Alle origini delle abbreviature latine. Una prima ricostruzione (I secolo a. C.-IV secolo d. C.) 887268045X, 9788872680452

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Alle origini delle abbreviature latine. Una prima ricostruzione (I secolo a. C.-IV secolo d. C.)
 887268045X, 9788872680452

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Nicoletta Giovè Marchioli

ALLE ORIGINI DELLE ABBREVIATURE LATINE Una prima ricognizione (I secolo a.C. - IV secolo d.C.)

RICERCA PAPIROLOGICA 2

RICERCA PAPIROLOGICA 2

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIÀ

RICERCA PAPIROLOGICA

2

a cura cli ROSARIO PINTAUDI

Università degli Studi di Messina - Facoltà di Lettere e Filosofia Via dei Verdi - 98122 Messina

In copertina: P. Vindob. G. 30513 Wien - Òsterreichische Nationalbibliothek Papyrussammlung

Nicoletta, Giovè Marchioli

ALLE ORIGINI DELLE ABBREVIATURE LATINE Una prima ricognizione (I secolo a.C. - IV secolo d.C.)

ISBN 88-7268-045-X

Editrice SICANIA Via Catania, 62 - 98124 Messina

Tutti i diritti sono riservati clall'Editore. È vietata la riproduzione, anche parziale, dell'opera.

A Oma e Nico.

PREMESSA

Sandro Carocci, Sergio Daris, Armando Petrucci e Silvia Strassi hanno letto successive stesure di questo lavoro, offrendomi con i loro suggerimenti molte occasioni di approfondimento: a loro vada il mio ringraziamento. Aiuto e sostegno, in varie forme, mi sono venuti da Manfredo Manfredi, Claudio Zaccaria, e, per la progettazione e realizzazione del lavoro al computer, da Dario Tomasella. Voglio ringraziare ancora Walter Gerbino, che mi ha attentamente seguito e indirizzato nell'impostazione della parte della ricerca dedicata alla psicologia della lettura, e Paolo Cammarosano, che mi ha sempre dato il suo aiuto. Un ringraziamento particolare vada a Rosario Pintaudi, che, oltre a offrire la sua competenza scientifica, ha accettato questa ricerca nella collana da lui diretta. Sia espressa infine tutta la mia affettuosa gratitudine a Stefano Zamponi, maestro e amico, che mi ha seguito e guidato con inesauribile pazienza dall'impostazione iniziale della ricerca al suo compimento, offrendomi la sua competenza, il suo impegno e la sua generosità. Trieste, Natale 1990

N.G.M.

PREFAZIONE

"L'uso cli abbreviare anziché scrivere per disteso alcune parole è forse poco meno antico della scrittura alfabetica stessa ... ". Cosl si esprimeva quasi quarant'anni or sono Giorgio Cencetti (Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna 1954, p. 369). In effetti, scrivere abbreviando la struttura grafica cli alcune parole e perciò omettendone alcune lettere è un modo cli registrare testi più o meno estesi sempre praticato, dai tempi più antichi sino ad oggi; ciò che distingue le varie epoche fra loro è la frequenza e l' organicità cli questo uso e la sua più o meno consapevole funzionalità all'interno dell'universo delle testimonianze scritte. In realtà si può affermare che l'organicità e la funzionalità delle pratiche abbreviative furono molto alte nel mondo tardoantico e in quello tardomeclievale, meno in altre epoche, come nella nostra, in cui pure le sigle sono ben presenti nel linguaggio amministrativo, politico, giornalistico, mentre vanno scomparendo dall'uso le abbreviazioni cli ambito epistolare, ereditate dal passato ed adoperate prevalentemente negli indirizzi. Studiare gli usi abbreviativi significa studiare uno degli aspetti più problematici ed interessanti delle pratiche cli scrittura del passato. Eppure, dopo il lungo saggio cli Giorgio Cencetti, edito in forma cli appendice al suo manuale (Lineamenti, cit., pp. 353-475), e mai più ristampato, non si sono più avuti contributi cli qualche consistenza sull'argomento. Di esso pure s'è occupato in più cli un'occasione il "Comité international de Paléographie" per caldeggiare, secondo un'antica vocazione repertoriale, la raccolta e la pubblicazione cli abbreviazioni adoperate nei manoscritti medievali appartenenti ad alcune specifiche aree culturali; per fortuna (oserei dire) questa proposta non ha avuto finora alcun seguito concreto. In effetti l'uso cli scrivere abbreviato, e i modi in cui esso si è realizzato, è un modus scribendi che va studiato storicamente come fenomeno gra-

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Prefazione

fico culturale età per età ed area per area, prima ancora che repertoriato indiscriminatamente per (inconsistenti) ragioni pratiche di scioglimento e di comprensione. E il discorso storico, come sempre la storia, va cominciato dall'inizio: per la scrittura latina, dunque, dall'età romana, secondo quanto ci hanno insegnato, una volta per tutte, Luigi Schiaparelli e Jean Mallon. L'età romana abbraccia un lunghissimo periodo fatto di molti secoli e riguarda un'immensa area geografica, con connessioni profonde con il mondo orientale di lingua e di scrittura greche e con tutte le tradizioni scrittorie mediterranee. Ebbene, è appunto lungo quel millennio e all'interno di quel crogiolo di culture e di scritture che si vengono costituendo le prime pratiche abbreviative, per esigenze diverse, con finalità diverse e da parte dicomunità di scriventi e di leggenti fra loro profondamente differenti. Le pratiche scrittorie del mondo antico sono caratterizzate, infatti, da una situazione di complessa diversità, che investe le materie scrittorie, le tecniche esecutive, le abitudini di uso, le tipologie grafiche, le funzioni stesse dello scrivere e dello scritto nella società; ed è proprio questa tumultuosa diversità a costituire (ad esempio) la principale ragione della iniziale articolazione in pratiche differenti fra loro degli usi abbreviativi nella cultura scritta romana fra tarda Repubblica e Impero. Nicoletta Giovè Marchioli affonda la sua ricerca nel variegato mondo delle testimonianze grafiche di tutta intera l'età che definiamo romana; il campione prescelto comprende infatti papiri documentari, tavolette cerate, ostraka, graffiti, libri e iscrizioni: un panorama completo della produzione scritta in un arco lungo, dal I sec. a.C. sino al mitico e decisivo VI secolo d.C.: insomma da Augusto a Cassiodoro. Ma, sia ben chiaro, questo campione è completo soltanto rispetto al pochissimo che si è conservato, e non certo al moltissimo che è andato perduto, soprattutto per quanto riguarda la produzione non epigrafica; il resto, infatti, a giudizio del Mallon "constitue actuellement un résidu dérisoire ... le misérable reste de millions et millions de documents" (Paléographie romaine, in L'Histoire et ses méthodes, a cura di Charles Samaran, Paris 1961, pp. 559 e_560); ciò rende oggettivamente difficile, sin dall'impostazione, ogni ricerca, che, come questa, voglia e debba essere di vasto respiro. Non è mio compito riassumere qui quanto l'Autrice espone in modo assai lucido e ordinato nella sua trattazione, articolata per scansioni secolari. Sembra invece opportuno soffermarsi, sia pure sommariamente, su alcuni dei risultati conseguiti e sulla loro indubbia novità, anche per indicare

Prefazione

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i punti a mio parere suscettibili di ulteriore discussione, che in questo ricco contributo non mancano di certo. Partire dall'inizio, cioè dalle più antiche e scarse testimonianze in nostro possesso, significa partire da pratiche minimali e ancora incerte; che, col tempo, si articolano e si infittiscono per evidente effetto dell'attività normalizzatrice e regolatrice di scuole e di corporazioni, che, naturalmente, costituivano ambienti grafico-culturali omogenei. Cosicché, anche in unaricerca come questa, in apparenza puramente tecnica, si ripropongono i quesiti di sempre, relativi alla funzione e all'uso sociale dello scritto, del chi ha scritto e del per chi quello che è stato scritto è stato, appunto, prodotto; i quali, nel caso specifico degli usi abbreviativi, significano l'identificazione di organici ambienti di scriventi e di utenti, accomunati dalle medesime abitudini, dalle medesime convenzioni e dai medesimi codici comunicativi. In tal modo questo libro acquista ben presto, per forza di cose e per intelligenza dell'Autrice, un'altra dimensione, quella di un discorso d'indagine sulla lettura, in funzione della quale, secondo un giusto convincimento della Giovè Marchioli, si vennero organizzando i più complessi tipi di abbreviazioni: dai più semplici troncamenti sillabici alle vere e proprie contrazioni. Ciò avviene attraverso un percorso, lungo alcuni secoli, dal I a.C. sino al IV d.C., che l'Autrice copre con molta padronanza delle testimonianze che adopera e con decisa volontà di revisione della tradizione di studi comunemente accettata; onde le vecchie tesi del Traube (i mitici "nomina sacra") e dello stesso Schiaparelli (basata sulla sopravvalutazione del sistema tachigrafico) appaiono qui superate da una visione più complessiva e articolata del fenomeno, costituito dalla formazione delle abbreviazioni per contrazione, che il lettore potrà scoprire, studiare ed eventualmente contestare da sé. Qui basterà aggiungere che di grande interesse appaiono anche le osservazioni che l'Autrice fa riguardo alla stretta connessione esistente fra organizzazione del testo, tipo di lettura e ruolo delle abbreviazioni, che la portano ad affacciare l'ipotesi che, in regime di scriptio continua, le abbreviazioni, scomparsa la pratica interpuntiva, abbiano assunto un valore distintivo, utile, dunque, alla lettura, di necessità lenta, ma scandita e in qualche modo facilitata dal ricorrere, più o meno regolare, delle contrazioni-guida. Un libro come questo va letto, studiato, postillato e "ruminato", molto più che prefato. Occorre dunque chiudere qui questa presentazione; ma non senza inserirvi l'augurio che l'opera della Giovè Marchioli rappresentfl'inizio di uno studio storico e critico degli usi abbreviativi che, insieme con quel-

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Prefazione

lo della punteggiatura e delle spaziature, fondi e sviluppi un nuovo interesse

alla storia del linguaggio grafico del manoscritto nel mondo antico e in quello medievale; e, perché no, anche nel mondo moderno. Pisa, Scuola Normale Superiore

Armando Petrucci

I. ASPETTI GENERALI DELLA RICERCA

MATERIALI E METODI*

1. La presente ricerca, di cui esporremo in questa sede i criteri di impostazione e i primi risultati, ha affrontato uno specifico aspetto della storia della scrittura latina in età romana, quale lo sviluppo e le connotazioni assunte dal sistema abbreviativo dal I secolo a.C. al IV secolo d.C .. Il materiale all'interno del quale si è svolto il censimento di tutte le parole abbreviate è rappresentato principalmente dai papiri latini sinora pubblicati e datati o databili entro la fine del IV secolo, accanto ai quali si sono esaminati gruppi di prodotti grafici scritti su un supporto diverso dal papiro, come le tavolette cerate, le scritture a sgraffio e i monumenti grafici caratterizzati da una esecuzione in più tempi, le epigrafi. 2. Bisogna fare subito alcune precisazioni, per puntualizzare i limiti imposti alla ricerca, la scelta delle scansioni cronologiche e del materiale, e bisogna innanzitutto sottolineare come sia pura metafora parlare di 'sistema abbreviativo'. È questa un'espressione che si userà in modo affatto convenzionale, richiamandosi alla tradizione degli studi, ma che di fatto nel periodo esaminato risulta sempre arbitraria. In realtà, con 'sis~ema abbreviativo' si dovrebbe intendere la compresenza, all'interno di un dato monumento grafico, di una serie di classi abbreviative definite e funzionalmente usate secondo un metodo unitario e organizzato. Di sistema abbreviativo vero e proprio non si può certo parlare per i primi secoli della storia della scrittura latina in età romana, allorché le abbreviature via via censite rappresentano perlopiù dei fenomeni isolati gli uni dagli altri: co-

* Si avverte che accanto alla segnatura dei papiri citati compare il numero d'ordine progressivo che li individua all'interno dei due elenchi da noi proposti alle pp. 161-202.

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NICOLETTA GIOVÈ MARCHIOLI

me vedremo, è forse solo nel corso del IV secolo che si va definendo un primo nucleo di sistema abbreviativo con caratteristiche proprie. La scelta dunque di fissare come limite cronologico della presente ricerca, oltre che il I secolo a.C. - il momento, cioè, a partire dal quale abbiamo le prime testimonianze su papiro certamente datate o comunque databili-, il IV secolo d.C. è motivata dall'individuazione nel IV secolo di un momento di netta cesura con il passato. È infatti particolarmente, se non quasi esclusivamente, nei manoscritti del IV secolo, secondo quanto ha concordemente verificato la ricerca paleografica, che si viene rinnovando, complicando e diversificando il sistema di abbreviature, prevalentemente per troncamento, sino ad allora usato. Il nucleo documentario principale su cui si è impostata la ricerca è rappresentato, lo si è detto, dal corpus dei papiri latini sinora pubblicati, e tra i papiri abbiamo collocato e censito anche le prime testimonianze scritte su pergamena. La motivazione di questa scelta è data innanzitutto dal fatto che i papiri rappresentano tradizionalmente un materiale omogeneo, sostanzialmente chiuso e ben definito, relativamente facile da reperire e raccogliere e abbastanza limitato nel numero. La scelta di operare su di un materiale come il papiro è stata determinata anche dalla possibilità di raccogliere, e quindi proporre, un corpus aggiornato, il più completo possibile, appunto di tutti i papiri latini. Bisogna inoltre sottolineare che i papiri rappresentano l'unico tipo di materiale sufficientemente articolato per quanto riguarda i contenuti, e questa varietà contenutistica permette quindi di analizzare l'uso delle abbreviature all'interno di testi tipologicamente diversi. La decisione di selezionare e studiare il materiale secondo la discriminante del supporto, escludendo quindi altro materiale usuale documentario diverso dal papiro, non si rivelerebbe comunque legittima, e rischia quindi di limitare fortemente la validità stessa delle conclusioni della ricerca. È questo dunque il motivo per cui gli altri monumenti grafici di età romana appaiono come un necessario punto di riferimento: le testimonianze offerte dalle tavolette cerate e lignee, dalle iscrizioni murali, dalle tavole bronzee e dai graffiti, per citare solo quelle più cospicue, costituiscono infatti una indispensabile e ulteriore verifica dei risulta.ti ottenuti dall'esame dei papiri1•

1 In

sostanza ci conformiamo a quanto Emanuele Casamassima veniva esponendo nella

Aspetti generali della ricerca

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Accanto ai papiri si è dunque provveduto a censire alcuni importanti materiali di riferimento, che permettono appunto un confronto e concorrono a delineare una visione complessiva e articolata degli usi delle abbreviature all'interno delle esperienze grafiche romane. Cosl si è scelto di censire anche le testimonianze offerte dalle tavolette cerate e dai graffiti, operando non su tutto il materiale esistente, bensl selezionando esclusivamente alcuni fra i nuclei documentari più importanti e omogenei. Se infatti nella raccolta dei testi su papiro si è mirato alla più completa esaustività, per quanto riguarda tavolette cerate e lignee e graffiti si sono studiati materiali che fossero coerenti per datazione, origine e per connotazioni interne. Cosl sono state esaminate le tavolette cerate pompeiane, ercolanesi e daciche, le tavolette lignee di Vindolanda e i graffiti di Condatomagos. Bisogna rilevare che tutti questi documenti si collocano cronologicamente fra il I e il II secolo, e vengono quindi a rendere più consistente, da un punto di vista quantitivo, il numero delle testimonianze datate a questi due secoli, numero che, qualora venissero censiti solo i papiri, sarebbe altrimenti piuttosto limitato. Un censimento analogo a quello svolto sui papiri, sulle tavolette e sui graffiti, si è attuato su materiale epigrafico sicuramente datato e distribuito cronologicamente fra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C. 1• Fra epigrafi e pa-

breve introduzione alle sue note paleografiche sulla metamorfosi nella scrittura dei papiri latini: "Una ricerca - notava Casamassima - [ ...], che intenda essere esaustiva, dovrebbe estendersi all'intero materiale scrittorio dell'età romana: anche alle tavolette cerate, ai graffiti, agli ostraca, alle epigrafi, alle lamelle bronzee e plumbee, alle pitture, etc .. Tuttavia alla presente ricerca [... ] è stato segnato un deciso li.mite per quanto riguarda la natura dei monumenti che ne sono oggetto. Si è voluto contenerla entro il filone grafico principale, nd solco della "tradizione diretta" o almeno maggiore, costituita dalle scritture in un tempo solo tracciate con il calamo. Vi si tratta, quindi, quasi esclusivamente dei papiri; i quali, come classe di materiali di studio, presentano inoltre i vantaggi, non trascurabili ai fini di un'indagine qual'è qudla da noi compiuta, di una maggiore consistenza e coerenza stilistica e morfologica, ddla più frequente certezza dd dato cronologico, della maggiore accessibilità della riproduzione fotografica.": cfr. E. CASAMASSIMA-E. STARAZ, Varianti e cambio grafico nel/4 scritturtt dei papiri latini. Note paleografiche, in "Scrittura e Civiltà", 1 (1977), p. 9. 1 Si è quasi esclusivamente lavorato sul materiale epigrafico offerto dalla raccolta di A.E. GORDON-J.S. GORDON, Album of Dated Latin Inscriptions, I-IV, Berkeley-Los Angeles 1958-65. Com'è noto, in campo epigrafico, fra gli strumenti di lavoro più validi e completi vi sono l'imponente raccolta dd CIL, Corpus Inscriptionum Latinarum, cosl come opere di di-

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piri vi è infatti, per quanto riguarda le abbreviature, una stretta connessione, tanto che molti dei fenomeni attestati nei papiri sono preceduti nell' attestazione da testimonianze epigrafiche. L'esposizione sistematica dei risultati del censimento si baserà, in par-

mensioni meno vaste e di più agile consultazione, come quella di A. DEGRASSI sulle Inscriptiones latinae liberae rei publicae, in più volumi, o la raccolta dedicata alle epigrafi cristiane di E. DIEHL (ed.), Inscriptiones Latinae Christianae Veteres, 1-111, Berolini 1961. Ai fini del nostro censimento, tuttavia, queste opere si rivelano poco utili, poiché non offrono, in generale, le riproduzioni dei monumenti epigrafici censiti. Non mancano inoltre monografie che riproducono il materiale epigrafico proveniente da diverse province o centri urbani dell'Impero romano: anch'esse, tuttavia, non costituiscono un materiale immediatamente fruibile, poiché non sempre sono ordinate cronologicamente, oppure offrono una datazione certa ed esplicita. La scelta di censire solamente le epigrafi riprodotte dai Gordon è dunque giustificata dall'esigenza di lavorare su di un materiale che sia riprodotto fotograficamente, sicuramente datato e, soprattutto, ordinato cronologicamente, questo per consentire un continuo e .rapido raffronto, tanto in sincronia, quanto sul lungo periodo, fra la situazione grafica delle epigrafi e quella dei papiri. Va inoltre ricordato che tutte le epigrafi della raccolta dei Gordon provengono da Roma, o da zone limitrofe alla capitale, e che la presenza in esse di una datazione esplicita induce a ritenere che siano state prodotte in officine di buon livello tecnico. Ciò comporta an!=he che offrano uno spettro ampio di esperienze di alto livello grafico, e rappresentino dunque un punto di osservazione privilegiato da cui valutare l'elaborazione e la canonizzazione dei processi grafici, e, in particolare, del sistema abbreviativo. Per quanto riguarda le abbreviature usate all'interno delle epigrafi, un elenco puntuale, seppure limitato alle forme presenti nelle epigrafi censite nell'Album, è offerto da GORDON, Album, IV, Indexes, cii., p. 61 e pp. 99-132, in cui si fornisce l'elenco sia di tutte le abbreviature censite, con i rispettivi scioglimenti, sia dei diversi compendi utilizzati per abbreviare le singole parole e i nomi propri, oltre a un elenco dei simboli più ricorrenti; d'obbligo è poi il riferimento al classico manuale di R. CAGNAT, Cours d'épigraphie latine, Paris 19144, ricco di indicazioni e analisi sulle tipologie abbreviative presenti nelle epigrafi, oltre che di elenchi delle abbreviature più comuni all'interno delle stesse. Ricordiamo infine lo studio - a nostra conoscenza il più recente e completo sulle abbreviature in ambito epigrafico - di U. HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen auf den lateinischen Inschriften Roms und Afrikas bis zum 8. ]h. n. Chr., Helsinki 1988. La Hiilva-Nyberg non solo esamina nello specifico la presenza delle contrazioni nelle iscrizioni dal I all'VIII secolo, ma studia nella sua globalità il sistema abbreviativo, e ci ha consentito un costante, e confortante, confronto fra i dati che propone e quelli che abbiamo raccolto nel nostro censimento sulle epigrafi dei Gordon. Proprio ai risultati della ricerca della Hiilva-Nyberg faremo frequenti riferimenti.

Aspetti generali della ricerca

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ticolare, sulla situazione dei papiri; i dati specifici più salienti riguardanti epigrafi, tavolette e graffiti, verranno di volta in volta menzionati, e comunque supporteranno sempre le considerazioni che verranno. Analogamente, nel corso dell'esposizione, si parlerà sempre di papiri, usando questa espressione in senso lato, in quanto ogni riflessione proposta deve ritenersi estesa anche alla situazione delle tavolette e dei graffiti. 3. Per ritornare al nucleo documentario principale della nostra ricerca, dunque ai papiri, precisiamo che la fonte primaria da cui si è ricavata la maggior parte dei papiri, ovviamente integrata nelle eventuali lacune, sono state le Chartae Latinae Antiquiores1, la raccolta cronologicamente modellata sui Codices Latini Antiquiores2 che ha permesso di ovviare al limite comune alle grandi opere di edizione dei papiri, quello cioè della carenza di riproduzioni fotografiche, lacuna esiziale in un lavoro come questo, poiché di norma il testo edito, con l'apparato di note che lo corredano, non sempre offre indicazioni esaustive sulle abbreviature in esso presenti. I testi non documentari esclusi dalle ChLA sono stati reperiti attraverso altre pubblicazioni, così come si sono recuperati papiri recentemente editi all'interno di diverse riviste o, anche, inspiegabilmente assenti nelle ChLA. Il numero dei papiri latini sinora pubblicati è infatti ristretto e relativamente chiuso, ma negli ultimi decenni continua pian piano ad ampliarsi. Un discreto numero di testi utili per il censimento è presente nei già ricordati CLA di Lowe, che censendo tutti i codici (ma di fatto tutti i frammenti librari, anche in forma di rotolo) anteriori all'anno 800 hanno offerto molti testi letterari, giuridici e di contenuto religioso talora non reperibili altrove. Un altro strumento assai utile e ricco di materiale talora introvabile altrove si è rivelata la raccolta di Robert Seider, Paliiographie der lateini-

schen Papyri3.

1 A. BRUCKNER-R. MARICHAL

et alii (ed.), Chartae Latinae Antiquiores. Fac-simileEdition o/ the Latin Charters Prior to the Ninth Century, I-,. Olten-Lausanne et alibi 1954(abbreviate in ChLA). 2 E.A. LoWE (ed.), Codices Latini Antiquiores. A Palaeographical Guide to the Latin Manuscripts Prior to the Ninth Century, I-XI, Oxford 1934-66, Supplement, Oxford 1971 e B. BISCHOFF-V. BROWN, Addenda to Codices Latini Antiquiores, in "Mediaeval Studies", 47 (1985), pp. 317-66 (abbreviati in CLA). 3 R. SEIDER, Paliiographie der lateinischen Papyri, I-II/1-2, Stuttgart 1972-81.

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NICOLETTA GIOVÈ MARCHIOLI

Si diceva di come il numero dei papiri latini sia andato, seppur lentamente, aumentando col tempo. A riprova di questo fatto bisogna ricordare come risultino oramai superate le due opere fondamentali per il reperimento e lo studio dei papiri latini, le quali sono state alla base delle ChLA 1 • Ad integrazione di questi repertori, oltre le ChLA, che li completano e li aggiornano, ricorderemo il recente saggio di Paul Mertens 2 , che fornisce il sommario dei papiri letterari latini pubblicati negli ultimi venti anni, e che di fatto si pone come ideale continuazione con gli oramai superati repertori di Collart 3 e Pack4 • Un intervento ancora più recente è costituito dal contributo, in corso di pubblicazione, di Sergio Daris, che a integrazione e aggiornamento sino al 1986 del CPL fornisce l'elenco dei papiri documentari editi in data successiva al 195 85 • Si sono dunque censiti tutti i papiri editi e di cui sia stata pubblicata la riproduzione; bisogna sottolineare come in questo complesso alcuni papiri non fanno uso di abbreviature, mentre altri, troppo frammentari, non offrono un testo sufficientemente esteso per poter appurare ed apprezzare la presenza o meno di abbreviature al loro interno6 •

1 Ci si riferisce alla serie di tre interventi complementari di Robert Marichal, in cui l'autore fornisce un repertorio di tutte le testimonianze grafiche in latino sino al VII secolo: R. MARICHAL, Paléovaphie précaroline et papyrolayje, in "Scriptorium", 1 (1946-7), pp. 1-5; L'écriture latine du l" au Vll' siècle: /es sources, in "Scriptorium", 4 (1950), pp. 116-42; PaléogJ'(lphie précaroline et pa[lyrolayje. (1949-1954), in "Scriptoriwn", 9 (1955), pp. 127-49; e all'opera di R. CAVENAILE, Corpus papyrorum latinarum, Wiesbaden 1958, che riunisce tutti i papiri latini noti dandone l'edizione (abbreviato in CPL). 2 P. MERTENS, Les papyrus littéraires latins d'auteurs classiques durant /es deux dernières décennies, in Miscel-lània papiròlagica Ramon Roca-Puig, Barcelona 1987, pp. 189-204. 3 P. COLLART, Les Pa[lyrus littéraires latins, in "Revue de Philologie", s. 3, 15 (1941), pp. 112-28. 4 R.A. PACK, The Greek and Latin Literary Texts /rom Greco-Roman Egypt, Ann Arbor 19652 • 5 S. DARIS, I papiri latini, in Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, in corso di stampa (Si ringrazia vivamente il prof. Daris che ha permesso la fruizione del dattiloscritto). 6 Fra i papiri che non fanno uso di abbreviature, e che quindi sono stati esclusi in partenza dal censimento, si ricordano i testi greci scritti in caratteri latini e gli esercizi di scrittura: materiale comunque tutto di grande interesse per la storia della scrittura. Si ricordino, per citare qualQie esempio del primo caso, il POxy. XXXVI 2772, del 10-11? d.C., il PTebt. II 586, del 20-21 d.C., il PBerol. inv. 21600, del 25-26 d.C., e il PSI VI 743 del 1/11 secolo; il P Ant. I 1, attribuibile forse agli anni fra IV e V secolo, offre invece un esempio di esercizi sull'alfabeto.

m

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Senza indugiarvi, è sempre necessario anche ricordare gli inevitabili e ovvi limiti di questa ricerca, dovuti alle incertezze della lettura di un materiale talora degradato come il papiro, alla lettura plurima dello stesso segno grafico, come anche alle edizioni non sempre concordi o sicure. Il medesimo problema si ripropone in particolare per le tavolette pompeiane ed ercolanesi, che sono spesso piuttosto frammentarie e danneggiate. Questi limiti, dando per scontata l'ovvia menzione della casualità con cui si sono conservati alcuni tipi di testo rispetto ad altri, accomunano del resto tutte le indagini dirette su materiale di questo tipo: ad essi si potrebbe ovviare solo operando un controllo diretto in originale sui papiri che si censiscono, ma con non piccolo danno alla economicità complessiva dell'indagine 1. 4. Su questo complesso di papiri, chiaramente definito cronologicamente, si è operato un censimento, per il quale è stata utilizzata una scheda di rilevamento assai semplice, che accanto ai dati identificativi del papiro (segnatura, editio princeps, datazione, contenuto, repertorio o testo usato se diverso dall' editio princeps e migliore per testo, datazione, foto) ha raccolto tutte le abbreviature in esso presenti con le rispettive soluzioni. Il censimento delle abbreviature è stato facilitato dalle dimensioni limitate, se non frammentarie, dei papiri schedati. Non si sono invece specificatamente schedate le abbreviature per i numerali, pure presenti in moltissimi papiri, in quanto esse vanno considerate, a nostro giudizio, come una classe fissa di abbreviature, delle quali si segnalano ed esaminano solo i casi anomali o particolari che hanno diretti rapporti col complesso del sistema abbreviativo. Una particolare attenzione è stata tributata a censire e valutare i segni diacritici che eventualmente accompagnano e segnalano le abbreviature, e a considerare il ruolo della punteggiatura e dell'interpunzione, intendendo la punteggiatura come quel complesso di segni grafici usati per segnalare pause, riprese, intonazioni e correlazioni all'interno di un testo, mentre si indica col termine di interpunzione l'uso di dividere tutte le parole di un testo mediante punti intermedi2 •

1

Per la presente ricerca, almeno in questa sua prima fase, è stato possibile lavorare direttamente solo sui papiri conservati a Firenze nella Biblioteca Medicea Laurenziana ed all'Istituto Papirologico G. Vitelli. 2 La distinzione fra punteggiatura e interpunzione, che nella lingua italiana sono prati-

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NICOLETTA GIOVÈ MARCHIOLI

Come vedremo, l'evoluzione e la specializzazione dei segni diacritici si affermano parallelamente all'evolversi e allo specializzarsi delle abbreviature.

camente sinonimi, è accettata e rispettata tanto dagli editori delle ChLA che da Seider. Nell'apparato critico che accompagna i papiri editi dalle ChLA si annota, anche se purtroppo non con regolarità assoluta, la presenza di interponction più o meno costante, e si dencano i vari segni di ponctuation presenti nel testo. Seider, invece, utilizza pur per i medesimi concetti una terminologia diversa, parlando di Worttrennung durch Piinkte per indicare l'interpunzione, e di lnterpunktionszeichen per indicare i segni della punteggiatura. La distinzione concettuale e terminologica fra interpunzione e punteggiatura è stata proposta in modo chiaro nel saggio di E. O. WINGO, Latin Punctuation in the Classica! Age, The Hague-Paris 1972. Proponendosi lo studio delle forme e delle funzioni assunte dalla punteggiatura nella scrittura latina, Wingo ha riscontrato e studiato le differenze fra punteggiatura (punctuation) e interpunzione (interpuncta). Vari e numerosi sono i segni usati nella punteggiatura di età classica e imperiale, il cui uso risulta regolato dal rispetto di un sistema complesso e articolato. Per l'interpunzione, invece, si utilizzavano semplici punti, o talora, nelle epi- • grafi, le più elaborate e ornamentali foglie d'edera stilizzate, le hederae distinguentes: "As a rule, interpuncta are used simply to divide words, except that prepositions are only rardy separated from the word they govern, if this follows next. Although interpuncta used as word-dividers greatly increase the legibility of the text, they are not punctuation. In that sense, the mediai point cannot be used as a sign of punctuation unti! it is no longer used to divide words. The regular use of the interpunct as a word-divider continued unti! sometime in the second century, when it began to fall into disuse, and latin was written with increasing frequency, both in papyrus and on stone or bronze, in scriptura continua." (p. 16). Nell'età classica segni di punteggiatura e segni d'interpunzione sono dunque due realtà grafiche che convivono nello stesso testo ma che, perlomeno in un primo periodo, non si sovrappongono. Solo dal III secolo in poi, con la scomparsa dell'uso dell'interpunzione e con l'elaborazione di un nuovo sistema di punteggiatura, possono essere entrati nella pratica comune come segni di punteggiatura anche i punti, in precedenza esclusivamente usati per dividere le parole: "the points [ ... ] cannot have come into use unti! after the separation of words by interpuncts had been completely abandoned and all texts were presumably written in scriptura continua." (p. 28). Wingo non accenna all'uso del punto come segno diacritico delle abbreviature, per il quale si rimanda ai risultati della nostra analisi. Per quanto riguarda l'uso del punto, specie nelle epigrafi, si vedano anche le osservazioni proposte daJ.S. GoRDON-A.E. GORDON, Contributions to the Palaeography o/ Latin lnscriptions, Berkdey-Los Angdes 1957, pp. 183-5; da]. MOREAU-MARÉCHAL, Recherches sur bJ ponctuation, in "Scriptorium", 22 (1968), pp. 56-66 e da HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., in particolare a p. 21. Ricordiamo infine Io studio di P. RAFrI, L'interpun-

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Analogamente anche l'uso del punto va trasformandosi e specializzandosi. "Nos etiam cum scribimus, interpungere adsuevimus": come ci ricorda anche Seneca1, nei papiri latini dei primi secoli, secondo un uso comune anche ai testi epigrafici, tutte le parole, o perlomeno le clausole logiche o i gruppi semantici (intesi come l'unione di due, o più, parti del discorso raccordate in unità sintatticamente funzionanti e logicamente coerenti) sono, come si è detto, divisi da punti, che hanno quindi la funzione essenziale di separare parole contigue2. Dopo un lungo processo evolutivo, e pur assumendo anche le funzioni di segno della punteggiatura, il punto si affermerà come segno diacritico dell'abbreviatura. È per questo motivo che, esaminando la storia delle abbreviature, non si può prescindere dall'esaminare e valutare la presenza dei punti, e, come vedremo, di altri segni diacritici. La compresenza di numerosi e vari segni grafici all'interno dei papiri può far sorgere qualche incertezza sul valore da attribuire loro, se cioè assolvano la funzione di segnalare le abbreviature o di interpunzione, vista l'identità morfologica che spesso si riscontra fra segni di interpunzione e segni diacritici delle abbreviature. A discriminare il valore esatto dei segni censiti sarà quindi solo un' analisi accurata dei singoli testi; si può tuttavia genericamente osservare come è possibile che vi sia stata una sorta di prestito o di estensione dell'uso, per cui per segnalare le abbreviature ad un certo momento sono stati adoprati segni diffusi e comuni, quali quelli della punteggiatura.

z.ione nel libro manoscritto: meno secolo di studi, in "Scrittura e Civiltà", 12 (1988), pp. 239-98, utile per le indicazioni bibliografiche che propone. 1 SENECA, Epistulae, 40, 11. 2 Un esempio di interpunzione che non separa regolarmente tutte le parole del testo l'una dall'altra, ma che è collocata di seguito a quelli che gli editori definiscono semantic groups è fornito dal PRyl. II 223v (A37), della fine del I o degli inizi del II secolo, contenente l'inventario dei rifornimenti di una nave. In questo papiro l'interpunzione separa appunto non singole parole bensl locuzioni più ampie e logicamente connesse, quali quelle formate da una preposizione accanto a un nome, oppure da un nome accompagnato da un complemento di specificazione. Quest'uso per cosl dire anomalo dell'interpunzione potrebbe d'altro canto preludere a una sorta di punteggiatura del testo, come osserva del resto anche WINGO, Latin Punctuation, cit., a p. 20: "lt is difficult to say when the system of punctuation [... ] was introduced or first carne into use [...]. Thc practicc of dividing words from one anothcr could at any time havc suggcstcd the division of a sentence into groups of related words forming a syntactical unit or othcrwise so relatcd that they could be set off from the rest. ".

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STRUTTIJRA DELLA RICERCA: TERMINOLOGIA E PROBLEMI

1. Un altro importante problema che è risultato necessario affrontare nell'impostare la ricerca è stato quello della terminologia da adottare per definire i fenomeni censiti. La mancanza di una terminologia paleografica unanime e univoca, che permetta di usare i medesimi termini per definire i medesimi fenomeni è, in genere, un problema ancora vivo in parte notevole degli studi paleografici. Una certa disorganicità nella terminologia (talora segno di più profonde e radicate diversità o aporie storiografiche) si rileva anche negli studi sulle caratteristiche e sulle evoluzioni delle diverse tipologie abbreviative, per cui molti autori, fra quelli che hanno scritto di abbreviature, hanno proposto a loro volta classificazioni e relativa nomenclatura, generalmente rielaborando quanto proveniva loro dalla tradizione storiografica (tradizione storiografica, si badi bene, perlopiù condizionata dagli esiti che il sistema abbreviativo assume nel basso Medioevo). Basti ricordare, per citare solo esempi illustri, Chassant, Paoli, Schiaparelli, Cencetti e Bischoff e le loro proposte di classificazione, cui si accennerà sommariamente in segu.ito 1• Anche nel caso della presente ricerca si è usato, in stretto rapporto con la tradizione degli studi, un insieme di definizioni che rimandano a tipologie di abbreviature. Questa terminologia, in massi.ma parte, si è strutturata col progredire dell'indagine; cioè non si è voluta creare una griglia fissa e rigida nella quale inserire, anche forzatamente, quanto si censiva, bensl, al contrario, si è cercato di definire nella maniera più precisa possibile i compendi che di volta in volta venivano schedati, senza mai prescindere dal considerare la nomenclatura correntemente usata per classificare le abbreviature. Per comprendere i criteri secondo cui si sono preferite alcune classificazioni rispetto ad altre, e per capire anche le distinzioni fatte, bisogna ricordare una essenziale precisazione di Giorgio Cencetti. Parlando della classifica-

1 Le opere citate sono, nell'ordine, L.A. CHASSANT, Dictionnaire des abréviations latines

et /rançaises usitées dans /es inscriptions lapidaires et métalliques, /es manuscripts et /es chartes du moyen age, Paris 18461; C. PAOLI, Le abbreviature nella paleografia latina del Medio Evo. Sagjjo metodico-pratico, Firenze 1891; L. SCHIAPAREW, Avviamento allo studio delle abbreviature latine ne/Medioevo, Firenze 1925 (rist. anastatica 1977); G. CENCETTI, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna 1954, e B. BISCHOFF, Pa/iiographie des romischen Altertums und des abendliindischen Mittelalters, Berlin 19862 •

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zione delle abbreviature Cencetti ricorda come: "ogni compendio è essenzialmente costituito da due parti: la scrittura alfabetica di una parte del vocabolo abbreviato (elemento semantico del compendio) e l'artificio destinato a segnalare il carattere compendiario della scrittura (elemento simbolico del compendio)" 1• La classificazione usata in questo studio cercherà sempre di tener conto dell'intersecarsi di entrambi questi elementi, dando ragione dell'uno e dell'altro. Un'ultima osservazione preliminare: come viatico all'indagine è forse non superfluo ricordare una definizione semplice e netta del termine abbreviatura, quale quella di Luigi Schiaparelli, secondo cui si dice "abbreviatura o compendio un vocabolo che nello scrivere è stato accorciato, cioè ridotto di alcune lettere (vocali o consonanti) [... ] . L'abbreviatura, salvo eccezioni, è distinta con uno o più segni, che diremo segni abbreviativi" 2 • 2. Prima di passare a una verifica puntuale, secolo per secolo, degli elementi grafici più notevoli che hanno caratterizzato la presenza delle abbreviature, è necessario segnalare la duplice finalità perseguita dalla presente ricerca nella elaborazione dei dati raccolti. Da un lato essa ha una finalità per cosl dire funzionale, quale quella di fornire un repertorio ragionato delle abbreviature latine, ordinate cronologicamente e classificate secondo uno schema di massima, peraltro palese e quindi modificabile. I dati sono dunque stati elaborati per tracciare un quadro, secolo dopo secolo, delle abbreviature e del loro uso, e per definire diacronicamente la presenza e le caratteristiche dei singoli tipi di abbreviature. Dall'altro la ricerca assolve una prima funzione interpretativa, con una riflessione generale sulla funzione delle abbreviature, e con alcuni specifici interventi all'interno del dibattito relativo alla genesi di alcuni compendi. In realtà il numero relativamente ristretto delle testimonianze grafiche esaminate e i limiti intrinseci a ricerche siffatte inducono a ritenere che lo scopo primario e più concreto da perseguire sia quello di censire, descrivere e ordinare i fenomeni. Il valore relativo delle considerazioni proposte deriva

1 CENCETTI, 2

Lineamenti, cit., p. 441. SCHIAPARELLI, Avviamento, cit., p. 45.

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proprio dal ridotto numero delle testimonianze utili, per cui anche ogni considerazione di tipo quantitativo è puramente indicativa e priva di un significato assoluto. La scelta di scandire secolo per secolo l'esposizione dei dati raccolti comporta forse qualche ripetizione concettuale e il rischio di non far cogliere a pieno al lettore lo sviluppo dinamico dei fenomeni storici. Questa struttura, d'altra parte, è quella che meglio di altre permette di illustrare, in sincronia, le articolazioni del sistema abbreviativo, cosl diverse e peculiari, secolo per secolo, né, ci sembra, impedisce di seguire in diacronia lo sviluppo dei singoli fenomeni e in generale le linee di tendenza per quanto riguarda l'uso delle diverse forme abbreviative. Infine, una riflessione conclusiva. L'esposizione dei dati, per i primi quattro secoli esaminati, tratterà in generale tutte le testimonianze raccolte, senza soffermarsi, se non in qualche caso, sull'analisi delle precise aree grafico-culturali di cui le diverse abbreviature sono proprie e sulle specifiche tipologie testuali in cui sono presenti e usate. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che ignorare il rapporto fra tipo di abbreviature, tipologie testuali e ambiente di produzione dei testi scritti significherebbe non capire il ruolo, e le caratteristiche, del sistema abbreviativo, se, come è vero, le abbreviature non sono solo un fenomeno grafico e strutturale, bensl anche e talora tutto extragrafico, e dunque culturale e sovrastrutturale 1• Anzi, quando sarà possibile, e dunque per il IV secolo, si farà una precisa distinzione per tipologie testuali, cosl come, analizzando il rapporto fra abbreviature e psicologia della lettura, si darà grande importanza al ruolo che scriventi e lettori, con la loro specifica preparazione, hanno nell'elaborare e promuovere determinati tipi di compendi. Ci sembra però poco opportuno e corretto impostare tutta la presente ricerca secondo l'analisi degli ambienti culturali di produzione, in quanto esiste una oggettiva, e a nostro parere determinante, disparità nella quanti-

1

Riprendiamo la medesima terminologia e i medesimi concetti che Emanude Casamassima ha utilizzati, ma in un senso e con degli intenti in parte diversi, e comunque più critici dei nostri, nella sua ultima opera: cfr. E. CASAMASSIMA, Tradir.ione corsiva e tradizione libraria nella scrittura latina del Medioevo, Roma 1988, particolarmente alle pp. 14-5 e 20-1. Ringraziamo peraltro Armando Petrucci, con cui abbiamo proficuamente sviluppato una discussione a riguardo, partendo dagli spunti offerti da Casamassima.

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tà di documentazione che, nei vari secoli, proviene da un ambito piuttosto che da un altro, e che comporta quindi il rischio di fare delle analisi e dei confronti su del materiale quantitativamente troppo diversificato e talora troppo limitato numericamente per dare alle nostre osservazioni un qualche spessore.*

* Si avverte che, nell'intento di rispettare gli usi propri delle edizioni dei testi epigrafici e papirologici, trascrivendo le abbreviature, per gli allografi U/V si è sempre usata la forma angolare all'interno dei compendi censiti nelle epigrafi, e la forma rotonda all'interno delle abbreviature presenti nei papiri, nelle tavolette e nei graffiti.

II. CARATTERI DEL SISTEMA ABBREVIATIVO

I SECOLO a.C.

La situazione del I secolo a.C. viene presentata a puro titolo di esempio, in quanto il numero dei papiri censiti (una decina in tutto) è davvero troppo esiguo perché i valori ottenuti siano in qualche misura significativi: tanto più in questo caso si potrà parlare solo di singoli fenomeni, inquadrabili al più in linee di tendenza generali. È comunque egualmente interessante accertare che, nel complesso, le abbreviature non sono ancora attestate come presenza qualitativamente e quantitativamente significativa: quasi la metà dei papiri censiti è affatto priva di abbreviature, mentre negli altri papiri sono attestati casi di due sole forme compendiarie, per le quali si usano le definizioni di sigle e troncamenti1. Con sigla si intenderà l'abbreviatura più radicale, che restituisce solamente la prima lettera della parola abbreviata. Una tradizionale, ma infondata, etimologia della parola2 ricollega sigla a litterae singulares o singulae litterae, espressioni attestate in un frammento attribuito al grammatico Valerio Probo 3 • Cpn troncamento si intenderà, invece, un compendio costituito dalle

1I

papiri datati o databili al I secolo a.C. che contengono abbreviature sono: PBerol. inv. 13956 (Al); POxy. XLIV 3208 (A2) e IV 737 (A3); PVindob. L la (A4); ms. Oxford, Bodleian Library, gr. class. f. 126 (P) (A5) e i PQasr Ibrim 30 (A6) e 34c (A7). Dati ulteriori su questi testi sono forniti all'interno dell'ele~co dei papiri censiti. 2 Su tutto questo vedi CENCETTI, Lineamenti, cit., pp. 369-70. 3 M. VALERll PROBI, De litteris sinppl.aribus fragnentum, in T. MOMMSEN (ed.), Laterruli notarum, in H. KEIL (ed.), Grammatici l.atini, IV, Leipzig 1864 (rist. anastatica Hildesheim 1961), pp. 267-76. Probo, oltre a fornire un elenco delle sigle più usate, opera un'interessante distinzione fra notationes publicae e notae familiares. Con le prime intende i compendi per cosl dire di uso pubblico e oramai canonizzati e ufficiali, mentre le seconde sono forme molto più arbitrarie, create e usate liberamente e personalmente.

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lettere iniziali del vocabolo abbreviato, con omissione costante della parte finale 1 . La sigla è dunque la forma di troncamento più estrema. Rispetto alle sigle lo scioglimento del troncamento è più certo, ma comunque solo il contesto porta a una lettura univoca dello stesso. La definizione di "troncamento"_l_1>tata proposta da Paoli2, a sostituzione di quella di "suspension" usata da Chassant3, ed è stata accettata ampiamente in Italia. Nella terminologia paleografica tanto in lingua francese che inglese e tedesca è comunque rimasto ilJ~_r!D,ine "suspension'', usato regolarmente, per esempio, sia dagli editori delle ChLA che da Seider. Compendiate con delle sigle sono, da un lato, formule di saluto, quali S D, per salutem dicit, o S U B, per si vale bene, oppure unità di misura o monetarie - A per asses o S per semis - o, ancora, formule ed espressioni proprie delle datazioni, secondo un uso che si fisserà nel tempo. Per quanto riguarda i troncamenti, essi non sono fra quelli che imporranno la loro presenza dal I secolo d.C. in poi. Può essere interessante solo una notazione a riguardo: nel PQa~r Ibrlm 34c (A7), molto frammentario e attribuito genericamente agli anni fra I secolo a.C. e I secolo d.C., è presente il troncamento _CEN per centuria. La lettura e lo scioglimento appaiono certi, ed è questa la prima ewiica eccezione finora riscontrata al fatto che sia centuria che centuria saranno regolarmente abbreviate con un segno speciale. Veri e propri segni abbreviativi non sono presenti; è attestato il solo punto mediano fra parola e parola, e poiché l'uso dell'interpunzione è costante pressoché in tutti i papiri di questo secolo, non si può neppure ipotizzare una sua qualche funzione in rapporto alle abbreviature.

1 Molti autori hanno osservato che, generalmente, la parola troncata termina con una consonante, e precisamente con la consonante iniziale di una sillaba: cfr. CAGNAT, Coun, cit., p. 401: "D'ordinaire la césure se fait après la consonne qui commence une syllabe, mais ce n'est point là une loi formelle". È questa una norma che, come ha verificato il nostro censimento, viene rispettata con buona ma non con assoluta regolarità, se è vero che molto spesso i troncamenti, anche dd medesimo vocabolo, oscillano molto nella loro lunghezza, e che non è raro trovare troncamenti che terminano con una vocale, dunque generalmente con la lettera finale di una sillaba. 2 PAOLI, Le abbreviature, cit., p. 8. 3 CHASSANT, Dictionnaire, cit., pp. 26-7. Va ricordato che in questo saggio Chassant propone forse la prima ragionata esistematica classificazione delle abbreviature latine.

Caratteri del sistema abbreviativo

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Il confronto con la situazione presente all'interno delle epigrafi conferma sostanzialmente il quadro che si è sopra prospettato. Anche nell'uso epigrafico sono attestate, per le testimonianze di questo secolo, esclusivamente due forme di abbreviature: le sigle, utilizzate in particolare per i praenomina, e i troncamenti, fra i quali spiccano quei compendi che diventeranno poi consueti anche nei papiri, quali IMP per imperator, COS per q_onsules e in generale le abbreviature deHermini usati per esprimere le date. La presenza regolare dell'interpunzione all'interno di tutte le epigrafi rende di fatto impossibile il poter individuare nel punto una qualche funzione nei confronti delle abbreviature, né d'altra parte si rileva la presenza di altri segni diacritici.

I SECOLO d. C.

Situazione generale 1. La situazione del I secolo d.C. si presenta estremamente più variegata e interessante, grazie al numero più cospicuo dei papiri censiti1, e alla

1

Sono infatti oltre una cinquantina i papiri censiti che risalgono al I secolo. All'interno delle testimonianze del I secolo un nucleo consistente di documenti è costituito dai papiri di Ercolano. Il forte stato di degrado presentato da questi papiri, che pure rappresentano un materiale di eccezjonale importanza per lo studio delle forme grafiche, data l'assoluta certezza della loro datazione ante quem, il 79 d.C., appunto, li rende purtroppo quasi totalmente inutilizzabili per la presente ricerca, eccezion fatta per qualche frammento di dimensioni più cospicue, fra i quali spicca il PHerc. 817 (B2), contenente alcuni versi del Carmen de bello Actiaco. Per una bibliografia aggiornata dei testi che hanno curato l'edizione dei papiri di Ercolano, greci e latini, e degli studi prodotti a riguardo si veda la nota di E.G. TuRNER, Papiri greci, Roma 1984 (ed. italiana a c. di M. MANFREDI), pp. 211-2. Una rimeditazione complessiva sul materiale di Ercolano, anche se incentrata sui papiri greci, è offerta dalla monografia di G. CAVAllO, Libri scritture scribi a Ercolano. Introduzione allo studio dei materiali g,eci, Napoli 1983 ("Cronache Ercolanesi", 13 (1983), Supplemento 1); Cavallo è poi ritornato sul medesimo tema, con interessanti osservazioni anche sulle caratteristiche dei prodotti grafici latino-ercolanesi: G. CAVALLO, I rotoli di Ercolano come prodotti scritti. Quattro riflessioni, in "Scrittura e Civiltà", 8 (1984), in particolare alle pp. 24-30. Un sintentico, ma pure ancora utile, panorama riassuntivo sui papiri ercolanesi latini è

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varietà delle forme abbreviative riscontrate. Compaiono inoltre forme abbreviative del tutto nuove, per le quali adoperiamo le definizioni di segni speciali, troncamenti sillabici e compendi del Q. ~l!J' espressione segni speciali, certo ancora ~en~ri~~-si indicherà una _serie di segni convenzionali, talora di chiara origine alfabetica (in seguito anche di certa origine tachigrafica), usati come simboli per indicare alcuni ·termini ricorrenti, propri di ambiti ristretti e specifici. Alcuni fra questi segni speciali sono usati per vocaboli della vita militare, e fra questi compaiono più assiduamente il segno 7, tracciato in forma più o meno corsiveggiante o rotondeggiante, per centuria/centurio e l per turma. L'origine alfabetica di questo ultimo simbolo è evidente, derivando esso dalla sigla T tagliata da un titulus. Anche il segno 7 per centuria è in origine una forma alfabetica, poiché deriva dalla sigla ::) , dunque dalla C retroversa, secondo una convenzione usata per indicare la presenza di compendi, e in particolare di compendi di nomi femminili. Con il tempo la sigla venne tracciata senza più rispettare la sua forma alfabetica originaria, assumendone altre e svariate, tra le quali andò imponendosi la forma angolare semplificata 7, che è quella in assoluto più attestata dal nostro censimento 1 •

offerto dal non più recente intervento di D. BASSI, I Papiri Ercolanesi Latini, in "Aegyptus", 7 (1926), pp. 203-14, parzialmente integrato da F. SBORDONE, Nuovi /rammenti dei papiri ercolanesi, in "La Parola del Passato", 20 (1965), in particolare alle pp. 307-10. Il repertorio più completo e aggiornato di tutti i papiri ercolanesi, greci e latini, è comunque offerto dal Catalogo dei Papiri Ercolanesi, a c. di M. GIGANTE, Napoli 1979, puntuale nei dati e nei riferimenti bibliografici che propone. 1 Sull'uso in generale delle sigle rovesciate, orientate cioè a sinistra, dunque nella direzione opposta a quella consueta, si vedano ad esempio le osservazioni di CAGNAT, Cours, cit., p. 406, e di L. SCHIAPAREW, Note paleografiche. Segni tachigrafici nelle notae iuris. Il. in "Archivio Storico Italiano", 73/1 (1915), pp. 246-7. Ricordi11mo_tuttavia che Schiaparelli individua in questa particolare forma di C retroversa per centuria/centuria, e soprattutto nella sua semplificazione angolata, non una semplice lettera rovesciata, e dunque una forma alfabetica, quanto piuttosto un vero e proprio segno tachigrafico, pur sempre di origine alfabetica, che costituirebbe una delle più antiche note tachigrafiche usate nel sistema grafico-alfabetico latino: cfr. SCHIAPAREW, Segni tachigrafici nelle notae iuris 2, cit., pp. 246-7: ."L'alfabeto dell'antica tachigrafia non usò solo una C diritta, come nella scrittura comune, ed una rovesciata ma anche la forma nostra angolare, con manifesto carattere corsivo [... ]. È poi sorprendente, che tali forme di C, la rovesciata e l'angolare, [... ] con le stesse varietà che si hanno nelle notae iuris, si trovino adoperate anche nell'epigrafia latina e in papiri latini[... ]. Non esitiamo a considerare questi

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Un uso frequente di segni speciali lo si ritrova anche per le unità monetarie: è il caso di per denarii, di HS per sestertii e del segno èl., accanto

*

segni speciali .come veri segni tachigrafici e vediamo in essi esempi delle più antiche note tachigrafiche cli data sicura.''. Sospendiamo il giudizio sulla validità o meno dell'ipotesi di Schiaparelli, rispetto all'interpretazione più tradizionale, sull'origine del segno 7 per centuria/centurio. Sottolineiamo tuttavia che a conferil!~e la fondatezza dell'ipotesi di Schiaparelli sembra concorrere la presenza, attestata nel PQa~r Ibrim 34c (A7), del troncamento CEN, per centuria. La datazione del papiro agli anni fra I secolo a.C. e I secolo d.C. colloca dunque questa testimonianza in un periodo anteriore a quello dell'uso delle notae tachigrafiche, un periodo cioè in cui è ancora assente l'influenza esercitata sul sistema alfabetico da quello tachigrafico, che appunto non era stato ancora compiutamente elaborato e diffuso. L'assenza del segno speciale 7 potrebbe confermare il fatto che la comparsa cli questo segnodebba essere collegata con la diffusione dell'influenza delle notae tachigrafiche all'interno della scrittura latina. Una verifica della correttezza o meno dell'ipotesi cli Schiaparelli potrebbe venire dalle epigrafi, mediante un esame cursorio dei monumenti epigrafici anteriori all'era cristiana, per c,nsire le forme secondo cui vengono abbreviati i vocaboli centuria/centurio e l'eventuale presenza del segno speciale 7. Interpretazione ancora diversa sulle origini del segno 7, che potrebbe derivare da una rappresentazione schematica della vitis (il bastone simbolo del grado dei centurioni), è cautamente suggerita da I. DI STEFANO MANZELLA, Mestiere di epigrafista. Guida alla schedatura del materiale epigrafico lapideo, Roma 1987, p. 151. Tesi del tutto particolare è, d'altro canto, quella sostenuta da John Rea nell'edizione del volume LV dei POxy .. Commentando, a p. 28, il segno e; per centuria usato nel POxy. LV 3785 (A228), una lista militare del 250 circa, Rea sostiene che esso si distacca dalla consueta forma angolare, poiché in questo caso specifico è costituito dalla lettera C, accompagnata da un titulus obliquo tracciato partendo dal tratto inferiore della C: "Here [... ] although the shape is very cursive and flowing, [... ] it can be more readily interpreted as a C (the initial letter of centuria) with an oblique mark of abbreviation wich begins from the lower end of the are of the C and slopes steeply down to the left. Since the letter C is no doubt at the origin of all such symbols, however cursive, a printed form wich reflects this is preferable such as C". In realtà, osservando la riproduzione del papiro, ci sembra cli poter affermare che siamo in presenza cli un tracciato estremamente éorsivizzato seppure del consueto segno 7, in cui però il tratto d'attacco da diritto è stato tracciato in forma curva. Questa sorta cli variante grafica del segno 7 è comunque attestata frequentemente in molti papiri, ad esempio nei PDura. Anche G0RD0N, Album, IV, Indexes, cit., p. 61, colloca fra i vari simboli usati per centuria la forma 9, senza però spiegarne in alcun modo la singolarità. Proprio le epigrafi, tuttavia, offrono numerose testimonianze delle diverse forme assunte dal segno 7, che variava presumibilmente a seconda della mano del singolo lapicida. Una veloce, ma significativa, verifica a riguardo è stata compiuta su una raccolta cli materiale epigrafico cli

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all'altrettanto diffuso troncamento 08, per oboli. Anche queste sono forme di origine alfabetica: deriva dal segno X per decem, tagliato da un titulus, che dà valore numerico alla lettera, e che sta a indicare, nello specifico, che nel denario vi sono dieci assi. Analogamente, HS deriva dall'accostamento del numerale 11, per duo, alla sigla S, per semis, tagliate da un titulus orizzontale, a significare che un sesterzio vale due assi e mezzo 1. Il segno d., infine, sembra derivare dalla sovrapposizione in nesso di due lettere, la o e la b con la panse à gauche: si tratterebbe quindi dell' originale troncamento o d., per oboli, che ha semplificato la sua forma2 •

*

recente edizione, quale La Collezione epigrafica dei Musei Capitolini. Inediti - Revisioni - Contributi al riordino, a c. di S. PANCIERA, Roma 1987 (Tituli, 6). Fra i molti esempi citiamo tre epigrafi (n. 4, 15 e 23), coeve in quanto databili al III secolo, che riportano significativi esempi di come lo stesso segno 7 possa essere stato tracciato in forme simili ma che, in una sorta di progressiva modificazione ed evoluzione morfologica, vanno da quella più vicina al tracciato angolato a quella in cui il tratto d'attacco si è invece compiutamente trasformato in un tratto curvo: G· Infine ricordiamo che, accanto al saggio sopra citato, Schiaparelli ha dedicato due altri interventi allo studio delle notae tachigrafiche, e più precisamente '!-,- SCHIAPARELLI, Note paleografiche. Segni tachigrafici nelle notae iuris, in "Archivio Storico Italiano", 72/1 (1914), pp. 241-54, e Note paleografiche. Le notae iuris e il sistema delle abbreviature latine medievali, in "Archivio Storico Italiano", 73/1 (1915), pp. 275-322. Questi tre interventi rappresentano e offrono una prima fase di rimeditazione complessiva sui rapporti intercorsi fra notae iuris, tachigrafia e sistema abbreviativo vero e proprio, rimeditazione cui Schiaparelli ha dato forma completa e definitiva nel già citato Avviamento. 1 Informazioni sintetiche, ma esaurienti, per quanto riguarda l'uso dei segni di valore numerico all'interno dell'epigrafia latina (uso che peraltro si ritrova, come si è visto e si vedrà, anche nei papiri) sono offerte da DI STEFANO MANZELLA, Mestiere, cit., pp. 157-8 e p. 212. Anche GORDON, Contributions, cit., pp. 166-82, riserva un ampio spazio all'analisi delle peculiarità presentate dalle forme dei numerali all'interno delle epigrafi, soffermandosi in particolare sull'uso del titulus e sui caratteri dei nomi composti con prefissi numerici, come IIVIR, IIIVIR, etc., che verranno brevemente analizzati anche in questa sede. 2 Dello stesso avviso sono gli editori delle ChLA, III, 208, p. 93, quando nell'introduzione al PLond. 1196 (A91), del 175 circa, contenente la distinta di alcuni depositi bancari, commentano appunto la particolarità del segno speciale d. e osservano che il termine "oboli, wich in PBerol. 6866 = 08, is here [... ] contracted to b, the rounded portion of the b being here equated with an o". L'uso del segno speciale d. è rispettato con buona regolarità all'interno di tutti i papiri censiti. Vi è tuttavia un caso, rimasto per ora forse unico, in cui per compendiare oboli

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.3.3

Si deve subito anticipare che le forme ricordate, più simboli che abbreviature vere e proprie, costituiscono una sorta di microsistema che si trasmetterà immutato e si osserverà regolarmente nei secoli. Saranno infatti rarissimi i casi in cui al posto dei simboli ricordati si utilizzeranno abbreviature diverse o si scriverà il vocabolo per esteso. Il segno diaçritico çhe accompagna molti segni speciali è il titulus. Il titulus, che in particolare nel IV secolo segnalerà,molte delle abbreviature usate nei papiri, nei primi secoli dell'era cristiana, al contrario, è attestato in un esiguo numero di casi. La sua presenza, tuttavia, è rilevata pressoché regolarmente già nel I secolo d.C. sia per segnalare i numerali che ad accompagnare i segni speciali che si sono appena ricordati. Si può supporre che sia questo l'uso più antico del titulus, anche se per questi specifici casi in esso sembrano convergere e sovrapporsi la funzione diacritica, di segnalare le abbreviature, e la funzione distintiva, di segnalazione cioè di una componente particolare della frase, che poteva non essere necessariamente una abbreviatura. Sui valori che il titulus può assumere, e in particolare sulla sua funzione distintiva si ritornerà in seguito, quando si esaminerà la teoria di Ludwig Traube sull'origine della contrazione 1 •

2. Si_indicherà con il termine di troncamento sillabico l'abbreviatura che di una parola riporta, oltre alla prima lettera, anche la lettera iniziale della sillaba o di alcune - se non di tutte - delle sillabe successive, dunque secondo quello che potremmo definire un troncamento multiplo2 •

è usata la semplice sigla O, che peraltro costituisce la prima menzione di oboli all'interno di un documento non militare. Si tratta del PSI XIII 1321 (A18), un frammento contabile databile alla prima metà del I secolo. Questa interessante eccezione si può spiegare, a detta degli editori delle ChLA, considerando che l'uso di oboli e denari al posto di dracme ed assi risale proprio al I secolo. La sigla O, dunque, testimonierebbe una fase ancora di definizione morfologica del compendio per oboli, "et semblc donc indiquer que l'usage dc l'obole n'cst pas encore usuel": cfr. ChLA, V, 304, p. 53. 1 Uno studio sulla presenza e sull'uso del titulus all'interno del materiale epigrafico latino è offerto da A.E. GoRDON, Sup,alineate abbrevilltions in Latin inscriptions, Berkeley-Los Angeles 1948. Gordon censisce tutte le abbreviature segnalate da un titulus presenti nelle epigrafi dal I al VI secolo raccolte nel CII..., dedicando una particolare attenzione alle contrazioni. 2 La definizione di troncamento sillabico è usata correntemente tanto da SCHIAPARELLI, Avviamento, cit., p. 83, che da CENCETTI, Lineamenti, cit., p. 375 e p. 453. Richiamandoci al discorso già fatto sulla mancanza di una terminologia paleografica uni-

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In senso più generale, troncamento sillabico indicherà quei compendi che, oltre alla lettera iniziale, presentano una o più lettere intermedie della parola abbreviata. 3. Per compendi del Q, infine, si intenderà una serie di abbreviature di forme generalmente monosillabe, quali i pronomi relativi e interrogativi qui, quae, quid e quod. Questi compendi, pur presentandosi nella forma generica della sigla Q, esigono, come vedremo, una trattazione del tutto autonoma.

Materiale censito 1. Accanto ai papiri si sono censite testimonianze grafiche diverse, e in particolare, per il I secolo, si sono studiate le abbreviature presenti nelle tavolette cerate e nelle scritture a sgraffio su coccio. Consideriamo brevemente le caratteristiche generali di queste testimonianze, mentre osserveremo nello specifico le abbreviature in esse presenti trattando singolarmente dei vari tipi di compendi usati nel I secolo. Innanzitutto le tavolette cerate, che rappresentano sicuramente la più alta testimonianza, da un punto di vista quantitativo, della scrittura romana usuale per il I secolo. Si sono censiti, ai fini della nostra ricerca, i due gruppi più significativi, per quantità e per contenuti, di tavolette cerate fra quelli che ci sono pervenuti, dunque le tavolette pompeiane e quelle di Ercolano 1.

voca e sui problemi che evidentemente questa situazione comporta, ricordiamo che la HiilviiNyberg usa per indicare le forme che noi abbiamo chiamato troncamenti sillabici la definizione di endung;lose Kontraktion, definizione che non ci trova concordi e che ci sembra una vera e propria contraddizione in termini: cfr. HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., pp. 19-20, dove ci si sofferma anche sulle caratteristiche di questa forma abbreviata. La HiilviiNyberg dedica peraltro molta attenzione al descrivere e valutare quelle che definisce Strukturtypen, noi diremmo le tipologie strutturali dd troncamento sillabico/endung;lose Kontraktion, e rimandiamo volentieri alle sue osservazioni, sottolineando il fatto che anche a suo parere "als die iiblichste Bildungsstruktur ist in den endungslosen Kontraktionen die reine syllabare Struktur anzutreffen, wobei die Abkiirzung aus den Anlautbuchstaben zweier oder mehrerer Silben besteht" (p.151). Cfr. HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., pp. 150-9 e pp. 161-3. 1 Il corpus delle tavolette pompeiane (abbreviate da noi in TabCerP) è stato pubblicato da C. ZANGEMEISTER (ed.), Tabulae ceratae Pompeis repertae annis MDCCCLXXV et

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Va innanzitutto sottolineato l'assoluto valore che queste tavolette rivestono in particolare nell'ambito del nostro lavoro. Un valore dato soprat-

MDCCCLXXXVII, in CIL, IV, Suppi., Berolini 1898, pp. 275-454, 3340, I-CLV. Alcune tavolette sono state poi ripubblicate da J. ANDREAU, Les A/faires de Monsieur Jucundus, Rome 1974, in appendice al suo studio. Le tavolette di Ercolano (abbreviate, secondo le indicazioni degli stessi editori, in TH) sono state pubblicate in più riprese da G. Pugliese-Carratelli, con interventi di A. Maiuri e V. Arangio-Ruiz, ne "La Parola del Passato" : cfr. G. PuGLIESE-CARRATEW, Tabulae Herculanenses, in "La Parola del Passato", 1 (1946), pp. 379-85 (serie I, dal n. I al XII); 3 (1948), pp. 165-84 (serie Il, dal XIII al XXX); 8 (1953), pp. 455-63 ( serie III, dal XXXI al LVIII); 9 (1954), pp. 54-74 (serie IV, dal LIX al LXXV); 10 (1955), pp. 448-77 (serie V, dal LXXVI al LXXXVII); 16 (1961), pp. 66-73 (serie VI, dal LXXXVIII al CII). Si vedano inoltre le diciotto tavolette ercolanesi (abbreviate da noi in TH Della Corte) edite da M. DELLA CORTE, Tabelle cerate ercolanesi, in "La Parola del Passato", 6 (1951), pp. 224-30. Per una disamina degli aspetti più propriamente giuridici delle tavolette di Ercolano si vedano gli articoli raccolti in V. ARANGIO-RUIZ, Studi epigrafici e papirologici, Napoli 1974, in particolare alle pp. 295-308; 309-14; 327-44; 355-62; 375-81; 431-9; 450-62; 518-34; 552-70; 673-85. Per quanto riguarda la struttura materiale e la forma delle tavolette cerate pompeiane ed ercolanesi si vedano le indicazioni offerte dai pur brevi interventi di G. PuGLIESE-CARRATELLI, L'instmmentum scriptorium nei monumenti pompeiani ed ercolanesi, in Pompeiana. Raccolta di studi per il secondo centenario degli scavi di Pompei, Napoli 1950, pp. 266-78, di A. MAruRI, Tabulae ceratae Herculanenses, in "La Parola del Passato", 1 (1946), pp. 373-9, e diJ. ANDREAU, Le tavolette cerate, in Pompei 79. Raccolta di studi per il decimonono centenario dell'eruzione vesuviana, a c. di F. ZEVI, Napoli 1979, pp. 272-7, oltre che l'introduzione di Zangemeister all'edizione del CIL. Ricordiamo soltanto che la maggior parte delle tavolette è in forma di trittico, e presenta una scriptura interior ed una exterior, la lista dei signatores con i rispettivi sigilli (signa) e infine l'index instrumenti: a ognuna delle parti corrisponde una precisa formulazione del testo, con clausole fisse. Va infine ricordato che, accanto a quelli costituiti dalle tavolette di Pompei e di Ercolano, esistono, sempre per il I secolo, altri importanti corpora di materiale su tavoletta che è coerente per datazione, provenienza e contenuti, quali, in particolare, quelli delle tavolette cerate di Murecine e delle tavolette lignee di Vindonissa, la cui importanza, ai fini del nostro studio, è evidentemente molto grande, ma che, in questa prima fase della ricerca, non sono state oggetto di uno specifico censimento. Le prime sono note come tavolette di Murecine in quanto sono state rinvenute, in tempi piuttosto recenti, nell'Agro Murecine, dunque in una zona suburbana rispetto a Pompei, e sono state edite, in vari momenti, da L. BOVE, C. GIORDANO e F. SBORDONE all'interno dei ''Rendiconti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli".

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tutto dal fatto che esse costituiscono un materiale in molti casi sicuramente datato, o comunque sempre sicuramente databile, avendo come indiscutibile terminus ante quem il 79 d.C., l'anno dell'eruzione del Vesuvio e della distruzione di Pompei ed Ercolano: questa sicurezza nella datazione rappresenta un importante punto di partenza per una ricerca come la presente, che, operando tanto in diacronia che in sincronia, ha bisogno di fissare con certezza i suoi limiti e i suoi riferimenti temporali. Non solo. L'importanza del materiale proveniente da Pompei ed Ercolano è data anche dal fatto che i due gruppi di tavolette sono relativamente omogenei per contenuto, offrendo cioè una significativa attestazione di alcune tipologie testuali che nei papiri non sono riscontrabili con frequenza, e comunque non in questa quantità. Si tratta dunque di un materiale che, proprio in quanto ripropone, pur con qualche diversificazione, le medesime tipologie documentarie, consente di valutare a pieno il ruolo e l'evoluzione, insomma la presenza delle abbreviature all'interno di documenti che presentano contenuti e dunque anche modi linguistici pressoché simili. 2. Si_~ detto che le tavolette cerate del I secolo sono caratterizzate da una certa omogeneità di contenuti. Bisogna fare tuttavie le necessarie distinzioni e specificazioni. Le tavolette pompeiane sono 153 in totale (oltre a due aggiunte in supplemento) e fanno tutte parte dell'archivio di L. Caecilius Jucundus, un argentarius, cioè un banchiere. Datate, anche se non tutte esplicitamente, agli

Le tavolette di Vindonissa, dal canto loro, provengono da una località svizzera sede di un campo militare romano, e anche la loro pubblicazione è stata portata avanti da vari studiosi in sedi e momenti diversi. Per un prospetto di tutti i contributi che si sono avuti per l'edizione di queste due serie documentarie rimandiamo alle indicazioni bibliografiche offerte da B. BREVEGLIERI, Esperienze di scrittura nel mondo romano aI secolo d.C.), in "Scrittura e Civiltà", 9 (1985), rispettivamente alle pp. 70-1 e 75, non senza ricordare che è stata recentemente avviata una totale revisione dell'edizione delle tavolette di Murecine ad opera di Giuseppe Camodeca: cfr. G. CAMODECA, Per una riedizione dell'archivio puteolano dei Sulpicii. I. Le TP. 67 e 68; II. Nuovi documenti processuali, in "Puteoli", 6 (1982), pp. 3-53; Per una riedizione

dell'archivio puteolano dei Sulpicii. III. Emptiones con stipulatio duplae; IV. I documenti vadimoniali, in "Puteoli", 7-8 (1983-4), pp. 3-69; Per una riedizione dell'archivio puteolano dei Sulpicii. V. TP. 61; TP. 30; TP. 65; TP. inv. 14370; TP. 22,4; TP. 21,4, in "Puteoli", 9-10 (1985-6), pp. 3-40.

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anni fra il 52 e il 62, sono tutte quietanze, ma vanno distinte in due tipologie ben precise: la maggior parte di esse, 13 7, si riferisce a delle vendite ali' asta in cui]ucundus aveva agito come intermediario. Le rimanenti 16 tavolette si riferiscono invece ai pagamenti effettuati da ]ucundus a uno schiavo della colonia di Pompei per una serie di appalti pubblici da lui assunti. I documenti ercolanesi, dal canto loro, sono più vari per quanto attiene al loro contenuto: alcuni fanno parte dell'archivio di L. Venidius Ennicus e attestano negozi giuridici di vario tipo; altri riguardano un problema di confinazione; altri ancora sono chirografi di debiti di denaro e copie di un registro contabile. Un cospicuo numero di testi riguarda infine il cosiddetto "processo di Giusta", intentato da Giusta per far riconoscere la propria in-

genuitas. Analizzando il tipo di abbreviature presenti nelle tavolette, si può osservare, in generale, che esse sono organizzate in una sorta di microsistema, che comprende una serie di compendi delle parole o delle espressioni più ricorrenti, e che sostanzialmente rimane invariato in ogni documento: tra l'archivio pompeiano e i documenti ercolanesi, insomma, nonostante le diversità contenutisticlie, non vi sono particolari differenze nell'uso e nella struttura delle abbreviature. Per quanto riguarda infine gli interpuncta, bisogna, purtroppo, lamentare il fatto che le edizioni dei testi pompeiani ed ercolanesi sono del tutto insufficienti per consentire una valutazione adeguata della presenza e del ruolo dell'interpunzione. Le riproduzioni delle tavolette pompeiane presenti nel CIL non sempre sono chiare, né il loro editore trascrive regolarmente tutti gli interpuncta presenti nell'originale. L'edizione delle tavolette ercolanesi, d'altro canto, non è purtroppo accompagnata da riproduzioni, se non in qualche rarissimo caso, né l'editore, come dichiara esplicitamente, riporta nelle trascrizioni i segni di interpunzione, pur osservando, nel commento, che le parole, nella maggior parte dei casi, sono separate da interpuncta. 3. Oltre che all'interno del materiale su tavoletta, che abbiamo appena illustrato, si sono censite presenza e tipologie delle abbreviature all'interno delle testimonianze offerteci dai numerosi graffiti scoperti nella località francese di La Graufesenque, l'antica Condatomagos gallica. Si tratta di frammenti risalenti al I secolo, talora di cospicue dimensioni, di piatti o scodelle, che in alcuni c~si si sono anzi conservate pressoché per intero, su cui alcuni computisti scrivevano con una punta metallica, ri-

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portando una serie di dati e conti. Condatomagos era infatti un centro piuttosto importante per la produzione di terra sigillata; i graffiti si riferiscono proprio alla produzione delle stoviglie, illustrando di volta in volta il nome dei fabbricanti, la tipologia, le dimensioni e la quantità precisa dei pezzi che venivano appunto infornati. Varie sono state le edizioni dei graffiti che venivano via via scoperti, ma si è lavorato, in questa sede, principalmente su di una recente opera di Robert Marichal, che ha curato l'edizione del corpus completo dei graffiti di La Graufesenque sinora rinvenuti - che raggiungono quasi le duecento unità -, ripubblicando i testi già noti e aggiungendo un gran numero di inediti1. 4. Senza soffermarci sul grande valore di queste testimonianze nell'illuminare le vicende della scrittura usuale romana, e senza anticipare analisi più puntuali sulle singole tipologie abbreviative, osserviamo brevemente, in generale, le abbreviature presenti nei graffiti. I graffiti esaminati sono databili agli anni fra il 40 e il 100 d.C., anche se alcune testimonianze sono sicuramente posteriori. Il sistema abbreviativo in essi attestato è un sistema ben definito; definito, si badi, nel senso che non presenta variazioni ed evoluzioni, e si ripete con regolarità, vorremmo dire con monotonia. Né ci si potrebbe attendere una situazione diversa. Le tavolette pompeiane ed ercolanesi, per quanto accomunate da contenuti spesso analoghi, presentano, come vedremo, una certa qualche varietà nelle tipologie abbreviative usate, o perlomeno utilizzano un numero piuttosto ampio e vario di forme abbreviate. Nei graffiti si impiega invece un formulario che necessariamente doveva

1 La

prima edizione integrale dei graffiti, che furono tutti riprodotti fotograficamente, fu quella di F. HERMET, LA Graufesenque (Condatamago), I. Vases siyjllés - II. Graf/ites, I-II, Paris 1934 (rist. anastatica Marseille 1979); i graffiti rinvenuti durante nuovi scavi furono invece pubblicati prima da A. A.LBENQUE, Nouveaux graffites de LA Graufesenque, in "Revue des études anciennes", 53 (1951), pp. 71-81, e successivamente da A. AYMARD, Nouveaux graf/ites de LA Graufesenque. Il., ibidem, 54 (1952), pp. 93-101, e Nouveaux graffites de LA Graufesenque. III., ibidem, 55 (1953), pp. 126-31. A pubblicare l'insieme di tutti i graffiti sinora rinvenuti è stato appunto R. MARICHAL, Les graffites de LA Grau/esenque, Paris 1988. Va infine ricordato il saggio di A. PETRUCCI, Per la starla della scrittura romana: i graffiti di Condatamagos, in "Bullettino dell'Archivio Paleografico Italiano", s. 3, 1 (1962), pp. 85-132, puntuale nel valutare caratteristiche e particolarità della scrittura dei graffiti.

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rimanere cristallizzato, e che conteneva sempre, come abbiamo già anticipato, i medesimi dati. Variazioni non si riscontrano dunque nelle parole abbreviate, che sono sempre le stesse, né nel tipo di compendio usato, che sarà quasi esclusivamente il troncamento. Unica variazione di qualche rilievo che è possibile registrare è nella lunghezza della parola troncata, che varia sensibilmente da graffito a graffito, come talora anche all'interno del medesimo testo. Un'oscillazione che si può forse spiegare con la mancanza di spazio, ma che in alcuni casi è da imputare a una dimenticanza o anche alla fretta, quasi alla superficialità, con cui venivano scritte queste annotazioni 1• Segni diacritici delle abbreviature mancano totalmente nei graffiti, mentre invece l'uso dell'interpunzione, in particolare per i graffiti datati alla metà del secolo, è rispettato con buona regolarità.

Sigle 1. Nelle testimonianze del I secolo i compendi quantitativamente prevalenti, attestati con percentuali d'uso pressoché pari sono le sigle e i troncamenti. All'interno dei papiri si rileva la presenza di un numero piuttosto ri_stretto e costante di sigle, che si ripetono con una certa regolarità. Le sigle compaiono, innanzitutto, a segnalare i praenomina, per i quali la forma compendiata è quella in assoluto più diffusa e rispettata, come nel caso di C per Caius, Q per Quintus, L per Lucius, M Marcus, P Publius. Altrettanto regolarmente si usano le sigle per segnalare nomi comuni e locuzioni ricorrenti, specie, ma non esclusivamente, in formulari giuridici o militari, e in documenti contabili. Sigle ricorrenti sono, per citare solo qualche esempio,_F per filius, K per K.alendae, A C per armorum custos, P R D, probam recte dari, oppure C R, civem romanum, o ancora F T S per fit tota summa. Tra le sigle eh~ saranno di uso comune a partire dal I secolo troviamo anche R per

1 Osservazioni

interessanti sulle abbreviature proprie cli questi graffiti sono offerte tanto da MARICHAL, Les graffites, cit., pp. 48-50 e passim, quanto da PETRUCCI, Per la storia, cit., pp. 113-4. Di un certo interesse ci sembra in particolare la considerazione di Marichal sul rapporto fra abréviation orale e abréviation écrite: un'interazione tutta da verificare, ma che ci sembra non si possa forse applicare a tutti i tipi di compendio e a tutte le tipologie testuali.

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redit e S7 per semis. La prima forma è particolarmente interessante innanzitutto perché si tratta di una forma verbale, e i compendi di forme verbali per mezzo di sigle saranno davvero rari in tutte le testimonianze censite; unica eccezione di un qualche rilievo è data dalla forma F, per fit/fiunt, attestata già in questo secolo, che sarà piuttosto frequente, specie in documenti contabili. Per tornare comunque alla sigla R, il fatto più notevole di questo compendio è comunque il segno abbreviativo che lo accompagna e che ha la forma di un titulus secante l'ultimo tratto della lettera: un segno abbreviativo che si affermerà nei secoli successivi. La sigla S7 per semis è una di quelle più frequentemente usate nei papiri, in particolare in quelli di contenuto contabile-amministrativo, ma spesso viene usata senza nessun elemento di segnalazione. L'elemento più notevole del compendio in questo caso specifico è dato proprio dal segno abbreviativo che lo accompagna e che ritroveremo usato anche altrove: Ja dipla 1• È questa, originariamente, un segno della punteggiatura, molto diffu~o, al quale si attribuiscono funzioni divers~, dal segnalare la fine di un pa_!agrafo all'indicare una pausa prolungata2 • Il vederla impiegata come segno diacritico di una abbreviatura indurrebbe a non ritenere del tutto improbabile quanto si illustrerà a proposito del punto, dunque un calco, un modellarsi del segno diacritico dell'abbreviatura su quello della punteggiatura.

1 Il

papiro citato è il PSI VI 730 (A39), databile fra I e Il secolo, riguardante la costi• tuzione di una dote. Un altro caso in cui la dipla ha la funzione di segnalare l'abbreviatura è rappresentato dal PMich. VII 442 (A105), documento anch'esso relativo a una dote, scritto a Cesarea in Mauritania nella Il metà del II secolo. ~definizione dipla per indicare il segno grafico 7 viene utilizzata sia da WINGO, nella sua opera già citata, che dagli editori delle ChLA, in particolare da R. MARICHAL, che ha studiato l'uso della dipla nel saggio De l'usage de la "diplè" dans les inscriptio~s et les manuscrits latins, in Palaeographica, Diplomatica et Archivistica. Studi in onore di G. Battelli, I, Roma 1979, pp. 63-9, al quale si rimanda per ulteriori esempi e precisazioni. Ci sembra tuttavia interessante ricordare una considerazione che Marichal propone, alle pp. 68-9, sui rapporti e gli scambi fra ~igne de ponctuation e signe d'abréviation, quando osserva come il bisogno di separare in maniera chiara una abbreviatura dalla parola seguente possa avere indotto a usare la dipla accanto o al posto del punto, e possa avere cosl facilitato la sua trasformazione da segno di punteggiatura a segno diacritico dell'abbreviatura. WINGO, Latin Punctuation, cit., p. 95, pp. 108-14 e passim, descrive dal canto suo, con precisione, la morfologia e le funzioni della dipla.

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Accanto a questi esempi, che costituiscono un sistema rigido, il quale si riproporrà, nella sua fissità, sino al IV secolo, sono attestate, comunque piuttosto raramente, sigle di uso meno frequente, il cui scioglimento è strettamente legato al contesto in cui si trovano, come anche sigle eguali per uno scioglimento diverso. È il caso della forma, non consueta, A, per anno/annis, attestata nel PBerol. inv. 21688 (A30), una lista di soldati redatta nel 95/6, o, per il secondo caso, della forma K, che, usata di consueto per indicare Kalendae, viene utilizzata eccezionalmente per compendiare tanto kaput che kastrense. Queste due sigle si trovano rispettivamente nel Pland. V 90r (A19), un frammento ciceroniano attribuibile ai primissimi anni dell'era cristiana, se non ad un periodo anteriore, e nel PGen. lat. 1 (A23), ascrivibile agli anni 81-90, e contenente parti di un archivio militare. Si noti peraltro che all'interno di quest'ultimo papiro per la sigla K sono compresenti i due scioglimenti Kalendae e kastrense. 2. Le sigle censite sono inserite all'interno di testi caratterizzati dalla presenza di interpunzione pressoché costante. Molto rari sono i casi di papiri che presentano un'interpunzione irregolare, o in cui questa risulta del tutto assente. Lo stato di conservazione dei singoli papiri, non sempre buono, rende comunque talora difficile, quando non la impedisce del tutto, una lettura sicura, oltre che del testo in generale, in particolare degli interpuncta, la cui assenza, o la cui irregolarità nell'uso può essere dunque legittimamente imputata anche a una incerta lettura. Il punto sembra comunque avere il compito primario di dividere le parole, e non è di fatto possibile supporre che valga per distinguere le abbreviature. Se si deve escludere per il punto un valore abbreviativo, è innegabile che questa stessa funzione venga assunta da una serie di segni diacritici che sono attestati in singoli casi nei papiri di questo secolo, ma la cui presenza si intensificherà nel tempo. Si sono già ricordati la dipla e il titulus obliquo: accanto a questi troviamo l'apice, nella forma N per noster, e la tilde, o titulus curvilineo, nel compendio N per numero, a segnalare sigle eguali ed egualmente diffuse, ma dal diverso scioglimento1• 3. Le sigle che si sono ricordate si ritrovano in forma fissa anche nelle

1 I due compendi si trovano, rispettivamente, nel PHeid. lat. 12 (A25), dell'86-8, con-

tenente Commentarli o acta diurna, e nel PRyl. II 223v (A37).

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epigrafi, e anche in questi casi è piuttosto irregolare la presenza di segni diacritici delle abbreviature. Interessante è il caso, appunto ancora eccezionale, della forma N, per nepos, segnalata da un titulus tracciato sopra la lettera. In continuità con il secolo precedente il punto mantiene la sua funzione esclusiva di segno di interpunzione. 4. Come si è avuto già modo di sottolineare nell'introduzione, il continuo confronto che si è operato fra la situazione presente nei papiri e quella riscontrata nelle epigrafi, nelle tavolette cerate e nei graffiti non ha fatto altro che confermare la sostanziale, generale validità delle considerazioni che siamo venuti proponendo, nonostante le inevitabili, minime distinzioni che si creano fra le situazioni peculiari ai diversi tipi di supporto, i diversi tipi di testo che contengono e i diversi tipi di linguaggio in essi usa ti. Cosl, anche all'interno delle tavolette cerate l'uso delle sigle sembra essere regolato da una normativa piuttosto rigida, costantemente rispettata. Le sigle si utilizzano per indicare, con costanza assoluta, i praenomina, cosl" come termini di uso comune, quàli Kalendae o filius. È interessante notare anche l~resenza frequente di clausole usuali, specie giuridiche, diverse a seconda dei diversi tipi di documento. Nelle tavolette ercolanesi ricorrono formule quali U F, per vadimonium factum (o secondo altri verbis /acta), T A, per tutore auctore, la già incontrata formula di stipulazione P R D, per probam recte dari, e la frequentissima espressione D O A, per de qua agitur, con le sue varianti O R A e O D A, rispettivamente per quae res agitur e qua (quo) de agitur - espressioni queste assai frequenti negli editti, come 'anche nei documenti, per richiamarsi alla persona o all'argomento di cui si tratta -. Nei documenti pompeiani spesseggiano le formule DI D, per duumviri iure dicundo, e e e u es, per colonorum coloniae VeneriaeCÒmeliae-SertJUS. Formule queste assai frequenti, ma evidentemente non sentite come cristallizzate e vincolanti, se le stesse espressioni vengono compendiate anche con dei troncamenti, come ~PIC, per iure dicundo, e_con le particolari forme IIUIR e DJJ, per duumviri, sulle quali ritorneremo. Egualmente, per serous s~n~-~;~ti anche i troncamenti SER e SE, cosl come per Veneriae il troncamento UEN_ER. Analogo è il c;;,--del compendio per nummos, che nella maggioranza dei casi è dato dalla sigla N, talora tuttavia sostituita dal troncamento NUM.,

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Per quanto riguarda i segni diacritici, ricordando quanto si è detto sulle difficoltà incontrate nel valutare correttamente presenza e ruolo del punto, sottolineiamo soltanto che nelle tavolette pompeiane il punto segue piuttosto regolarmente i praenomina, e in qualche caso sembra essere presente solo dopo le sigle, appunto forse per segnalarle. Se~pre a eroposito dei segni diacritici ricordiamo che la sigla per Manius, attestata anche nelle epigrafi di questo secolo, si presenta talora non nella consueta forma della M a cinque tratti /\N, bensì viene resa dalla lettera M, spesso tracciata in modo molto disarticolato, accanto alla quale è collocato un titulus obliquo, che altro non è, tuttavia, se non proprio il quinto tratto della forma /\N1• Segnaliamo infine, in TH LXXIV, la sigla MJ, per mutuos, accompagnata, secondo l'editore, da un titulus, su cui, tuttavia, non possiamo esprimerci, essendo la tavoletta priva di riproduzione fotografica. 5. Per quanto riguarda i graffiti, va fatto un discorso particolare, poiché al loro interno le sigle sono pochissime, e poco frequenti, e si limitano alle forme S, per semis o summa, K, per Kalendae, P, per pedales e D, per dies. Quest'uso così ristretto si deve spiegare considerando le caratteristiche di questi testi, assolutamente non originali, piuttosto semplici e nel contempo fortemente ripetitivi, all'interno dei quali è utilizzato un numero piuttosto ristretto e costante di vocaboli, e in cui, lo ricordiamo, l'interpunzione è usata con buona regolarità.

1 Ricordiamo che la sigla NV, per Manius, conserva la modologia della M a cinque tratti, come veniva tracciata nell'alfabeto arcaico, prima della canonizzazione della capitale. Cfr. CAGNAT, Cours, cit., p. 19: "NV, forme archai'que déjà signalée, donne [ ... quatre] variantes [... ]; ces quatre caractères ne se sont conservés que comme abréviation du prénom Manius". È peraltro ipotizzabile che con il tempo si sia persa la consapevolezza dell'origine di questa M a cinque tratti, e per questo motivo il quinto tratto della lettera potrebbe essere stato interpretato come un titulus diacritico, e perciò tracciato e collocato in varia maniera accanto alla lettera, ma pur sempre mantenuto, in quanto si rivela utile elemento di distinzione dalla consueta forma della M a quattro tratti, regolarmente usata, ad esempio, per segnalare un altro praenomen, Marcus. Per ulteriori osservazioni sulla morfologia della sigla - sulle cui origini, peraltro, non mancano interpretazioni diverse e contraddittorie - si vedano anche le indicazioni offerte da GORDON, Contributions, cit., pp. 123-4.

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Troncamenti 1. Per quanto riguarda i troncamenti, bisogna innanzitutto rilevare come si imponga la tendenza a fissare in form~ -stabile i troncamenti di alcuni vocaboli, in particolare di quelli che più frequentemente ricorrono nelle lo~uzioni che indicano le datazioni dei documenti, e, ancora, di termini propri del linguaggio politico-militare, 'la..:quali CAES per Caesar, AUG per Augustus, .•.. IMP per imperator, KAL per Kalendae, PRAEF per praefectus, Ml L per miles, EQ per eques, LEG per lef)o, COH per cohors, COS per consul. In quest'ultima forma non deve sorprendere la mancanza della nasale: è questo il caso di un compendio tradizionale, che riproduce graficamente la tendenza fonetica, appunto antichissima, a non pronunciare la nasale davanti alla sibilante, allungando la vocale precedente 1•

2. I medesimi troncamenti si ritrovano fissati in questa forma all'interno delle epigrafi, mentre per quanto riguarda le altre forme di troncamento usate in ambito epigrafico si possono ritenere valide le considerazioni di seguito proposte per i papiri: in generale, cioè, anche nelle epigrafi si trovano troncamenti dalla struttura irregolare, talora presenti solo in qualche singolo caso e non facilmente interpretabili, se non in riferimento al contesto. Segnaliamo due sole presenze, piuttosto interessanti. È attestata già nei primi decenni di questo secolo la forma -O, per l'enclitica -que, da noi collocata, forse impropriamente, fra i troncamenti piuttosto che fra le sigle, in quanto lo stretto legame che si instaura fra l'enclitica e la parola alla quale questa è connessa induce a considerare i due vocaboli come una struttura unitaria, che viene appunto abbreviata con un troncamento. Una forma, questa del troncamento -O per l'enclitica -que, che diventerà compendio canonizzato e costantemente presente tanto nelle epigrafi che nei papiri. Cominciano inoltre, in questo periodo, le prime forme di troncamento -8, per la desinenza -bus del dativo e ablativo plurale: anche questo troncamento

1 Cfr. C.H. GRANDGENT, Introduzione allo studio del latino volp;zre, Milano 1914 (trad. italiana a c. di N. MACCARONE), pp. 97-8 e 170-2; A. TRAINA, L'alfabeto e la pronunzia del latino, Bologna 1957, pp. 52-3, e V. VAANANEN, Introduction au Latin vulp;zire, Paris 1967, pp. 66-7. Per una datazione al III secolo a.C. di questo uso cfr. anche CENCETTI, Lineamenti, cit., p. 372.

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entrerà progressivamente, e si affermerà, nell'uso epigrafico come in quello della scrittura alla viva mano. In questo momento le attestazioni del troncamento -8 sono tuttavia ancora piuttosto rare, e indicano forse che siamo in presenza di una fase ancora di definizione della struttura del compendio 1• In conformità con la situazione già descritta a proposito delle sigle presenti nelle epigrafi, anche i troncamenti non sono accompagnati da alcun segno abbreviativo. 3. Per ritornare comunque ai papiri, accanto alla serie di forme fisse sopra ricordate, per le quali lo scioglimento è univoco e non va demandato al contesto, se non per la declinazione e il numero, la forma del troncamento presenta compendi caratterizzati da una notevole elasticità e varietà nelle strutture, in quanto sono frequenti troncamenti che ricorrono solo una o rare volte, e il cui scioglimento è possibile solo in relazione al contesto. Non mancano poi troncamenti diversi per il medesimo scioglimento, spesso all'interno del medesimo testo, o, al contrario, troncamenti eguali per parole diverse2. Ricordiamo, ancora, la forma UETERIB·, per veteribus, nel PRyl. II 223v (A37). Si tratta di una prima attestazione del troncamento della desinenza -bus, presente anche nelle epigrafi, che, come abbiamo già detto, diventerà un compendio estremamente diffuso. L'attestazione rimane tuttavia isolata, e ci richiamiamo a quanto già osservato a proposito delle epigrafi, sul fatto che siamo evidentemente di fronte a un momento ancora di elaborazione di questo compendio, che sarà usato piuttosto sporadicamente sino al IV secolo, quando diventerà forma definitivamente canonizzata. Sono

1 BISCHOFF, Paliiographie, cit., p. 202, sostiene che in epoca anteriore all'era cristiana fra le abbreviature più diffuse vi fossero proprio i troncamenti per -bus e -que. Non c'è stato tuttavia possibile individuare la fonte per una tale affermazione, poiché, ad esempio, nelle epigrafi dei Gordon anteriori all'era cristiana non abbiamo riscontrato alcun caso di troncamento per -bus e -que. 2 Per esempio è questo il caso del PSI VI 729 (A22), del 77 d.C., contenente l'atto di vendita di un cavallo, che presenta le due forme APRIA e APR per Apriana. L'uso di uno stesso compendio per scioglimenti diversi è testimoniato, ad esempio, dalla forma LI B, che nel PRyl. II 223v (A37) è usata per liburnam, e che nel PSI XI 1183, (A15) datato al 45-54 e contenente una dichiarazione di proprietà resa da un cittadino romano, è usata invece a indicare libertum.

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piuttosto rari i troncamenti di forme verbali, e questa esiguità di casi, che peraltro si manterrà, si spiega forse considerando le difficoltà nel dare immediatamente uno scioglimento univoco e corretto al compendio di un verbo, a determinare il quale concorrono molti elementi: forma, coniugazione, persona, modo e tempo. Esempi a riguardo sono le forme STIPUL EST e SPOP, rispettivamente perstipulatus est e spopondit, nel PSI VI 729 (A22), o DEPO, per deposuit, nel PGen. lat. 1 (A23). Forme peraltro usate anche nelle tavolette, anch'esse quasi del tutto prive di compendi di forme verbali. Fra i troncamenti più particolari e più interessanti censiti segnaliamo le forme UEG per Veget- e SIG per Sigilli?, in cui, come osserva Marichal nelle note all'edizione, "le trait horizontal supérieur du g se prolonge jusqu'à u de Aurei, comme le g de Veg, [ ... ] ce qui semble donc etre un signe d'abréviation" 1• 4. Sempre fra i troncamenti vanno ricordate alcune forme abbreviate singolari, che forse è addirittura improprio definire abbreviature, e che, pur strutturalmente diverse, hanno come denominatore comune il fatto di essere l'espressione grafica di una allora corrente tendenza fonetica. Esiti del tutto particolari sono, innanzitutto, le due forme TERENU, per terenum, e TUBICE, per tubicen, attestate rispettivamente nel PGen. lat. 1 (A23) e nel PHeid. lat. 12 (A25), in cui si rileva l'avvenuta omissione della nasale in fine di parola, senza alcuna segnalazione. La singolarità di queste forme, che non rimangono tuttavia un caso isolato, bensl si ritroveranno nelle testimonianze dei secoli successivi, si potrebbe spiegare supponendo una duplice, involontaria omissione da parte di chi scrive. In realtà sembra più legittimo pensare che questa particolare scrittura sia dovuta a un fatto di pronuncia, sia dunque il riflesso della mancata pronuncia della nasale finale, e della sua mancata resa grafica da parte di chi scrive. Si è già ricordato come la nasale davanti alla sibilante nel gruppo ns venisse comunemente omessa. Analogamente, secondo quanto hanno stabilito gli storici della lingua latina, la nasale finale spesso non veniva pronunciata e quindi, di riflesso, spesso non veniva neppure scritta2 •

1

Si tratta del PHeid. lat. 12 (A25). Introduzione, cit., pp. 168-70, e VAANANEN, lntroduction, cit., pp.

2 Cfr. GRANDGENT, 68-70.

Sulla caduta della m in fine di parola si veda anche Io studio di E. DIEHL, De M finali

epigraphica, Lipsiae

1898.

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Il secondo caso per il quale si può parlare nuovamente di "scrittura fonetica" è dato dalla forma ARMAMETOR, per armamentorum, testimoniata nel più volte citato PGen. lat. 1 (A23), nella quale si rileva l'assenza della nasale davanti alla dentale occlusiva t. Anche per questo caso ci si può richiamare alla tendenza fonetica di non pronunciare, e dunque di non scrivere, la nasale davanti all'occlusiva, in particolare davanti all'occlusiva dentale 1• Anche, anzi forse soprattutto all'interno delle tavolette cerate e dei graffiti sono assai frequenti le attestazioni di una scrittura che evidentemente riproduce, in maniera semplificata e scorretta, i suoni del parlato. In particolare la caduta della m finale è fatto consueto, non solo nei graffiti, quanto soprattutto nelle tavolette pompeiane, mentre i documenti ercolanesi non ne forniscono testimonianze significative. Il fenomeno appare dunque nella sua evidenza proprio nei testi pompeiani, in cui una serie di vocaboli, usati all'accusativo singolare, è pressoché costantemente scritta senza la m finale, come nel caso della locuzione AUCTIONE MEA, per auctionem meam, assai frequente. Sarebbe allora interessante, e lo proponiamo come un itinerario di ricerca, che purtroppo non si seguirà in questa sede, verificare il grado globale di competenza grafica, e dunque linguistica, degli scriptores di questi testi, proprio per valutare il rapporto fra· ambiente di produzione, prodotto scritto e uso e particolarità del sistema abbreviativo2 • È infatti largamente ipotizzabile che queste omissioni siano tanto più frequenti nel latino cosiddetto volgare (popolare o familiare, come viene altrimenti chiamato), in cui peraltro i casi di ipercorrettismo confermano quest'uso fonetico, e che nel latino classico, teorizzato e cristallizzato dai grammatici, si sia rispettata la grafia corretta. Forse proprio le modificazioni fonetiche caratterizzanti il latino volgare possono spiegare la presenza di alcune abbreviature usate talora una tantum, estremamente arbitrarie, apparentemente poco funzionali, e la cui struttura non sembra uniformarsi a norme e tipologie usuali: i casi che si sono sopra citati costituiscono un significativo esempio a riguardo.

1 Cfr. V.U,N.ANEN, Introduction, cit., pp. 65-6. 2

La caduta della m finale si rivela dunque segnale del grado culturale, per definirlo cosl, di colui che scrive, e serve a connotare meglio gli usi grafici, in particolar modo quello delle abbreviature, come bene sottolinea anche MARICHAL, Les gralfites, cit., pp. 67-70, ove si sofferma anche sulla tendenza, diffusa nei graffiti, a non scrivere la s finale: tendenza che Marichal interpreta come un gallicismo.

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Questa palese divaricazione fra latino colto e latino volgare, sia per quanto attiene alla pronuncia, sia per quanto attiene alla grafia, ci induce a fare anche un'altra considerazione. Per comprendere le forti irregolarità e diversità che talora si riscontrano nella struttura delle abbreviature, e per arrivare a una sinossi più generale delle varie tipologie abbreviative e delle loro caratteristiche, è forse necessario attuare un'analisi proprio delle diversità linguistiche fra latino colto (e conseguente produzione scritta, ad esempio di tipo letterario e scientifico) e latino volgare (e produzione grafica che ne può essere conseguentemente influenzata, come la produzione documentaria più corrente o quella di uso personale) 1 • Rimane quindi da verificare se la produzione scrittoria influenzata dal latino volgare non solo ne esprima graficamente le tendenze e le modificazioni fonetiche, ma abbia anche quella che potremmo definire come una sorta di libertà di abbreviare, e usi le abbreviature senza l'obbligo di rispettare rigide norme e convenzioni. Questa supposta libertà di strutturare i compendi in maniera più personale e meno inquadrabile in schemi e regole, anche se ancora tutta da dimostrare, è confermata da numerosi esempi offerti dai papiri censiti e, in maniera ancora più evidente, da quelli ricavati dalle tavolette e dai graffiti. Sono molto frequenti in tutta la documentazione esaminata casi di oscillazione nella lunghezza di un compendio, di un impiego di forme

1 Le testimonianze offerte dalle tavolette pompeiane ci sembrano particolarmente illuminanti a riguardo, e non solo per gli usi fonetici che attestano - dei quali stiamo appunto parlando-, quanto specialmente per il rapporto che abbiamo ipotizzato fra grafia scorretta delle parole e presenza di forme abbreviate piuttosto singolari. Ci richiamiamo a un solo ma significativo esempio, quello costituito da TabCerP XXXVIII, datata settembre/ottobre 57. La quinta facciata della tavoletta contiene un chirouaphum, dunque una dichiarazione autografa di un tale Novellius Fortunatus. Fortunatus scrive in una scrittura comune classica dai tratti piuttosto disarticolati e complessivamente disordinata, e produce uno scritto che tenta di riprodurre i suoni del parlato, all'interno del quale spesseggiano forme che, pur essendo compendiate, non possono essere davvero definite come vere e proprie abbreviature. Cosl Fortunatus scrive COSUL, per consulibus, MATAL, per Martialis, FOTUNAT, per Fortunatus, SESTETA, per sestertia, FATA, per /acta, POPEI, per Pompeis. Alcune di queste forme si richiamano ai troncamenti usati di consueto, come nel caso dei nomi propri, mentre le altre rendono evidente la difficoltà a scrivere correttamente, come peraltro rivela ZANGEMEISTER, CIL, cit., p. 331, osservando che: "Fortunatus hoc chirographo suo cum scripturae verae parum gnarus esset, locutionis potius vulgaris sonum reddere studuit. [... ] I taque nullum unum vocabulum recte scripsit.".

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eguali per scioglimenti diversi, o della compresenza di tipologie abbreviative diverse per lo stesso vocabolo, anche, sovente, nel medesimo testo. Quest'incostanza nell'uso delle abbreviature si può forse spiegare considerando che chi scrive non deve, evidentemente, rispettare formulari precisi, ma può organizzarsi liberamente e individualmente. Nella verifica dei margini di autonomia, e dei motivi di questa autonomia, rispetto a una norma rigida nell'uso delle abbreviature si dovrebbe forse tentare di osservare nello specifico le scelte di chi è abituato a scrivere per conto di altri, dunque di uno scriptor che sente dictare un testo e che forse, per formazione e per abitudine, segue precise regole anche nell'uso delle abbreviature, e di chi invece, appunto abituato a dictare e non a scrivere personalmente, scrive talora da sé e per sé, e forse non conosce, o piuttosto non segue, precise norme nella formazione e nell'uso delle abbreviature. Analogamente, andrebbe a nostro parere verificato il rapporto con il sistema abbreviativo e i suoi canoni di chi, pur alfabeta, ha con la scrittura contatti non frequenti e comunque difficoltosi - come attestano talvolta i chirografi - e quindi non usa, non conoscendole, precise norme grafiche, in particolare le norme che regolano l'uso dei compendi, che quindi elabora come può e sa. 5. Un'ultima osservazione, a proposito del PSI XI 1183 (A15). Nell'edizione del papiro proposta da Seider il troncamento IMP per imperator è accompagnato da un titulus, assente peraltro nelle edizioni del testo proposte dagli editori dei PSI e delle ChLA. L'esame compiuto sull'originale ha confermato l'assenza del titulus sopra il troncamento. Basti questo esempio, su un fatto per noi rilevante, per ricordare come le letture di un testo scritto su supporto papiraceo sono talora diverse, e possono dare adito a inesattezze, per ovviare le quali è auspicabile, se non un controllo diretto sull'originale, almeno la collazione fra più edizioni ed un atteggiamento di estrema prudenza. 6. Da questi primi dati sui troncamenti emerge una doppia serie di considerazioni: da un lato, che manca, se non per alcune forme canonizzate e sentite quasi come indeclinabili, uno schema rigido, che condizioni la forma del compendio; dall'altro, che non sempre l'uso dei troncamenti risponde a esigenze di funzionalità (cioè, perlomeno, di apprezzabile scorciamento della parola compendiata), ma va riferito ad altri fattori, che almeno in questa prima ricognizione si possono solo adombrare.

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Per quanto riguarda infine i segni abbreviativi che segnalano i troncamenti, si possono richiamare le medesime considerazioni già proposte per le sigle. Anche di seguito ai troncamenti compare il punto, ma essendo l'interpunzione usata regolarmente nella maggioranza dei testi censiti, esso sembra assolvere l'unica funzione di dividere le parole. Si può dunque concludere che, nel primo secolo, almeno per le sigle e i troncamenti, il segno diacritico non sia ancora sentito come elemento costitutivo e indispensabile dell'abbreviatura. 7. Questa stessa situazione di grande fluidità nella strutturazione delle abbreviature per troncamento si ritrova nell'uso delle tavolette e dei graffiti, anzi in questi ambiti essa va ulteriormente accentuandosi, poiché ad oscillare nella loro struttura non sono solo forme usate una tantum - soprattutto i nomi propri dei personaggi di volta in volta intervenuti al negozio giuridico -, ma anche e proprio quei troncamenti cosi Picorrenti nell'uso quotidiano, quali si sono testé ricordati; un fenomeno questo che si manifesta con particolare evidenza nelle tavolette pompeiane. Vi è dunque una compresenza di varianti abbreviative, come nel caso delle forme IAN - IANU - IANUAR, per Ianuarias, DEC - DECE - DECEMBR, per Decembres, AUG - AUGUS - AUGUST, per Augusti, e ancora ID - IDIB, per Idibus, e PR - PRIM, per primas. Questa sorta di poligrafismo si ripresenta per termini meno consueti, e più legati al contesto, come nelle varianti POM - POMP - POPEI e POPEIS, per Pompeis, o SEC - SECUN - SECUND, per Secundi. Ancora una volta bisogna fare un discorso particolare per i graffiti gallici, al cui interno le abbreviature per troncamento, pur essendo in assoluto numericamente prevalenti, presentano una varietà di tipi estremamente limitata. Sono limitate, cioè, in quanto adoprate quasi esclusivamente per i nomi delle stoviglie, e quasi mai, invece, per i nomi propri dei fabbricanti. Analogamente a quanto visto nell'uso delle tavolette, i troncamenti presenti nei graffiti non seguono affatto una norma precisa, e presentano strutture di lunghezza diversa; significativo è il gran numero di forme diverse per compendi uguali, come nel caso del termine canastri (un tipo di vaso prodotto a Condatomagos), per il quale si usano indifferentemente le forme CAN - CANA - CANAS - CANAST - CANASTA. L'estrema varietà di queste forme e la loro compresenza anche all'interno del medesimo testo si possono certamente imputare, come concordano nel

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dire Marichal e Petrucci, principalmente allo spazio ristretto che coloro che scrivevano sui cocci avevano a disposizione 1• Comune alle esperienze grafiche sulle tavolette e sui graffiti, come d'altronde anche a quelle su papiro e sulle epigrafi, è l'assenza di segni diacritici delle abbreviature diversi dal punto, anch'esso tuttavia raramente usato con tale funzione 2 •

Segni speciali 1. Si è già detto dei segni speciali, avvertendo che il loro uso si diversifica e si intensifica a seconda delle tipologie dei documenti esaminati. Nel I secolo la loro presenza è ristretta a un numero limitato di forme - quali 7, HS (talora molto semplificata, in due soli tratti) e che comunque vengono impiegate con assoluta regolarità, almeno nei papiri. Mancano, nelle epigrafi censite, testimonianze significative per i segni speciali, e la loro assenza va vista in stretta relazione con la tipologia dei testi epigrafici censiti, in prevalenza pietre di fondazione e lapidi commemorative o dedicatorie, in cui dunque è difficile trovare termini propri del mondo militare o indicanti unità monetarie e di misura.

* -,

2. Anche all'interno dei documenti ercolanesi e pompeiani l'uso dei se-

1 Per puntualizzare meglio il discorso sul mancato uso di abbreviature per compendiare i nomi propri riprendiamo un'osservazione di PETRUCCI, Per la storia, cit., pp. 112-3, secondo cui mentre le abbreviature per i nomi dei diversi tipi di terrecotte erano facilmente comprensibili, e dunque potevano variare senza creare problemi, il compendiare dei nomi propri poteva impedirne la comprensione. Va dunque sottolineata l'importanza che le abbreviature assumono per chi legge, e non solo per chi scrive, poiché proprio partendo da questo assunto tenteremo di valutare la funzionalità delle abbreviature. 2 In alcune tavolette pompeiane (ad esempio TabCerP CXLII, del 10 luglio 59 e TabCerP CXLV, del 5 gennaio 58) troncamenti e sigle sono talora accompagnate da una sorta di titulus orizzontale tracciato accanto all'ultima lettera a metà dd rigo di scrittura, che Zangemeister definisce clausurae linea oppure clausulae signum. Non è tuttavia facile comprendere e spiegare cosa realmente significhi questo segno, se si tratti realmente di un segno diacritico, o piuttosto sia quanto rimane dei tratti di altre lettere. SCHIAPAREW, Avviamento, cit., pp. 52-3, sembra invece propendere a interpretare questo segno come un vero e proprio titulus con valore abbreviativo, anzi ritiene che possa essere la più antica testimonianza dell'uso di un titulus diacritico delle abbreviature.

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gni speciali è piuttosto limitato, appunto in conseguenza delle tipologie testuali che contengono. per denarii, e HS, per seNelle tavolette sono attestate le forme sterni. Quest'ultimo compendio, che nei papiri si va imponendo assolutamente, nelle testimonianze pompeiane è invece impiegato in alternanza con il troncamento SESTER e con il vocabolo scritto per esteso. In un unico caso, quello di TabCerP XL, datata 23 dicembre 57, è attestata la forma particolare SESTIA, la cui lettura ci sembra assolutamente certa. Sottolineiamo che il compendio in questione si presenta strutturalmente come una contrazione, abbreviatura di cui parleremo in seguito; per ora tuttavia non vogliamo anticipare giudizi su un'attestazione cosl singolare e peraltro unica. I graffiti, invece, presentano al loro interno un uso assai regolare di due segni speciali usati per indicare le dimensioni dei vasi prodotti. Si tratta delle forme S =, per bes, e = =, per triens, che rispettivamente indicano i numeri frazionari due terzi e un sesto, e che sono composti, nel primo caso, dalla sigla S, per semis, unita al simbolo =, per sextans, e nel secondo caso da due simboli accostati per sextans.

*,

Troncamenti sillabici 1. Le ultime, interessantissime categorie di abbreviature che compaiono

nella documentazione del I secolo sono quelle dei troncamenti sillabici e dei compendi del O. Nello specifico, i troncamenti sillabici attestati sono compendi di parole polisillabe che, in origine, erano composte da due vocaboli totalmente autonomi, dunque da due parole distinte. Queste due parole accostate formano una sorta di unità concettuale, ed è ipotizzabile che con il tempo abbiano potuto perdere la loro individualità per formare una struttura unitaria, e dunque un unico, nuovo vocabolo. È il caso .di SS per suprascriptus, o di PP per primuspilus, mentre un qualche significativo scarto da questo modello già presenta la forma BF per beneficiarius. Il primo modello dei troncamenti sillabici potrebbe dunque essere quello di due sigle accostate, sigle che compendiano le due parti, chiaramente autonome, della parola composta. Ulteriore riprova di questa ipotesi è data dal fatto che, in alcuni casi, le due parti del compendio sono divise dagli interpuncta, a si-

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gnificare probabilmente il fatto che venivano sentite come elementi autonomi1. Anche per i troncamenti sillabici si possono ritenere valide le osservazioni già proposte sull'assenza generalizzata di segni diacritici nei compendi di questo secolo. In un solo caso, nel ms. Oxford, Bodleian Library, lat. class. g. 3 (P) (A27), dell'87 (?) d.C., il troncamento sillabico PP, per primuspilus, è accompagnato da tituli curvilinei. 2. Mancano nelle epigrafi censite testimonianze significative per i troncamenti sillabici, eccezion fatta per SS, per subscripta, forma attestata in un paio di epigrafi, e come nelle epigrafi, anche nelle tavolette e nei graffiti non sono attestati casi di troncamenti sillabici, eccezion fatta per due forme: l'una, ACP, per accepta, testimoniata in TH LXXIII, del 4 dicembre 62, e l'altra, DU, per duumviri, presente ad esempio in TabCerP CXLIII, del 10 luglio 59.

1

Richiamandoci a quanto si è appena detto sui troncamenti sillabici e sulla loro possibile origine, non ci può lasciare che perplessi la dichiarazione della Hiilvii-Nyberg di avere escluso dal suo censimento una serie di compendi quali proprio SS, per suprascriptus, BF, per beneficiarius, e PP, per primipilus, in quanto, come si legge a p. 26, "Sie bald als ein Ganzes, bald wieder als zwei verschiedene Wéirter aufgefa.Bt wurden". Al contrario, noi vediamo proprio in questi compendi le prime, significative attestazioni dei troncamenti sillabici. Le osservazioni della Hiilvii-Nyberg vengono di fatto a contraddire la nostra ipotesi, secondo cui vi è la possibilità che il troncamento sillabico abbia derivato la sua forma, il suo modello dall'accostamento di due sigle. Cfr. HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., p. 20: "Oft hat man die Entstehung der lateinischen endungslosen Kontraktion dadurch erklii.ren wollen, da.B sie aus MIBverstindnis aus Siglenabkiirzungen einiger Komposita in Simplicia sich auf die einzelnen Silben des Wortes beziehend iibertragen worden sei. Dagegen spricht aber, da6 die in einer endungslosen Kontraktion erhaltenen Buchstaben durchaus nicht immer Anfangsbuchstaben einer Silbe waren, sondern es auch andere auf irgendeine Weise [... ] fiir die Beugungsform charakteristische Buchstaben sein konnten". Questa distinzione precisa fra quelle che vengono viste come semplici sigle accostate e i troncamenti sillabici veri e propri è peraltro presente, per citare un solo ma illustre esempio, nello schema classificatorio sulle abbreviature posto a introduzione all'opera di J.-0. TJADER, Die nichtliterarischen lateinischen Papyri Italiens aus

der Zeit 445-700, I. Papyri 1-28,

Lund 1955. Tjiider, infatti, distingue forme come PP, per perpetuus, e SS, per suprascriptus, che a p. 139 definisce Sigel, doppelte, in zweigliedrigen Zusammensetzungen, dai troncamenti sillabici veri e propri, da lui chiamati a p. 144 mehrfache Surpension.

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A nostro parere la prima forma, che pure ritornerà in testimonianze posteriori, può anche essere sospettata quale lettura inesatta del più consueto troncamento ACC, in cui la e è stata interpretata invece come una p. Purtroppo la mancanza di riproduzioni della tavoletta in questione rende impossibile una verifica della nostra ipotesi. Per quanto riguarda invece la forma D U, per duumviri - che pure potrebbe essere interpretata come un semplice troncamento -, essa sembra confermare l'idea, che abbiamo prospettato, dell'origine del troncamento sillabico dall'accostamento di due sigle: ricordiamo infatti che esiste anche la forma duoviri, che conserva chiaramente nella sua struttura i due vocaboli da cui la parola è composta.

Compendi del O Va infine ricordata la presenza, che costituisce anch'essa una novità, dei compendi del Q. Queste abbreviature, secondo l'illustrazione di Luigi Schiaparelli, sono formate da una base alfabetica accompagnata da un segno abbreviativo di origine tachigrafica1 • E' questa una tipologia abbreviativa che imporrà, nel corso del tempo, una serie di forme normalizzate in tutti i sistemi grafici, a partire da quello tardo romano. Nella maggioranza quasi assoluta dei casi censiti in questo secolo, che d'altronde sono pochissimi, i pronomi relativi vengono compendiati con la semplice O, che morfologicamente è pur sempre una sigla, accompagnata o meno da un punto diacritico, e anche nelle epigrafi coeve così come nelle tavolette si ritrova l'uso della semplice sigla per abbreviare i pronomi relativi. In un unico caso tuttavia, quello del POxy. I 30v (A31), il famoso Fragmentum de bellis Macedonicis, datato da Mallon all'anno 100, se non ad un'epoca addirittura anteriore 2, è presente la forma cj, il cui titulus potrebbe dun-

1

Un esame generale delle caratteristiche dei compendi del O, come anche di quelli del P, che incontreremo nel IV secolo, è presente nel già citato intervento di SCHIAPAREW, Segni fachigrafici nelle notae iuris, cit., incentrato tutto su questo argomento, in cui l'autore ricerca le origini tachigrafiche dei segni diacritici che accompagnano questi compendi. 2 Cfr. J. MALLON, Quel est le plus ancien exemple connu d'un manuscrit latin en forme decodex?, in "Emerita", 17 (1949), pp. 1-8, e Paléographie romaine, Madrid 1952, pp. 77-80.

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que essere in realtà una desinenza soprascritta, espressa da una nota tachigrafica estremamente semplificata, ed il cui scioglimento è incerto, anche se sembra probabile trattarsi di un pronome relativo.

Il SECOLO d.C.

Situazione generale Il quadro delle abbreviature nel II secolo si va notevolmente complicando e diversificando rispetto alla situazione vista in precedenza. Innanzitutto aumenta il numero dei papiri disponibili, che superano i 130 pezzi, mentre rimane invariata la percentuale dei testi affatto privi di compendi, che si attesta sul 25% circa, ma, soprattutto, aumentano e vanno sempre più diversificandosi le varie tipologie abbreviative. Rispetto al I secolo è il troncamento l'abbreviatura in assoluto più usata, mentre è attestata, seppure in numero molto ridotto, una forma del tutto nuova, volta a compendiare le parole mantenendone la parte iniziale e la desinenza.

Materiale censito 1. Oltre ai papiri si sono censite le tavolette provenienti da Vindolanda e quelle daciche, che rappresentano, come si è avuto già modo di anticipare, due fra i più importanti gruppi di tavolette latine sinora rinvenuti. Consideriamo innanzitutto le tavolette di Vindolanda. Vindolanda (la moderna Chesterhoym) è il nome di una località, situata a sud del vallo di Adriano, nell'Inghilterra settentrionale, presso la quale si trovava un forte romano. Gli scavi ivi condotti dal 1973 hanno messo in luce un cospicuo numero di tavolette lignee, un centinaio delle quali sono già state pubblicate 1•

1

Le tavolette di Vindolanda (che si citeranno, per brevità, come TabVindolanda) sono state edite da A.K. BOWMAN-J.D. THOMAS, Vindolanda: the Latin Writing-Tablets, London 1983, ed il corpus del materiale è stato successivamente ampliato grazie all'edizione delle tavolette rinvenute nelle campagne di scavo successive: dr. A.K. BOWMAN-J.D. THOMAS,

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La maggior parte delle tavolette di Vindolanda sono scritte a inchiostro, e solo poche sono cerate e scritte dunque con uno stilo; alcune sono legate fra di loro a soffietto. Sulla base delle datazioni attribuite ai vari strati dello scavo, la maggioranza quasi assoluta delle tavolette è databile a un periodo che va dall'anno 95 all'anno 105 circa, anche se in qualche caso le tavolette appartengono a un'epoca posteriore. Il collocare i risultati del censimento condotto sul materiale di Vindolanda all'interno dello spazio dedicato al II secolo è dunque scelta forse arbitraria, ma che non altera di fatto la validità delle osservazioni proposte. Per quanto riguarda più specificatamente il contenuto di queste tavolette, esso appare, pur sempre rimanendo legato all'ambito militare, piuttosto vario: accanto a una serie di registrazioni delle attività dei soldati di stanza a Vindolanda, si trovano note di conti e, in particolare, numerose lettere, sia private che di contenuto ufficiale.

2. Le tavolette daciche, al contrario di quelle di Vindolanda, sono cerate, del tutto simili dunque, come struttura, alle tavolette del I secolo 1. Il loro numero è di 25 esemplari, tutti rinvenuti nella zona mineraria di Albumus maior, località della Dacia romana nell'odierna Transilvania. La metà dei documenti rinvenuti è datata, e va collocata negli anni fra il 131 e il 167. Le tavolette daciche, nonostante il loro scarso numero, sono caratteriz-

Vindolanda 1985 • The New Writing-Tab/.ets, in "JRS", 76 (1986), pp. 120-3. Uno studio più sommario, ma pur sempre indicativo, sul materiale di Vindolanda è dato dalla monografia di A.K. BOWMAN, The Roman writing tab/.ets /rom Vindolanda, London 1983. Per un'analisi più dettagliata delle connotazioni assunte dal sistema abbreviativo e dall'interpunzione all'interno di queste tavolette si vedano le osservazioni proposte da BOWMAN-THOMAS, Vindolanda, cit., pp. 68-9. 1 Le tavolette daciche (da noi abbreviate in TabCerD) sono state edite da T. MOMMSEN (ed.), Instrumenta Dacica in tabulis ceratis conscripta aliaque similia, in CIL, III/II, Berolini 1873, pp. 921-60, I-XXV, con riproduzioni fotolitografiche. Più recentemente sono state riedite da I.I. Russu, Inscriptiones Daciae Romanae, I, Bucurestii 1975, pp. 165-256, con l'accompagnamento di un corredo fotografico purtroppo non completo. Per l'analisi più dettagliata delle tavolette daciche, della loro struttura e delle loro caratteristiche giuridiche, rimandiamo, oltre che all'introduzione di Mommsen nel CIL, allo studio di E. P6LAY, Die Formalititen der Urkunden der Siebenburger W achstafel, in "Klio", 53 (1971), pp. 223-38, come anche, per un esame più specificatamente paleografico, al già menzionato lavoro di BREVEGLIERI, Esperienze di scrittura, cit., pp. 63-79.

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zate da una certa varietà di contenuti: alcune contengono contratti d'imprestito, altre contratti di servizio, altre ancora attestano l'acquisto di una casa o di uno schiavo. Elemento che distingue le tavolette daciche da quelle del primo secolo, ed è poi quello più interessante ai fini della nostra ricerca, è la grande varietà di compendi in esse attestati, che riflette a sua volta la varietà delle formule giuridiche usate nello stendere gli atti. 3. Se poniamo a confronto la situazione censita nei due gruppi di documenti su tavoletta del II secolo notiamo subito una grande differenza nell'uso dei compendi, analoga a quella che si è sopra rilevata richiamandoci alle tavolette del I secolo. Mentre le tavolette daciche ci offrono uno spettro piuttosto ampio di compendi, in particolare di compendi di formule giuridiche, il panorama delle abbreviature presenti nella documentazione di Vindolanda si rivela piuttosto limitato, e di fatto ristretto a poche espressioni, piuttosto usuali in ambito militare. Dunque il contenuto si rivela determinante nell'affermare, o al contrario nel limitare, la presenza delle abbreviature e specialmente la loro varietà. Per quanto riguarda invece la presenza dell'interpunzione, va rilevato come ambedue le serie documentarie attestino, pure per momenti cronologici diversi, la fase di progressivo, se non addirittura di compiuto declino dell'uso degli interpuncta, poiché se i punti intermedi sono usati con regolarità in qualche tavoletta di Vindolanda, essi, a quanto ci è dato di vedere nelle riproduzioni, sono oramai quasi del tutto obliati nelle tavolette daciche, nel mentre sembrano assumere la funzione esclusiva di segnalare le abbreviature.

Sigle 1. Nel II secolo l'uso delle sigle subisce un sensibile decremento rispetto al's°ecofo precedente. Se quantitativamente diminuiscono, compaiono tuttavia anche sigle del tutto nuove, e il sistema che si era definito nel I secolo subisce una serie di interessanti e varie modificazioni. Ancora una volta le sigle vengono precipuamente utilizzate per compendiare i praenomina. Per quanto riguarda i compendi di nomi comuni, accanto alle forme già impiegate nel I secolo, si afferma la presenza di sigle dagli scioglimenti più diversi, alcune delle quali canonizzeranno il loro uso nei secoli successivi, come la già

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ricordata forma N per numerus o noster, S per supra, C per ceteri, B per beneficiarius. ~ diffusa anche la sigla E, tanto per emit, scioglimento frequente.. ~f formulari dei papiri documentari, quanto per est, scioglimento quest'ul~ timo che sarà particolarmente frequente nel IV secolo. È questo dunque il caso di un compendio che presenta più soluzioni1. Nel caso di queste sigle che possono compendiare più vocaboli diversi è solo il contesto a guidare verso l'interpretazione più corretta. Sono infine attestati, pur sempre in casi ancora isolati, formulari giuridici, talora piuttosto ampi, compendiati con sigle, accanto a clausole più brevi, frequenti nei documenti militari, anch'esse compendiate con delle sigle2 • 2. L'uso dei segni diacritici propone a sua volta delle situazioni variegate. All'interno dei papiri va progressivamente diminuendo la presenza costante di un'interpunzione regolare e ciò rende tanto più evidente il fatto che il punto, poiché è sempre (o tendenzialmente sempre) presente dopo una sigla, inizia a specializzarsi come segno diacritico. Questo passaggio, naturalmente, non avviene in modo immediato e uniforme, per cui all'interno dei papiri censiti sono spesso compresenti usi diversi del punto, che talora è costante segno di interpunzione, talora più probabilmente solo segno abbreviativo. Non è d'altra parte possibile individuare un'evoluzione diacronica, fra inizio e fine secolo, nell'uso degli interpuncta e in quello dei punti usati come segni di abbreviazione, poiché la situazione rimane confusa per tutto il secolo, riflettendo evidentemente le incertezze nell'abbandonare un costume grafico tradizionale e nell'assumerne uno nuovo. Una testimonianza di questo momento di transizione sembrerebbe essere fornita dal PBerol. inv. 6870 + 14097 (A82), un pridianum datato 31 agosto 156, in cui è presente

1 La

compresenza nel medesimo testo di questi due scioglimenti per la sigla E è attestata, ad esempio, nel PMich. VII 439 (A71), un testamento peraeset libram redatto nel 147. 2 Cfr., ad esempio, il PLond. 2851 (A50), del 16 settembre 105, un elenco di soldati, in cui è riportata la clausola O tii1 C·, per qui militare coeperunt; o il PBerol. inv. 7124 (A61), del 26 dicembre 131, verbale dell'apertura di un testamento, in cui è attestato il lungo formulario D·M·AB·F·PQ·T·F·C·E F, per dolus malus abesto familiam pecuniamque testamenti faciendi causa emitfiduciarius; o, anche, il POxy. XXXVIII 2857 (A64), del 17 maggio 134, minuta di un testamento che presenta le clausole T F·, per testamentum fecit, D·E D·, per damnas esto dare, e S·D·M·, per sine dolo malo; infine il PMich. VII 439 (A71), che contiene la lunga clausola F P·T·F· {E} E·, per familiam pecuniamque testamenti faciendi {e} emit.

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la sigla A per Aulus: un compendio, peraltro poco fequente, che viene segnalato con un punto tracciato sopra la lettera. Quest'uso del punto, che si ritroverà comunque nelle epoche successive, sembrerebbe indicare da una parte la volontà di impiegarlo come segno diacritico, dall'altra una sorta di timore, per cosl dire, nel collocarlo semplicemente accanto alla lettera, in una sede, cioè, che pure gli è consueta, ma in cui assumerebbe un altro, e più tradizionale, valore. È comunque proprio nel II secolo che va affermandosi la presenza di segni diacritici diversi dal punto: seppure in casi ancora isolati la sigla è talora accompagnata da un apice, segnalata da un titulus, o tagliata da un tratto obliquo 1, o, ancora, segnalata con una letterina soprascritta. Quest'ultima forma, che compare più volte a indicare una misura di capacità, per la sua unicità potrebbe forse essere considerata, più che una sigla vera e propria, una sorta di segno speciale. Altrettanto legittimamente, tuttavia, in questo compendio è possibile vedere un troncamento di tipo alla greca, in cui è presente un calco del comune uso greco di tracciare soprascritta e di modulo minore l'ultima lettera della parola troncata. In tal modo la letterina soprascritta funge anche da vero e proprio segno diacritico, segnalando l' abbreviatura2 • 3. Il confronto con la situazione presente all'interno delle epigrafi non modifica il quadro che si è tratteggiato per le sigle usate nei papiri del II secolo, poiché vi ricorrono sostanzialmente le stesse forme abbreviate. Anche nell'ambito epigrafico ritroviamo la -B-, tagliata da un titulus orizzontale, per beneficiarius, e lo stesso uso del titulus mediano secante è in-&, per sextarii. È presente anche la sigla N, segnalata da un titulus, per indicare numerus e noster, e talora, ma più sporadicamente, nummus e natalis, oltre che nepos, come si è già segnalato. È interessante anche ricordare l'attestazione, peraltro rimasta quasi isolata, della sigla Q per quaestore: la presenza del titulus si potrebbe spiegare pensando che forse in questo modo si voleva segnalare la novità, o comunque l'eccezionalità del significato da attribuirsi alla forma abbreviata, che generalmente stava a indicare il praenomen Quintus. Analo-

1 È il caso della sigla N, per nostri, nel PSI XIII 1308 {A79), una lista cli nomi del 152-64, di N, per nostrum, nel PThead. inv. 31 {A53), una petizione del 113-7 ?, o della sigla SI-, per revers-, nel PBerol. inv. 11596v {A57), un frammento datato fra 122 e 145. 2 Si tratta del PMich. VII 449 {Alll), della fine del II secolo, che contiene delle direttive sulla gestione di una fattoria, in cui è frequente la sigla ~' per modii.

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gamente, nel caso della sigla M, per missus, il titulus potrebbe segnalare l'eccezionalità dello scioglimento, appunto missus, rispetto, ad esempio, al più consueto praenomen Marcus. Ricordiamo anche il compendio R per Kalendae, eccezionalmente segnalato, in un unico caso, da un titulus. All'interno delle epigrafi per compendiare il vocabolo Kalendae si usavano indifferentemente la sigla K oppure il troncamento KAL, mentre è quest'ultima forma a comparire pressoché regolarmente nei papiri. È difficile stabilire i rapporti che sono intercorsi fra scrittura epigrafica e scrittura alla viva mano, ed è difficile in particolare individuare in quale dei due ambiti siano avvenute l'elaborazione e la diffusione di alcune delle innovazioni che hanno contraddistinto la presenza delle abbreviature nel corso dei secoli esaminati. Senza dunque azzardare ipotesi alcuna a riguardo, ci limitiamo semplicemente a notare che una prima attestazione di un uso che sarà proprio dei papiri a partire dal III secolo, quello cioè di raddoppiare le sigle per indicare il plurale, si trova in un'epigrafe posteriore al 10 settembre 193 (GORDON, II, 255): ci si riferisce alla forma NN per nostrorum. Si è già visto come alcune sigle presenti nelle epigrafi siano accompagnate da un titulus. Accanto a questo segno diacritico è possibile immaginare che sia stato utilizzato anche il punto, poiché in alcune epigrafi esso è collocato esclusivamente o quasi dietro le forme abbreviate. La presenza ancora molto diffusa dell'interpunzione all'interno delle epigrafi del II secolo induce comunque a ritenere che la funzione prioritaria espletata dal punto sia stata ancora quella di dividere una parola dall'altra. Bisogna infine precisare che con l'espressione generica e impropria di punto si definiscono, senza distinguerli adeguatamente, segni di interpunzione morfologicamente diversi, poiché talora accanto o al posto del punto si utilizzavano segni analoghi al comma o foglie stilizzate. 4. La verifica delle caratteristiche assunte dalla presenza delle sigle all'interno delle tavolette conferma sostanzialmente il quadro che si è venuto delineando, anche se le tavolette daciche presentano un uso delle sigle quantitativamente superiore a quelle di Vindolanda. Comuni ad entrambe sono le forme H, per homines, K, Kalendae, M, mi/ites.__J!lteressante è il caso della forma N, segnalata da un titulus. ~elle tavolette daciche viene sciolta come numerus e natione, mentre in quelle di Vindolanda la forma -N- - segnalata anche da due punti tracciati prima e dopo la lettera - è usata per nostri. Commentando questo compendio, usato in

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TabVindolanda 21, una lettera a Cerialis databile fra il 95 e il 105, gli editori osservano che esso non solo è accompagnato da un titulus soprascritto, ma che è anche preceduto e seguito da due punti, probabilmente a sottolineare con maggiore evidenza la presenza dell'abbreviatura. Fra le sigle usate a Vindolanda ricordiamo anch~ la consueta S, per seo mise summa, e le due varianti M e M, per modii: la seconda forma è stata censita anche nei papiri, mentre la prima è piuttosto nuova, e volta forse a segnalare l'eccezionalità dello scioglimento, appunto modii, rispetto all'uso della medesima sigla per il più consueto scioglimento milites. Se queste menzionate sono le uniche sigle usate nelle tavolette di Vindolanda, quelle attestate nei documenti dacichi sono molto più varie, e si riferiscono in particolare al contenuto giuridico degli stessi. Oltre infatti alle sigle per i praenomina, sono attestate sigle per clausole più o meno brevi, e soprattutto per lunghi formulari giuridici, alcune delle quali già ritrovate nei papiri, altre invece assolutamente nuove, come P M, per plus minus, Q P F, per quae proximae fuerunt, e ancora A Q E R P F R e D S S S C U R P S, rispettivamente per ad quem ea res pertinebit fide rogavit e die suprascripto sortem cum usuris recte probe solvi (presenti ambedue in TabCerD V, un contratto di prestito del 20 ottobre 162)1. Per quanto riguarda l'interpunzione, va detto che il suo uso è davvero scarsamente attestato, senza peraltro che vi siano delle differenze fra le tavolette di Vindolanda - risalenti dunque ai primissimi anni del II secolo - e quelle daciche - che si collocano invece alla metà del secolo -. Il punto infatti è usato in prevalenza come segno diacritico delle abbreviature, e non mancano anche segni diacritici diversi, come appunto il titulus e la letterina soprascritta.

Troncamenti

J. _A.nche il panorama dei troncamenti si rivela più vario e articolato. La presenza più intensa e costante è quella dei compendi di una serie di vo1 Ricordiamo

anche le formule presenti in TabCerD IX, che attesta la vendita della metà di una casa, del 6 maggio 159: O D A, per qUll de afjtur, H R L, per habere recte liceat, e ancora le formule della stipulazione penale e dell'eviazione T P R D F Re E A O E R P H P U C R L, per tantam pecuniam recte dari fide rogavit, e eive ad quem ea res pertinebit habere possidere usuque cape,e recte liceat.

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caboli che più di altri ricorrono nei formulari documentari. Inizia poi ad affermarsi in questo periodo il troncamento AU REL per il nome Aurelius, che rimarrà fissato in questa forma. Per il resto va rilevato l'uso di una serie numerosa e varia di troncamenti, all'interno dei quali prevalgono quelli di nomi comuni indicanti titoli o cariche, di qualche nome proprio e di molti aggettivi, oltre che di termini del calendario, specie di nomi dei mesi: dunque delle abbreviature che, in un contesto specifico, era più facile, quasi automatico sciogliere. Fra i tanti, vengono comunemente adottati in particolare i compendi di una serie di cariche militari, quali DEC per decurio, SESQ per sesquiplicarius e DUP per duplicarius. La mancanza di una norma rigida che stabilisca in assoluto le forme d~i troncamenti è confermata dalla frequenza con cui ricorrono non solo forJ.TI~lllverse per uno scioglimento uguale, come nel caso di ANN e AN NOR peJ ànnorum, o di PR e PRAETOR per praetoriae, ma anche forme eguali per Ùno scioglimento diverso, connesso più che mai al contesto, come nel caso · di LEG per legione e legato o di LIB per liburna o liberto. L'assenza di un criterio regolatore per la formazione dei troncamenti si manifesta a pieno nel caso di quei compendi che certo non rispondono a esigenze di funzionalità, come DEXTR per dextra, oppure SINISTR per sinistra, per i quali sembra quasi improprio parlare di abbreviature. 2. Anche nelle testimonianze del II secolo sono attestate forme particolari, come nel caso di STATIONE, per stationem, e di REDDA, per reddam1, per citare due soli esempi, che sembrano, nuovamente, attestare graficamente la già vista tendenza a non pronunciare la m finale: omissione che appunto deve essere ascritta non tanto all'uso di raccorciare le parole, bensì a un fatto di pronuncia2 • Gli esempi finora censiti attestano l'avvenuta omissione della

1 Presenti, rispettivamente, nd PBerol. inv. 7124 (A61), e nd PFouad I 45 (A81), attestazione di un prestito datata al 153. 2 Numerosi esempi di omissione della nasale finale sono attestati all'interno dei PMich. VIII 467 (A42), 468 (A43), 469 (A44), 470 (A45), 471 (A46), e inv. 5395 (B26), che contengono una serie di lettere intercorse fra Terenziano e il padre Tiberiano, e risalenti agli inizi dd Il secolo. In particolare queste omissioni, cosl come l'omissione della h iniziale, sono frequenti nd PMich. VIII 468 (A43), e gli stessi editori osservano a p. 27 che "the frequent omission and erroneous insertion of final m in this text is characteristic of vulgar latin", e a p. 28 che "the omission of the initial h is one of the most frequent and most significant features of vulgar latin".

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nasale in finale di parola, in conseguenza dell'influenza della pronuncia, dunque dell'elemento fonetico, sulla scrittura. La mancata segnalazione della caduta della nasale è dovuta anch'essa a un fatto di non-pronuncia: una novità ancora più consistente e interessante risulta allora il caso in cui la segnalazione dell'omissione della nasale finale è presente, e testimonia dunque la consapevolezza di una norma ortografica, se non l'avvenuta pronuncia della nasale stessa. Il caso delle due testimonianze di questo secolo è dunque nuovo, poiché in esse la presenza della m omessa è segnalata con un apposito titulus: si tratta del troncamento della desinenza -am, in cui l'avvenuta omissione della m è chiaramente segnalata da un titulus che taglia il secondo tratto della a: />( 1, La tendenza a omettere, segnalandola, la nasale in fine di parola, per ora eccezionale, si intensificherà specie nel IV secolo. 3. A segnalare le abbreviature per troncamento va rilevata la presenza predominante del punto, per il quale valgono comunque le stesse osservazioni fatte a proposito delle sigle. L'irregolarità nell'uso dell'interpunzione fa sl che il punto assuma le funzioni tanto di dividere le parole quanto di segnalare le abbreviature. Non mancano tuttavia segni diacritici diversi, che, sep-

Per un'analisi dettagliata delle caratteristiche morfologico-sintattiche dd latino volgare impiegato nell'epistolario di Terenziano si veda lo studio di J.N. ADAMS, The vulgar Latin of the letters of Claudius Terentianus, Manchester 1977. 1 Si tratta dd PStraBb. gr. 1490 + lat. 4 (A77), della metà dd II secolo, che contiene presumibilmente un testo giuridico, e del PLond. 730 (A88), dd 7 ottobre 167, contenente la copia di una ricevuta. Il fatto, piuttosto singolare, di trovare costantemente segnalata all'interno dell'ultimo papiro menzionato l'omissione della m finale ci induce ad avvalorare l'ipotesi che lo scriptor non sia stato di lingua latina, bensl straniero: sia stata dunque una persona che, non influenzata da abitudini di pronuncia, ha imparato la corretta norma fonetico-grafica, e la rispetta. È peraltro ipotizzabile che lo scriptor possa essere stato greco, e che abbia trasferito nella scrittura latina un uso proprio della scrittura greca, quale appunto quello di abbreviare la nasale finale segnalandone l'omissione. Anche SEIDER, Paliiouaphie, I, cit., 3 7, p. 91, sostiene che lo scriptor dd PLond. 730 è straniero, e motiva questa sua supposizione segnalando un suo errore nello scioglimento dd compendio COS: "Die Schrift von PLond. 730 zeigt eine geiibte Hand. Mit der lateinischen Sprache hatte der Schreiber, vielleicht ein Grieche, allerdings Schwierigkeiten. In der Originalurkunde war z.B. sicher die Abkiirzung cos = co(n)s(ulibus) zu lesen, die vom Schreiber der Kopie irrtiimlich mit consulatus wiedergegeben wurde.".

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pure attestati in maniera quantitativamente non ancora significativa, testimoniano comunque l'apparire di forme nuove, che successivamente si imporranno nell'uso. È ad esempio il caso del compendio NON, per Nonas, segnalato da un titulus concavo verso l 'alto1• Altra eccezione all'uso del punto è rappresentata da un papiro anteriore al 1712 , in cui tutti i troncamenti sono segnalati da apici tracciati alla fine delle parole, sulla linea superiore di scrittura, secondo un uso presente, seppure ancora eccezionalmente, anche nelle epigrafi (cfr. G0RD0N, Il, 245). Forma anch'essa nuova e unica è data dal troncamento RECIT.'. , per recitatum, segnalato da un apice compreso fra due puntP. 4. Sono comunque ancora altri i fatti che indubbiamente caratterizzano il panorama dei troncamenti nel II secolo, e che costituiscono delle novità le quali precorrono usi grafici che si canonizzeranno definitivamente nel IV secolo. Il primo caso in questione è rappresentato da un troncamento AUG, dunque uno dei più diffusi, che nel papiro PGen. lat. 8 (A87), contenente una ricevuta datata 7 ottobre 167, è però accompagnato da un vero e proprio titulus, chiaramente distinguibile e peraltro riportato e commentato nell'edizione. Anche nel PBerol. inv. 8997 (A66), un rescritto del 139, il medesimo compendio AUG è anch'esso accompagnato, sebbene la lettura non sia troppo certa, da un titulus, segnalato comunque dagli editori. Sul valore in prospettiva di questi compendi, che pure rimangono casi ancora isolati, si ritornerà più avanti, ma sembra opportuno anticiparne le caratteristiche. La.presenza, certo ancora sporadica, ma comunque significativa, di tituli a segnalare i troncamenti si ritrova anche nelle epigrafi di età. coeva: in particolare, in epigrafi diverse e cronologicamente distanti, l'una del 130 (G0RDON, Il, 186) e l'altra del 31 luglio 191 (GoRDON, II, 249) ritroviamo una serie di troncamenti di uso comune tutti segnalati dal titulus: nell'una compare la forma COS per consulibus, nell'altra i compendi PR, usato più volte per praetor, e TRIB per tribuno.

5. A costituire forse l'elemento davvero nuovo all'interno dei tronca-

1 Cfr.

il PMich. VII 435 + 440 (A113), un registro di ricevute datato genericamente al II secolo. 2 3

Si tratta del PBerol. inv. 8906 (A90), una lettera. Si tratta del PBerol. inv. 7124 (A61).

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menti è l'abbreviatura -O per la congiunzione enclitica-que, sebbene in questo secolo sia attestata ancora in pochi casi, tanto nei papiri che nelle tavolette cerate, ma solo in quelle daciche. Il troncamento per l'enclitica -que è indubbiamente uno dei compendi più diffusi e più canonizzati nell'arco della produzione grafica latina, tanto che spesso, già proprio nel IV secolo, si incontreranno manoscritti in cui il troncamento dell'enclitica -que costituirà l'unica, o perlomeno una delle rare abbreviature usate al loro interno. La spiegazione del futuro successo di questo compendio si può probabilmente individuare nell'unicità del suo scioglimento, che risulta davvero obbligato. Nei papiri di questo secolo, ad accompagnare il troncamento -que compare solo raramente il punto, che diventerà in seguito elemento strutturale del compendio stesso. Continua anche l'uso del troncamento per -bus, sebbene la presenza di un'unica attestazione per questa forma, quale 1D18, per Idibus, nel PBerol. inv. 21652v (A80), una petizione posteriore al 152, sottolinei come si tratti di un compendio evidentemente non ancora entrato nel sistema usuale. Senza ritornare sul problema dei rapporti fra scrittura epigrafica e scrittura dei papiri, ricordiamo che l'origine prima del troncamento per -que potrebbe essere epigrafica, poiché esso, come si è visto, è frequentemente attestato nelle epigrafi del I secolo. Infatti all'interno delle epigrafi da noi censite, l'uso del troncamento per l'enclitica -que è testimoniato già a partire dai primi decenni del I secolo d.C, e continua anche nel II. Ricordiamo infine che, sempre nelle epigrafi, ritroviamo anche il troncamento per la desinenza -bus, seppure applicato ancora piuttosto irregolarmente. 6. Nessuna novità di spicco va invece segnalata riguardo alla presenza dei troncamenti all'interno delle tavolette. Al contrario, se per alcuni fenomeni le esperienze grafiche delle tavolette sembrano attestare un'evoluzione rispetto a usi oramai canonizzati - si pensi, ad esempio, al valore diacritico progressivamente assunto dal punto, nel segnalare le sigle, rispetto al più classico valore di segno di interpunzione -, per quanto riguarda i troncamenti il quadro generale si presenta piuttosto statico, quasi conservativo, in particolare per quanto concerne il troncamento per -bus e l'uso di segni diacritici. Come nei papiri, anche nelle tavolette i troncamenti più consueti sono quelli oramai canonizzati per esprimere nomi di mesi, termini del calendario e cariche ufficiali, specie militari. PR, per pridie, BAT, per Batavorum, e i consueti COH, PRAEF e KAL sono gli unici troncamenti presenti nelle testimonianze di Vindolanda.

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Le tavolette daciche offrono un panorama più articolato e quantitativamente più cospicuo, usando, accanto alle consuete forme quali MIL, IMP, COS, NON, per Nonas, ACT, per actum, anche troncamenti per nomi propri, come CL, per Claudius, FL, Flavius, UAL, Va/erius, o per espressioni correnti, come SING, per singulas, o NUM, per nummos. Anche nelle tavolette, in analogia con quanto già segnalato per i papiri, manca una norma precisa e osservata che regoli la formazione, e dunque la lunghezza della struttura dei compendi. Cosl sono frequenti forme diverse per scioglimenti uguali, anche all'interno del medesimo documento, come nel caso di AUR e AUREL, per Aurelius, NOUEMB e NOUEMBR, per Novembres, PR e PRID, per pridie, e ALB e ALBURN, per A/burnus. Sono assenti invece tutti quei fenomeni che abbiamo visto modificare il sistema usuale dei troncamenti all'interno dei papiri e delle epigrafi. Mancano dunque troncamenti della desinenza -bus, sono ancora piuttosto rari i troncamenti del -que enclitico, e per quanto riguarda i segni diacritici, essi si limitano esclusivamente al punto, che viene usato irregolarmente e in pochi casi.

Troncamenti sillabici 1. La vera novità di questo secolo è rappresentata tuttavia dalla comparsa di forme abbreviative del tutto originali, e, nel contempo, dalla progressiva canonizzazione dei compendi che si erano andati definendo nel secolo precedente. Cosl per i troncamenti sillabici sono attestate delle varianti interessanti rispetto al I secolo, anche se tutte sono costruite secondo lo stesso criterio originario, come accostamento cioè di due sigle. Accanto a SS, per suprascriptus, compare anche IS, per infrascriptus, e PP, per praeposit-, segnalato da due tituli, e per primipili. Una certa analogia con quello che si è definito come criterio usuale di formazione dei troncamenti sillabici si riscontra nella forma PR PR, per il nesso logico propraetore, che compare per due volte nel PSI IX 1026 (A72), contenente una petizione datata al 150, e che comunque non è un troncamento sillabico, bensl il semplice accostamento di due troncamenti, anche se col tempo questa locuzione composta da preposizione e sostantivo divenne sicuramente una parola unica. Forma del tutto nuova, quale troncamento delle due sillabe di un bisillabo, è MN per minae, in cui forse è da vedere il modello della forma greca µ vd.

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2. La verifica della presenza dei troncamenti sillabici all'interno del repertorio epigrafico dei Gordon offre un riscontro positivo, e mette in luce la presenza di una serie di forme che, pure nella loro unicità, testimoniano comunque che il compendio sta ancora strutturandosi in una forma definitiva. Accanto a compendi già testimoniati nei papiri, come SS per suprascript-, compaiono compendi nuovi ed interessanti. È il caso di QQ per quinquennalis, un composto nominale di due sezioni etimologicamente distinguibili ma non certo autonome. Questo troncamento sillabico si distacca, nella sua struttura, dalla norma, individuata come regolatrice dei troncamenti sillabici, di accostare due sigle che compendiano le due autonome parti della parola composta. Inoltre, il trovare questo compendio in compresenza con il troncamento QUINQ, forma per cosl dire più tradizionale, induce a ritenere che si assista ancora a una fase di sperimentazione della forma del troncamento sillabico, che peraltro si imporrà nell'uso posteriore. A segnalare questa abbreviatura compare talora il titulus. I troncamenti sillabici comunque più significativi, che sembrano testimoniare il momento di estrema elaborazione di questa forma, sono quelli in cui non concorrono più a formare l'abbreviatura semplicemente delle sigle accostate, ma che sono composti proponendo la lettera iniziale delle prime due o tre sillat,e della parola, secondo quello che si è definito essere il principio del troncamento sillabico: si tratta precisamente delle forme P-C P-S·R per pecunia posuerunt e D-D, per dedicatum, presenti in una dedica del 13 agosto 190 (GORDON, II, 247), e p.p. per perpetui, attestato in un'epigrafe del 23 agosto 197 (GORDON, Il, 257). Si noti l'assenza di segni diacritici ed invece la singolare presenza di interpuncta all'interno dei primi tre compendi, a dividerne chiaramente le singole lettere e quindi le originarie sillabe 1•

1 Anche i risultati della ricerca svolta dalla Hiilvii-Nyberg concordano nella sostanza

con i dati che si sono prospettati, e offrono una ulteriore, e dunque confortante, conferma, considerando soprattutto la grande varietà e quantità del materiale epigrafico da lei esaminato: cfr. HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., p. 51: "Die neue Abkiirzungsform [secondo il principio della contrazione] scheint sich also wiihrend des 1. Jh. n. Chr. auf den romischen lnschriften eingebiirgert zu haben, hat sich aber erst wiihrend des niichstenJahrhunderts allgemein durchgesetzt. [... ] Die friihen Belege zeigen aber, daB kontraktive Abkiirzungen zuerst meist fiir einige hiiufige Worter und nur in gewissen stereotypen Formen gebraucht wurden. Besonders [... ] fiir die Abkiirzung QQ q(uin)q(ueMalis), BF b(ene)f(iciarius) und PP p(er)p(etuus).", e pp. 56-7: "Seit dem 2. Jh. aber verallgemeinen sich Belege

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3. Altrettanto positivo si rivela il riscontro sulla presenza dei troncamenti sillabici all'interno delle tavolette daciche, mentre quelle di Vindolanda ne sono del tutto prive. Frequenti sono le attestazioni di compendi piuttosto comuni anche nei papiri e nelle epigrafi, come IS, per infrascriptus, e SS, per suprascriptus, talora segnalati da due punti: S-S·. Vi è poi una forma nuova, ma pur sempre costruita secondo lo stesso criterio, come accostamento cioè di due sigle. Si tratta di un vocabolo costituito appunto da due parole ben distinte, che formando un unicum concettuale è possibile che si siano poi unite in un unicum anche strutturale: è il caso di QM, per quominus, presente in TabCerD VIU, documento riguardante l'acquisto di una schiava e datato 4 ottobre 160. Sempre nel medesimo documento è presente un'abbreviatura che attesterebbe ulteriormente il momento di evoluzione del troncamento sillabico da mero e meccanico accostamento di sigle, a formare degli acronimi, a compendio vero e proprio, elaborato secondo il principio di troncare alcune delle sillabe della parola: si tratta della forma TT, per tantam. Non insistiamo tuttavia oltre sulla novità e sull'importanza, specie in prospettiva, di questa forma, poiché, non essendo la tavoletta riprodotta, è impossibile verificare direttamente la struttura del compendio, e quindi accettarne senza riserve lo scioglimento.

Contrazioni 1. Si è già ricordato come il censimento abbia rivelato la presenza di una

tipologia abbreviativa nuova, che si è definita come contrazione, e che manca di fatto tanto nelle epigrafi di questo secolo quanto nelle tavolette cerate. Anche la definizione di contrazione viene dallo Chassant, e sta a indicare una parola di cui si forniscono la parte iniziale, quella finale, ed even-

fiir kontraktive Abkiirzungen [... ], und nicht nur fiir die stereotypen Formen 00, BF oder PP. [... ] DaB die Kontraktion sich als eine inschriftliche Abkiirzungsmethode wahrend des 2. Jh. und der folgenden Jahrhundertwende stark durchgesetzt hat, lassen vor allem die vielen Belege [... ] fiir andere Kontraktionen als fiir [... ] 00, BF, PP [... ] erkennen. [... ] Auf den romischen Inschriften legen die Kontraktionen fast immer [... ] in der endungslosen Form vor. Von den afrikanischen Belegen dagegen ist beinahe ein Dritte! fiir die Form der eigentlichen Kontraktion bezeugt.".

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tualmente una o più lettere intermedie. La contrazione, come si capisce, è l'abbreviatura più precisa, in quanto dà la desinenza del vocabolo abbreviato, e permette quindi sempre di sciogliere l'abbreviatura con precisione, rispettando l'esatta flessione del vocabolo stesso. Gli esempi censiti, di cui di seguito si dà ragione singolarmente, sono pochi, e di fatto solo in parte significativi, poiché rappresentano evidentemente una prima fase di elaborazione strutturale del compendio, ma testimoniano pure l'inizio di un processo di canonizzazione di una forma nuova. La presenza più interessante è data dalla contrazione HDATE, per hereditate, che presenta una struttura del tutto omogenea agli usi che si imporranno nel IV secolo 1 • Un significativo ese~pio di contrazione è dato anche dalla forma 99T':'9, di lettura comunque incerta, per suprascriptas, nel già citato PBerol. inv. 6870 (A82). Vi è poi la forma mutila ]NIBS, per om]nibus, usata nel PMich. VII 450 (A132), un documento militare databile fra II e III secolo. Analogo a quest'ultimo sembra essere il caso della forma MITLOS, per mitulos ?, presente in uno dei tanti frammenti del POxy. XXXII 2624 (A106), forse una traduzione, ascrivibile genericamente alla seconda metà del II secolo2 •

1

Si tratta del PAberdeen 130 (A126), che secondo gli editori contiene un legai work. La datazione di questo papiro è solo indiziaria, e discordanti sono state le varie proposte: se le CLA, il CPL e gli editori dei PAberdeen lo attribuiscono genericamente al III secolo, Seider data invece il frammento intorno all'anno 100. Noi accetteremo piuttosto la più cauta e generica datazione di BISCHOFF, Paliiographie, cit., p. 92, al II secolo. Osservando la riproduzione fotografica dd papiro la contrazione HDATE sembrerebbe accompagnata da un titulus diacritico, che tuttavia viene visto dagli editori come un guasto dd papiro: cfr. E.G. TuRNER (ed.), CAtalogµe of Greek and Latin Papyri anJ Ostraco in the Possession of the University of Aberdeen, Aberdeen 1939, p. 86: "it is uncertain whether hdate had a contraction mark over it. What appears as such in the facsimile is a tear in the papyrus. ". 2 A proposito delle due ultime forme ricordate, se è innegabile che la loro struttura corrisponde a quella della contrazione, esse tuttavia possono essere interpretate, più che come forme abbreviate vere e proprie, costruite secondo una precisa norma, anche come l'eco della pronuncia corrente o di una grafia semplificata, cosa che abbiamo sottolineato più volte essere piuttosto consueta. Analogamente, ci sembra di non dover collocare fra le contrazioni la forma PRAESES,

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2. Sempre nell'ambito generale delle contrazioni collochiamo una serie di forme particolari, che sono modellate su elementi tradizionali, ma che rispondono a nuove esigenze di precisione. J.Jn uso tradizionale e antichissimo, costantemente attestato nelle epigrafi, è quello di impiegare i segni per i numerali come parte di una serie di vocaboli, quali, ad esempio, quelli che designano particolari magistrature, come IIVIR, per duovir - assai frequente nelle tavolette pompeiane-, IIIVIR, per triumvir, VIVIR per sevir e cosl via. È proprio su questo modello comune che vengono esemplate delle forme nuove, vicine alla contrazione, anch'esse costituite da un numerale e da una desinenza alfabetica. Un primo caso è dato dalla forma, TPILI, per primipili, presente nel POxy. III 454 (A5i), che contiene un registro di pagamenti posteriore al1' anno 111. Composto nello stesso modo, costituito cioè da una parte numerica e da una desinenza alfabetica, appare il compendio iiO, per secundo, attestato per due volte nel PBerol. inv. 6866 A (A97), un documento contabile datato 193-6. Il compendio in questione è stato tracciato corsivizzando la consueta abbreviatura per il numerale ordinale secundus, che è stata scritta senza alzare il calamo dal supporto, ed è accompagnato - ed in questo consiste la sua singolarità - da una O, la cui lettura è sicura, e da apici distintivi. È questa una forma difficilmente classificabile, ma il criterio chè sembra sottendere alla sua formazione rimanda con sicurezza e grande forza di suggestione ai modi della contrazione, come aveva già osservato anche Marichal. Si sono appena ricordate alcune abbreviature composte da un compendio usuale per i numerali ordinali, al quale è stata accostata una parte alfabetica. Il variegato panorama abbreviativo del II secolo offre anche altri esempi di compendi morfologicamente analoghi a quelli dei numerali, ma dagli scioglimenti diversi. È il caso della forma ITT, presente più volte nel PLond. 229 (A86), un documento prodotto a Seleucia Pieria il 24 maggio 166. Per questo compendio, tracciato talora senza alzare il calamo dal supporto, è cer-

per praesens, attestata nel PHibeh II 276 (A137), una lettera datata fra II e III secolo. La struttura di questo compendio ricorda il principio della contrazione, in quanto costituita dalla parte iniziale e dalla lettera finale della parola, ma in questo caso ci sembra di poter legittimamente individuare non un'abbreviatura vera e propria, bensl un ulteriore esempio di grafia fonetica del gruppo ns, secondo l'uso antico, dunque senza la percezione della nasale.

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to lo scioglimento triere. Altro esempio è dato dal PBerol. inv. 11596, (A56), un registro militare datato 122-45, in cui è presente la forma Oper iterum. Questi casi sono interessanti in quanto il numerale assume un valore nuovo, logicamente connesso, rispettivamente, con tres e duo, ma non immediatamente a essi riconducibile. Entrambi i compendi ricorrono anche nelle epigrafi coeve e in entrambi i casi le abbreviature sono accompagnate da un titulus, diritto o curvilineo.

Segni speciali e compendi del Q 1. In conclusione, un veloce sguardo ai segni speciali. Sono attestate con frequenza e regolarità, anche nelle tavolette, quelle forme convenzionali di cui abbiamo parlato più diffusamente per il primo secolo. Rileviamo tuttavia quella che sembra essere un'interessante, anche se isolata, eccezione all'uso della forma HS per sestertii: nel PHamburg I 72 (A 108), contenente un formulario per la redazione dei testamenti e risalente alla seconda metà del II secolo, per indicare sestertio è usata semplicemente la sigla ~, tagliata orizzontalmente da un titulus.

2. Accanto alle forme già trovate nel I secolo, vanno poi affermandosi i due allografi 08/ cl per oboli, e una serie di abbreviature del tutto nuove - ne avevamo visto qualche anticipazione nel I secolo solo all'interno dei graffiti di Condatomagos - , che entreranno nell'uso comune, per dodrans e quadrans, mentre sono attestati in rarissimi casi segni del tutto particolari, che gli editori sciolgono come bes e sextans. Queste abbreviature sono rappresentate da simboli fortemente stilizzati, tracciati in forme più o meno semplificate o corsiveggianti, per i quali spesso appare davvero difficile richiamare la forma alfabetica o numerica originaria 1 .

1

Cfr. a riguardo il PLond. 1196 (A91). Si ricordi che tutte e quattro le forme menzionate indicano dei numeri frazionari, che possono essere, nello specifico, una precisa parte dell'asse romano, intesa come unità divisa in dodici parti, oppure possono rappresentare i sottomultipli della libbra, o, ancora, in una divisione in dodicesimi, i sottomultipli del piede e dell'oncia: dodrans indica i tre quarti dell'unità, quadrans la quarta parte, bes indica i due terzi dell'unità, e sextans, infine, la sesta parte. Ricordiamo anche che nella sotto citata TabCerD XVI è presente una serie di for-

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Consideriamo infine, ma impropriamente, fra i segni speciali la forma f, usata per indicare il sextarius. Si tratta in realtà di una sigla, la sigla S, tagliata da un titulus orizzontale, di cui si è forse persa la percezione della struttura originaria, e che da molti editori - ad esempio da quelli delle tavolette di Vindolanda- viene considerata come un vero e proprio segno speciale. Abbiamo già rilevato la presenza del compendio f per sextarii all'interno delle epigrafi. Analogamente, la forma f è attestata sia in TabCerD XVI - un elenco di acquisti con le somme pagate-, sia in TabVindolanda 4 - anch'essa una registrazione delle somme spese per l' approvigionamento -, che, infine, nel PMich. VII 449 (Alll). 3. Mancano attestazioni dei compendi del O. Tutti i pronomi relativi presenti nei papiri del II secolo sono infatti compendiati con la semplice sigla O, talora accompagnata da un punto diacritico, ed analoghe attestazioni si ritrovano all'interno delle epigrafi coeve e nelle tavolette daciche.

III SECOLO d.C.

Situazione generale Il III secolo si rivela, secondo i dati del censimento, un secolo-chiave nella storia del sistema abbreviativo, e proprio attraverso le sue innovazioni prepara alla complessa situazione del IV secolo. La stessa, cospicua quantità di papiri esaminati, che costituiscono il nucleo più ampio di testimonianze rispetto a tutti gli altri secoli, e che ammontano a oltre 180 esemplari, dà conforto alle osservazioni proposte. È però doveroso fare una puntualizzazione: la maggior parte dei papiri datati al III secolo proviene dagli scavi di Dura-Europos, e riguarda il presidio militare romano che vi era insediato 1.

me particolari, a indicare la semuncia e la uncia, oltre alla sigla S, da sciogliersi come semisses. Precise indicazioni sull'aspetto grafico di questi segni speciali e sul loro uso all'interno dei sistemi di misura romani sono offerte da DI STEFANO MANZELLA, Mestiere, cit., p. 158, pp. 184-5 e nella tabella a p. 309; cfr. anche T. MOMMSEN, Zahl- und Bruchzeichen, in "Hermes", 22 (1887), pp. 596-614, R. MARICHAL, L'occupation romaine de la Basse Égypte, Paris 1945, pp. 72-6 e GORDON, Album, IV, Indexes, cit., p. 60. 1 Com'è noto, Dura-Europos è una località sulle rive dell'Eufrate, situata in una zona

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Ne consegue che i papiri Dura, data la loro origine, contengono una serie di abbreviature forzatamente limitate a quelle usate nei formulari militari, e possono forse sfasare una più ampia validità delle considerazioni proposte. La situazione generale delle abbreviature vede immutati i valori e le proporzioni d'uso rispetto al II secolo, con una decisa prevalenza dei troncamenti sulle sigle. mentre si fa più consistente la presenza dei segni speciali. Anche tutte le altre forme abbreviative sono attestate, seppure con valori molto bassi1.

desertica, e ha avuto un'importanza soprattutto strategica. Fu prima una colonia assira, Dura, occupata poi dai Seleucidi, da cui prese il nome Europos. A loro volta i Romani la conquistarono nel II secolo, e per un centinaio d'anni la tennero come posto di frontiera, difesa da una guarnigione militare, in particolare dalla cohors vicesima Palmyrenorum dal 208 sino al 256, anno in cui Dura cadde sotto l'attacco persiano. I papiri che da essa prendono nome risalgono appunto a questo periodo, sono greci e latini, e questi ultimi appartengono tutti all'archivio del presidio militare romano. Per un'introduzione generale sulla storia di Dura cfr. ChLA, IX, pp. 3-19, come anche, naturalmente, I' editio princeps dei PDura: The Excavations at Dura-Europos conducted

by Yale University and the French Academy of Inscriptions and Letters. Final Report, V, part I. The Parchments and Papyri, ed. C.B. WELLES-R.O. FINK - J.F. GILLIAM, New Haven 1959. 1 Anche per il III secolo le testimonianze offerte da monumenti grafici diversi dai papiri e dalle epigrafi, quali, in particolare, sono i graffiti, forniscono utili indicazioni sullo strutturarsi del sistema abbreviativo. Ricordiamo infatti che risalgono al III secolo i numerosi graffiti romani di S. Sebastiano, contenenti espressioni votive scritte da pellegrini provenienti da ogni parte dell'Impero, e tracciati in un'usuale piuttosto rozza. Il materiale costituito da questi graffiti non solo ha rappresentato - come è stato per Marichal e Petrucci - un ambito di verifica dell'evoluzione delle forme minuscole all'interno della scrittura latina, ma può altrettanto legittimamente offrire un contributo allo studio della diffusione delle abbreviature nel III secolo. Ai fini della presente ricerca non si è svolto un censimento sistematico di questi graffiti, ma da un primo, cursorio esame su di essi compiuto è possibile osservare come la presenza delle abbreviature al loro interno sia davvero limitatissima, quando queste non mancano del tutto. La specificità di questa situazione ci pare interessante, e in particolare ci pare interessante attuare la verifica del rapporto fra il grado di competenza linguistica e grafica dello scriptor, la tipologia e la lunghezza dello scritto che produce e la presenza, o piuttosto l'assenza di parole abbreviate all'interno dei graffiti, che sono stati raccolti e pubblicati da P. STYGER, Il monumento apostolico della via Appia, in "Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di Archeologia", s. 2, 13 (1918), pp. 3-115.

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Sigle 1. A testimoniare il momento di innovazione intervengono innanzitutto le sigle. Se il panorama dei secoli precedenti aveva proposto, in generale, le medesime forme, in questo secolo compaiono numerosi esempi di sigle raddoppiate, a indicare il plurale. È il caso di NN, per nostrorum o numerorum, compresenti anche nel medesimo papiro, o di OD, per dominorum, o, infine, della forma piuttosto rara RA, per reversi, che di fatto, oltre che come sigla, può richiamare forse un troncamento sillabico, seppure strutturalmente anomalo. Queste abbreviature sono correntemente definite sigle raddoppiate, con una involontaria contraddizione in termini, poiché la sigla, in teoria, per sua definizione e natura, dovrebbe essere un compendio monoletterale e rimanere immutata, indipendentemente dal numero del vocabolo abbreviato. La deformazione, per cosl dire, della sinteticità di questo compendio è tuttavia comprensibile, qualora si supponga che la sigla poteva essere sentita oramai come una forma troppo equivoca, la cui lettura doveva essere facilitata con un qualche artificio. L'uso di raddoppiare le sigle per indicare il plurale è attestato con una certa frequenza anche all'interno delle epigrafi, ove compaiono nello specifico le forme DD NN ; ricordiamo inoltre che la presenza di questa nuova forma di abbreviatura è stata rilevata già per il secolo precedente, poiché in alcune testimonianze ascritte agli ultimi anni del II secolo era presente il raddoppiamento NN per nostrorum.

2. Non mancano poi forme varie e diverse di sigle più "tradizionali", alcune proprie di formulari giuridici, altre proponenti titoli onorifici, come le sempre più frequenti U C, per vir clarissimus, e U P, per vir perfectissimus. Si ritrovano poi sigle eguali per scioglimenti diversi, come nel caso della oramai consueta forma N, per noster, numerus o nummus, o della forma H, per his, honeste, bastati. Da notare anche la sigla~. tagliata da un titulus obliquo: in un caso viene sciolta come debet, mentre in altre testimonianze viene invece usata a indicare dicit, o anche dixit, e con questo valore ricorrerà frequentissima nel IV secolo. Un'intçressante novità è costituita da alcune sigle (se possono ancora dirsi tali) che più propriamente sono abbreviate per mezzo di una letterina soprascritta, e di cui si aveva avuta una prima attestazione nel secolo prece-

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dente. Nel III secolo i casi sono più vari e maggiormente attestati: le forme Q o censite sono r\l per Nonas, tv1 per modii e D 0 per donatus, anche se quest'ultima lettura appare comunque incerta 1• L'incertezza nel definire tipologicamente una serie di abbreviature condiziona anche la catalogazione di queste forme, che si sono definite, con riserva, come sigle, ma che di fatto conservano le prime due lettere del vocabolo abbreviato, e pertanto, morfologicamente, risultano dei troncamenti. Ritorna dunque il modello greco in questa particolare forma abbreviata, in cui la letterina soprascritta funge anche da segno diacritico dell'abbreviatura. È possibile inserire in questa sottotipologia abbreviativa anche la forma Tu / Tper turma. Si è già detto come a compendiare questo vocabolo assai ricorrente è usato con regolarità quasi assoluta un segno speciale, l, comunque di origine alfabetica, poiché risulta composto dalla sigla T tagliata orizzontalmente da un titulus. In due casi, tuttavia, i PDura 116 (A203) e 107 (A213), del 236 l'uno, del 22-4 maggio 240/1 l'altro, contenenti rispettivamente una lista di soldati e un elenco di turni di guardia, la ricorrente parola turma è resa da una sigla semplice, accompagnata da un segno, scritto nell'un caso accanto alla lettera sulla base superiore di scrittura, nell'altro sulla lettera stessa. La morfologia di questo segno sembra indicare si tratti di una u, tracciata molto aperta. Si assisterebbe quindi a un altro caso di questa forma, morfologicamente ibrida, di sigla con letterina soprascritta/troncamento, oltre che ad una rara e interessante eccezione all'uso regolare del segno speciale :r. 3. Sempre più variegato è il panorama dei segni diacritici che accompagnano le sigle. Molto usato è il punto, che assume un valore esclusivamente diacritico delle abbreviature, dal momento che l'interpunzione è pressoché scomparsa dai papiri censiti. Il punto, posto generalmente accanto alla sigla, viene talora tracciato sopra le lettere, come nella ricorrente formula N F A S·, per nota femore armo sinistro. Anche nelle epigrafi si ritrovano sigle segnalate da un punto soprascrit-

1 Le

tre sigle sono presenti, nell'ordine, nel PDura 95 (A229), contenente uno stato delle truppe e datato al 250-1; nel PBerol. inv. 14090 (A270), una nota di conti datata genericamente al III secolo; e, infine, nel POsl. III 122 (A201), una lista di soldati del 235-42.

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to, spesso a voler segnalare dei compendi che usualmente avevano uno scioglimento diverso. È questo il caso di é e P, usate di norma per i praenomina, e che, in un'epigrafe dedicatoria del 217/230 (GORDON, III, 284), vanno invece sciolte come castrorum peregrinorum. Accanto al punto intervengono apici tracciati sulle lettere o accanto a esse, come nella già menzionata forma NN, per numeri o nostri, o in M', per Marci; o un titulus tracciato obliquamente, a tagliare la lettera, come in~. per reversi, o tracciato orizzontalmente sulla lettera, come in N, per Nonas ?; o, ancora, una sorta di titulus curvilineo sopra la lettera, come in N, per numerus; o anche segni più complessi e compositi, come nella clausola C R S /./, per civium Romanorum scutata. Non mancano, infine, segni più difficili da descrivere e classificare, e che sono di norma usati una tantum: è il caso di CE-, per Cilicum equitata, forma accompagnata da un titulus tracciato accanto alla lettera, sulla base superiore di scrittura; o di ~ P, per numerus K purus, in cui la sigla N è segnalata da una sorta di crocetta; o, infine, di M, per minae, segnalata da un titulus concavo verso l'alto 1•

Troncamenti e segni speciali 1. È comunque nell'ambito dei troncamenti che le innovazioni si fanno ancora più cospicue ed evidenti. In particolare compare e si va generalizzando, in analogia anche a ciò che avviene per le sigle, il raddoppiamento della consonante finale per indicare il plurale. Fra i troncamenti siffatti le forme più comuni sono COSS, per consules, IMPP, per imperatores, TRIBB, tribuni, PRAEFF, praefecti, AUGG, Augusti, NOBB, nobiles, CAESS, Caesares, EQQ, equites, ORDD, ordinati, DECC, decuriones, MAGG, magistri.

formula NFÀ S· è contenuta nel PDura 56 (A143), una lettera del governatore della Siria del 208 circa; la sigla NN è nel PDura 60 (A144), una lettera, anch'essa del 208; M' è nel PColl. Youtie I 64 (A149), che contiene il verbale dell'apertura di un testamento del 3 giugno 211; .J4 è nel PDura 95 (A229); N è nel PDura 102 (A183), un documento militare del 224; N è nel PHamburg inv. 409 (Al 78), un frammento del 222-9; le due forme C A S /./ e C E- sono nel PMich. VII 455 (A266), un documento militare datato genericamente al III secolo; le sigle it:J Psono presenti nel PBerol. inv. 25053 (A256), una lista di soldati della II metà del III secolo; la sigla M, infine, è nel PDura 115 (A193), una lista militare del 232. 1 La

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Sono dunque coinvolti e trasformati da questa nuova tecnica tutti, o quasi, i troncamenti più classici, che si erano fissati e diffusi immutati nei secoli precedenti. È evidente che, appunto in analogia a quanto accade con le sigle, il raddoppiamento nel plurale vuole servire a evitare fraintendimenti nello scioglimento, indicando perlomeno il numero della parola. Sembra possibile inserire in questa tipologia abbreviativa due casi singoli di troncamenti, sempre per indicare il plurale, in cui è raddoppiata la lettera iniziale: EEQ, per equites, nel PMich. III 163 (Al 79) - una lista di soldati del 222-39 - e CCI, per circitores ?, nel PDura 107 (A213). La singolarità di questi compendi si può forse spiegare (senza pensare, troppo semplicemente, a un errore di scrittura, o a un'inesattezza nello scioglimento) vedendo in essi forse una forma piuttosto rara di troncamento al plurale, che in analogia con la struttura delle sigle e dei troncamenti raddoppiati raddoppia la lettera iniziale della parola, in questo caso delle parole EQ, per eques, e Cl, per circitor, secondo un uso già osservato da Schiaparelli 1 . La continuità con il passato è, d'altronde, ancora evidente: si hanno infatti ancora delle oscillazioni nella lunghezza del troncamento per la stessa parola, mentre si continuano a proporre scioglimenti diversi per uno stesso compendio - è il caso della forma PR usata per principis, priore e pridie -, o, al contrario, forme diverse per uno stesso scioglimento, come nel caso di PR e PR ID per pridie. Sempre fra i troncamenti va segnalata una forma piuttosto singolare, quale quella di REO·, per requisiti, apparentemente un caso di troncamento con letterina soprascritta, sul modello già visto per le sigle. In realtà siamo davanti a un caso dubbio, per cui risulta difficile inserire questa forma in una tipologia abbreviativa ben precisa. Si potrebbe vedere in questo compendio anche un caso di contrazione, in cui l'ultima lettera della parola è soprascritta, ma è un'ipotesi che si ritiene piuttosto improbabile. È possibile invece che si tratti di un troncamento alla greca, come già detto, in cui è stata inserita un'interessantissima prima attestazione della forma per qui, dunque un compendio del Q compiutamente strutturato2 •

9,

1 In merito SCHIAPAREW, Avviamento, cit., p; 82 osservava che "Una esagerazione cli quest'uso [delle sigle e dei troncamenti raddoppiati] è il raddoppiamento della lettera iniziale quando il compendio consta anche cli altre lettere, e soprattutto quando riferisce la desinenza". 2 Si tratta del PFlor. II 278 (A139), contenente sul recto copia cli alcune lettere scritte

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Ricordiamo infine il troncamento DOM, per dominus, attestato con grande frequenza all'interno dei papiri Dura nella locuzione AD DOM N per ad dominum nostrum 1• È tuttavia solo in questo secolo che la parola dominus viene compendiata in più casi anche con un troncamento, anziché con la più consueta sigla. 2. Un esame sui segni diacritici che accompagnano i troncamenti rivela, anche in compresenza con il punto, che peraltro è attestato solo sporadicamente e solo con funzioni abbreviative (come si è già sottolineato a proposito delle sigle), una pluralità di usi. Si ha l'uso di un apice sopra le ultime o l'ultima lettera, o accanto a essa, come nel caso di NUMER, per numerorum, o PALMYR', per Palmyrenorum 2 , oppure di un titulus concavo verso l'alto sulla base superiore di scrittura, accanto al compendio, come in EQQ':, per equites3 ; di un tratto obliquo tracciato accanto all'ultima lettera, come in KAL/, per Kalend-, o in P]ROXI\, per p]roxime4; o di un tratto obliquo tracciato a tagliare l'ultima o le ultime lettere, come in ]. .. LLO,Pf, per ]. .. llorum, o in COftS, per consules5; o, ancora, di un titulus curvilineo sull'ultima lettera, come in RELIO, per reliqui6 ; o, infine, di una dip/,a molto semplificata, come in AUG per Augusti7 • È censita anche la forma ].AG-, per i]maginifer, o piuttosto Magda/a, in cui il troncamento è accompagnato da un tratto orizzontale accanto alla lettera8 •

z,

in greco, e sul verso alcuni conti scritti anch'essi in greco, oltre - ed è la parte che ci interessa - ad alcuni frammenti di un testo in latino che conserva gli acta diurna di una familia gladiatoria degli anni 203-48. 1 La locuzione AD DOM N è usata con particolare assiduità nel PDura 100 (A166), un ruolo della cohors XX Palmyrenorum datato al 219. 2 Presenti, rispettivamente, nel PFlor. II 278 (A139) e nel PDura 56 (A143). 3 Cfr. il PDura 58 (Al 71), copia di una lettera del 220-35. 4 Si vedano, rispettivamente, il PRyl. IV 553 (A227), una lettera ufficiale della I metà del III secolo, e il ms. Oxford, Bodleian Library, lat. class. e. 37R (A261), contenente degli acta diurna e datato genericamente al III secolo. 5 Si vedano, nell'ordine, il PBerol. inv. 14099 (A232), una lettera della metà del III secolo, e il PSI I 111 (A243), contenent~ un rescritto imperiale datato fra 287 e 304. 6 Cfr. il PBerol. inv. 14107 (A275), contenente la situazione numerica di un contingente militare e datato genericamente al III secolo. 7 Si tratta del PBerol. inv. 25050 (A238), una lettera datata 268-70. 8 Si tratta del PDura 101 (Al 76), un ruolo della cohors XX Palmyrenorum, del 222.

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A segnalare le abbreviature concorrono anche i tratti stessi delle lettere, che spesso vengono allungati a questo scopo, secondo un uso già riscontrato nel I secolo. È il caso delle due forme IMM, per immunes, e AUREL, per Aurelius, presenti nel PDura 133 (A157), un frammento databile agli anni 213-7, o 235-8, in cui l'editore Fink 1 nota la presenza di un tratto finale di m e di l molto allungato, a indicare forse che la parola è abbreviata. L'ultima notazione sui troncamenti è per segnalare l'uso, sempre quantitativamente significativo, del troncamento -0, per l'enclitica-que, e la presenza, invece ancora rarefatta, del troncamento.della desinenza -bus. Le tre sole testimonianze per quest'ultimo caso sono date dalle forme HEREDIB·, per heredibus, l[D]IB, per I[d]ibus, ed EQUIT]IB }, per equit]ibus: in quest'ultimo caso va rilevata la presenza di un segno diacritico particolare, il quale si imporrà a segnalare i troncamenti2. 3. Anche all'interno delle epigrafi si ritrovano troncamenti dalle forme analoghe a quelle presenti nei papiri, e analoghi sono anche i segni diacritici usati. Sono cosl frequenti nelle epigrafi i casi di troncamenti con lettera finale raddoppiata, per indicare il plurale. Gli esempi più diffusi sono dati da EQQ, per equitum, COSS, per consules, IMPP, per imperatores, AVGG, per Augusti, forma, quest'ultima, che era presente, seppure in qualche caso isolato, anche all'interno di epigrafi datate agli ultimi anni del II secolo. Continua, infine, l'uso di troncare l'enclitica -que e la desinenza -bus. Il panorama dei segni abbreviativi che accompagnano i troncamenti presenti nelle epigrafi si rivela estremamente composito. L'uso dell'interpun-

1 R.O. FINK,

Roman Military Records on Papyrus, Cleveland (Ohio) 1971, p. 433. Cfr., nell'ordine, il PBibl. univ. Giss. inv. 40 (A226), contenente una agnitio bonorum possessionis del 14/15 settembre 249; il PDura 97 (A233), una lista di cavalieri del 251; e infine il PLond. 731 (A245), frammento di una ricevuta del 293. A segnalare i troncamenti verrà frequentemente usato il semico/on, la cui struttura potrebbe accostarsi a quella del segno diacritico usato per EQUITIIB j . A livello di prima analisi sarebbe possibile supporre la derivazione del semico/on da una corsivizzazione estrema della desinenza -us. Si veda a proposito un esempio che appare piuttosto significativo, quale quello del PStraBb. lat. 1 (A295), una famosa lettera di Vita/is ad Achillius, scritta fra il 317 e il 324. A riga tre, nella parola omnibus, la desinenza -us è tracciata in modo piuttosto veloce, estremamente corsivizzato, e sembra prefigurare una tappa verso il segno che sostituirà la desinenza stessa. 2

80

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zione diventa sempre più irregolare, sino talora a sparire del tutto. È possibile cosl osservare che in alcuni casi il punto assume inequivocabilmente la funzione di segnalare le abbreviature. In continuità col secolo precedente è altresl attestata la presenza di un titulus sopra alcuni compendi, in particolare su forme di uso comune, come PR, per praetor, o la già citata EQQ, per equitum. In parallelo all'uso proprio dei papiri si ritrovano anche nelle epigrafi compendi segnalati da un apice tracciato accanto all'ultima lettera della parola: anche in questo caso sono cosl segnalate parole spesso ricorrenti, e il cui scioglimento non dovrebbe comportare alcuna difficoltà come nel caso di COS', IMP', CAES' e AVG'. 4. Tralasciamo di compiere un'analisi più puntuale sui segni speciali, che sono frequenti in questi papiri, poiché non presentano eccezioni o modificazioni nel loro uso. Ricordiamo solamente che in alcuni casi assumono una morfologia che si distacca da quella consueta, in quanto si presenta molto più semplificata.

Troncamenti sillabici, contrazioni e compendi del Q 1. Si è detto come un modello estremamente importante per la struttura del troncamento sillabico sia quello rappresentato dall'accostamento delle sigle che compendiano le due sezioni di una parola composta. Queste forme si ritrovano nel III secolo, ma ad esse si affiancano forme le quali abbreviano parole che difficilmente dovettero essere sentite come composte, o che non lo sono affatto. È il caso, ad esempio, di OP, per dispositus o deputatus, di PF per praefectus, e di una interessantissima prima attestazione di QQ per quoque1• Forma, quest'ultima, che nelle epigrafi è costantemente adottata per quinquennalis. A segnalare i troncamenti sillabici intervengono spesso il punto, accanto o sopra le lettere, e, più di rado, uno o più apici sulle lettere. È attestata anche, nella forma SS, per suprascript-, la combinazione di questi due segni2.

1 2

Il compendio è attestato nel PHamburg inv. 409 (Al 78). Si tratta del PBerol. inv. 14099 (A232).

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2. La presenza di compendi del Q ancora non acquista uno spessore significativo, poiché vi è una sola attestazione da segnalare. Se in molti papiri i pronomi relativi sono abbreviati con delle sigle, accompagnate generalmente da un punto, tracciato accanto o sopra la lettera, in un unico caso, nel PHeid. Lat. 3 (A268), frammento giuridico datato al III secolo, è attestata la forma I\, per quam (o quis, secondo una diversa lettura): dunque una q tagliata da un titulus obliquo, che morfologicamente prefigura il compendio del pronome quam, cosl come sarà usato in seguito1 . Mancano invece del tutto casi di contrazioni.

Abbreviature greche nei papiri latini Infine un'ultima riflessione, su una serie particolare di abbreviature che si trova attestata in maniera significativa soprattutto nei papiri del III secolo. Si tratta di alcune, poche, abbreviature greche, in particolare sigle e segni speciali, che ricorrono con costanza nei papiri latini durante l'intero arco di tempo censito; di esse si parlerà brevemente, sebbene il discorso sui rapporti fra sistema abbreviativo greco e sistema abbreviativo latino meriti ben altro spazio e ben altra attenzione 2 •

1 Cfr. SCHIAPAREW,

Segni tachigrafici nelle notae iuris, cit., pp. 249-50 e tav. 1. Si deve peraltro notare che la morfologia della lettera q in questo compendio è del tutto particolare. Non si tratta infatti della consueta q che sarebbe proprio attendersi all'interno di una scrittura libraria usuale di tipo capitale, in cui sono pure presenti altri casi di q capitale, bensl di una forma del tutto vicina alla q ''minuscola", o comunque inscrivibile in un sistema quadrilineare. La scelta di questa particolare struttura grafica si potrebbe forse spiegare - ma è ipotesi tutta da dimostrare, se non addirittura indimostrabile - proprio con il tentativo di mettere in evidenza la presenza di una forma abbreviata. 2 Siamo infatti perfettamente consci dd fatto che vi sono certamente stati dei rapporti e delle influenze reciproche fra il sistema abbreviativo greco e quello latino, poiché sono evidenti le interconnessioni e le influenze che nel corso dei secoli si sono talora avute fra sistema grafico greco e sistema grafico latino: si pensi, ad esempio, alla cosiddetta KOlVll scrittoria greco-latina, su cui, tra gli altri, è puntualmente intervenuto G. CAVALLO, La KOIVT/ scrittoria greco-romana nella prassi dacumentale di età bizantina, in "Jahrbuch der osterreichischen Byzantinistik", 19 (1970), pp. 1-31. Più volte, nel corso della presente ricerca, abbiamo rilevato e sottolineato una sorta di osmosi grafica fra mondo greco e mondo latino. Molti dei papiri esaminati sono papiri bilin-

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Le abbreviature attestate con maggiore frequenza sono sostanzialmente Z, per ç11-re1 o ç11-r11-réov, e 0, per 8avatoc; o 811-ra-rec;, mentre sono più rari i casi in cui compaiono le forme 7', per talenta, e,$, per ebtEV. Le ultime due forme 1, pur avendo una morfologia propria del sistema grafico greco, sono state usate dando loro un valore linguistico latino, tanto che gli editori dei papiri in cui compaiono le sciolgono usando parole latine. La forma,$, in particolare, viene sciolta con dixit. Più frequenti risultano le prime due sigle ricordate, che generalmente vengono collocate ai margini di documenti prodotti in ambito militare 2 •

gui, o comunque prodotti in un ambiente bilingue. In molti casi si sono spiegate "anomalie" e particolarità grafiche e abbreviative con l'osservare che era possibile che lo scriba fosse un greco che scriveva in latino. Molte delle forme abbreviative che caratterizzano il sistema grafico latino sono in realtà di certa origine greca, come l'omissione della n finale segnalata da un titulus o l'uso di segnalare un troncamento tracciandone l'ultima lettera soprascritta. In realtà la verifica dei rapporti fra sistema abbreviativo greco e latino è ancora tutta da fare, né ci pare possa venire data per sottintesa, o venire svolta sommariamente. In tal senso riteniamo che, prima di ogni comparazione, il presente lavoro valga innanzitutto a fissare con maggiore nitidezza il panorama degli usi abbreviativi latini valutandoli dall'interno del sistema stesso. L'analisi dei modi e dei tempi secondo cui il sistema abbreviativo greco ha eventualmente influito sulle prassi abbreviative romane è necessariamente rimandata a un altro momento, ma si baserà comunque sui dati che abbiamo acquisito con la nostra ricerca. Fondamentali per la verifica delle connotazioni assunte dal sistema abbreviativo greco, come anche da quello latino, e specialmente dei loro rapporti sono gli interventi di W. WEINBERGER, Kurzschrift, in PAULY-WISSOWA, Real-Encyclopiidie der c/assischen Altertumswissenschaft, Xl-2, Stuttgart 1922, 2217-31, e di F. BILABEL, Sig/,ae, in PAULY-WISSOWA, Real-Encyclopiidie der c/assischen Altertumswissenschaft, 11.A-2, Stuttgart 1923, 2279-2315. L'uno traccia in generale un quadro delle prassi abbreviative greche e latine, soffermandosi tuttavia principalmente sui sistemi tachigrafici greci e latini. L'altro, invece, analizza più distesamente presenza e varietà delle sigle usate sia in ambito greco che in ambito latino, e ne offre un cospicuo elenco, arricchito anche da compendi di diversa struttura, quali troncamenti, sospensioni e segni speciali. 1 Presenti, rispettivamente, nel PFreiburg inv. 8r (A122), un inventario di argenteria del II secolo, e nel PDura 128 (A223), contenente frammenti di Commentarii e datato approssimativamente al 245. 2 Per quanto riguarda gli esempi della presenza della sigla Z, si vedano, fra gli altri, il PDura 82 (A181), contenente acta diurna, del 27-30 marzo del 223-33, o il PDura 94 (A212), degli anni intorno al 240, contenente un resoconto della situazione delle truppe. La sigla® è presente, ad esempio, nel PDura 102 (A183), un ruolo della cohors XX Palmyrenorum del 224, o nel già citato PLond. 1196 (A91).

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La forma Z, presente comunemente nei papiri greci che contengono testi letterari, è una formula di richiamo collocata in margine al testo, con la quale si vuole porre in evidenza un particolare passaggio sul quale si è soffermata l'attenzione del lettore 1. Per quanto riguarda la sigla 0, essa è stata definita anche theta nigrum, in quanto stava a indicare che il soldato accanto al cui nome veniva tracciata era deceduto. Da parte di alcuni si è voluto vedere in questa sigla non una forma propria della lingua greca, bensl una sigla latina, e più precisamente la sigla O, per obiit/obitus, tagliata da un titulus orizzontale. Interpretazione anch'essa plausibile, se si pensa che l'uso di tagliare le sigle con un titulus orizzontale è molto antico, ed è testimoniato, già nelle epigrafi più per denarii, o antiche, da compendi entrati poi nell'uso comune, quali HS, per sestertii. Per ulteriori approfondimenti sulla questione rimandiamo agli specifici interventi di G .R. Watson e, in particolare per le epigrafi, di R. Friggeri e C. Pelli2, ricordando comunque che a confermare l'ipotesi che vede in 0 la sigla per 8ittatEUENIRE, PTEA, QSTUM, PBENDOS, QSTORES,,PHIBENTUR, PSIDE, QRITUR (ma c'è anche la forma O·REMUS, per quaeremus), PBANDAM, PFESSUS, per i rispettivi scioglimenti priusquam, pervenire, praeter, quaestum, praeben-

dos, quaestores, prohibentur, praeside, quaeritur, probandam, professus. Analogamente, anche alcune sigle compaiono all'interno di forme compendiate di maggiore ampiezza. È il caso di NDUM, per nondum. 7. Da questi ultimi esempi si evince come sia difficile adottare una terminologia che definisca con assoluta precisione i compendi di volta in volta censiti, e come forse sia arbitrario giungere a schematizzazioni, talora forzate, di fenomeni che sono evidentemente ancora in una fase di elaborazione e sistemazione. Due esempi possono essere significativi. Nel caso di DT·, per dumtaxat, e di MM, per manumissionem, si hanno dei compendi che potrebbero morfologicamente essere definiti altrettanto legittimamente come troncamenti sillabici o come contrazioni. Il sistema, dunque, non ha ancora assunto una sua configurazione definitiva, e a testimoniare questo fatto intervengono le forti oscillazioni riscontrate nella forma di alcuni compendi, o, al contrario, la pluralità di scioglimenti che un compendio può avere, prima di selezionare quello definitivo. L'avverbio quidem, ad esempio, è abbreviato in forme diverse, e nessuna di esse sembra riuscire ad imporsi: cosl, accanto al troncamento QUI, troviamo il troncamento sillabico OD. Analogamente, per testamento abbiamo la presenza di forme diverse, quali il troncamento TEST· e la contrazione TTO. Anche nel medesimo testo è possibile ritrovare la compresenza di allografi per il medesimo scioglimento: nel Pauli Sententiarum fragmentum, ad esempio, per causam è usata la contrazione CSAM, accanto alla sigla C. Al contrario, la medesima sigla P, la cui struttura è identica a quella del compendio per prae, viene usata nella Formula Fabiana tanto per potest che per post, e mai invece secondo quello che sarà il suo significato tradizionale, appunto prae. Analogamente, la forma -E>, tagliata da un titulus, la quale assume usata assolutamente o anche all'interno di parola il suo significato consueto di per, è usata anche per compendiare il verbo posse. Un altro significativo esempio; Per il compendio QS, che nel PAnt. I 22 (A340) viene sciolto con quodsi, dunque come un troncamento sillabico,

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nel PArangio-Ruiz (A330) si propone lo scioglimento, peraltro incerto, quis, intendendolo dunque come una contrazione; nella Formula Fabiana, invece, lo stesso compendio QS viene inteso come un troncamento sillabico per

quasi. Per ritornare ancora, brevemente, sulle contrazioni, bisogna menzionare il caso di quei compendi in cui il titulus sembra segnalare specificamente la presenza di una liquida, in particolare di una r, preceduta o seguita da vocale, quasi anticipando l'uso del titulus curvilineo, che nei testi medioevali indicherà la medesima omissione. È questo il caso di ADUSUS, per adversus, mentre anche le forme EX-DATO, per exheredato, H-DI, per heredi e INl'PTAT, per interpretatur ?, sembrano confermare questo particolare uso. 8. Bisogna considerare infine due forme abbreviate del tutto particolari, quelle cioè rappresentate da segni di evidente origine tachigrafica. L'una è costituita dal segno :::>, a forma di C rovesciata, usato da solo o all'interno di parola, e che si può sciogliere come cum/con, oppure contra. È il caso, ad esempio, di :>GILIO, per concilio, di :::>SENSIT, per consensit, o di :::> HETUR, per contrahetur. L'origine di questo segno, lo abbiamo detto, è certamente tachigrafica, e il suo uso si affermerà con regolarità. Si deve anche osservare che questo segno non sempre conserva la morfologia rotondeggiante di una C rovesciata, ma può spesso assumere una forma angolare semplificata, quale 7, del tutto simile, peraltro, a quella propria del segno speciale 7 per centuria/centurio. Spesso inoltre - come è avvenuto anche nel caso del segno 7 per centuria - il tratto d'attacco di questa variante morfologica del segno per cum/con e contra si è compiutamente trasformato, da diritto, in un tratto curvo: 9. L'altra forma del tutto nuova è data dal segno ', simile a un piccolo comma tracciato accanto alla lettera sulla base superiore di scrittura, e che viene utilizzato tanto all'interno di parola, per esprimere la sillaba -os, come in P'SE, per posse, P'T, per post, P'SIDE, per posside, o P'TEA, per postea, quanto in fine di parola, per esprimere la desinenza -ur, come in DAT', per datur, oppure USUCAPIAT', per usucapiatur, come attestano questi esempi, tutti ricavati dal frammento dei Responsa. L'origine di questo segno è anch'essa tachigrafica, e i casi censiti ne rappresentano una prima attestazione piuttosto significativa, anche se nel IV secolo questo segno, evidentemente, non si è ancora normalizzato, come dimostra la già segnalata tendenza

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a preferire, per compendiare la desinenza -us, il troncamento segnalato da un punto 1. All'interno dei testi giuridici si impone dunque un sistema abbreviativo assolutamente singolare. A comporlo sono compendi indicati, nel loro complesso, secondo una terminologia ampiamente condivisa, come notae iuris, cioè note tipiche di una cla~se ben precisa di testi, quali quelli giuridici. Con notae iuris, infatti, si definiscono non esclusivamente le abbreviature di termini giuridici, bensl tutte quelle abbreviature che si trovano all'interno dei testi giuridici: una distinzione che deriva dalla sede di uso delle abbreviature e non dalla loro forma2 •

I testi di contenuto sacro 1. L'altra assoluta novità del secolo è data dalla comparsa, all'interno dei testi globalmente definibili come sacri, di una particolare forma di compendi, che comunemente si indicano come nomina sacra. I nomina sacra, di cui si tratterà oltre più diffusamente, e per i quali si rimanda al fondamentale, omonimo studio di Ludwig Traube, sono, morfologicamente, delle contrazioni che si usano per compendiare i nomi di Dio, Cristo, Gesù, e tutti gli attributi e appellativi loro riferiti, quali dominus, noster, sanctus, etc .. La varietà dei nomina sacra è notevole, ma nelle fonti censite in questa sede, perlomeno secondo le indicazioni degli editori, sono testimoniate solo le forme più antiche, quali i compendi IHS, per Iesus, XPS, per Christus, DS, per Deus, e la digrafia DMS/DNS, per Dominus, che vede dunque compresenti la forma più antica DMS e quella più recente DNS, che rimarrà poi nell'uso. Mancano invece attestazioni della contrazione SPS, per spiritus3•

1 Cfr. SCHIAPAREW,

Segni tachigrafici nelle notae iuris 2, cit., pp. 248-51 per il segno :::) , con/contra, e pp. 253-4 e pp. 261-4 per il segno ' , os/ur. 2 Un elenco delle notae iuris che più frequentemente ricorrono nei" papiri giuridici è offerto da L. WENGER, Die Quellen des romischen Rechts, Wien 1953, pp. 111-20. 3 Le due forme O"FlS/[jf:J'S non apparterrebbero, a detta di Traube, al nucleo originario dei primi nomina sacra passati dal greco al latino, ma ad una fase cli poco posteriore, da collocarsi nel V secolo, mentre nel secolo successivo ad imporsi assolutamente è la contrazione DNS: "Eine Kontraktion fiir dominus in der Bedeutung "Gott der Herr" kam wahrscheinlich erst im 5. Jahrhundert auf [... ]. 1m 5. Jahrhundert wurden clie Kontraktionen ~ und ON"S gepriigt, im 6. war O'fJS bereits allgemein angenommen und batte ~

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2. Se dunque nel IV secolo i nomina sacra cominciano a entrare nell'uso, non in tutti i testi di contenuto sacro essi costituiranno l'unica forma abbreviata secondo cui compendiare i "nomi sacri". Vi sono infatti due significativi esempi di manoscritti in cui i nomina sacra compaiono accanto a troncamenti e a compendi dalla struttura del tutto particolare, usati appunto per abbreviare i "nomi sacri". I due manoscritti in questione sono il Leningrad, Publichnaia Biblioteka, Lat. Q·.V.1.3 (A366), contenente parte dell'opera di S. Agostino, e il Torino, Biblioteca Nazionale, G.VIl.15 (A363), contenente la versione antegeronimiana dei Vangeli, e più noto come Codex K. Ambedue i manoscritti si possono datare al periodo fra IV e V secolo (per il codice di Leningrado la datazione sicura si colloca fra gli anni 396/7 e il 426), e per ambedue è probabile l'origine africana 1. All'interno

iiberall aus dem Felde geschlagen.": cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 167, e più in generale, sulle due forme, pp. 167-93. Per quanto riguarda il compendio Sl"S, per spiritus, ricordiamo che secondo TRAUBE, Nomina Sacra, cit., pp. 164-5, esso dovrebbe appartenere al gruppo originario dei più antichi nomina sacra adottati nella scrittura latina. Tuttavia, il nostro censimento - che peraltro contempla tutte le testimonianze del IV secolo studiate anche da Traube - non ha rilevato alcuna attestazione della forma SPS, per spiritus. Traube stesso, peraltro, ha notato l'assenza di questa forma nelle testimonianze più antiche, ma ritiene che essa non debba comunque sorprendere, in quanto può dipendere da precise scelte dottrinali: "Auch im Lateinischen gibt es einige Handschriften, die Sl5S meiden, wobei deM wahrscheinlich gleichfalls antitrinitarische Griinde mitgesprochen haben.": cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 132. 1 Se è certa l'origine africana del Codex K, tale appare anche quella del codice di Leningrado, anche se non mancano opinioni contrarie: si vedano a riguardo le osservazioni di BISCHOFF, Paliiographie, cit., p. 97 e p. 241, oltre agli specifici interventi di W.M. GREEN, A fourth Century Manuscript o/ Saint Augustine ?, in "Revue Bénédictine", 69 (1959), pp. 191-7 e di A. MUTZENBECHER, Codex Leningrad Q. V. I. 3 (Corbie). Ein Beitragzu seiner Beschreibung, in "Sacris Erudiri", 18 (1967/8), pp. 406-50 . Questa presunta, comune, origine nordafricana dei due codici concorderebbe comunque con le caratteristiche del sistema abbreviativo che è loro proprio, in particolare con l'uso irregolare dei nomina sacra. Ricordiamo infatti che Traube sostiene che furono i codici prodotti in Italia a usare per la prima volta, e diffusamente, i nomina sacra, mentre i codici di origine africana ne accettano solo irregolarmente l'uso, quando non lo accettano affatto: cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., pp. 134-8 e 244. Ricordiamo anche che alle pp. 138-42, proprio per verificare l'esattezza di questa sua tesi, Traube analizza nel particolare tutti i nomina sacra presenti nel codice torinese dei Vangeli, e a questa analisi rimandiamo per ulteriori approfondimenti a riguardo.

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di questi testi per i "nomi sacri" vi è una grande varietà di forme abbreviate. Nel Codex K per compendiare il nome Christus nei suoi vari casi si usa eccezionalmente il chrismon, segnalato da un titulus. Altrettanto singolare è anche il compendio per Iesus, per il quale è usata la forma Hl8, in cui, seguendo la declinazione, si muta la letterina soprascritta, e che strutturalmente è una contrazione con letterina finale soprascritta. Per Dominus si adoperano tanto il troncamento DOM, quanto la forma DOMS, strutturalmente analoga all'abbreviatura per Iesus. L'unico nomen sacrum presente è DS, per Deus, sebbene non manchi anche la forma DEUS scritta per esteso e segnalata da un titulus. Nel codice di Leningrado, invece, oltre alla compresenza delle forme DMS/DNS per Dominus, e della forma compendiata DS accanto a quella scritta per esteso DEUS, va rilevato l'uso del troncamento DOM·, per Dominum, e della sigla N, per nostrum, secondo l'uso consueto nei papiri. Va infine sottolineata la presenza della contrazione MGR, per magister: una forma esemplata, secondo quanto sostenuto da Traube, sulla struttura dei più tradizionali nomina sacra, concettualmente a essi vicina. I nomina sacra costituiscono una serie di forme abbreviate particolarmente studiata e importante, soprattutto perché ha suscitato l'attenzione di molti studiosi sulla questione dell'origine della contrazione. Su questo problema i risultati del presente censimento portano dati sicuramente significativi, che possono venire riassunti in una prospettiva interpretativa complessiva.

III. SULLE ORIGINI E LE FUNZIONI DELLE ABBREVIA TURE

PER UNA TEORIA SULLE FUNZIONI DELLE ABBREVIA TURE

L'evoluzione cronologica delle caratteristiche del sistema abbreviativo e la sua funzionalità 1. Osservando i dati ricavati dal censimento effettuato su tutte le testimonianze scritte su papiro - e non solo su papiro - edite, datate o databili entro la fine del IV e gli inizi del V secolo 1, non può sfuggire che, se pure (e non ci si poteva aspettare altro) questi dati confermano molto di quanto è tradizionalmente affermato dalla ricerca e dalla manualistica, essi fissano tuttavia le loro principali acquisizioni con una verifica continua e diretta sul materiale manoscritto dal I al IV secolo. Un'interpretazione complessiva di questi dati non è forse proponibile immediatamente, e presuppone anche un più ampio censimento di materiali ed una più vasta rimeditazione. Più congruo con l'attuale ricerca appare il tentativo di intervenire su alcuni punti specifici del dibattito avviatosi sul valore delle abbreviature, con l'intento soprattutto di mettere in rilievo quanto il materiale censito può offrire.

1 Per

un panorama generale delle vicende che hanno segnato l'evoluzione e l'affermazione delle strutture della contrazione (ma anche di altre tipologie abbreviative) all'interno delle testimonianze epigrafiche si veda HALvA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., pp. 219-24. Ricordiamo che la Hiilva-Nyberg ha impostato la sua ricerca sia secondo una struttura diacronica, che attuando un'analisi sincronica, ed ha valutato le differenziazioni assunte dal sistema abbreviativo latino in ambiti geografici diversi (quello romano e quello africano), come anche all'interno delle epigrafi prodotte in ambiente cristiano. Le numerose nuove acquisizioni fissate dai suoi studi offrono un'ampia serie di spunti di discussione e di confronto, spunti che tuttavia non è stato possibile raccogliere e sviluppare adeguatamente in questa sede, se non in casi e per problemi particolarmente significativi.

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2. Da tutto quello che è stato esposto emerge innanzitutto un primo dato evidente e notevole. Dal I secolo d.C. in poi si assiste a un lento, talora larvato, comunque costante e progressivo processo di razionalizzazione nella struttura delle abbreviature, che diventano sempre più efficaci, sempre più riconoscibili, sempre più segnalate, sempre meno equivocabili. Cosl, dalle sigle, arbitrarie e non segnalate, si passa alla prevalenza dei troncamenti, meno incerti, che indirizzano verso uno scioglimento facilitato, talora addirittura obbligato. Al troncamento si affiancherà, in particolare nell'ultimo secolo censito, la contrazione, una abbreviatura per cosl dire "perfezionata", la cui particolare struttura è volta a fugare ogni dubbio nella comprensione del compendio e quasi ad obbligarne il corretto scioglimento. Il successo della contrazione è, in questo periodo, un successo ancora parziale e non quantitativamente significativo: il suo uso è ristretto quasi esclusivamente nell'ambito dei testi giuridici, e la sua frequenza statistica non è ancora alta. Quello che sembra tuttavia imporsi è il modello di questo compendio, che costituirà di fatto, in una prospettiva futura, la classe abbreviativa più funzionale e utilizzata. Il fatto che le attestazioni dell'uso della contrazione si trovino quasi esclusivamente e in numero cospicuo all'interno di testi specialistici e rivolti a un pubblico di tecnici quali sono i testi giuridici ci induce a ritenere che la spinta che ha portato le contrazioni a una strutturazione definitiva e a una progressiva diffusione vada individuata in un'esigenza, assolutamente tecnica, ai fini della prassi. In ambito giuridico, cioè, la contrazione risponde bene alle esigenze tecniche di un testo che è caratterizzato dall'uso di formulari, in generale di un lessico specifico da rispettare, riprodurre e comprendere correttamente, senza equivoci. Il fatto dunque che la contrazione fornisca sempre la desinenza della parola aumenta il numero delle informazioni fornite sulla parola abbreviata, e non dà adito a scioglimenti - e dunque a formulazioni - errati. 3. Nel contempo il segno diacritico diventa una parte integrante, quasi una componente strutturale, dell'abbreviatura, sebbene non si sia ancora specializzato. È ancora lontana, cioè, la fase in cui il segno diacritico, oltre a segnalare la presenza dell'abbreviatura, indica anche uno scioglimento obbligato della stessa_. Il segno diacritico inizia a diffondersi quando, in particolare con le sigle, sembra segnalare delle abbreviature di cui si può più facilmente equivo-

Sulle origini e le funzioni delle abbreviature

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care lo scioglimento. Può accadere, cioè, che un compendio generalmente usato per indicare una particolare parola, sia usato a indicarne anche altre, talora sincronicamente, nel medesimo testo 1. Può accadere anche che il segno diacritico segnali la presenza di un compendio non consueto, che dunque non fa parte di un formulario usuale o di una clausola oramai codificata2 . L'analisi della presenza e delle forme dei segni diacritici osservate in diacronia viene facilitata dalla progressiva scomparsa dell'interpunzione all'interno dei papiri. L'uso di impiegare regolarmente un punto mediano per dividere l'una dall'altra le parole di un testo si mantiene sostanzialmente sino al II secolo d.C., momento a partire dal quale diminuiscono progressivamente, sino a cessare del tutto, le testimonianze della presenza regolare degli interpuncta. È possibile cosl osservare come il punto vada assumendo la funzione di segnalare le abbreviature: una funzione che nei primi secoli era coperta da quella di semplice segno di interpunzione3 • Accanto al punto, e accanto a una serie composita di segni diacritici diversi, talora assunti dai modelli della punteggiatura, talora invece creazioni individuali dei singoli scriptores, com-

1 È questo il già studiato caso della sigla N, utilizzata generalmente per compendiare l'aggettivo noster, ma che poi indicherà parecchi altri vocaboli, fra cui, particolarmente, nu-

merus. 2 Gli esempi a riguardo sono numerosi, e ne citiamo solo qualcuno. Ci sembra essere questo il caso della sigla P, per patris, nd PHeid. lat. 3 (A268), o della sigla, anch'essa già ricordata, N, per Nonas; o, infine, della locuzione N P, per numerus purus: in quest'ultimo caso, attestato nel PHamburg inv. 409 (Al 78), la locuzione N P è segnalata da titulus curvilineo, ma compare accompagnata anche da punti soprascritti, a esprimere forse quella che in qud momento era sentita come la novità di questa clausola. 3 Si è più volte ricordato come nei primi secoli censiti la funzione assolta dal punto sia stata quella di dividere le parole l'una dall'altra, per poi assumere, una volta abbandonato l'uso dell'interpunzione, qudla di segnalare le abbreviature. Non è facile stabilire in quale momento il punto sia passato dall'una all'altra funzione, ma ricordiamo a riguardo le osservazioni di Wingo e Marichal che si sono proposte parlando dei rapporti fra interpunzione e punteggiarura. In particolare MARICHAL, De l'usage, cit., p. 69, ha notato come "au ler siècle les textes [... ] sont interponctués, les abréviations sont toutes [...] suivies d'un point comme tout autre mot; plus tard, lorsque l'intcrponction tcnd à dispara1tre, on continue généralment à les faire suivre d'un point, du· meme quel' on encadre habituellement les chiffres entre deux points, pour plus de clarté, mais meme alors que le point n'est pas spécifiquement une marque d'abréviation, car les lapicides et les copistes continuent aussi à mettre des points lorsqu'il leur para1t qu'il pourrait y avoir confusion."

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pare, e di fatto sembra imporsi quantitativamente, il titulus, usato in particolar modo per troncamenti e contrazioni, e attestato piuttosto frequentemente all'interno delle notae iuris1• La tendenza a specializzare abbreviature e segni diacritici si afferma in maniera significativa proprio con le notae iuris, che costituiscono, come si è mostrato, un sistema complesso e funzionale. Si imporrebbe dunque l'esigenza di individuare in quale modo, in quale momento e in quale sede si sia andato organizzando questo sistema, e soprattutto quali siano state le linee e i criteri seguendo i quali, all'interno delle notae iuris, si assommano le creazioni precedenti e se ne forgiano di nuove. 4. L'esposizione talora piuttosto schematica dei dati censiti è forse riuscita a sottolineare come il sistema abbreviativo in età romana non sia qualcosa di cosl rigorosamente e cronologicamente scandito come la manualistica talora viene a indicare. In realtà in esso, già dai primi secoli, sono presenti le prime sperimentazioni di quelle radicali trasformazioni che poi caratterizzano il IV secolo, e specificatamente il sistema delle notae iuris: ci si riferisce in particolare alla definizione di nuove forme abbreviative, quali sono le contrazioni, e all'uso sempre più frequente di segni diacritici. Se la verifica delle modalità di strutturazione del microsistema delle notae iuris affronta di fatto un problema che rappresenta uno dei nodi centrali delle vicende grafiche del IV secolo, ci sembra tuttavia che presupposto ineludibile per la sua impostazione e la sua soluzione sia la definizione di una questione più generale. Un aspetto importante, forse prioritario del problema, sembra essere cioè non solo il documentare come nascano e si evolvano le abbreviature in generale, o particolari classi di abbreviature, ma il capire perché si usino, e con una frequenza sempre maggiore, le abbreviature2.

1 Per una ricostruzione generale dell'evoluzione nell'uso e nella struttura dei segni diacritici che segnalano le abbreviature all'interno delle epigrafi si vedano le indicazioni offerte da liALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., pp. 214-8, che vengono a concordare con quanto abbiamo fissato nel corso del censimento. 2 La necessità di verificare le funzioni esplicate da un sistema abbreviativo, come premessa indispensabile a un lavoro diretto a censire e valutare la presenza delle abbreviature in un dato sistema grafico, è sentita con urgenza, secondo quanto chiaramente espresso nell'introduzione alla loro ricerca, anche da C. BOZZOLO-D. COQ-D. MUZERELLE-E. ORNATO, Les abréviations dans /es livres litul'fiques du xv• siècle: Pratique et théorie, in Actas del

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Tradizionale motivazione è quella del risparmio di spazio. In particolare, si potrebbe supporre che lo scriptor, nel tentativo di rispettare una immaginaria linea di giustificazione, che limiti le dimensioni della colonna di scrittura, abbia talora abbreviato alcune parole tanto all'interno, che in fine di rigo, così da rimanere entro il margine fissato. Si spiegherebbero così le frequenti oscillazioni nelle dimensioni dei compendi usati per una singola parola, dimensioni che spesso variano notevolmente anche all'interno del medesimo testo 1• Per quanto riguarda più specificatamente i papiri, non è tuttavia semplice dimostrare tale ipotesi, per un limite oggettivo intrinseco alla documentazione che si è conservata, che spesso è composta da frammenti che non permettono di ricostruire nella loro integrità le colonne di scrittura in cui era partito il testo.

VIII Co/oquio del Comité Internacional de Paleograf{a Latina, Madrid 1990, pp. 17-27. Condividiamo, altresl, la convinzione, espressa anch'essa nel saggio citato, che, se esistono delle funzioni generali svolte dalle abbreviature all'interno di un qualunque sistema grafico, cosl non tutti i sistemi di analisi sono applicabili a tutti i sistemi grafici, e alcuni percorsi di ricerca, e le conseguenti conclusioni, sono proponibili solo per determinate epoche e tipologie testuali. 1 Concordano con questa interpretazione gli editori del PHamburg inv. 409 (Al 78), quando, per spiegare alcuni compendi particolarmente singolari presenti all'interno del testo, ipotizzano che "Soucieux de "justifier" correctement chaque ligne il [copiste] a abrégé les cognomina hors de toute règle et sans la moindre indication [... ]; il a meme lavé la désinence US [ ... ], dont la trace se voit encore, parce que US débordait à droite": cfr. ChLA, XI, 497, p. 45, ed hanno aggiunto che "les copistes de PDura 101 et 105 ont agi de meme, bien qu'ils n'aient pas l'excuse d'une "justification" stricte.". Sicuramente è questa esigenza di rispettare la giustificazione che nel caso dei codici grandi, formali, quali quelli di Virgilio, può spiegare l'uso dei troncamenti per -bus e -que e l'omissione della -m finale, come si è avuto già modo di osservare. Anche per le epigrafi è probabile che l'adozione di alcune abbreviature abbia risposto all'esigenza di restare all'interno dello specchio epigrafico, rispettando l'organizzazione dell'ordinatio del testo all'interno di una superfice ben limitata. È d'altra parte proprio con la mancanza di spazio, dovuta a una superficie di scrittura dalle dimensioni irregolari e limitate, che si spiega la grande varietà incontrata nella forma dei troncamenti usati nei graffiti di Condatomagos. Anche per la comprensione della struttura delle abbreviature usate nelle tavolette cerate, che offrono uno spazio di scrittura necessariamente limitato e ben definito, potrebbe risultare utile la motivazione della mancanza di spazio.

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Di fatto, comunque, con la motivazione della mancanza di spazio non si risponde che parzialmente alla domanda che inizialmente ci si è posta, e questa spiegazione non risulta del tutto valida neppure per le epigrafi. Anzi, proprio da un primo, cursorio esame diretto sulle epigrafi, si può notare come l'adozione delle abbreviature risponda a esigenze ben diverse da quelle dettate dalla mancanza di spazio. Sono frequentissimi i casi, attestati fra le epigrafi riprodotte nella raccolta dei Gordon, in cui le sigle iscritte sulle epigrafi sono costituite da lettere di modulo molto grande, talora molto più grande del testo rimanente, e che occupano uno spazio di certo superiore a quello che sarebbe necessario per scrivere le parole per intero a grandezza corrente 1 . Neppure la motivazione della maggiore rapidità che le abbreviature consentirebbero alla scrittura appare accettabile. Si sono già ricordati frequenti casi di abbreviature in cui sono omesse solo una o poche lettere della parola intera: ad esempio i due compendi ALIENATION e PROPOSIT, per alienationem e proposito, presenti entrambi nella Formula Fabiana, non inducono certo a ritenere che la loro adozione sia stata motivata da esigenze di rapidità nello scrivere2 •

1 Si

vedano, ad esempio, le epigrafi GORDON I, 113; Il, 165, 190, 193, 252; III, 291, in cui i lunghi formulari in esse contenuti sono compendiati con una serie di sigle in successione, che occupano generalmente una sola riga, sulla quale sono molto spaziate, e che sono espresse da lettere di modulo molto grande, o comunque maggiore rispetto a quello delle altre lettere dd testo. 2 Non mancano tentativi di spiegare l'origine delle abbreviature con ipotesi di fatto ancora meno convincenti e tantomeno dimostrate o comunque verificabili. Tale ci sembra, per fare un significativo esempio, l'ipotesi sostenuta da A.R. NATALE, Note paleogafiche. Singula littera: le origini sacrali dell'abbreviazione per sigla, in "Aevwn", 24 (1950), pp. 1-9. Natale, richiamandosi esplicitamente a Mentz, sostiene l'origine sacra della sigla, alla quale dà un valore apotropaico, e che vede legata a fattori di superstizione e religione, notando a p. 5 come: "in questa abbreviatura d'origine altamente remota vive una pagina di una misteriosa religio. Fu il Mentz che per primo schiuse la porta al mistero: al di là di ogni monito manualistico che giustifica il sistema dd troncamento con la duplice utilità per lo scrivente dd risparmio di tempo e di spazio, egli vide, con acuta penetrazione, che la sigla trova la sua origine in un motivo di superstizione: quello di sottrarre il nome delle persone care, tenendolo occulto, agli influssi dei malevoli, al malocchio, superstizione questa assai diffusa fra gli italici antichi."

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Scrittura e psicologia della lettura 1. Il problema forse si può impostare in maniera diversa. Si dovrebbe cioè spostare il livello di analisi dal processo della scrittura a quello della lettura, osservare quindi il rapporto con il testo scritto non da parte di chi scrive, ma da parte di chi legge, considerando la funzionalità delle abbreviature nel rendere più veloce e sicura la lettura, per evitare soprattutto equivoci e fraintendimenti. Si intende che, come vedremo in seguito, la funzionalità delle abbreviature va ristretta a precisi tipi di parole e di lettori, e, in particolare, da un lato a parole frequentissime nel linguaggio quotidiano, dal1' altro a termini appartenenti a veri e propri gerghi, dunque a un linguaggio speciale, riservato a ristrette categorie di lettori. L'uso delle abbreviature (e non paia un paradosso) sarebbe quindi, soprattutto, uno strumento per segnalare e distinguere una o più parole. Non sembra, d'altra parte, superfluo ricordare che queste riflessioni non si propongono di individuare le possibili motivazioni che a priori hanno portato all'elaborazione e all'impiego delle abbreviature. Si cercherà piuttosto, a posteriori, d.i verificare se le abbreviature non impediscano o rallentino la lettura, e se siano, piuttosto, ad essa funzionali 1 • 2. L'ipotesi che l'uso delle abbreviature possa facilitare la lettura può trovare un fondamento, oggi, sulle analisi relative ai processi cognitivi, più propriamente alla psicologia della lettura. In particolare le teorie che descrivono e definiscono i processi mentali della lettura possono spiegare come

1 Anche CENCETTI,

Lineamenti, cit., p. 354, ha avanzato forti riserve sull'attendibilità delle ipotesi che tradizionalmente spiegavano l'adozione delle abbreviature, e ha proposto un'interpretazione vicina a quella che si esporrà in questa sede, individuando il motivo principale della diffusione delle abbreviature "in una tendenza alla sintesi grafica che trova la sua base nell'obbedienza, cosl da parte di chi scriveva come da parte di chi leggeva, a quella che in economia si chiama la "legge del minimo sforzo". È cosa risaputa, infatti, che la lettura, specie quando si tratti di argomenti familiari al lettore, è "globale" e non più fonetica: l'occhio percepisce sensorialmente le sole lettere più caratteristiche e l'insieme di ciascuna parola, non i singoli segni che le compongono, uno per uno, distintamente e progressivamente. Basterebbe, dunque, scrivere convenzionalmente (e indicando in qualche modo che si ricorre a una convenzione) quelle sole lettere perché la lettura riuscisse poi altrettanto sicura come se le parole fossero scritte per intero e talora, anzi, anche meno faticosa per l'occhio, costretto a percorrere uno spazio minore.".

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sia possibile sostenere che una parola abbreviata non solo non crei difficoltà di lettura, ma acceleri la lettura stessa. Resta comunque inteso che si parla dei processi mentali della lettura, dunque di una lettura che potremmo definire silenziosa, mentale o visiva, quale può essere quella moderna. In realtà, come ricorderemo con maggiore ampiezza in seguito, nel mondo antico, in particolare nel mondo romano, era diffusa la lettura che potremmo definire orale, ad alta voce. Ciò significa che alcune delle considerazioni che si proporranno andranno ridiscusse, per verificarne la correttezza anche nel caso di modalità di lettura diverse, ad alta voce. Se tuttavia si è voluto insistere su uno schema interpretativo connesso precipuamente con la lettura mentale, ciò è dovuto a una doppia serie di motivi; innanzitutto la teoria che andremo prospettando sulla funzionalità dell'uso delle abbreviature ha una sua generalità che le permette un'estensione a sistemi grafici diversi da quello di epoca romana, quale soprattutto quello tardomedievale, e quindi anche a sistemi di lettura diversi. In secondo luogo, ci sembra che la parte più cospicua e significativa delle considerazioni che si proporranno sull'utilità delle abbreviature nella lettura mentale mantengano la loro validità, con opportune distinzioni, anche se rapportate alla lettura ad alta voce. I modelli che descrivono i processi cognitivi, in particolare i processi della lettura e della comprensione di un testo, sono numerosi e diversi, pur interagendo sostanzialmente gli uni con gli altri 1. È tuttavia necessaria un'importante premessa, che è anche una precisazione: l'esposizione in successione ordinata e consequenziale degli aspetti salienti che caratterizzano l'attività della lettura non deve indurre all'errata conclusione che i processi descritti avvengano in quest'ordine preciso, e siano scanditi rigidamente in fasi tutte necessariamente successive l'una all'altra. In realtà, i processi attivati dalla lettura non seguono affatto un ordine gerarchico, ma sono invece processi

1 Il modello che si propone nel testo offre una sintesi forzatamente semplificata di aspetti e di ipotesi diverse, alle quali si rimanda nel dettaglio: si vedano in particolare gli schemi elaborati da R. JOB-R. RUMIATI, Linguaggi.o e pensiero, Bologna 1984, a p. 31 e a p. 56, e i modelli proposti da S.K. REED, Cognition: theory and applications, Belmont (California) 1982 1 , a p. 31 e a p. 34. Cfr. anche, fra gli altri, R.G. CROWDER, Psicologia della lettura, Bologna 1986, che costituisce un recente intervento sulla psicologia della lettura, al quale si rimanda, oltre che per un'introduzione generale alla psicologia della lettura, anche per l'ampia bibliografia sull'argomento.

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eterarchici, sincroni e intrecciati, che solo per esigenze di esposizione saranno distinti!. 3. Vediamo dunque, più analiticamente, i processi che si possono svolgere durante la lettura. Alla base della lettura esiste un processo di discriminazione, cioè di distinzione di uno stimolo visivo dall'altro, per arrivare al cosiddetto riconoscimento delle configurazioni. La fase finale di questo processo è infatti quella del riconoscimento della parola letta, mediante il confronto fra una configurazione e le informazioni immagazzinate permanentemente in memoria. Il risultato di questo iter è quello della semanticizzazione, dunque l' attribuzione di significato alla parola letta. Nella fase di discriminazione interviene come elemento fondamentale il completamento cognitivo, per cui l'individuo completa con la mente quello che non vede (o non si sofferma a vedere con l'occhio). La capacità di lettura, dunque di attribuzione di un significato alla parola letta, dipende anche dalla vastità delle conoscenze del singolo lettore: a un incremento nel repertorio morfologico, sintattico e lessicale corrisponde generalmente un incremento delle capacità di lettura, anche se nella parola manca qualche lettera. È forse dunque anche in questa chiave che si può spiegare l'uso delle abbreviature, che, in conformità a quanto è stato esposto, possono venire lette in maniera quasi automatica dall'individuo, il quale ricerca nella memoria e nelle proprie conoscenze gli elementi utili a completare la parola abbreviata, mediante un'attribuzione semantica, che le conferisce un significato logico. Un altro concetto-chiave elaborato dagli psicologi per illustrare i processi cognitivi, in particolare i processi attivati dalla lettura, può venire utilizzato in questo ambito, per giustificare l'asserzione che le abbreviature consentono una lettura veloce di un testo, senza creare fraintendimenti. Ci si

1

Questa precisazione risulta tanto più necessaria qualòra si voglia cogliere il giusto rapporto fra i due tipi di processi, eterarchici e sincroni, e non sequenziali, coinvolti nella lettura: bottom up e top down. I processi bottom up si riferiscono all'estrazione dell'informazione disponibile nell'input sensoriale (visivo, nel caso della lettura, o anche visivo/uditivo nel caso della lettura ad alta voce); i processi top down alle integrazioni mentali basate sulle conoscenze possedute dal soggetto e disponibili in memoria. Cfr. a riguardo CROWDER, Psicologia, cit., pp. 117-25.

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riferisce a quello che viene definito effetto contesto: l'influenza cioè del contesto nella-comprensione, che è poi lo scopo principale della lettura. L'effetto contesto si può rilevare a tutti i livelli della comprensione, da quella della singola lettera, al testo breve, al testo lungo e complesso. Come osserva Crowder, "le parole sono più facili da percepire in contesti dotati di significato che disperse e decontestualizzate. [... ] È estremamente raro leggere le parole isolate, perché esse ci si presentano nel loro habitat naturale, che è costituito di frasi e sintagmi." 1• Il contesto dunque influenza in modo determinante la scelta del significato da attribuire alla parola2 • Come l'effetto contesto spiega la comprensione della lettura, che di fatto facilita, cosl esso può altrettanto legittimamente spiegare quella sorta di automatismo che consente di sciogliere le abbreviature nel corso della lettura. Il corretto scioglimento di un compendio risulta essere facilitato dal contesto, che può indirizzare verso la corretta attribuzione di significato all'abbreviatura, la quale viene connessa logicamente con il testo che la precede. 4. Riconoscimento delle configurazioni, completamento cognitivo ed effetto contesto sono dunque i tre concetti assunti dalle teorie della psicologia cognitiva, in particolare dalla psicologia della lettura, per spiegare, secondo un modello rimasto ancora generico, la funzionalità delle abbreviature nei processi della lettura. La genericità di questo modello interpretativo rischia di non far cogliere nel suo giusto valore la sua aderenza alla situazione reale che si cerca di interpretare. Conviene dunque riproporre questi stessi concetti attraverso una serie di esemplificazioni concrete, richiamandosi alle situazioni più rappresentative offerte dai monumenti grafici che si sono esaminati. Il rapporto fra il riconoscimento delle configurazioni (altrimenti definibile come !'individuazioni della struttura delle parole), il completamento cognitivo e l'effetto contesto si può ritrovare nel rapporto del lettore con un testo dalla tipologia ben definita, all'interno del quale sono presenti delle abbreviature

1 CROWDER,

Psicologia, cit., p. 117. Cosl "the selected meaning allows the reader to integrate the word with the text that he preceded it". Cfr. S.K. REED, Cognition: theory ami applications, Pacific Grove (California) 19882 , p. 217. 2

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che il lettore sa riconoscere, completa mentalmente, e scioglie in modo corretto e pertinente al contesto in cui sono inserite, senza peraltro soffermarcisi oltremodo, perché queste abbreviature richiamano fatti a lui ben noti. La verifica di questa presupposta interazione fra fattori diversi è possibile solo per classi ristrette di testi, diverse a seconda delle diverse epoche. La casualità e la frammentarietà con cui si sono conservati e sono giunti sino a noi i papiri latini non permettono purtroppo di attuare una verifica articolata, bensl di analizzare solamente in maniera individuale singole situazioni nei singoli secoli. 5. All'interno del complesso generale dei papiri latini si possono individuare in particolare tre gruppi omogenei di testi: i testi provenienti da un ambito militare, quali i papiri Dura, prodotti del III secolo; i testi prodotti dall'amministrazione pubblica imperiale e i testi giuridici, le cui testimonianze più numerose risalgono invece al IV secolo. Per gli alt~i secoli e per altre tipòlogie testuali non è possibile raccogliere un materiale quantitativamente sufficiente che permetta la verifica che ci interessa 1. I papiri Dura costituiscono un gruppo omogeneo di materiali, e hanno in comune emittenti e contenuti. Pur presentando un'ampia serie di tipologie diverse, in essi si sono potute identificare e studiare alcune classi ben precise di documenti, quali il feriale, gli acta diurna, il pridianum, gli elenchi dei turni di guardia e le lettere ufficiali, per citare solo quelli più rappresentativi e studiati. Qualora si esamini nel dettaglio il tipo di parole che all'interno di questi testi vengono abbreviate, generalmente con regolarità, si potrebbe notare come esse siano distinguibili in due gruppi: da un lato parole di uso comune, ricorrenti nel linguaggio quotidiano e indipendenti dal contesto2, dal-

1I

testi di contenuto letterario prodotti nel IV secolo costituiscono in realtà un materiale di lavoro omogeneo e quantitativamente sufficientemente rappresentativo. Il fatto che essi, tuttavia, siano quasi del tutto privi di abbreviature, e che al loro interno si ritrovino pochissimi compendi, e quasi sempre del medesimo tipo, induce a ritenere che non sia possibile accostarli ad altre classi testuali; anzi, questa loro particolarità dovrebbe essere individualmente e attentamente studiata. 2 A proposito delle sigle, e in rdazione ai compendi di parole di uso comune, CENCErn, Lineamenti, cit., p. 369, ricorda che "l'uso di abbreviare anziché scrivere per disteso alcune parole è poco meno antico della scrittura alfabetica stessa e suggerito senza dubbio

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l'altro elementi propri di un frasario specifico, in questo caso del lessico militare. Esempi del primo gruppo di parole abbreviate, che per la verità sono percentualmente poco rappresentate, possono essere ipraenomina e i nomina propri, o gli elementi usati per esprimere le date, quali KAL, per Kalendae, o i nomi dei mesi. La frequenza con cui queste parole ricorrono nel linguaggio comune e quotidiano spiega anche il probabile automatismo con cui si scioglievano le rispettive abbreviature. Una parola frequentemente letta è sentita come composta da una sorta di carattere unico, in cui spesso non si nota la mancanza di una lettera: la parola viene sentita dunque come un supercarattere. Inoltre la maggior parte delle parole di questo tipo, eccezion fatta per praenomina e nomina, che venivano regolarmente abbreviati con delle sigle, viene abbreviata per troncamento, per cui conserva il suo radicale: l'assenza della desinenza non avrebbe dunque impedito il riconoscimento della configurazione della parola 1. Si è detto come il secondo gruppo di parole più frequentemente abbreviate fosse costituito da termini propri dell'ambiente militare, in esso usati e ad esso riferiti. Si tratta di vocaboli, talora di più ampie locuzioni, abbreviati spesso in modo personale e arbitrario, il cui scioglimento ha provocato non poche perplessità negli editori2 • Le sigle N S per non secutus o non sanus, . N FÀ, per notae femore armo, S N, per sine nota, T, per tesserarius, N P, per numero puro, C P, per cui )(

dalla comodità di simboleggiare con una sola lettera, la iniziale, parole cosl usuali che non occorreva scriverle per intero, essendo sufficiente quel solo segno per rappresentarla alla mente del lettore.". 1 A tale conclusione inducono anche le osservazioni compiute dagli psicologi cognitivisti sui processi di elaborazione delle informazioni, secondo cui "since people encounter frequent words more often than rare words, they should be better able to recognize a frequent word as a unit. This explanation is analogous to the explanation that familiar letters are more likely than unfamiliar letters to be recognized as units. Less capacity should be required to recognize a frequent word because the reader does not have to pay as much attention to the individuai letters. If less capacity is required to recognize a familiar word, the reader should have more capacity available for comprehending the meaning of the sentence.". Cfr. REED, Cognition 1982, cit., p. 56. 2 Gli editori della ChLA, ad esempio, hanno pubblicato i PDura, in particolare i PDura 100 e 101, facendoli precedere da una lunga introduzione critica, all'interno della quale hanno puntualmente discusso sull'interpretazione, e sulla sua correttezza, delle numerose abbreviature presenti all'interno dei testi pubblicati: cfr. ChLA, VIII, pp. 3-12.

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praees, oppure i troncamenti DROM, per dromoedarius, ORD, per ordinatus, OFF PROC, per offici procurator, per citare solo alcuni fra i casi più frequenti, non sono certo di facile scioglimento, ma per spiegare come i lettori ai quali erano destinati questi testi non abbiano avuto nel leggerli le difficoltà incontrate dall'editore moderno, si deve ricorrere a dei concetti già noti: più precisamente all'effetto contesto e al completamento cognitivo. È logico che, per sciogliere le abbreviature, si debba innanzitutto guardare al contesto in cui sono collocate. Spesso, tuttavia, soprattutto nel caso di abbreviature molto radicali, come le sigle, il contesto aiuta relativamente.. A indirizzare verso lo scioglimento corretto interviene allora il completamento cognitivo, che permette di integrare il testo con i termini mancanti più pertinenti, e quindi di sciogliere esattamente le abbreviature di detti termini. Le parole abbreviate sono spesso, come dimostrano gli esempi riportati, parole indicanti cariche, attività svolte, incarichi e ruoli conferiti, termini dunque familiari a uno scrittore, e a un lettore, il quale viveva e operava nel1' ambiente militare. 6. Riflessioni analoghe si possono riproporre riguardo a una seconda classe di testi, caratterizzati da contenuti e datazione comuni, quale quella della documentazione prodotta in ambito giudiziario, e rappresentata in particolare dai verbali delle udienze processuali tenute dai funzionari imperiali, verbali risalenti tutti al IV secolo. All'interno di queste testimonianze, che sono attestate in una percentuale significativa rispetto al corpus dell'intero secolo, si ritrova una serie di abbreviature che si ripetono con regolarità assoluta testo dopo testo, presentando solamente qualche rara variante, e che propongono quindi un formulario rigidamente rispettato. Numerosi fra questi papiri provengono dall'Egitto e sono, il più delle volte, bilingui; spesso il testo latino serve da introduzione al resoconto, trascritto in lingua greca, degli interventi svolti dagli avvocati e dalle autorità giudicanti, tanto che si ha l'impressione di leggere talvolta una sorta di modulo, con le parti fisse scritte in latino e completato, poi, con i discorsi fatti in lingua greca dalle parti. Le abbreviature presenti in questi formulari sono anch'esse caratterizzate, come nel caso dei papiri Dura, da una commistione di forme di uso comune con forme proprie di un linguaggio più tecnico, quale quello burocratico-giuridico. Per il primo caso si ritrovano nomina propri, quali FL, per Flavius; nomi di luogo, come AEG, per Aegyptus, o le varianti THEBAID/ THEBEI, per Thebaidos/Thebeidos; ma anche titoli onorifici entrati oramai

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nell'uso quotidiano, come U C o U P, per vir clarissimus o vir pe,fectissimus: per tutte queste forme non dovevano sussistere difficoltà di sorta nella comprensione delle stesse. Problemi certo diversi erano quelli causati invece dai compendi che indicavano cariche precise o termini tecnici: è il caso di AD/ADS, per advocatus, AC, per actor, REC, per recitavit. Le stesse forme verbali J2S, per dixit, e A, per respondit, che pure ricorrevano spessissimo in questo tipo di documentazione, erano abbreviate con delle sigle che potevano creare, come peraltro tutto il resto, non poche difficoltà in un lettore che potremmo definire non competente. 7. Il caso più sintomatico, l'esempio più evidente di questo supposto, diretto rapporto fra abbreviature, comprensione delle stesse e preparazione specifica del lettore è rappresentato dai papiri giuridici del IV secolo, di cui si sono ampiamente illustrate le abbreviature più caratteristiche e significative. Anche all'interno di questi testi, che costituiscono un campo di verifica importante, data la loro alta specificità tecnica, è possibile compiere una distinzione di massima fra due grandi categorie di abbreviature. La prima è rappresentata da abbreviature di elementi presenti comunemente nel linguaggio quotidiano, di qualunque registro e contenuto. Si trovano dunque abbreviature di forme verbali, come E per est, E·E· per esse, P per potest, avverbi e congiunzioni, come QS per quasi, NEO· per neque, QA per quia, N per non, U per vel; nomi comuni, come FIL· per filius, C per causa, M per mors; molti pronomi relativi, come per quae o 9r/ QD per quod; preposizioni come AD USUS, per adversus, e ::>, per contra, per citarne solo alcuni fra i tanti. Parole, queste, in alcuni casi facilmente riconoscibili, mentre in altri la forma della abbreviatura usata era comunque particolare, diversa dal consueto, e poteva quindi provocare qualche perplessità. Il secondo tipo di abbreviature usate in questi testi, quantitativamente più numerose e innovative nella struttura, è costituito da una serie varia di termini propri del linguaggio giuridico, di sostantivi indicanti oggetti o persone giuridiche, di verbi che indicano azioni giuridiche. Le abbreviature quali MM per manumissionem, MC· per mortis causa, FC per fideicommissum, TTUM per testamentum, UF· per usufructum, CSAM per causam, HTAS per hereditas, non solo rappresentano morfologicamente e strutturalmente il risultato di un processo di elaborazione e perfezionamento delle abbreviature,

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ma di fatto sono dei compendi di difficile soluzione per chi li incontra estrapolati da un contesto o non ha la sufficiente familiarità con i concetti o le azioni che rappresentano. In tal senso non deve sorprendere se nei testi di tipo tecnico, come pure sono i testi giuridici, nei testi scientifici in genere, le abbreviature sono frequenti, anzi molto frequenti, e compendiano di norma alcuni dei termini principali intorno ai quali si struttura e articola il discorso: si presuppone che il lettore di un tale tipo di testi abbia una competenza specifica di quel particolare linguaggio settoriale, e quindi la lettura di un testo scandito da abbreviature non solo non gli crea alcuna difficoltà, ma anzi dovrebbe scorrere più veloce. Grazie all'effetto contesto e al completamento cognitivo lo scioglimento delle abbreviature non comporta, o non dovrebbe comportare alcuna incertezza nella lettura, che al contrario allungherebbe i suoi tempi incontrando frequentemente le medesime parole scritte per esteso 1 • È tuttavia opportuno sottolineare nuovamente, per evitare generalizzazioni e fraintendimenti, che le abbreviature non contribuiscono ad agevolare la lettura in generale, ma assolvono questa loro funzione solo in ambiti ben specifici, appunto tecnici, e per dei lettori preparati. Al contrario è inevitabile che creino difficoltà a lettori "comuni", non esperti di un dato lin, guaggio o di un dato tipo di testo. La conseguenza che sembra logico trarre dalle teorie dell'effetto contesto e in particolare del completamento cognitivo, sulla base delle esemplificazioni concrete che si sono proposte, è che le abbreviature sono, o dovrebbero essere, tanto più frequenti in quei testi che vengono stesi in un linguaggio settoriale e canonizzato e che vengono letti da lettori preparati e specializzati. Qualora la produzione scritta non risponda a questi prerequisiti di contenuto e di destinatario, qualora assolva altre funzioni, ad esempio di comunicazione privata e personale, il ruolo delle abbreviature al suo interno risulterebbe molto ridotto, e gli eventuali compendi limitati a forme usuali e generalizzate, oppure, al contrario, a forme estremamente arbitrarie e personali, fuori da ogni norma precisa, e che ricorrono spesso solo una

1 È su questa stessa base, velocità e sicurezza

di lettura, che nel basso Medioevo, in contesti tecnici (basti ricordare il diritto, la filosofia, la teologia), si articola un vasto sistema abbreviativo.

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tantum, come abbiamo avuto già modo di osservare quando si sono valutati i rapporti fra latino classico e latino volgare 1• Il richiamo a concetti e termini conosciuti e consueti, frequentemente ricorrenti, suggerisce e permette l'uso di abbreviature per indicare parole di uso frequente, che snelliscono la scrittura, ma anche la lettura, di titoli, locuzioni, formulari, in generale di un linguaggio settoriale e specialistico. 8. A integrazione di queste osservazioni si propone un'altra considerazione, strettamente ad esse connessa, secondo cui le abbreviature sarebbero utilizzate anche con un valore distintivo, per sottolineare cioè, quasi per porre in rilievo agli occhi di un lettore preparato, una o più parti del periodo. È questo il caso evidente dei formulari giuridici. Spesso infatti nei papiri che contengono testamenti, o documenti legali in genere, le uniche o quasi parole abbreviate sono quelle che costituiscono gli elementi di una particolare forma giuridica e che, essendo per cosl dire il nucleo del documento, cui di fatto danno valore legale, oppure esprimendo le condizioni secondo cui avviene, o deve ritenersi valida un'azione giuridica, vengono messi in rilievo in questo modo 2 • L'esempio offerto dalle formule giuridiche è particolarmente efficace, immediato ed evidente, ma le considerazioni proposte si possono riferire a qualsiasi linguaggio usato da persone competenti, ad esse destinato, e che abbia elaborato e adoperi locuzioni particolari, in cui l'ordine e la collocazione delle parole acquistino un particolare significato. Se, per continuare con il modello delle formule giuridiche, le parole che le costituiscono sono combinate in una precisa sequenza, esse esprimono un particolare valore, specificamente un valore legale. L'uso di abbreviare queste parole può servire a fissare, quasi a cristallizzare la formula nella sua struttura ideale. Nel contempo, accostando le abbreviature si crea una sor-

1

Non è un caso, ad esempio, che la lettera inviata da Vitalis ad Achillius, del 317-24, o le testimonianze del rapporto epistolare fra Terenziano e Tiberiano, risalenti ai primi anni del II secolo, non contengano alcuna abbreviatura al loro interno, se eccettuiamo qualche troncamento per i nomi propri e per la formula di saluto vale. I testi in questione, già citati altrove, sono, rispettivamente, il PStraBb. lat. 1 (A295) e i PMich. VII 46 7 (A42), 468 (A43), 469 (A44), 470 (A45), 471 (A46) e inv. 5395 (B26). 2 Si vedano, ad esempio, i PMich. VII 456 (A41), POxy. XXXVIII 2857 (A64) e PBerol. inv. 7124 (A61).

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ta di sovraparola, che esprime sinteticamente e con immediatezza l'insieme di concetti che quelle parole in quel dato ordine rappresentano, e che risulta avere anche una sorte di valore apodittico. Si crea così una nuova unità grafica, con un valore logico autonomo, un nuovo•nodo semantico. Il valore dell'abbreviatura usata come supercarattere, che esprime sinteticamente un contenuto preciso, non è da considerarsi limitato al caso delle sigle per i formulari giuridici: in generale ogni forma di abbreviatura rappresenta una sorta di riscrittura di un vocabolo, una sorta di convenzione grafica, poiché sostituisce con una forma più sintetica la parola scritta per intero. Non deve dunque sorprendere l'ipotesi che le abbreviature possano avere avuto un valore quasi distintivo, possano avere cioè espresso in maniera immediata e inequivocabile formule, clausole, concetti, che in questo modo venivano individuati immediatamente nel testo e di cui potevano rappresentare un simbolo immediatamente percepibile e comprensibile. L'effetto contesto e il completamento cognitivo non contrastano di fatto questa ipotesi, anzi la confortano.

Modalità di lettura, uso e funzionalità delle abbreviature 1. Se il modello che abbiamo delineato nei suoi connotati di grande generalità offre una prospettiva ampia e complessiva sul rapporto fra lettura, comprensione testuale e uso e funzionalità delle abbreviature, non è certo priva di rilievo, ai fini del nostro discorso, una considerazione più puntuale sulle modalità concrete di lettura nelle varie epoche, e in particolare nell'ambito culturale romano, sul quale appunto dobbiamo incentrare l'attenzione. Com'è ben noto, in ambito romano, ma più in generale nel mondo classico, era largamente diffusa la lettura ad alta voce, che si è definita anche orale. Si continuò anzi a leggere ad alta voce in sostanza sino al definirsi della cultura universitaria tardomedievale. Numerosi sono stati gli interventi che, nell'intento di verificare e attestare questo fatto, hanno offerto precisi richiami alle fonti romane e tardoantiche, e ad essi ci rifaremo frequentemente 1•

1 Gli interventi più importanti a riguardo sono, in ordine cronologico,

J.

BALOGH,

"Voces Paginarum". Beitriige zur Geschichte des lauten Lesens und Schreibens, in "Philologus", 72 (1927), pp. 84-109; pp. 202-40, ricchissimo di esempi e citazioni; ancora, sebbene molto più sintetici, G.L. HENDRICKSON, Ancient Reading, in "The ClassicalJournal", 25

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La lettura ad alta voce è dunque sistema diffuso nel mondo romano: moltissime sono le testimonianze che indicano come la lettura silenziosa fosse ritenuta qualcosa di anomalo, di assolutamente inconsueto. Locus classicus a riguardo è un brano delle Confessiones agostiniane, in cui Agostino confessa il suo stupore nel vedere S. Ambrogio leggere in silenzio: legentem tacite. Anche Svetonio e Orazio, per citare solo due altri nomi, manifestano la loro meraviglia dinnanzi a casi di lettura silenziosa 1• La lettura ad alta voce, invece, era ritenuta fondamentale per la comprensione del testo, e rappresentava un'attività completa, alla quale si accostavano, integrandola, il vedere e l'ascoltare. Spesso, anzi, leggere e ascoltare indicavano azioni che coincidono, come dimostra in particolare Joseph Balogh. È probabile, infatti, che la lettura silenziosa non venisse normalmente praticata in quanto considerata, come la definisce Hendrickson, an imperfect and defective method of reading: un sistema giudicato anomalo e insoddisfacente in quanto non permetteva di comprendere pienamente il testo letto2.

(1929), pp. 182-96, e E.S. Mc CARTNEY, Notes on Reading and Praying audihly, in "Classica! Philology", 43 (1948), pp. 184-7, oltre alla brevissima nota di L. WOHLEB, Ein Beitrag zur Geschichte des lauten Lesens, in "Philologus", 85 (1930), pp.' 111-2, né va dimenticato il saggio di F. DI CAPUA, Osservazioni sulla lettura e sulla preg),iera ad alta voce presso gli antichi, in "RAAN", n.s., 28 (1953), pp. 59-99. Un altro interessante intervento sull'argomento, che si allarga soprattutto a considerare il problema della lettura nel basso Medioevo, quando si sarebbe definitivamente imposta la lettura silenziosa, è rappresentato da P. SAENGER, Silent Reading: its impact on late mediaeval Script and Society, in "Viator", 13 (1982), pp. 367-414. Si vedano anche le considerazioni offerte da A. PETRUCCI, Lire au Moyen A.ge, in "Mélanges de l'École française de Rome - Moyen Àge-Temps modernes", 96 (1984), pp. 603-16. Ricordiamo infine il recente saggio di G. CAVALLO, Testo, libro, lettura, in Lo spazio letterario di Roma antica, Il, La circolazione del testo, Roma 1989, pp. 307-41, in cui Cavallo nel paragrafo J. Le modalità della lettura, pp. 329-41, ribadisce con forza il fatto che la lettura in età classica era prassi che avveniva ad alta voce. Rimandiamo a queste opere per un'analisi più dettagliata del processo della lettura in età classica, e anche per la verifica dei rapporti fra scrittura e lettura, non senza richiamarci all'intervento di B.M.W. KNOX, Silent Reading in Antiquity, in "Greek Roman and Byzantine Studies", 9 (1968), pp. 421-35, che critica, nello specifico, l'ipotesi avanzata da Balogh nell'articolo sopra citato, sostenendo che non è possibile negare il fatto che nell'antichità sia stata praticata anche la lettura silenziosa. 1 Cfr. BALOGH, Voces, cit., pp. 86-91, passim. 2 "If, as seems certain, reading aloud even to one's self was the usual custom of antiquity, the question may be raised whether the ability to read silently was an accomplishment

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Non bisogna tuttavia pensare che in età classica la lettura avvenisse solo ed esclusivamente ad alta voce: come attestano anche gli esempi già ricordati, si poteva verificare il caso di persone che, di abitudine, leggessero piuttosto in silenzio 1• È possibile dunque supporre che, sebbene il costume generale fosse quello della lettura ad alta voce, sia stata praticata, seppur forse non usualmente, anche la lettura silenziosa. 2. È spontaneo porsi il problema anche del perché la lettura nel mondo classico sia stato un processo che si poteva svolgere ad alta voce. A fornire la risposta più completa concorre una serie articolata di motivazioni, che considerano gli aspetti psicologici della lettura, ma che non trascurano neppure le difficoltà di lettura determinate da una scrittura che non usava l'interpunzione (o comunque non la usò più da un certo periodo in poi), né quindi la netta separazione fra le parole. Ci soffermiamo su quest'ultimo punto, in quanto direttamente incentrato sul rapporto fra scrittura e lettura. In un testo, la mancanza di elementi che separino le singole parole, quali l'interpunzione o l'uso di spazi bianchi intermedi, rappresenta di fatto un motivo di rallentamento per l'attività della lettura, in particolare per la lettura mentale. Ricordiamo infatti che la lettura procede per fissazioni successive su punti diversi: il ritmo delle fissazioni, tuttavia, non è regolare o casuale; al contrario, è il contesto a guidare la serie delle fissazioni. In un contesto in cui le parole sono chiaramente distinte la lettura mentale è più facile

possessed even by the educated. [... ] Reacling silently was not, therefore, impossible (though the degree of silence is stili open to debate); but it not only was unusual, it was accounted an imperfect and defective method of reading. [... ] I think, that reading aloud was [... ] as the only recognized means of gaining the full meaning of the written page. [... ] Silent reading [... ] was not apparently unknown; but where it is alluded to, a special motivation or comment seems [... ] to explain it as something anomalous. But when we speak of silent reading, it will be recognized that there are many gradations between vocal and silent reading [... ]." : cfr. HENDRICKSON, Ancient Reading, cit., pp. 191-3, passim. 1 Esiste d'altronde uno spettro piuttosto ampio di gradazioni di tono fra la lettura ad alta voce e quella silenziosa, e non è possibile sapere con certezza se in età classica la lettura avvenisse ad alta voce, compitando le sillabe, distinguendo le lettere, o più semplicemente scorrendo tutte le parole con un mormorio indistinto: cfr. a riguardo le osservazioni proposte da PETRUCCI, Lire, cit., p. 604.

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e veloce. In un testo, invece, in cui l'unità di base è la lettera, quasi si impone una lettura orale, più lenta 1• All'interno di un processo come quello della lettura ad alta voce, in conformità al modello interpretativo che si è prospettato, la funzionalità delle abbreviature nel semplificare e rendere più veloce e sicura la lettura si mantiene elevata, anzi risulta forse persino maggiore2. Il rapporto fra gli elementi che abbiamo individuato come fondamentali nel processo della lettura e l'uso delle abbreviature conserva cosl, nel caso particolare della lettura ad alta voce, la sua validità sostanziale, anche se la combinazione di questi fattori assume connotazioni particolari. Cosl, se nel caso della lettura mentale l'identificazione della struttura della parola è di tipo visivo, nel caso di lettura ad alta voce esso appare piuttosto di tipo uditivo, mentre.il completamento cognitivo mantiene la sua importanza nell'individuare la parola letta e, nello specifico, nel concorrere a sciogliere l'abbreviatura. Nella lettura ad alta voce è tuttavia l'effetto contesto ad aumentare di importanza. È proprio in virtù dell'effetto contesto che il lettore, compitando le lettere o le sillabe che si susseguono nel testo, comprende qual è il momento in cui interrompere la lettura della catena grafica, e qual è il significato da attribuire alla struttura grafica da lui individuata.

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SAENGER, Si/ent Reading, cit., pp. 370-1, riassume le motivazioni di ordine pratico che potevano spingere i Romani verso una lettura non silenziosa ma a voce alta: "Palaeographic evidence offers a partial explanation of why silent reading was un uncommon practice in classica! antiquity. On the whole, the books of the ancient Romans were highly unsuited to private visual reading and study. The tipica! Roman book contained neither punctuation [... ] nor word separation [... ] . The Romans developed no clear conception of the word as a unit of meaning. lnstead, Roman grammarians considered the letter and the syllable to be basic to reading. The Roman reader, reading aloud to others or softly to himself, approached the text syllable by syllable in order to recover the words and sentences conveying the meaning of text. [... ] Por all Romans, the proper coordination of the eye and the tongue was an indispensable part of the activity of reading." 2 Non concordiamo evidentemente con quanto affermato da Balogh sul fatto che la lettura ad alta voce dei testi antichi, ma anche di quelli medievali, era resa più difficoltosa, e nel contempo necessaria, dalla presenza di numerose abbreviature, la cui scomparsa, con la diffusione della stampa, contribul a velocizzare e semplificare la lettura: "Hier soll daran erinnert werden, daB die in Altertum und hauptsachlich im Mittelalter iiblichen tachygraphischen Abkiirzungen das Lesen ebenfalls bedeutend erschwert haben. [... ] Die Druckerpresse hat [...] mit der Ausschaltung der so lastigen mittelalterlichen Abkiirzungen ein rasches und leichtes Lesen ermoglicht.": cfr. BALOGH, Voces, cit., p. 229 e p. 236.

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Si è parlato di lettere in successione: proprio in considerazione della particolare organizzazione assunta dalla scrittura romana, perlomeno dal II secolo in poi, quando divenne desueto l'uso dell'interpunzione, è possibile comprendere il ruolo primario assunto dalle abbreviature nel rendere veloce e sicura la lettura. Vi è una stretta connessione, a nostro parere, fra i modi in cui si organizza il testo, il tipo di lettura svolta sul testo e il ruolo delle abbreviature in esso presenti. La lettura mentale si può più facilmente esercitare su un tipo di testo - come ad esempio quello del codice tardomedievale - in cui l'unità di base è la parola: è la parola che scandisce il testo, ed essa è facilmente individuabile, poiché costituisce una struttura fortemente unitaria, un nucleo compatto e definito che si separa nettamente dalle altre parole. All'interno di un testo cosl organizzato le abbreviature sono riconoscibili e, per tutta la serie di motivi che si sono analiticamente esposti, accelerano di fatto la lettura. La lettura ad alta voce, invece, è più funzionale alla comprensione di un testo completamente diverso - quale ad esempio quello dei monumenti grafici di tarda età romana-, siano in scriptio continua, siano in una corsiva che travalica continuamente l'unità della parola. In un tale testo, che presuppone un lettura più lenta, per distinguere inizio e fine di ogni parola, l'abbreviatura, intesa come una struttura organizzata, accompagnata da un segno diacritico, costituisce un elemento di dissimilazione: è un segnale che informa sulla struttura della parola, che ne suggerisce la desinenza, che ne individua, discriminandola, le connotazioni, e che, insomma, svolge quella funzione distintiva di cui abbiamo già parlato. Non sembra dunque casuale il rapporto, che il censimento svolto ha posto in evidenza, e che si è più volte sottolineato, fra progressiva scomparsa dell'uso dell'interpunzione e progressivo incremento nell'uso dei segni diacritici. L'interpunzione, separando le parole l'una dall'altra, agevola la lettura e rende di fatto non necessaria la presenza di segni diacritici. Con la scomparsa degli interpuncta si fa invece sempre più urgente l'adozione di un qualche elemento che segnali l'abbreviatura e che ne renda certa e corretta la lettura: non suoni paradossale il fatto che in un testo privo di interpunzione le parole più facilmente individuabili, quelle spesso immediatamente comprensibili sono proprio le parole abbreviate e segnalate. Neppure casuale sembra il fatto che molti dei segni diacritici sono collocati sopra o accanto all'ultima lettera, quasi a volerne indicare fisicamente la conclusione. Infine, non ci sembra casuale la progressiva affermazione di un compendio

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come la contrazione, che, offrendo sempre la desinenza della parola abbreviata, ne rende immediato e sicuro il riconoscimento, e dunque la lettura. 3. Per concludere, un'ultima considerazione di carattere generale. La sicurezza con cui il lettore scioglie nel modo più corretto le abbreviature di cui è costellato il testo che legge presenta in realtà ulteriori implicazioni e motivazioni, ancora diverse da quelle esaminate, per le quali è tuttavia necessaria una verifica ulteriore sul materiale censito, sorretta anche da un ampliamento delle basi teoriche della nostra indagine 1 . Nel rapporto fra lettore e abbreviature, ad esempio, potrebbe avere

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Da quanto abbiamo sinora osservato, ci sembra dunque che risulti chiaro come lo studio del sistema abbreviativo e della sua funzionalità si possa svolgere seguendo una pluralità di prospettive diverse. Tra i tanti itinerari percorribili, oltre a quelli già citati, dobbiamo ancora ricordare, e proporre, quelli suggeriti da due ipotesi diverse, che costituiscono entrambe degli spunti interessanti per approfondire la ricerca sulle abbreviature, e che andrebbero, a nostro avviso, adeguatamente sviluppati. Indicazioni interessanti ci vengono, da un lato, da una legge della linguistica, che George Zipf ha osservato ed elaborato teoricamente. Secondo gli studi compiuti da Zipf, la frequenza d'uso delle parole è inversamente proporzionale alla loro lunghezza. Dunque l'individuo tende ad usare parole brevi piuttosto che parole lunghe, e quindi, se ne potrebbe dedurre, tende anche ad usare parole abbreviate piuttosto che parole intere. Per un'illustrazione, seppure anch'essa sintetica, di quanto abbiamo sommariamente esposto, e per riferimenti bibliografici più precisi sulle opere di Zipf cfr. C.E. OSG00D, Method and Theory in Experimental Psicholo~, New York 1964', pp. 715-9. D'altro lato, anche le teorie esposte da Giorgio Costamagna • cui abbiamo accennato parlando dei troncamenti sillabici del IV secolo - sulle possibilità di informazione offerte dall'uso del sistema abbreviativo medievale costituiscono uno schema di interpretazione applicabile legittimamente anche al sistema abbreviativo di età romana. In particolare ci sembra interessante la proposta di indagare sui principi funzionali del sistema abbreviativo e sulle sue possibilità informative valutando le tecniche abbreviative usate per compendiare i due macrogruppi secondo cui si può idealmente dividere il numero totale delle parole usate all'interno di un testo: quelle variabili, per declinazione o coniugazione, e quelle invece che si ripetono spesso, in modo uniforme e spesso invariabile. Cfr. C0STAMAGNA, Paleografia latina, cit., al paragrafo 6. Il sistema abbreviativo medievale e la sua valutazione dal punto di vista delle possibilità d'informazione, pp. 420-32. Interessanti e da sviluppare ci sembrano infine le considerazioni proposte, pure se in modo conciso, da Giorgio Raimondo Cardona, alle quali rimandiamo: cfr. G.R. CARD0NA, Per una teoria integrata della scrittura, p. 63, in Alfabetismo e cultura scritta nella storia della società italiana, Perugia 1978, pp. 51-76.

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un ruolo importante !'"effetto esposizione" dell'uno alle altre: il lettore riconosce cioè le abbbreviature poiché le incontra frequentemente. Per alcune abbreviature, specie quelle di uso più frequente, si potrebbe anche ipotizzare un processo di elaborazione delle stesse per strutturarle in una maniera ritenuta semplice, che non dia adito a fraintendimenti. Il lettore riconosce cioè le abbreviature poiché queste sono state elaborate in maniera volutamente comprensibile.

NOTE SULLE ORIGINI DELLA CONTRAZIONE

Introduzione al problema 1. Le osservazioni proposte, le ipotesi che si è tentato di illustrare, gli

spunti che si sono suggeriti, sembrano concordemente sottolineare come, nel tentativo di studiare e comprendere caratteristiche, modalità di elaborazione e uso e funzioni delle abbreviature, si debbano percorrere itinerari di ricerca diversi, spesso lontani gli uni dagli altri, per elaborare un modello interpretativo sfaccettato e complesso. Molti sono ancora i settori di studio in cui si può operare e da cui si possono certo trarre suggerimenti utili. Ci riferiamo, ad esempio, alla verifica del rapporto fra tipi di testo e classi abbreviative in esso usate; all'esame della presenza e della tipologia delle abbreviature in testi dalle funzioni diverse, ad esempio nei testi di chi scrive per sé e in testi destinati invece a una più ampia utenza; alla valutazione del grado di competenza linguistica e di cultura di chi scrive e di chi legge; alla verifica quantitativa del rapporto fra parole intere e parole abbreviate all'interno di un testo; alla verifica diacronica per misurare l'eventuale aumento dell'uso delle abbreviature nel corso dei secoli, e in particolare nel IV secolo. Non tutti questi itinerari di ricerca sono tuttavia agevolmente ed egualmente percorribili. Per quanto riguarda in particolare l'ultima ipotesi di lavoro, se la situazione generale del IV secolo, e in particolare lo studio del microsistema delle notae iuris, inducono a sostenere vi sia stato un progressivo incremento nell'uso delle abbreviature dal I al IV secolo, ciò è vero e dimostrato solo in parte. Il problema, cui si è più volte accennato, dell'assenza, per determinate fasce cronologiche, di testimonianze che rappresen-

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tino classi particolari di testi non permette un confronto, in diacronia, fra le percentuali d'uso delle abbreviature al loro interno. Cosl, per esempio, non possiamo asserire, se non sulla base di un'impressione che rimarrebbe infondata, che nei testi giuridici del IV secolo aumenta la presenza delle abbreviature, perché per i secoli precedenti non abbiamo che rarissime testimonianze di testi giuridici1. Se dunque non è possibile ipotizzare e dimostrare che vi sia stato un aumento quantitativo delle abbreviature nel corso dei secoli, è invece innegabile che nel IV secolo vi sia stato un aumento nel numero delle classi abbreviative, che assumono forme diverse e varie e sempre più canonizzate. 2. Queste osservazioni, e quelle che si sono proposte in precedenza, pur abbozzate a uno stadio iniziale, si rivolgono nella loro globalità ad affrontare la questione generale della funzionalità delle abbreviature nel complesso delle testimonianze censite. Da una rassegna analitica dei dati raccolti è tuttavia possibile elaborare qualche ipotesi relativa alla situazione grafica del IV secolo e ai fenomeni che più la contraddistinsero. Pur mantenendo lo scopo principale della ricerca, quello cioè di fornire una elaborazione ordinata e ragionata di dati oggettivi, senza inquadrarli in una rigida proposta di interpretazione, è tuttavia necessario prospettare le osservazioni originate dall'esame dei papiri latini sulla nascita della contrazione. La contrazione, come si è visto, è la forma abbreviativa più completa e precisa, ed è quella che dà meno adito a scioglimenti equivoci, proprio perché fornisce la desinenza, intera o parziale, del vocabolo abbreviato. Il problema dell'origine della contrazione è stato affrontato più volte e in più sedi dalla storiografia paleografica; sono sostanzialmente due le ipotesi che si sono venute affermando, nettamente in antitesi fra di loro, sostenute rispettivamente da Traube, nel già citato saggio Nomina Sacra, e da Schiaparelli, nel suo Avviamento allo studio delle abbreviature latine nel Medioevo, opera anch'essa più volte citata.

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Fra i pochissimi testi di argomento giuridico, o almeno presunto tale, datati o databili ai primi tre secoli dell'era cristiana ricordiamo, per il I secolo, i PMich. VII 431 (B16), PMiinchen lat. 2r(B21), PMich. VII 456 + PYale inv. 1158r(A41); per il II secolo i PStraBb. gr. 1490 + lat. 4 (A77), PAberdeen 130 (Ai26), PBerol. inv. 7815r (B50) e POxy. XVII 2103 (A102); per il III secolo, infine, il PHeid. lat. 3 (A268).

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Proprio sulla base dei risultati del censimento è possibile sottolineare profonde aporie nell'ipotesi di Ludwig Traube, ed accostare all'analisi di Schiaparelli un modello interpretativo che la integri, in massima parte affiancandosi a essa. Se ora è possibile rifiutare o integrare le interpretazioni proposte dalle opere sopra menzionate, è doveroso sottolinearne il valore, e nel contempo ricordarne i limiti oggettivi, dovuti all'epoca in cui sono state prodotte. La storiografia degli anni fra fine '800 e primi decenni del '900 ha infatti operato lavorando con un materiale estremamente ridotto quantitativamente, rispetto a quello conosciuto attualmente, e con una grave difficoltà ad accedere, anche indirettamente, alle fonti, per la mancanza o la limitatezza delle loro riproduzioni. Il poter dunque avanzare riserve o proporre integrazioni ai lavori di Traube e Schiaparelli, che si ricorderanno in breve, o il condividerle con più ampia consapevolezza è permesso non solo grazie a una rilettura dei dati raccolti, ma soprattutto sulla base di un ampliamento dei dati stessi.

Alle origini delle contrazioni: la riflessione di Ludwig Traube 1. Nel 1907 Ludwig Traube pubblicò la sua già ricordata opera Nomina Sacra, in cui propose fra l'altro un'ipotesi sull'origine e la diffusione delle contrazioni latine, che da lui sono fatte derivare dai nomina sacra. Fu anzi

proprio Traube a coniare questa definizione per designare le particolari abbreviature dei nomi e degli attributi di Dio1 .

1 La percezione dell'atipicità, della singolarità di queste abbreviature era comunque già diffusa e presente in molti studiosi. È questo il caso di N. DE WAILLY, Elèments de Paléographie, I, Paris 1838, che a p. 427 segnalava, fra le abbreviature più.antiche, appunto quelle che compendiavano Dominus, Deus, Spiritus Sanctus e Iesus Christus, notando come "les caractères grecs y sont melés aux lettres latines". Anche il PAOLI, a p. 18 del suo già citato studio, nota l'eccezionalità di alcuni compendi per contrazione, "nei quali entrano elementi dell'alfabeto greco latinizzati". Per quanto riguarda più propriamente la definizione nomina sacra, Io spunto per questo nome venne a Traube, secondo quanto lui stesso dichiara a p. 17, da alcune definizioni usate da E.M. Thompson, quali sacred and liturgica/ contractions e the sacred names, ma egli esemplò l'appellativo nomina sacra su di un'espressione usata da un monaco di Corbie, Christianus de Stavelot, vissuto nel IX secolo, che in un commento all'evangelista Matteo men-

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Rimandiamo, per un'esposizione più dettagliata della proposta terminologica elaborata da Traube e delle sue teorie, oltre che direttamente al suo studio, alla puntuale sintesi ed alle acute osservazioni che Cencetti presenta all'interno del suo manuale 1• In questa sede si ricorderanno semplicemente i punti fondamentali secondo cui si articola la sua ricerca, e si esamineranno i contributi che Traube ha offerto sul problema dell'origine della contrazione. 2. Nel tentativo di definire le caratteristiche del sistema della contrazione e di ricercarne le origini, Traube si rifà alla volontà, manifestata dai copisti ebraici che scrivevano in greco i testi sacri, di esprimere il nome di Dio e, nel contempo, di mantenerne l'ineffabilità, usando una forma grafica particolare. Questa abitudine fu assunta anche in ambiente cristiano-ellenistico per rendere graficamente una lunga serie di nomi sacri. A sua volta il mondo latino adottò questi nomina sacra, assumendoli dalle traduzioni greche della Bibbia. All'interno del sistema grafico latino i nomina sacra, a detta di Traube, esercitarono un'influenza che andò oltre il ristretto ambito religioso e che di fatto portò allo sviluppo e alla progressiva diffusione di una nuova classe abbreviativa: la contrazione. Traube era partito dalla tradizione ebraica di considerare il nome di Dio sacro e ineffabile, e dall'uso di renderlo graficamente attraverso il tetragramma. I copisti ebraici che si accinsero a tradurre i testi sacri in greco, fra I e II secolo, vollero esprimere il tetragramma con una parola greca, che tuttavia non rivelasse completamente il suo più intimo significato. Fu partendo da questo tentativo che ci si avviò alla creazione di una forma compendiata particolare, quale quella dei nomina sacra greci, e che si giunse poi ad elaborare la contrazione2 •

ziona le abbreviature dei nomi divini, chiamandole nomina Dei: "Scribitur autemJesus jota et eta et sigma, et apice desuper apud nos [... ] et sicut alla nomina Dei comprehensive debent scribi, quia nomen Dei non potest litteris explicari, quando purum nomen significat, per omnes litteras scribitur": cfr. CHRISTIAN! DRUTHMARI Corbeiensis monachi, Expositio in Matthaeum evangelistam, in MIGNE, PL, CVI, p.1278. 1 CENCETTI, Lineamenti, cit., pp. 399-404. 2 "[Si volle] das Tetragramm durch ein griechisches Wort wiedergeben, dieses griechische Wort aber so schreiben, da.Bes, wie das vokallose [... Tetragramm], seine Bedeutung nicht vollig offenbarte. Dieser Versuch [... ] wurde der Weg, auf dem die griechischen Nomina Sacra ihre Eigenform erhielten; der Weg, auf dem die Kontraktion entstand.": cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 30.

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Le prime due parole usate per rendere il tetragramma furono 0e6c; e Kt>p1oc;, che non vennero però scritte per esteso, ma nelle forme ®Ce KC. Su questo modello ben presto si forgiarono i compendi di altri tredici nomi sacri, tutti costruiti accostando parte iniziale e parte finale della parola: tutti costruiti, dunque, secondo quella che si è definita essere la struttura di base della contrazione 1 . Ad accompagnare tutte le forme dei nomina sacra vi era un titulus, che Traube ricorda essere l'elemento che comunemente segnala le contrazioni, come si è riscontrato anche in sede di censimento. In realtà, osserva Traube, originariamente il titulus, da lui chiamato semplicemente Strich, non aveva nulla a che fare con le abbreviature, ma nelle lingua greca serviva per segnalare lettere o parole straniere o dal valore particolare. Sopralineare una parola equivaleva all'uso moderno di sottolinearla, per porla dunque in evidenza. Anche in latino, osserva Traube, era frequente la presenza di tituli tracciati sopra le parole straniere, per distinguerle nel contesto. Congruente con quest'uso appare la presenza sui nomina sacra del titulus, tracciato sulle parole ebraiche o traslitterate dall'ebraico in quanto straniere, e presente anche sulle forme che rendevano in greco il tetragramma, quali appunto i primi due nomina sacra2 • Non deve neppure sorprendere il fatto che in alcuni manoscritti, tanto greci che latini, si incontrino nomina sacra scritti per esteso, e comunque accompagnati dal titulus, a riprova ulteriore del fatto che queste forme abbreviate non erano considerate delle vere

1 TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 31, ribadisce con forza la novità di questa forma, che nasce sul modello ebraico con valore niente affatto abbreviativo, ma che costituisce l'exemplar per una nuova abbreviatura, ricordando che "Statt des heiligen unaussprechlichen Wortes gab man ein weniger heiliges, aber auch dieses nicht mit vollen Buchstaben, sondern in einer Form, in der ein Teil des Wortes unterdriickt war. [... ] Wenn man sie als Abkiirzung bezeichnet, so hat man nur in dem Sinne recht, da.B [... ] dadurch [... ] Zeit und Raum gespart wurde. Aber diese Ersparnis und Verkiirzung war eine zufiillige Folge des gewiihlten Verfahrens, war nicht und konnte nicht sein seine urspriingliche Absicht [... ]. Die Kurzformen, die dadurch entstehen, da.B das Wortinnere wegfiillt und au.Ber dem ersten Buchstaben mindestens noch der letzte erhalten bleibt, die also auf Auslassung oder sog. Kontraktion beruhen, [... ] kamen eben durch die Ubersetzung der heiligen Schriften auf und, wenn nicht alles tauscht, gerade durch den Zwang, dem Tetragramm ein homogenes Gebilde gegeniiberzustellen." 2 Cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., pp. 45-9.

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e proprie abbreviature, ma delle forme di presentazione dei nomi divini di cui si conservavano e rispettavano die fremde Herkunft e der sakrale Gè-

halt. Le prime traduzioni latine dell'antico e nuovo Testamento adottarono a loro volta i nomina sacra, esemplando la forma latina su quella greca e avviando talora, come nel caso di XPS, per Christus, dal greco XPC, e di I HS, per Iesus, dal greco IHC, un vero e proprio calco, mediante un processo parziale di traslitterazione. Traube colloca la fase di traduzione, elaborazione e diffusione dei nomina sacra latini in un periodo anteriore alla metà del IV secolo, e vede nell'Italia il centro motore di questo fenomeno. I nomina sacra, morfologicamente, sono delle contrazioni; Traube infatti ritiene che essi abbiano costituito il modello generativo della contrazione all'interno della scrittura latina, e conclude il suo lungo esame sui nomina sacra proponendo questa sua teoria sull'origine della contrazione, teoria che peraltro non ha all'interno della sua ricerca uno spazio di riflessione e di elaborazione pari al rilievo che solo in seguito le è stato attribuito. Secondo la sua ricostruzione, col tempo, i copisti ampliarono il numero dei nomina sacra, abbreviando secondo il principio della contrazione numerosi termini di carattere religioso, e nel contempo impiegarono alcuni nomina sacra anche in testi non religiosi, privandoli del loro valore sacrale. Il modello secondo cui venivano costruiti i nomina sacra divenne a sua volta un principio secondo cui elaborare compendi morfologicamente nuovi, appunto le contrazioni1•

1 "Die sakrale Reihe der lateiniscben Kontraktionen war [... ] am Beginn des 6. Uahrbunderts ... ] erweitert worden. Das geschah in den Werken der christlicben Literatur. Damais aber war der christliche Kalligrapb bereits zum bauptsiichlicben Vervielfii.ltiger der gesamten neuen und iilteren romiscben Literatur geworden [... ]. Es batte das eine doppelte Folge. Die urspriinglicb sakralen Kurzformen wurden aucb da angewandt, wo sie nicbt hingeborten. [... ] Dann aber driingten sicb unwillkiirlicb Analogiebildungen indie Feder, die mit dem sakralen Element der Kontraktion [... ] nicbt mehr zusammenhingen. Nunmehr kann man eigentlich erst von einem Prinzip der durcb Kontraktion vollzogenen Kiirzung sprecben. Bis dahin waren es wenige und bestimmte Worte, die man durcb AusstoBung des Wortinnern ausgezeichnet batte. Jetzt tritt die Kontraktion als eine Art der Scbriftvereinfacbung neben die altere Suspension und beginnt diese zu verdriingen. [... ] Besondere Gelegenheit zur Entfaltung des neuen Prinzips bot diejenige Klasse von Handschriften, in denen [... ] vornebmlicb gekiirzt wurde. Es waren die juristiscben. [... ] Die Suspensionen wurden in Kontraktionen verwandelt.": cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., pp. 237-9.

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Alle origini delle contrazioni: la riflessione di Luigi Schiaparelli All'ipotesi di Traube si 9ppone dichiaratamente e decisamente Luigi Schiaparelli, che nel suo più volte citato Avviamento allo studio delle abbreviature latine nel Medioevo propone una teoria secondo cui il principio generativo della contrazione è in nuce all'interno dei criteri formativi delle notae tachigrafiche o tironiane. L'esposizione delle caratteristiche fondamentali di queste notae, che costituiscono un sistema stenografico vero e proprio e del tutto originale, quale risulta nella manualistica è necessariamente semplificata. In realtà il sistema tironiano si presenta organizzato in una complessa costruzione, in cui si combinano invenzioni nuove e calchi dal modello della scrittura comune. Cosl gli espedienti abbreviativi di Tirone non si limitarono alla contrazione, al collegamento, cioè, dei segni che simboleggiano la prima e l'ultima lettera della parola che rappresentano. Le notae tironiane furono costruite seguendo il modello anche di altre forme abbreviative, quali il troncamento e il troncamento sillabico, e questa varietà di combinazioni diverse fra segni per costruire gli stenogrammi contribul a definire la grande novità di questo sistema stenografico1• È comunque innegabile il fatto che una delle strutture più caratteristiche delle notae tironiane fosse quella costituita dalla combinazione di due segni: un signum principale, come lo chiama Schiaparelli, definibile anche come sigla radicale, a simboleggiare il tema della parola, e un signum auxiliare, o sigla desinenziale, che esprimeva appunto la lettera o le lettere finali del" la parola. La costruzione delle notae avveniva dunque secondo quello che

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Un intervento puntuale ed esplicativo sul sistema stenografico tironiano è presente nello studio di F. GIULIETTI, Storia delle scritture veloci, Firenze 1968, in particolare alle pp. 49-61. Anche CENCETTI, Lineamenti, cit., alle pp. 3 76-84, offre con chiarezza un'illustrazione dei tratti peculiari delle notae tironiane e delle evoluzioni subite nel tempo dal sistema stenografico tironiano, alla quale si rimanda per ulteriori approfondimenti. Ancora validi e proponibili risultano i saggi di A. MENTZ, Beitra'ge zur Geschichte der Tironischen Noten, in "Archiv fiir Urkundenforschung", 4 (1912), pp. 1-38; Die Tironischen Noten. Eine Geschichte der riimischen Kurzschrift. Erster Teil, in "Archiv fiir Urkundenforschung", 16 (1939), pp. 287-384, e il già citato Die Tironischen Noten (Fortsetzung). Si vedano infine le brevi considerazioni offerte dalla sintesi di A. MENTZ-F. HAEGER, Geschichte der Kumchri/t, Wolfenbiittel 1981 3, pp. 13-8.

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abbiamo riconosciuto essere il principio normativo della contrazione, poiché della parola si danno la parte iniziale e la parte finale. Il principio normativo della contrazione si sarebbe affermato in ambito abbreviativo quando questa procedura passò dal campo tachigrafico a quello alfabetico. A detta di Schiaparelli questo passaggio è avvenuto all'interno delle notae iuris, che della contrazione saranno il mezzo propagatore. Schiaparelli ricostruisce l'iter secondo cui le notae iuris avrebbero potuto ricevere l'influenza delle notae tachigrafiche e avrebbero conseguentemente diffuso a loro volta nell'ambito della scrittura alfabetica segni e strutture proprie della tachigrafia. Si è visto come le notae iuris siano fortemente innovative nelle loro strutture, anche perché in esse compare, accanto alle forme più consuete, una serie di abbreviature fortemente influenzate dalle esperienze tachigrafiche, o che comunque hanno assunto e trasmesso segni di chiara origine tachigrafica 1 • La grande diffusione dell'uso delle notae tironiane all'interno dell'amministrazione pubblica, in particolare nei tribunali, spiega perché e come gli uomini di legge abbiano potuto conoscere gli stenogrammi tironiani, e giustifica anche il modo in cui le notae tironiane abbiano potuto influenzare la struttura delle notae iuris2 • Schiaparelli dunque sostiene che proprio le notae iuris hanno esercitato una reale influenza sul sistema abbreviativo latino, poiché hanno assorbito una struttura abbreviativa nuova, quale quella della contrazione, l'hanno elaborata al loro interno e ne hanno diffuso l'esempio nel sistema grafico romano.

1 Un esempio significativo è quello offerto dai compendi del P e del O. Si è infatti più volte ricordato come i tituli di varia forma e variamente posizionati rispetto alle lettere che li accompagnano siano in realtà delle sigle desinenziali tironiane estremamente semplificate. 2 Per un'illustrazione puntuale del ruolo assunto dalla tachigrafia e dai tachigrafi all'interno delle strutture amministrative romane, come anche nel mondo letterario e in quello ecclesiastico, si veda la monografia di H.C. TEITIER, Notarli and exceptores. An inquiry

into rote and significance of shorthand writen in the imperial and ecclesiastica/ bureaucracy of the roman empire (/rom the early principale to c. 450 A.D.), Amsterdam 1985, oltre alla breve analisi di E. TENGSTROM, Die Protokollierung der Collatio Carthaginensis. Beitra'ge zur Kenntnis der riimischen Kurzschrift nebst einem Exkursus iiber das Wort scheda (schedula), Goteborg 1962.

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Nuove verifiche sulle origini delle contrazioni 1. Con il conforto dei risultati del censimento è oramai possibile articolare più ampiamente le radicali riserve che sono state avanzate sull'ipotesi di Traube 1 proponendo a riguardo una serie di puntualizzazioni, osservazioni e argomentazioni. Sono sostanzialmente tre i piani secondo cui si può logicamente distinguere e articolare la critica mossa alla teoria di Traube, i quali riguardano più propriamente l'elemento semantico e l'elemento simbolico della contrazione, dunque la sua struttura alfabetica e i segni diacritici che l'accompagnano, in particolare il titulus, e, accanto a questi, alcune connotazioni interne al sistema stesso dei nomina sacra. Le osservazioni che scaturiscono dall'esame delle fonti inducono aritenere che il rapporto fra nomina sacra e contrazioni non sia quello di una filiazione diretta. Le testimonianze raccolte sembrano attestare che i nomina sacra rappresentano un sistema chiuso, di carattere sacrale e non compendiario; sono insomma una particolare forma di presentazione dei nomi sacri, come peraltro riconosceva in certa maniera anche Traube, ma non hanno valore abbreviativo e, tanto meno, hanno influenzato la definizione di una nuova struttura abbreviativa, come invece ha supposto Traube. Pur nella modestia della nostra documentazione, sembra comunque opportuno menzionare una serie di fatti dal forte potenziale innovativo, che costituiscono quasi le spie di una situazione molto variegata e composita.

2. Partiamo innanzitutto dall'esame della struttura alfabetica della contrazione. Il censimento effettuato ha sicuramente dimostrato come il fenomeno della contrazione debba subire una forte anticipazione cronologica rispetto a ciò che Traube aveva teorizzato. La collocazione, da parte di Traube, al V secolo delle prime testimonianze dell'uso della contrazione è dunque troppo tarda: casi isolati, e talora incerti, di contrazioni sono testimoniati già nel Il secolo, e nel IV secolo la contrazione appare pratica oramai con-

1 Anche CENCETTI, Lineamenti, cit., in particolare alle pp. 404-7, dopo averne riassunto le linee essenziali, muove un'ampia e articolata critica alle ipotesi di Traube, critica alla quale rimandiamo per confronti e integrazioni.

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solidata e diffusa, e dunque la sua fase di prima elaborazione non può fissarsi al V secolo, come vorrebbe Traube 1• La canonizzazione e la diffusione della contrazione, perlomeno in classi ristrette di testi, avviene dunque in un momento decisamente anteriore alla diffusione nel mondo romano dei nomina sacra. Nel IV secolo, infatti, abbiamo i primi esempi di nomina sacra, mentre in questo stesso momento la contrazione ha raggiunto una diffusione notevole e una strutturazione sempre più certa. 3. Per quanto riguarda l'elemento simbolico della contrazione, ad accompagnarla, come anche ad accompagnare i nomina sacra, è presente il titulus. Si ricordi che Traube ha attribuito al titulus un valore eminentemente distintivo; a suo parere, infatti, solo in un secondo tempo, come la nuova struttura della contrazione si venne esemplando su quella dei nomina sacra, cosl il segno che accompagnava questi ultimi assolse la funzione di segnalare le abbreviature. Anche in questo caso l'esame diretto del materiale ha sottolineato come le due funzioni del titulus, quella distintiva e quella abbreviativa, siano compresenti nelle esperienze grafiche romane già dai primi secoli dell'era cristiana, e siano andate in un certo senso sovrapponendosi e fondendosi. Già Traube aveva ricordato, senza peraltro indicare precisamente i limiti cronologici di questa consuetudine, l'uso latino di sopralineare parole straniere, greche o ebraiche, inserite in un testo latino, e a lui avevano fatto eco anche Turner e Schiaparelli2 • Anche gli esempi offerti dai papiri latini testimoniano e confermano l'uso del titulus come elemento distintivo, per porre

1

Come chiaramente si è già detto durante la breve esposizione delle teorie di Traube, ricordiamo che egli colloca nel IV secolo la fase iniziale di elaborazione e diffusione dei primi nomina sacra all'interno delle testimonianze grafiche prodotte in ambito italiano, mentre fra V e VI secolo il numero dei nomina sacra si è andato ampliando e diffondendo ovunque: è in questo momento che Traube colloca, da una parte, l'uso dei nomina sacra oramai privi del loro senso sacrale, dall'altro la diffusione del principio abbreviativo che ne regolava la formazione: cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 138 e pp. 237-8. 2 Cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., pp. 47-9. Traube, peraltro, non è molto puntuale nel citare i manoscritti in cui ha riscontrato l'uso del titu/us distintivo, menzionandoli senza i riferimenti necessari, o perlomeno senza segnatura e datazioni precise. Si vedano anche C.H. TuRNER, The "Nomina Sacra" in early Latin Christian mss., in Miscellanea Francesco Ehr/.e, IV, Roma 1924 (rist. anastatica 1973), p. 62, e SCHIAPAREW, Avviamento, cit., p. 52.

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in evidenza notabilia, o con valore onorifico. Esempi che, in verità, non sono molto numerosi, ma che attestano un'abitudine perlomeno esistente, se non costante. È questo il caso del nome dell'imperatore AURELIUS, presente in un papiro datato agli anni 180-92, il quale è stato scritto per esteso, contrariamente all'uso, pressoché costante, del troncamento AUREL, e che, soprattutto, è stato segnalato da un titulus onorifico, una honorific tilda, come la definiscono gli editori delle ChLA. Un altro significativo esempio è offerto da un trattato di grammatica della fine del II secolo, in cui tutte le parole importanti, sulle quali cioè si doveva appuntare, o si era già appuntata, l'attenzione del lettore, sono sopralineate, segnalate dunque da un tratto tracciato sull'intera parola, anch'esso con valore distintivo 1• Sulla base delle testimonianze censite, e in riferimento anche agli esempi offerti dalle epigrafi, ci sembra tuttavia di poter affermare che il valore principale assunto dal titulus all'interno della scrittura in età romana sia stato quello di segnalare le abbreviature. Il titulus ha accompagnato le sigle, in particolar modo quelle raddoppiate; ha accompagnato i troncamenti: si pensi ai già ricordati casi dei due troncamenti AUG, attestati nel II secolo, o ai frequenti troncamenti segnalati da un titulus presenti nelle epigrafi anch'esse del II secolo; ha accompagnato, assumendo talora forma curvilinea, molti troncamenti sillabici; ma, principalmente, ha segnalato gran parte delle notae iuris del IV secolo, e in particolare le contrazioni. La presenza del titulus sulle abbreviature, a segnalarle e in qualche modo a distinguerle dal testo, sembra dunque essere di molto anteriore alla diffusione dei nomina sacra, e non è quindi sostenibile che sia stato il titulus dei nomina sacra a costituire il modello per il segno diacritico della contrazione, come invece ha sostenuto Traube2. 4. Si sono finora esaminate le strutture alfabetico-simboliche della contrazione, e se ne sono ricercate le origini all'interno della tradizione grafi-

1 Ci si riferisce, rispettivamente, al ms. Oxford, Bodleian Llbrary, lat. class. d. 11, che contiene un estratto ex actis in senatu habitis (A93) e al PLond. 2723v + PMich. VII 429 (A109). Per quest'ultimo caso cfr. ChLA, III, 218 [bis], p. 123, in cui gli editori osservano, a proposito della presenza di lemmi sopralineati: "Important words, references or letters with comments [are] shown by a dash above the word or letter.". 2 Cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 45 e pp. 239-40.

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ca latina, dimostrando sostanzialmente che sulla forma della contrazione i nomina sacra potrebbero non aver esercitato alcuna influenza. La conclusione che i nomina sacra siano in realtà sentiti e usati non come compendi, ma come forme sacrali, e che per questo motivo non siano stati considerati un modello formale su cui esemplare delle abbreviature, è avvalorata dall'analisi dei testi sacri datati al IV secolo, in cui, come si è già sottolineato, vi è una forte e sorprendente compresenza di nomina sacra e di nomi sacri scritti per esteso. È questo il caso di un testo molto celebre, ilpsalmus responsorius, in cui anche le forme dei nomi sacri scritti per intero sono accompagnati da un titulus 1 • Caso analogo è quello di un codice conservato a Vercelli, il Codex Vercellensis, che contiene la versione pre-Vulgata dei Vangeli2 , in cui ritroviamo la compresenza di nomi sacri scritti per esteso e compendiati. Anche nei due già citati codice di Leningrad (A366) e Codex K (A363) si rileva la compresenza di nomina sacra veri e propri, di compendi per i nomi sacri e di nomi sacri scritti per esteso, sempre comunque accompagnati dal titulus. Spesso, inoltre, all'interno di siffatti testi i nomina sacra sono le uniche forme abbreviate presenti. Anche Traube aveva peraltro notato la compresenza di nomina sacra con nomi sacri scritti per intero, ma aveva interpretato questo fatto come l' espressione di una fase in cui il processo di diffusione dei nomina sacra non si fosse ancora svolto compiutamente 3• Traube era inoltre convinto del fatto che i nomina sacra, al momento della loro elaborazione e diffusione, avessero avuto e mantenessero ancora un carattere sacrale e non compendiario, che forse non rivestirono mai. Ciò che sembra, in conclusione, rendere definitivamente superate le argomentazioni di Traube è l'acquisizione che la fase di elaborazione delle contrazioni vada in realtà collocata in un periodo di molto anteriore a quello ipotizzato da Traube, e che sulla formazione di queste nuove abbreviature non abbiano operato influenze e modelli esterni alla storia della scrittura latina.

1

Si tratta del PBarc. inv. 149b-153 (A326), che è stato riprodotto integralmente e pubblicato da R. ROCA-PuIG, Himne a la Ve,ge Maria, "Psalmus Rerponsorius". Papir llat{ del segle IV, Barcelone 1965 2 • 2 Il codice è stato citato senza segnatura; il suo fac-simile è presente in CLA, IV, 467, dove si riproducono la c. 267r e la c. 270r. 3 Cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., pp. 51-2.

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Come si è tentato di illustrare, l'elaborazione delle strutture della contrazione e la diffusione dei nomina sacra appaiono essere fenomeni a sé stanti, che si sono certamente svolti in parallelo, ma che non hanno necessariamente un rapporto di causa ed effetto. L'elemento semantico e l'elemento simbolico dei nomina sacra erano in realtà già presenti all'interno del sistema grafico romano: le contrazioni sono attestate sin dal II secolo, e il titulus riveste all'interno dei papiri un valore tanto distintivo quanto, prevalentemente, abbreviativo. I nomina sacra, d'altra parte, sembrano assolvere una funzione squisitamente sacrale, rimanendo sostanzialmente forme fisse e statiche. Dunque il processo generativo della contrazione può essere un fenomeno interno alla scrittura latina, su cui i nomina sacra sembra non abbiano esercitato un'influenza significativa. 5. Va infine fatta un'ultima osservazione, a proposito di una sorta di incongruenza presente nella ipotesi complessiva di Traube, sulla quale nessuno di coloro che ne hanno ripreso le conclusioni, per confutarle o condividerle, ci sembra abbia insistito adeguatamente. Risulta infatti difficile da accettare l'ipotesi di stretta causalità fra nomina sacra e contrazioni all'interno del sistema grafico latino, quando questo rapporto causale viene completamente a mancare nell'ambito greco, dove pure i nomina sacra trovarono la loro origine prima. Traube stesso, che appunto sostiene la diretta derivazione della nuova forma della contrazione latina dalla struttura dei nomina sacra, riconosce sostanzialmente il valore chiuso e sacrale che i nomina sacra conservarono all'interno del sistema abbreviativo greco. Né, d'altra parte, considerando la diffusione e le tipologie dei nomina sacra all'interno dei manoscritti in lingua copta, gota e armena, Traube accenna agli eventuali influssi che i nomina sacra ebbero sulle abbreviature usate nei sistemi grafici copto, goto e armeno. A proposito dell'uso dei nomina sacra all'interno di testi greci di contenuto profano, Traube nota la quasi assoluta assenza di questi particolari compendi nelle testimonianze di tipo letterario perlomeno sino al IX secolo, sebbene nel contempo lamenti una forte rarefazione di testimonianze utili ai fini della sua ricerca appunto per i secoli dal VI al IX. Furono d'altra parte assai rari anche i casi di vocaboli, usati sempre in ambito religioso, abbreviati secondo il principio della contrazione, per cui Traube può affermare che i Greci mantennero la coscienza dell'origine straniera e del valore sacrale dei nomina sacra, e mentre i Romani recepirono e usarono a pieno il

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principio normativo della contrazione, i Greci se ne servirono poco, anche per elaborare compendi nell'ambito della stessa produzione grafica di contenuto sacro 1• Com'è noto, all'interno del sistema grafico greco le contrazioni non sono di fatto quasi usate all'interno dei papiri, e compaiono con una certa frequenza solamente nei codici in minuscola, a partire dall'VIII secolo. Nessuna contrazione si ritrova poi nei codici in maiuscola, in cui pure sono usati i nomina sacra, che spesso anzi rappresentano le uniche forme abbreviate presenti nel testo. La verifica dei rapporti fra nomina sacra e contrazioni greche risulta dunque estremamente interessante, ma spesso non adeguatamente considerata da chi ha ripreso o ampliato le ricerche avviate da Traube. È il caso, per citare un solo intervento, non più recente, ma a nostra conoscenza il più completo, del saggio di Paap 2 , che ha censito i nomina sacra all'interno dei papiri greci sino al V secolo d.C .. Paap infatti, che ha portato avanti il censimento di Traube allargando notevolmente il numero delle testimonianze utili, non accenna minimamente alle eventuali, possibili influenze che i nomina sacra e il principio abbreviativo che ne regola la struttura possono aver esercitato sulla nascita delle contrazioni greche 3• 6. Per quanto riguarda l'ipotesi di Schiaparelli, il modello tachigrafico non è certo assolutamente escludibile, anzi è forte e indubbia la presenza di segni di origine tachigrafica nelle notae iuris, ma per quanto attiene al caso specifico della contrazione, è forse possibile individuare legittimamente all'interno dello stesso sistema grafico alfabetico una linea di svolgimento che

1 Cfr. TRAUBE, Nomina Sacra, cit., p. 125: "Wie sehr den Griechen die fremde Herkunft und der sakrale Gehalt der Kontraktion bewuBt blieb, zeigt [... ] eine letzte Beobachtung [... ]. Wiihrend das in der Kontraktion liegende Prinzip von den Lateinern erkannt und [... ] zum AuBersten ausgenutzt wurde, haben es die Griechen selbst in der kirchlichen Kalligraphie zur Schaffung neuer Wortbilder kaum verwendet."

2

A.H.R.E. PAAP, Nomina Sacra in the Greek Papyri o/ the first /ive Centuries A.D.. The Sources and some Deductions, Leiden 1959. 3 Ulteriori, e più recenti, contributi sul problema dell'origine dei nomina sacra sono rappresentati dallo studio di S. BROWN, Conceming the Origino/ the Nomina Sacra, in "Studia Papyrologica", 9 (1970), pp. 7-19, e dall'intervento di C.H. ROBERTS, Manuscript, Society and Belie/ in early Christian Egypt, London 1979, nel capitolo Il. Nomina Sacra: Origins and Significance, alle pp. 26-48.

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possa suggerire la genesi delle contrazioni, sulla quale non è da escludersi abbia agito l'influenza esterna della tachigrafia.

Fra troncamenti sillabici e contrazioni 1. Si ripensi per un momento alle due più importanti tipologie abbrevia-

tive incontrate nei primi secoli: sigle e troncamenti. Il troncamento è una forma che ha sostanzialmente cristallizzato la sua presenza in una serie di compendi canonizzati, accanto ai quali si muovono forme molto più arbitrarie, personali e mutevoli. Analogo è il caso della sigla, che accosta una serie di forme fisse a sigle molto più libere e dipendenti dal contesto. Gli unici cambiamenti strutturali che ambedue le forme subiranno nel corso dei secoli sono costituiti dal raddoppiamento della lettera finale per indicare il plurale, e dalla presenza, sempre più costante, di segni diacritici che le accompagnano. L'elemento nuovo e dinamico in questa situazione definita e pressoché statica è dato dalle sigle in successione: vengono cioè accostate due sigle per abbreviare vocaboli composti da due sezioni logicamente distinte e a sé stanti, che in origine erano parole autonome, come nel caso di supra - scriptus,

infra - scriptus, primus - pilus1• Se questa è ancora un'abbreviatura per cosl dire tipologicamente ibrida,

il passaggio a una fase successiva di ulteriore elaborazione ne definisce meglio i contorni: si abbreviano secondo il medesimo procedimento, accostando cioè due sigle, anche parole composte da due sezioni solo etimologicamente distinte, e che oramai sono fuse in un vocabolo unico. È questo, ad esempio, il caso di BF, per beneficiarius. Da questo momento diventa allora possibile parlare di una classe abbreviativa totalmente nuova, che è stata chiamata troncamento sillabico. La novità di questa forma veniva certamente

1 Già SCHIAPARELLI, Avviamento, cit., p. 83, aveva notato le particolarità di questa "unione di sigle", ricordando che "alcune parole composte [... ] di uso frequente sono talvolta rappresentate da un gruppo di sigle[ ... ], che devono considerarsi insieme, come formanti un unico compendio; e spesso queste sigle portano un unico segno abbreviativo". Schiaparelli, tuttavia, non fa derivare i troncamenti sillabici, che lui definisce con l' espressione di "forme sillabiche", da queste unioni di sigle; a suo parere ad influenzare la struttura dei troncamenti sillabici è il principio del troncamento: "Uno sviluppo notevole della forma di troncamento si ebbe coll'applicazione del troncamento su ciascuna sillaba o sulle principali, non mai esclusa la prima." : cfr. ibidem, pp. 83-4.

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sentita, poiché i troncamenti sillabici sono generalmente accompagnati da uno o più segni diacritici. Non è tuttavia facile individuare con certezza un unico fattore che possa aver portato alla definizione della struttura dei troncamenti sillabici, e ci sembra più corretto parlare di una possibile pluralità e concomitanza di influenze e modelli diversi. Cosl va nuovamente ricordato che sullo strutturarsi definitivo dei troncamenti sillabici certo hanno avuto grande influsso le sigle in successione, ma ci pare che una specifica suggestione possa avere esercitato anche il modellq della tachigrafia sillabica. La fase conclusiva di questo articolato iter formativo sembra aver fornito un modello possibile della contrazione. Al troncamento sillabico, che riproduce gli elementi salienti e distintivi, dunque denotativi della parola - cioè la sua struttura essenziale -, si aggiunge la desinenza intera della parola abbreviata, o almeno la lettera finale della parola stessa, dunque l'elemento connotativo, che rende certa e immediata la lettura del compendio. Si pensi, per esempio, alla forma MMO, per matrimonio, costruita secondo i criteri appena descritti. È chiaro che, una volta fissato il modello, l'aderenza allo stesso poteva essere più o meno rigorosa, venendosi cosl ad ampliare o meno la lunghezza del compendio. Ci sembra dunque che non sia da escludere l'ipotesi secondo cui il modello rappresentato dall'accostamento fra un troncamento sillabico - dalla struttura non rigidamente fissata, ma variabile - e la desinenza, o perlomeno l'ultima lettera, del vocabolo abbreviato ha esercitato una qualche influenza sull'origine della contrazione. Ci sembra anche di poter ipotizzare che la struttura della contrazione, durante una fase di elaborazione, abbia subito delle modificazioni rispetto al suo modello originario - rappresentato appunto da un troncamento sillabico e dalla parte finale della parola-. Modificazioni che consistono, ad esempio, nella eliminazione di alcune lettere intermedie del corpo della parola, e nell'ampliamento della parte finale del compendio, che indirizza invece verso lo scioglimento più corretto. Se dunque alle origini delle contrazioni, in una prospettiva sostanzialmente interna al sistema alfabetico, è possibile collocare una sorta di evoluzione morfologica dei troncamenti sillabici, a loro volta influenzati dalle esperienze della tachigrafia sillabica, bisogna tuttavia osservare che un atteggiamento di doverosa cautela ci impone di parlare di concause, più che di un'unica causa diretta, che hanno avviato il processo formativo della contrazione. In tal senso, il rapporto, che si è appena delineato, di dipendenza delle contrazioni dai troncamenti sillabici deve essere considerato come una

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delle concause - certo importante, ma non l'unica - che hanno determinato il definirsi della struttura della contrazione. 2. L'ipotesi che la contrazione possa modellarsi in qualche modo sui troncamenti sillabici deve essere adeguatamente valutata, rimeditata e dimostrata, ma nella sostanza non rigetta le conclusione cui è giunto Schiaparelli, piuttosto le affianca ed eventualmente le integra1. Schiaparelli, peraltro, aveva specificatamente proposto, sulle origini della contrazione, alcune osservazioni che ora ci paiono meno cogenti, secondo le quali la contrazione nasce accostando a un troncamento la desinenza della parola abbreviata, o eliminando una o più lettere interne della parola2 •

1

All'ipotesi che le origini prime della contrazione vadano ricercate in una sorta di evoluzione, quasi di completamento del troncamento sillabico sembra accostarsi anche la Hiilvii-Nyberg quando osserva che "Weil zu dieser Zeit [cioè nel 1/11 secolo d.C.] die syllabare Bildungsmethode sehr wahrscheinlich schon éifters in den endungslosen Kontraktionen vorkommt [... ], diirfte es berechtigt sein, die eigentlichen Kontraktionen mit derselben inneren Struktur als ihre Weiterbildung zu betrachten. Dafiir scheint auch in einigen Fiillen das gleichzeitige Auftauchen derselben inneren Struktur sowohl mit als auch ohne das Wortende zu sprechen.": dr. HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., p. 164. Si osservi tuttavia che questa affermazione viene in parte smentita dall'analisi che la Hiilvii-Nyberg compie sulle strutture di base della contrazione e che attesta invece una certa prevalenza delle contrazioni auf Suspensionbasis. 2 Cfr. SCHIAPARELLI, Avviamento, cit., pp. 85-6: "il compendio per contrazione deriva principalmente da quello per troncamento, e nella maggior parte dei casi si distingue nettamente una prima parte, che dà il troncamento del vocabolo e potrebbe stare a sé come compendio per troncamento [... ] e una seconda parte, la desinenza [... ]. Ma non si deve ritenere che tutte le abbreviature si possano spiegare in tal modo e si siano formate con procedimento da sinistra a destra (troncamento più la desinenza aggiunta dopo). Sembra infatti che, in alcuni casi almeno, si sia pervenuti alla contrazione con processo proprio, indipendente da un primitivo troncamento, eliminando una o più lettere interne.". Come abbiamo sopra accennato, anche la HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., pp. 177-81, sembra condividere l'ipotesi di Schiaparelli di una possibile derivazione della contrazione principalmente dal troncamento. Nel presentare e commentare i risultati globali del suo censimento sulle contrazioni e sui suoi diversi Strukturtypen, osserva a p. 178 che "Auf das Ganze gesehen kommen also in den eigentlichen Kontraktionen ziemlich gleichmiiBig drei Bildungsstrukturen vor: die Bildung der Kontraktion durch die Zufiigung des Wortendes (meist nur des Auslautbuchstaben) entweder zu dem Anlautbuchstaben oder zu einer darauf syllabar weitergebauten Basis oder zu einem liingeren kontinuierlichen Teil vom Wortanfang (Suspension). [... ] Die Abkiirzungkontraktionen [... ] sind meist auf eine Suspensionbasis aufgebaut worden:"

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Ci sembra invece che l'ipotesi appena adombrata si avvicini alla teoria, più generale, di Schiaparelli, a proposito dell'influenza determinante esercitata dalla tachigrafia all'interno del sistema abbreviativo latino, col tramite delle notae iuris, e si affianchi ad essa accentuandone un particolare aspetto. L'influenza del sistema tachigrafico sul sistema abbreviativo, e in particolare sulla nascita delle contrazioni, deve essere ulteriormente indagata, a nostro parere, nella elaborazione della tachigrafia sillabica. La tachigrafia sillabica, infatti, sembra normalizzare la diffusione delle abbreviature per troncamento sillabico - ci richiamiamo in particolare ai bisillabi censiti nelle notae iuris del IV secolo, che sono compendiati appunto nella forma dei troncamenti sillabici-. Proprio quella dei troncamenti sillabici, come abbiamo segnalato, potrebbe essere la struttura di base elaborando la quale si è giunti alla struttura della contrazione. Si è parlato della tachigrafia sillabica sottolineando come essa, nata nel II secolo, si sia andata affermando, anche sulla più tradizionale tachigrafia tironiana. La tachigrafia sillabica, cronologicamente posteriore alle prime attestazioni dei troncamenti sillabici (essenzialmente nella forma di troncamenti in successione), sembra aver dunque esercitato una certa influenza sugli stessi, come riconosce anche Cencetti 1• È possibile che chi padroneggiava la tachigrafia sillabica (come si è visto, principalmente persone operanti nell'ambito amministrativo-giuridico) abbia contribuito alla diffusione dei troncamenti sillabici, e che su questa base si sia perfezionata la struttura della contrazione. Stando alle nostre fonti, il settore privilegiato che costitul l'ambito di elaborazione, verifica e diffusione di questa nuova tipologia abbreviativa sono state le notae iuris2 •

1 Cfr. CENCETTI,

Lineamenti, cit., p. 394. Su di una posizione analoga a quella che si è espressa troviamo la Hiilva-Nyberg, quando osserva che la definizione e la diffusione delle kontraktive Formen (e cioè dei troncamenti sillabici e delle contrazioni) avvengono contemporaneamente e secondo modi analoghi tanto nel1' ambito epigrafico che in quello della scrittura "a mano" (Handschreiben), e che la strutturazione di queste forme abbreviative è stata influenzata e condizionata in maniera determinante dalle esperienze tachigrafiche. La Hiilva-Nyberg, tuttavia, non sembra ritenere certo il fatto che l'ambito che per primo ha ricevuto ed elaborato le prassi abbreviative della tachigrafia sia stato quello giuridico, poiché a p. 112 si chiede ''oh diese Erneuerung [cioè il principio normativo della contrazione] in dem Bereich der alphabetischen Abkiirzungen beim juristischen oder beim inschriftlichen Gebrauch oder gleichzeitig in l:>eiden Fiillen ausgefiihrt wurde.". Cfr. più in generale HALVA-NYBERG, Die Kontraktionen, cit., pp. 112-4 e pp. 188-9. 2

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In conclusione ricordiamo che Schiaparelli stesso si diceva convinto che vi fosse una stretta connessione fra troncamenti sillabici e contrazioni, e che fosse stata in particolare la tachigrafia sillabica a contribuire alla diffusione dei troncamenti sillabici1• Bisogna comunque ammettere che è difficile presupporre che un unico fattore abbia, da solo, potuto avviare un processo di elaborazione cosl lungo e complesso quale probabilmente fu quello che portò alla strutturazione della contrazione, né ci pare possibile individuare questo fattore con certezza sulla base della nostra documentazione, ancora modesta. Ci sembra, invece, più attinente alla realtà della nostra documentazione il poter prospettare un panorama articolato e ampio di ipotesi diverse, che propongano interpretazioni interconnesse, e che possano contribuire tutte, secondo una prospettiva di massima ampiezza, a delineare, se non i tempi precisi e i modi fattuali, almeno le condizioni entro cui la nuova forma abbreviativa poté organizzarsi.

1 Cfr. SCHIAPARELLI,

Avviamento, cit., p. 84: "[Grazie ai troncamenti sillabici] il sistema abbreviativo guadagnava [... ] di precisione e di regolarità, e la nuova forma segrn\Va un punto intermedio, o tratto d'unione, tra il troncamento e la contrazione. [... ] La tachigrafia sillabica deve aver concorso in certi luoghi a rafforzarne e a estenderne l'uso, in quanto affermava il distacco fra sillaba e sillaba."

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ELENCO DEI PAPIRI

Diamo di seguito l'elenco in ordine cronologico dei papiri che sono stati raccolti e censiti ai fini della nostra indagine. I papiri sono stati divisi e ordinati in due distinte liste: l'una, la lista A, contiene l'elenco di tutti i papiri censiti che presentano al loro interno uso di abbreviature; l'altra, la lista B, contiene l'elenco dei papiri in cui invece sono assenti le abbreviature. Per ogni papiro si forniscono la segnatura, la datazione, certa o presunta, e il contenuto. La segnatura corrisponde sempre a quella della raccolta in cui il papiro è stato pubblicato per la prima volta. La datazione corrisponde a quella indicata di volta in volta dagli editori. I casi di papiri la cui datazione è incerta e discussa vengono segnalati con un asterisco accanto al numero d'ordine progressivo. Il contenuto corrisponde alle indicazioni di volta in volta proposte dagli editori. Laddove sia possibile, è dato il rimando alle ChLA e ai CLA; in qualche caso si rimanda invece al CPL e al SB. Le abbreviazioni delle riviste sono quelle adottate dall"'Année Philologique"; quelle delle edizioni e dei corpora dei papiri sono tratte dall'elenco di J.F. OATESR.S. BAGNALL-W.H. WILLIS, Checklist of Editions of Greek Papyri and Ostraca, Missoula (Montana) 1985 3 ("BASP", Supplements 4). Si notino, infine, le seguenti abbreviature:

- Proceedings of the XVI Int. Congr. of Papyrology = Proceedings of the Sixteenth International Congress of Papyrology, ed. R.S. BAGNALL-G.M. BR0WNE -A.E. HANS0N-L. K0ENEN, Chico (California) 1981.

- RMR = R.O. FINK, Roman Military Records on Papyrus, Cleveland (Ohio) 1971. - RocA-PuIG, Cicer1'1. 288.

PMich. X 592 = ChLA, V, 298 311-21 Lista di soldati.

289.

PFlor. I 36 = ChLA, XXV, 778 Theadelphia. 312, agosto 17 Petizione al prefetto.

290.

POxy. LI 3619 Circa 314-24/5 Udienza davanti al praeses Ioviae.

291.

PCair. lsid. 74 315, dicembre 27 Petizione rivolta da lsidorus ad Aurelius Antonius, praeses Aegypti Herculiae.

292.

POxy. XLI 2952 315 ? Verbale bilingue di un dibattimento.

293.

PVindob. L 106 = SEIDER I, 57 317 Data.

294.

PYale inv. 590 = ChLA, IX, 398 Circa 317/24 Lettera di Sperantius a Vitalis, rationalis.

295

PStraBb. lat. 1 = ChLA, XIX, 687 = CLA, VI, 832 317/24 Lettera di raccomandazione di Vitalis, rationalis, ad Achillius.

296.

Paris, Bibliothèque Nationale, nouv. acq. lat. 3147 = ChLA, XVIII, 660 319-29 Lista di soldati dell'ala III Assuriorum.

297.

PRyl. IV 653 = ChLA, IV, 254 Arsinoe. 321, giugno 3 Verbale di un'udienza davanti al praeses Herculiae.

298.

PThead. 13 322 o 323 Verbale di un'udienza davanti al praeses Herculiae.

299.

POxy. XLIII 3129 335, settembre Lettera di un prefetto.

ELENCO DEI PAPIRI

300.

POxy. LV 3793 340 Lettera ufficiale.

301.

POxy. LV 3794 340 Lettera ufficiale.

302.

POxy. L 3579 341-3 Lettera del praeses Augustamnicae.

303.

POxy. L 3577 342, gennaio 28 Lettera del praeses Augustamnicae.

304.

PGen. 45 = ChLA, I, 8 344 Lettera del dux Aegypti Valacius a Flavius Abinnaeus.

305.

PBerol. inv. 25025 = ChLA, Xl, 472 347 Documento di contenuto indeterminato.

306.

PRyl. IV 654 = ChLA, IV, 255 I metà del IV secolo Verbale di un'udienza davanti al iuridicus Aegypti.

307. *

PBerol. inv. 6757 = SEIDER 11/2, 14 = CLA, VIII, 1033 I metà del IV secolo

Fragmentum de Iudicis. 308.

PMich. inv. 4014 = ChLA, V, 292 I metà del IV secolo Verbale di un'udienza.

309.

PRyl. IV 702 = ChLA, IV, 257 I metà del IV secolo Verbale di un'udienza.

310.

PBouriant 20 = ChLA, XVIII, 661 A/exandria ? 350 Verbale di un'udienza davanti al iuridicus A/exandriae.

311.

PBerol. inv. 16045 A+ B = ChLA, X, 463

Hermopolis. Circa 350 Verbale di un'udienza del praeses Thebaidis. 312.

PLond. 1763 = ChLA, III, 210 352 Reclamo per un furto.

185

186

ELENCO DEI PAPIRI

313.

PMich. inv. 3296 = ChLA, V, 285 357 Proclamazione ufficiale.

314.

PLcipzig I 33 = ChLA, XII, 525 Hermopolis. 368

Denuntiatio ex auctoritate. 315.

PLeipzig I 38 = ChLA, XII, 520 Hermopo/is. 390, settembre 20 Verbale di un'udienza davanti al praeses Thebaidis.

316.

PVindob. L 125 = CPR, V, 13 395, aprile 17 - 396 Dossier militare.

317.

PVindob. L 9 = WESSELY, 19 396 • Data consolare.

318.

PVindob. L 119 - 120 - 121 = SEIDER I, 58 398 Ricevuta, in triplice copia, dell'actuarius Se,gjus.

319.

PBerol. inv. 16976 + 16977 = SEIDER 11/2, 20 = CLA, Suppi., 1783 Circa 400 Frammenti giuridici.

320. *

St. Gallen, Stiftsbibliothek, 1395 (cc. 7-327) = SEIDER 11/2, 54 = CLA, VII, 984

Circa 400 Evangelia - Codex E. 321.

PVindob. L 108 = WESSELY, 21

(Circa 400) Legittimazione di quattro protectores. 322.

Vercelli, Biblioteca Capitolare, ms. s.n. = CLA, IV, 467 II metà del IV secolo

Evangelia Antehieronimiana - Codex Vercel/ensis. 323. *

London, British Museum, Additional 40165 A. 1. = SEIDER 11/2, 60 = CLA, II, 178 Fine del IV secolo CYPRIANUS, Epistulae (LV, LXIX, LXXIV).

324.

PVindob. L 130 = CPR, VII, 21 IV secolo Dibattimento processuale davanti al praeses Thebaidis.

325.*

POxy. XXII 2352 = ChLA, IV, 263

ELENCO DEI PAPIRI

187

IV secolo Accordo fra parti (?). 326.

PBarc. inv. 149b-53 = SEIDER 11/2, 49 = CLA, Suppi., 1782 IV secolo

Psalmus responsorius. 327.

PBarc. inv. 158a-61a = R0CA-PuIG, Alcestis. Hexàmetres Uatins IV secolo Esametri latini.

328.

Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, B.P.L. 2589 = SEIDER 11/2, 7 = CLA, X, 1577 IV secolo

Pauli Sententiarum fragmentum Leidense. 329.

POxy. XVII 2089 = SEIDER 11/2, 9 = CLA, Suppi., 1715 IV secolo

Fragmentum iuris Anteiustiniani (ad legem luliam et Papiam ?). 330*

Roma, Collezione Arangio-Ruiz, P. s.n. IV secolo

=

SEIDER 11/2, 11 = CLA, Suppi., 1756

Fragmentum iuris Romani. 331.

PVindob. L 90 + PBerol. inv. 11753 ( = CPL, 85) + PBerol. inv. 21294 ( = "Archiv fiir Papyrusforschung", 34 (1988), pp. 5-13) = SEIDER 11/2, 12 = CLA, VIII, 1042 IV secolo

Fragmentum de Formula Fabiana. 332. *

PGrenf. Il 107 = SEIDER 11/2, 13 = CLA, Il, 248 IV secolo

Fragmentum de Societate. 333.

PBerol. lat. Qu. 914 = SEIDER 11/1, 25 = CLA, VIII, 1054 IV secolo Frammento del de bello lugurthino.

334.

PMich. VII 461 IV secolo Minuta di un documento.

335.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Palat. lat. 24 (cc. 72, 79-80, 82-5, 87-99, 102-21, 129-76) = CLA, I, 74 IV secolo AULUS GELLIUS, Noctes Atticae (frammenti).

336.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Palat. lat. 24 (cc. 73, 75-6, 78) = CLA, I, 75 IV secolo

188

ELENCO DEI PAPIRI LIVIUS, Liber XCI (frammenti).

337.

Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 2 (Vindob. 16) (cc. 1-12, 15-8, 21-36) A.8 (cc. 25-35) = CLA, III, 392 IV secolo LUCANUS, Pharsalia (V-VI).

338.

PBerol. inv. 11323 = CLA, VIII, 1039 IV secolo

+

IV.

Fragmentum iuris Anteiustiniani. 339.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 5757 = SEIDER 11/1, 52 = CLA, I, 35 IV secolo CICERO, De re publica.

340.

PAnt. I 22 = CLA, Suppi., 1707 IV secolo Frammento di opera giuridica.

341.

PLeipzig inv. 218 = ChLA, XII, 522 IV secolo Verbale di udienza.

342.

PBerol. inv. 14083r= ChLA, X, 429 (IV secolo) Lista di soldati.

343.

PBerol. inv. 14083v = ChLA, X, 430 (IV secolo) Lista di soldati.

344.

PBerol. inv. 14098 = ChLA, X, 444 (IV secolo) Lista di soldati.

345.

PLeipzig inv. 29 = ChLA, XII, 519 (IV secolo) Lettera all' exactor del nomos ermopolitano.

346:

POxy. XXIV 2401 = CLA, Suppi., 1717 IV secolo? TERENTIUS, Andria (602-68; 924-79).

347.

Paris, Musée du Louvre, P.E. 10295 = CLA, Addenda, 1857 IV secolo? Ius Anteiustinianum ?

348.

PSI XIV 1449 = CLA, Suppi., 1697 IV secolo ?

ELENCO DEI PAPIRI

189

ULPIANUS, Lib. XXXII ad edictum. 349.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3226 = SEIDER 11/1, 26 = CLA, I, 12 IV secolo? TERENTIUS, Codex Bembinus (A).

350.

PVindob. L 103 = SEIDER 11/1, 39 = CLA, X, 1537 IV/V secolo TERENTIUS, Andria (frammenti).

351.

PRainer Cent. 163 ( = PVindob. G 30885 a+ e)= SEIDER II/1, 42 = CLA, X, 1519 IV/V secolo CICERO, In Catilinam (frammenti).

352.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10696 = SEIDER 11/1, 54 = CLA, I, 57 IV/V secolo LIVIUS, frammenti.

353.

PBerol. inv. 21138 A-B = SEIDER II/1, 65 = CLA, Addenda, 1813 IV/V secolo Frammenti di un codice virgiliano greco-latino.

354.

PLeipzig I 40 = ChLA, XII, 518 Hermopolis. IV/V secolo Udienza di un processo.

355.

PVindob. L 59 A+ B + 92 = SEIDER 11/2, 8 = CLA, X, 1527 IV/V secolo Ius Romanum Anteiustinianum.

356.

PAmherst Il 28 = SEIDER 11/2, 10 = CLA, XI, 1657 IV/V secolo Frammento di opera giuridica.

357.*

PRyl. III 474=SEIDERII/2, 16=CLA, Suppi., 1722 IV/V secolo ULPIANUS, Ad Edictum (frammenti).

358.*

PAberdeen 1 = SEIDER II/2, 43 = CLA, II, 118 IV/V secolo Frammento del vangelo di Giovanni.

359.

PRyl. III 476 = CLA, II, 225 IV/V secolo Frammento di Constitutiones.

360.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Palat. lat. 24 (cc. 11-4) = CLA, I, 70

190

ELENCO DEI PAPIRI IV/V secolo LUCANUS, Pharsalia (VI, 21-61; 228-67; VII, 458-573).

361.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Palat. lat. 24 (cc. 46 e 53) = CLA, I, 72 IV/V secolo FRONTO, Gratiarum actio pro Carthaginiensibus.

362.

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10959 + Milano, Biblioteca Ambrosiana, D. 519 inf. + Torino, Biblioteca Nazionale, F.IV.27 = CLA, IV, 458 IV/V secolo CYPRIANUS, Epistulae.

363.

Torino, Biblioteca Nazionale, G.VII.15 = CLA, IV, 465 IV/V secolo

Evangelia secundum Marcum et Matthaeum versionis Antehieronymianae - Codex Bobiensis (K). 364.

Berlin, Deutsche Staatsbibliothek, Theol. lat. fol. 485 + Quedlinburg, Stiftskirche, Schatzkammer, ms. s.n. = CLA, VIII, 1069 IV/V secolo

Libri Regum versionis Antehieronymianae. 365.

PVindob. L 87 = CLA, X, 1530 IV/V secolo

Fragmentum textus incerti. 366.

Leningrad, Publichnaia Biblioteka, Lat. Q.V.1.3 = CLA, Xl, 1613 IV/V secolo (396-426) AUGUSTINUS, Libri Il ad interrogata Simpliciani.

367.

P.U.G. inv. n. 1156r= ChLA, XXVIII, 839 IV/V secolo Conto di cereali.

368.*

PMil. Vogl. inv. 1190 = CLA, Addenda, 1839 IV/V secolo CICERO, In C. Verrem Act. Sec. lib. V.

369.

POxy. LII 3660 = CLA, Addenda, 1834 IV/V secolo Elenco cli parole.

370.

Paris, Musée du Louvre, ms. s.n. = CPL, 94 IV/V secolo PAPINIANUS, Responsa, lib. IX (frammenti).

371.

PHaun. III 45 IV/V secolo Testo giuridico.

ELENCO DEI PAPIRI

191

LISTA B. Papiri senza uso di abbreviature. 1.

PCair. inv. 78-3-11/1 (LI/2) = "JRS", 69 (1979), pp. 125-55 = CLA, Addenda, 1817 50 a.C.-25 d.C. CORNELIUS GALLUS, Elegiae, frammenti.

2.

PHerc. 817 = SEIDER 11/1, 4 = CLA, III, 385 31 a.C./79 d.C. Frammento di un Carmen de bella Actiaco.

3.

PVindob. L lb = SEIDER I, 3 Circa 20 a.C.

Volumen litterarum acceptarum di Macedo. 4.

5.

PRainer Cent. 164 I secolo a.C. Lettera. PHerc. 21 = "La Parola del Passato", 20 (1965), pp. 307-13

Ante 79 Testo di prescrizioni religiose. 6.

PHerc. 1067 = CLA, III, 386

Ante 79 Opera filosofica ? o storica ?. 7.

PHerc. 1475 = CLA, III, 387

Ante 79 Opera di oratoria. 8.

PBerol. inv. 8334 = ChLA, X, 417 83-6 Copia di un codicillo imperiale.

9.

PBerol. inv. 14103, e v = ChLA, X, 449 e 450 Post 98 Lettere ?

10. *

POxy. VI 871 + 872 = SEIDER 11/1, 3 = CLA, Xl, 1666

Circa 100 Frammento di un'opera filosofica ? 11.*

PHawara 24 = SEIDER 11/1, 7 = CLA, Suppi., 1718

Circa 100 Esercizi di scrittura (Aen., II, 601). 12. *

PBerol. inv. 11649 = ChLA, X, 424 II metà del I secolo Lettera di raccomandazione.

192

ELENCO DEI PAPIRI

13.

PHamburg II 16 7v = ChLA, Xl, 493 (Fine del I secolo) Lettera di raccomandazione.

14.*

PRyl. IV 613 = ChLA, IV, 250 I secolo Lettera d'affari.

15.*

PNarm. inv. 66.362 = "ZPE", 48 (1982), pp. 75-8 = CLA, Addenda, 1816 I secolo VERGILIUS, Eclogae, VIII, 53-62.

16.

PMich. VII 431 = CLA, Xl, 1645 I secolo Opera giuridica.

17.*

PHamburg Il 167r= SEIDER 11/1, 6 = CLA, VIII, 1214 I secolo Frammento di un'opera di Afranio.

18.

PCair. inv. 39513 = CPL, 169 1/11 secolo Etichetta di un sacchetto contenente dell'orzo.

19.*

PGrenf. II 109 = ChLA, IV, 271 1/11 secolo Conti per un lavoro di falegnameria.

20. *

Milano, Università Statale, Istituto di Egittologia e Papirologia, P. 180 = CLA, Suppi., 1735 1/11 secolo Testo letterario ?

21.*

PMiinchen lat. 2r= ChLA, XII, 544 = CLA, Addenda, 1846 1/11 secolo Frammento di un testo giuridico.

22.

PQuseir al-Qadim 19 = "BASP", 23 (1986), pp. 1-60 1/11 secolo ? Frammento di contenuto indeterminato.

23.

PQuseir al-Qadim 20 = "BASP", 23 (1986), pp. 1-60 1/11 secolo ? Frammento di contenuto indeterminato.

24.

PKoln III 160 1/11 secolo ? Letter~ in latino con traduzione in greco.

25.

PWisc. II 70

ELENCO DEI PAPIRI

Inizi del II secolo Lettera. 26.

PMich. inv. 5395 = ChLA, V, 299 Circa 112 Lettera di Terenziano al padre Tiberiano.

27.

PMich. VII 430 = SEIDER 11/1, 10 = CLA, Xl, 1644 Ante 115 Frammento letterario (?).

28.

POxy. XLII 3016 148, maggio 28 Atti giudiziari.

29.

PMich. inv. 6847a = ChLA, V, 302 Metà del II secolo Rescritto sui privilegi dei veterani (?).

30.

PBerol. inv. 21652r= ChLA, XI, 466 Caesarea (Palestina). 152 Minuta del verbale di un'udienza.

31.

PLond. 384 = ChLA, III, 201 (cfr. Addenda, p. 202) Heracleopolis. 179, ottobre 3 Petizione del veterano Aelius Syrion al prefetto.

32. *

Oxford, Bodleian Library, lat. class. g. 5 ( = PFayum 10) + PBerol. inv. 11533 = SEIDER 11/2, 5 = CLA, Il, 249 Circa 200 Frammento di un'opera di Ulpiano.

33.

PMich. VII 458 = ChLA, V, 296 II metà del II secolo Lettera.

34.

SB, VI, 9248 ( = PClermont-Ganneau 4a) = ChLA, XVIII, 662 II metà del II secolo Ricevuta di grano.

35.*

PMich. VII 452 = ChLA, V, 297 Fine del II secolo Lettera?

36. *

POxy. L 3554 = CLA, Addenda, 1833 II secolo Esercizi di scrittura (Aen., Xl, 371-2)

37.

PAberdeen 131 = ChLA, IV, 226 II secolo

193

194

ELENCO DEI PAPIRI

Documento di contenuto indeterminato. 38.

PMich. inv. 5869a = ChLA, V, 300 II secolo Lettera.

39.

POxy. XVII 2088 = SEIDER II/1, 12 = CLA, Suppi., 1714 II secolo Frammento delle Origines di Catone ?

40.*

PAberdeen 129 = ChLA, IV, 225 = CLA, II, 119 II secolo Frammento di contenuto indeterminato.

41.

PWisc. II 48 II secolo Verbale di un'udienza.

42.

PMed. inv. 195 = ChLA, XXVIII, 841 II secolo ? Lettera di raccomandazione.

43.

PBerol. inv. 11691 = ChLA, X, 425 (II secolo) Petizione ?

44.

PBerol. inv. 14093r e v = ChLA, X, 439 (Il secolo ?) Frammenti di contenuto indeterminato.

45.

PBerol. inv. 25048 = ChLA, XI, 475 (Il secolo ?) Frammento di contenuto indeterminato.

46.

PHamburg inv. 196 = ChLA, XI, 494 (II secolo ?) Frammento di contenuto indeterminato.

47.

Pland. IV 68a = ChLA, Xl, 489 (Il secolo ?) Frammento di contenuto indeterminato.

48. *

PGen. lat. 7 = ChLA, I, 11 = CLA, VII, 885

11/111 secolo Inventario di opere d'arte. 49.

PBerol. inv. 6101 = ChLA, X, 408

11/111 secolo Lettera. 50. *

PBerol. inv. 7815r = ChLA, X, 415

ELENCO DEI PAPIRI

II/III secolo Editto. 51.

PBerol. inv. 14085 = ChLA, X, 432 II/III secolo Documento di contenuto indeterminato.

52.

PBerol. inv. 25093 = ChLA, Xl, 484 II/III secolo Frammento di contenuto indeterminato.

53.

PSA Athen. 50r II/III secolo Frammento di contenuto indeterminato.

54.

PAberdeen inv. 2h = ChLA, IV, 230 II/III secolo Frammento di un documento contabile militare ?

55.

PAberdeen inv. 2j = ChLA, IV, 231 II/III secolo Lettera ?

56.

Paris, Sorbonne, lnstitut de Papyrologie, P. inv. 2249 = ChLA, XVIII, 664 = CLA, Suppi., 1755 II/III secolo Esercizi di scrittura in greco e in latino.

57.

PBerol. inv. 14089 = ChLA, X, 435 (II/III secolo) Frammenti vari.

58.

PBerol. inv. 14105 = ChLA, X, 452 (11/111 secolo) Frammento di una lettera d'affari.

59.

PDura 103 = ChLA, IX, 358 205-24 Lista di cavalieri.

60.

PDura 57 = ChLA, VI, 312 Circa 208 ? Lettera ufficiale ?

61.

PDura 73 = ChLA, VII, 328 (210-20) Frammenti diversi.

62.

PDura 77 = ChLA, VII, 332 (Circa 210-30)

195

196

ELENCO DEI PAPIRI

Frammenti di lettera. 63.

PDura 78 = ChLA, VII, 333 (Circa 210-30) Sottoscrizione.

64.

PDura 79 = ChLA, VII, 334 (Circa 210- 30) Lettera.

65.

PDura 75 = ChLA, VII, 330

(Circa 215) Frammenti vari. 66.

PDura 62 = ChLA, VI, 317 Circa 216-20 Frammento di una lettera.

67.

PDura 71 = ChLA, VII, 326 Circa 219 Frammento di una lettera.

68.

PDura 134 = ChLA, IX, 387 220-2 ? Frammento di contenuto indeterminato.

69.

PDura 124 = ChLA, IX, 379 (220-40) Lista di nomi.

70.

P Dura 65 = ChLA, VI, 320 221 Frammento di lettera ufficiale.

71.

PDura 140 = ChLA, IX, 392 Post 225-35 Frammento di contenuto indeterminato.

72.

PDura 136 = ChLA, IX, 389 Ante 233 ? Frammento di ruolo militare ?

73.

PDura 86 = ChLA, VII, 341 Circa 240 Acta diurna ?

74.

PDura 119 = ChLA, IX, 374

(Circa 240) Lista di nomi. 75.*

PDura 135 = ChLA, IX, 388

ELENCO DEI PAPIRI

197

240-50 Frammento di contenuto indeterminato. 76.

POxy. X 1271 = ChLA, IV, 266 (Alexandria). 246, aprile 26 - maggio (?) 16 Permesso di lasciare l'Egitto.

77.*

POxy. XI 1404 = SEIDER 11/1, 20 = CLA, Xl, 1667 I metà del III secolo Parafrasi di una favola di Esopo.

78.

PDura 80 = ChLA, VII, 335 (Circa 250) Frammenti di lettere.

79.

PBibl. univ. Giss. inv. 354r= ChLA, XI, 487 (Metà del III secolo) Lettera ufficiale.

80.

PFlor. I 326 = ChLA, XXV, 777 Hermopolis. 298, dicembre 20 Sottoscrizione di una dichiarazione di proprietà.

81.

PLond. 1611r= ChLA, III, 209 Hermopolis. (298) Sottoscrizione di una dichiarazione di proprietà.

82.

PThead. 55 299 Sottoscrizione di una dichiarazione di proprietà.

83.*

PMich. VII 457 (= CLA, Suppi., 1780)+PYale inv. 1158v= SEIDER 11/1, 16 Fine del III secolo Frammento bilingue di un commento a una favola di Esopo ?

84.

PMich. VII 459 = CLA, Suppi., 1781 III secolo

Exercitationes scribendi ? 85.

PMiinchen lat. 1 = CLA, IX, 1342 III secolo Frammento di contenuto indeterminato.

86.

PVindob. L 16 = CLA, X, 1520 III secolo Frammento di contenuto indeterminato.

87.*

PReinach 2069 = SEIDER 11/1, 15 = CLA, V, 698 III secolo

Glossarium latino-graecum.

198

ELENCO DEI PAPIRI

88.

PBerol. inv. 14094 = ChLA, X, 441 (III secolo) Lista di soldati.

89.

PBerol. inv. 14102 = ChLA, X, 448 (III secolo) Lettera.

90.

PBerol. inv. 14110 = ChLA, X, 457 (III secolo) Lettera.

91.

PBerol. inv. 14112 = ChLA, X, 459 (III secolo) Frammento di contenuto indeterminato.

92.

PBerol. inv. 14113r= ChLA, X, 460 (III secolo) Lettera.

93.

PBerol. inv. 14114 = ChLA, X, 462 (III secolo) Lettera privata.

94.

PBerol. inv. 25047 = ChLA, Xl, 474 (III secolo) Frammento di contenuto indeterminato.

95.

PBerol. inv. 25081 = ChLA, XI, 483 (III secolo) Lettera ufficiale.

96.

PBerol. inv. 14106 = ChLA, X, 453 (III secolo ?) Conti.

97. *

PRyl. III 473 + POxy. s.n. = SEIDER 11/1, 23 = CLA, Suppi., 1721 III/IV secolo Frammento delle Historiae di Sallustio.

98.*

POxy. Xl 1379 = SEIDER 11/1, 36 III/IV secolo Frammento liviano.

99.

PAnt. I 35 = ChLA, IV, 260 III/IV secolo Petizione al prefetto.

100.

PVindob. L 113 = VAN H0ESEN, 128 III/IV secolo

ELENCO DEI PAPIRI Frammento di contenuto indeterminato. 101.*

PBon. I 5 = SEIDER 11/1, 35 = CLA, Suppl., 1677 Fine III/inizi IV secolo Modelli epistolari greco-latini.

102.*

PVindob. L 115 = WESSELY, 14 Inizi del IV secolo Sentenza giudiziaria.

103.

PMerton III 115 Inizi del IV secolo Lettera privata.

104.

PSI I 112 = ChLA, XXV, 781 316 Rescritto imperiale.

105.

PRyl. IV 623 = ChLA, IV, 253 317/24 Lettera di raccomandazione da parte di Vitalis, rationalis.

106.

PLond. 447 = ChLA, III, 202 Antiochia ? 341/2 Petizione di Flavius Abinnaeus.

107.

PGen. 62 = ChLA, I, 6 346-51 Lettera ad Abinnaeus.

108.

PLeipzig I 35 = ChLA, XII, 524 Hermopolis. 375-8 Petizione agli imperatori.

109.*

PAnt. III 155 = CLA, Suppl., 1790 Fine del IV secolo Frammenti di vario contenuto.

110.

PMich. inv. 3328r= ChLA, V, 287 IV secolo Verbale di un'udienza (?).

111.

PTebt. II 688 = ChLA, V, 307 IV secolo Lettera.

112.*

PAmherst II 26 = SEIDER II/1, 17 = CLA, XI, 1656 IV secolo Frammento di una favola di Babrio.

113.

PRyl. I 42 = SEIDER II/1, 22 = CLA, II, 223

199

200

ELENCO DEI PAPIRI IV secolo Frammento del de bello lugurthino.

114.

PSI VII 848 = SEIDER II/1, 37 = CLA, III, 291 IV secolo Frammento greco-latino di una favola di Esopo.

115.

PCair. inv. 85644 A+ B re v + PRyl. III 478 ( = CLA, II, 227) + PMed. I 1 CLA, III, 367) = SEIDER II/1, 38 IV secolo Frammento greco-latino dell'Eneide (Aen., I, 235-43, 247-61, 270-4, 406-14, 418-26, 633-40, 645-51, 702-7, 711-9). (=

116.

PChester Beatty Ac. 1499 = SEIDER II/2, 46 IV secolo Lessico greco-latino su quattro epistole paoline.

117.*

PSI I llOr e v = SEIDER II/1, 61 = CLA, III, 288 IV secolo SALLUSTIUS, Catilina, X, 4-5 - XI, 6-7.

118.

PAnt. III 154 = CLA, Suppi., 1712 IV secolo Frammenti di contenuto indeterminato.

119.

Bloomington (Ind.), Indiana University, P. s.n. = CLA, XI, 1648 IV secolo Commentarium in ius Romanum Graeco-Latinum.

120.

PBarc. inv. 126a-49a + PDuke lat. 1 ( = CLA, XI, 1650) = RocA-PuIG, Cicer6. Catilinàries. IV secolo CICERO, In Catilinam, I, 6-9, 13-33; II.

121.

PLond. 176 7 = ChLA, III, 211 (IV secolo) Lettera di Eulogius, epitropos.

122.

PLeipzig inv. 270 = ChLA, XII, 523 (IV secolo) Copie di lettere.

123.*

PSI XIII 1346 = CLA, Suppi., 1696 (IV secolo ?) Frammento di libro ?

124.

PVindob. L 31 = SEIDER I, 59 IV/V secolo (post 386) Copia di un rescritto imperiale.

201

ELENCO DEI PAPIRI 125.*

PSI VII 756 = SEIDER 11/1, 63 = CLA, III, 290 IV/V secolo Interpretamenta Vergiliana (Aen., Il, 443 segg.).

126.*

PRyl. unclassified = ChLA, IV, 258 = CLA, Suppi., 1727 IV/V secolo Frammento di contenuto indeterminato.

127.

PLeipzig inv. 1033 = ChLA, XII, 528 IV/V secolo Frammento di lettera.

128.

PVindob. L 89 = CLA, X, 1532 IV/V secolo Frammento di contenuto indeterminato.

129.

PVindob. L 117 = CLA, X, 1539 IV/V secolo Frammento di un'opera storica.

130.*

Milano, Biblioteca Ambrosiana, Cimelio, 3 (cc. 113r-120v) III, 306 IV/V secolo VERGILIUS, Aen., I, 588-748.

131.*

POxy. X 1314 = CLA, Suppi., 1701 IV/V secolo Esercizio di scrittura.

132.

PFouad I 5 = SEIDER 11/1, 64 = CLA, X, 1570 IV/V secolo VERGILIUS, Aen., III, 444-68, frammento greco-latino.

133.

PVindob. L 19 =MPER, XV, 181 IV/V secolo Esercizi di scrittura ?

=

CPL, 7 = CLA,

202

ELENCO DEI PAPIRI

Addenda Diamo di seguito i dati relativi a quattro papiri che sono stati censiti quando il libro era già in fase di stampa. Datati il primo all'anno 48, il secondo al 68/9 (?),egli ultimi due al IV secolo, vengono numerati come bis o ter del numero corrispondente al papiro ad ognuno di essi più vicino cronologicamente della lista A, alla quale vanno tutti riferiti. 15.bis

PL. Bat. XXV, 22 48 Documento militare.

21.bis

PL. Bat. XXV, 23 68/9 (?) Documento militare.

341.bis

Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, PL III/504 = "SCO", 39 (1989), pp. 159-64. IV secolo Citazione virgiliana (Aen., XI, 12-3) in un contesto grammaticale.

341.ter* PBerol. inv. 21299 = "Archiv fiir Papyrusforschung", 34 (1988), pp. 5-13. IV secolo VERGILIUS, Aen., X, 832-6, 863-7. Ricordiamo infine che il PLond. 384, elencato a p. 193 come B31, andrebbe a causa della abbreviatura COS, per consulibus, al rigo 3, spostato nella lista A come numero 92.bis.

INDICE DEI PAPIRI*

PAberdeen 1 61 129 130 131 132 133 150 inv. 2h 2j

PAmherst II 26 28 182 PAnt. I 22 35 41r III 154 155 PBarc. inv. 126a-49a ( + PDuke lat. 1) 1496-53 158a-61a PBerol. inv. 6101 6757 6765

6866 A + B ( + PReinach 2222) 6870 ( + 14097) 7124 7126 7428 7815r e v 8334 8507 8866 8906 8997 11323 11533 + (Oxford, Bodleian Library, lat. class. g. 5 = PFayum 10) 11596r e V 11649 11691 (PVindob. L 90 +) 11753 ( + PBerol. inv. 21294) 13319 13887 13956 14083r e v 14084 14085 14086 14088 14089

*Dei testi non pubblicati nelle consuete collezioni papirologiche viene dato un elenco a parte, ordinato secondo la segnatura del luogo di conservazione.

204

INDICE DEI PAPIRI

14090 14091 14092 14093r e V 14094 14095 14096 (6870 +) 14097 14098 14099 14100 14101 14102 14103r e V 14105 14106 14107 14108 14109 ( + 21688) 14110 14111 14112 14113r e v 14114 16045 A+ B 16976 + 16977 21138 A-B (PVindob. L 90 + P.Berol. inv. 11753 +) 21294 21299 21652r e v (14109+) 21688 25025 25046 25047 25048 25049 25050 25051 25052r 25053 25057

25081 25093 PBerol. lat. Qu. 914 PBon. I 5 PBouriant 20 PBrooklyn inv. no. 35.1207r PCair. inv. 10268 10723 10745 39513 85644 A+ B re v ( + PRyl. III 478 + PMed. I 1) 78-3-11/1 (Ll/2) PCair. Isid. 3 4 5 8

74 PChester Beatty Ac. 1499 PClermont-Ganneau 4a ( = SB, VI, 9248) PColl. Youtie I 64 PDaris inv. 5 (PRyl. IV 610 +) 200 (PBarc. inv. 126a-49a +) PDuke lat. 1 PDura 26 30 32 54 55 56 57 58 59

INDICE DEI PAPIRI

60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77

78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101

205

102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 124 125 128 130 131 133 134 135 136 137 138 139 140 142 143 145 PFayfun 10 (=Oxford, Bodleian Library, lat. class. g. 5) ( + PBerol. 11533) 38 ( = PLond. 820) 105 ( = PLond. 1196)

206

INDICE DEI PAPIRI

9 (inv. gr. 116) 10 11 12

PFayum Barns 2 PF!or. I 326 36

II 278

PHerc. 21 817 1067 1475

PFouad I 5 45 PFreiburg inv. 8r

PHibeh II 276 PGen. 45 62

Pland. IV 68 68a

lat. 1

4

V 90r e v

5 7 8

inv. 209 PJena inv. 84

PBibl. univ. Giss. inv. 40 354r PGrenf. II 10 7 108 ( = PLond. 730) 109 110 ( = PLond. 731) PHamburg I 72

II 167r

e

v

inv. 196 310 409 508 PHaun. III 45 PHawara 19 24 PHeid. lat. 1 3 6 7 8

a b (inv. 1001) (inv. 1000) (inv. 1002) (inv. 1003) (inv. 1004)

PKoln III 160 PLeipzig I 33 35 38 40

44 inv. 29 136 218 270 1026 1033 PLond. 229 384 447 482 730 ( = PGrenf. 731 ( = PGrenf. 820 ( = PFayum 1196 ( = PFayum 1611r 1763 1767

II 108) II 110) 38) 105)

207

INDICE DEI PAPIRI

1774 2723r ( + PMich. VII 447) 2723v ( + PMich. VII 429) 2851

458 459 460 461 VIII 467 468 469 470 471 472

PL.Bat. XXV, 22 23 (PCair. inv. 85644 A+ B re v + PRyl. III 478 +) PMed. I 1 PMed. inv. 195 68.87

X 592 inv. 2276 3296 3328r 4014 5395 5869a 6847a

PMerton III 115 PMich. III 159 161 162 163 164 165 VII (P.Lond. 2723v +) 429 430 431 433 (PRyl. IV 612 +) 434 435 ( + 440) 438 439 (435 +) 440 442 443 445 (PLond. 272Jr +) 447 448 449 450 452 453 454 455 456 ( + PYale inv. 1158r) 457 ( + PYale inv. 1158v)

PMil. Vogl. inv. 1190 PMiinchen lat. 1 2r e v 3

PNarm. inv. 66.362 POsl. III 122 POxy.

I 30 32 II 244 III 454 IV 668 (+PSI XII 1291) 720 735 737 VI 871 872 894

+

VII 1022

208

INDICE DEI PAPIRI

VIII 1114 IX 1201 X 1271 1314

XI 1379 1404 XII 1466 1511 XVII 2088 2089 2103

PPrinc. III 143 Garrett Deposit 7532r 7734 PQa~r Ibrim 30 34c PQuseir al-Qadim 18 19 20 PRainer Cent. 163 ( = PVindob. G 30885 a+ e)

164

xx 2269 XXII 2352 XXIV 2401 XXXI 2565 XXXII 2624 XXXVIII 2857 XLI 2950 2951 2952 2953 XLII 3016 XLIII 3129 XLIV 3208 L 3554 3577 3579 LI 3619 LII 3660 3692 LV 3785 3793 3794 (PRyl. III 473 +) POxy. s.n.

PReinach 2069 (PBerol. inv. 6866 A + B + ) 2222 PRoss. Georg. V 18 PRyl. I 42 II 79 223v

273a III 472 473 ( + POxy. s.n.) 474 476 (PCair. inv. 85644 A+ B r e v +) 478 ( + PMed. I 1) IV 553 608 610 ( + PDaris inv. 200) 611 612 ( + PMich. VII 434) 613 614 623 653 654 656 702

209

INDICE DEI PAPIRI

PRyl. unclassified PSA Athen. 50r PSI I ll0r e v 111 112

PThead. 13 54 55 inv. 31 P.U.G. inv. n. 1156r PVindob. L 1 a b

VI 729 730

2r e v

4 VII 756 848 IX 1026 XI 1183 (POxy. IV 668 +) XII 1291 XIII 1306 1307 1308 1321 1346

9 16 19 31 59 A+ B + 92 72 e 82 r 87 89 90 ( + PBerol. inv. 11753 + PBerol. inv. 21294) 99r

XIV 1448 1449 PStraBb. I 36 42 V 617 ( = PStra.Bb. gr. 792 + 802 + 812) gr. 790 + 792 + 802 + 812 + 821a (PStra.Bb. gr. 792 + 802 + 812 = PStra.Bb. V 617) 1490 + lat. 4 lat. 1 2

(PStra.Bb. gr. 1490 +) 4 5 PTebt. II 433 686AeB 687 688

l00r 103 106 108 111 112r 113 115 117 119 120 121 125 130 135 ( = SB, XVI, 12609) G 30885 a+ e ( = PRainer Cent. 163) PWisc. II 48 50 70 PYale inv. 235

210

INDICE DEI PAPIRI

249 555 ( = SB, VI, 9290) 590 1547 (PMich. VII 456 +) 1158r (PMich. VII 4 57 + ) 1158v

SB III 7181 VI 9248 ( = PClermont-Ganneau 4a) 9290 ( = PYale inv. 555) XVI 12609 ( = PVindob. L 135)

Berlin, Deutsche Staatsbibliothek, Theol. lat. fol. 485 ( + Quedlinburg, Stiftskirche, Schatzkammer, ms. s.n.) Bloomington (Ind.), Indiana University, P. s.n. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Palat. lat. 24 (cc. 11-4) . 24 (cc. 46 e 53) 24 (cc. 72, 79-80, 82-5, 87-99, 102-21, 129-76) 24 (cc. 73, 75-6, 78) Vat. lat. 3226 5757 10696 10959 (+Milano, Biblioteca Ambrosiana, D. 519 inf. + Torino, Biblioteca Nazionale, F.IV.27) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, PL III/504 Istituto Papirologico "G. Vitelli", P.CNR (1970) Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, B.P.L. 2589 Leningrad, Publichnaia Biblioteka, Lat. Q.V.I.3. London, British Museum, Additional 40165 A. 1. Milano, Biblioteca Ambrosiana, Cimelio, 3 (cc. 113r-120v) D. 519 inf. (cfr. Vat. lat. 10959) Università Statale, Istituto di Egittologia e Papirologia, P. 180 Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 2 (Vindob. 16) (cc. 1-12, 15-8, 21-36) + IV.A.8 (cc. 25-35) Oxford, Bodleian Library, ms. gr. class. c. 126 (P) f. 126 (P) lat. class. d. 11 e. 37R

g. 3 (P) g. 4 (P) g. 5 ( = PFayum 10) ( + PBerol. inv. 11533)

INDICE DEI PAPIRI

Paris, Bibliothèque Nationale, nouv. acq. lat. 3147 Musée du Louvre, P .E. 10295 ms. s.n. Sorbonne, Institut de Papyrologie, P. inv. 2249 Quedlinburg, Stiftskirche, Schatzkammer, ms. s.n. (cfr. Berlin Theol. lat. fol. 485) Roma, Collezione Arangio-Ruiz, P. s.n. St. Gallen, Stiftsbibliothek, 1395 (cc. 7-327) Torino, Biblioteca Nazionale; F.IV.27 (cfr. Vat. lat. 10959) G. VII. 15 Vercelli, Biblioteca Capitolare, ms. s.n.

211

TAVOLE

USO DELL'INTERPUNZIONE

Si avverte che accanto alla segnatura dei papiri citati compare il numero d'ordine progressivo che li individua all'interno dei due elenchi da noi proposti. Alle Istituzioni depositarie del materiale riprodotto vanno i nostri ringraziamenti per l'autorizzazione alla riproduzione in questa sede.

TAVOLA I Fig. 1: PMich. III 159 (A13). Fig. 2: PBerol. inv. 7428 (A68).

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20

Figura 5

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USO DELLE ABBREVIATURE

TAVOLA IV Fig. 6: PGen. 45 (A304). I primi due testi esemplificano la forte differenziazione rilevabile fra le testimonianze più antiche, in cui l'uso di abbreviature è piuttosto ristretto, e comunque limitato a poche tipologie abbreviative, e quelle collocabili alla fine del periodo censito, in cui invece la presenza di tipologie abbreviative varie e accompagnate da segni diacritici si fa più cospicua. Il terzo papiro riprodotto, invece, attesta come anche! nei testi del IV secolo l'uso delle abbreviature possa essere molto limitato, se non del tutto assente, a riprova del fatto che la presenza o meno di compendi è strettamente dipendente dalla tipologia testuale in cui essi vanno usati, nonché dal grado di competenza grafica, e culturale in genere, dello scriptor.

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SIGLE

TAVOLA V Fig. 7: PBerol. inv. 7124, I, 29 (A61): D·M·AB·F·PQ·T·F·C·E F, per dolus malus abesto familiam pecuniamque testamenti faciendi causa emit fiduciarius.

Fig. 8: PHamburg inv. 409, II, 18 (Al 78): N P, per numerus purus. Fig. 9: PDura 95, b, II, 9-15 (A229): N P, per numerus purus. Fig. 10: PDura 97, 15 (A233): N À D, per nota armo dextro.

Figura 7

Figura 8

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Figura 9

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15

Figura 10

SIGLE

TAVOLA VI Fig. Fig. Fig. Fig.

11: 12: 13: 14:

PSI VI 730, 6 (A39): S7, per semis. PBerol. inv. 14090, 3-8 (A270): ~. per modii. TabVindolanda 4, 24-38: M, per modii. PMich. X 592, II, 7-15 (A288): DO NN, per dominis nostris.

L'analisi in diacronia della presenza delle sigle dal I secolo a.C. al IV secolo d.C. ha posto in evidenza come da sigle non segnalate, o accompagnate da punti diacritici (fig. 7), si passi a delle sigle sempre più frequentemente segnalate da segni diacritici fra i più vari: dal titulus tracciato sulla lettera (fig. 8) agli apici tracciati sopra le lettere o ai punti soprascritti (figg. 9-10), per giungere a segni particolari come la dipla (fig. 11). Non mancano poi, per un medesimo scioglimento, sigle segnalate in modo diverso, come la forma M, per modii, accompagnata ora da una letterina soprascritta, ora da un titulus (figg. 12-13). Si impone infine l'uso di raddoppiare le sigle per indicare il plurale, sempre accompagnandole con segni diacritici (fig. 14), uso che risponde all'esigenza di rendere sempre più chiari e inequivocabili i compendi e di facilitarne lo scioglimento.

Figura 11

Figura 12

5

5

10 Figura 13

20

25

30

5

35 10

40

15

20 45

TRONCAMENTI

TAVOLA VII Fig. Fig. Fig. Fig.

15: 16: 17: 18:

PMich. III 162 (A98). PBerol. inv. 25050, 7 (A238): AUG 1, per Augusti. PDura 100, XIX, 5-11 (A166): AD DOM N, per ad dominum nostrum. PMich. VII 435 + 440, 435, 6 (A113): NON, per Nonas.

Figura 16

Figura 15

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Figura 17 Figura 18

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10 10

TRONCAMENTI

TAVOLA VIII Fig. 19: PBerol. inv. 8906, verso, (A90): LEG' TR' FORT', per /egionis Traianae fortis. Fig. 20: PSI I 111, 7 (A243): CO$S, per Consu/-. Fig. 21: PLeipzig I 44, II, 1-2 (A247): IMPP' AUGG' NOBB' CAESS', per imperatores

Augusti nobilissimi Caesares. Fig. 22: Vat. Lat. 10696, c. lr (A352): REDEUNTIB·, per redeuntibus. Analogamente a quanto rilevato per le sigle, anche nell'ambito dei troncamenti si assiste, in diacronia, a un lento ma costante e progressivo processo di razionalizzazione della struttura degli stessi, che diventano sempre più riconoscibili e segnalati, grazie ai segni diacritici che li accompagnano e al raddoppiamento della consonante finale per indicare il plurale. Così dai troncamenti segnalati da un punto intermedio (fig. 15) si passa a compendi accompagnati da una pluralità di segni diacritici diversi: una dipla semplificata (fig. 16), un apice collocato sull'ultima lettera del compendio o tracciato accanto ad essa (figg. 17 e 19), o ancora un titu/us concavo verso l'alto (fig. 18). Il processo di massima razionalizzazione sembra poi compiersi con la comparsa dei troncamenti raddoppiati e comunque sempre segnalati, ad esempio da un titu/us obliquo che taglia la parola (fig. 20) oppure da apici tracciati accanto all'ultima lettera (fig. 21). Si deve infine ricordare che particolarmente nel IV secolo si venne imponendo l'uso regolare di troncare la desinenza -bus (fig. 22) e l'enclitica -que.

Figura 20

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TRONCAMENTI SILLABICI

TAVOLA XII Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig.

31: 32: 33: 34: 35: 36:

PBerol. inv. 14099, 3-6 (A232): SS, per suprascript-. PDura 66, A, vmo (A159): PF· e PP·, per p,aefecto e primipilo. PHamburg inv. 409, Il, 21 (A178): QQ e BF, per quoque e beneficiarii. PHeid. lat. 7, 5 (A58): PP, per p,aeposit-. Leid. B.P.L. 2589, vmo, 22 (A328): TM, per tamen. PVindob. L 90, recto, 16 (A331): DD·, per deinde.

Gli esempi riprodotti illustrano le varie fasi attraverso le quali si è svolto in diacronia

l'iter formativo dei troncamenti sillabici, cosl come le abbiamo prospettate nella nostra indagine. Dalle sigle in successione, utilizzate per abbreviare parole composte da due sezioni logicamente distinte e autonome (fig. 31), si passa infatti a una fase successiva, quella in cui si abbreviano mediante l'accostamento di due sigle anche vocaboli composti da due sezioni solo etimologicamente distinte e oramai fuse in una parola singola (figg. 32-4), per giungere infine alla struttura definitiva dei troncamenti sillabici, quale si ritrova, ad esempio, nei troncamenti sillabici dei bisillabi presenti nelle notae iuris (figg. 35-6), struttura che è costituita dalla prima lettera della parola e dalla lettera iniziale di alcune - se non di tutte • delle altre sillabe. Come bene attestano gli esempi, va ricordato che i troncamenti sillabici sono spesso accompagnati da segni diacritici, in particolare da tituli.

Figura 32

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FUNZIONI DEL TITULUS

TAVOLA XX Fig. 62: PLond. 2723v, II, 2-5 (A109). Fig. 63: PGen. lat. 8, 21 (A87): AUG, per Augusto. I papiri riprodotti offrono alcuni fra gli esempi più antichi delle due funzioni, quella distintiva e quella abbreviativa, che il titulus ha assunto nelle esperienze grafiche romane. La funzione distintiva, di segnalare cioè le parole importanti, sulle quali deve soffermarsi l'attenzione del lettore, è attestata dal testo-riprodotto nella fig. 62, in cui sono segnalati in questo modo numerosi vocaboli. Il caso illustrato dalla fig. 63 è invece quello di un titulus usato in funzione diacritica, per segnalare dunque le abbreviature: è questo peraltro un esempio molto significativo, poiché si tratta di una delle prime attestazioni di troncamento segnalato da un titulus, che comunque era già stato usato come segno diacritico sia per alcune sigle sia per i segni speciali e i numerali. Le due funzioni, distintiva ed abbreviativa, attribuite al titulus sono testimoniate particolarmente nei testi del IV secolo, in cui abbiamo, da un lato, tituli distintivi che accompagnano i nomina sacra, dall'altro tituli diacritici delle abbreviature, frequenti soprattutto nelle notae iuris.

Figura 62

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Figura 63 15

20

INDICE GENERALE

PREMESSA PREFAZIONE

I. ASPETTI GENERALI DELLA RICERCA MATERIALI E METODI STRUTTURA DELLA RICERCA: TERMINOLOGIA E PROBLEMI

IL CARATTERI DEL SISTEMA ABBREVIATIVO I SECOLO a.C. I SECOLO d.C. II SECOLO d.C. III SECOLO d.C. IV SECOLO d.C.

pag.

7

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9

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13

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13

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22

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27

» » »

27 29 55

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72

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84

III. SULLE ORIGINI E LE FUNZIONI DELLE ABBREVIATURE

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PER UNA TEORIA SULLE FUNZIONI DELLE ABBREVIATURE NOTE SULLE ORIGINI DELLA CONTRAZIONE

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103 103 125

BIBLIOGRAFIA Indice delle fonti Opere di consultazione generale

» » » »

145 145 148

»

159 161 191 202

INDICE DEI PAPIRI

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203

TAVOLE

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213

ELENCO DEI PAPIRI LISTA A. Papiri contenenti abbreviature LISTA B. Papiri senza uso di abbreviature Addenda

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