Alla riscoperta di piazza del Duomo in Firenze. Santa Maria del Fiore nell'Europa delle cattedrali
 8870383210, 9788870383218

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Alla riscoperta di Piazza del Duomo in Firenze Saggi per una lettura storico-artistico-religiosa dei suoi monumenti Collana diretta da Maria Fossi Todorow

7.

S&nta Maria del Fiore nell'Europa delle cattedrali

Florence, Church -CATHEDRAL

Santa Maria del Fiore,nell 'Europa delle cattedrali Timothy Verdon., ed. (Florence, 1998) pp. 145, ill., cm 24, (Alla Riscoperta di Piazza del Duomo in Firenze, Editore: CENTRO DI, ISBN 88-7038-321-0

t 35.000

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La cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore vista da Via de' Servi.

Arcidiocesi di Firenze Ufficio diocesano per la Catechesi attraverso l'arte

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ALLA RISCOPERTA DI PIAZZA DEL DUOMO IN FIRENZE 7

SANTA MARIA DEL FIORE NELL'EUROPA DELLE CATTEDRALI A cura di Timothy Verdon

Saggi di Ernesto Brivio, Maria Monica Donato, Giovanni Leoncini, Lucio Riccetti, Timothy Verdon

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Centro Di

Copyright 1 998 Centro Di della Edifimi srl, Firenze ISBN 88-703 8-3 2 1 -0 Stampa: Alpi Lito, Firenze, maggio 1 998

Referenze fotografiche: Foto Artini, Firenze; Ezio Epis, Milano; Fabbrica del Duomo di Milano; Giovanni Leoncini, Firenze; Opera del Duomo, Firenze; Franco Cosimo Panini Editore, Modena; Raffaelli-Armoni-Morelli, Orvieto; M. Roncella, Orvieto; Scuola Normale Superiore, Pisa; Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Firenze, di Siena

Sommario

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Maria Fossi Todorow 6 Premessa Timothy Verdon 8 Introduzione Timothy Verdon 1 1 L'idea di una grande chiesa: Roma, Siena, Firenze Giovanni Leoncini 3 5 Le Cattedrali d'Europa e Santa Maria del Fiore Maria Monica Donato 67 " Constructa civibus suis". Un itinerario dentro ed intorno alla Cattedrale di Pisa Lucio Riccetti 9 7 Il Duomo di Orvieto: un percorso di lettura Ernesto Brivio 1 1 7 Il Duomo di Milano, cattedrale d'Europa 1 43 Elenco delle illustrazioni /

PREMESSA

Nel licenziare le bozze del settimo ed ultimo volume della collana "Alla riscoperta di Piazza del Duomo", non si può non riandare con la memoria al debutto della proposta di riscoprire questa notissima piazza. Proposta che fu accolta e sostenuta da S.E. il Cardinale Piovanelli, che ha creduto nelle potenzialità di tale progetto, pur così anomalo nel quadro delle iniziative diocesane, e pertanto non privo di incognite, di rischi, e di sorprese. La proposta di invitare i fiorentini a riscoprire il cuore religioso della loro città in una chiave non solo storico-artistica, ma soprattutto religiosa, è stata accolta, non senza il nostro stupore, con una inattesa ed imprevista risposta di numerose persone, accorse nel loro Battistero durante ben sette anni, per cinque incontri primaverili, desiderose di farsi 'guidare' alla riscoperta di questo inesauribile universo di bellezza, di sacralità e di storia, a tutti familiare, ma da nessuno veramente conosciuto nel suo ruolo primario. La fiducia del Cardinale e la risposta così fedele, intensa e stimolante del sempre numerosissimo uditorio (dalle trecento alle cinquecento persone ad ogni incontro) sono stati i due punti di forza che hanno sostenuto questo progetto, sbocciato e cresciuto imprevedibilmente negli ultimi sette anni. La presente collana con i suoi sette volumi è la testimonianza del modo, del metodo e della finalità di questo progetto, che ha alla sua base la certezza che le opere d'arte sacra, in tutti i tempi e in tutte le civiltà, sono state commissionate ed eseguite con lo scopo primario di servire da tramite .nel rapporto fra l'uomo e Dio. Ci auguriamo che da questi volumi altre persone possano attingere nuovi spunti e nuove idee, per applicare in altre sedi e su altre opere d'arte sacra un metodo di 'lettura' che ne evidenzi le potenzialità catechetiche, devozionali e mistiche. Potenzialità che è nostro compito urgente evidenziare con vigore e chiarezza, in un periodo della nostra storia occidentale in cui questi messaggi fondamentali del­ l'immagine sacra rischiano di venire soffocati e sommersi da approcci in chiave soltanto storico-artistica, o di conservazione, o di bene di consumo. È doveroso segnalare che questa iniziativa fiorentina (iniziata e sviluppatasi negli anni novanta del Novecento) è stata la prima risposta al caldo appello del Pontefice Giovanni Paolo II nel 1 986 (in visita pastorale a Firenze, e ribadita ufficialmente ai Vescovi toscani) di muoversi e impegnarsi in una nuova urgente presa di coscienza dei valori catechetici e devozionali dell'arte sacra. Impegno questo di cui si sono fatte carico le autorità Vaticane preposte alla valorizzazione e alla tutela dei Beni Culturali a livello mondiale. Dalla felice coincidenza fra le nuove linee direttive della CEI (Conferenza Episco6

pale Italiana) per i Beni Culturali Ecclesiastici e il progetto fiorentino " Alla riscoperta di Piazza del Duomo" sono scaturite altre varie iniziative nel neo ufficio diocesano fiorentino "La catechesi attraverso l'arte", fondato appunto nel 1 990-9 1 per organiz­ zare allora le conferenze e le relative pubblicazioni. Tali nuove iniziative (vedi Alle­ gato alla fine di questo volume), sempre mirate a proporre modelli metodologici per la rilettura in chiave religiosa delle opere di arte sacra, sono state principalmente convogliate verso tre referenti e cioè: a) per la scuola: dal 1 993 corsi di aggiornamento annuali riconosciuti dal Provve­ ditorato agli Studi di Firenze (cfr. Circolare Ministeriale no 1 3 7/90) aperti a inse­ gnanti di ogni ordine e grado di tutte le discipline; produzione di sussidi didattici per gli alunni; b) per il pubblico in genere: dal 1 994 cicli di conferenze annuali intitolati "La vita si è fatta visibile" sulla storia dell'arte della Chiesa dai primordi all'era moderna (mediamente 1 5-20 conferenze per ciclo); c) per i turisti: dal 1 99 5 il volontariato di accoglienza nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, che impegna quotidianamente circa sessanta persone plurilingue, con turni di tre unità ogni mattina e ogni pomeriggio. Queste attività fiorentine che calano nella realtà operativa l'ideologia della cate­ chesi attraverso l'arte, sono state oggetto di incoraggiante attenzione e considera­ zione da parte dei 1 9 vescovi della Toscana nella loro Nota Pastorale: La Vita si è fatta visibile, la comunicazione della fede attraverso l'arte (pubblicata dalla Confe­ renza Episcopale Toscana nella primavera del 1 997), una sintesi teologica, proposi­ tiva e operativa che estende a tutta la Regione il tipo di attività intrapresa da questo ufficio. Si veda, nelle pagine che seguono, la breve notizia datane da Mons. Timothy Verdon. Ma tutto questo non sarebbe mai stato realizzato senza il concorso generoso di tante persone, tutte volontarie, che con entusiasmo e instancabile attività sono impe­ gnate oggi come fm dal 1 990, in questa impresa pastorale, ed è a tutti loro che la Chiesa fiorentina esprime con gioia e ammirazione e il suo GRAZIE. Maria Fossi Todorow Responsabile dell'Ufficio diocesano per la Catechesi attraverso l'arte

Firenze, maggio 1 998

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INTRODUZIONE

Timothy Verdon

Come nota Maria Fossi Todorow nelle pagine precedenti, con questo settimo volume della nostra collana si conclude l'iniziativa lanciata nel 1 99 1 . A ogni buon conto, Piazza del Duomo è stata ampiamente 'riscoperta', nei termini e nello spirito che ci siamo premessi, e non ci resta che ringraziare tutti coloro che, con apporti vari, hanno reso possibile quest'avventura. Ma l'entusiasmo generato in sette anni di lavoro - la riscoperta non solo dei monumenti ma di una gioia interiore nel contemplare le opere con occhi di fede - e l'articolazione di un metodo per la lettura dell'arte cristiana: tutto questo va ora applicato a un compito nuovo, la preparazione del grande Giubileo ormai vicino. ll nesso tra i due momenti è stato illustrato dai Vescovi della Toscana, che l'anno scorso hanno pubblicato una Nota Pastorale, La Vita si è fatta visibile, in cui l'arte della Chiesa viene proposta come mezzo privilegiato di comunicazione con i milioni di persone che affolleranno l'Italia e la Toscana nel 2000. I paragrafi conclusivi della Nota esprimono perfettamente ciò che abbiamo cer­ cato di fare con le conferenze e volumi su Piazza del Duomo, e lo spirito che ora vogliamo applicare all'Anno Santo. Dicono: "Attraverso l'arte del passato - il 'deposito' visivo che la fede dei toscani ci ha affidato - e attraverso l'arte del presente, ricca di intuizioni anche profetiche, vo­ gliamo 'vedere' e far vedere, 'udire' e far udire il Verbo della Vita, Gesù Cristo, che era presso il Padre ma si è reso visibile agli uomini. Uniti a tanti fratelli venuti da lontano, vogliamo contemplare il volto trasfigurato del Salvatore nella fede e nelle 'opere' dei credenti di questa terra". "Nelle raffigurazioni di Cristo, di Maria, dei santi - ma anche nell'ordine astratto dell'architettura e in quello mistico delle immagini simboliche - vogliamo purificare il nostro sguardo, elevare la nostra mente, preparare il nostro cuore all'impegno che ci aspetta". "Guardando insieme alle immagini, vogliamo insieme crescere nella sostanza di quella gioia di cui le opere dipinte, scolpite, costruite, musicate, ritmate e rimate sono la bella veste esterna, come la danza esprime nelle membra del corpo l'abbon­ danza del cuore". "Vogliamo preparare sacerdoti e fedeli a riconoscere l'arte vera in cui si muove lo Spirito di Dio, nel rispetto dei valori umani ed estetici che hanno dato vita ai diversi stili e periodi dell'espressione artistica". "Vogliamo, infine, misurarci con le visioni di fede cristiana offerte dalla nostra storia e dall'arte, per comprendere la bellezza della nostra chiamata e per aprirci alla conversione interiore. Nel coraggio, nell'amore, nel sacrificio e nella compassione 8

che vediamo nei volti dipinti e scolpiti - nella gestualità umana raffigurata dagli artisti e nella razionalità di spazi architettonici ordinati per la lode - vogliamo riconoscere la fedeltà dell'Artefice Divino che ha definito 'cosa molto buona' la creazione uscita dalle sue mani". (La Vita si è fatta visibile. La comunicazione della fede attraverso l'arte, Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Toscana, Firenze 1 997, no. 1 8). Le nuove conferenze nel Battistero e pubblicazioni, sul tema "Verso il Grande Giubileo", avranno questo scopo: ridare ai fiorentini un senso forte della loro identità culturale ed umana alla luce dell'evento che si celebrerà tra due anni: il 'pellegrinag­ gio' di Dio, che lasciò il cielo per venire in mezzo agli uomini.

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l. Il Duomo di Firenze che si staglia contro lo sfondo delle colline: una 'domus', 'casa', immensa, degna del popolo di Dio e quasi degna di Dio stesso.

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L'IDEA DI UNA GRANDE CHIESA: RoMA, SIENA, FIRENZE

Timothy Verdon

l. Al momento della sua ultimazione, dopo 1 7 0 anni di lavori, il Duomo di Firenze era la più grande chiesa della cristianità, e - per quanto sappiamo - la più grande struttura coperta del mondo: una domus o ' casa' degna del popolo di Dio e quasi degna di Dio stesso (fig. 1 ). L'edificio si stagliava contro lo sfondo dei monti che cingono la città, un monte costruito da mani d'uomo, eloquente avvocato davanti a Dio per coloro che, in case più modeste, vivevano nella sua ombra. Con la curva della sua cupola, la nuova cattedrale dedicata a Maria offriva un'immagine materna in contrapposizione al fiero castello del Comune: ambedue iniziati nel decennio ultimo del '200 dal medesimo architetto, Arnolfo di Cambio, in segno della vittoria del potere guelfo; in segno, cioè, di una libertas ritenuta espressione politica della paolina "libertà dei figli di Dio". Santa Maria del Fiore allora - nel secondo Quattrocento, quando il Verrocchio collocò finalmente la palla di rame dorato con la croce in cima alla lanterna (tra il 1 466- 1 470) - era l'immagine stessa di una grande chiesa: cinque volte la vecchia cattedrale di Santa Reparata, e più ampia perfino del ambizioso primo progetto di Arnolfo (fig. 2). La forma finale, predisposta da Francesco Talenti negli anni 1 3 60, doveva suggerire quella crescita interiore di cui parla la Lettera agli Efesini: "vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo,,ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità" (Ef. 4, 1 5- 1 6). La mole immensa che s'imponeva dall'esterno, e l'unitarietà dello spazio interno che dilatava l'anima, nel Quattrocento doveva apparire (come ancora oggi appare) letterale adem­ pimento della preghiera di Paolo, "che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ef. 3, 1 7- 1 9). Il. Santa Maria del Fiore non era tuttavia l'unica grande chiesa della fine del medioevo. Nella 'Europa delle cattedrali' - l'Europa che, tra il l 000 e il 1500 si è ricostituita come realtà socio politica ed economica dopo cinque 'secoli bui' (i secoli che vanno dal crollo dell'Impero romano. antico al consolidamento del 'Sacro ro­ mano impero' in epoca ottoniana) - ogni città grande o piccola che fosse aspirava ad avere una sua chiesa emblematica, ove collocare la 'cattedra', la sede, del vescovo: simbolo dell'ideale unità dei cristiani sotto l'autorità trasmessa da Cristo agli Apo11

stoli, di cui i vescovi sono i successori. Un cittadino di Albi, nel sud della Francia, guardando alla sua cattedrale costruita dal 1 282 al 1 4 80 (fig. 3) - in quasi gli stessi anni, cioè, che videro la costruzione di Santa Maria del Fiore - l'avrebbe forse descritta in termini simili a quelli che abbiamo applicato al Duomo di Firenze; e così anche un abitante di Strasburgo, davanti alla mole oscura della sua cattedrale, iniziata nel 1 27 6 ed ultimata nel 1 43 9 (fig. 4). Grazie ai principi costruttivi sviluppati nelle prime grandi chiese gotiche, alla metà del XII secolo - l'ardita tecnologia degli archi rampanti, quei contrafforti esposti che applicano pressione con delicata forza al punto preciso in cui necessita (fig. 5) - era diventato possibile costruire chiese sempre più vaste e luminose, teche diafane di vetro colorato. Le nuove cattedrali, che dalla Francia ai Paesi Bassi, dall'Inghilterra alla Spagna ridefinivano la 'fisionomia' del cristianesimo europeo, avevano poi un rapporto parti­ colare con le città in mezzo alle quali sorgevano: come si può subito capire in quelle situazioni urbanistiche rimaste più o meno inalterate dal medioevo fino a oggi (si pensi a Chartres, per esempio, fig. 6). Fenomeno simbolico centrale dei secoli di riurbanizzazione dell'Europa - del trasferimento del potere dai castelli dei signori feudali, in campagna, ai comuni con la loro borghesia stretta intorno al Vescovo queste grandi chiese simboleggiavano la presenza del 'Signore' Cristo in mezzo a uomini liberi; uomini che potevano anche riconoscere l'autorità di un principe terreno, ma che obbedivano solo al Re del cielo, morto per fondare la città dalle salde fondamenta, la Gerusalemme celeste di cui ogni città terrena è promessa ed imma­ gine. "Perché la cattedrale è di Cristo", afferma un teologo del nostro tempo: "a Cristo ogni cattedrale appartiene. Questa chiesa è sua. Per lui qui si è innalzata una cattedra, sulla quale il suo Apostolo, in sua vece, parlerà; per lui un trono, sul quale chi tiene il suo posto siederà; per lui un altare, dal quale chi lo rivive farà salire al . Padre il suo stesso sacrificio; per lui qui è riunita la Ecclesia, il popolo col suo Vescovo, ed a Lui innalza il suo inno di gloria e la sua gemente preghiera; e da Lui questo tempio acquista la sua misteriosa maestà". (Sono le parole dell'allora Arcive­ scovo di Milano, Giovanni Montini, nel Duomo di Crema nel 1 9 59, pochi anni prima dell'ascesa al soglio pontificio. Ma sono applicabili a tutte le grandi chiese episcopali 2. Pianta illustrante la crescita del Duomo fiorentino: dall'antica cattedrale di Santa Reparata, al pro getto di Arnolfo di Cambio (in neretto), a quella definitiva dovuta a Francesco Talenti.

a fronte: 3. La Cattedrale di Albi, costruita dal 1282 al 1480: in quasi gli stessi anni, cioè. che videro, a Firenze, la costruzione del Duomo. 4. La Cattedrale di Strasburgo, iniziata nel 1276 ed ultimata nel 1439.

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sorte in Europa alla fine del medioevo, di cui Santa Maria del Fiore aspirava ad essere la maggiore.) III. L'era delle cattedrali gotiche; �he si estende dal XII al XV secolo - da Chartres a Firenze e Milano (iniziata quasi un secolo dopo Santa Maria del Fiore) è però successiva a un'altra era, quella che gli storici dell'arte hanno denominata 'romanica': il periodo che va dal X al XII secolo, a seconda la regione d'Europa di cui si parla. Fu questo il primo momento della ripresa urbanistica e commerciale, e a questo periodo risalgono le prime espressioni architettoniche monumentali dopo l'antichità. A Fi­ renze, il Battistero di San Giovanni, ricostruito (o almeno ridefinito negli aspetti decorativi) dalla metà del secolo XI in poi, insieme a San Miniato al Monte, rico­ struito già quaranta anni prima, sono importanti esemplificazioni di quest'iniziale ripresa (figg. 7 ,8). Nella novità della sua veste romanica, San Giovanni dominava ed eclissava l'antica cattedrale di Santa Reparata, e nel fitto agglomerato abitativo della Fiorenza del XII-XIII secolo doveva apparire quasi una presenza ultra terrena: luminosa in mezzo alle tetre case torri, riccamente rivestita di marmi alla maniera degli edifici pubblici dell'antico impero, nel contempo memoria e prolessi, celebrazione di un passato invocato come destino futuro, vocazione a 'rinascere' nell'acqua e nello Spirito, ma anche nella pietra, anzi nel marmo, come pure nel bronzo delle porte e nell'oro dei mosaici interni. Troviamo un'analoga ripresa in altri centri, articolata nel medesimo idioma più o -

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meno 'latino', 'quasi romano', 'romanico': a Sant'Ambrogio, a Milano (fig. 9), ad esempio - come a San Miniato al Monte - colonne ed archi a tutto sesto evocano la grandezza del tramontato impero antico. Così anche a San Marco a Venezia: prima dell'incrostazione con i marmi colorati strappati dai palazzi e dalle chiese·di Costanti­ nopoli nel 1 204, che ne mascherano la pesantezza, dovevamo vederé una chiesa romanica dalle forme massicce (fig. 1 0). Anche all'interno della Basilica marciana, è solo la sfavillante veste musiva a dissimulare il peso opaco della struttura. Di questa prima messe di edifici ecclesiastici importanti dopo l'anno Mille, dice un monaco francese, Raoul Glaber, che " la terra si era rivestita di un abito bianco di chiese". La sconfitta dei Magyari nel X secolo, l'espansione ed assimilazione dei Normanni nei secoli XI e XII, e la presenza islamica - una minaccia ma anche uno stimolo culturale forte che esigeva l'articolazione di una chiara identità cristiana ed europea - erano fattori in questo sviluppo. Ma queste nuove chiese, almeno in Italia, sono di dimensioni contenute, lontano dalla monumentalità degli edifici che verrebbero costruite appena 1 5 0-200 anni dopo. San Marco, a Venezia, non è 'grande' secondo il canone del '300 - in con­ fronto, cioè, con la Basilica dei Frari o di San Zanipolo -: è la 'cappella palatina' del doge, ma non è una 'cattedrale' né nella funzione né nella scala. Il Battistero di San Giovanni, che dominava Santa Reparata, davanti all'enorme duomo nuovo sembrerà una nartece distaccata! E così anche Sant'Ambrogio, San Miniato al Monte ed altre chiese del periodo romanico in Italia: non oltrepassano le dimensioni delle chiese paleocristiane che sovente sostituiscano (come infatti le città d'Italia nel XI secolo

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a fronte: 5. Notre Dame di Parigi, veduta illustrante l'ardita tecnologia degli archi rampanti che nell'era gotica rendeva possibile la costruzione di chiese sempre più vaste e luminose. in questa pagina: 6. La Cattedrale di Chartres nel suo con testo urbano. Le grandi chiese costruite nelle città d'Europa tra i secoli Xl e XV costituiscono il fenomeno simbolico centrale del p rocesso di . nurb amzzaztone dopo il periodo feudale.

non avevano ancora superato - o in qualche caso raggiunto - il numero di abitanti dell'ultimo periodo dell'Impero). In Toscana, la prima chiesa effettivamente 'grande', in rapporto al suo agglomerato abitativo, è la Primaziale pisana, iniziata alla metà del XI secolo (negli stessi anni in cui siamo soliti collocare la ricostruzione del Battistero fiorentino), e già completa, con il suo battistero e campanile, prima dell'inizio dei lavori su Santa Maria del Fiore. A differenza di quanto verrà realizzato a Firenze, però, a Pisa le componenti del complesso vennero concepite in strettissimo rapporto stilistico l'una con le altre, in cjò che - per il medioevo - era quasi un unico sforzo progettuale. Intendo dire che gli elementi di Piazza dei Miracoli vennero concepiti, appunto, come un complesso unitario, con un suo spazio ampio e libero: una sorta di grande recinto sacro, una novità quasi senza confronti nell'Europa dei secoli XI-XII. Gli unici paralleli signifi­ cativi vanno cercati nel mondo islamico: a Gerusalemme, ad esempio, dove sulla vasta piattaforma dell'antico tempio giudaico i califfi avevano costruito (tra il VII e il VIII secolo) la moschea Al Acba (fig. 1 1 ). Per contro, anche le più grandi chiese cristiane, come Cluny (fig. 1 2), rimanevano soffocate dagli annessi e connessi: in questo caso, le strutture monastiche ancillari. Perfino le basiliche cristiane di epoca imperiale, a Roma, non s'imponevano al­ l'esterno, come appare chiaramente in vedute di San Giovanni in Laterano (fig. 1 3 : prima del rifacimento del palazzo e poi della Loggia delle Benedizioni), e di San Pietro, che - nei disegni di Martin van Heemskerck - è identificabile solo per il campanile, il resto quasi nascosto dalla loggia del Rossellino e da altri 'avancorpi' (fig. 1 4 ). Nelle grandi chiese delle città italiane dei secoli XI-XII, manca quella monumenta­ lità, quella impostazione spaziale maestosa e drammatica che troviamo nell'architet15

7. Il Battistero di San Giovanni, Firenze. Le nuove chiese d'epoca romanica rappresentano la prima fase della ripresa edilizia ed urbanistica della 'Europa delle cattedrali'.

tura religiosa antica, e che distingueva il tempio greco-romano dall'ambito del quoti­ diano. A Pisa, invece, viene rivalorizzata - quasi reinventata - questa dimensione propriamente 'monumentale': all'esterno, ma anche all'interno, dove i lunghi colon­ nati (con fuste romane riportate dalla Sardegna), nonché il rivestimento marmoreo e le proporzioni, evocano la nobiltà delle splendide aule pubbliche della Roma impe­ riale. Fonte di ispirazione principale per l'interno della Primaziale pisana, infatti, è l'architettura romano-cristiana di San Paolo fuori le mura e dell'antica Basilica Vati­ cana, ambedue fatte costruire dall'Imperatore Costantino nel primo IV secolo (fig. 1 5). Possiamo dire che, con la Cattedrale di Pisa, l'idea di una grande chiesa viene definita per la Toscana in termini mutuati dall'architettura cristiana d'epoca impe­ riale, sul modello romano: scelta facilmente comprensibile, se pensiamo al ruolo di Pisa come tappa nel pellegrinaggio a Roma. Già prima di venerare le tombe degli apostoli nelle basiliche della Urbe, a Pisa il 'romeo' poteva entrare nella visione biblica della chiesa come 'città santa', 'nuova Gerusalemme' adorna come una sposa in attesa del suo Sposo. Nell'aria limpida di una Pisa allora ancora sul mare, i marmi luccicanti della nuova cattedrale evocavano lo "splendore . . . simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino" di cui si legge in Apocalisse 2 1 , 1 1 , e che spesso troviamo illustrato nei mosaici delle basiliche romane. Come gli agnellini davanti alla porta aperta di "Hierusalem", nel mosaico di Santa Maria 16

8. San Miniato al Monte in Firenze, costruito -come il Battistero fiorentino -dal XI al XIII secolo, ricorda l'affermazione del monaco Raoul Glaber, che dopo l'anno Mille "la terra si era rivestita di un abito bianco di chiese".

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Maggiore (fig. 1 6), così i pellegrini che, in processione, entravano tra le file di colonne nella Primaziale. "Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo", leggiamo in Apocalisse 2 1 , 1 8; e l'artista paleocristiano ci fa vedere, oltre alle mura d'oro, anche le gemme di cui sono incrostate, secondo il testo: diaspro, zaffiro, calcedonio, smeraldo, sardonice, cornalina, crisolito, berillo, topa­ zip, crisopazio, giacinto, ametista (Apoc. 2 1 , 1 9-2 1 ). IV. La cattedrale toscana che, come Pisa, valorizza questa ridondanza escatolo­ gica, questo sfarzo profetico, e che segue Pisa nell'ordine cronologico, è quella senese, che - all'esterno e soprattutto all'interno - offre l'immagine della 'città adorna come una sposa', con una ricchezza decorativa senza pari in tutta la storia dell'archi­ tettura prima del barocco. Sarà Siena poi a provocare Firenze: più vicino nello spazio e nel tempo che Pisa, l'esempio senese determinerà una serie di risposte fiorentine mirate a distinguere la città guelfa in riva all'Arno dal suo aristocratico rivale a ovest. Come già il Milanesi osservò nel secolo scorso, è molto difficile ricostruire la storia del Duomo di Siena, sia per la mancanza di fonti nel primo periodo, sia per le successive sovrapposizioni di componenti in periodi diversi, così brillantemente fuse da sembrare un'opera perfettamente omogenea. L'antica Cattedrale di Siena si tro­ vava verso i Tufi, mentre la prima menzione di una chiesa nel sito dove ora vediamo il Duomo risale al 9 1 3 . Si trattava, in origine, di una piccola struttura all'interno del castello carolingio 17

l O. San Marco, Venezia: ipotesi strutturale della facciata prima del rivestimento con marmi policromi.

9. Sant'Ambrogio, Milano. Anche nella diversità degli stili locali, le chiese importanti del periodo di questa prima ripresa hanno in comune il linguaggio 'quasi romano', romanico, degli archi ritmati e colonne derivanti dall'architettura dell'antico impero.

edificato verso la fine del IX secolo, forse per la visita di Carlo il Grosso nel 8 8 1 (fig. 1 7). Costruita vicino all'antica torre di guardia romana in cima al colle - la torre che ancora costituisce la parte inferiore del campanile - questa chiesa, dedicata a Santa Maria, aveva una sua canonica e uno " xenodochium" o " pellegrinaio": un ospizio per i viandanti, ai piedi della gradinata che portava alla chiesa stessa. Questo ospizio carolingio è il nucleo più antico dell'Ospedale detto appunto " Santa Maria della scala", e che si sarebbe sviluppata su tutto il declivio davanti alla chiesa nei secoli successivi. Ancor'oggi, visto dietro l'Ospedale della Scala, il Duomo di Siena con­ serva le caratteristiche della 'chiesa di castello' che troviamo anche in altri centri, quale San Gimignano (fig. 1 8). "Abbiamo una città forte", cantava Isaia: "egli ha eretto a nostra salvezza muro e baluardo" (Is. 26, 1 ); e il Salmista aggiunge: "Dio sta in essa, non potrà vacillare; la soccorrerà Dio prima del mattino" (Sal. 46,6). Delle dimensioni e della forma di quella primitiva 'Santa Maria' sulla gradinata davanti all'Ospedale, non abbiamo indizi sicuri. La sede vescovile venne trasferita in essa, probabilmente nel 9 1 3 , e nel 1 05 8 questa piccola cattedrale senese ospitò il conclave dal quale emerge papa il Vescovo di Firenze, Gerardo di Borgogna, che si fa chiamare Niccolò Il. Sarà lui a 'benedire' o 'consacrare' gli inizi di importanti lavori 18

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sul Battistero di Firenze l'anno seguente, l 059. È il momento della 'prima ripresa' in Toscana. Nell'anno seguente, l 060, il Vescovo di Lucca, Anselmo da Baggio (che succederà a Niccolò II sul trono di Pietro, col nome Alessandro II), dà inizio al nuovo Duomo di Lucca (fig. 1 9), e poco dopo viene principiata una nuova 'chiesa maggiore' anche a Siena: la versione romanica della cattedrale senese ricordata in un disegno del 1 224 (fig. 20). È questa il 'nuovo Duomo' descritto con orgoglio dal Canonico Oderigo nel suo Orda officiorum Ecclesiae senensis del 1 2 1 5: il Duomo che la tradizione vuole già consacrato nel 1 1 7 9 . Oltre alle tre porte sotto grandi archi, simili a quanto vediamo a Lucca - segni eloquenti di un'accoglienza, lungo la Via Francigena, mirata a sottolineare l'autorità della Chiesa - questo 'ritratto' essenziale del 1 224 fa vedere un secondo elemento di chiara importanza simbolica: la cupola che s'impone sulle case torri della città, visibili nella lontananza. Solo nel 1 264 un documento parlerà dell'ultimazione della cupola del D uomo senese, e questo disegno di quarant'anni prima illustra il progetto: è una proiezione, nel 1 224, di una cupola ancora da costruire. In base ad un'accurata analisi dei documenti, Carla Pietramellara ha infatti ipotiz­ zato "un importante se non totale rifacimento" del Duomo di Siena a partire dal 1 226, notando che da quella data fino a 1 259 le 'bicherne' o registri di spesa evidenziano pagamenti per grandi lavori: versamenti cospicui per forniture di mate­ riali e prestazione d'opera per almeno sette mesi all'anno per 3 3 anni, cioè. La concentrazione maggiore di acquisti di materiale lapideo cade tra il 1 226-1 229: l'equivalente di 3 9, 3 1 2 metri cubi di marmo nero e 6 1 ,970 di marmo bianco! Sebbene più grande della chiesa del X secolo, e di quella successiva consacrata nel '

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1 1. La moschea

Al Acba,

Gerusalemme: ricostruzione del complesso costruito tra il VII e VIli secolo. 12. L'Abbazia di Cluny nel suo pieno sviluppo, nella ricostruzione di K. Conant. A differenza degli edifici di culto del mondo greco romano, anche le più grandi chiese medievali mancavano di 'presenza monumentale' all'esterno, soffocate dagli edifici circostanti.

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l 3. San Giovanni in Laterano, in una stampa del primo XVI secolo, quasi invisibile in mezzo alle strutture del Patriarcato. 14. L'antica Basilica di San Pietro, nascosta dietro i suoi 'avancorpi' (in un disegno del primo XVI secolo, di Martin van Heemskerck).

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15. I nterno dell'antica Basilica Vaticana, affresco del XVI secolo nella Biblioteca Vaticana.

1 1 79, l'edificio realizzato negli anni 1 226- 1 2 5 9 era ancora lontano dalle dimensioni del Duomo attuale, una chiesa romanica corta e bassa, con piccole finestre a tutto sesto nella zona superiore (figg. 2 1 , 22). Le finestre, che forse avevano la forma che oggi vediamo nella Cattedrale di Sovana, verrebbero ingrandite e 'goticizzate' solo nel tardo Duecento, col rialzamento del livello del tetto. Nel sottotetto delle navate laterali, troviamo ancora la mantellina di attacco che segna la linea del tetto nel primo XIII secolo (fig. 23): una differenza di quota che possiamo visualizzare nei disegni schematici della Pietramellara. Questa procedura - l'ampliamento di una struttura che conserva ed incorpora elementi della struttura preesistente, è comune a tutto il medioevo toscano: ne leggiamo la logica chiarissimamente sulla facciata esterna di Santa Maria dei Servi a Siena (fig. 24), e in quella interna di Santa Trinita a Firenze (fig. 25), dove sulla piccola chiesa romanica è stata innalzata una struttura gotica, nel medesimo periodo in cui fu anche rialzato il tetto del Duomo senese. Così possiamo interpretare il curioso particolare di una loggia con colonnine, e un muro con una sua finestra, sopra l'arco che separa la navata dall'area sotto la cupola, all'interno (fig. 26). Nella chiesa degli anni 1 226- 1 259, queste colonnine e finestre erano invece esterne (come si vede guardando alla cupola dall'esterno, fig. 27; col successivo rialzamento del tetto, il tamburo è stato 'infossato' davanti e dietro). Il rialzamento del tetto avviene nel secondo Duecento, forse sotto la direzione di 22

16. Mosaico dell'arco di trionfo in Santa Maria Maggiore, secolo V, illustrante il gregge di Cristo alle porte della Gerusalemme celeste. I l colonnato intravisto oltre la porta evoca quanto troviamo nelle grandi basiliche romano-cristiane.

18. L a Cattedrale di Siena vista dietro il 'baluardo' dello Spedale: ancor oggi si presenta come 'chiesa di castello'.

l 7. I p otesi per il 'castello' senese costruito intorno all'antica torre romana, così come poteva essere in epoca carolingia (da D.Gallavotto Cavallero, A. Brogi, Lo Spedale grande di Siena. Fatti urbanistici ed architettonici di Santa Maria della Scala, Firenze 1987).

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Giovanni Pisano, chiamato insieme al padre nel 1 262 per il pulpito della 'nuova' cattedrale (ultimata nel 1 25 9), e poi - dagli anni 1 280 - impegnato nel disegno della facciata. Può essere attribuito allo stesso Giovanni Pisano l'estensione della navata verso l'Ospedale: la prima campata, cioè, su cui Giovanni erige poi l'alta fronte, seguendo una sua logica compositiva che richiedeva una facciata ancora più alta che la nuova quota del tetto (fig. 28). 19. Il Duomo di Lucca, la facciata, iniziato nel l 060 dal Vescovo AnSelmo da Saggio (poi Papa Alessandro II), con le tre grandi porte che verranno imitate a Siena.

20. Raffigurazione della Cattedrale di Siena nel Libro dei censi e memoriale delle offese del Comune di Siena (30 dicembre 1224), Siena, Archivio di Stato, Podestà l .

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2 1,22. Disegni schema tici illustranti il rapporto della Cattedrale attuale con la chiesa realizzata negli anni 1226-1259 (da C. Pietramellara, l/ Duomo di Siena, Firenze 1980). EJ--···-·­ CJ--�· 19 ..- ·. - ·�•.

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V. Il pulpito all'interno, e poi l'alta facciata esterna, volevano segnalare l'impor­ tanza della Siena che, a Montaperti nel 1 260, aveva umiliato l'orgoglio fiorentino. Soprattutto la costosa facciata scolpita, la prima in Italia ad emulare la ricchezza decorativa delle cattedrali francesi (figg. 29, 30), serviva a stabilire il primato senese nel campo culturale - una 'vittoria' culturale su Firenze, che negli stessi anni ottanta del XIII secolo stava ultimando la decorazione musiva del suo Battistero. Contro il volume massiccio e le forme arcaiche del romanico, a Firenze, Siena opponeva la modernità dell'aerea facciata "alla franzese". Non sorprende che, dopo la rivincita guelfa a Campaldino nel 1 289, quando Firenze decide di costruire a sua volta una nuova cattedrale, tra gli elementi ritenuti 'indispensabili' sarà la ricca decorazione scultorea della facciata: decorazione iniziata subito, mentre le mura del nuovo Duomo fiorentino erano ancora in fieri e la vecchia cattedrale di Santa Reparata stava ancora in piedi in mezzo al cantiere! Le dimensioni del progetto fiorentino erano facilmente intuibili dalla linea della facciata tracciata da Arnolfo di Cambio, e a Siena doveva regnare lo stupore. Il vinto di Montaperti, che appena trenta anni dopo voleva superare il vincitore! Che fare? -· .. �

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Nel medesimo anno della commissione ad Arnolfo, a Firenze - 1 296 -, i documenti senesi riportano una delibera per la costruzione di un nuovo battistero, e tale incarico viene affidato allo stesso Giovanni Pisano sempre impegnato sulla facciata verso l'Ospedale. La Pietramellara colloca appunto negli ultimi anni del Duecento la progettazione dei lavori del Battistero e del conseguente prolungamento del Duomo di Siena verso Vallepiatta: una risposta immediata, possiamo dire, alla sfrontatezza fiorentina! Una sovrapposizione delle due piante (fig. 3 1 ) suggerisce la differenza tra la cattedrale di 1 226-1 258 e quella attuale, grazie a questo prolungamento absidale corrispondente a quanto era già stato operato verso l'Ospedale. In pratica, il coro e i transetti vengono raddoppiati, ingrandendo tutto il corpo mediano della chiesa con una serie di escrescenze percettibili solo all'esterno. Anche se progettati alla fine del Duecento, i lavori sul Battistero e il relativo 23. Mantellina di attacco del tetto della navata laterale, ancora visibile sotto il tetto rialzato nel Duomo di Siena. 24. Siena, Santa Maria dei Servi. Leggiamo senza difficoltà nella facciata le fasi di crescita della chiesa: è un caso analogo a quanto succedeva nel Duomo senese.

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prolungamento della navata inizieranno solo nel 1 3 1 7 : "in quest'anno s'incominciò a crescere il Duomo" dice un documento coevo. Tale 'crescita' creava un'opportunità importante poi: una seconda facciat& verso Vallepiatta, una chiesa bifronte cioè, in cui il rosone dell'abside fungeva simultaneamente come rosone di facciata (fig. 32). Come Chartres, Siena doveva avere più facciate, ognuna diversa dall'altra ma tutte riccamente decorate. La funzione politica della nuova facciata verso la Valle diventa evidente in una veduta aerea (fig. 3 3): tra il Xl-XII secolo, quando l'orientamento del Duomo era stato deciso, e la fine del XIII che vide il suo ampliamento, era cresciuto il potere del Comune, simboleggiato nell'allora nuovo Palazzo Pubblico dominante il Campo sotto la Cattedrale. La seconda facciata doveva imporsi su coloro che veni­ vano dal Campo: era la faccia rivolta alla città, per così dire. Da una parte, il Duomo guardava verso i bisognosi dell'Ospedale, e dall'altra verso i potenti del Palazzo. Il prolungamento della navata e la creazione del Battistero nel declivio della collina, erano opere d'ingegneria di notevole importanza, come spesso è stato notato. La Pietramellara calcola che dovevano rimuovere dai 3 5 00 ai 4000 metri cubi di masso tufaceo per far posto alla 'chiesa inferiore' (il dislivello è visibile in fig. 2 1 ). Eppure c'erano dei problemi. Durante i lavori di ampliamento, nel 1 3 2 1 fu invitato a dare un suo parere l'architetto dell'erigenda cattedrale di Orvieto, Lorenzo Maitani. 25. Controfacciata di Santa Trinita, Firenze. Anche q ui, l'espansione della chiesa nel Xlii secolo 'incorporava' le mura dell'edificio preesistente.

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Questi non solo non approvò ciò che si faceva a Siena, ma suggerì addirittura che i senesi ricominciassero da capo: "incipiatur et fiat una ecclesia pulcra, magna et ma­ gnifica". Così prende avvio l'ultimo capitolo significativo nell'evoluzione della Cattedrale di Siena, quello del "Duomo nuovo". A partire del 1 32 1 , nel "planum Sanctae Mariae" sul fianco della chiesa, si comincia a acquistare case, così preparando la decisione finale, presa nel caldo dell'agosto del 1 3 39, di riorientare completamente la Catte­ drale, creando una nuova navata principale a nord est (figg. 34, 3 5): impresa titanica che influirà sulla decisione fiorentina, vent'anni dopo, di ampliare il progetto arnol­ fiano di Santa Maria del Fiore. La commissione a Lando di Pietro per il riorientamento del Duomo di Siena mirava a trasformare la cattedrale allora esistente - la chiesa che noi conosciamo, cioè - in un enorme transetto. Poteva essere realizzato: sessant'anni prima, a Firenze, s'era iniziato un analogo riorientamento della chiesa dei domenicani, Santa Maria Novella, facendo della primitiva struttura basilicale il transetto di una nuova, vasta chiesa. A Siena però la posta in gioco era molto più alta: se fosse stato realizzato il 26. Le colonnine e la finestra del tamburo del Duomo di Siena erano originariamente all'esterno (come si vede ai lati: cfr. fig. 27); con il rialzamento del tetto della navata centrale, sono rimaste 'infossate' all'interno.

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27. L'esterno del tamburo del Duomo di Siena, dove si vede il dislivello tra il tetto della chiesa del 1226-1259 e quella successiva. 28. La facciata di Giovanni Pisano per il Duomo senese (qui visto da dietro) era ancora più alta del nuovo tetto della navata.

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29. La facciata

riccamente scultorea del Duomo di Siena era il primo tentativo in Italia di riprodurre le forme e la decorazione delle g randi . chiese francesi.

corpo nuovo, le due facciate già complete (o quasi) sarebbero diventate facciate laterali della più sontuosa struttura gotica d'Europa, con ingressi su tre livelli diversi capaci di accogliere la vita cittadina da ogni parte. Il Duomo nuovo, con seri problemi statici (causa la fretta con la quale era stato condotto il lavoro), venne abbandonato sette anni dopo l'eruzione virulenta, nel 1 3 48, della peste nera, che aveva stroncato il 60% della popolazione. Per Siena, il sogno finì quindi nel 1 3 5 5 ; a Firenze, invece, gli anni cinquanta del Trecento vedranno l'ultimazione del Campanile ( 1 3 5 9) e della navata dell'erigenda cattedrale ( 1 3 7 5). L'idea definitiva del Duomo di Firenze, già leggibile nell'affresco di Andrea di Bonaiuto nella Sala Capitolare di Santa Maria Novella (c. 1 3 6 5), prevedeva una cupola quattro volte quella del Duomo di Siena; Andrea Verrocchio sistemerà la palla di rame dorato su questa cupola quasi esattamente 200 anni dopo "la mela" di bronzo fu sistemato sulla più piccola cupola senese nel 1 264. VI. Anche nei loro risvolti 'campanilistici', le vicende relative alla costruzione di queste grandi chiese ci commuovono. Ogni uomo, e ogni comunità umana, ha bisogno di sentirsi 'grande', e lo può fare legittimamente solo in Dio. Mentre un palazzo comunale o principesco, se cresce troppo, sfiora il ridicolo, evocando l'hu30

bris umano, una chiesa non conosce limiti. La casa di Dio deve essere 'proporzionato' al suo Signore, e quasi richiede una monumentalità sufficiente al suo ruolo di "casa di preghiera per tutti i popoli". Uno spa:z;io che può ospitare, almeno idealmente, "tutti i popoli", simboleggiando poi la loro "preghiera" - comunicando, cioè, l'infinita prospettiva che si apre davanti al cuore umano che si eleva a Dio - : ecco il senso della 'grandezza' che ogni religione cerca nei templi dei suoi dei. "La cattedrale è l'affermazione solenne della concezione teocentrica della vita", diceva il futuro Paolo VI nel Duomo di Crema nel 1 9 59, aggiungendo che ogni altra concezione della vita "non è ammissibile". Ecco: una grande chiesa insiste su qual­ cosa di assoluto, di necessario, che perfino il non credente accetta come parte dell'idea di Dio. Se Dio esiste, ci devono essere grandi chiese, che lo esprimono, che lo illustrano, che invitano gli uomini a scalare le vette per arrivare a Lui. "E perciò (continuava il Cardinale Montini) il Medioevo, che ci tramanda le sue cattedrali, non ci fa eredi di un patrimonio inutile ai nostri tempi, ma d'una sapienza eterna, che la nostra età avrebbe torto a non fare propria. (. . . ) La cattedrale mostra, al tempo stesso, l'unità di pensiero e l'unità spirituale del popolo, con cui la cristianità medioevale diede forma e coscienza a se stessa. Anche questa eredità non è disprezzabile." ·

30. La Cattedrale di Am iens.

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3 1. Sovrapposizione a fronte: di piante 33. Siena ha illustrante la v oluto creare una differenza tra il chiesa bifr onte, Duomo di Siena che guarda verso nella forma lo Spedale (la 1226-1259 e facciata antica), e quella attuale, che contemporaneament� include la v erso il Palazzo camp ata ajl giunta P ubblico (la sul d avanti e facciata del l'espansione dei Battistero). transetti e dell'abside sopra il nuovo Battistero. 32. Facciata del Battistero senese, dov e si vede il rosone dell'abside del Duomo. Nel progetto incompiuto, questo rosone av rebbe fatto doppio serv izio, fungendo come ' rosone di facciata' per �� questa fr onte verso P iazza del Campo.

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34. Pianta in cui viene indicata la posizione del jnuovo duomo' senese: cioè della grande navata che avrebbe riorientato la Cattedrale, riducendo l'attuale chiesa in 'transetto'. 3 5. Veduta della struttura incompiuta della navata nuova. ll Museo dell'Opera della Metropolitana senese è stato ricavato in tre campate della navata laterale di quest'ambizioso progetto.

Alle soglie del terzo millennio, in un mondo ancora lacerato da divisioni fratricide, entrare in una grande chiesa consola ed illumina, desta nostalgia e speranza. Le cattedrali sono forse i simboli più eloquenti - l'espressione più ricca e complessa dello spirito dell'occidente. Basta aprirsi al loro messaggio!. Nota bibliografica Per il testo del discorso dell'allora Cardinale Monti­ ni (poi Paolo VI), vedasi il fascicolo n segreto della Cattedrale, Crema, Tipografia Trezzi, 1 997; per il materiale relativo a Siena: G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, Siena, 1 8 54, vol. t ; U. Morandi, La Cattedrale di Siena. Ottavo centena-

rio della costruzione: 1 1 79-1 979, Siena, 1 979; C . Pietramellara, n Duomo di Siena. Evoluzione della forma dalle origini alla fine del Trecento, Firenze, 1 980; T. Verdon, La Cattedrale e la città, in n Duomo come libro aperto: leggere l'arte della Chie­ sa, a cura di S. Bruscl-ielli, Siena 1 99 7 , pp. 3 1 -50.

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LE CATTEDRALI D'EUROPA E SANTA MARIA DEL FIORE

Giovanni Leoncini

Nel contesto dell'anno in cui si celebra il 7° centenario della fondazione di Santa Maria del Fiore, la cui prima pietra fu posta nel lontano 1 296, è di particolare interesse l'odierna conferenza del ciclo "Alla riscoperta di Piazza del Duomo", dedicata alla cattedrale fiorentina considerata nell'ampio panorama e scenario delle cattedrali europee, che ebbero proprio nei secoli XII, XIII e XIV la loro massima fioritura dal punto di vista artistico e architettonico. Infatti, per comprendere meglio il valore e il significato della straordinaria architettura della maggior chiesa cittadina, sarà di grande aiuto il poter stabilire dei raffronti tra questa e le altre grandi cattedrali dell'Europa medievale, al fine anche di ritrovare le affinità o le differenze più o meno accentuate che fra di esse sussistono. Nel corso di questa conferenza mi riferirò soprattutto alle cattedrali sorte in quel contesto della cultura artistico-architettonica europea che, per una ben consolidata tradizione, suole chiamarsi "gotico" e di cui la stessa Cattedrale di Santa Maria del Fiore è pienamente partecipe. E parlerò, soprat­ tutto e in particolare, delle cattedrali gotiche francesi, che sono indubbiamente l'anima e, per così dire, l'asse portante di quello straordinario fenomeno di civiltà artistica. Ma colgo l'occasione di trovarci qui, all'interno del nostro Battistero, per iniziare proprio da esso un discorso introduttivo al nostro argomento, che investe sia la tipologia della chiesa cattedrale, sia talune implicazione stilistiche fondamentali della sua architettura, e che ci sarà di grande utilità per comprendere meglio il fenomeno della cattedrale gotica. Il Battistero di San Giovanni, sebbene di per sé sia un edificio isolato e autonomo, deve essere tuttavia considerato un tutt'uno con la Cattedrale di Santa Maria del Fiore (fig. 3 6), poiché esso è parte integrante di quel complesso episcopale urbano che in Firenze è costituito dalla Cattedrale col suo Campanile, dal Battistero stesso e dal­ l'Episcopio, che fin dai tempi più remoti esisteva là dove ancor oggi sorge il Palazzo , Arcivescovile (salvo le demolizioni avvenute nel secolo scorso). E del resto una tradizione toscana che il battistero si trovi di fronte alla facciata della cattedrale (Pisa, Volterra, Pistoia), o comunque nelle sue immediate vicinanze (Lucca, Siena), e questa tradizione ha le sue profonde radici nell'epoca paleocristiana, quando la liturgia battesimale assumeva non solo un rilievo particolare e autonomo, ma era anche immediatamente e strettamente collegata alla liturgia eucaristica celebrata dal ve­ scovo nella cattedrale durante la notte di Pasqua. I due edifici, pur se distinti, dovevano perciò essere convenientemente collegati tra loro sotto il profilo urbani­ stico, spesso con dirette conseguenze sulla loro stessa configurazione architettonica. Infatti noi notiamo una evidente continuità tra di essi, per esempio, a Firenze e a Pisa, dove il rapporto battistero-cattedrale è di uno straordinario equilibrio compositivo; e 35

36. Firenze, Santa Maria del Fiore e il Battistero, incisione (da Sgrilli, l 7 33).

forse più a Pisa che a Firenze, poiché a Pisa i due corpi di fabbrica si armonizzano meglio nelle loro masse, mentre a Firenze la grande cupola di Santa Maria del Fiore sembra soverchiare il piccolo battistero che pure, quando fu costruito, doveva essere uno degli edifici più grandi - e certo il più prestigioso - della città. Questo fatto differenzia fondamentalmente la situazione fiorentina da quella di tante altre città, soprattuuto a livello europeo, laddove in Francia o in Spagna o in Germania, specialmente a partire dal XII secolo, ma già anche durante l'Xl, si era persa l'idea del battistero quale piccolo edificio a se stante, distinto e separato dalla chiesa cattedrale. Le cattedrali francesi, come ad esempio la Cattedrale di Amiens, non hanno un battistero distinto dalla chiesa, perché il battesimo veniva ammini­ strato in una cappella all'interno della cattedrale stessa. A Firenze invece, come in altre città toscane, resta questa individuazione del battistero che risalta come unità autonoma a livello architettonico, e quindi anche simbolico, riportandoci all'antica liturgia paleocristiana che vedeva nel battesimo il momento iniziale dell'entrata del cristiano nella Chiesa, intesa quest'ultima nel suo senso proprio di Chiesa locale, ch.e · corrisponde territorialmente alla diocesi, non alla singola parrocchia. In altre regioni d'Europa, dell'Europa centro-settentrionale soprattutto, tra Francia Inghilterra e Germania, la situazione è alquanto diversa, sia per la mancanza di una radicata tradizione paleocristiana, sia perché nella cattedrale si vedeva più il centro amministrativo della diocesi, che non il centro di vita liturgica della Chiesa locale. In Inghilterra, ad esempio, troviamo spesso importanti cattedrali dislocate un po' al di fuori della città, con giardini e prati intorno e, come possiamo notare a Salisbury (fig. 3 7), con il chiostro, strettamente connesso all'architettura della medesima cattedrale, intorno al quale si disponevano le abitazioni dei canonici. Le cattedrali inglesi sono certamente complesse per la distribuzione degli edifici che vi gravitano intorno. Vediamo, ad esempio, la sala capitolare della stessa Salisbury, piccolo edificio ottago­ nale che non è un battistero, anche se a pianta centralizzata, ma è appunto la sala capitolare dei canonici, i quali vivevano un po' come monaci nell'ambito della 36

3 7 . Salisbury, Cattedrale, ved uta aer ea d ell'intero complesso.

cattedrale; anzi, vi erano delle cattedrali, come quella di Durham, che erano officiate proprio da monaci, e non da canonici. Invece nelle città toscane si mantiene ancora, per quasi tutta l'epoca medievale, l'idea d_el battistero vicino alla cattedrale, come del r�sto, nella suddivisione territoriale della diocesi, sono soltanto le pievi che posseg­ gono il fonte battesimale, mentre altrove in Europa esso spettava ad ogni chiesa par­ rocchiale. A Firenze, dunque, il complesso battistero-cattedrale va considerato come una stretta unità e va riscoperto, anche nella coscenza nostra di uomini d'oggi, come il luogo più consono, per il bambino appena nato come per l'adulto, alla sua rinascita alla vita della grazia in seno alla Chiesa; da qui egli passa poi nella chiesa cattedrale per partecipare per la prima volta all'eucarestia. A livello architettonico-simbolico questa bipolarità è evidenziata dal fatto che un tempo il fonte battesimale era posto al centro dell'ottagono del Battistero, mentre l'altare eucaristico (cioè il vero altar maggiore, non considerando qui l'altare che forse già a partire dal XII sec. era stato eretto all'interno del Battistero stesso) si trovava - e con ogni probabilità fin dal progetto di Amolfo - al centro dell'ottagono sotto la grande cupola di Santa Maria del Fiore, la quale a guisa di padiglione copriva l'intero presbiterio-santuario della chiesa cattedrale. Oltre che per il suo significato altamente simbolico, il Battistero, nel quale ci troviamo, è un luogo di grande rilevanza anche per importanti aspetti architettonico· ' ,

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stilistici, che ci permettono di fare una riflessione su alcune fondamentali differenze nella stessa concezione artistica esistenti tra la sua architettura e quella della catte­ drale. Non per nulla i due monumenti appartengono a due momentrben distinti, anche se tra loro contigui, della storia dell'arte: romanico, il primo, gotica, la seconda. In effetti caretteristica del Battistero fiorentino - senza voler addentrarci qui nella discussione circa il fatto se l'edificio debba considerarsi, nel suo nucleo fonda­ mentale, paleocristiano (IV-V sec.) o medievale (XI-XII sec.) - è di denotare un'archi­ tettura che si presenta soprattutto in perfetta linea con l'eredità classica. Ciò non deve stupire più di tanto, proprio perché anche il medioevo latino mantenne, soprattutto in certe zone e in certi contesti, come la Provenza, la Toscana, l'Umbria o il Lazio, una continuità con l'arte romana antica, che culminò nelle grandi riprese classiciste del XIIJXIII secolo, tipiche di Roma stessa e del suo più immediato territorio (v.g. Santa Maria in Trastevere, San Crisogono, duomo di Civita Castellana). Possiamo notare, infatti, come l'architettura del Battistero, specialmente se consi­ derata al suo interno (fig. 3 8), sia basata sull'impiego degli ordini architettonici classici con sostegni, collegati al sistema delle pareti perimetrali, in forma di colonne sorreggenti una trabeazione piana, sia nell'ordine inferiore, sia in quello superiore 38. Firenze, Battistero, i nterno.

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dei matronei. Anzi è particolarmente da sottolineare il fatto che in questa architet­ tura sia rigorosamente applicato il principio della sovrapposizione degli ordini, con totale distinzione tra quello inferiore e quello superiore. Se noi consideriamo la trabeazione dell'ordine inferiore, corinzio, possiamo facilmente verificare come essa percorra praticamente tutto l'edificio - escludendo la scarsella, che fu rimaneggiata in un secondo momento - dando vita a due livelli chiaramente differenziati. Infatti, al di sopra di quella trabeaziòne si dispone immediatamente l'ordine dei matronei, anch'esso coronato da una propria trabeazione, suddivisa, come la precedente, in architrave, fregio e cornice, la quale pure percorre l'intero perimetro del monu­ mento; infine, al terzo livello, sopra i matronei, si innalza la cupola a padiglione, spartita in otto spicchi. Ci troviamo dunque di fronte non solo all'impiego morfologico degli stilemi degli ordini architettonici classici, ma a una vera e propria disposizione 'ordinata' delle diverse partiture architettoniche dell'alzato interno - che si riflette del resto anche nelle partiture esterne - volta a raggiungere quell'equilibrio e quella bellezza che l'ideazione stessa di questi ordini nell'antichità si era prefissata. Una sovrapposizione degli ordini così netta e precisa, unita a una raffinata decorazione plastica e pittorica, quale noi ritroviamo nel Battistero fiorentino, aveva degli illustri precedenti. Osser­ viamo la chiesa bizantina dei Ss. Sergio e Bacco a Costantinopoli (fig. 3 9), chiesa a pianta centrale del VI secolo, basata anch'essa sull'ottagono nella sua parte più interna. Anche qui troviamo la divisione in due ordini dell'alzato, con una forte sottolineatura delle cesure orizzontali: l'ordine inferiore, con la sua netta ed evidente trabeazione, e l'ordine superiore dei matronei, oltre il quale si eleva la cupola. È certo un ambiente molto più complesso del nostro battistero, per la presenza di un deam­ bulatorio e di esedre, che dilatano lo spazio centrale, ma il principio fondamentale dell'organizzazione architettonica in elevazione è il medesimo, quello della sovrappo­ sizione degli ordini; principio che, risalendo più indietro nel tempo, ci riporta a W. Costantinopoli, Ss. Sergio e Bacco, interno.

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40. Roma, Panth eon, interno.

edifici d'epoca classica, quali il Pantheon di Roma (inizio del Il secolo d.C.; fig. 40). Il raffronto tra l'interno del Pantheon e l'interno del Battistero fiorentino è un topos nella storia dell'arte, laddove si voglia indagare sull'origine e sul valore emblematico del battistero stesso. Tra l'architettura di esso e quella del Pantheon notiamo infatti non casuali affinità: oltre al ricco apparato decorativo, risalta in primo luogo la strutturazione architettonico-spaziale, con quei recessi che si aprono dietro le son­ tuose colonne corinzie dell'ordine terreno, più profondi e ombrosi nel Pantheon, meno accentuati nel battistero. Anche all'interno di quest'ultimo si respira dunque una forte aria di classica romanità, solo parzialmente addolcita da un cromatismo e un decorativismo di ascendenza paleocristiana e bizantina, che è una caratteristica peculiare del cosiddetto romanico fiorentino e che ci accompagna fin dentro il XIII secolo. E fu alla fine di questo medesimo XIII secolo che il Comune di Firenze decise di abbattere la ormai vetusta cattedrale di Santa Reparata che non più rispondeva al gusto estetico e al prestigio della città - "di molta grossa forma e piccola a compera­ zione di siffatta cittade", scriverà il Villani -, per dar vita ad una cattedrale nuova: nuova nei materiali, ma, soprattutto, nuova nelle dimensioni e nella concezione _

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4 l . Firenze, Santa Maria del Fiore, interno.

arçhitettonica. Dal contrasto che noi stessi percepiamo volgendo oggi lo sguardo dal Battistero alla Cattedrale, possiamo ben comprendere la "novità" di linguaggio del­ l'architettura di Santa Maria del Fiore. Questa novità era destinata a trasparire già in maniera eclatante nella facciata del rinnovato tempio, facciata che, purtroppo, non solo non fu terminata, ma della quale quanto era stato realizzato fin dai primi anni dopo la fondazione - e quindi sotto la direzione di Arnolfo di Cambio, che in prima persona eseguì alcune delle sculture che la decoravano fu completamente smontato - possiamo dire: distrutto - nel 1 5 8 7 , per volontà del granduca Francesco I, con l'idea di dar vita ad una nuova facciata concepita nello stile dell'epoca, cioè il tardo manierismo della fine del Cinquecento (opera però che, come ben sappiamo, non fu mai realizzata). Per fortuna il Poccetti, o la sua bottega, ci ha lasciato un disegno che cerca di riprodurre nel modo più preciso possibile la facciata allora abbattuta, la quale si mostra veramente in linea con quello stile gotico cui Santa Maria del Fiore, e per epoca e per forme, apparteneva a pieno titolo; una facciata ricca di incrostazioni marmoree, di tarsie, di statue, di elementi plastici, che la animavano in maniera molto più complessa e con un'articolazione più sofisticata che non l'ordine architetto­ nico, limpido e schietto, proprio del romanico Battistero. I ritmi con cui si combina-

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42. Vezelay, Abbaziale di Sainte-Madeleine, interno.

vano i vari elementi architettonico-decorativi della facciata rispondevano a quel medesimo principio che possiamo ancora oggi in parte cogliere guardando i fianchi di Santa Maria del Fiore, in quei primi tratti dalla parte della facciata, che presentano un andamento serrato di brevi contrafforti non molto pronunciati in aggetto, di bifore fortemente allungate e ricche di decorazioni, secondo quello che dovette essere il primo progetto amolfiano, anche se poi l'incrostazione marmorea fu conclusa in un'epoca più avanzata. Lo stesso vale se noi osserviamo, all'interno, la controfacciata, dove molto rimane di epoca amolfiana, nella quale possiamo notare il grande portale maggiore, inquadrato da una bella apparecchiatura in pietra forte, che nella parte superiore termina con la bellissima lunetta a mosaico dell'Incoronazione di Maria Vergine, con ai lati due loggette dalle sottilissime colonnine. Queste loggette richia­ mano molto da vicino modi decorativi non propriamente fiorentini ma che, piutto­ sto, possiamo ritrovare nelle chiese gotiche d'oltralpe, come, per portare un esempio, a Notre-Dame di Digione; qui infatti, nel triforio della navata centrale, vediamo impiegatj archetti a sesto acuto su esili colonnine e con archivolti modanati in più ghiere. E quindi possibile ammettere che la Cattedrale di Firenze, nel suo primo momento di crescita nello spirito del progetto arnolfiano, si attenesse a qualcosa di 42

43. Saint-Denis, Abbaziale, interno della zona absidale.

nqovo che non era proprio alla tradizione fiorentina, la quale fino ad allora si era mostrata sostanzialmente classicheggiante e romanica. Cerchiamo adesso di considerare la Cattedrale di Firenze nella sua reale conforma­ zione, così come noi l'abbiamo ricevuta dopo l'attuazione dei progetti elaborati dalla metà del Trecento in poi, soprattutto sotto la spinta del grande architetto fiorentino Francesco Talenti. A partire dal 1 3 5 5 circa la sua figura è fondamentale, spettando a lui la definizione dei criteri generali per la costruzione dell'interno (fig. 4 1 ) e anche . per le grandiose proporzioni che la chiesa viene ad assumere. Soffermiamoci a considerare le linee fondamentali di questa architettura, quali traspaiono immediata­ mente dal risalto che le membrature in pietra hanno sul chiaro intonaco, risalto tuttavia che è stato forse eccessivamente accentuato soprattutto a seguito di quegli interventi di restauro condotti sulla metà dell'Ottocento che portarono all'elimina­ zione della maggior parte delle decorazioni tardive, soprattutto quelle cinquecente­ sche, ma che probabilmente eliminarono in maniera defmitiva anche eventuali resti di decorazioni più antiche, dandoci un'immagine della cattedrale piuttosto fredda e forse eccessivamente brunelleschiana ante litteram. Da quel contrasto cromatico possiamo comunque subito cogliere le linee direttrici dell'architettura della catte43

44. ). Fouquet, Veduta di Parigi con la Cattedrale di Notre-Dame, da: Heures de Etienne Chevalier. . New York, The Metropolitan Museum of Art.

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drale, dove la decorazione e la struttura trovano un perfetto equilibrio che non va più nel senso di privilegiare, come negli ordini classici, quelle scansioni o cesure orizzon­ tali, date fondamentalmente dalle trabeazioni e dalla chiara sovrapposizione degli ordini; si tratta piuttosto di un equilibrio che cerca dei rapporti più ampi, dove si incrociano le linee direzionali orizzontali con quelle verticali, anche nei particolari. Consideriamo, ad esempio, la leggera cornice che inquadra gli archivolti degli archi che prospettano sulla navata maggiore; essa prosegue tagliando a una certa altezza i semipilastri di sostegno delle volte, creando nel moto ascensionale di questi una piccola pausa, e poi continua nel successivo archivolto, e così via. Se uno ha la pazienza di seguirla in tutto il suo andamento, si accorgerà che essa percorre perfet­ tamente tutto il perimetro della Cattedrale, creando una piccolissima cesura, o meglio - appunto - pausa, che contribuisce a stabilire un equilibrato rapporto tra linee verticali e linee orizzontali, quale pausa del moto ascensionale dell'architettura. Si tratta di una piccola cornice, apparentemente quasi insignificante, ma essa va ad unirsi nella sua funzione ad altri membri dell'architettura, quali i capitelli e soprat­ tutto il ballatoio di coronamento. Questo nuovo equilibrio è qualcosa di veramente eccezionale che noi possiamo gustare in moltissime vedute, in moltissimi scorci dell'interno della cattedrale, soprattutto quando ammiriamo la bellezza delle volte a 44

45. Pari g i, Cattedrale di Notre-Dame, facciata.

crociera che coprono lo spazio con semplicità, non con forte tensione, bensì con ca.lma, come un te lo che si stende sopra la navata creando un equilibrato rapporto tra spazio e struttura. Questo nuovo modo di concepire l'architettura non scaturisce immediatamente dalla visione classicheggiante del secolo precedente. Se il desiderio di raggiungere un armonico equilibrio tra le diverse componenti della visione archi­ tettonica può essere simile, perché radicato nella tradizione fiorentina, i mezzi espressivi sono però differenti. Nel pilastro disegnato dal Talenti fin dal 1 3 5 7 , ad esempio, il capitello, pur chiaramente individuato, non è in realtà distinto dal pila­ stro stesso - come il capitello corinzio sopra il fusto della colonna - e si pone, nell'economia generale del pilastro, quale elemento esteticamente rilevante per creare un momento al contempo di tensione e di pausa nell'elevazione che questo sostegno, così fondamentale per la struttura della cattedrale, viene ad avere. Volgiamo adesso la nostra attenzione ad un più vasto quadro delle cattedrali europee. Torniamo un attimo indietro nel tempo per considerare quale sia stata, anche altrove, l'evoluzione artistica nel campo dell'architettura sacra. Prima del fiorire del gotico - che a livello europeo investe soprattutto i secoli XIII e XIV - le esperienze che avevano guidato l'architettura dell'XI e del XII secolo in particolare, sono quelle che noi definiamo romaniche. Il romanico stesso è però un fenomeno 45

complesso che presenta aspetti a prima vista anche contraddittori e lontani tra loro, e che contribuiranno sotto vari aspetti proprio alla nascita del gotico. Se guardiamo, ad esempio, al Duomo di Pisa, vi troviamo che è la tradizione _paleocristiana delle grande basiliche romane a guidare la creazione architettonica. Fondalmentale è la presenza di colonne, colonne monolitiche, con i loro capitelli improntati a forme classiche, i quali sostengono archi a tutto sesto che a loro volta sopportano una parete articolata, ove compare anche il matroneo, ma che si distende pure con ampiezza e continuità: sono queste le caratteristiche fondamentali della tradizione paleocristiana, che comportano inoltre una copertura lignea a soffitto piano e tetto a capriate, nella cui articolazione può inserirsi - come qui a Pisa - una cu(?ola di impronta bizantina e orientale. E questa una delle possibili conformazioni dell'architettura romanica. Ma ad essa possiamo contrapporre una differente configurazione, che trova diffusione soprat­ tutto nell'Europa d'oltralpe, ed in particolare in Francia. Una chiesa come quella di Vezelay (fig. 42), che nel caso specifico non è una cattedrale, bensì una chiesa monastica - ma il discorso ad essa relativo potrebbe sostanzialmente estendersi ad altre chiese cattedrali come la non lontana Cattedrale di Autun - esemplifica in maniera chiarissima queste grandi differenze: le colonne sono sostituite da pilastri compositi, la parete al di sopra delle arcate non è liscia, ma segnata e articolata dalla prosecuzione dei pilastri che continuano, in forma di semipilastri, fmo all'altezza della copertura; e quest'ultima non è più a soffitto piano o a capriate in vista, ma a volte. A Vezelay si tratta di volte a crociera semplice, le cui campate sono individuate dagli archi, a tutto sesto, che si sottendono tra i pilastri contrapposti della navata centrale. C'è quindi un'intelaiatura strutturale molto più complessa che preannuncia anche certe disposizioni proprie del gotico; tant'è vero che questa chiesa di Vezelay, costruita intorno al 1 1 20, fu poi in parte ristrutturata nel corso del Duecento con la"­ costruzione di un coro prettamente gotico, ma che si integra perfettamente con le preesistenti forme romaniche. Dicevo che l'esperienza gotica cerca in parte di recuperare certe tradizioni paleo­ cristiane. Il gotico nasce non in una cattedrale, ma nella chiesa abbaziale di Saint­ Denis (soltanto di recente essa è stata eretta a cattedrale) vicino a Parigi, antica chiesa risalente all'alto medioevo, che fu in alcune sue parti assolutamente rilevanti rico­ struita, con interventi di grande audacia, da parte dell'abate Sigeri, o Sugerio (o Suger, se vogliamo mantenere il nome francese), verso il 1 1 40; un grande personag­ gio, di grande cultura essenzialmente - noi potremmo dire - umanistica, il quale voleva, nel creare le nuove forme delle parti da lui ricostruite, far rivivere gli splen­ dori delle chiese di Roma, se non addirittura dell'antica architettura romana - nei suoi scritti ricorda con ammirazione le Terme di Diocleziano - che lui aveva potuto vedere nei suoi viaggi ad limina Apostolorum. Le parti riedificate da Suger riguar­ dano essenzialmente la facciata, il nartece, ossia il vestibolo d'ingresso, e la zona terminale del tempio, cioè il coro (fig. 43), mentre il corpo della navata rimase per il momento quello altomedievale e solo più tardi, in pieno Duecento, fu ricostruito in uno stile gotico ormai avanzato. La ristrutturazione voluta dall'abate Suger aveva tra i suoi intenti anche di recuperare certi elementi della tradizione classica, come le 46

46. Parig i, C at tedrale di Notre-Dame, interno.

colonne, che lui voleva marmoree, o di altro nobile materiale lapideo, e che avrebbe addirittura volentieri fatto trasportare da Roma, se non avesse avuto la ventura di trovare una buona cava di pietra da taglio in una località non troppo distante dall'abbazia, nei pressi di Pontoise. In fondo egli però voleva creare un legame essenzialmente ideale con Roma, con la Roma antica e soprattutto con la Roma del primo cristianesimo, e assimilare simbolicamente le colonne e le altre strutture 'fondamentali' dell'edificio sacro - secondo quanto recitano alcuni passi delle epi­ stole di San Paolo (Ef. 2, 1 9-22; Gal. 2, 9) e di san Pietro (l a Pt 2, 5) - agli apostoli, ai profeti, ai fedeli tutti, che concorrono a formare il vero tempio di Dio, la Chiesa, "colonna e fondamento della verità" ( l a Tim. 3 , 1 5). Le 'colonne' che vengono disposte nel coro di Saint-Denis poco avanti la metà del XII secolo, se dal punto di vista simbolico possono ricollegarsi a una cultura di tipo tradizionale, rappresentano però una novità dal punto di vista dell'impaginazione architettonica. Qui, per la prima volta, si impostano sopra le colonne e sopra gli altri sostegni perimetrali del deambulatorio volte a crociera costolonata, che mostrano un'evoluzione rispetto a quelle romaniche, nel senso di una maggiore razionalità nella forma e nella struttura, con l'impiego dell'arco a sesto acuto ormai rigorosa47

47. Firenze, Santa Maria del Fiore, spaccato assonometrico della navata (da Choisy).

mente concepito, e con la possibilità quindi - di concerto col sistema dei contrafforti esterni - di svuotare la parete da un suo ruolo portante. Come vediamo, nei muri perimetrali del deambulatorio e delle cappelle radiali si aprono grandi finestre a vetrate, dalle quali una luce multiforme e variegata, a seconda dei colori impiegati nelle vetrate stesse, poteva diffondersi all'interno della chiesa. Queste sono le novità-.... . che nascono a Saint-Denis intorno al 1 1 40. Ma il monumento forse più illustre del gotico d'oltralpe è la Cattedrale di Parigi, Notre-Dame, che qui vediamo in una veduta storica - potremmo dire - tratta da un . Libro d'Ore miniato da Jean Fouquet alla metà del Quattrocento, da cui ben perce­ piamo come questa cattedrale imperasse sopra la città di Parigi con la sua mole unitaria e frastagliata a un tempo (fig. 44). La Cattedrale di Notre-Dame ci presenta anch'essa un gotico abbastanza arcaico ancora in fase di crescita, soprattutto nella facciata e nell'elevazione interna delle navate (figg. 45 e 46), dove i sostegni isolati, ossia i pilastri, sono, nella loro parte inferiore, in forma ancora di grosse colonne cilindriche. Inoltre c'è da notare la presenza di matronei al di sopra delle navate laterali, i quali stabiliscono all'interno della chiesa dei livelli distinti per quanto riguarda l'elevazione, secondo schemi tipici di alcune correnti architettoniche roma­ niche: livello delle arcate, livello dei matronei, livello delle finestre. Si attuano però adesso nuovi equilibri tra le linee orizzontali e quelle verticali che, sottolineate da articolate modanature, percorrono tutta l'ossatura dell'edificio: non v'è dubbio che le direttrici ascensionali prevalgono ormai, e prevarranno sempre più negli edifici posteriori, sui ricorsi orizzontali. Da questo punto di vista i ricordi delle nette scansioni in differenti piani, sottolineate dalle trabeazioni classiche, sono ormai 48

48. Veduta ideale di Santa Maria del Fiore, nell'affresco di Andrea di Bonaiuti nel Cappellone degli Spagnoli. Firenze, Santa Maria Novella.

lasciati dietro le spalle. All'esterno poi l'architettura della chiesa trova ancora una sua formulazione nuova: se consideriamo la parte della navata centrale che si eleva al di sopra delle navate laterali, notiamo la presenza di un nuovo tipo di contrafforti, mai prima impiegati, i cosiddetti archi rampanti, destinati a sostenere la spinta delle volte che gravano verso l'esterno. Il transetto acquista una particolare rilevanza, poiché si presenta adesso con una vera e propria facciata d'ingresso al tempio, nella quale si apre anche un bellissimo rosone; questo, del transetto sud, è tuttavia un'inserzione più tarda, di circa la metà del Duecento, quando ha inizio quella fase del gotico più maturo che noi chiamiamo gotico rayonnant, cioè gotico "radiante", proprio perché è come se dal centro di questi rosoni si dipartissero a guisa di raggi le stupende decorazioni a traforo in pietra, chiuse all'interno dalle vetrate multicolori. Riconsideriamo però gli archi rampanti, che diventano una parte fondamentale dell'architettura gotica, poiché permettono di portare a grande altezza l'elevazione della navata centrale, di eliminare la funzione portante della parete e di praticare quindi l'apertura di grandi finestre. Nelle cattedrali d'oltralpe essi diventano un elemento irrinunciabile dell'immagine stessa dell'architettura gotica e ricevono ela­ borazioni formali di grande valore. Ma se facciamo anche un veloce paragone con la situazione nostra a Firenze, ci rendiamo conto che essi sono e rimangono del tutto estranei alla tradizione fiorentina. Eppure una cattedrale come Santa Maria del Fiore presenta proprio nella navata centrale delle volte a crociera di straordinaria bellezza e anche arditezza. Come vengono controbilanciate le spinte che inevitabilmente esse presentano verso l'esterno? Se consideriamo la sezione di una chiesa gotica francese, noi ben riconosciamo e comprendiamo la funzione di controspinta che spetta agli archi rampanti, presenti al di sopra delle navate laterali, e ai contrafforti esterni. Ma anche se consideriamo una sezione trasversale delle navate di Santa Maria del Fiore, condotta precisamente in corrispondenza dei pilastri, individuiamo pure senza difficoltà la presenza di veri e 49

49. Laon, Cattedrale, facciata.

� propri contrafforti inclinati, a mo' di 'sproni', al di sopra delle volte delle navate laterali e quindi non visibili dall'interno della chiesa, contrafforti nei quali si aprono dei varchi di passaggio ad arco zoppo e che hanno la medesima funzione dei tipici . archi rampanti delle cattedrali nordiche (fig. 4 7). Solo che essi non compaiono neppure all'esterno; si trovano infatti nei sottotetti, inglobati entro il volume generale del fabbricato e quindi non percepibili all'occhio, cosicché nella visione esterna dell'architettura della cattedrale vengono eliminati i tracciati delle tensioni dinami­ che dell'architettura stessa, riportandosi il tutto a un elementare equilibrio di volumi. Essi però esistono, sono parte fondamentale delle strutture dell'edificio e non possiamo dimenticarli, quando vogliamo avere una chiara conoscenza della forma archi­ tettonica del nostro Duomo. Possiamo anzi rilevare che forse, in un primo momento, questi contrafforti erano stati progettati per rimanere in vista, al di sopra delle navate laterali, come sembra suggerire il famoso affresco di Andrea Bonaiuti nel Cappellone degli Spagnoli a Santa Maria Novella, del 1 3 6 5 circa (fig. 48), nel quale la cattedrale fiorentina è rappresentata in forme fantastiche, ma in buona parte sicuramente rispondenti ai modelli che proprio in quel giro di anni si venivano elaborando e che ne stabilirono quindi la configurazione definitiva. Nell'immagine che ci offre l'affre­ sco noi vediamo all'esterno della navata centrale i contrafforti, in forma di sproni, 50

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50. Villard de Honnecourt, Torre della Cattedrale di Laon, disegno dal 'Taccuino di viaggio'. Parigi, Bibliothèque Nationale.

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simili a quelli che furono poi realmente condotti a sostegno delle tribune intorno al tamburo della grande cupola. Sono questi elementi tutti da considerare in conso­ nanza con i modi costruttivi specifici del gotico europeo, anche se vengono trattati secondo un diverso linguaggio formale tipicamente fiorentino. Tornando alle chiese francesi, affrontiamo il tema delle facciate, che è strettamente legato a quello dell'intero alzato, esterno e interno, del sacro edificio; perché anche nella facciata, ad esempio, di Notre Dame, noi possiamo riconoscere diversi livelli di elevazione: il piano inferiore, il piano intermedio dei matronei, il piano superiore, corrispondente al fenestrato della navata centrale. Troviamo equilibrio tra linee ascensionali e linee orizzontali. Questa facciata è anzi stata studiata apposta per dar vita a una chiara suddivisione dell'intero suo alzato, considerando anche le due torri laterali, in riquadri rettangolari, i quali risultano essere rettangoli "aurei", ossia costruiti con misure auree (dove cioè il lato corto è la sezione aurea del lato lungo). La sezione aurea fu uno dei motivi tipici di armonia compositiva, già noto agli antichi greci e perseguito anche con particolare ammirazione durante il medioevo, perché considerato proporzione divina. Un'altra cattedrale francese, ai confini nord-orientali dell'Ile-de-France, la Catte51

drale di Laon, ci permette di vedere un'evoluzione nella concezione della facciata gotica. Questa di Laon (fig. 49) è più plastica rispetto a quella di Parigi, soprattutto se ne consideriamo il triplice protiro molto aggettante e le due torri di inquadramento dalla struttura alquanto complessa nelle parti superiori, con torrette angolari poste in diagonale che fuoriescono dal principale quadrato di base e conferiscono alla pianta un andamento stellare. L'articolazione spaziale che ne deriva è veramente unica, mentre l'effetto plastico è accentuato dalla quantità di colonnine, pilastrini, archetti, comici, nonché vere e proprie sculture monumentali che ne animano l'ossatura. Gli stessi artisti dell'epoca ne rimasero colpiti, come è attestao da due disegni nel famoso "taccuino" di Villard de Honnecourt, eseguiti verso il 1 220- 1 230: l'artista francese riprodusse infatti una delle torri di Laon non solo nella pianta - un disegno geomen­ trico di per sè astratto - ma anche nell'alzato (fig. 5 0), in cui ogni elemento è visto come proiettato sull'unico piano del foglio di pergamena, secondo l'immagine visiva che se ne percepisce dal basso, non secondo un'astrazione mentale. Una particolare geometria del piano, dunque, per quanto attiene al disegno, che è però una geome­ tria dello spazio pienamente sentita in tutta la sua tridimensionalità e plasticità nella realtà dell'edificio. Possiamo anche notare come l'artista abbia messo in evidenza la presenza delle grandi sculture di animali, che tuttora caratterizzano la torre della cattedrale, dalla quale sembrano slanciarsi nello spazio circostante; sotto la mano di Villard de Honnecourt essi si adattano invece perfettamente al piano del foglio, senza perdere tuttavia la loro espressività artistica. Le cattedrali gotiche del XII-XIII secolo si trovano in città che sono spesso - e lo erano soprattutto ai tempi della loro costruzione - piuttosto piccole, tutte circondate dalla campagna, cosicché la monumentalità dell'edificio doveva risultare ancora più rilevante e straordinaria. Ciò lo si può sperimentare proprio a Laon, l'imponenza della cui cattedrale è accentuata non solo dalle torri di facciata, ma anche da quelle" che si elevano sui bracci del transetto e sulla crociera. E bisogna ricordare che siamo sempre nell'ambito del primo gotico francese, nella seconda metà del XII secolo con prolungamenti, per la completa costruzione delle torri, sino ai primi decenni del XIII. Anche al suo interno (fig. 5 1 ) la chiesa di Laon ci presenta una interpretazione di questa prima fase del gotico francese, alla ricerca di un linguaggio espressivo nuovo. L'elevazione della navata centrale comporta ancora la presenza di sviluppatissimi matronei e, oltre a questi, anche di un triforio, portando addirittura a quattro i livelli dell'alzato - arcate, matronei, triforio, finestre - come è possibile, del resto, ritrovare in altre chiese dell'Ile-de-France, ad esempib a Noyon. Anche quest'ultima cattedrale risale alla prima fase del gotico, ricostruita a partire dal 1 1 5 0 circa, e dà al suo interno, anche se di dimensioni non particolarmente straordinarie, una forte impres­ sione di monumentalità, come Laon. Più piccola, eppur ugualmente monumentale, è la Cattedrale di SenÌis, essa pure ricostruita durante la seconda metà del XII secolo. Purtroppo le parti alte della navata furono ristrutturate nel XVI secolo a seguito di un incendio, e di conseguenza non offrono più il disegno originario. Questo tuttavia doveva già contemplare un alzato a tre livelli, sul tipo della Cattedrale di Sens, dove per la prima volta furono 52

5 1. Laon, Cattedrale, interno.

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introdotti, sulla metà del secolo, i principi innovatori dell'architettura gotica in una cattedrale. A Sens, tuttavia, ai matronei si era già sostituito il triforio, mentre a Senlis il matroneo è mantenuto; esso non dà comunque senso di pesantezza e inoltre questa chiesa risulta particolarmente illuminata pure nelle parti basse. In tutte queste chiese noi veramente percepiamo come la struttura portante si concentri essenzialmente nei pilastri, negli archi acuti, nei costoloni. Le linee di tensione che percorrono l'edificio sono dunque soprattutto quelle verticali, cosicché la suddivisione in livelli crea soltanto pause ordinate nel movimento verso l'alto e vengono quasi annullate, nella loro continuità, le linee orizzontali, già così tipiche dell'ordinamento classico. A Senlis troviamo un altro elemento molto importante per definire l'immagine della cattedrale gotica: in questa cattedrale, che ha una facciata piuttosto semplice, risalta in maniera singolare il portale centrale a motivo della ricca decorazione scultorea che lo distingue, risalente a circa il 1 1 7 5 (fig. 52). Già nelle cattedrali e nelle abbaziali romaniche della maggior parte delle regioni della Francia si incontra­ vano portali profusamente ornati nei timpani, negli stipiti, negli archivolti. Già nelle 53

52. Senlis, Cattedrale, portale principale.

cattedrali di Saint-Denis, di Chartres, della stessa Notre-Dame di Parigi si trovano portali che mostrano la stessa conformazione di quello di Senlis, con le tipiche "-, statue-colonne nelle strombature, e che lo precedono di alcuni decenni. Ma è a Senlis che per la prima volta queste stesse statue-colonne, come pure gli altri rilievi, rice­ vono una vitalità, una libertà, una naturalezza nuova, ormai sicuramente non più romanica e pienamente gotica. A Senlis noi vediamo raffigurata nel timpano l'Incoro­ nazione della Vergine, tema che sarà fra i più tipici della scultura gotica; nelle strombature le statue-colonne dei santi si staccano con forza dal supporto architetto­ nico e si ammantano di elaborati panneggi; i due bellissimi bassorilievi dell'architrave con la Dormizione della Vergine e il Risveglio di lei operato dagli angioli, che vengono a prendere la Madre di Dio per portarla anche corporalmente in cielo, denotano, insieme a una qualità altissima, una straordinaria freschezza fino allora inedita. Da qui la scultura gotica intraprende ormai il suo trionfante cammino. Il tema dell'Incoronazione della Madonna lo ritroviamo, dopo pochi decenni, ancora magistralmente espresso nella Cattedrale di Chartres, rinnovata, agli inizi del duecento, a seguito di un tremendo incendio dal quale si era salvata soltanto la facciata occidentale. Notre-Dame di Chartres è notoriamente una delle cattedrali emblematiche del gotico francese, e per le sue vicende costruttive ci è permesso di cogliere un'evoluzione proprio nello svolgimento dell'arte e dell'architettura gotica. Iniziata verso il 1 1 45 , subì il grave incendio, di cui si diceva, nel 1 1 94. Nella facciata 54

53. Chartres, Cattedrale, Il 'Portale Reale'.

occidentale, la principalé, che fortunatamente è giunta quasi intatta sino a noi, possiamo rilevare le forme, ancora serrate, dell'architettura proto-gotica e soprattutto possiamo ammirare le sculture del "Portai! Royal" (il Portale dei Re, diviso in tre aperture che danno ingresso alla cattedrale), compiute intorno alla metà del XII secolo e che testimoniano, oltre che della qualità estremamente raffinata della loro fattura, della ricchezza e della razionalità del programma iconografico (fig. 53). I modi espressivi sono di una straordinaria lucidità: per esempio, nella lunetta del portale centrale, la bellissima Teofania, o Maiestas Domini, con l'immagine del Cristo Pantocràtor circondato dai quattro Viventi dell'Apocalisse - tema tipico dei portali romanici - risalta con uno straordinario vigore e forza rappresentativa, che difficilmente trova degli equivalenti in tutta la storia della scultura. Inoltre le bellis­ sime statue-colonne dall'enigmatico sorriso - come di qualcosa che si stia risve­ gliando alla vita - si adeguano, nel loro andamento estremamente lineare-verticale, in maniera così evidente alle esigenze dell'architettura, che denotano veramente uno spirito ancora romanico piuttosto che gotico. Ma quel nuovo cammino della scultura, inaugurato a Senlis, trova proprio a Chartres la sua grande e prima risonanza, nella decorazione della cattedrale che fu ricostruita subito dopo l'incendio, nei primi decenni ormai del XIII secolo. Furono infatti riedificati tutto il corpo delle navate e del coro e i due bracci del transetto, e questi furono dotati di due monumentali facciate, nelle quali si aprono grandi portali strombati, anch'essi qualificati da un ricco apparato scultoreo, comprendente fra l'altro i timpani e le statue-colonne. Ecco che nei timpani principali delle facciate nord e sud compaiono i temi più caratteristici dell'iconografia gotica: l'Incoronazione della Vergine - come abbiamo già detto - e il Giudizio Universale, dove il Cristo è rappresentato non più nei tratti maestosi e severi tipici del romanico, ma con un fare più dolce e compassionevole: giudice che salva, non che condanna. Anche le nume­ rose statue-colonne, eseguite da maestri diversi e in stili personali a volte molto 55

differenti fra loro, sono ormai opere gotiche nel senso più qualificante del termine. Rispetto alle più antiche statue-colonne del Portale dei Re, esse sono molto più libere, più sciolte nei loro movimenti, anche se non presentano ancora quell'equilibrio di perfetta classicità che sarà raggiunto solo pochi decenni più tardi, ad esempio, nella Cattedrale di Reims. Anche le strutture architettoniche di Notre-Dame di Chartres si sono fatte ormai più evolute: un organico sistema di contrafforti e archi rampanti all'esterno, una disposizione interna più razionale e semplificata, con campate rettangolari trasverse ("barlongues" in francese) coperte da volte a crociera, pilastri identicamente artico­ lati a partire dal pavimento, un alzato della navata centrale a soli tre livelli - arcate, triforio e fmestre - con completa soppressione dei matronei e ampio spazio dato al fenestrato. I movimenti ascensionali si accentuano, e con particolare evidenza, nella campata di crociera (fig. 5 4), dove i quattro sostegni che la defmiscono sono costituiti da quattro robusti pilastri a fasci di pilastrini, i quali senza soluzione di continuità si innalzano con i loro fusti estremamente lineari dalla base del pavimento sino all'im­ posta delle volte di copertura; sicché noi restiamo particolarmente colpiti da questo forte senso di elevazione visiva e insieme spirituale. 54. Chartres, Cattedrale, interno.

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Un'altra tra le cattedrali più famose e più significative del gotico francese, è la Cattedrale di Bourges, che si eleva al centro di questa importante città, capitale del Berry. La formulazione della sua architettura è a un tempo semplice e complessa; semplice, perché la cattedrale è priva di transetto e quindi tutto si organizza intorno alla lunga e slanciata navata centrale, che risalta così anche all'esterno in maniera evidentissima; ma anche complessa, perché intorno a questa navata si dispongono addirittura due navatelle laterali di differente altezza, le quali danno vita a un doppio deambulatorio, sul quale prospettano piccole cappelle radiali (fig. 5 5). All'esterno, lungo le fiancate e la zona absidale, la sensibile differenza nell'altezza delle navate dà vita a un sistema di archi rampanti molto ripidi, che denotano, unitamente alle falde dei tetti in forte pendenza, un andamento ascensionale­ piramidale dell'intero complesso architettonico particolarmente accentuato. La fac­ ciata è grandiosa, a cinque portali, con ricca profusione di sculture, e vi risalta il timpano principale, che offre una dei tipici temi dell'arte gotica, il Giudizio Univer­ sale. E come già per Chartres, anche qui la figura di Cristo, che troneggia al centro della scena, non è quella del giudice tremendo, ma del giudice misericordioso, che sa - · · -··-� ·:;. --- ··r·•

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55. Bourges, Cattedrale, esterno della zona absidale.

56. Beauvais, Cattedrale, sezione trasversale del coro (da Aubert).

comprendere le debolezze umane, le cadute di quell'uomo per la cui salvezza patì le sofferenze della Passione: e infatti, pur se regalmente seduto sul trono, mostra sul suo corpo i segni dei chiodi e la trafittura della lancia. Al di sotto, però, la figura dell'Arcangelo Michele, che insieme al diavolo sta pesando le anime, ricorda come in ogni caso alla misericordia divina va unita la giustizia, risvegliando la coscienza dell'uomo al compimento del bene. Si tratta evidentemente di temi di grande portata teologica, che richiederebbero un approfondimento ben maggiore di quanto possa permettere una conferenza come la nostra. Non per nulla la cattedrale gotica, per la ricca iconografia delle sue sculture, vetrate, suppellettili liturgiche etc., è stata defi­ nita "lo specchio del mondo". Tornando all'aspetto più propriamente architettonico, possiamo brevemente consi­ derare anche il maestoso interno della Cattedrale di Bourges, la sua navata principale con le arcate che si susseguono in ritmo seÌ'rato ma che si presentano anche partico­ larmente slanciate, con le suggestive vedute di scorcio, soprattutto nel coro, determi­ nate dalle straordinarie fughe di pilastri, altissimi e perfettamente lineari. La Cattedrale di Bourges appartiene ormai interamente al XIII secolo. È questo veramente il secolo delle cattedrali, e i nomi di Reims, Amiens, Beauvais, Strasburgo, Albi, e tanti altri, dentro e fu?ri di Francia, richiamano immediatamente l'immagine delle loro cattedrali gotiche. E il secolo dell'"opus francigenum", come a partire dalla seconda metà del XIII secolo, sarà correntemente chiamato per tutta Europa il nuovo stile, nato appunto nei territori di Francia (il termine " gotico" diventerà d'uso co58

57. Reims, Cattedrale, facciata.

mune, come si sa, soltanto durante il XVIII e soprattutto il XIX secolo). Architetti, scultori, pittori, maestri vetrari e orefici padroneggiano ormai in maniera eccellente il mondo delle forme, i procedimenti tecnici, l'inesauribile fantasia creatrice. Talora l'uomo sembra sfidare i limiti stessi delle sue capacità costruttive: dai 3 7 metri d'altezza della navata maggiore di Bourges si passa ai 3 8 di Reims, ai 42, 50 di Amiens, sino ai 48 metri circa di Beauvais (fig. 56); ma qui ci si dovette alfine arrendere, e Beauvais rimase la più alta cattedrale della Francia. Essa tuttavia non fu mai terminata, non tanto però per incapacità tecniche, quanto piuttosto per le vicende avverse della storia, con guerre, difficoltà economiche etc. Furono innalzati unicamente il coro e il transetto, quest'ultimo nel XVI secolo, quando addirittura fu elevata al di sopra della crociera anche una "tour-lanterne", la cui "flèche" raggiun­ geva i t 5 3 metri d'altezza; ma qui l'ardire dell'architetto fu davvero temerario, poiché questa torre crollò tre anni dopo la sua edificazione, il 3 0 aprile 1 5 7 3 . Questa sfida degli architetti alle possibilità, o ai limiti, della statica degli edifici trova un parallelo proprio nelle vicende della Cattedrale di Firenze quando, nei decenni immediata­ mente seguenti .alla metà del Trecento, se ne stabilì la definitiva configurazione (basti 59

58. Ely. Cattedrale, interno, la 4tour�lanterne'.

ricordare le attente discussioni, nel 1 3 66, sulla forma e la consistenza delle " colonne grosse" al termine delle navate, che avrebbero dovuto sostenere l'enorme peso della cupola) e quando Filippo Brunelleschi, con nuovi espedienti tecnici, costruì ardita­ mente il "Cupolone", coi suoi 1 00 metri di altezza. E a Firenze queste " ardite" strutture continuano intatte a sfidare i secoli e la storia! A Reims, altro nome magico dell'arte gotica europea, l'eccezionale facciata (fig. 57) più che un'architettura, sembra essa stessa una grandiosa scultura; e qui vera­ mente la scultura gotica trova uno dei suoi momenti più alti. Basti pensare al famoso gruppo della Visitazione, nel portale centrale con le due figure di Maria e di Elisa­ betta che, prettamente gotiche nella sostanza stilistica, sembrano però procedere, senza intermediari e senza soluzione di continuità, da modelli di epoca classica, di Fidia o di Policleto. E poi i grandi rosoni, che fanno di questa cattedrale il capolavoro dello stile "rayonnant", con gli stupendi trafori e i colori infiniti dei vetri che animano di vita la controfacciata e tutto l'interno. Il tema dei rosoni sarebbe anch'esso da considerare a sé nel contesto dell'arte gotica. Sì, perché è troppo semplicistico ammirarli esclusivamente per la luce colo­ rata che filtrano all'interno del tempio. La luce infatti si dovrebbe gustare anche per 60

se stessa, a prescidere dal colore, per coglierne gli effetti plastici sulle membrature architettoniche o di messa in evidenza del puro disegno nei trafori dei rosoni stessi. Ciò risulta evidente da alcune belle fotografie in bianco e nero, forse troppo 'studiate', ma certamente di grande effetto, come quelle che vi mostro dei rosoni delle cattedrali di Clermont, nell'Alvernia, e di Sées, in Normandia. Nelle cattedrali finora considerate l'elevazione della navata centrale è sempre uno degli elementi più caratteristici e qualificanti. Il senso di elevazione è dato non solo dalla grande altezza cui esse giungono (anche la navata del Duomo di Firenze si innalza a oltre 40 metri alla chiave delle volte), ma soprattutto dal rapporto larghez­ za/ altezza - che a Reims e a Bourges tende all' l : 3 e tale è raggiunto ad Amiens (mentre a Firenze è di l :2) - e dalla configurazione dei pilastri, che nella loro formulazione più evoluta e più rispondente tendono a far scivolare lo sguardo verso l'alto. Ecco come nascono le navate di Reims, di Amiens, di Colonia, o il coro di Beauvais. E quando giungiamo a considerare la campata di crociera, dove la navata incontra il transetto, ecco che spesso anche il limite delle volte viene sfondato per dar vita a uno spazio ancor più vertiginoso, quello delle torri-lanterna - delle "tours­ lanternes" - da dove altra luce misteriosa piove all'interno della già mistica atmosfera della cattedrale. Ma queste torri-lanterna sono interessantissime anche per le loro reali strutture architettoniche di ricca articolazione e per le ingegnose, illusionistiche soluzioni. Possiamo in questo senso ricordare le cattedrali di Evreux e di Coutances, in Normandia, o la straordinaria lanterna di Ely, in Inghilterra, ottagonale, che si imposta sulla volta stellare della campata di crociera, già questa, eccezionalmente, a pianta ottagonale (fig. 5 8). Per la loro posizione elevata e per la centralità che esse rivestono all'incrocio degli assi principali dell'edificio, queste torri-lanterna richiamano indubbiamente le cu­ pole tipiche di tante chiese medievali e post-medievali italiane. Ma fra le "tours­ lanternes" e le cupole vi sono profonde differenze; poiché le cupole dominano spesso cop un'ampiezza, con un senso di spazio cosmico portato all'interno del tempio, che non è dato dalle prime, mentre queste hanno valore soprattutto per la luce filtrata e per il senso di elevazione "anagogica" - cioè ai misteri divini - dei fedeli che verso di esse indirizzano lo sguardo. Il significato cosmico-spaziale di una cupola come quella della Cattedrale di Fi­ renze è in realtà un'altra cosa. E lo è innanzitutto fin dall'immagine che se ne ha dall'esterno, la quale fa già percepire la realtà del grandioso invaso interiore; quest'ul­ timo è poi esso stesso figura della volta celeste, sia nel senso materiale che nel senso spirituale. Ma la cupola di Santa Maria del Fiore riveste un ruolo architettonico­ simbolico che va ben al di là di quello di qualsiasi "tour-lanterne" e anche di qualsiasi cupola che la tradizione medievale offriva. Infatti le cupole come le torri-lanterne erette all'incrocio della navata e del transetto non venivano normalmente a coprire se non una breve porzione della navata, quale luogo riservato all'assemblea dei fedeli, dinanzi al coro e al santuario - come ad esempio nella Cattedrale di Pisa. Talvolta la campata di crociera poteva interporsi tra il coro, posto nella navata centrale, e il santuario, ma non copriva mai il santuario stesso con l'altare. Nelle maggiori catte­ drali gotiche e in particolare in quelle francesi - la situazione è diversa, ad esempio, �-' ;

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59. Albi, Cattedrale, il coro visto dall'alto.

. per la Spagna - il coro e il santuario formano un unico complesso che occupa sì la . navata centrale, ma al di là della campata di crociera ed è tutto circondato dalle navate laterali che si congiungono nel deambulatorio. A Firenze invece l'ordinamento interno degli spazi liturgici della cattedrale è molto diverso. La cupola infatti si dispiega come un padiglione proprio sopra il coro e sopra il santuario, oltre il termine della navata, e cioè, in pratica, sopra l'altare della celebrazione eucaristica. È evidente la straordinaria portata di questa soluzione, che risulta sostanzialmente inedita, salvo un possibile riferimento alla originaria confor­ mazione della Cattedrale di Siena, come si presentava nella seconda metà del Du­ genta, proprio all'epoca di Nicola Pisano e di Arnolfo. Ma sono queste delle conside­ razioni da sviluppare in altra sede. Si può ancora comunque notare, per la cattedrale fiorentina, che sotto l'amplis­ sima cupola, oltre al recinto del coro - giunto a noi in una redazione tarda, cinque­ centesca, ma sostanzialmente e liturgicamente conforme a quello che doveva essere stato il progetto trecentesco - si trova anche un ampio spazio di transito che può essere assimilato, nella sua funzione, a un deambulatorio. Sotto questo punto di vista 62

60. Condom, Cattedrale, il coro.

la �onformazione del coro-santuario di Santa Maria del Fiore potrebbe essere avvici­ nata a quella di alcune chiese goticl:ie a navata unica, che hanno al loro centro proprio la grande recinzione corale. 1'esempio più bello e più grandioso è sicura­ mente quello della Cattedrale di Albi, in Linguadoca, anch'essa una delle famose cattedrali del XIII-XIV secolo, caratteristica per il suo aspetto di edificio fortificato e per il fatto di essere costruita in laterizio, invece che in pietra da taglio. L'unica e lunga navata, circondata da cappelle, è come suddivisa in due sezioni: l'una riservata ai fedeli, l'altra, quella dalla parte absidale, al coro che ospita il clero e i ministri officianti all'altare (fig. 5 9). Un alto e ornatissimo recinto separa il coro-santuario dal resto dell'aula e i fedeli possono circolare intorno a questa recinzione per visitare le cappelle e appressarsi ancor più, dal retro, al santuario. Sarebbe sicuramente interessante studiare anche la disposizione interna di tutto l'arredo liturgico dei cori e dei santuari, cercando di ricostruire via via, ove necessa­ rio, anche le diverse fasi storiche, in accordo col mutare dei riti. Per avere un'idea di ciò che possiamo ritrovare all'interno di un coro gotico mi sembra interessante considerare, oltre al coro di Albi, quello della Cattedrale di Condom, in Guascogna, che nella fotografia di cui dispongo è ripreso dall'alto, al centro della zona terminale 63

della navata (fig. 60). Anche qui un'alta recinzione, a guisa di sottile parete artistica­ mente lavorata, probabilmente in legno, ne determina le dimensioni ridotte rispetto alla navata stessa, cosicché all'intorno si forma come un deambulatorio per consen_tire facile accesso alle cappelle. All'interno della recinzione, poi, possiamo vedere, come in un plastico in miniatura, la perfetta disposizione del cancello di separazione dalla navata, sul fronte, e al di là di questo gli stalli, i leggii e l'altare. Cori di questo tipo, se da una parte tengono indubbiamente distanti i fedeli dall'altare e dall'azione liturgica che vi si celebra, dall'altra però fanno emergere in maniera concreta il senso di sacralità del luogo e l'importanza della liturgia che in esso si celebra, come atto di culto pubblico reso a Dio da parte della sua Chiesa, a nome di tutta la Chiesa, a nome cioè anche di coloro che non sono presenti nella cattedrale durante l'officiatura. Cori di grande monumentalità e di grande bellezza li troviamo in molte delle cattedrali gotiche, anche fuori di Francia. Anzi, i cori più monumentali si ritrovano oggi forse in Inghilterra, le cui cattedrali, particolarmente allungate, erano ideate per riservare buona parte della navata maggiore precisamente al coro. Anche le catte­ drali gotiche della Spagna, tali quelle di Barcellona, di Burgos o di Lesn, presentano dei grandiosi cori, ma dislocati nella parte mediana della navata centrale, "ideal­ mente" insieme ai fedeli e del tutto distinti quindi dal santuario. Ne possedeva uno anche la Cattedrale di Gerona, posto al centro dell'unica ampia navata che la caratte­ rizza, coperta da poderose volte a crociera - coro attualmente rimosso e sostituito da un monumentale organo con tribuna per i cantori. È inoltre da notare come questa cattedrale, con felice ma insolita soluzione, adotti per la parte absidale la consueta partizione in tre navate, deambulatorio e cappelle radiali. A questo proposito si potrebbe forse osservare che la Cattedrale di Gerona è, sotto tale profilo, proprio il rovesciamento di quella fiorentina, in cui da un corpo longitudinale a tre navate cj si "" · immette nell'ampio e unitario vano della cupola. Credo che le considerazioni fatte, sia pur velocemente, sull'articolazione degli spazi liturgici e la presenza dei cori nelle cattedrali gotiche europee possano aiutarci a comprendere meglio la disposizione interna di Santa Maria del Fiore, anche se per . quest'ultima è certo da lamentare che proprio il coro, e in particolare la sua recin­ zione, sia giunta a noi in uno stato molto depauperato rispetto a ciò che era stato ideato e attuato da Baccio d'Agnolo e Baccio Bandinelli alla metà del Cinquecento; ché, se non era certamente in 'stile' con l'architettura gotica della chiesa nè con la prima concreta realizzazione 'provvisoria' che ne fece il Brunelleschi, offriva comun­ que un'idea di sontuosità e di completezza, con le sue colonne e le sue trabeazioni in marmi pregiati, che facevano risaltare indubbiamente in maniera molto più evidente di oggi il "luogo santissimo" del sacro tempio. Desidero concludere questo breve excursus sulle cattedrali gotiche e su Santa Maria del Fiore - che se il tempo lo avesse consentito avrebbe potuto toccare vari altri argomenti - con un'ultima considerazione riguardante la dedicazione stessa della nostra cattedrale. Si sa che l'antica cattedrale di Firenze era dedicata a Santa Reparata; ma la nuova la si volle dedicare principalmente a Maria, anche se fino alla delibera del Comune del 29 marzo 1 4 1 2, che impose a qualunque cittadino di chiamarla espressamente col nome di Santa Maria del Fiore, si era continuato a 64

impiegare usualmente l'antica intitolazione. E la dedicazione alla Madonna - o, meglio, a Nostra Donna, come si usava dire nel medioevo - non può essere compresa se non in armonia con la sensibilità religiosa propria dell'epoca gotica. È proprio nelle cattedrali gotiche che si sviluppa la devozione alla Madre di Dio e molte di esse, in tutta Europa, a lei sono dedicate. Anche dal punto di vista �rtistico la figura di Maria viene celebrata in queste chiese con opere di altissima qualità. E sotto questo aspetto Firenze non poteva essere da meno delle altre città. Era stata solo da poco iniziata la facciata della nuova cattedrale, e già la lunetta interna del suo portale maggiore riceveva il prezioso mosaico con l'Incoronazione di Maria, attribuito a Gaddo Gaddi, che ancor oggi vi si ammira. Intanto Arnolfo andava compiendo le principali statue per la facciata stessa - raffiguranti la Madonna col Bambino, la Madonna della Natività e la Madonna della Dormizione - che, sebbene non più in loco (le prime due si trovano nel vicino Museo dell'Opera del Duomo, la terza nei musei di Berlino), sono la testimonianza più tangibile della presenza del grande artista nel cantiere fiorentino. Queste sculture erano poste nelle lunette esterne dei portali, proprio come nelle cattedrali francesi dove troviamo spesso la figura di Maria a ricevere i fedeli che entrano nella chiesa; per esempio, nel "trumeau" del portale della Cattedrale di Amiens, la famosa Vièrge Dorée, la Madonna col Bambino, un tempo dorata, che col suo dolce enigmatico sorriso sembra salutare coloro che varcano la soglia della cattedrale. E Maria era poi rappresentata nelle vetrate; e anche qui a Firenze a lei sono dedicate le due più importanti: quella del rosone di facciata, con l'Assunzione, del Ghiberti, e l'altra - forse la più bella di tutte le vetrate del Duomo - che orna l'occhio del tamburo della cupola proprio in corrispondenza dell'altar maggiore, dove Dona­ tello rappresentò l'Incoronazione di Maria, esaltazione della Madre di Dio, della regina degli angioli e dei santi, di colei verso cui si rivolgeva la fidente devozione filiale di tanti e tanti uomini che contribuirono a elevare le gloriose cattedrali del me­ dioevo.

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6 1 . La Cattedrale di Pisa e il Campanile. Veduta da sud-ovest.

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" CONSTRUCTA CIVIBUS SUIS " . UN ITINERARIO DENTRO ED INTORNO ALLA CATTEDRALE DI PISA

Maria Monica Donato

1 . Vorrei - in omaggio al luogo che ci ospita, e alla ricorrenza che quest'anno si celebra - prendere le mosse non da Pisa, ma da Firenze: da Santa Maria del Fiore. Nella primavera del 1 300, a qualche anno dalla posa della prima pietra, il Consi­ glio dei Cento si esprime sul progetto del capudmagister Arnolfo di Cambio. L'entu­ siasmo è palpabile: visto ... il magnifico... principio della fabbrica della Chiesa ad opera di maestro Arnolfo, il Comune ed il Popolo di Firenze confidano di avere un tempio venustius et honorabilius [più bello e più onorevole] di qualunque altro esista in partibus Tuscie [in Toscana].

A quella data, non è ancora ben chiaro chi sarà ad assumere la responsabilità economica e amministrativa del cantiere: ma, come si vede, è già chiaro che la Cattedrale sarà, comunque, affare anche del governo e dei cittadini; sarà, insomma, questione di primario interesse politico. Sulla Cattedrale la città investe la propria immagine; la Cattedrale dovrà rappresentarla splendidamente, renderne visibile il primato rispetto ad altre città. E le altre città - in