Canto generale
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Qui termina questo libro. Esso è nato dall'ira come una brace, come i territori di boschi incendiati, e io desidero che continui come un albero rosso a propagare il suo limpido incendio. Eppure non solo ira nei suoi rami trovasti: le sue radici dolore non soltanto cercarono ma forza, e forza io sono di pietra pensosa, allegria di mani insieme allacciate...

Così finisce questo libro, e qui lascio il mio Canto Generale scritto nella persecuzione, sotto le ali clandestine della patria cantando. Oggi 5 febbraio, in quest'anno 1949, qui in Cile, a «Godomar de Chena», alcuni mesi prima di compiere i quarantacinque anni di mia età.

Il Canto Generale è l’opera cen­ trale del poeta cileno Pablo Ne­ ruda (1904-1973), premio Nobel 1971 e figura-simbolo delle lotte del popolo del Cile e dell’Ameri­ ca Latina. Esempio straordinario ed eccen­ trico di poema epico moderno, il Canto Generale affonda le sue ra­ dici nel sogno d’identità del mon­ do latinoamericano e nella sua se­ te inappagata d’utopia e di buon govèrno. Esso nasce come un gri­ do di libertà in un 'epoca di diffi­ cili scelte (siamo negli anni Cin­ quanta, tra guerra fredda e tali nismo) e poggia su quattro fila stri d’alta poesia, tra i 15 ca iti o capitoli che lo compongono: (Al­ titudini di Macchu Picchu», co­ perta mirabile delle antiche e, rofonde tradizioni americane; «Il fuggitivo», canto della perse su­ zione e dell’esilio; «Il Grat de Oceano», viaggio barocco e gvngorino negli abissi marini, al co­ spetto delle grandi e misteriose statue dell’isola di Pasqua; e «Io sono», orgogliosa e commossa confessione autobiografica fina­ le. Mito e storia s’intrecciano qui a formare un lungo e appassiona­ to racconto: da quella che è stata chiamata «genesi americana» a un oggi ancora incerto e nebulo­ so di conflitti e di sofferenze.

Pablo Neruda nacque a Parral, in Cile, il 12 luglio 1904. Trascorse l’infanzia a Temuco, l’adolescen­ za e la giovinezza a Santiago. Fu console in Birmania, a Ceylon, in Batavia, a Singapore, a Barcello­ na e a Madrid dove, nell’ottobre del ’35, fondò e diresse la rivista «Caballo Verde para la Poesia». Nel ’41 rappresentò in Messico il proprio paese, tornò quindi in Ci­ le dove fu eletto senatore nel ’45. Costretto alla vita clandestina e all’esilio, visitò diversi paesi eu­ ropei, l’Unione Sovietica e la Cina. Nominato ambasciatore del Cile a Parigi, nel 1971 ottenne il pre­ mio Nobel per la letteratura. Morì a Santiago il 23 settembre 1973, pochi giorni dopo il colpo di sta­ to e la morte di Allende.

I LA LAMPARA EN LA TIERRA (La lampada nella terra)

Amor Antes de la feluca y la casata America fueron los riot, riot arteriale;: (1400) fiitron las cordilleras, en cuya onda raida el condor o la nieve parecian inmóviles: fue la humedad y la espesura, el trueno sin nombre todavia, las pampas planetarias.

El hombre tierra fue, vasija, parpado del barro trèmulo, forma de la ardila, fue cantaro caribe, piedra chibcha, copa imperial o silice araucana. Tierno y sangriento fue, pero en la empunadura de su arma de cristal humedecido, las iniciales de la tierra estaban escritas. Nadie pudo recordarias despuis: el viento las olvido', el idioma del agua fue enterrado, las claves se perdieron o se inundaron de silencio o sangre.

No se perdio' la vida, hermanos pastorales. Pero corno una rosa salvaje cayó una gota roja en la espesura, y se apago' una Idmpara de tierra.

Yo estoy aqui para contar la historia. Desde la pa\ del bufalo basta las aiptadas arenas de la tierra final, en las espumas

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atumuladas de la lu\ antàrtica, y por las madrigueras despenadas de la sombria pa\ venezolana, te busque', padre mio, joven guerrero de tiniebla y cobre, o tu, pianta nuptial, cabellera indomable, madre caimdn, metdlica paloma. Yo, intasilo del ligamo, toqui la piedra y dije: Quién me espirai Y apriti la mano sabre un punado de cristal vado. Pero anduve entre flores zapotetas y dulie era la lu\ tomo un venado, y era la sombra tomo un pdrpado verde.

Tierra mia sin nombre, sin Amérifa, estambre equinottial, lantfi de pùrpura, tu aroma me trepó por las raùes basta la topa que bebia, basta la mds delgada palabra aùn no natida de mi bota.

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ammassate della luce antartica, e tra le impervie tane della fosca pace venezolana, ti cercai, padre mio, giovane guerriero di tenebra e rame, o pianta nuziale, indomita criniera, madre caimano, metallica colomba. Io, della stirpe incaica della mota, toccai la pietra e dissi: Chi mi attende? E strinsi la mano su una manciata di vuoto cristallo. Tra i fiori di zapotechi m’inoltrai, e dolce era la luce come un daino, e Tombra come una palpebra verde.

Terra mia senza nome, senza America, stame equinoziale, lancia di porpora, il tuo aroma mi salì dalle radici fin nella coppa a cui bevevo, nella più esile parola non ancora dalla mia bocca spuntata.

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I Vtytacionts

A las tierras sin nombres y sin numeros bajaba el viento desde otros dominios, traia La lluvia hilos celestes, y el dios de los altares impregnados devolvia las flores y las vidas. En la fcrtilidad creda el tiempo.

El jacaranda elevaba espuma hecha de resplandores transmarinos, la araucaria de lanzas erizadas era la magnitud contra la nieve, el primordial àrbol caoba desde su copa destilaba sangre, y al Sur de los alerces, el àrbol trueno, el àrbol rojo, el àrbol de la espina, el àrbol madre, el ceibo bermellón, el àrbol caucho, eran volumen terrenal, sonido, eran territoriales existendas. Un nuevo aroma propagado llenaba, por los interstidos de la tierra, las respiradones convertidas en humo y fragancia: el tabaco silvestre alzaba su rosai de aire imaginario. Como una lanza terminada en fuego aparedó el maiz, y su estatura se desgranó y nadó de nuevo,

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I Vegetazioni Sulle terre senza numeri e nomi calava il vento da altre contrade, recava la pioggia fili celesti, e il dio degli inzuppati altari restituiva fiori ed esistenze.

Nella fertilità cresceva il tempo. Lo jacaranda issava una spuma formata di bagliori trasmarini, la araucaria dalle ispide lance era grandiosità contro la neve, l’albero primordiale del mògano dai primi rami distillava sangue, e nel sud dei làrici, l’albero tuono, l’albero rosso, l’albero della espina, l’albero madre, il ceibo vermiglio, l’albero caucciù, erano suono, volume terrestre, erano territoriali esistenze.

Un nuovo diffuso aroma riempiva, dagli interstizi della terra, le respirazioni tramutate in fumo e fragranza: il tabacco selvatico innalzava la sua rosa d’aria fantasiosa. Come una lancia con punta di fuoco apparve il granturco, e si sgranò, poi rinacque la sua figura,

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diseminó su harina, tuvo muertos bajo sus raices, y, luego, en su cuna, mirò crecer los dioses vegetales. Arruga y extensión, diseminaba la semiila del viento sobre las plumas de la cordillera, espesa luz de germen y pezones, aurora dcga amamantada por los ungùcntos terrenales de la implacable latitud lluviosa, de las cerradas noches manantiales, de las cisternas matutinas. Y aun en las llanuras corno laminas del pianeta, bajo un fresco pueblo de estrellas, rey de la hierba, el ombù detenia el aire libre, el vuelo rumoroso y montaba la pampa sujetandola con su ramai de riendas y raices.

América arboleda, zarza saivaj e entre los mares, de polo a polo balanceabas, tesoro verde, tu espesura.

Germinaba la noche en ciudades de cascaras sagradas, en sonoras maderas, extensas hojas que cubrian la piedra germinai, los nadmientos. Utero verde, americana sabana seminal, bodega espesa, una rama nadó corno una isla, una hoja fue forma de la espada, una fior fue relampago y medusa, un radmo redondeó su resumen, una raiz descendió a las tinieblas.

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disseminò la farina, ricoprì cadaveri con le radici, e, dopo, sulla sua cuna, vide sorgere gli dèi vegetali. Il seme del vento spargeva sulle piume della cordigliera rughe ed estensione, luce spessa di germogli e boccioli, aurora cieca allattata dai balsami terragni dell’implacabile ampiezza piovosa, dell’ermetiche notti originarie, delle mattutine cisterne. E, ancora, sulle pianure, come lamine del pianeta, sotto un recente popolo di stelle, l’ombù, re dell’erba, tratteneva l’aria libera, il volo rumoroso, e cavalcava la pampa, domandola con cavezza di redini e radici. America, albereto, rovo selvatico tra i mari, da un polo all’altro facevi oscillare, verde tesoro, la tua fìtta selva.

Germogliava la notte entro città dalle sacre cortecce, entro legni sonori, vaste foglie che coprivano la pietra germinale, i nascimenti. Utero verde, americana landa seminale, densa cantina, una rama è nata come un’isola, una foglia ha preso forma di spada, un fiore s’è fatto folgore e medusa, un grappolo ha raccolto il succo in sfera, una radice è calata nel buio.

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Era el crepusculo de la iguana. Desde la arcoirisada cresteria su lengua corno un dardo se hundia en la verdura, el hormiguero monacai pisaba con melodioso pie la selva, el guanaco fino corno el oxfgcno en las anchas alturas pardas iba calzando botas de oro, mientras la llama abria candidos ojos en la delicadeza del mundo lleno de rodo. Los monos trenzaban un hilo interminablemente eròtico en las riberas de la aurora, derribando muros de polcn y espantando el vuelo violeta de las mariposas de Muzo. Era la noche de los caimanes, la noche pura y pululante de hodcos saliendo del légamo, y de las dénagas sonolientas un ruido opaco de armaduras volvia al origen terrestre.

El jaguar tocaba las hojas con su ausenda fosforescente, el puma corre en el ramaje corno el fuego devorador mientras arden en él los ojos alcohólicos de la selva. Los tejones rascan los pies

II

Alcuni Era il crepuscolo della iguana. animali Dall'iridescente cresta merlata la sua lingua, come un dardo, s’immergeva nella verzura; il monacale formichiere calcava con melodioso piede la foresta; il guanaco sottile come ossigeno, nelle vaste alture brune, passava calzando stivali d’oro, mentre il lama apriva candidi occhi sulla delicatezza del mondo pieno di rugiada. Le scimmie intrecciavano un filo interminabilmente erotico fra le sponde dell’aurora, muri di polline abbattendo e turbando il volo violetto delle farfalle di Muzo. Era la notte dei caimani, la notte pura e pullulante di musi che sbucavano dal fango; e, dai pantani sonnolenti, un opaco rumore d’armature richiamava all’origine terrestre.

Il giaguaro toccava le foglie con la sua fosforescente assenza, il puma corre in mezzo ai rami come la fiamma che divora, mentre in lui bruciano gli occhi alcolici della foresta. I tassi frugano i piedi

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del rio, husmean el nido cuya dclida palpitante atacaran con dientes rojos.

Y en el fondo del agua magna, corno el circulo de la tierra, està la gigante anaconda cubierta de barros rituales, devoradora y religiosa.

Ill Vientn los pàjaros

Todo era vuelo en nuestra tierra. Como gotas de sangre y plumas los cardenales desangraban el amanecer de Anahuac. El tucàn era una adorable caja de frutas bamizadas, el colibrì guardò las chispas originales del relampago y sus minusculas hogueras ardian en el aire inmóvil.

Los ilustres loros llenaban la profundidad del follaje corno lingotes de oro verde redén salidos de la pasta de los pantanos sumergidos, y de sus ojos circulates miraba una argolla amarilla, vieja corno los minerales. Todas las àguilas del delo nutrian su estirpe sangrienta en el azul inhabitado, y sobre las plumas camivoras volaba end ma del mundo

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del fiume, e annusando il nido la cui palpitante delizia attaccheranno con i rossi denti. E sul fondo dell’acqua immensa, come il circolo della terra, sta la gigantesca anaconda avvolta di melme rituali, divoratrice e religiosa.

in Arrivano Tutto era volo sulla nostra terra. gli uccelli Come gocce di sangue e penne i cardinali dissanguavano la prima aurora di Anàhuac. Il tucan era una splendida cesta di frutta verniciata, il colibrì serbò le faville originali del baleno ed i suoi minuscoli falò nell’aria immobile ardevano. Riempivano gli illustri pappagalli la profondità del fogliame come lingotti d’oro verde da poco qsciti dall’impasto delle paludi inabissate, e dai loro occhi rotondi occhieggiava un anello giallo, antico come i minerali. Tutte le aquile del cielo nutrivano la loro razza cruenta là nell’azzurro inabitato, e, sulle penne carnivore, volava al di sopra del mondo

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! el còndor, rey asesino, fraile solitario del delo, talisman negro de la nieve, huracin de la cetreria.

La ingenieria del homero hada del barro fragante pequenos teatros sonoros donde apareda cantando. El atajacaminos iba dando su grito humededdo a la orilla de los cenotes. La torcaza araucana hada isperos nidos matorrales donde dejaba el real regalo de sus huevos empavonados. La loica del Sur, fragante, dulce carpintera de otono, mostraba su pecho estrellado de consteladón escarlata, y el austral chingolo elevaba su flauta redén recogida de la etemidad del agua. Mas, humedo corno ua nenufar, el flamenco abria sus puertas de sonrosada catedral, y volaba corno la aurora, lejos del bosque bochomoso donde cuelga la pedreria del quetzal, que de pronto despierta, se mueve, resbala y fulgura y hace volar su brasa virgen.

Vuela una montana marina hada las islas, una luna de aves que van hada el Sur,

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il condor, monarca assassino, frate solitario del cielo, nero talismano della neve, uragano della falconeria. L’ingegneria dell’hornero faceva del fango fragrante piccoli teatri sonori e là compariva cantando. L’atajacaminos lanciava il suo verso inumidito sull’orlo delle cisterne. La palomba araucana aspri nidi di sterpi costruiva e vi lasciava il regale dono delle sue uova dai riflessi azzurri.

Fragrante, la loica del Sud, dolce carpentiere d’autunno, mostrava il suo petto stellato di costellazioni scarlatte, e il chingolo australe innalzava il suo flauto da poco estratto dalla eternità dell’acqua.

Ma, umido come una ninfea, il flamenco apriva le porte della sua rosea cattedrale, e volava come l’aurora, lungi dal bosco soffocante ove penzolano i gioielli del quetzal, che d’un tratto si sveglia, si muove, scivola e folgora e fa volare la sua intatta brace. Vola una montagna marina verso le isole, e una luna d’uccelli tutti diretti al Sud,

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sobre las islas fermentadas del Peni. Es un rio vivo de sombra, es un cometa de pequenos corazones innumerables que oscurecen el sol del mondo corno un astro de cola espesa palpitando bacia el archipiélago. Y en el final del iracundo mar, en la Duvia del oceano, surgen las alas del albatros corno dos sistemas de sai, establedendo en el sdendo, entre las rachas torrendales, con su espadosa jerarquia el orden de las soledades.

IV Los rios acudin

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Amada de los rios, combatida por agua azul y gotas transparentes, corno un àrbol de venas es tu espectro de diosa oscura que muerde manzanas: al despertar desnuda entonces, eras tatuada por los rios, y en la altura mojada tu cabeza llenaba el mundo con nuevos rodos. Te trepidaba el agua en la cintura. Eras de manantiales construida y te brillaban lagos en la frcnte. De tu espesura madre recogias el agua corno ligrimas vitales, y arrastrabas los cauces a la arena a través de la noche planetaria, cruzando àsperas piedras dilatadas,

sulle isole fermentate del Perù. È un fiume animato di ombre, è una cometa di piccoli e innumerevoli cuori che oscurano il sole del mondo come un astro di folta coda che palpiti verso l’arcipelago. E al finale dell’iracondo mare, nella pioggia dell’oceano, spuntano le ali dell’albatros come due sistemi di sale, che stabiliscono nel silenzio, tra le raffiche torrenziali, con la loro spaziosa gerarchia, l’ordine delle solitudini.

IV Accorrono Amata di tanti fiumi, contesa i fiumi da acqua azzurra e gocce trasparenti, pari a un albero di vene è il tuo spettro di oscura dea che addenta mele: allora nel destarti, nuda, tu eri tatuata dai fiumi, e sui monti bagnati la tua testa riempiva il mondo di nuove rugiade. Ti trepidava l’acqua alla cintura. Di sorgenti tu eri costruita e ti lucevano laghi sulla fronte. Dalla tua densità primaria coglievi l’acqua come le lacrime vitali, e alla spiaggia trascinavi gli alvei attraverso la notte planetaria, solcando aspre rocce dilatate,

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rompiendo en el camino toda la sal de la geologia, cortando bosques de compactos muros, apartando los musculos del cuarzo. Orinoco

A magona:

Ttqutndama

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Orinoco, déjame en tus margenes de aquella hora sin bora: déjame corno entonces ir desnudo, entrar en tus tinieblas bautismales. Orinoco de agua escarlata, déjame hundir las manos que regresan a tu maternidad, a tu transcurso, rio de razas, patria de raiccs, tu ancho rumor, tu Làmina salvaje viene de donde vengo, de las pobres y altivas soledades, de un secreto corno una sangre, de una silenciosa madre de arcilia.

Amazonas, capitai de las silabas del agua, padre patriarca, eres la eternidad secreta de las fecundaciones, te caen rios corno aves, te cubren los pistilos color de incendio, los grandes troncos muertos te puebian de perfume, la luna no te puede vigilar ni medirte. Eres cargado con esperma verde corno un àrbol nupcial, eres plateado por la primavera salvaje, eres enrojecido de maderas, azul entre la luna de las piedras, vestido de vapor ferruginoso, lento corno un camino de pianeta. Tequendama, recuerdas tu solitario paso en las alturas

travolgendo, nel cammino, tutto il sale della geologia, tagliando boschi dai muri compatti, e distaccando i muscoli del quarzo. Orinoco Orinoco, lasciami alle tue rive in quell’ora senz’ora: lasciami, come un tempo, andare nudo, entrare nel tuo buio battesimale. Lasciami, Orinoco d’acqua scarlatta, affondare le mani che tornano alla tua maternità, alla tua corsa, fiume di razze, patria di radici, il tuo ampio suono, la tua aspra lama viene da dove io stesso provengo, da povere e altère solitudini, da un segreto di sangue, da una madre silenziosa d’argilla.

Amazzoni Rio delle Amazzoni, capitale delle sillabe dell’acqua, padre patriarca, tu sei la segreta eternità delle fecondazioni, fiumi ti cadono addosso come uccelli, ti coprono pistilli color d’incendio, i grandi tronchi morti ti riempiono di profumo, la luna non ti può vegliare o misurare. Sei tutto carico di verde sperma come un albero nuziale, sei argentato dalla selvaggia primavera, sei tinto di rosso dai legni, azzurro tra la luna delle pietre, vestito di ferruginosi fumi, e lento come un giro di pianeta. Tequendama Rammenti, Tequendama, il tuo ermo deflusso fra le vette

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sin testimonio, hilo de soledades, voluntad delgada, linea celeste, flecha de platino, recuerdas paso y paso abriendo muros de oro hasta caci del cielo en el teatro aterrador de la piedra vada? Bio-Bio

Pero hablame, Bio-Bio, son tus palabras en mi boca las que resbalan, tu me diste d lenguaje, el canto noctumo mezdado con lluvia y follaje. Tu, sin que nadie mirara a un nino, me contaste el amanecer de la tierra, la poderosa paz de tu reino, el hacha enterrada con un ramo de flechas muertas, lo que las hojas del canclo en mil anos te relataron, y luego te vi entrcgarte al mar dividido en bocas y senos, ancho y florido, murmurando una historia color de sangre.

V Mintrales

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Madre de los metalcs, te quemaron, te mordieron, te martirizaron, te corroyeron, te pudrieron mas tarde, cuando los idolos ya no pudieron defcndcne. Lianas trepando hada el cabello de la noche selvatica, caobas formadoras del centro de las flechas, hierro agrupado en el desvan florido,

senza testimoni, filo delle solitudini, volontà sottile, linea celeste, freccia di platino; rammenti, passo a passo, quando aprivi muri d’oro per poi cader dal cielo nel teatro terrificante della vuota roccia?

Bio-Bio Ma su, parlami, Bio-Bio: sono le parole tue quelle che guizzano nella mia bocca, sei tu che m’hai dato il linguaggio, e m’hai dato il canto notturno misto di pioggia e di fogliame. Quando nessuno guardava quel bimbo, tu mi narrasti il sorgere del giorno dalla terra, la poderosa pace del tuo regno, l’ascia sepolta con un mazzo di frecce morte, ciò che le foglie di magnolia in mill’anni t’avevano narrato; vidi poi che ti consegnavi al mare diviso in bocche e insenature, largo e florido, mormorando una storia color di sangue.

V

Minerali Madre dei metalli, ti bruciarono, ti morsero, ti martirizzarono, ti corrosero, e quando gl'idoli più non poterono difenderti, allora ti fecero marcire. Liane che scalano la chioma della notte silvestre, mògani che dànno l’anima alle frecce, ferro ammassato nella soffitta fiorita,

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garra altanera de las conductoras àguilas de mi tierra, agua desconodda, sol malvado, ola de cruel espunta, tiburón acechante, dentadura de las cordilleras antàrticas, diosa serpiente vestida de plumas y enrarecida por azul veneno, fiebre ancestral inoculada por migraciones de alas y de hormigas, tembladerales, mariposas de aguijón àcido, maderas acercandose al minerai, por qué el coro de los hostiles no defendió el tesoro? Madre de las piedras oscuras que tenirian de sangre tus pestanas! La turquesa de sus etapas, del brillo larvario nacia apenas para las alhajas del sol sacerdotal, dormia el cobre en sus sulfuricas estratas, y el antimonio iba de capa en capa a la profundidad de nuestra estrelìa. La hulla brillaba de resplandores negros corno el total reverso de la nieve, negro hielo enquistado en la secreta tormenta inmóvil de la tierra, cuando un fulgor de pàjaro amarillo enterró las corrientes del azufre al pie de las gladales cordilleras. El vanadio se vestia de lluvia para entrar a la camara del oro, afìlaba cuchillos el tungsteno y el bismuto trenzaba medicinales cabelleras.

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austeri artigli delle aquile condottiere della mia terra, acqua ignorata, e sole perverso, onda di crudele spuma, pescecane in agguato, dentatura delle cordigliere antartiche, dea-serpente rivestita di piume e assottigliata da un veleno azzurro, febbre ancestrale inoculata da migrazioni d’ali e di formiche, acquitrini, farfalle dall’acre pungiglione, legni prossimi al minerale, perché il coro degli avversi non ha difeso il tesoro? Madre delle oscure pietre che tingerebbero di sangue le tue cigliai Il turchese dalle sue fasi, dal brillìo di larva nasceva appena per i gioielli del sole sacerdotale, dormiva il rame nei suoi giacimenti solfurici, e l’antimonio di strato in strato andava giù nel profondo della nostra stella. Il carbon fossile dava neri bagliori come l’inverso assoluto della neve, nero gelo incistato nell’immota e segreta tormenta della terra, quando uno splendore giallo d’uccello seppellì le correnti dello zolfo al piè delle glaciali cordigliere. Il vanadio si vestiva di pioggia per entrare nella stanza dell’oro, affilava coltelli il tungsteno, e il bismuto intrecciava chiome medicinali.

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Las ludérnagas equivocadas aun continuaban en la altura, solcando goteras de fòsforo en el surco de los abismos y en las cumbres ferruginosas.

Son las vinas del meteora, los subterràneos del zaflro. El soldadito en las tnesetas duerme con ropa de estano. El cobre establece sus crimenes en las tinieblas insepultas cargadas de materia verde, y en el silencio acumulado duermen las momias destructoras. En la dulzura chibcha el oro sale de opacos oratorios lentamente hada los guerreros, se conviene en rojos estambres, en corazones laminados, en fosforescenda terrestre, en dentadura fabulosa. Yo duermo entonces con el sueno de una semiila, de una larva, y las escalas de Querétaro bajo contigo. Me esperaron las piedras de luna indedsa, la joya pesquera del ópalo, el àrbol mueno en una iglesia helada por las amatistas. Còrno podias, Colombia orai, saber que tus piedras descalzas ocultaban una tormenta de oro iracundo, còrno, patria

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Le lucciole sbagliate continuavano la scalata ai monti, sprigionando gocce di fosforo sul solco degli abissi e sulle vette ferruginose. Sono le vigne della meteora, i sotterranei dello zaffiro. Sugli altipiani il piccolo soldato dorme avvolto in panni di stagno. Il rame fonda i suoi delitti nelle tenebre insepolte cariche di materia verde, e nel silenzio accumulato dormono le mummie devastatrici. Nella dolcezza chibcha, l’oro dagli oscurati tempietti lentamente viene fuori e va incontro ai guerrieri, si tramuta in rossi stami, in cuori laminati, in fosforescenza terrestre, in favolosa dentatura. Io dormo, allora, con il sonno di una semente, di una larva, e le scale di Queretaro con te discendo. Mi hanno atteso le pietre dell'indecisa luna, l’opale, gemma color di squame, l’albero morto di una chiesa agghiacciata dalle ametiste.

Come potevi, Colombia ciarliera, sapere che le tue pietre scalze nascondessero una bufera d’oro iracondo, come potevi, patria

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de la esmeralda, ibas a ver que la alhaja de muerte y mar, el fulgor en su escalofrio, «scalarla las gargantas de los dinastas invasores? Eras pura nodón de piedra, rosa educada por la sai, maligna lagrima enterrada, sirena de arterias dormidas, belladona, serpiente negra. (Mientras la palma dispersaba su columna en altas peinetas iba la sai destituyendo el «splendor de las montanas, convirtiendo en traje de cuarzo las gotas de lluvia en las hojas y transmutando los abetos en avenidas de carbón.)

Corri por los ddones al peligro y descend! a la luz de la esmeralda, ascend! al pompano de los rubies, pero calle para siempre en la estatua del nitrato extendido en el desierto. Vi còrno en la ceniza del huesoso altipiano levantaba el estano sus corales ramajes de veneno basta extender corno una selva la niebla equinocdal, basta cubrir el sello de nuestras cereales monarquias.

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dello smeraldo, scoprire che il giallo di morte e di mare, lo splendore nel suo brivido, avrebbe scalato le gole dei monarchi invasori?

Eri pura nozione di pietra, rosa allevata dal sale, perniciosa lacrima sepolta, sirena dalle arterie assopite, belladonna, nera serpe. (Mentre la palma diffondeva in alti pettini la sua colonna, gradualmente il sale licenziava lo splendore delle montagne: tramutava in vesti di quarzo le gocce di pioggia sulle foglie e trasformava gli abeti in lunghi viali di carbone.) Io corsi tra i cicloni incontro al rischio, e scesi alla luce dello smeraldo, risalii ai pampini del rubino, ma tacqui per sempre nella statua del nitrato disteso sul deserto. Vidi come nella cenere dell’ossuto altipiano lo stagno innalzava in coro i suoi larghi rami di veleno sino a spandere come una selva la nebbia equinoziale, e coprire l’orma delle nostre dinastie cereali.

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VI Loi bombrti

Como la copa de la ardila era la raza mineral, el hombre hecho de piedras y de atmósfera, limpio corno los cintaros, sonoro. La luna amasó a los caribes, extrajo oxigeno sagrado, machacó flores y raices. Anduvo el hombre de las islas tejiendo ramos y guirnaldas de polymitas azufradas, y soplando el tritón marino en la orlila de las espumas.

El tarahumara se vistió de aguijones y en la extension del Noroeste con sangre y pedemales creò el fuego, mientras el universo iba nadendo otri vez en la ardila del tarasco: los mitos de las tierras amorosas, la exuberanda humeda de donde lodo sexual y frutas derretidas iban a ser actitud de los dioses o pàlidas paredes de vasijas. Como faisanes dcslumbrantes descendian los sacerdotes de las escaleras aztecas. Los escalones triangulares sostenian el innumerable relampago de las vestiduras. Y la piràmide augusta, piedra y piedra, agonia y aire, en su estructura dominadora

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VI Gli Simile alla coppa dell’argilla uomini era la pazza minerale» l’uomo fatto di pietre e d’atmosfera, terso come una brocca, sonoro. La luna impastò gli indios Caribes, estrasse l’ossigeno sacro, stritolò fiori e radici. Cominciò l’uomo delle isole a intrecciare fronde e ghirlande di solferei polimiti, e a soffiare nel tritone marino lungo la riva delle spume.

Il Tarahumara si vestì di spini e nelle distese del Nord-Est, con sangue e pietre focaie, creò il fuoco, mentre l’universo stava nascendo di nuovo nella creta del Tarasco: i miti delle terre amorose, l’esuberanza umida in cui loto sessuale e frutta sfatte divenivano tratto degli dèi o pallide pareti d’anfora. Pari a fagiani sfavillanti discendevano i sacerdoti dagli scaloni aztechi. I gradini triangolari reggevano l’innumerevole brillìo degli ampi vestimenti. E la maestosa piramide, pietra su pietra, aria e agonia, nella sua struttura di dominio

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guardaba corno una almendra un corazón sacrifìcado. En un trueno corno un aullido caia la sangre por las escalinatas sagradas. Pero muchedumbres de pueblos tejian la fibra, guardaban el pervenir de las cosechas, trenzaban el fulgor de la piuma, convencian a la turquesa, y en enredaderas textiles expresaban la luz del mundo. Mayas, habiais derribado el arbol del conocimiento. Con olor de razas graneras se elevaban las estructuras del examen y de la muerte, y escrutabais en los cenotes, arrojandoles novias de oro, la permanencia de los gérmenes. Chichén, tus rumores crecian en el amanecer de la selva. Los trabajos iban hadendo la simetria del panai en tu dudadela amarilla, y el pensamiento amenazaba la sangre de los pedestales, desmontaba el deio en la sombra, conduda la medicina, cscribia sobre las piedras.

Era el Sur un asombro dorado. Las altas soledades de Macchu Picchu en la puerta del deio estaban llenas de aedtes y cantos, el hombre habia roto las moradas

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come una mandorla custodiva un cuore sacrificato. In un tuono, simile a un urlo, cadeva il sangue sulle sacre scalinate. Ma turbe di popoli la fibra tessevano, difendevano l’avvenire dei raccolti, intrecciavano il lustro delle penne, domavano il turchese, e, nelle lunghe fronde dei tessuti, esprimevano la luce del mondo.

Maya, voi avevate rovesciato l'albero della conoscenza. Con effluvio di razze frumentarie s’innalzavano le strutture dell’esame e della morte, e, gettandovi spose d’oro, scrutavate nelle cisterne la permanenza dei germi. Chichén, i tuoi rumori aumentavano nell’aurora della foresta. I lavori via via componevano la simmetria dell’alveare nella tua gialla cittadella, e il pensiero minacciava il sangue dei basamenti, rovesciava il cielo nell’ombra, orientava la medicina, e scriveva sopra le pietre. Il Sud era un dorato stupore. Le alte solitudini di Macchu Picchu alla soglia del cielo erano piene di oli e di canti, l’uomo aveva violato le dimore

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de grandes aves en la altura, y en el nuevo dominio entre las cumbres el Labrador tocaba la semilla con sus dedos heridos por la nieve. El Cuzco amanecia corno un trono de torreones y graneros y era la fior pensativa del mundo aquella raza de pàlida sombra en cuyas manos abiertas temblaban diademas de imperiales amatistas. Germinaba en las terrazas el maiz de las altas tierras y en los volcanicos senderos iban los vasos y los dioses. La agricuitura perfumaba el reino de las cocinas y extendia sobre los techos un manto de sol desgranado. (Dulce raza, hija de sierras, estirpe de torre y turquesa, dérrame los ojos ahora, antes de imos al mar de donde vienen los dolores.)

Aquella selva azul era una grata y en el misterio de àrbol y tiniebla el guarani cantaba corno el Rumo que sube en la tarde, el agua sobre los follajes, la lluvia en un dia de amor, la tristeza junto a los rios. En el fondo de América sin nombre estaba Arauco entre las aguas vertiginosas, apartado por todo el frio del pianeta.

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dei grandi uccelli sulle montagne, e nel nuovo regno, in mezzo alle vette, il contadino toccava i semi con le dita ferite dalla neve. Il Cuzco albeggiava come un trono di torrioni e di granai, e quella stirpe di pallida ombra era il fiore pensieroso del mondo, nelle cui mani aperte tremavano diademi d’imperiali ametiste. Germogliava sulle terrazze il granturco delle alte terre e per i sentieri vulcanici passavano i vasi e gli dèi. L’agricoltura profumava il regno delle cucine e distendeva sopra i tetti un manto di sole sgranato.

(Dolce razza, figlia dei monti, stirpe di torri e di turchese, chiudimi gli occhi in quest’istante, prima d’incamminarci al mare di dove vengono i dolori.) Quella foresta azzurra era una grotta, e nel mistero d’alberi e tenebre il Guarani cantava come il fumo che s’innalza di sera, come l’acqua sopra le frasche, la pioggia in un giorno d’amore, la tristezza sulle rive dei fiumi.

In fondo all? America senza nome stava Arauco in mezzo alle acque vertiginose, isolato da tutto il freddo del pianeta.

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Mirad el gran Sur solitario. No se ve humo en la altura. Sólo se ven los ventisqueros y el vendaval rechazado por las àsperas araucarias. No busques bajo el verde espeso el canto de la alfareria.

Todo es sdendo de agua y viento. Pero en las hojas mira el guerrero. Entre los alerces un grito. Unos ojos de tigre en medio de las alturas de la nieve. Mira las lanzas descansando. Escucha el susurro del aire atravesado por las flechas. Mira los pechos y las piemas y las cabellcras sombrias brillando a la luz de la luna.

Mira el vado de los guerreros. No hay nadic. Trina la diuca corno el agua en la noche pura. Cruza el còndor su vuelo negro.

No hay nadie. Escuchas? Es el paso del puma en el aire y las hojas. No hay nadie. Escucha. Escucha el àrbol, escucha el àrbol araucano.

No hay nadie. Mira las piedras. Mira las piedras de Arauco.

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Guardate il gran Sud solitario. Non si scorge fumo sui monti. Si vedono solo i ghiacciai e il vento di ponente respinto dalle scontrose araucarias. Non cercare sotto il fitto verde il canto dei vasai. Tutto è silenzio d’acqua e vento.

Ma tra le foglie ecco il guerriero. E tra i larici spunta un grido. E due occhi di tigre in mezzo alle montagne nevose.

Guarda le lance a riposo. Ascolta il sussurro dell’aria trafitta dalle frecce. Guarda i petti e le gambe, e le chiome nereggianti che brillano alla luce della luna. Guarda il vuoto dei guerrieri.

Non c’è nessuno. Trilla la diuca cóme l’acqua nella notte pura.

Intreccia il condor il suo nero volo.

Non c’è nessuno. Ascolti? E il passo del puma nell’aria e nelle foglie. Non c’è nessuno. Ascolta. Ascolta l’albero, ascolta l’albero araucano. Non c’è nessuno. Guarda le pietre. Guarda le pietre di Arauco.

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No hay nadie, sólo son los arboles.

Sólo son las piedras, Arauco.

Non c’è nessuno, solo gli alberi. Solo le pietre ci sono, Arauco.

n ALTURAS DE MACCHU PICCHU (Altitudini di Macchu Picchu)

I Del aire al aire, corno una red vada, iba yo entre las calles y la atmosfera, llegando y dcspidiendo, en el advenimiento del otono la moneda extendida de las hojas, y entre la primavera y las espigas, lo que el mas grande amor, corno dentro de un guante que cae, nos entrega corno una larga luna.

(Dias de fulgor vivo en la intemperie de los cuerpos: aceros convertidos al sdendo del addo: noches deshilachadas hasta la ultima harina: estambres agredidos de la patria nupdal.)

Alguien que me espcro entre los violines encontró un mundo corno una torre enterrada hundiendo su espirai mis abajo de todas las hojas de color de ronco azufre: mas abajo, en el oro de la geologia, corno una espada envuelta en meteoros, hundi la mano turbolenta y dulce en lo mis genital de lo terrestre. Puse la (rente entre las olas profundas, descendi corno gota entre la paz solforica, y, corno un dego, regresé al jazmin de la gastada primavera Humana.

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I

Dall’aria all’aria, come una vuota rete, io andavo fra le strade e l’atmosfera, e venivo e salutavo, nell’avvento dell’autunno, le monete sparse delle foglie, e fra la primavera e le spighe, ciò che il più grande amore, come in un guanto che cade, ci affida come una lunga luna. (Giornate di splendore vivo nell’intemperie dei corpi: acciai tramutati nel silenzio dell’acido: notti sfilacciate sino all’ultima farina: stami aggrediti della patria nuziale.) Chi mi ha atteso in mezzo ai violini ha scoperto un mondo come una torre sepolta che immergeva la sua spirale più profondamente di tutte le foglie color di cupo zolfo: e ancora più in profondo, nell’oro della geologia, come una spada circondata di meteore, ho affondato la mano dolce e turbolenta in ciò che di più genitale ha la terra.

Ho posato la fronte sui gorghi profondi, sono sceso come goccia nella pace solfurea, è, come un cieco, sono tornato al gelsomino della consunta primavera umana.

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II

Si la flor a la flor entrega el alto germen y la roca mantiene su flor diseminada en su golpeado traje de diamante y arena, cl hombre arruga el petalo de la luz que recoge en los determi nados manantiales marinos y taladra el metal palpitante en sus manos. Y pronto, entre la ropa y el humo, sobre la mesa hundida, corno una barajada cantidad, queda el alma: cuarzo y desvelo, ligrimas en el oceano corno cstanques de fido: pero aun màtala y agonfzala con papel y con odio, sumérgda en la alfombra cotidiana, desgirrala entre las vestiduras hostiles del alambre. No: por los corredores, aire, mar o caminos, quién guarda sin punal (corno las encamadas amapolas) su sangre? La còlerà ha extenuado la triste mercanda del vendedor de seres, y, mientras en la altura del drudo, el rodo desde mil anos deja su carta transparente sobre la misma rama que lo espera, oh corazón, oh frente triturada entre las cavidades del otono:

Cudntas veces en las calles de invicmo de una dudad o en un autobus o un barco en el crepusculo, o en la soledad mas espesa, la de la noche de fiesta, bajo el sonido de sombras y campanas, en la misma grata del piacer humano, me quise detener a buscar la eterna veta insondable que antes toqué en la piedra o en el relimpago que el beso desprendia. (Lo que en cl cereal corno una historia amarilla de pequenos pechos prenados va repitiendo un numero

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II Se il fiore al fiore affida l’alto germe e se la roccia conserva il fiore sparso sulla percossa veste di diamante e di sabbia, l’uomo increspa il petalo della luce raccolto nelle riconosciute sorgenti marine e trafora il metallo che gli palpita nelle mani. E subito, tra i panni e il fumo, sulla tavola sommersa, come una quantità ingarbugliata, l’anima rimane: quarzo e insonnia, lacrime nell’oceano come stagni di freddo: ma tu uccìdila pure, lisciala ancora agonizzare con la carta e con l’odio, sommèrgila nel tappeto di tutti i giorni, straziala tra le ostili vesti del filo di ferro.

No: chi, nei corridoi, nell’aria, nel mare o nelle strade, preserva il proprio sangue (come il papavero incarnato) senza pugnale? L’ira ha consumato la triste merce del venditore d’esseri umani, e, frattanto, sulla cima del susino, la rugiada da mille anni posa il suo messaggio trasparente sopra lo stesso ramo che l’attende, oh cuore, oh fronte triturata, fra le cavità dell’autunno: Quante volte nelle vie d’inverno di una città, o in autobus, o in una nave al crepuscolo, o nella solitudine più densa — quella della sera di festa — sotto il suono d’ombre e di campane, nella stessa grotta del piacere umano, mi son voluto fermare a cercare l’eterna vena insondabile che già avevo toccato nella pietra o nel lampo sprigionato dal bacio!

(E questo nel cereale, come una storia gialla di piccoli seni ricolmi, ripete via via un numero

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que sin cesar es ternura en las capas germinates, y que, idèntica siempre, se desgrana en marfìl y lo que en el agua es patria transparente, campana desde la nieve aislada tasta las olas sangrientas.) No pude asir sino un radmo de rostros o de mascaras predpitadas, corno anillos de oro vado, corno ropas dispersas hijas de un otono rabioso que Riderà temblar el miserable àrbol de las razas asustadas. No tuve sitio donde descansar la mano y que, coniente' corno agua de manantial encadenado, o firme corno grumo de antradta o cristal, hubiera devuelto el calor o el frio de mi mano extendida. Qué era el hombre? En qué parte de su conversadón abietta entre los almacenes y los silbidos, en cidi de sus movimientos m etilicos vivia lo indestructible, lo imperecedero, la vida?

Ili

El sbr corno el maiz se desgranaba en el inacabable granerò de los hechos perdidos, de los acontedmientos miserables, del uno al siete, al odio, y no una muerte, sino muchas muertcs llegaba a cada uno: cada dia una muerte pequena, polvo, gusano, lampara que se apaga en el lodo del suburbio, una pequena muerte de alas gruesas entrata en cada hombre corno una corta lanza y era el hombre asediado del pan o del cuchillo, el ganadero: el hijo de los puertos, o el capitan oscuro del arado, o cl roedor de las calles espcsas: todos desfallederon esperando su muerte, su corta muerte diaria: y su quebranto adago de cada dia era corno una copa negra que bebian temblando.

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che di continuo è tenerezza negli strati germinali, e che, identica sempre, si sgrana in avorio, e questo nell’acqua è patria trasparente, campana, dalla neve solitaria fino alle onde sanguigne.)

Non ho potuto cogliere che un grappolo di volti o di maschere precipitate, come anelli d’oro vuoto, come vesti disperse, figlie d’un autunno rabbioso, che facesse tremare l’infelice albero delle genti spaurite.

Non ho trovato un posto dove posare la mano, e che, animato come acqua di fonte incatenata, o fisso come grumo d’antracite o cristallo, m’avesse ridato il calore o il freddo della mia mano distesa. Che cos’era l’uomo? In che parte del suo discorso aperto, tra i negozi e i fischi, in quale dei suoi moti metallici, viveva l’indistruttibile, l’immortale, la vita?

m L’essere, come il granturco, si sgranava nell’interminabile granaio dei fatti perduti, degli accadimenti meschini, dall’uno al sette, all’otto, e non una, ma molte morti giungevano a ciascuno: ogni giorno una piccola morte, polvere, verme, lampada che si spegne nel fango del sobborgo, una piccola morte dalle rozze ali entrava in ogni uomo come una corta lancia c assediato era l’uomo dal pane o dal coltello, il pastore, il figlio dei porti, o il capitano ignoto dell’aratro, o il roditore delle fitte strade: tutti deperirono aspettando la morte, la loro breve morte [quotidiana: e la loro accanita tribolazione d’ogni giorno era come una nera coppa ch’essi bevevano tremando.

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IV

La poderosa muerte me invitò muchas veces: era corno la sal invisible en las olas, y lo que su invisible sabor diseminaba era corno mitades de hundimientos y altura o vastas construcdones de viento y ventisqueró. Yo al fèrreo filo vine, a la angostura del aire, a la mortaia de agricoltura y piedra, al estelar vado de los pasos finales y a la vertiginosa canetera espirai: pero, ancho mar, oh mueneI, de ola en ola no vienes, sino corno un galope de daridad nocturna o corno los totales numeros de la noche. N unca llegaste a hurgar en el bolsillo, no era posible tu visita sin vestimenta roja: sin auroral alfombra de cercado sdendo: sin altos enterrados patrimonies de lagrimas.

No pude amar en cada scr un àrbol con su pequeno otono a cuestas (la muene de md hojas) todas las falsas muenes y las resunecdones sin tierra, sin abismo: quise nadar en las màs anchas vidas, en las màs sueltas desembocaduras, y citando poco a poco el hombre fue negàndome y fue cenando paso y puena para que no tocaran mis manos manantiales su inexistenda herida, entonces fui por cade y calle y rio y rio, y dudad y dudad y cama y cama, y atravesó el desierto mi màscara salobre, y en las ultimas casas humilladas, sin làmpara, sin fuego, sin pan, sin piedra, sin sdendo, solo, rode muriendo de mi propia muene.

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IV La potentissima morte m’invitò più volte: era come il sale invisibile delle onde, e ciò che il suo invisibile sapore spargeva era come frammenti di precipizi e di altezze o vaste costruzioni di vento e di bufera. Io giunsi al ferreo taglio, alla più angusta zona dell’aria, al sudario d’agricoltura e pietra, al vuoto stellare degli estremi passi e alla vertiginosa strada a spirale: ma, vasto mare, oh morte!, tu non vieni di onda in onda, tu vieni come un galoppo di chiarore notturno o come gli assoluti numeri della notte.

Non sei mai riuscita a frugarti nella tasca, non era possibile la tua visita senza rosse vesti: senza il tappeto aurorale e di chiuso silenzio: senza gli alti o sepolti patrimoni di pianto.

Non ho potuto amare in ogni essere un albero col suo breve autunno sulle spalle (la morte di mille foglie), tutte le fìnte morti e le resurrezioni senza terra, senza abisso: ho voluto nuotare nelle più larghe esistenze, nelle più libere foci, e quando, a poco a poco, l’uomo cominciò a negarmi e a chiudermi passo e porta perché non toccassero le mie mani originarie la sua ferita inesistenza, allora di strada in strada andai, di fiume in fiume, di città in città, e di letto in letto, e la mia maschera salmastra attraversò il deserto, e nelle ultime case umiliate, senza lampada, senza fuoco, senza pane, senza pietra, senza silenzio, solo, vagai, morendo di mia stessa morte.

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V

No eras tu, muerte grave, ave de plumas férreas, la que el pobre heredero de las habitadones llevaba entre alimentos apresurados, bajo la piel vada: era algo, un pobre pètalo de cuerda exterminada : un àtomo del pecho que no vino al combate o el àspero rodo que no cayó en la frente. Era lo que no pudo renacer, un pedazo de la pequena muerte sin paz ni territorio: un hueso, una campana que morian en él. Yo levante las vendas del yodo, hundi las manos en los pobres dolores que mataban la muerte, y no encontré en la herida sino una racha fria que entraba por los vagos intersddos del alma.

VI

Entoncbs en la escala de la tierra he subido entre la atroz marana de las selvas perdidas hasta ti, Macchu Picchu. Alta dudad de piedras escalates, por fin morada del que lo terrestre no escondió en las dormidas vestiduras. En ti, corno dos lineas paralelas, la cuna del relampago y del hombre se medan en un viento de espinas. Madre de piedra, espunta de los cóndores. Alto arredfe de la aurora humana. Pala perdida en la primera arena.

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V

Non eri tu, grave morte, uccello dalle penne di ferro, quella che il povero erede delle abitazioni recava tra i cibi affrettati, sotto la pelle vuota: era qualcos’altro, un misero petalo di corda distrutta: un atomo del petto che non venne alla battaglia o l’aspra rugiada che non cadde sulla fronte. Era quello che non potè rinascere, un brano della piccola morte senza pace e senza terra: un osso e una campana che in lui stesso perivano. Io sollevai le bende dello jodio, affondai le mani nei poveri dolori che uccidevano la morte, e trovai nella ferita solo una fredda raffica che penetrava nei vaghi interstizi dell’anima.

VI Allora per la scala della terra sono salito, fra gli atroci meandri delle selve sperdute, sino a te, Macchu Picchu. Alta città di pietre a scalinata, dimora degli esseri che il terrestre non potè celare nelle vesti assonnate. In te, come due linee parallele, la culla del lampo e quella dell’uomo si dondolavano a un vento di rovi.

Madre di pietra, spuma dei condor. Alta scogliera dell’aurora umana.

Pala sperduta nella prima spiaggia.

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Ésta fue la mora da, éste es el sitio: aqui los anchos granos del maiz ascendieron y bajaron de nuovo corno granizo rojo.

Aqui la hebra dorada salió de la vicuna a vestir los amores, los tumulos, las madres, el rey, las oraciones, los guerreros. Aqui los pies del hombre descansaron de noche junto a los pies del Aguila, en las altas guaridas camiceras, y en la aurora pisaron con los pies del trueno la niebla enraredda, y tocaron las tierras y las piedras basta reconocerlas en la noche o la muerte.

Miro las vestiduras y las manos, el vestigio del agua en la oquedad sonora, la pared suavizada por el tacto de un rostro que mirò con mis ojos las lamparas terrestres, que aceitó con mis manos las desapareddas maderas: porque todo, ropaje, pici, vasijas, palabras, vino, panes, se fue, cayó a la tierra. Y el aire entrò con dedos de azahar sobre todos los dormidos: mil anos de aire, meses, semanas de aire, de viento azul, de cordillera ferrea, que fueron corno suaves huracanes de pasos lustrando el solitario recinto de la piedra.

VII

Mubrtos de un solo abismo, sombras de una hondonada, la profunda, es asi corno al tamano de vuestra magnitud

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Questa fu la dimora, questo è il luogo: qui salirono i grossi chicchi del granturco e ridiscesero come grandine rossa. Qui la fibra dorata spillò dalla vigogna a vestire gli amori, i sepolcri, le madri, il re, le orazioni, i combattenti. Qui i piedi dell’uomo riposarono la notte accanto ai piedi dell’aquila, nelle alte tane carnivore, e, all’alba, pestarono coi piedi del tuono la nebbia rarefatta, e toccarono le terre e le pietre per poi riconoscerle di notte o nella morte.

Io contemplo i vestimenti e le mani, le tracce dell’acqua nella cavità sonora, la parete addolcita al contatto d’un volto che guardò coi miei occhi le lampade terrene, che unse con le mie mani gli scomparsi legni: perché tutto, vesti, pelli, vasi, parole, vino, pani, tutto scomparve e ritornò alla terra. E l’aria calò con dita di zàgara su tutti i dormienti: mille anni d’aria, mesi, settimane d’aria, di vento azzurro e di ferrigna cordigliera, trascorsi come teneri uragani di passi a levigare il remoto recinto della pietra.

VII Morti d’un solo abisso, ombre d’una sola fossa, quella profonda: quasi alla misura della vostra grandezza

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vino la verdadera, la mis abrasadora muerte y desde las rocas taladradas, desde los capiteles escarlata, desde los acueductos escalates os desplomasteis corno en un otono en una sola muerte. Hoy el aire vado ya no Ilota, ya no conoce vuestros pies de ardila, ya olvidó vuestros cintaros que filtraban el deio cuando lo derramaban los cuchillos del rayo, y el arbol poderoso fue comido por la niebla, y cortado por la racha.

É1 sostuvo una mano que cayó de repente desde la altura hasta el final del riempo. Ya no sois, manos de arana, débiles hebras, tela enmaranada: cuanto fuisteis cayó: costumbres, sflabas rafdas, mascaras de luz deslumbradora. Pero una permanenda de piedra y de palabra: la dudad corno un vaso se levante en las manos de todos, vivos, muertos, callados, sostenidos de tanta muerte, un muro, de tanta vida un golpe de pctalos de piedra: la rosa permanente, la morada: este arredfe andino de colonias gladales. Cuando la mano de color de ardila se convirrió en ardila, y cuando los pequenos parpados se cerraron Uenos de asperos muros, poblados de castillos, y cuando todo el hombre se enredó en su agujero, quedó la exactitud enarbolada: el alto sitio de la aurora fiumana: la mas alta vasija que contuvo el sdendo: una vida de piedra después de tantas vidas.

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sopraggiunse la vera, la più accesa morte e giù dalle rupi traforate, dai capitelli scarlatti, dagli acquedotti a scale vi gettaste a precipizio come in un autunno, in una sola morte. Oggi gii l’aria vuota più non piange, più non conosce i vostri piedi d’argilla, più non ricorda le vostre brocche che filtravano il cielo quando era versato dai coltelli del fulmine, e l’albero superbo fu ingoiato dalla nebbia, e infranto dalla raffica. Essa sostenne una mano che cadde d’un tratto dalle vette all’estremo limite del tempo. Voi più non esistete, mani di ragno, deboli fibre, intricata tela; tutto ciò che foste è caduto: sillabe consunte, abitudini, maschere di luce abbagliante.

Ma rimase una presenza di pietra e parola: la cittì come un vaso s’innalzò tra le mani di tutti, vivi, morti, silenziosi, sorretti da tanta morte, un muro, da tanta vita, un colpo di petali di pietra: la rosa permanente, la dimora: questa scogliera andina di glaciali regioni. Quando la mano, colore d’argilla, si mutò in argilla, e quando le piccole palpebre si chiusero piene d’irti muri, affollate di castelli, e quando tutto l’uomo si avvolse nel suo buco, rimase l’esattezza inalberata: l'alto rifugio dell’aurora umana: il più alto vaso che contenesse il silenzio: una vita di pietra dopo tante altre vite.

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Vili

Subb conmigo, amor americano. Besa conmigo las piedras secretas. La piata torrential del Urubamba hace volar el polen a su copa amarilla. Vuela el vaco de la enredadera, la pianta pétrea, la guimalda dura sobre el sdendo del cajón serrano. Ven, minuscola vida, entre las alas de la tierra, micntras —cristal y frio, aire golpeado apartando esmeraldas combatidas, oh agua salvaje, bajas de la nieve.

Amor, amor, basta la noche abrupta, desde el sonoro pedemal andino, bacia la aurora de rodillas rojas, contempla el hijo dego de la nieve. Oh, Wilkamayu de sonoros hilos, cuando rompes tus truenos lineales en bianca espunta, corno herida nieve, cuando tu vendaval acantilado canta y castiga despertando al delo, qué idioma tracs a la oreja apenas desarraigada de tu espunta andina?

Quién apresó el relampago del frio y lo dejó en la altura encadenado, repartido en sus làgrimas gladales, sacudido en sus rapidas espadas, golpeando sus estambres aguerridos, conduddo en su cama de guerrero, sobresaltado en su final de roca?

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vin Sali con me, amore americano. Bacia con me le pietre misteriose. L’argento scrosciante dell’Urubainba fa volare il polline nella sua gialla coppa. E vola il vuoto del rampicante, la pianta di pietra, l’aspra ghirlanda sul silenzio della gola montana. Vieni, minuscola vita, tra le ali della terra, mentre - cristallo e freddo, aria percossa distaccando smeraldi combattuti, tu, acqua selvaggia, dalla neve scoli.

Amore, amore, anche l’erta notte, dalla sonora selce delle Ande, nell’aurora dalle rosse ginocchia, contempla il figlio cieco della neve. Oh, Wilkamayu dai fili sonori, quando rompi i tuoi diritti boati in bianca spuma, come lesa neve, quando il tuo turbine precipitante canta e castiga risvegliando il cielo, quale linguaggio rechi tu all’orecchio ora strappato alla tua spuma andina? Chi imprigionò la folgore del freddo e la lasciò incatenata nelle vette, franta nelle sue lacrime glaciali, scrollata nelle sue rapide spade, martellante i suoi stami agguerriti, ridotta sul suo letto di guerriero, sgomenta nel suo esito di roccia?

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Qué dicen tus destellos acosados? Tu secreto relampago rcbelde antes viajó poblado de palabras? Quién va rompiendo sflabas heladas, idiomas negros, estandartes de oro, bocas profundas, gritos someridos, en tus delgadas aguas arteriales? Quién va cortando parpados florales que vienen a mirar desde la rierra? Quien precipita los radmos muertos que bajan en tus manos de cascada a desgranar su noche desgranada en el carbón de la geologia? Quién despena la rama de los vinculos? Quién otra vez sepolta los adioses?

Amor, amor, no toques la firontera, ni adores la cabeza sumergida: deja que el riempo cumpla su estatura en su salón de manantiales rotos, y, entrc el agua veloz y las murallas, recoge el aire del desfìladero, las paralelas laminas del viento, el canal dego de las cordilleras, el Aspero saludo del rodo, y sube, fior a fior, por la espesura, pisando la serpiente despenada. En la escarpada zona, piedra y bosque, polvo de estrellas verdes, selva dara, Mantur estalla corno un lago vivo o corno un nuevo piso del sdendo.

Yen a mi propio ser, al alba mia, basta las soledades coronadas. El reino muerto vive todavia.

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Che dicono le tue scintille incalzate? Viaggiò una volta densa di parole la tua segreta folgore ribelle? Chi sta infrangendo sillabe ghiacciate, oscuri idiomi, e dorati stendardi, bocche profonde, ed umiliate grida, nelle tue tenere acque arteriali? Chi sta spezzando palpebre di fiori venute dalla terra a rimirare? Chi fa cadere i grappoli stecchiti, scesi nelle tue mani di cascata a sgranare la loro notte sgranata nel carbone della geologia?

Chi precipita il ramo dei vincoli? Chi seppellisce di nuovo gli addii?

Amore, non toccare la frontiera, non adorare la testa sommersa: fa' che il tempo acquisti la sua statura nel suo salone di rotte sorgenti, e, tra l’acqua veloce e le muraglie, cogli l’aria delle strette montane, le parallele lamine del vento, il cieco solco delle cordigliere, il crudo saluto della rugiada, e sali, fiore a fiore, su nel folto, percorrendo lo scosceso serpente. Nell’impervia contrada, pietra e bosco, polvere di verdi stelle, chiara selva, Mantur esplode come un lago vivo o come un nuovo piano del silenzio.

Vieni all’essere mio, all’alba mia, alle incoronate solitudini. Il morto dominio tuttora vive.

63

Y en el Reloj la sombra sanguinaria del còndor cruza corno una nave negra.

IX Aguila sideral, vina de bruma. Bastión perdido, dmitarra ciega. Cinturón estrellado, pan solemne. Escala torrendal, parpado inmenso. Tunica triangular, polen de piedra. Lampara de granito, pan de piedra. Serpiente minerai, rosa de piedra. Nave enterrada, mananrial de piedra. Caballo de la luna, luz de piedra. Escuadra equinocdal, vapor de piedra. Geometria final, libro de piedra. Témpano entre las rifagas labrado. Madrepora del riempo sumergido. Muralla por los dedos suavizada. Techumbre por las plumas combatida. Ramos de espejo, bases de tormenta. Tronos volcados por la enredadera. Régimen de la garza encarnizada. Vendaval sostenido en la veniente. Inmóvil catarata de turquesa. Campana patriarca! de los dormidos. Argolla de las nieves dominadas. Hierro acostado sobre sus estatuas. Inaccesible temporal cerrado. Manos de puma, roca sanguinaria. Torre sombrera, discusión de nieve. Noche elevada en dedos y raices. Ventana de las nieblas, paloma enduredda. Pianta notturna, estatua de los truenos. Cordillera esendal, techo marino. Arquitectura de àguilas perdidas.

64

E sul Reioj l’ombra sanguinaria del condor passa come navé nera.

IX Aquila astrale, vigna di foschia. Sperduto forte, scimitarra cieca. Pane solenne, cintura stellata. Scala torrenziale, palpebra immensa. Toga triangolare, stame di pietra. Faro di granito, pane di pietra. Serpe minerale, rosa di pietra. Nave sepolta, sorgente di pietra. Cavallo di luna, luce di pietra. Squadra equinoziale, vapore di pietra. Geometria finale, libro di pietra. Timpano tra le raffiche scolpito. Madrepora del tempo naufragato. Muraglia dalle dita levigata. Tettoia dalle piume combattuta. Rami di specchio, basi di tormenta. Troni rovesciati dai convolvoli. Governo dagli artigli inferociti. Ciclone trattenuto sul declivio. Immota cateratta del turchese. Campana patriarcale dei dormienti. Collare delle nevi dominate. Ferro coricato sopra statue. Inaccessibile bufera chiusa. Mani di puma, roccia sanguinaria. Discussione di neve, torre d’ombra. Notte elevata su dita e radici. Finestra alle nebbie, colomba indurita. Pianta della notte, statua dei tuoni. Massiccio essenziale, tetto marino. Architettura d’aquile sperdute.

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Cuerda del delo, abeja de la altura. Nivel sangriento, cstrella construida. Burbuja mineral, luna de cuarzo. Sapiente andina, frente de amaranto. Cupula del silendo, patria pura. Novia del mar, àrbol de catedrales. Ramo de sal, cacto de alas negras. Dentadura nevada, trueno frio. Luna aranada, piedra amenazante. Gabellerà del frio, acdón del aire. Volcan de manos, catarata oscura. Ola de piata, direcdón del tiempo.

X

Piedra en la piedra, el hombre, dónde estuvo? Aire en el aire, el hombre, dónde estuvo? Tiempo en el tiempo, el hombre, dónde estuvo? Fuiste tambièn cl pedacito roto de hombre inconcluso, de agitila vada que por las calles de hoy, que por las huellas, que por las hojas del otono muerto va machacando el alma hasta la tumba? La pobre mano, el pie, la pobre vida... Los dias de la luz deshilachada en ti, corno la lluvia sobre las banderillas de la fiesta, dieron pètalo a pètalo de su alimento oscuro en la boca vada? Hambre, coral del hombre, hambre, pianta secreta, raiz de los lenadores, hambre, subió tu raya de arredfe hasta estas altas tones desprendidas? Yo te interrogo, sal de los caminos, muèstrame la cuchara, déjame, arquitectura.

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roer con un palilo los estambres de piedra, subir todos los cscalones del aire basta el vado, rascar la entrana basta tocar el hombre.

Macchu Picchu, pusiste piedra en la piedra, y en la base, harapo? Carbón sobre carbón, y en el fondo la lagrima? Fuego en el oro, y en él, temblando el rojo goterón de la sangre? Devuélveme el esdavo que enterrastel Sacude de las tierras el pan duro del miserable, muéstrame los vestidos del siervo y su ventana. Dime còrno durmió cuando vivia. Dime si tue su sueno ronco, entreabierto, corno un hoyo negro hecho por la fatiga sobre el muro. El muro, el muro! Si sobre su sueno gravitò cada piso de piedra, y si cayó bajo ella corno bajo una luna, con el sueno! Antigua America, novia sumergida, tambin tus dedos, al salir de la selva bada el alto vado de los dioses, bajo los estandartes nupdales de la luz y el decoro, mezdindose al trueno de los tambores y de las lanzas, lambirti, también tus dedos, los que la rosa abstracta y la linea del (rio, los que el pecho sangriento del nuevo cereal trasladaron basta la tela de materia radianti, basta las duras cavidades, también, también, América enterrada, guardaste en lo mis bajo, en el amargo intestino, corno un dguila, el hambre?

XI

A través del confuso esplendor, a través de la noche de piedra, déjame hundir la mano

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raschiare con uno stecco gli stami di pietra, salire tutti i gradini dell’aria fino al vuoto, grattare le viscere fino a toccare l’uomo.

Macchu Picchu, posasti tu pietra su pietra, e, alla base, stracci? Carbone su carbone, e, al fondo, pianto? Fuoco nell’oro, e, in esso, tremante, il rosso grondare del sangue? Ridammi lo schiavo che hai seppellito! Rimuovi dalle terre il duro pane dell’infelice, mostrami le vesti del servo, la sua finestra. Dimmi come dormì quando viveva. Dimmi se fu il suo sonno rauco, socchiuso, come un buco nero scavato dalla fatica sul muro. Il muro! Dimmi se sopra il suo sonno gravò ogni strato di pietra, e s’egli vi cadde sotto come sotto una luna, col suo sonno! Antica America, sposa sommersa, anche le tue dita, nell’uscire dalla selva verso l’alto vuoto degli dèi, sotto gli stendardi nuziali della luce e del decoro, mischiandosi al tuono dei tamburi e delle lance, anche, anche le tue dita, quelle che la rosa astratta e la linea del freddo, quelle che il petto sanguigno del nuovo cereale trasportarono fino alla tela di materia radiosa, fino alle dure cavità, anche, anche tu, America sepolta, conservasti nel più profondo giù nell’amaro intestino, come un’aquila, la fame?

XI Attraverso il confuso splendore, attraverso la notte di pietra, lascia ch’io affondi la mano,

y deja que en mi palpile, corno un ave mil anos prisionera, el viejo corazón del olvidadol Déjame olvidar hoy està dicha, que es mis ancha que el mar, porque el hombre es mas ancho que el mar y que sus islas, y bay que caci en él corno en un pozo para salir del fondo con un ramo de agua secreta y de verdades sumergidas. Déjame olvidar, ancha piedra, la proportion poderosa, la trascendente medida, las piedras del panai, y de la escuadra . déjame hoy resbalar la mano sobre la hipotenusa de aspera sangre y cilicio. Cuando, corno una herradura de élitros rojos, el còndor furibondo me golpea las sienes en el orden del vuelo y el huracan de plumas camiceras barre el polvo sombrio de las escalinatas diagonales, no veo a la bestia veloz, no veo el dego rido de sus garras, veo el antiguo ser, servidor, el dorando en los campos, veo un cuerpo, mil cuerpos, un hombre, mil mujeres, bajo la racha negra, negros de lluvia y noche, con la piedra pesada de la estatua: Juan Cortapiedras, hijo de Wiracocha, Juan Comefrio, hijo de cstrella verde, Juan Piesdescalzos, nieto de la turquesa, sube a nacer conmigo, hermano.

XII

Sube a nacer conmigo, hermano. Dame la mano desde la profunda zona de tu dolor diseminado. No volveràs del fondo de las rocas. No volveras del riempo subterràneo. No volverà tu voz enduredda. No volveràn tus ojos taladrados. Mirarne desde el fondo de la rierra, labrador, tcjedor, pastor callado:

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e lascia che in me palpiti, come uccello da mill’anni prigioniero, il vecchio cuore del dimenticato! Lasciami oggi scordare questa felicità più grande del mare, poiché l’uomo è più grande del mare e delle sue isole, e bisogna calare in lui come in un pozzo per risalire dal fondo con un mazzo d’acque segrete e verità sommerse. Lasciami scordare, vasta pietra, la poderosa proporzione, la misura trascendente, le pietre dell’arnia, e dalla squadra lasciami oggi sfiorare con la mano l’ipotenusa di crudo sangue e cilicio. Quando, come un ferro di cavallo con elitre rosse, il furioso [condor mi batte le tempie nell’ordine del volo e l’uragano di penne carnivore spazza l’oscura polvere dalle scalinate diagonali, non vedo la bestia veloce, non vedo la cieca frequenza dei suoi artigli, ma vedo l’antico essere, il servitore, colui che donne nei campi, vedo un corpo, mille corpi, un uomo, mille donne, sotto la raffica nera, neri di pioggia e di notte, con la pesante pietra della statua: Juan Tagliapietre, figlio di Wiracocha, Juan Mangiafreddo, figlio della stella verde, Juan Piediscalzi, nipote del turchese, sorgi a rinascere con me, fratello.

xn Sorgi a rinascere con me, fratello.

Dammi la mano giù dalla profonda regione del tuo diffuso dolore. Non tornerai dal fondo delle rocce. Non tornerai dal tempo sotterraneo. Non tornerà la tua voce indurita. Non torneranno i tuoi occhi forati. Guardami dal profondo della terra, bifolco, tessile, muto pastore:

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domador de guanacos tutelares: albanil del andando desafìado: aguador de las lagrimas andinas: joyero de los dedos machacados: agricultor temblando en la semiila: alfarero en tu greda dcrramado: traed a la copa de està nueva vida vuestros viejos dolores enterrados. Mostradme vuestra sangre y vuestro surco, deddme: aquf fui casrigado, porque la joya no brillò o la tierra no entregó a riempo la piedra o el grano: scnaladme la piedra en que caisteis y la madera en que os crucificaron, encendedme los viejos pedernales, las viejas limparas, los lirigos pegados a través de los siglos en las llagas y las hachas de brillo ensangrentado. Yo vengo a hablar por vuestra boca muerta. A través de la tierra juntad todos los silenciosos labios derramados y desde el fondo habladme toda està larga nocue corno si yo estuviera con vosotros anclado, contadine todo, cadena a cadena, eslabón a eslabón, y paso a paso, afilad los cuchillos que guardasteis, ponedlos en mi pecho y en mi mano, corno un rio de rayos amarillos, corno un rio de tigres enterrados, y dejadme llorar, boras, dfas, anos, edades degas, siglos estelares.

Dadme el silencio, el agua, la esperanza. Dadme la lucha, el hierro, los volcanes.

Apegadme los cuerpos corno imanes.

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domatore di guanacos tutelari: muratore delle impalcature incurante: acquaiolo delle lacrime andine: orefice dalle dita ammaccate: agricoltore che tremi sul seme: vasaio nella tua creta impastato: date alla coppa di questa nuova vita i vostri vecchi, sepolti dolori. Mostratemi il vostro sangue e il solco, ditemi: qui io fui castigato, perché la gioia non brillò o la terra non diede all’ora sua la pietra o il grano: indicatemi la pietra ove cadeste, e il legno su cui vi crocifissero, accendetemi gli antichi acciarini, gli antichi lumi, le fruste attaccate per secoli sopra le vostre piaghe e le asce di luce insanguinata. Io parlo dalla vostra bocca morta. Attraverso la terra unite tutte le vostre labbra tacite e disperse e dal profondo parlatemi, per tutta questa lunga notte, come se io con voi fossi ancorato, ditemi tutto, catena a catena, anello ad anello, e passo a passo, affilate i coltelli che serbaste, posatemeli in petto e nella mano, come un fiume di gialle saette, come un fiume di tigri sepolte, e lasciatemi piangere, per ore, giorni, anni, per età cieche e secoli stellari. Datemi il silenzio, l’acqua, la speranza.

Datemi la lotta, il ferro, i vulcani.

Unite a me i corpi come caiamite.

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Acudid a mis vcnas y a mi boca. Hablad por mis palabras y mi sangre.

Accorrete alle mie vene, alla mia bocca.

Parlate con le mie parole e col mio sangue.

LOS CONQUISTADORES (I conquistatori) Ccpllanan Pachacutec! Ricuy anceacunac yahuamiy richacaucuta!

Tupac Amaru I

1 Vitntn por las islas (149})

Los carniceros desolaron las islas. Guanahani fue la primera en està historia de martirios. Los hijos de la arcilia vieron rota su sonrisa. golpeada su fràgd estatina de venados, y aun en la muerte no entendian. Fueron amarrados y heridos, fueron quemados y abrasados, fueron mordidos y enterrados. Y cuando el riempo dio su vuelta de vals badando en las palmeras, el salón verde cstaba vacio. Sólo quedaban huesos rigidamente colocados en forma de cniz, para mayor gloria de Dios y de los hombres. De las gredas mayorales y el ramaje de Sotavento basta las agrupadas coralinas fue cortando el cuchillo de Narvàez. Aqui la cruz, aqui el rosario, aqui la Virgen del Garrote. La alhaja de Colón, Cuba fosfòrica, recibió el cstandarte y las rodillas en su arena mojada.

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I Invadono le isole (1493)

Gli sparvieri desolarono le isole. E Guanahanl fu la prima in questa storia di martiri. I figli dell’argilla videro infranto il loro sorriso, colpita la loro fragile figura di cervi, ed anche nella morte non capivano. Furono incatenati e feriti, furono arsi e bruciacchiati, furono morsi e sotterrati. E quando il tempo fece il suo giro di valzer danzando tra le palme, il salone verde era svuotato.

Rimanevano solo delle ossa rigidamente sistemate a forma di croce, a maggiore gloria di Dio e degli uomini.

Dalle crete dell’intemo e dalle fronde costiere sino alle folte coralline andò tagliando il coltello di Narvàez. Qui la croce e qui il rosario, qui la Vergine del Garrote. La fosforica Cuba, gemma di Colombo, ricevette lo stendardo e le ginocchia sulle sue sabbie bagnate.

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II Ahora ts Cuba

Y luego fue la sangre y la ceniza. Después quedaron las palmeras solas.

Cuba, mi amor, te amarraron al potro, te cortaron la cara, te apartaron las piemas de oro pàlido, te rompieron el sexo de granada, te atravesaron con cuchibos, te dividieron, te quemaron. Por los valles de la dulzura bajaron los cxterminadores, y en los altos mogotes la cimerà de tus hijos se perdió en la niebla, pero all! fueron alcanzados uno a uno hasta morir, despedazados en cl tormento sin su tierra tibia de flores que buia bajo sus plantas. Cuba, mi amor, qué escalofrio te sacudió de espunta a espunta, hasta que te hidste pureza, soledad, sdendo, espesura, y los huesitos de tus hijos se disputaron los cangrejos.

Ill Llegan

al Mar de

Mexico (UIf}

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A Veracruz va el viento asesino. En Veracruz desembarcan los caballos. Las barcas van apretadas de garras y barbas rojas de Castilla.

II

Ora tocca E subito venne la cenere e il sangue. a Cuba Poi rimasero le palme sole. Cuba, mio amore, t’awinsero al cavalletto, ti tagliuzzarono la faccia, ti squartarono le gambe d’oro pallido, ti strapparono il sesso di melagrana, con i coltelli ti trafissero, ti lacerarono, ti bruciarono.

Sulle valli della dolcezza calarono gli sterminatori, e sulle alte dune il cimiero dei tuoi figli si perse tra la nebbia, ma lì, essi, ad uno ad uno, furono raggiunti e messi a morte, o massacrati nel supplizio, senza che la calda terra dei fiori più non fuggisse sotto i loro piedi.

Cuba, mio amore, che brivido ti scosse di spuma in spuma, finché ti facesti purezza, solitudine, densità, silenzio, e le piccole ossa dei tuoi figli tra loro si disputarono i granchi.

m Giungono al mare del Messico (1519)

Su Veracruz tira il vento assassino. E a Veracruz essi sbarcano i cavalli. Le barche sono stipate di grinfie e di rosse barbe di Castiglia.

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Son Arias, Reyes, Rojas, Maldonados, hijos del desamparo castellano, conocedores del hambre en inviemo y de los piojos en los mesones.

Qué miran acodados al navio? Guanto de lo que viene y del perdido pasado, del errante viento feudal en la patria azotada?

No salieron de los puertos del Sur a poner las manos del pueblo en el saqueo y en la muerte: ellos ven verdes tierras, libertades, cadenas rotas, construcdones, y desde d barco, las olas que se extinguen sobre las costas de compatto misterio.

Irian a morir o revivir detras de las palmeras, en el aire caliente que, corno en homo extrano, la total bocanada bacia ellos dirigen las tierras quemadoras? Eran pueblo, cabezas hirsutas de Montiel, manos duras y rotas de Ocana y Piedrahita, brazos de herreros, ojos de ninos que miraban el sol terrible y las palmeras. El hambre antigua de Europa, hambre corno la cola de un pianeta mortal, poblaba el buque, el hambre estaba alii, desmantelada, errabunda hacha firia, madrastra de los pueblos, el hambre echa los dados en la navegadón, sopla las velas; “Mas alla, que te corno, mas alia, que regresas a la madre, al hermano, al juez y al cura, a los inquisidores, al infierno, a la peste.

82

Sono Arias, Reyes, Rojas, Maldonado, figli della desolazione castigliana, sono esperti della fame in inverno e dei pidocchi nelle locande.

Cosa guardano appoggiati alle murate? Cosa, dell’avvenire e del passato perduto, del vagabondo vento feudale della patria straziata?

Non erano partiti dai porti del Sud per ficcare le mani di popolo nel saccheggio e nella morte: essi vedono verdi terre, libertà, catene infrante, costruzioni, e, dalla nave, le onde che si spengono là sulle coste di compatto mistero. Andranno forse a morire o rivivere dietro le palme, nell’aria calda che la terra rovente, come uno strano forno, verso di loro gena a dense folate? Erano popolo, teste irsute di Montiel, mani tenaci e rotte di Ocaria e Piedrahita, braccia di fabbri, occhi infantili che fissavano il sole atroce e le palme.

L'antica fame d’Europa, fame come la coda d’un mortale pianeta, popolava lo scafo, la fame stava là, tutta sconvolta, errabonda accetta fredda, matrigna dei popoli, la fame getta i dadi del navigare, soffia sulle vele: « Più avanti, che ti divoro, più avanti ché, altrimenti, devi ritornare alla madre, al fratello, al Giudice e al Prete, agli inquisitori, all’inferno, e alla peste.

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Mis alii, mis alii, lejos del piojo, del litigo feudal, del calabozo, de las galeras llenas de excremento” Y los ojos de Nunez y Bemales davaban en la ilimitada luz cl reposo, una vida, otra vida, la innumerable y castigada familia de los pobres del mundo.

IV

forte's

Cortés no tiene pueblo, es rayo frio, corazón muerto en la armadura. "Feraces tierras, mi Senary Rey, temples en que el oro, cuajado està por manos del indio.

Y avanza hundiendo punales, golpeando las tierras bajas, las piafantes cordilleras de los perfumes, parando su tropa entre orquideas y coronadones de pinos, atropellando los jazmines, hasta las puertas de Tlaxcala.

(H etmano aterrado, no tomes corno amigo al buitre rosado: desde el musgo te hablo, desde las raices de nuestro reino. Va a Hover sangre manana, las ligrimas serin capaces de formar niebla, vapor, nos, hasta que derritas los ojos.)

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Più avanti, più avanti, lontano dai pidocchi, dalla frusta feudale, dalle buie segrete, dalle galere piene d’escrementi». E gli occhi di Nùfiez e di Bernales nell’illimitata luce conficcavano il riposo, una vita, un’altra vita, l’infinita e tormentata famiglia dei poveri del mondo.

IV Cortes Cortés non ha popolo: è un lampo freddo, un cuore morto aentro l’armatura. « Terre feraci, mio Signore e Re, templi ove Toro viene coagulato dalle mani dell'indio».

E avanza, affonda pugnali, percuote le basse terre, le rampanti cordigliere dei profumi, ferma le truppe in mezzo alle orchidee e alle alte corone di pini, e calpesta i gelsomini, fino alle porte di Tlaxcala. (O fratello terrorizzato, non fidarti dell’avvoltoio rosa: qui dal muschio io ti parlo, dalle radici del nostro regno. Domani verrà pioggia di sangue, e le tue lacrime finiranno per formare nebbia, vapore, fiumi, sinché i tuoi occhi si scioglieranno.)

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Cortes redbe una paloma, recibe un faisan, una citata de los musicos del monarca, pero quiete la carnata del oro, quiete otto paso, y todo cae en las areas de los voraces. El rey se asoma a los balcones: “Es mi hermano”, dice. Las piedras del pueblo vuelan contestando, y Cortes afila punales sobre los besos traicionados.

Vuelve a Tlaxcala, el virato ha traido un sordo rumor de dolores.

V Cbolula

En Cholula los jóvenes visten su mejor tela, oro y plumajes, calzados para el festival interrogan al invasor. La murate les ha respondido.

Miles de muertos aUi estfn. Corazones asesinados que palpitan alli tendidos y que, en la humeda sima que abrieron, guardan el hilo de aquel dia. (Entraron matando a caballo, cortaron la mano que daba el homenaje de oro y flores, cerraron la plaza, cansaron los brazos hasta agarrotarse, matando la fior del reinado.

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Cortés riceve in dono una colomba, riceve in dono un fagiano, una cetra dai musicanti del monarca, ma vuole la sala dell’oro, vuole altre concessioni: e tutto entra negli scrigni dei voraci. Il Re s’affaccia ai balconi: er reggere l’albero, l’albero che cresce nel mezzo della terra.

Cuauhtemoc

(1120)

Jo ven hermano hace ya tiempo y tiempo nunca dormido, nunca consolado, joven estremeddo en las tinieblas metalicas de México, en tu mano redbo el don de tu patria desnuda. En ella nace y crece tu sonrisa corno una linea entre la luz y el oro.

Son tus labios unidos por la muerte el mas puro sdendo sepultado.

El manantial hundido bajo todas las bocas de la tierra.

Oiste, oiste, acaso, hacia Anahuac lejano, un nimbo de agua, un viento de primavera destrozada? Era tal vez la palabra del cedro. Era una ola bianca de Acapulco. Pero en la noche huia tU corazón corno un venado hada los limites, confuso, entre los monumentos sanguinarios, bajo la luna zozobrante.

Toda la sombra preparaba sombra. Era la tierra una oscura codna, piedra y caldera, vapor negro,

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I Cuauhtemoc Giovane fratello da tanto tempo (1520) rimasto insonne, e sempre sconsolato, giovane tremante fra le metalliche tenebre del Messico, dalla tua mano ricevo il dono della tua patria nuda.

In essa nasce e cresce il tuo sorriso come una linea tra la luce e l’oro. Le tue labbra serrate dalla morte sono il più puro silenzio sepolto.

La sorgente sprofondata sotto tutte le bocche della terra. Avete udito, avete forse udito, verso il lontano Anahuac, un rombo d’acqua, un vento di primavera straziata? Era forse la parola del cedro. Era un’ondata bianca di Acapulco.

Ma nella notte fuggiva il tuo cuore come un cervo verso i confini, confuso, in mezzo ai monumenti sanguinari, sotto la luna già pericolante. Tutta l’ombra preparava altra ombra. Era la terra una buia cucina, pietra e caldaia, nero vapore,

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muro sin nombre, pesadumbre que te llamaba desde los nocturnos metales de tu patria. Pero no hay sombra en tu estandarte. Ha llegado la hora senalada, y en medio de tu pueblo eres pan y raiz, Lanza y estrella. El invasor ha detenido el paso. No es Moctezuma extinto corno una copa muerta, es el relampago y su armadura, la piuma de Quetzal, la flor del pueblo, la cimerà encendida entre las naves. Pero una mano dura corno siglos de piedra apretó tu garganta. No cerraron tu sonrisa, no hicieron caer los granos del secreto maiz, y te arrastraron, venccdor cautivo, por las distandas de tu trino, entre cascadas y cadenas, sobre arenales y aguijones corno una columna incesante,

corno un testigo doloroso, hasta que una soga enredó la columna de la purcza y colgo el cuerpo suspendido sobre la tierra desdichada.

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parete senza nome, amarezza che t’invocava fino dai notturni metalli della tua patria. Ma non c’è ombra sopra il tuo stendardo.

È arrivata l’ora stabilita, e in mezzo al tuo popolo tu sei pane e radice, lancia e stella. L’invasore Ha arrestato la sua marcia. Non è estinto Moctezuma come un calice morto, anzi egli è baleno e sua armatura, penna di Quetzal, fiore del popolo, e cimiero incendiato tra le navi.

Eppure una mano dura come secoli di pietra ti strinse la gola. Ma non spensero il tuo sorriso, non fecero cadere i chicchi del segreto granturco, e ti trascinarono, vincitore prigioniero, per le distanze del tuo regno, tra cascate e catene, su arenili e punte come una colonna infinita,

come un teste doloroso, finché una fune non avvinghiò la colonna della purezza, e sollevò il corpo, sospeso sopra la terra sfortunata.

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II Fray Bartolomé tit las Casas

Pibnsa uno, al llegar a su casa, de noche, fatigado entre la niebla fria de mayo, a la salida del sindicato (en la desmenuzada lucha de cada dia, la estación lluviosa que gotea del alerò, el sordo latido del constante sufrimiento) està resurrecdón enmascarada, astuta, enviledda, del encadenador, de la cadena, y cuando sube la congoja hasta la cerradura a entrar contigo, surge una luz antigua, suave y dura corno un metal, corno un astro enterrado. Padre Bartolomé, gradas por este regalo de la cruda medianoche, gradas porque tu hilo fue invendblc:

pudo morir aplastado, comido por el perro de fauces iracundas, pudo quedar en la ceniza de la casa incendiada, pudo cortarlo el filo frio del asesino innumerable o el odio administrado con sonrisas (la traidón del proximo cruzado), la mentirà arrojada en la ventana. Pudo morir el hilo cristalino, la irreductible transparenda convertida en acción, en combatiente y despenado acero de cascada. Pocas vidas da el hombre corno la tuya, pocas sombras hay en el àrbol corno tu sombra, en ella

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n Fra’ Bartolomé de las Casas

Uno pensa, tornando a casa, di notte, affaticato, tra le nebbie fredde di maggio, appena uscito dal sindacato (nella sminuzzata lotta d’ogni giorno, nella stagione piovosa che goccia dalle gronde, nel cupo battito della sofferenza costante) uno pensa a questo risorgere camuffato, astuto, umiliato, del carceriere, della catena, e quando monta l’angoscia fino a entrare con te nella porta, allora sorge un’antica luce, dolce e dura come un metallo; come un astro sepolto. Padre Bartolomé, grazie per questo regalo della cruda mezzanotte, grazie che il tuo filo fu invincibile:

potè morire schiacciato, sbranato dal cane con le fauci furibonde, potè rimanere tra la cenere della casa incendiata, potè spezzarlo la fredda lama dell’innumerevole assassino o l’odio amministrato coi sorrisi (il tradimento del nuovo crociato), e la menzogna lanciata alla finestra. Potè morire il filo cristallino, l’irriducibile trasparenza divenuta azione, acciaio guerriero, acciaio scatenato di colata. Poche vite dà l’uomo come la tua, poche ombre sull’albero come l’ombra tua: ad essa

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todas las ascuas vivas del continente acuden, todas las arrasadas condiciones, la herida del mutilado, las aldeas exterminadas, todo bajo tu sombra renace, desde el limite de la agonia fundas la esperanza. Padre, fue afortunado para el hombre y su especie que tu llegaras a la plantación, que mordieras los negros cereales del crimen, que bebieras cada dia la copa de la colera. Quién te puso, mortai desnudo, entre los dientes de la furia? Còrno asomaron otros ojos, de otro metal, cuando nacias? Còrno se cruzan los fermentos en la escondida harina humana para que tu grano inimitable se amasara en el pan del mondo?

Eras realidad entre fantasmas encamizados, eras la etemidad de la temuta sobre la ràfaga del castigo. De combate en combate tu esperanza se convirtió en precisas herramientas : la solitaria lucha se hizo rama, el llanto inutil se agrupó en partido. No sirvió la piedad. Cuando mostrabas tus columnas, tu nave amparadora, tu mano para bendedr, tu manto, el enemigo pisoteó las làgrimas y quebrantó el color de la azucena. No sirvió la piedad alta y vada corno una catedral abandonada.

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tutte le vive braci del continente accorrono, tutte le misere condizioni, la ferita del mutilato, i villaggi devastati, tutto rinasce alla tua ombra, e dai confini dell’agonia tu fondi la speranza. Padre, fu per l’uomo e la sua specie buona sorte che tu giungessi nelle piantagioni, che tu mordessi i neri cereali del delitto, che tu bevessi ogni giorno al calice dell’ira. Chi ti mise, dispogliato mortale, tra i denti della furia? Come mai spuntarono altri occhi, d’altro metallo, mentre tu nascevi? In che modo s’incrociano i lieviti della recondita farina umana perché il tuo grano immutabile potesse impastarsi nel pane del mondo?

Tu eri realtà in mezzo ai fantasmi inferociti, tu eri l’eternità della tenerezza sopra la raffica del castigo. Di battaglia in battaglia, la tua speranza si trasformò in preciso strumento: ramificò la solitaria lotta, l’inutile pianto s’unì in partito. Non servì la pietà. Quando mostravi le tue colonne, la nave protettrice, la tua mano a benedire, la tonaca, il nemico calpestò le lacrime e fece a pezzi il colore del giglio. Non servì la pietà, sublime e vuota come una cattedrale abbandonata.

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Fue tu invencible decision, la activa resistencia, el corazón armado.

Fue la razón tu material titànico.

Fue flor organizada tu estructura. Desde arriba quisieron contemplane (desde su altura) los conquistadores, apoyàndose corno sombras de piedra sobre sus espadones, abrumando con sus sarcasticos escupos las tierras de tu iniciativa, diciendo: “Ahi va el agitador”, minuendo: “Lo pagaron los extranjeros”, “No tiene patria", “Traiciona”, pero tu predica no era fràgil minuto, peregrina pauta, reloj del pasajero. Tu madera era bosque combatido, hi erro en su cepa naturai, oculto a toda luz por la tierra florida, y mas aun, era màs hondo: en la unidad del tiempo, en el transcurso de la vida, era tu mano adelantada estrella zodiacal, signo del pueblo. Hoy a està casa. Padre, entra conmigo. Te mostrare las cartas, el tormento de mi pueblo, del hombre perseguido. Te mostrare los antiguos dolores.

Y para no caer, para afirmarme sobre la tierra, continuar luchando, deja en mi corazón el vino errante y el implacable pan de tu dulzura.

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Fu la tua invincibile decisione, l’attiva resistenza, il cuore armato.

Fu la ragione la tua materia titanica. Fu il fiore organizzato la tua struttura. Dall'alto in basso vollero guardarti (dalla loro altezza) i conquistatori, appoggiandosi come ombre di pietra sopra i loro spadoni, e, soffocando con i loro sarcastici sputi le terre della tua iniziativa, dicevano: «Ecco l’agitatore», e mentivano: «È pagato

dagli stranieri», «Non ha patria», «Tradisce», ma la tua predica non era fragile istante, regola passeggera, orologio del viandante. Il tuo legno era bosco contrastato, ferro nella sua vena naturale, nascosto a ogni luce sulla terra fiorita, anzi, esso era ancora più profondo: nell’unità del tempo e nel corso della vita, la tua mano tesa era stella di zodiaco, segno di popolo. Oggi, Padre, entra con me in questa casa. Ti mostrerò le lettere, il tormento del mio popolo, e del perseguitato. Ti mostrerò le antiche sofferenze. E per non cadere, per essere saldo sulla terra, per proseguire la lotta, lasciami nel cuore il vino errante e il pane implacabile della tua dolcezza.

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Ill Avanigndo tn las titrras (it Chilt

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Espana entrò hasta el Sur del Mundo. Agobiados exploraron la nieve los altos espanoles. El Bio-Bio, grave rio, le dijo a Espana: “Detente”. El bosque de maitenes cuyos Kilos verdes cuelgan como temblor de lluvia dijo a Espana: “No sigas”. El alerce, titan de las fronteras sdenciosas, dijo en un trueno su palabra. Pero hasta el fondo de la patria mia, puno y punal, el invasor llegaba. Hacia el rio Imperial, en cuya orilla mi corazón amanedó en el trébol, entraba el huracan en la manana. El ancho cauce de las garzas iba desde las islas hacia el mar furioso, lleno corno una copa interminable, entre las margenes de cristal sombrio. En sus orillas erizaba el polen una alfombra de estambres turbulentos y desde el mar el aire conmovia todas las silabas de la primavera. El avellano de la Araucania pnarbolaba hogueras y radmos bada donde la lluvia resbalaba sobre la agrupadón de la pureza. Todo estaba enredado de fragandas, empapado de luz verde y lluviosa y cada matorral de olor amargo era un ramo profundo del invierno o una ectraviada formación marina aun llena de oceànico rodo.

in Avanzando sulle terre del Cile

La Spagna penetrò fino all’estremo Sud del mondo. Curvi, esplorarono la neve gli alti spagnoli. II Bio-Bio, fiume solenne, disse alla Spagna: «Arrestati», il bosco di maitenes i cui verdi fili pendono come tremito di pioggia disse alla Spagna: «Ferma». E il larice, gigante delle tacite frontiere, disse in un tuono la sua parola. Ma fino al fondo della patria mia, pugno e pugnale, giungeva l’invasore. Verso il fiume Imperiai, sulla cui sponda il mio cuore albeggiò in mezzo al trifoglio, l’uragano entrava nella mattina. Il largo àlveo degli aironi andava dall’isole verso il mare furioso, pieno come una coppa inesauribile, tra gli argini di torbido cristallo. Sulle sue sponde il polline rizzava un tappeto di stami turbolenti e le sillabe della primavera tutte dal mare l’aria commoveva. E il nocciolo dell’Araucania inalberava falò e grappoli fino a dove la pioggia scivolava sulla compagine della purezza. Ogni cosa era intrecciata d’aromi, imbevuta di luce verde e piovosa, e ogni sterpeto dall’odore amaro era un ramo profondo dell’inverno o una sperduta creazione marina piena ancora d’oceanica rugiada.

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De los barrancos se elevaban torres de pàjaros y plumas y un ventarrón de soledad sonora, mientras en la mojada intimidad, entre las cabelleras encrespadas del helecho gigante, era la topa-topa florecida un rosario de besos amarillos.

IV Surgtn los hombres

All! germinaban los toquis. De aquellas negras humedades, de aquella lluvia fermentada en la copa de los volcanes salieron los pechos augustos, las daras flechas vegetales, los dientes de piedra salvaje, los pies de estaca inapelable, la gradai unidad del agua. Arauco fue un utero frio, hecho de heridas, machacado por el ultra) e, concebido entre las asperas espinas, aranado en los ventisqueros, protegido por las serpientes.

Asi la tierra extrajo al hombre. Credo corno una fortaleza. Nadó de la sangre agredida. Amontonó su Gabellerà corno un pequeno puma rojo y los ojos de piedra dura brillaban desde la materia corno fulgores implacablcs salidos de la caceria.

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Su dai burroni sorgevano torri d’uccelli e penne e un forte vento di solitudine sonora, mentre nell’intimità inzuppata, tra le chiome increspate della felce gigante, la topa-topa fiorita era un gran rosario di baci gialli.

IV

Sorgono Laggiù germinavano i Toqui. gli E da quelle nere umidità, uomini da quella pioggia fermentata entro la coppa dei vulcani spuntarono gli augusti petti, le chiare frecce vegetali, i denti di pietra selvaggia, i piedi di punte senza scampo, la glaciale unità dell’acqua.

Fu Arauco un utero freddo, fatto di ferite, schiacciato dall’oltraggio, concepito in mezzo alle ispide spine, lacerato nei ghiacciai, e tutelato dai serpenti.

Così la terra estrasse l’uomo. E crebbe come una fortezza. Nacque dal sangue aggredito. Accumulò la sua chioma come un piccolo puma rosso e i suoi occhi di pietra dura brillavano dalla materia come implacabili fulgori sprizzati dall’inseguimento.

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V Toqui Caupolicàn

En la cbpa secreta del rauli credó Caupolicàn, torso y tormenta, y cuando bada las armas invasoras su pueblo dirigió, anduvo el àrbol, anduvo el àrbol duro de la patria. Los invasores vieron el follaje moverse en medio de la bruma verde, las grucsas ramas y la vestidura de innumcrables hojas y amenazas, el tronco terrena! hacerse pueblo, las raices salir del territorio. Supieron que la bora babia acudido al reloj de la vida y de la muerte. Otros àrboles con él vinieron.

Toda la raza de ramajes rojos, todas las trenzas del dolor silvestre, todo el nudo del odio en la madera. Caupolicàn, su mascara de lianas levanta frente al invasor perdido: no es la pintada piuma emperadora, no es el trono de plantas olorosas, no es el resplandeciente collar del sacerdote, no es el guante ni el principe dorado: es un rostro del bosque, un mascarón de acacias arrasadas, una figura rota por la lluvia, una cabeza con enredaderas. De Caupolicàn el Toqui es la mirada hundida, de universo montanoso,

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V Toqui Nel ceppo segreto del rauli Caupolican crebbe Caupolican, torso e tormenta, e quando egli diresse il suo popolo contro le armi dell’invasore, si mosse l’albero, l’ostinato albero della patria. Gli invasori videro il fogliame agitarsi in mezzo alla nebbia verde, videro gli spessi rami e la veste d’innumerevoli foglie e minacce, e farsi popolo il tronco terrestre, e dal suolo spuntare le radici.

Seppero che l’ora era arrivata nel quadrante della vita e della morte. Altri alberi con lui accorsero.

Tutta la razza delle fronde rosse, tutte le trecce del dolore silvestre, tutti i nodi dell’odio nel legname. Caupolicdn il suo volto di liane alza contro l’invasore sperduto: non è la dipinta piuma regale, non il trono di piante profumate, non la splendente collana del sacerdote, non il guanto né il principe dorato: è un viso del bosco, un mascherone d’acacie abbattute, una figura rotta dalla pioggia, una testa avvolta di convolvoli. Di Caupolican, il Toqui, è lo sguardo profondo, da universo di montagne,

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los ojos implacables de la tierra, y las mejillas del titan son tnuros escalados por rayos y raices.

VI La guerra patria

La AraucanIa estranguló el cantar de la rosa en el càntaro, corto los hilos en el telar de la novia de piata. Bajó la ilustre Machi de su escala, y en los disperses rios, en la ardila, bajo la copa hirsuta de las araucarias guerreras, fue nadendo el clamor de Las campanas enterradas. La madre de la guerra saltò las piedras dulces del arroyo, recogió a la familia pescadora, y el novio labrador besó las piedras antes de que volaran a la herida. Detras del rostro forestal del Toqui Arauco amontonaba su defensa: eran ojos y lanzas, multitudes espesas de sdendo y amenaza, dnturas imborrables, altaneras manos oscuras, punos congregados.

Detras del alto Toqui, la montana, y en la montana, innumerable Arauco.

Arauco era el rumor del agua errante. Arauco era el sdendo tenebroso.

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gli occhi implacabili della terra, e le guance del titano son muri scalati da raggi e da radici.

VI La guerra L’Araucania soffocò il canto patria della rosa nella brocca, recise i fili al telaio della sposa d’argento. Scese l’illustre Machi la sua scala, e, nei fiumi dispersi, nell’argilla, sotto l’alte fronde irsute delle araucarie guerriere, creò lo strepito delle campane seppellite. La madre della guerra saltò le pietre dolci del ruscello, riunì la famiglia del pescatore, e lo sposo contadino le pietre baciò prima che andassero a ferire.

Dietro il volto di foresta del Toqui, Arauco ammassava la sua difesa: erano occhi e lance, moltitudini tutte dense di silenzio e minaccia, cinture incancellabili, superbe mani brune, pugni raggruppati. Dietro all’alto Toqui, la montagna, e, lassù, innumerevole, Arauco. Arauco era il chiasso dell’acqua errante.

Arauco era il silenzio tenebroso.

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El mensajero en su mano cortada iba juntando las gotas de Arauco. Arauco fue la ola de la guerra, Arauco los incendios de la noche.

Todo hervia detras del Toqui augusto, y cuando él avanzò, fueron tinieblas, arenas, bosques, tierras, uninimes hogueras, huracanes, aparidón fosfòrica de pumas.

VII El impaludo

Pero Caupolicln llegó al tormento. Ensartado en la lanza del suplicio, entrò en la muerte lenta de los àrboles. Arauco replegó su ataque verde, sintió en las sombras el escalofrio, clavó en la tierra la cabeza, se agazapó con sus dolores. El Toqui dormia en la muerte. Un ruido de hierro llegaba del campamento, una corona de carcajadas extranjeras, y hacia los bosques enlutados sólo la noche palpitaba.

No. era el dolor, la mordedura del volcan abietto en las visceras, era sólo un sueno del bosque, el àrbol que se desangraba. En las entranas de mi patria entraba la punta asesina

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Il messaggero, nella mano mozzata, raccoglieva le gocce di Arauco.

Arauco fu l’ondata della guerra, e Arauco gli incendi della notte. Tutto ferveva dietro il Toqui augusto, e quando avanzò, furono tenebre, sabbie, terre, foreste, fuochi unanimi, uragani, e comparse fosforiche di puma.

VH

Messo in Ma Caupolicàn giunse alla tortura. croce Conficcato nella lancia del supplizio, entrò nella morte lenta degli alberi. Arauco ripiegò il suo verde assalto, tra le ombre fu scosso da un brivido, infilò la testa nella terra, si rinserrò con le sue pene. Il Toqui dormiva nella morte. Un rumore di ferro veniva dall’accampamento, una corona di grasse risate straniere, e verso le foreste in lutto solo la notte palpitava.

Non era il dolore, né il morso del vulcano aperto nelle viscere, era solo un sogno del bosco, l’albero che si dissanguava. Nei precordi della mia patria entrava la punta assassina

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hiriendo las tierras sagradas. La sangre quemante caia de sdendo en sdendo, abajo, hacia donde està la semilla esperendo la primavera.

Màs hondo caia està sangre. Hada las raices caia. Hada los muertos caia. Hada los que iban a nacer.

Vili Lautaro

(1110}

La sangrb toca un corredor de cuarzo. La piedra crece donde cae la gota. Asi nace Lautaro de la tierra.

IX

Lautaro era una flecha delgada. Elàstico y azul fue nuestro padre. cacique fue su primera edad sólo sdendo. Su adolescencia fue dominio. Su juventud fue un viento dirigido. Se preparò corno una larga lanza. Acostumbró los pies en las cascadas. Educò la cabeza en las espinas. Ejecutó las pruebas del guanaco. Vivió en las madrigueras de la nieve. Acechó la comida de las àgudas. Arano los secretos del penasco.

Educación

z/f/

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per ferire le sacre terre. Il sangue bruciante cadeva di silenzio in silenzio, in basso, laggiù dove sta la semente in attesa della primavera.

Più al fondo cadeva quel sangue.

Verso le radici cadeva. Verso i defunti cadeva.

Verso quelli che sarebbero nati.

vni Lautaro II sangue tocca un filone di quarzo. (1HQ) La pietra cresce ove cade la goccia. Così nasce Lautaro dalla terra.

IX

Educazione Era Lautaro una freccia sottile. del Elastico e azzurro fu nostro padre. capo La sua prima età fu solo silenzio. La sua adolescenza fu dominio. La giovinezza un vento governato. Si preparò come una lunga lancia. Abituò i piedi alle cascate. Educò la testa in mezzo alle spine. Ripetè le imprese del guanaco. Abitò nelle tane della neve. Indagò il cibo delle aquile. Sgraffignò i segreti del dirupo.

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Entretuvo los pétalos del fuego. Se amamantó de primavera fria. Se quemó en las gargantas infemales. Fue cazador entre las aves crudes. Se tineron sus manos de victorias. Leyó las agresiones de la noche. Sostavo los derrumbes del azufre. Se hizo veloddad, luz repentina.

Tomo las lentitudes del otono. Trabajó en las guaridas invisibles. Durmió en las sabanas del ventisquero. Iguaio la conducta de las flechas. Bebió la sangre agreste en los caminos. Arrebató el tesoro de las olas. Se hizo amenaza corno un dios sombrio. Comió en cada cocina de su pueblo. Aprendió el alfabeto del relampago. Olfateó las cenizas esparddas. Envolvió el corazón con pieles negras. Desdfró el espirai hilo del humo. Se construyó de fìbras tacitumas. Se aceitó corno el alma de la oliva. Se hizo cristal de transparenda dura. Estudió para viento huracanado. Se combatió hasta apagar la sangre.

Sólo entonces fue digno de su pueblo.

X Lautaro tntrt los invasori!

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Entrò en la casa de Valdivia. Lo acompanó corno la luz. Durmió cubierto de punales.

Trattò con i petali del fuoco. S’allattò di primavera fredda. Si scottò entro le gole infernali. Fu cacciatore tra i feroci alati. Si tinsero le sue mani di vittorie. Decifrò le aggressioni della notte. Sopportò le frane dello zolfo. E fu velocità, luce improvvisa.

Assunse le lentezze dell’autunno. Lavorò negli invisibili antri. Dormì tra le lenzuola del ghiacciaio. Imitò la condotta delle frecce. Bevve il sangue agreste nei sentieri. Carpì alle onde il loro tesoro. Divenne minaccia come un tetro Iddio. Mangiò in ogni cucina del popolo. Imparò l’alfabeto del baleno. Fiutò le ceneri sparpagliate. S’awolse il cuore di nere pelli.

Lesse nel filo a spirale del fumo. Si costruì con fibre taciturne. S’unse come l’anima dell’oliva. Si fece vetro di cruda trasparenza. Andò a scuola del vento d’uragano. Si combatte fino a placarsi il sangue. Solo allora fu degno del suo popolo.

X

Latitare Entrò in casa di Valdivia. in mezzo Lo accompagnò come la luce. 4g/i invasori Dormì coperto di pugnali.

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N\a su propia sangre vertida, sus propios ojos aplastados, y dormido en las pesebreras acumuló su poderio. No sc movian sus cabellos esaminando los tormentos: miraba mas alla del aire hacia su raza desgranada. Velò a los pies de Valdivia.

Oyó su sueno camicero crecer en la noche sombrìa corno una columna implacable. Adivinó aquellos suenos. Pudo levantar la dorada barba del capitan dormido, cortar el sueno en la garganta, pero aprendió —velando sombras— la ley nocturna del horario. Marchó de dia acariciando los caballos de piel mojada que iban hundiéndose en su patria. Adivinó aquellos caballos. Marchó con los dioses cerrados. Adivinó las armaduras. Fuc testigo de las batalias, mientras entraba paso a pasó al fuego de la Araucania.

XI Lautaro contra el centauro (Uf4)

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Atacó entonces Lautaro de ola en ola. Disciplinò las sombras araucanas: antes entrò el cuchillo castellano

Vide versare il proprio sangue, maciullare i propri occhi, e nelle greppie addormentato accumulò la sua potenza. Non gli si muoveva un capello mentre osservava le torture: guardava al di là dell'aria verso la sua stirpe dilaniata.

Vegliò ai piedi di Valdivia. Udì il suo sogno carnivoro crescere nella notte buia come una colonna implacabile. Indovinò tutti quei sogni. Poteva alzare la barba bionda del capitano addormentato, tagliargli il sonno nella gola, ma apprese — vegliando le ombre — la legge notturna delle ore. Marciò di giorno, accarezzando i cavalli dall’umida pelle, che entravano nella sua patria. Riuscì a capire quei cavalli. Marciò con gli ermetici dèi. Potè intuire le armature. Fu testimone alle battaglie, mentre irrompeva, passo a passo, nel fuoco dell’Araucania.

XI

Lautaro contro il Attaccò allora Lautaro un’onda sull’altra. Centauro Disciplinò le ombre araucane: (1554) anzi lo stesso coltello di Castiglia

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en pieno pecho de la masa roja. Hoy estuvo scmbrada la guerrilla bajo todas las alas forestales, de piedra en piedra y vado en vado, mirando desde los copihues, acechando bajo las rocas. Valdivia quiso regresar. Fue tarde. Llegó Lautaro en traje de relampago. Siguió el conquistador acongojado. Se abrió paso en las humedas maranas del crepuscolo austral. Llegó Lautaro, en un galope negro de caballos.

La fatiga y la muerte conducian la tropa de Valdivia en el follaje. Se acercaban las lanzas de Lautaro.

Entre los muertos y las hojas iba corno en un tunel Pedro de Valdivia.

En las tinieblas llegaba Lautaro.

Pensò en Extremadura pedregosa, en el dorado aceite, en la cocina, en el jazmin dejado en ultramar. Reconodó el aullido de Lautaro. Las ovejas, las duras alquerias, los muros blancos, la tarde extremena. Sobrevino la noche de Lautaro.

Sus capitanes tambaleaban ebrios de sangre, noche y lluvia hacia el regreso.

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ficcò in pieno petto alla massa scarlatta. Quel giorno fu seminata la guerriglia sotto tutte le ali della selva, di pietra in pietra, e di guado in guado, di sentinella dietro i copihues, e in agguato sotto alle rocce. Valdivia volle ripiegare. Era tardi. Arrivò Lautaro in veste di lampo. Andò avanti il Conquistatore angosciato. S’aprì il passo nell’umida boscaglia del tramonto australe. Arrivò Lautaro, in un nero galoppo di cavalli.

La fatica e la morte guidavano le truppe di Valdivia tra il fogliame. S’appressavano le lance di Lautaro.

In mezzo ai morti e alle foglie passava come in un tunnel Pedro de Valdivia. Nelle tenebre arrivava Lautaro.

Valdivia pensò all’Estremadura sassosa, all’olio d’oro, alle cucine, ai gelsomini lasciati oltre il mare. E riconobbe l’urlo di Lautaro.

Le pecore, le rozze masserie, i muri bianchi, le sere di casa.

Sopraggiunse la notte di Lautaro.

I suoi capitani traballavano, ebbri di sangue, notte e pioggia al ritomo.

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Palpitaban las flechas de Lautaro. De tumbo en tumbo la capitam'a iba retrocediendo desangrada.

Ya se tocaba el pecho de Lautaro.

Valdivia vio venir la luz, la aurora, tai vez la vida, el mar. Era Lautaro.

XII El corarpn di Ptdro di Valdivia

Llevamos a Valdivia bajo el àrbol. Era un azul de lluvia, la manana con frios filamentos de sol deshilachado. Toda la gloria, el trueno, turbulentos yacian en un montón de acero herido. El canelo elevaba su lenguaje y un fulgor de luciémaga mojada en toda su pomposa monarquia. Trajimos tela y càntaro, tejidos grucsos corno las trenzas conyugales, alhajas corno almendras de la luna, y los tambores que llenaron la Araucania con su luz de cuero. Colmamos las vasi]as de dulzura y bailamos golpeando los terrones hechos de nuestra propia estirpe oscura.

Luego golpeamos el rostro enemigo. Lucgo cortamos el valiente cuello.

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Palpitavano i dardi di Lautaro.

Di crollo in crollo la compagnia ormai dissanguata si ritirava.

Già si toccava il petto di Lautaro. Valdivia vide venire la luce, l'alba, la vita, il mare. Era Lautaro.

XH Il cuore Portammo Valdivia sotto l’albero. di Pedro de Valdivia Era un azzurro di pioggia, il mattino con fredde fibre di sole sfilacciato. Tutu la maestà e il tuono giacevano turbolenti sopra un mucchio d’acciaio ferito. La magnolia innalzava il suo linguaggio e un fulgore di lucciola bagnata su tutto lo sfarzoso suo reame.

Portammo tela e brocca, e tessuti rozzi come le trecce coniugali, gemme come mandorle della luna, e tamburi che con luce di cuoio riempirono tutta l’Araucania. Colmammo le anfore di dolcezza e ballammo percuotendo le zolle fatte di nostra stessa oscura stirpe.

Poi colpimmo il volto dell’avversario. E poi tagliammo il valoroso collo.

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Que hermosa fue la sangre del verdugo que repartimos corno una granada, mientras ardia viva todavia. Luego, en el pecho entramos una lanza y el corazón alado corno un ave entregamos al arbol araucano. Subió un rumor de sangre hasta su copa. Entonces, de la tierra hecha de nuestros cuerpos, nació el canto de la guerra, del sol, de las cosechas, hacia la magnitud de los volcanes. Entonces repartimos el corazón sangrante. Yo hundi los dientes en aquella corola cumpliendo el rito de la tierra: "Dame tu frio, extranjero malvado. Dame tu valor de gran tigre. Dame en tu sangre tu colera. Dame tu muerte para que me siga y lieve el espanto a los tuyos. Dame la guerra que trajiste. Dame tu caballo y tus ojos. Dame la tiniebla torcida. Dame la madre del maiz. Dame la lengua del caballo. Dame la patria sin espinas. Dame la paz vencedora. Dame el aire donde respira el canelo, senor florido”.

XIII La dilatala

gfurra

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Luego tierra y océanos, dudades, naves y libros, conocéis la historia qUe desde el territorio hurano corno una piedra sacudida

Che bello fu il sangue del carnefice che spartimmo come una melagrana, mentre bruciava, tuttora vivente. Poi, nel petto conficcammo una lancia e il cuore alato simile a un uccello noi consegnammo all’albero araucano. E un suono di sangue salì alle fronde. Allora, dalla terra fatta dei nostri corpi, nacque il canto della guerra, del sole, dei raccolti, e volò all’imponenza dei vulcani. E noi spartimmo il cuore sanguinante. Io affondai i denti in quella corolla per adempiere il rito della terra: «Dammi il tuo gelo, malvagio straniero. Dammi il tuo coraggio di gran tigre. Dammi col tuo sangue la tua furia. Dammi la tua morte perché mi segua e trasmetta ai tuoi lo spavento. Dammi la guerra che hai portato. Dammi il tuo cavallo e i tuoi occhi. Dammi le tenebre contorte. Dammi la madre del granturco. Dammi la lingua del cavallo. Dammi la patria senza spine. Dammi la pace trionfale. Dammi l’aria dove respira la magnolia, fiorita signora».

xm E poi, terra e oceani, città, guerra navi e libri, già sapete la storia interminabile che dal territorio scontroso come una pietra sbattuta

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llenó de pétalos azules las profundidades del tiempo. Tres siglos estuvo luchando la raza guerrera del roble, tresdentos anos la centrila de Arauco pobló de ccnizas las cavidades imperiales. Tres siglos cayeron heridas las camisas del capitan, tresdentos anos despoblaron los arados y las colmenas, tresdentos anos azotaron cada nombre del invasor, tres siglos rompieron la piel de las aguilas agresoras, tresdentos anos enterraron corno la boca del ocèano techos y huesos, armaduras, tones y titulos dorados. A las espuelas iracundas, de las guitarras adomadas llegó un galope de caballos y una tormenta de ceniza. Las naves volvieron al duro territorio, naderon espigas, crederon ojos cspanoles en el rdnado de la lluvia, pero Arauco bajó las tejas, molió las piedras, abatió los paredones y las vides, las voluntades y los trajes. Ved còrno earn en la tierra los hijos asperos del odio, Villagras, Mendozas, Reinosos, Reyes, Morales, Alderetes, rodaron hada d fondo bianco de las Americas gladales. Y en la noche del tiempo augusto

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riempì di petali azzurri le profondità del tempo. Tre secoli ebbe a lottare la razza guerriera del rovere, trecento anni la folgore d’Arauco colmò di ceneri le caverne imperiali. Tre secoli caddero a morte gli scamiciati del capitano, trecento anni disertarono gli aratri e gli alveari, trecento anni flagellarono ogni nome dell’invasore, tre secoli fecero la pelle alle aquile assalitoci, trecento anni seppellirono, come la bocca dell’oceano, tetti, ossa ed armature, torri e titoli dorati. Fino agli speroni iracondi, dalle chitarre inghirlandate venne un galoppo di cavalli e una bufera di cenere. Le navi tornarono all’aspro territorio, nacquero spighe, e crebbero occhi spagnoli nell’impero della pioggia, ma Arauco strappò le tegole, macinò le pietre, abbatté i muraglioni e le viti, le volontà e gli abiti. Ecco come cadono in terra gli ostinati figli dell’odio, i Viliagra, Mendoza, Reinoso, Reyes, Morales e Alderete rotolarono sino al fondo bianco delle Americhe glaciali. E la notte del tempo solenne

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cayó Imperial, cayó Santiago, cayó Villarrica en la nieve, rodò Valdivia sobre el rio, hasta que el reinado fluvial del Bio-Bio se detuvo sobre los siglos de la sangre y establedó la libertad en las arenas desangradas.

XIV (INTERMEDIO) La Colonia cubre nuestras tierras (U

Cuando la espada descansó y los hijos de Espana dura, corno espectros, desdt reinos y selvas, bacia el trono, montanas de papel con aullidos enviaron al monarca ensimismado: después que en la calleja de Toledo o del Guadalquivir en el recodo, toda la historia pasó de mano en mano, y por la boca de los puertos andavo el ramai harapiento de los conquistadores espectrales, y los ùltimos muertos fueron puestos dentro del ataùd, con procesiones, en las iglesias construidas a sangre, llegó la ley al mundo de los rios y vino el mercader con su bolsita.

Se oscureció la extension matutina, trajes y telaranas propagaron la oscuridad, la tentación, el fuego del diablo en las habitaciones. Una vela alumbró la vasta America llena de ventisqueros y panales,

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cadde Imperiai, cadde Santiago, cadde Vitìarrica sulla neve, rotolò nel fiume Valdivia, e alla fine il regno fluviale del Bio-Bio si arrestò sopra i secoli del sangue per fondare la libertà sulle spiagge dissanguate.

XIV (INTERMEZZO)

La colonia copre le nostre terre (1)

Quando la spada ebbe tregua ed i figli della dura Spagna, come fantasmi, inviarono al distratto monarca dai nuovi regni e dalle selve, al trono, montagne di carta piene di grida: dopo che nel vicolo di Toledo o nell’ansa del Guadalquivir tutta la storia passò di mano in mano, e la discendenza cenciosa degli spettrali conquistatori superò l’imboccatura dei porti, e gli ultimi caduti furono posti nelle bare e portati in processione nelle chiese costruite con sangue, giunse la legge nel mondo dei fiumi e arrivò il mercante con la sua borsa. S’offuscò la distesa mattutina, e vesti e ragnatele diffusero l’oscurità, la tentazione e il fuoco del diavolo fin dentro le dimore. Una candela la vasta America piena di bufere e di amie illuminò,

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y por siglos al hombre habló en vo\ baja, tostò trotando por las callejuelas, se persignó persiguiendo centavos. Llegó el mollo a las calles del mando, esmirriado, lavando las acequias, inspirando de amor entre las cruces, buscando el escondido tenderò de la vida bajo la mesa de la sacristia. La ciudad en la esperma del cerate fermento, bajo los patios negros, y de las raspaduras de la cera elaboro mamgnas infemales.

América, la capa de caoba ententes fue un crepùsculo de llagqs, un laiareto aneytdo de sombras, y en la antigua extension de la frescura credo la reverenda del gusano. El oro levantó sobre las pùstulas machos floras, biedras silendosas, ediftcios de sembra sumergida.

Una mujer recolectaba pus, y el vaso de substanda bebió en honor del deio cada dia, mientras el hambre bailaba en las minas de México dorado, y el coratpn andino del Peni lloraba dulcemente de frio bajo los harapos. En las sombras del dia tenebroso el mercader brtp su reino apenas alumbrado por la hoguera en que el hereje, retorddo, hecbo pavesa, redbia su cucharadita de Cristo.

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e per secoli l’uomo a voce bassa parlò, tossì e trottò per le viuzze, si segnò e corse appresso al centesimo. Giunse il creolo nelle vie del mondo, allampanato, a pulire i canali, a sospirar d’amore tra le croci, a cercare l’occulto sentiero della vita sotto il tavolo della sacrestia. E la città fermentò nello sperma della cera, sotto le nere vesti, e con i tritumi delle candele essa fabbricò pomi infernali L’America, l’alto tronco del mògano, fu a quel tempo un crepuscolo di piaghe, un lazzaretto inondato d’ombre, e, nell’antico ambito del fresco, si sviluppò l’ossequio dell’infame. L’oro inalberò sopra le pustole fiori massicci, edere silenti, edifici d’ombra inabissata.

Una donna andava raccogliendo pus, e un bicchiere di quella sostanza bevve in onore del cielo ogni giorno, mentre nelle miniere del dorato Messico la fame danzava, e il cuore andino del Perù piangeva dolcemente di freddo sotto gli stracci Nelle ombre del giorno tenebroso il mercante eresse il suo regno appena illuminato dal rogo in cui l’eretico, tutto contorto, divenuto scintilla, riceveva la sua piccola sorsata di Cristo.

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Al dia siguiente las senoras, arrecando las crinolinas, recordaban tl cuerpo enloquecido, golpeado y devorado por tl fuego, mientras el aguacil examinaba la minùscula mancha del quemado, grata, cenila, sangre, que lamian los perros.

XV Las haciendas (2)

La tierra andaba entre los mayorangos de doblón en doblón, desconocida, pasta de apariciones y conventos, basta que loda la atul geografia se dividio' en haciendas y encomiendas. Por el espacio muerto iba la llagp del mesta# y el Idtigo del chapeto'n y del negrero. El criollo era un espectro desangrado Ìue recoffa las migpjas, asta que con ellas rtunidas adquiria un pequeno titulo pintado con letras doradas. Y en el carvanal tenebroso salia vestido de conde, orgulloso entre otros mendigos, con un bastonato de piata.

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Il giorno dopo le signore, rassettandosi le crinoline, parlavano del corpo forsennato, sferzato e divorato dal fuoco, mentre l’alguacil esaminava la minuscola macchia del bruciato: grasso, cenere e sangue, che i cani stavano leccando.

XV Le La terra andava da un signore all’altro fattorie di doblone in doblone, sconosciuta, (2) materia di visioni e di conventi, finché tutta l’azzurra geografìa si spartì in fattorie ed encomiendas. Per tutto quello spazio morto andava la piaga del meticcio e lo staffile del nuovo colono e del negriero. Il creolo era un esangue fantasma che raccoglieva le briciole, finché con quelle, unite insieme, comprava un piccolo titolo dipinto a lettere dorate. E in mezzo al tetro carnevale usciva vestito da conte, fiero tra gli altri mendicanti, con un bastoncino d’argento.

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XVI Lai nuovo! propietarios (1)

As( st estancó el tiempo en la cisterna,

El hombre dominado en las vacfas encrucijadas, piedra del castillo, tinta del tribunal, pobló de bocas la corroda ciudad americana. Cuando ya lodo fue pa\y concordia, hospital y virrey, cuando Arellano, Rojas, Tapia, Castillo, Nùtie^ Pére^ Rosales, Lópei^ Jorquera, Bermudr^ los ùltimos soldados de Castilla, envejecieron detras de la Audiencia, cayeron muertos bajo el mamotreto, se fueron con sus piojos a la tumba donde hilaron el sueùo de las bodegas imperiale!, cuando era la rata el ùnico peligro de las tierras encamr^aaas, se asomó el vii^atoo con un saco, el Errdiprr^ con sus alpargatas, el Fernanda^ Latrato a vender velas, el Aldunate de la bayetà, el Ey^aguirre, rey del calcetto. Entraron todos corno pueblo bambriento huyendo de los golpes, del gendarme. Pronto, de cantisela en camiseta, expulsaron al conquistador y estabkcieron la conquista del almacén de ultramarinos. Ententes adquirieron arguito comprado en el mercado negro.

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XVI

1 nuovi Cosi il tempo stagnò nella cisterna, proprietari (3) L’uomo schiacciato nei vuoti crocicchi, inchiostro del tribunale, macigno del castello, popolò di bocche l’ermetica città americana. Quando tutto fu ormai pace e concordia, ospedale e viceré, quando Arellano, Rojas, Tapia, Castillo, NuAez, Pérez, Rosales, Lopez, Jorquera, Bermudez, gli ultimi soldati di Castiglia, invecchiarono nel retro dell’Audiencia, caddero morti sotto gli scartafacci, finirono coi pidocchi nella tomba, dove filarono il sogno delle imperiali cantine, quando il topo era l’unico pericolo delle terre incrudelite, spuntò il Biscaglina con un sacco, l’Errazuriz con le sue scarpe di corda, Fernandez Larrain a vender candele, l’Aldunate con i foderami, e l’Eyzaguirre, re della calzetta.

Vennero tutti come gente affamata, sfuggendo alle frustate e ai gendarmi E ben presto, di camicia in camicia, cacciarono il Conquistador e fondarono il dominio del grande magazzino coloniale E allora misero su superbia acquistata al mercato nero.

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Se adjudicaron baàendas, lótigos, esclavos, catecismos, comisarfas, cepos, conventillos, burdeles, y a todo etto denominaron santa cultura occidental.

XVII Comuneros

del socorro (1781)

Fue Manuela Beltràn (cuando rompió los bandos del opresor, y gritó “Mueran los déspotas”) la qUe lOs nuevos cereales desparramó por nucstra tierra. Fue en Nueva Granada, en la villa del Socorro. Los comuneros sacudieron el virreinato en un eclipse precursor.

Se unieron contra los estancos, contra el manchado privilegio, y levantaron la cardila de las petidones (brales. Se unieron con armas y piedras, milida y mujeres, el pueblo, orden y furia, encaminados hacia Bogota y su linaje. Entonces bajó el Arzobispo. “Tendréis todos vuestros derechos, en notnbre de Dios lo prometo." El pueblo se junto en la plaza.

Y el Arzobispo celebrò una misa y un juramento.

Él era la paz jusddera.

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Si aggiudicarono fattorie, scudisci, schiavi, catechismi, commissariati, ceppi, casupole, bordelli, e tutto questo lo chiamarono sacra cultura occidentale.

XVII Comuneros Fu Manuela Beltran (quando distrusse i bandi di Socorro dell’oppressore, e gridò «A morte i despoti») (1781) colei che i nuovi cereali propagò sulla nostra terra. Fu nella Nueva Granada, nella città di Socorro. I Comuneros scossero il Vicereame in un’eclissi precorritrice.

S’unirono contro i monopoli, contro gli usurpati privilegi, e levarono alto il quaderno delle rivendicazioni legali. S’unirono con armi e pietre, milizie e donne, il popolo, ordine e furore, marciando su Bogota e la sua casta. Venne allora l’Arcivescovo. «Avrete tutti i vostri diritti, in nome d’iddio lo prometto».

Il popolo si adunò in piazza. E l’Arcivescovo celebrò una messa e un giuramento.

Egli era pace con giustizia.

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“Guardaci las annas. Cada uno a vuestra casa", sentendó.

Los comuneros entregaron las annas. En Bogota festejaron al Arzobispo, celebraron su traidón, su pcrjurio, en la misa perfida, y negaron pan y derecho. Fusilaron a los caudillos, rcpartieron entre los pueblos sus caboas redén cortadas, con bendidones del Prelado y bailes en el Virrdnato.

Primeras, pesadas semillas arrojadas a las regiones, pcrmanecéis, degas estatuas, incubando en la noche hostil la insunecdón de las cspigas.

XVIII Tùpat Anun

(17Ì1J

Condorcanqui Tupac Amaru, sabio senor, padre justo, viste subir a Tungasuca la primavera desolarla de los escalones andinos, y con ella sai y desdicha, iniquidades y tormentos.

Senor Inca, padre cadque, todo en tus ojos se guardaba corno en un coire rainnado por el amor y la tristcza.

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«Mettete da parte le armi. Ognuno a casa sua», dichiarò.

I Comuneros consegnarono le armi. E a Bogotl festeggiarono 1’Arcivescovo, celebrarono il suo tradimento, lo spergiuro nell’infida messa, e negarono pane e diritti. Essi fucilarono i capi, mandarono in giro nei villaggi le loro teste da poco tagliate, con benedizioni del Prelato e danze nel Vicereame. I primi, i più gravidi semi scaraventati sul paese, voi rimarrete, o cieche statue, covando nella notte avversa l’insurrezione delle spighe.

xvm TupacAmaru Condorcanqui Tupac Amara, (1781) saggio signore, giusto padre, vedesti sorgere a Tungasuca la primavera desolata dai terrazzamenti andini, e con essa sale e disgrazia, ingiustizie e tribolazioni. Signore Inca, padre cacicco, il tuo sguardo tutto serbava come un cofano calcinato dall’amore e dalla tristezza.

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El indio te mostrò la espalda en que las nuevas mordeduras brillaban en las cicatrices de otros casrigos apagados, y era una espalda y otra espalda, toda la altura sacudida por las cascadas del sollozo. Era un sollozo y otro sollozo. Hasta que armaste la jomada de los pueblos color de tierra, recogiste el llanto en tu copa y enduredste los senderos. Llegó el padre de las montanas, la pólvora levantó caminos, y bacia los pueblos humillados llegó el padre de la batalla. Tiraron la manta en el polvo, se unieron los viejos cuchillos, y la caracola marina llamó los vinculos disperses. Contra la piedra sanguinaria, contra la merda desdichada, contra el metal de las cadenas. Pero dividieron tu pueblo y al hermano contra el hermano enviaron, hasta que cayeron las piedras de tu fbrtaleza: ataron tus micmbros cansados a cuatro caballos rabiosos y descuartizaron la luz del amanecer implacable. Tupac Amaru, sol venddo, desde tu gloria desgarrada sube corno el sol en el mar una luz desaparedda. Los hondos pueblos de la ardila,

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L’indio ti mostrò la sua schiena nella quale i nuovi morsi spiccavano sulle cicatrici di altri passati castighi, ed era una e un’altra schiena, tutte le montagne agitate dalle cascate del singhiozzo

Era un singhiozzo e un altro ancora. Finché tu armasti la giornata di popoli color di terra, raccogliesti nel tuo calice il pianto e induristi i sentieri. Sopraggiunse il padre dei monti, le esplosioni aprirono strade, e verso i villaggi umiliati accorse il padre della battaglia. Gettarono la coperta alla polvere, s’unirono i vecchi coltelli, e la buccina di mare richiamò i contatti perduti. Contro la pietra cruenta, contro l’inerzia sfortunata, contro il metallo delle catene. Ma divisero il tuo popolo e contro il fratello spinsero il fratello, fino a che caddero le pietre della tua fortezza. Legarono le tue membra stanche a quattro cavalli focosi e squartarono la luce dell’implacabile aurora. Tupac Amaru, sole sconfitto, dalla tua gloria lacerata sorge, come il sole dal mare, una luce mai più veduta. I profondi villaggi della creta,

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los telares sacrificados, las humcdas casas de arena dicen en silendo: “Tupac”, y Tupac es una semilla, dicen en silencio: “Tupac”, y Tupac se guarda en el surco, dicen en silencio: “Tupac”, y Tupac germina en la tierra.

XIX Amfrica

insumcta (ISOOJ

Nuestra tierra, ancha tierra, soledades, se pobló de rumores, brazos, bocas. Una callada silaba iba ardiendo, congregando la rosa clandestina, hasta que las praderas trepidaron cubiertas de metalcs y galopes. Fue dura la verdad corno un arado. Rompió la tierra, establedó el deseo, hundió sus propagandas germinalcs y nació en la secreta primavera. Fue callada su fior, fue rechazada su reunión de luz, fue combatida la levadura colectiva, el beso de las banderas escondidas, pero surgió rompicndo las paredes, apartando las càrceles del suelo.

El pueblo oscuro fue su copa, redbió la substanda rechazada, la propagò en los limites maritimos, la machacó en morteros indomables. Y salió con las paginas golpeadas y con la primavera en el camino.

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i telai sacrificati, le umide case di sabbia dicono in silenzio: « Tupac >, ed è Tupac una semente; dicono in silenzio: « Tupac », e Tupac permane nel solco; dicono in silenzio: « Tupac », e nella terra germina Tupac.

XIX America La nostra terra, ampia terra, solitudini, insorta s’affollò di rumori, braccia, bocche. (1800) Una taciuta sillaba bruciava, componendo la rosa clandestina, finché tremarono le praterie coperte di metalli e di galoppi. Dura fu la verità come un aratro.

Ruppe la terra, stabilì l’impegno, tuffò le sue propagande germinali, nacque nella segreta primavera. Fu ammutolito il suo fiore, respinta la sua unione di luce, combattuto il suo lievito collettivo e il suo bacio alle bandiere nascoste, ma essa si levò, travolse i muri, e rimosse le prigioni dal suolo. Il popolo oscuro fu il suo calice, accolse la sostanza tormentata, la propagò ai confini dei mari, la pestò entro indomabili mortai. Essa uscì con le pagine sferzate e con la primavera sulla strada.

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Hora de ayer, hora de mediodia, hora de hoy otra vez, bora esperada entre el minuto muerto y el que nace, en la erizada edad de la mentirà. Patria, nadste de los lenadores, de hijos sin bautizar, de carpinteros, de los que dieron corno un ave extrana una gota de sangre voladora, y hoy naceràs de nuevo duramente, desde donde el traidor y el carcelero te creen para siempre sumergida.

Hoy naceras del pueblo corno entonces. Hoy saldras del carbón y del rodo. Hoy llegaras a sacudir las puertas con manos maltratadas, con pedazos de alma sobreviviente, con radmos de miradas que no cxtinguió la muerte, con herramientas huranas armadas bajo los harapos.

XX Bernardo O'Higgins, para celebrarle 0 Higpns a media luz hay que alumbr^r la sala. Riquelme A media luz del sur en otono (1810J temblor infinito de alamos.

Eres Chile, entre patriarca y huaso, eres un poncho de provinda, un nino que no sabe su nombre todavia, * un nino ferreo y timido en la escuela, un jovendto triste de provinda. En Santiago te sientes mal, te miran

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Ora di mezzodì, ora di ieri, ora d’oggi di nuovo, ora attesa tra il minuto morto e quello che spunta, nella spinosa età della menzogna. Patria, tu nascesti dai taglialegna, da figli imbattezzati, da falegnami, da quanti diedero, come un uccello strano, una goccia di sangue alato, e oggi rinascerai aspramente da dove il traditore e il carceriere ti credono per sempre sprofondata. Come allora nascerai dal popolo. Dal carbone uscirai, dalla rugiada. Oggi verrai a bussare alle porte con mani maltrattate, con frammenti d’anima superstite, con grappoli di sguardi che la morte non ha spento, con attrezzi di rivolta, nascosti come armi sotto gli stracci.

XX Bernardo O’Higgins Riquelme (1810)

O’Higgins, per glorificarti in penombra va illuminata la stanza. In penombra nel sud in autunno, con infinito tremore di pioppi.

Mezzo patriarca e huaso, tu sei Cile, tu sei un poncho di provincia, un bambino che non conosce ancora il proprio nome, un bimbo ferrigno e timido a scuola, un giovinetto mesto di provincia. A Santiago stai male, ti guardano

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el traje negro que te queda largo, y al cruzarte la banda, la bandcra de la patria que nos hidste, tenia olor de yuyo maturino para tu pecho de estatua campestre.

Joven, tu profesor Inviemo te acostumbró a la lluvia y en la Universidad de las calles de Londres la niebla y la pobreza te otorgaron sus titulos y un elegante pobre, errante incendio de nuestra libertad, te dio consejos de àguila prudente y te embarcò en la Historia. “Còrno se llama usted”, reian los “caballeros" de Santiago: hijo de amor, de una noche de inviemo, tu condidón de abandonado te construyó con argamasa agreste, con seriedad de casa o de madera trabajada en el Sur, definitiva. Todo lo cambia el tiempo, todo menos tu rostro.

Eres, O'Higgins, reloj invariable con una sola hora en tu candida esteri: la hora de Chile, el unico minuto que permanece en el horario rojo de la dignidad combatiente. Asi estaràs igual entre los muebles de palisandro y las hijas de Santiago, que rodeado en Rancagua por la muerte y la pólvora.

Eres el mismo sòlido retrato de quien no tiene padre sino patria, de quien no tiene novia sino aquella

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l’abito nero che ti sta un po’ lungo, e, infilandoti la sciarpa, la bandiera della patria che per noi forgiasti, aveva odore d’erba mattutina per il tuo petto di statua campestre.

Giovane, il professore Inverno ti esercitò alla pioggia, e nella Università delle vie di Londra nebbia e povertà t’assegnarono i loro titoli; là un povero elegante, incendio errante della nostra libertà, ti diede consigli d’aquila prudente e t’imbarcò nella Storia. «Come si chiama lei?», ridevano i caballeros di Santiago: figlio d’amore, d’una notte d’inverno, la tua condizione di trovatello ti costruì con agreste calcina, con severità di casa o di legname lavorato nel Sud, definitivo. Tutto cambia il tempo, tutto meno il tuo viso.

Tu sei, O’Higgins, un orologio invariabile con una sola ora sul candido quadrante: l’ora del Cile, l’unico minuto che dura e resta nell’orario rosso della dignità combattente. Così sempre sarai sia tra i mobili di palissandro e le figlie di Santiago, sia a Rancagua, circondato dalla morte e dagli spari.

Tu sei la stessa solida immagine di chi non ha padre ma ha una patria, di chi non ha sposa ma ha quella

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tierra con azahares que te conquistata la artilleria. Te veo en el Peru escribiendo cartas. No hay dcsterrado igual, mayor exilio. Es toda la provincia desterrada.

Chile se iluminó corno un salón cuando no estabas. En derroche, un rigodón de ricos substituye tu disciplina de soldado ascetico, y la patria ganada por tu sangre sin ti fue gobemada corno un baile que mira el pueblo hambriento desde fuera. Ya no podias entrar en la fiesta con sudor, sangre y polvo de Rancagua. Hubiera sido de mal tono para los caballeros capitales. Hubiera entrado contigo el camino, un olor de sudor y de caballos, el olor de la patria en Primavera.

No podias estar en este baile. Tu fiesta fue un castillo de explosiones. Tu baile desgrenado es la contienda. Tu fin de fiesta fue la sacudida de la derrata, el pervenir aciago hada Mendoza, con la patria en brazos. Ahora mira en el mapa bacia abajo, hada el delgado cinturón de Chile y coloca en la nieve soldaditos, jóvenes pensativos en la arena, zapadores que brillan y se apagan.

Ciara los ojos, duerme, suena un poco, tu ùnico sueno, el unico que vuelve

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terra con fiori d’arancio che ti conquisterà l’artiglieria.

Ti vedo in Perù a scrivere lettere. Non c’è eguale proscritto, maggiore esilio. Esule è con te tutta la provincia.

Il Cile s’illuminò come un salone quando tu non c’eri. Nello sperpero, un minuetto di ricchi rimpiazza la tua norma d’ascetico soldato, e la patria acquistata dal tuo sangue senza di te fu retta come un ballo che dalla via osserva il popolo affamato. Tu non potevi entrare nella festa con sudore, sangue e polvere di Rancagua. Sarebbe stato di cattivo gusto per i caballeros della capitale. Sarebbe entrata assieme a te la strada, un odore di sudore e cavalli, l’odore della patria a primavera. Tu non potevi stare a quel ballo. La tua festa fu un castello di spari. Il tuo ballo scapigliato è la battaglia. Tua fine di festa fu l'urto dello scacco, la sfortuna che t’aspetta a Mendoza dove la patria vien portata a braccia.

Adesso guarda laggiù sulla carta, verso la sottile cinta del Cile e schiera sulla neve i soldatini, giovani pensierosi sulla sabbia, zappatori che brillano e si spengono.

Sì, chiudi gli occhi, dormi, sogna un poco il tuo unico sogno, che ritorna

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hada tu corazón: una bandcra de tres colores en el Sur, cayendo la lluvia, el sol rural sobre tu tierra, los disparos del pueblo en rebeldia y dos o tres palabras tuyas cuando fueran estrictamente necesarias. Si suenas, hoy tu sueno està cumplido. Suonalo, por lo menos, en la tumba. No sepas nada mas porquc, corno antes, después de las batallas victoriosas, bailan los senoritos en Palado y el mismo rostro hambriento mira desde la sombra de las calles. Pero hemos heredado tu fìrmcza, tu inalterable corazón callado, tu indestructible posiaón paterna, y tu, entre la avalancha cegadora de husares del pasado, entre los àgiles uniformes azules y dorados, cstas hoy con nosotros, eres nuestro, padre del pueblo, inmutable soldado.

XXI San Martin

(1810)

Anduvb, San Martin, tanto y de sitio en sitio, que descarte tu traje, tus espuelas, sabia que alguna vez, andando en los caminos hechos para volver, en los finales de cordillera, en la pureza de la intemperie que de ti heredamos, nos ibamos a ver de un dia a otro. Cuesta diferendar entre los nudos de ceibo, entre raices, entre senderos senalar tu rostro,

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solitario al tuo cuore: una bandiera tricolore nel Sud, mentre cadono la pioggia, il sole agreste sulla patria, gli spari del tuo popolo in rivolta e due o tre parole tue, pronunciate quando era strettamente necessario. Se sogni, oggi il tuo sogno è realizzato. Sognalo, per lo meno, nella tomba! Ignora il resto, poiché, come prima, finite le battaglie vittoriose, ballano i sefloritos a Palazzo e il medesimo volto affamato sta a guardare dall’ombra delle vie. Ma la tua costanza abbiamo ereditato, il tuo inalterabile cuore muto, il tuo invincibile senso paterno, e tu, in mezzo alla valanga accecante degli ussari del passato, fra le snelle uniformi azzurre e dorate, tu sei oggi con noi, tu sei nostro, padre del popolo, immutabile soldato.

XXI

San Martin Tanto ho viaggiato, San Martin, da un posto all’altro, (1810) che ho trascurato il tuo abito e i tuoi speroni; sapevo che una volta, percorrendo le strade aperte al mio ritorno, agli estremi della cordigliere, nella purezza dell’intemperie che tu ci hai lasciato, ci saremmo incontrati un giorno o l’altro.

Non è facile orientarsi tra i nodi del ceibo, tra tante radici, tre i sentieri ravvisare il tuo viso,

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entre los pàjaros distinguir tu mirada, encontrar en el aire tu existenda.

Eres la tierra que nos diste, un ramo de cedrón que golpea con su aroma, que no sabemos dónde està, de dónde llega su olor de patria a las praderas. Te galopamos, San Martin, salimos amanedendo a recorrer tu cuerpo, respiramos hectàreas de tu sombra, hacemos fuego sobre tu estatura. Eres extenso entre todos los héroes.

Otros fueron de mesa en mesa, de encrudjada en torbcllino, tu fuiste construido de confines, y empczamos a ver tu geografia, tu planine final, tu territorio. Mientras mayor el tiempo disemina corno agua eterna los terrones del rencor, los afilados hallazgos de la hoguera, mas terreno comprendes, mas semillas de tu tranquilidad pueblan los cerros, màs extension das a la primavera. El hombre que construye es luego el humo de lo que construyó, nadie renace de su propio braserò consumido: de su disminudón hizo existencia, cayó cuando no tuvo màs que polvo.

Tu abarcaste en la muerte màs espacio. Tu muene file un sdendo de granerò. Paso la vida tuya, y otras vidas.

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tra gli uccelli distinguere il tuo sguardo, e nell’aria scoprire la tua vita. Tu sei la terra che ci hai dato, un ramo di cedro che colpisce col suo aroma, che non sappiamo dove sta, da dove viene il suo odore di patria nei campi. Ti galoppiamo, San Martin, usciamo a far l’alba percorrendo il tuo corpo, respiriamo ettari di tua ombra, facciamo il fuoco sulla tua statura.

Tu sei il più vasto di tutti gli eroi. Altri andarono di tavola in tavola, da un crocevia a un turbine, tu andasti costruito di confini: di te già vedemmo la geografia, la pianura finale, il territorio. E quanto più il tempo dissemina come acqua eterna le zolle del rancore, gli affilati rinvenimenti del rogo, tanto più terreno abbracci, più semi della tua calma riempiono i colli, più ampiezza trasmetti alla primavera.

L’uomo che crea è subito il fumo di quanto creò, nessuno rinasce dal suo stesso braciere consumato: del suo umiliarsi egli fece esistenza, e quando non ebbe che polvere cadde. Tu nella morte occupasti più spazio. La tua morte fu un silenzio di granaio. Passò la tua vita, ed altre vite,

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se abrieron puertas, se elevaron muros y la espiga salió a ser derramada. San Martin, otros capitana fulguran mas que tu, llevan bordados sus pàmpanos de sai fosforescente, otros hablan aun corno cascadas, pero no bay uno corno tu, vestido de tierra y soledad, de nieve y trébol. Te encontramos al retornar del rio, te saludamos en la forma agraria de la Tucumania florida, y en los caminos, a caballo te cruzamos corriendo y levantando tu vestidura, padre polvoriento.

Hoy el sol y la luna, el viento grande maduran tu linaje, tu sencilla composition: tu verdad era verdad de tierra, arenoso amasijo, estable corno el pan, lamina fresca de greda y cereales, pampa pura. Y asi eres hasta hoy, luna y galope, estación de soldados, intemperie, por donde vamos otta vez guerreando, cambiando entre pueblos y Danuras, estableciendo tu verdad terrestre, esparciendo tu germen espadoso, aventando las p'aginas del trigo.

Asi sea, y que no nos acompane la paz hasta que entremos después de los combates, a tu cuerpo y duerma la medida que tuvimos en tu extension de paz genninadora.

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si aprirono porte, s’alzarono muri e alla semina fu portata la spiga.

San Martin, altri capitani brillano più di te, portano tralci ricamati con sale fosforescente, altri parlano simili a cascate; ma nessuno è come te, vestito di terra e solitudine, di neve e trifoglio. Ti troviamo ritornando dal fiume, ti salutiamo al modo contadino della Tucumania fiorita, e per le strade, a cavallo t’incontriamo mentre corri e sollevi i tuoi vestiti, padre polveroso. Oggi il sole e la luna, il vento grande maturano la stirpe, la semplice tua creazione: la tua verità era fatta di terra, impasto arenoso, salda come pane, lamina fresca di creta e cereali, pampa pura. E sei così anche oggi, luna e galoppo, bivacco di soldati, intemperie, dove stiamo di nuovo a guerreggiare, a marciare tra villaggi e pianure, ad affermare il tuo terrestre vero, a seminare il tuo germe spazioso, e dare al vento le pagine del grano.

Così sia, e non sia con noi la pace fino a che, terminate le battaglie, noi potremo rientrare nel tuo corpo, e riposi la misura che cogliemmo nella tua ampiezza di pace feconda.

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XXII Mina (1817)

Mina, de las vertientes montanosas Dogaste corno un hilo de agua dura. Espana clara, Espana transparente te parió entre dolores, indomable, y tienes la dureza luminosa del agua torrendal de las montanas. Largamente, en los siglos y las tierras, sombra y fulgor en tu cuna lucharon, unas rampantes degollaban la claridad del pueblo, y los antiguos halconeros, en sus almenas edesiasticas, acediaban el pan, negaban entrada al rio de los pobres.

Pero siempre en la torre despiadada, Espana, hidste un hueco al diamante rebelde y a su estirpe de luz agonizante y renaciente.

No en vano el cstandarte de Castilla tiene el color del viento comunero, no en vano por tus cuencas de granito corre la luz azul de Garcilaso, no en vano en Cordoba, entre aranas sacerdotales, deja Góngora sus bandejas de pedreria aljofaradas por el hielo. Espana, entre tus garras de cruel antigùedad, tu pueblo puro sacudió las raices del tormento,

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XXII

Mina Mina, tu dai versanti montagnosi (1817) giungesti, come un filo d’acqua dura. La chiara Spagna, la Spagna trasparente, ti partorì nei dolori, indomabile, e oggi tu hai l’asprezza luminosa dell’acqua torrenziale di montagna. A lungo, nei secoli e nelle terre, ombra e fulgore sulla tua culla contesero, unghie rampanti scannavano la limpidezza del popolo, e gli antichi falconieri, dai loro torrioni ecclesiastici, spiavano il pane, negavano l’accesso al fiume dei poveri. Sempre però nella torre spietata, apristi, o Spagna, un varco al diamante ribelle e alla sua stirpe di luce che agonizza e che rinasce.

Non invano lo stendardo di Castiglia ha il colore del vento comunero, non invano nelle tue valli di granito corre la luce azzurra di Garcilaso, non invano a Córdoba, tra doppieri sacerdotali, Góngora dissemina i suoi vassoi di pietre preziose tutti imperlati di gelo. Spagna, tra i tuoi artigli di crudele antichità, il tuo popolo puro della tortura ha scosso le radici,

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sufragó las acémilas feudales con invencible sangre derramada, y en ti la luz, conio la sotnbra, es vieja, gastada en devorantes cicatrices. Junto a la paz del albanil cruzada por la respiradón de las encinas, junto a los manantiales estrellados en que cintas y sflabas reluccn, sobre tu edad, corno un temblor sombrio, vive en su escalinata el gerifalte.

Hambre y dolor fueron la silice de tus arenas ancestrales y un tumulto sordo, enredado a las raices de tus pueblos, dio a la libertad del mundo una etemidad de relampagos, de cantos y de guerrilleros. Las hondonadas de Navarra guardaron el rayo reciente. Mina sacó dei predpido el collar de sus guerrilleros: de las aldeas invadidas, de las pobladones nocturnas extrajo el fuego, alimentò la abrasadora resistenda, atravesó fuentes ncvadas, atacó en ràpidos recodos, surgió de los desfiladeros, brotó de las panaderias.

Lo sepultaron en prisiones, y al alto viento de la sierra retomó, revuelto y sonoro, su manantial intransigente.

A America lo lleva el viento

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ha pagato i tributi feudali con l’invincibile sangue versato, e in te la luce, come l’ombra, è vecchia, sciupata in divoranti cicatrici. Accanto alla pace del muratore, percorsa dal respiro delle querce, accanto alle sorgenti stellate in cui risplendono sillabe e nastri, sulla tua età, come un cupo tremore, vive sulle sue scale il girifalco.

Fame e dolore furono la selce delle tue sabbie ancestrali e un sordo tumulto, intrecciato alle radici dei tuoi popoli, diede alla libertà del mondo un’eternità di baleni, di canti e di guerriglieri.

Le basse terre di Navarra serbarono l’ultimo raggio. Mina strappò dal precipizio la collana dei suoi guerriglieri: dai villaggi devastati, dalle popolazioni notturne egli estrasse il fuoco, alimentò la resistenza incendiaria, valicò fonti nevose, attaccò con rapide svolte, balzò dalle gole montane, spuntò dalle panetterie. Lo seppellirono in prigioni, e all’alto vento della sierra tornò, tumultuosa e sonora, la sua irremovibile sorgente.

In America lo porta il vento

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de la libertad espanola, y de nuevo atraviesa bosques y fertilità las praderas su corazón tnagotable. En nuestra lucha, en nuestra tierra se desangraron sus cristales, luchando por la libertad indivisible y desterrada. En Mexico ataron el agua de las vertientes espanolas. Y quedó inmóvil y callada su transparent» caudalosa.

XXIII Miranda muert en la niehla (Il 16}

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Si entrAis a Europa tarde con sombrero de copa en el jardin condecorado por màs de un Otono junto al mArmol de la fuente mientras caen hojas de oro harapiento en el Imperio si la puerta recorta una figura sobre la noche de San Petersburgo tiemblan los cascabeles del trineo y alguien en la soledad bianca alguien el misrno paso la misma pregunta si tu sales por la florida puerta de Europa un caballero sombra traje inteligencia signo cordón de oro Libertad Igualdad mira su frente entre la artilleria que truena si en las Islas la aìfombra lo conoce la que redbe océanos Pase Ud Ya lo creo Cuantas embarcadones Y la niebla siguiendo paso a paso su jornada

della libertà spagnola, e di nuovo attraversa boschi e fertilizza praterie il suo cuore inesauribile.

Nella lotta e nella terra nostra si dissanguarono i suoi cristalli, combattendo per la libertà indivisibile e proscritta. Nel Messico imbrigliarono l’acqua dei versanti spagnoli. E rimase immobile e muta la sua copiosa trasparenza.

xxm Miranda muore nella nebbia (1816)

Se entrate in Europa a sera con cappello a cilindro nel giardino adomato da più di un autunno accanto al marmo della fonte mentre cadono foglie di sbrindellato oro sull’impero e se la porta staglia un’immagine sopra la notte di San Pietroburgo tremulano i sonagli della slitta e uno nel deserto bianco uno lo stesso passo la stessa domanda se tu esci dalla porta fiorita d’Europa un cavaliere abito ombra intelligenza segno cordone d’oro Libertà Eguaglianza guarda la sua fronte in mezzo all’artiglieria che tuona e nelle Isole il tappeto lo conosce che riceve oceani Lei passi Prego Quante imbarcazioni Poi la nebbia che segue passo passo la sua giornata

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si cn las cavidades de logias librerias hay alguien guarite espada con un mapa con la carpeta pululante llena de pobladones de navios de aire si en Trinidad hacia la costa el humo de un combate y de otro el mar de nuevo y otta vez la escalera de Bay Street la atmosfera que lo recibe impenetrable corno un compatto interior de manzana y otra vez està mano patricia este azulado guante guerrero en la antesala largos caminos guerras y jardines la denota en sus labios otra sai otra sai otro vinagre ardiente si en Cadiz amarrado al muro por la gruesa cadena su pensamiento el frio horror de espada el riempo el cautiverio si bajàis subterràneos entre ratas y la mamposteria leprosa otro cerrojo en un cajón de ahorcado el viejo rostro en donde ha mueno ahogada una palabra una palabra nuestro nombre la tierra hacia donde querian ir sus pasos la libertari para su fuego errante lo bajan con cordeles a la mojada tierra enemiga nadie saluda hace frio hace frio de tumba en Europa

XXIV EPISODIO José Miguel Carrera (IHIO)

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Dijiste Libertari antes que nadie, cuando el susuno iba de piedra en piedra, escondido en los patios, humillado.

se nelle cavità di logge librerie c’è qualcuno guanto o spada con la mappa con la cartella pullulante piena di popolazioni di navi d’aria se a Trinidad verso la costa il fumo di una battaglia e un’altra il mare ancora e un’altra volta le scale di Bay Street l’atmosfera che lo riceve impenetrabile come una compatta polpa di mela e ancora questa mano patrizia questo guanto guerriero tinto d’azzurro nell’anticamera e lunghe strade e guerre e giardini la sconfina nelle sue labbra altro sale altro sale e altro aceto bruciante se a Cadice attaccato al muro dalla rozza catena il suo pensiero il freddo orrore della spada la prigionia il tempo se scendete nei sotterranei fra i topi e le pareti lebbrose un altro chiavistello in un feretro d’impiccato il vecchio viso dove è morta affogata una parola una parola il nostro nome la terra dove volevano dirigersi i suoi passi la libertà per il suo fuoco errante lo calano con le corde nell’umida terra nemica nessuno saluta fa freddo fa un freddo di tomba sull’Europa.

XXIV EPISODIO

José Miguel Dicesti Libertà prima d’ogni altro, Carrera che già il sussurro andava tra le pietre, (1810) umiliato e nascosto nei cortili.

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Dijiste Libertad antes que nadie. Liberaste al hijo del esclavo. Iban corno las sombras mercaderes vendiendo sangre de mares extranos. Liberaste al hijo del esclavo. Establedste la primera imprenta. Llegó la letra al pueblo oscurecido, la noticia secreta abrió los labios. Establedste la primera imprenta. Impiantaste la escuela en el convento. Retrocedió la gorda telarana y el rincon de los diezmos sofocantes. Impiantaste la escuela en el convento. CORO

Conózcase tu condidón attiva, Senor centelleante y aguerrido. Conózcase lo que cayó brillando de tu velocidad sobre la patria. Vuelo bravio, corazón de purpura. Conózcanse tus llaves dcsbocadas abriendo los cerrojos de la noche. Jinete verde, rayo tempestuoso. Conózcase tu amor a manos llenas, tu lampara de luz vertiginosa. Radmo de una cepa desbordante. Conózcase tu esplendor «istantàneo, tu errante corazón, tu fiiego diurno.

Hierro iracundo, petalo patrido. Conózcase tu rayo de amenaza destrozando las cupulas cobardes. Torre de tempestad, ramo de acada. Conózcase tu espada vigilante, tu fundadón de fiiciza y meteore.

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Dicesti Libertà prima d’ogni altro. Liberasti il figlio dello schiavo. Come ombre giravano i mercanti a vender sangue di mari stranieri. Liberasti il figlio dello schiavo. Tu fondasti la prima stamperia. La lettera giunse al popolo ignaro, la notizia segreta aprì le labbra. Tu fondasti la prima stamperia. Impiantasti la scuola nel convento. Retrocedè l’enorme ragnatela e lo scrigno delle odiose decime. Impiantasti la scuola nel convento. CORO

Si sappia della tua fiera condotta, Signore scintillante ed agguerrito. Si sappia ciò ch’è caduto, brillando, dal tuo rapido volo sulla patria. Volo selvaggio, cuore di porpora.

Si conoscano le chiavi sfrenate che t’aprivano gli usci della notte. Verde cavaliere, raggio furioso. Si sappia che tu ami a mani piene, e che diffondi luce vorticosa. Grappolo d’un tronco straripante. Di te si conosca il cuore vagante, l’immediato lampo e il diurno fuoco. Ferro iracondo, petalo patrìzio. Si conosca il fulmine di minaccia con cui spezzi le cupole vigliacche. Torre di tempesta, ramo d’acacia. Si conosca la tua solerte spada, la tua base di forza e meteora.

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Conózcase tu rapida grandeza. Conózcase tu indomable apostura.

EPISODIO

Va por los mares, entre idiomas, vestidos, aves extranjeras, trae naves libertadoras, escribe fuego, ordena nubes, desentrana sol y soldados, cruza la niebla en Baltimore gastandose de puerta en puerta, créditos y hombres lo desbordan, lo acompanan todas las olas. Junto al mar de Montevideo, en su habitadón desterrada, abre una imprenta, imprime balas. Hacia Chile vive la flecha de su direcdón insurgente, arde la furia cristalina que lo conduce, y endereza la cabalgata del rescate montado en las cn'nes ddónicas de su despenada agonia. Sus hermanos aniquilados le gritan desde el paredón de la venganza. Sangre suya tihe corno una llamarada en los adobes de Mendoza su tragico trono vado. Sacude la paz planetaria de la pampa corno un drcuito de luciérnagas infernales. Azota las dudadelas con el aullido de las tribus. Ensarta cabezas cautivas en el huracan de las lanzas.

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Di te si sappia la svelta grandezza e si sappia l’invincibile grazia. EPISODIO

Egli va pei mari, tra lingue, vestiti ed uccelli stranieri, porta navi liberatrici, scrive fuoco, governa nubi, sventra il sole e i soldati, scontra la nebbia a Baltimora e si sciupa di porta in porta; uomini e crediti l’invadono, tutte le onde lo accompagnano. Presso il mare di Montevideo, nella sua dimora esiliata, apre una stamperia e stampa bombe. Verso il Cile si muove il dardo del suo comando di rivolta, arde la furia cristallina che lo guida, e così dirige la cavalcata del riscatto in groppa alle cicloniche criniere della sua irruente agonia. I suoi fratelli sbaragliati lo invocano dal muragliene della vendetta. Il suo sangue dipinge come una fiammata sopra i mattoni di Mendoza il suo tragico trono vuoto. Scuote la pace planetaria della pampa al pari di un cerchio di lucciole demoniache. Egli sferza le cittadelle con l’urlo di tutte le tribù. Conficca teste prigioniere nell’uragano delle lance.

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zana y tapiales desdentados, ilamos que le arrojan oro muerto, rodeado por su orgullo inutil corno por una tunica harapienta a la que el polvo de la muerte llega.

Piensa en su desangrada dinastia, en la luna inicial sobre los robles desgarradores de la infanda, la escuela castellana y el escudo rojo y vini de la milida hispana, su tribù asesinada, la dulzura del matrimonio, entre los azahares, el destierro, las luchas por el mundo, O'Higgins el enigma abanderado, Javiera sin saber en los remotos jardines de Santiago. Mendoza insulta su linaje negro, golpea su vencida investidura, y entre las piedras arrojadas sube bada la muerte. Nunca un hombre tuvo un final mas exacto. De las àsperas embestidas, entre viento y bestias, hasta este callejón donde sangraron todos los de su sangre. Cada grada del cadalso lo ajusta a su destino. Ya nadie puede continuar la colera. La venganza, el amor derran sus puertas. Los caminos ataron al errante. Y cuando le disparan, y a través de su pano de principe del pueblo asoma sangre, es sangre que conoce la tierra infame, sangre que ha llegado donde tenia que llegar, al suelo de lagares sedientos que esperaban las uvas derrotadas de su muerte.

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per rovi o per muretti sdentati, per pioppi che gli gettano oro morto, circondato del suo inutile orgoglio come di una tunica cenciosa a cui si attacca polvere di morte.

Pensa alla sua dinastia dissanguata, alla luna iniziale sui roveri irti di graffi dell’infanzia, alla scuola spagnola ed allo scudo rosso e virile della milizia ispana, alla sua tribù assassinata, alle dolci nozze tra le zàgare, all’esilio, alle lotte per il mondo, a O’Higgins enigma militante e a Javiera che ignora i lontani giardini di Santiago. Mendoza insulta la sua stirpe negra, colpisce la sua dignità sconfitta, e, nella pioggia di pietre, egli sale verso la morte. Mai uomo ebbe una fine più esatta. Dalle dure cariche in battaglia, tra bestie e vento, a questa viuzza ove sanguinarono tutti quelli del suo sangue. Ogni scalino del patibolo lo adatta al suo fato. Nessuno ormai può ostinarsi nell’ira. La vendetta, l’amore chiudono gli usci. Le strade hanno intercettato il viandante. E quando lo fucilano, e appena dai suoi panni di principe del popolo compare il sangue, è sangue che conosce la terra infame, sangue che è arrivato dove doveva arrivare, al fondo dei tini assetati che aspettavano le uve sconfitte della sua mone.

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Indagò hada la nieve de la patria. Todo era niebla en la erizada altura.

Vio los fusiles cuyo hierro hizo nacer su amor desmoronado, se sintió sin raices, pasajero del humo, en la batalla solitaria, y cayó envuclto en polvo y sangre conio en dos brazos de bandera.

CORO

Musar infortunado, alhaja ardiente, zarza encendida en la patria nevada. Llorad por él, llorad hasta que mojen, mujeres, vuestras lagrimas la tierra, la tierra que él amò, su idolatria. Llorad, guerreros asperos de Chile, acostumbrados a montana y ola, este vado es corno un ventisquero, està muerte es el mar que nos golpea. No preguntéis por qué, nadie diria la verdad destrozada por la pólvora. No preguntéis quién Rie, nadie arrebata el crecimiento de la primavera, nadie mató la rosa del hermano. Guardemos còlerà, dolor y lagrimas, llenemos el vado dcsolado y que la hoguera en la noche recuerde la luz de las estrellas falleddas. Hermana, guarda tu rencor sagrado. La victoria del pueblo necesita la voz de tu ternura triturada. Extended mantos en su ausencia para que pueda —frio y enterrado— con su sdendo sostener la patria.

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Scrutò verso la neve della patria. Tutto era nebbia nelle ispide alture. Vide i fucili il cui ferro aveva creato il suo amore in frana, si sentì senza radici, viandante del fumo, nella guerra solitaria, e cadde avvolto tra polvere e sangue come tra due braccia di bandiera. CORO

Ussaro sfortunato, gemma ardente, rovo acceso nella patria nevosa. Piangete per lui, piangete, donne, finché il vostro pianto bagni la terra, la terra da lui amata, idolatrata. Piangete, bruschi guerrieri del Cile, abituati a onde e a montagne, questo vuoto è simile a un ghiacciaio, questa morte è il mare che ci flagella. Non chiedete perché: nessuno direbbe la verità squarciata dagli spari. Non domandate chi è stato: nessuno arresta il fiorire della primavera, nessuno ha ucciso la rosa del fratello. Serbiamo ira, dolore e lacrime, e riempiamo il vuoto desolato: il falò della notte ci ricordi la luce delle stelle decedute. Sorella, conserva il sacro rancore. Alla vittoria del popolo occorre la voce del tuo affetto triturato. Distendete manti sulla sua assenza perché egli possa — freddo e seppellito — col suo silenzio aiutare la patria.

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Mas de una vida fue su vida.

Buscò su integridad corno una llama. La muerte fue con él hasta dejarlo para siempre completo y consumido.

ANTISTROFA

Guarde el laurei doloroso su extrema substancia de invierno. A su corona de espinas llevemos arena radiante, hilos de estirpe araucana rcsguarden la luna mortuoria, hojas de boldo fragante resuelvan la paz de su tumba, nieve nutrida en las aguas inmensas y oscuras de Chile, plantas que amò, toronjiles en tazas de greda silvestre, àsperas plantas amadas por el amarillo centauro, negros radmos colmados de elèttrico otono en la tierra, ojos sombnos que ardieron bajo sus besos terrestres. Levante la patria sus aves, sus alas injustas, sus parpados rojos, vuele bada el husar herido la voz del queltehue en el agua, sangre la loica su mancha de aroma escarlata rindiendo tributo a aquel cuyo vuelo extendiera la noche nupdal de la patria y el còndor colgado en la altura inmutable corone con plumas sangrientas el pecho dormido, la hoguera que yace en las gradas de la cordillera, rompa el soldado la rosa iraconda aplastada en el muro abrumado, salte el paisano al caballo de negra montura y hodco de espunta, vuelva al esdavo del campo su paz de raices, su escudo enlutado, levante el mecinico su pilida torre tejida del estano notturno: el pueblo que nace en la cuna tordda por mimbres y manos del héroe, el pueblo que sube de negros adobes de tninas y bocas sulfùricas, el pueblo levante el martirio y la urna y envuelva el recuerdo desnudo con su ferroviaria grandeza y su eterna balanza de piedras y heridas hasta que la tierra fragante decrete copihues mojados y libros abiertos,

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Ben più d’una vita fu la sua vita. Cercò l’integrità come una fiamma. La morte andò con lui fino a lasciarlo per sempre tutto intero e consumato. ANTISTROFA

Conservi il dolente alloro la sua estrema sostanza d’inverno. Alla sua corona di spine portiamo terra raggiante, fili di razza araucana proteggano la funebre luna, foglie di boldo fragrante addolciscano la pace della sua tomba, neve nutrita nelle acque immense e oscure del Cile, piante ch’egli amò, melissa raccolta in tazze di creta silvestre, aspre piante predilette dal giallo centauro, neri grappoli colmi d’elettrico autunno sul mondo, occhi bruni che bruciarono sotto i suoi baci terrestri. Levi la patria i suoi uccelli, le sue ali ingiuste, le sue palpebre rosse, voli verso l’ussaro ferito la voce del queltehue sull’acqua, la loica sanguini la sua macchia d’aroma scarlatto pagando tributo a chi ha sparso col volo la notte nuziale della patria e il condor sospeso nelle immutabili altezze coroni di penne sanguigne il petto assopito, il fuoco che giace sugli scalini della cordigliera, rompa il soldato la rosa furiosa schiacciata sul muro annebbiato, balzi il campagnolo sul cavallo dai neri finimenti e dal muso di spuma, ritorni allo schiavo dei campi la sua pace di radici, il suo scudo in lutto, sollevi il meccanico la sua pallida torre tessuta con stagno notturno: il popolo che nasce nella culla intrecciata di vimini e mani d’eroe, i I popolo che sorge dai neri mattoni di miniere e dalle bocche dello zolfo, il popolo sollevi il martirio e l’urna e avvolga la memoria nuda con la sua ferroviaria grandezza e la sua eterna bilancia di pietre e ferite fino a che la terra fragrante non offra copihues bagnati e libri aperti,

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al nino invencible, a la ràfaga insigne, al tiemo temible y acerbo soldado. Y guarde su nombre en el duro dominio del pueblo en su lucha corno el nombre en la nave resiste el combate marino: la patria en su proa lo inscriba y lo bcse el relampago porque asi fue su libre y delgada y ardiente materia.

XXV CUCCA Manuel R.odrfffie\

Senora, dicen que donde, mi madre dicen, dijeron, el agua y el viento dicen que vieron al guerrillero. Vida

Puede set un obispo, puedc y no puede, puede ser sólo el viento sobre la nieve: sobre la nieve, si, madre, no mires, que viene galopando Manuel Rodriguez. Ya viene el guerrillero por el estero. CUCCA

Pasión

Saliendo de Melipilla, contendo por Talagante, cimando por San Fernando, amaneciendo en Pomaire. Pasando por Rancagua, por San Rosendo,

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al fanciullo invincibile, alla raffica insigne, al tenero temibile e aspro soldato. Ed essa serbi il suo nome nel duro dominio del popolo in lotta, come il nome di una nave resiste alla battaglia sul mare: la patria nella sua prua lo iscriva e il lampo lo baci perché tale è stata la sua sostanza libera, sottile e ardente.

XXV CUECA

Manuel Pare, Signora, dicono, Rodriguez madre, mia madre, dissero, che l’acqua e il vento videro, videro il guerrigliero. Vita Sarà magari un’ombra, sarà o non sarà, forse è solo il vento là, sulla neve, là: là, sulla neve, sì, mamma, non vedi?, a gran galoppo viene, Manuel Rodriguez! Ecco viene il guerrigliero, da quel sentiero. CUECA

Passione Partendo da Melipilla, correndo per Talagante, traversando San Fernando, svegliandosi a Pomaire.

Passando da Rancagua, da San Rosendo,

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por Cauquenes, por Chena, por Nacimiento: por Nacimiento, si, desde Chinigue, por todas partes viene Manuel Rodriguez. Pasale este davel. Vamos con él. CUECA Y mutrtt

Que se apaguen las guitarras. que la patria està de duelo. Nuestra tierra se oscurece. Mataron al guerrillero. En Til-Til lo mataron los asesinos, su espalda està sangrando sobre el camino: sobre el camino, si. Quién lo diria, él que era nuestra sangre, nuestra alegria.

La tierra està Dorando. Vamos callando.

XXVI

(0 Artigas

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Artigas creda entre los matorrales y fue tempestoso su paso porque en las praderas credendo el galope de piedra o campana Uegó a sacudir la indemenda del pàramo corno rcpetida cent ella.

da Cauquenes, da Chena, lì, da Nacimiento, là: là, da Nacimiento, sì, fin da ChiAigiie, da ogni parte viene Manuel Rodriguez. Un fiore dàgli in mano. Con lui restiamo. CUECA

E morte Spenga il suono la chitarra poiché la patria è in lutto. Il nostro paese è nero. Hanno ucciso il guerrigliero. A Til-Til gli assassini l’hanno ammazzato, sanguina la sua spalla là, sulla strada, là: là, sulla strada, sì.

Ah, che mestizia: proprio lui, nostro sangue, nostra letizia!

Tutta la terra è in pianto. Fate silenzio!

XXVI

(I) Artigas Artigas cresceva tra i cespugli, e tempestoso fu il suo passaggio perché nelle praterie il galoppo che cresceva da pietra o campana riuscì a scuotere l’inclemenza del terreno brullo come [ripetuta scintilla,

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llegó a acumular el color celestial extendiendo los cascos sonoros hasta que nadó una bandera empapada en el uruguayano rocio. («)

Uruguay, Uruguay, uruguayanan los cantos del rio uruguayo, las aves turpialcs, la tòrtola de voz malherida, la torre del trueno uruguayo prodaman el grito celeste que dice Uruguay en el viento y si la cascada redobla y repite el galope de los caballeros amargos que hacia la frontera recogen los ultimos grànos de su vittoriosa denota se extiende el unisono nombre de un pàjaro puro, la luz de violin que bautiza la patria violenta. (in)

Oh Artigas, soldado del campo credente, cuando para toda la tropa bastaba tu poncho estrellado por consteladones que tu conocias, hasta que la sangre corrompe y redime la aurora, y despienan tus hombres marchando agobiados por los polvorientos ramales del dia. Oh padre constante del itinerario, caudillo del nimbo, centauro de la polvareda! (IV)

Pasaron los dias de un siglo y siguieron las horas detràs de tu exilio: detràs de la selva enredada por mil telaranas de hierro: detràs del sdendo en que solo caian los frutos podridos sobre los pantanos, las hojas, la lluvia desencadenada, la mùsica del urutau, los pasos descalzos 4C los paraguayos entrando y saliendo en el sol de la sombra, la trenza del làtigo, los cepos, los cuerpos roidos por escarabajos :

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riuscì ad accumulare il colore celestiale diffondendo gli zoccoli sonori fino a che nacque una bandiera inzuppata nella rugiada uruguayana. (H)

Uruguay, Uruguay, s’uruguayano i canti del fiume uruguayo, gli uccelli turpiales, la tortora dalla voce ferita, la torre del tuono uruguayo proclamano il grido celeste che dice Uruguay al vento e se la cascata rimbomba e ripete il galoppo dei tristi cavalieri che verso la frontiera raccolgono gli ultimi frammenti della loro vittoriosa sconfitta s'estende all’unisono il nome d’un uccello puro, la luce di violino che battezza la patria violenta. (HI) Oh Artigas, soldato della campagna in crescita, quando per tutta la truppa bastava il tuo poncho seminato da costellazioni che tu conoscevi, fino a che il sangue corrompe e redime l’aurora, e si destano i tuoi uomini marciando oppressi dai polverosi rami del giorno. Oh padre costante del transito, capo del percorso, centauro del polverone.

(IV)

Passarono i giorni d’un secolo e proseguirono le ore dietro il tuo esilio: dietro la selva impigliata da mille ragnatele di ferro: dietro il silenzio dove solo cadevano le frutta marce sui pantani, le foglie, la pioggia scatenata, la musica dell'urutaù, i passi scalzi dei paraguayani che entravano e uscivano nel sole dell’ombra, la treccia della frusta, i ceppi, i corpi rosicchiati dagli scarabei:

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un grave cerrojo se impuso apartando el color de la selva y el amoratado crepùscolo cerraba con sus dnturones los ojos de Artigas que buscan en su desventura la luz uruguaya.

(v) "Amarlo trabajo el exilio" escribió aquel hcrmano de mi alma y asi el entretanto de America cayó corno parpado oscuro sobre la mirada de Artigas, jinete del escalofrio, opreso en la inmóvil mirada de vidrio de un dèspota, en un reino vario.

(vi) América tuya temblaba con penitenrialcs dolores: Oribes, Alveares, Carreras, desnudos corrian bacia el sacrificio: morian, narian, caian: los ojos del riego mataban: la voz de los mudos hablaba. Los muertos, por fin encontraron partido, por fin conorieron su bando patririo en la muerte. Y todos aquellos sangricntos supieron que pertcnerian a la misma fila: la tierra no tiene adversaries.

(vii) Uruguay es palabra de pàjaro, o idioma del agua, es sflaba de una cascada, es tormento de cristaleria, Uruguay es la voz de las frutas en la primavera fragante, es un beso fluvial de los bosques y la mascara azul del Atlàntico. Uruguay es la rapa tendida en el oro de un dia de viento, es el pan en la mesa de América, la pureza del pan en la mesa.

(vm) Y si Pablo Neruda, el cronista de todas las cosas te debia, Uruguay, este canto, este canto, este curato, està miga de espiga, este Artigas,

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un pesante chiavistello s’interpose ad allontanare il colore della selva e il livido crepuscolo chiudeva con i suoi cerchi gli occhi di Artigas che cercano nella sua disdetta la luce uruguayana.

(V) • Amara fatica l'esilio* scrisse quel fratello dell’anima mia e così il frattempo d’America cadde come una palpebra oscura sopra lo sguardo di Artigas, cavaliere del brivido, vessato nell’immobile sguardo di vetro di un despota, in un regno deserto.

(VI) (.’America tua tremava con dolori sacrificali: gli Oribe, gli Alvear, i Carrera correvano ignudi verso l’olocausto: morivano, nascevano, cadevano: gli occhi del cieco uccidevano: la voce dei muti parlava. I morti, trovarono finalmente partito, finalmente conobbero il loro ruolo patrizio nella morte. E tutti quegli insanguinati seppero di appartenere alla stessa schiera: la terra non ha avversari.

(vn) Uruguay è parola d’uccello, o linguaggio dell’acqua, è sillaba d’una cascata, è strazio di cose cristalline, Uruguay è la voce della frutta nella primavera fragrante, è un bacio fluviale dei boschi e la maschera azzurra dell’Atlantico. Uruguay è panni stesi nell’oro d’un giorno di vento, è il pane sulla mensa d’America, la purezza del pane sulla mensa.

(vm) E se Pablo Neruda, il cronista di tutte le cose ti doveva, Uruguay, questo canto, questo canto, questo racconto, questa briciola di spiga, questo Artigas,

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no falté a mis deberes ni acepté los escrupulos del intransigente: esperé una hora quieta, aceché una bora inquieta, recogi los herbarios del rio, sumergi mi cabeza en tu arena y en la piata de los pejerreyes, en la data amistad de tus hijos, en tus destartalados mercados me acendré hasta sentirme deudor de tu olor y tu amor. Y tal vez esti esento el rumor que tu amor y tu olor me otorgaron en estas palabras oscuras, que dejo en memoria de tu capitan luminoso.

XXVII Guayaquil (li 22)

Cuando entrò San Martin, algo nocturno de camino impalpable, sombra, cuero, entrò en la sala. Bolivar esperaba. Bolivar olfateó lo que llegaba. Él era aèreo, ripido, metilico, todo antidpadón, denda de vuelo, su contenido ser temblaba alli, en el cuarto detenido en la oscuridad de la historia.

Venia de la altura indedble, de la atmósfera constelada, iba su ejérdto addante quebrantando noche y distanda, capitin de un cuerpo invisible, de la nieve que lo seguia. La limpara tembló, la puerta detris de San Martin mantuvo la noche, sus ladridos, un rumor tibio de desembocadura. Las palabras abrieron un sendero que iba y volvia en ellos mismos.

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non ho mancato ai miei doveri né accettato gli scrupoli dell’intransigente: ho atteso un’ora quieta, ho spiato un’ora inquieta, ho raccolto le erbe del fiume, ho immerso il mio capo nella tua sabbia e nell’argento dei tuoi pesci, nella chiara amicizia dei tuoi figli, nei tuoi scomposti mercati, mi sono purificato fino a sentirmi debitore del tuo odore e del tuo amore. E forse sta scritto il rumore che il tuo amore e il tuo odore m’hanno consegnato in queste parole oscure, che lascio in memoria del tuo capitano luminoso.

xxvn Guayaquil Quando entrò San Martin, un che di notturno, (1822) di cuoio, d’ombra, di strada impalpabile, entrò nella sala. Bolivar aspettava. Bolivar fiutò ciò che arrivava. Egli era aereo, svelto, metallico, tutto velocità, scienza del volo, la sua discreta persona tremava là, nella sala immobilizzata nell’oscurità della storia.

Veniva dalle altezze indicibili, dall’atmosfera costellata, e il suo esercito avanzava travolgendo notte e distanza, capitano d’un corpo invisibile, della neve che lo seguiva. La lampada tremò, la porta dietro a San Martin trattenne la notte, i suoi latrati e un suono flebile d’estuario. Le parole dischiusero un sentiero che andava e veniva in loro stessi.

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Aquellos dos cuerpos se hablaban, se rechazaban, se escondian, se incomunicaban, se huian. San Martin traia del Sur un saco de numeros grises, la soledad de las monturas infatigables, los caballos batiendo tierras, agregandose a su fortaleza arenaria. Entraron con él los asperos arrieros de Chile, un lento ejérdto ferruginoso, el espado preparatorio, las banderas con apellidos envejeddos en la pampa. Cuanto hablaron cayó de cuerpo a cuerpo en el sdendo, en el hondo intersticio. No eran palabras, era la profunda emanadón de las tierras advcrsas, de la piedra humana que toca otro metal inaccesible. Las palabras volvieron a su sitio.

Cada uno, delante de sus ojos vela sus banderas. Uno, el tiempo con flores deslumbrantes, otro, el roido pasado, los desgarroncs de la tropa. Junto a Bolivar una mano bianca lo esperaba, lo despedia, acumulaba su-adcate ardiente, extendia el lino en el talamo. San Martin era ilei a su pradera. Su sueno era un galope, una red de correas y peligros.

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Quei due corpi si parlavano, si respingevano, si nascondevano, s’isolavano e si sfuggivano.

San Martin portava dal Sud una sfilza di cifre grige, la solitudine dei finimenti infaticabili, i cavalli che percuotono il suolo e s’uniscono nella loro fortezza arenaria. Entrarono con lui i duri mulattieri del Cile, un lento esercito ferruginoso, lo spazio preparatorio, le bandiere con dei nomi invecchiati nella pampa. Ciò che dissero cadde da un corpo all’altro nel silenzio, nel profondo intervallo. Non erano parole, ma la cupa emanazione delle terre avverse, della pietra umana che tocca un altro metallo inaccessibile. Le parole tornarono al loro posto.

Ognuno, davanti ai suoi occhi vedeva le proprie bandiere. Uno, il tempo con fiori accecanti, l’altro, il passato consunto, e i brandelli della truppa. Presso Bolivar una mano bianca l’aspettava, lo salutava, raccoglieva il suo ardente incitamento, e stendeva il lino sopra il talamo. San Martin non tradiva la prateria. Il suo sogno era un galoppo, una rete di briglie e pericoli.

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Su Ubertad era una pampa unanime. Un orden cereal fue su victoria. Bolivar construia un sueno, una ignorada dimension, un fuego de veloddad duradera, tan incomunicable, que lo bada prisionero, entregado a su substanda.

Cayeron las palabras y el sdendo. Se abrió otra vez la puerta, otra vez toda la noche americana, d ancho rio de muchos labios palpitò un segundo. San Martin regresó de aquella noche bada las soledades, hacia el trigo. Boh'var siguió solo.

XXVIII Sucri

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Sucre en las altas tierras, desbordando el amarillo perfil de los montes. Hidalgo cae, Morelos recoge el sonido, cl temblor de una campana propagado en la tierra y en la sangre. Paez recorre los caminos repartiendo aire conquistado, cae el rodo en Cundinamarca sobre la fratemidad de las heridas, el pueblo insurge inquieto desde la latitud a la secreta célula, emerge un mundo de despedidas y galopes, nace a cada minuto una bandera corno una fior anddpada:

La sua libertà una pampa unanime. Un ordine cereale il suo trionfo. Bolivar costruiva un sogno, un’ignorata dimensione, un fuoco di velocità persistente, così incomunicabile, da renderlo prigioniero, chiuso nella sua essenza.

Caddero le parole, e poi il silenzio. Ancora s’aprì la porta, ancora tutta la notte americana, l’ampio fiume di mille labbra palpitò un istante. San Martin ritornò da quella notte verso le solitudini, verso il grano. Bolivar restò ancora solo.

xxvm Sucre Sucre è nelle alte terre e sovrasta il profilo giallo delle montagne, Hidalgo cade, Morelos raccoglie il suono, il tremito di una campana seminato nella terra e nel sangue. Piez percorre le strade spartendo l’aria conquistata, cade la rugiada a Cundinamarca sulla fraternità delle ferite, il popolo insorge inquieto dalla latitudine alla segreta cellula, emerge un mondo di saluti e di galoppi, nasce in ogni minuto una bandiera come un fiore anticipato:

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banderas hechas de panuelos sangrientos y de libros libres, banderas arrastradas al polvo de los caminos, destrozadas por la cabaliena, abiertas por estampidos y rclampagos. Lai banderai

Nuestras banderas de aquel tiempo fregante, bordadas apenas, naddas apenas, secretas corno un profundo amor, de pronto encamizadas en el viento azul de la pólvora amada.

America, Extensa cuna, espado de estrella, granada madura, de pronto se llenó de abejas tu geografìa, de susurros conduddos por los adobes y las piedras, de mano en mano, se llenó de trajes la calle corno un panai atolondrado. En la noche de los disparos el baile brillaba en los ojos, subia corno una naranja el azahar a las camisas, besos de adiós, besos de harina, el amor amarraba besos, y la guerra cantaba con su guitarra por los caminos.

XXIX

Castro Castro Alves del Brasil, tei para quién cantaste? Alvei Para la fior cantaste? Para el agua del Brasil cuya bermosura dice palabras a las piedras?

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bandiere fatte di fazzoletti insanguinati e di liberi scritti, bandiere trascinate nella polvere delle strade, fatte a pezzi dalla cavalleria, bucate da detonazioni e da lampi.

Le Le nostre bandiere di quel tempo bandiere fragrante, cucite appena, appena nate, segrete come un profondo amore, d’improvviso accese al vento azzurro dell’amato esplosivo. America, vasta culla, spazio di stella, melagrana matura, d’un tratto la tua geografia si colmò d’api, di sussurri trasportati dai mattoni e dalle pietre, di mano in mano la strada s’infittì di vesti come un alveare stordito.

Nella notte degli spari la danza brillava negli occhi, la zàgara alle camicie saliva simile a un’arancia, baci d’addio, baci di farina, l’amore ancorava baci, e la guerra per le strade con la sua chitarra cantava.

XXIX Castro Castro Alves del Brasile, per chi hai cantato? Alves Per il fiore hai cantato? Per l’acqua del Brasile la cui bellezza dice parole alle pietre?

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Cantaste para los ojos, para el perfil cortado de la que amaste entonces? Para la primavera?

Si, pero aquellos pòtalos no tenian rodo, aquellas aguas negras no tenian palabras, aquellos ojos eran los que vieron la muerte, ardian los martirios aun detras del amor, la primavera estaba salpicada de sangre. —Cantò para los esdavos, ellos sobre los barcos corno el racimo oscuro del arbol de la ira viajaron, y en el puerto se desangró el savio dejandonos el peso de una sangre robada.

—Cantò en aquellos dias contra el infierno, contra las afiladas lenguas de la codida, contra el oro empapado en el tormento, contra la mano que empunaba el litigo, contra los directores de tinieblas.

—Cada rosa tenia un muerto en sus raices. La luz, la noche, el deio cubrian de llanto, los ojos se apartaban de las manos heridas y era mi voz la unica que llenaba el sdendo. —Yo quise que del hombre nos salvàramos, yo creia que la ruta pasaba por el hombre, y que de alla tenia que salir el destino. Yo cantò para aquellos que no tenian voz. Mi voz golpeó las puertas hasta entonces cerradas para que, combatiendo, la Libertad entrase. Castro Alves del Brasil, boy que tu libro puro vuelve a nacer para la tierra libre, déjame a m(, poeta de nuestra pobre America, coronar tu cabe^a con el laurei del pueblo. Tu vo\ se unió a la eterna y alta vo\ de los hombres. Cantaste bien. Cantaste corno debe cantane.

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Hai cantato per gli occhi, per il profilo scolpito di colei che hai amato allora? Per la primavera? Sì, ma quei petali non avevano rugiada, quelle acque nere non avevano parole, quegli occhi avevano visto la morte, ancora bruciavano i tormenti dietro l’amore, la primavera era ancora spruzzata di sangue. — Ho cantato per gli schiavi: essi sui bastimenti come il grappolo oscuro dell’albero dell’ira avevano viaggiato, e nel porto s’era dissanguato il naviglio lasciandoci il peso d’un sangue derubato. — Ho cantato in quei giorni contro l’inferno, contro le affilate lingue della cupidigia, contro l’oro inzuppato nel martirio, contro la mano che impugnava la frusta, contro i caporioni delle tenebre. — Ogni rosa aveva un morto alle radici, La luce, la notte, il cielo coprivano di pianto, gli occhi si distoglievano dalle mani ferite e la mia voce era l’unica che riempiva il silenzio.

— Volli che nell’uomo ci salvassimo, credevo che la strada passasse per l’uomo, e che da 11 doveva uscire il destino. Cantai per quelli che non avevano voce. La mia voce bussò alle porte finora sbarrate perché, combattendo, la Libertà potesse entrare. Castro Alves del Brasile, oggi che il tuo libro puro toma a nascere per la libera terra, lascia che io, poeta della nostra povera America, incoroni la tua testa con l'alloro del popolo. La tua voce s'è unita all’eterna e alta voce degli uomini. Bene hai cantato. Come si deve cantare hai cantato.

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XXXI Marron (li42)

Alta es la noche y Morazan vigila. Es hoy, ayer, manana? Tu lo sabes.

Cinta centrai, américa angostura que los golpes azules de dos mares faeton hadendo, levantando en vilo cordilleras y plumas de esmeralda: territorio, unidad, delgada diosa nadda en el combate de la espunta. Te desmoronan hijos y gusanos, se exdenden sobre ti las alimanas y una tenaza te arrebata el sueno y un punal con tu sangre te salpica mientras se despedaza tu estandarte.

Alta es la noche y Morazan vigila. Ya viene el tigre enarbolando un badia. Vienen a devorarte las entranas. Vienen a dividir la estrella. Vienen, pequena América olorosa, a clavarie en la cruz, a desollarte, a tumbar el metal de tu bandera.

Alta es la noche y Morazan vigila.

Invasores llenaron tu morada. Y te particron corno fiuta muerta, y otros sellaton sobre tus espaldas los dientes de una estirpe sanguinaria, 250

XXXI

Morazan Alta è la notte e Morazin sta all’erta. (1842) E oggi, ieri, domani? Lo sai tu.

Fascia centrale, strettoia d’America che a gradi hanno creato i colpi azzurri di due mari, sollevando in bilico cordigliere e piume di smeraldo: territorio, unità, sottile dea nata nella battaglia della spuma. Figli e perversi poi ti demoliscono, su di te si spargono le bestiacce e una tenaglia ti sradica il sonno e un pugnale col tuo sangue ti spruzza mentre la tua bandiera va in brandelli.

Alta è la notte e Morazàn sta all’erta.

Ecco arriva la tigre che alza un’ascia. Vengono a divorarti le viscere e a dividere la stella. Vengono, piccola America odorosa, ad inchiodarti in croce, a scorticarti, a prostrare il metallo del tuo stendardo. Alta è la notte e Morazàn sta all’erta. Gli invasori ti empirono la casa, e ti spartirono come frutta morta, e altri ti stamparono sulla schiena i denti d’una stirpe sanguinaria,

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y otros te saquearon en los puertos targando sangre sobre tus dolores. Es hoy, ayer, manana? Tu lo sabes.

Hermanos, amanece. (Y Morazan vigila.)

XXXII Viajt

por la nocht