Vetera Christianorum n. 34, 1997. La presenza di Origene nelle Omelie sul Cantico dei cantici di Gregorio di Nissa

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Dipartimento di Studi classic! e cristiani Universita degli Studi - Bari

VETERA CHRISTIANORUM anno 34 - 1997 - fasc. 1

EDPUGLIA

Vetera Christianorum 34, 1997, 33-49

Roberta PLACIDA

La presenza di Origene nelle Omelie sul Cantico dei cantici di Gregorio di Nissa

I rappresentanti piu significativi della tradizione esegetica di Origene furono nel IV secolo Gregorio di Nissa e Didimo: ma mentre quest’ultimo e quanto mai fedele al maestro nei modi e nei temi della sua esegesi, Gregorio ne recepisce I’insegnamento con maggiore liberta, in quanto 1 interpretazione del testo scrittunstico e da lui adattata alia dimostrazione sistematica di temi ascetici e mistici di grande rilevanza. In tal senso, commentando il Cantico dei cantici, egli si avvale dell’interpretazione origeniana di tipo individuale che vedeva nella sposa e nello sposo le figure dell’anima e del Verbo per illustrare il cammino senza sosta dell’anima che vuole raggiungere I’unione mistica con lo sposo divino e, pur attingendo ampiamente dal commento dell’Alessandrino, tuttavia inserisce liberamente gli spunti origeniani nella trama delle sue omelie, costituita dalle progressive ascese dell’anima verso la virtu. Infatti, scopo di Gre­ gorio e mostrare I’infinito cammino dell’anima verso la perfezione, verso la conoscenza di Dio e verso I’unione mistica con il Sommo Bene; d’altro canto la natura di Dio e tale che sfugge ad ogni tentative di cono­ scenza, cosi il progresso dell’anima verso la scienza di Dio e infinito, perche infinita e la sua natura. E ancora: I’anima anela a godere del Sommo Bene, ma “il suo godimento diviene sempre di piu un impulse a un desiderio piu grande, perche proprio per mezzo della partecipazione alle cose buone esso tende il nostro desiderio sempre piu avanti” (p. 31)‘. L’anima e quindi insaziabile nel godere di Dio e infaticabile nella sua Tutte le citazioni dalle Omelie sul Cantico dei cantici di Gregorio di Nissa sono dedotte dalla edizione allestita da H. Langerbeck, che costituisce il sesto volume di: Gre-

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corsa verso la perfezione: e questo il tema che Gregorio sviluppa sistematicamente e da ciii si lascia condurre interpretando il Cantico. Invece I’esegesi di Origene in quanto non subordinata ad uno schema preordihato, e pih libera e percio frammentaria; egli commenta il testo bibUco versetto per versetto, ed ogni spiegazione e fine a se stessa, senza essere inserita in un discorso che presupponga I’illustrazione di un cammino scandito da traguardi successivi: infatti nel suo conunento la sposa, sia intesa come la chiesa, sia come I’anima umana, e gia-.unita al suo sposo e non desidera altro che rimanere a lui attaccata: mtti gli altri cantici, che la legge e i profeti cantarono, sembrano essere stati cantati alia sposa ancora troppo giovane e che non era ancora entrata nella maturita: invece questo cantico e cantato a lei ormai adulta e valida, adatta ad accogliere la capacita generatrice dell’uomo e il perfetto mistero. In questo senso di lei si dice che una sola e ia perfetta colomba^; cosi, quale perfetta sposa di perfetto marito accoglie parole di perfetta dottrina” (p. 148) ^ Semmai, il cammino verso questa unione, da Origene, viene inteso come gia compiuto, non e in fieri come in Gregorio di Nissa. Ci6 detto, risulta chiaro che i suggerimenti origeniani vengono trattati da Gregorio con liberta, perchd trovino nel suo schema una collocazione consona alia descrizione del cammino dell’anima verso la perfezione. Le Omelie di Gregorio si presentano dunque come un’opera originale: infatti gU spunti ricavati da Origene, inseriti. opportunamente, si armonizzano con I’insieme dell’opera, diventandone parte integrante e perdendo il carattere piu spiccatamente origeniano. Insomma, le interpretazioni prese da Ori­ gene non sono assunte a caso da Gregorio di Nissa, rria sono sistemate con un criterio di opportunity che la sphitualita nisseniana di volta in volta suggerisce: cosi troveremo un’interpretazione che Origene da di un versetto del Cantico, applicata da Gregorio ad un versetto diverso, ma tuttavia ben inserita nel contesto del discorso. Possiamo, dunque, definire le Omelie sul Cantico dei cantici come la sintesi tra la fedelta al modello e I’indipendenza con cui Gregorio di Nissa tratta il modello stesso: dall’argorii Nysseni Opera, Leiden 1960. Alla su citata opera vanno riferite le indicazioni di pagina riportate tra parentesi accanto al testo preso in esame. La traduzione itaUana h tratta dalla versione di C. Moreschini {Omelie sul Cantico dei cantici, Roma 1996). ’ Cfr. Cant. 6,8. ^ I riferimenti all’opera di Origene riportati tra parentesi accanto al brano citato si riferiscono a: Onghne, Commentaire sur le Cantiques des cantiques (= SC 375-376), Paris 1991. La traduzione italiana h tratta dalla versione di M. Simonetti (Origene, Commento al Cantico dei cantici, Roma 1976).

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monia tra quest! due opposti modi di rapportarsi ad Origene scaturisce roriginality dell’opera nisseniana. Per illustrare il rapporto tra i due autori esaminiamo alcune delle interpretazioni proposte dal Nisseno e dall’Alessandrino sul confenuto del Cantico dei cantici. Profumo dijfuso e il tuo name. Per questo le giovinette ti hanno amato, ti hanno tratto a sd*. Si legge in Gregorio: “(La sposa) dice infatti: Profumo dijfuso e il tuo nome. Con queste parole, mi sembra, infatti, che aUuda ad un significato di questo genere, e cio^ che non e possibile circoscrivere con esattezza per mezzo di un nome la natura illimitata, ma che ogni potenza di pensieri, ogni affermazione di parole e di' nomi, anche se apparentemente posseggono una grandezza confacentesi alia natura di Dio, non possono per loro natura, toccare quello che veramente e, ma la nostra ragione congettura qualcosa su queU’essere, che d ignoto, seguendo solamente delle orme, se cosi si possono chiamare, e dei barlumi e immagina I’incomprensibile per via di analogia, basandosi su quello che riesce a comprendere” (p. 36). Invece in Origene: “Per queste anime fanciulle e che si trovano nella crescita di vita e nel progresso, colui che era nella forma di Dio si e annientato’, perche il suo nome diventasse profumo diffuso. In tal modo il Verbo non ha abitato soltanto la luce inaccessibUe e non e rimasto nella forma di Dio®, ma e diventato came’, affinchd queste anime fanciulle e in via di progresso potessero non soltanto amarlo, ma anche trarlo a se” (p. 222). . Nel Nisseno il profumo diffuso indica I’inconoscibility e inafferrabilita della natura divina, per cui le giovinette, che hanno tratto a se lo sposo, sono quelle anime che, come la sposa, si sono volte a Dio e hanno amato la sua grandezza; per questo amore hanno, per cosi dire, costretto il Verbo divino a volgersi verso di loro: “Dunque, le anime attirano a se il desiderio dello sposo incormttibile, andando dietro al Signore Dio...” (Gre­ gorio di Nissa, p. 39): e I’anima di sua iniziativa ad amare per prima lo sposo. Cosi Gregorio ribalta completamente il significato che Origene da a questo passo: infatti, per I’Alessandrino il Verbo di Dio, divenendo pro­ fumo diffuso, cioe annientandosi daUa forma di Dio, divenendo simile all’uomo, ha reso possibile I’incontro dell’anima umana con la grandezza ■' ’ ‘ ’

Cant., 1,3-4. Fil., 2,7. 1 Tim., 6,16; Fil., 2,7. Gv., 1,14.

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divina. E state lui, il Logos, che con la sua incamazione ha spinto gli uomim a corrergli incontro, e lui si fa raggiungere volentieri, perche scope della sua venuta e trarre gli uomini a se ed abitare in loro. II motive origeniano dell’incamazione del Figlio come mezzo per conoscere Dio e per avvicinarsi a lui sara invece ripreso dal Nisseno pih avanti, mentre a questo punto 1 anima e appena all’inizio della sua ascesa e quindi non ancora in grade di comprendere il mistero della venuta del Verbo nella came. A questo proposito anabzziamo un brano della Omelia IV in cui Grego­ rio di Nissa spiega Cant. 1,16; Ecco, sei hello, o mio diletto, e splendido presso il nostro letto ombreggiato. Siamo in un memento del cammino dell’anima in cui questa ha compiuto diverse ascese: essa infatti era stata paragonata dallo sposo aUa cavalla che aveva sconfitto i cam del Faraone* e il Nisseno interpreta que­ sta similitudine come un’elencazione da parte del Verbo di Dio delle buone qualita della sposa (cfr. Gregorio di Nissa, pp. 73ss.); I’anima, simile alia potenza divina che sconfisse gli Egiziani, liberando Israele dalla schiavitu, ha distrutto 1 Egitto, cioe il peccato che era in lei e si e messa in marcia per avvicinarsi a Dio. In seguito le guance della sposa sono state rese simili alle tortore’: in lei, dope che si e hberata dal giogo del Faraone e ha accolto su di se il Logos come auriga, si sono diffuse le virtu della purezza e temperanza(cff. Gregorio di Nissa, pp. 78s). Arriviamo cosi ad un’ulteriore ascesa dell’anima: i suoi occhi sono colombe". Dopo essersi hberata daUe passioni corporee, ha ricevuto nei suoi occhi la forma della colomba, percib la vista dell’anima e illuminata dallo Spirito Santo (cfr. Gregorio di Nissa, p. 105). E solo dopo aver ricevuto la grazia della comprensione spirituale la sposa pu6 guardare il suo sposo ed esclamare; Ecco, sei hello, o mio diletto e splendido, presso il nostro letto ombreg­ giato Esamimamo, dunque, come Gregorio interpreti presso il nostro letto ombreggiato. Parla I’anima: “Tu sei venuto mio bel diletto e splendido, e

* Cfr. Cant., 1,9. ® Cfr. Cant., 1,10. Le tortore sono prese come simbolo della purezza e temperanza perche era convinzione assai diffusa nel mondo antico che quest! uccelli, una volta ?ciolto il legame coniugale, non si unissero piu a nessun altro. " Cfr. Cant., 1,15. Cant., 1,16.

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sei divenuto ombreggiato presso il nostro letto. Se, infatti, tu non ti fossi ombreggiato, coprendo con la forma dello schiavo’^ il raggio immacolato della tua natura divina, chi avrebbe sopportato la tua manifestazione? [...]. Sei venuto, dunque, tu che sei splendido, ma ti sei fatto tale che noi potessimo comprenderti. Sei venuto, ombreggiando con I’involucro del corpo i raggi immacolati della tua natura divina. Come avrebbe potuto, infatti, la natura mortale e effimera conformarsi a stare al giogo con la natura immacolata e inaccessibile, se tra noi, che viviamo neiroscurita'", e la luce non si fosse intromessa I’ombra del corpo?” (p. 108). E piu avanti dice Gregorio: “... la vergine (che e 1’anima) definisce letto la nostra unione con Dio, e questa unione non poteva avvenire altrimenti se il Si­ gnore non appariva ombreggiato a noi attraverso il corpo” {ibidem). Cristo, dunque, si e incamato perche noi potessimo conoscerlo, comprenderlo, amarlo e trarlo in noi: infatti, 1’anima, grazie alia venuta dello sposo nella came, ha potuto guardarlo e trasformarsi nella sua bellezza dopo averlo attirato in lei. E lo stesso concetto che abbiamo trovato espresso in Oiigene (cfr. Origene, p. 222) nella sua interpretazione di Profumo dijfuso e il tuo nome'^. C’e pero una differenza fondamentale tra i due autori nel modo di intendere I’incamazione: mentre per Gregorio di Nissa I’anima, per quanto perfetta possa essere, per quanto sia sahta in alto neUa sua ascesa verso Dio, non potra mai conformarsi e unirsi con la natura di­ vina neUa sua pienezza, se non attraverso la divinita annientata nell’in­ camazione, per Origene, invece, il cristiano deve sforzarsi di.adire la di­ vinita del Logos, di superare la conoscenza di Cristo secondo la came, per comprendere e possedere il Verbo neUa pienezza di Spirito Santo'*. Infatti nel commentare Cant. 1,3-4, TAlessandrino alia fine del suo discorso dice: “... (la sposa) infatti dice cosi: Profumo svanito e il tuo nome. Per questo le fanciulle ti hanno amato; ed e come se dicesse: le

Cfr. Fil.-, 2.7. Cfr. Is., 9,1. " Cant., 1,3. “ Oltre che nel subordinazionismo, di cui dopo diremo, secondo il quale il Figlio sarebbe inferiore al Padre, partecipe della divinity patema e non Dio in se, il motivo di questa convinzione origeniana deve essere ricercato nel platonismo dell’autore: infatti distinguendo fra realta fenomenica e realta noumenica e dando a quest’ultima la palma di unica realta autentica, e chiaro che Origene concede a tutto cio che b camale e corporeo solo un puro valore di iniziazione per passare alia conoscenza delle realty incorporee, invisibili, spirituali. Cosi la conoscenza di Cristo secondo la came deve essere perseguita per giungere a conoscere Cristo nello spirito.

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fanciulle ti hanno amato perche tu ti sei annientato daUa forma di Dio e il too nome e diventato profumo svanito; io invece ti ho amato non per il profumo svanito, ma propiio per la pienezza dei tuoi profumi’'’ (pag. 239)'’: dunque, la sposa, vale a dire il cristiano perfetto, ha raggiunto 1 inesprimibile sostanza del Verbo e aderisce completamente alia natura divina del suo sposo, essendo diventata con lui una cosa sola'*. C’e un’altra considerazione da fare a chiarimento di quanto e stato detto sopra: esaminando come i due autori interpretino Cant. 1,15, I tuoi occhi sono colombe, si puo constatare che, pur essendo uguale la spiegazione che Gregorio e Origene danno di tale passo, tuttavia, sono diverse le implicanze di tale interpretazione. Abbiamo visto che per Gregorio di Nissa, la sposa, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo nei suoi occhi, ha visto il suo sposo nella came e ha compreso il mistero della incamazione (cfr. Gregorio di Nissa, p. 105). Anche Origene interpreta le colombe negh oc­ chi della sposa come la grazia della comprensione spirituale, ma per mezzo di tale dono 1 anima fissa il suo sguardo nello splendore e nella magnificenza del Verbo. Dice infatti TAlessandrino nella sua spiegazione di Ecco, sei bello, mio amato e avvenente^^: “Sembra che ora per la prima volta la sposa abbia guardato con piu attenzione la bellezza del suo sposo e abbia considerate, con i suoi occhi che sono stati definiti colombe, la beUezza e 1 aspetto del Verbo di Dio. Infatti non si puo vedere ne riconoscere quanto grande e la magnificenza del Verbo se uno prima non ha ricevuto occhi di colomba, cioe la grazia della comprensione spirituale [...]. Invece coloro che soltanto credono nello sposo, ma non hanno po­ tato scorgere quanto grande e la bellezza del Verbo di Dio, dicono: Ab­ biamo visto, e non aveva aspetto ne bellezza; ma il suo aspetto era ignobile e vile rispetto ai figli degli uamini"^ (p.502)’'. E evidente, dunque, la differenza di valore che nei due autori assume I’incamazione: cercheremo ora di mettere in luce il motivo di tale diversita. E qm nlevata la differenza tra la sposa, cioS il cristiano perfetto, adulto nella fede che contempla il Logos nella pienezza di divinity, e le fanciulle, cio& i cristiani semplici. in progresso di fede, ai quali e possibUe accostare soltanto la divinita abbassata nell’incamazione Cff. Gv„ 17, 21. ” Cant., 1,16. “ Is., 53,2s. , f questo brano e messa in evidenza la differenza tra il cristiano perfetto che fissa il suo sguardo nella divinita del Verbo, e coloro che, essendo ancora in unJ stato di imperfeaone, guardano il Verbo incamato e non ne mtendono la grandezza- cfr anche sopra n. 17.

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La concezione dell’infinita di Dio e della imperscratabilita della sua sostanza condiziona anche I’impostazione cristologica del Nisseno: egli in­ fatti, posto che il Logos, Figlio di Dio, possiede tutte le perfezioni del Padre ed e a lui consustanziale, distingue nettamente in Crista la natura umana, accessibile alia modesta intelligenza dell’uomo, dalla natura divina che resta, invece, eompletamente inintelligibile’’. E per questo che quando la sposa del Cantico riceve occhi di colomba’*, cioe la grazia della com­ prensione spirituale, quello che puo intendere e solo il mistero della in­ camazione: infatti, quello che si puo comprendere della natura ineffabile e do che questa ei ha rivelato con la sua epifania nella came: “Tutti que­ st! particolaii per mezzo dei quali ci viene descritta la bellezza delta sposo, non stanno ad indicare le realta invisibili e incomprensibili della natura divina, ma quelle che sono state rivelate neU’economia, aUorquando Dio fu visto sulla terra e visse tra gh uomini, essendosi rivestito della natura umana, e in quei particolari si vedono (per usare le parole dell’Apostolo)’^ anehe le'realta invisibili di lui [...]” (Gregorio di Nissa, p. 384). E quand’anehe P anima sia resa ardente dalla freccia d’amore scaghatale dall’arciere divino’*, e abbia abbandonato ogni contatto con la camalita per essere degna deU’unione con la perfetta natura, non e in grado di comprendere la divinita del Logos, ma solo il suo manifestarsi nella came: “Noi diciamo increato il Logos che era all’inizio, che era sempre presso Dio e ehe era il Logos Dio, eolui per mezzo del quale tutte le cose sono state create e senza il quale non c’e niente di quello che e state fatto’^ mentre dieiamo create eolui che si e fatto came ed ha dimorato in noi”. ^ Gregorio di Nissa sostiene la teoria deUa communicatio idiomatum, o interscambiabilitd degli attributi, per cui, a causa deirintima e inscindibile unione tra la natura di­ vina e la natura umana del Verbo, i termini che designano rumanita possono essere riferiti alia divinita e quelb con i quali si intende la natura perfetta possono essere intesi in riferimento alia natura creata. Tuttavia le due nature rimangono comunque distinte, cosi che la divinita del Figlio resta sempre inaccessibile pur se intimamente congiunta alia sua umanita. Tale dottrina era stata formulata da Origene in De Principiis, n, 6, 3. Cff. Cant., 1,15. Cfr. Rom., 1,20. “ Cff. Cant., 2,5. D motivo origeniano della ferita d’amore, per mezzo della quale Tanima e mtta pervasa dal desiderio inestinguibile del Verbo divino, e ripreso e sviluppato dal Nisseno: grazie alia ferita d’amore, Tanima esulta di gioia nuziale: infatti dopo essersi lasciata pervadere completamente dal Dio Unigenito, diviene lei stessa freccia che dall’arciere divino viene portata in alto alia partecipazione della incorruttibile etemitd (cff. Gregorio di Nissa, pp. 127-128). . “ Cff. Gv., 1,1-4. ” Cfr. Gv., 1,14.

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colui che si e incamato, la cui gloria e brillata, facendo vedere che Dio si era manifestato nella came“ [...]. Poiche dunque, il suo aspetto increato, I’essere prima dei secoli in etemo, rimane totalmente incomprensibile e inesprimibile ad ogni natura, mentre quello che si e manifestato nella came puo, per certi rispetti, anche essere conosciuto, per questo motivo la maestra volge sempre il suo sguardo a queste caratteristiche della sua natura e park di quelle che possono essere comprese dagli ascoltatori [...]. Dunque, colei che e avanzata a tal grado di perfezione, poiche doveva mostrare anche alle giovinette la bellezza del suo sposo, non dice quello che egli era all’inizio (e nenuneno sarebbe stato possibile manifestare con la forza delle parole quello che e inesprimibile), ma guida le giovinette alia teofania di Dio, che si e verificata per noi nella came” (pp. 380ss.). In definitiva, per Gregorio di Nissa, il Cristo incamato costituisce il limite di conoscenza che I’anima puo avere di Dio, percio conformarsi in tutto e unirsi al Cristo incamato e la meta cui deve ambire I’anima che voglia conquistare la vetta della perfezione Invece, abbiamo visto Origene sottolineare che dovere primario di ogni cristiano che voglia essere perfetto e sforzarsi di superare la conoscenza del Cristo in­ camato per intendere il Verbo nella divinita deUa sua sostanza. Tale differenza si spiega tenendo presente la diversa concezione cristologica di Origene. Egli, infatti, presenta il Padre e il Figlio in un rapporto di subordinazione in cui il Figlio e in condizione di inferiorita rispetto al Pa­ dre: dunque il Logos non e Dio in se, ma partecipe della divinita patema. Anche in bonta il Figlio e inferiore al Padre. Solo d Padre, infatti, e bonta originaria e assoluta, fonte prima del bene, mentre la bonta del Verbo deriva da quella patema: egli, cioe, non e buono di per se, ma riproduce in se stesso, come in uno specchio, I’inimagine della bonta del Padre. E cosi, mentre la natura divina di Dio Padre resta incomprensibile e imperscratabile, giungere a contemplare e comprendere il Logos nella sua divinita e la ricompensa di quell’anima che, come la sposa del Can“ Cfr. 1 Tim., 3,16. Infatti, nel pensiero di Gregorio di Nissa la natura razionale creata a immagine e somiglianza del Creatore, e che a causa del peccato ha deturpato la sua bellezza non mantenendo la somiglianza con la natura divina, puo riconquistare lo stato di grazia primigenio. Per questo U Logos si e incamato ed e divenuto, come I’uomo all’inizio della creazione, immagine dell’etema beatitudine; assumendo la natura umana ha ricostituito in noi la natura divina, quindi chi vuole essere perfetto deve prendere Cristo come suo modello e conformarsi il piu possibile a lui; giungere aUa virtu consiste, dunque, nel rivestirsi completamente del Verbo incamato.

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tico, ha ricevuto lo Spirito Santo e in virtu di tale dono i suoi occhi sono divenuti spirituali, cioe, vedono e osservano spiritualmente. D’altra parte Origene dice chiaramente che la natura razionale puo arrivare a congiungersi inseparabilmente al Logos divino la dove tratta della incamazione del Signore. F maestro d’Alessandria e convinto che la venuta del Verbo nella came non sarebbe stata possibile senza la mediazione dell’anima umana del Cristo che, in quanto creata, ha potato accogUere il corpo e, in quanto creatura razionale, a immagine di Dio, ha potuto ricevere in se la.pienezza della divinita Essa ha meritato di diventare ospite della grandezza del suo creatore, in virtu dell’amore che, dal momento in cui e ve­ nuta air essere, I’ha unita a lui; la natura dell’anima di Cristo e dunque la stessa delle altre anime, ma essa per la sua obbedienza e docilita e diventata degna di contemplare la bellezza del Verbo in tutto il suo splendore e di essere un solo spirito con lui. E quindi per questo motivo che in Origene la conoscenza del Cristo incamato ha un valore meramente iniziatico alia comprensione di ben piu profondi misteri: infatti conoscere e imitare il Cristo incamato vuol dire conoscere e imitare la sua anima, ma facendo propria la virtu di questa il cristiano si rende degno di unirsi al Signore e diventare un solo spirito con lui^h “Percio sono beate quelle anime che hanno piegato la loro schiena per accogliere sopra di se come cavaliere il Verbo di Dio e sopportare il suo morso, in modo che egh le indirizzi dovunque e le guidi con le briglie dei suoi precetti. Infatti non procedono secondo la loro volonta, ma in tutto sono guidate e moderate secondo la volonta del cavaliere” (p. 388): solo in questo modo, dunque, il cristiano puo arrivare ad incontrarsi con il Signore in tutta la sua pienezza, trasformando la sua anima in un giaciglio degno del Verbo di Dio, in cui Egli possa riposare e trovare ospitalita: “Percio, questo re, che e il Verbo di Dio, ha il suo giaciglio nell’anima che e gia arrivata alia per­ fezione, purche in essa non ci sia alcun peccato, ma sia piena di santita, piena di pieta fede amore pace e di ogni altra virtu. Allora al re place riposare in lei e avervi il suo giaciglio [...]. Beata la larghezza di ™ A causa dell’intensita deU’amore che unisce Tuna aU’altra, tra I’anima umana del Cristo e la divinita del Logos esiste la communicatio idiomatum, per cui gli attributi propri di ciascuna possono essere riferiti a tutte e due. Tuttavia per Origene la condizione umana assunta dal Verbo e inferiore al suo essere etemo: il Cristo, infatti, pur non avendo commesso peccato, ha comunque sperimentato su di se Tinfermita, il dolore, la morte. L’incamazione ha reso possibile I’incontro con Dio, ma a svantaggio della impassibilita che per Origene e propria della natura divina. ’■ Cfr. 1 Cor., 6,17.

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quell’anima, la via spianata di quella mente, in cui il Padre e il Figlio e certo anche lo Spirito Santo riposano mangiano e si trattengono” (p. 430). Non guardatemi perche sono stata fatta nera, se il sole mi guardo di traverso Secondo Gregorio di Nissa 1’anima spiega alle figUe di Gerusalemme, cui e rivolto il discorso”, che non bisogna disperare dell’amore dello sposo perche la vita precedente e stata caratterizzata dalla disobbedienza e dalla infedelta: se la vita presente e vissuta nell’amore e nella devozione per lo sposo divino, egli prendera su di se i peccati commessi e donera parte della sua beUezza. Dice infatti la sposa: “(Lo sposo) trasferendo in se stesso la sozzura dei miei peccati, mi ha donato parte della sua purezza e mi ha unito alia sua bellezza” (p. 46). Il medesimo dono il Verbo offrira a tutte le anime che si volgeraimo a lui dopo essere cadute nel peccato. In seguito 1’anima sottolinea che I’aspetto tenebroso che aveva prima era la conseguenza del suo errore^''. Dice: “Non guardatemi se sono stata fatta nera. All’inizio non fui fatta cosi. Non era logico, infatti, che, plasmata dalle luminose mani di Dio, io fossi ricoperta in superficie da un aspetto nero e tenebroso. Non ero tale, ma tale diventai [...]. Il sole, in­ fatti, mi guardo di traverso”(p. 50). Spiega di seguito Gregorio: “... la natura umana nacque come immagine della luce vera, ben lontana dalle impronte deUe tenebre, risplendente per la sua somiglianza con la bellezza originaria; ma poi la tentazione le getto addosso per mezzo dell’inganno

“ Cant., 1,6. In Origene le figlie di Gerusalemme sono il simbolo deUa gente ebraica, ostile aUa sposa, che in questo contesto rappresenta la chiesa formata dal popolo dei pagani, a causa di Cristo e del Vangelo. Gregorio di Nissa, invece, di delle figlie di Gerusalemme la stessa interpretazione che aveva dato alle giovinette di Cant. 1,3: esse sono quelle anime che, discepole attente e zelanti, apprendono dalla sposa ad amare lo sposo: la sposa ha infatti raggiunto uno stato piu elevato di virtu e per questo insegna a coloro che sono piu giovani nell’eta spirituale ad avanzare ininterrottamente verso una compenetrazione sempre piu completa con il Sommo Bene. Possiamo supporre che il Nisseno abbia ripreso I’interpretazione delle giovinette, applicata anche alle figlie di Gerusalemme, da Origene il quale, interpretando Cant. 1,3, rileva la differenza tra la sposa, anima perfetta, e le giovinette, anime fanciulle in progresso di perfezione (cfr. anche n. 17 e n. 21). Inoltre, an­ che nel maestro d’Alessandria, la sposa si adopera per condurre le fanciulle ad un grado di piu elevata virtii. " L’uomo, infatti, create a immagine di Dio era all’inizio perfetto: la perfezione costituisce, dunque, la sua vera natura (cfr. anche n. 29). “ Cfr. Cant., 1,6.

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I’arsura che brucia e colse il suo primo germogho, che era ancora tenero e senza radice, e, prima che si procurasse I’abitudine al bene e desse in profondita luogo alle sue radici per mezzo della coltivazione dei buoni ragionamenti, ben presto secco 1’aspetto verde e fiorente della pianta a causa della sua disobbedienza e per mezzo dell’arsura la rese nera. E se I’assalto ostile della tentazione viene chiamato sole, nessuno dei miei ascoltatori se ne stupisca, perche in mold passi della scrittura ispirata da Dio egli puo ricavare questo insegnamento. Infatti nel secondo cantico delle ascension! essa da questa benedizione a colui che possiede Faiuto del Si­ gnore, che creo il cielo e la terra’*, quella di non esser bruciato di giomo dal sole”” (pp. 51-52). E impensabile che Fanima sia uscita tenebrosa e turpe dalle mam del Sommo Bene; il sole, inteso dal Nisseno come il perfido attacco delle tentazioni, ha scurito F aspetto delF anima ancora giovah'e e non ben ferma nel desiderio di Dio. Del giusto che gode dell’aiuto e della protezione del Signore la Scrittura dice, invece, che non sara bru­ ciato, di giomo, dal sole’’: la tentazione, con i suoi lacci, non puo nulla contro chi ha accolto il Verbo divino come ospite della sua anima e si ripara dalla malefica vampa con Fombrello della continenza e della pu­ rezza. Dice infatti Gregorio: “... la nostra vita diventa ombreggiata e mgiadosa quando Farsura si spegne grazie aU’ombrello della virtu” (p. 54). La traduzione dei LXX usa per Cant. 1,6 il verbo parablepein, che in Origene assume un significato diverse rispetto a quello datogU da Gre­ gorioL’Alessandrino spiega infatti il termine con trascurare, quindi, seguendo F interpretazione di Origene, il passo nella traduzione italiana suona cosi: Non guardatemi: sono diventata scura perche il sole mi ha trascurato. L’autore preliminarmente sottoUnea Fincongmenza del significato letterale “poiche il sole rende una cosa scura o nera allorche Fillumina e non quando la trascura” (p. 298), di qui la necessita di allegorizzare e di riferire la nerezza di cui si parla nel Cantico non al corpo, bensi all’anima: “infatti tale colore risulta non dalla illuminazione ma dalla trascuratezza del sole, e si acquisisce non con la nascita, bensi con la negUgenza. Percio, come viene assunto con Fignavia, cosi viene respinto ed eliminato con Foperosita” (p. 298). Tale colore non e quindi naturale per Fanima:

“ Cfr. Sal., 120,2.8. ” Cfi:. Sal., 120,6. Cfr. Sal., 120,6. ® In Gregorio, infatti, il significato e guardare di traverso.

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essa per la sua disobbedienza e infedelta ha meritato di essere trascurata dal sole di giustizia"" il quale non le rivolse il suo sguardo perche I’anima non teneva i suoi occhi fissi in lui: questo sole spirituale, che e sole di giustizia e reca nelle penne la salvezza'" illumina e circonda di piena luce coloro che avra trovato retti di cuore e collocati in linea retta rispetto alia sua luce; coloro invece che vanno trasversalmente rispetto a lui''^ necessariamente anche lui di traverso, non tanto li illumina quanto li trascura: questo capita loro a causa della loro incostanza e instabilita” (p. 304). Confrontando I’esegesi dei due autori su questo passo notiamo che vi sono evidenti punti di contatto; entrambi sottolineano che la nerezza della sposa non e naturale, ma determinata dalla sua violazione della legge divina ed entrambi tengono a rassicurare che, aderendo alia volonta dello sposo, essa potra riacquistare il primigenio splendore e la bellezza originaria. Dice Gregorio: se I’anima passa dall’errore alia verita, anche la forma oscura della sua vita si trasforma nella grazia della luce” (p. 48). E Origene: “(I’anima) e diventata nera mentre e discesa, ma se avra commciato a sahre« e ad appoggiarsi al suo amato e ad aderire a lui e a non separarsi affatto da lui, diventera tutta bianca e Candida e, gettata via tutta la nerezza, rifulgera circonfusa dello splendore della vera gloria” (p. 300). ^ ^ C e pero una divergenza: mentre il Nisseno interpreta il sole come la tentazione, TAlessandrino come il sole di giustizia che anneiisce e brucia le anime in cui vi e materia di peccato, “... quando invece non c’e peccato, del sole si dice che non brucia ne annerisce, come riguardo al giusto cosi SI esprime il Salmo: il sole non ti brucera di giomo ne la luna di notte'^. Vedi percio che il sole non brucia mai i santi, in cui non c’e motivo di peccato” (p. 310). Si potrebbe chiudere il discorso su Cant. 1,6 affermando che i due autori divergono, poiche danno del sole interpretazioni diametralmente opposte. Ma sarebbe conclusione affrettata: proprio in Origene troviamo il sole interpretato come la subdola e crudele aggressione della tentazione. ■' Mai., 3,20. Questa espressione di Malachia fu riferita a Cristo sin dai cristiani della pniiiB. orfl,. Mai., 3,20. Cfr. Lev., 26,21. '■’ Per discesa” e “salita” Origene intende la caduta nel peccato e la redenzione Sal., 120,6.

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Anahzziamo, infatti, come I’Alessandrino piu avanti interpreti Ecco, sei bello, mio amato, e awenente; il nostro giaciglio e ombroso^\ Egli dice: “Se poi questi corpi sono ombrosi, cioe ricchi di opere buone, di essi si puo dire: Il sole non ti brucera di giomo ne la luna di notte'^. Infatti il sole della tentazione non brucia il giusto che riposa sotto I’ombra del Verbo di Dio [...]” (p. 504). Si rilevi come Origene, che ha gia citato Sal. 120,6 a proposito di Cant. 1,6 per suffragare la sua interpretazione del sole come sole di giustizia che non brucia il giusto ma lo illumina^ in questo contesto, invece, utilizzi lo stesso passo del salmo per indicare la tentazione da cui il giusto e protetto perche riposa all’ombra del Verbo a causa delle sue opere di giustizia e di misericordia. Abbiamo gia visto che Gregorio di Nissa cita tale passo del salmo per esprimere lo stesso pensiero e per giustificare I’esegesi del sole come la tentazione. E evidente, dunque, che il Nisseno ha anticipato a Cant. 1,6 1’interpretazione origeniana di Cant. 1,16. Dice ancora Origene: “La sposa osserva anche che il giaciglio e ombroso, cioe non arido ma ricco di frutti, e per cosi dire frondoso per densita di opere buone [...]. Se poi, stando ancora nel corpo, comprendo la densita dei sensi spirituali e il significato delle sacre Scritture avvolto da tanta ombra, che la rapida vampa, che brucia mold e rende aridi i loro frutti, non riesce a scurirmi ne alcuna violenza di tentazioni riesce ad inaridire in me il seme della fede, allora posso dire che il nostro giaciglio e ombroso (p. 504). Anche per Gregorio la vita secondo virtu offre om­ bra e sollievo all’anima, dice infatti: “(Il profeta Isaia) parla delle figlie che vengono soUevate sulle spalle e dei fanciulli portati sulle lettighe e che si riparano dalla calura per mezzo di ombrelli. Con queste parole egli descrive simboheamente la vita virtuosa, mostrando per mezzo dell’et^ in­ fantile la caratteristica di essere appena nati e indenni dal male, mentre per mezzo degli ombrelli vuole indicare il sollievo dell’anima dall’arsura, che si procura ricorrendo alia continenza e alia purezza [...]. La nostra vita diventa ombreggiata e rugiadosa quando I’arsura si spegne grazie aH’ombrello della virtu” (p. 52)'". Abbiamo visto precedentemente che Gregorio di Nissa interpreta presso il nostro letto ombreggiato di Cant. 1,16, come la eonoscenza da parte deUa ''' Cant., 1,16. “ Sal., 120,6. " Gregorio sta spiegando Cant. 1,6, prendendo spunto, ancora una volta, dall’interpretazione origeniana di Cant. 1,16.

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sposa della natura divina del suo sposo incamata nella natura umana: solo ombreggiando la sua divinita con il corpo, dice in sostanza la sposa, U no­ stro essere caduco ed efQmero ha potato incontrarsi con il Verbo divino. Qui sopra abbiamo riportato I’interpretazione che Origene da di questo stesso passo: il letto ombreggiato e il nostro corpo fertile e fecondo di opere buone. Apparentemente, quindi, il Nisseno non riprende da Origene I’esegesi di Cant. 1,16, ma anche su questo punto, n suo procedimento esegetico e piu complesso. Si puo infatti dimostrare che I’interpretazione del corpo di Cristo come ombra della sua divinita & origeniana e si ritrova nel Commentario al Cantico dei cantici del maestro d’Alessandria. A questo riguardo vediamo do che egh dice su Cant. 2,3: Quale I’albero del melo in mezzo agli alberi del bosco, tale il mio amato in mezzo ai figli. Ho desi­ derata stare alia sua ombra e mi sono seduta, e il suo frutto k dolce nella mia bocca. A proposito deU’ombra del melo cost Origene si esprime: “Dice neUe Lamentazioni Geremia: Lo spirito del nostro volto, Cristo Signore, fu preso a causa dei nostri peccati. A lui abbiamo detto: alia tua ombra vivrenw fra i paganV^. Vedi dunque come d profeta, ispirato dallo Spirito Santo, dice che 1’ombra di Cristo da vita ai pagani? E come la sua om­ bra non darebbe vita a noi, dal momenta che a proposito deUa concezione di Maria si dice: Lo Spirito santo verrd sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerd‘'^l Se percio e intervenuta I’adombrazione deU’Altissimo neUa concezione del suo corpo, ben a ragione 1’ombra di Cristo dara vita ai pagani” (p. 530). Anche per Origene il corpo di cui si e rivestito Cristo altro non e che un’ombra interposta tra noi e la sua divinita: senza quest’ombra noi non avremmo mai potato guardare il volto di Dio™. Aderendo a tale ombra troviamo la vita, perche essa ci protegge daH’impeto deUa tentazione: e per questo motivo che la sposa dice di aver desiderata stare all’ombra del melo: “Ora si deve venire all’ombra dell’albero del melo; e anche se e diversa 1’ombra di cui uno puo godere, sembra tattavia necessario che ogni anima, finche e in questa vita, abbia un’ombra, credo a causa di quel calore di quel sole che, una volta sorto, subito inaridisce e fa morire d seme che non affonda in profonda radice^'. Tale calore I’om“ La., 4,20. « Lc., 1,35. “ Sebbene non cosi chiaramente, Origene aveva gik esposto questo concetto interpretando Profumo dijfuso e il tuo name (Cant. 1,3): per tutta la problematica relativa a que­ sto passo vedi sopra pp. OOOss. Mt., 13,6.

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bra della Legge respinge solo leggermente™: invece 1’ombra di Cristo, sotto la quale viviamo fra i pagani, cioe la fede neUa sua incamazione, I’allontana completamente e lo estingue: infatti colui che bruciava quelli che stavano sotto 1’ombra della Legge, al tempo deUa passione di Cristo, fu vi­ sta cadere dal cielo come una folgore”™ (p. 534). Ancora una volta Ori­ gene fa riferimento all’arsura della tentazione, ma ora dice qualcosa in piu: non bastano le opere buone a ripararci dal sole malvagio, il vero refrigerio e donato aU’anima dall’ombra del Verbo, cioe dal Cristo incamata, che ancora neUa came, proprio nel momenta in cui soggiaceva alio stato piu umihante della natura camale, la morte, sconfiggeva e amiientava I’infido sole. Peraltro Gregorio, oltre che per Cant. 1,16 fa uso del tema dell’om­ bra anche la dove afferma, a proposito di Cant. 2,3: “I sensi dell’anima si addolciscono veramente grazie aUa parola, aUorquando 1’ombra del melo ci difende dall’arsura delle tentazioni, si che noi non veniamo arsi da quel sole cosi forte che ci bmcia quando siamo a capo scoperto” (pp. 118119). Che I’omhra del melo che ci difende dal nemico anche per il Nis­ seno debba essere intesa come il Cristo incamata, si ricava da un altro brano dell’Omelia IV: “... per questo motivo nella selva viene piantato il melo, che, in quanto e- albero, e deUa stessa sostanza della natura umana (esso, infatti, fu messo alia prova in tutta a somiglianza della natura umana, tranne che nel peccato)™, ma in quanto produce un fratto per il quale vengono resi dolci gli stmmenti sensoriali dell’amma, e assai differente dalla selva, piu di quanto il giglio non sia diverso dai cardi [...]. Ben vide, dunque la sposa la differenza che corre tra lei e il Signore, in quanto egli e per noi grazia dei nostri occhi, perche si e fatto luce, pro­ fumo per I’odorato e vita per coloro che ne mangiano” (pp. 116-117). Dunque, sia per Gregorio di Nissa, sia per Origene, il Cristo incarnato svolge un’azione redentiva, sconfiggendo la tentazione. Alla sua om­ bra c’e la vita, lontano da lui si viene annientati dal potere del male che “ E qui accennata la problematica relativa alia dimostrazione della superiority del Vangelo nei confronti della Legge: per Origene e per Gregorio il Vangelo, poiche svela le realta spirituali, h riparo sicuro e inattaccabile in ogni violenza sferrata contro I’amma dairarsura della tentazione. Tuttavia, pur sottolineando la superiorita del Nuovo Testamento rispetto alia Legge, le due alleanze sono sempre considerate come il prodotto di un’umca ispirazione: il Logos che aveva agito nei profeti (Legge), ha parlato in forma umana (Vangelo) e ha rivelato il modo di intendere il messaggio dell’Antico Testamento coperto dal velo della came. ” Lc., 10,18. Si riferisce al diavolo. « Cfr. Ebr., 4,15.

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rende schiavo I’uomo: nella came il Figlio di Dio ha manifestato agli uomini la sua divinity, e per mezzo della sua rivelazione ha hberato I’uomo oppresso dalla tirannia del peccato. Per Origene, I’ombra del Verbo t vita per chi ^ al suo riparo, perche Cristo e morto, sconfiggendo la morte con la sua risurrezione. Per I’Alessandrino, dunque, scopo principale della venuta del Figlio nella came e la morte in croce, per mezzo della quale ha salvato gli uomini, donando loro il perdono dei peccati: la sua morte e sorgente della vera vita^^. Quindi, contro chi si ripara aH’ombra del Verbo, colui che ha portato la morte nel mondo non puo nulla, perche il Figlio di Dio, nel momenta del suo massimo annientamento, ha trionfato su di lui^'*. Anche il Nisseno riconosce il valore salvifico dell’incamazione: “Certamente tu non ignori quante volte sia stato generate colui che e il piimogenito di tutta la nuova creazione tra molti fratelli’’, il piimogenito tra i morti’®, colui che per primo disseise le doghe della morte e per mezzo della resurrezione apri a tutti la strada al parto che generava dalla morte” (p. 388). Per entrambi gli autori, dunque, la morte di Cristo riveste un molo fondamentale neU’economia del Logos: in definitiva la purificazione dell’umanita operata dal Verbo incamato ha la sua massima espressione e trova il suo pieno significato nel martirio della croce. Abbiamo detto all’inizio che lo scopo di questa ricerca e quello di chiarire, attraverso la scelta di alcuni passi dal Commento al Cantico di Origene e dalle Omelie di Gregorio di Nissa, il rapporto tra i due autori. Dal confronto tra le due opere e emerso chiaramente che il vescovo di Nissa ha presente il Commento al Cantico del suo predecessore nella sua integrita; tale opera e modello e ispirazione per le sue Omelie: egli, infatti, non solo riprende daH’Alessandrino i criteri esegetici che informano il suo studio della Scrittura, ma ne ricava molte interpretazioni di dettagli. La particolarita del modo di procedere di Gregorio consiste, tuttavia, proprio nella sua indipendenza dal Commento di Origene. Quella che po-

“ Dice infatti Origene in Horn. ler. 10,3: “Ma Gesu sa come e perche muore. Perci5 dice: Se il grano di frumento non muore caduto a terra, resta solo; se invece muore porta molto frutto (Gv., 12,24). Percio la morte di Gesu diventa spiga di frumento, che rende copiosamente e molte volte di pih di cio che e stato seminato. Cosi, se per ipotesi egli non fosse stato crocifisso e non fosse morto, sarebbe rimasto solo il chicco di fru­ mento e molti non sarebbero nati da lui”. “ Per una trattazione pih ampia su questo argomento, vedi, M. Simonetti, La morte di GesU in Origene, in Studi sulla cristologia del II e III secolo, Roma 1993. Cfr. Rom., 8,29. =* Cfr. Col., 1,18.

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trebbe sembrare una contraddizione e in verity la maggior virtu del Nis­ seno. E, infatti, la liberta con cui il vescovo di Nissa attinge dall’opera dell’Alessandrino a rendere peculiare la sua esegesi del Cantico e a fare delle sue Omelie un’opera originale sia dal punto di vista esegetico, sia, soprattutto, spirituale. E la vena di profonda spiritualita che scorre nella sua opera a distaccarlo dal suo modello, pur con gh indubbi parallelismi e richiami. In sostanza, Gregorio di Nissa ha sempre presente Origene nella sua interpretazione del Cantico, ma egli subordina 1’esegesi ai grandi temi della sua spiritualita, usando delFautorita della Scrittura e delle in­ terpretazioni di Origene, per instillare nell’animo degli ascoltatori il senso dell’infinita di Dio, la sua piu importante acquisizione teologica che era rimasta estranea ad Origene.