Venturino de Prioribus umanista ligure del sec. XV 8821004651, 9788821004650

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Venturino de Prioribus umanista ligure del sec. XV
 8821004651, 9788821004650

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STUDI E TESTI ----------------1 4 9 -----------------

F E D E R IC O P A T E T T A

VENTURINO DE PRIORIBUS UMANISTA LIGURE DEL SECOLO X Y

CITTA DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MDCCCCL

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STUDI E TESTI 1. Vattasso, Marco. Antonio Flaminio e le princi­ pali poesie dell’autografo. 1900. pp. 06. 2. Vattasso, Marco. Le due Bibbie di Bovino e le loro note storiche. 1900. pp. 44. 3. Franchi de’ Cavalieri, Fio. La Passio ss. Ma­ riani et Iacobi. 1900. pp. 71. 1 tav. (facs.). 4. Vattasso, Marco. Aneddoti in dialetto romane­ sco del sec. x iv. 1901. pp. 114. 1 tav. 5. Mercati, Giovanni. Note di letteratura biblica e cristiana antica. 1901. pp. v ili, 2o4. 3 tav. pieg. (facs.). 6. Franchi de’ Cavalieri, Pio. I martiri di s. Teodoto e di s. Ariadne. 1901. pp. 184. [3J. 1 tav. 7. Mercati, Giovanni. Antiche reliquie liturgiche am­ brosiane o romane. 1902. pp. 7o (2J. 8. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiehe. 1902. pp. 30 |3J. 9. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Nuove note agiograliche. 1902. pp. 75 [3]. 10. Vattasso, Marco. Per la storia del dramma sa­ cro in Italia. 1903. pp. 127. 11. Mercati, Giovanni. Varia sacra. 1903. p. 112. 32 x 20 cm. 12. Mercati, Giovanni. I. Un frammento delle Ipotiposi di Clemente Alessandrino - l i . Paralipomena Ambrosiana. 1904. pp. [2], 46. 13. Catalogo sommario della Esposizione Gregoriana. 2a ed. riveduta e aumentata. 1904. pp. 74. 14. Vattasso, Marco. Del Petrarca e di alcuni suoi amici. 1904. pp. 105 [3J. 15. Mercati, Giovanni. Opuscoli mediti del beato card. Giuseppe ’luminasi. 1905. pp. 55. 1. tav. 16. Vattasso, Marco. Initia patrum aliorumque scripto­ rum ecclesiasticorum latinorum. Volumen 1: A-M. 1906. pp. X, 695. 1 7 . ------- Volumen I I : N-Z. 1908. pp. [2], 650. Si vendono solo con l'intera collezione. 18. Vattasso, Marco. Frammenti d’un Livio del v se­ colo. 1906. pp. 18. 3 tav. 40 x 35 cm. 19. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Hagiographica. 1908. pp. 185 [2]. 20. Vattasso, Marco. I codici Petrarcheschi della Bi­ blioteca Vaticana. 1908. pp. X, 250 [2J. 2 tav. pieg. (facs.). 21. Carusi, Enrico. Dispacci e lettere di Giacomo Gherardi. Nunzio pontificio a Firenze e Milano. 1909. pp. c l x x i i , 723. 22. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fa­ scicolo 3°. 1909. pp. [3], 122. 23. Tisserant, Eugène. Codex Zuquinensis rescriptus Veteris Testamenti. Texte grec des manuscrits Vatican syriaque 162 et Mus. Brit. additionel 14.665, éditó avec introduction et notes. 1911. pp. [2], L xxxv, 275 (_2J. 6 tav (facs.). 24. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fa­ scicolo 4°. 1912. pp. [4], 194. 25. Patzes, M. M . KptToO toù Tt7toóx£iT0?, sive librorum L X Basilicorum summarium. Li­ bros I - X l i graece et latine ediderunt Contardus Ferrini t lohannes Mercati. 1914. pp. x l v ii , 203. 1. tav. (facs.). 26. Corrati, Michele. Documenti e ricerche per la sto­ ria dell’antica Basilica Vaticana. Tiberii Alpharani De Basilicae Vaticanae antiquissima et nova struc­ tura. 1914. pp. l x i , 222, 7 tav. (2 pieg.). 27. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fa­ scicolo 5°. 1915. pp. |3J, 135.

28. Vattasso, Marco. liim e inedite di Torquato Tasso. 1915. pp. 92. 2 tav. (facs.). 29. Carusi, Enrico. Lettere inedite di Gaetano Marini. I. Lettere a tìuid’Antonio Zanetti. 1916. pp. 59. 30. Mercati, Giovanni, he la versione dall’ebraico del codice Veneto greco V II sia (li Limone At.inna.nn. 1916. pp. 64, 3. 2 tav. 31. Mercati, Giovanni. Notizie varie di antica lette­ ratura medica e di bibliografia. 1917. pp. 74. 32. Vattasso, Marco. Hortus caelestium deliciarum.... a D . loanne Bona. 1918. pp. CVH [2J, 168. 3 tav. (ritr., facs.). 33. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fa­ scicolo 6». 1929. pp. [2J, 224. 34. Guidi, Pietro e Pehegrinotti, Ermenegildo. Inven­ tari dei Vescovato, della Cattedrale e di altre chiese di Lucca. 1921. pp. |2J, 342. 35. Lanzoni, Francesco. Le origini delle diocesi antiche d ’Italia; studio critico. 1923. pp. 3, 672. 1 c. geogr. pieg. m inia edizione dell’opera indicata al numero se­ guente. 35. [bisj. Lanzoni, Francesco. Le diocesi d ’Italia dalle origini al principio del secolo v ii (an. 694); studio critico. 1937. pp. XU, 1122. 1 numeri 3o e 3o LbisJ si vendono solo con l’ intera collezione. 36. Schiaparelli, Luigi. D codice 490 della Biblioteca capitolare di Lucca o la scuola scrittoria lucchese (sec. v in -ix). 1924. pp. |_3J, 116, 8 tav. (facs.). bi vende solo con l’ intera coiiez.one. 37-42. Miscellanea Francesco Ehrle. Scritti di storia e paleografia 1924. 5 voi. e 1 album ili., tav. (fase.). 43. Lanzoni, Francesco. Genesi, svolgimento e tra­ monto nelle leggende storielle; studio critico. 192o. pp. |2J, vili, 094. 44. Mercati, Giovanni. Per la cronologia della vita e degli scritti di .¡Niccolò Perotti arcivescovo di Siponto. 1926. pp. xml, 179, 9. O tav. 45. MissiiU per la consultazione deli’Archivio Vaticano. V ol. 1. Schedario Garampi. Begistri vaticani. .Regi­ stri lateranensi. Fiationes Gamerae. inventario uel fondo concistoriale. 1926. pp. IX, 222. 8 tav. (facs.). 46. Mercati, Giovanni. Scritti d ’Isidoro il Cardinale Kuteno e codici a lui appertenuti che si conser­ vano nella Biniioteca apostolica Vaticana. 1926. pp. x n , 176, 6, 9. 6 tav. (lacs.). 47. Schiaparelli, Luigi. Iniluenze straniere nella scrit­ tura italiana dei secoli v ili e ix ; note paleogra­ fiche. 1927. pp. 72. 4 tav. (facs.). 48. Nogara, Bartolomeo. Scritti inediti e rari di Biondo F’iavio, con introduzione. 1927. pp. cx c n i, 282. 4 tav. (facs.). 49. F'ranchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fa­ scicolo 7U. 1928. pp [3J, 253. 59. Borghezio, Gino e Vattasso, Marco. Giovanni di M.° Pedrino depintore. Cronica del suo tempo. Voi. I (1411-1430). 1929. pp. VII, 564. 51. Patzes, Μ. Μ . Κριτοΰ του ΙΙα τζή Τιπούκειτος librorum L X Basificorum summarium. Libros X I11-X X II1 edidit Franciscus Doelger. 1929. pp. XVIII i_2J, 226. 52. Vattasso, Marco. Statuto di Bocca de’ Baldi del­ l’anno M ccccxLvm pubblicato... con indice e glos­ sario di Pietro Sella. 1939. pp. 55. 53. iNorsa, M. e Vitelli G. Il papiro Vaticano greco 11. 1. Φ αβωρίνου περί φυγής. 2. Begistri fondiari della Marmariea. 1931. pp. x x n i, 79. 15 tav. in parte pieg. (facs.). 43,5 x 32 cm.

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STUDI E TESTI ----------------1 4 9 -----------------

F E D E R IC O P A T E T T A

VENTURINO DE PRIORIBUS UMANISTA LIGURE DEL SECOLO X V

CITTÀ D E L V ATICA N O BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MDCCCCL

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IM PRIM ATUR :

Datum in Civ. Vat. die I Decembris 1949. pro Ex.mo DD. Vic. Gen. P. G a b r ie l M o n t i , Secret.

PROPRIETÀ

o. s. a .

LETTERARIA

Sancasciano Val di Pesa (Firenze), 1950 — Officine Grafiche Fratelli Stianti

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L ’illustre erudito e storico del diritto Federico Patetta, morto il 30 ottobre 1945, lasciò un lavoro al quale aveva atteso negli estremi anni della sua vita. Esso comprendeva principalmente studi e ricerche intorno a un umanista mi­ nore nato a Nizza e vissuto tra Alba e Savona, Venturino

de Prioribus, originati dal codice dell’Accademia delle Scienze di Torino che contiene la maggior parte degli scritti di lui. La Biblioteca Vaticana, che per generosa disposizione testamentaria del Patetta, eseguita nobilmente dalle Nipoti, ha ricevuto tutti i codici manoscritti, gli autografi, le per­ gamene e i documenti della sua cospicua raccolta, al fine di rendere omaggio alla sua memoria e dare una pubblica testimonianza della propria riconoscenza, decise di assumere la pubblicazione dell’opera, accogliendola nella serie dei suoi « Studi e testi ». Il compito delicato di preparare per la stampa questo lavoro postumo rimasto imperfetto specialmente per le straordinarie difficoltà degli anni di guerra in cui è stato redatto, e di apportare in esso le emendazioni e integrazioni necessarie, venne affidato al dott. Luigi Michelini Tocci, Assistente della Biblioteca Vaticana, che lo ha assolto con perizia, con intelligenza e con amore.

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N OTA E D IT O R IA L E

L’ originale manoscritto lasciato da Federico Patetta contiene l’opera: Venturino de Prioribus, maestro di scuola del secolo X V , poeta, e correttore dei primi libri stampati a Savona (monografia, Indice o regesto del codice Albese di Venturino, Appendice su Giuseppe Vernazza), che viene pubbli­ cata in questo volume. Vi si trovano poi, e cè ne siamo giovati* per l’edi­ zione come diremo a suo luogo, alcune ricerche supplementari non condotte allo stato di pubblicazione, raccolte sotto i titoli seguenti: Di Giovanni Ma­ rio Filelfo e d’alcuni suoi scritti. Petrus de Tomasiis Ravennas e la sua « Phoenix » o « Artificiosa memoria ». La raccolta di sessanta favole in di­ stici elegiaci attribuita a Ildeberto, arcivescovo di Tours, a Gualtiero Anglico, arcivescovo di Palermo e a parecchi altri. Favole aggiunte alla raccolta. Lorenzo Abstemio e i suoi apologhi. Il primo criterio che è stato seguito nell’ edizione è stato quello di ri­ spettare nella maggior misura possibile il testo dell’Autore. Non si è cre­ duto di cambiare, neanche dove i disagi e le difficoltà, derivanti dalle condi­ zioni nelle quali Egli scriveva (vedi pag. 5), si manifestano con frasi di rim­ pianto per una ricerca interrotta, per una notizia non verificata, per un libro non consultato, e con melanconici dubbi sulla sorte di codici o di incu­ naboli in biblioteche esposte ai pericoli della guerra. Il secondo criterio è stato quello di distinguere, sempre e nel modo più evidente, ogni aggiunta, ogni modificazione e correzione anche di pòca importanza, eccettuato il caso non frequente di correzioni della punteggia­ tura e di piccole, accertate sviste ortografiche. Così è stato compreso tra parentesi quadre ([....]) tutto quello che è stato aggiunto al testo originale; si è fatta seguire da un asterisco in alto (....*) ogni parola o breve frase supplita, mutata o comunque modificata; è stato segnalato con due aste­ rischi in alto (**) ogni taglio, di qualsiasi entità e natura, praticato nel testo; sono state contraddistinte le frasi, nelle quali si è dovuto mutare l’ ordine delle parole, racchiudendole tra due asterischi in basso (*....*). * Si è cercato di supplire alle insufficienze dipendenti dàlia mancanza di libri, più volte lamentata nel corso dell’opera, con citazioni di fontine con indicazioni bibliografiche per quanto possibile aggiornatè. Dove ;®ba necessario intervenire correggendo o completando, ci si è regolati secoli db le circostanze: alcune volte il testo è rimasto intatto e ci si è limitati'^iid esporre in nota le rettifiche e le ragioni che le hanno determinate; rsRffié, quando l’errore era conseguenza di una svista o di mancanza di informa­ zione, e il primo procedimento avrebbe richiesto molto spazio senzai^Sfittifa utilità, si è preferito sopprimere il passo e sostituirlo con uno nuovo.

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Nota editoriale

Una particolare menzione è necessaria del modo tenuto nel dare i testi latini. L’Autore spiega le linee generali del metodo che ha seguito nella sua trascrizione, a pagg. 38-37. In realtà non sempre vi si è attenuto, proce­ dendo anzi con molta libertà e varietà: mantenendo la grafia del codice, anche errata, dov’ era possibile farlo senza creare confusioni, o, invece, inter­ venendo qualche volta con correzioni anche non necessarie. In tali condi­ zioni, sarebbe stato augurabile studiare nuovamente il codice dell’Accademia delle Scienze, ed. anche il Laurenziano per i testi che contiene, e fare l’edi­ zione seguendo un metodo qualsiasi, ma rigoroso e costante. Si è tuttavia rinunciato a questo per due ragioni di carattere determinante. Prima di tutto perchè (come facilmente comprende chi ha pratioa di questa materia) una nuova edizione dei testi avrebbe importato il radicale rifacimento di gran parte dell’ opera del Patetta, e quindi l’ avrebbe, comunque, snaturata. In secondo luogo, quel lavoro non era giustificato dall’indole dei testi stessi, che hanno valore storico e documentario, ma, dal punto di vista filologico e letterario, sono di scarso rilievo. Perciò i testi di Yenturino sono restati come il Patetta li trascrisse oltre trent’ anni fa, con tutte le sue congetture e le sue correzioni, ma anche con varie disuguaglianze e difformità. La stessa considerazione già fatta, del valore soprattutto storico e documentario dei testi, ha poi sconsigliato di appesantire le note con la segnalazione sistema­ tica degli errori e delle difformità suddette. Soltanto qua e là, quando un verso zoppica con troppa evidenza, e l’ortografia e la grammatica sono ecces­ sivamente maltrattate, si sono aggiunte delle brevi note, si è proposta qual­ che correzione, o ci si si è limitati ad apporre un punto esclamativo. Quando 10 stesso testo appare citato più volte nel corso del lavoro con qualche va­ riante, è stata scelta la lezione migliore, segnalando i mutamenti. Le reminiscenze classiche, frequentissime nei componimenti di Yentu­ rino, sono state notate dal Patetta a memoria o per incontri casuali fatti nella consultazione dei lessici. Anche qui ci si è chiesti se valeva la pena di rifare metodicamente quelle ricerche, e si è concluso negativamente per le ragioni suesposte. Ci si è limitati ad aggiungere in nota qualche altra se­ gnalazione, dove, come all’Autore, la memoria o i lessici l’hanno suggerita. Inoltre, nelle citazioni dei classici, l’Autore ha usato, non sempre indicandole, le edizioni che aveva a mano durante la stesura del lavoro, talora edizioni vecchie o di poco valore o superate. In quei casi si sono aggiunte le varianti delle edizioni migliori, e, nei casi in cui l’apparato di queste non riportava la lezione adottata dal Patetta, si è corretto secondo l’edizione migliore, indicando sempre la correzione con l’apposito segno. La revisione del lavoro era a buon punto, quando ci è stato segnalato 11 codice Vaticano latino 2873, contenente carmi di Venturino a Sisto IV e al futuro Giulio II, ed esemplare di dono a quest’ultimo. 11 codicetto reca poesie già note dal codice studiato dal Patetta, e poesie nuove, di notevole importanza; è stato scritto quasi certamente per commissione di Venturino e riveduto da lui, e porta quindi un contributo di prim’ ordine alla conoscenza dell’umanista e alla critica dei suoi testi. Non era possibile trascurarlo pro­ prio in questa sede. È stato perciò descritto alla fine del volume, nelle nostre Aggiunte e Correzioni, dando le varianti dei testi già noti e la trascrizione integrale dei testi nuovi. b . M. T.

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V E T T U R IN O U M A N IS T A

DE PBIOBIBUS

L IG U R E

DEL

SECOLO

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PAETE PRIMA

V E N T U R IN O DE PBIORIBUS, M AESTRO D I SCUOLA D E L SECOLO X V , P O ETA , E CO RRETTORE D E I P R IM I L IB R I STAM PATI A SA V O N A

1. Venturinus Prior o de Prioribus, poeta di secondaria im­ portanza, è ricordato da molti scrittori, a partire dal Vernazza e dal Tirabosclii, ma può tuttavia dirsi pressoché sconosciuto. Negli ultimi decenni del secolo X V I I I , il codice, che contiene quasi tutte le poesie e prose di Venturino giunte fino a noi, era nella biblioteca dei Domenicani d’Alba, e vi attirò l’attenzione di Giuseppe Vernazza, che se ne servi per le sue Notizie degli scrittori albesani i quali vissero avanti il secolo X V I I I , volumetto stampato in Asti nel 1773. In seguito, non più tardi del 1777, [il Vernazza] ebbe il codice in prestito, e il Gabotto1) sospettò che non lo abbia re­ stituito. Io credo invece, come dirò, che il codice sia stato sottratto, nell’anno I X repubblicano (1800-1801), all’incameramento dei libri posseduti dai Domenicani d’A lba; che sia stato per alcuni anni mal custodito e quindi, insieme con la nuova legatura, non ante­ riore al 1782, ridotto in cattivo stato di conservazione; che il © Vernazza ne sia probabilmente venuto m possesso, non sappiamo quando. Egli però non disse di esserne possessore neppure nel­ l’ultimo suo libro, che era in corso di stampa nel 1822, anno della sua morte, temendo forse che venisse rivendicato dai Domeni­ cani o dal Governo piemontese. Certo nel 1823, quando i libri del Vernazza andarono malamente dispersi e in gran parte furono venduti all’asta, il codice venne in possesso dell’abate Costanzo Gazzera, il quale, dando notizia della [sua] ricomparsa in una let-*1

*) Un nuovo contributo alla storia dell’umanesimo ligure, ** in « Atti della Società Ligure di Storia Patria », voi. X X IV [Genova, 1892, pag. 118.] 1. — P atetta , Venturino de P rioribus.

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Venturino de Prioribus,

tera, di cui dirò in seguito, non fa sapere chi lo abbia acquistato, e tace poi sempre d’averlo. Perciò il Vallauri, nella Storia della poesia in Piemonte, voi. I, Torino, 1841, pag. 104, dice di Yenturino che le sue prose e poesie.... si conservavano in un codice ms. della libreria dei Domenicani in Alba, che di questo codice parla anche il Tiraboschi, e che alcuni di questi componimenti del Venturino leggonsì in un ms. del barone Vernazza, intitolato : « Anecdota Albensia », che trovasi presso il cavaliere Prom is1). Evidentemente il Vallauri credeva di parlare d’un codice perduto, mentre, senza saperlo, lo cita poi, come posseduto dal Gazzera, a proposito di Antonio Calderari 2) e di Pietro Scoto3), attribuendo a ciascuno di essi un in­ tero codice. I pochi scritti del Calderari sono in realtà nel codice detto di Venturino, e Pietro Scoto, registrato erroneamente dal Vernazza come discepolo di Venturino e autore di prose e di poesie, è invece l’ignorantissimo e negligentissimo amanuense di parte del codice venturiniano. Il Gazzera morì nel 1859, e la sua biblioteca, assai prege­ vole, entrò, per suo legato, a far parte della biblioteca dell’Acca­ demia delle Scienze [di Torino], che venne cosi in possesso an­ che del codice di Venturino. Siccome però non si sapeva che que­ sto codice appartenesse al Gazzera, e siccome manca tuttora un catalogo dei codici e delle carte dell’Accademia, si credette che il codice di Venturino fosse perduto. L ’accademico Gaudenzio Cla-

2) Dove ora si trovino questi Anecdota Albensia non so. Il Vernazza, in una delle lettere alla moglie, delle quali dirò [aeìl’ Appendice a questo volume], scrisse il 15 giugno 1814: « Ti prego di cercar tra miei libri se ne trovi uno intitolato A n ecdota A l b e n sia . È tutto scritto di mia mano, fuor­ ché il frontispizio che fu fatto per mano di Porta. È in quarto, sottile, e coperto di pergamena. Se lo trovi ti prego di mandarmelo.... ». 2) Volume citato, pag. 93: « Ca ld e ra rio Antonio, d’Alba, * Antonii Cai­ rnderarii civis Albensis carmina et epistolae familiares aliquot. Leggonsi in un « ms. di carta del secolo X V , di fogli 210 in-4°, colle coperte di legno, che si con­ fi serva nella biblioteca del cav. G-azzera ». Il codice posseduto dal Gazzera non aveva più, come vedremo, la legatura in assicelle e constava di sole 179 carte. Il Vallauri, tanto per l’intitolazione dei componimenti del Cal­ derari quanto per la descrizione del codice, attingeva senza dubbio a qualche vecchio scritto del Vernazza, aggiungendo di suo che il codice era nella bi­ blioteca del Gazzera. Egli ricorda lo stesso codice anche nella Storia delle Università degli Studi in Piemonte, voi. I, Torino, 1845, pagg. 117, nota 2, e 121, nota 1. s) Volume citato, pag. 101: « S coto Pietro, d’Alba, Prose e poesie in « un ms, cartaceo del secolo XV, che si conserva nella biblioteca del cav, « Gazzera in Torino ».

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umanista ligure del secolo XV.

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retta x) lo citò nel 1878, probabilmente attingendo dal Vernazza, ma non disse dove si trovasse. Bene informato, probabilmente dal­ l’accademico Antonio Manno, che attendeva al riordinamento dei codici e delle carte possedute dall’Accademia, era invece, verso il 1893, Antonio Piccarolo, professore in Alba, il quale, nelle sue N o­ tizie biografiche, bibliografiche, e lettere inedite di Giuseppe Vernazza, scrisse che il codice dalle mani del Vernazza passò a quelle del Gazzera, e da questo fu legato alVAccademia delle Scienze, ove trovasi pre­ sentemente. L ’opera del Piccarolo non fu pubblicata1 2), ma da lui dice il Gabotto (op. cit., pag. 118, nota 3) d’aver avuto notizia del­ l’esistenza del codice nella Biblioteca dell’Accademia, nella quale sono molte carte Vernazziane chiuse al pubblico. Probabilmente, per aver fatto cercare il codice fra le carte Vernazziane, il Gabotto e, forse, altri studiosi non poterono averne visione. Nel 1935 Gustavo Vinay 3), argomentando esclusivamente da 1) Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della B. Gasa di Savoia, nelle « Memorie dell’Accademia delle Scienze », Serie II, t. X X X , [Torino, 1878], pag. 276; [(Estratto, pag. 20)]: «....persino Go« vone, terra mediocre presso Alba, aveva per maestro di scuola Gabriele « Carlo, a cui i l Calderari nel codice di Venturino de’ Priori aveva scritto « una lunga elegia, chiamandolo Phoebi milite potentissimo ». l) Antonio Piccarolo è autore di varie operette, stampate in città del Piemonte, cominciando da Alba, fra il 1891 e il 1910, e registrate nel Cata­ logo generale della Libreria italiana. Nella copertina della seconda di tali ope­ rette, intitolata La cattedrale antica d'Alba e site relazioni col comune albese, Alba, 1893, è annunciata di prossima pubblicazione l’ opera sul Vernazza, che dev’esser invece [rimasta] inedita e della quale acquistai, anni sono, una copia manoscritta (non autografa) dalla libreria antiquaria torinese Bourlot. Contiene, come si vedrà, notizie interessanti, e interessanti sono le lettere del Vernazza, date in appendice in numero di 129, le prime 56 d'erudizione, le altre di famiglia, scritte alla moglie, salvo alcune poche al figlio. Il Picca­ rolo aveva veduto i manoscritti del Vernazza posseduti dalla Biblioteca del Re, dalla Biblioteca dell’Accademia e dalla Biblioteca Nazionale di Torino. Altre fonti gli erano state comunicate da privati, e fra essi dal senatore Alerino Como, più volte ricordato nell’opera come vivente. Il Como, albese, fu nominato senatore il 4 dicembre 1890, e morì il 6 gennaio, 1894: date ohe servono a fissare gli anni in cui fu scritta l’ opera del Piccarolo. Questi non dice donde abbia tratto le singole lettere. 3) L'umanesimo subalpino nel secolo X V , Torino, 1935, [voi. CXLVIII della Biblioteca della Società Storica Subalpina, fondata da P. Gabotto], pagg. 164 (165), nota 5; 174, e nota 1. Che gli scritti del Calderari e quelli falsamente attribuiti allo Scoto fossero nel così detto codice di Venturino (che non è originale di lui in nessuna parte, ma trascrizione spropositata delle sue carte) risultava già chiaramente dal Vernazza, dal Tiraboschi, dall’Adriani, dal Gabotto, che saranno citati in seguito.

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Venturino de Prioribus,

quanto aveva scritto il Vallauri, credette che il ms. originale di Venturino fosse * andato perduto con la soppressione del convento durante la Rivoluzione francese, e che gli scritti d’Antonio Cal­ derari e di Pietro Scoto, poeti e prosatori di gualche fama, usciti dalla scuola di Venturino, fossero* scomparsi in epoca recente, poiché facevano parte della biblioteca di Costanzo Gazzera, sulla cui sfor­ tuna non riuscì a raccogliere dati precisi. Veramente i dati pre­ cisi, non sulla sfortuna, ma sulla fortuna della biblioteca del Gaz­ zera, li avevo dati io fin dal 1918 nella prima delle Note che citerò fra poco ** [*]: « L ’accademico abate Costanzo Gazzera legò al« l’Accademia la sua biblioteca col carico di pagare duemila lire « al suo erede. Il legato, col relativo onere, fu accettato dalla « Classe [2] nella seduta del 12 maggio 1859 : e poiché la biblio« teca non era catalogata, l’incarico di ordinarla e catalogarla fu « subito dato all’assistente di segreteria avvocato Gras. La mag« gior parte dei codici non dovette però esser catalogata, così « come non fu catalogata se non molto più tardi la preziosissima « raccolta d’opuscoli, rilegata in 184 volumi e conosciuta col nome « di Miscellanea Gazzera.... ». I l codice di Venturino mi venne fra le mani, molti anni or sono, nel passar in rassegna i manoscritti posseduti dall’Accademia, in massima parte ignoti agli studiosi e agli stessi Accademici3), e subito diedi la notizia della scoperta al Gabotto e ad altri colle­ ghi torinesi. Il Gabotto avrebbe voluto che lo pubblicassi inte­ gralmente nella Biblioteca storica subalpina da lui diretta, ma a me parve che non fosse il caso di pensare ad una pubblicazione [') « Atti della B. Accademia delle Scienze di Torino », voi. LU I, Torino, 1918, pagg. 547-548; estratto, pagg. 7-8.] [a) La Classe di Scienze morali, storielle e filologiche dell’Accademia.] 3) Vedi specialmente le tre Note, che presentai all’Accademia il 7 e il 21 aprile, e il 9 giugno 1918, col titolo Di alcuni manoscritti posseduti dalla Beale Accademia delle Scienze di Torino ** [(«Aiti », voi. LUI, pagg. 543-559; 631-653; 903-932)]. Nella notizia che ne fu data nel 1922 dal « Neues Archiv der Gesellschaß für ältere deutsche Geschichtskunde», ** [XLIV, pag. 155], n°. 16, è detto che i manoscritti erano stati bisher unzugängliche; che lo stesso Cipolla non aveva potuto trovare il più volte ricercato codicetto dell’Epistola de morte Friderici I imperatoris e della spedizione di crociati nel 1189; che dell’esi­ stenza dei manoscritti da me segnalati « selbst Turiner Akademiker nichts.... * wussten und k e h r 1900 auf seine Anfrage an Ort und Stelle gesagt worden ist, es seien weder Urkunden noch Hss. vorhanden ». [Il codice di Venturino ha la segnatura NN.V. 3, e il codicetto qui sopra citato la segnatura MM.Y. 11, come ha gentilmente comunicato il dott. P. Maruzzi, biblio­ tecario dell’Accademia].

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umanista figuré del secolo X V .

o

integrale, e promisi invece di scrivere una memoria sul codice rintracciato e sul mal noto Venturino, dando soltanto i testi di maggior interesse. Purtroppo trascurai per molto tempo di adem­ piere la promessa, sia perchè distratto da altri lavori, sia per il desiderio, a cui devo rinunciare definitivamente, di far qualche ricerca negli Archivi di Savona, su Venturino e su altre persone nominate nel codice. Scrivo ora patriai tempore iniquo e in con­ dizioni personali disastrose, nel settantanovesimo anno d’età, chiuso in un piccolo borgo e ridotto a servirmi esclusivamente della mia biblioteca e di qualche vecchio appunto. Confido tuttavia di non far opera del tutto inutile e di poter dare parecchie notizie, che forse sarebbero trascurate e andrebbero perdute. Sul codice ** Albese non si seppe fino ad oggi se non quanto ne disse il Vernazza, il quale lo esaminò molto superficialmente e ne trasse soltanto pochi testi, dando su Venturino e sui suoi corri­ spondenti notizie in gran parte errate. Si aggiunsero ai giorni nostri grossolane falsificazioni contradette timidamente e solo in parte. Venne da ultimo il ritratto encomiastico di Venturino delineato dal Vinay, e che io credo molto lontano dal vero. 2. Il nome di Venturinus Prior verme a conoscenza degli stu­ diosi nel 1765, in seguito alla pubblicazione delle Origines typograpMcae del Meerman*, il quale descrisse un’edizione del Doctrinale di Alessandro Gallo, vulgo de Villadei*), corretta da Venturino. Dopo aver descritto una edizione che reputa stampata in Italia circa vel ante a(nnum) 1470, «.forma quarta, charactere Romano eoque sculpto, ut ex inaequalitate manifestum est », (cioè con caratteri scol­ piti e non fusi [2)]), il Meerman, I, pag. 95, [nota bn], descrive l’edi-1

1) Su quest’ operetta, usata per secoli uelle scuole, e della quale abbiamo in conseguenza gran numero di codici e di edizioni, vedi specialmente il R e i c h ling, Das Doctrinale des Alexander de Villa-Dei *. Kritisch — exegetische Ausgabe mit Einleitung, Verzeichniss der Handschriften wnd Drucke, Berlino, 1893 (voi. X II dei Monumenta Germaniae Paedagogica). [2) Il Meerman, sostenitore della ipotesi costeriana nell’invenzione della stampa, credette, come molti altri prima e dopo di lui, che i caratteri fusi fossero stati preceduti da caratteri scolpiti uno per uno in rame o in stagno, e, prima ancora, in legno (Origines typographicae, I, pagg. 24 e segg.), non èolo, ma che questi caratteri scolpiti fossero usati, in vari casi, anche dopo 'l’invenzione dei caratteri fusi (ibid., pagg. 33 e segg.). Questa ipotesi senza fondamento gli sembrò confermata, nel caso del Doctrinale, oltre che dalla rozzezza primitiva dei caratteri, dalle parole della sottoscrizione più avanti riprodotta, con le quali il tipografo si scusa della stampa eseguita senza arte-

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Venturino de Prioribus,

zione curata da Venturino: «Altera, quam Londini ostendit mihi « y(ir) cl(arissimus) Jacobus B r ya n tiu s x), impressa est forma folii, « charactere pariter Bomano, eoque sculpto, at* satis eleganti; 30. « lineas in unaquaque pagina exhibet, et instructa ad calcem est se« quenti inscriptione perquam * memorabili: « Alexandri de villa Dei Doctrinale (Deo laudes) -feliciter explicit. « Impressum sat incommode. Cum aliquarum rerum, quae ad hanc « artem pertinent, impressori copia fieri non potuerit in huius artis « inicio: peste Genuae, A s t 2), alibique militante. Emendavit autem

flce e senza strumenti adatti, stante le peste che infieriva a Genova, ad Asti ed altrove, e promette per l’avvenire libri alterine generis litteris, più accu­ rate ed eleganti. Attribuì quindi a quelle parole, che evidentemente si riferi­ vano soltanto alla cura e alla bellezza dei caratteri, un valore che non avevano, e contrappose i caratteri « scolpiti » del Doctrinale a quelli « fusi » delle stampe posteriori, come se scolpire i caratteri uno per uno fosse stato più facile che scolpire i «punzoni» per le matrici. Da questo errore, già ripetuto anche dal Fumagalli (Lexicon typographicum, pag. 388), procede quello dell’A., il quale fonda, come si vedrà tra poco, alcune sue osservazioni appunto sulla ipotesi inconsistente del Meerman. Per le ultime conclusioni intorno ai vari problemi connessi con l’invenzione della stampa, vedi M au rice A u d in , La metallographie et le problème du livre in « Gutenberg Jahrbuch », 1930, pagg. 11-52 e G ottfried Z e d l e r , Per la celebrazione del Quinto centenario dell’invenzione della stampa, nella « Bibliofilia », X X X V III, Firenze, 1936, pagg. 446-459.] *) È il noto archeologo inglese Jacob* Bryant, nato nel 1715 o 1716, e morto in novembre del 1804. [L’incertezza sulla data di nascita deve essere venuta all’A. dalla Nouvelle Biographie Générale, VII, Parigi, 1854, col. 671, dove si trova la sola data di morte, novembre 1804, dalla Biographie Universelle, VI, pagg. 78-79, nella quale si trova il solo anno di morte dell’archeologo âgé de plus de 80 ans, o da qualche altra consimile fonte; ma J. W e s t b y -G ibson in Dictionary of National Biography, III, Londra, 1908, pagg. 155-157, e l ’Encyclopaedia Britannica, 14a ed., Londra, 1929, IV, pag. 299, dànno soltanto la prima data, 1715]. Del Doctrinale corretto da Venturino credo non si abbiano altre notizie. Giambattista Belloro, di cui dirò in seguito, scrisse al Gazzera il 10 maggio 1823 che un’altra copia del Doctrinale si trova [va] in Olanda, ma si tratta probabilmente di confusione fra [un’altra edizione del]l’opera del Villadei e l’edizione venturiniana. 2) Da quest’accenno alla peste, che avrebbe impedito di ricorrere ad Asti per aver copia d’alcune cose pertinenti all’arte tipografica, ebbe F r a n c e ­ sco B er la n i primi sospetti sull’introduzione della stampa in Asti nel se­ colo XV. Vedi la sua opera postuma La introduzione della stampa in Savigliano, Saluzeo ed Asti nel secolo X V , Torino^ 1887, pagg. 105-106. Quanto a Genova, è noto che fin dal 20 febbraio 1471 vi si era costituita una società per rim ­ pianto d’una tipografia, e fra i documenti pubblicati in proposito c’è un atto notarile del 20 giugno 1472, col quale Baldassarre Corderò di Mondovì si dichiara debitore di Lamberto del fu Lorenzo da Delft di trentacinque du­ cati d’ oro larghi, da soldi 55, residuo di ducati 55, « predi dimidia(e) ipsi

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umanista ligure del secolo XV.

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« hoc ipsum opus Venturinus Prior, Grammaticus eximius, ita di· « ligenter, ut cum antea Doctrinale parum emendatum in plerisque « locis librariorum vitio esse videretur, nunc illius cura et diligentia « adhibita in manus hominum quam emendatissimum veniat. Impriumentur autem posthac libri alterius generis litteris, et eleganter ar« bitror. Nam et fabri et aliarum rerum, quarum hactenus promptor x) « indigus fuit, illi nunc Dei munere copia est, qui cuncta disponit « pro Suae voluntatis arbitrio. A m e n » [2)].: : ÌD ora definitivamente assodato che il Doctrinale corretto da Venturino fu edito a Savona, prima del Boezio del 1474, parimenti corretto da lui. In passato si disputò a lungo sulla data e sul luogo di stampa, è non è forse inutile accennare a tali di­ spute e a quelle sul tipografo del Boezio, poiché alcuni punti sono ancora controversi e gli errori ripetuti. I l Meerman non poteva naturalmente conoscere parecchi dati di fatto messi in luce più tardi da altri studiosi: non sapeva che

Lamberto spectanti(s) ex eertis arnensibus et suppeletibus [!] et instrumentis prò arte impressur(a)e litterarum.... » (M arcello S taglien o , Sui primordi dell’arte della stampa in Genova, in « Atti dèlia Società Ligure di Storia Patria », voi. IX , [fase. I l i , Genova, 1877], pag. 446. [Nella citazione sopra riferita sono state poste fra parentesi tonde le lettere supplite dal Pàtetta]). *) La parola promptor, che, salvo errore, manca così nei lessici latini come nei glossari della bassa latinità, è dal V e r n a zza , Della tipografia in Alba nel secolo X V , Torino, 1815, pagg. 53-54, messa giustamente in rela­ zione col promere usato dai tipografi. Egli cita dalPEusehio del Jenson, Venezia, 1470 (H a in , [Bepertorium bibliographieum, Stoccarda, 1826-1838,] n. 6699): « Hoc lenson veneta Nieolaus in urbe volumen P rom psit », e, da un’edi­ zione della grammatica latina di Francesco Negro, Venezia, 1480: « Santritter Aelbrona genitus de gente Ioannes Lucilius P rom sit grammata docta Nigri ». ** [H a in , op. cit., e Co pin g er , Supplement to Hain’s Bepertorium bibliographicum, Berlino, 1926] al n. 11858, [e il Catalogne of Boohs printed in thè X V th Century now in thè British Museum, V, Londra, 1924, pagg. 281-282] citano un’ edizione di Venezia, 1480**, nella quale sono le stesse parole, colle varianti helbronna e prompsit. [Ma, a meno che non si tratti, il che sembra del tutto improbabile, di un’ altra edizione uscita nello stesso luogo e nello stesso anno, e sconosciuta ai bibliografi, quella del Vernazza deve essere la stessa che è descritta nei repertori. Per questa edizione vedi anche G io v a n n i Ca r d . M e r ­ c a t i ^ Peseennio Francesco Negro Veneto, protonotario apostolico in Ultimi contributi alla storia degli umanisti,'11 (Studi e Testi, 91), Città del Vaticano, 1939, pag. 28, nota 3], [2) Il Gesamfkatalog der WiegendrucTce, I, Lipsia, 1925, pag. 511, n. 944, dà l’esatta riproduzione della sottoscrizione, con le abbreviature, la divisione delle linee, ecc., ma non dice donde sia stata ricavata, non conoscendosi altri esemplari del libro.]

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Venturino de Prioribus,

Venturino era maestro di grammatica a Savona fin dal 1453; che nel 1474 vi corresse il Boezio, stampato con caratteri fusi; che a Savona, come a Genova, si era costituita una società ad impri­ menda librorum volumina, e che in principio del 1474 quattro Teu­ tonici, periti nell’arte tipografica e mercede conducti dalla società, fuggirono di notte, praedatis omnibus ad eam artem necessariis adminiculis, con danno alla società di ben seicento fiorini1); che forse in conseguenza di ciò, non si stamparono, per quanto si sa, altri libri a Savona prima del 1503. Privo di tali notizie, egli cadde in grave errore, ritenendo che Venturinus sia cognome, e quindi identificando il nostro Venturino con Francesco Venturini, autore d’una grammatica stampata a Firenze nel 1482 (Hain, n. 15938). I l Doctrinale sarebbe, a parer suo, fi primo libro stampato a F i­ renze, e dovrebbe perciò esser anteriore al Servio, stampato dai Cennini con date che vanno dal 7 novembre 1471 al 7 ottobre 1472 (Hain-CJopinger, n. 14707). Oltre al non aver tenuto il debito conto del vero cognome di Venturino ( Venturinus Prior), si può imputare al Meerman, come già osservò il Tiraboschi, il non aver pensato che la peste, diffusa a Genova e ad Asti, difficilmente avrebbe messo in imbarazzo i Fiorentini che avessero voluto pro­ curarsi gli utensili necessarii per l’esercizio dell’arte tipografica. Pochi anni dopo la pubblicazione del Meerman, il Vernazza, nell’ opuscolo già citato, fece conoscere l’esistenza del codice venturiniano nella biblioteca dei Domenicani d’Alba, facendo di quella biblioteca, purtroppo dispersa come tante altre, un magnifico elo­ gio 2). In maggio del 1776 egli entrò in corrispondenza col Tira-

1) Tutto ciò risulta da una lettera scritta in aprile del 1474 dagli An­ ziani del Comune di Savona a Pietro della Rovere, nipote di Sisto IV, let­ tera la cui minuta fu scoperta e pubblicata da T ommaso T o rtero li nel Ragionamento sulla tipografia savonese, in Scritti letterari, Savona, 1859, pagg. 293-296, e ristampata poi, con qualche variante, dal G iu l ia n i , nel Secóndo supplemento alle Notìzie della tipografia Ligure sino a tutto il se­ colo X V I («Atti della Società Ligure di Storia Patria», voi. IX , fase. I li, Ge­ nova, 1877, pagg. 467-468). Il principalis artifex fra i quattro così detti Teutonici, che si credevano rifugiati a Roma, era Enrico de Aegere * de Antuerpia * : uno dei soci, Iacobus Torteyrolus, voleva andar a Roma, per rintracciare il transfuga e costringerlo alla restituzione, e gli Anziani lo rac­ comandavano al nipote del papa. Il T ortebo li congettura che la lettera sia stata scritta da Venturino, « il quale, avendo la mano nella faccenda della stamperia in qualità di correttore, “l’avrà probabilmente anche avuta nello stendere una così fatta minuta ». 2) Notizie degli scrittori albesani, cit., pag. 15: «Hanno i Domenicani

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umanista ligure del secolo XV.

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boschi, che attendeva alla stampa della prima edizione della Storia della letteratura italiana (Modena, 1772 *-1782) ;ì e del 17 giugno 1776 è una lettera, in cui il Tiraboschi lo ringrazia per le nuove e belle notizie che gli dà, e fra esse per quelle concernenti l ’albesano A n ­ tonio Calderari: «Benché il manoscritto della seconda parte del « V I Tomo sia già in mano dello stampatore, procurerò di aggiun« gervi almen parte di esse {notizie), e quelle singolarmente che ap« partengono ad Antonio Calderari e a Filippo Vagnoni.... ». I l 4 febbraio 1777 il Tiraboschi comunicò al Vernazza la notizia data dal Meerman, sul Doctrinale corretto da Venturino. Il Vernazza gli mandò subito altre notizie, e il Tiraboschi lo ringraziò con lettera del 18 febbraio1). Nella seconda edizione della Storia della letteratura italiana (Modena, 1787-1794), egli, ricordando le varie notizie, delle quali gli era stato liberale il barone Giuseppe Vernazza, citò il codice di Venturino, nel quale sono pure « alcune poesie e alcune epistole « latine di Antonio Calderari, nobile cittadino di Alba e scolaro di « Venturino, scritte prima del 1 4 9 0 ....2) ». Citò pure il manoscritto Laurenziano Gaddiano Plut. L X X X X I , Cod. 42, descritto dal Ban­ dini nel catalogo dei codici latini della Laurenziana, voi. I l i , Fi­ renze, 1776, coll. 799 e segg. ; e poiché in quel manoscritto c’è, con altre poche poesie di Venturino, una poesia di lui, molto im­ portante, datata da Savona, 27 aprile 1457, e poiché d’altra parte era stato segnalato il Boezio corretto da Venturino e stampato a

d’Alba una biblioteca, la quale, o si guardi alla copia delle stampe del se­ colo XV, ovvero ai codici antichi sì di pergamena come di carta che vi si conservano, può tra le private gallerie aver poche pari ». !) Le lettere del Vernazza al Tiraboschi, la prima delle quali, salvo errore, è dell’ 8 maggio 1776, sono a Modena, nella Biblioteca Estense. Quelle del Tiraboschi al Vernazza cominciano col 14 maggio di quell’anno, e sono [a Torino] nella Biblioteca dell’Accademia delle Scienze, alla quale tornarono, al­ quanto danneggiate ma leggibili, dalla Biblioteca Nazionale, dove erano in pre­ stito quando scoppiò il funesto incendio del 26 gennaio 1904. La Biblioteca del­ l’Accademia ha buona parte del prezioso carteggio Vernazziano, non però il carteggio integro, poiché una parte, che nelle attuali circostanze non è possibile esaminare, è nel secondo volume dei Manoscritti Vernazziani nella Biblioteca del Re, col titolo Lettere 1789-1800, non esatto, poiché vi sono invece lettere dal 1769 in poi. Vedi G iu se ppe R o b e r ti , Il carteggio erudito fra Giuseppe Vernazza e Giovanni Antonio Banza, [in « Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino», voi. X X IX , Torino, 1894, pag. 830; (estratto, pag. 23)]. 2) Della seconda edizione del T ir abo sch i uso la ristampa di Milano, « Società tipografica de’ Classici italiani », 1822-1826. Le notizie su Ventu­ rino e sul Calderari sono nel tomo VI, parte III, pagg. 1626-1628.

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Venturino de Priorïbus,

Savona nel 1474, non tardò ad avvedersi che l’aquilina urbs, in cui Venturino insegnava, era appunto Savona, e che a Savona doveva attribuirsi anche l’ edizione del Doctrinale. I l Boezio era stato segnalato da F. X . Laire, Index librorum ab inventa typograpMa ad a. 1500, Parte I , Sens, 1791, pag. 352. In quest’indice, che è il catalogo ragionato degl’incunaboli posseduti dal cardi­ nale Lomenie de BrienneJ), l’abate Laire dice d’aver veduto l ’edi­ zione savonese del Boezio a Boma in Musaeo Pontificis P ii V I 2). 1 Non ne dà il titolo preciso, ma dice soltanto: « Boetii Consolatio pbìlosophiae, impr. in Savona in conventu S. Augustini per Fratrem Bonum Iohannem, emendante Venturino priore. Anno 1474 ». Dal Laire la notizia passò negli Annales typograpMci del Panzer, voi. I l i , Norimberga, 1795, pag. 5, e quindi, con lo stesso falso titolo, corretto in seguito dal Copinger, nell’Hain, n. 3357.

1) Il cardinale [Étienne Charles de] Lomenie de Brienne, membro del­ l’Accademia di Francia, e per sua disgrazia uomo politico, nato nel 1727 e morto nella prigione di Sens il 16 febbraio 1794, « avait rassemblé à grands frais une bibliothèque immense, qui fut dispersée après sa mort » (Biographie nouvelle des contemporains, tomo X II, Parigi, 1823, pag. 83). 2) Il Boezio ** non è segnato fra le edizioni del secolo X V nel Catalogo (stampato) della maggior parte dei libri già spettanti alla Biblioteca privata di PP. Pio VI, offerti in vendita, a prezzi bassissimi, in Boma nel 1805. [Infatti era già stato sottratto dalla biblioteca di Pio VI nel 1798 e por­ tato in Francia insieme con i libri più importanti della biblioteca stessa. La sottrazione ebbe una veste ufficiale, compiuta come fu dalla commis­ sione inviata a Boma dal Direttorio per punire l’uccisione del generale Duphot. Di quella commissione faceva parte P.-C.-F. Daunou, allora ammi­ nistratore della Biblioteca del Panthéon (S.te-Geneviève). Il Direttorio aveva ordinato, fra le altre rappresaglie, il sequestro e la vendita dei beni del papa Pio VI, Ma il Daunou intervenne, arrestò il procedimento di vendita e compilò da intenditore una lista dei libri migliori, dei quali fu ordinata la confisca a beneficio della Biblioteca Nazionale di Parigi e, soprattutto, di quella del Panthéon. Il viaggio di quei libri fu lungo e avventuroso. Essi arrivarono nella nuova sede quasi due anni dopo. Lo stesso Daunou, fra il 1802 e il 1804, compilò il catalogo degli incunaboli posseduti dalla biblio­ teca del Panthéon. In quel catalogo, che fu pubblicato nel 1892 da M.lle Pellechet, con un’introduzione di H. Lavoix, nella quale, fra l’ altro, si trovano diffusamente narrate le notizie sopra dette, il Boezio reca il n. 119. Vi è riprodotto l’ epigramma di Venturino e la sottoscrizione, ed è illustrato da questa nota del Daunou: « Cette édition a été longtemps inconnue. Debure, « n. 1307, et Crevenna, II, 44, citaient celle de 1476 comme la plus ancienne. « Laire, I, 352, est le premier qui ait parlé de celle de Savone; il avait vu « à Borne l’ exemplaire que possède aujourd’hui la bibliothèque du Panthéon, «le seul dont on ait connaissance. Mauroboni (!), X X II, en a parlé d’ après « Laire. Hain, 3357 »].

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umanista ligure del secolo XV.

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Il Boezio ha « in capo della prima pàgina.... cinque versi esa« metri, che sono le sentenze o il sommario dei cinque libri del« l’opera » 1), e che sono probabilmente di Venturino. Ha poi in fine la data del 1474 e il seguente * Venturini Prioris Epigramma * in laudem operis et artificis [2)] : Est Augustini Conventus in urbe Saona Et vitae et fidei relligione sacer: Hoc impressit ibi Frater bonus aere Johannes Teutonicae clarum gentis alumnus opus. Pontificis summi genuit Quem clara Saona Tunc Sixti quarti Tertius annus erat. Principe Cesareo Galeaz florente Maria: Dum Genuae is dominus imperitaret ibi. Hunc Venturino librum emendante priore: Errati lector labe carere scias. Per quanto sappiamo, questi pochi distici, e forse i cinque esametri premessi al libro, sono le sole poesie di Venturino stam­ pate lui vivente. Combinando le date del 1474 e del terzo anno del pontificato di Sisto IV , dobbiamo ritenere che il Boezio fosse stampato prima dell’agosto di quell’anno; e da quanto è noto sulla fuga dei quat­ tro Teutonici, che i Savonesi, nell’ aprile, credevano rifugiati a Eoma, si può indurre che la stampa fosse ** [già condotta a termine nei primi mesi del 1474]. A l 1473 deve, a parer mio, attri­ buirsi il Doctrinale, che precedette il Boezio, poiché non c’è ra­ gione d’attribuirlo al 1471 3), mentre vi è già dato l’ annunzio della

x) T o rte ro li , Studi letterari cit., pag. 298.

[2) L’ epigramma si trova nel verso della carta 64. Cfr. il Gesamthatalog (n. 4515), che ne riporta i primi due distici e l’ultimo. Era già stato pubbli­ cato più volte per intero; vedilo nel già citato catalogo D au n o u -P e l l e c h e t , n. 119, nel Catalogue général des Incunables des Bibliothèques publiques de Trance di M. P elle ch et , II, Parigi, 1905, n. 2512, nel Lexicon typographicum Italiae del F u m agalli , Firenze, 1905, pag. 388, nell’ II a in -C o pin g er , n. 3357.] 3) Il T o rte r o li , op. cit., pag. 294, crede invece che il Boezio sia stato « ehi sa dirlo 1 la terza, la quarta o la quinta opera che fu stampata in « Savona, giacché dalla stampa del Dottrinale a quella del medesimo deve « essere passato uno spazio di tempo notabile, nel decorso del quale da quat« tro artefici che non saran mai stati senza far nulla, si deve essere messo « in ordine non uno nè due nè tre, ma bensì più lavori, dei quali si è per« duta di certo la memoria, come si sarebbe perduta anche quella del Dot« trinale, se per buona fortuna non l’ avesse trovato il Meerman in Londra ».

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Venturino de Prioribus,

pubblicazione d’altri libri da stamparsi con caratteri fusi, e tanto meno si deve dire cbe è del 1479 o che non è posteriore al 1479, avendo Venturino insegnato a Savona fino al 1480 (data, come vedremo, non certa), perchè, tenendo anche conto del predetto annunzio, non si può credere che dai caratteri fusi usati per il Boezio si sia fatto ritorno ai caratteri scolpiti f1)]. Indizio dell’interruzione a Savona dell’arte tipografica, dopo la stampa del Boezio, può essere il fatto del passaggio a Milano del frate agostiniano Bonus Iohannes, che vi stampò, con la data del 21 luglio 1475, le Confessioni di Sant’Agostino (Hain-Copinger, n. 2031). Il volume milanese ha in fine un epigramma, che potrebbe essere di Venturino e che, ad ogni modo, ricorda da vi­ cino l’epigramma posto in fine del Boezio: Quam laetum augustina ferat confessio foetum, Praesens fratre refert pagina pressa suo. Theutonicis delatus enim Bonus aere Iohannes Hoe Mediolani fertile pressit opus [*)]. È comune ai due epigrammi l’emistichio Bonus aere Iohannes ; c’è nel primo impressa aere clarum opus, nel secondo aere fertile pressit opus ; nel primo il frate agostiniano è detto Teutonieae gentis alumnus, nel secondo Theutonicis delatus. Il Teutonieae gentis alumnus fu diversamente interpretato da­ gli scrittori. I l Vernazza, nell’opuscolo sulla Tipografia in Alba, pagg. 82-95, respinge l ’opinione di Mauro Boni [*)], « che Giovanni « sia nome di battesimo, e Bono sia nome di famiglia ». Per lui si tratta invece di Fra Buongiovanni, il Tedesco. Conosce l’ edizione

Questo ragionamento presuppone ciò che non sappiamo e che è poco pro­ babile, cioè che la società per la stampa si sia costituita a Savona parecchi anni prima del 1473 e che i quattro Teutonici, dei quali abbiamo notizia solo in aprile del 1474, siano stati in quella città per parecchi anni prima di decidersi a rubare e ad andarsene. f1) Per questo ipotetico uso, contemporaneo o quasi, di caratteri « scol­ piti» e di caratteri fusi, vedi sopra, pagg. 5-6, nota 2.] [2) Questo tetrast’co fu riprodotto da G-. A. Sassi, Historia literariotypographica mediolanensis, premessa alla Biblìofheca scriptorum mediolanensium dell’ A r g e l a t i , Milano, 1745, I, pag. XC1X, da M a u r o B o n i , Let­ tere sui primi libri a stampa di alcune città e terre dell'Italia superiore, Venezia, 1794, pag. X X III, dal V e r n a z z a , Bella tipografia in Alba eec., pag. 68, dalFHAiN (n. 2031), ecc. Vedine una più esatta riproduzione nel Gèsamikatalog (n. 2894).] [ 3) M a u r o B o n i , op. cit., pag. X X IV .]

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umanista ligure del secolo XV.

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milanese del Sant’Agostino. Erra nell’ affermare effe « nel Boezio « di Savona la notizia tipografica è in prosa », e che dice precisamente: « in conventu saneti Augustini per fratrem Bonum Iohannem ». Lo Spotorno4) parlò di un agostiniano tedesco, di nome Buongiovanni. Lo contradissero, fra altri, il Torteroli e G. A . Eocca. I l primo (op. cit., pagg. 302-304) dice che «sed o Spotorno me« desimo avesse letto l’anzidetto pentastico [2)], mai non avrebbe « spiegato tanto grossamente, mi si meni buona l’espressione, il se« condo pentametro, Teutonicae clarum gentis alumnus opus ; il quale, « unito come deve essere al verso esametro che lo precede, l’avrebbe « posto in condizione di fare un errore di meno, e di dare a Savona « una gloria di più. ». Alumnus « si ha da spiegare per discepolo ossia « per allievo ». Bonus è cognome, e « il frate, il quale * stampò così « bene il Boezio nel suo convento di Savona, fu nativo di questa « città, fu uno della famiglia dei Buono e del Buono che dir si vo«glia; famiglia che esiste ancora al presente in Savona e nelle sue « vicinanze.... ». Il Eocca 3), trattando del convento di Sant’Agostino cangiato in carcere e della chiesa trasformata nel 1826 in una rag­ guardevole fabbrica ad uso di magazzino del sale, dice pure dei due libri stampati nel convento, e quindi dell’ « espertissimo frate Gio« vanni del Buono, savonese (e forse discendente di quel Giovanni « che per testamento del 21 luglio 1306 provvide la patria d’uno « Spedale detto della Carità) ». Avendo poi riportato l’epigramma di Venturino, afferma che da esso « scorgesi come frate Buono o « del Buono, o anche, se vuoisi, Buongiovanni, non fosse tedesco, « come scrive erroneamente il P. Giovanni Spotorno ». I l Torteroli e il Eocca non conoscevano nè quanto aveva scritto il Vernazza 4) fin dal 1815, nè l’epigramma dell’incunabolo*3 4

*) Storia letteraria della Liguria, tomo II, pag. 355. (L’ultima parte del tomo II, [«Appendice»], pagg. 333-406, fu pubblicata in principio del tomo III, Genova, 1825). [2) Il Torteroli si riferisce all’ epigramma che si trova in fine del Boezio, e sbaglia chiamandolo pentastico, perchè è composto di cinque distici, e non di cinque versi.] 3) Le chiese e gli spedali della città di Savona non più esistenti o che su­ birono modificazioni, Lucca, 1872, pagg. 60-63. Che lohannes Bonus sia Gio­ vanni del Buono, di famiglia tuttora numerosa in Savona e in Quiliano, è pure detto, sulla traccia del Torteroli, da N ic o l ò Ce s a r e G a r o n i , Guida storica, economica e artistica della città di Savona, compilata coi documenti degli Archivi Municipali, Savona, 1874, pag. 272. 4) Della tipografia in Alba nel secolo X V , pag. 75: « Che se Giorgio Lauer « de Herbipoli, se Leonardo Pachel de Engelstadt, se Cristoforo Yaldarfer de

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Venturino de Prioribus,

milanese, e ignoravano quindi il Tìieutonicis delatus detto del loro preteso concittadino, venuto di ira i Teutonici. Si è d’altra parte soprattutto alunni del paese in cui si è nati e dei suoi abitanti, iion posso quindi schierarmi contro lo Spotorno. A d ogni modo errò senza dubbio il Burger *1) che registra come due persone diverse il pater lohannes Bonus del Boezio e lo * lohannes Bonus Theutonieus del Sant’Agostino, e non s’avvede che questi è designato esso pure nel relativo epigramma, quale frate agostiniano. Del Boezio stampato nel 1474 si conserva a Savona un esem­ plare su pergamena, descritto minutissimamente dal Torteroli (op. cit., pagg. 297-300), e le cui vicende sono narrate da lui e da V it­ torio P oggi23 *). Un altro esemplare è nella Biblioteca del Be in To­ rino 3), [oltre il primo noto, quello che appartenne a Pio V I e che ora, come si è detto, è] a Parigi nella Biblioteca Sainte-Geneviève[4)]. Un esemplare conservatissimo è, o era, a Genova nella biblioteca del marchese Durazzo 5). Giambattista Belloro, che ignorava l’esi­

« Ratispana (!)*, se il Friburger de Columbaria, tutti si chiamavano Theotonici, « orti Teufonia; l’Agostiniano, che io suppongo venisse dal convento di No­ li rimberga, ben potea chiamarsi anch’esso delatus Teuthonieis ». 1) The printers and publishers of thè X V . century, Berlino, 1926 (in calce del 2° volume del C o p in g e r ), pag. 355. Il B u r g e r attribuisce allo * lohannes Bonus Theutonicus anche due altri libri, non datati e privi d’in­ dicazione del luogo di stampa e del tipografo: 1’ A m a d e u s D e r t h o n e n s is , Ratio dierum (H a in -C o p in g e r , n. 893), e il S o l in u s , Polyhistor s. de mi­ rabilibus mundi (H a i n -C o p in g e r , n. 14873). [L’attribuzione del Burger è desunta da R. P r o c t o r , An Index to thè early printed books in thè British Museum, parte I, Londra, 1898, pagg. 391 e 494, il quale però dà come probabile l’identità del tipografo di Milano con quello di Savona. Vedi anche M a r io B e v il a c q u a , Tipografi ecclesiastici nel quattrocento, in « Bibliofilia », XLV (1943), pag. 7], 2) Memorie savonesi d'argomento vario, Savona, 1903, pag. 31 (estr. da « Bullett. della Società stor. savonese », anno VI). 3) F u m a g a l l i , Lexicon [cit.] **, pag. 388. [4) Delle vicende di questo esemplare si è già detto. Il T o r t e r o l i , op. cit., pag. 297, dice che esso seguì le sorti della libreria di Pio VI, «legata « a un convento di frati di Cesena sua terra », confondendo Pio VI con Pio VII.] 5) Lo vide il Gazzera, e trascrisse l’ epigramma di Venturino nell’esem­ plare, ora posseduto dall’Accademia delle Scienze, del libro del Vernazza sulla tipografia in Alba nel secolo XV. Della famosa e quasi inaccessibile biblioteca Durazzo esiste un pessimo catalogo, stampato fra il 1834 e il 1835, senza indicazione del nome del possessore, dell’anno e del luogo di stampa. È intitolato Catalogo della biblioteca di un amatore bibliofilo. Italia (pagg. 251, in-4°). Il Boezio è registrato a pag. 27, in modo che basta a dimostrare di che razza di catalogo si tratti: «D e consolatione philosophie opus, cum argu-

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umanista ligure del secolo X V .

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stenza in Savona dell’esemplare stampato su pergamena, scriveva il 31 maggio 1823 al Gazzera che un esemplare era in Novi nella biblioteca Cavanna ; ma il 17 aprile 1821 avvertiva che il proprie­ tario era morto e che i libri erano stati venduti [*)]. 3. Le varie notizie e le varie opinioni sulla tipografia savo­ nese nel secolo X V , fatta eccezione per la lettera degli Anziani di Savona pubblicata più tardi dal Torteroli, furono conosciute dal Vernazza; ma disgrazia volle ch’egli avesse subito interpretato malamente ciò che si legge in una poesia di Venturino, « mine pue­ ros Aquilina pauper in urbe — Verberibus quatio »; che cioè avesse veduto nelVAquilina urbs Acqui e non Savona, e che avesse avuto l’idea, non meno infelice, di poter datare il Doctrinale cercando in quale anno Genova fosse afflitta dalla peste, poiché nulla trovò in proposito su Asti. Lesse negli Annali di Genova del Giustiniani che « l’ anno mille quattrocento novantatre... et al tempo della prima« vera la Città fu oppressa da una crudele pestilenza, la quale durò

mentis et emendatione Fratria Venturi (!) Priorie, Savonae 1474, in-4. 'prima ediz. tipografica che sia stata lavorata nella città di Savona ». Il compilatore credette evidentemente che prior fosse il priore del convento, e quindi fece del suo Venturustu ira te. [Per un simile abbaglio, vedi più. avanti, pag. 71, nota 2 ]. Dalla prefazione di A chille N e r i alle Osservazioni di Gaspare Luigi Oderico sopra alcuni codici della Libreria di G. Filippo Durazzo, Genova, 1881, apprendiamo che i preziosi volumi, manoscritti e stampati, della biblio­ teca Durazzo furono acquistati da Giacomo Filippo Durazzo, nato nel 1729 e morto nel 1812, nella vendita della biblioteca del duca de la Vallière * e di altre biblioteche, e che il catalogo a stampa doveva servire per la vendita in blocco della biblioteca Durazzo ad un ricco straniero, ven­ dita fortunatamente andata a monte. Infatti, in alcune note manoscritte dell’esemplare da me posseduto, si legge che la biblioteca era offerta in ven­ dita per 150.000 franchi (somma che oggidì [1945] si potrebbe comodamente moltiplicare per cinquanta), e che l’ offerta di 140.000 franchi fu rifiutata. Se qualche volume sia stato, dopo il 1835, venduto o sottratto, non so. Certo, a quanto scrive il G iu l ia n i , nel già citato Secondo supplemento alle Notizie della Tipografia Ligure, pagg. 466-467, sembrerebbe che l’ esemplare del Boezio, già esistente nella biblioteca Durazzo, non vi si trovi. Non so però se il dubbio espresso dal Giuliani sia nato da nuove ricerche, o se egli non faccia che ripetere ciò che era già stato detto dal T o rte ro li , op. cit., pag. 307. f1) Il Gesamtkatalog indica soltanto l’esemplare di Parigi e un esemplare della Biblioteca Nazionale di Palermo. Vindice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, voi. I, compilato da T. M. G u a r n a s c h e l l i e E. V a l e n z i a n i , Roma, 1943, n. 1820, oltre l’esemplare della Biblioteca del Re di To­ rino, che dà come mutilo, e quello della Nazionale di Palermo, segnala un altro esemplare nella Biblioteca Civica Queriniana di Brescia.]

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Yenturino de Priorìbus,

« insino alla fine del mese d ’agosto », e scrisse quindi nel 1782, nelle Congetture appartenenti alla Storia Tipografica1), che il « Doctrinale « si può dir stampato tra febbraio e settembre del 1493 » e che Alba ed Acqui, « due città non ancor mentovate negli Annali Ti« pografici del primo secolo, sembrano poter contendere di aver « avuto nel 1493 dentro lor mura la stampa ». Starebbe « in favor « d’Acqui il suo sito, quasi in mezzo a Genova e A sti; in favore «d i Alba il sapere che dopo il 1482 Yenturino de’ Priori abitava «in essa città ». Prima che le Congetture fossero stampate, il Vernazza le mandò all’agostiniano Padre Tommaso Verani, che dal suo convento di Chieri gli scrisse l’8 ottobre 1782 una lunga let­ tera2), che è una vera dissertazione, con osservazioni non di

*) Sono pubblicate nel Nuovo* Giornale dei letterati, X X V , Modena, (1782)*, pagg. 126 e segg. Mi valgo dell’estratto, di 16 pagine, legato, come dirò, in principio del manoscritto di Yenturino. 2) La lettera, posseduta dall’Accademia [delle Scienze di Torino], fu pubblicata quasi integralmente da G a u d e n z io Cl a r e t t a Sui principali sto­ rici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della R. Gasa di Savoia, [cit.]**, nota da pag. 187 a pag. 193). 11 Claretta tratta del Verani, torinese, morto ottantenne nel 1803, a pagg. 184-195. Oltreccbè col Yernazza e col Malacarne, il Verani fu in corrispondenza col Tiraboschi, che lo citò molte volte nella Storia della letteratura italiana e scrisse al Vernazza, il 26 gennaio 1779, d’aver trovato in Roma il Verani, religioso torinese versatissimo nella storia letteraria il quale spontaneamente gli aveva mandato un grosso quinterno di riflessioni e di correzioni a diversi passi della sua Storia, dimostrandosi uomo esattissimo e fornito di non volgare erudizione. Conosco del V e b a n i , non citate dal Claretta, le notizie su Lodovico Carbone, sul vecchio Guarino Veronese, su Ambrogio Calepino, stampate nel Nuovo* Giornale dei letterati di’ Modena, X V II (1779), X X (1780), X XV I *[s. a.] e X X X II (1785); le Notizie del P. M. Giovacchino Castiglioni.... tratte da due codici del secolo X V , Modena, 1790; le osservazioni e i documenti sul milanese Piattino Piatti *, pubblicati dal M a l a c a b n e nei Saggi dell’Accademia degli Unànimi, tomo II, Torino, 1793, pagg. 100 e segg.; le Osservazioni istoriche dirette al M a l a c a r n e e da questo pubblicate (nel 1795) con tre suoi fascicoli, cioè con un’Addizione, con Osservazioni istoriche al Molto Rei). Padre Tommaso Verani, e col Proseguimento delle Osservazioni istoriche e letterarie (complessivamente quattro fascicoli in-8, senza note ti­ pografiche, di pagg. 36, 24, 21 e 21). È del V e b a n i anche un opuscolo ano­ nimo in difesa di S. Tommaso, attribuito nel Dizionario di opere anonime e pseudonìme del M e l z i , II, pag. 93, per errore di lettura o di stampa, a Tom­ maso Vezzani. È intitolato: Lettera di N. N. ad un amico sopra le recenti contese nate tra gli Agostiniani e’ Domenicani (pagg. x x x e una carta bianca). Nel mio esemplare è scritto di mano del Verani: «del P. Tommaso Verani, Torinese, Agostiniano della Congregazione di Lombardia, stampata in Lugano dall’Agnelli nel 1779 a spese dell’autore ».

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umanista ligure del secolo XV.

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rado *2) giuste e ragionevoli contro le ipotesi comunicategli. Il Vernazza non ne tenne conto, e non tenne conto dell’opinione con­ traria a lui del Tiraboschi; anzi, ancora nel 1815, nella citata monografìa sulla tipografìa in Alba, pagg. 28-29, dice di ritenere che il Tiraboschi avesse errato, « deviando lievemente dalla sua « consuetudine di lodata esattezza ». ITella Lezione sopra la stampa, edita a Cagliari nel 1778, non aveva parlato nè di Acqui nè di Alba: l’Appendice alla Lezione sopra la stampa, edita a Torino nel 1787, s’apre invece con l’accenno alle ragioni svolte nelle Congetture, che lo persuasero che « o in Acqui o in Alba, e certamente nel 1493, fu « stampato il Dottrinale del Villadei ». « JSe finora (egli dichiara) « veggo ragione di 'mutar parere ». X on vide ragione di mutar parere neanche dopo la segnala­ zione della stampa in Savona del Boezio corretto da Venturino, quantunque l ’abate Mauro Boni non tardasse ad avvertirlo 2) della tesi a lui contraria sostenuta nelle Lettere sui primi libri a stampa di alcune città e terre dell’Italia superiore **, pag. X X I V . Mandan­ dogli il suo libro, il Boni scrisse ancora al Vernazza: « La supplico « di avvisarmi sinceramente se le osservazioni fatte al Doctrinale « Villadei bastino per crederlo di Savona, o se vi abbia altro sicuro « documento per lasciar Alba o Acqui alla cittadinanza delle Tipo« grafiche ». Nella risposta del 30 agosto 1794 il Vernazza, a giudi­ care dalla minuta posseduta dall’Accademia, evitò di pronun­ ciarsi, ma il 4 settembre 1805 scrisse da Gaeta al Morelli3) che, se gli occorre di vedere il Boni, « gli dica che io ho scritta contro « di lui una dissertazione alquanto lunga in proposito di Ventu« rin de’ Priori. L ’ho lasciata in Torino. Se mi risolvessi di stam« parla separatamente dalla grossa mia opera di osservazioni tipo-

*■) Non sempre. Non si può, per esempio, prender sul serio il dubbio che, nelle parole Genuae, Ast alibique della chiusa del Doctrinale, « quell’asi « sia una particella congiuntiva ». 2) Vedi la lettera del Vernazza a Iacopo Morelli, in data di Torino, 14 maggio 1794, pubblicata da Ca b l o F b a t i , Corrispondenti piemontesi di Iacopo Morelli, nella « Bibliofilia », [X X I ( 1920), pag. 37]. Estratto dai voi. X X , X X I e X X II [della stessa rivista], pag. 33: « Egli (il Boni) mi ha scritto ulti« mamente, dicendo avermi destinato un esemplare delle sue lettere tipogra« fiche. Lo aspetto con tanto maggior desiderio, quanto ch’egli mi dice di aver « avuto * motivo di scostarsi dalla mia opinione, senza suggerirmi altro *. « Io suppongo che sia circa il Villadei ch’egli vorrà stampato circa il ’ 74 in « Savona ». 3) C a b l o F b a t i , op . c it., [lo c. c it., p a g g . 189-190; e stra tto ,] p a g g . 47-48. 2. — P atetta , Venturino de Prioribus.

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Venturino de Prioribus,

« grafiche, prima di porla sotto al torchio non mancherò di man« darla e * al medesimo signor abate Boni ed a V. S. Ill.m a, per « ottener * consigli e dal mio avversario e da lei * ». La « dissertazione alquanto lunga in proposito di Yenturin de’ « Priori » dev’essere, in sostanza, l’opuscolo sulla tipografia in Alba, stampato nel 1815. Il Yernazza scrisse il 5 luglio al Boni che questo « libro è particolarmente diretto contro di lui » ; che « vor« rebbe offrirgliene il primo esemplare », e che « spera non abbia a « nuocergli nel possesso di quella sua amicizia, di cui tanto si glo« ria » 1). n e ll’opuscolo del 1815 il Vernazza rinuncia definitiva­ mente a porre Acqui fra le città che ebbero tipografia fin dal secolo X V , attribuisce ad Alba il Doctrínale, che giudica sempre stampato nel 1493, e cita i bibliografi che « s’accostarono alla sua opinione », cioè « il Panzer, il Peignot, il de la Serna, l ’Achard, il Lichtenberger » (pagg. 66-67). Sostiene però sempre che VAquilina urbs, in cui Venturino insegnava, è Acqui e non Savona. Alcuni anni dopo si decise a dar alle stampe le sue Osservasioni letterarie particolarmente di storia tipografica, opera a cui attendeva da molto tempo, già ricordata nel 1787 nella prefazione dell'Appendice alla lezione sopra la stampa 2), e poi di nuovo nella citata lettera al Morelli del 4 settembre 1805. Il 28 giugno 1820 ottenne dall’autorità ecclesiastica e dalla politica il permesso di stampa, e alla sua morte, in maggio del 1822, erano stampate 328 pa­ gine in -quarto, con le quali si giunge all’articolo «di Sav oia don Gasparo* ». n ell’esemplare che fu di Vincenzo Armando ed ora è mio, ci sono in più dodici pagine di bozze di stampa, e si giunge così, saltuariamente e con grosse lacune, fino all’articolo Torrentino. L ’Armando trascrisse inoltre la parte inedita, pervenuta all’Acca­ demia col legato Gazzera, fece all’esemplare parecchie aggiunte sue, e lo arricchì con la trascrizione delle aggiunte e postille del­ l’esemplare che fu di Giacomo Manzoni e di quello già d’Antonio Manno. Probabilmente col legato Gazzera l’Accademia era venuta in possesso degli esemplari a stampa interrotti a pag. 328. Già il Gazzera si] era proposto di completarli, aggiungendovi la parte 1) Tutto questo si legge nella minuta che fa parte del carteggio Vernazza. Non so se si conservi la lettera originale. 2) In questa prefazione il Vernazza dice di voler attendere a « perfe« zionare un’opera di molto maggior fatica, cioè gli Annali tipografici e lette« rari de’ paesi di terra ferma che ora sono sudditi del Re », cominciando gli Annali letterari dall’anno 1424.

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umanista ligure del secolo XV.

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inedita; e aveva infatti scritto una Lezione accademica che potrà ser­ vire alVopportunità di prefazione alla stampa delle Osservazioni let­ terarie e particolarmente di storia tipografica del Vernazza, e un articolo supplementare sulla Stamperia Reale1). Nel 1859 si volle forse riprendere il progetto Gazzera, ma tutto si ridusse a mettere in circolazione un certo numero di esemplari scompleti, cambian­ done arbitrariamente il titolo, che non è più quello usato dal Ver­ nazza in alcuni brevi estratti pubblicati nel 1821 2) e indicato dal Gazzera nella Lezione accademica, ma un altro, imposto, pare, da Amedeo Peyron3), e che poteva forse servir meglio alla diffusione del libro fuori del campo ristretto dei bibliografi. Il nuovo titolo è il seguente: Dizionario dei tipografi e dei principali correttori ed intagliatori che operarono negli Stati Sardi di terraferma e più spe­ cialmente in Piemonte sino alVanno 1821. Opera e* stampa che ri­ masta imperfetta per la morte delVautore Barone Vernazza di Freney viene in luce per cura d'una società anonima. Torino, Stamperia Reale, 1859. Nelle Osservazioni, o nel Dizionario che dir si voglia, sul quale mi parve non inutile trattenermi alquanto, il Vernazza inserì gli

q Lezione e articolo furono copiati dal benemerito Armando e aggiunti al volume citato. 2) Due sono registrati da V in c e n z o A r m a n d o , Bibliografìa dei lavori a stampa del barone Giuseppe Vernazza, Alba, 1913, n.i 231 e 234 (Estr. dalla rivista « Alba Pompeia », anno V). Sono gli articoli Fontana e Priasco, cioè le pagg. 179-195 e 295-297 del volume. Un foglio volante, non citato dal1’ A r m a n d o , ha la data del 9 aprile 1821, e costituiva la pag. 164 del v o­ lume, in seguito mutata. Riguarda il dono fatto dal Vernazza alla Regia Biblioteca d’un esemplare in pergamena dell'Officium beatae Virginis stam­ pato a Venezia dal Jenson nel 1475. [Due edizioni AeA’Officium B. M. V. (B rtjn et , Manuel du Libraire, IV, Parigi, 1863, col. 167, e R e ic h l in g , Appen­ dices ad Hainii-Gopingeri Repertorium bibliographicum, l i, Monaco, 1906, n° 646, pagg. 74-75) uscirono in quell’anno pei tipi del Jenson, ambedue in piccolo formato, simili all’edizione uscita dalla stessa tipografìa l’anno pre­ cedente (H a i n , n. 11985); considerata la più antica di quel formato (cfr. H a n n s B o h a x t a , Bibliographie der livree d’heures, Vienna, 1909, pagg. 54-55, n.i 29, 31 e 32; T ( a m m a r o ) D ( e ) M ( a r i n i s ), articolo Jenson, Nicolas in Enciclopedia Italiana, X V III, pag. 799).] 3) In una nota dell’esemplare di Giacomo Manzoni, trascritta dall’Armando, si legge : « Amedeo Peyron, uomo assai dotto, non però negli studi « bibliografici, era prepotente, e, come sono i più dei Piemontesi, ostinato. « Voleva le cose a modo suo, e volle anche questa. Sostituì cioè al titolo di « Osservazioni ecc. posto a questo libro dal Vernazza l’ altro di Dizionario. « Non trattasi qui di risolvere quale dei due titoli sia il più proprio. È in« dubitato che il Vernazza prescelse quello di Osservazioni ecc.».

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Yenturino de Prioribus,

articoli Anonimo in Alba (pagg. 6-7*) e P r i o r e . D e P r io r ib u s . Ven­ tanno (pagg. 297-299), non recedendo affatto dalle antiche opinioni. Egli pensava che la urbs Aquilina, nella quale Yenturino nel 1457 usava la ferula, non fosse Savona da cui questi scrisse la nota elegia e dove si stampò il Boezio, ma la non lontana città di Acqui. Eel 1474 fu correttore del Boezio stampato a Savona, ma da questo non si può dedurre che fosse maestro in quella città e non in Acqui. « ilei 1482 e negli anni seguenti egli era in Alba, dove prolungò « la vecchiaia e dove era nominato Albensis academiae rector·, parole « che suppongono o adunanza di più maestri, o graduata diversità « di scuole. Queste sono le uniche notizie cronologiche, le quali fì« nora io so di Venturin D e P r i o r i . Nessuna di esse impedisce di « opinare ch’egli nel 1493 in Alba correggesse le stampe di un dot« trinale del Villadei ». Giacomo Manzoni avrebbe avuto ragione di dire del Yernazza, più che di Amedeo Peyron, che era ostinato, come sono i 'più dei Piemontesi, i quali, almeno in altri campi, si gloriano meritamente d’essere i bougianen. Il Vernazza, nei suoi ultimi giorni, fu però costretto a cedere in un punto secondario, cioè a riconoscere ché la urbs Aquilina è proprio Savona e non Acqui. Giambattista Beiloro savonese, servendosi delle osservazioni e dei materiali rac­ colti dal padre Gian Tommaso *2), noto studioso, ** gli aveva spie-

!) Fra le carte del Gazzera possedute dall’Accademia trovai tre lettere del Vernazza a Giambattista Belloro, del 19 e del 29 settembre 1821 e del 16 marzo 1822. Dalla minuta di quest’ultima lettera, cbe doveva essere fra le carte Vernazza, il Gazzera apprese che il Belloro aveva dato importanti notizie su Venturino, e gli scrisse quindi pregandolo di comunicargliele. Di questa prima lettera del Gazzera c’è la minuta fra le sue carte. Rispose il Belloro il 3 febbraio 1823, e s’iniziò così fra lui e il Gazzera una corrispon­ denza, per qualche tempo assai copiosa, sulla quale ritornerò in seguito. 2) Di Giovanni Tommaso [Belloro], nato nel 1741 e morto il 24 agosto* 1821, scrive F il ip p o N o b e r a s c o , I Savonesi illustri, [in « Cronache Savonesi », Savona, 1938-1939; estratto,] 1939, pag. 8: «Poeta, letterato, fu il creatore della moderna scuola storica savonese. Amico di Parini, Cesarotti, Bettinelli, « Bondi, fu lodato dallo Spotorno e dal Tiraboschi ». Il T ir a b o s c h i , [ed. cit.], VI, pag. 344, nota, dice il Belloro versatissimo nelle antichità e nella storia della sua patria. Lo S p o t o r n o , ** [op. cit.], V, 1858, pagg. 16 e 78, lo dice uomo di molte lettere e di non volgar diligenza, lo loda come storico, e ac­ cenna ai pochissimi lirici componimenti, che si hanno di lui, dal quale, an­ che come poeta, molto potevasi sperare. Nel volumetto intitolato Sahatia. Scritti inediti o rari con introduzione del D{otto)re * G ia c o m o C o r t e s e , Sa­ vona, 1885, pagg. 11-39, è pubblicata una dissertazione di Tommaso Belloro, I Vadi Sabazi, e sono ristampati tre brevi scritti del figlio Giovanni Battista

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umanista ligure del secolo XV.

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gato che il titolo di Aquilina urbs era dato a Savona per l ’aquila che è nello stemma della città; ma il Yernazzagli aveva risposto i l 29 set­ tembre 1821 che tale argomento non gli sembrava decisivo, perchè Vaquila è anche nello stemma della città di Acqui. La stèssa osser­ vazione egli aveva introdotto nel Dizionario, pag. 298 x), eviden­ temente in seguito alla lettera del Belloro. Questi però gli dimo­ strò, coi documenti raccolti dal padre, che Venturino era vera­ mente insegnante a Savona fin dal 1453, e il Yernazza gli scrisse il 16 marzo 1822 di dover mutar pensieri intorno alla persona di Venturino de’ Priori: « A tal fine farò senza dubbio ristampare due « pagine del mio libro che è sotto al torchio ed è intitolato Osserva­ li zioni letterarie, particolarmente di storia tipografica, dove non man« cherò di far uso delle nozioni adunate dall’ottimo suo padre, che « ricevo dalla generosa di lei cortesia ». Morì poco meno di due mesi dopo, senza aver fatto ristampare le due pagine, ma sussistono i primi rudimentali abbozzi autografi della ritrattazione, incollati dal Gazzera nel suo esemplare, ora posseduto dall’Accademia, del­ l’opuscolo sulla tipografìa in Alba *1 2). Scrisse però giustamente il Gazzera 3), che « la correzione non si estendeva oltre alla * inter« pretazione della Città Aquilina, conservando intiero * il parer suo « intorno al luogo della stampa del Yilladei ».

(1795-1860), Sull’intelligenza di alcuni 'passi di T. Livio relativi alla situa­ zione dell’antica Savona [pagg. 41-53]; Esame di alcune opposizioni promosse intorno all’ubicazione dell’antica Savona [pagg. 55-67] ; Della patria di Per­ tinace imperatore [pagg. 69-80]. 1) « Che se si argomentasse che Aquilina urbs additava Savona, per­ chè nello stemma di questa città è smaltata l’aquila, mi parrebbe argomento non decisivo, perchè anche la città di Acqui porta l’ aquila nell’arme sua ». 2) Trascrivo integralmente questi abbozzi: « Nel mio libro della tipo« graiia in Alba nel secolo X V ho tentato di assicurare ad Alba la rarissima « edizione di un dottrinale del Yilladei. Il correttor della stampa fu Ventu« rino Priore. Adunque per occasione narrai quel tanto che allora io sapea « di lui, che era piccola cosa. Ho errato nel dire ch’egli nel 1457 ammaestrava « i fanciulli non in Savona, ma sì bene in Acqui. Mi convinsero dell’error mio « le osservazioni fatte da Gioanni Tommaso Belloro, che dopo sua morte oe« corsa il dì . , .............. .1821, mi ha cortesemente trasmesse il signor «Gioanni Battista flgliol ;suò: e . . ; j i ì . .......... Con molto piacere « faccio ritrattazione di quel che nella pagina 28 del mio libro scrissi diver« samente dall’opinione del Tiraboschi e . . .................... Ora e « molto volentieri, e per debito officio, io faccio ritrattazione di quello che « alla pagina 28 del mio libro io scrissi . . . . . . . Le parole urbe aquilina fu« rono da me interpretate città d’Acqui ». 3) Lettere bibliografiche, Torino, (1826), pag. 45.

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Venturino de Prioribus,

Anche questo parziale ravvedimento del Yernazza fu general­ mente ignorato, e quindi i sostenitori delle giuste ragioni di Sa­ vona, in prima linea lo Spotorno e il Torteroli1), e da ultimo anche il Gabotto, op. cit., pag. 121, continuarono a battagliare sull’wòs Aquilina. Più deplorevoli sono però le molte inesattezze che ebbero origine dalla scarsa conoscenza degli ultimi scritti del Yernazza, delle polemiche a cui diedero luogo, e specialmente delle Lettere bibliografiche del Gazzera, stampate a soli centocin­ quanta esemplari. Il Panzer, negli Annales typographici, Norim­ berga, 1793-1803 (I, 1, 1 e 430, 249; I Y , 217, 1), e in seguito l’Hain **, n.i 665 e 669, registrarono l ’edizione del Doetrinale citata dal Meerman e un’altra, parimenti senza indicazione di luogo e di tipografo, ma con la data del 1493, edizione necessa­ riamente affatto diversa2), nonostante l ’osservazione dell’Hain, il quale disse che si tratta forse d’una sola edizione. Le due edi­ zioni, in omaggio alle prime ipotesi del Yernazza e al sospetto dell’Hain, furono attribuite ad Alba o ad Acqui. Il Copinger, op. cit., I I , pag. 238, non nomina più Alba ed attribuisce senz’altro il n. 669 dell’Hain ad Acqui. In conseguenza il Burger, op. cit., pag. 320, ha nel suo Indice solo Acqui, alla qual città attribuisce le due edizioni. Il Deschamps, Dictionnaire de géographie ancienne et moderne à Vusage du libraire et de Vamateur de livree, Parigi, 1870, alla voce Alba Pompeia [col. 33] non dà notizia di tipografie, e alla voce Aguae Statiellae [coll. 85-86] cita le due edizioni del Doetri­ nale, dicendole à peu près identigues, e, senza nominare fi Vernazza, scrive: « La Serna Santander donne ce livre (cioè il Doctri« naie segnalato dal Meerman) comme imprimé à Alba, et nous,

*) Spotorn o , op. cit., II, pagg. 360-361 e 382-383; T o rtero li , op. cit., pagg. 291-292. Lo Spotorno aveva già scritto al Yernazza da Genova, il 9 otto­ bre 1820, una lunga lettera, che, se ben ricordo, è l’unica di lui nel carteg­ gio vernazziano posseduto dall’Accademia. In essa gli espose gli argomenti favorevoli ai Savonesi, ed espresse la sua opinione sul Doetrinale, che collo­ cherebbe a Savona nel 1471 o 1472. Così scrive lo stesso Yernazza nella let­ tera al Belloro del 19 settembre 1821. Lo Spotorno, op. cit., pagg. 357-358, dice che la morte del Yernazza « non gli concedette forse il tempo di adu­ nare le conietture e le notizie necessarie a ribattere i suoi* raziocini ». a) Dico necessariamente diversa, perchè l’edizione stampata con carat­ teri scolpiti [cfr. pagg. 5-6, nota 2] e creduta dal M eerm an anteriore al Servio del 1471-1472 non può identificarsi con un’edizione del 1493. Ag­ giungo che, secondo I’ H a in , l’edizione segnalata dal Meerman sarebbe di 30 carte come l’ edizione del 1493; ma il Meerman dice che 1’ edizione da lui descritta ha 30 linee per pagina, e non che consta di 30 carte.

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« comme Gottfried Reichhart, nous disons seulement: il a dû être « imprimé à Acqui ou à Alba, mais plus probablement dans la pre« mière de ces Villes ». Alla voce Sabate [coll. 1121-1122], che per lui è Savona*), il Deschamps dimentica d’aver attribuito il Doctri­ nale ad Alba o più probabilmente ad Acqui, e citando Mauro Boni [’attribuisce a Savona. Anche il Manacorda, La scuola in Italia, II , (1913), pag. 283, dice che il Doctrinale emendato da Venturino fu stampato in Acqui nel 1493 [*)]. Esaminando gli argomenti addotti dal Vernazza a sostegno e in difesa della sua tesi, e volendo esser sinceri, non possiamo non dichiararci sorpresi. Fu imperdonabile leggerezza attribuire ostinatamente il Doctrinale corretto da Venturino al 1493, senza averlo veduto, sapendo che è stampato con lettere scolpite [3)], e che uno studioso competente quale il Meerman lo reputava non po­ steriore al 1471; e fu leggerezza attribuirlo al 1493 per il solo fatto che in quell’anno infierì a Genova la peste, come se i contagi fossero nel secolo X V molto rari e tutti registrati dagli storici, mentre, proprio per quell’anno, lo stesso Vernazza nulla sapeva riguardo ad Asti e agli altri paesi ai quali si accenna nella chiusa del Doctri­ nale. Fu leggerezza attribuire ad Acqui il predicato di urbs Aqui­ lina contro l’etimologia e pur riconoscendo che « nomen patrium nel« l’uso comune ed antichissimo è Aquensis »; e non ha alcun valore ciò che si legge nel Dizionario dei tipografi, che la voce Aquensis, « senza offendere la prosodia, non poteva stare fra pueros e pauper, « salvo che per un arcaismo Lucreziano si facesse quadrisillaba », poiché non sarebbe stato necessario cacciarla proprio dove non poteva stare. Fu ostinazione sostenere, contro il Tiraboschi, la propria opinione dopo aver saputo che la poesia, nella quale Ven­ turino dice d’esser insegnante Aquilina in urbe, è datata da Sa-

*) Sul libro del D e s c h a m p s , e fra altro sui gravi errori che contiene nel campo geografico a riguardo dell’Italia, si veda l’importante rassegna biblio­ grafica di S a l v a t o r e B o n g i neW «.Archivio storico italiano », Serie III, tomo X I, parte II, Firenze, 1870, pagg. 233-259. [2) F. C o s e n t in i , Gli incunabuli ed i tipografi piemontesi del secolo X V . Indici bibliografici, Torino, 1914, pagg. 21-22, cita ugualmente le due edizioni del Doctrinale sotto il titolo : Acqui 9 Tipografi ignoti, attribuendole ambedue al 1493, e avvertendo per la prima (H a i n , n. 665): « Questo esemplare si ri­ tiene stampato anche ad Alba o a Savona », e per la seconda (H a i n -C o p in g e b , n. 669): « I l Vernazza crede questo libro pubblicato in Alba, il Boni a Sa­ vona ».] [») Vedi sopra, pagg. 5-6, nota 2.]

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Venturino de Prioribus,

Tona, e che a Savona è stampato il Boezio da lui corretto. D ’altra parte il Yernazza sapeva certamente, e non disse che gli scritti di Venturino contenuti nel codice Albese non vanno oltre il 1485, mentre quel codice contiene scritti del Calderari fino al 1489. Dalle ultime notizie che abbiamo su Yenturino, a cui gli Albesi, come vedremo, non volevano concedere un congedo di pochi giorni per recarsi in Provenza, col pretesto che era giunto all’età in cui colligendae sunt sarcinulae et de futura vita eogitandum, sarebbero corsi circa otto anni per arrivare al 1493, preteso anno della revi­ sione del Doctrinale. Il Yernazza doveva anche sapere che le espres­ sioni urbs (o civitas) Aquilina sono usate da Yenturino anche in altre poesie1), e fra esse non avrebbe dovuto sfuggirgli l’ode saf­ fica sull’elezione di Sisto I Y (n. 227), nella cui ultima strofa è detto che di tale elezione si rallegra il mondo intero, ma specialmente la civitas Aquilina: « Unde nunc gentes merito beatas Se putant omnes, Aquilina vero Civitas, cunctis magis es beata Munere tanto ». Chiunque legga questa strofa, non può infatti non capire che VAquilina civitas dev’esser la patria del nuovo Pontefice. Queste constatazioni mi danno animo ad esprimere francamente ciò ch’io penso del Yernazza. Egli fu ricercatore altamente benemerito di notizie storiche, di monete, di medaglie, di sigilli, d’iscrizioni, d’in­ cunaboli, di codici, e faceva professione di essere infallibile nel co­ piarli 2) (benché d’infallibilità non si possa effettivamente parlare nè per lui nè per gli altri paleografi, quali essi siano), ma, quanto ad acume e a spirito critico, lascia molto a desiderare. Per la po­ vertà, dissimulata a stento, e per le tristi vicende della sua vita, venne anche spesso a mancargli la tranquillità necessaria a chi intraprende lavori organici, che - richiedono calma, ricerche non interrotte, riflessioni non turbate dal pensiero assillante delle cattive

1) N. 6, [v. l], « Aquilina venit ab urbe »; n. 178, « Aquilina misit ab urbe»; n. 227, « Aquilina.... civitas». 2) In una lettera diretta il 25 aprile 1808 all’ex-ministro piemontese Clemente Damiano di Prioeca, e ora nella mia collezione d’autografi, Gianfrancesco Galeani* Napione, uno dei nostri letterati più illustri, si ride appunto del Yernazza, che fa professione di essere infallibile nel copiare, arte che egli crede difficile e di grandissima importanza. Gli applica quindi il virgiliano « Quisque suos patimur Manes » (Eneide, VI, 743).

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condizioni patrimoniali e familiari. Tutto questo è noto solo in parte; e poiché non è il caso di trattarne qui più a lungo, darò qualche notizia in proposito in un’ Appendice dedicata al Vernazza **, che servirà anche a chiarire la sorte delle collezioni e delle carte vernazziane malamente disperse[a)]. 4. Tornando a Venturino, prima di esporre notizie, ipotesi e osservazioni sulla patria, sulla vita e sugli scritti di lui, è ne­ cessario trattenerci alquanto sul codice già albese, che è la fonte principale di cui dovrò valermi, e su altre poche fonti secondarie. I l codice Albese scoperto dal Vernazza aveva la legatura ori­ ginale in assicelle, ed egli vi appose un titolo, di cui si dichiara autore in alcune note manoscritte possedute dall’Accademia, e che scomparve con la vecchia legatura: « Venturini de Prioribus, albensis academiae rectoris eximii opera. Item Antonii Calderarii civis albensis carmina et epistolae familiares aliquot. Scripta sunt ante annum 1500 ». La prima parte del titolo, concernente Ventu­ rino, è ancora riferita dal Vernazza nelle Congetture appartenenti alla storia tipografica·, la seconda, sul Calderari, è data dal Vallauri, dove parla di questo scrittore e del codice del secolo X V , di 210 carte in-4°, colle coperte in legno, che si conserva nella biblio­ teca del cav. Gazzera, e che contiene gli scritti di questo discepolo di Venturino *2). La legatura in assicelle doveva però, quando il codice venne nel 1823 in mano del Gazzera, essere* scomparsa da tempo, e ad essa si era sostituita, non prima del 1782, una legatura in piena pelle con dorature e l’iscrizione nel dorso « Venturini de Prioribus ». A l manoscritto fu premesso, in occasione della legatura, l’estratto delle Congetture del Vernazza, le cui carte furono inquadrate in grandi margini per pareggiarle al formato del codice. Il Vernazza, come risulta da una sua lettera al Tiraboschi, ebbe il codice in prestito a Torino nel 1777. Si può quindi credere che l ’abbia tenuto fino al 1782 e che lo abbia fatto legare di nuovo, aggiungendovi le sue Congetture. Si sospettò, come già dissi, che non l’abbia re­ stituito; e quasi certamente doveva averlo fra i suoi libri nel 1823,

[*) Vedila alla fine del presente volume.] 2) Storia della poesia in Piemonte, voi. I, pag. 93, già citata. Evidente­ mente il Vallauri non vide il codice, che non aveva più le coperte in legno, non era di 210 carte, e, insieme alle poche cose del Calderari, conteneva tutti gli scritti di Venturino.

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Yenturino de Prioribus,

quando morì. C’è però un forte indizio per ritenere che nell’anno I X repubblicano (1800-1801) fosse nella biblioteca dei Domenicani d’Alba, che sia stato sottratto all’incameramento, e che solo pa­ recchio tempo dopo sia venuto in possesso del Yernazza. Dovette infatti esser stato, per molto tempo, quasi dimenticato, in un luogo dove l’umidità corrose, oltre alla nuova legatura, anche i margini delle Congetture stampate e di buon numero delle carte manoscritte, 11 che difficilmente sarebbe avvenuto nella biblioteca del Yernazza o in quella del Gazzera. Sull’incameramento delle biblioteche conventuali del Dipar­ timento del Tanaro, al quale apparteneva Alba, posso, fra paren­ tesi, dare qualche notizia. Nell’anno I X repubblicano e nei succes­ sivi fu ordinato all’abate Filippo Soteri, bibliotecario del diparti­ mento, di procedere all’inventario di quelle biblioteche e di prov­ vedere alla conservazione dei libri. Fra le carte del Soteri, esse pure miseramente disperse, trovai, molti anni or sono, gl’inventari di ventisette di tali biblioteche, tutte d’ima povertà desolante. Non c’è disgraziatamente l’inventario della biblioteca dei Domenicani, ma solo quella del convento di San Bernardino dei Minori Biformati d’Alba, per la quale il Soteri fu costretto a dichiarare che le scansie erano in gran parte mancanti di libri. In tutte o in quasi tutte le biblioteche dovevano infatti esser stati sottratti i libri di maggior pregio, come del resto avvenne più recentemente in parecchie biblioteche ecclesiastiche incamerate dal Governo italiano. Fra le carte Soteri è pure copia d’una lettera dell’amministratore per interim della 27a Divisione militare, in data 22 nevoso anno X I (12 gennaio 1803), al Prefetto del Dipartimento del Tanaro, col­ l’ordine di far fare una scelta fra i libri delle corporazioni reli­ giose soppresse e di assegnare i libri scelti alle biblioteche pubbliche dei capoluoghi del dipartimento. C’è pure copia d’una lettera del 12 messidoro anno X I I I (1 luglio 1805) con la quale Michelangelo Morano, libraio in Torino, chiede d’esser autorizzato a vendere a peso i libri dei conventi soppressi, incompleti o in cattivo stato o hors de débit, per poter cosi « fournir selon mon contraete (!) les livres pour la bibliothèque et pour les classes du lycée ». Evidente­ mente i libri non assegnati alle biblioteche pubbliche erano stati affidati al libraio torinese perchè li mettesse in vendita, ed egli trovava più spiccia e forse più profìcua la vendita a peso di carta. Tornando al codice di Yenturino, troviamo che il Yernazza ne fa menzione nell’opuscolo del 1815 sulla tipografìa in Alba (pag. 26), in modo di farlo credere perduto. Scrive infatti che i Domenicani d’Alba avevano di Yenturino « un codice a penna il

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« quale fu descritto dal Tirabosehi, e fu anche accennato da me ». Evidentemente, o non doveva essere in possesso del codice, o, se lo possedeva, non voleva farlo sapere, t» ; Nella minuta, non datata, della prima lettera del Gazzera a Giambattista Belloro, che rispose il 3 febbraio 1823, si legge: « Il co« dice originale di Venturino de Prioribus, di cui parlò il barone Ver« nazza e che dopo la soppressione de’ Religiosi si credea smarrito « venne fortunatamente, son pochi giorni, a ricoverarsi presso di « noi ». Le ultime tre parole sono aggiunte al di sopra della linea, nella quale sono cancellate quattro o cinque parole con tanta cura che, a differenza di altre cancellature, nulla se ne può leggere. Quasi si direbbe che il Gazzera abbia voluto renderle illeggibili. In quei giorni egli aveva appunto comperato gran parte dei libri lasciati dal Vernazza. Se non erro, scrivendo che il codice, che si credea * smarrito, venne... * presso di noi, egli deliberatamente evitò di far sapere che ne era divenuto possessore e che lo aveva trovato fra i libri del Vernazza. Il codice era a Torino, e ciò bastava a spie­ gare al Belloro il desiderio d’aver notizie su Venturino. In una nota autografa e firmata, a pag. 26 del già citato suo esemplare della Tipografia in Alba, [il Gazzera] affermò invece che il codice era presso di lui, ma non disse come ne avesse fatto acquisto. Sull’origine e sulla composizione del codice scrisse il Vernazza fin dal 1782, a pagg. 5-6 delle sue Congetture, esser sua opinione che i discepoli albesi di Venturino «venerando ciò ch’egli aveva e « in Alba ed altrove dettato in iscuola e composto per uso proprio, « trascrivessero cupidamente in questi fogli quante carte del mae« stro venian loro alle mani. Per la qual cosa, oltre alle composi« zioni che son veramente di Venturino, ivi leggonsi quelle ancora « di altri umanisti, ch’egli avea forse copiato per suo privato pia« cere. E quantunque non possano indovinarsi gli autori di tutte, « perchè il nome di essi non vi si vede, certo è nondimeno che paree« chie sono apertamente di alcun dei Eilelfi. Tengono l’ultimo luogo « diverse prose e poesie de’ medesimi discepoli, come a dir di « Antonio Calderari, di Pietro Scoto, amendue Albesani, e forse di « altri. Tutte queste operette sono in numero poco men di trecento : « e se fossero state descritte con qualche ordine, servirebbero a « dare un’idea più distinta della nostra letteratura del secolo X V ». Quanto al numero delle operette, va subito notato che il Ver­ nazza le aveva fin d’allora numerate da 1 a 290 con inchiostro rosso (ora talvolta sbiadito o addirittura scomparso a causa del­ l ’umidità), e che di tale numerazione, della quale mi varrò anch’io, si servi già nelle note alle Congetture. Darò in seguito, in apposita

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Venturino de Prioribus,

sezione, il regesto del codice e i testi più importanti [*)], e si ve­ drà che il Yernazza divise qualche volta e segnò con due numeri un testo unico, e che, molto più spesso, uni sotto uno stesso numero parecchi brevi componimenti, che dovrebbero esser distinti. Egli, del resto, non fece uno studio approfondito del codice, e a darne un giudizio errato lo indusse anche il suo primo errore, l’aver cioè creduto che Yenturino abbia corretto il Doctrinale in Alba nel 1493. Il codice, nel quale componimenti di Venturino datati o che si possono approssimativamente datare non vanno oltre il luglio del 1485, sarebbe quindi stato scritto lui vivente. Ora è per me cosa certissima che Antonio Calderari, primo pro­ prietario e in parte scrittore del codice, cominciò nel 1485 a tra­ scrivere e a far trascrivere alcuni componimenti del maestro, ma che solo dopo che questi fu morto, e non più tardi del 1487, data che si legge in alto d’una pagina della prima parte del codice, venne in possesso delle sue carte, cioè di suoi scritti autografi e di scritti diretti a lui, che in parte trascrisse e fece in parte tra­ scrivere dal più ignorante e dal più negligente degli amanuensi, Pietro Scoto, del quale s’era già servito vivente Venturino, e che, in fine dei numeri 258 e 264, aveva posto la sottoscrizione: « Ego Petrus Scotus scripsi manu propria, 1485, die X X V martii ». A torto lo Scoto è posto dal Yernazza, e quindi dal Vallauri e da altri, fra gli scrittori, Nulla c’è di suo nel codice, non sappiamo che sia stato, come lo dicono, scolaro di Yenturino, e se lo fu, non fa certo onore al maestro. Poco onore gli fa, del resto, anche il Calderari, che non seppe dare un ordine qualsiasi alle carte di cui venne in possesso, e che commise errori d’ortografia tali e tanti da far riprovare agli esami una dozzina di scolari delle prime classi gin­ nasiali. Le poesie, che portano il suo nome e che sono anteriori alla morte di Yenturino, devono essere state composte*, almeno in parte, da questi* ; e, se così non fosse, sarebbero, come si vedrà *2), esempi di plagi dei più sfacciati. 5. Su Antonio Calderari3) il codice fornisce notizie abba­ stanza copiose, che non vanno però oltre gli anni della giovinezza

[*) Vedi a pagg. 177 e segg. Vindice dei componimenti contenuti nel co. dice venturiniano, e Testi scelti.] 2) Vedi pagg. [29; 30, nota 1; 86-87; 106; e vari luoghi dell’Indice]. 3) G. B. A d r i a n i , che ricorda Antonio Calderari nell’ opuscolo Dei nobili Calderari fondatori di due priorati semplici eretti nella chiesa catte-

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e degli studi di giurisprudenza nell’Università di Pavia, protratti fino al 1489. Un epigramma di Venturino, del 21 marzo 1485 (n. 264), è diretto a lui, detto peculiarem discipulum·, ed egli era infatti ammiratore del maestro, del quale dice che poetarum dux esse potest (n. 287). Il suo proposito di raccogliere gli scritti di lui, ancora vivente, è documentato dalla lettera che diresse ad un condisce­ polo, pregandolo di fargli avere quanto eventualmente possedesse, in poesia o in prosa, del loro celeberrimo precettore1). Nel medesimo tempo gli annunziava d’aver deciso d’andare all’Università di To­ rino. La lettera (n. 284) non è datata, ma è la prima d’un quaderno che in alto della pagina ha la data dell’8 marzo 1485, ed è se­ guita immediatamente da una poesia e da una lettera del 6 marzo 1485 dirette a Bonino Bicho astigiano, suo collega. Bonino era par­ tito improvvisamente da Alba, e il Calderari, specialmente nella lettera, si dice disperato : « nam in dies magis succrescit de discessu tuo aegritudo, ut nullus morandi locus dolori meo aptus sit. Quocirca decrevi me ad solitarium locum conferre, ubi continuis fletibus perpe­ tuo aevum meum peragam, nisi dolorem meum scriptis quidem tuis aut praesentia non releves ». ** Il numero 286, del 12 aprile 1485, è un’elegia al signor padre, datata ex achademia nostra Albensi, e quindi scritta sotto gli auspici di Venturino, attestati dai versi in cui sono descritti gli studi fatti dal Calderari, e più ancora da un distico tolto di peso da un epi­ gramma scritto da Venturino quindici giorni prima 2). La trama del componimento, come si vedrà dal testo che darò quale saggio delle poesie del Calderari nel periodo venturiniano, è curiosa. Il giovane narra al padre che quando aveva cinque anni (e doveva esser davvero d’ingegno precoce), per ordine di Giove, gli si pre­ sentarono Giunone, Venere e Minerva, fra le quali egli doveva giudicare, consegnando poi alla preferita il famoso pomo d'oro per­ fetto. Egli si pronunciò in favore di Minerva, la quale gli aveva

drale di Alba verso la metà del secolo 2 7 , Torino, 1857, pagg. 4 e segg., di­ pende interamente dal V e r n a z z a e dal V a l l a u r i . Non vide il codice, ma lo sapeva posseduto dal Gazzera e proveniente dai Domenicani d’Alba. J) « Dominus praeceptor » si dice Venturino nell’intitolazione degli Ordi­ nes et statuta [di cui più. avanti]. 2) Versi 53-54: « Nam tremit excelsum magnorum culmen honorum, — Nec reges sicca morte perire solent ». Nell’epigramma scritto da Venturino il 28 marzo 1485 per l’assassinio di Scipione, figlio naturale di Giovanni IV* marchese di Monferrato (n. 259), è detto: « Et tremit elatum magnorum cul­ men honorum, —■ Nec reges sicca morte perire solent ».

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Venturino de Prioribus,

promesso di farlo superare dogmate tutti gli uomini, e gli aveva mostrato la vanità dei beni offerti dalle sue compagne, cioè delle ricchezze, del regno, e della voluttà. Minerva vincitrice prese a proteggerlo. Ora però gli era comparsa, e gli aveva detto che le poesie non hanno utilità di sorta : che trionfano la legge e la medicina, ma che la legge eximia nobilitate nitet. Gli aveva quindi consigliato d’andar subito all’ Università di Pavia, e attendere allo studio del diritto [vv. 91-94]: « Leges iam nunc sedare beatas, — Ut fias legum splendor in urbe tua : — Nomen ad astra feres, hominum volitabit ad aures, — Omnis enim turba consulet inde tibi ». La mo­ rale della favola è nella preghiera al padre di mandarlo subito a Pavia [vv. 95-98], « Ne pereant tanta praemia magna mei ». Pare invece che il signor padre, non curandosi del consiglio di Minerva e delle preghiere del figlio, abbia preferito mandarlo a Torino; ma il volere della Dea finì fatalmente col prevalere. Le vicende della vita universitaria del Calderari sono narrate da lui nell’esordio, trascritto coi soliti errori da Pietro Scoto, di una disputa soste­ nuta nell’Università di Pavia un anno dopo aver lasciato la tori­ nese (n. 273): « Cum superiori aestate Thaurini praeclara gimnasia pestilentiae metu perculsa conticuissent, saluti meae fuga consulens, ad natalem patriam et parentes carissimos me contuli, ubi, quom iam studio operam dare(m), ipsa mea patria suavissima pestilenti conta­ gione correpta me ad hanc inclitam civitatem vestram pervertere (!) persuasit, ubi me ad hunc usque diem cum amicis meis carissimis non parva dulcedine conticui (!) et coepi legibus incumbere et ad disputanda dubia animum adiungere.... ». La fuga da Torino e i primi studi giuridici in Alba sono documentati anche da una let­ tera scritta dal Calderari magistro Georgio Squartio, artium diser­ tissimo scolari ac* consobrino suo, non datata, ma anteriore allo scoppio della peste in Alba. I l Calderari, fuggito da Torino, aveva scritto al cugino dimorante a Pavia, chiedendogli quanto gli sarebbe costato il soggiorno in quella città, e lo Squarzio gli aveva risposto. Le due lettere non ci pervennero; abbiamo in­ vece, in copia autografa (n. 288), la replica del Calderari x),

*) Nel numero 288, prima della prosa, ci sono sedici distici, ed anche in essi non mancano ripetizioni letterali di versi di Venturino, del quale si mandail saluto. Il distico su Virgilio del numero 191, riprodotto sostituendo Ovidio a Virgilio nel numero 287, è dato qui cambiando scioccamente imo ab orco in ima ab urna. La poesia è diretta alle Muse, incaricate di far da corriere secondo l’uso loro imposto da Venturino [vv. 21-22]: « Linqnet

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il quale dice che la spesa preventivata di venti ducati sembra (a lui o al padre?) troppo forte, e che differirà la partenza fino all’anno venturo, nella speranza che si riapra l’Università to­ rinese. Assisteva frattanto alla lettura delle Istituzioni di Giu­ stiniano fatta nella cattedrale da Bernardo de Braida, già loro compagno, e gli pareva quindi di non perder tempo. I l padre, per consiglio di alcuni giureconsulti, procurava inoltre di farlo iniziare alla pratica forense*1). I l contagio estesosi ad Alba indusse il padre a non attendere la riapertura dell’Università di Torino, e a man­ dare invece il figlio a Pavia, dov’era ancora nel 1489, quando scrisse due lettere, che sono gli ultimi componimenti da cui abbiamo no­ tizia di lui, e i soli del codice con date posteriori al 1485 (n.i 274 e 283). D i altri scritti del Calderari dirò in seguito. Su lui, come su Venturino, furono date notizie false dall’Allaria, in articoli pub­ blicati nella Gazzetta d’Alba, anni I -I I , che conosco soltanto per i brani riferiti o citati dal Gabotto e dal Vinay 2), e dei quali dirò fra poco. I l Calderari avrebbe studiato legge a Pavia neW88-90,

quicquid aget quom vos venisse videbit — Et dextram 'placide colloquiumque dabit ». Cfr. n. 178: « Protinus ut norit te istuc venisse, relinquet — Bes (ms. Bex) omnes subito, colloquiumque dabit ». 1) « Ad X V I Kl. Iullias tuae mihi redditae fuere litterae, quibus miri­ fice delectatus fui......Quod autem scribis, me hoc in anno viginti ducatos pro sumpti stipendio (ms. stipendo) vix evasurum, pro his aedepol legum incuna­ bulis nimium esse videtur. Quare profectionem nostram ad annum venturum protrahimus, dum taurinensis achademia, quae contagione conticuit, resonet. Et nimirum hio Albae dominus Bernardus de Brayda, alias collega noster, in cathedrali ecclèsia in dies nobis sacras Imperatoris lectitat Institutiones : tempus itaque meum frustra minime conterere videor. Eximius vero genitor no­ ster, nonnullorum iuris consultorum fretus consilio, decrevit me forensem causam, praticam aliquam captandi gratia, sollicitare ». Di questa lettera ebbe notizia dal Vernazza il T ir a b o s c h i , ebe ne riporta un brano nella Storia della letter. ital., ed. cit., VI, P. I li, pag. 117, scrivendo per haec.... incunabula, in luogo di pro his.... incunabulis, e pro sumptu ponendo, in luogo di pro sum­ pti stipendio. Sumpti è il genitivo arcaico, o, forse meglio, un errore del Calderari, in luogo di sumptus. Ho corretto stipendo in stipendio, intendendo l’assegno del padre per le spese del giovane studente. Dal T ir a b o s c h i attinse il V a i x a u r i , Storia delle Università degli Studi, I , pag. 117, contradi­ cendolo a torto e affermando che non si può neppure « congetturare, che per « cagione * delle guerre o della peste fosse allora * chiuso lo studio tori« nese ». Come prova egli adduce una serie di aggregati al collegio teologico dal 1481 al 1489; ma in essa dal 16 dicembre 1485 si salta proprio al 20 otto­ bre 1489. 2) G abotto , Un nuovo contributo, pag. 125; V i n a y , L'umanesimo su­ balpino, pag. 174, nota 1.

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Venturino de Prioribus,

poi arti a Torino, dove nel 1490 avrebbe pubblicato i Carmina et epistolae. In questo prezioso volume, non registrato dai bibliografi, ci sarebbero anche dei versi del Calderari in morte di Venturino. [6.] Il codice venturiniano, preparato e posseduto dal Calde­ rari, constava in origine di 212 carte. La prima carta non era nu­ merata, le altre lo erano in tre serie; da 1 a 100, con ripetizione del n. 87, poi di nuovo da 1 a 100, e finalmente da 1 a 10. Furono soppresse nella seconda serie, non so se dal primo o dal secondo legatore, le carte numerate da 53 a 85, probabilmente rimaste bianche; e bianche sono tuttora le carte 24v-29, 86r, 88-96r della seconda serie, e 5-10 della terza. La numerazione delle carte è contemporanea alla formazione del codice. Questo, dopo la sop­ pressione indicata, consta di 179 carte, che in seguito alla reci­ sione, operata dal secondo legatore, di parte dei margini, con po­ chi e lievi danni al testo, misurano 200 millimetri d’altezza per 145 di larghezza. Alle tre serie della numerazione non corrispondono le tre parti, di cui il codice è composto. La prima parte finisce con la carta 56, e contiene i componimenti numerati dal Vernazza da 1 a 162. Essa consta di cinque quaderni segnati in origine da a ad e. No­ nostante il taglio del legatore e il danno dell’umidità, sono ancora visibili traccie delle segnature a, c, e.' Il primo quaderno era di dieci carte, alle quali ne furono aggiunte in fine altre due; il se­ condo è di dieci; il terzo e il quinto sono di dodici, e di dodici era anche il quarto, ma l’ultima carta fu recisa. La seconda parte del codice contiene i componimenti nume­ rati da 163 a 254, e occupa le carte 57-100 della prima serie e 1-26 della seconda. Consta di sei quaderni di dodici carte cia­ scuno, fatta eccezione per il secondo, la cui ultima carta fu re­ cisa1). I quaderni erano segnati con le lettere dell’alfabeto da a ad /, e sono tuttora visibili traccie delle segnature a, d, e, f. L ’ultimo quaderno finisce con le carte 24r-26 bianche. Con le carte 27-29, parimenti bianche, comincia la terza parte del codice, contenente i testi numerati da 255 a 290. Constava di sette quaderni di dodici carte ciascuna, cioè di 84 carte numerate da 27 a 100 e da 1 a 10; ma sono integri i soli quaderni primo, secondo, sesto e settimo. Del terzo quaderno restano le prime due

*) Tanto questa recisione quanto quella sopra notata, in fine del quarto quaderno della prima parte, sono anteriori * alla numerazione delle pagine.

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carte, 51-52; il quarto manca interamente; del quinto resta soltanto l’ultima carta, 86, col rectobianco. I margini inferiori della prima e dell’ultima pagina del primo quaderno sono segnati con una specie di croce. Negli altri quaderni non vidi traccio di segnature. La posizione delle tre parti, consacrate dalla numerazione delle carte, non deve far credere che le prime due siano anteriori alla terza, che cronologicamente è invece la prima. I l settimo quaderno di questa terza parte ha, nel margine superiore della prima pagina, la scritta « Ihs. 1485. die V i l i martii », e contiene, in sette numeri, otto componimenti, dei quali i due ultimi sono anonimi, mentre i primi sei sono del Calderari, datati del 1485 o scritti presu­ mibilmente in quell’ anno. I l quaderno comincia per l’ appunto colla lettera già citata, nella quale il Calderari chiede ad un compagno gli scritti di Venturino. Il primo quaderno contiene i due componimenti trascritti da Pietro Scoto il 25 marzo 1485. A d esso è connesso il fascicolo secondo, che finisce coll’esordio della disputa sostenuta dal Calderari a Pavia il primo anno della sua dimora in quella città; e l’esordio è completato nelle due carte, uniche superstiti del fascicolo terzo. Io credo che i componimenti di Venturino contenuti nella terza parte del codice siano i soli venuti in possesso del Calde­ rari, mentre il maestro era ancora in vita, e che invece quanto è trascritto nelle due prime parti provenga dalle carte trovate dopo la morte di lui, che si può, al massimo, ritenere non poste­ riore al 1487, poiché la prima pagina dell’ultimo quaderno della prima parte ha in alto l’iscrizione « iesws 1487 ». Certo è carat­ teristico il fatto che, quantunque nel codice vi fossero tante carte bianche, e quantunque il Calderari se ne sia valso per farvi delle aggiunte fino al 12 febbraio ed al 3 giugno 1489, nulla vi si trova del maestro tanto esaltato che possa credersi poste­ riore al 1485. Gli ultimi componimenti sono appunto del marzo e del luglio di quell’anno. A ll’ipotesi della morte di Venturino non si può ragionevolmente contrapporre quella della partenza da Alba con abbandono delle sue carte e rottura di ogni rapporto con gli Albesi, compreso il peculiari# discipnlus, a cui è diretto l ’epigramma del 21 marzo 1485 (n. 264). Neppure si può credere che Venturino abbia consegnato a questo suo discepolo l’ammasso delle sue carte, disordinatissime, quasi sempre senza indicazione dei destinatari e senza accenno ai fatti e agli avvenimenti a cui si riferiscono. Vivente il maestro, il Calderari non sarebbe stato costretto a scrivere, in fine del numero 231, « Nota quod exemplurn corruptum erat * nec finitura », e l’epistola a Paolo Ra-3 3. — P ate tta , Venturino de Priorìbus.

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Venturino de Prioribus,

moino, integra nel codice Laurenziano [di cui dirò], non si pre­ senterebbe nell’Albese spezzettata nei numeri 173, 174, 176, 177 e con la ripetizione d’alcuni versi, poi cancellati, nel numero 175. Se Venturino avesse potuto dar un’occhiata al codice, avrebbe inorridito dei continui errori d’ortografia del suo discepolo, e spe­ cialmente degli errori madornali e delle lacune nelle trascrizioni di Pietro Scoto, che nulla sapeva e nulla capiva di ciò che stava copiando. Se non erro, nel codice Albese nessuno mise mano all’infuori dei due ora ricordati, salvo un ignoto che, in meno d’una pagina, trascrisse la così detta epistola Lentuli de Christo (n. 275). Lo Scoto doveva esser compagno del Calderari o al suo servizio. Il Cal­ derari fece uso di due diverse scritture; d’una minuscola quasi libraria e d’una corsiva talvolta affrettata e di non facile lettura. Le due scritture compaiono già nel verso della prima carta non numerata, in quattro brevi testi, parimenti non numerati dal Vernazza. I primi due, cioè un elenco di monete (talentum, mina, drachma, obolus, aes)1) e quattro esametri sul calendario roma­ n o *23 ), sono in scrittura minuscola; gli altri due, cioè un Conscilium (!) ad confortandum et purificandum dentes, ad illosque fortificandos e una notizia sulla famiglia d’Augusto 3), sono in corsivo. La scrit­ tura dello Scoto è minuscola, inelegante, trascurata; e anche più trascurata del solito e più minuta è nei componimenti in parte ag­ giunti (n.i 258, 264-266, 272, 273, 275, 279), per alcuni dei quali nasce a primo aspetto il dubbio dell’intervento d’un nuovo ama­ nuense. La prima parte del codice è in minuscola di mano del Calde­ rari, fatta eccezione per il numero 24 cominciato e finito da lui, ma

*) « Servius in quinto Virgilii. Talentum est minarum LX.... ». La ch tazione di S e r v io si riferisce all’Eneide, V, 112, « argenti aurique talenta»; ma il commento di Servio nulla ha di comune colPelenco dato nel codice Albese. 2) Sex nonas mains, iulius, simul October et mars, Quattuor et reliqui, tenet idus quilibet octo: Qui sequitur reliquos mensis vocitato Kl. Ordine retrogrado numerorum scribitur ordo. [Versi mnemonici che si trovano, con qualche variante, anche in altri codici: vedi, per esempio, i codd. del British Museum Royal 12 E I, i. 35, e Royal 12 E X IV , f. 92 b. (G. F. W a r n e r e J. P. G il s o n , Catalogue of Western Manuscripts in the Old Royal and King’s Collections, Londra, 1921, II, pagg. 48 e 54; III, pag. 354).] 3) « Augustus Caesar Octavianus habuit uxores duas....».

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che ha in mezzo tredici strofe scritte dallo Scoto. La seconda parte, che comincia, come ho detto, col numero 163 e finisce col 254, è di mano dello Scoto fino al numero 230. I l numero 231 è pure in gran parte di lui, ma, verso la fine, egli interruppe la trascrizione d’un verso dopo le prime tre parole, e il Calderari scrisse poco più d’una pagina per completare la poesia, e trascrisse tutti i nu­ meri successivi. Hella terza parte sono del Calderari i numeri 255-257, 259-263, 268-271, 274, 276-288, 290. Il numero 264 è scritto, firmato e datato dallo Scoto, ma l’iscrizione è di mano del Calderari, del quale sono pure le prime quattordici linee del nu­ mero 265, gran parte del numero 272, l’iscrizione del numero 275, una parte del numero 289. Tutto ciò che non è scritto dal Calderari, è, se non erro, di mano dello Scoto. Fra i due, il Calderari, pur lasciando molto a desiderare, è certo superiore, poiché lo Scoto si mostra d’un’igno­ ranza e d’una negligenza addirittura fenomenali. In primo luogo egli salta non di rado dei versi. X el numero 165, che per fortuna è anche nel codice Laurenziano * * , omette il verso 232; nel nu­ mero 175 che è parimenti nel detto codice, omette il verso 31 e i versi 54-58, le cui iniziali {TTJRIN) concorrono a formare il nome dell’autore, V R N T U R IN U S ] nel numero 166 omette l ’esametro, che dovrebbe trovarsi dopo il v. 334; nel numero 188 omette l’esa­ metro, che dovrebbe trovarsi dopo il v. 6 ; nel numero 196 c’è evidentemente, dopo il v. 15, una lacuna insanabile; una lacuna insanabile è [pure] nel numero 220, e altre lacune si trove­ rebbero senza dubbio esaminando attentamente tutte le poesie1). Lo Scoto, a differenza del Calderari, allinea senza distinzione esa­ metri e pentametri, e questo mal uso rese le omissioni meno evi­ denti. Continui [come si è detto] sono gli errori d’ortografia, tutt ’altro che rari anche nei componimenti trascritti dal ' Calderari o composti da lui. Questi errori non possono, credo, attribuirsi a Venturino, se non forse in piccola parte. Pare infatti che egli non fosse ignaro della nuova dottrina e dei continui sforzi degli uma­ nisti del secolo X Y per raddrizzare tutta la materia ortografica, che era stata nel medio evo miseramente sconciata 2). r) Una lacuna, come dirò nelVindice del codice, è pure nel numero 73 trascritto dal Calderari. Vedi ivi la nota al v. 54. 2) R emigio S a b b a d i n i , Il metodo degli umanisti, Firenze, 1922, pag. 5. Disgraziatamente non sono ora in grado di esaminare il codicetto autografo di Venturino degli Ordines et statuta, del quale dirò tra poco [a pagg. 40 e segg.].

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Venturino de Prioribus,

Deve certo porsi a merito di Venturino e del suo insegnamento l’uso costante di mihi e nihil in luogo di michi e niehil]). Lo se­ guirono meno fedelmente il Oalderari e lo Scoto nell’uso dei dit­ tonghi ae e oe, di cui il medio evo e i preumanisti avevano perduto la nozione, e per il cui ripristinamento ebbero lungamente a lottare gli umanisti del secolo J F 1 2). Trovo eccezionalmente praepes nel numero 166, verso 139; più frequentemente oe (foelix, godici, foelices, foelicius, infoelix, [nei] numeri 207, 225, 227, 206); ma, di regola, si fa uso della semplice e o della e caudata, di cui non so se il Calderari e specialmente lo Scoto conoscessero bene il significato, poiché la usano non di rado anche quando non ci dev ’esser dittongo. A Venturino si deve l’uso quasi costante di guom3), mentre è rarissimo il cum. Non a Venturino ma ai due soci albesi dobbiamo impu­ tare lo scambio fra o e u seguiti da m o n 4), al quale potrebbero non essere estranei dialetto e pronuncia locale. Abbiamo così cuniux, cuncentus, frunte, funtis, funtem, funtes, incumpta, ineumptum, nundum, prumpta; e viceversa eonctus, conctis, secondus, ecc. C’è pure qualche scambio fra i ed r : quindi Guliermus, Ansermus, plecor, plecrare (per praeclare), flagiles. Non so se dipenda da ca­ cografia di Venturino o da cattiva pronuncia (poiché, fra le ipotesi possibili, c’è anche che si sia talora scritto sotto dettatura) la non rara sostituzione di x a s, con convivax nel numero 7; lexit (per laesit) nel numero 168; ambroxiam nel numero 198; ex nel nu­ mero 206 e due volte nel numero 226; rex, rexgue nei numeri 178, 207 (due volte), 225; luxit nei numeri 213 e 340; fax e Tiauxìsti nel

1) Sulla questione del mihi e del nihil, per la quale polemizzarono Leonardo Bruni, il Barzizza e il Pontano, vedi R em igio Sa b b a d in i , Storia del Ciceronianismo e di altre questioni letterarie nell’età della Rinascenza, To­ rino, 1885, pagg. 100-101; Il metodo degli umanisti, cit., pag. 7. L u d w ig B e r ta lo t , Humanistisches Studienheft eines Nürnberger Scholaren aus Pavia (1460), Berlino, 1910, pagg. 7 e 14, nota 1, osserva che un copista, da lui giudicato italiano o tedesco istruito italianamente (« ein italienisch geschulter Deutscher »), scrive sempre, verso la metà del secolo X V e certamente non dopo il secondo terzo di quel secolo, niehil e michi. 2) S a b b a d in i , Il metodo degli umanisti, cit.,* [pag. 5]. 3) Nel numero 159 trovo invece condam per quondam. Quom si legge ora regolarmente nelle edizioni di P lauto , autore probabilmente non conosciuto da Venturino; e il B er ta lo t , [op.] cit., pag. 14, nota 1, osserva che è sempre usato dal copista già ricordato [vedi sopra, nota 1], 4) Trovo però anche spectatur per spectator nel numero 161 e fulgora nel numero 259.

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numero 225; rux nel numero 226. Viceversa nel numero 192 è scritto genitris, nel numero 197 nis, nel numero 227 audas. Come vedremo, il Rex, con cui comincia il verso 14 del numero 178 e che è semplicemente l’accusativo plurale res, fece cadere in errore il Vernazza, il quale credette che si trattasse d’un albese del ca­ sato dei De Regibus. Accenno appena all’incertezza nell’uso della m o della n davanti a p, e della e o della t davanti all’» seguita da vocale. Trovo per esempio inperii e viceversa im in luogo di in davanti ad una pa­ rola che comincia con p. iToto ancora che la congiunzione que è di solito nettamente staccata dalla parola precedente, alla quale dovrebbe essere unita. Frequentissimo è l’erroneo raddoppiamento delle consonanti, e viceversa l’omissione d’una delle consonanti che dovrebbero esser raddoppiate. Abbiamo così, per esempio, eggregium, fella, tellis, tellùm, célleste, allitibus, gradili, mobilie, nollo, •callida, Appollo, Rpicurrus, Karrolus, generossa, iocossa, missi, perfussa, rissa, nassa, vassorum, latterò, mittescit·, e, viceversa, sieitate, redita, alia, calis, Acìiiles, oeelos, police, miselus, molis, moles, tranquilum, pupe, Philipus, eror, presisse. A ph è talora sostituita la / e viceversa. Dovendo in seguito trascrivere componimenti o brani di componimenti del codice, sarebbe fuor di luogo riprodurre codesti errori, o correggerli facendone cenno nelle note. Poiché si può presumere che siano in massima parte imputabili ai due tra­ scrittori e non a Venturino, li correggerò senz’altro, facendone men­ zione nelle note solo nei casi più rari [*)]. Darò naturalmente conto delle vere e proprie congetture, con le quali cercherò di correggere gli errori più gravi. I componimenti del Calderari, scritti di sua mano, saranno dati quali sono, senza correzioni di sorta. Il Calderari, ideatore, [come si è detto], della raccolta degli scritti venturiniani e proprietario del codice, non si curò di rive­

di In realtà, come si può vedere, il Patetta non ha corretto con rigore sistematico l’ortografia. Ha preferito, invece, quando era possibile farlo senza creare perplessità e confusione, restare aderente al testo presentato dal co­ dice, ed ha quindi lasciato vari errori, anche del tipo di quelli sopra men­ zionati, senza farne cenno nelle note. Così, per esempio, troveremo, insieme con le forme corrette, nephanda, pMlosofi, ecc., ed anche taluni errati raddop­ piamenti. Troveremo spesso cythara, e, al contrario, nimpha, dietim, cimba, lira, ecc. ecc. Una volta c’è persino un reprhendere per reprdiendere. Alcune parole poi sono scritte in tutte le forme possibili: così lacrima, lacryma, lachrima, lachryma. Vedi anche quanto si è detto in proposito nella Nota edi­ toriale.]

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Venturino de Prioribus,

dere le trascrizioni sue e quelle dello Scoto, che di revisione avreb­ bero avuto gran bisogno. Le sue correzioni sono quindi rarissime. Egli voleva formare un vero e proprio codice, e perciò l’iniziale della prima linea di ogni testo doveva essere relativamente grande e coi soliti ornamenti. Si lasciò quindi in bianco lo spazio neces­ sario, segnando quasi sempre a margine la lettera mancante, ma le grandi iniziali non furono aggiunte, fatta solo eccezione per il numero 57, che ha pure l’intitolazione scritta in inchiostro rosso, come l ’hanno i numeri 54 e 56. Per molti altri fu lasciato in bianco un piccolo spazio, destinato ai titoli, che furono però aggiunti con inchiostro nero e solo eccezionalmente. In una dozzina di pa­ gine furono toccate di rosso le iniziali dei singoli versi o delle prose. [7.] Ho già ricordato il ms. Laurenziano-Gaddiano Plut. L X X X X I , cod. 42. Esso contiene tre poesie di Venturino, delle quali ho presente l ’edizione data dal Gabotto, Un nuovo contri­ buto, [cit.,] pagg. 257-259. Giudicando da quest’ edizione, si do­ vrebbe dire che il codice è scorrettissimo, ma trattandosi d’uno dei primi lavori di quell’infaticabile editore, è lecito sospettare che molti errori siano da attribuirsi a lu ix). Le tre poesie, che darò, notando le varianti, sono pure nel codice ** Albese, ma i testi del Laurenziano derivano senza dubbio dagli originali mandati da Venturino a Mario Eilelfo, e hanno aggiunte importanti. La data della prima poesia, Savona, 27 aprile 1457, è soltanto nel codice Laurenziano, ed ha importanza anche perchè ci mette in grado di datarne approssimativamente parecchie altre. Le due poesie dirette al medico e poeta Paolo Eamoino, amico del Prior fin dalla prima gioventò, sono anch’esse importanti. La seconda 91 dà sei versi omessi, come ho già detto, dallo Scoto nella trascrizione del codice Albese (n. 175). L ’intitolazione della prima e i versi aggiunti nel mandarla a Mario Eilelfo mettono Venturino in cattiva luce (e anche di questo conviene tener conto), perchè, dopo aver per­ seguitato il vecchio amico per avere i suoi versi e averli lodati fuor di misura, lo accusa (e probabilmente lo calunnia), mettendolo alla pari con un ladro o preteso ladro, e avverte Mario che le lodi sono ironiche e che deve riderne.1 1) Sulla scorrettezza delle prime edizioni date dal Gabotto, altamente benemerito dei nostri studi, ma forse troppo e troppo presto operoso, vedi il mio scritto In memoria dì Ferdinando Gabotto ** [in « Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti », anno VII ( 1923), pagg. 105-106. Estratto, pagg. 6-7].

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Debbo ora dire di un manoscritto, forse autografo, che non ho potuto rintracciare. U n’elegia di Yenturino, diretta a Teodora Zocco o che la riguarda, fu scoperta, probabilmente a Savona, da Gian Tommaso Belloro, [il] noto studioso [di cui si è già parlato *)], e fu arricchita da lui di note e osservazioni, che sarebbero preziose. Il figlio Giambattista deve aver dato notizia al Vernazza della morte del padre e avergli offerto elegia e osser­ vazioni. Il Vernazza gli scrisse il 19 settembre condolendosi e di­ cendo che l ’elegia gli sarebbe carissima e che, fattone uso, glie l ’avrebbe restituita. Il Belloro glie la mandò invece in dono con le annotazioni, e il Vernazza lo ringraziò con lettera del 29 settem­ bre, dicendo che le annotazioni sono diligentissime e non lasciano « alcun dubbio nè sul tempo in cui Benato d’Angiò fu albergato « in casa di Teodora Zocca nè sulla persona di essa dama ». Dichia­ rava però: « Non mi occorre di far uso della elegia, perchè non « so dedurne alcuna congettura o contraria o favorevole alla mia « opinione; la quale è che il Dottrinale senza data di anno e di luogo « fosse stampato nel 1493 in Alba ». Bel 1823 il Gazzera, venuto in possesso del codice di Venturino e di carte e libri del Vernazza, scrisse al Belloro : « in uno dei molti lib ri*2) spettanti al defunto e « da me comperati ebbi la ventura di ritrovare l’elegia inedita dello « stesso Venturino da lei al defunto regalata, la quale mi risolverò « di pubblicare quando mi riesca d’aver alcune notizie della Teodora « Zocco e del tempo del passaggio e soggiorno del Be Benato in « Savona ». Bella stessa lettera pregava che gli fossero mandate le notizie già comunicate al Vernazza, il cui carteggio era ancora suggellato. Bispose il Belloro da Savona, il 3 febbraio 1823, che doveva partire per Genova per alcune sue occupazioni: « attese dette mie « occupazioni non posso fare pervenire tutt’ad un tratto ciò che « da lei si ricerca, ma per farle cosa grata le anderò in diverse mie « scrivendo a squarci le Osservazioni del fu mio padre sopra la citata « elegia.... Io scrivendole riempirò il primo foglio o pagina colla « copia delle Osservazioni, nel secondo sarà la lettera mia; cosicché

[l) Su Gian Tommaso Belloro e sul figlio di lui Giambattista vedi le notizie date a pagg. 20-21.] 2) In una lettera successiva al Belloro, che ho parimenti già citata, il Gazzera scrive invece d’aver comperato la maggior parte dei libri, «che non erano però molti». Come ho già detto, delle lettere del Gazzera al Belloro ho presenti le sole minute [vedi pag. 20, nota 1],

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Yenturino de Prioribus,

« non avrà ella che a staccare la prima, come sarebbe la presente, « e numerarla per ordine, ed avrà il lavoro compito, riserbando in « fine le note ». Disgraziatamente il Gazzera segui il consiglio datogli, e staccò la prima carta di cinque lettere scritte dal 13 febbraio al 7 agosto 1823, e a me non riuscì di trovare fra le sue carte pos­ sedute dall’Accademia nè Velegia nè le osservazioni. Solo dal Ver­ zellino ebbi notizia, come dirò, del marito di Teodora Zocco * e del tempo del passaggio per Savona e della dimora di re Renato in casa Zocco. Teodora compare nel codice Albese come autrice di otto poesie che sono probabilmente di Venturino, o in cui egli ebbe parte. Spero che Velegia e le osservazioni possedute dal Gaz­ zera tornino, quando che sia, alla luce, e anche che il manoscritto originale delle osservazioni possa trovarsi a Savona. Abbiamo ancora di Venturino un codicetto, che può ritenersi autografo, posseduto dalla Biblioteca Razionale di Torino. Lo se­ gnalò il Vernazza1) nel 1815, dicendo d’averlo scoperto nella Regia pubblica Biblioteca di Torino * e dandone il titolo : « Ordines et statata condita per dominum praeceptorem, observanda, ut infra, per omnes et singulos scolares ac discipulos eius, sub poenis in eis contentis ». IlG abotto, Un nuovo contributo, pag. 124, citando il Vernazza, dichiara d’aver « cercato questo codice nell’Universitaria di Torino, « ma inutilmente ». Forse ne fece solo ricerca nel catalogo a stampa del Pasini [2)], o cadde in una svista nel consultare l ’appendice mano­ scritta di quel catalogo, nella quale il codicetto è (o era [ 3)]) regi­ strato colla segnatura G. V. 39. Rei 1904 si salvò, con qualche danno, dall’incendio della Biblioteca, e fu registrato neWInventario dei codici superstiti greci e latini antichi, pubblicato dalla Rivista di Filologia e d'istruzione classica, voi. X X X I I , Torino, 1904, pag. 570. Il Vinay 4) stampò in seguito gli Ordines nel 1933 e altri brevi scritti nel 1935. Io avevo già, molti anni prima, trascritto gli Ordines e le altre cosucce, e descritto il codice. Ron potendo ora rivederlo,

*) Della tipografia in Alba, pag. 33. [2) Codices manuscripti Bibliothecae Begli Taurinensis Athenaei, To­ rino, 1749, parto II.] [3) Il dubbio si riferisce alle vicende della seconda guerra mondiale, ed ai bombardamenti di Torino. Cfr. quanto in proposito è stato detto nella Nota editoriale.] 4) Oli ordinamenti di una scuola quattrocentesca, in « Bollett. storico-biblio­ grafico subalpino », X X X V , Torino, 1933, pagg. 293 e segg. ; L ’umanesimo su­ balpino nel secolo X V , cit., pagg. 293-294, [e] cfr. [anche] pagg. 166, nota 1, e 170-172.

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umanista ligure del secolo X V .

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mi valgo della descrizione, quale l ’abbozzai. Degli Ordines dirò poi, trattando di Yenturino maestro di scuola. I l codicetto consta di otto carte1) non numerate, misuranti mm. 205 per 140. La legatura è in cuoio, con dorature, probabil­ mente della prima metà del secolo X V I I I , e fu alquanto danneg­ giata dall’incendio. Nella prima pagina c’è soltanto un monogramma, A N o 1 7 , che trovai anche in altri vecchi libri, ma di cui non conosco il significato. Nel verso della prima carta è trascritto il Carmen Maphei Vegii laudensis de virtutibus Agnus B ei 2). Gli Or­ dines occupano le carte 2-5r. Nel margine inferiore della carta 5 fu tagliata una striscia alta da 8 a 10 millimetri. Credo inoltre, come dirò, che a metà del quaderno, cioè dopo la carta 4, ci sia una lacuna, vale a dire che si siano perdute almeno due carte. Le carte 5T-6r contengono una lettera di Francesco Filelfo ad Agostino Lonato, datata da Milano, X V Kal. lunias (18 mag­ gio) 1478. Il Yinay, che la pubblicò ([Vumanesimo subalpino,'] pag. 293), identifica Agostino Lonato con 1’Augustinus sororius della lettera di Venturino, del 20 novembre 1484, contenuta nello stesso codicetto. L ’identificazione è basata sul fatto che Agostino Lonato doveva fare al Filelfo una spedizione di cetrinae plantae 3) e che 1’Augustinus sororius mandò a Yenturino, sei anni dopo, un sacchetto di fichi. Scrive il Vinay, pag. 166, nota 1, che il Sabbadini nulla trovò sul Lonato, ma che « sull’identificazione dei due « Agostino non crede ci siano dubbi, tanto più che entrambi abitano « in riviera e hanno abbondanza di frutta ». Quest’ultima afferma­ zione è arbitraria. Agostino «Lonato, al quale Francesco Filelfo dà il suo parere sui significati della parola obnoxius, è uno studioso, probabilmente dei Lonati o Lunati, famiglie nobili di Milano e di P avia4). L ’ Augustinus sororius dev’essere figlio d’una sorella di

J) Il V i n a y d ev e a v er c o m p u ta to an ch e i fo g li d i guardia, e p e rciò nelle sue cita z io n i i n um eri d a m e in d ica ti son o a ccre sciu ti d i du e u n ità. 2) Sono otto distici, òhe trascrissi. Apprendo ora dal V i n a y , [Gli ordi­ namenti di una scuola quattrocentesca, cit., pag. 294, nota 3,] che un altro testo, con qualche variante, fu pubblicato da L u ig i R a f f a e l e , Maffeo Vegio. Elenco delle opere; scritti inediti, Bologna, 1909, pagg. 202 e seg. 3) « Tu cetrinarum plantarum ne obliviscaris volo, ni forsitan impensam mulionum perti . 8ed ego istam omnem subiturus sm» » » . Getrinus, in luogo di citrinùs, è nel [Glossarium mediae et infimae latinitatis del] D u Ca n g e . Perti(mueris> è nell’ edizione del V i n a y . Forse, invece del perfetto, starebbe meglio il presente. 4) Vedi il Ck o l l a l a n z a , Dizionario storico-blasonico, voi. II, Pisa, 1888, pagg. 31 e 39. È noto il cardinale Bernardo Lonati, pavese, morto l’ 8 ago-

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Venturino de Prìoribus,

Venturino, della città o del contado di Nizza Marittima, e manda da Nizza ad Alba un sacchetto di fichi. Da molti anni Francesco Filelfo cercava di procurarsi alberi da frutta per un suo orto. In una lettera del 2 febbraio 1451, Blaxio Axeretensi equiti aurato, egli chiede le plantas fieulneas, che il suo corrispondente, peritior agricola, non aveva voluto dargli nel cuor dell’inverno, e dice di desiderare anche plantas prunorum damascenorum1). Confessa, in una lettera al figlio Mario del 27 settembre 1474 2), d’esser molto goloso d’ogni sorta di frutta e di dover talora subir le conseguenze della sua ghiottoneria. Le carte del codicetto 6Y-8r sono bianche. Nella carta 8T è la lettera, or ora ricordata, del 20 novembre 1484, nella quale si parla délTAugustinus sororius, e che fu pubblicata dal Vernazza, Della tipografia in Alba, pagg. 3 1 -3 3 *, e quindi, omettendo la data, dal Gabotto, Un nuovo contributo, pag. 271. Seguono da ultimo due brevissimi saggi di traduzioni dall’italiano in latino, da me copiati, e che furono in seguito pubblicati dal Vinay a pag. 294 3). 8. Veniamo finalmente alla persona e alla vita di Yenturino, e in primo luogo alla questione della sua patria, sulla quale le opinioni sono discordi, poiché si parla d’Alba o del suo territorio, di Savona o almeno della Liguria occidentale, di Nizza Marittima o del suo contado. A far di Venturino un albese fu primo, nel 1776, il Bandini nel citato tomo I I I del catalogo dei codici latini della Laurenziana ; e il Vernazza, Della tipografia in Alba, pag. 20, ce ne dice la ragione. Mentre il volume del Bandini era in corso di stampa, egli, venuto a Torino, vide in casa del Vernazza i componimenti di Venturino

sto 1497 (C ia c o n io -O l d o in o , [Vitae et res gestae Pontificum romanorum et 8. B. E. Cardinalium, Eoma, 1677,] III, col. 182; Ch e v a l ie e , [Bépertoire des sources Mstoriques du Moyen Age,] Bio-Bibliographie, II, [Parigi, 1905-1907,] col. 2927 ; [ E u b e l , Hièrarchia catholica Medii Aevi, voi. II, 2a ediz., Munster, 1914, pag. 22]). J) I pruna Damascena sono ricordati da Plinio, Naturalis historiae XV, 12 (13): « Ingens postea turba prunorum.... In peregrinis arboribus dicta sunt Damascena, a Syriae Damasco cognominata, iam pridem in Italia nascen­ tia.... ». 2) È pubblicata da Ca e l o d e ’ R o s m in i , Vita di Francesco Filelfo, t. I li, Milano, 1808, pagg. 169-170. 3) Confrontando la mia copia coll’edizione, noto cbe il V i n a y stampò fastidiano, piaxeno, desideriamo, amano, dove io lessi fastidianno, piaxenno, decideramo, amanno, saggi dell’italiano di Venturino.

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umanista ligure del secolo XV.

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riguardanti Alba, già copiati, forse per gli Anecdota Albensia, [di cui si è già parlato a pag. 2,] e credette che quella città fosse la patria dell’autore. Il Vernazza fu subito d’opinione contraria, ma i suoi concittadini non rinunziarono alla glorietta loro offerta. Xell’articolo su Alba inserito nel Casalis, Dizionario geografico storicostatistico-commerciale degli Stati di S. M . il Re di Sardegna, voi. I, Torino, 1833, pag. 129, Venturino è infatti il primo nominato « fra gli illustri personaggi che nacquero in Alba, o vi ebbero « lunga e dilettosa dim ora»1). Vi fu in seguito chi volle ampliare la gloria di Venturino de Prioribus inventando e divulgando no­ tizie false ed assurde. Falso è in gran parte ciò che di Ven­ turino scrisse Monsignor Allaria, vicario della diocesi d’Alba, negli articoli sugli Uomini grandi di Alba antica, pubblicati, come ho già detto, in un giornale di quella città e che conosco specialmente per i brani che qui trascrivo, riferiti dal Gab o tto *2), il quale, vivente l’Allaria, non mancò d’osservare che « grave difetto di questo lavoro, del resto così notevole, è la man« canza d’indicazioni esatte sulle fonti ». Scrive l’Allaria: « I l più « antico dei maestri albesi, di cui si abbia qualche notizia, sì intorno « alla vita che alle opere, è Venturino dei Priori, del quale ci piace « comunicare ai nostri lettori, e specialmente agli egregi docenti « delle nostre scuole, quelle brevi memorie che abbiamo potuto spi« golare qua e là negli archivi e nelle biblioteche del Piemonte*. « A quale città appartenesse di origine, e in quale anno precisamente « sia nato, non ci fu possibile scoprirlo. Oi venne anzi tra le mani un « catalogo dei libri posseduti dai frati Domenicani di Alba del se« colo X V I I 3), tra i quali è descritto il codice cartaceo delle opere « di Venturino, e vi abbiam letta in margine l’annotazione aetate, « origine et patria incertus.... Vi ha di più chi pensa essere egli stato * « figliolo di genitori incogniti, ed aver ricevuto la prima educazione « dalla carità pubblica degli Albesi in principio del secolo X V , cioè « verso il 1420; e in questa ultima opinione concordiamo noi pure, « traendo argomento dalla considerazione del tempo in cui scrisse e « divulgò le sue opere principali. È certo che egli apprese fin dalla

x) Di Venturino è ricordato un * codice a penna eie si conservava nel con­ vento di San Domenico e del quale l’ autore non aveva altra notizia. È detto pure che Venturino fu uno de’ fondatori del Collegio di Maestri, che a pag. 124 è definito una scientifica accademia *. Gli articoli inseriti nel Dizionario del Ca s a l is sono generalmente opera di eruditi locali. 2) Un nuovo contributo, pagg. 116 e. segg. 3) L’esistenza di questo catalogo è molto dubbia.

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Venturino de Prioribus,

« più tenera età i primi elementi della religione e delle lettere in Alba, « per la beneficenza di un ricco sacerdote di cui fa menzione in un « frammento di un suo carme, e che alle angustie della sua condi« zione si riconobbe in parte debitore di quello zelo attivissimo ed « indefesso con cui intraprese e si approfondì nello studio della lin« gua latina; e convien dire che l’applicazione sua sia stata mirabile; « imperocché in una lepida epistola Ad amieum Thomam de Regibus x), «gli racconta che a vent’anni già insegnava publicamente* e con « facilità la lingua del Lazio, e che i suoi allievi Antonio Calderari e « Pietro Scoto si prendevano giuoco del loro maestruccio imberbe *. « Ma l’età giovanile anziché procacciargli il dileggio degli alunni, « giovò anzi a meritargli grande aumento di riverenza presso gli « Albesi.... Ci consta che egli, giunto a perfetta virilità, prese in « moglie una donzella albese di modesto censo e di squisita educa« zione, la quale ebbe gli onori poetici dell’Accademia e fu enco« miata in versi dal proprio sposo nelle prime e nelle seconde « nozze, segno non dubbio della longevità del nostro maestro, che « senza mai mutare la propria condizione, e tanto meno valersi « dell’amicizia dei grandi per accrescere il suo patrimonio, visse « oltre novant’anni in ammirabile giocondità di spirito ed inalte« rata sanità di corpo ». L ’ipotesi che Yenturino sia -figliolo di genitori incogniti, con­ tradetta dal cognome, ben noto, Prior, o de Prioribus, si spiega col fatto che nei paesi delle Langhe il nome comune venturin (non registrato nei dizionari del dialetto piemontese che ho alla mano [2)])1 Il

1) Quest’epistola lepida, diretta a Tommaso de Regibus, fu senza dubbio inventata in seguito a quanto scrisse il Vernazza sul preteso Pietro Ee. Come bo già accennato a pag. [37] e come dirò ancora in seguito, il sostantivo * plurale res, scritto nel codice rex, fu erroneamente preso per un cognome. Tommaso Ee fu invece vescovo d’Acqui dal 1450 al 1483, anno di sua morte. Il G a b o t t o , Un nuovo contributo, pag. 122, nota 1, prestò fede all’ esistenza dell’ epistola a Tommaso Ee, osservò che questi fu arcidiacono della catte­ drale d’Alba da] 1438 al 1443, e dato il carattere stesso dell’epistola metrica del Priori a lui, la credette scritta prima dell'assunzione di Tommaso al vescovato, e ne dedusse che Venturino aveva probabilmente insegnato una prima volta in Alba (parecchi anni prima del 1450). Ciò che l’Allaria fa dire da Ven­ turino su Antonio Calderari e Pietro Scoto basta a dimostrare, come si vedrà, che l’ epistola non è mai esistita, o che fu scritta nel secolo X IX . [2) Si trova, però, registrato nel Vocabolario Piemontese-Italiano compi­ lato da G i u s e p p e G a v u z z i da Garamagna, Torino, 1891, pag. 669, appunto col significato di trovatello, esposto'.]

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umanista ligure del secolo XV.

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significa trovatello. Si pensò quindi che sia stato usato per il nostro personaggio come nome di battesimo. Quanta fede meriti il rac­ conto di Venturino, maestro ventenne, di cui i suoi discepoli A n ­ tonio Calderari e Pietro Scoto si prendevano giuoco, appare già da quanto ho detto. Non sappiamo se lo Scoto sia stato discepolo di Venturino; lo era il Calderari nel 1485, quando Venturino, nato, secondo PAllaria, verso il 1420, sarebbe stato più che sessantenne. Ma l’Allaria dice anche che Venturino visse oltre novantanni. D o­ vrebbe quindi esser morto verso il 1510. Se così è, come mai il Calderari avrebbe pubblicato nel 1490 dei versi in morte di lui? E se mori, oltre novantenne, verso il 1490, bisognerebbe farlo na­ scere verso il 1399, e dire che il Calderari e lo Scoto si presero giuoco di lui verso il 1420. Come si vede, nelle affermazioni dell’Allaria non ci sono che assurdità e contradizioni. Assolutamente falsa è anche la narrazione del matrimonio di Venturino con la donzella albese, che ebbe gli onori poetici dell'Accademia e fu encomiata dal marito nelle prime e nelle seconde nozze. Si tratterebbe delle seconde nozze di Venturino rimasto vedovo della donzella albese, e che l’avrebbe encomiata in versi anche nel contrarre un secondo ma­ trimonio, segno non dubbio, sempre secondo PAllaria, della longe­ vità del maestro (!). Vedremo invece che Venturino sposò, alla fine del 1456 o in principio del 1457, una vedova savonese, più anziana di lui, che restò vedovo e che passò in Savona a seconde nozze prima del 1476. La narrazione dell’Allaria servì di guida ad A . Bellone, il cui volumetto, Gli uomini illustri di Alba Pompeia, Alba, 1922, è appunto dedicato alla memoria di lui, che primo trasse dall'oblio i Grandi uomini di Alba antica. I l Bellone scrisse di Venturino a pagg. 65-67, ampliando quanto ne aveva detto la sua guida: «U n pietoso sa« cerdote lo raccolse ancora bambino, forse sull’aia d’uno sperduto « casolare nella boschiva Langa.... forse sulla strada.... forse sulla « porta d’una chiesa.... Il popolo lo chiamò con l’ ingenuo e brutto « nome ricordante la sconosciuta origine, ma gli offrì in cambio la « dolcezza del suo affetto. I l popolo gli offrì la dolcezza del suo affetto « perchè Venturino era una sua creatura, era il suo educatore, il « suo fiduciario, perchè era un virtuoso, ricco di senno e di dottrina, « che pazientemente, vigile, assiduo, gli educava i figliuoli, edifi« candoli con la rettitudine della vita, con la pratica della virtù, « istruendoli all’amore della patria. Il Venturino, con vero intuito « sociale, riunì in compatti sodalizi di difesa professionale e di mutuo « soccorso gli artieri di Alba, gli studenti, i giureconsulti e dettò i

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Venturino de Prioribus,

« relativi statu ti....1). In Alba — da dove non si era mai adonta« nato — visse serenamente fino alla tarda età di anni novanta: « povero, sdegnoso di onori e di ricchezze, lieto di profondere i fe­ cesori della sua erudizione, della sua illimitata bontà con i canti del « suo grande cuore ». Venturino, ispiratore d’amor di patria, fiduciario del popolo e fondatore di sodalizi di difesa professionale e di mutuo soccorso, sarebbe certo un personaggio molto interessante; ma disgraziata­ mente si tratta di semplici affermazioni, documentabili quanto il non essersi egli mai allontanato da Alba e l’aver vissuto fino a no­ vantanni. D a Alba a Savona ci conduce, fin dal 1790, il Moriondo nei Monumenta Aquensia, I I , pag. 40, nota 1, dove scrive: « .... Ven­ turino de Prioribus (Savonensi, ut in annotationibus mss. ad libros Boetii in codice a C. V. P . M . Cavallerio possesso se inscribit) ». Poiché Venturino, come vedremo, non è savonese, possiamo sol­ tanto chiederci come il Moriondo sia caduto in errore, cioè quale potesse essere la inscriptio di Venturino nelle annotationes *. Credo molto probabile che Venturino si sia detto praeceptor o rhetor savonensis, come sospettò già il Vernazza, il quale adduce, fra altro, l ’esempio di Domenico Vani, che, in un incunabolo venuto poi in possesso dei Domenicani d’Alba, si denominò Baonensis rhoetor * [!], pur non essendo savonese, ma nativo od originario di Mirabello e cittadino d’A lb a 2)* . ilei 1890 Carlo Braggio 3) dice senz’altro che Venturino era savonese. ISTel 1892 il Gabotto, Un nuovo contributo, pag. 119, ri­ ferisce l’osservazione del Vernazza e la sua opinione sulla proba­ bile patria provenzale di Venturino, e non si pronuncia decisamente:

q Questi statuti dettati da Yenturino naturalmente non esistono, [o, meglio, sono un’ amplificazione letteraria e fantastica degli Ordines et statuta scolastici del codice torinese]. a) Della tipografia in Alba, pagg. 23-26. [L’incunabolo, lo Scriptum in quartum sententiarum di P e t r u s d e P a l u d e stampato dal Locatello in Ve­ nezia nel 1493 (H a i n , n. 12286), recava una nota di possesso del Nani con la qualifica]. Lo S p o t o r n o , op. cit., II, pag. 383, osserva che il Vernazza si contradice, poiché d’altra parte sostiene che Venturino insegnava in Acqui e non a Savona. Ma il V e r n a z z a presta poca fede alla notizia data dal Mo­ r io n d o , e presenta Vinterpretazione alle annotazioni vedute dal Moriondo con­ dizionalmente: « se in quelle si dice che Venturino de’ Priori* era savonese ». 3) Giacomo Bracelli e l’umanesimo dei Liguri al suo tempo, negli « Atti della Società Ligure di Storia Patria », voi. X X III, fase. 1, Genova, 1890, pag. 136.

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« A d ogni modo, esclusa quasi sicuramente l’origine albese, Yentu« rino de’ Priori sembra essere stato della riviera occidentale: fosse « poi veramente savonese1), o, più probabilmente, di paese più « prossimo a Nizza ». I due più recenti storici di Savona, lo Scovazzi e il Noberasco 2), dicono Venturino « se non savonese per * « nascita, certo della Liguria occidentale ». Il Vernazza, fin dal 1782, aveva pensato al contado di Nizza, nel qual paese, vale a dire in Sospetto e in Lucerame, dura tuttora la casa Prioris [3)], e aveva anche citato il codice [Lat.] D L V III [oggi K . I I . 2.] della Biblioteca di Torino, descritto dal Pasini, nel quale si legge : « Presens* opusminiavit ftater Ludovicus de Prioribus de Nicia Provincie Ordinis S. Benedicti M C C C C X X X V I I *. die X V .

1) Nel 1889 il G a b o t t o aveva senz’ altro detto il Priori savonese, nella conferenza La patria nei poeti della Iiinascenza, Torino, 1889, pag. 25. 2) Storia di Savona, vol. I li, Savona, 1928, pag. 363; Savona, Poma, 1930, pag. 103. [3) Nè il Vernazza, nè quanti si sono occupati di Venturino dopo di lui fino ad oggi, hanno mostrato di conoscere i documenti degli archivi di To­ rino e di Nizza spogliati e in parte pubblicati da E. Ca is d e P ie r l a s , La ville de Nice péndant le premier siècle de la domination des princes de Savoie, Torino, 1898. Da essi appare che la famiglia Prioris, di ricchi mercanti, era fra le principali di Nizza fino dal secolo XIV . L’ opera del Cais de Pierlas, tirata a soli centoquaranta esemplari, non ha indice dei nomi. Sembra oppor­ tuno, quindi, dare qui i luoghi nei quali si parla della famiglia Prioris. In un documento del 1399 compaiono i nomi di Agostino e Francesco Prioris, fra­ telli, per un omicidio politico commesso dal primo dei due l’anno precedente (pagg. 85, 175). La famiglia Prioris parteggia per i Grimaldi e pei conti di Sa­ voia, contro gli Angioini (pag. 169). Nel 1415 Napoleone Prioris vende filo per riparare corde al castello di Nizza (pag. 239), nel 1422 subisce un atten­ tato ed è ferito in una sua fornace (pagg. 284-285), nel 1431 ha bottega di pesce a Villafranca (pag. 239), e accusa Luigi Prioris, suo cugino, di avergli rubato un inventario (pagg. 251, 256), nel 1439 è condannato in contumacia, per aver preso parte all’insurrezione del 1436, e poi assolto mediante paga­ mento (pagg. 175-176, 179); l’inventario dei mobili e degli oggetti di sua pro­ prietà, fra i quali alcuni libri, redatto in quella circostanza, dimostra la ricchezza e la cultura della famiglia (pagg. 179, 299, 427-432; la lista dei libri si trova alle pagg. 430-431). Nell’insurrezione fu implicato anche un Lu­ dovico Prioris, probabilmente figlio di Napoleone (pagg. 176-182). Un figlio di Ludovico, Antonio, e una figlia, Batroneta, si imparentano con le prime famiglie di Nizza (pagg. 239). Non è poi, sembra, un’ipotesi troppo ardita quella che abbia appartenuto alla stessa famiglia l’uditore generale della K. C. A. Giovanni Prioris, creatura del ligure Sisto IV, di cui si parlerà più avanti, a pag. 71, nota 2. G. B. T o s e l l i , Biographie niçoise ancienne et moderne, Nizza, 1860, II, pag. 156, dà notizie del p. Fortunato Prioris, di Sospello, teologo del secolo XVII.]

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Venturino de Prioribus,

Novembris1) ». Nel 1815, insistendo nella sua ipotesi, aggiunse parte d ’un documento, che darò integralmente (n. 132), dal quale risulta che il senato d’Alba concesse a Venturino un congedo di quindici giorni perchè potesse andar in Provenza e curarvi i propri interessi2). ilei 1825 lo Spotorno, op. cit., II , pag. 382, forse non ignorando la scoperta, di cui dirò, fatta da Gian Tommaso Belloro, dice che Venturino è di Nizza Marittima, volgarmente di Provenza, e di Sizza lo dice nel 1874 il Garoni, op. cit., pag. 210. D i famiglia nizzarda e, molto 'probabilmente, nativo egli stesso di quella contea, lo dice il Vinay, L'umanesimo subalpino, pagg. 164-165, polemiz­ zando col Gabotto, il quale non accetta la notizia data dal Vernazza che con beneficio d'inventario. Filippo Noberasco, nell’opuscolo ci­ tato, I Savonesi illustri, pag. 20, scrive che Venturino, « umanista, « latinista, conteso fra Savona e Sizza, amico di Giovan Mario Fi« lelfo, lasciò prose e poesie andate perdute ». Sessuno, ch’io sappia, mostrò finora di conoscere le Lettere bibliografiche del Gazzera, nelle quali, a pag. 45, sono riassunte le scoperte inedite fatte negli archivi savonesi su Venturino da Giovanni Tommaso Belloro, la prima delle quali dovrebbe sen­ z ’altro troncare la contesa fra Savona e Sizza. Venturino si fir­ mava infatti nel 1452 de Nicia Provincie come, nel 1437, il minia­ tore del codice torinese citato dal Vernazza. Le altre scoperte sul­ l ’insegnamento di Venturino in Savona sono in gran parte con­ fermate dalle ricerche fatte negli stessi archivi dallo Scovazzi e dal Soberasco3). Scrive il Gazzera: « È manifesto per lo scritto « del Belloro, che Venturino de’ Priori già sino dall’anno 1452 abi« tava Savona, perchè sottoscritto ad un testamento dei 2 maggio «d i quell’anno stesso: Magister Venturinus de Prioribus de Nicia « Provincie *. Passò egli poscia una scritta al Comune di Savona, nel-

1) Il codice è membranaceo, scritto in Farigliano (in l'ariano). Contiene le Antiquitates di G i u s e p p e F l a v io , e il P a s i n i , II, ** pag. 126, lo dice « eiegantissimus et 'passim auro, varioque colore depictus ». Disgraziatamente nel già citato Inventario dei codici superstiti dopo l’incendio del 1904, pag. 480, troviamo un altro superlativo: «Danneggiatissimo. Per altro il testo è per non piccola parte leggibile ». 2) Della tipografia in Alba, pag. 26-27. Nella Notizia degli scrittori albe­ sani, « redazione manoscritta più ampia della stampata », esistente nel tomo XV II della Miscellanea Vernazziana nella Biblioteca di S. M. e citata dal G a b o t t o , TJn nuovo contributo, pag. 115, il V e r n a z z a dice soltanto: «a « me pare che fosse di famiglia nativa della contea di Nizza ». Nel Dizionario dei tipografi, pagg. 297-299, nulla dice della patria di Venturino. 3) Vedi in seguito, pagg. [51-52].

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« l’anno seguente, di tener scuola di Grammatica e di Rettorica « per tre anni successivi mediante lo stipendio di lire 60 savonesi1), « la quale si rinnovò di tre in tre, e di cinque in cinque anni, e con « accrescimento di stipendio, sino a tutto l ’anno 1474 ». L ’origine provenzale di Venturino è confermata, oltrecchè dal congedo di quindici giorni già citato dal Vernazza, e dall’invio di fichi che gli fece da Nizza Marittima VAugustinus sororius, dai particolari dei suoi viaggi, che ricorderò in seguito, dalla Pro­ venza a Savona e ad Alba, e dai suoi rapporti, dei quali parimenti dirò, con Renato d’Angiò e con Giovanni Cossa, conte di Troia, barone di Grimaud e siniscalco di Provenza, fido consigliere dello stesso Renato. Inoltre, rispondendo in versi latini ad un suo discepolo, che gli aveva scritto in versi italiani, egli dice che la lingua di Dante non è la sua (n. 44) 2). 9. Sull’anno di nascita e sugli anni giovanili di Venturino nulla sappiamo di preciso. D a una poesia diretta a lui da Mario Filelfo (n. 164) possiamo indurre che fossero press’a poco coetanei e che Venturino si distinguesse negli studi teneris ab annis. Vi si legge infatti: « Non etiam ex animo ceeidit mea prima iuventus, Cum tibi me iunxit munus amicitiae. Nnnc etiam memini quae spes pulcherrima de te Esset, ut in studiis sollieitus fueras**. Quo magie a teneris tua te mibi florida virtus Annis iunxit, amo te magis ipse virum3) ». Il Filelfo era nato il 24 luglio 1426. Sottilizzando sulla prima iuventus contrapposta ai teneri anni, si può credere che Ventu­ rino fosse un po’ più giovane.

!) I Savonesi erano stati molto più generosi con Mario Filelfo, diciot­ tenne o ventenne, al quale davano uno stipendio annuo di cento lire, più venti lire per la pigione di casa. (Vedi pag. [51,] nota [ l ] ). *) « Si mihi lingua foret Dantis vernacula, fili, Hetruscis verbis uterer ipse modo. Tyrhenis tecum numeris certare studerem, Tu quibus ipse micas ingenioque vales: Sed quia me tandem (tantum f) comitantur barbara verba, Nunc noster tecum sermo latinus erit ». Vero è che barbara verba egli avrebbe inteso anche dai nati a Savona o ad Alba. 3) Venturino scrisse egli pure ad un Pietro, veterem socium: e Usque vi­ rum teneris dilexi semper ab annis » (n. 178). 4. —

P

atetta

,

Venturino de Prioribus.

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Venturino de Priorilus,

Vaghe notizie sulla lieta vita giovanile e sulla sua presenza in chiari ginnasti1) dà Venturino in una poesia (n. 175) diretta a Paolo Eamoino, che ho già ricordato e sul quale tornerò in se­ guito, medico e poeta, Uneliae vdllis oriundus, e precisamente, secondo il P ira 2), nato nel piccolo paese di Pontedassio, e quindi non troppo lontano da Nizza. D ’altra parte nel numero 189 confessa umilmente: « Non ego sum sacras Heliconis ductus* ad undas.... — Nos humiles vates edocuere paruni », e nel numero 1 dice che, quando nel 1452 o 1453 entrò in casa della vedova, che, parecchi anni dopo, fu sua moglie, era in ogni cosa aptus, adest cytharae gualis asellus iners, che essa era la sua maestra, e che, alla fine del 1456 o in principio del 1457, privo d’aiuto da parte di lei, scriveva incompti carminis odam. Eipeto, le notizie sono vaghe, e su di esse non si può fare grande assegnamento. Venturino potè facilmente conoscere Mario Pilelfo, poiché questi, sorretto dalla fama del padre e dalla sua naturale audacia, doveva essere anche in Liguria notissimo e bene accolto, almeno in principio, tanto che diciassettenne 3) potè sposare Marietta Car­ retto, essere in seguito in buoni rapporti coi Del Carretto dei quar­ tieri di Pinale e di Millesimo, e a diciotto o a vent’anhi esser no­ 1)

« Nos fora, nos urbes, nos olim tempia iociqne, Nos pariter iunotos gymnasia clara videbant. Nil ita celabam quin semper conscius esses. Iure sodalitii quotiens tibi nostra retexi Pectora ! Nos quotiens pariter, mi Paule, eborea Coniunctos vidit ! Quotiens tibi, frater, amores Narravi nostros!...». Per lo * ius sodalitii, che Yenturino invoca verso il Eamoino anche nel numero 172, cfr. O v i d i o , Tristium IY, x , 45-46: « Saepe suos solitus recitare Propertius ignes — Iure sodalitii, quo * mihi iunctus erat ». 2) G iu s e p p e M a r i a P i r a , Storia della città e principato di Oneglia, voi. I, Genova, 1847, pag. 220. Il Pira conosce, forse indirettamente, le poesie con­ tenute nel manoscritto Laurenziano, dirette dal Prior al Eamoino. 3) In un documento mantovano dell’ l l ottobre 1478, citato dal Luzio e dal E e n i e r , [I Pilelfo e l'umanesimo alla corte dei Gonzaga, in « Giornale stor. della letter. it. », t. XV I, pag. 199, nota 1,] e quindi dal Gabotto , [Un nuovo contributo], pag. 72, nota 2 (6), Mario dice che Marietta gli era moglie fedele da trentacinque anni compiuti. Si risale quindi a una data anteriore all’ 11 ottobre 1443, e Mario il 24 luglio di quell’anno aveva appunto compiuto diciassette anni. Sul suo matrimonio cfr. il G abotto , op. cit., pag. 72, nota 4 (8), Ne dirò più ampiamente nella parte di questo volume dedicata a Mario Pilelfo. [Per questo studio su Mario Pilelfo che, nel disegno dell’A., doveva far seguito al presente lavoro su Venturino de Prioribus, vedi quanto è stato detto nella Nota editoriale. Cfr. anche pag. 115, nota 1, e pag. 184, nota 2.]

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minato a Savona maestro di grammatica e di rettorica, con stipendio molto superiore a quello di sole 60 lire dato poi a Venturino, ed ottenere in seguito la cittadinanza1 )*. Secondo il Gabotto, Mario, salvo temporanee assenze, restò a Savona fino all’estate del 1450 (op. cit., pag. 73, nota 4): la prima notizia della presenza di Venturino a Savona è in un documento del 2 maggio 1452, ma, come abbiamo veduto, egli funge già da testimonio e gli è già dato il titolo di magister. È quindi probabile che vi fosse da qualche tempo. Vedremo del resto che anche Mario tornò in seguito più volte temporanea­ mente a Savona. La scoperta fatta da Gian Tommaso Belloro dell’insegnamento di Venturino a Savona dal 1453 2) a tutto il 1474 fu pubblicata, come ho detto, dal Gazzera, ma passò inosservata. La conferma­ rono quasi interamente, senza conoscerla, i due recenti storici di Savona, lo Scovazzi e il Noberasco, i quali scrivono: « Venturino...* « fu fissato dal Comune, come maestro di grammatica e * rettorica, « il 1° novembre 1453 ; lo troviamo a Savona ancora negli anni 1455, « 1457,1460. Nel 1468 s’impegnò col Comune per altri cinque anni » 3).

!) G io v a n n i V in c e n z o V e r z e l l in o (morto nel 1638) scrisse, sotto la data del 1444, che Mario ebbe un salario di lire cento Vanno e lire 20 per pigione della casa, pagategli * dal pubblico (Delle memorie particolari e specialmente degli uomini illustri della città di Savona, voi. I, Savona, 1885, pag. 308). Le stesse notizie ebbe il T ir a b o s c h i , [ed. cit.], VI, pag. 1526, nota, da Gian Tommaso Belloro, che solo per la pigione indica, lire 28 in luogo di 20. L’opera del Verzellino era allora inedita, ma il Belloro potrebbe avervi attinto, e potrebbe anche essersi valso dell’ archivio savonese. Ca r l o d e ’ B o s m in i , Vita di Francesco Filelfo, t. I l i cit., pag. 87, scrive invece che Mario « l’anno 1446, ventesimo della età sua, fu professore di lettere umane a Sa« vona, ove fu onorato di quella cittadinanza, ciò affermando egli stesso nel« l’opera sua manoscritta De communis vitae continentia », il cui codice auto­ grafo, offerto a Sisto IV, era a Mantova nella libreria della famiglia Arrivabene (voi. cit., pag. 107, nota). [Il codice, di cui già dette ima breve noti­ zia il B e t t in e l l i , Delle lettere, e delle arti mantovane, Mantova, 1774, pag. 43, è descritto da G io v a n n i A n d k e s , Catalogo de’ codici manoscritti della famiglia Capilupi di Mantova, Mantova, 1797, pagg. 76-79. La descrizione dell’Andres si trova, riassunta alla meglio, in L. A g o s t in e l l i e G. B e n a d d u c i , Biografia e bibliografia di Giovan Mario Filelfo, Tolentino, 1899, pagg. 60-61, n. CCXXXVI.] Porse il 1446 è l’ anno, in cui fu data a Mario la cittadinanza savonese. *.) Probabilmente per un momento di distrazione nel prender gli appunti scrisse il B r a g g io , op. cit., pag. 136, che Venturino non tenne insegnamento a Savona prima del (14)73, e eh e quindi fu un successore di Gian Mario (Filelfo)* assai in ritardo. 3) Op. cit., I li, pagg. 353-354 e nota 1.

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Venturino

d e P r io r ib u s ,

Nel 1474 Venturino curò in Savona l’edizione di Boezio. Non ab­ biamo poi notizie di lui per alcuni anni, il che non significa che non abbia ancora insegnato a Savona o in qualche paese vicino 1). Certo, come vedremo, nel 1482, avendo deciso d’andar a Boma, affidò i suoi discepoli o, com’egli dice, il suo gregge ad un altro maestro, di nome Cola, che il Vernazza volle erroneamente identi­ ficare col famoso Cola Montano. Lo Scovazzi e il Noberasco [op. cit., I l i , pag. 354, nota 1] dànno ancora un’altra notizia non priva d’interesse: «d a un atto « di Giacomo Faia del 26 - V I* - 1471, Venturino de’ Priori risulta « compartecipe su di un lembo », cioè su una delle 'piccole navi a véla del tipo dei moderni trabaccoli, usate per le navigazioni di breve durata2) : possedeva quindi uno dei così detti loca navis 3), cioè aveva una quota di condominio sopra una nave. Ve­ dremo che doveva anche esser proprietario di terre in Provenza, probabilmente a Grimaud, e che di là fece portare e vendere il suo grano a Finale; che la sua prima moglie ebbe dal padre una dote forse modesta, poiché questi dice d’esser povero; che la se­ conda moglie dimorava con la madre vicino a Savona, in una campagna, che sarà stata probabilmente proprietà loro o di Ven­ turino. Tutto ciò non gli impediva di pianger spesso miseria e di accettare e sollecitare doni dai discepoli e dai loro parenti. Sui primi anni della dimora di Venturino a Savona e sugli antecedenti del suo primo matrimonio abbiamo notizie curiose nel­ l’epistola con la quale s’inizia il codice (n. 1), cioè nella risposta

*) È però arbitraria l’affermazione del V inay , L'umanesimo subalpino, pag. 165, che Venturino sia stato maestro in molti luoghi. Notizie sicure abbiamo soltanto per Savona e per Alba. Molto anteriore al nostro è un mae­ stro Venturino, che a Mantova, nei giorni festivi, spiegava Virgilio, e che è ricordato da [G e o r g ] V o ig t ,** [Die Wiederbelebung des classisehen Alter­ thums oder das erste Jahrhundert des Humanismus, Berlino, 1893,] I, pag. 534. 2) E m il io P a n d i a n i , Vita privata genovese nel Rinascimento, * in «Atti della Società Ligure di Storia Patria», voi. XLVII, Genova, 1915, pag. 57 *. Lembo è il greco λέμβος, il latino lembus, come si può vedere nel * J a l , Glos­ s a le nautique, Parigi, 1848, pagg. 919-922, nel [dizionario latino del] F o r c e l l in i - D e -V it e nel G e o r g e s , [Ausführliches lateinisch-deutsches Hand­ wörterbuch, Lipsia, 1880]. Vedi anche il Dir C a n g e -H e n s c h e l , alla v. limbus, [il dizionario italiano del] T o m m a s e o -B e l l i n i , [il Vocabolario marino e militare del P. A l b e r t o G u g l ie l m o t t i ] e il Dizionario di marina pubblicato dall’Accademia d'Italia, alla v. lembo. 3) Vedi l’interessante studio di M a r io Ch ia u d a n o , I « loca navis » nei documenti genovesi dei secoli X II* e X I I I *, negli Studi di storia e di­ ritto in onore di Enrico Besta, voi. IV, Milano, 1939, pagg. 413 e segg.

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umanista ligure del secolo XV.

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di Venturino all’epistola, non giunta a noi, d’un Antonio, ch’egli dice poeta illustre, ma che ci è ignoto non essendo il caso di pen­ sare al Panormita f1)]. Per fortuna, la data di questa lettera si può approssimativamente determinare con tutta sicurezza. Essa fu scritta quando Venturino si trovava in casa della vedova, che fu poi sua moglie, da quattro anni compiuti, ed era incominciato il quinto anno: « Quattuor exactis anni complentur ab illo Mensibus, et quintus annuus orbis adest2), Quom coepi viduam nimium coluisse vetustam Et viduae (fateor) captus amore fui. Hanc mihi* sperabam taeda sociare pudica ». La vedova avvedutasi di altri progetti ch’egli stava facendo, lo aveva cacciato di casa. Il dissidio non fu però di lunga durata, e condusse immediatamente al matrimonio, che Alberto, padre della vedova, annunciò a Mario Eilelfo, usando egli pure il primo distico del brano sopra citato: « Quattuor exactis anni complentur ab illo Mensibus, et quintus annuus orbis adest, Venturinus egens quo nostras venit ad aedes: Is petit ut sumptus hospitiumque darem. Assensi: mores huius mentemque virilem Expertus multis ipse diebus eram, Quom sibi connubio natam cum dote locavi, Quae mihi cum natis sola duobus adest ». Sulla data dell’epistola d’Alberto a Mario Filelfo, segnata nel codice col numero 6, non può cader dubbio. Essa fu scritta non ap­ pena si seppe che Mario aveva fatto ritorno in Italia dalla Francia, dove era andato come legato di Lodovico, duca di Savoia, al re Carlo V II. Tale ritorno, come vedremo, è certamente non posteriore al febbraio 1457, e di quel mese, o di poco posteriore, dev’esser l’epistola d’Alberto. L ’epistola di Venturino ad Antonio si può quindi attribuire al secondo semestre del 1456 3), e l’entrata di lui in casa della vedova deve quindi porsi nel 1452, cioè nell’anno in [*) Non è ben chiaro il motivo di questa esclusione così perentoria.] 2) Cfr. V i r g il io , Eneide, V, 46-49: « Annuus exactis completur mensibus orbis, — Ex quo reliquias divinique ossa parentis — Condidimus terra maestasque sacravimus aras * ». 3) Tanto l’epistola di Venturino ad Antonio quanto quella di Alberto a Mario Filelfo saranno date integralmente nell Indice del manoscritto albese [n.i 1 e 6],

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Venturino d e P r io r ib u s ,

cùi compare per la prima volta, e già col titolo di magister, nel do­ cumentò savonese scoperto dal Belloro e citato dal Gazzera. STell’epistola è narrata la storia delle relazioni di Venturino con la vedova fino alla crisi, che condusse poco dopo al matri­ monio, e Venturino, che è nel pieno vigore dell’età giovanile, con­ trappone la sua triste sorte alla fortuna d’Antonio, che è inca­ nutito per la vecchiaia, che muove a stento i passi appoggiandosi al bastone, e che ciononostante ha una bionda fanciulla, che gli prodiga [il suo amore] ** e gli detta le poesie tanto ammi­ rate. Si potrebbe credere, a primo aspetto, che tutto questo sia scritto metaforicamente, e che la bionda fanciulla sia Talia o un’altra Musa; ma da ciò che dice Venturino, e dal con­ fronto che fa con la sua vedova, risulta invece che Antonio aveva effettivamente, o si vantava d’avere una fanciulla in carne ed ossa che era, o fingeva d’esser innamorata di lui. È detto infatti che essa canta più dolcemente d’Orfeo e di Saffo, che sarà anno­ verata fra le principali poetesse e avrà nome di regina dei vati. Venturino, cui virides sunt vires corporis omnes, invidia l’amico e gli narra il suo triste caso. Si era innamorato d’una vedova parecchi anni prima. E on era ricca, ma dotata di chiare virtù; a love principium duxerat illa suum x), e quantunque aevi piena, non aveva nulla di deforme. Vecchia dottissima, non filava, non tesseva, non cuciva, ma le sette arti erano sua costante cura. Venturino entrò in casa di lei come servitore*2), ed essa gli dettò le condizioni: « Pierios tu mane sinus mulcebis, et undas Ponte medusaeo, dixit, et inde feres. Tu vestes nostras, tetro iam pulvere plenas, Excuties, et me fldns amore coles ; Tuque lares nostros semper venerabere, ne quid Incomptum teneat, te famulante, domus; Et quae digna. tibi tandem vel iusta iubebo, Sollers efficies murmure cuneta sine. Non aurum rutilans, argentum sive lapillos Pro mercede feres: talia nulla dabo; Sed cytharam plectrumque simul dulcesque camoenas Ipsa tibi tribuam, praemia clara satis ». x) Credo che Venturino dica qui, in modo alquanto ambiguo, ciò che dice più volte di altre persone: Giove le aveva dato Vingegno. Alberto, padre della vedova, non era nobile, ma pauper et abiectus, come dice egli stesso in un’epistola a Mario Pilelfo (n. 163, vv. 55-57). 2) Dice Venturino: « Me famulum viduae vietus amore dedi », ed essa lo accolse hospitio dignata suo, nomine servi. Cfr. con quanto ho già riferito dell’epistola scritta da Alberto a Mario Filelfo.

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Appena accoltolo in casa sua, o meglio nella casa del padre, nella quale pare che spadroneggiasse, come forse spadroneggiò poi nella casa del marito, la vedova impose a Venturino di scrivere dei versi, ed egli ne compose a stento alcuni pochi. Volle in seguito fargli far della musica ( Castalios 'pulsare sinus), ma egli non sa­ peva. La donna rise, e gli diede le sue vesti da spolverare. Egli era atto ad ogni cosa, come l’asino alla cetra1), ma la vedova, non disdegnando lo sforzo del nuovo iTeoptolemo 2), prese dolcemente ad istruirlo anche nella musica. L ’insegnamento fu proficuo * * : essa lo lodò e cominciò a dargli segno d'amore **. S’avvide però da ultimo ch’egli aveva altri progetti, perchè, come dice, certo esa­ gerando, essendo povero, non poteva pascersi di carmi, e i versi non gli procuravano il vestiario. La vedova sdegnata gli ordinò di uscir di casa, gli tolse la cetra che gli aveva donato, lo spogliò degli amati carmi, e volle che scrivesse soltanto dei versi vili. Per­ ciò l ’epistola che manda ad Antonio è rozza. In quest’epistola Venturino non dice quello che Antonio forse già sapeva, cioè che egli da parecchi anni era a, ¡Savona maestro di grammatica e di rettorica. Lo stipendio che riceveva dal Comune gli dava senza dubbiò una certa indipendenza: non era più il po­ veretto {egens) che aveva chiesto ad Alberto sumptus et hospitium, ed era entrato in casa sua nomine servi ·, ma la condizione di maestro gli sembrava forse troppo modesta, e lo stipendio troppo esiguo. Perciò, mutata mente, avrebbe voluto seguire alternis studii ferti­ lioris opus, e probabilmente attendere agli studi giuridici3). Tutto ben considerato, dovette però pensare che era pericoloso lasciar il certo per l’incerto, si riconciliò con la vedova e la sposò. Scrivendo ad Antonio nel momento del dissidio, egli prodiga alla sua futura moglie gli epiteti di vetusta, aevi plena, anus, annosa,

1) Asinus ad lyram. Cfr. gli Adagia di Erasmo, riveduti da Paolo Ma­ nuzio, Venezia, 1585, [coll. 245-246]. 2) « Illa, Neoptolomi non indignata labore, — Ut facturus erarn dwleiter edoeuit ». Qui e nel numero 165, v. 91, Venturino prende il nome di Neoptolemo, dato a Pirro, che andò all’assedio di Troia essendo ancora molto giovane e inesperto. Il ms. lia nei duo testi Neoptolomo, forma registrata negli Onomastici del D e -Vit e del P erin , mentre il ms. Laurenziano, nel nu­ mero 165, almeno secondo l’edizione del G a b o t t o [pag. 260], ha Neoptolemo. 3) In una poesia, che è certamente una delle sue prime (n. 189), egli, come vedremo, scrive ad Enrico Stella, giurista e poeta, che non ha ancora studiato le leges superbas, e quest’aggettivo fa credere che si tratti per l’ap­ punto delle leggi civili, non dell’arte poetica.

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Venturino

d e P r io r ib u s ,

diva parens, pur dando del fisico di lei una descrizione che potrebbe benissimo convenire ad una giovane. Vedremo che, dopo il matri­ monio, essa continua a far da padrona, ed egli si mostra innamora­ tissimo, e non comanda, ma supplica. U n’epistola diretta a lei dal marito (n. 168) ci fa sapere che si chiamava Maria. Da ciò che Alberto scrive a Mario Filelfo, dandogli l’annunzio del matrimo­ nio, si potrebbe sospettare che essa avesse due figli del primo letto: « connubio natarn cum dote locavi, — Quae nihi cum natis sola duobus adest ». Credo però che egli abbia voluto dire d’aver una figlia sola e due figli, probabilmente più giovani di lei. Infatti Venturino non accenna mai a questi due figli nè nelle epistole dirette alla moglie nè in quella ad Antonio. Negli epiteti, che in quest’epistola dà alla futura moglie, egli senza dubbio esagera, e lo prova il fatto d’aver avuto da lei forse un figlio1), morto in fasce o poco dopo, e in seguito due figlie, Teodora e Catina (cioè Caterina). Forse la vidua vetusta avrà avuto una quarantina d’anni, mentre Ventu­ rino, probabilmente più giovane di Mario Filelfo nato il 24 lu­ glio 1426, s’awicinava alla trentina. Essa viveva ancora nel giu­ gno del 1466, quando il marito le scrisse da San Eemo, scongiu­ randola di venire a consolarlo (n. 169); morì senza dubbio prima del 1476, e il marito passò a seconde nozze, come risulta da una sua epistola a Giovanni Cossa, morto appunto in quell’anno, nella quale scrive d’esser giunto inaspettato a Savona e d’esser stato accolto amorosamente dalla vecchia suocera e dalla moglie (n. 217): « Tunc socrus et coniux obstupuere simul. Prodit anus, proditque simili carissima consors, Amplexusque meos utraque laeta petit ». Che accanto alla vidua vetusta, sposata da Venturino, potesse esserci una più che vetusta suocera, vivente in famiglia e non ricor­ data nè da Alberto, nè da Mario Filelfo, nè, prima del numero 217, da Venturino, mi pare assolutamente da escludere. La seconda moglie di Venturino non sarà stata una latinista, come la prima dottissima, e quindi nulla abbiamo di Venturino diretto a lei. Alla prima mo­ glie sono invece diretti i numeri 168, 169 e 236, nei quali le è dato anche il nome di soror. Il numero 168 sarà pubblicato integralmente

x) Nel numero 192, di cui dirò fra poco, Venturino scrive che prima delle due figlie ortus erat mihi pulcher masculus ; illum mors rapuit. Questo figlio, come si vedrà, potrebbe anche esser nato prima del matrimonio, e da un’altra donna.

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nell’Indice. In esso Venturino scongiura la moglie di far ritorno a casa, dove l’attende con le due figlie. La maggiore, Teodora, langue d’amore per lei, e vede a malapena con occhi cisposi: cadde e si feri gravemente al capo, producendosi forse la frattura del cranio; Catina cammina a stento, e non può ancora vestirsi nè spogliarsi. La loro ancella se ne andò. Veda adunque in quale stato si trovino. Venturino si presenta come marito esemplare e innamoratissimo, in versi che sembrerebbero ispirati da vera passione, se la loro effi­ cacia non fosse tolta in gran parte dai trentasei che li precedono, dedicati specialmente a Orfeo e ad Euridice, e da quelli che li se­ guono, nei quali egli esprime la sua grande ammirazione per ciò che ha scritto: « Dicite, Pierides, si vates dulcius unquam Persuasit quisquam; dicite, quaeso, mihi. Hi versus equidem possent adamanta movere, Et possent tygres* flectere, credo, truces », ecc. ecc. Nei quattro distici del numero 169, datati da San Eemo, 6 giu­ gno 1466, Venturino si paragona alla tortora che ha perso la compagna, e prega la moglie di venir presto a consolarlo, perchè geme continuamente, trovandosi solo1). Come fosse a San * Eemo non so; ma là fu senza dubbio pronunciato un ringraziamento scritto da lui e rivolto agli intervenuti ad un banchetto (n. 26). Un altro richiamo di Venturino alla moglie è nel numero 236. Egli dice che le rondini partono già per le loro dimore invernali, che le feste di San Michele (29 settembre) sono foriere di piogge, che la Bormida crescerà e che la via diverrà fangosa 2). Se la moglie non è più feroce d’una tigre e più crudele d’un serpente, se non è nata dagli scogli e non ha il petto di selce, torni a casa. Anche la belva nutre e cura i suoi piccini: « cur nulla est prolis nunc tibi

x) Nel numero 168 si legge « tempora solus ago », e nel 169 « tempora so­ lus agens ». È comune ai due numeri Pemistieliio scito solatura maritum». 2) «Nam nobis pluvias Mieliaellis festa minantur, Burmida sic crescet et ruet omnis aqua. Nunc iter est siccum et facile amatoribus aptum, Aspera tunc flet quaeque lutosa via ». Dato il tono di quest’ epistola, ben diverso da quello dei numeri 168 e 169, possiamo forse chiederei se gli amatores siano semplicemente dei bravi camminatori o non piuttosto degli amanti. [A meno che non debba leggersi, come sembra più probabile, viatoribus al posto di amatoribus. Cfr. Indice, n. 236, nota al verso 15.]

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Venturino d e P r io r ib u s ,

cura tuae ? ». L ’accenno alla Borimela fa credere che questa moglie esemplare fosse a villeggiare in qualche paese delle Langhe, senza le figlie, poiché il povero marito le scrive: « rcspice sollicitas, te maire absente, puellas ». Solo di puellae parla anche nel numero 267, nel quale narra d’essersi fatto interpretare un sogno, e d’aver ricevuto dall’interprete il consiglio di tener nascoste le figlie: « Stet tua clausa domus, lateantque in limine natae ». Si poteva infatti te­ mere che volessero seguire le norme della madre. Notizie su Teodora, su Catina e sui loro genitori si trovano nel numero 192, epistola ad un poeta innominato, a cui Venturino si era rivolto, senza conoscerlo, per entrare con lui in corrispondenza letteraria. Aveva mandato all’ignoto poeta dei versi elegiaci, e mentre nella chiesa di San Francesco (probabilmente a Savona) ascoltava i nodosa sophismata 1) svolti da un predicatore, un gio­ vane gli aveva consegnato la risposta. Si era trattenuto a stento, e aveva letto soltanto due versi; ma, finita la predica, lesse subito l’epistola. Venturino era ancora a mezza via fra la modestia espressa nel numero 1, che troveremo parimenti nei distici a Enrico Stella (n.i 189 e 191) e nelle epistole a Mario Filelfo, e la vanagloria osten­ tata in tanti altri componimenti. Perciò trova eccessive le lodi che l ’ignoto gli rivolge, ma finisce col dire che fra loro non ci dev’esser mutuo incensamento, e che la sua gloria è già abbastanza nota : « Non scribo ut fiat nostri ostentatio quaedam — Carminisi est nostra gloria nota satis ». L ’innominato desiderava aver notizie della moglie di Venturino, di lui e della prole, e Venturino risponde che la sua pudica coniuge è torturata dalla febbre quartana, che Teodora, sua figlia maggiore, ha trenta m esi2), e Catina sette. Prima di Teodora aveva

x) I nodosa sophismata compaiono altre volte nelle poesie di Venturino. Nel numero 165 egli scrive che nulla d'egregio ha la Francia nelle scuole, no­ dosa sophismata praeter. Nel numero 226 dice che Sisto IV, dopo esser stato Ciceronis alumnus, tanto da poter vincere Nestore nell’ eloquenza, hausit nodosa sophismata: li distingue però dalla filosofia, virtutum clara magistra. In­ vece nel numero 265 scrive ad un maestro che gli aveva fatto vari quesiti; « Acris es ingenii, nodosa sophismata fundens, — Quae vir philosophus disseruisse queat»; e, nella successiva risposta in prosa, comincia citando Aristotele: « Oppositorum eandem esse disciplinam Aristotellis (!) est sententia trita et manifesta.... ». Pare che Venturino usasse la parola sophisma non nel senso che abitualmente le * diamo, ma in quello di questione sottile, ingegnosa. Usava parimenti in senso buono la parola sophista. [Vedi pag. 118, nota l], 2) « Est Theodora mihi natu maiuscula : menses — lam quater ad quinos addidit illa decem ». Cfr. O v i d i o , Metam., I li, 351-352, « Namque ter ad qui­ nos unum Cephisius annum — Addiderat ».

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avuto un bel maschietto, ma la morte glielo aveva rapito x). A n­ che Teodora aveva avuto una febbre altissima ed era stata vicina a morire, ma la Santa Vergine, accogliendo la preghiera dei geni­ tori, l’aveva salvata: l’ardor della febbre si era attenuato, si nu­ triva meglio e riposava. Venturino, per il dispiacere e per il vitto, era stato preso dalla febbre, ma l’aveva vinta colla, dieta e coll’astenersi dal vino. Soffriva però tuttora di languore allo stomaco e al fegato, tanto che non poteva quasi camminare. Ciononostante aveva ottemperato agli ordini del suo corrispondente. Perchè dun­ que questi non lo aveva accontentato, e si ostinava a non fargli conoscere i nomi del padre e della patria ? Spenga ormai questa grande sete, e aggiunga anche il nome del maestro che lo avviò alle fonti medusee e ai cori delle Tespiadi. La data di quest’epistola si può dedurre con grande approssi­ mazione dai trenta mesi d’età di Teodora, che dev’esser nata fra la fine del maggio e il principio di luglio 1457. Prima della sua na­ scita Venturino scrisse a Mario Filelfo l ’epistola del 27 aprile 1457, che è uno dei suoi componimenti più importanti (n. 165). Non molto dopo, probabilmente senza aver ricevuto l’epistola, Mario giunse a Savona e durante il suo breve soggiorno in quella città venne alla luce la bambina, che egli tenne a battesimo facendole dare il nome della propria figlia, Teodora. Partito da Savona, ri­ spose finalmente all’epistola del 27 aprile coll’epistola segnata nel codice col numero 194, nella quale dice al suo nuovo compare: « Est Theodora tibi nune filia, compater ipse — l i ine meus es ». Alla sua volta Venturino, scrivendo a Pietro Battista già suo discepolo, vuol far credere che lo scambio di poesie con Mario, reduce dalla Francia, ebbe inizio dallo stesso Mario (il che non è v ero 1 2)); che è tutto assorto dai crebra Philelfi carmina·, che Mario, appena letti dei versi di risposta, si precipitò da Torino a Savona, ed essendo in quel tempo nata Teodora, le diede battesimo e nome (n. 193, vv. 23 e segg.): « Vix ego respondi, nostro tunc carmine motus Protinus liuc celerem contulit ille gradum. Enisa est coniux natae quam tempore in illo Et baptisma sacrum, nomen et ipse dedit.

1) Vedi sopra, pag. [56], nota [1]. 2) Vedi quanto dirò in seguito sulle epistole di Venturino a Mario, se­ gnate nel codice coi n.i 4 e 5.

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Venturino

d e P r io r ib u s ,

Hinc mihi compater *) Marius, tantumque poetam Gratulor officium tale dedisse mihi ». D a quanto ho fin qui esposto, è facile concludere che l’epistola, in cui Venturino dà a Teodora trenta mesi d’età, deve esser stata scritta alla fine del 1459 o all’inizio del 1460. La nascita di Teo­ dora dimostra che il matrimonio di Venturino dovrebbe regolar­ mente farsi risalire al 1456, e che il figlio nato prima di lei deve probabilmente esser nato prima del matrimonio: ma su tutto que­ sto è inutile trattenersi. In un viaggio da Grimaud ad Alba, fra il 1483 e il 1485, Ven­ turino ebbe per compagno il figlio Giovanni Battista, probabil­ mente nato dal secondo matrimonio, e che doveva esser molto giovane, poiché non sapeva che piangere, mentre gli altri com­ pagni attendevano a salvare il padre caduto da un’alta rupe e in pericolo di vita. Un epigramma di Venturino (n. 35) induce a credere ch’egli, già vecchio, abbia perduto un figlio: Tanta meae, Superi, tribuistis tempora vitae, Ut possem nati cernere fata mei. Un altro epigramma (n. 75) è in morte d’una figlia, non sap­ piamo quale: « ..................................................................................... Mors nuper natam mihi funere mersit acerbo, Nec posset dici quam gravis illa fuit. Bis quinos cruciata dies graviore dolore, Clamore implebat nocte dieque domum. Illa animam tandem, magno miseranda dolore, Effiavit; Superum sydera celsa colit ». [10.] Ho accennato ora al viaggio di Venturino da Grimaud ad Alba, ed avevo ricordato già prima il suo viaggio da Grimaud a Savona. Uon sarà fuor di luogo dar qualche ragguaglio su questi due viaggi. La relazione del viaggio da Grimaud a Savona è in un’epistola al conte Giovanni Cossa, già ricordato, e di cui parlerò in seguito più a lungo (n. 217). Venturino, giunto a Grimaud per imbarearvisi,

q Venturino, a differenza da Mario, fa lunga la seconda sillaba di compater, avvicinandosi così all’italiano compare. Compater è voce della bassa latinità, registrata nel Du Ca n g e e nel glossario aggiunto al F o k c e l l in i — · D e -V i t .

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dovette attendere quattro giorni per causa del perfido Euro. La nave potè finalmente partire col favore di Zefiro, ma ricomparve subito l’Euro e si dovette procedere a forza di remi. Un compa­ gno di Venturino evomuit quod sumpserat, mentre egli non ebbe a soffrire: « nil ego quod sumpsi piscibus esca fuit ». Dopo varie peripezie che è diffìcile esporre anche perchè il testo è corrotto, la nave, alternandosi Euro e Zefiro, passò davanti a Cannes e al caput Garopolae [x)], e giunse a Monaco, su cui Venturino dà parec­ chie notizie: « Hanc arcem Monachi veteres dixere Monoecum, Nam quondam portus Herculis illa a) fuit. Dicitur a monicos quia, pulsis 3) omnibus, unus Alcides 4) ferunt hanc habitasse ferox [*)]. Hanc nunc Lambertus Grimaldus 6) possidet arcem : Quaelibet huic iussa cimba tributa gerit. / -------------------i f1) Dev’essere il Gap de la Garoupe, che termina la penisola omonima sulla quale si trova la città e porto di Antibes, oggi Cap d'Antibes. Vedi (C. F.) A c h a r d , Descriptiori Ristorique, Géographique et Topographique... de la Pro~ vence ancienne et moderne, voi. I (il solo pubblicato), Aix, 1787, pag. 368; Enciclopedia Italiana, III, alla v. Antibo.\ 2) Ms. ille. Illa si riferisce ad arx. Monacum o Monoecum dovrebbe esser neutro, e, se Venturino l’avesse fatto maschile, il che non è credibile, biso­ gnerebbe, nel secondo; verso seguente, cambiare hanc in hunc. [Ma l’ antico toponimo è Monoecus, maschile per l’appunto (vedi F e r r a r i -B a u d r a n d , Lexicon geographicum, Parigi, 1670, (parte I ), pag. 490; F o r c e l l in i -P e r i n , Onomasticon) : è quindi giusta la lezione del codice, ille. Quanto all’hanc del secondo verso seguente, che si riferisce senza dubbio ad arx, non si capisce in nessun caso perchè dovrebbe essere sostituita con hunc.] 3) Il ms. ha pulsus. In luogo di monicos deve probabilmente leggersi monacos, greco μοναχός, solo, solitario. [Cfr. il commento di S e r v io a V i r g i l i o , Eneide, VI, 830: « atqtje A r c e M o n o e c i de Liguria, ubi est portus Monoeci Herculis dictus autem Monoecus vel quod pulsis omnibus illic solus habitavit, vel quod in eius templo numquam aliquis deorum simul colitur, sicut in Iovis Minerva et luno, in Veneris Cupido ». Vedi anche il racconto della mitica fondazione della città da parte di Eracle Monoikos, secondo gli storici e i geografi antichi, in L.-H. L a b a n d e , Histoire de la Principauté de Monaco, Monaco, 1934, pagg. 5-7. La parola monicos, come 1’Alcides del verso seguente, è stata sottolineata dal Patetta, non si capisce per quale ragione.] 4) Ms. Acides. [6) Questa impossibile costruzione del nominativo con l’infinito dipende probabilmente dalla corruzione del testo sopra notata, ma non si può esclu­ dere che risalga allo stesso poeta.] 6) Lamberto Grimaldi, come tutore e poi come marito di Claudina Fregoso, fu signore di Monaco dall’ottobre del 1457 al 15 marzo 1494, data della sua morte ( A. C a p p e l l i , Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, Milano, 1930, pag. 326).

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Venturino d e P r io r ib u s ,

Sex Ducis Insubrium remis armisque galeas1) Iristructasque viris portus habebat ibi. Linquimus hunc portiim, postquam sua nauta tyranno Debita persolvit, et cito vela faeit ». Sono poi ricordati Mentone, Ventimiglia, Diano Marina ed Aìbenga, dove Venturino ottenne di far una breve fermata per consegnare in piazza lettere del Cossa ad un Tommaso. Tornato sulla nave, giunse finalmente a Savona. Era mezzanotte e la porta della città era chiusa, ma egli andò in campagna, dove erano la vecchia suocera e la seconda moglie, che lo accolsero con gioia. L ’epistola finisce con l’ assicurazione data al Cossa, che, assestati gli affari di casa, tornerà da lui: « Nunc ego facta domus pergo corriponere nostrae. — His cito compositis, mox tua teda petam ». Questa promessa fa sospettare che Venturino fosse sciolto o intendesse di sciogliersi dall’ufficio di maestro in Savona. Come abbiam veduto, le ricerche fatte da Gian Tommaso Belloro negli archivi di Savona lo portarono ad affermare che Venturino vi fu insegnante dal 1453 a tutto il 1474. Lo Scovazzi e il Noberasco, senza sapere delle ricerche fatte dal Belloro, trovarono che Venturino s’impegnò nel 1468 per altri cinque anni, cioè fino a tutto il 1473. Nel 1474 era però certamente a Savona, dove curava l ’edi­ zione di Boezio. Ora quanto egli dice nell’epistola al Cossa sulle sei * galee del Duca di Milano, che si trovavano nel porto di Monaco, e l ’accenno al Duca qualche verso prima [2)], dimostrano che l ’epistola è posteriore al dominio degli Sforza su Genova, cioè all’aprile 1464, e quindi su Ventimiglia3), mentre dev’esser ante­

q Galèa è voce del latino medioevale, come può vedersi nel Du Ca n g e , nel Glossaire nautique del * J a l [e nel Vocabolario marino e militare del G u g l ie l m o t t i ], che notano * la derivazione dal basso greco yaXaia. Un ver­ seggiatore medioevale ne segnalò la differenza da galèa, nella prosodia è nel significato : « Armo caput galea, pelagum percurro galea ». [Quanto al Dux Insubrium, vedi le note seguenti], [2) Quest’ altro accenno al Duca di Milano non si trova nei versi sopra riportati. Può darsi che l’A. l’abbia veduto nel codice, in versi che precedono quelli pubblicati.] 3) Sui rapporti fra Lamberto Grimaldi, già signore di Yentimiglia, e gli Sforza, vedi G e k o l a m o R o s s i , Storia della città di Ventimiglia, Oneglia, 1886, pagg. 157-158. [Ma le vicende di Monaco in quel periodo non sono state le stesse di Genova e di Ventimiglia, come sembra credere l’A. È certo che la signoria di Lamberto Grimaldi sopra Monaco non ha subito alcuna eclissi. Dal 1457 alla sua morte, avvenuta nel 1494, egli è stato sempre, di diritto

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riore al 4 ottobre 1476, data della morte del Cossà. Si può quindi congetturare che Venturino abbia lasciato l’insegnamento a Savona, pensando di tornare in Provenza e di trovarvi miglior impiego presso il Cossa; che la morte di questo Suo protettore lo abbia costretto a riprendere l’insegnamento, a Savona o in qualche paese non lontano da Savona, poi a tentare di trovar miglior fortuna nel viaggio del 1482 a Eoma, e finalmente ad accontentarsi d’esser Albensis aehademiae rector. Un’epistola, che Venturino scrisse da Grimaud ad un suo discepolo, che pare fosse a Draguignan, potrebbe far credere che egli abbia per qualche tempo insegnato anche in

e di fatto, dominus Monaci, li a tenuto sempre i suoi soldati nelle forti­ ficazioni e le sue navi nel porto. Quando, nell’agosto 1463, Luigi X II ce­ dette a Francesco Sforza i diritti che credeva di avere sulla Riviera di Po­ nente, il Grimaldi dovette cedere Ventimiglia, e, poiché lo fece di buon grado, collaborando anzi con le milizie dello Sforza, ebbe da questi per cinque anni il titolò di governatore di quella città, e la conferma dei suoi diritti e privi­ lègi sii >Monaco, compreso l’esoso e tirannico « diritto del mare ». Il quale — è bene dirlo qui anchè perche Venturino intende certamente alludervi quando parla di tributa e di debita, nei versi citati — consisteva, oltre che nei normali diritti di ancoraggio, in un’imposta del due per cento sul valore delle merci trasportate percepita dai Grimàldi fin dal secolo X IV : tutte le navi che passavano in vista della rocca monegasca dovevano pagare quella specie di pedaggio dovuto, secondo quei signori, « per la protezione che essi accordavano al commercio nelle loro acque territoriali». Se incontravano resistenza essi uscivano col loro naviglio leggero, fermavano le navi, le con­ ducevano nel porto e ne confiscavano il carico (L .-H . L a b a n d e , op. cit., pagg. 51 e segg.). I documenti che riguardano le relazioni tra il Grimaldi e lo Sforza, intorno a Monaco, si trovano pubblicati nella raccolta di G. S a i g e , Documents historiques relatifs à la principauté de Monaco depuis le quinzième siede, I, Monaco, 1888, pagg. 325-379 (vedi anche, ivi, Introduction. Les Grimaldi et Monaco pendant le quinzième siede, pagg. c l x x x i i - c x c v i , e L a b a n d e , op. cit., pagg. 71-73). È da notare che più tardi, in un do­ cumento del 1489 (S a i g e , op. cit., pag. 631), anche il duca Carlo I di Savoia ammette che, mentre per Mentono e Roccabruna il Grimaldi è vassallo, per Monaco nullum superiorem cognoscit. Ora, poiché Lamberto Grimaldi non abbandonò mai Monaco, vi ebbe sempre proprie milizie e proprie navi, con le quali esercitò largamente il diritto di cattura e di confisca, sembra da escludere che Venturino abbia voluto alludere a sei galee di Francesco Sforza. Bisogna : quindi pensare che egli si sia voluto riferire ad un’epoca molto anteriore, della quale avrà sentito raccontare, compresa tra il 1428 e il 1436, quando un altro duca di Milano, Filippo Maria Visconti, ebbe vera e diretta signoria sopra Monaco e vi tenne milizie e navi (cfr. oltre al Ca p p e l l i , loc. cit., Sa i g e , op. cit., pagg. l x x v -x c v i i , 72-109; L a b a n d e , op. cit., pagg. 54-57). Con questo, rimane incerta l’epoca dell’epistola e del viaggio, e vacillano le altre ipotesi con quella collegate].

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Yen turino d e P r io r ib u s ,

Provenza. Si tratta però di ipotesi, che, non venendo alla luce nuovi documenti, resteranno tali in eterno. l i eli’ epistola (n. 218), Venturino manda, come usava fare, Talia ad un giovane discepolo, Giovanni, per annunciargli che è giunto sano e salvo a Grimaud nel giorno in cui si celebra la festa della Santa Croce (14 settembre), per consigliarlo negli studi e per esortarlo ad aver sempre presenti le gesta dei suoi maggiori, e specialmente quelle dello zio, che è strenuus in bello consilioque bonus. Credo che questo Giovanni sia Iohannes Guilloti1), detto anche semplicemente Guillotus, e che l’epistola gli sia stata inviata a Draguignan. A l Guillotus è infatti diretta un’altra epistola di Venturino (n. 221), che risponde, in modo non troppo lusinghevole, ai versi mandatigli, probabilmente in risposta alla prima epistola. Dice Venturino che, dilettandosi d’andar molto spesso al sacro fonte d’Ippocrene, aveva passato in rassegna le Muse e non aveva scorto fra esse Talia, già incaricata da lui di portare la prima epi­ stola, e con la quale doveva essere in ottimi rapporti, poiché la chiama soror ed è chiamato da lei frater earissimus. Subito però Talia compare, e gli spiega la ragione del travestimento, sotto il quale non l’ha riconosciuta. Isnardo, venendo da Savona a Nizza (dove Venturino doveva trovarsi) glie l ’aveva di nascosto rapita e l ’aveva mandata a Draguignan dal Guillotus. Talia aveva le splendide vesti datele da Venturino. Isnardo cambiò nella sua collana poche pietre, ma Guillotus, perchè Venturino non la conoscesse, le diede nuove vesti, non toccando però i capelli, le guance, il capo e i calzari:

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« ‘ Desine mirari, frater carissime dixit 2). ‘ Fortuitos casus accipe, quaeso, parum. Nicaeam veniens Isnardus ab urbe Saona, Te clam me abduxit surripuitque 3) tibi : Inde Draguignanum Guilloti missa Iohannem Conveni, et nobis tunc tua vestis erat. Isnardus paucos in nostra torque lapillos 4) Mutarat, primae cetera dotis erant. Guillotus vero, ne me cognoscere scires, Mutavit vestes vestibus ipse novis.

*) Nella Bio-Bibliographie dello Ch e v a l i e r , I, col. 1990, è registrato Guilloti Jacques, dotto orleanese del secolo XV. 2) Ms. dixi. I primi versi di quest’ epistola saranno riprodotti e nume­ rati nell’Indice. Continua qui il testo, che risulta così completo, e continua la numerazione dei versi. [Chi sia Isnardo non sappiamo.] 3) Ms. surrupuitque. Surrupuere si legge anche nel numero 193, v. 10. *) Ms. lipillos.

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■'•ISsftl

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Crinibus atque genis, capiti nostroque pepercit, Mutavit reliqua, frater, ut ipse vides. Im pedibus solitum servo immutata1) decorem, Splendoremque tuum pes, caput ergo tenent ’ . His dictis se virgo rudi spoliavit amictu, Eloquii vestes induit illa suas. Ingressa est gyrum post haec ornata sororum; Ad tua nunc poterit tecta redire cito ».

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Potrà cioè portare al Guillotus il bel complimento che gli fa Venturino. Coi versi che ho riferito si connettono i primi versi del numero 218: « Pecte comas, ornato genas et sume nitentes Eloquii vestes, virgo Thalia, tuas. Vade salutatum, dulcis mea cura, I oh annem, Vade, soror; lucet iam tua forma satis». Evidentemente Guillotus, in principio e in fine della sua epi­ stola, era stato pedissequo imitatore dell’epistola di Venturino, e nel corpo aveva poi grossolanamente spropositato. Il viaggio da Grimaud ad Alba (n. 270), fatto da Venturino interamente per terra, è descritto in una breve poesia alla Madonna delle Grazie, alla quale, per voto fatto, egli offrì cerea dona. Era partito da Grimaud, dopo aver fatto caricare il suo frumento nella rada di Bormes, sopra una nave comandata da Ugo Michaelis, giunta poi felicemente al porto di Monaco, quantunque il mare fosse pieno di pirati2), e quindi a Binale. Venturino, che non aveva voluto far il viaggio per mare, si trovò egli pure a Monaco e poi a Finale, dove fece scaricare e vendere il suo grano 3). Si mise poi di notte in cammino per far ritorno al nido domestico 4), in compagnia del

1) Ms. mutata. 2) Nel ms. è scritto, qui e altrove, pyrrhatis. [Cfr., nell’Indice, la nota al v. 151 del numero 165]. 3) « ... portum navitae petiere Monoeci. Hic ego diverso terrarum tramite vectus, Offendi nautas, qui me lusisse putabant; Sed monitu sum, Diva, tuo spirante Monoecum Delatus, natoque meo comitante Iohanne, Finarium, navim Cererem nostramque secutus, Adveni, et vendi frumentum iussimus illic. » 4) « .... redire volens ad nostri 'pignora nidi ». Nell’epistola alla moglie (n. 168) si legge: « nidi pignora cara tui », e nel numero 267: « redire volens ad nostri pignora nidi ». 5. —

P a t e t t a , Y en tu r ino de P riorib u s.

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Yenturino de Prioribus,

figlio Giovanni Battista e di altri. Passando per boschi deserti, cadde da un'alta rupe, e sarebbe perito se, avendo invocato la Madonna delle Grazie, non fosse stato fermato da una quercia. I compagni 10 trassero allora in salvo, mentre il figlio, come ho detto [(pag. 60)], piangeva, ed egli giunse finalmente in Alba col denaro ricavato dalla vendita, e sciolse il voto fatto 1). 11. Un anno di crisi nella vita di Yenturino fu senza dubbio 11 1482, nel quale, dopo aver rinunciato all’insegnamento in Liguria o in paesi vicini, fece un viaggio a Boma e andò quindi in Alba, dove lo troviamo Albensis achademiae rector. A Roma Yenturino andò in compagnia d’un Eusebio, del quale possiamo soltanto dire che era a lui legatissimo 2). Dal poscritto d’una lettera di Yentu­ rino, datata ex municipio Altaris, die X I I I I 3· aprilis 1482 e diretta ad un Cola, maestro e poeta (n. 14), sappiamo che i due compagni s’imbarcarono a Savona in quel giorno o poco dopo 3). Che Yentu­ rino abbia fatto il viaggio a Roma in compagnia di Eusebio è pro­ vato da una breve epistola allo stesso Cola (n. 15), nella quale scrive che un cappello, che sembrò esser di Cola, era in possesso di un vetturale; che Eusebio glie lo rapì, e lo porta con sè a Roma, dove toccherà le sacre reliquie della città·, lo riporterà, insieme a tali reliquie, e glie lo darà se è suo; in caso diverso, lo restituirà al vetturale 4). *)

« Sospes ad Albenses, nummis comitantibus, aedes Applicor et solvo tibi, Virgo, debita vota, Alma parens, regina poli materque tonantis, Stella maris, nostros semper miserata labores. Inde datur merito cognomen Gratia templo ». 2) Nell’epistola ad un ragazzo (n. 210) Venturino scrive: « Persica nunc mitto; pignus amoris erunt. — Eusebius partem mittit, partemque magister »; ed in una lettera a persona non nominata (n. 250): « verbis meis Eusebio dicas, si qua re opus sibi est, mihi renuntiet. Nulla enim tam magna res est nec tam parva, quae mihi difficilis esse videatur dum sibi prodesse possim ». Eusebio è pure ricordato nel poscritto d’una lettera di Venturino alla moglie (n. 168): « Superioribus diebus per dominum Antonium de Quarta suum misi saccum Eusebio ». 3) Dice il poscritto : « Triremes iam rejectae sunt et ad navigandum instru­ ctae, et si flamina illis secunda fluxissent, heri ventis vela commisissent. Ideo ve­ remur ne illas hodie consequi possimus ». Nella lettera Venturino usa il verbo al singolare (commendo), qui al plurale (veremur, possimus); Cola era senza dub­ bio informato del viaggio che Venturino stava per intraprendere, e sapeva che non sarebbe stato solo. 4) Mulio nescio quis, fili mi Cola, galerum Portabat; visus is fuit esse tuus.

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umanista ligure del secolo XV.

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Da Eoma Venturino portò copia di due poesie ** [che] sono trascritte nel codice (n.i 27 e 28) e accompagnate dalla seguente nota (n. 29) : « Superiores duae epistolae editae fuerunt a quodam lu­ mine capto, nomine Lyppo, in Romana curia moram trahenti. Natura enim lumine privatus erat ; ideo debemus in admirationem stuporemque converti, coecum tanto dicendi eloquio fragrasse. Attulit enim magister Venturinus Prior Roma rediens : etc. ** 1482». ** [Chi era questo poeta cieco, di cui Venturino trascrisse a Eoma due componimenti che conservò poi tra le sue carte ? Due fratelli, fiorentini di nascita, Aurelio e Eaffaele Brandolini, ambedue malati fin dalla fanciullezza di una gravissima flussione agli occhi, che li aveva privati del tutto o quasi della vista, ebbero il soprannome di « Lippi ». Le due poesie riportate da Venturino nel 1482 sono certamente del maggiore dei due, Aureliox), che era allora sulla trentina, e godeva di una grande celebrità e di molto favore alla corte di Sisto IV , « in Romana curia moram trahens », come dice il codice di Venturino. Eaffaele, invece, che più tardi fu chiamato Lippus junior per distinguerlo dal fratello, era a quel tempo fra i quindici e i vent’anni, e, sebbene fosse di ingegno molto precoce e avesse riEusebius rapuit, fert hunc nunc laetus ad urbem, Urbis relliquias tanget et ille sacras. Inde reportabit, sacris comitantibus ipsum Belliquiis urbis, restituetque tibi Si tuus is fuerit; sin autem mulio iura Te meliora fovete is sua iura feret. In fine dei quinto verso, accanto alia parola ipsum è scritta una delle solite varianti, vel illum. [q Le prime notizie su Aurelio Brandolini sono di un contemporaneo, l’ agostiniano Filippo Foresti da Bergamo (Supplementum supplementi Chro­ nicarum, Venetiis, 1513, f. 325r.). Da lui hanno attinto tutti i biografi po­ steriori, direttamente o indirettamente, e le sue notizie inesatte o addirittura errate si sono tramandate perciò, con pochi mutamenti, fino quasi ai nostri giorni. Spetta ad uno studioso ungherese, Eugenio Abel, il merito di aver dato alla biografia dell’umanista più esatti contorni, fondandosi sopra l’ attenta let­ tura di alcune sue opere: A bel Jeno, Egyetemeink a Kòzépkorban (Le nostre Università nel Medio Evo), Budapest, 1881, pagg. 33-34 (nota 47, pagg. 75-76), 40 (nota 74, pag. 87); Olaszorszagi X V . szdzadbeli Iróknak Mdtyàs hìralyt dicsòitò miivei kózrebocsatja A b e l J e n ò . Irodalomtórténeti Emlékek, II (Opere di scrittori italiani del secolo X V in lode di re Mattia pubblicate da E u g e n io A b e l . Monumenti di storia letteraria, II), Budapest, 1890, pagg. V I-IX ; 1-183. (In quest’ ultima pubblicazione sono editi, fra altri opuscoli di uma­ nisti italiani, due dialoghi del Brandolini). Le osservazioni dell’Abel, igno­ rate dallo Ch e v a l i e r (Bio-Bibliographie, col. 690) e dal p. M.-Th. D i s d ie r

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Venturino

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ceyuto proprio allora, una bella lode dal Fontano1), non sembra che fosse uscito ancora dall’ambito della vita famigliare e scola­ stica. iTon ha lasciato, infatti, nessuna traccia nella vita romana di quegli anni; anzi i suoi biografi, anche i moderni, non lo fanno arrivare a Eoma prima del 1495 2). Nel corso delle ricerche fatte per illustrare le due poesie di Aurelio Brandolini che compaiono nel codice di Venturino, si sono trovate alcune altre notizie sull’autore. Sia concesso perciò di aprire una parentesi e di indugiare un poco sulle vicende di questo uma­ nista cieco, seguendo la traccia della più recente e della più infor­ mata delle sue biografie3). Non si sa esattamente la data della sua nascita. Dei suoi mo­ derni biografi uno lo fa nascere intorno al 1440 4), un altro, con maggiore approssimazione, pone la sua nascita « verso la metà del secolo X V » s) ; nessuno dei due documenta la sua affermazione. Sta di fatto che, in una lettera ad Angelo Poliziano (nato nel 1454), scritta da Eoma non molto tempo dopo la morte del Platina (av­ venuta nel 1481), Aurelio fa appellò alla loro vecchia amicizia ab ineunte aetate susceptam 6), e sembra del tutto improbabile per*[)

(articoli « Brandolini, Aurelio » e « Brandolini, Raffaele » nel Bictionnaire d’histoire et de géograpMe ecelésiastiques, X , Parigi, 1937-1938, coll. 421-424), hanno aperto la strada alle ricerche di una sua connazionale che ha contri­ buito, a sua volta, ad arricchire e a modificare alquanto la biografìa tradi­ zionale del Brandolini (E l is a b e t t a M a t e e , Un umanista italiano della corte di Mattia Corvino. Aurelio Brandolini Lippo in « Annuario 1937 » della B. Ac­ cademia d’ Ungheria di Roma, Roma, 1938, pagg. 120-168). A questo studio si rimanda per le notizie storiche e bibliografiche riguardanti Aurelio Brandolini ed anche il fratello Raffaele. Contemporaneamente allo studio di E . M a t e e , usciva a Firenze un articolo di G iu s e p p e D e L u c a , Un umanista -fiorentino e la Roma rinnovata da Sisto IV («La Rinascita », I (1938), fase. 1-2,pagg. 7490), dove sono pubblicati alcuni testi inediti del Brandolini insieme con altri già editi dal M u n t z , Les arts à la cour des Papes pendant le X V et le X V I siècle, voi. I li, Parigi, 1882, passim.] [*) M a z z u c h e l l i , Oli Scrittori d’Italia, IV, Brescia, 1763, pag. 2018, nota 4.] [2) G. B b o m , Einige Briefe von Raphael Brandolinus Lippus in « Ròmische Quartalschrift fiir Christliche Alterthumshunde und fiir Kirchengeschichte », II, Roma, 1888, pag. 176.] [3) L o stu d io d i E . M a t e e sop ra c ita to .] [ 4) F b a k n ó i V., Bevezetés (Introduzione)

ad A b e l J „ Olaszorszàgi X V szàzadheli Iròknak, cit., pag. VI.] [5) E. M a t e e , op. cit., pag. 123.] [6) B a n d i n i , op. cit., I li, coll. 536-537. Il M a z z u c h e l l i (op. cit., pagg. 2017, 2021), non si comprende bene perchè, si mostra incerto fra

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questa amicizia infantile una notevole differenza di età. Inoltre ei fa sapere egli stesso che aveva lasciato la nativa Firenze quando era ancora un fanciullo, « puer admodum profeotus fueram », come ebbe a scrivere un giorno a Lorenzo dei M edici1). E , in quello stesso proemio a Lorenzo, scritto poco dopo la morte del re Mattia Corvino (avvenuta il 6 aprile 1490), aggiunge di essere stato lon­ tano dalla patria viginti amplius a n n i2). Queste parole ci per­ mettono di porre con una certa sicurezza la sua partenza da F i­ renze intorno all’anno 1470, e, quindi, con quello che è-già stato detto, la sua nascita molto vicina alla nascita del Poliziano, anzi, con probabilità, qualche tempo dopo di quella. Partì da Firenze a cercare fortuna, avendo perduto, non sap­ piamo in seguito a quali casi, i suoi beni di famiglia, « ob rei fami­ liaris amissionem » 3), e si recò a Napoli o in qualche località dei dintorni 4). Non si sa quando sia entrato al servizio del re. I primi componimenti che abbiamo di lui, sebbene scritti a Napoli più di due anni dopo la sua partenza da Firenze, sono ancora dedicati a Lorenzo dei Medici5). Tuttavia, a testimonianza del fratello Baffaele, si era già fatto notare alla corte aragonese per le sue doti[*)

Aurelio e Raffaele nell’attribuzione di questa lettera. Per quello che si è detto fin qui e dal testo della lettera stessa, l’incertezza non sembra giustificata. Il D i s d i e r poi (Dietionnaire, cit., col. 423), forse per una frettolosa let­ tura del Mazzuchelli, attribuisce addirittura la lettera a Raffaele. Ad E. M a t e r questo importante documento è inspiegabilmente sfuggito.] [*) Nel proemio al dialogo De eomparatione rei publicae et regni (B a n ­ disti , III, col. 134; A b e l J., Olaszorszdgi X V szdzadbeli IróknaTc, pag. 83).] [ 2) À b e l J.,· pag. 84. Quanto alla data in cui furono scritti il dialogo e il proemio a Lorenzo, redi più avanti, alla pag. 75.] [3) Luoghi cit. nelle note precedenti. Parecchi anni prima, rivolgendosi al cardinale Francesco Todeschini-Piceolomini, il futuro Pio III, nella de­ dicatoria dei suoi tre libri Deratione seribendi, il Brandolini aveva usato quasi le stesse parole, abbozzando un quadro della sua vita piena di miserie e di strettezze: « .... quum ab ineunte aetate sim in maximis semper angustiis, ac laboribus eorporis, animique versatus, eum ob naufragium rei familiaris nostrae : tum ob hanc, quae totum corpus aggravai, caecitatem.... » (ed. di Ba­ silea, 1549, pag. 4).] [4) Nella dedica dei tre libri di Carmina de laudibus et de rebus gestis Sixti I V al futuro Giulio II, edita in gran parte dal D e L u c a (loc. cit., pagg. 74-77), c’è, infatti, una frase che può far pensare ad un suo soggiorno fuori della città che era sede di una delle corti più ricche e più colte d’Italia: scusandosi della rozzezza dei versi del primo libro, dice che erano stati scritti ab ignaro adirne urbanarum rerum atque admodum peregrino in agro neapoliiano (pag. 77). Che cosa facesse nell’acro neapolitano non dice.] [5) E. M a t e r , pagg. 128; 132-133; 164, n.i 1-3.]

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Venturino

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straordinarie di improvvisatore1). Nel 1474 egli è certamente al servizio del re l ’errante. Lo sappiamo direttamente da lui, dal primo dei due carmi latini che rivolse in quell’anno a Federico di Montefeltro, conte d’Urbino 2). A Ferrante dedicò un’orazione la­ tina 3), la traduzione in volgare del Panegirico di Plinio 4) e il poe­ metto De laudibus musicae et Petri Boni Ferrariensis s). Ma il re di Napoli non era forse con lui troppo splendido, se, poco dopo il 1475, egli cominciò a scrivere dei versi in lode di Sisto IV , nei quali piangeva la sua assoluta indigenza e implorava aiuto 6).

[*) E. M a t e e , pag. 128.] [2) E. M a t e e , pagg. 129; 133; 164, n. 4. L’ occasione di quei carmi fu data al Brandolini dal viaggio di Federico di Montefeltro a Napoli, dove ricevette dal re Ferrante l’ ordine dell’Ermellino (agost.-settemb. 1474), e a Soma dove ebbe da Sisto IV il titolo di duca e quello di Confaloniere della Chiesa (B. B a l d i , Vita e fatti di Federigo di Montefeltro, duca d’ Ur­ bino, voi. I li, Roma, 1824, pagg. 232-235, 278-281). I due carmi sono stati pubblicati da A. Cin q u i n i , Il codice Vaticano-Urbinate Latino 1193, in « Clas­ sici e Neolatini », VI (1910), n. 1, pagg. 26-28.] [3) Lippi Brandolini ad Ferdinandum regem oratio Capuae habita de rei militaris litterarumque laudibus. Cod. Paris, lat. 1860, nel quale si trova anche la traduzione italiana (E. M a t e e , pagg. 130-132; 166, n. vi). È da notare che il M a z z u c h e l l i (pag. 2017) e molti altri dopo di lui hanno il titolo: Lippi Brandolini oratio de rei militaris et litterarum affinitale ad Ferdinandum regem, e il numero del codice 6413 (errato, per 6419), ti­ tolo e numero coi quali il codice compare nell’inventario di Nicolas Clément del 1682 (Aneiens Inventaires et Catalogues de la Biblioth. Nation. publiés par H. O m o n t , III, Parigi, 1910, pag. 501). Il titolo dell’inventario Clé­ ment è forse ricalcato su quello della traduzione volgare : Oratione de Lippo Brandolino de la dignità connectione et laude de la disciplina militare et de le lettere faeta ad capua allo illustrissimo re donferrando daragona. Il D i s d i e b (Dietionnaire, voi. cit., col. 422) cita le due segnature del co­ dice, l’attuale e la precedente, con l’errore tipografico del M a z z u c h e l l i , come se si trattasse di due codici distinti.] [4) E. M a t e e , pagg. 129-130; 167, n. xi. Oltre che nel codice Paris, ital. 616, questa versione si trova anche nel Paris, ital. 129 (G. M a z z a t i n t i , Inventario dei mss. italiani delle Biblioteche di Francia, I, Roma, 1886, pagg. 17, 119).] [6) E. M a t e e , pagg. 133-134, n. 26; 164, n. 5. Probabilmente è del periodo napoletano anche l’encomio di un altro musicista, il carme in laudem Antonii Squarcialupi, organista di Santa Maria del Fiore. Vedi E. M a t e e , pag. 134, n. 26; 164, n. 6.] [6) Questi carmi, in gran parte legati l’un l’altro quasi a comporre un poemetto, furono riuniti più tardi con altri componimenti encomiastici per Sisto IV e per personaggi della sua corte, a formare i già citati De laudibus et de rebus gestis Sixti IV libri tres. I carmi scritti a Napoli costituiscono, eoi loro prologo originale, il libro primo delle piccola raccolta. Un carme per

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A Eoma, dove si trasferì presumibilmente tra il 1477 e il 1480, si fece subito notare nella corte pontifìcia, strinse amicizia col Platina e coi dotti che facevano capo all’Accademia rom ana1), divenne presto il più ammirato improvvisatore, ammesso frequen­ temente a comporre e a cantare alla presenza del papa, nelle sue stanze private. Egli era in questo periodo di eccezionale favore, quando Venturino fece il suo viaggio a Eoma, e si capisce come questi volesse riportare a casa qualche componimento dello straor­ dinario cieco di cui aveva inteso tanto parlare e che forse aveva anche conosciuto di persona 2). Alcune delle poesie composte dal Brandolini in quel periodo furono raccolte nel secondo e terzo libro dell’opuscolo De laudibus et de rebus gestis Sixti I V 3),

la morte del cardinale Pietro Eiario, avvenuta nel 1474, il ricordo dell’anno santo 1475 e di alcuni abbellimenti di Eoma permettono di assegnare questo prim o, libro agli anni tra il 1474 e il 1476.] f1) Vedi la lettera già citata (B a n d i n i , III, pagg. 536-537), nella quale prega il Poliziano, a nome di Demetrio Lucense, di recuperare un ma­ noscritto del Platina, che si trovava a Firenze, promettendogli, oltre la gra­ titudine sua e di Demetrio, quella dell’intera Accademia romana. E vedi anche quello che si dirà più avanti, alla pag. 74.] [2) La cosa è molto probabile. Venturino, infatti, dovette frequentare assiduamente la Curia, durante il suo soggiorno romano. Egli non era un ignoto per il pontefice, del quale aveva celebrato in vario metro l’elezione e descritti gli studi con una certa rispettosa familiarità di conterraneo (vedi, più avanti, pagg. 99-101 e 141-143), e neppure doveva riuscire ignoto ai parenti e ai più influenti amici del papa (vedi pagg. 141 e segg.), il quale amava circon­ darsi di liguri e colmarli di ogni favore (P a s t o r , Storia dei papi, dalla fine del Medio Evo, trad, ital. di A. Mercati, II, pag. 455). Doveva avere in Curia amici e forse anche parenti. Non è da escludere, infatti, che abbia appar­ tenuto alla sua famiglia quel Giovanni Prioris, canonico di S. Maria Maggiore, che Sisto IV aveva nominato uditore generale della E. C. A. il 24 ottobre 1478, e della cui morte avvenuta il 22 dicembre 1485, e delle cui esequie parla il B ur. c k a r d , Liber notarum a cura di E. C e l a n i , in E. I. S., t.X X X II, parte I, Città di Castello, 1906, pag. 134. È curioso notare che il precedente editore del Burckard, L. T h u a s n e (I, Parigi, 1883, pag. 170, e table analytique a pag. 588) cadde nello stesso errore in cui era caduto per Venturino, cinquant’anni prima, il compilatore del catalogo della biblioteca Durazzo (vedi sopra, pag. 14-15, nota 1), scrisse cioè: «... obiit B. P. D. Johannes prior sacri palata aposto­ lici... », prendendo anch’egli per una carica ecclesiastica quello che era invece un cognome.] [3) E. M a y e r , pagg. 135-137; 164, n. 7. I due codici della Biblio­ tèca Vaticana (Vat. lat. 5008 e Urb. lat. 739) hanno quasi lo stesso con­ tenuto. Il Vaticano è più antico, scritto, quasi certamente, quando l’ autore era ancora vivente, da una mano caratteristica, probabilmente di qualche dotto della cerchia del Platina, ed è mutilo di un foglio al principio. L’Urbi-

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Venturino

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In esso si trovano molte testimonianze della vita romana di quegli anni, che ne costituiscono il principale interesse. Compiuto nel 14821), non potè mai giungere al papa per la cui glorificazione era stato scritto, in seguito agli ostacoli frapposti dai nemici dell’autore2). Ma non ostante le ostilità che gli erano nate dintorno, egli continuò

nate, che reca una dedicatoria di Raffaele Brandolini al cardinale Galeotto della Rovere del 1505, è evidentemente l’esemplare di dedica (vedi C. S t'o r Na j o l o , Godd. Urbinates latini, II, Roma, 1912, pagg. 301-306) ed offre un testo riveduto e corretto in vari punti: oltre la dedicatoria suddetta, in principio, reca un'elegia deprecatoria dello stesso Raffaele, alla fine. Dal M u n t z che, come si è detto, ha pubblicato parecchi componimenti del­ l’opuscolo interessanti specialmente la storia dell’arte, servendosi del cod. Vat. lat. 5008, ha ripreso qualche citazione E. S t e in m a n n , Die Sixtìnische Kapelle, voi. I, Monaco, 1901, pagg. 13, nota 1; 57; 123; 192. Del cod. della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II (Ms. 1823, Fondo Ss. Giovanni e Paolo, 7) si è servito G. D e L u c a per la pubblicazione di vari passi nell’ar­ ticolo già citato. Un fuggevole accenno all’opuscolo del Brandolini, a propo­ sito di uno dei personaggi della corte di Sisto IV, si trova in J. S c h l e c h t , Andrea Zamometii und der Basler Konzilsversuch vom Jahre 1482 (« Quellen und Forschungen aws dem Gebiete der Geschichte», 8), Paderborn, 1903, pag. 55, nota 2.] [q Nella dedicatoria a Sisto IV, che precede il secondo libro, c’è un preciso riferimento cronologico: « .... u t te, Sixte o p tim e , Christiani n o m in is rectorem , d u cem , p rin c ip e m q u e h abea m u s, qui u n d ecim ia m a n n o s Christianam r e g is .... » (Vat. lat. 5008, f. 49r).] [2) Scrivendo al cardinale Giuliano della Rovere, sollecito di tutto quanto riguardava la memoria dello zio, il Brandolini dice: « .... cum scires me quoque, superioribus annis, libros aliquot de eius laudibus ac rebus gestis composuisse, qui, quod in manus pervenissent invidorum atque illitteratorum hominum, suppressi ab illis neglectique essent, multis a me pro tua consuetu­ dine precibus petiisti eos ut emendarem atque aederem ». (G. D e L u c a , loc. cit., pag. 76; Vat. lat. 5008, f. 3). Più avanti, nella stessa dedicatoria, afferma che i suoi nemici erano annidati fin nella corte pontificia, fra gl’intimi del papa, che egli aveva celebrati nei suoi versi: « In quo (libro) quidem — allude al libro terzo — non sum nescius me aliquot celebrasse, qui indigni erant qui tanti pontificis laudibus insererentur; quosdam etiam de me pessime meritos; sed, cum esse principi gratissimos cernerem, magis eius voluptati quam illorum immortalitati studui; eos nunc, cum hos libros emendarem, ne vel ulcisci veteres iniurias velle crederer, meis scriptis non abolevi. Servavi eos, ut cetera omnia, tuo potissimum iudicio ; tu eos, pro arbitrio, vel abolebis, vel confirmabis ». (G. D e L u c a , pag. 77; Vat. lat. 5008, f. 4). Ma, se quei versi non erano potuti arrivare a Sisto IV, per la stessa ragione non arrivarono neppure al cardinale Giuliano. Infatti Raffaele Brandolini, nella citata lettera di de­ dica al cardinale Galeotto della Rovere, del 1505, dice di offrire a lui i tre libri scritti dal fratello iam pridem avunculo dedicatos, sed quorundam im­ probitate obstrusos (Urb. lat. 739, f. l v).] rem p u b lica m

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a godere il favore di Sisto IV . Anche il successore, Innocenzo V i l i , lo trattò con una certa benevolenza, e si compiacque di ascoltare le sue improvvisazioni, cantate e accompagnate con la cetra o col clavicembalo *1). Una protezione ed un’amicizia cordiale che a Roma non gli mancarono mai furono quelle del dotto cardinale Francesco Todeschini-Piccolomini, il futuro Pio I I I . A lui dedicò due delle sue opere più importanti, almeno quanto all’assunto, VEpithoma in sacrarn Iudeorum historiam 2) e il trattato De ratione seribendi 3).

f 1) E. M a t e e , pagg. 137; 165, n. 9.]

[2) Dei due dódici della Biblioteca Vaticana (E. M a t e k , pagg. 133; 168, n. xiv), l’ Ottob. lat. 121, mutilo in principio e alla fine, è, quasi certa­ mente, la minuta dell’ opera quale fu dettata dal cieco autore, con tutte le correzioni, i pentimenti, le cancellature, le aggiunte, e l’ Ottob. lat. 438 è l’esemplare di dedica, ornato con lo stemma dei Piccolomini, e annotato qua e là brevemente dalla mano dello stesso dotto dedicatario (per la scrit­ tura del Piccolomini, cfr. A e n . P ic c o l o m in i , De codieibus Pii l i et Pii I I I deque Bibliotheca Eeclesiae Gaihedmlis Senensis, in « Bullettino Senese di Storia Patria », VI (1899), tav. II, dopo la pag. 496). Il M a zzit c h e l l i (pag. 2016) confonde i due codici Ottoboniani fra loro, attribuendo al primo l’antica segnatura del secondo (B. P. 35); inoltre dice che un’ altra opera del Bran­ dolini, ricordata da diversi autori, un Liber in quo carminibus heroicis novum et vetus Testamentum complexus est (E. M a t e e , pag. 168, n. 4) « si trovava mss. in Roma nel Codice mentovato della Libreria del Cardinale Ottoboni », cioè nell’ Ottob. lat. 121. Il P a s t o e (Storia dei Papi, Supplemento ai voli. I e I I I, Roma, 1931, pag. 337: aggiunte al voi. I li, pag. 501, nota 1) cita i due codici come se contenessero opere differenti l’una dall’altra. Il D i s d i e b (Dictionnaire, cit., col. 422) segue in parte il M a z z u c h e l l i . Un altro codice dell’opera si trova nella Biblioteca di Monaco (Cod. lat. 171, ff. 1-282; vedi Gat. codd. lat. Bibliofh. Begiae Monaeen., tomo I, parte I, 2a ediz., Monaco, 1892, pag. 38), La lunga dedica è anche un’ autodifesa del Brandolini, nella quale egli rivendica a sè, come a qualsiasi altro scrittore, purché si mostri rispettoso se­ guace del magistero della Chiesa, il diritto di studiare la Sacra Scrittura e di volgarizzarla, contro il parere decisamente avverso dei teologi, e specialmente dei capi dei tre ordini più importanti, cioè i Francescani, i Domeni­ cani e gli Agostiniani.] [3) Questo trattato era stato preceduto da una grammatica latina, Bu dimenta Grammatices, e da un commento alle Georgiche di Virgilio, e rac­ coglie le sue esperienze di insegnante (E. M a t e e , pagg. 133-134; 165, n. n ; 166, n. V ; 168, n. x m ). Fu scritto prima del 1485. Nella dedicatoria è, in­ fatti, ricordato, come adolescens, il nipote prediletto del cardinale Piccolomini, Agostino, che era scolare del Brandolini (ed. di Basilea, 1549, pag. 7), e che appunto in quell’anno diventò coadiutore dello zio nell’ amministrazione della

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Venturino

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Dei suoi rapporti col mondo umanistico romano si è già accen­ nato, parlando della lettera al Poliziano, ilei suoi carmi de laudibus Sixti I V esaltò il Platina e il Marso 1). Fu all’Esquilino nel primo anniversario della morte del Platina, al banchetto funebre orga­ nizzato da Demetrio Lucense, e recitò come gli altri un carme in lode del defunto 2). L ’amicizia con Demetrio è dimostrata anche dal fatto che una delle orazioni composte in questo periodo3) è stata copiata da Demetrio nella sua elegante scrittura4). Ma, nonostante la benevolenza del papa, le dotte amicizie, le lezioni che gli prendevano quasi tutte le ore del giorno, il Bran­ dolini non cessava di essere perseguitato dall’indigenza. Sicché

diocesi di Fermo (E u b e l , II, pag. 154; M. C a t a l a n i , De Ecclesia Firmana, Fermo, 1783, pag. 266). In questa dedicatoria, il Brandolini sostiene, come nell’altra di cui si è detto, le ragioni dei letterati, non senza qualche punta contro gli stessi avversari coi quali se l’era già presa, quos Fratres appellamus (ed. cit. pag. 6).] f1) G. D e L uca , cit., pagg. 81-82, 84.] [2) E. M a y e r , pagg. 141-142. I componimenti recitati in quella occasione furono pubblicati per la prima volta, insieme con gli opuscoli del Platina, in appendice della Eistoria Pontificum, nel 1504, a Venezia, pei tipi di Fi­ lippo Pincio (cfr. B r u n e t , IV, col. 692, che parla però soltanto degli opu­ scoli; ma l’edizione del 1511 dello stesso tipografo, che ho sotto gli occhi, e che sembra ripetere quella del 1504, reca, dopo gli opuscoli, i versi ce­ lebrativi), e si ritrovano nelle edizioni successive del secolo XVI.] [3) Se ne conoscono tre, delle quali una in difesa di Antonio Loredan, ambasciatore veneto, del 1486, una in morte del giureconsulto Lorenzo Giu­ stino, probabilmente del 1487, e una in onore di San Tommaso d’Aquino (E. M a y e r , pagg. 142-143; 166, n. v ii; 168, n.i vm -ix.] [4) Si vedano gli autografi di Demetrio riprodotti ne I due primi registri di prestito della Biblioteca Apostolica Vaticana.... pubblicati in foto­ tipia e in trascrizione con note e indici di M a r i a B e r t ò l a , Città del Vati­ cano, 1942, passim; per altri autografi di Demetrio, cfr. P. G u i d i , Pietro De­ metrio Guazzetti da Lucca, il primo Custode della Biblioteca Vaticana (1481-1511), e l'inventario dei suoi libri in Miscellanea Francesco Ehrle, Roma, 1924, voi. V, pag. 201. Il codice Vaticano Reg. lat. 1368, che contiene l’ orazione del Brandolini in difesa di Antonio Loredan, è tutto di mano di Demetrio. Le correzioni su rasura sono di altra mano. Il primo foglio, elegantemente miniato e decorato del Leone di San Marco, dimostra forse che si tratta del­ l’esemplare dedicato al Senato Veneto. Nell’ orazione, composta nella seconda metà del 1486 (il Loredan fu destituito nel giugno di quell’anno e processato in contumacia nel gennaio 1487. E. M a y e r , pagg. 142-143, è inesatta su questo punto: cfr. A. N a v a g e r o , St. della rep. Venetiana in M u r a t o r i , B. I. S., voi. X X III, Milano, 1733, col. 1194), sono nominati parecchi amici del Loredan e del Bran­ dolini, probabilmente appartenenti, almeno alcuni, al gruppo dei pomponiani.]

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quando, nel 1489, fu invitato in Ungheria dal re Mattia Corvino, fu ben felice di accettare 1) quattuor1). Se non errai, in luogo di cs si deve leggere eh. Sulla moneta volgarmente detta patacco, patacca, si può vedere il Du Cange2), il Tommaseo e Bellini, il Martinori, che registra anche la vocè pelacchia, petaccMna. Le correzioni e le aggiunte fatte agli Ordines dimostrano che non si tratta d’un testo definitivo, ma d’un progetto di regola­ mento, che probabilmente doveva esser sottoposto alle autorità cittadine, al pretore e al così detto Senato. Non so se sia stato, o se sarebbe stato approvato, lasciando così che Venturino impo­ nesse pene pecuniarie o corporali anche per ciò che avveniva fra le pareti domestiche. I discepoli debbono infatti, secondo gli Or­ dines, appena alzati, recitare divotamente alcune orazioni, quali V Uf­ ficio della Beata Vergine, i Sette Salmi, il Pater noster, VAve Maria-, andar poi in chiesa e sentir la Messa o almeno parte della Messa, incorrendo, in caso di mancanza, nelle pene che piacerà al maestro d’infligger loro a seconda delle loro condizioni e della loro età. Nelle domeniche e nei giorni festivi devono sentire la Messa intiera, e specialmente la Messa grande, secondo la lodevole consuetudine della patria, e quindi assistere ai Vespri, sotto pena di due patacchi o di dodici o più battiture. In chiesa devono stare con riverenza, senza strepito e senza chiacchierare, sotto pena d’un patacco o di sei o più battiture. È ordinato che obbediscano e riveri­ scano i genitori, gli zii paterni e materni e gli altri maggiori di casa, sotto pena pecuniaria o corporale. Devono inoltre onore e riverenza al vescovo, ai sacerdoti, al governatore e agli altri

q Sono aggiunte ai capitoli 7 e 8. Analoghe aggiunte, con indicazione dei p etacili da sostituirsi eventualmente alle battiture, sono pure nei capi­ toli 1, 5, 6, 9, ma il V in a y non ne tenne con to. Così pure non tenne conto delle aggiunte ai capitoli 4 e 6, nelle quali le pène pecuniarie sono in denari e in quarti di soldo (cfr. E doard o M ar tin o r i , La moneta. Vocabolario ge­ nerale, Roma, 1915, alla v . Quarto di soldo). 2) Vedi anche G e r o l a m o R o s s i , Glossario medioevale ligure, ** [in] Mi­ scellanea di storia italiana, voi, X X X V , [Serie III, tomo IV, Torino, 1898]. Vi sono citati [alla v. Brotus, pag. 28] gli statuti di Mentono del 1516, [pub­ blicati dal Ca is d i P ie r l a s a Torino, nel 1885,] nei quali si legge ra p à g . 210]: « Pro quolibet broto vitis comesto splvatur patacus unus ».

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Ven turino de Prioribus,

ufficiali, ai giudici, ai dottori e alle altre persone venerande. Non devono giurare, non devono dire cose turpi nè bestemmiare; non devono giocare nè assistere al giuoco; non devono parlare con discoli e con persone di cattivi costumi; non devono, in iscuola* o fuori, commettere piccoli furti di penne, carta, libri o altri og­ getti; non devono dir bugie; non devono, in casa loro o altrove, riferire ciò che si fa e si dice in iscuola. I maiores, cbe contravver­ ranno ai detti capitoli, saranno condannati a pena pecuniaria doppia o scacciati ignominiosamente dalla scuola. Sarà punito cbi sa cbe un compagno ha peccato e non lo denuncia. La grammatica con­ siste tanto nella corretta locuzione quanto nella corretta pronun­ zia1). Tutti gli scolari latinantes, dovunque si trovino, devono quindi •parlare grammaticalmente, sotto pena di due battiture, o d’un denaro in luogo di ciascuna battitura, per ogni parola volgare o pef ogni due parole dette incongruentemente. L ’ordine di parlare grammati­ calmente, cioè in latino, doveva certo intendersi ristretto agli sco­ lari, che si trovavano assieme o con persone dotte. .Ad essi sono contrapposti i Donatisti e gli altri scolari (Donatistae et ceteri omnes), cioè gl’iscritti al corso elementare-, ma quali ordini abbia loro dato Venturino non sappiamo, perchè l’ultimo capitolo degli Ordiñes è mutilo. Abbiamo veduto che Venturino chiese ed ottenne un congedo di quindici giorni dal senato albese, dal quale dipendeva l’Acca­ demia, e dal Senato, se non erro, avrebbero dovuto esser appro­ vati gli Ordines. Se siano stati presentati e approvati, non sap­ piamo. Certo, se conosciuti, avranno dato luogo a critiche: non saprei infatti come si potesse non criticare un regolamento sco­ lastico che, anche fuori della scuola, sostituiva il maestro al padre dello scolaro o al capo della famiglia; che proibiva ai figli di ri­ ferire ai genitori ciò che s’era fatto o detto nella scuola; che im­ poneva agli scolari l’obbligo di denunciare i compagni; che sal­ vava dalle pene corporali i giovani che potevano disporre d’un po’ di denaro, e veniva così praticamente a dividere gli scolari

q Di Vittorino da Feltro scrive il E o s m in i , Idea dell'ottimo precettore, pag. 67: « Volea che talvolta leggessero i discepoli ad alta voce.... Nell’ atto « che leggeano correggea i difietti della pronunzia, l’uniformità, asprezza o so« verchia tenuità della voce, poiché anche quello del saper leggere bene non « è pregio da disprezzarsi.... ». Anche il S a b b a d i n i , Il metodo degli umanisti, pag. 40, dice: «La pronunzia veniva molto curata, come quella a cui Gua« rino per gli ammaestramenti del Crisolora s’era abituato a dare gran peso ».

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in due classi, degli agiati e dei poveri. Sappiamo, dei resto, senza conoseerne la ragione, che di Venturino si mormorava. Ce lo fa dire egli stesso da un discepolo, nel numero 138: In triviis cives nostrum mordere magistrum, Sed coram laeta plaudere fronte solent. Nulla ex parte bonos cives imitantur iniqui: Hos homines video proditione frui. H a evidente analogia con gli Ordines, ed e anteriore la poesia non finita, segnata coi numero 162, nella quale non si paria an­ cora di pene pecuniarie:

5.

10.

15.

20.

Nil est deterius populo sine lege vagante, Unde pias leges constituisse placet. Ut vestras habitet1), pueri, sapientia mentes, Quae parat hospitibus vel bona summa suis, Quaerite vos primo regnum coeleste tonantis, Diligite et vero corde timete Deum. Principium sapientis enim, Salomone2) probante, Est hominis Domini debitus ipse timor. Vos missam iubeo festis audire diebus, Et sacras aedes vos celebrare Dei. Quod si quis missis et sacris vespere psalmis Non aderit, septem flagra molesta luet. Praeco Dei quotiens verbum disseminat almum, Flagra feret totidem quisquis adesse negat. Vos Dei iurare fidem corpusque beatum, Sanguinis aut praecium, verbera dura3) vetant. Proximus inde venit vera pietate colendus: Ante Deus colitur, proximus inde venit. Imprimis patriam, dulces charosque parentes Et praeceptores vos coluisse decet. Praeceptor mentes alimentis pascit honestis; Convenit hunc patris semper amare loco 4) : Aequa lance 5) Ut vult philosophus6), reddere nemo potest.

*) Ms. habitat. 2) Proverò., I, 7 : « Timor Domini 'principium, sapientiae ». 3) Ms. dona. 4) Cfr. G io v e n a l e , VII, 209-210: (maiores) « qui praeceptorem sancti vo­ luere parentis — Esse loco ». 6) Nel ms. il verso resta così mutilo, e non sarebbe difficile completarlo scrivendo etenim dis, patribus atque magistris. Cfr., a pag. [91], il penultimo verso del numero 208. 6) Aristotele. Vedi sopra pag. [91].

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25.

Venturino de Prioribus,

Sunt legis praecepta decem servanda l), beatas Si cupitis sedes scandere velle2) Dei. His septem praecepta manent mortalia clausa, A quibus ipse Deus abstinuisse iubet.

L ’unica sanzione specificata in questa poesia, che Venturino non deve aver condotto a termine, riguarda lo scolaro, che non è intervenuto alla Messa, al Vespro e alla predica, e che è perciò punito con sette vergate, ilei primo capitolo degli Ordines l’assenza nei giorni festivi dalla Messa e dai Vespri era punita ad arbitrio del maestro, ma una correzione di non facile lettura, omessa dal Vinay, dice invece sub poena petachorum duorum aut verberum duodecim (?) vel ultra. Ho già detto che Venturino s’incarica di guidare al Par­ naso e al fonte d’Ippocrene il maggior numero possibile di scolari, ben diverso da Gaspare Gozzi, il quale, tre secoli dopo, quando poeti mediocri e mediocrissimi venivan fuori come funghi, voleva esclusa dalle scuole VArte poetica, di nessun uso alle necessità della vita attiva, affermando che « chi nasce poeta lo sarà a forza, chi « non nasce è meglio che non tenti d’esserlo per suo bene, e per l ’al« trui » 3). A d un giovane, già ricordato, che gli mandò dei versi italiani, Venturino (n. 44) descrive il Parnaso, enumera le Muse, Apollo, i poeti che vi risiedono, e promette di fargli libare le acque d’Elicona : « Hic est Maeonides, Rhodopes glacialis alumnus, Hennius hic residet Hesiodusque simul. Tu quoque, clare Maro, gyros 45 ), comitante Lucano, Ducis, et assistunt Naso, Catullus ibi. 0 te felicem, sacrum contingere fontem Et poteris tales s is) celebrare choros. ‘ Hunc fontem cupio’ , dices habitare beatum, Hos inter vates sistere velle 6) gradum ’ . Me duce7), polliceor, libabis flumina fontis, Si qua coepisti mente sequaris iter ». 4) Ms. servendo,. 2) Cupitis velie è unione strana ; ma troveremo fra poco cupio velie anche nel numero 44. 3) G a s p a b e G o z z i , Sulla sostituzione* alle* scuole di Venezia prima ammi­ nistrate dalla Compagnia di Gesìi, Venezia, 1836, pag. 9. 4) Ms. gyro. 5) Ms. sic. 6) Vedi sopra*, nota [2], 7) Cfr. c iò c h e scrisse, m o lti anni p rim a , il P a n o r m it a n ell’ Hermaphroditus, II, 14, ad Sanseverinum, ut versus facere pergat: « Tu, duce me, actutum

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A Mccolo, dolce alunno, che gli aveva mandato frumento e vino, e a quattro suoi versi aveva risposto con otto, phaebea mo­ dulante cheli, Venturino dice (n. 121): « Munera grata tuo cum sint, Nicolae, magistro, Gratior est illi carminis oda tui. Alcides infans elisit faucibus angues Praelusitque hydrae parvulus ipse puer. Tu quoque praeludis nunc tyro versibus illis, Quos facies olim, dum veteranus eris. Ergo age, Pieridum sacras imitare camoenas, Et quo coepisti, carmine perge modo: Nam lauro et viridi vates ornabere myrto; Te vocat ad laurum divus Apollo suam ». A d un altro discepolo innominato, che gli aveva proposto una questione grammaticale e mandato dei versi, scrive (n. 198): «(M)entis opus nostrae Tendae clarissimus heros*1) Tunc erat, et calamus id perarabat opus, Quando meos tetigit, Musis comitata, penates Eloquium redolens carminis oda tui, Nec quicquam nostras iamdudum venit ad aures Gratius hoc scripto carminibusque tuis. Mox laetor, quoniam te Cyrrhae numina collis Ad sacri fontis limina 2) clara vocant : Nam mihi quam scribis tua dulcis epistola, fili, Praeludit vatum versibus 3) illa sacris. Perge igitur: creber dictandi conferet usus, Ut possis vates exuperare novos ». ilei numero 255 scrive ad un Odoardo, albese, studente nel· l’Università di Pavia: « Tu iam grammaticae, tu iam Ciceronis alumnus Doctus eras; rapuit te sacra Musa cito. vises Parnassea Tempe, — Degne sacro pieno pectore fonte bibes ». (L’Eermaphrodite, Parigi, Liseux, 1892, pag. 84). 1) Non so se questo Clarissimus heros, di cui Venturino stava scrivendo le lodi, possa essere il Cossa. Si pilo anche pensare a uno dei due ultimi Lascaris, conti di Tenda, registrati nel!Albero genealogico dei conti signori di Ventimiglia, in G i k o l a m o R o s s i , Storia della città di Ventimiglia** [cit.], pagg. (48-49), cioè ad Onorato, morto nel 1474, o al figlio Giovanni Antonio. Questi lasciò erede l’unica figlia Anna, moglie in seconde nozze del gran Ba­ stardo di Savoia, Renato, figlio del duca Filippo II. 2) Ms. funtis nimina. Forse lo Scoto aveva cominciato a ripetere la parola numina. 3) Il ms. ha due volte la parola versibus. 7. —

P a t e t t a , Venturino de Prioribus.

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Venturino de Prioribus,

Inde Medusaeas* te duxi primus ad undas, Libastique sacri, me duce, fontis aquas ». Strabilianti, fino a cader nel ridicolo, sono gli elogi fatti alie poesie di Mccolo Calderari, ehe pur e detto principiante {tiro). Le aveva presentate a Venturino il fratello di ificcolo, Antonio Calderari, ed egli rispose con la seguente epistola (n. 37):

5.

10.

15.

20.

Ducebam de more meas ad phana capellas 12 ), Obtulit Antonius quom tua scripta mihi. Illa quidem possent priscas aequare camoenas; Obstipui, fateor, haec, Nicolae, legens. In somnis animam divini vidit Homeri Ennius, et vates ille repente fuit a). Pierides hedera frontem cinxere poetae Hesiodi, Ascraeas dum sequeretur oves 3). Illa tibi, ut vides, sors est concessa beata, Tertius in numero sortis adesse potes. Non sunt tyronis quae scribis carmina, frater4), Nasonis redolent Virgiliique decus; Unde tibi sacras video spirasse sorores Ingenio, labris carminibusque tuis, Nec dubito Phoebum cytharam plectrumque dedisse, Edebas quando carmina tanta mihi. Pes, numerus, gravitas, nuclei sententia, versus Exornant prisca nobilitate tuos 5) : Iam cytharam calamosque dabunt tibi numina Cyrrhae, Dummodo carminibus invigilare velis.

1) In modo analogo comincia il numero 196: « Pascebam nunc, Paule, meas de more capellas ». O v i d i o , E x Ponto, I, 8, 51-52, avrebbe voluto pen. dentes rupe capellas pascere. Che caprette fossero pasciute e condotte ad fana da Venturino non è ben chiaro: le figlie o gli scolari ! 0 egli precorre l’Arcadia? 2) Fra i molti accenni al sogno di Ennio negli scrittori antichi, elencati da [F r a n z ] B i t t e r in nota ad O r a z io , Epist., II, 1, 1, 51-52, [Q. H o r a t ii F l a c c i Opera. Ad codices saeculi noni decimique exactum, commentario cri« tieo et esegetico illustratum, ed. F. R i t t e r , Lipsia, 1856-1857,] troviamo** [nel commento ad Orazio dello Pseudo-] Aerone: « Dixerat in somnis se vidisse, quod anima Homeri in ipsum et pavonem transisset ». [Vedi alcune varianti nel testo dato da 0 . K e l l e r , Pseudacronis scholia in Horatium vetustiora, II, Lipsia, 1904, pag. 282]. Per l’ultimo emistichio, cfr. P e r s i o , Prologo, versi 2-3. 3) Cfr. O v i d i o , Fasti, VI, 13-14, « Ecce deas vidi, non quas praeceptor arandi — Viderat, Ascraeas cum* sequeretur oves ». 4) A margine è la variante vel fi(li). 5) Le stesse lodi attribuì Venturino, con qualche variante, a Mario Filelfo nel numero 165, versi 15-16*, a Giovanni Butigella nel numero 205, a se Btesso nel numero 214.

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umanista ligure del secolo XV.

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Che Niccolò, a cui è diretta l’epistola, sia un Calderari, fra­ tello d’Antonio, è congettura, o meglio constatazione mia, poiché Antonio Calderari, alcuni anni dopo, diresse al fratello Niccolò l’epistola già ricordata del 21 febbraio 1489 (n. 283), nella quale, con evidente accenno ai pronostici di Venturino, lo rimprovera di trascurare la poesia e di non essersi fatto vivo da quattro m esi1). L ’idea che Venturino aveva d’un corso completo di studi si può dedurre da quanto egli scrisse ( in gran parte arbitrariamente ) sugli studi fatti da Sisto I V (n.i 225-227), da Guglielmo V i l i * , mar­ chese di Monferrato (n. 266), dal futuro cardinale Marco Vigerlo (n. 125), dal cardinale Teodoro Paleólogo (n. 126), da Baldas­ sarre Boero (n. 11), da Filippo Boero (n. 100), da Andrea No­ velli*, vescovo d’Alba (n. 57). Esporrò il corso di studi tracciato da Venturino, riferendomi specialmente a ciò che egli scrisse su Sisto I V e sul Vigerlo nel numero 225 (che darò integralmente nell'Indice) e nei brani, che qui trascrivo, dei numeri 226, 227 e 125.

-

N. 226. A Sisto I V :

« Grammaticae teneris lacte es nutritus ab annis, Vicisti aequales doctus et ipse tuos. Mox e s2) melliflui factus Ciceronis alumnus, Nestoraque eloquio tu superare potes. Post haec hausisti nodosa sophismata3), sed non Arentem poterant illa levare sitim. Philosophia tibi, virtutum clara magistra, Visa est praecipui fons et origo boni. Hanc es sollicite tu tota mente secutus, Et tantae matris doctus alumnus eras.

5.

10.

1)

« O quam me tristem nostri sententia fallit, O quam sunt fratris irrita vota mei ! Debuerat cythara fidibus crepitante sonora Carmina phoebeis edere digna viris: Luna quater latuit, pleno quater orbe quievit, Nulla suis digitis carta notata venit ». Cancellai, nella serie dei poeti albesi, il disgraziato Pietro Scoto, po­ stovi a torto dal Vernazza e dal Vallauri. Si può aggiungervi in compenso, sulla fede di Venturino, Niccolò Calderari, ma anche di lui non abbiamo di­ sgraziatamente componimenti di sorta. 2) Il ms., qui e nel verso 9, ha ex in luogo di es. *) Ms. sophismate. Su nodosa sophismata, vedi pag. [58], nota [l].

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100

Venturino de Prioribus,

Quando tibi libuit sacris incumbere libris, Haud mentem explerat philosophia tuam, Theologia sitim miro tamen expulit haustu Sacra tuam, teque duxit ad alta bona ».

iL 227. Su Sisto I Y : « Dum puer primas caperet*) figuras, Mentis en vires stupuit magister, Nam sibi vidit puero tenello Cedere doctos. 6.

10.

15.

20.

Mox bibens dulces*2) Ciceronis artes, Rhetores3) novit superare priscos Arte dicendi; celebrem per orbem Nestora vincit. Ille facundus Socrates4), magister Et pater fandi, moriens reliquit Huic suas dotes5), tribuit disertae Munera linguae. Iuppiter mentem tribuit profundam, Et sibi Phoebus6) citharam canoram Ac modos dulces agitare plectro Contulit idem. Sed volens falsis reserare viam Hausit a doctis 7) logicam sophistis, Doctus et solers alimenta carpsit Philosophorum.

7) Ms. caperes. Si legge giustamente caperes nell’epistola diretta più tardi al cardinale Teodoro Paleólogo (n. 126), nella quale Venturino, salvo questa piccola variante, riprodusse integralmente le due prime strofe qui riportate, facendole seguire dalla quarta, con tradidit, in luogo di et sibi, nel secondo verso, e et, in luogo di ac, nel terzo. Tutte le quattro strofe sono inserite nell’ode saffica** [n. 57] al vescovo Andrea Novelli*, che nel 1484 fa­ ceva il suo solenne ingresso in Alba. Le varianti sono poche, alcune dovute al passaggio dalla terza alla seconda persona (caperes, nosti, vincis), altre che sono, almeno in parte, correzioni (Cicero in luogo di Socrates; mentis heredem tribuens in luogo di Huic suas dotes tribuit; et dedit Phoebus in luogo di Et tibi Phoebus). 2) Ms. dulcus.... arces. 3) Ms. Rectores. Fu in seguito aggiunta un’h dopo la R. *) Ms. socratis. 6) Ms. doctes. *) Ms. phebum. 7) Ms. adocis.

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umanista ligure del secolo XV.

25.

101

Ista sed nondum 4) poterant beatum Ferre quem finem cupiebat ipse, Nec fidem Christi coluisse veram Ista docebant, Unde vir doctus cupiens beari, Iunxit ad sacros animum libellos, Lauream sacrae Patavina legis Urbs dedit illi.

30.

Ille sic novit penetrare coelos, Et boni finem didicit2) beatum; Fonte nunc huius sapiens reperto, Ille quiescit ».

iT. 125. A Marco Vigerio:

5.

10.

15.

« Grammaticae teneris lacte es nutritus ab annis Tu puer, et cupiens mox congrua verba polire Floribus eloquii, Ciceronis flumina dulcis Libasti laticesque sacros Heliconis, et ipsa Ubera Pieridum libuit tibi sugere3), sed non Talibus optatam poteras4) contingere metam. Philosophia tibi visa est praestantior istis, Et summum conferre bonum finemque beatum. Haec tibi diva parens detexit plurima certe Virtutum monumenta; dedit cognoscere posse Naturae secreta tibi causasque latentes; Cur Iris varios adverso sole colores5) Induat; aetherea cur a regione micantes6) Exiliant ignes et saeva tonitrua; quare Venti sollicitent tranquillas aequoris undas; Hesperias etiam cur tendens Phoebus ad undas Mane diem revehens rutilanti surgat ab ortu, Vel cur purpureis ver pingat7) floribus orbem Vel cur autumnus maturis affluat uvis.*2 7 6 4 3

*) Ms. nundum. 2) Ms. dedicit. , 3) Ms. suggere. 4) Ms. 'poteris. Cfr. il noto verso di O k a z i o , Arte poetica, 412: « Qui stu­ det optatam cursu contingere metam ». 6) Ms. calores. , *) Prima di micantes è scritto vagantes, poi cancellato. Potrebbe essere una variante. 7) Il ms. omette ver e scrive depingat. La vera lezione è nel numero 225, verso 124*.

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102 20 .

25.

Venturino de Prioribus.

Novisti et tectae naturae reddere causas Grandinis atque nivis, roris canaeque pruinae. Haec *) sunt magna satis, sed 2) tandem posse beari, Et Christi caeleste solum conscendere scire, Non haec te docuit. Sacris incumbere libris Tandem constituis. Quanta dulcedine mentem Theologia tuam sacro satiaverit haustu 3), Difficile est narrare, pater. Transcendere caelos Et verum celebrare Deum fierique beatus Novisti, monstrante dea4)....».

Si noti che in questo brano del numero 125 Venturino si serve, com’è suo costume, di versi già usati da lui nel descrivere gli studi compiuti da Sisto IV , e questo dimostrerebbe, se ce ne fosse bi­ sogno, che l ’epistola è opera sua. I l primo verso è il 95* del nu­ mero 225 e il primo del frammento sopra riferito del numero 226 ; i versi 7-8 sono i versi 111-112* del numero 225; il verso 11 è una va­ riante del verso 115* ; i versi 12-19 corrispondono ai versi 118-125*, e i versi 22-21 sono varianti dei versi 127-129*. Vedremo fra poco parecchie ripetizioni dello stesso genere. Notizie sugli studi compiuti dal futuro Sisto I V sono date ampiamente e con abbondanza di particolari nei tre numeri citati (225-227). Anzi tutto egli primas e.apit figuras, come è detto più tardi anche per Teodoro Paleologo (n. 126) e per il Calderari (n. 286, [v.] 64). Nella scuola di Guarino si distinguevano tre corsi, l’elementare, il grammaticale e il rettorico 5). Nel corso elementare s'insegnava a leggere e a pronunziare e si addestravano i giovanetti a declinare e a coniugare. Se non erro, fonte diretta o indiretta di Venturino deve però essere Isidoro di Siviglia. I l futuro pon­ tefice comincia dalla grammatica6), alla quale è dedicato il libro*б

*) Ms. sed. La vera lezione è di nuovo nel numero 225, verso 127*. а) Ms. se. *) Ms. saeri.... haustus. Cfr. sopra i versi 13-14 nel brano riferito del numero 226: « Theologia sitim miro tamen expulit haustu — Sacra tuam... ». *) Dea dev’ esser la sacra theologia dei versi citati nella nota precedente: ardita e, se si vuole, sciocca personificazione, senza dubbio; ma sostituire Deo a dea mi pare fuor di luogo. б) E. S a b b a d i n i , Il metodo degli umanisti**, pagg. 40 e segg.; com­ pendio di quanto è detto nel volume [dello stesso] La scuola e gli studi di Guarino Guarini veronese, Catania, 1896, pagg. 35 e segg. e) Nel* Cia c o n i o [-O l d o in o , Vitae et res gestae pontificum romanorum], III, col. 4, si trova*: « Grammaticam deinde tanto studio perdidicit, ut brevi Ciceronis volumina, partim ab aliis audierit, partim vero bonitate ingenii intellexerit; audiendi praeterea Dialecticem* cupidus, Cherium profectus, doctores

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umanista ligure del secolo XV.

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primo dell’opera d’Isidoro [Originum libri V X ] , : e nella gram­ matica è pueris aliis praestantior e vince anche i dotti. Passa in seguito dulces Ciceronis ad artes, cioè alla rettorica, di cui tratta Isidoro in principio del secondo librò, e della quale dice che fu à Graécis inventa e translata in latinum da Cicerone e da altri. Alla rettorica s’accompagna la poesia, o addirittura si sostituisce, come abbiam veduto in Odoardo, del quale Vénturino scrìve: « Tu iam grammaticae, tu iam Ciceronis alumnus — Dòctus eras; — Ka­ putt té saera Musa cito ». Anche Sisto I V è quindi poeta, come lo sono Guglielmo di Monferrato, Teodoro Paleologo, Baldassarre e Filippo Boero. È questo un debole di Vénturino, e non si può darne colpa a Isidoro. Bettorica e poesia non bastano ad accontentare il futuro Sisto IV . Non his contentus, cupiens dialecticus esse, si mette sotto la direzione di Marco Vigeriò il vecchio, morto nel 1446, e studia la dialettica, di cui tratta Isidoro nello stesso libro I I , capitoli 22 e 23, notando la differenza posta da Varrone fra essa e la rettorica. Anche la dialettica non può condurre Sisto alla meta optata, ed. egli passa in Chieri, sotto il napoletano pater Gallasius, allo studio della -filosofia, che Vénturino dice virtutum mater, virtutum clara magistra. Egli però, nel dare qualche particolare, si ferma alla prima delle tre specie di filosofia ricordate da Isidoro, II , 24, cioè alla philosopJiia naturalis, la quale graece physica appel­ lata·, in qua de naturae inquisttione disseritur. Bulla dice della filosofia morale è della filosofia razionale, che dovevano interessare più della naturale. Accenna invece all’iride, ai fulmini, ai tuoni, ai venti, cioè ad argomenti trattati da Isidoro, X I I I , 7 e segg. Compiuto lo studio della filosofia, o prima ancora, i giovani do­ vevano scegliere la futura professione, e se avevano mezzi suffi­ cienti, frequentare corsi universitari. Il futuro pontefice, entrato da tempo nell’ordine francescano, non poteva esitare. La filosofìa, anche se non esclusivamente naturalis, non metteva Io studioso in grado di conscendere limen coeli, ed egli, come poi il Vigerio, passò allo studio della teologia nen’ IJmversità di Bologna, avendo per maestro il parigino Jacques Texier e poi Andrea da Boia. Ven-

loci ita diligenter, et accurate audivit, ut postea doctrinam, eandem aliis ipse, legerit* ». [Il Ciaconio] dice inoltre che andò a Paria e a Bologna philosophiae ac theologiae causa. Egli* trascrive, in gran parte alla lettera, ciò che si legge nella vita composta dal Platina, e che è riferito da V in c e n z o P a c if ic i , Un carme biografico di Sisto IV del 1477, Tivoli, 1921, pag. 11, nota; [vedi, per quest’ultimo, più avanti, pag. 141, nota 5].

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Ven tur ino de Prioribus,

turino ricorda in seguito la visita ad altre università e la laurea conseguita a Padova. H o riportato il brano, che si riferisce nel numero 125 agli studi del cardinale Vigerio. Per gli altri personaggi sopra nominati Venturino si limita a ricordare saltuariamente alcuni corsi di studi. Dare qui i relativi brani servirà anche a documentare vie meglio l’uso di Venturino di servirsi, rivolgendosi a persone diverse, delle stèsse frasi, degli stessi versi e perfino delle stesse strofe. Osservai, a pag. [100], nota [1], che tre strofe dell’ode saffica di­ retta a Sisto I V (n. 227) sono (probabilmente una dozzina d’anni dopo) usate nell’ode diretta al cardinale Teodoro Paleólogo (n. 126), nella quale è aggiunta una sola strofa: « Flos ubi venit viridis iuventae, Ad sacras leges animum dedisti, Et sacra vires1) meruere lauro Tempora cingi ». Per il marchese Guglielmo di Monferrato, fratello del car­ dinale Teodoro, Venturino scrive (n. 266): « Grammaticae teneris lacte es nutritus ab annis Sic puer, ut pueris aliis praestantior esses. Mox es melliflui factus Ciceronis alumnus; Nestora mellifluum, facundum vincis Ulixem. Te quoque Pierides sacras Heliconis ad undas Adduxere sui, plectrum cytharamque dederunt. Ipse chorus, quando dictas, Amphrysius omnis Laetus adest, hilaris tota est Parnasia rupes ». Kon c’è uno di questi otto versi che non si trovi, alla lettera o con minime varianti, in poesie dirette ad altri personaggi. Il primo è nei numeri 125, 225 e 226; il secondo nel numero 225; il terzo nel numero 226; il quarto nel numero 100; gli ultimi quattro nel numero 225, e gli ultimi due anche nel numero 11. In questo numero 11, diretto a Baldassarre Boero, pretore d’Alba nel 1483-1484, si legge: « Sunt probitate tibi fratres super aethera noti, Quos tamen eloquio superas legumque palaestra, Nam puer aequales nutritus lacte Minervae ') Sacra dev’essere ablativo e riferirsi a lauro. La parola vires, la cui lettura pare certa, non ha senso, e non so come sostituirla. [Ma perchè non leggere viri ?]

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umanista ligure del secolo XV.

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Vicisti1), et clari factus Ciceronis alumnus, Nestora mellifluum dicendo aequare videris; Nam tibi nascenti, quo polles, Iupiter illud Ingenium caeleste dedit, Cylénnius heros Facundum fecit, eytharam concessit Apollo, Et tua Pierides cinxerunt tempora lauro, Inde chorus, quando dictas 2*), Amphrysius omnis Laetus adest, hylaris tota est Parnasia rupes. Post haec coepisti legum exercere palaestram, In quibus omne decus vivendi cernitur *).... ». '

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A Filippo Eoero, nominato pretore d’Alba nell’estate del 1485, Venturino scrive (n. 100): « Adde quod eximias doctrinae es missus ad àrtes, Grammaticae es iussus subdere colla iugo. Tunc condiscipulos Vicisti doctior omnes, Eloquii patuit inde palaestra tibi. Nestora mellifluum, facundum vincis Ulixem, Eloquio praestet iste vel ille licet*)». Nell’ode saffica scritta nel 1484 per l’ingresso in Alba del nuovo vescovo Andrea Novelli* (n. 57), Venturino pose di seguito quattro strofe già usate nel 1471 nell’ode per l’elezione di Sisto I V 5) facendole seguire da una nuova, di brutto conio : ‘ ;

«Post tibi sacrae placuere leges Et sacri iuris subito peritus Praesules fulges reliquos in omnes Pallade sacra ».

Nello stesso numero 57, composto di prosa e di versi di vario genere, Venturino si servì parimenti di ben ventitré esametri sulla dignità del sacerdote, già usati nel numero 26, cioè in una poesia letta a San Eemo in un banchetto.

.*) Ms. vincisti. , ..e..· . 2) Ma. ditas. s) Nei distici per lo stesso Baldassarre uscito di carica (n. 74), Ventu­ rino dice: « Floribus eloquii iam norat verba polire Iamque Medusaei fontis alumnus erat, Quando sibi libuit legum versare palaestram, In quibus est probitas iustitiaeque decus». *) Cfr. il numero 1, v. 12 : « Egregios versus fecerit illa licet n. *) Vedi sopra, pag. [100], nota [l].

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Venturino de Prioribus,

Scritta sotto la direzione di Venturino è probabilmente, come già dissi [a pag. 29 ], l’epistola d’Antonio Calderari al padre, con data del 12 aprile 1485 (n. 286). Ne darò il testo Indice]; giova però ricordare qui i versi 61-74, nei quali il Calderari espone gli studi da lui compiuti sotto la guida di Minerva, che finisce poi col consigliarlo di lasciar la poesia, perchè carmina nil penitus utilitatis habent, e attendere allo studio delle leggi: « Ex ilio semper dillexit diva Minerva, Ornavit pulchris artibus illa suis: Hac duce nam didici primas puer ipse figuras, Post ego grammaticis incubuique libris. Floribus eximiis Ciceronis dicta polire Coepit [!] et obscuris consuluisse simul; Hacque volente, legi praeclaros ipse poetas, Virgilius testis estque Nasonis opus: Post Helicona sacrum libuit libare parumper, Ut mihi Pierides laurea serta darent. Nympha meas Peneya comas ornare parabat, Quom plectrum et cytharam Delius ipse dedit. Quocumque ingrediar, his ut comittentur (!) et adsint Praecepit ne me desseruisso (!) queant». II peculiaris discipulus di Venturino ha così percorso tutto il cammino per il quale poteva essergli di guida il suo maestro. Minerva lo manda ora a studiare le sacre leggi nell’Università di Pavia. Tornando all’uso, che Venturino fa ripetutamente delle stesse frasi, degli stessi versi, delle stesse strofe, non possiamo certo pen­ sare alle piccole ripetizioni sfuggite, talora forse inavvertita­ mente * anche a grandi scrittori, quali [ad esempio] Orazio e Gio­ venale1). Venturino Scrisse a Mario Pilelfo, in principio del 1457, che egregios inter cuperet lucere poetas (n. 4, v. 37). Il giudizio che Mario diede, con la solita leggerezza, sui versi ricevuti, e l ’av­ venire di gloria e di ricchezza che predisse (n. 194), inorgoglirono l’umile maestro savonese e lo indussero a dichiarare di voler se­ guire militiae carminis arma e dare versibus arma 2) finché avesse

*) F r a n z * R i t t e r , [ed. cit.,] nella nota ad O r a z io , C arm inum I I I I , 8, 33, scrive che H oratiu s in rep etition ibu s cavendis tam cautus n on est , quantum n onn u llis vid etu r , e cita alcune ripetizioni, non di versi, ma di nomi con aggettivo. Ripetizioni di versi in G io v e n a l e sono citate dal F r i e d l a e n d e r , [ed. cit.], nella nota al verso 25 della prima satira. *) O v id io , F astoru m I I , 7 e 9, dopo aver detto sacra cono, aggiunge:

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vita (n. 165, versi 85-90). jS ’atteggiò quindi coi discepoli e con poetucoli, dei quali nulla sappiamo, a grande poeta, a guida sicura verso il monte Elicona e il coro di Apollo e delle Muse, a giudice infallibile e a dispensatore di lodi efficaci e di fame immortali. In realtà era soltanto un facile prosatore e verseggiatore, che ben presto venne ad avere un ampio repertorio di frasi, di emistichi, di versi, di strofe, di cui aveva già fatto uso e di cui si servi senza scrupoli per nuovi omaggi, certo non disinteressati, a personaggi grandi e mediocri, e a discepoli notoriamente o presumibilmente appartenenti a famiglie cospicue. Del suo repertorio Venturino, se non erro, si valse anche per componimenti di commissione, od a cui per lo meno coilaborò, e fra essi per * quelli che si presentano nel codice coinè scritti dal * suocero di lui, Alberto, e da Teodora Zocco *, e per * quelli che vanno sotto il nome di Antonio Calde­ rari e non sono posteriori al 1485. Se Venturino, continuando ad illudersi di poter lucere egregios inter poetas, avesse pensato a dare ai suoi contemporanei o a la­ sciare ai posteri una raccolta dei suoi componimenti, avrebbe senza dubbio omesso una parte, forse non piccola, di quelli che ci giun­ sero, trascritti dalle sue minute per opera d’un discepolo poco accorto e poco diligente, e d’un altro amanuense ignorantissimo, e avrebbe corretto le poesie scelte, cercando almeno di eliminare il maggior numero possibile di versi e strofe ripetute. Anche una revisione dal punto di vista della lingua e dello stile non sarebbe forse man­ cata; ed era certo necessaria, come è facile vedere dai molti testi che ho dato e che darò. Si sarebbero così potute* forse eliminare parecchie parole del latino medioevale o anche del latino classico usate scorrettamente; per esempio arguista *) (n. 220, w . 23* e 24*); guerra (n. 165, v. 187 : « hinc guerra per altum — Nos agitai misera conditione satis ») ; Philomena e philomena, nome proprio e nome comune, per Philomela e * philomela [2)]; pomeria per po­ maria; belligerare, come è usato in principio d’una delle poesie di­ rette a Sisto I V (n. 226: « Si virtus oculis quam sit preciosa videri —· Posset, nemo alias belligeraret opes ») ; subticeo 3), usato come

« Haec mea militia est; ferimus quae possumus arma », e in Tristium V, xil, 52, scrive: « Hic mihi praebebit carminis arma locus ». A questi passi s’ispirò Venturino, usandone malamente. *) Vedi il testo e la nota relativa a pag. [163], [2) Vedi sopra, pag. 84, nota 5.] 3) Subticeo non è nel G e o r g e s , e non è nel Thesaurus linguae latinae d i

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Venturino de Prioribus,

transitivo (n. 225, vv. 86 -87*: « laudes corporis omnes — subticeo »); intemerare1) (n. 211, v. 19 : « virgineum non intemerasse pudorem »). Avrebbero potuto non piacere alcune parole usate poco a propo­ sito, per esempio dove è detto che Sisto IV non fu mai virtutum immunis (n. 225, v. 9 4 *); che Dio deos 2) inter numeravit almum — Pantaleonem (n. 230); che la via della virtù mollis adest, mentre sembrava dapprima durissima (n. 238); che un giovane va all’Uni­ versità di Torino, legibus optans impleri (n. 5, w . 9-10). Aggiungo carminis oda3), odam, odas, che troviamo nei numeri 1, 165, 191, 205, 287. Si può anche facilmente constatare che Venturino non badò, nei suoi versi, alle cacofonie e alle ripetizioni, non necessarie e a breve distanza, delle stesse parole. Poiché il corso del lavoro mi ha condotto a parlare di Ventu­ rino come scrittore, per non tornar più su quest’argomento, accen­ nerò ancora alla ripetizione degli stessi concetti e degli stessi pa­ ragoni, per cui egli dice, per esempio, di non so quanti suoi con­ temporanei che superano nell’eloquenza Nestore o Ulisse; ricorderò inoltre l’imitazione, per non dire il plagio, dell’ode d’Orazio, IV , 7, in un’epistola (n. 197) diretta probabilmente a Paolo Eamoino. Orazio inizia la sua bellissima ode coi versi: « Diffugere nives, redeunt iam gramina campis Arboribusque comae; Mutat terra vices, et decrescentia ripas Flumina praetereunt ». E Venturino: « (N)ix 4) ubi diffugit, campos iam pingit apricos Herba virens, arbos sumit et ipsa comas

E o e . S tephantjs (2a ediz.). Nel F o r c e l l in i - D e -V it è registrato, come verbo intransitivo, con una sola tarda citazione. Come verbo transitivo è nel Du C a n g e - H e n s c h e l , con citazione di documenti del principio del secolo XIV. 4) Internerò m a n ca ta n to al F o r c e l l in i - D e -V it q u a n to al D u C a n g e H e n s c h e l . L o registra il G e o r g e s , cita n d o u n icam en te Placidi, gloss. 56, 22*. 2) Deos per divos è anche nel numero 23, v. 13. 3) Nel G e o r g e s è registrata soltanto la voce ode, es. Di oda, ae è dato nel F o r c e l l in i - D e -V it un esempio tratto &a]l’Auctor carmini« de Philomela, di età incèrta [(Anthologia latina, 762, 13, ed. A. E i e s e , II, fase. 2, Lipsia, 1906), e un altro esempio dall’Aweior Laudis PMlomelae, anch’esso di età incerta (Poetàe latini minores, 63, 25, ed. E . B a e h r e n s , V , Lipsia, 1883, con la variante escas in luogo di odas)]. La voce oda è anche nel Du C a n g e -H e n sch el.

4) Ms. (N)is.

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Sicque solum mutare vices nos cernimus *) : ipsae Nunc crescunt et nunc extenuantur aquae ». Orazio scrive (vv. 7-16): « Inmortalia ne speres, monet annus et almum Quae rapit hora diem. Frigora mitescunt zephyris*; ver proterit aestas Interitura, simul Pomifer autumnus fruges effuderit, et mox Bruma recurrit iners. Damna tamen celeres reparant caelestia lunae; Nos uhi decidimus Quo pater Aeneas, quo Tullus, dives et Ancus, Pulvis et umbra sumus ». E Venturino: « Et zephiris mitescit hyems 1 2) : ver diluit aestas, Hanc fugat autumnus interiturus adhuc. Nil fore perpetuum, nil inmortale creatum, Annus et ipsa diem quae rapit hora monent. Anni damna tamen reparantur motibus orbis Aetherei34 ), redeunt frigus et alma Ceres: Nos, ubi nostra secant crudeles fila sorores, Pulveris effigies, umbra cinisque sumus. Aeneas ubi nunc, u b i1) Caesar, Tullius et quos Mors rapuit natos, Caesareique duces? ». Ometto, per brevità, le derivazioni dal verso 21 e segg. dell’ode d’Orazio. Esposi già, a pagg. [89-90], l’uso fatto da Venturino dei versi 59-66 dalla quattordicesima satira di Giovenale, che gli ser­ virono alla composizione dei numeri 69 e 130. Torniamo ora a Venturino, maestro di grammatica e di rettorica. Egli chiede, nel numero 210, ad un ragazzo di scrivergli che libri legge, auctores sive foetas, e contrappone fin dal 1457 (n. 165) i poèti agli auctores, cioè ai prosatori illustri, di cui è capo Cicerone. Ventott’anni dopo, il Calderari, nella citata epistola sull’Accademia albese (n. 287), dice che il doctor, oltre a grammaticae libros, legge

1) Oernimus è congettura mia. L’ amanuense, Pietro Scoto, scrisse c a r . minis. 2) Ms. hyms. • 3) Ms. Eherei. 4) Questo secondo ubi era stato omesso, e fu aggiunto nell’interlinea in forma abbreviata: u con i sovrapposta.

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no

Yenturino de Prioribus,

multos auctores sive poetas. Naturalmente Yenturino dà la prece­ denza ai poeti1), ma dice che anche gli auctores sono degni di fama immortale2). Appare dal citato numero 165, e prima ancora dal numero 2, che non ignorava le idee di Cicerone sull’uso del numerus negli scritti in prosa, e specialmente nelle orazioni3). Nel numero 2, che darò integralmente [nell’Indice], dice infatti ad un avversario che la sua prosa è da ritenersi vile (prosa est vilis habenda tua), perchè non tiene conto del giudizio di Cicerone, « quod prosa di­ serta — Nectitur et pedibus ambulai illa suis », e quindi non applica la mensura pedum: Abbastanza numerosi dovevano essere i testi di poeti e di auctores letti da Venturino ai suoi scolari, e su alcuni egli scrisse, secondo l’uso del tempo, dei versi memoriali. Molto usato era Ya-

J) Numero 165, verso 86 : « Cedit Apollineae lucida prosa lirae ». *) Numero 165, versi 75-78 : « Nec tamen auctores a vatum laudibus istìs — Bxcipio; títulos ii meruere suos: — Namque micat titulis auctorum fama coruscis, — Laudibus aeternis Marcus in orbe micat ». Yenturino usa, con lo stesso significato, la parola tituli nei numeri 181 e 289, nei quali fa a due letterati la stessa promessa, « titulis ipse favebo iuis ». 3) Ci c e r o n e , Brutus, 8, 32-33, dice: « in soluta oratione...* modum...* et numerum quemdam oportere servari », evitando però di far dei versi. Q u i n ­ t i l i a n o , [Institutionis oratoriae] IX , 4, [52,] afferma invece : « nihil*, quod est prosa scriptum, * non redigi possit in quaedam versiculorum genera », osser­ vazione che, applicata ai versi liberi, può talvolta diventare d’attualità. Ho presente l’opuscolo di L u ig i Ce c i , Il ritmo nelle orazioni di Cicerone. I. La prima Catilinaria. Testo con la scansione delle clausole metriche..., To­ rino, 1905. Nella copertina sono annunziati di prossima pubblicazione (che credo non avvenuta) tre nuovi opuscoli, sul ritmo di altre orazioni di Cice­ rone e delle sue prose filosofiche e rettoriche, e sul ritmo delle Storie di Tito Livio. [Questi opuscoli, in realtà, non sono stati pubblicati]. G i o r ­ gio P a s q u a l i , Storia della tradizione e critica del testo, Firenze, [1934,] pagg. 116-117, nota che nei codici delle opere di Cicerone, in largo senso ora­ torie, spesso non si tenne conto del numerus. Il copista all’ordine delle parole non ha badato più che tanto, perchè questo gli sembrava, in prosa, indiferente. [Ma di quelle musicali clausole ritmiche si erano beati anche gli uomini del medioevo, e nella totale rinuncia di Jacopone da Todi suona una eco di rim­ pianto proprio per le Tulliane rubriche — Che gli Jean tal melodia (cfr. É . G il s o n , Humanisme médiéval et Benaissance in Les idées et les lettres, Parigi, 1932, pag. 193). Per il ritmo nelle orazioni di Cicerone, vedi anche L. L a u r a n d , Cicéron, Parigi, 1938, luoghi segnati nell’indice alla voce rythme. Vari riferimenti bibliografici si trovano anche nell’ articolo di A. R o n c o n i , Il « cursus » medievale e il testo di Cicerone, in « Studi Italiani di filologia classica », X I (1934), pagg. 33 e segg., e in F. Di Ca p u a , Sentenze e proverbi nella tecnica oratoria e loro influenza sull'arte del periodare, Napoli, 1947, pagg. 52, note 13 e 14; 63-64].

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umanista ligure del secolo XV.

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Sicque solum mutare vices nos cernimus *) : ipsae Nunc crescunt et nunc extenuantur aquae ‘

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Orazio scrive (vv. 7-16): « Inmortalia ne speres, monet annus et almum Quae rapit hora diem. Frigora mitescunt zephyris* ; ver proterit aestas Interitura, simul Pomifer autumnus fruges efiuderit, et mox Bruma recurrit iners. Damna tamen celeres reparant caelestia lunae; Nos uhi decidimus Quo pater Aeneas, quo Tullus, dives et Ancus, ¡ Pulvis et umbra sumus». E Venturino: « Et zephiris mitescit hyems *2) : ver diluit aestas, Hanc fugat autumnus interiturus adhuc. Nil fore perpetuum, nil inmortale creatum, Annus et ipsa diem quae rapit hora monent. Anni damna tamen reparantur motibus orbis Aetherei34 ), redeunt frigus et alma Ceres: Nos, ubi nostra secant crudeles fila sorores, Pulveris effigies, umbra cinisque sumus. Aeneas ubi nunc, ubi *) Caesar, Tullius et quos Mors rapuit natos. Caesareique duces? ». Ometto, per brevità, le derivazioni dal verso 21 e segg. dell’ode d’Orazio. Esposi già, a pagg. [89-90], l’uso fatto da Venturino dei versi 59-66 dalla quattordicesima satira di Giovenale, che gli ser­ virono alla composizione dei numeri 69 e 130. Torniamo ora a Venturino, maestro di grammatica e di rettorica. Egli chiede, nel numero 210, ad un ragazzo di scrivergli che libri legge, auctores sive poetas, e contrappone fin dal 1457 (n. 165) i poèti agli auctores, cioè ai prosatori illustri, di cui è capo Cicerone. Ventott’anni dopo, il Calderari, nella citata epistola sull’Accademia albese (n. 287), dice che il doctor, oltre a grammaticae libros, legge

*) Cernimus è congettura mia. L’amanuense, Pietro Scoto, scrisse carminis. 2) Ms. hyms. * 3) Ms. Uberei. 4) Questo secondo ubi era stato omesso, e fu aggiunto nell’interlinea in forma abbreviata: u con i sovrapposta.

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Venturino de Prìoribus,

multos auetores sive poetas. Naturalmente Yenturino dà la prece­ denza ai poeti1), ma dice che anche gii auetores sono degni di fama immortale 2). Appare dal citato numero 165, e prima ancora dal numero 2, che non ignorava le idee di Cicerone sull’uso del numerus negli scritti in prosa, e specialmente nelle orazioni3). Nel numero 2, che darò integralmente [nell’Indice], dice infatti ad un avversario che la sua prosa è da ritenersi vile (prosa est vilis habenda tua), perchè non tiene conto del giudizio di Cicerone, « quod prosa di­ serta — Neetitur et pedibus ambulai illa suis », e quindi non applica la mensura pedum: Abbastanza numerosi dovevano essere i testi di poeti e di auetores letti da Venturino ai suoi scolari, e su alcuni egli scrisse, secondo l’uso del tempo, dei versi memoriali. Molto usato era V a­

’ ) Numero 165, verso 86 : « Cedit Apollineae lucida prosa lirae ». 2) Numero 165, versi 75-78 : « Nec tamen auetores a vatum laudibus istis — jExcipio ; titulos ii meruere suos: ■— Namque micat titulis auctorum fama coruscis, — Laudibus aeternis Marcus in orbe micat». Yeuturino usa, con lo stesso significato, la parola tituli nei numeri 181 e 289, nei quali fa a due letterati la stessa promessa, « titulis ipse favebo tuis ». 3) C i c e r o n e , Brutus, 8, 32-33, dice: « in solata oratione...* modum...* et numerum quemdam oportere servari », evitando però di far dei versi. Q u i n ­ t i l i a n o , [Institutionis oratoriae] IX , 4, [52,] afferma invece: « nihil#, quod est prosa scriptum, * non redigi possit in quaedam versiculorum genera », osser­ vazione che, applicata ai versi liberi, può talvolta diventare d’attualità. Ho presente l’ opuscolo di L u ig i Ce c i , Il ritmo nelle orazioni di Cicerone. I. La prima Catilinaria. Testo con la scansione delle clausole metriche..., To­ rino, 1905. Nella copertina sono annunziati di prossima pubblicazione (che credo non avvenuta) tre nuovi opuscoli, sul ritmo di altre orazioni di Cice­ rone e delle sue prose filosofiche e rettoriche, e sul ritmo delle Storie di Tito Livio. [Questi opuscoli, in realtà, non sono stati pubblicati]. G i o r ­ gio P a s q u a l i , Storia della tradizione e critica del testo, Firenze, [1934,] pagg. 116-117, nota che nei codici delle opere di Cicerone, in largo senso oratorie, spesso non si tenne conto del numerus. Il copista all’ordine delle parole non ha badato più che tanto, perchè questo gli sembrava, in prosa, indifferente. [Ma di quelle musicali clausole ritmiche si erano beati anche gli uomini del medioevo, e nella totale rinuncia di Jacopone da Todi suona una eco di rim­ pianto proprio per le Tulliane rubriche ■ — Che gli fean tal melodia (cfr. É . G il s o n , Humanisme médiéval et Renaissance in Les idées et les lettres, Parigi, 1932, pag. 193). Per il ritmo nelle orazioni di Cicerone, vedi anche L. L a u r a n d , Cicéron, Parigi, 1938, luoghi segnati nell’indice alla voce rythme. Vari riferimenti bibliografici si trovano anche nell’ articolo di A. K o n c o n i , Il « cursus » medievale e il testo di Cicerone, in « Studi Italiani di filologia classica», X I (1934), pagg. 33 e segg., e in F. Di Ca p u a , Sentenze e proverbi nella tecnica oratoria e loro influenza sull’arte del periodare, Napoli, 1947, pagg. 52, note 13 e 14; 63-64].

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umanista ligure del secolo XV.

Ili

lerio Massimo, di cui Vittorino da Feltre raccomandava la lettura per la varietà delle storie e per l'abbondanza degli ottimi esempi, che servivano, nel corso grammaticale, a dare ai giovani notizie storiche1); e Venturino fa uso d’una trentina almeno dei Factorum dietorumque memorabilium, spesso riassumendoli in distici2). Altri versi memoriali sono tratti da Ovidio, che era il poeta prediletto da Venturino 3), altri da Virgilio, col quale compare anche Servio (n.i 53 e 265),dagli Adelphi, dall'Andria e dall 'Eunuco di Terenzio (n.i 17, 53, 55, 111). Giovenale è senza dubbio uno dei poeti più letti da Venturino. Abbiamo ** [già detto e ripetuto] com’egli si sia ser­ vito della satira X I V , 59-66, per la composizione dei numeri 69 e 130. Altre derivazioni si notano nei numeri 57,. 246, 247, 251, 259: ma di versi memoriali non c’era bisogno, poiché esistevano, almeno fin dal 1456, ed erano diffusissimi, quelli composti da Guarino 4). Dal Prologo di Persio, versi 2-3, combinati con V I, 10-11, ed eventual­ mente con altre fonti, derivano i versi 5-6 del numero 37: « In somnis animam divini vidit Homeri — Ennius, et vates ille repente fuit » ; da IV , 1-2, è forse preso il barbatus magister del numero 25, e certa­ mente da V , 76, il tressis agaso del numero 2, v. 20. Accenni o probabili derivazioni da Orazio, a cui Venturino applica il titolo di numerosus datogli già da Ovidio, si riscontrano nei numeri 53, 59, 120, 251. L ’ode IV , 7, è indegnamente usata nel numero 197, come già si è veduto. Un distico (n. 36) è dedicato al centone virgiliano di Proba. Le Troades di Seneca e l'Octavia dello Pseudo-*)

*) R o s m in i , Idea dell’ottimo precettore, cit., pagg. 72-73. Valerio Mas­ simo era entrato ben presto nelle scuole, come dimostrano gli epitomi di lulius Paris e di Ianuariws Nepotianws, del quarto o quinto secolo, e gli epitomi medioevali. Filippo de Maizières, morto nel 1405, raccomanda che sia letto, insieme con Tito Livio, con Seneca e con Boezio. Vedi in proposito A im é Ch a m p o l l io n -F ig e a c , Documenta paléographiques relatifs à l'histoire des beaux-arts et des belles-lettres pendant le moyen àge, Parigi, 1868, pagg. 468-469. [Sulla tradizione e sulla fortuna di Valerio Massimo, e della letteratura pa­ radigmatica in generale, dall’anticMtà al Rinascimento, vedi anche la voce Valerio Massimo, di à r ( n a l d o ) M o ( m ig l ia n o ), in Enciclopedia Italiana, X X X IV , 1937, pagg. 917-918]. *) Posteriore d’un secolo è un curioso volumetto che ho presente: Valerius Maximus in disticha redactus per Iohannem Bressanum Bergomatem, Brescia, apud heredes Dam. Turlini, 1574. Sul Bressani, che viveva nella seconda metà del sec. XV I, vedi il M a z z u c h e l l i , II, pag. 2072. 3) Numero 165, v. 58 : « Naso, poeta meus ». 4) Vedi R. S a b b a d i n i , La scuola e gli studi di Guarino Guarini vero­ nese, **[cit.], pag. 97.

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Venturino de Priorìbus,

Senecax) sono usate nei numeri 141 e 89. Tre passi dei Priapea sono usati nel numero 184. Un verso di Lucilio, dato da Nonio, è riferito nel numero 65. I l numero 1, verso 18, è derivato da Tibullo. L ’elenco dei Nomina Musarum, già attribuito ad Auso­ nio, servi per il numero 221. I l verso 7 del numero 1 potè forse esser ispirato da Marziale. È superfluo dire che Venturino cono­ sceva Boezio, Isidoro, Prisciano. Nel numero 44, oltre ad Ennio, a Virgilio e a Ovidio, egli ricorda Lucano e Catullo. Nomina pure, fra i poeti greci, Omero ed Esiodo, e più volte ricorda Saffo. Parlando nel numero 255 dell’Università di Pavia, dice che vi è insegnata la lingua greca e che vi fiorisce quicquid praecipui Graecorum in fonte fuisse — Legimus. Credo però che non avesse conoscenza della lingua greca, della quale non fa cenno nell’esposizione degli studi trionfalmente compiuti da Sisto IV e dagli altri personaggi già ricordati. Nessun indizio in contrario si può trarre dalla già ricordata citazione d’Aristotele e dal fatto che in fine del numero 1 si trova la parola τελως (!), e τέλος in fine del numero 269. L ’uso di porre in calce a testi latini τέλος, o magari, a meglio dimostrare la propria scienza, τελως, in luogo di finis, ** è infatti [tutt’ altro che] raro. Indizio del valore d’un maestro sono la stima in cui è tenuto dai discepoli e il fatto che alcuno di essi, magari sorpassandolo di gran lunga, ne abbia seguito l ’indirizzo. A Savona, specialmente nelle famiglie dei Della Eovere e dei loro parenti, Venturino deve aver avuto scolari saliti in seguito ad alte cariche, e fra essi, pro­ babilmente, il futuro papa Giulio II , ma non sappiamo che la sua dottrina pseudo-aristotelica sulla parificazione dei maestri agli Dei e ai genitori [1 2)] li abbia indotti ad esser riconoscenti e generosi verso di lui. In Alba trovò un caldo ammiratore nel suo peculiaris discipulus, che però non gli fa grande onore. Arbitrariamente si affermò che fosse suo discepolo e letterato di qualche fama Pietro Scoto, che gli farebbe disonore. Erroneamente scrisse il V in a y 3) che è uscito dalla scuola di Venturino Paolo Cerrato, nato verso il 1485

1) Seneca, in tragediis e ad Lucillum, è citato anche dal Calderari nel numero 273, accanto all’Arie amatoria d’ Ovidio, a Valerio Massimo, a San Ge­ rolamo, ad Eustochium*, e a Leonardo Aretino. [2) Vedi sopra, pag. 91.] 3) L'umanesimo subalpino nel secolo X V , cit., pag. 174: «Gli ordines e le Nove regule portarono buoni frutti, e dalla scuola di Venturino uscirono poeti e prosatori di qualche fama: Antonio Calderario, Pietro Scoto, Paolo Cerrato ».

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umanista ligure del secolo XV.

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e morto, a quanto pare, nel 1541 *). I l 1485 dev’esser l’ anno della morte di Venturino, e il suo insegnamento ad Alba fu di così breve durata che non si può neppur credere ch’egli vi abbia fondato una scuola. 15 *. Risulta da varie epistole di Venturino ch’egli deside­ rava vivamente d’entrar in corrispondenza e in gara letteraria con tutti i poeti o verseggiatori, dei quali aveva notizia, probabil­ mente non troppo lontani dalla sua residenza. Chiedeva loro dei versi, e prometteva in compenso di far salire il loro nome ad asira. Ecco, per saggio, i numeri 181 e 182, il primo ad un Pietro, ignoto *2), il secondo a viri celebres, dei quali è taciuto il nome: [N. 181.] Usque meas nuper, vates, pervenit ad aures Eloquii dulcis splendida fama tui. Nobis illa tuum sic nomen laudibus amplis Tollit, ut cogar scribere metra tibi.

*) T i r à b o s c h i , VII, pag. 2035. Il V a l l a u s i , Storia della poesia in Pie­ monte, I, pag. 115, scrive egli pure che il Cerrato nacque circa il 1485, e ne pone la morte ira il 1538 e il ,1541. Il V e r n a Z z a , nel Commentariolus premesso a Paexi C e r r a t i ... operai Vercelli, 1778, dice che il Cerrato nacque exeunte saeeulo X V , e che la sua adolescenza corrisponde ai tempi, in cui Domenico Nano era rettore delle scuole d’Alba. Quest’ultima affermazione non è con­ ciliabile con la presunta data di nascita del Cerrato, e non è neppure giusti­ ficato quanto il V e r n a z z a scrive nelle Congetture, pagg. 10-11, che il Nano succedette probabilmente a Venturino. Dal Dizionario dei maestri compilato dal C a s o t t o , [L o Stato Sabaudo,] cit., I li, pag. 334, apprendiamo infatti che con atto del 12 dicembre 1486 il Nano fu condotto pubblico insegnanti in Acqui, che compare come rettore delle scuole d’ Alba il 20 settembre 1501, e che dopo* Vaprile del 1502 passò rettore delle scuole a Savona, dove fu correttore del « Psalterium beate Virginis »¿ivi edito il 28 marzo 1503, e pubblicò la Polyanthea, colla data del:13 febbraio dello stesso anno. [Quest’ultima data 13 febbraio non si trova nel Dizionario del Gabotto. Sarà forse in V e r n a z z a , Dizionario .dei tipografi, parte manoscritta, alla v. Sylva, citata dal Gabotto. Per la parte manoscritta del Dizionario de1 Vernazza, vedi sopra, pag. 18]; 2) Il numero 181 fu pubblicato dal V e r n a z z a , Congetture, pag. 7, e ristam­ pato dal G a b o t t o , Un nuovo contributo, pag. 272. Questi ravvisa in Pietro il falso Pietro Ee, o Pietro Perleone, di cui parla a lungo a pagg. 58-63. Al Pietro, detto per errore Ke o de Regibus, al quale è diretto il numero 178, non si può pensare perchè Venturino lo conosceva teneris ab annis e non lo presenta come, poeta. Il Perleone era notissimo e molto più anziano di Venturino che con lui non avrebbe potuto permettersi le vanterie, che sono in questa breve epistola. 8.



P

atetta

,

Venturino de Prioribus.

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114

Venturino de Prioribus,

Versibus ergo mihi, vel tu sermone soluto Rescribe *) et titulis ipse favebo tuis. Iudice me, doctas hominum volitabis ad aures, Nec minus extollam nomen ad astra tuum. Ubera Pieridum *2) laticesque Heliconis amoenos Sugere te referam, si mihi scripta dabis. Iamque vale, nomenque meum sub margine metri Perlege: cognomen est mihi, Petre, Prior. [N. 182.] Vestra, viri celebres, Lambertus nomina tantum Evehit, ut cogar carmen inire lyra. Nam vos Parnasi colles, vos numina Cyrrhae, Thespiadum fontem vos celebrare refert. Vera putem quamvis tantae praeconia laudis, Rebus ut haec videam, scribite, quaeso, mihi. Ipse ego tunc 3) vestrae cantabo laudis honores, Nomina tunc vestra nostra Thalia canet. Vos igitur citharam plectro modulante canoram Sumite. Iam nostra concinit ergo chelis. Altri inviti, con promesse analoghe, saranno ricordati in se­ guito. Si vedrà parimenti che Venturino, il quale dà a se stesso il titolo di vates, lo distribuisce con facilità anche agli altri, accom­ pagnandolo con aggettivi e dichiarazioni altamente lusinghevoli. Tutte le persone, a cui si rivolge, sono però degli ignoti o quasi, fatta eccezione per Mario Filelfo, al quale sono dirette tre epistole di Venturino (n.i 4, 5 e 165*) e due del * suocero, Alberto (n.i 6 e 163), che possiamo ritenere scritte esse pure da Venturino. Di Mario Filelfo sono due epistole a Venturino (n.i 164 e 194). Alberto parla d’un’epistola di Mario a lui diretta e ne fa conoscere il conte-

3) Beseribe, che si legge nello stesso verso ripetuto nel numero 289, è buona congettura del Vernazza, il quale ha solo il torto di non dire che nel ms. si legge invece scribere, errore evidente, sia per la prosodia, sia perchè il verso deve necessariamente cominciare con B per concorrere, con le iniziali degli altri, a formare il nome Venturinus. 2) Il verso Ubera Pieridum e il sugere del verso seguente sono pure nel nu, mero 175, versi 59-60. Nel numero 196 si legge: 5 145 155 167 168 1796 1816 1824 190 1921 203 210 211 2203 225 2495 284 2864 324 3294 331 333 336 3401 341-342 343 344-345 346-355 357 3733 377 3874 3882. Calderari, Eiccolò 98-99 132 203 2456 309 331 346. calendario romano 34. Calepino, Ambrogio 162. Callimaco 87. Calvi Stella, Maria v. Stella Calvi, Maria. Camaldolesi 762. camerarius gabellae Urbis v. Roma, camerarius gabellae. Camerino; signori v. Malatesta Ta­ rano, Elisabetta. Campana, Angusto 192° 3731 397 399. Campofregoso, famiglia 122 123 252 253. Campofregoso, Claudina 616. Campofregoso, Giovanni, doge di Genova 2521.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Campofregoso, Ludovico, doge di Genova 2521. Campofregoso, Pietro, doge di Ge­ nova 121 250 252 2537. Campofregoso, Tommaso, doge di Genova 2514. Cannes 61. canonico, diritto 393 ; v. anche Cor­ pus juris canonici. Cappelletti, Giuseppe 81 148. Caprara, Giambattista, card., 364. Capua 703. caratteri tipografici 5 6 7 12 222 23. Carbone, Lodovico 162. Carcano, Antonio, tipografo 1271. Carcare (Savona) 791. cardinali 145-146 160 2111 223 321 392; v. Bessarione; Caprara, Giambattista; Cervini, Marcello; Cesarmi, Giuliano; Della Bovere, Galeotto; Della Rovere, Giuliano ; Estouteville, Gugliel­ mo d’ ; Fieschi, Luca; Garampi, Giuseppe; Gonzaga, Fran­ cesco; Lomenie de Brienne, Ste­ fano Carlo de ; Mai, Angelo ; Mer­ cati, Giovanni; Paleologo, Teo­ doro ; Piccolomini, Francesco ; Pitra, Giovanni Battista; Biario, Pietro; Yigerio della Rovere, Marco; Yitelleschi, Giovanni. Carignano, principi di, 369 ; v. Car­ lo Alberto di Savoia. carlinus 328. Carlo 119 120 123 138 139 244 254-255 292. Carlo Gabriele, maestro di scuola e poeta 3l 120 353-355. Carlo I di Savoia 63° 189 1901. Carlo V I re di Francia 121 122 251. Carlo Y II re di Francia 53 118 119 120 121 122 125 126 139 156 157 159 165 186 240 244 247 248-249 2504 305-306. Carlo V i l i re di Francia 158 159 160 300-301 305. Carlo Alberto di Savoia, principe di Carignano 368-369. Carlo Magno imperatore 157 305306.

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Carlotta di Savoia, regina di Fran­ cia 158 159 298-301 377 3831, Carmagnola, Francesco Bussone detto il, 251*. Carpentras, diocesi 147. Carretto, Manetta v. Filelfo Car­ retto, Manetta. Casale Monferrato 166 228 336 ; chiese: S. Evasio 228. Casalis, Goffredo 43 83. Castiglione Falletto (Cuneo) 222. Castiglioni, Gioacchino 162. Catalanus Bonae Iunctae v. Bonagiunta, Catalano. Catalogna 151. Catilina 159°. Catina 170-173 256-271. Catone 159° 232 233. Catullo 87 96 112 1193 1773 1811. Cavallerius, M., 46. Cenni, Giovanni Andrea 184. Cennini, Bernardo e figli, tipografi

8 222. Centa, fiume 171. Cenato, Paolo 112-113. Cerruti, Carlo Giuseppe 3652 3 66 367. Cervere (Cuneo) 360°. Cervini, Erennio 397. Cervini, Marcello, card. 374 397. Cesare, Caio Giulio 109 125 232 240-241 328. Cesarmi, Giuliano, card. 3863. Cesarotti, Melchiorre 202. Cesano, Bartolomeo, tipografo 389*. Cesena 144. cetrinae plantae 41. Ceva 119 2548. Ceva, famiglia 219. Cherasco 370. Chiaffrini, notaio di Bra 370. Chianale, G. S., incisore 362. Chieri 16 1026 103 319. Christicolae 390 391. Ciaconio, Alfonso 102° 142° 3202 379. Cicerone 581 781 842 8 5 87 100 101 103 106 109 110 126 127 129 131 132 136 159° 182 203 215 216 241 248 276 318 350 354 355;

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Acad. prior. 118; Brutus HO3 1825; DeOfficiis 85 86154230 231 236 298 306 3568 3863; Epist. 86 216 2501 3863; Orationes 2301 2982; Tusc. disput. 124 3568. Giceronis alumnus 58l 97 99 103 104 105 149 322 333 377 386. cicogne 227-228. Cipolla, Carlo 43. Cipro, re di, 219. Ciriaco d’Ancona 131. Ciro re dei Persiani 199-200. Claretta, Gaudenzio 2-3 162 359 360 362 3652 366 370. Clavesana, marchesi di, 2192; v. Del Carretto, Aleramo I I ; Del Car­ retto, Emanuele. Clément, Nicola 703. Clerico, Ubertino 87 127. Cochis, Odoardo 3593. codici vn 9° 140 295 296 343 v. manoscritti ; miniatori 47 ; pos­ sessori 28 32 33 37 39 46 370 3752; scribi 28 32 33 34 35 74 142° 153° 377. Cola, maestro di scuola 52 66 77 78 79 133 190. Cola Montano 52 78 79 127 133. Colle, Francesco de, 283. Colmar 14°. Columbaria v. Colmar. Columella 2548. Como, Alerino 32 3662. compater 60 290 292 294. Gonsolatio ad Liviam 2655. Copinger, W . A., 10 22. Coppo, Pietro 192° 399. Corderò,Baldassarre, da Mondovì 62. corporazioni religiose; soppressione 26 27. Corpus Christi 174 206. Corpus iuris canonici-, glossa 2111. Corsini, Pietro 196°. Cortemilia (Cuneo) 1542 361. Cossa, Giovanni, conte di Troia, barone di Grimaud 49 56 60 62 63 971 121 161-165 311 312 313. Costantinopoli 391; pace del 1497, 392. Costanzi, Antonio 399.

Coster, Lorenzo J., 52. craneum 273. Crisanto (Giuseppe Vernazza) 361362. Crisolora, Emanuele 941. Cristini, Bartolomeo 36 92. Crispino, discepolo di Yenturino 303. Croce, Santa (festa) 64. Crollalanza, G. B. di, 120. culmen honorum (o honoris) 292 85 166 321 350 384 388 394. Cuorgnè (Aosta) 345. cupio velie 96 278. curia pontificia 67 706 71. Curio, famiglia 120 355. Cyllenius 1876 388. cymba 154 253 267 268 278 385. D ’Ancona, Alessandro 3904. Dat Galenus opes, dat lustinianus honores 2776. Daunou, Pietro Claudio Francesco,

10 2. Daverio, Pietro 362. David, discepolo di Venturino 78. De Conti, Vincenzo 1662. De Foresta, famiglia 190. De Foresta, Antonio, governatore di Nizza Marittima 190. De Foresta, Ugo, governatore di Nizza Marittima 190. De Gregory di Marcorengo, Giu­ seppe (?) 364. Del Buono, famiglia 13. Del Carretto di Finale e di Mille­ simo, famiglia 50 78 79 140 218220 307. Del Carretto, Agnese v. Del Car­ retto Boccanegra Agnese. Del Carretto, Alberto, dei marchesi di Savona 215. Del Carretto, Aleramo II, marchese di Clavesana 219. Del Carretto, Antonio 219. Del Carretto, Bernardino di Fi­ lippo 774. Del Carretto, Bernardino di Gio­ vanni Maria, discepolo di Ventu­ rino 77-78 200 214 325-326 328.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Del Carretto, Bernardo, vescovo d’Alba 220. Del Carretto, Corrado 219 220. Del Carretto, Corrado di Corrado 2196. Del Carretto, Emanuele, marchese di Clavesana 219. Del Carretto, Filippo 774. Del Carretto, Francesco, pretore d’Alba 80 81 218-221 340. Del Carretto, Galeotto 2202. Del Carretto, Giacomo 791. Del Carretto, Giorgio di Aleramo I 2192. Del Carretto, Giorgio di Corrado 2196 220. Del Carretto, Giorgio di Emanuele 219. Del Carretto, Giovanni, marchese di Finale 307. Del Carretto, Giovanni Maria 77-78. Del Carretto, Marco 219 220l>2. Del Carretto, Matteo, vescovo di Albenga 220. Del Carretto, Matteo di Corrado 219« 220. Del Carretto, Pietro, vescovo d’Al­ ba 811. Del Carretto Boccanegra, Agnese 219«. Del Carretto Bosco, Despina, dei marchesi di Savona 215. Del Carretto Fieschi, Maria 219. Del Carretto Grimaldi, Caterina 219. Del Carretto Lusignano,... moglie di Aleramo II del Carretto 219. Del Carretto Saluzzo, Margherita 219. Del Carretto Scarampi, Smeralda 219° 220. Delft 62. Della Rovere, cognome 148. Della Rovere, famiglia 90 112 141143 145-149 322 3892 399. Della Rovere, stemma 143 323 378 379 389 395. Della Rovere, Galeotto, card., 72°>2. Della Rovere, Giuliano, card., veti 694 722 112 147-148 149 231 334

407

374 375 376 377-378 379-380 382-389 392-395 398. Della Rovere, Guidubaldo v. Guidubaldo II della Rovere, duca d’Urbino. Della Rovere, Leonardo 315 316 386. Della Rovere, Pietro 81. Della Rovere Fodrato, Luchina 3165. Della Rovere Monliona, Luchina 315 316 317. Del Lungo, Isidoro 1502 1946 196° 1982. De Luca, Giuseppe 68° 694 72°. Demetrio Lucense v. Guazzelli, De­ metrio. Dennistoun, Giacomo 396. deos 108 192°. De Prioribus,... 2a moglie di Venturino 45 52 56. De Prioribus {pulcher masculus), fi­ glio di Venturino 561 59 60 288. De Prioribus, Catina, figlia di Ven­ turino 56 57 58 271 274 288. De Prioribus, Giovanni Battista, figlio di Venturino 60 66 145 376 378 379 394. De Prioribus, Lodovico 47. De Prioribus, Maria, l a moglie di Venturino 44 45 50 52 53-58 662 174 178-181 187 271-27 5 290 326-327. De Prioribus, Teodora, figlia di Venturino 56 57 58 59 60 116117 123 271 273 288-289 290 294-295. De Prioribus, Venturino; discepoli v. Agostino; Alberto; Antonio; Baldassarre; Bartolomeo; Cal­ derari, Antonio; Crispino; Da­ vid; Del Carretto, Bernardino di Giovanni Maria; Della Ro­ vere, Giuliano, card. ; Fran­ cesco; Giordano, Iacopo; Gio­ vanni ; Imperiale... ; Mccolò ; Pie­ tro Battista. De Regibus, famiglia 37 282. De Regibus, Pietro 441 1132 134 282.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

De Begibus, Tommaso, vescovo d’Acqui 44. De Bosmini, Carlo 511. Deschamps, Pietro C. E., 22 23. Diagora di Melo 192. dialettica 103 318 347 354. Diano Marina 62. Digesti 215 342. diritto, studio del, 106 108 129 1512 152 224-225 333 334 351 377. diritto del mare 63°. Disdier, M.-Th., 671 69° 703 732. doctor 109-110. dogma 249. Domenicani 732 74°. Bonatistae 94. Donato 3573. Donato da Milano 1524. Dorez, Leone 375. Doria, famiglia 152 2781. Draguignan 63 64 312. Du Méril, Édélestand 1291. Duns, Giovanni, Scoto 135. Dupbot, Leonardo IO2. Durazzo, Giacomo Filippo 15°. Ecandus, Alberto 135. Eccardus, Alberto 135. Edipo, mito d’, 167. educazione scolastica v. Ordines et statata. Eleonora 307 308. Enea 109. Engelstadt v. Ingolstadt. Enrico de Aegere de Antuerpìa, ti­ pografo 81. Ennio 96 98 111 112. Eoi 390. Epicuro 193. episcopi fatuorum 82. episcopi puerorum 82. Erasmo da Botterdam: Adagia 551 159° 2918. Ercole al bivio 386-387. Ermellino, ordine dell’, 702 3 96. Ermiteio Meladonte v. Bicheri, Luigi. Esiodo 96 98 112; Teogonia 327. Esopo 845 127; Favole 330 331°.

Estouteville, Guglielmo d’, card., arcivescovo di Bonen 160-161. Eubel, Corrado 1483. Eucaristia 89 174 201-202 239. Eusebio, amico di Yenturino 66-67 155 274 303. Eusebio di Cesarea v. incunabuli. Eustachio Gallo, tipografo 128; v. incunaboli. Facino Cane 2511. Faia, Giacomo 52. Falletti Barolo, marchese 364. Farigliano (Cuneo) 481. Fauzone di Montelupo Yernazza, Virginia v. Vernazza Fauzone di Montelupo, Virginia. Federico di Montefeltro, duca d’Urbino 70 396. Federico I di Svevia, imperatore 1291. Federico II di Svevia, imperatore 1291. Federico III d’Absburgo, impera­ tore 1291 144. Fedro 127 ; Fabulae 3301*2. Fenogius, Petrus 133 134 230 231 302. Fenoglio, famiglia 134°. ferculum 238 249. Fermo, diocesi 74°. Ferrante d’Aragona, re di Napoli 69-70 751 121 122 158 162 165 166° 167 224. Festo, Pompeo 2003. Fesulae 193 198. ficulneae plantae 42. Fieschi, Filippo 252-253 254. Fieschi, Luca, card., 219. Fieschi Del Carretto, Maria v. Del Carretto Fieschi, Maria. Filelfo, Francesco 27 41 42 50 87 92 1151 123 132 1842 203 205 247 293; Fabulae 126-127 e v. incunaboli. Filelfo, Gian Mario v i i 27 38 42 48 49 50 51 53 541·2 56 58 59 60 781 985 106 114-126 127 129 131135 138 139 141183-188 2141 240-256 275 276 290-295 309 310»

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

3333; Annales in historiam Finariensis belli 2197 2202 307 ; De communis vitae continéntia 511 ; Glycephila 1151 1842 3 99. Filelfo, Teodora 59123-124 294-295. Filelfo Carretto, Manetta 50. Filippo 213 234 279 307. Filippo, nipote del card. Marco Vi­ gerlo 148-149 232. Filippo II Senza Terra, duca di Savoia 971 158. filosofia 103 151 318 319° 334 393; attiva 213-214; contemplativa 213-214. Finale (Savona) 50 52 65 791 115 154 183 185 219 2202; marchesi di, v. Del Carretto, Giovanni. Firenze 8 141 69 71l 75 782 144 150 151 191-200 2203 3783; cat­ tedrale (S. Eeparata, S. Maria del Fiore) 191 192» 194 195 399. Flemmyng, Boberto. 1415; v. incu­ naboli. Flora 328. Florida, nome di persona 167-170 324. Fodrato, famiglia 3165. Fodrato, Giorgio 316. Fodrato, Giovanni Vincenzo, ve­ scovo di Noli 3166. Fodrato, Raffaele 3165. Fogliano, Corrado da 1524. Fontana, famiglia 192. Foresta, Antonio de, v. De Fore­ sta, Antonio. Foresta, Ugo de, v. De Foresta, Ugo. Foresti, Filippo, da Bergamo 671. Foscolo, Ugo 2705. Fraknói, Guglielmo 68. Francescani 732 74° 174 222 317 320 321 335 378 379. Francesco, discepolo di Venturino (?) 191 210. Francesco d’Assisi, s., 141 174 222 287 315 316 335; ritratto in mu­ saico 222. Francesi 118 119 121 122 123 125 139 160 187 240 241 248 249 250 2511 292 304 393. »

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Francia 53 59 115 117 118 119 121 124 125 158 159 165 183 186 197 206 227 241 243 244 249 250 290 306 375 376 378 379 382 388 398; re v. Carlo V I; Carlo V II; Carlo V il i ; Luigi X I ; Luigi X II ; regine v. Carlotta di Savoia ; im­ peratori v. Napoleone I. frater 74° 762 3 97. Fregoso v. Campofregoso. Freilini, Enrico de’ , maestro di scuola 337. Frency (Moriana) 359 360. Friburger, Michele, tipografo 14°. Friedlaender, Luigi 1931. Gabotto, Ferdinando 1 3 4 22 31 38 40 42 43 441 46 47 48 51 83 1131 1151 119 120 1361 138-139 213 216 244 276 279 282 341 370. Gades Herculis v. Cadice. Gaeta 363. Gaillon (Bouen) 1603. Galba 1583. galea 62l 278 281. galèa 621 1571 253. Galeani Napione, Gianfrancesco 242. Galeno 172 262 277 334. Galiano, famiglia 133. Galiano, Giovanni 134. Galiano, Marco 903 133-134. Galiano, Pietro 90 133 301. Gallasius, da Napoli, professore di filosofìa 103 318-319. Galli v. Francesi. Gallia v. Francia. Gambarana, Gambarino 1524. Gambarana, Giacomo 316. Ga-rns, Pio Bonifacio 148 31 65 32 02. Gara, famiglia 1483 399. Gara, Filippo 399. Garampi, Giuseppe, card., 397. Garessio (Cuneo) 326. Garimberto, Girolamo 3781. Garoni, Nicola Cesare 48. Garopolae, caput 61. Garoupe, Capo della 61l. Gaspare, francescano 174 335.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Gaspare da Verona 127-128 337; v. incunaboli. Gazzera, Costanzo 1 2 4 61 145 15 18 19 201 21 22 25 27 29° 39 40 48-49 51 54 157 362-363 369. Genova 6 8 11 15 16 23 39 62 782 791121-122 129 131 133 1392 144 151-155 156 1571 172 1731 199 220 244 250-254 310 311 321 322 3783 398; dogi v. Adorno, Antoniotto; Adorno, Barnaba; Ador­ no, Raffaele; Campofregoso, Gio­ vanni; Campofregoso, Ludovico; Campofregoso, Pietro; Campo­ fregoso, Tommaso; governatori v. Obizzino di Alzate; pretori 220; università 320; vescovi v. Giustiniani, Agostino. Gentile da Foligno 1721. Germania 14°. Gerolamo 150 172 173 264 265 268. Gerolamo, s., 1121 2683 341 342°. Gerusalemme 391. Ghibellini 1392. Giamboniti, agostiniani 396. Giason del Maino v. Maino, Giason del. Gioacchino da Fiore 222. Gioffredo, Pietro 1901 3692. Giordano, Iacopo, discepolo di Ven­ tanno 347. Giordano da Rivalto, b., 397. Giorgio 209. Giovanni 170-174 237-238 256-271. Giovanni, discepolo di Venturino 64 295. Giovanni (dominus IoTiannes) 190(1) 221 225. Giovanni IV, marchese di Monfer­ rato 292 166 336. Giovanni Battista, s., 226. Giovanni Crisostomo, s., 215. Giovanni d’Angiò 121. Giovanni II d’Angiò duca di Ca­ labria 157 158 159 160 165 166° 224 285 286 304. Giovanni d’Aragona re di Na varrà 122 251. Giovenale 774 825 88 8 9 954106 109 111 1341 167 1931 211 217 2184

23 4 23 5 2468 2868 2 924 3155 3291.2 330° 333 336 3381 355 3564. Giubileo 1476 71°. Giudizio universale 147 174 334. Giuliano, nipote del card. Marco Vigerio 149. Giuliano, prete di Savona, 315-316. Giulio II papa v. Della Rovere, Giuliano, card. Giuppo, famiglia 1483. Giuppo, Pietro 142 316-317 378-379. Giura, valle di 2781. Giustiniani, Agostino, vescovo di Genova 15 1221. Giustiniano imperatore 2776; Insti­ tutiones 31 2153 352 3752. Giustino, Giuniano 1994 2 04 3914. Giustino, Lorenzo 743. Goethe, Volfango 138 28015. Gonzaga, Francesco, card., 762. Gorzegno (Cuneo) 791. Gosio, Giovanni Vincenzo 137°. Govone (Cuneo) 31 120 354. Gozzi, Gaspare 96. grammatica, studio della, 102-103 109 183 233 288 297 318 333 345 350 354 377 386 393. Gras, Augusto 4. greca lingua 112 333 334. Grecia 391. Gregorio Magno, s., 229. Grenoble 3783. Grimaldi, famiglia 473. Grimaldi, Filippo 368. Grimaldi, Lamberto 61-63. Grimaldi Del Carretto, Caterina v. Del Carretto Grimaldi, Caterina. Grimaud (Provenza) 49 52 60 63 64 65 82 90 162 174 311 341 3763; baroni v. Cossa, Giovanni. grossi 294. Grosso, famiglia 1483. Grosso Vigerio, Nicoletta v. Vige­ rio Grosso, Nicoletta. Gualtiero Anglico arcivescovo di Palermo vii 3293. Guarini, Guarino, da Verona 16* 941 102 111 128 298. Guazzelli, Demetrio, da Lucca 711 74 142° (nota che, a più maturo

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

esame, il codice non appare di mano del Guazzelli, ma di un copista della sua cerchia). guerra 107 253. Guglielmo V i l i Paleólogo marche­ se di Monferrato 80 99 103 104 149 188 189 211 232 314 3221 324 325 338. Guglielmo I X Paleólogo marchese di Monferrato 1662. Guidobaldo II della Royere, duca d’TJrbino 3892. Guilloti, Giacomo 641. Guilloti, Giovanni 64-65 135 311313. Hain, Ludovico 10 22. Haydt, Giambono 396. Heine, Arrigo 126. Helmond (Brabante) 85°. Helvetii 240. Henreginus v. Boero, Enregino. Herbipolis v. Wiirzburg. heros 2529. hypodidascalus 86 337. Iacobus Bonae Iunctae v. Bonagiunta, Iacopo. Iacopo 301-302 327. Iacopo da Porli 1721. Iacopo da Lecco, tipografo 3443. Iacopone da Todi HO3. ictu oculi 224 349 384. Ildeberto arcivescovo di Tours vn 3293. imaginatio 172 262. immanis 143 389. immunis 108. Imperiale, famiglia 139-140 296. Imperiale,... discepolo di Venturino 139-140 295-297. impleri 108. Incisa, famiglia 219. Incisa, Giovanni Andrea 90 202 213. incunaboli: Hain 424 (Liber modorum si­ gnificandi) 1352; 425 (id. id.) 135a; 665 (A. de Villa-Dei, Doc­ trinale) 5-8 9 10 11 15 16 17 18 20-24 28 29; 669 (id. id.) 22

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232; 893 (Amadeus Derthonensis, Ratio dierum) 141; 2031 (s. Augu­ stinus, Confessiones) 12 13 14; 3357 (Boetius) 7 8 9-15 17 20 23 52 62 396; 6452 (De modis significandi) 135; 6453 (id. id,) 135; 6699 (Eusebius) 7l ; 7130 (Flemmyng, Lucubraciunculae) 1415; 10971 (Giason del Maino) 341; 10973 (id. id.) 341; 10974 (id. id.) 341; 11749-11752 (Nicodemi Evangelium) 344; 1185511884 (Er. Nigri Grammatica) 346; 11858 (id. id.) 71 3454-346°; 11985 (Officium B. M . 7.) 192; 12286 (Petrus de Palude) 462; 12381 (Papias) 1633; 12955 (Fa­ bulae Fr. Philelphi) 1271; 14707 (Servius) 8 222; 14873 (Solinus) 14r; 15938 (Fr. Venturini Gram­ matica) 8. — Copinger 143 (GW 515; Legenda s. Albani) 1673; 158 (De modis significandi) 1352; 2549 (G. Paveri Fontana) 128; 4405 (Nicodemi Evangelium) 344; 4426-4433 (Fr. Nigri Grammati­ ca) 346 ; 5040 (Regimen moralitatis) 344°; 5119 (Riccardo da Ve­ nosa) 1291; 5120 (id. id.) 1291; 6209 (GW 516; Legenda s. Al­ bani) 1673. — Reichling646 (Offi­ cium B .M .V .) 192. — Gaspare da Verona, Regulae grammaticales, Brescia, Eustachio Gallo, 1475, 128; id., id., Milano, Leonardo Pachel e Ulderico Scinzenzeler, 5 genn. 1481, 128; Officium B. M. V., Venezia, X . Jenson, 1475 (Bohatta, Bibliogr. der livres d'heures, p. 54, n° 31) 192. — Ge­ samtkatalog der Wiegendrucke 72; Indice generale degli Incunaboli delle biblioteche d'Halia 396. induperator 218. ingenium 384-386. Ingolstadt 134. ingratitudine 298-299 377 382-389. inizi: A motu assiduo nos mundum dicimus istum 229.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Abbatem elegit albensis clara inventus 821. Accedit istnc Bernardinus de Carreto 78. Accepi munus mihi munere gratius omni 146. Ad X V I kl. Iullias tuae mihi redditae fuere 311. Afficis hos pueros colaphis, praeceptor, inertes 882. Agnes martyrio sanguine ful­ gida 217. Alba tu postquam cessisti, dul­ cis amice 347. Allatura fuit tua nuper epi­ stola damnum 235. Alloquar an sileam, pater o sanctissime Sixte 191. Anna puellarum decus immor­ tale solebas 329. Anna, puellarum virgo pul­ cherrima, salve 303. Atria praetoris sunt stercore foeda canino 90. Attulit optatos tua dulcis epi­ stola versus 244. Augustus Caesar Octavianus habuit uxores duas 343. Aurea si nobis vasorum copia detur 237. Bartholomaee, tibi tua fistula surda canenti 133. Bernardus memorat naturam turturis istam 274. Caesa matre fuit sic dictus no­ mine Caesar 328. Cassius est iussus saevae dare colla securi 205. Cherea conservam servus vi­ tiasse fatetur 209. Clara si virtus oculis videri

2112. Cogitanti mihi, clarissime princeps, huius mundi 324. Cogit Aquinatis divi sententia Thomae 206. Cola, Medusaei celeberrimae fontis alumne 77. Convenit et nobis ut fiat epi­ scopus ille 821.

Cum disciplinis sit Petrus prae­ ditus almis 207. Cum Ianuam advenissem, il­ lius mihi senatum 153. Cum in Italiam advenissem ne­ cessarios meos 237. Cum nostra civitas bellis civi­ libus extuaret 151. Cum superiori aestate Thaurini praeclara gymnasia 30. Cum traheret trito sonipes epi­ raedia collo 329. Cur Omnipotens et rector Olympi 233. Cur omnipotens Rector Olym­ pi 389. Decretum memorat Socratis nos pellere falsa 311. Devovet Aeneam Dido mori­ tura maritum 209. Dira cano nati connubia iuncta parenti 168. Ducebam de more meas ad phana capellas 98 397. Dum pius Aeneas picturam spectat inanem 210. Dnm puer ipse forem nutritus lacte tenello 348. Dum Quintus Labius medias secuisse carinas 236. Dum solvit Turnus regis con­ sulta Latini 209. Editum carmen fidibus cano­ ris 230. Esse solent caepas redeuntes rure coloni 237. Est Augustini Conventus in urbe Saona 11. Est, Vetiane, manus digitis spoliata sinistra 206. Est vultu formosa nimis tua nata, Philippe 234. Etsi multorum litteris, nunciis et fama 1543. Etsi tuus huc adventus fuisset iustis de causis 153. Ex sicco ligno melior confici­ tur ignis 175. Ex utero natus pius est Severinus eodem 205.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Exoptant cives aliqui ver, tem­ pora multi 237. Exoptata dies, radiis iam so­ lis amicta 891. Fama est et legimus Rhodo­ pes glacialis alumnum 212. Ferte, leves elegi, spectato scripta poetae 184. Fila meae citharae, dulcis mea cura, sorores 271. Finarium te fama loquax venis­ se Philelphum 185. Floribus iste puer vult te mulcere, Iohannes 237. Francisci me fana sacro ser­ mone fovebant 287. Gaudeo te Savonam debere proficisci 225. Gaudio, fratres, iubilemus om­ nes 323. Glicerium falso quam Crysidis esse sororem 210. Govonum gabriel doctissimus incolit ipse 354. Grammaticae vitia duo nos vi­ tare iubemur 175. Guilloti salvere iubet mea Musa Iohannem 312. Hectora magnanimus fortem qui vicit Achilles 883. His, de Colle, iaces loculis Francisce, securis 283. Hoc dux magnanimus, cui cla­ ra Sabaudia servit 189. Hospitis adventu descendet aranea tecto 89 217. Hunc diem festum celebremus omnes 323. Hyberno Christus voluit cur tempore nasci 210. Iam zephiris mitescit hyems, iam gramina campis 207. Illustrissimum et excelsum principem nostrum 803. Immo tibi egregiam concessit Musa loquellam 130. In mundo, Regina, nihil, cla­ rissima, peius 298. In mundo virtute nihil prae­ stantius una 392.

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In primam ut redeas tu, Ber­ nardine, salutem 325. In triviis cives nostrum mor­ dere magistrum 95. Inceptis spirate meis, pia nu­ mina Cyrrhae 212. Inclyta servabat quondam flo­ ralia Roma 328. Incola Parnasi, qui sacro fonte bibisti 129. Indixit nobis nunc Ianus prae­ lia tarde 204. Iohannes, quem militares ar­ tes edocuisti 238. Is graecae et latiae decus est et gloria linguae 126. Iste sedet primus quem cingit balteus auri 204. Iuditii suprema dies, qua rec­ tor Olympi 334. Iuditium generale Dei, claris­ sime praesul 148 334. Iusticiae splendor, princeps clarissime, salve 286. Labitur ictu oculi mundi quae­ cumque voluptas 224. Laeta fronte tuas legi, mi Pe­ tre, tabellas 289. Laeta fronte tuas legi, vir ami­ ce, tabellas 337. Laetas inter oves altis in mon­ tibus agnae 175. Laodamia tuos manes comple­ xa misella 208. Larga fuit semper MartinO glo­ ria fandi 132. Legimus omne tuum carmen, mi eompâter, omne 292. Lingua loquax, Francisce, so­ let persaepe nocere 191. Lugubres vestita togas, lania­ ta capillos 307. Lugubres vestite togas et flete, sorores 13 41. Lux adest, fratres, celebranda semper 323. Magnanimus, cui tota potens Lotharingia paret 165. Magnificus Franciscus adest, celeberrima proles 221.

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Maxima volnptate me affe­ cerunt litterae tuae 331. Me famulam, regina, tuam, quo mentis amore 284. Mensem integrum me in ther­ mis medicorum suasu 153. Mentis opus nostrae Tendae clarissimus heros 97. Moribus et forma, niveis re­ dimita capillis 345. Mos fuit antiquis ferales ante cupressos 207. Mulio nescio quis, fili mi Cola, galerum 664. Multa solent homines in mun­ do vota subire 394. Munera grata tuo cum sint, Nicolae, magistro 97. Murenas nunc serva tuas : exdorsuat illas 175. Nasica, virtutis decus et laus clara togatae 206. Nautea quae navis fundo pu­ trescit in imo 239. Nemo potest dignas patriae persolvere grates 205. Nescio quis versus nuper mihi tradidit abs te 243. Nigrantes caudas illi dicuntur habere 214. Nigrantes caudas quos, fili, cernis habere 214. Nil est deterius populo sine lege vagante 95. Nil homini proprium vides, virtute remota 207. Non magis Aeneae Dido est commota querelis 209. Non opus admisso subdere cal­ car equo 2918. Nos calor intensus vestes mu­ tare coegit 204. Noster heri vates a sacro fon­ te redivit 275. Noster tabellarius, qui nunc in Galliam 206. Nostro nuper senatui, reve­ rende pater 82. Nunc cataphractus eques po­ pulatur rura domosque 236.

Nunc est alba Ceres, qualis so­ let esse Iohannis 226. Nunc gelidis nivibus nostros hebetantibus ungues 229. Nunc gemitus audite meos, pia numina Cyrrhae 346. Nunc Io vis illa dies pinguis cognomine dicta 901. Nuntia fama meas dudum de­ venit ad aures 84. O Deus caeli superumque prin­ ceps 193. Obruta viva forent duo cor­ pora vestra, Phileni 205. ' Omnis hirundo suas dudum, soror, ivit ad aedes 326. Oppressit ferro gens te, Pali­ nure, Yelina 208. Optat homo iustus dissolvere a corpore mentem 175. Pascebam nunc, Paule, meas de more capellas 296 397. Pecte comas, ornato genas et sume nitentes 295. Perlege, Nimpha, tui scriben­ tis dicta Iohannis 256. Perlege, nobilium Eex o cla­ rissime regum 305. Perlege, Paule, meum per ver­ sus limina nomen 277 279. Perpotat vinum coniux tua, Petre, libenter 204. Petrus et Antonius defendunt iura senatus 209. Philosophus Theodorus erat Cillenus, et illi 206. Praesul aeterna residens in ar­ ce 210. Prandinum salvere iubet Theodora, salutem 161. Proba, Maroneis celeberrima versibus, omne 203. Qualia sint vestri ludi argu­ menta magistri 236. Qualis sit Veneris post gaudia capta voluptas 237. Quam laetum augustina ferat confessio foetum 12. Quam legis, o vates, aquilina venit ab urbe 186.

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Quamquam intelligo Saonensem praeturam 154. Quamvis, Sicaniae rex clemen­ tissime, nostro 285. Quasi iam ex ingenioli mei spe­ cula 145. Quercus sacra Iovi, pinus ma­ trique deorum 395. Qui belli et pacis, Troiae co­ mes inclyte, fulges 162. Qui mare, qui terras, caelum superosque creavit 217-218. Qui silice ex duro fluvios edu­ xit amoenos 221 339. Quid dabitis, Superi, sed quid iam optabimus ipsi 76. Quid lucri fecistis heri ducendo choreas 891. Quidquid enim tua lingua va­ let facunda docere 78. Quis queat eximias laudes ce­ lebrare Camillae 209. Quis tuae palmae celebret triumphos 324. Quisquis ieiunat faciem lavisse iubetur 208. Quisquis mira cupit devotus facta videre 323. Quod, Bernarde pater, divinae legis alumne 164. Quomodo tua negotia se ha­ beant 152. Quoniam tuarum rerum dome­ sticarum habes 151. Quos caelo fortuna pares extol­ lit et astris 166. Rectorem tua magna fides de­ flexit Olympi 208. Res tua, Sixte, ducum regum­ que potentum 143. Rorate, caeli, desuper 116. Rothomagi sublime decus, pa­ ter inclite, salve 160. Saepe scelus repetit, Seneca testante, magistrum 236. Saepe subis nostrum, praesul clarissime, pectus 382. Saepius occurris nostrae, co­ mes incbte, menti 165.

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Salve, sancte pater, divinae le­ gis alumne 314. Satis, iam satis, de publica loci nostri salute 154. Saulus adhuc spirans trucu­ lenta mente minarum 190. Seleuci in natum fuit indul­ gentia mira 205. Semper augusti celebranda no­ na 382. Sex nonas maius, iulius, simul october et mars 342. Si cataphractus eques te con­ tra bella moveret 237. Si conductitios lectos tunc ho­ spes haberet 175. Si lachrymae possent curis, vir amice, mederi 336. Si mihi Ungua foret Dantis vernacula, fili 492. Si mihi tanta foret dicendi co­ pia quantus 175. Si mihi xersis opes aut mide regis adessent 344. Si nunc Edonus Boreas spira­ ret ab alto 235. Si quis amicitiae vires, o dul­ cis amice 356. Si tu, Franciscus, scires dicta­ re camoenas 210. Si valetudo foret nostro, Erancisce, parenti 210. Si virtus oculis quam sit preciosa videri 322. Sixtus, apostolicae cui Chri­ stus munera sedis 143. Spes mihi quae fuerat de te pulcherrima dudum 333. Superiores duae epistolae edi­ tae fuerunt 67. Superioribus diebus per domi­ num Antonium de Quarta 274. Surgite, pierides, dulcis mea cura, sorores 352. Tanta meae, Superi, tribuistis tempora vitae 60. Tartareos penetrare lacus im­ mensa coegit 228. Te decet, Antoni, mihi mittere velle ducatum 90.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Te graeco de fonte sacras hau­ sisse camoenas 132. Te merito claro semper di­ gnabor honore 130. Ter tibi sive quater memini scripsisse camenas 214. Thespiadum demulsa sinu, pul­ cherrime vates 240 397. Tres simul aspirent dicendis laudibus oro 218. Triremes iam refectae sunt 663. Tritus erat callis quo nunc quisque Saonam 79. Tu fastidis olus, quia vis. per­ dicibus uti 237. Tu mihi Caroleas, vatum dul­ cissime, sordes 138. Tu nostras mentes pascis, Francisce, fabellis 126. Usque meas nuper, vates, per­ venit ad aures 113. Ut te, Paule, tuos sensi teti­ gisse penates 277. Uxori ut fidas prohibet scele­ rata Lacaena 209. Yatis ficta loqui, ventosi di­ cere falsa 208. Yenit ab eoo defessa ciconia Nilo 227. Yenit ad hospitium tua dives epistola nostrum 177. Yenustam Aeschinus vitiavit nocte puellam 190. Yersibus egregiis Cicero cum saepe libellos 182. Yertitur in Christi corpus sub­ stantia panis 239. Verum, ne prolixa oratio te fortasse 357. Yestra, viri celebres, Lambertus nomina tantum 114. Villicat Antonius, nec adest sibi copia carnis 234. Vimineas vidi crates traxisse per arva 223. Yir prudens prudenter agit: facienda libenter 226. Voce tua credis cunctos ter­ rere poetas 132.

Zachar ab intenso pretio fuit usque remissum 328. Innocenzo V i l i papa 73 81. intellectus 385. intemerare 108 304. Iohannes Bonus, tipografo 10 11 12 13 14 396. Irene di Monferrato Paleologo, im­ peratrice d’Oriente v. Violante di Monferrato. Irzio, Aulo 241° . Isabella, moglie di Renato d’Angiò 157 158 165 284-285. Isidoro di Siviglia 102-103 112 2003 226 229 3171 3192 328 3873 3913-4. Isnardo 64. Italia 120-121 125 137 144 218 241 250 277 282 391; università 320. Italiani 118-119 121 249 392. ius sodalitii 501 276 280. Jenson, Nicola, tipografo v. incu­ naboli. Kehr, Paolo F., 43. Koch, G. A., 277®. Krebs, G. F., 2683. Lafaye, G., 343. Laire, Francesco Saverio 10. Lamberto 114. Lamberto di Lorenzo da Delft, tipo­ grafo (?) 62. Lambin, Dionigi 91. Landino, Cristoforo 214. Lanfranco 200. Langhe 44 45 58 223. Lanzaroto, rector seholarum 345. Lanzellotus 344-345 352. Lascaris, Giovanni Antonio di Ono­ rato, conte di Tenda 97l. Lascaris Onorato, conte di Tenda 971. Lascaris di Savoia, Anna v. Sa­ voia Lascaris, Anna di. Laserna de Santander, Carlo An­ tonio 18 22. latinantes 94. Latium v. Italia.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli. Laner, Giorgio de Herbipoli, tipo­ grafo 134. Lecco, Iacopo da, v. Iacopo da Lecco. legge v. diritto. lembus 52 385. Lenora v. Eleonora. Lentuli Epistola, de divisto 34 343344. Liberata, S., y . Firenze; catte­ drale (S. Reparata, S. Maria del Fiore). Liber modorum significandi v. Tom­ maso di Erfurt. Licbtenberger, Giovanni Federico 18. Liguri 712 2518 252. Liguria 50 66 79 1151 120 379 398; occidentale 42 47 63° 120. Linora v. Eleonora. Lione 158 189 236 339. Lippus v. Brandolini, Aurelio e Raffaele. Livio, Tito 21° HO3 1111 1653 204. livore carens 233 389. loca navis 52. Lodovico 310-311. Lodovico I, marchese di Saluzzo 158 166. Lombardia 154. Lomellini, famiglia 1524. Lomenie de Brienne, Stefano Carlo de, card., 10. Lonati, famiglia 41. Lonati, Agostino 41 92. Lonati, Bernardo 414. Londra 6 363. Longobardi 229. Loredan, Antonio 743*4. Lorena 165. Lorenzo 137 284. Lorenzo, s., 335. Luca 307 308. Luca, s., 323. Lucano 87 96 112 127. Lucca 220 221. Lucerà, diocesi 751; vescovi v. Ransano, Pietro, vescovo di Lucerà. Lucerame 47. Lucia, s., 174 230.

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Luciano 208. Lucifero 199 233 299 383 389. Lucilio 112 216.· Luigi X I re di Francia 63° 117 1253 158 159 162-163 286 298 300 301 303 304 312 3822 3831 388 393. Luigi X I I re di Francia 160. Lunel Yernazza, Teresa v. Vernazza Lunel, Teresa. Lusignano (?) Del Carretto,..., mo­ glie di Aleramo II del Carretto v. Del Carretto Lusignano,..., mo­ glie di Aleramo II del Carretto. Macrobio 2116. magister scolarum 83 156 236. Mai, Angelo, card., 3741. Maino, Giason del, 341; v. incu­ naboli. Maizières, Filippo de, 1111. Malacarne, Vincenzo 162. malaria 171-172 261 262 269-270. Malaspina, famiglia 188. Malaspina, Antoniotto, pretore d’Alba 80 188 189 202 3251. Malatesta, Pandòlfo, signore di Pe­ saro 252°. Malatesta Varano, Elisabetta, si­ gnora di Camerino 252°. Malvezzi, Paraclito 1657. Manacorda, Giuseppe 23 228. Manno, Antonio 3 18.

manoscritti : Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana: Barberiniani latini 43 3941 4065 343® ; Cap­ ponano 2 343® ; CMgiani H. VI. 193 H. VI. 200 L. VI. 229 343®; Ottoboniani latini 46 343® — 121 438 732 396-397 — 2144 2426 343®; Palatini latini 327 906 343®; Beginensi latini 349 343® — 1368 744; Bossiano 1141 343®; Urbinati latini 739 713 722 — 903 343®; Vaticani latini 589 1384 343® — 1432 3752 — 2044 142° — 2873 vin 373-395 398 — 3817 343® — 3967 374 — 5008 713 72 — 7708 7734 8088

•¿1— P atetta , Venturino de P rioribus.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

343® — 8185 396-397 — 10687 343® ; Fondo Patetta, Autografi 242 1842; — G. M . Filelfo, GlycepHla 1151 1842 3 99. Bruxelles, Biblioteca Beale: ex-PMllipps 343 1701. Firenze, Archivio di Stato : Beg. n. 62 M . A . P. 399; Bi­ blioteca Medicea Laurenziana: Laurenziano Plut. X I X . cod. 29 3434 344; Gaddiano Plut. XGI. cod. 42 vili 9 34 35 38 502 552 117 1201 137 138 139 244 254® 2562 2 76 2 77 2 79. Leida, Biblioteca Universita­ ria: Vossiano latino 111 3132. Lione, Biblioteca Pubblica: Cod. G. 343. Lipsia, Biblioteca Universita­ ria: Bepositorii Philosopliici I Libri grammatici et poetici. Series 1 . 15 (Bibl. Panlina) 1271398. Londra, Biblioteca del Museo Britannico : Boy al 12 E I Boy al 12 E X I V 342. Modena, Biblioteca Estense : Ms. Ital. 100: a. P. 6. 19 1842. Monaco di Baviera, Biblioteca Bavarese di Stato: God. lat. 171 732. Parigi, Biblioteca Nazionale: italiani 129 616 704; latini 1860 703 — 8315 754. Eoma, Biblioteca Casanatense: God. 285 1282; Biblioteca Na­ zionale « Vittorio Emanuele II » : Ms. 1823, Fondo Ss. Giovanni e Paolo 7 72». Torino, Biblioteca dell’Acca­ demia delle Scienze: M M . V. 11. és — N N . V . 3 y n i 1-5 24 25-38 e passim·, Garte Gazzera 201; Garte Vernazza 91 16 17 181 221 25 39 3 642; Biblioteca dell’Archi­ vio di Stato: Mss. di Giuseppe Vernazza 369-370; Biblioteca del Be: Mss. Vernazziani 91 482 369; Biblioteca Nazionale: latini G. V. 39 40-42 89-96 1461 377 397 — E . I I . 2 47-48.

Vienna, Biblioteca Nazionale: latino 2403 1415. V. anche codici. Mantova 511 52l. Manuel 137 276 277. Manuzio, Paolo 551 29111. Manzoni, Giacomo 18 193 20. Maometto 390-391. Marcanova, Giovanni 1842-185° 399. Marcello, Niccolò, doge di Venezia 396. Marcello II papa v. Cervini, Mar­ cello, card. Margherita, figlia di Pietro 237. Margherita, moglie di Anseimo 302. Maria Vergine, b., 201-202 266-267 286 289 304 3087 337. Marso, Pietro 74. Martino 132 238. Maruzzi, P., 43. Marziale 88 112 1193 1773 315s 332. Massylii 391. Massimiano imperatore 323. Massimiano, poeta 270®. Massimiliano I imperatore 3822. Mathis, Agostino Maria BieM lU0. Mathis, Antonio 360° 370. Mathusalem 300 383. matrimonio 215. matrona 215®. Mattia Corvino, re d’Ungheria 69 75 144. Mauritani 3913. Maurizio e Lazzaro, ss., ordine mi­ litare 369 370. Mayer, Elisabetta 68 69° 744. Mazzuchelli, Giovanni Maria 68® 693 732. Mecca 390. Mechtildis Virg., b., 3443. Medici, famiglia 150 191-200. Medici, Giuliano de’, 150 194 399, Medici, Lorenzo de’ , 69 75 194 197 214 399. medicina, studio della, 351. Meerman, Gerardo 5-8 9 113 22 23. memoriali, versi 110 111 330. Menou, Giacomo Francesco de, 364. Mentone 62 63°. Mercati, Giovanni, card., 346.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Merula, Giorgio 1281. Messa 201-202. Michele, s., festa 57 327. miiii 361 3733. Milano 12 41 79° 1271 128 ; duchi 62 85 122 1542 e v. Sforza, fami­ glia; Sforza, Francesco; Sforza, Galeazzo Maria; Sforza, Gian Galeazzo Maria; Sforza, Lodovico; Visconti, Filippo Maria. Millesimo (Savona) 50 77 78 791. Mimnermo 87. Mirahello Monferrato 46. mnemonici, versi 342. monachus 762 3 97. Monaco 61-63 65. Monferrato, marchesi di, 79 80 140 220 339 340-341 e v. Bonifa­ cio II I ; Giovanni IV ; Gugliel­ mo V il i; Guglielmo I X ; Teo­ doro I Paleologo; Teodoro II Paleologo. Monferrato, Giovanna di, v. Bresse Giovanna Bernarda de. Monferrato, Scipione di, 292 166. Monferrato, Violante di v. Violante te di Monferrato, imperatrice d’Orientc. monete romane v. Boma; monete. Monliona Della Rovere, Luehina v. Della Rovere Monliona, Luchina. Monoecus 612. Montefeltro, Federico di, v. Fede­ rico di Montefeltro. Montepulciano 397. Monti, Vincenzo 178°. Morano, Michelangelo, libraio 26. Morelli, Iacopo 17 18. Moreni, Domenico 846-85°. Moriondo, Giovan Battista 46. Morra (Cuneo) 222. Muntz, Eugenio 68° 72°. Mugello 1962. Muratori, Lodovico Antonio 122 1416 144. musaico 222. Muse 301 59 64 104 105 106 114 124 125 126 129 130 133 138 140 141 147 159° 180 184 185

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187 203 204 240 243 246 271 273 275 277 278 280 283 288 293 296 297 300 309-310 318 327 377 378 386 392 397; nomina Musarum 112 312-313 388. Nani, Domenico 46 83 1131. Napoleone I imperatore di Fran­ cia 364-365. Napoli 69 70 751 121 144 1614 165 1671 2511 303 392 396 ; re v. Al­ fonso I d’Aragona; Ferrante d’Aragona. Nardi, Bruno 1721. Natale di Gesù Cristo 174 210 217 222 229 314. nati 123 186 256. Navarra; re v. Giovanni d’Ara­ gona. naves 385. Neckam, Alessandro 330. Negro, Francesco 345-346; v. in­ cunaboli. Neoptolemo 55 117-118 181 248. Nepotianus, Ianuarius 1111. Nevelet, Isacco 330 331°. nex 298. Niccolò, discepolo di Venturino 90 97. Niccolò d’Angiò 159 160 304. Nicéron, J. P., 1271. Nicodemo fariseo v. incunaboli. Nicola 2545. Nicola di Bari, s., 174 210 399. Niella, famiglia 3 762. Niella, Filippo de, 376 378 379 392 395 398.* Niella Tanaro 3762. nihil 361 3733 3831. Nilantius v. Nevelet, Isacco. Nippus, Petrus v. Giuppo, Pietro. Nizza Marittima v 42 47 48 49 50 64 189-190 312; archivi 473; ca­ stello 190; cattedrale (S. Repa­ rata) 192°; governatori v. De Foresta, Antonio; De Foresta, Ugo. Noberasco, Filippo 47 48 51 52 62. Nola, Andrea da v. Andrea da Nola.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

itoli 219 ; vescovi v. Fodrato, Gio­ vanni Vincenzo; Vigerlo, Marco. Nonio Marcello 112 216. Nori, Francesco 194. Norvegia 3911. note di possesso v. codici; posses­ sori. Novati, Francesco 343. Novelli, famiglia 211. Novelli, Andrea, vescovo d’Alba 81 82 99 1001 105 188 201 210-

211. Novi Ligure 15. numerus 110 182 245 248. Numidia 3913. Obertino Insubre 154 235 (?). Obizzino di Alzate, governatore di Genova 2518. oda 50 84 87 97 108 130 181 246 248. Odoardo di Alba 97 103 133 2458 333-334. Ofjicium B. M . V. v. incunaboli. Olanda 61 848 3822. Omero 96 98 111 112 129 230 231 247. Oneglia, valle di, 50 120 137 138 139 140 2781. Onorato 161 301. Orazio 87 106 111 247 297; Garm. 1061 108-109 1771 1876 207 297 3188 3844; Epist. 87 982; De arte poet. 1014 1193 2122 229 3121 332333 342; Serm. 1341 214. Ordines et statuta 292 352 40-42 461 87-88 89-96 1123 120-139 146 174 202 203 213 377 397. ordini cavallereschi v. Ermellino, ordine dell’ . Orléans, duchi d’, 189. ortografìa vn v m 28 34 35-38 423 87 134 373 374 3801 3811. Otranto 144 3916. Ottaviano, Cesare Augusto 34. Ottaviano Bressano v. Prandino, Ottaviano. Ovidio 301 844 85 86 87 96 98 106 111 112 1142 126 130 175 1804 242 247 2653·4 2782 2918 350 353;

Amores 1691 1783 1796 1801 2581 27 44 3 095 3 472; Ars Amatoria 88 112114111644 1693 1711 2579 2737 2744 2918 293« 327 341 384°; Ex Ponto 9811473 1646 1834 1853 1862 1981 20 8 2 686 2918 3 03 332 3 486; Fasti 843 983 1062 1691 2263 2462 2734 327 328 3495; Heroides 1411 1685 1771 1782·6 1797>8>9 18P 1821 208 235 2565 2572 2581·2.3.4 2616.7 2655 2 682>3>5 2696»8’11 2704·8 27211 2746 2 8016 281° 2841 2948 3 484·3 3501·5; Ibis 1876 2718; Metam. 582 140 1411 1601 179l>6 1801 1832.3 1861 1923 235 2462 2572 2582>6 26010 2621 2652>6 2666>8 2697 271 2722-7,s-11 2737 281° 3022 3048 309 3167 3181 3225 325 330° 332 3331 33 7 3 402341 34813492 3511 3561·2; Rem. Amoris 1645 2 60 9 2918; Tri­ stia 86 107° 1711 1797 1802>3 2473 2565 2574 2656>7 2706 2716 279 287 3031 3101 3181 3513; codici delle Metam. 140 295 296. Pachel, Leonardo, di Engelstadt, tipografo 134 128; v. incunaboli. Pacifici, Vincenzo 103° 141. Padova 1611 321; università 101 104 143 320. paleografi 24. Paleologo, famiglia 232. Paleologo, Teodoro, card., 80 99 1001 102 103 104 147 212-213 232-233. Palermo; arcivescovi v. Gualtiero Anglico. Palestrina 162 163. Palude, Petrus de, v. incunaboli. Panormita, Antonio 53 967 1672 2475. Pantaleo, s., 108 174 323-324 333. Pantaleone, s., v. Pantaleo, s. Panzer, Giorgio Volfango France­ sco 10 18 22 3443. Paolo 140. Paolo, s., 174 190 3496. Paolo II papa 762 232 321. Paolo III papa 374. Paolo Diacono 3183.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Papias v. incunaboli. Parigi 158 364 367. Parini, Giuseppe 202. Paris, Iulius 1111. Pasini, Giuseppe 40 481. Passione di Gesù Cristo 225 302. Pastor, Lodovico von, 732 142° 3752. Patetta·, Federico v vn vxn 4 7° 613 824 1151 1 5 ^ fl8 4 2 2442 2483 261® 28015 2825 2 90 3 091 3186 3293 331° 3453 3631 374 375 377 379 3801 381 397 398. Pausania 391. Paveri Fontana, Gabriele 127-128 337 ; v. incunaboli. Pavia 30 41 1271 133 155 341 342 353; università 29 30 31 33 84° 97 103° 106 112 319 333-334 341 346 348 351 352. pavone 90 301. Pazzi, congiura dei, 141 150-151 191-200. Pazzi, Andrea dei, 197. Pazzi, Francesco dei, 1941195 196°. Pazzi, Giovanni dei, 197. Pazzi, Guglielmo dei, 197. Pazzi, Iacopo dei, 1941 196. Pazzi, Renato dei, 196. pedana 3311. Peignot, Stefano Gabriele 18. Pentecoste 307 308. fjgerleone, Pietro 113“. Perpignan 162-163 312. Persio 774 982 111 1193 1831 2551 3183. Pertinace^-jmperatore 21° Perugia 37ìr; università 320. Pesaro 252° 3892; signori v. Malatesta, Pandolfo; Sforza, Alessan­ dro. peste 6 8 15 23 30 31 123 154 155 164 255-256 3159 332 341 352. petaclnus 93 96. Petrus Bonus Ferrariensis v. Boni, Pietro, da Ferrara. Petrus de Tomasiis Ravennas vn 1162. Peyron, Amedeo 19 20. Peyron, Bernardino 370. Pezzana, Angelo 368.

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Philodosus 167-170 324. Philomela 1083. philomena 84 87 107 130. philosophus 95 172. Piatti, Piattino 162 124. Piccarolo, Antonio 3 3591 364 366 370. Piccolomini, stemma 733. Piccolomini, Agostino 735. Piccolomini, Andrea 762. Piccolomini, Antonio 762. Piccolomini, Enea Silvio v. Pio II papa. Piccolomini Francesco, card., 693 73 76. Piccolomini, Giacomo 762. Piemonte 3692 398. Piemontesi 193 20 228 363 3661. Pietro 175 204 205 207 209 235 237 239. Pietro, maestro di scuola 493 113114 (?) 134 135 282-283. Pietro, poeta 136 231 276. Pietro, s., 146 147 392; cattedra 228 392. Pietro Battista, discepolo di Venturino 59 116 117 124 186 289291 332. Pietro d’Abano 1721. Pietro da Bra, poeta 136 231 283284. Pineio, Filippo, tipografo 742. Pinerolo, Giovanni da, 317. Pio II papa 762 1191. Pio III papa v. Piccolomini, Fran­ cesco, card. Pio V I papa 10 14. Pio V II papa 144. Pio I X papa 374. Pipocci, Pietro v. Giuppo, Pietro. Pippus, Petrus v. Giuppo, Pietro. Pira, Giuseppe Maria 50. pirronismo 3951. Pisa 192 196° 198 2203; arcivescovi v. Salviati, Francesco; universi­ tà 150. Pitra, Giovanni Battista, card., 374. Platina, Bartolomeo 68 71 74 103° 141 142» 3753.

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422

Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Platone 385. Plinio il Giovane; Panegirico 70. Plinio il Vecchio 344; Nat. hist. 421 223 328 3291 3947. Plutarco 88. Poderinum v. Poirino. poesia (arte poetica) 103 106 318 333 350-351. Poggi, Vittorio 14 396. Poggio, Iacopo 198. Poirino (Torino) 189 339 3692. Poliziano, Angelo 68 69 711 74 75 1502 1921 1946 196°·2 1971.2. 'pomeria 107 2025 308. Pomponiani v. Roma; Accademia romana. pons 1731. Pontano, Giovanni Gioviano 68. Pontedassio (Imperia) 50 1371. Ponzone, famiglia 219. Porta,..., 21. praesul 147 212-213 382 394. Prandino 161 301. Prandino, Ottaviano 1611. Priapea 112 284. Priasco, Giovanni Vincenzo 192. Priocca, Clemente Damiano di, 242. prior 15° 712. Prioris, famiglia 47. Prioris, Agostino 473. Prioris, Antonio 473. Prioris, Batroneta 473. Prioris, Fortunato 473. Prioris, Francesco 473. Prioris, Giovanni 473 712. Prioris, Lodovico 473. Prioris, Luigi 473. Prioris, napoleone 473. Prisciano 112 128 298 337. Proba 111 203. probitas 104 1053 119 133 146 147 230 232 233 247 249 285 291 292 296 300 321 327 339 354 355 357 388. problema 214. Prodico di Ceo 3863. Promis, Domenico Casimiro (?) 2. promptor 71. pronunzia 94.

Provenza 24 47 48 49 52 63 64 82 234. pruna Damascena 42. Pseudacronc 982. Pyerius 397. pyrrhata 652 251 253. Quarta v. Quarto. quarti di soldo 931. Quarto (Asti) 662 2 74; v. Antonio de Quarta. que 37 2453 373 3801. Quiliano (Savona) 133. Quintiliano 88 HO3. quom 36. Raffaellina, nipote del card. Mar­ co Vigerlo, 149. Eamoino, Paolo 33-34 38 50 981 108 120 135 137-140 1412 174 2563 275 276-282 295-297 298. Eanaldi, Domenico 3732. Eansano, Pietro, vescovo di Luce­ rà 75l. ratio 385. Eatisbona 134. Eavisius Textor, Iohannes v. Tixier de Ravisy, Giovanni. Ee, Pietro v. De Eegibus, Petrus. Re, Tommaso v. De Eegibus, Tom­ maso. rector scolarum 83 86 345. Regillo, Michele 398. Regimen moralitatis v. incunaboli. Eeichhart, Gottifredo 23. Renato d’Angiò 39 40 49 121 157 158 161 162 165 284-286. Eeparata, S., v. Firenze; cattedra­ le (S. Eeparata); v. Rizza Ma­ rittima; cattedrale (S. Reparata). Restaurazione francese 365. rettorica, studio della 103 109 132 182-183 238 318 333 3506 377 3862 388 3 93. Beviglio della Veneria, conte 370. rex 2518-252°. Rhodopes glacialis alumnus 1411212 275 389. Eiant, signori di, 1901. Eiario, famiglia 90.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli. Biario, Gerolamo 150. Biario, Pietro, card., 71° 388*. Biario Sforza, Caterina v. Sforza Biario, Caterina. Biccardo da Yenosa 1291 398; v. incunaboli. ricette 34. Bicheri, Luigi (Ermiteio Meladonte) 361. Bitter, Francesco 178°. Biviera di Ponente v. Liguria oc­ cidentale. Siviera ligure 41. Boano, Ferdinando 374. Bocca, G. A., 13. Boccabruna 63°. Boero, famiglia 188-189. Boero, Baldassarre, pretore d’Alba 80 81 99 103 104-105 188-189 221 339 340. Boero, Enregino, pretore d’Alba 189 337 338 340. Boero, Filippo, pretore d’Alba 803 81 99 103 105 221 225 235 338 339 341. Boero, Francesco 189 339. Boero, Teodoro 339. Soma 81 IO2 11 52 63 66 67 702 71 76 77 782 80 144 147 1571 160 200 203 328 363 3783 379 380 3822 391 392 396 397 399; Ac­ cademia romana 71 74; Camera­ rius gabellae Urbis 1571; monete 34. Romulus 330. Botari 189 339. Bouen 160 ; arcivescovi v. Estouteville, Guglielmo d’ . Sabata 23. Sabbadini, Bemigio 41 214. Sacco, Angelo 158. sacerdozio 201-202. Saffo 85 112 133 136 178 230. Salerno; Scuola medica salernitana 301-302 325-326. Sallustio 86 153 155 314* 333. Saluzzo 158 ; marchesi 219 e v. Lo­ dovico I, marchese di Saluzzo. Saluzzo, Cesare 3661 370.

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Saluzzo Del Carretto, Margherita v. Del Carretto Saluzzo, Marghe­ rita. Saluzzo di Monesiglio, Alessan­ dro (?) 364. Salviati, Francesco, arcivescovo di Pisa 192 196» 198. Salviati, Iacopo 198. Sangiorgio, Benvenuto 1662. San Giorgio, Corrado di, pretore d’Alba 188. San Eemo 56 57 105 188 201 202 203 213 274. Sansone, famiglia 90 150 227. Sansone, Giovanni, discepolo di Yenturino 90 150 227. Sansone Biario, Baffaele, card., 141 149-151 191 192 198 287. Sardegna ; re v. Vittorio Ame­ deo III di Savoia, Vittorio Ema­ nuele I di Savoia; regno 364 3661. Sarno; vescovi v. Andrea da hiola. Sartorio, Fazio 3781. Sassonia, Alberto di, v. Alberto de Saxonia. Sassonia, duca di, 218. Savigliano v. Angelo da Savigliano. Savoia 158 1655 189 ; conti e duchi 473 190. Savoia, famiglia reale 363-364. Savoia, Carlo I di, v. Carlo I di Savoia. Savoia, Carlo Alberto di, v. Carlo Alberto di Savoia, principe di Carignano. Savoia, Carlotta, di, v. Carlotta di Savoia, regina di Francia. Savoia, Filippo di, v. Filippo II Senza Terra, duca di Savoia. Savoia, Gasparo di, 18. Savoia, Gran Bastardo di, v. Sa­ voia, Benato Filiberto di. Savoia, Lodovico di, 53 115 158 286. Savoia, Benato Filiberto di, 971. Savoia Lascaris, Anna di, 971. Savona v 5 7 8 9 10 11 12 13 15 17 18 19 20 21 22 23 24 38 39 40 42 45 46 47 48 49 50 51

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424

Indice dei nomi e delle cose notevoli.

52 54 55 56 58 59 60 62 63 64 66 79 88 112 1131 115 116 117 119 121 123 134 1361 138 141 142 143 144 146 148 149 150 151-155 156 157 158 162 165 170 171 172 173 1834 186 191 192 199 206 207 215 225 238 (!) 244 245 256 266 271 282 283 305 306 307 310 311 314 315» 318 321 322 332 378 379 385 393 395 396 398; archivi 5 48 51 62 156; Castel Vecchio 172 266; chiese : cattedrale 172 266, S.Ago­ stino 13, S. Francesco 58 287, S. Pietro 315; diocesi 79; porto 173 267 268; pretori 154 239 v. Scarampi, Emanuele; specola 172-173 267 ; v. anche Aquilina urbs. Scala, Bartolomeo 151. Scarampi, famiglia 79. Scarampi, Bonifazio 220. Scarampi, Emanuele, pretore di Savona 1542. Scarampi Del Carretto, Smeralda v. Del Carretto Scarampi, Sme­ ralda. Schelhorn, I. G., 341. Scinzenzeler, Ulderico, tipografo 128; v. incunaboli. Scoto, Pietro 2 33 4 27 28 33 34 35 38 44 45 972 991 1091 112 134 1472 149 162 1631 1671 1691 170 1944>B2552 256 2588 259B261» 2624 268® 269M 279 2864 290° 3051 3231 324 335 3411 342 343 354 355 3733 377; sottoscrizioni 335 336. Scovazzi, Italo 47 48 51 52 62. scuole v. magister scolarum·, Nico­ la di Bari, s.; Ordines et statuta·, rector scolarum. Seneca 1111 112* 341; Ep. ad Lucii. 1181 214; Hippolytus 3225; Troades 111 236; Oedipus 811; Octavia (Pseudoseneca) 111112 1657. Senigallia ; vescovi v. Vigerio, Mar­ co, card., vescovo di Senigallia. Senofonte 3863.

Sens 10l. Serralunga d’Alba 222. Servio 341 613 111 207 208 2156 337 3565 3573 3872 3934 3951; v. incunaboli. Sforza, famiglia, duchi di Milano 62 85 1542. Sforza, Alessandro, signore di Pe­ saro 252°. Sforza Francesco, duca di Milano 63° 117 1524 2203 247. Sforza, Galeazzo Maria, duca di Milano 11 79°. 116-117 128 290. Sforza, Gian Galeazzo Maria, duca di Milano 79° . Sforza, Lodovico Maria (il Moro), duca di Milano 341. Sforza Biario, Caterina 150. Shetland, isole 3911. Sicilia; re 167. Sidonio Apollinare 334°. Siena 3783; università 320. Sigandus, Alberto 135. Sigismondo di Lussemburgo, im­ peratore 3164. sigundi dieta modorum 135. Silio Italico 334°. Siro, S., chiesa 140. Sisto IV papa vin 81 11 24 473 511 58l 67 694 70 71 72 73 74 762 81 85 91 99-104 105 107 108 112 1181 141-151 157 189 191 232 236 287 298 314-323 3251 374 375 376 377 378-379 381382 385 386 .387 388 3895 393 395 396. Socrate 100 232 233 385. Solino, Caio Giulio v. incunaboli. sophismata 58 99 118 249 287 337. sophista 100 148. Sorbelli, Albano 1842. Sospello 47. Soteri, Filippo 26. Spiegel, Iacopo 2588. Spinola, famiglia 152 283. Spinola, Ancelino 1524. Spinola, Gaspare, da Savona 283. Spinola, Giorgio 1524. Spinola, Girolamo, da Locoli 1524. Spinola, Luca 1524.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Spinola,. Alberto, da Savona 283. Spirito Santo 308. Spotorno, Giovanni 13 14 202 22 462 48 3187. Squarcialupo, Antonio 705. Squartins, Georgius v. Squarzio, Giorgio. Squarzio, Giorgio 30 352-353. stampa v. tipografìa. Stazio; codici 3132. Stefano 214 325. Stefano, s., 190 335. Steinmann, Ernesto 72°. Stella, famiglia 129. Stella, Enrico 553 58 86 124 129131 133 287 3101. Stella Calvi, Maria 131. stemmi v. Della Rovere, stemma; Piccolomini, stemma; Venezia, stemma. Stinche, carcere 197. Stoicidae 193. subticeo 107-108 317. surrupuere 643. Svetonio 332. tabellio 152 206. Taggia 120; chiese: S. Domenico 324. Tanaro 225. Tanaro, dipartimento 26. Tardona v. Tortona. Tarino, tipografi 137°. Tedeschi 8 11 12-14. τέλος (!) 112 182 221. Tenda 97 ; conti v. Lascaris, Gio­ vanni Antonio di Onorato; La­ scaris, Onorato. Teodoro 801 212-213 233 337 338. Teodoro I Paleologo, marchese di Monferrato 2185. Teodoro II Paleologo, marchese di Monferrato 2512. Teodoro di Cirene 1961 205-206. teologia, studio della 102 103° 201 319-321 334 378 388 393. Terenzio 111 ; AdelpM 190 ; Andria 210; Eunuchus 209 228 337. Testoris, Iacobus v. Texier, Gia­ como.

425

Teutonici v. Germania. Texier, Giacomo 103 319. TJialia, nostra o mea Musa 54 64 65 114 135 140 288 295-297 312 354 388. thermae 153. Theutonici v. Tedeschi. Thuasne, Luigi 712. Tibullo 112 178». Tile v. Tuie. tipografi v. Badius, Jodocus Ascensius; Carcano, Antonio; Oennini, Bernardo e figli; Cesano, Barto­ lomeo; Enrico de Aegere d’An­ versa; Eustachio Gallo; Friburger, Michele; Iacopo da Lecco; Iohannes Bonus; Jenson, ilicola; Lamberto di Lorenzo da Delft; Lauer, Giorgio; Pachel, Leonardo; Pincio, Filippo; Scinzenzeler, Ulderico; Tarino; Torrentino, Lorenzo; Torteyrolus, Iacobus; Valdarfer, Cristoforo. Tiraboschi, Girolamo 1 2 33 8-9 162 17 202 212 23 25 2 7 311 511. Tixier de Bavisy, Giovanni 159°. Todeschini Piccolomini, Francesco v. Piccolomini, Francesco, card. Tommaso 62. togata 1341. Tomiri 199-200 394. Tommasi, Pietro v. Petrus de Tomasiis Bavennas. Tommaso d’Aquino, s., 162 743 174 206 215. Tommaso di Erfurt 1353; Liber modorum significandi 135 e v. incu­ naboli. Torino 25 27 30 42 59 81 115 116 117 123 183 186 256 290 363 364 367 ; Accademia degli Una­ nimi 162; Accademia delle Scien­ ze 2-4 368; archivi 473 367 369 370°; università 29 30 31 32 84° 108 186 189 341 352 361 366 36 8 3692. Torrentino, Ermanno 846-85°. Torrentino, Lorenzo, tipografo 18 845-85°. Torteroli, Tommaso 131415 22 396.

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426

Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Torteyrolus, Iacobus, tipografo 81. Torti, Gerolamo 341. Tortona 342. Toscana 151. Tours ; arcivescovi v. Ildeberto, ar­ civescovo di Tours. Trani 398. Trinità, ss., 201-202 218. Trino 81 211. triremes 663 1571 199 385. Troia (Poggia) 49; conti v. Cossa, Giovanni, conte di Troia. Tuie 391. Turchi 143-144 165 229 236 238 376 389-392. Tusci 200.

Varano, Pier Gentile 252°. Varrone 82 103 207 337. Vegio, Maffeo 41 88. Venezia 1271 392; chiese: S. Marco 222; dogiv. Marcello, Niccolò; flotta 144 165; senato 744; stem­ ma 744; università 320. Ventimiglia 62 63 120 134°. venturin (trovatello) 44 45. Venturini, Francesco 8; v. incuna­ boli. Venturino, maestro 521. Verani, Tommaso 16. Vercingetorix 241. Vernazza, famiglia 360°. Vernazza, Antonio Francesco (ju­ nior) 359 360°. Ughelli, Ferdinando 81 148. Vernazza, Antonio Francesco (se­ Ugo Michaelis 65. nior) 360°. Vernazza, Ettore (Baronino) 3! Ungheresi 671 68° 751. 360-361 368 369. Ungheria 75; re v. Mattia Corvino; regine v. Beatrice d’Aragona. Vernazza, Giuseppe 1 2 3 4 5 71 8 9 12 13 145 15-25 26 27 28 29° università v. Italia; Bologna; Pa­ 32 34 37 39 40 42 43 441 46 47 dova; Pavia; Perugia; Pisa; Sie­ . 48 49 51 78-79 83 991 1131 1141 na; Torino; Yenezia. Urbino 70; duchi v. Federico di 1191128 134 135-136 170 211 213 Montefeltro, Guidubaldo II della 282 359-370. Vernazza, Vittorio 3601. Rovere; statuti 3892. Vernazza Fauzone di Montelupo, Virginia 21 32 3 593 3 60 361 364 Yagnoni, Filippo 9. 365 366 367-369. Yaldarfer, Cristoforo, da Ralisbona, tipografo 134. Vernazza Lunel, Teresa 361. Verzellino, Giovanni Vincenzo 40 Valerio Fiacco 2977. 511 142° 144 1483 156 3202 Valerio Massimo 110-111 1121 1961 1994 203 204 205 206 207 222 379. 223 224 225 226 227 228 236 vescovi e arcivescovi 81 .82 2111; v. Andrea da itola; Del Carret­ 238 239 2991- 9 3206 322M 3353 341-34 2 3 55 3566.7·8 3571; codici to, Bernardo; Del Carretto, Mat­ teo; Del Carretto, Pietro; Estou374. teville, Guglielmo d’ ; Fodrato, Valla, Lorenzo 128 298. Giovanni Vincenzo; Giustiniani, Vallami, Tommaso 2 4 25 28 29° Agostino; Gualtiero Anglico; II311 991. deberto; Novelli, Andrea; RanValperga Caluso, Tommaso 364 sano, Pietro; Salviati, France­ 3661. sco; Vigerlo, Marco; Vigerio Del­ Van der Bete, Ermanno v. Torla Rovere, Marco. rentino, Ermanno. Van der Beke, Lorenzo v. Tor- Vidua di Conzano, Gerolamo Pio rentino, Lorenzo. 367 368. Varano, Elisabetta v. Malatesta Vigerio, famiglia 149. Varano, Elisabetta. Vigerio, Bianca 149.

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Indice dei nomi e delle cose notevoli.

Vigerlo, Marco, vescovo di Noli 103 1181 318. Vigério, Urbano 148. Vigerio Della Rovere, Marco, card., vescovo di Senigallia 82 99 103 104 148-149 189 231 314 3187 3762 3 98; nipoti v. Agnese, Fi­ lippo, Giuliano, Raffaellina. Vigerio Grosso, Nicoletta 148. Villafranca (Nizza) 473. Villamarino, Bernardo 253. Vinay, Gustavo 3 4 5 31 40 41 42 48 52l 83 87-88 91-92 96 112 119 120 139 397. Vincenzo, s.; 174 324. Vinet, Elia 3132. Violante di Monferrato, imperatri­ ce d’Oriente 2185. Virgilio 301 521 85 87 96 98 106 111 112 126 127 130 131 132 140 203 206 231 242 247 2782 297 3074 339 350 353 354 355 357; Aeneis 532 773 86 1462 1702 1785 1796>8 1811 2002 203 207 208 209 210 217 2183 234 235 2571 2586 26610 2675 268M 2691.2·11 2702 2 933 3192 3205 3262 3322 33 6 33 7 3 49M 357 387M 3913 393* ; Eclogae

427

130M 1431 25712 3 074 3184 357 398; Georgica 733 1841 203 223 27012 325 357; codici 140 295 296. Virgilio, Giovanni del 398. Visconti, Filippo Maria, duca di Milano 63° 122 220 247 251. Vitellescbi, Giovanni, card., pa­ triarca d’Alessandria 163-164. Vittorino da Feltre 941 111. Vittorio Amedeo III di Savoia, re di Sardegna 3661. Vittorio Emanuele I di Savoia, re di Sardegna 366 367 369. Vivaldi, famiglia 1524. Wiirzburg 134. zachar (saccharum) 328. Zardino, Gerolamo 345. Zocco, Melchiorre 1536 156-157 158 238 (?) 285-286 301. Zocco, Teodora 39 40 107 1253 1351 1461 1536 155-161 165 174 181° 2761 284-286 298-301 303-306 377 383!. Zwolle (Olanda) 84s.

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V e n t u r in o de P rio rib u s, m a e s t r o d i s c u o l a d e l p o e t a , e c o r r e t t o r e d e i p r im i l i b r i s t a m p a t i .........................................................................................................

XV,

Sa v o n a

1. Vicende del codice Albese di Venturino, oggi posseduto dal­ l’Accademia delle Scienze di T orin o.................................................. 2. Il nome di Venturino nell’edizione savonese del D octrin ale di Alessandro de V illa -D ei. Giuseppe Vernazza dà notizia del codice Albese. Il Boezio stampato a Savona nel 1474. Ipotesi sulla data di stampa del D octrin a le. Vicende della tipografia savonese. L’agostiniano loh a n n es B on u s, tipografo a Savona e a Milano . . . . 3. Gli errori del Vernazza sul luogo di stampa e sulla data del e varie polemiche cui dettero o r i g i n e ...........................

D octrin ale

4. Il codice Albese, fonte principale per ogni notizia su Ventu­ rino. Altri particolari sulle sue vicende. La descrizione che ne fece il Vernazza............................................................................................. 5. Antonio Calderari di Alba, discepolo di Venturino, primo possessore e in parte scriba del codice. Suoi componimenti conte­ nuti nello stesso codice...................................... ...................... 6 . Descrizione del codice Albese. Data della trascrizione. Gli scribi: Antonio Calderari e Pietro Scoto. L’ ortografia. Criteri se­ guiti per l’edizione. . . ..................................................................

7. Il codice Laurenziano-Gaddiano e i componenti di Ventu­ rino che contiene. Un componimento di Venturino che non si è potuto rintracciare. Gli Ordines et sta tu ta: ordinamento scolastico e regole pedagogiche di Venturino in un codicetto, molto proba­ bilmente autografo, della Biblioteca Nazionale di Torino . . . .

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430

Indice generale.

8 . Vari contributi alla biografìa di Venturino e fonti dalle quali sono stati tratti. Documenti degli archivi di Savona . pag.

42

9. I dati biografici che si possono ricavare dal codice Albese. Giovinezza di Venturino. Incontro con Giovanni Mario Filelfo. In­ segnamento a Savona tra il 1453 e il 1474. Matrimoni. Prole. Il Filelfo gli tiene a battesimo la figlia T e o d o r a ...............................

49

10. Viaggio da Grimaud a Savona tra il 1483 e il 1485. Ven­ turino insegnò per qualche tempo in Provenza ? Viaggio da Gri­ maud ad A l b a .....................................................................................

60

11. Viaggio a Roma nella primavera del 1482. Contributo alla biografìa di Aurelio Brandolini, del quale Venturino riportò da Roma due p o e s ie .................................................................................

66

12. Bernardino del Carretto, scolare prediletto di Venturino. Insegnamento in Alba e relazioni con personalità del luogo '. . .

77

13. Albensis achademiae rector. Un’epistola del Calderari a Ca­ talano Bonagiunta con notizie sulla scuola di A lb a .......................

83

14. Altre notizie sull’insegnamento di Venturino, sui suoi me­ todi pedagogici, sui suoi rapporti con gli scolari e con le loro fami­ glie. L’edizione degli Ordines et statuta fatta da G. Vinay. Gli studi di Sisto IV, di Marco Vigerio Della Rovere e di altri. Venturino scrittore: lingua e stile. Venturino maestro di grammatica e di rettorica........................................................................................................

88

15. Relazioni di Venturino con altri poeti. Epistole metriche scambiate da Venturino e dal suocero suo Alberto con Giovanni Mario F i le lf o ............................................................................. 16. Ancora delle suddette epistole: giudizi del Filelfo sui Fran­ cesi, condivisi da Venturino; notizie sulla storia di Genova. Rap­ porti di amicizia fra Venturino e il F i l e l f o ...................................

117

17. Ancora delle suddette epistole: le lodi del Filelfo fanno insuperbire Venturino. Le epistole di Alberto, suocero di Ventu­ rino, sono state scritte da quest’u ltim o ...............................................

124

18. Venturino e Francesco Filelfo. Scambio di poesie tra Ven­ turino e il genovese Enrico Stella. Componimenti dedicati a vari poeti non nominati o i g n o t i ..............................................................

126

19. Componimenti diretti al medico e poeta ligure Paolo Ra­ moino · ....................................

137

20. Componimenti che riguardano Sisto IV, i suoi parenti e la congiura dei P a z z i .........................................................................

141

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Indice generale.

431

21. Lettere in prosa concernenti le discordie intestine di Sa­ vona e di Genova. Apologo in distici sulla concordia . . . . pag.

151

22. Teodora Zocco e le otto epistole metriche del codice Albese che figurano scritte da lei, ma che sono invece, quasi certa­ mente, opera di Venturino: a Carlo VII, re di Francia, a Isabella, prima moglie di Renato d’Angiò, a Renato d’Angiò, a Lodovico di Savoia, a Carlotta di Savoia, regina di Francia, ad Anna, figlia di quest’ultima e di Luigi X I, al card. d’ Estouteville, e a due ignoti .....................................................................................................

155

23. Componimenti che riguardano Giovanni Cossa, consigliere di Renato d’Angiò. Epigramma per Giovanni d’Angiò, figlio di Renato. Epigramma per l’assassinio di Scipione, figlio di Gio­ vanni IV, marchese di Monferrato. Epigramma sopra un aneddoto della vita di Alfonso d’A r a g o n a .......................................................

161

24. Un poemetto incompiuto su Philodosus e Florida. Epi­ stola metrica che figura scritta da Giovanni a C a t i n a ...............

167

25. Componimenti per nozze e per banchetti. Poesie di argo­ mento amoroso. Componimenti di carattere religioso e di argomento v a rio.........................................................................................................

174

P a r t e S e c o n d a . I n d ic e

d e i c o m p o n im e n t i c o n t e n u t i n e l c o d ic e

VENTURINIANO E TESTI SCELTI ......................................................

A p p e n d ic e .

Il barone Giuseppe Vernazza di F r e n e y ..................

A g g iu n t e

c o r r e z io n i:

177 35 9

........................................................................

371

Un nuovo codice di Venturino de Prioribus : il Vaticano la­ tino 2873 ...........................................................................................

373

M i n o r a ...............................................................................................

3gg

.........................................

401

I n d ic e

e

d e i nom i e delle

cose

notevoli

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Rome, Adolphe. Commentaires de Pappus et de Théon d’Aloxandrie sur l’Almageste; texte ótabii et annoté.... Tome I . Pappus d’Alexandrie, Com­ m entale sur les livres 6 et 6 de l’Almageste. 1931. pp. l x x , 314. ili., dia. sussidi per la consultazione dell’Archivio Vaticano, l i . ixuuerbach, bruno. Keferendarii utriusque ¡Si­ gnatura« a Martino V ad Clementem LA et praetati bignaturae supplicatxonum a Martino V ad Eeonern A III. 1931. pp. xlv , 408. Mercati, Giovanni. Aotizie di Procoro e Demetrio Uidone, Manuele Caieca e Teodoro Meliteniota ed altri appunti per la storia della teologia e della letteratura bizantina dei secolo x iv . 1931. pp. xu , 548. 125 tav. lievroesse, Robert. Pelagli diaconi Ecclesia« romanae in delensione Irium Capituiorum. Texte latin du manuscrit Aureiìanensis 73 (70). euité aveo introduction e t notes. 1933. pp. l u i , 76. Rationes decimarum ltaliae nei secoli x u i e XIV. Tuscia: 1. La decima degli anni 1274-1280, a cura di Pietro Guidi. 1932. pp. LiV, 367. 1 c. geogr. pieg. (in busta). Winnart, André. Analeeta Reginensia. Extraits des manuscnts latine de la reine Christine conservés au Vatican. 1933. pp. 377. Rationes decimarum ltaliae nei secoli x m e x iv. Aemilia. Le decime nei secoli x m -x iv , a cura di Angelo Mercati, Emilio A usuili-Rocca, Pietro Sella. 1933, pp. vili, 614. 1 c. geogr. pieg. (in busta). Savio, Pietro. Statuti comunali di Villanova d ’Asti; introduzione, testo, franchigie, documenti, indici e glossario. 1934. pp. x c i, 446. 5 tav. (lacs.). Borghezio, Gino e Vattasso, Marco. Giovanni di M.° l'earino uepintore. Cronica del suo tempo. Voi. 11 (1437-1404) ed appendice (1347-1390). 1934. pp. 020. 2 tav. (iacs.). Urai, G. Gataiogue de manuscrits arabes chrétiens conservés au Caire. 1934. pp. x |2J, 319. Kuttner, St. lxanonistìsche Schuidiehre von tiratian bis aul die Dekretalen Uregors 1A. sistem a­ tiseli aul Cfrund der handschriitlichen (¿uellen dargestellt, 1936. pp. XXII, 429. Prancm de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fa­ scicolo 8°. 1936. pp. (3J. 409 [2J. tessuto, Umberto. I manoscritti Palatini ebraici della .Biblioteca Apostolica Vaticana e la loro sto­ ria. i93o. pp. viu , 183. 2 tav. (iacs.). Levi Beila Vida, Giorgio. Elenco dei manoscritti arabi islamici della Biblioteca Vaticana. 1935. pp. XXIX, 347, 41*. Mercati, G. Per la stona dei manoscritti greci di Uenova, di varie badie basiiiane d ’Italia e di Patmo. 1935. pp. x u , 360, o tav. Rationes deelmurum ltaliae. Aprutium-Molisium. Le decime dei secoli x u i-x iv , a cura di P. Sella. 1936. p p . x i i , 468. 1 c. geogr. pieg. (in busta).

70. Mercati, Angelo. La provenienza di alcuni oggetti delle collezioni vaticane. 1936. pp. 48. l i ili., 2 tav. 71 Kuttner, Stephun. Repertorium der Kanonistik (1140-1234). Prodromus Gorporis glossarum I. 1937. pp. XX, 636. 72. Rome, Adolphe. Gommentaires de Pappus et de Theon u’Aiexandrle sur l’Almageste; texte étabii et annoté.... Tome i l . Theon u’Alexanarie, Gommentaire sur les livrea 1 et 2 de l’Almageste. 1936. pp. iL xxxu iJ-cvi l_316J-805. ili., dis. 73. Fasoli, Gina e Sella, Pietro. Statuti di Bologna dell’anno 1288. Tom o 1. 1937. pp. x x x v i, 598. 74. Sella, Pietro. Glossario latino emiliano. 1937. pp. x x iv , 407. 75. Mercati, Giovanni. Codioi latini Fico Grimani Fio

e di altra biblioteca ignota del secolo x v i esistenti neli’ Gttobomana e i codici greci Fio di Modena. 1938. pp. X |2j, 326. 8 tav. (iacs.). 76. Mercati, G. Opere minori. Voi. 1 (1891-1896). 1937. pp. viu , 662. 7 7 . ------- Voi. I l (1897-1906). 1937. pp. 540. 7 8 . ------- Voi. n i (1907-1916). 1937. pp. 529. 7 9 . ------- Voi. IV (1917-1936). 1937. pp. 550. 8 0 . ------- Voi. V.Indice dei nomi edelle cose note­ voli. Indice dei manoscritti citati. Bibliografia de­ gli scritti. (Notizie biograhche. 1941. pp. 220. 1 ritr. 81. Todesco, Venanzio-Vaccari, Alberto-Vattasso, Marco, i l Diatessaron m volgare italiano; testi inediti dei secoh x m -x iv . 1938. pp. x u , 382. 82. Carusi, Enrico. Lettere inedite di Gaetano Marini, n. Lettere a Giovanni Fantuzzi. 1938, pp. |2], 392. 8 3 . ------- H I. Appendici: Due lettere a G. A . Z a­ netti. Lettere di Oriovanni F antuzzi a Gaetano Marmi. Frei. e indici. 1940. pp. x x x v n t, 168 . 84. Rationes decimarum ltaliae. Apuiia. Le decime nel sec. x iv , a cura di Bomenico Vendola. 1939. pp. 463. 3 grandi c. geogr. pieg. 85. Fusoli, Gina e Sella, Pietro. ¡Statuti di Bologna dell’anno 1288. Tom o l i . 1939. pp. 303. 86. Andrieu, Michel. Le Fontificai romain au moyen &ge. Tome 1. Le Fontihcai romain du x u e siede. 1938. pp. XX, 308. 8 7 . ------- Tome i l . Le Fontificai de la Curie romaine au i m e siede. 1940. pp. iv , 688. 8 8 . -------Tome IH . Le Fontitical de Guillaume Durand. 1940. pp. XX, 691.

1 3 volumi costituenti l'opera e le tavole della me­ desima (muli, a»; non si vendono separatamente.

89. Fricdlilnder, Paul, tóp&tantiker Gemàldezyklus in Gaza, des Prokopios von Gaza ’’iixippaaii; sbtóvoi;. 1939. pp. vii, 122. 12 tav. 90. Mercati, Giovanni. Ultimi contributi alla storia degli umanisti. F'asc. i : Traversariana. 1939. pp. vili, 143. 91. — — F’asc. II: Note sopra A . Bonfini, M. A . Sabeilico, A. ¡Sabino, Fescennio Francesco Negro, Fietro ¡Summonte e altri. 1939. pp. x u , 128, 86*. 1 tav. 92. Levi Della Vida, Giorgio. Ricerche sulla forma­ zione dei più antico tondo dei manoscritti orientali della Bibuoteca Vaticana. 1939, pp. viu. 21 tav. 93. Devrcesse, Robert. Commentane de Théodore de Mopsueste sur les Fsaumes (1-L A X X ). 1939. pp. x x x ii, 572. 94. Tanncry, Paul. Quadrivium de Georges Pachymerc. 1940. pp. cu , 468. tav. pieg. 95. Mercati, G. Nuove note di letteratura biblica e cristiana antica. 1941. pp, vi, 160, 4 tav. 96. Rationes decimarum ltaliae nei secoli x u i e XIV. Venetiae-Histria-Dalmatia, a cura di Pietro Seila e Giuseppe Vale. 1941. pp. XLvm, 572. 2 grandi c. geogr. pieg. 97. Rationes decimarum ltaliae nei secoli x m e Xlv. Campania, a cura di Mauro lnguanez, Leone Mattei-LerasoU, Pietro beila. 1942. pp. v u i, 644. 1 grande c. geogr. pieg. 98. Rationes decimarum ltaliae nel secoli x u i e xrv. Tuscia, II. Le decime degli anni 1295-13U4, a cura di Martino Giusti e Pietro Guidi. 1942. pp. XXXI, 428. 1 c. geogr. pieg. 99. Andrieu, Michel. Le Pontificai romain au moyen-àge. Tome IV. Tables alphabétiques. 1941. pp. XI, 446. 100. Tavolo e indici generali dei primi cento volumi di « studi e Testi ». 1942. pp. x x u i, 184.

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Si trovano vendibili presso la Biblioteca Apostolica Vaticana - Città del Vaticano

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