Turkish Language Contacts in Southeastern Europe: Articles in Italian, German, French, and English 9781463225612

Matthias Kappler writes in this collection of essays on language contacts and multilingual spaces as they existed in Ist

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Turkish Language Contacts in Southeastern Europe: Articles in Italian, German, French, and English
 9781463225612

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Turkish Language Contacts in Southeastern Europe

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Analecta Isisiana: Ottoman and Turkish Studies

61

A co-publication with The Isis Press, Istanbul, the series consists of collections of thematic essays focused on specific themes of Ottoman and Turkish studies are brought together in Analecta Isisiana. These scholarly volumes address important issues throughout Turkish history, offering in a single volume the accumulated insights of a single author over a career of research on the subject.

Turkish Language Contacts in Southeastern Europe

Articles in Italian, German, French, and English

Matthias Kappler

The Isis Press, Istanbul

pre** 2010

Gorgias Press LLC, 954 River Road, Piscataway, NJ, 08854, USA www.gorgiaspress.com Copyright © 2010 by The Isis Press, Istanbul Originally published in 2002 All rights reserved under International and Pan-American Copyright Conventions. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording, scanning or otherwise without the prior written permission of The Isis Press, Istanbul. 2010

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ISBN 978-1-61719-106-0

Printed in the United States of America

Matthias Kappler, born in 1962, studies at the Department of Eurasian Studies in Venice 1984-89, postgraduate studies in Thessaloniki 1990-91, Ph.D. in Turkology (Frankfurt am Main 1998), visiting professor at the University of Venice 1998, scientific assistant at the University of Frankfurt 1999-2000. Since January 2001 assistant professor at the Department of Turkish Studies in the University of Cyprus (Nicosia). His main research interests are the language of the "Karamanli" literature, Turkish language contacts and multilingualism in the Balkans and in Istanbul, study of Greek-Ottoman grammars, Greek-Islamic philology ("Greek Aljamiado"). So far he published the following books: Turcismi nell' "Alipasiadha" di Chatzi Sechretis. (=Eurasiatica Nr. 31), Silvio Zamorani Editore, Torino 1993, and Türkischsprachige Liebeslyrik in griechisch-osmanischen Liedanthologien des 19. Jahrhunderts, Berlin/Budapest

TABLE OF CONTENTS

Introduction

7

Multicultural and multilingual Istanbul 1. «I giovani Fanarioti» e le antologie di canzoni ottomane. In: Annali di Ca' Foscari, vol. XXX, n. 3, pp. 5. 37. Venezia 1991 2. Über die Beziehung der griechischen Bevölkerung Konstantinopels zur Osmanischen Kultur im 18. und 19. Jahrhundert. In: Thesaurismata 25, pp. 349-361. Venezia 1995 3. L'amour voilé: poésie bilingue et plurilingue dans les anthologies grecques et bulgares des chansons ottomanes du 19ème siècle. In: Mediterranean Language Review 10, pp. 146-168. Wiesbaden 1998 4. Multilinguisme et pluriculturalisme à Istanbul à la fin du XIXe et au début du XX e siècle. Contribution held at the Symposium "Istanbul 1900/2000: un siècle de musiques" at the Abbaye de Royaumont, 7th-9th June 2001. A slightly different version is being published at the site of the Fondation de Royaumont (www.royaumont.com)

9

39

51

71

Language contacts in South-Eastern Europe from the late 18th to the early 20th Centuries 5. "Kelimat" : a Turkish-Greek Word List for Ottoman Primary Schools in Crete. In: APIAANH (ITavemarrjfiLo KpTjrTjç ~ Emarrìfioi'iKTj ETrerqpiSa tt}s~ 4>L\oaoàeL JITTOV yKerCé.

L'autore dice dice di aver ricevuto il manoscritto dal Protocantore del Patriarcato Iàkovos Nafpliótis. Sostiene inoltre che tali poemetti cantati in tonalità orientali si sentivano ancore "fino a cinquant' anni fa" (il libro è del 1900). Vedremo, però, che si cantava "alla turca" ancora molto più tardi. Più spesso, comunque, troviamo intere composizioni in turco caramanlidico (e qui, certo, è il caso di cominciare a parlare di veri "testi" caramanlidici), accompagnate sempre dalla musica in notazione bizantina, come nel manoscritto noto come Redhestinó, senza data, conservato nel Centro di Studi dell'Asia minore ad Atene, o nel manoscritto dell'Accademia rumena (sec. XIX), che sono due delle sette antologie manoscritte conservate2. Ricordiamo a ogni buon conto qui anche il caso, assai anteriore, di un bailo veneto che riporta una poesia ottomana messa in musica (con notazione europea). Si tratta di Giovanni Battista Donado e della nota canzone "Hasta gònliim §eftali ister...", annessa alla sua opera "Della letteratura de' Turchi" (Venezia 1688)3.

III. Le antologie

stampate

In epoche più recenti le nostre canzoni venivano diffuse in antologie stampate, tra le quali la prima è la nota "Atàopa rf9iicà Kat dareia CTTixoupyTjfj.aTa" di Zisis Dhaoutis, del 1818, che include però soltanto poesie in lingua greca.

[bid. (nota 1), p. 42. Traduzione italiana: Ora vado! cosa aspetto? sono già quasi le otto, e la Haci Dudu dorme, non si sveglia più stanotte. ^V.C.C. Frantzis Naissance d'une anthologie néo-hellénique. Thèse de troisième cycle, Paris 1982, p. 13-25. 3

L'anthologie

de Zissis

Daoutìs...,

Aggiungiamo che la canzone, insieme a un'altra riportata sempre dal Donado, si può trovare, oggi, anche in registrazione su disco (Régi Tóròk zene Európàban, Budapest 1984).

14

T U R K I S H

L A N G U A G E

C O N T A C T S

Abbiamo poi, dopo il "Ventuno", data importante non solo per la Rivoluzione, ma anche per la riforma della notazione musicale bizantina ad opera di Chrysänthos, un gran numero di raccolte, stampate soprattutto a Constantinopoli, ma anche a Smirne, Atene e Patrasso, con canzoni sia greche sia turche caramanlidiche. La prima sembra essere la "Evrépirri" del 1830, seguita dalla " IJavScópa", uscita in due volumi nel 1843 e nel 1846. Queste tre raccolte, insieme ad altre otto (cfr. elenco bibliografico), acquistano tanto maggiore importanza, in quanto precedono di parecchio la prima antologia stampata di §arki in scrittura araba, ossia la Mecmua-yi §arki del 1268 dell'Egira (= 1852)1. Negli anni seguenti assistiamo a un boom della canzone orientale: dal 1847 al 1860 compaiono tredici pubblicazioni contenenti canzoni classificate come rovpKiKÓL (turche), òdco/iai^LKa (ottomane), o è£corepLicà (straniere, ma anche "estranee", cioè non di mano del l'autore), oppure intonate in dmamaj ¡lovmKJj (musica asiatica). Certo non tutti questi libri — che, a giudicare dalle date di pubblicazione così ravvicinate, devono, essere stati molto popolari — erano delle mere raccolte di canzoni, come i primi due citati. Fra l'altro in essi le canzoni in lingua greca si alternavano con quelle in lingua turca, e in molti non troviamo più la notazione bizantina della musica islamica, ma spesso solo indicazioni di tonalità (makäm). Alcuni comprendono brevi racconti — satirici, come si ha nel "Bov\yapo0ampicÓTr)s,n di A. Pnevmatikas, o morali, quali la storia della bella Melpomene e del suo falso amante Nikoläkis: veri e propri "Volksbücher", che in appendice contengono soltanto poche (da quattro a sette) "canzoni orientali" (dafiara òQu\iaviKa). Molte canzoni, o poemetti, si ripropongono nelle diverse antologie, e le possiamo definire "i successi dell' epoca". Quanto ai lettori è interessante vedere l'elenco dei sottoscrittori in chiusura di certe raccolte (soprattutto delle prime). Il primo volume della "TlavSépa", per es., riporta i nomi di più di trecentocinquanta "sottoscrittori filomusici", e non solo di Constantinopoli, ma di diverse località, da Edirne, Melnik e Bucarest fino a Trebisonda, Creta ed Egitto. Si tratta, per lo più, di grandi centri cittadini dell'Ecumene ellenica, e ciò è molto significativo a lumeggiare la questione dell'assunzione dei motivi poetici islamici da parte dei Greci, di cui ancora si dirà. Il fatto che negli elenchi si trovino anche nomi come Poros o Hydra, località cioè del Regno di Grecia, o che tre delle antologie siano state stampate in Eliade (Atene e Patrasso), si spiega con l'afflusso di emigranti costantinopolitani verso quelle mete. Ricollegandoci a quanto detto dei "giovani fanarioti", crediamo di poter affermare che il lettore "medio", o chi cantava le nostre canzoni, era cittadino e residente dell'Impero ottomano, ma non apparteneva necessariamente alla classe nobile; dobbiamo anzi fare attenzione a non confondere il pubblico che consumava successi di musica orientale e quello che si occupava seriamente della cultura ottomana. l M. la bibliografia delle antologie ottomane in E.R. Üngör Türk Musikisi Güfteler Istanbul 1981, vol. 1, p. XVIII-XXVII.

Antolojìsi,

I

"GIOVANI

FANARIOTI"

15

Conosciamo in tutto i titoli di ventidue libri con canzoni orientali; ne abbiamo consultati diciotto, per un totale di 371 canzoni del tipo §arki in turco caramanlidico: il primo apparve nel 1830 e l'ultimo nel 19081. Per tutti i dati relativi agli autori, ai luoghi di edizione, alle canzoni ivi contenute ecc., si rimanda all'elenco particolareggiato con cui questo studio si chiude.

IV. Le

§arki

Le composizioni delle nostre antologie stampate sono classificate in beste ( f i ne are Se s-), semà't (ae/id'i), yuriik semà't (yiovpotiK) e §arki (aapKid). I primi tre termini si riferiscono a forme musicali, composizioni del concerto orientale 2 , il quarto, invece, oltre a mantenere il significato di base "canzone", è un termine letterario che designa un certo genere di composizione poetica, di cui vedremo le caratteristiche principali. Non occupandoci qui di musica islamica, abbiamo rivolto la nostra attenzione esclusivamente alle §arki, anche perchè in quanto forma poetica favorita di certo Settecento ottomano, esse presentano il maggior interesse dal punto di vista letterario. In proposito, facciamo presente che una colloborazione tra il musicologo e il linguista/ storico della letteratura sarebbe certamente auspicabile, e molto promettente. Per §arki si intende un componimento poetico a più strofe (nel nostro caso tre o quattro), consistenti di solito di quattro versi: gli ultimi versi di ogni strofa devono avere la stessa rima lungo tutta la composizione, mentre gli altri devono rimare tra loro all'interno di ogni signola strofa. Molto spesso (quasi sempre) i versi finali di ogni strofa sono identici — in tal caso si parla di ritornello (nakaràt) — e a volte il ritornello appare già anticipato nel secondo verso della prima strofa. Abbiamo, quindi, i due schemi di base (dove R s t a p e r ritornello):

1. a a a a ( R ) / b b b a ( R ) , 2 . a a ( R ) a a ( R ) / b b b a ( R ) .

Varianti di questi due schemi sono: 1. due o persino tre versi di ritornelli. 2. il ritornello (i ritornelli) hanno una rima diversa da a (ma rimano sempre tra loro!), per es. a a a RI... Un terzo schema di base, molto più raro, è quello delle quartine rubà'i più due ritornelli: a a z a R R/b b y b R R. Il terzo verso di ogni strofa, invece, si chiama miyàn nella musica islamica e occupa un posto particolare nella composizione sia musicale sia letteraria. ^La racolta "XaveuSé", apparsa nel 1914 a Samsun, non è inclusa nel nostro studio perchè si rivolge esclusivamente ai greci turcofoni dell'Asia minore, un publico ben diverso da quello costantinopolitano grecofono. Il titolo completo è: XANENAE, FENI OTEOTA, lapicrj, IaCéX, Kàvro, TiovpKij. EXKI OTZOTA, Aeordv, KaXevSép, Koayid, Aifidv, Sentii. KPOMETIKA, ZAMSOTN, Tunoypaniaiv iairrifi èl airép KL&p, vé Sip rCòvpnòvfi -né èl &OVXL '8iXia(ap. Oi)(épaiv -nevSevi •ni xovfié x?P "trdp. Seuiu èl •ni fiòpòv/3ér SàS èXivSév.

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XÓLXL póvSip •8a.yia.v8ip., yerép yàlpi yerép daxivXa yiavSip.. rerép r£efipivXe r£avi.p.-8dv óùaawSip}. Sepiu èl 'ni ¡lóvpòvfiéT SaS èXivSév.

4.

1.

2.

Xepéu àSà Gó(óvvé In TaKapmv, pi£dyi Copi 'nolXé x°P 'naKdpaLu. 4>ipatcii>Xa yKir(é yiaóvv8óv( yiaicdpoiv. Zeviv èl 'ni povpovfléT -SdS èXivSév.

Testo turco in trascrizione latina: Demàdem eylerem feryàd elinden, senin, ey bi-muriivet, dàd elinden. Dil-i zar olmadi àzàd elinden. Senin, ey bi-muruvet, dàd elinden. Giicenmisin (= mi§sin) igittim, ey sitem-kàr, nedir ciirmiim, be ey §uh-i dilàzàr. tìzersin bendeni bi-hude her bar. Senin, ey bi-miiriivet, dàd elinden.

' II oixjavSljx

I

"GIOVANI

FANARIOTI "

3.

Efendim, hayli miidedir dayandim, yeter gayri yeter agkinla yandim. Yeter cevrinle cànimdan u§andim (= usandim). Senin, ey bi-miiriivet, dàd elinden.

4.

Hemen adà sòziine ip takarsin. Rizà-yi zàre boyle hor bakarsm. Firàkinla gice gundiiz yakarsin. Senin, ey bi-miiriivet, dàd elinden.

1.

19

Traduzione italiana: Di attimo in attimo mi lamento per mano tua (= a causa tua), o spietato, grido per mano tua. Il cuore lamentoso non s'è mai liberato della tua mano. O spietato, grido per mano tua.

2.

Ho sentito che ti sei offeso, facinoroso, qual'è la mia colpa, o tu, bello sciagurato? Rattristi il tuo schiavo invano ogni volta. O spietato, grido per mano tua.

3.

Signore mio, sopporto da un sacco di tempo, basta, ora basta, sono arso del tuo amore. Basta con la tua violenza, m'è venuta nausea dell'anima. O spietato, grido per mano tua.

4.

Tu dai sempre retta al nemico. Tu disprezzi in tal modo il piangente Rizà. Col tuo distacco giorno e notte bruci. O spietato, grido per mano tua.

Il metro di questa §arki è del tipo hezec I accorciato, cioè u —/u /u . L a §arki è priva di difetti metrici, a parte la grafia di miiruvvet (u ) e miiddetdir (— — —), scritti muriivet (jiòvpov^ér (uu—)) e miidedir (jióvdéSLp (uu—)), per via di quello scrivere, invece di una doppia, tegdit nella grafia araba, una consonante scempia nel testo caramanlidico. La rima segue il nostro schema 2.O., cioè a a(R) a a(R)/b b b a(R). Nella prima strofa, comunque, osserviamo una particolarità di rima: si tratta di elinden, usato come parola-rima (redif) su rima precedente in -ad, fatto che, con il ritornello, si ripete per tutta la composizione. Il redif, diffuso in tutti i generi della poesia ottomana, di solito non è comune nelle nostre §arki. Notiamo, inoltre, che anche nelle strofe 3. 4. il poeta usa una rima lunga e che chiameremo, perciò, "pesante".

20

TURKISH

3 ... (day) andim ...(la y) andim ...(us) andim

LANGUAGE

CONTACTS

4... (ip t) akarsin ... (hor b) akarsin ... (diizy) akarsin

Nella terza strofa abbiamo anche la ripetizione (tre volte) di yeter "basta", il che dà molto peso a questa parola. Abbiamo lessemi che designano attegiamenti negativi o sofferenza: feryàd, dàd, zar, bi-muriivet, giicenmek, sitem-kàr, ciirtim, iizmek, bt-bude, yeter, gayri, yanmak, cevìr, usanmak, hor bakmak, firàk, yakmak. I lessemi che mancano sono resi negativi, o con l'attributo che hanno vicino o dal contesto (dil, i§itmek, §ùh, dayanmak, a§k, càn, edà só'zii, ip takmak) o per negazione (àzàd olmadi). Inoltre, abbiamo nella canzone due "personaggi", lessicalmente presenti in bende "servo" e efendim "mio signore", l'amante e l'amato. A mo' di motto, dato che così inizia il canto lamentoso, troviamo un'avverbio di tempo in ogni strofa, come per sottolineare la durata della continua sofferenza: 1.: demàdem ("d'attimo in attimo"), 2.: her bar ("ogni momento"), 3.: haylì mudedir ("da tempo"), 4.: gice giindiiz ("giorno e notte"). Infine, la parola-rima, il redif elinden "per mano tua, per causa tua", ma anche letteralmente "dalla tua mano" (nel miyàn della prima strofa), esprime la causa della sofferenza, e la persona a cui è indirizzato il lamento ("tu"). La reazione a questi dolori che non finiscono mai si trova nella terza strofa, con la ripetizione già accennata di yeter "basta". Possiamo, quindi, considerare il miyàn della terza strofa come "nucleo" del nostro poema. Vediamo da questa breve analisi come le caratteristiche formali, quali rima, scelta lessicale e strutturazione di questo materiale si facciano strategia per esprimere il tema della sofferenza per la separazione dall'amico spietato e vezzoso. Esempio nr. II: §arki makam hicàzkàr usui sofyàn EY p. 41-43, ripresa in TI p. 33-35, e in EU (Enaudovaa, 1487) p. 79. Inoltre in Ungòr, voi. 2, p. 1130. Testo in caratteri greci: 1. Me pàlli àvSeXi-niv fìaoXl yKiòvXSòvp, yKiòfoóÀSòvp, •nov yKLòuòvXSoup, •nov JKIÓVÒVXSòvp. NoXovp oevSé -nevi *vip Kepi yKióvX Sòvp. rKióvòvXSòvp, •nov yKiòvòvXSòvp, -,rrov yiaòvòvXSòvp.

I

"GIOVANI

FANARIOTI "

2. Sevi èfìéX yiciópovaré TTÉK -neyeuSip, xé^ieu critc yKiòpovùixeyié òvCevSip. •Aóvùéppi aauLud ycK/id^ ècpévSifi. FkiòvòvXSòvp, 'ttov yKiòvóvXSóvp, ttov yKLòvòvXSoup. 3. Ai A òXp.oóaLKeu Saxi cràS napé napé, repaxovfi2 iT/j-eSiv ovcfaKÌ Capè. rKLovTCeuaéwSe aeui aevSifj. ve rCapé. RKiÒUÓvX Sòvp, -TTOV yKLÒVÒÙX Sòvp, •TTOV yKLóvóvX Sòvp. 4. ÌKLopòvi^rCa3 crepe Si raxKÌp ÌSépoLV, yicaCovnavé4 •TTOKÌTT ra£ip l'Sépmu. N'ir (tv •TTóiXe -Trevi retcrip LSépmv. rKLòuòvX Sòvp, •TTOÙ yKLòvòvX Sòvp, •TTOV yxiòvòvX Sòvp. Testo turco in trascrizione latina: 1. Meràm-i andelibin vasli giildiir, gòniildiir, bu gòniildiir, bu gòniildiir N'olur sen de beni bir kere giildiir. Gònuldiir, bu gòniildiir, bu gònuldiir 2. Seni evel gòrii§te pek begendim, hemen sik sik gòriigmeye òzendim. Dii§er mi sànina yikmak efendim. Gòniildiir, bu gòniildiir, bu gònuldiir. 3. Dil olmugiken dahi sad pare pare, terahum itmedin u§ak-i zàre. Giicensen de seni sevdim, ne gare. Gòniildiir, bu gònuldiir, bu gòniildiir. 4. Gòriinca Sermedi tahkir idersin, Gazubàne bakip tazir idersin. Ni§in bòyle beni tektir idersin. Gòniildiir, bu gòniildiir, bu gòniildiir.

'/7 yiaKp.dK ("bruciare"), Eli 7]Kfiaé (con lo stesso significato di EY).

^Eli Sepaxov/i 3 En yKiopoi)VT(aC ^77 yKioCovTravé, ETI KaCovfinai/é

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TURKISH

LANGUAGE

CONTACTS

Traduzione italiana: 1. La meta di unione dell'usignolo è la rosa, è il cuore, questo è il cuore, questo è il cuore. Dai, fammi anche tu ridere (almeno) una volta. È il cuore, questo è il cuore, questo è il cuore. 2. Vedendoti per la prima volta, mi sei piaciuto molto, bramavo vederti subito più spesso. Cade al tuo prestigio (= è degno di te) rovinare, o mio Signore? È il cuore, questo è il cuore, questo è il cuore. 3. Quando il cuore ancora (s'è fatto) a cento pezzi, non avevi pietà degli amanti lamentosi. Pur se ti offendi che ti amavo, io che ci posso fare? È il cuore, questo è il cuore, questo è il cuore. 4. Vedendo che sgridi Sermed,1 guardandomi on ira, mi rimproveri. Perchè urli a me così ? È il cuore, questo è il cuore, questo è il cuore. Il metro è, anche qui, hezec I accorciato (u /u /u —), non difettoso, sempre a prescindere delle grafie che rendono la scansione inesatta: evel (è(ìéX), kere (Kepé), terahum (Tepaxovfi), in luogo di evvel, kerre, terahhum. Anche lo schema di rima è lo stesso della canzone precedente, cioè a a(R) a a(R)/b b b a(R)... Di rima "pesante" troviamo un esempio nella quarta strofa, dove si manifesta una specie di redif (idersin, cf. il redif... akarsin di prima) con rima in -ir: ... tahkir idersin, ... tàzir idersin. ... tektir idersin. Usando il paradigma di tre verbi composti da un infinito arabo di Ila forma e dal verbo turco itmek, il poeta ottiene l'effetto di una rima interna (allitterazione), molto comune nella poesia popolare turca2. Vedremo sotto le conseguenze sul "contenuto" di questo particolare formale.

1 oppure: che sgridi eternamente, v. sotto Per il parallelismo nelle e la "rima grammaticale" v. G. Bellingeri "Settanta quartine qashqai", in: La Bisaccia dello Sheikh, Venezia 1981, p. 321-338.

2

I "GIOVANI

FANARIOTI "

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L'esame del lessico ci dà un'immagine questa volta un po' più differenziata: prevale sempre il campo semantico della sofferenza, più attiva però, nel senso del far male (terahum itmedin, sad pare, yikmak, zar, gazubàn, tahkir, tàzir, tektir). Segue il gruppo, anche qui, di avverbi il tempo (bir kere, evel, sik sik, sermedfi). Altri campi: il desiderio (meràm, ozenmek), il giardino/natura (andelib, vasi, giil), il cuore (gó'nul, dil). Rimane l'amante (u§ak, anche qui il "servo"), l'espressione ne gare e i verbi giilmek, gòru§mek, begenmek, giicenmek, sevmek, non assegnabili a campi precisi perchè usati in differenti contesti. Si nota, quindi, già nel lessico usato, una forte differenza di tono, più lieve che nel nostro primo esempio. Passando all'esame dei topoi, constatiamo che la nostra canzone inizia con una metafora molto comune nella poesia dei gazel, l'immagine dell'usignolo-amante che brama di avvicinarsi alla rosa-amato, il che ci mette anche subito nel setting tradizionale del giardino in primavera. Solo che in seguito l'immagine non viene elaborata nè è approfondita, e se ne rimane sospesa là, seguita da un laconico "è il cuore, questo è il cuore...". L'unica evoluzione, per così dire, è il traslato, con l'aiuto formale dall'allitterazione, da fiore (giti) a cuore {gó'nul). In più abbiamo, nel miyàn, un tecnis tra giildiir ("è il fiore") e giildiir ("fai ridere"). Ed eccoci già introdotti nella strategia tipica della §arki: la lievità dei sentimenti (pur sempre affannati...). Il primo verso della seconda strofa ci presenta uno dei topoi, o meglio, microtemi, più ricorrenti delle nostre canzoni: la prima vista della persona amata basta a innamorare irrimediabilmente. Anche la terza strofa contiene uno di questi microtemi, che si ripetono spesso, quasi con le stesse parole: l'amato è senza pietà. La quarta strofa, di cui abbiamo già stabilito una posizione formale isolata dalle altre grazie alla sua rima "pesante", è il lamento finale, classico, ma qui più insistente e quasi scherzoso, anche per le rime interne discusse sopra. Non c'è dubbio che tali rime rendono la strofa, oltre che più musicale, il centro, la meta dello sviluppo formale e significativo della composizione. Vediamo chiaramente anche in questo esempio l'azione reciproca tra "forma e contenuto", in una direzione che ci indica 1"' epidermicità" del tono. L'ultimo verso della canzone sottolinea la problematica di tipo storico, costituita dall'inserzione del nom de piume (mahlas) del poeta, Sermed. La tradizione del mahlas, comune in tutta la letteratura persiano-ottomana, si indebolisce in questi anni di decadenza e riforme politiche e sociali dell'epoca moderna, sì che solo poche §arki delle nostre raccolte la seguono. D'altra parte, ^mediante la figura dell'thàm, dato che si tratta del nom de piume del poeta (v. sotto).

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LANGUAGE

CONTACTS

non sappiamo né a quale ethnos appartenessero i poeti, né a quando datino le composizioni, disponendo noi solo dei nomi dei raccoglitori o dei compositori delle musiche: questi, sì, Greci. Abbiamo detto che le §arki provengono probabilmente per la maggior parte dalle antologie manoscritte (mecmua, /uapayiés') del secolo XVIII e del primo Ottocento. Si è visto sopra, poi, che a quei tempi non era affatto insolito per un Greco di un certo ceto occuparsi della cultura ottomana. Abbiamo, quindi, a che fare con composizioni (poetiche, s'intende, perchè di quelle musicali il quadro sembra più chiaro), di Greci o di Turchi? La domanda può sembrare secondaria per lo studioso di letteratura, visto che gli stilemi sono, in ogni modo, "islamici", ma la risposta potrebbe essere di grande interesse per lo storico della cultura. Riteniamo, in questa sede, che sia ancora prematuro fornire tale risposta, limitandoci all'osservazione che molto probabilmente si tratta di una "provenienza mista"; solo un'indagine completa potrà portare a nuovi risultati. Esempio nr. Ili: §arki makàm isfahan usui sofyàn, EY p. 69-71. Inoltre in lìngor, voi. 1, p. 521.

1.

Testo in caratteri greci: •AÓVOTÒV JKLOVÓVX yiawdl vapé, •naaXaSl tfiepyiàS óv{epé. rKerCpeyLÓp erosX^ à yiapé. 'OXad -rCiyiép vapé napé, répK ISépep àx vé r£apé.

2.

MeiXi'SeXL o yiaovCeXé, yLoluovp ueaé, rrovX'Sov "Ay yiàpiXe, yiceXcré -mXé. 'OXad •TCtyép napé vapé, répK 1-Sép.ep àx vé rCapé.

3.

•TIip y/aopoùare, ào'uc òX Soup, àreaLfé yiamn aoXSovp • Nèiveyip 'név jevtó/c òXSovp. 'OXad •rCtyép napé napé, répK i-Sépe/J. &x vé r(apé.

4.

•ITov povxa-nér ¡ìàpKev -nevSé, •nei'fiéyip. •név, aavà -nevSé. Novpiyé paxpeiXé aevSé. 'OXad •r£iyép napé napé, répK ISépep àx vé r£apé.

I

1.

"GIOVANI

FANARIOTI "

Testo turco in trascrizione latina: Dugtii gòniil yandi nare, bagladi fcryàd iizere1. Ge§meyor soz hi£ o yàre. Olsa ciger pare pare, terk idemem ah ne ?are.

2.

Meyl ideli o giizele, goyniim ne§e buldu hele. Agyàrile gelse bile. Olsa ciger pare pare, terk idemem ah ne §àre.

3.

Bir gòrii§te à§ik oldum, aterine yanip soldum. Neyneyim (= neyleyim) ben helàk oldum. Olsa ciger pare pare, terk idemem ah ne gare.

4.

Bu muhabet varken bende, bendeyim ben, sana bende. Nuifye rahm eyle sen de. Olsa ciger pare pare, terk idemem ah ne §àre.

1.

Traduzione italiana: Caduto è il cuore, bruciato nel fuoco, il lamento ha trovato il suo inizio. Non passa nessuna parola a quell'amico. Mi si spezzassero pure le viscere, lasciarlo non potrei, ahi, che devo fare?

2.

Da quando sono prigioniero di quel bello, almeno il mio cuore ha trovato allegria. Anche se venisse con altri, mi si spezzassero pure le viscere, lasciarlo non potrei, ahi, che devo fare?

3.

Al primo incontro mi sono innamorato, sono appassito bruciandomi al suo fuoco. Che devo fare, sono rovinato. Mi si spezzassero pure le viscere, lasciarlo non potrei, ahi, che devo fare?

1 Forse anche feryàd-u zdre "pianti e lamenti".

25

26 4.

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LANGUAGE

CONTACTS

Dentro di me un amore io conservo, sono un servo, il tuo servo. Abbi pietà di Nurì! Mi si spezzassero pure le viscere, lasciarlo non potrei, ahi, che devo fare?

Nella presente §arki abbiamo a che fare con un metro di tipo sillabico, in questo caso di otto sillabe. I singoli versi si possono dividere in due piedi, di solito 4+4 sillabe, con le eccezioni seguenti: strofa 1. verso 2., str. 3. verso 3. (miyàn), str. 4. verso 3. (miyàn), che si dividono in 5+3. Queste scansioni metriche coincidono con unità sintattiche, a volte grammaticalmente parallele, per es. in 1.1. (dii§tu góniil/ yandi nére) o in 4.2., con parallelismo "simmetrico" e fonetico (bendeyim ben/sana bende). Questa struttura del testo è particolarmente adatta a essere cantata, e incontriamo il metro a otto sillabe, suddiviso in 4+4, molto spesso in tutte le raccolte. Il fatto che due dei quattro miyàn abbiano un'altra scansione potrebbe essere spia di una posizione isolala anche nella musica. Tali affermazioni sono però puramente ipotetiche e ricordiamo ancora una volta la necessità di precise ricerche musicologiche in proposito. Segnaliamo, inoltre, che questa canzone ha due versi di nakaràt, i quali ritornano in ogni strofa; abbiamo così il seguente schema di rima (1.2., v. p. 13): a a a a(R) a(R)/b b b a(R) a(R)... (con una lieve irregolarità della rima nel secondo verso della prima strofa: ma potrebbe essere interpretato feryàd-u zàre). L'analisi lessicale è interessante soprattutto perchè ci rivela una caratteristica delle nostre §arki dal punto di vista grammaticale: abbiamo undici sostantivi (senza contare pare e gare, i quali fanno parte di una locuzione, l'una avverbiale, l'altra esclamativa), quattordici verbi (inclusi quelli composti e gli ausiliari) e nessun aggettivo (in posizione attributiva, per cui non c'è neanche izdfe). Cercando di raggruppare i verbi semanticamente, abbiamo: l'innamoramento (du§mek, d§ik olmak, meyl itmek), la rovina (yanmak, beldk olmak, solmak), poi sei verbi "neutri" e una coppia di contrasto (terk itmek/ rahm eylemek). Altrettanto numerose sono le forme grammaticali: passato in -di (sette volte), presente in -yor- (una volta), condizionale in -se- (due volte), forma di impossibilità (una volta), imperativo (una volta), poi i gerundivi in -eli, -ip e -ken e, infine, la forma sostantivizzata in -ii§te. Questo afflusso di forme "turche", la mancanza di strutture sintattiche arabo-persiane, la sproporzione tra verbi e sostantivi sono portatori di un'espressione più viva e più "canzonettistica". Incontriamo in questa §arki i microtemi e le immagini seguenti (ci riferiamo soltanto a quelli riscontrati spesso in tutte le canzoni, stando alla nostra indagine): strofa 1. verso 1. e 3.2.: "mi sono bruciato al tuo fuoco";

I

"GIOVANI

FANARIOTI "

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3.1.: "vedendoti una sola volta mi sono innamorato" (cf. la canzone precedente); 3.3.: "sono rovinato"; 4.2.: "sono il tuo servo"; 4.3.: "abbi pietà !". Vediamo che la terza strofa contiene tre topoi ricorrenti, inoltre osserviamo i due miyàn (terzo verso) di strofa 3. e 4. che riassumono un po' ciò che è stato detto precedentemente, sottolineando che questi due versi si differenziano anche per la loro particolarità metrica (v. sopra). Dal punto di vista formale si potrebbe ricostruire una "progressione" di microtemi, avendosi nelle ultime due strofe un parallelismo contenutistico e formale nel miyàn. Osserviamo, infine, che anche in questa composizione incontriamo un mahlas, cioè il nome del poeta: Nuri. Forse si tratta di Halli Nuri Bey, morto nel 1798/9, cronista imperiale e nipote del Gran Vezir Abdullah Nà'ilt Paga. Il Gibb (A History of Ottoman Poetry, Voi. IV, p. 176) riporta che Nüri Bey lasciasse anche un diván con composizioni poetiche. Esempio nr. IV: §arki makàm §ehnàz usül sofyàn, EY p. 107-108. poi in 77 p. 102-103.

1.

2.

Testo in caratteri greci: SevívXe yiaXivíC -mpXiKTé era Sé. •jrouXouaaXíp yiapív XaiSepuaffaSé. Neyé XaCíp ÍKipiC'Sév ¿La Sé. •novÀovaaXifi yiapív Xài Septrair a Sé. 'Tlevíp. aoLXeSiyíp yKi'ni L Sépoav, •iraffLfj. óvCepivé aóypa vé l Sépaav. 4>evép 'naxTCemue Sax'i yKi Sépoav. •JlovXovoaXíp. yiaplv XaC SeprraaaSé.

3.

rKerCéu yKLOvu yia-rri, yKivé -nevi aárpa, aélp yepXepivé •Trip •vip àpàrpa. 'E(/>éw8ip. yxéX aò£òv yá'ípi ov^àrpa. •ITovXovaaXíp. yiapív Xaí Sepnacra Sé.

4.

'OrovpoviT

-¡TÍC -m£é

SepyLayé

Kapcrí

yKiaxirCeSé, oaxpayé Kapaí. •Apáu yiaXfiaplpiix áSayé Kapaí. •TTovXovaaXíp yiapív Xati Sepiraüa Sé. SÓVÓVJT

1.

Testo turco in trascrizione latina: Seninle yaliniz birlikte sade, bulu§ahm yarin Hayderpa§a'de. Neye lázim ikimizden ziyáde. Bulugalim yann Hayderpaga'de.

28

TURKISH

LANGUAGE

2.

Benim soyledigim gibi idersan, ba§im iizerine sonra ne dersan. Fener bahgesine dahi gidersan. Bulugahm yarin Hayderpa§a'de.

3.

Gegen giin gibi gine beni satma, seyir yerlerine bir bir aratala. Efendim gel sozti gayn uzatma. Bulugahm yann Hayderpa§a'de.

4.

Oturup biz bize deryàye kar§i, dòniip gàhice de sahraye kar§i. Amàn yalvarinm adaye kar§i. Bulu§ahm yann Hayderpaga'de.

1.

CONTACTS

Traduzione italiana: Con te, soli, insieme, e basta, ci troviamo domani a Haydarpa§a. Che bisogno c'è d'altri oltre a noi due? Ci troviamo domani a Haydarpaga.

2.

Se tu fai come ho detto io, Mi va bene qualunque cosa tu dica dopo. Anche se vai ancora a Fcnerbah^e. Ci troviamo domani a Haydarpaga.

3.

Non vendermi come nei giorni scorsi, non farti cercare in tutti i posti da girare. Vieni, mio Signore, non tirarla per le lunghe. Ci troviamo domani a Haydarpaga.

4.

Ci sediamo a quattr'occhi fronte al mare, volgiamoci ogni tanto alla campagna. Pietà, verso l'isola imploro. Ci troviamo domani a Haydarpa§a.

Il metro è hezec I accorciato (u /u /u ) e non ha nessun difetto. Anche lo schema di rima è già noto, essendo il ritornello anticipato nel secondo verso, abbiamo: a a(R) a a(R)/b b b a(R)... Nella quarta strofa abbiamo il redif -ye kar§i con rima in -a. È già la terza volta che incontriamo una rima "pesante" nella strofa finale, per cui si potrebbe lanciare l'ipotesi che si tratti di un mezzo ricorrente per mettere in risalto l'epilogo "aperto" della canzone (importante anche quando si abbia l'inserzione di un mahlas, o quando venga formulata una "massima" conclusiva, cf. la §arki precedente). Osserviamo, inoltre, che le rime della seconda e della terza strofa si differenziano, per l'accento che portano sulla penultima sillaba, invece che sull'ultima: ma non sappiamo dove l'interprete facesse cadere l'accento cantando.

I

"GIOVANI

FANARIOTI "

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L'analisi lessicale e grammaticale, del resto, non fa che riproporci le caratteristiche osservate nelle canzoni precedenti: relativamente molti verbi (dodici, contro nove sostantivi), parecchie locuzioni avverbiali di tempo (yann, sottra, gegen gun, gàhice), assenza di aggettivi e di costruzioni arabo-persiane. L'uso ripetuto dell'imperativo e la sequenza di verbi (gerundi) alla fine conferisce alla composizone un carattere particolarmente dinamico. Questo dinamismo trova la sua corrispondenza nel motivo della passeggiata, parola non espressamente nominata, ma contenuta nel tema dell'incontro nel giardino. La maggior parte dei sostantivi (più della metà) si riferiscono alla natura: seyir yerleri, bahge, deryà, sahrà, oda. Si aggiungono i

due nomi di luogo Haydarpa§a e Fenerbah§e (v. anche qui di seguito). Pure il redif finale -ye kar§i "verso" dà un certo senso di movimento. Il setting tradizionale del giardino si concretizza in questa §arki sulle rive del Bosforo e del Corno d'Oro, si parla del mare {deryà), dell'entroterra {sahrà), dell'isola {ada) e si menzionano i giardini di Haydarpa§a e di Fenerbah§e. Quest'ultimo termine ci riconduce alla questione sollevata nell'analisi della canzone precedente, il problema, cioè, degli autori, poeti delle nostre §arki: in Fener bahge (stricto staccato nel testo caramanlidico) potrebbe esserci un richiamo a quel Fener (ÀBITOV

KORCÓKIA

17) 1870:

H A EUBIA 2AII4>Q rjroi ' AapaToXóyiov nepiéxov 'E£Ù)TepLicà "Aafiara. ELS" 'EXXTJVLKÒV, EvpcoiraLKÒv mi TOVPKIKÓV. (...) 'YTTÒ NiKoXdov A. BXaxdKt]. (...) 1 'A&rjvrjmv. 'EK TOV Tvnoypalov Trjs' OepÀiSos 'Itoavvov ZKÌTTCL. 1870. (Contiene 18 §arki caramanlidiche, di cui 12 dall'antologia 2, una da 11, due da 12, e tre da 14; con notazione musicale bizantina).

18) 1872:

MOYZIKON AIIANOIZMA. Aicupópojv dapdTuv FJ.eX0TT0LT]&eVTÙ)V TTGCpd 8iaÓp(ÙV MeXoTTOLùJV, TomadéuTCtiu pèv irapà 'Icjdvvov r. Zcoypdfiov Kei^eXij mi nap 'àXXcov fiovaiKOSL SaaKaXcov. 'EKSodévTtov 8è vn 'avrov, irepiéxou npoairi TT\V òSrjyiav TCOV pvdptov Tris ' AALATTKTJS' MOUO-IKTJS'. Mépog rrptJTov. 'Ev KcjvaTavTivovtróXeL ÌK TOV TVTroypaeiov " 'H 'AmToXrj" EvayyeXLvov Mioar\XL8ov. 1872. (Contiene 118 garh caramanlidiche, di cui 50 dall'antologia 12, e cinque da altre antologie; con notazione musicale bizantina).

19) 1881 :

TPATOYAIZTHZ fjroL ZvXXoyj) Sia^ópov ' dX0aj3T]Tov perà npoaOfjKTjS' épcoTLKcòv mi TLVÙÌV TovpKiKtùv. Constantinopoli 1881. (Non vidi: edizione non segnalata, menzionata in KaTdXoyog /3iftXicov TOV fiifiXioTTiiìXéiov TCOV àSeXficòv Aendara, Cost/ poli 1884, p. 87).

O NEOS

DAPATÙJV

20) 1888:

KCLT

KAAAI&QNOZ SEIPHN T)TOL ZuXXoyiì Sia^ópwv àapàrojp TOVPKLKÙJV, evpùJTra'LKùJP mi éXXrjvLKaiv. MeXoiroirjéévTùJv virò IlavayiùÌTOv r. KTÌXTCOVÌSOV Upovaaébìs• "EKSOOIS SevTepa. Mera npouQr\KJ}s nXeLuTùìv vecoTÓTiov TovpKiKm' àcrpdTùw, vpvaiv, mi XOLTTÙJV. 'ASeLa TOV évi Tris" Ar]pooiag ¿KTraiSevaecos' ' Ynovpyeiov. 'Ev KÙJVATAVTLVOVTTO'Xei. TVTTOLS NeoXóyov. 'Ev KÙJVARAVTL vovnóXei. TVTTOLS" NeoXóyov. 18B8 (Contiene 39 §arki caramanlidiche, di cui 30 dall'analogia 14; con notazione musicale bizantina).

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TURKISH

21) 1908:

K. A. Wdtxov, mdrjyriTov rrjs' /3v£ai;Tivrjs- \iovaiKr\s ev TO) 'QSeico 'AOrivuv AZIAZ AYPA rjroL avAAoyij Siatfiopcou fieXoiv T7JS' daLariKfjs' ¡lovoacqs'. 'Ev 'Adquais'

LANGUAGE

€K TOV TVTTOypa€LOV 7 W

CONTACTS

KaTa(7TT]fldTCUi>

Zimpidwvos

KovaovXluov. 1908 (Contiene 14 ¡aria caramanlidiche; con notazione musicale bizantina).

2. ÜBER DIE BEZIEHUNG DER GRIECHISCHEN BEVÖLKERUNG KONSTANTINOPELS ZUR OSMANISCHEN KULTUR IM 18 UND 19. JAHRUNDERT

1. Prämisse Das Problem der Integration / Nicht - Integration einer Bevölkerungsgruppe in die sie umgebende dominante Kultur der Merhrheit oder der «Staatskultur», ist ein Thema, dessen Behandlung vielfältige Ansätze anbietet. Zur seiner Analyse ist es aus historischer Sicht angebracht, die Zeit vor der Entstehung der Nationalstaaten, ganz besonders die Jahrzehnte, in denen nationale Ideen am Aufkeimen sind, zur Grundlage zu nehmen. In unserem eurasischen Bereich ist dies die Epoche der Aufklärung und das nachfolgende Jahrhundert, während der zusammen-fallende Vielvölkerstaat par excellence zu jener Zeit das Osmanische Reich war. Im folgenden soll der Versuch unternommen werden, eine in diesem Zusammenhang typische und für spätere kulturhistorische Entwicklungen grundlegende Situation zu untersuchen, d.h. die Beziehung der griechischen Bevölkerung in Konstantinopel (Istanbul), oder der aus der Stadt stammenden Griechen, zur osmanischen Kultur im 18. und 19. Jahrhundert, wobei aus Gründen der Quellenlage in erster Linie das phanariotische Milieu berücksichtigt wird. Dabei ist mir bewußt, daß dies kein neues Thema ist, es gibt einige, wenn auch nicht sehr zahlreiche, Untersuchungen dieser Art 1 ; ich möchte jedoch versuchen, durch ein paar weniger bekannte Beispiele zum besseren Verständnis der komplizierten und wegen spärlicher Zeugnisse nur schlecht erforschten Vorgänge beizutragen. Dabei soll als Ausgangspunkt die Sicht des Philologen dienen, d.h. es wird vor allem die Produktion in literarischen und intellektuellen Bereich der zur Diskussion stehenden Bevölkerungsgruppe zur Sprache kommen.

*Vgl. vor allem: Pericles Argyropoulos, «Les Grecs au service de l'Empire ottoman», L'Hellénisme contemporain, 1, Athènes 1953, S. 151-177; Leandros Vranoussis, «Les Grecs de Constantinople et la vie intelectuelle à l'âge des Drogmans», Istanbul à la jonction des cultures balkaniques, méditerranéennes, slaves et orientales aux XVIe-XIXe siècles, Bucarest 1977, S. 133-142; Richard Clogg, «The Greek Millet in the Ottoman Empire», Braude/ Lewis (eds.) Christians and Jews in the Ottoman Empire, I, New York 1982, S. 185-207; Anna Tabaki, «Un aspect des lumières néohelléniques: l'approche scientifique de l'Orient. Le cas de Dimitrios Alexandridis», ' EXh)viKdi'il2, Thcssaloniki 1984, S. 316-337.

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TURKISH

LANGUAGE

CONTACTS

2. Anpassung oder Ablehung? Die Phanarioten Im allgemeinen wird die Einstellung der in Konstantinopel lebenden Griechen zur orientalischen Kultur als indifferent, wenn nicht sogar als feindlich bezeichnet. Zu Recht wird die eigenständige Entwicklung der Griechen, ihre Orientierung nach Westeuropa hin, ihre relative Unabhängigkeit von der Pforte und ihre Vorrangstellung im religiösen Bereich betont. Auf der anderen Seite wird auf die negative Einstellung zu allen Gebieten der kulturellen Ausformung der islamischen Gesellschaft hingewiesen, die sicherlich in vielen Fällen vorhanden war, aber aus heutiger Sicht historisch und philologisch differenzierter betrachtet werden muß. Wir wollen zunächst einmal präzisieren, welche Bevölkerungsschicht wir hier unter «Griechen in Konstantinopel» verstehen. Dabei können wir in soziologischer Hinsicht drei Ebenen unterscheiden: 1. die Griechen, die eine offizielle politische oder administrative Position innehatten; 2. die griechische Intelligentsija und die Geistlichkeit; 3. die "einfache" griechische Bevölkerung. Unter Punkt 1 fallen besonders diejenigen Griechen, die als Dragomane (Dolmetscher), Dragomane der Flotte oder als Regenten in den Donaufürstentümern im Dienst der osmanischen Sultane standen. Die zweite Gruppe umfasst, abgesehen von den Geistlichen im Patriarchat und in den Klöstern, die kulturelle Eliteschicht der sogennanten Phanarioten, die sich mit der ersten Gruppe, welche sich ja grösstenteils aus der phanariotischen Aristokratie rekrutierte, überschneidet. Die Gruppe enthält ausserdem eine intellektuell geformte Schicht von Nicht-Phanarioten, die vor allem in anderen Vierteln der Stadt, besonders Pera, wohnten (Ärzte, Lehrer, Anwälte us.w.). Die dritte Gruppe besteht aus den griechischen Kleinhändlern, Handwerken, Angestellten, die von Yedikule bis Pera und Kurtulu§/Tatavla verstreut in Konstantinopel lebten. Die Bedeutung der griechischen Bevölkerung für die maßgebliche politische Macht im osmanischen Reich seit dem 17. Jahrhundert ist bekannt. Mit der Einsetzung des damaligen grammatikds Panagiotäkis Nikoüsios als ersten Dragoman des Diwan im Jahre 1661 setzt der unaufhaltsame politische Aufstieg der osmanischen Griechen ein, der im Jahre 1711 mit der Ernennung von Nikolaos Mavrokordätos auf den moldawischen und vier Jahre später auf den walachischen Thron seinen vorläufigen Höhepunkt erreicht. Bestimmte Ämter, wie das des Großdragomans, der später gegründete Posten des Dragomans der Flotte und vor allem der Regententhron der zwei Donaufürstentümer, waren fortan den Griechen vorbehalten. Wir dürfen dabei

GRIECHISCHE BEVÖLKERUNG KONSTANTINOPELS

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das Wort «Grieche» enthnisch nicht zu eng sehen, da viele phanariotische Familien ihren Ursprung woanders hatten und später hellenisiert wurden. Oft gehen die diesbezüglichen Meinungen weit auseinander. So kommt z.B. die Familie Karatzäs, je nach Quelle, aus Ragusa, aus Karamanien oder aus dem Epirus1, andere waren albanischer, italienischer oder rumänischer Herkunft. Der Ausdruck «Phanariote» löste sich somit spätestens nach deren Besteigung des moldawisch-walachischen Thrones von seiner Etymologie des Stadtviertels Phanar {