriti; iniziali minori in oro in campo azzurro, il fondo decorato in rosa e biacca, alternativamente in campo rosa, il corpo in azzurro e biacca. f. 18r:

f. 29r:

f. 44v:

f. 55r:

f. 60r:

pagina d’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis completamente miniata con ampia decorazione marginale, comprendente fiori dipinti (garofani e viole), vasi di fiori, piante fiorite e globi d’oro. Nel margine in basso due uccelli. La scena dell’Annuncio a Maria (mm 84×62), è raffigurata in una elegante architettura gotica. Lettera iniziale D di Domine labia mea aperies (mm 20×30). Ad laudes. pagina d’incipit completamente miniata con ampia decorazione marginale, comprendente fiori dipinti, piante fiorite, globi e foglioline trilobate d’oro. Nel margine in basso un leprotto. La miniatura (mm 83×62), raffigura l’Orazione di Gesù nell’Orto degli Ulivi. Iniziale D di Deus in adiutorium meum (mm 29×34), su fondo azzurro bordato d’oro: l’interno della lettera è completamente occupato da una composizione geometrica a piccoli quadrati rosso e azzurro alternati. Ad primam. pagina d’incipit completamente miniata con ampia decorazione marginale con fiori, tralci e piante fiorite, globi e foglioline trilobate d’oro. Nel margine a sinistra un uccello. La miniatura (mm 83×62) raffigura Gesù dinanzi a Pilato. Iniziale D di Deus in adiutorium meum (mm 29×35). Ad tertiam. pagina d’incipit completamente miniata con ampia decorazione marginale con fiori, tralci, globi e foglioline trilobate d’oro. La miniatura (mm 82×62), raffigura il momento in cui Cristo è inchiodato sulla croce; sulla sinistra il gruppo dei dolenti con Maria, Giovanni e le Pie donne. Iniziale D di Deus in adiutorium meum (mm 20×29). Ad sextam. pagina d’incipit completamente miniata con ampia decorazione marginale con fiori, tralci, globi e foglioline trilobate d’oro. La miniatura (mm 85×62) raffigura Gesù in croce tra i due ladroni; sulla sinistra la Vergine Maria abbandonata tra le braccia di Giovanni, alle loro spalle le pie donne; sulla destra il gruppo dei cavalieri preceduti dal centurione. Nel margine inferiore della decorazione tre manigoldi seduti si giocano ai dadi le vesti di Cristo. Lettera iniziale C di Converte nos (mm 21×27). Ad completorium.

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ROSS. 119

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f. 70r:

pagina d’incipit dei Septem psalmi poenitentiales interamente illustrata: la scena miniata (mm 82×62) raffigura il Giudizio finale: Cristo giudice in una mandorla d’oro mostra i segni della Passione, mentre ai suoi lati due angeli tubicini soffiano nelle trombe del Giudizio. In basso i morti sorgono dalle tombe. Ampia decorazione su i quattro lati del foglio, con due evidenti cancellazioni a nascondere forse due scritte in caratteri aurei. Lettera iniziale D di Domine ne in furore (mm 29×30). f. 90r: pagina d’incipit dell’Officium mortuorum interamente illustrata: la miniatura (mm 86×62), raffigura la scena di un funerale. Il sacerdote asperge il feretro posto per terra e ricoperto da un elegante tappeto azzurro ingentilito da piccoli globi d’oro, alla presenza di due membri di una Confraternita, vestiti con il caratteristico sacco e cappuccio nero. Iniziale D di Dilexi quoniam exaudiet (mm 28×35). f. 135r: pagina d’incipit dell’Officium de sancto Antonio, iniziale decorata V di Vox de celis (mm 20×28). Il manoscritto è stato realizzato probabilmente in un atelier della diocesi di Poitiers, come suggerisce l’indicazione dei numerosi santi venerati nella diocesi rubricati nel calendario. Il ricco apparato illustrativo, dai colori assai brillanti, ora in parte rovinati, è mancante di quattro fogli d’incipit, precisamente quelli tra i ff. 39-40, 48-49, e 51-52, asportati precedentemente alla numerazione meccanica, e quello a f. 63, asportato successivamente. Il testo ai ff. 1-5, di altra mano, è stato aggiunto successivamente. Lo stile delle miniature e delle decorazioni marginali è da assegnare a una scuola della Francia centrale. La miniatura a f. 18r, dove anche la decorazione marginale è differente da quella degli altri fogli, è di mano diversa e sembra orecchiare lo stile del Maestro delle Ore Bedford (cfr. London, British Library, ms. Add. 18850). Discreto lo stato di conservazione. Legatura Rossi A, con frattura sul dorso. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM / B(EATAE) V(IRGINIS) / MA(RIAE), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 168r, 169r, 170r; Bibl. Rossianae, II, 68r) TIETZE, Die illuminierten, 41-43 nr. 68; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 178 nr. 555; MORELLO, Libri d’ore, 96.

GIOVANNI MORELLO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 120 (olim VIII, 62) Horae canonicae: Kalendarium (ff. 1r-6v); Lectiones et orationes diversae (ff. 8r-24r); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 24v-70r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 71r-86r); Vigiliae mortuorum (ff. 87r118r); Suffragia (ff. 118r128r); Preces variae (ff. 128v-143r) Francia, sec. XVIin. Membr.; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni), 143, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); mm 204×140; foliazione meccanica, nell’angolo esterno del margine inferiore, in alcuni fogli (ad es. ai ff. 71r e 87r) associata a una foliazione manuale, pure moderna a lapis e in cifre arabiche, realizzata in alto sul margine destro; scrittura gotica libraria, a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su una colonna di 19 linee (specchio di scrittura mm 134×87); corsiva d’epoca successiva per le preghiere che occupano i ff. 142v-143v; i ff. 7r-v, 70v, 71v sono bianchi. Rigatura a inchiostro rosso (20 righe orizzontali, 2 verticali). Richiami verticali posti in prossimità della cucitura (visibili ai ff. 15v, 40v, 48v, 56v, 64v, 78v, 86v, 102v, 110v, 118v, 126v, 134v). Ross. 120, ff. 24v-25r

L’apparato decorativo è composto da 8 grandi tavole miniate (le cui misure date volta per volta, saranno solo indicative). Le 7 iniziali maggiori (tre linee di scrittura in media) agli incipit delle ore della Vergine, sono figurate e vengono inscritte in riquadri dai colori azzurro e viola partiti o su fondo azzurro con arabeschi. 251 iniziali medie introducono le preghiere. Sono alte due (più raramente tre) linee di scrittura, sono figurate con le immagini di Cristo, santi, la Vergine e Dio Padre, hanno corpo in oro. Le iniziali minori, anch’esse in oro, sono inscritte in riquadri dai colori azzurro e viola partiti. f. 7v: ampia miniatura tabellare che riempie l’intero foglio. In una elaborata cornice architettonica di gusto antiquario è raffigurato l’Evangelista Giovanni con accanto l’aquila, suo simbolo parlante, mentre seduto per terra è intento a scrivere l’Apocalisse. Sullo sfondo appare in cielo la Vergine con in braccio il Bambino poggiante su una falce di luna, in un bellissimo paesaggio nordico attraversato da un corso d’acqua.

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ROSS. 120

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f. 24v: ampia miniatura tabellare che riempie i tre quarti superiori del foglio (mm 95×79). In una elaborata struttura architettonica di gusto antiquario (mm 178×120) sono rappresentati Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre tentati dal serpente, che si avvolge con le sue spire all’albero e termina con una figura di donna con testa cornuta e le ali di dragone. Incipit Officium Beatae Mariae Virginis. f. 25r: ampia miniatura tabellare, che riempie quasi per intero il foglio, all’incipit dell’Officium Beatae Mariae Virginis (mm 120×82). In una elaborata struttura architettonica è raffigurata la scena dell’Annunciazione. Maria è ritratta in preghiera nella sua stanza da letto mentre accoglie il saluto dell’angelo: dall’alto di una nuvola azzurra da cui si irradiano i raggi d’oro scende la bianca colomba dello Spirito Santo. Iniziale figurata D di Domine labia mea aperies (mm 18×25), che contiene all’interno il busto della Vergine. f. 33r: in una elaborata architettura all’antica (mm 180×120) che racchiude l’ampia scena miniata (mm 110×76) e le prime quattro linee del testo è raffigurata la Visitazione. Iniziale figurata D di Deus in adiutorium meum (mm 18×25), che presenta all’interno della lettera il busto del Salvatore. Ad primam. f. 41v: all’interno della consueta decorazione architettonica (mm 178×120), la scena raffigura la Crocifissione con i dolenti, Maria a sinistra e Giovanni a destra, mentre Maria Maddalena è inginocchiata ad abbracciare i piedi della croce. Iniziale figurata D di Domine labia mea aperies (mm 18×25), con all’interno l’Ecce Homo. f. 43r: la miniatura tabellare (mm 96×82), inserita nella consueta decorazione architettonica (mm 175×115), presenta la scena della Discesa dello Spirito Santo su Maria Vergine e gli Apostoli riuniti nel cenacolo. Iniziale figurata D di Domine labia mea aperies (mm 25×32), con all’interno un angelo ad ali spiegate. De Sancto Spiritu. f. 44v: nella consueta decorazione architettonica (mm 180×118), la scena rappresenta la Natività (mm 95×80): Giuseppe, con una lampada in mano, e Maria inginocchiati sotto la capanna, adorano il Bambino, deposto su una cesta di vimini ricoperta da un telo bianco, riscaldato dall’asino e dal bue. Iniziale figurata D di Deus in adiutorium meum (mm 20×25), con al centro il busto del Salvatore. f. 71r: in una elaborata struttura architettonica conclusa in alto da due draghi che intrecciano i loro corpi, è raffigurato Davide in preghiera dinanzi alla porta di una città turrita, le cui mura si allungano nel paesaggio (mm 116×80). Iniziale figurata D di Domine ne in furore tuo (mm 18×25), all’incipit dei Septem psalmi poenitentiales, con al centro l’immagine di Dio Padre. f. 87r: la consueta decorazione architettonica racchiude l’ampia scena che raffigura Giobbe penitente sul letamaio visitato dagli amici (mm 118×80). Iniziale figurata D di Dilexi quoniam (mm 18×25), all’incipit delle Vigiliae mortuorum, con al centro il busto di un Patriarca.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto, redatto in scrittura gotica, tarda ma regolare, con ornamentazioni in oro, in rosso e in azzurro, così come le iniziali e i capilettera, dove spesso è inserita anche una figura a mezzo busto, contiene otto belle tavole miniate a tutta pagina, nello stile della scuola di Rouen. Sia nell’impostazione grafica che nella scelta iconografica il codice sembra dipendere già dai coevi Libri d’ore a stampa. Tietze assegna il manoscritto a uno scrittorio parigino. Nel calendario, con cui si apre il codice, sono invece evidenziati diversi santi di culto provinciale, come san Gerardo e san Apro, vescovi di Toul, san Gengolfo, particolarmente venerato nella diocesi di Langres, san Remigio vescovo di Tours, san Germano, vescovo di Auxerre. Lo stato di conservazione è buono. Il codice è stato restaurato nel 1990, come risulta dalla targhetta sulla controguardia (Bibl. Apost. Vat. Laboratorio restauro Registro n. 8). Legatura Rossi A, con frattura sul dorso. Sul dorso si legge in alto OFFICIUM B(EATAE) V(IRGINIS) M(ARIAE), in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 171r, 172r, 173r, 174r; Bibl. Rossianae, II, 69r) TIETZE, Die illuminierten, 50-51 nr. 75; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 178 nr. 556; MORELLO, Libri d’ore, 57.

GIOVANNI MORELLO

Ross. 123 (olim VIII, 65) Excerpta Missalis Ordinis carmelitarum Austria, sec. XV, metà (f. 6r) Orate p(ro) fr(at)e Ioh(ann)e Lowestei(n), sc(ri)pto(r)e ord(inis) car(melitarum) (f. 34r) Hunc librum scribi fecit frater Conradus /// ord(inis) Car(melitanis) Membr.; ff. VII, 34, VII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; i primi due fogli, che costituiscono un bifoglio proveniente da un manoscritto italiano, furono probabilmente allegati agli altri fascicoli come guardie; mm 213×170 (f. 4); scrittura gotica testuale di più mani a inchiostro nero, rosso e blu per le rubriche (italiana su f. 2v, transalpina nel resto del codice); specchio scrittorio su due colonne (mm 165×125, intercolunnio

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ROSS. 120-123

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mm 10), con numero di linee variabile (f. 2v: 29 linee; ff. 4r-6v: 26 linee; ff. 6v-10ra: 22 linee; ff. 10rb-34v: 26 linee); rigatura a colore bruno e a secco, eseguita su ogni pagina.

La decorazione del bifoglio preposto al messale (ff. 1-2) comprende 1 iniziale istoriata, iniziali filigranate in rosso e blu e rubriche rosse. La decorazione del messale comprende 2 miniature a piena pagina (mm 174×130), 1 iniziale istoriata, numerose iniziali filigranate, colorate in rosso e blu, iniziali toccate in rosso, rubriche rosse, crocette rosse usate come segni paragrafali. f. 2v: iniziale istoriata O di Os Iusti (mm 60×58), all’incipit dell’Offertorio della Messa In festiviRoss. 123, f. 3v tate beati Alberti confessoris. Sant’Alberto. La lettera, dipinta in color rosa-violaceo, con ornati disegnati a biacca, è arricchita da piccole foglie lilla e racchiusa entro un fondo quadrato d’oro. Nell’occhiello, il santo è raffigurato in piedi su un pavimento verde e un fondo blu arabescato in biacca, vestito con l’abito nero e la mantella bianca dei carmelitani; reca il crocifisso, il libro e la palma. f. 3r: miniatura a piena pagina, Madonna della misericordia. Sotto il manto della Vergine, raffigurata incoronata, affiancata da due angeli in volo, stanno inginocchiati vari personaggi, rappresentanti delle diverse realtà sociali: un sovrano, un papa, un vescovo, un monaco, un frate, uomini, donne e fanciulli. f. 3v: miniatura a piena pagina, Sant’Alberto. Il santo, in piedi su un prato verde, veste la tonaca nera con la mantella bianca dell’abito carmelitano, e reca in mano il crocifisso nella destra e un libro con dei gigli nella sinistra. Al suo cospetto è inginocchiato il monaco Conradus, identificato dal cartiglio, su cui si legge: O sancte Alberte ora pro me frate Conrado. In alto, volano tre angeli: quello a sinistra tiene in mano un cero, mentre i due a destra cantano leggendo da un libro, sulle cui pagine è scritto: Os iusti meditabitur sapientiam (Salmo 36, 30). f. 6v: iniziale istoriata T di Te igitur (mm 67×65), all’incipit del Canone della messa. Cristo risorto. Nell’occhiello della lettera dorata, su un fondo azzurro e verde, il Redentore risorto, inginocchiato appena fuori dal sepolcro, riceve la colomba dello Spirito Santo inviatagli dal Padre che appare

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

in mezzo a raggi dorati nel cielo. Le prime lettere del testo sono scritte in caratteri rossi e blu alternati. I margini della pagina sono ornati da un ramage disegnato in verde con fiorellini rossi. Nel margine inferiore compare una crocetta di foglia d’oro. Occorre distinguere la decorazione del messale da quella del bifoglio a esso preposto: l’iniziale istoriata di f. 2v riporta, infatti, all’ambito dell’Italia settentrionale di metà Quattrocento, in accordo con quanto indicato dalla scrittura. Le miniature e i capilettera del resto del codice sono invece da attribuire a un miniatore austriaco, attivo intorno alla metà del XV secolo. Le due miniature a piena pagina, concepite come piccoli quadri giustapposti al testo, piuttosto che organicamente integrati a esso, sembrano rispondere alle esigenze devozionali del committente, rappresentando la protezione della Vergine misericordiosa e di sant’Alberto. L’iconografia e lo stile delle miniature prendono le mosse da esempi della pittura austriaca coeva. In particolare, le figure alquanto tozze, dalle grandi teste tondeggianti, abbigliate con vesti dai panneggi accartocciati, ma non troppo esuberanti, richiamano le opere del pittore di corte noto come Maestro dell’Altare di Sant’Alberto, attivo a Vienna nel secondo quarto del XV secolo. Anche i volti miniati, dai tratti minuti e dalle espressioni addolcite, paiono una versione semplificata delle fisionomie che caratterizzano i personaggi delle storie sacre rappresentate dal maestro austriaco nel grande altare di Klosterneuburg, dipinto per il re Alberto II nel 1438-1439 (SCHMIDT H. M., La committenza e le forme del gotico, 126). Il codice è integro e si conserva in stato discreto: i fogli appaiono scuriti e macchiati. Nel bifoglio aggiunto l’inchiostro tende a svanire. Legatura rossiana di tipo A, con assi in cartone rivestiti in marocchino rosso. I piatti presentano cornici dorate e un motivo decorativo impresso al centro; sul dorso si legge in alto: PARS / MISSAL(IS) / CARM(ELITARUM) / ROM(ANORUM); COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Secondo quanto riporta il colophon apposto alla fine del testo, il codice fu fatto realizzare da un frate carmelitano di nome Conradus; sfortunatamente, non ne conosciamo il cognome e la provenienza, a causa delle cancellature cui è stata sottoposta l’annotazione. Tuttavia, possiamo senz’altro identificare il committente con il monaco che compare raffigurato in ginocchio davanti a sant’Alberto, nella miniatura a piena pagina di f. 3v; il cartiglio lo qualifica infatti in modo inequivocabile. Conosciamo anche il nome di uno degli artefici del codice: a f. 6r, un tale Ihoannes de Lowestein si firma come scriptor, un nome che può indicare tanto il copista, quanto il calligrafo (qualora le due professionalità non coincidessero). L’aggiunta di due fogli pertinenti ad un codice italiano, seppure coevo alla parte transalpina e ugualmente riferito al culto di sant’Alberto, conferma la pro-

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ROSS. 123-125/1-2

venienza del codice dall’ambito carmelitano, ma non permette di conoscere in quali circostanze esso sia passato alla collezione rossiana. (SILVA TAROUCA, I, 177r-v; Bibl. Rossianae, II, 72r) TIETZE, Die illuminierten, 12-13 nr. 15; SALMON, Manuscrits liturgiques II, 137 nr. 341.

GIORGIA CORSO Ross. 125/1-2 (olim VIII, 67) Breviarium (Pars I, Pars II) Francia (Avignone), sec. XVin. (primo decennio) I. Kalendarium (ff. 1r-6v); Psalterium (ff. 7r-111v); Proprium de Tempore (ff. 112r438v) Membr. (pergamena di ottima fattura, consistenza porosa sul lato pelo, margini ampi); ff. V, 438, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna meccanica, in numeri arabi, apposta nell’angolo inferiore destro. In alcuni fascicoli vi è traccia del registro. Su alcuni fogli rimane la numerazione antica, che inizia dopo il calendario, tracciata a penna nell’angolo superiore destro, ma quasi sempre rifilata. Richiamo orizzontale, posto a destra nel margine infe-

Ross. 125/1, f. 7r

Ross. 125/2, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

riore del verso dell’ultimo foglio dei fascicoli (assente nei fascicoli I, XV, XXV, XXXVII, XLI, XLIII; in molti fascicoli rimangono solo tracce dei richiami parzialmente rifilati). Il codice misura mm 200×150; è composto da cinquantacinque fascicoli: tutti quaternioni tranne il I (ff. 1-6), un ternione, il V (ff. 31-37), un quaternione mancante del terzo foglio, il XV (ff. 110-111), un bifoglio, e il XLV (ff. 352-358), un quaternione mancante del penultimo foglio. Scrittura gotica libraria francese (textura), tranne per il calendario, vergato in gotica italiana, in inchiostro bruno, rosso per le partizioni significative del testo, come a f. 1r. Specchio di scrittura su due colonne (mm 140×85), di 29 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 12); nel calendario lo specchio di scrittura (mm 138×105) è invece disposto su un’unica colonna di 34 linee. Rigatura a penna e inchiostro bruno (30 righe orizzontali e 4 verticali; 2 verticali nel calendario). Regola di Gregory rispettata tranne che per le lacune (nel V e XLV fascicolo). Il Temporale va dalla prima domenica d’Avvento all’ottava dopo Pentecoste.

Il corredo illustrativo del manoscritto comprende: 11 riquadri miniati, della larghezza di una colonna e pari a 10 linee di testo (da un massimo di mm 30×24, f. 5r, a un minimo di mm 20×15, f. 422v); 8 iniziali figurate (da un massimo di mm 25×35, f. 7r, a un minimo di mm 15×20, f. 151r); 6 iniziali decorate (mm 28×23); numerose iniziali filigranate con ornamenti che si espandono ampiamente nei margini (anche con raffigurazioni di volti, per esempio ai ff. 141v, 151v, 320v, 328v, 415r). Il programma decorativo del manoscritto non prevede bordure né decorazioni marginali. Le illustrazioni sono affiancate alle partizioni liturgiche del Salterio, all’incipit del Breviario e alle feste principali: Natale, Pasqua, Pentecoste, Trinità. Le iniziali figurate e istoriate sono di tre tipi (pari a 5, 4 e 3 linee di testo) e sono poste all’inizio degli uffici segnalandone il grado di importanza; quelle decorate seguono le illustrazioni nel Salterio e a Natale. Le iniziali decorate, inserite in riquadri in foglia d’oro, hanno il corpo della lettera in rosso, rosa o blu, con decorazioni vegetali blu, rosse, rosa e verdi nell’occhiello. I fondi delle miniature sono quadrettati in azzurro, rosa e foglia d’oro; blu con quadrettatura dorata; blu e rossi con racemi dorati. Nel II, III e IV fascicolo le iniziali filigranate sono azzurre con decorazione rossa e in foglia d’oro con decorazione lilla, mentre i riempilinea sono formati da una linea a zig-zag dorata, con ornamentazione a inchiostro azzurro. A partire dal V fascicolo (da f. 31r) le iniziali dorate sono sostituite da iniziali rosse con filigrana viola, e i riempilinea sono formati da linee rosse e azzurre con ornamenti rossi e lilla. f. 7r:

iniziale P di Primo dierum, all’incipit dell’inno che precede il salterio. Cristo benedicente. f. 7v: riquadro miniato raffigurante Davide in trono che suona l’arpa. Iniziale decorata B di Beatus vir, all’incipit del salmo 1. f. 23v: riquadro miniato raffigurante Davide, inginocchiato davanti al Signore, nell’atto di indicare i propri occhi. Iniziale decorata D di Dominus illuminacio, all’incipit del salmo 26. f. 40v: riquadro miniato raffigurante lo Stolto. L’immagine presenta la mezza fi-

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ROSS. 125/1-2

f. 49r: f. 60r:

f. 70v:

f. 82v:

f. 112r:

f. 142v:

f. 151r: f. 154r: f. 299r:

f. 344v: f. 353r:

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gura di un uomo seminudo, con due tonsure, legato con una corda da cui pendono due campanelle e con in mano una sfera bianca. Iniziale decorate D di Dixit insipiens, all’incipit del salmo 52. iniziale S di Salvum me fac, all’incipit del salmo 68. Davide a mani giunte, immerso nei flutti fino alla vita. riquadro miniato raffigurante Davide in trono che suona una fila di campanelle; alla sua destra è una figura maschile in abito cortese, a sinistra una tavola ricoperta da una stoffa verde con decorazioni in oro e un libro rilegato in rosso. Iniziale decorata E di Exultate Deo, all’incipit del salmo 80. riquadro miniato raffigurante l’interno di una chiesa. Davanti all’altare, su cui poggiano il calice e una croce d’oro, quattro chierici, in casule e piviali, cantano da libri aperti sui due lati di un leggio. Iniziale C di Cantate domino, all’incipit del salmo 97. Davide in preghiera. riquadro miniato raffigurante la Trinità. Su uno sfondo di serafini, Cristo, che mostra le piaghe, e Dio Padre tengono il globo, su cui scende in volo la colomba dello Spirito Santo. Iniziale decorata D di Dixit dominus, all’incipit del salmo 109. riquadro miniato con san Paolo che predica agli apostoli all’incipit del Temporale. Iniziale F di Fratres scientes all’incipit del capitolo del I sabato d’Avvento. San Paolo. riquadro miniato con la Natività. Maria tiene tra le braccia il Bambino fasciato, mentre Giuseppe dorme; la stella splende sul tetto di paglia di un pergolato che accoglie la scena, mentre il bue e l’asino mangiano il fieno dalla mangiatoia. Iniziale decorata P di Primo tempore, all’incipit della I lettura del I notturno dell’ufficio di Natale. iniziale S di Secundam post Neronem, all’incipit della I lettura dell’ufficio di Giovanni evangelista. Due santi affrontati. iniziale H di Hodie fratres, all’incipit della I lettura dell’ufficio dei Santi Innocenti. Un soldato trafigge un neonato. riquadro miniato raffigurante la Resurrezione, all’incipit della I lettura dell’ufficio di Pasqua. Cristo con il vessillo, in piedi nel sepolcro spalancato, mostra le piaghe ed è ammantato di bianco. Ai suoi piedi dormono tre soldati, mentre l’elmo e la lancia di altri due spuntano da dietro al sarcofago. riquadro miniato raffigurante la Pentecoste, all’incipit dell’orazione dell’ufficio della Pentecoste. riquadro miniato raffigurante la Trinità, all’incipit dell’orazione dell’ufficio della Trinità. La Trinità segue un’iconografia particolare: Dio Padre benedicente, ritratto dalla vita in su, tiene tra le braccia Gesù Bambino che abbraccia la croce; la colomba dello Spirito Santo scende dall’alto, in direzione di un libro aperto. L’immagine, su fondo azzurro, è circondata da cerchi concentrici di toni diversi di azzurro, dai quali emanano fitti raggi dorati su fondo rosato.

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f. 405r: iniziale P di Parabole Salomonis, all’incipit della I lettura della domenica delle calende di agosto. Re Salomone con corona e scettro. f. 417v: iniziale decorata A di Arpharath, all’incipit della I lettura della quarta domenica di settembre. f. 422v: iniziale E di Et factum est, all’incipit della I lettura della prima domenica di ottobre (dal libro dei Maccabei). Un sovrano. Il calendario è stato scritto da una mano italiana e non francese, contrariamente al resto del manoscritto; esso non è, tuttavia, un’aggiunta posteriore alla confezione del codice, dal momento che all’incipit di ogni foglio sono state utilizzate le stesse iniziali filigranate che compaiono in entrambi i volumi del Breviario. Nel calendario sono presenti santi genericamente francesi: Aniano, Blasio, Brizio, Evorzio e Gilberto. Le festività più importanti sono scritte in inchiostro blu e tra queste spiccano sant’Antonio da Padova, san Francesco e la Natività di san Giovanni Battista. La prevalenza dei santi francescani riconduce il libro liturgico a una destinazione di questo ambito. Nella seconda metà del XV secolo sono stati aggiunti alcuni santi, tra cui san Liberale di Treviso, san Vigilio di Trento e altri canonizzati intorno alla metà del secolo: san Vincenzo Ferrer (1455), san Bernardino (1450), san Osmundo di Salisbury (1457). I calligrafi responsabili delle straordinarie iniziali filigranate sono di cultura catalana (si vedano, ad esempio, le iniziali ai ff. 48v, 50v, 273v). La compresenza di artefici di diversa nazionalità nel manoscritto, infatti, ha orientato verso una localizzazione ad Avignone. La raffinata bottega che ha eseguito il codice ha lasciato delle tracce dell’organizzazione del lavoro: nel margine superiore del f. 299r, al di sopra del riquadro miniato con la Resurrezione, è una scritta a mina di piombo resurrectio d(omi)ni: si tratta di un’istruzione scritta per i miniatori, non erasa, come d’abitudine. Lo stato di conservazione del codice è buono. Si segnala la lacuna di un foglio, tra i ff. 32 e 33, strappato prima dell’esecuzione della numerazione; è visibile solo un’unghia con poche lettere della prima colonna. Legatura Rossi A restaurata: i piatti in cartoncino rivestiti in marocchino presentano una cornice dorata esterna e decorazioni a impressioni in oro e a secco al centro. Il dorso ha decorazioni a impressione e in oro. In alto si legge: BRE(VIARIU)M / AD CONSUETUDINEM /ECCLESIAE / ROMANAE / PARS I; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) (X)V. II. Rubricae (ff. 3r-11v); Proprium sanctorum (da san Saturnino a santa Caterina) (ff. 12r-250v); Communis (ff. 251r-279v); Officium Beatae Mariae Virginis (ff. 280r-285r); Officium ad coricandum infirmum (ff. 285r-286r); Officium ad ungendum infirmum (ff. 286r-288r); Officium commendacionis animae (ff. 288r-

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295v); Oratio in die depositione defuncti (f. 296r); Officium ad benedicendam mensam (ff. 296r-297v) Membr. (pergamena di ottima fattura, consistenza porosa sul lato pelo, margini ampi); ff. V, 297, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna meccanica, in numeri arabi, apposta nell’angolo inferiore destro. In alcuni fascicoli vi è traccia del registro. Richiamo orizzontale posto nel margine inferiore a destra, sotto la seconda colonna (assente nei fascicoli II, XXXI-XXXIII, XXXVII, XXXIX; in alcuni casi rimangono solo tracce del richiamo parzialmente rifilato). Il codice misura mm 200×150; è composto da quaranta fascicoli: tutti quaternioni tranne il II (ff. 9-11), un binione mancante dell’ultimo foglio, il XXXIII (ff. 244-250), un quaternione mancante dell’ultimo foglio, il XXXVII (ff. 275-279), un quaternione mancante del terzo, del quinto e del settimo foglio, e il XL (ff. 296-297), due fogli sciolti. Scrittura gotica libraria francese (textura) in inchiostro bruno. Specchio di scrittura (mm 140×85), su 2 colonne di 29 linee di scrittura (intercolumnio mm 12). Rigatura a penna e inchiostro bruno (30 righe orizzontali e 4 verticali; 2 verticali nel calendario). Regola di Gregory rispettata tranne che nelle lacune (nei fascicoli II, XXXIII, XXXVII).

Il corredo illustrativo comprende 7 illustrazioni della larghezza di 1 colonna e pari a 10 linee di testo (mm 44×38); 40 iniziali figurate e istoriate (da un massimo di mm 30×24, f. 138v, a un minimo di mm 20×15, f. 160r), 3 iniziali decorate (mm 28×23), rosa e blu, con decorazioni vegetali blu, rosse, rosa e verdi, inserite in riquadri in foglia d’oro. Sono impiegate iniziali filigranate, con ornamenti che si espandono ampiamente nei margini, azzurre con filigrana rossa e rosse con filigrana viola; le decorazioni talvolta formano volti, ad esempio a f. 54r. I fondi delle miniature sono blu e rossi con racemi dorati, blu e rossi con quadrettatura dorata, neri con racemi bianchi, blu con racemi rossi, blu con quadrettatura bianca e rosa con fiori dorati. L’impianto coloristico di questo, come del manoscritto precedente, comprende colori vivaci, come l’azzurro, il verde chiaro, il rosso arancio, il rosa e lilla, oltre alla foglia d’oro. f. 1r:

f. 12r:

f. 13r:

iniziale A di Adventu (…) celebratur, all’incipit delle rubriche con le istruzioni liturgiche. Un chierico in dalmatica verde si volge a mani giunte verso Dio. riquadro miniato, all’incipit della rubrica che introduce il santorale. L’illustrazione raffigura la Schiera dei Santi. Le sante sono in primo piano: al centro compare santa Caterina raffigurata con dimensioni un po’ superiori alle altre, alla sua destra una santa con un cesto con due colombe e santa Barbara con la torre; a sinistra di Caterina siede sant’Agnese. In secondo piano sono rappresentati un cardinale, un vescovo, un papa con il triregno e altri santi. Iniziale figurata D di Deus qui nos all’incipit dell’ufficio di san Saturnino. San Saturnino benedicente, raffigurato con mitria e pastorale. iniziale P di Proconsul itaque, all’incipit della I lettura del I notturno dell’ufficio di sant’Andrea. Sant’Andrea che tiene la croce.

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200 f. 28r: f. 49v: f. 57r: f. 64v: f. 75r: f. 77v: f. 81r:

f. 91r: f. 99r:

f. 100r:

f. 103v: f. 106r:

f. 109v:

f. 113v: f. 125r: f. 128v: f. 134r:

f. 137r:

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iniziale T di Thomas ebraice, all’incipit dell’ufficio di Tommaso apostolo. San Tommaso. iniziale O di Omnipotens sempiterne Deus, all’incipit dell’orazione dei Vespri dell’ufficio di Purificazione. Maria e Giuseppe tengono Gesù Bambino. iniziale P di Petrus apostolus, all’incipit della I lettura del notturno dell’ufficio di san Pietro. San Pietro con il libro e le chiavi incrociate. iniziale V di Vidi portam, all’incipit della I lettura del I notturno della festa dell’Annunciazione. Il Volto di Maria. iniziale C di Cumque sancti, all’incipit della I lettura della festa di san Filippo. San Filippo stringe un libro. iniziale F di Fratres hoc, all’incipit del capitolo dei vespri della festa dell’Invenzione della Croce. Sant’Elena porta la croce. iniziale D di Deus qui conspicis, all’incipit dell’orazione della festa di san Giovanni a Porta Latina. San Giovanni evangelista indica il calice da cui esce una rana. iniziale B di Barnabas hebraice, all’incipit della I lettura della festa di san Barnaba. San Barnaba con un libro. riquadro miniato, all’incipit del capitolo della festa di san Giovanni Battista. San Giovanni Battista nel deserto: il santo, seduto accanto all’Agnello nimbato e con il vessillo, mostra un libro aperto. iniziale P di Post illum natalis, all’incipit della I lettura del mattutino della festa di san Giovanni Battista. San Giovanni Battista indica un globo con l’agnello. iniziale P di Premittitur ergo lucerna, all’incipit della I lettura nell’ottava di Giovanni Battista. San Giovanni Battista indica l’Agnello poggiato sul libro. riquadro miniato, all’incipit della I lettura della commemorazione di Giovanni Battista nella festa dei santi Giovanni e Paolo. San Giovanni Battista nel deserto; il santo legge da un libro aperto, con accanto l’Agnello nimbato con il vessillo. iniziale M di Misit Herodes, all’incipit del capitolo della vigilia della festa dei santi Pietro e Paolo. Erode con accanto una figura femminile velata e un santo. iniziale E di Erant autem in ecclesia, all’incipit della I lettura dell’ufficio di san Paolo. San Paolo. iniziale C di Confitebor, all’incipit del capitolo dei vespri della festa di Maria Maddalena. Assunzione di Maria Maddalena. iniziale A di Accessit ad Ihesum mater, all’incipit della I lettura della festa di san Cristoforo. I figli di Zebedeo, insieme alla madre, si rivolgono a Cristo. iniziale D di Deus qui beatum Petrum, all’incipit dell’orazione del mattutino della festa di san Pietro in vincoli. San Pietro con il triregno, le chiavi e il libro. iniziale D di Da nobis quesumus, all’incipit dell’orazione dei vespri della festa dell’invenzione del corpo di santo Stefano. Santo Stefano tiene un libro rosso e mostra una pietra.

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f. 138v: iniziale T di Tempore quo Liberius, all’incipit della I lettura del mattutino della festa di santa Maria della neve. Papa Liberio con il triregno e le chiavi. f. 147v: iniziale P di Postquam beatus Syxtus, all’incipit della I lettura della festa di san Lorenzo. San Lorenzo mostra la graticola. f. 156r: riquadro miniato all’incipit dell’Assunzione. La Dormizione della Vergine. Un angelo chiude la bocca di Maria, mentre san Pietro fa luce con una candela e san Paolo con un lume; in cielo è Cristo benedicente con l’animula di Maria. f. 156v: iniziale decorata C di Cogitis me, all’incipit della I lettura dell’Assunzione. f. 160r: iniziale H di Hodie namque gloriosa, all’incipit della I lettura dell’ottava dell’Assunzione. Cristo con l’animula della Madonna tra gli angeli. f. 164v: iniziale Q di Quid enim putamus, all’incipit dell’VIII lettura dell’ottava dell’Assunzione. La Madonna con il Bambino. f. 170v: iniziale B di Bartholomeus apostolus, all’incipit della I lettura della festa di san Bartolomeo. San Bartolomeo mostra il coltello. f. 171r: iniziale B di Beatus Ludovicus, all’incipit della I lettura della festa di san Ludovico, re di Francia. San Ludovico. f. 175v: iniziale H di Hodie nobis Iohannis, all’incipit della I lettura della festa di san Giovanni Battista. La Decollazione di san Giovanni Battista. f. 178v: iniziale O di Osculetur me, all’incipit della I lettura della festa della Natività di Maria. La Madonna con il Bambino: il Bambino abbraccia la madre e la bacia. f. 186v: iniziale D di Deus qui nos, all’incipit dell’orazione dei vespri della festa dell’Esaltazione della Croce. La Vergine in preghiera davanti alla Croce; sul fondo grigio percorso da racemi dorati si vedono le croci dei due ladroni. f. 195v: riquadro miniato con san Michele che trafigge il diavolo con il vessillo, mentre sostiene la bilancia con le anime. Iniziale S di Significavit Deus, all’incipit del capitolo dei Vespri della festa di san Michele arcangelo. Un Santo con Agnello e vessillo. f. 201r: iniziale A di Apparuit gracia Dei, all’incipit della I lettura della festa di san Francesco. San Francesco riceve le stimmate dal serafino con il volto di Cristo. f. 206r: iniziale L di Lucas medicus, all’incipit della I lettura della festa di san Luca. L’Evangelista Luca scrive sotto dettatura dell’angelo. f. 206v: iniziale U di Undecim milium virginum, all’incipit della I lettura della festa di sant’Orsola. Sant’Orsola attorniata dalle Vergini. f. 211v: iniziale D di Deus qui nos, all’incipit dell’orazione della festa dei santi Simone e Giuda. I Santi Simone e Giuda. f. 212v: riquadro miniato raffigurante Dio con la tiara e il libro aperto, seduto sul globo e con ai lati Maria e Giovanni evangelista; il gruppo centrale è attorniato da una fascia di serafini e tutt’intorno si affollano i santi. Iniziale decorata E di Ecce ego Iohannes, all’incipit del capitolo della vigilia della festa di Ognissanti.

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f. 213r: iniziale decorata L di Legimus, all’incipit della I lettura del mattutino della festa di Ognissanti. f. 225r: iniziale V di Vas admirabile, all’incipit della I lettura della festa di santa Elisabetta. Santa Elisabetta con san Giovannino. f. 234r: iniziale D di Deus qui dedisti, all’incipit dell’orazione della festa di santa Caterina d’Alessandria. Santa Caterina con la ruota e la palma. f. 251r: riquadro miniato, all’incipit del Comune dei santi. San Paolo si rivolge alla schiera degli apostoli. Iniziale decorata F di Fratres, iam non estis hospites, all’incipit del capitolo dell’ufficio per un apostolo. f. 257r: iniziale B di Beatus vir, all’incipit del capitolo dei vespri dell’ufficio per un martire. Santo martire. f. 268v: iniziale E di Ecce sacerdos, all’incipit del capitolo dei vespri dell’ufficio per un confessore pontefice. Vescovo con la mitria e il pastorale. f. 280r: iniziale D di Domine labia mea, all’incipit del versetto del mattutino dell’ufficio della Beata Vergine Maria. L’Annunciazione. f. 280v: iniziale D di Deus in adiutorium, all’incipit del versetto delle lodi dell’ufficio della Beata Vergine Maria. Redentore benedicente. f. 296r: iniziale D di Deus cui proprium est, all’incipit dell’orazione dell’ufficio per la Deposizione dei morti. Un chierico prega con un diacono accanto a un feretro. Il secondo volume, contenente il santorale, è del tutto uguale al primo per scrittura, impaginazione e progetto illustrativo. Le miniature sono poste all’inizio del Proprio e del Comune dei santi e agli incipit delle feste principali: Natività e Commemorazione di Giovanni Battista, Assunzione, san Michele e Ognissanti. Le iniziali istoriate e figurate introducono gli incipit degli altri uffici, segnalandone l’importanza rispetto a quelli privi di figurazioni. La presenza dell’ufficio di san Francesco, messo in evidenza da un’iniziale istoriata, riconduce il Breviario nello stesso ambito francescano già messo in luce dai santi presenti nel calendario. Il codice è in buono stato di conservazione, nonostante le cuciture siano allentate. Legatura Rossi A restaurata: i piatti in cartoncino rivestiti in marocchino presentano una cornice dorata esterna e decorazioni a impressioni in oro e a secco al centro. Il dorso ha decorazioni a impressione e in oro. In alto si legge: BREVIARIUM / AD CONSUETUDINEM / ECCLESIAE / ROMANAE / PARS II; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) (X)V. L’assegnazione del Breviario ad Avignone, da me proposta già in occasione della prima esposizione del codice (MANZARI, Da Avignone a Roma, 63-64; 109112), si può confermare sulla base dell’analisi stilistica dell’elegante corredo illustrativo. Né il calendario, in cui si rilevano solo alcuni santi genericamente francesi, né le litanie, né il santorale presentano infatti particolarità locali. L’unico ele-

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mento singolare nell’illustrazione del santorale è il rilievo insolitamente ampio dato alle festività legate a Giovanni Battista. Nel primo volume, tuttavia, la lunga rubrica iniziale con istruzioni liturgiche (ff. 10r-11v) contiene numerosi riferimenti a papi avignonesi, in particolare alle festività istituite da Clemente VI (Purificazione, san Marziale) e da Gregorio XI (Natività Maria, Invenzione ed Esaltazione della Croce). Inoltre, a f. 10v, nella seconda colonna, si legge Istud etiam extendunt fratres conventus minorum Avenionensis ad quecumque festa duplicia (…) Conventus Avenionensis fratrum minorum in huiusmodi concurrencia prefert festa alia quae nondum potuerunt ante celebrari. A f. 11v, infine, i testi sono conclusi da una lettera di Giovanni XXII, relativa alle indulgenze concesse per la festa del Corpus Domini, firmata Datum Avenionis. Queste ripetute indicazioni possono essere considerate una ulteriore traccia della destinazione del libro liturgico al convento dei Frati minori di Avignone. Il codice si può assegnare a una bottega attiva ad Avignone nel primo decennio del Quattrocento, che ha prodotto raffinatissimi codici miniati anche in assenza dell’antipapa Benedetto XIII (MANZARI, La miniatura ad Avignone, 299-325). Le particolari iniziali decorate presenti nel codice, con grandi fiori a cinque petali rosa, rossi e blu (ad esempio I, f. 82v), seguono infatti precisamente lo stesso modello di quelle impiegate nelle due parti superstiti del Messale in più volumi eseguito per l’antipapa Benedetto XIII (ad esempio: Montecassino, Archivio dell’Abbazia, ms. 539, p. 224: MANZARI, La miniatura ad Avignone, 300). Anche la morfologia delle iniziali coincide nel Breviario e nel Messale. Il miniatore principale del Messale si può riconoscere nell’autore delle miniature del Breviario, come si vede, ad esempio, confrontando il dolce viso della Vergine dell’Adorazione dei Magi (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. lat. 4764, f. 1r) con i delicati volti femminili che ricorrono nel Breviario. Negli ultimi due codici è inoltre impiegata una particolare iconografia della Trinità, certamente derivata da un modello comune (MANZARI, La miniatura ad Avignone, 300, figg. 150-151). Allo stesso gruppo di manoscritti si può ricondurre anche il Messale realizzato per il vescovo Jean d’Armagnac, nel quale il miniatore del Ross. 125 compare, insieme ad altri collaboratori, tra cui un francese e un miniatore fiammingo, nell’iniziale istoriata con San Luca (Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 1909, f. 299v: per un’analisi minuta delle coincidenze tra queste opere si rimanda a MANZARI, La miniatura ad Avignone, 299-325). Il miniatore a capo della bottega del Ross. 125, come anche l’artista principale del Messale di Jean d’Armagnac, era originario dell’Europa settentrionale e verosimilmente di un’area, la Gheldria, dalla quale provenivano i maggiori pittori e miniatori attivi a Parigi tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo (come ben evidenziato già da Jeffrey Hamburger – HAMBURGER, The Casanatense Missal, 1988; HAMBURGER, The Casanatense and the Carmelite Missals, 1991 – e di recente dalla mostra dedicata ai fratelli Limbourg: The Limbourg Brothers, 2005). L’attività ad Avignone di tale gruppo di miniatori settentrionali – a quelli provenienti dalla Gheldria si affiancano anche artisti francesi e di area germanica –

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spiega la compresenza di molteplici caratteri internazionali, del resto pienamente in linea con la tradizione della città papale e con gli sviluppi del gotico internazionale in tutta Europa. L’assonanza tra le produzioni delle aree europee più distanti, caratteristica precipua del gotico internazionale, spiega la localizzazione delle miniature nell’Italia settentrionale, proposta a suo tempo da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 104-105), seguito da Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 159). Le affinità delle miniature del Breviario rossiano con la miniatura lombarda più legata all’Europa del nord, in particolare con la raffinata linea inaugurata da Michelino da Besozzo, ad esempio nel carattere dolce dei volti femminili del Breviario, sono le stesse, d’altra parte, che avvicinano l’opera agli esiti paralleli, ma anch’essi ben più elevati, raggiunti in Catalogna, ad esempio nel contemporaneo Messale di Santa Eulalia (Barcellona, Archivo de la Catedral, ms. 116). Tali rapporti tra opere prodotte in aree diverse, ben più generici rispetto alle stringenti coincidenze tra i codici di cui si propone la localizzazione ad Avignone, sono del tutto abituali nel periodo considerato e sono alla base dei punti di contatto con la miniatura catalana che hanno indotto Yarza Luaces ad assegnare questo gruppo di opere alla Catalogna invece che ad Avignone (YARZA LUACES, La miniatura del Renacimiento, 52-53). Al contrario, l’assoluta uniformità stilistica delle opere prodotte in area catalana nel primo decennio del Quattrocento (PLANAS, El Esplendor del gotico) e il livello artistico addirittura più elevato raggiunto da esse allontanano tali prodotti da quelli realizzati dalla variegata compagine di artisti, di livello qualitativo difforme, rintracciabili nei codici avignonesi dei primi anni del secolo (MANZARI, La miniatura ad Avignone, 299-325). Una componente catalana ben precisa nel Breviario rossiano c’è, ma è circoscritta alla decorazione secondaria: nel codice operano infatti calligrafi catalani, responsabili delle eleganti iniziali filigranate in inchiostro rosso e lilla. Queste iniziali trovano confronti puntuali nei codici prodotti in area catalana all’inizio del XV secolo. Da quelle più semplici, con tratti che scendono piegando in morbidi angoli, ad esempio nel primo volume a f. 32r (confrontabili con quelle in numerosi codici catalani: si veda Manuscrits enluminés d’origine ibérique, nr. 114, tav. CXII), a quelle più elaborate, ad esempio a f. 39v dello stesso volume, che trovano confronti nelle iniziali filigranate catalane aggiunte in un altro codice avignonese della stessa epoca (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 5142: Manuscrits enluminés d’origine ibérique, nr. 123, tav. CXIV; MANZARI, La miniatura ad Avignone, 275-276). Tra gli esempi più elaborati, ad esempio a f. 48v del primo volume, ritroviamo i motivi ornamentali con fiori tripetali, che si avvolgono entro tralci a spirale, impiegati nelle decorazioni filigranate del Breviario di Martino I d’Aragona (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. Rothschild 2529: Manuscrits enluminés d’origine ibérique, nr. 120, tav. CXII). Del resto la presenza di copisti e calligrafi, come anche di miniatori, di origine iberica è costante, nel vivace e multiculturale mercato librario avignonese,

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almeno dagli anni ottanta del Trecento – con la produzione ben documentata per l’aragonese Juan Fernandez de Heredia – se non addirittura già dagli anni sessanta (MANZARI, La miniatura ad Avignone, 179-180, 273-284, 303). Le iniziali decorate del Breviario Ross. 125, come anche quelle dei volumi del Messale di Benedetto XIII, sono invece molto diverse da quelle catalane dell’epoca, particolarmente riconoscibili per le lunghe curve e le spirali formate da tralci di acanto frastagliato, dipinto nei caratteristici colori brillanti rosa e azzurro. La produzione catalana non comprende se non eccezionalmente motivi ornamentali diversi e si distingue agevolmente dalla produzione di area francese soprattutto per la decorazione marginale. Tra le particolarità che uniscono questo gruppo di libri liturgici avignonesi – Ross. 125, ms. Vat. lat. 4764, Montecassino, ms. 539 – è infine la singolare assenza di decorazioni marginali, uno degli elementi in genere prioritari nella produzione miniata di epoca tardogotica (MANZARI, La miniatura ad Avignone, 300). La localizzazione avignonese del Breviario Ross. 125 spiega dunque l’intreccio di componenti stilistiche diverse – francesi, fiamminghe, italiane – delle miniature e anche la collaborazione nello stesso manoscritto di un copista francese per la scrittura del testo, di uno scriba italiano, per il calendario e di un maestro catalano per le iniziali filigranate, sia nel testo che nel calendario. La forte caratterizzazione francescana del manoscritto, insieme alla precisa citazione del convento avignonese nella rubrica iniziale del primo volume, inducono a suggerire che esso sia stato realizzato per il locale insediamento francescano, il convento dei Cordeliers. Il Breviario è stato esposto in: Liturgia in figura, Città del Vaticano 1995. (SILVA TAROUCA, I, 178r-180r; Bibl. Rossianae, II, 74r) TIETZE, Die illuminierten, 104-105 nr. 192; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 159 nr. 327; MANZARI, Da Avignone a Roma, 63-64; 109-112; MANZARI, La miniatura ad Avignone, 299-325.

FRANCESCA MANZARI

Ross. 126/1-2 (olim VIII, 68) Breviarium romanum secundum Ordinem fratrum minorum Italia settentrionale (Ravenna?), sec. XV4 I. Kalendarium (ff. III-VIII); Proprium de tempore (ff. 1r-202r); Rubricae (ff. 202r204v) Membr. (pergamena di buona qualità, ben levigata); ff. VI (cart.; I in cartoncino azzurro come la controguardia), 214, V’ (cart., V’ cartoncino azzurro); numerazione di mano posteriore, in inchiostro bruno, nell’angolo destro del recto del foglio, in numeri romani nei primi 2 fascicoli (segnati I-VIII), in cifre arabiche nel resto del ms. (ff. 1-205); errore nella numerazione del f. 130, che è ripetuto ma la fascicolazione è regolare con richiami orizzon-

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tali posti al centro del margine tra leggeri motivi ornamentali; mm 220×150; scrittura gotica italiana tarda di buona fattura (ancora utilizzata in questo periodo per i libri di devozione) con alternanza di moduli, ora più grande ora più piccolo; vergata a inchiostro bruno, rosso per le rubriche; rigato ma non scritto il f. 205r. Specchio scrittorio (mm 140×100) su 2 colonne (spazio intercolonnare mm 10) e 30 linee di testo; rigatura a secco, costituita dalle 4 righe verticali, che determinano le 2 colonne dello specchio e lo spazio intercolonnare, e da 31 righe orizzontali; scrittura sotto la prima linea di rigatura.

L’apparato decorativo si compone di 1 ricca pagina d’incipit che comprende una miniatura tabellare con l’Annunciazione, 2 iniziali decorate e uno stemma nel bas-de-page; titoli correnti nel margine superiore del testo in scrittura distintiva maiuscola, rossa e blu, a volte inseriti Ross. 126, f. 1r in elementi decorativi o cartigli anche a colore (ff. 2-4) o in oro (ff. 5-6); presenza di lettera R tagliata (per Responsorio); iniziali filigranate di varia grandezza a intarsio, alternate rosse e blu, molto raffinate, cfr. la S di Stephanus autem a f. 34v (mm 40×35); rubricae notabiles (sorta di regole su come celebrare le feste, scritte in rosso, da f. 202). Inoltre, ai ff. III-VIII, c’è un calendario dei santi rubricato, mentre ai ff. I-II sarebbe stato aggiunto una sorta di indice del manoscritto (SILVA TAROUCA, I, 181r) da una mano del XVI secolo. f. 1r: nella miniatura tabellare con l’Annunciazione, che occupa circa la metà dello specchio scrittorio, i due riquadri affrontati (mm 65×45) contengono rispettivamente la Madonna e l’angelo Gabriele: Maria, seduta in preghiera davanti a un leggio su cui è appoggiato un libro aperto, indossa, su un abito rosso, un ricco manto blu scuro puntinato di stelle, mentre Gabriele, quasi sospeso in ginocchio e colto nell’atto di rassicurare Maria, presenta una veste rosa-violacea di foggia rinascimentale che fa da contrasto alle sue ali rosse che vanno a toccare il margine della formella che contiene le miniatura. Nello stesso f. 1r, le due iniziali decorate (la F di Fratres scientes, in scrittura distintiva, mm 40×40; la C di Conditor alme siderum, mm 30×30) presentano il corpo della lettera in rosa sfumato di viola, mentre l’interno è blu con un elemento vegetale molto carnoso: per la F questo elemento, che rappresenta l’asta orizzontale della lettera, termina in un fiore dai petali rossi, verdi e gialli, mentre nella C la terminazione a fiore si propone all’interno della lettera ma

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in verticale; il campo esterno delle iniziali è in oro, ed è realizzato parzialmente in oro il cordone verticale (h mm 140), posto nello spazio intercolonnare e che collega la decorazione del margine superiore, costituita da elementi floreali, dischi e numerosi globi cigliati, a quella più ampia e ricca del margine inferiore che ospita lo stemma dei Francescani Osservanti di san Bernardino da Siena (1380-1444): il trigramma del nome di Gesù, disegnato da Bernardino stesso, consiste in un sole raggiante in campo azzurro (il celeste dello sfondo è simbolo della fede, l’oro dell’amore) che è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole, mentre il calore del sole è diffuso dai dodici raggi serpeggianti, cioè i dodici Apostoli; all’interno del sole le lettere IHS dove l’asta sinistra dell’H è stata allungata e tagliata in alto per farne una croce. Buono lo stato complessivo di conservazione, sia del codice, sia della legatura di tipo Rossi A. Sul dorso, in alto, si legge BREVIARIUM / ROMANUM / ORDINIS / S(ANCTI) FRANCISCI / PARS I; più sotto COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. II. Psalmi poenitentiales (ff. 206r-277r); Rubricae (ff. 278r-292r); Proprium de tempore (ff. 292r-462r); Commune sanctorum (ff. 462r-499r) Membr. (pergamena di buona qualità, ben levigata); VII (I in cartoncino azzurro, come la controguardia; II-V cart.; VI-VII membr.), 206-499, VIII’ (I’-II’ membr.: ff. I’v-II’r appunti di mano successiva; III’-VII’ cart.; VIII’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione di mano posteriore, in inchiostro bruno, nell’angolo destro del recto del foglio, fascicoli regolari con richiami orizzontali posti al centro del margine spesso tra leggeri motivi ornamentali, fino a f. 365, poi il richiamo si sposta a destra ancora tra leggere decorazioni (fino f. 449), fino a scomparire del tutto (ff. 449-471), per poi tornare ancora al centro del margine fino alla fine del codice; mm 220×150; scrittura gotica italiana tarda di almeno due mani e di buona fattura con alternanza di moduli, forse a causa del contenuto testuale. Si potrebbe ipotizzare che una prima mano (la stessa del tomo I) abbia trascritto fino a f. 365v e poi i ff. 456-492, alternandosi con un secondo copista che ha operato tra ff. 366-455 e infine da f. 492 a f. 499: tale ipotesi trova riscontro nella mise-en-page del manoscritto, poiché al cambio di mano corrisponde una diversa posizione dei richiami nel margine e una mutazione dello specchio scrittorio e del numero delle linee di testo per pagina. Specchio scrittorio (mm 140×100) su 2 colonne (spazio intercolonnare mm 10) e 30 linee di testo fino a f. 365, poi lo specchio si allarga (mm 150×100) e aumentano le linee di testo fino a 33 (ff. 366-455); rigatura a secco, costituita dalle 4 righe verticali, che determinano le 2 colonne dello specchio e lo spazio intercolonnare, e da 31 righe orizzontali; scrittura sotto la prima linea di rigatura.

Complesso e impegnativo il ricco apparato decorativo di questa II parte del Breviario, che presenta, oltre alla scrittura distintiva rubricata e alle raffinate iniziali filigranate, numerose iniziali ornate di varia tipologia e grandezza in cui ritorna la tipologia di quelle fitomorfe della pagina d’incipit di Ross. 126, I: su fondo oro, il corpo della lettera può essere rosa come, a f. 206r la P di Primo dierum (mm 25×28, mm 100 di asta discendente) inizio del mattutino della Domenica, o

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verde come la N di Nocte surgente (mm 25×25), con l’interno della lettera blu e la presenza ancora dei fiori rosa dai petali carnosi; a f. 206v: iniziale B di Beatus vir (mm 50×45), corpo della lettera rosa intenso e interno blu con foglie verdi, tralci rosa che dalla lettera si allungano nel margine sinistro per circa 100 mm; f. 228r iniziale D di Dominus illuminatio mea (mm 40×40), su fondo oro, come a intaglio, il corpo della lettera è rosa più chiaro e più scuro profilato di bianco, fondo in oro con leggeri motivi stilizzati; f. 292r iniziale D di Deus qui nos (mm 20×20), inizio delle festività proprie, corpo della lettera rosa sfumato e fondo blu con fiore; f. 462r iniziale F di Frates iam non estis (mm 40×35), inizio del comune dei santi, su fondo oro, corpo della lettera in rosa intenso, interno blu con tralci fogliacei rosa e verdi e, nel margine interno vari dischi cigliati; numerosissime infine le iniziali minori (al massimo mm 20×20) che presentano il corpo della lettera in oro su un fondo bipartito che può essere rosso e verde, o rosso e blu, o verde e marrone. Oltre alle iniziali, il manoscritto presenta un progetto di ornamentazione dettagliata dei margini di ogni singolo foglio: nella prima parte, questo progetto si concretizza in una serie di temi decorativi ricorrenti ma, forse proprio a causa della sua imponenza, la ricca decorazione si ferma a 232r, mentre in 3 fogli successivi (236r-v, 237r-v, 238r) c’è solo il bel disegno preparatorio della cornice che permette di individuare il metodo di lavoro del miniatore. Dall’analisi delle pagine miniate, si evince che vengono impiegate circa cinque o sei tipologie poi ricorrenti: la decorazione è sempre pensata per due fogli affrontati che vanno così a comporre come un quadro unico. Le soluzioni proposte si fanno via via più originali e se per i primi fogli del codice ritornano gli elementi e i colori già visti nel I tomo (cfr. ad es. f. 206r), si aggiungono poi nuove decorazioni delle quali si citano alcuni esempi ricorrenti. ff. 207v-208r: nel margine superiore (piuttosto rifilato) c’è ancora il fiore blu e rosa tra globi aurei e fregio, ma nel margine inferiore lo stesso fregio è accompagnato a una cornucopia da cui parte un ramo verde che si conclude con una spiga di grano e va a congiungersi con il fregio superiore: nel margine laterale esterno elementi vegetali accompagnati ancora a globi dorati e piccoli fiori. ff. 208v-209r: nel margine superiore asta dorata profilata in verde che finisce con voluta, al centro globi aurei, mentre nei margini laterali (pesantemente rifilato il 208v) fregio con due fiori blu, tralci vegetali rosa e verde e molti dischetti dorati; la decorazione nel margine inferiore è speculare a quella del margine superiore e anche più ricca (questa tipologia ritorna, con leggere differenze, ai ff. 210v-211r, ai ff. 214v-215r, ai ff. 228v-229r). ff. 209v-210r: nei margini superiore e inferiore troviamo motivi con globi aurei e calici di fiore verde, blu, rosa, speculari rispetto all’asta fogliacea che delimita lo spazio tra le due colonne: nei margini laterali esterni, da un filatterio arrotolato con note musicali, si dipartono volute fogliacee con oro, blu e rosa, rosso e verde (cfr. anche, con leggere differenze, ff. 211v-212r, ff. 213v-214r).

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ff. 212v-213r: presenza di aste fogliacee verdi nei margini esterni che sono delimitate da sfere auree, mentre nell’intercolonna ci sono tronchi tagliati che confluiscono in volute fogliacee verdi e, nei margini laterali e superiori, fiori rosa e blu. ff. 215v-216r: presenza di più elementi, come asta fogliacea nel margine esterno (f. 215) e il filatterio arrotolato (f. 216). La decorazione è assente da f. 216v a f. 225v e riprende ai ff. 226v-227r con un’asta fogliacea nell’intercolonna che nel bas-de-page si intreccia con un filatterio dorato, concludendosi con un’ansa su cui è un fiore rosato. ff. 227v-228r: importante iniziale D di forma onciale e decorazione nei margini con cornucopia verde e rossa e fiori rosa, blu, globetti dorati e multicolore. ff. 230v-231r: torna l’asta fogliacea nel margine esterno, ma nel margine inferiore sia di f. 230v sia di f. 231r è presente un’impresa araldica, con scudo d’oro profilato di rosso, alla falce nera con due stelle. Da segnalare anche, ai ff. 231v-232r, ricchi festoni fogliacei accompagnati da una bella candelabra nei margini laterali. Buono lo stato complessivo di conservazione del codice. Legatura di tipo Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge BREVIARIUM / ROMANUM / ORDINIS / S(ANCTI) FRANCISCI / PARS II; più sotto COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il ricco apparato decorativo dei due tomi, fornisce alcuni elementi che, se confrontati con i dati paleografici e con quelli forniti dalla presenza o meno nel calendario di alcuni santi, riconducono all’ambiente ferrarese o ravennate dell’ultimo quarto del XV secolo. Certamente il miniatore conosce la Bibbia di Borso e le sue meravigliose soluzioni decorative, mentre il riferimento nel calendario a due arcivescovi di Ravenna, san Calogero e san Massimiano, nonché a san Bernardino e a san Marciano (festeggiato il 22 maggio) sembra rimandare proprio a Ravenna. Tietze (Die illuminierten, 147 nr. 323) ipotizza che il Breviario sia stato commissionato per un convento di clarisse (la presenza di molti santi francescani nel calendario e della festività di santa Chiara, il 12 agosto, avvalorano l’ipotesi); una nota di possesso rubricata a f. 461v, inoltre, conferma l’appartenenza del codice a una ‘professa’, il cui nome, tuttavia, unitamente a quello della città e del monastero è stato abraso: Istud breviarium est sorori /// Professa in monasterio sancti /// in civitate ///. Da segnalare infine, a f. 499r, un intervento figurativo realizzato in un momento successivo: un albero dalla chioma folta e compatta, al cui tronco si collega un doppio festone vegetale; al centro un clipeo laureato che ospita uno stemma realizzato a inchiostro e non colorato: bandato, al capo del primo, caricato di un istrice, sostenuto dello stesso, caricato di tre stelle a sei raggi. Questo stemma potrebbe essere forse riconducibile (anche se non appare identico) a quello della famiglia Bertacchi documentata sia in Toscana sia in Emilia. (SILVA TAROUCA, I, 181r-185v; Bibl. Rossianae, II, 75r)

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TIETZE, Die illuminierten, 147 nr. 323; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 159 nr. 328; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 8; BAROFFIO, Kalendaria Italica, 470.

LAURA FORGIONE Ross. 127 (olim VIII, 69) Biblia sacra (ff. 1r-456v). Versus super canones evangeliorum (ff. 457r-459v) Francia (Parigi), sec. XIII2 Membr. (pergamena chiara, molto liscia e sottile); ff. VI, 459, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); mm 198×126 (f. 2); richiami assenti; scrittura gotica testuale a inchiostro nero; specchio scrittorio su due colonne (mm 132×83, spazio intercolonnare mm 6) di 54 linee di scrittura; nell’appendice di ff. 457-459, specchio scrittorio su due colonne (mm 144×105, spazio intercolonnare mm 8) di 28 linee di scrittura; rigatura eseguita con punta metallica sottilissima.

La decorazione del codice consiste in 1 pagina ornata, numerose iniziali filigranate maggiori (mm 18×18) rifesse, a intarsio rosso e blu, all’incipit dei singoli libri; interni riempiti da motivi a spirale, lunghe code lungo i margini; filigrane rosse, verdi e anche blu. Iniziali filigranate minori (mm 10×10) cromatiche, con filigrane di colore opposto. Titoli correnti e numerazione dei capitoli in caratteri alternati rossi e blu; rubriche a inchiostro nero.

Ross. 127, f. 1r

f. 1r: pagina ornata: i quattro margini della pagina sono occupati da una bordura costituita da un fitto ramage dorato, con piccoli tocchi di colore blu; la bordura è circondata all’esterno da una sottile linea blu, all’interno da una cornice pure blu con disegni filiformi in biacca. Al centro del margine inferiore, non è più leggibile lo stemma che era contenuto in un clipeo laureato. Si può forse appena scorgere la sagoma di una mitra vescovile, sovrapposta allo scudo. La bordura ingloba, nell’angolo in alto a destra, la lettera filigranata F. f. 1r: lettera filigranata F di Frater Ambrosius michi (mm 72×15), all’incipit del Prologus sancti Hieronymi. La lettera, tipologicamente simile alle altre

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presenti nel codice, se ne differenzia per le dimensioni maggiori e per l’uso dell’oro in foglia al posto del colore rosso. In realtà, la lettera pare essere stata modificata, probabilmente con un intervento contestuale all’aggiunta dello stemma, che sembra pertinente all’età umanistica. Nella lettera, l’oro è stato evidentemente sovrapposto al minio, che spesso traspare al di sotto, lasciando intravedere le effettive dimensioni, più ridotte, degli ornati di penna originali. f. 457r: iniziale ornata A di A generat, b magos, all’incipit dei Versus super canones evangeliorum. Lettera blu circondata da un ridotto campo rosa, con una lunga coda che scende nel margine interno, piccoli ornati apicali in forme floreali, con l’aggiunta di una testa ferina che morde l’angolo della lettera. La semplicità della decorazione non offre molti punti di riferimento per una precisa collocazione geografica e cronologica, tuttavia la Bibbia appare affine, sotto l’aspetto tipologico e codicologico, ai prodotti degli ateliers universitari attivi a Parigi nel secondo quarto del XIII secolo. Questa indicazione di massima pare confermata dallo stile dell’unica iniziale ornata a pennello, posta all’incipit della seconda unità codicologica del manoscritto (ff. 457-459) e paragonabile ad esempio alle iniziali ornate della Bibbia Ross. 317. Questa seconda parte del manoscritto, contenente i Versus super canones evangeliorum, presenta una pergamena più spessa e porosa, una mise en page leggermente diversa e una scrittura più fitta e pesante. Manca inoltre qualsiasi altro elemento decorativo. Può essere stata aggiunta appositamente come appendice alla Bibbia, oppure poteva costituire in origine un fascicolo a parte. Il codice si conserva integro e in ottimo stato, fatta eccezione per l’eccessiva rifilatura, specialmente lungo il margine superiore. Il codice, prodotto probabilmente già in origine per un acquirente privato, in data imprecisata (ma presumibilmente nel XV secolo) passò a un nuovo possessore, che lo volle aggiornare e personalizzare, modificando la decorazione del frontespizio e inserendovi il proprio stemma. Non è al momento possibile aggiungere ulteriori precisazioni sulla storia antica del codice, né si conoscono le circostanze della sua acquisizione da parte del de Rossi. Legatura di tipo A: i piatti presentano cornici concentriche dorate e un motivo centrale a impressione a freddo e a caldo. Tagli spruzzati in verde scuro. Sul dorso si legge, in alto: BIBLIA SACRA VULGATAE LECTIONIS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, II, 76r) TIETZE, Die illuminierten, 100 nr. 176.

GIORGIA CORSO

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Ross. 128 (olim VIII, 70) Biblia sacra, utriusque Testamenti, versione Vulgata Area veneto-emiliana, sec. XIII (1260-1270) (f. 358v) explicit incompleto: /// et Annas princeps sacerdotum et Caiphas /// (Ac IV, 6). Membr. (pergamena sottile e di buona qualità); ff. VI, 358, VI’ (risguardi e guardie cartacei di restauro; risguardi e I e VI’ guardia di colore azzurro); foliazione a matita a destra in alto e foliazione meccanica a destra in basso; mm 186×130; specchio di scrittura (mm 115×83) diviso in 2 colonne, ciascuna di 48 linee con intercolumnio di mm 7; rigatura a inchiostro; l’attuale composizione del codice è frutto della eliminazione del fascicolo contenente il II libro dei Paralipomeni e il libro dei Salmi, che in origine doveva trovarsi dopo il 12° senione, di una errata collocazione dei fascicoli 14 e 15, la cui posizione è stata invertita, e della caduta del fascicolo finale contenente la fine degli Atti, le Epistole canoniche e l’Apocalisse; il codice risulta così composto: 1312, 110, 112, 1512 (il codice doveva in origine essere composto da 13 senioni, 1 senione mancante, 1 senione, un quinione e 15 senioni, cioè: ff. 1-144, [1 senione], 145-156, 169-178, 157-168, 179-358; il quinione termina con una pagina bianca, segno della originale cesura compositiva dopo i libri sapienziali); tracce di richiami tre/quattrocenteschi, quando probabilmente venne rifatta per la prima volta la legatura originaria; gotica angolosa a inchiostro bruno e nero; rifilato in alto e in basso.

Ross. 128, f. 3v

Il sistema illustrativo è formato da sporadiche rubriche dello stesso modulo del testo, ma scritte da mano più corsiva (saranno indicate in italiano le rubriche mancanti), titoli bicromi nel margine superiore, cifre romane bicrome marginali a indicare le pericopi, iniziali rosse e blu con grafismi ornamentali nella tinta contrastante con pattern a bulbo e alte da 2 a 4 linee, pari a mm 5-8×4-6, a seconda dell’importanza del testo, all’inizio delle pericopi e di molti prologhi: in questo caso assumono forma più complessa. Iniziali miniate all’inizio di ogni libro. Le iniziali miniate maggiori (ai ff. 1r e 3v), le cui aste si estendono per l’intera lunghezza del foglio, e le medie, di altezza variabile da 6 a 15 linee in relazione alla struttura della

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lettera e all’importanza del libro, sono fitomorfe e di due tipi: il primo con tralcio con piccole foglioline ripiegate tondeggianti e rifinite a puntini bianchi, presenta talora acanto a polipo e la gamma cromatica varia dal blu, al verde, al viola, all’arancio e al giallo ocraceo; lungo le aste le foglioline si dispongono simmetricamente; le aste terminano nel bas-de-page con un motivo ad aquilone. Il nastro ocraceo o blu ha filigranatura a puntini che segna rosette e fascette, motivi a rombi; il campo blu o ocraceo ha rosette puntinate e assume una forma quadrata, ma sagomata attorno alla lettera. In alcune lettere lo schema si semplifica fortemente, ma non mancano lettere zoomorfe ai f. 89r, f. 145r, 148v, 153r etc. Un secondo tipo invece ha una gamma cromatica ristretta a due sfumature di ocra e blu; la struttura fitomorfa non cambia, ma il nastro della lettera forma alcuni girali desinenti in testa leonina. f. 1r: f. f. f. f. f. f. f. f.

3v: 20v: 34v: 43v: 56v: 69r: 79v: 89r:

f. 90v: f. f. f. f. f.

91r: 105r: 115v: 128r: 140r:

f. 140v: f. f. f. f. f. f. f.

145r: 148v: 153r: 157r: 164v: 167r: 168v:

f. 169v: f. 184r:

iniziale F di Frater Ambrosius, all’incipit dell’Epistola sancti presbiteri Ieronimi (mm 136×21). iniziale I di In Principio creavit, all’incipit del Genesi (mm 148×19). iniziale H di Haec sunt (mm 30×22), all’incipit dell’Esodo. iniziale V di Vocavit autem (mm 23×25), all’incipit del Levitico. iniziale L di Locutus est (mm 23×25), all’incipit del Libro dei numeri. iniziale H di Hec sunt (mm 29×23), all’incipit del Deuteronomio. iniziale E di Et factum est (mm 20×18), all’incipit del Libro di Giosuè. iniziale P di Post mortem (mm 29×33), all’incipit del Libro dei Giudici. iniziale I di In diebus unius (mm 80×10), all’incipit del Libro di Ruth, con drago bipede. iniziale V di Viginti et duas (mm 24×18), all’incipit Prologus sancti Ieronimi in libros Regum. iniziale F di Fuit vir unus (mm 55×20), all’incipit del I libro dei Re. iniziale F di Factum est (mm 65×19), all’incipit del II. iniziale E di Et rex David (mm 20×18), all’incipit del III. iniziale F (sta per P) di Prevaricatus est (mm 50×25), all’incipit del IV. iniziale T di Tantus et talis (mm 21×20), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in libro Paralipomenon. iniziale A di Adam, Seth (mm 63×26), all’incipit del I libro dei Paralipomeni. iniziale T di Tobias ex tribu (mm 20×18), all’incipit del Libro di Tobia. iniziale A di Arphatax itaque (mm 48×23), all’incipit del Libro di Giuditta. iniziale I di In diebus (mm 68×28), all’incipit del Libro di Esther. iniziale P di Parabole Salomonis (mm 48×20), all’incipit delle Parabole. iniziale V di Verba Ecclesiastes (mm 16×16), all’incipit dell’Ecclesiaste. iniziale O di Osculetur me (mm 17×15), all’incipit del Cantico dei Cantici. iniziale D di Diligite iustitiam (mm 15×15), all’incipit del Libro della Sapienza. iniziale V di Vir erat in terra (mm 25×23), all’incipit del Libro di Giobbe. iniziale O di Omnis sapientia (mm 20×16), all’incipit dell’Ecclesiastico.

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214 f. f. f. f. f. f. f. f. f.

197v: 213v: 233r: 235v: 253r: 260r: 262v: 264r: 266r:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

267r: 268v: 269v: 270v: 271v: 272r: 275r: 276r: 286v: 295r:

f. 306r: f. 313r: f. 324v: f. 334v: f. 338v: f. 342v: f. 345r: f. 346v: f. 348r: f. 349r: f. 350r: f. 351r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale V di Visio Isaiae (mm 20×16), all’incipit del Libro di Isaia. iniziale V di Verba Ieremie (mm 23×20), all’incipit del Libro di Geremia. iniziale E di Et haec verba (mm 20×19), all’incipit del Libro di Baruch. iniziale E di Et factum est (mm 20×18), all’incipit del Libro di Ezechiele. iniziale A di Anno tertio (mm 52×20), all’incipit del Libro di Daniele. iniziale V di Verbum domini (mm 20×18), all’incipit del Libro di Osea. iniziale V di Verbum domini (mm 17×16), all’incipit del Libro di Gioele. iniziale V di Verba Amos (mm 20×17), all’incipit del Libro di Amos. iniziale V di Visio Abdie (mm 19×19), all’incipit del Libro di Abdia; iniziale E di Et factum est (mm 16×15), all’incipit del Libro di Giona. iniziale V di Verbum domini (mm 21×20), all’incipit del Libro di Michea. iniziale O di Onus Ninive (mm 17×15), all’incipit del Libro di Naum. iniziale O di Onus quod (mm 17×15), all’incipit del Libro di Abacuch. iniziale V di Verbum domini (mm 17×18), all’incipit del Libro di Sofonia. iniziale I di In anno secundo (mm 60×10), all’incipit del Libro di Aggeo. iniziale I di In mense octavo (mm 53×10), all’incipit del Libro di Zaccaria. iniziale O di Onus verbi (mm 17×16), all’incipit del Libro di Malachia. iniziale E di Et factum est (mm 18×16), all’incipit del I libro dei Maccabei. iniziale F di Fratribus qui (mm 60×20), all’incipit del II libro dei Maccabei. iniziale L di Liber generationis (mm 48×20), all’incipit del Vangelo secondo Matteo. iniziale I di Initium Evangelii (mm 80×9), all’incipit del Vangelo secondo Marco. iniziale F di Fuit in diebus (mm 38×20), all’incipit del Vangelo secondo Luca. iniziale I di In principio (mm 58×10), all’incipit del Vangelo secondo Giovanni. iniziale P di Paulus servus (mm 42×20), all’incipit dell’Epistola ai Romani. iniziale P di Paulus vocatus (mm 43×20), all’incipit della I Epistola ai Corinzi. iniziale P di Paulus apostolus (mm 60×20), all’incipit della II Epistola ai Corinzi. iniziale P di Paulus apostolus (mm 58×22), all’incipit dell’Epistola ai Galati. iniziale P di Paulus apostolus (mm 63×23), all’incipit dell’Epistola agli Efesini. iniziale P di Paulus et Timotheus (mm 60×23), all’incipit dell’Epistola ai Filippesi. iniziale P di Paulus apostolus (mm 60×23), all’incipit della I Epistola ai Colossesi. iniziale P di Paulus apostolus (mm 60×23), all’incipit della II Epistola Colossesi. iniziale P di Paulus et Silvanus (mm 60×20), all’incipit dell’Epistola ai Tessalonicesi.

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f. 352r: iniziale P di Paulus apostolus (mm 53×20), all’incipit della I Epistola a Timoteo. f. 352v: iniziale P di Paulus apostolus (mm 49×22), all’incipit della II Epistola a Timoteo. f. 353v: iniziale P di Paulus servus (mm 68×22), all’incipit dell’Epistola a Tito. f. 354r: iniziale P di Paulus vinctus (mm 58×23), all’incipit dell’Epistola a Filemone. f. 354v: iniziale M di Multiphariam multisque (mm 20×20), all’incipit dell’Epistola agli Ebrei. f. 357v: iniziale P di Primum quidem (mm 78×22), all’incipit degli Atti degli Apostoli. Solo il Tietze ha analizzato il codice che ritiene italiano, di buona qualità e che data attorno al 1300. Il codice costituisce un esempio di imitazione delle bibbie portatili parigine in Italia, come denunciano le misure e il tipo di illustrazione, limitato alle sole iniziali. Esso risulta eseguito in uno scriptorium ben organizzato che doveva produrre sistematicamente questo tipo di bibbia, come sembra indicare la struttura del manoscritto, che prevedeva una tecnica modulare con cesura alla fine del libro di Giobbe, e il fatto che il fascicolo con cui termina questo libro risulta l’unico quinione della struttura (termina con una pagina bianca, f. 178v). L’organizzazione del lavoro si nota anche nella decorazione, dato che il secondo miniatore interviene in 6 senioni, ai ff. ff. 73-144; il filigranatore invece è sempre lo stesso. Nonostante il programma illustrativo sia modesto e privo di qualunque elemento narrativo, i due miniatori rivelano una interessante conoscenza degli sviluppi delle novità che circolano negli ateliers dell’area centro-orientale dell’Italia settentrionale; invece gli aquiloni che si protendono nei bas-de-page delle due iniziali maggiori, quella del prologo, f. 1r, e del Genesi, f. 3v, riprendono il pattern delle desinenze vegetali delle bibbie appartenenti al gruppo detto di Manfredi, anche se tralasciano le antenne di più rigorosa ascendenza francese. Legate invece ai modelli francesi sono le testine di leone ocracee che concludono gli ibridi, che nella modulazione del corpo seguono schemi bolognesi, abbinando busti alati con zampe equine. I due miniatori, formatisi certamente secondo la tradizione degli ateliers professionali universitari legati a Bologna, maturano diversamente le proprie esperienze: il primo unendo a questa base elementi di ascendenza sveva e francese legati alla produzione delle bibbie e sviluppandoli secondo un principio di rigorosa simmetria, il secondo invece fondendo schemi parigini con la tradizione degli ibridi propri della produzione dei codici giuridici. La struttura di queste iniziali trova i più convincenti confronti in alcuni manoscritti attribuiti all’area veneta, quali i mss. lat. 232, lat. 209 e lat. 216 della Bibliothèque nationale de France, o il ms. 197 della Bibliothèque municipale di Autun, tutti assegnabili al terzo quarto del XIII secolo e a questo gruppo può essere unito anche il codice in esame, testimone minore di quella complessa rete di rapporti fra nord Europa e Mediterraneo nell’età delle crociate.

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Stato di conservazione discreto. Tracce diffuse di umidità. Legatura Rossi di tipo A sul dorso si legge, in alto: BIBLIA SACRA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, I, 192r, 193r-v, 194r-v, 195r, 196r; Bibl. Rossianae, II, 77r) TIETZE, Die illuminierten, 71 nr. 102.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 130 (olim VIII, 72) Biblia sacra, utriusque Testamenti, versione Vulgata (ff. 1r-516r); Interpretatio nominum Hebraicorum (ff. 517r-559v) Francia (Parigi), sec. XIII, metà (f. 559v) explicit: Explicit iste liber / Numquid a domino meo / rege exuite hoc verbum et / michi non iudicasti servo t / uo, qui sessurus esset supra. / Nunc dimittis servum tu / um secundum verbum tuum in pace. Quia viderunt / oculi mei salutare tuum (sic) Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata; appena percepibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. VII (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VII cart., moderni), 560, VII’ (I’-VI’ cart., moderni; VII’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna, manuale, a inchiostro bruno, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei ff. 1-517, mancante a partire dal f. 518, con l’eccezione del 520; contemporanea, meccanica, in basso a destra sul recto dei ff. 518-560; il f. 397 era stato numerato 398 ma fu corretto contestualmente dalla stessa mano, che interviene anche sulla numerazione di f. 413, numerato in precedenza con una cifra oggi non più leggibile; salto di numerazione da f. 503 a f. 505; la foliazione è comunque successiva all’intervento di rilegatura, nel corso del quale sono stati spostati tre fascicoli, corrispondenti oggi a ff. 185-209 e in origine collocati tra gli attuali f. 208 e f. 209, come risulta dall’esame del testo e dai titoli correnti ed è confermato dalla presenza di tre scritte recenti, vergate da una medesima mano, una a f. 184v – contin(ua a) fol. 209 –, una seconda a f. 208v – contin(ua a) fol. 383 –, una terza a f. 382v: Ross. 130, f. 1r

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contin(ua a) fol.185. Sul recto dei ff. 69-80, in basso a destra, si osserva la presenza di una sequenza alfabetica (da a a m), di cui non è dato individuare il significato. Il codice misura mm 212/3×142 (misure prese ai ff. 19 e 405). Littera textualis di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, vergata con inchiostro nero, rialzato in rosso ma non costantemente, e rosso per segnalare l’incipit dei libri biblici; riempilinea rossi; interventi di correzioni su rasura (per es. a f. 15r) di una seconda mano, probabilmente contemporanea che scrive con inchiostro nero e con modulo più ampio. Di mano diversa (umanistica semicorsiva) e vergato con inchiostro bruno l’Index librorum a f. 560r. Specchio di scrittura (mm 132×95), a 2 colonne di 51 linee, inquadrato da 7 righe verticali e da 7 rettrici maggiori (intercolumnio mm 8); sul margine superiore una riga doppia è destinata a ospitare, sul recto e sul verso del foglio, il titolo corrente. La regola di Gregory è sempre rispettata, fatta eccezione per il passaggio dal I fascicolo (un duernio, mutilo del quarto foglio), che si chiude con un lato pelo, al II, che si apre con un lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 75 iniziali maggiori istoriate (da un minimo di mm 20×22 a un massimo di mm 25×23, corrispondenti costantemente a 9 linee), all’inizio di ogni libro; 76 iniziali medie zoomorfe e fitomorfe, decorate sul fondo a spirali di motivi vegetali (mm 18×18) e collocate all’inizio di prologhi, prefazioni o argomenti; iniziali rubricate di rosso e di blu decorate con filigrana del colore opposto, all’inizio dei capitoli; titoli correnti (pesantemente rifilati nella II parte del codice) vergati alternativamente a inchiostro rosso e blu al pari dei numeri romani con i quali sono indicati i capitoli, collocati all’interno dello specchio scrittorio e solo eccezionalmente sul margine esterno (per es. ai ff. 308v, 309r); riempilinea, costituiti da piccole c e o accostate realizzate a penna e inchiostro rosso, all’incipit dei libri. Le iniziali maggiori presentano il corpo realizzato nella triade coloristica del blu, spesso decorato con leggere filigrane in biacca; in esse, così come nelle iniziali medie, le aste si sviluppano in lunghe code e si distendono lungo lo specchio scrittorio, sino a costituire una sorta di fregio a cordone geometrico e/o vegetale abitato, talvolta sormontato, da animali o da ibridi zoomorfi, antropomorfi e antropozoomorfi e, in molti casi, peculiarmente caratterizzato da terminazioni a testine umane improntate al gusto delle drôleries (si propongono come esempi quelli realizzati a f. 87v, nella P di Post mortem; a f. 207v, dove la I di In anno secundo misura l’intera colonna di scrittura e nella parte superiore ospita, all’interno di una struttura architettonica sinteticamente schematizzata, la figura del profeta Zaccaria); peculiare il caso della L di Liber generationis all’incipit del Vangelo di Matteo, che ospita sull’asta orizzontale il Sogno di Davide e nell’asta verticale un triplo registro con la Genealogia di Cristo. Nel caso di iniziali maggiori prive di aste, come la V di Verbum domini a f. 201v, ma anche di lettere medie, dal corpo della lettera si sviluppa una breve coda a carattere vegetale (nell’esempio citato sormontata da un ibrido con testa umana). Terminazioni a testine umane e ibridi antropozoomorfi caratterizzano in molti casi, come vera e propria cifra stilistica del miniatore, anche le iniziali medie, come per esempio il corpo della lettera e il fregio della S di Si LXX interpretum a f. 153r o la R di Reverentissimo di f. 387v. Colori a tempera blu, rosa, verde con qualche tocco di giallo e di turchese; sia il campo e il fondo delle iniziali, sia il campo e

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il fondo su cui è realizzato il fregio sono campiti dalla foglia d’oro incastonata in una spessa linea nera di contorno, che suggerisce l’effetto della vetrata gotica. L’asta delle iniziali accosta in molti casi all’oro il rosa e il blu decorato con piccoli globi azzurri rialzati in biacca. Le iniziali maggiori istoriate sono collocate ai ff. 1r, 4r, 22v, 38r, 49r, 63v, 78r, 87v, 100r, 114v, 126v, 140r, 153r, 165r, 180v, 184v, 192v, 195v, 197v, 200r, 200v, 201v, 203v, 205r, 206r, 207v, 214v, 221r, 225v, 231v, 237v, 248r, 252r, 254v, 257r, 259v, 262v, 265r, 268r, 274r, 283v, 286v, 294v, 312r, 331v, 356v, 359v, 381r, 386r, 387v, 401r, 410v, 424v, 433v, 447v, 458r, 463v, 469r, 472v, 474v, 476v, 477v, 479r, 480r, 480v, 482r, 483r, 483v, 487v, 501v, 503r, 505v, 508r, 508v, 509v. f. 1r:

f. 4r:

f. 22v: f. 38r: f. 49r:

f. 63v: f. 78r:

f. 87v:

iniziale di F di Frater Ambrosius michi, all’incipit dell’Epistola sancti Ieronimi. Il corpo è costituito nella parte superiore da un arco inquadrato da merlatura che ospita al suo interno la figura di san Girolamo, nelle vesti di un frate francescano, che sfoglia un libro poggiato su un leggio a colonna; l’asta della F è costituita da un cordone geometrico zoomorfo che si prolunga con una coda lungo lo specchio scrittorio e si conclude in basso con una terminazione caleidoscopica vegetale e animale. iniziale I di In principio creavit, all’incipit del Liber Genesis. L’iniziale si sviluppa lungo tutto lo specchio scrittorio e si conclude, in alto e in basso, con una decorazione a intreccio vegetale spiraliforme; all’interno del corpo della lettera una successione di 7 mandorle, incorniciate da foglie d’acanto in oro, su fondo blu; 6 mandorle racchiudono, su fondo in foglia d’oro, la raffigurazione di Dio Padre, nelle sembianze di Cristo, impegnato nella Creazione (Dio separa la luce dalle tenebre; Dio crea il firmamento; Dio separa le acque dalla terra; Dio crea il sole e la luna; Dio crea gli esseri viventi; Dio crea Adamo ed Eva); l’ultima raffigura Dio Creatore in trono. iniziale H di Hec sunt nomina, all’incipit del Liber Exodi. Mosè riceve da Dio le tavole della legge. iniziale V di Vocavit autem Moysen, all’incipit del Liber Levitici. Mosè offre un olocausto al Signore. iniziale L di Locutus est dominus, all’incipit del Liber Numerorum. Mosè, a colloquio con due Ebrei, stringe con le mani velate il libro della Legge. iniziale H di Hec sunt verba, all’incipit del Liber Deuteronomii. Mosè, che stringe con le mani velate un libro, pronuncia un discorso agli Ebrei. iniziale E di Et factum est, all’incipit del Liber Iosue. Ideale passaggio delle consegne da Mosè, ormai defunto (come sembra suggerire il nimbo), a Giosuè. iniziale P di Post mortem Iosue, all’incipit del Liber Iudicum. Investitura di Gedeone a capo dei guerrieri di Israele.

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f. 100r: iniziale F di Fuit vir unus, all’incipit del Liber Regum primus. Le precarie condizioni di conservazione della miniatura rendono difficile la lettura iconografica dell’immagine; si intravede tuttavia la figura di Anna che brandisce una spada e sulla destra, forse, quella del figlio Samuele. f. 114v: iniziale F di Factum est autem, all’incipit del Liber Regum secundus. Re David fa giustiziare il giovane amalecita colpevole dell’assassinio di Saul. f. 126v: iniziale E di Et rex David, all’incipit del Liber Regum tercius. A David viene condotta la vergine Abisag. f. 140r: iniziale P di Prevaricatus est, all’incipit del Liber Regum quartus. Ocozia, re di Israele precipita da un’alta torre. f. 153r: iniziale A di Adam, Seth, Enos, all’incipit del Liber Paralipomeni primus. In luogo di Adamo e della sua discendenza è raffigurata una giovane donna che è sul punto di decollare David disteso su di un letto. f. 165r: iniziale C di Confortatus est ergo, all’incipit del Liber Paralipomeni secundus. Re David in trono armato di spada. f. 180v: iniziale I di In anno primo, all’incipit del Liber Esdre. Ciro, re dei Persiani, si rivolge a Dio. f. 184v: iniziale V di Verba Neemie filii, all’incipit del Liber Neemie. Neemia offre una coppa di vino al re Artaserse. f. 192v: iniziale V di Verbum domini, all’incipit del Liber Osee. Osea riceve un lungo rotolo da un angelo del Signore. f. 195v: iniziale V di Verbum domini, all’incipit di Ioel propheta. Ioel riceve un lungo rotolo dall’angelo del Signore. f. 197v: iniziale V di Verba Amos qui, all’incipit di Amos. Amos riceve dall’angelo del Signore un lungo rotolo iscritto. f. 200r: iniziale V di Visio Abdie, all’incipit di Abdias propheta. Abdia mostra il lungo rotolo contenente i suoi scritti. f. 200v: iniziale E di Et factum est, all’incipit di Ionas propheta. Giona ingoiato dalla balena. f. 201v: iniziale V di Verbum domini, all’incipit di Micheas propheta. Il profeta, nimbato, è raffigurato seduto mentre mostra un lungo rotolo dispiegato in senso verticale e rivolto verso l’esterno. f. 203v: iniziale O di Onus Ninive liber, all’incipit di Naum propheta. Il profeta, nimbato e seduto su uno scranno, si volge verso sinistra gesticolando. f. 205r: iniziale O di Onus quod vidit, all’incipit di Abachuc propheta. Il profeta, nimbato e seduto su uno scranno, esibisce il rotolo iscritto con il suo nome e dispiegato in senso orizzontale. f. 206r: iniziale V di Verbum domini, all’incipit di Sophonias propheta. Il profeta, nimbato e seduto su uno scranno, si volge verso sinistra aprendo le braccia. f. 207v: iniziale I di In anno secundo, all’incipit di Aggeus propheta. Il profeta, nimbato, è ospitato in una arcata sormontata da un tratto di mura merlate e da torri. Il titolo corrente (Zacharias) in questo caso fa riferimento al libro di Zaccaria che inizia al successivo f. 208r. f. 214v: iniziale E di Et fecit Iosias, all’incipit del Liber Esdre secundus. Giosia celebra la Pasqua davanti a un altare.

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f. 221r: iniziale T di Thobias ex tribu, all’incipit di Thobias. Tobia, disteso e qualificato dal nimbo dei viventi, è assistito da un angelo. f. 225v: iniziale A di Arfaxad itaque rex, all’incipit del Liber Iudith. Giuditta decolla Oloferne sorpreso nel sonno. f. 231v: iniziale I di In diebus Assuerii, all’incipit del liber Ester (espunto Iudith). All’interno di arcate raffigurate in successione verticale Assuero, coronato, è in trono e porge lo scettro a Ester, ospitata nell’arcata sottostante. f. 237v: iniziale V di Vir erat in terra, all’incipit del Liber Iob. Giobbe, seminudo e sofferente, si volge verso la moglie, accompagnata da un’ancella. f. 248r: iniziale B di Beatus vir, all’incipit del Liber hymnorum. Re David, seduto in trono e ispirato da Dio, si accompagna al suono del salterio. f. 252r: iniziale D di Dominus illuminatio mea, all’incipit di In finem psalmi. Dio Padre (raffigurato come Cristo) unge gli occhi di David. f. 254v: iniziale D di Dixit scelerum ipsum, all’incipit di In finem cantici. L’empio si rivolge verso Dio Padre. f. 257r: iniziale D di Dixit insipiens in corde, all’incipit di In finem cantici. Lo stolto con una clava nella mano destra e una palla nella sinistra. f. 259v: iniziale S di Salvum me fac, all’incipit di In finem pro his. David, salvato dalle acque, si rivolge a Dio Padre benedicente, raffigurato in alto con il globo nella mano sinistra e l’orbe tripartito nella destra. f. 262v: iniziale E di Exultate Deo adiutori, all’incipit di In finem pro torcularibus psalmus. David, in trono, suona i campanelli con due martellini. f. 265r: iniziale C di Cantate domino, all’incipit di Psalmus David. Tre frati (probabilmente domenicani) intonano un canto seguendo la melodia da un libro aperto su un leggio. f. 268r: iniziale D di Dixit dominus, all’incipit di Psalmus David. Immagine trinitaria: Dio Padre sulla destra e sulla sinistra il Figlio; al centro la colomba dello Spirito Santo che scende dall’alto. f. 274r: iniziale P di Parabole Salomonis, all’incipit delle Parabole Salomonis. Salomone incoronato e seduto su uno scranno impartisce la giustizia; sulla sua sinistra il figlio Roboamo. f. 283v: iniziale V di Verba Ecclesiastes, all’incipit dell’Ecclesiaste. L’Ecclesiaste, seduto su uno scranno, è a colloquio con un personaggio non identificabile a causa del degrado della miniatura. f. 286v: iniziale O di Osculetur me, all’incipit dei Cantica canticorum. Maria seduta su uno scranno tiene il Bambino sulle ginocchia. Entrambi hanno nella mano destra il globo. f. 294v: iniziale O di Omnis sapientia, all’incipit dell’Ecclesiasticus. Maria/Sapientia, nimbata e incoronata, tiene nelle mani la croce e il calice del Sacrificio. f. 312r: iniziale V di Visio Ysaye, all’incipit di Ysayas propheta. Martirio del profeta Isaia. f. 331v: iniziale V di Verba Ieremie, all’incipit del Liber Ieremie prophete. Martirio di Geremia.

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f. 356v: iniziale H di Hec sunt verba, all’incipit del Liber Baruc. Baruch, dotato degli strumenti del copista, è intento a scrivere su un libro aperto e poggiato su un leggio, su cui si legge il suo nome, vergato in scrittura corsiva. f. 359v: iniziale E di Et factum est, all’incipit di Ezechiel propheta. La visione di Ezechiele, raffigurato con il nimbo quadrato dei viventi; in alto i simboli dei quattro evangelisti, che sembrano volgersi dall’alto verso il profeta addormentato. Di particolare efficacia l’immagine del profeta, qualificato dal nimbo dei viventi, che sogna, rivelando un’espressione di mesta tenerezza. f. 381r: iniziale A di Anno tercio regni, all’incipit di Daniel propheta. Daniele nella fossa dei leoni (immagine non bene identificabile a causa dello stato di parziale degrado della miniatura). f. 386r: iniziale O di Onus verbi domini, all’incipit di Malaghias (sic) propheta. Malachia, ispirato da un angelo, è intento alla scrittura. f. 387v: iniziale E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum primus. Matatia, armato di spada, uccide un ebreo apostata, che esibisce su di un piatto una testa di maiale selvatico. f. 401r: iniziale F di Fratribus qui sunt, all’incipit del Liber Machabeorum secundus. Due personaggi, che rappresentano rispettivamente i giudei d’Egitto e quelli di Palestina, si scambiano una lettera. f. 410v: iniziale L di Liber generationis, all’incipit di Mattheus evangelista. L’Albero di Iesse (in successione dall’alto Cristo, Maria, re David). f. 424v: iniziale I di Initium evangelii Ihesu, all’incipit di Marchus propheta. L’evangelista Marco, che tiene con la mano velata il libro, è ospitato, insieme con il suo simbolo, nel corpo della lettera, al di sotto di un’arcata architettonica. f. 433v: iniziale F di Fuit in diebus Herodis, all’incipit di Lucas propheta. Zaccaria prega davanti a un altare e incensa al Signore. f. 447v: iniziale H di Hic est Iohannis evangelista, all’incipit del Prologus super Iohannem, L’arco della lettera ospita l’aquila nimbata, emblema evangelico di Giovanni, che regge con le zampe un rotolo iscritto. f. 447v: iniziale I di In principio erat verbum, all’incipit dell’Evangelium Iohannis. L’evangelista Giovanni, che tiene con la mano velata il libro, è ospitato all’interno di un’arcata architettonica. f. 458r: iniziale P di Paulus servus servorum, all’incipit dell’Epistola ad Romanos. Questa e le successive iniziali istoriate che aprono le Epistolae di Paolo raffigurano tutte – se pure con lievi differenze di postura – il santo con i tratti fisiognomici che lo connotano nell’iconografia più diffusa e con la spada, suo attributo tradizionale. f. 463v: iniziale P di Paulus vocatus, all’incipit dell’Epistola I ad Corinthios. f. 469r: iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola II ad Corinthios. f. 472v: iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola ad Galatas. Il santo benedice con la mano destra. f. 474v: iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola ad Ephesios.

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222 f. 476v: f. 477v: f. 479r: f. 480r: f. 480v: f. 482r: f. 483r: f. 483v: f. 483v:

f. 487v:

f. 501v:

f. 503r:

f. 505v: f. 508r:

f. 508r: f. 508v:

f. 509v:

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iniziale P di Paulus et Thimoteus, all’incipit dell’Epistola ad Philippenses. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola ad Colocences (sic). iniziale P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistola ad Tessalonicenses. iniziale P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistola II ad Tessalonicenses. Accanto al santo è raffigurato Silvano. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola ad Timotheum. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola II ad Timotheum. iniziale P di Paulus servus Dei, all’incipit dell’Epistola ad Titum. iniziale P di Paulus iunctus Christi, all’incipit dell’Epistola ad Philemonen. iniziale M di Multipharie multisque, all’incipit dell’Epistola ad Hebreos. Sul fondo, scandito dall’asta verticale della M, due figure maschili colloquiano tra loro. iniziale P di Primum quidem sermonem, all’incipit della Littera actorum apostolorum. Nella lettera è raffigurata l’Ascensione di Cristo: Cristo, del quale sono visibili solo i piedi e l’orlo della tunica, sale verso il cielo; gli apostoli sono raccolti attorno alla Vergine Maria, che stringe nella mano sinistra velata il libro dei Vangeli. iniziale I di Iacobus Ihesu Christi, all’incipit dell’Epistola Iacobi. L’immagine dell’apostolo benedicente è ospitata all’interno di una struttura architettonica con cui si identifica totalmente il corpo della lettera. iniziale P di Petrus apostolus, all’incipit dell’Epistola Petri prima. In questa, come nella successiva iniziale, protagonista à Pietro raffigurato con una grande chiave, che enfatizza il simbolo del suo magistero. iniziale S di Symon Petrus servus, all’incipit dell’Epistola Petri (id est secunda). iniziale S di Senior electe domine, all’incipit dell’Epistola Iohannis II. In questa iniziale, così come nella successiva, l’apostolo Giovanni è raffigurato sul fondo d’oro della lettera mentre stringe nella mano sinistra velata il suo vangelo. iniziale S di Senior Gaio karissimo, all’incipit dell’Epistola Iohannis III. iniziale I di Iudas Ihesu Christi, all’incipit dell’Epistola Iude. L’apostolo, raffigurato in posizione frontale al di sotto di un’arcata architettonica, stringe nella mano sinistra velata il libro con i suoi scritti. iniziale A di Apocalipsis Ihesu Christi, all’incipit del Liber Apocalipsis. Giovanni è raffigurato sullo sfondo di una città turrita (probabilmente l’ideogramma dell’isola di Patmos), intento alla scrittura.

L’esecuzione dell’apparato decorativo e figurativo del codice si può assegnare a una delle numerose botteghe attive a Parigi tra la prima e la seconda metà del secolo XIII, durante il regno di Luigi IX (1215-1270). Appare evidente infatti il collegamento con la produzione risalente di quello che da Branner viene definito Johannes Grusch atelier (BRANNER, Manuscript Painting, 82-86), e in particolare con il Messale della cattedrale di Rouen (Rouen, Bibliothèque municipale, ms. Y50; datato tra il 1235 e il 1245), in cui uno dei due maestri miniatori all’opera nella realizzazione dell’apparato figurativo proviene da questo atelier, mentre l’altro,

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ROSS. 130

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attivo invece nel così detto Wenceslas atelier, rivela anch’esso coincidenze con il nostro codice, soprattutto nel motivo decorativo a carattere geometrico che caratterizza l’asta delle iniziali (si cfr. ad esempio il f. 503r della Bibbia rossiana con il f. 159r del Messale di Rouen; BRANNER, Manuscript Painting, fig. 276) e nella fattura delle lettere filigranate. Particolarmente significative appaiono, tra i due manoscritti, le analogie nella resa delle figure e degli elementi architettonici, nella tavolozza pittorica e ancora nella struttura delle iniziali, come appare evidente accostando i ff. 23v e 159r del Messale di Rouen – assegnati rispettivamente all’uno e all’altro maestro (BRANNER, Manuscript Painting, fig. 212 e fig. 276) – con le iniziali istoriate della Bibbia rossiana. In esse, all’interno di una rigida impalcatura geometrica delimitata da una linea a inchiostro nero, si alternano fasce a greche, a losanghe, a spina di pesce, trattate a bianco di piombo su un fondo di colore intenso, fasce a foglia d’oro e fasce sottilmente filigranate pure in biacca, che si concludono in alto e in basso con terminazioni caleidoscopiche, a intreccio vegetale spesso abitato da ibridi zoomorfi e antropozoomorfi, che in molti casi appaiono caratterizzati da peculiari testine umane, di frati (es. f. 87v), santi (es. f. 4r), gnomi (es. f. 22v), nobili e principi. Questo particolare (che troviamo anche in altri codici realizzati nel Johannes Grusch atelier, come per esempio a f. 87r del Messale, ms. lat. 9441 della Bibliothèque nationale de France; BRANNER, Manuscript Painting, fig. 229) rappresenta una vera e propria cifra stilistica di uno o più miniatori attivi in esso a cavallo tra la prima e la seconda metà del secolo. La presenza di una testina tonsurata (per es. a f. 87v) è troppo sporadica per rappresentare un elemento significativo nell’individuazione della committenza; né sembra utile a tale scopo il riferimento contenuto nell’explicit a un domino meo rege, in cui si celerebbe un’allusione (ma allo stato è solo un’ipotesi) a Luigi IX. Lo stato di conservazione appare mediocre, soprattutto per quanto concerne i fogli iniziali (fino a f. 10) e il foglio finale, per la presenza di numerose lacerazioni, per l’ingiallimento e la consunzione della pergamena e l’attacco dei tarli e, per ciò che attiene più specificamente alla miniatura, per le numerose cadute della pellicola pittorica e della foglia d’oro. Come problemi peculiari si segnalano: lacerazione sul margine esterno, con mancanza di materiale sul margine superiore, a f. 1, lacerazione del foglio sul margine esterno di f. 274 e di f. 275, uno strappo non risarcito, a f. 386, sul margine inferiore, uno strappo con mancanza di materiale a f. 404; numerosi difetti di concia (per esempio ai ff. 159, 303, 416, 490, 492, 499; a f. 489 un difetto di concia con tentativo di risarcimento per cucitura). Particolarmente danneggiato appare l’apparato decorativo ai ff. 1r, 4r, 99v, 100r, 192v, 358v, 424v, 447v, 463v, 469v, 482r. Nel complesso il codice risulta anche pesantemente rifilato soprattutto sul lato superiore, con perdite anche rilevanti di parte dei titoli correnti e della decorazione. Legatura, Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge BIBLIA SACRA / VULGATE LECTIONIS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Delle vicende del codice prima dell’acquisizione da parte di Giovan Francesco de Rossi nulla è dato di sapere. Del tutto inedito, non figura neppure tra i manoscritti francesi presi in esame nel breve articolo di Suzanne Vitte (VITTE, Les manuscrits français). Dal 1922 fa parte dei fondi della Biblioteca Apostolica Vaticana. (SILVA TAROUCA, I, 198r-v; Bibl. Rossianae, II, 80r-81r) TIETZE, Die illuminierten, 26-27 nr. 42; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 10.

SILVIA MADDALO

Ross. 131 (olim VIII, 73) Evangelium secundum Marcum: Prologus (ff. 1v-4r); Evangelium (ff. 4v-104v) Area germanica (Salisburgo?), sec. XII, metà Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata, con poca differenza tra lato carne e lato pelo); ff. VI (cart., di restauro, I in cartoncino blu, come la controguardia), 104, VI’ (cart., di restauro, VI’ in cartoncino blu, come la controguardia posteriore); foliazione antica, in cifre arabiche in alto a destra sul recto del foglio; numerazione dei fascicoli (da I a XIII) in numeri romani, sul verso dell’ultimo foglio, in basso al centro in luogo dei richiami (appena visibile, perché rifilata, alla fine del II fascicolo, f. 16v; non più visibile alla fine del VII fascicolo, a causa dello strappo della pergamena che interessa il foglio, mancante alla fine dei fascicoli VIII e X). Scrittura carolina tarda di transizione alla gotica, di una sola mano per il testo, di modulo ampio, ben spaziata e vergata a inchiostro nero alternato a inchiostro bruno, nello stesso fascicolo e talora nello stesso foglio (ad es. a f. 68v), di una seconda mano per la glossa ordinaria marginale e interlineare, di modulo minore (circa la metà) e vergata con inchiostro bruno molto scuro. Di almeno due mani, una contemporanea alla stesura del testo, l’altra più tarda, sono le note marginali che emendano, talora integrano o commentano la glossa. Specchio scrittorio a una colonna (mm 138×40/44) di 13 linee, per il testo; a due colonne per la glossa, più larga la colonna esterna (mm 138×40), più stretta quella interna (mm 138×22), entrambe di un numero variabile di linee di scrittura; rigatura alla mina, molto leggera, realizzata sul recto e sul verso di ogni foglio, caratterizzata da 6 righe rettrici vertiRoss. 131, f. 4v cali per un numero variabile di rettrici oriz-

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ROSS. 130-131

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zontali, a testimonianza di una rigorosa organizzazione del lavoro di impaginazione grafica, che talora (e come spesso a quest’altezza cronologica), tuttavia, non viene rispettata, dove, come nel caso di f. 103r o di f. 104r, la glossa invade la colonna di scrittura, occupando lo spazio destinato al testo; non più visibile, perché accuratamente rifilata, la foratura (ne rimane traccia, per es., a f. 81). Il I fascicolo si apre con un lato pelo, ma la scrittura del testo inizia a f. 1v; a f. 1r, al centro della pagina, al di sopra del disegno, in monocromo a inchiostro nero, del sigillo della Bibliothecae Conventus Capucinorum Conceptionis Neapolis, una mano tarda (seisettecentesca) trascrive il titolo, in una scrittura corsiva di modulo molto ampio: Evangelium / Sancti Marci / Cum Glossa, che già una mano del sec. XVI aveva vergato lungo il margine inferiore del foglio.

L’apparato decorativo è costituito da: 1 iniziale maggiore decorata (f. 4v); 1 iniziale media decorata (f. 1v); 3 iniziali rubricate alternativamente in rosso e in blu, ai ff. 4r e 5v. Segni di paragrafo all’incipit di ogni particola del commento, realizzati con lo stesso inchiostro del testo. Rubricati in rosso e blu a lettere alterne, con un gusto coloristico già gotico, gli incipit ai ff. 1v e 4v. f. 1v: iniziale M di M(arcus) evangelista (mm 43×40); policroma (in biacca, rialzata con pennellate e tracciati lineari di verde rosso e blu e definita da una sottile linea scura), contenuta all’interno di un campo in oro musivo, incorniciato da una spessa linea rossa e decorato a globi, palmette e leggeri racemi vegetali in rosso. f. 4v: iniziale I di Initium evangelii (mm 95×32); realizzata in oro musivo, in campo sagomato blu, incorniciato da una sottile linea nera e decorato da minuti globi rossi punteggiati di biacca, che definiscono anche gli angoli del campo. Il corpo della lettera è contornato, lungo il suo tracciato, da una larga incorniciatura, che si allarga a clipeo, al centro, e che, in alto e in basso, si conclude con terminazioni a ricciolo; con essa si intreccia una decorazione vegetale a nastro, terminante con motivi a palmetta, rialzata con pennellate e tracciati lineari in verde, blu e rosso; il motivo decorativo della palmetta si ripete al centro e sui quattro angoli formati dal clipeo stesso. Il manoscritto segue la tipologia dell’evangelario cum glossa, che nasce e si sviluppa tra sec. XII e sec. XIII, in rapporto a un rinnovato interesse per gli studi delle Scritture e alla volontà di proporne il testo completo (della bibbia come dei soli vangeli, e, come in questo caso, anche di uno solo di essi), in un formato maneggevole, ma, nel contempo, corretto e commentato per l’apparato testuale (FISCHER, Der Vulgata-Text). Per ciò che concerne la provenienza, la fattura dell’evangelario rossiano si può collegare alla produzione di area germanica del sec. XII e si può assegnare, ma allo stato resta solo un’ipotesi, a un centro monastico o a una scuola cattedrale. È utile, a tal proposito, accostare il manoscritto rossiano con esempi ivi prodotti tra la I e la II metà del sec. XII. Un confronto può essere ad esempio fatto, per l’adozione di un linguaggio decorativo fitomorfo molto vicino a quello del Ross. 131, e per l’uso di una tavolozza pittorica basata su colori chiari e accesi, in cui l’insistenza sul blu e il rosso prelude allo stile gotico, con il Salterio/Nuovo Testamento, ms. Canon.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Bibl. lat. 76 della Bodleian Library di Oxford (PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts 1, Pl. VI, 74abc), che viene assegnato a Salisburgo e accostato ad altri manoscritti, come la così detta Bibbia Admont Gebhard, Wien, Österreichische Nationalbibl. ser. nov. 2701-2, e il Libro di Pericopi di santa Erentrude, München, Bayerische-Staatsbibliothek, ms. Clm 15903 (PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts, 1, nr. 84). Stato di conservazione nel complesso buono, fatta eccezione per alcuni problemi, come il taglio orizzontale sul margine esterno di f. 23 o l’ampio strappo non risarcito sul margine inferiore di f. 57. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Taglio trattato in color blu scuro. Sul dorso, in alto, si legge EVANGELIUM / SEC(UNDUM) / MARCUM / CUM / GLOSSIS; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, I, 199r; Bibl. Rossianae, II, 82r) TIETZE, Die illuminierten, 59 nr. 88.

SILVIA MADDALO

Ross. 134 (olim VIII, 76) Evangelium secundum Marcum cum glossa: Prologus (ff. 1r-3v); Evangelium (ff. 3v-85v) Italia centrale (area umbro-laziale), sec. XII, metà

Ross. 134, f. 1r

Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata; solo in pochi fogli, per es. a f. 1r, il lato pelo è giallastro e interessato da diffuse macchie follicolari); ff. V (cart.; il I di cartoncino bruno come la controguardia), 85, V’ (cart.; il V’ di cartoncino bruno come la controguardia); foliazione in cifre arabiche, moderna, meccanica, in basso a destra, sul recto del foglio; mm 209×144/145 (misure prese a f. 50, ma costanti, a causa della pesante rifilatura cui è stato sottoposto il codice). Carolina, di modulo ampio, ben spaziata e con numerose abbreviazioni, per il testo, vergata con inchiostro nero, fino a f. 25v, bruno ai ff. 26r-85v, e di un’unica mano; forse della stessa mano il commento, che si svolge su entrambi i lati dello specchio scrittorio, e la glossa interlineare, vergati con inchiostro bruno, più o meno intenso, in una carolina di modulo minuto e densa di ab-

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ROSS. 131-134

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breviazioni. Specchio di scrittura (mm 132×39), costantemente di 14 linee di scrittura per la colonna centrale destinata al testo (fatta eccezione per il f. 1r, di 13 linee) di sviluppo variabile per il commento, su due colonne; rigatura a secco, realizzata a ogni bifoglio, sul lato carne, per le 6 righe rettrici verticali e per le rettrici orizzontali superiori e inferiori, che inquadrano le colonne del testo e del commento, a secco, talora ripassate a lapis molto leggero, le rettrici orizzontali che guidano il lavoro del copista. Il codice, acefalo, si apre con il lato pelo. A f. 85v, in basso al centro, una scritta abrasa non leggibile (forse la nota di possesso?).

L’apparato decorativo è costituito da: 1 iniziale maggiore decorata (f. 3v); 1 iniziale media decorata (f. 1r); numerose iniziali minori, realizzate nello stesso inchiostro bruno del testo, che scandiscono il commento. f. 1r: iniziale M di M(arcus) (evangelista) Dei (mm 30×33); realizzata in oro musivo su un campo bipartito, di oro e di blu, e contornata di rosso all’esterno e di blu all’interno, è decorata sul fondo da sottili racemi vegetali appena visibili, a motivo dello stato di conservazione. f. 3v: iniziale I di Initium evangelii (mm 122×13); realizzata in oro musivo definito da una spessa cornice blu, la lettera, che si sviluppa lungo la colonna centrale ed è sormontata da una sorta di capitello aureo, è decorata all’interno da un motivo a intreccio geometrico tracciato a inchiostro nero, campito di rosso e decorato con puntinatura in argento, che ricorda la tecnica orafa. La decorazione di questo evangelario glossato (si cfr. per la tipologia degli evangelari glossati la scheda del Ross. 131), in particolare quella della iniziale I di f. 3v, riprende e semplifica al massimo, sia per ciò che concerne l’intreccio ‘a graticcio’ che campisce il fondo, sia per il capitello, pure a intreccio, che ne corona la sommità, motivi molto diffusi nella decorazione libraria di area centroitaliana tra la I e la II metà del secolo XII. A confronto, al fine di circoscrivere cronologicamente e geograficamente l’ambito di produzione del Ross. 134, si possono proporre numerosi manoscritti, miniati secondo quello che da Garrison (GARRISON, Studies in the History, II, 47-68) viene definito late geometrical style che si sviluppa nella regione umbro-romana tra la I e la II metà del secolo XII, anche se il vangelo rossiano ripropone motivi decorativi analoghi, ma in tono minore: il Salterio della Biblioteca Laurenziana (ms. Plut. 17.3), prodotto nello scriptorium di San Michele a Marturi (GARRISON, Studies in the History, II, 4), il sant’Agostino, Commentarii sul Vangelo di Giovanni, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. 16. 5, e nel fondo rossiano, il Vangelo di Luca, ms. 155 (cfr. scheda in questo catalogo). Utile sarà anche far interagire il Ross. 134, e la sua decorazione a carattere squisitamente geometrico e completamente priva di elementi zoomorfi o antromorfi, con i manoscritti biblici pubblicati in Le Bibbie atlantiche, se pure nel complesso vengono ivi proposte datazioni più risalenti rispetto al quadro critico di Garrison (una sintesi in SPECIALE, Dalla lettera all’immagine, 65-71).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Lo stato di conservazione appare complessivamente buono fatta eccezione per alcuni problemi, con l’ampio taglio orizzontale a f. 56 e lo strappo a f. 84. Legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione (parziale distacco di parti del dorso). Taglio marmorizzato. Sul dorso, in alto, si legge MARCI / EVANGELIU(M) / CUM / CATENA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, I, 200r; Bibl. Rossianae, II, 85r) TIETZE, Die illuminierten, 59 nr. 87.

SILVIA MADDALO

Ross. 135-138 (olim VIII, 77a-d; gr. 1-4) Tetravangelo Oriente bizantino (probabilmente Costantinopoli), sec. XI3 Membr. (pergamena di buona qualità, di spessore medio ma con qualche variazione, talora più sottile, e di cromia chiara tendente al color crema, piuttosto uniforme fra lato carne e lato pelo; è esente da imperfezioni vistose, ma talora (ad es. Ross. 135, f. 10v; Ross. 136, ff. 41v-42v; Ross. 137, ff. 22r, 75v-76r; Ross. 138, ff. 79-80) sul lato pelo presenta, in genere fuori dallo specchio scritto, qualche area con bulbi piliferi evidenti; traccia ulteriore d’un uso al risparmio del supporto, in certa misura, è il fatto che alcuni fogli (cf. ad es. Ross. 137, ff. 25+32, 27+30, 34+39, 36+37, etc.), che erano stati precedentemente rigati per un manoscritto di dimensioni maggiori ed erano, poi, restati evidentemente bianchi, sono stati qui reimpiegati girandoli di novanta gradi, trasformando così un foglio singolo, piegato in due, in un bifoglio del nuovo codice); ff. [VII], 102, [VII’] (= Ross. 135) + [VII], 64, [VII’] (= Ross. 136) + [VII], 106, [VII’] (= Ross. 137) + [VII], 80, [VII’] (= Ross. 138) (in tutti e quattro i tomi, i ff. di guardia iniziali e finali sono in cartoncino azzurro i tre più esterni, rispettivamente ff. [I-III] e [V’-VII’] di ciascuna segnatura, mentre in carta del sec. XIX i quattro più vicini al blocco membranaceo, ovvero i ff. [IV-VIII] e [I’-IV’] di ciascuna segnatura; in ciascun tomo, sul recto del primo foglio di guardia iniziale e sul verso dell’ultimo foglio di guardia finale è incollata, come sui contropiatti che li fronteggiano, carta marmorizzata color senape striata di nero, rosso, blu). Foliazione meccanica in inchiostro nero, nell’angolo inferiore esterno del recto, che riprende da 1 per ognuno degli attuali tomi in cui il Tetravangelo è suddiviso; una precedente numerazione a matita, apposta a salti (per lo più di cinque in cinque) ma coincidente con quella meccanica, è visibile nell’angolo superiore esterno del recto. Il codice misura mm 197/193×140/138 (misure prese sul f. 13 del Ross. 135 e sul f. 21 del Ross. 136); la fascicolazione è per quaternioni, fatta salva la presenza, come di consueto nella produzione libraria bizantina, di qualche fascicolo di comodo all’inizio e fine del volume, e in corrispondenza della fine di ciascun Vangelo, così da far iniziare la nuova sezione testuale con fascicolo nuovo; su fogli singoli sono le miniature a piena pagina con i ritratti degli evangelisti. Tracce soltanto si vedono di una serie di segnature di fascicolo probabilmente greche, quasi sempre del tutto rifilate, in inchiostro bruno, che saranno state coeve alla fattura del manoscritto o non molto posteriori, nell’angolo inferiore interno del recto del primo foglio di ciascun fascicolo, a partire dal Ross. 135, f. 20r (lettera o cifra non visibile: forse gamma); un’ulteriore serie di segnature, in in-

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ROSS. 134-135-138

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chiostro bruno molto diluito, in lettere greche in sequenza alfabetica, ora maiuscole ora minuscole, di mano seriore (XIII o XIV sec.?), nell’angolo inferiore esterno di ciascun ultimo foglio verso del fascicolo, a partire dal Ross. 135, f. 19v, segnato come B, fino a M nel f. 100v; ancora una serie di segnature, stavolta in cifre prima arabe e poi romane, di mano del secolo XIV o XV, si sorprende nel Ross. 136, a partire dal f. 5 con il numero 2, poi dal f. 45r con il numero VII, continuando sempre in numeri romani sia nel Ross. 137 (a partire dal f. 1r con X) sia nel Ross. 138 (dal f. 1r, con XXIII). La scrittura del testo, di mano unica, elegante e ordinata, si può ricondurre al filone della Perlschrift seriore, e può essere attribuita, per confronto con prodotti coevi datati e databili, al terzo quarto dell’XI secolo: si tratta, in effetti, di una tipologia grafica spesso impiegata in prodotti librari di livello medio-alto, non di rado miniati, che trova paralleli coevi, ad esempio, nella grafia di Teodoro bibliographos (cfr. HUTTER, Theodoros) o in quella dell’anonimo copista del manoscritto di Atene, Biblioteca Nazionale, gr. 57 (MARAVA-CHATZINIKOLAU, TUFEXI-PASCHU, Kat£logoj, I, 108-117 nr. 26, con figg. 216-231); gli elenchi di titoli dei capitoli dei Vangeli sono, invece, vergati interamente in Alexandrinische Auszeichnungsschrift (Ross. 135, ff. 1r-2v: capitula di Matteo, mutili dell’inizio per una caduta di fogli iniziale, cominciando ora col titolo del capitolo 8; Ross. 136, ff. 2r-3r: capitula di Marco; Ross. 137, ff. 1v-3v: capitula di Luca; Ross. 138, f. 2r-v: capitula di Giovanni), come pure in maiuscoletta alessandrina è il testo delle hypotheseis ove presenti (Ross. 136, ff. 1v-2r: per Marco; Ross. 137, f. 1r-v: per Luca; Ross. 138, ff. 1r-2r: per Giovanni; assente, forse a motivo della caduta di fogli iniziale, l’hypothesis per Matteo, che poteva precedere l’attuale f. 1r del Ross. 135). Il testo è vergato in inchiostro bruno medio, con ampio uso di inchiostro carminio, ripassato in oro, per i titoli (in Alexandrinische Auszeichnungsschrift, ma il titolo del Vangelo di Marco è in epigraphische Auszeichnungsschrift nel Ross. 136, f. 5r) e per altri elementi distintivi (i titoli dei capitula annunciati nel margine superiore e talore inferiore dei fogli); è invece impiegato inchiostro rosso vivo per alcune didascalie di miniature, anch’esse in Alexandrinische Auszeichnungsschrift, che paiono tutte di mano del copista stesso. Specchio di scrittura di mm 112×80 ca., con impaginazione a colonna unica di 20 righe tracciate e scritte; rigatura a secco, impressa con il sistema 1 Leroy, secondo il tipo 44C1. La regola di Gregory è rispettata, i fascicoli iniziano con il lato carne.

Il programma illustrativo e decorativo prevede all’inizio di ciascun Vangelo una coppia di pagine in cui, a sinistra, si ha il ritratto dell’evangelista allo scrittoio, a piena pagina, mentre nella pagina di destra l’incipit del Vangelo corrispondente è evidenziato e abbellito da una testata miniata premessa al testo, di forma quadrata (la prima, quella per Matteo) o rettangolare (le rimanenti, di dimensioni più modeste) – tutte, come si dirà, includenti medaglioni figurati – e da un’iniziale ornata di tipo fitomorfo (a segmenti di tralcio e fiori nei colori blu, verde, rosso e rosa, con contorni in oro), della tipologia normalmente associata a ornato Blütenblattstil; inoltre, una piccola scenetta figurata in campo libero, con relazione al testo, si trova nel margine esterno della prima pagina del Vangelo di Marco, Luca e Giovanni. Le quattro tavole con gli evangelisti, di formato rettangolare, sono inquadrate da una cornice a doppio listello in cordoncino azzurro, entro la quale corre una fascia di motivi floreali a ventaglio, interrotta sulla parte mediana e agli angoli – per intersezione – da otto riquadri, entro i quali si inserisce un fiorone formato da quattro petali a ventaglio; gli angoli esterni della cornice sono arricchiti da palmette trilobe concluse da un filetto. Tale tipologia di base della cornice è ripetuta in tutte le tavole, seb-

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bene la variata stesura cromatica contribuisca a differenziare il risultato finale. Gli evangelisti si stagliano su di un fondo dorato e sono rappresentati dinanzi allo scrittoio nell’atto di vergare il sacro testo; sulle rispettive teste aureolate campeggia il nome in rosso. Si noterà pure come nelle testate miniate poste all’inizio dei Vangeli di Marco, Luca e Giovanni domini il noto schema compositivo basato sulla teoria di medaglioni con busti accostati (cfr. BOLTEN, Imago Clipeata, 103-110 e passim), schema che in età bizantina trova evidenti paralleli in altri media, fra l’altro nelle oreficerie con smalti e negli avori (cfr. ad esempio Glory of Byzantium nrr. 41, 78, 234). Nella miniatura bizantina tale schema di fascia con medaglioni contenenti busti trova, ad esempio, un precedente già nel X secolo nel manoscritto di Princeton, University Library, ms. Garrett 14, dell’anno 955 (ff. 134v e 151v, cfr. WEITZMANN, Die byzantinische Buchmalerei, 96, Taf. CXVII Abb. 703-704; cfr. anche VIKAN, Illuminated, 60-61 nr. 4), ma si riscontra spesso anche nell’XI secolo, come ad esempio nei codici di Atene, Biblioteca Nazionale, ms. gr. 121 e 2645 (MARAVA-CHATZINIKOLAU, TUFEXI-PASCHU, Kat£logoj, I, 70-73 nr. 14, con figg. 114-116; 139-149 nr. 34, con figg. 314324). Nel complesso, le scelte cromatiche e gli elementi stilistici riscontrabili nei Ross. 135-138 ci conducono al terzo quarto dell’XI secolo, e, unitamente alle caratteristiche grafico-codicologiche, parlano a favore di un’attribuzione del Tetravangelo a un atelier costantinopolitano. La tavolozza impiegata tanto per le miniature a piena pagina quanto per il resto della decorazione è, del resto, nel suo complesso quella canonica per l’epoca; è, inoltre, piuttosto ricca: oltre alle note dominanti del blu oltremare, del verde e dell’oro, si notano uno squillante rosso vivo, una varia gamma di bruni, più o meno intensi o aranciati, e alcune delicate tinte pastello, in particolare rosa pallido, giallo limone, lilla, verde acqua, azzurro chiaro e grigio perlaceo, con delicati accostamenti. Le tinte sono morbidamente sfumate, con sobrie lumeggiature, e con velature tono su tono apprezzabili soprattutto negli incarnati, caldi e decisamente scuri, talora con tocchi di rosso-rosa sulle gote. Dal punto di vista stilistico, fra gli altri elementi si considerino in particolare le sottili, innaturalmente esili proporzioni delle figurine umane soprattutto nelle miniature marginali, che rinviano a quelle che sono caratteristiche della figura umana in molti manoscritti costantinopolitani del terzo quarto dell’XI secolo, come fra l’altro nel gruppo di codici gravitanti intorno al Salterio London, British Library, ms. Add. 19352, del 1066, e alla figura del suo copista Teodoro, la cui mano è stata riconosciuta da Irmgard Hutter in numerosi altri codici miniati coevi (cfr. HUTTER, Theodoros; EAD., Métaphraste, 556-557 e n. 103). Quanto alle originali scelte illustrative, che fanno di questo manoscritto un unicum nella produzione mediobizantina di Tetravangeli miniati, nonostante le perplessità che sono state espresse (GALAVARIS, The Illustrations, 120-121), si dovrà ritenere che l’artista responsabile della creazione e realizzazione del programma iconografico del Tetravangelo rossiano intendesse illustrare direttamente, come si vedrà, i versetti iniziali dei singoli testi evangelici, escludendo perciò i consueti sostanziali apporti iconografici dei testi prefatori ai singoli Vangeli, che sono invece all’origine della gran

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parte dei programmi illustrativi dei Tetravangeli bizantini, e prescindendo del tutto dagli influssi della liturgia nella quale i singoli testi evangelici erano calati. È possibile, infine, che il programma illustrativo e decorativo trovasse un complemento di rilievo in una serie di tavole dei Canoni eusebiani preposte al Tetravangelo, che si possono immaginare perdute con la caduta di fogli iniziali che ha coinvolto forse il testo dell’hypothesis e certo l’inizio dei capitula del Vangelo di Matteo. Passando a trattare dell’ornamentazione minore, si segnalerà che linee ornate o altri elementi separativi d’ornato calligrafico, realizzati in oro su carminio, sono premessi ai titoli delle hypotheseis e degli elenchi dei capitula (non più riscontrabili in Matteo, a motivo della caduta di fogli all’inizio del tomo); fra le diverse tipologie, peraltro comuni nei manoscritti mediobizantini, si riscontrano: la linea ondulata continua, con curve riempite da piccoli semicerchi che ne seguono l’andamento, chiusa in ciascuna delle due estremità da un flosculo con due petali tondi ai lati e uno centrale cuoriforme (Ross. 136, f. 1v; Ross. 137, f. 1r; Ross. 138, f. 1r); una serie di «asterischi» ripetuti in linea, ciascuno formato da quattro puntini al centro e, intorno, da quattro lineette oblique che se ne dipartono simmetricamente (Ross. 138, f. 2r); «asterischi» del tipo detto alternati a segmenti di linea ondulata, con riempitivi a semicerchio del tipo detto, in una serie terminata da flosculi a tre petali a estremità arrotondata (Ross. 138, f. 2v); una serie di coppie o terne di lineette verticali intervallate alternativamente a doppie lineette orizzontali e a segmenti di linea ondulata con riempitivi a semicerchio del tipo detto, il tutto con terminazione alle due estremità costituita da un flosculo a tre petali di cui quello centrale cuoriforme (Ross. 136, f. 2r; Ross. 137, f. 1v). Per le iniziali minori, calligrafiche (alte mm 7-12 ca., pari a 1 o 2 interlinea ca.), è usato ancora oro su carminio, che è parimenti impiegato con abbondanza per le indicazioni numeriche marginali delle sezioni ammoniane (sotto le quali è il numero della tavola del canone eusebiano da consultarsi per i luoghi paralleli) e dei capitula, e per i titoli dei capitula medesimi nel margine superiore o inferiore della pagina, vergati in Alexandrinische Auszeichnungsmajuskel. Alla fine delle partizioni principali il testo può presentarsi disposto in varie forme ornamentali, decrescendo e ricrescendo in larghezza simmetricamente sui due lati, con disposizione «a clessidra» o simile (cfr. Ross. 135, ff. 2v, 102v; Ross. 137, f. 106r). Le miniature a piena pagina sono collocate nei Ross. 135, f. 3v; Ross. 136, f. 4v; Ross. 137, f. 4v; Ross. 138, f. 3v. Le testate miniate e le iniziali maggiori ornate sono nei Ross. 135, f. 4r; Ross. 136, f. 5r; Ross. 137, f. 5r; Ross. 138, f. 4r. Le illustrazioni marginali in campo libero sono nei Ross. 136, f. 5r; Ross. 137, f. 5r; Ross. 138, f. 4r.

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Ross. 135

Ross. 135, f. 3v

Ross. 135, f. 4r

f. 3v: miniatura a piena pagina raffigurante san Matteo seduto di tre quarti, rivolto verso destra: la figura dell’evangelista, profondamente abrasa, è quasi illeggibile per quanto riguarda i caratteri stilistici; si riconosce, tuttavia, l’adozione di un’iconografia tradizionale, nei folti capelli e nella barba lunga, grigi, e nel complesso dei tratti fisionomici; la veste del santo è, per quel che si riesce a percepire, di colore grigio-azzurro pallido. Matteo siede su un seggio dall’alto schienale di legno la cui spalliera si intuisce rivestita di tessuto damascato azzurro pallido, con motivi a losanghe in oro. Sulla seduta si vede un cuscino rosso con ricami dorati; i piedi dell’evangelista poggiano su una pedana marrone rettangolare rappresentata in rudimentale prospettiva. Sulla destra di chi guarda, dinanzi al santo, lo scrittoio, con piano d’appoggio raffigurato in prospettiva ribaltata, è ingombro degli strumenti del calligrafo (astuccio, raschietto, e così via), ed è sormontato da un alto leggio ligneo marrone scuro con un sostegno in forma di colonnina tortile; sul leggio si vede un libro aperto in cui si leggono, vergate in inchiostro bruno e scrittura minuscola dalla mano del copista del codice, le prime parole del Vangelo di Matteo; in basso, la credenzina sottostante lo scrittoio presenta aperto lo sportello di sinistra, che lascia intravedere i libri in essa contenuti, mentre quello di destra è chiuso. Nel fondo astrattamente dorato della mi-

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niatura neppure la linea del suolo è segnata, ma su di esso, sopra la testa dell’evangelista, è vergata la legenda in rosso, in maiuscola, π a“gioj Ma(tqai~oj). In questa miniatura affiora in basso a sinistra il disegno preparatorio della cornice, in carminio ripassato in oro, visibile nell’angolo inferiore sinistro della composizione, per via delle cadute di pigmento. f. 4r: testata iniziale del Vangelo di Matteo. Di forma quadrata, è a tappeto di palmette Blütenblattstil racchiuse entro cerchi, pattern che è interrotto, per ospitare le figurazioni, da un quadrilobo centrale e, tutt’intorno, da otto medaglioni, tutti con fondo in oro. Nel quadrilobo, al centro, è Cristo stante su un suppedaneo decorato, con ai lati del capo la legenda in ~)j C(ristÒ)j; ai due lati, in atteggiamento di preghiera a Crirosso ’I(hsou ~, sto, stanno a sinistra il busto della Vergine, con legenda M(»t)hr Qeou nell’iconografia dell’Hagiosoritissa, a destra quello di David (legenda illeggibile): si tratta, dunque, di una sorta di variatio dello schema della Deesis, che si riconnette qui chiaramente, per la presenza di David, al testo d’incipit, caratterizzato dalla genealogia di Cristo, del Vangelo di Matteo («Libro della generazione di Gesù Cristo, figlio di David…», Mt 1, 1). Il medesimo tema della genealogia di Cristo prosegue nei quattro medaglioni d’angolo, che ospitano i busti di Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuda (identificati da legende in rosso, disposte verticalmente ai lati del ~ j), ovvero i primi quattro della serie capo: ’Abra£m, ’Isa£k, ’Iakèb, ’Iouda degli antenati di Cristo menzionati in Mt 1, 2 (per una soluzione concettuale per certi versi simile, adottata nella testata che adorna il Vangelo di Matteo nel coevo manoscritto di Paris, Bibliothèque nationale de France ms. gr. 74, f. 1r, del terzo quarto del secolo XI, si veda ad esempio la riproduzione in DURAND, Byzantine Art, 124). Negli altri quattro medaglioni, alternati con quelli degli antenati di Cristo, stanno altrettanti busti d’arcangeli; ma solo due di essi sono identificati dalla didascalia in rosso, apposta in margine sul fondo della pergamena ai due lati della testata, come Michele e Gabriele – rispettivamente ¢rc(£ggeloj) Mic(a»l) e π ¢rc(£ggeloj) Gabri(»l) –, mentre negli altri due si indovinano Raffaele e Uriele. La testata è sormontata da una coppia di felini alati (quello a sinistra è chiaramente un leone) affrontati dinanzi al Fons Vitae (motivo non raro, che si ritrova, ad esempio, in altro contesto nella grammatica del XII secolo, Gerusalemme, Biblioteca del Patriarcato Ecumenico, ms. Taphou 52, f. 50r (cfr. SPATHARAKIS, Grammar; VOCOTOPOULOS, Jerusalem, 189 fig. 90). La testata è delimitata ai quattro lati da un sottile nastro rosso; alla base, esso si prolunga sui due lati per ricevere su di sé le due palmette laterali, di tipo Blütenblatt composito. Agli angoli superiori della testata, disposti diagonalmente verso l’esterno su piccoli rialzi a listello, stanno fioroni nella nota tipologia della Mandelrosette (cfr. WEITZMANN, Die byzantinische Buchmalerei, 8, 43 e passim). Abrasioni e notevoli cadute di colore colpiscono soprattutto la figura di Cristo e i busti di alcuni dei personaggi (Giacobbe, Giuda, gli arcangeli, ma anche David).

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Ross. 136

Ross. 136, f. 4v

Ross. 136, f. 5r

f. 4v: miniatura a piena pagina, con il ritratto dell’evangelista Marco, di tre quarti, seduto su un trono ligneo, con spalliera in tessuto biancastro drappeggiato; il santo è accomodato su di un voluminoso cuscino rosso con ricamo colorato in giallo a indicare l’oro; i piedi poggiano su una pedana. L’anta destra del credenzino sotto lo scrittoio è aperta, e al suo interno si conservano tre libri riposti. Sul desco sono dispiegati gli strumenti da lavoro, mentre un alto leggio sorretto da una colonnina tortile reca il manoscritto aperto sull’incipit del Vangelo di Marco, testo vergato dal copista stesso del codice. Il volto del santo è incorniciato da folti capelli e barba scuri; le tunica è azzurra, il manto, d’un colore fra beige e verde oliva chiaro, è fittamente pieghettato; il busto sembra presentato quasi frontalmente, ma le braccia sono rivolte verso destra, in atto di scrivere, la mano destra regge il calamo. Si nota, nel complesso, una difettosa resa anatomica, ma anche lo sguardo dell’evangelista rivolto allo spettatore, con un inedito ed efficace espediente compositivo capace di rinvigorire il legame con l’osservatore. La costruzione a serpentina della figura conferisce vivacità al disegno, cui fa da contrappunto una resa pittorica, nel complesso, modesta; la stesura delle tinte non indugia sui particolari, per cui, ad esempio, il panneggio è delineato mediante sintetici tratti a pennello, restituiti in chiave prettamente linearistica, che riprende a fatica la volumetria del

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corpo sottostante. In alto, sul fondo oro sopra la testa dell’evangelista, la legenda in rosso, in maiuscola, π a“gioj M£rkoj. f. 5r: testata rettangolare a fascia, con palmette Blütenblattstil, all’inizio del Vangelo di Marco, nella quale sono inclusi tre medaglioni in cui, su fondo dorato, stanno il busto di Cristo, al centro, con ai lati del capo, in rosso, ~)j C(ristÒ)j, e i busti dei profeti Isaia e Geremia a sinistra e a destra ’I(hsou con rotoli spiegati fra le mani, con le didascalie, sopra la testata, in maiuscoletta rossa: π pr(o)f(»)t(hj) `Hsai–aj e π pr(o)f(»)t(hj) `Ierem…aj. I profeti hanno in mano rotoli, che alludono alle loro profezie circa la venuta di Cristo, in particolare connessione proprio con l’incipit del Vangelo di Marco (Mc 1, 1-2), «Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio. Come è scritto nei profeti…» (per tale variante ™n toi~j prof»taij, «nei profeti», che si legge nel nostro Tetravangelo rossiano, cfr. ad esempio Greek New Testament, p. 118, apparato critico), e in relazione con la successiva citazione da Isaia (Mc 1, 3), «Voce di chi grida nel deserto…». f. 5r: miniatura marginale in campo libero: san Giovanni Battista stante, in posa di adlocutio, con legenda in rosso π a“(gioj) ’Iw(£nnhj) π Pr(Òdromoj). Con naturale interpretazione del typos veterotestamentario, la voce che grida nel deserto di Mc 1, 3 è considerata in questo passo evangelico prefigurazione, nella profezia di Isaia, della predicazione di san Giovanni Battista, che infatti è rappresentato nel manoscritto nel margine esterno dello stes~ ntoj ™n tV~ ™r»mJ... so foglio, proprio all’altezza dell’espressione Fwnh\ bow L’associazione della raffigurazione di san Giovanni Battista con l’incipit del Vangelo di Marco caratterizza anche altri due celebri Tetravangeli mediobizantini, l’Oxford, Bodleian Library, ms. E.D. Clarke 10 (X sec.), che al f. 52r, pagina opposta al ritratto di Marco, presenta nella testata d’inizio Vangelo san Giovanni Battista che predica; e il codice, iconograficamente a esso collegato, di Parma, Biblioteca Palatina, ms. Palat. 5 (XI sec.), che mostra anch’esso sul f. 94r, a fronte del ritratto dell’evangelista, una scenetta con il Prodromo che stavolta battezza la folla (cfr. NELSON, Iconography of Preface, 60, 120).

Ross. 137 f. 4v: miniatura a piena pagina, con il ritratto dell’evangelista Luca, anch’egli rappresentato in un ardito contrappunto, per cui le gambe sono in posizione quasi frontale mentre il busto ruota di tre quarti per offrire il rotolo al messo, sulla destra; il risultato è incerto – si vedano, in particolare, la resa del braccio sinistro o l’attacco del busto alle gambe –, ma è pur vero che la figura è colta nell’atto di compiere un’azione. Sotto il profilo iconografico, il trono (con lo schienale in tessuto damascato affine a quello del trono di Matteo) e il suppedaneo sono rappresentati in posizione frontale; lo scrittoio, ingombro degli strumenti del calligrafo, è aperto in bas-

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Ross. 137, f. 4v

Ross. 137, f. 5r

so e, in questo caso, ospita l’ampolla per l’inchiostro, dettagli ampiamente attestati nella produzione miniata mediobizantina; l’evangelista, avvolto in una tunica rosa e in un manto verde oliva chiaro, siede su un rigonfio cuscino rosso e blu. Un elemento iconografico non consueto è la rappresentazione di Luca nell’atto di consegnare, come si accennava, il rotolo al messo che lo recherà al dedicatario del suo Vangelo, Teofilo; tale azione si compie, come vedremo, nella scenetta rappresentata sulla pagina a fronte, nel margine mediano esterno del foglio. Nella tavola di f. 4v il messo, piccolo, è fuori proporzione, a sottolineare la differenza di rango rispetto al santo. Sopra il capo dell’evangelista, sul fondo oro, in maiuscola ~ j. Nel libro sul leggio, di mano del copista, si rossa si legge π a“gi(oj) Louka legge l’incipit del Vangelo di Luca. f. 5r: testata rettangolare a fascia, con palmette Blütenblattstil, all’inizio del Vangelo di Marco, nella quale sono inclusi tre medaglioni in cui, su fondo dorato, stanno al centro il busto della Vergine orante con Bambino nel ~)j C(ristÒ)j e, sopra la tondo – con legende in maiuscoletta rossa ’I(hsou ~ testata, M(»t)hr Q(eo)u – nel tipo della Blachernitissa (cfr. PATTERSON ŠEVCˇ ENKO, Blachernitissa; PITARAKIS, Vierge orante); sui due lati, col capo chino verso Maria, stanno gli arcangeli Michele e Gabriele, con le didascalie in rosso, sopra la testata, ¢rc(£ggeloj) Mic(a»l) e ¢rc(£ggeloj) Gabri(»l). La tematica mariana si lega qui al primo capitolo del Vangelo di Luca, dominato dalla figura di Maria, nel quale si collocano pure il Ma-

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gnificat e il riferimento all’Annunciazione e all’incarnazione di Cristo nel grembo di Maria, cui allude discretamente l’iconografia stessa della Blachernitissa. f. 5r: miniatura marginale in campo libero: il messo reca l’epistola di san Luca a Teofilo, con legenda, in maiuscoletta rossa, π QeÒfil(oj) decÒm(enoj) ¢po\ ~ ¢po(stÒlou) th\n ™pistol(»n). Teofilo, con corona gemmata, tunica rotou sata e manto verde acqua, è seduto su un seggio con cuscino rosso; riceve il rotolo dal messo, che giunge da sinistra sorreggendosi a un bastone da viandante, e ha una tunica verde acqua su braghe rosse. Si compie così, con la consegna, l’azione iniziata nella miniatura a piena pagina di f. 4v.

Ross. 138 f. 3v: miniatura a piena pagina, con il ritratto dell’evangelista Giovanni, forse il più convenzionale. L’evangelista è raffigurato secondo la consueta iconografia del vegliardo curvo, assiso su di un trono con un’alta spalliera di vimini, colto in atteggiamento pensoso. I piedi poggiano su di una pedana anteposta allo studiolo, dal quale si erge una colonnina tortile che regge il leggio; il desco è ingombro degli attrezzi del mestiere di copista: raschietto, calamaio, compasso, e così via; gli sportelli, stavolta, sono chiusi. L’evangelista è interamente avvolto entro un mantello attraversa-

Ross. 138, f. 3v

Ross. 138, f. 4r

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to da fitte lumeggiature dorate a pettine. L’angolo superiore destro è occupato in questo caso da un lembo azzurro di cielo, che forse allude all’ispirazione divina del testo di Giovanni, a rimarcare il riferimento al Logos che domina l’inizio del Vangelo giovanneo, e che è visivamente ribadito anche nella testata di f. 4r, ove il medaglione centrale accoglie il busto del Cristo. Sul capo di Giovanni, sul fondo oro, in maiuscola rossa si legge π a“(gioj) ’Iw(£nnhj) π QeolÒgoj. Dal leggio si dispiega un rotolo nel quale, vergato dal copista, si legge l’incipit del Vangelo di Giovanni. f. 4r: testata rettangolare a fascia, con palmette Blütenblattstil, all’inizio del Vangelo di Marco, nella quale sono inclusi tre medaglioni in cui, su fondo dorato, stanno al centro il busto di Cristo, con nimbo crucesignato e libro nella sini~)j C(ristÒ)j; nei due medastra, e ai lati del capo la legenda in rosso ’I(hsou glioni laterali gli arcangeli Michele e Gabriele, che recano il labaro, rivolti verso il Cristo: sopra la testata, le legende in maiuscoletta rossa ¢rc(£ggeloj) Mic(a»l) e ¢rc(£ggeloj) Gabri(»l). Si tratta di una scelta iconografica trasparente, con chiaro riferimento al Logos che domina l’inizio del theologikòtatos Vangelo di Giovanni. f. 4r: miniatura marginale in campo libero: san Giovanni Battista stante, in posa di adlocutio, con legenda in rosso π a“(gioj) ’Iw(£nnhj) π PrÒdromo(j), significativamente collocato all’altezza del versetto: «Venne un uomo inviato da Dio, si chiamava Giovanni: egli venne a testimoniare, a rendere testimonianza alla luce…» (Io 1, 6). La profonda interazione, nel codice, fra testo e immagine sembra legarsi a una notevole unità d’azione fra la mano che scrive e la mano che orna il codice. Così, le miniature marginali possono «mordere» il testo e, soprattutto, a esso sono strettamente connesse per i temi; come si è visto, i testi scritti su rotoli e libri che compaiono sugli scrittoi degli evangelisti sono vergati dal copista stesso del manoscritto rossiano, alla cui mano si devono anche le didascalie in rosso delle miniature. Ci sono, dunque, tutti gli elementi per pensare a una collaborazione strettissima fra copista e miniatore, o forse persino per ipotizzare che si tratti di una figura unica di scriba-illustratore, caso tutt’altro che raro nella produzione miniata d’età mediobizantina (cfr. almeno HUTTER, Decorative Systems). In relazione allo stato di conservazione del manoscritto si rileva, in primo luogo, che l’attuale suddivisione del codice fra quattro volumetti, che corrispondono ad altrettante segnature, è un’alterazione della fisionomia originaria, in quanto non v’è dubbio che originariamente si trattasse di un codice unitario: non sappiamo, però, se la ripartizione sia stata operata già prima dell’arrivo del manoscritto nella collezione di Giovanni Francesco de Rossi; le quattro attuali legature, certamente rossiane, forniscono il terminus ante quem per la separazione dei tomi. Certo, la ripartizione in quattro unità è stata operata agevolmente sfruttando la presenza di quei naturali aggiustamenti della fascicolazione grazie ai quali, nel mondo bizantino, in genere ciascun Vangelo viene fatto terminare, co-

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me si è detto, con un fascicolo di comodo anziché con un regolare quaternione, così che il Vangelo successivo abbia a sua volta inizio con un quaternione nuovo. Il manoscritto ha perduto probabilmente più fogli al principio, così che attualmente il Ross. 135 presenta mutilo dell’inizio l’elenco dei capitula di Matteo (mancano i titoli dei capitoli 1-7). Fori di tarli si vedono nel Ross. 135, ff. 1-22 (sempre meno numerosi e ampi procedendo dall’inizio verso l’interno del manoscritto) e nel Ross. 138, da f. 61 alla fine (man mano crescendo per numero e grandezza). Talora piccoli strappi lungo i margini, ad es. nel Ross. 135, ff. 5, 19 (margini inferiori); Ross. 138, f. 16 (margine esterno). Una lacerazione e asportazione della pergamena del Ross. 135, f. 11, ha comportato perdita di testo lungo i margini esterno e inferiore tanto del recto quanto del verso; il testo è stato risarcito, in pergamena, da una mano seriore d’educazione grafica occidentale (XVI secolo?). Alcuni fogli (Ross. 135, ff. 53, 64 e 65; Ross. 136, f. 48) si presentano cuciti o incollati lungo tutto il margine interno al tallone superstite di altrettanti fogli mancanti: se non si tratta di giunture per ottenere bifogli regolari da pelli di misura insufficiente, ciò in alcuni casi potrebbe essere traccia di una sostituzione, operata da parte del copista stesso, di un foglio già vergato in precedenza e per qualche motivo sembrato insoddisfacente, o rimasto accidentalmente danneggiato o insudiciato. I ff. 1-4 del Ross. 136 sono lievemente danneggiati, forse rosicchiati da un roditore, in corrispondenza dell’angolo inferiore esterno. Nel Ross. 137 il f. 19v presenta un taglio obliquo nel margine inferiore. Non mancano macchie, più o meno estese ma mai eccessivamente vistose, parte di cera, parte di muffe violacee (ad es. Ross. 138, ff. 4-8), parte di sostanze non identificabili, in tutti e quattro i volumetti. Sono state, inoltre, impiegate in un antico restauro, per imbrachettare fogli o rinforzare fascicoli che ne necessitavano, esigue porzioni di fogli membranacei di un manoscritto in una minutissima scrittura gotica presumibilmente trecentesca, d’area italiana: ne rimangono frammenti o talora, una volta rimossi questi ultimi in restauri ulteriori, le impressioni sul foglio contro il quale erano incollati (cfr. ad es. Ross. 136, ff. 4r, 62v63r; Ross. 137, f. 106v). Talora la scrittura è stata ripassata per piccoli tratti da una rozza mano greca seriore (XIV secolo?) in inchiostro bruno scuro o nerastro, cfr. ad es. Ross. 138, ff. 4v, 5v, 6r, 10r, etc.; forse alla stessa mano si devono alcune integrazioni di tratti testuali omessi per saut du même au même nel Ross. 138, ff. 18v, 51v. Legatura Rossi A, ma in pelle rossa anziché bruna, in buono stato di conservazione. Sul dorso del Ross. 135, in alto si legge EVANGELIU(M) / SEC(UNDUM) / MATHAEUM / GRAECE, in basso: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) IX. Sul dorso del Ross. 136, in alto si legge EVANGEL(IUM) / SEC(UNDUM) / MARCUM / GRAECE, in basso: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / IX. Sul dorso del Ross. 137, in alto si legge EVANGELIU(M) / SEC(UNDUM) / LUCAM / GRAECE, in basso: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / IX. Sul dorso del Ross. 138, in alto si legge EVANGELIU(M) / SEC(UNDUM) / IOANNEM / GRAECE, in basso: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / IX. I tagli dei volumetti sembrano essere stati colorati in una tinta ormai indefinibile, in appa-

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renza grigio-azzurra. I quattro volumi, inoltre, sono ancor oggi contenuti in una custodia a scatola, aperta in corrispondenza del taglio superiore dei volumetti, grosso modo coeva alle legature e imitante anch’essa una legatura del tipo Rossi A, ma stavolta rivestita in pelle bruna chiara; sul dorso di tale scatola si legge, in alto: EVANGELIA / GRAECE; in basso: CODEX MEMBRANACEUS / SAECULI / IX. All’interno, il fondo della scatola è rivestito di carta marmorizzata di tipo simile a quello usato, nei volumetti stessi, per le controguardie iniziali e finali e per i fogli di guardia a esse solidali, ma con colore di base aranciato anziché senape. Lo stato di conservazione della scatola è buono, ma si registra qualche danneggiamento, con inizio di spaccatura, al centro della parte superiore dei simulati «dorso» e «taglio davanti». Il manoscritto doveva essere in mani greche ancora nel XIII o XIV secolo, come sembrano attestare – oltre alle segnature di fascicolo ricordate e ai punti, menzionati, in cui la scrittura è stata ripassata – anche gli interventi di una (?) mano greca che si direbbe trecentesca, che, ad esempio, integra in inchiostro bruno il testo in margine ai ff. 4v, 15v, 17v del Ross. 135 (una diversa mano, coeva o posteriore di qualche decennio, al f. 65r). Il passaggio in mani occidentali parrebbe collocarsi nel medesimo XIV secolo, come attestano – accanto alla menzionata serie secondaria di segnature di fascicolo arabe e romane – numerosi notabilia e postille di mano latina che si direbbe trecentesca (ad. es. Ross. 135, ff. 55r, 58v, etc.); si danno spesso, forse per intervento della stessa mano, anche crocette nel margine esterno, specialmente in corrispondenza di inizio di capitolo; si sorprendono, infine, minute traduzioni latine interlineari di singoli vocaboli ed espressioni, coeve ai notabilia (forse della stessa mano?), certamente vergate con inchiostro bruno di tonalità simile (ad es. ai ff. 15v-16v, e ancora a partire dal f. 89r del Ross. 135); nel complesso, questa postillatura documenta una consultazione filologica, o comunque una lettura interpretativa, con sottolineatura di passi salienti, in particolare con l’individuazione dell’inizio della Passio d(omi)ni, o con attente traduzioni di singole espressioni o locuzioni (ad es. Ross. 136, ff. 52v, 63v; Ross. 137, f. 13r; Ross. 138, f. 66v). Nella seconda metà del XV secolo il manoscritto, ormai certamente in Italia, servì come modello, per quanto attiene al suo originale impianto illustrativo, per un manoscritto greco che si può annoverare fra le testimonianze di una moda piuttosto diffusa di recupero e riuso, in età umanistica e rinascimentale, di insigni prototipi bizantini: così in particolare sia le testate rettangolari con medaglioni sia le figurazioni marginali delle pagine d’incipit dei Vangeli del codice rossiano sono ripetute piuttosto fedelmente per quanto attiene agli schemi, sebbene aggiornate al gusto corrente per lo stile, nel Tetravangelo membranaceo London, British Library, ms. Harley 5790, che fu vergato a Roma nel 1478 dal copista cretese Giovanni Rhosos e miniato da un anonimo (cfr. RGK, I, 104 nr. 178; NELSON, Rebirth, 523 con fig. 16.11, e 607 n. 52). Non si conoscono le modalità di acquisizione del manoscritto alla raccolta rossiana. Nella controguardia anteriore di ciascun volume è incollato il consueto exlibris con lo stemma di Luisa Carlotta stampato su carta gialla. (SILVA TAROUCA, I, 201r-204r; Bibl. Rossianae, II, 86r-87r)

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ROSS. 135-138-139

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VAN DE VORST, Verzeichnis, 493-494; GREGORY, Textkritik, 1372 (cit.: Wien, Jesuiten-Kollegium, 1-4); SODEN, Die Schriften I, 2145 (cit.: Wien, Jesuiten-Kollegium, 1-4); GOLLOB, Griechische Literatur, 6-9; TIETZE, Die illuminierten, 1-2 nr. 1; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 325; ALAND, Kurzgefasste Liste, nr. 2195; FOLLIERI, La minuscola libraria, 140 (nella rist. 1997, 206, n. 3); GALAVARIS, The Illustrations, 120-121 e passim, figg. 93-96; SAUTEL, LEROY, Répertoire, 206; NELSON, Rebirth, 523 (con fig. 16.11), 607, n. 52; D’AIUTO, Per lo studio, 254-261 e figg. 35-38 f.t.; IACOBINI, TOSCANO, «More Graeco», 153, 155; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 20.

FRANCESCO D’AIUTO

Ross. 139 (olim VIII, 78) Epistula Eusebii ad beatum Damasum (ff. 1r-29r). Epistula pseudo Augustini ad beatum Cyrillum (ff. 29r-34v). Epistula Cyrilli ad beatum Augustinum (ff. 34v60v). Sancti Ieronimi preconia (ff. 60v-63v). Sancti Ieronimi Officium missae (ff. 63v-64v). In honorem sancti Iohannis Baptistae oratio (ff. 64v-66r) Italia settentrionale (Padova-Bologna), sec. XIV3 Membr. (pergamena di qualità mediocre, spessa, in alcuni fogli giallastra, visibili i follicoli dei peli non ben levigata); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; IIVI cart. di restauro), 66, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-V’ cart. di restauro); foliazione meccanica moderna sul recto di ogni foglio, in basso a destra; numerazione a registro alfanumerica in basso sull’angolo esterno del foglio recto, visibile solo di rado perché rifilata (per es. i ff. 2r, 4r, 52r, etc.); richiami di fascicolo sul verso dell’ultimo foglio, in basso al centro, inseriti in tabelle rettangolari o sagomate e qualificate da una decorazione geometrica, vegetale o zoomorfa (ittiomorfa la tabella a f. 48v; ornitomorfa quella a f. 24v), in alcuni casi (a f. 16v, per es.) piuttosto elaborata; i richiami segnalano una fascicolazione regolare (tutti quaterni, fatta eccezione per l’ultimo che è un quinterno). Il codice misura mm 207×157 (misure prese a f. 17). Littera textualis, di modulo ampio, non perfettamente allineata sul rigo e ricca di abbreviazioni, probabilmente di due mani (cambio di mano a partire da f. 64v), alle quali se ne affianca un’altra che interviene correggendo su rasura (per es. a f. 35r), vergata con inchiostro nero per il testo (talora molto scolorito), rosso per le rubriche incipitarie. Rari interventi di glossa, per es. a f. 21, vergati in una scrittura Ross. 139, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

corsiva da più mani. Di mano diversa la scrittura, una gotica corsiva, dei non numerosi commenti marginali. Specchio di scrittura (mm 140×114), a due colonne costantemente di 31 linee per 30 righe, inquadrato da linee verticali e orizzontali (intercolumnio mm 9 a f. 24r); rigatura a lapis, leggerissima, quasi sempre cancellata. Visibili i fori guida non sempre rifilati.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina d’incipit; 4 iniziali maggiori istoriate (ff. 1r, 29r, 34v, 63v), collocate in apertura delle tre Epistulae e dei Preconia di san Girolamo; numerose iniziali medie (mm 12×9, di media), rubricate alternativamente in rosso e in blu e filigranate a contrasto; numerosissimi iniziali minori, pure rubricate in rosso e blu e con leggerissime filigranature; segni di paragrafo alternativamente in rosso e blu; maniculae, talora decorate con gli stessi motivi e dalla stessa mano che realizza i richiami di fascicolo (per es. ai ff. 5r, 6r, 37v, etc.). f. 1r:

pagina d’incipit qualificata da un fregio vegetale che si dispone su tre lati (interno, superiore e inferiore) dello specchio scrittorio, lasciando libero quello esterno e avvolgendosi sul lato interno intorno a una sorta di asta cui la triade coloristica del blu fornisce una certa tridimensionalità. La tavolozza pittorica è basata su colori chiari e intensi, blu (per il fondo interno), rosa antico, rosso e verde, rialzati con la biacca, e arricchita dall’oro in foglia, con cui è realizzato il campo della sagoma che ospita l’iniziale e che è definita da una spessa linea a inchiostro nero, e i piccoli globi aurei. Con i racemi del fregio è collegata l’iniziale P di Patri reverendissimo, all’incipit dell’Epistula Eusebii (mm 96×38). La lettera, il cui arco è costituito da un ibrido zoomorfo, che si avvinghia all’asta verticale, fitomorfa e sorretta dalla figura di un giovane abbigliato secondo la moda dei primi decenni del Trecento, ospita nel campo interno tre figure che si possono identificare, in relazione ai contenuti dell’epistola, con Eusebio, che indossa l’alto berretto dottorale di vaio sul cappuccio rosso a gote (che nel secolo XIV fanno parte dell’abbigliamento di dottori e magistri), Damaso (quest’ultimo insignito della mitra vescovile) e un monaco che scrive, poggiato su un alto leggio, come sotto dettatura, il testo della corrispondenza epistolare. f. 29r: iniziale G di Gloriosissimi cristiane fidei (mm 48×53). La lettera è contenuta in un campo a forma quadrangolare, campito in oro in foglia e delimitato da una spessa linea nera, che, rastremandosi, si prolunga verso il basso lungo la colonna di scrittura ed è abitato dalla figura di un monaco agostiniano inginocchiato che porge un rotolo iscritto ad Agostino raffigurato nel campo interno della lettera. Questi è nimbato (il nimbo è realizzato in lamina d’oro), indossa i paramenti vescovili (la mitra bianca decorata in oro, il piviale rosso gallonato d’oro sopra una bianca tunicella), ed è seduto su una cattedra dall’alto schienale decorato a motivi architettonici, intento alla scrittura (ha nella mano destra

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ROSS. 139

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il calamo e nella sinistra il rasorium). In basso, in una sorta di clipeo formato da due foglie di acanto intrecciate e annodate, che si sovrappone al prolungamento del campo dell’iniziale, è raffigurata una testa barbata coperta da un alto copricapo appuntito, a larghe tese. Dalla cornice vegetale si dipartono, a formare un fregio, che si ripete se pure con colori diversi sul margine superiore del foglio, foglie di acanto lanceolate su sagome auree arricchite da globi in oro. f. 34v: iniziale V di Venerabili viro (mm 46×50). La lettera, fitomorfa, è contenuta in un campo quadrangolare in oro, dal quale fuoriesce con la decorazione superiore. Da questa prende vita un fregio vegetale, a foglie di acanto lanceolate arricchite da globi aurei, che si dispone lungo il margine esterno dello specchio scrittorio e si prolunga sui margini superiore e inferiore. Il campo interno della lettera ospita Agostino, in cattedra, abbigliato come a f. 29r e ugualmente intento alla scrittura di un fascicolo poggiato sul piano di lavoro. f. 63v: iniziale D di Deus qui ecclesie tue (mm 46×52). La lettera, fitomorfa, ospita nel campo interno il ritratto frontale di san Girolamo, nimbato, rivestito di un saio nero profilato di bianco, intento, secondo quella che è una delle sue iconografie, a togliere la spina dalla zampa del leone, che guarda verso il galero cardinalizio del santo, che appare come sospeso nel vuoto). La foglia lanceolata che costituisce il prolungamento della lettera si sviluppa verso l’alto, verso una decorazione, a foglie di acanto intrecciate e globi aurei, che occupa il margine superiore dello specchio scrittorio; al campo quadrangolare si collega in basso, tra le due colonne di scrittura, il fregio, a bastone annodato e arricchito di globi aurei e da lamina d’oro, che si allarga in basso, disponendosi lungo il margine inferiore dello specchio scrittorio. L’apparato decorativo del Ross. 139, assegnabile a un’unica mano, un miniatore impegnato nella realizzazione della ornamentazione e insieme degli interventi più strettamente figurativi, si collega, per il lessico ornamentale, alla maniera sviluppatasi tra Bologna e Padova alla metà del Trecento – tipiche di questa cultura decorativa appaiono le lunghe foglie lanceolate, dalle tinte chiare e vivaci appena rialzate in biacca, dove predominano il rosa antico e l’azzurro, che si svolgono attorno a tratti di bastone bolognese e i globi aurei definiti da una spessa linea nera e sparsi tra di esse. Tra i tanti confronti possibili sembrano significativi ad esempio quelli con il f. 18r del messale, ms. lat. III 97 (= 2115) della Biblioteca Marciana di Venezia, o con il f. 159r del corale, ms. 603 del Museo civico medievale di Bologna, entrambi assegnati al pennello di Nicolò di Giacomo e agli anni ’50/’60 del secolo (cit. in MEDICA, I miniatori dei corali, 94, 62-63). Alla cultura figurativa bolognese il maestro del codice rossiano appare debitore (come già suggeriva TIETZE, Die illuminierten, 90 nr. 141) anche nella realizzazione delle iniziali istoriate, nella resa delle figure, solide e dalla volumetria decisa, connotate da fisionomie che richiamano ancora una

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

volta i modi di Nicolò di Giacomo (per questi maestro si cfr. PASUT, s.v. Nicolò di Giacomo). Alla maniera di Nicolò rimanda anche, ad esempio, la resa fortemente scorciata del monaco di f. 29r, che ripreso di spalle si protende verso l’alto, verso la figura di Agostino, che trova confronti significativi con figure raffigurate in posizione analoga nella Novella super V decretalium, Cambridge, Fitzwilliam Museum, ms. 331, f. 1r (MEDICA, I miniatori dei corali, 72-76); e ancora più stringenti con il monaco colto nel medesimo atteggiamento nelle Clementine, Madrid, Biblioteca Nacional, ms. 1146, f. 20v, opera assegnata alla prima attività del Maestro, prima della metà del secolo (ancora MEDICA, I miniatori dei corali, 67). I paralleli proposti appaiono ancor più significativi per la storia del codice, se si riflette che la presenza reiterata di monaci agostiniani nelle iniziali istoriate (ai ff. 1r e 29r) suggeriscono di inserire il codice in un ambiente legato all’ordine e di collegarlo, quindi, alla cultura figurativa di matrice agostiniana, sviluppatasi nel Trecento tra Bologna e Padova (per la produzione legata agli agostiniani di Bologna, MEDICA, I miniatori dei corali, 63-108; per gli agostiniani in Veneto, MARIANI CANOVA, La miniatura degli ordini mendicanti, 165-184). Lo stato di conservazione del manoscritto appare discreto. I fogli presentano numerosi e ampi difetti di concia (per es. f. 13), che a f. 22 portano a una ampia resecazione marginale della pergamena; attacchi di tarli, individuabili sull’angolo inferiore destro dei primi fogli, che però scompaiono da f. 4. A f. 1r la scrittura e anche parte della decorazione sembrano avere subito le conseguenze di una dilavatura casuale. Nello stesso foglio si notano cadute della foglia d’oro sia nella lettera, sia nei globi aurei. La legatura Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge DE SANCTO HIE / RONYMO / VETERUM / PATRUM / EPISTOLAE. Sul margine inferiore: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Sulla base della presenza di monaci agostiniani, raffigurati nell’apparato decorativo del codice con una certa enfasi, ma anche delle note marginali (per es. quella a f. 8r in corrispondenza del paragrafo De oboedientia, et maxime monachali) che fanno riferimento alla vita monastica, si può suggerire (ma solo in via ipotetica) un collegamento con la produzione di libri miniati legata alla chiesa di San Giacomo a Bologna. (SILVA TAROUCA, I, 205r; Bibl. Rossianae, II, 95r) TIETZE, Die illuminierten, 90 nr. 141.

SILVIA MADDALO

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ROSS. 141

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Ross. 141 (olim VIII, 80) S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, De consolatione, I-III (ff. 3r-112r); Praefatio del traduttore (ff. 1r-2v) Italia centromeridionale (Roma-Napoli), sec. XV, seconda metà (f. 1r): PREFATIO AMBROSII CA / MALDULENSIS AD ILLUST /ISSIMUM (sic) REGEM RENAT/UM IN IOHANNEM CHR/YSOSTOMUM DE CONSOLA/TIONE E GRECO IN LATIN/UNUM (sic) TRADUCTUM / INCIPIT FE/LICIT/ER (f. 3r): IOANNIS CHRYSOSTOMI DE CONSOLA/TIONE PER AMBROSIUM CAMALDULE(N)/SEM E GRECO IN LATINUM TRADUCTI / LIBER Ross. 141, f. 1r PRIMUS INCIPIT FELICITER (f. 112r) nota di possesso quasi del tutto erasa e depennata e non più leggibile: Iste liber est mei /////////////////////////////////. Membr.; ff. V (cart.), 112, V’ (cart.). Foliazione in cifre arabe a matita (1-112) apposta in alto a destra; mm 210×144 (f. 6r), specchio scrittorio mm 140×78 (f. 6r), 23 linee di scrittura. Richiami verticali presenti in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, esterni allo specchio di scrittura. Rigatura a secco eseguita dal lato pelo. Scrittura umanistica tonda, elegante e regolare, vergata da mano unica in inchiostro bruno. Sporadiche glosse marginali posteriori. Bianco il f. 112v.

Il codice rappresenta un esemplare tardo della traduzione latina di Ambrogio Traversari (1384-1439) del De consolatione di Giovanni Crisostomo (inc. O quidem o mihi amantissime omnium Stagiri; expl. adversissimis casibus frangi vel deiici valebis), dedicata negli anni Trenta del Quattrocento a Renato d’Angiò, re di Napoli e di Sicilia (Praefatio: inc. Splurima (sic) quae in te laudari merito possint; expl.: Domine amantissime et nimium dilecte Deo princeps). Sull’attività di Traversari traduttore di Giovanni Crisostomo si veda CORTESI, Umanisti, 130 ss.; CORTESI, Giovanni, 65 ss. La decorazione è costituita da 2 fogli miniati, il foglio di dedica (f. 1r) e quello d’incipit (f. 2r), e da 2 iniziali maggiori poste all’inizio di ciascuno dei libri successivi dell’opera. Vergato in lettere capitali in oro l’incipit del f. 1r, rubricato, ancora in lettere capitali, l’incipit dell’opera al f. 3r.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 1r: ricca cornice a bianchi girari profilata in oro su fondo policromo (blu, rosso, verde) all’interno della quale sono disposti un genietto musicante con zampogna a sinistra e due putti alati e due leprotti a destra. Il fregio si diparte dall’iniziale S di Splurima (sic) quae in te laudari (mm 40×40), realizzata in foglia d’oro in campo quadrato. Nel bas-de-page altri due putti alati sostengono un clipeo contenente uno stemma abraso. f. 3r: cornice analoga a quella di f. 1r con putti e genietti (nell’ordine, da sinistra a destra e dall’alto in basso, un putto inattivo con braccio sinistro alzato, un altro con arco e freccia in atto di scagliare, un altro ancora che suona un tamburo, e infine l’ultimo con la tuba) e ulteriormente arricchita con uccelli e volatili. Nel bas-de-page un clipeo in oro all’interno del quale è raffigurato verosimilmente il Traversari allo scrittoio intento a scrivere, con abito rosso e cappa blu con largo collo in ermellino bianco. La cornice si sviluppa dall’iniziale O di O quidem o mihi amantissime omnium (mm 36×37), realizzata in lamina d’oro in campo quadrato. La decorazione è completata da 2 iniziali in foglia d’oro su fondo quadrato con decorazione a bianchi girari poste rispettivamente all’inizio del II e del III libro dell’opera: al f. 42v: iniziale E di Et ista Quidem (mm 48×35), con fregio che si prolunga lungo il margine sinistro verso il basso, profilato in oro e terminante con dischetti d’oro cigliati; al f. 77v: iniziale S di Sufficere quidem (mm 45×38), con fregio contornato in blu a puntini bianchi, che si prolunga verso il basso e verso l’alto lungo il margine sinistro e che è ulteriormente arricchito da bottoncini cigliati in oro. Gli elementi costitutivi della decorazione, tra i quali soprattutto la rigida bordatura in oro e colori e le losanghe policrome che interrompono la cornice a bianchi girari di matrice fiorentina, la vivacità dei grassi putti che popolano gli intrecci, la presenza di una fauna di conigli selvatici, cerbiatti e uccelli dal piumaggio colorato, nonché per altri versi la presumibile presenza in ambiente napoletano dell’esemplare archetipico della traduzione, dedicata a Renato d’Angiò, dell’opera di Giovanni Crisostomo da parte di Ambrogio Traversari, consentono di ipotizzare per il codice (per il quale TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 224 pensava ad una generica e non sufficientemente motivata, origine toscana) la produzione in una bottega attiva tra Roma e Napoli, nella seconda metà del XV secolo o, forse, da parte di un artefice educato in ambiente romano e poi emigrato nella città partenopea. Innegabili sono le somiglianze della miniatura del Ross. 141 con alcuni prodotti realizzati da Cola Rapicano, come, ad es., il ms. 408 della Biblioteca universitaria di Valencia, contenente gli Elegantiarum Latinae linguae di Lorenzo Valla, miniato da Cola nel 1473; oppure il ms. lat. 12947 della Bibliothèque nationale de France di Parigi, la Reprehensio sive obiurgatio in calumniatorem divini Platonis di Andrea Contrario, decorato sempre dal Rapicano nel 1471 (cfr. Biblioteca Reale, Schede nrr. 17 e 15).

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ROSS. 141-142

Stato di conservazione complessivamente buono. Alcuni fogli presentano degli oculi. La profilatura in oro della cornice del f. 1r è piuttosto logora, soprattutto in alcuni punti, dove si intravedono tracce del bolo armeno sottostante. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione; lievi danni da uso sul dorso, dove la pelle è in alcuni punti lievemente sfiorata. Sul dorso in alto si legge (in oro): S(ANCTI) IO(HANNIS) / CHRYSOS(TOMI) / DE CONSO(LATIONE) / LIB(RI) LAT(INE) / RED(ACTI); in basso, parimenti in oro: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Taglio decorato. (SILVA TAROUCA, II, 207r; Bibl. Rossianae, II, 97r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 224; MERCATI, Ultimi contributi, 65 nr. 2; KRISTELLER, Iter II, 465.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 142 (olim VIII, 81) PAULINUS AQUILEIENSIS, Liber exhortationis, vel de salutaribus documentis, ad Henricum comitem Foroiulensem (ff. 1r-58r). Excerpta da: S. GREGORIUS MAGNUS, Registrum epistolarum (ff. 58v-59r); PSEUDO ISYDORUS, Epistolarum Romanorum Pontificum sylloge; S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi (f. 59r); S. HIERONYMUS, Super propheta Amos; S. AMBROSIUS, In Psalmos; PETRUS LOMBARDUS, Sententiae (f. 60v) Italia, sec. XI, seconda metà-fine Membr. (pergamena di buona qualità, meno accurata nel fascicolo 1); ff. VI, 60, VI’ (fogli di guardia cartacei moderni, I e VI’ in cartoncino celeste coerenti alle risguardie). Foliazione meccanica, nell’angolo esterno del margine inferiore. Una precedente foliazione, moderna anch’essa, a mina, si rileva nell’angolo esterno del margine superiore nel foglio di inizio dei fascicoli (manca a f. 45r, primo del fascicolo 6): in un solo caso è stata apposta internamente a un fascicolo, al f. 16. Le dimensioni esterne attuali, mm 209×149 (f. 11), sono esito di una o più rifilature che hanno notevolmente ridotto i margini, amputando spesso note di studio apposte nei margini superiore e inferiore, o testi minori aggiunti in fine codice (cfr. ff. 46r, 57v, 58v, 60r). Il codice consta di 7 fascicoli attualmente privi di richiamo, quaternioni (tranne i primi due, quinioni: ff. 110, 11-20); attualmente mancano segnature

Ross. 142, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

o richiami, probabilmente in dipendenza della consistente rifilatura cui il codice è stato sottoposto. Rigatura a secco sul lato pelo, molto leggera; specchio scrittorio a piena pagina, di mm 160×100, con 21 linee lunghe e scrittura sopra la prima rettrice. Scrittura carolina calligrafica di mano unica a inchiostro bruno, databile alla seconda metà avanzata dell’XI secolo: diritta, talvolta aste alte sul rigo forcellate, inizio di contrasto in e, h, leggeri empattements obliqui alla base di m, n; ma u angolata in fine rigo, qualche maiuscola interna a parola, frequenti nessi NT, nesso et anche come desinenza, contenuto il tasso di abbreviazioni. Il copista interviene talora nei margini per rare integrazioni da collazione (ff. 3r, 36r, 44v, 56r, passim), e almeno altre cinque mani attestano l’uso del codice tra i secoli XI-XII e il XV, con segni di paragrafo a segnalare le citazioni scritturali (ff. 2r-3v), No(ta) e segni ad ancora per note di studio, gruppi di punti per evidenziazione di passi, fluorishes anche di gusto tardoantico (ff. 15v, 39v, 40r). Una delle mani dei margini (cfr. ff. 43r, 46r, passim) sembra titolare del testo aggiunto ai ff. 57v-58r in minuta scrittura di tipo scolastico della fine del secolo XIII, o del XIV, corsiva e molto abbreviata, disordinata e a righe addossate. Gli excerpta sono vergati ai ff. 58v-59r da due mani di minuta e ordinata minuscola diplomatica del XII secolo; ai ff. 59r-60r da almeno tre mani in scrittura veloce, disordinata, di tipo scolastico, della fine del secolo XIII, o del XIV; al f. 60v da tre mani, una del XII secolo affine a quelle dei ff. 58v-59r, due XIV secolo, corsiva l’una e cancelleresca l’altra. Numerose prove di penna in latino e in volgare, dal XIII al XV secolo, ancora a f. 60v. Scrittura distintiva mista di forme capitali e onciali per l’incipit di f. 1r.

L’apparato decorativo del codice consiste di una sola iniziale decorata disegnata finemente, di iniziali di capitolo ingrandite, rubricate, spesso gemmate, di piccole iniziali toccate di rosso nei ff. 58v-59r. Incipit rubricato; rubricate infine le indicazioni dei capitoli. miste di forme capitali e onciali. A f. 1r, O di O mi frater, iniziale del Liber exhortationis (mm 37×37). La lettera è delineata in rosso, in riserva, e a essa si avvitano semplici tralci, anch’essi delineati in rosso, che sviluppano foglie riempite di verde, due nodi verdi alla base e alla sommità della lettera, e si congiungono con due foglie verdi affrontate al centro dell’occhiello. Il codice riporta una complessa congerie di testi. L’operina morale di Paolino di Aquileia, attribuita ad Agostino da una vasta tradizione (cfr. OBERLEITNER, Handschriftliche 1969, 111) di cui è partecipe anche il manoscritto rossiano (cod. V e testimone tra i più antichi per l’edizione critica), presenta qui il testo integro scandito in 28 capitoli, privi di titoli, contro i 66/65 più largamente attestati (PAULINUS, Liber; cfr. PL 40, 1045-1077). I frammenti ed excerpta aggiunti nei fogli finali bianchi o solo parzialmente utilizzati sono significativi del contesto ecclesiastico, forse monastico, di origine e di fruizione del codice. Alla fine del XIII secolo o nel successivo, un lettore ha apposto una lunga nota articolata in paragrafi, che occupa i ff. 57v (margine inferiore) e 58r (da metà foglio in poi) e che si connetteva probabilmente ad altra nota, rifilata, poiché è introdotta da un segno di notabilia peculiare privo di riscontro nel testo principale. Tra XII e XIV secolo più mani stratificano nei fogli finali estratti anepigrafi dalle epistole di Gregorio Magno, dalla silloge pseudo-isidoriana di epistole pontificie (REGESTA PONTIFICUM nnr. †161, CXIX, †94, LXXVII), dai Dialogi di Gregorio Magno (III, XXVI; IV, XXXIV), da Girolamo in Amos (II, V, 21.22), da Ambrogio in Psalmos (capp. 23, 25), dalle Sententiae di Pietro Lombardo (III, 8.2) (ff. 58v-60v).

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ROSS. 142-144

Lo stato di conservazione è nel complesso buono per quanto riguarda il supporto scrittorio; meno buono per quanto riguarda la scritturazione del testo, che presenta sporadiche tracce di ribadimento laddove si era verificata una leggera espansione dell’inchiostro, sempre sul lato pelo, e la perdita di nettezza del segno (cfr. ff. 22v, 23r, 24v, 25r, 48r, 56r). Legatura Rossi A, in ottimo stato di conservazione; sul dorso, impressi in oro, in alto AUGUSTINI LIBER EXHORTATIONIS, in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV, e infine etichetta incollata con la segnatura attuale. L’origine del codice è italiana, e la datazione desunta per via paleografica. Flebile traccia di proprietari precedenti in tre note di possesso, erase e solo parzialmente leggibili con lampada di Wood: a f. 1r, nel margine superiore, de /// inio /// s. Ar(?)nie, e una antica segnatura, Q 446; a f. 60v, linea 21, nota del secolo XIII fine o XIV erasa e soprascritta, della quale si legge solo hic liber, e sotto la linea 25 altra nota, di mano del XV secolo, hic liber est de /// in bi /// (SILVA TAROUCA, I, 208r; Bibl. Rossianae, II, 98r) OBERLEITNER, Handschriftliche 1969, 111; OBERLEITNER, Handschriftliche 1970, 344; PAULINUS, Liber, XLV (cod. V).

EMMA CONDELLO

Ross. 144 (olim VIII, 83) Miscellanea astrologico-astronomica: BEDA VENERABILIS, De temporum ratione, De cyclo lunari (ff. 18v-19v); De temporum ratione, incipit (ff. 20v-21v); De temporum ratione, Item de eodem si quis computare non didicit; De cursu lunae per signa XII (ff. 21v-23r); Diebus Aegyptiacis (ff. 23v-24r); Somniale Danielis (ff. 25v-26v); Epistola Petosiridis: Figura epistolae (ff. 35v-36r); Epistola (ff. 36v-37r); Grecae litterae cum numeris suis (f. 37v); tavola che assegna valenze numeriche all’alfabeto latino (f. 38r); Dies lunae cum numeris suis (f. 38v); Dies Deorum (f. 40r); Divisionis per XXVIIII inde (f. 55v) Italia centrale, secc. Xex.-XIin. (?) Membr. (pergamena molto spessa, ma ben lavorata); ff. V (I in cartoncino blu, al pari

Ross. 144, ff. 30v-31r

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250

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

della controguardia; II-V cart. moderni), 60, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu al pari della controguardia); foliazione manuale moderna in cifre arabiche, a matita in alto a destra; sono assenti i richiami di fascicolo; mm 215×132 (f. 2), mm 218×128 (f. 34), mm 216×131 (f. 52); rigatura e secco eseguita sul lato pelo di ogni bifoglio, con le righe che inquadrano lo specchio scrittorio che giungono a toccare tutti i margini della pagina. I fori per tracciare la rigatura non sono stati rifilati; scrittura di più mani: f. 2v, minuscola carolina a inchiostro bruno; ff. 3r-33r, ff. 34r-52v, ff. 54r-56r minuscola carolina molto corsiveggiante a inchiostro nero; f. 33v minuscola carolina a inchiostro bruno; f. 53r minuscola carolina a inchiostro nero; f. 54v minuscola carolina a inchiostro nero; ff. 56r e 59v minuscola carolina a inchiostro nero; f. 60r minuscola carolina di transizione a inchiostro bruno. Specchio di scrittura (mm 135×90) a piena pagina di 16, 18 o 19, 23 linee, ai ff. 3r-26v, ff. 36v-37v, f. 38v, 39v, ff. 41r-52v, ff. 56r-59v; specchio scrittorio (mm 170×100) su 33 linee ai ff. 54r-55v; specchio a piena pagina (mm 98×90) su 16 linee di scrittura a f. 60r; il f. 60v è anepigrafo; il codice si apre con il lato pelo.

L’apparato figurativo del manoscritto è costituito da 6 tabelle e 15 diagrammi; 5 iniziali maggiori decorate (mm 25×17); iniziali medie (mm 15×12) e minori (mm 10×10) calligrafiche, eseguite a inchiostro rosso o nero e campite in verde e giallo; numerose letterine rubricare e rilevate in verde; chiudi riga, verde o giallo, con terminazione a forma di giglio. Le tabelle sono collocate ai ff. 32v, 33r, 34r-v, 35r; i diagrammi circolari ai ff. 1v, 2r, 27v-28r, 28v, 29r, 29v-30r, 30v-31r, 31v-32r, 35v-36r, 38r, 39r, 40r-v, 53r-v; mentre le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 15r, 17r, 18v, f. 41r. ff. 1v-2r: calendario dei mesi di gennaio e febbraio (mm 155×31). ff. 27v-28r: diagramma circolare (diametro mm 140) raffigurante il ciclo solare e la suddivisione annua della luce diurna. f. 28v: doppio diagramma circolare con la ruota della durata della luce solare (equinozio e solstizio) (diametro mm 102). f. 29r: diagramma circolare (diametro mm 109) con la ruota della durata della luce solare e al di sotto uno specchio scrittorio (mm 65×105) di 14 linee di scrittura. ff. 29v-30r: diagramma circolare con il ciclo solare di 28 anni (diametro mm 178). ff. 30v-31r: diagramma circolare con ciclo lunisolare (diametro mm 187). ff. 31v-32r: diagramma circolare con ciclo diciannovennale (diametro mm 190). f. 32v: tabella (mm 108×85). ff. 33v-34r: calcolo dei mesi. ff. 35v-36r: diagramma circolare (diametro mm 113) con il ciclo di Petosiride. f. 38r: tabella quadrangolare, con particolare del ciclo di Petosiride (mm 96×96), inscritta tra 10 linee di scrittura, 5 al di sopra e 5 al di sotto. f. 39r: sfera di Pitagora (diametro mm 88), sopra la quale è presente uno specchio scrittorio (mm 75×95) di 11 linee di scrittura. f. 40r: sfera di Pitagora (diametro mm 85), corredato da uno specchio scrittorio (mm 75×105) di 8 linee. f. 40v: sfera di Pitagora (diametro mm 87).

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ROSS. 144

f. 53r: f. 53v:

251

sfera di Pitagora (diametro 90) introdotta da uno specchio scrittorio (mm 53×102) di 8 linee. sfera di Pitagora (diametro mm 90), al di sopra della quale è presente uno specchio scrittorio (mm 60×100) di 9 linee di scrittura (l’analisi dei contenuti si deve all’aiuto di Giorgio Stabile, che si ringrazia sentitamente).

Le iniziali maggiori sono collocate a: f. 15r:

f. 17r:

f. 18v:

f. 41r:

iniziale maggiore I di Idem cum esse, fitomorfa realizzata a inchiostro rosso-arancio a risparmio sulla pergamena, riempita alle estremità in verde e, al centro, in giallo. iniziale A di A Nativitate domini, calligrafica, con una delle aste a terminazione a palmetta di profilo, colorata in verde giallo e rossoarancio. iniziale N di Notam sit, calligrafica con una terminazione a palmetta di profilo che nasce in basso da una delle zampe della N, corpo rosso-arancio, palmette verdi, campitura superiore gialla. Iniziale Q di Quinta circuli all’incipit del capitolo De cyclo lunari del De ratione temporum di Beda Venerabile, calligrafica policroma (rosso-arancio, verde e giallo). iniziale I di Igitur in primo anno, decorata con una terminazione a palmette di profilo, gialla nell’estremità inferiore e con un motivo a intreccio verde e rosso-arancio che riempie tutto il corpo.

Il codice versa in condizioni conservative critiche, molti fogli rischiano di perdersi a causa dei danni alla legatura; sono inoltre presenti macchie di umidità nei margini laterali. Il primo foglio è stato pesantemente rifilato. Legatura Rossi A, in cattive condizioni, la compagine dei fascicoli risulta infatti non più adeguatamente adesa al dorso e questo potrebbe causare la perdita di alcuni fogli; il taglio è inoltre colorato di blu, l’operazione sembra tuttavia essere stata eseguita con una certa imperizia, dal momento che il colore non risulta uniforme e, anzi, si è spesso sparso anche all’interno della pagina. Sul dorso di legge V(ENERABILIS) BEDAE / OPUSCUL(A); in basso, COD(EX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XI. Una sovraccoperta di spesso cartoncino blu è stata messa a protezione della legatura. (Bibl. Rossianae, II, 100r) BEDA VENERABILIS, Opera, 254; TOLLES, The Latin Tradition, 56-60; The Tenth Saint Louis Conference, 182; CERESA, Bibliografia 1991, 274.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 145 (olim VIII, 84) S. BONAVENTURA DE BALNEOREGIO, Breviloquium (ff. 1-57); index (cui una mano successiva ha apposto i numeri dei fogli). PSEUDO AUGUSTINUS, De spiritu et anima (ff. 58-64). PSEUDO BONAVENTURA (GIOVANNI DE CAULIBUS), Meditationes vitae Christi (ff. 70-126) Italia centrale (?), sec. XIV, sec. XV1 (?) (f. 57v) explicit: Explicit opusculum fratris Bonaventurae Ordinis minorum (f. 126r) explicit: Explicit vita Christi Deo gratias semper Membr.; ff. V (cart.), II (membr.), 127, V’(cart.); numerazione in inchiostro bruno posta nel margine superiore del recto dei fogli, tracciata in una fase successiva a quella della copia, forse quando il codice Ross. 145, f. 70r (composito) venne assemblato per entrare a far parte della biblioteca del cardinal Capranica: in quella occasione venne anche compilato un indice a opera di un Francesco de Toleto (SILVA TAROUCA, 1, 210), indice che si trova nei due ff. di guardia membranacei aggiunti. La fascicolazione è differente per i due inserti che compongono il manoscritto e presenta per lo più senioni per la prima parte (1-69), quinioni per la seconda (70-127); il richiamo, quando è presente, è orizzontale; più spesso però o se ne vedono solo leggere tracce (cfr. ff. 41v, 53v) perché il codice è stato forse rifilato in occasione di successive legature, oppure (da f. 80 in poi) è assente del tutto; mm 210×155; la scrittura, a inchiostro bruno, è nella I parte (ff. 1-64) una gotica italiana con tratti moderatamente spezzati, scarso contrasto tra le lettere e numerose abbreviazioni, proprie della tipologia del codice; la II mano (ff. 70-126) – che utilizza una pergamena più sottile e ben levigata – è più tarda e si presenta con le caratteristiche di una semigotica con alcuni elementi dal ductus piuttosto corsiveggiante: rare le annotazioni laterali, tracciate dalla stessa mano, come per evidenziare parti mancanti. Bianchi i ff. 65-69; 127. Specchio scrittorio su due colonne (mm 165×50 a f. 4; mm 160×53, a f. 98; spazio intercolonnare 10 mm), rigatura a secco definita da quattro linee rettrici verticali che delimitano rispettivamente lo specchio di scrittura e lo spazio intercolonnare; scrittura sotto la prima linea di rigatura per la prima parte del codice, sopra la prima linea rigata per la seconda parte.

L’apparato decorativo è davvero molto semplice e non fornisce elementi particolarmente caratterizzanti per precisare l’ambito di produzione del manoscritto: esso si compone, per la prima parte (ff. 1-64) di incipit rubricati delle due opere (Breviloquium e De spiritu et anima), iniziali di capitoli e segni di paragrafo rubricati, una sola iniziale filigranata (f. 1r) a inchiostro nero; il Brevi-

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ROSS. 145

253

loquium è composto da sette parti, tutte con incipit rubricato e iniziale a penna rossa. La parte più recente (Meditationes vitae Christi, ff. 70-126) presenta invece un’iniziale decorata (f. 70r), iniziali di paragrafo a penna rosse e blu alternate, incipit dell’opera e dei capitoli rubricati, explicit calligrafico del codice in inchiostro blu. f. 1r:

f. 6r: f. 58r:

f. 70r:

iniziale F di Flecto genua mea (mm 60×25), al prologo del Breviloquium: l’iniziale filigranata a inchiostro nero presenta delicate decorazioni floreali che, nel margine interno del foglio, si sviluppano verso il margine inferiore per mm 110. iniziale I di Incipit Breviloquium fratris Bonaventurae a penna rossa con intarsio bicromatico (l’altezza misura mm 15); incipit dell’opera. (in rosso) Incipit liber beati Augustini de spiritu et anima (Quoniam dictum est). L’opera è mutila (fragmentum per SILVA TAROUCA, XVI capitoli su LXV): di fatti la copia sembra non finita, come si evince da molti elementi quali la mancanza di decorazione e di rubriche o la presenza dei ff. 65-69 ancora bianchi. iniziale I di Inter alia omnia virtutum (mm 20×20), incipit delle Meditationes vitae Christi, opera del francescano Giovanni de Caulibus, scritta tra 1346 e 1364; l’iniziale presenta il corpo della lettera in foglia d’oro su fondo campito di blu cobalto all’esterno, rosso e verde all’interno, con leggeri motivi arabescati a biacca.

Buono lo stato complessivo di conservazione del codice. Legatura Rossi di tipo A. Sul primo tassello in alto, impresso in oro, si legge: DE / PROPRIETAT(IBUS) / SACR(AE) SCRIPT(URAE); più in basso S(ANCTI) BONAVENT(URAE) / BREVILOQUIU(M) / ET / MEDITATION(ES); ancora più in basso S(ANCTI) AUREL(II) AUGU(STINI) / DE / SPIR(ITU) ET ANIM(A) / COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV; infine, su un tassellino piccolissimo, la conferma che il manoscritto apparteneva alla biblioteca Capranica: E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FIRM(ANI). Il ms. occupava il nr. 127 del catalogo della Biblioteca, come si legge a f. 13v del ms. Vat. lat. 8184, in cui è contenuto l’inventario dei libri del cardinale Domenico Capranica. Da notare, infine, su f. 1r, una nota di possesso, scritta perpendicolarmente al testo (iste liber est ///), purtroppo erasa e non più leggibile nella sua interezza. (SILVA TAROUCA, I, 210r-211r; Bibl. Rossianae, II, 101r-103r) TIETZE, Die illuminierten, 95 nr. 162; OBERLEITNER, Die Handschriftliche 1969, 174; OBERLEITNER, Die Handschriftliche 1970, 344; BUONOCORE, Bibliografia, 654.

LAURA FORGIONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 146 (olim VIII, 85) S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, Opuscula varia: De reparatione lapsi (ff. 1r-24v); De vita monastica (ff. 24v-31v); De compunctione cordis (ff. 31v-45v); De providentia Dei, I-III (ff. 49r-105v); Adversus vituperatores vitae monasticae (ff. 106r-142v); Tabula rubricata con l’elenco delle opere contenute nel codice (f. Iv) Italia settentrionale (Lombardia?), sec. XV, metà

Ross. 146, f. 1r

(f. 142v): Laus Deo et Virgini gloriose (sconosciuto a Colophons). (f. 144r): Ioannes Chri(sostomus) / † Ioa(n)nes Chrysostom(us) / Na(m)que co(n)suevimus eos qui plurimo nobiscu(m) tempore / vixerunt. Su(m)maq(ue) virtutis sue et amicitie do / cumenta dederunt maxime omniu(m) ac su(m)mo / desiderio requirere

Membr.; ff. IV (cart.), 145 (1+144), IV’ (cart.); foliazione antica (f. I, in cifra romana, ff. 1144, in cifre arabe) apposta in alto a destra, rubricata per i ff. 4, 7-142, a matita, moderna, per i ff. 1-3, 5-6, 143-144 e per il primo foglio numerato I, a sostituire quella rubricata, quando essa non è più visibile a causa della rifilatura (ma in alcuni casi ne rimane ancora traccia, ad es. nei ff. 46-48); la foliazione rubricata è della stessa mano che ha scritto l’indice del foglio numerato I, nonché i titoli e le rubriche. Il codice misura mm 208×152 (f. 1r); specchio scrittorio mm 143×95 (f. 1r), 29 linee di scrittura. Richiami orizzontali in posizione centrale sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo, circondati da lineette decorative (leggermente diversa, con lineette e puntini, la decorazione dei richiami posti alla fine dei fascicoli XV-XVII), spostati verso destra alla fine dei fascicoli VII-X e XII; richiami verticali apposti in basso a destra alla fine dei fascicoli XI e XIII, esterni allo specchio scrittorio; assente il richiamo alla fine del fascicolo XIV. Rigatura a secco eseguita dal lato pelo, a volte ripassata a colore. Scrittura umanistica tonda di mani e inchiostri diversi, che si alternano nei ff. 1r-45v e 49r-105v; segue una scrittura umanistica dai tratti più corsivi (ff. 106r-137r metà), alla quale succede un’altra dai caratteri posati, più simili a quelle della prima parte (ff. 137r metà-142v). Bianchi i ff. 46r-48v; 143r-v, 144v, nonché il recto del primo foglio numerato I.

La decorazione è costituita da 1 iniziale maggiore (f. 1r) e da 6 iniziali medie poste all’inizio di ogni opera del manoscritto e all’inizio di ogni libro nelle opere composte da più libri, e da iniziali cromatiche alternate in rosso e blu, poste all’inizio dei capitoli (ma solo fino al f. 45). I titoli correnti sono rubricati.

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ROSS. 146-148

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f. 1r: iniziale Q di Quis dabit (mm 20×24), in rosa a sottili filamenti in biacca e profilata in rosso scuro, posta su un campo quadrato in foglia d’oro. L’interno della lettera è decorato con una voluta in verde a motivi geometrici circolari in rosso e filamenti in bianco. L’iniziale si prolunga in un tralcio di fogliame verde che si estende lungo il margine sinistro e su quello superiore, con dischetti in oro cigliati e ulteriori motivi decorativi posti alle estremità (dischetti cigliati sono posti anche fra gli elementi compositivi dei due tralci verdi). Iniziali in foglia d’oro su campo bicolore rosso/blu a fini arabeschi in biacca si estendono in sottili fregi con bottoncini dorati cigliati (mm 20/15×18/15 ca.): f. 24v: S di Si fletus posset; f. 31v: C di Cum intueor te; f. 49r: O di Oportuerat quidem; f. 68r: E di Et ista quidem de providentia Dei; f. 87r: S di Sufficere quidem et ista; f. 106r: A di Age vero iam ad fidelem. Il codice, che contiene la traduzione latina di alcune operette di Giovanni Crisostomo, può essere verosimilmente assegnato per l’apparato decorativo ad un ambito di produzione lombardo. Stato di conservazione complessivamente discreto. Il foglio numerato I e i ff. 141-144 presentano macchie; il f. 144 presenta anche lacerazioni dovute al raschiamento della pergamena. Legatura Rossi A in stato di conservazione mediocre, danni sul dorso, privo di alcuni frammenti di pelle; la pelle si presenta spaccata nel punto di attacco fra il dorso e i piatti. Sul dorso in alto si legge (in oro): S(ANCTI) IOANNIS / CRYSOSTOMI / OPUSCULA / VARIA; in basso, parimenti in oro: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 212r; Bibl. Rossianae, II, 104r) TIETZE, Die illuminierten, 122 nr. 257; KRISTELLER, Iter II, 465.

MARIA AMBROSETTI

Ross. 148 (olim VIII, 87) S. ANTONINUS PIEROZZI, ARCHIEPISCOPUS FLORENTINUS, Confessionalem; tabula capitolorum (ff. 97v [=102v]-99r [=104r]) Italia centrale (Firenze?), sec. XV2 (d.to 1440 luglio 12) (ff. 102r-v = XCVIIr-v) colophon: Finitus et completus Florentie per me Iohannem Dorenborch fuit liber primus. Sub anno domini MCCCCoXLmo die Martis XII mensis Iulii pro Reverendissimo in Christo patre et domino domino Dominico Sancte Marie in via Lata Sacrosancte Romane Ecclesie diacono cardinale domino meo benignissimo (add.: Firmano communiter nuncupato)

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

(f. 99 = 104r) explicit: Et sic est finis. Deo laus Membr. (pergamena di buona qualità ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni), 103, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione antica, contemporanea alla scrittura, in inchiostro rosso a cifre romane, nell’angolo esterno in alto sul recto dei fogli, che non comprende i primi quattro fogli del proemio, indicati a lapis da mano moderna come I-IV, e gli ultimi due segnati pure da mano moderna come 98 e 99 (da questo momento i fogli verranno indicati con una doppia numerazione, in cifre arabiche quella che contiene anche i primi quattro fogli del codice e gli ultimi due, entro parentesi quella in cifre romane presente sul manoscritto); richiami di fascicolo sempre presenti, sul verso in basso a destra, sul margine interno; indicazioni di registro talvolta visibili sul recto di alcuni fogli, nelRoss. 148, f. 5r l’angolo in basso (per esempio a f. 13r = IXr); mm 220×154 (misure prese ai ff. 5 = I, e 61 = LV); scrittura minuscola umanistica vergata da una sola mano con inchiostro nero; di mano diversa corsiveggiante le parole Firmano communiter nuncupato, che chiudono il colofone; a f. 102r (XCVIIr) una mano moderna aggiunge invece a lapis leggerissimo, sul margine esterno, la data 1440; ff. IVv e 99v (XCIVv) sono anepigrafi. Specchio di scrittura (mm 130×90) a una colonna di 27 linee; rigatura a lapis quasi invisibile inquadrata da doppie righe marginali verticali. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 3 iniziali maggiori (mm 72×22, media delle misure) con corpo in foglia d’oro a bianchi girari su fondo bicromo rosa e verde; capilettera blu e rossi; numerose iniziali minori calligrafiche; incipit e rubriche in inchiostro rosso. Le iniziali sono collocate ai ff. Ir, 5r (Ir) e 46r (XLIIr). f. Ir: iniziale I di In primis sacerdos, in apertura del proemio. f. 5r (Ir): iniziale P di Postquam ille qui vult, all’incipit dell’opera. f. 46r (XLIIr): iniziale N di Nunc formande sunt, all’incipit della III parte. La caratteristica tipologia decorativa delle iniziali a bianchi girari, il colophon e l’explicit di f. 102r-v (LCVIIr-v) collocano l’esecuzione del manoscritto al secondo quarto del secolo XV in ambito fiorentino. Il copista, Johannes Dorenborch alias Muleken de Gronlo, era familiare del cardinale Capranica, che peraltro aggiunge al colophon una sua nota di possesso; il prelato olandese ricopriva poi la carica di scriptor et litterarum apostolicarum abbreviator per il registro supplicationum della Curia pontificia.

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ROSS. 148-150

Non solo il Ross. 148, ma anche il ms. Vat. lat. 7304 testimonia la collaborazione tra il Capranica e il Dorenborch, che trascrisse per il cardinale gli atti dell’ottavo concilio di Costantinopoli, contenuti in tale codice, terminato il 20 febbraio 1442. La sua mano è stata inoltre riconosciuta in parte del manoscritto Strozzi 33 della Biblioteca Medicea Laurenziana, anch’esso raccolta degli atti del concilio di Basilea (MIETHKE, Die Handschriftliche, 60, 298). Lo stato conservativo del manoscritto è abbastanza buono, se si eccettuano sporadiche tracce di umidità ed evidenti crettature della pergamena ff. 20 (XV) e 94 (LXXXIX)); sono poi presenti strappi ai ff. 22 (XVII), 54 (XLIX), 83 (LXXVIII), 86 (LXXXI), 88 (LXXXIII), 90 (LXXXV) e alcune macchie ai ff. 13 (VIII), 36 (XXXI), 39v (XXXIVv), 40v (XXXVv), 45v (XLv), 46 (XLI). Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto, sul dorso, si legge: S(ANCTI) / ANTON(INI) / ARCH(IEPISCOPI) / FLOR(ENTINI) / CONFESSI(ONALEM); in basso COD(EX) M(EMBRANACEUS) / ANNI / 1440 / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FIR(MANI). Il codice è citato fra i libri nell’elenco datato 1657 (TIETZE, Die illuminierten, VIII), con riferimento ai libri della Scantia a manu dextra ingredientum di cui all’inventario del 1486 (ms. Vat. lat. 8184, f. 55v). (SILVA TAROUCA, I, 213r; Bibl. Rossianae, II, 106r) TIETZE, Die illuminierten, 115 nr. 235; DICHTL, Codicum Rossianae, 3v nr. 75; MORPURGO-CASTELNUOVO, Il Cardinal Domenico Capranica, 52, 121; MIETHKE, Die Handschriftliche, 60, 298; BUONOCORE, Bibliografia, 654; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 150 (olim VIII, 89) Sacramentarium: Proprium sanctorum (ff. 1r-74r); Commune sanctorum (ff. 74r79r); Ordinarium Missae (ff. 79v-86v); Prefationes per annum (ff. 86v-90v); Canon Missae (ff. 91r-96v); Proprium de tempore (ff. 96v-166v); Missae votivae (ff. 167r187v); Missae pro defunctis (ff. 187v-198r); Benedictiones et orationes diversae (ff. 198r-204v) Italia settentrionale (Verona?), secc. XIIex.-XIIIin. Membr.; ff. V, 204, V’ (fogli di guardia cartacei); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche, in basso a destra, accompagnata da una numerazione moderna in matita nel margine superiore a destra; mm 280×190; scrittura tardo carolina a inchiostro bruno con rubriche in rosso probabilmente di un’unica mano; specchio scrittorio (mm 200×130) a piena pagina di 19 linee di scrittura; rigatura a secco condotta sul lato carne del bifolio, con doppie righe verticali che intersecano 19 righe orizzontali; tutte giungono ai margini superiore e inferiore; mancano due fogli tra ff. 186 e 187; fascicolazione regolare in quaterni; i

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258

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

fascicoli sono stati numerati, in epoca probabilmente più tarda rispetto al confezionamento del codice, nel margine inferiore dell’ultimo foglio, con una sequenza di numeri romani a inchiostro bruno, e, a volte, sono accompagnati da richiami episodicamente rifilati; notazione musicale neumatica per il Gloria al f. 80v; frequenti note nei margini con indicazioni liturgiche coeve o di mani successive.

Al f. 90r si nota la presenza di un ‘segnalibro’ in pergamena forse eseguito per segnalare l’inizio del Canone. Decorazione: ff. 90r-90v al Canone 1 iniziale decorata di grandi dimensioni e 1 miniatura raffigurante la Crocifissione; 1 iniziale decorata di medie dimensioni (f. 1r); 11 iniziali più piccole (mm 40×30) miniate a corpo pieno o a filetti recanti, nel campo interno, racemi o foglie su pergamena risparmiata o colorati agli incipit Ross. 150, f. 90v delle messe ai ff. 1v, 2r, 6r, 13v, 19r, 32r, 64r, 97r, 136v, 137v, 147r. Numerosissime iniziali calligrafiche in rosso e in blu con motivi ornamentali sul fondo della lettera (a conchiglia, a ventaglio, di piccole e medie dimensioni); iniziali calligrafiche più piccole in rosso o blu. f. 1r: iniziale decorata D di Deus qui nos (mm 77×70), lettera a filetti gialli, entro riquadro a lacunari verdi e marroni; nel corpo della lettera motivi interstiziali a serpentina in rosso e blu; nel campo interno decorazioni a tralci su pergamena risparmiata, ancora di impronta ottoniana su fondo blu e rosso. f. 90r: in nesso le iniziali di V(ere) D(ignum), all’incipit del Prefatio; di grandi dimensioni (mm 110×135), il corpo delle due lettere, che si intersecano formando al centro una croce, è costituito da fasce giallo ocra, con spazi interstiziali riempiti in verde e puntinati con motivo a fiore in rosso; le fasce formano all’estremità inferiore una sorta di nodo di Salomone, mentre a sinistra terminano con testa di drago dalle cui fauci germogliano sullo spazio risparmiato gli intrecci vegetali, rialzati con leggere acquarellature in ocra diluito, che campiscono il fondo della parte sinistra del monumentale nesso. Tralci a intreccio anche nella parte destra; in entrambi i casi su fondo blu. Il campo esterno è in ocra intenso, profilato in inchiostro blu-viola. f. 90v: Crocifissione con la Vergine, san Giovanni e i due angeli dolenti; l’immagine è racchiusa entro un’esile cornice a inchiostro, che si diparte dalla roccia del Golgota su cui è issata la Croce (mm 155×130). San Giovanni

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ROSS. 150

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ha manto blu, profilato di rosso e puntinato in bianco; la Vergine ha, all’opposto, manto verde e veste blu, entrambi profilati di rosso. Anche l’angelo, posto alla destra di Cristo, al di sopra della Vergine, ha manto verde, profilato in rosso, che vela le braccia protese; l’angelo a destra ha solo le ali colorate e il corpo lasciato in monocromo sul fondo risparmiato, così come il nimbo, crucisignato in blu e rosso, di Cristo; dalle mani e dal costato di Cristo zampilla il sangue. Dal punto di vista delle iniziali – lettere a filetti con spazio interstiziale colorato e recanti nel campo interno tralci risparmiati – il codice rientra perfettamente tra le esperienze miniaturistiche romaniche dell’Italia padana, in particolare in quelle polironiane. L’indicazione di una pertinenza veronese, prospettata in base alla presenza nel Proprio dei santi delle messe per i natali dei santi Fermo e Rustico (f. 43v), di san Zeno vescovo, celebrata a dicembre (f. 71v), e di preghiere per san Zeno (ff. 200r-200v), induce a proporre alcuni confronti con altri manoscritti miniati nella città veneta, sede di importanti scriptoria già in epoca carolingia e ottoniana. In particolare l’ornato del Ross. 150 potrebbe collocarsi tra le esperienze di XI secolo, come le iniziali a tralci, che ancora riprendono la cultura figurativa ottoniana, quale si esprime nel Vere Dignum del Sacramentario veronese della Biblioteca capitolare di Verona, ms. CX (103), e le iniziali del Salterio con Innario del secondo quarto del XIII secolo, Verona, Biblioteca capitolare, ms. CVIII (101), dove, l’uso dei tralci con foglie vivacemente colorate e le lettere bombate denunciano un primo accostamento al cosiddetto ‘stile duecento’ della miniatura transalpina. Per queste opere e per un profilo della miniatura veronese del XII-XIII secolo cfr. Biblioteca Capitolare, 85, 88; TONIOLO, La miniatura a Verona, 66-69; MARIANI CANOVA, La miniatura, 223-229. Nella iniziale D del f. 1r il tralcio è ancora molto semplice e presenta inflorescenze terminali schematiche, mentre nell’incipit del Canone (f. 90r) il campo interno dell’iniziale appare più riccamente decorato da viluppi fogliacei. Ciò confermerebbe la datazione proposta per il manoscritto, sulla base di ragioni paleografiche, codicologiche e liturgiche, tra fine XII e inizio XIII secolo. Di stile romanico padano è anche la Crocifissione di f. 90v, ancora da inscrivere nell’iconografia del Cristo patiens. Nella penuria di possibili confronti con esemplari veronesi del XII secolo vanno senza dubbio citate le miniature della Miscellanea di testi storici (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Pal. lat. 927) proveniente dalla abbazia di Santa Trinita di Verona, come attesta la sottoscrizione al f. 3v, e di cui, grazie a elementi testuali, è possibile stabilire la data di esecuzione al 1181 (SPOTTI, Scheda nr. 9, 122-124). Comune nei due codici è il ricorso a un disegno realizzato con una linea continua, morbida, con tratto a penna sicuro cui è affidato anche il compito di suggerire una limitata plasticità alle figure. Il colore, steso per campiture, contribuisce a conferire una semplificata volumetria visibile nel rossiano soprattutto in san Giovanni e nella Vergine. Potrebbe infine avvalorare l’appartenenza ad ambito veronese il con-

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fronto con l’affresco staccato con la Crocifissione della chiesa di San Pietro Incarnario a Verona, identico nell’iconografia, opera che gli studi più recenti ritengono della fine del XII secolo, attribuendola a maestranze in contatto con la cultura bizantina (PIETROPOLI, Verona, 169, fig. 177). Lo stato di conservazione è discreto sebbene vi sia uno strappo della pergamena al f. 1r con perdita di alcune lettere; inoltre ai ff. 91, 203 strappi parzialmente rattoppati con filo. Rovinata anche l’iniziale a f. 1r. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione; sul dorso in alto ORATIONES LITURGICAE, in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, I, 214r, 215r, 216r, 217r; Bibl. Rossianae, II, 108r-v) TIETZE, Die illuminierten, 53-54 nr. 78; SALMON, Un “Libellus officialis”, 276; SALMON, Livrets de prières, 233; BAROFFIO, L’Ordo Missae, 53, 55, 75-77; BAROFFIO, DELL’ORO, L’Ordo missae, 821.

FEDERICA TONIOLO

Ross. 153 (olim VIII, 92) Biblia sacra (ex vulgata versione) Belgio, sec. XIII, seconda metà Membr. (pergamena grigiastra, liscia e sottile); ff. V, 589, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); mm 280×205 (f. 2); numerazione a matita in cifre romane nell’angolo in alto a destra sui primi 3 fogli, contenenti il Prologo; numerazione moderna discontinua, a penna, nell’angolo in alto a destra, integrata a matita, per ff. 1-586: il numero 134 è ripetuto su due fogli consecutivi; la numerazione salta da f. 140 a f. 142; lacune dopo f. 263 e dopo f. 444; richiami assenti; scrittura gotica testuale a inchiostro nero, rosso per gli incipit rubricati; specchio scrittorio (mm 170×115) su due colonne di 52 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 9), ma su 3 colonne per le Interpretationes; rigatura a punta metallica su lato pelo.

Ross. 153, f. 1v

La decorazione del codice comprende 1 miniatura tabellare, 73 iniziali istoriate all’incipit dei libri (mm 28×28, ma l’iniziale del Genesi e le lettere con le aste si prolungano fino a mm 250 di altezza); 61 iniziali ornate (mm 18×20) all’incipit dei prologhi e delle Interpre-

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ROSS. 150-153

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tationes; iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore opposto. Rubriche rosse, titoli correnti e numerazione dei capitoli in caratteri alternati rossi e blu. Graffe rosse e blu lungo la colonna di scrittura. f. 1r:

f. 1v:

f. 1v:

f. 24r: f. 42r: f. 57v: f. 72r: f. 89v: f. 100v: f. 111v:

f. 114r:

iniziale istoriata F di Frater Ambrosius michi, all’incipit dell’Epistola sancti Ieronimi. San Girolamo. Nelle vesti di un frate francescano, il santo è seduto nell’atto di scrivere su un libro sorretto da un leggio, entro un’arcatella triloba. miniatura tabellare (mm 110×53), all’incipit del Liber Genesis, costituita da sei riquadri con Storie della Genesi. Le scene sono disposte a coppie, su tre file sovrapposte: il serpente offre a Eva la mela; Eva offre la mela ad Adamo ed entrambi si coprono con foglie di fico; Dio rimprovera i progenitori, nudi e avviliti; l’angelo espelle dal Paradiso i progenitori, ormai vestiti di tuniche; l’angelo indica l’ariete ad Abramo, in procinto di sacrificare Isacco. iniziale istoriata I di In Principio creavit, all’incipit del Liber Genesis. I giorni della Creazione, con l’aggiunta della Crocifissione. Entro sette medaglioni quadrilobi si susseguono, dall’alto in basso, le seguenti scene: la creazione del cielo stellato e della terra; la separazione della terra dalle acque; la creazione delle piante; la creazione del sole e della luna; la creazione degli uccelli e dei pesci; la creazione degli animali e di Eva; il Redentore in trono con il globo nella mano; Cristo crocifisso tra Maria e Giovanni. Negli spazi liberi tra un medaglione e l’altro, compaiono minuscoli draghi; la lettera è conclusa in alto da una barretta orizzontale, in basso da un intreccio di tralci spiraliformi rosa e azzurri su fondo oro; code di foglie allungate su campi azzurri e rosa, disposte a girandola. iniziale istoriata H di Hec sunt nomina, all’incipit del Liber Exodi. Mosé mostra a un ebreo le tavole della Legge. iniziale istoriata V di Vocavit autem Moysen, all’incipit del Liber Levitici. Mosè sacrifica un agnello sull’altare. iniziale istoriata L di Locutus est dominus, all’incipit del Liber Numerorum. Dio appare a Mosè e a un ebreo. iniziale istoriata H di Hec sunt verba, all’incipit del Liber Deuteronomii. Mosè predica agli ebrei. iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Iosue. Un serafino appare a Giosuè alla porta di un edificio. iniziale istoriata P di Post mortem Iosue, all’incipit del Liber Iudicum. Tre soldati alle porte di un edificio. iniziale istoriata I di In diebus unius, all’incipit del Liber Ruth. Elimelech e Noemi in viaggio da Betlemme a Moab, con i due figli; i personaggi sono raffigurati a coppie, sovrapposti sui due registri dell’iniziale. iniziale istoriata F di Fuit vir unus, all’incipit del Liber Regum I. Giovane re seduto tra due dame.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 129v: iniziale istoriata F di Factum est autem, all’incipit del Liber Regum II. Un re seduto indica un giovane con corona e collare d’oro. f. 141v: iniziale istoriata E di Et rex David, all’incipit del Liber Regum III. Al re David giacente a letto viene condotta la vergine Abisag. f. 157v: iniziale istoriata P di Prevaricatus est, all’incipit del Liber Regum IV. Ocozia precipita dalla torre di un palazzo. f. 171v: iniziale istoriata A di Adam, Seth, Enos, all’incipit del Liber Paralipomeni I. Vari personaggi seduti, che rappresentano la Discendenza di David. f. 185r: iniziale istoriata C di Confortatus est ergo, all’incipit del Liber Paralipomeni II. Salomone sacrifica un agnello. f. 200v: iniziale istoriata I di In anno primo, all’incipit del Liber Esdre. Re Ciro presiede alla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. f. 205v: iniziale istoriata V di Verba Neemie filii, all’incipit del Liber Neemie. Neemia offre una coppa di vino al re Artaserse. f. 211r: iniziale istoriata E di Et fecit Iosias, all’incipit del Liber Esdre secundus. Giosia predica a molti astanti. f. 219v: iniziale istoriata T di Tobias ex tribu, all’incipit del Liber Tobie. Tobia disteso a letto. f. 224r: iniziale istoriata A di Arphaxat itaque, all’incipit del Liber Iudith. Giuditta decapita Oloferne. f. 230r: iniziale istoriata I di In diebus Asueri, all’incipit del Liber Hester. La lettera è suddivisa in due arcate sovrapposte: in basso Ester supplica e Assuero, raffigurato in alto, in favore del popolo ebreo. f. 236v: iniziale istoriata V di Vir erat in terra, all’incipit del Liber Iob. Giobbe, sofferente, al cospetto della moglie. f. 247v: iniziale istoriata B di Beatus vir, all’incipit del Psalterium. David salmista accorda la cetra; accanto a lui è appesa al muro una viella. f. 251v: iniziale istoriata D di Dominus illuminatio mea, all’incipit del Psalmus 26. Un uomo unge la testa di un giovane. f. 250v: iniziale istoriata D di Dixi custodiam meam, all’incipit del Psalmus 38. Un re e un giovane. f. 257r: iniziale istoriata D di Dixit insipiens, all’incipit del Psalmus 52. Una donna e il folle. f. 259v: iniziale istoriata S di Salvum me fac, all’incipit del Psalmus 68. L’Eterno tra le nubi, Uomo in pericolo nel mare. f. 263r: iniziale istoriata E di Exultate Deo adiutori, all’incipit del Psalmus 80. L’Eterno tra le nubi; David suona le campane. f. 288r: iniziale istoriata O di Osculetur me osculo, all’incipit dei Cantica Canticorum Salomonis. Madonna con il Bambino. f. 284r: iniziale istoriata D di Diligite iustitiam, all’incipit del Liber Sapientiae. Re Salomone dà indicazioni a un soldato recante un vessillo rosso ornato da un quadrupede bianco. f. 297r: iniziale istoriata O di Omnis sapientia a domino, all’incipit del Liber Ecclesiasticus. Dio, in forma di serafino, appare a Salomone, inginocchiato entro un’arcata.

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ROSS. 153

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f. 314r: iniziale istoriata V di Visio Ysaie, all’incipit del Liber Ysaiae. Il martirio del profeta Isaia, legato ignudo a un palo e segato in due dai carnefici, a partire dalla testa. f. 334v: iniziale istoriata V di Verba Ieremie filii, all’incipit del Liber Ieremiae. Geremia seduto davanti a un braciere. f. 360r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit della Lamentatio Iheremie que est in titulo Cinoth. Geremia afflitto, davanti alla porte di Gerusalemme. f. 362v: iniziale istoriata E di Et hec sunt verba, all’incipit del Liber Baruch. Il profeta Baruch intento a scrivere. f. 366r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Ezechielis. Visione di Ezechiele: al di sopra del profeta addormentato appaiono le quattro figure del tetramorfo. f. 389r: iniziale istoriata A di Anno tertio regni, all’incipit del Liber Danielis. Daniele seduto con due leoncini in grembo. f. 399r: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Osee. Il profeta Osea. f. 402v: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Iohelis. Il profeta Gioele. f. 404v: iniziale istoriata V di Verba Amos qui, all’incipit del Liber Amos. Il profeta Amos, in compagnia del suo gregge, dialoga con Dio. f. 407v: iniziale istoriata V di Visio Abdie hec dicit, all’incipit del Liber Abdie. Il profeta Abdia. f. 408r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Ionae. Giona nudo rigettato dal pistrice (in basso). La città di Gerusalemme (in alto). f. 409r: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Micheae. Il profeta Michea. f. 411r: iniziale istoriata O di Onus Ninive, all’incipit del Liber Naum. Il profeta Naum. f. 412v: iniziale istoriata O di Onus quod vidit, all’incipit del Liber Abacuc. Abacuc, afferrato da un angelo, trasporta i viveri per Daniele. f. 413v: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Sophoniae. Sofonia predica contro il culto degli idoli pagani. f. 415r: iniziale istoriata I di In anno secundo, all’incipit del Liber Aggei. Il profeta Aggeo entro un’edicola. f. 420r: iniziale istoriata O di Onus verbi domini, all’incipit del Liber Malachiae. Il profeta Malachia. f. 423r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum I. Matatia decapita un ebreo apostata. f. 434r: iniziale istoriata F di Fratribus qui sunt, all’incipit del Liber Machabeorum II. Due personaggi, che rappresentano rispettivamente i giudei d’Egitto e a quelli di Palestina, si scambiano una lettera. f. 458v: iniziale istoriata I di Inicium evangelii Iesu, all’incipit dell’Evangelium Marci. L’evangelista Marco, nelle vesti di un monaco con tunica bruna e capo tonsurato, è raffigurato in piedi entro una piccola edicola.

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f. 468r: iniziale istoriata F di Fuit in diebus, all’incipit dell’Evangelium Lucae. L’evangelista Luca agita il turibolo davanti all’altare, al cospetto di un angelo. f. 483r: iniziale istoriata I di In principio erat verbum, all’incipit dell’Evangelium Iohannis. L’evangelista Giovanni, nelle vesti di un monaco con tunica bruna e capo tonsurato, è raffigurato con il libro entro un’edicola. f. 494v: iniziale istoriata P di Paulus servus Iesu, all’incipit dell’Epistula ad Romanos. L’apostolo Paolo. Questa iniziale e le seguenti, poste all’incipit delle Epistole paoline (tranne l’Epistula ad Ephesios, introdotta da un’iniziale ornata), raffigurano tutte l’apostolo, caratterizzato dai tratti fisionomici tradizionali e con l’attributo della spada, in attitudini di volta in volta leggermente diverse. f. 500v: iniziale istoriata P di Paulo vocatus apostulus, all’incipit dell’Epistula I ad Corinthios. San Paolo. f. 506r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus Christi, all’incipit dell’Epistula II ad Chorintios. San Paolo. f. 510r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola ad Galathas. San Paolo. f. 513v: iniziale istoriata P di Paulus et Timotheus, all’incipit dell’Epistola ad Philippenses. San Paolo. f. 515v: iniziale istoriata P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistola I ad Thessalonicenses. San Paolo. f. 518r: iniziale istoriata P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistola II ad Thessalonicenses. San Paolo. f. 518v: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistola ad Timotheum. San Paolo. f. 520r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus Christi, all’incipit dell’Epistola II ad Timotheum. San Paolo inginocchiato. f. 521v: iniziale istoriata P di Paulus servus Dei, all’incipit dell’Epistola ad Titum. San Paolo assiso con la spada. f. 522r: iniziale istoriata P di Paulus iunctus Christi, all’incipit dell’Epistola ad Philemonem. San Paolo. f. 522v: iniziale istoriata M di Multipharie multisque modis, all’incipit dell’Epistola ad Hebreos. San Paolo predica a due ebrei. f. 527r: iniziale istoriata P di Primum quidem sermonem, all’incipit della Littera actorum apostolorum. Gli apostoli. f. 543r: iniziale istoriata I di Iacobus Iesu Christi, all’incipit dell’Epistola Iacobi. L’apostolo Giacomo. f. 544v: iniziale istoriata P di Petrus apostolus Iesu, all’incipit dell’Epistola Petri I. L’apostolo Pietro. f. 545v: iniziale istoriata S di Symon Petrus servus, all’incipit dell’Epistola Petri II. San Pietro in cattedra in abiti pontificali. f. 546v: iniziale istoriata Q di Quod fuit ab initio, all’incipit dell’Epistola Iohannis I. San Giovanni allo scrittoio.

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f. 549r: iniziale istoriata S di Senior electe domine, all’incipit dell’Epistola Iohannis II. San Giovanni. f. 549r: iniziale istoriata S di Senior Gaymo, all’incipit dell’Epistola Iohannis III. San Giovanni. f. 549r: iniziale istoriata I di Iudas Iesu Christi, all’incipit dell’Epistola Iude. Giuda. f. 550r: iniziale istoriata A di Apocalipsis Iesu Christi, all’incipit del Liber Apocalipsis. San Giovanni intento alla scrittura. Le lettere ornate e istoriate che compongono l’apparato decorativo sono miniate nei colori azzurro (con una tonalità tendente al violetto), rosa salmone e purpureo, bruno rossiccio, grigio azzurro, arancio acceso, verde oliva, bruno chiaro e nero, in combinazione con l’oro in foglia. I corpi delle lettere, campiti in azzurro o rosa, con ornamenti sovrapposti disegnati in biacca, racchiudono fondi a tinta unita, cosparsi di puntini bianchi e riempiti da motivi vegetali o, spesso, da serpenti intrecciati, draghi alati o altri animali ibridi, talvolta con teste umane. Le lettere sono racchiuse in campi quadrangolari bordati da una sottile cornice d’oro; dagli apici si dipartono code ornamentali formate per lo più da tralci spiraliformi da cui si distaccano singole foglie diritte e allungatissime, talvolta disposte a girandola, circondate da fondini smerlati suddivisi in settori azzurri e rosa. I caratteri evidenziati suggeriscono un’attribuzione all’area fiamminga, in particolare alla produzione della seconda metà del XIII secolo, influenzata dagli ateliers della Francia settentrionale (SMEYERS, Flamish Miniature, 116-135). Lo stile figurativo, apprezzabile in particolare nella miniatura tabellare a f. 1v, è caratterizzato da composizioni semplici, spesso arricchite da elementi paesaggistici o architettonici; i personaggi hanno proporzioni leggermente allungate e sono abbigliati con vesti panneggiate in ampie pieghe spianate, falcate o poligonali, disegnate a penna nera con tratti spezzati, quasi del tutto prive di chiaroscuro. Un prodotto paragonabile alla Bibbia rossiana, seppure più raffinato e probabilmente più tardo, è il ms. 44 della Bibliothèque municipale di Reims, un frammento di Bibbia di area belga, assegnato agli anni 1285-90; attribuito allo stile tardo del Tweede Group, questo codice presenta un’iconografia spesso originale, un carattere presente anche nel Ross. 316, ad esempio nelle iniziali dedicate ad Abacuc (f. 412v) e a Sofonia (f. 413v), recanti riquadri narrative, in luogo della semplice effige del profeta. Lo stato di conservazione è mediocre per la scrittura, realizzata con un inchiostro acido che in molti punti ha corroso la pergamena fino a forarla e tende a polverizzarsi e svanire. Al contrario, le miniature sono molto ben conservate. Il codice presenta inoltre due lacune. Legatura originaria di tipo Rossi A, in stato mediocre; assi in cartone, rivestiti di marocchino; sui piatti, cornici concentriche dorate e motivo centrale a im-

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pressione a caldo e a freddo; Sul dorso, con impressioni a caldo, si legge in alto; BIBLIA SACRA / VULGATE LECTIONIS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il codice non riporta indizi che permettano di ricostruirne le vicende, ad eccezione di una iscrizione a f. 586v, purtroppo quasi completamente erasa, nella quale si legge a stento Bonifatii /// de /// 1553 (SILVA TAROUCA, I, 220r). Non si conoscono le circostanze dell’ingresso del codice nella raccolta rossiana. (SILVA TAROUCA, I, 220r; Bibl. Rossianae, II, 111r) TIETZE, Die illuminierten, 178-179 nr. 371.

GIORGIA CORSO

Ross. 154 (olim VIII, 93) Biblia sacra (ex vulgata versione) Bologna, sec. XIII3 Membr. (pergamena liscia e sottile, tendente al giallo); ff. VI, 486, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); mm 250×180 (f. 2); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; richiamo nel margine inferiore, a destra, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo; scrittura gotica testuale a inchiostro nero; specchio scrittorio a due colonne (mm 157×107, spazio intercolonnare mm 8) di 53 linee di scrittura; rigatura a punta metallica, eseguita foglio per foglio su lato pelo.

La decorazione del codice comprende 3 iniziali figurate (mm 40×15), 135 iniziali ornate medie (mm 20×20) e piccole (mm 10×10), 2 iniziali maggiori filigranate (mm 100×30), numerose lettere filigranate medie rosse e blu con semplici ornati di penna di colore opposto; titoli correnti e numerazione dei capitoli in caratteri rossi e blu alternati, rubriche rosse.

Ross. 154, f. 54v

f. 1r: iniziale filigranata F di Frater Ambrosius, all’incipit del Prologus sancti Ieronimi. Iniziale rifessa a intarsio bicolore, di grandi dimensioni.

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ROSS. 153-154

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f. 13v: iniziale filigranata I di In principio, all’incipit del Liber Genesis. Iniziale bicolore, estesa lungo tutto l’intercolunnio. Iniziali ornate e figurate a pennello a ff. 8r (D), 20r (H), 33r (V), 41v (L), 54v (H), 66r (T), 66r (I), 66v (E), 74v (P), 83v (I), 84v (V), 85r (F), 97v (F), 107v (E), 119v (P), 130r (S), 130r (A), 140r (C), 152r (V), 153v (I, figurata: il corpo della lettera è formato da un drago alato con testa leonina), 155v (V), 160v (E), 165v (A), 172r (E), 173v (C), 174r (T), 177 (A), 177v (A), 186v (I), 186v (C), 187r (S), 187r (V), 196r (P), 196r (B), 199r (D), 201r (D), 203r (D), 205 (S), 207r (L), 209v (C), 211v (D), 216v (C), 216v (P), 224v (V), 227r (C), 227r (O), 228v (D), 233v (M), 234r (O), 248r (N), 248r (V), 264v (I), 265r (V), 286v (L), 286v (E), 289r (E), 289r (E), 307r (D), 307v (A), 315v (A), 315r (N), 315r (T), 315v (V), 318r (V), 319r (O), 319r (A), 319r (V), 321r (I, figurata: il corpo della lettera è costituito dalla figura grottesca di un uccello con testa umana incappucciata), 321v (V), 321v (S), 322r (E), 322v (T), 322v (V), 324r (O), 324r (N), 324v (Q), 325r (O), 326r (V), 327r (I), 327v (S), 328r (I), 331r (D), 331r (O), 332r (M), 332r (M), 332r (E), 343v (F), 351v (M), 352r (L), 364r (M), 364r (I), 372r (L), 372r (Q), 372r (F), 385r (H), 385r (I), 394v (P), 395r (P), 399v (C), 399v (P), 404r (P), 404r (P), 406r (G), 406v (P), 408r (E), 408r (P), 409v (P), 410v (C), 410v (P), 411v (T), 411v (P), 412v (A), 412v (P), 413r (T), 413r (P), 414v (I), 414v (P), 415r (P), 415v (P), 415v (P), 416r (I), 416r (M), 419v (L), 419v (P), 431v (I), 431v (I), 431v (I), 432v (P), 434r (S), 434v (R), 434v (Q), 436r (V), 436r (S), 436r (G), 436r (S), 436r (I figurata: il corpo della lettera è formato da un drago alato con testa umana), 436v (I), 436v (A), 437r (A), 442r (A). La decorazione a pennello, ascrivibile a un miniatore bolognese attivo in ambito universitario, probabilmente nel terzo quarto del XIII secolo, si avvale di una gamma cromatica ridotta ai colori blu scuro e chiaro, ocra, rosso arancio e biacca, tipica del ‘primo stile’ bolognese, comparso poco dopo la metà del secolo. Le iniziali ornate sono caratterizzate da corpo liscio, sfumato con effetto tridimensionale; talvolta le aste terminano con mezze palmette o foglie singole che fuoriescono da campo esterno azzurro, posto solitamente a inquadrare la lettera, con un profilo mistilineo che ne asseconda il contorno. L’eventuale occhiello è quasi sempre riempito da poche foglie, aperte a ventaglio oppure affrontate, dipinte a colori contrastanti. Raramente, troviamo invece un profilo maschile imbronciato, con le occhiaie marcate di azzurro, talvolta incappucciato. Simili drôleries, di origine transalpina, compaiono nei manoscritti giuridici bolognesi proprio in concomitanza con lo sviluppo del ‘primo stile’ (CONTI, La miniatura bolognese, 19-35). Nel disegno, il miniatore mostra di prediligere le forme sinuose e tondeggianti, mentre le filettature e le altre decorazioni in biacca sono molto ridotte. La coloritura è piuttosto sommaria, lontana dagli effetti pittorici tipici degli stili bolognesi più evoluti. L’esemplare rossiano è paragonabile per lo stile e la gamma cromatica a un’altra Bibbia tascabile di medio formato conservata a Pa-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

rigi (Bibliothèque nationale de France, ms. nouv. acq. lat. 3184), datata alla metà del XIII secolo e riferibile anch’essa a una produzione di livello corrente (GOUSSET, Scheda n. 65, 232-234). Le lettere filigranate presentano immancabilmente due sbuffi, uno verso l’alto, l’altro verso il basso, formati da filamenti diritti che alla fine si attorcigliano o si arricciano, con uno sviluppo moderato entro i margini laterali. A eccezione della legatura, che richiede un consolidamento, il codice è integro e si presenta in ottimo stato di conservazione. La legatura è di tipo Rossi A, con cornice e motivo centrale a losanga a impressione e in oro; sul dorso si legge, in alto: BIBLIA / SACRA / VULGATAE / LECTIONIS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. I tagli sono dorati. Non si conoscono le circostanze dell’acquisizione del codice da parte del de Rossi. (SILVA TAROUCA, I, 221r; Bibl. Rossianae, II, 112r) TIETZE, Die illuminierten, 94 nr. 152.

GIORGIA CORSO

Ross. 155 (olim VIII, 94) Evangelium secundum Lucam, cum triplici glossa Italia centrale (Toscana), sec. XII3

Ross. 155, f. 3r

Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata, anche se talvolta sono ancora visibili i follicoli sul lato pelo); ff. VI (I in cartoncino blu, come la controguardia; II-VI cart. moderni), 167, VI’ (VI’ in cartoncino blu, come la controguardia; tutti gli altri sono cart. moderni); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; foliazione antica ma non contemporanea al testo nei primi dieci fogli, in alto a destra a inchiostro nero, prosegue a indicare l’inizio di ogni nuovo fascicolo e segna come 80 il f. 81, continuando quindi in modo errato. Foliazione moderna che interviene, correggendola, su quella antica (a inchiostro nero) (segna i ff. 90, 96, 104, 120, 128, 142, 152, 160, sostituendo la precedente numerazione dei ff. 100, 110, 120, 130, 140, 150, 160, 164 con ff. 101, 112, 122, 132, 142, 153, 163, 167); i richiami di fascicolo sono collocati sem-

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ROSS. 154-155

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pre sul verso del foglio, nel margine inferiore destro, spesso pesantemente resecati come per esempio ai ff. 79v, 95v, 127v; mm 250×162; scrittura, per cola et commata, di transizione dalla carolina tarda alla gotica sia per il testo del Vangelo sia per la glossa, vergati entrambi a inchiostro nero da una sola mano; specchio scrittorio a un’unica colonna (mm 170×40) di 15 linee; la glossa si dispone a destra e a sinistra dello specchio scrittorio, talvolta è a corona e interlineare. La glossa che occupa il margine esterno può impegnare uno spazio di mm 170×51, mentre quella presente nei margini interni può estendersi in uno spazio di mm 170×25; lo spazio interlineare che divide le glosse dal testo è di mm 5; la rigatura è a secco, eseguita sul lato pelo del foglio; sono ancora visibili i fori praticati per tirare le righe, che giungono a toccare i quattro margini; il codice si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è composto da: 2 iniziali maggiori di diversa tipologia (una abitata-zoomorfa e l’altra decorata a intrecci bianchi abitati); qualche lettera media e minore calligrafica rossa; numerosi notabilia. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 3r e 3v. f. 3r: iniziale Q di Quoniam multi conati sunt (mm 141×45), all’incipit dell’Evangelium Lucae, figurata-zoomorfa; un fondo blu a puntini e cerchi bianchi inquadrato da una triplice cornice, rossa quella esterna, nera quella intermedia e bianca quella interna, accoglie il corpo della Q, realizzato in arancio e profilato in rosso; esso è decorato con un motivo policromo (blu, rosso e bianco) a palmetta e accoglie il ritratto a mezzobusto di san Luca, raffigurato con il nimbo e con il libro chiuso nella mano destra; egli è inoltre paludato con una veste di colore blu accompagnata da un manto in viola-porpora. La gamba della lettera, che invade lo specchio scrittorio riservato alla glossa del margine interno, ha invece le sembianze di un volatile, il cui profilo è sottolineato da una spessa ombra rossa; l’animale ripiega il collo all’indietro, fino ad appoggiare il becco sull’ala di colore arancio e con le singole piume messe in evidenza dal rosso, ed è realizzato nei toni del grigio come il resto del piumaggio. La parola (Q)uoniam è rubricata in caratteri maiuscoli. f. 3v: iniziale F di Fuit in diebus Herodis (mm 98×45), sottolinea l’inizio del passo evangelico dedicato a Giovanni Battista; è decorata a intrecci bianchi abitati. Il corpo della lettera giace su un fondo blu, delimitato da una sottilissima linea rossa e da una bianca che l’accompagna per tutta la lunghezza, fino al margine inferiore, dove si appoggia. Lo spazio interno è invece occupato da un motivo a intrecci bianchi abitati da un volatile dalle ali rosse. La F è realizzata a inchiostro d’oro, mentre l’asta verticale presenta una decorazione geometrica policroma (bianca, blu, rossa); la lettera termina nel margine inferiore con una propaggine semi-vegetale campita a risparmio sulla pergamena e arricchita da una leggera lumeggiatura gialla. Sembra che il Ross. 155 possa essere inserito nel catalogo del cosiddetto Maestro della Gaddiana, individuato da Garrison (GARRISON, Studies in the History III, 68) e poi successivamente studiato da Berg (BERG, Studies in Tuscan, 313). Entrambi gli studiosi sono infatti concordi nel riconoscere la mano di tale artefice nell’esecuzione delle due iniziali maggiori geometriche del manoscritto,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

sebbene l’esemplare vaticano mostri una qualità esecutiva più spiccata rispetto ad altri lavori del Maestro (BERG, Studies in Tuscan, 313). L’attribuzione fiorentina del codice è indicata in primo luogo dalla tipizzazione della scrittura, analizzata in modo puntuale da Garrison (GARRISON, Studies in the History III, 68), e in secondo luogo dalle caratteristiche dell’apparato decorativo. Le due iniziali del manoscritto rossiano sono infatti molto vicine agli schemi compositivi visibili nei due omiliari, mss. Conv. Soppr. 296 e Conv. Soppr. 366 entrambi della Biblioteca Medicea Laurenziana, e nel messale ms. Gadd. 44, della stessa biblioteca (GARRISON, Studies in the History III, 62; IV, 88-89; BERG, Studies in Tuscan, 313). Si metta a confronto, solo per fare un esempio, un gruppo di iniziali che qualificano l’omiliario ms. Conv. Soppr. 366 con quelle che costituiscono l’apparato decorativo del codice rossiano. Il modo di costruire le lettere e di concepire gli spazi sono i medesimi, nel primo come nel secondo caso. È possibile istituire, solo a livello esemplificativo, un paragone fra la lettera Q a f. 3r del manoscritto rosiano e alcune delle iniziali laurenziane (f. 126r, iniziale D; f. 144v, iniziale Q; f. 189v, iniziale C; f. 192v, iniziale C; per tali confronti, GARRISON, Studies in the History IV, 91-92): oltre al fatto che in tutti questi casi si ripete la scelta del motivo decorativo a palmetta nel corpo della lettera, è identica anche la disposizione della figura all’interno. Ritorna poi il motivo del volatile che entra a far parte della morfologia dell’iniziale, fenomeno che si manifesta nel Vangelo rossiano come nel codice mediceo (f. 144v, iniziale Q). Rapporti stringenti si intrecciano anche tra la F a f. 3v del Ross. 155 e la P a f. 155v del ms. Conv. Soppr. 366 che, benché sia figurata, presenta all’estremità dell’asta verticale una terminazione fitomorfa in tutto simile a quella che caratterizza, nella medesima posizione, l’iniziale rossiana. Il manoscritto è in discreto stato di conservazione e non mostra tracce di restauri. Si segnalano però un difetto di concia nel margine inferiore di f. 38, qualche foro dovuto ai tarli e una piccola macchia, forse causata dalla caduta di un liquido, visibile ai ff. 116r-167v, che tocca una minima parte della glossa marginale. Legatura Rossi A, in pessime condizioni dal momento che il dorso è quasi completamente staccato dalla compagine dei fascicoli, senza che però questo problema arrechi problemi conservativi al corpo del manoscritto. La legatura è protetta da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu. Sul dorso, in alto si legge: EVANGELIUM / SECUNDUM / LUCAM / CUM / GLOSSIS; in basso, COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XIIII / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FI(RMANI). Il Silva Tarouca lo indica come il numero 134 nell’Inventario della collezione Capranica. (SILVA TAROUCA, I, 222r; Bibl. Rossianae, II, 113r) TIETZE, Die illuminierten, 59 nr. 86; GARRISON, Studies in the History III, 66, 68; BERG, Studies in Tuscan, 133, 313.

EVA PONZI

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ROSS. 158

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Ross. 158 (olim VIII, 97) S. LEO MAGNUS, Sermones et epistolae (ff. 1r-213v). S. ANSELMUS, Monologium (ff. 214r-218v) Italia settentrionale (Emilia, Veneto?), sec. XV2-3 Membr.; ff. VIII (cart., il I in cartoncino azzurro come la controguardia), 220, VIII’ (cart., l’VIII’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra; richiami orizzontali sul margine destro del foglio; mm 276×191; scrittura gotica vergata su due colonne (mm 186×120), di 36 linee, a inchiostro nero, rosso per le rubriche (bianchi i ff. 219r-220v); spazio intercolonnare mm 13; rigatura a penna.

Pagina d’incipit con iniziale maggiore a f. 1r; a f. 131r 1 iniziale maggiore e 1 iniRoss. 158, f. 1r ziale media decorate. Si segnala inoltre la presenza di numerose iniziali minori tracciate con inchiostro blu e rosso e titoli di paragrafo rubricati. f. 1r:

pagina d’incipit. Iniziale abitata L di Laudem domini (mm 46×46). Sul fondo della lettera, campito di blu e decorato a racemi, è ritratto, in posizione perfettamente frontale, papa Leone Magno benedicente, connotato da triregno e nimbo. Nella sinistra il pontefice regge un libro chiuso. Sul margine sinistro del foglio, dalle estremità della lettera, si sviluppa una decorazione a foglie e globi aurei. Una decorazione analoga avvolge sull’intero margine destro un bastone in foglia d’oro, dal quale nascono motivi floreali realizzati a inchiostro e foglia d’oro. Tra i tralci del margine inferiore, infine, un clipeo vegetale conteneva uno stemma, oggi poco leggibile perché abraso, sormontato da un galero cardinalizio. Grazie alla lettura con lampada di Wood, lo stemma è stato identificato come quello del cardinale Guglielmo d’Estouteville. f. 131r: iniziale maggiore D di Dilectissimo filio (mm 35×35), tracciata in blu con decorazioni a biacca, su campo realizzato in foglia d’oro. Sul fondo campito di rosso si scorge una decorazione a racemi monocromi. Sul margine sinistro del foglio un lungo bastone in oro che termina, alle due estremità, con decorazioni vegetali. Sullo stesso foglio (f. 131r), all’incipit della colonna destra l’iniziale media D di Dilectissimo fratri (mm 28×30) è tracciata in oro e al suo interno, su fondo blu, è realizzata una decorazione vegetale in biacca.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto fu realizzato probabilmente in Italia settentrionale, come si può ipotizzare dalle decorazione a grossi fiori e foglie, sicuramente dopo il 1440. L’8 gennaio di quell’anno, infatti, a seguito della nomina a cardinale da parte di Eugenio IV, avvenuta il 18 dicembre 1439, l’Estouteville ebbe il titolo di San Martino ai Monti (ESPOSITO, s.v. Estouteville, 456). Rampollo di una famiglia della Normandia imparentata con la casa reale francese, Guglielmo occupò, fino alla morte avvenuta nel 1483, importanti cariche in seno alla Chiesa, fino a essere tra i candidati all’elezione papale dopo la morte di Callisto III. Fatta eccezione per brevi viaggi a seguito della corte papale e per due legazioni in Francia su incarico di Niccolò V, risiedette stabilmente a Roma ed ebbe contatti con umanisti quali Filelfo, Iacopo Ammannati e Poggio Bracciolini (BIFERALI, Ambrogio Massari, 32). Tre inventari tramandano l’elenco dei suoi libri. Il primo redatto il 4 febbraio 1483 compare nel protocollo del notaio Camillo Benimbene; il secondo, redatto nello stesso anno da Demetrio Guazzelli riguarda le opere che per diritto di spoglio vennero ad arricchire la Biblioteca Vaticana; il terzo, il più cospicuo, è quello vergato per il convento romano di Sant’Agostino, al quale l’Estouteville lasciò, per testamento, gran parte dei suoi volumi (l’inventario è edito in GUTIÉRREZ, La biblioteca). La Esposito richiamò l’attenzione sull’attuale Ross. 250 (cfr.), manoscritto appartenuto all’Estouteville e lasciato al convento di Sant’Agostino (ESPOSITO ALIANO, Testamento e inventari, 342). Oggi a quel manoscritto mi sembra di poter aggiungere anche il Ross. 158. Nell’inventario dei codici donati al convento, infatti, al nr. 520 si legge Item sermones sancti Leonis pape in pergameno (GUTIÉRREZ, La biblioteca, 123). Il manoscritto è in buone condizioni di conservazione. In buone condizioni anche la legatura tipo Rossi A. Sul dorso si legge in alto S(ANCTI) LEONIS P(A)P(AE) / SERMONES / ET / EPISTOLAE e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, I, 226r; Bibl. Rossianae, II, 116r, 117r) TIETZE, Die illuminierten, 99 nr. 175.

SALVATORE SANSONE

Ross. 159 (olim VIII, 98) S. LEO MAGNUS, Epistolae (ff. 1r-80v); Sermones (ff. 81r-229v); Sermo de Absalon (ff. 230r-231v) Ferrara, sec. XV2 (d.to 1438 febbraio 13) (f. 228v) colophon: Anno domini millesimo quadringentesimo tricesimo octavo indictione prima, die vero Iovis tertia decima mensis februarii pontificatus sanctissimi in Cristo patris et domini nostri domini Eugenii divina providentia

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ROSS. 158-159

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pape quarti anno septimo. Congregato sacro generali concilio in civitate Ferrariense. Scriptus ac completus fuit per me Johannem de Ghistella clericum Morinen(sis) diocesis hic liber epistolarum necnon sermonum beati Leonis pape urbis Rome pro Reve(rendissi)mo in Christo patre et domino domino D(ominico) sancte Romane ecclesie Sancte Marie in via Lata diacono cardinali Firmano, Ferrarie in domo prefati domini cardinalis. Laus Deo cui honor et gloria in secula seculorum Amen Membr.; ff. VI (I-V, cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 236, V’ (I’-V’, cart.; il f. V’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione manuale antica in alto a destra. Quando non rifilata, si scorge un’altra numerazione manuale in basso a destra insieme ad alcune indicazioni di registro Ross. 159, f. 1r (soprattutto nei primi quattro fascicoli); richiami di fascicolo vergati orizzontalmente sull’estremo margine inferiore destro; mm 289×201; scrittura antiqua su una colonna (mm 174×112), di 38 linee, a inchiostro bruno, rosso per le rubriche; il f. 234r, nonostante vi sia stata tracciata la rigatura, è bianco; rigatura a mina di piombo, talvolta ripassata a inchiostro.

Iniziali maggiori al f. 1r, con pagina d’incipit, e al f. 81r. Numerose iniziali medie (mm 29×24) e minori (mm 15×16) in oro e decorate a bianchi girari. Si segnalano, inoltre, numerose rubriche a indicare numeri, incipit ed explicit dei libri, titoli di paragrafo. Ai ff. 234v-236v una tabula delle lettere del pontefice. f. 1r: splendida pagina d’incipit riccamente miniata. Al di sotto di due linee rubricate, la R di Remeantibus ad nos (mm 48×58), tracciata in oro, è avvolta da bianchi girari. Questi, posti su un fondo a lacunari in blu, rosa tenue e verde puntinato, si allungano a formare un fregio che occupa quasi interamente i margini superiore e sinistro del foglio e che termina su entrambi i lati con una decorazione vegetale a fiori e fogliette. Sul margine inferiore, circondato ancora da bianchi girari, di fantasiosa concezione e di grande qualità, si scorge lo stemma del cardinale Capranica. In alto, tracciata in capitale al di sopra del fregio, la scritta IHESUS. f. 81r: iniziale maggiore all’incipit del libro dei Sermones. Al di sotto di tre linee rubricate, la L di Laudem domini loquatur (mm 49×52) è avvolta da bianchi girari disposti ancora su un fondo a lacunari in blu, rosa tenue e verde. Anch’essa è tracciata in oro.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto, come attesta una nota sul VI foglio di guardia (Cod. Collegii Romani Capranicensis / L) appartenne alla biblioteca del Collegio Capranica e lo si ritrova nell’inventario, ms. Vat. lat. 8184, al numero 89. Il codice fu copiato nel 1438 da Iohannes de Ghistella a Ferrara (CALDELLI, Copisti a Roma, 43), città che vedeva la presenza, proprio in quell’anno, dello stesso cardinale Capranica (STRNAD, s.v. Capranica Domenico, 150). La prima parte del manoscritto (ff. 1r-60v) è invece trascritta da altra mano, non identificata (DEROLEZ, Codicologie, 129). Iohannes copia, sempre per il cardinale, anche il manoscritto entrato a far parte della biblioteca del de Rossi con l’attuale segnatura Ross. 288 e quello segnato Ross. 170 (FOHLEN, Le pontificat, 122), il primo, come attesta il colophon, copiato a Bologna nel 1437 e il secondo sottoscritto a Firenze nel 1436 (Colophons, 299). Il codice è in ottimo stato di conservazione. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge: S(ANCTI) LEONIS / PAPAE / EPISTOLAE / ET / SERMONES e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1438 / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMA(NI). (SILVA TAROUCA, I, 227r, 228r, 229r-v; Bibl. Rossianae, II, 118r) TIETZE, Die illuminierten, 112 nr. 224; Colophons III, 1973, 299; DEROLEZ, Codicologie, 129; BIANCHI, Facteurs de variation, 103; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351; FOHLEN, Le pontificat, 122; CERESA, Bibliografia 2005, 477; CALDELLI, Copisti a Roma, 43; BUONOCORE, I codici miniati, 172.

SALVATORE SANSONE

Ross. 161 (olim VIII, 100) Commentaria in sancti Thomae de Aquino scripta in IV libros Sententiarum Bologna, sec. XVin. Membr.; ff. VII (cart., il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 95, VI’ (cart., il VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione meccanica in cifre arabe in basso a destra; richiami di fascicolo sul margine inferiore destro, molto spesso in asse con la seconda colonna di scrittura, arricchiti da accenni di decorazioni rubricate; mm 293×212. Si segnala la presenza di indicazioni di registro, ora tracciate con semplici tratti verticali a inchiostro rosso o blu (ff. 2r-4r, 9r-12r, 49r-52r, etc.), talvolta, invece, con indicazione alfanumerica (ff. 73r-76r, 81r-84r, etc.). Scrittura gotica, ad andamento corsiveggiante, di modulo molto piccolo e serrato e ricca di abbreviazioni, vergata a inchiostro bruno; su due colonne (mm 202×141; spazio intercolonnare mm 12), di 53 linee; rigatura a mina di piombo su recto e verso dei fogli.

Pagina d’incipit a f. 1r, con fregio e iniziale maggiore abitata. Iniziali medie decorate in apertura degli altri tre libri dell’opera (ff. 20v, 51v, 67r). Numerose iniziali

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ROSS. 160-161

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minori filigranate e realizzate alternativamente con inchiostro rosso e blu. Si segnala, inoltre, la presenza di numerosi segni di paragrafo e, al centro del margine superiore dei fogli, il numero del libro. Molte indicazioni sono visibili sui margini laterali dei fogli, vergate probabilmente dallo stesso copista. Un indice si legge soltanto in chiusura del primo e del secondo libro, rispettivamente ai ff. 20r e 51r. f. 1r: un fregio a bastone annodato, con decorazioni vegetali e globi aurei, si sviluppa sui margini sinistro, superiore e inferiore. Su quest’ultimo, tra le volute del fregio, all’interno di un clipeo a decorazioni geometriche, è visibile uno schizzo a penna raffigurante lo stemma del cardinale CapraniRoss. 161, f. 1r ca. Il fondo su cui si inserisce lo stemma è realizzato con un rosa tenue, abraso però nella parte centrale. È possibile supporre che in origine il clipeo contenesse uno stemma diverso da quello del Capranica e che questo, quindi, sia stato realizzato in una data successiva alla decorazione del manoscritto, probabilmente quando il cardinale venne in possesso del codice. All’interno dell’iniziale maggiore S di Sedens adversus (mm 48×48) è San Tommaso d’Aquino che, con la sinistra, regge un libro chiuso. Il fondo blu e il corpo della lettera in rosa sono arricchiti da leggere decorazioni a biacca, mentre la coda della S si lega lateralmente al bastone del margine sinistro del foglio. f. 20v: iniziale S di Supra primam distinctionem (mm 22×23) con decorazioni vegetali che si sviluppano dalla coda della lettera in alto e su un breve tratto del margine laterale. Lievi decorazioni a biacca sono realizzate sul corpo e sul fondo della lettera per dare un senso di profondità e di tridimensionalità. f. 51v: iniziale S di Supra distinctionem (mm 26×25) con decorazioni vegetali. La lettera è rialzata inoltre da decorazioni a biacca. Le foglie si sviluppano, come nell’iniziale precedente, anche in alto e sul margine laterale del foglio. f. 67r: iniziale S di Supra primam distinctionem (mm 26×26) con decorazioni vegetali. La lettera è rialzata da decorazioni a biacca e anche in questo caso le foglie si sviluppano in alto e sul margine laterale del foglio. Il manoscritto, appartenente alla biblioteca del Collegio Capranica, come attesta l’incisione sul dorso del codice, può con buone probabilità essere ricondot-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

to a un ambito di produzione bolognese, suggerito dal motivo del bastone annodato nel fregio di f. 1r e dalla decorazione delle iniziali. Si hanno dubbi, tuttavia, sull’assegnazione del codice alla committenza Capranica. Lo stemma del cardinale nel bas-de-page a f. 1r, come si è visto, è stato probabilmente realizzato dopo la confezione del manoscritto, avvenuta intorno ai primi anni del secolo XV. Il manoscritto è in discrete condizioni di conservazione. Legatura Rossi A, il piatto anteriore della coperta è in parte staccato dal dorso. Sul dorso si legge in alto S(ANCTI) THOM(AE) / SUPER / LIBR(OS) / SENTEN(TIARUM) e in basso COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) XIV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). (Bibl. Rossianae, II, 120r) TIETZE, Die illuminierten, 113 nr. 228; ZANICHELLI, Manoscritti ebraici, 236, n. 11.

SALVATORE SANSONE

Ross. 162 (olim VIII, 101) S. THOMAS AQUINAS, Summa de virtutibus secundum Aristotelem in libro Ethicorum (ff. 2v-169v) Roma, sec. XV3 (d.to 1457) (f. 169v) colophon: Finita Summa de virtutibus secundum Aristotelem in libro Aethicorum iuxta expositionem magni fratris Thomae de Aquino Ordinis fratrum praedicatorum per Iohannem de Lins familiarem reverendissimi domini domini Dominici cardinalis Firmani est 1457

Ross. 162, f. 2v

Membr.; ff. VI (cart., il I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 178, V’ (cart., il V’ è in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra (i ff. 170r-171v sono bianchi). Si nota inoltre una numerazione manuale in alto a destra sul primo foglio di ogni fascicolo (tranne che per il primo); richiami orizzontali e, dove non rifilate, indicazioni di registro; mm 292×212; scrittura antiqua ben spaziata, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su una colonna (mm 197×122), di 32 linee; rigatura a secco.

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ROSS. 161-162

277

1 pagina d’incipit a f. 2v e 1 iniziale maggiore. Si segnala inoltre la presenza di iniziali minori (mm 13×13) rubricate in blu e rosso e di iniziali realizzate con lo stesso inchiostro del testo al di fuori dello specchio scrittorio; titoli e segni di paragrafo rubricati. Al centro del margine superiore dei fogli il numero del libro rubricato. Da f. 172r a f. 178r si legge un indice dei capitoli. f. 2v: pagina d’incipit. Iniziale Q di Quoniam homo (mm 30×25) decorata con corpo verde in campo blu. Al di sopra della lettera due linee rubricate danno l’incipit del testo. Sul margine inferiore dello stesso foglio si nota in un clipeo lo stemma del cardinale Capranica. Il codice, come si evince dal colophon, fu terminato nel 1457 per il cardinale Capranica da Johannes Gobelinus da Linz a Roma (Scrittura biblioteche e stampa, 373; CALDELLI, Copisti a Roma, 43, 116-117). Johannes è presente in una lista della corte papale del 1460 col nome «Johannes Cyns» e dal dicembre 1461 al giugno 1464 col titolo di «scriptore di Sua Santità». Lo stesso copista sottoscriverà più tardi, nel 1463, un Platone, ms. Vat. lat. 2060. Lo si ritrova anche in un sant’Agostino, De civitate Dei, conservato alla Bibliothèque Sainte-Geneviève di Parigi (ms. 218) (MADDALO, In figura Romae, 143), dove, nel 1459, si firma «Johannes Gobelini de Lins», in un Lattanzio del 1460, conservato a Cambridge (ms. McClean 115 del Fitzwilliam Museum, RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 256) e, infine, in un esemplare dei Commentarii di Pio II (ms. Corsini 147) del 1464, decorato da Andrea da Firenze (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 255, 256; MADDALO, Scheda nr. 13, 96-97). Sul foglio 1r si legge la nota in corsivo: Iulius Frattadochius (cfr. Ross. 172) Firmanus huius bibliothecae Capit(uli) Librarius 1576. Il manoscritto è in buono stato di conservazione. Legatura Rossi A; si nota il distaccamento del dorso, che lascia scoperti i nervi della legatura. Sul dorso si legge in alto S(ANCTI) THOMAE / SUMMA / DE VIRTUT(IBUS) / SECUNDUM / ARISTOTEL(EM) e, in basso, COD(EX) MEMB(RANACEUS) / ANNI / 1457 / EX BIBL(IOTHECA) C(ARDINALIS) FIRM(ANI). (Bibl. Rossianae, II, 121r-122r) TIETZE, Die illuminierten, 127 nr. 273; Scrittura biblioteche e stampa, 373; DEROLEZ, Codicologie, 130; SCARCIA PIACENTINI, I codici, 373; BUONOCORE, Bibliografia, 654; CERESA, Bibliografia 1991, 274; CERESA, Bibliografia 1998, 380; BUONOCORE, I codici miniati, 173.

SALVATORE SANSONE

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278

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 163 (olim VIII, 102) S. THOMAS AQUINAS, Super tertium sententiarum (tavola degli argomenti, ff. 129r-131v) Italia centro-settentrionale, sec. XV2-3 (f. 128v) explicit: Deo gratias. Amen. Explicit liber notatus per sanctum Thomam de Aquino de Ordine predicato(rum) super t(er)tium sententiarum (f. 131v) explicit: Explicit tabula libri b(ea)ti Thome super tertium se(n)tentia(rum) notati. Amen Membr. (pergamena di buona qualità e discretamente lavorata, anche se talvolta sono visibili estese tracce di follicoli); ff. VII (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni; VII membr. anepigrafo), 131, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu al pari della controguardia); foliazione meccanica moderna, in cifre Ross. 163, f. 2r arabiche, in basso a destra, che indica come 1 il primo foglio in pergamena; richiami di fascicolo collocati sempre sul verso del foglio, al centro del margine inferiore; dovevano essere presenti le indicazioni di registro, appena visibili ai ff. 72r, 112r, 114r; mm 285×216; scrittura semigotica, molto corsiveggiante e ricca di abbreviazioni, di una sola mano a inchiostro nero; specchio scrittorio (mm 206×155) a due colonne di 50 linee di scrittura, con uno spazio intercolonnare di mm 14; rigatura a secco, eseguita sul lato pelo, ripassata talvolta a mina di piombo nelle righe verticali, giunge a toccare i margini superiore e inferiore; la rigatura orizzontale è invece eseguita a mina di piombo sul recto e sul verso di ogni foglio; il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 iniziale abitata all’interno della pagina d’incipit, dove è presente, nel bas-de-page, lo stemma del possessore; numerose lettere filigranate alternativamente blu e rosse, come i segni paragrafali disseminati in tutto il manoscritto. f. 1r: iniziale A di Ad locum unde (mm 33×40), abitata; è decorata con il ritratto dell’autore, San Tommaso, che si staglia su una campitura di colore blu ed è rappresentato nell’abito domenicano mentre mostra il libro aperto da cui si irradia luce dorata. All’interno di un campo in lamina metallica aurea, riquadrato a inchiostro nero, è realizzata la lettera policroma (blu, rossa, verde). L’iniziale è affiancata da un motivo filigranato in blu che prosegue lungo parte del margine interno.

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279

ROSS. 163-166

Lo stato di conservazione appare buono, anche se talvolta la compagine dei fascicoli è scarsamente adesa al dorso del manoscritto e il f. 38 è interessato da difetti di concia nel margine esterno. Non sembrano esserci tracce di restauri. Legatura Rossi A, in buono stato; sul dorso, in alto si legge S(ANCTI) / THOMAE / SUPER / LIB(RUM) TER(TIUM) / SENTENTI(ARUM); in basso, COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). Nel bas-de-page è presente lo stemma di Domenico Capranica (1400-1458), sormontato da galero cardinalizio e posto all’interno di un clipeo che si interseca con un quadrato, il primo ha fondo verde puntinato di bianco, il secondo ha una campitura in blu e cornice rossa. L’impresa è arricchita tutt’intorno da elementi vegetali, eseguiti con la medesima tavolozza pittorica, e da bottoni in foglia d’oro. Nel margine superiore, una mano più tarda rispetto a quella che trascrive il testo, ha vergato Sanctus Thomas de Aq(ui)no sup(er) 3° se(n)te(n)tiar(um) in inchiostro bruno. (Bibl. Rossianae, II, 128r) TIETZE, Die illuminierten, 112 nr. 225.

EVA PONZI

Ross. 166 (olim VIII, 105) S. ISIDORUS, Chronicon (ff. 1-46v). Catalogus regum Langobardorum (ff. 46v-48v) Firenze, sec. XV2 (1430-1440) Membr.; ff. VI (cart., il I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 48, VI’ (cart., il VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra; richiami di fascicolo ai ff. 32v e 42v realizzati orizzontalmente sul margine inferiore destro; si segnala inoltre la presenza di indicazioni di registro sul primo foglio di ogni fascicolo, vergate sul margine inferiore sinistro in lettere capitali (da A ad E); mm 276×170; scrittura antiqua, minuta ma ariosa e ben spaziata, vergata a inchiostro bruno su una colonna (mm 210×96), di 32 linee; rigatura a mina di piombo, su recto e verso dei fogli, talvolta ripassata a inchiostro.

Ross. 166, f. 1r

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280

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Pagina d’incipit a f. 1r con 1 iniziale maggiore decorata; numerose iniziali minori decorate con una tavolozza pittorica ricca e vivace, da un massimo di quattro (f. 22r) a un minimo di due (f. 6v) linee di scrittura, così come le iniziali rubricate: le une e le altre sono realizzate al di fuori dello specchio scrittorio. f. 1r:

iniziale B di Brevem seriem temporum (mm 43×42), realizzata in oro e decorata da un intreccio a viticci e globi aurei su fondo a lacunari blu e rossi. L’intreccio si sviluppa sul margine sinistro, quasi a occuparlo interamente.

Il manoscritto non presenta un apparato decorativo particolarmente significativo. L’unica iniziale maggiore, esempio di decorazione a intreccio bianco su fondo policromo, ancora a questa altezza cronologica poco serrata e che di lì a poco si svilupperà nell’iniziale a bianchi girari vera e propria, riconduce il codice a un ambito di produzione fiorentino, probabilmente intorno alla fine degli anni Trenta del Quattrocento. Le due note di possesso che si leggono a f. 1r (Liber conventus sancti Dominici de Perusio) e a f. 48v (Liber magistri Leonardi de Perusio ordinis predicatorum) contribuiscono a suffragare quest’ipotesi. Magister Leonardus è infatti Leonardo Mansueti, perugino di nascita, morto nel 1480, quando era maestro generale dell’Ordine domenicano (KAEPPELI, Inventari di libri, 28). Il Mansueti, accolto nell’Ordine nel 1428, all’età di quattordici anni, cominciò gli studi filosofici presso il convento fiorentino di Santa Maria Novella e, grazie ai suoi progressi, già nel 1434 il capitolo generale gli affidò l’incarico di magister studentium presso San Domenico Maggiore a Napoli, carica che occupò dal 1436 anche presso il convento di San Domenico a Perugia. Nel 1439 è di nuovo a Firenze dove gli fu affidata la cattedra di logica e probabilmente a questo periodo risale la realizzazione del codice in esame. Successivamente, dopo alcuni incarichi che lo videro a Lucca e a Perugia presso il convento di San Domenico, il Mansueti si stabilì a Roma, dove, come visto, fu eletto nel 1474 maestro generale dell’Ordine presso il convento di Santa Maria sopra Minerva e dove morì nel 1480. Dell’intera sua collezione libraria, che fu donata al convento di San Domenico a Perugia (KAEPPELI, Inventari di libri, 21), possediamo un inventario redatto dal suo segretario, Leonardo di ser Uberto da Firenze, tra il 1474 e 1478 (KAEPPELI, Inventari di libri, 31). Nell’inventario si legge al numero 71 «Cronica Ysidori episcopi Hyspaliensis ab exordio mundi usque ad tempora Heraclii […]. Cuius voluminis secunda carta incipit a quo caldei et finit modulatam in armis. Ultima carta incipit indic. III. Tunc Berengarius. In fine est scriptum: Liber magistri Leonardi etc.» (KAEPPELI, Inventari di libri, 220). Senza dubbio il redattore si riferisce al codice Ross. 166. È difficile, tuttavia, riuscire a chiarire come il manoscritto sia giunto nella collezione del de Rossi; notizie certe affermano, però, che Leonardo Mansueti fu in buon rapporti con Domenico Capranica e suo fratello minore Angelo (m. 1478) (KAEPPELI, Inventari di libri, 29; STRNAD, s.v. Capranica Angelo, 145). Il manoscritto si presenta in discrete condizioni di conservazione. Tuttavia si notano delle cadute di colore in alcune delle iniziali minori (per es. a f. 1r).

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281

ROSS. 166-168

Legatura Rossi A. Sul dorso si legge, in alto, HISPAL(IENSIS) / CRONIC(ON) e in basso C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 231r; Bibl. Rossianae, II, 126r-v) TIETZE, Die illuminierten, 115 nr. 234.

SALVATORE SANSONE

Ross. 168 (olim VIII, 107) S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, Homiliae in epistolas Pauli Firenze, sec. XV2-3 (ante 1458) Membr.; ff. VII (I-VI cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 193, VII’ (cart.; il f. VII’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione antica, probabilmente contemporanea al codice, in cifre arabe in alto a destra (quello che sarebbe dovuto essere il f. 5r non è numerato; la numerazione riprende al foglio successivo, questo numerato erroneamente come f. 5r). Sul foglio di guardia I’(numerato in alto a destra con 193) una mano successiva verga l’indice delle omelie; richiami di fascicolo al centro del margine inferiore dei fogli verso, tranne che a f. 9v (10v), dove il richiamo è vergato in basso sul margine destro; mm 281×197. Si individuano numerose indicazioni di registro alfanumeriche (per es. ai ff. 60r (61r)-64r (65r); ff. 134r (135r)-138r (139r)); scrittura antiqua, minuta e di modulo piccolo, ma ariosa e ben spaziata, su due colonne (mm 186×122, spazio intercolonnare mm 13), di 32 linee, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche. Si segnala la presenza di titoli correnti dello stesso inchiostro del testo. Talvolta, negli ampi margini laterali che circondano le due colonne di scrittura, si scorgono annotazioni varie e notabilia. Rigatura a mina di piombo e a penna, tracciata su recto e verso dei fogli. Sono spesso visibili i fori guida utilizzati per il tracciato. Si utilizza, per la descrizione delle immagini, la numerazione antica, nonostante il salto del foglio.

Frontespizio decorato a f. 1r, 2 iniziali maggiori, decorate a bianchi girari, ai ff. 1r e 64r, 6 iniziali medie, ai ff. 2v, 5v, 10r, 13v, 19r, 170v. Numerose iniziali minori a bianchi girari, corrispondenti, di norma, a tre linee di scrittura (24r, 28r, 33v, 38v, 44v, 49v, 55r, 59r, 69v, 74v, 78v, 83v, 89r, 93r, 94r, 99r, 103v, 107v, 112v, 116r, 119v, 123v, 127v, 130v, 135r, 138v, 144r, 149v, 155v, 161r, 164r, 168r, 175v, 186r). Linee di scrittura rubricate segna-

Ross. 168, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

lano l’incipit e l’explicit delle omelie. Sul verso del VII foglio di guardia sei linee di scrittura rubricate in capitale indicano l’autore e il titolo dell’opera. f. 1r:

f. 64r:

decorazione a bianchi girari su fondo puntinato a lacunari rosa, blu, verde e oro si sviluppa sui margini laterale, superiore e inferiore ed è definita da una linea blu che segue il profilo mosso dell’intreccio vegetale. Su quest’ultimo due putti, aggrovigliati tra i tralci della decorazione, reggono un clipeo laureato portastemma, muto. In apertura del testo l’iniziale maggiore P di Primum necessario dicendum (mm 56×34), realizzata in oro, campeggia anch’essa all’interno dei bianchi girari. Alle due estremità, sul margine superiore e inferiore, chiudono la decorazione alcuni globi aurei. iniziale maggiore P di Paulus servus Dei (mm 60×38), decorata a bianchi girari su fondo puntinato, nei toni del rosso e del verde e campo blu.

Le iniziali medie, corrispondenti all’incirca a quattro/cinque linee di scrittura, sono realizzate anch’esse in oro su fondo puntinato a lacunari rosa, blu e verde e decorate a bianchi girari: f. f. f. f. f. f.

2v: 5v: 10r: 13v: 19r: 170v:

iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale iniziale

P di Paulus vinctus (mm 42×28). G di Gratias ago (mm 25×29). S di Si igitur (mm 21×20). Q di Quid sibi (mm 30×34). N di Noli ergo (mm 24×27). A di Age rursus (mm 26×27).

Il manoscritto faceva parte dei codici della biblioteca del cardinale Capranica (al numero 78 del ms. Vat. lat. 8184), così come attesta l’iscrizione sul recto del VII foglio di guardia Cod. Collegij Romani Capranicensis XVII e l’incisione, sul dorso del manoscritto, EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI), che il de Rossi fece apporre al momento dell’acquisto dell’intero fondo Capranica. Sul verso dello stesso foglio si legge Julius Cesar Valentinus Romanus. I. V. Doctor et Secundus Guascus Astensis anno 1643. Probabilmente il codice fu copiato e miniato per il cardinale (o da lui acquistato sul mercato librario) a Firenze intorno alla metà del XV secolo. La decorazione del frontespizio a bianchi girari sembra infatti suffragare l’ipotesi di un manufatto proveniente da una bottega fiorentina, realizzato forse da un artista vicino allo stile dei primi lavori di Gioacchino de’ Gigantibus, che, come noto, svolse a Firenze il suo apprendistato intorno al sesto decennio del secolo XV (ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 37). Silva Tarouca afferma che le note marginali ai ff. 10v, 12r, 16v, 188v sono state vergate dallo stesso Capranica (SILVA TAROUCA, 233v); il codice quindi non può che essere datato prima del 1458, anno di morte del cardinale. Le condizioni di conservazione del manoscritto sono buone.

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ROSS. 168-169

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Legatura Rossi A. Sul dorso, parzialmente distaccato, si legge S(ANCTI) IOANNIS / CHRYSOSTOM(I) / HOMELIAE / IN EPISTOL(AS) / S(ANCTI) PAULI / LATINE / AB / AMBROSIO / MONACHO e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, I, 233r-v; Bibl. Rossianae, II, 128r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244.

SALVATORE SANSONE

Ross. 169 (olim VIII, 108; gr. 5) S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, In Epistulam sancti Pauli ad Romanos homiliae 1-32 (ff. 3r-381v) Costantinopoli (?), 961 settembre 30 Explicit: (f. 381v) † ™teleiwq(h) Ω bibl(oj) au“th mh(ni) septe(mbriw) | l/ ind(iktiwnoj) e/ œt(ouj j-u--o/: ™gr£fh de | ceir\i basile…ou kalligr£fou | mo(na)c(ou) basil(ikou) (prwto)spaq(ariou) k(aˆ) kour£tori toà | paneuf(h)m(ou) p(ara)koimw(menou) tou ku(riou) am(hn) Membr. (di buona qualità, elastica, di colore grigio-giallognolo); ff. VII, 383, VIII’ (fogli di guardia cart. moderni; il I e l’VIII’ in cartoncino color ocra, solidali con la controguardia). Il bifoglio iniziale (attuale ff. 1r-2v) deve considerarsi un’aggiunta successiva, da ricondursi, verosimilmente, al momento in cui il manoscritto si trovava nel Monastero di San Giovanni Prodromo di Petra (KAKULIDI, Biblioq»kh, 6, 8, 33; DE GREGORIO, Lista di commemorazioni). Si tratta di un bifoglio solidale (carne/pelo/pelo/carne) che in origine apparteneva a un fascicolo tratto da un volume attualmente perduto (mm 270×220, rigato a punta secca secondo il tipo Leroy C-J 44C2x; spazio riservato alla scrittura mm 200×130; intercolumnio mm 10 ca.). Paginazione moderna eseguita a inchiostro bruno evanido, posta sul margine superiore esterno, ove si computa anche il bifoglio iniziale. La medesima procedura è adottata dalla foliazione – anch’essa moderna – inserita sul margine superiore in posizione centrale, sul recto; quest’ultima è di mano del basiliano Filippo Vitali (m. 1771), congiuntamente alla segnalazione di f. 133v, ove annota la presenza di una lacuna. La segnatura originaria è stata decurtata in seguito alla rifilatura del manoscritto, tuttavia ne resta una traccia a f. 98r. A f. 3r si legge Mb, un’antica segnatura di biblioteca, che non parrebbe corrispondere a quelle riconducibili al Monastero di San Giovanni Prodromo di Petra. Ross. 169, f. 3r

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284

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il corpo centrale del manoscritto misura mm 280×230. Il testo è su due colonne (mm 210×70; superficie scritta mm 210×150; spazio intercol. mm 25) per 26 righe tracciate a punta secca, secondo il tipo Leroy 32D2 e il sistema Leroy 9; i fascicoli sono disposti in quaternioni regolari con il lato carne in apertura. L’ornamentazione enfatizza l’incipit di ciascuna omelia. Si annovera un’unica testata miniata a f. 1r: fascia costruita mediante la successione di sette cerchi, entro i quali si inseriscono quattro palmette a cinque petali, di forma affine alla sasanide, alternate a loro volta da tre palmette aperte a due petali; queste ultime sono sormontate da ulteriori elementi gigliati capovolti. Gli angoli esterni della testata accolgono quattro palmette a tre petali, congiunte ai rispettivi angoli da una breve base rettangolare. Sulla sommità centrale della testata si erge una «croce greca» i cui bracci terminano con foglioline a tre petali (D’AIUTO, Per lo studio, 247-249). Il disegno è tracciato al carminio (fondo riempito con spalmature gialle?); campiture in azzurro e verde (dalla tonalità dilavata), e piccoli punti a secco in rosso minio; qualche pennellata di bianco contribuisce a ravvivare il disegno. Capitali maggiori: f. 1r, iniziale S (di forma lunata) di Sunecw ^j, incipit della prima omelia (mm 8×8). Due semipalmette si aprono sulle rispettive terminazioni della lettera, al centro della quale si dispiega un elemento gigliato, ormai poco leggibile per l’erosione della pergamena sul margine interno. La lettera, in ekthesis, parrebbe eseguita dallo stesso copista; le tinte impiegate riprendono quelle della testata. Si contano 31 capitali maggiori calligrafiche (mm 11×12 ca.): M, f. 7r; P, f. 14v; O, f. 28r; P, 35v; I, 42v; E, 57r; K, 69r; E, 86v; P, 102r; K, 111v; O, 124r; E, f. 138v; D, 178v; E, 200v; A, 211v; P, 242r; E, f. 256r; P, 272r; P, 280v; D, 290r; P, 297r; E, f. 307r; O, 314v; P, 326; E, 334r; E, 341r; E, 346v; E, 355v; P, 363v; P, 374r. Ciascuna omelia è introdotta di norma dal numero di riferimento, cui segue una linea ornata, eseguita al tratto rosso. A titolo di esempio si rimanda a: teoria di elementi gemmati (rettangoli e cerchi vuoti) conclusi ai due lati da una palmetta (f. 35v; cfr. anche f. 69r); triplette di trattini verticali alternati ad asterischi che terminano ai due lati con palmetta (f. 42v). I passi scritturali sono eseguiti a inchiostro bruno in una maiuscola riconducibile all’alessandrina, presentano spalmature gialle e sono affiancati sul margine interno dalla diplé (al carminio). Le capitali maggiori in ekthesis, di norma sono eseguite in rosso carminio (occupano ca. due linee di scrittura, mm 15 × 10 ca.). Le capitali maggiori calligrafiche sono campite al carminio, si presume per mano dello stesso copista, e ornate da brevi ramages e riccioli che si dipartono dalle aste della lettera stessa (cfr. E, f. 334r). Una seconda tipologia di capitale maggiore – meno diffusa – prevede l’estensione della base dell’asta sinistra, dalla quale si sviluppa una fogliolina cuoriforme (P, f. 242r; P, f. 326r). La base delle lettere può concludersi anche con semplici elementi a perla (P, f. 297r). Secondo quanto ricostruito da Giuseppe De Gregorio, il bifoglio iniziale (ff. 1r-2v) contiene una lista di defunti, e costituisce il lacerto di uno ƒero\n br≤bion

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ROSS. 169

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(«sacro inventario»), ovvero un apposito fascicolo in cui si inserivano i nomi di personaggi – anche esterni al monastero, ma a esso a vario titolo connessi, anche come benefattori – da commemorare nella liturgia. Sulla base dei lemmi presenti nella lista, lo studioso addita un primo terminus post quem nella data di morte della despina Teodora Paleologina (25 febbraio 1303), moglie di Michele VIII e madre di Andronico II, il cui lemma è inserito nella porzione più antica della lista (f. 1v nr. 76). L’attuale f. 2, da considerarsi non necessariamente consecutivo al primo, consente una datazione del foglio piuttosto precisa, in ragione dell’inserimento di personaggi importanti nella Costantinopoli della prima metà del secolo XIV. Il terminus post quem di quest’ultimo è stato individuato con l’anno di morte di Irene/Iolanda di Monferrato (a. 1317), seconda sposa di Andronico II, mentre il terminus ante quem potrebbe dedursi dall’assenza in tale sezione della memoria relativa alla prima consorte del co-imperatore Andronico III (a. 1324). Gli altri lemmi sono comunque da inquadrare, su base paleografica, tra lo scorcio del secolo XIV e il primo XV. A f. 381v, sul margine inferiore della colonna di sinistra, il copista Basilio, o kalligrafos, come ama definirsi egli stesso, afferma che la trascrizione è stata conclusa il 30 settembre 961. Il committente del libro è un Basilio protospatarios e kurator del potente Basilio «Nothos», figlio illegittimo di Romano I Lecapeno (920944), la cui carriera tramontò repentinamente quando Basilio II (976-1025) decise di liberarsi della tutela dell’ingombrante prozio nel 985; gli ultimi atti della vita pubblica del Parakoimomenos, indubbiamente lo statista che tenne le redini delle politiche dell’Impero con fermezza e sagacia per oltre trent’anni, sono tratteggiati nelle sapide pagine di Michele Psello (Chronogr. I, 19-21). Occorre spendere qualche parola sul personaggio, giacché la sua figura non fu secondaria in qualità di committente di preziosi manufatti (BELTING, Problemi vecchi e nuovi, 52-57). Oltre alla fondazione del perduto monastero di San Basilio Magno, si rammentano alcuni oggetti tra i più preziosi dell’arte orafa bizantina: la celebre stauroteca di Limburg an der Lahn, i reliquari con il cranio di san Simeone Stilita (Archicenobio di Camaldoli) e quello in forma di calice del Tesoro di San Marco di Venezia, nonché il perduto reliquario di santo Stefano protomartire, del quale resta memoria nella trascrizione di Alessandro Basilopoulos (a. 1628) (FOLLIERI, Ordine dei versi, 455467). Ma Basilio parakoimomenos entra in causa anche in qualità di committente di libri, e non si esclude che altri preziosi manufatti, sfuggiti sino a oggi all’attenzione della ricerca, possano essere ascritti alla sua figura. Una prima testimonianza certa è data dal ms. Petropol. gr. 55 (Vangeli ed Epistole paoline) (BELTING, CAVALLO, Bibel, 25); segue il ms. Athous Dionysiou 70 (Omelie del Crisostomo agli Atti) – vergato dal notaio Niceforo nel 955 – ove Basilio non solo è indicato con il titolo di patrikios e parakoimomenos (dignità delle quali era stato insignito da Costantino VII), ma è appellato altresì ™ndoxÒtatoj (= gloriosissimus), iperbole verbale dalla quale si arguisce l’alone di eccezionalità del quale è insignito il personaggio, ciò a prescindere dal senso topico da assegnare al termine in esame. Secondo in ordine di tempo è il ms. B 119 sup. della Biblioteca Ambrosiana (Conciones militares), altro mirabile testimone ricondotto con salde argomentazioni alla com-

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mittenza di Basilio, intorno al 959, da Carlo Maria Mazzucchi. Secondo lo studioso, l’articolata introduzione posta ad apertura del libro avrebbe avuto il proposito di propagandare e sostenere la candidatura dello stesso Basilio al comando della spedizione militare a Creta. Per quanto concerne la qualità delle opere contenute nel manoscritto – alcune delle quali testi unici dell’opera che tramandano –, il redattore e committente sarebbe stato agevolato in quanto protoasecretis (secondo Liutprando) e protovestiario, ovvero responsabile, fra l’altro, della biblioteca personale di Costantino VII; in ragione di tale incarico, Basilio avrebbe goduto di una posizione privilegiata nel reperimento di materiale altrimenti raro. Per tornare al rossiano, Basilio è ricordato come parakoimomenos, ufficio nel quale proprio nel 961 gli fu preferito Giuseppe Bringa, e la carica aulica è preceduta anche in questo caso da un aggettivo, paneÚfhmoj (= degno di lode). Il termine, seppure laudativo, è comunque più generico rispetto a quanto riscontrato nella sottoscrizione del codice atonita. Ciò potrebbe rispecchiare il difficile momento da lui attraversato e, una sorte simile ebbe, forse, anche il Basilio a lui affiliatus e committente del libro in esame. La figura di quest’ultimo è appena tratteggiata, sicché l’indagine prosopografica non consente di apportare elementi dirimenti al fine della sua identificazione. Il manoscritto consta di specifiche materiali capaci di qualificarlo come opera di pregio, forse finalizzato alla fruizione individuale, ma occorre ribadire la distanza qualitativa che distingue tale manufatto rispetto a quanto prodotto per il più noto dei due Basilî. La sottoscrizione, completa di indizione, anno e giorno (30 settembre 961), è stata ripassata da altra mano sopra la cifra originale; tuttavia la presenza dell’indizione e il confronto con altri manoscritti esemplati dallo stesso copista Basilio (ms. Plut. 9.22 della Biblioteca Laurenziana, a. 974, e Drama, Monh\ Kosin…tshj, ms. 16, a. 976, attualmente disperso, ma di cui restano gli ultimi cinque fogli contenenti la sottoscrizione nel framm. 1 del ms. II 2404 della Bibliothèque Royale di Bruxelles) inducono ad accettarla come valida. A f. 381v si trova anche una nota di possesso, precisamente nella colonna di destra lasciata bianca dal copista, ove una mano del secolo XII/XIII indica, in forma di tre dodecasillabi, che il manoscritto apparteneva alla biblioteca del monastero costantinopolitano di San Giovanni Prodromo di Petra, nel quartiere Aetiou: † Ω bi–bloj au“th t(Áj) | mon(Áj) toà ProdrÒmou: || t(Áj) keim(≤nh)j œggi@sta | t(Áj) ’Aet…ou, | ¢rcai@kÁ d≥ tÁ | monÁ klÁsij, | P≤tra † ||. Simili note appaiono di frequente nei manoscritti del Prodromo e, fra l’altro, occorre rilevare che la grafia del personaggio anonimo, responsabile della stesura della nota, è attestata anche sull’ultimo foglio del manoscritto conservato a Kalloni, Monh\ Leimînoj, ms. 56 (Menologio metafrastico), ove si trova ripetuta la medesima postilla. Una mano anonima più recente (secc. XIV-XV?) ricopia parte di un secondo componimento metrico in dodecasillabi di celebrazione del Prodromo, inserendosi a sua volta sulla nota erasa, vergata in una grafia del secolo XII: † P≤tra filÁj (sic pro file‹) se kaˆ filÁj (sic pro file‹j) sà thn P≤t(ran) || pl≤on d≥ filÁj (sic pro file‹j) petrofÚlax | d≤spota || […].

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ROSS. 169

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Tali tracce, come accennato sopra, suggeriscono al De Gregorio una provenienza dal noto monastero anche per il bifoglio inserito in testa al volume, secondo la consuetudine invalsa nel Prodromo di Petra – specie nella prima metà del secolo XV – di impiegare come fogli di guardia a complemento della confezione di una nuova legatura, oppure destinandoli a divenire palinsesti, lacerti di altri manoscritti provenienti dalla stessa biblioteca, ovvero documenti ormai obsoleti. Lo stato di conservazione del manoscritto è discreto; soffre in particolare la legatura; la pergamena, seppure lievemente ingiallita e macchiata in più punti, conserva una buona elasticità. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione (ma con logoramento e/o ammaccatura del rivestimento agli angoli esterni dei piatti). Sul dorso, in alto si legge S(ANCTI) IOANNIS CHRYSOSTOMI / IN EPISTOLAE (sic) S(ANCTI) PAULI HOMELIAE; alla base: CODEX GRAECUS MEMBRANAC(EUS) / ANNI LXX SAEC(ULI) LX[V] AERAE C(O)N(STANTINO)P(O)L(ITA)NAE / ANNI LXV SAEC(ULI) X AERAE VULGARIS. Il Ross. 169 costituisce uno degli esemplari sforziani, successivamente appartenuti alla biblioteca di Domenico Passionei (dal 1698), poi acquistata dagli Agostiniani sul finire del 1762, di cui quindici testimoni andarono perduti, ma riapparvero successivamente nel fondo rossiano. Poiché il gruppo di codici dispersi dell’Angelica non è stato descritto da Guglielmo Bartolomei nel catalogo del 1847, si suppone che essi fossero usciti prima di tale anno; le indagini effettuate da Giovanni Mercati sono riuscite a circoscrivere il furto agli anni 1833-1836. Giovan Francesco de Rossi (m. 1854) avrebbe acquistato tutto il blocco successivamente al matrimonio (a. 1838) con la principessa Maria Luisa Carlotta di Borbone, tra il 1838 e il 1847. Il manoscritto è stato descritto da Eduard Gollob prima del suo trasferimento nella raccolta papale (a. 1921). Nella medesima occasione, tutta la biblioteca del de Rossi, allora custodita nel Collegio dei Gesuiti di Vienna/Lainz, fu vagliata dall’illustre studioso. (SILVA TAROUCA, I, 234r-235r; Bibl. Rossianae, I, 129r-130v) PICCOLOMINI, Praefatio, 7-32; VAN DE VORST, Verzeichnis, 494 nr. 5; GOLLOB, Bibliothek; VOGEL, GARDTHAUSEN, Schreiber, 56; GOLLOB, Griechischen Literatur, 10-11 nr. 5; BICK, Schreiber nr. 2, 18-19, tav. II; LEFORT, COCHEZ, Palaeographisch Album, tav. 35; MERCATI, Note, 33; DEVREESSE, Introduction, 47 nr. 4; EVANGELATOU-NOTARA, «Shmeièmata», 63 e nt. 369, 132 nr. 52; IRIGOIN, Pour une étude, 227; RICHARD, Répertoire, 86-87; WITTEK, Album, 17; KAKULIDI, Biblioq»kh, 6, 8, 33; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 324; HARLFINGER, rec. a M. Wittek, 430; PERRIA, Nuovo codice, 70, n. 3, 79-81, tav. V; FOLLIERI, Minuscola libraria, 140 nr. 3, 148, tav. 11b; CAVALLO, Libro, 412; CERESA, Bibliografia 1991, 274; CERESA, Bibliografia 2005, 274; Repertorium der griechischen Kopisten nr. 70; DE GREGORIO, Lista di commemorazioni, 103194; ORSINI, Gr£fein oÙk e„j k£lloj, 578-580; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11, 247.

ALESSIA A. ALETTA

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 171 (olim VIII, 110) LUCIUS CAECILIUS LACTANTIUS FIRMIANUS, Opera in compendia redacta Ferrara (?), sec. XV, prima metà Membr.; ff. VII (I-VI cart., il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 96, VI’ (cart. il VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione moderna in alto a destra. Si scorge, inoltre, dove non rifilata, la prima delle due cifre di una numerazione antica; richiami al centro del margine inferiore; dove non rifilate si scorgono delle indicazioni di registro sull’estremità inferiore destra dei fogli (ff. 1r, 9r); mm 283×203; scrittura gotica testuale, di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, vergata a inchiostro nero su una colonna (mm 182×133), di 35 linee; rigatura a penna.

10 iniziali maggiori miniate in apertura del prologo e dei nove libri che compongono l’opera. Si segnala la preRoss. 171, f. 46v senza anche di numerose iniziali filigranate medie e minori, tracciate alternativamente con inchiostro blu e rosso e decorate a penna con colori a contrasto. f. 1r: iniziale L di Lactantius quasi (mm 33×33) decorata a foglie. Il corpo della lettera, in rosa tenue, è tracciato su una preparazione in oro e blu. Intorno al riquadro che la contiene, un piccolo fregio a globi aurei e fogliette, anch’esse in oro, si estende sia sul margine superiore che su quello sinistro. f. 1v: iniziale S di Si quidem (mm 43×34) decorata a foglie. La preparazione è sempre realizzata in oro e blu. La tavolozza pittorica, inoltre, è identica in questa e in tutte le altre, all’iniziale di f. 1r. f. 7v: iniziale Q di Quamquam primo libro (mm 39×40), tracciata in un riquadro in oro. Sul campo della lettera una decorazione vegetale arricchita da una sottile filigranatura in biacca. f. 13r: iniziale N di Nunc quoniam duobus (mm 41×36), tracciata in rosa tenue su fondo oro e blu. All’interno della lettera due grosse foglie riempiono lo spazio vuoto della lettera. L’iniziale è arricchita da una sottile filigranatura in biacca. f. 27r: iniziale C di Cogitanti mihi et cum animo (mm 46×42), realizzata ancora in rosa su una preparazione in oro. Sul corpo e all’interno della lettera si nota una sottile filigranatura in biacca. Sul margine superiore e sinistro due globi aurei.

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ROSS. 171

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f. 33r: iniziale N di Non est apud me (mm 44×37), tracciata in un riquadro in oro e decorata nello spazio vuoto con un intreccio floreale e con tratti a biacca. Gli stessi tratti si notano sul corpo della lettera. f. 37r: iniziale Q di Quod erat erat (sic) offitium (mm 45×43). Con identica tavolozza pittorica rispetto alle iniziali precedenti, anche questa Q è iscritta in un riquadro in oro e campita all’interno con una decorazione vegetale e inserti a biacca. f. 46v: iniziale B di Bene est iacta sunt (mm 48×43). La tipologia decorativa è la stessa delle precedenti: un riquadro in oro ospita la lettera, tracciata in rosa tenue e arricchita, all’interno, da una decorazione vegetale e da una sottile filigranatura in biacca. Dall’estremità superiore della lettera si diparte un tralcio vegetale in rosso, ocra e blu, profilato in biacca che accompagna, per un breve tratto, il margine sinistro del foglio. f. 65v: iniziale A di Animadverti sepe Donate (mm 36×38). La lettera è realizzata in rosa tenue e arricchita, all’interno, da una decorazione vegetale e da una sottile filigranatura in biacca. Ai due lati si nota il riquadro in oro che circonda, peraltro, tutte le iniziali maggiori. f. 81v: iniziale Q di Quam minime (mm 39×41). Un riquadro in oro ospita la lettera, tracciata in rosa tenue. All’interno, su una preparazione in blu, è realizzata una decorazione vegetale a grosse foglie. Sul margine superiore e sinistro del riquadro si nota rispettivamente una decorazione a fogliette in oro e un piccolo fiore. Il manoscritto fu prodotto, con molta probabilità, a Ferrara, intorno ai primi decenni del secolo XV. Riportano a questa città, infatti, le decorazioni vegetali che arricchiscono le iniziali maggiori. Le stesse decorazioni, inoltre, si ritrovano quasi identiche in un manoscritto conservato a Oxford, presso la Bodleian Library (ms. Canon. Class. lat. 173), contenente le Vitae di Plutarco e prodotto a Ferrara, intorno alla metà del quarto decennio del secolo XV (PÄCHT, ALEXANDER, Illuminated Manuscripts 2, 39). Il codice apparteneva al fondo della biblioteca Capranica, come si evince da una nota sull’unico foglio di guardia in pergamena: Cod. Collegii Romani Capranicensis / XXII. Nel ms. Vat. lat. 8184, inventario dei volumi del Collegio, lo si ritrova al numero 60. Il manoscritto è in ottimo stato di conservazione. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge: LACTANTI / FIRMIANI / OPERA / IN COMPEN(DIA) / REDACTA e in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / E(X)B(I)B(LIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). (SILVA TAROUCA, I, 237r-v; Bibl. Rossianae, II, 132r) TIETZE, Die illuminierten, 99 nr. 174.

SALVATORE SANSONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 172 (olim VIII, 111) EUSEBIUS CAESARIENSIS, Chronicon (HIEChronicon Eusebii, ab ipso et Prospero continuatum) RONYMUS,

Italia centrale (Firenze?), sec. XV2-3 Membr.; ff. VII (I-VI cart.; il f. I è in cartoncino azzurro), 79, VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro); numerazione moderna in alto a destra; in basso a destra si scorge inoltre, quando non rifilata, una numerazione più antica (per es. ai ff. 21r, 22r, 24r, 34r, 54r, 55r. etc.); richiami sul margine destro del foglio; mm 314×217; scrittura antiqua, di modulo piccolo, vergata a inchiostro nero su due colonne, di 42 linee (intercolumnio mm 17). Da f. 6v l’impostazione dello specchio scrittorio cambia passando alternativamente da tre a quattro e, infine, a una sola colonna di scrittura; rigatura a mina di piombo.

Pagina d’incipit a f. 1r; 1 iniziale maggiore a bianchi girari (f. 1r), 5 iniziali meRoss. 172, f. 1r die (ff. 1r, 2r, 3v, 72r, 75r) alte costantemente tre linee di scrittura e 6 iniziali minori (ff. 5r, 5v, 6r), tutte tracciate in oro e decorate a bianchi girari. Si segnalano, inoltre, numerose linee di testo tracciate con inchiostro rosso, per i titoli dei capitoli, dei paragrafi e per l’index capitulorum. f. 1r: pagina d’incipit. Iniziale E di Eusebius Iheronimus (sic) (mm 31×33), tracciata in oro e decorata a bianchi girari su lacunari puntinati in blu, rosa e verde. Sul margine inferiore una decorazione vegetale doveva originariamente contenere uno stemma, oggi abraso, probabilmente quello del cardinale Capranica. Si segnala inoltre, la presenza di una lettera media, la A di Adiuro te (mm 19×17) anch’essa tracciata in oro e decorata a bianchi girari. Il manoscritto fu realizzato probabilmente a Firenze. La decorazione, infatti, appare molto vicina ai codici di produzione fiorentina databili alla metà del XV secolo: si propone, tra i tanti confronti possibili, quello con una serie di manoscritti conservati alla Bodleian Library di Oxford, per esempio il ms. Buchanan C. I, contenente la Historia florentina del Bruni, nel quale il decoro vegetale sul margine inferiore di f. 1r è analogo alla decorazione che circonda lo stemma abraso del Ross. 172. L’Eusebio rossiano, prima di essere acquistato dal de Rossi, era parte della collezione della biblioteca del cardinale Capranica. Lo si ritova, infatti, nel ms.

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ROSS. 172-174

Vat. lat. 8184 al numero 144. Sul foglio di guardia in pergamena, il VII, si legge Iulius Frattadochius Firmanus fuit librarius bibliothece Capranicensis, anno 1576 die 13 setembris (sic) fecit inventarium omnium librorum. Una nota dello stesso librarius è vergata anche nel codice Ross. 162. Il manoscritto è in ottimo stato di conservazione. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge: EUSEB(II) / HIERO(NYMI) / ET / PROSP(ERI) / DE / TEMPO e in basso: C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / B(IBLIOTHECA) F(IRMANI). (SILVA TAROUCA, I, 238r-240r; Bibl. Rossianae, II, 133r-135r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; BUONOCORE, I codici miniati, 168, n. 2.

SALVATORE SANSONE

Ross. 174 (olim VIII, 113) ALBERTUS MAGNUS, Mariale seu Opus in Evangelium ‘Missus est’ Italia centrale (Firenze?), sec. XV, seconda metà Membr.; ff. VII (I-VI, cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 159, VI’ (cart.; il f. VI’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); tre differenti numerazioni: la prima, in alto a destra, contemporanea al codice, numera i ff. 7-31 con i numeri 3-26 (saltando però il f. 21, quello che con la numerazione meccanica è il 25); la seconda, in alto a destra e moderna, numera i ff. 2-6 con i numeri 1-5 (considerando quindi esattamente il foglio VII in pergamena come foglio di guardia) e il f. 160 con il numero 159; infine, la terza, in basso a destra, meccanica, numera i ff. VII (guardia anteriore in pergamena) - 160; richiami orizzontali sul margine inferiore destro e, dove non rifilate, indicazioni di registro sul recto dei fogli (ff. 32-36, 43-46, 96); mm 270×210; scrittura antiqua, di modulo piccolo e caratterizzata da ductus non sempre regolare, vergata a inchiostro nero su una colonna (mm 180×121) di 33 linee; rigatura a secco, eseguita probabilmente a fascicolo chiuso; su molti fogli si notano i fori guida.

2 iniziali maggiori, a f. 2r e a f. 5v; numerose lettere medie rubricate e filigranate; soltanto sui ff. 2v-3r sono

Ross. 174, f. 2r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

presenti iniziali minori rubricate. Sui primi fogli si scorgono, sui margini esterni, numerose annotazioni di altra mano. f. 2r: iniziale in oro C di Clara est (mm 65×48), a bianchi girari tracciati su un fondo a lacunari rosa e verdi. f. 5v: iniziale in oro P di Primo queritur (mm 79×44), a bianchi girari tracciati su un fondo a lacunari rosa e verdi. Il manoscritto, in ottimo stato di conservazione, è stato realizzato in Italia centrale, probabilmente in ambito fiorentino nella II metà del XV secolo. Legatura Rossi A, in mediocre stato di conservazione. Sul dorso, in alto, impresso in oro, si legge DE / B(EATA) VIRG(INE) MARI(A) / TRACTAT(US) / COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XV; in basso EX BIBL(IOTHECA) FIRMA(NI). Anche questo esemplare, come molti della collezione del de Rossi, faceva parte della biblioteca del Collegio Capranica. In questo caso, però, non vi è nessuna nota di possesso che ne attesti la provenienza, ma soltanto l’iscrizione impressa sul dorso della legatura. (Bibl. Rossianae, II, 137r) TIETZE, Die illuminierten, 115 nr. 236.

SALVATORE SANSONE

Ross. 176 (olim VIII, 115) SABADINO

DEGLI

ARIENTI, De triumphis religionis

Ferrara, sec. XVex. (1497?) (f. 1r) dedica: De Triumphis Religionis ad illustrissimum principem Herculem Estensem Ferrariae ducem compatrem suum colendissimum, Ioannes Sabadinus Argenteus Bononiensis salutem Membr.; ff. VI (cart., il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 120, VI’ (cart., il VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra; richiami verticali; mm 264×182; scrittura umanistica corsiva, a inchiostro nero e rosso per le rubriche, su una colonna (mm 172×197), di 23 linee; alla stessa mano si devono anche indicazioni e note marginali vergate con inchiostro rosso; rigatura a penna, eseguita su recto e verso; i ff. 118v-120v sono rigati ma bianchi.

Pagina d’incipit e iniziale maggiore a f. 1r; iniziali medie tridimesionali, costantemente arricchite da volute vegetali in rosa e verde rialzate in biacca, ai ff. 5r, 12v, 16v, 27v, 34r, 71r, 75v, 81v, 97r, 101v, in apertura dei dieci libri che compongono l’opera; numerose iniziali minori decorate in oro e in blu. Sono rubricati tutti i titoli dei libri.

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ROSS. 174-176

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f. 1r:

pagina d’incipit. Iniziale tridimensionale S di Spesse volte (mm 58×46), in blu rialzato a biacca su fondo in oro. Dal corpo della lettera si dipartono decorazioni a foglie che avvolgono, in alto e in basso, due piccoli clipei, probabilmente cammei, ricavati a risparmio sull’oro in foglia, contenenti due ritratti, di profilo, a penna, sfumati a pennello, che, se pure non identici potrebbero raffigurare l’effigie del principe. In basso, in un clipeo, formato dall’anello con diamante e garofano (l’impresa estense per eccellenza) e contenuto nello spazio di una doppia cornice laureata, lo stemma di Ercole I (duca di Ferrara dall’agosto 1471 al gennaio 1505). Lateralmente due riquadri con l’imRoss. 176, f. 1r presa del principe, che, ripetuta quasi ossessivamente e sempre in specchiature quadrangolari sui lati interno, esterno e superiore, incornicia, a guisa di fregio, lo specchio scrittorio. L’anello con diamante e garofano è ripetuto anche nei riquadri sul margine sinistro e destro del foglio e su quello superiore. Sul lato destro del margine inferiore, quasi del tutto cancellato, sembra scorgersi un ex libris. Al centro del margine superiore, l’anello col diamante contiene il monogranmma di Cristo Ih[e]s[us], tracciato in oro su fondo blu. f. 5r: iniziale I di Ie trovo (mm 33×33), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Volute vegetali campiscono i due spazi ai lati della lettera. f. 12v: iniziale L di La tua religione (mm 37×37), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Volute vegetali campiscono il fondo, mentre dall’asta orizzontale della lettera si sviluppa una sfinge di gusto antiquario. f. 16v: iniziale N di Noi trovamo (mm 37×37), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Sul fondo, dietro la lettera, un intreccio di volute vegetali. f. 27v: iniziale A di Agiungeremo al altre (mm 36×35), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Sul fondo, dietro la lettera, un intreccio di volute vegetali. f. 34r: iniziale S di Sequitaremo ala narrata tua (mm 39×35), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Dalle due estremità della lettera si sviluppano volute vegetali. f. 71r: iniziale C di Che diremo noi (mm 37×41), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Volute vegetali si sviluppano all’interno del campo della lettera.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 75v: iniziale P di Per dare (mm 40×42), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Sul fondo, dietro la lettera, un intreccio di volute vegetali. f. 81v: iniziale Q di Quanto sia (mm 40×40), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Volute vegetali si sviluppano all’interno del campo della lettera. f. 97r: iniziale A di Apresso la narrata (mm 37×37), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Sul fondo, dietro la lettera, un intreccio di volute vegetali. f. 101v: iniziale I di In la tua (mm 37×34), decorata in blu rialzato a biacca su fondo oro. Sul fondo, dietro la lettera, un intreccio di volute vegetali. Il manoscritto tramanda il De triumphis religionis di Sabadino degli Arienti, nato a Bologna intorno alla metà del XV secolo. L’autore fu in stretti rapporti sia con la famiglia dei Bentivoglio di Bologna, divenendo segretario del conte Andrea, figlio di Ludovico Bentivoglio, potente patrizio appartenente a un ramo collaterale della famiglia, sia con gli Estensi, in modo particolare con il duca Ercole, al quale dedicò, tra le altre opere, Le Porretane, ultimate negli ultimi mesi del 1478 e per il quale celebrò, nell’opera De Hymeneo del 1487, il matrimonio della figlia Lucrezia con Annibale Bentivoglio, figlio di Giovanni (GHINASSI, s.v. Arienti, 154, 155). Con ogni probabilità il testo del De triumphis religionis fu composto a Ferrara intorno al 1497 e vergato forse dallo stesso Sabadino. Il codice, secondo la notizia riportata dal Gundersheimer, rappresenta infatti l’esemplare di dedica al duca (Art and Life, 14). Ancora il Gundersheimer, che ne curò l’edizione nel 1972, mette in evidenza, tuttavia, come non sia certa l’ipotesi che vuole autografo il manoscritto, soprattutto a causa di una serie di passaggi di testo e di scelte sintattiche non proprio felici. Si può affermare con certezza, però, che il copista del Ross.176 è lo stesso che verga una serie di lettere degli anni tra il 1481 e il 1505, scritte da Sabadino e indirizzate agli Estensi e in primis a Ercole (Art and Life, 14). Lo studioso ipotizza, quindi, che Sabadino abbia copiato l’opera di suo pugno, ma che non ne abbia successivamente curato la redazione finale. Per ciò che concerne l’apparato decorativo è opportuno rilevare la peculiare struttura della pagina d’incipit, dove il fregio è costituito da una successione di specchiature contenenti l’impresa araldica del duca amplificata dalle dimensioni. Questa concezione della pagina miniata sembra costituire un apax all’interno della produzione libraria nella Ferrara di Ercole I e non trova confronti in codici dedicati al duca negli stessi anni. Il manoscritto è in buone condizioni conservative. Legatura Rossi A, in mediocre condizione. I fascicoli sono quasi completamente staccati dal dorso e si possono scorgere i nervi della legatura. Sul dorso si legge: G(IOVANNI) SABADINO / TRIONFI / DELLA / RELIGIONE e in basso: COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SEC(ULI) / XV. (Bibl. Rossianae, II, 140r-141r) BERTONI, La biblioteca estense, 165-166; TIETZE, Die illuminierten, 157 nr. 341; KRISTELLER, Iter II, 468-469; Art and Life, 14; BUONOCORE, Bibliografia, 654-655; CERESA, Bibliografia 1998, 380.

SALVATORE SANSONE

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ROSS. 177

Ross. 177 (olim VIII, 116) Horae canonicae: Officium Virginis (ff. 1r-28v); Proprium de Tempore (ff. 29r52v); Proprium sanctorum (ff. 53r-79r); Commune sanctorum (ff. 79v-82v); Orationes (in italiano, ff. 86r-87r) Siena, sec. XVex.-XVIin. Membr.; ff. VI (cart., il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 87, VI’ (cart., il VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia); numerazione meccanica in basso a destra; richiami orizzontali sul margine destro del foglio (mancante sul f. 30v); mm 310×212; scrittura gotica testuale di una sola mano, ampia e ariosa, vergata con inchiostro nero su una colonna (mm 210×137), di 26 linee; i ff. 84v, 85r-v sono bianchi e rigati, mentre sui ff. 86r-87r è trascritta, da una mano del XVI secolo, una lunga preghiera; rigatura a penna, eseguita sul recto e sul verso dei fogli.

Ross. 177, f. 1r

Pagina d’incipit e iniziale maggiore istoriata a f. 1r; si segnalano inoltre numerose iniziali medie e minori filigranate alternativamente in rosso e blu, insieme a titoli e segni di paragrafo rubricati. f. 1r: pagina d’incipit. Una doppia cornice circonda, sui quattro lati, l’intero specchio scrittorio ed è decorata con uno splendido fregio vegetale arricchito da candelabre e mascheroni insieme con perle e rubini. All’interno del tralcio e dei ricchi racemi sono raffigurati, in clipei circolari e oblunghi, religiosi e religiose domenicane, da san Domenico a san Pietro Martire, a santa Caterina e san Girolamo, mentre in un clipeo sul margine superiore si scorge il Cristo benedicente (GARZELLI, Le immagini, 339). Al centro del foglio una grande iniziale istoriata, D di Domine labia mea (mm 100×110), raffigura, in un clipeo dorato, la Madonna col Bambino, affiancata da due angeli e ospitata in un interno che si apre con due ampie finestre su uno sfondo paesaggistico. Il corpo della lettera è decorato a biacca con sottili inserzioni vegetali ed è avvolto da grosse foglie realizzate sul campo preparato in oro. Il manoscritto, prodotto con molta probabilità a Siena, fu decorato, per la pagina d’incipit, da Littifredi Corbizzi, documentato in quella città nel 1494. Littifredi, nato a Firenze nel 1465, iniziò la propria attività all’interno della bottega di Attavante. Testimone di questa prima fase è un foglio di corale con Giacobbe ed Esaù inserito in un volume cartaceo conservato a Manchester (John Rylands

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

University Library, ms. 14. II, f. 10). Intorno al 1490 collaborò alla decorazione dei codici per il re d’Ungheria Mattia Corvino, nei quali si dedicò a personali ricerche sul ritratto, allontanandosi progressivamente dallo stile di Attavante. Oltre al Ross. 177, risale al periodo senese un Libro d’ore, datato al 1494 e conservato a Siena (Biblioteca comunale degli Intronati, ms. X. V. III). Littifredi mostra una conoscenza della pittura su tavola, evidente soprattutto nel taglio compositivo dell’Adorazione del Bambino a f. 51r del codice senese, così come in quelli dell’iniziale istoriata con la Madonna col Bambino e angeli a f. 1r del manoscritto rossiano (GALIZZI, s.v. Corbizzi, 174, 175). Il Ross. 177 è in discreto stato di conservazione. La legatura, del tipo Rossi A, presenta il dorso reciso dal piatto anteriore. Sul dorso si legge OFFICIU(M) / B(EATAE) M(ARIAE) V(IRGINIS) e in basso COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Il manoscritto è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (SILVA TAROUCA, I, 242r-244r; Bibl. Rossianae, II, 142r) TIETZE, Die illuminierten, 149 nr. 325; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 179 nr. 558; GARZELLI, Le immagini, 339; BUONOCORE, Bibliografia, 655; MORELLO, Libri d’ore, 34; CERESA, Bibliografia 1998, 380; GALIZZI, s.v. Corbizzi, 174-175.

SALVATORE SANSONE

Ross. 178 (olim VIII, 117) Breviarum Romanum: Kalendarium (ff. 1r-6v); Proprium de Tempore (ff. 7r-158v [157v], incipit mutilo alla IV d’Avvento e termina all’incipit del Liber Malachiae); Psalterium (ff. 159r [158r]-225v [224v]); Hymni (ff. 225v [224v]-236v [235v]); Proprium sanctorum (ff. 237r [236r]-339r [338r]); Commune sanctorum (ff. 340r [339r]-380v [378v]); fragmentum lectionum (f. 380v [379v]) Italia centrale (Umbria?), secc. XIIIex.XIVin.

Ross. 178, f. 27r

Membr. (pergamena spessa e di qualità discreta, ma ben lavorata); ff. X (I in cartoncino blu come la controguardia; II-X cart. moderni), 380, X’ (X’ in cartoncino bianco al pari della controguardia; tutti gli altri sono cart. moder-

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ROSS. 177-178

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ni); foliazione meccanica moderna, in basso a destra, in cifre arabiche, corretta fino al f. 70; poiché i due fogli successivi vengono indicati come f. 71, la numerazione procede sfalsata (da questo momento si indicherà la numerazione esatta e riportando quella errata entro parentesi); richiami di fascicolo collocati al centro del margine inferiore, sempre sul verso del foglio, messi in risalto da sottili linee a inchiostro, talvolta rifilate; mm 292×198 (le misure sono il risultato di una media fra quelle rilevate in tre punti diversi del manoscritto, ai ff. 15, 204 (203), 380 (379), data l’irregolarità del codice causata da evidenti rifilature dei margini); scrittura testuale gotica di tre mani, a inchiostro nero: la prima è presente ai ff. 1r-334r (333r) e ai ff. 340r (339r)-379v (378v), la seconda verga i ff. 335r (334r)339r (338r), infine un’ultima mano copia il f. 380r (379r). Nel calendario sono state apposte note e indicazioni di santi successive alla stesura del testo originario. Nel f. 237v (236v) sono vergate solo quattro linee di scrittura, mentre nel f. 334v (333v) la seconda colonna è lasciata in bianco, il f. 339v (338v) è infine anepigrafo. Specchio scrittorio (mm 210×140) a due colonne, con uno spazio intercolonnare di mm 16, di 34 linee di scrittura; rigatura in ocra su recto e verso di ogni foglio, con rettrici verticali che giungono a toccare i margini superiore e inferiore; il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 20 iniziali maggiori istoriate e abitate, arricchite da ampi fregi, 2 miniature tabellari, numerosissime iniziali medie filigranate alternativamente blu e rosse e una a f. 121v (120v) decorata e realizzata su campo blu (mm 40×28); numerose iniziali minori calligrafiche alternativamente rosse e blu; segni paragrafali in blu; molti passaggi del testo rubricati. Ai ff. 335r (334r)-339r (338r) subentra un altro calligrafo, che realizza iniziali medie rubricate rosse, a eccezione della prima, blu. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 12v, 27r, 90v (89v), 112r (111r), 117v (116v), 140r (139r), 144r (143r), 159r (158r), 159v (158v), 173v (172v), 179v (178v), 185r (184r), 189v (188v), 197r (196r), 202v (201v), 210r (209r), 225v (224v), 237r (236r), 237v (236v), 340r (339r); in esse è impiegata sempre la medesima tavolozza pittorica: il corpo è realizzato in color porpora o rosa, mentre i perimetri interno ed esterno della lettera sono percorsi da una campitura in ocra; il pigmento per il fondo è in blu e talvolta lo spazio creato dal corpo della lettera si presenta in porpora; i motivi decorativi a filamenti e puntini sono eseguiti in biacca; ad arricchire le miniature sono infine elementi coperti in lamina metallica. In tutte le iniziali sono analoghi i fregi fitomorfi policromi (blu, rosso, rosa, porpora, elementi in foglia d’oro). Le miniature tabellari sono invece collocate ai ff. 90v (89v) e 122r (121r). f. 12v: iniziale istoriata P di Primo tempore (mm 100×68), all’incipit del passo In nativitate domini; la lettera dà vita ai due fregi che si dispongono lungo tutto il margine esterno e in parte di quello inferiore (il margine superiore è rifilato). La scena che qualifica la lettera è la Natività, rappresentata in modo sintetico con la Vergine che, avvolta in un manto blu su una veste rossa, sta comodamente seduta su un tappeto-cuscino decorato a elementi geometrici e stringe al petto, sostenendolo con le ginocchia, il Bambino avvolto nelle fasce bianche. Ella poggia inoltre il braccio sinistro su una struttura rettangolare lignea, forse parte della mangiatoia, da dietro la quale emergono le teste del bue e dell’asino. Tutta la scena si

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

svolge su un fondo color porpora e i nimbi sono realizzati in lamina metallica. f. 27r: iniziale istoriata O di Omnes scitientes (sic, sitientes) (mm 51×60), istoriata; dalla campitura blu del fondo nasce il fregio che si dispone nel margine interno e per metà di quello inferiore. L’Epifania è la protagonista della figurazione della lettera, con Gesù che, seduto in braccio a Maria, poggia la mano sul capo del magio inchinato, con le mani velate a baciargli il piccolo piede; dietro di lui gli altri due re coronati, che si avvicinano recando in mano i loro doni. f. 90v (89v): iniziale I di In illo tempore Maria Magdalena (mm 62×25); la I è abitata da una figura umana con orecchie zoomorfe, priva degli arti e paludata con un morbido mantello violaceo; dalla bocca spalancata nasce il fregio che si sviluppa sul margine inferiore. La pagina è poi arricchita dalla presenza di una miniatura tabellare (mm 68×75) con la Resurrezione di Cristo, che esce dal sarcofago marmoreo, recando in mano un vessillo bianco crociato di rosso. A destra della tomba, in basso, dormono due soldati; completa la scena, sulla sinistra, un elemento roccioso. f. 112r (111r): iniziale D di Dum complerentur (mm 65×63); dalla gamba della lettera nasce il fregio, pesantemente rifilato, che doveva disporsi nel margine superiore del foglio. L’iniziale è istoriata con l’immagine della Pentecoste, che si svolge sotto una sorta di tettoia lignea sorretta da sottilissime colonne bianche. Sulla sommità della struttura è poggiata la colomba dello Spirito Santo, appena accennata, da cui si diffondono raggi rossi che giungono a toccare le teste degli apostoli che sono rappresentati da cinque figure in primo piano e dal degradare dei nimbi in foglia d’oro sullo sfondo. Singolare l’assenza della Vergine, parte integrante dell’iconografia. f. 117v (116v): iniziale abitata F di Fuit vir unus (mm 95×65); dalla lettera nasce il fregio policromo fitmorfo, che si dispone nello spazio interlineare e nel bas-de-page. All’interno della lettera, è il ritratto a mezzo busto di un re privo di nimbo che reca in mano una spada. Tra le volute del fregio abitato del margine inferiore nasce una sorta di ibrido (figura maschile, inchinata e posta di profilo, priva di gambe), anch’essa con in mano una spada, che sembra guardare il personaggio raffigurato nella lettera. f. 122r (121r): miniatura tabellare (mm 63×78) che raffigura un momento della comunione dei fedeli. All’interno di una chiesa al centro della navata, l’officiante, di dimensioni maggiori e raffigurato in posizione preminente, porge un’ostia e una sorta di piccolo pane ai fedeli inginocchiati davanti a lui. Il sacerdote è poi accompagnato da un accolito prostrato alle sue spalle e l’altare è preparato per la cerimonia con tre ceri accesi e un paramento rosso, il calice e una campana sospesa sulla mensa. f. 140r (139r): iniziale istoriata P di Parabole Salomonis filii David (mm 98×65); prendendo le mosse dalla lettera, il fregio si dispone per la lunghezza del margine intercolonnare, fino a occupare quello superiore, dove è stato

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ROSS. 178

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parzialmente rifilato. All’interno della lettera re Salomone siede in trono, reggendo nella mano sinistra una croce astile e protendendo la destra verso un fanciullo che lo osserva. f. 144r (143r): iniziale V di Vir erat (mm 55×60); il fregio in questo caso occupa un angolo superiore del margine laterale, anche se parzialmente rifilato. La lettera, che presenta elementi fogliacei in rosso, è abitata dalla figura di Giobbe che, colpito dalla lebbra, giace su suo giaciglio. f. 159r (158r): iniziale P di Primo die (mm 100×68), istoriata; il fregio va a disporsi sia nel bas-de-page, dove le forme risultano quasi completamente illeggibili tanto è degradato, sia nel margine superiore, nuovamente rifilato, e infine nello spazio intercolonnare; la decorazione assume in questo caso le sembianze di un uomo privo delle gambe, con un copricapo lungo e scampanato e il braccio proteso a indicare l’iniziale. Lo spazio all’interno della lettera, campito in porpora e ornato da un reticolato arricchito da rosette, ospita una sorta di traditio libris. Un vescovo con tiara e nimbo, assiso su uno scranno e accompagnato da un accolito tonsurato, il cui volto fa capolino dalla lettera, riceve un libro da due frati inginocchiati davanti a lui. f. 159v (158v): iniziale B di Beatus vir (mm 100×80), all’incipit del Salterio, istoriata; la figura di David, nella parte inferiore della lettera, è associata a quella di Cristo risorto che reca nella sinistra un globo blu. Al di sotto dello spazio riservato all’iniziale, un rettangolo color porpora decorato a filamenti bianchi e inquadrato da una cornice in oro musivo contiene, eseguite in crisografia, le prime parole del Libro dei Salmi. Il fregio si dispone nuovamente nello spazio intercolonnare e in parte del margine inferiore, dove è abitato da una figura antropomorfa priva delle gambe, posta di profilo, che brandisce una spada e impugna uno scudo. f. 173v (172v): iniziale D di Dominus illuminatio mea (mm 85×67), all’incipit del salmo 26; il fregio, che si dispone per metà del margine esterno e nel bas-de-page, termina con una protome antropomorfa accompagnata da una sorta di divertissement del miniatore: un essere ibrido, per metà umano e per metà grifo, coperto da una casacca, reca in mano uno degli elementi in lamina metallica che arricchiscono il fregio. Dalla sua coda nasce il motivo vegetale che chiude la decorazione. L’iniziale, infine, è abitata da David che indica i propri occhi. f. 179v (178v): iniziale D di Dixi custodiam (mm 55×60), all’incipit del salmo 38; nonostante il fregio nel margine inferiore sia molto rovinato, risulta ancora evidente che gli elementi vegetali nascono dalle gambe di un personaggio gemello a quello segnalato a f. 159v (158v); anche in questo caso infatti è presente un uomo che agita una spada e uno scudo rotondo. All’interno della lettera, David è rappresentato mentre indica la propria bocca. f. 185r (184r): iniziale abitata D di Dixit insipiens (mm 60×65), all’incipit del salmo 52, la lettera è qualificata dall’immagine dello stolto che brandisce

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un bastone, mente il fregio si dispone nel margine interno e in quello superiore, dove è stato parzialmente rifilato. f. 189v (188v): iniziale abitata S di Salvum me fac (mm 55×60), all’incipit del salmo 68, i due campi isolati dalle curve della lettera sono differenziati nella decorazione, quello superiore è infatti campito da un fregio fitomorfo color blu, mentre in basso è il capo di David che fuoriesce dalle acque con lo sguardo rivolto al cielo. Il fregio occupa lo spazio intercolonnare e il margine inferiore. f. 197v (196r): iniziale E di Exultate Deo (mm 50×60), all’incipit del salmo 80; in questo caso non è presente alcun tipo di fregio, mentre la lettera è abitata da David che suona il salterio. f. 202v (201v): iniziale istoriata C di Cantate domino (mm 57×70), all’incipit del salmo 97, il verso di apertura del componimento è illustrato all’interno della lettera da tre frati tonsurati che cantano seguendo le note sul libro aperto poggiato sul leggio ligneo. f. 210r (209r): iniziale abitata D di Dixit dominus (mm 55×70), all’incipit dell’ultima sezione del salterio, salmo 109, il fregio si dispone nel margine interno e in quello inferiore, mentre la lettera accoglie Cristo benedicente a mezzo busto e con il nimbo in foglia d’oro, che reca nella mano sinistra il libro chiuso. f. 225v (224v): iniziale C di Conditor alme siderum (mm 57×70), all’incipit dell’Innario, passaggio testuale sottolineato dalla lettera che ospita un intreccio vegetale, realizzata con la triade coloristica del blu. f. 237r (236r): iniziale abitata D di Deus qui nos beati (mm 75×61), all’incipit del Proprium sanctorum, un santo, forse san Saturnino, che solitamente è il primo del santorale, avvolto da una veste rossa porta sulla spalla un sacco, come fosse un viandante. Il fregio occupa metà del margine laterale, giungendo fino all’angolo superiore esterno della pagina, dove è stato resecato. f. 237v (236v): iniziale M di Maiorem caritatem (mm 45×52); il fregio qualifica il margine laterale e appare rifilato alle estremità. La lettera è invece abitata da un santo con il libro chiuso nella mano sinistra e con la croce astile nella destra. f. 340r (339r): iniziale abitata F di Fratres iam (mm 90×71), all’incipit del Commune sanctorum, con il fregio laterale resecato nella parte superiore, mentre nel bas-de-page e parzialmente nel margine esterno si sviluppa una sorta di fregio drôlerie dalle forme vegetali che danno vita al busto di un personaggio abbigliato con una veste rosa-viola e con un coprispalle blu, che reca in mano un libro chiuso. Nella lettera è presente un santo, forse Paolo. L’apparato decorativo del manoscritto potrebbe essere assegnato a un miniatore di origine umbra, tanto il suo linguaggio, il modo di costruire le iniziali e i fregi corrisponde a quella tradizione figurativa. Consueto appare infatti il mo-

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tivo a fini intrecci e piccole foglie cuoriformi, talvolta poste di profilo, impiegato sia nei fregi sia nelle lettere (CALECA, Miniature in Umbria, 83; Manuscrits enluminés d’origine italienne, 117; SESTI, La Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, 77); usuale la scelta della tavolozza pittorica, costruita sulla base di pochi colori che si ripetono per le diverse parti della pagina. Accade quindi che le campiture di fondo siano di colore blu o porpora e che gli stessi pigmenti siano poi ripetuti anche nelle decorazioni marginali (CALECA, Miniature in Umbria, 83; Manuscrits enluminés d’origine italienne, 117; SESTI, La Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, 63), mentre è molto frequente l’uso di foglia d’oro, variata nello spessore, impiegata talvolta per dare risalto agli sfondi e sempre come arricchimento dei fregi o di singole porzioni nel corpo dell’iniziale maggiore. Osservazioni a parte vanno riservate alla figura umana che sovente popola non solo le lettere, ma anche l’ornamento dei margini. Nei codici di origine umbra si rileva la tendenza a una certa stilizzazione e a una scarsa attenzione per gli effetti volumetrici e plastici, fenomeno che compare soprattutto nel secolo XIV (SESTI, La Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, 77) e che appare ravvisabile anche nell’esecuzione del Ross. 178. Il manoscritto è anche testimone di un’ulteriore peculiarità della miniatura umbra, vale a dire la spiccata caratterizzazione dei volti, spesso di dimensioni leggermente più grandi rispetto al resto della figura, caratterizzazione che fa da contraltare alla scarsa attenzione per i corpi (SESTI, La Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, 77). Il manoscritto si presenta in cattive condizioni conservative; i primi due fogli sono stati in parte strappati o ritagliati, come è accaduto anche in corrispondenza del margine inferiore dei ff. 2-3 e al f. 34. L’intero codice è stato pesantemente rifilato e l’inchiostro risulta a tratti così sbiadito da rendere difficoltosa la lettura. I lineamenti del volto di Cristo e i suoi tratti anatomici a f. 90v (89v) sono quasi scomparsi a causa del degrado della pellicola pittorica. Al f. 225, nel margine inferiore, è visibile un risarcimento a rammendo; come anche al f. 334 dove un primo intervento di questo tipo è stato in seguito rinforzato da uno a rattoppo. A f. 339 infine un ritaglio di pergamena colma una lacuna nel bas-de-page. Nel contropiatto posteriore è presente una targhetta che testimonia un intervento realizzato dal laboratorio di restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana e datato 16 febbraio 1992. Legatura Rossi A, in buone condizioni; sul dorso in alto si legge: BREVIARUM / ROMANUM; in basso: CODEX MEMBRANACEUS / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, I, 245r-248r; Bibl. Rossianae, II, 143r) TIETZE, Die illuminierten, 8-9 nr. 10; SALMON, Manuscrits liturgiques I, 160 nr. 329; RUBIN, Ein neuer Feiertag, 37; CERESA, Bibliografia 2005, 477.

EVA PONZI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 179 (olim VIII, 118) Antiphonarium ad usum Eremitarum Sancti Augustini: Kalendarium (ff. 1r6v); Proprium de Tempore (ff. 7r-101r); Proprium sanctorum (ff. 103r-141r); Commune sanctorum iuxta ritum Romanae curiae (ff. 141r-162v) Umbria, sec. XVex. Membr.; ff. I (in cartoncino bianco), 162, I’ (in cartoncino bianco); numerazione meccanica in cifre arabe in basso a destra; richiami vergati con inchiostro rosso e nero al centro del margine inferiore del foglio verso, a partire dal secondo fascicolo. Da f. 112v i richiami sono vergati con inchiostro rosso e nero in basso sull’estremo margine destro (a f. 86v il richiamo è rifilato; ai ff. 96v e 102v è assente, probabilmente perché rifilato); mm 307×229; scrittura gotica su due colonne di 26 linee, a inchiostro nero, rosso per le rubriche; i Ross. 179, f. 7r ff. 101v-102v sono bianchi, ma rigati; mm 186×135 (spazio intercolonnare mm 17). Per il primo fascicolo (ff. 1r-6v) la scrittura è disposta su una colonna (mm 179×151); rigatura a mina di piombo; notazione quadrata nera su tetragramma rosso. A f. 6v, in basso, si legge, vergata da mano successiva, la nota Fr. Paschalis de Litio sacrista MDLXXX e a f. 102v, un’altra mano traccia Iesus / In Dei nomine Amen anno a XPO nato MDLXI.

Pagina d’incipit a f. 7r decorata con un ricco fregio sui quattro lati e 2 iniziali maggiori, una istoriata, l’altra decorata. Iniziali maggiori decorate anche ai ff. 103r, 141r, in apertura rispettivamente del Proprium sanctorum e del Commune sanctorum. Numerose iniziali medie e minori decorate, corrispondenti a tre o quattro linee di scrittura (ff. 20v, 21r, 21v, 23r, 26v, 28r, 31r, 66r, 66v, 74v, 76v, 79r, 80v, 81v, 103r, 106v, 108v, 111r, 112r, 115r, 116r, 118r, 119v, 120r, 121v, 122r, 123v, 128r, 130r, 132r, 133r, 134r, 134v, 136v, 137v, 138r, 138v, 141v, 142v, 143v, 144v, 145r, 146r, 146v, 147r,148r, 148v, 149v). Tutte le iniziali sono collocate in campo oro e arricchite da una decorazione vegetale o geometrica, nei toni del blu, del rosa, del verde. Si segnala anche la presenza di iniziali filigranate vergate alternativamente con inchiostro blu e rosso. All’interno del testo numerose linee di scrittura sono rubricate. A f. 115r, sul margine superiore e su quello inferiore è realizzata una decorazione a fiori, foglie e globi aurei, arricchita da un sottile ed elegante lavoro di penna. La decorazione si lega, mediante un listello in oro, alle due iniziali medie contenute all’interno della seconda colonna di scrittura.

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ROSS. 179

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f. 7r:

una ricca decorazione vegetale, caratterizzata da grossi fiori, ampie foglie e globi aurei cigliati, delimitata lateralmente da una cornice tridimensionale a motivi vegetali partiti di verde e di rosa e definiti da listelli aurei, inquadra il testo sui quattro margini del foglio. All’incipit del Proprium de Tempore, nella prima colonna di testo, ritratto all’interno dell’iniziale maggiore F di Fratres scientes (mm 60×60), Re David, coronato, intento a suonare la cetra tenuta sul petto. All’interno della seconda colonna è miniata l’iniziale maggiore decorata E di Excita quaesumus (mm 46×44). La lettera, realizzata in blu su campo in oro, presenta sul fondo una decorazione a fiori e foglie. f. 103r: iniziale maggiore decorata D di Deus qui nos (mm 38×42). f. 141v: iniziale maggiore decorata F di Fratres iam (mm 45×45).

Il manoscritto fu prodotto sul finire del secolo XV, probabilmente in ambiente umbro come attesta la ricca decorazione di f. 7r e quella delle iniziale medie e minori, che si avvicinano a prodotti di scuola perugina, come per esempio il ms. 10 della Biblioteca Capitolare di Perugia (CALECA, Miniatura in Umbria, 187-190). Nel calendario di f. 5v è inoltre segnata, al 30 ottobre, la festa di san Felice vescovo di Spoleto. Il santo, tuttavia, non fu mai vescovo di questa città, ma della diocesi di Spalato e soltanto l’assonanza tra le parole spalatensis con spoletensis fece sì che Felice fosse ricordato, erroneamente, anche come vescovo della città umbra (BURCHI, s.v. Felice, 564). Burchi ricorda come Felice fu ritenuto, di nuovo erroneamente, vescovo di Spello e di Martana, altra diocesi mai esistita, dove è festeggiato il 30 ottobre. Il quinternio da f. 113r a f. 122v sembra realizzato da un artista diverso rispetto a quello che lavora all’intero codice: forse un miniatore di origine ferrarese o che risente di influenze padane, nella decorazione dei margini superiore e inferiore di f. 115r, con l’elegante lavoro a penna che accompagna i fiori dai petali carnosi, avvicinabili a opere uscite da botteghe ferraresi, intorno al terzo quarto del secolo XV (La miniatura a Ferrara, 163-184). Ottimo lo stato di conservazione del manoscritto. Legatura Rossi A, recentemente restaurata. I fogli di guardia moderni hanno coperto la vecchia segnatura del manoscritto. Sul dorso si legge in alto: BREVIARII / ROMANI / CAPITULA / ET ORATIONES / CUM RUBR(ICIS) e in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, I, 249r-251r; Bibl. Rossianae, II, 144r-v) TIETZE, Die illuminierten, 137 nr. 303; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 81 nr. 153.

SALVATORE SANSONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 180 (olim VIII, 119) Missale secundum consuetudinem Romanae curiae: Kalendarium (ff. 1r6v); Proprium de Tempore (ff. 7r-156v); Proprium sanctorum (ff. 157r-208r); Commune sanctorum (ff. 208v-227v); Missa pro dedicatione ecclesiae (ff. 228r229r); Missa Trinitatis (ff. 229r-229v); Missa Sancti Spiritus (ff. 229v-230r); Missa Sanctae Crucis (ff. 230r-230v); Missae (ff. 230v-251v); Kyrie (ff. 251v252r); Missa sancti Eligii (ff. 252r253r); Missa stigmatum sancti Francisci (ff. 253r-254r); Missa Immacolatae Conceptionis (ff. 254r-v: aggiunta posteriore) Italia (Napoli), secc. XIVex.-XVin. Membr.; ff. VIII, 254, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Foliazione meccanica moderna, in Ross. 180, f. 7r cifre arabiche, apposta nell’angolo inferiore destro; tracce di altra numerazione, moderna ma precedente, apposta a penna nell’angolo superiore destro, generalmente rifilata, ma visibile negli ultimi fascicoli. Richiamo orizzontale posto al centro del margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio dei fascicoli (ai ff. 196v e 246v è elegantemente inserito nella terminazione inferiore, dipinta a tempera, del tralcio vegetale che adorna l’intercolumnio). Il codice misura mm 305×225. Scrittura gotica italiana, in inchiostro bruno, rosso per le rubriche, di una sola mano. Specchio scrittorio su due colonne (mm 190×145), di 32 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 15); nel calendario specchio scrittorio su una sola colonna (mm 195×160) di 35 linee di scrittura. Rigatura a mina di piombo, eseguita su tutti i fogli. Il codice è composto da quinioni regolari, tranne il primo, un ternione contenente il calendario, e l’ultimo, un quaternione.

1 miniatura a piena pagina (mm 230×155, f. 110r); 27 iniziali istoriate e figurate (da un massimo di mm 65×80, a f. 14v, a un minimo di mm 20×25, f. 230r), poste agli incipit delle messe più importanti; iniziali decorate, di altezza variabile da due linee di scrittura (mm 15×20) a sette (mm 40×50), agli incipit di minore importanza. Iniziali campite, in foglia d’oro in campo blu o porpora, dell’altezza di una linea (mm 10×10), impiegate solo ai ff. 82v-84r, in punti testuali che nei fascicoli precedenti sono evidenziati da iniziali calligrafiche; le iniziali campite sono forse state inserite per completare spazi lasciati vuoti, perché sono state eseguite tutte dalla seconda bottega). Iniziali filigranate di diverse mani, in rosso e blu, con ornati di penna in rosso e lilla, a contrasto (su tre o due linee di testo mm 20×20 e 15×20); iniziali calligrafiche in rosso e blu (su una

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ROSS. 180

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linea di testo mm 10×10). Iniziali rialzate con un tocco di ocra (su una linea di testo mm 10×10). Sono utilizzati segni di paragrafo in rosso e blu. Notazione nera quadrata su tetragramma rosso. f. 7r:

f. 14v: f. 20v: f. 109v:

f. 110r:

f. 114r:

f. 124r: f. 129v: f. 136v:

pagina di incipit miniata. Iniziale A di Ad te levavi, all’incipit dell’introito della messa della I domenica d’Avvento. Davide eleva l’animula verso Dio. Il foglio è circondato su quattro lati da una fitta bordura di acanto, che si incastra entro una fascia in foglia d’oro. Al centro dei due margini inferiore e superiore sono medaglioni formati dall’intreccio di nastri colorati. Al di sotto della bordura, nel margine inferiore, due putti armati di lancia e scudo, a cavallo dei tralci di acanto, si sfidano a duello; alle due estremità della bordura fugge un coniglio. iniziale P di Puer natus est, all’incipit della messa maggiore di Natale. La Natività. iniziale E di Ecce advenit dominator, all’incipit della messa di Epifania. L’Adorazione dei Magi. iniziale T del Te igitur, all’incipit del Canone. Il sacerdote compie l’elevazione dell’ostia. Il celebrante è di profilo davanti all’altare su cui poggiano un messale, un calice e una croce dorata; l’accolito tiene il cero e un lembo della casula del celebrante. miniatura a piena pagina con la Crocifissione, affrontata all’incipit del Canone. L’iconografia dell’immagine raffigurata nel grande riquadro miniato è decisamente singolare: su un fondo quadrettato spicca il Crocifisso, accanto al quale siedono in terra Maria e Giovanni; dietro di loro, incastrato tra due quinte rocciose è il sepolcro spalancato, con l’iscrizione † SEPULCHRU(M) (I)OSEPH. Il sepolcro nel quale venne deposto Gesù era infatti quello di Giuseppe di Arimatea. La combinazione della Crocifissione con il Sepolcro spalancato, con una voluta ambiguità tra il sarcofago pronto ad accogliere il Cristo deposto e quello scoperchiato dopo la Resurrezione, si combina con i volti espressionistici dei due dolenti e con il taglio accentuatamente devozionale della scena, con le braccia della croce che fuoriescono dalla cornice azzurra, illusivamente raffigurata in rilievo. Al di sotto della scena è uno stemma eraso, di cui si intravede solo una fascia superiore, più scura, e una inferiore con tracce di pigmento rosso. iniziale decorata D di Deus qui hodierna (su sei linee di testo mm 40×50), all’incipit dell’orazione della messa di Pasqua. Al di sotto della lettera, nel margine inferiore, è un medaglione miniato contenente la Resurrezione. iniziale V di Viri Galilei, all’incipit della messa dell’Ascensione. L’Ascensione. iniziale D di Deus qui hodierna die, all’incipit dell’orazione della messa di Pentecoste. La Pentecoste. iniziale C di Cibavit eos, all’incipit della festa del Corpus Domini. La lettera istoriata, di piccole dimensioni (su quattro linee di testo, mm 25×25), raffigura l’immagine devozionale di Cristo portacroce, ignudo, con una fascia alla vita; egli indica il costato, da cui sgorga il sangue che cola in

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f. 157r:

f. 165r:

f. 169r: f. 177v: f. 180r: f. 181v: f. 188v:

f. 190v: f. 191v: f. 192v: f. 196v:

f. 198r:

f. 201v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

un calice d’oro, su cui è sospesa l’ostia. Il tralcio che si diparte dalla lettera percorre l’intercolumnio, andando a sfociare in alto in un trionfo di riccioli; in basso i racemi si avvolgono attorno a un medaglione che ospita la scena della Comunione degli apostoli Pietro e Paolo. Cristo in veste rosa e manto azzurro, in piedi dietro all’altare, allarga le braccia e porge l’ostia a san Pietro, inginocchiato a mani giunte, a sinistra, e il calice a san Paolo, inginocchiato a mani giunte, a destra. Il richiamo è stato spostato in basso a destra per lasciare spazio alla scena. pagina miniata. Iniziale D di Dominus secus, all’incipit del santorale (festa di sant’Andrea). Chiamata di Pietro e di Andrea. I due apostoli, lasciata alle spalle una riva con una città cinta da mura, si avvicinano a Cristo benedicente, sul bordo del mare. I tralci di acanto sono incastrati entro una fascia di foglia d’oro dai bordi mossi da curve e cuspidi aguzze. Nel margine inferiore, in campo aperto, sotto la bordura, sono raffigurati due conigli e due uccelli fantastici. iniziale S di Suscepimus Deus misericordiam tuam, all’incipit della messa della Purificazione. La Presentazione al Tempio. L’edificio che ospita la scena è un’architettura rinascimentale di colore verde pallido. iniziale V di Vultum tuum, all’incipit della messa dell’Annunciazione. L’Annunciazione. iniziale D di De ventre matris, all’incipit della messa di Giovanni Battista. La Nascita di Giovanni Battista. iniziale H di Hunc scio, all’incipit dell’introito della messa di Pietro e Paolo. Pietro e Paolo. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit dell’introito della messa della Visitazione. La Visitazione. iniziale B di Benedicta sit sancta Trinitas, all’incipit dell’introito della messa della Trasfigurazione. La Trasfigurazione. Cristo appare sospeso sul monte, tra i due profeti, mentre in basso giacciono gli apostoli dormienti. Purtroppo l’immagine è rovinatissima. iniziale C di Confessio et pulchritudo in conspectu eius, all’introito della messa di san Lorenzo. Lorenzo con la graticola. iniziale figurata F di Famulos tuos, all’incipit dell’orazione della messa di santa Chiara. Santa Chiara. iniziale tagliata, all’incipit della messa dell’Assunzione. Nei margini rimangono i tralci miniati. iniziale S di Salve sancta parens, all’incipit dell’introito della messa per la Nascita di Maria. Natività della Vergine Maria. Il tralcio avvolge il richiamo nel margine inferiore. iniziale N di Nos autem oportet, all’incipit dell’introito della messa per l’Esaltazione della Croce. Raffigurazione della Croce. Il disegno di un cerchio, destinato ad ospitare un dischetto dorato, accanto al riquadro con la lettera, è rimasto vuoto. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit dell’introito della messa di san

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ROSS. 180

f. 205v:

f. 208v: f. 228r: f. 229r: f. 230r:

f. 242r:

f. 252v:

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Francesco. San Francesco. Il santo è raffigurato con il saio, un libro rosso e il crocifisso; il sangue che sgorga dalle stimmate e dal costato è rappresentato con grande evidenza. Nel margine inferiore è un tralcio isolato accanto a una formella polilobata con Sant’Antonio da Padova, con il saio, un libro rosso e il giglio. Entrambi hanno l’aureola puntinata. Nel margine superiore, il tralcio isolato, rifilato, ospita un putto di grandi dimensioni. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit dell’introito della messa di Ognissanti. Cristo con l’Agnello mistico circondato dalle schiere dei santi: a sinistra spiccano Maria e Pietro, a destra Giovanni Battista e Paolo, in prima fila sono gli apostoli. iniziale E di Ego autem sicut oliva, all’incipit dell’introito della messa per un apostolo, all’inizio del Comune dei santi. San Paolo con il libro e la spada. iniziale T di Terribilis est locus, all’incipit dell’introito della messa per la Dedicazione di una chiesa. Una basilica con accanto un campanile rosa. iniziale B di Benedicta sit sancta Trinitas, all’incipit dell’introito della messa per la Trinità. Il Trono di grazia (Gnadenstuhl). iniziale N di Nos autem gloriari, all’incipit dell’introito della messa in onore della Santa Croce. La Croce sul Golgota, con i chiodi infissi, dai quali sgorga sangue. iniziale R di Requiem eternam dona, all’incipit dell’introito della messa per i Defunti. Due francescani, leggendo da un libro rosso e da uno blu, vegliano su frate defunto, disteso sul feretro coperto stoffa di damasco purpurea. iniziale S di Statuit ei dominus, all’incipit dell’introito della messa di sant’Eligio. Sant’Eligio in abiti vescovili, con casula verde, mitria e pastorale.

Nel codice sono attive due botteghe diverse. La gamma cromatica adoperata dalla prima bottega è chiara e luminosa e basata sull’impiego di rosa, azzurro, verde brillante, rosso e grigio pallido; nelle figurazioni i miniatori ottengono raffinati effetti cangianti, specie nei manti e nelle vesti. La seconda bottega utilizza colori più scuri e opachi con una prevalenza del verde oliva, del marrone, del porpora e del blu. Il corredo decorativo secondario, costituito dalle iniziali filigranate, è raffinatissimo. Uno dei calligrafi attivi nel codice è un artista di primo piano, che realizza decori e prolungamenti a penna e inchiostro che, seguendo le tipologie diffuse nei codici napoletani della metà del Trecento, acquistano ancora maggiore ricchezza di motivi vegetali. Sono frequentemente impiegate foglie di acanto dai bordi frastagliati e le terminazioni dei getti decorativi che riempiono i margini sono costituite da fiori tripetali dalle forme allungate, talvolta rialzati da tocchi color ocra (per esempio a f. 7v). Il Messale è stato localizzato a Napoli da Jonathan Alexander, che ne ha appunto assegnato l’illustrazione a due miniatori diversi. Il primo, secondo lo studioso, sarebbe affine all’autore della Bibbia Hamilton (Berlino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, ms. 78. E. 3 = Hamilton 90), come già suggerito da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 84) e da Hermann, che inseriva il codice, insieme al Ross. 276 (si veda

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la relativa scheda), tra i codici napoletani legati alla Bibbia, ms. lat. 1191 di Vienna (HERMANN, Die illuminierten, 251). Alexander proponeva di datare il Messale rossiano agli anni 1370-1390, sottolineando che, nonostante il secondo miniatore appaia come un artista di una generazione successiva, tra le due campagne decorative non dovrebbe sussistere un particolare stacco cronologico (ALEXANDER, Scheda nr. 46, 226). La localizzazione è confermata dalla presenza di numerosi santi di culto napoletano nel calendario; si segnalano in particolare quelli dotati dell’aggiunta Neap.: san Giovanni vescovo e santa Maria egiziaca (1 aprile), san Severo vescovo (30 aprile), santa Restituta vergine e martire (17 maggio), sant’Eusebio vescovo (23 maggio), san Massimo vescovo (11 giugno), san Fortunato vescovo (14 giugno), sant’Atanasio vescovo (16 luglio), sant’Aspreno vescovo (2 agosto), santa Patrizia vergine e martire (25 agosto), santa Candida vergine e martire (4 settembre), santi Festo e Desiderio (7 settembre), san Gennaro vescovo (19 settembre), santa Fortunata vergine e martire (13 ottobre), san Gaudioso vescovo (27 ottobre), san Ligorio vescovo (1 dicembre), sant’Agnello abate (14 dicembre). A quelli evidenziati con tale indicazione dallo stesso copista si devono aggiungere anche sant’Agrippino, vescovo di Napoli (9 novembre), e altri santi dal culto diffuso in area centromeridionale, quali i santi Vito, Modesto e Crescenzia (15 giugno) e san Barbato di Benevento (19 febbraio). Allo stesso ambito si deve inoltre riferire anche la presenza della traslazione del francese sant’Eligio (25 giugno), al quale a Napoli è dedicata un’importante chiesa. Questo santo, peraltro, ha uno spazio di rilievo anche nel progetto illustrativo del Messale: è infatti celebrato con una messa collocata dopo la fine del Santorale (f. 252v). L’immagine di sant’Eligio è stata miniata dalla seconda bottega, attiva in molti altri fascicoli, e l’inserimento di questa messa alla fine del codice rientra nella prassi abitualmente usata nei libri liturgici per mettere in evidenza culti particolari o semplicemente per aggiungere devozioni locali non presenti nel modello testuale impiegato. Nonostante a f. 250v si legga l’explicit del Messale, infatti, i due testi successivi, sia il Kyrie, sia la messa di sant’Eligio, sono stati scritti dallo stesso copista del resto del codice e non vanno considerati un’aggiunta posteriore, come è invece la messa per l’Immacolata Concezione. Insieme a quello napoletano, l’altro carattere che emerge con chiarezza dal calendario è la destinazione francescana del Messale. I santi francescani sono infatti numerosi e messi in rilievo con inchiostro rosso e addirittura blu: traslazione di sant’Antonio da Padova (15 febbraio), traslazione di san Francesco (25 maggio); sant’Antonio da Padova (13 giugno, ottava 20 giugno), santa Chiara (12 agosto, ottava 19 agosto), san Ludovico vescovo (19 agosto, ottava 26 agosto), stimmate di san Francesco (17 settembre, ottava 24 settembre), traslazione di santa Chiara (1 ottobre, ottava 8 ottobre), san Francesco (4 ottobre, ottava 11 ottobre), traslazione di san Ludovico (8 novembre, ottava 15 novembre), santa Elisabetta (19 novembre). L’importanza della messa di san Lorenzo nel Santorale, sottolineata da un’iniziale figurata di dimensioni maggiori rispetto a quella che introduce la festa di santa Chiara, consente quindi di ipotizzare che il Messale e fosse destinato alla chiesa francescana di San Lorenzo a Napoli.

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Il calendario permette infine di precisare i termini cronologici dell’esecuzione dell’opera. Il codice è certamente successivo al 1389, a causa della presenza della festa della Visitazione, riportata in rosso come la sua ottava (2 e 9 luglio). Anche nel santorale la messa per questa festività, istituita nel 1389 da Urbano VI e confermata dopo pochi mesi da Bonifacio IX, viene posta in evidenza attraverso un’iniziale istoriata. L’assenza, nel calendario, della festa di santa Brigida, tuttavia, data l’importanza del suo culto a Napoli, può indurre a fissare la scrittura del calendario prima del 1391, data di canonizzazione della santa da parte di Bonifacio IX. La scrittura del codice verrebbe così a cadere nell’ultimo decennio del XIV secolo. A una aggiunta posteriore, effettuata nel XV secolo inoltrato, si deve infine l’inserimento, nel calendario, della festa della beata Francesca Romana (9 marzo), morta nel 1440, ma canonizzata solo nel 1608. Le due campagne illustrative del codice, sono nettamente distinte e, a mio avviso, sono separate da un divario cronologico di un certo rilievo. Se la scrittura del Messale cade nell’ultimo decennio del Trecento, la prima campagna decorativa si colloca a cavallo tra la fine del secolo e l’inizio di quello successivo, mentre la seconda si deve collocare nei decenni successivi. Nella prima campagna decorativa sono state eseguite le miniature ai ff. 13r, 14r, 19r, 20v, 68v, 72v, 76v, 114r, 157r, 157v, 162r, 166r, 167r, 168r, 170v, 171r, 172v, 175r, 177v, 180v, 182v, 184v, 185v, 186v, 188r, 194v, 195r, 208r, 209r, 209v, 211v, 214r, 215r, 215v, 220r, 224r, 225r, 230v, 231v, 232r, 232v, 233r, 233v, 234r, 234v, 235r, 235v, 236r, 236v. Sono stati miniati dalla seconda bottega i ff. 82v (al centro di un fascicolo senza altra decorazione a tempera), 102r (al centro di un fascicolo senza altra decorazione a tempera), 199v, 200v, 203r, 204r (tutto il fascicolo 197-206 è miniato dalla seconda bottega), 237r (nuovo fascicolo, fino a 246v), 237v-241v, 244r-247r, 248v, 250r, 250v, 253r. La seconda bottega opera quindi in fascicoli lasciati da parte dalla prima. Dalla miniatura napoletana della metà del Trecento la prima bottega – caratterizzata da pigmenti brillanti e luminosi, con largo uso di effetti cangianti – deriva il tipo di tralcio vegetale e le piccole figurazioni marginali, come i leprotti e i due putti armati di scudo e lancia che combattono a cavallo del tralcio. Lo schema delle bordure, tuttavia, è profondamente mutato e il tralcio non si srotola in campo aperto sul fondo bianco della pergamena, ma si dispone entro una fascia di foglia d’oro dai profili articolati da curve e da spunzoni aguzzi. Con i prodotti della bottega degli Orimina il Messale rossiano condivide anche il raffinato repertorio decorativo filigranato, eseguito a penna e inchiostri rossi, blu e lilla. Il tipo delle bordure e le stesse foglie di acanto, che si avvolgono in riccioli rigogliosi e dai bordi frastagliati, rimandano, tuttavia, a una fase ben più tarda di quella della bottega Orimina, attiva fino agli anni sessanta (MANZARI, Il Messale Orsini, 33, 40). Analogamente lo stile delle figurazioni, certamente legato a una rinnovata componente senese, già rilevata da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 84), colma un vuoto significativo nelle conoscenze della produzione napoletana tardogotica.

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La seconda bottega riprende i disegni preparatori delle bordure della prima fase e segue grossomodo l’andamento dei tralci di acanto profilati da foglia d’oro, ma impiega una gamma cromatica diversa e decisamente più scura. Le proporzioni degli elementi ornamentali e anche quelle dei dischetti raggiati in foglia d’oro, cigliati con inchiostro bruno e non nero, risultano un po’ ingrandite rispetto alle bordure della prima fase. I colori sono più cupi e opachi, con largo impiego di azzurro cupo, verde oliva, rosa scuro, arancio e marrone. Le miniature della prima campagna decorativa rappresentano, inoltre, un precedente per alcuni motivi ornamentali usati in un libro di preghiere tardogotico di discussa localizzazione (Chantilly, Musée Condé, ms. 100) e possono costituire un importante riferimento per confermarne l’esecuzione a Napoli, anche se con l’intervento di un miniatore forse di matrice marchigiana (MANZARI, Un libro di preghiere, 125-139). Per un’analisi approfondita di tale relazione e del Messale rossiano in generale rimando a un mio studio in corso di preparazione. Il Messale rossiano, nonostante la ricchezza e la singolarità del corredo illustrativo e una localizzazione così precisa, non ha ricevuto infatti alcuna attenzione da parte della critica e va pertanto riconsiderato entro un quadro più ampio, impossibile da ripercorrere in questa sede. Lo stato di conservazione del codice è buono, nonostante esso sia stato pesantemente rifilato nel margine superiore e, in parte, anche in quello inferiore. Legatura Rossi A in buone condizioni di conservazione (rest. nel 1958); i piatti in cartoncino rivestiti in marocchino presentano al centro una croce raggiante impressa in oro. Il dorso ha decorazioni a impressione e in oro. In alto si legge: MISSALE / ROMANUM. In basso, sul dorso, si legge inoltre: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Tra gli elementi che potrebbero contribuire a identificare il committente del codice, o un possessore successivo, sono le tracce di elementi araldici. A f. 110r si rileva la presenza di uno stemma eraso: bipartito, di rosso al capo di oro; anche a f. 20v c’è un disegno preparato per accogliere uno stemma bipartito, mai eseguito. La particolare collocazione dei due stemmi – in campo aperto e privi di rapporto con la decorazione originaria – insieme al fatto che lo stemma a f. 20v è rimasto incompleto, lascia però supporre che si possa trattare di una aggiunta da parte di un successivo possessore. Nelle pagine d’incipit principali, infatti, le bordure che inquadrano lo specchio scrittorio su quattro lati non mostrano tracce di elementi araldici previsti nella decorazione originaria. Il Messale è stato esposto in: Biblioteca Apostolica Vaticana. Liturgie und Andacht im Mittelalter, Köln 1992. (SILVA TAROUCA, I, 252r-255r; Bibl. Rossianae, II, 145r) TIETZE, Die illuminierten, 84-86 nr. 131; HERMANN, Die illuminierten, 251; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 137-138 nr. 342; ALEXANDER, Scheda nr. 46, 226-229; MANZARI, Il Messale Orsini, 33, 40, 75.

FRANCESCA MANZARI

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Ross. 181 (olim VIII, 120) Missale monasticum: Orationes, Kalendarium (ff. 1r-4r); In sabato sancti Paschali (ff. 4v-11v); Missae votivae (dalla decollazione di san Giovanni Battista a santa Caterina, ff. 12r-16r); Canon (ff. 16v-22r, non leggibile); Proprium de Tempore, Proprium sanctorum (ff. 22v-192v); In dedicatione ecclesiae, Commune sanctorum, Missae votivae, Missae mortuorum (ff. 193r-241r); Orationes (ff. 241v-245v) Germania nord-orientale (Erfurt), secc. XIIex.-XIIIin. Membr.; ff. XI (cart.), 245, XI’ (cart.); numerazione antica in numeri romani sul lato sinistro dei fogli. Il foglio XVI sembra essere numerato da una mano diversa da quella che numera l’intero manoscritto e probabilmente aggiunto. Il foglio successivo è numerato con XVI, a cui una mano Ross. 181, f. XXVr (25r) moderna aggiunge a matita la lettera minuscola a. Il f. XVII risulta spostato e si ritrova erroneamente legato all’interno di una serie di fogli, vergati da una mano successiva in gotica di modulo ampio, con numerazione moderna in cifre arabe in alto a destra (ff. 127a-127k), e collocato dopo il f. 127a, numerato 127b. La numerazione antica, su quest’ultimo, si legge ancora sul lato sinistro del foglio. Dopo il f. CVI è stato legato un foglio che oggi risulta mutilo della parte inferiore e numerato con 106a. Data la problematicità della foliazione, nella descrizione della decorazione l’indicazione dei fogli sarà quindi resa in cifre arabe. Fascicoli: 112-1, 28-3, 310-1, 4-158, 168-1, 172+8, 1810-1, 19-318, 326-1 (i ff. 16 e 106 sono doppi). Sono assenti i richiami di fascicolo; mm 293×199 (misure prese a f. 1r). Gotica di vario modulo su una colonna di scrittura (mm 198×123), di 25 linee, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche; il codice inoltre presenta, talvolta, annotazioni marginali vergate sullo spazio libero della pergamena, lateralmente (per es. a f. 112r) o sul margine inferiore (per es. a f. 189r). Rigatura a penna, spesso si scorgono i fori guida per il tracciato della stessa. La regola di Gregory non è rispettata.

Il manoscritto contiene 4 miniature a piena pagina, 2 miniature tabellari e 8 iniziali maggiori istoriate. L’intero apparato decorativo è realizzato su una base di oro in foglia, con una tavolozza pittorica intensa e ampia, nei toni del giallo, arancio, azzurro, rosso, verde, ocra e terra bruciata. All’interno del manoscritto sono numerose le iniziali medie diverse per modulo e tipologia (decorate e filigranate) e quelle minori, rubricate con inchiostro rosso o blu. Si segnala, a riprova del prestigio del manufatto, la presenza di intere linee di testo in crisografia e argirografia (per es. f. 16v), insieme a titoli e segni di paragrafo rubricati. f. 16v: iniziale maggiore istoriata e iniziale media decorata, all’incipit del Canone. L’intero spazio destinato ad accogliere la decorazione è stato preparato con una base in oro. All’interno dell’iniziale maggiore V di Vere di-

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gnum (mm 80×121 ca.), le cui aste sono state sostituite da due draghi, una coppia di angeli regge una sorta di mandorla che sembra nascere dalle fauci dei due animali mostruosi. All’interno di questa una Maiestas Christi, con il Redentore benedicente seduto sulle sfere celesti, appena schizzate con inchiostro rosso, e un libro chiuso nella mano sinistra. Più in alto l’iniziale media P di Per omnia (mm 185×60), la cui asta verticale accompagna lateralmente l’intero specchio scrittorio, è decorata, all’interno dell’occhiello, da un tralcio vegetale, nei toni dell’azzurro, dell’arancio, del verde e del bruno intenso. f. 17v (=127v): miniatura a piena pagina (mm 210×134), all’incipit del Prefatio. La Crocifissione è realizzata sulla pergamena preparata in oro. Il Cristo, del tipo patiens, è raffigurato su una voluminosa croce di colore rosso, mentre tre personaggi, due in alto, arrampicati sui due estremi dell’asta orizzontale e l’altro in basso, sono intenti a inchiodargli mani e piedi. Sulla cimasa si legge IHC. N.R.I. Presso la croce la Vergine e Giovanni, quest’ultimo ritratto mentre sembra consolarla, e, sull’altro lato della scena, Longino, con la lancia, e un altro carnefice in basso che tiene la spugna imbevuta d’aceto. Una terza figura, in secondo piano, addita il Cristo e reca un cartiglio su cui si legge Vere filius Dei erat Iste. In basso un altro cartiglio recita Sine videamus an veniat Helias liberans eum. Nei riquadri in alto, nello spazio di risulta tra la cornice e la scena della Crocifissione, sono raffigurati gli episodi di Mosè e il serpente di bronzo e, sul lato opposto, quello del Sacrificio di Isacco, proposti, secondo il principio tipologico, quali prefigurazioni del sacrificio di Cristo. f. 18r: miniatura a piena pagina in origine affrontata alla Crocifissione di f. 17v (oggi 127v) (mm 210×157). La Deposizione è realizzata sulla pergamena preparata in oro. Dio padre depone tra le mani della Vergine il corpo inerme del Cristo. Sul lato opposto è ritratto Giovanni con le mani velate e un personaggio in basso, intento a togliere i chiodi dai piedi del Cristo. L’immagine è circondata da una doppia cornice polilobata con decori floreali, che forma in alto una teoria di archi dove sono raffigurati, riconoscibili dai tituli vergati in rosso, i papi Clemente, Gregorio II e Gregorio I. Sui loro cartigli si legge, in successione, Supplices rogamus ac petimus, quorum meritis precinusque concedas e Diesque nostros in tua pace disponas. Sui due lati lunghi due anse ospitano Alessandro I e Sergio, sui cui cartigli si legge rispettivamente Qui pridie quam pateretur accepit e Da propicius pacem in diebus nostris, e in basso Leone Magno e di nuovo Gregorio II, sui cui cartigli è leggibile Supplices te rogamus omnipotens Deus iube hec perferri per manus e Intra quorum nos consortium non estimator meriti sed venie. f. 22v: iniziale maggiore istoriata R di Resurrexit et adhuc tecum sum (mm 120×120), all’incipit della Dominica Resurrectionis. All’interno dell’occhiello della lettera è raffigurato Cristo risorto con in mano un cartiglio su cui si legge Ego dormivi et exurrexi, mentre sui cartigli che due figure

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esibiscono verso la figura di Cristo si legge, su quello di destra Surge, qui dormes e su quello di sinistra Tercia lux rediit; surge, sepulte. In basso, i tre soldati a guardia del sepolcro, spettatori ignari e distratti, abitano l’iniziale R caleidoscopica, zoomorfa e arricchita da una decorazione a intreccio vegetale, che prende vita dalle fauci del drago con cui si identifica l’elemento morfologico obliquo della lettera stessa. Al di fuori dell’iniziale, sul campo preparato in oro, un officiante sembra rivolto con il volto e le braccia verso le prime linee di testo crisografato, collocate alla sua sinistra, quasi a leggerle e dare inizio al canto. Sull’estremità sinistra della raffigurazione il ritratto dell’artista all’opera: il miniatore, tonsurato, è raffigurato nell’atto di realizzare l’asta verticale della lettera. Sul lato opposto, seduto sull’estremità finale della coda del drago, un piccolo orso, nello spirito della drôlerie gotica, suona uno strumento a fiato. f. 24v: miniatura a piena pagina (mm 193×139). All’interno di una doppia cornice è raffigurato, di tre quarti, l’evangelista Marco seduto allo scrittoio, mentre, con penna d’oca e rasorium, è intento al suo lavoro. Sul libro aperto si legge Initium sancti evangeli sicut scriptum est in Ysaia propheta. All’interno della doppia cornice una decorazione vegetale a grosse foglie accompagna il ritratto. Ai quattro margini sono raffigurate quattro divinità fluviali. In alto campeggia il leone nimbato, simbolo dell’evangelista. f. 25r: iniziale maggiore istoriata M di Maria Magdalene (mm 91×127), all’incipit dell’Evangelium secundum Marcum. All’interno di un clipeo che sembra legato alle aste verticali della M è raffigurata la scena delle Pie donne al sepolcro. Un angelo, ritratto sulla sinistra, dà l’annuncio alle mirofore, che recano gli unguenti e con la sinistra reggono un turibolo. Sullo sfondo, nascosta da Maria Maddalena e da Maria di Giacomo, si scorge un’altra figura, probabilmente Salomè. I due soldati di guardia al sepolcro sono ritratti, con un espediente iconografico di grande originalità, distesi e colti dal sonno alla base delle due aste della M, quasi a sopportarne il peso (il modello iconografico, sia pur remoto, sembra essere quello dell’Albero di Iesse). Sul margine interno del foglio, lungo l’intero specchio di scrittura, è raffigurato un drago che sembra tenersi con le fauci alla voluta di una delle aste della lettera. In basso, aggrovigliato all’estremità della coda, un uomo sta dando la caccia a un quadrupede. f. 56v: iniziale maggiore istoriata V di Viri Galilei quid (mm 127×127), all’incipit dell’Ascensio domini. All’interno della V è raffigurata la scena con l’Ascensione di Cristo, che sospeso nell’aria sale verso le sfere celesti, miniate in alto. Ai due lati i dodici apostoli osservano la scena. In primo piano si scorgono la Vergine e Pietro con le chiavi. In alto due angeli reggono cartigli sui quali si legge, rispettivamente, Dicite quid statis, qui euntem consideratis; filius ecce Dei Iesus, cives Galilei e Sumptus ita vobis, veniet sic arbiter orbis. Iudicii cura cunctis dare debita iura.

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f. 64r: iniziale maggiore istoriata S di Spiritus domini (mm 210×215), all’incipit della Dominica Pentecostis. Una cornice polilobata inquadra una maestosa struttura architettonica turrita, all’interno della quale sono ritratti i dodici apostoli, con Pietro in posizione centrale, affiancato da altri quattro apostoli e perfettamente in asse con il Cristo ritratto in alto. A lato e in basso sono raffigurati i restanti apostoli, in posizione subalterna rispetto al nucleo principale della scena. Su questo gruppo scende lo Spirito Santo, realizzato con un sottile tratto di colore rosso che lega visivamente il Cristo e i Santi. Sul cartiglio che il Redentore benedicente regge con la sinistra si legge Paraclitus quem mitto vobis ille vos decebit omnia. Si scorgono altri due cartigli retti dagli apostoli ritratti lateralmente a chiudere la scena su quali si legge, rispettivamente Spiritus domini replevit orbem, e sull’altro a destra, Emittam de spiritu meo super omnem carnem. f. 77r: miniatura tabellare sul margine inferiore del foglio (mm 144×124), che ritrae, all’incipit dell’Evangelium, vergato sul verso dello stesso foglio, l’evangelista Luca, seduto di tre quarti allo scrittoio mentre affila la penna d’oca. Sul foglio tinto di rosso e poggiato sul leggio si legge Fuit in diebus Herodis. Circonda l’immagine una doppia cornice decorata. f. 82r: iniziale maggiore istoriata N di Nunc scio vere (mm 127×103), in Festivitate SS. Petri et Pauli Apostolorum. L’immagine sintetizza con grande originalità il martirio dei principi degli apostoli. L’asta orizzontale della croce di Pietro divide in due la scena. In alto, capovolto e circondato da tre aguzzini che gli inchiodano i piedi e le mani, è raffigurato Pietro. In basso, nello spazio rimanente, una quarta figura di carnefice ha decapitato Paolo. f. 107r: miniatura a piena pagina (mm 198×133). All’interno di una doppia cornice decorata che circonda un arco a tutto sesto poggiante su due pilastrini con capitelli ispirati a quelli corinzi, è ritratto frontalmente, al proprio tavolo da lavoro, l’evangelista Matteo intento a scrivere su un lungo rotolo sul quale si legge Initium sancti evangeli secundum Mattheum. Liber generationis Iesu Christi filii David, filii Abraham. Il testo riprende sul verso dello stesso foglio. f. 112v: iniziale maggiore istoriata B di Benedicite dominum omnes angeli (mm 64×60), in Festivitate sancti Michaelis Archangeli. All’interno della B corsiva è raffigurato l’arcangelo mentre colpisce con una lancia il drago, il quale col corpo sostituisce la pancia della lettera e con la coda crea l’asta verticale, che si sviluppa sul margine esterno del foglio, lungo le quattro linee di scrittura soprastanti, e termina in una voluta vegetale. f. 126v: miniatura tabellare sul margine superiore del foglio (mm 137×124), in Festivitate sancti Andreae Apostoli. All’interno di una doppia cornice decorata è raffigurato Andrea crocifisso. Cinque aguzzini stanno tirando le corde per legare il santo alla croce. In alto due santi nimbati, probabilmente identificabili, per caratteristiche fisiognomiche, con Pietro e

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Paolo, reggono due cartigli sui quali si legge, in uno Expandi manus meas in cruce e nell’altro Vir iste in populo suo mitissimus apparuit. In basso forse la raffigurazione di un diavolo che tortura un dannato. f. 128r: iniziale maggiore B di Benedicta sit sancta Trinitas (mm 176×124), in Festo sanctae Trinitatis. Dalle fauci di un mascherone sembrano nascere gli intrecci geometrici e vegetali che arricchiscono, internamente, le due pance della lettera. Questa decorazione è popolata da una straordinaria serie di figure che non hanno nessun rapporto con il testo, ma che sono utilizzate con funzione di drôleries. Tra gli intrecci si scorgono cacciatori, contadini, suonatori, arcieri e lottatori, figure femminili, animali che affrontano la stretta morsa del tralcio, un falcone che cavalca un animale fantastico. Un’attenzione particolare va rivolta al falconiere in basso a sinistra, ritratto frontalmente, a cavallo, e con il rapace sul braccio che, come in una sequenza filmica, viene ripreso nuovamente di spalle, in basso a destra, quasi che avesse percorso il lato inferiore della cornice e al monaco tonsurato, in alto a destra, al quale il titulus rubricato assegna il nome HERWARDUS. La preziosità dei materiali impiegati, la predilezione per una tavolozza pittorica molto varia e accesa, la perspicuità della decorazione, una mise-en-page di notevole eleganza e la peculiarità di talune proposte iconografiche, oltre che l’alta qualità di esecuzione, fanno di questo codice un esemplare di gran pregio nel panorama della produzione miniata nordeuropea della prima età gotica. Assegnato da Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 5-7) a un’area niederdeutsch e alla prima metà del sec. XIII, ma già noto in precedenza (ad es. HASELOFF, Malerschule, 324-352), il messale rossiano, nei decenni successivi (a partire già dagli anni ’30 del Novecento, quando Julius Baum lo collega alla miniatura di area tedesca e al passaggio tra sec. XII e sec. XIII; BAUM, Die Malerei, 226-288, 328335), viene a trovarsi al centro di un fitto dibattito critico che in questa sede non sembra necessario ripercorrere poiché è discusso, in maniera articolata e con finezza di riflessioni, da quello che rappresenta a oggi lo studio più completo sul messale rossiano, l’ampia monografia di Beate Braun-Niehr (BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus, 11-21), alla quale si rimanda anche per la bibliografia sul manoscritto. Interessante anche la menzione che del rossiano fa Jonathan J. Alexander (ALEXANDER, I miniatori medievali, 26), che lo prende in considerazione partitamente per la raffigurazione, al f. 22v, del miniatore colto nell’atto di tracciare, a pennello, l’iniziale ‘abitata’ R di Resurrexit, motivo che, come lo studioso bene dimostra, era divenuto topico proprio tra secolo XII e XIII. Alla Braun-Niehr si deve soprattutto l’individuazione del significato di alcune scelte iconografiche, in particolare in rapporto all’illustrazione del Prefatio e del Canone della messa, illustrazioni che si affrontano ai ff. 16v-17r (BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus, 59-65), e alle pagine incipitarie dei quattro vangeli e con un’attenzione significativa per i tituli che corredano le immagini, talora puntualizzandone o completandone il significato.

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Proprio la riflessione sulle peculiarità iconografiche consente alla studiosa di collegare il messale rossiano a più di un referente iconografico, individuando di volta in volta la fonte dell’immagine; per giungere alla conclusione che, nella definizione dei punti chiave del programma figurativo, il miniatore (o l’ordinator) sceglieva i modelli che gli apparivano più confacenti, derivandoli anche da esemplari diversi. Se, per esempio, nella definizione del Cristo in mandorla del Vere dignum la soluzione iconografica del rossiano richiama quella presente nel messale di Hildesheim (Dom-und Diözesanmuseum, ms. DS 37, f. 118v; BRAUNNIEHR, Der Codex Vaticanus, fig. 21), anche se, a nostro avviso, con significative varianti di tipo compositivo da un lato (il modulo diverso per la monumentale P di Per omnia), e più squisitamente iconografico dall’altro (la sostituzione dell’agnus Dei di Hildesheim con la Maiestas domini di rossiano), per la Crocifissione, con la peculiare composizione che vede Maria dolente e l’apostolo Giovanni contrapposti, alla destra della croce, al gruppo con Longino e figura con filatterio iscritto, il modello sembra invece doversi ricercare, secondo la BraunNiehr, nel Salterio di Melisenda (ms. Egerton 1139 della British Library, f. 8r), o eventualmente in un referente comune, oltre che nella pittura murale (l’esempio proposto è la Crocifissione con dolenti della Unterkirche di Schwarzrheindork; BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus, fig. 26). Così quando si mettono a confronto i ritratti degli evangelisti con l’Evangelario di Erfut (London, British Library, ms. Add. 14813; BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus, figg. 13-15), appare palese che la tavola con l’evangelista Marco, a f. 24v del rossiano (dove peculiare e ancora da spiegare appare la presenza dei quattro genietti fluviali che versano l’acqua da grandi otri, con riferimento ai quattro fiumi del paradiso; BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus, 165, fig. 17), si può mettere a confronto non con la tavola corrispondente dell’Evangelario di Erfurt, quanto piuttosto con le figure di Matteo (Evangelario di Erfurt, f. 6r) e di Giovanni (f. 90v). L’analisi iconografica, e insieme l’attenzione al dato decorativo (in cui si annovera il gusto incipiente per la drôlerie), consentono alla studiosa di proporre (o confermare), sulla base di confronti con un materiale molto ampio, l’assegnazione del codice allo scriptorium monastico del Peterkloster a Erfurt, monastero benedettino distrutto durante l’occupazione napoleonica all’inizio del sec. XIX (BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus, 161-177), dove si segnala al transito tra sec. XII e sec. XIII, e poi ancora nei decenni successivi, lo sviluppo di una editoria di qualità, connotata da un alto livello figurativo in cui si coniugano tendenze diverse (ne sono testimoni illustri, ad esempio, i già citati Evangelario londinese e il Salterio di Erfurt, ms. 84 in scrin. della Staats-und Universitätsbibliothek di Hamburg) e di cui il messale rossiano è un rappresentante assai significativo. Legatura con piatti in rosso decorati in oro, in ottime condizioni grazie all’intervento a cura del laboratorio di restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana, in data 31 luglio 1992, come attesta un piccolo rettangolo di carta incollato sulla controguardia posteriore.

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Sul dorso, su cui si scorgono i quattro nervi, si legge al centro MISSALE / MONASTICUM. Il codice è stato esposto in: Liturgie und Andacht im Mittelalter, Köln 1992. (Bibl. Rossianae, II, 146r-v) HASELOFF, Malerschule, 324-352; TIETZE, Die illuminierten, 5-7 nr. 9; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 138; BUONOCORE, Bibliografia, 655 nr. 343; ALEXANDER, I miniatori medievali, 26-27, fig. 4, 50n; BRAUN-NIEHR, Scheda nr. 40, 198-201; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 351; BRAUN-NIEHR, Der Codex Vaticanus; CERESA, Bibliografia 1998, 380; CERESA, Bibliografia 2005, 477; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti medievali, 176, n. 5.

SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

Ross. 183 (olim VIII, 122) Biblia sacra, utriusque Testamenti, versione Vulgata (ff. 2r-505v); Interpretatio nominum Hebraicorum (ff. 506r-538r); Pericopes evangeliorum per circulum anni (ff. 539r-544r) Emilia orientale, sec. XIII (1270 ca.) Membr. (pergamena di buona qualità, bianca il lato carne e giallina il lato pelo); ff. VI, 544, VI’ (risguardi e guardie esterne in cartoncino azzurro, guardie II-VI e II’-VI’ cartacee bianche); foliazione moderna meccanica a destra in basso sul recto; mm 322×225; lo specchio di scrittura (mm 197×150) è articolato in 2 colonne di 42 linee ciascuna e lo spazio tra le due colonne è di mm 15; rigatura a inchiostro; è caduto un fascicolo tra l’8 e il 9, con la perdita dei libri dei Giudici e di Ruth e la lacuna si estende agli ultimi due fogli del fascicolo 8 e al primo del fascicolo 9, comportando anche la perdita della fine del libro di Giosuè e dell’inizio del I libro dei Re; il settenione che costituisce l’attuale 17 fascicolo è determinato dalla tecnica modulare compositiva che comporta una cesura prima del libro dei Salmi (ff. 192205); una ulteriore cesura, come denunciano i fogli bianchi, è alla fine del Salterio; prima dei libri sapienziali la Interpretatio occupa i seguenti 2 senioni più 1 quinione mutilo (ff. 506529 e ff. 530-538), mentre l’ultimo fascicolo, più tardo, contiene il Capitolare. Scrittura gotica libraria di modulo medio vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche. Bianchi i ff. 1v, 228v-229v.

(f. 1r) Nota quod ante incarnationem domini CCCLI LXX interpretes floruerunt. Post ascensionem CXXIIII

Ross. 183, f. 5v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Aquila, deinde post annos LIII Theodocion. Deinde post annos triginta Simacus. Deinde post annos VIII editio inventa est (…) Origenes sub Alexandro; nota di possesso: Codex Collegii Sapientiae Capranicensis I Il sistema illustrativo è formato da rubriche di modulo uguale al testo, titoli in rosso e blu nel margine superiore, lettere a penna e a pennello. Le lettere grafiche (mm 10×15) sono tracciate in blu e rosso con lunghi grafismi sinuosi desinenti a bulbo e arricchiti di fiori e frutti; talora sono tracciati motivi a risparmio o a tratteggio. Le iniziali a pennello, realizzate in una gamma cromatica blu, seppia chiaro, azzurro, arancio, grigio e ocra con soli oro in foglia, sono di due tipi: le più semplici, alte 2 linee, hanno modesti motivi fogliacei e introducono i prologhi; le più grandi, che in relazione ai testi più importanti possono estendersi per l’intera pagina, sono figurate. Il repertorio ornamentale, costituito da tralci rigidi bolognesi con nodi e chicchi lungo i lati verticali e tralci a girale nel bas-de-page, riflettono i patterns del ‘primo stile’. f. 2r:

f. 5r: f. 5v:

iniziale F di Frater Ambrosius michi, all’incipit dell’Epistola sancti Ieronimi (altezza della lettera pari a 15 linee di scrittura; mm 70×40). Nella parte superiore della lettera, fra i due tratti orizzontali, è rappresentata la scena dell’invio della lettera a papa Damaso da parte di san Girolamo, seduto allo scrittoio, in atto di consegnare un lungo cartiglio al messaggero; nel bas-de-page, entro due girali con lunghe foglie d’acanto, due frati francescani aureolati e stanti, reggono in mano ciascuno un grande volume e appaiono nell’atto di dialogare tra di loro; a causa delle stimmate visibili nelle mani il frate di sinistra è identificabile con san Francesco, mentre l’altro potrebbe essere sant’Antonio, come indica una iscrizione tre-quattrocentesca in inchiostro seppia apposta a lato della figura. iniziale D di Desiderii mei, piccola iniziale fogliacea (mm 18×20) con angoli in oro in foglia. iniziale I di In principio (alta quasi quanto l’intero foglio), Gen. Nella prima colonna il testo del prologo di san Girolamo Desiderii termina a tre quarti di altezza; nello spazio restante è dipinta la Vergine in trono col Bambino benedicente, mentre nel margine sinistro san Francesco inginocchiato li supplica protendendo le mani con le stimmate; a lato una scritta più tarda lo identifica come seraphicus Franciscus. Nella seconda colonna il testo del Genesi inizia con una lunga I in cui sono rappresentati i sette giorni della Creazione in altrettanti tondi, e, alla base, un’edicola con la Crocefissione tra Maria e Giovanni. Nel margine superiore dall’asta della lettera si dipartono due girali che contengono due figure nimbate, con manto e un’asta in mano, mentre in quello inferiore reca, al di sotto della Crocefissione un clipeo con l’agnus Dei, da cui si dipartono due tralci: quello di destra termina con un girale all’interno del quale si trova una figura giovanile, che una scritta più tarda identifica come Puer Samuel, mentre a sinistra il tralcio forma due girali contenenti due

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figure anziane e barbute, con un voluminoso codice in mano, identificate dal tardo glossatore come Iacobus e Andreas. f. 27v: iniziale H di Haec sunt, all’incipit del Liber Exodi (mm 29×30), con il vecchio Giacobbe a colloquio con due ebrei rappresentati a capo scoperto. f. 43r: iniziale V di Vocavit autem, all’incipit del Liber levitici (mm 29×32), con Mosè a colloquio con Dio rappresentato in sembianze di Logos. f. 55r: iniziale L di Locutus est, all’incipit del Liber Numerorum (mm 42×20), articolata su due registri scanditi da archi che inquadrano rispettivamente Dio-Logos e Mosè; il tratto orizzontale della lettera è formato da un drago. f. 72r: iniziale H di Haec sunt verba, all’incipit del Liber Deuteronomii (mm 28×37), con Mosè nell’atto di fare scaturire l’acqua dalla roccia a Meriba, mentre gli ebrei, rappresentati come soldati armati, protendono ciotole per raccoglierla. f. 87r: iniziale T di Tandem finito (mm 12×12), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in librum Iosue; iniziale I di Iesus filius (mm 35×10), all’incipit del secondo prologo. f. 87v: iniziale E di Et factum est, all’incipit del Liber Iosue (mm 32×34), con Mosé giacente sul letto funebre al cospetto di Dio. ff. 95-96: lacuna. f. 102r: iniziale F di Factum est autem (mm 110×25), all’incipit del secondo libro dei Re, con il suicidio di Saul alla presenza dell’Amalecita. f. 114r: iniziale E di Et rex David (mm 32×32), all’incipit del terzo libro dei Re, con Davide a letto e la fanciulla Abisag. f. 128r: iniziale P di Prevaricatus est (mm 32×34), all’incipit del Liber Regum quartus, con caduta di Ocozia dalla torre. f. 141r: iniziale S di Si septuaginta interpretum (mm 16×18), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in libro Paralipomenon; iniziale A di Adam, Seth (mm 35×30), all’incipit del liber quod interpretatur Paralipomenon: nel triangolo superiore è rappresentata la discendenza di Adamo, nello spazio inferiore i profeti; l’asta che separa i due registri è costituita da un pesce. f. 152v: iniziale C di Confortatus est (mm 32×30), all’incipit del Liber Paralipomenon secundus, con Salomone incoronato in atto di pregare nel Tempio insieme al popolo di Israele. f. 166v: iniziale O di Orabat Isaac (mm 10×14), all’incipit della Oratio Manasse regis Iude; iniziale V di Vos quod (mm 20×18), all’incipit della Prefatio sancti Ieronimi presbiteri in libros Hesdre. f. 167r: iniziale I di In anno primo (mm 105×20), all’incipit del Liber Hesdre, con la costruzione del Tempio; la lettera si articola su due registri: in alto entro una trifora a fondo oro è inquadrato un operaio con cazzuola, mentre in basso è dipinto il re Ciro. f. 171r: iniziale V di Verba Neemiae filii (mm 35×32), all’incipit del Liber secundus, con Neemia rappresentato allo scrittoio come scriba.

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f. 176v: iniziale E di Et fecit Iosias pascham (mm 36×32), all’incipit del Liber Hesdre tercius, con saccheggio del Tempio di Gerusalemme. f. 182r: iniziale fitomorfa C di Cromatio et Heliodoro (mm 20×20), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in librum Tobie; iniziale T di Tobias ex tribu (mm 35×30), all’incipit del Liber Tobie, con Tobia a letto accecato dalla rondine. f. 186r: iniziale fogliacea A di Agiographa (sic) legi (mm 35×20), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in librum Iudith. f. 186v: iniziale A di Artaphax itaque (mm 100×30), all’incipit del Liber Iudith, con Giuditta in atto di decollare Oloferne dormiente. f. 191r: iniziale fogliacea L di Librum Hester (mm 30×10), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in Librum Ester; inziale I di In diebus (mm 140×22), all’incipit del Liber Assuerii regis, con l’asta suddivisa in due registri: in alto Assuero incoronato in trono nell’atto di abbracciare Ester toccandola con lo scettro; sotto Vasti incoronata in trono si dispera. f. 195v: iniziale I di In terra (mm 50×10), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri; iniziale C di Cum per singulos (mm 15×15), all’incipit di alius Prologus. f. 196v: iniziale V di Vir erat (mm 40×40), all’incipit del Liber Iob, con Giobbe compianto dagli amici alla presenza della moglie. f. 206r: iniziale B di Beatus vir (mm 44×35), all’incipit del Psalterium, con Dio e David anziano, incoronato e citaredo. f. 209r: iniziale D di Dominus illuminatio mea (mm 32×32), all’incipit del ps. 26, con David indicante il proprio occhio. f. 211v: iniziale D di Dixit custodiam (mm 30×22), all’incipit del ps. 38, con David indicante la propria bocca. f. 213v: iniziale D di Dixit insipiens (mm 30×28), all’incipit del ps. 52, con stolto con chierica, bastone e in atto di bere da una ciotola. f. 215v: iniziale S di Salvum me fac (mm 55×26), all’incipit del ps. 68, con Dio nell’occhiello superiore e David natante in quello inferiore. f. 218v: iniziale E di Exultate Deo (mm 30×30), all’incipit del ps. 80, con David incoronato in atto di suonare le campanelle. f. 220v: iniziale C di Cantate domino (mm 30×30), all’incipit del ps. 96, con coro di canonici con tonsura salmodianti davanti a corale. f. 223r: iniziale D di Dixit dominus (mm 40×40), all’incipit del ps. 109, con Dio in trono con libro in mano. f. 223v: iniziale fogliacea D di Dilexi quoniam exaudi (mm 30×22), all’incipit del ps. 114. f. 225v: iniziale fogliacea L di Laetatus sum (mm 30×20), all’incipit del ps. 121. f. 226r: iniziale fogliacea M di Memento, domine (mm 15×15), all’incipit del ps. 131. f. 226v: iniziale fogliacea C di Confitebor tibi (mm 20×15), all’incipit del ps. 137. f. 230r: iniziale fogliacea C di Cromatio et Heliodoro (mm 17×18), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in libros Salomonis; iniziale fogliacea T di Tribus modis (mm 22×20), all’incipit dell’alius Prologus.

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f. 230v: iniziale T di Tres modi (mm 22×20), all’incipit del Prologus in Parabolas Salomonis; iniziale P di Parabole Salomonis (mm 120×30), con il sovrano in trono con in mano frusta e libro, mentre Roboamo con libro è davanti a lui. f. 238v: iniziale M di Memini me (mm 20×20), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in librum Ecclesiastae, iniziale fogliacea; iniziale V di Verba Ecclesiastae (mm 35×30), con Salomone in trono con globo in mano e Roboamo stante davanti a lui. f. 241v: iniziale O di Osculetur me (mm 30×30), all’incipit dei Cantica Canticorum, con Vergine Eleousa con Bambino. f. 243r: iniziale fogliacea L di Liber Sapientie (mm 30×12), all’incipit del Prologus in Librum Sapientie; iniziale D di Diligite iustitiam (mm 32×32), all’incipit del Liber Sapientie, con Salomone in trono con bilancia e spada. f. 249v: iniziale M di Multorum nobis (mm 16×18), all’incipit del Prologus in Ecclesiasticum; iniziale O di Omnis sapientia a domino (mm 32×30), all’incipit dell’Ecclesiasticus, con Dio che, benedicendolo, porge un libro a Siracide rappresentato come canonico, vestito di rosa con cappuccio. f. 268r: iniziale fogliacea N di Nemo cum (mm 10×10), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri super Isaiam prophetam. f. 268v: iniziale fogliacea I di Isaias in Ierusalem (mm 37×10), all’incipit dell’Argumentum; iniziale V di Visio Isaie (mm 32×32), all’incipit del Liber Isaie prophete, con il supplizio del profeta Isaia che viene tagliato a metà. f. 287v: iniziale fogliacea I di Ieremias propheta (mm 35×8), all’incipit del Prologus in Ieremiam prophetam. f. 288r: iniziale fogliacea I di Ieremias Anathocites (mm 25×12), all’incipit dell’Argumentum; iniziale V di Verba Ieremie (mm 40×40), all’incipit del Liber Ieremie prophete, con la visione della caldaia bollente. f. 310v: iniziale fogliacea E di Et factum est (mm 10×12), all’incipit del Prologus; iniziale Q di Quomodo sedet (mm 22×26), all’incipit delle Lamentationes Ieremie prophete, con Geremia seduto davanti a una città convenzionalmente rappresentata da edificio. f. 312v: iniziale fogliacea R di Ricordare domine (mm 25×15), all’incipit dell’Oratio Ieremie; iniziale E di Et hec sunt verba (mm 28×30), all’incipit del Liber Baruch, con Baruch in atto di scrivere un testo sullo scrittoio. f. 313v: iniziale fogliacea P di Propter peccata (mm 45×20), all’incipit del testo Ex epistolis que misit Ieremias ad abductos captivos in Babilonia. f. 315v: iniziale fogliacea E di Ezechiel propheta (mm 15×15), all’incipit del Prologus in Ezechielem prophetam; iniziale E di Et factum est (mm 32×30), all’incipit del Liber Ezechielis, con il profeta dormiente e il tetramorfo nella parte superiore della lettera. f. 338r: iniziale A di Anno tertio regni (mm 110×40), all’incipit del Liber Danieli prophete, con il profeta tra due leoni. f. 346v: iniziale N di Non idem (mm 28×20), all’incipit del Prologus in Oseam prophetam; iniziale V di Verbum domini (mm 40×35), all’incipit di Daniel

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f. 349v: f. 350r:

f. 351r: f. 351v: f. 353v: f. 354r:

f. 354v:

f. 355r: f. 355v:

f. 357r:

f. 357v: f. 358r: f. 358v:

f. 359v:

f. 360v:

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propheta, con Osea in atto di condurre per mano la prostituta Gomer, sua sposa, dai lunghi capelli sciolti. iniziale fogliacea S di Sanctus Iohel (mm 10×10), all’incipit del Prologus in Iohelem prophetam. iniziale I di Iohel filius (mm 30×10), all’incipit dell’alius Prologus con ibrido dalla testa con chierica; iniziale fogliacea I di Iohel propheta (mm 25×10), all’incipit dell’alius Prologus; iniziale V di Verbum domini (mm 45×40), all’incipit del Liber Ioheli prophete, con Gioele, in trono, con cartiglio, in atto di parlare agli uccelli. iniziale fogliacea O di Ozias rex (mm 9×10), all’incipit del Prologus in Amos prophetam. iniziale V di Verba Amos (mm 30×38), all’incipit di Amos propheta, con il profeta rappresentato come pastore con gregge di pecore. iniziale I di Iacob patriarcha (mm 50×10), all’incipit del Prologus in Abdiam prophetam, fogliacea con ibrido. iniziale V di Visio Abdie (mm 30×40), all’incipit di Abdias propheta, con profeta in atto di sedere a banchetto; iniziale fogliacea I di Ionam secundum Hebrei (mm 35×10), all’incipit del Prologus in Ionam prophetam. iniziale I di Ionas columba (mm 22×10), all’incipit dell’Argumentum; iniziale Et di Et factum est (mm 35×35), all’incipit di Ionas propheta, con Giona che esce dalla balena; iniziale fogliacea E di Et preparavit. iniziale fogliacea T di Temporibus Iohathe et Achaz (mm 10×10), all’incipit del Prologus in Micheam prophetam. iniziale fogliacea M di Micheas demorasti (sic) (mm 13×13), all’incipit dell’Argumentum; iniziale V di Verbum domini (mm 30×40), all’incipit di Micheas propheta, con Michea e gli Israeliti armati. iniziale fogliacea N di Naum prophetam (mm 12×12), all’incipit del Prologus in Naum prophetam; iniziale fogliacea N di Naum (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum. iniziale O di Onus Ninive (mm 30×30), all’incipit del Liber Naum prophete, con Naum davanti alla rovina della città di Ninive. iniziale fogliacea Q di Quattuor prophete (mm 12×12), all’incipit del Prologus in Abacuc prophetam. iniziale A di Abacuch luctator (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum; iniziale O di Onus quod (mm 30×28), all’incipit del Liber Abacuch prophete, con Abacuch con bastone e fagotto sulle spalle afferrato per i capelli dalla mano angelica. iniziale fogliacea T di Tradunt Hebrei (mm 10×10), all’incipit del Prologus in Sophoniam prophetam; iniziale fogliacea S di Sophonias speculator (mm 10×8), all’incipit dell’Argumentum; iniziale V di Verbum quod (mm 45×40), all’incipit del Liber Sophonie prophete, con Sofonia in atto di parlare agli ebrei che si disperano guardando una casa da cui esce una figura mostruosa. iniziale fogliacea I di Ieremias propheta (mm 25×10), all’incipit dell’Argumentum in Aggeum prophetam.

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f. 361r: iniziale fogliacea A di Aggeus festinans (mm 12×8), all’incipit dell’Argumentum; iniziale I di In anno secundo (mm 130×20), all’incipit del Liber Aggei prophete, con Aggeo aureolato stante con rotulo in mano, mentre l’asta della I è sostenuta da ibrido ornitomorfo. f. 362r: iniziale fogliacea Z di Zacharias memor (mm 15×10), all’incipit del Prologus in Zachariam prophetam; iniziale I di In mense octavo (mm 125×30), all’incipit del Liber Zacharie prophete, con la visione del cesto dei peccati, con il profeta al posto della peccatrice. f. 365v: iniziale onciale fogliacea D di Deus per Moysem (mm 10×12), all’incipit del Prologus in Malachiam prophetam; iniziale fogliacea M di Malachias propheta (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum; iniziale O di Onus verbi (mm 30×30), all’incipit del Liber Malachie prophete, con il profeta in atto di parlare con i sacerdoti. f. 366v: iniziale fogliacea M di Machabeorum libri (mm 10×10), all’incipit del Prologus in libros Machabeorum. f. 367r: iniziale E di Et factum est (mm 32×32), all’incipit di Liber primus Machabeorum, con Giuda Maccabeo a cavallo, in atto di amputare il braccio di un nemico. f. 380v: iniziale F di Fratribus qui sunt (mm 170×30), all’incipit del Liber secundus Machabeorum, con invio della lettera agli ebrei in Egitto. f. 390v: iniziale B di Beatissimo pape Damaso (mm 40×35), all’incipit del Prologus Ieronimi presbiteri in quattuor evangelia, con il pontefice nell’occhiello superiore e Girolamo scrivente in quello inferiore. f. 391r: iniziale fogliacea P di Plures fuisse (mm 20×20), all’incipit del Prologus Ieronimi presbiteri in Matheum. f. 391v: iniziale fogliacea M di Matheus ex Iudea (mm 10×10), all’incipit del Prologus in Matheum. f. 397r: iniziale L di Liber generationis (mm 203×45), all’incipit dell’Evangelium secundum Matheum, con Matteo dormiente e l’albero genealogico di Cristo. f. 406v: iniziale fogliacea M di Marcus evangelista (mm 12×12), all’incipit del Prologus in Marcum; iniziale I di Initium Evangelii (mm 250×30), all’incipit dell’Evangelium secundum Marcum, con evangelista scrivente e simbolo. f. 416r: iniziale fogliacea L di Lucas Syrus (mm 20×10), all’incipit del Prologus in Lucam. f. 416v: iniziale F di Fuit in diebus (mm 195×40), all’incipit di Lucas evangelista, con l’evangelista seduto allo scrittoio, con lo sguardo rivolto verso il cielo ove compare il simbolo alato. f. 432v: iniziale fogliacea H di Hic est (mm 20×10), all’incipit del Prologus in evangelium Iohannis. f. 433r: iniziale I di In principio (mm 185×40), all’incipit dell’Evangelium secundum Iohannem, con l’evangelista e l’aquila. f. 445r: iniziale fogliacea P di Primum queritur (mm 20×10), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in epistolas Pauli.

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f. 445v: iniziale fogliacea R di Romani sunt (mm 15×10), all’incipit di alius Prologus. f. 446r: iniziale P di Paulus servus servorum Dei (mm 80×30), all’incipit dell’Epistola ad Romanos, con Paolo in atto di parlare. f. 452r: iniziale fogliacea E di Epistola Pauli (mm 12×12), all’incipit del Prologus in Epistolam Pauli ad Corinthios; iniziale fogliacea C di Corinthii sunt (mm 7×7), all’incipit dell’Argumentum; iniziale P di Paulus vocatus apostolus (mm 60×32), all’incipit dell’Epistola ad Corinthios, con Paolo in atto di parlare. f. 458r: iniziale I di In secunda ad Corinthios (mm 18×10), all’incipit del Prologus in secundam; iniziale P di Paulus apostolus Ihesu (mm 135×32), all’incipit dell’Epistola secunda ad Corinthios, con Paolo con rotolo dispiegato. f. 462r: iniziale fogliacea G di Galathe sunt (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Galathas; iniziale P di Paulus apostolus (mm 135×32), all’incipit della Epistola ad Galathas, con Paolo con spada. f. 463v: iniziale fogliacea H di Hic est (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Ephesios. f. 464r: iniziale P di Paulus apostolus (mm 130×40), all’incipit dell’Epistola ad Ephesios, con Paolo seduto con rotolo in mano. f. 465v: iniziale fogliacea P di Philippenses sunt (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Philippenses. f. 466r: iniziale P di Paulus et Timotheus (mm 120×35), all’incipit dell’Epistola ad Philippenses, con Paolo in atto di insegnare. f. 467r: iniziale fogliacea C di Colosenses et hi (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Colosenses; iniziale P di Paulus apostolus (mm 95×30), all’incipit dell’Epistola ad Colosenses, con Paolo in atto di insegnare. f. 468v: iniziale fogliacea T di Thesalonicenses sunt (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Thesalonicenses; iniziale P di Paulus et Silvanus (mm 70×40), all’incipit dell’Epistola prima ad Thesalonicenses, con Paolo in atto di insegnare. f. 469v: iniziale P di Paulus et Silvanus (mm 110×40), all’incipit della secunda Epistola ad Thesalonicenses, con Paolo con spada. f. 470v: iniziale fogliacea T di Timotheum episcopum (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Timotheum; iniziale P di Paulus apostolus (mm 130×40), all’incipit dell’Epistola prima ad Timotheum, con Paolo in atto di insegnare. f. 472r: iniziale fogliacea I di Item Timotheo (mm 20×10), all’incipit dell’Argumentum in secundam; iniziale P di Paulus apostolus (mm 15×40), all’incipit della secunda Epistola ad Timotheum, con Paolo in atto di consegnare una lettera a Timoteo. f. 473r: iniziale fogliacea T di Titum commonefacit (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Titum; iniziale P di Paulus servus (mm 70×30), all’incipit dell’Epistola ad Titum, con Paolo in atto di parlare con Tito in abiti vescovili.

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f. 473v: iniziale fogliacea F di Filemoni familiaris (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam ad Filemonem; iniziale P di Paulus vinctus (mm 125×30), all’incipit dell’Epistola ad Filemonem, con Paolo in atto di insegnare. f. 474r: iniziale fogliacea I di In primis (mm 15×18), all’incipit dell’Argumentum in Hebreos; iniziale M di Multiphariam, multisque (mm 40×40), all’incipit dell’Epistola ad Hebreos, con Paolo in atto di parlare con due ebrei stanti. f. 478v: iniziale fogliacea C di Canit psalmista (mm 10×12), all’incipit della Prefatio sancti Ieronimi in actibus apostolorum; iniziale fogliacea L di Lucas evangelista (mm 20×10), all’incipit del Prologus in eodem libro; iniziale P di Primum quidem (mm 55×40), all’incipit degli Actus apostolorum, istoriata con Vergine orante e apostoli. f. 493r: iniziale fogliacea I di Iacobus, Petrus (mm 20×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolas canonicas; iniziale N di Non ita ordo (mm 12×10), all’incipit del Prologus in epistolas canonicas; iniziale I di Iacobus Dei (mm 114×20), all’incipit dell’Epistola Iacobi, con Dio in atto di parlare a Giacomo e agli apostoli rappresentati sotto due archi; l’asta della lettera è sostenuta da un ibrido-telamone. f. 494v: iniziale fogliacea S di Symon Petrus (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam Petri primam; iniziale P di Petrus apostolus (mm 120×35), all’incipit dell’Epistola Petri prima, con apostolo stante. f. 496r: iniziale S di Symon Petrus (mm 45×45), all’incipit dell’Epistola secunda, con Pietro che consegna la lettera a un giovane messaggero. f. 497r: iniziale fogliacea R di Rationem verbi (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam Iohannis primam; iniziale Q di Quod fuit (mm 45×50), all’incipit dell’Epistola Iohannis prima, con Giovanni che consegna la lettera a un giovane messaggero. f. 498v: iniziale fogliacea U di Usque adeo (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum in epistolam secundam; iniziale S di Senior electe (mm 15×15), all’incipit dell’Epistola Iohannis secunda; iniziale fogliacea G di Gaium pietatis (mm 15×15), all’incipit dell’Argumentum in epistolam tertiam; iniziale S di Senior Gaio (mm 40×35), all’incipit dell’Epistola Iohannis tertia, con Giovanni in atto di consegnare la lettera a un giovane messaggero. Iniziale I di Iudas apostolus (mm 15×15), all’incipit dell’Argumentum in epistolam Iude; iniziale I di Iudas Iesu (mm 85×20), all’incipit dell’Epistola Iude, con Giuda in atto di parlare con tre giovani convitati. f. 499v: iniziale A di Apocalypsis Iesu (mm 30×30), all’incipit dell’Apocalypsis Iohannis, con Giovanni dormiente con a lato un angelo, mentre in cielo appare la menorah. f. 506r: iniziale fogliacea M di Me apprehendens (mm 30×30), all’incipit delle Interpretationes Hebraicorum nominum, con uno scriba all’interno. Seguono 44 letterine fogliacee (mm 12×12) nelle Interpretationes.

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La Bibbia Ross. 183 è stata inizialmente citata per la presenza di modelli bizantini (TIETZE, Die illuminierten, 71-73 nr. 103), sulla base dei quali è stata proposta una cronologia attorno al 1300; Baldani (BALDANI, La pittura a Bologna, 380-381) invece la collega direttamente con la produzione bolognese attorno al nono decennio del XIII secolo e, in particolare, individua rapporti con i codici monacensi mss. lat. 7206 e lat. 21261 e con i corali mss. 11 e 12 del Museo civico di Bologna; Castelfranco (CASTELFRANCO, I corali miniati, 550) ritiene che il Ross. 183, insieme al Ross. 255, appartengano alla maniera bolognese antica, caratterizzata da un trattamento grafico e bidimensionale delle forme; il rinnovamento sarebbe sopraggiunto in seguito grazie agli apporti eugubini del Maestro dei Corali di San Domenico e di Oderisi, che avrebbero introdotto una visione plastica e cromaticamente raffinata della rappresentazione. Proseguendo su questa linea di indagine, volta a organizzare i codici bolognesi in gruppi coerenti, ErbachFürstenau (ERBACH-FÜRSTENAU, Bolognesische Vulgaten, 253-254) indica nel ms. 183 un importante testimone della recensione vulgata che farebbe capo al ms. lat. 22 della Bibliothèque nationale de France di Parigi, mentre Jonathan Alexander e Albinia de la Mare (The Italian Manuscripts, 18, n. 1) in una breve nota elencano il codice fra i più importanti manoscritti bolognesi; una svolta decisiva al dibattito viene proposta da Conti (CONTI, Appunti pistoiesi, 121 e Problemi di miniatura, 27, n. 59) che accenna al manoscritto per dimostrare la fase formativa bolognese del Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano, un artefice così denominato dal Graduale eseguito per la chiesa agostiniana di San Lorenzo a Pistoia, ma conservato fino al 1782 presso la chiesa eponima; in un primo intervento (CONTI, Appunti pistoiesi) lo studioso si limita a ritenere la cultura precimabuesca del Miniatore «bolognese del genere delle due Bibbie della Rossiana (mss. 255 e 183)» per quanto concerne la miniatura e toscana per quanto riguarda la pittura. Nel secondo saggio (CONTI, Problemi di miniatura, 27, n. 59) invece solo il ms. 183 è citato come opera da assegnare alla bottega di questo prolifico miniatore. Il corpus delle opere dell’artefice, attivo a Firenze tra 1270 e 1290, è stato dallo studioso ricostruito mediante l’identificazione della sua presenza in cuttings, quali le due iniziali, M con Annunciazione e A con Presentazione al Tempio, della Collezione Cini (nrr. 2011, 2014), la iniziale del salmo 1 Beatus vir con Cristo e David del Wallraf-Richartz Museum di Colonia, ms. nr. 182, l’iniziale A col Giudizio Finale della Pierpont Morgan Library di New York, e in manoscritti, quali il ms. M. 273, Antifonario ms. nr. 231 del Museo civico di Pistoia, l’Antifonario francescano già Hoepli 1926, poi Sotheby’s 1974, la Bibbia Reid ms. 55 del Victoria & Albert di Londra, il Salterio ms. Calci 9 della Biblioteca Medicea Laurenziana, il Commentarium di Tommaso d’Aquino alle Sententiae di Pietro Lombardo di Cracovia, Biblioteka Jagiellonska, ms. Rps. 1719, i Corali del Duomo di Grosseto, oltre al Ross. 183. Differenti sono invece i referenti culturali identificati da Daneu Lattanzi (DANEU LATTANZI, I manoscritti e incunaboli, 47) che, esaminando i codici collegati con il Maestro della Bibbia di Corradino, evidenzia i rapporti tra gli ateliers svevi e quelli bolognesi, individuando nel codice in esame elementi direttamente derivati dalla tradizione meridionale, come la gamma cromatica e le for-

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ROSS. 183

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me delle volute fogliacee estendentesi nei margini. In altra direzione punta invece l’analisi di Lemarie (LEMARIE, L’iconographie de saint Chromace, 670 e 687), che cita il codice solo in relazione a un problema iconografico, cioè la rappresentazione di Cromazio di Aquileia nel prologo gerolamiano dei libri sapienziali delle bibbie bolognesi, per segnalare, in questo caso, l’assenza della rappresentazione; ancora problemi iconografici spingono Rebecca Corrie (CORRIE, The Conradin Bible, 164, 166, 170-172, 196, 200, 217, 221, 226, 229, 234, 237, 246, 224226) a confrontare il sistema illustrativo della Bibbia di Corradino (Baltimora, The Walters Art Gallery, ms. W. 152) con quello del ms. Ross. 183, considerato un esempio della produzione bolognese coeva, con una scelta di soggetti da porre nelle singole iniziali che non si allontana dalla tradizione degli ateliers universitari. Sulla stessa posizione si pone PFÄNDTNER, Die Psalterillustration 146 a proposito delle illustrazioni del salterio; intutti i casi si accetta la assegnazione all’ambito bolognese e la cronologia attorno al 1270. Questa posizione è condivisa anche da Norris (Early Gothic, 262, 283, 789-295 nr. 40) che, nell’ambito del suo esame delle bibbie bolognesi della prima maniera, mantiene l’aggregazione delle opere proposte da Conti e il riferimento al Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano, incrementandone il corpus con l’assegnazione di un foglio rappresentante san Paolo, battuto da Sotheby’s il 25 aprile 1983, lotto 20; lo studioso però sottolinea la cultura bolognese dell’atelier, che costituisce il VI gruppo della sua classificazione, rappresentando un momento intermedio in una evoluzione dello stile bolognese “prima maniera”, che passerebbe dalla resa grafica a quella plastica, sensibile ai modelli bizantini. La localizzazione bolognese è ripresa, con qualche confusione, da Pfändtner (PFÄNDTNER, Die Psalterillustration, 146 e LXXXIII-LXXXIV), che ribadisce, sulla base di confronti con il ms. madrileno Vitr. 21-4, una cronologia 1270-1280. La complessa vicenda attributiva, resa ancor più difficile dalla saltuaria identificazione del Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano col Terzo Maestro dei Corali di Santa Maria Novella, ha fatto sì che il Ross. 183, in ogni caso indicato, insieme all’affine iniziale del Wallraf-Richardz, come punto di partenza dell’iter formativo dell’artefice iniziato a Bologna, continui a essere frequentemente, ma sommariamente citato; recentemente Labriola (LABRIOLA, Aspetti della miniatura, 199) ha ripercorso il côté toscano delle acquisizioni critiche relative al miniatore, ribadendo per il Ross. 183 le affinità col corpus delle opere individuate, ma anche le diversità, costituite principalmente dal trattamento calligrafico dei volti appuntiti, che rimanda all’ambito romagnolo che, come aveva già indicato Conti (CONTI, Problemi di miniatura, 27, n. 59 e La miniatura bolognese, 17) proprio in questi anni mostra strette connessioni con l’area toscana. L’analisi diretta del codice innanzi tutto pone di fronte a una constatazione: il manoscritto non può essere considerato un’opera giovanile, dato che il miniatore principale, che interviene con minimi aiuti in tutto il manoscritto, è certamente un maestro di provata esperienza che sa rispondere con efficienza e abilità alla complessa domanda della committenza francescana di realizzare un codice di lusso, con un articolato programma iconografico. Le iniziali filigranate e

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il repertorio ornamentale appartengono alla prima fase della tradizione bolognese, come dimostra sia la gamma cromatica, giocata sui blu, grigi, ocra e arancio, sia la tipologia dei tralci e la loro impostazione; ma l’elemento contraddistintivo è la ripresa di elementi bizantini, come già rilevato dai più antichi studiosi (DVORˇ ÁK, Byzantinischer Einfluß; TIETZE, Die illuminierten, 71-73), aspetto però trascurato dalla critica successiva. Basta infatti esaminare la Madonna in trono, una vera e propria icona inserita nella pagina iniziale del Genesi: il confronto con la Vergine del Sacramentario di Madrid (Biblioteca Nacional, ms. 52, f. 80r) realizzata in Sicilia nel 1180-1190, rivela una discendenza dallo stesso modello: lo indicano la posizione sotto arcata, il modulo sottile e allungato del corpo, i panneggi del maphorion che ricopre il capo e le spalle e si arcua formando il lembo che si adagia sul ginocchio destro, il trono senza schienale, dotato di grandi cuscini, che si appoggiano su un piano ornato con foglie d’acanto; nel codice rossiano questi dettagli appaiono meno elaborati: ad esempio il cuscino è uno solo e poggia direttamente sulle dicotomie fogliacee, mentre nel codice di Madrid esse sostengono un sedile su cui posano due cuscini. Altre varianti sono costituite dall’inversione dei colori che nella tradizione bizantina sono il rosso per il maphorion e il blu per la tunica, mentre in occidente solitamente la Vergine è coperta dal solo manto blu, colore che in questa versione è assegnato al maphorion, mentre il rosso è usato per la tunica. Certamente la variante di maggior impatto è la differente posizione del bambino, non più nell’atto di rivolgersi verso la madre che avvicina amorevolmente il volto a quello del figlio, secondo l’iconografia della Vergine Eleousa, ma in quello benedicente col libro in mano proprio della tradizione occidentale. L’iconografia della Glikophilousa compare invece al f. 241r, nell’iniziale che introduce il Cantico dei Cantici. Per il codice siciliano si è indicato come referente la Vergine in trono (1191) nell’abside della chiesa di San Giorgio a Kurbinovo (Macedonia), con cui condivide il trono senza schienale e acantiforme e la struttura dei panneggi, e questo referente appare proponibile anche per la Vergine del codice rossiano in esame, ancor più fedele al modello per l’assenza del suppedaneo e la struttura del trono. La conoscenza di questi modelli comneni, che troveranno ampia diffusione nei maestri del “secondo stile”, a cominciare dal Miniatore della Bibbia di Gerona, si fonde con elementi propri della cultura romagnola e in particolare trova precisi riscontri nell’opera del Maestro di Bagnacavallo, un miniatore sensibile alla novità di Giunta Pisano e aperto ai contatti con la Toscana. Mi sembra chiarificatore a questo proposito il confronto fra il f. 5v del codice in esame con la corrispondente iniziale della Bibbia ms. D. XXI, 1 della Biblioteca Malatestiana di Cesena, f. 7v: in ambedue non solo trova precisi riscontri la serie dei 7 tondi della Creazione, inseriti in clipei delimitati da un nastro che si intreccia con quello che definisce il corpo dell’iniziale, ma in tutte e due le pagine la struttura dei girali nei margini superiore e inferiore assume simile sviluppo, così come identica iconografia è utilizzata nella rappresentazione dei giorni; infine le due scene della Crocefissione alla base dell’asta della I si articolano in modo parallelo. Identica è inoltre la rappresentazione di san Francesco inginocchiato, con le mani giunte

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nell’atto della preghiera, trafitte dalle stimmate. Nonostante le somiglianze, che si estendono anche all’uso dell’oro in foglia come sfondo dei tondi del Genesi e per impreziosire gli ornamenti fogliacei delle iniziali degli altri libri, non si tratta però dello stesso artefice, dato che il Maestro di Bagnacavallo si caratterizza per volti più rotondi e nettamente delineati e per una differente conoscenza dei modelli bizantini, che si esprime più nel repertorio ornamentale e nel modulo delle figure che non nelle scelte iconografiche e stilistiche. Il miniatore del Ross. 183 invece mostra anche altre aperture: l’arcata che incornicia la Crocefissione (f. 7v) presenta un andamento trilobato, che si ripete nelle iniziali ad asta verticale, ad esempio in quelle che introducono i Vangeli; in queste le scene sono disposte su due registri, secondo il modello delle bibbie francesi, nelle quali la soluzione veniva adottata per permettere la rappresentazione di scene complesse entro spazi limitati. È in queste ultime lettere che compaiono elementi più vicini ai codici toscani, per esempio la forma del tralcio, come appare evidente nell’incipit di Marco al f. 406v. Un altro elemento che caratterizza l’artefice è la scelta di abiti contemporanei per rappresentare i personaggi minori, per esempio il messaggero nell’iniziale del prologo Frater Ambrosius al f. 2r, gli operai che costruiscono il tempio nell’incipit di Esdra, f. 114r, oppure il profeta Baruch al f. 312v o Ecclesiaste al f. 230v. Sebbene i rapporti con l’ambito toscano abbiano certamente costituito un elemento importante nella formazione del maestro del Ross. 183, appare inaccettabile una sua identificazione col Miniatore di Sant’Alessio in Bigiano, mentre dell’intero corpus aggregato nel corso degli studi più recenti intorno a questo artefice solo l’iniziale del Beatus vir del Wallarf-Richartz Museum risulta accostabile alla sua produzione (LABRIOLA, Aspetti della miniatura, 199). Rimane incerta l’esatta ubicazione della sua bottega, dato che a una formazione sicuramente bolognese, con le conseguenti aperture verso le novità francesi, abbina una conoscenza diretta e, in questi anni, ineguagliata dei modelli bizantini, insieme a quella delle elaborazioni degli ateliers toscani. Induce però a propendere per un diretto contatto con l’ambito bolognese il rigore delle scelte iconografie delle illustrazioni delle iniziali dei singoli libri; queste infatti appaiono in linea con quelle operate dai maggiori ateliers della città universitaria. Resta però difficile da interpretare l’inizio del Genesi, cosa che ha indotto più tardi lettori a proporre ipotetiche identificazioni; la presenza della Vergine in trono a lato dell’incipit, dei due arcangeli nei girali superiori e di un angelo in quello inferiore sembra pero insistere sulla devozione alla Vergine e induce a identificare i due personaggi con libro in mano del bas-de-page come profeti, autori di profezie mariane. Sulla base di queste considerazioni e dei nessi culturali e stilistici individuati sembra opportuno proporre per il codice una cronologia tra 1270 e 1280, mentre non è possibile, al di là dell’evidente indicazione francescana, ipotizzare uno specifico committente del codice, anche se numerose glosse e correzioni apposte nei margini testimoniano l’uso colto del manoscritto, probabilmente all’interno di uno studium conventuale.

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Buono lo stato di conservazione. Legatura tipo A; sul dorso, si legge, in alto: BIBLIA SACRA VULG(ATAE) / LECTIONIS ACCEDIT / EPITOME METRICE; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII. (Bibl. Rossianae, II, 148r) BALDANI, La pittura a Bologna, 380-381; TIETZE, Die illuminierten, 71-73 nr. 103; CASTELFRANCO, I corali miniati, 550; ERBACH-FÜRSTENAU, Bolognesische Vulgaten, 253-254; DANEU LATTANZI, Ancora sulla scuola, 150; ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 18, n. 1; CONTI, Appunti pistoiesi, 121; DANEU LATTANZI, I manoscritti e incunaboli, 47; LEMARIÉ, L’iconographie de saint Chromace, coll. 670 e 687; CONTI, Problemi di miniatura, 27, n. 59; CORRIE, The Conradin Bible, 164, 166, 170, 171, 172, 196, 200, 217, 221, 226, 229, 234, 237, 246, 524-526; NORRIS, Early Gothic, 262, 283, 789-795 nr. 40; PFÄNDTNER, Die Psalterillustration, 146 e LXXXIII-LXXXIV; DE BENEDICTIS, Il Graduale di Prata, 20; GIORGI, s.v. Maestri dei corali, 416 e 782; LABRIOLA, Aspetti della miniatura, 199.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 184 (olim VIII, 123) Psalterium monasticum: Officium defunctorum (ff. 1r-3v); Litania (f. 4r); Praefatio ad Psalterium (ff. 5r-7v); Psalterium cum glossa (ff. 9r-217v); Cantica (ff. 218r231r); Orationes (ff. 231r-236r); Litaniae et preces diversae (ff. 237r-253r); Sancti Prudentii Trecensis episcopi breviarium (ff. 253v-256v); Excerpta ex sancto Hieronymo (ff. 257r-259v) Germania meridionale (Tegernsee?), sec. XI, metà

Ross. 184, f. 9r

Membr. (pergamena piuttosto spessa, non di qualità eccellente e lavorata in modo disomogeneo, giallastra); ff. VII (cart.), 260, VII’ (cart.). Numerazione contemporanea meccanica in basso a destra solo sul recto con numeri arabi che unifica due più antiche numerazioni, entrambe a penna in alto a destra: l’una dei ff. 1-8, contenenti l’Ufficio dei defunti (ff. 1r-3r), la Litania (f. 4r), la Prefazione al Salterio (ff. 5r-7r), l’altra che riprendeva con l’incipit del Salterio a f. 9r. Il f. 8 è vacante. Il codice misura mm 317×252 (misure prese al f. 9). Contenuto disposto su due colonne, il testo in quella interna, le glosse in quella marginale, in carolina di modulo grande per il testo, vergato con alternanza di inchiostri bruni e titoli in ros-

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ROSS. 183-184

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so, in carolina di modulo piccolo per le glosse. Specchio di scrittura, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente, di mm 230×190 (spazio intercolonnare mm 10) di 13 linee per il testo e su un numero estremamente variabile di linee per la glossa. Il f. 260, che nella precedente legatura fungeva da controguardia, sembra provenire da un altro codice, come dimostrano tracce di testo ormai illeggibile nel verso.

Il codice contiene 3 miniature a piena pagina in corrispondenza dei salmi 1, 51, 101 (ff. 9r, 77v, 144v), iniziali maggiori e numerosissime iniziali, di mm 40×37 in media, agli incipit degli altri salmi e di altre partizioni testuali. La prima miniatura a piena pagina si trova al f. 9r dove è l’incipit in lettere capitali del salmo 1 (Beatus vir… sedit), inserito in una specchiatura porpora incorniciata da una fascia a volute vegetali rosse su fondo neutro, che appare delimitata internamente e esternamente da un listello in argento; i caratteri del testo sono in argirografia, mentre la B, fortemente ingrandita, è decorata a racemi argento e oro, su pergamena riservata sul fondo e con spazi interstiziali rossi nel ductus, che presenta intrecci geometrici sugli archi della lettera e a chiuderne in alto e in basso l’asta verticale. L’altra miniatura a piena pagina è al f. 77v, dove si trova l’incipit del salmo 51 (Quid gloriaris… iniquitate?): si tratta di un’iniziale ‘caledoscopica’ con la coda identificata da un animale mostruoso le cui fauci generano la decorazione a intreccio che campisce il fondo interno della lettera, inserita in una specchiatura porpora incorniciata da una fascia a onde parallele come anche a f. 144v, dove è l’incipit, miniato a piena pagina, del salmo 101 (Domine, exaudi… veniat). Le iniziali maggiori misurano mm 45×41 in media, corrispondenti a 4/5 linee di scrittura, sono contornate di rosso minio, ornate a racemi d’oro e d’argento e a intrecci geometrici e sono talvolta arricchite da motivi zoomorfi (per es. la Q di Quem admodum di f. 64r); si trovano ai ff.: 4r, la K di Kirie eleyson, all’incipit della Litania; 5r, la D di David filius, all’incipit della Prefazione al Salterio; 5v, la P di Psalterium Rome, all’incipit della Prefazione di san Girolamo; 6r, la C di Canticum psalmorum, all’incipit delle Lodi del Salterio; 7r, la B di Benignus et misericors, all’incipit di tre preghiere; 10r, la Q di Quare fremuerunt gentes, all’incipit del salmo 2; 11r, la D di Domine quid moltiplicati sunt, all’incipit del salmo 3; 11v, la C di Cum invocarem, all’incipit del salmo 4; 12v, la V di Verba mea auribus percipe, all’incipit del salmo 5; 13v, la D di Domine ne in furore tuo, all’incipit del salmo 6; 14v, la D di Domine Deus meus, all’incipit del salmo 7; 16r, la D di Domine dominus noster, all’incipit del salmo 8; 16v, la C di Confitebor tibi, all’incipit del salmo 9; 20r, la I di In domine confido, all’incipit del salmo 10; 20v, la S di Salvum me fac, all’incipit del salmo 11; 21v, la U di Usque quo domine oblivisceris, all’incipit del salmo 12; 22r, la D di Dixit insipiens, all’incipit del salmo 13; 23r, la D di Domine qui habitabit, all’incipit del salmo 14; 23v, la C di Conserva me, all’incipit del salmo 15; 25r, la E di Exaudi domine iusticiam meam, all’incipit del salmo 16; 26v, la D di Diligam te domine, all’incipit del salmo 17; 30r, la C di Celi enarrant gloriam Dei, all’incipit del salmo 18; 31v, la E di Exaudiat te dominus, all’incipit del salmo 19; 32v, la D di Domine in virtute tua, all’incipit del salmo 20; 33v, la D di Deus Deus meus, all’incipit del salmo 21; 36v, la D di Dominus pascit me, all’incipit del salmo 22; 37r,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la D di Domini est terra, all’incipit del salmo 23; 38r, la A di Ad te domine levavi, all’incipit del salmo 24; 39v, la I di Iudica me domine, all’incipit del salmo 25; 40v, la D di Dominus illuminatio mea, all’incipit del salmo 26; 42r, la A di Ad te domine clamabo, all’incipit del salmo 27; 43r, la A di Afferte domino, all’incipit del salmo 28; 44r, la E di Exaltabo te, all’incipit del salmo 29; 45r, la I di In te domine speravi, all’incipit del salmo 30; 47r, la B di Beati quorum demisse, all’incipit del salmo 31; 48r, la E di Exultate iusti in domino, all’incipit del salmo 32; 50r, la B di Benedicam dominum, all’incipit del salmo 33; 51v, la I di Iudica domine, all’incipit del salmo 34; 54r, la D di Dixit iniustus, all’incipit del salmo 35; 55r, la N di Noli emulari in malignantibus, all’incipit del salmo 36; 58r, la D di Domine ne in furore tuo, all’incipit del salmo 37; 60r, la D di Dixi custodiam vias meas, all’incipit del salmo 38; 61r, la E di Expectans expectavi, all’incipit del salmo 39; 63r, la B di Beatus qui intelligit, all’incipit del salmo 40; 64r, la Q di Quem admodum desiderat cervus, all’incipit del salmo 41; 65v, la I di Iudica me, all’incipit del salmo 42; 66r, la D di Deus auribus nostris, all’incipit del salmo 43; 68v, la E di Eructavit cor meum, all’incipit del salmo 44; 70r, la D di Deus est nobis refugium, all’incipit del salmo 45; 70v, la O di Omnes gentes plaudite, all’incipit del salmo 46; 71v, la M di Magnus dominus, all’incipit del salmo 47; 72v, la A di Audite hec omnes, all’incipit del salmo 48; 74r, la D di Deus deorum dominus, all’incipit del salmo 49; 75v, la M di Miserere mei Deus, all’incipit del salmo 50; 78v, la D di Dixit insipiens in corde suo, all’incipit del salmo 52; 79v, la D di Deus in nomine tuo, all’incipit del salmo 53; 80r, la E di Exaudi deus orationem, all’incipit del salmo 54; 82r, la M di Miserere mei Deus, all’incipit del salmo 55; 83r, la M di Miserere mei Deus, all’incipit del salmo 56; 84v, la S di Si vere, all’incipit del salmo 57; 85v, la E di Eripe me de inimicis, all’incipit del salmo 58; 87r, la D di Deus repulisti nos, all’incipit del salmo 59; 88r, la E di Exaudi Deus deprecationem, all’incipit del salmo 60; 89r, la D di Domine Deo subiecta erit, all’incipit del salmo 61; 90r, la D di Deus Deus meus es tu, all’incipit del salmo 62; 90v, la E di Exaudi Deus orationem, all’incipit del salmo 63; 91v, la T di Te decet hymnus, all’incipit del salmo 64; 93r, la I di Iubilate Deo omnis terra, all’incipit del salmo 65; 94v, la D di Deus misereatur nostri, all’incipit del salmo 66; 95r, la E di Exurgat Deus, all’incipit del salmo 67; 98r, la S di Salvum me fac, all’incipit del salmo 68; 100v, la D di Deus in adiutorium meum, all’incipit del salmo 69; 101v, la I di In te dominus speravi, all’incipit del salmo 70; 103v, la D di Deus iudicium tuum, all’incipit del salmo 71; 105r, la Q di Quam bonus rectis est, all’incipit del salmo 72; 106v, la U di Ut quid Deus reppulisti, all’incipit del salmo 73; 108v, la C di Confitebimur tibi Deus, all’incipit del salmo 74r; 109v, la N di Notus in Iudea Deus, all’incipit del salmo 75; 110r, la V di Voce mea ad dominum, all’incipit del salmo 76; 112r, la A di Adtendite popule, all’incipit del salmo 77; 117r, la D di Deus venerunt gentes, all’incipit del salmo 78; 118v, la Q di Quis regis Israel, all’incipit del salmo 79; 120r, la E di Exultate Deo, all’incipit del salmo 80; 121r, la D di Deus stetit, all’incipit del salmo 81; 122r, la D di Deus ne quiescas, all’incipit del salmo 82; 123r, la Q di Quam dilecta tabernacula, all’incipit del salmo 83; 124r, la B di Benedixisti domine all’incipit del salmo 84; 125r, la I di Inclina domine, all’incipit del salmo 85; 126v, la F di Fundamenta eius, all’incipit del salmo 86; 127r, la

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ROSS. 184

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D di Domine Deus salutis meae, all’incipit del salmo 87; 128v, la M di Misericordias domini in aeternum, all’incipit del salmo 88; 132r, la D di Domine refugium, all’incipit del salmo 89; 133v, la Q di Qui habitat in protectione, all’incipit del salmo 90; 135r, la B di Bonum est confiteri, all’incipit del salmo 91; 136r, la D di Dominus regnavit, all’incipit del salmo 92; 136v, la D di Deus ultionum, all’incipit del salmo 93; 138r, la V di Venite exultemus, all’incipit del salmo 94; 139r, la C di Cantate domino, all’incipit del salmo 95; 140r, la D di Dominus regnavit, all’incipit del salmo 96; 141r, la C di Cantate domino, all’incipit del salmo 97; 142r, la D di Dominus regnavit, all’incipit del salmo 98; 142v, la I di Iubilate domino, all’incipit del salmo 99; 143r, la M di Misericordiam et iudicium, all’incipit del salmo 100; 147r, la B di Benedic anima mea, all’incipit del salmo 102; 148v, la B di Benedic anima mea, all’incipit del salmo 103; 151r, la C di Confitemini domino, all’incipit del salmo 104; 154r, la C di Confitemini domino, all’incipit del salmo 105; 157r, la C di Confitemini domino, all’incipit del salmo 106; 160r, la P di Paratum cor meum, all’incipit del salmo 107; 161r, la D di Deus laudem meam, all’incipit del salmo 108; 163v, la D di Dixit dominus, all’incipit del salmo 109; 164r, la C di Confitebor in te domine, all’incipit del salmo 110; 165r, la B di Beatus vir, all’incipit del salmo 111; 165v, la L di Laudate pueri, all’incipit del salmo 112; 166r, la I di In exitu Israel, all’incipit del salmo 113; 168r, la D di Dilexi qui exaudiet, all’incipit del salmo 114 (qui numerato 115); 168v, la C di Credidi propter quod, all’incipit del salmo 115 (qui numerato 114); 169r, la L di Laudate dominum, all’incipit del salmo 116; 169v, la C di Confitemini domino, all’incipit del salmo 117; 171v, la B di Beati immaculati, all’incipit del salmo 118; 172v, la I di In quo corrigit; 173r, la R di Retribue servo tuo; 173v, la A di Adhesit pavimento; 174v, la L di Legem pone mihi; 175r, la E di Et veniat super me; 176r, la M di Memor esto verbi; 177r, la P di Portio mea domine; 177v, la B di Bonitatem fecisti; 178v, la M di Manus tue fecerunt; 179r, la D di Defecit insalutare; 180r, la I di In eternum; 180v, la Q di Quomodo dilexi; 181v, la L di Lucerna pedibus meis; 182r, la I di Iniquos odio habuit; 183r, la F di Feci iudicium; 183v, la M di Mirabilia testimonia tua; 184r, la I di Iustus es domine; 185r, la C di Clamavi in toto corde; 185v, la V di Vide humilitatem meam; 186v, la P di Principes persecuti sunt; 187r, la A di Appropinquet deprecatio mea; 188r, la A di Ad dominum, all’incipit del salmo 119; 188v, la L di Levavi oculos, all’incipit del salmo 120; 189r, la L di Letatus sum, all’incipit del salmo 121; 190r, la A di Ad te levavi oculos, all’incipit del salmo 122; 190v, la N di Nisi quia dominus erat, all’incipit del salmo 123; 191r, la Q di Qui confidunt in domino, all’incipit del salmo 124 (numerato 125); 191v, la I di In convertendo dominus, all’incipit del salmo 125 (numerato 124); 192v, la N di Nisi dominus aedificaverit, all’incipit del salmo 126; 193r, la B di Beati omnes, all’incipit del salmo 127; 193v, la S di Sepe expugnaverunt, all’incipit del salmo 128; 194r, la D di De profundis clamavi, all’incipit del salmo 129; 195r, la D di Domine nos est exaltatum, all’incipit del salmo 130; 195r, la M di Memento domine, all’incipit del salmo 131; 196r, la E di Ecce quam bonum, all’incipit del salmo 132; 197r, la E di Ecce nunc benedicite, all’incipit del salmo 133; 197v, la L di Laudate nomen, all’incipit del salmo 134; 199r, la C di Confitemini domino, all’incipit del salmo 135; 200v, la S di Super flumina Babylonis, all’incipit del salmo 136; 201v, la C di Con-

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334

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

fitebor in te domine, all’incipit del salmo 137; 202v, la D di Domine scrutatus es, all’incipit del salmo 138; 204r, la E di Eripe me, all’incipit del salmo 139; 205v, la D di Domine clamavi, all’incipit del salmo 140; 206v, la V di Voce mea ad dominum, all’incipit del salmo 141; 207r, la D di Domine exaudi orationem meam, all’incipit del salmo 142; 268v, la B di Benedictus dominus, all’incipit del salmo 143; 210r, la E di Exaltabo te Deus, all’incipit del salmo 144; 211v, la L di Lauda animam meam, all’incipit del salmo 145; 212v, la L di Laudate dominum, all’incipit del salmo 146; 213r, la L di Laudate Ierusalem, all’incipit del salmo 147; 214r, la L di Laudate dominum, all’incipit del salmo 148; 215r, la C di Cantate domino, all’incipit del salmo 149; 216r, la L di Laudate dominum, all’incipit del salmo 150; 217r, la P di Pusillus eram; 218r, la C di Confitebor in te domine, all’incipit del Cantico di Isaia; 218v, la E di Ego dixi in dimidio, all’incipit del Cantico di Ezechiele; 219v, la E di Exultavit cor meum, all’incipit del Cantico di Anna; 221r, la C di Cantemus domino, all’incipit del Cantico di Mosè; 222v, la D di Domine audivi, all’incipit della Orazione di Abacuc; 224v, la A di Audite celi, all’incipit del Cantico di Mosè; 228v, la B di Benedicite omnia, all’incipit dell’Inno dei tre fanciulli; 229v, la B di Benedictus dominus, all’incipit del Cantico di Zaccaria; 230v, la M di Magnificat anima mea, all’incipit del Cantico di santa Maria ad vesperam; 231r, la N di Nunc dimittis servum tuum, all’incipit del Cantico di Simeone e P di Pater noster, all’incipit dell’Orazione domenicale; 231v, la C di Credo in dominum, all’incipit del Credo; 232r, la T di Te Deum laudamus, all’incipit del Te Deum; 233v, la Q di Quicumque vult, all’incipit della Fede cattolica di sant’Atanasio. Manca invece la lettera K di Kyrie eleison a 237r, che è stata delineata a secco ma mai eseguita. La decorazione delle lettere richiama una cultura che affonda le sue radici nella produzione tardocarolingia di San Gallo e si esplica compiutamente nello scriptorium della Reichenau, dove fu realizzato intorno al 970-990 il libro delle Pericopi di Possay (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 10514; cfr. MAYR-HARTING, Ottonian I, tav. IV e II, fig. 129), le cui iniziali sono da considerare tipologia di riferimento per quelle del Ross. 184. Dal punto di vista paleografico, codicologico e testuale, il Ross. 184 mostra analogie col Salterio di Tegernsee, München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 18121 (cfr. KLEMM, Die ottonischen, II.1, Scheda nr. 115), e si può quindi ricondurre al noto monastero benedettino bavarese (EDER, Die Schule, 104-105) e datare alla metà dell’XI secolo. Caratteristiche peculiari dell’ornamentazione lo avvicinano al Ross. 204, che mostra però un grado di elaborazione più raffinato, spazi interstiziali colorati e cornici con motivi decorativi su basi cromatiche, delineati invece nel Ross. 184 su pergamena riservata. Il manoscritto è in discreto stato di conservazione. La pergamena, tuttavia, si mostra in alcuni fogli aggricciata e presenta molte lacerazioni (a volte rattoppate, come a f. 31, o rammendate, come a f. 35), fori (ad es. ff. 1, 4, 17, 18, 20, 34) e lisière (ad es. f. 41). I fogli sono stati rifilati con conseguente perdita di parti miniate (ad es. f. 16r).

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335

ROSS. 184-186

Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, VARIA / PRAESERTIM PSALMI / EX VERSIONE LXX. INTERPR(ETATIO) / EMENDATA A S(ANCTO) HIERON(IMO) / CUM ARGUMENTIS ET GLOSSIS, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XII. (SILVA TAROUCA, I, 258r-264v; Bibl. Rossianae, II, 149r-v) TIETZE, Die illuminierten, 4 nr. 5; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 25 nr. 45; EDER, Die Schule, 74, 76, 95, 104-105, 155; SALMON, Livrets, 233; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 186 (olim VIII, 125) S. BERNARDUS CLARAEVALLENSIS, Sermones de Cantico canticorum (ff. 1r-174r). GISLEBERTUS MONACHUS, Sermones super Cantica canticorum (ff. 174v-273r) Italia settentrionale (Veneto?), sec. XIV3-4 Membr.; ff. VI (cart., il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 273, VI’ (cart., il VI’ in cartoncino azzurro, come la controguardia). Da f. 1 a f. 76 una numerazione moderna in alto a destra convive con un’altra, quando visibile, contemporanea al codice; a partire da f. 77, la numerazione antica si scorge su tutti i fogli e scompare quella moderna; richiami orizzontali vergati sul margine sinistro del foglio; mm 324×223; scrittura gotica testuale, di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su due colonne (mm 240×154), di 40 linee; spazio intercolonnare mm 13; rigatura a penna, eseguita sul recto e sul verso dei fogli.

2 iniziali maggiori decorate (ff. 1r e 174v). Numerose lettere filigranate vergate in blu e rosso. Si segnala, inoltre, la presenza di annotazioni marginali, soprattutto nei primi fascicoli del manoscritto e la presenza, da f. 7r a f. 82v, dell’indicazione del numero del sermone. f. 1r:

iniziale maggiore V di Vobis fratres (mm 26×29), con campo in oro. All’interno della lettera, su fondo blu ornato a biacca, una decorazione a volute vegetali. Dalle estremità della V si sviluppa, sul margine sinistro del fo-

Ross. 186, f. 1r

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336

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

glio, di rosso e di viola, un fregio vegetale realizzato in blu, viola, rosso, con globi aurei, che si prolunga oltre la metà dello specchio scrittorio. f. 174v: iniziale maggiore V di Varii sunt (mm 26×27). La decorazione è identica a quella dell’iniziale a f. 1r. All’interno della lettera è realizzata una decorazione a volute vegetali. Dalle estremità della V si sviluppa un fregio a foglie. Il manoscritto tramanda il commentario sul Cantico dei Cantici di Bernardo di Chiaravalle, rimasto incompiuto alla morte del santo, nel 1153, e il testo che Gilberto di Hoyland, abate cistercense dell’abbazia inglese di Swineshead nel Lincolnshire, conosciuta nel Medioevo come Holland o Hoyland, scrisse a completamento dell’opera di Bernardo, lavorandovi fino alla morte avvenuta nel 1172 (DUTTON, The Medici, 93). I due lavori, spesso tramandati insieme, ma talvolta autonomi l’uno dall’altro, si conservano in un numero elevato di manoscritti; un elenco dei testimoni della tradizione manoscritta si trova nel lavoro che E. Mikkers dedicò alla vita e all’opera di Gilberto (MIKKERS, De vita et operibus, 269-271). Il Ross. 186, in origine appartenente alla biblioteca del cardinale Capranica (al numero 92 del ms. Vat. lat. 8184), non presenta un particolare apparato decorativo e probabilmente fu prodotto, nella seconda metà del XIV secolo, in Italia settentrionale, forse in area veneta, da un artista comunque vicino alla tradizione bolognese (MIKKERS, De vita et operibus, 270). Il codice è in ottime condizioni. Legatura Rossi A. Sul dorso, in alto, si legge S(ANCTI) BERNARDI / ET / GUILBERTI DE HOL(LAND) / SERMONES / IN / CANT(ICA) CANTICORUM e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. (SILVA TAROUCA, I, 266r; Bibl. Rossianae, II, 151r-152r) TIETZE, Die illuminierten, 83 nr. 127; MIKKERS, De vita et operibus, 269-271; DUTTON, The Medici, 93; CERESA, Bibliografia 2005, 477.

SALVATORE SANSONE

Ross. 192 (olim VIII, 131) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Epistolae Toscana (Firenze?), sec. XV3, ante 1458 Membr.; ff. VIII (I-VI cart.; il f. I è in cartoncino azzurro, come la controguardia), 440, VIII’ (III’-VIII’ cart.; il f. VIII’ è in cartoncino azzurro, come la controguardia); doppia foliazione: la prima, più antica, in numeri romani in alto a destra, tracciata a mina di piombo e appena visibile; la seconda, ancora in alto a destra, ma più in basso rispetto alla prima, in cifre arabe e inchiostro nero. I fogli di guardia anteriori in pergamena sono numerati con

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ROSS. 186-192

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le cifre romane I e II, mentre quelli posteriori con III, IV, V. In realtà quello che è stato considerato erroneamente il primo foglio di guardia posteriore (numerato come III) fa parte dell’ultimo fascicolo. Il corpo del manoscritto è composto, quindi, di 440 fogli e non 439 come invece risulta dalle numerazioni in cifre romane e arabe. Sulla guardia II, sul f. 440 e sulla guardia IV è vergato l’indice delle epistole. Richiami di fascicolo vergati al centro del margine inferiore e arricchiti da decorazioni a penna; mm 292×216. Scrittura umanistica, di modulo piccolo, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su una colonna (mm 170×119), di 29 linee; rigatura a mina di piombo in qualche caso ripassata a inchiostro. Numerose annotazioni marginali.

Sulla I guardia si legge la nota Cod. Collegii Romani Capranicensis XXXVIII. Pagina d’incipit a f. 1r con iniziale maggiore istoriata e iniziale minore Ross. 192, f. 1r decorata a bianchi girari; numerose iniziali minori realizzate in oro su fondo bipartito e tripartito, da un massimo di quattro a un minimo di due linee di scrittura. Si segnala la presenza di titoli e segni di paragrafo rubricati. f. 1r: pagina d’incipit decorata con un fregio a bianchi girari che si sviluppa sui quattro margini del foglio. All’interno del tralcio, che termina in grossi fiori decorati in oro ed è realizzato su un fondo a lacunari verdi e rosa, si aggrovigliano putti, cerbiatti, lupi e figure fantastiche, ibridi con corpo di drago e testa umana. Sul margine inferiore campeggia lo stemma Capranica sormontato del galero cardinalizio, mentre lateralmente due putti tubicini sono seduti, uno di spalle l’altro in posizione frontale, sulle volute dei viticci. All’interno dell’iniziale maggiore D di Domino illustri (mm 49×50), realizzata in oro, è ritratto frontalmente, su di un sedile marmoreo, Agostino che con la sinistra tiene un libro aperto. Il fondo della lettera, in blu, è decorato con rialzi a biacca. Il manoscritto, appartenente alla collezione libraria del cardinale Capranica (al numero 37 del ms. Vat. lat. 8184), come attesta la nota sul primo foglio di guardia e la presenza dello stemma a f. 1r, fu probabilmente prodotto in una bottega toscana, forse fiorentina, come suggerisce la tipologia della decorazione a bianchi girari e lo stile delle figure che li arricchiscono. Sull’ultimo foglio di guardia posteriore si scorge una nota di possesso, purtroppo non leggibile nemmeno con l’ausilio della lampada di Wood. È stato ipotizzato che le note marginali ai ff. 53v, 54v,

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338

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

55r, 80r, 90r siano state vergate dallo stesso Capranica (SILVA TAROUCA, I, 277r), quindi il codice non può che essere datato prima del 1458, anno di morte del cardinale. Lo stato di conservazione del manoscritto appare buono, anche se il dorso della legatura è completamente staccato dal piatto superiore e in parte da quello inferiore. Legatura Rossi A. Sul dorso di legge in alto S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / EPISTOLAE e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. (SILVA TAROUCA, I, 276r-277r; Bibl. Rossianae, II, 159r) TIETZE, Die illuminierten, 106, nr. 198; DIVJAK, RÖMER, Ergänzungen, 89-103; KURZ, Überlieferung, 130; BUONOCORE, Bibliografia, 655; CERESA, Bibliografia 1991, 274.

SALVATORE SANSONE

Ross. 193 (olim VIII, 132) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Omeliae (ff. 1r-60v). Ammonitio de laude caritatis (ff. 61r70r). Sermo sancti Augustini ad quendam coamicum carissimum sibi (ff. 70r-76v). PSEUDO SENECA, De formula vitae honestae (ff. 76v-79r). Sermo in quadragesima (ff. 79r-80r). De lapsu Susannae virginis (ff. 80r-83r). Sermo ad corruptorem ipsius (ff. 83r-83v). Sermo de poenitentia (ff. 83v-84v). S. AURELIUS AUGUSTINUS, Contra vitam presentem (ff. 84v-85r) Italia settentrionale, sec. XV, prima metà

Ross. 193, f. 1r

Membr.; ff. VI (cart.), 90, VI’ (cart.). I ff. da 85v a 87v e da 89v a 90v sono bianchi. Numerazione antica in alto a destra, probabilmente coeva al codice. Richiami di fascicolo realizzati orizzontalmente al centro del margine inferiore del foglio verso. Si segnalano inoltre, dove non rifilate, indicazioni di registro (per es. ai ff. 32r, 35r, 51r-55r, 61r-62); mm 309×219; scrittura preumanistica, di modulo piccolo, non perfettamente allineata sul rigo e ricca di abbreviazioni, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche, su una colonna di scrittura (mm 270×135), di 40 linee; rigatura a mina di piombo.

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ROSS. 192-193

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Pagina d’incipit a f. 1r con iniziale maggiore istoriata; iniziali minori filigranate, realizzate alternativamente con inchiostro blu e filigrana rossa e viceversa. Si segnala la presenza di titoli di paragrafo rubricati realizzati in apertura dei testi delle diverse omelie. Da f. 88r a f. 89r si legge l’indice delle omelie. f. 1r: un bastone aureo avvolto da un fregio vegetale, di rosa verde e blu, si sviluppa sui quattro margini del foglio. Il fregio è arricchito da inserzioni a globi aurei; steli a penna e inchiostro nero, terminanti con tre globi aurei cigliati completano la decorazione. Sul margine inferiore, all’interno di un clipeo dorato che racchiude una formella polilobata, lo stemma del cardinale Capranica sormontato dal galero cardinalizio. Sotto le due linee di scrittura rubricate è realizzata l’iniziale maggiore V di Vocans genus (mm 65×75). Il corpo della lettera, tracciato su un campo preparato con foglia d’oro, è realizzato in blu con decorazioni a rialzo a biacca e terminazioni vegetali in verde e rosa intenso. All’interno dell’iniziale, campito in blu decorato a sottile filigrana aurea, è ritratto frontalmente Agostino seduto su di un trono ligneo. Il vescovo, nimbato, regge con la sinistra un libro e con la destra sembra indicare un foglio di pergamena su cui si legge AUGUSTINUS. Sullo sfondo un drappo rosso chiude la scena. Il manoscritto, che appartenne alla biblioteca del cardinale Capranica, come si evince dallo stemma realizzato a f. 1r, si può supporre realizzato in Italia settentrionale, probabilmente in area padana nella prima metà del Quattrocento. La decorazione vegetale, a fogliami dalla policromia intensa – ma limitata ai colori blu, verde e rosa antico e arricchita dalla diffusa presenza di globi aurei cigliati –, che si accartocciano intorno a un bastone di memoria bolognese, richiama la cultura figurativa veneto padovana al transito tra il secolo XIV e il XV, aggiornata, ad esempio nella tipologia di fiori a quattro petali (che si ritrovano nella miniatura ferrarese dei decenni successivi), a un gusto decorativo più maturo, quale quello diffuso in area padana nella prima metà del Quattrocento. A questa temperie artistica fa riferimento anche la figura perfettamente frontale del sant’Agostino della lettera incipitaria istoriata e lo scorcio ardito ma attardato del trono e del piano di lavoro su cui il santo vescovo sta componendo le sue opere. In origine il codice formava un unico manoscritto con il Ross. 194 (cfr.) e lo si ritrova nell’inventario dei volumi del Collegio, ms. Vat. lat. 8184, al numero 25. Il manoscritto è in buono stato di conservazione. Legatura Rossi A. Sul dorso, nella parte superiore staccato dai piatti, si legge S(ANCTI) AUR(ELII) / AUGUST(INI) / HOMILI(AE) e in basso C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). (SILVA TAROUCA, I, 278r-280v; Bibl. Rossianae, II, 160r-161r) TIETZE, Die illuminierten, 122 nr. 256; BUONOCORE, Bibliografia, 655; BUONOCORE, Per un iter, 76; CERESA, Bibliografia 2005, 477.

SALVATORE SANSONE

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340

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 194 (olim IX, 142) FRANCISCUS DE MAYRONIS, Commentarii in Pseudo Dionysii Areopagitae opera Italia settentrionale, sec. XV, prima metà Membr.; ff. VI (cart.), 99, VI’ (cart.); numerazione in cifre arabe antica in alto a destra (da f. 91 a f. 189); richiami di fascicolo realizzati verticalmente sul margine inferiore destro. Si segnalano dove non rifilate indicazioni di registro (per es. ai ff. 131r-135r, 141r, 142r, 151r, 154r); mm 306×219; scrittura preumanistica, di modulo piccolo e non priva di abbreviazioni, vergata a inchiostro nero, su una colonna di scrittura (mm 270×136), di 40 linee; rigatura a mina di piombo.

Ross. 194, f. 91r

Iniziali maggiori decorate ai ff. 91r, 95v, 108v, 126v. Numerose iniziali minori filigranate, realizzate alternativamente con inchiostro blu e filigrana rossa e viceversa. Da f. 181r a f. 189r si legge l’indice dell’opera.

f. 91r:

iniziale maggiore A di Audivit archana (mm 68×68), realizzata in blu su campo in oro, al di sotto del quale sembra scorgersi la preparazione della pergamena con bolo armeno. Il corpo della lettera è rialzato a biacca e arricchito da decorazioni vegetali in blu, rosa intenso e verde, che, dall’asta della lettera, si prolungano brevemente sul margine sinistro del foglio. Il fondo della lettera è arricchito da una decorazione vegetale a grandi foglie realizzate nella stessa tavolozza pittorica e rialzate a biacca. f. 95v: iniziale maggiore S di Secundo occurrit (mm 40×45), realizzata in blu su campo oro e fondo arricchito da una decorazione vegetale. Dalle estremità della lettera la decorazione continua sui margini superiore e sinistro del foglio, concludendosi con un piccolo fregio a penna e globi aurei. f. 108v: iniziale maggiore T di Tertio occurrit (mm 40×46), realizzata nella stessa tavolozza pittorica delle due precedenti e arricchita anch’essa da una decorazione vegetale che si sviluppa lateralmente lungo lo spazio libero della pergamena. f. 126v: iniziale maggiore Q di Quarto occurrit (mm 52×66), realizzata in rosa tenue e decorata a biacca. All’interno dello spazio della lettera, una decorazione vegetale a grandi foglie in blu e verde. La decorazione vegetale si sviluppa sul margine sinistro del foglio e termina con l’inserzione di globi aurei.

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ROSS. 194-197

Il manoscritto, che in origine formava un unico esemplare con il Ross. 193 (la numerazione infatti inizia da f. 91r, mentre il Ross. 193 termina con f. 90v), tramanda il commento all’opera dello pseudo Dionigi realizzato da Francesco da Mayronnes. L’autore, frate francescano nato intorno alla fine del Duecento, probabilmente prima del 1288, e morto dopo il 1328 a Piacenza (TINIVELLA, s.v. Francesco de, 1594), studiò presso lo Studium parigino. Il codice è riconducibile, per la componente decorativa, a un ambito di produzione italo settentrionale, tra Bologna e il Veneto, con insistite influenze ferraresi (ma si veda in proposito la scheda del Ross. 193, in questo Catalogo). Il codice è in buono stato di conservazione. Legatura Rossi A. Sul dorso si legge DE / BEATITU(DINE) / GLORIAE / LIBR(I) IV / S(ANCTI) DIONIS(II) / DE / ECCLES(IA) / ET / ANGEL(ICA) / HIERARC(HIA) / ITEM / DE DIVIN(IS) / NOMINIB(US); in basso C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) XV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). (SILVA TAROUCA, I, 280r-v; Bibl. Rossianae, II, 162r-v) TINIVELLA, s.v. Francesco de, 1594; BUONOCORE, Bibliografia, 655.

SALVATORE SANSONE

Ross. 197 (olim VIII, 136) Psalterium – Horae canonicae: Kalendarium (ff. I-VI); Psalterium (ff. 1r-125r); Cantica et hymni (ff. 125r-140v); Litaniae et orationes (ff. 140v-145v); Passio domini (ff. 145v-174v); Officium Passionis (ff. 174v195r); Officium Virginis (ff. 195r-231v); Officium mortuorum (ff. 232r-257r); Septem psalmi poenitentiales (ff. 257v-277v) Napoli, sec. XV4 (1480-1490) (f. 277v) colophon: Frater Angelus Tondutius Faventinus ordinis Minorum / MCCCXXXIII (data errata aggiunta successivamente) Membr.; ff. X (cart.; il f. I è tinteggiato sul recto in viola scuro), 283, X’ (cart.; il f. X’ è tinteggiato sul recto in viola scuro); numerazione in cifre arabe in alto a destra sui fogli del primo fascicolo (ff. I-VI), poi numerazione antica

Ross. 197, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

in cifre arabe (ff. 1-277); richiami al centro del verso dell’ultimo foglio; mm 227×157; scrittura gotica libraria, vergata a inchiostro nero, rosso per le rubriche e per i segni di paragrafo, su una colonna (mm 122×84), di 19 linee; rigatura a inchiostro.

L’apparato decorativo è composto da 6 pagine d’incipit, di cui 3 completamente illustrate (ff. 1r, 174v, 195r) e 3 decorate da un fregio vegetale abitato (ff. 232r, 257v, 270r), 12 iniziali maggiori istoriate (ff. 1r, 21v, 45v, 58r, 72v, 86r, 100r, 174v, 195r, 232r, 257v, 270r) e, nella seconda parte del codice, iniziali maggiori in rosa o blu in campo d’oro incorniciato con un tratto nero, decorate a racemi di foglie del tipo ‘spinoso’ realizzate in blu e rosso (ff. 179v, 182r, 183v, 185v, 188r, 191r, 193r, 204v, 210v, 213r, 215r, 217v, 219v, 223v, corrispondenti a quattro linee di scrittura). Si segnala la presenza di 4 miniature tabellari, all’incipit dei quattro vangeli (ff. 145v, 154v, 161v, 168v) e di numerose iniziali medie decorate in foglia d’oro su campo policromo (mm 14×14 di media, corrispondenti a due linee di scrittura). Numerose sono anche le lettere minori decorate con semplici filigrane, realizzate per ogni capoverso. Le iniziali maggiori istoriate e decorate e le miniature tabellari sono accompagnate, su uno o due margini del foglio, da un fregio vegetale e floreale, realizzato direttamente sul fondo bianco della pergamena nella stessa gamma cromatica delle lettere e arricchito, di volta in volta, da frutta e fiori, uccelli, animali fantastici e genietti alati, per la maggior parte vestiti. f. 1r:

al Psalterium pagina d’incipit, di gusto spiccatamente antiquario e interamente illustrata. Una splendida struttura architettonica si apre su un portico con due archi poggianti su pilastri, decorati a rilievo e a specchiature marmoree policrome e sormontati da un architrave con fregio scolpito. In alto una teoria d’archi, alle cui lesene è legato tramite una fune verde il finto foglio di pergamena con l’incipit del salmo 1, inquadra vasi con piante e fiori. Sotto il portico e nello spazio retrostante hanno luogo quattro episodi biblici. Sullo sfondo di un paesaggio, infatti, si scorge la lotta tra Davide e Golia, con l’uccisione del gigante e la sua decollazione. In primo piano sulla destra del foglio l’arrivo di Davide alla corte di Saul, accolto da una schiera di musici e, infine, sulla sinistra l’offerta della testa di Golia al re in trono. All’interno dell’iniziale maggiore B di Beatus vir (mm 67×75), al salmo 1, è ritratto Davide sullo sfondo di un paesaggio roccioso mentre suona il salterio. f. 21v: iniziale maggiore istoriata D di Dominus illuminacio mea (mm 45×48), all’incipit del salmo 26, all’interno della quale è ritratto, sullo sfondo di un paesaggio collinare, Davide illuminato dai raggi divini. Sul margine esterno e su quello superiore un fregio vegetale arricchito da un genietto alato che suona uno strumento a fiato. f. 45v: iniziale maggiore istoriata D di Dixit insipiens (mm 44×48), all’incipit del salmo 52, all’interno della quale, sullo sfondo di un paesaggio fluviale, è ritratto Davide che, fermando lo stolto abbigliato da giullare, si rivolge a

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ROSS. 197

f. 58r:

f. 72v:

f. 86r:

f. 100r:

f. 145v:

f. 154v:

f. 161v:

f. 168v:

f. 174v:

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Dio raffigurato in alto. Sul margine esterno e su quello inferiore un fregio vegetale, tra i cui tralci giocano due putti. iniziale maggiore istoriata S di Salvum me fac (mm 45×49), all’incipit del salmo 68, all’interno della quale è ritratto Davide nelle acque che chiede aiuto a Dio. Sul margine interno e su quello inferiore un fregio floreale e, in basso, due putti alati intenti a reggere un vaso dal quale escono grossi fiori a stelo lungo. iniziale maggiore istoriata E di Exultate Deo adiutori (mm 45×50), all’incipit del salmo 80, all’interno della quale è raffigurato Davide, accompagnato da un angelo con un tamburello, intento a suonare dei campanelli con un martellino. Sul margine esterno e su quello superiore un fregio vegetale, nel quale si scorge una figura in monocromo dorata. iniziale maggiore istoriata C di Cantate domino canticum (mm 45×47), all’incipit del salmo 97, all’interno della quale è raffigurato Davide mentre, accompagnato dai cantori, legge un libro liturgico tenuto aperto da un angelo. Sul margine interno e su quello superiore un fregio vegetale arricchito, in alto, da una figura femminile che regge una torcia accesa e che sembra uscire dalla corolla di un grosso fiore. iniziale maggiore istoriata D di Dixit dominus (mm 45×46), all’incipit del salmo 109, all’interno della quale sono ritratti Dio Padre e Cristo seduti su un trono e con il globo celeste sulle gambe. Sul margine interno e su quello superiore un fregio floreale, nei cui tralci è aggrovigliato un putto. miniatura tabellare (mm 37×37) raffigurante l’Evangelista Matteo al tavolo di scrittura e l’angelo. Sul margine esterno e su quello inferiore, all’interno del tralcio vegetale, due angeli tengono rispettivamente la corona di spine e i chiodi e le cinghie della flagellazione. miniatura tabellare (mm 54×42) con l’Evangelista Marco che scrive un libro tenuto sulle ginocchia. A lato del santo è raffigurato il leone. Sullo sfondo si scorge un paesaggio collinare. Nel tralcio del fregio, realizzato sul margine esterno e superiore, un angelo tiene la colonna della flagellazione. miniatura tabellare (mm 49×37) che ritrae l’Evangelista Luca seduto frontalmente allo scrittoio, mentre lavora a un libro aperto. All’estremità del tavolo si notano i cornetti contenenti gli inchiostri rosso e nero. Su di una mensola, in alto, si scorgono numerosi volumi dalle legature colorate e con i piatti ricchi di borchie. Lateralmente è raffigurato il toro. All’interno del fregio vegetale, a lato e sul margine superiore, un angelo tiene la lancia e il bastone con la spugna della Passione. miniatura tabellare (mm 37×37) con l’Evangelista Giovanni che scrive. Alle sue spalle, sullo sfondo di un paesaggio roccioso, è ritratta l’aquila. Nel tralcio vegetale, realizzato sul margine esterno e su quello superiore, un angelo regge la croce. all’Officium Passionis pagina d’incipit interamente illustrata. Un’ampia arcata a tutto sesto, conclusa da un fregio scolpito all’antica dal quale

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f.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

scende il finto foglio di pergamena, si apre sulla serie degli episodi della Passione di Cristo. In primo piano, infatti, il miniatore raffigura l’uscita di Cristo da Gerusalemme seguito da personaggi a cavallo e caricato della croce, nel momento in cui viene aiutato dal Cireneo e successivamente durante l’incontro con la Veronica, abbigliata secondo la moda del Quattrocento. A seguire, sul lato sinistro del foglio, in secondo piano si scorge la Madonna addolorata e consolata dalla pie donne, fino a giungere alla salita del Golgota e all’erezione delle croci. Sull’architrave sono raffigurati quattro misteri dolorosi. Da sinistra si scorge Cristo davanti a Pilato, quindi Cristo alla colonna, Cristo deriso e, infine, Cristo coronato di spine. All’interno dell’iniziale istoriata D di Domine labia mea (mm 50×54) è raffigurata la Crocifissione con Maria, Giovanni, le pie donne e un’ultima figura, di lato, che la critica ha interpretato come la probabile committente (MADDALO, Scheda nr. 52, 228). 195r: all’Officium Virginis pagina d’incipit interamente illustrata. Una grande struttura architettonica, con inserti e decorazione all’antica e dalla quale scende il finto foglio di pergamena, fa da sfondo a episodi della vita della Vergine. In alto a sinistra è Dio padre benedicente con il globo, accompagnato da un putto crucigero. Nel registro centrale è raffigurato, su una balconata porticata, l’Incontro di Maria ed Elisabetta, mentre in basso è lo Sposalizio della Vergine, con Giuseppe e il gran sacerdote abbigliato all’orientale. Giuseppe reca l’anello e la verga fiorita, mentre chiudono lateralmente la scena i giovani pretendenti con le verghe della profezia. L’iniziale istoriata D di Domine labia mea (mm 44×49) contiene una splendida Annunciazione, con l’angelo, che sorprende Maria immersa nella lettura, ritratto con cartiglio parlante sul quale si legge Ave gra(tia) plena. 232r: all’Officium mortuorum pagina d’incipit con fregio sui quattro lati e iniziale maggiore istoriata D di Dilexi quoniam (mm 46×50), all’interno della quale un sacerdote sta benedicendo e inumando un cadavere avvolto nei panni funebri. All’interno del tralcio vegetale, realizzato su fondo nero, in verde, azzurro, rosa e violetto, con una tavolozza più scura rispetto alle altre miniature, si scorge, in alto a sinistra un genietto meditante, in alto a destra una farfalla, mentre sul margine inferiore è raffigurato l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti. 257v: ai Septem psalmi penitentiales pagina d’incipit con fregio sui quattro lati e iniziale maggiore istoriata D di Domine ne in furore (mm 45×53), all’interno della quale è ritratto Davide in preghiera sullo sfondo di un paesaggio al tramonto. All’interno del tralcio vegetale, nella stessa gamma cromatica di f. 232r, dieci putti giocano, danzano e suonano su due candelabre all’antica, poste ai margini laterali. 270r: all’incipit della Missa in honore gloriose Virginis Marie, pagina con fregio sui margini laterali e su quello superiore e iniziale maggiore istoriata S di Salve sancta (mm 45×47), al cui interno sono raffigurati, davanti alla

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ROSS. 197

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capanna, Maria e Giuseppe in adorazione del Bambino. L’intero tracciato della lettera è sostituito da quattro cornucopie. Nel fregio, sui margini laterali sono raffigurate due candelabre all’antica. Il margine esterno ospita l’Annuncio ai pastori da parte di due angeli, che reggono un rotolo sul quale si legge Gloria in excelsis Deo. Sul margine inferiore chiude la scena l’Adorazione dei Magi, che avviene in un portico a pilastri scanalati. Sullo sfondo un paesaggio campestre. Il manoscritto, prodotto a Napoli negli ultimi decenni del secolo XV, mostra una cultura figurativa fortemente soggetta ad influenze esterne, in gran parte venete, a cui si accostano quelle tipiche della miniatura d’oltralpe (ALEXANDER, Scheda nr. 80, 380; MADDALO, Scheda nr. 52, 230). I due stili si ritrovano, il veneto nelle pagine d’incipit caratterizzate dai monumentali frontespizi architettonici e nel tipo della pergamena strappata, mentre le decorazioni a grossi fiori e foglie, le rese fisiognomiche e quelle dei costumi dei personaggi, accostate alle figure del Maestro di Maria di Borgona (ALEXANDER, Scheda nr. 80, 380), riportano alla cultura d’oltralpe franco-fiamminga. Napoli fu il luogo d’approdo e di rielaborazione di queste diverse tendenze. Riconducono alla città i santi napoletani del Calendario (san Gennaro, santa Restituta e santa Maria Egiziaca). Il manoscritto, copiato da uno scriptor appartenente all’ordine francescano, è legato, tuttavia, a una committenza laica, richiamata forse nei personaggi abbigliati secondo la moda del tempo (MADDALO, Scheda nr. 52, 231). Buono lo stato di conservazione. Legatura ottocentesca restaurata, del tipo Rossi A, di particolare pregio, con piatti in marocchino, riccamente decorati, all’interno di una doppia cornice, con ferri a intrecci vegetali e geometrici in oro. Al centro, un clipeo bordato di verde racchiude al suo interno una decorazione in oro e nero su fondo rosso. Anche il dorso è decorato in oro. La legatura, interamente staccata dal dorso, è in cattivo stato di conservazione. Al piatto anteriore resta legato, infatti, soltanto il I fascicolo. In alto si legge PSALTERIUM / CUM / OFFICIO / B(EATAE) M(ARIAE) VIRGINIS e in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988; Liturgie und Andacht im Mittelalter, Köln 1993; Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, Biblioteca Apostolica Vaticana 1995. (SILVA TAROUCA, I, 283r, 284r; Bibl. Rossianae, II, 165r-166r) TIETZE, Die illuminierten, 141-143 nr. 317; Colophons I, 113; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 26 nr. 46; SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 179 nr. 559; MORELLO, Libri d’ore, 28-32; ALEXANDER, Scheda nr. 80, 380-383; MADDALO, Scheda nr. 52, 228-231; CERESA, Bibliografia 1991, 274-275.

SALVATORE SANSONE

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 198 (olim VIII, 137) Officium Beatae Mariae Virginis: Kalendarium (ff. 1r-13v); Pericopae Evangeliorum (ff. 14r-29v); Officium Beatae Virginis (ff. 30r-93v); Officium Sanctae Crucis (ff. 94r-98r); Officium Spiritus Sancti (ff. 99r-102v); Psalmi poenitentiales (ff. 104r-123r); Officium mortuorum (ff. 124r-167r); Quindici Gioie della Vergine (in francese, ff. 168r-173v); Sette richieste a Nostro Signore (in francese, ff. 173v-176v) Francia (Bourges?), sec. XV4 Membr. (pergamena spessa, di buona qualità e ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino blu al pari della controguardia; II-VI cart. moderni), 176, V’ (V’ in cartoncino bianco al pari della controguardia; tutti gli altri sono cart. moderni); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra, che numera anche il foglio che la numerazione Ross. 198, f. 14r moderna, ma manuale, indica come 1, risultando così sfalsata di un numero rispetto a quella meccanica; tale numerazione prosegue anche per i primi due fogli di guardia cartacei posteriori (I’ e II’), indicandoli come 177 e 178; foliazione manuale in cifre arabiche a matita in alto a destra. Richiami di fascicolo collocati al centro del margine inferiore sempre sul verso dei fogli, presenti a partire da f. 37v; mm 232×173. Tutte le pagine di incipit sono segnate, al centro del margine superiore, con una cifra arabica rubricata, non sempre visibile con facilità, da una mano antica ma non contemporanea alla stesura del testo. Scrittura gotica testuale francese di una sola mano, a inchiostri nero e rosso; specchio scrittorio a piena pagina (mm 126×78) di 15 linee di scrittura; rigatura a inchiostro rosso, su recto e verso di ogni foglio, con le rettrici verticali e orizzontali che inquadrano lo specchio prolungate sino a toccare i margini del foglio; sono rigati ma non scritti il f. 1r, il f. 63v, come il f. 98v, il f. 103r-v, il f. 123v. Il codice si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del codice è costituito da: 1 antiporta al manoscritto; 20 pagine di incipit con altrettante iniziali maggiori fiorite (mm 28×38); 1 iniziale media (mm 35×38) campita (fondo porpora e blu) con corpo in foglia d’oro (f. 25v, la O di O intemerata, all’incipit dell’omonima preghiera alla Vergine); lettere campite (fondo blu e porpora in alternanza) e con il corpo realizzato in lamina metallica; numerosissime iniziali minori in tutto il manoscritto, con corpo in foglia d’oro, campite sia di blu sia di porpora e arricchite da decorazioni a filamenti e trattini bianchi; numerosi riempilinea della stessa tipologia delle iniziali minori; riempilinea a forma di fiore a tre o quattro petali, alternando sempre gli stessi colori, e con bottone in foglia; letterine rilevate in ocra.

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ROSS. 198

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L’antiporta è a f. 1v, le pagine di incipit sono collocate ai ff. 14r, 16r, 18r, 19v, 22r, 28r, 30r, 53r, 64r, 70r, 74r, 78r, 82r, 89r, 94r, 99r, 104r, 124r, 168r, 173v. f. 1v:

antiporta, all’interno di un frontespizio all’antica fortemente rifilato, si apre la scena del Trionfo della Fama. Il carro incede procedendo verso destra trainato da un liocorno bardato in oro. Sul carro ligneo, campito in parte da una stesura a inchiostro d’oro, è seduta la Morte, impersonata da una figura antropomorfa dal viso di teschio e dall’incarnato bruno scuro; si trova in una posizione di sottomissione, con le braccia intrecciate sul grembo e i polsi tenuti legati da un filo bianco. Alla sommità del carro, invece, sta l’immagine femminile della Fama, dalle sembianze di una dama riccamente abbigliata, con la chioma raccolta in una complessa pettinatura e avvolta da una sopravveste in oro con rialzi rossi, da una veste cilestrina e da una camicia con maniche a sboffo; come nell’iconografia consueta, reca in mano una sottile e lunga tromba. Il seguito che accompagna il carro è costituito da soli uomini, tutti provenienti da una classe sociale elevata, come sottolinea l’abbigliamento ricercato. Un gruppo è infatti caratterizzato da tricorni neri, mentre in primo piano il carro lascia in evidenza un personaggio, forse il committente del libro, vestito di una lunga stola aperta sul davanti e dalle ampie maniche, bordata e foderata di vaio; al di sotto è visibile un veste rossa con gallonatura dorata e una calzamaglia cilestrina sulla quale indossa quelle che sembrano calze solate con laccetto in oro. Il suo copricapo nero è infine caratterizzato da una sorta di piccolo diadema, anch’esso dorato. Tutta la scena si svolge in un ampio paesaggio definito all’orizzonte da una catena montuosa; appena al di là del carro si intravedono le fronde rigogliose di un albero, eseguite con rialzi in oro; in lontananza svetta un’altura azzurrina sfumata dall’aere, ai piedi della quale si trovano raffigurazioni di città, una fortificata. Il frontespizio all’antica è costituito da un basamento che presenta uno zoccolo a fondo blu e decorazione fito-zoomorfa realizzata a inchiostro d’oro ed è ornato ai lati da due clipei contenenti busti virili, sempre su fondo blu. A completare la decorazione, due puttini alati e seduti tengono un sottile festone di sfere rosse, rifilato però nel margine inferiore. Il foglio non è parte integrante del corpo del manoscritto, ma appare inserito in apertura del primo fascicolo. Le pagine di incipit del manoscritto presentano tutte la medesima mise-en-page, costituita da finestre centinate realizzate a inchiostro color porpora, impiegato anche per delimitare sui quattro lati esterni dell’ampia decorazione marginale, che presenta un fondo ocra ed è arricchita da una grande varietà di piante (dalle foglie d’acanto in blu e in oro a serti carichi di bacche rosse e dorate, dai fiordalisi in boccio e ap-

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f. 14r:

f. 16r:

f. 18r:

f. 19v:

f. 22r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

pena sbocciati a violette intrecciate a fragoline, dalle rose ai nontiscordardimé); talvolta la cornice può essere arricchita da cantoni o clipei trilobati collocati nei margini inferiore o superiore, con il campo suddiviso in più parti, distinte per il colore di fondo (rosso, blu, oro, spesso con la vegetazione in monocromo). L’iniziale maggiore che qualifica ogni pagina di incipit è realizzata su un campo che, in lamina metallica profilato a inchiostro nero, può essere decorato con elementi floreali rossi e blu rialzati a biacca oppure con un motivo a scacchiera in cui si alternano fiori in monocromo oro su fondo porpora; in un’altra tipologia floreale su fondo bianco e fragoline anch’esse su fondo bianco, il quadrato centrale è blu con fiore in monocromo oro (per es. a f. 30r, in cui tale decorazione si estende pure alla cornice). Il colore blu torna anche nel corpo della lettera, sovente ornato di motivi a croce decussata e meandri, rialzati a biacca; le estremità delle aste orizzontali, infine, sono messe in evidenza da gocce di pigmento rosso. L’abbigliamento dei personaggi cha animano le scene è sempre molto ricco e spesso le stoffe sono rialzate con inchiostro d’oro. iniziale I di In illo tempore missus (Lc 1, 26-38), all’incipit delle Pericopae; all’interno di una stanza l’evangelista Luca, posto quasi di spalle rispetto allo spettatore e seduto su un banchetto ligneo intagliato, è intento a dipingere su una tavoletta il ritratto della Vergine. iniziale C di Cum natus esset (Mt 2, 1-12); la finestra centinata ospita la figura dell’evangelista Matteo, raffigurato anch’egli in un interno, e anch’egli intento su un leggio ligneo, accompagnato dall’angelo suo simbolo. La stanza in cui si svolge la scena è caratterizzata da una pavimento a scacchiera, con riquadri alternativamente in verde chiaro e in verde scuro; altra peculiarità sono le pareti ornate di clipei scolpiti con figure fantastiche, come i due busti di ibridi antropomorfi con cuffie provviste di orecchie animali, un volatile e un quadrupede. iniziale I di In illo tempore recumbentibus (Mc 16, 14-20); l’evangelista Marco, su uno scranno ligneo, con calamaio e stilo in mano e un foglio poggiato su un ginocchio, sta scrivendo il suo Vangelo mentre volge gli occhi verso il leone accucciato al suo fianco. L’interno in cui si svolge la scena è simile a quelli fin qui descritti, con trifore sorrette da colonnine e con statue che arricchiscono le pareti di fondo. iniziale I di In illo tempore (Iv 19); la pagina è qualificata dalla scena di Cristo davanti a Pilato. Gesù è introdotto al cospetto del pretore da una scorta numerosissima di soldati, di cui solo due sono visibili chiaramente e protetti da armature all’antica dorate, mentre degli altri si distinguono solo gli elmi e le lance. iniziale O di Obsecro te, domina, all’incipit della preghiera dedicata alla Vergine. La scena rappresentata è quella del Compianto sul Cristo morto, deposto ai piedi del Golgota con le tre croci che incombono ormai vuote; il gruppo delle pie donne prega rannicchiato sul corpo

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ROSS. 198

f. 28r:

f. 30r:

f. 53r:

f. 64r:

f. 70r: f. 74r:

f. 78r:

f. 82r: f. 89r:

f. 94r: f. 99r: f. 104r:

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esanime di Gesù, martoriato dalle ferite e steso sul grembo della Madonna. iniziale I di In principio, all’incipit del Vangelo di Giovanni (Iv I, 1-14); l’evangelista Giovanni è intento a scrivere il suo Vangelo, accompagnato dall’aquila. iniziale D di Domine labia mea, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad matutinum. Il passaggio testuale è sottolineato dalla scena dell’Annunciazione. La Vergine è colta alle spalle non solo dall’arcangelo Gabriele che si inginocchia presso di lei aprendo le braccia, ma anche dai raggi dorati dello Spirito Santo. iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad laudes; la scena della Visitazione è ambientata in un paesaggio campestre con i monti in lontananza e uno specchio d’acqua; ai piedi di uno sperone roccioso ricoperto da un boschetto, si incontrano santa Elisabetta e Maria. iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad primam; la Natività è collocata in una spaziosissima stalla in muratura con sostegni lignei, stesso materiale impiegato per il tetto a capriate; a sinistra si intravede una sorta di baldacchino ricoperto di stoffe indaco. Al centro della scena la coppia santa è inginocchiata davanti a una grossa cesta di vimini intrecciato riempita di pagliericcio, su cui è steso Gesù. iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad tertiam, con l’immagine dell’Annuncio ai pastori. iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad sextam, introdotto dall’Adorazione dei Magi. La Vergine, assisa su un sontuoso lenzuolo color porpora tiene in braccio il Bambino, al quale i Magi stanno porgendo i loro preziosi doni; sullo sfondo si scorge una città qualificata da un edificio dall’abside gugliata. iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad nonam, con l’immagine della Presentazione al Tempio; all’interno di una chiesa con monofore e campate scandite da pilastri a sezione tonda, Maria pone Gesù tra le braccia di Simeone, accompagnata da Giuseppe che reca un cestino di doni. iniziale D di Deus in adiutorium meum, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae, ad vesperas, con la Fuga in Egitto. iniziale C di Converte nos Deus, all’incipit dell’Officium Beatae Virginis Mariae. Ad completorium; la pagina è qualificata dall’Incoronazione della Vergine. iniziale D di Domine labia mea, all’incipit dell’Officium Sanctae Crucis. Ad matutinum, il passaggio testuale è qualificato dalla Crocifissione. iniziale D di Domine labia mea, all’incipit dell’Officium Spiritus Sancti. Ad matutinum, con l’immagine della Pentecoste. iniziale D di Domine ne in furore tuo, all’incipit dei Psalmi penitentiales,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

salmo 6. Il testo è illustrato dall’episodio di Davide e Golia, peculiare è l’immagine di quest’ultimo, che giganteggia sulla destra con un’armatura tutta d’oro e all’antica con finiture rosse, mentre agita una lunga lancia ed è protetto da un grosso scudo. f. 124r: iniziale D di Dilexi quoniam, all’incipit dell’Officium mortuorum. Primo notturno; Giobbe malato e l’incontro con i suoi amici (Ib 4-5). f. 168r: iniziale D di Dulce dame, all’incipit delle Quindici Gioie della Vergine con la Vergine in trono; al centro della scena campeggia un grande trono rivestito di una stoffa simile a quella descritta nell’Incoronazione (f. 89r). f. 173v: iniziale D di Doul(z) Dieu doul(z) Pere, all’incipit delle Sette richieste a Nostro Signore. Battesimo di Cristo. Il Ross. 198 potrebbe essere opera di un miniatore proveniente dall’area della Francia centrale, forse Bourges, come lascerebbero supporre le presenze, nel calendario posto in apertura del codice, di sant’Ursino, primo evangelizzatore della regione (BROUETTE, COLAFRANCESCHI, s.v. Ursino, 862), e di san Guglielmo, vescovo della città nei primi anni del secolo XIII (DUPONT, s.v. Guglielmo, vescovo di Bourges, 459). Secondo Giovanni Morello (MORELLO, Libri d’ore, 94) molte delle miniature del manoscritto ricordano i lavori di Jean Colombe (1467?-1529), in particolar modo alcune delle immagini da lui realizzate nel Libro d’ore del Duca di Berry, il cosiddetto Très Riches Heures, ms. 65 conservato al Musée Condé di Chantilly. Seppure sottolineandone una diversa qualità a livello esecutivo, Morello propone un confronto fra i ff. 30r, 89r e 173r del manoscritto rossiano con i ff. 191v, 126r e 190v di quello francese, ravvisando delle somiglianze nei tratti del volto della Madonna (MORELLO, Libri d’ore, 94). Bisogna dire che una certa raffinatezza compositiva si ravvisa in ogni caso nell’esemplare rossiano, come dimostra l’uso a profusione di inchiostro d’oro per impreziosire i panneggi e l’impiego frequente della tecnica del monocromo e della grisaille per rendere le decorazioni scultoree di alcuni interni, come nel caso dei ff. 14r o 18r. L’ornato delle cornici nelle pagine di incipit propone invece gli stilemi consueti, riproducendo cioè una abbondante varietà di specie vegetali, quasi sicuramente realizzate da un artefice diverso da colui che lavora alle immagini principali. Il foglio inserito in apertura del manoscritto proviene forse da un codice che illustrava i Trionfi di Petrarca, eseguito, secondo l’ipotesi avanzata ancora da Giovanni Morello, da un artista proveniente da Tours e attivo tra la fine del secolo XV e i primi anni del successivo (MORELLO, Libri d’ore, 94). Ottimo stato di conservazione; tutte le pagine di incipit sono protette da un foglio in carta velina. Non sembrano esserci tracce di restauro. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione; sul dorso in alto si legge: OFFICIUM / B(EATAE) M(ARIAE) / VIRGINIS; in basso: COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Taglio dorato e decorato.

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ROSS. 198-201

Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950; Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Biblioteca Apostolica Vaticana 1988. (SILVA TAROUCA, I, 285r-287r; Bibl. Rossianae, II, 167r) TIETZE, Die illuminierten, 43-46 nr. 70; VACCARO, DELLA ROCCHETTA, ‘Apud Notizie’, 613; VITTE, Les manuscrits français, 102, 103, 106-107; Miniature del Rinascimento, 63; SALMON, Manuscrits liturgiques IV, 179 nr. 560; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352; MORELLO, Libri d’ore, 94, 103, 131, 133.

EVA PONZI

Ross. 201 (olim VIII, 140) Martyrologium Romanum Toscana, secc. XIIIex.-XIVin. Membr. (pergamena di buona qualità, giallastra, lavorata omogeneamente); ff. VI (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 157, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna a penna e inchiostro bruno in cifre arabiche in alto a destra solo sul recto, corretta con una seconda numerazione meccanica contemporanea in basso a destra, necessaria per salti di numerazione (ff. 33 e 37) e perché si è perso il primo foglio, contenente i primi due mesi del calendario, che attualmente comincia con marzo. Richiami in basso al centro del foglio, a partire da f. 41v, alla fine di ogni fascicolo, spesso inscritti in una figura ittiomorfa (ad es. ai ff. 41v, 53v, 149v). Il codice misura mm 232×167 (misure prese a f. 1). Testo vergato da una sola mano in gotica libraria italiana di modulo grande e caratterizzata da numerose abbreviazioni, in inchiostro bruno, rosso per le rubriche, in modo funzionale alla chiarezza del testo. Testo disposto in una sola colonna di 22 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 160×120, rigato orizzontalmente e verticalmente a colore.

Il codice presenta 2 iniziali de pennello, 1 (f. 6r) a introdurre il Prologo di san Girolamo, l’altra (f. 11r) all’incipit del Martirologio, e numerose iniziali de penna blu e rosse, molte delle quali filigranate a contrasto, in media di mm 15×7, per le partizioni testuali secondarie.

Ross. 201, f. 6r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 6r: iniziale S di Sequendum esse (mm 35×27), in avorio, che si staglia su una riquadratura blu con puntinature che creano piccoli motivi geometrici; dalle terminazioni della lettera fuoriescono delle foglie, delle quali, quella inferiore si avvolge attorno a un’asta che prende le mosse dalla riquadratura e termina in altre foglie d’acanto rosse di forma allungata con lobi dal profilo tondeggiante, venendo a costituire il fregio che decora il margine interno; il campo della lettera presenta, su un fondo arancio, mossi da foglioline rosse, racemi a coppia (due sopra e due sotto), il cui corpo è costituito dal tono medio del blu e del marrone evidenziato e irrobustito da una sottolineatura di tono scuro su uno dei due lati e da una filettatura di biacca sull’altra. f. 11r: iniziale V di Vigilia natalis domini (mm 35×27), della stessa fattura della prima, ma priva del fregio marginale. La decorazione del codice, sfuggito al catalogo del Tietze, è ascrivibile alla Toscana, databile agli anni a cavallo tra Duecento e Trecento (cfr. Manuscrits enluminés d’origine italienne, 127 nr. 154) e contestualizzabile in ambito francescano, come fa pensare la presenza di numerosi santi di quest’ordine mendicante nel calendario. Esempi simili si trovano nell’Archivio Capitolare di Prato (CIATTI, Primi ritrovamenti, fig. 5). Discreto lo stato di conservazione del manoscritto, che tuttavia è stato rifilato nel taglio, con conseguente perdita di segni diacritici, e presenta nella pergamena lisière, macchie, fori, lacerazioni e alcuni rattoppi (ff. 3, 110). Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge il titolo MARTYROLOG(IUM) / ROMANUM e, al di sotto, COD(EX) MEMB(RANACEUS)/ SAEC(ULI) / XIV. (Bibl. Rossianae, III, 201r) SALMON, Les manuscrits liturgiques IV, 107 nr. 332.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 204 (olim VIII, 143) Sacramentarium: Kalendarium (ff. 1r-7v); Gloria et Credo (ff. 8r-v); Sententiae de officio diaconi et presbyteri (f. 9r); Praefatio (ff. 10v-13r); Sacramentarium (ff. 14r154v) Germania meridionale (Niederaltaich o Tegernsee?), sec. XI2 Membr. (pergamena piuttosto sottile di colore avorio e di buona qualità); ff. V (cart.; il I in cartoncino avorio, come la controguardia), 155 (il primo è stato staccato e successivamente incollato su un foglio di carta), VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino avorio, come la contro-

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ROSS. 201-204

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guardia). Foliazione meccanica in basso a destra, sul recto con cifre arabiche. Il codice misura mm 242×176 (misure prese a f. 3). Testo vergato in minuscola carolina di modulo medio, da una sola mano, in inchiostro seppia e disposto in una sola colonna di 20 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 155×105, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente. Visibili i fori guida. Note marginali, soprattutto a grappolo, per lo più incorniciate di minio. A f. 28v, in corrispondenza della lettera d’incipit della liturgia della Domenica in quadragesima, si notano una ventina di fori e brandelli di filo di seta gialla che sembrano tracce di una cucitura cui era attaccato forse un segnalibro.

Il codice, noto come Sacramentarium Rossianum (BRINKTRINE, Sacramentarium) contiene 2 miniature a piena pagina affiancate (ff. 9v-10r), di mm 150×125, a introdurre il Praefatio, Ross. 204, f. 10r 7 iniziali maggiori, di varia grandezza, in corrispondenza degli incipit delle partizioni testuali principali (ff. 14r, 16r, 49r, 50r, 60v, 64r, 94v) e numerose iniziali minori (mediamente di mm 30×30, corrispondenti a 4 linee di testo), per segnalare l’inizio di contenuti secondari. La miniatura a piena pagina di f. 9v presenta, entro una triplice cornice costituita, dall’esterno verso l’interno, da un semplice listello in oro, una più larga sequenza di foglie d’acanto verdi e rosa profilate di biacca accostate a gruppi alternati, e un semplice listello in foglia d’argento, il monogramma del Vere dignum, realizzato a racemi intrecciati in foglia d’oro e d’argento (uno dei quali si lega alla cornice), campito di verde e azzurro e inserito in una specchiatura porpora, che introduce il testo crisografico del Prefatio. La miniatura a piena pagina di f. 10r mostra invece, entro una cornice simile a quella della pagina precedente – caratterizzata però da foglie polilobate verdi, azzurre e rosse e interrotta da quattro clipei, contenenti in alto la mano di Dio, in basso il busto di un ecclesiastico nimbato in atteggiamento orante, a destra e a sinistra rispettivamente il busto della Sinagoga, col volto parzialmente coperto dal rotolo della Legge che le nasconde l’occhio destro, e quello della Chiesa, con corona e calice –, e su fondo in oro, l’immagine di Cristo in croce fra la Vergine e Giovanni Evangelista, inscritta entro una mandorla contornata da una cornice in porpora bordata di oro all’esterno e di argento all’interno. Sulla fascia purpurea, che interseca i clipei contenenti la Chiesa e la Sinagoga, si legge, scritto in caratteri maiuscoli crisografici, TE IGITUR CLEMENTISSIME PATER PER IHESUM CHRISTUM FILIUM TUUM DOMINUM NOSTRUM. Negli spazi angolari di risulta sono i simboli dei quattro Evangelisti entro clipei. Questo sche-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

ma iconografico si incontra anche in altri manoscritti ottoniani, come si vede, ad esempio, al f. 3v dell’Evangelistario di Uta, realizzato a Regensburg nel 1025 circa (München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 13601; cfr. KLEMM, Die ottonischen, II.1, Scheda nr. 18). Le lettere maggiori e minori seguono uno schema ornamentale ripetitivo; sono filettate di rosso minio, ornate a racemi in oro e argento (che raramente assumono fattezze zoomorfe, come a f. 117v) e campite, negli spazi interstiziali, di blu e verde. Le iniziali maggiori sono collocate a: f. 14r: iniziale D di Dominus qui nos (mm 58×55), all’incipit della liturgia della vigilia di Natale. f. 16r: iniziale C di Concede quaesumus onnipotens Deus (mm 52×50), all’incipit della liturgia del giorno di Natale. f. 49r: iniziale D di Dominus qui hanc sacratissimam (mm 45×45), all’incipit della liturgia del Sabato Santo. f. 50r: iniziale D di Dominus qui hodierna die (mm 85×82), all’incipit della liturgia della Domenica di Resurrezione. f. 60v: iniziale C di Concede quaesumus omnipotens Deus (mm 52×52), all’incipit della liturgia dell’Ascensione di Cristo. f. 64r: iniziale D di Dominus qui hodierna die (mm 83×80), all’incipit della liturgia della Pentecoste. f. 94v: iniziale A di Annue, quaesumus clementissime Deus (mm 110×76), all’incipit della festa di san Maurizio. La decorazione delle lettere richiama una cultura che affonda le sue radici nella produzione tardocarolingia di San Gallo e si esplica compiutamente nell’attività editoriale dello scriptorium della Reichenau, dove fu realizzato, ad esempio, intorno al 970-990, il Libro delle Pericopi di Possay (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 10514; cfr. MAYR-HARTING, Ottonian I, 46, tav. IV; II, 200, fig. 129), che contiene lettere, rilevate in oro e minio, ornate con viticci d’oro o argento con germogli bulbosi e punte di freccia, su campo policromo, nello stile di Ruodpreht che è all’origine di quelle assai simili del codice rossiano. La decorazione di questo, come delle Pericopi parigine, è accostabile peraltro al Ross. 184 e al più tardo Evangeliario di Enrico IV, collegabile dal canto suo alla scuola di Regensburg di fine XI secolo (Kracow, Bibliothek des Domkapitels, ms. 208; cfr. Regensburger, 38 nr. 26, tav. 18-20). Destinate a ornare in modo piuttosto uniforme il testo, un sacramentario gregoriano con il supplemento parzialmente modificato, preceduto da un tonario con formula attribuita a Enrico di Augsburg, queste lettere di fattura eccezionale danno al tipo consueto del Sacramentario una veste sontuosa. La decorazione del Ross. 204 è confrontabile più puntualmente con i codici oggi nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco realizzati a Niederaltaich, come il ms. Clm 9476 del 1030-1040 (cfr. KLEMM, Die ottonischen II.1 nr. 150), o a Tegernsee, nel periodo dell’abate Ellinger (1017-1023; 1031-1041; morto nel 1056), come ms. il Clm 18005 del 1035-1040 (cfr. KLEMM,

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ROSS. 204-205

Die ottonischen, II.1 nr. 114), o il ms. Clm 18121, il noto Salterio di Tegernsee, della metà dell’XI sec. (cfr. KLEMM, Die ottonischen, II.1 nr. 115). Sulla base di questi confronti è dunque possibile datare il manoscritto entro il secondo quarto dell’XI secolo, quando fu realizzato, forse, per la chiesa di San Maurizio di Augsburg, come suggerisce la presenza nel codice della liturgia per la festa di san Maurizio. Lo stato di conservazione del codice è buono, nonostante le tracce lasciate in trasparenza sulla pergamena dal mordente utilizzato per incollare la foglia d’argento. L’ultimo foglio, che fungeva da controguardia nella precedente legatura, è evidentemente costituito da due fogli sovrapposti di pergamena riutilizzata nel verso opposto alla scrittura erasa. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (rest. nel 1965). Sul dorso si legge, in alto, ORATIONES / PRAEFAT(IO) ET CANON(ES) / MISSALIS ROM(ANI), in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XI. (SILVA TAROUCA, II, 2r-3r; Bibl. Rossianae, III, 173r-v) TIETZE, Die illuminierten, 3-4 nr. 4; BRINKTRINE, Sacramentarium; VOGEL, Introduction, 84, n. 279, 85; GAMBER, Codices, 426-427 nr. 985; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 22-23 nr. 35; RAMIS MIQUEL, Los misterios, 7-345 passim, 351; VAN INNIS, Fragments, 302, 309-310, 313-316; RIZZI, Il Frammento, 152; ORCHARD, The Medieval, 177-182.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 205 (olim VIII, 144) Cantica et hymni adiectis notis musicalibus Francia sud-occidentale (Moissac), sec. XI3-4 (1064-1080) A f. 107v una nota, appena leggibile, recita: mala pestis torqueat ipsum / qui te dimiserit apertum; più sotto, un’altra nota aggiunge: qui me servabit (…). Membr. (pergamena piuttosto spessa, giallastra, lavorata grossolanamente e in modo non omogeneo); ff. V (cart.; il I in cartoncino azzurro come la controguardia), 107, IV’ (cart.; il IV’, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione contemporanea, meccanica, con cifre arabiche, in basso a destra sul recto. Il codice misura mm 229×140 (misure prese al f. 1). Testo vergato in carolina di modulo piccolo, da mani diverse e con inchiostri diversi, più o meno in-

Ross. 205, f. 49r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tensi, per la maggior parte di colore bruno, ma anche nero e rosso per i titoli (scritti in capitale con qualche elemento in onciale), disposto su una sola colonna entro uno specchio di scrittura, inquadrato da righe verticali e orizzontali, di mm 160×90, contenente 22 linee che però diventano di numero variabile da f. 74v in poi (fino a raggiungere il numero di 27, ad esempio a f. 93r). Rari gli interventi marginali al testo, per lo più correzioni dello stesso scriba. Costanti i riempilinea in rosso piuttosto semplici. Rigatura a secco; i segni sono in alcuni casi così incisivi da lacerare il foglio (ad es. a f. 22). Da segnalare, ai ff. 39 e 44, due listelli di pergamena eccedenti sul margine esterno, ripiegati e inseriti entro un apposito taglio nel foglio stesso, forse dei segnalibri, anche se apparentemente collocati non in corrispondenza di partizioni testuali significative.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 1 iniziale maggiore all’inizio dei Cantici (f. 49r), 1 iniziale zoomorfa (f. 55v), 17 lettere medie, di mm 35×30 circa, all’inizio degli Inni (ff. 6r, 7v, 8r, 16r, 18r, 23v, 24r, 40v, 41r, 41v, 44v, 45r, 48v, 50v, 51r, 56r, 64r) e numerose lettere minori, in media di mm 10, de penna di colore rosso e bruno. f. 49r: iniziale maggiore D di Domine miserere nos (mm 60×58) che si staglia su un campo quadrangolare di colore viola carico, e presenta nel fondo interno campiture interstiziali rosse e gialle, rese possibili da un gioco di intrecci filiformi con terminazioni fogliacee, larghe palmette dentellate e piatte. Le lettere medie si trovano ai ff.: 6r, la V di Veni Redemptor; 7v, l’H di Himnum canamus domino; 8r, la Q di Quem terram pontus; 16r, la E di Eterne rex altissime; 18r, la B di Beata nobis gaudia; 23v, la A di Apostolorum gloriam hymnis; 24r, la M di Martialis; 40v, la A di Andreas; 41r, la D di Deus sacrati nominis nomenque; 41v, il C di Christus; 44v, la R di Rex gloriose; 45r, la S di Sanctorum; f. 48v, la I di Iesu; 50v, la E di Eccedentes in fortitudine; 51r, la C di Cantate domino; 56r, la V di Venite et revertamur; 64r, la I di Iures. Queste sono decorate con puntini a volte fiancheggiati da piccoli tratti, racemi e motivi floreali stilizzati in inchiostro o solo contornati, oppure con trifogli; in alcuni casi presentano delle nervature e sono spesso variamente riempite con pochi colori a tempera (porpora, rosso, giallo), che si dispongono in forma di quadrati o altre figure geometriche, a rappresentare quasi dei pannelli, con campiture interstiziali cromaticamente contrastanti. Le lettere ai ff. 6r e 48v sono invece più elaborate ed eseguite in inchiostro bruno a intreccio su pergamena riservata. Uno dei pochi elementi iconici presenti nel codice è, a f. 55v, in corrispondenza del Cantico di Pasqua, l’iniziale zoomorfa Q di Quis est iste (mm 46×27), in forma di pellicano, simbolo della Passione di Cristo, eseguito a penna e contornato da una spessa linea a inchiostro scuro su un fondo suddiviso in riquadri rossi, viola e ocra, fondo sul quale si staglia, sulla linea successiva anche la piccola iniziale E di Ego qui loquor. Il collo del volatile è piegato in avanti con il becco a toccare il petto. Altre decorazioni a carattere iconico, disegni tratteggiati a inchiostro, questa volta senza nessun rapporto apparente con il testo, si trovano nei margini infe-

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ROSS. 205

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riori di f. 47v, un volatile retrospiciente con becco adunco e artigli, e di f. 67r, un lungo braccio manicato steso. Meno decorata la parte finale del codice. L’ornato dell’esemplare presenta uno schema franco-sassone, tipico della produzione della Francia sud occidentale, e specificamente moissaghense, dei secoli XI e XII. È possibile rintracciare, ad esempio nella decorazione terminale della lettera di f. 49r, un primo stadio dello stile della palmetta di Aquitania. La caratteristica “palmetta aquitanica” è una delle costanti della produzione del sud della Francia, e attesta le origini, più o meno dirette, dell’arte romanica meridionale dall’Oriente mediterraneo. Esordisce a Moissac nei disegni pertinenti la fine del X sec. del ms. lat. 2077 della Bibliothèque nationale de France di Parigi, puntualmente riscontrabili nella pressoché coeva Bibbia di Albi (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 94), ed è presente per tutta la durata dell’XI secolo (come nel Tropario Prosario, Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. nouv. acq. lat. 1871), trovando le sue realizzazioni più alte e mature tra lo scorcio del secolo e gli inizi di quello successivo, come nel bellissimo Sacramentario di Figeac (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 2293), affiancabile a opere del medesimo periodo, come il Tropario di Toulouse della British Library o la seconda Bibbia di Limoges. Il manoscritto è databile tra il 1064 e il 1080 (BOYNTON, Eleventh-Century, 223, 225-226). La prima data si ricava dalla presenza di un Inno a san Pietro durante il mese di Novembre, da mettere in relazione alla dedicazione al santo di una nuova chiesa il 6 novembre del 1063 (DUFOUR, La bibliothèque, 5); la seconda data si ricava dall’osservazione stilistica delle miniature che non hanno la qualità riscontrabile nella produzione dello scriptorium dell’Abbazia di San Pietro a Moissac durante gli ultimi due decenni dell’XI secolo. Lo stato di conservazione del codice resta mediocre nonostante il restauro del 1990. La pergamena presenta lisière e imperfezioni originali ma ha subìto anche lacerazioni in alcuni fogli (ad esempio ai ff. 4, 22, 39, 55, 64, 87, 92). Prima della foliazione sono stati asportati due fogli inseriti l’uno tra ff. 48 e 49 e l’altro tra ff. 51e 52. Il fascicolo che comprende i ff. 16-21 si presenta parzialmente scucito. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge il titolo CANTICA / ET HYMNI / ADIECTIS / NOTIS MUS(ICALIBUS) e la datazione COD(EX) MEBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) X. Il codice proviene dall’Abbazia benedettina di San Pietro a Moissac (su cui CHANTAL, Culture, 27-30), come dichiara una scritta nel margine superiore di f. 1r (ex Abbatia Moissiacensi Hymni et Cantica), di inchiostro e mano diversi da quelli del testo, e appartenne al bibliofilo e personaggio politico di rilievo nella Francia a cavallo fra Seicento e Settecento, Nicolas Joseph Foucault (1643-1720), intendente di Montauban, marchese di Magny, membro e poi capo del Consiglio di Stato, sotto la cui direzione furono condotte ricerche intorno ai libri di Moissac, da qui rimossi in gran numero nel 1678 (DUFOUR, La bibliothèque, 29).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto è stato esposto in: Libri d’ore della Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1988. (Bibl. Rossianae, III, 174r-v) TIETZE, Die illuminierten, 26 nr. 40; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 52 nr. 100; DUFOUR, La bibliothèque, 151; DUFOUR, La composition, 211; COCHETTI PRATESI, Problemi, 212; COCHETTI PRATESI, Profilo, 127; MORELLO, Libri d’ore, 25 nr. 16; JULLIEN, Les source, 129-130, 163; COLETTE, La notation, 299; JACKSON, Manuscripts, 42; The Nineteenth Saint Louis, 168; IVERSEN, “Laus uranica”, 243; BOYNTON, Eleventh-Century, 201, 222-228, tav. 40; BARET, Ritmi, 400, 410, 412.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 206 (olim VIII, 145) Psalterium: Kalendarium (ff. 1r-6v); Psalterium Gallicanum (ff. 7r-149r); Cantica (ff. 149r-162v); Litaniae (ff. 162v-165r); Officium mortuorum (ff. 165r-170v) Fiandre, sec. XIII, prima metà Membr. (pergamena piuttosto spessa e giallastra); ff. VI (cart.), 170, VI’ (cart.). Foliazione meccanica contemporanea in basso a destra con cifre arabiche, sul recto, posteriore all’asportazione di alcuni fogli, in particolare dei due iniziali e di quello compreso fra i ff. 7 e 8. Il codice misura mm 226×170 (misure prese a f.1). Scrittura gotica, di modulo ampio, vergata da una sola mano con inchiostro nero e rosso per segnalare i titoli delle varie partizioni testuali e per numerarle con una doppia numerazione, in numeri romani a precedere l’incipit dei salmi, all’interno dello specchio scrittorio, in cifre arabiche al lato esterno; interventi su rasura per correggere il testo, come a f. 51, e integrarlo, come anche a f. 50v; testo disposto in una sola colonna di 20 linee entro uno specchio di scrittura, di mm 170×107, rigato alla mina di piombo, con rettrici orizzontali e verticali; presenza dei fori di guida (visibili ad es. ai ff. 43-46).

Ross. 206, f. 53v

Il codice è riccamente miniato. A fronte di una ridotta tavola cromatica (prevalenti, accanto all’oro, sono il bianco, il rosa, il rosso e il blu), è un vastissimo apparato figurativo che comprende elementi antropomorfi, zoomorfi e fantastici. Si hanno: 12 illustrazioni in corrispondenza dei mesi dell’anno liturgico, una per foglio tra

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ROSS. 205-206

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ff. 1r-6v; 12 iniziali maggiori zoomorfe e istoriate, delle quali 3 semplici, ai ff. 54r, 71r, 119r, e 9 complesse, ai ff. 27r, 40v, 52v, 53v, 66v, 83v, 99r, 101r, 115v, a introdurre salmi particolarmente importanti (si veda oltre); 2 iniziali figurate, agli incipit dei salmi 10 e 70; numerose lettere fitomorfe di formato medio (mm 30×30 circa, corrispondenti a 4 linee di testo), a introdurre le altre partizioni testuali (si veda oltre), a volte due in uno stesso foglio; numerosissime lettere dorate (mm 10×7 circa), all’incipit di ogni versetto. La decorazione del codice è volta a enfatizzare gli incipit dei salmi, a eccezione del salmo 42, introdotto da una semplice I rubricata (Iudica me), con particolare attenzione ai salmi 26, 51, 52, 53, 68, 70, 71, 80, 97, 101, 109. Solo il salmo 118, molto esteso, contiene più iniziali miniate. Manca l’incipit del salmo 1, con la B di Beatus vir, che doveva essere necessariamente ospitato a piena pagina nel verso di un foglio perduto, come starebbero anche a indicare le parole d’incipit del Salterio a f. 1r: qui non abiit in consilio impiorum. Le illustrazioni si concentrano tutte nella prima parte del manoscritto contenente il Calendario con l’elenco delle principali feste dell’anno, dove in ogni foglio, a circa metà del margine destro, è una figura maschile su fondo oro a profilo mistilineo, di varie dimensioni, corrispondente a un mese dell’anno: f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

1r: 1v: 2r: 2v: 3r: 3v: 4r: 4v: 5r: 5v: 6r: 6v:

contadino che banchetta dietro una tavola imbandita: Gennaio (mm 64×53). uomo coronato stante con bastone: Febbraio (mm 80×32). contadino che vanga: Marzo (mm 67×45). giovane con due fiori nelle mani: Aprile (mm 75×63). nobile a cavallo con falcone appollaiato sul braccio: Maggio (mm 72×63). contadino che taglia l’erba: Giugno (mm 72×51). contadino che falcia: Luglio (mm 74×53). contadino che miete: Agosto (mm 46×55). contadino che vendemmia: Settembre (mm 75×44). contadino che semina: Ottobre (mm 68×43). uomo che uccide il maiale: Novembre (mm 47×67). accensione della stufa: Dicembre (mm 52×64).

Le iniziali istoriate, semplici e complesse, con corpo blu o rosa contornato di nero e decorato al suo interno da semplici elementi fitomorfi tono su tono e filettature in biacca, si stagliano su un riquadro aureo profilato da un bordo rosa antico o blu, ornato con un festone in tinta, oppure profilato da un quadrato con i lati di diversi colori, cui corre intorno, in ogni caso, un listello d’oro. Anche la coda zoomorfa della lettera o il breve prolungamento che da essa si diparte, costituito da animali fantastici e drôleries, si staglia su un campo d’oro dal perimetro mistilineo. Nel dettaglio: f. 27r: la D di Dominus illuminatio mea (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 26, con l’Ultima cena. Dietro la mensa sono gli undici Apostoli, alcuni con

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f. 40v:

f. 52v:

f. 53v:

f. 54r: f. 66v:

f. 71r: f. 83v:

f. 99r:

f. 101r:

f. 115v:

f. 119r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

espressione sorpresa, altri col dito alzato, e con aureole di vari colori. Cristo, col nimbo crucifero azzurro, abbraccia Giovanni sconsolato e dà il pane a Giuda, posto dall’altra parte della tavola. la D di Dixi custodiam vias (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 38, con il Bacio di Giuda. Cristo, sulla destra, con otto Apostoli, è abbracciato da Giuda, a sinistra, seguito da quattro soldati con i berretti a punta e scudo con leone rampante. la Q di Quid gloriaris in malitia (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 51, con Dio cosmocratore. Seduto sul mondo, il Signore sorregge la croce su cui è inchiodato Cristo, di dimensioni ridotte, con il capo chino e gli occhi chiusi. la D di Dixit insipiens (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 52, con la Lavanda dei piedi. Cristo è chino davanti a Pietro sotto lo sguardo di tutti gli Apostoli, sei dei quali nimbati. la D di Deus in nomine tuo (mm 30×30), all’incipit del salmo 53, con il Ritratto del salmista. la S di Salvum me fac Deus (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 68 con le Tentazioni nel deserto. Cristo è condotto da Satana sul pinnacolo del Tempio di Gerusalemme (qui sotto forma di una chiesa il cui campanile è sormontato da un gallo) e invitato a gettarsi giù. Il corpo della lettera assume le fattezze di un drago alato su cui cammina Satana. la D di Deus iudicium tuum (mm 30×30), all’incipit del salmo 71, con il Ritratto del salmista. la E di Exultate Deo (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 80, con la Pentecoste. Una grande colomba scende giù dal cielo tra due angeli che incensano con il turibolo il consesso apostolico, al centro del quale siede Cristo, toccato dall’apostolo Tommaso alla sua sinistra. la C di Cantate domino canticum (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 97, con l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme. Cristo con nimbo crucifero, il Vangelo nella mano sinistra e l’indice alzato, avanza a dorso di mulo verso Gerusalemme, sintetizzata da una costruzione in lontananza, su un tappeto di palme. È accolto da due fanciulli: uno stende un mantello blu per terra, l’altro si arrampica su un albero e ne agita un ramo. la D di Domine exaudi (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 101, con l’Incoronazione della Vergine. Cristo, a destra, pone la corona sulla testa di Maria. la D di Dixit dominus (mm 90×80 ca.), all’incipit del salmo 109, con le Tentazioni di Cristo. Cristo siede a sinistra al cospetto di Satana che lo invita a trasformare i sassi in pane, mentre alle sue spalle è un alto albero verde con foglie polilobate e fiori o frutti gialli. la D di Dilexi quoniam (mm 30×30), all’incipit di salmo 114, con la testa di un leone.

Le due iniziali figurate, simili nella fattura a quelle istoriate, si trovano inve-

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ROSS. 206

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ce ai ff. 13v, la I di In domino confido (mm 175×37), all’incipit del salmo 10, con la figura di un soldato munito di lancia, spada e coltello ma col collo e la testa coronata di un volatile dal becco adunco, e 69v, la I di In te domine speravi (mm 216×34), all’incipit del salmo 70, con il busto di una donna nuda che allatta un bambino in fasce. Le iniziali fitomorfe sono dorate e inserite entro quadranti di solito rosa o blu, campite variamente per lo più con foglie d’acanto, e spesso legate tra loro da un fregio decorativo. Da questi incipit si dipartono quasi sempre prolungamenti marginali fitozoomorfi, costituiti spesso da elementi fantastici o drôleries, che stringono con le lettere un rapporto dinamico, a volte al limite del divertissement figurativo (si veda il centauro di f. 57v che afferra con le dita la terminazione inferiore della S). Le illustrazioni mostrano di avere col testo un carattere incisivo e diretto, dato soprattutto dalla semplicità delle composizioni, dalla preponderanza del contrasto cromatico rosso-blu, dall’assenza di particolari non di primaria importanza per la veicolazione del messaggio, dalla solida apparenza delle figure, contornate da una decisa linea nera, a somiglianza delle vetrate colorate, di cui sembrano subire l’influenza. Nelle immagini del Calendario, ad esempio, i mesi appaiono raffigurati attraverso una figura monumentale, dalle caratteristiche gote rosse, delineata a tratti sintetici, campita con pochi colori stesi a grandi pennellate, su un fondo neutro dorato, nell’atto di compiere un’azione, non accompagnata dal segno zodiacale, come avviene invece più comunemente e come già nel Salterio di Huy, degli inizi del 1250 (Bruxelles, Koninklijke Bibliotheek, ms. IV 36). Più raffinate ed eleganti risultano le illustrazioni contenute nelle iniziali istoriate, probabilmente eseguite da un miniatore diverso da quello del Calendario che è lo stesso, invece, a quanto sembra, dell’apparato decorativo. Il secondo miniatore appare più abile nella costruzione delle figure, che si caratterizzano per una gestualità più naturale, aggraziata, sottolineata dalle dita sottili e affusolate delle mani, per una dolce espressività dei volti, e per un convincente modo di rapportarsi alle altre figure. Un terzo miniatore sembra intervenire nella parte finale del codice, da f. 99r, come si evince dalla maggiore monumentalità delle figure, tra l’altro meno proporzionate anatomicamente. Il codice fu realizzato con ogni probabilità nelle Fiandre nella prima metà del XIII secolo. Si riscontrano tangenze con un gruppo di Salteri fiamminghi, provenienti da centri che eguagliavano Parigi nella produzione di Salteri di lusso tra XIII e XIV secolo, comprendente il ms. Lit. 396 di Oxford, Bodleian Library, realizzato a Gent nel 1255-65, e il ms. 270 della Bibliothèque de l’agglomeration di Saint-Omer confezionato a Bruges nel 1250 (HASELOFF, Die Psalterillustration, tav. 18) che presentano la caratteristica di inserire nel programma decorativo un ciclo di immagini cristologiche ordinate cronologicamente, senza

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

rapporti diretti con il testo, a partire cioè dall’Infanzia e la Vita pubblica di Gesù per terminare con la Passione. Caratteristica, questa, che si trova anche nei Salteri gotici della regione mosana (cfr. SMEYERS, Flemish Miniatures, 157-172), dei quali l’esemplare più noto è forse il Salterio di Liegi (New York, Pierpont Morgan Library, ms. M. 183). Ciò si spiega col fatto che nei testi esegetici i Salmi vennero correlati profeticamente a Cristo (cfr. SMEYERS, Flemish Miniatures, 136-145). Il codice rossiano presenta affinità con un altro Salterio (Roma, Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II, ms. Vitt. Em. 471), degli inizi del XIII secolo, riconosciuto come prodotto della Francia settentrionale e di recente più precisamente dell’area di confine tra la Francia di nord est e il Belgio (MOTTA, Un documento, 171-190; CAVALLO, I luoghi, 94-95 nr. 61). Il codice appare in discreto stato di conservazione. Si registra però che i fogli sono stati rifilati in alto e in basso, con conseguente perdita anche di molte parti miniate; molte altre miniature hanno subìto cadute di colore e di dorature o, addirittura, tagli (come a f. 148v); le illustrazioni del calendario, in particolare, si mostrano poco leggibili soprattutto a causa della totale perdita di alcuni particolari dei volti. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, DAVIDIS / PS(ALMI) C(A)L(ENDARIUM) / ACCEDUNT / VARIA / EX BIBLIIS / ET LITURG(IA), in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (Bibl. Rossianae, III, 175r) TIETZE, Die illuminierten, 176-178, nr. 369; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 26-27 nr. 48; DE ANGELIS, Il sangue, 1748; OLIVER, Gothic I, 81, n. 81.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 208 (olim VIII, 147) PSEUDO AUGUSTINUS, Libellus de cognitione sui ipsius (ff. 1r-20v); Psalmi varie distributi ad diversos animi sensus coram Deo explicandos (ff. 21r-48v) Area padana (Emilia Romagna?), sec. XV, prima metà Membr. (pergamena sottile, di color avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. VI (cart.; I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 49, VI’ (cart.; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna a lapis viola con cifre arabiche in alto a destra sul recto (il primo foglio, contenente una nota di possesso, è numerato con cifra romana). Il codice misura mm 238×171 (misure prese a f. 1). Testo vergato in gotica di modulo piccolo con inchiostro bruno da una sola mano, con rubricature, disposto su due colonne di 36 linee entro uno specchio di scrittura di mm 142×122 (spazio intercolonnare mm 11), rigato alla mina di piombo verticalmente e orizzontalmente.

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ROSS. 206-208

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L’apparato decorativo del manoscritto consiste in 2 iniziali istoriate, l’una a f 1r, l’altra a f. 21v, a introdurre le due opere contenute nel manoscritto attraverso il ‘ritratto’ dei loro autori, e numerose iniziali de penna rosse e blu di mm 5/10, corrispondenti a 1/2 linee di scrittura (tranne quelle ai ff. 19v e 21, che sono di circa mm 22 in media, pari a 5 linee di testo), molte delle quali filigranate a contrasto, ma assenti nei ff. 46v-48v. Presenza di richiami calligrafici in basso al centro del foglio, a fine fascicolo. Segni paragrafali a inchiostro blu. Le lettere istoriate sono rosa variamente graduato e filettato di biacca su inquadrature auree contornate di inchiostro nero; da queste si dipartono foglie d’acanto verdi con risvolto rosa e fiRoss. 208, f. 1r ligrane a inchiostro seppia arricchite di primule colorate e globi raggiati in foglia d’oro che vanno a riempire parzialmente il margine sinistro della colonna. f. 1r: iniziale Q di Quoniam dictum est (mm 27×27), all’incipit del Libellus, con l’immagine di sant’Agostino allo scriptorium con mitra, tunica bianca e manto rosso. In realtà l’opera De cognitione sui ipsius, più nota come De spiritu et anima, non è di Agostino, ma di autore incerto, identificato anche con Alcherus Claraevallensis o con Petrus Comestor (PL 40, 779-803; cfr. RACITI, L’autore e NORPOTH, Der pseudo-augustinische). f. 21v: iniziale D di Domine ne (mm 21×21), all’incipit dei Salmi penitenziali (6, 31, 37, 50, 101, 129, 142, secondo la numerazione dei Settanta, selezionati dallo stesso Agostino), con l’immagine di David a mezzo busto e le mani giunte in preghiera, su fondo blu lapislazzuli, con corona d’oro e tunica rossa lumeggiata in oro. Sfuggito al catalogo del Tietze, il manoscritto risulta confezionato con cura, anche se il livello delle miniature non appare elevato; per la tavolozza cromatica e la tipologia decorativa, si può ascrivere all’area padana, probabilmente all’Emila Romagna, e datare genericamente alla prima metà del Quattrocento, collocandolo in un contesto ancora impregnato di cultura tardogotica, come dimostra anche la scarsa attenzione alla costruzione spaziale e alla resa volumetrica delle figure dai particolari anatomici non sempre proporzionati (le mani e le teste, ad esempio, sono troppo grandi rispetto al corpo).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto si trova in uno stato di conservazione buono, nonostante alcuni fogli siano aggricciati (ff. 3, 24), forati (ff. 1, 20), macchiati (ff. 42-44) e l’abrasione dello stemma al bas-de-page del f. 1r. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, S(ANCTI) AURE(LII) / AUGUST(INI) / VARIA / PSALTE(RIUM) / ET / PRECES, in basso, COD(EX) / MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. A f. Ir è la nota di possesso di Alexander de Padoanis Forliviensis, il noto medico e collezionista di Forlì, vissuto tra XVI e XVII secolo. (SILVA TAROUCA, II, 5r; Bibl. Rossianae, III, 177r-178r) OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 174; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 344-355.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 210 (olim VIII, 149) PSEUDO EUSEBIUS CREMONENSIS, De transitu beati Hieronymi (ff. 1r-48v). PSEUDO AUGUSTINUS, Epistula de magnificentiis beati Hieronymi (ff. 48v-58v). PSEUDO CYRILLUS HIEROSOLIMITANUS, Epistula de miraculis beati Hieronymi (ff. 59r-110r). PSEUDO AUGUSTINUS, Soliloquia (ff. 111r-159v). S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogi (ff. 161r-334v) Firenze, sec. XV2 Membr. (pergamena piuttosto sottile, color avorio, ben lavorata); ff. VI (cart., tranne il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 338, VI’ (cart., tranne il VI’ in cartoncino grigioazzurro come la controguardia). Foliazione moderna in inchiostro bruno, in alto a destra sul recto, in cifre romane per i primi quattro fogli (con l’indice dei contenuti) e arabiche per tutto il resto. Il codice misura mm 238×160 (misure prese al f. 1). Testo vergato in littera antiqua di modulo piccolo con inchiostro bruno e rosso per i titoli da una sola mano, disposto in una colonna di 24 linee, entro uno specchio di scrittura (mm 150×90) rigato a secco orizzontalmente e verticalmente. Interventi di correzione a margine, anche molto estesi (ff. 17v, 288v). Titoli correnti sul margine superiore del recto e del verso del foglio. La scrittura è stata attribuita all’anonimo copista fiorentino del Boccaccio del marchese di Santillana, guerriero e poeta della metà del Quattrocento (già a Harvard), contenente il Ninfale fiesolano (DE LA MARE, New Research, 548 nr. 91), e di

Ross. 210, f. 1r

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ROSS. 208-210

altri codici, tra cui il Petrarca della Biblioteca Nazionale di Firenze (ms. Pal. 192), miniato da Giovanni Varnucci, ovvero Battista di Niccolò da Padova (su cui Miniatura Fiorentina I, 27-29 e DILLON BUSSI, s.v. Battista, 72-74).

L’apparato decorativo del codice consiste in: 3 iniziali maggiori di varie dimensioni, all’incipit della prima opera della miscellanea patristica contenuta nel codice (f. 1r), all’incipit del secondo libro dell’ultima opera (f. 193r), all’incipit del quarto libro dell’ultima opera (f. 281r); 5 iniziali minori (ai ff. 49r, 59r, 111r, 161r, 228r), di mm 35×35 in media, a introdurre gli altri testi e il primo e terzo libro dell’ultima opera. f. 1r:

iniziale P di Patri reverendissimo Damaso (mm 45×35), all’incipit del De transitu beati Hieronymi dello Pseudo Eusebio. A bas-de-page lo stemma del cardinale Domenico Capranica, sormontato dal galero cardinalizio e trasportato da due puttini alati e aureolati che camminano su una strada lastricata di pietre azzurre. f. 193r: iniziale F di Fuit vir vite (mm 80×40), all’incipit del secondo libro dei Dialogi di Gregorio Magno. f. 281r: iniziale P di Postquem enim de Paradisi (mm 55×35), all’incipit del quarto libro dei Dialogi di Gregorio Magno. Si tratta di lettere in oro a bianchi girari, con viluppi piuttosto sottili, mossi dai boccioli di fiori, a lacunari verdi e rossi su base blu dalla tonalità spenta, vivacizzati da puntinature a gruppi di tre in oro. Solo la lettera di f. 193r, che è la più grande di tutte, non presenta lacunari policromi. Dalla prima di queste lettere (f. 1r) si diparte un fregio a bianchi girari che riempie il margine interno e, parzialmente, quello superiore. Questo tipo di decorazione, piuttosto comune nei manoscritti di primo Rinascimento, è ascrivibile senza dubbio a Firenze e databile al secondo quarto del Quattrocento (per una sintesi cfr. CECCANTI, Proposte, 11-16). Il manoscritto è in uno stato di conservazione sostanzialmente buono. Legatura Rossi A in pessimo stato conservativo; si registra infatti lo stacco totale del cartone del dorso, sul quale si legge, in alto, S(ANCTI) HIERONIMI / VITA ET TRAN(SITUS) / S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / SOLILOQVIA / S(ANCTI) GREGORII / DIALOGI, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il manoscritto appartenne al cardinale Domenico Capranica (m. 1458), come dimostra lo stemma a bas-de-page di f. 1r. (SILVA TAROUCA, II, 7r; Bibl. Rossianae, III, 180-181r-v) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244;

DE LA

MARE, New Research, 548 nr. 91.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 211 (olim VIII, 150; gr. 7) Commentari ai Vangeli. ISIDORUS PELUDe Christi resurrectione epistola (acefalo; f. 1r-v); De tribus diebus et noctibus epistola (f. 2r). EUSEBIUS CAESARIENSIS, Quaestio (ff. 2v-3v). S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, Commentarius in Evangelium Iohannis (ff. 4r85v). TITUS BOSTRENSIS ET ALII, Commentarius in Evangelium secundum Lucam (ff. 86r-127v) SIOTA,

Secc. XI-XII Membr. (pergamena di colore ocra chiaro con evidente discromia tra lato carne e pelo, quest’ultimo di colore più chiaro con tracce dei bulbi piliferi e talora residui di peli – come a f. 113v – nel complesso è abbastanza rigida e spessa; presenta qualche difetto di concia, ad es. f. 77); ff. VIII (ff. IVIII fogli di guardia cartacei di restauro di cui il f. I è in cartoncino più spesso solidaRoss. 211, f. 86r le con la controguardia), 127, VIII’ (ff. I’VIII’ fogli di guardia cartacei di restauro di cui il f. VIII’ è in cartoncino più spesso solidale con la controguardia posteriore). Il codice misura mm 245×175. Foliazione meccanica con numeri arabi, collocata nell’angolo inferiore esterno del recto di ciascun foglio. Fascicolazione così ripartita: 1 quaternione mancante del primo foglio (ff. 1-7) e 15 quaternioni (ff. 8127). Le segnature e i richiami di fascicolo, moderni e in numeri arabi a inchiostro nero, sono posti rispettivamente nell’angolo inferiore interno al recto del primo foglio di ciascun fascicolo e nell’angolo inferiore interno al verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo. Probabilmente, a causa della caduta di un primo fascicolo a inizio codice, la computazione della sequenza dei fascicoli risulta confusa per quello che doveva essere in origine il secondo fascicolo, che risulta segnato con un 1 nell’angolo inferiore interno del primo foglio del fascicolo e con due 2 sottolineati ai ff. 6v e 7r, ma a partire da f. 8v la fascicolazione torna esatta. Scrittura di piccolo formato, nel complesso piuttosto uniforme, vergata in inchiostro bruno medio e pendente dal rigo. Assegnabile nei decenni compresi tra XI e XII secolo, è stata riconosciuta come una manifestazione seriore di scrittura corsiveggiante, con compromissione dell’equilibrio e della regolarità del dominante modello Perlschrift (CANART, PERRIA, Les écritures livresques, 100). Una mano posteriore non identificata usa un inchiostro nero piuttosto diluito per aggiungere, concentrandosi in particolare nel primo commento, note a margine in greco e talvolta in latino (come a f. 20r), note interlineari, un’iniziale di paragrafo mancante (f. 56v, k di Kaˆ) e una manicula (f. 76v). Specchio di scrittura (mm 196×122 circa) a 1 colonna di 35 linee. Rigatura realizzata a secco incidendo dal verso e talora dal recto del foglio uno schema che richiama il tipo 00C1 (SAUTEL, LEROY, Répertoire, 39).

L’apparato decorativo del codice è costituito da 2 fasce calligrafiche (a f. 4r di mm 37×138 – in parte rifilata dal taglio superiore – e a f. 86r di mm 33×128);

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ROSS. 211

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semplici linee calligrafiche di forma ondulata con piccoli segni (virgole o triangolini) a intervallare le anse e fogliette trilobe nelle terminazioni (ad esempio ai ff. 1r, 2v); 4 iniziali rubricate in apertura di nuovo testo (ff. 1r, 2r, 4r e 86r), mm 30×14 in media e varie iniziali di inizio paragrafo, mm 10×6 in media. Le fasce calligrafiche aprono i due commenti ai vangeli e sono disegnate con inchiostro rosso carminio con risparmio del motivo sul fondo bianco della pergamena, hanno entrambe una forma rettangolare larga quanto la colonna di scrittura, per un’altezza pari a due interlinee, e sono contornate da una sottile cornice lineare interrotta da piccoli nodi e terminante con due foglie d’acanto di profilo nei vertici superiori. Si distinguono per gli elementi decorativi che ne ornano gli interni: a f. 4r un tralcio d’acanto con andamento sinuoso nelle cui anse si ripiegano le foglie di profilo; a f. 86r il motivo è sempre fitomorfo con forti richiami al Rankenstil (WEITZMANN, Die byzantinische, 73), qui piccole palmette a forma di cuore racchiudono un fleur de lis e si alternano specularmente venendo inscritte entro una cornice ondulata di tralci d’acanto con carnose foglie di profilo. Le linee calligrafiche marcano l’inizio di partizioni testuali secondarie e sono opera del copista che le realizza utilizzando l’inchiostro del testo. Le iniziali rubricate sono collocate fuori dello specchio scrittorio e si distinguono nelle quattro iniziali ad apertura di capitolo che occupano tre o quattro interlinee e sono decorate in modo molto semplice attraverso il prolungamento del corpo delle lettere con piccoli riccioli che richiamano gli arabeschi, e le iniziali ad apertura dei paragrafi, la cui altezza oscilla da una a due interlinee: queste sono parzialmente mancanti, come dichiarano le letterine en attente poste lungo il margine interno come richiamo per il calligrafo, e sono caratterizzate dal semplice ispessimento dei prolungamenti dei bracci. La pergamena, presumibilmente a causa dell’umidità e dell’azione del calore, ha perduto la propria elasticità provocando l’indurimento dei fogli che presentano ampie onde e piegature alcune delle quali, solitamente circoscritte a centro pagina, sono degenerate in tagli. La legatura Rossi A è in pelle bruno rossiccia. Il dorso è bordato e ripartito in tre riquadri da una sottile filettatura dorata: in alto è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su sei linee S(ANCTI) ISIDORI PEL(USIOTAE) / S(ANCTI) IOH(ANNIS) CHRYSOS(TOMI) / ETC / COMMENT(ARIA) VAR(IA) / IN EVANG(ELIUM) / GRAECE; in basso è presente l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su due linee COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIII. Lungo i rimbocchi corre una decorazione impressa con coppie di foglie d’acanto di profilo addossate alternate a larghe foglie trilobe e i tagli sono colorati, in un verde medio ormai grigiastro. Il rivestimento della legatura è stato restaurato: il dorso, probabilmente lesionato all’altezza dell’attaccatura dei piatti, è stato risarcito con un ritaglio di pelle dello stesso colore sul quale è stata ricollocata la parte decorata del dorso rossiano. Piccole lesioni caratterizzano i labbri di entrambi i piatti mentre ampie fenditure hanno creato un reticolo di crepe lungo il dorso.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il codice sembra d’origine orientale non meglio precisata, forse d’ambito provinciale. Recentemente, nell’ambito del Colloquio internazionale di paleografia e codicologia greca di Berlino, è stato sottoposto a una rilettura paleografica che ha ampiamente anticipato, proponendo una datazione a cavallo tra XI e XII secolo (CANART, PERRIA, Les écritures livresques, 100), l’attribuzione al XIII secolo fino ad allora dominante, già formulata nell’esame compiuto il 12 settembre 1850 da padre Matranga, a testimonianza del quale rimane un foglio cartaceo allegato al foglio di guardia (VIIIv) con aletta esterna. L’eliminazione intenzionale di alcuni elementi testuali ha provocato la perdita di informazioni che avrebbero potuto costituire un importante strumento di datazione. Nel margine inferiore esterno del f. 3v, per esempio, una nota è stata abrasa, mentre alla fine del primo commentario (f. 85v) una nota su più righe è stata erasa e dilavata macchiando la pagina e, infine, nell’explicit a chiusura del codice (f. 127v) alcune note sono state in parte raschiate, altre sono state rese poco leggibili dall’imbrunimento della pergamena. (Bibl. Rossianae, III, 185r) VAN DE VORST, Verzeichnis, 495-496; GOLLOB, Die griechische Literatur, III, 12-14; CANART, PERRIA, Les écritures livresques, 100.

MANUELA MENCHERINI

Ross. 214 (olim VIII, 153) Atlante nautico anepigrafo Venezia (?), sec. XVI, seconda metà Membr. (pergamena doppia, color avorio, lavorata grossolanamente); ff. V (cart.; il I in cartoncino marrone come la controguardia), 15, V’ (il V’ in cartoncino marrone come la con-

Ross. 214, ff. 3v-4r

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ROSS. 211-214

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troguardia). Foliazione contemporanea meccanica con cifre arabiche in basso a destra sul recto. Il codice misura mm 241×197 (misure prese a f. 2). Assenza di testo. Scritte di una sola mano in capitale e minuscola. Il codice è composto da 14 bifogli, originariamente sciolti, poi incollati, ognuno dei quali reca una tavola geografica entro un riquadro di mm 200×330, a eccezione del primo e dell’ultimo che contengono invece delle illustrazioni a piena pagina a carattere religioso.

Le immagini sono realizzate con inchiostro nero, colori a tempera e foglia oro, in forma di vignette incorniciate da una fascia a guazzetto grigio, a volte non finita. Nelle tavole geografiche le coste sono colorate in verde chiaro, i fiumi in azzurro, le isole variamente, i nomi scritti in nero e in rosso. Nel dettaglio: f. 1v:

mm 123×110; in un quadro, incorniciato in alto da un motivo ornamentale a volute in cui due angeli, uno con la colonna e l’altro con la lancia e l’asta con la spugna, simboli della Passione di Cristo, sorreggono il sudario con l’impronta del volto del Salvatore, è raffigurata l’immagine di Cristo che va al Calvario e cade sotto il peso della croce dinanzi a Maria in preghiera; l’immagine è realizzata su fondo oro in foglia steso, su bolo armeno. f. 2r: mm 210×160; su un quadrato campito di girali a penna e oro su pergamena riservata è lo stemma ovale abraso (ma si intuisce l’immagine di un’aquila che si staglia sul fondo oro della parte superiore del campo bipartito), inserito entro una complessa cornice ‘scultorea’ rosa e dorata, vivacizzata in alto da foglie d’acanto rosse e blu e sormontato da una corona su cui si erge la figura di un drago alato. In alto si legge: Libri Tolomei nunc Taulele (sic) in descripcio tota / mundi et universa insula porta et capiti; un latino incomprensibile che, forse, dovrebbe correggersi con: Libri Ptolemaei seu tabulae cum descripcione totius mundi et universis insulis, portubus et capitibus. f. 2v: mm 206×160; tavola sinottica delle declinazioni solari. f. 3r: mm 206×160; sistema tolemaico circondato dallo Zodiaco che si inserisce entro una fascia d’oro che, suddivisa in dodici riquadri, corre intorno a un clipeo centrale raffigurante il globo terrestre; l’insieme si staglia su fondo porpora percorso da girali dorati; in basso è un drago alato in posizione araldica. ff. 3v-4r: mm 205×320; calendario zodiacale circolare su fondo oro con piccolo planisfero tondo al centro, su riquadratura blu rettangolare percorsa da racemi dorati e contenente nei quattro angoli clipei con gli evangelisti e i loro attributi su fondo oro. ff. 4v-5r: mm 205×320, tav. I; carta dell’America centrale (il Mondo Nuovo e l’Oceano Pacifico), con disegno della California, priva di nomi, e l’indicazione della leggenda sul Mar Vermiglio: sul meridiano centrale sono segnate le graduazioni delle latitudini, con intervalli di 10 gradi da 60° nord a 60° sud; sull’Equatore (Aequinoctialis) graduazione delle longitudini con lo stesso intervallo. In alto a sinistra è la scala, un segmento

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

lungo mm 45 diviso in 11 parti, con la scritta MI(GL)IA CENTO DA PUNTO A PUNTO. ff. 5v-6r: mm 205×320, tav. II; carta dell’Europa meridionale, dell’Africa e del Sudamerica orientale (l’Oceano Atlantico e le terre circostanti); sono aggiunte in oro alcune località interne (Timistita vel Mesico, Cairo, Trapezonda, Ierusalem, S. Caterina, M. Sinai, Prete Ioan) e il corso del Nilo. Graduazione e scala come nella tavola precedente. ff. 6v-7r: mm 205×320, tav. III; carta dell’Africa e dell’Asia meridionale (Oceano Indiano); otto teste di putti alla periferia dei fogli. Graduazione e scala come nelle due tavole precedenti. ff. 7v-8r: mm 205×320, tav. IV; carta dell’Europa centrale; nelle Isole Britanniche sono solo i nomi costieri. In alto a sinistra la scala, un segmento di mm 31 diviso in 5 sezioni, con la scritta OGNI POSTA (sic) MI(GL)IA CINQUANTA. ff. 8v-9r: mm 205×320, tav. V; carta corografica della Penisola iberica e dell’Africa di nordovest. In alto a sinistra la scala, un segmento di mm 42 diviso in 5 sezioni, accompagnato da una scritta identica alla tavola precedente. ff. 9v-10r: mm 205×320, tav. VI; carta del Mediterraneo occidentale. In alto a sinistra la scala, un segmento di mm 56, diviso in 6 sezioni, accompagnato da una scritta identica alle tavole precedenti. ff. 10v-11r: mm 205×320, tav. VII; carta dell’Italia e della Dalmazia (Mediterraneo centrale); ci sono alcuni ideogrammi, di valore decorativo e privi di nomi. In basso a destra la scala, un segmento di mm 42 diviso in 4 sezioni, con una scritta identica alle tavole precedenti. ff. 11v-12r: mm 205×320, tav. VIII; carta del Mediterraneo orientale; anche qui ideogrammi nell’interno, privi di nomi. In basso a sinistra la scala, un segmento di mm 40 diviso in 4 sezioni, con una scritta identica alle tavole precedenti. ff. 12v-13r: mm 205×320, tav. IX; carta dei paesi costieri del Mar Nero. In alto a destra la scala, un segmento di mm 48 diviso in 5 sezioni, accompagnato dalla solita scritta. ff. 13v-14r: mm 205×320, tav. X; planisfero ovale; la lunghezza dell’equatore è di mm 27.7, quella del meridiano centrale la metà. Al margine dei fogli teste di putti, nomi dei venti in latino e fregi dorati. f. 14v: mm 123×110; al centro in due cerchi concentrici è un Ecce Homo con un manto rosso sollevato da due angeli; intorno sono il Sole e i sei pianeti con le divinità che danno nome ai giorni della settimana, Mercurio, Luna, Saturno, Giove, Marte, Venere, trasportati dalle nuvole. f. 15r: mm 123×110; in un quadro sormontato da una cornice da cui emergono due angeli con gli strumenti della passione (flagello, corona di spine, calice e chiodi), simmetricamente disposti ai lati della figura di un gallo, è l’immagine di Cristo risorto e benedicente.

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ROSS. 214

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Nonostante i numerosi errori di trascrizione, talora grossolani, commessi dal copista, il Ross. 214 è una copia fedele, anche per le rose dei venti, le linee di direzione, le leggende etc., di un atlante di Battista Agnese del tipo del ms. Barb. lat. 4357 (ALMAGIÀ, Planisferi, 71). Attivo a Venezia tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del Cinquecento, il genovese Battista Agnese (CAGNETTI, s.v. Battista), cui si lega una produzione vasta e varia, resa possibile dall’esistenza, intorno a lui, di una scuola vera e propria, realizzò numerose carte geografiche (in fogli sciolti o riuniti in atlanti, molti dei quali firmati), un’ottantina di opere in tutto, che, salvo eccezioni, non sembrano destinate all’uso di mare ma per essere acquistate da principi e illustri personaggi, e mai affidate alla stampa (si veda, ad esempio, il ms. It 4 62 della Biblioteca Marciana di Venezia, su cui cfr. Battista, 1996). La presenza della penisola di California nel Ross. 214 permette di collocare il modello dell’Agnese da cui questo manoscritto discende nel suo secondo periodo, che comincia dopo il 1541, stando alla suddivisione temporale proposta dal Wagner (WAGNER, The Manuscript, 51-54). Dopo il 1554 l’evoluzione degli Atlanti prodotti nell’ambito dell’officina dell’Agnese subirono una notevole accelerazione; infatti al di là di una diversa scelta cromatica per alcune isole e della mancanza di colorazione per il Mar Rosso, elemento tipico della produzione precedente, la differenza sostanziale risiede nell’importanza assunta dal Nuovo Mondo che prepotentemente sale alla ribalta, sintomo di quella decadenza del Mediterraneo che ormai doveva essere sancita nella cartografia, anche nell’ambito di una scuola, piuttosto tradizionalista, quale era quella dell’Agnese. Difficile dire se scriptor, forse veneto (ALMAGIÀ, Planisferi), e decoratore siano la stessa persona, come in effetti potrebbe essere, dato il carattere decorativo conferito alla scrittura. In ogni caso, per le caratteristiche coloristiche e luministiche (abbondante l’uso dell’oro), il Ross. 214 sembra rientrare in quel momento di manierismo veneziano cui partecipano, ad esempio, i libri liturgici cinquecenteschi della basilica di San Marco (I libri, 141-148) come il Graduale (Venezia, Museo Marciano, Inv. N. 19) o l’Orazionale del 1567 (Venezia, Biblioteca del Museo civico Correr, ms. Cicogna 1602). Il codice si presenta in uno stato di conservazione discreto nonostante le numerose macchie sulla pergamena. Legatura Rossi A in pessimo stato di conservazione; i fascicoli infatti sono ormai quasi completamente staccati dalla coperta. Sul dorso si legge, in alto, PORTU(LANUM), in basso, SAEC(ULI) / XVI. (Bibl. Rossianae, III, 190r-v) TIETZE, Die illuminierten, 162 nr. 356; ALMAGIÀ, Planisferi, 71 nr. 26; PÁSZTOR, Biblioteca, 606.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 217 (olim VIII, 156) THOMAS DE HIBERNIA, Manipulus florum Francia settentrionale, sec. XIV1 Membr. (pergamena omogenea piuttosto sottile e giallastra); ff. V (cart.; il I in cartoncino azzurro come la controguardia), 176, IV’ (cart.; il IV’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione contemporanea, meccanica, con cifre arabiche, sul recto, in basso a destra. Sono presenti richiami in basso a destra del foglio a fine fascicolo, inscritti entro semplici cornici di inchiostro bruno, vivacizzate da tocchi di rosso. Il codice misura mm 226×150 (misure prese a f. 9). Testo vergato, in gotica di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, da una sola mano, con inchiostro bruno e disposto in due colonne di 53/54 linee entro uno specchio di mm 180×120 (spazio intercolonnare mm 9), rigato verticalmente e orizzontalmente a colore; presenti fori di guida. Ross. 217, f. 1r

Il codice contiene 1 sola pagina d’incipit a f. 1r, con 1 iniziale decorata a introdurre la prefazione all’opera, e numerose iniziali medie e piccole de penna rosse e blu, in media di mm 10×8, corrispondenti a 3 linee di testo, alcune delle quali filigranate a contrasto. f. 1r: iniziale A di Abiit in agrum (mm 33×29, corrispondenti a 10 linee di testo), in blu lumeggiato di biacca, su un riquadro rosa, campito da un motivo a losanghe in cui sono gigli francesi bianchi su fondo rosa e blu alternati a rombi dorati; dalla lettera si diparte un fregio marginale a bastone, campito in rosa e azzurro e decorato con una serpentina rialzata in biacca, che si annoda sul lato destro e termina composto con un morbido ramo da cui spuntano fogliette, molte delle quali binate, blu, rosa e globi in foglia d’oro (andata però quasi del tutto perduta), animato in basso dalla vivace scena di un cane che insegue una lepre retrospiciente, a identificare una drôlerie, sganciata da qualsivoglia riferimento al testo, che ottempera a una ‘moda’ già avviata a cavallo fra Due e Trecento nella Francia settentrionale (forse sull’esempio inglese) e di cui mostra precoci esempi il noto “Canzoniere di Parigi”, databile tra il 1280 e il 1290 (Montpellier, Bibliothèque Universitaire, Faculté de Médicine, ms. H 196; cfr. L’Art au temps, 256-334).

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ROSS. 217-219

La decorazione del codice, sfuggito al catalogo del Tietze, è dunque ascrivibile ad ambito francese settentrionale e databile entro il primo quarto del Trecento, contestualmente all’attività del teologo irlandese, la cui opera è qui trascritta. Appartenente al genere dei florilegi di autorevoli citazioni, questa contiene circa seimila proverbi ed escerti testuali di autori classici, patristici e medievali. Fu compilata a Parigi intorno al 1306 e ci è trasmessa in quasi duecento manoscritti, mentre ha conosciuto almeno quarantotto edizioni a stampa, risultando di gran lunga il più diffuso florilegio medievale. Fra i manoscritti miniati è il ms. Ricc. 817, datato 1306, che a f. 1r mostra un fregio e drôleries lungo il margine interno e inferiore, di mano francese, assai simile al Ross. 217 (I manoscritti datati, 46-47, nr. 78, tav. IV). Il codice si trova in uno stato di conservazione discreto. Sono tuttavia presenti fori, macchie e lisière. La parte miniata denuncia cadute di pigmenti e della foglia d’oro. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, TH(OMAE) DE YBERNIA / MANIPULUS / FLORUM, in basso, COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. (Bibl. Rossianae, III, 193r) GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 219 (olim VIII, 158) LUDOVICO SANDEO, Odosofia Ferrara, sec. XV, fine sesto decennio (f. 26r) Unde vigil tornai al primo studio / Marcilli De Praetis Membr. (pergamena sottile, color avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. X (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro), 26, X’ (cart.; il X’ in cartoncino grigio-azzurro come le controguardie). Foliazione meccanica in basso a destra solo sul recto che corregge una precedente numerazione, indietro di una cifra, eseguita a matita in numeri arabici in alto a destra ma non costantemente. Il codice misura mm 235×160 (misure prese al f. 5). Testo vergato da una sola mano, in umanistica tonda di modulo piccolo, estremamente elegante e ben spaziata, in inchiostro seppia, rosa antico per i titoli, oro per la dedicatoria, disposto su una sola colonna di 21 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 130×86, rigato orizzontalmente e verticalmente alla mina di piombo.

Ross. 219, f. 5r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Annotazioni in inchiostro rosa antico contestuali alla stesura del testo. Non viene rispettata la regola di Gregory fra il primo e il secondo fascicolo, cioè tra i ff. 4 e 5. Nel margine inferiore di f. 1r è la sigla A, in inchiostro seppia e caretteri calligrafici, indecifrabile.

Dalla stessa mano che si firma a f. 26r, tale Marcilli De Praetis, non altrimenti noto, sono stati trascritti, a f. 26v, anche due brevi componimenti poetici, uno in latino, l’altro in volgare, in scrittura corsiva. La pagina d’incipit dell’opera, a f. 5r (i ff. 1r-3v sono occupati da una prefazione dell’autore e da una sintesi dell’opera capitolo per capitolo; il f. 4r è bianco; il f. 4v ospita un testo dedicatorio), presenta a caratteri maiuscoli crisografici la scritta: AD ILLUSTRISSIMUM / P(ATREM) ET EX(CELLENTISSI)MUM D(OMINUM) DOMINUM BOR / SIUM DUCEM ET CAETERA / LUDOVICI SANDEI HUMILIS SERVITORIS ODOSOPHIA. A sottolineare la dedica al duca di Ferrara interviene, da una parte, lo stemma estense così come appare dal 1452 al 1471 (nel I e IV d’oro, all’aquila bicipite nera a volo abbassato, membrata, rostrata e coronata del campo, linguata di rosso e unghiata di nero, Impero; nel II e III d’azzurro, a tre gigli d’oro, disposti 2-1 con bordatura dentata d’oro e di rosso, Francia; sul tutto uno scudetto d’azzurro all’aquila d’argento a volo abbassato, membrata e rostrata d’oro, unghiata e linguata di rosso, Este), dall’altra, l’emblema estense dell’unicorno, anche simbolo della purezza e della castità di Borso, che, inserito nel margine destro del foglio all’interno di un clipeo laureato rosa retto da due cherubini, è raffigurato sullo sfondo di un paesaggio palustre, forse anche in ricordo della sua impresa di risanamento degli acquitrini del Po, nell’ottica dell’impegno di bonifica e di sviluppo agricolo che lo vide impegnato negli anni di governo del ducato. La corona d’alloro portaemblema si inserisce in un ornato a filigrana a inchiostro seppia con foglie e fiori stilizzati e globi colorati e dorati. L’apparato decorativo del manoscritto consta, inoltre, di 7 iniziali maggiori ornate, di cui la prima di mm 35×32, le altre di mm 25×25 circa, che introducono i sette capitoli dell’opera e sono ai ff. 5r, 6v, 9r, 12v, 16v, 19r, 22v, e di numerose iniziali de penna in rosa antico. f. 5r: iniziale E di Era di Phoebo, in azzurro, su un riquadro in lamina d’oro, attraversata da un cappio intrecciato rosa e verde. Le restanti iniziali (f. 6v, Q di Quando per gratia; 9r, S di Subito chio hebi; 12v, P di Puoi che noi fumo; 16v, L di La grande avidità; 19r, G di Grave soma; 22v, S di Surgi Caliope) sono in oro su riquadri suddivisi in più campi cromatici con filettature e rientrano, come la prima, nel gusto del decoro librario ferrarese della fine degli anni sessanta del XV secolo dominato dai modi di Taddeo Crivelli. Il motivo ornamentale del cappio intrecciato dell’iniziale maggiore, di schietto gusto umanistico veneto, deriva dall’iniziale a intreccio di epoca carolingia e di scuola francosassone, che in Veneto doveva essere nota attraverso la circolazione di manoscritti del IX-X secolo scambiati talvolta per antichi. Tale tipologia, usata in una sobria veste a inchiostro a partire dagli anni Trenta, nell’atelier dell’illustre calligrafo ve-

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ROSS. 219-226

neziano Michele Salvatico, apparve solo intorno al 1450 circa in una redazione fortemente elaborata, con cappi vivacemente colorati e puntinati, conclusi da brevi terminazioni vegetali e portati ad allacciarsi a maglia al corpo stesso della lettera, secondo un uso attestato dai più lussuosi manoscritti di San Gallo. La lettera a cappio intrecciato giunse presumibilmente a Ferrara dal Veneto verso la fine del sesto decennio del Quattrocento, grazie al tramite del calligrafo Andrea Contrario, ed è presente in numerosi codici degli anni immediatamente seguenti (cfr. MARIANI CANOVA, La miniatura e La miniatura a Ferrara, passim). Il testo tràdito dall’esemplare è un poemetto didattico in volgare, in terzine, diviso in sette capitoli, che descrive il percorso del poeta alla conquista delle virtù necessarie per arrivare in cima al Parnaso. Il nome dell’autore di quest’opera inedita si ricava dalla dedica di f. 5r: si tratta dell’umanista Ludovico Sandeo (14461482 ca.), di cui si hanno scarne notizie documentarie ma che si sa operante a Ferrara nella seconda metà del Quattrocento, ben inserito nei circuiti della corte estense; di origine lucchese, egli scrisse anche un breve canzoniere di stampo petrarchesco, costituito quasi interamente di sonetti e pubblicato postumo dal figlio intorno al 1485 (TIRABOSCHI, Storia VI.2, 1809, 839; PEONIA, Prime indagini). Buono lo stato di conservazione del codice, in cui non manca qualche lisière (f. 13) e in cui si nota un lieve ingiallimento dei fogli. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, L(UDOVICI) SAN(DEI) / ODOSO(PHIA), in basso, COD(EX) / MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. (Bibl. Rossianae, III, 195r) TIETZE, Die illuminierten, 134 nr. 292.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 226 (olim VIII, 165) BONIZO SUTRINUS, Decretum seu Collectio Canonum seu De vita christiana Germania meridionale, sec. XII, prima metà Membr. (pergamena piuttosto sottile, di non ottima qualità, giallastra); ff. V (cart., tranne il I che è in cartoncino marmorizzato come la controguardia), 86, IV’ (cart.; il IV’ in cartoncino marmorizzato come la controguardia). Foliazione contemporanea, sul recto, meccanica in basso a destra; rimandi in basso a destra a fine fascicolo (che però mancano da f. 64v in poi). Il codice misura mm 244×177 (misure prese a f. 1). Testo scritto in minuscola carolina di modulo piccolo da una sola mano in inchiostro nero e rosso per i titoli, e disposto su due colonne di 44 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 195×140 (spazio intercolonnare mm 10), rigato a secco verticalmente e orizzontalmente e con i fori guida visibili.

Il codice contiene il Liber de vita christiana, ovvero Decretum, in dieci libri, dedicato alla legislazione ecclesiastica e alla teologia morale, scritto, dietro ri-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

chiesta di prete Gregorio da Bonizo. Questi, seguace di Gregorio VII, nacque intorno al 1045 a Cremona, e morì nel 1090; fu creato vescovo di Sutri da papa Gregorio, al fianco del quale sostenne la disputa contro Enrico IV. Questo testo di diritto ecclesiastico medievale è praticamente inedito; ne conosciamo una sola edizione (PERELS, Bonizo; cfr. Repertorium II, 559-560). L’apparato illustrativo e decorativo del manoscritto consiste in 2 disegni a inchiostro, di dimensioni diverse, ai ff. 70r e 70v, inseriti nel IX libro; 12 iniziali maggiori (2 zoomorfe), in media di mm 27×25, all’incipit dei vari libri, e numerose iniziali minori de penna rosse ravvivate di giallo (e raramente anche di azzurro, come a f. 74v). Ross. 226, f. 29v Dei due disegni, uno è a f. 70r (mm 123×67), inserito nella parte bassa della colonna di destra. Si tratta di un’illustrazione condotta a penna bruna e rossa ravvivata da una tempera gialla che individua sulla pergamena un profilo a timpano, chiuso ai lati da due torri, sul cui vertice è il ritratto di un uomo con barba e capelli lunghi; da questo e dalla base dei due edifici turriti partono tre catene di sei anelli sormontate da ritratti di uomini barbuti e calvi (i due laterali hanno la calotta cranica appuntita). L’altro disegno è un indecifrabile diagramma di mm 85×140 (con un prolungamento di mm 75 nello spazio intercolonnare), una sorta di schema piramidale, delineato con inchiostro rosso, collocato nella parte alta di f. 70v. I disegni, entrambi apparentemente incompleti, sono inseriti in corrispondenza del capitolo 27 del nono libro, intitolato Epilogus de incestis compendiose digestus (PERELS, Bonizo, 287-289) e potrebbero quindi alludere all’arbor consanguinitatis. Le lettere maggiori sono a tronco pieno o full-shaft, al cui corpo giallo, contornato di inchiostro color minio, si avviluppano girali vegetali terminanti in caulicoli, cioè foglie polilobate ricavate a risparmio nella pergamena ed esaltate da un fondo variamente colorato a zone (azzurre, verdi e rosse); esse si trovano ai ff. 1r, la A di Augustinus, all’inizio del I libro; 10r, la Q di Quod autem sit docendus, all’inizio del II libro; 20v, la C di Clemens episcopus Iacobo, all’inizio del III libro; 29v, la S di Scripturus de excellentia, all’inizio del IV libro; 43r, la S di Superioribus tribus libellis, all’inizio del V libro; 50r, la M di Monachorum quattruor genera, all’inizio del VI libro; 55v, la S di Scripturus, all’inizio del VII libro; 61v, la Q di Quia in superiori libro, all’inizio dell’VIII libro; 66v, la L di Liber iste medicinalis, all’inizio del IX libro; 69r, la I di Isidorus, all’inizio del capitolo dedicato ai Septem gra-

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ROSS. 226-229

dus omnium propinquitatum; 74v, la S di Superiori libro, all’inizio del X libro. Solo ai ff. 29v e 61v queste lettere assumono la forma figurata di un rapace retrospiciente, dal corpo solcato da tratti decorativi allusivi al piumaggio, in inchiostro bruno e rosso ospitate in un riquadro bicromo verde e azzurro. Il codice si inserisce nel contesto culturale della Germania meridionale d’epoca romanica, come mostra un confronto con alcuni manoscritti conservati nella Bibliothèque nationale de France di Parigi, come il ms. lat. 6622, contenente il Somnium Scipionis di Cicerone oppure il ms. lat. 16325, contenente il De officiis di sant’Ambrogio (cfr. Manuscrits enluminés d’origine germanique, 122-124, pl. CVII-CVIII). Le lettere decorate sono di ispirazione ottoniana ma mostrano elementi naturalistici, probabilmente derivati da un influsso francese. Esempi simili si trovano anche in alcuni frammenti conservati nell’Archivio di Stato di Siena (KLANGE ADDABBO, Fogli, 103-129, figg. 4-6). Lo stato di conservazione del manoscritto è discreto. Si evidenziano però l’allentamento della legatura, fori e tagli nella pergamena (ad es. a f. 84), oltre che varie lisière ai ff. 22, 25, 31. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, BONIZONIS / EPISCOPI / COLLECTIO / CANONUM e, in basso, COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / S(AECULI) XII. (SILVA TAROUCA, II, 16r-v; Bibl. Rossianae, III, 202r-203v) TIETZE, Die illuminierten, 4 nr. 6; PERELS, Bonizo, XLV-XLIX.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 229 (olim VIII, 168) La santissima vita di sancto Iosafat figliolo del re (ff. 1r-70v). Il pietoso lamento dela nostra madre vergine Maria (ff. 71r-113v). Li XII articoli della fede o Doctrina christiana (ff. 113v-116v). Li VII sacramenti della Chiesa (ff. 116v-118v). Li X comandamenti della legge (ff. 118v-119v). Li VII peccati mortali (ff. 119v-120v). El Pater nostro in volgare e in rima (ff. 120v-121v). Ave Maria in volgare (f. 121v) Italia settentrionale (area lombardo-veneta?), sec. XV, prima metà Membr. (pergamena di media consistenza, giallastra, lavorata grossolanamente); ff. VII (cart.; il I in cartoncino azzurro, come la controguardia), 121, VII’ (il VII’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna, sul recto, a matita con cifre arabiche in alto a destra, che non tiene conto della mancanza di fogli. Mancano infatti i fogli (tra 60 e 61, tra 70 e 71) che dovevano in origine contenere il XIX capitolo e poche righe della parte finale della prima opera tràdita dal manoscritto. Il codice misura mm 223×154 (misure prese a f. 2). Testo vergato in gotica rotunda di modulo grande da una sola mano, in inchiostro bruno con rubricature per i titoli, e disposto in una sola colonna di 21 linee entro uno specchio di scrittura di mm 137×100, rigato a secco orizzontalmente e verticalmente.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Presenti richiami a fine fascicolo posti eccezionalmente e perpendicolari al testo a destra (ff. 8v e 16v), o più spesso al centro del margine inferiore, e decorati sobriamente con gruppi di puntini.

Il manoscritto presenta 1 iniziale istoriata (mm 52×50) inserita nella pagina d’incipit, a introdurre il primo testo, corredato da 18 vignette narrative, e 37 iniziali decorate di mm 15/25×15/25 ca., all’incipit delle altre opere e dei vari capitoli. Il codice contiene volgarizzamenti di alcuni testi della cultura cristiana medievale come il tradizionale Planctus Mariae (Rime e prose, 3-19), o i dodici articoli della fede, contenuti nel Credo e legati, secondo la tradizione, ai dodici apostoli. Il primo, il più esteso e importante, narra la storia di Barlaam e di Iosaphat, versione ‘cristianizzata’, come è noto, dell’epopea Ross. 229, f. 42r del Buddha. La leggenda proviene da fonti dell’estremo oriente. La versione contenuta nel poema epico georgiano Balavariani fu tradotta in greco dal monaco georgiano Euthymius di Athos nell’XI secolo: forse dalla sua versione o da quella di Giovanni Damasceno è poi scaturita quella latina (1048), diffusasi quindi in Occidente nel medioevo e riportata, fra gli altri, anche da Iacopo da Varagine nella Legenda aurea (Vita bizantina). Il testo contenuto nel Ross. 229 è stato trascritto da Telesforo Bini (BINI, Rime e prose, 124-152) che però non ne indica la provenienza, rimasta così ignota agli studiosi fino a oggi (cfr. FROSINI, Il principe, 62, che parla di «un codice Rossiano attualmente non reperito»). Considerevole è il numero dei manoscritti che contengono questa storia edificante, volgarizzata in tutte le lingue del continente (SONET, Le roman, e FROSINI, Il principe, che entrambi, però, non citano il Ross. 229). Solo nella Biblioteca Apostolica Vaticana, ad esempio, abbiamo i mss. Ott. lat. 269, Reg. lat. 660, 1659, 1728, Urb. lat. 399, e i mss. Vat. lat. 308, 309, 555, 5052. Molti gli esemplari miniati (DER NERSESSIAN, L’illustration). Nella pagina d’incipit di f. 1r, molto rovinata a causa di pesanti cadute di colore e di un taglio esteso per circa un terzo del foglio, si legge: Al nome sia di Dio e della sua dolce Madre Vergine Maria e di tutti i santi. Qui incomincia la santissima vita di santo Iosafat (…). Nell’India era un re, il quale aveva nome re Avenero, il quale era uno uomo molto crudelissimo contra ai cristiani (…). Lungo i margini corre un fregio, che ospita nel bas-de-page uno stemma sorretto da due figure alate e l’iniziale istoriata N di Nell’India che, forse, conteneva in origine la figura

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ROSS. 229

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assisa e vestita di bianco di Iosaphat portato in gloria da angeli, come si può intuire in base alle tracce del disegno confrontabili con la figura contenuta nell’iniziale della stessa opera in un altro manoscritto vaticano, il Chig. L. V. 175 (anche questo sfuggito al Sonet, ma non a Frosini), il cui ricco apparato illustrativo non è però altrimenti raffrontabile al rossiano, se non tangenzialmente e, in questi rari casi, per dipendenza dal testo comune. Le illustrazioni sono poste in prossimità del racconto degli episodi salienti della storia, che si svolge nel 253 d.C. e narra del giovane principe pagano Iosafat, cresciuto da suo padre, il re indiano Abenner, in modo tale da impedire l’avverarsi di una profezia che lo voleva destinato a rinunciare alla vita mondana, ma invano: grazie agli insegnamenti dell’eremita Barlaam, Iosafat si converte al cristianesimo e con lui converte il suo popolo. Le illustrazioni sono contenute in vignette tabellari, di varia altezza, intercalate al testo e incorniciate da un filetto in inchiostro bruno e da un listello d’oro. Nel dettaglio: f. 2r

f. 4v

f. 8v

f. 10r

f. 12v

f. 29v

f. 32v f. 36r f. 42r

(mm 59×102): Nascita di Iosafat; due ancelle si affannano attorno alla puerpera, distesa su un fianco nel letto e col seno scoperto, mentre altre due ancelle attendono al bagnetto del piccolo, raffigurato nudo e con l’aureola d’oro. (mm 61×102): Visita del re Avenero al figlio; il re chiede al figlio il perché del suo desiderio di uscire dal palazzo riferitogli da Lionone, cui era stato affidato il bambino; Iosafat, inginocchiato gli confessa il suo desiderio di vedere il mondo. (mm 66×102): L’incontro con il cieco e con il lebbroso; Iosafat è su un cavallo bianco in compagnia di un altro cavaliere e vede per la prima volta un cieco e un lebbroso. (mm 112×102): Iosafat mandato a cacciare uccelli per curarsi dalla malinconia; la vignetta è suddivisa in due riquadri: in quello superiore Iosafat caccia a cavallo in compagnia di un altro giovane e assiste allo scontro tra falconi e e gru; in quello inferiore incontrano un vecchio curvo e appoggiato a un bastone. (mm 59×102): il vecchio eremita Barlaam, indossato un abito da mercante sopra il cilicio, si presenta a Iosafat con una pietra magica capace di rendere immortale chi la indossa ma visibile solo con gli occhi della mente, cioè dopo aver conosciuto Dio. (mm 59×95): Barlaam racconta a Iosafat la storia sacra attraverso dieci apologhi e lo battezza; Lionone entra e additando Iosafat dice: «Voi mi volete morto». (mm 62×95): saputo il fatto, il re cerca conferma e ordina la morte del figlio. (mm 63×98): Iosafat ribadisce la sua fede. (mm 71×93): disputa su quale sia la migliore religione, quella cristiana o quella pagana, alla presenza del re e di Iosafat tra i dottori e di Nichor, eremita cristiano assai simile a Barlaam; questi, convinto dal re a rinnegare la sua religione, viene minacciato da Iosafat. Da sottolineare la qualità

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f. 48r f. 53v f. 57v

f. 59r f. 62v f. 63r f. 67r f. 69r f. 70

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

spaziale della scena, che si svolge in una stanza, resa con un certo gusto prospettico. (mm 66×96): Iosafat, salvato dalla condanna a morte, viene tentato, invano, da alcune giovani donne, su consiglio dato al re da un vecchio savio. (mm 71×95): Iosafat, partito dalla sua terra e giunto in Gallia, dà elemosina a tutti i poveri dopo averli radunati. (mm 64×96): il re in ginocchio davanti a Iosafat, anche egli inginocchiato, chiede perdono al figlio dei suoi errori e, rinnegata la fede pagana, si dichiara cristiano. (mm 69×96): Iosafat tiene l’orazione funebre di suo padre, esposto in mezzo alla piazza al cospetto del popolo, con addosso un cilicio. (mm 63×96): Iosafat va nel deserto per cercare il suo maestro Barlaam guidato da una leonessa mandata da Dio in suo aiuto. (mm 66×98): la leonessa si ferma davanti a una celletta e indica a Iosafat che lì è Barlaam (qui rappresentato anche se nel testo non è presente). (mm 69×95): Barlaam prega aspettando la sua ora, annunciata dall’angelo di Dio, mentre Iosafat piange. (mm 70×94): Iosafat inginocchiato in preghiera, aspetta la sua ora mentre un altro eremita, mandato dall’angelo di Dio, prega per lui. (mm 58×95): l’eremita seppellisce Iosafat col suo maestro (il cui corpo era rimasto incorrotto), a corredo dell’explicit che recita: e li misero in quella sepultura a laude, onore e gloria dell’omnipotente Dio Padre, Figliolo e Spirito Santo, il quale vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Le iniziali minori, dorate e campite di azzurro su fondo quadrangolare mistilineo rosa o, viceversa, campite di rosa su fondo azzurro o azzurro e verde, variamente decorate con filettature di biacca, si trovano ai ff.: 11r, la H di Hora tuttavia, all’incipit del capitolo II; 13v, la A di Allora Barlam disse, all’incipit del capitolo III; 23r, la Q di Quando Barlaam vide, all’incipit del capitolo IV; 25v, la A di Anchor ti dico, all’incipit del capitolo V; 29v, la V di Vedendo lione, all’incipit del capitolo VI; 34v, la A di Allora io, all’incipit del capitolo VII; 37v, la Q di Quando e re, all’incipit del capitolo VIII; 40v, la S di Subito se parti, all’incipit del capitolo IX; 43r, la Q di Quando venne, all’incipit del capitolo X; 44v, la Q di Quando venne, all’incipit del capitolo XI; 46v, la Q di Quando Ios(aphat) vide, all’incipit del capitolo XII; 50r, la Q di Quando l’angelo, all’incipit del capitolo XIII; 52r, la A di Allora se levo suso, all’incipit del capitolo XIV; 54v, la E di E re Avenero, all’incipit del capitolo XV; 56v, la U di Udendosi e re, all’incipit del capitolo XVI; 58r, la Q di Quando Io(saphat) vide, all’incipit del capitolo XVII; 59v, la Q di Quando Io(saphat) ebbe sepellito, all’incipit del capitolo XVIII; 61r, la Q di Quando I(osaphat) fu andato, all’incipit del capitolo XIX; 68r, la S di Subitamente quel angiolo, all’incipit del capitolo XX; 71r la A di Ave virgo, all’incipit del capitolo I de Il pietoso lamento; 72v, la P di Poi comincia, all’incipit del capitolo II; 73v, la Q di Quando io vidole; 76r, la L di Le piaghe mie, all’incipit del capitolo III; 78r, la L di La gente de Pilato, all’incipit del capitolo IV; 80v, la O di O tu

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ROSS. 229

excelsis, all’incipit del capitolo V; 81v, O di O figliuol mio; 84v, la A di Ancor non ero, 89r, la M di Mirate o peccatori; f. 94r, la C di Chi è colui; 98v, la C di Come per vento; 103v, la S di Spande la boce; 108v, la V di Venite fonti; 114r, la I di Io credo in un padre; 118v, la D di Dieci da Dio, all’incipit de Li X comandamenti della legge; 119v, la P di Prima e soperbia, all’incipit de Li septi peccati mortali; f. 120v, la D di Dicendo padre nostro, all’incipit del Padre nostro; 121v, la D di Dio ti salvi, all’incipit de l’Ave Maria. Genericamente ascritto dal Tietze ad ambito italiano settentrionale, il manoscritto, di qualità modesta, sembra appartenere al contesto padano, tra Lombardia e Veneto, della prima metà del Quattrocento come sembrano suggerire, da una parte, la scala cromatica giocata sui toni freddi e la fresca vena narrativa delle illustrazioni e, dall’altra, la tipologia delle iniziali. Le immagini sono caratterizzate da un fondo suddiviso in due parti (azzurra la superiore e verde quella inferiore), su cui si stagliano poche figure piuttosto atticciate, abbigliate con cura e con abiti dai colori vivaci, in composizioni semplici, solo raramente arricchite di elementi architettonici raffigurati in scorcio e/o con paesaggi, ridotti, in verità, a qualche albero o a una montagna appena accennata. La resa qualitativa è però scarsa, di molto inferiore, ad esempio, a quella delle illustrazioni di un altro codice contenente la Leggenda di Barlaam e Iosaphat, ascritto alla Lombardia di metà Quattrocento, cioè il ms. A. C. XI. 37 della Biblioteca Braidense di Milano, forse copia del codice che in data 29 ottobre 1473 Galeazzo Maria Sforza chiedeva in prestito al Convento delle Agostiniane di Milano (Questa si è la Legenda, 85-86). La tipologia delle lettere minori decorate è piuttosto diffusa e si ritrova anche in Lombardia, come si evince dal confronto, ad esempio, con il ms. Barb. lat. 85 della Biblioteca Apostolica Vaticana datato 1454 ed eseguito fra Milano e Pavia (I codici latini, 13-14, nr. 27, tav. LXIV). Lo stato di conservazione del codice resta mediocre, nonostante il restauro del 2005. Alcuni danni appaiono purtroppo irrimediabili: tagli della pergamena (ff. 1, 70), perdite di pigmenti nella parte miniata (f. 1r), sbiadimento dell’inchiostro, macchie soprattutto nei primi fogli. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, LEGGENDA / DI / S(AN) GIOSAFFA(T) / LAMENTO / DELLA / MADONNA / IN TERZA RIMA, in basso, COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, II, 19r-21r; Bibl. Rossianae, III, 208r-210r) TIETZE, Die illuminierten, 114-115 nr. 233; OTT, Anmerkungen, 367; GRAFINGER, Beiträge, 101 e 155.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 232 (olim VIII, 171) Pontificale Romanum Italia (Emilia Romagna?), sec. XV3 Membr. (pergamena piuttosto sottile, color avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. XXXII (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 253, XXXII’ (cart.; il XXXII’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Numerazione originale a inchiostro bruno e cifre arabiche al centro del margine superiore solo sul recto dei fogli, ad accezione dei primi tre (contenenti l’indice), recanti una numerazione moderna a lapis viola e cifre romane al centro del margine superiore del recto. Il codice misura mm 275×195 (misure prese al f. 1). Presenza di notazioni musicali quadrate a inchiostro marrone su tetragramma a inchiostro rosso per tutti i canti liturgici. Testo vergato in scrittura umanistica da una sola mano (ad eccezione dei ff. I-III e 248v-250r scritti da un altro copista) con inchiostro bruno e rosso per le rubriche, e disposto su una sola colonna contenente un numero assai variabile di linee (fino a un massimo di 35 o di 11 tetragrammi con 11 linee di testo), entro uno specchio di scrittura di mm 195×115, rigato a secco, verticalmente e Ross. 232, f. 1v orizzontalmente. Richiami a inchiostro rosso e bruno in posizione verticale nell’angolo inferiore destro (ff. 10v, 20v, 30v), oppure in basso a destra inclinati di circa 45 gradi (ff. 80v, 110v, 120v, 140v, 170v, 190v, 200v, 230v) o, ancora, al centro del margine inferiore del foglio; questi ultimi due tipi presentano ornamenti calligrafici a inchiostro marrone e rosso molto elaborati.

L’apparato decorativo del codice consiste in: 1 pagina d’incipit a f. 1r, costituita da un fregio e da una iniziale fitomorfa; 3 iniziali, la prima delle quali istoriata, le altre solo ornate, ai ff. 1v, 72r, 140v, a introdurre le tre parti di cui si compone il testo; numerose iniziali paragrafali de penna rosse e blu alternate. f. 1r:

f. 1v:

iniziale P di Pontifex pueros et eciam adultos (mm 35×32), a introdurre il Pontificale, in rosa carico percorso da filamenti di biacca, bordata internamente da una stretta fascia ocra, campita in azzurro disseminato di puntini bianchi a gruppi di tre e con due fiori a petali rosa e stelo verde al centro, dalla quale spuntano carnose foglie d’acanto in rosa, verde e azzurro, che si stagliano su un fondo d’oro; dall’iniziale si sviluppa un fregio, che si estende su tre margini, a sottile filigrana con foglie e fiori verdi, rosa e blu profilati di biacca e piccolissimi globi raggiati, separato dal testo da un’asticella blu, sulla cui estremità, in basso a destra, è appollaiato un uccello dalle piume variopinte azzurre e gialle; nel bas-de-page è parzialmente visibile una corona d’alloro che doveva originariamente incorniciare uno stemma oggi abraso. iniziale istoriata S di Spiritus Sanctus superveniat (mm 63×60), a introdurre gli Ordines per la consacrazione e benedizione dei laici, della stes-

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sa tipologia della precedente, con il vescovo che sta impartendo il sacramento della Cresima; in alto, nello spazio chiuso dall’arco superiore della S, lo Spirito Santo. f. 72r: iniziale N di Nemo eccl(es)iam edificet (mm 14×21), a introdurre gli Ordines per la consacrazione di oggetti, in rosa, campita di azzurro con filettature di biacca, su quadrante oro, da cui si dipartono racemi fitomorfi in verde, rosa e azzurro, con globi raggiati in foglia oro, che occupano parzialmente il margine sinistro. f. 140v: iniziale I di In capite (mm 54×21), a introdurre gli Ordines per funzioni liturgiche e pontificali diversi e rubriche supplementari, della stessa fattura delle precedenti. Lo stile dell’ornato, per la tavolozza cromatica composta dall’azzurro, il rosa, il verde e il giallo chiaro, e gli elementi tipologici che lo compongono, foglie d’acanto policrome composte in girali densi e carnosi attorcigliati alle estremità, racemi filiformi disseminati di gocce e spighe d’oro, tipicamente ferraresi e poi diffusi in altri ambiti, rimanda alla cultura emiliana degli anni ’60-’70 del Quattrocento, come si evince anche da un confronto con un manoscritto datato 1462 e realizzato a Bologna, ora nella Biblioteca Nazionale di Firenze, ms. Conv. Soppr. B. IX. 1260 (I manoscritti datati, 68-69 nr. 45). Anche il testo concorre a questa ipotesi di datazione: si tratta infatti di un tipo di pontificale che occorre molto spesso in ambito curiale soprattutto nel terzo quarto del XV sec. fino alla metà circa degli anni ’80, risalente a un modello della prima metà del Quattrocento, una redazione del Pontificale di Guillaume Durand, vescovo di Mende (ROTH, Scheda nr. 30, 171). Non si conosce il committente di questo codice. Sulla base di diversi Ordines inseriti nel testo Roth ipotizza che la prima persona che utilizzò questo pontificale fu un vescovo al servizio della Curia (ROTH, Scheda nr. 30, 171). Buono lo stato di conservazione del manoscritto, anche se i primi fogli risultano macchiati dal solvente, assorbito dalla pergamena, utilizzato per cancellare lo stemma. Legatura Rossi A con fermaglio, entro cui è un cartiglio con la scritta AVE GRATIA PLENA DO(MINUS) TE(CUM), e angolari argentati, in mediocre stato di conservazione; si registra lo stacco totale del piatto corrispondente al foglio finale del volume e, di conseguenza, del dorso, su cui si legge, in alto, PONTIFICALE / ROMANUM, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il codice è stato esposto in: Liturgia in figura, Biblioteca Apostolica Vaticana 1995. (Bibl. Rossianae, III, 213r) ANDRIEU, Le Pontifical III, 1940, 298-300; SALMON, Les manuscrits liturgiques III, 33 nr. 75; ROTH, Scheda nr. 30, 171.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 233 (olim VIII, 172) Pontificale Romanum Italia (Roma), sec. XV, sesto decennio Membr. (pergamena piuttosto sottile, avorio, ben lavorata); ff. VI (cart., il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 120, VI’ (cart., il VI’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione antica a penna e inchiostro rosso in cifre romane, in alto a destra sul recto, a partire dal terzo foglio, dove comincia l’Ordo et modus conferendi septem ecclesiasticos ordines (i primi due fogli contengono le formule consuete di benedizione e la tabula rubricarum). Misure mm 271×198 (prese al f. 1). Testo scritto in gotica rotunda di modulo grande in inchiostro nero e rosso alternati da un’unica mano, disposto in un’unica colonna di 18 linee, entro uno specchio di scrittura (mm 168×112) rigato a matita verticalmente e orizzontalmente. InterRoss. 233, f. 1r venti integrativi e correttivi di altra mano. Sono presenti richiami decorati sobriamente a fine fascicolo, sistemati al centro del margine inferiore della pagina, in nero e in rosso.

L’apparato decorativo del codice consiste in 1 pagina d’incipit che include 1 lettera istoriata di mm 66×65 all’inizio dell’opera (f. 1r), 10 lettere decorate, in media di mm 40×40, a introdurre le partizioni principali del testo (ff. 8v, 12v, 15r, 18r, 24v, 31v, 39v, 93v, 98r, 99r), molte iniziali de penna rosse e blu filigranate a contrasto di ca. mm 20×15 e numerose più piccole e semplici iniziali a inchiostro rosso e blu. L’iniziale istoriata di f. 1r, C di Circa ordines conferendos, all’incipit dell’Ordo et modus conferendi, è in oro e si inserisce sul fondo a bianchi girari del fregio marginale della pagina d’incipit. L’interno della lettera è occupato da una scena in cui, entro una chiesa con finestre e vetrate decorate, un vescovo, seduto sulla sedia curule, opera la tonsura su un giovane chierico in cocolla, in ginocchio in preghiera ai suoi piedi, sotto lo sguardo di un altro chierico stante con aspersorio e coppa con acqua santa nelle mani. L’adesione agli stilemi pienamente rinascimentali è però faticosa, come denuncia la non impeccabile articolazione formale, il rilievo plastico, la modulazione del colore e la struttura delle figure, che risultano accorciate, con rapporti sproporzionati tra il capo e il resto del corpo. La lettera si inserisce nella pagina d’incipit costituita da un fregio che si snoda lungo i margini del foglio composto da una larga fascia delimitata da un

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listello d’oro entro cui si organizzano in disegni regolari e simmetrici bianchi girari su fondo blu a lacunari verdi, rosso carminio e d’oro, puntinati di biacca, animati, nel margine destro, in cui si colloca in alto una corona d’alloro, da due coppie di volatili verdi affrontati, forse pappagalli, e da una lepre retrospiciente sistemata tra di loro a metà altezza. Nel bas-de-page si apre una corona d’alloro, entro cui era in origine lo stemma del committente, poi completamente eraso, trainata con corde rosse ai lati da due putti adiposi con collane di corallo, caratterizzati da grosse gambe, ventre pronunciato, teste appiattite e volti dalle espressioni imbronciate. Le lettere maggiori dal corpo dorato percorse da bianchi girali su fondo blu, verde e rosso carminio, che si estendono parzialmente lungo il margine sono ai ff. 8v, H di Hopportet percutere; 12v, A di Acolitum opportet; 15r, S di Subdiaconus opportet; 18r, D di Diaconum opportet; 24v, S di Sacerdotem opportet; 31v, D di Deum patrem; 39v, E di Episcopum opportet; 93v, K di Karissime frater; 98r, D di Domine Deus; 99r, O di Omnipotens sempiterne Deus. Da assegnare certamente a un solo miniatore, l’apparato decorativo del codice viene ascritto a Siena dal Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 135), il quale nota a f. 19r la presenza nella Litania di sant’Ansano (scrive, però, Ausanus), patrono della città toscana, e propone un confronto col Messale scritto nel 1456 per Enea Piccolomini, oggi conservato nella Biblioteca comunale di Siena (S. IV. 11). Più correttamente, Silvia Maddalo (Scheda nr. 16, 129) lo inserisce invece nell’ambito della produzione libraria legata a committenti prestigiosi gravitanti intorno alla curia romana, accostando il rossiano ai manoscritti raggruppati da Ruysschaert (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 245-282) sotto il nome di Giuliano Amadei, o Amedei, nel corso del suo lungo soggiorno a Roma durante i pontificati di Pio II e di Paolo II, datandolo tra 1450 e 1460. Accanto al monaco camaldolese di origine fiorentina, che fu un artista assai prolifico (DE MARCHI, Identità, 119-158), operarono anche collaboratori più modesti, come l’anonimo Miniatore dei Piccolomini (PETTENATI, La biblioteca, 49 figg. a 42, 46). Lo stato di conservazione del codice è discreto. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, staccato e incollato sulla controguardia (sostituito nella legatura da un semplice listello di pelle marrone più scura), si legge, in alto, PONTIFIC(ALE) / ROMANUM, in basso, COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (Bibl. Rossianae, III, 214r) TIETZE, Die illuminierten, 135 nr. 296; MADDALO, Scheda nr. 16, 129; SALMON, Les manuscrits liturgiques III, 33-34 nr. 76.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 235 (olim VIII, 174) Evangelistarium (ff. 17r-218v), preceduto da: Capitulare evangeliorum, (ff. 1v-3v). S. HIERONYMUS, Prologus, (ff. 4r-6v); Epistula ad Damasum (ff. 6v-8v). Canones (ff. 9v-15r). Capitulare evangeliorum quadragesimalium (ff. 15v-16r) Italia (area umbro-romana), secc. XIex.XIIin. Membr. (pergamena di notevole qualità); ff. VI, 219, V’ (guardie cartacee moderne). Foliazione meccanica nel margine inferiore esterno del recto, da 1 a 218 con omissione di un foglio tra gli attuali 60 e 61. Stratificazione di numerazioni precedenti, anche non congruenti: a) nel margine superiore esterno del recto, mano del XV secolo appone foliazione in cifre romane, da I a CCXVII, con omissioni (l’attuale f. 10, in quanto bianco) e iterazioni (dei numeri LIX e LXI sugli attuali ff. 60 e 62); b) ancora nel margine superiore esterno del recto una mano del XX secolo appone foliazione in cifre romane, a mina, nei primi due fascicoli con Ross. 235, f. 71r la sequenza VIII-XV (ff. 1-8) e 0-VII (ff. 9-16). Il codice misura mm 271×178 (f. 20r); lo specchio di scrittura è di mm 194×103, con 28 linee lunghe (ma talvolta da 26 a 30: cfr. ff. 42r, 212v). Foratura eseguita a compasso, a fascicolo chiuso da 1r a 8v; tracce di fori nei tre margini esterni. Rigatura a secco, sul lato pelo, eseguita a bifolio aperto, con le due o tre rettrici iniziali e finali protratte fino al taglio. Fascicolazione estremamente regolare, sempre con il lato pelo all’esterno dei 28 fascicoli, tutti quaternioni tranne un binione finale privo dell’ultimo foglio; il II fascicolo (ff. 9-16) presenta il f. 10 moderno, bianco, a reintegro del foglio originale perduto, con lacuna di testo nelle tavole dei canoni. Costantemente presente, al centro del margine inferiore dell’ultima carta, una segnatura di mano coeva al testo, costituita da Q e cifra romana rubricate e talora toccate di giallo (ff. 87v, 95v, passim); conservato nella maggioranza dei casi il richiamo di prima mano, al lato interno del margine inferiore. Scrittura carolina databile alla fine del secolo XI o al primo scorcio del XII. La mano principale verga il codice da f. 4v alla fine, in una carolina di forte influsso romanesco e con inchiostro nero: la scrittura è leggermente inclinata a destra, presenta tendenza allo schiacciamento, d sia diritta sia tonda, e r inclinata, spesso desinente sotto il rigo, aguzza in cima e frequentemente in legamento (rc, re, ri e rt); utilizza ricorrentemente nessi (NT, TH, TR) non solo in fine rigo, V angolata a fine rigo, maiuscole in interno di parola (A, I, N, R). Abbreviazioni convenzionali: frequente quella di s soprascritta, spesso ‘a fiocco’ il compendio di –orum. A f. 171v, in chiusura di Lc, AMEN seguito da AMΥ N in rozzi caratteri greci. Due mani coeve o di poco posteriori trascrivono ai ff. 1v-3v il capitulare, utilizzando la prima una carolina diritta e di segno sottile, la seconda (da 2v) una carolina di influsso romanesco. I ff. 28r-29v (centrali di fascicolo) sono reintegro del XII secolo, in gotica incipiente. Ai ff. 15v-16r, tre mani del XV secolo inseriscono un elenco di stationes liturgiche romane per il tempo pasquale: la prima mano ha vergato ambedue le facciate, successivamente il f. 16r è stato eraso e rescritto dalle altre due mani. Nei margini, sporadici interventi coevi; trac-

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ce molto esili di note in una minuscola coeva di base, grande e disarticolata (ff. 18r, 22r-v); integrazioni o rescrittura di note erase o sbiadite da parte di mani del secolo XIII in textualis rozza, con segno interrogativo beneventano; sporadiche note erase (leggibile a f. 16v, di mano del XIII: Amor vincit omnia) e prove di penna. Scritture distintive: negli incipit ed explicit di prologhi e Vangeli, capitale epigrafica mista di forme gotiche (l’una e l’altra tipologia per E, C, M, N), con A alla greca, C a doppia ansa, G a ricciolo, lettere talvolta con boule lungo le aste o al centro delle curve: si alternano lettere rosse e nere, toccate di giallo o di azzurro, oppure intere righe rubricate.

L’apparato decorativo è costituito dall’ornamentazione delle tavole dei canoni; da 4 miniature in apertura dei singoli Vangeli, 5 iniziali auree per l’incipit dei singoli Vangeli, 120 iniziali ornate con motivi di girari, fitomorfi, zoomorfi, geometrici. Inoltre, numerose iniziali minori rubricate toccate di giallo, titoli correnti in capitale mista rubricata, a ogni apertura; incipit e explicit a lettere alternate rosse e nere toccate di giallo o di azzurro, o solamente rubricati. Rubricati inoltre incipit e numeri dei capitula, riferimenti al calendario liturgico e alle stationes; incorniciati di rosso i rinvii ai passi sinottici, nei margini. Il codice è tra gli esempi significativi di influsso decorativo cassinese e, per quel tramite, latamente bizantineggiante, su esemplari di area umbro-romana; il quadro complessivo delle miniature e delle iniziali manifesta livelli esecutivi modesti, tali da far annoverare il manoscritto nell’ambito dei testimoni di « […] what miserable work was being done in the monasteries while the Germans and the Normans under the Guiscard were ravaging the countrysides and sacking the cities» (GARRISON, Dating, 136). Le tavole dei canoni (ff. 9v-15r, su otto facciate, con titoli rubricati in capitale epigrafica con lettere onciali, incipit ed explicit rubricati) mancano di un foglio (lacuna nel canone I, da Mt 294 alla fine, e nel II, acefalo fino a Mt 131) presentano colonne con capitelli a foglie d’acanto e fusto dorato a pennello sul quale vengono definiti a punta di penna, in azzurro e rosso, motivi decorativi vegetali, spiraliformi, di volute. Nell’arco maggiore sottesi quattro archetti disegnati da nastro azzurro e rosso con fascia interna aurea a motivi fogliati, diversi da foglio a foglio, su fondo azzurro e rosso. L’esecuzione è complessivamente piuttosto rozza, l’esito compromesso da inesperienza nella realizzazione della doratura a pennello. Le miniature sono collocate all’inizio di ciascun Vangelo, in apertura o a chiusura del foglio, a rappresentare l’evangelista nell’atto di iniziare a scrivere il proprio testo: sono sviluppate in larghezza, con misure diverse ma sempre importanti rispetto allo specchio di scrittura (da mm 60×88 a mm 95×106), di norma affiancate dalla rispettiva iniziale aurea decorata. Il disegno è a inchiostro, e la gamma coloristica è circoscritta al rosso e al giallo, tendenzialmente diluiti, e all’azzurro. Tutti gli evangelisti sono vestiti di tunica e pallio con drappeggi suggeriti per giustapposizione di aree campite di colore e aree in riserva; tutti sono nimbati d’oro, barbati, con tocchi di rosso su fronte e guance, rappresentati nell’atto di scrivere l’incipit su un foglio sciolto, parzialmente dipinto in azzurro a suggerirne la porzione in ombra; le espressioni sono stereotipate (GARRISON, Studies in the History II, 92, segnalava comunque nei visi degli evangelisti un inizio di tipizzazione in se-

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guito riconoscibile come propria dell’area umbro-romana), ma Giovanni è rappresentato con uno sforzo di fisionomia individuale, una barba diversa e più lunga degli altri, vesti di tono più vivido. La composizione ripete un modello unico, le cui varianti risiedono nella forma del seggio (panca oppure, per Marco, seggio di modello tardoantico con decorazione zoomorfa), nell’alternativa tra pluteo (Matteo e Giovanni) e scrittoio mobile (Marco e Luca), nella eventuale presenza di vasi o capsae contenenti rotuli (per Marco e Giovanni). Garrison ha posto in diretto collegamento le miniature con uno stile di importazione cassinese attestato da altri codici attribuiti alla regione umbro romana e databili all’ultimo trentennio dell’XI secolo, segnalando in particolare analogie tra le figure di Matteo e Luca nell’Evangelistario rossiano e quelle rispettivamente di Marco e di Luca, Matteo e Giovanni nell’Evangeliario di Roma, Biblioteca Vallicelliana, E. 16, oggi ipoteticamente attribuito a Farfa (GARRISON, Studies in the History III, 185-186, 218; SUPINO MARTINI, Roma, 260-263; TOUBERT, Bréviaire, 259). Le miniature sono ai ff. 19r, 71r, 109v, 173v. f. 19r:

Matteo, in tunica bianca e rosso pallido con pallio azzurro, siede su una panca coperta da un cuscino toccato di azzurro, davanti a un pluteo recante un foglio aperto, e verga le parole iniziali del Vangelo, impugnando nella mano sinistra il corno dell’inchiostro e nella destra un calamo. f. 71r: Marco, in tunica bianca e mantello rosso, seduto, sorregge sulle ginocchia uno scrittoio con un foglio aperto sul quale verga l’inizio del proprio Vangelo. Il seggio è di struttura complessa, costruito con motivi zoomorfi di testine e zampe canine e dotato di cuscino azzurro; a ciascun lato è posto un vaso con base d’appoggio, recante rotuli. f. 109v: Luca, con tunica azzurra e mantello rosso pallido, seduto su una panca identica a quella di f. 19r, sostiene uno scrittoio decorato e dotato di corno per l’inchiostro e scrive su un foglio aperto e in parte dipinto di azzurro, l’inizio del Vangelo. f. 173v: Giovanni, vestito di tunica bianca e azzurra, con mantello rosso scuro, assiso su panca e dinanzi a un pluteo identici a quelli di f. 19r e nella medesima posa di Matteo, inizia a scrivere il Vangelo; a destra, un contenitore cilindrico con base contiene più rotuli. Caratterizzazione fisiognomica meno stereotipata rispetto agli altri evangelisti. Le iniziali auree sono collocate ai ff. 19r, 71v, 109v, 173v, ove segnano l’inizio della formula di incipit o del singolo Vangelo e, per Luca, anche della prima lettura; nel caso di Matteo, Luca e Giovanni affiancano la miniatura dell’evangelista. Di misura significativa rispetto allo specchio di scrittura (da mm 40×39 a 100×35), spesso spostate nel margine, sono di esito non elegante, anche talora per scarsa abilità nell’applicazione dell’oro a pennello. Costituite da una composizione di foglie di acanto auree, o di larghe palme, e di brevissimi tralci, anche con grappoli, delineati a inchiostro, che si stagliano su fondo a comparti azzurri e rossi; possono presentare elementi zoomorfi e almeno un tratto di gusto bizantineggiante nelle triadi di fogliette lanceolate che talora sormontano la lettera.

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f. 19r: L di Liber generationis Iesu, inizio del Vangelo di Matteo. f. 71v: I di Initium evangelii, inizio del Vangelo di Marco: dalle foglie auree spunta, a costituire la parte superiore della lettera, il bue alato con il libro tra le zampe. f. 109v: Q di Quoniam quidem multi, inizio del Vangelo di Luca: la lettera è costituita da un tralcio fogliato con coda a palma annodata su se stessa e fermata da una testa di uccello: al centro, toro alato con il libro tra le zampe anteriori. f. 109v: F di Fuit in diebus, inizio della prima lettura da Luca: con fogliame intrecciato all’asta e ai tratti orizzontali della lettera; all’angolo del comparto superiore sinistro, fregio di tre fogliette lanceolate rosse. f. 173v: I di In principio, inizio del Vangelo di Giovanni: la lettera è formata da una serie decrescente di cerchi formati da tralci fogliati e contenenti all’interno un grappolo; è sormontata dall’aquila nimbata simbolo dell’evangelista, in azzurro grigio, con ali spiegate, libro aureo tra le zampe e nimbo aureo. Le 121 lettere ornate, di dimensioni variabili (da mm 30×25 a mm 95×15) sono poste all’inizio delle singole lezioni. È quindi ripetuta quasi sempre la lettera I di (I)n illo tempore, con le rare eccezioni delle iniziali di praefationes o prologi ai Vangeli – f. 4r P(lures), inizio del prologo geronimiano ai quattro Vangeli; f. 17r M(atheus), inizio del prologo a Matteo; f. 69r M(arcus) inizio del prologo a Marco; f. 106v L(ucas), inizio del prologo a Luca; f. 171v H(ic), inizio della prefazione a Giovanni –, della lectio rilevante della Resurrezione nel Vangelo di Marco, f. 105r M(aria), e di una singola lectio da Luca, f. 115v A. Si alternano iniziali ornate a girari (ff. 4r, 17r, 69r, 105r, 106v, 169v, 171v, 175r), a motivi antropomorfi (f. 218v), fitomorfi, zoomorfi o fitomorfi e zoomorfi combinati (ff. 68r, 85r, 88v, 113r, 114v, 128v, 135v, 151v,152v, 154v, 174r-v, 207v, 208v, 209r, 211r; ff. 19v (2), 20r-v, 22r, 23r, 26v, 27v, 28v, 29r-v, 32r, 32v, 32v, 33r, 36r, 37v, 39r, 40v, 41r, 42r, 43r, 44r, 46v, 47r, 60r, 68v, 85v, 87v, 96v, 106r, 110v, 111v, 114r, 138v, 143r, 144v, 146r, 148v, 155v, 156r, 158r, 161r, 170v, 178r, 179r, 181v, 208r, 210v, 216r), geometrizzanti affini all’early style (ff. 43r, 45v, 49r, 50r, 51r-v, 52v, 53r, 54r-v, 55v, 57r-v, 58r, 59r-v, 61r, 99r, 112r, 113v, 114r, 115r-v, 121r, 118v, 119r, 120r-v, 123v, 124v, 126r, 127v, 136v, 137r, 140r, 141r, 146v, 147v, 148r, 149r, 150v, 162r, 176r-v, 177r, 181r, 183r, 184v, 186r, 216v, 217r, 218r). Stili, modalità e motivi decorativi presentano una vasta gamma di tipologie, tale da rendere impossibile l’accostamento a una singola scuola e impervia una definizione d’origine basata sugli aspetti decorativi. Nella sostanziale ecletticità, si colgono tuttavia elementi significativi per incidenza e orientativi per l’attribuzione topica e cronica. Lo è la presenza di stile geometrizzante del primo periodo, che si manifesta in lettere con terminazioni a intreccio geometrico (ff. 33r, 186r, 217r) e comparti in colore riempiti di motivi fogliati trilobati (f. 162r). Altrettanto rilevante è l’influsso cassinese, chiaro nelle miniature e nelle iniziali zoomorfe con testina di uccello (ff. 151v, 169v, 171v) o ornitomorfe (ff. 113r, 174r), ittiomorfe (ff. 85r, 128v, 174v), figurate da cane (f. 68r, con fogliame che si sviluppa dalle fauci e coda di fogliame desinente in testina di

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

uccello; ff. 88v, 135v) o con testine di cane (f. 114v), con polipo (f. 154v). Va inoltre segnalata l’adozione di elementi grecizzanti, assunti verosimilmente per imitazione di modelli mediati dai riferimenti cassinesi: la sola iniziale antropomorfica, la I figurata di f. 218v (incipit dell’ultima lectio da Giovanni), presenta il busto dell’evangelista nimbato, recante in mano il libro chiuso, con tunica a drappeggi realizzati per tratti colorati giustapposti, in sintonia con gli evangelisti delle miniature che chiaramente si rifanno ad archetipi bizantineggianti; le iniziali con campiture interne rosso, carminio o viola con fregio a tralcio vegetale bianco (ff. 22r, 46v, 47r, 106r, 158r); i fregi di fogliette rosse in appendice a iniziali (ff. 59r, 109r). Al medesimo influsso sono da ascrivere due iniziali I disegnate in rosso e decorate in riserva nei ff. 28v, 29r, reintegrati nella prima metà del XII, e quella a f. 207v, forse anch’essa della medesima epoca, recante un serpente cinocefalo viola: motivo questo ben noto all’Italia meridionale bizantina di metà XII secolo (es.: Messina, Biblioteca universitaria, gr. 32, dell’anno 1152, a f. 196r). Stato di conservazione buono. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, etichetta cartacea con l’attuale segnatura; in alto, impresso in oro, EVANGELIA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XI. L’origine del codice può essere circoscritta all’area umbro-romana e alla fine del secolo XI o primo scorcio del XII, per il convergere di ragioni paleografiche cogenti, e per le affinità decorative con un ristretto numero di esemplari ascritti alla medesima area e portatori di analoghe influenze cassinesi indirette. L’esame non conferma invece alcuna somiglianza paleograficamente e decorativamente significativa con il codice Mantova, Biblioteca comunale, ms. 345 (C. IV. 4), Homiliae di Gregorio Magno, coevo e di area centro-italiana, confluito a San Benedetto di Polirone, collegato da Tietze all’Evangelistario rossiano in una ipotesi di origine comune. I dati liturgici riconducono alla regione romana, e tra i riferimenti alle stationes nel corso del codice appaiono enfatizzate con rubricature quella di sant’Eusebio (f. 198r, anche con cornice rossa toccata di giallo) e quella del san Salvatore (f. 30v) che si riferiscono alle chiese di Sant’Eusebio e, verosimilmente, di San Salvatore in Primicerio (fondata nel 1113; la nota In dedicatione non è di prima mano e viene aggiunta in margine da mano coeva). Il codice era a Roma almeno dalla fine del XIII, come attestano quattro note erase ai ff. 1r, 8v, 71r, 218v, leggibili a difficoltà con la lampada di Wood e tutte riconducibili alla medesima fondazione: l’ultima, la più completa e meglio leggibile, recita Iste liber est ecclesie s(an)c(t)i Thome de capite frat(er)nitatis. La chiesa citata va identificata con quella di San Tommaso a Capo delle Mole, detta anche della Fraternità, presso il Tevere nel rione di Regola, oggi Sant’Angelo: la chiesa, restaurata e fornita di nuovo altare nel 1114, era vertice di una delle tre partes Fraternitatis (le altre due parti dell’ordine facevano capo alle chiese dei Santi Apostoli e dei Santi Cosma e Damiano) e sede ufficiale del Caput Romanae Fraternitatis

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ROSS. 235-237

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(ARMELLINI, Chiese II, 702-703, 1462-1463; I, 33-51). Presso di essa sorgeva la casa natale di Cola di Rienzo e sorse poi il Palazzo Cenci: almeno dal XV fu di fatto sotto la protezione della famiglia Cenci (FRASCHETTI, Cenci, 224), così che fu appellata anche San Tommaso de Cinciis, oltre che in foro Iudeorum, e venne poi incorporata nel palazzo gentilizio. L’identificazione della chiesa potrebbe gettare qualche luce su un’altra nota di possesso, posta da mano della fine del XV secolo a f. 173r, sotto la formula di incipit delle lectiones da Giovanni, erasa e solo parzialmente leggibile con la lampada di Wood: Questo evangeliario ene de paolo de c(en)cia …ordinieri | lo quale pa… fiorinj una e mieso. Tra XV e XVI secolo visse un Paolo Cenci dell’Arenula, figlio di Domenico e cugino del Cristoforo probabile promotore della cappella di famiglia, dedicata a Santa Maria della Sbarra, appunto in San Tommaso in Capite (FRASCHETTI, Cenci, 76): forse un proprietario dell’Evangelistario, già della chiesa di famiglia. Sempre a Roma e al XV secolo riconduce l’elenco di stationes liturgiche relative al tempo pasquale, con rinvii alle relative lectiones, nel codice, elenco trascritto da tre mani su fogli in parte bianchi, in parte erasi in quella occasione (ff. 15v, 16r): l’intero elenco manifesta forte impronta linguistica di volgare romano (es.: mercordì; iovedì; venardì; sancti Ianni et Pavolo; sancto Iuorio; sancto Lorienso fora delle mura; santa Maria rotonna; santa Maria maiure; santo Nicola della carcera). Non si ha traccia delle circostanze in cui il codice fu acquistato da de Rossi, con i cui manoscritti l’Evangelistario fu acquisito dalla Biblioteca Vaticana nel 1921. (SILVA TAROUCA, II, 22r-23r; Bibl. Rossianae, III, 216r) TIETZE, Die illuminierten, 53 nr. 77 e fig. 65; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 327; GARRISON, Studies in the History, II, 91-92, 94, figg. 90-93; III, 185-186, 218, 220; IV, 64, 132, 156, 158; PANTONI, Opinioni, 151; BERG, Studies, 78; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 57 nr. 113; GARRISON, Dating, 136; TOUBERT, Bréviarie, 259, n. 4; SUPINO MARTINI, Roma, 260, 261, n. 151, 323; BAROFFIO, Iter, 276.

EMMA CONDELLO

Ross. 237 (olim VIII, 176) S. THOMAS AQUINAS, Summa contra Gentiles Francia settentrionale-Fiandre, sec. XIII, metà Membr. (pergamena di qualità discreta, molto sottile, di color avorio); ff. V (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 204, V’ (cart.; il V’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna, manuale, a inchiostro nero e in cifre arabiche, in alto a destra sul recto. Il codice misura mm 255×194 (misure prese a f. 7). Contenuto vergato da una sola mano, in gotica di modulo piccolo ricca di abbreviazioni, in inchiostro nero, rialzato in rosso; rossi i titoli delle partizioni testuali più importanti, nonché i numeri dei libri che corrono nel margine superiore del recto e del verso di tutti i fogli, a guisa di titoli correnti. Testo di 41 linee in due colonne, entro uno specchio di scrittura di

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

mm 166×122 (spazio intercolonnare mm 9), rigato a colore orizzontalmente e verticalmente. Presenti glosse nei margini laterali, soprattutto in quello inferiore dei primi fogli, di altra mano, di modulo piccolissimo, parzialmente perdute a causa di una rifilatura successiva, e richiami in inchiostro bruno incorniciati semplicemente, a destra in fondo alla pagina di fine fascicolo (ad esempio ai ff. 18v, 30v, 42v, 54v).

L’apparato decorativo del manoscritto consiste in 1 iniziale istoriata e 3 iniziali decorate de pennello a segnalare e introdurre i quattro libri dell’opera (ff. 7r, 35r, 80r, 151r), di varie misure, nonché in numerose iniziali de penna rosse e blu, di mm 5×4, oppure mm 10×8, per le partizioni testuali secondarie. Le iniziali miniate presentano tutRoss. 237, f. 7r te prolungamenti marginali e, tranne la prima, ammettono come elementi iconici solo protomi leonine che intervengono nella decorazione basata sull’accostamento raffinato di oro, blu e varie gradazioni tonali di rosa. f. 7r:

iniziale V di Veritatem meditabitur (mm 43×23), all’incipit del primo libro dell’opera (i ff. 1-4 sono infatti occupati dalla tabula capitulorum, mentre i ff. 5-6 sono bianchi), in rosa con delicate filettature in biacca, che sovrasta in dimensioni un riquadro aureo, del quale si vedono solo gli angoli inferiori e una striscia superiore, a sua volta compreso entro un quadrangolo blu dai cui vertici si dipartono eleganti lambrecchini, alcuni dei quali a terminazione di una morbida asta bruna, che si prolunga lungo il margine sinistro fino al bas-de-page, e un volto di profilo, incorniciato da un cappello blu a punta. La lettera contiene il ritratto dell’autore del testo, san Tommaso d’Aquino, in abito domenicano e in atteggiamento pensante, che si staglia su fondo oro, seduto su uno scranno entro una sorta di edicola a terminazione archiacuta, oltre la quale si intravede una parete in laterizio a indicare l’austerità dell’ambiente monastico. Nonostante la parziale caduta di colore nel volto del santo, la figura si distingue per le caratteristiche volumetriche e la delicatezza dell’espressione. f. 35r: iniziale M di Meditatus sum in omnibus (mm 31×27), all’incipit del secondo libro. f. 80r: la D di Deus magnus dominus (mm 22×22), all’incipit del terzo libro. f. 151r: la E di Ecce haec ex parte (mm 32×25), all’incipit del quarto libro.

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ROSS. 237-238

Il Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 73 nr. 104) ascrive il codice a un contesto italiano influenzato dai modi francesi, datandolo al XIV secolo. Si tratta invece certamente di un prodotto di area nordeuropea compresa fra la Francia del nord e le Fiandre della metà del Duecento come dimostra il confronto con numerosi esemplari (SMEYERS, Flemish Miniature, 116-155), tra i quali la lussuosa Bibbia di Lille del 1264 (Lille, Médiathèque municipale Jean Lévy, mss. 1-4), dove è infatti presente lo stesso motivo ornamentale blu e oro animato da drôleries, secondo uno stile chiaramente derivato da quello dell’Ile-de-France, che nel rossiano appare però semplificato. Lo stato di conservazione del codice è discreto. A parte l’ingiallimento dei fogli, si notano diverse lacerazioni (ad esempio ff. 1, 11, 69-77, 86, 125) e qualche foro (f. 126). Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (rest. nel 1965). Sul dorso si legge il titolo S(ANCTI) THOMAE / CONTRA / GENTES e la datazione COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. L’appartenenza del codice è indicata da una nota di possesso nel margine inferiore di f. 204r che recita Iste liber est mei Cardinalis Firmani e denota quindi la provenienza dalla biblioteca del cardinale Domenico Capranica. (Bibl. Rossianae, III, 218r) TIETZE, Die illuminierten, 73 nr. 104.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 238 (olim VIII, 177) IOHANNES CASSIANUS, De incarnatione Christi contra Nestorium Italia centrale (Firenze?), sec. XV, prima metà Membr. (pergamena sottile, avorio, lavorata in modo omogeneo), ff. VI (cart., tranne il primo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), I (membr.), 69, VI’ (cart., tranne l’ultimo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna in inchiostro nero e cifre arabiche sui primi dieci fogli, poi ogni cinque, in alto a destra sul recto, integrata da una successiva numerazione in lapis viola, sempre con cifre arabiche. Il codice misura mm 250×175 (misure prese al f. 1). Testo vergato, da una sola mano, in umanistica di modulo piccolo in inchiostro bruno e rosso per i titoli, disposto in un’unica colonna di 32 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 165×105 (che, quasi costantemente, lascia un ampio margine sul lato esterno e minimo su quello interno), rigato a secco verticalmente e orizzontalmente; visibili i fori guida. A f. 1r, nel margine superiore, è una nota di altra mano che segnala il titolo dell’opera, Cassianii contra Nestorium de Incarna / tione Christi. Richiami semplici ad inchiostro bruno in basso a destra a fine fascicolo. Pochi interventi marginali.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il codice tramanda il De incarnatione Christi contra Nestorium (PL 50, 9-270; CSEL 17, 1888; cfr. CASSIANUS, L’incarnazione), un testo polemico contro l’eresia, scritto nel 431 da Giovanni Cassiano (cfr. GRIBOMONT, s.v. Giovanni), padre del semipelagianesimo e alquanto influente sul monachesimo medioevale, dietro preghiera del diacono romano che fu poi papa Leone I (440-461). L’esemplare contiene 9 iniziali ornate, di mm 25×24 in media (tranne quelle ai ff. 39r e 40r che sono più piccole, di mm 14×16) a introdurre le partizioni principali del testo, cioè la Prefazione, i vari libri e il Credo. Esse si trovano ai ff.: 1r, la A di Absolutis dudum, all’inizio della Prefazione; 1v, la T di Tradunt fabulae, all’inizio del I libro; 5v, la Q di Quoniam libello, all’inizio del II libro; 12r, la S di Ross. 238, f. 1r Scribens romanis, all’inizio del III libro; 22v, la C di Consumatis libellis, all’inizio del IV libro; 29r, la D di Diximus libro, all’inizio del V libro; 39r, la L di Legimus in evangelio, all’inizio del VI libro; 40r, la C di Credo in unicum, all’inizio del Credo; 51v, la Q di Quod evenite, all’inizio del VII libro. Si tratta di una tipologia decorativa assai diffusa nel manoscritto umanistico fiorentino per tutta la metà del sec. XV (se ne vedano esempi datati ad annum in Manoscritti datati, 47 nr. 4 e passim). Il codice si trova in buone condizioni nonostante la presenza di tagli (ff. 9, 27, 42), fori (ff. 9, 61) e lisière (ff. 14, 44, 45, 49). Legatura Rossi, A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, IOANN(IS) / CASSIA(NI) / CONTR(A) / NESTO(RIUM), in basso, C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. Il codice proviene dalla biblioteca del cardinale Capranica, come si evince da f. Ir ove è la nota Cod. Collegii Romani Capranicensis. (SILVA TAROUCA, II, 24r; Bibl. Rossianae, III, 219r) TIETZE, Die illuminierten, 117-118 nr. 244.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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ROSS. 240

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Ross. 240 (olim VIII, 179) PSEUDO DIONYSIUS AREOPAGITA, De caelesti hierarchia (ff. 1r-26v); De ecclesiastica hierarchia (ff. 26v-62r); De divinis nominibus (f. 62r-113v); De mystica theologia (ff. 114r-117r); Epistolae I-X (ff. 117v-133r); Eiusdem epistola ad Timotheum de morte Pauli (ff. 133v-137v) Italia centrale (Firenze?), sec. XV (post 1437) Membr. (pergamena sottile, color avorio, lavorata in modo omogeneo), ff. VI (cart., tranne il primo, in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), II (membr.), 138, VI’ (cart., tranne l’ultimo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna a inchiostro bruno con cifre arabiche in alto a destra sul recto di Ross. 240, f. 114r tutti i fogli (il f. 118 era stato erroneamente numerato 119; in seguito è stato corretto). Il codice misura mm 274×180 (misure prese a f. 3). Il testo è vergato da una sola mano, in umanistica piuttosto tipizzata di modulo piccolo, con inchiostro bruno e rosso per i titoli, disposto in una sola colonna di 27 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 176×107, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente; visibili i fori guida. Presenza di richiami a fine fascicolo sistemati in basso al centro del foglio tra quattro brevi tratteggi (ff. 10v etc.). Rari gli interventi marginali.

Il manoscritto contiene tutte le opere pervenute dello Pseudo Dionigi Areopagita (l’anonimo autore che si presentò così, come convertito di san Paolo, e che esercitò un’enorme influenza sul pensiero teologico medievale) nella traduzione latina datane da Ambrogio Traversari (1386-1439), ed è dunque una delle tante testimonianze dello straordinario interesse dell’umanistista per i testi della spiritualità monastica greca, quell’orientale lumen cui il camaldolese guardò come mirabile tradizione di incontaminata religiosità, affermando che a esso era necessario rifarsi per risollevare le sorti di una cristianità ormai decadente (cfr. Ambrogio Traversari). Il Traversari, che fin dal 1424 ebbe a disposizione due manoscritti dello Pseudo Dionigi posseduti a tale data da Niccolò Niccoli, prese la decisione di tradurli solo alcuni anni più tardi, all’incirca nel 1430: nei primi mesi del 1431 aveva certamente volto in latino le lettere e i primi due trattati; ma solo alcuni anni più tardi riuscì a terminare una traduzione di cui affermò più volte la difficoltà. Tra l’aprile del 1436 e il marzo del 1437 tradusse altri due trattati, portando a termine l’opera (STINGER, Humanism, 158-162). Nel fondo rossiano della Biblioteca Apostolica Vaticana un altro codice reca lo stesso contenuto: il Ross. 248.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

L’apparato decorativo del codice consta di 5 iniziali ornate, di mm 28×26 in media, a introdurre, con una sola eccezione, le opere contenute nel codice, e di numerose iniziali de penna blu e rosse in corrispondenza delle partizioni testuali secondarie. Nel dettaglio: f. 27r, iniziale S di Sacerdotii quidem (mm 29×23), all’inizio del De ecclesiastica hierarchia; f. 62v, iniziale N di Nunc iam vir (mm 27×23), all’inizio del De divinis nominibus; f. 107r, iniziale A di Age itaque divinam (mm 30×30), all’inizio del cap. XIII del De diviniis nominibus; f. 114r, T di Trinitas supersubstantialis (mm 26×26), all’inizio del De mystica theologia; f. 132v, S di Saluto te (mm 30×24), all’inizio dell’Epistola Iohanni Theologo et apostolo in Patmos insula relegato. Si tratta di lettere d’oro decorate a bianchi girari piuttosto sottili su fondo blu a lacunari verdi malva e arancio, assai diffusi nel manoscritto fiorentino per tutta la I metà del sec. XV (se ne vedano esempi datati ad annum in I manoscritti datati, 47 nr. 4 e passim). Lo stato di conservazione del codice è buono, nonostante qualche foro nella pergamena (ff. 2, 33 etc.) e alcune lisière (ff. 4, 7, 35, 39, 42-44, 57, 92, 95-97, 105, 117, 129). Legatura Rossi A in pessimo stato di conservazione; si registra in particolare lo scollamento della pelle del dorso su cui si legge, in alto, S(ANCTI) DYONIS(II) / AREOPAG(ITAE) / OPERA / VARIA, in basso, COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Il codice appartenne al cardinale Capranica, come rivela la nota Cod. Collegij Romani Capranicensis al f. Ir, aggiunto prima del foglio II che fungeva originariamente da controguardia e sul cui verso è stato scritto successivamente l’elenco dei contenuti. (SILVA TAROUCA, II, 27r; Bibl. Rossianae, III, 221r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 242 (olim VIII, 181) AMBROSIUS AUTPERTUS, Liber de conflictu vitiorum et virtutum Area emiliana (Bologna?), sec. XV1 Membr. (pergamena di buona qualità, color avorio, di medio spessore); ff. VI (cart., il I in cartoncino azzurro come la controguardia), 33, VI’ (cart., il VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione contemporanea moderna a cifre arabe in basso a destra solo sul recto con la ripetizione del f. 32; richiami calligrafici in basso al centro del foglio alla fine di ogni fascicolo. Misure mm 258×182 (prese a f. 1). Testo vergato da una sola mano con in-

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ROSS. 240-242

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chiostro bruno e rosso per i titoli, in scrittura gotica di modulo grande, disposto su una sola colonna di 23 linee, entro uno specchio di mm 160×95, rigato verticalmente e orizzontalmente alla mina di piombo. Presenza di interventi di altra mano correttivi e integrativi, a volte molto estesi (f. 5r).

L’apparato decorativo e illustrativo del codice è composto da: 52 vignette che illustrano il testo; 1 iniziale istoriata di mm 47×48 a introdurre l’opera; numerose iniziali de penna di mm 15×12 in media all’inizio dei vari capitoli, in inchiostro rosso o blu con filigrane a contrasto che si prolungano di molto nei margini arrivando ad assumere la forma di girali di viticci con grappoli d’uva (ad es. f. 16v), o foglie e fiori di gusto francesizzante (f. 19r). La lettera d’incipit miniata a f. 1r, la A di Apostolica vox clamat, è in rosa su Ross. 242, f. 29r quadrante aureo, con campitura blu su cui si staglia la figura di un santo vescovo, con mitra e pastorale, tunica bianca e manto rosso, identificabile con sant’Agostino, al quale nel codice è erroneamente attribuita l’opera (come recita anche l’explicit di f. 33v: Explicit liber beati Augustini de conflictu vitiorum. Deo gratias. Amen). Da qui si diparte un fregio, che si estende lungo tre margini, costituito da un rameggio di foglie d’acanto verdi, rosse, blu e rosa con inserti e palline in foglia d’oro monocigliate in cui si aprono, nel bas-de-page, tre clipei contenenti, quello centrale, il ritratto di un giovane di profilo entro uno scudo verde sul fondo rosso, i laterali, la lettera P, la cui linea curva termina a sinistra con una croce, in bianco entro uno scudo rosso su campo blu. Elementi, questi, di certo correlati alla committenza, di problematica identificazione. Le illustrazioni, che si sviluppano sempre su fondo scuro decorato a ramages di maggiore o minore ricchezza, seguono passo passo lo schema dell’opera, strutturata come un diverbio tra un Vizio e la corrispondente Virtù; sono collocate ‘a prologo’ del testo corrispondente, prima del titolo che lo annuncia, e hanno un carattere spiccatamente narrativo, assente invece nell’opera che, dunque tendenzialmente, esse interpretano. I contenuti iconografici non sono però sempre intelleggibili e non sembrano derivare da modelli di riferimento. Nel dettaglio: f. 2v: due miniature tabellari; nella parte alta del foglio la Superbia (mm 85×85): un angelo, in riferimento forse a Lucifero, armato di corazza, spada e lancia, da un cumulo di nuvole sta sprofondando verso il centro della terra dove si vede aperta una voragine da cui escono delle fiamme (un cartiglio

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f. 4r:

f. 4v:

f. 5r:

f. 5v:

f. 6r:

f. 6v:

f. 7v:

f. 8r: f. 8v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

recita: ponem sedem meam in aquilone et ero similis altissimo); nella parte bassa del foglio la Umilitas vera (mm 38×85): una monaca inginocchiata tiene nella destra un cartiglio in cui si legge: deposuit potentes de sede et exaltavit humiles mentre viene tirata per il polso sinistro, dunque innalzata, dalla mano divina che fuoriesce dal cielo. una miniatura tabellare (mm 94×85) con la Inanis gloria, cioè la vanagloria: una donna riccamente vestita che scopre e mostra il seno a un gruppo di tre giovanette più sobrie (in riferimento forse a Salomè), mentre due flautisti in fondo alla sala a sinistra suonano e un pavone fa la ruota. una miniatura tabellare (mm 83×90) con il Timor domini: un pellegrino coperto di mantello grigio e mozzetta azzurra cammina a piedi scalzi appoggiandosi con la sinistra (al cui polso pende un libro) a un bastone e alzando la destra; dietro di lui è una capra accovacciata. una miniatura tabellare (mm 50×85) con la Simulatio verae religionis: contrapposizione di due ambienti: a sinistra l’interno di una camera da letto con un uomo scamigliato, lunga veste avana e braghe rosse e verdi con un oggetto non identificabile in mano; a destra l’interno di una chiesa gotica in cui è la stessa persona in abiti religiosi in ginocchio davanti a un altare con un libro aperto in preghiera. una miniatura tabellare (mm 93×83) con la Vera religio: una figura vestita e velata di bianco in preghiera in ginocchio e a piedi scalzi con un rosario in mano sul sagrato di una chiesa. una miniatura tabellare (mm 45×85) con la Inoboedientia, cioè il Peccato originale: al centro l’Albero del bene e del male, cui si avvolge il serpente azzurro-violaceo che si protende in avanti verso il viso di Eva, la quale con la mano sinistra stacca un frutto dalla pianta dietro cui è nascosto Adamo, accovacciato e intrecciato con un braccio al serpente mentre addita la donna; a destra Dio sorprende i progenitori. una miniatura tabellare (mm 75×90) con la Beata subiectio, cioè l’atteggiamento di gioiosa sottomissione: un gruppo di quattro monache, di cui due in piedi e una in ginocchio di fronte alla Madre Superiore che invece è seduta. due miniature tabellari: nella parte superiore l’Invidia (mm 95×90): un personaggio dalle fattezze diaboliche seduto entro una povera capanna di legno e paglia che origlia ciò che avviene in un sontuoso palazzo lì vicino dove una donna altolocata riceve onori e affetto da due persone; nella parte bassa la Congratulatio fraterni profectus (mm 45×90), cioè il sentimento di compiacimento per i successi degli altri, qui raffigurato attraverso una persona in abiti dimessi che omaggia un uomo d’alto rango riccamente vestito, seduto e con un libro sulle ginocchia. una miniatura tabellare (mm 73×90) con l’Odio: due viandanti, dei quali uno in ginocchio, chiedono pietà a un signore, che invece si mostra sprezzante. una miniatura tabellare (mm 85×90) con la Vera caritas: un uomo offre un po’ di cibo a una viandante.

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ROSS. 242

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f. 9v: una miniatura tabellare (mm 65×90) con la Libertas iustae correptionis cioè la necessità di non tacere i mali del prossimo né consentirli, sistemata però, per errore, in corrispondenza del testo che parla del vizio opposto: un’ancella riferisce alla sua signora un incontro clandestino tra suo marito e un’altra donna. f. 10r: una miniatura tabellare (mm 80×90) con Detractio, ovvero la reticenza, cioè il vizio di coprire i delitti, collocata, per confusione con l’immagine precedente, in corrispondenza del testo che parla della virtù opposta: un’ancella permette a un giovane di salire di nascosto una scala per raggiungere la sua amata facendosi sua complice. f. 11r: una miniatura tabellare (mm 53×92) con l’Ira: una persona aggredisce con un bastone una donna che per fuggire cade. f. 11v: una miniatura tabellare (mm 78×90) con la Patientia: Giobbe, messo alla prova da Satana e colpito da una terribile malattia, vede il suo bestiame, i suoi servi e persino i suoi figli uccisi, eppure mantiene salda la fede in Dio. f. 13r: una miniatura tabellare (mm 50×90) con la Protervia, cioè la durezza nel rivolgersi agli altri: una figura femminile vestita di stracci ma col capo coronato d’alloro (a sottolinearne forse la presunzione), stante su una sola gamba (indice di instabilità), con un ramo in mano, preso da un albero fruttifero, pronta a gettarne un altro nel fuoco, mostra di non sapersi comportare. f. 13v: una miniatura tabellare (mm 75×90) con la Mansuetudo, cioè la capacità di rivolgersi agli altri con calma cercando di convincerli: una donna in atteggiamento remissivo di fronte a un uomo armato di bastone. f. 14r: una miniatura tabellare (mm 53×90) con il Tumor, cioè l’orgoglio di chi non si cura di mostrare anche i suoi lati peggiori agli uomini: un uomo devasta a colpi di ascia la porta di una casa, mentre un angelo l’osserva e l’addita. f. 14v: una miniatura tabellare (mm 83×85) con l’Umilis satisfatio, ovvero l’attegggiamento umile di chi risponde alle accuse giuste o ingiuste di qualcuno: una figura completamente nascosta sotto un mantello con cappuccio inginocchiata di fronte a un giovane in abito azzurro seduto su un complesso trono tripartito con il piede destro appoggiato sulla seduta e l’atteggiamento pensante ma evidentemente tronfio. f. 15r: una miniatura tabellare (mm 88×88) con la Tristitia: di fronte alla felicità di una coppia di innamorati una giovane donna vestita di bianco accasciata ai piedi di un albero si toglie la vita pugnalandosi alla gola. f. 15v: una miniatura tabellare (mm 87×90) con lo Spirituale gaudium: una giovane donna chiusa in convento, contenta di diventare sposa di Dio, e un giovane che la saluta. f. 16r: una miniatura tabellare (mm 78×90) con il Torpor vel ignavia, ovvero la pigrizia: una donna che, invece di lavorare (si vede una cesta, un fuso, una conocchia), resta nel letto nella sua stanza riscaldata dal fuoco di un camino.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 16v: una miniatura tabellare (mm 68×90) con la Virtutis exercitium: interno di uno scriptorium monastico in cui uno scriba con penna e raschietto nelle mani è intento a copiare un manoscritto mentre un altro legge un rotolo. f. 17r: una miniatura tabellare (mm 76×90) con la Dissoluta vagatio, cioè il vagare senza regole: un uomo dall’aspetto diabolico abbandona una donna. f. 17v: una miniatura tabellare (mm 83×90) con la Stabilitas firma: una donna va a visitare una persona in carcere. f. 18r: una miniatura tabellare (mm 60×90) con la Desperatio: una persona si impicca. f. 18v: una miniatura tabellare (mm 70×90) con Spes et Fiducia: ai piedi di una figura aureolata seduta in trono, identificabile con Cristo, è una giovane donna, in ginocchio, con nimbo dorato e vestita di rosso, coi capelli lunghi biondi, cioè la Maddalena, la quale ha avuto fede nel perdono. f. 19v: una miniatura tabellare (mm 60×90) con la Cupiditas: una donna vestita sontuosamente ordina all’ancella di portarle il vestito tolto a un’altra donna. f. 20r: una miniatura tabellare (mm 80×90) con il Mundi contemptus, cioè il disprezzo delle cose mondane: un uomo si spoglia delle sue vesti e le offre a un altro. f. 22r: una miniatura tabellare (mm 82×90) con la Obduratio, ovvero l’insensibilità: una donna vestita con un abito per metà oro, si rifiuta di fare la carità ai poveri bisognosi, raffigurati come due mendicanti storpi, e volge altrove lo sguardo. f. 22v: una miniatura tabellare (mm 90×90) con la Misericordia: una donna sta curando e bendando un viandante. f. 23v: due miniature tabellari; nella parte alta del foglio il Furtum (mm 85×90): due ladri che stanno svaligiando una casa mentre il cane da guardia dorme; nella parte bassa la Fraus (mm 45×90), cioè l’approfittarsi della fiducia data: una persona seduta osserva da lontano due giovani. f. 24r: una miniatura tabellare (mm 78×90) con l’Innocentia: due donne di cui una immersa in una cornice raggiata. f. 24v: una miniatura tabellare (mm 71×90) con la Fallacia: scena di compravendita in una bottega artigiana. f. 25r: una miniatura tabellare (mm 80×88) con il Mendacium: un giovane giura il falso sulla Bibbia davanti a un giudice. f. 25v: due miniature tabellari: nella parte alta del foglio la Veritas (mm 80×85): una figura femminile inginocchiata davanti a un pontefice e con un libro aperto in mano; nella parte bassa la Ventris ingluvies (la golosità, mm 55×90): una donna seduta a una tavola riccamente imbandita. f. 26r: una miniatura tabellare (mm 86×90) con la Ciborum parsimonia, visualizzata da un giovane seduto a una tavola imbandita in modo parco che chiede altro cibo a una donna che chiude la dispensa. f. 27r: due miniature tabellari; nella parte alta del foglio l’Inepta leticia (mm 75×92), cioè la contentezza fuori luogo; nella parte bassa del foglio il Moderatus meror (mm 65×92), ovvero una moderata mestizia. In entrambe le

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ROSS. 242

f. 28r:

f. 28v:

f. 29r:

f. 29v:

f. 30v:

f. 31r:

f. 31v: f. 32r:

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immagini il tema è il funerale di fronte al quale, da una parte, un uomo suona il tamburello, dall’altra tre donne sedute e una stante con le braccia sollevate, partecipano con una certa compostezza. due miniature tabellari; nella parte alta del foglio il Multiloquium (mm 77×92), cioè la loquacità: tre uomini parlano animatamente; nella parte bassa la Discreta taciturnitas (mm 62×92): una donna stante si rivolge a un’altra donna seduta che per timidezza abbassa la testa e nasconde parzialmente il volto con la mano. una miniatura tabellare (mm 82×92) con l’Inmunditia: una prostituta si scopre le gambe alzandosi il vestito rosso davanti a una casa dalla cui porta aperta si intravede una scala. due miniature tabellari: nella parte alta del foglio l’Integritas carnis (mm 66×92): una donna lascia fuori dalla porta un uomo; nella parte bassa la Luxuria (mm 55×92): una donna si accinge a entrare in un letto ove è un uomo. una miniatura tabellare (mm 75×90) con la Castitas illibata: una donna vestita di bianco rifiuta, voltandosi dall’altra pare, l’anello, e dunque un’offerta di matrimonio, di un giovane. una miniatura tabellare (mm 77×90) con la Spiritualis fornicatio: una monaca si affaccia dalla finestra del convento per parlare con un uomo, coltivando dunque pensieri impuri senza passare ai fatti. una miniatura tabellare (mm 90×92) con la Munditia cordis: una donna incede seguita da un’altra donna sotto lo sguardo di due giovani a braccetto che le concupiscono entrambe commettendo peccato. una miniatura tabellare (mm 85×92) con l’Amor saeculi presentis: scena di vita sociale. una miniatura tabellare (mm 46×92) con l’Amor patriae celestis: una figura completamente nascosta sotto un mantello concappuccio in ginocchio al cospetto di Dio.

Il testo è stato scritto intorno alla metà dell’VIII da Ambrogio Autperto, trascritto in decine di manoscritti e attribuito di volta in volta ad autori più illustri come sant’Ambrogio, Leone I, Gregorio Magno, Isidoro di Siviglia e, appunto, sant’Agostino (WEBER, Ambrosii Autperti). Conosciamo anche altri manoscritti illustrati di questo testo, come il ms. lat. 2077 (Paris, Bibliothèque nationale de France), della prima metà dell’XI secolo, proveniente da Moissac, che contiene però soltanto dieci disegni, copiati senza dubbio da un modello autorevole della tradizione carolingia (SAUVEL, Les vices, 155-164; FRÏSSE, Un traité, 221-242). La grandezza dei caratteri, gli ampi margini che danno ariosità al testo, il giusto equilibrio tra la parte scritta e l’immagine in termini spaziali, oltre che il buon livello delle miniature, concorrono a dare al manoscritto una veste assai curata. L’apparato illustrativo e ornamentale è opera di una sola mano. Per il Tietze si tratta di un miniatore toscano, probabilmente senese; ma sembra più oppor-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tuno inquadrarlo in contesto tardogotico emiliano. Il fregio della pagina d’incipit dell’opera, caratterizzato da larghe foglie di acanto dai colori dominanti blu, rosso, ma soprattutto verde carico e rosa-violaceo, e da inserti in foglia d’oro, segue un modello ricorrente già nella miniatura bolognese del secondo Trecento, nei manoscritti di Niccolò da Bologna, e diffuso poi anche in area veneta (Parole dipinte, 135-139 nrr. 44, 45, 47 e passim). Anche le illustrazioni mostrano un’ossatura essenzialmente bolognese, come si vede nella tipologia dei volti e nell’esuberanza decorativa dei fondi arabescati, simili a quelli del Maestro delle iniziali di Bruxelles (su cui in sintesi cfr. MEDICA, s.v. Il Maestro delle Iniziali, 565-567), cui si aggiungono elementi padovani, come la scelta del monocromo (che si rifà alle figure di Virtù e Vizi della cappella degli Scrovegni) e lombardi (il gusto per l’abbigliamento), elementi tipici anche del Maestro della Novella (su cui in sintesi cfr. NICOLINI, s.v. Il Maestro della Novella, 543-546). Nell’ambito di un generico riferimento alla cultura del Maestro del Messale Orsini (MEDICA, Per una storia, nr. 23-39; MEDICA, Aggiunte, 11-17; MEDICA, Miniatura, 81-82 e Scheda nr. 41, 192-193), si può forse avanzare qualche confronto più circostanziato con il foglio con la Madonna della Misericordia e santi oggi in collezione Lia a La Spezia (ms. 552), attribuito a Giovanni da Modena (La Spezia, 144-147 nr. 32) o più genericamente a un miniatore bolognese che lo eseguì tra il 1420 e il 1430 (MEDICA, Scheda nr. 28, 158-159), oppure con un codice di ubicazione ignota, già nella Biblioteca capitolare di Lucca (ms. 427), miniato anche questo da un maestro bolognese del primo Quattrocento, ma ancora legato alla tradizione trecentesca, come si vede dalle riproduzione dei ff. 17v e 26v (PAOLI, Miniature, 86-91, figg. 5-6). Il codice si trova in uno stato di conservazione discreto, nonostante la presenza di lisière (come a f. 2). Le miniature presentano diverse cadute di colore e, in alcuni casi, abrasioni che sembrano volontarie (f. 28v). Si registra una significativa perdita delle dorature, soprattutto relativa alle decorazione dei fondi. La rilegatura del fascicolo costituito dai ff. 25-31 si sta allentando. Legatura Rossi A in buon stato di conservazione. Sul dorso di legge il titolo S(ANCTI) / AUGUST(INI) / DE VIRT(UTIBUS) / ET VIT(IIS) e, in basso, COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. (SILVA TAROUCA, II, 29r; Bibl. Rossianae, III, 224r) TIETZE, Die illuminierten, 97-98 nr. 170; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 42; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 345.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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ROSS. 243

403

Ross. 243 (olim VIII, 182) IOHANNES CASSIANUS, Collationum SS. Patrum libri XXIV Italia centrale, sec. XV, metà Membr. (pergamena di media consistenza, giallastra, lavorata in modo non omogeneo); ff. VI (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia), 335, VI’ (cart., tranne il VI’, in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna a inchiostro bruno in alto a destra in cifre arabiche solo sul recto dei primi dieci fogli e poi sulle decine, integrata e corretta già da f. 19 (numerato prima erroneamente 20) da un’altra numerazione a lapis viola. Il codice misura mm 253×176 (misure prese a f. 3). Testo vergato in umanistica di modulo medio da una sola mano in inchiostro bruno e rosso per i titoli; un’altra mano copia i ff. 331r-335r con inchiostro seppia e con scrittura di modulo più piccolo. Testo su una sola colonna di 30 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 175×102, Ross. 243, f. 2r rigato a secco verticalmente e orizzontalmente. Presenza di titoli correnti rubricati nel margine superiore di tutti i fogli nel recto e nel verso. Richiami a fine fascicolo in posizione perpendicolare al testo. Numerose note marginali di mano del cardinale Capranica.

Il codice contiene un’opera di Giovanni Cassiano (360-435; cfr. GRIBOMONT, s.v. Giovanni, 2206-2212), padre del semipelagianesimo e alquanto influente sul monachesimo medievale, ovvero le Collationes Patrum in scetico eremo commorantium, concepite come esercizi spirituali a scopo pedagogico (PL 49, 477-1321; 53-476; CSEL 13, 1886; cfr. LARI, Conferenze). L’apparato decorativo consiste in un fregio marginale contenente uno stemma nella pagina d’incipit, 27 iniziali ornate, di misura variabile (si veda oltre), a introdurre l’intera opera e le singole Collationes, e numerose iniziali de penna rosse e blu, in media di mm 12×12, per le partizioni testuali secondarie. Nel dettaglio: f. 2r: iniziale D di Debitum quod beatissimo, di mm 58×58, all’inizio dell’opera; f. 4r: iniziale C di Cum in heremo, di mm 46×45, all’inizio della coll. I; f. 20v: iniziale D di De gustato, di mm 46×46, all’inizio della coll. II; f. 35r: iniziale I di In illo sanctorum, di mm 65×30, all’inizio della coll. III; f. 48v: iniziale I di Inter ceteros, di mm 111×31, all’inizio della coll. IV; f. 59v: iniziale I di In illo cetu, di mm 62×30, all’inizio della coll. V; f.73v: iniziale I di In Palestine partibus, di mm 45×26, all’inizio della coll. VI; f. 86r: iniziale S di Summe sanctitatis, di mm 50×45, all’inizio della coll. VII; f. 102v: iniziale C di Consumatis, di mm 45×46, all’inizio della coll. VIII; f. 116r: iniziale D di De perfecta, di mm 43×48, all’inizio della coll. IX; f. 131v: iniziale I di Inter haec, di mm 36×31, all’inizio della coll. X; f. 142v: iniziale C di Cum virtutem perfectionis vestrae, di mm 54×50, all’inizio della coll. XI; f. 144r: iniziale

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404

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

C di Cum in cenobio, di mm 40×42; f. 153v: iniziale R di Refectione transacta, di mm 36×43, all’inizio della coll. XII; f. 167r: iniziale C di Cum ad synaxim, di mm 46×52, all’inizio della coll. XIII; f. 184v: iniziale S di Sponsiones, di mm 42×40, all’inizio della coll. XIV; f. 197v: iniziale P di Post synaxim, di mm 50×39, all’inizio della coll. XV; f. 204r: iniziale B di Beatus Ioseph, di mm 40×45, all’inizio della coll. XVI; f. 217r: iniziale P di Precedente igitur, di mm 46×43, all’inizio della coll. XVII; f. 235v: iniziale E di Emissis vivante, di mm 46×49, all’inizio della coll. XVIII; f. 237r: iniziale P di Post conspectum, di mm 46×49; f. 250r: iniziale P di Post dies, di mm 52×52, all’inizio della coll. XIX; f. 260: iniziale P di Preclari ac singulares viri, di mm 40×50, all’inizio della coll. XX; f. 268v: iniziale P di Prius, di mm 40×40, all’inizio della coll. XXI; f. 288r: iniziale P di Post dies, di mm 40×40, all’inizio della coll. XXII; f. 298v: iniziale R di Reversa, di mm 40×40, all’inizio della coll. XXIII; f. 314r: iniziale Q di Quarta atque vicesima, di mm 43×43, all’inizio della coll. XXIV. Si tratta di iniziali dorate contornate di nero, intrecciate a bianchi girari carnosi e sottili insieme, dai profili sottolineati da tratteggi in inchiostro seppia, su fondo, prevalentemente in blu di lapislazzulo con pochi lacunari verde malva e rosso carminio, disseminato di puntini di biacca a gruppi di tre. Della stessa fattura è il fregio inserito nel margine inferiore di f. 2r entro cui trova posto lo stemma originale del committente del manoscritto. Tra i tralci spunta una piccola figura (eccezionalmente due a f. 4r) a mezzo busto, quasi monocroma (disegno a inchiostro bruno, campitura ocra e grigia, lumeggiature in biacca), di un monaco variamente posizionato (frontale, di profilo) e atteggiato (orante, riflessivo etc.), spesso con un libro nelle mani. L’inserimento di figure umane tra i tralci non è un particolare così comune nei manoscritti del Quattrocento. Tra gli esempi da proporre a confronto nell’ambito dell’Italia centro-settentrionale cui il codice si può attribuire, il ms. Vat. lat. 418, contenente il De Trinitate di sant’Agostino, di metà Quattrocento, appartenuto a Niccolò V, in cui a f. 3r si vede un’iniziale a bianchi girari entro cui trova posto la figura a mezzo busto di un santo in posa orante (Umanesimo e Padri, 247-250, scheda nr. 48). Il Tietze definisce il manoscritto dell’Italia centrale, o meglio toscano, del secondo quarto del XV secolo, ma è forse più corretto inserirlo nella produzione romana di metà Quattrocento. Buono lo stato di conservazione del codice. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, IOAN(NIS) CASSIANI / COLLATIONES / SS. PATRUM / EGYPTI, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Il manoscritto è stato confezionato per il cardinale Domenico Capranica (morto nel 1458), come dimostra lo stemma a bas-de-page di f. 1r, d’oro, ai tre alberi legati da un laccio, entro uno scudo sormontato dal galero cardinalizio. (SILVA TAROUCA, II, 30r; Bibl. Rossianae, III, 225r) TIETZE, Die illuminierten, 113 nr. 231.

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ROSS. 245

405

Ross. 245 (olim VIII, 184) S. IOHANNES CHRYSOSTOMUS, Epistolae quaedam et sermones ab Ambrosio Traversari in latinum translati: Ad Stagiriorum monachos (De providentia Dei) (ff. 2r-83v); Sermones contra Anomaeos I-V (ff. 83v-139r); Sermones adversos Iudaeos et Iudaizantes Christianos (ff. 139r-238r); Ad Theodorum lapsum epistola (ff. 238v-247v) Italia centrale (Firenze?), sec. XV2-3 (f. 238r) in calce all’explicit del sesto Sermone contro i Giudei, è la scritta Io. de Mediolano. Membr. (pergamena di media consistenza, giallastra, lavorata in modo piuttosto omogeneo); ff. VI (cart.; il I in cartoncino marrone come la controguardia), 247, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino marrone come la controguardia). Foliazione Ross. 245, f. 1r moderna a lapis viola con cifre arabiche in alto a destra solo sul recto. Il codice misura mm 257×179 (misure prese a f. 3). Testo vergato in umanistica di modulo medio da una sola mano in inchiostro bruno e rosso per i titoli, disposto su una sola colonna di 25/27 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 165×100, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente; visibili i fori guida. Richiami calligrafici in basso al centro alla fine di ogni fascicolo. Presenza sporadica di annotazioni marginali.

Le opere di Giovanni Crisostomo (morto nel 407; PG 47-64; cfr. MALINGREY, ZINCONE, s.v. Giovanni Crisostomo, 2216-2224) sono qui offerte nella traduzione latina portata a termine da Ambrogio Traversari tra il finire del 1423 e l’inizio del decennio successivo (GENTILE, Umanesimo, 49). Il codice contiene 16 iniziali ornate, di cui 2 maggiori, in apertura dei libri. Le restanti, in media di mm 29×30, introducono le altre partizioni testuali. Le iniziali maggiori sono a: f. 1r: f. 2r:

la S di Sunt quidem plurima, di mm 46×32, all’inizio del Prologo Interpretis. la O di Oportuerat quidem, di mm 42×41, all’inizio del I libro dell’Epistola ad Stagirium monachum.

Le altre iniziali si trovano a: f. f. f. f. f.

30v: 57v: 83v: 93r: 104r:

la la la la la

E di Est ista quidem, all’inizio del II libro. S di Sufficere quidem, all’inizio del III libro. Q di Quid est hoc pastor, all’inizio del I sermone contra Anomaeos. A di Age iam adversus, all’inizio del II sermone contra Anomaeos. S di Solertes et industrii, all’inizio del III sermone contra Anomaeos.

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406 f. f. f. f. f. f. f. f. f.

114v: 126r: 139r: 155v: 167v: 193r: 207r: 219v: 238v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la S di Sufficiebat quidem, all’inizio del IV sermone contra Anomaeos. la Q di Quem quis longiorem, all’inizio del V sermone contra Anomaeos. la V di Vellem vobis hodie, all’inizio del I sermone adversos Iudeos. la R di Rursum infelices, all’inizio del II sermone adversos Iudeos. la Q di Quid sibi vult, all’inizio del III sermone adversos Iudeos. la F di Ferae, all’inizio del IV sermone adversos Iudeos. la N di Num societatem cepistis, all’inizio del V sermone adversos Iudeos. la P di Praeteriit Iudeorum, all’inizio del VI sermone adversos Iudeos. la S di Si flectus possit, all’inizio dell’epistola ad Theodorum.

Si tratta di lettere d’oro a bianchi girari, su campo policromo verde e rosa contornato di azzurro e disseminato di puntini di biacca in gruppi di tre. Questi, piuttosto sottili, si dispongono con una chiarezza e un equilibrio tipicamente fiorentini. Il codice, che non può essere stato eseguito, per il testo che contiene, prima del 1424, si potrebbe datare, per la decorazione, tra il secondo e il terzo quarto del Quattrocento. Il manoscritto si trova in uno stato di conservazione mediocre; oltre alla presenza di qualche foro nella pergamena (ff. 83, 87, 122, 146) e alcune lisière (ff. 11, 13, 14, 25, 28, 77, 82), si registra la perdita della parte inferiore per circa 1/3 del f. 4, il margine esterno di f. 194 e i margini esterno e inferiore di f. 208. Queste asportazioni, effettuate prima della numerazione, sono forse da imputare alla volontà di cancellare i segni di un precedente possessore del codice. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, S(ANCTI) IOANNIS / CHRYSOST(OMI) / EPISTOLAE / ET SERMONES / IN LAT(INUM) TRANSL(ATI), in basso, COD(EX) MEMBRAN(ACEUS) / SAEC(ULI) XV. Per la storia del codice non ci sono elementi utili; lo stemma cardinalizio al bas-de-page di f. 1r, inserito entro una cornice tetralobata d’oro sottolineata da un contorno dentellato in inchiostro bruno da cui si dipartono filettature cui si legano palline dorate, è stato quasi totalmente abraso e risulta dunque illeggibile. Dalla sottoscrizione di f. 238r conosciamo invece il nome del calligrafo, Giovanni da Milano. (SILVA TAROUCA, II, 32r; Bibl. Rossianae, III, 227r) TIETZE, Die illuminierten, 117-118 nr. 244.

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ROSS. 246

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Ross. 246 (olim VIII, 185) S. GREGORIUS MAGNUS, Epistula ad Leandrum (ff. 1r-2r); Moralia in Iob (ff. 2r-281v) Umbria (Perugia), sec. XIV, prima metà Membr. (pergamena di media consistenza, giallastra); ff. VI (I-V cart.; VI membr), 281, V’ (cart.). Foliazione moderna, manuale, a inchiostro nero, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto delle decine (a partire da f. 10), a contare i fascicoli, integrata da una numerazione a lapis viola, sempre in alto a destra sul recto di tutti i fogli, che corregge la precedente. Il codice misura mm 311×217 (misure prese al f. 2). Testo, disposto in due colonne di 60/61 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 211×130 (spazio intercolonnare di mm 9), inquadrato da righe orizzontali e verticali a colore, scritto in gotica testuale, di modulo piccolo, molto serrata e ricca di abbreviazioni, con inchiostro nero Ross. 246, f. 1r rialzato in rosso e rosso per segnare gli incipit e gli explicit dei vari libri a partire dall’Epistola a Leandro a f. 1r: Reverendissimo atque sanctissimo fratri Leandro coepiscopo Gorgonius (sic) servuus servorum Dei. Presenza lungo i margini dei fogli di correzioni della stessa mano e di numerose glosse successive.

L’apparato decorativo del codice si limita a 1 pagina d’incipit (f. 1r), contenente 1 iniziale istoriata a introdurre l’Epistola ad Leandrum; in origine, però, il manoscritto prevedeva la decorazione delle iniziali dei vari libri (da mm 10 a mm 40), i cui spazi riservati sono rimasti vuoti (ad es. ff. 9r, 17r, 23v, 26v, 32r, 42r, 49r, 107v, 178r, 257r). f. 1r: iniziale istoriata D di Dudum te, frater (mm 30×40), contenente l’immagine del vescovo Gregorio che consegna un libro al collega Leandro, vescovo di Siviglia. Le figure, avvolte da vivaci mantelli e caratterizzate da visi tondeggianti, si stagliano su un fondo oro. Quella di Gregorio sovrasta di gran lunga quella di Leandro, a sottolineare il loro rapporto gerarchico ma anche l’autorevolezza dell’opera. Il corpo della lettera è di un viola variamente graduato, sottolineato da filettature di biacca e perlinature, e si inserisce entro una riquadratura azzurra percorsa da sottili rabescature e volute bianche. Dall’iniziale si diparte in alto una foglia dal profilo frastagliato a fiamma divisa in due campi cromatici (verde e viola) da una dorsale a puntini, parzialmente avvolta attorno a un ramo verde, disegnato lungo il margine sinistro e inferiore, cui si avvinghiano, sporgendo alternamente a destra e a sinistra con andamento ritmico, foglioline pentalobate viola, verdi, blu e rosse.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Considerata dal Tietze «geringe italienische» e datata alla fine del Trecento (TIETZE, Die illuminierten, 94 nr. 153), l’opera si inserisce invece pienamente in ambito umbro ed è ragionevolmente ascrivibile a un miniatore perugino della prima metà del Trecento, stilisticamente vicino, ad esempio, a quello del Messale francescano (Assisi, Biblioteca comunale, ms. 267) miniato da Venturella di Pietro, attivo a Perugia tra il 1311 e il 1323 (cfr. Francesco d’Assisi, 377, scheda nr. 126; SUBBIONI, La miniatura; LUNGHI, s.v. Venturella, 988). Il miniatore si mostra altresì influenzato dai modi francesi, come denota il fregio marginale, traduzione locale e povera di un tipo parigino assai diffuso quale si può vedere, ma è solo uno degli esempi che si potrebbero proporre, nel codice di Todi (Biblioteca comunale, ms. 24) dell’atelier di Maître Honoré (cfr. Francesco d’Assisi, 207-208, scheda nr. 17). Il codice versa in pessime condizioni. Il f. 1 ha subìto un’asportazione di notevoli dimensioni nella parte inferiore che ha compromesso l’integrità del testo e della miniatura, la quale comprendeva, in origine, anche uno stemma a bas-depage di cui resta un piccolo lacerto illeggibile. Lisière e lacerazioni, sebbene di piccole dimensioni, interessano molti altri fogli (ff. 35, 38 etc.). Legatura Rossi A in condizioni mediocri, soprattutto relativamente al primo fascicolo. Sul dorso si legge, in alto, S(ANCTI) GREGORII / MORALIA / IN IOB e, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV / INEUNTE. Il codice proviene dal Collegio Capranica, come si evince dalla nota di possesso a f. I (Cod. Collegii Romani Capranicensis IX). (SILVA TAROUCA, II, 33r; Bibl. Rossianae, III, 228r) TIETZE, Die illuminierten, 94 nr. 153.

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Ross. 248 (olim VIII, 187) PSEUDO DIONYSIUS AREOPAGITA, Opera: De caelestis hierarchia (ff. 1r-34r); De ecclesiastica hierarchia (ff. 34v-78v); De divinis nominibus (ff. 79r-128v); De mistica theologia (ff. 129r-131v); Epistulae I-IX (ff. 132r-146r). S. BERNARDUS CLARAEVALLENSIS, Epistula de cura domestica (ff. 146v-148r) Italia settentrionale (Lombardia-Veneto?), sec. XV, metà Membr. (pergamena di medio spessore, giallastra, lavorata in modo omogeneo); ff. VI (cart.; il I in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia, il II membr.), 148, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Foliazione moderna in cifre arabiche in alto a destra in lapis viola, solo sul recto. Il codice misura mm 287×205 (misure prese a f. 1). Testo vergato in gotica di modulo grande da una prima mano con inchiostro nero, e rosso per i titoli, e in gotica di modulo piccolo da una seconda mano, nei ff. 146v-148r, con inchiostro

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ROSS. 246-248

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nero, disposto in una colonna di 26 linee, che diventano di 31-33 ai ff. 146v-148r, entro uno specchio di scrittura di mm 190×115, rigato verticalmente e orizzontalmente alla mina di piombo. Molti interventi integrativi di piccola entità di varie mani (ff. 1v, 12r, 19r-v etc.).

Il manoscritto contiene tutte le opere pervenute dello Pseudo Dionigi Areopagita (l’anonimo autore che si presentò come il convertito di san Paolo, e che esercitò un enorme influenza sul pensiero teologico medievale) nella traduzione latina datane da Ambrogio Traversari, ed è dunque una delle tante testimonianze del suo straordinario interesse per i testi della spiritualità monastica greca, quell’orientale lumen al quale il camaldolese guardò come mirabile tradizione di pura e incontaminata religiosità, cui era necessario rifarsi per risollevare le sorti Ross. 248, f. 1r di una cristianità ormai decadente. Il Traversari, che fin dal 1424 ebbe a disposizione due manoscritti dello Pseudo Dionigi posseduti a tale data da Niccolò Niccoli, prese la decisione di tradurli solo alcuni anni più tardi, all’incirca nel 1430: nei primi mesi del 1431 aveva certamente volto in latino le lettere e i primi due trattati; ma solo alcuni anni più tardi riuscì a terminare una traduzione di cui affermò più volte la difficoltà. Tra l’aprile del 1436 e il marzo del 1437 tradusse gli altri due trattati, portando a termine l’opera (STINGER, Humanism, 158-162). Nel fondo rossiano della Biblioteca Apostolica Vaticana un altro codice reca lo stesso contenuto: il Ross. 240. Il codice presenta: 1 iniziale maggiore, decorata, la O di Omne datum optimum (mm 41×45) a introdurre il De caelestis hierarchia a f. 1r, contenente sul fondo aureo un fiore stilizzato e realizzata in rosa e in due tonalità di verde e da cui si sviluppa un breve fregio vegetale arricchito da motivi in filigrana e piccoli globi aurei; 3 iniziali minori (mm 21×23 in media) ai ff. 34v: la S di Sacerdotii quidem, all’inizio del De ecclesiastica hierarchia; 79r: la H di Hunc iam vir, all’inizio del De divinis nominibus; 129r: la T di Trinitas supsubstantialis, all’inizio del De mistica theologia. Presenti anche iniziali de penna rosse e blu e richiami calligrafici in basso al centro del foglio (ff. 10v, 20v etc.) in inchiostro bruno incorniciati variamente. Le lettere si stagliano su un fondo oro dal profilo interrotto nelle sezioni angolari da insenature circolari, secondo una consuetudine in realtà non così diffusa, riferibile soprattutto all’area nord-orientale (il Tietze assegna il codice a Bologna). La dentellatura del fondo oro si riscontra già nel Messale, ms. 471 della Biblioteca Classense di Ravenna (Biblioteca Classense, 46, tavv. XII-XIV), del primo

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

quarto del XIV secolo, forse realizzato nello scriptorium del convento dei Silvestrini di Fabriano, nel ms. Plut. 21.6 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, contenente le Divinae institutiones di Lattanzio e databile al 1432, nel ms. Plut. 19.15, con le Epistolae di san Girolamo, attribuito a un miniatore veneto della prima metà del Quattrocento (Umanesimo e Padri 228-232, scheda nr. 40 e 312316, scheda nr. 80), nel ms. S. XIII. 3 della Biblioteca Malatestiana di Cesena, miniato da Giovanni di Antonio nel 1450, contenente la IV Decade della Ab Urbe condita di Tito Livio (La miniatura a Ferrara, 83-85 nr. 4), e in altri codici della metà del secolo. Buono lo stato di conservazione del codice. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge S(ANCTI) DYONISII / AREOPAG(ITAE) / OPERA / LATINE (sic) / S(ANCTI) BERNARDI / EPISTOLA, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 48r; Bibl. Rossianae, III, 230r) TIETZE, Die illuminierten, 113 nr. 230.

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Ross. 249 (olim VIII, 188) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Confessionum libb. XIII (ff. 1r-90r); De Genesi ad litteram (ff. 91r-203v) Italia settentrionale (Bologna?), sec. XV, metà

Ross. 249, f. 1r

Membr. (pergamena sottile, avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. VI (cart.), 204, VI’ (cart.). Foliazione moderna a lapis viola con cifre arabiche in alto a destra solo sul recto, col salto del f. 129. Titoli correnti a inchiostro bruno aggiunti in epoca successiva in alto a destra. Il codice misura mm 268×195 (misure prese a f. 1). Testo vergato in umanistica di modulo piccolo da una sola mano con inchiostro bruno, disposto in una sola colonna di 39 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 172×119, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente; piuttosto rari gli interventi correttivi e integrativi marginali (ad es. ff. 19v, 67v) dello stesso scriba.

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ROSS. 248-249

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Il codice contiene 27 iniziali ornate (di mm 37×45 in media) in corrispondenza degli incipit dei singoli libri delle due opere agostiniane tràdite. Si tratta di lettere d’oro a bianchi girari che si stagliano su fondo blu a lacunari rossi e verdi e blu disseminati di puntini di biacca a gruppi di tre, dai quali si dipartono piccoli fregi marginali della stessa fattura. Solo a f. 1r il fregio marginale arriva a riempire tre margini, comprendendo, in quello inferiore, il trigramma cristologico IHS. Le iniziali si trovano ai ff. 1r: la C di Confessionum mearum libri (mm 23×23), all’inizio della Prefazione alle Confessioni, e la M di Magnus es domine (mm 62×50), all’inizio della I Confessione; 7r: la R di Recordari volo, all’inizio della II Confessione; 10v: la V di Veni Carthagine, all’inizio della III Confessione; 15r: la P di Per idem tempus, all’inizio della IV Confessione; 21r: la A di Accipe sacrifitium, all’inizio della V Confessione; 27r: la S di Spes mea, all’inizio della VI Confessione; 33v: la N di Nam mortuam erat, all’inizio della VII Confessione; 40v: la D di Deus meus recorder, all’inizio della VIII Confessione; 47r: la D di Domine ego servus, all’inizo della IX Confessione; 54v: la C di Cognoscam te, all’inizio della X Confessione; 67r: la N di Numquid domine, all’inizio dell’XI Confessione; 73v, la M di Multa satagit cor, all’inizio della XII Confessione; 81r: la I di Invoco te Deus, all’inizio della XIII Confessione; 91r: la P di Per idem tempus, all’inizio della Prefazione al De Genesi e la O di Omnis divina scriptura, all’inizio del I Libro del De Genesi; 97v: la E di Et dixit Deus, all’inizio del II Libro; 104v: la E di Et dixit Deus, all’inizio del III Libro; 112r: la E di Et cunsummata sunt, all’inizio del IV Libro; 122r: la H di Hic est liber, all’inizio del V Libro; 128v bis: la E di Et finxit Deus, all’inizio del VI Libro; 136r: la E di Et finxit Deus, all’inizio del VII Libro; 143v: la E di Et plantavit Deus Paradisum, all’inizio dell’VIII Libro; 153v: la E di Et dixit dominus, all’inizio del X Libro; 160v: la I di Iam quidem, all’inizio del X Libro; 170r: la E di Et erant nudi, all’inizio dell’XI Libro; 182r: la A di Ab exordio, all’inizio del XII Libro. Sfuggito al catalogo del Tietze, il manoscritto reca un tipo di decorazione piuttosto comune in pieno Quattrocento. La cromia dei fondi e il disegno dei girali, che sono sottili, si intrecciano in modo chiaro e uniforme secondo schemi simmetrici, e sono mossi da numerosi caulicoli, fanno propendere per l’area emiliana. Il codice si trova in uno stato di conservazione discreto. Il f. 1 presenta tuttavia un foro nella pergamena, mentre il f. 72 ha subìto l’asportazione di un tassello di forma rettangolare nel margine inferiore, che conteneva presumibilmente una nota di possesso. Legatura Rossi A in pessimo stato di conservazione; in particolare si registra il taglio verticale della pelle del dorso per quasi l’intera sua lunghezza. Vi si legge, in alto, S(ANCTI) AUGUSTINI / LIBRI CONFESSIONUM / ET DE GENESI, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. La storia del codice si può in parte desumere da elementi interni, quali il mo-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

nogramma IHS – attributo del frate predicatore san Vincenzo Ferrer (1350-1419) e, soprattutto, del frate minore san Bernardino da Siena (1380-1444) – collocato nel bas-de-page di f. 1r, e la scritta nel margine superiore dello stesso foglio, di altro inchiostro e altra mano rispetto al testo, forse assegnabile al sec. XVII, che recita Loci S. Pauli montis prope et extra Bononiam. Quanto segnalato spinge a collocare il manoscritto, almeno dal Seicento in avanti, nel complesso della chiesa e convento di San Paolo in Monte a Bologna, edificato dai minori osservanti nel 1403, per il quale, si può ipotizzare, fu forse eseguito. Un’altra nota di possesso nel f. 203v è stata completamente erasa. (SILVA TAROUCA, II, 49r; Bibl. Rossianae, III, 232r) SKUTELLA, Der Handschriftenbestand, 207; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 40, 88; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 345.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 250 (olim VIII, 189) CYPRIANUS, Epistolae Italia centrale (Firenze o Roma?), sec. XV, metà (d.to 1451 settembre 7) (f. 288v) explicit: Cypriani Cartaginensis epi(scopi) finiunt epistolae per Hieronymum Pistoriensem scriptae sub A(NNO) MCCCCLI VII Septembris die. Nicolai V Pont. Max. Anno V pro Reverendissimo in Christo patre ac invictissimo d(omi)no Francisco Cardinali Venetiarum Sancte Romane Ecclesie dignissimo Vicecancellario. Dominationi cuius servitor, harum scriptor se humiliter recommendat

Ross. 250, f. 3r

Membr. (pergamena sottile, avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. VIII (cart.; il I in cartoncino blu come la controguardia), 289, VII’ (cart.; il VII’ in cartoncino blu come la controguardia). Foliazione contemporanea, meccanica, sul recto, in cifre arabiche, in basso a destra, successiva a una indicazione alfanumerica di registro a inchiostro bruno, andata però in gran parte perduta a seguito di una rifilatura del codice. Il codice misura mm 272×190 (misure prese a f. 3). Testo vergato in umanistica di modulo medio da una sola mano in inchiostro bruno e rosso per i titoli, disposto in una sola colonna di 27 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 175×130, rigato verticalmente

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ROSS. 249-250

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e orizzontalmente alla mina di piombo. Interventi marginali integrativi poco estesi (ff. 31r, 32v, 33v, 45r, 46v etc.). Presenza di richiami calligrafici (ff. 12v, 22v etc.). A f. 1r, contenente l’indice dei contenuti (vergato fino a f. 2v), in alto è stato scritto da una mano successiva Epistolae Cypriani de Libris quondam R.mi Card.lis Ostien(sis) de Estouteville.

Il codice contiene 95 Epistole di Cipriano di Cartagine (SAXER, Cipriano, 1028, 1034; Opere in PL 4 e CSEL 3, 1-2). L’apparato decorativo del codice consiste in 1 iniziale maggiore all’inizio della prima epistola Ad Donatum e di 116 iniziali minori, di mm 22×23 in media (tranne le prime due, di poco più grandi) a introdurre le altre partizioni testuali. f. 3r: iniziale B di Bene admones Donate (mm 40×32), d’oro a bianchi girari; dalla lettera si diparte una breve decorazione marginale; nel bas-de-page, entro una fascia decorata a bianchi girari della stessa tipologia degli altri, si apre un clipeo bordato di un listello d’oro, entro cui è uno stemma d’azzurro alla banda d’argento, sormontato da galero cardinalizio, appartenente a Francesco Condulmer, citato nel colophon. I decori delle iniziali sono composti da bianchi girari, dal disegno poco accurato, piuttosto radi, ora corposi, ora sottili, terminanti in boccioli di fiori ed esuberanti fogliami su fondo blu a lacunari verde malva e rosa chiaro con puntini a gruppi di tre. La decorazione rivela un miniatore fedele a tipologie decorative ampiamente diffuse nelle contemporanee botteghe librarie fiorentine ma che non sembra in grado di reinterpretare quei modelli con spirito autonomo; anche il disegno è poco accurato. Considerato dal Tietze un manufatto fiorentino, il manoscritto sembra avvicinabile a contemporanei prodotti romani, anche se non è possibile trovare confronti puntuali e risolutivi. Buono lo stato di conservazione del codice nonostante lisière (ff. 17, 19, 23, 57), piccoli fori (f. 19, 29, 38, 39, 82, 106), macchie (f. 140r) e un taglio, ricucito, a f. 46. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, S(ANCTI) CIPRIANI / EPISTOLE, in basso, COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1451. La storia del manoscritto si deduce da vari elementi interni. La sottoscrizione di f. 288v ci permette di conoscere il nome del calligrafo, Girolamo da Pistoia, identificabile con Hieronymus Zenoni o Zenonius o Zeloni, figlio di Andrea e dal 1446 canonico della chiesa di Pistoia, intitolata a San Zeno (CALDELLI, Copisti a Roma, 59-60, 108-110), la data di completamento della stesura grafica, cioè il 7 settembre del 1451, nonché il committente, ovvero il cardinale di Venezia, vicecancelliere della Santa Romana Chiesa, Francesco, il cui stemma compare a f. 3r. Si tratta di Francesco Condulmer, nipote di Eugenio IV, vescovo di Porto e Santa Rufina (1445-1453), sede suburbicaria e diocesi suffraganea della diocesi di Roma, residente nei pressi del Teatro di Pompeo (MADDALO, In figura Romae, 194195). La nota di possesso di f. 1r ci informa che il manoscritto passò poi nelle

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

mani del suo successore, il cardinale Guillaume d’Estouteville (ANTONIUTTI, Il cardinale, 23-24) ecclesiastico francese, vescovo di Angers poi di Digne, arcivescovo di Rouen, poi priore di Saint-Martin-des-Champs, abate di Mont-St.-Michel, abate di St.-Ouen a Rouen e poi di Montebourg; fatto cardinale nel 1439 da Eugenio IV, del titolo di Sant’Agostino, poi, appunto, cardinale e vescovo di Porto e Santa Rufina, capo del Collegio dei cardinali, infine cardinale-vescovo di Ostia-Velletri (ALIANO ESPOSITO, Testamento e inventari, 342). (SILVA TAROUCA, II, 54r-63r; Bibl. Rossianae, III, 250r) TIETZE, Die illuminierten, 126 nr. 270; ESPOSITO ALIANO, Testamento e inventari, 342; LO MONACO, Per un’edizione, 161; BIANCA, I cardinali, 163; MANFREDI, S. Cipriano, 294.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 251 (olim VIII, 190; gr. 11) IOHANNES CLIMACUS, Scala Paradisi: Litterae Iohannis praesidis coenobii Raithensis (ff. 1r-2v); Iohannes Iohanni Salutem (ff. 2v-4v); Praefatiuncula (ff. 4v-5r); Accuratus Libri capitumve syllabus (ff. 5v-6r); De vita sancti Climaci cum elogiis eiusdem (ff. 7r-12v); S. R. N. Iohannis Climaci Scala Paradisi (ff. 13r-256r); Accuratus Libri capitumve syllabus (ff. 256v-257r); Iohannis Scholastici Liber ad Pastorem (ff. 258r-277r) Asia Minore? Costantinopoli?, sec. XI, metà

Ross. 251, f. 12v

Membr. (pergamena di media qualità, piuttosto rigida, di spessore variabile; visibile la differenza fra lato carne più chiaro e il lato pelo sensibilmente più scuro, tendente al brunastro; in alcuni fogli le radici dei peli sono molto visibili); ff. VII, 277, VI’ (cartacei moderni i ff. II-VII, I’-VI’; in cartoncino bianco il f. I, solidale alla controguardia anteriore); foliazione moderna, manuale a inchiostro bruno in cifre arabiche, di dieci in dieci, nell’angolo superiore esterno del recto; manuale a matita sempre nella stessa posizione, a completamento o parziale sostituzione della precedente; contemporanea meccanica, nell’angolo inferiore esterno del recto; mm 262×215; 35 fascicoli, tutti quaternioni, tranne il XVIII, quinione, e l’ultimo, di tre fogli; i fascicoli sono segnati nell’angolo superiore esterno del primo recto in cifre greche maiuscole, da mano mediobizantina in inchiostro bruno, fra coppie di piramidi di trattini de-

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ROSS. 250-251

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crescenti in alto e in basso; una serie di segnature recenti, a matita, è nell’angolo inferiore interno. Rigatura eseguita con il sistema 1, secondo il tipo B 34D1 Leroy (LEROY, Les types de réglure) ma talora con oscillazioni soprattutto dell’estensione laterale (ad es. anche C 34C1, e così via). La scrittura, disposta su un’unica colonna di 23-24 linee (specchio di scrittura mm 181×121), uniforme in tutto il codice, è una minuscola assimilabile al filone della Perlschrift della decadenza, tracciata in inchiostro bruno; abbastanza regolare tendenzialmente ad asse diritto, con minime oscillazioni nei due sensi, pende dal rigo; spiriti e accenti talvolta aggiunti in inchiostro rosso carminio in fase di rubricatura; titoli e piccole iniziali in inchiostro rosso carminio. Pur non trovando riscontri precisi, la scrittura può essere accostata a quella del codice Auct. 2.2 della Bodleian Library di Oxford, datato 1067 (LAKE, Dated Greek Minuscule Manuscripts II, tav. 107). I titoli e le didascalie sono tracciati in maiuscola distintiva alessandrina. Gli scoli, in scrittura più minuta in inchiostro nerastro o bruno scuro, dalla diluizione cangiante, sono di diverse mani; fra queste si distingue, per il tratto elegante, lo scoliasta principale che deve essere intervenuto qualche decennio dopo la redazione del codice, fra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo.

11 miniature tabellari (ff. 1r, 2v, 5r, 5v-6r, 7r, 12v, 13r, 256v-257r, 258r); fasce decorative (ff. 1r, 2v, 4v, 7r, 13r, 22v, 27r, 32r, 33v, 72v, 87r, 91r, 103v 109v, 112r, 114r, 116v, 118r, 120r, 120v, 127r, 127v, 144v, 145v, 147v, 150v, 152r, 153v, 155r, 161v, 166r, 169v, 173r, 185v, 204v, 219r, 224v, 229r, 238v, 248r, 251v, 258r); iniziali decorate con motivi fitomorfi (ff. 2r, 4v, 7r, 13r, 32r, 72v, 87r, 92v, 103v, 109v, 112r, 114r, 116v, 118r, 120v, 127r, 127v, 144v, 145v, 147v, 150v, 152r, 153v, 155r, 161v, 166r, 169v, 173r, 185v, 204v, 219r, 224v, 229r, 229v, 238v, 248r, 251v, 257v, 258r); piccoli fregi orizzontali in inchiostro carminio. f. 1r: f. 1r:

f. 2v:

sul margine destro a penna in inchiostro nero, in caratteri latini S. Io: Climacus in minuscola corsiva riferibile al XVI secolo o più tardi. miniatura tabellare senza cornice (mm 85×120). Il monaco Giovanni di Raithu, seduto a sinistra su un seggio di forma circolare, affida la lettera che ha già scritto per Giovanni Climaco a un monaco, in piedi a destra. Le due figure, le cui aureole dorate fuoriescono dal bordo superiore della tabella, poggiano su un piano verde e si stagliano su un fondo azzurro. In alto, fuori del campo miniato, sono tracciate in inchiostro carminio didascalie in maiuscola che identificano i personaggi: Ñ Ñs(ioj) iw(£nnhj) π r` aiq(ou), e π a(...) π iw(annhj) t(...). Al di sotto della miniatura è posta una fascia decorativa con il disegno base, come negli altri casi, tracciato in inchiostro rosso carminio (mm 8×121). All’interno nove rosette di colore azzurro con bottone giallo sono intervallate da motivi trilobi, anch’essi di colore giallo, che si dipartono dal bordo superiore e inferiore della cornice. La decorazione è sul fondo bianco riservato della pergamena. Gli angoli esterni della fascia sono decorati da motivi a mandorla nella parte superiore e da fogliette nella parte inferiore. miniatura tabellare senza cornice (mm 55×123); collocata nella parte inferiore della pagina; l’estremità superiore si sovrappone all’ultima riga del testo. È accompagnata sul bordo sinistro del foglio da una nota esplicativa iw(annhj) (mon)ac(oj) π toà sina ¢ntigr£(fwn). È rappresentato

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f. 4v:

f. 5r:

f. 5v:

f. 6v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Giovanni Climaco, questa volta con i capelli bianchi, seduto a sinistra, nell’atto di scrivere la lettera di risposta a Giovanni di Raithu; a destra, in piedi, è presente il monaco che sarà il latore della lettera. La miniatura presenta un’abrasione con caduta di colore nella zona a destra della figura del monaco. Una fascia decorativa, tracciata con inchiostro rosso, si dispone al di sotto della vignetta, ma la sua larghezza (mm 7,5/8,5×122) non corrisponde esattamente alla larghezza di quest’ultima. All’interno palmette di colore azzurro, giallo e verde sono inframmezzate da foglie lanceolate, poggiate sul bordo inferiore. La pittura è rifinita con tocchi di colore a punta di pennello bianchi sull’azzurro, azzurri sul giallo e sul verde. Ai quattro angoli esterni della cornice il motivo a mandorla campito di colore giallo. fascia tracciata in inchiostro rosso (mm 6/8×120). Contiene motivi gradinati, nei colori azzurro, giallo, bianco e verde, che si ripetono in sequenza. Agli angoli esterni fogliette tracciate in inchiostro rosso carminio. miniatura tabellare (mm 134/136×153/155); lambisce con il bordo superiore l’ultima riga del testo soprastante. Sul margine destro in alto, in inchiostro carminio, `H pala…stra tou 'Iakw(b). Due scale, parallele fra loro, salgono verso il cielo e ognuna di esse si dirige verso il busto di Cristo benedicente, ripetuto due volte, entro un clipeo. Su ciascuna sono posti due angeli vestiti a sinistra di tunica viola e pallio rosa, tunica azzurra e pallio verde; a destra, di tunica azzurra e pallio verde e di veste verde e pallio viola. Al centro è raffigurato il Sogno di Giacobbe: in basso il patriarca addormentato è sdraiato sul terreno e ha la testa appoggiata sul braccio sinistro; al di sopra, fra le due scale, si svolge la lotta fra Giacobbe, vestito questa volta di tunica e pallio, e l’angelo. Al di sotto della campitura verde del prato, traspare nuovamente l’indicazione `H pala…stra toà 'Iakwb, ripetuta a uso del miniaturista. miniatura tabellare (mm 120/123×55/56) con i contorni, soprattutto quello superiore, molto irregolari; è inserita all’interno dell’indice della Scala Paradisi, nello spazio lasciato libero fra le indicazioni numeriche dei capitoli e i rispettivi titoli. Al di sopra, in rosso carminio, la scritta Ω qe…a. L’illustrazione ripete parte della scena del f. 5r: contiene una scala che sale al cielo verso destra, dove è il busto di Cristo benedicente entro un clipeo; i due angeli sulla scala indossano rispettivamente tunica verde e pallio viola, e tunica viola e pallio verde, con l’inversione dei colori. Si rilevano piccole cadute di colore nella campitura delle ali dell’angelo collocato più in basso. miniatura tabellare (mm 128×42/45), dal formato simile alla precedente. È inserita all’interno della seconda parte dell’indice della Scala Paradisi, fra le indicazioni numeriche dei capitoli e i rispettivi titoli. Al di sopra in inchiostro rosso la scritta kl…max da leggere insieme a quella nella pagina precedente `H qe…a. La scena, con la scala rivolta verso sinistra ripete specularmente la composizione della miniatura al f. 5v; i colori delle ve-

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ROSS. 251

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sti degli angeli, tunica rosa e pallio verde e viceversa propongono una ripresa a chiasmo. f. 7r: miniatura tabellare (mm 93/94×130). Giovanni Climaco è raffigurato nel gesto della preghiera, in piedi, rivolto verso destra; in alto, dal cielo sporge la mano di Dio Padre. La parte centrale presenta consistenti cadute di colore. Sul margine superiore π Ósioj „w(£nnhj) π sina…ou ΩgoÚm(enoj). Alla base della miniatura è posta una fascia (mm 8×124) delimitata da una cornice azzurra (mm 2) che si ferma alla linea di giustificazione interna dello schema di rigatura, più corta di 6 mm rispetto alla miniatura tabellare. È riempita da rettangoli, risparmiati sul fondo pergamena, disposti in senso verticale e collegati fra loro, al centro, da rettangoli più piccoli in modo da formare una sequenza continua sul verde del fondo. Agli angoli della cornice si dispongono fogliette campite in colore azzurro. f. 12v: la miniatura (mm 86/90×125/126) contiene due raffigurazioni del Volto di Cristo, poste una accanto all’altra; il fondo è azzurro a eccezione della parte inferiore, campita in verde, come in tutte le altre miniature. La prima immagine del Volto è su un tessuto bianco ornato da frange alle estremità superiore e inferiore e decorato da un motivo a rombi tracciato da linee di colore rosso; la seconda è su un supporto di colore rosso, con il medesimo motivo a rombi tracciato in bianco. Rappresentano rispettivamente il Mandylion e il Keramion. Al di sopra la scritta πl£kej pn(eumat)ika…, “tavolette spirituali”. Entrambe le raffigurazioni del Volto di Cristo sono state sgraffiate. f. 13r: la miniatura (mm 80×126) è posta al di sotto del titolo in rosso carminio che segna l’inizio del testo della Scala Paradisi. Al suo interno Giovanni Climaco è raffigurato mentre, in piedi, ammaestra un gruppo di monaci, anch’essi in piedi sulla destra. La scena è situata nell’abituale ambientazione con base verde e fondo azzurro. La fascia decorativa (mm 11/11,5×133) bordata da cornice azzurra (mm 1/2), posta al di sotto della miniatura, è più lunga di 7 mm. La fascia con fondo di color giallo in parte deteriorato, è riempita da una serie di croci blu e verdi disposte in diagonale entro tondi. Ai quattro angoli il motivo a fogliette è tracciato in inchiostro rosso. f. 22v: fascia (mm 8×123/124,5), all’inizio del secondo capitolo. Un motivo a zigzag di colore azzurro forma campi trapezoidali; al loro interno, sul fondo pergamena sono disposte palmette sasanidi di colore giallo con tocchi a punta di pennello azzurri. Gli angoli della fascia sono decorati con fogliette di colore azzurro che si sviluppano con particolare evidenza. f. 27r: fascia, all’inizio del terzo capitolo (mm 10,5×124/125) con cornice azzurra (mm 2). All’interno di tondi, realizzati a risparmio sul fondo bianco della pergamena, si dispongono croci alternativamente di colore azzurro, giallo e verde, con bottoni negli spazi liberi. Fra i tondi si inseriscono minuti motivi triangolari che hanno origine dal bordo inferiore e superiore della cornice. Gli angoli esterni della fascia sono decorati da fogliette.

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418 f. 32r:

f. 33v:

f. 72v:

f. 87r:

f. 91r:

f. 103v:

f. 109v:

f. 112r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

fascia (mm 8×124) delimitata da cornice azzurra (mm 2). Comprende un motivo a zig-zag costituito da segmenti azzurri e gialli che determinano forme geometriche campite in colore verde e bianco. La cornice termina ai quattro angoli con il motivo a mandorla, tracciato semplicemente in inchiostro rosso carminio. fascia (mm 12×127/128), all’inizio del quarto capitolo. Presenta undici rosette a sei petali, alternativamente azzurre, bianche, verdi entro tondi realizzati a risparmio sul fondo pergamena. Dal bordo della fascia, tracciato in inchiostro rosso, si dipartono piccoli triangoli di colore giallo, azzurro e verde, il cui vertice si inserisce fra i tondi. Ai quattro angoli il motivo delle fogliette tracciate con inchiostro carminio. fascia (mm 18/20×125/126), all’inizio del quinto capitolo con cornice azzurra (mm 2). Tondi con bordo azzurro ospitano all’interno palmette a tre petali alternativamente azzurre e gialle, disposte sopra motivi trilobi; il terzo tondo da sinistra e l’ultimo a destra ospitano palmette sasanidi verdi con cuore azzurro. Il fondo della fascia è in pergamena riservata. Gli angoli della cornice terminano con palmette, tracciate in inchiostro rosso nella parte inferiore, campite in azzurro nella parte superiore. fascia (mm18/19×129/130), all’inizio del sesto capitolo con cornice azzurra (mm 2). Tondi delimitati da una cornice azzurra accolgono all’interno due motivi trilobi sovrapposti di colore bianco, azzurro e verde, bianco e giallo, azzurro e verde; i tondi alle due estremità laterali chiudono la fascia in modo asimmetrico, a sinistra vi è una palmetta sasanide aperta, a destra un elemento trilobo, entrambi disposti in senso orizzontale. Fra i clipei si inseriscono foglie di loto rivolte in direzione opposta verso i bordi della cornice. I quattro angoli esterni della fascia sono decorati da foglie campite in azzurro. fascia decorativa (mm 8/9×125/126), all’inizio del settimo capitolo tracciata in inchiostro rosso. Sottili fasce diagonali di colore giallo sono collegate da fasce azzurre disposte in senso orizzontale. Il fondo è lasciato color pergamena, a eccezione delle due estremità, dove è campito in colore verde. Gli angoli esterni della fascia sono decorati da fogliette stilizzate. fascia (mm 9/10×124/125), all’inizio dell’ottavo capitolo delimitata da cornice azzurra (mm 2). La decorazione, molto semplice, è costituita da un listello giallo che risalta sul fondo verde. Gli angoli esterni della cornice sono decorati dal motivo a mandorla tracciato in inchiostro carminio. fascia (mm 13/14×132), all’inizio del nono capitolo senza cornice. Sei palmette di colore azzurro, ripetute senza variazioni, partono da uno stelo, anch’esso azzurro, disposto orizzontalmente nella zona inferiore; lo stelo si conclude sia a sinistra che a destra con fogliette tracciate in inchiostro rosso. fascia (mm 9×130), all’inizio del decimo capitolo, non delimitata da cornice. È costituita da un intreccio a due capi (bianco e azzurro); nei punti di intersezione nascono piccoli triangoli di colore verde. Le due estremità terminano con una palmetta di colore azzurro.

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f. 114v: fascia (mm 8×127/128), all’inizio dell’undicesimo capitolo. All’interno della cornice tracciata in inchiostro rosso lunghi racemi vegetali di colore azzurro, verde, bianco e rosa, si snodano per tutta la lunghezza della fascia con andamento sinuoso. Ai quattro angoli esterni motivi a mandorla campiti in azzurro. f. 116v: fascia (mm 11/13×122/123), all’inizio del capitolo dodicesimo. Tracciata in inchiostro rosso, senza cornice, presenta un motivo a nastro costituito da elementi rettangolari di varie dimensioni. Rettangoli verdi e azzurri, con all’interno altri piccoli rettangoli si dispongono alternativamente in senso orizzontale e verticale; quelli verticali sono contenuti in altri rettangoli più grandi con perle di colore bianco. Elementi verticali di colore viola intercalano il nastro. Ai quattro angoli esterni il motivo a mandorla in inchiostro rosso. f. 118r: fascia (mm 8/9×130), all’inizio del capitolo tredicesimo tracciata in inchiostro rosso. Da un racemo di colore bianco, disposto nella parte superiore, si snodano grandi fiori, anch’essi di colore bianco, che si rivolgono verso il basso. Il fondo è di colore azzurro. Gli angoli esterni della cornice sono decorati da fogliette campite in azzurro. f. 120r: fascia (mm 6/8×130), senza cornice. Grandi fiori a tre petali, rivolti verso l’alto, alternativamente di colore rosa e giallo, con tocchi di colore azzurro a punta di pennello sono legati fra loro da foglie di colore verde disposte verso il basso. Il tralcio termina a sinistra in una foglietta di colore giallo, a destra in una semplice linea tracciata in inchiostro carminio. f. 127r: fascia (mm 8×123/124), all’inizio del quattordicesimo capitolo. All’interno della cornice tracciata in inchiostro rosso carminio, lunghi racemi vegetali di colore azzurro, verde, bianco si snodano per tutta la lunghezza della fascia. Il motivo è simile a quello nel f. 114r. f. 144v: fascia (mm 8/9×126), all’inizio del sedicesimo capitolo. Motivi trilobi di colore azzurro con parti interne verdi sono disposti lungo il bordo inferiore della cornice; altri motivi trilobi, di colore verde, sono collocati in senso inverso, con la base sul bordo superiore. Il fondo è lasciato a risparmio color pergamena. Dai quattro angoli della cornice si sviluppano lunghi motivi vegetali che terminano con foglie di colore azzurro nella parte superiore e verdi in quella inferiore. f. 145v: fascia (mm 10/13×128), all’inizio del diciassettesimo capitolo. Grandi palmette di colore verde chiaro sono disposte sopra motivi trilobi di colore bianco; questi sono collegati fra loro da una linea tracciata in inchiostro rosso carminio decorata da perle di colore azzurro. f. 147v: fascia (mm 8×127/128), all’inizio del diciottesimo capitolo delimitata da una cornice azzurra (mm 2). La fascia è divisa da un motivo a zig-zag di colore azzurro che crea una serie di campi triangolari, di colore verde e bianco. Gli angoli esterni della cornice sono decorati con il motivo a mandorla campito in bianco.

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f. 150v: fascia (mm 11/13×128), all’inizio del diciannovesimo capitolo delimitata da una cornice azzurra (mm 2). Tondi, tracciati in inchiostro rosso sul fondo bianco della pergamena, accolgono rosette a sei petali di colore alternativamente bianco, verde, azzurro; fa eccezione il primo a sinistra che ospita una croce azzurra. Il fondo della fascia è di colore verde. Agli angoli esterni vi sono fogliette di colore azzurro nella parte superiore, tracciate solo in inchiostro carminio nella parte inferiore. f. 152r: fascia (mm 10/11×141/142), all’inizio del ventesimo capitolo delimitata da una cornice azzurra (mm 1/2). Quadrilobi azzurri sono disposti entro cornici cruciformi di colore verde con profilo mistilineo. Il fondo della fascia è di pergamena riservata; agli angoli il motivo a mandorla, azzurro nella parte superiore, tracciato in inchiostro carminio nella parte inferiore. f. 153v: fascia (mm 8/9×124), all’inizio del ventunesimo capitolo, tracciata in inchiostro rosso. Palmette di colore azzurro, giallo e verde si dipartono alternativamente dal bordo inferiore e dal bordo superiore della cornice. Il fondo è risparmiato; i quattro angoli terminano con il motivo a mandorla. f. 155r: fascia (mm 18/20×128/129), all’inizio del ventiduesimo capitolo delimitata da una cornice azzurra (mm 2). Grandi fiori a otto petali lanceolati (Mandelrosetten) di colore bianco/azzurro e bianco/verde sono disposti all’interno di tondi con cornice azzurra e fondo rosso. I tondi sono inframmezzati da palmette di colore azzurro, bianco e rosa, mentre due grandi palmette sasanidi aperte, di dimensioni diverse l’una dall’altra, disposte in senso orizzontale, chiudono le due estremità della fascia. Dagli angoli esterni partono piccoli racemi tracciati in inchiostro carminio che terminano con fogliette. f. 161v: fascia (mm 12×128), delimitata da un bordo azzurro (mm 2). All’interno è campita in colore rosa con tocchi di azzurro a punta di pennello, a eccezione della zona lungo i bordi su pergamena riservata. Gli angoli esterni della fascia sono decorati con il motivo a mandorla tracciato in inchiostro azzurro. L’esecuzione è approssimativa e rozza. f. 166r: fascia (mm 12×129/130), all’inizio del ventitreesimo capitolo. Un motivo a zig-zag di colore azzurro divide la fascia in cinque campi trapezoidali lasciati con il fondo su pergamena riservata, a eccezione di quello centrale campito in viola. All’interno di ciascuno di essi si dispone una palmetta verde che si sviluppa alternativamente dal bordo inferiore o da quello superiore della fascia. Tutti e quattro gli angoli esterni presentano il motivo delle fogliette, campite in azzurro nella parte superiore, tracciate solo in inchiostro carminio nella parte inferiore. f. 169v: fascia (mm 20×130/131), all’inizio del ventiquattresimo capitolo tracciata in inchiostro rosso. Un motivo a zig-zag delimita campi trapezoidali di colore verde all’interno dei quali sono disposti racemi vegetali cuoriformi di colore blu e una palmetta azzurra che si sviluppano alternativamente dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso. Gli angoli sono decorati da fogliette, delle quali solo quella nella parte superiore a destra è campita in azzurro.

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f. 173r: fascia (mm 10×130) tracciata in inchiostro rosso, all’inizio del venticinquesimo capitolo. Due nastri, l’uno azzurro l’altro verde, creano il motivo della treccia a due capi sul fondo riservato. Nei punti di intersezione dei nastri si formano piccoli triangoli dipinti in colore rosso o rosa; all’interno della treccia perle di colore bianco. Gli angoli esterni della fascia terminano con il motivo a mandorla, campito in azzurro solo nella parte superiore. f. 185v: fascia (mm 10/11×130), all’inizio del ventiseiesimo capitolo. Palmette aperte di colore azzurro partono da un tralcio comune disposto orizzontalmente sul bordo inferiore e decorato da perle; sono intercalate da palmette più piccole di colore giallo chiaro. Il motivo è in parte simile a quello di f. 145v. f. 204v: fascia all’inizio della seconda parte del ventiseiesimo capitolo (mm 10×124). La decorazione, molto simile a quella nel f. 185v, presenta palmette di colore azzurro che si sviluppano da un tralcio continuo posto nella zona superiore; fra esse si inseriscono palmette di dimensioni minori. Dagli angoli partono foglie di colore giallo che si dirigono verso l’alto. f. 219r: fascia (mm 10/11×129) delimitata da una cornice azzurra (mm 2). Una sequenza di croci realizzate a risparmio si dispone in diagonale sul fondo verde della fascia, dando luogo a spazi di forma romboidale dipinti in azzurro. I contorni delle forme sono ripassati in inchiostro rosso carminio, utilizzato anche per tracciare le diagonali dei rombi sopra la campitura cromatica. I quattro angoli esterni della fascia sono decorati da foglie a lancetta di colore azzurro. f. 224v: fascia (mm 8/9×131/132), all’inizio del ventisettesimo capitolo delimitata da una cornice azzurra (mm 2). La fascia, dalle dimensioni piuttosto irregolari, è divisa da listelli azzurri verticali, in rettangoli di colore verde, bianco, azzurro e rosa. Gli angoli della cornice, il cui disegno è tracciato in azzurro e non in inchiostro rosso, come di consueto, terminano con motivi a mandorla, campiti in rosa. f. 238v: fascia (mm 8/9×124), all’inizio del ventottesimo capitolo. Quadrilobi di colore azzurro su fondo verde sono inframmezzati da rettangoli di colore bianco. Il motivo è completato da un reticolato di linee tracciate in inchiostro rosso carminio. Agli angoli esterni motivi a mandorla campiti in bianco. f. 248r: fascia (mm 8/9×123), all’inizio del ventinovesimo capitolo delimitata da una cornice azzurra (mm 2). La decorazione, molto simile a quella di f. 103v, è costituita da un listello azzurro posto al centro della fascia sul fondo riservato della pergamena. Gli angoli della cornice sono decorati da foglie a lancetta, campiti in azzurro solo nella parte superiore. f. 251v: fascia (mm 8/9×125). Motivi quadrangolari, alternativamente di colore azzurro, bianco e verde, a eccezione delle due estremità dove sono collocati due elementi azzurri, sono disposti sul fondo riservato della pergamena e decorato da perle verdi. Un traliccio reticolare è tracciato in

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inchiostro rosso. Dagli angoli esterni della cornice partono motivi a foglia – gialle nella parte superiore, azzurre in quella inferiore – che si sviluppano con lunghe code, soprattutto sul lato destro dove giungono a 20 mm. f. 256v: miniatura (mm 149/152×55/56) inserita all’interno dell’indice fra la numerazione e il titolo dei capitoli disposto in ordine inverso. Ripropone il tema della miniatura del f. 5v: sulla scala rivolta a destra due angeli salgono verso il busto di Cristo raffigurato all’interno del clipeo. L’ angelo più in alto veste una tunica di colore grigio e un pallio viola chiaro, quello sui primi pioli della scala una tunica azzurra e un pallio bianco/ocra. Le ali sono di colore nero e nella parte terminale rosa acceso o biancogrigio. In alto l’iscrizione Ω ƒer≠ kaˆ qe…a. f. 257r: miniatura (mm 137/140×44/47) inserita all’interno della seconda parte dell’indice in ordine inverso, fra la numerazione e il titolo dei rispettivi capitoli. La scena è speculare alla precedente con le vesti degli angeli che presentano piccole varianti nella scelta dei colori. L’angelo più in alto ha la tunica azzurra e il pallio ocra, quello più in basso la tunica bianco/grigio, e il pallio viola chiaro. In alto l’iscrizione kl…max a completamento di quella nella pagina precedente. f. 258r: miniatura tabellare (mm126×70/71) all’inizio del Liber ad pastorem. A sinistra è raffigurato Giovanni di Raithu che predica al gruppo di monaci sulla destra. Sul margine sinistro l’iscrizione π poim»n π Ós(ioj) „w(£nnhj) sul margine destro oƒ monacoˆ t(Áj) mo(nh\ j). Al di sotto vi è una fascia ornamentale in inchiostro rosso (mm 8×127) che presenta all’interno una linea ondulata sempre in inchiostro rosso con piccole foglioline stilizzate alternativamente azzurre o pergamena; ai quattro angoli esterni si dispongono motivi a mandorla campiti in azzurro ad eccezione di quello in basso a sinistra. Le iniziali miniate sono generalmente ad apertura dei testi e dei singoli capitoli della Scala Paradisi, hanno un’altezza fra i 20 e i 40 mm con alcune eccezioni, come le grandi lettere T nei ff. 7r, 13r, 145v e I nel f. 248r. Sono tracciate in inchiostro rosso con precisione e una certa eleganza, ma, in alcuni casi, presentano forme tozze, come la A del f. 145v. I motivi decorativi utilizzati sono soprattutto racemi vegetali (foglie di vario tipo, palmette, rosette etc.), anelli e doppi uncini, più raramente elementi a zig-zag e gradinati. Piccoli racemi sono presenti all’interno delle iniziali di dimensioni minori, tracciati in inchiostro rosso con le foglioline in blu (E nel f. 229r e nel f. 258r); foglie di profilo per lo più di colore azzurro decorano l’apice o il piede del fusto delle iniziali A, P, U, D, T, talvolta con eleganti prolungamenti come nel T nel f. 91v; una rosetta corona lo I (f. 248r) o si dispone nel punto mediano dell’asta trasversale, come nel P del f. 219r. Anelli e doppi uncini avvolgono il fusto delle iniziali (f. 7r, 13r, 72v, 120v, 103v, 127r, 147v, 152r, 167v, 248r), separatamente o combinati, ripetuti fino a tre volte (P del f. 169v). Il motivo a zig-zag è utilizzato nel piede della grande lettera T (f. 13r) e nella parte inferiore dell’W (f. 103v), il motivo a gradini solo nel pie-

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de del T (f. 7r, f. 116v). I colori ricorrenti sono il bianco, l’azzurro, il verde chiaro, più raramente il rosa e il giallo chiaro. Il Ross. 251 è il codice, fra i greci del fondo rossiano, che presenta la più ricca decorazione. È celebre in particolare per la miniatura al f. 12v, con la rara raffigurazione della doppia immagine del Volto di Cristo, e il manoscritto è citato con frequenza all’interno degli studi che riguardano questo tema (DER NERSESSIAN, La légende d’Abgar, 102; GRABAR, L’Iconoclasme, 52; KITZINGER, The Mandylion at Monreale, 577-578; KESSLER, Images, 66 fig. 8; KESSLER, Il Mandylion, 71; KESSLER, Scheda III. 5, 93; KESSLER, La Scala celeste, 90-91; WOLF, Il Volto che viaggia, 21; LIDOV, Mandilion i keramion, 254; LIDOV, The Miracle of Reproduction, 21), ma non è stato oggetto di indagini specifiche recenti. L’articolo del 1934 di Osieczkowska, che si limita ad accurata descrizione (OSIECZKOWSKA, Notes sur le Rossianus 251), e il volume di Martin del 1954, dedicato alle diverse illustrazioni della Scala Paradisi (MARTIN, The Illustration, 184-185), restano ancora i principali punti di riferimento. Il codice si distingue per la ricchezza e la varietà di motivi e la coesistenza di caratteri provinciali accanto ad altri costantinopolitani. Elementi che hanno fatto sì che la storia degli studi sia segnata da ipotesi diverse, sia relative all’epoca che all’ambito di produzione. Le proposte di datazione oscillano fra X e XI secolo (VAN DE VORST, Verzeichnis, 498), XI secolo (GOLLOB, Die griechische Literatur, 30; TIETZE Die illuminierten, 2; MARTIN, The Illustration, 185), XI-XII secolo (Catalogo della mostra 1936, 24), XII secolo (WOLF, Il Volto che viaggia, 21); il luogo di produzione è stato individuato ora in un centro provinciale, identificato con probabilità nell’area della Palestina (MARTIN, The Illustration, 185), ora a Costantinopoli (KESSLER, Scheda III. 5, 93; KESSLER, La Scala celeste, 91). L’analisi paleografica ha permesso di collocare la scrittura e la decorazione del Ross. 251 fra la metà e l’inizio della seconda metà dell’XI secolo e di riferirle a una mano provinciale che potrebbe aver operato in un centro aperto a influssi periferici, forse da individuare in Asia Minore piuttosto che in Palestina, o nella stessa capitale. Le fasce ornamentali sono molto diverse fra loro per dimensioni, motivi utilizzati e qualità d’ esecuzione. Hanno tutte un disegno di base in inchiostro carminio, a eccezione di quella nel f. 161v; l’altezza di mm 8/10 e, in diversi casi, di mm 18/20 (ff. 72v, 87r, 127v, 145v, 155r, 169v); sono delimitate da un bordo campito in azzurro (largo in media mm 2) che in diversi casi è assente (ff. 2v, 102v, 114v, 116v, 118r, 127r, 153v, 166r, 169v, 173r, 251v, 257r); alcune fasce mancano anche della cornice e la decorazione si sviluppa liberamente sul fondo pergamena (ff. 109v, 112r, 118r, 120r, 145v, 169v, 185v, 204v). Viene utilizzata l’ampia varietà di motivi vegetali che decora i codici bizantini a partire dal X secolo e ha ampia diffusione nei secoli successivi; le silhouette dei singoli elementi sono tracciate in inchiostro rosso sul fondo pergamena, spesso a risparmio, mentre in altri casi avviene l’inverso e sono i motivi decorativi a essere risparmiati sul fondo bianco della pagina.

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Si dispiega l’intero repertorio di palmette (palmetta a tre foglie, palmetta sasanide, palmetta a cuore, palmetta aperta), di foglie (a lancetta, di profilo), di racemi vegetali e motivi floreali (rosette, fiori con petali a mandorla o Mandelrosette, fiori di loto), in combinazioni di volta in volta diverse, che utilizzano anche segmenti dei singoli motivi, moltiplicando il disegno e giungendo a soluzioni originali. Tutti questi elementi sono generalmente inseriti in clipei (ff. 1r, 13r, 27r, 33v, 72v, 87r, 150v, 155r) o in campi geometrici delimitatati da motivi a zig zag (ff. 22v, 127v, 147v, 166r, 169v). Sono presenti anche elementi geometrici ripetuti serialmente: motivi gradinati (f. 4v), rettangoli di diverse dimensioni (ff. 7r, 116v, 224v), fasce (ff. 32r, 91r, 147v), listelli (ff. 103v, 229v, 248r) e, più raramente, il motivo della treccia a due capi (ff. 112r, 173r). La maggior parte dei motivi può essere avvicinata al repertorio di codici databili fra X e XI secolo quali il ms. Christ Church gr. 4 del Christ Church College di Oxford (fine X inizio XI secolo) (HUTTER, Corpus der byzantinischen IV 1 nr. 2, 4-8; IV 2, figg. 19-47); i codici Roe 23, Auct. 2.2 della metà dell’XI secolo della Bodleian Library (HUTTER, Corpus der byzantinischen III, 1 nr. 26, 42-43; III, 2 fig. 107; HUTTER, Corpus der byzantinischen III, 1, 50-51 nr. 33; III, 2 figg. 139 e 147); a una serie di codici dell’XI secolo custoditi presso la Biblioteca Nazionale di Atene, il ms. gr. 218 (ff. 51r, 64r) (MARAVA-CHATZINICOLAU, TOUFEXI-PASCHOU, Catalogue III, 113-114 nr. 19, figg. 370-372), il ms. gr. 324 (ff. 94, 44r, 48r, 60r, 83r, 100r) (ivi, nr. 20, 114-115, figg. 373-380), il ms. gr. 450 (ff. 91r, 105r, 184r) (ivi, 124-125, nr. 24, figg. 392-394) e il ms. gr. 2547 (ff. 112r, 186r) (ivi, 132-135, nr. 29, figg. 175177) e, infine, al Pal. gr. 259 (ff. 139r, 161v) presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, prodotto nel 1054 in Asia Minore. Alcune soluzioni decorative hanno caratteri spiccatamente provinciali (ff. 72v, 87r, 155r, 169r), altre sono di pura fantasia (ff. 7r, 13r, 32r, 91r, 161v, 224v, 251v, 258r); anche l’esecuzione non è omogenea, talvolta è approssimativa, in alcuni casi persino rozza (ff. 4v, 161v, 224v). Il carattere così diversificato delle fasce permette di suggerire che vi siano stati interventi distinti, anche se non distanti fra loro, o comunque di artefici diversi, supposizione che trova conferma nell’indicazione tracciata da mano diversa in caratteri di colore azzurro a margine dei ff. 145v e 161v, che ripete la numerazione dei capitoli 17 e 22 già indicata in inchiostro rosso carminio nel testo. La gamma cromatica è limitata a pochi colori: azzurro, verde pallido, giallo chiaro, rosa; solo in alcuni casi compaiono anche i colori bianco, rosso, verde scuro e viola (ff. 118r, 166r, 173r, 224v, 251v). I colori sono opachi e non trasparenti o translucidi come nella produzione costantinopolitana; inoltre spesso sono evanidi, o abrasi, indice della scarsa qualità dei pigmenti utilizzati, come si rileva in molti codici di produzione provinciale, ad esempio il già citato ms. Pal. gr. 259. Le lettere iniziali mostrano soluzioni decorative molto simili a quelle nel codice il ms. gr. 72 del Christ Church College di Oxford (prima metà XI secolo) (HUTTER, Corpus der byzantinischen IV, 1, 23-26; IV, 2, figg. 124-128). Analogamente alle fasce, esse rivelano una evidente disomogeneità nell’esecuzione, in particolare in alcuni fogli (ff. 145v, 161r).

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Le miniature tabellari presentano una situazione complessa. Da una parte non si adeguano alle dimensioni delle fasce decorative sopra cui si dispongono (in alcuni casi sono troppo corte, come nel f. 13r, e in altri troppo lunghe, come nel f. 17r); sembrano inserite quasi a forza nell’indice dei ff. 5v-6r e dei ff. 256v257r e non previste nel f. 5r e nel f. 12v dove la pagina, prima dell’elenco dei capitoli e dell’inizio del trattato, era prevista bianca (MARTIN, The Illustration, 185). Dall’altra, si distinguono dalle contemporanee illustrazioni della Scala Paradisi che proprio a partire dall’XI secolo si articolano in forma di vero e proprio ciclo, anche molto esteso, come accade nel ms. Vat. gr. 394 o nel ms. Garrett 16 della Biblioteca dell’Università di Princeton. Nel Ross. 251, invece, le miniature non sono in forma di ciclo, ma si raggruppano all’inizio e alla fine del testo, presentando solo alcune scene, spesso elaborate con varianti. La tradizione iconografica viene rispettata solo nelle parti secondarie, la lettera al monaco Giovanni di Raithu (f. 1r), la risposta di Giovanni Climaco (f. 2v), Giovanni Climaco che predica ai monaci (ff. 13r, 258r), mentre si agisce con una nuova libertà negli altri casi. Si tratta dell’inserimento degli angeli sulla scala al posto dei monaci nelle miniature nei ff. 5v-6r, 256v-257r, ma soprattutto dell’introduzione di temi non previsti come il Sogno di Giacobbe e la Lotta di Giacobbe con l’angelo, nel f. 5r, o del tutto nuovi, come le immagini acheropite nel f. 12v. Alla luce di queste constatazioni, Martin aveva suggerito che fra la stesura del codice e la sua illustrazione doveva esservi stato uno scarto di tempo piuttosto ampio, circa un secolo; proponeva per la copia del testo corredato delle fasce decorative e delle iniziali il principio dell’XI secolo, mentre spostava l’esecuzione delle miniature nel secondo decennio del XII secolo, sulla base di confronti stilistici con le miniature del ms. Urb. gr. 2 della Biblioteca Vaticana, in particolare, per la soluzione dei profili concavi (f. 21r) (STORNAJOLO, Miniature delle Omelie di Giacomo Monaco, 23; MARTIN, The Illustration, 185). Questa datazione non è stata condivisa da diversi studiosi che hanno preferito inserirle nell’ambito dell’XI secolo (GRABAR, L’iconoclasme, 52, 53, 57; LAZAREV, Storia della pittura, 251, n. 35; KITZINGER, The Mandylion at Monreale, 475-477; KESSLER, La Scala celeste, 91 a modifica di una precedente proposta per gli inizi del XII secolo, cfr. KESSLER, Images, 66, n. 44; KESSLER, Scheda III. 5. La Scala celeste, 93). Alla ricerca di elementi per ancorare l’esecuzione delle miniature, l’interesse si è appuntato in particolare sulla rara rappresentazione delle tavolette spirituali in forma di immagini acheropite nel f. 12v, PLAKES PNEUMATIKAI, come indica la scritta in lettere in inchiostro carminio. “Tavole spirituali” era l’altro nome sotto cui era noto il trattato di Giovanni Climaco, a sottolineare il parallelo fra le regole spirituali che conducevano i monaci all’ascesi e le tavole mosaiche della Legge del profeta Mosé, legame simbolico particolarmente stretto dal momento che Giovanni Climaco fu egumeno del monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai. Le tavole spirituali nel f. 8r del ms. Garrett 16 della Biblioteca dell’Università di Princeton sono raffigurate nella forma di tavole di marmo, proprio come le tavole della legge mosaica (MARTIN, The Illustration, fig. 32) in questo caso invece vengono scelte, in modo del tutto originale, due immagini acheropite:

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la prima, il Mandylion, impressa su tessuto, la seconda il Keramion impressa su argilla. Entrambe erano state trasportate a Costantinopoli e dal 960 erano custodite presso la cappella del Pharos nel Palazzo imperiale, insieme alle tavole di Mosè, ed è proprio a partire da questo momento che la loro immagine inizia a essere riprodotta nei diversi media (WEITZMANN, The Mandylion, 163-184; KESSLER, Il Mandylion, 69-76; LIDOV, The Miracle of Reproduction, 17-41). Una raffigurazione del Mandylion molto simile a quella contenuta nel Ross. 251, con il volto di Cristo dalla forma arrotondata e carnosa, è contenuta nel Menologio dell’XI secolo (ms. 35, f. 142v) presso la Biblioteca del Patriarcato greco ortodosso di Alessandria (PATTERSON ŠEVCˇ ENKO, Illustrated Manuscripts, 46-48). A questa tipologia si affianca, a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, quella con il volto allungato, la barba a due punte, i capelli lunghi che ricadono sulle spalle, che sostituirà la prima e che ha una delle prime raffigurazioni nelle pitture della Saklı Kilise (metà XI secolo) in Cappadocia (THIERRY, Deux notes, 16-19; KESSLER, Il Mandylion, 72-74). Kessler ha sottolineato come la presenza delle immagini acheropite nel Ross. 251, sia il segno di una sottile riflessione teologica sull’indipendenza dell’immagine di Cristo dal supporto su cui si manifesta (KESSLER, Il Mandylion, 72), e ha suggerito di metterle in relazione alla ripresa del dibattito sulle immagini negli ultimi anni dell’XI secolo, segnato dal concilio convocato nel 1095 dall’imperatore Alessio Comneno contro Leone vescovo di Calcedonia (CARR, Leo of Chalcedon, 575; KESSLER, Images, 66, n. 44; KESSLER, Scheda III.5. La Scala celeste, 93). Ma una datazione delle miniature alla fine dell’XI secolo non sembra trovare conferma in altri elementi interni al codice. D’altro canto la stessa tipologia del volto di Cristo, dalla forma arrotondata e con i capelli corti, si inserisce nell’ambito del pieno XI secolo, quando la diffusione dell’immagine del Mandylion è già ampiamente attestata, anche in ambito monumentale. Nel Ross. 251 il parallelo fra Vecchio e Nuovo Testamento viene ricordato in modo coerente anche in altre illustrazioni, in particolare nel Sogno di Giacobbe e la Lotta fra Giacobbe e l’angelo nel f. 5r. La Scala Paradisi, raffigurata solitamente come una vera e propria scala sulla quale salgono i monaci (ms. Vat gr. 394; Princeton, University Library, ms. Garrett 16; Athos, Stauronikita ms. 50) è qui invece presentata come scala del Sogno di Giacobbe, e su di essa vi sono angeli e non monaci; questo accade non solo nel f. 5r, ma anche nei ff. 5v-6r e 256v-257r che contengono l’indice dei capitoli. Non si tratta di un fraintendimento del testo, ma, anche in questo caso, della visualizzazione esplicita del rapporto fra spiritualità del Vecchio e del Nuovo Testamento, come prevede il passo della Scala Paradisi (PG LXXXVIII, 1160C) contenuto nella stessa pagina, che accoglie la miniatura del f. 5r (MARTIN, The Illustration, 185). Lo schema compositivo della scena nel Ross. 251 è ripreso dagli Ottateuchi (ms. Vat. gr. 747, ff. 50r, 55r) (WEITZMANN, BERNABÒ, The Octateuchs, fig. 391), senza alcun cambiamento, diversamente da quanto avviene nel codice con la Scala Paradisi Sinai, Monastero di Santa Caterina, ms. gr. 423 (XI secolo), nel quale l’iconografia degli Ottateuchi viene modificata con l’inserimento delle figure di monaci tirati su dagli angeli nella difficile salita (f. 10v) (WEITZMANN, GALAVARIS, The Monastery of Saint Catherine, 98-99 nr. 36, fig. 295; MARTIN, The Illustration, 185).

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A esplicitare il programma nel Ross. 251 è presente l’indicazione per il miniaturista `H pala…stra tou 'Iak(wb), sul bordo inferiore della scena, sotto la figura di Giacobbe, che testimonia la consapevolezza nella scelta dei soggetti delle miniature (la stessa indicazione è ripetuta come didascalia sul margine esterno). L’insieme delle illustrazioni si rivela dunque coerente con il contenuto e con il significato del testo, anche se vengono scelte soluzioni originali. I colori utilizzati nelle miniature tabellari, d’altro canto, sono molto simili a quelli delle fasce e delle iniziali e non giustificano uno scarto temporale troppo ampio fra l’esecuzione delle prime e delle seconde. I caratteri stilistici delle miniature, inoltre, possono essere avvicinati a opere degli anni sessanta/settanta dell’XI secolo; la costruzione delle figure, la resa dei panneggi, il modo di organizzare i gruppi sono molto simili alle illustrazioni dei mss. 61 e 587 custoditi presso il Monastero di Dionysiou sul Monte Athos (PELEKANIDIS, CHRISTOU, TSIOUMIS, KADAS, Treasures I, 415-418, figg. 104-116; 434-448, figg. 189-277), in particolare alle miniature nei ff. 130r e 165r del codice 61 (ivi, figg. 114, 117) e alla miniatura del f. 148 del codice 587 (ivi, fig. 261). Anche la stesura del verde di base in due tonalità diverse, per ampie e veloci pennellate disomogenee, che lasciano ben visibile il gesto pittorico del miniatore, in contrasto con la precisione nella realizzazione delle parti figurate, trova riscontri puntuali nelle miniature del codice 587 (ff. 167v, 170v, 171v, 173r) (PELEKANIDIS, CHRISTOU, TSIOUMIS, KADAS, Treasures I, figg. 274-277) e del codice 61 (ff. 1v, 17r, 113r) (PELEKANIDIS, CHRISTOU, TSIOUMIS, KADAS, Treasures I, figg. 104, 107, 113). Nell’esecuzione del Ross. 251 sono dunque individuabili interventi diversi, successivi fra loro ma non troppo distanti e circoscrivibili probabilmente all’interno di un ventennio. In una prima fase, contestuale alla stesura del testo – metà o inizio della seconda metà dell’XI secolo – lo scriba ha tracciato le fasce decorative in inchiostro rosso, decorate da uno o più miniatori con abilità diverse e, in alcuni casi, dove i motivi sono particolarmente poveri o di fantasia, probabilmente dallo stesso scriba, secondo una prassi normale nel mondo bizantino (HUTTER, Decorative Systems, 5-22); una spia della presenza di più interventi è costituita dalle scritte azzurre a margine dell’inizio del diciassettesimo e ventiduesimo capitolo, che ripetono l’indicazione in carminio, già presente nel testo. Poco più tardi l’esecuzione delle miniature è stata affidata a un miniaturista molto esperto, aggiornato alle tendenze della capitale. Una particolarità è costituita dai fondi tracciati con evidente approssimazione: sono di colore verde, di diverse tonalità e in azzurro, rigorosamente uguali in tutte le miniature, anche nel f. 12v che non contiene una scena narrativa, ma le immagini acheropite, e avrebbe potuto accogliere una variante. Si caratterizzano per la mancanza di precisione nella delimitazione dei contorni (ff. 5v, 257r), il sovrapporsi alle righe di scrittura (ff. 5r, 2v), la disomogeneità nella campitura, la cattiva qualità dei pigmenti, alla quale è da attribuire il precario stato di conservazione. Tutti questi elementi permettono di ipotizzare che la loro stesura sia stata affidata a una mano diversa, incaricata di preparare i fondi per il miniaturista, che è intervenuto eseguendo solo le parti figurate con estrema perizia e precisione.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il codice presenta uno stato di conservazione discreto senza perdita di parti di testo o di parti decorate, solo qualche lisière o imperfezione. Negli ultimi fascicoli sono più presenti orli irregolari e fori di concia nei margini. In alcuni fogli si rilevano macchie d’acqua. Le miniature presentano abrasioni e cadute di colore. Particolarmente danneggiata la miniatura del f. 1r. Sono presenti interventi di restauro del supporto eseguiti fra Ottocento e Novecento. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge S(ANCTI) IOHANNIS CLIMACI OPERA GRAECE, in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) IX. I tagli presentano ancora, malamente leggibili, tracce di decorazione di fattura tardo-bizantina (con due grandi cerchi – ma tre sul taglio davanti – con motivi fitomorfi saldati fra loro da elementi di raccordo a intreccio) delineata in inchiostro bruno, e in parte campita in rosso vivo, in parte lasciata all’apparenza senza campitura (o forse campita con un colore chiaro poi svanito, come il giallo). (SILVA TAROUCA, II, 54r-63r; Bibl. Rossianae, III, 234r-235v) VORST, Verzeichnis, 498; GOLLOB, Die griechische Literatur, 30; TIETZE, Die illuminierten, 2 nr. 2; TIETZE, Verzeichnis, 24; OSIECZOWSKA, Notes sur le Rossianus, 261-268; Catalogo della mostra 1936, 24; DER NERSESSIAN, La légende d’Abgar, 102; MARTIN, The Illustration, 107-113, 123, 184-186, figg. 225-235; GRABAR, L’iconoclasme, 52, 53, 57; BARNEA, Un manuscrit byzantin, 325; LAZAREV, Storia della pittura bizantina, 251, n. 35; CANART, PERI, Sussidi bibliografici, 324; LAFONTAINE-DOSOGNE, s.v. Acheropita, 91; KESSLER, Images, 62, fig. 10; BERNABÒ, La fortuna figurativa, 75, 79; KESSLER, Argument, 66, fig. 8; KITZINGER, The Mandylion at Monreale, 578-579; KESSLER, Il Mandylion, 71; KESSLER, Scheda III. 5, 93; LIDOV, Mandilion i keramion, 254; KESSLER, La Scala celeste, 91; WOLF, Il volto che viaggia; CERESA, Bibliografia 2005, 477; LIDOV, The Miracle of Reproduction, 22; D’AIUTO, Per lo studio, 241; MENNA, Il Rossiano 251, 265-267, 271, 273. VAN DE

MARIA RAFFAELLA MENNA

Ross. 253 (olim VIII, 192) BARTHOLOMAEUS DE SANCTO CONCORDIO, Summa de casibus conscientiae (ff. 1r-230r); tabula capitolorum (ff. 230v-233v); tabula declarationum et notarum (f. 234r-v) Italia centro-settentrionale, sec. XV2 (d.to 1438 maggio 10) (f. 230v) explicit: Explicit Summa de casibus consciencie compilata per venerabilem fratrem Bartholomeum de Sancto Concordio Ordinis Praedicatorum de Pisibus ideo Pisanella sine cognomine, Magistrutia dicitur. Scripta necnon finita per me Andream Alberti de Alamanya sub anno millesimo quadringentesimo XXXVIII° die vero mensis X° madii in Sancto Angelo in Vado Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 234, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-

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ROSS. 251-253

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V’ cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche, in basso a destra, sul recto dei fogli; mm 256×177 (misura presa ai ff. 17 e 123); fascicoli 18, 2-2110, 22-238; richiami di fascicolo costanti e sottolineati da semplici interventi decorativi a inchiostro nero (in qualche caso a simulare una sorta di filatterio iscritto, come a f. 198v), posti sul verso del foglio, in basso a destra; sono spesso visibili, perché non rifilate, le indicazioni di registro, apposte in basso nell’angolo esterno, sul recto del foglio (per esempio ai ff. 20r, 30r-33r, 79r-83r); scrittura semigotica corsiva a inchiostro bruno di una sola mano; specchio scrittorio (mm 120×170) a 2 colonne di 45-46 linee (intercolumnio mm 11, f. 12); rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio, con doppie righe verticali e orizzontali che chiudono lo specchio e che giungono tutte ai margini inferiore e superiore. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 22 iniziali maggiori decorate a motivi vegetali per la maggior Ross. 253, f. 1r parte su fondo oro, con misura costante di mm 40×70, collocate all’incipit dei capitoli; le iniziali a f. 125r e f. 137v presentano un fondo policromo; 1 pagina d’incipit; iniziali minori rubricate di rosso e di blu decorate con filigrana del colore opposto che, insieme ai capilettera dei medesimi colori, segnalano l’inizio dei capitoli; segni di paragrafo in rosso. Il corpo delle iniziali maggiori è realizzato con l’uso di pigmenti blu, rosa e verde con lumeggiatura in giallo e in turchese, a eccezione delle lettere presenti ai ff. 92r, 140r, 230r realizzate in foglia d’oro; il fondo, a sua volta campito su lamina metallica, si caratterizza per la presenza del motivo acantiforme ornato da piccoli elementi fitomorfi realizzati in biacca. f. 1r:

pagina di incipit, iniziale Q di Quoniam ut ait Gregorius, in apertura dell’opera, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera in blu è decorato a boccioli e stilemi acantiformi da cui si dipartono racemi e boccioli. Sul margine inferiore, inserito entro elementi decorativi fitomorfi, è presente lo stemma del cardinale Domenico Capranica. f. 12v: iniziale B di Baptismus primo quod, all’incipit del secondo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera è in rosa antico, decorato da motivi fitomorfi in bianco, che si prolungano brevemente sul margine esterno. f. 20r: iniziale G di Gabella vide in pedagium, all’incipit del terzo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera in blu contrasta con la bicromia verde-rosa delle foglie lanceolate interne, dalle quali nascono piccole e sinuose appendici fitomorfe.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 41v: iniziale D di Dampnificatus an possit, all’incipit del quarto capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera in rosa è impreziosito da foglie lanceolate della stessa cromia che creano un elegante contrasto con il fiore verde a sei petali, inscritto entro un esagono all’interno della lettera. f. 55r: iniziale E di Ebrietas utrumque, all’incipit del quinto capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera è in blu mentre la parte interna si presenta a foglie rosate. f. 79r: iniziale F di Falsum de hoc quere, all’incipit del sesto capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera è elegantemente decorato da motivi fogliati; l’asta verticale della lettera si allunga nel margine in un gioco di volute. f. 84v: iniziale G di Gloria vana, all’incipit del settimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera in verde presenta una decorazione interna a foglie affrontate; arricchisce l’iniziale una doppia coda esterna a foglie rosse, interrotte da boccioli in lamina metallica aurea. f. 85r: iniziale H di Habitus utrumque liceat, all’incipit dell’ottavo capitolo, a motivi vegetali su fondo policromo; il corpo della lettera in oro contrasta con l’interno acantiforme blu, da cui si dipartono foglie lanceolate rosse. f. 92v: iniziale I di Iactantia quid est, all’incipit del nono capitolo, a motivi vegetali su fondo policromo; il corpo delle lettera in oro presenta un abbellimento a svolazzi vegetali verdi-rossi, interrotti da boccioli raggiati in oro. f. 119r: iniziale K di Karitas karactus, all’incipit del decimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera verde presenta un fregio interno a volute affiancate nella bicromia rosso-viola. Nella medesima pagina è poi presente l’iniziale L di Latro quis dicitur a motivi vegetali su fondo oro, che si sviluppano lungo lo specchio scrittorio, a formare un breve fregio; il corpo della lettera viola si arricchisce di un campo interno a carattere fitomorfo nei colori del verde e del giallo. f. 125r: iniziale M di Magister sive doctor, all’incipit del dodicesimo capitolo, a motivi vegetali su campo rosa; il corpo della lettera blu contrasta con l’interno rosso a boccioli sovrapposti. f. 137v: iniziale N di Naufragium quicquid, all’incipit del tredicesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo verde lumeggiato di bianco. f. 140r: iniziale O di Obedientia primo communiter, all’incipit del quattordicesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo verde-rosa; il corpo della lettera in foglia d’oro si arricchisce di elementi lanceolati nella medesima bicromia del fondo, che si sviluppano verso l’alto e verso il basso, lungo lo specchio scrittorio. f. 151v: iniziale P di Pactum vel pacta, all’incipit del quindicesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; dal corpo della lettera blu, lumeggiato di bianco, nascono elementi fitomorfi. f. 171r: iniziale Q di Quarta multiplex est, all’incipit del sedicesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera in rosa presenta un campo interno di colore verde e blu da cui nasce un nastro acantiforme verderosso, che si svolge lungo il margine inferiore dello specchio di scrittura.

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ROSS. 253

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f. 171v: iniziale R di Raptor primo communitus, all’incipit del diciassettesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera in blu, lumeggiato di bianco, è caratterizzato da un campo interno viola a volute vegetali verdi, da cui si muovono elementi vegetali a decorare il margine. f. 183v: iniziale S di Sacerdos qualiter sacerdotes, all’incipit del diciottesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera verde-rosa, con interno a motivi vegetali affrontati, presenta un fregio superiore acantiforme intercalato da elementi fitomorfi in oro. f. 209v: iniziale G di Gabellio est publica persona, all’incipit del diciannovesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera viola è ornato al suo interno da uno stilizzato alberello verde; alcuni prolungamenti vegetali caratterizzano il margine esterno. f. 215v: iniziale V di Vana gloria supra gloria, all’incipit del ventesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera rosa si arricchisce di un campo interno a volute affrontate nei colori del blu e del rosa. f. 230r: iniziale X di Xpristus (sic) xristianus, all’incipit del ventunesimo capitolo, a motivi vegetali su fondo viola; il corpo oro è impreziosito da una decorazione a foglia verde. Nello stesso foglio è poi presente un’iniziale Y di Ypocrisis utrumque sit a motivi vegetali su fondo oro; il corpo della lettera si caratterizza di volute verdi e viola intrecciate. La componente decorativa, eseguita frettolosamente, può essere collegata all’attività di un miniatore attivo in area italiana centro-settentrionale; si potrebbe suggerire l’area ferrarese, e a Ferrara si trovava nel 1438 il cardinal Capranica, impegnato nei preparativi del Concilio di Basilea. In questo anno il cardinale commissionò ad Andrea de Alamania la scrittura del testo che il copista eseguì nella città marchigiana di Sant’Angelo in Vado. Le iniziali richiamano in parte quelle del Ross. 269, anch’esso collocabile in Italia centro-settentrionale. Le iniziali ai ff. 125r e 137v (fasc. 1310 e 1410) presentano una esecuzione meno curata, con la completa mancanza della foglia oro; si può ipotizzare l’intervento di mano posteriore, che forse ha ripassato l’originaria lettera rovinata. Lo stato di conservazione appare discreto. Si nota la presenza di evidenti lacerazioni sui margini esterni dei ff. 55, 81, 84, 103, 104, 112, 151 e 156, l’ingiallimento della pergamena e l’attacco sporadico dei tarli (es. f. 102). Il codice è stato restaurato, come indica il cartellino sul contropiatto posteriore: Bibl(ioteca) Apost(olica) Vat(icana) / Laboratorio di restauro / Registro n. 8 / Data: 12 lug(lio) 1977. Legatura Rossi A, in mediocri condizioni conservative. Sul dorso in alto si legge: FR(ATRIS) BARTHOLOM(EI) / DE S(ANCTO) CONCORD(IO) / SUMMA / PISANELLA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1438.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto è citato nell’elenco del 1484 (ms. Vat. lat. 8184, ff. 20v-35v), come Opera iuris canonici et civilis. Compare fra i libri giuridici della Biblioteca Capranicense nell’elenco del 1657 con il titolo di Summa de casibus F. Bartholomei de Pisis. In quarto. (Bibl. Rossianae, III, 237r) TIETZE, Die illuminierten, 112 nr. 223; DICHTL, Codicum Rossianae, 8r nr. 211; MORPURGOCASTELNUOVO, Il Cardinal Domenico Capranica, 121; KIBRE, Hippocrates Latinus, 271; LUCIANI, Il Cardinal Capranica, 162; BUONOCORE, Bibliografia, 657; CERESA, Bibliografia 1991, 275; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 254 (olim VIII, 193) Biblia sacra, utriusque Testamenti, versione Vulgata (ff. 1r-312v); Interpretatio nominum Hebraicorum (ff. 313r-330v) Veneto, sec. XIII4, 1280 ca. Membr. (bianco sia il lato carne che quello pelo); ff. VI, 330, V’ (risguardi e guardie adiacenti in cartoncino azzurrino, in carta bianca le guardie restanti); tracce di foliazione antica in cifre romane al centro del margine esterno del recto, quasi completamente eliminate da una operazione di rifilatura; foliazione a matita a destra in alto in cifre arabe; mm 360×225. Gotica textualis a inchiostro bruno toccato di rosso nelle maiuscole; lo specchio di scrittura (mm 250×145) racchiude un testo disposto su due colonne di 66 linee ciascuna (intercolumnio mm 10, a f. 1r); si segnala la mancanza di richiami.

Sebbene il testo sia stato trascritto in una bottega libraria specializzata, come indicano le cesure modulari (f. 252 bianco) prima del Nuovo Testamento e delle Interpretazioni (f. 322v bianco); ogni libro è preceduto dalla indicazione dei capitoli, indice di un uso liturgico previsto per il codice. Il testo delle Interpretationes è mutilo e si interrompe alla lettera T.

Ross. 254, f. 3v

Il sistema illustrativo è costituito da saltuarie rubriche dello stesso modulo del testo (quelle mancanti saranno indicate in italiano nella scheda), dai titoli dei vari libri in caratteri rossi e blu trascritti nel margine superiore, da incipit scritti in bianco su sfondo blu e rosa, da lettere a penna e a pennello. Le lettere a penna, di misura va-

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riabile (mm 3-12), si trovano all’inizio dei capitoli e delle pericopi e nei due fascicoli finali contenenti le Interpretazioni: nella prima parte le lettere rosse e blu sono semplici nei capitoli all’inizio dei singoli libri, mentre nei capitoli del testo presentano grafismi ornamentali, nella tinta contrastante o bicromi, fatti di flessuose code desinenti in bulbi e rosette; nella seconda opera le sequenze alfabetiche sono introdotte da lettere rosse e blu con filamenti rettilinei di colore contrastante, mentre i singoli lemmi sono introdotti da piccole lettere rosse e blu. La scrittura d’apparato degli incipit maggiori è di due tipi: è realizzata in colore bianco su campo scandito su due registri blu e rosa, ai ff. 1r e 3v, mentre ai ff. 2r, 15r, 31v, 42r, 51v, 73v, 80v, 89r, 97r, 104v, 114r, 126v, 129v e 139v è data dall’alternanza di lettere in inchiostro blu e rosso su grafismi lineari in colori contrastanti. Le lettere a pennello riflettono ugualmente due tipologie differenti: i prologhi sono introdotti da lettere fogliacee, mentre i singoli libri e il prologo iniziale da lettere istoriate. Le prime, la cui grandezza varia al variare dell’importanza dei testi, si differenziano per complessità: da semplici lettere colorate in blu e ocra con rari elementi fogliacei a lettere più complesse includenti elementi zoomorfi. La struttura delle seconde varia a seconda dell’importanza del testo introdotto e della struttura della lettera: la misura media è di mm 40, ma le aste possono prolungarsi fino a raggiungere l’intera altezza dello specchio di scrittura. f. 1r:

f. 2r:

f. 3v:

iniziale F di Frater Ambrosius michi (mm 105×50), all’incipit dell’Epistola sancti Ieronimi con Girolamo scrivente con lo stilo nella mano sinistra e il raschietto nella destra; un messaggero, vestito di una corta tunica blu, sta davanti a lui con il rotolo in mano; lo scrittoio mostra libri all’interno. Sopra la lettera una scimmia; l’asta è sagomata con foglioline rotonde simmetriche e un ibrido con zampe di gallina e volto umano barbuto; l’asta si prolunga nel bas-de-page con una foglia ibridata ad aquilone desinente nella bocca di un altro ibrido dal volto umano e corpo di volatile che termina in tralcio; sul suo corpo combattono con armi fogliacee due figure umane. L’incipit Frater Ambrosius è scritto su due fasce rispettivamente blu e rosa. iniziale fogliacea D di Desideri mei (mm 60×40), al Prologus sancti Ieronimi in Penthateucum, è costituita da tralci che si intrecciano simmetricamente formando motivi cuoriformi. iniziale I di In principio creavit (mm 200×100), all’incipit del Liber Genesis qui dicitur Hebraice Beresith, si struttura in una lunga asta in foglia d’oro, sormontata da tralcio simmetrico a quattro girali, negli esterni dei quali sono due scimmie; vi trovano posto sette trilobi incorniciati da foglie con le scene della Creazione: Dio-Logos, biondo con corta barba, crea tra due angeli; Dio-Logos crea cielo e terra; Dio-Logos crea alberi; Dio-Logos crea astri; Dio-Logos crea pesci e uccelli; Dio-Logos crea animali e Adamo ed Eva; Dio-Logos si riposa in trono. Nel bas-de-page l’asta si prolunga in tre girali su fondo in foglia oro cuspidato: nel girale a sinistra Adamo ed Eva mangiano il frutto dell’Albero della conoscenza attorno al quale si avvolge un serpente; nella base dell’asta è inserito il

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f. 15r:

f. 24v: f. 31v:

f. 42r:

f. 50v:

f. 51r:

f. 57r:

f. 63r:

f. 63v: f. 64v:

f. 73v: f. 80v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

cherubino che caccia Adamo ed Eva vestiti di pelli. I progenitori si allontanano reggendo rispettivamente la scure e il fuso; nel primo girale a destra Caino e Abele sacrificano al Logos la cui testa appare in una nube; nel tralcio esterno Caino uccide Abele; nel secondo tralcio a destra Noè nell’arca riceve il ramo d’ulivo dalla colomba. Incipit campito in blu e rosa. iniziale H di Hec sunt (mm 107×45), all’incipit del Liber Exodi, il campo blu sagomato contiene Mosè con corna di luce in atto di protendere la verga che fa richiudere le acque del Mar Rosso in cui si intravedono teste di egiziani e un cavallo. iniziale V di Vocavit autem (mm 65×40), all’incipit del Liber Levitici. Mosè cornuto in atto di offrire un agnello al Dio-Logos benedicente dal cielo. iniziale L di Locutus est (mm 65×30), all’incipit di Vagedaber id est numeri, con il Dio-Logos in atto di parlare dal cielo a Mosè, rappresentato con le corna di luce, le mani giunte e stante. iniziale H di Hec sunt (mm 40×42), all’incipit di Adabarim id est Deuteronomius, con Mosè con corna di luce fra due giovani, nello spazio superiore dell’H, e Israeliti seduti in quello inferiore. iniziale fogliacea T di Tandem finito Pentateuco (mm 30×20), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in Iosue, in inchiostro marrone, con lievi filigrane, su fondo blu. iniziale E di Et factum est (mm 50×50), all’incipit del Liber Iosue. Mosè giacente mummificato sul letto funebre, mentre il giovane Giosuè parla con Dio-Logos; gli spazi di risulta fra nastro e cornice del campo hanno raffinati motivi fogliacei in blu. iniziale P di Post mortem (mm 180×45), all’incipit del Liber iudicum. DioLogos in atto di parlare agli ebrei stanti; lunga coda della P con aquilone finale. iniziale I di In diebus (mm 240×30), all’incipit del Liber Ruth. Elimelech, Noemi e due figli in atto di emigrare presso i Moabiti. Elimelech, indossando una corta tunica, avanza con bastone e fagotto, mentre Noemi segue con i due figli. iniziale fogliacea V di Viginti et duas (mm 44×30), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in libros Regum. iniziale F di Fuit vir unus, all’incipit del Liber Regum primus. Scena di battaglia tra armati con scudo rotondo, con leone bianco in campo rosso, e armati con due scudi allungati, il primo dei quali ha l’aquila bianca in campo blu e l’altro ha strisce trasversali bianche e blu. iniziale F di Factum est (mm 280×50), all’incipit del secundus. Uccisione dell’Amalecita che viene decollato. iniziale E di Et rex David (mm 50×50), all’incipit del secundus (ma è il terzo). Il vecchio David a letto con la fanciulla Abisag, rappresentata con lunghi capelli ondulati, mentre David è sdraiato su un letto con un cuscino dietro la testa.

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f. 89r: f. 97r:

f. 104v:

f. 113v:

f. 114r:

f. 116v: f. 120v: f. 124r:

f. 126v:

f. 129v:

f. 132v: f. 133r: f. 139v:

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iniziale F di Factum est (mm 280×50), all’incipit del quartus. Elia sul carro di fuoco alla presenza di Eliseo che lo segue con lo sguardo. iniziale fogliacea S di Si septuaginta interpretum (mm 45×40), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in libros Paralipomenon, con protome di vecchione; iniziale A di Adam, Seth (mm 55×45), all’incipit dei Paralipomena, con Adamo sopra l’asta traversa e i discendenti stanti al di sotto che introducono due prologhi del libro seguente. iniziale C di Confortatus est (mm 50×50), all’incipit del secundus, incorniciata a tempera verde, campo rosa con rosette a filigrana e Salomone in atto di offrire un sacrificio a Dio davanti ad ara su cui arde il fuoco; dietro a lui un giovane osserva. iniziale fogliacea U di Utrum difficilius (mm 40×35), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in libros Esdrae, in blu e ocra marrone decorato con pigne. iniziale I di In anno primo (mm 250×30), all’incipit del Liber Esdrae primus. Costruzione del Tempio: Ciro e operai con corte tuniche e cuffiette su due piani con scala. iniziale E di Et factum (mm 25×25), all’incipit di Neemias, con scena di offerta del calice coperto al re. iniziale E di Et fecit (mm 30×30), all’incipit del Liber Esdrae secundus, con Iosias da solo in atto di celebrare la Pasqua facendo offerte nel Tempio. iniziale fogliacea C di Chromatio et Heliodoro (mm 25×14), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in librum Tobiae; iniziale T di Tobias ex tribu (mm 35×40), all’incipit del Liber Tobiae, con draghetto in sostituzione del tratto orizzontale e ai lati dell’asta verticale Tobia a letto e Tobiolo con bastone in atto di partire. iniziale fogliacea A di Apud Hebreos (mm 25×15), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in Iudith; iniziale A di Arphaxat itaque (mm 130×40), all’incipit del Liber Iudith, con Giuditta in atto di decapitare Oloferne. iniziale fogliacea L di Librum Hester (mm 15×10), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in Esther. Iniziale I di In diebus Assueri (mm 155×35), all’incipit del Liber Esther, con il re Assuero in trono ed Ester seduta più in basso che riceve lo scettro. iniziale fogliacea C di Cogor per singulos (mm 20×15), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in libro Iob. iniziale V di Vir erat (mm 45×40), all’incipit del Liber Iob, con Giobbe sul letamaio assistito dalla moglie e alla presenza dei tre amici. iniziale fogliacea D di David filius (mm 20×18), all’incipit del prologo del Salterio; iniziale fogliacea P di Psalterium nomen (mm 85×20), all’incipit del secondo prologo; iniziale B di Beatus vir (mm 45×40), all’incipit del Liber psalmorum id est soliloquiorum prophete David Deo Christo responsorium, con Dio-Logos nell’occhiello superiore e David citaredo in quello inferiore.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 142r: iniziale D di Dominus illuminatio (mm 45×40), con Dio-Logos benedicente e David con corona che indica il proprio occhio. f. 143v: iniziale D di Dixit custodiam (mm 42×45), con mano divina benedicente e David che indica la propria bocca. f. 145r: iniziale D di Dixit insipiens (mm 25×30), con stolto calvo, con bastone, in atto di divorare cibo. f. 146r: iniziale fogliacea S di Salvum me fac (mm 30×25). f. 148r: iniziale E di Exultate Deo (mm 28×25), con David citaredo che suona con lo strumento posato sulle ginocchia. f. 149r: iniziale C di Cantate domino (mm 25×25), con due chierici tonsurati in abito bianco, senza cappuccio. f. 151v: iniziale D di Dixit dominus (mm 40×35), con Dio-Logos in trono benedicente con libro chiuso. f. 154v: iniziale zoomorfa I di Iungat epistola (mm 102×10), all’inizio del prologo dei Proverbi, formata da un ibrido alato bipede con coda fogliacea. f. 155r: iniziale fogliacea D di De parabolis Salomonis (mm 15×10), all’incipit del libro seguente. f. 155v: iniziale P di Parabole Salomonis (mm 105×30), all’inizio dei Proverbi, con Salomone in trono con frusta e figlio seduto con libro in grembo. f. 160v: iniziale fogliacea N di Ne minime (mm 20×15), all’inizio del prologo del l’Ecclesiaste; iniziale V di Verba Ecclesiastae (mm 45×50), all’inizio dell’Ecclesiaste, con Salomone in trono in atteggiamento pensoso con libro in grembo. f. 162r: iniziale O di Osculetur me (mm 25×25), all’incipit del Canticum canticorum quod hebraice dicitur Sirasiriu, con Ecclesia rappresentata come figura femminile alata e stante, con corona e in mano calice sormontato da ostia; indossa un sontuoso abito con trabea picta. f. 163v: iniziale D di Diligite iustitiam (mm 50×35), all’incipit del Libro della Sapienza, con Salomone in trono, coronato e con spada. f. 167r: iniziale fogliacea M di Multorum nobis (mm 22×22), all’incipit del Prologus dell’Ecclesiastico. f. 167v: iniziale O di Omnis Sapientia (mm 30×30), all’incipit dell’Ecclesiastico, con Dio-Logos con nimbo crucigero in trono, benedicente, col libro. f. 177r: iniziale fogliacea N di Nemo cum prophetas (mm 25×15), all’incipit del Prologo di Isaia; iniziale I di Isaia in Ierusalem (mm 15×8), all’incipit dell’Argomento; iniziale V di Visio Isaiae (mm 40×40), all’incipit del Liber Isaiae, istoriata con Isaia martirizzato mentre è inginocchiato in atto di pregare; il carnefice è stante alle sue spalle e inizia a tagliare a metà la testa. f. 188v: iniziale fogliacea I di Ieremias propheta (mm 70×15), all’incipit del Prologo, con un bipede bruno in campo blu. f. 189r: iniziale fogliacea I di Ioachim filio (mm 5×15), all’incipit del secondo prologo di Geremia; iniziale I di Ieremias Anathotides (mm 20×10), all’incipit dell’Argomento; iniziale V di Verba Ieremiae (mm 50×30), all’incipit

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ROSS. 254

f. 203r:

f. 205r:

f. 206r:

f. 219r: f. 219v: f. 225r:

f. 226v:

f. 227v:

f. 229r:

f. 229v:

f. 230r: f. 231r:

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del libro di Geremia, con Geremia che indica il vaso di fuoco sovrastato dalla mano divina benedicente. iniziale fogliacea L di Liber iste (mm 40×10), all’incipit del Prologo; iniziale E di Et haec verba (mm 30×30), all’incipit del Libro di Baruch, con Baruch scrivente seduto allo scrittoio. iniziale fogliacea E di Et factum est (mm 15×15), all’incipit dei Prologo; iniziale Q di Quomodo sedet sola (mm 82×30), all’incipit delle Lamentationes Ieremiae prophetae, con Geremia seduto e dolente. iniziale fogliacea R di Recordare domine (mm 25×20), all’incipit della Oratio Ieremiae prophetae; iniziale zoomorfa I di Iezechiel propheta (mm 60×25), all’incipit della Prefatio sancti Ieronimi presbiteri in Eieziel (sic) propheta, con pappagallo; iniziale E di Et factum est (mm 30×28), all’incipil di Heieziel (sic), profeta dormiente e sovrastato dalla visione del tetramorfo. iniziale fogliacea D di Danielem prophetam (mm 25×20), all’incipit del Prologo. iniziale A di Anno tertio (mm 140×40), all’incipit del Libro di Daniele, con Daniele stante, avvolto in un lungo manto, tra due leoni. iniziale fogliacea N di Non idem (mm 15×10), all’incipit del Prologo ai profeti minori; iniziale fogliacea T di Temporibus Ozias (mm 18×10), all’incipit del Prologo di Osea; iniziale V di Verbum domini (mm 35×25), all’incipit del Libro di Osea, con Osea stante in atto di abbracciare la prostituta Gomer. iniziale fogliacea I di Ioel propheta (mm 30×10), all’incipit del Prologo di Gioele; iniziale V di Verbum domini (mm 42×40), all’incipit del Libro di Gioele, con Gioele stante con rotolo in mano. iniziale fogliacea O di Ozias rex (mm 15×15), all’incipit del Prologo di Amos; iniziale istoriata V di Verba Amos (mm 50×50), all’incipit del Libro di Amos, Amos raffigurato come pastore tra le pecore, sul fondo la mano di Dio benedicente. iniziale fogliacea I di Iacob patriarcha (mm 70×10), all’incipit del Prologo al Libro di Abdia; iniziale istoriata V di Visio Abdie (mm 60×40), all’incipit del Libro di Abdia, con il profeta stante con cartiglio; iniziale fogliacea S di Secundum Ionam (mm 20×10), all’incipit del Prologo del Libro di Giona. iniziale istoriata E di Et factum (mm 30×30), all’incipit del Libro di Giona, con Gerusalemme rappresentata a volo d’uccello nell’occhiello superiore e Giona inghiottito dal mostro marino in quello inferiore; iniziale fogliacea T di Temporibus Iarte et Achaz (mm 10×10), all’incipit del Prologo del Libro di Michea. iniziale istoriata V di Verbum domini (nun 35×30), all’incipit del Libro di Michea, con profeta stante con cartiglio. iniziale policroma in marrone e blu N di Naum propheta (mm 25×15), all’incipit del Prologo del Libro di Naum; iniziale O di Onus Ninive (mm 32×25), all’incipit del Libro di Naum, con profeta stante con cartiglio.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 231v: iniziale O di Onus quod Abacuc (mm 28×23), all’incipit del Libro di Habacuc, con profeta con cartiglio e stante; iniziale fogliacea N di Nec audivi (mm 15×10), all’incipit del Prologo di Habacuc. f. 232r: iniziale fogliacea T di Tradunt Hebrei (mm 10×10), all’incipit del Prologo del Libro di Sofonia; iniziale istoriata V di Verbum domini (mm 50×40), all’incipit del Libro di Sofonia, con profeta con cartiglio e stante di profilo. f. 232v: iniziale istoriata I di In anno secundo (mm 150×30), all’incipit del Libro di Aggeo, con profeta, giovane e con capelli a chiocciola, con cartiglio e stante sotto un’arcata. f. 233r: iniziale fogliacea I di In vigesima et quarta (mm 80×10), all’incipit del Prologo del Libro di Zaccaria, con figuretta umana stante nel nastro; iniziale istoriata I di In mense octavo (mm 140×30), con profeta con cartiglio e stante; la lettera è sorretta da drago desinente in aquilone. f. 235r: iniziale fogliacea D di Deus per Moysen (mm 12×10), all’incipit del Prologo di Malachia; iniziale fogliacea M di Malachias latine interpretatur (mm 10×10), all’incipit del secondo prologo. f. 235v: iniziale istoriata O di Onus verbi (mm 20×25), all’incipit del Libro di Malachia, con profeta con cartiglio e stante. f. 236v: iniziale fogliacea M di Machabeorum libri (mm 20×12), all’incipit del Prologo ai Libri dei Maccabei; iniziale istoriata E di Et factum est (mm 27×27), all’incipit del Primo libro dei Maccabei, con Matathias armato in atto di uccidere l’ebreo che sacrifica un vitello. f. 245r: iniziale istoriata F di Fratribus qui sunt (mm 15×40), all’incipit del Secondo libro dei Maccabei, con Giuda Maccabeo in atto di consegnare la lettera per gli ebrei di Egitto. f. 251r: iniziale fogliacea B di Beatissimo pape (mm 20×10), all’incipit della Epistola a papa Damaso; iniziale fogliacea P di Pluresfuisse (mm 90×25), all’incipit del Prologo del Nuovo Testamento. f. 251v: iniziale fogliacea M di Matheus ex Iudea (mm 22×15), all’incipit del Prologo del Vangelo di Matteo. f. 253r: iniziale istoriata L di Liber generationis (mm 40×25), all’incipit del Vangelo di Matteo, con albero di Iesse formante tre volute vegetali. Al centro la Vergine con due profeti. f. 261r: iniziale fogliacea M di Marcus evangelista (mm 20×20), all’incipit del Prologo del Vangelo di Marco; iniziale istoriata I di Initium evangelii (mm 130×30), all’incipit del Vangelo di Marco, con evangelista stante teriocefalo con libro in mano. f. 266r: iniziale fogliacea L di Lucas Syrus (mm 42×20), all’incipit del Prologo del Vangelo di Luca. f. 267r: iniziale istoriata Q di Quoniam quidem (mm 60×40), all’incipit di alius prologus (ma è il Vangelo), con l’evangelista allo scrittoio e drago nella coda della lettera. f. 275v: iniziale fogliacea H di Hic est Iohannes (mm 25×15), all’incipit del Prologo del Vangelo di Giovanni; iniziale I di In principio (mm 70×19), all’incipit del

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ROSS. 254

f. 281v: f. 282r:

f. 282v:

f. 285v:

f. 288r:

f. 290r:

f. 291r:

f. 291v:

f. 292v:

f. 293r:

f. 293v:

f. 294r:

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Vangelo di Giovanni, con l’evangelista teriomorfo stante sotto arcata con libro in mano; la lettera è sostenuta da un draghetto avvolto su se stesso. iniziale fogliacea E di Epistole Pauli (mm 20×20), all’incipit del Prologo delle Epistole di Paolo. iniziale fogliacea P di Primum queritur (mm 5×40), all’incipit del secondo prologo; iniziale fogliacea R di Romani qui (mm 25×15), all’incipit dell’ulteriore prologo. iniziale R di Romani in partes (mm 15×15), all’incipit dell’Argumentum alla Lettera ai Romani; iniziale istoriata P di Paulus servus (mm 90×50), all’incipit dell’Epistola di Paolo ai Romani, con l’apostolo in atto di consegnare una lettera a un messaggero. iniziale fogliacea C di Corinthi sunt (mm 10×10), all’incipit del Prologo della Lettera ai Corinzi; iniziale P di Paulus vocatus (mm 130×40), all’incipit dell’Epistola ai Corinzi, con l’apostolo rappresentato a mezzo busto con spada. iniziale fogliacea P di Post actam penitentiam (mm 18×10), all’incipit dell’Argumentum della seconda epistola ai Corinzi; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 105×40), all’incipit della seconda epistola ai Corinzi, con l’apostolo rappresentato a mezzo busto con spada. iniziale fogliacea G di Galathae sunt (mm 10×15), all’incipit dell’Argumentum all’Epistola ai Galati; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 100×40), all’incipit dell’Epistola ai Galati, con Paolo rappresentato a mezzo busto con libro e spada. iniziale fogliacea E di Ephesii sunt (mm 15×15), all’incipit dell’Argumentum all’Epistola agli Efesini; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 100×40), all’incipit dell’Epistola agli Efesini, con Paolo rappresentato a mezzo busto con libro e spada. iniziale vegetale P di Philippenses sunt (mm 20×12), all’incipit dell’Argumemum dell’Epistola ai Filippesi; iniziale istoriata P di Paulus et Timotheus (mm 95×40), all’incipit dell’Epistola ai Filippesi, con Paolo e Timoteo. iniziale C di Colosenses et hii (mm 15×15), all’incipit dell’Argumentum all’Epistola ai Colossesi, con testa blu tricipite; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 130×40), all’incipit dell’Epistola ai Colossesi, con apostolo rappresentato con libro e spada. iniziale fogliacea T di Tessalonicenses (sic) sunt (mm 20×10), all’incipit dell’Argumentum all’Epistola ai Tessalonicesi; iniziale istoriata P di Paulus et Silvanus (mm 70×30), all’incipit dell’Epistola ai Tessalonicesi, con Paolo, Silvano e Timoteo. iniziale fogliacea A di Ad Tessalonicenses (sic) (mm 15×10), all’incipit dell’Argumentum alla seconda; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 70×30), all’incipit dell’Epistola ai Tessalonicesi, con Paolo a mezzo busto con spada. iniziale fogliacea T di Timotheum instruit (mm 10×10), all’incipit dell’Argumentum alla Epistola a Timoteo; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 95×40), all’incipit dell’Epistola a Timoteo, con l’apostolo in atto di scrivere su un codice.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 294v: iniziale fogliacea I di Item Timotheo (mm 15×8), all’incipit dell’Argumentum alla seconda; iniziale istoriata P di Paulus apostolus (mm 100×40), all’incipit della seconda epistola a Timoteo, con Paolo con spada e rotolo. f. 295r: iniziale fogliacea T di Titum commone factum (mm 12×10), all’incipit dell’Argumentum all’Epistola a Tito; iniziale istoriata P di Paulus servus (mm 59×21), all’incipit dell’Epistola a Tito, con apostolo con rotolo e spada. f. 295v: iniziale fogliacea F di Filemoni familiaris (mm 12×10), all’incipit dell’Argumentum all’Epistola a Filemone; iniziale istoriata P di Paulus vinctus (mm 140×45), all’incipit dell’Epistola a Filemone, con l’apostolo seduto, in atto di scrivere una lettera; iniziale fogliacea I di In primis (mm 40×10), all’incipit del Prologo dell’Epistola agli Ebrei; iniziale istoriata M di Multiphariae multisque (mm 30×30), all’incipit dell’Epistola agli Ebrei, con Paolo a colloquio con ebreo. f. 297r: iniziale fogliacea L di Laus bonorum (mm 40×15), all’incipit del Prologo di san Girolamo agli Atti degli Apostoli. f. 298r: iniziale fogliacea A di Actus Apostolorum (mm 18×10), all’incipit del secondo prologo; iniziale istoriata P di Primum quidem (mm 70×50), all’incipit degli Atti degli Aspotoli con Ascensione, rappresentata abbreviata mediante l’immagine dei piedi ascendenti di Cristo, alla presenza della Vergine orante tra gli apostoli; l’asta della lettera è retta da un drago. f. 305r: iniziale fogliacea N di Non ita (mm 20×15), all’incipit della Prefatio di san Girolamo alle sette epistole canoniche; iniziale fogliacea I di Iacobus apostolus (mm 20×10), all’incipit del Prologo all’Epistola di Giacomo; iniziale istoriata I di Iacobus Dei (mm 110×20), all’incipit dell’Epistola di Giacomo, con apostolo stante aureolato in rosso e con rotolo in mano. f. 306r: iniziale fogliacea S di Simon Petrus (mm 12×12), all’incipit del Prologo alla prima epistola di Pietro; iniziale istoriata P di Petrus apostolus (mm 70×40), all’incipit della prima epistola di Pietro, con busto di Pietro benedicente con chiavi. f. 306v: iniziale fogliacea P di Per fidem (mm 18×15), all’incipit della seconda epistola di Pietro, con testina nell’occhiello della lettera. f. 307r: iniziale istoriata S di Simon Petrus (mm 45×30), all’incipit del Prologo alla seconda epistola di Pietro, con busto dell’apostolo benedicente con chiavi; iniziale fogliacea R di Rationem verbi (mm 15×10), all’incipit del Prologo della prima epistola di Giovanni. f. 307v: iniziale istoriata Q di Quodfuit (mm 5×40), all’incipit della prima epistola di Giovanni, con busto di apostolo con rotolo. f. 308r: iniziale istoriata S di Senior electae (mm 35×20), all’incipit della seconda epistola, con busto di apostolo benedicente; iniziale fogliacea G di Gaii pietatis (mm 15×15), all’incipit del Prologo della terza epistola; iniziale istoriata S di Senior Gaio (mm 50×20), all’incipit della terza epistola, con busto di apostolo in posizione frontale; iniziale fogliacea I di Iudas apostolus (mm 40×20), all’incipit del Prologo all’Epistola di Giuda. f. 308v: iniziale istoriata I di Iudas Iesu (mm 5×20), all’incipit dell’Epistola di Giuda,

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ROSS. 254

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seduto con rotolo; iniziale istoriata A di Apocalipsis beati Iohannis (mm 100×30), all’incipit dell’Apocalisse, con Giovanni anziano seduto allo scrittoio mentre la testa del drago che forma il corpo della A lo guarda. Il codice è stato descritto da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 68-71 nr. 95) che individua forti modelli francesi nella struttura narrativa, ma anche elementi bizantini come nel Ross. 255 e propone un avvicinamento alla cultura del ms. Vat. lat. 20 e dei codici collegati; elencato da Alexander e de la Mare (ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 18, n. 1) fra i codici bolognesi, il Ross. 254 viene citato da Corrie (CORRIE, The Conradin Bible, 164, 173, 198, 200, 217, 221, 229, 234, 236, 246, 524-526) per la presenza di elementi svevi, nesso ripreso da Pfändter (PFÄNDTNER, Die Psalterillustration, 144, LXXXV-LXXXVI) che individua nel codice l’attività di tre maestri, due dei quali fondono elementi bolognesi e svevi, mentre il terzo costruirebbe le figure con tinte più stratificate. Lo studioso evidenzia come il manoscritto presenti elementi fortemente legati agli scriptoria bolognesi, mescolati però a caratteri allogeni, come le corna di Mosè e l’aureola rossa, indicando contatti sia con l’area francese che con quella sveva; la data proposta è attorno al 1280, come esponente del maturo Primo Stile. Nella strutturazione delle iniziali istoriate si possono sicuramente identificare due mani: l’artefice principale si distingue per l’uso dell’oro in foglia, per i contorni a tempera verde o in gradazione più scura dei campi delle iniziali e per il trattamento micrografico delle figure che vengono ambientate in uno spazio articolato; i minuti corpi umani appaiono sottili e flessuosi, gli abiti accuratamente descritti. I tralci vegetali, strutturati da acanto a polipo e da piccole foglie tondeggianti ripiegate e terminanti in sottili foglie ibridate, ma anche da foglie trilobate entro cornici cuoriformi, sono fiancheggiati da un limitato numero di elementi decorativi, fra cui scimmie e putti combattenti. La sua tecnica narrativa emerge chiaramente nell’iniziale del Genesi ove, su un campo cuspidato si adagiano, scanditi da regolari motivi fitomorfi, trilobi aurei contornati da foglie entro cui si svolge la narrazione dei sette giorni della Creazione; nel margine inferiore il ritmo cambia e, mentre Peccato originale, Sacrificio di Caino e Abele e Arca di Noè sono contenuti nei girali, la Cacciata e l’Uccisione di Abele sono ambientati all’esterno, fuori campo, violando il rigore dell’impaginazione e creando un ritmo narrativo straordinariamente libero e di forte impatto visuale, che trova riscontro solo nel frontespizio del Genesi del ms. 197, f. 6r, della Bibliothèque municipale de Autun, realizzato in area veneta (ZANICHELLI, Between Byzantium and Europe). La struttura regolare, la scansione sistematica degli elementi, l’uso di rosette e quadrilobi, nonché la campitura degli incipit su fasce rosa e blu rendono evidente la desunzione dai modelli francesi, in particolari quelle delle Bibles moralisées, da cui deriva anche la capacità della narrazione micrografica che permette di ambientare scene con vari personaggi e sfondo spaziale entro campi ridotti. L’artefice usa, con qualche variante, anche motivi tratti dalla cultura italo-meridionale. Il secondo artefice, che interviene nei fascicoli 2-9 (ff. 15r, 24v, 31v, 42v, 51v, 63v, 73v, 89r e 97r), costruisce più cromaticamente le figure, insistendo sul contorno e sulle lumeggiature; i volti sono rotondi e i corpi presentano un modulo vicino ai modelli comneni. La spazia-

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lità non è ottenuta in profondità, ma creando un rapporto proporzionale tra oggetti e corpi in primo piano: significativa, ad esempio, l’iniziale del libro di Giosuè (f. 51r), con il letto funebre, ricoperto dal prezioso tessuto operato, dietro il quale è dipinta la figura di Giosuè in atto di dialogare con Dio, rappresentato con barba e capelli scuri, ben diverso dalla sottile figura con bionda capigliatura del Primo maestro. Il suo ruolo appare decisamente secondario e in qualche luogo sembra operare su disegno del capobottega (f. 89r) e i confronti sembrano assegnarlo all’area veneta, trovando precisi confronti in codici quali il ms. 2791 della Biblioteca Palatina di Parma (ZANICHELLI, Between Byzantium and Europe). Legatura tipo A; dorso staccato con motivi a secco e iscrizione in caratteri aurei, in alto: BIBLIA SACRA / VULG(ATE) LECTION(IS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, II, 64r-68v; Bibl. Rossianae, III, 238r-239v) TIETZE, Die illuminierten, 68-71 nr. 95; ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 18 n. 1; CORRIE, The Conradin Bible, 164, 173, 198, 200, 217, 221, 229, 234, 236, 246, 524-526; PFÄNDTNER, Die Psalterillustration, 144, LXXXV-LXXXVI; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176 n. 11.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 255 (olim VIII, 194) Biblia sacra, utriusque Testamenti, versione Vulgata Bologna, 1270-1280 e Toscana, 14201430 Membr. (bianca lato carne e quasi bianca lato pelo); ff. VII, 559, VIII’ (risguardi e guardie esterne in cartoncino azzurro, guardie ff. IIVII e ff. II’-VIII’ cartacee bianche); foliazione parziale a matita in cifre arabe a destra in alto e foliazione moderna meccanica a destra in basso sul recto; mm 340×230; lo specchio di scrittura (mm 220×140) è tracciato con linee a inchiostro e il testo è suddiviso in 2 colonne di 42 linee; composizione: 111, 1712, 16, 510, 612, 12, 912, 16; tecnica modulare compositiva che comporta una cesura, avvertibile nel ternione (ff. 216-221) che precede il Libro di Tobia e nel binione mutilo (ff. 444-446) che precede l’inizio dei Vangeli; scrittura rotunda bononiensis a inchiostro bruno molto scuro.

Ross. 255, f. 5r

Il manoscritto, che si interrompe al versetto 15,8 dell’Apocalisse per la caduta dei fogli finali, è privo anche del Sal-

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ROSS. 254-255

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terio, che non è stato previsto fin dall’inizio della progettazione del volume. Il sistema illustrativo è stato realizzato in due fasi distinte: nel XIII secolo sono state scritte quasi tutte le rubriche (con un errore evidente nel Pentateuco ove sono invertite le rubriche dell’Esodo e del Deuteronomio; le rubriche mancanti saranno sostituite dai titoli in italiano nelle schede) e i titoli dei libri in inchiostro rosso e blu nei margini superiori e sono state realizzate le lettere a pennello ai ff. 1-251, 302-419, 447-468, 480-545; gli incipit dei libri in grafia di modulo maggiore rispetto al testo sono collocati in un campo definito da motivi grafici simili a quelli che incorniciano i richiami. Le iniziali sono alte mediamente 10 linee di testo, ma le I e le altre lettere caratterizzate da asta verticale possono raggiungere anche una estensione di 20-22 linee; i tralci marginali sono arricchiti di elementi zoomorfi, antropomorfi e presentano una struttura di base lineare con nodi e chicchi, secondo la tradizione bolognese del primo stile. La gamma cromatica è ristretta all’ocra nelle sue varie gradazioni, all’arancio, al verde oliva, al grigio e al blu. Il codice è rimasto incompleto fino al XV secolo, quando sono state eseguite le iniziali mancanti nei fascicoli 23-27 (ff. 252-301), 33-35 (ff. 419-446), 38 (ff. 471482) e nei due finali, cioè il 40 e 41 (ff. 543-559), oltre alle lettere a filigrana rosse e blu su grafismi ornamentali in colore complementare con lunghe code e cerchielli; la loro grandezza varia da 2 a 3 linee di scrittura, pari a mm 15-20×15-20. Queste iniziali presentano una struttura fogliacea mossa e allungata e la gamma cromatica appare riprendere i colori della fase precedente, anche se l’arancio e il verde risultano più brillanti. f. 1r:

f. 4r:

iniziale F di Frater Ambrosius michi, all’incipit dell’Epistola sancti Ieronimi presbiteri ad Paulinum episcopum de omnibus divinis historie libris (mm 210×50); iniziale con la rappresentazione dell’invio del messaggero: san Girolamo è seduto di fronte a un libro aperto mentre il messaggero è inginocchiato; nel margine, ove si estende l’asta sostenuta da un ibrido, appare san Domenico, mentre san Francesco con stigmate si inginocchia davanti a un serafino nel bas-de-page. Nel fregio superiore appare l’erma di un vescovo, in quello inferiore due girali ospitano un giovane cavaliere ignudo su leone e uno barbuto e ignudo su cavallo; nel bas-de-page sono dipinti anche un uccello che tiene nel becco un chicco e un trampoliere che afferra un pesce col becco. Nel fregio compare un bipede con testa umana con cappello e due zampe biungulate. iniziale D di Desideri mei, all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in Penthatheucum Moysi (mm 50×45); iniziale con san Girolamo in atto di parlare agli ebrei contraddistinti da cappello conico; il fondo imita una tappezzeria rosa con crocette bianche. Lo stelo rigido bolognese che scende nel bas-de-page comincia con ibrido con mantello e cappuccio. Nel margine inferiore un personaggio ignudo cavalca un leone che gli azzanna un braccio, mentre nell’altro tiene un pugnale; nel girale compare una figura incappucciata e un trampoliere che si bilancia sul tralcio a si-

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f. 5r:

f. 29r:

f. 47r:

f. 60v:

f. 78v:

f. 93v:

f. 104r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

nistra. In alto nel fregio del margine superiore due uccelli simmetrici sostengono un tralcio al cui centro compare il busto di un angelo alato e aureolato a mani giunte. iniziale I di In principio creavit, all’incipit del Liber Genesis (mm 210×30); reca nell’asta sette tondi della Creazione e la Crocefissione; la I è retta da telamone ibrido; nel bas-de-page sei tondi recano quattro evangelisti teriocefali con corpo umano, in quelli laterali, e al centro un santo barbuto anziano e Francesco, ambedue reggono nelle mani velate un cartiglio verde ricurvo; a lato il tralcio forma una complessa foglia ibridata ad aquilone su cui stanno due putti ignudi ma con manto, affrontati a una colonna sormontata da uccello; a lato un’anatra col coltello nel becco. Nel margine superiore due angeli alati e aureolati e tre uccelli; un acrobata scende verso l’asta della I. iniziale H di Hec sunt nomina, all’incipit dell’Exodus, che il miniatore erroneamente indica come Liber Deuteronomii (mm 50×45); con Mosè con corni di luce in atto di fare scaturire l’acqua con verga a Meriba; assistono ebrei a capo scoperto. Nel bas-de-page un putto su porcospino lotta con putto su cervo; a lato personaggio con cappello a larga tesa e tunichetta grigia nell’atto di ammaestrare un cane. iniziale V di Vocavit autem, all’incipit del Liber Levitici (mm 50×50); con Mosè in preghiera davanti a Dio rappresentato come Logos, giovane e imberbe, tra le nuvole, su uno sfondo operato. Nel bas-de-page si trovano due pavoni, uno di fronte con ruota e l’altro di profilo, e al centro un girale contenente un calice; da un ibrido umano si genera uno stelo che si prolunga nel margine superiore, ove sono dipinti due uccelli. iniziale V di Vocutus (sta per Locutus), all’incipit del Liber Numerorum (mm 40×30); un ibrido con volto umano e corto mantello segna l’inizio dello stelo bolognese che si estende nell’intercolumnio. iniziale H di Hec sunt verba, all’incipit di quello che erroneamente il rubricatore indica come Liber Exodi (ma si tratta del Deuteronomio) (mm 30×40); racchiude il colloquio di Mosè con un ebreo; dall’asta della H scende nell’intecolumnio uno stelo che inizia con un ibrido antropomorfo, biondo con mantello blu, e che termina in dicotomia nel margine inferiore. Qui si affrontano un grande gallo e una volpe, mentre, nei due girali che concludono il tralcio, appaiono due sirene-uccello. iniziale E di Et factum est, all’incipit del Liber Iosue (mm 40×30); con Giosuè imberbe, seduto a colloquio con Dio-Logos che appare tra le nubi. Il fregio a stelo rigido bolognese inizia con ibrido e scende nell’intercolumnio fino al margine inferiore ove genera due tralci in dicotomia con due uccelli androcefali con testa incappucciata in blu. iniziale P di Post mortem, all’incipit del Liber Iudicum (mm 35×40); con Giosuè seduto con tunica e manto. Nel margine interno uno stelo rigido generato da ibrido scende nel margine inferiore ove genera un tralcio con due uccelli e un putto nudo, inginocchiato nel girale finale.

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f. 114v: iniziale I di In diebus, all’incipit del Liber Ruth (mm 70×15); con Elimelech, Noemi e i due figli in viaggio verso la terra di Moab. La I è in fondo all’intercolumnio e si appoggia su due ibridi, un busto di giovane nudo e un corpo di drago alato, bipede e desinente in foglia che si prolunga nel bas-de-page in tralcio dicotomico su cui stanno due uccelli con pesce nel becco. f. 116r: iniziale V di Viginti duas litteras, all’incipit della Prefatio Ieronimi in libros Regum (mm 40×40); fogliacea con tralcio che inizia con ibrido ornitomorfo nel fondo del margine inferiore e si prolunga a destra con piccolo tralcio su cui posa un uccellino rosa. f. 117r: iniziale F di Fuit vir, all’incipit del Liber Regum I (mm 50×40); con Elcana incoronato in atto di pregare nel Tempio con una delle mogli. Nell’intercolumnio uno stelo che si protende in alto con un ibrido e in basso con tralcio che forma una dicotomia nel bas-de-page con due uccelli rosa dal collo riverso sullo stelo e due sirene bicaudate che afferrano le code con le mani nei due girali finali. f. 132v: iniziale F di Factum est, all’incipit del Liber Regum II (mm 70×40); decapitazione dell’Amalecita per vendicare la morte di Saul; il tralcio nel margine esterno inizia con ibrido incappucciato e termina nel bas-de-page con un rigido stelo su cui sta un personaggio dal torso nudo, pantaloni al ginocchio, mantello blu, con gambe piegate e divaricate e con libro in mano fra due serpenti blu; un uccello nel girale finale. f. 144v: iniziale E di Et rex David, all’incipit del Liber Regum III (mm 50×40); con re David incoronato e anziano a letto e fanciulla Abisag che lo scalda. Breve tralcio generato da ibrido licocefalo con cappuccio e mantello nell’intercolumnio; lo stelo termina nel margine inferiore con una dicotomia di tralcio desinente in girali con due nudi giovanili in atto di afferrare la coda di due uccelli disposti simmetricamente a lato del tralcio. f. 159r: iniziale P di Prevaricatus est, all’incipit del Liber Regum IV (mm 55×20); Ozias che cade dalla torre; il tralcio, che si genera da due ibridi androcefali incappucciati, si prolunga nell’intercolumnio con dicotomia vegetale in alto e in basso: nel bas-de-page vi sono quattro ibridi, due con scudi e cimieri, nei girali, e due androcefali uno con corpo aviforme e l’altro di quadrupede. L’ibrido a destra ha uno scudo di verde al fleur de lys argenteo. f. 173r: iniziale S di Si septuaginta interpretum, all’incipit del Prologus in Libros Paralipomenon (mm 20×20); fogliacea con lunga coda nel margine. f. 173v: iniziale A di Adam, Seth, all’incipit del Liber Paralipomenon I (mm 35×40); vi appaiono i patriarchi guidati da Adamo; nel margine inferiore compare, davanti a una chiesa, un frate barbuto che indossa l’abito bianco dei domenicani e la cocolla marrone dei francescani; stando su un pulpito, predica a una folla composta prevalentemente da figure femminili, che indossano abiti moderni. Gli ascoltatori manifestano vari livelli di attenzione e di pentimento. Lo stelo orizzontale termina con un girale contenente un uccellino. f. 187r: iniziale C di Confortatus est, all’incipit del Liber Paralipomenon II (mm 40×40),

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f. 203v: f. 204r:

f. 215r:

f. 222r:

f. 227r:

f. 234r:

f. 240r: f. 241v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

con Salomone seduto. Il tralcio si genera da ibridi zoomorfi e scende nell’intercolumnio; nel margine inferiore due profeti nei girali terminali del tralcio e un ignudo che tenta di afferrare un uccello al centro, mentre è minacciato da un altro. iniziale U di Utrum difficilius, all’incipit del Prologus in Librum Esdrae I (mm 20×20); fogliacea e tralcio generato da ibrido androcefalo. iniziale I di In anno primo, all’incipit del Libri Esdrae I (mm 100×20); con re Ciro che ordina la costruzione del Tempio e un operaio che si affaccia da una loggia dell’edificio. La I è sostenuta da ibrido ornitomorfo con braccia umane e a lato un cammello, un’aquila con coniglio tra gli artigli e una figura umana con mano velata dal manto. iniziale E di Et fecit Pasca (mm 35×35), all’incipit del Liber Esdrae II, con benedizione del Tempio da parte di un religioso con secchiello e aspersorio. Tralcio nel margine interno che forma nel margine inferiore uno stelo si cui stanno due uccelli e un ibrido tibicino. iniziale C di Chromatio et Heliodoro (mm 30×30), all’incipit del Prologus Ieronimi presbiteri in librum Tobie, fogliacea con tralcio che si estende nei margini superiore e interno generandosi da due ibridi; iniziale T di Tobias ex tribu (mm 40×50), all’incipit dei Libri Tobie, con Tobia accecato dalla rondine. Nel margine inferiore un uomo con spada spezzata e donna con accetta lottano contro una gigantesca lumaca, mentre sopraggiunge un terzo uomo con corta tunica, con cappuccio e asta sulla spalla. iniziale fogliacea A di Apud Ebreos (mm 30×40), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in librum Iudith; iniziale A di Arfaxat itaque rex Medorum (mm 45×45), all’incipit del Liber Iudith. Giuditta stante in atto di uccidere Oloferne, giacente sul letto; l’eroina è elegantemente vestita con abito attillato, con maniche con bottoni. Il tralcio sale in alto con ibrido e in basso crea una dicotomia con due uccelli in atto di guardare due aquile araldiche nei girali del bas-de-page. iniziale fogliacea L di Librum Hester (mm 30×40), all’incipit del Prologus in librum Esther; iniziale I di In diebus (mm 80×30), all’incipit del Liber Esther, con Assuero in alto che tende lo scettro a Ester incoronata e seduta sotto di lui. Nel bas-de-page un tralcio asimmetrico con un ibrido bipede ornitomorfo e un cacciatore con asta che avanza verso un girale desinente con testa incappucciata. iniziale fogliacea C di Cogor per singulos (mm 25×30), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in librum Iob. iniziale V di Vir erat (mm 40×50), all’incipit del Liber Iob, con Giobbe sul letamaio, nudo parzialmente ricoperto da manto, e affiancato dalla moglie stante. Due ibridi umani generano tralcio sia verso l’alto che verso il basso; nel bas-de-page si trovano, al centro, un elefante con conduttore a torso nudo e con gonnellino, posto tra un cervo sormontato da un suonatore di tromba nudo con mantellino rosa, e un ibrido dal capo tonsurato, lungo collo e corpo di uccello.

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f. 253v: iniziale fogliacea C di Cromatio et Heliodoro (mm 20×20), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in omnes libros Salomonis; iniziale P di Parabole Salomonis (mm 90×50), all’incipit dei Proverbia Salomonis, con re Salomone a mezzo busto (XV secolo). f. 264v: iniziale V di Verba Ecclesiastes (mm 40×50), all’incipit del Liber Ecclesiastes, con giovane sovrano con corona, scettro e libro. f. 268r: iniziale fogliacea T di Tres libros Salomonis (mm 20×20), all’incipit del Prologus in Cantica canticorum (XV secolo); iniziale O di Obsculetur me (mm 80×50), all’incipit dei Cantica canticorum, con re Salomone (XV secolo). f. 270v: iniziale fogliacea L di Liber Sapientie (mm 35×25), all’incipit del Prologus in librum Sapientie (XV secolo); iniziale D di Diligite sapientiam (mm 50×40), all’incipit del Liber Sapientiae, con Salomone che mostra la spada a un giudice. Il miniatore rinascimentale opera su disegno del XIII secolo, come dimostrano non solo le due figure nell’iniziale D, ma anche la struttura del tralcio che si estende nel margine inferiore e che ospita un giudice seduto in atto di deliberare, mentre davanti a lui stanno un personaggio in corta tunica rossa e un ignudo parzialmente coperto da una foglia (XIII e XV secolo). f. 278r: iniziale fogliacea M di Multorum nobis (mm 15×20), all’incipit del Prologus super Ecclesiasticum (XV secolo). f. 278v: iniziale O di Omnis sapientia (mm 60×50), all’incipit del Liber Ecclesiasticus, con immagine femminile (identificabile come Ecclesia) incoronata, con croce astile e vaso con fiamma; indossa un abito verde e un manto rosso. f. 299v: iniziale fogliacea N di Nemo cum prophetas versibus (mm 40×25), all’incipit del Prologus Isaiae (XV secolo). f. 300r: iniziale fogliacea Y di Ysaias in Ierusalem (mm 40×25), all’incipit di un secondo prologo (secolo XV); iniziale V di Visio Isaias (mm 55×55), all’incipit del relativo libro, con il profeta seduto e meditante; il volto è stato eraso (XV secolo). f. 323r: iniziale fogliacea H di Hyeremias propheta (mm 20×20), all’incipit del Prologus in Hyeremiam prophetam; iniziale V di Verba Ieremiae (mm 50×40), all’incipit di Ieremias, con la figura del profeta inginocchiato mentre accoglie un messaggero caratterizzato dalla bisaccia e dalla lettera che tiene in mano. Il tralcio si sviluppa con un ibrido e termina nel bas-de-page ove due giovani in corta tunica sono nell’atto di afferrare il cappuccio di due protomi. f. 353r: iniziale Q di Quomodo sedet (mm 50×40), in corrispondenza del punto ove Incipiunt lamentationes, con Geremia seduto, avvolto solo in un manto, davanti a Gerusalemme; stelo rigido bolognese nel margine superiore, iniziando con ibrido ornitocefalo si prolunga anche nel margine interno e in quello inferiore; su questo ultimo tratto orizzontale compaiono un pellegrino incappucciato e gambe nude con un bimbo retto da un drappo sulle spalle, una figura parzialmente coperta da un manto da un corto gonnellino in atto di bere da una borraccia, un’oca e un chierico nudo.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 355v: iniziale fogliacea L di Liber iste qui (mm 20×15), all’incipit dell’Argumentum in Baruch propheta; iniziale E di Et hec verba (mm 45×55), all’incipit del Liber Baruch prophetae. Il tralcio si genera da un ibrido avvolto in un manto con cappuccio e continua nel margine inferiore ove compaiono un giovane ignudo e un soldato armato in atto di minacciare con la lancia un ibrido incappucciato. f. 358r: iniziale fogliacea P di Propter peccata (mm 20×20), all’incipit dell’Exemplar epistole quam misit Ieremias propheta. f. 359r: iniziale fogliacea E di Ezechiel propheta (mm 20×20), all’incipit del Prologus super Ecechielem (sic) prophetam. Nel margine inferiore un disegno posteriore a punta d’argento mostra la scena con il medico stante con mantice, in atto di somministrare un clistere a un paziente nudo e a gambe in su; il disegno ricalca quello che compare nel verso in corrispondenza. f. 359v: iniziale E di Et factum est (mm 50×50), all’incipit del Liber Ecechielis (sic) prophete, con Ezechiele racchiuso dentro una torre che parla con fanciullo; dagli spigoli esterni del campo dell’iniziale due ibridi segnalano l’inizio di due tralci a bastone bolognese che si estendono nei due margini brevi: in quello inferiore compaiono due ibridi antropomorfi, rispettivamente con testa di cane e di uccello, che si affrontano davanti a un albero brandendo l’uno una scure e l’altro una pesante lama; alle loro spalle un chierico, coperto da un corto manto e da un perizoma, appare nell’atto di somministrare un clistere a un personaggio ignudo. f. 386r: iniziale fogliacea D di Danielem prophetam (mm 30×30), all’incipit del Prologus super Danielem prophetam. f. 386v: iniziale A di Anno tertio (mm 50×50), all’incipit del Liber Danieli prophete, con Daniele seduto fra due leoni. Nel bas-de-page un lupo vestito da monaco tiene in mano una tavoletta con la scritta ABCDEFGHI e nell’altra una frusta; davanti a lui siede un ariete. f. 397r: iniziale fogliacea N di Non idem ordo est (mm 30×30), all’incipit del Prologus sancti Ieronimi presbiteri in librum XII Prophetarum; nel margine è tracciato un disegno che ricalca a punta d’argento la sagoma del cacciatore che punta la lancia contro un personaggio col posteriore nudo, che si trova sul verso. f. 397v: iniziale ittiomorfa T di Temporibus Oxie (mm 30×30), all’incipit dell’Alius prologus; iniziale V di Verbum domini, all’incipit di Osee propheta (sic), con Osea in atto di abbracciare la prostituta Gomer mentre Dio gli parla dal cielo. Tralcio, generatosi da un ibrido androcefalo nell’intercolumnio, si divide in dicotomia nel bas-de-page ove avviene una lotta fra uomini ignudi, mentre ibrido con testa deforme minacciato da un ignudo con asta. Nel girale a sinistra ignudo smascella un leone, mentre all’esterno un personaggio ignudo con gonnellino porge una spada. f. 401r: iniziale fogliacea S di Sanctus Iohel, all’incipit del Prologus in Iohelem prophetam (mm 30×30); iniziale V di Verbum domini, all’incipit di Iohel propheta (mm 50×50), con Iohel che parla agli Israeliti caratterizzati dal

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f. 402v: f. 403r:

f. 405v: f. 406r:

f. 406v:

f. 407v:

f. 409v: f. 410r:

f. 411r:

f. 412v:

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cappello conico; nel bas-de-page si svolge la lotta tra un armato ignudo con manto in atto di sollevare una spada verso il telamone vestito, che regge l’iniziale, e un pavone; a lato figura femminile con capo velato in atto di stracciarsi le vesti. iniziale O di Ozias rex, all’incipit del Prologus sancti Ieronimi in Amos prophetam (mm 30×30); fogliacea con ibrido. iniziale V di Verba Amos, all’incipit del Liber Amos prophete (mm 50×50); al di sotto della lettera un ibrido antropomorfo segna l’inizio dello stelo bolognese che si protende nel bas-de-page, ove una lepre porta sulle spalle un uomo legato e tiene un cane al guinzaglio; due uccelli a lato. iniziale fogliacea I di Iacob patriarcha, all’incipit del Prologus in Abdiam prophetam (mm 20×20). iniziale V di Visio Abdie, all’incipit del Liber Abdie prophete (mm 47×50), con Abdia dormiente, mentre Dio-Logos appare in cielo. Lo stelo bolognese si estende dall’iniziale fino al margine inferiore ove si trovano due giovani, vestiti di corte tuniche rosa, in atto di minacciare con bastone una figura nuda, appesa con la lingua alla coda fogliacea dell’iniziale S di Sanctum Ionam, all’incipit del Prologus Ione prophete. iniziale E di Et factum est, all’incipit del Liber Ione prophete (mm 45×50), con Giona inghiottito dalla balena; nel bas-de-page un gallo porta sulla spalla un cesto infilato in un bastone e contenente due uomini che avanzano verso una volpe con bisaccia e mantello. iniziale fogliacea T di Temporibus Ionatham, all’incipit del Prologus in Micheam prophetam (mm 30×25); iniziale V di Verbum domini, all’incipit del Liber Michee prophete (sic) (mm 50×45), il tralcio inizia con un ibrido e si prolunga nel bas-de-page, ove un giovane in corta tunica regge sulle spalle un ignudo tibicino, mentre di fronte a loro appare un grande uccello. iniziale fogliacea N di Naum propheta, all’incipit del Prologus in Naum prophetam (mm 30×30). iniziale O di Onus Ninive, all’incipit del Liber di Naum propheta (mm 45×50), il campo della lettera è sostenuto da un ibrido antropomorfo che si prolunga in un tralcio abitato da una scena di caccia. iniziale fogliacea A di Abacuch propheta, all’incipit del Prologus in Abacuch prophetam (mm 30×25); iniziale fogliacea di Abacuch luctator, all’incipit di Alius prologus (mm 25×25); iniziale O di Onus quod, all’incipit di Abacuch propheta (mm 50×50), con Abacuc trasportato a Babilonia dall’angelo che lo tiene per i capelli. Il campo dell’iniziale poggia sulla schiena di un telamone che si congiunge al tralcio abitato del margine inferiore. iniziale T di Tradunt Hebrei, all’incipit del Prologus in Sophoniam prophetam (mm 30×30); iniziale fogliacea S di Sophonias speculator, all’incipit di Alius prologus (mm 30×30); iniziale V di Verbum domini, all’incipit di Sophonias propheta (mm 50×50), con Sofonia colloquiante con Dio. Nel margine inferiore il tralcio contiene due uccelli e due uccelli androcefali.

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f. 413v: iniziale fogliacea I di Ieremias propheta, all’incipit del Prologus in Ageum prophetam (mm 30×30). f. 414r: iniziale I di In anno secundo, all’incipit di Ageus propheta (mm 130×30); con profeta stante a colloquio con Dio-Logos; nel tralcio del bas-de-page sono dipinti due uccelli androcefali, un quadrupede ornitocefalo e un uccellino. f. 415r: iniziale fogliacea S di Secundo anno, all’incipit del Prologus in Zachariam prophetam (mm 30×30). f. 415v: iniziale I di In mense octavo, all’incipit di Zacharias prophetam (sic) (mm 160×30), con Zaccaria a colloquio con Dio rappresentato dalla mano. Nel bas-de-page la favola della volpe e della cicogna narrata in due scene. f. 419r: iniziale D di Deus per Moysen, all’incipit del Prologus in Malachiam prophetam (mm 30×30), fogliacea con ibrido. f. 420r: iniziale M di Malachias, all’incipit dell’Argumentum (mm 30×30), fogliacea (XV secolo). Iniziale O di Onus verbi, all’incipit del Liber Malachiae prophetae (mm 55×55), con Malachia (XV secolo). f. 421r: iniziale D di Domino excellentissimo, all’incipit del Prologus Rabani in Librum I Machabeorum (mm 55×55); fogliacea (XV secolo). f. 421v: iniziale fogliacea M di Machabeorum libri, all’incipit del Prologus Ieronimi (mm 40×30); iniziale E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum I (mm 50×50), con Giuda Maccabeo armato con elmo e corazza e con rotolo in mano (XV secolo). f. 436r: iniziale R di Reverentissimo in Dei, all’incipit del Prologus in librum Machabeorum II (mm 30×25); fogliacea (XV secolo); iniziale F di Fratribus qui sunt, all’incipit del Liber Machabeorum II (mm 50×50), con il messaggero in atto di ricevere dal re la lettera per gli ebrei d’Egitto (XV secolo). f. 446r: iniziale P di Plures fuisse, all’incipit del Prologus super quattuor evangelia (mm 75×50), fogliacea (XV secolo). f. 447r: iniziale fogliacea M di Matheus ex Iudea, all’incipit del Prologus super Matheum (mm 30×30); iniziale L di Liber generationis, all’incipit dell’Evangelium secundum Matheum (mm 110×55), con la figura di Iesse dormiente e generante un tralcio a cinque girali che, in ordine ascendente, contengono le immagini di David, la Vergine, un re aureolato, un profeta aureolato Cristo con nimbo crucigero; un ibrido segna l’inizio del bastone bolognese che termina in dicotomia nel bas-de-page ove i due personaggi anziani barbuti aureolati reggono un cartiglio, mentre a lato sono dipinti due uccelli, di cui uno con serpe nel becco. f. 463v: iniziale fogliacea M di Marcus evangelista, all’incipit dell’Argumentum in evangelium secundum Marcum (mm 30×30). f. 464r: iniziale I di Initium evangelii, all’incipit dell’Evangelium secundum Marcum (mm 120×25), con evangelista alato e teriomorfo stante; nel bas-depage due acrobati nudi con manto e una lepre nel girale finale. f. 473r: iniziale L di Lucas Syrus, all’incipit del Prologus in Evangelium secundum Lucam (mm 70×45) (XV secolo).

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f. 473v: iniziale Q di Quoniam quidem, all’incipit dell’Argumentum (mm 30×30), fogliacea (XV secolo); iniziale F di Fuit in diebus, all’incipit dell’Evangelium secundum Lucam (mm 80×40); all’interno della lettera compare l’anziano evangelista con cartiglio in mano; la lettera è sostenuta da un telamone ignudo collocato su un piedistallo fogliaceo poggiante sulla testa di un monaco biancovestito (XV secolo). Il miniatore rinascimentale reinterpreta il motivo del tralcio bolognese con ibridi. f. 488v: iniziale fogliacea H di Hic est Iohannes, all’incipit del Prologus in Evangelium secundum Iohannem (mm 25×25); iniziale I di In principio, all’incipit dell’Evangelium secundum Iohannem (mm 150×30), con evangelista ornitocefalo alato stante nella lettera sostenuta da telamone ibrido a torso nudo. Nel bas-de-page due uccelli e due cacciatori con sottile asta entro girali finali. f. 499v: iniziale fogliacea R di Romani sunt, all’incipit del Prologus in epistolam primam ad Romanos (mm 25×25). f. 500r: iniziale R di Romani sunt, all’incipit dell’Argumentum epistulae I ad Romanos (mm 20×20); iniziale P di Paulus servus, all’incipit dell’Epistola ad Romanos (mm 90×40), con san Paolo verso il quale si rivolge una devota inginocchiata. f. 506r: iniziale fogliacea C di Corinthii sunt, all’incipit del Prologus in primam epistolam ad Corinthios (mm 30×30); iniziale P di Paulus vocatus, all’incipit dell’Epistola (mm 100×40), con san Paolo con spada e libro; nel margine inferiore un uomo supplicante a mani tese e drôleries. f. 511v: iniziale P di Post apertam penitentiam, all’incipit dell’Argumentum in secundam epistulam ad Corinthios (mm 40×30), fogliacea con ibrido; iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula secunda ad Corinthios (mm 115×40), con san Paolo con spada e libro. Nel tralcio, supplicante inginocchiato a sinistra, giovane aureolato con libro a destra e due uccelli al centro. f. 515r : iniziale G di Galatae sunt, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Galathas (mm 30×30), fogliacea con ibrido. f. 515v: iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Galathas (mm 170×40), con san Paolo con spada e libro e tre uccelli nel bas-de-page. f. 517r: iniziale fogliacea E di Ephesii sunt, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Ephesios (mm 30×30); iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Ephesios (mm 125×40), con san Paolo con libro e spada e, al lato, un messaggero incappucciato; stelo rettilineo con ibrido bipede e cacciatore all’arco. f. 519r: iniziale P di Philippenses sunt, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Philippenses (mm 70×30), fogliacea con ibrido; iniziale P di Paulus et Timotheus, all’incipit dell’Epistula ad Philippenses (mm 155×45), con san Paolo con spada; nel margine inferiore una sfinge androcefala alata nel girale, mentre sullo stelo rettilineo un arciere punta l’arco verso un drago che vomita fuoco.

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f. 520v: iniziale fogliacea C di Colosenses et hi sicut, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Colosenses (mm 25×25); iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Colosenses (mm 115×50), con san Paolo con libro e spada; nel bas-de-page è miniata una nave con nocchiero al timone e sette passeggeri, mentre un angelo nudo e alato guida la poppa e un piccolo ignudo compare sulla foglia finale. f. 521v: iniziale fogliacea T di Thesalonicenses sunt, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Thesalonicenses (mm 30×30); iniziale P di Paulus et Silvanus, con san Paolo con libro e spada; nel margine inferiore il tralcio ospita una vecchia, un pescatore con lenza e pesce, un uccello nel girale. f. 523r: iniziale fogliacea A di Ad Thesalonicenses secundam, all’incipit dell’Argumentum in epistulam II ad Thesalonicenses (mm 30×30); iniziale P di Paulus et Silvanus con san Paolo (mm 110×50), con libro e spada. Nel margine inferiore quattro canonici, con tuniche azzurre e rosa cantano da un corale annotato; davanti a loro, su un albero, un putto nudo con mantello. f. 523v: iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Laudicenses (mm 160×50), con san Paolo con libro e spada; nel bas-de-page un giovane con zappa sulla spalla e un vecchio seduto. f. 524r: iniziale T di Timotheum instrui, all’incipit dell’Argumentum in epistulam I ad Timotheum (mm 30×30); iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula I ad Timotheum (mm 150×50), con san Paolo con libro e spada. Nel margine inferiore due armati lottano: uno ha cappello conico e l’altro uno scudo rotondo con l’insegna dell’aquila monocipite; hanno corte tuniche e lancia. f. 525v: iniziale I di Item Timotheo, all’incipit dell’Argumentum in epistulam II ad Timotheum (mm 30×30), fogliacea con ibrido; iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula II ad Timotheum (mm 155×50), con san Paolo con libro e spada; nel bas-de-page due uccelli, un pellegrino che protende un piatto e un cane. f. 526v: iniziale fogliacea T di Titum commonefactum, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Titum (mm 30×30); iniziale P di Paulus servus all’incipit dell’Epistula ad Titum (mm 150×50), con san Paolo con libro e spada; nel bas-de-page una scena di martirio con giovane inginocchiato e carnefice con spada sguainata. f. 527r: iniziale fogliacea P di Philemoni familiaris, all’incipit dell’Argumentum in epistulam Philemonem (mm 30×30); iniziale P di Paulus vinctus, all’incipit dell’Epistula Philemonem (mm 150×50), con san Paolo con libro e spada; nel bas-de-page scena medica: un medico analizza l’urina che gli porge entro un vaso un assistente, dopo averla prelevata da un ammalato che giace nel letto. f. 527v: iniziale fogliacea I di In primis dicendum, all’incipit dell’Argumentum in epistulam ad Hebraeos (mm 30×30); iniziale M di Multipharia multisque, all’incipit dell’Epistula ad Hebraeos (mm 45×50), con Paolo stante a colloquio con due ebrei a capo scoperto; la lettera è sorretta da un telamone ibrido. Nel bas-de-page un re in trono tra due postulanti; tra i girali un trampoliere.

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f. 531v: iniziale fogliacea L di Luca Anthiochenus (mm 30×30), all’incipit del Prologus in Actus Apostolorum; iniziale P di Primum quidem (mm 65×40), all’incipit degli Actus Apostolorum, con scena della Ascensione alla presenza della Vergine e degli apostoli; solo i piedi sono visibili della figura di Cristo. Nel margine inferiore un telamone regge il tralcio su cui sta a sinistra un monaco incappucciato, seduto e in atteggiamento pensoso e a destra un giovane entro un girale; a lato due uccelli completano la scena. f. 546v: iniziale fogliacea I di Iacob (mm 40×20), all’incipit del Prologus epistulae Iacobi; iniziale I di Iacobus Dei (mm 90×40), all’incipit della Epistula Iacobi, con l’apostolo stante con cappello e bordone del pellegrinaggio (XV secolo). f. 548r: iniziale fogliacea P di Petrus apostolus (mm 125×60), all’incipit dell’Epistula I Petri, con apostolo (XV secolo). f. 549v: iniziale fogliacea S di Simon Petrus (mm 40×40), all’incipit della Secunda epistola (XV secolo). f. 550v: iniziale Q di Quod fuit (mm 50×40), all’incipit della Epistula Ioannis I, con apostolo con rotolo in mano e aquila (XV secolo). f. 552r: iniziale fogliacea S di Senior electae (mm 50×40), all’incipit della Secunda (XV secolo); iniziale S di Senior Gaio (mm 40×40), all’incipit dell’Epistula III (XV secolo). f. 552v: iniziale I di Iudas Iesu (mm 170×40), all’incipit dell’Epistula Iudae, con apostolo stante (XV secolo). f. 553r: iniziale fogliacea I di Iohannes apostolus (mm 100×25), all’incipit del Prologus Apocalypsis Ioannis; iniziale A di Apocalipsis Iesu (mm 90×60), all’incipit dell’Apocalypsis Ioannis, con Giovanni seduto e scrivente su rotolo su un’isola (XV secolo). È stata prevalentemente la parte più antica del codice ad attirare l’attenzione, a cominciare dal Venturi (VENTURI, Storia dell’Arte, 458-460), che segnala il codice tra la fioritura della produzione bolognese del primo stile, attorno al 1270, avvicinandogli i ms. Clm 21261 della Bayerische Staatsbibliothek di München e il ms. Bibl. 2° 16 della Universitäts- und Wüttembergischen Landesbibliothek in Stuttgart; lo studioso evidenza la straordinaria fantasia dell’artefice nell’allestire i motivi e le figure decorative che occupano i margini del manoscritto. Il confronto con i codici citati da Venturi è ripreso da Baldani (BALDANI, La pittura a Bologna, 381) che però, oltre a metterlo in relazione con il ms. 13 della Bibliothèque municipale di Metz e con il ms. lat. 5690 della Bibliothèque nationale de France, lo avvicina agli Statuti dei drappieri (Bologna, Museo civico, ms. 627) del 1284-1286, che rappresentano una fase più avanzata del Primo Stile. Gerevich (GEREVICH, Le relazioni, 197), alla ricerca della individuazione di caratteristiche spiccatamente italiane nell’arte medievale, mette in dubbio che l’origine di uno stile “nazionale” debba localizzarsi a Siena, Napoli o l’Umbria, ma ritiene che la svolta sia avvenuta a Bologna, grazie al superamento dei modelli bizantini causato dalla presenza di molti maestri francesi; queste osservazioni portano inevitabilmente a introdurre nel dibattito Oderisi, la cui arte si sarebbe formata non in Umbria, ma nella città felsinea a

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contatto con i modelli d’oltralpe, cioè quelli portati da Franco Bolognese; il ms. Ross. 255, attorno al 1260-1270 rappresenterebbe efficacemente questo assunto, rivelando nella struttura dei tralci, che si estendono liberamente nei margini e che ospitano animali e drôleries, un preciso modello riconducibile alla produzione parigina, che pure risulta meno naturalistica. Se il codice di Stuttgart appare più semplice, ma cronologicamente legato a questa fase, una ulteriore rielaborazione dei modelli francesi sarebbe da individuarsi in codici come l’Infortiatum di Torino (Biblioteca nazionale universitaria, ms. E. I. 8) e in altri collegati. L’intervento di Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 62-65) individua le due fasi del manoscritto, che assegna rispettivamente all’ambito bolognese della seconda metà del secolo XIII e all’Italia settentrionale alla metà o seconda metà del XV secolo. Il rapido cenno di D’Ancona (D’ANCONA, La miniature italienne, 14-15) inserisce il codice nella seconda fase del Primo Stile Bolognese, collegandolo agli Statuti dei drappieri del 1284, insieme a München ms. Clm 21261, a Stuttgart ms. Bibl. 2° 16, ma anche al metense ms. 3 e al parigino ms. lat. 5690; questi confronti ritornano poco dopo nel breve cenno che Toesca (TOESCA P., Il Medioevo, 1092, n. 14) dedica al manoscritto. Il primo intervento di Castelfranco (CASTELFRANCO, I corali miniati, 550) ripropone il ricorrente topos della supremazia umbra, documentata nelle opere del Maestro dei Corali di San Domenico di Gubbio che avrebbe portato nella città universitaria un nuovo modello, caratterizzato da uno stile meno grafico di quello francese, ma meno plastico di quello comneno; questo avrebbe rinnovato la povera arte locale documentata da opere “bambinesche”, quali appunto il codice in esame. Seguono alcune rapide citazioni in relazione allo sviluppo del Primo Stile (SALMI, La miniatura, 284, n. 5), o agli aspetti paleografici che suggerirebbero una cronologia attorno alla fine del secolo (PAGNIN, La littera bononiensis, 1661) o a confronti con specifici codici, come fa Ameisenowa (AMEISENOWA, Rekopisj I Pierwodruki, 14) in relazione al ms. 3 della Biblioteca Jagiellonska di Cracovia; Daneu Lattanzi (DANEU LATTANZI, Ancora sulla scuola miniaturistica, 150 e I manoscritti e incunaboli, 47) inserisce la bibbia rossiana nel complesso sistema di rapporti che mette in relazione gli scriptoria meridionali, attivi per Manfredi e Corradino, con quelli bolognesi alla fine del settimo decennio, aggiungendo all’insieme dei confronti il ms. 19 della Public Library di New York, mentre Rotili (ROTILI, PUTATURO MURANO, Introduzione alla storia della miniatura, 80-81) torna a insistere sui modelli francesi, individuando nel Ross. 255 la più alta espressione di questo stile che trova ampia documentazione in un gruppo di Bibbie, tra cui quelle di Oxford (ms. Canon. Bibl. lat. 56), di Madrid (ms. Vitr. 21-4), di Parigi (ms. lat. 22), della Vaticana (ms. Vat. lat. 20), di Cesena (ms. D. XXI. 1); gli interventi successivi cercano di definire ulteriormente la posizione del codice all’interno del Primo Stile, come fa Conti (CONTI, La miniatura bolognese, 26; TAMBINI, Il Maestro dei corali, 27) che l’avvicina ai corali mss. 516 e 517 del Museo Civico. Altri interventi privilegiano alcuni elementi iconografici (LEMARIÉ, L’iconographie, coll. 670; CORRIE, The Conradin Bible, 164, 524-526); infine Norris (NORRIS, Early Gothic, 795-801 nr. 41) e Pfändtner (PFÄNDTNER, Die Psalterillustration, LXXXVII-LXXXVIII), in base ad un rinnovato interesse per la gamma cromatica del miniatore, ripercorrono i confronti proposti e ap-

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prodano ad una datazione subito prima del 1284, in relazione ai nessi identificati col ms. lat. 22 della Bibliothèque nationale de France. Sebbene dal dibattito critico siano emersi alcuni dei dati che costituiscono la complessa cultura del codice, manca uno studio che coordini i singoli aspetti, soprattutto per quanto concerne la seconda fase di realizzazione; inoltre, se è vero che i molteplici confronti effettuati per la facies bolognese hanno individuato codici stilisticamente e iconograficamente affini, nessuno presenta però lo straordinario repertorio decorativo del Ross. 255: il fantastico stuolo di figure che si succedono in bilico sullo stelo rigido che attraversa orizzontalmente il bas-de-page solo in parte è riconducibile al generico repertorio delle drôleries, come evidenzia l’attenzione che hanno suscitato nei lettori, documentata dai tentativi di ricopiare alcune scene, ben evidenti nei ff. 259r e 397r; se l’impostazione deriva infatti dai codici francesi coevi, come più volte è stato ribadito, la scelta dei soggetti invece appare in parte riconducibile ad altre fonti, come testi medici (f. 359v), ma soprattutto i fabliaux: riferimenti evidenti a questi racconti si trovano nel f. 78v con il gallo e la volpe, al f. 415v ove è narrata per esteso la favola della Volpe e la cicogna di Esopo o al f. 386v ove è dipinto il lupo travestito da monaco che finge di volere imparare a comportarsi civilmente, come indicano i due oggetti che tiene tra le zampe, la tavoletta dell’alfabeto e la frusta, due strumenti educativi fondamentali nella scuola medievale; ma la sua mancanza di buona volontà è tradita dall’ariete che sta di fronte a lui, come materializzazione dei suoi reconditi, e non soppressi, desideri di predatore. In particolare quest’ultima immagine, ampiamente diffusa nella scultura monumentale dell’Italia settentrionale nel XII secolo, come rivelano le sculture della cattedrali di Parma, Ferrara e Verona, già segnalate da Mâle (MÂLE, L’art religieux, 339), trova nel XIII secolo diffusione nel contesto librario, a causa della ripresa del racconto da parte di Nivardus e Marie de France: ricorre, ad esempio, nel Salterio di Würzburg, realizzato tra 1250 e 1259, nell’iniziale del salmo 83, come visualizzazioni degli inganni di cui parla il salmista. Il codice che però risulta più vicino a questo in esame è il ms. Lewis E 1 della Free Library di Philadelphia, una miscellanea di opere di Albertano da Brescia (De doctrina dicendi et tacendi; De amore et dilectione Dei, Sermones Quattuor), più la Historia de Proeliis Alexandri Magni di Leone di Napoli e Profezie pseudo-sibilline; in questo codice opera un miniatore che attinge agli stessi schemi e che rivela una cultura molto vicina al miniatore del Ross. 255, anche se non si può parlare di identità di mano, dato che la esecuzione risulta assai più corsiva nel codice americano. In questo ritorna sia la rappresentazione della favola della volpe e la cicogna (f. 60r), sia la lotta fra l’armato e la lumaca (f. 57r). Nel ms. Ross. 255 i marginalia non appaiono strettamente legati ai testi, costituiscono piuttosto un racconto parallelo, fatto di ammonimenti morali che si esprimono anche con rappresentazioni del mondo alla rovescia, come al f. 403r ove una lepre porta sulle spalle un cacciatore legato e tiene al guinzaglio il cane, tema parallelamente diffuso nei codici francesi e qui chiaramente collegato alla più consueta scena di caccia che si svolge nel bas-de-page del f. 410r. A questa serie si aggiunge la lotta contro la lumaca al f. 222r, e le altre scene di lotta ai ff.1r,

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29r, 397r, 397v, che replicano motivi diffusi sia a Bologna che a Parigi. Ma alcuni temi appaiono strettamente legati al contesto emiliano, come l’anatra col coltello nel becco al f. 5r, che trova riscontro nelle sculture del portale della cattedrale di Ferrara. Queste immagini inducono ad ipotizzare per questa bibbia una destinazione presso una comunità francescana dotata di strutture scolastiche, dato che le favole non solo erano usate come esercizio pratico di stile nelle scuole, ma fornivano anche temi di efficace utilizzo nella formazione dei futuri predicatori; è in questo senso che va letta anche la scena che compare nel margine inferiore del f. 173v, in corrispondenza del primo libro delle Cronache. Qui, nella piazza antistante una chiesa, stante su un piccolo podio, un religioso, che la tunica bianca e la cocolla marrone sembrerebbe identificare come domenicano più che come francescano, è dipinto in atto di predicare ad una folla di laici, composta prevalentemente da donne abbigliate in abiti contemporanei e mostranti chiari segni di pentimento e commozione; la destinazione scolastica è ribadita anche dai disegni che ricalcano alcuni di questi motivi, disegni fatti da un lettore che non è però in grado di completare i fascicoli rimasti senza miniature, ma soprattutto dalla mancanza del Salterio, impensabile per un testo ad uso liturgico. Un cenno a parte merita un altro soggetto, dipinto nel margine inferiore del f. 241v, coincidente con l’inizio del libro di Giobbe: l’elefante con il suo magister, a torso nudo, sul dorso: la rappresentazione di questo animale che entra concretamente nell’immaginario collettivo proprio in questi anni, come testimonia l’immagine disegnata dal monaco benedettino Matthew Paris poco dopo il 1255, richiama le celebri menageries dei sovrani del tempo, prima di tutte quella di Federico II che un francescano illustre, Salimbene de Adam di Parma, stava in questi anni descrivendo nella sua Cronica sotto l’anno 1235. Alla straordinaria fantasia rivelata nella scelta e combinazione dei marginalia corrisponde una certa convenzionalità nella selezione delle immagini con cui introdurre i singoli libri della Bibbia: qui infatti le scene illustrate coincidono con gli episodi ricorrenti nella maggior parte delle bibbie bolognesi e illustranti l’episodio saliente dei libri; la narrazione è ridotta al minimo, con figure umane in primo piano e scarsi elementi descrittivi; prevale, ovunque risulti possibile, il tema del colloquio con Dio. Un cenno a parte merita l’iconografia degli evagelisti per i quali si privilegia la rappresentazione teriomorfa non solo nella pagina iniziale (f. 5r), ove sono posti in relazione a due figure veterotestamentarie, sottolineando l’interpretazione figurale dei testi rivelati, ma anche in relazione al Vangelo di Marco (f. 464r) e quello di Giovanni (f. 488v), mentre Matteo (f. 447r) è introdotto dall’albero di Iesse e Luca (f. 476v) è stato parzialmente realizzato nel Quattrocento. Questa scelta, non condivisa dalla maggior parte delle bibbie bolognesi, appare un ulteriore legame con i modelli della pittura monumentale, dove questa tipologia prevale per tutto il corso del secolo, come dimostra, ad esempio, la cupola del Battistero di Parma. Nella parte duecentesca operano due miniatori, il primo dei quali svolge un ruolo guida nella progettazione e si caratterizza per le tinte chiare, prevalente-

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mente ocra, azzurro, verde oliva, rosa e avana, stese in uno strato sottile, per i volti infantili definiti graficamente e sormontati da una capigliatura marrone chiara, per la struttura dei tralci che si generano quasi sempre da un ibrido; l’artefice rivela una conoscenza di prima mano dei modelli francesi, come indica la struttura dei marginalia del bas-de-page, l’uso di fondi operati e alcuni dettagli, come il cappello a punta che identifica gli ebrei ai ff. 4r e 401r. Non mancano citazioni dirette dal contesto manfrediano, come i putti nudi e simmetricamente disposti o gli uccelli col chicco nel becco, ma la sua formazione appare aprirsi anche ad altre esperienze, come confermano la conoscenza di iconografie proprie della scultura e della pittura monumentale, indice forse di una passata collaborazione con officine la cui attività non era limitata alla produzione libraria; il manoscritto in esame però è prodotto all’interno di una bottega libraria professionale, come indica la composizione modulare e la divisione del lavoro che coincide con la suddivisione in fascicoli del volume. E la sua specifica attenzione al contesto librario è confermata dalla sua capacità di strutturare schemi complessi, come nella pagina del Genesi, dove mette a punto un geometrico schema a sei tondi, ignoto ai miniatori contemporanei, che sarà ripreso, con un ulteriore incremento di clipei e uno sviluppo in senso narrativo, solo dal Maestro della Bibbia di Gerona (Biblioteca capitolare, ms. 10, f. 391r) nel decennio successivo. Il secondo miniatore invece, presente solo in alcune iniziali, appare di rigorosa osservanza bolognese: dipinge figure dai volti più sottili e tende a usare colori più stratificati. I confronti emersi nel corso del dibattito critico hanno fatto oscillare la datazione della prima fase esecutiva del manoscritto fra 1260 e 1280, correlandolo a un gruppo di codici che, sebbene presentino caratteristiche simili, non rivelano la stessa cultura, soprattutto per l’attenzione ai modelli di un contesto intellettuale così ampio e diversificato; l’alta qualità progettuale, unita alla presenza di iconografie che tendono a scomparire nell’ultimo quarto del secolo, come gli evangelisti teriomorfi, induce a una datazione nell’ottavo decennio del secolo, datazione che trova conferma nelle scelte cromatiche e stilistiche di codici affini quali il ms. A. S. S. 1973 degli Archives de la Compagnie de Saint-Sulpice di Parigi, che presenta un’identica ricchezza narrativa marginale, ma una differente impaginazione, dato che le scene collocate nei clipei del bas-de-page sono quasi sempre strettamente collegate al testo e non svolgono un differente racconto parallelo. La seconda fase invece è opera di un miniatore della prima metà del Quattrocento, che in qualche raro caso si trova a intervenire per completare disegni eseguiti dal suo predecessore (ff. 270v e 473v), ma che struttura le iniziali mancanti puntando esclusivamente sui ritratti degli autori, raffigurati in piedi o seduti allo scrittoio; le iniziali dei prologhi sono fogliacee e caratterizzate da lunghe foglie d’acanto carnose con soli in oro, contornati a inchiostro e raggiati. La gamma cromatica è concentrata sul verde, arancio, rosa, azzurro, è rialzata con filigrane sottili e stesa con pennellate stratificate, che conferiscono ai volti un incarnato pastoso ma luminoso, che rivela la precisa conoscenza della pittura fiorentina degli anni venti/trenta; ma il modulo più massiccio dei corpi e la scelta

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di abiti caratterizzati da zornee e manti induce a ritenere che la sua prima formazione sia avvenuta al di fuori di questo contesto, piuttosto in qualche centro scrittorio dell’Italia nord-orientale. Buono lo stato di conservazione. Legatura Rossi A, in cuoio e fregi aurei, restaurata nel 1958, sul dorso in capitale aurea: BIBLIA SACRA VULGATAE LECTIONIS / COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XIV. (Bibl. Rossianae, III, 240r-241v) VENTURI, Storia dell’Arte, 458-460; BALDANI, La pittura a Bologna, 381; GEREVICH, Le relazioni, 197; TIETZE, Die illuminierten, 62-65 nr. 95; D’ANCONA, La miniature italienne, 14-15; TOESCA P., Il Medioevo, 1092, n. 14; CASTELFRANCO, I corali miniati, 550; SALMI, La miniatura, 284, n. 5; PAGNIN, La littera bononiensis, 1661; CASTELFRANCO, Contributi alla storia della miniatura, 16-17; AMEISENOWA, Rekopisj I Pierwodruki, 14; DANEU LATTANZI, Ancora sulla scuola miniaturistica, 150; ROTILI, La miniatura, 55; ROTILI, PUTATURO MURANO, Introduzione, 8081; CONTI, Appunti pistoiesi, 121; FALLANI, Ricerca sui protagonisti, 139; DANEU LATTANZI, I manoscritti, 47; LEMARIE, L’iconographie, coll. 670; MAZAL, Buchkunst der Gotik, 98; PASSALACQUA, I codici liturgici miniati, 36; CONTI, La miniatura bolognese, 26, 247 e fig. 25; CORRIE, The Conradin Bible, 164, 524-526; TAMBINI, Il Maestro dei corali, 27; NORRIS, Early Gothic, 795-801 nr. 41; PFÄNDTNER, Die Psalterillustration, LXXXVII-LXXXVIII; MADDALO, Ragioni, 153, n. 17; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 11.

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI

Ross. 257 (olim VIII, 196) LUCIUS CAECILIUS FIRMIANUS LACTANTIUS, Divinarum istitutionum adversus gentes libri I-VII (ff. 1r-136v); De ira Dei (ff. 137v-149r); tabula capitulorum (f. 137r); tabula capitulorum (f. 149v); De opificio Dei (ff. 149v-161v) Italia centrale (Firenze?), sec. XV, metà (d.to 1450 maggio 12) (f. 164r) In nomine domini nostri Ihesu Christi, Amen. Anno eiusdem MCCCCL indictione XIII, pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Nicolai divina providentia papae V, anno quarto, die vero XII mai. Quo quidem die celebrato publico et solemni consistorio atque concilio in quo convenerunt reverendissimi domini cardinales archiepiscopi, episcopi abbates et prelati Romane Curie, domini que temporales et persone numero copioso et frequenti, fuit propositum de venerabile olim ac religioso fratre Berardino de Senis ordinis fratrum minorum de observantia canonizando et in numero sanctorum Dei omnipotentis describendo ob eius varia ac diversa miracula multipliciter per insignem ac doctissimum utriusque iuris doctorem dominum Iohannem de Baroncellis de Urbe advocatum consistorialem declarata. In anteriori sala palatii residentie prefati domini nostri et pape capellam (sic) maiorem (sic), ego Petrus Lunensis eiusdem domini nostri secretarius etc. emi hunc librum Lactantii, ob reverentiam tanti et tam clarissimi ac

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ROSS. 255-257

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perspicacissimi auctoris ducati auri quindecim. Deo gratias. Venditor autem fuit Georgius Florentinus cartularius, qui pecunias manualiter post conventionem habitam in camera mee habitationis in paradiso situata teste Deo recepit, a quo bona cunta (sic) procedunt et cuius potestati subiacent omnia ut idem Lactantius super libro I, capitulo V ornatissime inquit Membr. (pergamena di modesta qualità); ff. VII (I cartoncino azzurro come le controguardie; II-VI cart.; VII membr. indicato sul recto come I da mano moderna e sul verso come N. 70, da mano antica, ma non contemporanea alla scrittura del codice), 164, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione manuale antica, ma non contemporanea al testo, a inchiostro bruno e in cifre arabiche, in alto a destra, sul recto dei fogli; richiami di Ross. 257, f. 1r fascicolo costanti, apposti sul verso del foglio, nel margine inferiore; indicazioni di registro in basso a destra sul recto dei fogli, non sempre visibili poiché pesantemente rifilate. Il codice misura mm 330×220 (misure prese ai ff. 90 e 192); scrittura umanistica di modulo piccolo e ricca di abbreviazioni, vergata con inchiostro nero e rosso per segnalare gli incipit dei libri; postille di varie mani sui margini esterni dei fogli, molto lunga quella a f. 145v che occupa tutto il margine inferiore; scrittura in greco, per es. ai ff. 64r, 128v, 131r-132v, 134r, 148r-v; specchio di scrittura (mm 220×140) a piena pagina di 36-37 linee, inquadrato da doppie righe marginali verticali, ottenute con rigatura a secco, ben visibile nei fogli anepigrafi (ff. 162r-163v).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 pagina di incipit, 9 iniziali maggiori a bianchi girari su fondo policromo (verde, blu e rosa acceso) con corpo della lettera in foglia d’oro e con fregio, collocate all’inizio di ogni libro e seguite dalle lettere della prima parola in capitale a inchiostro nero, tranne a f. 1r, in cui la parola è eseguita in crisografia; ai ff. 100r, 119v e 137v si notano le letterine guida affiancate alle iniziali; iniziali minori calligrafiche in blu, collocate nelle righe d’ambito dello specchio scrittorio; titoli correnti vergati alternativamente a inchiostro rosso e nero. f. 1r:

iniziale M di Magno et excellenti (mm 165×60), in apertura del De falsa religione, che completa la pagina di incipit qualificata dalla presenza di una cornice a intrecci policromi. Tra i girari giocano dei puttini alati; tutti, a eccezione di quello nel margine interno, portano al collo una collanina con una croce di corallo rosso; nel margine superiore è inoltre visibile un unicorno. Nel bas-de-page invece, una coppia di amorini come quelli appena descritti sorregge uno stemma muto.

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460 f. 21r:

f. 39v:

f. 61r: f. f. f. f.

82r: 100r: 119v: 137v:

f. 150r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale Q di Quanquam primo libro (mm 240×70), all’incipit del secondo libro dell’opera (De origine erroris). Anche in questo caso nel fregio della lettera, che si dispone a coprire tutta la lunghezza del margine interno, compare un putto alato in piedi su un unicorno. iniziale V di Veritas mihi (mm 160×60), all’incipit del terzo libro dell’opera (De falsa sapientia); la parola veritas è stata vergata in un secondo momento nel margine esterno. La decorazione è sempre a bianchi girari e anche in questo caso gli intrecci sono abitati da un amorino. iniziale C, presumibilmente di C(ogitanti) mihi (mm 62×35), all’incipit del quarto libro (De vera sapientia). iniziale N di N(on est) apud (mm 157×85), all’incipit del quinto libro. iniziale Q di Q(uod erat) officium (mm 157×85), all’incipit del sesto libro. iniziale B di Bene habet (mm 50×25), all’incipit del settimo libro (De vita beata). iniziale A di Animadverti sepe Donate (mm 157×85), all’incipit del settimo libro (De ira Dei). iniziale Q di Quam minime sim quietus (mm 160×85), all’incipit del De opificio Dei sive hominis formatione.

Queste lettere maggiori sono tutte a bianchi girari, con fregi che si dispongono sui margini laterali, superiori o inferiori e, solo nel caso di quella a f. 82r, è presente tra gli intrecci un putto alato. La decorazione a bianchi girari che caratterizza la pagina incipitaria e le iniziali maggiori collega l’esecuzione del codice ad artisti come Bartolomeo Varnucci o il primo Gioacchino de’ Gigantibus – attivo a Firenze, negli anni della formazione fiorentina a bottega dallo stesso Varnucci, prima di spostarsi fra Siena, Roma (1448-1471), Napoli (1471-1481) e di nuovo Roma (1481-1485) –, che elaborò uno stile assai simile a quello del maestro (tanto da risultare difficile da distinguere) caratterizzato da una particolare esuberanza decorativa dei bianchi girari spesso abitati da putti e animali. Nel caso del Ross. 257 i robusti girari presentano terminazioni a foglie lobate arricchite da delicate perlinature dorate e sono disposti su fondo a lacunari bluverdi-rossi, che accolgono per la pagina d’incipit giocosi putti alati, caratterizzati, a eccezione di uno, dalla presenza di un corallo rosso appeso al collo. La soluzione d’insieme porterebbe ad assegnare l’apparato decorativo a Bartolomeo Varnucci (nato nel 1410), data l’affinità con altri manoscritti per i quali è stato proposto il suo intervento (Biblioteca Apostolica Vaticana, mss. Pal. lat. 1516 e Vat. lat. 2208; Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, mss. Plut. 21.5 e Plut. 76.35; infine un codice venduto da Sotheby il 6 dicembre 1988, lotto nr. 48) e in ragione del dettato della sottoscrizione, che attesta l’acquisto dell’esemplare, in data 1450, presso il libraio Georgius, fiorentino ma con bottega a Roma, forse nei pressi dell’atrio della basilica di San Pietro (cui farebbe riferimento il termine paradisus), circoscrivendone la realizzazione entro il secondo quarto del secolo XV. Lo stato di conservazione appare discreto, se si eccettua la presenza di qualche ingiallimento e qualche macchia della pergamena, oltre che la sporadica pre-

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461

ROSS. 257-258

senza di strappi (per es. ai ff. 2, 3, 19 e 99); le miniature sono in buono stato conservativo. Legatura Rossi A in pessime condizioni conservative, soprattutto per ciò che concerne il dorso totalmente staccato dalla compagine dei fascicoli. In alto si legge: LACTANTII /FIRMANI / OPERA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XVI. Secondo la sottoscrizione a f. 164r il codice fu acquistato a Roma nel 1450, presso il cartolaio fiorentino Georgius, da Pietro Lunense (Pietro da Noceto), segretario del cardinal Capranica insieme a Enea Silvio Piccolomini e Iacopo Ammanati. Lo stemma muto lascia ipotizzare l’appartenenza dell’esemplare a una produzione seriale forse proprio in ambito fiorentino. (SILVA TAROUCA, II, 69r-v; Bibl. Rossianae, III, 243r) TIETZE, Die illuminierten, 116-117 nr. 242; DICHTL, Codicum Rossianae, 25r; Clavis Patrum Latinorum, 24-27; CECCANTI, Proposte, 11-16; GUALDO ROSA, Pietro Putomorsi, 1068; CERESA, Bibliografia 2005, 477.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 258 (olim VIII, 197) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Epistolae (fino all’epistola LXXXVII) Italia centrale (Roma?), sec. XV3-4 Membr. (pergamena di discreta qualità, ma ben lavorata); ff. VI (cart. moderni), 250, V’ (cart. moderni); foliazione manuale moderna, a lapis in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei fogli; richiami di fascicolo costanti, sul verso del foglio, appena sotto lo specchio scrittorio, talvolta qualificati da un intervento grafico a inchiostro; il codice misura mm 323×230 (misure prese ai ff. 49 e 203); scrittura minuscola umanistica vergata da una sola mano con inchiostro nero e rosso per segnalare l’incipit delle epistole; glosse marginali a inchiostro bruno in minuscola corsiva di modulo piccolo; la linea di scrittura che chiude il f. 250r è apposta da una mano posteriore, la stessa della glossa sul margine destro. Specchio di scrittura (mm 200×150) a piena pagina di 28 linee; rigatura a secco inquadrata da doppie righe marginali verticali. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 86 iniziali maggiori col-

Ross. 258, f. 1r

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462

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

locate all’inizio delle epistole: 1 iniziale istoriata (mm 50×55) nella pagina di incipit, 85 iniziali a bianchi girari su fondo policromo (media delle misure mm 165×32); solo l’ultimo fascicolo del codice non è stato miniato, è infatti lasciato in bianco lo spazio riservato alle iniziali; 1 iniziale minore (pari a 2 linee di scrittura; iniziale D di Domino illustri), a f. 1r, su fondo blu e con campo bipartito di colore rosa e verde; maniculae in inchiostro scuro. f. 1r:

f. 1r: f. 2r: f. 8r: f. f. f. f.

9r: 15r: 16v: 19v:

f. 22v: f. 32v: f. 33r: f. 33v: f. 34r: f. 34v: f. 38r: f. 39v:

pagina di incipit, iniziale D di De salute tua, in apertura della prima epistola ad Volusianum; il corpo della lettera, realizzato in lamina metallica aurea, racchiude su un fondo blu a filamenti d’oro, la figura di sant’Agostino seduto su uno scranno ligneo, in abito ecclesiale. Egli verga il volume appoggiato su uno scrittoio, in cui sono custoditi anche altri codici; seduto davanti a lui un discepolo regge un libro dalla coperta rossa mentre ascolta le parole del santo. Gli intrecci dell’iniziale danno poi vita a quelli della cornice che percorre tutti i margini del foglio e che presenta una decorazione a listelli in lamina metallica. I girari sono abitati da putti tubicini, con una collanina di corallo al collo, da una certa varietà di volatili variopinti e infine da un leone. Il bas-de-page, che forse presentava lo stemma del committente o del proprietario, è stato completamente tagliato e risarcito da un inserto di pergamena, ma non è dato di sapere in quale epoca. iniziale D di Domino vere, all’incipit dell’epistola Volusiani ad Augustinum. iniziale D di Domino illustri, all’incipit dell’epistola ad Volusianum. iniziale D di Domino nimiumque venerabili, all’incipit dell’epistola Marcellini ad Augustinum. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Marcellinum. iniziale D di Domine eximie, all’incipit dell’epistola ad Italicam. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Marcellinum. iniziale D di Domino venerando, all’incipit dell’epistola Hieronymi ad presbiterum. iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Hieronymum presbiterum. iniziale D di Domino beatissimo, all’incipit dell’epistola Alippii et Augustini ad Aurelium papam. iniziale L di Longiniano Augustinus, all’incipit dell’epistola ad Longinanum. iniziale D di Domino venerando, all’incipit dell’epistola Longiniani ad Augustinum. iniziale L di Longiniano Augustinus, all’incipit dell’epistola ad Longinianum. iniziale B di Bonefatio episcopo, all’incipit dell’epistola ad Bonefatium episcopum. iniziale D di Domino fratri, all’incipit dell’epistola Paulini et Therasie ad Augustini. iniziale D di Domino vere, all’incipit dell’epistola ad Paulinum.

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ROSS. 258

463

f. 41v: iniziale D di Domino fratri, all’incipit dell’epistola Paulini et Therasie ad Augustinum. f. 42r: iniziale D di Dominus dilectissimus, all’incipit dell’epistola ad Paulinum et Therasiam. f. 44r: iniziale D di Domino merito, all’incipit dell’epistola Paulini et Therasie ad Alipium. f. 45v: iniziale D di Domino merito, all’incipit dell’epistola Paulini et Therasie ad Romanorum. f. 48r: iniziale V di Venerabili et desiderabili, all’incipit dell’epistola Severi ad Augustinum. f. 49r: iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Letum. f. 52r: iniziale V di Vix repperi, all’incipit dell’epistola ad Licentium. f. 52v: iniziale A di Archanum Varronis, all’incipit dell’epistola Licentii ad Augustinum. f. 54r: iniziale S di Si versus, all’incipit dell’epistola ad Licentium. f. 55r: iniziale H di Habeas crebros, all’incipit dell’epistola Maximi Madaurensis ad Augustinum. f. 55v: iniziale S di Serium ne aliquid, all’incipit dell’epistola ad Maximum grammaticum. f. 57r: iniziale D di Dominis eximiis, all’incipit dell’epistola ad Armentarium et Paulinam. f. 59v: iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Valentinum. f. 61r: iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Valentinum. f. 63r: iniziale D di Dilectissimo fratri, all’incipit dell’epistola ad Vincentium. f. 78v: iniziale S di Sincerissimo fratri, di cui non è possibile segnalare l’incipit poiché non è stata vergata la rubrica. f. 79r: iniziale M di Monet quosdam, all’incipit della prima quaestio De Resurrectione. f. 80v: iniziale I di Item alia, all’incipit della seconda quaestio De tempore Christiane lectionis. f. 82v: iniziale I di Iam videamus, all’incipit della terza quaestio De Sacrificiorum distructione. f. 84r: iniziale I di Iam nunc, all’incipit della quarta quaestio De eo quod scripturum est. f. 85v: iniziale P di Post hanc, all’incipit della quinta quaestio De filio Dei secundum Salomonem. f. 86r: iniziale P di Postrema questio, all’incipit di alcune quaestiones. f. 88r: iniziale L di Laudo et gratulor, all’incipit dell’epistola ad Bonefatium. f. 101v: iniziale D di Domino merito, all’incipit dell’epistola Macedonii ad Augustinum. f. 102r: iniziale A di Augustinus episcopus, all’incipit dell’epistola ad Macedonium. f. 106r: iniziale D di Domino merito, all’incipit dell’epistola Macedonii ad Augustinum. f. 107r: iniziale A di Augustinus episcopus, all’incipit dell’epistola episcopi ad Macedonium. f. 114r: iniziale P di Pro hoc, all’incipit dell’epistola Dioscori ad Augustinum.

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464 f. f. f. f. f. f. f.

114v: 125r: 134v: 139r: 148r: 148v: 151r:

f. 153v: f. 156r: f. 161v: f. 169v: f. 185r: f. 188v: f. 189r: f. 189v: f. 190v: f. 191v: f. 192v: f. 194v: f. 195v: f. 196v: f. 210v: f. 211v: f. 212r: f. 213r: f. 214r: f. 214v: f. 217r: f. f. f. f.

218v: 219r: 219v: 220v:

f. 221v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale T di Tunc in mirabilium, all’incipit dell’epistola ad Dioscorum. iniziale F di Fateor me frater, all’incipit dell’epistola ad Dardanum. iniziale D di De paucis, all’incipit dell’epistola Paulini ad Augustinum. iniziale B di Beatissimo et venerabiliter, all’incipit dell’epistola ad Paulinum. iniziale D di Domino insigni, all’incipit dell’epistola Nectarii ad Augustium. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Nectarium. iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Maximinum presbiterum. iniziale D di Donato presbitero, all’incipit dell’epistola ad Donatum. iniziale D di Domino beatissimo, all’incipit dell’epistola ad Evodium episcopum. iniziale A di Augustinus episcopus, all’incipit dell’epistola ad Probam. iniziale A di Augustinus memor, all’incipit dell’epistola ad Paulinam. iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Victorianum. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Orontium. iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Olympium. iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Cornelium. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Donatum. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Olimpium. iniziale R di Religiosissime et in Christi, all’incipit dell’epistola ad Seleutianam. iniziale D di Dominis honorabilibus, all’incipit dell’epistola ad fratribus circensis. iniziale D di Domino beatissimo, all’incipit dell’epistola ad Memorium episcopum. iniziale D di Domino beatissimo, all’incipit dell’epistola ad Elichium episcopum. iniziale D di Domine eximie, all’incipit dell’epistola ad Florentinam. iniziale D di Deligiosissime (sic per Religiosissime) atque in Christi, all’incipit dell’epistola ad Italicam. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Pammachium. iniziale D di Domino beatissimo, all’incipit dell’epistola Severo et suis fratribus. iniziale D di Dominis dilectissimis, all’incipit dell’epistola ad Hylarianum et Felicem. iniziale D di Dilectissimis fratribus, all’incipit dell’epistola ad Ecclesiam Ipponensem. iniziale D di Dilectissimis fratribus, all’incipit dell’epistola XVI (rubr.: Aug(ustini) fratribus conclericis universe plebis). iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Possidium. iniziale D di Domino vere, all’incipit dell’epistola Audacis ad Augustinum. iniziale D di Domino dilectissimo, all’incipit dell’epistola ad Audacem. iniziale D di Donorabili (sic per Honorabili) et eximie, all’incipit dell’epistola ad Maximinum. iniziale D di Domine debitis, all’incipit dell’epistola ad Iulianam.

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ROSS. 258

f. f. f. f. f. f. f. f.

465

225r: 227r: 227v: 232r: 233v: 235r: 235v: 236r:

iniziale D di Domino fratri, all’incipit dell’epistola ad Anastasium. iniziale D di Domino sancto, all’incipit dell’epistola ad Sebastianum. iniziale D di Dilectissimo fratri, all’incipit dell’epistola ad Consentium. iniziale D di Domino honorabili, all’incipit dell’epistola Procultiano. iniziale D di Domino beatissimo, all’incipit dell’epistola ad Valerium. iniziale F di Fratri profuturo, all’incipit dell’epistola ad fratrem profuturum. iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Donatum. iniziale D di Dominis predicabilibus, all’incipit dell’epistola ad fratres madaurenses. f. 238r: iniziale D di Domino eximio, all’incipit dell’epistola ad Elpidium. f. 239v: iniziale N di Nebridio Augustinus, all’incipit dell’epistola ad Nebridium. Le iniziali ai ff. 241r, 244r, 245v, 247v, 249r, 249v non sono state eseguite.

Secondo Josè Ruysschaert (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272) l’esecuzione dell’apparato decorativo e figurativo del manoscritto è opera di Gioacchino de Giovanni de’ Gigantibus (detto anche maestro Giovacchino di Giovanni miniatore o maestro Giovacchino di Giovanni della Magna), uno dei protagonisti del rinnovamento umanistico della miniatura romana, che avrebbe lavorato a questo manoscritto durante il suo soggiorno napoletano alla corte aragonese (1471-1480) o nel periodo successivo al suo ritorno a Roma (dopo il 1481). La mano dell’autore è rintracciabile in altri manoscritti che l’autore realizzò per Enea Silvio Piccolomini a Siena, per la corte aragonese a Napoli e, a Roma, sotto i pontificati di Niccolò V, Callisto III e Pio II (mss. Vat. lat. 4215, Vat. lat. 3027, Vat. lat. 1594 e Vat. lat. 1595, Chig. H. VIII. 259, Chig. H. VIII. 2604, Reg. lat. 1935, Barb. lat.18, Chig. A. VII. 122, Reg. lat. 1946, Ross. 91, Vat. lat. 337, Vat. lat. 7676, Vat. lat. 1051, Ott. lat 1988, Vat. lat. 1983, Vat. lat. 353, Vat. lat. 2999, Vat. lat. 1797, Vat. lat. 2053, Vat. lat. 1651, Vat. lat. 3264, Vat. lat. 3279, Vat. lat. 3302, Vat. lat. 3285, ms. 15 della Casanatense di Roma, King’s 32 della British Library, Vat. lat. 3272, Ott. lat. 78, Vat. lat. 408); altri, più difficili da datare, sotto Paolo II e Sisto IV (mss. Vat. lat. 1813, Chig. H. VII. 241, Chig. H. VIII. 255, Ott. lat. 2053, Ross. 258, Vat. lat. 3719). La tipologia dei bianchi girari, per forma, colore e per la caratteristica doppia cornice dorata che ospita elementi ornitologici, animali e putti, è la stessa di quella che orna solitamente i manoscritti prodotti o decorati a Roma per i pontefici e la Curia nel settimo decennio del XV secolo, secondo una tipologia comune e quasi seriale. Lo stato conservativo del manoscritto è buono, a eccezione della mutilazione a f. 1r, peraltro risarcita, della presenza di alcuni fori nella pergamena (per es. ff. 66, 67, 101, 102, 132, 134, 142 e 147) e di una vistosa cucitura in filo a f. 133. La legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto sul dorso si legge: SANCTI / AUGUSTINI / EPISTOLAE; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 70r-v; Bibl. Rossianae, III, 244r)

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

TIETZE, Die illuminierten, 114 nr. 232; DICHTL, Codicum Rossianae, 7r nr. 181; RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 20-201, 208, 211-215, 218-220, 222, 226, 228-229, 234, 245, 252, 259-266, 268-270, 272, 274, 277, 279-280, 282-285, 287290, 294-296, 301, 310, 314, 316-317, 324, 327, 330-331, 336-338, 342-344, 347-350, 352353; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 345; DIVJAK, RÖMER, Ergänzungen, 95, 98; BUONOCORE, Bibliografia dei fondi, 657; Clavis Patrum Latinorum, 97-99, 101-105.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 259 (olim VIII, 198) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Epistulae (ff. 1r-272r); Concilia et decreta (ff. 272r-282v); Tabula super epistulis beati Augustini Yponensis episcopi (ff. 283r-306r) Francia (Parigi), sec. XIV (d.to 1345) Membr. (pergamena di ottima fattura, consistenza porosa, margini ampi); ff. V, 306, V’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Foliazione moderna in cifre arabiche, apposta a matita nell’angolo superiore destro (dal f. 272 eseguita a matita lilla). Numerazione dei capitoli in numeri romani eseguita in inchiostro rosso al centro del margine superiore. Richiamo orizzontale, inserito in semplici cornici a penna e inchiostro rosso, posto nel margine inferiore, al di sotto della colonna di destra, sul verso dell’ultimo foglio dei fascicoli. Il codice misura mm 335×240. Scrittura gotica in inchiostro bruno, di più mani. Specchio scrittorio su due colonne (mm 240×160), di 56 linee di scrittura (intercolumnio mm 15). Rigatura a mina di piombo, eseguita facciata per facciata. Lo specchio scrittorio è circondato da una doppia riga; nel margine superiore la doppia riga ospita la numerazione dei capitoli e in quello inferiore il richiamo; sono visibili i fori di guida. Il codice è composto da senioni regolari.

Ross. 259, f. 1r

Il corredo ornamentale è costituito esclusivamente da iniziali filigranate, in inchiostro rosso e blu, generalmente di 3 linee di testo (mm 15×20), poste all’inizio dei diversi capitoli. All’incipit delle principali partizioni testuali delle Decretali e dei Concilii sono impiegate lettere filigranate di dimensioni maggiori (ff. 1r, 272r, 275r, 276v, 277r, 277v, 278r, 278v, 279r, 281v). Sono inoltre utilizzate rubriche, iniziali calligrafiche in blu (su 1 linea), iniziali rialzate in rosso. Le iniziali filigranate nel corso del testo sono piuttosto semplici, ma spesso la decorazione, anche se limitata, presenta i caratteristici elementi ornamen-

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ROSS. 258-259

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tali di Jaquet Maci, ad esempio le spighette e i fiorellini a cinque petali ai ff. 107v e 108r; particolarmente curata è l’iniziale a f. 251v, dalla quale spunta anche un pesciolino. f. 1r:

pagina decorata con una fitta bordura filigranata. Iniziale D di Domino illustri (mm 40×45), all’incipit delle Epistulae; l’iniziale è una lettera puzzle contenente una decorazione filigranata con foglie trilobate e foglie di vite a risparmio entro un fitto intreccio di tratti in inchiostro rosso. La lettera è inserita in un riquadro decorato con analoghi motivi, tracciati con inchiostro blu scuro. Dall’iniziale si dipartono tralci di foglie di vite in inchiostro blu, attorniati da una decorazione in inchiostro rosso, arricchita da foglie a risparmio, che forma una bordura attorno ai quattro lati dello specchio scrittorio. Il tralcio blu si articola in una serie di riccioli entro i quali sono ritagliate delle forme a risparmio: uccellini, civette, draghi, creature ibride, fiere e leoni e anche alcuni volti, di cui uno con la mitria. Lungo l’intercolumnio corre un tralcio blu che si conclude con un giglio sormontato da una testa leonina. Anche questo tralcio è circondato da una decorazione in inchiostro rosso, arricchita da piccole margherite in campo aperto, in rosso e blu. Al di sopra dell’incipit è un tappeto ornato con una minuta e fittissima decorazione in rosso e blu, entro la quale spiccano foglie di vite e un giglio, al centro, tra un’aquila ad ali spiegate, un leone passante e un draghetto dalle fauci spalancate. Nel margine superiore e in quello inferiore, lungo la bordura, segnata da margini ondulati con cuspidi appuntite, sono inserite tre iscrizioni in inchiostro blu, che riportano i nomi del committente, del calligrafo e del suo aiutante. Nel margine superiore, al di sopra della bordura si legge: FRATER ET MAGISTER GREGORIUS BONA DIES SIT VOBIS. Nel margine inferiore, al di sopra della bordura si legge: IACOBUS MATHEY ME FECIT A(NNO) D(OMINI) MCCCXLV; sotto la bordura: ET LAURANCIUS APRENTICIUS SUUS. f. 272r: due iniziali puzzle filigranate, all’incipit dei Decreti e dei Concilii. La prima è una I di grandi dimensioni (mm 75 di lunghezza), la seconda è una R più piccola (mm 20×30). La decorazione filigranata di questo foglio è particolarmente ricca e lungo l’intercolumnio scende una antenna composta da mezzi gigli rossi e blu alternati. L’inchiostro usato per le ornamentazioni filigranate è molto più scuro e tendente al verde di quello usato per comporre i corpi delle lettere e i gigli. Iniziali di analoghe dimensioni introducono gli incipit successivi, con i Concilii. f. 275r: iniziale filigranata (mm 30×35); nell’occhiello, su un tappeto di decorazione filigranata in rosso e blu scuro, spicca una piccola aquila ad ali spiegate. Lungo il margine interno corre la decorazione a gigli alternati. f. 276v: iniziale filigranata (mm 28×30) e ricca decorazione nell’intercolumnio, che sboccia con terminazioni nei due margini superiore e inferiore.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 277v: iniziale filigranata (mm 30×45) e ricca ornamentazione nel margine esterno; la decorazione, ricca di fiorellini, si piega nel margine e termina in alto con un uccellino. f. 279r: iniziale filigranata (mm 90, di lunghezza), ricca decorazione nell’intercolumnio. f. 281v: iniziale filigranata (mm 60×30), ricca decorazione margine esterno. Al centro dell’occhiello un’aquila; in alto una gazza in inchiostro nero. f. 285r: l’incipit della Tabula super epistulis beati Augustini è dotato di un’iniziale filigranata (mm 20×25) di mano diversa e molto meno raffinata delle precedenti. La straordinaria decorazione filigranata del codice è stata eseguita dal calligrafo parigino Jaquet Maci, il quale si firma, in latino, come Iacobus Mathey, insieme al suo apprendista Laurencius, datando il codice al 1345 (f. 1r). È questa una delle due opere firmate, attorno alle quali è stato radunato il corpus di codici la cui decorazione filigranata è stata attribuita a Jaquet Maci, attivo tra Avignone e Parigi nella prima metà del Trecento (AVRIL, Un enlumineur; AVRIL, Autour; AVRIL, Schede; MANZARI, s.v. Jaquet Maci). Jaquet Maci, definito un virtuoso dell’ornamentazione filigranata, ha svolto una lunga carriera, almeno entro l’arco delle due opere documentate, tra il 1327 e il 1345, e forse iniziata già una decina di anni prima (AVRIL, Schede, 291). L’artista, dopo aver ricevuto una formazione settentrionale, è stato verosimilmente attivo ad Avignone tra il 1317 e il 1326, lavorando nella serie delle Opere di san Tommaso e nel Commentario biblico di Domenico Grima, entrambi destinati al papa Giovanni XXII (DONDAINE, La collection; AVRIL, Schede; MANZARI, La miniatura). La prima firma lasciata dall’artista è vergata nella Bibbia di Robert de Billyng (Parigi, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 11935, f. 642r); quest’opera, realizzata a Parigi nel 1327, insieme al miniatore Jean Pucelle, è firmata da entrambi, con un terzo artefice, Anciau de Sens, in un’iscrizione tracciata in microscopici caratteri in inchiostro rosso: Jehan Pucelle, Anciau de Cens, Jaquet Maci (AVRIL, Manuscrits, 290-291). Da questo momento Maci sembra essere stato attivo nella capitale, realizzando, fra l’altro, l’ornamentazione filigranata di un gruppo di libri liturgici per la Sainte-Chapelle (per un riepilogo del corpus dell’artista, ricostruito da Avril in numerosi interventi, si veda MANZARI, La miniatura, 50-51), fino all’esecuzione del codice rossiano, che risulta essere una delle ultime opere e nel quale Maci raggiunge risultati più esuberanti. Nelle opere della maturità infatti Maci inserisce gigli e rosette entro tappeti filigranati che riempiono le iniziali, ma anche elementi araldici quali aquile ad ali spiegate, leoni passanti, animali e volti umani, eseguiti a risparmio nelle bande marginali; le bordure delle sue decorazioni sono composte da mezzi gigli, da piramidi e da spirali composte da pallini affiancati. In testa alla bordura nel margine superiore al f. 1r del Ross. 259 è inoltre vergato il nome del committente, il teologo agostiniano Gregorio da Rimini (morto nel 1358). Questi, dopo aver studiato a Parigi tra il 1323 e il 1329 e tra il 1343 e il 1344, conseguì il dottorato in teologia proprio all’inizio dell’anno 1345, vergato come datazione dell’opera sul foglio d’incipit. Gregorio portò verosimilmente

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ROSS. 259-260

il codice con sé da Parigi al convento agostiniano di Rimini, di cui divenne professore nel 1351, dopo una parentesi padovana, e successivamente priore nel 1357 (AUBERT, s.v. Gregorio da Rimini, coll. 28-32). Nota di possesso quasi illeggibile a f. 306v: hic liber est conventus de Arimini, delatus Rome ad mandatum S.D.N. Nicholai V. Il codice, commissionato a Parigi da Gregorio da Rimini, proviene quindi dal convento riminese degli Agostiniani. Dalla nota di possesso risulta inoltre che alla metà del Quattrocento venne da esso prelevato, su richiesta di papa Niccolò V. Il codice è in ottime condizioni di conservazione. Legatura Rossi A in discrete condizioni di conservazione, tranne per il dorso, che risulta staccato. Il dorso ha decorazioni a impressione e in oro. In alto si legge: S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / DE TRINITATE; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI 1344. (SILVA TAROUCA, II, 71r-73r; Bibl. Rossianae, III, 245r) TIETZE, Die illuminierten, 35 nr. 57; AVRIL, Un enlumineur, 259; AVRIL, Autour, 4; DONDAINE, La collection, 149; AVRIL, Schede, 291; ALEXANDER, I miniatori medievali, 41 fig. 41, 52, n. 132; MANZARI, s.v. Jaquet Maci, 259-260; AVRIL, Manuscrits, 290; MANZARI, Schede, 51; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, n. 16.

FRANCESCA MANZARI

Ross. 260 (olim VIII, 199) S. AURELIUS AUGUSTINUS, De civitate Dei libri XXII Italia (Venezia), sec. XV1 Membr.; ff. X (I-IX cart.; I in cartoncino marezzato verde e nero come la controguardia), 258, XI’ (I’-X’ cart.; XI’ in cartoncino marezzato verde e nero come la controguardia). Foliazione moderna, manuale, a lapis viola, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei ff. 1-258, regolare; accanto alla foliazione moderna una seconda mano più antica, indica con una P seguita da cifra arabica, in inchiostro bruno, in alto a destra sul recto, a partire dal secondo foglio di ogni fascicolo, la parte del libro trattata in quei fogli; a partire da f. 94, sul recto del foglio in basso a destra, in inchiostro bruno, in cifre arabiche numerazione dei primi cinque fogli che compongono il fascicolo. Il codice misura mm 336/8 × 239/40 (misure prese ai ff. 62 e 209). Littera

Ross. 260, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

textualis di modulo medio ricca di abbreviazioni vergata da una sola mano in inchiostro bruno, spesso rialzata con tocchi di colore, e in inchiostro rosso per segnalare gli incipit e gli explicit dei libri e dei capitoli che compongono ciascun libro. Integrazioni al testo, a lato della colonna di testo, in inchiostro bruno di mano diversa dalla principale, annotazioni marginali e interlineari di una terza mano in umanistica semicorsiva, in inchiostro nero. Interventi di correzione su rasura sia della medesima mano che scrive il testo sia di una seconda mano che scrive in inchiostro nero e modulo più ampio (per esempio a f. 11r). Specchio di scrittura (mm 234×158) a due colonne di 48 linee, inquadrate da righe marginali verticali e orizzontali (spazio intercolonnare mm 19); frequente la presenza di maniculae, poste sul lato esterno delle colonne, a indicare i punti di particolare rilievo del testo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 22 iniziali maggiori istoriate e figurate (di misura variabile da un minimo di mm 36×40 a un massimo di mm 74×57), poste al principio di ogni libro; 1 iniziale decorata con motivi vegetali al principio del prologo (f. 1r); iniziali medie ornate (mm 15×15) in lamina dorata su fondo rosa e blu o blu e verde filettato a biacca, poste al principio di ciascun capitolo; iniziali rubricate di rosso e di blu decorate con filigrana di colore rosso all’inizio dei titoli dei capitoli; segni paragrafali in blu e rosso. Le iniziali maggiori presentano il corpo della lettera, di colore rosa o giallo, decorato con leggere filigrane in biacca, mentre la parte interna presenta spesso una larga profilatura di colore giallo. L’iniziale è posta su un fondo in lamina dorata e bordato di nero, a volte dalle forme regolarmente poligonali a volte dai profili dentati, frequentemente terminato da foglioline di acanto. In alcuni casi la lettera presenta forme più elaborate, essendo costituita da animali mostruosi o drôleries come nel caso dell’iniziale di f. 1r o di f. 20r. Le pagine iniziali di ciascun capitolo sono arricchite da ampi fregi, posti lungo i margini del foglio e negli spazi bianchi tra le due colonne di testo, costituiti da tralci disegnati a inchiostro e arricchiti da foglie lanceolate, in lamina dorata o nei colori del rosso, del blu e del verde, e da fiori e spighe. Frequentemente il tralcio si diparte da snelle aste, verticali e orizzontali, terminanti in foglie d’acanto (come nel caso di f. 30v), costituite da barre in lamina dorata o nei colori del rosso, del blu e del verde. Le iniziali maggiori istoriate e figurate sono poste ai ff. 1r, 11r, 20r, 30v, 39v, 50v, 57r, 66v, 76r, 83r, 96r, 107r, 117r, 127r, 139r, 153v, 169r, 182r, 202r, 215r, 231r, 244r. f. 1r: f. 11r:

f. 20r:

iniziale G di Gloriosissimam civitatem, all’incipit del libro I. All’interno dell’iniziale l’Incoronazione della Vergine. iniziale S di Si rationi perspicuae veritatis, all’incipit del libro II. Un uomo barbuto è intento a distruggere con un martello degli idoli posti al di sopra di un altare. Probabile riferimento ai contenuti del secondo libro, che consiste in una condanna contro il culto dei falsi dei. iniziale I di Iam satis dictum, all’incipit del libro III. Un uomo in preghiera, vestito da monaco e con il rosario, è inginocchiato sopra un uomo disteso a terra vestito di rosso e con il capo coronato. Risulta difficile comprendere il preciso riferimento testuale della raffigurazione che

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ROSS. 260

f. 30v:

f. 39v:

f. 50v:

f. 57r:

f. 66v: f. 76r: f. 83r:

f. 96r:

f. 107r:

f. 117r:

f. 127r:

f. 139r:

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potrebbe tuttavia alludere alla vittoria sul paganesimo della fede cristiana (si veda, ad esempio, la parte finale del capitolo 31). iniziale D di De civitate Dei, all’incipit del libro IV. Un re in trono regge con la mano destra una spada e con la sinistra una bilancia, probabile raffigurazione della Giustizia, tema conduttore dell’inizio del quarto libro. iniziale Q di Quoniam constat, all’incipit del libro V. Cristo seduto, vestito di rosa, tiene in mano tre volti mentre altri due volti si scorgono rispettivamente al di sopra e al di sotto della sua figura. Probabile raffigurazione della Trinità e della sua onnipotenza, in riferimento al capitolo V, 11. iniziale Q di Quinque superioribus libris, all’incipit del libro VI. Dio Creatore infonde l’anima ad Adamo; da riferirsi probabilmente al passo della prefazione in cui si accenna all’unico vero Dio che, a differenza degli dei pagani, è anche Creatore. iniziale D di Diligentius me pravas, all’incipit del libro VII. Due uomini sono su una barca in mezzo alle acque mentre un angelo vola sopra di loro. Probabile riferimento al capitolo VII, 32 dove si parla degli angeli quali annunciatori della redenzione. iniziale N di Nunc intentiore nobis, all’incipit del libro VIII. Raffigurazione della Filosofia, tema conduttore del quinto libro. iniziale E di Et bonos et malos, all’incipit del libro IX. Un altare con sopra una statuetta in oro. iniziale O di Omnium certa sententia, all’incipit del libro X. Tre angeli in preghiera, in riferimento all’argomento trattato nel decimo libro relativo agli angeli. iniziale C di Civitatem Dei dicimus, all’incipit del libro XI. Cristo indica una città turrita, riferimento alla Città di Dio di cui si parla nel corso dell’undicesimo libro. iniziale A di Antequam de institutione, all’incipit del libro XII. Nella parte inferiore della lettera A un animale mostruoso sputa fuoco mentre nella parte superiore si scorge un cielo nuvoloso con saette e pioggia che cade, forse riferimento al problema del male trattato nel corso del dodicesimo libro. iniziale E di Expeditis de nostri saeculi, all’incipit del libro XIII. Nella parte superiore della lettera E rappresentazione della Tentazione di Adamo ed Eva mentre nella parte inferiore della lettera è raffigurata la Crocifissione, probabile riferimento alla tematica trattata nel tredicesimo libro relativa al problema del peccato e della redenzione. iniziale D di Diximus in superioribus, all’incipit del libro XIV. All’interno del corpo della lettera si scorgono le due città, una in alto, tra le nuvole, l’altra in basso, con riferimento alla città celeste e alla città terrestre e di cui diffusamente si parla nel corso del libro quattordicesimo. iniziale D di De foelicitate paradisi, all’incipit del libro XV. Nella parte superiore della lettera sono due figure, forse un uomo e una donna, sedute a terra e un bambino è disteso tra di loro; nella parte inferiore della

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f. 153v:

f. 169r:

f. 182r:

f. 202r:

f. 215r:

f. 231r:

f. 244r:

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lettera una veglia funebre, probabile riferimento alla felicità paradisiaca di cui si parla nel corso del libro quindicesimo. iniziale V di Vestigia civitatis utrum, all’incipit del libro XVI. All’interno dell’iniziale giovane uomo con le mani congiunte. Risulta difficile identificare con precisione il personaggio raffigurato o stabilire il riferimento preciso al testo agostiniano per questa iniziale posta al principio del libro in cui si tratta della storia delle due città da Noè fino a Davide. iniziale P di Promissiones Dei, all’incipit del libro XVII. Entro l’iniziale è raffigurato un profeta che regge un cartiglio con la mano sinistra e lo indica con la mano destra. La raffigurazione del profeta va assai verosimilmente riferita al contenuto generale del diciassettesimo libro, che tratta per l’appunto dei profeti. iniziale D di De civitatum duarum, all’incipit del libro XVIII. Entro l’iniziale un giovane uomo con le mani congiunte in preghiera. Difficile stabilire il preciso riferimento al testo agostiniano per la figurazione di questa iniziale, posta al principio del libro in cui si tratta della città terrena. iniziale Q di Quoniam de civitatis, all’incipit del libro XIX. Vecchio barbuto (Sant’Agostino?) con mitra, pastorale e libro. Difficile stabilire un legame tra questa iniziale e i contenuti del libro diciannovesimo, che tratta del tema del sommo bene. iniziale D di De die ultimi, all’incipit del libro XX. Cristo mostra le stimmate. La raffigurazione dell’iniziale va posta in relazione con il tema del Giudizio e della Resurrezione trattato nel ventesimo libro. iniziale C di Cum per Iesum Christum, all’incipit del libro XXI. Giovane uomo dai capelli neri indica con la mano destra verso l’alto. Non è palese il riferimento della raffigurazione posta entro l’iniziale in principio del ventunesimo libro che tratta della dissoluzione della città terrena e della sua punizione. In questo senso il gesto del giovane potrebbe alludere alla città celeste. iniziale S di Sicut in proximo libro, all’incipit del libro XXII. Cristo con un libro in mano appare nella parte superiore della lettera a figure in preghiera che si trovano nella parte inferiore. La raffigurazione posta all’interno dell’iniziale va riferita al tema trattato nel ventiduesimo libro, relativo alla ricomposizione della città di Dio nella felicità eterna.

Dopo una prima classificazione come opera lombarda fortemente influenzata dalla miniatura francese (TIETZE, Die illuminierten nr. 132) la decorazione del manoscritto è stata correttamente attribuita da Ilaria Toesca (TOESCA, Cristoforo, 52) al miniatore veneziano Cristoforo Cortese, attivo a Venezia e in Veneto tra la fine del XIV secolo e la prima metà del XV (MARCON, s.v. Cortese, 176-180), ritenendolo «il tipo di codice che Cristoforo dovette decorare più di frequente, con iniziali figurate buttate giù alla lesta, e margini ornati estrosamente in punta di pennello» (TOESCA, Cristoforo, 52). A un’attenta osservazione il manoscritto presenta effettivamente una certa corsività nella realizzazione delle scene all’interno delle iniziali e una semplificazione della tipologia del fregio marginale, costituito da tralci disegnati a inchiostro arricchiti da foglioline lanceolate in lamina do-

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ROSS. 260

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rata, fiori e spighe. Proprio il fregio marginale può essere utilizzato per tentare una datazione del manoscritto. Esso infatti risulta assai simile a quello utilizzato da Cortese in altre due opere fortunatamente datate: la Mariegola della Congregazione del Clero (Venezia, Museo diocesano d’arte sacra, ms. INP 445), datata 1407, dove questo tipo di fregio fa la sua timida comparsa vicino al più tradizionale fregio di matrice padovano-bolognese a foglie d’acanto, e la Mariegola di Santa Maria Odorifera (Venezia, Biblioteca del Museo Correr, ms. Cl. IV. 115), databile tra il 1420 e il 1424, dove tale tipologia di fregio si presenta assai più estesa e rigogliosa, in forme simili a quelle del manoscritto rossiano. La maggiore ricchezza e fantasia compositiva che caratterizza il fregio del De civitate Dei permette di collegare il manoscritto ad altri due codici miniati da Cortese e oggi conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana – i Memorabilia di Valerio Massimo, datati 1415 (ms. Urb. lat. 418) e il Rationale di Guglielmo Durando del 1416 (ms. Vat. lat. 1141) – sicché è possibile proporre per il manoscritto in esame una datazione verso la metà del I decennio. Confermano tale cronologia anche la fattura stessa delle piccole figure che abitano le iniziali che, pur nella corsività della realizzazione, possono essere accostate alle iniziali del Valerio Massimo della Biblioteca Vaticana (ms. Urb. lat. 418). In ambedue i casi si osserva infatti una redazione delle figure fattasi più sottile e animata pur nella sostanziale fedeltà ai modi di Niccolò di Pietro, che contraddistinguono l’intero percorso di Cortese. Un segno preciso e definito, ma meno inciso, continua a essere il mezzo attraverso il quale il miniatore costruisce corpi, figure e panneggi assieme a stesure di colore dall’impronta più modulata e fluida. Le scelte iconografiche adottate per illustrare le iniziali non sembrano rispondere tanto a un’esigenza narrativa quanto a una sorta di riassunto per immagini, ad verbum, del contenuto principale di ciascun libro. Particolare attenzione è stata posta in un recente studio all’iconografia dell’Incoronazione della Vergine di f. 1r, che vede Cristo in trono incoronare la Vergine al cospetto di Dio Padre benedicente tra serafini. Secondo Flor (FLOR, La rappresentazione, 21-23) essa aderirebbe a quella particolare tipologia figurativa elaborata in ambito agostiniano veronese sul finire del XIV secolo e da collocarsi sullo sfondo delle complesse problematiche connesse all’unità della Chiesa. Lo stato di conservazione del manoscritto appare cattivo soprattutto per quanto riguarda la legatura, il cui piatto anteriore è staccato dal dorso. Il primo fascicolo e quello contenente i ff. 209-219 risultano a loro volta staccati. Il codice inoltre è stato rifilato, a volte anche pesantemente, lungo i lati superiore e inferiore con conseguente perdita di porzioni di decorazione. Legatura, in cattivo stato di conservazione, probabilmente databile all’inizio del Novecento. Essa risulta costituita da assi di legno ricoperte di pelle marrone con impressi motivi geometrici policromi (nei colori del verde, del rosa e del nero) di ispirazione anticheggiante. Al centro del piatto anteriore si legge S(ANCTI) AURELII / AUGUSTINI; sul dorso in alto si legge S(ANCTI) AUGUSTINI / DE CIVITATE DEI; in basso CODEX / MEMBRANACEUS / SAECULI XV.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Delle vicende del manoscritto prima dell’acquisizione da parte di Giovan Francesco de Rossi nulla è dato sapere. (SILVA TAROUCA, II, 74r; Bibl. Rossianae, III, 247r) TIETZE, Die illuminierten, 87 nr. 132; TOESCA, Cristoforo, 52; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 35; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 346; HUTER, Cristoforo, 13; BAUEREBERHARDT, s.v. Cortese, 363; FLOR, La rappresentazione, 21-23.

SILVIA FUMIAN

Ross. 261 (olim VIII, 200) S. AURELIUS AUGUSTINUS, De civitate Dei Veneto (Verona?), sec. XV1-2 (f. 237r) explicit: Explicit iste liber sit scriptor crimine liber Segue annotazione: Correctus et visus per me / Cardinalem Firmanum fecique quandam tabulam breviorem ista pro memoria mea Bononie anno domini 1437 die 16 Iulii pontificatus D. N. Eugenii pp. quarti, anni eius VII, ibidem residentis Deo laus et honor et gloria amen amen amen (f. 304r) explicit: Explicit Tabula supra librum de civitate Dei Augustini completa 1437 die decimoseptima mensis Decembris

Ross. 261, f. 1r

Ross. 261, f. 16r

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ROSS. 260-261

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(f. 323v) explicit: Explicit Tabula de auctoritatibus biblie quas introducit beatus Augustinus in libro de civitate Dei et hoc est secundum ordinem librorum et capitulorum biblie. Deo gratias. Manoscritto composito, costituito da due unità codicologiche; ff. VI, 324 (273+51), VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro; f. 324, membranaceo, costituiva l’antico foglio di guardia); mm 313×226. 1 (ff. 1-237): membr., (pergamena abbastanza scura e ruvida, ma soffice e omogenea); richiamo al centro del margine inferiore, sul verso di ogni fascicolo, tra quattro virgole decorative; scrittura semigotica ricca di abbreviazioni, a inchiostro nero appena toccato di rosso; specchio scrittorio a due colonne (mm 223×150, spazio intercolonnare mm 18), di 64 linee di scrittura; annotazioni marginali coeve e successive, anche di mano del cardinale Domenico Capranica; rigatura a punta metallica eseguita su ogni pagina, ma con rettrici tracciate a secco. 2 (ff. 238-323): membr. (pergamena chiara, molto liscia e omogenea); richiamo orizzontale, nel margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, spostato a destra; scrittura umanistica libraria; specchio scrittorio a due colonne (mm 221×147), spazio intercolonnare mm 18), di 53 linee di scrittura (ff. 238r-304v) e 47 linee di scrittura (ff. 309r-323v); rigatura a colore bruno, eseguita su lato carne.

La decorazione della prima parte del codice (ff. 1-237) comprende 1 pagina ornata all’incipit del Liber primus, 10 iniziali istoriate (mm 40/210×40), 3 iniziali ornate (mm 40×40) e 10 iniziali filigranate grandi (mm 40×40), all’incipit degli altri libri; iniziali filigranate piccole rosse e blu, con ornati di penna di colore contrastante; segni paragrafali rossi e blu, con ornati di penna. Letterine toccate in rosso, rubriche rosse. Titoli correnti in caratteri maiuscoli rossi e blu alternati. La decorazione della seconda parte del codice (ff. 238-323) comprende 2 iniziali ornate (mm 32×32), all’incipit delle Tabulae, iniziali filigranate e iniziali colorate in rosso e blu. f. 1r: f. 1v:

iniziale ornata I di Interea cum Roma, all’incipit del Prologus. La barretta decorata è affiancata da un drago dalla testa umana. pagina ornata: fregio di foglie d’acanto nel margine esterno e inferiore, collegato alla lettera istoriata; lo spazio intorno al margine è campito da un fitto ramage di motivi filiformi disegnati a penna in rosso. Nel margine inferiore, circondati da girali d’acanto, compaiono tre stemmi rossi su fondo d’oro, erasi e illeggibili. Due draghi affiancano lo stemma centrale, a bande orizzontali. Nel margine esterno si susseguono girali d’acanto da cui spuntano volti umani, maschere grottesche e una serie di personaggi che alludono alla lotta contro il male. In particolare, dall’alto in basso, compaiono: una testa femminile; un drago; tre angeli combattenti che colpiscono con la spada il mostro che forma l’iniziale; una figurina virile intenta a colpire con un’accetta due testine di profilo affrontate, una con cappuccio, l’altra di uomo selvatico; un vescovo guerriero (Agostino?), armato di lancia, su un cavallo bianco, all’assalto del drago che forma l’iniziale; una testa maschile vista in scorcio dal basso; una ruota dorata con un cavaliere in armatura su cavallo bianco, fermato da

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un giovane in tunica rossa, che vuole richiamare la sua attenzione, indicandogli la scena che si svolge al di sopra, nell’iniziale istoriata; in mezzo ai tralci, due angeli trafiggono con le spade una testa mostruosa. Iniziale istoriata G di Gloriosissimam civitatem Dei, all’incipit del Liber primus. La Città di Dio, raffigurata come un castello irto di torri, con una grande arcata d’ingresso sormontata da gâbles e circondata da un portico merlato, ornato da un giro di colonne, con al centro un portone chiuso. Il corpo della lettera è formato da due creature ibride, con corpi di drago squamosi e teste umane: il drago di sinistra, più grande, ha un volto bestiale e incoronato; l’altro più piccolo, ha la testa di donna urlante, ghermita dagli artigli dell’altro drago. f. 9r: iniziale figurata S di Si rationi perspicue, all’incipit del Liber secundus. Il corpo dell’iniziale è formato da un drago avvolto da foglie d’acanto, con la testa umana barbuta e calzata di un cappello a cono. La coda del mostro scende lungo tutto il margine interno, arricchendosi di nodi, di tralci vegetali e di ornati di penna; si conclude in basso con una corolla a stella, circondata da filigrana rossa e violacea. f. 16r: iniziale istoriata I di Iam satis dictum, all’incipit del Liber tertius. La Vergine in trono con il Bambino. La Vergine, incoronata e ammantata in azzurro su tunica rossa, tiene una sfera dorata nella mano destra, il Bambino ignudo nella sinistra. Siede entro un’edicola architettonica, munita di un suppedaneo polilobato, ai piedi del quale suonano tre angeli musicanti; su due pilastrini posti sui braccioli del trono, due angeli in piedi tendono un velo sulla testa della Vergine. Al di sopra, il trono è sormontato da una specie di tribuna, su cui si affacciano tre figure di profeti con filatterio. Sotto l’iniziale è dipinta una torre, mentre qua e là compaiono piccoli stemmi d’azzurro alla banda dorata. f. 24r: iniziale istoriata D di De civitate Dei, all’incipit del Liber quartus. Figura di vescovo (sant’Agostino?) a mezzo busto; compaiono piccoli medaglioni con il motivo araldico d’azzurro alla banda dorata. f. 31r: iniziale ornata Q di Quoniam constat omnium, all’incipit del Liber quintus. Iniziale campita in rosso e avvolta di foglie azzurre e rosse che nell’occhiello si intrecciano formando una Croce di sant’Andrea. f. 40r: iniziale istoriata Q di Quinque superioribus libris, all’incipit del Liber sextus. Iniziale colorata in blu, contenente all’interno il busto di giovane sorridente. f. 45r: iniziale filigranata D di Diligentius me pravas, all’incipit del Liber septimus. f. 53v: iniziale filigranata N di Nunc intentiore nobis, all’incipit del Liber octavus. f. 62r: iniziale filigranata E di Et bonos et malos, all’incipit del Liber nonus. f. 68r: iniziale filigranata O di Omnium certa sententia, all’incipit del Liber decimus. f. 78v: iniziale filigranata C di Civitatem Dei, all’incipit del Liber undecimus. f. 87v: iniziale filigranata A di Antequam de institutione, all’incipit del Liber duodecimus.

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f. 95v: iniziale istoriata E di Expeditus de nostri seculi, all’incipit del Liber tertius decimus. Iniziale campita in oro entro un riquadro azzurro, contenente il busto di un uomo anziano, dal volto largo e flaccido, con una corta barba bianca e la chierica. f. 103r: iniziale istoriata Diximus iam superioribus, all’incipit del Liber quartus decimus. Iniziale dipinta in porpora con ornati d’oro, contenente un busto virile di profilo, con la testa coperta da un cappuccio. Nel margine interno si estendono code di foglie d’acanto, arricchite da fiori e gocce d’oro. f. 112v: iniziale istoriata D di De felicitate Paradisi, all’incipit del Liber quintus decimus. Iniziale dipinta in porpora con ornati in biacca, contenente una testa virile incappucciata, nell’atto di ridere a denti scoperti. Nel margine interno si estendono code di foglie d’acanto, arricchite da gocce d’oro e dalla figura di un drago. f. 125r: iniziale istoriata P di Post diluvium procurrentis, all’incipit del Liber XVI. Iniziale dipinta in blu con ornati d’oro, contenente il busto a tre quarti di un giovane bruno, con volto affilato e corti capelli neri, vestito di una blusa rossa. Nel margine interno si estendono code di foglie d’acanto, arricchite da fiori e gocce d’oro. f. 139v: iniziale istoriata P di Promissiones Dei, all’incipit del Liber XVII. Iniziale dipinta in blu con ornati bianchi, contenente il busto di una giovane donna bionda a capo scoperto, con il cappuccio ripiegato sulle spalle. Nel margine interno si estendono code di foglie d’acanto rosse e blu. f. 152v: iniziale filigranata D di De civitatum duarum, all’incipit del Liber XVIII. f. 177v: iniziale filigranata Q di Quoniam de civitatis, all’incipit del Liber XIX. f. 187v: iniziale filigranata D di De die ultimi, all’incipit del Liber XX. f. 205r: iniziale filigranata C di Cum per Iesum, all’incipit del Liber XXI. f. 219r: iniziale figurata S di Sicut in proximo libro, all’incipit del Liber XX. Lettera formata dal corpo sinuoso di un drago, la cui coda si estende scendendo lungo il margine interno, legandosi in un nodo e terminando con un groviglio di serpenti e foglie d’acanto. Un putto nudo sta accovacciato sui rettili, mentre un altro spunta dalle foglie che nascono dall’apice superiore della lettera, suonando una buccina. f. 239r: iniziale ornata U di Ut de infrascripta tabula, all’incipit della Tabula. Lettera dal corpo azzurro tridimensionale, ornato di foglie d’acanto affusolate, a forma di fiamma, nei colori azzurro, ciclamino e verde; circondato da un campo esterno d’oro; interno della lettera campito in oro e blu con filetti a biacca; occhiello bordato da una strisciolina ocra e riempito da un’infiorescenza policroma. Piccoli ornati apicali a penna con gruppetti di tre gocce d’oro. f. 309r: iniziale ornata I di In principio creavit Deus, all’incipit della Tabula delle Auctoritates. Lettera d’oro, bianchi girari su campo azzurro, con pezzature porpora e verde chiaro.

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La decorazione della prima parte del codice è opera di miniatori di ambito veneto, attivi non oltre il terzo decennio del XV secolo. All’incipit del prologo e di ciascun libro compare un’iniziale ingrandita e ornata secondo diverse tipologie. Spesso la decorazione si limita a semplici filigrane, che circondano la lettera dipinta in blu definendo un campo quadrangolare. Numerosi sono i capilettera contenenti il busto di un personaggio maschile o femminile, molto caratterizzato nella fisionomia e nell’espressione, talvolta sorridente (ff. 40r, 95r, 103r, 112v, 125r, 139v); tali miniature sembrano appartenere a una mano diversa, rispetto a quella cui si devono le altre lettere istoriate e quelle figurate, ovvero costituite da uno o più corpi di creature fantastiche, piegati a imitare la forma della lettera (ff. 9r, 219r). Gli ornati vegetali, utilizzati per le bordure oppure aggiunti agli apici dei capilettera e sviluppati lungo i margini della pagina, sono costituiti prevalentemente da foglie d’acanto lunghe e sottili, molto sfrangiate e avvolte in volute, solitamente tinteggiate nei colori scuri rosso e blu, talvolta in colori più chiari (verde e lilla), o disseminate di gocce dorate. Due iniziali istoriate presentano figurazioni più complesse: la pagina d’incipit (f. 1v), impreziosita da una esuberante bordura, propone il tema della lotta contro il male e della difesa della Città di Dio. Questa è raffigurata, turrita e cinta di mura, all’interno del capolettera, minacciosamente circondata da due creature apocalittiche, che intrecciando i loro corpi formano l’iniziale. Contro i due esseri mostruosi (uno dei quali è coronato, l’altro ha fattezze femminee), si scaglia un vescovo a cavallo, armato di lancia, interpretabile forse come l’immagine della Chiesa militante. Infatti, l’identificazione del cavaliere con sant’Agostino in lotta contro l’eresia non trova confronti nell’iconografia del santo, né nella tradizionale illustrazione del De civitate Dei. L’eroe è coadiuvato da tre angeli guerrieri, che attaccano dall’alto il drago maggiore, mentre la battaglia sembra estendersi anche nei margini, dove, tra le volute d’acanto multicolori, compaiono altri guerrieri e creature diaboliche. Nell’iniziale posta all’incipit del terzo libro è invece raffigurata la Vergine con il Bambino in trono. La Madonna siede con Gesù in grembo entro un ricchissimo trono posto su un piedistallo dalla forma complessa, su cui siedono angeli musicanti; il seggio è sormontato da una specie di baldacchino architettonico, contenente una loggia da cui si affacciano tre profeti, mentre i braccioli sono sormontati da due graziosi angeli. La figurazione è accompagnata da alcuni elementi araldici: al disotto del trono è raffigurata una torre, mentre qua e là compaiono piccoli stemmi d’azzurro alla banda dorata. Lo stesso emblema ricorre nell’iniziale istoriata di f. 24r, raffigurante un santo vescovo. Sfortunatamente, appaiono completamente erasi i tre stemmi araldici contenuti nel bas-de-page del frontespizio a f. 1v. La popolazione grottesca e fantastica che anima le decorazioni del codice rossiano (creature ibride, mascheroni, ma anche putti) fa pensare alle opere più mature del Maestro della Novella, creazioni che riportano all’ambiente veneto, o anche ai codici miniati dal Maestro delle Iniziali di Bruxelles dopo l’esperienza

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transalpina. Particolare è la stesura pittorica, che specialmente nelle parti figurate procede per piccoli tocchi, con un effetto quasi pulviscolare che dona morbidezza e volume alle forme. Caratteri strettamente comparabili con quelli descritti si presentano nella decorazione di un esemplare delle Tragedie di Seneca conservato a Tours (Bibliothèque municipale, ms. 926) e datato al 1409. Genericamente attribuito ad un miniatore dell’Italia settentrionale (COLLON, Tours, 666-667), il repertorio ornamentale del codice di Tours comprende gli stessi elementi grotteschi, in particolare le maschere ferine e draghi dalla pelle bruna e dalla lunga coda annodata, tipologicamente diversi da quelli utilizzati dal Maestro della Novella. Ricorrono anche con insistenza, quasi ridotti a motivi puramente ornamentali, i piccoli medaglioni e gli stemmi d’azzurro alla banda dorata, tuttora privi di identificazione. Più volte il codice rossiano è stato segnalato per il carattere originale e la notevole qualità della decorazione, pur senza essere stato interessato da uno studio specifico. Con l’eccezione di Tietze, che a un primo esame collocava il codice in area lombarda (TIETZE, Die illuminierten, 98-99 nr. 173), i pareri concordano nell’assegnarlo all’ambito del tardogotico veneto, mentre l’attribuzione geografica oscilla tra l’ipotesi veneziana e quella veronese. Indizi utili a precisare l’ambito geografico di riferimento per l’anonimo miniatore risiedono nell’uso delle architetture, tipiche della pittura e della miniatura veronese, e nell’aspetto dei girali d’acanto; infatti la forma spinosa e attorta dei tralci pare ancora debitrice della flora ornamentale adottata alcuni decenni prima nei corali eseguiti per la cattedrale di Verona (CASTIGLIONI, I corali tardotrecenteschi, 421-43). Nella medesima serie di corali tardo-trecenteschi troviamo inoltre la stessa tipologia di iniziali riempite da singoli busti di uomini e fanciulle abbigliate secondo la moda corrente. Levi D’Ancona (LEVI D’ANCONA, Miniature venete, 33-34) data il codice rossiano intorno al 1430 e lo attribuisce alla stessa mano cui si devono il foglio miniato raffigurante il Trasporto della Croce, appartenente alla Collezione Wildenstein (Paris, Musée Marmottan), e parte del Messale ms. 738 della Biblioteca civica di Verona (CASTIGLIONI, Scheda nr. 44, 186-187). Questa personalità è stata successivamente identificata da Mariani Canova come il Maestro dell’Antifonario Q di San Giorgio Maggiore a Venezia (MARIANI CANOVA, Il recupero di un complesso librario, 38-64). L’accostamento proposto da Levi D’Ancona non è stato tuttavia accolto da altri studiosi (CASTIGLIONI, Note sui codici quattrocenteschi, 398), soprattutto in virtù delle differenze nella stesura del colore e nell’uso delle filigrane nelle bordure marginali del codice rossiano. La singolarità dello stile del De civitate Dei fu sottolineata da Boskovits (BOSKOVITS, Arte lombarda, 17), che propose di ricondurlo alla vicenda artistica dello sviluppo della pittura tardogotica in Veneto nel secondo quarto del XV secolo. Sulla scorta delle esperienze lagunari di artisti provenienti dall’ambito visconteo, quali Pisanello e Michelino da Besozzo, accanto a Belbello da Pavia e Gentile da Fabriano, in quel frangente si afferma a Venezia e nel territorio da poco conquistato sulla terraferma dalla Serenissima un linguaggio di sapore più naturalisti-

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co, che tuttavia non rinuncia a connotati di eleganza e preziosità. In particolare, nelle deformazioni prospettiche ed espressive dei personaggi a mezzobusto che animano le iniziali rossiane sono riconoscibili suggestioni gentiliane (TOSCANO, Scheda nr. 7, 42-43), mentre la pregnanza psicologica dei volti richiama alla memoria le descrizioni delle figure dipinte nei perduti affreschi di Pisanello nel Palazzo Ducale di Venezia e sono paragonabili ai disegni di scuola pisanelliana riferibili allo stesso frangente cronologico (TOSCANO, Per Belbello in Laguna, 9-10). Il riferimento al 1409, offerto dal Seneca di Tours, suggerisce di ipotizzare per il De civitate Dei una datazione non troppo inoltrata nel secolo; non è escluso che l’esecuzione delle iniziali con i personaggi a mezzobusto, di concezione più ‘moderna’, sia da collocare in un momento posteriore, anche se di pochi anni, rispetto al resto della decorazione. La seconda parte del codice, da riferire all’intervento di completamento curato dal cardinale Domenico Capranica nel 1437, presenta aggraziati capilettera ornati con foglie d’acanto policrome, di tipo piuttosto comune nell’area settentrionale. Come avviene anche in altri manoscritti fatti modificare dal cardinale, le parti aggiunte adottano la medesima mise-en-page del testo preesistente. Le tavole furono copiate da due mani diverse, distinguibili per piccole differenze grafiche ed estetiche. La prima presenta particolarità paleografiche quali l’adozione di iniziali ‘alla greca’, riconducibili all’ambito veneto, lo stesso da cui proviene anche la prima parte del codice. Legatura di restauro realizzata riutilizzando la coperta e il dorso pertinenti alla legatura originaria, di tipo Rossi A, con motivi dorati sui piatti in cartone. Sul dorso si legge, in alto: S(ANCTI) AUGUSTINI / DE / CIVITATE DEI / CARD(INALIS) FIRMAN(I) / EMENDAVIT / ET INDICES ADDIDIT; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV; segue l’ex libris: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Nel 1437, ovvero qualche anno dopo la sua realizzazione, il codice entrò in possesso del cardinale Domenico Capranica, che ne curò la correzione e lo fece corredare da due Tabulae appositamente compilate, come attestano le numerose note di mano del cardinale, in scrittura sottile corsiveggiante e l’annotazione posta alla fine del testo, a f. 237r: Correctus et visus per me / Cardinalem Firmanum fecique quandam tabulam breviorem ista pro memoria mea Bononie anno domini 1437 die 16 Iulii pontificatus D. N. Eugenii pp. quarti, anni eius VII, ibidem residentis Deo laus et honor et gloria amen amen amen. Non è tuttavia possibile stabilire se il cardinale ebbe modo di reperire l’opera nella sua regione di origine, oppure a Bologna, dove si trovava nel 1437. L’opera fu poi custodita presso la biblioteca del Collegio Capranica di Roma ed è identificabile con il De civitate Dei corrisponde al numero 34 del Catalogo Capranica I, redatto nel 1486 (ANTONOVICS, The Library of the Cardinal, 142). (SILVA TAROUCA, II, 75r-v; Bibl. Rossianae, III, 248r)

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ROSS. 261-262

TIETZE, Die illuminierten, 98-99 nr. 173; LEVI D’ANCONA, Miniature venete, 33-34; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 35, 267; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 346; CASTIGLIONI, Note sui codici, 24-26; BOSKOVITS, Arte lombarda, 17, 46-47; MANFREDI, Orthographia, 278; TOSCANO, Scheda nr. 7, 42-43; TOSCANO, Per Belbello in Laguna, 9-10; BUONOCORE, I codici miniati, 171.

GIORGIA CORSO

Ross. 262 (olim VIII, 201a) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Sermones, pars I; index (f. VIIv) Italia centrale (Roma), sec. XV3-4 Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata); ff. VII (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. moderni), 264, VII’ (I’ membr.; II’-VI’ cart. moderni, VII’ in cartoncino azzurro come la controguardia) con indicazione dell’appartenenza al Collegio Capranica sul recto e tabula di indice sul verso); la foliazione, manuale moderna a inchiostro bruno apposta in alto a destra sul recto dei fogli; i fogli 1-149, 160-169 e 201-209 sono segnati correttamente, mentre ai ff. 150-159, 170-180, 200 e 210-264 è presente una doppia numerazione, quella originale sbagliata di una unità (e quindi sono numerati in modo errato, rispettivamente come ff. 160-169, 180-199, 290-299, 210, 220-274), quindi depennata e corretta da una mano moderna. I primi sei fascicoli sono corredati da richiami, costanti e sul verso dell’ultimo foglio, appena sotto lo specchio scrittorio, accompagnati da indicazioni alfabetiche (A-H) a indicare la successione dei fascicoli; per i successivi quindici fascicoli sono presenti solo i richiami; dal sedicesimo al diciottesimo esse compaiono nuovamente (A-C); ne è privo invece l’ultimo fascicolo, un quinterno, che presenta il richiamo su quello che è oggi l’ultimo foglio. Il codice misura mm 346×142 (misure prese ai ff. 41 e 130); scrittura minuscola umanistica, regolare e ben allineata e ricca di abbreviazioni, vergata da una sola mano in inchiostro nero e rosso per le rubriche e per il numero dei capitoli, segnato al margine esterno dell’incipit; la stessa scrive con inchiostro bruno e rosso il testo della Tabula omnium sermonum sul verso di f. VII. Specchio di scrittura (mm 225×130) a piena pagina di 31 linee, rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio, con righe marginali verticali e orizzontali. Anepigrafi i ff. 222v-224v.

Il codice, che pure è collegato sotto l’aspetto testuale con il Ross. 263, che ne rappresenta la continuazione, appare mutilo della parte finale.

Ross. 262, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit; 1 iniziale maggiore; iniziali calligrafiche di blu in apertura dei sermoni, che occupano meno spazio di quello loro destinato (pari a 5 linee di testo), tanto da far pensare a un mutamento in corso d’opera rispetto all’originario progetto decorativo; sono spesso visibili le letterine guida. f. 1r: pagina di incipit, iniziale O (mm 63×68) di Omnis qui baptismum, in apertura dell’opera, a bianchi girari su fondo policromo (rosa, verde, blu) con lacunari in foglia d’oro; i tralci vegetali nascono da un cantharos su cui è disteso un cervo e ospitano in alto, seduti sui tralci, una coppia di genietti. Il corpo della lettera è realizzato in lamina metallica aurea e pigmento rosa e inquadrato su campo blu anch’esso listellato in oro. Le altre lettere che compongono la parola sono realizzate in lamina metallica su campo policromo decorato con filamenti in oro. Il fregio nasce da un’anfora a doppia ansa e si sviluppa lungo i margini interno e superiore; quello del bas-de-page ospita lo stemma del cardinale Capranica, inserito all’interno di una cornice geometrica sorretta da due puttini alati. Tietze colloca i manoscritti 262 e 263 all’interno di un unico gruppo di manoscritti di scuola fiorentina della metà del secolo XV: Ross. 141; Ross. 168; Ross. 172; Ross. 194; Ross. 210; Ross. 238; Ross. 240; Ross. 245; Ross. 261; Ross. 288; Ross. 289; Ross. 292; Ross. 323; Ross. 333; Ross. 344; Ross. 375; Ross. 388; Ross. 394; Ross. 407; Ross. 411; Ross. 413; Ross. 433; Ross. 440; Ross. 444; Ross. 447; Ross. 448; Ross. 450; Ross. 483; Ross. 502; Ross. 518; Ross. 531; Ross. 581; Ross. 813; Ross. 1136; Ross. 1138. Il Ross. 262 presenta un apparato decorativo a bianchi girari, contenuti entro un bordo azzurro, simile a quello del manoscritto Ross. 263 (scheda in questo volume), che contiene la seconda parte dei sermoni di sant’Agostino. La tipologia decorativa colloca il manoscritto in ambiente romano, trovando ampia affinità stilistica con gli esempi proposti da José Ruysschaert (RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272), opera di miniatori attivi a Roma a partire dalla metà del secolo XV; la presenza inoltre dell’arme araldica del cardinal Capranica a f. 1r e l’ex libris Codex Collegij Romani Capranicensis suggeriscono di circoscrivere l’esecuzione della seconda parte dei Sermones al periodo compreso tra il 1451, inizio della costruzione del Collegium pauperum scolarium, e il 1458, anno della morte del cardinale. L’opera venne eseguita probabilmente durante il pontificato di Niccolò V (1447-1455), nel cui entourage il Capranica poté conoscere i numerosi miniatori giunti a Roma a lavorare per la corte pontificia. Lo stato di conservazione del manoscritto e della componente pittorica è ottimo. Legatura Rossi A, in ottime condizioni di conservazione. In alto, sul dorso, si legge: S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / SERMONUM / PARS I; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARDINAL(IS) FIRMANI.

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ROSS. 262-263

Il codice, come indica lo stemma del cardinal Capranica a f.1r, proviene dalla biblioteca del collegio capranicense, provenienza ribadita peraltro dall’ex libris sul recto del foglio di guardia VII; è inoltre citato fra i libri nell’elenco datato 1657 (TIETZE, Die illuminierten, VIII), con riferimento ai libri Scantia a latere dextro crucifixi, di cui al catalogo del 1486. (SILVA TAROUCA, II, 76r-78r; Bibl. Rossianae, III, 249r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; DICHTL, Codicum Rossianae, 6v nr. 163; RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 30, 389; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 346; BUONOCORE, Bibliografia, 657; Clavis Patrum Latinorum, 97-99, 110-123.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 263 (olim VIII, 201b) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Sermones, pars II; tabula sermonum (ff. 363v-367r) Italia centrale (Roma), sec. XV3-4 Membr. (pergamena di mediocre qualità, ben visibili il lato carne e il lato pelo); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. moderni; VI membr. con indicazione dell’appartenenza al Collegio Capranica sul recto), 367, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione manuale antica, se pure non originale, a inchiostro bruno, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei fogli; richiami di fascicolo costantemente vergati sul verso del foglio in basso; il codice misura mm 343×238; scrittura minuscola umanistica di modulo piccolo, vergata da una sola mano con inchiostro nero e rosso per le rubriche, la stessa che ha scritto con inchiostro bruno la tabula sermonum ai ff. 363v-367r. Specchio di scrittura (mm 210×135) a piena pagina di 35 linee, rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio con righe marginali verticali e orizzontali.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale maggiore a bianchi girari su fondo policromo (mm 40×40); 1 pagina di incipit; iniziali medie calligrafiche in blu all’inizio dei sermoni; iniziali di paragrafo in inchiostro bruno collocate sul margine esterno dello specchio di scrittura, non allineate con il testo. f. 1r: pagina di incipit, iniziale D di Duo sunt, in apertura dell’opera, a

Ross. 263, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

bianchi girari su fondo policromo (rosa e verde) punteggiato di bianco; i tralci vegetali occupano tutto il campo interno della lettera fino a oltrepassarne il corpo, realizzato in foglia oro, per creare un fregio esterno terminante in prolungamenti vegetali in oro. Una cornice blu segue l’andamento del campo dell’iniziale e del fregio. Sul margine inferiore, al centro del fregio decorativo a bianchi girari ospitata all’interno di una ghirlanda d’alloro sorretta da due putti in volo, l’arma araldica del cardinale Domenico Capranica. Il codice presenta lo stesso apparato decorativo a bianchi girari del manoscritto Ross. 262 (si veda la scheda) di cui è continuum testuale con la seconda parte dei sermoni di sant’Agostino. Tietze colloca i mss. 262 e 263 all’interno di un unico gruppo di manoscritti di scuola fiorentina della metà del secolo XV. La tipologia decorativa del manoscritto mostra tuttavia una forte aderenza all’esemplare delciano della prima edizione italiana delle Epistole di san Girolamo, datata 1468 (Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. D’Elci, 444-445) e collocata da Angela Dillon Bussi in ambito romano, per la corrispondenza con i manoscritti proposti da Ruysschaert per il periodo di pontificato di Pio II (14581464) e per la committenza, indicata, in quel manoscritto, dallo stemma della pagina d’incipit del vescovo di Feltre, Angelo Fasolo, che visse a Roma almeno dal 1467 al 1471 (La collezione di Angelo Maria D’Elci, 195-196; RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272). La presenza dell’arme araldica del cardinal Capranica e dell’ex libris Codex Collegij Romani Capranicensis, porta a circoscrive l’esecuzione della seconda parte dei Sermones al periodo compreso tra il 1451, inizio della costruzione del Collegium Pauperum Scolarium e il 1458, anno della morte del cardinale. Il manoscritto venne eseguito con tutta probabilità durante il periodo del pontificato di Niccolò V (1447-1455), nel cui entourage il Capranica poté conoscere i numerosi miniatori giunti a Roma a lavorare per la Curia romana e la corte papale. Lo stato di conservazione del manoscritto e dalla parte pittorica è buono. Legatura Rossi A, in ottime condizioni di conservazione. In alto, sul dorso, si legge: S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / SERMONUM / PARS II; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAECULI XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Sul verso della controguardia VII è presente l’ex libris: Cod. Collegij Romani Capranicensis XXXI. Alla mano di Francesco da Toledo magister theologie dignissimus (ms. Vat. lat. 8184, f. 59r), vescovo di Coria, copista e canonista del cardinale Capranica, secondo Silva Tarouca è da attribuire il testo di f. 366r «Sunt in alio volumine sermonum eiusdem Augustini sermones numero 274 / Sunt inter omnes in duobus hiis voluminibus sermones 458».

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ROSS. 263-264

Il codice è citato fra i libri nell’elenco datato 1657 (TIETZE, Die illuminierten, VIII), con riferimento ai libri Scantia a latere dextro crucifixi di cui al catalogo del 1486. (SILVA TAROUCA, II, 79r-88r; Bibl. Rossianae, III, 249r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; DICHTL, Codicum Rossianae, 6v nr. 163; RUYSSCHAERT, Miniaturistes, 272; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 389; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 346; BUONOCORE, Bibliografia 1986, 657; La collezione di Angelo Maria D’Elci, 195-196.

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Ross. 264 (olim VIII, 202) S. ALBERTUS MAGNUS, Physicorum libri VIII; tabula degli argomenti (f. VIIIv) Italia settentrionale, secc. XIVex.-XVin. Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata; appena percepibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. VIII (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni; VIIVIII membr.), 116, VII’ (I’ membr.; II’-VI’ cart. moderni; VII’ in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione manuale moderna in alto a destra, a lapis e in cifre arabiche sul recto dei fogli; richiami di fascicolo costanti, in basso a destra sul verso del foglio; indicazioni di registro nell’angolo in basso a destra sul recto, spesso rifilate; il codice misura mm 325×250 (misure prese ai ff. 45 e 110); littera textualis di modulo medio-piccolo, chiara e leggibile ma ricca di abbreviazioni, vergata da una sola mano con inchiostro nero e rosso per segnalare l’incipit dei libri; la stessa mano aggiunge, a margine, le varie postille in inchiostro bruno. Specchio di scrittura (mm 225×170) a 2 colonne (f.116v, una sola colonna) di 55/62 linee (spazio intercolonnare mm 19); rigatura a secco, con doppie righe verticali e orizzontali, a lapis, che chiudono lo specchio scrittorio e che giungono a toccare i margini inferiore e superiore.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit che comprende 1 miniatura (mm 70×50) e 1 iniziale fitomorfa (mm 50×15) con fregio della medesima tipologia; iniziali rubricate di rosso e di blu e decorate con filigrana del colore opposto. f. 1r: pagina di incipit, iniziale I di Intencio nostra, in apertura dell’opera, su fondo oro a cor-

Ross. 264, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

po rosa, percorso da leggere perlinature tono su tono, dalle cui estremità si diparte un fregio vegetale policromo (rosa, rosso, blu) arricchito da bottoni in lamina metallica, che si dispone nei margini superiore e sinistro. La medesima decorazione si ripete anche nel bas-de-page, dove i racemi si aprono a formare una cornice contenente il ritratto di Sant’Alberto, seduto all’interno di uno scranno ligneo intarsiato e intento a leggere un manoscritto di grandi dimensioni. Il fondo dell’immagine è costituito da un reticolato di piccoli quadrati in blu arricchiti, in maniera alternata, da puntinatura a biacca o da un tocco di colore rosso. I modi esecutivi della pagina d’incipit presentano notevoli affinità con l’entourage artistico padovano e bolognese di fine Trecento, nel cui ambito è da ricercare il miniatore del codice, al quale non dovevano essere peraltro ignoti modelli d’oltralpe, forse francesi, come potrebbe far pensare l’utilizzo del reticolato che fa da sfondo alla figura di sant’Alberto. Quest’ultima mostra un’esecuzione fortemente realistica nei tratti fisionomici del santo, assorto nello studio, e nel suo gesto di appoggiare la mano sul leggio, dimostrando una chiara conoscenza della resa prospettica accentuata dalla raffinata realizzazione dello scranno su cui siede. Lo stato di conservazione appare buono per la componente pittorica, a eccezione di qualche caduta di colore, mentre è discreto quello della pergamena, che presenta vistose imperfezioni (es. ff. 94 e 102), talvolta affiancate da abrasioni del testo (es. f. 43r), crettature e annerimenti. Legatura Rossi A, in discrete condizioni conservative. In alto si legge: B(EATI) / ALBERTI / MAGNI / PHISICOR(UM) / LIBRI VIII; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV / EX B(IBLIOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. (Bibl. Rossianae, III, 252r) TIETZE, Die illuminierten, 95 nr. 158.

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Ross. 268 (olim VIII, 206) S. THOMAS AQUINAS, Summa theologica, tertia pars (ff. 4r-150r); tabula capitulorum (ff. 1r-3v) Italia settentrionale (Bologna?), sec. XIV3-4 Membr. (pergamena di mediocre qualità); ff. V (in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart.), 150, V’ (I’-IV’ cart.; V’ in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione meccanica, in cifre arabiche, in basso a destra sul recto dei fogli; richiami di fascicolo costanti, collocati sul verso in basso a destra; il codice misura mm 340×236 (misure prese ai ff. 16 e 122); littera textualis di modulo piccolo, ad andamento irregolare e non perfettamente allineata, ricca di abbreviazioni, vergata da una sola mano con in-

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ROSS. 264-268

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chiostro bruno e rosso per segnalare l’incipit dei libri; note a margine lungo tutto il manoscritto, apposte a inchiostro bruno da una mano posteriore. Specchio di scrittura (mm 235×153) a 2 colonne di 55 linee (intercolumnio mm 10; f. 10); rigatura a secco, con doppie righe verticali che giungono a toccare i margini inferiore e superiore. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 iniziale maggiore figurata (mm 123×50) posta nella pagina d’incipit ad apertura del testo; iniziali rubricate di rosso e di blu decorate con filigrana del colore opposto, all’inizio dei capitoli; iniziali semplici in blu; segni paragrafali in inchiostro blu e rosso alternati; titoli correnti vergati a inchiostro blu e rosso alternato. f. 1r: pagina di incipit, iniziale Q di Quia Ross. 268, f. 4r Salvator noster; il corpo della lettera, realizzato nella triade coloristica del rosa e in cui un elemento acantiforme sostituisce il tratto inferiore della Q, racchiude un fondo di colore blu sul quale è raffigurato San Tommaso, in abito domenicano, che reca nella mano sinistra un libro. Nonostante l’intervento illustrativo si limiti a questa iniziale, si può comunque proporre, sulla base delle caratteristiche decorative e della tavolozza pittorica, un’attribuzione all’ambito di produzione bolognese. È probabile che questo manoscritto sia stato confezionato in una delle tante botteghe scrittorie presenti in città, che fornivano i testi agli allievi dello Studium; ed è proprio l’intervento decorativo ridotto al minimo che potrebbe suggerire la destinazione d’uso del manoscritto. Lo stato di conservazione appare buono per la parte miniata, discreto dal punto di vista della pergamena che registra qualche problema, come lo strappo risarcito a rattoppo a f. 116 o la presenza di fori (es. ai ff. 62 e 99). Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative. In alto, sul dorso, si legge: S(ANCTI) THOMAE / SUMMA / THEOLOGIC(A) / P(ARS) III; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. La prima e la seconda parte della Summa theologica sono rispettivamente il Ross. 266 (Ex bibl(iothec)a Iacobi de Marchia) e il Ross. 267, entrambi privi di apparato decorativo. Con tutta probabilità anche il Ross. 268 (VIII, 206) appartenne alla ricca li-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

breria del convento di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone, voluta da san Giacomo della Marca (1393-1476) alla metà del secolo XV per l’istruzione dei religiosi del luogo e dei confratelli. (SILVA TAROUCA, II, 92r; Bibl. Rossianae, III, 256r) TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 120; DICHTL, Codicum Rossianae, 4r nr. 96.

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Ross. 269 (olim VIII, 207) S. THOMAS AQUINAS, Dialectica Italia centro-settentrionale, sec. XV1-2 Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. VIII (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni; VII-VIII membr.), 86, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-V’ cart.); foliazione moderna manuale a lapis in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei fogli; richiami di fascicolo collocati sul verso dell’ultimo foglio, al centro del margine inferiore; indicazioni di registro alfanumeriche rubricate sul recto di ogni foglio, nell’angolo inferiore, appena visibili fino a f. 20r e poi rifilate; mm 340×240/245 (misura presa ai ff. 9 e 48); scrittura gotica a inchiostro bruno di una sola mano per il testo principale; una seconda mano scrive, in una gotica di transizione ad andamento corsiveggiante, le glosse laterali dei ff. 1r-3r; specchio scrittorio (mm 154×75) a una colonna, di ridotte dimensioni, di 12 linee, a f. 86v, e di 25 linee nel resto del codice; rigatura a lapis ben marcata sul fascicolo 1, realizzata per ospitare il testo e la glossa laterale, di 52 rettrici orizzontali e 6 righe verticali che chiudono lo specchio e che giungono ai margini inferiore e superiore; nei fascicoli successivi la rigatura è invece destinata solo al testo. Il ms. si apre con il lato carne.

Ross. 269, f. 1r

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 2 iniziali maggiori a motivi vegetali su fondo oro; 17 iniziali medie fitomorfe e policrome (media delle misure mm 44×41); 26 iniziali minori decorate a motivi vegetali ad apertura dei paragrafi (media delle misure mm 30×30); iniziali rubricate e decorate con filigrana blu e rossa; capilettera calligrafici alternativamente blu e rossi; letterine rialzate in giallo; segni di paragrafo in rosso e in blu.

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ROSS. 268-270

f. 1r: pagina di incipit, iniziale A di Antiqui philosophi (mm 55×50), in apertura dell’opera, a motivi vegetali con volute acantiformi su fondo in foglia d’oro; il corpo della lettera è campito in rosa ed è decorato a perlinature e filamenti in biacca. Al di sopra del riquadro che accoglie la lettera, il miniatore ha eseguito, impiegando la medesima tavolozza pittorica, un’ornamentazione fitomorfa arricchita da globi in oro. Nel margine superiore, in prossimità del margine interno, compare uno stemma di bianco alla fascia blu, accompagnato in capo e in punta rispettivamente da due e da una testa di gallo; al centro dello stesso margine è stata inoltre vergata una nota, in lettere capitali a inchiostro bruno, Divi Thomae Aquinatis / Dialectica. f. 59r: iniziale Q di Quia loyca est (mm 53×50), all’incipit delle fallacie beati Thome de Aquino, a motivi vegetali su fondo in foglia d’oro con cornice esterna in nero; corpo rosa antico a delicati racemi in biacca, che accoglie su fondo blu oltremare un trionfo vegetale a foglie rosse e verdi. Dal corpo si diparte una coda decorativa a foglie blu e rosse con bottoni in lamina metallica, che occupa tutta la parte laterale inferiore dello specchio scrittorio. Lo stato di conservazione appare discreto, se si eccettua la presenza di alcune lacerazioni (es. f. 14, f. 85), difetti di concia, ingiallimento della pergamena e attacco sporadico di tarli (f. 86 e sulle controguardie anteriori pergamenacee). Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative. In alto, sul dorso, si legge: S(ANCTI) / THOMAE / DIALECTICA; in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Il manoscritto è protetto da una sovraccoperta di cartoncino blu. Per lo stemma presente a f. 1r, seppure dall’araldica peculiare, non è possibile suggerire alcuna appartenenza. (Bibl. Rossianae, III, 257r-v) TIETZE, Die illuminierten, 93 nr. 151; DICHTL, Codicum Rossianae, 4r nr. 91.

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Ross. 270 (olim VIII, 208) S. BERNARDUS CLARAEVALLENSIS, Epistolae I-CCLXXII (ff. 1r-143v); Sermones (ff. 144r152r); tabula argomentorum (ff. 153v-155v); Sermo (ff. 156r-157r) Italia centro-settentrionale, sec. XV2 (d.to 1437) (f. 143v) explicit: Expliciunt Epistolae sancti Bernardi abbatis scripte per me Bernardum de Albricis Cumanum familiarem Reverendissimi in Christo patris et domini domini Dominici Cardinalis Firmani. Anno 1437

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Membr. (pergamena di ottima qualità e ben lavorata); ff. VII (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. moderni; VI membr.), 157, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione manuale antica, ma non originale, in cifre arabiche, in alto a destra, a inchiostro bruno; una seconda numerazione in cifre arabiche manuale, in inchiostro nero e contemporanea al testo scritto è talvolta visibile poco sopra i numeri moderni (per es. a f. 30), ma più spesso risulta rifilata, così come è rifilata l’indicazione di registro, vergata a inchiostro bruno chiarissimo, nell’angolo inferiore destro del foglio recto (per es. ai ff. 101-105); richiami di fascicolo costanti, collocati al centro del margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio, sempre qualificati da un intervento decorativo a inchiostro; mm 360×25 (misura presa ai ff. 12 e 123); scrittura minuscola umanistica a inchiostro bruno di una sola mano; specchio scrittorio (mm 213×141) a 2 colonne di 40 linee (spazio intercolonnare mm 17); il f. 152v è rigato, ma Ross. 270, f. 1r privo di scrittura, mentre il 153r è anch’esso rigato e presenta solo un’iniziale minore filigranata e, al centro del foglio, in alto, l’invocazione IH(ESU) C(HRISTE) rubricata; il f. 157v presenta solamente la rigatura. Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit, con 1 iniziale decorata su fondo a motivi fitomorfi e ospitata in campo oro; numerose iniziali minori rubricate di rosso e di blu con filigrana del colore opposto, a introduzione delle singole epistole; la filigrana si allunga talvolta ad arricchire i margini del foglio, come accade per esempio ai ff. 46r, 66v, 89v; a f. 156r era prevista un’ulteriore iniziale minore, la G di Gracioso et felici, che non è stata tuttavia eseguita, lasciando così ben visibile la letterina guida; segni di paragrafo. f. 1r: pagina di incipit, iniziale S di Satis et plus, in apertura dell’opera; la lettera (mm 48×32) è realizzata su un campo in lamina metallica dal perimetro alleggerito da piccoli incavi; è campita dalla triade coloristica del rosa e presenta, all’interno dello spazio creato dalle curve, un’ornamentazione a racemi con fogliette spinose blu e rosse. Il margine laterale interno della pagina è poi qualificato, per tutta la sua lunghezza, da un fregio a bastone, accompagnato da motivi fitomorfi policromi (di verde, blu, rosa, rosso), come quelli all’estremità inferiore, e una decorazione a inchiostro, che riproduce volute con terminazioni a bottoni sia in oro sia di colore rosso e blu. Questi ultimi elementi si ripetono nel bas-de-page, arricchiti

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ROSS. 270-271

però da fiori blu e da boccioli rosa e rossi, e fanno da cornice al medaglione quadrilobo e in foglia d’oro che ospita lo stemma di Domenico Capranica, sormontato dal galero cardinalizio. L’iniziale maggiore non solo è messa in evidenza, ma un’attenzione particolare si coglie nella realizzazione delle lettere che completano la parola, poiché sono vergate in modulo maggiore rispetto alla scrittura e sono qualificate da motivi decorativi a inchiostro rosso e bruno; quest’ultimo è stato anche utilizzato per trascrivere il nomen sacrum Ihesus al centro del margine superiore del foglio. Lo stato di conservazione appare buono; si nota solo la sporadica presenza di attacchi di tarli (es. f. 5), la lacerazione dei margini esterni dei fogli, come accade a f. 49. Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative. In alto, sul dorso, si legge: S(ANCTI) BERNARDI / EPISTOLAE / ET / SERMONES; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIR(MANI). Il manoscritto, che mostra un gusto decorativo che risente della miniatura di area francese, fu scritto nel 1437, secondo l’explicit di f. 143v dal copista Bernardus de Albericis Cumanus, famiglio di Domenico Capranica che in questo anno si trovava a Bologna, prima di partire per la città di Ferrara. (SILVA TAROUCA, II, 93r, 94r, 95r; Bibl. Rossianae, III, 258r) TIETZE, Die illuminierten, 111 nr. 218; DICHTL, Codicum Rossianae, 9r nr. 255; MORPURGOCASTELNUOVO, Il Cardinal Domenico Capranica, 121; LECLERQ, Sur la tradition manuscripte, 261, 271; BUONOCORE, Bibliografia 1986, 657-658; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352; BUONOCORE, I codici miniati, 172.

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Ross. 271 (olim VIII, 209) S. GREGORIUS MAGNUS, Moralia super expositionem in Iob, libri XIX-XXVII; tabula argomentorum (ff. 1r-3v) Italia centrale (Firenze), sec. XIV4 Membr. (pergamena di discreta qualità, ben lavorata); lingua volgare; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart.), 182, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-V’ cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche, in basso a destra, sul recto dei fogli; richiami di fascicolo costanti, collocati al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio; mm 340×230 (misura presa ai ff. 29 e 135); scrittura minuscola umanistica a inchiostro bruno di una sola mano; sporadiche postille in inchiostro bruno; specchio scrittorio (mm 235×130) a 2 colonne di 42 linee; rigatura a secco con righe orizzontali e verticali che giungono ai margini inferiore e superiore; f. 182r-v anepigrafo. Il manoscritto si apre con il lato carne.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit, 9 iniziali maggiori fitomorfe (da un massimo di mm 64×55 a f. 4r, a un minimo di mm 40×42 a f. 40v), di cui solo la prima è anche istoriata; numerose iniziali filigranate alternativamente in rosso e blu; rubriche vergate con inchiostro rosso. f. 4r: pagina di incipit, iniziale A di Al nome di Dio (mm 64×55), all’incipit del Prologo nella seconda parte delle Morali di Santo Gregorio sopra il libro del beato Iob propheta. Su un campo in foglia d’oro è realizzato il corpo della lettera di colore azzurro chiaro e intenso, decorato con elementi fogliacei policromi (rosa, rosso, verde, blu) che si prolungano brevemente verso l’alto e verso il Ross. 271, f. 4r basso. Nel fondo, inquadrato da una cornice giallo-ocra che segue il profilo interno della lettera, è raffigurato Papa Gregorio Magno, avvolto nei paramenti pontifici. Le iniziali che seguono sono tutte della medesima tipologia, fitomorfe e policrome (verdi, rosa, rosse, blu). f. f. f. f. f.

12r: 40v: 54v: 75v: 95v:

iniziale L di La divina scrittura (mm 48×40), all’incipit del libro XX. iniziale N di Noi dovemo ponderare (mm 40×42), all’incipit del libro XXI. iniziale I di Io penso (mm 53×25), all’incipit del libro XXII. iniziale I di Io ripeto (mm 57×23), all’incipit del libro XXIII. iniziale H di He lui mostando (sta per mostrando) (mm 55×38), all’incipit del libro XXIV. f. 112v: iniziale L di La qualità medesima (mm 49×41), all’incipit del libro XXV. f. 128v: iniziale G di Gli uomini arroganti (mm 46×38), all’incipit del libro XXVI. f. 156v: iniziale Q di Qualunque vuole (mm 52×48), all’incipit del libro XXVII. L’apparato decorativo del manoscritto potrebbe essere attribuito a un miniatore formatosi in ambito fiorentino, negli ultimi anni del secolo XIV, probabilmente in un ambiente di produzione vicino al monastero di Santa Maria degli Angeli. A quello stile sembrano infatti richiamarsi la scelta delle foglie d’acanto e la vivace tavolozza pittorica, nonché i modi esecutivi del ritratto di san Gregorio, dal volto ovale e dal pallido incarnato, coperto da un abbigliamento che sembra cadere sul corpo invece di modellarne le forme.

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ROSS. 271-275

Lo stato di conservazione del codice appare discreto, anche se sono presenti numerose tracce di ingiallimento della pergamena e sbiadimento dell’inchiostro. Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative. In alto, sul dorso, si legge: TITI LIVII / DECAS / III; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI)/ XV; si sottolinea che il titolo non corrisponde al contenuto dell’opera. (Bibl. Rossianae, III, 259r) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 199; DICHTL, Codicum Rossianae, 19v nr. 670; Clavis Patrum Latinorum, 552-553.

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Ross. 275 (olim VIII, 213) Missale Saresberiense: Kalendarium (ff. 1r-6v); Benedictio fontis (ff. 7r-v); Proprium Temporis (ff. 8r-149r); Proprium sanctorum (ff. 149v-196r); Commune sanctorum et missae votivae et defunctorum (ff. 196r-226r) Inghilterra (Salisbury?), sec. XV1 Membr. (pergamena di discreta qualità, ben lavorata); ff. II (I in cartoncino bianco dipinto azzurro come la controguardia; II cart. moderno), 226, II’ (I’ cart.; II’ in cartoncino bianco dipinto d’azzurro come la controguardia); foliazione meccanica moderna, in cifre arabiche in basso a destra; richiami di fascicolo costanti, collocati sul verso nel margine inferiore dell’ultimo foglio, sempre racchiusi da una sorta di filatterio più o meno elaborato ed eseguito a inchiostro; a f. 108v il richiamo è inglobato nell’ornamentazione della pagina di incipit. Il codice misura mm 325×230 (misure prese ai ff. 42 e 80). Littera gotica inglese di modulo elegante, vergata da una sola mano con inchiostro nero e rosso per gli incipit, le rubriche e parti significative del testo; tetragramma a neumi neri, come ad esempio ai ff. 7r-v, 68r-69r, 88r-90v; specchio scrittorio (mm 228×150) a 2 colonne di 36 linee (intercolumnio mm 14, f. 189r); rigatura a inchiostro con doppie righe verticali e orizzontali che inquadrano lo specchio scrittorio raggiungendo i margini dei fogli; il f. 101r e il f. 226v sono rigati, ma il primo è privo di scrittura, mentre nel secondo com-

Ross. 275, f. 101v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

pare una nota di possesso: Datus est hic liber F. P. Wichardo Aefferden 3 Iulii 1654 qui illum ad communem resignavit usum A… 1655 12 Apri.(le).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 19 pagine di incipit con altrettante iniziali maggiori istoriate (ff. 8r, 25v, 30r, 102r, 108r, 119v, 122v, 127v, 128r, 147v, 155v, 169r, 178r, 183r, 192r), figurate (ff. 149v, 166v, 167v) e una fitomorfa (ff. 196r); 1 miniatura a piena pagina (f. 101v); 2 iniziali medie filigranate (mm 30×35) con fregio vegetale realizzato a inchiostro che si dispone lungo il margine laterale (f. 160v, iniziale E di Exclamaverunt ad te, all’incipit dell’Officium Sancti Iacobi; f. 221r, iniziale R di Requiem eternam, all’incipit dell’Officium pro defunctis); numerose iniziali minori rubricate in blu e oro con filigrana alternata in blu e in rosso; capilettera in blu e in lamina metallica; riempilinea ai ff. 92v-93r; a f. 106v sono presenti cadelle; segni paragrafali. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 8r, 25v, 30r, 102r, 108v, 119v, 122v, 127v, 128r, 147v, 149v, 155v, 166r, 167v, 169r, 178r, 183r, 192r, 196r e sono realizzate con una tavolozza pittorica policroma (verde, rosa, blu e rosso) o, più semplicemente, in rosa e in blu, talvolta con il corpo in foglia d’oro. Le pagine di incipit sono inoltre circondate su tutti e quattro i margini da cornici policrome fitomorfe e floreali, spesso abitate da figure umane e varie specie di volatili e di animali fantastici come grifi, e delimitate nel perimetro interno da motivi a bastone, elemento che si ripete spesso anche nello spazio intercolonnare. f. 8r:

iniziale A di Ad te levavi (mm 39×53), istoriata e collocata nella pagina di incipit, sottolinea l’inizio dell’opera. All’interno della lettera è rappresentato un personaggio in veste di cardinale, inginocchiato in preghiera verso il volto di Dio Padre che lo illumina con i suoi raggi. Tra gli intrecci del margine esterno, si nota poi una sorta di insegna araldica, dove si può leggere in scrittura maiuscola il nome di MARIA. f. 25v: iniziale P di Puer natus est (mm 40×56), nella pagina di incipit del passo In die nativitatis; all’interno di una cornice in tutto simile a quella appena descritta, seppur meno elaborata, si trova la lettera maggiore istoriata con l’immagine della Natività. f. 30r: iniziale E di Ecce advenit (mm 40×50), nella pagina di incipit del passo In die epiphanie; istoriata con l’Adorazione dei Magi. f. 101v: miniatura a piena pagina con l’immagine della Crocifissione (mm 304×205), iconografia che introduce il Canon Missae. Circondata dalla consueta cornice, resa più ricca dalla presenza di quattro clipei che si aprono tra gli intrecci a ospitare i simboli degli Evangelisti, recanti tutti un filatterio con iscrizione identificativa; dell’effigie della Veronica, nel margine interno e, proprio al centro del margine superiore, della raffigurazione della fenice dorata che si squarcia il petto per nutrire i suoi piccoli. Fa da sfondo alla scena della Crocifissione una campitura di colore rosso, a motivi a losanga in inchiostro aureo, arricchiti al loro interno da rosette e da elementi floreali, disposti in modo alternato.

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ROSS. 275

f. 102r:

f. 108v: f. 119v:

f. 122v: f. 127v: f. 128r:

f. 147v:

f. 149v:

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Il Christus patiens è inchiodato sulla croce sovrastata dal filatterio con l’iscrizione INRI; fuoriescono dalle sue ferite copiosi rivoli di sangue, che tre angeli raccolgono in calici d’oro. Maria e Giovanni sono ai lati del legno, con le mani al petto e i volti sofferenti; la Vergine veste un sontuoso manto blu rivestito all’interno di pelliccia di vaio. Il terreno su cui poggiano tutte le figure è cosparso di ossa, probabilmente raffigurate in sostituzione del più consueto teschio di Adamo. iniziale T di Te igitur (mm 48×56), all’incipit del Canon Missae; la pagina di apertura, sempre a elementi fitomorfi policromi abitati da volatili, ospita la lettera, all’interno della quale è rappresentato un non consueto Sacrificio di Isacco. iniziale R di Resurrexit adhuc (mm 40×55), all’incipit del passo In dominica in Adventum domini, istoriata con la Resurrezione. iniziale V di Viri Galilei (mm 35×49), all’incipit del passo In die Ascensionis domini, istoriata con l’Ascensione di Cristo. In questo caso la cornice della pagina si arricchisce di ulteriori elementi, poiché nei margini esterni sono rappresentate delle figure maschili che sembrano giocare tra gli intrecci floreali, mentre nell’angolo inferiore sinistro è presente una testina, anch’essa virile. iniziale S di Spiritus domini replevit (mm 41×50), all’incipit del passo In die Pentecostis, istoriata con la Pentecoste. iniziale B di Benedicta sit (mm 39×49), all’incipit del passo In die Trinitatis, istoriata con il Trono di Grazia. iniziale C di Cibavit eos (mm 35×54), all’incipit del passo In solemnitate Corporis Christi, istoriata con l’immagine del calice e dell’ostia eucaristica. iniziale T di Terribilis est locus (mm 44×56), all’incipit del passo In dedicatione ecclesiae, istoriata con l’immagine di un edificio ecclesiale con transetto. iniziale D di Dominus secus (mm 40×57), all’incipit del passo In vigilia sancti Andree apostoli, figurata con la figura di sant’Andrea accompagnato dal suo consueto attributo, la croce decussata. In questo caso la decorazione della cornice è più complessa, infatti compaiono di nuovo i personaggi maschili segnalati già a f. 119v, nel margine esterno e alla sommità del bastone nello spazio intercolonnare, dove un uomo nudo è come crocifisso agli elementi ornamentali; mentre il margine interno e il bas-de-page sono interamente occupati da una teoria di clipei che si aprono tra i racemi e che ospitano busti degli apostoli, procedendo dall’alto verso il basso: Pietro con le chiavi, Paolo con la spada, Giovanni con il calice da cui fuoriesce un serpente, Giacomo rappresentato nell’iconografia del pellegrino, Bartolomeo con il coltello, Giuda Taddeo con la croce, Simone con la sciabola, Tommaso con la squadra, Matteo con l’alabarda, Giacomo minore con la pertica e la tinozza e infine Filippo con la croce astile.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 155v: iniziale S di Suscepimus Deus (mm 40×50), all’incipit del passo In festo purificationis beatae Mariae Virginis, istoriata con la Presentazione di Gesù al Tempio. f. 166r: iniziale D di De ventre matris (mm 42×60), all’incipit del passo In die sancti Iohannis Baptistae, figurata con il ritratto del santo. f. 167v: iniziale N di Nunc scio vere (mm 40×53), all’incipit del passo In die apostolorum Petri et Pauli, figurata con Pietro che reca nelle mani il libro chiuso e la chiave. f. 169r: iniziale O di Omnes in domino (mm 30×50), all’incipit del passo In festo visitationis beatae Mariae, istoriata con la Visitazione. f. 178r: iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 43×57), all’incipit del passo In die assumptionis beatae Mariae, istoriata con la Vergine incoronata sorretta da quattro angeli. f. 183r: iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 43×61), all’incipit del passo In die nativitatis beatae Mariae, istoriata con la Nascita della Vergine. f. 192r: iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 41×61), all’introito Omni sanctorum missae, istoriata con l’immagine di Cristo, al centro della scena, circondato da alcuni discepoli e da Maria incoronata. f. 196r: iniziale E di Ego autem (mm 43×56), all’incipit del passo In vigilia Iacobi apostoli, decorata con elementi policromi (verde, arancio, rosa e blu). L’esecuzione dell’apparato figurativo del manoscritto può essere assegnata a un miniatore di area anglosassone che utilizza il consueto repertorio decorativo riservato alla tipologia testuale in oggetto. Interessante, a tal proposito, è l’uso che l’artista fa dello sfondo rosso arricchito da racemi a inchiostro d’oro, ben visibile a f. 101v; questo motivo decorativo è introdotto per la prima volta dal fiammingo Maestro dei tralci dorati e ha in quegli anni larghissima diffusione, anche al di fuori di questo luogo di produzione. Lo stato conservativo del manoscritto è buono, a eccezione della presenza di strappi ai ff. 30, 76 e 79, di fori della pergamena riscontrabili ai ff. 10, 120, 208. Legatura Rossi B, in ottime condizioni conservative, contraddistinta da piatti ricoperti in velluto rosso con fermatura in argento, identica da entrambi i lati, realizzata a giorno con sinuosi motivi vegetali e floreali che accolgono una testa di cherubino; la placca di chiusura è ornata con elementi acantiformi e con una rosetta centrale. Mentre sul dorso non compaiono iscrizioni, ma la sola etichetta di segnatura Ross. 275, sul contropiatto anteriore in alto, invece, su cartoncino bianco, si può leggere Colleg. s. / Wien i / nr. 7 / r. 9. a.; mentre sotto a lapis è vergata la sigla R. 9. Al centro, su targhetta bianca a decori vegetali a stampa, si legge poi MISSALE / SARISBURIENSE / CODEX MEMBRANACEUS SECULI XV LITTERIS / MAIUSCULIS; più in basso conf(rontare) cod(ice) Pal(atino) lat(ino) 501 e a

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ROSS. 275-276

lapis VIII, 213. Sul foglio II di controguardia infine, è riportato il numero 150, in basso a inchiostro nero. (SILVA TAROUCA, II, 100r-104r; Bibl. Rossianae, III, 263r-v) TIETZE, Die illuminierten, 23 nr. 39; DICHTL, Codicum Rossianae, 29r nr. 942; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 139 nr. 346.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 276 (olim VIII, 214) Missale secundum consuetudinem Romanae curiae: Kalendarium (ff. 1r-6v); Proprium de Tempore (ff. 7r-210v); Proprium sanctorum (ff. 210v-269v); Commune sanctorum (ff. 269v-298r); Missae votivae (ff. 298r-314r); Missa canonizationis et translationis beati Petri (f. 314v) Italia centromeridionale (Abruzzo?), sec. XIV4 Membr. (pergamena di buona qualità); ff. XII (I-II in cartoncino azzurro, sul recto di I è incollata una carta marmorizzata solidale a quella che funge da controguardia, III-XI, carta verde pallido, XII membr.), 315, XII’ (I’ membr., II’-X’ carta verde pallido, XI’-XII’ cartoncino azzurro, sul verso di XII’ è incollata una carta marmorizzata solidale alla controguardia). Foliazione moderna meccanica, in basso a destra sul recto. Richiami orizzontali al centro del margine inferiore del verso dell’ultimo foglio dei fascicoli, circondati da semplici cornici decorate realizzate con lo stesso inchiostro. Il codice misura mm 356×251. Scrittura gotica italiana, vergata da una sola mano con inchiostro bruno. Specchio di scrittura (mm 225×165) a 2 colonne di 28 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 15), tranne che nel calendario (ff. 1r-6v). Rigatura a mina di piombo. Tutti quinioni tranne il primo (un ternione), contenente il calendario.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da iniziali istoriate e figurate (da un massimo di mm 160×160, all’incipit del Te igitur, f. 153r, a un minimo di mm 30×30, f. 254r), poste all’incipit dell’orazione (solo in pochi casi dell’introito) delle messe per le festività più importanti dell’anno liturgico. Su queste pagine d’incipit

Ross. 276, f. 7r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

sono utilizzate iniziali decorate di dimensioni minori (su tre linee di testo), che introducono gli incipit secondari, mentre iniziali decorate di dimensioni maggiori (su cinque linee di testo) introducono gli incipit delle messe di minore importanza. Gli incipit più importanti sono segnalati da bordure decorative che incorniciano la pagina su quattro lati e riempiono anche l’intercolumnio; negli altri fogli di incipit le bordure si sviluppano in modo variato, ma con minore ampiezza. Iniziali filigranate in rosso e blu con decorazione a contrasto sono impiegate all’incipit delle partizioni testuali all’interno delle messe (di diverse dimensioni, occupano dalle tre linee alla singola linea di testo); sono inoltre usati rubriche e segni di paragrafo. Il calligrafo ha eseguito iniziali filigranate di estrema raffinatezza, come ad esempio le decorazioni a penna e inchiostro rosso e blu tendente al verde a f. 7v. La terminazione vegetale nei margini superiore e inferiore del f. 72r è costituita da foglie di acanto molto particolari, realizzate in inchiostro verde scuro, con tocchi di rosso; un analogo motivo, con foglioline a mezza palmetta, si trova anche a f. 165v, mentre a f. 206v sono utilizzate spighe. Nell’iniziale a f. 191v il calligrafo ha decorato con motivi ornamentali violetti anche il corpo della lettera eseguito in inchiostro rosso; nell’occhiello dell’iniziale a f. 229r è usata una decorazione acquarellata ocra con gigli a risparmio. La gamma cromatica utilizzata dalla bottega responsabile delle miniature a tempera è vivace e incentrata sui toni del blu, dell’arancio, del rosa e del verde oliva e verde acqua. Le bordure decorative che riempiono quattro lati sono riconducibili a due tipi: quelle formate da fitte volute di acanto multicolore, ad esempio ai ff. 7r e 158r, e quelle basate su nastri colorati, arricchiti da globi, dischetti dorati, nodi e fiori, come ai ff. 251r e 269v. Dalle lettere e dalle terminazioni dei nastri, nei margini superiori e inferiori, si dipartono racemi di acanto in rosa pallido, rosa scuro, azzurro pallido, blu, verde acqua e in oro in polvere. Le foglie di acanto sono di due tipi, a quelle dipinte con fitte lumeggiature in toni più chiari del colore di base, che costruiscono un modellato sfumato e plastico (ad esempio, ff. 7r, 210v), si alterna un secondo tipo di foglia, più piatta, in cui le lumeggiature sono assenti e il bordo, spesso arricciato su stesso, è profilato da una sottile linea di biacca che ne accentua il contorno frastagliato (ad esempio, ff. 256r, 266r); i due tipi di foglia sono spesso impiegati insieme, come ai ff. 99r, 264v, 266r. Le foglie di acanto, inoltre, sono concluse da sottili tralci filiformi in rosa e in azzurro con globi, dischetti dorati, fiori, spighe e foglie a mezza palmetta. I riquadri e gli inserti in foglia d’oro sono ornati con una decorazione incisa con motivi a rombi e cornici formate da puntini; le aureole e i dischetti dorati sono profilati da una riga nera puntinata di bianco. I riquadri contenenti le lettere sono profilati da cornici sottili in rosso o in blu. Il calendario è dotato di iniziali istoriate con il monogramma KL, contenenti i lavori dei mesi, poste all’incipit di ogni mese; nel margine destro di ogni foglio sono raffigurati i segni zodiacali.

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ROSS. 276

f. 1r:

f. 1v:

f. 2r:

f. 2v:

f. 3r:

f. 3v:

f. 4r:

f. 4v:

f. 5r:

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iniziali KL, all’incipit del mese di gennaio. Una figura maschile ammantata si scalda davanti al fuoco su cui è sospeso un paiolo. Nel margine esterno è raffigurato l’Acquario. Accanto a una stella raggiante in foglia d’oro, con al centro un volto tracciato in inchiostro scuro, un giovane versa l’acqua da un vaso; la figura, con i capelli tagliati a caschetto, secondo la foggia in uso nella seconda metà del secolo, indossa calze solate verdi e veste azzurra a metà coscia, con una doppia fascia di bottoni sul petto, maniche sbuffate fino al gomito e una cintura grigia attorno ai fianchi. iniziali KL, all’incipit di febbraio. Una figura maschile barbuta è raffigurata nell’atto di potare una pianta; l’uomo è abbigliato con vesti che coincidono esattamente con quelle della raffigurazione dell’Acquario: corpetto verde e calze solate rosse, con la medesima cintura grigia. Nel margine destro, accanto alla stella in foglia d’oro, con al centro un volto, è raffigurato il segno dei Pesci: un pesce dipinto in tempera azzurra. iniziali KL, all’incipit di marzo. Una figura maschile ammantata tiene in mano un pesce preso all’amo e una rete. Nel margine esterno una stella, dal volto in foglia d’oro e raggi a strisce bianche su tempera azzurra, è affiancata, dal segno dell’Ariete. iniziali KL, all’incipit di aprile. Un giovane, in abito corto color ocra con calze solate e lungo cappuccio arancio, tiene in mano un giglio. Nel margine esterno una stella, con il volto in foglia d’oro e raggi azzurri, è affiancato dal segno del Toro. iniziali KL, all’incipit di maggio. Un cavaliere incede su un destriero bardato con decorazioni rosse, tenendo un falco sulla mano sinistra; l’uomo con capelli lunghi e barba a due punte, veste un corpetto rosa su calze solate. Nel margine esterno, accanto alla consueta stella, è il segno dei Gemelli. I due giovani vestono corpetti a metà coscia, l’uno azzurro, l’altro rosa, su calze solate rosse, con una fila di bottoni che scende fino alla cintura grigia e una che decora la manica. iniziali KL, all’incipit di giugno. Un giovane in corpetto azzurro coglie ciliegie da un alberello. Nel margine esterno, accanto a una stella in foglia d’oro, è il segno del Cancro. iniziali KL, all’incipit di luglio. Un giovane scalzo, in maglia e mutandoni, si china a falciare il grano. Nel margine esterno, accanto alla stella in oro e tempera azzurra, è miniato il Leone. iniziali KL, all’incipit di agosto. Un giovane scalzo, in maglia e mutandoni, batte il grano con l’apposito strumento. Nel margine destro, accanto alla stella, è raffigurato il segno della Vergine. Una giovane donna fila tenendo un fuso, vestita in lungo abito rosa, con maniche decorate da bottoni dorati e scollo quadrato, secondo la moda degli anni Ottanta del Trecento. iniziali KL, all’incipit di settembre. Un uomo barbuto, in corta veste rossa con cappuccio rosa dalla lunga punta, coglie frutti da un alberello. Nel margine esterno una Bilancia in foglia d’oro è raffigurata attorno a una stella raggiante.

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500 f. 5v:

f. 6r:

f. 6v:

f. 7r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziali KL, all’incipit di ottobre. Un uomo barbuto e scalzo, in veste rossa, batte i cerchi di una botte. Nel margine, accanto alla stella in oro e tempera, è raffigurato lo Scorpione. iniziali KL, all’incipit di novembre. Un uomo ammantato, che tiene una zappa in spalla, conduce un asino caricato di una sporta. Nel margine esterno, accanto alla stella in oro e tempera azzurra, è il segno del Sagittario. Questo è raffigurato come un giovane nudo, colorato di arancio, che fuoriesce dalla bocca di un mostro dalla testa ferina e dalla coda di pesce dipinto in azzurro. iniziali KL, all’incipit di dicembre. Una figura barbuta scalza, in corta veste arancio, grembiule e cappello conico, uccide il maiale, versandone il sangue in un catino. Nel margine destro, accanto alla stella, è raffigurato il segno del Capricorno. pagina miniata, all’incipit del Temporale. Iniziale A di Ad te levavi, all’incipit dell’introito della messa della I domenica d’Avvento. Nella lettera, che occupa solo tre linee di scrittura, è raffigurato Davide che innalza l’animula. Iniziale E di Excita quesumus, all’incipit dell’orazione. Nella lettera, che occupa 6 linee di testo, è raffigurato Cristo Giudice benedicente. Iniziale F di Fratres scientes, su 8 linee di testo, all’incipit dell’Epistola di Paolo a i Romani, raffigurante il busto di San Paolo con il libro e la spada. La pagina è qualificata da una ricca bordura costituita da tralci di acanto rosa, blu, rosso e verde, che si srotolano lungo i quattro margini e nell’intercolumnio; nel margine superiore il tralcio si avvolge attorno a tre medaglioni raffiguranti profeti con cartigli srotolati; quello al centro è incoronato e si può identificare con lo stesso Davide. Ai medaglioni si alternano protomi animali, una di leonessa, nel margine superiore, e una taurina nel margine destro, al di sopra di un medaglione circolare con un profeta che tiene un rotolo e indica verso l’iniziale figurata con San Paolo. Nel margine interno il tralcio è arricchito da un piccolo drago e dalla testa di un uccello dal lungo becco; un analogo volatile, dipinto in blu, arancio e oro in polvere, si aggancia all’iniziale F, nell’intercolumnio. Nel margine inferiore è la raffigurazione del Giudizio Finale: al centro due angeli tibicini si rivolgono l’uno ai dannati, sulla destra, l’altro ai beati sulla sinistra; a destra san Michele arcangelo afferra il capo di un monaco, indicandogli la bocca dell’inferno, raffigurato come le fauci spalancate di un drago fiammeggiante, nelle quali i diavoli spingono i dannati. Sotto il tralcio, in campo aperto, i risorti escono dalle tombe; al di sopra del tralcio, a sinistra, la folla dei beati, guidata da un papa, volge lo sguardo verso Cristo giudice, con il manto che scopre la ferita del costato e con le stimmate delle mani ben in vista; al di sotto del riquadro sono Maria e Giovanni Battista inginocchiati e con il volto alzato, in atto di intercessione; nel riquadro della lettera sono raffigurati gli angeli con gli strumenti della Passione.

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ROSS. 276

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f. 17v: iniziale C di Concede nobis, all’incipit della messa di Natale. La Natività. Sull’angolo superiore del riquadro in foglia d’oro che contiene la lettera siede una figura femminile in abito ocra e cappuccio verde oliva, che tiene in equilibrio sulla testa un vaso in foglia d’argento, da cui spunta il tralcio multicolore. A sinistra, in un ricciolo, è un volto maschile di profilo, che guarda un uccello, dipinto in blu e rosso, che si aggancia con il becco a una foglia. f. 20r: iniziale E di Ecclesiam tuam, all’incipit della messa di san Giovanni evangelista. Il simbolo dell’evangelista, l’Aquila, su fondo oro, tiene un cartiglio con l’incipit In principio. f. 21r: iniziale D di Deus cuius hodierna, all’incipit della festa degli Innocenti. Un infante ignudo tiene la palma del martirio. f. 22r: iniziale D di Deus pro cuius, all’incipit della messa per san Tommaso martire. San Tommaso Becket in abiti vescovili. f. 24r: iniziale D di Deus qui salutis, all’incipit della messa per l’Ottava di Natale. La Madonna con il Bambino. f. 25r: iniziale D di Deus cuius, all’incipit della messa dell’Epifania. L’Adorazione dei Magi. Nell’occhiello della lettera la Madonna siede di profilo, con in braccio il Bambino benedicente; il re mago più anziano è raffigurato ai piedi della Vergine, mentre bacia il piede di Gesù; gli altri due Magi sono in piedi: l’uno cinge le spalle dell’altro, mostrandogli la stella. f. 91v: iniziale O di Omnipotens, all’incipit della domenica delle Palme. Entrata a Gerusalemme. Su un fondo blu intenso è raffigurato Cristo che, seduto sull’asino, varca la porta di Gerusalemme, seguito dagli apostoli, mentre il fanciullo sull’albero di palma lancia rami al suo passaggio. Sul riquadro è un uccello verde e rosa, dal becco di anatra, da cui si diparte il tralcio fitomorfo che attraversa l’intercolumnio. Al di sotto del riquadro parte un nastro azzurro, al quale si aggancia, mordendolo, un mostro rosa con testa di cane. f. 92v: iniziale decorata I di In illo tempore, all’incipit del Vangelo di Matteo. Il simbolo dell’evangelista è raffigurato in un tondo contenuto nel ricciolo di foglie al di sotto della lettera. f. 99r: iniziale decorata I di In illo tempore, all’incipit del Vangelo di Marco. Il simbolo dell’evangelista è contenuto in un tondo nel ricciolo che sovrasta la lettera. Al di sotto è invece un orso e nel margine inferiore una cicogna dal becco lunghissimo. f. 104r: iniziale decorata I di In illo tempore, all’incipit del Vangelo di Luca. Il simbolo dell’evangelista è dipinto in campo aperto al di sopra della lettera. Attorno al tralcio che percorre l’intercolumnio si avvolge il lungo collo di un volatile verde che tiene nel becco un dischetto dorato. f. 112v: iniziale I di In illo tempore, all’incipit del Vangelo di Giovanni. L’evangelista scrive su un cartiglio, seduto in terra, entro una formella polilobata posta al centro della lettera. Il simbolo dell’evangelista è contenuto in un tondo che sovrasta il riquadro; il ricciolo che lo sostiene termina con un piccolo volto incappucciato.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 126r: iniziale decorata I di In principio, all’incipit delle Profezie. In un occhiello sopra la lettera è raffigurato il Creatore, mentre in un occhiello, al di sotto, è un tondo con la Creazione, con i cieli che sovrastano i mari e la terra. f. 153r: iniziale T di Te igitur, all’incipit del Canone della messa. L’iniziale è contenuta in un grande riquadro (mm 160×162). Il corpo della lettera è abbracciato da rigogliose foglie di acanto rosa, blu, ocra, verde acqua e rosse. Nello scomparto a sinistra dell’asta, su fondo blu, è raffigurato l’interno di una chiesa, di cui si vede anche la copertura e il campanile sovrastante: al di sotto di una volta profilata da nervature un sacerdote celebra davanti all’altare, insieme a due diaconi; tutti e tre volgono le spalle, mostrando raffinate vesti liturgiche d’oro intessuto di motivi ornamentali colorati; sull’altare si intravvedono un messale, calice e patena e un polittico con la Crocifissione e santi. Nello scomparto di destra, su fondo rosa, cinque angeli sostengono la mandorla con Cristo benedicente. Le prime lettere dell’incipit sono vergate in scrittura distintiva dorata su una fascia azzurra, al di sotto dell’iniziale. f. 153v: iniziale I di In primis que tibi, all’incipit del memento dei vivi. Al centro della lettera è una formella polilobata in cui è raffigurato, di spalle, il sacerdote celebrante, che allarga le braccia, davanti all’altare. f. 154r: piccolo riquadro miniato (mm 35×35) con l’Elevazione dell’ostia, che precede la preghiera Per ipsum et cum ipso, all’incipit della consacrazione del Corpo e del Sangue. Al di sotto del riquadro è un ibrido, con il corpo di uccello fantastico verde, ocra e azzurro, dalle lunghe zampe, e volto maschile che spunta da un cappuccio rosa. f. 157r: iniziale P di Placeat tibi. Il sacerdote a mani giunte prega davanti all’altare. f. 158r: pagina miniata. Iniziale D di Deus qui hodierna die, all’incipit della messa di Pasqua. Cristo risorto esce dal sepolcro. Un’ampia bordura di acanto si diparte dalla lettera e riempie i quattro margini: in quello interno è un mascherone con testa di leone; da una testa di drago fuoriesce il tralcio che attraversa il margine superiore; in basso sono un volatile dal lungo becco e un volto maschile barbuto che sbuca da un ricciolo rosso. Nel margine inferiore un uccello lacustre dal lungo becco si aggancia a un ricciolo che si avvolge al lato di un medaglione circolare contenente le Marie al sepolcro. A destra è un drago verde con la testa e le ali dipinte in oro in polvere. f. 170v: iniziale C di Concede quesumus, all’incipit della messa dell’Ascensione. L’Ascensione di Cristo. f. 174r: iniziale D di Deus qui hodierna die, all’incipit della messa della Pentecoste. La Pentecoste. f. 183r: iniziale D di Deus qui nobis, all’incipit della messa del Corpus Domini. L’Istituzione della Comunione. L’immagine rappresenta Cristo che, durante l’Ultima Cena, benedice il pane e il calice con il vino. Al di sotto del riquadro miniato è un grande volatile, dalle gambe lunghe e dal volto maschile barbuto.

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ROSS. 276

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f. 210v: iniziale Q di Quesumus omnipotens, all’incipit della vigilia della Messa di Sant’Andrea all’inizio del Proprio dei santi. Sant’Andrea con il libro e la croce. Nel margine inferiore è la raffigurazione isolata di un angelo che suona il liuto; la veste azzurra, in basso, si fonde con le nuvole e prosegue con una foglia di acanto rosa. Nel margine superiore, sopra la colonna di destra è un uccello fantastico, colorato di rosa, azzurro e oro in polvere. f. 212v: iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa di san Nicola. San Nicola in abiti vescovili benedicente. f. 213v: iniziale D di Da nobis, all’incipit della messa di san Tommaso. San Tommaso apostolo con il libro in mano. f. 216v: iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa di san Paolo. La Conversione di san Paolo. Il santo è raffigurato in terra, con gli occhi chiusi, mentre il Signore appare nel cielo, benedicente, in un fascio di raggi; dietro Paolo si staglia il cavallo da cui il santo è caduto e, sul fondo, due armati a cavallo. f. 220v: iniziale O di Omnipotens, all’incipit della messa della festa della Purificazione. La Presentazione al Tempio. In alto un angelo suona la viella, in basso un altro suona il doppio flauto, nel margine inferiore è un drago dalle ali piumate. f. 222v: iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per la Cattedra di san Pietro. Pietro seduto in cattedra tiene un volume rosso e mostra le chiavi. Inginocchiata accanto al riquadro in foglia d’oro è una figura maschile barbuta, in abito rosa alla moda, con cappuccio dalla lunga punta e calze solate rosse. Il tralcio in alto è concluso da un uccello dal becco rivolto verso l’alto, al quale si agganciano due volatili multicolori, la cui coda è conclusa da una foglia di acanto. f. 223v: iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa di san Mattia. San Mattia. Nel margine inferiore la testa di un volatile becca il muso di un orso; in alto è un piccolo drago azzurro con testa rosa, dalla cui bocca scaturisce il tralcio che decora il margine superiore. f. 224v: iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa di san Gregorio. Gregorio Magno benedicente mostra un libro aperto; la colomba, simbolo dell’ispirazione divina, poggia sulla sua spalla. f. 226r: iniziale D di Deus qui de beate, all’incipit della messa dell’Annunciazione. L’Annunciazione. Nel ricciolo di acanto che si diparte dalla lettera è l’immagine di Dio che abbraccia Gesù Bambino prima di lasciarlo nel fascio di luce indirizzato verso Maria. Sull’angolo opposto del riquadro è un angelo in abito verde che suona la viella. Sulla foglia nel margine inferiore poggia un piccolo drago verde, che sputa fiamme dalle fauci e fronteggia un leone che balza in avanti. Sul tralcio sottile che conclude la foglia è posata una piccola civetta. Sotto il draghetto un ricciolo di acanto si conclude con un volto maschile con cappuccio rosso. f. 227v: iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa di san Giorgio. San Giorgio.

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504

f. 229r: f. 230v:

f. 232v:

f. 236r:

f. 239r:

f. 240r:

f. 243v:

f. 245r:

f. 246v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il santo è raffigurato come un apostolo. Iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per san Marco. Il simbolo dell’evangelista tiene un lungo cartiglio. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per l’Invenzione della santa Croce. La Croce con i simboli della Passione. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per san Giovanni a Porta Latina. San Giovanni, immerso nel calderone, prega, mentre i carnefici appiccano il fuoco. Il tralcio, al di sopra e al di sotto della lettera, si avvolge in riccioli contenenti un volto maschile e una fiera. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per san Barnaba. San Barnaba. Sotto la lettera è un genietto alato verde con le braccia conserte. Al di sopra del riquadro è un drago verde e rosa con il collo che si avvolge attorno al nastro rosa. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per la Natività di Giovanni Battista. San Giovanni Battista, che mostra il cartiglio Ecce agnus Dei e indica verso il margine superiore, dove nel ricciolo del tralcio è raffigurato l’Agnello. iniziale D di Deus qui hodierna, all’incipit della messa per Pietro e Paolo. Gli Apostoli Pietro e Paolo. Al di sotto della lettera è un angelo che suona il liuto. Sul tralcio nel margine inferiore poggia un uccello rosa dal lungo collo ondulato e dal volto umano. In campo aperto, più a destra, è un ibrido, dal corpo di uccello e dalle zampe di grifo, con il busto di un giovane in elegante abito multicolore, con file di bottoni lungo le maniche, che suona due piccoli tamburi. Nel margine superiore un uccello fantastico, dipinto con oro in polvere, si aggancia al tralcio. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per san Paolo. San Paolo. Un uomo con cappello rosso si affaccia dal tralcio, poggiando la mano sul riquadro in foglia d’oro. Sotto il riquadro un drago verde con testa e ali in oro, si avvolge attorno al nastro rosso che percorre l’intercolumnio. Nel margine inferiore i dischetti dorati sono adornati da una singolare ornamentazione in inchiostro nero e rosso. iniziale B di Beate Marie, all’incipit della messa per Maria Maddalena. Maria Maddalena raffigurata in preghiera, avvolta dai capelli. Il tralcio si avvolge attorno a un volto con cappuccio rosso e, nel margine inferiore, si conclude con la testa di un volatile dal lungo becco, morso da un drago barbuto, con testa e zampe pelose, in oro in polvere, e ali piumate rosa, lungo collo ondulato da rettile e coda verde piumata. iniziale E di Esto domine, all’incipit della messa per san Giacomo maggiore. San Giacomo è raffigurato con il bastone da pellegrino. Sotto il riquadro è un angelo a braccia conserte. Nel margine superiore è un uccello fantastico multicolore con becco da anatra, da cui spuntano foglie che si dispongono sul margine stesso. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per san Pietro in vincoli. San Pietro raffigurato davanti al carcere con le porte aperte. I due tralci che

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ROSS. 276

f. 247v:

f. 249r: f. 251r:

f. 253r:

f. 253v: f. 254r: f. 256r:

f. 258r:

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505

si dipartono dalla lettera si avvolgono attorno a due teste ferine, un leone e un lupo. Nel margine superiore è un volto femminile, mentre in un ricciolo nel margine inferiore è una testa di orso. iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per san Domenico. San Domenico con una stella sulla spalla. Nel margine sotto la lettera è un piccolo merlo con una foglia in bocca. iniziale D di Da nobis, all’incipit della messa per san Lorenzo. San Lorenzo con la graticola. iniziale F di Famulorum tuorum, all’incipit della messa per l’Assunzione. L’Incoronazione della Vergine. Attorno al corpo della lettera si arricciano i risvolti delle foglie. Sul ricciolo sopra il riquadro siede una fanciulla in abito rosso, con cappuccio verde, che tiene una brocca azzurra poggiata sulle spalle; da questa fuoriesce il tralcio che attraversa l’intercolumnio e termina, nel margine superiore, in un piccolo medaglione con un volto maschile. Su tre lati i margini sono decorati con un nastro con bolli d’oro, nodi, foglie e fiori a stella; il margine esterno è occupato da racemi sottili con foglie e fiori, su cui poggiano piccoli uccellini. Nel margine inferiore è un volatile fantastico in verde, arancio e oro in polvere. La rubrica relativa alla festa è preceduta da un segno di paragrafo in foglia d’oro. Sotto la lettera è una scimmia che addenta un pomo, e, più in basso, in un medaglione circolare nel margine inferiore è lo stemma d’Angiò al lambello rosso. iniziale O di Omnipotens, all’incipit della messa per san Bartolomeo. San Bartolomeo, con libro e coltello. Sul riquadro siede un lupo, mentre, in basso, il tralcio termina con un drago barbuto verde e blu, con ali piumate e coda di pavone. iniziale A di Adesto supplicationibus, all’incipit della messa per sant’Agostino. iniziale S di Sancti Iohannis, all’incipit della messa per Giovanni Battista. Decollazione di Giovanni Battista. iniziale F di Famulis tuis, all’incipit dell’orazione della messa per la Natività della Vergine. La Nascita di Maria. La lettera è molto simile a quella dell’Incoronazione, con le foglie che risvoltano dal bordo del corpo della lettera. Anna dorme in un letto con coperta dorata, mentre due nutrici fanno il bagno alla neonata; in primo piano è anche una grande cassa chiusa da un lucchetto. Dal tralcio nel margine superiore spunta il busto di un angelo che suona la viella. Al di sotto del riquadro è un angelo che suona il salterio. Sul tralcio di acanto nel margine inferiore corre un cane che insegue una lepre, più a destra è un piccolo uccellino con un dischetto d’oro in bocca. iniziale D di Deus qui nos, all’incipit della messa per l’Esaltazione della Croce. L’Esaltazione della Croce: due angeli sollevano la Croce dal Golgota. iniziale B di Beati evangeliste, all’incipit della messa per san Matteo. Mat-

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506

f. 261v:

f. 264r:

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f. 266r:

f. 268r: f. 269v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

teo evangelista. Nel margine inferiore poggia un ibrido che scocca una freccia verso un uccello dal lungo becco. iniziale D di Deus qui miro, all’incipit della messa per la dedicazione del santuario di san Michele arcangelo. Il Santuario di San Michele. L’iniziale raffigura la chiesa, mentre il santo si affaccia dal ricciolo sovrastante il riquadro miniato e uccide il diavolo, sotto forma di drago, avvolto nei tralci al di sotto della lettera. iniziale decorata I di Interveniat, all’incipit della messa per san Luca. Il simbolo dell’evangelista è inserito nel ricciolo sovrastante la lettera, mentre nel ricciolo sottostante è un volto maschile incappucciato. In basso è un uccello fantastico, in azzurro oro e rosa, che si aggancia con il becco al tralcio. iniziale D di Deus qui nos, all’incipit della messa per i santi Simone e Giuda. Gli apostoli Simone e Giuda. Il tralcio che percorre l’intercolumnio termina con il busto di uomo ignudo e calvo, che tiene in mano la testa di un cinghiale. iniziale O di Omnipotens sempiterne Deus, all’incipit della messa di Ognissanti. L’Adorazione dell’Agnello. Nella folla di santi in adorazione dell’Agnello, ritratti di spalle, vestiti di bianco e con le palme in mano, spiccano un papa e un sovrano. Il margine esterno è in parte occupato dai tralci sottili, su cui poggia un merlo con un bollo d’oro nel becco. Nel tralcio sopra il riquadro è un piccolo uccello azzurro dal becco allungato; sotto il riquadro sono miniati un uccello dal becco di papera e una figura maschile dai capelli corti, con in mano un vaso. Il tralcio nell’intercolumnio termina con un ibrido, dal corpo formato da un grillo con volto arancio sul ventre e il busto di un giovane in veste azzurra, con lunghe file di bottoni sulle maniche e lungo il giubbino. La figura tiene una lancia con in cima la spugna e indossa un bizzarro copricapo costituito da una foglia di acanto legata intorno alla testa con un nastro. A sinistra un ibrido, con zampe di cervo e busto di fanciulla, scaglia una freccia verso di lui; a destra è un volto maschile con capelli a caschetto, su corpo di uccello verde dalla lunga coda. iniziale D di Deus qui conspicis, all’incipit della messa per san Martino. San Martino. pagina miniata all’incipit della messa di santa Caterina e del Comune dei santi. Iniziale D di Deus qui, all’incipit della messa per Santa Caterina: Santa Caterina d’Alessandria incoronata mostra la ruota. Iniziale E di Ego autem, all’incipit dell’introito della messa per la vigilia di un apostolo: un apostolo. Iniziale D di Dona quaesumus, all’incipit dell’orazione della messa per un apostolo: apostolo. Nella prima iniziale figurata Santa Caterina indossa una veste verde con scollo quadrato e larghe soprammaniche rivestite di bianco su maniche attillate blu. Nell’intercolumnio è replicata la fanciulla, in abito rosa, che regge il vaso sulle spalle. Nel margine esterno, in alto, è un drago verde avvolto al nastro. Ai

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ROSS. 276

f. 271v: f. 272v:

f. 278v:

f. 285r: f. 289v:

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f. 297v: f. 310v:

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quattro angoli della cornice sono medaglioni rotondi: quello in alto a sinistra reca un volto con cappuccio rosso; un volto analogo, nel medaglione al centro del margine destro, indossa un cappuccio rosa. Al centro del margine inferiore e di quello superiore sono invece due elementi araldici: in alto uno stemma alla testa di moro; in basso aquila ad ali spiegate in campo rosso. Ai due lati dello stemma sono raffigurati due ibridi con zampe di fiera e corpo umano, l’uno in abito rosso suona il pipe and tabor, l’altro, in abito giallo, suona una tuba; entrambi si volgono in direzione dello stemma; alle loro spalle un uccello rosa, a sinistra, e un volatile dal lungo becco azzurro e oro, a destra. iniziale Q di Quesumus omnipotens, all’incipit della messa per il natale di un apostolo: un apostolo. iniziale S di Similitudo vultus, all’incipit della Lettura di Ezechiele della messa per gli evangelisti. I Quattro simboli degli evangelisti occupano medaglioni nell’occhiello superiore e inferiore della lettera. iniziale I di Intret in conspectu, all’incipit della messa per un martire. Un santo a figura intera. Nel margine inferiore, nel medaglione posto alla fine del tralcio che percorre l’intercolumnio, due santi vengono decapitati. Un giovane, in corta veste gialla e calze verdi, sostiene sulle spalle il riquadro con l’iniziale figurata. Sopra il riquadro è un drago in oro in polvere, con ali rosa, dalla cui bocca fuoriesce il tralcio che sfocia nel margine superiore. iniziale D di Da quesumus, all’incipit della messa per un pontefice. Un pontefice. iniziale D di Deus qui nos, all’incipit della messa per un confessore non pontefice. Un santo. In basso un drago azzurro, dalle ali rosse e la testa d’oro, addenta una foglia, mentre un ibrido in veste rosa e scudo crociato lo trapassa con una lunghissima lancia. Accanto al riquadro è un uccello verde oliva con volto umano colorato nella stessa tinta. iniziale D di Deus qui inter cetera, all’incipit della messa per una vergine. Una santa con la palma del martirio. iniziale D di Deus qui nobis, all’incipit della messa per l’anniversario della dedicazione di una chiesa. La Cerimonia della dedicazione. L’iniziale contiene una folla assiepata; in primo piano il vescovo si china ad aprire un contenitore dal quale emerge un oggetto argentato, forse un reliquiario; davanti a lui un diacono sostiene il libro aperto e, sul fondo, spiccano una croce dorata e il pastorale d’argento. In basso è un uccello dal lungo becco rosa. iniziale D di Deus qui beata, all’incipit dell’introito della messa per la Vergine Maria tra Avvento e Natale. La Madonna con il Bambino. iniziale R di Requiem eternam, all’incipit dell’introito della messa dei defunti. Un sacerdote celebra una cerimonia davanti al feretro con il cadavere di un laico; ai suoi lati un diacono reggicero e uno con la croce astile. Sopra e sotto il riquadro sono due volti di fiera.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 314v: iniziale G di Grata tibi quesumus, all’incipit dell’orazione della messa per la festa della canonizzazione e traslazione di Pietro da Morrone. San Pietro da Morrone, raffigurato benedicente, in vesti da pontefice, quale papa Celestino. Dalla lettera si dipartono foglie di acanto del primo tipo usato dalla bottega responsabile dell’illustrazione del codice. La presenza nel codice di uno stemma con l’aquila in campo rosso era stato erroneamente collegata da Silva Tarouca allo stemma di Polonia: per spiegare l’inserimento di questa insegna e dello stemma angioino, lo studioso ipotizzava di identificare il committente con Caroberto d’Angiò, re d’Ungheria, sposatosi due volte con principesse di origine polacca; su questa base per il codice veniva proposta una data tra il 1309 e il 1343 (SILVA TAROUCA, II, 105-106). Tale ipotesi non teneva però in considerazione l’ulteriore elemento araldico con testa di moro presente nel codice, né il carattere evidentemente più tardo delle illustrazioni. È invece dimostrabile che il Messale era destinato alla chiesa di Santa Maria Paganica all’Aquila, come indicano sia lo stemma con la testa di moro, sia quello con l’aquila al f. 269v. Il primo, in alto sulla pagina, corrisponde all’insegna della chiesa e dell’omonima contrada di Paganica, all’Aquila, mentre lo stemma con l’aquila è precisamente quello della città abruzzese. A confermare in modo inequivocabile la pertinenza del Messale al corredo liturgico di tale chiesa concorre, inoltre, la perfetta coincidenza tra la bottega responsabile del codice rossiano e quella che avvia l’illustrazione nel Graduale proveniente da Santa Maria Paganica, eseguendo il primo foglio del libro liturgico in due volumi (entrambi conservati all’Aquila, il primo ora nell’Archivio Archidiocesano, il secondo tuttora nella chiesa: MORELLI, La ricomposizione di un libro). Per uno studio analitico di questa bottega – attiva sia all’inizio del Graduale, sia nel Messale, certamente entrambi prodotti per la stessa dotazione liturgica –, rimando a un mio studio in corso di preparazione. Lo stemma con la testa di moro ricorre in entrambi i volumi del Graduale, tuttavia nel libro liturgico musicale, completato da una bottega diversa e verosimilmente più tarda, è presente anche il ritratto del committente, tonsurato e identificabile con l’arciprete della chiesa aquilana (MORELLI, La ricomposizione di un libro, 201, 208). La presenza nel Messale dello stemma angioino, a f. 251r, si può invece spiegare con una committenza da parte angioina del libro destinato alla chiesa aquilana, oppure come un segnale, da parte della città abruzzese, di adesione al partito angioino, al quale rimase fedele negli anni della contesa con i Durazzo (mi riservo di tornare in modo più approfondito anche su questo aspetto). Nel calendario del Messale ai due patroni dell’Aquila – san Massimo e san Ranieri – si aggiunge una vasta compagine di culti umbri – come san Ponziano, sant’Isacco, san Senzio e san Giovanni di Spoleto, san Feliciano di Foligno, sant’Ercolano e san Costanzo di Perugia, sant’Ubaldo di Gubbio, sant’Eutizio

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ROSS. 276

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di Norcia –, insieme a puntate nelle Marche, con san Venanzio di Camerino, e nel Lazio, con sant’Eleuterio di Arce. È inoltre possibile che il santo Stefano citato al 2 e 3 agosto (natale e invenzione) sia da identificare con quello sepolto in Santo Spirito a Maiella. Un riferimento devozionale umbro-marchigiano corrisponde del resto appieno con l’ambito economico-culturale che caratterizzava l’Aquila, notoriamente legata proprio a queste aree. La popolazione della contrada di Paganica, che faceva capo alla chiesa, come anche molti altri quartieri della città, doveva evidentemente essere composta da famiglie originarie di tali zone. A connotare il codice come opera di destinazione aquilana è infine la messa per san Pietro da Morrone, posta dopo il Santorale; non aggiunta posteriormente, come dimostra l’iniziale figurata eseguita dalla medesima bottega, ma inserita alla fine del Santorale per metterla in particolare evidenza, come avviene di frequente nei libri liturgici di epoca gotica. Il particolare legame tra la canonizzazione di papa Celestino e la città dell’Aquila, dove venne incoronato e dove furono traslate le sue spoglie, spiega tale ulteriore caratterizzazione del Messale. La cultura figurativa dei miniatori del Ross. 276 era stata collegata da Tietze alla miniatura senese e a quella napoletana del Trecento, in particolare alla Bibbia di Vienna (Österreichische Nationalbibliothek, ms. 1191) e a quella di Matteo Planisio, ms. Vat. lat. 3550 (TIETZE, Die illuminierten, 78 nr. 115). Se l’ambito napoletano è senz’altro un riferimento obbligato per la cultura figurativa di questa bottega, non altrettanto convincente appare il riferimento toscano. È piuttosto da rilevare una componente centroitaliana, legata alla miniatura umbra, strettamente connessa a quella abruzzese fin dalla prima metà del Trecento (MANZARI, Contributi sulla miniatura abruzzese). Il riferimento più vicino, in questo senso, tuttavia, sembrano essere prodotti piuttosto distanti dal punto di vista cronologico, come le miniature di Venturella di Pietro (ad esempio il Messale di Assisi, Sacro Convento, ms. 263) oppure quelle di Vanni di Baldolo (ad esempio Perugia, Biblioteca capitolare, ms. 7), entrambi operosi nella prima metà del Trecento (SUBBIONI, La miniatura I, 60, 140). Gli esiti tardogotici della produzione miniata di tale area, come le opere di Matteo di Ser Cambio (SUBBIONI, La miniatura I, 219-247), si allontanano, invece, decisamente dal repertorio figurativo e decorativo del Messale rossiano. Il carattere già tardogotico dell’illustrazione di questo codice è segnalato in modo inequivocabile dalle fogge degli abiti cortesi, in particolare nei segni zodiacali del Calendario (ad esempio ai ff. 1r, 2v, 4v), ma anche nella Santa Caterina a f. 269v. Tali figurazioni, ma anche molte componenti del repertorio decorativo, indicano una data all’interno dell’ultimo quarto del XIV secolo. La cultura figurativa della bottega, estremamente uniforme al suo interno, anche se certamente formata da diversi componenti, rimanda dunque all’ambito napoletano e a quello aquilano.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il manoscritto era stato inserito anche da Julius Hermann nel suo elenco dei codici napoletani del Trecento correlati alla Bibbia di Vienna (Österreichische Nationalbibliothek, ms. 1191), insieme al Ross. 180 (si veda la relativa scheda) e ai più noti codici dell’ambito di Cristoforo Orimina (HERMANN, Die illuminierten Handschriften, 251). Più che con le miniature dell’ambito dell’Orimina, che possono aver comunque costituito il modello per molti elementi del corredo decorativo, quali gli ibridi sparsi nei margini, un rapporto significativo si può effettivamente stabilire con la Bibbia di Vienna, che tuttavia, almeno per le prime fasi decorative, precede il codice rossiano di qualche decennio (rimando anche per questo codice a un mio studio in corso di preparazione). In particolare uno dei miniatori attivi nella Bibbia, presente ad esempio ai ff. 9v e 19r, costituisce un modello piuttosto puntuale per la costruzione delle bordure formate da nastri sottili arricchiti da decorazione e anche per le figurazioni marginali del codice rossiano (ad esempio ai ff. 251r, 269v). Le prime fasi del codice di Vienna possono quindi essere individuate come una delle componenti della cultura del miniatore a capo della bottega del codice rossiano, che si inquadra in un ambito centromeridionale, verosimilmente da collocare nello stesso Abruzzo. Ulteriori indagini sulla funzione dello stemma d’Angiò – segnale di committenza o di adesione a un partito – potranno consentire di localizzare con maggiore certezza l’attività di questa bottega tra Napoli e l’Abruzzo. Per il momento l’unico altro prodotto riconducibile a questa bottega è il citato Graduale di Santa Maria Paganica, come mostrano i confronti, del tutto sovrapponibili, tra il foglio di incipit del libro liturgico musicale (f. IIr) e il codice rossiano. La bordura decorativa composta da tralci di acanto multicolore che terminano con racemi sottili, conclusi da foglioline, come anche gli inserti e i dischetti in foglia d’oro profilati da una linea nera puntinata di bianco, i motivi decorativi formati dalle foglie, i volti incappucciati, i draghetti, le teste di volatili dal becco lungo, trovano tutti puntuali riscontri nella decorazione del Messale. Analogamente il corpo della grande lettera d’incipit dell’Ad te levavi è del tutto sovrapponibile a quello di numerose iniziali del rossiano e i personaggi che la popolano appartengono al repertorio di figurazioni dello stesso miniatore, come mostra, ad esempio, il confronto tra gli angeli nel riquadro miniato e quelli nei margini del f. 256r del Messale. L’incipit del Graduale fonde i due sistemi decorativi del Messale, quello basato su volute di tralci, come a f. 158r, e quello formato da un nastro, come a f. 251r. La maggiore scioltezza delle foglie di acanto nel Graduale (anche se in alcuni fogli del rossiano, come a f. 261v, l’acanto è più ampio e frastagliato e molto vicino anche nell’impianto coloristico) indica che il Graduale fu verosimilmente l’opera conclusiva del corredo liturgico della chiesa aquilana; ciò potrebbe spiegare l’interruzione del progetto e il suo completamento da parte di una bottega di minore impegno stilistico. Il divario qualitativo con questa seconda bottega, legata alla miniatura abruzzese del terzo quarto del secolo, ma certamente attiva più tardi, a ridosso

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ROSS. 276-277

della fine del secolo, è uno degli elementi che potrebbero indurre a collocare a Napoli l’attività della bottega del Messale rossiano; la scarsità dei materiali superstiti della produzione di codici miniati di entrambe le aree lascia, tuttavia, aperta tale questione (rimando per più approfondite considerazioni a un mio studio in corso di preparazione). Lo stato di conservazione del codice è buono. Si segnala, tuttavia, il distacco del bifoglio 151-152. La rifilatura, certamente subita dal codice nel corso delle successive legature, non ha provocato danni alle bordure decorate, se non in rari casi. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, decorato con impressioni in oro, in alto: MISSALE ROMANUM, in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS)/ INEUNTE / SAEC(ULO) XV. Il codice è conservato in una custodia in pelle con decorazioni impresse in oro. (SILVA TAROUCA, II, 105r-106v; Bibl. Rossianae, III, 264r) TIETZE, Die illuminierten, 78-80 nr. 115, tav. II; HERMANN, Die illuminierten Handschriften, 251; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 140 nr. 347; MADDALO, Ragioni, 153, n. 17; MANZARI, Libri liturgici miniati, 109-136.

FRANCESCA MANZARI

Ross. 277 (olim VIII, 215) Missale: Proprium de tempore (ff. 1r-144v); Prefationes per annum (ff. 145r-146v); Canon (ff. 147r-149v); Missa sponsalitia (ff. 149v-150r); Forma baptismi ad sucurrendum (ff. 150r-150v); Proprium sanctorum (ff. 151r-213v); Commune sanctorum (ff. 213v-231r); Missae votivae (ff. 231r241v); Missae pro defunctis (ff. 241v-244r); Missae pro vivis et defunctis (ff. 244r-245r); Epistulae quaedam et Evangelia (ff. 245v246v); Missa generalis pro vivis et defunctis (ff. 246v-247r); Missa pro loco isto et habitatoribus eius (f. 247r); Litaniae sanctorum (ff. 247v-248v); Ordo ad faciendam aquam benedictam (f. 248v); Kalendarium (ff. 249r-254v) Veneto (Verona?), sec. XIII2

Ross. 277, f. 3r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Membr.; ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart.), 254, VI’ (I’-V’ cart., VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); acefalo per la caduta dei primi otto fogli, come si evidenzia dalla numerazione antica; altri due fogli risultano caduti: il primo, tra i ff. 146-147 in corrispondenza dell’inizio del Canone, recante il monogramma del Vere Dignum, del quale rimane ancora traccia sul verso del foglio affiancato (f. 146v); il secondo tra i ff. 147-148; foliazione antica manuale in numeri romani a partire dal numero IX, a inchiostro bruno, visibile in alto a sinistra sul verso dei ff. 1-146; lo stesso tipo di foliazione in numeri romani ritorna, sempre in alto a sinistra, sul verso dei ff. 151-242, riprendendo però in questo caso la numerazione dall’inizio (al f. 151v il numero romano I è scritto a matita da mano moderna); foliazione moderna, manuale, a matita di colore violaceo, in cifre arabiche, in alto a destra sul recto dei ff. 1-254; al f. 247v è scritto a matita da mano moderna in alto a sinistra il numero 97 in cifre arabiche; richiami collocati nel margine inferiore del foglio, a volte parzialmente rifilati o mancanti del tutto; il codice misura mm 368/369×248/251 (misure prese ai ff. 19 e 145). Gotica rotunda alternata a scrittura cancelleresca in funzione distintiva, in inchiostro bruno, rosso per le rubriche probabilmente di un’unica mano; notazione musicale (ff. 61r-62v, 92v, 148r-148v, 169v-170r, 247v-248v); interventi successivi su rasura ai ff. 149v-150v; altra mano più tarda (sec. XIV) per il Calendario (ff. 249r-254v); nel margine sinistro del f. 147v, verso il basso, in corrispondenza del Memento defunctorum viene aggiunta da mano diversa la commemorazione di alcuni defunti; specchio di scrittura (mm 260×149) a una sola colonna di 24 linee; rigatura a colore.

L’apparato decorativo del codice presenta un’ornamentazione di penna e di pennello. La decorazione di pennello è costituita da 9 iniziali miniate da un’unica mano, di cui 3 figurate, di diversa grandezza, e 6 decorate di media grandezza (da un minimo di mm 58×54 a un massimo di mm 72×73). Il campo entro cui poggiano tutte le iniziali, delimitato da una sottile cornice di colore rosso spesso tagliata a gradini, è di colore blu leggermente punteggiato a biacca. Il corpo delle lettere a filetto, un po’ bombato ai lati, disegnato a penna in inchiostro rosso e colorato di giallo chiaro, reca un motivo interstiziale a forma di mezzaluna a volte ornato da una successione di puntini a biacca, a volte da una serpentina bicolore. Il risvolto superiore della lettera è sempre fogliaceo a eccezione dell’iniziale figurata D del f. 167v, che presenta una grottesca dal corpo a forma d’uccello e dalla testa umana incappucciata. Nelle decorate, poste ai ff. 3r, 6r, 96v, 109v, 113v, 163r, il fondo del capolettera è occupato da turgidi tralci disposti in modo simmetrico, ritoccati a biacca e arricchiti da elementi vegetali come foglioline ‘a mano aggrappata’ e petali a ‘cappuccio’. I colori, a tempera leggermente diluiti, sono il giallo chiaro e giallo scuro, il verde bottiglia, il verde chiaro, il ciclamino, il porpora, il rosso granato. L’oro in polvere è utilizzato solo nel corpo dell’iniziale figurata D del f. 167v. Per quanto riguarda la consistente decorazione di penna essa comprende oltre a iniziali di piccolo modulo, toccate di rosso, e alle consuete rubriche in rosso, anche numerosissime iniziali calligrafiche: sono presenti sia semplici iniziali di colore rosso di formato piccolo e medio (da un minimo di 1 linea a un massimo di 4 linee), recanti in alcuni casi ornati interstiziali in risparmiato e piccole code, sia eleganti iniziali, a volte filigranate, esemplate invece in inchiostro rosso e blu. Queste ultime, di formato medio (da un minimo di 3 a un massimo di 6 linee) e gran-

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ROSS. 277

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de (da un minimo di 10 a un massimo di 20 linee compreso il prolungamento vegetale), presentano entro il campo interno vari elementi decorativi disposti in modo simmetrico (tralci, foglioline d’acanto, palmette, spirali, ventagli) e, quasi sempre, nel corpo un ornato interstiziale recante motivi in risparmiato a forma di serpentina, di intreccio, di quadrilobo o di piccoli gigli. Inoltre le lettere di grande formato, quasi tutte I, come per esempio al f. 72v o 97r, sono spesso provviste di prolungamenti più o meno brevi, a volte uscenti con fogliolina acantacea o con fiorone. Le iniziali maggiori miniate sono ai ff. 3r, 167v, 168r. f. 3r:

iniziale I di In principio erat (mm 113×32), in corrispondenza della festa della Natività, all’incipit del Vangelo di Giovanni. L’iniziale figurata è costituita da una semplice cornice di colore rosso che ospita la figura stante di San Giovanni evangelista. f. 167v: iniziale D di Deus qui animi (mm 84×69), in corrispondenza della festa di san Gregorio. Entro l’iniziale è contenuta la figura stante di San Gregorio Magno in abiti papali. f. 168r: iniziale D di Deus qui hodierna die (mm 79×52), in corrispondenza della festa dell’Annunciazione. Entro l’iniziale è contenuta la figura stante della Vergine.

Il manoscritto è stato esemplato dopo il 1220, termine post quem indicato dalla presenza nel Santorale (f. 158r) della festa della traslazione di san Tommaso Becket (7 luglio). Il codice, ritenuto da Salmon (SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 140 nr. 348) di provenienza francese, probabilmente da Pontigny, forse in base alla presenza nel Santorale di numerosi santi d’oltralpe soprattutto francesi, in realtà sia per la scrittura, che esibisce una connotazione tutta italiana, nello specifico di area padano-tosco-emiliana (comunicazione orale del dott. Leonardo Granata e della dott.ssa Antonella Tomiello; per la caratterizzazione principale della littera rotunda del Ross. 277 si confronti ZAMPONI, La scrittura del libro, 317-354: 336), sia per la decorazione non è riferibile alla Francia. Le miniature del Messale sono state giustamente avvicinate da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 60-61) a quelle del ms. Vat. lat. 39, opera databile attorno agli anni Trenta del XIII secolo, che insieme al ms. Chig. A. IV. 74 della Biblioteca Apostolica Vaticana e al ms. XXXV (465) della Collezione Giustiniani costituisce un ben noto gruppo di Vangeli recentemente riferito dalla critica, in base all’analisi non solo stilistica ma anche liturgica e paleografica, ad ambito veronese (ELEEN, New Testament Manuscripts, 221-236; per una sintesi del dibattito critico TONIOLO, La miniatura a Verona, 67-69; TONIOLO, Schede II.4.2, II.4.3, II.4.4, 56-58 con bibliografia precedente). Seppur assenti nel codice precisi riferimenti liturgici alla città di Verona, dal punto di vista stilistico i volti ovali e severi delle figure, sottolineati da lineamenti marcati e gote rosse, i panneggi delle vesti, nonché l’uso frequente della biacca effettivamente trovano un riscontro interessante nel ms. Vat. lat. 39: si confrontino per esempio le minia-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

ture con San Giovanni evangelista al f. 3r e Papa Gregorio Magno al f. 167v del Messale rispettivamente con quelle degli Angeli recanti le coppe dei flagelli al f. 165v e della Vergine in trono al f. 172r del ms. Vat. lat. 39. In quest’ottica veronese proposta da Tietze le iniziali decorate del Messale, di derivazione tardo-geometrica, mostrano delle affinità con il cosiddetto “stile padano di transizione”, attestato nel territorio veneto negli anni Venti-Trenta del Duecento. Un possibile confronto può essere proposto con i capilettera ornati, di fattura meno raffinata, del ms. CVIII della Biblioteca capitolare di Verona, un Salterio con Innario, sempre riferito a Verona e ascritto al secondo quarto del XIII secolo (TONIOLO, La miniatura a Verona, 67; VILDERA, Scheda II.8, 84). Anche le iniziali calligrafiche in inchiostro rosso e blu trovano un interessante riscontro nella decorazione di penna della tradizione veneta della prima metà del Duecento, in particolare veneziana: si possono citare per esempio i capilettera arabescati in inchiostro rosso e blu dei due Passionari di San Marco, ms. lat. IX 27 (=2797) e ms. lat. IX 28 (=2798) della Biblioteca Marciana di Venezia, e del Liber pactorum I dell’Archivio di Stato di Venezia, riferiti tutti alla mano del notaio Viviano, documentato intorno al 1210 (MARIANI CANOVA, La miniatura, 155-158; MARCON, I codici liturgici, 222-226). Lo stato di conservazione del codice, rifilato e attaccato dai tarli, è nel suo complesso mediocre; alcuni fogli sono danneggiati dall’umidità, altri presentano tagli non risarciti o buchi, a volte vistosi (in particolare si segnalano i ff. 1-7, 32, 46, 63, 111, 124, 184-185). La compagine dei primi fascicoli inoltre non risulta saldamente inglobata nella legatura. Legatura Rossi A restaurata e in buono stato di conservazione. Sul dorso, staccato e incollato in fase di restauro sul contropiatto anteriore, si legge in lettere capitali in alto: MISSALE, in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS)/ SAEC(ULI) XIII. Il manoscritto è privo di un ex libris o di un colofone che ne indichino la provenienza. La presenza però nel Santorale di numerosi santi d’oltralpe potrebbe far pensare, come originaria destinazione, a una comunità di canonici che si rifaceva alla regola agostiniana (comunicazione orale del prof. Giulio Cattin). (SILVA TAROUCA, II, 107r-110r; Bibl. Rossianae, III, 265r) TIETZE, Die illuminierten, 60-61 nr. 91, figg. 81-82; DICHTL, Codicum Rossianae, 23 nr. 933; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 140 nr. 348; SALMON, Les manuscrits liturgiques III, 79 nr. 237.

LORENZA NOVELLO

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ROSS. 278

Ross. 278 (olim VIII, 216) Missalis Romani fragmenta: Fragmentum ex Missa sabbati IV temporum septembris (ff. 1r-v); fragmentum ex Missa dominicae XXIV post Pentecostem (ff. 2rv); fragmentum Proprii de Tempore a II dominica post Pentecostem usque dominicam XXIIII post Pentecostem (ff. 3r24v); fragmentum Proprii sanctorum a sancto Andrea usque sanctum Narbonum (ff. 25r-56v); fragmentum Proprii de Tempore a Feria VI in Parasceve usque Pascham (ff. 57r-92v) Italia settentrionale (Veneto), sec. XV, seconda metà (f. 92r) explicit: Laus Deo / Franciscus Maurus Nucerinus fecit / Ad honorem Equensis Episcopi

Ross. 278, f. 26r

Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. moderni), 92, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-V’ cart.); foliazione meccanica in cifre arabiche, a inchiostro bruno in basso a destra, accompagnata da una seconda numerazione, perfettamente coincidente con la prima, anch’essa moderna, in cifre arabiche a matita, nell’angolo superiore a indicare i fogli delle decine; richiami di fascicolo costanti a partire da f. 34v, collocati sul verso al centro del bas-de-page e disposti in senso verticale; mm 394×273 (misura presa ai ff. 27 e 55); gotica rotunda a inchiostro bruno; di una seconda mano il testo gregoriano di f. 92r, la stessa che trascrive l’incipit del Vere dignum (Dignum et iustum est) e l’explicit, entrambi evidentemente aggiunti; specchio scrittorio (mm 230×160) a 2 colonne (spazio intercolonnare mm 27) di 28 linee; tetragramma con notazione quadrata neumatica (per es. ai ff. 57r-58v, 62v-67v); rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio, con doppie righe orizzontali e verticali che chiudono lo specchio e che giungono a toccare il margine superiore; riempi linea a motivi geometrici, a inchiostro nero e oro (si cfr. ad esempio f. 26r). Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 5 iniziali maggiori istoriate; 33 iniziali medie figurate (ff. 13v, 29v, 21r, 27r, 27v, 30v, 35r, 42v, 52v) o fitomorfe (per una media di mm 43×55); 1 iniziale minore decorata a f. 15v (E di Exultate Deo, all’incipit della Feria quarta, mensis septembris; mm 35×45); numerose iniziali minori filigranate alternativamente in rosso e blu, spesso qualificate da un’elaborata filigrana a terminazioni floreali e bottoni, che si dispone nei margini superiore o inferiore (qualche esempio: ff. 3v, 35r, 36r, 38v, 45v); letterine rilevate in giallo; letterine guida; riempilinea intercalati tra le lettere che costituiscono la parola dopo l’iniziale maggiore; incipit rubricati. Da sottolineare che il codice è acefalo.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 26r, 33v, 43v, 44v, 49v, 52v; mentre quelle medie sono ai ff. 3r, 4r-v, 5v, 7v, 8v, 9r, 11r, 13r-v, 16v, 17v, 18v, 19v, 20r, 21r, 22r, 23r-v, 24v, 27r-v, 30v, 35r-v, 36v, 37v, 41r, 42v, 43r, 45v, 46r, 52v. Tutte le iniziali hanno il medesimo impianto decorativo: su un fondo che può essere di colore verde, rosso, blu o oro, è disposta la lettera costituita da elementi vegetali sovente fermati da perle, che assumono di volta in volta diverse tonalità (bianca, grigia, rossa, nera), o da pietre preziose policrome. Iniziali maggiori: f. 26r: iniziale M di Mihi autem (mm 58×66), all’incipit del passo In festo sancti Andree apostoli, figurata con il ritratto del santo con la croce e il libro. f. 33v: iniziale S di Suscepimus Deus (mm 60×65), all’incipit del passo In festo purificationis beate Marie virginis, istoriata con l’immagine della Madonna bambina al Tempio, di fronte al sommo sacerdote. f. 43v: iniziale V di Vir Dei Benedictus (mm 56×62), all’incipit del passo In festo sancti Benedicti, istoriata con una scena di penitenza. f. 44v: iniziale V di Vultum tuum (mm 50×68), all’incipit del passo In annuntiationis beate Marie virginis, istoriata con l’immagine dell’Annunciazione. f. 49v: iniziale D di De ventre matris (mm 57×60), all’incipit del passo In nativitate sancti Iohannis Baptiste, istoriata con la scena della nascita del santo. f. 52v: iniziale N di Nunc scio (mm 44×51), all’incipit del passo In festo apostolorum Petri et Pauli, istoriata con i ritratti dei due santi a mezzo busto. Iniziali medie: f. 3r: iniziale decorata F di Factus est dominus, all’incipit della Dominica III post Pentecostem. f. 4r: iniziale R di Respice in me, all’incipit di un Introitus. f. 4v: iniziale D di Dominus illuminatio, all’incipit della Dominica IV post Pentecostem. f. 5v: iniziale E di Exaudi domine, all’incipit della Dominica V post Pentecostem. f. 7v: iniziale O di Omnes gentes, all’incipit della Dominica VII post Pentecostem. f. 8v: iniziale S di Suscepimus Deus, all’incipit della Dominica VIII post Pentecostem. f. 9r: iniziale E di Ecce Deus, all’incipit della Dominica IX post Pentecostem. f. 11r: iniziale D di Deus in loco, all’incipit della Dominica XI post Pentecostem. f. 13r: iniziale R di Respice dominum, all’incipit della Dominica XIII post Pentecostem. f. 13v: iniziale P di Protector noster, all’incipit della Dominica XIV post Pentecostem, figurata con una scimmietta seduta. f. 16v: iniziale I di Inclina domine, all’incipit della Dominica XV post Pentecostem. f. 17v: iniziale M di Miserere mihi, all’incipit della Dominica XVI post Pentecostem. f. 18v: iniziale I di Iustus es, all’incipit della Dominica XVII post Pentecostem. f. 19v: iniziale D di Da pacem domine, all’incipit della Dominica XVIII post Pen-

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ROSS. 278

f. 20r: f. 21r: f. 22r:

f. 23r: f. 23v: f. 24v: f. 27r: f. 27v: f. 30v: f. 35r: f. 35v: f. 36v: f. 37v: f. 41r: f. 42v: f. 43r: f. 46v: f. 47v:

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tecostem, con il ritratto di Geremia accompagnato dall’iscrizione Profeta Ieremia. iniziale S di Salus populi, all’incipit della Dominica XIX post Pentecostem, decorata all’interno con terminazioni dalle sembianze di volatile e di farfalla. iniziale O di Omnia quod fecisti, all’incipit della Dominica XX post Pentecostem, figurata con l’immagine di Gesù Bambino con scettro e globo. iniziale I di In voluntate tua, all’incipit della Dominica XXI post Pentecostem, decorata con una coppia di puttini intenti a giocare con una collanina di coralli. iniziale S di Si iniquitatem, all’incipit della Dominica XXII post Pentecostem, decorata al suo interno con un granchio e una farfalla. iniziale D di Dat dominus, all’incipit della Dominica XXIII post Pentecostem. iniziale E di Excita domine, all’incipit di una Oratio, decorata con testine angeliche. iniziale D di Dilexisti iustitiam, all’incipit del passo In sanctae Luciae virginis et martiris, figurata con il ritratto della santa che reca la palma del martirio. iniziale M di Mihi autem, all’incipit del passo In sancti Thome apostoli, figurata con l’effigie del santo. iniziale S di Scio cui, all’incipit del passo In conversione sancti Pauli apostoli, con l’immagine del santo. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’incipit del passo In sancte Agathe virginis et martiris, figurata con il ritratto della santa. iniziale S di Statuit ei dominus, all’incipit del passo In cathedra sancti Petri. iniziale A di Acclamaverunt ad te, all’incipit del passo In sanctorum apostolo rum Phylippi et Iacobi. iniziale D di Dominus autem, all’incipit del passo In inventione sancte Crucis. iniziale D di Deus in adiutorium, all’incipit del passo In sancti Urbani presbiter et martiris. iniziale D di Deus qui beatum, all’incipit del passo In sancti Mathie apostoli, figurata con il ritratto del santo. iniziale S di Sacerdotes Dei, all’incipit del passo In sancti Gregorii papae et confessoris. iniziale M di Mihi autem, all’incipit del passo In sancti Barnabe apostoli. iniziale I di In medio ecclesie, all’incipit del passo In sancti Antonii confessoris.

L’apparato figurativo del codice, caratterizzato, per la decorazione, da iniziali di notevole raffinatezza, nelle quali il corpo sembra avvolto in foglie di acanto dorato (in alcuni casi, come nella S di Suscepimus di f. 33v arricchite da motivi, come perle e castoni, attinti dal repertorio dell’antiquaria), che ignorano i limiti del campo quadrato e si spingono all’esterno con terminazioni fitomorfe, e da motivi in filigrana tanto originali da poter individuare la personalità del calligrafo, permette di ricondurre la decorazione del codice alla miniatura veneta degli anni Settanta/Ottanta del Quattrocento, quando particolar-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

mente viva era l’influenza del gusto ferrarese. Appare ad esempio significativo, a tal proposito, il confronto con l’ornamentazione, certo più ricca e immaginifica, di opere assegnate alla paternità di Girolamo da Cremona: si cfr. in proposito il Decretum Gratiani, Mon. Typ. 1477, 2° (12) della Landesbibliotek di Gotha, della fine dell’ottavo decennio (per il quale da ultimo DE MARCHI, Scheda nr. 145, 353-357). Alla cultura figurativa rappresentata dal maestro padano (attivo tra Ferrara, Mantova, Padova, Siena, Firenze, etc., tra il 1460 e il 1483; per il quale cfr. TONIOLO, s.v. Girolamo da Cremona), bene si addicono anche le figure che abitano le iniziali, da assegnare appunto a un artista formatosi a contatto con la cultura veneto-padana. Lo stato di conservazione appare buono, a eccezione di alcune abrasioni della pergamena, visibili per esempio ai ff. 2r e 14r-v, o di crettature, come a f. 11rv. Si segnala poi la sporadica presenza di fori dovuti all’azione dei tarli (ff. 14, 19, 32) e delle tracce di umidità (ff. 76-77); il margine inferiore di f. 12, infine, è stato ritagliato. Legatura Rossi A, in buone condizioni conservative. In alto, sul dorso, si legge: MISSALIS / ROMANI / FRAGMENTA; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAECULI XV. Il manoscritto secondo l’explicit di f. 92r fu realizzato, per volontà di un non meglio identificato, Franciscus Maurus Nucerinus. Nulla è dato sapere del destinatario, vescovo probabilmente di Vico Equense. Si può supporre che si trovasse allo stato frammentario già quando venne acquisito dal de Rossi, che lo rilegò, per uniformarne la facies esteriore alla sua collezione. (SILVA TAROUCA, II, 111r-112r; Bibl. Rossianae, III, 266r) TIETZE, Die illuminierten, 139-140 nr. 311; DICHTL, Codicum Rossianae, 29r nr 939; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 140-141 nr. 349.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 279 (olim XIII, 217b) Hymnarium Bologna, sec. XIV, metà Membr. (pergamena spessa e giallastra); ff. I, 92, I’ (guardie cartacee moderne); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; numerazione recente delle decine a matita, nell’angolo in alto a destra; mm 358×253 (f. 2); richiamo al centro del margine inferiore, entro una cornicetta rossa e nera; scrittura gotica corale a inchiostro nero, notazione quadrata nera con chiavi e custos su tetragramma rosso; specchio scrittorio (mm 245×175) a piena pagina, 6 sistemi per pagina; rigatura a mina di piombo e a secco.

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ROSS. 278-279

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L’apparato decorativo comprende 3 iniziali istoriate (mm 80×55 ca.), iniziali filigranate in rosso e blu con ornati di penna di colore opposto, rubriche in rosso. f. 1r: iniziale istoriata C di Conditor alme, all’incipit dell’Inno In adventu domini ad Vesperas. Annunciazione: l’angelo, vestito di verde con manto rosso e con le ali azzurre che fuoriescono dalla lettera, si inginocchia salutando Maria; quest’ultima, seduta entro un’edicola, incrocia le mani sul petto interrompendo la lettura del libro aperto sul leggio, mentre la colomba dello Spirito Santo scende su di lei. f. 6v: iniziale istoriata V di Veni redemptor, all’incipit dell’Inno In nativitate domini ad vesperas. Natività di Ross. 279, f. 42v Gesù: Maria e Giuseppe pregano in adorazione del Bambino, stretto nelle fasce e riscaldato dall’asinello e dal bue all’interno della capanna. Una suora domenicana è raffigurata, in dimensioni minori, in preghiera nel margine sinistro, entro una voluta del fregio vegetale. f. 42v: iniziale istoriata V di Vexilla regis, all’incipit dell’Inno In passione domini ad vesperas. Crocifissione: Cristo, dal corpo smagrito avvolto da un perizoma trasparente, è inchiodato a una croce a T. A sinistra stanno la Vergine in piedi e la Maddalena inginocchiata; a destra, compaiono san Giovanni, raffigurato di spalle, e una suora domenicana inginocchiata in preghiera. Il codice è miniato secondo lo stile ornamentale bolognese della metà del XIV secolo. Il volume è stato per la prima volta segnalato da Pasut (PASUT, PERRICCIOLI SAGGESE, s.v. Niccolò di Giacomo, 828) e assegnato a Niccolò di Giacomo, al pari del Ross. 280, che costituisce il secondo tomo dell’Innario e al quale si rimanda per l’analisi della decorazione. Il codice si conserva in buono stato; i fogli presentano segni di usura e un’eccessiva rifilatura. Legatura di tipo monastico, con assi in legno rivestite in pelle color nocciola, con cornicette impresse di tripli filetti, cinque borchie metalliche e fermagli. L’Innario, di tipo liturgico, è strutturato secondo il calendario ecclesiastico. Le suore domenicane, raffigurate in dimensioni ridotte accanto o all’interno del-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

le iniziali figurate (ff. 6v e 42v), suggeriscono l’assegnazione del codice a un convento femminile. Ulteriori elementi a conferma di questa ipotesi sono contenuti nel secondo tomo dell’Innario, il codice Ross. 280, al quale si rimanda per i necessari approfondimenti. (SILVA TAROUCA, II, 113r-117r; Bibl. Rossianae, III, 267r) TIETZE, Die illuminierten, 89 nr. 136; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 52-53 nr. 101; PASUT, PERRICCIOLI SAGGESE, s.v. Niccolò di Giacomo, 827-832.

GIORGIA CORSO

Ross. 280 (olim XIII, 217b) Hymnarium Bologna, sec. XIV, metà (f. 112v) colophon: Finito libro referramus gratias domino Iesu Christo qui scripsit scribat semper cum domino vivat vivat in celis, soror Lippa nomine felix Membr. (pergamena spessa e giallastra); ff. I, 217 I’ (guardie cartacee moderne); numerazione moderna, meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; numerazione recente delle decine a matita, nell’angolo in alto a destra; mm 350×246 (f. 2); richiamo al centro del margine inferiore, sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo, entro una cornicetta rossa e nera; scrittura gotica corale a inchiostro nero, notazione quadrata nera con chiavi e custos su tetragramma rosso; specchio scrittorio (mm 245×165) a piena pagina, 6 sistemi per pagina; rigatura a mina di piombo e a secco.

L’apparato decorativo comprende 13 iniziali istoriate (misurano costantemente mm 85×55 ca.), 3 iniziali ornate, numerose iniziali filigranate in rosso e blu con ornati di penna di colore opposto, rubriche in rosso. f. 1r:

Ross. 280, f. 64v

iniziale istoriata A di Agnetis festum martiris, all’incipit dell’Inno In festo beate Agnetis ad vesperas. Sant’Agnese riceve l’anello da Cristo; la santa tiene in grembo l’agnello, che reca il vessillo crucisegnato.

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ROSS. 279-280

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f. 3v: iniziale ornata S di Superne lucis (mm 38×42), all’incipit dell’Inno In festo beate Agnetis, ad matutinum. f. 6v: iniziale ornata F di Felix adest (mm 43×33), all’incipit dell’Inno In festo beate Agnetis, in laudibus. f. 9v: iniziale ornata A di Ave maris stella (mm 33×39), all’incipit dell’Inno In festo purificationis, ad vesperas. f. 16v: iniziale istoriata E di Exultet mentis, all’incipit dell’Inno In festo sancti Thome de Aquino, ad vesperas. San Tommaso in cattedra con tre alunni, tra cui un frate domenicano. f. 22r: iniziale istoriata M di Magne dies letitie, all’incipit dell’Inno In festo beati Petri martiris, ad vesperas. Sacrificio di san Pietro: il carnefice leva in alto la spada e si appresta a decapitare il santo, già colpito dal pugnale. f. 28r: iniziale istoriata S di Salve crux sancta, all’incipit dell’Inno In inventione sancte crucis, ad vesperas et ad matutinum. Sant’Elena in adorazione della croce. f. 22v: iniziale istoriata U di Ut queant laxis, all’incipit dell’Inno In nativitate sancti Iohannis Baptiste, ad vesperas. Nascita di san Giovanni Battista, con l’anziana Elisabetta accudita da Maria. f. 41r: iniziale istoriata A di Andrea luce et core, all’incipit dell’Inno In festo apostolorum Petri et Pauli, ad vesperas et ad matutinum. I Santi Pietro e Paolo: entrambi in piedi i due apostoli recano l’uno, san Pietro, le chiavi e il libro aperto, l’altro, san Paolo, la spada e il libro chiuso. f. 44v: iniziale istoriata L di Lauda mater ecclesia, all’incipit dell’Inno In festo sancte Marie Magdalene, ad vesperas et ad matutinum. Maria Maddalena, rivestita dai lunghi capelli, riceve in ginocchio l’eucarestia da un sacerdote. f. 48v: iniziale istoriata G di Gaude mater ecclesia, all’incipit dell’Inno In festo beati Dominici, ad vesperas. San Domenico benedicente: il devoto, al quale è rivolta la benedizione, è inginocchiato e veste un manto rosso bordato di ermellino, che ne denota l’alto rango. f. 53v: iniziale istoriata M di Magne pater Augustine, all’incipit dell’Inno In festo beati Augustini, ad vesperas et ad matutinum. Sant’Agostino allo scrittoio, in abiti pontificali, nell’atto di scrivere, con penna e raschietto. f. 58v: iniziale istoriata T di Tibi Christe, all’incipit dell’Inno In festo sancti Michaelis, ad vesperas et ad matutinum. San Michele pesa anime trafigge il drago. f. 64v: iniziale istoriata H di Hec sunt adolescentule, all’incipit dell’Inno In festo sanctarum undecim milium virginum, ad vesperas. Le undicimila vergini; dietro alle prime tre sante, raffigurate in piedi in primo piano, se ne scorgono numerose altre. A destra compare una suora domenicana inginocchiata ai loro piedi, identificata come SORE ÇOANA CONTHESA dall’iscrizione in caratteri gotici neri posta in calce alla miniatura. f. 71r: iniziale istoriata I di Iesu salvator, all’incipit dell’Inno In festo omnium sanctorum, ad vesperas et ad matutinum. Cristo con Maria e san Giovanni evangelista: Cristo, assiso e vestito di un drappo rosso mostra le ferite del-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la passione; alla sua destra siede la Vergine, a sinistra san Giovanni evangelista. f. 76r: iniziale istoriata K di Katerine collaudemus, all’incipit dell’Inno In festo beate Katerine ad vesperas. Santa Caterina d’Alessandria: la santa è prostrata a terra in procinto di essere decapitata dal carnefice; nell’occhiello superiore, due angeli assistono alla scena. Il codice è miniato secondo lo stile ornamentale bolognese della metà del XIV secolo; la conformazione delle iniziali, dipinte a tinta unita leggermente chiaroscurata e percorse di motivi decorativi disegnati a biacca, così come gli steli e le foglie d’acanto policrome che compongono i fregi marginali, appartengono al repertorio adottato e diffuso con grande successo dagli ateliers bolognesi del Trecento. Le miniature di questo volume e dell’Innario a esso complementare, Ross. 279, sono state per la prima volta segnalate da Pasut (PASUT, PERRICCOLI SAGGESE, s.v. Niccolò di Giacomo, 828), che le assegna a Niccolò di Giacomo, considerandole sicuramente autografe e le avvicina ad altre opere databili agli inizi degli anni Cinquanta, quali la miniatura con un gruppo di suore domenicane aggiunta al corale duecentesco del Monastero di Val di Pietra (Bologna, Museo civico medievale, ms. 514, f. 166r). L’attribuzione trova conferma nell’alta qualità delle illustrazioni, dove l’esecuzione delle figure è caratterizzata dalla morbidezza degli incarnati, dal colorito fuso e dal raffinato cangiantismo delle vesti. L’assenza di forzature grottesche nelle fisionomie e nell’articolazione dei corpi, come pure una particolare attenzione all’espressività dei gesti e dei volti, riconducono a una prima fase del percorso creativo del maestro bolognese; a ciò va aggiunto l’aspetto ancora vagamente arcaico dei fregi marginali, resi con forme piuttosto stilizzate e campiture piatte, ma nel contempo arricchiti da profili grotteschi e da teste di aironi che spuntano fra i tralci (ff. 1r, 16v). Qualche tempo dopo il suo completamento, il codice ha subito un aggiornamento, che ne testimonia l’uso prolungato. Nuovi inni sono stati aggiunti in un fascicolo allegato alla fine del volume (ff. 113r-116v), ornato con sole iniziali filigranate rosse e blu. Il codice si conserva in buono stato; i fogli presentano segni di usura e un’eccessiva rifilatura. Legatura Rossi B, con assi in legno rivestiti in pelle color nocciola, con cornicette impresse di tripli filetti, cinque borchie metalliche e fermagli. Anche in questa seconda parte dell’Innario (relativo al santorale proprio e comune), così come nella prima parte, costituita dal codice Ross. 279, la presenza di una suora effigiata nell’iniziale istoriata con le Undicimila vergini (f. 64v) indica in un convento domenicano il destinatario del codice. Due suore sono intervenute direttamente nella confezione dell’Innario: SOROR LIPPA, che si firma nel colophon, in una posizione solitamente riservata al copista (f. 112v), e SORE ÇOANA CONTHESA, che invece appare raffigurata in atto di devozione, come donatrice o committente del codice (f. 64v).

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ROSS. 280-282

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Non è forse troppo azzardato indicare il luogo di provenienza dei due tomi nel convento domenicano di Sant’Agnese a Bologna: non sembra infatti casuale l’eccezionale risalto riservato dal miniatore ai canti per la festa di sant’Agnese, evidenziati da ben tre iniziali miniate. (Bibl. Rossianae, III, 267r) TIETZE, Die illuminierten, 89 nr. 136; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 52-53 nr. 101; PASUT, PERRICCIOLI SAGGESE, s.v. Niccolò di Giacomo, 827-832; MADDALO, L’officina, 558-559.

GIORGIA CORSO

Ross. 282 (olim VIII, 219) Evangelia secundum Lucam et Iohannem cum glossa (ff. 2r-364r) Italia settentrionale, sec. XV, prima metà Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata, anche se sul lato pelo spesso sono visibili tracce di follicoli); ff. VII (I in cartoncino blu, al pari della controguardia; II-VI cart. moderni; VII membr. indicato come 1), 364, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione meccanica moderna, in cifre arabiche in basso a destra; due tipi di foliazione manuale moderna in cifre arabiche, entrambe in alto a sinistra, ma una a inchiostro nero e l’altra a matita; nessuna delle due prende in considerazione il foglio di guardia membranaceo e sono apposte ogni dieci fogli. Richiami collocati sul verso di ogni fascicolo, nel margine inferiore, sotto la seconda colonna di scrittura e in prossimità della cucitura: riportano la prima parola della glossa (f. 111v) o, quando testo e glossa sono accostati nella colonna interna del primo foglio del fascicolo successivo (per es. a f. 181v), la prima parola di entrambi; indicazioni di registro alfanumeriche presenti nell’angolo in basso a destra, sul recto di ogni foglio della prima parte del fascicolo, ma sovente rifilate; mm 372×265; scrittura testuale gotica, per il testo evangelico, angolosa e fortemente spezzata, vergata da un’unica mano con inchiostro nero; la scrittura usata per la glossa è una minuscola, di unica mano e ugualmente vergata a inchiostro nero, del tipo molto in uso nella I metà del sec. XV, con elementi sia umanistici (chiarezza, leggibilità, ductus morbido e tondeggiante, et scritto per esteso e a carolina), sia della littera textualis (riconoscibile da alcune lettere caratteristiche come la s finale maiuscola, la d di tipo onciale, u e v di forma Ross. 282, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

angolare maiuscola a inizio di parola); della stessa mano, vergati a inchiostro rosso i richiami esterni e, all’interno della glossa ordinaria, l’indicazione delle auctoritates alle quali si deve il commento stesso. Specchio scrittorio su due colonne (mm 235×165), ognuna destinata al testo e alla corrispondente glossa, di 50 linee di scrittura nella glossa e di 25 nel testo, con uno spazio intercolonnare di mm 17; il f. 197r-v è anepigrafo e non presenta tracce di rigatura; la rigatura, a matita, è eseguita su recto e verso di ogni foglio e inquadra le colonne con 7 righe verticali, che giungono a toccare i margini superiore e inferiore della pagina; il codice si apre con il lato pelo del foglio di guardia (f. VI).

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 2 iniziali maggiori, l’una figurata (mm 140×55) all’interno della pagina di incipit con stemma, e l’altra decorata (mm 39×30); 47 iniziali medie (mm 25×24), decorate con elementi fitomorfi policromi (blu, viola, verde, rosso, elementi in foglia d’oro), eseguite su un campo in lamina metallica profilato in nero e arricchite da una leggera decorazione filigranata a inchiostro, desinente in piccoli globi aurei cigliati; numerose iniziali minori filigranate alternativamente rosse e blu; numerose letterine calligrafiche rosse e blu, all’interno del testo; titoli correnti rubricati nel margine superiore; annotazioni rubricate a margine; sono sottolineati i passi salienti del testo, così come risultano indicati in rosso i nomi degli antichi esegeti dei passi testamentari. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 2r e 198r; le iniziali medie qualificano invece i ff. 2r (Q di Quoniam quidem all’incipit del Vangelo di Luca), 3r (F di Fuit in diebus, Lc 1, 5), 15v (F di Factum est, Lc 2, 1), 25r (A di Anno autem, Lc 3, 1), 33v (I di Ihesus autem, Lc 4, 1), 40r (F di Factum est autem, Lc 5, 1), 46v (F di Factum est autem, Lc 6, 1), 55r (C di Cum autem implesset, Lc 7, 1), 62v (E di Et factum est, Lc 8, 1), 72r (C di Convocatis autem, Lc 9, 1), 83r (P di Post hoc (sic., haec) autem, Lc 10, 1), 93r (E di Et factum est, Lc 11, 1), 103r (M di Multis autem, Lc 12, 1), 114v (A di Aderant autem, Lc 13, 1), 121r (E di Et factum est, Lc 14, 1), 126r (E di Erant autem, Lc 15, 1), 132r (D di Dicebat autem, Lc 16, 1), 139v (E di Et ad discipulos, Lc 17, 1), 145v (D di Dicebat autem, Lc 18, 1), 152r (E di Et ingressus, Lc 19, 1), 159r (E di Et factum est, Lc 20, 1), 164v (R di Respiciens autem, Lc 21, 1), 170v (A di Appropinquabit (sic, appropinquabat) autem, Lc 22, 1), 181v (E di Et surgens, Lc 23, 1), 189r (U di Una (sic, Prima) autem, Lc 24, 1), 198v (I di In principio, Io 1, 1), 217v (E di Et die tertia, Io 2, 1), 223v (E di Erat autem, Io 3, 1), 231r (U di Ut ergo cognovit, Io 4, 1), 241v (P di Post hec (sic, haec), Io 5, 1), 251r (P di Post hoc (sic, haec), Io 6, 1), 263v (P di Post hoc (sic, haec), Io 7, 1), 271r (I di Ihesus autem, Io 8, 1), 283r (E di Et praeteriens, Io 9, 1), 287v (O di Omen (sic, Amen) amen dico, Io 10, 1), 294r (E di Erat quidam, Io 11, 1), 301r (I di Ihesus ante, Io 12, 1), 308r (A di Ante diem, Io 13, 1), 315v (E di Et ait discipulis, Io 14, 1), 322v (E di Ego sum vitis, Io 15, 1), 328r (H di Hec (sic, Haec) locutus, Io 16, 1), 334v (H di Hec (sic, Haec) locutus, Io 17, 1), 340v (H di Hec (sic, haec) cum dixisset, Io 18, 1), 347r (T di Tunc ergo, Io 19, 1), 353v (U di Una (sic, Prima) autem, Io 20, 1), 359r (P di Postea manifestavit, Io 21, 1).

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ROSS. 282

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f. 2r:

iniziale I di Inter cetera, all’incipit della glossa al testo di Luca; la lettera è figurata con il ritratto, a figura intera, di san Luca colto nell’atto di scrivere il Vangelo, come sembra suggerire il libro aperto che tiene in mano. Sia l’autore che il corpo della I sono eseguiti su una campitura in spessa lamina metallica, utilizzata anche per il breve fregio laterale fitomorfo e policromo (viola, blu, verde) che nasce dall’iniziale. Questa, anch’essa dalle forme vegetali, ripropone la medesima tavolozza pittorica, arricchita dal rosso e da lumeggiature e filamenti a biacca. Il campo entro cui è contenuta la composizione è impreziosito da minute decorazioni a inchiostro e da bottoni cigliati in foglia d’oro. Al centro del margine inferiore, messo in risalto da una raffinata decorazione eseguita a penna, in monocromo, e lamina aurea, campeggia lo stemma del cardinale Capranica, sormontato dal galero cardinalizio. L’iniziale media Q di Quoniam quidem, all’incipit del Vangelo di Luca (cfr. supra) completa l’apparato decorativo della pagina. f. 198r: iniziale D di Divine visionis, all’incipit della glossa al testo di Giovanni; la lettera è della stessa tipologia di quelle appena descritte. La pagina è inoltre qualificata dalle prime quattro linee di scrittura maiuscola.

Si deve al Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 122) l’assegnazione del codice ad ambiente ferrarese. Lo stile della decorazione, a fogliami densi e morbidi che si accartocciano in desinenze bicrome e si arricchiscono di una leggera filigranatura e di diffusi globi aurei, la tavolozza pittorica accesa e brillante ma limitata, dove spicca il rosso e un rosa molto intenso che vira al porpora e dove l’azzurro emerge con forza dal campo della lettera, campito di foglia d’oro molto spessa e rilevata, rappresentano l’espressione di un linguaggio figurativo diffuso in area centroitaliana nei primi decenni del Quattrocento, cronologia cui rimandano anche le movenze ancora goticheggianti della figura dell’evangelista Luca nella iniziale I di f. 2r. Decisivo appare, per la definizione dell’area di provenienza del codice, soprattutto per quanto riguarda l’apparato decorativo, il confronto con un altro manoscritto del fondo rossiano, il Ross. 289 (contenente commenti di san Girolamo alle Scritture), di cui il colofone precisa la data topica (Ferrara) e quella cronica (1438) e che appare partecipe della stessa cultura grafica e figurativa del Ross. 282 (da sottolineare le evidenti analogie tra la scrittura della glossa ordinaria del San Girolamo e quella dell’evangelario). Occorre ricordare, peraltro, che il Capranica, al quale si deve la commissione (o l’acquisto) del manoscritto, era a Ferrara alla fine degli anni Trenta, dove per volontà di Eugenio IV si era trasferita da Basilea l’assemblea conciliare. Al clima conciliare rimanderebbe anche l’interesse per una riflessione critica sui testi scritturali che sia questo esemplare sia il Ross. 289 sembrano identificare. Appare difficile proporre confronti precisi sulla base dell’apparato figurativo non ampio che correda il Ross. 282. L’esuberanza della decorazione, che soprattutto nella iniziale Q di Quoniam, a f. 2r, si serve della filigrana per alleggerire i fogliami policromi, sembra tuttavia preludere al periodo di maggior fioritura del-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la miniatura ferrarese che prende l’avvio dal 1440 e dalle committenze di Lionello d’Este (in proposito HERMANN, La miniatura estense, 47-75). Si cfr., per una breve riflessione critica sul manoscritto, la scheda relativa al Ross. 289 (in questo catalogo). Le condizioni conservative risultano buone, tanto che non sembra che il codice abbia subito restauri. Uniche eccezioni sono delle macchie di umidità che interessano i ff. 213r-216v, 233r-235v, 255r-265v, 273r-274v, 285r-286r, 293r-294v, 313 r-v, 361r-364v; appaiono inoltre numerosi i difetti di concia, disseminati in tutto il manoscritto (f. 17 nel margine inferiore, f. 19 nel margine esterno, f. 37 nel margine inferiore, f. 38 nell’angolo inferiore, f. 40 nel margine inferiore, f. 56 nell’angolo inferiore, f. 57 nell’angolo inferiore, f. 59 nel margine inferiore, f. 68 nell’angolo inferiore, f. 78 negli angoli superiore e inferiore, f. 81 nel margine esterno, f. 82 nell’angolo inferiore, f. 88 nel margine esterno, f. 91 nel margine inferiore, f. 92 nell’angolo inferiore, f. 94 nell’angolo inferiore, f. 96 nel margine esterno, ff. 104-105 nell’angolo inferiore, f. 111 nel margine esterno, f. 112 negli angoli superiore e inferiore, f. 115 nel margine esterno, f. 117 nel margine inferiore, f. 118 negli angoli superiore e inferiore, f. 121 nell’angolo inferiore, f. 123 nel margine esterno, f. 130 negli angoli superiore e inferiore, f. 133 nel margine esterno, f. 134 nel margine inferiore, f. 136 nel margine superiore, f. 137 nel margine inferiore, f. 158 nel margine inferiore, f. 163 su tutti e tre i margini, f. 167 nel margine inferiore, f. 168 nell’angolo inferiore, f. 175 nei margini superiore e inferiore, f. 176 nel margine esterno, f. 177 nel margine esterno, f. 183 nei margini esterno e inferiore, f. 188 negli angoli superiore e inferiore, f. 190 nell’angolo inferiore, f. 195 nel margine esterno e nell’angolo inferiore, f. 198 nel margine inferiore, f. 200 nel margine inferiore, f. 265 nel margine esterno, f. 267 nel margine inferiore, f. 268 negli angoli superiore e inferiore, f. 329 nel margine esterno, f. 330 nell’angolo superiore). Il manoscritto, come testimonia lo stemma, si collega alla committenza del cardinale Domenico Capranica, o perlomeno fu da lui acquistato e qualificato con l’impresa cardinalizia. Non risulta tuttavia citato negli inventari della biblioteca del Collegio Capranica. Legatura Rossi A, in discrete condizioni, anche se talvolta la compagine dei fascicoli, soprattutto i primi, non è perfettamente solidale con il dorso, sul quale si legge in alto: EVANGELIA / SS / LUCAE ET IOANNIS / CUM / COMMENTARIIS; e in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il manoscritto è protetto da una sovraccoperta di spesso cartoncino blu. (Bibl. Rossianae, III, 271r) TIETZE, Die illuminierten, 122 nr. 255.

SILVIA MADDALO – EVA PONZI

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ROSS. 285

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Ross. 285 (olim VIII, 222) PETRUS LOMBARDUS, Glossa in Epistulis sancti Pauli apostoli cum catena sancti Ambrosii, Augustini et Hieronymi Italia centro-settentrionale, sec. XIV1-2 Membr. (pergamena di discreta qualità); ff. V (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. moderni), 188, V’ (I’-IV’ cart.; V’, in cartoncino azzurro come la controguardia); foliazione meccanica moderna in basso a destra, sul recto dei fogli; una seconda numerazione, manuale a lapis, in cifre arabiche, è presente in alto a destra sui ff. 9, 17, 41, 89, 187, 188, 189; il codice misura mm 355×245 (misure prese ai ff. 35 e 102). Scrittura gotica italiana, con glossa, vergata da una sola mano a inchiostro bruno, talora toccato di rosso così come in rosso sono sottolineate alcune parole; postille in inchiostro rosso sui margini esterni in gotica corsiva; una postilla di mano diversa e più tarda si Ross. 285, f. 49r nota ai ff. 56r, 70v, 108v; specchio di scrittura (mm 255×160) a 2 colonne di linee variabili, in rapporto al testo e alla glossa, rigatura a secco inquadrata da doppie righe marginali verticali; è talvolta visibile la foratura, come nei primi fogli, sul margine esterno, o a f. 49, nel margine interno. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 16 iniziali maggiori, fitomorfe, in alcuni casi abitate da elementi zoomorfi (ff. 2r, 49r, 116v, 127r), o figurate (ff. 83v, 102r, 158v, 163v). In tutti i casi, le lettere che fanno seguito all’iniziale maggiore sono vergate in maiuscola gotica con inchiostro blu e rosso (per es. f. 2r); 3 iniziali medie (mm 91×40) fitomorfe con motivi geometrici; numerose iniziali minori calligrafiche in rosso o blu, arricchite da elementi vegetali a inchiostro; titoli correnti rubricati e vergati in gotica corsiva; incipit rubricati; numerosi notabilia e maniculae; segni di paragrafo. Per le iniziali la tavolozza pittorica comprende i colori verde, blu, arancio, bruno, rosso e la foglia d’oro. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 2r, 49r, 83v, 102r, 116r-v, 126v, 127r, 134v, 146v, 149v, 158v, 163v, 166r, 167v; le iniziali medie sono presenti ai ff. 101v e 167r, mentre un’iniziale media di minori dimensioni è a f. 141v. f. 1r: f. 2r:

iniziale P di Principia rerum (mm 95×43), in apertura dell’opera, fitomorfa e arricchita dalla presenza di un volatile nell’occhiello della lettera. iniziale monumentale P di Paulus servus (mm 183×68), all’incipit della Epistula ad Romanos. Le forme vegetali sono arricchite, nell’occhiello della lettera, da una scena di lotta tra un cane e un volatile.

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528 f. 49r:

f. 83v:

f. 102r: f. 116v: f. 127r: f. 134v:

f. 146v: f. 158v: f. 163v: f. 166r: f. 167v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale P di Paulus vocatus apostolus (mm 260×75), all’incipit del Epistula ad Corinthios. La lettera, fito-zoomorfa, si allunga per tutto lo specchio scrittorio e, mentre nella pancia della P è presente un cervo che gioca tra i racemi, nell’asta un volatile in lamina metallica introduce a un secondo uccello dalla lunga coda vegetale. iniziale P di Paulus apostolus (mm 69×40), all’incipit della Epistula secunda ad Corinthios, figurata dal ritratto di san Paolo che reca in mano il libro; iniziale P di Paulus apostolus (mm 170×50), all’incipit della Secunda epistula ad Corinthios. iniziale P di Paulus apostolus (mm 187×70), all’incipit del Liber ad Galathas, figurata con un angelo. iniziale P di Paulus apostolus (mm 180×65), all’incipit della Epistula ad Ephesios, fitomorfa. iniziale P di Paulus et Timotheus (mm 200×68), all’incipit della Epistula ad Philippenses, abitata nell’occhiello da due pavoni. iniziale C di Colosenses et hii (mm 36×36), all’incipit del commento all’Epistula ad Colosenses; iniziale P di Paulus apostolus (mm 125×35), all’incipit dell’Epistula. iniziale P di Paulus et Silvanus (mm 100×37), all’incipit dell’Epistula secunda ad Thessalonicenses. iniziale P di Paulus apostolus (mm 164×65), all’incipit dell’Epistula secunda ad Timotheum, figurata con un volatile. iniziale P di Paulus servus (mm 180×58), all’incipit dell’Epistula ad Titum, figurata con un cervo. iniziale P di Paulus servus (mm 120×40), all’incipit del brano di commento dell’Epistula ad Philippenses, con terminazione zoomorfa. iniziale M di Multiphariam multisque modis (mm 80×45), all’incipit della Epistula ad Hebraeos, zoomorfa dalla sembianza di pavoni.

Inizali medie: f. 101v: iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit del Prologus Epistula ad Galathas. f. 141v: iniziale P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistula ad Thessalonicenses. f. 167r: iniziale M di Multipharie multisque, all’incipit del Prologus Epistulae ad Hebreos, decorata con elementi geometrici e fitomorfi. Le iniziali presentano un’esecuzione affrettata e poco attenta alla resa delle figure e degli elementi zoomorfi, che appaiono grotteschi nelle forme e statici nei movimenti. Lo stato di conservazione, inoltre, non permette una corretta attribuzione geografica e cronologica. L’apparato decorativo, tuttavia, sembra potersi assegnare all’Italia centro-settentrionale e alla I metà del secolo XIV.

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529

ROSS. 285-288

Lo stato conservativo del manoscritto è mediocre per la presenza di numerosi fori nella pergamena (per es. f. 50, f. 60), vistosi strappi (per es. ai ff. 2, 19, 40, 59, 179), difetti di concia, distacco dei fogli dalla compagine della legatura (es. f. 2), interventi a rammendo (ai ff. 179 e 181). Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto, sul dorso, si legge: PAULI APOST(OLI)/ EPISTOLAE / CUM CATENA / S(ANCTORUM) AMBROSII / AUGUSTINI / ET HIERON(IMI); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, II, 119r; Bibl. Rossianae, III, 274r-275r) TIETZE, Die illuminierten, 75 nr. 108; DICHTL, Codicum Rossianae, 26r.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 288 (olim VIII, 225) S. HIERONYMUS, Expositiones in Epistulas Pauli ad Galathas (ff. 1r-48v), ad Ephesios (ff. 49r-95v), ad Titum (ff. 97r-115v), ad Philemonem (ff. 116r-124r), tabula epistularum (ff. 123v-128v) Italia settentrionale, sec. XV2 (d.to Bologna 1437 settembre 24) (ff. 123v-124r) colophon: Die mercurii 25a mensis septembris Anno domini millesimo quadringentesimo tricesimo septimo, indictione quinta decima, pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Eugenii divina providentia pape quarti, anno septimo. Congregata sacrosancta generali synodo in civitate Basiliensi. Scripte ac complete fuerunt per me Iohannem de Ghistella clericum Morinensis diocesis hec expositiones beati Ieronimi presbiteri super epistulis Pauli ad Galathas ad Ephesios ad Titum et ad Philemonem, pro reverendissimo in Christo patre et domino domino Dominico Sancte Romane Ecclesiae Sancte Marie in via Lata diacono cardinali Firmano, Bononie in monasterio fratrum praedicatorum ordinis sancti Dominici, solitae residentiae reverendissimi patris do-

Ross. 288, f. 1r

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530

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

mini cardinalis prefati. Laus Deo cui honor et gloria in saecula saeculorum. Amen Membr. (pergamena di discreta qualità, ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. moderni), 128, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-V’ cart.); foliazione manuale moderna a lapis, in cifre arabiche in alto a destra, sul recto dei fogli; una seconda, anch’essa moderna, ha indicato a inchiostro bruno i ff. 49, 61, 71, 81, 91, 96, 101, 111, 116, 121 rispettivamente come 48, 60, 70, 80, 90, 95, 100, 110, 115, 120, cifre poi barrate e corrette dalla prima mano; un’ulteriore numerazione manuale in inchiostro bruno, forse contemporanea alla stesura del testo, è appena percepibile nell’angolo esterno in alto; richiami di fascicolo costanti, collocati sul verso dell’ultimo foglio, nel margine inferiore, in prossimità della cucitura; il codice misura mm 357×250 (misure prese ai ff. 2 e 203); scrittura minuscola umanistica di modulo piccolo ed elegante, vergata da una sola mano con inchiostro nero; postille in inchiostro bruno sui margini esterni in minuscola corsiva di modulo piccolo (per es. a f. 41r); specchio di scrittura (mm 220×150) su 2 colonne di 46 linee; rigatura a secco inquadrata da doppie righe marginali verticali; al f. 95v, la seconda colonna di scrittura è rigata, ma non vergata, mentre il f. 115 è anepigrafo. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 10 iniziali maggiori, tutte realizzate con corpo in lamina metallica e decorazione a bianchi girari su fondo policromo (verde, rosso e blu) con motivi a puntini in inchiostro oro; una pagina di incipit; titoli correnti, incipit ed explicit rubricati in scrittura capitale; numerosi notabilia in tutto il manoscritto. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 1v, 15v, 32v, 49r-v, 62r, 78r, 96r, 116r-v. f. 1r:

f. 1v: f. 15v: f. 32v: f. 49r: f. 49v: f. 62v: f. 78r: f. 96r:

pagina di incipit, iniziale P di Pauci admodum (mm 44×35), in apertura della Prefacio in Epistula ad Galathas. Nel margine inferiore, circondato da una decorazione a inchiostro con elementi floerali aurei, è presente lo stemma, molto rovinato, del cardinale Capranica, sormontato dal galero con otto ordini di fiocchi. iniziale P di Paulus apostolus (mm 36×28), all’incipit delle Epistulae. iniziale Q di Quod in primo (mm 30×30), all’incipit del secondo libro delle Epistulae ad Galathas. iniziale T di Tertium ad Galathas (mm 34×28), all’incipit del liber tertius delle Epistulae ad Galathas. iniziale S di Sapientem virum (mm 30×20), all’incipit del Prologus in Epistula Pauli ad Ephesios. iniziale P di Paulus apostolus (mm 47×35), all’incipit del commento In Epistula Pauli ad Ephesios. iniziale S di Secundum orationibus (mm 32×23), all’incipit del secondo libro delle Epistulae ad Ephesios. iniziale S di Satis habunde (mm 33×23), all’incipit del liber tertius ad Ephesios. iniziale L di Licet non (mm 40×35), all’incipit del commento In Epistula ad Titum.

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ROSS. 288-289

f. 116r: iniziale Q di Qui nolunt (mm 37×32), all’incipit del commento In Epistula ad Philemonem. f. 116v: iniziale P di Paulus vinctus (mm 37×23), all’incipit dell’Epistula ad Philemonem. Lo stato di conservazione del manoscritto è buono, a eccezione della presenza di alcuni strappi sul margine esterno ai ff. 85 e 86 e sporadiche tracce di umidità. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto si legge: S(ANCTI) HIERONIMI / EXPLANATI / IN / EPISTOL(IS) /S(ANCTI) / PAULI; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1437 / EX BIBL(IOTHECA) C(ARDINALIS) FIRMANI. Il manoscritto venne commissionato dal cardinale Domenico Capranica, durante il suo soggiorno a Bologna nel 1437, dove risiedeva ospite del convento di San Domenico come peraltro ribadisce l’explicit di ff. 123v-124r, riferendo il lavoro di copia del manoscritto a Iohannes de Ghistella, chierico e prezioso collaboratore del cardinale. Entrò più tardi a far parte, per disposizione testamentaria dello stesso cardinale, della biblioteca del Collegio da lui fondato (noto anche come Sapienza Firmana). Il manoscritto è citato fra i libri nell’elenco datato 1657 (cfr. ms. Vat. lat. 8184; TIETZE, Die illuminierten, IX). A f. 1r, al centro del margine inferiore è vergata la nota di possesso Reverendissimi domini Hieronymi Grimaldi S(anctae) Ro(manae) E(cclesiae) Sancti Georgii diaconi cardinalis, presente anche nei Ross. 289, 290, 301, 302, 305, 543 (cfr. schede). Per una riflessione critica in proposito si cfr. la scheda del Ross. 543. (SILVA TAROUCA, II, 121r-v; Bibl. Rossianae, III, 278r) TIETZE, Die illuminierten, 111 nr. 219; DICHTL, Codicum Rossianae, 21r nr. 719; DEROLEZ, Observations on the Colophons, 256; BERNARDINELLO, Un nuovo statuto, 13; CERESA, Bibliografia 1991, 275; Clavis Patrum Latinorum, 203-204, 206; CERESA, Bibliografia 2005, 478; BUONOCORE, I codici miniati, 168, 172.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 289 (olim VIII, 226) S. HIERONYMUS, Commentarii in prophetas minores (ff. 1r-225v), Expositio sancti Hieronymi in Danielem (ff. 226r-253v) Italia settentrionale (Ferrara), sec. XV, prima metà (d.to 1438) (f. 253v) explicit: Explicit expositio sancti Hieronimi in Daniele. Deo gratias. Finitus et completus fuit liber iste Ferrarie sub anno domini millesimo CCCC°XXXVIII° in profesto beate Katerine virginis. Deo laus

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

In domo Reverendissimi Cardinalis Firmani pro eodem tempore quo celebratur ibidem ycomenicum concilium presentibus imperatore et patriarcha Grecorum Membr. (pergamena consistente e di buona qualità, ben lavorata, ma con tracce di follicoli sul lato pelo); ff. VI (I in cartoncino blu come la controguardia; II-VI cart. moderni), 253, VI’ (I’-V’ cart. moderni; VI’ in cartoncino blu come la controguardia); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche in basso a destra; foliazione manuale moderna a inchiostro nero, apposta nell’angolo superiore destro ogni dieci fogli, che risulta corretta fino a f. 10 e poi prosegue errata indicando il f. 21 come f. 20, il f. 31 come f. 30 e così fino alla fine del manoscritto; lo stesso accade poi per i ff. 55, 169, 172, 199, 214, 253, segnati rispettivamente 54, 168, 171, 198, 213, 252, numerazione barrata da un tratto di matita. Solo nel caso del f. 168 compare nell’angolo superiore destro il numero indicato a matita, in cifre arabiche. I richiami di fascicolo sono collocati nel margine Ross. 289, f. 1r inferiore, sul verso, ma spesso risultano pesantemente rifilati; accade lo stesso per le indicazioni di registro, forse alfanumeriche, vergate sul recto del foglio e non più visibili, se non a f. 225r dove un 3 è sfuggito alla rifilatura; mm 359×251. Scrittura minuscola, di unica mano, vergata con inchiostro bruno, del tipo molto in uso nella I metà del sec. XV, con elementi sia umanistici (chiarezza, leggibilità, ductus morbido e tondeggiante, et scritto per esteso e a carolina), sia caratteristici della littera textualis (riconoscibile da alcune lettere caratteristiche come la s finale maiuscola, la d di tipo onciale, u e v di forma angolare maiuscola a inizio di parola); annotazioni marginali e serpentine di mano del cardinale Capranica. Specchio scrittorio (mm 228×150) su due colonne di 50 linee di scrittura e con uno spazio intercolonnare di mm 24; la rigatura è realizzata a matita ed eseguita su recto e verso di ogni foglio, con le righe laterali che giungono a toccare i margini superiore e inferiore della pagina; il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del codice è costituito da 1 iniziale maggiore decorata a motivi vegetali policromi (verde, rosa, blu, rosso) e su campo in spessa foglia d’oro (mm 50×25), con fregio floreale; 36 iniziali medie e minori della medesima tipologia (misure prese a f. 28v mm 28×27, a f. 118v mm 35×30, a f. 282r mm 20×27). Queste ultime sono spesso arricchite da terminazioni a palmetta di profilo (solo alcuni esempi: ff. 55v, 66r, 90v, 96r, 106v), mentre in un unico caso (f. 28v) è presente una protome leonina; numerosi capilettera filigranati alternativamente rossi e blu, con peculiari desinenze vegetali e floreali; titoli correnti rubricati e talvolta parzialmente rifilati; rubrica degli incipit e degli explicit di ogni passaggio testuale. L’iniziale maggiore è presente a f. 1r; mentre le iniziali medie e minori qualificano i ff. 15r (Q di Qui sepe – sic, saepe –, all’incipit del II libro del Commentarium in Oseam prophetam), 28v (N di Non ignoro Pammachi, all’incipit del III li-

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ROSS. 289

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bro dell’In Oseam prophetam), 42r-v (N di Non idem ordo, all’incipit del prologo del Commentarium in Ioelem prophetam; V di Verbum domini, all’incipit del I libro dell’In Ioelem prophetam), 55v (A di Amos propheta, all’incipit del prologo del Commentarium in Amos prophetam), 66r (L di Legi in quadam, all’incipit del II libro dell’In Amos prophetam), 77v (P di Prepostero ordine, all’incipit del III libro dell’In Amos prophetam), 90r-v (D di Dum essem, all’incipit del prologo del Commentarium in Abdiam prophetam; V di Visio Abdie, all’incipit del I libro dell’In Abdiam prophetam), 96r (T di Triennium circiter, all’incipit del prologo del Commentarium in Ionam prophetam), 106v (T di Temporibus Ioathe, all’incipit del prologo del Commentarium in Micheam prophetam; V di Verbum igitur, all’incipit del I libro dell’In Micheam prophetam), 118v (S di Semper invidis, all’incipit del II libro dell’In Micheam prophetam), 131v (I di Iuxta septuaginta, all’incipit del prologo del Commentarium in Naum prophetam), 144v (P di Primum Cromati – sic, Chromati –, all’incipit del prologo del Commentarium in Abacuc prophetam), 155v (A di Alterum mihi Chromati, all’incipit del II libro dell’In Abacuc prophetam), 166r (V di Verbum domini, all’incipit del I libro del Commentarium in Sophoniam prophetam), 169r-v (H di Hieremias propheta, all’incipit del praefatio del Commentarium in Aggaeum prophetam; I di In anno secundo, all’incipit del III libro dell’In Aggaeum prophetam), 172v (S di Secundo anno, all’incipit del prologo del Commentarium in Zachariam prophetam; U di Ultimo iam autumni, all’incipit del I libro dell’In Zachariam prophetam), 185r (A di Ab oscuris, all’incipit del II libro dell’In Zachariam prophetam), 199v (U di Urget me frater Sisinnus, all’incipit del III libro dell’In Zachariam prophetam), 214r (D di Deus per Moysen, all’incipit della praefatio del Commentarium in Malachiam prophetam; U di Ultimum duodecim, all’incipit del prologo dell’In Malachiam prophetam), 226r-v (C di Contra prophetam, all’incipit dell’Expositio in Danielem; A di Anno tercio, all’incipit della I visio dell’Expositio), 227v (I di In anno secundo, all’incipit della II visio dell’Expositio), 230r (N di Nabuchodonosor, all’incipit della III visio dell’Expositio), 232r (E di Epistola Nabuchodonosor, all’incipit della IV visio dell’Expositio), 233v (B di Baltasar rex, all’incipit della V visio dell’Expositio), 235r (P di Placuit Dario, all’incipit della VI visio dell’Expositio), 236r (A di Anno primo, all’incipit della VII visio dell’Expositio), 238v (A di Anno tercio, all’incipit della VIII visio dell’Expositio), 240r (I di In anno primo, all’incipit della IX visio dell’Expositio), 244r (A di Anno tercio, all’incipit della X visio dell’Expositio). f. 1r:

iniziale I di In explanacionibus, all’incipit dell’opera Commentarii in prophetas minores. Su un campo in foglia d’oro profilato da una doppia linea a inchiostro nero, è realizzata la lettera decorata policroma, arricchita da terminazioni vegetali che danno vita al fregio che si dispone quasi per l’intera lunghezza del margine laterale. Esso è costituito di elementi fogliati e floreali e impreziosito dalla presenza di bottoni e gocce in lamina metallica. Alla sua estremità superiore il miniatore ha realizzato un volatile dal vivace piumaggio porpora, verde e blu con la coda lu-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

meggiata in oro; in basso, invece, il fregio si chiude con la presenza di un farfalla dalle ali blu e verdi. La pagina di incipit è poi ulteriormente caratterizzata dalle prime linee rubricate in scrittura maiuscola (Incipit prefacio sancti Ieronimi presbiteri in libro explacionum Osee prophete). La cultura figurativa che appare sottesa all’apparato decorativo del codice rossiano, se pure più matura rispetto a quella di esemplari realizzati nella città emiliana nel II quarto del Quattrocento, conferma l’assegnazione del manoscritto alla produzione ferrarese di quegli d’anni, attestata dal colofone (che tuttavia appare vergato da due copisti diversi) e proposta, sulla base di esso, da Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 112 nr. 222). Nella sottoscrizione la mano ad andamento più corsiveggiante aggiunge alla data topica e cronica il riferimento al Capranica e alla presenza di questi a Ferrara per il Concilio che, come lo stesso colofone suggerisce, vedeva al centro dei lavori dell’assemblea, ivi trasferitasi da Basilea, nel settembre del 1437, le trattative per l’unione con la Chiesa orientale. Sembra possibile, proprio sulla base del colofone, ipotizzare che la confezione del manoscritto sia dovuta alla volontà dello stesso Capranica e all’intervento di un artista, o di una bottega, tra quelle che prepararono e dettero avvio, all’aprirsi del quinto decennio del secolo, alla splendida stagione inaugurata dalla famiglia ducale, a partire da Leonello d’Este. Ed è significativo che il vocabolario figurativo che connota il San Girolamo rossiano (e così pure l’Evangelario glossato, Ross. 282, con cui il Ross. 289 rivela delle analogie significative, per l’apparato decorativo ma anche per la componente grafica) sarebbe stato adottato di lì a poco nella splendida decorazione delle opere di Guglielmo Giraldi (per il Ross. 282 si cfr. la scheda in questo catalogo). È possibile, ad esempio, proporre un confronto con le iniziali decorate del Virgilio di Leonardo Sanudo, ms. lat. 7939 A della Bibliothèque nationale de France di Parigi, individuato da François Avril e indagato a fondo da Giordana Mariani Canova (AVRIL, Scheda nr. 122, 141-142; MARIANI CANOVA, Guglielmo Giraldi, 57-71, 160-163 nr. 4, tav. 8). La temperie culturale che caratterizza Ferrara, negli anni appena successivi al Concilio del 1438, con la presenza di letterati come Teodoro Gaza, magister di greco presso lo studio estense, e come Guarino Veronese e di un personaggio del calibro del cardinale Bessarione, uno dei protagonisti dell’evento conciliare, con il quale il Capranica ebbe di certo stretti rapporti, spiega le significative affinità degli ornati del manoscritto rossiano con le opere di artisti, come il Maestro del Breviario Francescano, attivi alla realizzazione dello splendido ciclo dei corali bessarionei, oggi conservati alla Biblioteca Malatestiana di Cesena (per i quali si cfr. Corali miniati del Quattrocento, 85-140; LOLLINI, Bologna, Ferrara, Cesena), che rappresentano gli esemplari forse più significativi di quella straordinaria congiuntura che vede fusi in un linguaggio decorativo fortemente eclettico, nella sostanziale uniformità grafica, ricordi della miniatura bolognese, componenti padane, lezione ferrarese. Il manoscritto appare in buone condizioni conservative e non sembra aver subito restauri. Si segnalano però estese macchie di umidità nel gruppo di fogli

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ROSS. 289-290

dal 38 al 71, poi al f. 75 e ancora al f. 138; esse interessano soprattutto il margine inferiore, anche se talvolta si estendo anche all’interno dello specchio scrittorio, senza tuttavia comprometterne la leggibilità. Numerosi sono invece i difetti di concia, come ad esempio al f. 29 nel margine esterno, così come accade ai ff. 119 e 183; ai ff. 153, 174, 176, 198, 227, 228, 237, 238 sono visibili nel margine inferiore. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione; in alto si legge S(ANCTI) HIERONIMI / EXPLANATIONES / IN / DANIELEM / ET / PROPHETAS MIN(ORES); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1438 / EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Taglio dorato. Il codice, segnalato al nr. 50 dell’inventario (ms. Vat. lat. 8184), apparteneva al cardinale Domenico Capranica (1400-1458) prima di entrare a fare parte, per sua disposizione testamentaria, della biblioteca del Collegio dallo stesso fondato (noto anche come Sapienza Firmana). A f. 1r, al centro del margine inferiore è vergata la nota di possesso Reverendissimi domini Hieronymi Grimaldi S(anctae) Ro(manae) E(cclesiae) Sancti Georgii diaconi cardinalis, presente anche nei Rossiani 288, 290, 301, 302, 305, 543 (si cfr. in proposito la scheda del Ross. 543). (SILVA TAROUCA, II, 122r-v; Bibl. Rossianae, III, 279r) TIETZE, Die illuminierten, 112 nr. 222; BUONOCORE, I codici miniati, 168, 171.

SILVIA MADDALO – EVA PONZI

Ross. 290 (olim VIII, 227) IOHANNES CASSIANUS, De institutione coenobiorum libri XII (ff. 1r-50v); Collationum SS. Patrum libri XXIV (ff. 51r-203v); tabula argumentorum (f. Iv); tabula tractativa (ff. 194v-196v) Italia centrale, sec. XV, metà Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. VI (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. moderni), 196, VI’ (VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-V’ cart.); foliazione moderna, manuale in inchiostro bruno, in cifre arabiche, in alto a destra sia sui fogli delle decine, indicando in tal modo la fascicolazione, sia sul f. 51; è poi presente una seconda numerazione manuale a lapis, ancora in cifre arabiche in alto a destra, per tutto il codice; richiami di fascicolo costanti, collocati sul verso del foglio, nel margine inferiore in prossimità della cucitura; in alcuni casi sul margine inferiore è visibile, quando non rifilata, la progressione alfa-numerica del registro; il codice misura mm 390×280 (misure prese ai ff. 11 e 80); scrittura minuscola umanistica di modulo ampio e chiaro, vergata da una sola mano con inchiostro bruno scuro per il testo e rosso per segnalare gli incipit, mentre explicit e inizi di testo sono in scrittura di-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

stintiva a inchiostro bruno; una seconda mano verga, in minuscola corsiva, delle note in inchiostro bruno, che in molti casi occupano il bas-de-page (per esempio ai ff. 95r, 101r, 108v), mentre in un caso la glossa si dispone anche su parte del margine esterno (f. 193v). Questa mano è inoltre la stessa che redige la tabula tractativa ai ff. 194v-196v. Specchio di scrittura (mm 260×180) a 2 colonne (spazio intercolonnare di mm 32) di 48 linee; rigatura a mina di piombo inquadrata da doppie righe marginali verticali, appena percepibile. Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit; 5 iniziali maggiori; 3 iniziali medie; numerose iniziali minori con corpo in foglia d’oro e fondo policromo; altrettante iniziali minori calligrafiche alternativamente blu e rosse; letterine guida; titoli Ross. 290, f. 1r correnti vergati a partire dal f. 51v; incipit ed explicit rubricati; numerosi notabilia anche in greco a f. 69r. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 2r, 51r. f. 1r:

iniziale V di Veteris instrumenti (mm 56×45), all’incipit del Praefatio all’opera; il corpo in blu, al quale si intrecciano dei racemi rosa annodati di gusto antichizzante, è realizzato su un fondo in oro decorato con volute puntinate a biacca. Nel bas-de-page è presente lo stemma di Domenico Capranica sormontato dal galero cardinalizio; al di sotto dell’impresa araldica, come anche nei manoscritti Ross. 288, 289, 301, 302, 305, 543, è stata vergata la nota di possesso Reverendissimi Domini Grimaldi Sanctae Romanae Ecclesiae Sancti Georgii diaconi cardinalis. f. 2r: iniziale D di De institutis (mm 53×42), all’incipit del De habitu monachi; della medesima tipologia della precedente, le uniche differenze risiedono nella tavolozza pittorica, con il corpo in verde e gli intrecci annodati di colore rosa. f. 18r: iniziale Q di Quintus nobis Deo (mm 32×32), all’incipit del liber quintus, a bianchi girari, corpo in foglia d’oro. f. 25v: iniziale S di Secundus nobis (mm 35×23), a bianchi girari, all’incipit del liber sextus. f. 29r: iniziale T di Tertius nobis (mm 22×16), con corpo in foglia d’oro, campo in rosa e verde a decorazione aurea filigranata, all’incipit del liber septimus. f. 33v: iniziale Q di Quarto quoque (mm 24×21), all’incipit del liber octavus, in oro su fondo blu con leggera filigrana in biacca.

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ROSS. 290

f. 37r: f. 38v: f. 43r: f. 45v: f. 51r: f. 51v: f. 58v:

f. 65r: f. 71r: f. 76r: f. 82v: f. 87v: f. 101r: f. 108v: f. 114r: f. 118r: f. 131v: f. 137r: f. 140r: f. 141r: f. 145v: f. 151r: f. 157v:

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iniziale Q di Quinto (sic) nobis (mm 28×25), all’incipit del liber nonus, stessa decorazione della lettera a f. 29r. iniziale S di Sextum nobis (mm 25×14), all’incipit del liber decimus, uguale alla precedente. iniziale S di Septimum nobis certamen (mm 28×16), all’incipit del liber undecimus. iniziale O di Octavum quod (mm 23×18), all’incipit del liber duodecimus. iniziale iniziale D di Debitum quod (mm 43×35), all’incipit del Praefatio super instituta et collationes patrum, realizzata a bianchi girari. iniziale C di Cum in heremo (mm 36×30), all’incipit delle Collationes sanctorum patrum a bianchi girari. iniziale D di Degustatio itaque (mm 23×15), all’incipit della Collatio secunda, stessa decorazione della lettera a f. 29r, decorazione che rimarrà invariata fino alla fine del codice, con l’unica eccezione di f. 131v. iniziale I di In illo sanctorum (mm 22×11), all’incipit della Collatio abbatis Pafnutii (sic). iniziale I di Inter ceteros (mm 34×19), all’incipit della Collatio abbatis Danhielis. iniziale I di In illo cetu (mm 22×12), all’incipit della Collatio abbatis Serapionis. iniziale I di In Palestine partibus (mm 30×13), all’incipit della Collatio abbatis Theodori. iniziale S di Summae sanctitatis (mm 21×13), all’incipit della Collatio prima abbatis Sereni. iniziale D di De perpetua oratione (mm 23×15), all’incipit della Collatio prima abbatis Ysaac. iniziale I di Inter hec igitur (mm 27×13), all’incipit della Collatio secunda de oratione eiusdem. iniziale D di Dum in cenobio (mm27×18), all’incipit della Collatio abbatis Ceremonis. iniziale R di Refectione transacta (mm 24×20), all’incipit della Collatio I (sic). iniziale S di Sponsionis (mm 22×12), all’incipit della Collatio abbatis Nesterotis, lettera in oro su fondo blu a leggera filigrana in biacca. iniziale P di Post sinaxim (mm 27×14), all’incipit della Collatio I. iniziale B di Beatus Ioseph (mm 24×15), all’incipit della Collatio abbatis Ioseph. iniziale P di Prima igitur (mm 30×14), all’incipit della Collatio abbatis Ioseph, capitolo VI. iniziale P di Precedenti igitur (mm 35×14), all’incipit della Collatio abbatis Ioseph secunda. iniziale O di Omissis iuvante (mm 26×19), all’incipit delle Collationes septem, nei colori rosso e verde. iniziale P di Post dies admodum (mm 28×15), all’incipit delle Collationes beati Iohannis abbatis, in blu e verde.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 161v: iniziale P di Preclari ac singulares (mm 30×14), all’incipit della Collatio abbatis Pinusii, in blu, rosso e verde. f. 174r: iniziale P di Post dies ferme (mm 25×14), all’incipit della Collatio abbatis Theone, in blu e verde. f. 179r: iniziale R di Reversa igitur (mm 23×18), all’incipit della Collatio secunda abbatis Theone, in blu e verde. Il Tietze colloca il Ross. 290 all’interno di un gruppo di manoscritti di scuola fiorentina della metà del secolo XV. I confronti proposti, tuttavia, non appaiono particolarmente convincenti, poiché la decorazione a intreccio geometrico che caratterizza il Cassiano rossiano non trova riscontri nei manoscritti di questo gruppo. Resta comunque valida un’assegnazione all’Italia centrale, tra Firenze e Roma. Da sottolineare che, a f. 1r, al centro del margine inferiore, è vergata la nota di possesso Reverendissimi domini Hieronymi Grimaldi S(anctae) Ro(manae) E(cclesiae) Sancti Georgii diaconi cardinalis, presente anche nei Rossiani 288, 289, 301, 302, 305, 543 (cfr. schede). Per una riflessione critica in proposito si cfr. la scheda del Ross. 543. Lo stato conservativo del manoscritto è discreto, fatta eccezione per la presenza di sbavature della rubrica in blu a f. 63v; la conservazione delle miniature è buona, si riscontra solo un parziale caduta della foglia d’oro nello stemma del cardinale Capranica a f. 1r. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto si legge: IOH(ANNIS) CASSIANI / INSTITUTIONE (sic) / COENOBITARUM (sic) / EGYPTI / COLLATIONES / SS. / PATRUUM (sic); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / EX BIBL(IOTHECA) C(ARDINALIS) FIRMANI. Il manoscritto compare nell’Inventario del Capranica (ms. Vat. lat. 8184, f. 16r, citato come Cassianus de institutis monachorum); così anche fra i libri dell’elenco datato 1657 (TIETZE, Die illuminierten, VII-XII). (SILVA TAROUCA, II, 123r-124r; Bibl. Rossianae, III, 280r-v) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; DICHTL, Codicum Rossianae, 12v nr. 392; BUONOCORE, I codici miniati, 168, n. 6, n. 7.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 291 (olim VIII, 228) S. AURELIUS AUGUSTINUS, De genesi ad litteram (ff. 1r-89r), preceduto dalla tabula capitulorum (ff. IIr-IVv). BASILIUS MAGNUS, Homeliae IX in Hexameron (ff. 89r-120v) Italia centrale (Firenze?), sec. XVin. Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. VII (6 ff. di guardia cartacei non numerati; VII membr.), 121, VI’ (6 ff. di guardia cartacei non numerati); foliazione manuale

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ROSS. 290-291

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contemporanea alla stesura del testo, a inchiostro bruno per i ff. 1-89 e a lapis per i ff. 90-121; i fogli con la tabula capitulorum sono invece indicati da una mano moderna a lapis con le cifre romane I-V; mm 360×257 (misure prese ai ff. 19 e 89); richiami di fascicolo costanti sul verso del foglio, collocati in prossimità della cucitura (a f. 10v il richiamo è ripetuto due volte, nella posizione appena descritta e più in basso, proprio al limite della pagina); sono talvolta visibili le indicazioni di registro, come ai ff. 64r e 115r, negli altri casi rifilate; scrittura minuscola umanistica di modulo ampio, vergata da una sola mano con inchiostro nero, rosso per gli incipit; note a inchiostro bruno sui margini esterni in minuscola corsiva di modulo piccolo di mano diversa da quella che copia il manoscritto; ai ff. 47r, 55r l’incipit è vergato da una mano diversa, la stessa forse che verga i titoli correnti ai ff. 47v-59r; specchio di scrittura (mm 240×160) a 2 colonne di 40 linee (intercolumnio mm 19, f. 4); rigatura a secco costituita da doppie righe marginali verticali che giungono Ross. 291, f. 1r a toccare i margini inferiore e superiore; i ff. I, V e 121 sono anepigrafi; sono spesso visibili, sul margine esterno, i fori per tracciare la rigatura, non accuratamente rifilati (per esempio ai ff. 112-114). Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 22 iniziali maggiori, di cui una figurata (f. 1r), mentre tutte le altre sono a bianchi girari su fondo policromo (da un massimo mm 55×40 a f. 89r, a un minimo di mm 41×38 per le altre); iniziali minori rubricate alternativamente in rosso e in blu, presenti solo nella tabula capitulorum; letterine guida per le iniziali maggiori, vergate a margine; incipit ed explicit rubricati; titoli correnti in tutto il codice; segni di paragrafo; numerose note di una mano umanistica corsiva, spesso anche in forma di finalino; molti notabilia, anche sottoforma di una successione verticale di doppie s (un esempio a f. 41v). Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 7r, 13v, 19v, 28v, 35r, 41v, 47r, 55r, 60v, 68r, 77v, 89r, 93r, 96v, 100r, 102v, 106r, 111r, 114r, 117v. f. 1r: iniziale P di Per idem tempus ad apertura di manoscritto, mentre nella seconda colonna è presente un’altra iniziale, la O di Omnis divina all’incipit dell’opera, figurata con il ritratto di sant’Agostino nelle vesti di vescovo, che reca in mano il pastorale e il libro aperto. L’iniziale è racchiusa entro un campo quadrangolare su fondo blu arricchita agli angoli da elementi floreali. f. 7r: iniziale E di Et dixit Deus, all’incipit del liber primus. f. 13v: iniziale E di Et dixit Deus, all’incipit del liber tertius. f. 19v: iniziale E di Et consummata sunt, all’incipit del liber quartus. f. 28v: iniziale H di Hic est liber, all’incipit del liber quintus.

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540 f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

35r: iniziale E di Et finxit Deus, all’incipit del liber sextus. 41v: iniziale E di Et finxit Deus, all’incipit del liber septimus. 47r: iniziale E di Et plantavit Deus, all’incipit del liber octavus. 55r: iniziale E di Et dixit dominus, all’incipit del liber nonus. 60v: iniziale I di Iam quidem, all’incipit del liber decimus. 68r: iniziale E di Et erant nudi, all’incipit del liber undecimus. 77v: iniziale A di Ab exordio, all’incipit del liber duodecimus. 89r: iniziale I di In principio, all’incipit dell’Exameron Basilii episcopi. 93r: iniziale C di Codicis mane, all’incipit del liber secundus. 96v: iniziale P di Prime diei, all’incipit del liber tertius. 100r: iniziale D di De congregatione, all’incipit del liber quartus. 102v: iniziale E di Et dixit Deus, all’incipit del liber quintus. 106r: iniziale A di Athleticorum certaminum, all’incipit del liber sextus. 111r: iniziale E di Et dixit, all’incipit del liber septimus. 114r: iniziale E di Et dixit Deus, all’incipit del liber octavus. 117v: iniziale D di Dicite queso, all’incipit del liber nonus.

Tietze colloca il Ross. 291 all’interno di uno stesso gruppo di manoscritti di scuola fiorentina della metà del secolo XV (particolarmente convincente il confronto con i Ross. 172, 238, 240, 323, 447). Lo stato conservativo del manoscritto è buono, a eccezione di alcuni strappi della pergamena riscontrabili ai ff. 6, 18, 27, 65, 72, 64, 75, 79 e 83 e di fori ai ff. 14, 42, 44, 104, 115 e 118. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto si legge: S(ANCTI) AUGUS(TINI) / GENESIS / ITEM / EXAMER(ON) / SUB / BASILII / NOMINE; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, II, 125r; Bibl. Rossianae, III, 281r-282r) TIETZE, Die illuminierten, 117-118 nr. 244; DICHTL, Codicum Rossianae, 8r nr. 219; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 89; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 346; BUONOCORE, Bibliografia, 658; Clavis Patrum Latinorum, 97-99, 106.

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REDAZIONE

Ross. 292 (olim VIII, 229) S. THOMAS AQUINAS, Catena aurea in Evangelium Iohannis Italia meridionale (Napoli), sec. XV4 Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. VIII (I-VIII cart. moderni come la controguardia), 255, VIII’ (I’-VIII’cart., come la controguardia); foliazione meccanica a inchiostro nero in cifre arabiche, in basso a destra, sul recto dei fogli; richiami di fascicolo costanti, collocati sul verso al centro del margine inferiore (a f. 5v è presente sia riferito al

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ROSS. 291-292

541

testo, sia quello riferito alla glossa ordinaria); indicazioni di registro presenti, quando non rifilate, sul recto dei fogli, nell’angolo esterno inferiore (es. ff. 250r e 251r); il codice misura mm 385×280 (misure prese ai ff. 53 e 117). Littera gotica di modulo grande per il testo del Vangelo secondo Giovanni e ridotto per la glossa ordinaria, tutto vergato a inchiostro nero; specchio di scrittura (mm 245×180) a 2 colonne di 45 linee (intercolumnio mm 23, a f. 43r); rigatura a secco inquadrata da doppie righe marginali verticali che scendono ad occupare i margini inferiore e superiore; f. 255v anepigrafo; il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 1 pagina di incipit; 1 miniatura tabellare; 20 iniziali maggiori (da un massimo di mm 73×50, ad esempio a f. 99v, a un minimo di mm 45×45 a f. 1r, a segnalare il primo versetto di ogni libro Ross. 292, f. 49v di Giovanni (tranne nel caso di Io 16, che non è presente nel manoscritto); tali iniziali sono tutte fitomorfe policrome (blu, fucsia, verde) e arricchite da un fregio a bastone campito con la medesima tavolozza pittorica e con lamina metallica, che si dispone a occupare tutta la lunghezza del margine laterale. Alle estremità essi presentano poi una decorazione floreale a penna e garofani colorati. Numerose iniziali medie (per una media di mm 32×30) in tutto il manoscritto, collocate a segnalare gli incipit dei passi evangelici e i rispettivi commenti dei Padri; esse sono realizzate con foglia d’oro per il corpo, su un campo bipartito a puntini e filamenti in biacca; i nomi dei commentatori del Vangelo sono rubricati; titoli correnti in lamina metallica aurea. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r-v, 29r, 37r, 49v, 64v, 81r, 99v, 110v, 129r, 134r, 146r, 157r, 167v, 179r, 190r, 208r, 217r, 227v, 238v, 247r. f. 1r: pagina di incipit percorsa su tutti e quattro i margini da una ricca cornice policroma (rosa, verde e blu) fito-floreale arricchita da bottoni d’oro e delimitata nel perimetro interno da un bastone a motivi geometrici e grecae, anch’esso aureo, mentre nello spazio intercolonnare tale bastone è decorato con motivi a bocciolo. Tra gli intrecci giocano e suonano puttini, in compagnia di volatili e felini, mentre nel margine esterno si apre un clipeo a ospitare una croce dalle estremità trilobate. Nel bas-de-page compaiono due candelabre e, al centro, sorretto da due genietti alati lo stemma del cardinale Jorge da Costa (1476-1508), troncato di verde e d’azzurro, alla croce con galero cardinalizio nel I e alla ruota d’oro nel II. Nella pagina è an-

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542

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

che presente una miniatura tabellare con il ritratto di Tommaso; il santo è intento alla scrittura, su un leggio marmoreo, in uno studiolo rivestito di paramenti del medesimo materiale, mentre il soffitto è aperto a mostrare un paesaggio campestre-montano. Iniziale abitata D di Divine visionis, all’incipit dell’opera, con il corpo in lamina metallica e il busto del profeta Isaia, che indica il rotolo racchiuso nella mano. 1v: iniziale I di In principio, all’incipit del Vangelo di Giovanni. 29r: iniziale E di Et die tertia, all’incipit del II capitolo. 37r: iniziale E di Erat homo, all’incipit del III capitolo. 49v: iniziale U di Ut ergo cognovit, all’incipit del IV capitolo. 64v: iniziale P di Post hec erat, all’incipit del V capitolo. 81r: iniziale P di Post hec abiit, all’incipit del VI capitolo. 99v: iniziale P di Post hec ambulabat, all’incipit del VII capitolo. 110v: iniziale I di Iesus autem, all’incipit dell’VIII capitolo. 129r: iniziale E di Et preteriens, all’incipit del IX capitolo. 134r: iniziale A di Amen amen dico, all’incipit del X capitolo. 146r: iniziale E di Erat quidam, all’incipit dell’XI capitolo. 157r: iniziale I di Iesus ergo, all’incipit del XII capitolo. 167v: iniziale A di Ante diem, all’incipit del XIII capitolo. 179r: iniziale E di Et ait discipulis, all’incipit del XIV capitolo. 190r: iniziale E di Ego sum, all’incipit del XV capitolo. 208r: iniziale H di Hec locutus, all’incipit del XVII capitolo. 217r: iniziale H di Hec cum dixisset, all’incipit del XVIII capitolo. 227v: iniziale T di Tunc ergo, all’incipit del XIX capitolo. 238v: iniziale U di Una sabbati, all’incipit del XX capitolo. 247r: iniziale P di Postea manifestavit, all’incipit del XXI capitolo.

Il manoscritto fu realizzato a Napoli nel 1493 (DE MARINIS, La biblioteca napoletana I, 64, 147; II, 162) e nacque dalla collaborazione tra il copista Venceslao Crispo e il miniatore Cola Rapicano, entrambi al servizio di Ferrante d’Aragona. La bottega del Rapicano era attiva sin dalla metà del Quattrocento, benché si abbiano attestazioni del suo lavoro solo a partire dal 1471 (TOSCANO, s.v. Rapicano, Cola, 893). L’attenzione dell’artista per la resa degli elementi naturalistici si traduce nell’utilizzo dell’asta vegetale chiusa nei margini superiore e inferiore da minuti racemi vegetali di gusto ferrarese, divenuti sua cifra stilistica, come accade anche nel Ross. 292. Lo stato conservativo del manoscritto è buono, se pure è possibile sia stato sottoposto a un intervento di restauro a una data non conosciuta: toppe di restauro sono infatti visibili ai ff. 218 e 232. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto si legge: S(ANCTI) THOMAE / IN / EVANGELIUM / S(ANCTI) IOANNIS; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) /SAEC(ULI) XV / ELEG(ANTER) PICTUS.

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ROSS. 292-294

Il Ross. 292 era stato esemplato per la biblioteca di Ferrante d’Aragona, come sembrano dimostrare le tracce delle insegne araldiche presenti a f. 1r, obliterate dallo stemma di Jorge da Costa (cardinale 1476-1508), sormontato dal cappello cardinalizio. Il cardinale entrò in possesso del manoscritto probabilmente nel luglio del 1494 quando, al seguito di Alessandro VI (1492-1503), si recò con questi a Vicovaro. La cittadina era infatti sede di un incontro tra il pontefice e il re di Napoli ed è possibile che in quell’occasione Ferrante facesse dono del codice al cardinale lusitano (ROMANI, Tessere bibliologiche, 240). (SILVA TAROUCA, II, 126r; Bibl. Rossianae, III, 283r) TIETZE, Die illuminierten, 153 nr. 335; DICHTL, Codicum Rossianae, 4r nr. 97; DE MARINIS, La Biblioteca napoletana I, 64, 147; II, 162; ROMANI, Tessere bibliologiche, 240; CERESA, Bibliografia 1991, 275; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 275-276; CERESA, Bibliografia 2005, 478.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 294 (olim VIII, 231) IOHANNES ANDREAE, Hieronymianus Italia centrale (Firenze?), sec. XV1-2 Membr. (pergamena di buona qualità e ben lavorata); ff. VII (I in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. moderni; VII membr.), 93, VII’ (VII’ in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI e II’-VI’ cart.); foliazione manuale in inchiostro nero, in cifre arabiche, in alto a destra, antica ma non contemporanea alla stesura del testo; richiami di fascicolo costanti, collocati sul verso del foglio in prossimità della cucitura; il codice misura mm 358×258 (misure prese ai ff. 14 e 87); scrittura minuscola umanistica, vergata da una sola mano in inchiostro bruno; un’altra mano aggiunge delle note a margine in minuscola di modulo minore (es. f. 25r); specchio di scrittura (mm 215×150) a 2 colonne di 45-46 linee; intercolumnio mm 19 (f. 26r); rigatura a lapis inquadrata da doppie righe marginali verticali, appena percepibile in alcuni fogli (per es. f. 40r). Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 6 iniziali maggiori (media delle misure mm 50×42) con corpo in foglia d’oro, a bianchi girari su fondo policromo; 1 iniziale

Ross. 294, f. 90r

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544

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

media (mm 33×33; f. 93v, iniziale U di Ut enim) a bianchi girari su fondo policromo; numerose iniziali minori (mm 25×25, media delle misure) della medesima tipologia, in tutto il manoscritto; titoli correnti ai ff. 31r-85v; segni di paragrafo; numerosi notabilia. Per alcune lettere si nota il disegno preparatorio, come a f. 85v per l’ iniziale S di Secondo anno. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 9r, 24v, 28r, 68r, 73v, 85v. f. 9r: iniziale S di Secundam huius operis partem, all’incipit della seconda parte dell’opera. f. 24v: iniziale T di Tertiam nunc huius, all’incipit della terza parte dell’opera. I girari sono arricchiti dalla presenza di un volatile che becca i racemi. f. 28r: iniziale P di Per Ieronimum, all’incipit della quarta parte dell’opera. f. 68r: iniziale C di Contra silere non debeo, all’incipit dell’Item in epistola ad Paulum super seconda. f. 73v: iniziale S di Super hic, all’incipit della parte Super Abacuch. f. 85v: iniziale H di Habemus etiam, all’incipit dell’ultima parte dell’opera. Tietze colloca il Ross. 294 all’interno di un unico gruppo di manoscritti di scuola fiorentina della metà del secolo XV (particolarmente convincente il confronto con i Ross. 172, 238, 240, 291, 323, 447). Il manoscritto è ad evidenza mutilo dei primi fogli e quindi della pagina d’incipit. Lo stato conservativo del manoscritto, tuttavia, è buono, a eccezione di alcune tracce di umidità e crettature della pergamena riscontrabili ai ff. 11, 12 e 47; lo stato di conservazione delle miniature è ottimo. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. In alto si legge: IOANNIS / ANDREAE / I(URE)C(ONSULTI) / BONONIE(NSIS) / HIERONY(MIANUS); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV / EX B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FIRMANI. Il codice, come indica la scritta sul dorso della legatura, proviene dalla biblioteca del collegio Capranica, provenienza ribadita da un’iscrizione sul recto di f. 1r, dove si legge Fulvius Fracadochius Firmanus huius / bibliothece Capra(nicensis) librarius / 1576, mentre sul verso dello stesso foglio una mano diversa verga: Ioannis (sic) Andreae Iureconsulti Bononiensis / L. de Montagnone civis Paduani (questo rigo è depennato) / vita, et compendium moralium d(ictorum) D(ivi) Hieronymi / Cod(ex) Collegii Sapientiae Capranicensis / XXVI; è inoltre citato fra i libri in scantia a manu sinistra ingredientium nell’elenco datato 1657 (TIETZE, Die illuminierten, 117-118). (SILVA TAROUCA, II, 129r; Bibl. Rossianae, III, 286r) TIETZE, Die illuminierten, 117-118 nr. 224; DICHTL, Codicum Rossianae, 3r nr. 61.

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REDAZIONE

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ROSS. 295

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Ross. 295 (olim VIII, 232) Missale Bambergensis Ecclesiae: Kalendarium (ff. I-VI); Prologus (ff. 7r-v); Proprium missarum de tempore (ff. 8r159r); Proprium missarum de sanctis (ff. 160r-202r); Communis sanctorum (ff. 202r-221v); Missae votivae et defunctorum (ff. 221v-236v); Sequentiae (ff. 237r-253r); tabula (ff. Ir-VIv) Germania centrale, sec. XV3-4 Membr. (pergamena di discreta qualità, poco lavorata); ff. VII (I cartaceo celeste come la controguardia; II-VII cart. moderni), 253, VII’ (VII’ cartaceo celeste come la controguardia, sulla prima è applicato il dorso; I’-VI’ cart.); foliazione meccanica moderna in cifre arabiche, in basso a destra, sul recto dei fogli, con foglio non numerato (f. 145r bis), accompagnata da una seconda numeRoss. 295, f. 117v razione contestuale alla stesura del testo in inchiostro rosso al centro del margine superiore a partire da f. 8 fino a f. 236, con salti di numerazione da f. 221 a f. 246; una terza foliazione si riscontra solo nei ff. 222r-238r, in sostituzione di quella originaria romana che si interrompe a f. 121; richiami di fascicolo costanti sul verso, collocati in prossimità della cucitura; il codice misura mm 385×290 (misure prese ai ff. 118 e 232). Gotica tedesca di modulo ampio e stretto, ricca di abbreviazioni, vergata da una mano in inchiostro nero per tutto il testo, tranne per i ff. 237r-241r; annotazioni di mano posteriore vergate in inchiostro scuro ai ff. 97r e 122r; sistema musicale a 9 tetragrammi con neumi neri e 9 linee di testo ai ff. 111v-117r; specchio di scrittura (mm 227×181) a 2 colonne (intercolumnio mm 18; misure prese a f. 26r) di 34 linee per il modulo standard e 17 per quello più grande (ff. 118r-123v); rigatura a secco inquadrata da doppie righe marginali verticali che si allungano a toccare i margini inferiore e superiore; ff. 159v e 253v anepigrafi. Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 1 miniatura a piena pagina (f. 117v); 8 iniziali maggiori (mm 58×68 di media) riccamente filigranate nei colori rosso e blu; numerose iniziali minori calligrafiche rosse e blu; letterine rilevate in rosso; incipit rubricati; numerose cadelle; letterine guida; maniculae. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 8r, 88r, 103r, 118r, 160r, 186r, 201r, 236r. f. 117v: miniatura a piena pagina (mm 280×219) raffigurante la Crocifissione, su un fondo color porpora decorato a racemi a inchiostro nero, posta come di consueto a introdurre il Canone della Messa. f. 8r: iniziale A di Ad te levavi, all’incipit del salmo 142 (143), per la Dominica prima Adventus.

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546 f. f. f. f. f. f. f.

88r: 103r: 118r: 160r: 187r: 202r: 237r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale R di Resurrexi et adhuc, all’introitus della Dominica Resurrectionis. iniziale S di Spiritus domini, all’introitus al Tempus pentecostalis. iniziale T di Te igitur, all’incipit del Canon Missae. iniziale D di Dominus secus, all’incipit del passo In vigilia sancti Andreae. iniziale G di Gaudeamus omnes, all’introitus festae Mariae Virginis. iniziale E di Ego autem sicut oliva, all’incipit del salmo 52 (51). iniziale G di Grates nunc omnes, all’incipit della sequentia Nativitatis.

Lo stato conservativo del manoscritto è discreto: si riscontra la presenza di fori della pergamena ai ff. 20, 37, 38, 43, 47, 59, 63, 71, 76, 79, 97, 177 e 178; strappi si notano ai ff. 102 e 122, come a f. 170, precedenti alla numerazione meccanica; interventi a rammendo sono invece visibili ai ff. 24, 35, 59, 79, 131, 146, 168 e 253, a f. 161 vi è ancora il filo rosso. A f. 32r l’inchiostro è parzialmente sbiadito, mentre i ff. 86 e 87 sono stati rinforzati con una brachetta. Legatura Rossi A, in buone condizioni, anche se il dorso è stato fatto ex novo. L’originale è stato applicato sulla controguardia e in alto si legge: MISSALE / ROMANUM; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. Il manoscritto è protetto da una sovraccoperta color porpora. Taglio rosso. (SILVA TAROUCA, II, 130; Bibl. Rossianae, III, 287r) TIETZE, Die illuminierten, 16 nr. 24; DICHTL, Codicum Rossianae, 29r nr. 928; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 141 nr. 350.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 298 (olim VIII, 235) Gradualis ad usum monasterii Bambergensis: Proprium missarum de tempore (ff. 2r-138r); Proprium missarum de sanctis (ff. 138r-217r); Communis sanctorum et missae votivae (ff. 217r-225v); Kiriale (ff. 225r-229v); Litaniae (ff. 229r-230r); Addenda graduali (ff. 230v-234v) Boemia (Nepomuk?), sec. XIV4 (d.to 1385) (f. 234v) explicit (vergato a inchiostro rosso con la stessa scrittura del testo): Anno dominice incarnationis millesimo CCC° LXXXV° liber iste conscriptus est per fratrem Gotzwinum huius cenobii Pomucensis monachum, procurante ac iubente venerabili patre ac domino domino Gerlaco praefati cenobii abbati ad sanctissime Trinitatis et beatissime Dei genitricis Marie virginis laudem perpetuam et honorem. (f. 234v) colophon (vergato a inchiostro bruno, in scrittura gotica con elementi cancellereschi di modulo minore): Anno domini millesimo CCC° LXXX° fuit pestilencia permaxima in toto regno Bohemie et talis qualis numquam prius visa fuerat et audita, licet plures preces sint regno memorato. Nam XXX defuncti inter-

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ROSS. 295-298

547

dum uno die simul fuerant in plebe et oppido Pomuciensi. Que tandem pestilencia prefata in isto monasterio Pomucense invaluit intentum quod a festo beatorum apostolorum Petri et Pauli usque ad nativitatem Marie XLIII personas nostrorum lamentabiliter tulit. Ex quibus personis XIII conversi et XXX monachi extiterunt, de quorum numero monachorum ego frater Gotzwinus misericordia et gratia Dei preservatur, mortem quam distulit protunc eodem peste pressis et exhaustis evasi et librum presentem et quosdam alios prout potui postea scripsi referens Deo laudes et gratiarum actiones per infinita secula seculorum. Amen Membr. (pergamena di discreta qualità); ff. V (I-II in cartoncino bianco di restauro come la controguardia; III-V cart. moderni), 234, V’ (IV’-V’ in cartoncino bianco di restauro come Ross. 298, f. 184r la controguardia; III’ cart.). Il f. 1, scritto solo sul recto e forse frammento di un altro codice, è collegato al corpo del ms. con una brachetta cartacea e una brachetta cartacea è collocata tra questo foglio e f. 2. Il testo, mancante di formula incipitaria inizia a f. 2r; incipit: Misit dominus. È presente una doppia foliazione: una moderna, meccanica, in cifre arabiche, collocata in basso a destra (che sarà quella seguita per la descrizione); una coeva alla scrittura del testo, in numeri romani, a inchiostro nero al centro del margine superiore, che inizia a f. 3r, prosegue fino a f. 137, non numera il f. 138 e riprende da f. 139 (138 della numerazione meccanica), che numera come II, ripete due volte il LXII (ff. 204 e 205), ma salta la numerazione tra f. LXI e f. LXII, non numera il f. 209 e 211, 213, 214 e 212 (tutti mutili) e numera quindi come LXVIII il 212, continuando poi fino a f. 218 (numerato come LXXII); non compare da f. 220 fino alla fine; i ff. 220-226 sono numerati in cifre arabiche, a inchiostro nero, sul recto del foglio, al centro del margine superiore; è presente infine una terza foliazione moderna, a matita, in alto a destra: inizia a f. 138 che segna come 134 e continua fino alla fine, saltando i fogli restaurati. Il codice misura mm 410×295 (misure prese ai ff. 34 e 84); gotica di modulo ampio, piuttosto angolosa, vergata da una sola mano con inchiostro nero per il testo e rosso per le rubriche; scrittura posteriore (anche per la realizzazione del testo musicale) vergata da una mano in inchiostro bruno al f. 104r, 143v, 172v, 173r, 174v, 209v; infine al di sotto dell’explicit a f. 234v. Sul recto di f. 1 testo aggiunto su pergamena restaurata. Specchio di scrittura (mm 345×232) su un sistema di 9 tetragrammi a neumi bruni e 9 righe di testo; rigatura inquadrata da doppie righe marginali verticali rosse che occupano parte del margine inferiore e superiore. Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 24 iniziali maggiori istoriate (ff. 2v, 15v, 69v, 86v, 102v, 106v, 111v, 152r, 174r, 176v, 187v, 223v), filigranate (f. 185r), istoriate-filigranate (ff. 184r, 217r, 222r), decorate a motivi fitomorfi (ff. 12v, 17v, 113v, 138r, 149v, 160v, 206r, 210r, 220v); 11 pagine di incipit;

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

152 iniziali medie filigranate in rosso, blu e verde, talora figurate (f. 3v, iniziale intarsiata P di Populus Syon, mm 70×70; f. 97v, iniziale S di Surrexit pastor, mm 50×40, dalle sembianze di grifo; f. 199v, iniziale O di Os iusti, filigranata e istoriata con la figura di un frate che reca in mano un pastorale, mm 53×62); numerose iniziali minori filigranate alternativamente in rosso e blu (f. 117r-v, iniziali calligrafiche con cadelle molto elaborate, raffiguranti ad esempio profili umani per una media di mm 36×31); numerose iniziali minori rilevate in rosso, talvolta qualificate anch’esse da cadelle antropozoomorfe; riempilinea rubricati; numerose annotazioni nel margine interno, disposte in verticale. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 2v, 12v, 15v, 17v, 69v, 86v, 102v, 106v, 111v, 113v, 138r, 149v, 152r, 160v, 174r, 176v, 184r, 185r, 187v, 206r, 210r, 217r, 220v, 222r, 223v. Le iniziali istoriate e decorate a motivi fitomorfi sono policrome (blu, rosa, verde) su campo in foglia d’oro; ugualmente policromi (verde, celeste, azzurro, rosa, rosso) e arricchiti da bottoni in lamina metallica sono i fregi a motivi vegetali che qualificano le pagine di incipit. f. 2v:

f. 12v:

f. 15v:

f. 17v:

f. 69v:

pagina di incipit, iniziale A di Ad te levavi animam meam (mm 115×110), all’Introito della Messa della Dominica prima Adventus; essa è figurata con quello che possiamo supporre rappresenti re Davide in veste di pontefice con triregno, intento a comporre i Salmi. Il corpo della lettera è a motivi fitomorfi in rosa su campo in lamina metallica aurea; dall’iniziale prende vita il fregio della medesima tipologia decorativa, con l’aggiunta di animali fantastici ed elementi antropomorfi, che si dispone su tre margini, per terminare, agli estremi del bas-de-page, con la rappresentazione di una struttura fortificata e di un edificio ecclesiale. iniziale D di Dominus dixit (mm 79×77), all’incipit dell’Introito della Messa In vigilia Nativitatis domini; decorata con boccioli e racemi violacei, mentre il fregio che si dispone nel margine esterno e in quello inferiore è costituito da volute e da foglie lanceolate policrome. P di Puer natus est (mm 115×113), all’incipit dell’Introito della Messa In Nativitate domini; istoriata con l’immagine della Natività; dal corpo della lettera in foglia d’oro nasce il fregio, a volute policrome che occupa tutti e tre i margini, intercalato, all’esterno, da un figura maschile. Sul margine superiore, pesantemente rifilato, compaiono poi due filatteri iscritti in scrittura gotica dove si legge, nel primo: Gl(or)ia in exelsi (!), nel secondo Ecce, rex veniet. La prima linea di scrittura dopo l’iniziale maggiore è eseguita in maiuscola gotica filigranata. iniziale E di Ecce advenit (mm 85×85), all’incipit dell’Introito della Messa In Epifania domini; della medesima tipologia della lettera fitomorfa a f. 12v. Anche in questo caso, come nel precedente, la prima linea di scrittura è in gotica maiuscola filigranata. iniziale D di Domine ne longe (mm 77×88), all’incipit dell’Introito della Messa In dominica sexta; istoriata con il Cristo benedicente rivolto verso

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ROSS. 298

f. 86v:

f. 102v:

f. 106v:

f. 111v:

f. 113v:

f. 138r:

f. 149v:

f. 152r:

f. 160v:

549

una figura a mezzo busto, forse Nicodemo, che reca in mano una stilizzata palma. Il fregio policromo fito-floreale si dispone su tre margini e nel bas-de-page è realizzato a motivi a fiori spinosi eseguiti a inchiostro. iniziale R di Resurrexit et adhuc (mm 118×108), all’incipit dell’Introito della Messa in Resurrectione domini; figurata con il Cristo benedicente che esce dal sepolcro. Dall’asta verticale della lettera nasce il fregio policromo fitomorfo, che occupa il margine esterno e, se nel margine superiore la decorazione diventa filigranata, in quello inferiore le volute ospitano una scimmia e un essere antropomorfo. iniziale V di Viri Galilei (mm 112×95), all’incipit dell’Introito della Messa In dominica Ascensionis, istoriata con la scena dell’Ascensione; la lettera e la mise-en-page del foglio sono i medesimi già descritti ad esempio per i ff. 2v o 15v, con il fregio su tre margini e le prime parole realizzate in lamina metallica arricchita di una decorazione filigranata. iniziale S di Spiritus domini (mm 116×103), all’incipit dell’Introito della Messa In honorem sancti Spiritus, istoriata con l’immagine sintetica della Pentecoste, mentre la decorazione della pagina è in tutto simile a quella di f. 102v, con l’aggiunta di busti antropomorfi tra i girari del fregio. iniziale B di Benedicta sit Sancta Trinitas (mm 75×83), all’incipit dell’Introito della Messa In die sancte Trinitatis, istoriata con l’immagine del Trono di grazia, dalla lettera nasce poi un fregio floreale-fitomorfo policromo (verde, rosso, blu) che si dispone nel bas-de-page e in parte del margine laterale esterno. iniziale C di Cibavit eos (mm 80×74), all’incipit dell’Introito della Messa In solemnitate Corporis Christi; la lettera in verde e in blu accoglie, nello spazio interno, racemi violacei, mentre dalla cornice in lamina metallica si dipartono elementi fitomorfi in blu e arancio. iniziale E di Et enim sederunt (mm 82×74), all’incipit dell’Introito alla Messa In festo sancti Stephani; realizzata in rosso e in blu, è decorata con elementi geometrici. Da essa nasce poi un fregio fitomorfo a volute e poi a rosette spinose che si dispone nel margine laterale esterno e in quello inferiore. iniziale S di Scio cui (mm 80×75), all’incipit dell’Introito alla Messa In vigilia festi sancti Pauli; ornata da elementi fitomorfi di colore rosa e azzurro, motivo riproposto per il fregio del margine laterale e per quello inferiore. iniziale S di Suscepimus Deum (mm 113×100), all’incipit dell’Introito alla Messa In purificatione sanctae Mariae. Istoriata con la Presentazione di Gesù al Tempio e decorata con elementi vegetali; dalla cornice che la circonda si diparte il fregio, fitomorfo e in parte filigranato, che si dispone sui tre margini (interno, superiore e inferiore). Nel caso del margine superiore, la decorazione, rifilata, si arricchisce della presenza di un drago la cui coda si trasforma in elementi fogliacei. iniziale R di Rorate celi (mm 85×77), all’incipit dell’Introito alla Messa In Annunciatione; ornata con elementi policromi fitomorfi, da cui nasce il

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550

f. 174r:

f. 176v:

f. 184r:

f. 185r:

f. 187v:

f. 206r:

f. 210r: f. 217r:

f. 220v: f. 222r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

fregio del margine laterale e superiore, questo appena intuibile a causa della pesante rifilatura. iniziale D di De ventre matris (mm 80×75), all’incipit dell’Introito alla Messa In nativitate Iohannis Baptistae; figurata con l’immagine di san Giovanni che reca il globo con l’agnello. Dalla lettera nascono motivi acantiformi che vanno a qualificare tre margini del foglio, laterale, superiore e inferiore. iniziale N di Nunc scio (mm 80×90), all’incipit dell’Introito della Messa In vigilia apostolorum Petri et Pauli; figurata con l’immagine di Pietro che reca le chiavi. Come per la precedente, dal corpo della lettera prende vita il fregio fitomorfo del margine laterale, mentre nel bas-de-page esso si arricchisce anche di una terminazione a testina antropomorfa. iniziale C di Confessio et pulchritudo (mm 97×95), all’incipit di un’antifona, riccamente filigranata e istoriata con il Martirio di san Lorenzo, al quale assiste un frate. Entrambi i personaggi stringono tra le mani un filatterio con le scritte Beate Laurentie martyr Christi intercede pro nobis, il frate, e Beatus gratias ago, il santo. iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 93×90), all’incipit dell’Introito della Messa In sancta corona domini, anch’essa filigranata, mentre al suo interno è stata realizzata una corona di spine retta in due punti diversi da altrettante mani, e al suo interno si può leggere Aurea corona Christi. Al di sopra della corona appare il busto di un uomo, che tiene anch’egli la corona e un filatterio. iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 112×93), all’incipit dell’Introito della Messa In vigilia Assumptionis sanctae Mariae; istoriata con l’episodio dell’Assunzione della Vergine alla quale assistono, in questo caso, tre apostoli. Dalla lettera nasce il consueto fregio fitomorfo policromo, che nel margine esterno è qualificato anche dalla presenza di un personaggio a mezzo busto che reca un filatterio aperto, con la scritta Assumpta est in celum. iniziale G di Gaudeamus omnes (mm 80×80), all’incipit dell’Introito della Messa In vigilia omnium sanctorum; decorata con elementi fitomorfi che si dispongono anche nel margine interno e nel bas-de-page. iniziale D di Dilexisti iustitiam (mm 78×77), all’incipit dell’Introito della Missa matutina; della medesima tipologia della precedente. iniziale T di Terribilis est locus (mm 85×70), all’incipit dell’Introito della Messa In dedicatione ecclesie, istoriata con l’immagine di un edificio ecclesiale. iniziale S di Spiritus domini (mm 87×89), all’incipit dell’Introito della Messa In honore Sancti Spiritus, decorata con elementi fitomorfi. iniziale N di Nos autem gloriari (mm 87×100), all’incipit dell’Introito della Messa In celebratione Sanctae Crucis, filigranata e istoriata con l’immagine della Crocifissione. Ai piedi di Cristo sono inginocchiati due frati che recano entrambi un filatterio iscritto di difficile lettura.

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ROSS. 298

551

f. 223v: iniziale S di Salve sancta parens (mm 90×75), all’incipit dell’Introito della Messa In commemoratione sancte Marie, figurata con la Madonna e il Bambino, mentre dal corpo della lettera prende vita il fregio fitomorfo che si dispone su tre margini; tra le volute di quello laterale compare nuovamente un frate, come in altri luoghi del manoscritto. L’apparato decorativo del manoscritto, seppure di fattura piuttosto semplificata sotto l’aspetto figurativo, ma elegante e raffinato per quello decorativo, presenta notevoli elementi di interesse. Esso si può assegnare alla mano di un miniatore boemo, come testimoniato dall’explicit (f. 234v), o, in ogni caso, di un artista fortemente influenzato da quella cultura artistica. Peculiare è la varietà di tipologie delle iniziali maggiori; particolarmente significative appaiono quelle filigranate, sia per la ricchezza dell’ornato, sia per la frequente presenza di figure di frati, probabilmente i committenti dell’opera. L’uso di farsi ritrarre all’interno delle iniziali, nel medesimo spazio riservato ai santi, testimonia da parte loro una certa consapevolezza del ruolo di mediatori, accentuato poi dal fatto che tali figure recano sempre dei filatteri parlanti che sottolineano appunto la loro funzione e contemporaneamente creano una sorta di dialogo con il lettore o, in questo caso, con l’officiante. Lo stato del manoscritto è discreto grazie all’intervento conservativo del 2006, come attestato dal cartellino applicato sulla controguardia posteriore: BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA / Laboratorio restauro / registro n. 8 / Data 20 ottobre 2006. Nel manoscritto si registrano, tuttavia, problemi rilevanti legati a restauri precedenti e a uno stato di degrado sanato solo in parte dai vari interventi. Sono presenti anzitutto antichi rammendi ai ff. 9, 74, 93, 163 e ricuciture ai ff. 119 e 146; rattoppi a incastro, in alcuni casi realizzati con pergamena in altri con carta, ai ff. 1, 17, 223, 116, 117, legati alla necessità di ovviare a larghe lacune dei fogli, che hanno comunque portato alla perdita della decorazione e di porzioni di testo, così come porzioni di testo (o quanto meno del testo contenuto su uno dei due lati del foglio) sono andate perdute in conseguenza dei rattoppi per sovrapposizione (come a f. 191). Restano comunque visibili: tagli nella pergamena ai ff. 33, 70, 71, 76, 158, 200 e 201; pesanti rifilature dei fogli, che hanno coinvolto anche il testo (per es. f. 180v) e l’ornamentazione (per es. a f. 17v); mutilazioni parziali dei fogli (per es. il f. 178 è mutilo del margine inferiore); mutilazioni più ampie e significative dei fogli, che talora sono stati integrati a rattoppo per sovrapposizione, con la conseguente perdita del testo sul recto o sul verso del foglio, come ai ff. 190, 191, 193 (ridotto a una sottile fascia ad andamento rettangolare, mm 68 di altezza, incollata su un supporto cartaceo), 203, 209, 211, 213, 214, 216, 232, 233. Si segnala inoltre la presenza di brachette cartacee tra f. 7 e f. 8, che nel caso di f. 10 serve a ricreare il collegamento con la compagine del fascicolo. Per ciò che concerne la miniatura, si riscontra in alcuni casi la caduta dei colori e lacune nella foglia d’oro (per es. a f. 2r).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

La legatura Rossi A è in mediocri condizioni (rest. 1958). In alto si legge: GRADUALIS / AD USUM MONASTE(RII) / POMUCENSIS / IN BOEMIA; in basso COD(EX) M(EMBRANACEUS) / ANNI / 13 /// (SILVA TAROUCA, II, 132r-134r; Bibl. Rossianae, III, 290r-v) TIETZE, Die illuminierten, 9-10 nr. 11; DICHTL, Codicum Rossianae, 19v nr. 664; SALMON, Les manuscrits liturgiques II, 83 nr. 182; DIRKS, De tribus libris, 7; DIRKS, De Liturgiae, 59, 73; BUONOCORE, Bibliografia 1986, 658; CERESA, Bibliografia 1991, 276.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 299 (olim VIII, 236) Parabolae Salomonis (ff. 1r-45v); Liber Ecclesiastes (ff. 45v-61r); Canticum canticorum (ff. 61r-80v); Liber Sapientiae (ff. 80v-102v); Liber Ecclesiasticus (ff. 103r162v); index (f. 162v) Francia settentrionale (Parigi), sec. XIII, metà Membr. (pergamena di buona qualità, discretamente lavorata); ff. VII (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart. moderni), 162, VII’ (VII’ in cartoncino azzurro come la controguardia; I’-VI’ cart.); foliazione meccanica in cifre arabiche, in basso a destra; seconda numerazione a lapis nell’angolo destro apposta ogni 10 fogli, non sempre leggibile (per es. a ff. 131, 141, 151); è presente un’altra sorta di numerazione, di cui non è semplice individuare la funzione, costituita da una C seguita da un numero romano o arabo (per es. a ff. 4v, 11r, 54v, 135r), segnata sul margine laterale sul foglio recto o verso; richiami di fascicolo posti costantemente sul verso del foglio, nel margine inferiore e talora anche pesantemente rifilati (come a f. 84v) o mancanti (come ai ff. 96v, 108v, 132v, 144v); essi sono sempre accompagnati dalla numerazione dei fascicoli (tutti senioni, fatta eccezione per l’ultimo che è un ternione) in numeri romani, collocata sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo (a indicarne la fine) e sul recto del primo foglio del fascicolo successivo – a indicarne l’inizio, come peraltro si riscontra a f. 1r, dove, sul margine inferiore ai lati della decorazione filigranata in rosso e in blu, si legge, a sinistra p(r)im(u)s e a destra q(u)at(ernu)s), vergata a inchiostro nero come il richiamo, che presenta una sorta di decorazione a puntini in inchiostro blu e rosso. Il codice misura mm 450×310 (misure prese ai ff. 49 e 114). Littera textualis di modulo ampio e ricca di abbreviazioni per il testo e più piccolo e stretto per la glossa ordinaria, vergata da una sola mano in inchiostro nero per il testo; di maRoss. 299, f. 1r

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ROSS. 298-299

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no moderna la data 1743 leggibile a f. 1r, in basso, spostata in prossimità della cucitura; di mano umanistica l’indice vergato a f. 162v al di sotto dello specchio scrittorio; specchio di scrittura (mm 245×150) a piena pagina di 53 linee per 54 righe, rappresentato dal testo e dalla glossa ordinaria intervallati sullo specchio di rigatura; rigatura a lapis inquadrata da doppie righe marginali verticali che salgono e scendono per raggiungere il margine superiore e inferiore. Il manoscritto si apre con il lato pelo.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da: 6 iniziali maggiori (da un massimo di mm 115×38 a f. 1r a un minimo di mm 50×44 e 40×40 ai ff. 80v e 103r), tre istoriate e una a motivi fitomorfi; numerose iniziali minori filigranate alternativamente in rosso e in blu, da cui talvolta si dipartono fregi anch’essi filigranati, che si dispongono in verticale nel margine inferiore (per es. ff. 2v, 5v, 6r); titoli correnti alternativamente in rosso e in blu; segni paragrafali di dimensioni rilevanti in rosso e in blu. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 45v, 46v, 61r, 80v, 103r; esse presentano tutte il corpo colorato in rosa e in blu, su un fondo in foglia d’oro. f. 1r:

f. 45v: f. 46v: f. 61r: f. 80v: f. 103r:

iniziale P di Parabole Salomonis, all’incipit del Liber Proverbiorum; il corpo della lettera è decorato con un motivo a grecae rialzate in biacca. Alla gamba dell’iniziale avvolge la propria testa fitomorfa un essere ibrido, dal corpo di drago che si allunga per tutta la lunghezza della colonna di scrittura, per terminare con motivi vegetali blu e in foglia d’oro. All’interno della pancia della lettera è Salomone con scettro e corona, al cospetto del quale si inginocchia una figura ignuda. iniziale V di Verba Ecclesiastes, all’incipit del Liber Ecclesiastes; realizzata con volute ed elementi fitomorfi. iniziale V di Vanitas vanitatum, a sottolineare il secondo verso del Liber Ecclesiastes; raffigurazione di Salomone. iniziale O di Osculetur me, all’incipit del Canticum canticorum; istoriata con la Vergine in trono e il Bambino. iniziale D di Diligite iustitiam, all’incipit del Liber Sapientiae; istoriata con re Salomone in udienza. iniziale O di Omnis sapientia, all’incipit del Liber Ecclesiasticus, istoriata con la benedizione di Cristo-Padre a Salomone.

Il manoscritto Ross. 299 deve considerarsi pendant del Ross. 300 (cfr. scheda in questo catalogo) e, al pari di questo, il suo apparato figurativo può essere assegnato a una delle numerose botteghe laiche attive a Parigi alla metà del secolo XIII, sotto il regno di Luigi IX (1226-1270). Il ms. faceva parte, insieme al Ross. 613 e ai mss. 4-5b, 11-12 del Sacro Convento, della serie di 17 volumi (tutti peraltro di diverso formato) che componevano la Bibbia glossata di Assisi. Il ms. potrebbe essere stato eseguito nello stesso atelier di Johannes Grusch (BRANNER, Manuscript Painting, 82-86, 222-223; in proposito cfr. ASSIRELLI, Scheda nr. 33, 156-159 e il Ross. 613 in questo volume), o forse nel Gautier Lebaube (BRANNER, Manuscript Painting, 72-75, 194, 213). Le analogie con le Epistulae di san Paolo, ms. Ross. 300, sono tali che si potrebbe pensare che en-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

trambi i manoscritti facessero parte di una bibbia in più volumi; la differenza di formato, se pure non così rilevante, consiglia tuttavia una riflessione più articolata. Lo stato conservativo del manoscritto è mediocre: si riscontra la presenza di umidità localizzata su gran parte dei margini superiori, in particolar modo da f. 133 e per il resto del codice, di difetti di concia e strappi ai ff. 10, 46, 77, 84, 87, 116 e 117; sono presenti inoltre interventi a rammendo, per esempio ai ff. 6, 14, 16, 17, 31, 34, 43, 78, 79 e 128. Il testo appare poco leggibile a causa del degrado dell’inchiostro ai ff. 147v e 148r; a f. 1r appaiono abrasi il volto di Salomone e del personaggio che è inginocchiato davanti a lui. Legatura Rossi A, in non buone condizioni di conservazione. In alto si legge: LIBRI / SAPIENTIALES / CUM COMMENTA(RIO); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAECULI XIV. Giovanni Mercati individua un cospicuo gruppo di manoscritti provenienti dalla Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, confluiti prima nelle collezioni private di Fabrizio Rilli Orsini (1742-1826) e di Angelo Mai (1782-1854), poi, ma solo in pochi casi, nella raccolta di Giovan Francesco de Rossi (1838-1854). Secondo le indicazioni del Mercati i mss. Ross. 55, 239, 299, 300, 470, 519, 530, 551, 570, 591, 595, 613 e 616 fanno parte di tale corpus; lo studioso ha infatti messo in luce le caratteristiche comuni di tali esemplari, a cominciare dalle note di possesso o dagli ex libris, come quello del Rilli, ben visibile ai ff. 1r del Ross. 299 e del Ross. 300 e lo stesso vale per il peculiare intervento decorativo che qualifica i richiami di fascicolo. Tutti questi codici erano poi accomunati da un medesimo tipo di legatura – «sul diritto della seconda coperta attaccato e fermato con chiodi un rettangolo di membrana in cui a grossi caratteri neri erano segnati il titolo del volume, la segnatura che consisteva in una lettera dell’alfabeto, il numero dello scaffale, dichiarandosi se questo era verso oriente od occidente e quello della fila» – sostituita sia nei manoscritti del Mai sia in quelli del de Rossi; altro indizio della loro provenienza assisiate era poi una targhetta cartacea apposta presumibilmente nel secolo XVIII, che rappresentava l’ex libris della Biblioteca del Sacro Convento. Il Mercati identifica poi il manoscritto con il codice X della Biblioteca, indicato in un inventario del 1381: «Libri quinque sapientiales glosati. Cum postibus bullatis et catena. Cuius principium est: Jeronimus. Iungat epistola quos iungit sacerdotium. Finis vero: Dabit vobis mercedem suam […] in tempore suo amen. In quo libro omnes quaterni sunt XIIII» (MERCATI, Codici del Convento, 99). (SILVA TAROUCA, II, 135r; Bibl. Rossianae, III, 291r) TIETZE, Die illuminierten, 33 nr. 52; DICHTL, Codicum Rossianae, 38r nr. 1176; MERCATI, Codici del Convento, 98-100; ASSIRELLI, Scheda nr. 33, 156-159.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

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ROSS. 300

555

Ross. 300 (olim VIII, 237) S. PAULUS APOSTOLUS, Epistulae Francia (Parigi), sec. XIII, metà Membr. (pergamena di discreta qualità); ff. VII, 323, VII’ (I-VII e I’-VII’ cart., come le controguardie); foliazione meccanica in cifre arabiche, in basso a destra; numerazione a lapis nell’angolo destro apposta ogni 10 fogli (f. 11, f. 21 etc.) a indicare la fascicolazione; vi è poi una terza numerazione che indica i ff. 25, 37, 49, 61, 73, 85, 97, 121, 130, 157, 169, 205, 217, 229, 253, 265 e 277; indicazioni di fascicolo poste sul verso del foglio di fine fascicolo e sul recto all’inizio del successivo; quando non rifilati si scorgono i richiami di fascicolo vergati sul verso di tutti i fogli, nel margine inferiore (cfr. Ross. 299); il codice misura mm 410×290 (misure prese ai ff. 23 e 180). Littera textualis di modulo ampio per il testo e di moRoss. 300, f. 76r dulo piccolo per la glossa ordinaria, vergata da una sola mano con inchiostro nero, con frequente sottolineatura in inchiostro rosso; di mano diversa le postille ai ff. 12v e 17v. Specchio di scrittura (mm 230×140) a 2 colonne di 52 linee (intercolumnio mm 7, f. 26r); rigatura a lapis inquadrata da doppie righe marginali verticali che scendono a occupare i margini inferiore e superiore; sul margine superiore si notano poi le linee guida a matita per la scrittura dei titoli correnti. Il manoscritto si apre con il lato carne.

L’apparato del manoscritto è costituito da 23 iniziali maggiori istoriate, figurate e decorate (da un massimo di mm 200×43 a f. 1r a un minimo di mm 26×30 a f. 76r); numerose iniziali minori filigranate; numerose iniziali minori calligrafiche in rosso e in blu; letterine rilevate in rosso; titoli correnti a inchiostri alternati in rosso e in blu; segni paragrafali; sottolineature in rosso. Le iniziali maggiori sono collocate ai ff. 1r, 2r, 76r, 135v, 136r, 166v, 191v, 211r, 225r, 236r, 244v, 251r, 264v, 272r, 272v, 277r, 279r. Le iniziali sono tutte realizzate con il corpo in blu o in rosa, mentre il fondo è nei medesimi colori, ma in alternanza. Le aste delle P sono poi arricchite al loro interno da motivi geometrici o da piccole croci decussate o ancora da perlinature, tutto realizzato in biacca. Esse sono poi qualificate da prolungamenti che terminano con motivi fitomorfi o con elementi dalle sembianze di animali fantastici. Sovente il miniatore ha realizzato un volatile appoggiato in alto sul corpo dell’iniziale. f. 1r:

iniziale P di Principia rerum, in apertura del Prologus in epistula beati Pauli ad Romanos, istoriata con il ritratto del santo nell’atto di scrivere.

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556 f. 2r:

f. 76r:

f. 135v: f. 136r:

f. 166v:

f. 191v: f. 211r: f. 225r:

f. 236r: f. 244v:

f. 251r:

f. 264v: f. 272r: f. 272v: f. 277r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale P di Paulus servus, all’incipit dell’epistola Ad Romanos, istoriata con l’immagine di San Paolo nell’atto di benedire una delegazione di personaggi in abiti signorili. iniziale P di Paulus vocatus apostolus, all’incipit dell’epistola Ad Corinthios, istoriata con il santo che dona un libro a un giovane; iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit della glossa all’epistola Ad Corinthios, decorata con elementi fitomorfi; iniziale C di Corinthii sunt, all’incipit del prologo dell’epistola Ad Corinthios, decorata a racemi. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit del Prologus liber secundus ad Corinthios, decorata a motivi fitomorfi. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit della seconda epistola Ad Corinthios, decorata con motivi acantiformi abitati da un volatile; iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit della glossa all’epistola Ad Corinthios, figurata con un volatile. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit della glossa al prologo dell’epistola Ad Galathas, decorata da racemi abitati da una creatura ibrida. La seconda iniziale, la P di Paulus apostolus, all’incipit dell’epistola Ad Galathas, è istoriata con il santo che porge un rotolo a un chierico; iniziale G di Galate sunt greci all’incipit della glossa all’epistola, decorata con volute vegetali. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit dell’epistola Ad Ephesios, istoriata con il santo affiancato da un personaggio in abiti vescovili. iniziale P di Paulus et Thimotheus, all’incipit dell’epistola Ad Philippenses, istoriata con la traditio del testo paolino. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit della glossa all’epistola Ad Colossenses, decorata a racemi abitati da un volatile. La seconda iniziale maggiore, la P di Paulus apostolus Christi, all’incipit dell’epistola Ad Colossenses è istoriata ancora una volta con la traditio del rotolo a un chierico. iniziale P di Paulus et Silvanus, all’incipit della prima epistola Ad Thessalonicenses, istoriata con il ritratto del santo intento nella scrittura. iniziale P di Paulus et Silvanus, all’incipit della seconda epistola Ad Thessalonicenses, istoriata ancora con Paolo nell’atto di redigere il testo al suo scrittoio. iniziale P di Paulus apostolus, all’incipit della prima epistola Ad Thimoteum, istoriata con Paolo che porge il testo della lettera al suo discepolo Timoteo. iniziale P di Paulus apostolus Christi, all’incipit della seconda epistola Ad Thimoteum, istoriata anch’essa con la medesima scena della precedente. iniziale P di Paulus servus, all’incipit dell’epistola Ad Titum, istoriata con il santo allo scrittoio. iniziale P di Paulus servus, all’incipit del prologo dell’epistola ad Titum, decorata con elementi vegetali. iniziale P di Paulus vinctus, all’incipit dell’epistola Ad Philemonem, istoriata anche in questo caso con il ritratto d’autore.

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557

ROSS. 300-301

f. 279r: iniziale M di Multiphariam multisque, all’incipit dell’epistola Ad Hebraeos, istoriata con Paolo nell’atto di benedire un gruppo di ebrei. Lo stato conservativo del manoscritto è buono, a eccezione di alcune tracce di umidità sul margine inferiore di f. 50 e la presenza di strappi nella pergamena ai ff. 1, 30, 56, 107, 132, 136, 181, 186, 212, 232, 262, 274, 283 e 323. Interventi a rammendo sono poi visibili ai ff. 53, 166, 214, 220, 221, 278, 279, 283 e 287. Legatura Rossi A, in buone condizioni di conservazione. Sul dorso in alto si legge: EPISTOLAE / PAULI APOST(OLI) CUM COMMENT(ARII) / CATENA; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. Il Mercati identifica il Ross. 300 con il codice XV della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi. Per l’apparato figurativo cfr. ASSIRELLI, Scheda nr. 38, 172-177, che, distinguendolo da tutti gli altri volumi, lo assegna all’atelier Amiens (cfr. BRANNER, Manuscript Painting, 67-69, 210). Per una riflessione critica sul ms. cfr. le schede dei Ross. 299 e 613. (SILVA TAROUCA, II, 136r; Bibl. Rossianae, III, 292r) TIETZE, Die illuminierten, 33 nr. 52; DICHTL, Codicum Rossianae, 16v nr. 544; MERCATI, Codici del Convento, 99; ASSIRELLI, Scheda nr. 38, 172-177.

FRANCESCA RAFANELLI –

REDAZIONE

Ross. 301 (olim VIII, 238a) BARTHOLOMAEUS

DE

CARUSIS (DE URBINO), Milleloquium sancti Augustini (Pars I)

Lombardia (Milano?), sec. XV3 (d.to 1455 marzo 17) (f. 366v) explicit e colophon: Expliciunt gloriosissimi sacrosancte Romane matris ecclesie doctoris Augustini Mileloquiorum reverenda volumina, sub felicibus auspiciis atque ductu Reverendi in Christo patris /// (3 righe abrase), pro Reverendo et omnium doctrinarum optimarum gloria morumque ac vite sanctimonia splendissimo domino domino Cardinali Firmano etc. a mendace transcripta codice per Bartholomeum de Magistris dictum de Vicecomitibus, sub anno domini MCCCCL quinto, die septimo et decimo Martii. Membr. (pergamena di pregevole qualità e di buona fattura); ff. VI (cart.), I (membr.), 366, VI’ (cart.); numerazione in cifre arabiche vergata in inchiostro bruno sul margine superiore del recto del foglio, che sembra di poco posteriore alla scrittura del testo (forse la stessa mano che ha scritto nell’indice i rimandi ai fogli). Numerazione doppia per i ff. I-IV: inizialmente non erano numerati benché facenti parte del I fascicolo del codice e ospitando essi l’indice (distribuito su tre colonne); poi sono stati numerati con cifre arabe (1-4) e infine con I-IV, vergato a matita. Il manoscritto è composto di fascicoli regolari (quasi sempre quinioni, tranne due casi) con richiamo orizzontale tra leggeri motivi ornamentali posto nello spazio dell’intercolunnio, per i primi quattro fascicoli; da f. 46v in poi,

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558

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

il richiamo è verticale (cfr. Ross. 302, prodotto dallo stesso copista) appoggiato sulla rigatura esterna della seconda colonna di scrittura; mm 410×290; scrittura gotica italiana a inchiostro nero («bella bononiense», PELLEGRIN, Manuscrits), di medio calibro, dal ductus regolare e molto elegante nel tratto, quale doveva essere la scrittura di un copista professionista come Bartolomeo de Magistris che sottoscrive il codice. Assai rari gli interventi marginali di aggiunta e commento al testo, quasi tutti coevi. Specchio scrittorio (mm 270×190) su due colonne (mm 8,50, intercolumnio mm 2) e 53 linee di testo, rigatura a piombo sul lato pelo definita da quattro rettrici verticali che delimitano rispettivamente lo specchio di scrittura e lo spazio intercolonnare.

L’apparato decorativo si compone di incipit rubricati, segni di paragrafo in rosso o blu, iniziali maggiori bicromatiche (mm 60×60, in media), eseguite a Ross. 301, f. 1r penna rossa e blu su filigrana nel colore opposto; lettere iniziali più piccole (ca. mm 20×15), eseguite come le maggiori, con la stessa alternanza cromatica fra lettera e filigrana; stemma del cardinale Capranica nel bas-de-page di f. 1r: questo manoscritto e il successivo 302 furono infatti esemplati proprio per il cardinale nel 1455, come recita il colophon. Silva Tarouca avanza il dubbio che le armi Capranica siano state inserite nel f. 1r da una mano posteriore, sulla base dello stesso stemma presente sul Ross. 302 (SILVA TAROUCA, II, 138). f. 1r: iniziale filigranata (mm 50×50) S di Sanctissimo patri patrum, lettera dedicatoria al papa Clemente VI; corpo della lettera in rosso su filigrana bluviolaceo. La decorazione di f. 1r si completa, come detto, con lo stemma Capranica circondato da una corona d’alloro e delicati motivi floreali; al di sotto dello stemma una nota di possesso vergata da mano successiva: Romani Domini Hieronimi Grimaldi sancte Romane Ecclesie sancti Georgii Diaconi Cardinalis (Girolamo Grimaldi fu creato cardinale di San Giorgio al Velabro nel 1528 da papa Clemente VII). f. 2r: iniziale filigranata (mm 55×70) B di B di Beati Aureli Augustini, incipit (prologo) del Milleloquium: corpo della lettera blu su filigrana rossa. Il Milleloquium è un’opera di Bartolomeo da Urbino (frate agostiniano, ebbe rapporti epistolari con Francesco Petrarca e fu vescovo di Urbino dal 1347 al 1350, anno della sua morte) che contiene circa 15.000 excerpta delle opere di sant’Agostino raggruppate sotto un migliaio di voci da Abel a Zizania (cfr. PEEBLES,

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ROSS. 301-302

The Verse). Ebbe una discreta fortuna nella tradizione manoscritta (cfr. ARBESMANN, The Question) e fu più volte edito tra 1500 e 1700. Questo esemplare del Milleloquium è stato copiato, come detto, per il cardinale Capranica nel 1455 e fu sottoscritto da Bartolomeo de Magistris detto de Vicecomitibus: non molto si sa dell’attività di tale copista ma, sulla base di questa sottoscrizione, è stata proposta la sua identificazione con lo stesso che ha eseguito il ms. Vat lat. 1903, cioè con Bartolomeo Maestri o Dello Mastro, che ebbe stretti rapporti con la famiglia Visconti (RUYSSCHAERT, Recherches, 352); lo stesso copista potrebbe inoltre essere identificato anche con Bartolomeo de’ Ursini (sempre della famiglia Maestri) che nel 1437 avrebbe copiato a Milano un Cicerone oggi conservato a Chambéry (Bibliothèque municipale, ms. 5; PELLEGRIN, La bibliothèque, 48; WINTERBOTTOM, The Transmission, 236). A favore della localizzazione lombarda del manoscritto testimoniano anche l’eleganza dell’apparato decorativo pur nella sua sobrietà (si tratta comunque di opera di pregio eseguita su commissione) e la tavolozza pittorica dell’iniziale abitata presente nel Ross. 302 (v. infra) che contiene la seconda parte del Milleloquium di Bartolomeo da Urbino. Buono lo stato di conservazione del codice. Legatura Rossi di tipo A. Sul dorso si legge, impresso in oro, partendo dall’alto, D(OMINI) AURELII AUGUSTINI / MILLELOQIUM (sic) VERITATIS / DIGESTUM / PER / BARTH(OLOMAEUM) DE CARUSIS / EPISCOP(UM) URBINAS (sic) / PARS I; più in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI 1455 e poi EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Su un foglio di guardia membranaceo (inserito dopo i 6 ff. cartacei) si legge, ma scritto da una mano posteriore, Cod. Collegii Romani Capranicensis XXXIX: difatti il Ross. 301 è presente nel ms. Vat. lat. 8184 con il numero XXXIX a f. 50r, nella II parte dell’Inventario della Biblioteca del cardinale Capranica (ff. 48-71); nello stesso inventario il Ross. 302 è segnato con il nr. XL. (SILVA TAROUCA, II, 137r-138r; Bibl. Rossianae, III, 293r-v) TIETZE, Die illuminierten, 126-127 nr. 271; RUYSSCHAERT, Recherches, 352; MARUCCHI, Stemmi di possessori, 85; Colophons I, 224-225; KRISTELLER, Iter II, 465; PELLEGRIN, La bibliothèque, 48; PELLEGRIN, Manuscrits, 110-111; WINTERBOTTOM, The Transmission, 236; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352; BUONOCORE, I codici miniati, 168, 173.

LAURA FORGIONE

Ross. 302 (olim VIII, 238b) BARTHOLOMAEUS

DE

CARUSIS (DE URBINO), Milleloquium sancti Augustini (Pars II)

Lombardia (Milano?), sec. XV3 (d.to 1455 marzo 17) (cfr. Ross. 301) Membr. (pergamena spessa e con i bulbi piliferi piuttosto evidenti sul lato pelo, ma di buona qualità); ff. V (cart.), 421, V’ (cart.); numerazione in inchiostro bruno posta in alto a de-

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560

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

stra del recto del foglio, vergata in una scrittura usuale, successiva alla copia del codice: errore nella numerazione, perché il f. 310 è ripetuto, ma non c’è errore nella fascicolazione né nella sequenza testuale. Il manoscritto presenta fascicoli regolari (quinioni, nella prima parte, poi quaternioni) con richiamo verticale a volte rubricato (cfr. f. 30v) e inserito tra le due linee verticali che definiscono il margine interno del foglio; mm 420×290; scrittura gotica italiana a inchiostro nero, rosso per le rubriche, di mano di Bartolomeo de Magistris (v. quanto detto per il Ross. 301). Specchio scrittorio (mm 270×190) su due colonne (mm 8,50, intercolumnio mm 2) e 53 linee di testo; rigatura a secco definita rispettivamente da due linee laterali a sinistra, una linea per delimitare la prima colonna, una per lo spazio intercolonnare e due rettici laterali nel margine destro; scrittura sotto la prima linea rigata.

L’apparato decorativo si compone di 1 lettera iniziale abitata all’incipit del manoscritto; stemma Capranica nel bas-de-page Ross. 302, f. 1r di f. 1r; iniziali maggiori bicromatiche (mm 60×60, in media), eseguite a penna rossa e blu su filigrana a contrasto all’inizio di ogni nuova parte (o capitolo); iniziali minori a penna alternate rosse e blu per inizio di paragrafo; incipit dell’opera e tituli rubricati. f. 1r:

Incipit secunda pars Milleloquii veritatis Augustini. Compilata per fratrem Bartolomeum de Urbino ordinis fratrum Heremitarum sancti Agustini; iniziale abitata L di Labor distinguitur de labore (mm 60×60): all’interno della lettera un monaco barbuto in veste bianca e cappa nera è seduto, con un libro aperto in mano, su un fondo blu con leggeri motivi arabescati. Si tratta certamente di un ritratto d’autore e dunque si vuole qui rappresentare Bartolomeo di Urbino. L’immagine del monaco è contornata da una sorta di nastro intrecciato di colore marrone, come la cornice intorno a un quadro, mentre il corpo della lettera è di un vivace rosa pervinca cui si intrecciano elementi vegetali in blu cobalto e verde muschio su un fondo in foglia d’oro. Completa l’ornamentazione del f. 1r, nel margine inferiore, lo stemma del card. Capranica circondato da un’importante corona d’alloro definita a sua volta da una decorazione fogliacea dalle terminazioni carnose e, ai due lati, da due fiori dello stesso pervinca della lettera iniziale; al di sotto dello stemma, come nel Ross. 301, una nota di possesso vergata da mano successiva: Romani Domini Hieronimi Grimaldi s(ancte) Ro(mane) E(cclesiae) sancti Georgii Diaconi Cardinalis (Girolamo Grimaldi fu creato cardinale di San Giorgio al Velabro nel 1528 da papa Clemente VII).

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ROSS. 302-303

561

f. 420r: Explicit tabula omnium espostolarum mihi… Seguono quindi alcuni versi di Petrarca (ingenii fontes et prata virentia, etc.), che sarebbero stati scritti per accompagnare e forse anche impreziosire l’opera di un amico, quale era per Petrarca Bartolomeo di Urbino (DE NOLHAC, Pétrarque, 297298; PELLEGRIN, Manuscrits, 110-111). Copiato su commissione del cardinale Capranica da quello stesso copista (Bartolomeo de Magistris, detto de Vicecomitibus) che ha esemplato il Ross. 301, questo codice può essere dunque ascritto a un ambito di produzione milanese sia per quanto concerne la parte grafica (cfr. scheda precedente) sia per l’apparato decorativo che, pur nella sua codificata sobrietà, è molto raffinato ed elegante. Nell’inventario della Biblioteca Capranica (cfr. ms. Vat. lat. 8184, f. 50r) questo codice era annotato al nr. XL. Molto buono nel complesso lo stato di conservazione. Legatura di tipo Rossi A. Sul dorso, partendo dall’alto, si legge: D(OMINI) AURELII AUGUSTINI / MILLELOQIUM (sic) VERITAT(IS) / DIGESTUM / PER / BARTH(OLOMAEUM) DE CARUSIS / EPISCOP(UM) URBINAS (sic) / PARS II. Più sotto si legge ancora: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / ANNI / 1455; e infine EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. (SILVA TAROUCA, II, 137r-138r; Bibl. Rossianae, III, 293r-v) TIETZE, Die illuminierten, 126-127 nr. 271; KRISTELLER, Iter II, 465; PELLEGRIN, Manuscrits, 110-111; BUONOCORE, Bibliografia, 658; RUYSSCHAERT, Recherches, 352; MARUCCHI, Stemmi di possessori, 85; Colophons I, 224-225; PELLEGRIN, La bibliothèque, 48; WINTERBOTTOM, The Transmission, 236; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352; BUONOCORE, I codici miniati, 168, n. 6, n. 7.

LAURA FORGIONE

Ross. 303 (olim VIII, 239) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Tractatus in evangelium Iohannis (ff. 1v-3v, 6r-205v). PSEUDO AUGUSTINUS, Sermo in natale sancti Iohannis Baptistae (mutilo, f. 1r). Feste liturgiche, elenco (ff. 3v-4r). Legenda de anulo Beatae Mariae Virginis (ff. 4v-5r). Hymnus de Beata Virgine (f. 5v) Italia centrale, sec. XII, metà Membr., pergamena ben lavorata. Palinsesti i ff. solidali 5v/12r (scriptio inferior: minuscola tondeggiante di modulo grande, non leggibile), 199v/202r (scriptio inferior: beneventana del X secolo); ff. VIII, 205, X’ (guardie cartacee moderne; in cartoncino azzurro i ff. I e X’, come le rispettive risguardie). Foliazione meccanica nel margine inferiore, angolo esterno, da 1 a 205. Altra foliazione moderna, a mina, nel margine superiore esterno, apposta solo sul primo foglio dei fascicoli, da 21 a 124 e in seguito presente con scansione irregolare. Il codice

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562

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

misura mm 406×290 (f. 52), ma le dimensioni originali dovevano essere notevolmente maggiori, come suggeriscono l’esiguità dei margini attuali e l’entità dei danni subiti in alcuni fogli nel testo, nei titoli correnti e in diverse iniziali (v. oltre). Specchio di scrittura di mm 364×237, su 2 colonne di 47 linee (intercolumnio di mm 27). Rigatura a secco, sul lato pelo, sul singolo foglio aperto; rigatura supplementare nel margine superiore per i titoli correnti; rifilata ogni traccia di fori. Fascicolazione molto regolare, in 26 quaternioni a eccezione di: I (ff. 1-4) binione; XVI (ff. 117-123) ternione con carta aggiunta in apertura; XXVI (ff. 196-205) quinione (tutti i fascicoli iniziano dal lato pelo). Manca, verosimilmente amputata nella rifilatura, ogni segnatura di fascicolo. In fondo a f. 205v, una mano del XV secolo annota il totale: sonno quat(e)r(n)a 26 xxvj. Scrittura di più mani, la principale delle quali scrive il testo del Tractatus dal f. 6r alla fine del codice, e inoltre, nel binione appositamente premesso, i capitula dell’opera e un Ross. 303, f. 112r elenco di feste liturgiche con indicazione della lectio per il mattutino e rinvio al sermone relativo nel Tractatus, ai ff. 1v-4r. La mano principale verga una carolina tarda, ordinata e regolare nonostante minime incertezze di allineamento, databile al secolo XII, seconda metà: diritta, con accenno di contrasto e di filetti sul rigo, con h spesso già della textualis, -s finale diritta, -u finale angolata, sporadicamente nesso NT, frequenti abbreviazioni sebbene convenzionali (ma –mur è reso con m seguita da r tonda con tratto orizzontale sinuoso e taglio obliquo, f. 29rb r. 41, passim; il segno per s soprascritta è molto rotondo, a sezione di cerchio). Rozzi caratteri di maiuscola greca a f. 183rb, con O sopralineata per W e uno scambio P /TI che attesta l’imperizia dello scrivente in un alfabeto che conosce male (r. 24 PANTOKRATOR; r. 26 TINTOKRATOR). Nella punteggiatura si rilevano il punto interrogativo, e il segno angolato, doppio o semplice, a evidenziare i passi di citazione. È ancora la mano del testo ad apporre indicazioni liturgiche rubricate, anche in capitale di modulo ridotto, accanto a numerosi sermoni. Coeva, non calligrafica, la seconda mano che inserisce la breve legenda de anulo e i versi ai ff. 4v5v. Infine una mano più tarda (fine secolo XII o inizi XIII) e meno esperta delle precedenti verga a f. 1r il sermone dello pseudo Agostino, in una minuscola di transizione chiaramente connotata verso la textualis per la presenza incostante ma evidente di contrasto, aste discendenti brevi, aste alte a spatola o forcellate, filetti alla base dei tratti verticali brevi, singole morfologie (d tonda, g in molti tratti, uso ripetuto di et ‘a sette’), e per il tasso di abbreviazioni, convenzionali. Scritture distintive sono la capitale epigrafica e l’onciale. La prima è molto calligrafica, ricca di nessi e di letterine incluse, con G e R onciali, talora con boule al centro di aste o traverse, toccata di giallo o parzialmente riempita di rosso, usata per le formule di incipit ed explicit rubricate, o a righe rosse e nere alternate, o nere campite di colore (es. ff. 35v, 94v, 119r, 123v, passim) e per la prima riga dei sermoni, ove può presentare filetti esornativi prolungati sotto il rigo di base desinenti in leggero bottone. L’onciale mista di forme capitali è usata per explicit minori, per i titoli correnti rubricati (sulle due facciate, ad aperture alterne).

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ROSS. 303

563

L’apparato decorativo è costituito da 122 iniziali decorate per i singoli sermoni, delle quali una è in tardo stile geometrico, 114 riportano motivi di girari e 6 sono figurate zoomorfe: diverse iniziali sono seriamente o marginalmente danneggiate dalla pesante rifilatura imposta al codice, ai ff. 6r, 11r, 65r, 137v, 138v, 160r, 170v, 201v. La decorazione investe inoltre le iniziali minori, calligrafiche, ingrandite (alte fino a mm 10, equivalenti a 2 linee) rubricate e talvolta toccate o campite di giallo, o nere toccate o campite di rosso. Incipit ed explicit rubricati o bicolori rossi e neri, con lettere spesso campite di giallo o rosso. Titoli, titoli correnti e numeri dei capitula rubricati. Le iniziali decorate geometrica e a girari sono ai ff. 6r, 9r, 11r, 13v, 16r, 19v, 23v, 27v, 30r, 33r, 35v, 38v, 41r, 44v, 51r, 52v, 55v, 58v, 61r, 65r, 67v, 71r, 73v, 77r, 78v, 81v, 84v, 86v, 88v, 90r, 91r, 93r, 94v, 96r, 98r, 99v, 102r, 106r, 107v, 109v, 114v, 112r, 116v, 119r, 124r, 126v, 128r, 132r, 133v, 140r, 141r, 142r, 143r-v, 144r, 145r-v, 146v, 147r, 148r-v, 149r, 150v, 151r, 152r, 153r, 154r, 155v, 156r, 157r-v, 158v, 159r-v, 160r, 161r-v, 162r, 163r-v, 164v, 165r, 166r-v, 167v, 168v, 169v, 170v, 172v, 174v, 176r, 177r, 178r, 179r, 180r, 181r, 182r, 183v, 185v, 186v, 188r, 189v, 190v, 192r, 193v, 195r-v, 196v, 197v, 199v, 198v, 203r. Rilevabili le letterine guida a partire da f. 126v. All’inizio del testo si colloca l’unica lettera decorata con motivi geometrizzanti, di dimensioni ragguardevoli (mm 200×20, ma la terminazione inferiore della lettera è troncata dalla rifilatura): a f. 6r, I di In principio, inizio del primo sermone, è profilata da un nastro giallo che crea sulla sommità motivo di intreccio geometrico, ha asta ripartita internamente in losanghe campite di foglie polilobate o di motivi floreali verdi, azzurri, rossi, gialli, termina in un tralcio giallo e rosso con palmetta in riserva e reca al centro una losanga sovrapposta con motivo floreale azzurro. Le iniziali a girari, di mm 40×45 (a f. 182r, D di De his, inizio del sermone numerato nel codice come 52, corrispondente al 106 dell’opera) fino a mm 162×60 (a f. 190v, P di Post ea, inizio del sermone numerato 59), pari a 4-21 righe, finemente disegnate e stilisticamente molto coerenti, sono dovute a due mani che operano l’una dall’inizio a f. 179r, l’altra da f. 180r alla fine del codice. La prima mano compone la lettera in giallo pallido su riquadri a comparti azzurro indaco, rosso vermiglio, rosso carminio (da f. 55v in poi diluito o scolorito in rosa violaceo), viola rosaceo e lavanda (f. 9r), verde scuro, con esiti complessivi di cromatismo piuttosto vivace. Sulla lettera, tralci di delicati girari bianchi, dal tratto gracile, con fogliette e gemme ombreggiate e toccate di giallo. La seconda mano sembra essere intervenuta successivamente a completare gli ultimi 25 fogli del codice ove esegue lettere perlopiù a doppio nastro rosso e giallo, con girari meno articolati rispetto alla prima mano, meno eleganti nel disegno, spesso desinenti al centro della lettera in un più sommario motivo floreale a petali profilati di giallo e riempiti di rosso con bottone centrale giallo e nero (f. 180r); la tavolozza sostituisce il carminio o rosa violaceo della prima mano con il viola, adotta un verde scuro più intenso, dando luogo a maggior contrasto e a effetto complessivo più vistoso e talora più cupo (ff. 186v, 189v, 193v, 196v).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Le iniziali zoomorfe sono collocate ai ff. 104r, 122r, 137r, 138v, 184v, 201v, hanno dimensioni comprese tra mm 53×31 (P di Praenuntiatae, inizio del sermone numerato 54, a f. 137r) e mm 138×20 (I di In eo quod, inizio del sermone 68, a f. 201v), pari a 5-16 linee in altezza, e sembrano doversi attribuire a due mani diverse, forse le stesse delle iniziali a girari poiché le ultime due iniziali si collocano nella porzione decorata dalla seconda mano dei girari. Le L della prima mano, negli incipit dei sermoni numerati come 39, 47, 55 ai ff. 104r (Lectio), 122r (Loquente) e 138v (ancora Loquente, con iniziale recisa assieme al margine inferiore) sono in forma di animale fantastico, un cane con artigli e coda di drago, giallo, con fregio di fogliame che esce dalle fauci e fascia in vita con decoro geometrico in riserva, stagliato su fondo a comparti azzurri, verdi, rossi, violetti: molto forte la dipendenza dal modello riscontrabile in prodotti romani o di area centrale già agli inizi o nel primo quarto del secolo (cfr. Napoli, Biblioteca nazionale, ms. VI B. 6, f. 88v). Affine ma di altra mano l’iniziale L di Loquens, inizio del sermone numerato 54, a f. 184v: il colorismo è più intenso e pastoso, il fondo è verde scuro, carminio e azzurro, l’animale è maculato, le zampe anteriori non sono protese in avanti, la coda è in forma di tralcio in riserva la cui estremità termina nelle fauci della bestia. Si richiamano diversamente a influssi di decorazione beneventana e ribadiscono la successione di due mani anche le lettere zoomorfe P a f. 137v (Praenuntiatae), della quale è superstite poco più che l’occhiello, chiuso in basso con terminazione a testa di uccello, con motivi di fogliame in riserva promananti dal becco; e I di f. 201v (In, incipit del sermone numerato 68), a doppia barra su fondo azzurro, verde brillante, carminio intenso, recante alla base un tralcio cui si attaccano le fauci di un cane giallo, maculato, reciso poco sotto la testa e a metà delle zampe anteriori. Il codice tramanda il Tractatus in Evangelium secundum Iohannem di Agostino diviso in due sezioni, secondo la tradizione più diffusa e radicata in area italiana, con numerazione dei sermoni in serie distinte, da 1 a 55 (ff. 6r-140r) e da 1 a 69 (ff. 140r-205v). La prima serie annovera una unità in più del dovuto per l’inclusione, al numero 17 (f. 55v), di un sermone di Agostino estraneo all’opera, il 125 dei Sermones de scripturis, anch’esso relativo al Vangelo di Giovanni (PL 38, 688-698). Numerose sviste del copista nella numerazione, all’interno dei singoli incipit o explicit (cfr. nella prima parte la sequenza dei sermoni 3235, ff. 93r-99v; nella seconda i sermoni 23-24, f. 157r, e 39-40, f. 168v). Non dipendono da perdita di fogli le lacune nei sermoni 2 (acefalo del cap. 1 e dell’inizio del 2, f. 9r), 3 (mancante dei capp. 1-6, a f. 11r), 79 (mutilo, numerato 25 pars secunda, a f. 158r). Al Tractatus si sommano altri brevi testi, aggiunti in tempi molto vicini alla trascrizione del testo principale, che occupano fogli lasciati bianchi, forse per una decorazione mai eseguita, subito prima dei capitula e tra questi e l’inizio dell’opera. Se è nel complesso coerente l’inserzione a f. 1r di un sermone già ascritto ad Agostino ma spurio, relativo a san Giovanni Battista (PLS II, 1147-1149), più esile e occasionale è il collegamento al testo principale per la legenda de anulo beatae Mariae Virginis e per i versi connessi (ff. 4v-5v),

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ROSS. 303

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composizioni riferite a devozioni specifiche dell’area centrale compresa tra Chiusi e Perugia ove l’anello nuziale della Vergine sarebbe stato conservato (testi affini in LAURUS, De annulo). Attualmente in buone condizioni, con rari fogli nei quali trapelano tracce dell’inchiostro della facciata retrostante e un antico restauro cartaceo al f. 95v, il codice presenta numerosi danni pregressi per una antica rifilatura eseguita molto drasticamente (SILVA TAROUCA, Descriptio, II, 139: “barbarice”), irregolare specie nel taglio inferiore (ff. 154, 155, passim), dalla quale deriva la perdita di lettere nell’ultimo rigo di scrittura (ff. 122, 123, 145, 160), di porzioni di iniziali ornate sopra segnalate, di titoli correnti e di sporadiche annotazioni marginali coeve (f. 201v). Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, etichetta cartacea con l’attuale segnatura e impressi in oro, in alto il titolo S(ANCTI) AUR(ELII) AUGUSTINI / SERMONES / IN / EVANGELIUM / SECUND(UM) IOANNEM e in basso la menzione COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XI. Nella risguardia anteriore, è incollato tagliando con stemma Rossi e apposta a mina da mano moderna la segnatura VIII, 239. Ragioni paleografiche, decorative e testuali indicano nell’Italia centrale l’area di origine del codice, e circoscrivono alla seconda metà del secolo XII la datazione. Una suggestione ulteriore in favore dell’area indicata viene dai riferimenti liturgici di prima mano che si riferiscono a santi di culto diffuso in Italia centrale (Lorenzo, f. 134v; Vitale, f. 159r) o tipicamente romano e umbro-romano (Tiburzio e Valeriano, f. 163r; le coppie di apostoli Filippo e Giacomo, Simone e Giuda ai ff. 3v-4r). Anche l’originario formato atlantico del codice nella cronologia proposta non può che circoscrivere all’area indicata, e forse ulteriormente, l’origine di un manoscritto contenutisticamente in linea con l’orientamento riformista, organizzato come un prodotto non lussuoso, dignitoso graficamente e per ornamentazione. Il codice non reca traccia della propria storia successiva, se non due antiche segnature erase nel margine superiore del f. 1r, leggibili con lampada di Wood: B.+.2, depennata; Q-3-29, di mano moderna. Non si conosce la via per la quale il codice entrò nella raccolta di de Rossi, con la quale fu acquisito nel 1921 dalla Biblioteca Vaticana. (SILVA TAROUCA, II, 139r; Bibl. Rossianae, III, 297r) TIETZE, Die illuminierten, 58-59 nr. 84 e fig. 78; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 327; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 106; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 347; WRIGHT, Manuscripts, 91, 138.

EMMA CONDELLO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 304 (olim VIII, 240) S. AURELIUS AUGUSTINUS, De Trinitate Francia (Avignone), sec. XIV, terzo decennio Membr. (pergamena di ottima fattura, margini ampi); ff. VII, 188, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro). Foliazione moderna in cifre arabiche, apposta a matita lilla nell’angolo superiore destro; altra numerazione saltuaria, moderna ma precedente, eseguita a penna nell’angolo superiore destro. Numerazione dei capitoli, antica e in numeri romani, vergata a penna nell’angolo superiore destro dei fogli, sia sul recto che sul verso, in corrispondenza dell’inizio dei capitoli. Doppia numerazione dei fascicoli a registro, in inchiostro rosso, con lettere dell’alfabeto, numeri romani e sigle, spesso visibile, ma a volte rifilata. Richiamo orizzontale, inserito in semplici cornici a penna e inchiostro bruno e talora rosso, posto nel margine inferiore, al di sotto Ross. 304, f. 2r della colonna di destra, sul verso dell’ultimo foglio dei fascicoli. Il codice misura mm 410×295. Scrittura gotica italiana, a inchiostro bruno, di una sola mano. Specchio scrittorio su due colonne (mm 320×190), di 38 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 20). Rigatura a mina di piombo. Il codice è composto da quinioni regolari, tranne il terzultimo (ff. 161-168), che è un quaternione.

Una iniziale figurata; 1 iniziale ornata; iniziali puzzle filigranate di grandi dimensioni, in rosso e blu, con ornati di penna in rosso e lilla, all’incipit dei quindici libri (mm 50×50, a f. 32v); iniziali filigranate di dimensioni inferiori (mm 30×30) all’incipit dei capitoli. Sono utilizzati titoli correnti con iniziali calligrafiche a colori alternati e segni di paragrafo in rosso e blu. f. 1r: iniziale ornata L di Libros de Trinitate (mm 120×70), all’incipit della Summa beati Augustini episcopi de libro de Trinitate. Il corpo della lettera è in rosa pallido, chiaroscurato e decorato con motivi ornamentali in biacca. Dal corpo della lettera si dipartono due tralci di foglie trilobate rosa e rosse, che si dispongono l’uno nell’intercolumnio e l’altro nel margine inferiore. Il tralcio è costituito da uno stelo blu, profilato di bianco, e arricchito di motivi sagomati aguzzi in foglia d’oro e tempera rosa e blu; la lettera è campita in un riquadro blu e nell’occhiello, su campo rosa scuro ornato con motivi in biacca, è miniato un tralcio con foglie di vite rosa pallido, blu e rosse, che si dispongono simmetricamente in quattro volute su fondo oro.

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ROSS. 304

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f. 2r: iniziale figurata L di Lecturus haec (mm 110×80), all’incipit del I Libro De triplici erroris. Il corpo della lettera è in blu, chiaroscurato e ornato con motivi geometrici in biacca e in tono più chiaro; la lettera è inserita in un campo rosa scuro e dalle estremità superiore e inferiore dell’asta verticale si dipartono tralci ornamentali costituiti da uno stelo rosa, arricchito da motivi sagomati aguzzi in rosa e blu e in foglia d’oro, che terminano con foglie trilobate blu e rosse. All’interno della lettera, sul fondo in lucida foglia d’oro, è raffigurato Sant’Agostino, assiso su un seggio costituito da una lunga panca rosa, ornata con archetti e oculi dipinti di blu, con cuscino blu sulla seduta. Il santo scrive, impugnando penna e raschietto, su un codice aperto su un leggio rosso. La figura, elegantemente drappeggiata in un piviale grigio soppannato di rosso, chiuso al petto da una spilla, indossa la mitria. Nonostante Tietze proponesse di individuare nell’opera un miniatore di area franco settentrionale (TIETZE, Die illuminierten, 32), l’autore delle miniature fa parte della bottega avignonese di miniatori, calligrafi e copisti che ha prodotto la serie delle Opere di san Tommaso, realizzata su committenza di Giovanni XXII, tra il 1317 e il 1326 (AVRIL, Schede, 307-308; MANZARI, La miniatura, 44-53). L’elegante figura del santo vescovo, il gioco del panneggio, il volto e le mani dalle dita sottili permettono di assegnare l’immagine al miniatore più raffinato dell’atelier, responsabile, ad esempio, dell’iniziale figurata all’incipit del volume di san Tommaso ms. Vat. lat. 732; questo artista di cultura meridionale, come indicano le forme ampie della figura e i toni chiari e luminosi della tavolozza impiegata, mostra di essersi formato anche su aggiornati modelli settentrionali, proprio per la sottile eleganza dei lineamenti e dei panneggi (MANZARI, La miniatura, 48). Anche le iniziali filigranate sono state realizzate dal calligrafo meridionale che lavora nella stessa serie di codici, collaborando con Jaquet Maci, e confermano l’appartenenza del codice alla produzione di libri di studio avviata da Giovanni XXII negli anni venti del XIV secolo, per ripristinare la Biblioteca dei papi ad Avignone. Nel codice rossiano il calligrafo lavora da solo, realizzando integralmente la raffinata decorazione a penna e inchiostri rosso e violetto (DONDAINE, La collection, 146-147). Dei manoscritti prodotti da questa bottega, certamente attiva ad Avignone per il papa, fanno parte anche i volumi parigini con la Lectura super Bibliam di Domenico Grima (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 365, 375), dedicati al papa dall’autore nel 1319 e accostabili agli altri codici di questo gruppo per i comuni caratteri materiali, dall’impaginazione e dall’intervento della medesima équipe di scribi, calligrafi e miniatori (AVRIL, Schede, 307-308). La presenza di numerose annotazioni marginali corrisponde al carattere di libro di studio di questo gruppo di codici prodotti per Giovanni XXII. Dondaine ha riconosciuto in moltissime note la mano dello stesso papa, ad esempio ai ff. 48r, 157r, 158r (DONDAINE, La collection, 147 nr. 35 e pl. 19b), sfuggite precedentemente alle ricerche di Maier (1952).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Lo stato di conservazione del codice è ottimo. Legatura Rossi A in discrete condizioni di conservazione. Il dorso ha decorazioni a impressione e in oro. In alto si legge: D(OMINI) AUR(ELII) AUGUST(INI) / DE TRINITATE; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. In basso, sul dorso, si legge inoltre, l’ex libris del cardinale Domenico Capranica: EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Nell’Inventario della biblioteca del cardinale Domenico Capranica il codice è menzionato al numero 35. (SILVA TAROUCA, II, 140r; Bibl. Rossianae, III, 299r) TIETZE, Die illuminierten, 32 nr. 51; DONDAINE, La collection 146-147; AVRIL, Schede, 307; MANZARI, La miniatura.

FRANCESCA MANZARI

Ross. 305 (olim VIII, 241) ALEXANDER HALENSIS, Summa Theologica, pars II Francia settentrionale (Parigi?), sec. XIII, seconda metà Membr. (pergamena di discreta qualità, ben levigata); ff. VI, 351, VI’ (fogli di guardia cart.); numerazione nel margine superiore destro del foglio, vergata in inchiostro bruno da mano successiva: numerato fino a f. 343 (f. 344 numerato a matita, f. 318 ripetuto due volte). I fogli finali non numerati (344-351) contengono un indice di mano successiva; richiamo sempre orizzontale, ma posto nel margine inferiore destro senza elementi decorativi nei primi fascicoli e in quelli centrali (ff. 1-72; ff. 186-246), presente invece tra lo spazio intercolonnare nei restanti fascicoli e inserito in elementi decorativi diversi che vanno da un semplice quadrato a un pesce stilizzato, da leggeri elementi arabescati, fino a un animaletto fantastico a 4 zampe e con corna (f. 132v) o alla testa alata di uomo (270r); fascicolazione nell’insieme regolare, con prevalenza di senioni; mm 370×250. Scrittura gotica non italiana, a inchiostro nero, dal canone tipizzato, di mano unica, dal ductus regolare e dal modulo uniforme, con pochi contrasti tra i tratti e specchio scrittorio fitto e compatto; rari i commenti al testo, come appunti di lettura, presenti nei margini laterali e comunque di mano che sembrerebbe posteriore, con un andamento più corsivo e vergati con un inchiostro più chiaro. La mano successiva che realizza l’indice (da f. 344, come detto) evidenzia una rotondità delle lettere che non è della gotica, ma certaRoss. 305, f. 174r

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ROSS. 304-305

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mente della scrittura umanistica – cfr., ad es., gli aggraziati puntini sulle i (ringrazio il prof. Gumbert per il prezioso suggerimento) – e pertanto si può forse ipotizzare una sua composizione al momento dell’ingresso del codice nella biblioteca del cardinale Capranica (v. oltre). Specchio scrittorio (mm 260×160) su due colonne (spazio intercolonnare mm 10) e 57 linee di scrittura; rigatura a piombo molto complessa (data la tipologia testuale del manoscritto, che prevedeva spazi dedicati a ciascuna parte del testo, inclusa la glossa), delimitata da due righe nel margine superiore (e ugualmente in quello inferiore) che sono fuori dallo specchio scrittorio, il quale è a sua volta definito da due coppie di rettrici nei margini interni ed esterni, che delimitano le colonne di scrittura.

L’apparato decorativo si compone di: 2 iniziali figurate inserite nei fogli d’incipit; iniziali filigranate (10 mm in media), titoli correnti rubricati, segni paragrafali come le iniziali calligrafiche, rossi e cerulei alternati; titoli delle questioni in rosso. f. 1r:

l’incipit del codice, vergato a linee alterne, in maiuscola gotica, in lettere rosse e blu filigranate nei colori opposti, e in gotica testuale, si apre con una iniziale abitata, la C di Completis tractatibus (mm 50×50). Sia il corpo della C, sia il quadrato in cui è inserita, sono equamente bipartiti di rosso e blu con leggeri tratti di biacca; all’interno della lettera, su un fondo oro, parzialmente ossidato, si staglia una Madonna con Bambino, coronata e benedicente: seduta su uno scranno verde, che presenta le caratteristiche iconografiche e cromatiche canoniche: l’abito rosso scuro e il manto blu di Maria, il vestito di un rosso più vivo del Bambino. Dalla base del quadrato in cui è iscritta la lettera si sviluppa un fregio abitato, che si prolunga per mm 260 lungo tutto lo specchio scrittorio e anche oltre, costituito dalla successione di due sottili colonne scanalate e concluse da capitelli di color verde, una rossa sormontata da una figurina, vestita con una lunga tunica (una sorta di moderno telamone), che sorregge sulle spalle piegate la colonnina superiore di color blu, alla cui sommità un angelo, vestito di rosso e con le ali verdi, rivolge un cero votivo verso la Vergine in trono. Il campo quadrangolare dell’iniziale, in alto, e il fregio, in basso, sul margine inferiore, si concludono con un motivo decorativo a intreccio a nastro, di color rosa, definito da uno spesso contorno nero e decorato con dischetti verdi e rossi, su un fondo in blu delimitato da una cornice sagomata. f. 174r: l’iniziale abitata A di Adiuvante gratia Iesu Christi (mm 55×50) presenta, su fondo oro, un religioso tonsurato che sembra un frate francescano (in cocolla marrone e saio bianco). Si tratta forse di un ritratto d’autore e si vuole qui rappresentare Alessandro di Hales seduto su uno scranno rosso profilato di verde (da notare il gusto per l’intarsio del legno) con davanti un leggio su cui poggia un libro in cui si distinguono appena le lettere. L’iniziale, la cui asta sinistra è costituita da un intreccio a nastro con una terminazione zoomorfa, una antropomorfa rappresentata dal busto di un re che brandisce la spada, una fitomorfa ospitata all’interno di una cornice ‘ad aquilone’, è inscritta in un quadrato bicromatico rosso e blu. Da esso si diparte un fregio multicolore, di color rosso, blu, rosa, verde e oro, che si stende per 330 mm

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

all’interno del margine del foglio, molto accostato alla scrittura, e che si intreccia formando motivi ‘ad aquilone’ e terminando con una desinenza antropomorfa (la testa di uno gnomo) e un canide in posizione eretta. L’analisi complessiva del pregevole apparato decorativo, nonché le caratteristiche più tipicamente paleografiche e codicologiche, quali la preparazione del supporto membranaceo o l’esecuzione di una gotica di pieno canone, fanno ipotizzare una localizzazione francese settentrionale (parigina) del codice, con una datazione che si assesta tra la I e la II metà del XIII secolo, forse abbastanza a ridosso della stessa composizione della Summa Theologica: si tratta di un vero e proprio corso scolastico redatto in collaborazione con alcuni suoi discepoli dal maestro francescano Alessandro di Hales (Gloucestershire 1185-Parigi 1245), che entrò nell’Ordine nel 1236, fu titolare della cattedra di teologia a Parigi e maestro di Bonaventura da Bagnoregio. Buono lo stato complessivo di conservazione del codice così come della legatura di tipo Rossi A. Sul dorso, in alto, si legge ALEXANDRI/ DE ALEXANDRI / SUMMA / P(ARS) II; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS)/ SAECULI XIII; ancora più in basso EX BIBL(LIOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il Ross. 305 faceva parte di quel gruppo di circa 200 mss. che entrarono a far parte della biblioteca di Giovan Francesco de Rossi provenienti da quella del cardinal Domenico Capranica (1400-1458): probabilmente fu proprio al momento dell’ingresso del codice nella Biblioteca Capranica che fu composto quell’indice in scrittura umanistica presente nell’ultima parte del ms. (ff. 344-351). (Bibl. Rossianae III, 300r-v) TIETZE, Die illuminierten, 61 nr. 92; Summa Theologica II 1, XVI, nr. 37.

LAURA FORGIONE

Ross. 306 (olim VIII, 242) GUILLELMUS DURANTI, Speculi iudicialis partes III et IV Bologna, sec. XIV2 Membr.; ff. IX (I-VIII cartacei, il primo di colore azzurro inserito in occasione della nuova legatura, non numerati; IX, membranaceo numerato a matita in alto a destra), 216, VII’ (I’VI’ cartacei bianchi; VII’ cartaceo di colore azzurro); bianchi i ff. 22v, 215v, 216r e 216v; mm 446×262; fascicoli con richiamo nel margine inferiore dell’ultimo foglio (parzialmente rifilato f. 194v; assente f. 204v): 1-810, 911, 10-1510, 169, 1711, 18-2110, 222. Numerazione a penna moderna in numeri arabi nel margine superiore destro del foglio. Scrittura gotica su 2 colonne di 79 linee con notazioni marginali e maniculae; forse la stessa mano, ma con scrittura corsiveggiante scrive i titoli dei capitoli, in alto a destra sul recto di ogni foglio e, a f. 214v, la parola Speculum; specchio scrittorio: mm 175×313, spazio intercolonnare mm 24. Evidenti tracce della rigatura a lapis.

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ROSS. 305-306

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L’apparato decorativo è costituito da: 2 miniature tabellari. 2 iniziali figurate maggiori (mm 20×15), 46 medie (mm 15×15 di media: da un minimo di mm 9×12, a f. 42v, a un massimo di mm 18×22, a f. 38r), all’incipit dei vari capitoli, di colore rosa su campo esterno in foglia d’oro profilata da una linea di contorno nera, con foglie d’acanto che si allungano nei margini dalla lettera e sono completate da globi, anch’essi in foglia d’oro profilate in nero, ai seguenti ff.: 1r, 9v, 11r, 17v, 21r, 31r, 32v, 33r, 38r, 38v, 39r, 40r, 40v, 41r, 42r, 42v, 43r, 44r, 44v, 45r, 46v, 47r, 54r, 54v, 59v, 64r, 67r, 72r, 73v, 76r, 78r, 83r, 85v, 87r, 90v, 91r, 91v, 92r, 93r, 93v, 94v, 95v, 129r, 146v, 181v, 215r. Iniziali filigranate a penna di colore rosso e blu quasi a ogni foglio, rubricate le lettere incipitarie e le singole partizioni del testo. f. 1r: miniatura tabellare (mm 120×110) in Ross. 306, f. 1r corrispondenza della prima colonna del testo al di sopra della rubrica: Incipit tertia particula de criminibus et eorum cognitionibus. La miniatura presenta la discussione di una causa in presenza del vescovo seduto su uno scranno ricoperto da un drappo di colore blu che lo isola sul fondo in foglia d’oro. Sulle sue ginocchia un libro aperto, la mano alzata nel gesto dell’argomentazione, rivolta a due figure femminili. Accanto al vescovo un dottore della legge. Un’architettura individua a destra lo spazio dove si svolge l’azione con alcuni astanti, testimoni di un delitto perpetrato da un chierico. Al di sotto della miniatura tabellare iniziale figurata S di Superius in parte (mm 38×40) con figura di dottore che con gesto della mano indica la scena soprastante. Altre due iniziali medie figurate su campo oro N di Nobis de accusatore e Q di Qualis recanti volti nella seconda colonna del testo. Nel margine inferiore del foglio al centro tracce di uno stemma completamente eraso. f. 23r: miniatura tabellare (mm 140×110), in corrispondenza della prima colonna del testo al di sopra della rubrica: Incipit liber quartus de libellorum conceptione. Una mano successiva ha integrato la rubrica aggiungendo in inchiostro nero liber ed emendando, sempre a inchiostro nero, quarta in quartus. La miniatura presenta la discussione di una causa con un dottore della legge che presenta due chierici inginocchiati davanti al vescovo. Quest’ultimo, seduto in cattedra sullo sfondo di una architettura a edicola, discute il testo della petizione che gli viene offerto. Nella colonna di destra iniziale maggiore F di Formavit Deus hominem (mm 35×33) con la

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raffigurazione di Cristo benedicente a mezzo busto con libro aperto, sul quale si possono leggere distintamente le parole: Ego sum via veritas. f. 188v: nella colonna di destra, a illustrazione del De consanguinitate et affinitate, uno schema esplicativo in inchiostro nero con elementi decorativi a penna in rosso e aggiunta di motivi fogliacei, non nella più comune descrizione ad albero, ma risolta più semplicemente con clipei. Il codice figura nel catalogo dei manoscritti del fondo rossiano curato da Hans Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 88 nr. 135), con un’ascrizione alla bottega di Niccolò di Giacomo. Non si segnalano studi successivi sul manoscritto, che è possibile confermare all’area bolognese e in particolare allo stretto ambito del Maestro del 1346, in passato identificato proprio con la fase giovanile del più noto miniatore bolognese. Il percorso dell’anonimo, identificato a partire dagli Statuti della società dei drappieri del 1346 (Bologna, Archivio di Stato, ms. min. 13; cfr. MEDICA, Scheda nr. 14, 126), prende avvio probabilmente nella bottega dell’Illustratore, con il quale ha occasione di collaborare. Il miniatore deriva proprio da questo maestro l’articolazione spaziale delle scene con architetture a edicola che evidenziano di volta in volta il protagonista del racconto e assolvono a una funzione anche narrativa secondo modelli illustrativi propri alla tradizione del codice giuridico. Il maestro si appropria del lessico figurativo dell’Illustratore accentuandone, in linea con le esperienze della pittura bolognese intorno alla metà del secolo, gli accenti più espressionistici, esaltati anche dagli accostamenti cromatici. Una declinazione analoga è in altri codici vaticani, il ms. Vat. lat. 1411, il ms. Urb. lat. 161 o il ms. Vat. lat. 2436. Vale anche per questo codice, più modesto nell’apparato illustrativo con sole due miniature all’incipit della terza e quarta parte dello Speculum, una datazione entro la metà del secolo. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso senza coste impresso in alto il titolo: SPECULI / PARS III ET IV / CORR(ECTAE) PER / IOHAN(NEM) ANDREAM / COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV; in basso EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Il manoscritto fa parte del gruppo di codici provenienti dalla biblioteca del cardinale Capranica (catalogo I nr. 263). (SILVA TAROUCA, II, 141r; Bibl. Rossianae, III, 301r) TIETZE, Die illuminierten, 88 nr. 135.

MILVIA BOLLATI

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Ross. 307 (olim VIII, 243) Decretum Gratiani cum glossis (Glossa ordinaria di Bartolomeo da Brescia): index (f. IIv); Distinctiones, Decreta (ff. 1r-97r); Causae I-XXXVI (ff. 97r-372v); index (f. I’rIII’r) Parigi, sec. XIV1-2 (d.to 1334) Membr; ff. III (I cart. moderno; II e III membr. numerati con I e II), 372, III’ (I’ e II’ membr.; III’ cart. moderno); foliazione moderna a lapis, realizzata in cifre arabiche in alto a destra sul foglio recto; numerazione a registro vergata in inchiostro rosso sull’angolo inferiore destro del foglio recto, alternativamente alfabetica e alfanumerica, talora non visibile perché rifilata o sbiadita. Sono numerate anche le questiones, sia in numeri romani rubricati in rosso e blu sul margine laterale della colonna di scrittura, sia con numerazione alfanumerica a inchiostro nero in alto a deRoss. 307, f. 1r stra sul foglio recto. Richiami sul margine inferiore destro del verso dell’ultimo foglio del fascicolo, vergati all’interno di tabelle rettangolari, zoomorfe (es. f. 36v), antropomorfe (es. f. 48v) o semplicemente sagomate e arricchite da sorta di drôleries (es. f. 50v), e talora anche colorati; mm 455×397 (misure prese a f. 2r); il testo del Decretum è trascritto in una gotica textualis, forse italiana, ben allineata sul rigo, ricca di abbreviazioni, vergata con inchiostro nero su due colonne di misure variabili (intercolumnio mm 13, f. 2r), su uno specchio realizzato a inchiostro bruno molto leggero; sui quattro margini si dispone la glossa ordinaria anch’essa scritta in gotica, ma di modulo minore (misure variabili). Va segnalata la presenza di numerose annotazioni marginali e interlineari, a commento del testo e della glossa, vergate da varie mani e in epoche diverse (ma soprattutto nel sec. XIV). Sul verso del foglio II, è tracciato un indice in scrittura umanistica (cfr. infra). Di altra mano, ad andamento corsiveggiante l’indice a f. I’r-II’r (fogli segnati rispettivamente come III e IV). In scrittura umanistica la nota, a f. IIr. Una mano moderna scrive su f. Ir e su f. IIIv: Decretum Gratiani notationibus illustratum.

(f. 372v) explicit: Explicit decretum iure canonico compilatum. In nomine Patris, et Filii et S(piritus) S(ancti), amen. Die mercuri post ramos palmarum. Al di sotto con una scrittura gotica con movenze cancelleresche di modulo minore: colophon: Anno milleno centum ter, ter quoque deno / Quatuorbus iungo, quia vivens tempore longo / Possit scire datum quo sunt eo spatiatum / Solvitur a pacto scriptor, quia carmine facto / Dum bene completur condicione nulla tenetur / Carmine completo quo mea iura peto. Al di sotto della glossa, sul margine inferiore, a sinistra, con la stessa grafia del colofone: Vere Parisius liber hic est officialis / Quem Deus ille pius servet sine

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sorde sub alis / Doctor iure quoque dominusque magister utroque, e a destra Dum stet in hac vita sibi vivere det Deus ita / Ut queat eternum regnum rehabere supernum / Qui manet ille tamen, sit benedictus. Amen. Il codice presenta, ai ff. 1r e 97r, due miniature tabellari in apertura della prima e della seconda parte del Decretum, che contengono rispettivamente le Distinctiones e le Causae; entrambe le illustrazioni sono accompagnate da un’iniziale maggiore decorata all’interno da un tralcio a foglie spinose. Si segnala la presenza, inoltre, di trentasette iniziali maggiori istoriate, in apertura di ogni causa e in apertura, a f. 307r, del tractatus De poenitentia, che rappresenta la terza questio della XXXIII causa, e, a f. 344v, all’incipit della pars tertia, De consecratione. Sono realizzate su un fondo che è trattato alternativamente in foglia d’oro o con un motivi decorativi a carattere geometrico: a piccoli riquadri tracciati in oro e campiti di blu e decorati da motivi in biacca, oppure tracciati in nero e campiti in blu rosso o arancio e oro e sempre decorati con piccoli motivi geometrici, vegetali o floreali (per es. f. 337r); a piccoli rombi caratterizzati dallo stesso impianto decorativo dei precedenti; a riquadri o rombi più ampi (per es. f. 304r). Numerosissime iniziali medie, di misure varie, mm 10×13 di media (anch’esse decorate a foglie spinose) e minori sia decorate sia rubricate in rosso e blu e filigranate a contrasto, realizzate indifferentemente all’interno del testo e del commento. Titoli correnti (tracciati a lettere alterne in rosso e blu) a indicare il numero della distinctio e della causa, indicazione che è ripetuta identica al margine della colonna di scrittura Nella maggior parte dei casi le iniziali maggiori sono accompagnate da un bastone bicromo (in oro, blu e talora arancio, talora rosa antico), spesso annodato, sempre decorato a foglie spinose, se pure con grande sobrietà, e talvolta desinente in terminazioni zoomorfe di ibridi e animali fantastici (come a f. 123r). Foglie spinose decorano anche i margini delle tabelle istoriate. Forse lo stesso copista traccia a inchiostro le maniculae (talune rialzate in rosso) e, in alcuni casi (per es. a f. 167r), una testina a guisa di glossa figurata. f. 1r: miniatura tabellare (mm 60×53) e iniziale maggiore H di Humanum genus (mm 64×40), all’incipit della Distinctio I, decorata con un intreccio a foglie spinose, realizzate in oro e blu, su fondo in oro in foglia e fondo esterno in blu decorato in oro a sottili motivi geometrici. La miniatura, collocata al di sopra dell’iniziale, raffigura, su un fondo a piccoli riquadri in oro che contengono, sul fondo blu, fiori a 4 petali realizzati in color arancio e azzurro, il pontefice che detta le norme canonicali, seduto in cattedra e connotato dalle insegne papali, l’alta tiara conica, il piviale, la croce astile. Una cornice in oro e rosa antico, percorsa da motivi decorativi a losanga in biacca, racchiude l’immagine. La scena richiama quella corrispondente nel Decretum Gratiani, ms. C. 623 di Cambrai, Bibliothèque municipale, f. 1r, per la presenza di uno stesso numero di figure: il pontefice, verso il quale si inginocchia il monaco intento alla scrittura, e i due prelati (un abate e un

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vescovo), ma anche per l’analogo fondo a decorazione geometrica e per la decorazione a foglie spinose che campisce il campo interno dell’iniziale e da essa fuoriesce con una sorta di breve e semplice fregio, che scende lungo la colonna di scrittura e sale a lato dell’illustrazione. La pagina è qualificata da un fregio che si sviluppa sul margine interno e su quello inferiore, costituito da un listello bicolore (d’oro e di blu), che include 2 iniziali medie, si arricchisce in basso di una più ampia cornice di blu e di rosa decorati in bianco e termina con tralci di foglie spinose. f. 97r: miniatura tabellare (mm 116×73), collocata tra l’explicit rubricato delle Distinctiones e l’incipit rubricato delle Causae. La miniatura, collocata al di sopra dell’iniziale, raffigura un episodio di simonia per l’accettazione di un fanciullo in monastero. I genitori, elegantemente abbigliati con ampi mantelli bordati di vaio, conducono il figlio in monastero per avviarlo al noviziato e consegnano una sacca di soldi ai monaci in cambio della sua ammissione. Tre religiosi (tra i quali si riconosce l’abate dall’alto pastorale realizzato in foglia d’oro) accolgono il fanciullo davanti alla chiesa, caratterizzata da un arco trilobo, da alto timpano a gâbles e pinnacoli e da un impianto a tre navate coperte a spiovente. Sfondo a fitta griglia di colore nero che definisce motivi quadrangolari in blu e rosso chiaro, con decorazioni a biacca. La cornice, in rosa antico e arancio, è percorsa da losanghe a biacca e definita ai quattro angoli da un elemento romboidale in oro decorato da quattro crocette in nero. L’immagine appartiene alla stessa tradizione figurativa richiamata, ad esempio dal Decretum Gratiani, della Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 3898 (f. 92r), assegnato alla miniatura della Francia settentrionale di primo Trecento (MELNIKAS, Corpus I, 109, tav. VII). Iniziale maggiore Q di Quidam habens filium (mm 34×36), all’incipit della Causa I, decorata a intreccio vegetale di foglie spinose che si espande all’esterno e si dispone, a guisa di fregio a sottile cordone bipartito in oro e rosso e a foglie spinose pure in oro e rosso, tra le due colonne e sul margine inferiore delle colonne del testo e tra queste e le colonne della glossa ordinaria. f. 123r: iniziale maggiore E di Episcopus quidam de lapsu carnis (mm 30×33), all’incipit della Causa II, raffigurante un vescovo spogliato degli attributi propri della sua dignità episcopale dall’autorità secolare rappresentata da due soldati. Un sottile fregio a cordone annodato, desinente in alto in una figura antropozoomorfa (un draghetto dalle fauci spalancate, in oro con ali blu, forse a simboleggiare le tentazioni delle quali è fatto oggetto il protagonista della causa) si dispone lungo tutto il margine esterno della colonna sinistra. f. 143v: iniziale maggiore Q di Quidam episcopus a propria sede (ma le condizioni di conservazione rendono ardua la lettura) (mm 30×34), all’incipit della Causa III, istoriata con l’immagine di un vescovo che, cacciato dalla sua sede episcopale, vi fa ritorno recuperando le proprie prerogative e gli

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f. 152v:

f. 155r:

f. 157v:

f. 160v:

f. 166v:

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attributi episcopali, la cattedra, la mitra e il pastorale. Gli accoliti pongono la mitra sul suo capo. iniziale maggiore istoriata Q di Quidam laicus (mm 34×38), all’incipit della Causa IV. Rappresenta un laico scomunicato che accusa il vescovo davanti a un giudice civile; è accompagnato da un fanciullo che testimonia a favore dell’accusa da lui avanzata. Nel ricorso all’autorità civile l’esemplare rossiano richiama una tradizione che ha uno dei suoi testimoni più significativi nel Decretum Gratiani, ms. 558 della Bibliothèque municipale di Tours (MELNIKAS, Corpus I, 193-194, tav. I), ma che è diffusa in ambito franco fiammingo già a partire dalla metà del Duecento. Il Decretum di Tours viene assegnato a un artista molto vicino al Maestro del Vangelo Lezionario della Sainte-Chapelle di Parigi e nel contempo attento alle opere tarde di Maître Honoré. iniziale maggiore abitata I di In infamiam cuiusdam episcopi (mm 35×32), all’incipit della Causa V. Raffigura un vescovo davanti al tribunale sinodale rappresentato dal pontefice; un laico inginocchiato, forse l’accusatore, consegna la cartula accusationis. L’iniziale è del tutto sostituita da una miniatura di forma triangolare, sorretta da un ibrido alato con funzioni di telamone, da cui si diparte il cordone bicromo, annodato in due punti e decorato da rare foglie di vite spinosa, che raggiunge la sottostante iniziale media decorata. Anche in questo caso, come nella Causa IV è possibile accostare l’immagine, per le scelte iconografiche, alla tradizione cara agli artisti parigini e fiamminghi. La presenza del pontefice come rappresentante dell’autorità ecclesiastica che troviamo nel Decretum rossiano, connota anche il Decretum, ms. lat. 3893 della Bibliothèque nationale de France, ma anche i testimoni attribuiti a Maître Honoré e alla sua cerchia, per es. il già citato ms. di Tours oppure il Decretum, ms. C. D. 39 dello Statni archiv di Olomouc (MELNIKAS, Corpus I, 217-218, tav. I, figg. 23-24), o al pennello del Maestro del Roman de Godefroy de Bouillon (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 3898) iniziale maggiore istoriata D di Duo fornicatores et infamia (mm 41×41), all’incipit della Causa VI. Un vescovo è accusato da due fornicatori del peccato di simonia. L’accusato è in piedi davanti all’arcivescovo di un’altra provincia; sono presenti i religiosi che lo hanno accusato. iniziale maggiore istoriata Q di Quidam episcopus (mm 35×37), all’inizio della Causa VII. Un vescovo ammalato, chiede un sostituto al vescovo metropolita, raffigurato con paramenti pontifici, seduto in cattedra. Lo schema iconografico, con il vescovo metropolita seduto in cattedra è molto vicino a quello che caratterizza la stessa scena nel ms. lat. 3893 della Bibliothèque nationale de France (f. 160v). iniziale maggiore istoriata Q di Quidam episcopus in extremis agens (mm 34×43), all’incipit della Causa VIII. Un vescovo morente nomina il suo successore, alla presenza di due monaci tonsurati.

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f. 169v: iniziale maggiore istoriata S di Sententia excommunicationis notatus (mm 35×38), all’incipit della Causa IX. La scena, raffigurante su fondo a quadri l’espulsione di un cappellano e la nomina contestuale di un altro, presenta (al pari di quanto avviene nei già citati mss. 558 di Tours, f. 158v, e C. D. 39 di Olomuc, f. 120r), tre ecclesiastici inginocchiati e un vescovo in piedi accanto all’altare. f. 172r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam laicus basilicam (mm 40×45), all’incipit della Causa X. L’illustrazione raffigura, ancora una volta secondo lo schema proposto nei codici attribuiti a Maître Honoré, un laico che viene accusato da un vescovo davanti al giudice metropolitano. f. 175r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam laicus adversus clericum (laicus corretto sopra in clericus dalla stessa mano che annota il testo) (mm 35×41), all’incipit della Causa XI. La scena raffigura il conflitto tra autorità ecclesiastica (rappresentata dal vescovo) e autorità civile in materia di giudizio nei confronti di chierici colpevoli. Ancora una volta rapporti con l’ambito franco-fiammingo e con Maître Honoré (in part. con il Decretum di Tours). f. 185v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam clerici propria (mm 33×46), all’incipit della Causa XII. La scena raffigura un ecclesiastico morente che detta il suo testamento, alla presenza dei familiari (due laici riconoscibili dall’abbigliamento) e di un frate; in basso, ai margini della scena un altro frate verga il testamento. f. 195v: iniziale maggiore istoriata D di Diocesani cuiusdam baptismalis (mm 39×49), all’incipit della Causa XIII. La scena raffigura un chierico e un monaco che assistono a una funzione sacra, che si svolge, scandita da una colonna centrale in due fasi. f. 200r: iniziale maggiore istoriata C di Canonici cuiusdam ecclesie (mm 40×50), all’incipit della Causa XIV. La scena raffigura due monaci che stigmatizzano davanti a un vescovo il peccato di usura, personificato forse dalla figura di un laico che tiene sotto il braccio un registro di conti. f. 203r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam clericus in crimine (mm 41×48), all’incipit della Causa XV. La scena raffigura il vescovo che punisce i chierici colpevoli di atti immorali. La tradizione iconografica è ancora una volta quella franco-fiamminga. f. 208r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam abbas parrocchianam (mm 44×45), all’incipit della Causa XVI. La scena raffigura un monaco che officia la funzione sacra davanti all’altare, assistito da due conversi, su mandato dell’abate, che caccia dalla chiesa i preti che hanno avuto dall’autorità vescovile mandato di officiare. f. 221v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam presbiter infirmitate (mm 40×48), all’incipit della Causa XVII. La scena raffigura un chierico malato che, in presenza dell’abate accorso al suo capezzale, rinuncia al sacerdozio per diventare monaco.

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f. 225r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam abbas consecratus (mm 45×47), all’incipit della Causa XVIII. La scena raffigura un abate che viene ordinato vescovo. f. 227v: iniziale maggiore istoriata D di Duo clerici ad monasterium (mm 40×47), all’incipit della Causa XIX. La scena raffigura due chierici che ricevono dal vescovo licenza di entrare in monastero. f. 228v: iniziale maggiore istoriata D di Duo pueritiae annos agentes (mm 40×49), all’incipit della Causa XX. La scena raffigura due fanciulli che vengono condotti dai genitori in monastero, dove sono accolti dall’abate e da un gruppo di monaci. f. 230v: iniziale maggiore istoriata A di Archipresbiter cuiusdam ecclesie (mm 44×51), all’incipit della Causa XXI. La scena raffigura un chierico che, ammonito dal suo vescovo, rappresentato in cattedra abbigliato con paramenti solenni, cerca sostegno in un giudice civile, raffigurato sulla destra. f. 232v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam episcopus falsum iuravit (mm 45×50), all’incipit della Causa XXII. La scena raffigura un vescovo, che viene denunciato da un subordinato all’autorità del metropolita. Tradizione iconografica franco-fiamminga e parigina. Fondo a piccoli riquadri. f. 239v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam episcopus cum plebe (mm 50×49), all’incipit della Causa XXIII. La scena raffigura il vescovo metropolita, seduto in cattedra, vestito dei paramenti solenni e in atto di benedire, tra uomini d’arme (uno è inginocchiato ai suoi piedi) e uomini di Chiesa. Anche qui l’esemplare rossiano segue la stessa tradizione dei mss. di Tours e di Olomuc, ma rivela analogie stilistiche anche con il Decretum di Cambrai, Bibliothèque municipale, ms. C. 623 (f. 217v). f. 258r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam episcopus in heresim (mm 43×51), all’incipit della Causa XXIV. La scena raffigura un vescovo eretico, seduto su una sedia curule in oro con protomi leonine, che inveisce contro un gruppo di chierici. f. 267v: iniziale maggiore istoriata S di Sacrosancta Romana ecclesia (mm 41×56), all’incipit della Causa XXV. La scena raffigura un vescovo (che tiene in mano la croce patriarcale) e un giovane sovrano (che porta una sorta di scettro gigliato astile), che discutono davanti all’autorità vescovile circa la riscossione delle decime. Sono presenti altri due vescovi e un sovrano anziano in secondo piano. f. 271r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam sacerdos sortilegium (mm 47×53), all’incipit della Causa XXVI. La scena raffigura un vescovo che accusa un chierico di pratiche di stregoneria. f. 276v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam vir votum castitatis (mm 47×56), all’incipit della Causa XXVII. La scena raffigura la contesa tra un uomo e una donna (quest’ultima accompagnata da un religioso con funzioni di difensore) davanti all’autorità civile.

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f. 284v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam vir infedelis (mm 43×51), all’incipit della Causa XXVIII. La scena raffigura un abate, circondato da monaci, che accoglie un infedele; questi, convertitosi al cristianesimo, chiede di contrarre un nuovo matrimonio. f. 288r: iniziale maggiore istoriata C di Cuidam nobili nuntiatum est (mm 48×59), all’incipit della Causa XXIX. La scena raffigura un nobiluomo, che chiede in moglie una donna pure nobile in presenza dell’autorità regia. f. 289r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam vir populorum frequentia (mm 40×51), all’incipit della Causa XXX. La scena raffigura un uomo e una donna, che conducono il loro figlio davanti a un abate seduto in cattedra, per farlo battezzare. Il padre tiene un altro figlio per mano. f. 292v: iniziale maggiore istoriata U di Uxorem cuiusdam alius constupravit (mm 45×50), all’incipit della Causa XXXI. La scena raffigura un matrimonio riparatore tra due adulteri. La donna, che è rimasta vedova del primo marito, è raffigurata in gramaglie. f. 294v: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam vir cum (non) haberet (mm 48×51), all’incipit della Causa XXXII. La scena raffigura il matrimonio tra un giovane e una meretrice. f. 304r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam maleficiis impeditus (mm 52×55), all’incipit della Causa XXXIII. La scena raffigura una causa di annullamento di matrimonio, motivata dall’impotenza del marito, che si svolge davanti all’autorità civile. f. 307r: iniziale maggiore istoriata H di His breviter decursis, all’incipit del Tractatus de poenitentia (mm 49×63), raffigurante due penitenti inginocchiati davanti a un vescovo in cattedra. f. 336r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam vir in captivitatem ductus (mm 46×57), all’incipit della Causa XXXIV. La scena raffigura un uomo, che si presenta davanti al giudice civile per chiedere che la moglie, che si è risposata durante la sua prigionia, torni con lui. f. 337r: iniziale maggiore istoriata Q di Quidam vir, mortua uxore sua (mm 48×56), all’incipit della Causa XXXV. La scena raffigura un vescovo che celebra il matrimonio di un vedovo. In basso l’animula della moglie defunta. f. 343r: iniziale maggiore istoriata F di Filiam cuiusdam patre ignorante (mm 44×49), all’incipit della Causa XXXVI. La scena raffigura un banchetto, cui partecipano uomini e donne e che si svolge davanti a una tavola imbandita, mentre un musico suona una viola da braccio. f. 344v: iniziale maggiore istoriata C di Consecrationem et missarum celebrationem (mm 50×54), all’incipit della pars tertia, De consecratione. La scena raffigura la celebrazione della funzione sacra per la liturgia del Canone; la cerimonia, è suddivisa in tre momenti, per il tramite di una scansione spaziale ottenuta con due colonne. Fondo oro. Il Decretum rossiano (per un’introduzione all’opera cfr. la scheda 308), come si è visto, va a inserirsi in una tradizione iconografica che si sviluppa nella Fran-

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cia settentrionale e in particolare a Parigi, nei primi decenni del secolo XIV. Melnikas, tuttavia (MELNIKAS, Corpus I, 58), precisa ulteriormente l’ambito di produzione, accostando il ms. rossiano al Decretum, ms. C. 623 di Cambrai, Médiathèque municipale, e assegnandoli entrambi a un maestro attivo a Parigi nel IV-V decennio del Trecento e molto vicino al Maestro della Vita di san Luigi (che peraltro illustra un altro testimone del Decretum, il ms. lat. 16898 della Bibliothèque nationale de France), da individuarsi molto probabilmente tra gli artisti fiammingi attivi a Parigi in quegli anni. E vanno in questo senso le linee del programma iconografico (come ha dimostrato l’analisi delle singole iniziali istoriate), ma anche il taglio compositivo delle immagini, oltre che i caratteri stilistici. Per proporre, insieme a Melnikas (MELNIKAS Corpus I, 58-59), un esempio significativo, è importante sottolineare che nell’illustrazione della Distinctio I, il pontefice viene raffigurato, come nella tradizione nord europea, nell’atto di dettare le norme canonicali e non in contrapposizione al sovrano, rappresentante del potere laico. Se i raffronti dei caratteri formali del programma figurativo sembrano confermare quasi costantemente l’ipotesi di una coincidenza di paternità tra i due esemplari (il rossiano e il cambrense), non sempre, tuttavia, i due manoscritti coincidono per le scelte iconografiche (si cfr. ad esempio la miniatura tabellare a f. 247v del Decretum di Cambrai con l’iniziale istoriata a f. 267v del Ross. 307) e nel richiamo quindi a una stessa tradizione; mentre fortissimi e indiscutibili appaiono i legami del cambrense con il parigino 16898. Analoghe comunque le scelte stilistiche, la qualità dei colori, l’attenzione alle fisionomie e ai particolari dell’abbigliamento e dei paramenti, l’eleganza delle figure, la tipologia del panneggio, che fanno dell’artista e della sua bottega un esponente significativo della miniatura d’oltralpe di questo torno di anni. Solo un’analisi comparata tra gli esemplari più significativi della famiglia iconografica cui i due manoscritti appartengono potrà forse dare una risposta più chiara su questo problema storiografico. Da sottolineare, infine, la peculiare scelta da parte del miniatore di Ross. 307 di illustrare attraverso le iniziali istoriate il contenuto delle Causae, alle quali a questa altezza cronologica è dedicato quasi costantemente (anche negli esemplari della stessa tradizione) lo spazio di una illustrazione autonoma. Stato di conservazione discreto. Qualche attacco di tarlo sui primi fogli, sul margine inferiore e su quello laterale esterno, che scompare già a f. 8. Tagliato e resecato sul margine esterno il f. 83. Restauro a rattoppo ai ff. 99, 110 (ma con strappo della pergamena). Qualche difetto di concia, per es. a f. 114. Legatura Rossi A, in condizioni mediocri (da sottolineare il distacco del dorso). Sul dorso si legge, in alto DECRETUM GRATIANI; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) ANNI 1334. Una nota vergata in scrittura corsiva su f. IIr recita Correcto et compilado per me Zoanne Paulo Rondanelo da Luga, 1501, die 11 octobris, e fornisce un elemento di riflessione sulle vicende del codice nei secoli successivi alla sua realiz-

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ROSS. 307-308

zazione, per la provenienza (ad evidenza da area veneta) di quello che sembra essere un commentatore. (SILVA TAROUCA, II, 142r; Bibl. Rossianae, III, 302r) TIETZE, Die illuminierten, 30-31 nr. 46; MELNIKAS, Corpus I-III, passim.

SILVIA MADDALO

Ross. 308 (olim VIII, 244) Decretum Gratiani cum glossis (Glossa ordinaria di Bartolomeo da Brescia): Distinctiones Decreti (ff. I-98v); Causae I-XXXVI (il De poenitentia non è distinto dalla questio 2 della Causa XXXIII) (ff. 99r-373v); De consacratione (des. mutilo in Dist. V, c. 40, audire filium loquentem que nescit cum) Francia settentrionale (Parigi?), sec. XIV, prima metà Membr; ff. III (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-III cart. di restauro), 405, IV’ (I’-III’ cart. di restauro, IV in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione moderna manuale, in cifre arabe, in alto a destra, a matita sul recto dei fogli; fascicolazione regolare a senioni (a eccezione di un binione, ff. 96-98, a cui però manca un foglio, e a un quaterno, che corrisponde al fascicolo finale, ff. 399-405, che ha perso un foglio); richiami orizzontali in basso a destra non sempre visibili; mm 442×290; testo a due colonne di dimensioni variabili (ca. mm 280×175, 46-48 linee ognuna), spazio intercolonnare mm 8; segnatura alfanumerica dei fascicoli sul recto (incompleta), nell’angolo inferiore destro; rigatura a piombo. Scrittura gotica libraria francese a inchiostro bruno tanto nel testo (diverse mani dell’inizio del sec. XIV), quanto nella glossa (coeva al testo ma di mano diversa). Poche glosse interlineari e annotazioni marginali in corsiva del secolo XIV.

L’apparato illustrativo del codice è costituito da 37 illustrazioni (mutilo all’inizio, le due scene corrispondenti alle Distinctiones sono state asportate, 36 sono relative alle Causae, una al De consacratione); ognuna di esse è accompagnata da un’iniziale fitomorfa o zoomorfa, a seconda dei casi. Le scene sono inserite in riquadri miniati (da un minimo di mm 30×80 a un massimo di mm 85×76, accompagnate da iniziali nel testo o nella glossa (da un minimo di mm 16×20 a un massimo di mm 22×22, in ogni modo corrispondenti a 4 o 5 linee). Rubriche in ros-

Ross. 308, f. 212v

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

so; titoli correnti e iniziali rubricate di rosso e di blu decorate con filigrana del colore opposto all’inizio dei capitoli, nel testo e nella glossa; le rubriche in rosso segnano anche l’inizio delle varie parti e delle cause, e a loro segue, generalmente, la prima parola del testo in scrittura distintiva in rosso e blu. Segni di paragrafo in rosso e blu. Alcune lettere sono colorate in giallo. I due sistemi per i rimandi del testo alla glossa, lemmi sottolineati nel testo e lettere dell’alfabeto nei margini, vengono usati in contemporanea. Al di sotto delle rubriche si sviluppa un complesso sistema decorativo in filigrana realizzata con inchiostro nero, dove sono riconoscibili elementi zoomorfi. I riquadri miniati che illustrano il testo hanno cornici rosa e azzurre, spesso ornate ai quattro angoli dai gigli di Francia, e fondi d’oro a quadretti alternati gigliati blu e amaranto, sui quali spiccano delle eleganti figure esili dai visi e mani pallide. Le iniziali, decorate anch’esse con motivi in biacca su fondi azzurri e rosa, si sviluppano in brevi code a carattere vegetale, alcune con delle terminazioni caleidoscopiche; in altre casi, la decorazione è arricchita da animali o ibridi zoomorfi (f. 154v). Gli elementi architettonici di stampo gotico sono parte integrante delle scene: talvolta è una successione di archi a sesto acuto che accoglie i diversi personaggi individuando il ruolo preciso di ognuno di loro (f. 122r); in altre sono veri e propri edifici con i caratteristici pinnacoli sopra i contrafforti e il rosone nella facciata, a rappresentare una chiesa o un monastero (f. 99r). La tavolozza dei colori comprende toni scuri: blu scuro, rosso, amaranto, grigio, oltre al bianco piombo che spicca nei visi delle figure o nei panni d’altare. La foglia d’oro incastonata in una spessa linea nera di contorno decora il bordo delle iniziali e i gigli di Francia che ornano gli angoli delle vignette. f. 1r:

Distinctiones (Pars I). Mutilo della miniatura iniziale e di gran parte del margine inferiore, in cui si inseriva probabilmente un’altra scena. Titolo in scrittura distintiva in rosso e blu. Listelli verticali in rosa e blu con decorazioni in biacca con bordi in foglia d’oro. Nel margine inferiore una figura con cappuccio, scudo e spada ricorda il gusto delle drôleries. f. 99r: riquadro miniato all’inizio della Causa I. Simonia per l’accoglimento di un fanciullo in monastero. I genitori portano il figlio in monastero e consegnano dei soldi ai monaci in cambio della sua ammissione. f. 122r: riquadro miniato all’inizio della Causa II. Il vescovo è spogliato degli attributi propri alla sua dignità episcopale dall’autorità secolare rappresentata da due soldati. f. 142v: riquadro miniato all’inizio della Causa III. Il vescovo recupera le sue prerogative e i suoi attributi episcopali, due soldati gli riconsegnano la mitra e lo aiutano a sedersi sul trono vescovile. f. 152r: riquadro miniato all’inizio della Causa IV. Un uomo scomunicato accusa un vescovo davanti a un giudice, un fanciullo lo accompagna e testimonia a favore dell’accusa da lui avanzata.

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ROSS. 308

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f. 154v: riquadro miniato all’inizio della Causa V. Un tribunale sinodale giudica un vescovo rappresentato da due avvocati. Una figura in piedi, forse l’accusatore, è spostata sotto la scena principale, in un riquadro a parte. f. 157r: riquadro miniato all’inizio della Causa VI. Un vescovo è accusato del peccato di simonia da due fornicatori. L’accusato è giudicato da un arcivescovo di un’altra provincia. f. 161r: riquadro miniato all’inizio della Causa VII. Scena di litigio tra due vescovi in presenza del papa. f. 168r: riquadro miniato all’inizio della Causa VIII. Un vescovo morente indica il suo successore alla presenza di altri religiosi. f. 171v: riquadro miniato all’inizio della Causa IX. Un arcivescovo, al centro della scena, con la mano destra espelle un cappellano che era stato ordinato da un altro vescovo, mentre con la mano sinistra ordina un altro cappellano che sta celebrando la messa davanti all’altare in una cappella gotica. f. 174v: riquadro miniato all’inizio della Causa X. Un vescovo accusa un laico davanti al papa. f. 178v: riquadro miniato all’inizio della Causa XI. Davanti a un giudice civile, il vescovo difende il suo diritto a giudicare i chierici colpevoli. f. 192r: riquadro miniato all’inizio della Causa XII. Un ecclesiastico morente detta il suo testamento; accanto al letto, familiari, dipendenti e altri personaggi. f. 204r: riquadro miniato all’inizio della Causa XIII. Due chierici, al centro della scena, rivolti verso una chiesa chiedono forse ai parrocchiani di mantenere rapporti con la loro parrocchia di origine (rappresentata dall’edificio a sinistra dell’immagine), che hanno abbandonato. f. 209r: riquadro miniato all’inizio della Causa XIV. Due episodi in sequenza: a sinistra, alcuni monaci accusano d’usura un commerciante davanti a un giudice civile; a destra, il commerciante, al cospetto del giudice, cerca di difendersi. f. 212v: riquadro miniato all’inizio della Causa XV. Due episodi in sequenza: a sinistra, un chierico prova a sedurre una donna; a destra, lo stesso chierico uccide un uomo con un pugnale. f. 218r: riquadro miniato all’inizio della Causa XVI. Un abate incarica arbitrariamente un monaco di provvedere ai servizi religiosi di una parrocchia. f. 232v: riquadro miniato all’inizio della Causa XVII. Un chierico malato in un letto, in presenza di altri monaci rinuncia al sacerdozio per diventare monaco. f. 237r: riquadro miniato all’inizio della Causa XVIII. Un abate è ordinato vescovo. f. 240v: riquadro miniato all’inizio della Causa XIX. Due chierici chiedono al vescovo licenza di entrare in monastero. f. 242r: riquadro miniato all’inizio della Causa XX. Un fanciullo indossa le vesti monastiche per entrare in monastero.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 245r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXI. Un chierico che è stato ammonito dal suo vescovo, rappresentato sulla sinistra della scena, cerca sostegno in un giudice civile, sulla destra. f. 247r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXII. Disputa tra un vescovo e un arcidiacono; nella scena ciascuno dei due celebra la messa presso altari diversi. f. 256v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXIII. Un vescovo, da solo, prova a convincere un gruppo di eretici. f. 280r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXIV. Un vescovo eretico inveisce contro due chierici e toglie loro ogni incarico. f. 292r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXV. Un monaco e un avvocato discutono davanti al vescovo circa la riscossione delle decime. f. 296r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXVI. Un vescovo rimprovera un chierico, accusato di dedicarsi a pratiche di stregoneria. f. 303v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXVII. Un uomo abbandona una donna per dirigersi verso un edificio ecclesiastico. f. 311v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXVIII. Un sacerdote celebra un matrimonio cristiano in presenza della prima moglie pagana dello sposo. f. 315v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXIX. Una nobildonna è contesa fra due uomini. La donna viene decapitata e la testa asportata. f. 317r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXX. Scena di battesimo. f. 320r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXXI. Celebrazione di un matrimonio riparatore in presenza del catafalco del marito defunto della donna. La fretta dei due adulteri è simboleggiata dalle candele ancora accese nella camera del defunto. f. 322r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXXII. Un sacerdote celebra il matrimonio tra un giovane e una prostituta. La sposa sembra vergognarsi e si nasconde dietro lo sposo. f. 330v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXXIII. Un giudice deve decidere circa la validità di un matrimonio, a causa della sopraggiunta impotenza del marito; ciascuno dei due sposi prova ad allontanarsi. f. 364r: riquadro miniato all’inizio della Causa XXXIV. Il primo marito, che era stato fatto prigioniero e poi rilasciato ma che la moglie credeva morto, si presenta davanti al giudice con cappello e bastone a simboleggiare il lungo viaggio affrontato. Chiede al giudice che la moglie torni da lui, nonostante nel frattempo si sia risposata con un altro uomo. f. 365v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXXV. Un catafalco coperto rappresenta la prima moglie defunta, mentre il prete celebra la messa nuziale per i nuovi sposi; la seconda moglie si nasconde dietro al futuro marito. f. 372v: riquadro miniato all’inizio della Causa XXXVI. Un giovane offre un regalo a una donna cercando di sedurla e subito dopo la aggredisce e prova a stuprarla.

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ROSS. 308

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f. 374r: riquadro miniato all’inizio di De consecratione. Consacrazione di una chiesa. L’opera di Graziano Concordia discordantium canonum (più conosciuta come Decretum Gratiani) costituisce una delle compilazioni più conosciute e diffuse di tutto il diritto canonico medievale. Graziano, monaco camaldolense e magister presso il monastero dei Santi Felice e Nabbore a Bologna, verso la metà del sec. XII (ca. 1140) elabora più che una semplice collezione di canoni, un vero e proprio trattato dottrinale, basandosi su vari testi giuridici ecclesiastici. Questi testi vengono presentati sulla base di una sistemazione logica e sono accompagnati da una spiegazione in cui l’autore cerca di risolvere le discordanze e le contraddizioni, reali o apparenti. Successivamente, il testo verrà corredato di glosse da Giovanni Teutonico e Bartolomeo da Brescia (ADAMI, Il Decretum, 12). Il Ross. 308 presenta un programma decorativo che segue l’impostazione generale dei testi giuridici miniati, con una illustrazione per ogni Causa e iniziali che segnano i diversi capitoli o paragrafi. Con ogni probabilità si tratta dell’opera di un unico artista, con interventi sporadici di una seconda mano molto meno abile (es. f. 192r). L’illustrazione del testo ha un forte legame con la produzione francese del Nord dei primi decenni del sec. XIV, in particolare quella parigina, come pare confermare anche l’affermazione di Soetermeer secondo cui il codice presenterebbe una variante parigina della Glossa ordinaria di Bartolomeo da Brescia (SOETERMEER, Utrumque ius, 240). Di fatto, l’esemplare presenta già alcuni elementi propri dei primi anni del Trecento, come ad esempio le decorazioni a scacchi in blu e amaranto, che riflettono il nuovo gusto per la frammentazione e il preziosismo. Inoltre presenta alcuni aspetti attardati, come la stilizzazione grafica delle figure e il colorito piatto e senza modellato. In questo senso presenta delle affinità nei modelli figurativi con un Decreto conservato a Tours (Tours, Bibliothèque municipale, ms. 558; d.to 1285-1289), oltre che nelle soluzioni fitomorfe e antropomorfe: Tours ms. 558, f. 145 (riprod. MELNIKAS, Corpus I, Causa V, fig. 23) e Ross. 308, f. 154v (riprod. MELNIKAS, Corpus I, Causa V, fig. 15). Dal punto di vista iconografico, il ciclo di immagini è legato al contenuto del testo, anche se il miniatore preferisce talvolta rappresentazioni più o meno stereotipate rispetto a scelte più innovative attestate in codici coevi. Allo stesso modo, la forte presenza dell’autorità civile nelle illustrazioni costituisce un altro elemento che collega il nostro codice alla produzione del Nord della Francia, a fronte di una più forte presenza della chiesa attestata invece negli esemplari del Decreto miniati a Bologna o nel Midi (AVRIL, Manuscrits, 289 nr. 234). È possibile sottolineare l’esistenza di corrispondenze iconografiche con altri due esemplari del Decreto conservati presso la Bibliothèque nationale de France: uno fu prodotto a Parigi ed è databile al 1314 (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 3893; Les fastes, Scheda nr. 233); un altro fu miniato nella zona della Langedoc ed è databile al 1320 (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 3898; Les fastes, Scheda nr. 234), come nel caso della scena corrispondente alla Causa

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

XV in cui un chierico prova prima a sedurre una donna e poi, sempre lo stesso chierico, uccide un uomo con un pugnale. La stessa immagine, con minime varianti stilistiche, è presente in tutti e tre i codici: Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. lat. 3893, f. 196v; ms. lat. 3898, f. 204v e Biblioteca Vaticana, Ross. 308, f. 212v (riprod. MELNIKAS, Corpus II, Causa XV, Pl. II, Pl. IV e fig. 19 rispettivamente). Lo stato di conservazione appare mediocre, sono state ritagliate due miniature dal foglio iniziale (f. 1r) e una testina dal f. 315v. Inoltre il testo è mutilo, come si rileva dal fatto che si concluda con la frase filium loquentem que nescit ///. La legatura Rossi A, in pelle marrone con motivi decorativi impressi a secco e in oro, non risulta più saldamente solidale con la compagine dei fascicoli. Sulla parte alta del dorso – che peraltro sembra sia stato aggiunto in un secondo momento – si legge: DECRETUM GRATIANI CUM GLOSSIS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Nel f. 2r, la nota manoscritta loci Sancte Marie gratiarum montis Prandoni Ordinis Minorum fa riferimento alla Biblioteca del convento di Santa Maria delle Grazie presso Monteprandone, fondata da san Giacomo dalla Marca, luogo in cui doveva essere conservato questo manoscritto, in seguito passato alla biblioteca di Giovan Francesco de Rossi. (SILVA TAROUCA, II, 143r; Bibl. Rossianae, III, 303r) TIETZE, Die illuminierten, 30-31 nr. 46; KUTTNER, Repertorium, 115; SCANO, I manoscritti, 33-34 nr. 19; GUIZARD, Codices manu scripti, 25; MELNIKAS, Corpus III, 1258-1259 lista fig.; SOETERMEER, Utrumque ius, 240; MADDALO, TORQUATI, Il catalogo dei manoscritti miniati, 176, nr. 15.

MARTA PAVÓN RAMÍREZ

Ross. 310 (olim VIII, 246) IOHANNES BALBUS

DE

GENUA, Summa quae vocatur Catholicon

Francia settentrionale, sec. XIV, prima metà Membr.; ff. VII, 399 (I in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VII cart.), VII’ (I’-VI’ cart., il VII’ in cartoncino azzurro come la controguardia); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro dei fogli, non numerato un foglio tra 332 e 333. Fascicolazione regolare, in senioni, che presenta richiami orizzontali al fascicolo successivo spesso inseriti in leggeri tratti ornamentali e posti nel margine destro del foglio; mm 420×285. Scrittura gotica testuale francese formalizzata di mano unica, a inchiostro nero, di modulo piccolo e uniforme, dall’andamento regolare e stesura ordinata. Specchio scrittorio (mm 300×190) su due colonne (spazio intercolonnare mm 2) e 59 linee di testo; la rigatura a piombo presenta 4 rettrici verticali – che delimitano rispettivamente il margine destro, sinistro e lo spazio intercolonnare – due rettrici oriz-

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ROSS. 308-310

zontali per il margine superiore mentre una sola definisce il margine inferiore; la scrittura comincia sotto la prima riga.

L’elegante apparato decorativo è costituito da 1 ricca pagina di incipit decorata in bordura sui quattro lati e nello spazio intercolonnare con delicati elementi fitomorfi rossi e blu di gusto francese e 1 iniziale abitata ancora nel f. 1r; 28 iniziali maggiori (di modulo vario compreso tra i mm 30×30 e 70×50), rese nei vivaci colori rosa, rosso, blu e oro su fondo in foglia d’oro, appaiono decorate con vivaci motivi fitomorfi e animali e presentano suggestive drôleries; numerose iniziali filigranate di modulo inferiore (mm 15×15) alternate in blu e rosso. Titoli correnti e incipit rubricati, segni paragrafali rossi e blu completano la decorazione che appare omogenea e riconducibile a un unico intervento decorativo.

Ross. 310, f. 1r

f. 1r: sulla stessa linea dell’incipit rubricato (Summa quae vocatur Catholicon edita a fratre Iohanne de Genua Ordinis fratrum predicatorum) la bella iniziale abitata P di Prosodia quedam partes (mm 50×40) appoggia su fondo rosa antico il corpo della lettera in colore blu riccamente rifinito da leggeri tratti esornativi in oro; al suo interno, su fondo blu preziosamente toccato in oro, un frate tonsurato, abbigliato con la veste nera e bianca dell’ordine domenicano, seduto su scranno intento a leggere un libro poggiato su un leggio, dal quale scende una pergamena a forma di rotolo. Dovrebbe trattarsi dello stesso autore (Iohannes Balbus de Genua), ritratto nel momento della preparazione della sua opera. Dalla lettera si diparte verso l’alto un tralcio con foglie trilobate in oro e blu, mentre l’asta intarsiata della P si prolunga lungo tutto lo specchio scrittorio prima in colore blu poi in rosa antico, arricchita da nuovi tralci vegetali in foglia d’oro e blu e diversi animali di piccola taglia: nel bas-depage un leprotto è colto nell’atto di sfuggire a un cane che lo rincorre abbaiando, a metà del margine laterale esterno un picchio è ritratto nell’atto di beccare le foglie, mentre un pavone rivolto verso il taglio del codice (nel margine inferiore destro) riposa appoggiato su un ramo; da notare infine l’uccello ritratto nel margine superiore destro, del quale si vedono solo le zampe, poiché c’è stata purtroppo caduta di parte della pergamena nell’angolo superiore del f. 1. A f. 1r è anche la prima delle iniziali decorate: ancora una P di Prima ergo. Il corpo della lettera, che misura mm 35×35, è color rosa antico su fondo blu con leggeri orna-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

menti a biacca. All’interno, il fondo oro presenta un tralcio vegetale blu spiraliforme, con foglie rosa e rosse, come quelle della decorazione del margine. L’asta della P, che scende verso il basso per ulteriori mm 15, con elementi fitomorfi simili a quelli della cornice, costituisce ornamento dell’intercolonna. Ornate allo stesso modo della P le altre 27 iniziali maggiori che introducono alle varie partizioni del lessico (organizzato in ordine alfabetico); sempre presente l’asta con racemi fogliacei trilobati e molto ricche le originali drôleries che si accompagnano alle iniziali: forse giova segnalare il ricorrere della presenza di un essere mostruoso tipo drago con artigli e bocca spalancata da cui fuoriescono tralci fogliacei (cfr. ad es. ff. 53r, 137v, 153v, 188v); da notare ancora la lettera H (mm 60×50) di f. 197r che si accompagna a una decorazione dove un guerriero munito di elmo, scudo e spada sembra inseguire e combattere una farfalla e infine la bellissima X (mm 40×50) di f. 398v, che ha il corpo della lettera in blu su fondo oro ed è accompagnata da un fogliame dai colori vividi (blu, rossi e rosa): nel margine superiore del foglio una ricca decorazione fogliacea, che comprende anche il margine intercolonnare e il bas-de-page, si conclude in un essere mostruoso tipo arpia, con zampe e ali da rapace e orecchie da cane. L’apparato ornamentale, come detto elegante e di buon livello esecutivo, fa propendere per una collocazione geografica dell’esemplare nella Francia settentrionale e, suffragato dagli elementi paleografici, spinge a ipotizzare una datazione non posteriore alla prima metà del sec. XIV, cronologicamente non molto distante dunque dalla composizione dell’opera che fu completata il 7 marzo 1286, come si legge nella conclusio libri dello stesso autore. Il Catholicon è un trattato di ortografia, etimologia, sintassi, prosodia e retorica latina, nonché un dizionario etimologico che conta più di 14.000 lemmi; dell’autore, il domenicano Iohannes Balbus da Genova, non si conosce molto altro che un probabile anno di morte, 1298. La Summa, invece, grazie anche alla relativa facilità di consultazione, ebbe un eccezionale e immediato successo fino a tutto il basso medio evo per interpretare “correttamente” la Bibbia. Moltissime copie trovarono molto presto posto in collegi, conventi e collezioni private in tutta Europa (prova ne è il grande numero di manoscritti tuttora esistenti, che raggiunge il considerevole traguardo di 190 pezzi, cfr. POWITZ, Le Catholicon, 300). Il Catholicon fu anche uno dei primi libri a ottenere l’onore della stampa: fu infatti edito nell’officina di Johann Gutenberg a Mainz intorno al 1460 e fu ristampato almeno altre 24 volte prima del 1500. Nella biblioteca di de Rossi vi è anche un esemplare a stampa della Summa: si tratta di un incunabolo del 1470, prodotto a Strasburgo per i tipi di Adolf Rusch (Stampati Ross. 639-640). Lo stato di conservazione del manoscritto è buono, discreto quello della legatura, di tipo Rossi A, che presenta il dorso parzialmente staccato dai piatti ed è per questo ricoperta di un cartoncino azzurro. Sul dorso, in alto, si legge FR(ATRIS)

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ROSS. 310-313

IOH(ANNIS) DE BALBIS / IANUENSIS / SUMMA QUAE VOCATUR / CATHOLICON; in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. Ancora più in basso EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRMANI. Nel più antico inventario della biblioteca del cardinale Domenico Capranica (1400-1458), datato 1480 (ms. Vat. lat. 8184), è citato al nr. 368 di f. 44r. (SILVA TAROUCA, II, 145r, Bibl. Rossianae, III, 305r) GOLLOB, Die Bibliothek, 27; TIETZE, Die illuminierten, 32 nr. 50.

LAURA FORGIONE

Ross. 313 (olim IX, 3) Psalterium cum canticis et precibus: Kalendarium (ff. 1’r-10’r); Psalterium (ff. 10’v229v); Cantica (ff. 229v-247v); Preces (ff. 247v-265r) Francia settentrionale, sec. XIIIin. Membr. (pergamena grigiastra, molto liscia); ff. VI, 10’, 278, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro; i primi 10 fogli del codice, non numerati, contengono il calendario); mm 148×106 (f. 1); numerazione moderna a inchiostro nell’angolo in alto a destra, per i ff. 1-265, non considera il calendario (ff. 1’-10’); numerazione progressiva dei fascicoli in cifre arabe, apposta sul recto del primo foglio, al centro del margine inferiore; la fascicolazione risulta scorretta, a causa di un errore nella rilegatura, avvenuto successivamente alla numerazione dei fascicoli e dei fogli; scrittura gotica libraria a inchiostro nero; specchio scrittorio a piena pagina (mm 95×60), di 15 linee di scrittura; rigatura a punta metallica sul lato pelo.

La decorazione del codice consiste in 1 iniziale ornata grande, 12 iniziali ornate, delle quali 8 di formato medio (mm 32×32), e 4 di formato piccolo (mm 20×20); iniziali filigranate e colorate in rosso e blu o solo toccate in rosso. f. 10’v: iniziale ornata B di Beatus vir (mm 97×76), all’incipit del Salmo 1. Iniziale di formato grande dipinta in blu e racchiusa entro una tabella d’oro in foglia, incorniciata da un listello lilla, il cui profilo segue le sporgenze della lettera.

Ross. 313, f. 1v

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590

f. 1r: f. 29r: f. 34r: f. 38r:

f. 61v:

f. 69v: f. 84r:

f. 105v:

f. 132r:

f. 146r:

f. 180v:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Gli apici sono ornati da foglie policrome con tre petali ripiegati; da un mascherone posto al centro dell’asta partono due sottili tralci che si avvolgono a spirale nei due occhielli della lettera, terminanti al centro ciascuno con una grossa infiorescenza policroma. Piccoli motivi fogliacei colorati occupano anche gli interstizi della tabella. Le prime parole del testo sono in scrittura distintiva, costituita da caratteri filigranati rossi e blu alternati. iniziale ornata Q di Qui non abiit, all’incipit del versetto del Salmo 1. Lettera piccola d’oro, su fondo azzurro. iniziale ornata D di Domine in virtute tua, all’incipit del Salmo 20. Lettera piccola blu su campo azzurro, riempita da un piccolo tralcio azzurro. iniziale ornata D di Domini est terra, all’incipit del Salmo 23. Lettera piccola blu su campo dorato, riempita da un fiore colorato. iniziale ornata D di Dominus illuminatio mea, all’incipit del Salmo 26. Iniziale media color porpora racchiusa in un quadrato d’oro profilato di blu, con l’occhiello interno riempito da foglie multicolori affrontate su fondo azzurro. iniziale ornata D di Dixi custodiam meam, all’incipit del Salmo 38. Iniziale media di colore blu racchiusa in un quadrato d’oro profilato di lilla, con l’occhiello interno campito in oro e riempito da tralci spiraliformi intrecciati con foglioline arancioni; asta costituita da un ricciolo spiraliforme. iniziale ornata D di Deus auribus nostris, all’incipit del Salmo 43. Lettera piccola blu su campo dorato, riempita da un motivo fogliaceo rosso. iniziale ornata D di Dixi insipiens in corde suo, all’incipit del Salmo 52. Iniziale media di colore blu racchiusa in un quadrato d’oro profilato di lilla, con l’occhiello interno campito in oro e riempito da un motivo floreale di pistilli multicolori; asta costituita da un ricciolo fogliaceo. iniziale ornata S di Salvum me fac Deus, all’incipit del Salmo 68. Iniziale media di colore blu racchiusa in un quadrato d’oro profilato di blu, con gli spazi interni campiti in oro e riempiti da palmette multicolori. iniziale ornata E di Exultate Deo adiutori nostro, all’incipit del Salmo 80. Iniziale media di colore blu racchiusa in un quadrato d’oro profilato di lilla, con l’interno campito in oro e riempito da un motivo fogliaceo policromo. iniziale ornata C di Cantate domino canticum novum, all’incipit del Salmo 97. Iniziale media color porpora racchiusa in un quadrato dorato profilato di blu, con l’interno campito in oro e riempito da tralci spiraliformi intrecciati. iniziale ornata D di Dixit dominus domino meo, all’incipit del Salmo 109. Iniziale media di colore verde racchiusa in un quadrato d’oro profilato di blu, con l’occhiello interno campito in oro e riempito da tralci spiraliformi intrecciati: asta costituita da un ricciolo da cui partono tre foglie allungate disposte a girandola.

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ROSS. 313

591

f. 185v: iniziale ornata D di Dixit quem exaudiet dominus, all’incipit del Salmo 114. Iniziale media di colore blu racchiusa in un campo d’oro profilato in rosso, con l’occhiello interno campito in oro e riempito da motivi fogliacei carnosi policromi; asta costituita da una foglia lobata. L’apparato decorativo del codice consiste esclusivamente nelle iniziali ornate a penna e a pennello; le prime sono poste al principio di ciascuna delle sezioni liturgiche in cui è suddiviso il Salterio e possono a loro volta essere classificate in tre diverse tipologie. Il primo gruppo, al quale appartiene la maggior parte delle iniziali (ff. 61v, 84r, 105v, 132r, 146r, 180v), oltre al capolettera maggiore, collocato in apertura del Salterio (f. 10’v), presenta le lettere campite in blu o porpora, arricchite da piccoli disegni a biacca e racchiuse entro campi dorati incorniciati da un listello colorato tridimensionale; come motivo di riempimento prevale il tralcio sottile avvolto a spirale e percorso da foglioline arancioni, ma compaiono anche girandole di pistilli colorati, foglie carnose o fiori ‘tentacolari’ dai petali sottili ripiegati verso l’interno. La gamma cromatica è arricchita dall’uso del verde, del lilla e dell’arancio. Un secondo tipo, adottato per due sole iniziali (ff. 38r, 185v), è caratterizzato da ornati vegetali costituiti da foglie lobate disposte in disegni simmetrici, campite con colori molto intensi (azzurro rosso, verde) e fortemente chiaroscurati, che riportano al gusto più tipicamente germanico. Infine, il terzo tipo interessa le iniziali di formato minore (ff. 1r, 29r, 34r, 69v), campite in tinte accese tra cui prevale il rosso e arricchite da un semplice motivo fogliaceo o floreale. Le iniziali filigranate sono talvolta corredate da code piuttosto ampie, in forma di spiga o di tralcio floreale, disegnate nei due colori rosso e blu combinati. Il contenuto liturgico del codice ne indica la pertinenza alla regione della Francia nord-occidentale posta al confine con le Fiandre; lo stile della decorazione, oltre a confermare l’ambito geografico di appartenenza, suggerisce una datazione al principio del XIII secolo, in virtù dell’affinità delle miniature del codice con la produzione protoduecentesca di area franco-germanica, ancora improntata a stilemi del linguaggio tardoromanico proprio del cosiddetto Channel Style. A questo riconducono il disegno forte e netto, i colori smaltati, i particolari motivi fitomorfi di riempimento. L’aspetto complessivo delle iniziali, che ricordano per colore e struttura oggetti di oreficeria, nonché l’uso di vistose cornici e l’assenza di elementi zoomorfi, denunciano l’influenza della produzione di area fiamminga o germanica. Sono possibili confronti con la coeva produzione cistercense di area alsaziana, espressa ad esempio nelle iniziali ornate dei corali del monastero di Colmar (Colmar, Bibliothèque municipale, mss. 314, 315, 318, 406), o nei prodotti degli atelier di Parigi, quali il Salterio di Friburgo (Fribourg-en-Brisgau, Universitätsbibliothek, ms. 24), nel quale troviamo, all’incipit del Beatus vir, un capolettera assai vicino a quello del codice rossiano (CAMES, Dix siècles, 44-47).

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592

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il codice si presenta integro e in buono stato di conservazione, fatta eccezione per l’errata ricomposizione dei fascicoli in seguito alla rilegatura. La legatura è di tipo Rossi A. Sul dorso si legge in alto: PSALTERIUM; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XIV. Il codice contiene i Salmi e i cantici biblici, suddivisi in sezioni funzionali all’uso liturgico. Il calendario e le litanie forniscono indizi utili per l’individuazione dell’ambito geografico e culturale di appartenenza, dal momento che vi sono menzionati numerosi santi venerati nelle diocesi dell’Alsazia e della Francia settentrionale, in particolare nell’area delle Fiandre (Arras, Maastricht, Liegi). Nel calendario sono inoltre riportate varie festività dei domenicani, il che permette di ipotizzare che il piccolo manoscritto, evidentemente concepito per la devozione personale, potesse essere destinato a un esponente dell’ordine dei Predicatori, probabilmente a una suora. Le preghiere che seguono le litanie sono infatti rivolte da una famula e nel Confiteor, aggiunto alla fine del testo (f. 265r) e a esso posteriore di poco, la devota si rivolge alle consorelle. Alcune aggiunte posteriori gettano ulteriore luce sulla storia del codice: nel calendario furono annotate alcune festività proprie dell’Italia meridionale, quali la traslazione di san Bartolomeo dall’India all’isola di Lipari e i santi Frequentino di Avellino e Lupo di Benevento. Fu apposto anche il nome di san Nicola da Tolentino. Queste integrazioni, databili al XV secolo (SILVA TAROUCA, II, 149r-150r), attestano il passaggio del codice in area beneventana. L’aggiunta, da parte del possessore, dell’Obitus domine Isabelle (…) matris mee, costituisce un’ultima notazione, di carattere più schiettamente privato. Non si conoscono le circostanze del passaggio del manoscritto nella collezione rossiana. (SILVA TAROUCA, II, 149r-150r; Bibl. Rossianae, IV, 3r-v) SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 27 nr. 49.

GIORGIA CORSO

Ross. 314 (olim IX, 4) Biblia sacra Francia settentrionale (?), sec. XIII2 Membr. (pergamena giallastra, omogenea e sottile); ff. VIII (I in cartoncino bruno; II-VII cart. moderna; VIII in pergamena antica), 534, VIII’ (I’-VII’ cart. moderne; l’ultima guardia in cartoncino bruno); numerazione meccanica in cifre arabiche, nell’angolo in basso a destra; f. 268 strappato; altri fogli, contenenti l’incipit della Genesi e del Salterio, sono stati asportati prima della numerazione; richiami assenti; mm 176×116 (f. 2); scrittura gotica testuale a inchiostro nero, rosso per le rubriche; specchio scrittorio (mm 122×75, spazio intercolonnare mm 6) su due colonne di 50 linee di scrittura; rigatura a mina di piombo, eseguita pagina per pagina.

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ROSS. 313-314

593

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 77 iniziali istoriate (mm 25/39×20/25, ma spesso con code estese quanto l’intercolunnio per più di mm 100) all’incipit dei libri, 80 iniziali ornate (mm 23×23) all’incipit dei prologhi e delle Interpretationes nominorum Hebraicorum; iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore opposto, che spesso si sviluppano lungo i margini verticali della pagina, formando motivi a spiga; letterine toccate in rosso; titoli correnti e numerazione dei paragrafi in caratteri rossi e blu alternati, rubriche rosse. f. 1r:

f. 24v:

f. 41r: f. 52v: f. 69r: f. 84v: f. 95r: f. 105v:

f. 108r: f. 122r: f. 133v: f. 146v:

iniziale istoriata F di Frater Ambrosius, all’incipit dell’Epistula sancti Ieronimi. San Girolamo in veste di frate francescano, intento a leggere. Ross. 314, f. 399v iniziale istoriata H di Hec sunt nomina, all’incipit del Liber Exodi. Mosè riceve le tavole della Legge dal Signore. iniziale istoriata V di Vocavit autem Moysen, all’incipit del Liber Levitici. Mosè offre un olocausto al Signore. iniziale istoriata L di Locutus est dominus, all’incipit del Liber Numerorum. Mosè parla ad alcuni Ebrei. iniziale istoriata H di Hec sunt verba, all’incipit del Liber Deuteronomii. Mosè depone nell’Arca le tavole della Legge. iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Iosue. Giosuè e la sua sposa. iniziale istoriata P di Post mortem Iosue, all’incipit del Liber Iudicum. Due giudici. iniziale istoriata I di In diebus unius, all’incipit del Liber Ruth. Elimelech e Noemi in viaggio da Betlemme a Moab. I personaggi sono raffigurati sovrapposti nei due livelli della lettera. iniziale istoriata F di In diebus unius, all’incipit del Liber Regum primus. I filistei trasportano l’Arca dell’Alleanza. iniziale istoriata F di Factum est autem, all’incipit del Liber Regum secundus. Re David fa decapitare l’assassino di Saul. iniziale istoriata E di Et rex David, all’incipit del Liber Regum tertius. Un giovane conduce Abisag dal vecchio re David, che giace a letto. iniziale istoriata P di Prevaricatus est, all’incipit del Liber Regum quartus. Il profeta Elia dialoga con il re Acazia, giacente sul letto di morte.

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594

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 160r: iniziale istoriata A di Adam, Seth, Enos, all’incipit del Liber Parallipomeni primus. Gli Ebrei. f. 171v: iniziale istoriata C di Confortatus est ergo, all’incipit del Liber Parallipomeni secundus. Re Salomone in trono con scettro e corona. f. 186r: iniziale istoriata I di In anno primo, all’incipit del Liber Esdre. Re Ciro presiede alla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. f. 190r: iniziale istoriata V di Verba Neemie filii, all’incipit del Liber Neemie. Due giovani in lotta. f. 195v: iniziale istoriata E di Et fecit Iosias, all’incipit del Liber Esdre secundus. Giosia celebra il rito pasquale davanti a un altare. f. 202r: iniziale istoriata T di Thobias ex tribu, all’incipit di Thobias. La rondine torna al nido, allontanandosi da Tobia, disteso in terra. f. 205v: iniziale istoriata A di Arphaxad itaque rex, all’incipit del Liber Iudhit. Giuditta decapita Oloferne. f. 211r: iniziale istoriata I di In diebus Assuerii, all’incipit del Liber Ester. Ester, in abiti regali, supplica re Assuero in favore del popolo ebraico, rappresentato da uno schiavo legato. I tre personaggi si susseguono entro arcate sovrapposte nel corpo della lettera. f. 216r: iniziale istoriata V di Vir erat in terra, all’incipit del Liber Iob. Giobbe, giacente a terra seminudo, dialoga con alcuni astanti. f. 229r: iniziale istoriata D di Dominus illuminatio mea, all’incipit di Psalmus 26. David al cospetto di Dio indica i propri occhi. f. 231v: iniziale istoriata D di Dixi custodiam meam, all’incipit di Psalmus 38. David al cospetto di Dio indica la propria bocca. f. 233v: iniziale istoriata D di Dixit insipiens in corde, all’incipit di Psalmus 52. Lo stolto al cospetto di David. f. 236r: iniziale istoriata S di Salvum me fac, all’incipit di Psalmus 68. David, sul punto di annegare, si rivolge a Dio che interviene in soccorso. f. 238v: iniziale istoriata E di Exultate Deo adiutori, all’incipit di Psalmus 80. David suona le campane. f. 241v: iniziale istoriata C di Cantate domino, all’incipit di Psalmus 96. Due chierici cantano leggendo da un libro posto sul leggio. f. 244r: iniziale istoriata D di Dixit dominus, all’incipit di Psalmus 109. Immagine trinitaria: il Padre e il Figlio, identici, siedono sul trono, mentre dall’alto discende la colomba dello Spirito Santo. f. 249v: iniziale istoriata P di Parabole Salomonis, all’incipit delle Parabole Salomonis. Re Salomone impartisce la disciplina a Roboamo. f. 258r: iniziale istoriata V di Verba Ecclesiastes, all’incipit dell’Ecclesiaste. Figura della Sapienza in trono, con corona e scettro formato da croce e calice. f. 261r: iniziale istoriata O di Osculetur me, all’incipit dei Cantica canticorum. La Vergine e il Bambino in trono. f. 262r: iniziale istoriata D di Diligite iustitiam, all’incipit del Liber Sapientiae. Re Salomone consegna la spada a un giovane.

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ROSS. 314

595

f. 284v: iniziale istoriata V di Visio Ysayae, all’incipit di Ysayas propheta. Martirio del profeta Isaia, segato in due. f. 303r: iniziale istoriata V di Verba Ieremie, all’incipit del Liber Ieremie prophete. Martirio del profeta Geremia, lapidato. f. 324r: iniziale istoriata Q di Quomodo sedet sola, all’incipit delle Lamentationes Ieremie. Il profeta Geremia piange al cospetto della città di Gerusalemme in rovina. f. 326r: iniziale istoriata H di Hec sunt verba, all’incipit del Liber Baruch. Il profeta Baruch intento a scrivere. f. 329r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit di Ezechiel propheta. La visione di Ezechiele: al profeta appaiono in sogno i simboli dei quattro evangelisti. f. 349r: iniziale istoriata A di Anno tertio regni, all’incipit di Daniel propheta. Daniele ammansisce due leoni nella fossa. f. 257v: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Osee. Osea e la moglie Gomer al cospetto di Dio. f. 360v: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Iohelis. Il profeta Gioele si rivolge agli Ebrei. f. 362r: iniziale istoriata V di Verba Amos qui, all’incipit del Liber Amos. Il profeta Amos si rivolge a Dio. f. 365r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit di Ionas propheta. Giona fuoriesce dalla bocca della balena. f. 366r: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit di Micheas propheta. Il profeta Michea si rivolge agli Ebrei. f. 367v: iniziale istoriata O di Onus Ninive, all’incipit di Naum propheta. Due uomini contemplano degli edifici in rovina. f. 369r: iniziale istoriata O di Onus quod vidit, all’incipit di Abachuc propheta. Il profeta Abacuc. f. 370r: iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit di Sophonias propheta. Il profeta Sofonia accanto a una pianta. f. 371r: iniziale istoriata I di In anno secundo, all’incipit di Aggeus propheta. Il profeta Aggeo. f. 372r: iniziale istoriata I di In mense octavo, all’incipit di Zacharias propheta. Il profeta Zaccaria davanti all’altare del Tempio. f. 375v: iniziale istoriata O di Onus verbi domini, all’incipit di Malachias propheta. Il profeta Malachia al cospetto di un angelo. f. 377r: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum primus. Duello tra due guerrieri. f. 390r: iniziale istoriata F di Fratribus qui sunt, all’incipit del Liber Machabeorum secundus. La consegna della lettera da un giudeo di Gerusalemme a un giudeo d’Egitto. f. 399v: iniziale istoriata L di Liber generationis, all’incipit di Matheus evangelista (mm 100×34). L’albero di Iesse. Iesse addormentato sogna la genealogia di Cristo: dalle sue spalle scaturiscono quattro medaglioni sovrapposti a forma di mandorla, contenenti tre busti di re con scettro e corona e il busto di Cristo.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 412v: iniziale istoriata I di Initium evangelii, all’incipit di Marcus evangelista. L’evangelista Marco, con ai piedi l’aquila, al posto del leone. f. 420v: iniziale istoriata F di Fuit in diebus, all’incipit di Luca evangelista. L’evangelista Luca, nell’atto di scrivere. f. 434r: iniziale istoriata I di In principio, all’incipit di Iohannes evangelista. L’evangelista Giovanni, con ai piedi l’aquila. f. 444r: iniziale istoriata P di Paulus servus servorum, all’incipit dell’Epistula ad Romanos. Paolo mostra una grande croce agli Ebrei. f. 449r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula I ad Chorintios. Paolo celebra la comunione. f. 454r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula II ad Chorintios. L’angelo di Satana visita Paolo addormentato. f. 457r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Galathas. Paolo allontana la famiglia di Hagar. f. 459r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Ephesios. Paolo, in prigione, descrive il soldato di Cristo. f. 460v: iniziale istoriata P di Paulus et Timotheus, all’incipit dell’Epistula ad Philippenses. Paolo percosso da un aguzzino. Il miniatore ha commesso un errore, raffigurando il carnefice armato di una clava, anziché della spada utilizzata per il martirio. f. 462r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Colosenses. Mosè getta via le tavole della Legge al cospetto di Cristo, portatore della nuova Legge divina. f. 463r: iniziale P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistula I ad Tessalonicenses. Paolo parla della resurrezione, indicando i defunti che fuoriescono dai sepolcri. f. 464r: iniziale istoriata P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistula II ad Tessalonicenses. Paolo profetizza la distruzione dell’Anticristo, raffigurato come un uomo colpito al volto da un grosso cuneo. f. 465r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula I ad Timotheum. Paolo descrive l’ordinazione: in veste episcopale, aiuta un chierico a indossare l’abito. f. 466r: iniziale istoriata P di Paulus apostolus Christi, all’incipit dell’Epistula II ad Timotheum. Paolo promette la “corona di giustizia” dei martiri, sfiorando il capo di un giovane incoronato. f. 467r: iniziale istoriata P di Paulus vinctus Christi, all’incipit dell’Epistula ad Titum. Le regole delle età e delle classi sociali: al cospetto di Paolo un uomo e una donna castigano un giovane seminudo (il figlio, oppure uno schiavo). f. 468r: iniziale istoriata P di Paulus, all’incipit dell’Epistula ad Philemonem. Paolo, in abito episcopale, esercita la carità cristiana, portando da mangiare ai poveri e ai carcerati. f. 468r: iniziale istoriata M di Multipharie multisque modis, all’incipit dell’Epistula ad Hebreos. Paolo predica agli Ebrei.

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ROSS. 314

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f. 472r: iniziale istoriata L di Lucas Antyocensis natione, all’incipit del Prologus Actuum apostolorum. L’evangelista seduto nell’atto di scrivere. f. 472r: iniziale istoriata P di Primum quidem sermonem, all’incipit degli Actus apostolorum. Un apostolo predica alla folla. f. 485v: iniziale istoriata I di Iacobus Ihesu Christi, all’incipit dell’Epistula beati Iacobi. L’apostolo Giacomo e un sovrano, raffigurati uno sopra l’altro nei due livelli della lettera. f. 486v: iniziale istoriata P di Petrus apostolus Ihesu, all’incipit dell’Epistula Petri I. Pietro predica alla folla. f. 488r: iniziale istoriata P di Symon Petrus servus, all’incipit dell’Epistula Petri II. Cristo parla a Pietro. f. 488v: iniziale istoriata Q di Quod fuit ab initio, all’incipit dell’Epistula Iohannis I. L’evangelista Giovanni nell’atto di scrivere. f. 490r: iniziale istoriata di Senior Gaio carissimo, all’incipit dell’Epistula Iohannis II. Gli apostoli Pietro e Giovanni. f. 490v: iniziale istoriata I di Iudas Ihesu Christi, all’incipit dell’Epistula Iudas. Giuda. f. 491v: iniziale istoriata A di Apocalypsis Ihesu Christi, all’incipit del Liber Apocalypsis. Giovanni a Patmos nell’atto di scrivere, circondato dagli edifici della città. L’apparato decorativo del codice risulta mancante delle iniziali istoriate all’incipit della Genesi e del Salterio, sicuramente contenute in origine nelle carte asportate. La tavolozza adottata dai miniatori comprende l’azzurro chiaro e il blu, il porpora e il rosa, il verde acqua, l’arancio e il giallo pallido in piccole quantità e varie tonalità di bruno. Le lettere sono caratterizzate dall’abbondanza dell’oro in foglia, utilizzato soprattutto per campire i fondi e incorniciare i campi esterni delle lettere, solitamente quadrettati in rosa o azzurro. I campi dentellati sono rari e dorati. Gli ornati apicali si risolvono in foglie allungate o in tralci che si attorcigliano in spirali da cui scaturiscono sottili foglie disposte a girandola, terminanti con una pallina. Gli occhielli e le aste delle iniziali sono spesso ‘abitate’ da animali reali (uccelli, pesci, cani) o fantastici (draghi, chimere, grifoni), che possono anche sostituire uno o più tratti della lettera. Molte di queste creature presentano una testa canina, e talvolta anche umana. Nelle iniziali istoriate la narrazione è essenziale, ma resa vivace dalla gestualità espressiva delle figure, caratterizzate da corpi longilinei e dinoccolati; le articolazioni sono sottolineate dai panneggi, realizzati con profonde pieghe scure aderenti al corpo, secondo il cosiddetto Muldenfaltenstil (stile ‘a pieghe e avvallamenti’), che imita l’effetto del tessuto bagnato. Questo stile, tipico dell’arte figurativa gotica del primo Duecento, si ritrova applicato nelle miniature delle Bibbie Moralizzate parigine, in particolare nella Bibbia, ms. I. 1-3 della Cattedrale di Toledo (LOWDEN, The Making of the Bibles Moralisées, 95-137). Il codice

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 314 ne offre una versione matura, databile verso la metà del XIII secolo, come nota Eleen, secondo cui «[…] retaining vestiges of the depressed folds in the drapery, the artist of the Rossiana Biblia relies more on a strong, emphatic outline to convey his idea of form, so that the folds become decorations in the road areas defined by de lines» (ELEEN, The Illustration, 126). Un dettaglio ricorrente nelle figure sedute è l’andamento del panneggio, in cui l’orlo della veste forma una piega sinuosa dal tipico disegno a goccia, passando sopra il ginocchio e ricadendone a lato e tra le gambe. È una sigla stilistica che si ritrova anche nelle Bibbie Moralizzate di Toledo e Vienna. Un motivo di particolare interesse risiede nell’iconografia delle miniature che illustrano le Epistole paoline; si tratta infatti di una serie di immagini ispirate al contenuto dottrinale delle epistole, secondo alcune indicazioni fornite da una rara sequenza di prologhi. Eleen, che ha studiato i caratteri e la trasmissione di questa serie, indicandola come Prologus Cycle (ELEEN, The Illustration, 118149) e ipotizzandone l’origine nelle stesse botteghe parigine impegnate durante gli anni ’20 nella realizzazione delle Bibbie moralizzate, ha avvicinato la redazione iconografica presente nel Ross. 314 a quella di una Bibbia bolognese (Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 297), di qualità inferiore, ma simile anche per lo stile, attribuibile a suo avviso alla Francia settentrionale negli anni 124550 (ELEEN, The Illustration, 120-121). I due codici condividono persino uno stesso equivoco nell’iniziale dell’Epistola di Paolo ai Filippesi (f. 460v), laddove il miniatore, dovendo rappresentare il martirio del santo, ha raffigurato il carnefice armato di clava, anziché della spada, probabilmente fraintendendo il modello di riferimento o copiando un’iconografia errata. Il codice si conserva in stato discreto, a parte la perdita di alcuni fogli e le tracce di umidità, particolarmente evidenti negli ultimi fascicoli. Legatura di tipo Rossi A, con decorazioni a impressione in oro (cornice semplice) e a caldo (motivo centrale). Sul dorso si legge, in alto: BIBLIA S(ACRA) / VULG(ATAE) LECTION(IS); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV / ELEG(ANTER) PICT(US). Non si conoscono le circostanze dell’acquisizione del codice da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, IV, 4r-5r) TIETZE, Die illuminierten, 28-29 nr. 43; ELEEN, The Illustration, 120-121.

GIORGIA CORSO

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ROSS. 316

599

Ross. 316 (olim IX, 6) Biblia sacra Francia (Parigi), sec. XIII1 Membr. (pergamena chiara e omogenea); ff. II, 320, II’ (guardie cartacee moderne); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; richiami assenti; mm 162×116; scrittura gotica testuale a inchiostro nero, rosso per le rubriche; specchio scrittorio su due colonne (mm 113×82, spazio intercolonnare mm 5) di 60 linee di scrittura; rigatura a colore e mina di piombo, eseguita pagina per pagina.

La decorazione del codice comprende 1 iniziale istoriata (mm 98×22), 83 iniziali ornate a pennello grandi (mm 80×24), medie (mm 30×18) e piccole (mm 10×8), poste all’incipit di liRoss. 316, f. 3r bri e prologhi, spesso arricchite da inserti figurati; lettere filigranate, con filigrane che scendono nei margini e talvolta disegnano forme animali o spighe; letterine rosse e blu nel testo, letterine toccate in rosso, segni paragrafali toccati in rosso. Scrittura distintiva a lettere alterne rosse e blu per l’incipit del Genesi. Titoli correnti e indicazione dei capitoli in lettere gotiche alternate rosse e blu. f. 3r: iniziale istoriata I di In principio, all’incipit del Liber Genesis. La Creazione. I giorni della creazione sono raffigurati entro medaglioni rotondi, bordati d’azzurro, compresi nell’asta allungata della lettera (mm 98×22). Dall’alto in basso, si susseguono: la creazione della luce e delle tenebre; la separazione dell’aria dall’acqua; la separazione della terra dall’aria; la creazione delle piante; la creazione del sole e della luna; la creazione degli uccelli e dei pesci; la creazione di Adamo e degli animali; il busto del Pantocratore. L’asta e i medaglioni sono bordati da un sottile listello azzurro; la lettera è conclusa in alto dall’aggiunta di piccole foglie; in basso, da un intreccio a forma di cuore di tralci spiraliformi desinenti in foglioline, affiancato da due volatili. A eccezione dell’iniziale istoriata posta all’inizio della Genesi, la decorazione di pennello consiste esclusivamente nelle iniziali ornate, dipinte con colori tenui e un uso abbastanza contenuto dell’oro. La tavolozza comprende varie tonalità di azzurro (celeste, blu e un grigio bluastro molto scuro), rosa salmone, giallo pallido, con punte accese di rosso arancio e verde brillante.

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600

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Tutti i colori sono utilizzati a turno, variamente combinati, per i corpi e i fondi delle lettere. Queste appaiono piuttosto compatte, per lo scarso sviluppo di ornati apicali e per la semplice forma quadrangolare dei campi esterni. Anche le filigrane hanno uno sviluppo contenuto, senza l’aggiunta di svolazzi supplementari. Gli occhielli sono riempiti da tralci arrotolati, arricchiti da piccole palmette o foglioline lobate e a tre petali, o ancora, da un’unica foglia con lunghi lembi aperti a ventaglio e ripiegati verso l’interno (si veda ad es. la lettera A a f. 121v). Alcune lettere sono interamente formate da girali vitinei multicolori. La caratteristica saliente delle iniziali ornate è la grande frequenza degli inserti animali, specialmente di creature ibride con un solo paio di zampe leonine e teste di cane che ricordano le figure fantastiche che popolano i manoscritti romanici. Soprattutto nelle aste delle lettere maggiori si trovano spesso serpenti attorcigliati (ad es. a f. 135r, dove un serpente lotta contro una creatura ibrida nell’asta della P) o cani distesi, raffigurati di profilo o dall’alto. Sono presenti anche volatili e pesci, talvolta con teste umane o grottesche innestate sui corpi animali. Queste figure sono colorate con tinte sfumate verso il bianco, per suggerire la tridimensionalità dei corpi; lo stesso accorgimento è adottato nella maggior parte delle lettere, in luogo delle campiture piatte, peculiari dello stile gotico francese. Nel complesso, la Bibbia si presenta come un tipico prodotto dell’ambiente universitario parigino, ma molti aspetti della decorazione indicano una datazione precoce, entro il primo quarto del XIII secolo; la fauna adottata nelle iniziali, i colori chiari sfumati, la forma dei girali e delle foglie, richiamano la miniatura romanica nell’ambito del Channel Style, quale compare ad esempio nei due volumi più antichi della Bibbia dell’Aracoeli (Biblioteca Apostolica Vaticana, mss. Vat. lat. 7795 e 7798), databili all’ultimo quarto del XII secolo (MANZARI, Schede nrr. 162c, 162f, 209-212). La Bibbia Ross. 316 può risalire a una fase precoce della vasta produzione professionale parigina riservata all’ambito universitario, come dimostrano le affinità della decorazione con lo stile della Pontigny School di miniatura, attiva nella capitale a cavallo tra i due secoli e contraddistinta da un analogo repertorio fitomorfo e animalistico (DE HAMEL, Glossed Books, 38-54, 37-40). Una Bibbia protoduecentesca paragonabile alla nostra è conservata presso la Walters Art Gallery di Baltimora, ms. W. 75: in particolare, l’iniziale istoriata posta all’incipit del Genesi (f. 23r), con medaglioni sovrapposti contenenti figure di profeti a mezzobusto, è molto simile a quella del codice rossiano, tanto per la struttura della lettera, quanto per lo stile pittorico adottato nelle figure (RANDALL, Medieval and Renaissance Manuscripts, 34-37, pl. IVa). Lo stato di conservazione del codice è buono, a parte la perdita di alcuni fogli; solo i primi appaiono maggiormente consunti, con i colori delle miniature scuriti e abrasi.

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601

ROSS. 316-317

Si conserva la legatura originale in pelle bruna su assi in cartone; i piatti presentano decorazioni impresse in oro, con cornici concentriche e gigli che circondano uno stemma attribuito al cardinale Wapper. Il dorso è ornato da riquadri dorati; i risguardi sono rivestiti in carta screziata e i tagli sono dorati. Il codice, che presenta numerose annotazioni risalenti a epoche diverse, è appartenuto a un non meglio noto cardinale Wapper, al quale va probabilmente riferito lo stemma apposto su entrambi i piatti della legatura (Bibl. Rossianae, IV, 7r, ma si veda anche il foglio allegato al codice, datato 1905). Non si conoscono le circostanze dell’ingresso del codice nella raccolta rossiana. (Bibl. Rossianae, IV, 7r) TIETZE, Die illuminierten, 30 nr. 45.

GIORGIA CORSO

Ross. 317 (olim IX, 7) Biblia sacra (ff. 4r-653v); Interpretationes nominorum hebraicorum (ff. 654r-707v). HUGO DE FOUILLOY, De claustro animae (ff. 708r-713v) Francia, sec. XIII2 Membr. (pergamena tendente al giallo, molto liscia e sottile); ff. VI, 715, VI’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in carta sottile azzurra); numerazione meccanica a cifre arabiche in basso a destra, successiva alla caduta dell’ultimo foglio del calendario e dei fogli iniziali della Bibbia; numerazione moderna saltuaria, a matita, nell’angolo in alto a destra; richiami mancanti, probabilmente asportati con la rifilatura dei fogli; numerazione saltuaria a registro, in minutissimi caratteri rossi, nell’angolo in basso a destra; scrittura gotica testuale a inchiostro nero toccato di rosso e rosso per le rubriche; specchio scrittorio (mm 110×74) su due colonne di 45 linee di scrittura (spazio intercolonnare mm 6); rigatura a punta metallica e a secco sul lato pelo.

La decorazione del codice comprende 4 iniziali istoriate, 73 iniziali ornate (mm 14×14); iniziali filigranate medie e piccole, in rosso e blu con ornati di penna di colore opposto. Rubriche rosse, titoli correnti e numerazione dei capitoli in caratteri alternati rossi e blu.

Ross. 317, f. 5v

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602 f. 5v:

f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f. f.

30r: 63r: 82r: 100r: 112r: 124v: 127v: 145r: 159v: 176v: 193v: 209r:

f. f. f. f. f. f. f. f.

229v: 235r: 243r: 251v: 257r: 265v: 272r: 286r:

f. f. f. f. f. f. f. f.

291v: 294r: 257r: 300r: 304r: 307v: 311v: 319r:

f. 330v: f. 336r: f. 344r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

iniziale istoriata I di In principio creavit, all’incipit del Liber Genesis (mm 125×9). I giorni della Creazione, raffigurati entro riquadri sormontati da un’arcata triloba dorata. Dall’alto in basso, si susseguono sette scene: la creazione del cielo e dalla terra; la separazione della terra dalle acque; la creazione degli astri; la creazione delle piante; la creazione degli animali; la creazione di Adamo ed Eva; il Redentore in trono con il libro nella mano. La lettera è conclusa in alto e in basso da due terminazioni fogliacee rosa su campo azzurro, che si allungano nei margini inferiore e superiore, terminando con piccole spirali. iniziale ornata H di Hec sunt nomina, all’incipit del Liber Exodi. iniziale ornata L di Locutus est dominus, all’incipit del Liber Numerorum. iniziale ornata H di Hec sunt verba, all’incipit del Liber Deuteronomii. iniziale ornata E di Et factum est, all’incipit del Liber Iosue. iniziale ornata P di Post mortem Iosue, all’incipit del Liber Iudicum. iniziale ornata I di In diebus unius, all’incipit del Liber Ruth. iniziale ornata F di Fuit vir unus, all’incipit del Liber Regum I. iniziale ornata F di Factum est autem, all’incipit del Liber Regum II. iniziale ornata E di Et rex David, all’incipit del Liber Regum III. iniziale ornata P di Prevaricatus est, all’incipit del Liber Regum IV. iniziale ornata A di Adam, Seth, Enos, all’incipit del Liber Paralipomeni I. iniziale ornata C di Confortatus est ergo, all’incipit del Liber Paralipomeni II. iniziale ornata I di In anno primo, all’incipit del Liber Esdre. iniziale ornata V di Verba Neemie filii, all’incipit del Liber Neemie. iniziale ornata E di Et fecit Iosias, all’incipit del Liber Esdre II. iniziale ornata T di Tobias ex tribu, all’incipit del Liber Tobie. iniziale ornata A di Arphaxat itaque, all’incipit del Liber Iudith. iniziale ornata I di In diebus Assueri, all’incipit del Liber Hester. iniziale ornata V di Vir erat in terra, all’incipit del Liber Iob. iniziale istoriata B di Beatus vir (mm 18×18), all’incipit del Psalterium. Re David salmista nell’atto di accordare l’arpa. iniziale ornata D di Dominus illuminatio mea, all’incipit del Psalmus 26. iniziale ornata D di Dixi custodiam vias, all’incipit del Psalmus 38. iniziale ornata D di Dixit insipiens, all’incipit del Psalmus 52. iniziale ornata S di Salvum me, all’incipit del Psalmus 68. iniziale ornata E di Exultate Deo adiutori, all’incipit del Psalmus 80. iniziale ornata C di Cantate domino canticum, all’incipit del Psalmus 94. iniziale ornata D di Dixit dominus domino, all’incipit del Psalmus 109. iniziale istoriata P di Parabole Salomonis (mm 18×18), all’incipit delle Parabolae. Salomone batte un giovane con una verga. iniziale ornata V di Verba ecclesiastes, all’incipit del Liber Ecclesiastes. iniziale ornata D di Diligite iustitiam, all’incipit del Liber Sapientiae. iniziale ornata O di Omnis sapientia a domino, all’incipit del Liber Ecclesiasticus.

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ROSS. 317

603

f. 366r: iniziale ornata V di Visio Ysaie, all’incipit del Liber Ysaiae. f. 392v: iniziale ornata V di Verba Ieremie filii, all’incipit del Liber Ieremias. f. 422v: iniziale ornata Q di Quomodo sedet sola, all’incipit della Lamentatio Ieremiae. f. 425r: iniziale ornata E di Et hec verba, all’incipit del Liber Baruch. f. 429r: iniziale ornata E di Et factum est, all’incipit del Liber Ezechielis. f. 458v: iniziale ornata A di Anno tertio regni, all’incipit del Liber Danielis. f. 470v: iniziale ornata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Osee. f. 475r: iniziale ornata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Iohelis. f. 477r: iniziale ornata V di Verba Amos qui, all’incipit del Liber Amos. f. 480v: iniziale ornata V di Visio Abdie hec dicit, all’incipit del Liber Abdie. f. 481r: iniziale ornata E di Et factum est, all’incipit del Liber Ionas. f. 482v: iniziale ornata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Micheas. f. 486v: iniziale ornata O di Onus quod vidit, all’incipit del Liber Abacuc. f. 488r: iniziale ornata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Sophonias. f. 490r: iniziale ornata I di In anno secundo, all’incipit del Liber Aggeus. f. 491r: iniziale ornata I di In mense octavo, all’incipit del Liber Zacharias. f. 496r: iniziale ornata O di Onus verbi domini, all’incipit del Liber Malachias. f. 498r: iniziale ornata E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum. f. 515v: iniziale ornata F di Fratribus qui sunt, all’incipit del Liber Machabeorum II. f. 528r: iniziale istoriata M di Matheus evangelista (mm 18×18), all’incipit dell’Evangelium Mathei. L’angelo, simbolo dell’evangelista, è seduto, intento a scrivere. f. 554r: iniziale ornata F di Fuit in diebus, all’incipit di Luca evangelista. f. 494v: iniziale ornata P di Paulus servus Ihesu, all’incipit dell’Epistula ad Romanos. f. 590r: iniziale ornata P di Paulo vocatus apostulus, all’incipit dell’Epistula I ad Corinthios. f. 596r: iniziale ornata P di Paulus apostolus Christi, all’incipit dell’Epistula II ad Corinthios. f. 600v: iniziale ornata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Galathas. f. 602v: iniziale ornata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula ad Ephesios. f. 604v: iniziale ornata P di Paulus et Timotheus, all’incipit dell’Epistula ad Philippenses. f. 606r: iniziale ornata P di Paulus, all’incipit dell’Epistula ad Colosenses. f. 607v: iniziale ornata P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistula I ad Thessalonicenses. f. 609r: iniziale ornata P di Paulus et Silvanus, all’incipit dell’Epistula II ad Thessalonicenses. f. 610r: iniziale ornata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula I ad Timotheum. f. 611v: iniziale ornata P di Paulus apostolus, all’incipit dell’Epistula II ad Timotheum. f. 612v: iniziale ornata P di Paulus servus Dei, all’incipit dell’Epistula ad Titum.

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604

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 613v: iniziale ornata P di Paulus vinctus Christi, all’incipit dell’Epistula ad Philemonen. f. 613v: iniziale ornata M di Multipharie multisque modis, all’incipit dell’Epistula ad Hebreos. f. 618v: iniziale ornata P di Primum quidem sermonem, all’incipit dell’Actus apostolorum. f. 636r: iniziale ornata I di Iacobus Ihesu Christi, all’incipit dell’Epistula Iacobi. f. 637v: iniziale ornata P di Petrus apostolus Iesu, all’incipit dell’Epistula Petri I. f. 639v: iniziale ornata S di Symon Petrus servus, all’incipit dell’Epistula Petri II. f. 640v: iniziale ornata Q di Quod fuit ab initio, all’incipit dell’Epistula Iohannis I. f. 642v: iniziale ornata S di Senior electe domine, all’incipit dell’Epistula Iohannis II. f. 642v: iniziale ornata S di Senior Gaymo, all’incipit dell’Epistula Iohannis III. f. 643r: iniziale ornata I di Iudas Ihesu Christi, all’incipit dell’Epistula Iude. f. 644r: iniziale ornata A di Apocalipsis Ihesu Christi, all’incipit del Liber Apocalipsis. f. 654r: iniziale ornata A, all’incipit delle Interpretationes nominorum hebraicorum. Le iniziali ornate a pennello, poste all’incipit dei singoli libri, sono campite nei colori rosa e azzurro, ornate da motivi geometrici di tono più chiaro e racchiuse entro campi colorati nella tinta opposta, arricchiti agli apici superiori da piccole foglie. In basso invece le foglie spesso si allungano e si assottigliano e sono circondate da piccoli fondi smerlati azzurri. L’interno delle lettere è riempito abitualmente da tralci avvolti a spirale o a intreccio geometrico, terminanti con fogliette arancioni. Talvolta, negli occhielli o nelle aste compaiono figure di animali reali (il leone, l’aquila) o fantastici (draghi e creature ibride, spesso con la testa rivoltata a mordere il corpo). L’uso dell’oro è estremamente ridotto. Branner ha assegnato la Bibbia al Soisson Atelier, una delle botteghe attive a Parigi nella prima metà del XIII secolo (BRANNER, Manuscript Painting, 77-78 e 216-217). Appartengono al repertorio di questa bottega le illustrazioni della Genesi, con la figura del Creatore presentata sempre di tre quarti e inquadrata da una semplice arcata; tipica è anche la resa semplificata delle figure, dalle proporzioni tozze, con i volti non colorati e le pieghe delle vesti rese in modo sommario e piatto. La decorazione della Bibbia Ross. 317 è particolarmente vicina a quella delle Bibbie di The Hague (Konilnklijke Bibliotheek, ms. 10 E 35, cfr. BRANNER, Manuscript Painting, fig. 174) e di Assisi (Biblioteca del Sacro Convento, ms. 15); quest’ultimo codice è datato da Assirelli intorno al 1240-1255 (cfr. ASSIRELLI, Scheda nr. 43, 190-194). Gli ornati di penna delle iniziali filigranate sono piuttosto semplici, caratterizzati da lunghe code rettilinee, sviluppate lungo i margini e appena mosse da piccoli riccioli alle estremità. Le iniziali filigranate maggiori sono rifesse a intarsio bicolore, con motivi di riempimento costituiti da strette spirali, con piccoli tocchi di colore contrastante. Talvolta, addossate alle linee di scrittura, come segni di riferimento, compaiono profili di vecchi barbuti o altri disegni (ad es. ai

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ROSS. 317-318

605

ff. 455v-456r), disegnati a matita o a penna, realizzati probabilmente dal copista o da chi ha revisionato il codice. Lo stato di conservazione è complessivamente discreto, a parte la caduta di alcuni fogli al principio del testo biblico, e tracce dell’attacco dei roditori. La legatura di tipo Rossi A su assi di cartone; sui piatti compaiono cornici concentriche dorate e un motivo centrale a impressione a caldo e a freddo. Sul dorso, con impressioni a caldo, si legge in alto: BIBLIA SACRA / VULG(ATAE) LETION(IS); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. La Bibbia, confezionata probabilmente per un acquirente privato (come la maggior parte dei prodotti del Soisson Atelier), è corredata da un calendario liturgico con computi temporali (ff. 1v-3v), dal trattato De claustro animae di Ugo di Foulloy (ff. 708r-713v) e da indici e formule di esorcismi, aggiunti posteriormente. Le addizioni possono risalire al XV secolo, quando la Bibbia fu custodita presso una biblioteca dell’Ordine dei domenicani, che promossero particolarmente la diffusione dell’opera di Ugo di Foulloy (NEGRI, Il De claustro anime, 389-421). A f. 2r, nello spazio lasciato libero dalla scrittura, è scritto a penna: Ex communi Bibliothe(ca) S.ti Dominici Camberiensis (Chambéry). A f. 707v, in calce al testo, compare una nota di possesso molto rovinata, nella quale si legge però la data: anno domini MCCCC vicesimo secundo. La data 1422 è annotata anche a f. 715v. La nota di f. 707v è stata ricopiata su un frammento rettangolare di pergamena incollato (e ora parzialmente staccato) sul foglio originario; al di sotto, è scritto in caratteri corsivi: Ista biblia est fratris Tambronis (…). Su f. 1r compare l’intestazione Josephi Tambroni. Non è attualmente possibile risalire alle circostanze dell’acquisizione del codice da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, IV, 9r) TIETZE, Die illuminierten, 31 nr. 47; BRANNER, Manuscript Painting, 216.

GIORGIA CORSO

Ross. 318 (olim IX, 8) Biblia sacra Francia (Parigi), sec. XIII, metà Membr. (pergamena molto sottile e omogenea); ff. X, 579, VIII’ (guardie cartacee moderne, la prima e l’ultima in cartoncino azzurro); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra, successiva alla perdita di un numero imprecisato di fogli tra f. 278 e f. 279, tra f. 494 e f. 495 e tra f. 499 e f. 500; richiami assenti; mm 150×95; scrittura

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

gotica testuale a inchiostro nero toccato di rosso e rosso per le rubriche; specchio scrittorio (mm 109×69, spazio intercolonnare mm 6) su due colonne di 48 linee; rigatura a secco e a punta metallica.

La decorazione del codice comprende 5 iniziali istoriate (mm 20×18), 112 iniziali ornate a pennello grandi (mm 20×18, ma spesso con code estese lungo l’intercolunnio per più di mm 100), medie (mm 16×15) e piccole (mm 10×10), poste all’incipit dei Libri e dei Prologhi; iniziali filigranate rosse e blu con ornati di penna di colore opposto, letterine colorate in rosso e blu, letterine toccate di rosso; titoli correnti e numerazione dei capitoli in caratteri rossi e blu alternati, rubriche rosse, segni paragrafali rossi. f. 1r: iniziale istoriata F di Frater Ambrosius, all’incipit del Prologus sancti IeRoss. 318, f. 1r ronimi. San Girolamo, nelle vesti di unmonaco, con abito viola e mantello bruno, è seduto a scrivere su un libro sorretto da un semplice leggio ligneo. L’asta della lettera scende per tutto il margine interno e termina con un piccolo drago, la cui coda si trasforma in un tralcio avvolto a spirale. f. 4v: iniziale istoriata I di In principio, all’incipit del Liber Genesis. I giorni della Creazione. Entro medaglioni tondi, sovrapposti nell’asta rettilinea bordata d’oro (mm 88×12, tagliata in basso), si susseguono sette scene: Separazione delle acque dall’aria; Creazione della terra; Creazione delle piante; Creazione del sole e della luna; Creazione degli uccelli e dei pesci; Creazione di Adamo; Pantocratore in trono. f. 235v: iniziale istoriata I di In diebus, all’incipit del Liber Hester. Ester supplica il re Assuero in favore del popolo ebraico. f. 279r: iniziale istoriata P di Parabole Salomonis all’incipit delle Parabole. Salomone impartisce la disciplina a Roboamo. f. 431v: iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum. Duello tra due guerrieri. La decorazione del codice è piuttosto semplice e conta pochissime iniziali figurate, di dimensioni molto ridotte; anche l’iniziale del Genesi presenta una struttura semplificata, con piccoli tondi sovrapposti e ornamenti apicali estremamente limitati. Nella gamma cromatica prevalgono colori abbastanza scuri (blu, verde) insieme al rosa e, in misura minore, all’arancio acceso e al giallino.

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ROSS. 318

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Le iniziali ornate e istoriate presentano il corpo in rosa o azzurro, con motivi decorativi in biacca; il fondo interno è abitualmente riempito da un unico tralcio sottile, avvolto a spirale, oppure da una singola infiorescenza costituita da una girandola di petali sottili o pistilli che partono da un bottoncino centrale (ad es. a f. 523r). Gli inserti zoomorfi sono numerosi ma discreti; si nota in particolare la ripetizione del leprotto che suona il flauto. Il campo esterno, che segue il profilo della lettera con rare smerlature, è talvolta suddiviso in due zone, in azzurro e oro o azzurro e rosa; le terminazioni fogliacee sono brevi e spesso arricciate, le lettere P, F e I occupano sovente tutta l’altezza della colonna di scrittura con le aste verticali arricchite da draghi. Le rare figure nelle lettere istoriate sono estremamente semplici, con i volti bianchi e le pieghe dei panneggi disegnate a penna su tinta uniforme. Simili tratti stilistici si ritrovano in parte nei codici miniati presso l’atelier parigino di Gautier Lebaube (BRANNER, Manuscript Painting, 72-75); tipici di questa bottega, seppure non esclusivi, sono elementi quali le iniziali dalle aste allungatissime, entro le quali si distendono draghi alati, l’uso di piccoli animali e uccelli con la testa ferina rivolta a mordersi il collo, le foglie a ventaglio con i lembi ripiegati verso l’interno. Diversa è invece la gamma cromatica, solitamente luminosa e comprendente il verde chiaro e l’arancio. La Bibbia Ross. 318, che nel complesso si presenta come una tipica Bibbia tascabile universitaria, corredata di annotazioni riconducibili all’uso domenicano, può essere l’opera di una bottega o di un artista minore, da collocare comunque entro la produzione parigina intorno alla metà del secolo. Il codice si conserva in stato discreto, a parte la perdita di un numero imprecisato di fogli e l’eccessiva rifilatura Legatura di tipo Rossi A, con decorazioni a impressione in oro e motivo centrale floreale a caldo. Sul dorso si legge, in alto: BIBLIA SACRA / VULGATAE VERSIONIS; in basso: COD(DEX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XIV. Sul taglio superiore è apposto un timbro tondo contenente le iniziali maiuscole: S T A M; sul taglio laterale, in caratteri corsivi, si legge: Bibliarum libri. Il codice non presenta tracce di antichi possessori, a eccezione del timbro e del titolo apposti sui tagli. Non è dunque attualmente possibile risalire alle circostanze dell’acquisizione da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, IV, 10r) TIETZE, Die illuminierten, 31-32 nr. 48.

GIORGIA CORSO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 322 (olim IX, 12; gr. 8) GREGORIUS NAZIANZENUS, Orationes Oriente bizantino (Costantinopoli?), sec. XI (metà o seconda metà) Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata; scarsamente percepibile la differenza tra lati pelo e carne, ma talora, come ai ff. 158v, 179r, sono visibili follicoli o radici dei peli; rigidità e spessore sono piuttosto variabili, da sottile a medio, come di norma nei manoscritti medio-bizantini; a volte, come accade di vedere spesso anche in prodotti librari di buona qualità, a sostituire un bifoglio regolare sono usate coppie di fogli singoli, evidentemente ricavate da pelli di misura inferiore o non utilizzabili per l’intera superficie); ff. ( in cartoncino bianco moderno, come la controguardia anteriore; cart., probabilmente coevi alla legatura rossiana; membr., seriori, XV sec.), 211, ( cart., probabilmente coevi alla legatura; in cartoncino bianco, come la Ross. 322, f. 55v controguardia posteriore). Foliazione meccanica moderna a inchiostro nero nell’angolo inferiore esterno del recto (ma sono presenti due foliazioni più antiche, entrambe in cifre arabe: una forse del XVI secolo, in inchiostro bruno semi-evanido, nell’angolo superiore esterno di ciascun recto, solo fino al f. 52; l’altra, del secolo XVIII, in inchiostro bruno con numeri di grande modulo – comparendo solo di cinque in cinque fogli, ma talora anche altrove – nel margine superiore del recto, in varia posizione ma per lo più al centro, apparentemente apposta dalla mano di Filippo Vitali, m. 1771, riscontrata da Giovanni Mercati in numerosi manoscritti rossiani di provenienza angelicana); i ff. sono foliati a matita I-II; fascicoli (per lo più quaternioni, con irregolarità e mutilazioni; il primo fascicolo mutilo dei tre fogli iniziali) numerati da mano forse del XIII secolo in cifre greche, poste nell’angolo inferiore interno della prima e dell’ultima pagina del fascicolo e visibili a partire da f. 5v, con alpha, ma spesso rifilate; una ulteriore numerazione araba dei fascicoli a matita, recente, è nell’angolo inferiore interno dell’ultima pagina di ciascun fascicolo. Il manoscritto misura (f. 141) mm 182-178×145-142 (il f. , membranaceo aggiunto, è di dimensioni più piccole, mm 138×117). La scrittura è una bella e fluida corsiveggiante medio-bizantina di matrice orientale, che dopo le pagine iniziali, maggiormente vicine al modello della Perlschrift matura, si fa più veloce, fittamente abbreviata e minuta, parallelamente all’aumentare del numero delle righe per pagina, al decrescere dell’interlinea e all’allargarsi dello specchio di scrittura. L’aspetto della grafia risulta, per questo cambiare di passo, alquanto cangiante, sebbene essa paia di mano unica; la scrittura è databile all’XI secolo, e, in considerazione dell’evoluzione generale del modello grafico di riferimento, con buona probabilità si deve collocare non prima della metà del secolo stesso. Il codice è vergato a colonna unica di 24-28 righe; lo specchio di scrittura misura (f. 141r) mm 132×90. La rigatura è eseguita a secco, con il sistema 1 e i tipi, alternati, 32B1, 32C1, 34C1g secondo la codifica di Julien Leroy. I fascicoli iniziano con il lato carne.

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ROSS. 322

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L’apparato decorativo consta della sola ornamentazione di penna, eseguita con ogni verisimiglianza, almeno in parte, dallo scriba medesimo. È, nella prima parte del codice, un ornato di qualità piuttosto buona, elegante e sufficientemente preciso, che inizialmente fa uso del carminio, poi (da f. 99r) utilizza invece prevalentemente inchiostro bruno dalla tonalità non del tutto coincidente con quella utilizzata per il testo, e presenta un qualche scadimento. Alquanto rado e discreto, complessivamente l’ornato consiste per lo più in snelle fasce rettangolari, dell’altezza di una o al massimo due unità di rigatura (altezza delle fasce: 6-11 mm), chiuse in una sottilissima cornice a doppio filetto con piccoli ornamenti apicali esterni, come foglioline cuoriformi, giglietti o mandorle. Il motivo che riempie la fascia è spesso d’ispirazione vegetale, con palmette, fiori, tralci variamente conformati e combinati, e con largo impiego della sinuosa mezza-palmetta terminale a pennacchio. Le simmetrie non sono sempre accuratissime – fatto che si riscontra, per questo periodo, anche in manoscritti di committenza media e persino elevata –, ma l’insieme resta, soprattutto nella prima parte del manoscritto, di una certa finezza. L’effetto complessivo di questa tipologia di decorazione minutissima, affidata per lo più all’arabesco ottenuto mediante la ripetizione modulare della palmetta a pennacchio e del tralcio, elaborati in chiave linearistica (più di rado, con ricorso alla tecnica della réserve del motivo sul fondo carminio, come a f. 1r), è già ampiamente sperimentato nel corso del X secolo, ma si ritrova ancora nell’XI, come ad esempio, alternato a motivi d’altro genere attinti allo «stile a intagli» (la cosiddetta Laubsägeornamentik), nei manoscritti Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Ott. gr. 422, sottoscritto dal monaco ivirita Teofane nell’anno 1004 (WEITZMANN, Buchmalerei, tav. XLIV fig. 255), o Oxford, Christ Church, ms. gr. 10, attribuito al primo quarto dell’XI secolo (HUTTER, Corpus der byzantinischen, IV, nr. 6, con ulteriori riferimenti per la tipologia decorativa). Nella seconda parte del codice le cose mutano, forse per un cambio di mano d’ornatista, e le fasce eseguite in inchiostro bruno, che sembrano eseguite da un’altra mano grosso modo coeva, privilegiano, fra gli altri, soprattutto motivi à réserve di fitti tralci o palmette carnosi che, con una sorta di horror vacui, occupano metodicamente l’intero campo; l’esecuzione è anche in questa parte del manoscritto spesso molto buona, ma alcune fasce sembrano tradire maggiore corrività e volontà di semplificazione. Nel Ross. 322 l’inizio di omelia può essere, come di norma, evidenziato oltre che dalla fascia anche da un’iniziale (altezza media: 15 mm) caratterizzata da lieve trama decorativa, e non di rado correlata per tecniche, motivi e colore d’inchiostro alla fascia che la precede immediatamente. Fra gli altri, si notano tipi d’iniziale d’ispirazione fitomorfa, disegnati con cura al tratto con effetto di sinuoso grafismo, tipici dell’XI secolo, come il tau di f. 117v; ma si riconoscono pure, nella prima parte del manoscritto, forme d’eredità più antica, sia pure trattate in maniera nuova, secondo il gusto dell’età, come il caso dell’alpha di f. 55v, i cui tratti sono completamente avvolti in una sorta di trama ricciuta: è, questa, una tipologia che, pur estremamente caratteristica del secolo XI in questa forma, si pone però sul solco di analoghe elaborazioni, con più rada trama a ricci o «a spilli», tipiche già dell’ornamentazione del X secolo, spesso

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

reperibili in connessione con grafie formalizzate e posate come la minuscola bouletée e affini: si vedano ad esempio Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. gr. 676, f. 282v (AGATI, Bouletée, II, tav. 76) o Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Ott. gr. 4, f. 242r (anche questo in bouletée, cfr. CANART, JACOB, LUCÀ, PERRIA, Facsimili, tav. 15 fig. 17); si veda anche, per l’associazione a una grafia più vicina a quella del Ross. 322, il ricordato Oxford, Christ Church, ms. gr. 10, ove il motivo è appena accennato. A fini distintivi, per titoli e inizialette secondarie, calligrafiche maiuscole, è usato il carminio nella prima parte del codice, fino a f. 137r, mentre in seguito viene usato inchiostro bruno e, per le inizialette, la forma minuscola, in quelle che si configurano come possibili integrazioni d’altra mano rispetto alla rubricatura non più eseguita dal primo ornatista. Nella seconda parte del manoscritto l’ornamentazione, in effetti, non è stata più integrata (o comunque, non continuata al livello inizialmente previsto), come si è anticipato: l’uso del carminio si limita a parte dei titoli; le iniziali al principio delle omelie scadono a semplici. f. 1r:

f. 1r:

f. 52r:

bassa fascia rettangolare in carminio: entro una sottile cornice esterna a doppio filetto, lo spazio è suddiviso, in senso orizzontale, da un ulteriore doppio filetto a zig-zag che crea in alto e in basso ventitré triangoli isosceli (e, ai due estremi della fascia, parti di triangolo), nei quali sono palmette riservate «in negativo» che occupano ciascuna un intero triangolo; esse, disposte contrariées alternativamente verso l’alto e verso il basso, sono impostate su uno stelo che parte dal centro del lato di base di ciascun triangolo, e sono formate da un petalo centrale a punta, che va a inserirsi nel vertice opposto del triangolo, e da due mezze palmette a pennacchio poste simmetricamente sui due lati. Ai quattro apici della fascia, disposte diagonalmente verso l’esterno, stanno piccole mandorle terminate da un minuscolo giglietto. Ai lati della prima e dell’ultima delle quattro righe del sottostante titolo d’omelia, coppie di «asterischi», tracciati in carminio come il titolo stesso. iniziale eta (“Htthmai) in carminio, di forma maiuscola, con aste verticali a doppio filetto rivestite esternamente da una sorta di trama ricciuta («a ricci e spilli»), che attecchisce anche sul filetto semplice che compone il tratto orizzontale mediano della lettera. bassa fascia rettangolare in carminio: entro una cornice esterna a doppio filetto, lo spazio è scandito da un tralcio ondulato, che crea in alto e in basso tredici scomparti aperti grosso modo semicircolari (e, ai due estremi della fascia, altri due in forma di quarto di cerchio), entro i quali si dispiegano, diramandosi dal tralcio stesso, elaborate e sinuose palmette a pennacchio dirette a sinistra (nella metà di sinistra della fascia) o a destra (nella metà di destra), mentre nello scomparto centrale due palmette annodate divergono; ai quattro apici della fascia, una sorta di piccoli giglietti con petalo centrale sostituito da un cerchietto vuoto. Ai lati della prima e dell’ultima delle quattro righe del sotto-

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ROSS. 322

f. 52r:

f. 55v:

f. 55v: f. 99r:

f. 117v:

f. 117v:

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stante titolo d’omelia, coppie di «asterischi», tracciati in carminio come il titolo stesso. ~ iniziale pi (Pw j bradei~j) in carminio, della stessa tipologia di f. 1r, coronato in alto da un giglietto con petalo centrale sostituito da un cerchietto vuoto. bassa fascia rettangolare in carminio: entro una cornice esterna a doppio filetto, lo spazio è scandito da un tralcio ondulato in carminio, che crea scomparti aperti (in forma, alternativamente, grosso modo di trapezio e di triangolo isoscele rovesciato, ad angoli smussati) entro i quali si collocano, diramandosi dal tralcio stesso, coppie simmetriche di palmette a pennacchio; le palmette compongono sempre uno stesso motivo nei triangoli rovesciati, mentre nei sei scomparti trapezoidali si ha per i tre scomparti a sinistra un motivo lievemente diverso rispetto a quelli di destra. Ai quattro apici della fascia, diagonalmente, stanno giglietti come agli apici della fascia di f. 52r. All’inizio e alla fine del sottostante titolo d’omelia, su due righe, «asterischi» tracciati in carminio come il titolo stesso. iniziale alpha ('AkoÚsate) in carminio, della stessa tipologia di ff. 1r, 52r. bassa fascia in inchiostro bruno, delineata ma non campita di colore, forse non eseguita dalla prima mano (l’inchiostro è, fra l’altro, di tonalità diversa dal bruno usato per il testo nella medesima pagina), ma cronologicamente non lontana; entro cornice a doppio filetto, lo spazio è suddiviso, con imperfetta simmetria, in 14 scomparti press’a poco quadrati, che ospitano motivi semplici: i tre quadrati più esterni, su entrambi i lati della fascia, simulano una sorta di Treppenmotif con impianto centrale, a medaglione, ma nel quale i contorni sono arrotondati piuttosto che ortogonalmente segmentati; gli otto scomparti più interni presentano al centro un cerchietto verso il quale convergono «spilli» confitti agli angoli di ciascun quadrato e coppie di lineette che partono dal centro di ciascun lato del quadrato stesso. Su ciascuno dei quattro apici della fascia, diagonalmente verso l’esterno, sta una fogliolina cuoriforme piena su breve stelo. bassa fascia in inchiostro bruno: entro una cornice esterna a doppio filetto, lo spazio è scandito da un tralcio ondulato, che crea in alto e in basso scomparti aperti grosso modo semicircolari (e, ai due estremi della fascia, in forma di quarto di cerchio), entro i quali si dispiegano, partendo dal tralcio stesso, elaborate e sinuose palmette a pennacchio dirette a sinistra tranne la prima, volta a destra; il punto d’attacco delle palmette sul tralcio è sottolineato dalla presenza, nello spazio triangolare di risulta, di fiori a tromba con tre petali arrotondati. Su ciascuno dei quattro apici della fascia, diagonalmente verso l’esterno sta una larga fogliolina cuoriforme piena. iniziale tau (TÕn filÒsofon) in inchiostro bruno, a tralcio con fusto lineare da cui si dipartono in alto, simmetricamente sui due lati, due sinuose mezze palmette a pennacchio che formano la traversa della lettera; una piccola mezza palmetta volta a sinistra sta anche alla base dell’iniziale.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 126r: bassa fascia in inchiostro bruno, in cui entro cornice a doppio filetto lo spazio è interamente occupato da un tralcio ondulato in negativo e, nei semicerchi di risulta, dalle sue carnose derivazioni a palmetta; ai quattro apici della fascia, volti all’esterno, altrettanti minuscoli cerchietti pieni. f. 126r: iniziale tau (T…j Ω turann…j) in inchiostro bruno, simile a quella di f. 117v. f. 131v: bassa fascia in inchiostro bruno simile a quella di f. 126r; ai quattro apici, altrettante foglioline cuoriformi piene. f. 132r: bassa fascia in inchiostro bruno simile, per la tecnica, a quella di f. 126r, ma con palmette che vengono a disporsi entro medaglioni circolari aperti alternativamente in alto o in basso; ai quattro apici, diagonalmente verso l’esterno, foglioline cuoriformi piene. f. 132r: iniziale epsilon (”Emellen ara) ” in carminio, a struttura circolare formata da semipalmette a pennacchio, e tratto mediano ondulato con nombril al centro. f. 174r: bassa fascia in inchiostro bruno simile a quella di f. 132r, ma con medaglioni aperti sempre in basso; ai quattro apici della fascia, corti spilli a capocchia piena. f. 187r: bassa fascia eseguita in inchiostro bruno, di sobria tipologia antica: entro una sottile cornice piena, lo spazio interno è attraversato orizzontalmente da un solo bastone pieno. f. 190v: semplice linea ornata ondulata in inchiostro bruno di tipo «studita», le cui curve sono riempite da mezzi cerchietti; ai due estremi, foglioline cuoriformi piene. f. 198v: bassa fascia in inchiostro bruno simile per motivi e tecnica a quella di f. 126r, ma con tralcio a Wellenranke segmentata in «esse» accostate, entro le cui curve si dispongono, in scomparti aperti grosso modo trapezoidali, palmette organizzate in coppie simmetriche dirette ora verso l’alto, ora verso il basso; ai quattro apici della fascia, corti spilli a capocchia piena. Lo stato di conservazione del codice non è ottimale: diversi fogli, soprattutto all’inizio, sono montati su brachette cartacee. L’umidità ha danneggiato il manoscritto in più punti, in particolare nei fogli finali, che nell’area prossima all’angolo superiore esterno presentano dilavazione della scrittura o lacerazioni e perdita di parti del supporto (ad es. ff. 209-210), cui talora si è cercato di porre rimedio, a più riprese, sovrapponendo piccole strisce di carta giapponese o carta. Fori di tarli negli ultimi fogli, in corrispondenza del margine inferiore. I rimbocchi del rivestimento d’una vecchia legatura hanno macchiato, lungo i margini, il primo e gli ultimi fogli del codice. I ff. 14-21 sono da leggersi dopo f. 29; dopo il f. 131 si apre una lacuna che van de Vorst calcolava di 9 fogli. Legatura Rossi A, con semplici ferri geometrico-floreali, impressi a secco o in oro, in buono stato di conservazione; sul dorso, rifatto in pelle bruna un po’ più chiara nel corso di un intervento di restauro, è stato riapplicato il precedente rivestimento del dorso della legatura rossiana. Su di esso si legge, in alto:

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ROSS. 322-323

S(ANCTI) GREGORII | NAZIANZENI | SERMONES GRAEC(E); in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) | SAEC(ULI) XI. Il codice doveva già essere in mani occidentali fra XV e XVI secolo. Su di esso, infatti, si legge, nel f. , in alto, da Verona, di mano che si direbbe quattrocentesca o al più tardi del primo Cinquecento. Almeno una mano greca quattro o cinquecentesca postilla il codice emendando e integrando il testo (ad es. f. 2r e seguenti). Nel f. , in alto, di mano moderna, forse del ricordato Filippo Vitali: S(ancti) Gregorii Nazianzeni Sermones diversi. Si segnala inoltre, al f. , un pinax greco di mano moderna, che potrebbe essere anch’esso del Vitali se non altro per i rinvii ai numeri dei fogli. Nel margine esterno di f. 1r la traccia di un timbro ovale, che è stato dilavato certamente per cancellare l’identità di un precedente possessore (del timbro resta però un’impronta parziale sul f. , a fronte). Questi elementi orientarono Aubrey Diller, in uno studio comparso nel 1935 e poi confermato da approfondite ricerche del cardinale Giovanni Mercati, a riconoscere nel Ross. 322 uno dei manoscritti che, trafugati dalla Biblioteca Angelica negli anni Trenta del XIX secolo e più tardi ricomparsi sul mercato antiquario, entrarono per questa via nella collezione rossiana. (SILVA TAROUCA, II, 151r-153r; Bibl. Rossianae IV, 15r-v) PICCOLOMINI, Index, 22 nr. 4; PICCOLOMINI, Addenda, 182-183 nr. 3; VAN DE VORST, Verzeichnis, 496; GOLLOB, Griechische Literatur, 14-16; DILLER, Scipio Tettius, 16, n. 6; MERCATI, Note, 32, n. 3; SAUTEL, LEROY, Répertoire, 398 (ove è individuato erroneamente, nel nostro codice, il tipo di rigatura 32D1); MOSSAY, HOFFMANN, Repertorium Nazianzenum, V, 202 (nr. 221); SOMERS, Histoire, 692-693 (sigla: X41); D’AIUTO, Per lo studio, 250-252 e fig. 33 f.t.

FRANCESCO D’AIUTO

Ross. 323 (olim IX, 13) Tractatus de peccatis et de confessione (ff 1r-201r). S. BONAVENTURA GIO, Tractatus de praeparatione ad missam (ff. 202r-217r)

DE

BALNEORE-

Italia centrale, sec. XV, metà Membr. (pergamena di buona qualità); ff. V, 220, V’ (fogli di guardia cart.); numerazione in inchiostro bruno nell’angolo superiore destro del recto dei fogli, vergata da mano probabilmente coeva (cfr. l’esecuzione del 5, del 7 o del 9) fino a f. 202; segue numerazione moderna a matita (ff. 203-220), vergata anche sui fogli bianchi (ff. 218-220); per la prima parte del manoscritto è presente anche una numerazione a registro coeva, posta nel margine inferiore del recto dei primi 5 fogli dei 19 fascicoli regolari (ff. 1-201) che sono contrassegnati dalle lettere dell’alfabeto dalla a alla v (a1, a2, a3, etc.). In questi fascicoli il richiamo orizzontale, nel margine inferiore, è inserito in un elegante cartiglio ornamentale a forma di rotolo cartaceo; presente inoltre, nel verso dei singoli fogli, anche una sorta di brevissimo richiamo (di appena qualche lettera) al foglio successivo. Per la II opera (ff. 202-217), costituita da tre fascicoli variamente compositi, il richiamo è orizzontale senza elementi decorativi, al centro del margine inferiore; mm 180×125. Scrittura umanistica posata, a inchiostro bruno, probabilmente di due mani

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 323, f. 1r

diverse (ff. 1-201; ff. 202-217), per i due testi che compongono il manoscritto (cfr. le lettere caratteristiche della scrittura – come la g, la r, la a – e la tendenza ad usare o meno note tironiane): la prima scrittura presenta un ductus molto regolare e poche differenze di tratto tra lettere; la seconda appare invece vergata con tratti più spezzati e maggiore contrasto tra le aste, con l’effetto di una pagina più ariosa ed elegante. Specchio scrittorio, mm 107×70 (f. 110); 112×70 (f. 213), a piena pagina dapprima di 17 linee di testo (ff. 1-201) che poi aumentano fino a 20 linee; rigatura a secco con doppie righe verticali e orizzontali che chiudono lo specchio fino ai margini inferiore e superiore, scrittura sotto la prima linea di rigatura. Poche le correzioni e le note marginali, presenti invece le indicazioni di paragrafo e i nomi degli autori (in rosso); alcune note nei margini sarebbero di mano del cardinale Domenico Capranica (SILVA TAROUCA, II, 154r), cui il manoscritto appartenne (cfr., ad es. a f. 7r, Consilium Beati Bernardi e, più in basso, Notatur pro anima tua).

L’apparato decorativo si compone, oltre alle iniziali decorate, anche di titoli, explicit, incipit, richiami nei margini e nomi degli autori rubricati in rosso; iniziali di paragrafo della I opera toccate di rosso. Presenti 24 iniziali a bianchi girari (1 maggiore e 23 medie), di buona fattura, benché di maniera: il corpo della lettera è in foglia d’oro (che ha mantenuto un riflesso brillante) su fondo verde e rosa, rifilato di blu e puntinato di bianco; piuttosto tradizionale la fattura dei bianchi girari che presentano una terminazione dei tralci abbastanza carnosa e l’utilizzo di una tavolozza cromatica forse limitata ma armonica, pur nelle misure ridotte delle iniziali. f. 1r: iniziale maggiore Q di Quia propter humanam all’incipit del codice, decorata a bianchi girari (mm 20×20); completa la decorazione della pagina, nel bas-de-page, il tradizionale stemma del cardinale Capranica (14001458). Poiché lo stemma sembra coevo al manoscritto e non aggiunto in una fase successiva, e accertato che il codice apparteneva al collegio Capranica – come testimonia la sua presenza con il nr. 128 (cfr. ff. 13v-14r) nell’inventario della biblioteca stessa contenuto nel ms. Vat. lat. 8184 –, si potrebbe ipotizzare, per la datazione della scrittura e per i contenuti dell’opera, proprio una committenza del manoscritto da parte dello stesso Domenico Capranica, e quindi, con buona probabilità, l’assegnazione a un ambito di produzione romano. f. 2r: iniziale media D di Dico igitur (mm 15×15), all’inizio del primo dei 23 ca-

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ROSS. 323-331

pitoli di cui si compone questa opera, secondo l’ordine dell’indice; seguono altre 22 iniziali medie (una per capitolo), tutte eseguite, come l’iniziale di f. 1r, con una decorazione a bianchi girari, ma di dimensioni ridotte (mm 15×10). Del II testo contenuto nel manoscritto, il Tractatus de praeparatione ad missam di san Bonaventura (ff. 202-217), mancano tutte le iniziali miniate (a cominciare dalla A di Ad honorem gloriose, all’incipit dell’opera, a f. 202r), che dovevano essere 7; poiché il Tractatus è completo ed è sempre presente la letterina guida, si comprende che il lavoro di copia è stato concluso, ma non quello della decorazione. Buono lo stato complessivo di conservazione del manoscritto. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione: sul dorso, che è leggermente staccato dal piatto anteriore, si legge: S(ANCTI) BONAVENTURAE / OPUSCULA; più in basso EX BIBL(IOTHECA) / CARD(INALIS) FIRM(ANI). (SILVA TAROUCA, II, 154r; Bibl. Rossianae IV, 16r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119, 118 nr. 244.

LAURA FORGIONE

Ross. 331 (olim IX, 21) DECIMUS IUNIUS IUVENALIS, Saturae I-XVI (ff. 1r-74r). FLACCUS AULUS PERSIUS, Saturae I-III (ff. 74v-76v) Italia centrale (Firenze o Roma?), sec. XV, metà (d.to 1453 giugno 24) (f. 74r) explicit: Decimi Iuni Iuvenalis Aquinatis Liber Saturarum Explicit Feliciter. 8 Kalendas Iulias 1453 Membr. (pergamena di buona qualità, ben lavorata; appena percepibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. V (cart.), 76, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro dei fogli, accompagnata da una numerazione a matita – anch’essa moderna – presente sul recto dell’ultimo foglio del fascicolo, ma anche su f. 74, dove finiscono le Satire di Giovenale e su f. 76, l’ultimo foglio del codice. Il ms. è composto di 7 fascicoli regolari (ff. 1-70) più un quaterno (ff. 71-76) mancante dei 2 ff. che corrispondono alla

Ross. 331, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

lacuna testuale nella I satira di Persio (che inizia a f. 74v), con il richiamo orizzontale, sempre vergato nel margine inferiore spostato a destra e decorato quasi sempre da un segno di paragrafo a inchiostro rosso; mm180×110. Scrittura minuscola umanistica posata a inchiostro bruno di una sola mano, di buona fattura, dal modulo regolare; rare le glosse interlineari e marginali che sono coeve e presumibilmente della stessa mano, ma vergate in umanistica corsiva; solo a f. 55v c’è una nota più lunga nel margine sinistro – tracciata però in una corsiva usuale più tarda – che sembra un commento di tipo stilistico (diu elaboratum fuit et sepe quesitum utriusque carmen esse elegantius Virgilei an Homeri, etc.). Specchio scrittorio (mm 125×65) a piena pagina di 28 linee di scrittura, rigatura a secco eseguita con due rettrici verticali esterne che delimitano da ciascun lato i margini dello specchio di scrittura.

L’apparato decorativo si compone di 7 iniziali maggiori (mm 40×40 ca.) a bianchi girari su fondo policromo, ai ff. 1r, 2r, 21r, 33r, 45r, 58v, 74v. 14 iniziali minori ornate – 11 per le satire di Giovenale (mm 10×10) ai ff. 5r, 8r, 14v, 17v, 37v, 42v, 52r, 56r, 63v, 70v, 73v, 3 per quelle di Persio, più grandi di modulo (mm 20×15) ed eseguite con una migliore tecnica decorativa (ff. 74v, 75r, 76v) – che introducono alle singole satire (quando esse non coincidono anche con l’inizio di un nuovo libro, che è qualificato da una iniziale maggiore a bianchi girari); come le maggiori, anche le iniziali ornate sono di buona fattura, il corpo della lettera è in foglia d’oro, su fondo campito alternativamente di rosa e di blu o di rosa e di verde, decorato con sottili arabeschi in biacca e definito da una spessa linea nera; nelle Satire di Giovenale le lettere ornate sono di mm 10×10, tranne la bella iniziale P di Plurima, che è di modulo maggiore (mm 20×15) a f. 63v. I segni di paragrafo sono vergati a inchiostro rosso (lo stesso con cui è scritto, in scrittura capitale, l’explicit delle Satire di Giovenale, a f. 74r, e l’incipit delle Satire di Persio a f. 74v). A inchiostro rosso anche il nesso NT (notabilia), con la T che si allunga in alto e in basso (per es. ai ff. 62r, 76r). Al foglio d’incipit è stato tagliato nel bas-de-page lo stemma del possessore o del committente del manoscritto (con parziale perdita di una parola nell’ultimo rigo di scrittura) e la lacuna della pergamena è stata in seguito integrata con un intarsio cartaceo. Le maiuscole all’inizio delle linee di scrittura sono toccate di rosso. f. 1r: iniziale D di Decimi dicebantur (mm 40×40), incipit del codice, a bianchi girari su fondo policromo; corpo della lettera in foglia d’oro, fondo rosa antico e verde pallido, profilato da una linea blu puntinata di bianco. f. 2r: iniziale S di Semper ego auditor (mm 45×40), incipit della I satira del I libro, a bianchi girari su fondo policromo; corpo della lettera in foglia d’oro, sfondo rosa e verde profilato da una linea blu. Il I libro contiene 5 satire: le altre 4, come detto, sono introdotte da iniziali minori. f. 21r: iniziale C di Credo pudicitiam (mm 40×50), incipit a bianchi girari su fondo policromo, corpo della lettera in foglia d’oro, sfondo rosa e verde profilato da una linea blu; è l’inizio della VI satira e anche inizio del II libro, che si compone di una sola satira. f. 33r: iniziale E di Et spes et ratio, incipit del III libro e della VII satira; l’iniziale è eseguita con la stessa tecnica delle precedenti e misura mm 40×40. A

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ROSS. 331-333

f. 37v c’è l’inizio di nuova satira con iniziale minore S, uguale all’iniziale minore S con cui a f. 42v inizia la IX satira. f. 45v: iniziale O di Omnibus in terris (mm 40×40), incipit del IV libro e della satira X, iniziale a bianchi girari su fondo policromo; a f. 52r, iniziale minore A della XI satira; iniziale minore N a f. 56r, per la satira XII. f. 58v: iniziale E di Exemplo quocumque (mm 30×30), più piccola delle altre iniziali maggiori, ma eseguita con la stessa tecnica: incipit del V libro e della satira XIII; iniziale minore P (f. 63v) per la satira XIV; iniziale minore Q (f. 70v) per la satira XV e infine iniziale minore Q (f. 73r) per la satira XVI. A f 74r, explicit dell’opera di Giovenale che data il ms. f. 74v: iniziale N di Nec fonte (mm 40×40), incipit (Prologus) delle satire di Persio: iniziale maggiore a bianchi girari su fondo policromo, corpo della lettera in foglia d’oro, sfondo rosa e verde profilato da una linea blu puntinata; f 74v, iniziale minore O (O curas homimum) della I satira; il testo del ms. salta oltre 110 versi della I satira di Persio (fino al v. 118) che consta di 134 versi (la lacuna testuale corrisponde alla perdita di due ff. del fascicolo, come detto); f. 75r, iniziale minore N (dovrebbe essere H, perché l’incipit della II satira è Hunc Macrine); f. 76v, iniziale minore N (Nempe haec), incipit III satira (mutila, solo 18 versi su 118). Il codice, a evidenza esemplare di studio, si può ipotizzare realizzato in ambiente umanistico e ascrivere, per l’aspetto decorativo ma anche per la fattura nel suo complesso, a un’area di produzione centroitaliana, tra Firenze e Roma. Buono nel complesso lo stato di conservazione del manoscritto. Legatura di tipo Rossi A ricoperta da un pesante cartoncino celeste, in buono stato di conservazione. (SILVA TAROUCA, II, 157r-158r; Bibl. Rossianae, IV, 31r-32r) GOLLOB, Die Bibliothek, 14; TIETZE, Die illuminierten, 125 nr. 267; Manuscrits classiques latins, 428; SCARCIA PIACENTINI, Saggio di un censimento, 108; RIOU, Tradition textuelle, 190, 192.

LAURA FORGIONE

Ross. 333 (olim IX, 23) FLORUS LUCIUS ANNIUS, Epitome de Tito Livio, I-II Toscana, sec. XV3 Membr.; ff. V (cart.), 99, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero, sul recto del foglio in basso a destra. Il ms. è composto di 10 fascicoli, con richiamo orizzontale sempre presente al centro del margine inferiore dell’ultimo foglio del fascicolo e contornato da piccoli puntini decorativi (3 puntini su ciascuno dei 4 punti cardinali come a formare una croce); mm 160×110. Scrittura minuscola umanistica rotonda a inchiostro bruno di una sola mano, regolare nella sua ese-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

cuzione, dal modulo abbastanza piccolo, con pochi contrasti tra le lettere e una discreta uniformità dei tratti. Specchio scrittorio (mm 105×65) a piena pagina di 22 linee di scrittura, rigatura a secco eseguita sul lato pelo del bifolio, con doppie righe verticali esterne che chiudono lo specchio scrittorio, scrittura sotto la prima linea di rigatura. Assenti note marginali o di commento, benché – per formato, per fattura e per la presenza di un certo numero di parti sottolineate e alcuni segnali di “evidenza”, come di paragrafo – sembrerebbe un libro di studio; solo a f. 80r, si legge prodigia, ma in una scrittura usuale e corsiva molto più tarda.

L’apparato decorativo si compone di 1 iniziale maggiore a bianchi girari inserita in un fregio che completa l’ornamentazione del f. 1v; 3 iniziali in oro su fondo campito di verde e rosso scuro con una leggerissima decorazione filigranata ad arabeschi in biacca che arricRoss. 333, f. 1r chisce il fondo, per l’inizio di ogni libro; iniziali semplici a penna in rosso e blu (alternate) per l’inizio di paragrafo e di sezione. f. 1v: pagina di incipit, iniziale P di Populus romanus a bianchi girari (mm 55×30), in apertura dell’opera (Populus romanus a rege Romulo in Caesarem Augustum): corpo della lettera in foglia d’oro su fondo rosso e verde profilato di blu cobalto e puntinato di bianco. L’iniziale è inserita in un fregio che si estende su quasi tutto il margine laterale sinistro (mm 125), ma l’effetto d’insieme della pagina d’incipit è poco efficace, l’esecuzione non sembra raffinata, piuttosto di maniera; inoltre i colori sono un po’ sbiaditi (nel margine interno c’è stata anche una perdita di parte della linea profilata blu che definisce il tralcio), né giova che il ms. sia stato poi anche pesantemente rifilato nel margine superiore in occasione di una legatura successiva, con evidente perdita della parte terminale della desinenza carnosa del fregio a bianchi girari. Completa la pagina d’incipit, nel bas-de-page, uno stemma araldico sorretto da due putti a loro volta circondati da un nastro giallo-oro e blu: sormontate dal motto AEIOU (Austriae est imperari orbi universo) le armi di Federico III d’Asburgo (vissuto tra il 1415 il 1493, imperatore austriaco dal 1440) con stemma squadrato, in cui il primo e il quarto quadrante in oro ospitano un’aquila coronata, mentre il secondo e il terzo sono alla banda d’argento. Più che committente, Federico III sarebbe stato piuttosto un possessore del ms. (Manuscrits classiques latins, 429)

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ROSS. 333-336

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e così lo stemma potrebbe essere stato aggiunto successivamente, anche se in tempi molto vicini a quelli dell’esecuzione del ms. (il blu del nastro intorno ai putti sembra lo stesso della decorazione dei bianchi girari). f. 19v: iniziale D di Domita subacta, all’incipit del II libro, iniziale ornata (mm 15×20) su fondo campito. f. 44v: iniziale H di Hec ad orientem, all’incipit del III libro, iniziale ornata (mm 15×20), come già detto. f. 74v: iniziale C di Catilinam luxuria primus, iniziale ornata (mm 15×20), che introduce al IV libro. Da notare infine che a f. 24r, l’iniziale rossa a penna D dovrebbe essere G (per Gallis), come indica anche la letterina guida che il copista aveva indicato al miniatore, evidentemente senza successo; lo stesso dicasi per f. 34r, dove l’iniziale C a penna dovrebbe essere ancora G. Il codice, per il suo formato, per la realizzazione, per la presenza di un certo numero di parti evidenziate, sembrerebbe (come si è detto) un libro di studio e si può ipotizzare la sua realizzazione in ambiente umanistico; benché l’aspetto decorativo sia poco originale, per la fattura nel suo complesso, possiamo ascriverlo a un’area di produzione toscana della II metà del Quattrocento. Lo stato di conservazione del ms. è discreto, ma esso è totalmente staccato dalla legatura. Legatura di tipo Rossi A: sul primo tassello si legge L(UCII) ANNEI FLORI FACT(UM) / ME(MORABILIUM) LIB(RI) IV; in basso SAECU(LI) XIV. (SILVA TAORUCA, II, 160r; Bibl. Rossianae IV, 34r) GOLLOB, Die Bibliothek, 18; TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 224; Manuscrits classiques latins, 429; HAVAS, Floriana, 33; REEVE, The Trasmission of Florus, 472; HAVAS, Flori opera, 4; CERESA, Bibliografia 1998, 380; CERESA, Bibliografia 2005, 478.

LAURA FORGIONE

Ross. 336 (olim IX, 26) LUCIANUS, Toxaris sive De amicitia Italia centro-settentrionale, sec. XV2 Membr. (pergamena piuttosto sottile, avorio, lavorata in modo omogeneo); ff. VI (cart.; il I in cartoncino azzurro come la controguardia), 54, VI’ (cart.; il VI’ in cartoncino azzurro come la controguardia); mm 173×127 (misure prese al f. 1). Testo vergato in uma-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

nistica di modulo medio da una sola mano con inchiostro bruno e rosso per il titolo e per i nomi degli interlocutori e disposto in una sola colonna di 17 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 120×76, rigato a secco verticalmente e orizzontalmente. Interventi marginali correttivi poco estesi. A f. 54v, al termine dell’opera, è stata inserita, nella parte bassa del foglio, in minuscola corsiva di mano diversa, una preghiera non totalmente leggibile a causa di una rifilatura del margine inferiore.

A f. 1r del codice, che contiene la traduzione latina del Toxaris di Luciano, di cui sono noti almeno dieci manoscritti (SIDWELL, Manoscritti, 250 nr. 41), si legge la dedica di Giovanni Aurispa (1369-1459), noto per essere uno dei primi traduttori dello scrittore greco, di cui aveva portato diversi codici Ross. 336, f. 1r dalla Grecia: f. 1r: Aurispae viri clari ad Leonellum et Ludovicum, filios marchionum Ferrariae et Mantuae, translatio Luciani de amicitia. La decorazione del codice consiste in 2 iniziali decorate; a f. 1r la A di Amicitiam exhortanti mihi (mm 34×25), all’incipit dell’opera; a f. 2v la Q di Quid ais o Toxari facitis rem divinam (mm 25×25), all’inizio del primo dialogo tra Mnesippo e Toxaris. Si tratta di iniziali in foglia d’oro, in parte caduta, contornate a inchiostro nero, su bolo verde. I bianchi girari, sottili e mossi da boccioli di fiori particolarmente esuberanti nelle terminazioni che ora bucano il corpo della lettera (f. 1r), ora le si attorcigliano (f. 2v), sono realizzati su campo blu puntinato di biacca, dal profilo frastagliato con lacunari in verde e rosa. La prima di queste iniziali ha un ductus particolare, un profilo spezzato cui la sistemazione della foglia d’oro in due sezioni accostate e sottolineate da una linea nera conferisce un aspetto prismatico. La datazione del codice, il cui terminus post quem è il 1425, anno in cui Giovanni Aurispa tradusse il Toxaris (SIDWELL, Manoscritti, 244), sembra potersi ben assestare nel secondo quarto del secolo; resta però difficile, per mancanza di confronti convincenti, ipotizzare il luogo di esecuzione, nell’ambito comunque dell’Italia centro-settentrionale. Il codice si trova in uno stato di conservazione mediocre, con tagli piuttosto estesi (f. 53), a volte rattoppati (f. 1), macchie, soprattutto nei primi fogli, fori (f. 32), e consistenti cadute di colore e della foglia oro.

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ROSS. 336-338

Legatura Rossi A in buono stato di conservazione (rest. nel 1964); sul dorso si legge, in alto, LUCIANI / DE / AMICITIA / LAT(INUM) / AB AURI(ISPA), in basso, COM. (sta per COD) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 166r; Bibl. Rossianae, IV, 45r) TIETZE, Die illuminierten, 107 nr. 200; MARSH, Poggio, 206-207; SIDWELL, Manoscritti, 250 nr. 41.

GRAZIA MARIA FACHECHI

Ross. 338 (olim IX, 28) Passio Christi secundum quatuor Evangelistas (ff. 1r-135r). Ordo ad comunicandum infirmum (ff. 137r-144r). Ordo ad ungendum infirmum (ff. 144v-162v). Ordo comendationis animae (ff. 162r-180r) Italia settentrionale (Padova?), sec. XIV, metà Membr.; ff. 181; numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro del recto del foglio. Il manoscritto si compone di fascicoli regolari, quasi tutti quinioni per la prima delle opere contenute, con l’eccezione di un quaterno (ff. 81-87) cui manca un foglio, senza che peraltro ci sia apparente lacuna testuale, e del f. 136, aggiunto per completare l’opera di copia. Nel resto del manoscritto poi solo quaterni fino ai fogli finali (177-180), assemblati in modo evidentemente avventizio; il richiamo al fascicolo successivo è sempre presente al centro del margine inferiore, per lo più contornato da puntini o trattini esornativi; misure mm 125×95. Scrittura gotica a inchiostro nero, rosso per le rubriche, dal grosso modulo e grande nel calibro dal tratto poco contrastato, tipizzazione della gotica italiana centro-settentrionale di fine Trecento. Specchio scrittorio (mm 75×60) a piena pagina di sole 8 linee di scrittura (risultanza di lettere dal modulo grande in confronto con il piccolo formato dell’esemplare), rigatura a piombo definita dalle sole due rettrici laterali, scrittura sotto la prima linea di rigatura.

L’apparato decorativo si compone di 3 miniature tabellari poste all’inizio del racconto della Passione di tre degli evangelisti (manca quella di Matteo, poiché il manoscritto è acefalo), inserite in un fregio decorativo

Ross. 338, f. 108r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

che si stende riccamente nei margini; 3 iniziali ornate maggiori (ai ff. 32v, 68v, 107r); numerose iniziali semplici rosse e blu alternate (che, nel caso in cui introducano le parole di Gesù, sono sostituite da una piccola croce, rossa o blu). Nella seconda parte del codice (ff. 137r-180r), ci sono solo incipit rubricati, iniziali calligrafiche e filigranate bicromatiche. Da notare che ai ff. 137r-140r il testo è sottolineato di rosso. f. 1r:

incipit (acefalo): (si)militer et omnes discipuli dixerunt. Passione di Matteo (ff. 1-34, inizia da Mt 26,35). f. 34v: miniatura tabellare con un leone alato (mm 40×35) a introdurre l’evangelista Marco: il corpo scuro del leone presenta volto antropomorfo con l’aureola al posto della criniera, ali bicromatiche blu/bianche sfumate e tiene in mano il libro del Vangelo. L’oro del fondo è stato completamente abraso (come è avvenuto per la miniatura successiva, cfr. anche SILVA TAROUCA, II, 169r). Intorno alla miniatura, si sviluppa su tre lati un fregio acantiforme multicolore (rosso, blu, verde) che, con ampie volute, si accompagna a globi dorati. f. 70v: miniatura tabellare con un toro (mm 42×35) che rappresenta l’evangelista Luca: anche in questo caso l’animale tiene nelle mani il vangelo ed è connotato dall’aureola; la tecnica utilizzata per le ali è la stessa della miniatura precedente, ma la tavolozza cromatica è diversa (bianco, rosso, terra bruciata). Identico il fregio a volute vegetali. f. 108r: miniatura tabellare (mm 40×30) con l’aquila che rimanda all’evangelista Giovanni: il corpo scuro dell’aquila si staglia su di un fondo d’oro ancora lucente; l’aquila, sempre circondata dall’aureola, si presenta con il becco aperto e tiene un libro negli artigli; in alto, nel margine interno, una sorta di medaglione rosso va a chiudere il fregio vegetale che si sviluppa ai bordi del foglio come una cornice. Oltre alle miniature degli evangelisti, ci sono – come accennato – 3 iniziali ornate: a f. 32v la A di Altera die autem (mm 25×22) presenta, su fondo oro, il corpo della lettera in rosa antico con leggeri motivi in biacca e racemi rossi, blu, grigi che si dipartono dalla lettera e che si stendono per tutto il margine esterno. Simili le soluzioni cromatiche delle altre due iniziali presenti rispettivamente a f. 68v, la E di Et cum iam (mm 30×25) e a f. 107r, la E di Et ecce vir (mm 25×25), con il corpo della lettera rosa su fondo blu.

La decorazione dell’esemplare, forse di non equilibratissima esecuzione ma efficace nella sua valenza cromatica, sembra rimandare per il tipo di soluzioni stilistiche adottate (fregio acantiforme, globi dorati), a un ambiente padovano forse della metà del sec. XIV (cfr. ad es. MARIANI CANOVA, 94, Scheda nr. 23, che riproduce l’Evangelistario della Biblioteca capitolare, ms. D 30). Aspetti più spiccatamente paleografici e codicologici, come l’impiego di una gotica di modulo così grande e così poco contrastata, rimandano allo stesso ambito di produzione, forse universitario.

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ROSS. 338-340

Discreto lo stato di conservazione del codice, solo il primo fascicolo è leggermente slegato dal resto. La legatura, forse dell’inizio del XVI secolo, è in cuoio rosso, trattata con colori naturali, su spesse assi di legno ormai decisamente tarlate che hanno danneggiato anche la coperta. Leggero motivo decorativo a X impresso sul piatto anteriore; borchie in ferro sui 4 angoli dei piatti, su quello anteriore manca nell’angolo inferiore sinistro; doveva esserci anche una borchia centrale, di cui resta un foro nel mezzo del piatto anteriore (dei due è il meglio conservato); sempre sul piatto anteriore si nota ancora il tenone di una fermezza in ferro con tracce di cuoio che dovevano costituire probabilmente un laccio di chiusura, mentre in corrispondenza, nel piatto posteriore, ci sono solo tracce di tarli. Probabilmente nel corso di un restauro relativamente recente furono applicate per protezione delle brachette in carta (cfr. ff. 178-179). Si segnala, a f. 181r, una nota di mano posteriore (presumibilmente del sec. XVI, forse coeva quindi alla legatura): gloria in altisimi (sic) Deo et in terra pax ominibus (sic) bone voluntatis. Deo gratia. (SILVA TAROUCA, II, 169r; Bibl. Rossianae, IV, 47r) SALMON, Les manuscrits liturgiques III, 79 nr. 239.

LAURA FORGIONE

Ross. 340 (olim IX, 30) Breviarium Romanum secundum Ordinem fratrum minorum Italia settentrionale (Emilia Romagna?), sec. XV, metà Membr. (pergamena di buona qualità, sottile e ben levigata, impercettibile la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. VI, 507, VI’ (fogli di guardia cart., il I e il VI’ in cartoncino azzurro); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero nel margine inferiore destro dei fogli, accompagnata da numerazione più antica (forse di poco posteriore al manoscritto) posta nel margine superiore destro, vergata in inchiostro bruno: quest’ultima numerazione si ferma a f. 502, mentre quella a numeratore meccanico (in basso a destra) arriva a f. 507; bianco (ma numerato) il f. 313. Secondo Silva Tarouca dopo il calendario (ff. 1-6) mancherebbe un foglio miniato che

Ross. 340, f. 60r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

avrebbe dovuto costituire la pagina d’incipit del Salterio (di fatti l’incipit del ms. è costituito dal versetto 5 del salmo 2, Suo conturbabit eos, a f. 7r). Alcuni elementi, materiali e testuali, suffragano questa ipotesi: si notano tracce di colore sul verso del f. 6; la numerazione più antica dei fogli (in inchiostro nero) inizia non da f. 1r ma da f. 2r (che corrisponde al f. 7r del numeratore moderno); inoltre, come accennato, il ms. è acefalo, mancando l’incipit del Salterio, incipit che era contenuto nel primo foglio del II fascicolo (7-15), ora irregolare, essendo un quinione mancante del f. 1. Esclusa questa lacuna, la fascicolazione è regolare, con richiami presenti nel margine inferiore al centro del foglio, tra leggeri tratti decorativi (come una cornice o un cartiglio); mm 130×95. Gotica italiana tarda di mano unica, a inchiostro nero, rosso per le rubriche, scrittura ancora utilizzata in pieno Quattrocento per i libri di devozione privata; nel margine inferiore sono presenti annotazioni di una mano successiva con andamento corsivo, a volte inserite con intento che appare decorativo come ai ff. 110v, 149r, 163r dove assumono la forma di piramide rovesciata. Specchio scrittorio (mm 85×60) su 2 colonne (spazio intercolonnare mm 10, misurazione a f. 34v) di 29 linee di testo; rigatura a secco, costituita dalle 4 rettrici verticali che determinano le 2 colonne dello specchio, scrittura sotto la prima linea di rigatura.

L’apparato decorativo si compone di iniziali decorate maggiori, scrittura distintiva (incipit e antifonari rubricati), iniziali calligrafiche filigranate rosse e blu alternate, iniziali cromatiche rosse e blu alternate. Le 21 iniziali maggiori decorate (mm 20×25 ca.), ciascuna a introdurre una parte o sezione del Breviario, sono definite da una linea esterna scura e presentano, su di un fondo oro brillante, il corpo della lettera rosa intrecciato con racemi verdi e oro; all’interno della lettera, su fondo blu cobalto con leggeri motivi a biacca, un fiore rosso ancora su fondo oro. Dall’esterno della lettera si diparte un fregio decorativo a tralcio vegetale multicolore (verde, rosa e blu) con piccoli globi cigliati e dorati, che si distende lungo il margine interno, superiore o inferiore del foglio: le soluzioni decorative presentano differenti aspetti qualitativi e quantitativi nelle 21 iniziali (cfr. ad es., a f. 22r, la prima delle iniziali, la D di Dominus illuminacio mea, dove il fregio si sviluppa nel margine interno per mm 80, fino a quello inferiore), proponendo elementi aggiuntivi ricorrenti, come il melograno (cfr. f. 52v o f. 60r, dove si accompagna anche a una grossa fragola matura, in una sorta di pendant nel margine interno del foglio) e la farfalla con le ali riccamente variopinte (f. 314r, f. 465r). Da un’analisi complessiva della decorazione, sobria ma elegante del manoscritto, esso si può attribuire con buona probabilità ad ambiente emiliano o romagnolo (circoscritto tra Bologna e Ravenna) e alla metà del sec. XV. L’analisi dei santi elencati nel calendario (oltre a una forte presenza di ricorrenze di matrice francescana), suggerisce una provenienza forse ravennate, essendo ricordata la festività di san Severo vescovo di Ravenna (1 febbraio), nonché la dedicazione dell’Ecclesia ravennatis (13 aprile); si ricorda però anche il santo patrono di Bologna (san Petronio, 4 ottobre). Buono lo stato complessivo di conservazione, sia del codice, sia della legatura di tipo Rossi A. Sul dorso, in alto, si legge BREVIARIUM ROMANUM; più in

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ROSS. 340-342

basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. A causa della rilegatura ottocentesca, i margini dei fogli sono stati malamente rifilati, danneggiando anche le iniziali decorate (cfr. ad es., la C di f. 85v). (SILVA TAROUCA, II, 171r-172r; Bibl. Rossianae, IV, 49r) TIETZE, Die illuminierten, 122 nr. 254; SALMON, Les manuscrits liturgiques I, 162 nr. 334.

LAURA FORGIONE

Ross. 342 (olim IX, 32) Biblia sacra Francia (Parigi), sec. XIII, metà (1245-1260) Membr. (pergamena molto sottile e uniforme); ff. VI, 602, III’ (guardie cartacee moderne); numerazione meccanica in cifre arabiche nell’angolo in basso a destra; altra numerazione saltuaria a matita, nell’angolo in alto a destra; richiami assenti; mm 140×92; scrittura gotica testuale a inchiostro nero toccato di rosso; specchio scrittorio su due colonne (mm 100×63, spazio intercolonnare mm 4) di 50 linee di scrittura; rigatura a colore e a punta metallica, eseguita pagina per pagina.

La decorazione comprende 14 iniziali istoriate (mm 20×20 ca.), 133 iniziali ornate a pennello, grandi (mm 20×18), medie (mm 14×12) e piccole (mm 8×8), iniziali filigranate in rosso e blu con ornati di penna di colore opposto, letterine toccate di rosso; titoli correnti, numerazione dei capitoli in caratteri rossi e blu alternati; rubriche e segni paragrafali in rosso. f. 1r:

f. 4v:

iniziale istoriata F di Frater Ambrosius, all’incipit dell’Epistola sancti Ieronimi. San Girolamo nell’atto di scrivere, nelle vesti di un monaco. iniziale istoriata I di In principio creavit (mm 128×26), all’incipit del Liber Genesis. I giorni della Creazione, con l’aggiunta della Crocifissione. Il corpo della lettera, sottile e bordato in oro, comprende sette medaglioni in forma di mandorla, tutti contenenti la figura intera del Creatore. Dall’alto

Ross. 342, f. 4v

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f. 114v: f. 171r: f. 234r: f. 244v: f. 269r: f. 310r: f. 390r: f. 400v: f. 423r: f. 446v:

f. 493r:

f. 526r:

I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

in basso si susseguono: Dio in trono, la Separazione del giorno dalla notte, la Separazione della terra dall’aria, la Creazione delle piante, la Creazione del sole e della luna, la Creazione degli animali, la Creazione di Eva. Alla base della lettera, entro un riquadro rettangolare, compare Cristo crocifisso tra la Vergine e san Giovanni. Gli apici della lettera sono arricchiti da nodi geometrici di sottili tralci desinenti con teste ferine e terminazioni fogliacee che si estendono in senso orizzontale, nei margini superiore e inferiore. iniziale istoriata F di Fuit vir unus, all’incipit del Liber Regum primus. Due soldati decapitano un uomo inginocchiato. iniziale istoriata A di Adam, Seth, Enos, all’incipit del Liber Paralipomenon primus. Adamo, Set ed Enos. iniziale istoriata V di Vir erat in terra, all’incipit del Liber Iob. Giobbe disteso a terra al cospetto della moglie. iniziale istoriata B di Beatus vir all’incipit del Psalterium. Re David nell’atto di suonare il salterio. iniziale istoriata P di Parabole Salomonis, all’incipit delle Parabole Salomonis. Re Salomone impartisce la disciplina a Roboamo. iniziale istoriata V di Visio Ysaie, all’incipit del Liber Ysaiae. Il martirio di Isaia, segato in due dagli aguzzini. iniziale istoriata A di Anno tertio, all’incipit del Liber Danielis. Il profeta Daniele posa le mani sulle teste di due leoni. iniziale istoriata V di Verbum domini, all’incipit del Liber Oseae. Il profeta Osea. iniziale istoriata E di Et factum est, all’incipit del Liber Machabeorum. Decapitazione di un ebreo apostata. iniziale istoriata L di Liber generationis, all’incipit dell’Evangelium Matthei. Iesse, disteso sul giaciglio corredato da tende e da una lampada, indica l’immagine del Redentore, racchiusa nella mandorla che sorge dal suo stesso corpo. iniziale istoriata P di Paulus servus servorum, all’incipit dell’Epistula ad Romanos. Paolo raffigurato secondo l’iconografia tradizionale, assiso e munito della spada. iniziale istoriata P di Primum quidem sermonem, all’incipit degli Acta apostolorum. Ascensione di Cristo, al cospetto di Maria e di due apostoli.

Le iniziali ornate a pennello, tutte di dimensioni molto ridotte, poste all’incipit dei singoli libri, sono campite nei colori rosa e azzurro, ornate da motivi geometrici di tono più chiaro e da abbondanti filettature in biacca. Le lettere sono racchiuse entro campi colorati nella tinta opposta, arricchiti agli apici superiori da piccole foglie. In basso invece le foglie spesso si allungano e si assottigliano e sono circondate da piccoli fondi smerlati azzurri. L’interno delle lettere è riempito abitualmente da tralci avvolti a spirale o a intreccio geometrico, ter-

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ROSS. 342

627

minanti con fogliette. Talvolta, negli occhielli o nelle aste compaiono figure di serpenti o draghi dalla testa canina, oppure altri animali, come uccelli o lepri. Le aste di alcune lettere, quali le F o le P, possono estendersi per tutta la lunghezza del margine verticale. Nella tavolozza dominano i colori blu, rosa e rosso, ma compaiono anche l’arancio e il verde chiaro, mentre l’uso dell’oro è estremamente ridotto. L’apparato decorativo, piuttosto semplice, con pochissime lettere figurate, rimanda allo stile tipico della bottega denominata Atelier Mathurin, attiva nell’ambito universitario parigino alla metà del Duecento (BRANNER, Manuscript Painting, 75-77, 214-215). Elementi tipici di questa bottega sono le figure piccole e semplificate, disegnate con un forte contorno nero; i panneggi sono piatti e poco articolati, le facce bianche e sommariamente delineate. L’iniziale del Genesi presenta abitualmente le scene racchiuse in quadrilobi o in più tradizionali mandorle, come avviene nel codice rossiano. In basso troviamo la Crocifissione, mentre gli ornati alle estremità della lettera sono formati da sottili corpi di serpenti intrecciati. In particolare, la decorazione del codice rossiano è paragonabile per impostazione, iconografia, gamma cromatica e repertorio ornamentale ad altre due Bibbie della stessa bottega Mathurin, conservate presso la Harvard University (ms. latin 264, f. 4v, cfr. BRANNER, tav. XIII) e la Konilnklijke Bibliotheek (ms. 132 F 21, f. 4v, cfr. BRANNER, fig. 164). Anche il Ross. 342, al pari della maggior parte dei prodotti dell’atelier, si presenta come una tipica Bibbia tascabile universitaria, probabilmente riconducibile all’uso domenicano. Il codice si conserva completo e in stato discreto, a parte le larghe macchie di umidità su molti dei primi fogli e l’eccessiva rifilatura. Legatura rossiana di tipo A, con decorazioni a impressione in oro e a caldo. Tagli spruzzati di grigio-verde. Sul dorso si legge in alto: BIBLIA SACRA / VULGATAE LECTIONIS; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XIV. Non si conoscono le circostanze dell’acquisizione del codice da parte del de Rossi. (Bibl. Rossianae, IV, 51r) TIETZE, Die illuminierten, 32 nr. 49.

GIORGIA CORSO

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 343 (olim IX, 33) S. AURELIUS AUGUSTINUS, De civitate Dei (Excerpta, ff. 1r-72v). S. HIERONYMUS, Adversus Iovinianum (Excerpta, ff. 74r-79r). S. GREGORIUS MAGNUS, Moralia (Excerpta, ff. 79r-82r). S. ANSELMUS, Opuscula varia (ff. 83r-180r) Italia centrale, sec. XII Membr. (pergamena spessa e poco levigata, con evidenti tracce di bulbi piliferi e piuttosto disomogenea); ff. V (cart.), 180, V’ (cart.); numerazione meccanica moderna a inchiostro nero sul margine inferiore destro del foglio, cui si accompagna una numerazione più antica, ma certamente non coeva, vergata a inchiostro bruno nel margine superiore destro. Fascicolazione regolare con alternanza di ternioni e quinioni con assenza di richiamo al fascicolo successivo; mm 160×100; la scrittura è una minuscola carolina italiana, dal canone formato, di medio calibro e modulo regolare risalente, per la prima parte del codice (ff. 1r82r), all’inizio del XII o forse anche alla fine dell’XI secolo; per la seconda parte (ff. 83r-148r) si Ross. 343, f. 175r tratta invece di un testimone grafico più tardo (metà XII sec.) che presenta già alcuni elementi della minuscola di transizione verso la gotica; il terzo copista (ff. 149r-180r) si pone infine cronologicamente più vicino alla prima mano, all’inizio del XII secolo. Il testo è vergato in inchiostro ocra tendente al rosso. Scrittura distintiva fa seguito alle iniziali decorate.

Specchio scrittorio a piena pagina, mm 130×75 (ff. 1-82); mm 130×80 (ff. 83148); mm 120×70 (ff. 149-180), costituito rispettivamente di 28, 33 e 26 linee; rigatura a secco definita da 2 rettrici laterali singole per i primi due copisti, doppie nella terza parte (con evidenti tracce di foratura nei margini) e scrittura sulla prima linea di rigatura. L’apparato decorativo comprende incipit ed explicit rubricati, iniziali di paragrafo a inchiostro rosso (a volte riempite di verde o di giallo pallido), 9 iniziali decorate (maggiori e medie) che presentano elementi diversi dato il carattere miscellaneo del manoscritto. f. 3v:

f. 18r:

iniziale Q di Quid est quod Cicero (mm 35×35): iniziale con tralci a risparmio profilata e incorniciata di rosso; l’interno della lettera presenta un fondo giallo chiaro. iniziale calligrafica O di Ommium certa sententia (mm 10×15): corpo della lettera blu con un giglietto interno ancora blu, leggeri motivi in rosso.

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ROSS. 343

f. 83r:

f 108v: f. 125r:

f. 132r: f. 141r: f. 149r:

f. 175r:

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incipit Liber Monologion Anselmi Cantuariensis episcopi (rubricato). A seguire, iniziale decorata S di Si avis unam naturam (mm 30×25): lettera bicolore rosso-verde, con corpo rosso con motivo traforato alla greca e un’asta in verticale verde (larga circa mm 5) che rappresenta probabilmente un libro aperto con la legatura in vista (si contano 4 borchie). iniziale M di Multi homines (mm 18×20): iniziale decorata con il corpo della lettera rosso toccato di verde all’interno delle anse. iniziale E di Eia nunc homuntio (mm 25×20), su cui si trova un essere antropomorfo dai tratti grotteschi e dal corpo verdastro che, curvo su se stesso, indica il testo con le mani. iniziale D di Domino et patri (mm 20×20): corpo della lettera rosso a forma di d onciale con interno riempito di rosso e di verde. iniziale Q di Quoniam liberum arbitrium (mm 20×20): lettera in inchiostro rosso e interno con motivo stilizzato a fiore verde. grande iniziale decorata N di Negatur a Grecis (mm 38×28): su fondo rosso e verde, il corpo della lettera è bianco e giallo con tralci vegetali che si intrecciano alle aste verticali. iniziale A di Anselmus servus Ecclesiae Cantuariensis (mm 38×35): l’iniziale – inserita in una figura grottesca dalle gote paonazze, con volto e acconciatura di sfinge che dalla bocca vomita tralci fogliacei spiraliformi – è definita da una linea rossa; intorno alla lettera si sviluppano rami a risparmio su fondo giallo pallido e verde, toccato di rosso nelle anse delle spire.

Molto interessante sotto l’aspetto grafico per la nitidezza dell’esecuzione della carolina in un ampio arco temporale, il manoscritto si presenta come una miscellanea di testi di filosofi e Padri della Chiesa, rappresentando (anche per ciò che concerne il semplice apparato decorativo) un esempio di «piccole collezioni formate di pezzi sciolti, ma derivati da una collezione completa e interpolata» (WILMART, Textes attribués, 78, n. 4). Assegnato da Tietze a un ambito di produzione tedesco del XIII secolo, già Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, II, 176) non si diceva d’accordo né sulla localizzazione né sulla datazione, distinguendo per decorazione e ambito temporale le tre parti del codice, eseguito comunque tra sec. XII «ineunte» e «media vergente». Il manoscritto si può pertanto attribuire, per fattura, decorazione e aspetti grafici a un ambiente probabilmente monastico dell’Italia centrale (fra Lazio e Toscana). Da aggiungere infine la presenza di un calendario (ff. 72v-73r) che è riferito agli anni 1114-1153. Buono lo stato complessivo di conservazione. Legatura Rossi di tipo A, restaurata nel corso del Novecento; della legatura rossiana sono stati salvati i piatti e il dorso su cui si legge, impresso in oro, partendo dall’alto: EXCERPTA / EX LIBRIS S(ANCTI) / AURELII AUGUST(INI) / DE CIVITATE DEI; poi, più sotto: S(ANCTI) HIERONIMI QUEDAM / S(ANCTI) ANSELMI VARIA; quindi, su un tassello inferiore: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) /

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

SAEC(ULI) XIII e, infine, EX BIBL(IOTHECA) CARD(INALIS) FIRM(ANI). Il manoscritto apparteneva dunque alla biblioteca del Collegio Capranica, come testimonia il ms. Vat. lat. 8184, dove questo codice è registrato, a f. 4r, con il nr. 22. Da segnalare, infine, che sul recto di f. 1 (che, con il f. 2, costituisce una sorta di guardia membranacea del codice, che è acefalo e il cui testo inizia solo a f. 3r), vi è un’annotazione di mano tarda – Collegii Romani Capranicensis – in cui al ms. è assegnato il nr. LIX che è poi eraso e sostituito con nr. LVII; sullo stesso f. 1r si può leggere una sorta di indice quattrocentesco del volume, attribuito dal Silva Tarouca alla mano dello stesso Capranica (identificazione grafica che mi è stata confermata da Marco Buonocore, che ringrazio). (SILVA TAROUCA, II, 174r-176v; Bibl. Rossianae, IV, 52r-55r) TIETZE, Die illuminierten, 5 nr. 8; WILMART, Textes attribués, 78, n. 4; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 400; BUONOCORE, Bibliografia, 658; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352; FALMAGNE, Florilèges, 172; CERESA, Bibliografia 2005, 478; BUONOCORE, I codici miniati, 171.

LAURA FORGIONE

Ross. 344 (olim IX, 34) PAULUS OROSIUS, Historiae adversus paganos, I-VII Italia centrale, sec. XV (metà?) (f. 188v) explicit: Explicit libri Orosii de trifaria distributione orbis ad beatum Augustinum

Ross. 344, f. 1r

Membr. (pergamena di discreta qualità); ff. V (cart.), 188, V’ (cart.); numerazione dei fogli moderna in cifra arabiche, meccanica, a inchiostro nero, vergata nel margine inferiore destro; 20 i fascicoli che compongono il manoscritto con richiamo orizzontale sempre presente al centro del margine inferiore del foglio, senza motivi decorativi; mm 160×120; scrittura umanistica, con elementi che richiamano ancora la textualis, vergata a inchiostro bruno molto scuro, di buona fattura dal modulo piuttosto piccolo e dal tratto uniforme con pochi contrasti e aste ascendenti e discendenti dal rigo poco pronunciate che non interrompono l’uniformità dell’insieme. Specchio scrittorio (mm 110×70) a piena pagina di 24 linee di scrittura, rigatura alla mina di piombo delimitata da una sola rettrice latera-

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ROSS. 343-344

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le esterna, scrittura vergata sulla prima linea di rigatura del foglio; rari marginalia o commenti brevi (come per evidenziare un argomento), ma di mani successive e dal ductus decisamente corsivo (ad es. ff. 11-12).

L’apparato decorativo è molto semplice e si compone di 1 pagina d’incipit (f. 1r), con fregio a bianchi girari, in cui è inserita una iniziale maggiore in foglia d’oro, e 6 iniziali minori (corrispondenti a circa 3 linee di testo) in oro su fondo campito di blu, rosso e verde con una leggerissima decorazione filigranata ad arabeschi in biacca che arricchisce il fondo, utilizzate per l’inizio di ogni libro; assente ogni tipo di rubrica, anche per incipit ed explicit dell’opera. f. 1r:

iniziale P a bianchi girari di Praeceptis tuis parui (mm 20×20), incipit del manoscritto inserito in una bordura a bianchi girari su fondo policromo (azzurro, rosso, verde) profilato di blu, ma i colori sono nell’insieme un po’ sbiaditi e opachi; anche l’iniziale in foglia d’oro appare piuttosto danneggiata e il margine interno del codice risulta rifilato e sacrificato dalla rilegatura moderna. Nel margine inferiore del foglio, all’interno della bordura vi era uno stemma cardinalizio ora abraso e colorato di rosso (si intravedono solo tracce di lamina in oro in alto a sinistra) e dunque non più leggibile. f. 11r: iniziale C di Cum post fabricam (mm 15×20), all’inizio del I libro, in foglia d’oro su fondo campito di blu, rosso e verde. f 24r: iniziale N di Neminem iam esse (mm 20×20), all’inizio del II libro, decorata come la precedente. f. 45r: iniziale E di Et superiore (mm 15×15), all’inizio del III libro, su fondo campito. f. 97v: iniziale H di Hic iam alie (mm 20×20), all’inizio del V libro, in foglia d’oro in foglia d’oro su fondo campito, come le precedenti. f. 132v: iniziale O di Omnes homines (mm 15×20), all’inizio del VI libro, in foglia d’oro su fondo campito come le precedenti. f. 169v: iniziale S di Sufficientia ut (mm 15×15), all’inizio del VII libro, in foglia d’oro su fondo campito come le precedenti. Da notare che c’è una lacuna nel testo tra il III e IV libro (cfr. l’edizione di ZANGEMAISTER) e infatti manca, per il libro IV, l’iniziale in foglia d’oro che contraddistingue l’inizio di ogni libro. È probabile ci sia stato un salto nella trascrizione da parte del copista o, più verosimilmente, la lacuna era già presente nell’antigrafo da cui egli copiava, trattandosi di mancanza molto estesa. Non sembra esserci irregolarità nella fascicolazione (non c’è caduta di fogli o mancanza alcuna nell’analisi materiale), tuttavia si noti che proprio in corrispondenza della lacuna testuale (da f. 71) il fascicolo è costituito da soli 4 fogli (ff. 69-72), a fronte di tutti gli altri fascicoli del manoscritto che ne contano 10 (quinioni). Anche il libro VII non è completo – per Silva Tarouca ne manca più della metà (SILVA TAROUCA, III, 177) – ma di nuovo la lacuna è, con ogni probabilità, nell’esemplare e non imputabile al copista.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

La decorazione del manoscritto, nella sua estrema semplicità, non consente di precisare l’ambito di realizzazione dell’opera, che pure si inserisce nella produzione dei libri umanistici che, tra la prima e la seconda metà del XV secolo, avevano per oggetto la trascrizione di testi dei classici latini. Si può pertanto assegnare il codice all’Italia centrale, ipotizzando una sua realizzazione intorno alla metà del XV secolo. La perdita dell’impresa araldica, pesantemente ricoperta di inchiostro rosso e pertanto irriconoscibile anche con l’ausilio della lampada a raggi ultravioletti, non permette di individuare il committente o il destinatario del manoscritto. Lo stato di conservazione del manoscritto può dirsi abbastanza buono, eccezion fatta per il f. 1 che presenta evidenti danni alla decorazione. La legatura Rossi di tipo A è in discreto stato di conservazione, il dorso è solo leggermente staccato dai piatti in alto. Sul tassello superiore si legge: OROSII / DE TRIFARIA / DISTRIBUTIONE ORBIS; su quello inferiore: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 177r; Bibl. Rossianae, IV, 56r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119, 118 nr. 244; BATELY, ROSS, A Check List, 334 nr. 216; MORTENSEN, The Diffusion, 152 nr. 214; CERESA, Bibliografia 2005, 478.

LAURA FORGIONE

Ross. 350 (olim IX, 40) S. ISIDORUS HISPALIENSIS, Soliloquia (ff. 1r-68r); Opuscula varia (ff. 68v-76r). S. BONAVENTURA DE BALNEOREGIO, Lignum vitae (ff. 77r-114r) Germania, sec. XV, metà Membr.; ff. VI (cart.), 114, VI’ (cart.); numerazione meccanica moderna in cifre arabiche in inchiostro nero, sul recto del foglio, nel margine inferiore destro. Il manoscritto è composto di 14 fascicoli a volte irregolari per composizione materiale (mancanza di fogli iniziali o finali, fogli non solidali all’interno del fascicolo), cui tuttavia solo in un caso corrisponde una lacuna testuale (l’incipit del testo di san Bonaventura) e mai salto nella foliazione; nei margini inferiori, molto rifilati, solo tracce di richiami orizzontali non più leggibili, che potrebbero anche essere indicazioni di registro, per la presenza di lettere e numeri; mm 140×95; textualis di mano unica in inchiostro molto scuro, poco contrastata nel tratto, dal ductus uniforme e pesante e caratterizzata da aste verticali desinenti a chiodo tendenti a scendere sotto il rigo. Specchio scrittorio (mm 90×50) a piena pagina, di 21 linee di scrittura; rigatura a inchiostro eseguita sia sul recto che sul verso dei fogli, quasi come una squadratura del foglio, delimitata da solo due righe verticali e due orizzontali che, intersecandosi, chiudono lo specchio scrittorio.

L’apparato decorativo si compone di incipit ed explicit delle opere rubricati, 6 iniziali maggiori (5 nel testo di Isidoro, 1 in quello di Bonaventura) – filigrana-

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ROSS. 344-350

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te, a puzzle o intarsio, toccate all’interno con tratti in colore o in foglia d’oro – utilizzate per l’inizio dei libri o delle sezioni importanti del testo; iniziali minori (mm 15×20 ca.) filigranate rosse e blu alternate (la lettera tracciata in rosso è su filigrana blu e viceversa) per distinguere i capitoli; iniziali calligrafiche rosse e blu per i paragrafi. f. 1r: iniziale I di In subsequenti hoc libro (mm 35×20), a intarsio su sfondo di filigrana, molto bella, con il corpo della lettera equamente diviso tra il rosso e il blu, come a formare una sorta di fogliame simmetrico; dalla lettera la filigrana si diparte lungo il margine interno (per tutto lo specchio scrittorio) come un ricamo sottile Ross. 350, f. 3r e leggero. f. 3r: iniziale V di Venit nuper ad manus (mm 30×40), corpo della lettera blu e oro a puzzle, con filigrana nell’interno della lettera ritoccata ai margini di verde; nel margine esterno motivo floreale (fiore stilizzato) realizzato con gli stessi colori (blu, verde, oro, rosso) che tornano pure nel margine interno, con filigrana rosso-blu e motivi floreali a intarsio in oro, blu e verde. f. 45r: iniziale Q di Quid zeli referam (mm 30×30), il cui tratto discendente arriva fino al bas-de-page, bicromatica rossa e blu con l’interno della lettera a filigrana toccato di verde negli angoli. f. 64v: iniziale D di Divitiae usque ad periculum (mm 35×30), iniziale a intarsio rossa e blu con l’interno della lettera a filigrana, toccato di verde. f. 68v: iniziale C di Cultores efferunt mundi (mm 20×25), iniziale calligrafica blu su sfondo filigranato che presenta tratti ripassati in verde. f. 79v: inziale C di Cum Ihesum audit (mm 30×35), iniziale a intarsio bicromatico con l’interno della lettera a filigrana e toccato di verde. Da un’analisi generale delle caratteristiche del manoscritto nei suoi aspetti grafici e decorativi, si può proporre una localizzazione tedesca e una datazione risalente alla II metà del XV secolo. Anche gli aspetti codicologici rafforzano questa ipotesi, soprattutto per elementi più squisitamente materiali, quali la “squadratura” dei fogli, il tipo di inchiostro, la formazione dei fascicoli. Il manoscritto contiene altre opere di Isidoro, oltre ai Soliloquia. SILVA TAROUCA (II, 183) ha individuato l’Exhortatio poenitenti ai ff. 68v-74v, mentre l’ultimo testo (74v-76r, incipit de horis dicendis) sarebbe a suo dire inedito. Il

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Lignum vitae di san Bonaventura (ff. 77-114) è acefalo (pauca collegi non è l’inizio dell’opera): ancora Silva Taruoca sostiene che mancherebbe un foglio prima del f. 77, mancanza confermata anche dall’analisi materiale del fascicolo (ff. 7783). Da notare inoltre la nota di possesso – hic liber est abbatiae de Florentia S 31 – presente per ben due volte nel codice, a f. 1r e a f. 114r (dopo l’explicit). SILVA TAROUCA (II, 183) riporta poi un’altra e più consistente nota di possesso presente, a suo dire, nel manoscritto, ora purtroppo non più leggibile, neppure con la lampada a ultravioletti: Iste liber est Congregationis sancte Iustine ordinis sancti Benedicti. Buono lo stato complessivo di conservazione del codice. La legatura di tipo Rossi A è in buono stato di conservazione. Sul dorso, partendo dall’alto, si legge: S(ANCTI) ISID(ORI) YSPAL(IENSIS) SYNON(IMA) / ARBOR CRUCIF(IXIONIS) / COD(EX) MEMBR(ANACEUS) SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 183r; Bibl. Rossianae, IV, 76r-77r) LAURA FORGIONE

Ross. 354 (olim IX, 44) S. AURELIUS AUGUSTINUS, Varia opuscula preceduti da: Elogium sancti Gregorii Martiris (f. 1r); Liber suppurato(r)um b(ea)ti Augustini e(pisco)pi (ff. 2r-29r); Hymni (ff. 29r-29v); Liber soliloquio(rum) (ff. 30r-69r); Liber contemplatio(n)is sine manuale (ff. 69v-87r); De triplice h(ab)itaculo (ff. 87v-93r); Speculu(m) p(e)cc(at)oris (ff. 93v-100v); Sermo de q(ui)nq(ue) septenis (ff. 101r105v); Variae orationes (ff. 106r-114v); Varii hymni (f. 115r-v); Devota meditatio de sacrame(n)to altaris et eius utilitatibus edita a frate Ioha(n)ne Pisano Archiepiscopo Canthuariensi et p(ri)mate totius A(n)glie (ff. 117r-118r) Italia (Firenze), sec. XV3

Ross. 354, f. 2r

Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. di rest.), 118, V’ (I’-IV’, cart. di rest.; V’ in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in numeri arabi, contemporanea, meccanica e progressiva posta nell’angolo inferiore destro di ogni recto; soltanto il f. 118r, l’ultimo, presenta una doppia nu-

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ROSS. 350-354

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merazione, segnata a lapis e in cifre arabe, visibile nell’angolo superiore destro. Richiami presenti nel margine inferiore, spostati verso l’interno, visibili sul verso, alla fine di ogni fascicolo; a f. 111v è realizzata anche l’iniziale filigranata presente nel recto successivo. Il codice misura mm 117×86. Scrittura umanistica corsiva vergata da tre mani diverse con inchiostro bruno, rialzato in giallo, e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit e gli explicit: la prima mano scrive il f. 1r-v, la seconda da f. 2r a f. 115v, la terza da f. 117r a f. 118r. I ff. 116r-v e 118v sono bianchi. Lo specchio scrittorio misura mm 85×55. Rigatura a secco.

L’apparato decorativo del manoscritto è costituito da 6 iniziali maggiori decorate a bianchi girari (media mm 18×19); iniziali calligrafiche rosse filigranate in blu alternate ad azzurre filigranate in rosso; segni di paragrafo in rosso e blu alternati. Le iniziali a bianchi girari sono poste all’interno di cornici quadrangolari, il fondo è realizzato nei colori del porpora e del verde mentre il campo è definito dal blu e dall’arancio, il corpo è in foglia d’oro. Punteggiatura a biacca. Le iniziali maggiori, decorate a bianchi girari, sono ai ff. 2r, 30r, 69v, 87v, 93v, 101r. f. 2r: iniziale S di Summa T(ri)nitas. Incipit Liber suppurato(r)um. f. 30r: iniziale A di Ad(g)noscam, te, d(omi)ne. Incipit Liber soliloquiorum. f. 69v: iniziale Q di Quonia(m) in medio. Incipit Liber contemplatio(n)is sine manuale. f. 87v: iniziale T di Tria sunt. Incipit Liber de triplici(i) h(ab)itaculo. f. 93v: iniziale Q di Quonia(m) fratres karissimi. Incipit Liber speculi p(e)cc(at)oris. f. 101r: iniziale C di Cuinq(ue) (sic) septena. Incipit Sermo de q(ui)nq(ue) septenis. Il codice si avvicina nel formato a un Libro d’ore. Peculiare appare l’accostamento delle lettere filigranate alle iniziali a bianchi girari che, nel sec. XV, si accompagnano più genericamente a semplici iniziali de penna. Tale singolarità si può spiegare attraverso due ipotesi secondo le quali il copista o ha preso come modello un codice contenente opere di sant’Agostino risalente al XIII secolo e qualificato da lettere a filigrana oppure ha inteso riproporre un gusto decorativo più antico. Il segno grafico appare piuttosto marcato così come decisi e definiti i pigmenti campiti. I racemi, nonostante la limitatezza spaziale in cui si sviluppano, si mostrano ricchi nel fogliame così come negli intrecci. Elementi tipologici e compositivi come le foglie trilobate e a ventaglio, la triade coloristica impiegata, la punteggiatura a biacca trovano senza dubbio importanti consonanze e rilevanti riscontri con l’ambiente artistico fiorentino di metà Quattrocento (TIETZE, Die illuminierten, 109; Bibl. Rossianae, III, 91r). L’opera di ser Ricciardo di Nanni, in particolare, offre spunti di confronto in merito alla tipologia dei racemi e della loro terminazione floreale e nella definizione della base di questi, sottolineata da una fascetta lineare (cfr. ad es. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. 48. 8, f.2r; anche in Miniatura fiorentina, 103, fig. 142). Buono è lo stato di conservazione.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Legatura, Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge S(ANCTI)/ AUGUSTIN(I) / VARIA / OPUSCOLA; in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, II, 188r; Bibl. Rossianae, IV, 91r-92r) TIEZTE, Die illuminierten, 109 nr. 215; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1969, 116, 119, 169, 172, 181; OBERLEITNER, Die handschriftliche 1970, 347; SALMON, Les manuscrits liturgiques V, 87 nr. 391; GRIGNASCHI, La diffusion, 16.

NATALIA FALASCHI Ross. 365 (olim IX, 55) MARCUS TULLIUS CICERO, Tusculanae quaestiones Italia (Firenze), sec. XV2 Membr.; ff. II (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II cart.), 165, VI’ (I’-V’, cart. di rest.; VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione contemporanea, meccanica e progressiva in numeri arabi posta nell’angolo inferiore destro di ogni recto. I richiami sono visibili nel margine inferiore del verso, alla fine di ogni fascicolo, spostati verso l’interno. Il codice misura mm 150×100. La scrittura umanistica corsiva, capitale per gli incipit, vergata da una sola mano a inchiostro nero e rosso, quest’ultimo per segnalare gli incipit libri. I ff. 164v-165v sono bianchi e rigati. Lo specchio di scrittura varia da un minimo di mm 97×63 e 24 linee (f. 9r) a un massimo di mm 106×64 e 26 linee (f. 18v). Rigatura a secco.

Ross. 365, f. 1r

La decorazione del manoscritto consiste in 1 pagina d’incipit composta da una cornice a bianchi girari a f. 1r (mm 135×92), nei colori del blu, verde e porpora; fregi a bianchi girari che, nei fogli incipitari 43v, 66r, 96v, 126v, si snodano lungo il margine laterale dalle iniziali e ne ripropongono la tipologia; 5 iniziali maggiori (ai ff. 1r, 43v, 66r, 96v, 126v, media delle misure mm 35×33) decorate a bianchi girari con corpo in foglia d’oro su fondo blu, verde, porpora; 1 iniziale minore decorata a motivi geometrici a f. 4r nei colori verde, azzurro e rosa. Le iniziali maggiori sono racchiuse all’interno di una cornice quadrangolare profilata da una sottile linea in foglia d’oro bordata di colore nero. Presentano il corpo

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ROSS. 354-365

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in foglia d’oro, il fondo nei colori verde e porpora mentre il campo è blu. Punteggiatura a biacca. f. 1r:

iniziale Q di Quum defensionum decorata a bianchi girari. Da questa si diparte una cornice a bianchi girari adornata da uno stemma non identificato all’interno di una corona d’alloro, sorretta da due putti: inquartato, nel I alla rosa a una fascia d’oro, nel II e nel III di bianco a una fascia di rosso, nel IV di bianco a due bande di rosso. Incipit del Liber I. f. 43v: iniziale N di Neoptolemus quidem e fregio a bianchi girari. Incipit del Liber II. f. 66r: iniziale Q di Quidam esse Brute e fregio a bianchi girari. Incipit del Liber III. f. 96v: iniziale C di Cum multis in loci e fregio a bianchi girari. Incipit del Liber IV. f. 126v: iniziale Q di Quintus hic dies e fregio a bianchi girari. Incipit del Liber V. Lungo i margini laterale e inferiore del codice appaiono brevi note che sembrano vergate da un’unica mano, in lingua latina, a inchiostro nero e porpora (quest’ultimo presente soltanto a f. 23r) in umanistica corsiva (ff. 23r, 51r, 63r, 67v, 68v, 69r, 110v, 122v, 128v). Con ogni probabilità sono da riferirsi a un antico possessore, forse il primitivo, dato che la nota a f. 67v appare rifilata e la scrittura impiegata è coeva alla realizzazione del codice. A una mano diversa si deve invece la nota a f. 48r. All’interno del testo il copista ha lasciato lo spazio per l’inserimento successivo di termini, forse greci, mai avvenuto (es. f. 25r: … quam vocant greci …). È verosimile credere che lo stemma, non identificato, presente all’interno della cornice, abbia sostituito quello del committente: la pergamena appare abrasa e i pigmenti differiscono da quelli impiegati per l’apparato decorativo dell’intero codice. Lungo il margine laterale destro della cornice è inoltre un clipeo al cui interno un uomo con il busto posto di tre quarti e il viso di profilo, è abbigliato con una veste porpora e un cappello a larga tesa. Non ci sono elementi per poterlo identificare, potrebbe tuttavia trattarsi del committente. È stato ipotizzato, se pure senza il conforto di alcun indizio, che sia lo stemma sia il ritratto in clipeo possano riferirsi a un cardinale (Bibl. Rossianae, IV, 103r). La decorazione a bianchi girari è opera di un solo artista di formazione fiorentina (TIEZTE, Die illuminierten, 134 nr. 294; Bibl. Rossianae, III, 103r). La sottigliezza del segno grafico che definisce i girari, il loro arricciarsi e intersecarsi armonico ed elegante, l’impiego di una tavolozza cromatica limitata ai colori del blu, verde e rosa antico illuminati da biacca testimoniano una matrice toscana. Il repertorio decorativo della pagina d’incipit disvela un miniatore già a conoscenza di esplorazioni archeologiche, da cui trae evidente ispirazione, che arricchiscono una ormai consolidata tradizione a bianchi girari. I due putti reggistemma, nel bas-de-page, dalle sembianze adolescenziali mostrano una traduzione della fisionomia ripresa da modelli antichi, non soltanto nella definizione del torso, ma anche nella riccioluta capigliatura. A tale proposito, a puro titolo esemplificativo della temperie culturale della Firenze rinascimentale, si pensi alla formella per il concorso per la porta del Bat-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tistero nel 1401 con la raffigurazione del Sacrificio di Isacco di Lorenzo Ghiberti (Firenze, Museo Nazionale del Bargello), in cui il giovane è tratto da modelli antichi oppure allo Spinario (Firenze, Galleria degli Uffizi, copia di un originale greco di età ellenistica), una delle più conosciute statue antiche. L’andamento dei girari, le cui volute ben si adeguano nel loro distendersi e curvare allo spazio fisico della pagina, mostrano consonanze con la produzione del Maestro del Lattanzio ricciardiano (Baltimore, Walters Art Gallery, ms. W. 411, f. 1, anche in Miniatura fiorentina, II, 412, fig. 703) la cui figura si tende a inserire nella cerchia dei collaboratori di Mariano del Buono o di ser Ricciardo di Nanni (Miniatura fiorentina, I, 201). Buono è lo stato di conservazione del codice. Il codice, tuttavia, è stato rifilato penalizzando i fregi delle pagine di incipit. Legatura, Rossi A. sul dorso, in alto si legge: M(ARCI) T(ULLI) CICERONIS / TUSCULANARU(M) / QUAESTION(UM) / LIB(RI) IV; in basso: COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 189r; Bibl. Rossianae, IV, 103r) TIETZE, Die illuminierten, 134 nr. 294; Manuscrits classiques latins, 431.

NATALIA FALASCHI

Ross. 366 (olim IX, 56) MARCUS TULLIUS CICERO, De amicitia (ff. 1r-51r); Carmen didacticum (ff. 52v-54r); De senectute (ff. 57r-96v) Italia settentrionale (Lombardia), sec. XV, metà (f. 52v) incipit: Ec (sic) precepta vobis servanda relinquo (f. 54r) explicit: H(a)ec servate animis mandata salubria vestris. Finitur Membr.; ff. X (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VIII cart.; IXX membr.), 98, X’ (I’-II’ membr.; III’-IX’ cart.; X’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). I fogli in pergamena presenti nella controguardia costituiscono gli originali fogli di guardia del codice. Foliazione in numeri arabi, moderna, meccanica e progressiva visibile nell’angolo inferiore destro di ogni recto; a questa se ne affianca un’altra, posta nell’angolo superiore destro che segna, a lapis con cifre romane, il recto dei ff. I-II e con numeri arabi i ff. 1, 10, 20, 30, 40, 50-57, 60, 70, 80, 90, 97. Richiami posti sul verso, alla fine di ogni fascicolo, in posizione verticale, lungo il margine dello specchio scrittorio. Il codice misura da un minimo di mm 136×100 (f. 1) a un massimo di mm 140×102 (f. 25). Vergato da una sola mano in scrittura umanistica libraria con inchiostro bruno, rialzato in rosso, ma non costantemente, e rosso per segnalare l’incipit dei due libri e i nomi dei personaggi che ricorrono nei dialoghi, il testo si dispone in uno specchio di scrittura (mm 84×57 nel De amicitia e mm 84×60 nel De senectute) a una sola colonna di 15 linee. Sono bianchi e rigati i ff. 51v-52r, 54v-56v, semplicemente bianchi i ff. 97r-v e 98r-v. Riga-

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ROSS. 365-366

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tura a mina di piombo. Lungo i margini laterali varie annotazioni di mani antiche vergate a inchiostro bruno e rosso; visibili in alcuni casi le lettere guida poste a supporto del miniatore.

La decorazione del manoscritto è composta da 2 iniziali maggiori decorate a motivi vegetali (f. 1r e f. 57r); iniziali calligrafiche nei colori blu e rosso alternati. Le iniziali maggiori sono racchiuse entro un campo realizzato in foglia d’oro e profilato da una cornice lineare nera. Il corpo è ottenuto a pennello nei colori dell’azzurro, rosa intenso, biacca e foglia d’oro; due piccoli rami abbelliti da fiori a foglia d’oro e penna si posizionano lungo il margine laterale. f. 1r: iniziale Q di Quintus Mutius Ross. 366, f. 1r augur (mm 30×34), all’incipit del De amicitia, decorata a motivi vegetali. Nel margine inferiore uno stemma. f. 57r: iniziale O di O Tite, si quid (mm 30×27), all’incipit del De senectute, decorata a motivi vegetali. La decorazione del codice è circoscritta alle due iniziali maggiori che segnano l’incipit dei due testi ciceroniani. I pigmenti sono densi, vivaci e limitati all’impiego del rosa carico e dell’azzurro per le corolle e del verde per i racemi, tutti ampiamente illuminati a biacca. La forte lumeggiatura così come i carnosi motivi floreali e l’adozione di piccole foglie dalla forma allungata che si dispongono sul margine laterale ricordano la produzione di ambiente lombardo di metà Quattrocento: si può per esempio proporre, tra i tanti possibili, il confronto con la decorazione del Pontificale di Giovanni Barozzi, ms. Vat. lat. 1145, databile al terzo quarto del secolo XV e assegnato a un miniatore bergamasco (cfr. MELOGRANI, ROTH, Scheda nr. 14, 121-126). L’assegnazione del codice a tale periodo non avviene esclusivamente su base stilistica, ma anche per la presenza di una nota di possesso (f. II) che recita Inceptum anno do(mini) MCCCCIIIILVIIII per me S. L. La difficoltosa lettura delle cifre romane viene interpretata in maniera differente dalla critica: Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, II, 190) la legge come 1455, Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 127 nr. 275) e Pellegrin (Manuscrits classiques latins, 431), più verosimilmente, come 1459 mentre l’inventario della Bibliotheca Rossianae (IV, 104r) trascrive i numeri romani ponendo tra parentesi un punto interrogativo.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

La nota di possesso (f. II), due ex libris (f. 97v) di cui uno in greco e l’altro in latino testimoniano l’appartenenza del codice a Securano de Franchi Lusardi, nobile genovese (SILVA TAROUCA, II, 190; Manuscrits classiques latins, 432) mentre la presenza dello stemma familiare (f. 1r) lo individua come committente (SILVA TAROUCA, II, 190). Altre annotazioni abrase lasciano visibili solamente una firma e la data 1541 (f. 97v) e le lettere capitali V. C. I (f. 98r). Lo stato di conservazione del manoscritto è buono. Legatura, Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge M(ARCI) T(ULLII) CICER(ONIS) / DE AMICIT(IA) / DE SENECTUTE; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. A f. 1r, stemma di rosso a tre corone d’oro (2, I) appartenente alla famiglia de Franchi. (SILVA TAROUCA, II, 190r; Bibl. Rossianae, IV, 104r) TIETZE, Die illuminierten, 127 nr. 275; Manuscrits classiques latins, 431; SOPRANIS, s.v. Franchi (De), 256-257.

NATALIA FALASCHI

Ross. 370 (olim IX, 60) Leggenda di san Giovanni Battista Italia settentrionale (Emilia – Bologna?), secc. XIVex.-XVin.

Ross. 370, f. 1r

Membr.; ff. VIII (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VIII cart. di rest.), 66, VIII’ (I’-VII’ cart. di rest.; VIII’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Due tipologie di foliazione che segnano entrambe il recto dei fogli in numeri arabi. La prima contemporanea, meccanica e progressiva posta nell’angolo destro inferiore numera l’intero codice; è affiancata da un’altra, più recente, che a lapis segna i ff. 2-10. Richiami a inchiostro nero visibili al centro del margine inferiore del verso, alla fine di ogni fascicolo, racchiusi all’interno di una cornice geometrica dai lati ondulati che a partire da f. 32 si arricchisce del giallo steso a pennello. Il codice misura mm 202×149. La scrittura gotica libraria è vergata da un’unica mano con inchiostro bruno, tal-

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ROSS. 366-370

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volta rialzato in giallo, su una sola colonna di 31 linee, in uno specchio di scrittura di mm 157×103. Lingua italiana. Rigatura a secco; in numerosi fogli sono visibili i fori guida.

La decorazione del manoscritto è composta da 1 iniziale maggiore istoriata a f. 1r nei colori blu, arancio, rosa, verde petrolio e oro a tempera, 1 iniziale minore decorata a motivi vegetali a f. 1v nei colori blu, verde petrolio, rosa, arancio e oro a tempera; una cornice (mm 220×143) realizzata con nodi, foglie e fiori nei colori del blu, verde petrolio, rosa, arancio e oro in foglia e a tempera; iniziali calligrafiche dipinte a pennello nel colore rosso. f. 1r: iniziale A di A laude (mm 50×53), istoriata con l’immagine di san Giovanni Battista, incipit del libro. Da essa si diparte una cornice realizzata con nodi, fiori e foglie nei colori blu, verde petrolio, rosa, arancio, oro in foglia e a tempera. Nel margine inferiore la corolla di un fiore diventa un copricapo per una figura che appare in posizione raccolta ammantata di arancio. L’immagine di san Giovanni appare piuttosto statica nella postura mentre il volto risulta ben modellato attraverso il chiaroscuro, i profili evidenziati mediante l’impiego di un inchiostro di colore porpora che definisce anche la barba. L’apparato decorativo è opera di un unico miniatore. La probabile formazione emiliana dell’artista, forse bolognese, emerge dalla cromia della tavolozza pittorica dove predominano il rosa pallido e l’arancio stemperati, nella loro dissonanza, dal verde petrolio, dal blu e dall’impiego dell’oro in foglia, in gran parte perduto, e a pennello. Inoltre la tipologia dell’iniziale decorata si rifà a stilemi di area ferrarese. La critica lo assegna genericamente all’Italia (TIEZTE, Die illuminierten, 141 nr. 156). Pessimo è lo stato di conservazione: le miniature appaiono molto rovinate, alcuni pigmenti sono caduti, rimane soltanto qualche traccia della foglia d’oro impiegata, la pergamena è macchiata e ingiallita lungo i margini, presenza di fori dovuta all’attacco di tarli. Legatura, Rossi A, in discreto stato di conservazione. Sul dorso in alto si legge: LEGGEND(A) / DI / S(AN) GIOVAN(NI) / BATTIST(A), in basso COD(ICE) MEMBR(ANACEO) / DEL SECO(LO) / XIV. (Bibl. Rossianae, IV, 110r) TIEZTE, Die illuminierten, 141 nr. 156.

NATALIA FALASCHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 373 (olim IX, 63) Vitae imperatorum Roberti, Sigismundi, Alberti, Friderici (f. 1r-v). BENVENUTUS DE’ RAMBALDIS, Liber Augustalis, index (ff. 2r-3v), Liber (ff. 4r-40r). De excidio Bononiensis civitatis per Vicecomites Mediolani anno MCCCLIIII (ff. 40v-41v) Italia (Toscana), sec. XV2 Copista Pietro Ippolito da Luni

Ross. 373, f. 4r

(f. 4r) in lettere capitali: Augustalis dicitur Augustorum / omnium a Iulio Cesare usque / ad ultimum, brevem in se / continens descriptionem (f. 40r) explicit in lettere capitali: Finit feliciter Augustalis ad / illustrem Nicolaum / marchionem Estensem / kalendis Ianuarii intrante VIII anno MCCCLXXXV. A margine: Petrus Lunensis scripsit

Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. di rest.), 41, VI’ (I’-V’ cart. di rest.; VI’ in moderno cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione contemporanea, meccanica e progressiva, posta nell’angolo inferiore destro del recto, segna l’intero manoscritto con numeri arabi; una seconda numerazione, coeva al codice, ordina i fogli con cifre arabe vergate con inchiostro bruno, collocate nel margine superiore destro, iniziando a f. 4r della foliazione meccanica. Richiami visibili nel margine inferiore del verso, eseguiti con inchiostro bruno, inquadrati da quattro rombi realizzati a penna e lumeggiati con il colore giallo. Il codice misura mm 200×148. Due copisti vergano il testo. Il primo scrive, in scrittura umanistica, ancora attardata su forme gotiche, il f. 1r-v con inchiostro bruno costantemente rialzato in rosso: il testo si dispone su una sola colonna che consta di 35 linee a f. 1r e di 33 a f. 1v, in uno specchio di scrittura di mm 146×101, delimitato da 4 righe verticali (spazio intercolonnare di mm 5). Il secondo verga, in scrittura umanistica, i fogli da 4r a 41v con inchiostro bruno costantemente rialzato in giallo. Il testo si dispone su un’unica colonna di 19 linee, in uno specchio scrittorio di mm 115×75, delimitato da 4 righe verticali (spazio intercolonnare mm 5). Segni di paragrafo; paragrafi numerati progressivamente lungo il margine sinistro; note ai margini vergate da diversi lettori. Rigatura a mina di piombo. Visibili le letterine guida poste a uso del miniatore.

La decorazione del manoscritto è costituita da 1 iniziale maggiore decorata a bianchi girari (mm 32×27); iniziali calligrafiche rosse filigranate con inchiostro bruno; iniziali calligrafiche blu. f. 4r: iniziale O di Optas clarissime Marchio, incipit del Liber. Iniziale a bianchi girari racchiusa in un campo di forma quadrangolare di colore blu. Il cor-

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ROSS. 373

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po, realizzato in foglia d’oro, si presenta intersecato da vari racemi che terminano con corolle a ventaglio. Il fondo è definito dai colori verde e porpora illuminati da piccoli punti in oro. Pietro Ippolito da Luni, copista del codice, appone la sua firma a f. 40r mentre a f. 28r scrive, a margine, una breve annotazione (SILVA TAROUCA, II, 197r). L’opera è di Benvenuto Rambaldi da Imola (m. 1390), confuso con Francesco Petrarca probabilmente già all’epoca del cardinale Capranica, come pare suggerire la nota di f. 3v, di mano del cardinale Firmano: 36 ex his bene mortui sunt / 8 non apparet ex istis. / Reliquorum infelix finis fuit; ideo advertandum pro Deo, /// in hoc mundo facimus (?) / dicitur esse Francisci Petrarche /// Benvenuti. Ugualmente al Petrarca viene assegnato, nell’incipit, il Liber Augustalis, in un esemplare vergato dallo stesso copista (Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. lat. 3551, ff. 69v-96r). Pur nella limitatezza dell’apparato decorativo circoscritto a un’unica iniziale, nonostante si tratti di una commissione per un membro della famiglia estense, è possibile assegnare l’esecuzione a un artista di formazione toscana, forse fiorentino (Bibl. Rossianae, III, 113r). L’intreccio dei girari appare ormai maturo ed equilibrato sia nell’aspetto coloristico che nel segno grafico. Anche la scrittura si mostra lontana dalla umanistica delle origini. Tali considerazioni fanno ascrivere il codice al secondo quarto del secolo XV quando la decorazione a bianchi girari non ha ancora arricchito l’intreccio con putti, uccelli e insetti. Questa datazione, assegnata sin qui su base stilistica, ben si coniuga anche con l’anno di morte, il 1440, del marchese Niccolò committente dell’opera e con l’attività del copista Pietro Ippolito da Luni, già attestata in questi anni (ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 90). L’explicit vergato dal copista assegna, però, il codice agli ultimi decenni del XIV secolo. La data apposta a f. 40r è letta concordemente dalla critica come 1385 (TIEZTE, Die illuminierten, 87 nr. 133; Bibl. Rossianae, III, 113r; SILVA TAROUCA, II, 197r; Colophons, 107 nr. 15692). Sino a oggi nessuno, per quanto sia a mia conoscenza, ha messo in risalto tale discrepanza che si può risolvere ipotizzando che lo stesso Pietro da Luni abbia erroneamente scritto, nella data, il numero romano L (MCCCLXXXV) anziché C (MCCCCXXXV), oppure che l’esemplare rossiano derivi direttamente o attraverso testimoni intermedi dall’archetipo di fine Trecento. Il primitivo proprietario del codice fu il marchese Niccolò Estense come afferma l’explicit a f. 40r. Il manoscritto fu acquisito successivamente dal cardinale Capranica per la propria biblioteca. Testimonianza ne è l’iscrizione sul dorso, le note che l’ecclesiastico verga ai ff. 2r-3v dove accanto ai nomi degli imperatori scrive i termini bene e male, l’annotazione di f. 3v (cfr. supra), la nota a margine di f. 22r: Parens fugientibus ad templa (SILVA TAROUCA, II, 197r). Discreto è lo stato di conservazione. La pergamena si presenta ingiallita lungo i margini, macchie diffuse, i fogli hanno perduto la loro naturale planarità.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Legatura, Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: AD / NICOL(AUM) / ESTEN(SEM); in basso CO(DEX) ME(MBRANACEUS) / 1385, a seguire B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) F(IRMANI). (SILVA TAROUCA, II, 197r-198r; Bibl. Rossianae, IV, 113r) VATASSO, I codici petrarcheschi, 32 nr. 28; TIEZTE, Die illuminierten, 87-88 nr. 133; MURATORI, Rerum italicarum III, 32-33, 35; Colophons, 107 nr. 15692; ALEXANDER, DE LA MARE, The Italian Manuscripts, 90; HAIN, Repertorium II (2), 76 nr. 12749.

NATALIA FALASCHI

Ross. 374 (olim IX, 64) Vaticinia de summis pontificibus Toscana (Siena), sec. XVin. (f. 1r) Octavius Sicuteus (?) appellabitur sub quo erit unum (sic) ovium et unus pastor. Post hunc summum pontificem (della stessa mano che verga i nomi dei pontefici a partire da f. 12r) Membr. (pergamena di buona qualità); ff. XV (+ II rifilati, cart.), 16, XII’ (+ V’ rifilati, cart.), il II e l’XI’ in cartoncino azzurro. Ogni foglio è intervallato da sottili fogli cartacei posti a protezione delle miniature. Numerazione moderna, meccanica, in basso a destra su ogni recto. mm 204×145 ca. Scrittura bastarda a inchiostro bruno vergata a piena pagina, al di sotto delle immagini; titoli, della stessa scrittura, in rosso. Annotazioni successive in corsiva. Rigatura a punta metallica visibile solo in verticale ai ff. 6r, 7v, 8r, 10r, 12r, 14r, 15v.

Ross. 374, f. 10v

L’apparato decorativo è composto da: 30 illustrazioni ad acquerello che occupano la metà del foglio, racchiuse entro una sottile cornice arancio e rosso; uno stemma eraso a f. 1r; iniziali sovramodulate (alte costantemente due linee di scrittura) in inchiostro porpora all’incipit di ogni canone. Titoli rubricati, quasi sempre ripetuti sopra e sotto l’illustrazione (fanno eccezione i ff. 12r-14v, 15v-16v). I titoli inferiori appaiono genericamente consunti, tanto da risultare in alcuni casi illeggibili (ff. 2r, 3v, 4v, 5v, 6r, 7v, 11v, 15r). I colori utilizzati nelle illustrazioni

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ROSS. 373-374

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sono raggruppabili entro una gamma ridotta composta da blu intenso per i cieli, marrone-ocra utilizzato per le velature nei terreni e nei paesaggi, rosa porpora per i mantelli dei pontefici, il verde, il nero, il bianco e l’arancio per eventuali compresenze all’interno delle illustrazioni, foglia d’oro per le tiare, le corone, i nimbi, le monete, i dettagli metallici (come croci, diademi, fasce e oggetti liturgici). I pontefici sono sempre raffigurati con triregno, bianca tunica, piviale purpureo o manto dello stesso colore affibbiato al centro da fermagli circolari. f. 1r: stemma sormontato da galero cardinalizio con quattro ordini di nappe, compreso entro fondo blu delimitato da una cornice rossa quadrilobata con terminazioni romboidali. Lo stemma, abraso, rivela traccia di una banda orizzontale al centro. f. 2r: illustrazione (mm 105×105), Primus – Dominus Iohannes de Ursinis deinde Nicolaus tertius papa. Niccolò III è seduto su un seggio senza schienale dall’apparente consistenza marmorea. Ha in una mano la palma, e lascia cadere dall’altra alcune monete d’oro che scivolano in bocca a uno dei due orsi accostati alle ginocchia. In alto la visione di una colomba posta su un cielo stellato racchiuso tra nuvole nastriformi. f. 2v: illustrazione (mm 103×100), Secundus – Dominus Symon Turrinensis canonicus. Martinus quartus papa. Il papa è rappresentato in piedi, di profilo, con lo sguardo rivolto al cielo. Ha in mano un libro e una croce astile con terminazione gigliata che punta verso l’aquila incoronata che gli sta di fronte. f. 3r: illustrazione (mm 100×96), Tertius – Dominus Iacobus de Sabellis deinde Onorius quartus papa. Onorio IV, con libro e chiavi, si volge verso un individuo che brandendo un grosso bastone fa atto di colpirlo. L’uomo indossa una tunica verde e ha una lunga spada fermata alla cintura. A terra una testa umana. f. 3v: illustrazione (mm 100×103), Quartus – Dominus frater Ieronimus Ordinis minorum de Esculo deinde Nicolaus quartus papa. Niccolò IV, tra Oriente e Occidente, è seduto su un altare marmoreo posto tra due donne e stringe un calice nella mano destra. La donna a sinistra ha un abito con alto corpetto, maniche a contrasto, lungo mantello e acconciatura moderna, a destra una vedova, nimbata, manto azzurro e veste rosata. Un drago alato si alza spalancando le fauci con fare minaccioso verso la mano che stringe il calice. f. 4r: illustrazione (mm 102×97), Quintus – Dominus frater Petrus de Morronibus deinde Celestinus quintus papa. Celestino V, in ginocchio, si rivolge a mani giunte verso una mano benedicente che esce da una coppia di alberi. Alle sue spalle una volpe afferra con i denti le infulae della tiara sfilandogliela a mostrare il capo tonsurato. Dietro l’animale una bandiera bianca crociata di rosso. f. 4v: illustrazione (mm 100×98), Sextus – Dominus Benedictus Gaietanus deinde Bonifatius octavus papa. Il papa è in piedi, stringe tra le mani due chiavi e un forcone col quale sembra tenere a bada l’aquila nera che sta ca-

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dendo ai suoi piedi. Un corvo gli stringe il polso nel becco; un gallo sospeso a mezz’aria e un frate seduto senza un sostegno visibile (forse Celestino V), a cui Bonifacio volge le spalle, completano la scena. illustrazione (mm 100×99), Septimus – Dominus Nicolaus de Perusia Ordinis predicatorum deinde Benedictus XI papa. Il papa in piedi, con un libro in mano, fa un cenno con la destra al mostro alato con coda a testa di serpente che gli si rivolge. Dietro l’animale è un albero d’alto fusto. illustrazione (mm 102×100), Octavus – Dominus Bertrandus deinde Clemens quintus. Clemente V, un libro in mano su cui poggia un uccello bianco, si allontana a cavallo da una città (Roma?). Sulla porta è una donna nimbata (la personificazione della Chiesa) con capo reclinato e mano appena alzata ad accennare un saluto. Sullo sfondo tre alberi che non giungono a toccare terra. illustrazione (mm 103×101), Nonus – Dominus Iacobus de Caturto deinde Iohannes XXII papa. Il pontefice in piedi, apre le braccia a mostrare da un lato le chiavi, dall’altro un mazzo di spighe (o un ciuffo d’erba?). Segna il centro della figura una grande spada conficcata nell’Agnello mistico che gli sta dinanzi. Su lato destro è un ibrido con corpo di serpente, ali, braccia e testa umana connotata da triregno. illustrazione (mm 103×102), Decimus – Dominus Iacobus de Fartio deinde Benedictus XII papa. II pontefice è ritratto in piedi. Stringe nella sinistra un libro e indica con la destra la visione di sei stelle racchiuse entro una cornice di nuvole nastriformi sospesa sul capo di una colomba nimbata. Sulla destra, a mezz’aria, un triregno con infulae aperte a racchiudere la corona sottostante. illustrazione (mm 103×102), Undecimus – Dominus Petrus Rogerii deinde Clemens VI papa. Il pontefice stante apre le braccia a mostrare le chiavi nella sinistra, stretta al polso nelle fauci di un serpente, e una croce astile capovolta nell’altra mano; alla vita ha una vistosa cintura rigonfia puntinata d’oro. Completano la scena una testa d’agnello a terra e un gallo ai piedi del papa. illustrazione (mm 101×102), Duodecimus – Dominus Stephanus deinde Innocentius VI papa. La figura del pontefice, poggiante su una grande corona dorata, mostra, con le braccia aperte, le chiavi in una mano e nell’altra un coltello. Un lupo, con le zampe anteriori poggiate sull’elsa di una spada piantata nel terreno, gli si rivolta contro. illustrazione (mm 102×102), Tertiodecimus – Dominus Gulielmus de Grisont deinde Urbanus V papa. Il papa è su un seggio poggiato su un basamento in visione prospettica. Stringe nella mano sinistra le chiavi e nella destra il flagellum (cfr. canone). Dal cielo un angelo scende a posargli una mano sulla spalla. Chiude l’immagine un pavone posto in basso, accanto al trono. illustrazione (mm 102×102), Quartodecimus – Dominus Petrus Stelifortis deinde Gregorius XI papa. Gregorio XI è raffigurato nell’atto di ritrarsi sotto i colpi di una grossa spada sostenuta da un guerriero e guidata da una

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mano apparsa tra le nuvole. Cinque grandi spade sono appoggiate a terra con le punte in alto. Lo stesso pontefice poggia su un’altra spada. illustrazione (mm 101×97), Quintodecimus – Urbanus VI p(a)p(a). Un drago, che ha testa umana, orecchie d’asino e coda desinente in un mostro dalle fauci spalancate, addenta con esse la lama di una spada. La coda si intreccia al corpo, racchiudendo nell’intreccio sette stelle; altre cinque stelle sono in alto, nell’ansa del quarto lunare. illustrazione (mm 102×100), Sextodecimus – Dominus Petrus de Tomacellis de Neapoli deinde Bonifatius nonus papa. Bonifacio IX è tra due orsi che si appoggiano su di lui sorreggendosi sulle zampe posteriori; un terzo orso sul capo. illustrazione (mm 100×103), Decimus Septimus – Dominus Cosmatus de Sulmona deinde Innocentius VII papa. Il papa poggia in terra una bandiera con le chiavi crociate e stringe nella sinistra un libro. Osserva quanto sta accadendogli accanto: un serpente che si innalza ad aggredire una colomba che gli si volge contro. illustrazione (mm 100×100), Decimus octavus – Dominus Angelus de Coraris de Venetiis deinde Gregorius XII papa. Il pontefice è seduto su un sedile lapideo. Volge lo sguardo a un unicorno che, con le zampe anteriori poggiate sulla sua spalla, tocca la tiara col lungo corno posto sulla fronte. Stringe un libro in una mano e poggia l’altra sul capo del fanciullo al suo fianco raffigurato a braccia conserte. In alto, oltre il triregno, è un’aquila coronata. illustrazione (mm 100×99), Decimus nonus – Dominus frater Petrus de Candia Ordinis minorum deinde Alexander V papa. Poggiati su tre colonne con capitelli a foglie d’acqua a sinistra il busto di un sovrano, al centro il busto di un monaco, a destra un braccio che stringe nella mano un lungo corno che giunge a toccare l’orecchio del monaco. illustrazione (mm 101×100), Vigesimus – Dominus Baltasar Cossa de Neapoli legatus Bononie deinde Iohannes XXIII papa. Un monaco vestito di bianco a braccia aperte mostra nella destra una falce dalla lunga lama, a sinistra una grande rosa. È affiancato da una gamba e dalla raffigurazione ideale di due ceppi per tortura, in foglia d’oro.

Da qui in avanti le illustrazioni, benché stilisticamente e codicologicamente compatibili con quelle appena descritte, sono connotate da aggiunte grafiche posteriori che le legano a pontificati successivi alla data di realizzazione del codice. f. 12r: illustrazione (mm 102×101), Vigesimus primus – Martinus 5 (aggiunto da mano cinquecentesca). Una città turrita, circondata da alte mura merlate, con due schiere di armigeri all’interno. Dalla cupola centrale si innalza una bandiera bianca con le chiavi incrociate, ai lati due bandiere mute. f. 12v: illustrazione (mm 102×99), Vigesimus secundus – Eugenius 4 (aggiunto da mano cinquecentesca). La città di Roma (civitas Septicollis), con mura

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merlate, connotata da un nartece esterno, mostra al centro un edificio religioso. In alto, nel cielo, cinque mani tese. illustrazione (mm 99×102), Vigesimus tertius – Nicolaus 5 (aggiunto da mano cinquecentesca). Il pontefice benedicente stringe un libro nella mano sinistra. Una volpe posta dinanzi a lui afferra con la bocca spalancata le chiavi e giunge quasi a toccare la bandiera astile con le chiavi incrociate conficcata a terra. Un’altra bandiera con lo stesso simbolo è inclinata dietro l’animale. illustrazione (mm 100×101), Vigesimus quartus – Calistus 3 (aggiunto da mano cinquecentesca). Un chierico nudo e dall’aria mesta è seduto su una roccia di fronte a un mendicante zoppo. A terra tre sacchi di monete rovesciati. illustrazione (mm 98×103), Vigesimus quintus (una scritta, ora cancellata, recava probabilmente Pius 2). Il papa è raffigurato a braccia conserte. Una vacca poggia le zampe anteriori su di lui volgendogli il muso. In alto, a sinistra, i busti di una dama e di un sovrano. illustrazione (mm 99×100), Vigesimus sextus – Paulus 2 (aggiunto da mano cinquecentesca). Pontefice con un libro nella mano sinistra e la destra sul petto. Un’orsa sta allattando tre cuccioli con le zampe anteriori poggiate al fianco del papa. illustrazione (mm 96×98), Vigesimus septimus – Sixtus 4 (aggiunto da mano cinquecentesca). Il papa mostra un libro nella sinistra e sostiene (o respinge) con la destra una tiara con infulae aperte, sospesa come a contenere il capo di tre agnelli accovacciati al suo fianco. illustrazione (mm 97×101), Vigesimus octavus – Innocentius 8 (aggiunto da mano cinquecentesca). Il pontefice è al centro dell’immagine, a mani giunte. Un angelo scende dal cielo a posargli la mano sul capo. illustrazione (mm 96×98), Vigesimus nonus – Alexander 6 (aggiunto da mano cinquecentesca). Il pontefice è seduto su un seggio con basamento, due angeli sostengono il drappo che copre il fondo alle sue spalle. Ha un libro tra le mani. illustrazione (mm 96×100), Tricesimus – Pius 3 (aggiunto da mano cinquecentesca). Il pontefice mostra il capo tonsurato e sostiene la tiara sopra un animale dal volto umano, con corna di cervo e corpo d’agnello.

Il Ross. 374 si inserisce nel folto gruppo degli esemplari miniati contenenti i cosiddetti Vaticinia de summis pontificibus, in passato attribuiti erroneamente a Gioacchino da Fiore. Il testo profetico è piuttosto frutto dell’unione di due raccolte distinte: l’una di origine greca, ampiamente rimaneggiata da molteplici autori anonimi in età medievale e adattata alle figure dei pontefici sul finire del sec. XIII, l’altra elaborata in Occidente intorno al 1350 e da subito interessata alle figure dei quindici papi (da Niccolò III a Urbano VI), su cui nel frattempo erano stati riadattati gli oracoli del primo gruppo (MILLET, Il libro delle immagini. A questo testo si fa rinvio per un’attenta analisi della tradizione manoscritta). Al mo-

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mento della fusione i testi, riferiti in principio agli stessi personaggi, e le immagini, che già nel 1356 corredavano sicuramente le profezie (MILLET, Il libro delle immagini, 87), vennero disposti in successione, a indicare un numero molto più ampio di pontefici. È la ragione per cui in alcuni casi ci si imbatte in iconografie poco aderenti alla personalità del personaggio citato. È il caso di Bonifacio IX (f. 9v) la cui incongrua raffigurazione, che lo vede attorniato da piccoli orsi, è il risultato del riadattamento della prima immagine della tarda raccolta testuale (intitolata Il principio dei mali) in origine riferita a papa Orsini, Niccolò III (f. 2r), accusato di nepotismo e per questo colto nell’atto di nutrire simbolicamente i nipoti, i cinque “cuccioli” elevati a dignità cardinalizia (che si protendono verso i grana infecta quibus ursa pascit). Alcune delle immagini mostrano ancora oggi un carattere “profetico” e costituiscono oggetto di studio e dibattito critico. Il denso significato dei Vaticinia si svela in parte solo attraverso la comprensione delle immagini, sostegno diretto della parola, concatenate e fondamentali nella lettura del testo di riferimento, a discapito di un’autonomia dell’uno e delle altre. Il Ross. 374 è tra i più antichi esemplari dei Vaticinia, la cui definizione strutturale si attesta negli anni compresi tra il 1410 e 1418 (MILLET, Il libro delle immagini, 114) e rivela nelle iscrizioni poste a connotare alcune delle immagini non direttamente riferite a pontefici (ff. 12r-16v) aggiunte posteriori che ne hanno in passato causato un’errata datazione (TIETZE, Die illuminierten, 152 nr. 334, che assegnava l’intero manoscritto al Cinquecento così come i cataloghi di mostre, Miniature del Rinascimento, 54 nr. 96 e XV centenario della nascita di san Benedetto, 40 nr. 59). Tutti i ritratti e le immagini dei fogli che seguono la raffigurazione dell’antipapa Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa morto nel 1419 ma destituito nel 1415) sono stati “adattati” ai pontefici successivi con la semplice aggiunta del nome, vergato nella parte superiore. L’esemplare rossiano va collocato per intero entro il pontificato del Cossa, comprese quelle parti che con apparente abilità profetica mostrano i ritratti di coloro che sarebbero poi venuti e ai quali, anni dopo, qualcuno ha voluto dare un nome. Apparirebbe altrimenti arduo, qualora si volesse proporre per l’esemplare una data d’esecuzione successiva, giustificare scelte iconografiche come quella di f. 16r, dove la didascalia individua Alessandro VI Borgia e il testo dei vaticinia riconosce al contrario un papa angelico, tanto da mostrare nell’immagine stringenti dettagli iconografci comuni alle raffigurazioni delle Maestà. È stato inoltre tracciato uno stemma degli esemplari dei Vaticinia classificati in ordine alla successione delle profezie che risultano più “mobili”, ossia le prime riferite ai pontefici futuri, e alla loro traduzione per immagini (Vaticinia da 21 a 26, cfr. MILLET, Il libro delle immagini, 6267). Il rossiano condivide con l’esemplare Arundel 117 della Brititish Library (sec. XVin.) l’ordinamento di questa parte delle profezie, quelle successive al pontificato di Baldassarre Cossa, e le loro raffigurazioni. Così nelle immagini a partire da f. 12r i Vaticinia si susseguono in quest’ordine: 23 (La città coi due corpi di guardia), 25 (La città con le mani tese), 24 (La volpe e le chiavi) e poi (Il papa nudo) (Sotto il segno della vacca) (Il ritorno dell’orsa). Le profezie si susseguono poi in maniera più coerente nei Vaticinia 27, 28, 29, 30.

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Indagato per ragioni squisitamente stilistiche da Maria Grazia Ciardi Duprè dal Poggetto (CIARDI, Il ‘Vaticinia Pontificum’ e CIARDI, in Vaticinia), il rossiano è stato ricondotto ad ambiente senese e datato al secondo decennio del Quattrocento. In particolare la studiosa ha evidenziato le stringenti affinità esistenti con la produzione artistica di Andrea di Bartolo (1360 ca.-1428), attivo prima nella bottega del padre (in cui è documentato fino al 1389) e poi a capo di un’organizzazione propria, che firma in quegli anni opere come La natività della Vergine (Washington, National Gallery) e al quale è stata recentemente ricondotta (FREULER, s.v. Andrea di Bartolo, 20-23) una parte del gruppo di corali realizzati per la fondazione agostiniana di Lecceto (tra gli altri, i mss. G. I. 14 e H. I. 7 della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena). Stringente risulta infine il confronto tra l’immagine di f. 13v del rossiano e quella contenuta nel desco da parto decorato da Andrea negli anni successivi al 1380 e oggi a New York (Metropolitan Museum of Art). Mediocre lo stato di conservazione. Tutti i fogli denunciano segni di consunzione; i ff. 1, 2, 10, 12-16 mostrano fori di origine diversa (attacco di tarli e, soprattutto nella parte finale del codice, piccoli fori dai bordi irregolari e anneriti). Il foglio 1 è mancante dell’angolo inferiore destro. Difetti di concia ai ff. 8 e 13. Legatura Rossi A, in pelle marrone rossiccio, con impressioni in oro e a secco. Sul dorso in lettere capitali oro si legge (scrittura fortemente abrasa): in alto ROMAN(ORUM) / PONTIF(ICUM) / SAECC(ULORUM) (sic) / XIV / ET XV / IMAGIN(ES) in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XVI. Nulla è possibile svelare dell’identità del prelato per cui si suppone fu realizzato il Ross. 374, risultando lo stemma ormai illeggibile, anche agli ultravioletti. Solo una suggestione risulta pertanto l’ipotesi, formulata sulla scorta delle coordinate di riferimento, che il codice sia appartenuto a un personaggio legato in qualche modo all’ambiente senese. Corrispondenze significative si riscontrano con l’impresa di Antonio Cassino (d’oro alla banda centrale sormontata da croce d’argento tra sei stelle d’azzurro) vescovo di Siena e nominato cardinale il 24 maggio 1426 (m. 4 febbraio 1439), figura che risulterebbe compatibile con quanto formulato sulla genesi del codice. L’iscrizione che accompagna lo stemma, realizzata tra l’altro in epoca successiva e quindi da non legare a esso, appare di difficile comprensione. Il codice è stato esposto in: Miniature del Rinascimento, Città del Vaticano 1950 e XV centenario della nascita di san Benedetto, Città del Vaticano 1980. (Bibl. Rossianae, IV, 114r) TIETZE, Die illuminierten, 152 nr. 334; Bulletin 700, 377; PAOLI, Disegni senesi del Quattrocento, 35-51; Miniature del Rinascimento, 54 nr. 96; XV centenario della nascita di san Benedetto, 40 nr. 59; CIARDI, Il ‘Vaticinia Pontificum’, 563-584; Vaticinia; DALLI REGOLI, LANDOLFI, Un testo profetico medievale; GUERRINI, Propaganda politica, 9, 22, 51; MILLET, Il libro delle immagini.

MICHELA TORQUATI

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ROSS. 375

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Ross. 375 (olim IX, 65) NICOLAUS SAGUNDINUS, Onosander ad Q. Verranium de optimo imperatore eiusque officio Italia centrale (Roma?), sec. XV (14421458) Membr.; ff. VI (I, moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart.), 49, VI’ (I’-V’ cart. di rest.; VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in numeri arabi, contemporanea, meccanica e progressiva posta nell’angolo inferiore destro sul recto di ogni foglio; richiami posizionati nel margine inferiore e spostati verso l’interno, visibili sul verso, alla fine di ogni fascicolo. Il codice misura mm 227×148. Il testo è vergato in scrittura umanistica libraria e capitale con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare la dedica e l’incipit. Specchio scrittorio (mm 146×91) a una sola colonna di Ross. 375, f. 1r 23 linee. Rigatura a secco. Da f. 17r a f. 34v si scorge una rigatura a mina di piombo perpendicolare alla scrittura, questo induce a pensare che si tratti di fogli di reimpiego.

La decorazione del manoscritto è costituita da 2 iniziali maggiori decorate a bianchi girari (mm 27×23 a f. 1r e mm 26×22 a f. 3v); iniziali calligrafiche realizzate a inchiostro rosso e poste al di fuori dello specchio scrittorio. Le due iniziali a bianchi girari sono collocate all’interno di un campo di forma quadrangolare, il corpo è realizzato in foglia d’oro e profilato, in parte, da una sottile linea di colore nero, mentre il fondo è nei colori del blu e del rosa antico illuminato da puntinatura in oro. Dalle lettere si diparte un girale che si distende lungo una parte dello specchio scrittorio ed è delimitato, alle estremità, da due globi dorati. f. 1r: iniziale S di Superiore tempore serenissime decorata a bianchi girari. Praefatio scriptoris. f. 3v: iniziale E di Equitandi aut venandi decorata a bianchi girari. Incipit del Liber. Il testo tràdito dall’esemplare fu tradotto dal greco al latino da Nicola Seguntino, grecista e diplomatico, per Alfonso I, re di Napoli. Ne sono testimonianza la dedica e l’argomento vergati in lettere capitali a inchiostro rosso a f. 1r: Ad serenissimum regem Alfonsum / Nicolai Sagundini in traducti / onem Onosandri praefatio incipit e a f. 3v Onosander ad q. Verannium de optimo imperatore

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eius que officio per Nicolaum Sagundinum e graeco in latinum traductus. Un’altra copia dell’Onosander, sempre realizzato da Nicola Seguntino per Alfonso d’Aragona, è conservata nel fondo urbinate della Biblioteca Apostolica Vaticana (ms. Urb. lat. 881). Il 1463, anno della morte di Seguntino, può essere considerato il termine ante quem per la realizzazione del codice, almeno per la parte relativa al testo. Su tale base si può dunque ipotizzare che il re Alfonso, committente o destinatario dell’opera e forse anche del manoscritto, sia Alfonso I d’Aragona detto il Magnanimo, re di Napoli, e circoscrivere la datazione dell’esemplare agli anni del suo regno che vanno dal 1442 al 1458. La critica (TIETZE, Die illuminierten, 118; Bibl. Rossianae, III, 115r) ascrive il codice alla produzione fiorentina del XV secolo. L’analisi dell’apparato decorativo sembra, tuttavia, suggerire, per la cromia impiegata, per lo spessore del tratto che definisce i girari stessi, i nodi e gli intrecci, un artista di scuola romana. Al tempo stesso, però, la dedica a re Alfonso collega la realizzazione del codice allo scriptorium della corte aragonese, in cui furono attivi anche artisti romani che, insieme ai catalani giunti a Napoli al seguito del sovrano e a quelli già operanti in città, diedero vita a una nuova stagione del codice miniato. Buono appare lo stato di conservazione. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge ONOSAN(DRI) / DE / OPTIMO / IMPER(ATORE); in basso COD(EX) MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. La nota di possesso visibile nel margine superiore a f. 1r, che recita: Ex Car(dinal)is Niceni Bibliotheca /// / Ambrosio Nicandro datus 1518 indica che all’inizio del XVI secolo il codice faceva parte della biblioteca del cardinale Niceno (la lettura, purtroppo imprecisa che qui viene proposta, e che trova riscontro in Silva Tarouca (SILVA TAROUCA, II, 199r), è dovuta alla severa rifilatura che il codice ha subìto). Non è presente alcun riferimento esplicito alla figura del cardinale Bessarione, ma sulla base di questa nota cinquecentesca, Concetta Bianca (BIANCA, La formazione della biblioteca, 103-165) inserisce il codice nella lista dei 380 volumi a lui appartenuti. Anche Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 118) include il manoscritto tra quelli della biblioteca del cardinale. Nel 1518 il volume divenne proprietà di Ambrogio Nicandro, come si evince anche da un’altra annotazione, parzialmente rifilata, vergata sul margine superiore di f. 49v: /// 1518 / Ambr(osii) Nicandri et amicor(um). (SILVA TAROUCA, II, 199r; Bibl. Rossianae, IV, 115r-v) TIEZTE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; BIANCA, La formazione della biblioteca, 103-165; s.v. Segundino, Niccolò, 1266.

NATALIA FALASCHI

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Ross. 379 (olim IX, 69) PETRUS DE EBULO, De balneis Puteolanis (ff. 2r-11r); Nomina et virtutes balneorum Pucheoli (sic) et Baiarum (ff. 12r48r) Italia meridionale (area napoletana), sec. XIV, metà Membr. (pergamena spessa e giallastra, presenta sul lato pelo ampie e dense macchie follicolari; non è sempre evidente tuttavia la differenza tra lato pelo e lato carne); ff. I (cart.), 48, I’ (cart.). Sono presenti varie foliazioni: una a mina di piombo moderna e saltuaria, che numera soltanto, con il numero 1 il f. 2, con il numero 10 il f. 11, con il numero 11 (ma depennato) il f. 12, con il numero 30 il f. 31, con il numero 40 il f. 41. Un’altra numerazione, antica ma non originaria, a inchiostro nero, è posta in alto a deRoss. 379, f. 21r stra sul recto del foglio: inizia a f. 13 (i primi 12 fogli, contenenti gli epigrammi latini, ne sono privi) e arriva fino a f. 35. La foliazione meccanica, in basso a destra sul recto di ogni foglio (è quella cui si fa riferimento nella descrizione), inizia a f. 2 ma registra la presenza del f. 1. Non si riscontrano richiami, né indicazioni di registro; mm 206×146. La scrittura è una textualis con qualche elemento corsiveggiante, di una sola mano e vergata su una sola colonna con inchiostro bruno nella prima parte (fatta eccezione per il f. 2r, dove l’inchiostro sembra più scuro), nero nella seconda. Il primo foglio non è numerato ed è anepigrafo sul recto; sono anepigrafi anche il fogli 11v e 48v. Lo specchio scrittorio misura mm 145/150×104/110 nella prima parte (26 linee di scrittura), mm 145ca.×110 nella seconda (19 linee di scrittura). La rigatura è realizzata presumibilmente a mina di piombo e poi cancellata in modo da non lasciarne traccia; sul margine esterno di alcuni fogli (per esempio ai ff. 2 e 4) si intravedono i fori guida quasi completamente rifilati.

L’apparato decorativo si compone di 36 illustrazioni a piena pagina. All’incipit di ogni componimento, sia in latino sia in volgare, lettere maggiori sono rubricate in rosso e in blu con rigorosa alternanza e filigranate a contrasto. Misurano mm 9-11 nella prima parte; da un minimo di mm 13 a f. 7v, a un massimo di mm 16 a f. 37v nella seconda. La decorazione filigranata si prolunga quasi costantemente lungo tutta la giustezza. A f. 2r il titolo rubricato è scritto su due linee: «Incipiunt carmina ad humanorum corporum sanitatem balneorum omnium Terre laboris»; a f. 12r occupa 3 linee un’altra rubrica, che recita «Incipiunt nomina et virtutes balneorum Pucheoli (sic) et Baiarum. Sicut in libro decimo Oribasii vetustissimi medici continentur». È rubricato l’explicit a f. 11r, che chiude la prima parte: «Expliciunt balneorum carmina Terre Laboris Deo gratias, amen». Sono rubricati anche i signa paragraphis.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Sul recto dei ff. 13-48, le tabulae miniate accompagnano i componimenti in volgare, costituendo, come in tutta la tradizione illustrata del De balneis Puteolanis, un commento figurato al testo. Per l’intera tradizione dei codici del De balneis, in questa sede, si rimanda a Kauffmann (KAUFFMANN, The Baths) e Petrucci (PETRUCCI, Per una nuova edizione). Le illustrazioni hanno dimensioni analoghe a quelle dello specchio scrittorio collocato sulla pagina loro affrontata, ma irregolari e non costanti: vanno dai mm 155×115, di f. 13r, ai mm 145×95, di f. 15r, e ancora dai mm 162×105, di f. 20r, ai mm 134×108, di f. 27r. Sono, nella quasi totalità, racchiuse in una semplice cornice di colore rosso molto acceso, rialzata con rosso chiaro al fine di dare il senso della tridimensionalità, e talvolta definite da una spessa linea nera (per esempio a f. 22r, nel Balneum quod subvenit hominibus). Solo nella tavola di dedica, a f. 48r, la cornice che inquadra l’intera miniatura e la suddivide anche in due registri è trattata con un verde molto diluito, come a segnalare la particolarità dell’immagine. Numerose tavole miniate sono suddivise, da una spessa linea di rosso acceso, in due registri che ospitano, in basso, la struttura termale e, in alto, le scene ausiliarie. In altre tavole la cornice orizzontale intermedia è funzionale alla definizione degli spazi architettonici. Le miniature sono impostate a una tavolozza non ampia di colori molto accesi e contrastanti. Un ruolo determinante è affidato al giallo di cadmio arancio (lo stesso con cui sono realizzate le cornici); ma anche al verde veronese in più tonalità, che nella definizione dei contorni e dei panneggi è accostato al verde di cadmio scuro e in alcuni casi (per esempio sullo sfondo dei cassettoni a mensole del Balneum sudatorium, f. 13r, o nella resa di sparute presenze vegetali sul mons Sulphetare, f. 15r, oppure ancora nella vite del Cantarellus, a f. 25r) è abbassato con della terra verde, mentre si alterna al blu turchese nella resa dell’acqua contenuta nelle vasche termali e talvolta nella resa di quella marina. Non trascurabile appare la presenza del rosso in tre tonalità e del violetto. Quest’ultimo è schiarito con la biacca nella resa degli abiti di alcuni personaggi, per esempio dei balneati che dal Balneum Raynerius (f. 29r) vanno a completare la cura al Tritulus, ed è ammorbidito con del giallo arancio, per evidenziare le caratteristiche anatomiche dei nudi realizzati per il resto in biacca. Occorre rilevare inoltre la presenza del giallo chiaro, abbassato con del giallo indiano e usato per completare con il pennello il disegno a penna di strutture e di particolari architettonici (così nella copertura a cupola del Balneum Sancte Lucie, a f. 31r, nel Balneum de ferris, a f. 35r, o nel Balneum Silviana); e anche quella del blu, proposto in una tonalità molto intensa per esempio nello sfondo del registro superiore del Balneum calatura, a f. 21r, e al contrario schiarito con il ceruleo per la realizzazione delle grate metalliche della copertura dello stesso calatura o del Balneum crucis, a f. 32r. Un ruolo non secondario riveste infine nella tavolozza pittorica il nero di marte fortemente coprente, che campisce in generale gli sfondi delle strutture termali e delle tentoria infirmorum (un esempio a f. 17r). f. 13r: Balneum sudatorium; f. 14r: Balneum bulle; f. 15r: Balneum sulfutara; f. 16r: Balneum astrunis; f. 17r: Balneum iuncara; f. 18r: Balneum foris cripte;

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ROSS. 379

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f. 19r: Balneum balneolum; f. 20r: Balneum de petra; f. 21r: Balneum calatura; f. 22r: Balneum quod subvenit hominibus; f. 23r: Balneum Sancta Anastasia; f. 24r: Balneum orti donici; f. 25r: Balneum cantarellus; f. 26r: Balneum de prato; f. 27r: Balneum de arcu; f. 28r: Balneum Raynerius; f. 29r: Balneum tripergula; f. 30r: Balneum de scrufa; f. 31r: Balneum Sancte Lucie; f. 32r: Balneum crucis; f. 33r: Balneum Sancte Marie; f. 34r: Balneum succellarii; f. 35r: Balneum de ferris; f. 36r: Balneum Silviana; f. 37r: Balneum tritulus; f. 38r: Balneum pugillus; f. 39r: Balneum culme; f. 40r: Balneum palumbaria; f. 41r: Balneum Sancti Georgii; f. 42r: Balneum imperatoris; f. 43r: Balneum fons episcopi; f. 44r: Balneum braculi; f. 45r: Balneum gomborosus; f. 46r: Balneum spelunca; f. 47r: Balneum petroleum; f. 48r: immagine di dedica. Tra i secoli XIII e XV il De balneis Puteolanis, opera realizzata con ogni probabilità tra il 1211 e il 1221 da Pietro da Eboli, letterato della corte normanna prima e di quella sveva poi (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 28, 30), ebbe un notevole successo editoriale, circoscritto all’Italia meridionale, in particolar modo alla Campania, come dimostra il numero piuttosto elevato di codici, ventidue, dei quali dodici miniati, e di edizioni a stampa. Due volgarizzamenti, inoltre, uno in volgare napoletano, come nel codice Ross. 379, l’altro in ottosillabi francesi (ms. fr. 1313 della Bibliothèque nationale de France), confermano tale successo (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 33). Lo stemma del De balneis può essere organizzato in tre rami (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 41-42), che hanno i loro rappresentanti più significativi nel ms. 1474 della Biblioteca Angelica di Roma, con ogni probabilità l’apografo, nel ms. 135 della biblioteca Bodmeriana di Cologny-Genève e nel Ross. 379. Quest’ultimo è databile alla seconda metà del secolo XIV e prodotto quasi certamente in Campania, come attesta, oltre al lavoro di illustrazione, anche il volgare napoletano del testo. Le immagini si devono a tre diverse mani (la prima che realizza le tavole ai ff. 13r, 14r, 18r, 22r, 28r, 43r; la seconda ai ff. 15r-17r, 19r, 23r, 24r, 27r, 29r, 30r, 31r, 32r, 36r, 37r, 38r, 39r, 40, 41r, 44r, 47r; la terza, a partire da f. 20r, è attiva nei ff. 21r, 25r, 26r, 33r-35r, 42r, 45r, 46r) tutte caratterizzate però da uno spiccato gusto narrativo – come per esempio si nota nel registo superiore del Balneum sudatorium, del balneolum, f. 19r, o del calatura, f. 21r – ricco di note realistiche, soprattutto nella realizzazione dei nudi, ma anche nell’attenzione ai particolari architettonici così come a quelli relativi all’abbigliamento (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 202). La distanza tra le immagini del rossiano e l’apografo angelicano è data dalla diversa attenzione al paesaggio, che diviene per il testimone vaticano molto più rarefatto, evidenziando forse un diretto collegamento con l’esemplare archetipico di epoca federiciana. Alcune tavole mostrano la particolare vena narrativa degli esecutori: nel Balneum sudatorium il miniatore racconta con dovizia di particolari le vicende del diacono Pascasio; in balneolum si registra l’arrivo di un pellegrino e gli si mostrano le tintoria infirmorum; nel bagno de scrufa si scorge forse un’immagine eponimica, che raffigura appunto una scrofa, insieme a due personaggi addetti alle strutture termali; nel Balneum fontis episcopi la presenza di due vescovi, a segnalare forse che il bagno era riservato al clero, e poco

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

lontano, due monaci incappucciati. L’immagine di dedica a f. 48r, invece, è quella che meno si accosta alla vena narrativa degli artefici, anche per la scelta del soggetto iconografico: l’offerta del libro all’imperatore. L’immagine è divisa in due livelli. Quello superiore raffigura l’imperatore in maestà accompagnato dai simboli del potere e affiancato da due membri della magna curia, forse Michele Scoto e Maestro Teodoro. In basso il momento dell’offerta (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 207). Con l’eccezione di questa immagine, tuttavia, l’intera decorazione del Ross. 379 appare caratterizzata, come detto, da una forte vena narrativa, che bene si lega al testo volgare. E una serie stringente di confronti, collegati alla tradizione figurativa napoletana di tarda età angioina, possono essere instaurati – oltre a quelli già segnalati da Kauffmann con il Digestum Infortiatum, manoscritto Ott. lat. 3132 della Biblioteca Vaticana o con il Dante dei Girolamini di Napoli (ms. C. F. 4 20) e ancora con il Regimen Sanitatis, ms. XIII C. 37 della Biblioteca Nazionale di Napoli, tutti e tre databili alla metà del secolo quattordicesimo (KAUFFMANN, The Baths, 73-74) – con manoscritti di cultura ‘popolare’, con opere tecnico-didascaliche e, soprattutto, con testi di tradizione cavalleresca, come il Rustichello da Pisa, Roman du roi Meliadus, ms. Add. 12228 della British Library, databile tra il 1352 e il 1362 o con il Dante di Londra (British Library, ms. Add. 19587), databile agli anni ‘60 del Trecento (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 204; DEGENHART, SCHMITT, Corpus, 152). La stato di conservazione del manoscritto è mediocre. Si segnala il raggrinzimento di numerosi fogli, causato forse da una non corretta tensione durante il processo di lavorazione della membrana e che quindi caratterizza il manoscritto sin dall’origine, o forse da una vicenda conservativa travagliata già nella fase medievale, e comunque anteriore al suo ingresso nella Biblioteca Vaticana. La pergamena presenta inoltre consistenti macchie di umidità, fori, strappi e tagli. A partire da f. 39 il margine inferiore dei fogli è stato resecato, ma in una fase precedente all’apposizione della foliazione meccanica. L’uso frequente e prolungato dell’opera, e condizioni di conservazione non adeguate, hanno compromesso anche le illustrazioni, come appare evidente ai ff. 20r, 28r, 26r, dove le miniature presentano screpolature e perdite di colore (MADDALO, Il De balneis Puteolanis, 198). Legatura Rossi A (rest. nel 1965). Sul dorso, in alto, si legge BAGNI / DI TERRA / DI LAVOR(O) / LAT(INO) / NAPOLIT(ANO) / CON FIG(URE); in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. (SILVA TAROUCA, II, 208r-209r; Bibl. Rossianae, IV, 128r) KAUFFMANN, The Baths, 73-74; MACKINNEY, Medical Illustrations 1959, 7, 14-16; DEGENHART, SCHMITT, Corpus, 152; CASALE, Per l’edizione, 135-136; PETRUCCI, Per una nuova edizione, 219-222, 224-232, 234-235, 237-239, 244-256; PETRUCCI, Un nuovo manoscritto, 422; BUONOCORE, Bibliografia, 659; OROFINO, L’iconografia, 786; BUONOCORE, Bibliografia retrospettiva, 352; OROFINO, I codici, 155-159; YEGÜL, The Thermo-Mineral, 138, 150-151; CERESA, Bibliografia 1998, 381; MADDALO, Tensioni classiche, 50, 52, 56, 59; MADDALO, Il De balneis Puteolanis; CERESA, Bibliografia 2005, 478.

SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

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ROSS. 383

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Ross. 383 (olim IX, 73) Summa de casibus Italia settentrionale, sec. XIII3 (d.to 1273) (f. 94v) colophon: Finito libro referamus gratias Cristo. Anno autem M.CC.LXXIII. Inditione prima, temporibus domini pape Gregorii noni Membr.; ff. V (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-V cart. di rest.), 94, V’ (I’-IV’ cart. di rest.; V’ moderno in cartoncino azzurro come la controguardia). Presenti tre tipologie di foliazione tutte in numeri arabi e poste sul recto dei fogli: la prima – moderna, meccanica e progressiva visibile nell’angolo destro inferiore – segna l’intero codice; una seconda, più antica, numera i fascicoli, a inchiostro bruno, nell’angolo superiore destro dei ff. 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, Ross. 383, f. 1v 80, 90; mentre, una terza, anch’essa in età moderna, numera a lapis, sempre nella medesima posizione, i ff. 91-94. Richiami visibili nel margine inferiore del verso, alla fine di ogni fascicolo, spostati verso l’interno e collocati in una cornice geometrica. Il codice misura mm 211×155. Scrittura gotica textualis, ricca di abbreviazioni, vergata da una sola mano su due colonne di 27 linee in uno specchio scrittorio di mm 142×99 (spazio intercolonnare mm 10) con inchiostro bruno, rialzato in rosso, e rosso per segnalare gli incipit; titoli correnti nei colori blu e rosso alternati e posti all’interno di una filigranatura a contrasto. Rigatura a secco. Visibili i fori di guida.

La decorazione del manoscritto è composta da 5 iniziali maggiori zoomorfe, caleidoscopiche e filigranate (media mm 43×33) realizzate nei colori blu, giallo e rosso; fregi ai ff. 1r, 1v, 23r; 1 iniziale geometrica a f. 1r; iniziali calligrafiche rosse filigranate in blu alternate ad azzurre filigranate in rosso; segni di paragrafo blu e rossi dipinti a pennello e alternati. f. 1r: iniziale Q di Quoniam nimia. Iniziale zoomorfa, arricchita da motivi decorativi filigranati. Prologus. f. 1v: iniziale Q di Quoniam symo(n)ia. Iniziale caleidoscopica, arricchita da motivi decorativi filigranati. Incipit del Liber I, Caput I. f. 23r: iniziale H di Homicidium dicitur. Iniziale zoomorfa, arricchita da motivi decorativi filigranati. Incipit del Liber II, Caput I. f. 41r: iniziale filigranata A di Apostolus s(u)b no(m)i(n)e Tymothei. Iniziale antropozoomorfa in cui un uomo vestito con una lunga veste ammantata sta per colpire con la spada un dragone. Motivi filigranati arricchiscono l’immagine. Incipit del Liber III, Caput I.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 81r: iniziale S di Sponsalia sunt. Iniziale zoomorfa costituita da un solo dragone. Motivi filigranati arricchiscono l’immagine. Incipit del Liber IV, Caput I. Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 65-66 nr. 96) riconosce nel codice la matrice italiana. Appare difficile, tuttavia, l’attribuzione a un ambito preciso. L’ariosa filigranatura, a inchiostro nei colori blu e rosso, che arricchisce le iniziali maggiori e caratterizza anche le iniziali calligrafiche, adottando un repertorio molto comune in Italia nel XIII secolo, come anche la tipologia decorativa delle iniziali maggiori, a carattere prettamente caleidoscopico, suggerisce di assegnare l’intervento figurativo a un ambito italosettentrionale e, sulla base del colofone, al pontificato di Gregorio X, e non Gregorio IX come si legge a f. 94v (SILVA TAROUCA, II, 210r). Discreto appare lo stato di conservazione del manoscritto, rest. nel 1965. La pergamena si mostra ingiallita, una lacerazione sferica è a f. 37, mancanze di supporto si registrano ai ff. 1, 49, 58 e 64, un antico restauro a f. 57. Raggrinzimento della pergamena visibile soprattutto nei fogli iniziali. Legatura Rossi A in mediocre stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge SUMMA / DE / CASIBUS / CONSCIENT(IAE); in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / ANNI 1273. La perdita totale o parziale delle annotazioni poco permette di sapere sugli antichi possessori del codice. A f. 94v è appena visibile una nota di possesso abrasa, di cui si riporta la lettura proposta da Silva Tarouca (II, 210): Iste liber est fratris Andreae Aurificis (?) de Perusio, Ordinis Fratrum Praedicatorum. A f. 1r un’altra annotazione di possesso è completamente illeggibile, perché cancellata. (SILVA TAROUCA, II, 210r; Bibl. Rossianae, IV, 132r-v) TIEZTE, Die illuminierten, 65-66 nr. 96, fig. 88.

NATALIA FALASCHI

Ross. 388 (olim IX, 78) ARISTOTELES, Ethica (ff. 1r-116r); fragmentum (ff. 116v-117v) Italia centrale (Firenze), sec. XV (terzo-quarto decennio) Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. di rest.), 117, VI’ (I’-V’ cart. di rest.; VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in cifre arabe, contemporanea, meccanica e progressiva, posta nell’angolo inferiore destro di ogni recto; a lapis, in età moderna, nell’angolo superiore destro, è riportata in numeri arabi l’indicazione dei quaterni, sul recto dei ff. 9, 17, 25, 33, 41, 49, 57, 65, 73, 81, 89, 99, 109, 117, a eccezione dell’ultimo foglio che ne contraddistingue la fine. Una nu-

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ROSS. 383-388

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merazione a fascicolo è ancora parzialmente visibile, perché rifilata, nell’angolo superiore destro dei primi tre (da L1 a L3). Infine i fascicoli XII e XIII sono indicati con numeri arabi vergati a inchiostro da mano antica con una segnatura visibile nell’angolo inferiore sinistro del primo foglio. Lungo il margine superiore di f. 1r si legge, vergato a lapis in età moderna, il nome dell’autore e il titolo dell’opera. Richiami posizionati al centro del margine inferiore sul verso dell’ultimo foglio dei fascicoli. Il codice misura mm 206×142. Scrittura gotica su una sola colonna vergata da più mani con inchiostro bruno: la prima scrive da f. 1r a f. 56v e da 70v a f. 81r, la seconda da f. 57r a f. 70v, mentre la terza da f. 81v a f. 117v. Lo specchio di scrittura va da un minimo di mm 139×89 (f. 31r) a un massimo di mm 146×86 (f. 49r) e si compone di 28 linee per 27 di rigatura (f. 106r). Rigatura a mina di piombo. Visibili le lettere guida funzionali all’intervento del miniatore.

La decorazione del manoscritto è coRoss. 388, f. 1r stituita da 4 iniziali maggiori (media mm 39×33) decorate a bianchi girari con il corpo in foglia d’oro su fondo verde e rosa antico, il campo è di colore blu. Le 4 iniziali maggiori decorate a bianchi girari si trovano ai ff. 1r, 14v, 24r, 38v. f. f. f. f.

1r: 14v: 24r: 38v:

iniziale iniziale iniziale iniziale

O di Omnis ars. Incipit del Liber I. C di Cum vero duplex. Incipit del Liber II. I di Igitur cum. Incipit del Liber III. D di De liberalitate. Incipit del Liber IV.

La decorazione miniata risulta incompleta, nonostante il miniatore abbia preparato gli spazi destinati alla decorazione all’incipit di ogni libro. La foglia d’oro dell’ornato appare piatta, l’esecuzione incerta. Si tratta di un codice realizzato in Toscana (TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244; Bibl. Rossianae, IV, f. 139r), con ogni probabilità a Firenze, entro gli anni Trenta del secolo quindicesimo; parte della critica ne arretra la datazione al secolo XIV (SILVA TAROUCA, II, 210r). Nonostante ci siano evidenti differenze di capacità esecutiva emergono importanti consonanze con la maniera di Bartolomeo Varnucci o con i modi di Filippo Torelli, miniatori fiorentini dei primi decenni del sec. XV: foglie dalla forma arricciata, infiorescenze a cuore, fascette lavorate che arricchiscono i tralci, l’intreccio simmetrico dei girari nella parte superiore della composizione terminante a punta, quasi a formare una ogiva, il bordo del campo che segue l’andamento dei racemi. Individuare una specifica personalità artistica responsabile del codice in esame risulta tuttavia molto difficile dal momento che pochi sono gli studi relativi alla decorazione miniata dei primi codici umanistici, ap-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

parentemente poco interessanti per la modesta qualità artistica (CECCANTI, Proposte, 11). Il testo aristotelico è stato vergato da più mani che si alternano senza rispettare la fascicolazione (un fascicolo risulta scritto anche da due copisti). A tale proposito è da sottolineare la singolarità dell’unione tra scrittura gotica e decorazione a bianchi girari dal momento che questa tipologia di ornato si trova, generalmente, accompagnata alla scrittura riformata proprio perché insieme costituiscono un binomio inscindibile nella riscoperta del mondo ritenuto antico (CECCANTI, Proposte, 16). Si può dunque ipotizzare che alla realizzazione del codice abbiano lavorato più copisti, come testimoniano le diverse mani rilevate, operanti nel medesimo scriptorium, come dimostrerebbe l’uniformità del supporto scrittorio impiegato. Il codice, forse, fu completato solamente nella parte testuale mentre l’intervento decorativo avvenne in un secondo momento (anche se l’opera rimase incompleta), in una temperie artistica ormai mutata. Mediocre appare lo stato di conservazione del codice. La pergamena presenta macchie, ingiallimenti e diverse gallerie, dovute a insetti o larve, specialmente nei primi fogli. A f. 7r si registra una macchia con perdita dell’inchiostro e conseguente difficoltà di lettura. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, il dorso si presenta scollato. Su questo, in alto si legge: DE SUMMO / BONO; in basso COD(EX) MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) XIV. (SILVA TAROUCA, II, 210r; Bibl. Rossianae, IV, 139r) TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244.

NATALIA FALASCHI

Ross. 390 (olim IX, 80) Index librorum (ff. I-V); Examinatorium peccatorum (ff. 1r-56v); Summa de poenitentia, extracta de summa magistri Raimundi de Pennaforti (ff. 57r-88r); Consilia (ff. 88r-100v) Italia settentrionale (ambito veneto-ferrarese), sec. XV3 (d.to 1468 gennaio 23; la rubrica è datata 1504 marzo 15) Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino avorio come la controguardia; II-VI cart. di rest.), 105, VI’ (I’-V’ cart. di rest.; VI’ moderno, in cartoncino avorio come la controguardia). Presenti due diverse foliazioni. La prima, forse coeva, segna, con inchiostro nero e numeri romani visibili nell’angolo superiore destro del recto, i fogli della tabula iniziale. La seconda, di certo contemporanea alla stesura del manoscritto e visibile nella medesima posizione della prima, è in cifre arabe e numera con inchiostro bruno l’intero codice. Nell’angolo in-

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ROSS. 388-390

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feriore destro è posta una numerazione di fascicolo (da a a k). I richiami sono collocati al centro del margine inferiore, adornati da elementi geometrici realizzati a inchiostro, l’iniziale è evidenziata da un tenue colore giallo steso a pennello. Rigatura a mina di piombo. L’esemplare è vergato da due mani in scrittura gotica corsiva. La prima scrive a inchiostro nero il testo della tabula che si dispone su 37 linee in uno specchio scrittorio di mm 160×105 (f. Ir), i fogli hanno dimensioni di mm 204×147 (f. III). Una seconda mano verga l’intero testo, con inchiostro bruno, rialzato in giallo e rosso, impiegato quest’ultimo per segnalare i titoli, disponendolo su 32 linee, in uno specchio di scrittura di mm 142×96 (f. 41r); i fogli misurano mm 210×149 (f. 1).

La decorazione del codice è costituita da 2 iniziali maggiori decorate a motivi vegetali nei colori del rosa intenso, blu, azzurro, verde, giallo, biacca e oro in foglia e a tempera (f. 1r e f. 57r); iniziali calRoss. 390, f. 1r ligrafiche realizzate a pennello, alternativamente in blu e rosso, e filigranate con inchiostro viola; segni di paragrafo di colore rosso realizzati a pennello. f. 1r: iniziale N di Ne plerumque per caritatis (mm 45×48) decorata a motivi vegetali. Incipit dell’Examinatorium peccatorum. f. 57r: iniziale I di In primis debet sacerdos (mm 46×29) decorata a motivi vegetali. Incipit della Summa de poenitentia. Il corpo delle iniziali si definisce con colori carichi e decisi la cui tavolozza si limita all’impiego del rosa intenso, blu, azzurro e verde con generose lumeggiature a biacca e uso dell’oro steso a pennello oppure impiegato in foglia. Inquadrate in cornici quadrangolari profilate da una linea scura le iniziali presentano una decorazione vegetale a foglie la cui terminazione si curva quasi a formare una spirale. Tale ornato arricchisce i margini laterale e superiore del foglio. L’uso denso e pastoso del colore dai toni vivaci, la ricca lumeggiatura a biacca, la tipologia del fogliame carnoso e accartocciato che si chiude a formare una voluta consentono di ipotizzare per il manoscritto l’ambito di produzione ferrarese o comunque la realizzazione dell’apparato decorativo da parte di un artefice fortemente influenzato dalla miniatura di quell’area. La città estense costituì, infatti, nella seconda metà del Quattrocento, un costante punto di riferimento per il rinnovamento del linguaggio artistico degli ambienti veneto e lombardo. Buono appare lo stato di conservazione del codice.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto si legge SUMMA / TEOLOGI(AE) / MORALIS; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / AN(NI) 1368. (SILVA TAROUCA, II, 218r; Bibl. Rossianae, IV, 141r) TIETZE, Die illuminierten, 130 nr. 282.

NATALIA FALASCHI Ross. 391 (olim IX, 80) Diploma Italia (Venezia), sec. XVI2 (d.to 1527 gennaio 15) (f. 1r) vergato in caratteri capitali su fondo di colore blu: Nos Andreas Gritti Dei gratia dux Venetiarum et comes Membr.; ff. X (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-X cart. di rest.), 24, X’ (I’-IX’ cart. di rest.; X’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Sono presenti due tipi di foliazione. La prima, contemporanea, meccanica e progressiva, visibile nell’angolo inferiore destro, segna ogni recto dell’intero codice in cifre arabe; è affiancata da una più antica che verga a inchiostro bruno i numeri arabi posti al centro del margine inferiore di ogni recto, iniziando dalla cifra 92. Richiami assenti. Il codice misura mm 216×148. Scritto su un’unica colonna di 23 linee, in umanistica corsiva da una sola mano, con inchiostro bruno, in uno specchio scrittorio di mm 153×94. Rigatura a mina di piombo.

La decorazione del manoscritto è costituita da 1 cornice decorata con motivi vegetali e 1 iniziale decorata.

Ross. 391, f. 1r

f. 1r: iniziale C di Committimus tibi nobili viro, iniziale decorata (mm 11×8). Incipit del Diploma. Cornice con motivi vegetali e floreali nei colori del blu e del rosa su fondo bruno molto scuro che ospita quattro medaglioni, contenenti, procedendo dall’alto, in senso orario: il Leone di Venezia, San Giovanni Battista, uno stemma, forse la colomba dello Spirito Santo. La decorazione della cornice, di grande raffinatezza, riflette un gusto pienamente rinascimentale caratterizzato da eleganza ed equilibrio compo-

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ROSS. 390-391

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compositivo. Sul fondo scuro e denso emergono sottili tralci vegetali dorati su cui si schiudono delicate corolle e boccioli nei colori rosa e azzurro. I medaglioni abbandonano la quinta monocromatica per ospitare paesaggi stilizzati limitati alla rapida definizione del cielo e della vegetazione attraverso l’adozione della tecnica ad acquerello. La pagina di incipit esprime la personalità del miniatore, Giovanni Battista Minio, attraverso i medaglioni: il leone di san Marco sta a indicare le sue origini veneziane, san Giovanni Battista – cui è legata la presenza della colomba alludente allo Spirito Santo visibile nell’altro clipeo – è il suo santo eponimo e infine è suo lo stemma nel margine inferiore. San Giovanni è rappresentato secondo la consueta iconografia: il capo nimbato, il volto barbuto, vestito di pelli di cammello, mentre tiene tra le mani la croce e il libro su cui si appoggia l’agnello. La decorazione miniata, di gusto pienamente cinquecentesco, presente nei documenti ufficiali del governo dei Dogi, come nel caso qui studiato, ben si accorda con la tendenza conservatrice che si afferma, a Venezia, soprattutto durante il dogato di Andrea Gritti (TAFURI, Renovatio). In tale ambiente la difesa della tradizione libraria trova la sua ragion d’essere soprattutto nell’opposizione alla stampa (ZUCCOLO PADRONO, Il maestro “T° Ve”, 53-71). Pur non mostrando richiami di tradizione marcatamente classicista, maggiormente visibili nelle opere commissionate dal doge dopo il 1527, il codice rientra in quella politica, da lui perseguita, che mirava a porre Venezia come successore legittimo di Roma, Costantinopoli e Gerusalemme (TAFURI, Renovatio). Buono è lo stato di conservazione. Alcune miniature a f. 1r appaiono sbiadite. Legatura Rossi A. Sul dorso, in alto, si legge: AND(REAS) / GRITT(I) / DUX / VEN(ETUS) / DIPLO(MA) / G(IOVANNI) M(INIO)/ ANNI / 1527. L’iscrizione di f. 1r sembra suggerire che il Diploma fu emesso dal doge Gritti a favore di Giovan Battista Minio e a lui consegnato nel 1527, a Palazzo Ducale, come si legge anche nell’annotazione di f. 23v: Dat(um) in nostro ducali palatio, die XV / ianuarii indictione prima MDXXVII / Petrus Grafolarius / Secret(ariu)s subscripsit, che conferma anche il nome del committente: Comision del cl(arissi)mo sig(n)or Zan Batista / Minio De Molfalcioni del MDXXVII / Die XV ianuarii. Segue, realizzato a penna, uno stemma identico a quello presente a f. 1r. A f. 24r varie note vergate in veneziano da una mano cinquecentesca. Stemma: d’azzurro alla banda di rombi d’oro. All’interno del clipeo, ma non facenti parte dell’impresa, sono le tre lettere capitali indicanti il membro della famiglia: Z(uan) B(aptista) M(inio). (SILVA TAROUCA, II, 219r; Bibl. Rossianae, IV, 142r) NATALIA FALASCHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 393 (olim IX, 83) ALANUS AB INSULIS, Epistula patri et domino Hermegaudo, Sancti Egidii abbati (f. 1r-v); De verborum significationibus (ff. 1v-266r) Francia, secc. XIIex-XIIIin. Membr. (pergamena piuttosto spessa e giallastra, ma ben lavorata e levigata; ampie macchie grigiastre sul lato pelo, soprattutto in alcuni fascicoli); ff. IV (cart.; il f. I, di carta più pesante, come la controguardia, è moderno), IV’ (cart.; il f. IV’, di carta più pesante, come la controguardia, è moderno); foliazione a inchiostro nero in alto a destra, sul recto del foglio, di una mano forse quattrocentesca (da segnalare che il f. 172 è numerato, a evidenza per una svista, come f. 122). Il codice misura mm 213×139/143. Littera textualis, di modulo piccolo, per il testo, ricca di abbreviazioni, vergata a inchiostro bruno molto intenso, rosso per gli incipit e le rubriche interne allo specchio scrittorio. Scrittura gotica maiuscola per gli incipit dei lemmi; una mano cinquecentesca scrive, su rasura, a f. 1r, con inRoss. 393, f. 3r chiostro nero, la parola Alani, la stessa chiude il codice con la scritta Liber magistri Alani; vergato con lo stesso inchiostro del testo e dalla stessa mano è il lemmario disposto lungo il margine sinistro dello specchio scrittorio e a esso collegato per il tramite di segni parentetici a inchiostro alternativamente blu e rosso, che raccordano le lettere maiuscole blu e rosse incolonnate sullo stesso margine; della stessa mano, ma tracciate con inchiostro nero (lo stesso con cui in rare occasioni, per es. a f. 75, viene emendato il testo) e inserite in cornici sagomate a penna e inchiostro rosso, una serie non cospicua, ma significativa, di note marginali. Di una mano più tarda, cinque-seicentesca, sono i rimandi interni che talvolta si trovano, tracciati sempre sul margine esterno del foglio recto, insieme a rare maniculae. Specchio scrittorio a 1 colonna di 32 linee; la rigatura è tirata a lapis nero molto leggero, assai spesso cancellato, ed è costituita da 32 righe orizzontali e da 5 rettrici verticali sul lato sinistro dello specchio e da 1 sul lato destro; i fori guida sono spesso ben visibili sul margine esterno e su quello superiore, perché non rifilati.

L’apparato decorativo è rappresentato da 21 iniziali maggiori figurate e zoofitomorfe poste all’incipit dell’Epistola Hermegaudo (f. 1r), e per segnalare l’incipit delle partizioni maggiori del lemmario; 1 iniziale media (f. 153r) che segnala l’inizio di uno dei capitoli; incipit in maiuscola gotica tracciata a pennello a lettere alterne in blu e rosso filigranate a penna a contrasto; ancora iniziali in maiuscola gotica, per le partizioni interne del lemmario, rubricate in blu e rosso e arricchite da una semplicissima decorazione a penna, a contrasto, che talora si prolunga in basso e termina con motivi geometrici; raffinata decorazione a penna, molto diffusa in tutto il codice, sempre nei colori rosso e blu, in relazione ai riempilinea, ai segni parentetici, che evidenziano passaggi del testo in connessione ai

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ROSS. 393

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lemmi e che terminano con desinenze fitomorfe (numerose quelle a palmetta bi e trilobata), zoomorfe, come per es. ai ff. 14v, 94v, 259v, 268v, caledoscopiche (per es. ai ff. 163r, 176v), antropomorfe (per es. ai ff. 164v, 178v); cornici di forma articolata che inquadrano le glosse laterali (si cfr. ad esempio quella a f. 154v). Le iniziali maggiori sono ai ff. 1r, 1v, 3r, 26v, 33r, 62v, 78v, 86v, 102r, 108r, 118r, 135r, 153r, 161r, 170v, 192v, 195r, 202r, 230r, 244r, 266r. f. 1r:

f. 1v:

f. 3r:

f. 26v:

f. 33r:

f. 62v:

f. 78v:

f. 86v:

f. 102r:

iniziale R di Reverentissimo patri (mm 46×39), tracciata in oro su fondo blu. All’interno degli spazi vuoti della lettera una decorazione vegetale terminante in piccole foglie carnose, nei toni del blu, rosso e verde. iniziale Q di Quoniam iuxta (mm 40×40), tracciata su un campo in blu, incorniciato da un listello rosso. All’interno della lettera un tralcio vegetale arricchisce l’immagine. La coda della Q è sostituita dal corpo di un volatile, sorta di animale fantastico, forse un drago. La testa dell’animale fa capolino tra le volute del decoro vegetale. iniziale A di Anima dicitur (mm 48×34), tracciata in oro, realizzata su un campo blu incorniciato da un sottile tratto di inchiostro rosso. All’interno della A è ritratto, a penna, un monaco cistercense tonsurato, probabilmente magister Alanus, come si legge nella parte di testo rubricata e che lo stesso monaco sembra additare, mentre con la destra regge un libro chiuso (si tratta di un peculiare ‘ritratto d’autore’). Dall’asta orizzontale della A nasce un piccolo ramo desinente in due foglie, realizzato nei toni del verde. iniziale B di Baptismus proprie sola (mm 26×19), tracciata in oro su campo blu, incorniciato da un listello rosso, e decorata, all’interno delle due pance, con un semplice tralcio vegetale. iniziale C di Caro proprie reprobus (mm 47×49), tracciata in oro e terminante, alle due estremità, con protomi canine, che mordono l’uomo ritratto all’interno della lettera mentre lotta con i racemi del tralcio. iniziale D di David proprie Christus (mm 45×42), tracciata in oro su un fondo blu e un campo bruno, incorniciato da un listello rosso. All’interno della lettera una decorazione a tralcio vegetale. iniziale E di Ecclesia est materialis (mm 33×33). Le aste esterne della lettera, tracciata come le precedenti in oro su fondo blu e campo bruno, inquadrato da un listello rosso, terminano in protomi di animali fantastici, mentre l’asta centrale finisce in un mascherone, dal quale spunta il tralcio che arricchisce internamente la lettera. iniziale F di Flamma proprie donum (mm 47×24). Dalle due teste di canidi, realizzate all’estremità delle aste orizzontali della lettera, nascono i racemi del tralcio che arricchiscono il fondo della F, campito con un colore bruno. Il campo esterno della lettera, in blu, è incorniciato da un sottile tratto rosso. iniziale G di Gratia proprie quod (mm 41×38). La lettera, tracciata in oro, è arricchita al suo interno da una decorazione a tralcio vegetale, terminante a palmette.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 108r: iniziale I di Inimicus proprie dicitur (mm 76×16), tracciata in oro e decorata da riquadri geometrici. Alle due estremità termina con grandi mascheroni, dalle orecchie dei quali spuntano rami desinenti in palmette. f. 118r: iniziale L di Lapis Christus (mm 90×20). Il corpo della lettera è sostituito dal ritratto, in posizione frontale, di un sovrano con corona e scettro. La figura poggia sul dorso di un quadrupede, probabilmente un cane, che sostituisce a sua volta l’asta orizzontale dell’iniziale. L’intera raffigurazione è inquadrata da un sottile tratto di inchiostro rosso. f. 135r: iniziale M di Mare proprie congregatio (mm 52×39). Il corpo della lettera è interamente sostituito da uccelli che intrecciano il collo e beccano in un cantaro raffigurato in basso; da quest’ultimo nascono i tralci vegetali che arricchiscono il fondo blu della lettera. L’intera raffigurazione è inquadrata da un listello rosso. f. 153r: iniziale N di Natura aliquando ita (mm 21×12), in oro e decorata, all’interno, con un tralcio vegetale. f. 161r: iniziale O di Oculus proprie (mm 36×36). Il corpo della lettera è tracciato in oro. All’interno della O una decorazione geometrica desinente in palmette. La lettera è definita, sui quattro lati, da un listello rosso. f. 170v: iniziale P di Panis proprie (mm 65×30), tracciata in oro e termina, nelle estremità dell’asta verticale, con due mascheroni. Dalla bocca di quello raffigurato in basso fuoriescono due rami terminanti in palmette. L’occhiello della P è invece arricchito da un tralcio vegetale. f. 192v: iniziale Q di Quadrans minimum pondus (mm 34×33), tracciata in oro, è circondata da una cornice rossa. La coda è sostituita dal corpo di un drago che, sviluppando sul margine laterale la coda desinente in palmette, si lega, grazie al suo lungo collo, alla lettera. Dalla bocca dell’animale nascono i tralci che decorano l’interno della Q. f. 195r: iniziale R di Racio dicitur potencia (mm 47×36). Le estremità dell’asta verticale terminano con due mascheroni, mentre la curva della lettera è sostituita dal corpo di un volatile, desinente, anch’esso, nella coda, con un mascherone. Il lungo collo e la testa entrano e escono, in alto, dalle orecchie del mascherone raffigurato sull’estremità superiore della R. L’intera raffigurazione è inquadrata dal tratto a inchiostro rosso. f. 202r: iniziale S di Sapiencia aliquando sumitur (mm 42×36). Il corpo, tracciato in oro, è accompagnato da due pennuti, identificabili, per la tipologia della coda, con due pavoni. L’intera raffigurazione, realizzata su un campo in blu e verde è circondata da una cornice tracciata con inchiostro rosso. f. 230r: iniziale T di Tabernaculum proprie praesens (mm 44×38), tracciata in oro, termina, curvando, con una decorazione vegetale che riempie lo spazio interno di risulta. Sulle volute del tralcio poggia un volatile. f. 244r: iniziale U di Urbs proprie mens (mm 52×34). Le due aste verticali sono sostituite dai corpi di due animali strettamente legati tra loro. L’iniziale nasce dal movimento stesso dei corpi. A sinistra un volatile con coda de-

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ROSS. 393

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sinente in palmette, curva in basso, con il lungo collo, mentre dalla bocca prende vita un quadrupede, raffigurato su due zampe a sostituire, a destra, la seconda asta della U. Un riquadro tracciato con inchiostro rosso circonda l’intera raffigurazione. f. 266r: iniziale Z di Zelus invidia unde (mm 25×25). Due volatili, che si beccano a vicenda sul collo, sostituiscono il corpo della lettera, arricchito, lateralmente, da semplici decorazioni vegetali. L’apparato decorativo, nel suo complesso, sembra potersi assegnare a due diversi miniatori (o piuttosto a un solo miniatore che adotta più sintassi figurative in parte dissimili), all’opera rispettivamente nei ff. 3r, 33r e ai ff. 139r, 195r: nei primi predomina infatti un linguaggio più classicheggiante, in cui rimane intatto il corpo della lettera, contenuto all’interno di un campo geometrico, sagomato, quando è necessario, per rispettarne la morfologia, mentre il discorso figurativo e decorativo (costituito da semplici tralci desinenti in volute a palmetta, da figure di ‘ginnasti’ come nella miniatura d’oltralpe di ambito cistercense e, nel caso di f. 3r, dal ritratto dell’autore) si svolge all’interno, sul fondo che presenta se mai (come a f. 33r) terminazioni zoomorfe a teste di canidi; negli altri le iniziali, pur lasciando pienamente leggibile la morfologia della lettera, declinano un linguaggio ancora pienamente zoomorfo, che, per es. nella M di f. 135r, sostituisce le aste con corpi di uccelli che intrecciando al centro i lunghi colli, protesi verso un cantaro (da cui fuoriescono gli intrecci vegetali) vengono a costituire i tratti obliqui; oppure caledoscopico, come nella Q di f. 192v, dove l’ibrido con coda vegetale si avvinghia con il lungo collo al corpo e sputa il tralcio che ne va a decorare lo spazio interno. Nei due miniatori (o nel miniatore) occorre sottolineare l’adesione a un linguaggio di ascendenza classica, che deriva loro dall’arte romanica ancora operante, coniugato con la innata propensione a trasformare in motivo decorativo le forme naturali. Appare evidente la ripresa, in tono minore e con elegante sobrietà (in parte dovuti alla distanza cronologica), del linguaggio grafico-decorativo di matrice cistercense, con una semplificazione dell’elemento decorativo. In proposito si può proporre il confronto con i Moralia in Iob, ms. 170 della Bibliothèque municipale di Dijon (si cfr. ad esempio il f. 33r del rossiano con il f. 32r dei Moralia; ZAŁUSKA, L’enluminure et le scriptorium, 202-203, fig. 96), dove è simile il peculiare intreccio tra segno grafico ed elemento decorativo, così come richiama la miniatura cistercense la raffinata decorazione a penna, nella bicromia del rosso e del blu (che bene identifica, così come le rubriche dalla bicromia alterna, l’ormai affermata decorazione filigranata gotica), che prendendo le mosse dalla lettera incipitaria, si dispone, a guisa di fregio, sul margine interno dello specchio scrittorio e si espande nel bas-de-page (un esempio significativo a f. 3r, che tuttavia non trova confronti, a causa della spiccata originalità, con la decorazione cistercense). A conferma di quanto proposto si può accostare il f. 244r del Ross. 393 al f. 183v delle Epistolae et sermones di san Girolamo, ms. 135 della Bibliothèque municipale de Dijon (sec. XII, prima metà; OURSEL, Miniatures cisterciennes, 75-77,

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

tav. XLI; ZAŁUSKA, L’enluminure et le scriptorium, 207-209), – e, per la figura di monaco cistercense che ‘abita’ la A di Anima di f. 3r, al f. 95r delle Epistolae –, ma anche, per il doppio registro zoomorfo e fitomorfo, con opere della I metà del secolo XIII, quali il martirologio obituario di Citeaux, ms. 633 di Dijon, databile al 1221-1226 (in part. con il f. 110). Dalla stessa cultura figurativa provengono, inoltre, le teste mostruose che chiudono aste e archi della R di Racio a f. 197r: i confronti possibili sono numerosi (per es. con vari luoghi delle Vitae sanctorum, ms. 641 e 642 di Dijon, rispettivamente ai ff. 10v e 57r, 62r, 88r) (ZAŁUSKA, L’enluminure et le scriptorium, 219-221, 223-225). Particolarmente significative anche, soprattutto per la proposta cronologica, le affinità di linguaggio decorativo con l’ottateuco, ms. ser. 2594 della Österreichische Nationalbibliothek di Wien, prodotto in ambito cistercense tra II e III quarto del XIII secolo, dove non solo le iniziali maggiori fitozoomorfe e caledoscopiche (per es. a f. 103v), si possono accostare opportunamente al nostro codice, se pure con alcune differenze nell’uso di un ornato geometrico all’interno del corpo della lettera, ma anche la decorazione a leggerissima filigrana (per es. a f. 56v) appare assai simile. Per ciò che concerne la componente figurativa, in particolare nella realizzazione del monaco cistercense che, nella A di Anima a f. 3r, addita l’incipit rubricato, appare evidente e significativo il richiamo alla tradizione della prima miniatura di Citeaux; ma potrebbe trattarsi di un fenomeno imitativo legato alla volontà di richiamarsi alle origini dell’Ordine, per il ruolo autoritativo rappresentato, anche per ciò che concerne la produzione artistica e quella libraria, dallo scriptorium della casa madre. Se pure non si avanza qui alcuna proposta precisa, è possibile tuttavia pensare a una produzione legata sì all’Ordine, ma tarda, già attraversata da un afflato classicheggiante e forse da assegnarsi a uno dei monasteri collegati direttamente a Citeaux. Non si è riscontrata tuttavia, perlomeno tra i codici repertoriati da Oursel (La miniature, 65-80) e da ZAŁUSKA (L’enluminure et le scriptorium, 305-310), la presenza di altri testimoni della tradizione manoscritta delle opere di Alanus ab Insulis. Stato di conservazione discreto: due ampie lacune risarcite a rattoppo, al f. 1, una al f. 2; i ff. 25-33 (in particolare il f. 25) presentano un danno rilevante sul margine esterno, che va attenuandosi nei fogli successivi, sino a scomparire a f. 33; difetto di concia, ampio e non risarcito a f. 166. I ff. 264-266 sembrano essere stati attaccati da tarli. L’oro con cui sono tracciate le iniziali maggiori in molti casi è caduto. Da un esame attento non sembra scorgersi una preparazione sottostante, cosicché si può ipotizzare una semplice stesura, a pennello, di oro musivo. Legatura Rossi A, in mediocre condizione. Il piatto posteriore è staccato dal dorso. Questo presenta spaccature per tutta la sua lunghezza, ma più evidenti sul margine superiore. Qui si legge MAGISTRI ALANI / DE VERBOR(UM) / SIGNIFICATIONIB(US) / ORDINE ALPHAB(ETICO); in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV.

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ROSS. 393-394

Significativi potrebbero essere, per la vicenda storica del manoscritto (poiché composti in volgare italiano), i versi vergati a f. 107r, in littera antiqua e a inchiostro grigio: «D(eu)s M(aria) / Dio eterno si sia benedecto / La matre et el figlio ellu spiritu santu / lagnili el celu col divinu cantu / de tanto Dio sia benedecto / F. T. / Nel mille CCCC X et 4 / Nel primo mese dellu duodeno / Erane XX et 2 et io fui arto / Salgui nel gradu del pensare ameno / Aduvi somme danzgniare arte X° / Nel predecare et nel canto divino / Nella prima arte et cum organi fare / De tanto dono Dio sia benedecto / Deo gratias. Amen». Al sec. XIII si datano invece altri versi, oggi appena leggibili, vergati a f. 266v. (SILVA TAROUCA, II, 225r; Bibl. Rossianae, IV, 144r-v) TIETZE, Die illuminierten, 60 nr. 90.

SILVIA MADDALO – SALVATORE SANSONE

Ross. 394 (olim IX, 84) LEONARDO BRUNI, De bello Italico Italia settentrionale (ambito padano-lombardo), sec. XV2 (1426-1442) Membr.; ff. VIII (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VIII cart. di rest.), 126, VIII’ (I’-VII’ cart. di rest.; VIII’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in cifre arabe, moderna, meccanica e progressiva, posta nell’angolo inferiore destro del recto di ogni foglio. Rigatura a secco, il f. 126 è bianco. Richiami visibili sul margine inferiore del verso, alcuni si presentano racchiusi entro una cornice geometrica, molti sono stati rifilati. Il codice misura mm 208×140. Scrittura umanistica libraria vergata da una sola mano con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per segnalare gli incipit e gli explicit. Specchio di scrittura di mm 147×77 a una sola colonna di 24 linee, inquadrato da quattro righe marginali verticali e quattro orizzontali (spazio intercolonnare mm 6). Numerose annotazioni marginali; sempre visibili lungo il margine esterno le indicazioni per il rubricatore.

La decorazione del manoscritto è costituita da 4 iniziali maggiori (media mm 28×26) decorate a motivi vegetali, con il corpo in foglia d’oro su un fondo policromo nei colori azzurro, viola, rosa intenso, verde chiaro, arancio e biacca; fregio a motivi vegetali e floreali nei colori dell’azzurro, rosa intenso, verde chiaro, arancio, con globi in foglia d’oro (f. 1r).

Ross. 394, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Le iniziali maggiori decorate sono ai ff. 1r, 40r, 66v, 98r. f. 1r: iniziale E di Etsi longe michi. Incipit del Liber I. Il fregio, a motivi vegetali e floreali, che inquadra la pagina di incipit, corre su tre lati dello specchio scrittorio lasciando libero il margine superiore ed esibisce in quello inferiore uno stemma, d’azzurro alla croce d’oro accantonata da quattro stelle a sei punte d’oro (la lettura delle sei punte è solo ipotetica a causa delle cadute di colore e della caduta della foglia d’oro). La tavolozza pittorica vede l’impiego dei medesimi colori adottati nelle iniziali. f. 40r: iniziale C di Cum in hoc statu res. Incipit del Liber II. f. 66v: iniziale C di Cum Bizantium. Incipit del Liber III. f. 98r: iniziale E di Egressus Roma Totilas. Incipit del Liber IV. Sulla base della identificazione del cardinale Giuliano Angelo, ricordato nell’explicit, con Giuliano Cesarini (SILVA TAROUCA, II, 226r) si può assegnare il codice a un periodo compreso tra il 1426 e il 1442. Negli intrecci fogliacei della cornice della pagina d’incipit emerge un segno marcatamente naturalistico. L’ornato vegetale di penna e di pennello, che pare trovare la sua naturale conclusione nelle corolle affusolate, appare leggero e agile, realizzato con un segno veloce sia nei tratti a inchiostro di penna sia nella decorazione di pennello. La cromia della pagina d’incipit dove predominano il rosa intenso e l’azzurro, accostati all’impiego della foglia d’oro, rimandano a un ambiente artistico ferrarese mentre la decorazione, in particolare quella del margine inferiore sinistro, realizzata a penna, con fiori in foglia d’oro dalla forma merlata e di colore azzurro, si richiama a un ambito lombardo. Sulla base di tali considerazioni si è propensi ad attribuire il codice a un artista di cultura padano-lombarda. Il rossiano figura tra quelli che Tietze assegna all’ambito toscano (TIETZE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244). Mediocre è lo stato di conservazione. La pergamena, ingiallita, presenta fori e macchie; l’apparato decorativo mostra numerose cadute di colore. Legatura Rossi A in mediocre stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: L(EONARDI) ARETINI / DE / BELLO / ITALICO; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Sul margine inferiore della pagina d’incipit lo stemma, d’azzurro alla croce d’oro accantonata da quattro stelle a sei punte d’oro. Significative cadute di colore e della foglia d’oro impediscono una corretta lettura dell’impresa, che resta non identificata. (SILVA TAROUCA, II, 226r; Bibl. Rossianae, IV, 148r) TIEZTE, Die illuminierten, 117-119 nr. 244.

NATALIA FALASCHI

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ROSS. 395

Ross. 395 (olim IX, 85) AURELIUS VICTOR, Liber de viris illustribus Italia (Bologna), sec. XIV2 Membr.; ff. V, 34, V’ (fogli di guardia cartacei; il I e il V’ rinforzati con un foglio color lavanda come le controguardie). Foliazione vergata da mano antica, in numeri arabi, a inchiostro bruno visibile nell’angolo superiore destro di ogni recto; in età moderna è stata apposta sul recto, a lapis, la numerazione del primo foglio, sempre in cifre arabe. Richiami a inchiostro posti al centro del margine inferiore alla fine di ogni fascicolo. Rigatura a secco. Il codice misura mm 200×140. Littera Bononiensis di modulo grande vergata da una sola mano a inchiostro bruno e rosso, questo utilizzato per segnalare l’incipit e i tituli. Specchio di scrittura di mm 104×69, a una sola colonna di 24 linee. Vari notabilia in umanistica corsiva del XVI secolo (Manuscrits classiques latins, 432).

Ross. 395, f. 1r

La decorazione del manoscritto è composta da 1 iniziale maggiore abitata nei colori del rosa antico, rosso, blu, biacca e oro in foglia; 1 cornice a motivi vegetali e floreali realizzata nei colori blu, azzurro, verde chiaro, verde scuro, rosa antico, rosa intenso, biacca, oro in foglia e a tempera; stemma; iniziali calligrafiche rosse filigranate in blu alternate ad azzurre filigranate in rosso; segni di paragrafo blu e rossi alternati e dipinti a pennello. f. 1r: iniziale P di Proca rex Albanorum (mm 17×17). Incipit del Liber. Iniziale abitata raffigurante l’immagine di un dotto vestito con un manto e cappuccio rosso profilato di bianco. Cornice a motivi vegetali, floreali e globi dorati, profilati in nero, che fuoriescono da un vaso e corrono lungo tre margini dello specchio scrittorio lasciando libero quello inferiore per la realizzazione dello stemma, rappresentato al centro di un portico a tre arcate sostenute da quattro colonne auree con capitello ionico. Le due arcate laterali presentano una sorta di chiusura architettonica di colore grigio e di forma polilobata arricchita da un elemento circolare alludente, forse, a un tipo di maniglie; al centro, lo stemma si staglia su di un fondo verde arricchito da bianchi ramages. Dal vaso raffigurato alla base del margine destro nasce l’ornato che decora la pagina di incipit. Svincolato da qualsiasi costrizione spaziale il fogliame, arricchito da elementi a penna che ne sottolineano la libertà di esecuzione, va sempre più accorpandosi e inizia, nel margine sini-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

stro, a snodarsi lungo una cornice a cordone lineare, di blu e d’azzurro, in maniera cadenzata ed equilibrata. La campitura si mostra compatta ed è definita da una pennellata densa e pastosa che impiega una cromia per realizzare la base e un tono più scuro per definirne i volumi; soltanto in alcuni casi arricchita con l’impiego di biacca. La critica assegna il codice a un artista bolognese (TIETZE, Die illuminierten, 82 nr. 126; Manuscrits classiques latins, 432; PAGNIN, La littera bononiensis, 154). Infatti non soltanto la littera Bononiensis impiegata richiama tale ambito geografico, ma anche l’apparato decorativo delle foglie e la tavolozza cromatica incentrata sui colori del blu, rosa e porpora concorda con tale ipotesi. La scrittura lega il codice alla ricca produzione bolognese sviluppatasi a partire dall’inizio del secolo XIV per la presenza nella città felsinea di studenti e professori legati all’Università; l’apparato decorativo ascrive peraltro il manoscritto alla seconda metà del secolo, poiché si richiama ai modi di Niccolò di Giacomo da Bologna che nel 1360 realizza gli Statuti e la Matricola della Società dei Merciai di Bologna (Bologna, Museo civico medievale, mss. 635-636) (TIETZE, Die illuminierten, 82 nr. 126). È infatti a partire dalla metà del Trecento che in città inizia ad affermarsi la miniatura giuridica e civile, quest’ultima si evolve e matura nei codici degli Statuti e delle Matricole commissionati dalle corporazioni cittadine (PAGNIN, La littera bononiensis, 146). Il codice è menzionato da Eduard Gollob (GOLLOB, Die Bibliothek, 13) che, all’inizio del Novecento, realizzò un inventario dei manoscritti della collezione rossiana depositati presso il Collegio dei Gesuiti di Vienna. Discreto appare lo stato di conservazione del manoscritto. La pergamena si mostra ingiallita e, in diversi fogli, anche macchiata. Probabilmente, in occasione della rilegatura ottocentesca o successivamente, alcuni tituli sono stati ripassati con il colore rosso, come si evince dalle tracce di pigmento visibili sul foglio opposto (per es.: verso dell’ultimo foglio di guardia opposto a f. 1r). Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione; è perduta la parte inferiore del dorso. Su questo, in alto si legge: LIBER / DE / VIRIS / ILLUSTR(IBUS). Stemma nel margine inferiore: partito, nel I d’oro a tre bande marroni, nel II d’oro a due bande marroni. Non identificato. (SILVA TAROUCA, II, 227r; Bibl. Rossianae, IV, 147r-148r) GOLLOB, Die Bibliothek, 13; TIETZE, Die illuminierten, 82 nr. 126; SHERWIN, The Title and Manuscript, 285; PAGNIN, La littera bononiensis, 154; Manuscrits classiques latins, 432.

NATALIA FALASCHI

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ROSS. 396

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Ross. 396 (olim IX, 86) PAULUS DIACONUS, Historia Romana Roma, sec. XV3 (1450-1470) Membr. (pergamena di buona qualità); ff. VII (I moderno, in cartoncino avorio come la controguardia; II-VII cart. di rest.), 100, VI’ (I’-V’ cart. di rest.; VI’ moderno, in cartoncino avorio come la controguardia). Foliazione in numeri arabi, moderna, progressiva e meccanica visibile nell’angolo destro inferiore di ogni recto. Richiami posti lungo il margine laterale dello specchio scrittorio, in posizione verticale, sul verso, alla fine di ogni fascicolo. Il codice misura mm 207×134. Scrittura umanistica fortemente corsiveggiante vergata da un solo copista, su un’unica colonna di 29 linee, in uno specchio di scrittura di mm 150×85; note marginali di mani antiche; rigatura a secco. Lettere guida.

La decorazione del codice è costituita da 3 iniziali maggiori (media mm 37×46) deRoss. 396, f. 1r corate a bianchi girari; iniziali calligrafiche blu dipinte a pennello. Le iniziali presentano il corpo in foglia d’oro posto all’interno di un campo di forma quadrangolare di colore blu; i bianchi girari si stagliano su un fondo policromo di blu, verde e porpora illuminato da puntinatura in bianco e giallo. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari sono ai ff. 1r, 5r, 59r. f. 1r: iniziale P di Primis in Italia. Incipit del Liber I caput 1. f. 5r: iniziale H di Hic consules coepere. Incipit del Liber I caput 9. f. 59r: iniziale A di An(no) a(b) urb(e) c(o)n(d)i(t)a. Incipit del Liber XI. Il codice contiene diciassette dei diciotto libri della Historia Romana di Paolo Diacono. Questa costituì la principale fonte per la redazione di Landolfo Sagace che riprese per intero l’opera di Diacono (CRIVELLUCCI, Per l’edizione, 85). A f. 59r, alla fine del libro X, in scrittura umanistica corsiva, sono ricordati l’autore e il titolo dell’opera: Paulus Diaconus de gestis Romanorum. A f. 100r-v si ritrova l’elenco degli imperatori, citati nel testo, vergato da una mano diversa da quella che redige l’intero codice. La critica ha inizialmente attribuito l’apparato decorativo a un artista di formazione fiorentina (TIETZE, Die illuminierten, 117119 nr. 244), successivamente Ruysschaert (Le “liber juramentorum”, 285-286) vi ha riconosciuto la mano di Gioacchino de’ Gigantibus, prolifico miniatore di origine bavarese. L’esemplare infatti è arricchito da una decorazione miniata di alta qualità: il segno grafico appare sottile, preciso e attento ai particolari; la definizione del fondo, con la studiata alternanza dei colori, induce ritmo circolare al-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

la composizione amplificata dall’intreccio ricco ed elaborato; i pigmenti appaiono brillanti e coesi testimoniando in tal modo la capacità tecnico-pittorica dell’artista. Il codice fu probabilmente realizzato a Roma intorno al sesto-settimo decennio del secolo quando giunsero alla corte pontifica, chiamati da papa Pio II, numerosi artisti del libro di origine toscana (RUYSSCHAERT, Le “liber juramentorum”, 285-286). Mediocre è lo stato di conservazione del manoscritto, che sembra sia stato mantenuto a lungo in un luogo umido. Nello specifico sono evidenti numerose macchie, in alcune iniziali calligrafiche lo scarico del pigmento e la perdita della naturale planarità. Restaurato dal Laboratorio di Restauro della Biblioteca Vaticana il 20 giugno 1966, registro nr. 8. Legatura Rossi A, in buono stato di conservazione. Sul dorso, in alto, si legge: HISTORIA / ROMANA; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, II, 228r; Bibl. Rossianae, IV, 149r-v) CRIVELLUCCI, Fonti, 5-238; CRIVELLUCCI, Per l’edizione, 85; SILVA TAROUCA, Biblioteca, 333; KEHR, Aus der Biblioteca, 105; RUYSSCHAERT, Le “liber juramentorum”, 285-286; Manuscrits classiques latins, 431.

NATALIA FALASCHI

Ross. 399 (olim IX, 89) ARISTOTELES, De anima Italia (Roma?), sec. XV, metà

Ross. 399, f. 1r

Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia; II-VI cart. di rest.), 49, VI’ (I’-V’ cart. di rest.; VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in cifre arabe, moderna, meccanica e progressiva posta nell’angolo inferiore destro di ogni recto. Richiami nel margine inferiore vergati sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo, a destra, oltre la riga verticale di definizione dello specchio scrittorio. Il codice misura mm 210×121 da f. 1 a f. 40 e mm 199×118 da f. 41 a f. 49. Scrittura umanistica libraria vergata da un solo copista con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo a segnalare i quattro incipit; i ff. 48v e 49r-v sono bianchi e rigati. Il testo si dispone su un’unica colonna di 29 linee di scrittura, in uno specchio che misura mm 132×75 e consta di 28 righe. Rigatura a secco.

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ROSS. 396-399

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La decorazione del codice è costituita da 4 iniziali maggiori (media mm 25×24) decorate a bianchi girari; 1 cornice a bianchi girari (f. 1r); stemma. Le iniziali presentano il corpo in foglia d’oro, profilato da una linea di colore rosso, su campo blu. Bianchi girari campiscono il fondo realizzato nei colori del verde e del porpora. Le campiture sono illuminate da puntinatura nei colori del giallo e del bianco. Le iniziali maggiori decorate a bianchi girari sono ai ff. 1r, 3r, 16r, 33r. f. 1r: iniziale Q di Quemadmodum inter. Praefatio. Dall’iniziale si dipartono racemi che si congiungono con altri, a generare la cornice della pagina d’incipit. f. 3r: iniziale C di Cum bonorum. Incipit del Liber I. f. 16r: iniziale V di Verum quoniam. Incipit del Liber II. f. 33r: iniziale Q di Quod vero. Incipit del Liber III Nella pagina d’incipit si dispone lungo un listello aureo il fregio decorato a bianchi girari che, nel margine inferiore, accoglie lo stemma di Domenico Capranica: d’oro a tre cipressi sradicati di verde intrecciati nei tronchi da una gomena di bianco in una cornice polilobata e affiancato da due putti. L’ornato della pagina d’incipit denuncia scarsa attenzione d’esecuzione. Le terminazioni a ventaglio dei racemi sono realizzate in maniera rapida e poco accurata, il pigmento del fondo è steso non tenendo sempre conto dell’andamento sinuoso dei fiori. I putti sono tracciati molto velocemente, appaiono piuttosto tozzi nella fisionomia e piatti nella volumetria, in particolar modo quello di destra, le capigliature sembrano disporsi disordinatamente sulle teste. I colori si mostrano liquidi, poco compatti, ma quest’impressione potrebbe derivare del precario stato di conservazione di parte della decorazione. La tipologia decorativa e figurativa ricalca quella toscana per la tavolozza pittorica impiegata, per le forme a ventaglio delle corolle, per l’inserimento di uccelli e di putti nell’ornato. Le collane in corallo appaiono poi un esplicito riferimento a Gioacchino de’ Gigantibus. Deliziosi i due uccellini che arricchiscono l’ornato dei ff. 3r e 16r. Questi elementi fanno supporre che il codice sia opera di un artista di cultura figurativa centroitaliana, al quale era noto il nuovo linguaggio giunto attraverso gli artefici chiamati alla corte pontificia, alla metà del secolo, per volere di papa Niccolò V prima, poi di Pio II. Pessimo è lo stato di conservazione. Il codice è mancante di una porzione del margine superiore e laterale che ha interessato, in numerosi fogli, il testo rendendolo illeggibile. Il cattivo stato è aggravato dalla pergamena che appare aggrinzita, ingiallita e macchiata mentre i pigmenti della pagina d’incipit risultano in parte stinti e la foglia d’oro perduta lungo i margini superiore e laterale. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Sul dorso, la cui parte superiore risulta mancante, si legge: ANIMA / LATIN(O) / A(RISTOTELIS) / L(IBER) RET(ORUM); in basso C(ODEX) M(EMBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. Impresso a secco: B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FIR(MANI).

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Il codice fu commissionato dal cardinale Capranica, come testimoniano la presenza del suo emblema e l’iscrizione, in larga parte perduta, che lo ricorda nella pagina d’incipit: (Car)dinalem Firmanum Georgii (sic)(…) traductione libri Aristotelis de anima praefatio incipit. Ciò che oggi risulta ancora leggibile è stato integrato con la lettura riportata nell’inventario della Bibliotheca Rossianae. Il 1458, anno di morte del cardinale Domenico Capranica, committente dell’opera, può essere considerato il termine ante quem per la realizzazione del codice. Non si hanno più notizie del codice sino all’acquisizione da parte di de Rossi. Sul margine inferiore stemma del cardinale Capranica d’oro a tre cipressi sradicati di verde, ordinati in fascia intrecciati nei tronchi da una gomena di rosso, con l’ancora dello stesso legata e attraversante in base al tronco di mezzo. Sormontato da galero cardinalizio. (Bibl. Rossianae, IV, 154r) TIEZTE, Die illuminierten, 112 nr. 221.

NATALIA FALASCHI

Ross. 401 (olim IX, 91) LUCIUS ANNEUS SENECA, Consolatio ad Marciam (ff. 1r-25r); Consolatio ad Helviam (ff. 25r-44r). MARCUS TULLIUS CICERO, Paradoxa (ff. 44r-54v) Firenze, XV sec., metà Membr. (pergamena piuttosto sottile, giallastra, lavorata in modo non uniforme); ff. V (cart.), 54, V’ (cart., tranne l’ultimo in cartoncino grigio-azzurro come la controguardia). Il codice misura mm 217×140 (misure prese a f. 1). Foliazione contemporanea, meccanica, a cifre arabiche in basso a destra sul recto di tutti i fogli e moderna a matita in cifre arabiche a numerare i fascicoli sul recto dei fogli 1, 10, 20, 30, 40, 50, 54. Presenti richiami a fine fascicolo, sistemati a destra del margine inferiore del foglio, perpendicolarmente al testo. Testo vergato da una sola mano in corsiva umanistica di modulo piccolo in inchiostro bruno e rosso per i titoli, disposto in una sola colonna di 28 linee, entro uno specchio di scrittura di mm 150×82, rigato verticalmente e orizzontalmente alla mina di piombo. In italiano.

Ross. 401, f. 1r

Il codice contiene volgarizzamenti delle Consolationes senecane Ad Marciam e Ad Helviam matrem, nonché dei Paradoxa Stoichorum di Cicerone. Per ciò che concerne le

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ROSS. 399-401

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opere senecane, il Ross. 401 fa parte di un gruppo di 4 manoscritti, assieme al ms. Pal. 76. 61 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, al ms. 117 della Biblioteca Casanatense di Roma e al ms. Urb. lat. 1142 (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana), che dimostrano una discreta diffusione dell’opera (NICOLINI, Scheda nr. 92, 284; per il testo volgarizzato cfr. Volgarizzamento inedito, in cui l’autore ha editato l’Urb. lat. 1142). L’apparato decorativo del codice consiste in 1 iniziale maggiore all’incipit della prima opera, 2 iniziali minori (mm 17×17) ai ff. 25r e 44r, a introdurre gli altri due testi, e, da f. 45r, quindi solo all’interno del terzo testo, piccole iniziali de penna in blu a introdurre i sei capitoli di cui si compone. Le iniziali de pennello sono ai ff. 1r, 25r, 44r. f. 1r: iniziale S di Si non sapessi (mm 30×30), all’incipit del volgarizzamento della Consolatio ad Marciam, in oro a bianchi girari sottili e regolari, mossi dai boccioli di fiori, a lacunari verdi e rosa su fondo blu con puntini a gruppi di tre; da questa si diparte un fregio, sempre a bianchi girari, impreziosito alle estremità da globi raggiati, che si estende parzialmente sul margine esterno. Lo stesso tipo di decorazione incornicia nel bas-de-page una ghirlanda di alloro entro cui si doveva inserire uno stemma, mai realizzato. Le lettere dei ff. 25r, la G di Già spesse volte, all’inizio del volgarizzamento della Consolatio ad Helviam, e 44r, la S di Spesse volte o Bruto, all’inizio del volgarizzamento dei Paradoxa di Cicerone, sono entrambe in oro su quadrante bipartito in rosa e blu con filettature di biacca. La decorazione del manoscritto, piuttosto scarna, è assai comune nella produzione fiorentina di pieno Umanesimo (se ne vedano esempi datati ad annum in I Manoscritti datati, 47 nr. 4 e passim). Lo stato di conservazione del codice è mediocre. Le parti miniate mostrano consistenti cadute di pigmenti e di foglia oro. La pergamena, che presenta alcune lisières (f. 40), appare annerita e macchiata. Legatura Rossi A in buono stato di conservazione. Sul dorso si legge, in alto, SENECA(E) / CONSOL(ATIONES) / CICERO(NIS) / PARADO(XA) / VOLGAR(E), in basso, COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV. (Bibl. Rossianae, IV, 157r) TIETZE, Die illuminierten, 108 nr. 210; BUONOCORE, Per un iter, 34, 76; NICOLINI, Scheda nr. 92, 284.

GRAZIA MARIA FACHECHI

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

Ross. 403 (olim IX, 93) IOHANNES MARCHESINUS, Mammotrectus expositione et correctione Bibliae et legende sanctorum Italia settentrionale (Padova), sec. XIV1 Membr.; ff. VI, 210, VI’ (fogli di guardia cart.; il I e il VI’ in cartoncino azzurro come le controguardie). Foliazione di età antica, vergata a inchiostro bruno, in cifre arabe, posta nell’angolo superiore destro di ogni recto; richiami posizionati nel margine inferiore, racchiusi in una cornice e visibili sul verso, alla fine di ogni fascicolo, a iniziare da f. 24. Il codice misura mm 218×151. Scrittura gotica vergata con inchiostro bruno e rosso, questo utilizzato per indicare l’incipit, i titoli correnti, i paragrafi e la loro numerazione progressiva (i paragrafi sono numerati progressivamente a volte in cifre romane rubricate, altre volte in numeri arabi a inchiostro bruno, altre volte non lo sono affatto). I fogli 131v e 132r-v, quest’ultimo è anche rigato, sono bianchi. SpecRoss. 403, f. 1r chio scrittorio di mm 145×100 su due colonne di 39 linee (spazio intercolonnare mm 10). Rigatura a secco. Visibili, in numerosi fogli, le indicazioni, non rifilate, per il rubricatore.

La decorazione del manoscritto è composta da 1 iniziale maggiore abitata (mm 50×11) da cui si diparte un prolungamento marginale che termina nel margine inferiore; iniziali calligrafiche dipinte a pennello di colore rosso filigranate in blu alternate ad azzurre filigranate in rosso; segni di paragrafo realizzati a pennello nei colori rosso e blu alternati. f. 1r: iniziale I di Impatie(n)s p(ro)p(ri)e i(m)p(er)itie. Iniziale abitata raffigurante un dotto ammantato in una lunga veste di colore rosso e rosa antico con copricapo rosso. Dall’iniziale si diparte un prolungamento marginale con ornato fogliaceo realizzato nei colori azzurro cupo, rosa antico e arancio in cui le nervature delle foglie sono rilevate da un tratto di colore di un tono più scuro e i contorni da una filigranatura a biacca. Il codice, come ricordato dall’incisione a secco presente sul dorso, proviene dalla biblioteca del cardinale Domenico Capranica. Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 119) lo attribuisce a un artista italiano, probabilmente di ambiente senese. Sembrerebbero emergere tuttavia maggiori consonanze con la cultura figurativa patavina del primo Trecento. Si noti a tale proposito il tratto leggero che definisce la fisionomia umana; la tipologia delle foglie che si qualificano per

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ROSS. 403-404

la loro carnosità che tende ad assottigliarsi in tratti di penna e a concludersi in piccoli riccioli, per le nervature precisate attraverso l’impiego di un tono di colore più scuro e per i profili sottolineati da una sottile linea di biacca; l’uso di una tavolozza cromatica che predilige i toni spenti dell’azzurro cupo e del rosa antico vivacizzati con l’arancio. Forti analogie appaiono con gli esemplari del ‘primo stile’ bolognese (tra i quali si intende inserire il Ross. 255) in cui la decorazione appare caratterizzata dal tratto rapido e veloce che tende ad allungarsi nelle terminazioni vegetali in maniera quasi filigranata (CONTI, La miniatura 26). Si vuole qui proporre un confronto interessante per le evidenti consonanze cromatiche (la tavolozza appare la medesima), iconografiche (lo stesso fregio con foglie di acanto e nodi), compositive (la decorazione della pagina si snoda lungo lo specchio scrittorio): si tratta dell’Ars medica di Galeno (Cesena, Biblioteca Malatestiana, ms. D. XXV. 1) il cui primitivo proprietario fu Giovanni di Marco da Rimini, medico personale di Malatesta Novello, signore di Cesena e fratello di Sigismondo Pandolfo. Il codice è assegnato a un maestro bolognese o bolognesizzante, ma, contestualmente, si è avanzata l’ipotesi che possa essere un’opera patavina, acquistata da Giovanni di Marco nella stessa città universitaria dove, con probabilità, compì i suoi studi (MARIANI CANOVA, Scheda nr. 16, 82). Note sono le presenze artistiche bolognesi negli scriptoria di Padova (PAGNIN, Della miniatura padovana, 18; PAGNIN, La littera bononiensis, 1649-1651). Mediocre appare lo stato di conservazione. Il lato pelo della pergamena risulta ingiallito. Attacco di tarli da registrare in numerosi fogli iniziali. Perduta la planarità dei fogli. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Il dorso è solidale al supporto solamente nella parte superiore. Su questo, in alto si legge: MAMOTRECTU(S) / EXPOSITIONES / ET / CORRECTION(ES) / BIBLIAE / ET / LEGENDIS / SANCTORUM; in basso COD(EX) MEM(BRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV / E(X) B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) / FIRM(ANI). (SILVA TAROUCA, III, 3r-v; Bibl. Rossianae, IV, 159r-v) TIETZE, Die illuminierten, 81 nr. 119.

NATALIA FALASCHI

Ross. 404 (olim IX, 94) IOHANNES MARCHESINUS, Mammotrectus super Bibliam et legendas sanctorum Italia settentrionale (Bologna), sec. XIII4 Membr.; ff. VI (I moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia, II-VI cart.), 137, VI’ (I’-V’ cart., VI’ moderno, in cartoncino azzurro come la controguardia). Foliazione in numeri arabi, antica e progressiva, vergata con inchiostro bruno sull’angolo superiore destro

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

di ogni recto; richiami posizionati, all’interno di una cornice, nel margine inferiore del verso, spostati verso destra. Il codice misura mm 215×155. Il testo, vergato da una sola mano in scrittura gotica, si dispone su due colonne (il cui numero di linee varia tra le 37, a f. 26r, e le 40, a f. 33r), in uno specchio scrittorio di mm 154×100 (spazio intercolonnare mm 10). È scritto con inchiostro bruno, rialzato costantemente in rosso, e rosso per indicare i titoli correnti e i paragrafi. Rigatura a secco.

Ross. 404, f. 1r

L’apparato decorativo è costituito da 1 iniziale maggiore decorata con motivi fitomorfi e prolungamento marginale (mm 90); iniziali calligrafiche nei colori blu e rosso, dipinte a pennello, alternate e filigranate a inchiostro rosso e viola; segni di paragrafo di colore rosso realizzati a pennello; paragrafi numerati progressivamente; visibili, in numerosi fogli, fori di guida; annotazioni di età posteriore a f. 137r-v.

f. 1r: iniziale I di Impatiens proprie imperitie (mm 18×16). Iniziale decorata a motivi fitomorfi da cui si diparte un prolungamento marginale. Incipit liber qui dicitur Mamotrectus. Come testimonia l’iscrizione incisa sul dorso anche questo codice proviene dalla biblioteca del cardinale Capranica. L’iniziale maggiore costituisce l’unico esempio miniato dell’intero codice. È realizzata nei colori dell’azzurro, azzurro cupo, azzurro polvere, rosa antico, arancio, biacca e oro steso a pennello. Dal campo si diparte un prolungamento marginale costituito da nodi e foglie. Quest’ultime si caratterizzano per la loro carnosità, per le nervature realizzate in una cromia più scura mentre i profili, a volte, risultano evidenziati con l’impiego di biacca. L’attribuzione a un determinato ambito appare difficoltosa, poiché si basa su un repertorio decorativo piuttosto limitato. Su base comparativa, sia testuale che ornamentale, è possibile istituire un forte legame tra il codice qui esaminato e il Ross. 403, cui si rimanda. Così alla presenza dei medesimi contenuti si affianca un unico progetto artistico costituito da una decorazione fitomorfa arricchita da nodi ed eseguita con la medesima tavolozza cromatica. Sulla base di tali considerazioni sembra possibile assegnare la produzione a un artista bolognese. Lo stato di conservazione appare mediocre. La pergamena si mostra macchiata e ingiallita; strappi, di cui due risarciti in antico, ai ff. 41, 42, 43.

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ROSS. 404-406

Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione. Il dorso si presenta lacerato lungo i margini superiori. Sul dorso, in alto, si legge: MAMOTREC(TUS) / DE BIBLIA / ET / LEG(ENDIS) SANCT(ORUM); in basso COD(EX) ME(MBRANACEUS) / SAEC(ULI) / XIV / B(IBLIOTHECA) C(ARDINALIS) FIRM(ANI). (SILVA TAROUCA, III, 4r-v; Bibl. Rossianae, IV, 160r) NATALIA FALASCHI

Ross. 406 (olim IX, 96) PLATINUS PLATUS, Epistulae (ff. 1r-46r); Orationes (ff. 46v-57v); Disticha (f. 58r-v) Italia centrale (Firenze, Urbino), sec. XV4 Membr.; ff. I, 58. Foliazione moderna, meccanica e progressiva, in numeri arabi, visibile nell’angolo inferiore destro di ogni recto; sull’ultimo foglio è affiancata da segnatura moderna, a lapis, che indica la numerazione, con cifra araba, posta nell’angolo superiore destro. Richiami posizionati sul verso, alla fine di ogni fascicolo, nel margine inferiore, spostati verso destra. Il codice misura mm 217×148. Due mani vergano il testo in scrittura umanistica antiqua tonda con inchiostro bruno e rosso, quest’ultimo impiegato per la dedica e i titoli dei diversi paragrafi: la prima scrive da f. 1r a f. 57v, la seconda il f. 58. Lo specchio di scrittura misura mm 133×85 (spazio intercolonnare mm 4), consta di 22 linee ed è delimitato da 4 righe verticali e ospita, a linee alterne, iniziali maiuscole di modulo leggermente maggiore. Rigatura a secco, sempre visibili i fori guida lungo i margini laterali.

La decorazione del manoscritto è costituita da 2 iniziali maggiori (media mm 27×26) decorate a bianchi girari con prolungamenti marginali, su fondo campito nei colori azzurro, verde, porpora e giallo, punteggiati in oro in polvere, mentre il corpo della lettera si presenta in foglia d’oro; iniziali calligrafiche blu e rosse alternate e filigranate a inchiostro rosso. f. 1r: iniziale T di Tanta me fides. Iniziale decorata a bianchi girari. Incipit epistularum. f. 46v: iniziale D di Dimissurus eram signata. Iniziale decorata a bianchi girari. Incipit orationum. Il codice raccoglie la trascrizione di lettere scritte tra il 1472 e il 1475, epi-

Ross. 406, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

grammi e distici che, spesse volte, fanno geograficamente riferimento all’odierna regione delle Marche. L’apparato decorativo del codice si limita alle due iniziali maggiori che presentano la tipologia dei bianchi girari in cui il margine appare caratterizzato da un contorno frastagliato, quasi a voler ricordare una merlettatura. Grande evidenza è data all’intreccio che si mostra particolarmente elaborato, con racemi che si intersecano e avvitano su loro stessi terminando in foglie dal contorno sagomato e dalla tipologia a conoide, messa in evidenza dal profilo merlato del campo e del prolungamento marginale. Inoltre l’ornato è enfatizzato dall’aspetto cromatico che risulta perfettamente equilibrato nell’alternanza del verde e del porpora. L’aspetto stilistico sembra una rielaborazione di stilemi fiorentini in cui le foglie carnose si assottigliano, scompaiono i globi dorati, la scelta cromatica abbandona il rosa antico per sostituirlo con il tono più deciso del porpora. La decorazione del codice è certamente assegnabile alla cultura figurativa dell’Italia centrale; nella tipologia dei bianchi girari si può ravvisare infatti l’idioma artistico fiorentino se pure rielaborato secondo un linguaggio decorativo proprio. Un’iscrizione, visibile sulla controguardia riferisce al 1502 la data ante quem. Lo stato di conservazione appare buono. Legatura, restaurata nel 1965, in buono stato di conservazione, in carta marmorizzata color arancio con dorso e angoli ricoperti da pelle marrone. Il dorso appare mutilo di una parte, presenta una decorazione floreale e dell’iscrizione già presente rimane soltanto la data 1502. Lo stemma de Rossi è visibile sulla controguardia. Il codice fu realizzato per Ottaviano Ubaldini, personaggio di spicco della corte urbinate, saggio consigliere di Federico da Montefeltro e ordinatore della vita di corte; a lui Martino Filetico dedica le Iocundissimae disputationes (FILETICO, Iocundissimae disputationes). Annotazioni, rubricate dallo stesso copista, recitano all’inizio delle epistole e degli epigrammi: Illustri et beneficentissimo domino suo / domino Octaviano Ubaldino Platinus Plat(us) S. D. (f. 1r) e Ad illustrem et perbenignum dominum dominum Octavianum Ubaldinum Platini Plati Metensis (?) epygrammata (f. 46v). Due note di possesso, leggibili sulla controguardia e vergate a inchiostro, ricordano forse successivi proprietari: /// Marcus Filippus sit nobis propitius / 1502 e Ludovi(c)a de Oddis, codex. (SILVA TAROUCA, III, 10r-18r; Bibl. Rossianae, IV, 162r) TIETZE, Die illuminierten, 139 nr. 308.

NATALIA FALASCHI

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ROSS. 407

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Ross. 407 (olim IX, 97) Sonetto di dedica a Borso d’Este (f. 1r); Proemio dell’epistola (ff. 1v-8r); Argomento dell’epistola (ff. 8v-9v); Sonetto al libro (f. 10r); Titolo (f. 10v); ARISTEA, Ad Philocratem epistula (ff. 11r-94v); Tavola del contenuto (ff. 95r-100r) Firenze, sec. XV3, post 1467-1468-ante 1471 Membr.; ff. VI (cart.), 100, VI’ (cart.); foliazione antica (1-100) in cifre romane rubricata in alto a destra; mm 230×140 (f. 1r); specchio scrittorio mm 135×65 (f. 20r), di 19 linee (nelle parti in prosa). Richiami verticali in basso a destra, esternamente allo specchio di scrittura, assenti alla fine del fascicolo VIII. Rigatura a secco eseguita dal lato pelo. Scrittura umanistica corsiva di mano unica, vergata a inchiostro bruno molto chiaro, attribuita (CAROTI, ZAMPONI, Scrittorio, 111) a un copista dello scrittorio di Bartolomeo Fonzio, autore della traduzione dell’Epistola (vd. infra), ma molto probabilmente autografa del Fonzio (così già DE LA MARE, New Research, 437, 488; Ross. 407, f. 1r originale dell’opera per VACCARI, Lettera, 316). In effetti sia il tratto che la morfologia delle lettere presentano evidenti analogie strutturali con la scrittura del Fonzio (cfr. ad es. l’autografo Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. 39. 36, in CAROTI, ZAMPONI, Scrittorio, tav. XXVI). Note marginali rubricate di rimando al testo e numerose glosse di commento, vergate sempre dalla stessa mano. Bianco il f. 100v.

Il codice contiene il volgarizzamento latino dell’Epistula ad Philocratem eseguito da Bartolomeo Fonzio (Firenze 1446-Montemurlo 1513) (inc. Avendo tu / sempre ó / Philocrate qualunque / cosa desiderato cognoscere; expl. accioche per la / consideratione delle chose / pre¸stantissime: intra noi una / contesa bellissima damor nasca), preceduta al f. 1r da un Sonetto di dedica a Borso d’Este (inc. Il gran signor che luniverso intóna; expl. ma lanimo et lardor chen te saccende). La traduzione del Fonzio non è la seconda dopo quella realizzata da Iacopo d’Angelo posteriormente al 1394 (così PELLETIER, Lettre, 43), bensì la terza, dopo quella di Mattia Palmieri, pubblicata nel 1467 e che servì al Fonzio come punto di riferimento per la sua (VACCARI, Lettera, 320). L’apparato decorativo è costituito da 1 pagina d’incipit, da 3 iniziali maggiori e da altre iniziali decorate collocate in alcune delle partizioni maggiori del testo. Sono in capitali rubricate, o in capitali alternativamente in rosso e bruno, tutti i titoli (in capitali dorate quello del f. 1r); rubricati anche i titoli delle partizioni minori del testo. f. 1r: ricca bordura a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosa) profilata in blu a puntini bianchi e ulteriomente arricchita da dischetti dorati e cigliati, che si estende su tre lati, a sinistra, in alto e in basso, e che pre-

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senta inoltre diversi uccelli variopinti. Il lato sinistro ingloba l’iniziale I di Il gran signor (corrispondente a 4 linee di testo), realizzata in oro, sostenuta con le braccia da un putto girato di spalle. Nel bas-de-page clipeo laureato sorretto da due putti, in cui è inserito lo stemma di Borso d’Este (inquartato, nel I e nel IV d’oro all’aquila nera bicipite; nel II e nel III d’azzurro a tre gigli d’oro con le bordure cuneate di rosso e d’oro). f. 1v: iniziale A di Avendo io (mm 45×32), in foglia d’oro su fregio a bianchi girari su fondo blu, verde e rosa, con prolungamento dei tralci verso l’alto e verso il basso. f. 11r: iniziale A di Avendo tu (mm 40×40), realizzata in lamina d’oro su campo quadrato con decorazione a bianchi girari, simile a quella del f. 1v, ma senza prolungamento dei tralci. Iniziali in oro su fondo bi-tricromatico (verde/rosa o verde/blu/rosa) con delicati arabeschi in biacca si trovano all’inizio di alcune delle partizioni maggiori del testo. La decorazione, come pure l’intero manufatto, sono stati eseguiti a Firenze (così già TIETZE, Die illuminierten, 118). Per la sua tipologia l’ornamentazione presenta caratteri di similarità con alcuni prodotti provenienti dalla bottega di Francesco di Antonio del Chierico, del quale sono in effetti noti i rapporti con la corte ferrarese, e in particolare proprio con Borso d’Este, per il quale il celebre miniatore realizzò alcune delle sue opere minori (cfr. Miniatura fiorentina, 138 ss.). Il codice fu allestito per il principe Borso d’Este (m. 1471) da Bartolomeo Fonzio, il quale aveva tradotto l’Epistola in onore del principe negli anni 1467/1468 poco prima della sua partenza da Firenze alla volta della corte estense (ZACCARIA, s.v. Della Fonte, 808). Stato di conservazione complessivamente buono: il danno più grave è costituito dal distacco completo dei ff. 9-10; i ff. 94-100 presentano una lacerazione sul margine superiore. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, danni da uso (frammento di dorso mancante in alto; pelle sfiorata); sul dorso si legge in alto (in oro): ARISTEA / D(E) INTERPR(ETIBUS) / TRAD(UCTA) / DA B(ARTHOLOMEO) FONT(IO) / A BORSO / D’ESTE; in basso, parimenti in oro: COD(ICE) MEMB(RANACEO) / DEL / S(ECOLO) XV. (Bibl. Rossianae, IV, 163r-164r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; VACCARI, Lettera, 316-319; TRINKAUS, Image, 131; KRISTELLER, Iter II, 470; CAROTI, ZAMPONI, Scrittorio, 111; RESTA, Andronico, 1097; DE LA MARE, New Research, 437, 488; BUONOCORE, Bibliografia, 660; CERESA, Bibliografia 1998, 381.

MARIA AMBROSETTI

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ROSS. 411

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Ross. 411 (olim IX, 101) DECIMUS IUNIUS IUVENALIS, Satirae (I-XIII) Firenze, sec. XV, metà (f. 60v) explicit: Has patitur penas peccandi saeva voluntas (v. 208 della XIII satira) Membr. (pergamena chiara e sottile, sempre distinguibile il lato pelo dal lato carne); ff. V (cart., I incollato su carta azzurra che lo salda alla coperta), 60, V’ (cart., l’ultimo incollato su carta azzurra lucida che lo salda alla coperta). Doppia numerazione moderna: la prima meccanica in basso a destra su tutti i fogli, la seconda in alto a destra a matita conta i fascicoli, tutti quinterni, tranne il II (un quaterno, ff. 11-18) e l’ultimo (un sesterno, ff. 49-60). Il codice misura mm 221×142. Scrittura umanistica su una sola colonna (specchio scrittorio mm 145×94) di 26 linee. Inchiostro bruno, rigatura a secco quasi impercettibile. La prima lettera di ogni linea di testo è in maiuscola capiRoss. 411, f. 1r tale. Numerosissime notazioni marginali d’altre mani in corsivo (in latino e in greco), maniculae ai ff. 10v, 15v, 19v, 26v, 47v, 49v, 50r. Richiami in orizzontale in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio di ogni fascicolo. Sono assenti titoli, numerazione dei libri e delle satire.

Nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio una mano coeva, forse la stessa che verga l’intero codice, riporta Nam scelus. L’apparato decorativo è limitato alla sola pagina d’incipit (f. 1r) dove sono presenti 1 iniziale decorata a bianchi girari e 1 stemma abraso nel lato inferiore; alcune iniziali sovramodulate (alte costantemente due linee di scrittura) in blu ai ff. 7v, 13v, 30v, 40v, 43v, 50v, 54v, all’incipit delle satire successive alla prima. f. 1r: iniziale S di Semper ego auditor (mm 31,5×24,5), all’incipit della I satira del I libro. La lettera ha corpo in foglia d’oro su fondo rosa antico e verde, è incorniciata in blu e decorata a bianchi girari. La foglia d’oro deperdita in alcuni punti lascia scoperta la preparazione in bolo armeno. In basso uno stemma laureato (sottili nastri rossi e piccoli decori a penna ornano la corona d’alloro) poggia su fondo in foglia d’oro quasi totalmente caduta. Abraso, non è visibile neanche alla lettura con luce ultravioletta. Iniziali sovramodulate: f. 7v: iniziale Q di Quamvis digressu veteris, all’incipit della III satira. f. 13v: iniziale E di Ecce iterum Crispinus, all’incipit della IV satira. f. 30v: iniziale E di Est spes, all’incipit della VII satira.

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

f. 40v: iniziale S di Scire velim quare, all’incipit della IX satira. f. 43v: iniziale O di Omnibus in terris, all’incipit della X satira. f. 50v: iniziale A di Atticus eximie si cenat, all’incipit della XI satira. f. 54v: iniziale N di Natali corvine die mihi, all’incipit della XII satira. A f. 57r è rimasto vuoto lo spazio riservato ad accogliere la E di Exemplo quodcumque, all’incipit della XIII satira. Il codice è assegnato da Tietze (TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244) alla Firenze di metà sec. XV. L’ipotesi, ribadita dalla Pellegrin (Manuscrits classiques latins, 435), trova conferma qualora si confronti l’esemplare con altri ricondotti con certezza all’ambiente fiorentino di metà ’400. È evidente che si tratta di un codice molto letto. Lo denunciano la consunzione dei fogli, gli annerimenti e l’assottigliamento della pergamena dovuti alla manipolazione. Una macchia scura dal f. 1 va degradando fino a scomparire a f. 14. Qualche foratura di tarli, specie nella parte iniziale e terminale del codice. Legatura Rossi A (pelle marrone-rossiccia, decori in oro e a secco). Sul dorso in oro si legge: in alto IUVENAL(IS) / SATIRE, in basso COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. (SILVA TAROUCA, III, 25r; Bibl. Rossianae, IV, 169r) TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; Manuscrits classiques latins, 435.

MICHELA TORQUATI

Ross. 412 (olim IX, 102; gr. 19) ARISTOTELES, Magna Moralia Sec. XV, metà Membr. (pergamena occidentale, probabilmente lavorata in ambito italiano, di ottima qualità, colore ocra chiaro, sottile e levigata omogeneamente: molto liscia sul lato carne e mediamente porosa sul lato pelo, esente da difetti di lavorazione); ff. VI (ff. I-VI cart., probabilmente del sec. XIX; il I in cartoncino grigio-blu, solidale con la controguardia), 88, VI’ (ff. I’-VI’ cart., probabilmente del XIX secolo; f. VI’ in cartoncino grigio-blu solidale con la controguardia). Foliazione meccanica con numeri arabi a inchiostro nero, collocata nell’angolo inferiore esterno del recto di ciascun foglio; manuale, coincidente con quella meccanica, con numeri arabi a matita, collocata per lo più di dieci in dieci nell’angolo superiore esterno del recto ai ff. 1, 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80 e ai ff. 43, 77 e 88. Richiami di fascicolo posti centralmente, ma tendenti a spostarsi progressivamente verso l’interno, nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo. Il codice misura mm 201×122. La scrittura è una minuscola corsiva di piccolo formato, vergata a inchiostro bruno e caratterizzata da spiccato polimorfismo e oscillazioni di ductus. L’aspetto omogeneo della pagina scritta è dato dall’uniformità degli spazi che separano le lettere e le singole parole ed è reso

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ROSS. 411-412

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ancora più evidente dall’incompletezza dell’apparato decorativo calligrafico: infatti, a esclusione di f. 1v, nel resto del codice gli a capo a inizio di paragrafo sono privi delle iniziali rubricate. Specchio di scrittura (mm 122×70) a 1 colonna di 20 linee su righe realizzate a secco creando uno schema che ricorda il tipo speciale D 33D1d, ma privo dei marginali superiori (SAUTEL, LEROY, Répertoire, 239); bianchi i ff. 78-88. I tagli sono marmorizzati con inchiostro blu scuro.

L’apparato decorativo è composto da: 1 iniziale decorata (mm 23×19); 1 cornice floreale (mm 185×123) e 1 fascia calligrafica (mm 10×115). f. 1r: iniziale E di ™peidh\ , all’incipit dei Magna Moralia. Il corpo dell’iniziale è dorato a foglia e inscritto entro cornice rettangolare a tre colori: blu con gruppi di puntini bianchi per il fondo della lettera; rosso-bruno e Ross. 412, f. 1r verde a campire rispettivamente la metà sinistra e destra della cornice decorata con sottili tratti di pennello che, dai quattro vertici del rettangolo, creano un motivo vegetale a rabeschi. Fascia calligrafica rossa di mano del copista, costituita dal triplice intreccio di un nastro chiuso alle estremità da due nodi e terminante con foglie appuntite di profilo, piccole foglie cuoriformi e palmette trilobate. La fascia è tracciata con l’inchiostro rosso chiaro usato nel titolo e nelle invocazioni al margine esterno dei ff. 1r, 57r e 58v. Attorno allo specchio scrittorio si snoda la cornice floreale terminante in basso con un motivo circolare purtroppo poco leggibile perché raschiato e sommariamente dilavato, come testimonia la macchia di colore rosso che ha intriso le pergamene fino a f. 3v. Mercati lo identificò nello stemma semplice di Niccolò Perotti (1429-1480): una scala a pioli dorata rivolta verso sinistra con un leone argentato rampante entro scudo rosso chiuso da una corona d’alloro (MERCATI, Per la cronologia, 130). Nel fregio si snodano foglie carnose rosse e verdi da cui nascono boccioli rossi, viola e gigli color indaco realizzati a pennello, come le figure del pavone e dell’uccello variopinto che si nutre dal calice di un fiore e dei due putti, a quattro e sei ali, posti ai lati dello stemma. Una ricca decorazione a penna rossa e blu completa il corredo ornamentale formando delle sottili fronde impreziosite da piccoli globi a foglia d’oro. La medesima struttura compositiva caratterizza il fregio floreale a f. 8r del ms. Vat. lat. 6848 che incornicia l’incipit del Marziale, codice autografo del Pe-

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

rotti datato al 1471-1472 (MARUCCHI, Codici di Niccolò Perotti, 110). Oltre alle sinuose foglie bicrome è possibile riconoscere i medesimi boccioli rossi e gigli blu del manoscritto greco, nonché la vivace filigranatura e la mestica rossa a preparazione della foglia d’oro. L’affinità compositiva permette di ipotizzare che i due codici siano stati decorati nella stessa bottega di ambito italiano benché nel Marziale sia riconoscibile una mano meno accurata ed elegante, cui si devono gli elementi floreali più pesanti e le fattezze dell’amorino arrampicato lungo il fregio lontane dai tratti più dolci dei volti dei due putti dell’Aristotele. F. 1r, 'Aristot≤louj ºqikîn nikomace…wn meg£lwn, titolo rubricato con lettere maiuscole su due linee di scrittura; il corpo delle lettere occupa lo spazio di un’interlinea; f. 1r (= „hsoà Ωgoà) invocazione di mano del copista, collocata tra una coppia di tre puntini nella parte superiore della pagina, al di sopra del fregio; f. 88r, XXV aprilis 1514 Egidius dedit nota di donazione a inchiostro bruno nel margine superiore della pagina. Lo stato di conservazione del codice appare buono nel complesso, la pergamena ha conservato la sua elasticità e l’inchiostro è ancora ben leggibile. La legatura in marocchino bruno rossiccio, del tipo Rossi A, è danneggiata a causa del completo distacco del piatto anteriore dal dorso. Il dorso è riquadrato da una sottile cornice dorata: in alto corre l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su tre linee ARISTOTEL(IS) / ETHICOR(UM) / GRAEC(E), al centro è impresso un rombo a incorniciare un motivo vegetale stilizzato mentre in basso si legge l’iscrizione in lettere maiuscole d’oro su quattro linee COD(EX) / MEMB(RANACEUS) / SAEC(ULI) / XV. L’apparato decorativo e il ductus della scrittura permettono di circoscrivere la realizzazione del codice intorno alla metà del XV secolo. Il primo costituisce un utile termine ante quem poiché alla base dell’iniziale decorata è raffigurato lo stemma araldico della famiglia Perotti privo dell’aquila imperiale, assegnata solo a partire dal 1460 (MARUCCHI, Codici di Niccolò Perotti, 102). Inoltre la fascia calligrafica, coerente con l’inchiostro rosso del testo e con i più classici sistemi di decorazione dei codici greci insieme al ricco fregio floreale che ne sovrasta le estremità, consente di ipotizzare che la prima abbia fatto parte della mise-en-page originale mentre il fregio sia stato aggiunto in un momento successivo alla vergatura, a siglare la proprietà del Perotti. La vicenda storica del codice riprende dal 1514 quando, secondo la nota a f. 88v, il codice venne donato da Egidius, riconosciuto da Mercati nel teologo Egidio da Viterbo, alla biblioteca conventuale di Sant’Agostino, in seguito confluita nella Biblioteca Angelica. Lo stesso studioso confermò la presenza del manoscritto nella biblioteca romana già nei primi decenni del XVIII secolo, come documentato dall’indice Rassignieri, riconoscendolo nell’Aristotelis Ethica graece e, benché il Ross. 412 sia attualmente privo della legatura originale, è stato ricondotto al gruppo di codici scomparsi dalla biblioteca agostiniana nel triennio 1833-1836, in seguito giunti

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ROSS. 412-413

nella collezione del cavaliere Giovanni Francesco de Rossi (MERCATI, Per la cronologia, 130). VORST, Verzeichnis, 538; GOLLOB, Die griechische Literatur III, 67-68; MERCATI, Per la cronologia, 130; WHITTAKER, Greek Manuscripts, 213, 214, 237; MARUCCHI, Codici di Niccolò Perotti, 110, 121; D’AIUTO, Per lo studio, 245, n. 11.

VAN DE

MANUELA MENCHERINI

Ross. 413 (olim IX, 103) PUBLIUS OVIDIUS NASO, Fastorum libri I-VI (ff. 1r-96r); Anthologia Latina 761a Riese (f. 96r); PUBLIUS OVIDIUS NASO, Ibis (ff. 99r-111r) Italia centrale (Roma?), sec. XV, metà Membr.; ff. V (cart.), 115, V’ (cart.); foliazione moderna meccanica (1-155) in cifre arabe apposta in basso a destra; alcuni fogli presentano una più antica foliazione a matita (1, 30, 95, 96, 111) apposta in alto a destra; mm 205×130 (f. 1r); specchio scrittorio mm 134×70 (f. 31r), 26 versi a pagina. Richiami verticali apposti in basso a destra sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo, esternamente allo specchio scrittorio. Rigatura a secco eseguita dal lato pelo, spesso ripassata a colore. Scrittura umanistica tonda elegante e regolare, di mano unica, vergata a inchiostro bruno, rosso per le rubriche. Al f. 96r il copista scrive questo motto in esametri: Qui scripsit scribat semper cum domino vivat / Vivat in celis semper cum domino fe¸lix (frequentemente attestato con diverse varianti e/o aggiunte: cfr. Colophons nr. 23198 ss.). Al f. 111r chiude con un Laus Deo Amen. Sporadiche glosse marginali posteriori, presenti solo nei primi fogli. Bianchi i ff. 96v-98v (dopo il libro VI dei Fasti); 111v-115v (dopo l’Ibis).

Il manoscritto contiene opere di Ovidio (Fasti, Ibis) con alcune alterazioni testuali nei Fasti (al libro IV lacune dei vv. 112-116 e 437-448; al libro V i vv. 17-40 sono ricopiati di nuovo dopo il v. 46; lacuna dei vv. 249-254) e nell’Ibis (per le quali cfr. LA PENNA, Publi Ovidi, CXXII) e un carme dell’Anthologia Latina. Il codice fa parte del gruppo di manoscritti della cosiddetta «recensione umanistica romana dell’Ibis» (LA PENNA, Publi Ovidi, CXXIII), che fa capo al ms. 36, 2 della Biblioteca Medicea Laurenziana, dal quale deriva l’editio princeps Romana dell’Ibis del 1471 (apud C. Sweynheim et A. Pannartz): cfr. LA PENNA, Publi Ovidi, CXXII. L’apparato decorativo è costituito da una pagina d’incipit con relativa iniziale, e

Ross. 413, f. 1r

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I MANOSCRITTI ROSSIANI, 1

da altre sette iniziali in foglia d’oro su fondo bicolore o monocromatico poste in due punti del libro I dei Fasti e all’inizio di ciascuno dei libri III-VI dei Fasti e all’inizio dell’Ibis. Al f. 1r ricca cornice a bianchi girari su fondo policromo in blu, rosso e verde, incorniciata in blu a puntini bianchi, che si diparte dall’iniziale T di Tempora cum causis (mm 20×17) in foglia d’oro. Il fregio presenta una vistosa perdita di colore nelle parti in verde, particolarmente evidente nei lati lunghi. Nel bas-depage corona d’alloro dorata nella quale è inserito uno stemma variamente deteriorato e non identificato (troncato, nel primo di rosso a un uccello [?] d’argento posato su un monte, nel secondo bandato d’oro e di verde di sei pezzi). Iniziali in lamina d’oro su fondo bicromatico rosso/verde si trovano ai ff. 1v (T di Tempora digereret, Fast. 1, 27) e 2r (I di Iane biceps, Fast. 1, 65); iniziali in foglia d’oro su fondo blu (rosso scuro quelli di f. 66r e di f. 99r) a sottili arabeschi in biacca si trovano poi all’inizio di ciascuno dei libri III-VI dei Fasti (B di Bellice depositis, f. 31v; A di Alma fave dixi, f. 48v; Q di Queritis unde putem, f. 66r; H di Hic quoque mensis, f. 80v) e all’inizio dell’Ibis (T di Tempus ad hoc lustris, f. 99r). I caratteri tipologici della decorazione riconducono il codice a un ambito di produzione sicuramente centroitaliano, forse romano (fiorentino secondo TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244 e, con dubbio, secondo BUONOCORE, Aetas, 156). Stato di conservazione complessivamente buono; il f. 2 presenta una mutilazione, segnalata anche in una nota di P. Vian apposta sulla controguardia anteriore e datata 16 gennaio 2006 («Mutilazione nel margine inferiore del f. 2 la mutilazione compare già nel microfilm dell’archivio fotografico, s.d., ma probabilmente eseguito negli anni Novanta del XX secolo»). Una meno grave mutilazione reca anche il f. 99 (sul lato lungo, in alto). Significativa perdita di colore per il fregio del f. 1r. Legatura Rossi A in discreto stato di conservazione, con lievi danni da uso sul dorso (pelle sfiorata) e alla cucitura; sul dorso si legge in alto (in oro): P(UBLI) OVID(I) / NASONIS / FASTORUM / LIBRI VI; in basso, parimenti in oro: COD(EX) / MEMBR(ANACEUS) / SAEC(ULI) XV. Taglio decorato. (Bibl. Rossianae, IV, 172r) GOLLOB, Die Bibliothek, 14; TIETZE, Die illuminierten, 118 nr. 244; ALTON, Wanderings, 384; LA PENNA, Publi Ovidi, CXXII ss.; CLIV; ALTON, WORMELL, COURTNEY, Catalogue, 58; Manuscrits classiques latins, 436; BUONOCORE, Bibliografia, 660; BUONOCORE, Aetas, 156; BUONOCORE, Codice, 106; BUONOCORE, Codici di Ovidio, 35, 48-49, 53.

MARIA AMBROSETTI

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