Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria e altri scritti scientifici e filosofici

Table of contents :
Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria......Page 1
Colophon......Page 6
Indice......Page 7
Introduzione......Page 9
Bibliografia essenziale......Page 41
Nota sui testi tradotti......Page 43
Parte I - Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria......Page 45
I. Piano della ricerca......Page 47
2. Concetto di grandezza n-estesa......Page 48
3. Relazioni metriche di cui è suscettibile una varietà a n dimensioni, in base al presupposto che le linee posseggano una lunghezza indipendente dalla posizione, cioè che ogni linea sia misurabile per mezzo di ogni altra......Page 51
4. Applicazione allo spazio......Page 60
Parte II - Scienza e filosofia......Page 65
I. Sulle leggi della distribuzione di tensione elettrica nei corpi ponderabili, considerati non come perfettamente conduttori o non conduttori, ma come dotati di resistenza finita alla conservazione di tensione elettrica......Page 67
2. Un contributo all’elettrodinamica......Page 74
I. Legge conforme ad esperienza degli effetti elettrodinamici......Page 75
2. Derivazione di questa legge dalla nuova teoria......Page 76
1. Premessa......Page 82
2. La legge posta a fondamento del calcolo......Page 83
3. Possibile interpretazione di questa legge......Page 85
4. Trattazione del problema della formazione del residuo elettrico. Espressione della grandezza da determinare mediante il potenziale......Page 87
5. Soluzione del problema nel caso più semplice, in cui si ha deflusso e afflusso attraverso le superfici......Page 90
6. Riconduzione del problema generale a questo caso più semplice......Page 93
7. Confronto del calcolo con l’osservazione......Page 94
8. Rapporto di questo problema con l’elettrometria e la teoria dei fenomeni affini......Page 96
I. Sul metodo da applicare nella fisiologia dei più fini organi di senso......Page 98
2. Cassa del timpano......Page 102
Parte III - Frammenti filosofici......Page 115
I. Psicologia e metafisica......Page 117
1. Relazione generale dei sistemi concettuali di tesi e antitesi......Page 129
I. Saggio di una teoria dei concetti fondamentali della matematica e della fisica come fondamenti per l’interpretazione della natura......Page 130
2. Causalità......Page 133
1. Meccanica molecolare......Page 136
2. Nuovi princìpi matematici della filosofia della natura......Page 139
3. Gravitazione e luce......Page 144
Appendice - Frammenti inediti......Page 153
I. Frammenti relativi al saggio "Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria"......Page 155
2. Frammenti filosofici......Page 164

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265

SERIE SCIENTIFICA

Bernhard Riemann

Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria e altri scritti scientifici e filosofici A cura di Renato Pettoello

Bollati Boringhieri

Prima edizione gennaio 1 994 © 1 994 Bollati Boringhieri editore s.r.L, Torino, corso Vittorio Emanuele 86 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino CL 6 1 -9778-7 ISBN 88-3 3 9-08 1 8-6

Titolo originale Gesammelte mathematische werke und wissenschaftlicher Nachla/S Traduzione di Renato Pettoello Collaborazione grafica di Luisa Conte

Indice

Introduzione

VII

Bibliografia essenziale Nota sui testi tradotti

XXXIX XLI

PARTE PRIMA

3

I.

SULLE IPOTESI CHE STANNO ALLA BASE

DELLA GEOMETRIA

Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria I. Piano della ricerca, 3

2.

C oncetto di grandezza n-estesa, 4 3. Relazioni metriche di cui è suscettibile una varietà a n dimen­ sioni, in base al presupposto che le linee posseggano una lun­ ghezza indipendente dalla posizione , cioè che ogni linea sia misurabile per mezzo di ogni altra, 7 4· Applicazione allo spazio , I6 PARTE SECONDA

SCIENZA E FILOSOFIA

23

I.

Sulle leggi della distribuzione di tensione elettrica nei corpi ponderabili, considerati non come perfettamente conduttori o non conduttori, ma come dotati di resi­ stenza finita alla conservazione di tensione elettrica

30

2.

Un contributo all' elettrodinamica I. Legge conforme ad esperienza degli effetti elettrodinamici, 3 I Derivazione di questa legge dalla nuova teoria, 3 2

2.

VI

38

INDICE

3. Nuova teoria del residuo in condensatori elettrici 1.

z.

3· 4·

5. 6. 7. 8.

54

Premessa, 3 8 L a legge posta a fondamento del calcolo, 3 9 Possibile interpretazione di questa legge, 4 I Trattazione del problema della formazione del residuo elettrico. Espressione della grandezza da determinare mediante il poten· ziale, 43 Soluzione del problema nel caso più semplice, in cui si ha deflusso e afflusso attraverso le superfici , 46 Riconduzione del problema generale a questo caso più semplice, 49 Confronto del calcolo con l'osservazione , 50 Rapporto di questo problema con l'elettrometria e la teoria dei fenomeni affini, 5 2

4· Meccanica dell' orecchio

I. Sul metodo da applicare nella fisiologia dei più fini organi di senso, 5 4 z . C assa del timpano , 5 8

PARTE TERZA

. Psicologia e metafisica

73

I

86

2.

92

FRAMMENTI FILOSOFICI

1.

Relazione generale dei sis temi concettuali di tesi e antitesi, 85

Teoria della conoscenza I.

S aggio di una teoria dei concetti fondamentali della matema­ tica e della fisica come fondamenti per l'interpretazione della natura, 86 2. C ausalità, 8 9

3. Filosofia naturale 1.

Meccanica molecolare, 92 Nuovi princìpi matematici della filosofia della natura, 95 3· Gravitazione e luce, IOO z.

APPENDICE

III

I.

I20

2.

FRAMMENTI INEDITI

Frammenti relativi al saggio Sulle ipotesi che stanno alla

base della geometria Frammenti filosofici

Introduzione

L' opera di Bernhard Riemann verrà qui presa in considera­ zione principalmente dal punto di vista filosofico, il che signi­ fica, innanzitutto , che larga parte della sua geniale produzione matematica sarà lasciata sullo sfondo . Si tratta di contributi che hanno profondamente segnato la storia della matematica e della scienza in generale, che in effetti sono già stati oggetto di eccel­ lenti indagini . È probabile che a questo punto qualche lettore abbia già storto il naso, e mi rendo conto di correre il rischio di scontentare tutti . Lo storico della matematica potrebbe rim­ proverarmi di aver fatto un' indebita invasione di campo, e il filosofo di essere uscito dal seminato . Un certo atteggiamento antifilosofico è pur sempre vivo nell' ambiente scientifico, per non parlare della supponenza antiscientifica e antitecnologica, sorretta quasi sempre da orgogliosa incompetenza, che caratte­ rizza ancora certi ambienti filosofici . Nulla è più lontano dal pensiero di Riemann . Se dobbiamo credere a Heinrich Weber, Riemann dedicò « una larga parte del suo lavoro intellettuale » alla speculazione filosofica che « lo accompagnò per molti anni della sua vita ». 1 Certamente il suo costante richiamo alla filo­ sofia non era meramente estrinseco, una sorta di vezzo un po' 1 B . Riemann, Gesammelte mathematische Werke und wissenschaftlicher Nachla{S, a cura di R. Dedekind e H. W e ber, Teubner, Leipzig 1 876, 1 89 2 2, Nachtràge, a cura di M. Noether e W. Wirtìnger, Teubner, Leipzig 1 9 0 2 ; ristampa delle edizioni 1 89 2 e 1 90 2 con u n a nuova introduzione d i H . Lewy, Dover, New York 1 9 5 3 , p. v. D'ora innanzi, semplicemente: RMW.

VIII

INTRODUZIONE

bizzarro , ma era invece strettamente connesso al suo modo di affrontare i problemi scientifici . Tra attività scientifica e spe­ culazione filosofica vi era una continua, reciproca azione di sti­ molo . Non suona allora più così paradossale affermare che Rie­ mann, oltre ad essere uno dei più profondi matematici di ogni tempo, aveva « una profonda inclinazione per la filosofia, anzi, era un grande filosofo ». 2 Credo che cercare di capire quale immagine filosofica della scienza3 avesse Riemann ci serva anche per comprendere me­ glio la sua opera di scienziato . Troppo spesso gli scienziati, inte­ ressati soltanto all' ultimo risultato, tendono a rigettare sdegno­ samente ciò che non è « scientificamente significativo ». Pur essendo questo, per certi versi, un atteggiamento del tutto legit­ timo, finisce però col far perdere il respiro vitale della scienza nel suo concreto divenire, i suoi legami culturali e umani . Gli interessi « metafisici » di uno scienziato, la sua visione del mondo, le sue relazioni con la cultura contemporanea non sono curio­ sità da perdigiorno, ma elementi importanti per ricostruirne la personalità e l' opera. Le concezioni generali e « metafisiche » hanno, per così dire , una funzione regolativa per l' operare umano, anche per quel tipo particolare di operare che è la scienza, e spesso ne determinano, almeno in parte, scelte e atteggiamenti. Con ciò , sia chiaro , non intendo affatto rivendicare alla filoso­ fia una qualsiasi supremazia o, peggio, riproporla ancora una volta come « scienza delle scienze » che subordina a sé le scienze particolari . E neppure intendo cancellare ogni distinzione tra scienza e filosofia. Scienza e filosofia sono e debbono rimanere distinguibili : il sapere scientifico si propone innanzitutto come conoscenza, come un' attività volta a cogliere direttamente le cose « come sono »; mentre la filosofia è prioritariamente rifles­ sione critica sulle nostre attività culturali, volta, per quel che 2 H. Freudenthal, Riemann, Georg Friedrich Bernhard, in Dictionary o/ Scientific Biography, a cura di C. Coulston Gillispie, C. Scribner's Sons , New York 1 9 7o-8o,

vol.

xr,

p. 448 . Prendo i n prestito i l titolo - e non solo quello- d i un bel libro d i F. Barone, Le immagini filosofiche della scienza, Laterza, Roma-Bari 1 9 8 3 . 3

INTRODUZIONE

IX

riguarda la scienza, a chiarire gli strumenti mediante i quali la conoscenza rigorosa si propone di comprendere la realtà. Tut­ tavia questi due momenti, benché distinti, non sono separabili . Il loro secolare rapporto, con buona pace di chi lo vuole negare, è stato spesso ricco e fruttuoso e comunque necessario , e ha costretto sia la scienza, sia la filosofia a mettersi in discussione . Se da un lato la scienza, o meglio le scienze costituiscono, nel loro sviluppo storico, un fatto ineludibile per la filosofia, un dato che la obbliga a un costante lavoro di revisione concettuale, a un continuo adeguamento delle sue categorie; dall' altro, la rifles­ sione critica che, appunto in quanto tale, è diversa dall' attività scientifica, non può non esercitare una sua influenza, se non direttamente sull' operare stesso dello scienziato, sull' attività di ricerca scientifica in generale . La rilevanza anche filosofica dell'opera di Riemann, soprat­ tutto delle sue ricerche sulle geometrie non euclidee, è dunque innegabile . Ma egli, come s ' è detto, ha anche sempre riflettuto criticamente, e con grande acume, sulla sua attività di scien­ ziato e ha seguito con vivo interesse il dibattito filosofico a lui contemporaneo . Bene, qui mi propongo appunto di presentare questo aspetto non secondario dell' attività di Riemann . Gli sforzi di Riemann erano volti alla costruzione di un mo­ dello unitario delle scienze della natura, se non addirittura alla creazione di una vera e propria philosophia naturalis. Già Felix Klein aveva vigorosamente sottolineato come lo sforzo di tro­ vare una formulazione unitaria di tutti i fenomeni naturali e delle leggi che li regolano fosse la caratteristica fondamentale del suo pensiero, e come in questa concezione generale, in questa « cosmologia », si trovino le fonti anche delle sue ricerche mate­ matiche .4 Così, già nel novembre r 85 o egli annuncia il suo programma in un breve saggio dal titolo Uber Umfang, Anord­

nung und Methode des natunuissenschaftlichen Unterrichts auj Gymnasien [Sull' ampiezza, ordine e metodo dell' insegnamento 4 F. Klein, Gesammelte mathematische Abhandlungen, vol. 3, a cura di R. Friecke, H. Vermeil e E. Bessel-Hagen, Springer, Berlin 1 9 23, p. 484 .

x

INTRODUZIONE

delle scienze naturali nei ginnasi] : « così, per esempio, si può elaborare una teoria matematica perfetta e in sé compiuta che proceda dalle leggi elementari, valide per i singoli punti, fino agli accadimenti nello spazio piano e continuo a noi realmente dato , senza fare distinzione se si tratta della forza di gravità, dell' elettricità, del magnetismo o dell' equivalenza del calore » (RMW, 454). Come si vedrà, quasi tutti gli elementi fondamen­ tali del progetto riemanniano sono già presenti in questa che suona come una vera dichiarazione d'intenti . Neppure l' inten­ sissimo lavoro per la preparazione di due operè fondamentali per la storia della matematica, quali la tesi di abilitazione, Uber

die Darstellbarkeit einer Funktion dureh eine trigonometrische Reihe [Sulla possibilità di rappresentare una funzione con una serie trigonometrica] , terminata all' inizio del dicembre r 85 3 , e la lezione inaugurale , tenuta il r o giugno 1 85 4 , ma pubblicata postuma nel r 86 7 col titolo Ùber die Hypothesen, welche der Geometrie zu Grunde liegen [Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria] , lo distrasse dal suo progetto . In una lettera al fratello Wilhelm del z 8 dicembre r 85 3 egli scrive infatti: « Le altre mie ricerche sulla connessione di elettricità, galvanismo, luce, gravità le avevo già riprese, non appena finita la tesi di abilitazione, e sono già andato tanto oltre che potrei arrischiarmi a pubblicarle così come sono . Nello stesso tempo mi è risultato sempre più chiaro che anche Gauss vi sta lavorando da molti anni e alcuni amici, tra i quali Weber, mi hanno riferito la cosa, sotto il vincolo del segreto ( . . . ) . Spero che non sia troppo tardi per me e che mi venga riconosciuto che queste cose le ho tro­ vate del tutto autonomamente » (RMW, 5 4 7 ) . Nell' edizione da lui curata della lezione inaugurale, Hermann Weyl rimanda pro­ prio a questa lettera di Riemann per suffragare la tesi che i tentativi riemanniani di elaborare una teoria unitaria di luce, elettricità, magnetismo e gravitazione , coevi alla stesura dello scritto sulla geometria, « non si trovano oggettivamente in alcuna relazione con esso ».5 Ma come hanno giustamente sottolineato 5 B. Riemann, Ùber die Hypothesen, welche der Geometrie zu Grunde liegen, a cura di H. Weyl, Springer, Berlin 1 9 1 9, 1 9 23 l; ristampa della terza edizione in Das Konti­ nuum und andere Monographien, Chelsea Publishing Company, New York r 96o, p. IV.

INTRODUZIONE

XI

Umberto Bottazzini e Rossana Tazzioli, è vero esattamente il contrario : la lezione inaugurale sta « oggettivamente » in profon­ dissima relazione con le ricerche fisico-matematiche, e più in generale filosofiche, di Riemann . Di più, solamente questa visione unitaria può dar conto della peculiarità dell' approccio di Riemann ai problemi della geometria.6 Riemann ci fornisce indicazioni precise circa le fonti alle quali egli principalmente si richiama per questo suo ambizioso proget­ to. In un frammento di cui purtroppo non si conosce la data, si legge : « >, CLVII ( 1 9 2 7 ) , p . 1 0 7 .

XXXVI

INTRODUZIONE

i fenomeni gravitazionali, luminosi, elettrici e magnetici attra­ verso l'ipotesi unificante dell'etere. Ed è appunto a questo « gran­ dioso tentativo » di Eulero e a Newton, oltre che ad alcune ricer­ che di Gauss, che Riemann si richiama. Ciò che egli ritiene di avere scoperto è dunque un modello matematico dell'etere che possa fungere da base dinamica comune per elettricità, magne­ tismo, gravità, luce e calore . Con l' ipotesi di una materia che riempie lo spazio, è possi­ bile spiegare facilmente, secondo Riemann, le leggi della gravi­ tazione universale . L ' azione della forza gravitazionale su un atomo ponderabile può essere pensata come una pressione della materia che riempie lo spazio su di esso e sull'immediato spazio circostante . Ma con la stessa ipotesi si possono spiegare facil­ mente anche i fenomeni legati alla luce e al calore . La legge secondo la quale la materia ponderabile agisce sulla materia pon­ derabile, e cioè le leggi che regolano i fenomeni ricordati, una volta assunta l' ipotesi dell'etere, si può chiarire semplicemente facendo riferimento alla « resistenza con la quale una particella di materia si oppone ad una variazione di volume » e alla « resi­ stenza con la quale un elemento lineare fisico si oppone ad una variazione di lunghezz a » (RMW, 5 3 2 ; infra, p. r oo) . Nel primo gruppo rientrano principalmente i fenomeni relativi alla gravi­ tazione e all' attrazione e repulsione elettrostatica, nel se­ condo la propagazione della luce e del calore e i fenomeni di attrazione e repulsione elettrodinamica o magnetica. In questo modo, secondo Riemann, è possibile dare una spie­ gazione soddisfacente a molte leggi newtoniane sul moto , com­ presa la legge di inerzia, che « non può essere spiegata sulla base della ragion sufficiente ». Il fatto che i corpi persistano nel loro moto deve avere una causa « che però può essere cercata sola­ mente nello stato interno della materia ». Ciò vale per le leggi della caduta dei corpi e dei moti dei corpi celesti. L' ipotesi di Riemann è appunto che si possa spiegare la causa di questi moti, facendo riferimento alle diverse forme di moto dell' etere e, più in particolare, assumendo che « la direzione del moto sia uguale alla direzione della forza che va spiegata partendo dall'etere »,

INTRODUZIONE

XXXVII

e che da sua velocità sia proporzionale alla grandezza della forza ». L'etere può dunque essere rappresentato come « uno spa­ zio fisico i cui punti si muovono in quello geometrico ». Tutti i fenomeni legati al moto non sono altro che forme del moto di questa materia che è l'etere. Soltanto i fenomeni della gravita­ zione e della propagazione della luce però possono essere spiega­ ti facendo riferimento esclusivamente ai moti di questa materia. « lpotizzo ora - osserva Riemann - che il movimento reale del­ la materia nello spazio vuoto sia composto dal moto che de­ v' essere assunto per spiegare la gravitazione e da quello per spie­ gare la luce » (RMW, 5 3 3 ; infra, p. r o r ) . Di conseguenza è neces­ sario cercare le leggi del moto dell'etere che devono essere assunte per spiegare i fenomeni e le cause in base alle quali questi moti possono essere spiegati . Il primo problema, osserva Riemann, è un problema matematico, il secondo un problema metafisica . Naturalmente tutte queste ipotesi, tutte queste ricerche deb­ bono trovare una rigorosa espressione matematica. Tuttavia la matematica non costituisce per Riemann un mero strumento este­ riore, per quanto raffinato, da applicare dall'esterno ai feno­ meni . La realtà stessa è in qualche modo la sua espressione mate­ matica. La matematica soltanto ci consente di spingerei oltre i fenomeni, attraverso un chiaro e rigoroso approccio concet­ tuale che, come s ' è visto, è appunto il compito della scienza . Soltanto il pensiero matematico c i consente d i spingerei, con il rigore necessario, dietro la superficie dei fenomeni e di pene­ trare sempre più a fondo nella « realtà ». Se dunque, come afferma Gabriele Lolli, « la matematizzazione della scienza moderna non consiste tanto nella sempre più larga utilizzazione della mate­ matica come strumento di calcolo, quanto piuttosto nella assun­ zione della formulazione matematica a criterio di spiegazione scientifica »/3 certamente Riemann ha dato un contributo in questa direzione . Tale nuova concezione della matematica non è stata però ottenuta nonostante le considerazioni metafisiche sulla natura della realtà, ma anche grazie ad esse. 23 G . Lolli, L e ragioni fisiche e l e dimostrazioni matematiche, Il Mulino, Bologna r 98 5 , p. r 6 .

Bibliografia essenziale

Bottazzini U . , Il calcolo sublime: storia dell'analisi matematica da Euler a Weier­

strass, Boringhieri, Torino r 98 1 .

Funzioni complesse e varietà multidimensionali: globale e locale nella matema­ tica di B. Riemann, in C . Mangione (a cura di) , Scienza e filosofia. Saggi in onore di L. Geymonat, Garzanti, Milano r 98 5 , pp. 554-7 3 .

e Tazzioli R . , Etere, spazio, geometria: riflessioni sui frammenti filosofici di R ie­

mann, in L. Magnani (a cura di) , Conoscenza e matematica, Marcos y Marcos,

Milano 1 99 1 , pp . 3 8 3 - 404 . Erdmann B . , Die Axiome der Geometrie. Eine philosophische Untersuchung der

Riemann- Helmholtzschen Raumtheorie, Voss, Hamburg r 87 7 . Helmholtz H . von, Ùber die Thatsachen, die der Geometrie zum Grunde liegen ( r 868) , in Wissenschaftliche Abhandlungen, 3 voli . , Barth, Leipzig r 8 8 2 -9 5 , vol .

II,

pp. 6 r 8- 3 9 [trad . it. in Opere, a cura di V . C appelletti, Utet , Torino r 96 7 , p p . 4 1 3 -44] .

Ùber Ursprung und Bedeutung der geometrischen Axiome ( r 87o), in Vortriige und Reden, 2 voli . , Vieweg, Braunschweig r 8 84-96, vol.

II,

pp. r - 3 r [trad . i t . in

Opere cit . , pp. 4 9 1 - 5 3 4 ] . Klein F . , Ùber Riemanns Theorie der algebraischen Funktionen u n d ihrer Integrale ( r 88 2 ) , in Gesammelte mathematische Abhandlungen, a cura di R . Friecke, H . Vermeil e E . Bessel-Haben, Springer, Berlin 1 9 2 3 , pp . 5 0 1 -7 3 .

Riemann und seine Bedeutung fiir die Entwicklung der modernen Mathematik ( r 894), in Gesammelte mathematische Abhandlungen cit . , pp. 4 8 2 - 9 7 . Pettoello R . , Dietro la superficie dei fenomeni. Frammenti d i filosofia i n Bernhard

Riemann, in « Rivista di storia della filosofia »,

XLIII

( r 988), 4, pp. 697-7 2 8 .

Russell B . , A n Essay o n the Foundations of Geometry, C ambridge r 89 7 ; con una nuova prefazione di M . Kline, Dover, New York 1 956 [trad. it. I fondamenti

della geometria, Newton Compton, Roma r 98 3 ] . Scholz E . , Geschichte der Mannigfaltigkeitsbegriff v o n Riemann z u Poincaré, Birk­ hauser, Boston-Basel-S tuttgart r 98 o .

XL

B I BLIOGRAFIA ESSENZIALE Herbart 's Influence an Bernhard Riemann, in O , a > x > - a

t = O, a > x > - a

òu ÒX

t > O, x = ± a

òu òx - o '

=I

queste ultime esprimono il fatto che nelle superfici sia le quan­ tità elettriche sia il flusso, e di conseguenza anche la forza elet­ tromotrice, debbono essere uguali a zero . Per soddisfare queste condizioni sono sufficienti due espres­ sioni, l'una utilizzabile per valori piccoli di t, l' altra per valori grandi . Se per semplicità si pone e

e

00

allora nel primo caso si ha

a( 2 n - 1 ) + x 2 .Jt

l

'

SCIENZA E FILOSOFIA

48

e nel secondo caso

e

( 2 )2

- n- l

'"' t aa

( )

I X :n: sin n - 2

a.

Le definizioni che si ottengono così sono : per la distribuzione dell' elettricità: p = -

(

- (a (2 n - I ) - 1 ò2 u e -l -= -- L ( - I ) " e 4t 2 òx W

)

2

per la carica totale :

( )

Q;' = ò u òx =

e_, L

o

-

(

= e _ , I + __±_ L ( - I ) .[;,

( �)

(- I)"- l 2

n-

per la carica disponibile :

:n:

e

x) 2

-e

( )

t 2 e -t l - (n - .l 2 !!!!. aa = -- L ( - I ) n - e sm n a ·

-

t - (• - .l)'.EL 2 aa

"

,

-

(a

(2 n

-

l ) + x) '

4t

I X :n: 2 a'

cp

(

(n - _!_) a 2 .Jt

))

)

NUOVA TEORIA DEL RESIDUO

49

per il residuo

I n-- a 2

= e -t L

.::.2

__

__

(

_

I)

- n - 1.2 _!!!!_ t _ ____:I:__ e 2

n -

1

_

_

aa

6. Riconduzione del problema generale a questo caso più semplice Per ricondurre a questo caso più semplice il caso in cui ha luogo deflusso e afflusso attraverso le superfici, sia x (t) l' espres­ sione per la differenza di tensione u - u0 al tempo t, in questo caso più semplice; per valori negativi di t si ha x (t) = O . S e s i deve ora determinare l a tensione che s i genera quando vengono trasmesse alle superfici (x = ± a) le quantità ± Ji al tempo O, quindi al tempo t ' le quantità ± Ji ' , e al tempo t " le qualità ± Ji ", si ha

u - u0

=

f.ix (t) + Ji 'x (t - t ' ) + Ji "x(t - t " ) + . . . ;

perché questo valore soddisfa tutte le condizioni date per la sua definizione . Se ha luogo un deflusso e afflusso costante di elettricità, si avrà U - Uo

x (t - -r)

=

o

d f.i d -r

d -r,

d f.i . . . ' d"1 elettnc1ta . . ' che ne Il' elemento se con ± -s1 m d"1ca la quantlta d -r temporale d -r fluisce attraverso le superfici (x = ± a) verso l'interno.

SCIENZA E FILOSOFIA

Si possono sintetizzare tutte e due le espressioni nell' espres­ swne

U - U0 = X (t - r) d,u, se con ± d,u si indica la quantità di elettricità che nell'unità di tempo d r raggiunge la superficie (x = ± a) , quando questa allora ha un valore finito, oppure è proporzionale a d r, a seconda che si abbia una carica o una scarica improvvisa, oppure un deflusso o afflusso costante . Da quest' espressione per la tensione deriva

o In queste formule i tempi sono espressi in parti di a, le lun­ ghezze in parti di /3; per introdurre misure conosciute si devono a ,x ; t e r con t ,r . . . a e x con sempl1cemente sostltmre . 7.

f3 f3

a

a

Confronto del calcolo con l'osservazione

Per confrontare ora le formule ottenute con l'effettivo anda­ mento della formazione del residuo elettrico , fissato con tanta precisione dalle misurazioni del professar Kohlrausch, apparse sugli « Annali » di Poggendorff, la cosa migliore è forse pren­ dere le mosse dal fatto che la curva di carica si avvicina ad una parabola con un parametro che decresce gradualmente, cioè che l a grand ezza

L o - L, .Jt d ecresce lentamente .

In conseguenza della formula derivata per L, L 0 - L , è pro­ porzionale a t per valori molto piccoli di t, e precisamente

5I

NUOVA TEORIA DEL RESIDUO

In conseguenza delle misurazioni, si deve ammettere che que­ sta proporzionalità si ha approssimativamente anche durante le osservaz10m. Si potrà dunque definire il tempo _!!!!._ con una certa appros. . . · . PP s1maz10ne, 1n b ase aIIe osservaz10m, e aII ora

a

L o'� - e*L:' .fi

"�: _2_ - L0 .[;, -

- 4 '1'

� aa a ·a

t'P

__

3�

I -

4 11'

� aa

w

+ 4 11' 2

�aa aa t t't'

+ ...

è effettivamente una funzione che decresce lentamente coll' aumenL o Lt . tare d1 t . Tuttav1a .[i crescerebbe con l' aumentare d1' t, se .

-

a

si attribuisse a __!_ un valore apprezzabile . La stessa cosa sem-

bra accadere anche quando si ipotizza una rilevante dispersione attraverso l' aria, almeno se si pone a fondamento la legge di Coulomb . Per una prima rielaborazione delle osservazioni, si assumerà il tempo (cioè la resistività del vetro per le forze elettromo­ trici, in conformità alla legge di Coulomb) come infinitamente grande, si trascurerà la dispersione attraverso l' aria e ci si dovrà limitare innanzitutto a ricercare in che misura, mediante la neces­ saria determinazione di _!!!!._ , possa soddisfare le osservazioni .

a

pp

a

Non appena ci si è convinti che i presupposti del calcolo sono approssimativamente giusti, un più severo confronto del calcolo con le osservazioni è lavoro sprecato, se non si ha la possibilità di controllare le fonti delle differenze tra calcolo e osservazione, in base all'esperienza, onde apportare le correzioni rese neces­ sarie dall' allontanamento dai presupposti del calcolo . Giacché per ora mi mancano i mezzi per uno studio sperimentale della questione, ho dovuto rinunciare a un'ulteriore ricerca in que­ sto senso .

52

SCIENZA E FILOSOFIA

8. Rapporto di questo problema con l'elettrometria e la teoria dei fenomeni affini La grandezza .

quoziente

pp 1 aa a - nella bottiglia b circa 2 000 - dà il --

. r1a m . quantlta . de l vetro d e ll a b ottlg

forza antielettrica resistività

'

assoluta, quando viene assunta come unità di lunghezza lo spes­ sore della bottiglia e come unità di tempo il secondo . Per questa determinazione è indifferente in che modo si fa dipendere l'unità delle forze elettromotrici dall'unità delle masse elettriche; le costanti a e pp verrebbero ad avere la resistività e la forza antielet­ trica in una misura diversa da quella di Weber, nel caso in cui l'unità delle forze elettromotrici fosse fissata dagli effetti dell'u­ nità di massa elettrica, in conformità con la legge di Ampère . Si può confrontare il caso studiato qui con il comportamento dei buoni conduttori, prendendo in considerazione il fenomeno della stabilità nella differenza di tensione delle superfici, se man­ tenuta costante (o nell' afflusso costante) . Per questo

az u . ' a11' mterno . l a d ens1ta e : p = - -- = e x - e - x , '

ax 2 la tensione : U = U 0 - ex + e - x + X (e" + e - ") ,

la differenza di tensione delle superfici :

a U a - U _ a = 2 [a (e" + e - ") - (e" + e - )] , la carica totale :

( )

( ) au ax

1. 1 resi" duo: - -

au ax

o

( �:

o

= ea + e

- a

-

2,

ua - u - a e" - e - a = - 2, a 2a ----

�: ) = - (e" + e - a) ,

l' intensità nell' unità di tempo :

+

NUOVA TEORIA DEL RESIDUO

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o uguale a grandezze proporzionali, assumendo come sopra, per semplificazione, a come unità di tempo, fJ come unità di lunghezza, la tensione all' interno di una sfera di raggio I nel caso di elettricità di densità I, distribuita sulla superficie, come unità di tensione . Particolarmente importante mi sembra l' esame della suppo­ sta legge ed eventualmente la determinazione delle costanti a e fJ nei gas . Le osservazioni di Riess e Kohlrausch, in base alle quali non vale la legge di Coulomb per la dispersione di elettri­ cità nell' aria in uno spazio chiuso, possono forse servire come punto di partenza per questa ricerca, e probabilmente sarebbe innanzitutto desiderabile un sistema di misurazioni sulla disper­ sione di elettricità all'interno di uno spazio in certa misura rego­ lare e chiuso .



Meccanica dell'orecchio

I.

Sul metodo da applicare nella fisiologia dei più fini organi di senso

Per la fisiologia di un organo di senso, oltre alle leggi gene­ rali di natura, sono necessari altri due particolari fondamenti: uno psicofisico, la determinazione in base all' esperienza delle effettive capacità dell' organo, e uno anatomico, lo studio della sua struttura . Sono dunque possibili due vie per giungere alla conoscenza delle sue funzioni . O si parte dalla costituzione dell' organo e si cerca di determinare in base ad essa l'interazione delle sue parti e l' efficacia della sua azione all' esterno, oppure si può par­ tire dalle effettive capacità dell'organo, sforzandosi di spiegarle . Nel primo caso si argomenta a partire da cause date agli effetti, nel secondo si cercano le cause degli effetti dati. Con Newton e Herbart , si può definire la prima via sinte­ tica, la seconda analitica. Via sintetica

La prima via è quella più consona all' anatomista. Occupato con lo studio dei singoli elementi costitutivi dell' organo, egli si sente obbligato a chiedersi, per ogni singola parte, che in­ fluenza possa avere sull' attività dell'organo . Questa via potrebbe essere percorsa anche nella fisiologia degli organi di senso , con lo stesso successo con il quale è seguita nella fisiologia degli organi motori, se si potessero determinare le caratteristiche fisiche delle

MECCANICA DELL'ORECCHIO

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singole parti . La determinazione di queste caratteristiche me­ diante l'osservazione rimane però sempre più o meno incerta e, in ogni modo, in sommo grado imprecisa nel caso di oggetti microscopici. Si è dunque costretti a un'integrazione, ricorrendo all' ana­ logia o alla teleologia, per cui è inevitabile il massimo arbitrio; per questa ragione, nella fisiologia degli organi di senso , rara­ mente il procedimento sintetico porta a risultati precisi o comun­ que sicuri . Via analitica

Con la seconda via si cerca di giungere alla spiegazione delle effettive capacità dell' organo . Questo compito si può suddividere in tre parti :

I ) l'individuazione di un'ipotesi sufficiente alla spiegazione delle effettive capacità; 2) la ricerca della misura in cui essa è necessaria alla spiegazione; 3 ) il confronto con l'esperienza per confermarla o per correggerla . I ) Si deve individuare, per così dire, l' apparato e conside­ rare le effettive capacità dell'organo come fine e la sua crea­ zione come mezzo a questo fine . Il fine però non è congettu­ rale, ma è dato dall ' esperienza, e se si prescinde dalla produzione dell' organo il concetto di causa finale può essere lasciato com­ pletamente da parte . Nella costituzione dell'organo si cerca la spiegazione alle sue effettive capacità . Nella ricerca di questa spiegazione, si ha innanzi tutto il compito di analizzare l' organo; da qui deri­ vano una serie di compiti secondari; soltanto dopo che ci si è convinti che debbono essere risolti, si cerca, avendoli risolti, il modo e la maniera di trarre conclusioni partendo dalla costi­ tuzione . 2) Dopo che si è ottenuta una rappresentazione bastante a spiegare l' organo, non si può però tralasciare di valutare in che misura questa spiegazione sia necessaria . Si deve distinguere con cura quali presupposti siano assolutamente necessari o piutto-

SCIENZA E FILOSOFIA

sto necessari in cohseguenza di sicure leggi di natura e quali con­ cezioni possano essere sostituite da altre, scartando però ciò che è frutto di pura immaginazione . Soltanto in questo modo pos­ sono essere eliminate le conseguenze negative del ricorso alle analogie nella ricerca della spiegazione, e in questo modo viene sostanzialmente semplificato l'esame della spiegazione in base all'esperienza (mediante la formulazione di interrogativi cui dare una risposta) . 3 ) Per l'esame della spiegazione sulla base dell'esperienza, possono servire in parte le conclusioni da essa derivanti, rela­ tivamente alle effettive capacità dell'organo, in parte le carat­ teristiche fisiche delle parti costitutive dell'organo, presuppo­ sto di questa spiegazione . Per quel che concerne le effettive capacità dell' organo , un preciso confronto con l'esperienza è estremamente difficile , e il più delle volte, nell'esame della teo­ ria, ci si deve limitare alla domanda se nessun risultato di un esperimento o di uJJa osservazione la contraddica . Le consi­ derazioni relative alle caratteristiche fisiche delle parti costi­ tutive possono invece avere portata generale e dare luogo a pro­ gressi nella conoscenza delle leggi di natura, come è accaduto con il tentativo di spiegazione dell' acromasia dell' occhio da parte di Eulero . Per entrambi i tipi di ricerca appena confrontati, le defini­ zioni di sintetico e analitico valgono del resto a potiori . A ben vedere non è possibile né una ricerca puramente sintetica, né una puramente analitica. Ciò perché ogni sintesi si appoggia sui risultati di una precedente analisi, e ogni analisi, per trovare conferma o correzione nell' esperienza, necessita della sintesi che la segue . Nel primo procedimento le leggi generali del moto costi­ tuiscono il risultato , dato per presupposto, di una precedente analisi . Il primo procedimento, prevalentemente sintetico, è inade­ guato per la teoria degli organi di senso più fini, perché i presup­ posti per l' applicabilità del procedimento sono soddisfatti in

MECCANICA DELL'ORECCHIO

57

modo troppo incompleto, e l 'integrazione dei presupposti, me­ diante il ricorso ad analogia e teleologia, è qui del tutto arbitraria. Neppure col secondo procedimento, prevalentemente anali­ tico, si può evitare del tutto il ricorso alla teleologia ed all' ana­ logia, ma se ne può certamente circoscrivere l' arbitrarietà: r ) limitando il richiamo alla teleologia al seguente interrogativo : in base a quale mezzo operano le effettive capacità dell' organo? senza tuttavia sollevare la questione dell'utilità delle singole parti costitutive dell'organo ; z ) non certo bandendo del tutto il ricorso all ' analogia (il « fin­ gere ipotesi ») , come vorrebbe Newton, ma sottolineando piut­ tosto le condizioni che debbono essere soddisfatte per la spie­ gazione delle effettive capacità dell 'organo , e isolando da esse le idee generate dal ricorso all' analogia che non sono necessarie alla spiegazione . In base a questi princìpi, per lo scopo che ci proponiamo qui, dovranno essere fissate innanzitutto le effettive capacità del­ l' orecchio : con quale acutezza, finezza e fedeltà l' orecchio tra­ smette la percezione del fenomeno sonoro [Schalles], la sua qualità sonora [Klanges] , il suo tono , la sua intensità e direzione; e que­ sto dev 'essere determinato il più precisamente possibile, me­ diante il ricorso all'osservazione e all' esperimento . Presuppongo questi fatti come noti . Nel libro di Helmholtz,

Die Lehre von den Tonempfindungen als physiologische Grundlage fiir die Theorie der Musik [La dottrina delle sensazioni acustiche come fondamento fisiologico per la teoria della musica] , ven­ gono presentati i progressi che sono stati fatti negli ultimi tempi, e naturalmente anche quelli considerevoli dello stesso Helmholtz, nel difficilissimo lavoro di accertamento dei fatti che riguardano la percezione dei suoni . Giacché sarò costretto a prendere spesso le distanze dalle con­ clusioni che Helmholtz trae dagli esperimenti e dalle osserva­ zioni, ritengo a maggior ragione di dover dichiarare subito, in questa sede, che io gli riconosco altissimi meriti nello studio del nostro oggetto d' indagine . E ssi però, secondo il mio modo di vedere, non vanno cercati tanto nelle sue teorie sui movimenti

SCIENZA E FILOSOFIA

dell'orecchio, quanto piuttosto nel miglioramento dei fondamenti sperimentali per la teoria di questi movimenti . Allo stesso modo debbo dare qui per nota anche la costitu­ zione dell'orecchio e prego il benevolo lettore di aiutarsi, in caso di necessità, con un manuale di anatomia con illustrazioni. I risul­ tati delle ultime ricerche sulla struttura della chiocciola e del­ l' orecchio in generale si trovano esposti nella terza dispensa, da poco uscita, del secondo volume del manuale di anatomia umana di Henle . Considero come mio compito qui soltanto quello di spiegare quei fatti psicofisici, prendendo le mosse da questi fatti ana­ tomici . Le parti dell' orecchio che verranno prese in considerazione, per lo scopo che ci siamo proposto, sono la cassa del timpano e il labirinto, costituito da vestibolo, canali semicircolari e chioc­ ciola . Procederemo dunque cosl : cercheremo innanzitutto di dedurre dalla struttura di queste parti in che modo ciascuna di esse contribuisca al buon funzionamento dell'orecchio; poi, par­ tendo per ciascuna singola parte dal problema da risolvere col suo apporto , cercheremo le condizioni che debbono essere sod­ disfatte per raggiungere una soluzione convincente del problema. 2.

Cassa del timpano

È noto da tempo che l' apparato contenuto nella cassa del tim­ pano svolge l' azione di trasmettere, rinforzata, la pressione del­ l' aria sui liquidi del labirinto . In base ai prindpi indicati sopra, dobbiamo ora dedurre, muo­ vendo dalle effettive capacità dell' organo , attestate dall' espe­ rienza, le condizioni che debbono essere soddisfatte per ren­ dere possibile questa trasmissione . Queste capacità risaltano in modo eccellente nella finezza con cui l' orecchio percepisce il suono e nella grande acutezza che possiede l' orecchio, soprat­ tutto l'orecchio "intatto del selvaggio e degli abitanti del deserto . Se con suono [Klang ] s ' intende la qualità del fenomeno sonoro [Schall], indipendentemente dalla sua intensità e direzione, allora

MECCANICA DELL'ORECCHIO

59

evidentemente essa viene trasmessa del tutto fedelmente dal­ l' apparato, a condizione che esso comunichi, in ogni momento, ai liquidi del labirinto, la variazione di pressione dell'aria, aumen­

tata secondo una proporzione costante . Non è rischioso considerare questo il fine dell' apparato , a condizione che non si tralasci di determinare nello stesso tempo, in base alle effettive capacità dell' orecchio , fino a che punto si è autorizzati, cioè obbligati dall'esperienza, a presupporre l'ef­ fettivo compimento di questo fine . Ce ne occuperemo subito ; prima però vogliamo cercare un'e­ spressione matematica per la qualità della variazione di pres­ sione dalla quale dipende il suono . La curva che rappresenta la velocità di variazione di pressione in funzione del tempo defi­ nisce l' onda sonora in modo completo , compresa la direzione e quindi anche l' intensità e qualità del fenomeno sonoro . Ora, se invece della velocità si prende il logaritmo della velocità o, se si preferisce, del suo quadrato , si ottiene una curva la cui forma è indipendente da direzione e intensità del fenomeno sonoro, che può dunque definire compiutamente il suono e che perciò possiamo chiamare « curva del suono » [Klangcurve] . Se l' apparato svolgesse pienamente il suo compito, le curve del suono dei liquidi del labirinto coinciderebbero completamente con quelle dell' aria . La finezza dell'orecchio nella percezione del suono ci autorizza a supporre che la curva del suono si alteri pochissimo nella trasmissione e che quindi il rapporto tra le simul­ tanee variazioni di pressione dell' aria e dei liquidi del labirinto, in presenza di un suono, sia sostanzialmente costante . Una lenta variabilità di questo rapporto è però certamente compatibile con quanto s ' è detto, ed è anzi probabile . Essa avrebbe come conseguenza soltanto una variabilità dell'orecchio nella valutazione dell'intensità del fenomeno sonoro , la cui ammissione peraltro non è impedita dall'esperienza. Invece, se la curva del suono subisse variazioni apprezzabili, risulterebbe difficilmente immaginabile quella finezza dell'udito che si mostra nella percezione delle più piccole differenze di pronuncia . La stima immediata della finezza delle percezioni sonore , e in par-

6o

SCIENZA E FILOSOFIA

ticolare la valutazione delle differenze corrispondenti alle dif­ ferenze sonore della curva del suono, rimane certamente sem­ pre molto soggettiva. La differenza del suono [Klanges] ci serve anche però a sti­ mare la distanza della fonte del fenomeno sonoro . Partendo da questa differenza sonora, siamo in grado di determinare mate­ maticamente la causa meccanica, la variazione della curva del suono nella propagazione del fenomeno sonoro nell ' aria . Non possiamo sviluppare ulteriormente questo problema in questa sede e ci limitiamo a esigere che l' apparato di trasmis­ sione non produca una grossolana alterazione del suono , ben­ ché riteniamo che la sua fedeltà sia molto maggiore di quanto generalmente si creda. r. L' apparato nella cassa del timpano (in condizioni di buona salute) è un apparato meccanico di una sensibilità che supera di gran lunga la sensibilità di qualsiasi apparecchio meccanico a noi noto . In effetti non è affatto improbabile che per mezzo suo ven­ gano trasmessi fedelmente movimenti così piccoli da non poter essere percepiti neppure al microscopio . A dire il vero, la forza meccanica dei fenomeni sonori più deboli, che pure l' orecchio percepisce ancora, non si può nep­ pure stimare direttamente ; ma con l' aiuto della legge secondo cui l' intensità del fenomeno sonoro diminuisce diffondendosi nell' aria, si può mostrare come l' orecchio percepisca fenomeni sonori la cui forza meccanica è di milioni di volte più piccola di quella di fenomeni sonori di intensità comune . In mancanza di ulteriori osservazioni, libere da fonti di errore, mi atterrò ai dati forniti da Nicholson, in base ai quali il grido della sentinella di Portsmouth viene udito chiaramente, di notte, a 4 -5 miglia inglesi di distanza, a Ryde , sull'isola di Wight. Se si considera di quali dispositivi necessitasse Colladon per per­ cepire la diffusione dei fenomeni sonori in acqua, si deve ammet­ tere che non si può parlare di rafforzamento sensibile del feno­ meno sonoro con la propagazione in acqua, e che qui in effetti la forza meccanica del fenomeno sonoro è inversamente pro-

MECCANICA DELL' ORECC HIO

porzionale al quadrato della distanza e probabilmente diminui­ sce ancor più rapidamente. Giacché la distanza di 4 -5 miglia è all'incirca 2000 volte più grande della distanza di 8 - I o piedi, la forza meccanica delle onde sonore che colpiscono la mem­ brana del timpano è quattro milioni di volte più piccola che alla distanza di 8 - I o piedi dalla guardia e i movimenti sono 2000 volte più piccoli . Si deve ammettere che nelle sensazioni sonore non si sono constatate affatto proporzioni come I a I ooo milioni o I a mille . In base però alle più recenti ricerche sul rapporto tra stima psichica dell'intensità del suono e sua misurazione fisica o meccanica, tutto ciò non è affatto in contrasto con i risultati or ora ottenuti . Verosimilmente questo rapporto di dipendenza è del tutto analogo a quello relativo alla nostra stima dell'inten­ sità luminosa o della grandezza delle stelle fisse con la forza mec­ canica della luce che ci viene inviata da esse . Com'è noto , in base alle misurazioni celesti, risulta che la forza meccanica della luce diminuisce in progressione geometrica coll' aumentare , in progressione aritmetica, della grandezza delle stelle fisse. Se si suddividessero in modo analogo i fenomeni sonori, da quelli di intensità consueta a quelli appena percepibili , in feno­ meni sonori dalla prima all' ottava grandezza, la forza mecca­ nica per fenomeni sonori di seconda grandezza sarebbe circa I / I o , per la terza I/ I Oo, . . . , per l' ottava I/ I O ooo ooo, la deci­ milionesima parte dei fenomeni sonori della prima grandezza, e l' ampiezza dei movimenti, per i fenomeni sonori di prima, terza, quinta, settima grandezza, si troverebbe nella proporzione di I : I/ I o : I/ I OO : I / I OO O . Nella trattazione delle onde sonore [Schalwellen] che colpi­ scono l'orecchio, mi sono fermato per ora davanti alla membrana del timpano, perché alcuni ipotizzano uno smorzamento dei suoni più forti (mediante la tensione della membrana del timpano?) . Debbo tuttavia confessare che questa opinione mi pare un'ipo­ tesi del tutto arbitraria. È certamente possibile che, nel caso che un rumore violento minacci di offendere le membrane del labirinto, entrino in azione dei dispositivi di protezione; ma nella qualità delle impressioni uditive, non trovo nulla di analogo al

SCIENZA E FILOSOFIA

grado di luminosità del campo visivo nell' occhio, e non saprei proprio dire di che utilità possa essere un' attività riflessa, con­ tinuamente variabile, del m[usculus] tensor tympani per la pre­ cisa comprensione di un brano musicale . S econdo me non vi è ragione di ipotizzare, nel caso del fenomeno sonoro a I O piedi di distanza dalla guardia, un rapporto diverso tra il movimento dell' aria davanti alla membrana del timpano e i movimenti della base della staffa, che alla distanza di 20 ooo piedi; ma anche ipotizzando una variabilità piuttosto forte della tensione della membrana del timpano, le nostre conclusioni non ne verrebbero compromesse. Se infatti i movimenti della base della staffa alla distanza di I o piedi dalla guardia appartengono a quelli a stento percepibili a occhio nudo, i movimenti alla distanza di 2 0 ooo piedi saranno percepibili a stento con un ingrandimento di 2 ooo volte. II . Poiché l' apparato del timpano, come ci attesta l'esperienza, deve trasmettere fedelmente movimenti piccolissimi, i corpi solidi dei quali si compone , per poter interagire, debbono con­ nettersi l'uno all' altro perfettamente nelle loro sedi; perché ovvia­ mente un corpo non può trasmettere un movimento a un altro se dista più dell' ampiezza del movimento . Inoltre soltanto una piccola parte della forza meccanica del movimento sonoro può andar persa per il labirinto , in conse­ guenza di un altro lavoro, come la tensione di capsule articolari o di membrane . Tale perdita viene evitata grazie all' ampiezza estremamente piccola del margine libero della membrana della finestra del vesti­ bolo . Se questo margine fosse più ampio, le vibrazioni della base della staffa verrebbero quasi completamente neutralizzate dalle vibrazioni dello stesso margine ed eserciterebbero un' azione modestissima sulle membrane della chiocciola e della finestra della chiocciola. L' azione di questo margine della membrana sulla base della staffa, in conseguenza dell' ampiezza limitata del margine, sarà molto diverso per le diverse posizioni della base della staffa durante i movimenti sonori . Si deve dunque supporre che, per

MECCANICA DELL'ORECCHIO

non alterare i rumori violenti, l' elasticità della membrana sia piuttosto limitata e che la base della staffa venga portata nella corretta posizione di equilibrio non grazie ad essa, ma grazie ad altre forze . m . Giacché le parti dell' apparato del timpano , per rendere possibile quell' acutezza dell' orecchio che ci è attestata dall'e­ sperienza, debbono combaciare costantemente le une con le altre, con una precisione più che microscopica, sembra che siano asso­ lutamente indispensabili dei meccanismi di correzione, onde far fronte all' espansione e alla contrazione dei corpi in presenza di calore . Le variazioni di temperatura all'interno della cassa del timpano debbono essere molto piccole ; è indubitabile però che si verifichino . Per la distribuzione della temperatura nel corpo umano, quando la temperatura esterna s ' è mantenuta costante per un tempo sufficientemente lungo, vale all' incirca la legge secondo la quale la differenza della temperatura, in un punto qualsiasi del corpo, dalla temperatura del cervello è proporzio­ nale alla differenza della temperatura esterna dalla temperatura del cervello . Questa legge deriva da quella di Newton e dal pre­ supposto che il coefficiente di conduzione del calore e il calore specifico delle temperature da prendere in considerazione siano costanti, un presupposto che nella sostanza viene probabilmente osservato. In base a questa legge si può arrivare dalla differenza della temperatura della cassa del timpano dalla temperatura del cervello alle variazioni di temperatura . Anche se la differenza di temperatura tra cassa del timpano e cervello non si può deter­ minare, si può tuttavia supporre con un elevato grado di proba­ bilità che vi sia una sensibile differenza di temperatura, tenuto conto delle comunicazioni con l' aria esterna, attraverso l' orec­ chio esterno e la tuba, di diversi elementi e certamente anche delle modalità dell'irrorazione sanguigna nella cassa del timpano. Al contrario, l'osso piramidale, in quanto contiene il can[alis] caroticus, possiede una temperatura molto prossima a quella del cervello; dobbiamo dunque supporre che il rivestimento interno della cassa del timpano sia un pessimo conduttore di calore e radiatore .

SCIENZA E FILOSOFIA

Non si può certamente ipotizzare che le altre ossa che cir­ condano la cassa del timpano posseggano una temperatura così alta come il cervello o la piramide, benché esse abbiano impor­ tanti fonti di calore nei vasi sanguigni, nelle grosse arterie e vene e, come la piramide, siano protette dall'irradiazione nella cassa del timpano da mucosa e periosto . Dobbiamo dunque supporre che la loro temperatura sia sensibilmente superiore a quella della cassa del timpano . Ora, quando la temperatura esterna diminuisce in base alla legge introdotta prima, la differenza dalla temperatura del cer­ vello deve aumentare, nel corpo , nella stessa proporzione (del doppio) ; la cassa del timpano, in conseguenza di ciò, si raffred­ derà sensibilmente, mentre le ossa circostanti soltanto molto poco e gli ossicini dell'orecchio si contrarranno sensibilmente; le pareti della cassa del timpano resteranno invece pressoché immutate . A causa della nostra totale ignoranza delle caratteristiche ter­ miche delle sue parti costitutive, non si può stabilire molto di più di quanto s ' è detto circa l' influsso della temperatura sul­ l' apparato del timpano, e cioè che gli ossicini dell' orecchio si raffreddano e si contraggono molto di più delle pareti della cassa del timpano . rv. Cercherò ora innanzitutto di determinare le variazioni che intervengono nella posizione degli ossicini dell'orecchio col dimi­ nuire della temperatura esterna, affinché tutte le parti dell' ap­ parato destinate a mantenersi in stretto contatto continuino a connettersi le une alle altre con precisione . La parte del sistema degli ossicini dell'orecchio che più di ogni altra è connessa inva­ riabilmente alla parete della cassa del timpano è l' articolazione incudotimpanica. In seguito a raffreddamento, tutte le distanze nei corpi solidi diminuiscono , e dunque anche la distanza del­ l' articolazione incudotimpanica rispetto a questa superficie arti­ colare . La parte superiore del manico è verosimilmente quella parte del martelletto che, almeno parallelamente all' anello della membrana del timpano , ammette oscillazioni minime . Giacché ora, in caso di raffreddamento, la distanza dell' articolazione incu­ dotimpanica dal punto della parte superiore del manico del mar-

MECCANICA DELL'ORECCHIO

telletto, fissato nel modo più saldo alla membrana del timpano, resta pressoché invariata, mentre le distanze di questi due punti dall' articolazione incudomalleolare diminuiscono entrambe, nel­ l' articolazione incudomalleolare l' angolo formato dalle linee che portano a questi due punti deve aprirsi un po' di più . In entrambi questi cambiamenti della posizione degli ossi­ cini, il martelletto viene fatto ruotare un po' in direzione antera­ mediano-posteriore e contemporaneamente (per mantenere alla sua altezza il condilo dell'incudine) appena un poco in direzione antera-supero-posteriore. L' apofisi lunga del martelletto verrebbe così innestata nella fessura verso l' alto e in direzione mediana, se conservasse sempre la stessa posizione nei confronti del manico e della testa del martelletto. In seguito all' azione di raffredda­ mento , si piegherebbe fortemente e si avvicinerebbe al manico del martelletto, così che esso, durante la variazione di tempera­ tura, probabilmente uscirebbe un po' dalla fessura. v. Abbiamo appena fissato le condizioni affinché gli ossicini continuino a connettersi gli uni agli altri e quindi non provo­ chino una sensibile disomogeneità di tensione, né sul margine della membrana del vestibolo , né sul timpano . E per soddisfarle sembra sufficiente la posizione degli ossicini . Ci interrogheremo ora sui mezzi atti a consentire agli ossicini di mantenere in ogni momento la giusta posizione (ciò avverrà il più delle volte grazie a forze contrastanti, forze che mantengono l' equilibrio quando l'ossicino si trova nella giusta posizione e ve lo riconducono quando vi si allontana) . È chiaro che queste forze vanno cercate nei due muscoli che regolano la posizione degli ossicini dell' orecchio, nelle capsule articolari, nei legamenti, nelle pieghe delle mucose e nelle due membrane alle quali gli ossicini dell' orecchio sono saldamente fissati . Tuttavia, in questa ricerca delle cause di un' azione deter­ minata sugli ossicini dell' orecchio , soprattutto se si mettono in gioco anche le pieghe della mucosa, si presentano spesso diverse vie possibili per la produzione di quest' azione . Per poter sce­ gliere la più probabile tra queste diverse possibilità è necessa­ rio prima di tutto formarsi un giudizio, il più possibile fondato,

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SCIENZA E FILOSOFIA

sull' elasticità e la tensione di legamenti e membrane, in base a esami anatomici di preparati freschi, cosa che non mi è possi­ bile . Si può però anche auspicare che un attento sviluppo delle ipotesi ci consenta di individuare, nei casi sbagliati, i procedi­ menti improbabili, e quindi scartarli . Per la nostra attuale ricerca è opportuno distinguere tra orec­ chio udente, adattato all' ascolto preciso , e orecchio non udente e, per determinati aspetti, tra orecchio del neonato e orecchio dell' adulto. Introduciamo la distinzione tra orecchio udente e non udente, quando la base della staffa viene sospinta un po ' contro i liquidi del labirinto, mediante trazione del m[usculus] tensor tympani, così che la pressione nel liquido del labirinto viene ad essere un po' superiore a quella presente nell' aria della cassa del timpano; in questo modo le parti dei corpi solidi il cui con­ tatto dev'essere assicurato vengono schiacciate un po' l'una con­ tro l' altra. Ora, coloro che ritengono improbabile questa conti­ nua tensione dell' apparato (esclusa semmai la membrana del timpano) possono assumere che nel caso di cambiamenti di tem­ peratura, attraverso l' azione dei legamenti di fissaggio e di arti­ colazione e la graduale variazione di contrazione dei muscoli, gli ossicini dell' orecchio variino la loro posizione , senza venir premuti gli uni contro gli altri, perché abbiamo visto che sol­ tanto allora può essere garantito l' incastro perfetto di tutte le parti dell' apparato . La nostra ricerca resta dunque valida per l' orecchio udente, predisposto intenzionalmente all' ascolto preciso, mentre può pur sempre darsi la possibilità che l' orecchio (in stato di veglia?) , e sia pure forse in piccolissimo grado , si adatti continuamente . L' apparato degli ossicini dell'orecchio consta di un corpo costi­ tuito da due parti (martelletto e incudine) , che può ruotare attorno a un asse, e da uno stantuffo (staffa) che si articola con quello ed esercita una pressione sui liquidi della finestra del vesti­ bolo . Un'estremità dell' asse di rotazione, l' apofisi corta dell'in­ cudine, è fissata alla parte posteriore della cassa del timpano, per mezzo dell' articolazione incudotimpanica; l' altra estremità, l' apofisi lunga del martelletto, circondata soltanto da parti molli, si erge in una fessura tra l'estremità antero-superiore dell' anello

MECCANICA DELL'ORECCHIO

della membrana del timpano e la rocca petrosa, e si distende in un solco di quest' anello (questo almeno avviene nell'orecchio del neonato) . La determinazione della posizione relativa degli ossicini del­ l'orecchio, rispetto alla cassa del timpano, è molto facilitata dagli esperimenti di Henle, in base ai quali si deve immaginare la cassa del timpano ruotata in modo tale che l' asse di rotazione si muova orizzontalmente da dietro in avanti e la finestra del vestibolo rimanga verticale . Se il manico del martelletto, coll' aumentare della pressione dell' aria sulla membrana del timpano ad esso saldamente fissata, viene sospinto verso l' interno, la base della staffa viene spinta contro la membrana della finestra del vestibolo (f[inestra] ovale) , la pressione sui liquidi del labirinto aumenta e di conseguenza la membrana della finestra della chiocciola (f[inestra] rotonda) viene sospinta verso l' esterno . Affinché l' apparato possa trasmettere le più piccole variazioni di pressione dell' aria, aumentata sempre nella medesima pro­ porzione , ai liquidi del labirinto, è innanzitutto necessario che

la pressione della staffa agisca sempre esattamente alla stessa maniera sui liquidi del labirinto . Perciò : 1 ) la pressione della base deve sempre colpire un' unica superfi­ cie e la direzione del movimento deve essere invariabile; z ) non vi possono essere saldature della staffa alla parete della finestra del vestibolo , almeno tali che possano esercitare un' in­ fluenza sensibile sulla sua posizione e sul suo movimento; 3 ) la staffa non può mai smettere di esercitare una pressione contro la membrana della finestra del vestibolo . Dopo breve riflessione, è facile vedere che, non appena venisse violata anche una sola di queste condizioni, le variazioni di pres­ sione dell' aria non eserciterebbero alcuna azione sui liquidi del labirinto, o lo farebbero secondo leggi del tutto diverse . Per assicurarsi che l a terza condizione venga soddisfatta, è necessario che, grazie al m[usculus] tensor tympani che tira verso l' interno il manico del martelletto , la pressione sulla membrana della finestra del vestibolo sia sempre mantenuta a una inten-

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SCIENZA E FILOSOFIA

sità tale che superi considerevolmente le variazioni di pressione che intervengono nell' attività uditiva. Probabilmente verrà avvertita un' azione di questa pressione, sia essa tensione o cur­ vatura (estensione, deformazione) della membrana, sulla fine­ stra della chiocciola o del vestibolo, e mediante il m[usculus] tensor tympani si otterrà la pressione più adatta a udire con precisione . La pressione dipende soltanto dalla posizione del manico del martelletto, e per ottenere il corretto posizionamento del manico la contrazione del muscolo dev' essere sufficientemente forte, per mantenere in equilibrio l' azione della tensione della mem­ brana del timpano in questo posizionamento . Non importa se la tensione della membrana del timpano sia maggiore o minore; l' importante è che essa, come intendiamo mostrare ora, resti tanto grande da consentire che soltanto una parte molto pic­ cola della forza meccanica delle onde che colpiscono l' orecchio vada perduta nell' aria all'interno della cassa del timpano . Quando una membrana tesa all' aria aperta viene colpita da un' onda sonora, si ha una vibrazione della membrana, un' onda riflessa e un' onda che prosegue (rifratta) . Come si suddivida la forza meccanica delle onde sonore in questi tre effetti, dipende dalla tensione della membrana. Se la tensione è molto debole, i primi due effetti risultano molto esigui e l' onda sonora pro­ cede oltre, quasi invariata. Se invece la membrana è tanto tesa che i suoi movimenti risultano molto piccoli, rispetto alle vibra­ zioni delle particelle d' aria nelle onde sonore che la colpiscono, essa può trasmettere all' aria, dalla parte posteriore, soltanto movimenti molto piccoli e di conseguenza variare soltanto di poco la sua pressione , e quasi tutte le variazioni di pressione sulla parte anteriore resteranno congiunte alla tensione della membrana. Comunque se la membrana è tesa all'aria aperta vi è sempre un' onda riflessa. La posizione della base della lente rispetto alla finestra del vestibolo non può dunque rimanere invariata; ma grazie alla rota­ zione dell' incudine attorno al suo punto di fissaggio (l' articola­ zione del timpano) si può ottenere che la base della lente si spo­ sti soltanto parallelamente all' asse della lunghezza della finestra

MECCANICA DELL'ORECCHIO

del vestibolo; dunque soltanto in questa direzione è necessaria una rotazione della staffa attorno al centro della superficie arti­ colare dell'incudine, per mantenere al suo posto la base della staffa. Giacché ora soltanto per questa direzione esiste un dispo­ sitivo (il m[usculus] stapedius) , atto a far ruotare come si vuole, ma non in verticale, la staffa attorno al condilo articolare del­ l'incudine , si può supporre che questo dispositivo renda super­ fluo che il condilo articolare dell'incudine venga mantenuto con­ tinuamente alla stessa altezza. VI . Con la contrazione del m[usculus] tensor tympani, l' equi­ librio viene mantenuto almeno in parte grazie al fissaggio del manico del martelletto alla membrana del timpano e della mem­ brana del timpano al sulcus tympanicus. La saldatura della mem­ brana del timpano al manico del martelletto è però (secondo von Troltsch e Gerlach) soltanto un poco più in alto del punto di inserzione del tendine e il suo punto estremo si trova esso stesso già più in alto delle terminazioni del sulcus tympanicus. È evidente dunque che il fissaggio della membrana del tim­ pano al s[ulcus] t[ympanicus] non può mantenere in equilibrio soltanto il m[usculus] tensor tympani. Per l' equilibrio del mar­ telletto è piuttosto necessario che, sulla parte situata al di sopra del punto d' inserzione , agisca un momento torcente contrap­ posto, della stessa grandezza di quello che agisce sul manico posto al di sotto . Si può cercare questa forza, necessaria al manteni­ mento dell' equilibrio, 1 ) o nella connessione della membrana del timpano con gli strati superficiali della tunica del condotto uditivo esterno , z ) oppure nell ' azione della tasca posteriore della membrana del timpano , 3 ) oppure , forse, nell' azione comune della saldatura della testa del martelletto sulla parete della cassa del timpano, per mezzo dell' incudine da una parte e del lig[amentum] superius Amoldi dall ' altra. Queste saldature formano un angolo rivolto all'incirca contro la punta dell' apofisi corta e, quando sono tese, spingono questa punta contro la membrana del timpano .

PARTE TERZA FRAMMENTI FILOSOFICI

I .

Psicologia e metafisica

Ne mea dona tibi studia disposta fideli, Intellecta prius quam sint, contempta relinquas LUCREZIO

[De rerum natura,

I,

5 2 -5 3 ]

Con ogni semplice atto del pensiero penetra nella nostra anima qualcosa di permanente, di sostanziale . Questo qualcosa di sostanziale ci appare invero come un'unità, dotata però di una varietà interna (nella misura in cui è espressione di qualcosa di esteso nello spazio e nel tempo) ; lo chiamerò allora massa spiri­ tuale . Tutta l' attività del pensiero è quindi formazione di nuove masse spirituali . Le masse spirituali che penetrano nell' anima ci appaiono come rappresentazioni; il loro differenziato stato interno condiziona la diversa qualità di queste. Le masse spirituali che si vanno for­ mando si mescolano, si uniscono o si complicano, in un grado determinato, in parte tra loro , in parte con masse spirituali più vecchie . Il tipo e la forza di queste unioni dipende da condi­ zioni che sono state riconosciute da Herbart soltanto in parte e che intendo dunque integrare di seguito . E sse si fondano sostanzialmente sull' intima affinità tra le masse spirituali . L' anima è una massa spirituale compatta, in sé connessa nel modo più stretto e più vario . Essa aumenta costantemente col subentrare delle masse spirituali, e su questo si basa il suo per­ fezionamento . Le masse spirituali, una volta formatesi, sono imperiture e la loro unione indissolubile; soltanto la forza relativa di queste unioni varia col sopravvenire di nuove masse spirituali . Per sus­ sistere, queste masse spirituali non hanno bisogno di alcun sup­ porto materiale e non esercitano alcuna azione duratura sul

74

FRAMMENTI FILOSOFICI

mondo fenomenico. Esse dunque non sono in relazione con nes­ suna parte di materia e , di conseguenza, non hanno alcuna sede nello spazio . Al contrario , ogni sopravvenire e sorgere, ogni formazione di nuove masse spirituali ed ogni loro unione necessita di un supporto materiale . Tutta l' attività del pensiero avviene dun­ que in un luogo determinato . (Non la conservazione della nostra esperienza, bensì soltanto il pensare affatica e, per quanto possiamo valutare, l' impiego di forza è proporzionale all' attività spirituale) . Ogni massa spirituale che entra stimola tutte le masse spiri­ tuali ad essa affini, tanto più fortemente quanto più piccola è la differenza del loro stato interno (qualità) . Questo stimolo non si limita però semplicemente alle masse spirituali affini, ma si estende mediatamente a quelle che ad esse si connettono (che cioè si sono legate ad esse in precedenti pro­ cessi del pensiero) . Se dunque alcune masse spirituali affini si connettono tra loro , queste non vengono stimolate solo imme­ diatamente, ma anche mediatamente e sono quindi relativamente più forti delle altre . L' interazione di due masse spirituali formantisi contempo­ raneamente è condizionata da un processo materiale tra i luo­ ghi in cui si sono formate. Allo stesso modo, in base a cause materiali, tutte le masse spirituali formantisi interagiscono imme­ diatamente con masse spirituali formatesi immediatamente prima; mediatamente però vengono tutte stimolate ad intera­ gite con queste masse spirituali più vecchie che vi si connet­ tono, e invero tanto più debolmente , quanto più sono lontane e quanto meno si connettono tra loro . La manifestazione più generale e più semplice dell' attività di masse spirituali più vecchie è la riproduzione che consiste in questo: la massa spirituale agente tende a produrne una simile ad essa. La formazione di nuove masse spirituali si basa sull' azione comune in parte di masse spirituali più vecchie, in parte di cause

PSIC OLOGIA E METAFISICA

75

materiali, e cioè impedisce o favorisce ogni agente in comune, nei confronti dell'intima disomogeneità o omogeneità delle masse spirituali che esso tende a produrre . La forma della massa spirituale costituentesi (o la qualità della rappresentazione che ne accompagna la formazione) dipende dalla relativa forma di movimento della materia nella quale si è formata, così che un'uguale forma di movimento della mate­ ria condiziona un'uguale forma della massa spirituale in essa for­ matasi, e viceversa un'uguale forma della massa spirituale pre­ suppone un'uguale forma di movimento della materia nella quale s ' è formata . Tutte l e masse spirituali formatesi contemporaneamente (nel nostro sistema cerebrospinale) si uniscono in seguito a un pro­ cesso fisico (chimico-elettrico) tra i luoghi in cui si formano . Ogni massa spirituale tende a produrre una massa spirituale della stessa forma. Tende dunque a realizzare quella forma di movimento della materia nella quale essa s ' è formata . L' ammissione d i un' anima, intesa come supporto unitario di ciò che permane, che viene generato nei singoli atti della vita spirituale (le rappresentazioni) , poggia: r . sulla stretta connessione e compenetrazione di tutte le rap­ presentazioni. Tuttavia per spiegare l'unione di una nuova, deter­ minata rappresentazione con le altre , non è sufficiente l' assun­ zione di un supporto unitario soltanto; piuttosto , la causa che fa sì che essa realizzi proprio questa determinata unione, con questa determinata forma, va cercata nelle rappresentazioni con le quali si unisce . Diventa allora superfluo assumere insieme a queste cause anche un supporto unitario di tutte le rappresen­ tazioni . [ . . . ] Applichiamo ora queste leggi dei processi spirituali, alle quali ci conduce la spiegazione della nostra propria percezione inte­ riore, alla spiegazione della conformità a un fine che noi perce­ piamo sulla Terra, cioè alla spiegazione dell'esistenza fattuale e dello svolgimento storico .

FRAMMENTI FILOSOFICI

Per spiegare la nostra vita spirituale, dovremmo supporre che le masse spirituali prodotte nei nostri processi nervosi perdu­ rino come parti della nostra anima, che la loro connessione interna si conservi invariata e che esse siano soggette a muta­ mento soltanto nella misura in cui si uniscono ad altre masse spirituali . Conseguenza immediata di questi princìpi esplicativi è che le anime di un essere organico, cioè le masse spirituali compatte, sorte durante la sua vita, perdurano anche dopo la morte. (Il loro perdurare isolato non basta) . Ma per spiegare lo sviluppo regolare della natura organica, in cui evidentemente le esperienze raccolte in precedenza fungevano da fondamento per ulteriori produzioni, dobbiamo supporre che queste masse spirituali con­ vergano in una massa spirituale compatta più grande, l' anima del mondo, e qui servano ad una vita spirituale superiore , se­ condo le medesime leggi in base alle quali le masse spirituali pro­ dotte nei nostri processi nervosi servono alla nostra propria vita spirituale . Come , ad esempio, alla vista di una superficie rossa, le masse spirituali sorte in una quantità di singole fibre primitive si uni­ scono in un' unica massa spirituale compatta che, contempora­ neamente, si presenta nel nostro pensiero, così anche le masse spirituali sorte nei singoli individui di una specie vegetale, che da una regione climaticamente poco diversa della superficie ter­ restre entrano nell' anima della Terra, si uniranno in una impres­ sione generale . Come le differenti percezioni sensoriali di un medesimo oggetto si uniscono nella nostra anima nell' unica immagine di esso, così tutte quante le piante di una parte della superficie terrestre danno un'immagine elaborata fin nei minimi dettagli della sua situazione climatica e chimica. In questo modo si capisce come dalla precedente vita della Terra si sviluppi il piano per ulteriori creazioni . Ma, in base ai nostri princìpi esplicativi, il persistere di masse spirituali esistenti non richiede alcun supporto materiale, ma ogni loro unione, almeno ogni unione di masse spirituali diverse,

PSICOLOGIA E METAFISICA

77

può avvenire soltanto mediante nuove masse spirituali sorte in un processo nervoso comune . Per ragioni che verranno chiarite più avanti, possiamo cer­ care il substrato di un' attività spirituale soltanto nella materia ponderabile . Ora, è un fatto che la solida crosta terrestre e tutti i corpi ponderabili sulla sua superficie non servono a un comune pro­ cesso spirituale; i movimenti di queste masse spirituali debbono venir spiegati ricorrendo ad altre cause . Non resta dunque che ipotizzare che le masse ponderabili entro la crosta terrestre solidificatasi siano i supporti della vita spirituale della Terra. Sono idonee a questo scopo? Quali sono le condizioni esterne che rendono possibile il processo vitale? Le esperienze generali sul processo vitale accessibile alla nostra osservazione debbono costituirne il fondamento; ma soltanto nella misura in cui ci riesce di spiegarlo, possiamo trarne delle conclusioni applicabili anche ad altri ambiti fenomenici . Le esperienze generali sulle condizioni esterne del processo vitale, nell' ambito fenomenico a noi accessibile, sono le seguenti: I. Quanto più in alto e più compiutamente si sviluppa il pro­ cesso vitale, tanto più i suoi supporti necessitano di una difesa contro cause di movimento che tendono a far variare la posi­ zione relativa delle parti . 2 . I processi fisici a noi noti (metabolismo) che fungono da mezzo al processo mentale sono : a) assorbimento di fluidi elastici o liquidi, b) endosmosi, c) formazione e scomposizione di legami chimici, d) correnti galvaniche . 3 . I tessuti degli organismi non hanno struttura cristallina riconoscibile; essi sono in parte solidi (per nulla fragili) , in parte gelatinosi, in parte fluidi liquidi o elastici, comunque sempre porosi, cioè chiaramente penetrabili da fluidi elastici. 4· Tra tutti gli elementi chimici, soltanto i quattro cosiddetti

FRAMMENTI FILOSOFICI

organici sono supporti generali del processo vitale, e ancor più dei loro legami ben determinati, quelli chiamati organizzatori, sono parti costitutive dei corpi organici (sostanza proteica, cellulosa) . 5 . I legami organici avvengono soltanto fino a un determi­ nato limite superiore di temperatura, e soltanto entro determi­ nati limiti inferiori possono fungere da supporto al processo vitale . ad. I. Variazioni nella posizione relativa delle parti sono pro­ vocate, in grado via via più piccolo, da forze meccaniche, da variazioni termiche, da raggi luminosi; perciò possiamo ordinare i fatti, la cui espressione generale è il nostro principio, nel modo seguente : I. La riproduzione degli organismi inferiori avviene mediante divisione . Vi è una graduale diminuzione della capacità ripro­ duttiva negli organismi animali superiori . 2. Le parti delle piante sono tanto più sensibili alle variazioni termiche, quanto più intensamente e quanto più in alto si è svi­ luppato in esse il processo vitale . Negli organismi animali supe­ riori, e nel modo più perfetto nelle parti importanti, domina una temperatura quasi costante . 3 . Le parti del sistema nervoso che servono all' attività men­ tale autonoma sono protette il più possibile da tutti questi influssi . Quanto segnalato all'inizio ha il suo fondamento nel fatto che la posizione relativa delle parti può essere tanto più deter­ minata da processi all' interno della materia, quanto meno viene determinata da cause esterne . Questa indipendenza da cause di moto esterne ha luogo però entro la crosta terrestre in grado molto maggiore di quanto sia mai possibile raggiungere mediante produzioni organiche al di fuori della crosta terrestre . Tra i fatti seguenti che noi consideriamo in connessione tra loro, quelli raggruppati sotto i numeri 4 e 5 sembrano in con­ trasto con la nostra ipotesi; di fatto lo sarebbero, se si volesse attribuire alle condizioni da noi individuate per la possibilità di un processo vitale una validità assoluta, e non semplicemente una relativa al nostro ambito di esperienza .

PSICOLOGIA E METAFISICA

79

Contro il primo valgono le seguenti ragioni : I . Si dovrebbe dunque ritenere morto l' intero mondo natu­ rale, con l' eccezione della superficie terrestre, perché in tutti gli altri corpi celesti dominano situazioni termiche e di pressione che non permettono legami organici . 2. È assurdo ipotizzare che sulla crosta terrestre solidificata l' organico sia sorto dall' inorganico . Per spiegare il sorgere sulla crosta terrestre degli organismi inferiori si deve ipotizzare la pre­ cedente esistenza di un principio organizzatore, e quindi di un processo mentale in condizioni sotto le quali i legami organici non potevano sussistere . Dobbiamo perciò supporre che queste condizioni siano valide soltanto per il processo vitale nell' ambito dei rapporti attual­ mente esistenti sulla superficie terrestre, e soltanto nella misura in cui saremo in grado di spiegarle potremo poi giudicare della possibilità del processo vitale nell' ambito di altri rapporti. Perché dunque soltanto i quattro elementi organici sono sup­ porti generali del processo vitale? La ragione non può che essere cercata nelle caratteristiche che distinguono questi quattro ele­ menti da tutti gli altri . I. Una delle caratteristiche generali dei quattro elementi con­ siste nel fatto che essi e i loro legami possono essere condensati con estrema difficoltà da tutti i tessuti e in parte, almeno finora, non possono esserlo affatto . 2. Un' altra loro caratteristica comune è la grande varietà dei loro legami e la loro facile scomposizione . Questa caratteristica, però, potrebbe essere sia conseguenza sia fondamento della sua applicazione ai processi vitali . Che la prima caratteristica, quella di poter essere difficilmente condensati, renda questi quattro elementi particolarmente adatti a servire processi vitali, risulta già in qualche modo immediata­ mente comprensibile , in base alle condizioni fattuali del pro­ cesso vitale raggruppate sotto i numeri 2 e 3 ; ma ancor più se si cerca di risalire alle cause che rendono possibili i fenomeni di condensazione dei gas in fluidi liquidi e corpi solidi .

8o

FRAMMENTI FILOSOFICI

Zend-Avesta è in effetti una parola vivificante, che reca nuova vita al nostro spirito, nel sapere come nella fede ; perché come certi pensieri che, dopo aver agito fortemente sul processo di sviluppo dell' umanità, perduravano in noi soltanto grazie alla tradizione, risorge ora improvvisamente a nuova vita, in forma più pura, dalla sua morte apparente, svelando nuova vita nella natura. Smisuratamente si allarga, davanti ai nostri occhi, la vita della natura che finora ci si è manifestata soltanto sulla superficie della Terra; indicibilmente più sublime di prima essa ci appare . Ciò che noi consideravamo come sede di forze agenti senza senso e senza coscienza appare ora come il laboratorio della più alta attività spirituale . In modo meraviglioso si compie ciò che il nostro grande poeta ha descritto , con entusiasmo preveggente, come il fine che si presentava dinanzi allo spirito del ricercatore . Fechner, nella sua Nanna, cerca di dimostrare che le piante sono animate , così il punto di partenza delle sue considerazioni nel Zend-Avesta è la teoria che sostiene che le stelle sono ani­ mate . Il metodo di cui egli si serve non è l' elaborazione di leggi generali, mediante l' induzione, e la loro applicazione e verifica nell' indagine della natura, ma l' analogia . Egli paragona la Terra al nostro organismo, che sappiamo essere animato . Egli però non va in un solo senso alla ricerca delle affinità, ma lascia ugual­ mente alle differenze il loro diritto, e giunge così al risultato che tutte le affinità portano a credere che la Terra sia un essere animato, tutte le differenze invece che essa è un essere animato che sta molto più in alto di noi . La forza persuasiva di questa esposizione si trova nella sua ampia analisi, condotta fino ai minimi dettagli . L'impressione generale dell'immagine della Terra dispiegata davanti a noi deve dare evidenza all'idea e sop­ perire alla mancanza di rigore delle singole argomentazioni . Que­ sta evidenza si basa essenzialmente sull' intuibilità dell'imma­ gine e sulla grande possibilità di elaborarla nel particolare . Avrei dunque timore di danneggiare le idee di Fechner, se pretendessi di riassumere qui brevemente l' andamento che egli segue nella sua opera. Nella seguente discussione rinuncerò a riproporre la

PSICOLOGIA E METAFISICA

8r

forma nella quale l e sue idee sono esposte e prenderò i n consi­ derazione soltanto l'essenziale, basandomi piuttosto sul metodo precedente, l'elaborazione di leggi generali attraverso l'induzione e la loro verifica nell'indagine della natura. Chiediamoci innanzitutto : in base a cosa argomentiamo che una cosa è animata (l'esistenza in essa di un processo mentale continuo, unificante) ? Del fatto che noi siamo animati abbiamo una certezza immediata; per quello che riguarda gli altri (uomini e animali) argomentiamo in base a movimenti individuali, con­ formi a un fine . Ogni qualvolta noi riconduciamo a una causa una ben ordi­ nata conformità a un fine, cerchiamo questa causa in un pro­ cesso mentale; non abbiamo altre spiegazioni . Però il pensiero stesso può essere considerato quantomeno come un processo all' interno della materia ponderabile . A un' imparziale analisi della percezione interiore, risulterà evidente a chiunque l'im­ possibilità di spiegare il pensiero in base a movimenti spaziali della materia; e tuttavia si può qui concedere la possibilità astratta di tale spiegazione . Nessuno vorrà negare che sulla Terra venga avvertita una con­ formità a fini . La questione dunque è questa: dove dobbiamo collocare il processo mentale che è la causa di questa confor­ mità a fini? Si tratta qui soltanto di fini limitati (che hanno luogo in tempi e spazi limitati) ; fini illimitati trovano la loro spiegazione in un volere eterno (non generato in un processo mentale) . L' unica conformità a un fine che noi percepiamo è la conformità a un fine delle nostre stesse azioni . Essa sorge dal volere i fini e dalla riflessione sui mezzi . Se dunque troviamo un corpo costituito di materia pondera­ bile nel quale si realizza compiutamente un sistema di rapporti costanti di fini e azioni, per spiegare questa conformità a un fine possiamo ipotizzare un processo mentale unitario ininter­ rotto; e questa ipotesi sarà la più probabile quando : I ) la con­ formità a un fine non si realizza già in alcune parti del corpo;

82

FRAMMENTI FILOSOFICI

2 ) non sussiste ragione di cercare la sua causa in un tutto più grande, al quale il corpo appartiene . Se applichiamo tutto ciò alla conformità a un fine percepita in uomini, animali e piante, risulta che una parte di questa con­ formità a un fine va spiegata in base a un processo men­ tale all' interno di questi corpi, un' altra parte invece - la con­ formità a un fine dell'organismo - in base a un processo men­ tale in un tutto più grande . Le ragioni di ciò sono : 1 . La conformità a un fine delle strutture organiche non si realizza nei singoli organismi . Le ragioni della struttura dell' or­ ganismo umano sono evidentemente da cercare nelle condizioni di tutta quanta la superficie terrestre , compresa la natura organica. 2 . I movimenti organici si ripetono infinitamente , in parte in diversi individui l' uno accanto all'altro, in parte nella vita di un individuo dopo l' altro o di una specie dopo l' altra . Per la conformità a un fine che già si trova in essi di per sé non è dunque necessario ipotizzare, per ogni caso, una causa parti­ colare, bensì una causa comune . 3 · Le strutture organiche, in parte (in uomini ed animali) nella vita dei singoli individui, in parte (in piante e embrioni) nella vita delle singole specie, non conoscono perfezionamento . La causa della loro conformità a un fine non va dunque cercata in un processo mentale simultaneo e ininterrotto . Tolta questa (organica) conformità a un fine, un sistema com­ piuto di svariati rapporti di fini e azioni tra loro intrecciati resta ancora in uomini e animali di dimensioni apprezzabili e, secondo Fechner, nelle piante; e questa conformità a un fine va spie­ gata in base a un processo mentale presente in essi. Le conclusioni tratte dai nostri princìpi vengono confermate per mezzo della nostra percezione interna. In base ai medesimi princìpi, però, dobbiamo cercare la causa della conformità a un fine , percepita negli organismi, in un processo mentale unitario sulla Terra, in base alle seguenti ragioni :

PSICOLOGIA E METAFISICA a ) I rapporti di fini e azioni nella vita organica sulla Terra non si frantumano in singoli sistemi, ma si connettono in un tutto . Non possono dunque essere spiegati in base a diversi pro­ cessi mentali particolari . b) Per quanto ci è attestato dalla nostra esperienza, non vi è nessuna ragione di cercare le cause di questa conformità a un fine in un tutto più grande . Tutti gli organismi sono semplice­ mente destinati alla vita sulla Terra . Lo stato della crosta terre­ stre contiene perciò tutte le ragioni (esterne) della loro costi­ tuzione . c) E ssi sono individuali . In base a tutto ciò che ci attesta l'esperienza al riguardo, dobbiamo supporre che essi non si ripe­ tano su altri corpi celesti . d) Essi non restano fermi durante la vita della Terra. Piutto­ sto, nel corso di questa vita si presentano sempre nuovi, più perfetti organismi . Dobbiamo dunque cercare la causa in un pro­ cesso mentale simultaneo , ininterrotto a livelli più alti . Dal punto di vista della scienza esatta della natura, della spie­ gazione causale dei fenomeni naturali, l' assunzione di un' anima del mondo è una spiegazione dell' esistenza e dello sviluppo sto­ rico del mondo organico .

« Quando il corpo dell' anima inferiore muore », dice Fech­ ner, « l ' anima superiore la solleva dalla sua vita intuitiva alla sua vita rammemorativa ». Le anime delle creature morte formano dunque gli elementi per la vita spirituale della Terra . I diversi processi mentali sembrano distinguersi principal­ mente per il loro ritmo temporale . Se le piante sono animate, ciò che per noi sono secondi per loro debbono essere ore e giorni; l' ambito temporale relativo all' anima del mondo , almeno per quello che riguarda le sue azioni all'esterno , comprende proba­ bilmente molti millenni . Fino al punto in cui può spingersi la memoria storica dell'umanità, tutti i movimenti della crosta ter­ restre inorganica vanno certamente spiegati ancora in base a leggi meccaniche.

ANTINOMIE

Antitesi

Tesi Finito , rappresentabile

Infinito, sistemi concettuali che si tro­ vano al limite del rappresentabile .

Elementi temporali e spaziali finiti.

C ontinuo.

Libertà, cioè non la facoltà di agire in modo assolutamente arbitrario, ma di

n

Determinismo .

decidere tra due o più possibilità date. Affinché, nonostante leggi totalmente determinate dell'azione delle rappresen­ tazioni, sia possibile una decisione ad arbitrio, si deve supporre che lo stesso meccanismo psichico abbia , o almeno assuma nel suo sviluppo, la caratteristica di produrre la sua necessità.

Nessuno, nell' agire, può abbandonare la convinzione che il futuro s arà deter­ minato dal suo agire.

III

Un Dio operante nel tempo (governo del mondo) .

Un Dio atemporale, personale, onniscien te, onnipotente, infinitamente buono (provvidenza) . IV

Immortalità

La libertà è certamente conciliabile con la rigorosa conformità a leggi dei pro­ cessi naturali . Ma il concetto di un Dio atemporale non è sostenibile . Piuttosto, la limitazione che onnipo­ tenza e onniscienza subiscono a causa della libertà delle creature, nel signifi­ cato stabilito sopra, dev'essere tolta mediante l' assunzione di un Dio che agi­ sce nel tempo, di una guida dei cuori e dei destini degli uomini; il concetto di provvidenza dev'essere integrato e in parte sostituito dal concetto di governo del mondo .

Una cosa in sé che sta a fondamento della nostra apparenza temporale, prov­ vista di libertà trascendentale, male ra­ dicale, carattere intelligibile.

PSICOLOGIA E METAFISICA

Relazione generale dei sistemi concettuali di tesi e antitesi Il metodo che Newton ha applicato nella fondazione del cal­ colo infinitesimale, e che dall'inizio di questo secolo è stato rico­ nosciuto dai migliori matematici come l'unico che consenta di raggiungere risultati sicuri, è il metodo-limite . Il metodo consi­ ste in questo: invece di un passaggio continuo dal valore di una grandezza a un altro, da un luogo a un altro, o in generale da un modo di determinazione di un concetto a un altro, viene preso innanzi tutto in considerazione un numero finito di gradi inter­ medi, per poi far crescere il numero di questi gradi intermedi in modo tale che le distanze di due gradi intermedi successivi diminuiscano tutte all' infinito . I sistemi concettuali dell' antitesi sono certamente concetti determinati saldamente da predicati negativi, ma non possono essere rappresentati positivamente . Proprio perché una rappresentazione precisa e compiuta di questi sistemi concettuali è impossibile, essi non sono accessi­ bili all' indagine diretta e all' elaborazione mediante la nostra riflessione . E ssi possono però venir considerati come giacenti al limite del rappresentabile, cioè si può formare un sistema con­ cettuale che si trova all'interno del rappresentabile, il quale, con una semplice variazione delle relazioni di grandezza, passa nel sistema concettuale dato . A parte le relazioni di grandezza, il sistema concettuale al limite rimane invariato . Nel caso limite , però, alcuni concetti correlativi del sistema perdono l a loro rap­ presentabilità, e in particolare quelli che favoriscono il rapporto con altri concetti .

2.

Teoria della conoscenza

I .

Saggio di una teoria dei concetti fondamentali della matematica e dellafisica come fondamenti per l'interpretazione della natura

La scienza naturale è il tentativo di comprendere la natura mediante concetti precisi. In base ai concetti con i quali comprendiamo la natura, non soltanto le percezioni vengono integrate in ogni istante, ma ven­ gono anticipatamente determinate come necessarie, o, quando il sistema concettuale non è pienamente sufficiente, come proba­ bili, anche le percezioni future; si determina, in base ad essi, che cos 'è « possibile » (perciò anche che cos 'è « necessario », ovvero ciò di cui è impossibile il contrario) , e si può determinare matema­ ticamente il grado di possibilità (di « probabilità ») di ogni evento possibile in base ad essi, quando sono pienamente adeguati . Se ciò che è necessario o possibile accade in conformità a que­ sti concetti, essi vengono verificati, e su questa verifica del­ l' esperienza si basa la fiducia che noi riconosciamo loro . Se invece accade qualcosa che da essi non era previsto, cioè qualcosa di impossibile o improbabile in base ad essi, sorge il compito di in­ tegrarli o, se necessario , di rielaborarli, in modo tale che nel­ l' ambito del sistema concettuale completato o migliorato ciò che è percepito cessi di essere impossibile o improbabile . L' integra­ zione o il miglioramento del sistema concettuale costituisce la « spiegazione » della percezione inattesa. Grazie a questo pro-

TEORIA DELLA CONOSCENZA

cesso la nostra comprensione della natura diventa gradualmente sempre più completa e giusta, ma nello stesso tempo si spinge sempre più indietro, oltre la superficie dei fenomeni . La storia delle scienze naturali esplicative, almeno fino a dove noi possiamo risalire, mostra che questa in effetti è la via lungo la quale progredisce la conoscenza della natura . I sistemi con­ cettuali che ora ne costituiscono il fondamento sono sorti dalla graduale trasformazione di precedenti sistemi concettuali , e le ragioni che spinsero a elaborare nuovi meccanismi esplicativi vanno sempre individuate in contraddizioni o inverosimiglianze, sorte all'interno dei precedenti meccanismi esplicativi . La formazione di nuovi concetti, nella misura in cui è acces­ sibile all'osservazione, avviene dunque mediante questo processo . Herbart ha dimostrato che anche i concetti che servono a formarsi una concezione del mondo, nella misura in cui non sono mere forme dell'unione di semplici rappresentazioni sensibili, il cui sorgere noi non possiamo seguire né nella storia né nel nostro proprio sviluppo, perché ci vengono inconsciamente tra­ mandati insieme alla lingua, derivano da questa fonte, e quindi non è necessario (come le categorie secondo Kant) farli risalire a una speciale condizione dell' anima umana precedente ad ogni esperienza . Questa dimostrazione della loro origine nella comprensione di ciò che è dato mediante la percezione sensibile è per noi impor­ tante, perché soltanto così può essere stabilito il loro significato in un modo adeguato alle scienze naturali. [. . . ] Dopo che è stato elaborato il concetto per le cose che per­ sistono, riflettendo sulla mutevolezza che contraddice il con­ cetto di persistenza, si tratta di tener fermo, per quanto è pos­ sibile , questo concetto già verificato . Di qui sorgono contem­ poraneamente il concetto di mutamento continuo e il concetto di causalità . L'osservazione attesta soltanto i l passaggio d i una cosa da uno stato a un altro, o, più in generale, da un modo di determi­ nazione a un altro, senza che sia percepibile un salto . Nel pro-

88

FRAMMENTI FILOSOFICI

cesso di integrazione delle percezioni si può dunque ipotizzare o che il passaggio avvenga attraverso un numero molto alto, ma pur sempre finito, di salti non avvertibili dai nostri sensi, oppure che la cosa passi da uno stato all' altro, attraversando tutti i gradi intermedi . La ragione più forte a favore della seconda conce­ zione si trova nell' esigenza di tener fermo, per quanto è possi­ bile, il concetto già verificato del persistere per sé delle cose . Certamente non è possibile rappresentarsi realmente un passaggio attraverso tutti i gradi intermedi, cosa che, come s'è già rile­ vato, a ben vedere vale per tutti i concetti . Allo stesso tempo però, in base al concetto del sussistere per sé delle cose, precedentemente formato e verificato dall'espe­ rienza, si evince che la cosa rimarrebbe quello che è, se non inter­ venisse qualcosa d ' altro . Di qui la spinta a cercare una causa per ogni mutamento .

r. Quando è vera la nostra concezione del mondo? « Quando la connessione delle nostre rappresentazioni corri­ sponde alla connessione delle cose ». Gli elementi della nostra immagine del mondo sono del tutto diversi dai corrispondenti elementi del reale raffigurato . E ssi sono qualcosa in noi; gli elementi del reale qualcosa fuori di noi. Ma le connessioni degli elementi nell'immagine e nell'immagi­ nato debbono accordarsi, se l'immagine dev'essere vera. La verità dell' immagine è indipendente dal grado di precisione dell' im­ magine ; non dipende da questo che gli elementi dell'immagine rappresentino una maggiore o minore quantità di reale . Ma le connessioni debbono corrispondersi; non si può ipotizzare nel­ l' immagine un' immediata azione reciproca tra due elementi, quando nella realtà se ne trova soltanto una mediata . In questo caso l'immagine sarebbe falsa e bisognosa di rettifica; se al con­ trario un elemento dell'immagine viene sostituito da un gruppo di elementi più sottili, in modo tale che le sue proprietà risul­ tino in parte da proprietà più semplici degli elementi più sot­ tili, e in parte però anche dalle loro connessioni e diventino quindi in parte comprensibili, allora con ciò aumenta certamente

TEORIA DELLA CONOSCENZA

la nostra conoscenza della connessione delle cose, senza peral­ tro che la concezione precedente debba essere dichiarata falsa . n . Da dove dobbiamo derivare l a connessione delle cose? « Dalla connessione dei fenomeni ». La rappresentazione di cose sensibili in determinati rapporti spaziali e temporali è ciò che, a un' attenta riflessione sulla natura, viene trovata o viene data . Com'è noto, tuttavia, la qualità delle note delle cose sensibili, colore, suono, tono, odore, gusto, caldo o freddo, è qualcosa che deriva dalla nostra sensibilità, ma che non esiste fuori di noi . Ciò che permette di conoscere la connessione delle cose sono dunque i rapporti quantitativi, i rapporti spaziali e temporali delle cose sensibili e i rapporti d' intensità delle note e delle loro dif­ ferenze qualitative . Dalla riflessione sulla connessione osservata tra queste rela­ zioni di grandezza deriva la conoscenza della connessione tra le cose . 2.

Causalità

L Ciò che un agente [Agens] tende a causare dev'essere deter­ minato per mezzo del concetto di agente ; la sua azione [Action] non può dipendere da altro che dalla sua propria essenza. n . Questa esigenza viene soddisfatta se l' agente tende a con­ servare o a produrre se stesso . m. Una tale azione non è però pensabile se l' agente è una cosa, un ente, bensì soltanto se esso è uno stato o un rapporto. Se si ha una tensione a conservare o a produrre qualcosa, allora dev'essere possibile anche un allontanamento, per gradi diversi, da questo qualcosa; e infatti quando a questa tensione si con­ trappongono altre tensioni, esso può venir conservato o prodotto soltanto il più possibile vicino . Non vi sono però gradi dell' es­ sere : una differenza di grado è pensabile soltanto per stati o rap­ porti . Se dunque un agente tende a conservare o produrre se stesso, dev'essere uno stato o un rapporto . IV . Siffatta azione di uno stato può ovviamente aver luogo

FRAMMENTI FILOSOFICI

su quelle cose che possono essere nello stesso stato . Su quali di queste cose abbia luogo e se in generale abbia luogo, non può essere dedotto dal concetto di agente [Agens] . ! Molto giustamente Kant nota che attraverso l a scomposizione del concetto di una cosa non si può provare né che essa è, né che è causa di qualcosa d' altro , e che quindi i concetti di essere e di causalità non sono analitici e possono essere tratti soltanto dall ' esperienza . Sostenere però, com'egli si ritiene costretto a fare più tardi, che il concetto di causa deriva da una condizione del soggetto conoscente che precede ogni esperienza, e quindi bol­ larlo come una mera regola della successione temporale, grazie alla quale, nell'esperienza, a ogni percezione come causa viene connessa ogni altra a piacere come effetto, significa gettare via il bambino con l' acqua del bagno . (Indubbiamente dobbiamo derivare le relazioni causali dall' esperienza; ma non possiamo per questo rinunciare a correggere e ad integrare la nostra com­ prensione di questi fatti dell'esperienza mediante la riflessione) . La parola ipotesi ha ora un significato un po' diverso che in Newton. Si è soliti ora intendere con ipotesi tutto ciò che viene aggiunto col pensiero ai fenomeni . 1 Questi princìpi valgono soltanto quando l' agire venga ascritto a un fondamento reale semplice. Quando due cose a e b entrano in rapporto a causa di un fattore esterno alla con­ nessione medesima - l'essere connesso - o anche al suo cambiamento di grado, può essere collegata una conseguenza c. Non è necessario sviluppare oltre questa considerazione. Il suo principio consiste nel tener ferma questa proposizione: « Ciò che un agente tende ad operare, dev' essere determinato dal concetto dell'agente >>; questo principio non va applicato, come vogliono Leibniz e Spinoza, a degli enti con una molteplicità di determinazioni, ma a fonda­ menti reali, dotati della massima semplicità possibile. In tedesco si è soliti tradurre sia actio che effectus con Wirkung. Poiché il termine nel secondo significato è più frequente, si genera facilmente una certa confusione, quando lo si usa per actio, come ad esempio nella traduzione corrente di