Uomini e animali 8882273482, 9788882273484

C'è salvezza anche per gli animali? Una risposta cristiana. La Scrittura e la sapiente riflessione dei padri della

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Uomini e animali
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CURATORE: TITOLO: SOTTOTITOLO: FORMATO: PAGINE: TRADUZIONE: IN COPERTINA:

Enzo Bianchi, priore di Bose Uomini e animali Visti dai padri della chiesa 16 cm IO O Sabino Chialà, monaco di Bose Maestro Bertram, La creazione degli animali, pannello dell’altare di Grabow (ca. 1380), Kunsthalle, Amburgo

© 19 9 7 E dizioni Q iqajon M onastero di B ose 13887 M agnano (Bi)

isb n 88-8227-020-3

Uomini e animali Visti dai padri della chiesa a cura di Enzo Bianchi, priore di Bose traduzione dei testi di Sabino Chialà, monaco di Bose

E d iz i o n i Q iq a jo n

I ndice

9

Introduzione

12

L ’uomo, essere co-creato

17

Un solo mondo per uomini e animali

23

Un’indicibile comunione di preghiera

31

Bibliografia

33

Uomini e animali

35

Creati e amati dall’unico Signore

41

Specchi della bellezza divina

49

Messaggeri di Dio

55

Insegnamenti e simboli

63

Conoscono il loro Creatore e lo lodano

67

Solidali fin dalla creazione

73

II vincolo della compassione

81

Primizie della piena comunione

91

Trasfigurazione cosmica

A Paolo De Benedetti che ben conosce lo “zaar baiale chajim"

I ntroduzione

Chi mi ha trasmesso la fede cristiana mi raccomandava di esaminarmi con attenzio­ ne prima della confessione anche a proposito della mancanza di carità verso gli animali: in effetti in un paesino di campagna del Mon­ ferrato negli anni del dopoguerra i ragazzi praticavano la caccia agli uccelli, giocavano con gli animali (i giocattoli allora erano scar­ si!), erano in contatto quotidiano con gal­ line, faraone, oche, anatre, piccioni, buoi e asini, cani e gatti... e in ogni rapporto, an­ che con gli animali, un ragazzo è tentato di esperire e quindi mostrare la sua forza, la sua superiorità, il suo possesso, la sua aggressivi­ tà, la sua capacità di difesa e di offesa... E tuttavia era piuttosto raro che venisse trasmessa e insegnata una tale “ delicatezza di coscienza” (così la chiamava il mio con­ fessore)! Infatti la tradizione cristiana si è quasi sempre nutrita di un antropocentrismo 9

orgoglioso: tutto è ordinato all’uomo, refe­ rente unico, solo orizzonte della creazione, signore e re assoluto sul cosmo, culmine e fi­ ne dell’opera creazionale. La vocazione delle cose e quindi degli animali è il servizio al­ l ’uomo, così come l’uomo ha la vocazione a servire Dio e amarlo. D ’altronde Tommaso d’Aquino, nella Stim­ ma, così si era espresso: “ Gli animali non hanno una vita razionale per mezzo della quale guidarsi e muoversi da se stessi, ma so­ no sempre mossi come da un altro naturale impulso, segno che sono naturalmente ser­ vi e fatti per l’uso da parte di altri” . E così che Arthur Schopenhauer, con un giudizio che abbisogna forse di qualche sfumatura ma che pone il dito su un problema reale, afferma che “per il cristianesimo è stato un errore fondamentale e assolutamente inspie­ gabile aver staccato l’uomo dal mondo de­ gli animali al quale esso appartiene, dando esclusivo valore all’uomo, fino a considerare gli animali soltanto come cose” . Nessuno può negare che il cristianesimo occidentale, soprattutto nel secondo millen­ nio, ha coltivato una fede acosmica dove la natura, gli animali e i vegetali costituisco­ no semplicemente il contesto per l’uomo, il io

suo ambiente. Paura del panteismo pagano, certo, paura di divinizzare animali, piante e cose, timore di attentare all’alterità trascen­ dente del divino, ma anche riduzione del­ la natura a fornitore di cibo per l’uomo, in un rapporto che sostanzialmente non vede solidarietà ma solo mera funzionalità nei confronti del “ re della natura” . Non vi è in questo una fuoriuscita dall’ottica della co­ munione, a tutto favore dell’ottica del con­ sumo? Certo, la natura veniva benedetta durante le processioni delle rogazioni, gli animali ve­ nivano benedetti nella festa di sant’Antonio abate, ma tutto questo era semplicemente volto a chiedere a Dio che la terra fosse fer­ tile, che le coltivazioni venissero preservate dalle intemperie e che gli animali fossero fe­ condi, forti, in piena salute, copiosi, atti a soddisfare i bisogni degli uomini... Proprio per questo, e sovente con ragione, gli uomi­ ni culturalmente cristiani sono individuati tra i responsabili della devastazione e dello sfruttamento del pianeta, mentre nella recen­ te “ conversione” di alcuni ambienti cristiani all’ecologia non è assente una nuova subor­ dinazione della creazione alla preoccupazione prioritaria per la sopravvivenza dell’uomo.

Ma se rileggiamo le Scritture ebraiche, il Nuovo Testamento e la “ grande tradizione cristiana” , soprattutto nel primo millennio della chiesa indivisa, in realtà restiamo stu­ piti dell’attenzione riservata alle creature tut­ te, ma in particolare agli animali e al loro rapporto con gli uomini.

L ’uomo, essere co-creato Quando si fanno operazioni di questo ti­ po, come la rilettura del messaggio biblico circa gli animali, occorre essere vigilanti e mossi da acribia. Le Scritture contengono grandi messaggi, parole di Dio rivolte all’uo­ mo, ma in esse vi è anche la presenza di at­ teggiamenti umani non sempre adeguati al messaggio. L ’apostolo Paolo, quando nella Lettera ai Romani medita sulla salvezza spe­ rata, ci consegna un’importante rivelazione: “ La creazione attende con impazienza la ri­ velazione dei figli di Dio ... essa nutre la speranza di essere anch’essa liberata dalla schiavitù del disfacimento ... tutta la crea­ zione geme e soffre fino ad oggi le doglie del parto ...” (Rm 8,19-22) e tuttavia, quando è intento a dimostrare un’esperienza apostoli­

ca che gli sta a cuore, finisce per stravolgere l ’intenzione di un testo. Così in iC or 9,9-10 ricorda che “ nella legge di Mosè sta scritto: Non metterai la museruola al bue che treb­ bia” - precetto santo in favore dell’animale che lavora e dunque ha diritto al cibo - ma poi commenta: “ Forse Dio si prende cura dei buoi? Oppure è detto per noi? Sì, certamen­ te fu detto per noi Si deduce, dallo “ sta scritto” , che Dio si preoccupa che i predica­ tori siano ricompensati per il loro ministero, ma dei buoi non gli importa nulla! Tuttavia, anche se nella Bibbia ci sono te­ sti che contraddicono un messaggio che sia “ buona notizia” anche per gli animali, va ri­ conosciuto che là dove ci sono le grandi “pa­ role” rivelative c’è anche “ evangelo” per gli animali. D ’altronde basta leggere i racconti della creazione, che la presentano come crea­ zione “ del cielo e della terra e di tutte le loro schiere” sigillata dal sabato, destino e voca­ zione di ogni creatura. Ciò che emerge con evidenza dalle prime pagine della Genesi è innanzitutto la cocreatura lità tra uomo, animali, piante e cose. Nell’antico racconto jahwista (Gen 2,4b ss.), l’uomo è tratto dalla terra e perciò è Adam tratto ddìì’adamà: “ Dio plasmò Adam che è 13

polvere del suolo” (Gen 2,7), sicché la terra in un certo senso è matrice dell’uomo. Non è madre, perché Dio ha creato l’uomo libera­ mente, senza un consenso della terra, ma la solidarietà creaturale, l ’immanenza tra “ ter­ ra e terrestre” è subito affermata. L ’uomo viene dalla terra, è fatto di terra, ritornerà alla terra, sarà di nuovo terra! Ma quest’uomo, in cui è immesso da Dio un soffio di vita, reso vivente, è preso (,laqach. cf. Gen 2 ,15 ; è il verbo dell’elezione in Dt 4,20) e posto in un giardino per dimorare e riposare (nuach: cf. Gen 2 ,15 e Dt 3,20). Qui germogliano altre creature e qui vengo­ no creati gli animali, perché non è bene che l ’uomo sia solo: l’uomo è veramente tale quando è in relazione, quando è in comuni­ tà, e gli animali - pure plasmati dalla terra vengono posti in relazione con lui che ad es­ si dà il nome! Sì, gli animali non saran­ no sufficienti per 1’ “ umano” , che solo nella dualità intrinseca maschio-femmina troverà il suo pieno sviluppo, ma gli animali sono già un aiuto per lui, perché ricevendo il nome ri­ cevono la forma della relazione con l ’uomo, ricevono un “volto” nella molteplicità dei vi­ venti. L ’uomo, donando un nome all’anima­ le, entra in relazione e in dialogo con lui, lo 14

riconosce come un essere vivente di fronte a sé. L ’uomo dice “ tu” all’animale, come lo dirà dopo alla donna. L’uomo, per essere se stesso e per avere una vita veramente uma­ na, ha bisogno di una “ comunità” (non è lui, ma Dio che lo constata! Cf. Gen 2,18) e questa comunità comprende anche gli ani­ mali. A ll’umano non basta l’animale, ma non basta neanche l’altro polo sessuale... C ’è dunque co-creaturalità tra uomini e animali, perché creati a vivere insieme, in re­ lazione (cf. Gen 2,7 e 19), a dividere lo stes­ so spazio terrestre e a morire insieme dopo una vita piena di relazioni: uno stesso desti­ no infatti legherà uomini e animali, i quali - dice Qoelet (3,18-21) - avranno la stessa sorte... Il rapporto tra uomo e animali non è pa­ ritario, ma non si configura neppure come rapporto tra un soggetto e un oggetto, per­ ché entrambi restano soggetti, anche se la re­ lazione resta asimmetrica. E l ’uomo che dà il nome all’animale e non viceversa, ma l’ani­ male è anche un aiuto per l’uomo (si badi che la relazione uomo-donna in Gen 2,18 è vista come aiuto, ’ezer kenegdo, letteralmen­ te “ aiuto-contro di lui” !). Per vivere la sua avventura, l’uomo ha bisogno di aiuto, e di 15

aiuto “ altro” , sicché l’uomo ha bisogno della donna, la donna ha bisogno dell’uomo, gli umani hanno bisogno degli animali e tutti hanno bisogno gli uni degli altri. Nel più recente racconto della creazione, quello sacerdotale (Gen i), la co-creaturalità è di nuovo affermata, anzi diviene un inno dossologico al Creatore. L ’opera di Dio è un no al caos, al nulla, al tohu wabohu, alla te­ nebra, choshekh, e il soffio di Dio plasma, quasi “ cova” le creature volute da Dio... La parola potente di Dio diventa evento, e le acque “fanno uscire” , la terra “fa uscire” (cf. Gen 1,11.2 0 .2 4 ) generando la vita: vegetali e animali secondo la loro specie, le loro par­ ticolarità. Quale grande solidarietà: acqua e terra sono, in virtù della parola di Dio, ma­ trici di tutti gli esseri viventi tra i quali Dio infine vuole l ’uomo, creato da lui a sua im­ magine e somiglianza (cf. Gen 1,26-27)! A ll’uomo come agli animali Dio dà la be­ nedizione e lo stesso comando: “ Siate fecon­ di e moltiplicatevi, riempite la terra!” (vv. 22 e 28). Ogni creatura è buona, recita l’in­ no creazionale di Gen 1, ed è solidarmente che tutte le creature animate sono benedette e ricevono in dono la terra: non l’una senza l’altra, non l ’uomo senza l’animale! 16

Un solo mondo per uomini e animali Nell’abitare la terra, uomini e animali sa­ ranno solidali, in un rapporto fatto di solidarietà somiglianza armonia condivisione dello stesso spazio destino comune, il ritorno alla terra. L ’uomo non esiste senza il “ suo” mondo, e il mondo esiste, per volontà di Dio, come luogo, casa, dimora dell’uomo, degli animali e di tutte le creature. Quanto poi ai verbi che conferiscono al­ l’uomo un mandato sulla terra - normalmen­ te tradotti: “ Soggiogate la terra e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla ter­ ra” (Gen 1,28) - , occorre comprenderli be­ ne: l ’uomo deve essere fecondo, lottare con­ tro la morte affermando la vita, deve occu­ pare e abitare lo spazio terrestre; ma questo riempire la terra non può significare calpe­ starla: come Israele nei confronti della terra promessa, egli deve popolarla, abitarla in un rapporto pieno, cioè possedendola, coltivan­ 17

dola e custodendola. Questo il senso del ver­ bo, kavash: non tanto “ soggiogare” , quanto piuttosto possedere la terra in un rapporto amoroso, armonioso e ordinato. Quanto al verbo tradotto usualmente con “dominare” , radah, si ricordi che indica reg­ gere, guidare, pascolare, con un’azione che è quella del re e del pastore che governa soste­ nendo e custodendo lo shalom, la vita piena nella pace. A ll’uomo non è dato un potere oppressi­ vo, arbitrario, assoluto, vendicativo, né è da­ ta facoltà di sfruttamento della terra e degli animali. L ’uomo è signore del mondo (cf. Sai 8), ma lo è come mandatario di Dio che vide ciò che aveva creato come “ buono e bel­ lo” (Gen 1,25). L’uomo mantenga dunque e rafforzi questa bontà (tov)\ Per questo al­ l ’uomo non è concesso di cibarsi ucciden­ do gli animali: per nutrirsi farà ricorso alle piante erbacee che hanno un fusto che cul­ mina con un seme, cioè i cereali e gli alberi da frutto, mentre l ’erba è per il pascolo e il nutrimento degli animali (cf. Gen r,2ci). Gli esseri che hanno nefesh non posso­ no servire da cibo agli uomini, perché nella volontà creatrice di Dio il cosmo vive di un rapporto basato sull’assoluto rispetto del18

la vita. Si delinea qui la promessa del mondo voluto da Dio, il mondo secondo Dio, quel mondo che i profeti invocheranno e descri­ veranno come era messianica, un mondo ri­ portato all’integrità, il mondo degli ultimi tempi in cui “il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al ca­ pretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli; il leone si ciberà di pa­ glia, come il bue; il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide, il bambino metterà la ma­ no nel covo di serpenti velenosi” (Is x i ,6-8). Sì, questo è il mondo voluto da Dio, ci dice il racconto sacerdotale della creazione (Gen i), ma per ora noi constatiamo un mondo abitato dal dolore, dalla sofferenza, dalla morte, dal male. In un mondo in cui si consuma il peccato, anche l’animale è con­ cesso come cibo all’uomo (cf. Gen 9,3-4); ma questa è una concessione, non l’inten­ zione, il télos supremo di Dio espresso nel comando all’umanità: “ Ecco, io vi do ogni erba, ogni albero: saranno il vostro cibo” (cf. Gen 1,29). Questo poter mangiare carne da parte del­ l ’uomo dev’essere sempre colto come con­ 19

cessione transeunte e deve essere contrasse­ gnato da un gesto (non mangiare sangue: Gen 9,4) che indichi come l’uomo non è pa­ drone della vita animale: questo gesto sarà normato dalla legge affinché la macellazione non significhi mai dominio totale dell’uomo sugli animali, bensì responsabilità dell’uomo nei confronti della loro vita (cf. Gen 9,4; Lv 1 , 1 ss.; At 15,20). Questa astensione dal sangue, praticata tuttora dagli ebrei (carni kasher), sarebbe in realtà un obbligo ancora vigente anche per i cristiani, secondo le decisioni dell’assemblea di Gerusalemme (cf. At 15,20), ma questa non osservanza mostra la sordità della “ cul­ tura” dei cristiani verso la vita, ogni vita, an­ che quella degli animali. Si potrebbero dire altre parole per espri­ mere il messaggio delle Scritture sugli ani­ mali, ma basti qui ricordare che tuttora vi­ ge l ’ alleanza noachica, quella stabilita da Dio per la gloria dell’uomo fino alla fine del mondo: Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: “ Quanto a me, ecco io stabilisco la mia al­ leanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è 20

con voi, uccelli, bestiame e bestie selvati­ che, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio de­ vasterà la terra” (Gen 9,8-1 x). Di questa alleanza c’è un segno che vedia­ mo noi uomini insieme agli animali alla fine di ogni temporale, e che ci commuove en­ trambi: “ L ’arcobaleno sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra” (Gen 9,16). Nel midrash Rabbà IX ,4, davanti alla crea­ zione Dio esclama: Mondo mio, mondo mio,

possa tu trovare grazia davanti a me in ogni tempo

come hai trovato grazia davanti a me in quest’ora. Sì, nell’intenzione di Dio il mondo era armonia, pace e solidarietà tra co-creature, ma quel che è stato ed è contraddice questa intenzione... Permane, certo, la volontà di Dio, la sua alleanza con gli uomini e con tut­ ti gli esseri viventi, uccelli, bestiame e bestie

selvatiche (cf. Gen 9,9-11), e Dio la ricon­ ferma come scopo e télos della storia: “ In quel tempo farò per loro un’ alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo: arco e spada e guerra elimi­ nerò dal paese” (Os 2,20). In attesa di quel giorno, mentre vediamo un animale soffrire, il nostro cane morire, gli uccelli sul davanzale che mangiano le bricio­ le del nostro pane, dobbiamo credere che Dio “ si dà pensiero” degli animali (cf. Mt 6,26; iC or 9,9), che Dio ha pietà degli ani­ mali presenti nella Ninive che è questo mon­ do (cf. Gn 4 ,10 -n ), che Dio dà loro il cibo nel tempo opportuno perché si sazino (cf. Sai 104,27-28). Davvero, noi uomini do­ vremmo saper riconoscere negli animali dei “ compagni di viaggio” . L ’immagine biblica di Tobia che parte per un lungo viaggio ac­ compagnato da un angelo e dal suo cane (cf. Tb 6,1 ; 11,4 ) è parabola del nostro cammino sulla terra, durante il quale gli animali, non solo gli “ angeli custodi” o - ma non sempre è dato! - gli altri uomini, ci sono compagni. G li animali sono una presenza, e spesso, so­ prattutto per le persone più povere e sempli­ ci, sono aiuto, compagnia e consolazione. Viene in mente la commovente storia del po­ 22

vero che possedeva soltanto una piccola pe­ cora che egli aveva allevata: “gli era cresciuta in casa insieme con i suoi figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dor­ mendo sul suo seno; era per lui come una fi­ glia” (2Sam 12,3). E questa pecora gli viene sottratta da un ricco che la uccide e ne fa una vivanda per un suo ospite. Si tratterà anche di una parabola narrata dal profeta a David per portare il re a riconoscere l’empie­ tà del suo comportamento nei confronti di Uria l’Hittita, ma dietro di essa si intravede un non-detto, fatto di vicinanza e di comu­ nicazione fra uomo e animale, che è il vissu­ to di tanti, forse di tutti, in ogni tempo e in ogni luogo. Perché, appunto, l’animale è un compagno di viaggio per l ’uomo.

Un’indicibile comunione di preghiera Chi legge la Bibbia non sa soltanto che gli animali sono co-creature con gli uomini, ma scopre anche che essi, creature volute e be­ nedette da Dio, sono in relazione con Dio, e questo non solamente perché Dio pensa a lo­ ro fornendo il cibo con sollecitudine (cf. Sai 104,21-28; 136 ,25; 147,9) 0 perché Dio dà 23

loro un soffio e glielo rapisce (cf. Sai 104,29 ss.), ma perché essi comunicano con Dio con altri linguaggi impenetrabili e impensabili per l’uomo. Al di là dello straordinario, del miracoloso che ci cattura - e, come dice un proverbio cinese, quando il dito indica la lu­ na lo stolto guarda il dito - , sta scritto che Dio con un asino ha ammonito un profeta (cf. Nm 22,20 ss.), con un grosso pesce ha fatto capire a Giona la direzione da prende­ re in obbedienza a Dio (cf. Gn 2), con un corvo ha nutrito Elia in una grotta (cf. iRe 17,1-6), con una colomba ha significato la discesa dello Spirito santo su Gesù di Naza­ ret (Le 3,22), con un gallo ha destato Pietro alla coscienza del suo peccato (Me 14,72), con un agnello ha designato l ’uomo per ec­ cellenza, il servo di J hwh (Gv 1,29.36). E poi, quanti animali vittime sostitutive dell’uomo peccatore nel rapporto con Dio! Noi siamo scandalizzati per il numero di vittime offerte a Dio, che faceva del tempio un mattatoio, ma i poveri animali narravano nella loro carne di vittime ciò che noi fac­ ciamo agli altri e ciò di cui noi stessi sarem­ mo degni, fino a che l’uomo per eccellen­ za, il servo del Signore, nella prima salita al tempio di Gerusalemme dice basta alle vit­ 24

time animali, perché è lui la vittima (cf. G v

2,13-22). Sì, ciascuno di noi deve avere coscienza della sua possibilità di essere vittima e di es­ sere degno della morte per il male compiu­ to! Quanto sangue sul monte Sion di vittime animali innocenti, quanto sangue, nel mon­ do, di vittime umane innocenti: poveri, op­ pressi, miti, affamati di giustizia e di pace, deboli, fragili... E se gli animali nel rapporto con Dio era­ no la vittima che serviva a porre l ’uomo da­ vanti al peccato e alla salvezza, se sostituiva­ no l’uomo davanti a Dio, non sarà forse l’uo­ mo, in quanto immagine di Dio, a far sì che l’animale, quando cerca di entrare in relazio­ ne con l’uomo supplicandolo e implorando­ lo, si rivolga a Dio stesso? Almeno questo lo si dovrebbe ammettere, anche se io penso che gli animali parteci­ pano alla lode di Dio e alla supplica a Dio: basta guardare negli occhi un animale feri­ to per scorgervi il suo bisogno di salvezza, basta ascoltare il suo canto gioioso o il suo grido vittorioso per riconoscervi una lode a Dio. Ogni mattina, quando innalziamo la lode al Signore nella liturgia delle ore, gli uccelli

25

si uniscono al nostro canto, l ’allodola com­ pone il suo salterio, la gazza e il corvo batto­ no con il becco sulle vetrate della chiesa. Non mi è allora difficile pregare con il no­ stro padre Basilio il Grande: Signore e salvatore del mondo, noi ti preghiamo per gli animali che umilmente portano con noi il peso e il calore del giorno e offrono le loro misere vite affinché noi viviamo bene ... Noi ti preghiamo anche per le creature selvagge che tu hai creato sapienti, forti, belle; ti preghiamo per tutte le creature e supplichiamo la tua grande tenerezza di cuore perché tu hai promesso di salvare l’uomo e gli animali (cf. Sai 36,7) e hai concesso loro il tuo amore infinito. Anche per questo il cristiano dovrebbe in­ cludere pure gli animali nel suo atteggiamen­ to eucaristico. Non a caso in diversi testimo­ ni della tradizione anaforica, sia antica che recente, è presente la memoria degli animali nell’anamnesi della creazione, che è creatio 26

contìnua da parte di Dio. Nell’anafora delle “ Costituzioni apostoliche” (iv secolo) si di­ ce: “ Tu, o Dio, hai popolato il tuo mondo e 10 hai ornato con erbe profumate e medici­ nali, con molti e differenti animali, robusti o più deboli, domestici e selvatici, con i sibili dei rettili, con i canti degli uccelli dai vari colori, ecc.” . E nella preghiera eucaristica della chiesa zairese (approvata nel 1988) si recita: “ Per mezzo di tuo Figlio Gesù Cristo tu, o Dio, hai creato il cielo e la terra; per mezzo di lui tu fai esistere i fiumi del mon­ do, i torrenti, i ruscelli, i laghi, e tutti i pesci che vivono in essi. Per mezzo di lui fai vive­ re le stelle, gli uccelli del cielo, le foreste, le savane, le pianure, le montagne e tutti gli animali che in esse vivono” . Al cuore del­ l’eucaristia, dunque della lex orandi, all’in­ terno della preghiera eucaristica, che costi­ tuisce il momento centrale e culminante del­ l’intera celebrazione, si collocano anche gli animali, anch’essi opera della creazione di Dio, anch’essi parte di quella terra che Dio ama (cf. Sai 85,2), anch’essi segnati da cadu­ cità e sofferenza e partecipi dell’anelito di redenzione e vita piena dell’intera creazione (cf. Rm 8,19 ss.). Sì, anche l ’animale suscita 11 ringraziamento al Dio Padre e Creatore! 27

Il problema serio nel nostro rapporto con gli animali è che la nostra visione e percezio­ ne, i nostri occhi sono ostruiti; non fosse co­ sì, tutto ci apparirebbe opera di Dio, in rela­ zione con lui. Noi dobbiamo ritrovare Dio al cuore della vita, vederlo all’opera nella terra da lui creata, in relazione con tutte le crea­ ture. Dovremmo esercitarci alla gnósis tón ónton, alla conoscenza degli esseri, per im­ parare la physikè theorìa, la contemplazione della natura, per avere lo stesso sguardo di Gesù quando osservava gli uccelli dell’aria, la chioccia che raduna i pulcini, le piante da frutto messaggere dell’estate, i gigli dei cam­ pi più eleganti di Salomone... La nostra san­ tità allora sarebbe frutto non solo dell’amore di Dio versato nei nostri cuori e offerto in ri­ sposta a lui, ma anche dell’amore per i nostri fratelli, per gli animali e per le creature tut­ te, animate e inanimate: un amore cosmico! Allora sapremmo aspettare, con il ritorno del Signore - “ Marana tha, Signore, vieni!” (iCor 16,22) - , anche il compimento dell’al­ leanza con le bestie selvagge, gli uccelli del cielo e i rettili della terra (cf. Os 2,20), nella reintestazione di tutte le creature in Cristo e nella trasfigurazione di tutto: allora il cosmo sarà la dimora del regno e Dio sarà tutto in 28

tutte le cose! Del resto, non ci è forse già stato dato un segno dell’avvicinarsi del regno di Dio nella comunione instaurata da Gesù nel deserto fra bestie selvagge e angeli cele­ sti (cf. Me 1,13 )? E ora, come non concludere queste brevi annotazioni senza ricordare le parole di fuo­ co dello starec Zosima ne I fratelli Karamazov? “ Fratelli, amate l’uomo anche nel suo peccato, perché questa immagine dell’amor di Dio è anche il culmine dell’amore sopra la terra. Amate tutta la creazione divina, nel suo insieme e in ogni granello di sabbia. Amate ogni fogliuzza, ogni raggio di sole! Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa! Se amerai tutte le cose, coglierai in esse il mistero di Dio ... Amate le bestie: Dio ha dato loro il principio del pensiero e la gioia pacifica. Non tormentatele, non turba­ tele, non togliete loro la gioia, non oppone­ tevi all’intento di Dio. Uomo, non innalzarti sugli animali Ma accanto alla reminiscen­ za letteraria vorrei anche ricordare le parole udite nella mia fanciullezza dalla bocca di una semplice contadina che commentava co­ sì i gesti e le parole irate del marito nei con­ fronti di una mucca poco docile: “Anche le bestie bisogna trattarle con amore!” . 29

Conosco un monaco che un giorno - es­ sendo ancora pochi i suoi fratelli - portò alla liturgia delle ore una capretta e un asino e fe­ ce entrare anche il suo cagnolino che sempre lo seguiva. Dio fu contento di quell’assem­ blea di co-creature che lo lodavano... Enzo Bianchi priore di Bose

Bose, 19 luglio 1997 san Serafini di Sarov, comunicante con gli animali 30

B iblio g ra fia

B a r a t a y , É r ic ,

L ’Église et l’animai, Cerf, Paris

1996. B a s t a ir e , H é l è n e e t J e a n ,

Le salut de la créa-

tìon, Paris 1996. D a m ie n , M ic h e l ,

Un paradiso per gli ammali,

Casale Monferrato 1987. De

B e n e d e t t i , P a o l o , “ Uomini e animali di fronte a Dio” , in Gli animali e la Bibbia: i no­ stri fratelli minori, a cura di Piero Stefani, Fi­ renze 1994.

3i

U omini e animali

C reati e amati dall’unico Signore

L ’essere creati da Dio e l ’essere da lui amati ancor prima di venire a ll’esistenza, qualità es­ senziali di ogni vocazione, per i padri non sono prerogativa esclusiva dell’uomo ma di ogni fram­ mento della creazione. L ’intero cosmo, nelle sue minime componenti, è stato plasmato dalle mani del Creatore; mani che gli hanno impres­ so un sigillo indelebile, un marchio che può essere offuscato o stravolto ma che nulla può cancellare. Di questa verità, a più riprese nel corso dei secoli, si è fatta forte la tradizione cristiana contro ogni dualismo che, minando l ’unicità di Dio, ha introdotto nel creato la separazione e, con la distinzione del nobile dall’ignobile, il disprezzo. La fede profonda nell’unicità di Dio ha quindi guidato e illuminato i padri anche verso la comprensione di tutto il creato come frutto del suo amorevole progetto. Si tratta dunque di un’esigenza teologica, che affonda 35

cioè le sue radici nella comprensione di Dio, e non di un contorno sentimentale della fede cri­ stiana. Tutto è stato creato da Dio e tutto è stato redento da Cristo che nel giardino che è il mondo pose la sua dimora, come ricorda Cle­ mente di Alessandria; per questo tutto è puro e neanche negli animali privi di ragione esiste il male.

Isacco di Ninive, Discorso sulla creazione e su Dio

Dionigi Areopagita, Sui nomi divini 1,4

Anche se vi fu un tempo in cui la creazio­ ne non era venuta all’esistenza, tuttavia non vi fu tempo in cui Dio non abbia provato amore per essa; perché anche se [vi fu un tempo in cui] essa non era, per Dio non vi fu tempo in cui la creazione non fosse nella sua conoscenza.

Quasi in ogni libro della sacra Scrittura la divinità è celebrata ... come causa degli esse­ ri, perché in seguito alla bontà sua, creatrice di sostanze, tutte le cose furono create. Cau­ sa sapiente e bella, perché tutte le cose che sono e che mantengono incorruttibili le pro­ prietà della loro natura sono piene di ogni armonia divina e di sacra bellezza. 36

Tutto e stato fatto per mezzo di lui (Gv 1,3). Ama lui! Qualunque cosa ami, viene da lui. Non amiamo dunque la creatura di­ menticando il Creatore, ma contempliamo la creatura e lodiamo il Creatore. Non ti posso mostrare il mio Dio: ti mostro le cose che ha fatto, ti ricordo ciò che ha fatto. Tutto e stato fatto per mezzo di lui. Mai nuovo, egli fece le cose nuove; eterno, fece le cose temporali; immutabile, fece le cose mutevoli. Osserva le creature e loda il Creatore (cf. Sap 13,5).

Neanche negli animali privi di ragione esiste il male.

Abba Poemen raccontava che un fratello chiese ad abba Aionio: “ Cos’è il disprezzo di sé?” . E l ’anziano rispose: “ E mettersi al di sotto di tutti gli esseri non dotati di ragio­ ne e sapere che questi sono irreprensibili” .

Come il corpo sarebbe incompleto se aves­ se un solo membro (cf. iC or 12,14 ), così anche l’attività creatrice di Dio non sarebbe perfetta se egli avesse creato una sola cosa. 37

Agostino, Discorsi 261,4

Dionigi Areopagita, Sui nomi divini 4,25

Detti dei padri del deserto, alf .,

Poemen 41

Giovanni di Apamea, Dialoghi 4,38

Come la ricchezza delle membra, grandi e piccole, manifesta la ricchezza del corpo, co­ sì l ’esistenza di realtà di ogni dimensione, manifesta la ricchezza di Dio.

Clemente di Alessandria, Stromata 5 ,1 1

Origene, Otri, sui Salmi,

Sai 91 (92),5

Origene, Om. sui Salmi,

Sai 103 (104),25

Mosè dà alla saggezza il nome simbolico di “ albero della vita” (Gen 2,9) che fu nel paradiso. Ma codesto paradiso non è forse anche il mondo, in cui si trovano tutti gli elementi della creazione? Il Verbo si è fatto carne: ha fiorito e fruttificato; ha dato la vi­ ta a coloro che gustano la sua bontà. Sta scritto: Poiché tu, Signore, mi hai ralle­ grato con la tua creazione (Sai 92,5). Qualun­ que cosa io guardi, mi rallegra; comprendo il Creatore e benedico Dio (cf. Sap 13,5). Questo mare, grande e spazioso per le impre­ se (Sai 104,23). Non è forse un segno di stu­ penda sapienza il fatto che nel mare si tro­ vino molluschi senza numero e pesci grandi e piccoli, e il fatto che stiano negli abissi e traggano l’esistenza proprio là, dove l’uo­ mo morrebbe se ci sprofondasse, mentre essi muoiono se vengono a terra? 38

O natura muta che dal tuo seno hai fatto scaturire gli animali: sebbene alla vista [tu] non sembri che umile fango, hai generato la bellezza di tutte le specie. Tuttavia non fu essa [la natura] a generare da se stessa, ma la potenza del suo Artefice; colui che all’inizio distese la terra, le diede il comando ed [essa] generò gli animali.

39

N arsai, Otti, sulla creazione

3,197-200

S p ec c h i

d ella b e l l e z z a divina

Pittore o costruttore di arpe, Dio crea e muove gli animali, le piante, ogni creatura; e sebbene nel creato non si penetrino le sue qua­ lità più recondite, come precisa Giovanni di Apamea, tuttavia vi si scorgono le sue dita, la sua arte. Dunque colui che vuole ascoltare la melodia della carità divina deve imparare a leggere il dipinto del creato e a pizzicare le cor­ de della natura. Efrem con grande arditezza pone la natura al livello d ell’Antico e del Nuovo Testamento; addirittura la natura e capace di confortare chi fosse rimasto scandalizzato o turbato dalla Pa­ rola di Dio. I l creato è dunque un libro - im­ magine utilizzata anche da Evagrio e Bernar­ do -, dove il messaggio è più chiaramente in­ telligibile, dove non sembrano esservi pietre di inciampo, un libro il cui alfabeto non e appan­ naggio di iniziati4 , come precisa Evagrio, le sue lettere, scritte dal Piglio e dallo Spirito, sanno 4i

raggiungere coloro che sono lontani da Dio e comunicare loro il suo amore e Dio stesso nel­ la sua Trinità. Infine, con un paradosso eloquente, alla ne­ cessità per ogni uomo di cercare Dio, Isacco contrappone la sapienza profonda delle creature non dotate di ragione: queste ultime non han­ no bisogno di cercare, anzi sono chiamate a ri­ velare ai cercatori ciò che esse già conoscono.

Giovanni di Apamea, Dialoghi 5,65

Un abile pittore che voglia far conoscere il suo talento di pittore intonaca accuratamen­ te il muro con la calce e vi dipinge figure di ogni tipo e personaggi variopinti. Chiun­ que venga ad esaminare questo muro vedrà la qualità artistica di quelle pitture, ma tutto ciò non gli fornisce informazioni sulla taglia del pittore, né gli rivela se ha una carnagione chiara o vermiglia, né gli permette di com­ prendere interamente la vastità del suo ta­ lento. Esse [le pitture] lo aiutano solo ad am­ mirare, per quanto egli ne è capace, l’arte del loro autore ... Avviene lo stesso con l’Essere di Dio. Egli ha fatto questa creazione meravigliosa, orna­ ta di ogni sorta di bellezze. A tutti coloro che vi penetrano e la osservano, essa non in­ 42

segna la natura della sua grandezza, né di­ ce loro come egli è o ciò che egli è, ma mo­ stra la mirabile abilità di lui, la sua attività creatrice.

Beata sei tu, o chiesa, la cui assemblea canta con tre arpe gloriose! Il tuo dito pizzica [le corde] dell’arpa di Mosè, [dell’arpa] del nostro Salvatore e di [quella] della natura. La tua fede suona le tre [arpe], poiché tre nomi ti hanno battezzata. In un solo nome non puoi essere battezzata e neppure [puoi] suonare con una sola arpa. E io, che ho creduto che esse fossero come una sola, e anche [provenienti] dall’Uno e pure per mezzo dell’Uno, io ho onorato Mosè e adorato il Figlio e ho anche professato che la natura è pura.

I simboli sparsi tu li hai radunati, dalla Torà, presso la tua bellezza. E tu hai offerto gli esemplari, che sono nel tuo vangelo,

Efrem, Inni sulla verginità 27,4-5

Efrem, Inni sulla verginità 28,2

43

e le forze e i segni [mostrati] dalla natura. Tu li hai mescolati [quali] colori per il tuo ritratto.

Se ti ha fuorviato la voce di Mosè, la voce di nostro Signore ti recupererà. Se poi ti hanno messo turbamento le due voci, la natura, alla quale esse sono legate, darà testimonianza.

Efrem, Inni sulla verginità 30,4

Evagrio, Trattato pratico 92

Bernardo, Sermoni diversi 9 ,1

Uno dei saggi di allora venne a trovare Antonio, il giusto, e gli domandò: “ Padre, come potete essere così felice, mentre sie­ te privo della consolazione che danno i li­ bri?” . Antonio rispose: “ Il mio libro, o filosofo, è la natura degli esseri, e quando voglio leg­ gere le parole di Dio, questo libro è sempre davanti a me” .

Fin dalla creazione del mondo, le cose invi­ sibili di Dio sono contemplate dall’intelletto attraverso le creature, come dice l’Apostolo 44

(Rm 1,20). Questo mondo sensibile è come un libro aperto a tutti e legato da una catena così che vi si possa leggere la sapienza di Dio, qualora lo si desideri.

Dio, a motivo della sua carità, ha fatto in modo che quanti erano lontani da lui ... percepissero la sua carità verso di loro e [le] si avvicinassero grazie alla mediazione delle creature, poste come scrittura dalla sua Potenza e dalla sua Sapienza, cioè dal suo Figlio e dal suo Spirito. Tramite le creatu­ re, poi, essi non percepiscono solo la carità di Dio Padre verso di loro, ma anche la sua Potenza e la sua Sapienza. Come, infatti, chi legge una scrittura percepisce attraverso la sua bellezza, insieme alla volontà del suo estensore, la potenza e l’intelligenza della mano e del dito che l ’hanno vergata, così chi guarda le creature in modo intelligente per­ cepisce la mano e il dito del loro Creatore in­ sieme alla sua volontà, cioè alla sua carità.

Paolo ... ci dimostra che questo mondo vi­ sibile ci fa conoscere il mondo invisibile (cf. Rm 1,20) e che questa nostra terra posta in 45

Evagrio, Lettera a Melania 2

Origene, Commento a l Cantico dei Cantici 3,2,9

basso contiene immagini di realtà celesti: co­ sì da ciò che è in basso possiamo salire a ciò che sta in alto e da ciò che vediamo in terra possiamo avere conoscenza e comprensione di ciò che sta nei cieli.

Origene, Om. sui Salmi,

Sai 91 (921,6

Massimo il Confessore, Mistagogia 2

Quanto sono magnifiche le tue opere, Si­ gnore (Sai 92,6). Piccoli corpi in realtà, ma intelligenza immensa. Ciascuna creatura ser­ ve a qualcosa. Io ammiro il Signore tanto ne­ gli elefanti quanto nelle formiche e lo esalto tanto per il cammello quanto anche per le zanzare.

Il mondo è uno ... Infatti il mondo spiri­ tuale nella sua totalità si manifesta nella to­ talità del mondo sensibile, ed è misticamen­ te espresso mediante immagini simboliche, per coloro che hanno occhi per vedere. E tutto intero il mondo sensibile lascia segre­ tamente trasparire tutto l’intero mondo spi­ rituale, semplificato e unificato per mezzo delle essenze spirituali ... Così parla l’Apostolo divino: Fin dalla creazione del mondo, le cose invisibili di Dio sono contemplate dall’intelletto attraverso le 46

creature (Rm 1,20). Se attraverso le cose vi­ sibili sono contemplate le cose invisibili, in misura molto maggiore le cose visibili sono approfondite attraverso le invisibili da colo­ ro che si dedicano alla contemplazione. In­ fatti la contemplazione simbolica delle cose spirituali attraverso le cose visibili non è al­ tro che la comprensione, nello Spirito, delle cose visibili attraverso le invisibili.

Tutte le cose sono state create per annun­ ciare la gloria di Dio e cantare la sua lode. L’essere dotato di ragione è stato creato per conoscere Dio; quello che ne è privo, per farlo conoscere.

47

Isacco di Ninive, Raccolta araba di massime 4

M e ssa g g e r i

di D io

Nella semplicità tipica del genere letterario dei detti dei padri del deserto, semplicità che lungi dall’essere banalità si e rivelata straor­ dinariamente capace di far giungere fino a noi non solo dei concetti ma soprattutto l ’atmosfe­ ra e lo spirito di un mondo, ci è narrata un 'al­ tra prerogativa che i padri attribuiscono agli animali: nella loro obbedienza perfetta al Crea­ tore, essi possono diventare strumento di Dio, suoi messaggeri, rivelatori della sua volontà per gli uomini. E così che Placido incontra Cristo in un cer­ vo il quale gli ripete le parole che Gesù stesso rivolse a Paolo sulla via di Damasco. È così che abba Isacco, il quale non aveva dato retta ai fratelli ed era fuggito, si arrende a l muto cenno di un asino riconoscendovi la volontà di Dio. Leoni e asini sono poi i rivelatori del pec­ cato d ell’uomo o del perdono di Dio. Plavio riconosce il suo peccato nel leone che sbrana 49

l ’asino, e abba Pardo apprende da un leone che Dio non e in collera con lui. Il peccato del­ l ’uomo è causa della disarmonia tra gli ani­ mali, ci dice Cirillo di Scitopoli con il suo rac­ conto tutt'altro che banale. Infine l ’episodio di abba Macario ci presenta il cammello in grado di discemere tra l ’obbedienza che deve a ll’ab­ ba e l ’esigenza della giustizia. A l cuore di tutti questi brani dal linguaggio un po ’ fiabesco vi è un messaggio solido e chia­ ro: l ’intera creazione e messaggera di Dio, per gli occhi che la sanno scrutare.

Giovanni Damasceno, Discorsi sulle immagini 3,83

Dal Martirio di sant’Eustazio, detto an­ che Placido: Giunto sui monti, secondo il solito, insieme ai soldati e a tutto il seguito, egli vide un branco di cervi che pascolava ... Il più grande e il più bello di tutto il branco, staccatosi da esso, si slanciò attraverso la bo­ scaglia nei luoghi più folti della selva e in zo­ ne inaccessibili. Avendolo visto e desideran­ do catturarlo, Placido abbandonati tutti lo inseguì ... Mentre Placido, fermatosi, teneva lo sguardo sul cervo, ... [il Signore] fece ap­ parire sopra le corna del cervo la figura della santa croce risplendente più dello splendore del sole e, in mezzo alle corna, l ’immagine 50

del corpo portatore di Dio, che egli accettò di assumere per la nostra salvezza. Poi, avendo dato al cervo una voce uma­ na, chiamò Placido dicendo: “ Placido, per­ ché mi perseguiti (cf. At 9,4)? Ecco, a causa tua io sono qui presente e ti sono apparso in quest’animale. Io sono Gesù Cristo, che tu veneri pur non conoscendo. Infatti i bene­ fici che tu presti ai bisognosi sono giunti dinanzi a me, e io sono venuto a mostrarmi a te attraverso questo cervo, a salvare in ri­ cambio la tua vita e a cingerti con le reti del mio amore per gli uomini” .

Vennero un giorno per ordinare presbitero abba Isacco ma quegli, avendolo saputo, fug­ gì in Egitto. Andò in un campo e si nascose nell’erba. I padri si misero sulle sue tracce e giunti allo stesso campo si fermarono per ri­ posarsi un po’ perché si faceva notte. Libera­ rono l ’asino perché potesse pascolare e l’asi­ no andò a fermarsi vicino all’anziano. A ll’al­ ba, cercando l’asino, trovarono anche abba Isacco e furono pieni di stupore. Allora vole­ vano legarlo ma egli si oppose dicendo: “ Or­ mai non fuggo più, perché questa è la volon­ tà di Dio e ovunque io fugga la ritroverò” . 51

Detti dei padri d e l deserto, alf .,

Isacco delle Celle 1

Cirillo di Scitopoli, Vita di Saba 49

Mentre [padre Saba] camminava un gior­ no dal Ruba a Calamon del Giordano, gli venne incontro un leone enorme che zoppi­ cava. Il leone s’accucciò ai suoi piedi e gli mostrò la zampa, chiedendogli con un segno della testa di dargli soccorso. Alla vista della sofferenza della bestia, il nostro padre Saba si sedette, gli prese la zampa e ne ritrasse una spina che vi si era conficcata. Libera­ to dal suo male, il leone si rialzò e se ne an­ dò, e a partire da quel giorno, durante tutta la quaresima, seguiva l ’anziano e adempiva presso di lui un gentile servizio. Il santo vegliardo aveva allora, giù al Ru­ ba, un certo discepolo siro chiamato Flavio che aveva un asino per i servizi. E quando Saba mandava Flavio a fare una commissio­ ne, raccomandava al leone di guardare l’asi­ no. Il leone dunque prendeva al mattino nel­ la bocca la cavezza dell’asino e partiva con lui; lo faceva pascolare durante tutto il gior­ no e lo riconduceva la sera dopo averlo fatto bere. Passarono alcuni giorni e il leone conti­ nuava a compiere tale ufficio. Ora Flavio ... cadde nella lussuria. Quel giorno stesso, il leone stritolò l ’asino e lo divorò. Quando Flavio ne venne a conoscenza, comprese che 52

il suo peccato era stato la causa dello sbrana­ mento dell’asino.

Mentre [abba Pardo] si trovava in una lo­ canda, dove c’era anche un bambino, per una macchinazione del demonio, uno dei suoi muli colpì il bambino con un calcio e l’uc­ cise. Abba Pardo, che non se n’era accorto in tempo, ne ebbe grande dolore e andò a ri­ tirarsi in solitudine sull’Arnone. Piangeva continuamente la morte del bimbo e diceva: “L’assassinio l ’ho commesso io! Il giorno del giudizio dovrò essere giudicato come omi­ cida!” . Non lontano, sul greto di un torrente, vive­ va un leone. Ogni giorno abba Pardo andava alla sua tana e cercava di aizzarlo, in modo che si levasse per sbranarlo; ma il leone non gli faceva alcun male. Vedendo che non otte­ neva nulla, disse a se stesso: “ Mi metterò sdraiato sulla strada del leone: quando usci­ rà per andare a bere al fiume, mi divorerà” . Si buttò a terra e poco dopo arrivò il leone. Quasi fosse dotato di natura umana, l’anima­ le scavalcò tranquillamente l’anziano senza neppure toccarlo. Allora l’anziano si convin­ se che Dio aveva perdonato il suo peccato. 53

Giovanni Mosco, Prato spirituale io i

Detti dei padri d e l deserto, alf . ,

Macario 40

Si racconta di abba Macario che un gior­ no, in sua assenza, un ladro penetrò nella sua cella. Quando egli fece ritorno alla cella, trovò il ladro che caricava le sue cose su un cammello. Allora entrò nella cella e, pren­ dendo le sue cose, caricava il cammello insie­ me al ladro. Quando il lavoro fu finito, il la­ dro si mise a colpire il cammello per farlo al­ zare, ma quello non si alzava. Vedendo che non si alzava, abba Macario entrò nella cella e vi trovò una piccola zappa, la prese e la mi­ se sul cammello dicendo: “ Fratello, il cam­ mello voleva ancora questo” . Poi lo colpì col piede dicendo: “Alzati” . Subito Fanimale si alzò, fece qualche passo per ubbidire, ma poi si accasciò di nuovo. Si rifiutò di alzarsi finché non ebbero tolto tutto il suo carico, allora partì.

54

I n seg n a m en ti

e sim bo li

La vita stessa degli animali e le loro caratte­ ristiche sono per l'uomo un insegnamento pre­ zioso che lo conducono innanzitutto ad una più profonda conoscenza di se stesso e poi del comune Creatore. Un incontro pacifico con gli animali introduce l ’uomo alla contemplazione profonda del suo essere, della sua creaturalità e del fine cui tende la sua vita. Secondo Basi­ lio l’uomo impara dagli animali a custodire se stesso, mentre per Pier Damiani essi gli indica­ no la via che lo condurrà a Cristo, facendogli discemere il bene dal male. Dio ha seminato in ciascuno degli esseri parte della sua pienezza, dice Massimo il Confessore; ed è ricercando questa pienezza che l ’uomo si accosta agli ani­ mali. Essi posseggono un riflesso di Dio, un bagliore che, per quanto piccolo, è necessario alla contemplazione del Tutto. Ciascun essere creato è capace di dire un tratto d ell’unico Dio e dirlo in maniera più chiara ed eloquente di

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tutti gli altri esseri. È per questo che il monaco Malco penetrerà il cuore di quella koinoma che non era stato capace di comprendere du­ rante il tempo trascorso nel cenobio, proprio osservando l ’attività delle formiche. Dopo alcune riflessioni dei padri sull’inse­ gnamento che gli animali offrono con la loro stessa vita, abbiamo riportato, a titolo di esem­ pio, alcuni testi di simbologia. Non è che un piccolo saggio di una sconfinata letteratura, dove i comportamenti e le caratteristiche degli animali, nella loro negatività e positività, diven­ tano spunto per redigere veri e propri trattati di spiritualità. A l di là dello scopo immediato di tali scritti, ciò che e interessante è la straordina­ ria capacità di osservazione di questi autori.

Massimo il Confessore, Centurie sulla teologia e l ’economia divina 1,21

Basilio, Om. sull'Esamerone 1,3

Coloro che si accostano agli esseri in mo­ do retto, con pietà, e che li scrutano senza ostentazione, scopriranno, incontrandoli, le contemplazioni luminose degli esseri; [con­ templazioni] che fanno loro comprendere più rettamente se stessi.

Se consideriamo quale cura naturale e spon­ tanea gli esseri senza ragione prestano alla 56

propria vita, o noi saremo portati a custodire noi stessi e a provvedere alla salvezza del­ le nostre anime, oppure saremo ancora più deplorevoli scoprendoci lontani dall’imi tare perfino gli esseri senza ragione.

Il Creatore dell’universo, Dio onnipoten­ te, come ha creato tutte le cose terrene per le necessità umane, così si è pure preoccupa­ to di plasmare, in modo salutare, l’uomo, proprio con quella forza di disposizioni na­ turali e impulsi inderogabili secondo cui ave­ va già modellato gli animali irragionevoli, af­ finché, perfino per mezzo delle bestie, l’uo­ mo fosse in grado di apprendere ciò che deve imitare, ciò che deve fuggire, ciò che può utilmente da loro prendere in prestito, ciò che a buon diritto disdegna; perché, mentre è istruito perfino dagli esseri che della ragio­ ne sono privi, l’uomo dotato di ragione pro­ ceda lungo la via della sapienza, prudente in ogni circostanza e senza incontrare mai osta­ coli, alla volta del suo Creatore.

Pier Damiani, Lettere 44

Dio ha seminato in ciascuna delle specie Massimo il Confessore, A Talassio 51 parte della sua pienezza, sia parole spirituali 57

di sapienza, sia modi di condotta degni, af­ finché non solo l’Artefice delle creature sia rappresentato da creature che non parlano a chiara voce, ma anche l ’uomo apprenda, dal­ le norme e dalle abitudini naturali degli es­ seri visibili, a trovare facilmente la via che conduce fino a lui ... Ha agito così anche perché coloro che adorano la creatura invece del Creatore non abbiano l ’ignoranza come scusa; infatti odo­ no la voce dell’intera creazione che annun­ cia loro, alto e chiaro, il suo Artefice (cf. Sap *3 .5 )-

Teodoreto di Ciro, Discorsi sulla Provvidenza 5

Preoccupato della tua utilità, il Creato­ re ha adornato le specie dei viventi privi di ragione con alcuni privilegi naturali, in ma­ niera che anche da questo tu potessi ottene­ re un vantaggio. Ne è testimone Salomone, che ti esorta e ti dice: Vai dalla formica, o pi­ gro, ed emula la sua via (Pr 6,6). Oppure vai dall’ape, impara come è laboriosa e quanto splendida è la sua opera: delle sue fatiche fruiscono per la loro salute i re come i sem­ plici cittadini. Lo testimonia anche il Dio dell’universo, dicendo per bocca del profeta: La tortora, la cicala, la rondine e i passeri dei 58

campi conoscono il tempo della loro venu­ ta; ma il mio popolo non conosce i decreti del Signore (Ger 8,7). E ancora, per bocca di Isaia: I l bue conosce il proprietario e l ’asino la stalla del suo padrone, ma Israele non mi conosce, il mio popolo non mi comprende (Is 1,3).

Una volta, l’occhio mi cadde su una schie­ ra di formiche tutte affaccendate su uno strettissimo sentiero. Che spettacolo! I cari­ chi erano più voluminosi dei corpi; alcune, con la tenaglia della bocca, trascinavano dei semi; altre portavano via la terra dalle buche e, costruendo degli argini, impedivano ai ri­ voletti d’acqua di penetrarvi. Altre ancora, pensando al prossimo inverno, perché il ter­ reno bagnato non trasformasse in germogli i loro granai, spezzavano i semi raccolti; altre, in fitto corteo, portavano via i cadaveri delle compagne. Ma la cosa più straordinaria era che, in tutto quel brulicare, chi usciva non era d’impaccio a chi entrava; anzi, se vedeva­ no una compagna caduta sotto un carico o un fardello, si facevano sotto con le spalle per aiutarla.

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Girolamo, Vita di Malco 7

Virtù di san Macario 34

Gregorio Magno, Regola pastorale 3,39-40

Un fratello chiese [ad abba Macario]: “ Qual è l’opera più gradita a Dio nella vi­ ta di ascesi e di continenza?” . Gli rispose: “ Beato colui che sarà trovato perseverante nel nome benedetto del nostro Signore Gesù Cristo, incessantemente e con un cuore con­ trito perché, in realtà, in tutta la vita di asce­ si non vi è opera migliore di questo cibo bea­ to se tu lo rumini in ogni momento, come la pecora quando fa risalire in alto il cibo e gu­ sta la dolcezza di ciò che rumina finché que­ sto non entra all’interno del suo cuore e vi diffonde una dolcezza e un’unzione benefi­ ca per le sue viscere e per tutto l ’interno. E tu non vedi la bellezza del suo volto pieno della dolcezza di ciò che ha ruminato nella sua bocca? Nostro Signore Gesù Cristo ci faccia grazia della dolcezza e dell’unzione del suo nome” .

Il santo predicatore, come il gallo nella notte, fa giungere a noi la sua voce nelle te­ nebre di questa vita e ci esorta: E tempo or­ mai che ci destiamo dal sonno (Rm t3 , i i ). Il gallo nel cuore della notte canta con voce po­ tente, ma quando spunta l ’alba, attenua e smorza la sua voce. Così il buon predicatore 60

si rivolge alle anime ancora inesperte con un linguaggio facile, senza pretese di approfon­ dire i divini misteri, in attesa di svelare le verità più alte su Dio quando l’anima sarà più vicina alla luce del Signore. Il gallo, che nella parola del Signore sim­ boleggia la zelante attività del predicatore, quando si accinge a cantare, prima scuote le ali e, sbattendole sui fianchi, si sveglia com­ pletamente. Così chi è chiamato a esercitare il ministero della parola, deve prima rendersi del tutto desto con una vita fervente di buo­ ne opere, e non aver la pretesa di svegliare gli altri essendo lui pigro e sonnolento.

È proprio dell’aquila fissare i raggi del so­ le senza batter ciglio; ma quando urge il bi­ sogno di cibo, quello stesso sguardo che ha fissato i raggi del sole, si abbassa a guardare il cadavere, e pur alzando il volo verso le al­ tezze, tuttavia scende in terra per prendere le carni. Così, proprio così facevano i padri antichi. Essi, per quanto lo consentiva l ’u­ mana debolezza, elevavano la loro anima per contemplare la luce del Creatore; ma sapen­ do in anticipo che alla fine del mondo si sa­ rebbe incarnato, come dai raggi del sole ab6l

Gregorio Magno, Commento morale a G io b be 9,48

bassavano gli occhi verso la terra. E, ricono­ scendolo Dio sopra ogni cosa e uomo in mezzo a ogni cosa, dal più alto dei cieli scen­ dono fino agli abissi.

Gregorio Magno, Commento morale a G io b be 35,38

Il cammello si abbassa spontaneamente per ricevere i pesi. Con ciò indica la grazia del nostro Redentore, che essendosi degnato di assumere i pesi della nostra debolezza, spontaneamente discese dall’alto della sua potenza. Così nel vangelo dice: ... E più faci­ le che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt

19,24) ... Il cammello passò per la cruna di un ago, quando il nostro stesso Redentore entrò at­ traverso le angustie della passione fino ad accettare la morte.

C onoscono il loro Creatore E LO LODANO

Profondi conoscitori del loro Creatore, gli animali sono i primi a lodarlo senza interru­ zione per i suoi benefici, ci dicono ancora i padri. Anche in queste affermazioni ciò che li sostiene è la Scrittura che ripetute volte, so­ prattutto nei Salmi, invita alla lode tutti gli es­ seri del creato. Non solo gli animali, ma anche i mari, i monti, il deserto e tutte le forze del­ la natura non fanno altro che cantare la gloria di Dio. Non con le parole ma con voce silenziosa le creature innalzano la loro lode a Dio, dice Massimo il Confessore. E anche a questo pro­ posito hanno un insegnamento per l’uomo: es­ se più che lodare Dio, sono lode; il vento è es­ so stesso canto di lode, così gli astri e gli ani­ mali. La loro semplicità diventa allora unifica­ zione d ell’essere, eternamente proteso verso Dio; un 'unificazione alla quale invece l ’uomo deve tendere con fatica. 63

-

Massimo il Confessore, A Talassio 51

Ildegarda di Bingen, Libro dei meriti della vita 3 ,1,2

Matilde di Hackeborn, Libro della grazia spirituale 3,7

Anonimo del v secolo, Discorso di salvezza a una vergine 15

Tutte le creature delle quali è gremito il cosmo lodano e glorificano Dio con le loro voci silenziose.

Ogni creatura tende verso il suo Creatore e riconosce chiaramente che uno è colui che l’ha creata.

Il Signore mi disse: “ Quando si canta que­ sto cantico [Opere tutte del Signore, benedi­ te il Signore] per convocare le creature, arri­ vano tutte spiritualmente alla mia presenza, come persone viventi, e mi glorificano per tutti i miei benefici” .

Gli animali e le bestie selvagge conoscono il Dio che li ha fatti e lo benedicono, mentre gli uomini, plasmati dalle sue mani e por­ tatori della sua immagine, ignorano il loro Creatore ... Lo Spirito santo nel cantico ordina loro: Benedite il Signore, bestie selvagge e animali tutti (Dn 3 ,8 x). Se essi non lo benedicessero, egli non avrebbe donato loro quest’ordine. E non sono solo essi a benedire Dio, ma ogni 64

specie di creature, visibili e invisibili, lo be­ nedice senza interruzione.

Una fila di alberi mi circonda, la covata di un merlo canta per me. Sulla pagina rigata del mio libro gli uccelli, trasalendo di gioia, dispiegano la loro salmodia.

Monaco celtico del vi secolo

65

.

S o lidali

fin d a lla creazio n e

In ogni creatura vi e una traccia della pie­ nezza divina che l ’uomo deve riscoprire, e co­ noscendola egli entrerà più profondamente nel­ la comprensione del proprio mistero di uomo, abbiamo letto in Massimo il Confessore. Nei brani che seguono troviamo una esplicitazione di questi accenni. I l punto di partenza è ancora scritturistico: sia gli animali che l ’uomo furono creati il sesto giorno; furono plasmati insieme, dice Narsai. Vi era una tale prossimità tra Adamo e gli ani­ mali che, secondo Gen 2,20, l ’uomo in un pri­ mo tempo cercò tra di essi quell’aiuto che poi troverà nella donna. Questa solidarietà sarà riconfermata a l mo­ mento della redenzione quando, attraverso l ’in­ carnazione, Cristo redimerà non solo l ’umani­ tà ma, per mezzo di essa, la creazione intera. Per questo, dice Gregorio Magno, quando l’evangelo è predicato agli uomini, in realtà es67

so raggiunge ogni creatura; e l'invocazione di ogni uomo, secondo Narsai e Giovanni di Dalyatha, raccoglie nelle sue parole i gemiti della creazione intera. L ’uomo e dunque signore della creazione e mediatore tra il cielo e la terra, ma non è né despota, come appare dal brano che conclude questo capitolo, né diaframma tra Dio e gli es­ seri. La sua mediazione affonda le radici in una verità che ne illumina il senso in modo inequivocabile: solidale per creazione, egli di­ venta tramite della redenzione.

Narsai, Om. sulla creazione

3,201-202

Giovanni Damasceno, Om. su l Natale i

Il sesto giorno furono creati gli esseri do­ mestici e selvaggi, insieme ad Adamo, per­ ché ciò che si confà alla sua opera, ricevesse forma insieme a lui.

Per mezzo di lei [Maria] il Creatore ha portato ogni creatura in uno stato migliore, attraverso la mediazione dell’umanità. Se in­ fatti l ’uomo, essendo tra lo spirito e la mate­ ria, è il legame di tutta la creazione visibile e invisibile, la Parola creatrice di Dio, unen­ dosi alla natura umana, attraverso di essa si è unita alla creazione intera. 68

L’uomo ha qualcosa di ogni creatura. Ha infatti in comune: l’esistere con le pietre, il vivere con gli alberi, la sensibilità con gli animali, l’intelligenza con gli angeli. Se dun­ que l ’uomo è partecipe di qualcosa con ogni creatura, sotto un qualche aspetto ogni crea­ tura coincide con l’uomo. Il vangelo è perciò predicato ad ogni creatura anche quando è annunciato solo all’uomo, perché esso è ri­ volto a colui per il quale tutto è stato creato sulla terra e al quale ogni realtà è legata da un vincolo di similitudine.

Gregorio Magno,

[Dio] pose Adamo, [che è] secondo la sua immagine, in una dimora bella e desiderabi­ le, perché le creature, per mezzo di un essere prossimo [ad esse], invochino con amore il Creatore.

Narsai,

Gloria a te, Padre e Signore della mia vita che mi hai stabilito legame per tutte le crea­ ture, affinché attraverso di me tutte le crea­ ture elevino a te la loro lode.

Giovanni di Dalyatha,

A lui [Adamo] sono uniti sia gli animali muti che quelli dotati di espressione; e a cau-

Narsai,

Om. sui Vangeli 29,2

Om. sulla creazione

3,279-280

Lettere 47,8

Om. sulla creazione

4,91-100

sa della loro affinità con lui, lo onorano co­ me un re. Egli ha come dimore l ’alto e il basso; per la sua sussistenza il mare e la terra; per la sua vita i venti e le brezze; per il suo riposo l ’e­ state e l’inverno. Le creature si rallegrano in lui e l’ascolta­ no come [loro] signore; gli angeli sono pronti al suo servizio, nella gioia. Con amore si radunano presso di lui le creature mute e dotate di espressione e si ral­ legrano perché la loro natura fu associata alla gloria di lui.

Simeone di Taibuteh, Sulle distinte nature

Antonio di Choziba, Vita di Giorgio monaco di Choziba 21

Comprendi, o tu che hai discernimento, che sei immagine di Dio e vincolo di tutta la creazione, delle cose celesti e di quelle terre­ stri, e che quando chini il tuo capo per ado­ rare e glorificare Dio, con te [e] in te china­ no il loro capo per adorare Dio tutte le crea­ ture, quelle celesti e quelle terrestri.

Disse l’anziano: “ Figlio, noi non temiamo gli spiriti; come dunque potremo aver paura degli animali? Del resto, caro, non si è mai sentito che qui qualcuno sia mai stato attac70

cato da un leopardo, a parte un solo fratello, nel modo che ti dirò. Mentre camminava sul sentiero delle celle, un fratello arrivò a un punto scosceso. Anche la rupe al di sopra era altissima. E lì il fratello incontrò un leopar­ do. Nel vederlo ebbe paura a voltargli le spalle, né d ’altra parte la belva voleva cedere il passo. Stettero quindi fermi a guardarsi, l’uno in faccia all’ altro. Il fratello, vedendo che l’animale non gli cedeva la via, gli disse: ‘In nome del nostro Signore Gesù Cristo, la­ sciami spazio perché io possa passare’ . Udito il nome del Signore, il leopardo balzò giù nel dirupo, che era profondo l ’altezza di due uo­ mini. Ma il fratello non temette Dio, il cui nome aveva fatto tremare la belva: anzi prese delle grosse pietre e cominciò a lapidare l’a­ nimale. Questo, infuriato, risalì di slancio per un altro punto e, raggiunto il monaco, gli diede due o tre zampate e se ne andò, lasciandolo ferito, ma senza averlo neppure toccato con le fauci” .

71

I l vincolo d ella co m passio n e

Dalla comunione nella creazione e nella re­ denzione a l vincolo della compassione il pas­ saggio è naturale. E per questo che le parole di Isacco o l ’atteggiamento di Gertrude e di Francesco non sono eccessivi, né i racconti del­ le guarigioni attribuite ai due Macari devono considerarsi leggero romanticismo. Per Isacco come per gli altri padri la com­ passione per Funiverso intero è una necessita-, infatti, per quella solidarietà che lega tutto l ’u­ niverso, ciascun frammento sarà “totalmente" salvato solo se "ogni" frammento sarà salvato. Non vi è una pienezza se non quella cosmica, così come non vi è vera compassione se non cosmica. Infine, come l ’uomo compassionevole par­ tecipa alla sofferenza degli animali e di ogni es­ sere creato, per parte loro anche questi ultimi piangono e gemono sull’uomo caduto, dice lo Pseudo Macario. 73

Isacco di Ninive, Orn. 74

Gertrude di Helfta, Rivelazioni 1,8

[Fu chiesto a Isacco:] “Cos’è un cuore com­ passionevole?” . Disse: “ E un cuore che bru­ cia per tutta la creazione: per gli uomini, per gli uccelli, per gli animali, per i demoni, per ogni creatura. Quando pensa ad essi e quan­ do li vede, i suoi occhi versano lacrime. La sua compassione è talmente forte e violenta e il suo persistere tanto grande, che il suo cuore si stringe e non sopporta di udire o di vedere il minimo male o la minima tristezza in seno alla creazione. Per questo egli prega, in lacrime, a ogni istante per gli animali sen­ za ragione, per i nemici della verità e per tutti coloro che gli fanno del male, affinché essi siano conservati e perdonati. Nell’im­ mensa compassione che si leva nel suo cuore, che è senza misura a immagine di Dio, egli prega anche per i serpenti” .

Non solo nei confronti degli uomini, ma nei confronti di ogni creatura, Gertrude era toccata da un tale sentimento di affetto che ogni volta che ne vedeva una, uccello o ani­ male, soffrire per una qualche afflizione: fame, sete o freddo, subito, provando com­ passione dall’intimo affetto del cuore per una creatura del suo Signore, devotamente si 74

affrettava a presentare al Signore nella lode eterna quell’afflizione della creatura priva di ragione, persuasa di quella dignità per la quale ogni creatura è in lui sommamente perfetta e nobilitata, desiderando che il Si­ gnore, mosso a compassione per la sua crea­ tura, acconsentisse a sollevarla dal suo male.

Quando [Francesco] ammirava il sole, la luna, le stelle del firmamento, il suo animo si inondava di gioia. O pietà semplice e sem­ plicità pia! Perfino per i vermi sentiva gran­ dissimo affetto, perché la Scrittura ha detto del Signore: Io sono verme e non uomo (Sai 22,7); perciò si preoccupava di toglierli dalla strada, perché non fossero schiacciati dai passanti. E che dire delle altre creature infe­ riori, quando sappiamo che, durante l’inver­ no, si preoccupava addirittura di far prepara­ re per le api miele e vino perché non moris­ sero di freddo? Magnificava con splendida lode la laboriosità e la finezza d ’istinto che Dio aveva loro elargito, gli accadeva di tra­ scorrere un giorno intero a lodarle, quelle e tutte le altre creature.

75

Tommaso da Celano, Vita Prima 29,80

vm

di sanuacmo i 4

Abba Macario, trovandosi a chiacchierare familiarmente con i fratelli, disse: “Una vol­ ta mentre mi trovavo nella palude a racco­ gliere palme, venne da me un animale del deserto che si strappava il pelo, era fuori di sé e piangeva come una capra. Le sue lacrime cadevano a terra. Gettatosi ai miei piedi mi bagnò di lacrime. Quando mi sedetti, lo toc­ cai e lo accarezzai con le mie mani. Mi stupi­ vo delle sue lacrime e intanto la bestia mi fis­ sava in volto. Quindi mi morse la tunica e mi tirò e quando, per la potenza del mio Signo­ re Gesù Cristo, la seguii ed essa mi condusse nel luogo dove abitava, trovai tre piccoli ac­ covacciati là dentro. Come mi sedetti prese i piccoli a uno a uno con i denti e me li mise in grembo; li palpai e scoprii che erano de­ formi: avevano il muso sul dorso. Impietosi­ to da loro e dalle lacrime della loro madre, gemetti su di essi dicendo: ‘Tu che hai cura di tutto, nostro Signore Gesù Cristo, tu che possiedi tesori di sovrabbondante misericor­ dia, abbi pietà della creatura che hai creato’ . Dissi queste parole piangendo alla presenza del mio Signore Gesù Cristo, stesi la mano e feci su di loro il segno di salvezza della croce che li guarì” .

76

Si racconta di abba Macario il Grande che una volta, mentre mieteva con i fratelli, ac­ cadde che un lupo si mise a ululare e levò un forte grido con gli occhi rivolti al cielo verso il Signore. Il santo si raddrizzò e aveva il vol­ to rigato di lacrime ... E mentre guardava at­ traverso le lacrime, il suo viso irradiava raggi di fuoco, simili a raggi di sole, a causa della grazia del nostro Signore Gesù Cristo che era in lui. Disse ai fratelli: “ Voi non avete sentito che cosa ha gridato il lupo?” . Gli dis­ sero: “ Che cosa, nostro padre?” . Rispose: “ Ha gridato all’amico degli uomini, al solo misericordioso che possiede tesori di innu­ merevoli misericordie, al nostro Signore G e­ sù Cristo, dicendo: ‘Poiché tu hai cura di me e provvedi al mio cibo, che cos’è questa sof­ ferenza dal momento che hai creato anche noi?’ ” .

Abba Macario disse: “Una volta, mentre eravamo dentro una grotta, udii una voce che gridava, come la voce di un falcone. Uscii e vidi un drago. Come mi vide, piegò il collo rendendomi onore, poi si raddrizzò e volse il suo volto verso di me; quando l’os­ servai, ecco che aveva una scheggia nell’oc77

Virtù di san Macario 36

Virtù di san Macario 76

chio destro. Con l’aiuto delle misericordie di nostro Signore Gesù Cristo e la forza invin­ cibile della croce, lo presi e lo toccai sul volto dicendo: ‘Mio Signore Gesù Cristo che hai aperto gli occhi del cieco nato, abbi pietà dell’infermità di questo animale, guarisci­ lo!’ . A queste parole la scheggia uscì dal suo occhio, poi quello inclinò tre volte il collo e mi baciò i piedi. Così lo congedai; se ne an­ dò e io resi gloria al nostro Signore Gesù Cristo per le sue innumerevoli misericordie, perché ha cura perfino delle bestie selvagge” .

Palladio, Storia Lausiaca

18,27-28

Pafnuzio, discepolo [di Macario di Ales­ sandria] ci raccontò che un giorno una iena prese il suo piccolo, che era cieco, e lo portò da Macario; dopo avere bussato con la testa alla porta del cortile, entrò mentre egli stava seduto fuori della cella e gettò ai suoi piedi il cucciolo. Il santo lo prese, sputò sui suoi oc­ chi e pregò; subito quello aprì gli occhi e la madre, dopo averlo allattato, lo portò via. Il giorno dopo portò in dono al santo il vello di una grossa pecora. La beata Mela­ nia mi ha riferito: “ Quel vello io l ’ho ricevu­ to in dono proprio da Macario, come dono ospitale” .

78

Quando Adamo cadde e morì lontano da Dio, lo piansero il Creatore, gli angeli, tutte le potenze, i cieli e la terra, e tutte le crea­ ture fecero lutto sulla sua morte e sulla sua caduta, perché colui che era stato dato loro quale re (cf. Gen 1,26) lo videro divenuto schiavo della potenza avversa e malvagia.

79

Pseudo Macario, Omelie spirituali

(II collezione) 30,7

P r im iz ie

d ella pie n a co m unione

Uumile e in pace con l ’universo intero, dice Isacco; una comunione profonda con tutte le creature e il segno esteriore di questa pace. G li animali avvertono la sua umiltà perché dal suo corpo emana quel profumo che essi avevano sentito in Adamo prima della trasgressione. Duomo di Dio è dunque innanzitutto uomo di pace e di comunione. Questa è l ’idea che sottende i brani che pro­ poniamo in questo capitolo e che per molti versi ricalcano un identico schema. E certa­ mente un topos letterario quello del monaco o del santo che vive in armonia con gli animali; un topos che si ritrova immutabile nel tempo e nello spazio: da Antonio a Colombano a Fran­ cesco. Ma proprio qui ci sembra che sia l ’inte­ resse, per la storia del pensiero, di questi testi ripetitivi e dalla storicità quantomeno appros­ simativa. La frequenza e la distribuzione spa­ zio-temporale ribadiscono infatti che la comu­

nione perfetta tra l’uomo e il creato è un tratto essenziale della santità! La santità è comunione, e in questa comu­ nione trovano posto tutte le opere del creato. La santità e vittoria su quella violenza che ca­ ratterizza spesso i rapporti tra gli uomini e il re­ sto del creato; una violenza che dunque non e ignorata né edulcorata, ma semplicemente con­ finata a l tempo del peccato: per il tempo della grazia, e ì santi di questo sono primizie, la spe­ ranza è di un’armonia perfetta.

Isacco di Ninive, Om. 82

L ’umile va verso le belve mortifere; al solo vederlo, la loro ferocia si placa, si avvicinano a lui come al loro signore, scuotono la testa, leccano le sue mani e i suoi piedi. Essi infat­ ti hanno sentito emanare da lui quell’odore che esalava Adamo prima della trasgressio­ ne, quando andarono a lui ed egli diede loro i nomi, nel paradiso (cf. Gen 2,20) ... Egli va verso i serpenti più pericolosi e, quando la sua mano tocca i loro corpi, scom­ pare la forza e la violenza della loro crudeltà mortifera; egli li prende con le sue mani co­ me delle cavallette.

82

Del monaco Teone ... si racconta che uscisse di notte dalla sua cella e si accompa­ gnasse alle mandrie selvatiche, alle quali da­ va da bere dell’acqua che aveva. Intorno alla sua abitazione, infatti, si potevano vedere orme di bufali, di onagri, di gazzelle e di al­ tri animali, la cui compagnia gli faceva sem­ pre molto piacere.

[Mentre Paolo e Antonio conversavano] videro un corvo che si era posato sul ramo di un albero, e di là, spiccando delicatamen­ te il volo, sotto il loro sguardo venne a de­ porre davanti a loro un pane intero (cf. iRe 17,6). Quand’esso si fu allontanato: “ Guar­ da!” - disse Paolo - “ il Signore, che è dav­ vero buono, davvero misericordioso, ci ha mandato il nostro pasto. Da sessantanni or­ mai ricevo sempre mezzo pane; ma, al tuo arrivo, Cristo ha raddoppiato il nutrimento” .

Abba Giacomo raccontava che uno degli anziani aveva detto: “ Quando abitavo nel deserto, avevo come vicino un bambino che viveva da solo. Mentre lo osservavo, lo vidi pregare e chiedere a Dio di essere in pace 83

Storia dei monaci in Egitto 7

Girolamo, Vita di Paolo io

Detti dei padri d e l deserto, a lf.,

Giacomo S i

con gli animali selvaggi. Alla fine della pre­ ghiera, trovandosi lì una iena che allattava i suoi piccoli, il bambino le andò sotto e si mi­ se a succhiare il latte insieme con loro” .

Detti dei padri d el deserto, anon.,

N 46

Giovanni Mosco, Prato spirituale 2

Giovanni Mosco, Prato spirituale 18

Un abba, volendo mettere alla prova un discepolo, lo mandò per una commissione mentre il fiume era in piena, affinché fosse costretto a dire che non poteva passare, e mandò un fratello dietro a lui perché vedesse che cosa faceva. Quando giunse al fiume, non potendo attraversarlo, si inginocchiò ed ecco che arrivò un coccodrillo e lo trasportò sull’altra riva; fatta la commissione e ritor­ nato al fiume, di nuovo il coccodrillo lo tra­ sportò all’altra riva.

Nella località di Sapsafas, viveva un an­ ziano. Era arrivato ad un grado tale di virtù da essere capace di ricevere i leoni che veni­ vano nella sua grotta e dar loro da mangiare tenendoli in grembo.

Ci disse abba Policromo il presbitero che nella stessa laura di abba Pietro viveva un altro 84

anziano, il quale assai spesso andava a intrat­ tenersi sulla riva del santo Giordano. Dove trovava la tana di un leone, là si fermava a dormire. In una grotta prese un giorno due leoncini; li avvolse nel suo mantello e li portò in chiesa. “ Se osserveremo i precetti del no­ stro Signore Gesù Cristo” - disse - “ queste bestie avranno timore di noi. Noi invece sia­ mo diventati schiavi a causa dei nostri pec­ cati; perciò siamo noi ad aver paura di loro” .

[Mentre Zosima si affaticava a scavare una fossa per seppellirvi il corpo di Maria], vide un leone grandissimo che stava vicino al cor­ po della santa e che le leccava i piedi. Veden­ dolo si mise a tremare per la paura di quella fiera ... Il leone, poi, cominciò a far cenni all’ anziano, salutandolo con gesti blandi. Zo­ sima allora disse al leone: “ Poiché sei venuto mandato da Dio, o eccelso tra le fiere, affin­ ché il corpo di questa serva di Dio sia affida­ to alla terra, esegui l ’opera dovuta, perché si possa seppellire il suo corpo. Io, infatti, con­ sumato dalla vecchiaia, non sono in grado di scavare ... Tu, per comando divino, fa’ que­ st’opera con le unghie, così che affidiamo alla terra questo santo corpo” . Subito, allo85

Sofronio di Gerusalemme, Vita di Maria Egiziaca 2(3-2-]

ra, dopo le parole dell’anziano, il leone fece con le zampe una fossa, grande quanto pote­ va bastare a seppellire il piccolo corpo della santa. E l ’anziano, dopo aver lavato i piedi della santa con le lacrime e dopo aver ripetu­ tamente pronunciato su di lei l’orazione, alla presenza del leone ricoprì di terra l ’esile cor­ po nudo ... Poi insieme tornarono indietro: il leone se ne andò all’interno del deserto co­ me una pecora mansueta e Zosima se ne ri­ tornò benedicendo e lodando Dio e cantan­ do un inno di lode a Cristo nostro Signore.

Giona di Bobbio, Vita di san Colombano

1,16

Agnoaldo, vescovo di Laon, testimoniava di aver spesso visto il beato Colombano, men­ tre passeggiava nell’eremo, ... chiamare a sé gli animali selvatici e gli uccelli. Essi veniva­ no immediatamente ai suoi ordini ed egli li toccava, accarezzandoli con la mano. Così gli animali e gli uccelli, lieti, giocando con grande gioia, saltellavano come i cagnolini sono soliti far festa ai padroni. E l’uomo so­ praddetto testimoniava anche di aver visto spesso quell’animaletto dagli uomini comu­ nemente detto scoiattolo, chiamato dalle ci­ me più alte delle piante, andargli in mano, sul collo, entrargli in seno e uscirne. 86

[Dell’eremita Martino Storace] si dice che ormai da qualche anno due serpenti condivi­ dono con lui la sua cella, in tutta confiden­ za; ed egli stesso afferma che, quando si pro­ sterna a terra per recitare le litanie, questi si attorcigliano, giocando, ai lati della sua te­ sta; ben lungi dal morderlo, gli rendono gli onori dovuti al padrone di casa. Ecco dun­ que che gli animali velenosi si accordano per onorare i monaci, mentre i monaci, purtrop­ po, si combattono gli uni gli altri con furore di vipere.

Pier Damiani, Lettere 108

[Disse Silvestro ad alcuni che erano venu­ ti a visitarlo:] “ Da quando mi trovo in que­ sto luogo solitario, il lupo sorveglia la mia cella come custode fedelissimo; mi obbedi­ sce sempre: evita ciò che gli è proibito e fa puntualmente ciò che gli è comandato” ... Non c’è da meravigliarsi che un animale così feroce si dimostrasse tanto obbediente al servo di Dio. Infatti, dal momento che la sua anima era perfettamente soggetta al Creatore, non trascurando nessun comanda­ mento divino, sembrava che avesse ottenuto l’antica signoria concessa al primo uomo su tutte le creature irrazionali (cf. Gen 1,26).

Andrea di Giacomo,

87

Vita di san Silvestro 7

Tommaso da Celano, Vita Prima 21,58

Giunto [Francesco] presso Bevagna, vide raccolti insieme moltissimi uccelli d ’ogni specie, colombe, cornacchie e “ monachine” . Il servo di Dio, Francesco, che era uomo pie­ no di ardente amore e nutriva grande pietà e tenero amore anche per le creature inferiori e irrazionali, corse da loro in fretta, lascian­ do sulla strada i compagni. Fattosi vicino, vedendo che lo attendevano, li salutò secon­ do il suo costume. Ma, notando con grande stupore che non volevano volare via, come erano soliti fare, tutto felice li esortò a voler ascoltare la parola di Dio. E tra l’altro dis­ se loro: “ Fratelli miei uccelli, dovete lodare molto e sempre il vostro Creatore, perché vi diede piume per vestirvi, ali per volare e tut­ to quanto vi è necessario. Dio vi fece nobi­ li tra le altre creature e vi concesse di spa­ ziare nell’ aria limpida: voi non seminate e non mietete, eppure egli vi soccorre e guida, dispensandovi da ogni preoccupazione” . A queste parole, come raccontava lui stesso e i frati che erano stati presenti, gli uccelli ma­ nifestarono il loro gaudio secondo la propria natura, con segni vari, allungando il collo, spiegando le ali, aprendo il becco e guardan­ do a lui. Egli poi andava e veniva liberamen­ te in mezzo a loro, sfiorando con la sua tona88

ca le piccole teste e i corpi. Infine li benedis­ se col segno di croce dando loro licenza di ri­ prendere il volo ... e da quel giorno cominciò a invitare tutti i volatili, tutti gli animali, tutti i rettili e anche le creature inanimate a lodare e ad amare il Creatore.

Una volta, presso Greccio, fu portato [a Francesco], da un confratello, un leprotto preso vivo al laccio, e il santo uomo, com­ mosso, disse: “ Fratello leprotto, perché ti sei fatto acchiappare? Vieni da me” . Subito la bestiola, lasciata libera dal frate, si rifugiò spontaneamente nel grembo di Francesco, come in luogo assolutamente sicuro. Rima­ sto un poco in quella posizione, il padre san­ to, accarezzandolo con affetto materno, lo lasciò andare, perché tornasse libero nel bo­ sco; ma quello, messo a terra più volte, salta­ va in braccio a Francesco, finché questi non lo fece portare dai frati nella selva vicina.

Quando [Francesco] vedeva una distesa di fiori, si fermava a predicare loro e li invitava a lodare e amare Dio, come esseri dotati di ragione; allo stesso modo invitava ad amare 89

Tommaso da Celano, Vita Prima 2 1,60

Tommaso da Celano, Vita Prima 29,81

e a lodare il Signore le messi e le vigne, le pietre e le selve e le belle campagne, le acque correnti e i giardini verdeggianti, la terra e il fuoco, l ’aria e il vento con semplicità e purità di cuore. E infine chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, in­ tuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio (cf. Rm 8,19).

90

T r a sfig u ra zio n e

co sm ica

Abbiamo iniziato questo percorso alla ricer­ ca del pensiero dei padri sugli animali con al­ cuni brani sull’origine della creazione e sulla sua natura e concludiamo ora con alcune ri­ flessioni sul fin e cui essa tende. Se il pensiero dei padri sull’origine era unanime, avverso ad ogni dualismo, tale non è invece riguardo al télos degli esseri creati. Alcuni giungeranno a negare una qualsiasi possibilità dì resurrezione o di trasfigurazione degli animali, tuttavia non poche sono le voci che, prendendo spunto dal “gemito colmo di attesa ” della creazione di cui parla Paolo (cf. Rm 8,19-23) o da altri testi come la “pace cosmica” di Isaia (cf. Is 11,6 -9 e 63,23), parleranno di rinnovamento del creato, di trasfigurazione e addirittura di deificazione di tutta la creazione. Che a questo proposito l’accordo non fosse unanime e testimone lo stesso Ireneo il quale parla di alcuni che inter­ pretano le immagini di Isaia sulla pace cosmica 91

in maniera allegorica. Non è questa la seie per affrontare l ’argomento né per offrire un venta­ glio esaustivo di testi ma, segnalato il proble­ ma, riportiamo alcuni passi, a nostro avviso più coerenti con l ’itinerario che abbiamo trac­ ciato, i quali parlano di trasfigurazione o me­ glio ancora di liberazione della creazione dalle catene che la tengono prigioniera. Efrem parla di rinnovamento della creazio­ ne-nutrice insieme ai suoi figli, Origene par­ la di liberazione dalla schiavitù, Ambrogio di salvezza, Gregorio di partecipazione alla liber­ tà, Anastasio di trasfigurazione, Giovanni Da­ masceno di glorificazione, Isacco di unifica­ zione della creazione al suo interno e quindi di unione a l divino, cioè deificazione. Si tratta di immagini che esprimono, se non una certezza nel “come” avverrà, almeno una speranza sal­ da, fondata sulla Scrittura e confermata dal­ l ’incarnazione di Cristo che tutto assunse nella sua kénosis, come ricorda Isacco. È lo stesso Isacco che nel brano riprodotto in apertura della nostra antologia dice: “Anche se vi fu un tempo in cui la creazione non era venuta a ll’esistenza, tuttavia non vi fu tempo in cui Dio non abbia provato amore per essa ”. Una domanda sorge allora spontanea: “Forse vi sarà un tempo in cui questo amore verrà me92

no?". Per buona parte dei padri la risposta e negativa: perché la misericordia di Dio non co­ nosce il tempo; e ciò che da lui è stato creato, da lui redento, da lui, in modo per noi incom­ prensibile, sarà introdotto nella sua gloria.

Alla fine dei tempi, queste stesse creature saranno fatte nuove.

Efrem,

Così come [Dio] ha creato, per mezzo del­ la grazia, la prima essenza delle creature, senza macchia, nella gloria e nella magnifi­ cenza che aveva rivestito lui stesso, allo stes­ so modo, per la misericordia di Dio, ci sarà una nuova creazione di tutte le cose, senza alcuna macchia, nella gloria che egli ha rive­ stito.

Efrem,

[Dio] farà nuovi il cielo e la terra alla nostra resurrezione. Le creature si vedranno liberate, per opera sua e gioiranno con noi. Egli coprì di vergogna, come coprì anche noi,

Commento a l Diatessaron 5 ,12

Commento a l Diatessaron 19 ,17

Efrem, Inni sul paradiso 9

93

la terra nostra madre; ma colei che egli maledisse, con tutti i peccatori, verrà a benedirla, con tutti i giusti. Il Buono saprà, insieme ai figli, far nuova la loro nutrice.

Ireneoa; Lione.

Contro le eresie 5 3 3 4

Isaia dice: II lupo pascolerà con l agnello, il , , . ^ Leopardo riposerà con il capretto; il vitello, il toro e il leone pascoleranno insieme, e un pic­ colo fanciullo li condurrà. I l bue e l ’orso pa­ scoleranno insieme, e i loro piccoli staranno insieme; il leone e il bue mangeranno paglia. Il lattante metterà la mano nella buca d ell’aspide e nel covo dei fig li d ell’aspide; e non faranno del male e non potranno far perire nessuno sul mio monte santo (Is 11,6-9). E ancora, rias­ sumendo le stesse cose, dice: Allora i lupi e gli agnelli pascoleranno insieme, il leone mangerà paglia come il bue, il serpente invece mangerà la terra come pane; e non faranno né male né danno sul mio monte santo, dice il Signore (Is 65,25). Non ignoro che alcuni tentano di riferire queste espressioni agli uomini sel­ vaggi e provenienti da popoli diversi e dediti ad opere di ogni genere che sono venuti alla fede e che, dopo aver creduto, vanno d’ac94

cordo con i giusti. Ma se questo accade già adesso per certi uomini ... non meno acca­ drà alla resurrezione dei giusti per quegli animali, come è stato detto.

L ’intera creazione porta in sé la speranza della libertà al fine di essere liberata dalla schiavitù della corruzione, quando i figli di Dio, che sono caduti e sono dispersi, saran­ no raccolti in unità (cf. Rm 8,19-21).

Secondo la fede della chiesa, unico e il medesimo è il Figlio di Dio Padre e il Figlio di David, poiché il mistero dell’incarnazio­ ne di Dio è la salvezza di tutta la creazione, secondo quanto sta scritto: Perché separato da Dio assaporasse la morte per il bene di tut­ ti (Eb 2,9) ... Come anche altrove si legge: Ogni creatura sarà liberata dalla schiavitù del­ la corruzione (Rm 8,21).

La creazione non si limita a gemere e sof­ frire nel suo assoggettamento alla corruzione - intendo alle cose che hanno origine quag­ giù e che poi vengono meno - , [ma] attende 95

Origene, Sui principi 3,5,4

Ambrogio, Sulla fede 5,8,106

Gregorio di Nazianzo, Discorsi 4 ,15

con impazienza la loro fine e la loro rivela­ zione per partecipare allora, anch’essa, a questa libertà che spera; infatti ora è legata malgrado se stessa dalla potenza del Creato­ re, ma si unisce anche alla gioia dei figli di Dio per cantare la sua gloria e proclamare la sua lode (cf. Rm 8,19-21). Anastasio Sinaita, Om. sulla Trasfigurazione

Origene, Contro Celso 7,65

Udendo della propria trasfigurazione, dal­ la corruzione aH’incorruttibilità, la creazio­ ne si rallegrò, la montagna esultò, le cam­ pagne trasalirono di gioia, i villaggi diedero gloria, le nazioni accorsero, i popoli si esal­ tarono, i mari fecero udire il loro inno, i fiu­ mi applaudirono, Nazaret giubilò, Babilonia cantò un inno, Neftali fu in festa, le colline saltellarono, i deserti fiorirono, vi furono sentieri e tutte le cose si incontrarono e si rallegrarono. Noi abbiamo imparato a non adorare la creazione al posto del Creatore (cf. Sap 13,3), ma a sapere che la creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio e che la creazione, in attesa, aspira alla rivelazione dei figli di Dio (cf. Rm 8,19-21). 96

Io non venero la creatura al posto del Crea­ tore (cf. Sap 13,3), ma venero il Creatore fatto creatura in modo simile al mio e disce­ so nella creazione senza diminuzione né de­ trazione, per glorificare la mia natura e ren­ derla partecipe della natura divina.

Giovanni Damasceno, Discorsi 1,4

La carità vera di Dio verso la creazione è conosciuta da questo, che dopo averne com­ piuto la costituzione in tutte le sue distin­ zioni, le congiunse tutte in un’unica unità ... e congiunse [l’unità] alla sua divinità e la fece ascendere al di sopra di tutti i cieli e la fece sedere sul trono eterno e la fece Dio su tutto.

Isacco di Ninive,

Questo è quel vuotò se stesso (Fil 2,7), che il beato Paolo disse con meraviglia indici­ bile, la cui interpretazione è la narrazione intelligente della carità divina: [Dio] ha tan­ to amato la creazione che essa fu chiamata Dio e il nome della grandezza di lui divenne suo.

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Discorso sulla creazione e su Dio

Isacco di Ninive, Discorso sulla creazione e su Dio

Ve

Francesco d’Assisi, L o di d elle Virtù 14-18

La santa obbedienza confonde tutte le vo­ lontà carnali e corporali e tiene il corpo mor­ tificato, in obbedienza allo spirito e in ob­ bedienza al proprio fratello, e rende l’uomo soggetto a tutti gli uomini di questo mondo e non soltanto agli uomini ma anche agli ani­ mali, alle fiere, così che possono fare di lui quello che vogliono, in quanto sarà loro per­ messo dal Signore.

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