Storia militare della seconda guerra mondiale 8804421517

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Storia militare della seconda guerra mondiale
 8804421517

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Oscar storia

BIRCH

Storia militare della Seconda

guerra mondiale Traduzione di Vittorio Ghinelli

OSCARMONDADORI

© Lady Liddell Hart 1970

© per le cartine: Cassell and Co. Lid. 1970 Titolo originale dell’opera: History of the Second World War © 1970 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano

I edizione Le Scie novembre 1970

Tedizione Oscar saggi febbraio 1996 ISBN 88-04-42151-7

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Questo volume è stato stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento NSM - Cles (TN)

Stampato in Italia - Printed in Italy

Ristampe:

7(PR: gi = SONDA | i A | SO FO Velt 2001

2002

2003

2004

La prima edizione Oscar storia è stata pubblicata in concomitanza

con la prima ristampa di questo volume

http://www.mondadori.comilibri

CELL

DIS

STORIA MILITARE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

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i

PREFAZIONE

Quando Desmond Flower, presidente della Casa editrice Cassell, mi ha chiesto di scrivere la prefazione alla Storia militare della seconda guerra mondiale

di mio

marito,

mi sono

resa

per ringraziare tutti coloro che avevano

immediatamente

conto

che,

contribuito alla preparazione

| del libro, sarebbe stato necessario rivolgersi con gratitudine a centinaia

di persone, dai marescialli di campo ai soldati semplici, ai professori, agli studenti, agli amici con cui Basil si era trovato in contatto durante

la sua vita di ricercatore. Nella premessa ai suoi Memoirs aveva scritto: « L'aspetto più felice delle memorie è il ricordo delle amicizie, e in questo io sono stato molto fortunato ». Anche questa Storia ha tratto benefici e vantaggi dalle amicizie. Basil aveva, fin da ragazzo, la passione dei giochi di guerra, e conservava a questo proposito appunti e ritagli di giornali, come faceva anche per ciò che riguardava le origini dell’aviazione, quando i piloti erano gli eroi della sua fantasia di scolaro. Questa abitudine gli rimase per tutta la vita e la estese a tutta una gamma sempre crescente di interessi, in modo che alla sua morte lasciò centinaia di migliaia di ritagli, lettere, appunti, opuscoli e altro materiale del genere, su argomenti diversissimi, dalla guerra delle truppe corazzate alle varie mode

del vestire.

Col passare degli anni, prese a registrare, sotto forma di

diario, o, come li chiamava lui, di « appunti di conversazione », le discus-

stoni avute su argomenti che gli stavano particolarmente a cuore. E la stesura di questi appunti avveniva subito dopo l'avvenimento, appena possibile. Il suo primo libro del dopoguerra fu 'The Other Side of the Hill, in cui parla dei colloqui che aveva avuto con i generali tedeschi prigio-

nieri di guerra in Inghilterra. Mo!ti avevano letto i suoi libri prima del conflitto ed erano più che disposti a discutere con lui sulle loro VII

PREFAZIONE

campagne. Nel dicembre del 1963, ripensando al passato, scrisse « Una nota sul come e perché scrissi questo libro ». E în essa spiega perché attribuiva tanto valore a questo tipo di documentazione: Studiando gli avvenimenti della prima guerra mondiale, fra il 1920 e il 1999, mi resi conto delle difficoltà che ostacolavano la storia, perché nessuno era stato in grado di accertare e registrare, in modo indipendente

e con

una

formazione

storica,

ciò

che

effettivamente

stavano

pensando, a quel tempo, i capi militari, un documento chiave sul quale poi fare raffronti con le « memorie » scritte in seguito. Giacché appare più che mai evidente che le memorie di coloro che parteciparono

a eventi

drammatici

retrospettiva, man

mano

assumono

colorazioni

o

deformazioni,

in

che gli anni passano. E inoltre, i documenti

ufficiali spesso non rivelano i loro reali obiettivi, mentre talora sono addirittura stesi in modo da occultarli. Così, durante la seconda guerra mondiale, facendo visita ai comandanti britannici e alleati, presi abbondanti « appunti storici » in merito ai colloqui avuti con loro, tenendo particolarmente conto delle loro opinioni del momento, come supplemento destinato a integrare la documentazione effettiva, e come mezzo di raffronto con le memorie e i

resoconti che avrebbero scritto in seguito. Alla fine della guerra ebbi quasi subito l’occasione di interrogare i comandanti tedeschi allora prigionieri, ed ebbi con loro molte e lunghe discussioni in merito alle operazioni che li riguardavano e anche

su argomenti

più vasti.

E mentre,

ovviamente,

questa inchiesta

non poté essere altrettanto contemporanea, né gettar luce su quel che avevano

pensato

prima

di un

particolare

avvenimento,

o una

certa

decisione, si trattò pur sempre di un documento che precedette l’annebbiamento dei ricordi dovuto al trascorrere del tempo, mentre i loro resoconti potevano essere confrontati che con i documenti veri e propri.

con

quelli di altri testimoni,

oltre

I lettori di questa Storia potranno rilevare, dai riferimenti e dalle an-

notazioni relative a questi col'oqui, come essi abbiano resistito alla prova del tempo e dei continui controlli che Basil: effettuava da un anno all’altro. Nei primi giorni del 1946 i colonnelli comandanti del Royal Tank è

VIII

PREFAZIONE

Regiment chiesero a Basil di scrivere la storia del reggimento e dei suoi predecessori, nel periodo riguardante le due guerre mondiali e gli anni fra le medesime. Fu un lavoro monumentale, che richiese parecchi anni, e il libro non venne pubblicato dalla Cassell fino al 1958. Ma le ricerche necessarie all'opera The Tanks furono di grande aiuto a Basil quando si trattò di scrivere questa Storia, perché era venuto personalmente a contatto con molti giovani ufficiali che si erano battuti da entrambe

le parti, e aveva

potuto

discutere

lungamente

con

amici vecchi e provati come î marescialli Montgomery, Alexander e Auchinleck, molti generali carristi, e molti generali tedeschi « dell’altro lato della collina ». Dopo il 1946, ufficiali israeliani di ogni grado vennero a consultarsi con

Basil in merito

alla formazione

del loro esercito.

Fra

loro c’era

Yigal Allon, che divenne nostro intimo amico, e fu proprio lui a scrivere la famosa e tanto citata dedica sulla sua foto nella biblioteca di States House: « Al capitano che insegna ai genera" ». Nel 1961 a Basil venne chiesto di recarsi in Israele per tenere lezioni alle forze armate e nelle università. Questi suoi insegnamenti sono stati molto lodati, e Basil diceva

spesso, con

un

certo rammarico,

che tedeschi

e israeliani

erano allievi molto più attenti e meritevoli che non i suoi stessi compatrioti. Nel 1951 Frau Rommel chiese a mio marito se avrebbe voluto curare la pubblicazione dei carteggi e delle memorie del feldmaresciallo. Basil accettò e ne nacque una calorosa amicizia, fra noi, la vedova di Rommel,

suo figlio Manfred e il generale Bayerlein, che era stato capo di stato maggiore di Rommel, e anche con Mark Bonham Carter della Collins, che ne fu il valentissimo curatore editoriale. Nel r952 Basil tenne lezioni ai War Colleges in Canada e negli Stati Uniti. Furono

mesi faticosi, ma utili, perché gli consentirono

di incon-

trarsi con amici del tempo di guerra di entrambe le nazioni, e di farsene di nuovi. Fra gli onori che ricevette, quello che gli diede maggior piacere fu la nomina a membro onorario del corpo dei marines USA, e portò fino alla morte, tutti i giorni, la spilla da cravatta che gli venne consegnata in quella occasione. Nel 1965, a Davis, la University of California gli chiese di tenere un corso di storia come

Visiting Professor: così, all’età di settant'anni, Basil di1xX

PREFAZIONE

venne professore e tenne conferenze e lezioni sulle due guerre mondiali. Fu un’esperienza interessante, che gli piacque molto, ma sfortunatamente la sua permanenza venne interrotta e ridotta di parecchi mesi da una operazione molto seria che impose il suo ritorno in Inghilterra. Poco prima di morire pensava — malgrado il parere contrario del suo medico curante — di tornare negli Stati Uniti, nell’aprile del 1970, per una serie di lezioni sulla strategia, accettando

l’invito dell’U.S.

Naval

War College. Una parte essenziale dell’attività di Basil consisteva nel viaggiare: accettò molti inviti a visitare nazioni europee e a tenere lezioni e corsi in varie scuole di guerra. Era un acuto lettore di carte militari e il suo vivace resoconto delle battaglie di Sherman nella Guerra Civile americana fu scritto sulla base di un accurato studio di carte molto particolareggiate, assai prima della sua visita ai campi di battaglia degli Stati del Sud. Dopo l’ultima guerra, ci recammo quasi ogni anno nell’Europa occidentale per studiare campi di battaglia e le spiagge di sbarco, a far visita a vecchi amici, e a controllare,

carte alla mano,

dati e

documenti per questa Storia. Gli piaceva la campagna, amava le cattedrali e la buona tavola, e durante i nostri viaggi mettevamo in auto, alla rinfusa, la guida Michelin, le carte topografiche e militari, e le guide turistiche; poi toccava a me, annotare, sotto dettatura, accurati appunti

quotidiani riguardanti il terreno, quel che avevamo mangiato, e î particolari architettonici delle chiese. Il tutto doveva poi venire archiviato nella nostra sempre crescente biblioteca, al ritorno a casa. Basil ha sempre criticato gli storici ufficiali della Grande Guerra, sostenendo che qualche volta la parola « ufficiale » cancellava la parola « Storia », ma ha avuto molta stima per la maggior parte di coloro che hanno scritto sulla seconda guerra mondiale, e il suo archivio è pieno di

corrispondenza con molti autori del nostro paese, del Commonwealth e dell'America. L’amicizia con gli storici — quelli giovani in partico'are — e con gli studenti di tutto il mondo arricchì la sua vita e Basil trascorse molto tempo a leggere e ad annotare criticamente bozze delle loro tesi e dei loro volumi, rinunciando anche, con animo lieto, al lavoro personale. E, come uno di loro, Ronald Lewin, ebbe a scrivere: «.... imparti lodi

soltanto quando a suo giudizio gli sembravano

meritate, senza rispar-

miare le critiche più dure se riteneva che ci fossero errori, sia d’opinione sia relativi ai fatti ». Giovani docenti, accademici, autori, giornax

PREFAZIONE

listi — e non soltanto giovani — venivano a lavorare nella nostra biblioteca e a esaminare libri e documenti che mettevamo a loro disposizione. Basil faceva lezione in qualunque momento, di giorno o di notte, a tavola 0 passeggiando in giardino. Correlli Barnett, il generale André Beaufre, il colonnello Henri Bernard, Brian Bond, Alan Clark, il colonnello A. Goutard, Alistair Horne, Michael Howard, Robert O’Neill, Peter Paret, Barrie Pitt, W.R. Thompson, Michael

Wil'iams sono soltanto alcuni fra î più noti storici contemporanei che vennero

da noi in un primo tempo per discutere e lavorare, poi intrat-

tennero con noi una corrispondenza regolare, e infine, con nostra grande gioia, tornarono

vaas

e Don

a trovarci

Schurman,

come

amici.

Molti

altri, come

con le rispettive famiglie, venivano

Jay Lu-

dall’Ame-

rica e dal Canada e divennero nostri amici affettuosi.

Di conseguenza questa Storia deve molto a tutti costoro, e alle centinaia di persone in molti altri campi, al di fuori di quelli della strategia e della difesa, con cui Basil venne a contatto, persone che non ho nominato ma che, sono certa, sapranno perdonarmi. Nessuno più di Basil era convinto del fatto che un insegnante impara dai suoi al'ievi,

e i suoi allievi e amici erano persone quanto mai valide e stimolanti. Mentre scriveva questa Storia, Basil aveva a'cuni assistenti bravissimi, Christopher Hart, poi Peter Simkins, ora all’Imperial War Museum,

Paul Kennedy, che svolse un apprezzato lavoro sulle campagne del Pacifico, e Peter Bradley, che contribuì alla stesura dei capitoli relativi all’aviazione. Molte segretarie lavorarono con grande alacrità nel corso degli anni e il loro interesse e la loro pazienza, ne'lo scrivere e riscrivere

a macchina

le successive stesure della Storia, facilitarono molto il lavoro di Basil. La signorina Myra Thomson (oggi signora Slater), lavorò con noi per otto anni, all’epoca in cui abitavamo

a Wolwerton

Park. In seguito, a

States House, le signore Daphne Bosanquet e Edna Robinson ci diedero ogni possibile aiuto e nell’ultima fase di preparazione di questa Storia fu molto apprezzato il lavoro delle signore Wendy Smith, Pamela Byrnes e Margaret Haws.

Tra i numerosi altri, ricordo i dirigenti e il personale della Cassell, casa editrice dell'edizione inglese della Storia. Desmond Flower ci commissionò il libro nel 1947 e ha atteso pazientemente che fosse finito. XI

PREFAZIONE

La mia gratitudine va anche a David Higham, non soltanto per essere stato l'agente letterario di molti libri di Basil, ma per l’amicizia che ci ha dimostrato per tanti anni. Vorrei anche ringraziare la direzione e il personale del'a tipografia Clowes,

e soprattutto

Bill. Raine,

dello

stabilimento

di Beccles,

per

l'interesse dimostrato al libro, la bella qualità della stampa, e la puntualità

della consegna,

sia stata la Clowes

nonostante

a. stampare

le molte

difficoltà.

Sono

lieta che

questa Storia, che è l’ultimo

libro di

Basil, dato che fu proprio la Clowes alla quale si rivolse, nel 1921, per

stampare uno dei suoi primi libri, Science of Infantry Mi associo alla casa editrice nel ringraziare le persone generosità hanno letto vari capitoli dell’opera, o il suo prima 0 dopo la morte di Basil, e che hanno potuto

Tactics. che con tanta testo completo, giovarle con le

loro critiche: G.R. Atkinson, Brian Bond, Noble Frankland, ammiraglio di divisione sir Peter Gretton, Adrian Liddell Hart, Malcolm Mackintosh, capitano Stephen Boskill, ammiraglio di divisione Brian

Schofield, tenente colonnello Albert Seaton, generale di divisione sir Kenneth Strong e M.J. Williams. Alcuni di essi hanno generosamente

permesso a Basil di citare brani dei loro vo'umi, e il colonnello Seaton addirittura prima che il suo fosse pubblicato. Il mio ringraziamento vada anche ad Ann Fern e Richard Natkiel per il lavoro svolto, rispettivamente per la ricerca e per i disegni delle cartine; e ancora una volta grazie alla signorina Hebe Jerro!d, che, nono-

stante la fretta, ha steso un eccellente indice. Fra tutte le numerose persone che ci hanno aiutato merita conoscimento particolare Kenneth Parker della Cassel, amico sil, che ha avuto il difficile incarico di riordinare la Storia pubblicazione,

dopo

la morte

di mio

marito.

Senza

un ridi Ba-

per la di lui, il volume

sarebbe uscito con un ritardo ancor maggiore. Nella premessa ai suoi Memoirs,

Basil aveva

scritto

di «aver

avuto

la fortuna

di trovare

un

editor molto efficiente, intelligente ed esigente, col quale è stato un vero piacere lavorare ». A queste parole vorrei aggiungere la mia speciale gratitudine per il lavoro dedicato al presente volume.

Basil aveva pochi mezzi personali, e pertanto le ricerche per questa Storia sono state sempre rallentate e ostacolate dal'a necessità di guadagnarsi da vivere facendo il giornalista, e scrivendo altri libri, di più XII

PREFAZIONE

facile stesura e più rapida pubblicazione. Venne aiutato, fra il 1965 e il 1967, da un contributo della Wolfson Foundation, e lo confortò molto l’interesse che Leonard Wolfson dimostrò a questa Storia. Altri aiuti vennero da altra fonte nel 1961, quando il King's College di Londra,

dove Michael

Howard

era al'ora direttore

della Sezione Studi

Militari, rese generosamente possibile la trasformazione delle scuderie di States House in biblioteca, e su quello che era il fienile venne costruito un piccolo appartamento per gli storici in visita. Questo accrebbe grandemente il nostro spazio di lavoro e migliorò la sistemazione degli studiosi. Inoltre le autorità fiscali, in tutti e tre i centri in cui abitammo

durante

questi anni, ci permisero di vivere e lavorare

in Gran Bretagna, grazie alla loro comprensione della natura e dei problemi dei lavoro di Basil. Senza di essa, saremmo stati costretti ad andare all’estero, e la Storia, oltre a una gran parte dell'attività di Basil,

sta lavori sia insegnamento, ne avrebbe sofferto. A tutti coloro che «ci hanno aiutato », dunque, citati e non prefazione, vorrei che questo libro fosse dedicato.

in questa

Kathleen Liddell Hart States House Medmenham,

Bucks., England luglio 1970

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Parte prima

IL PRELUDIO

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I

GLI EVENTI CHE FECERO PRECIPITARE LA GUERRA

Il 1° aprile 1939 i giornali di tutto il mondo

pubblicarono la notizia

che il Gabinetto di Neville Chamberlain, rovesciando la precedente politica di non ingerenza e di pace a ogni costo, aveva deciso che, al fine di assicurare il mantenimento della pace in Europa, la Gran Bretagna sarebbe scesa in campo a fianco della Polonia qualora la Germania ne avesse in qualunque modo minacciato l’integrità territoriale. Tuttavia, nonostante

questa presa di posizione, il 1° settembre le truppe

hitleriane attraversavano la frontiera polacca. Due giorni più tardi, ‘dopo aver invano sollecitato il ritiro delle forze di invasione tedesche, Gran Bretagna e Francia scendevano a loro volta in campo. Si era aperta così un’altra guerra europea: una guerra destinata ad allargarsi in una seconda guerra mondiale. Gli Alieati occidentali entrarono in guerra con un duplice obiettivo. Se infatti lo scopo immediato del loro intervento era di mantenere fede

all'impegno di preservare l’indipendenza della Polonia, lo scopo ultimo era di eliminare una potenziale minaccia rivolta contro la loro stessa sicurezza. Il risultato fu un completo fallimento. Per quanto riguarda il primo obiettivo, le potenze occidentali non soltanto non poterono impedire che la Polonia fosse rapidamente travolta e spartita fra Germania e Russia, ma dopo sei anni di guerra conclusasi con un’apparente vittoria furono costrette ad accettare tacitamente la dominazione russa della Polonia, contravvenendo a tutte le promesse fatte ai polacchi che avevano combattuto al loro fianco. D'altra parte tutti gli sforzi compiuti per distruggere la Germania hitleriana ebbero come risultato quello di lasciare esposte le potenze occidentali a una nuova e ancor più grave minaccia: proprio quando, devastata e indebolita dalla guerra, l’Europa vedeva di molto diminuita la sua capacità di resistenza; e anche la Gran Bretagna era ormai ridotta,

L’Europa allo scoppio

della guerra

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IL

PRELUDIO

subendo un destino del tutto simile a quello dei suoi vicini europei, a svolgere il ruolo di « parente povero » degli Stati Uniti. Ecco la triste realtà di quella vittoria perseguita con tanta accanita speranza

e ottenuta

a prezzo

di tanti sacrifici;

e solo dopo che Russia

e

America ebbero gettato sul. piatto della bilancia tutto il peso della loro . . ° enorme potenza. L'esito della guerra dimostrò ancora una volta quanto illusoria sia la convinzione popolare secondo cui « vittoria » significa pace. Valse, invece, a confermare che essa è solo un « miraggio nel deserto »: il deserto che una lunga guerra, tanto più se combattuta con armi moderne

e metodi

illimitati,

si lascia inevitabilmente

i

alle spalle. |

Prima di occuparsi delle cause della guerra è opportuno fare l’inventario delle sue conseguenze: è infatti probabile che l’individuazione degli effetti provocati dalla guerra spiani la via a un più realistico esame dei fattori che la provocarono. Ai fini del processo di Norimberga poteva bastare l’ipotesi che tanto lo scoppio della guerra quanto tutte le successive implicazioni fossero attribuibili esclusivamente all’aggressione hitleriana. Ma questa è una spiegazione troppo semplice e superficiale. L'ultima cosa che Hitler voleva era un’altra grande guerra. Il suo popolo, e specialmente i suoi generali, erano atterriti dall'idea di correre un simile rischio: le esperienze della prima guerra mondiale avevano lasciato nell'animo dei tedeschi profonde cicatrici. Mettere in luce questi fatti basilari non significa passare un colpo di spugna sull’intrinseca | aggressività di Hitler, né su quella di molti tedeschi che furono ben | lieti di lasciarsi guidare da lui. Ma nonostante la sua totale mancanza di scrupoli, è indubbio che per lungo tempo Hitler perseguì i suoi obiettivi con grande cautela. E ancora più cauti, e timorosi di prendere decisioni dalle quali potesse scaturire un conflitto generale, erano i capi militari. Gli archivi tedeschi, caduti in gran numero in mano alleata dopo la guerra e quindi accessibili allo studioso che desideri consultarli, rivelano l’esistenza di un diffuso e radicato senso di sfiducia nella capacità della Germania di combattere una guerra su vasta scala. Questo stato d'animo faceva sì che gli sviluppi della situazione politica europea e mondiale fossero seguiti con grandissima apprensione. Quando nel 1936 Hitler decise di rioccupare la zona smilitarizzata della %

6

GLI

EVENTI

CHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

Renania, i suoi generali furono allarmati dalla possibilità che questa mossa provocasse una ferma reazione da parte francese. Fu appunto in seguito alle loro proteste che in un primo momento l’operazione — sintomo premonitore di ben più gravi sviluppi — fu affidata a poche, quasi simboliche, unità. Quando poi Hitler espresse il proposito di inviare truppe a dar manforte a Franco nella guerra civile spagnola, i capi militari fecero sentire nuovamente

la loro voce, sottolineando

i rischi che

la cosa comportava e riuscendo infine a ottenere che la partecipazione tedesca venisse alquanto ridotta. Al contrario, Hitler non tenne in nes-

sun conto i timori dei suoi generali nel marzo

1938, quando le truppe

tedesche entrarono in Austria. Poco tempo dopo, quando Hitler lo mise al corrente della sua intenzione di esercitare pressioni sulla Cecoslovacchia per indurla a restituire i Sudeti alla Germania, il capo di stato maggiore generale, generale Beck, si affrettò a redigere un memorandum nel quale affermava che l’aggressivo programma espansionistico di Hitler era destinato a provocare una catastrofe di dimensioni mondiali, nonché la rovina della Ger-

mania stessa. Il documento riunione

di eminenti

venne esaminato nel corso di un’apposita

generali

e, ottenuta

l’approvazione

generale,

fu

inviato a Hitler. Ma poiché questi non dava alcun segno di voler cambiare politica, il capo di stato maggiore generale rassegnò le sue dimissioni. Hitler tentò di rassicurare gli altri generali spiegando che Francia e Gran Bretagna non sarebbero certo scese in campo per difendere la Cecoslovacchia; ma così scarso fu l’effetto di questi discorsi, che allo scopo di prevenire il rischio di una guerra i capi militari progettarono addirittura di ribellarsi, arrestando Hitler e gli altri capi nazisti. Ben presto, tuttavia, gli eventi svuotarono di ogni significato il loro contro-piano: Chamberlain aderì alle pretese avanzate da Hitler sulla Cecoslovacchia, e d’accordo con i francesi si assoggettò a restarsene in disparte mentre Quell’infelice paese si vedeva strappare una vasta porzione del suo territorio con tutte le installazioni difensive che esso ospitava. Per Chamberlain il patto di Monaco significava « pace per la nostra epoca ». Per Hitler esso significò un ulteriore e più decisivo trionfo non soltanto sugli avversari stranieri, ma anche sui suoi stessi generali. Costretti a riconoscere che la fondatezza dei loro pessimistici ammoni-

IL

PRELUDIO

menti veniva ogni volta smentita da un successo incontrastato e incruento, essi dovettero rassegnarsi a una progressiva diminuzione della loro capacità di incidere sulla situazione. Non meno naturale era che Hitler stesso finisse col riporre eccessiva fiducia nella possibilità che quella serie di facili successi continuasse indefinitamente. Anche quando dovette prendere atto che ulteriori gesti avventati avrebbero potuto far scoppiare una guerra, egli continuò a credere che si sarebbe trattato

di una guerra breve e su scala ridotta: l’effetto cumulativo di quei primi, inebrianti successi non poteva che essere quello di spazzare via dalla sua mente ogni eventuale dubbio. Se davvero avesse pensato a una guerra generale destinata a coinvolgere la Gran

Bretagna,

è ovvio

che

Hitler

avrebbe

fatto tutto

il possibile

per mettere a punto una marina da guerra in grado di contendere alla Gran Bretagna l’incontrastata supremazia di cui essa godeva sui mari. In realtà, non la portò neppure al limitato potenziale previsto dal trattato navale anglo-tedesco del 1935, e non perse occasione per rassicurare i suoi ammiragli che non esisteva alcun rischio di una guerra con la Gran Bretagna. Ancora dopo Monaco egli ribadiva che nei piani strategici della marina da guerra tedesca si doveva escludere la possibilità di un conflitto con la Gran Bretagna per almeno altri sei anni. Persino nell’estate del 1939 — l’ultima volta, addirittura il 22 agosto — egli ribadì, anche se forse con sempre minor convinzione, questa sua tesi rassicurante. Come poté accadere, dunque, che Hitler si trovasse coinvolto in quella guerra di proporzioni mondiali che pure era stato così ansioso di prevenire? La risposta deve essere cercata non tanto — o, almeno, non esclu-

sivamente — nell’aggressività di Hitler, quanto piuttosto nel fatto che dopo aver a lungo incoraggiato con il loro atteggiamento compiacente la politica tedesca, nella primavera del 1939 le potenze occidentali decisero improvvisamente di adottare una politica di rigida intransigenza. Un cambiamento di politica tanto brusco e imprevedibile da rendere inevitabile la guerra. È evidente che se noi vediamo qualcuno intento a caricare il fornello di una caldaia e lo lasciamo fare, decidendoci a intervenire solo quando la pressione del vapore ha superato il livello di pericolo, l’effettiva responsabilità di un’eventuale esplosione ricade su di noi. Questa elemenÈ

8

GLI

EVENTI

CHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

tare verità delle scienze fisiche è perfettamente applicabile alle scienze politiche, e in particolare alla condotta degli affari internazionali. Fin da quando nel 1933 Hitler era salito al potere, i governi inglese e francese avevano concesso a questo pericoloso autocrate molto più di quanto non fossero mai stati disposti a concedere ai precedenti governi democratici della Germania. Si direbbe che essi non volessero lasciarsi sfuggire neppure un’occasione per dimostrare fino a che punto fossero inclini a evitare guai e ad accantonare ogni problema che apparisse di non facile soluzione, per preservare, alle spese di quello futuro, il loro presente benessere. Hitler, d’altra parte, andava escogitando per i suoi problemi soluzioni anche troppo logiche. In sostanza, il corso della sua politica si ispirava ad alcuni principi che nel novembre del 1937 egli enunciò infine compiutamente

in un

« testamento », una

versione

del quale giunse fino a

noi grazie al cosiddetto « Hossbach Memorandum ». L’idea di fondo era che per assicurare alla sua crescente popolazione un tenore di vita’ almeno pari a quello di cui già godeva, la Germania aveva un assoluto bisogno di altro Lebensraum: spazio vitale. La Germania non poteva sperare di rendersi autosufficiente, specie per quanto riguardava l’approvvigionamento

di generi

alimentari.

Né,

d’altra

parte,

poteva

procurarsi ciò di cui aveva bisogno acquistandolo da altri paesi, perché ciò avrebbe implicato spese maggiori di quelle che il paese poteva permettersi. La possibilità di conquistare una posizione di maggiore rilievo nel commercio e nell’industria mondiale era virtualmente preclusa dalle barriere tariffarie con cui gli altri paesi proteggevano le proprie strutture economiche, nonché dalle difficoltà finanziarie dalle quali la Germania sembrava incapace di uscire. Inoltre il metodo di approvvigionarsi dei necessari generi alimentari acquistandoli all’estero avrebbe collocato la Germania in una posizione di grave dipendenza da altri paesi, lasciandola quindi esposta al pericolo di doversi arrendere per fame in caso di guerra. La conclusione cui Hitler giungeva era che la Germania doveva procurarsi altro « spazio utile dal punto di vista agricolo » nelle scarsamente popolate regioni dell'Europa orientale. Ma sarebbe stato sciocco sperare che una simile operazione potesse riuscire indolore. « La storia di tutti i tempi — Impero romano, Impero britannico — ha dimostrato

IL

PRELUDIO

che un'espansione territoriale può essere realizzata soltanto piegando la resistenza di altri e correndo dei rischi... Né in passato né ai giorni nostri è mai accaduto che qualcuno abbia trovato uno spazio che non avesse un proprietario. » Il problema avrebbe dovuto essere risolto al più tardi entro il 1945. «Oltre tale scadenza non potremmo che aspettarci un cambiamento per il peggio », dovendo la Germania fare i conti con la chiusura di ogni possibile sbocco e con un’imminente crisi alimentare. Anche se queste idee andavano ben oltre l’iniziale desiderio di Hitler di riprendersi il territorio sottratto alla Germania dopo la prima guerra mondiale, non è affatto vero che gli statisti occidentali ne fossero tanto all’oscuro quanto in seguito pretesero. Nel 1937-1938 molti di loro dimostravano nelle discussioni private — anche se naturalmente si guardavano bene dal farlo in pubblico — la tendenza ad affrontare il problema

con

aperto

realismo,

e anzi

negli

ambienti

governativi

in-

glesi non erano certo in pochi a sostenere l'opportunità di permettere alla Germania di espandersi verso est, eliminando così ogni pericolo

per i paesi dell'Europa occidentale. Si dimostrava molta comprensione nei confronti

di Hitler e del suo

desiderio

di Lebensraum,

e glielo si

faceva sapere. Ma naturalmente si tendeva a eludere la questione più importante: come indurre gli abitanti di quelle terre ad accettare una simile soluzione, se non ricorrendo alla minaccia di imporla con la forza. I documenti tedeschi rivelano che Hitler trasse particolari motivi di incoraggiamento dalla visita che lord Halifax gli fece nel novembre del 1937. Halifax era allora Lord President of the Council, carica che nel Gabinetto inglese era seconda per importanza soltanto a quella del pri mo ministro. Secondo la versione del colloquio contenuta nei documenti tedeschi, Halifax fece capire a Hitler che la Gran

Bretagna gli avrebbe

lasciato mano libera nell'Europa orientale. Può darsi che lo statista inglese non intendesse dire proprio quello, ma certo questa fu l’impressione che egli diede: un'impressione che si sarebbe poi dimostrata d’importanza cruciale. Poi, nel febbraio del 1938, dopo ripetuti disaccordi con Chamberlain — che in risposta a una sua ennesima protesta gli aveva detto di « andarsene a casa e prendere un’aspirina » — Anthony Eden decise di ras% 10

si

GLI

EVENTI

CHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

segnare le sue dimissioni da ministro degli Esteri. A succedergli al Foreign Office fu chiamato Halifax. Pochi giorni dopo l'ambasciatore inglese a Berlino, sir Neville Henderson, propose a Hitler un colloquio confidenziale che avrebbe dovuto essere una specie di continuazione della conversazione di novembre con Halifax; com’era naturale, Hender-

son non fece che ribadire che il governo inglese nutriva molta comprensione per il desiderio di Hitler di « cambiamenti in Europa » a vantaggio della Germania. (« L’attuale governo inglese si ispira a un profondo senso della realtà », furono le sue testuali parole.) Come i documenti dimostrano, furono questi avvenimenti che convinsero Hitler ad accelerare l’attuazione dei suoi piani. Egli pensò di aver finalmente ricevuto il segnale di via libera: sulla strada che portava verso est il semaforo era passato al verde (e dal suo punto di vista si trattava indubbiamente della conclusione più naturale). Un ulteriore incoraggiamento Hitler lo ricevette dal modo accomodante con cui i governi inglese e francese accettarono l'occupazione dell’Austria e la sua annessione al Reich tedesco. (Il solo contrattempo di quella facile operazione fu costituito dal fatto che lungo la strada per Vienna molti dei suoi carri armati furono bloccati da guasti.) E ancora più rassicurato dovette certo sentirsi quando venne a sapere che Chamberlain e Halifax avevano respinto le proposte, avanzate dai russi dopo quel suo colpo di mano, di avviare consultazioni su di un piano di sicurezza collettiva capace di arginare l'avanzata tedesca. A questo punto si deve aggiungere che quando nel settembre del 1938 la Germania decise di stringere i tempi a proposito della questione cecoslovacca, il governo russo rese nota ancora una volta, per mezzo di canali sia pubblici sia privati, la sua disponibilità a prendere accordi con i governi francese e inglese per l'attuazione di misure volte a difendere il paese minacciato. Non solo questa nuova proposta fu ignorata, ma

la Russia fu anche

ostentatamente

esclusa dalla conferenza

di

Monaco nella quale fu deciso il destino della Cecoslovacchia. L’anno successivo questo atteggiamento di freddezza e indifferenza da parte delle potenze occidentali avrebbe avuto conseguenze fatali. Dopo l’arrendevolezza con la quale gli inglesi avevano mostrato di accettare la sua idea di espandersi a est, Hitler fu spiacevolmente sor11

IL

PRELUDIO

preso dalla loro energica reazione e dalla loro decisione di procedere a una parziale mobilitazione delle forze armate quando, in settembre, pensò fosse giunto il momento di chiudere la prima parte dell’operazione. Ma quando poi Chamberlain si piegò alle sue richieste, aiutandolo anzi attivamente a imporre alla Cecoslovacchia le sue condizioni. Hitler si convinse che quella momentanea minaccia di resistenza doveva essere interpretata come un naturale tentativo di salvare la faccia, di rispondere alle critiche di quella larga parte dell'opinione pubblica inglese guidata da Winston Churchill che era contraria alla politica conciliante e remissiva del governo. Un analogo effetto incoraggiante ebbe su di lui la passività dei francesi. Dal momento che si erano dimostrati così pronti ad abbandonare al suo destino l’alleata Cecoslovacchia, che pure tra tutte le potenze minori era quella che possedeva l’esercito più efficiente, appariva improbabile che in futuro le due potenze occidentali sarebbero state disposte a entrare in guerra per difendere uno qualsiasi dei restanti anelli della loro ormai vacillante catena di alleanze nell’Europa orientale e centrale. Hitler giunse così a convincersi che nulla gli avrebbe impedito di completare al più presto l'eliminazione della Cecoslovacchia, per poi dare il via alle successive fasi della prevista espansione verso est. In un primo tempo egli non pensò di agire contro la Polonia, nonostante che a questo paese fosse toccato il più esteso tra i territori sottratti alla Germania dopo la prima guerra mondiale. Come l'Ungheria, anche la Polonia gli era stata utile per minacciare la Cecoslovacchia alle spalle e-indurla così a piegarsi alle sue richieste; tra l’altro, la Polonia aveva sfruttato l’occasione favorevole per impadronirsi di una porzione di territorio ceco. Per il futuro Hitler era propenso ad accettare la Polonia come una specie di « socio minore », a condizione che essa restituisse il porto tedesco di Danzica e concedesse alla Germania libertà di accesso alla Prussia orientale attraverso il « corridoio » polacco. Data la situazione, per Hitler si trattava di una richiesta assai moderata. Ma nel corso delle discussioni che si svolsero durante quell'inverno Hitler dovette constatare che i polacchi erano ostinatamente decisi a non fargli alcuna concessione di questo genere, e che avevano un'idea alquanto esagerata della loro forza economico-militare. Nonostante questi contrattempi egli continuò a sperare che con ulteriori % 12

GLI

EVENTI

CHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

negoziati sarebbe stato possibile ridurre i polacchi alla ragione. Ancora il 25 marzo egli disse al suo comandante in capo dell’esercito di « non voler risolvere il problema di Danzica con l’impiego della forza ». Ma poi un imprevisto passo inglese che fece seguito a un suo nuovo passo in un’altra direzione lo indusse a cambiare idea. Nei primi mesi del 1989 i capi del governo inglese si sentivano più soddisfatti di quanto non fossero ormai da lungo tempo. Essi si cullavano nella convinzione che le loro accelerate misure di riarmo, il programma di riarmo dell'America e le difficoltà economiche in cui si dibatteva la Germania fossero altrettanti elementi che contribuivano a rendere la situazione meno pericolosa che nel passato. Il 10 marzo in privato Chamberlain disse di ritenere che le prospettive di pace erano migliori che mai, esprimendo addirittura la speranza che prima della fine dell’anno si sarebbe riusciti a convocare una nuova conferenza per il disarmo,

Il giorno dopo sir Samuel

Hoare,

predecessore

di Eden

al

Foreign Office e ora ministro degli Interni, disse pubblicamente di avere

buone ragioni di sperare che il mondo stesse per entrare in una « nuova età dell’oro ». I ministri andavano assicurando amici e critici che, a° causa della difficile situazione economica in cui si trovava, la Germania

non era in grado di intraprendere una guerra, e che anzi sarebbe stata costretta ad accettare le condizioni imposte dal governo inglese in cambio dell’aiuto che esso le offriva sotto forma di un trattato commerciale. Due ministri, Oliver Stanley e Robert Hudson, stavano recandosi a Berlino appunto per sistemare la faccenda. Quella stessa settimana il « Punch » pubblicò una vignetta nella quale si vedeva « John Bull » svegliarsi con un sospiro di sollievo da un brutto incubo, mentre la recente « paura della guerra » si dileguava uscendo in volo dalla finestra. Forse mai in passato era accaduto che gli ambienti ufficiali si lasciassero andare a un’ondata di assurdo ottimismo come quella che caratterizzò la settimana che si concluse con le « idi di marzo » del 1939.

Nel frattempo i nazisti si erano dati da fare per fomentare l’attività di movimenti separatisti in Cecoslovacchia, con l’intento di accelerarne dall’interno il processo di disgregazione. Il 12 marzo, dopo che il loro leader, monsignor Tiso, si era recato a Berlino per conferire con Hitler, gli slovacchi si proclamarono indipendenti. Dimostrandosi ancor meno 13

ll, PRELUDIO

avveduto, il ministro degli Esteri polacco, colonnello Beck, si affrettò a esprimere tutta la propria simpatia nei confronti degli slovacchi. Il 15, in seguito all’accoglimento da parte del presidente ceco della richiesta di Hitler di trasformare la Boemia in un « protettorato » del Reich e quindi di occupare militarmente il paese, truppe tedesche entrarono a Praga. L'autunno precedente, e cioè nel periodoin cui aveva avuto luogo la conferenza di Monaco, il governo inglese si era impegnato a salvaguardare l'indipendenza della Cecoslovacchia in caso di aggressione. Ma alla Camera dei Comuni Chamberlain disse di considerare annullato quell’impegno in seguito alla secessione della Slovacchia, e di non sentirsi quindi tenuto a rispettarlo. Pur esprimendo tutto il suo rammarico per quanto era accaduto, egli dichiarò di non vedere perché mai l’Inghilterra avrebbe dovuto « deflettere » dalla propria politica. Nel giro di pochi giorni, tuttavia, Chamberlain compì un clamoroso voltafaccia, tanto improvviso e foriero di imprevedibili sviluppi che il mondo ne restò sbalordito. Avendo preso la subitanea decisione di bloccare ogni altra eventuale mossa di Hitler, il 29 marzo inviò al governo polacco una nota con la quale l’Inghilterra si offriva di impedire « ogni azione che minacciasse

l'indipendenza

polacca e alla quale pertanto

il

governo polacco considerasse di vitale importanza resistere ». È impossibile giudicare quale fattore avesse contribuito in modo decisivo a provocare il voltafaccia di Chamberlain: se la pressione di una opinione pubblica indignata, o la sua stessa indignazione, o la collera | per essersi lasciato giocare da Hitler, o ancora l’umiliazione per essere stato messo in ridicolo davanti agli occhi degli stessi inglesi. Quasi tutti coloro che in Inghilterra avevano auspicato e approvato la sua precedente politica di « arrendevolezza » ebbero una reazione altrettanto violenta, inasprita per di più dai rimproveri di quell’ « altra metà » del paese che fin dall'inizio non aveva avuto alcuna fiducia nella politica di Chamberlain. riunito, da un’ondata

La frattura fu eliminata, di generale esasperazione.

e il paese

finalmente

L’estrema genericità dei termini in cui era formulato l'impegno inglese poneva il destino della Gran Bretagna nelle mani dei governanti polacchi, uomini dall’intelligenza politica assai dubbia e mutevole. Inoltre, sebbene fosse chiaramente impossibile mantenere fede all’impegno è

14

GLI

EVENTI

CHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

senza l’aiuto della Russia, il governo inglese non fece alcun passo preliminare per verificare se la Russia sarebbe stata disposta a dare tale aiuto, e la Polonia

ad accettarlo.

Quando gli si chiese di approvare l’offerta di garanzia per la Polonia, al Gabinetto non venne neppure mostrato il rapporto del comitato dei capi di stato maggiore, dal quale risultava chiaro come in pratica fosse impossibile assicurare alcuna effettiva protezione alla Polonia. Comunque è probabile che, dato lo stato. d'animo prevalente, la conoscenza di questo rapporto tutt'altro che incoraggiante avrebbe influito ben poco sulla decisione finale. La notizia che il Parlamento si apprestava a dibattere la questione della garanzia per la Polonia fu salutata con soddisfazione da tutte le parti politiche. La sola voce di dissenso fu quella di Lloyd George, il quale ammonì l’assemblea che sarebbe stata una follia suicida assumersi un impegno di tale portata senza prima aver accertato la disponibilità russa a dare il proprio appoggio all’iniziativa inglese. L'impegno a salvaguardare l’indipendenza della Polonia sarebbe stato il modo più sicuro per provocare un'immediata esplosione, e quindi una nuova guerra mondiale. Esso costituiva una grande tentazione e un’evidente provocazione: non solo avrebbe stimolato Hitler a dimostrare quanto fosse sterile una simile garanzia per un paese al quale l’Occidente non aveva alcun accesso diretto, ma avrebbe anche reso gli ostinati polacchi ancor meno disposti a prendere in considerazione l’idea di fare qualche concessione alla Germania, mettendo nello stesso tempo quest’ultima nella condizione di non poter fare marcia indietro senza « perdere la faccia ». Perché mai i governanti polacchi accettarono la fatale offerta inglese? In parte perché sopravvalutavano fino all’assurdo la capacità delle loro antiquate forze armate, arrivando addirittura ad accarezzare l’idea di una « cavalcata su Berlino ». Ma in parte anche a causa di fattori personali: non molto tempo dopo il colonnello Beck ebbe occasione di dire che la decisione di accettare l’offerta inglese era maturata in lui ! Ciò mi fu rivelato poco tempo dopo da Hore-Belisha, allora ministro della Guerra, e confermato da lord Beaverbrook, che ne aveva sentito parlare da parte di altri membri del governo.

15

IL

PRELUDIO

«tra

due colpetti dati alla sigaretta » che stava fumando

per farne

cadere la cenere. E continuò spiegando che nel corso del colloquio con Hitler in gennaio aveva fatto molta fatica a mandar giù l'osservazione di Hitler che Danzica doveva essere restituita alla Germania, e che quando gli era stata comunicata l’offerta inglese aveva immediatamente scorto

in essa l’occasione

di «rimettere

a posto » Hitler.

Un

impulso

anche troppo tipico del modo in cui spesso viene deciso il destino di interi popoli. Ormai esisteva un’unica possibilità di evitare la guerra: assicurarsi l’appoggio della Russia, la sola potenza che avrebbe potuto dare alla Polonia un aiuto diretto e quindi scoraggiare i piani aggressivi di Hitler. Ma sebbene la gravità della situazione non ammettesse indugi, il governo inglese si mosse con lentezza e con scarsa convinzione. Tanto Chamberlain quanto Halifax (quest’ultimo per motivi religiosi) nutrivano una profonda avversione nei confronti della Russia sovietica, e ne sottovalutavano inoltre la potenza nella stessa misura in cui sopravvalu- . tavano quella della Polonia. Pur riconoscendo l’opportunità di un ac-. cordo difensivo con la Russia, essi volevano arrivarci imponendo le proprie condizioni, dimostrando così di non capire che, dopo la sua precipitosa decisione di garantire l'indipendenza della Polonia, avrebbe

dovuto essere la Gran Bretagna ad accettare le condizioni imposte dalla Russia (cosa che invece Stalin aveva capito benissimo). Alle esitazioni del governo inglese si aggiungevano inoltre le obiezioni del governo polacco, nonché degli altri paesi dell'Europa orientale, all'idea di accettare un eventuale

aiuto militare da parte della Russia,

obiezioni dettate dal timore che l'ingresso « amichevole » di truppe sovietiche nei loro territori sarebbe in realtà equivalso a un'invasione. Fu così che i negoziati anglo-russi procedettero a un passo non più rapido di quello di un corteo funebre. Ben diverso fu invece il modo in cui Hitler reagì alla nuova situazione. La violenta reazione della Gran Bretagna e la sua decisione di accelerare il riarmo indubbiamente lo colpirono, ma il loro effetto fu addirittura opposto a quello sperato. Avendo la sensazione che l’atteggiamento inglese in merito all’espansione tedesca verso est stesse cambiando, e temendo che se non si fosse affrettato ad agire avrebbe finito col

trovarsi completamente

bloccato.

Hitler

giunse

alla conclusione DI

16

che

I

GLI

EVENTI

CHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

esisteva un'unica alternativa: bruciare le tappe verso la conquista dell'indispensabile Lebensraum. Ma come farlo senza scatenare un conflitto generale? La soluzione che Hitler concepì si ispirava all’idea che, sulla base delle sue conoscenze storiche, egli si era fatto degli inglesi: gente fredda e razionale, essi non si sarebbero mai sognati di entrare in guerra per conto della Polonia senza prima essersi assicurati l’appoggio della Russia. Così, mettendo da parte i suoi sentimenti di odio e di timore nei confronti del « bolscevismo », egli gettò tutte le sue energie nel tentativo di attirare la Russia dalla parte della Germania e di assicurarsi la sua astensione. Si trattò di un voltafaccia ancora più clamoroso di quello di Chamberlain, e altrettanto fatale nelle sue conseguenze. i I tentativi di approccio di Hitler verso la Russia furono facilitati dal fatto che Stalin stava ormai cominciando a guardare di sbieco le potenze occidentali. Il legittimo risentimento dei russi per la freddezza dimostrata da Chamberlain e da Halifax nel 1938 crebbe quando, dopo l’ingresso dei tedeschi a Praga, la loro nuova proposta per un'alleanza difensiva congiunta ricevette un’accoglienza alquanto tiepida, e questo proprio mentre il governo inglese decideva improvvisamente di stipulare per proprio conto un accordo con la Polonia. Nessun'altra mossa più di questa poteva avere con certezza l’effetto di accrescere dubbi e suscitare sospetti. Il 3 maggio giunse una notizia nella quale solo un cieco avrebbe potuto non scorgere un inequivocabile ammonimento: Litvinov, commissario per gli Affari Esteri del governo russo, era stato « esonerato » dal

suo incarico. Da lungo tempo Litvinov era il principale sostenitore della necessità di cooperare con le potenze occidentali per arginare la Germania nazista. Al suo posto fu nominato Molotov, di cui si diceva che preferisse trattare con governi dittatoriali piuttosto che con democrazie liberali. I primi sondaggi in vista di un'intesa sovietico-nazista ebbero luogo in aprile, ma furono condotti con estrema cautela: la diffidenza reciproca era profonda, e ciascuna delle due parti sospettava che l’altra stesse semplicemente tentando di impedirle di raggiungere un accordo con le potenze occidentali. Ma poi la lentezza con cui procedevano i negoziati anglo-russi incoraggiò i tedeschi a sfruttare il momento favo»

te7

1L

PRELUDIO

revole, ad accelerare il ritmo delle trattative, a insistere con le proprie

richieste. Molotov tuttavia mantenne un atteggiamento non impegnativo fin verso la metà di agosto. Fu a questo punto che avvenne un

cambiamento decisivo. Forse esso fu favorito dal fatto che, a differenza degli inglesi che continuavano a temporeggiare e ad avanzare riserve, i tedeschi si dimostravano pronti ad accogliere le richieste di Stalin, e specialmente quella di avere mano libera nei confronti degli stati baltici. Né si può escludere che esso fosse connesso all’ovvio fatto che Hitler non poteva rinviare oltre l’inizio di settembre l’avvio dell’operazione militare contro la Polonia per non correre il rischio che le sue armate si impantanassero nel fango delle piogge autunnali; in. conseguenza, se all’accordo russo-tedesco si fosse giunti soltanto verso la fine di agosto, Hitler e le potenze occidentali non avrebbero avuto tempo di organizzare un altro « patto di Monaco », questa volta ai danni della Russia. Il 28 agosto Ribbentrop si recò in volo a Mosca e il patto fu firmato. Esso era integrato da un protocollo segreto nel quale era prevista la spartizione della Polonia tra Germania e Russia. Il patto russo-tedesco rendeva certa la.guerra, soprattutto per il mo- | mento in cui veniva stipulato. Hitler non avrebbe più potuto fare marcia indietro nella questione polacca senza perdere la faccia agli occhi di Mosca. Inoltre la sua convinzione che il governo inglese non si sarebbe mai avventurato in una lotta ovviamente inutile per salvaguardare l'indipendenza della Polonia, e che per altro esso era tutt'altro che desideroso di far entrare in gioco la Russia, era stata indirettamente confermata dal modo in cui, verso la fine di luglio, Chamberlain aveva avviato negoziati privati con lui attraverso un uomo di fiducia come sir Horace Wilson in vista del raggiungimento di un accordo anglotedesco. Ma, per il fatto stesso di arrivare così tardi, il patto russo-tedesco ebbe sugli inglesi lun effetto ben diverso da quello che Hitler aveva sperato. Invece di indurli a più miti consigli, esso risvegliò in loro lo spirito del « bulldog »: la cieca determinazione di chi non vuole neppure pensare alle possibili conseguenze del suo operato. Di fronte a un'opinione pubblica animata da un simile spirito, Chamberlain non poteva tenersi in disparte se non al prezzo di perdere la faccia e di venire meno agli impegni assunti. 18

GLI

EVENTI

CHHE

FECERO

PRECIPITARE

LA

GUERRA

Stalin era fin troppo consapevole del fatto che le potenze occidentali erano da tempo disposte a lasciare che Hitler si espandesse verso est, in direzione della Russia. Con ogni probabilità, egli concepì quindi il patto russo-tedesco come un ottimo accorgimento per dirottare l’aggressivo dinamismo di Hitler nella direzione opposta. In altre parole, con quest’agile « schivata » egli sperava di far sì che i suoi avversari, immediati o potenziali, si scontrassero tra loro. Come minimo, ciò avrebbe comportato una diminuzione del pericolo incombente sulla Russia sovietica, nel migliore dei casi un indebolimento degli uni e degli altri che non avrebbe potuto che favorire l’aumento dell’influenza russa nel

dopoguerra. Il patto significava l’eliminazione della Polonia come

stato-cuscinetto

tra Germania

da sempre

e Russia, ma

d’altra parte i russi erano

con-

vinti che in caso di guerra era più probabile che la Polonia potesse servire da base avanzata per un'invasione tedesca della Russia che non da barriera capace di arginarla. Collaborando con Hitler nella conquista della Polonia e spartendola poi con lui, i russi non solo avrebbero preso la strada più facile per rientrare in possesso dei territori perduti dopo il 1914, ma si sarebbero anche assicurati la possibilità di trasfor-

mare la Polonia orientale in una vera e propria barriera difensiva presidiata da loro forze. Per i russi il patto aveva inoltre il merito di preparare il terreno per l'occupazione degli stati baltici e della Bessarabia, il che avrebbe significato un'ulteriore espansione del « cuscinetto pro-

tettivo ». Nel 1941, quando le armate hitleriane sembravano ormai sul punto di sommergere l’intera Russia, la « schivata » compiuta da Stalin nel 1939

apparve a tutti una mossa incredibilmente miope, un errore addirittura i. fatale. Probabilmente Stalin sopravvalutava la capacità dei paesi occii dentali di resistere alla potenza tedesca, e quindi di logorarla. È anche probabile che egli sopravvalutasse l’iniziale capacità di resistenza delle sue stesse forze. Comunque, esaminando a posteriori la situazione che si venne a creare in Europa negli anni successivi, non sembra poi così sicuro che, come invece tutti ritenevano nel 1941, la mossa di Stalin sia stata un grave errore. Per l'Occidente, d’altra parte, essa comportò

danni incalcolabili, danni

la cui responsabilità deve essere soprattutto addossata a quanti di fronte 9

IL

PRELUDIO

a una situazione palesemente esplosiva, non seppero fare di meglio che condurre per anni una politica fatta di rinvii per poi sostituirla di punto in bianco con una politica di precipitazione. A proposito dell’entrata in guerra della Gran Bretagna, dopo aver descritto in qual modo essa avesse permesso alla Germania di riarmarsi € di inghiottire Austria e Cecoslovacchia, disdegnando nello stesso tempo le proposte russe di intraprendere un'azione comune, Churchill dice: | ... dispersi o distrutti questi vantaggi, tutti questi aiuti, ecco la Gran Bretagna avanzarsi, traendo per mano la Francia, e garantire l’integrità della Polonia, di quella stessa Polonia che sei mesi prima con appetito da iena aveva partecipato al saccheggio e alla distruzione della Cecoslovacchia. Combattere sarebbe stato possibile nel 1938, quando l’esercito tedesco poteva al più disporre sul fronte occidentale d'una mezza

dozzina di divisioni

motorizzate

e la Francia, forte di sessanta

o settanta

sioni, avrebbe potuto facilmente superare il Reno ed entrare nella Ruhr. era stato giudicato irragionevole, precipitoso, contrario al pensiero e alla moderni. E ora finalmente le due democrazie occidentali si dichiaravano allo sbaraglio, per proteggere l'integrità di questa strana repubblica della Polonia.

La storia,

che costituisce

in massima

parte

il resoconto

divi-

Ma ciò morale pronte risorta

dei crimini,

delle

follie, delle meschinità umane, può essere studiata e sviscerata a fondo, senza che| si riesca a trovare un parallelo a questo totale e improvviso capovolgimento di una | politica, ispirata per cinque o sei anni a una faciloneria pacifista; senza che si trovi un esempio paragonabile alla trasformazione che nello spazio di quasi una notte era avvenuta, con la decisione di accettare una guerra ovvia e imminente, in condizioni assai peggiori e su più vasta scala... Adesso, nel momento peggiore e sulle basi più sfavorevoli si era presa una decisione

che

avrebbe

condotto

sicuramente

al macello

decine

di milioni

di uomini... |

Si tratta di un impressionante verdetto sulla follia di Chamberlain, un verdetto scritto però col senno di poi. Nella foga del momento, infatti, | Churchill stesso aveva espresso il suo più caloroso consenso

all’improv-

visa decisione di Chamberlain di impegnare l’Inghilterra a garantire l'indipendenza polacca. È anche troppo evidente che nel 1939, come | quasi tutti i politici inglesi, anche Churchill agì spinto da un impulso | quasi incontrollabile, anziché facendo appello a quella capacità di non | perdere mai il necessario sangue freddo che un tempo aveva contraddistinto gli uomini di stato britannici.

! Winston Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. I, L’addensarsi della tempesta, pp. 381382. Per le indicazioni bibliografiche di tutti i volumi citati nel testo vedi p..995.

II ALLO

Venerdì

1° settembre

LE FORZE CONTRAPPOSTE SCOPPIO DELLA GUERRA

1939 le armate tedesche invasero la Polonia. Do-

menica 3, in conformità all'impegno assunto in precedenza di salvaguardare l’indipendenza della Polonia, il governo inglese dichiarò guerra alla Germania. Sei ore dopo, anche se con qualche esitazione, il governo francese seguì l’esempio inglese. Dopo aver dato al Parlamento

inglese il fatale annuncio, il settantenne

primo ministro Neville Chamberlain concluse dicendo: « Confido di vivere ancora abbastanza da poter vedere il giorno in cui l’hitlerismo sarà annientato e in Europa sarà ripristinata la libertà ». In meno di un mese la Polonia fu travolta. Entro nove mesi quasi tutta l’Europa occidentale fu sommersa dalla marea montante della guerra. E anche se alla fine Hitler fu sconfitto e annientato,

in Europa non

fu ripristi-

nata la libertà. Salutando con soddisfazione la dichiarazione di guerra, Arthur Greenwood, a nome del partito laburista, espresse il proprio sollievo dicendo: « L’intollerabile sofferenza di incertezza che tutti noi siamo stati costretti a soffrire è finalmente terminata. Ora sappiamo qual è il peggio che ci attende ». Dal fragore degli applausi che accolsero queste sue parole fu chiaro che egli stava esprimendo lo stato d’animo di tutta l'assemblea. Greenwood concluse: « Che questa guerra possa essere rapida e breve, e che la pace che le seguirà possa ergersi per sempre orgogliosa sulle disperse rovine di un nome che suona sventura ». In realtà, nessun calcolo fagionevole delle forze e delle risorse su cui le parti in gioco potevano contare giustificava la speranza che la guerra sarebbe stata « rapida e breve », o anche soltanto che Francia e Gran Bretagna sarebbero riuscite, da sole, ad avere ragione della Germania, per quanto a lungo la guerra si fosse protratta. Ancora più assurda era 21

IL

PRELUDIO

poi l’idea che Greenwood aveva espresso con le parole « ora sappiamo qual è il peggio che ci attende ». Gli inglesi si facevano molte illusioni in merito alla forza della Polonia. Lord Halifax, che nella sua qualità di ministro degli Esteri avrebbe dovuto essere molto bene informato, era convinto che sul piano militare la Polonia fosse più forte della Russia, e quindi preferibile come alleato. Questo egli fece capire all’ambasciatore americano il 24 marzo, pochi giorni prima dell’improvvisa decisione di offrire alla Polonia la garanzia inglese. In luglio l’ispettore generale delle forze armate, generale

Ironside,

si recò

in Polonia

per verificare

personalmente

l’effi-

cienza dell’esercito polacco, e al ritorno lo descrisse in termini che Churchill definì « favorevolissimi ».} Ancora più grandi erano le illusioni per quanto riguardava l’esercito francese. Lo stesso Churchill lo aveva definito « la forza mobile più perfettamente addestrata e fidata che oggi esista in Europa». Quando, | pochi giorni prima dello scoppio della guerra, ebbe un incontro con il comandante in capo delle forze di terra francesi generale Georges e | vide le cifre relative al rapporto di forze esistente tra Francia e Germania, ne fu così favorevolmente colpito che esclamò: « Ma i padroni siete voi ».* Forse anche per questo egli si unì con tanta energia al coro di quanti facevano pressioni sui francesi perché si affrettassero ad aiutare la Polonia dichiarando guerra alla Germania... nel suo dispaccio l’ambasciatore francese disse tra l’altro: « Uno dei più eccitati era Winston Chur- | chill; gli scoppi della sua voce facevano vibrare il telefono ». Anche in | marzo Churchill si era detto « d'accordo, nel modo più assoluto, con il primo ministro » a proposito dell’offerta di garanzia alla Polonia. Gome quasi tutti i capi politici inglesi, anch’egli aveva pensato che tale garanzia avrebbe costituito un efficace mezzo per preservare la pace. Lloyd | George

era stato il solo a mettere

l’accento

sulla sua

inattuabilità,

e |

quindi sui pericoli che essa comportava; e questo fu il giudizio che il | « Times » diede

del suo

ammonimento:

« Un

accesso

1 W. Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. I, cit., p. 436. 2 14 aprile 1938. 3 W. Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. I, cit., p. 436.

22

di inconsolabile

FT}

LE

FORZE

CONTRAPPOSTE

ALLO

SCOPPIO

DELLA

GUERRA

pessimismo da parte di Lloyd George, il quale ormai sembra vivere in un suo mondo strano e remoto ». A onor del vero si deve dire che queste illusioni in merito alle prospettive di una guerra non erano condivise negli ambienti militari più responsabili! Ma in generale lo stato d'animo prevalente era dominato da elementi emotivi che attenuavano il senso della realtà immediata e riducevano la capacità di formulare assennate previsioni a lungo termine. La Polonia avrebbe potuto resistere più a lungo? Francia e Gran Bretagna avrebbero potuto fare di più di quanto fecero per alleviare la pressione tedesca sulla Polonia? Sulla base dei dati oggi noti a proposito dell’entità delle forze contrapposte,

a prima vista sembrerebbe

lo-

gico rispondere in modo affermativo ad ambedue gli interrogativi. In termini numerici la Polonia disponeva di forze che avrebbero dovuto essere sufficienti a tenere a bada le forze tedesche schierate sul suo fronte, o almeno a rallentarne di molto l’avanzata. Le cifre sembrerebbero poi dimostrare in modo altrettanto inequivocabile che i francesi avrebbero potuto facilmente avere ragione delle forze tedesche lasciate a presidiare il fronte occidentale. L'esercito polacco era formato da g0 divisioni in servizio attivo e da 10 divisioni di riserva. Esso comprendeva inoltre non meno di 12 grosse brigate di cavalleria (una sola delle quali, però, motorizzata). In termini numerici la sua forza potenziale era ancora maggiore di quanto non faccia pensare il numero complessivo delle sue divisioni: la Polonia poteva infatti mobilitare quasi 2.500.000 « uomini addestrati ». La Francia poteva mobilitare

l'equivalente di 110 divisioni, non

meno

di 65 delle quali in servizio attivo. Tra queste ultime andavano annoverate 5 divisioni di cavalleria, 2 divisioni motorizzate e 1 divisione corazzata in fase di costituzione; per il resto si trattava di divisioni di fanteria. Anche tenendo conto delle necessità connesse alla difesa della Francia meridionale e del Nord Africa da una possibile minaccia ita! Nel mio giudizio sulla situazione strategica scritto nei giorni dello scoppio della guerra, e nel quale prevedevo la rapida disfatta della Polonia e la probabilità che la Francia avrebbe smesso quanto prima di battersi, riassumevo così i termini della situazione: «In breve decidendo infine di resistere su un terreno a noi strategicamente sfavorevole, in un brutto pasticcio, forse il più brutto di tutta la nostra storia ».

ci siamo

cacciati

23

IL

PRELUDIO

liana, il comando francese era in grado di concentrare sul suo fronte settentrionale, lungo il confine con la Germania, 85 divisioni. Esso po-

teva inoltre mobilitare 5.000.000 di uomini

addestrati.

Oltre che a provvedere alla difesa del Medio e dell’Estremo Oriente, la Gran Bretagna si era impegnata a inviare in Francia 4 divisioni regolari all’inizio della guerra, e in effetti ne inviò poi 5. Tuttavia, a causa dei problemi sollevati dal trasporto via mare e dalla necessità di scegliere rotte alquanto tortuose per sfuggire agli attacchi aerei tedeschi, questo primo contingente poté arrivare a destinazione solo verso la fine di settembre. A fianco del piccolo ma molto efficiente esercito regolare di cui già disponeva, la Gran Bretagna stava allestendo ed equipaggiando un esercito territoriale da campagna forte di 26 divisioni; quando scoppiò la guerra, il governo inglese aveva già elaborato piani per portare a 55 il numero di queste divisioni. Ma il primo contingente di queste nuove unità non sarebbe stato pronto a scendere in campo prima del 1940. Nel frattempo il contributo della Gran Bretagna non poteva che assumere

quasi esclusivamente la forma tradizionale, e cioè quella dell’uti-

lizzazione della potenza navale inglese per esercitare un blocco navale ai danni del nemico: un tipo di pressione che per la sua stessa natura ha effetti dilazionati nel tempo. Per quanto riguarda le forze aeree, la Gran Bretagna disponeva di poco più di 600 bombardieri, il doppio di quelli della Francia, ma assai meno della metà di quelli della Germania; ma si trattava di velivoli di autonomia e dimensioni limitate che non potevano essere efficacemente impiegati per attaccare in modo diretto la Germania. La

Germania

aveva

a disposizione

98 divisioni,

52 delle quali (com-

prese 6 divisioni austriache) erano in servizio attivo. Delle restanti 46 divisioni, però, solo 10 potevano essere considerate utilizzabili immediatamente dopo la mobilitazione, e anche in queste il grosso degli uomini era costituito da reclute entrate in servizio da un mese appena. Le altre 36 divisioni erano formate soprattutto da veterani della prima . guerra mondiale, uomini di quarant'anni che avevano ben poca dimestichezza con le armi e le tattiche moderne. Esse inoltre erano molto carenti in termini di artiglieria e di altre armi pesanti. Sarebbe stato necessario molto tempo per dare a queste unità un’organizzazione e un A

24

LE

FORZE

CONTRAPPOSTE

ALLO

SCOPPIO

DELLA

GUERRA

addestramento collettivo tali da farne divisioni capaci di operare come tali, più tempo di quanto avesse calcolato lo stesso comando tedesco, il quale era molto preoccupato dalla lentezza con cui questo non facile lavoro procedeva. Nel 1939 l’esercito tedesco non era pronto per una guerra: una guerra che

i suoi

capi, prestando

fede

alle reiterate

assicurazioni

di Hitler,

non si aspettavano. Essi avevano aderito malvolentieri al desiderio di Hitler di potenziare rapidamente l’esercito, in quanto avrebbero preferito attuare un processo graduale consistente nel preparare con cura quadri addestrati. Ma Hitler non si era stancato di ripetere che essi avrebbero avuto tempo in abbondanza per questo programma di formazione di quadri, dato che egli non aveva alcuna intenzione di correre il rischio di una guerra su vasta scala prima del 1944. In rapporto all'entità numerica dell’esercito, inoltre, anche l’equipaggiamento lasciava molto a desiderare. Eppure,

a cose

fatte, quasi tutti finirono

col credere

che le fulminee

vittorie riportate dalla Germania nelle prime fasi della guerra fossero dovute a una sua schiacciante superiorità in termini sia di uomini che di armi. La seconda illusione fu molto lenta a svanire. Churchill disse che nel 1940 i tedeschi avevano almeno un migliaio di « carri armati pesanti ». La verità è che non ne avevano affatto. All’inizio delle ostilità essi disponevano soltanto di una manciata di carri medi, il cui peso arrivava appena alle 20 tonnellate. Quasi tutti i carri impiegati in Polonia erano leggeri e dotati di una corazza alquanto sottile. Stendendo un ‘bilancio delle forze in campo si ricava che polacchi e francesi avevano in complesso l'equivalente di 130 divisioni, mentre la Germania non ne aveva che 98, 36 delle quali non organizzate e virtualmente non addestrate. In termini di « soldati addestrati » il bilancio era ancora più sfavorevole alla Germania. Ciò che poteva in qualche misura compensare questo rapporto di forze era il fatto che la parte più forte era spezzata in due, in quanto la Germania occupava una posizione centrale. I tedeschi potevano attaccare il più debole dei due alleati, la Polonia, mentre l’altro, la Francia, per portare aiuto al suo 1 B.H.

Liddell Hart,

The

Tanks, vol. II, Appendix

V.

25

IL

PRELUDIO

alleato avrebbe dovuto affrontare le postazioni difensive che i tedeschi avevano predisposto da tempo. Comunque, anche tenendo conto di questo elemento sfavorevole, i polacchi potevano

contare in termini

puramente

numerici

su forze suffi-

cienti a contenere le forze d’assalto lanciate contro di loro, consistenti in 48 divisioni in servizio attivo; secondo i piani tedeschi queste avrebbero dovuto essere seguite da una mezza dozzina di divisioni di riserva

appositamente mobilitate, ma la campagna si concluse prima del loro effettivo intervento. A prima vista si direbbe che sul fronte occidentale i francesi godessero di una superiorità talmente schiacciante da poter travolgere le forze tedesche e raggiungere con facilità il Reno. I generali tedeschi rimasero sbalorditi — e tirarono, naturalmente, un grosso sospiro di sollievo — quando si accorsero che non accadeva nulla di tutto questo. La, maggior parte di loro, infatti, tendeva ancora a ragionare nei termini, del 1918, e quindi a sopravvalutare non meno degli inglesi l’efficienza dell’esercito francese. Ma la questione della possibilità di una più valida resistenza da parte! della Polonia e di un più efficace aiuto alla Polonia da parte della Francia appare sotto una luce molto diversa quando la si esamina più da vicino, e cioè tenendo nel giusto conto le intrinseche difficoltà che la situazione presentava per Francia e Polonia, nonché la natura delle} nuove tecniche belliche applicate per la prima volta nel 1939. Qualora| si ragioni partendo da questo punto di vista più moderno non si può che concludere che il corso degli eventi quale fu nella realtà era dell tutto prevedibile e sostanzialmente inevitabile. Descrivendo nelle sue memorie di guerra il crollo della Polonia, Chur:-! chill osserva tra l’altro:

... Né in Francia né in Gran Bretagna si era compreso l’importanza dei nuovi mezzi | corazzati, che potevano reggere al fuoco delle artiglierie, compiendo avanzate di 100 miglia al giorno...! | .

.

.

Questa affermazione è anche troppo rispondente al vero, nella misura) in cui viene riferita alla stragrande maggioranza dei più eminenti tra i 1 W. Churchill,

26

La seconda guerra

mondiale,

vol. 1, cit., pp. 533-534.

%

LE

FORZE

CONTRAPPOSTE

ALLO

SCOPPIO

DELLA

GUERRA

militari e gli statisti di ambedue i paesi. D'altra parte, era stato proprio in Gran Bretagna che per la prima volta tutta la potenzialità di queste nuove concezioni in fatto di tecnica bellica era stata capita e illustrata incessantemente, attraverso i più diversi canali di informazione, da uno sparuto gruppo di studiosi di cose militari. Nel suo secondo volume, occupandosi del crollo della Francia nel 1940, Churchill fa la seguente ammissione, limitata ma non per bit meno degna di nota: .. Non avendo da molti anni più avuto particolareggiate informazioni tecniche, non mi rendevo ancora conto della profonda rivoluzione operata dopo l’altra guerra dalle incursioni di masse pesantemente corazzate e semoventi a grande velocità. Ne conoscevo

l’esistenza,

ma

questo

non

aveva

modificato,

come

avrebbe

dovuto,

la mia

intima convinzione...!

Si tratta di parole che lasciano piuttosto stupiti, soprattutto se si tiene conto che furono scritte da un uomo che aveva svolto una funzione decisiva nel promuovere l’impiego del carro armato nella prima guerra mondiale. L'ammissione fa onore a Churchill per la sua estrema franchezza. Ma in realtà non si deve dimenticare che egli era stato cancelliere dello Scacchiere fino al 1929 e che il corpo corazzato sperimentale, il primo del genere al mondo, destinato a mettere alla prova le nuove teorie che da anni andavano predicando i sostenitori della tecnica bellica basata sulla grande rapidità di manovra che il carro armato rendeva possibile, era stato costituito nella Churchill era perfettamente al corrente

Piana di Salisbury nel 1927. delle idee di questi uomini,

tanto è vero che si era recato a visitare il corpo sperimentale e che anche negli anni seguenti si era sempre mantenuto in contatto con loro. L’incapacità di comprendere le nuove concezioni in fatto di tecnica bellica e la conseguente resistenza che gli ambienti ufficiali opponevano alla loro applicazione erano ancora maggiori in Francia che non in Gran Bretagna. E ancor peggio andavano le cose in Polonia. In questa incapacità va ricercata la radice del fallimento di ambedue gli eserciti nel 1939, e di quello francese nuovamente, e con conseguenze più disastrose, nel 1940. } Winston Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. Il, La loro ora più bella, p. 52.

27]

IL

PRELUDIO

I polacchi erano antiquati in quanto a concezioni tattiche e strategiche, e questo si rifletteva nella qualità delle loro forze armate. Non avevano alcuna divisione corazzata o motorizzata, e le loro formazioni di vecchio tipo erano molto carenti in termini di cannoni anticarro e contraerei. Come se ciò non bastasse, i capi polacchi si ostinavano a credere all’efficienza di una massa di cavalleria, nutrendo una fede addirittura patetica nella potenzialità di una grande carica di cavalleria. Sotto questo aspetto si può dire che le loro idee erano vecchie di ottant'anni. dal momento che l’inutilità delle cariche di cavalleria era già stata ampiamente dimostrata nei lontani giorni della guerra di secessione

americana,

anche

se i militari

con

l’idea

fissa del cavallo

non

avevano mai voluto aprire gli occhi davanti all’evidenza di quella lezione. Il fatto che durante la prima guerra mondiale tutti gli eserciti avessero continuato a mantenere in servizio grandi masse di cavalleria in attesa di quel decisivo sfondamento del fronte che non si sarebbe | mai prodotto costituisce uno dei più tragicomici aspetti di quella guer- | ra statica. I francesi invece avevano molti degli ingredienti di un esercito moderno, ma

non

avevano

saputo organizzarli in modo

adeguato,

e ciò per-

ché le idee che circolavano nelle alte sfere militari erano vecchie di vent'anni. Contrariamente alle leggende che si diffusero dopo ‘la loro disfatta, quando scoppiò la guerra essi avevano più carri armati dei tedeschi, e per la maggior parte si trattava di veicoli più grossi e muniti di corazze più: pesanti di quelli tedeschi, anche se alquanto più lenti?

Ma

l’Alto Comando

francese

vedeva

ancora

i carri armati

con|

gli occhi del 1918, e cioè come mezzi al servizio della fanteria oppure come mezzi da ricognizione destinati ad appoggiare la cavalleria. Sotto l'influsso di queste idee sorpassate i francesi non si erano preoccupati di organizzare i loro carri armati in unità corazzate — come invece ave! Sarebbe divertente, se non fosse troppo tragico, ricordare che quando nel mio libro The Defence of Britain, pubblicato poco prima della guerra, espressi la mia preoccupazione in merito al modo in cui i capi militari polacchi continuavano a credere che le cariche di ca-

valleria potessero qualcosa contro le armi moderne (pp. 95-97), il Ministero degli Esteri polacco si risentì al punto da protestare ufficialmente per questa così irriguardosa osservazione sulla loro capacità di giudizio. : 2 B. H. Liddell Hart, The Tanks, vol. II, cit., pp. 5-6.

28

LE

FORZE

CONTRAPPOSTE

ALLO

SCOPPIO

DELLA

GUERRA

vano fatto i tedeschi — ed erano ancora propensi a impiegarli in « pacchetti » estremamente esigui.

La debolezza dei francesi, e.ancor più dei polacchi, per quanto riguardava le nuove forze di terra era sensibilmente aggravata dal fatto che né gli uni né gli altri disponevano di forze aeree in grado di assicurare alle loro armate una copertura e un appoggio adeguati. Per i polacchi ciò era in parte dovuto all’insufficienza della struttura industriale di base, ma i francesi non potevano neppure accampare questo genere di giustificazione. In ambedue i casi le esigenze delle forze aeree erano state subordinate

alla creazione

di grandi eserciti, né è difficile immaginare

le cause di questa scelta: la voce dei generali aveva un peso decisivo nella distribuzione

dei fondi

del bilancio

della difesa, ed era più che

naturale che i generali tendessero a favorire quel tipo di forze con il quale avevano maggiore dimestichezza. Essi erano ben lontani dal capire in quale misura l’efficienza delle forze di terra veniva ora a dipendere dalla disponibilità di un'idonea copertura aerea. Il crollo di ambedue gli eserciti può essere fatto risalire allo stato d’animo di autocompiacimento diffuso nelle alte sfere. Nel caso dei francesi, esso era stato alimentato dalla vittoria della prima guerra mondiale e dalla deferenza che i loro alleati avevano sempre dimostrato nei confronti della loro superiore preparazione in fatto di cose militari. Nel caso dei polacchi, dalla disfatta inflitta ai russi nel 1920. Da anni i capi militari dei due paesi facevano sfoggio di un’arrogante sicurezza per quanto riguardava l’efficienza dei rispettivi eserciti e delle loro tecniche belliche. A onor del vero, alcuni dei più giovani tra i militari francesi (il colonnello de Gaulle, ad esempio) nutrivano un vivo interesse verso le nuove concezioni basate sull'impiego del carro armato che alcuni andavano esponendo in Inghilterra. Ma, a differenza di quanto facevano i generali tedeschi della nuova scuola, i generali francesi più elevati in grado prestavano scarsa attenzione a queste « teorie » di provenienza inglese. L’esercito

tedesco,

comunque,

era

tutt'altro

che una

forza efficiente

e

organizzata con criteri moderni. Non solo non era pronto ad affrontare una guerra su vasta scala, ma il grosso delle sue divisioni in servizio attivo aveva una struttura decisamente antiquata, mentre in quanto a concezioni tattiche e strategiche l’Alto Comando appariva molto restio 29

IL

PRELUDIO

a uscire dai binari tradizionali. Il fatto positivo era costituito dalla creazione di un piccolo numero di formazioni di nuovo tipo: quando scoppiò la guerra i tedeschi disponevano di 6 divisioni corazzate e di 4 divisioni « leggere » (meccanizzate), nonché di 4 divisioni di fanteria motorizzata con funzioni di appoggio. Si trattava di una percentuale esigua del totale, ma il suo peso si sarebbe rivelato determinante. Nello

stesso

tempo

l’Alto

Comando

tedesco

aveva

accettato,

seppure

con qualche esitazione, le nuove teorie belliche basate sulla rapidità di manovra, ed era disposto a metterle alla prova. Questo atteggiamento innovatore era dovuto soprattutto all’entusiasmo del generale Heinz Guderian

e di alcuni altri militari, nonché all’interesse che i loro argo-

menti suscitavano in Hitler, il quale naturalmente prestava volentieri orecchio a ogni idea che promettesse la rapida soluzione di un even.| tuale conflitto. In breve, l’esercito tedesco poté conseguire la sua sba-, lorditiva serie di vittorie non perché avesse dalla sua una schiacciante superiorità numerica o una struttura moderna ed efficiente, ma solo perché rispetto agli eserciti avversari era un poco più avanzato, quel poco che bastava.

La situazione che si creò in Europa nel 1939 confermò, dandole nello| stesso tempo un nuovo significato, la famosa frase pronunciata da Clemenceau a proposito dell'ultimo grande conflitto tra nazioni: « La guerra è una cosa troppo seria perché la si possa lasciare in mano ai militari ». Ora infatti era chiaro che la guerra non avrebbe dovuto essere lasciata in mano ai militari anche se fosse stato possibile nutrire la più completa fiducia nella loro capacità di giudizio. Il potere di alimentare una guerra, se non quello di scatenarla, era ormai uscito dalla sfera di competenza del militare per entrare in quella dell’economista. Come | sul campo di battaglia la forza della macchina aveva ormai acquistato un peso predominante rispetto alla forza dell’uomo, così chiunque avesse una visione realistica dei problemi sapeva che nel campo dell’alta strategia l’importanza dell’industria e delle risorse economiche relegava ormai in secondo piano quella delle armate schierate sui fronti di | battaglia. Qualora il flusso dei rifornimenti provenienti dai campi petroliferi e dagli stabilimenti avesse subito un'interruzione, le grandi ar30

|er eo FT" -———

LE

FORZE

CONTRAPPOSTE

ALLO

SCOPPIO

DELLA

GUERRA

mate si sarebbero rapidamente ridotte a masse inerti. Per quanto agli occhi dell’uomo della strada le grandi colonne in marcia potessero ancora apparire imponenti e capaci di suscitare una specie di timore reverenziale, in esse il moderno scienziato della guerra non scorgeva altro che formazioni di marionette sistemate su di un nastro trasportatore. E appunto sotto questo aspetto si presentava il fattore potenziale che poteva salvare la civiltà. Se tutto fosse dipeso dalle armate e dagli armamenti esistenti il quadro sarebbe stato più fosco. L'accordo di Monaco aveva alterato l’equilibrio strategico dell'Europa rendendolo, almeno per l’immediato futuro, nettamente sfavorevole alla Francia e alla Gran Bretagna. Nessuna intensificazione dei loro programmi di riarmo avrebbe per lungo tempo neutralizzato la scomparsa delle 35 ben armate divisioni cecoslovacche, nonché il conseguente disimpegno delle divisioni tedesche che esse avrebbero potuto tenere a bada. I progressi conseguiti entro marzo da Francia e Gran Bretagna sul piano degli armamenti furono più che compensati da quanto i tedeschi si assicurarono con l'improvvisa calata sull’inerme Cecoslovacchia (fabbriche di munizioni,

attrezzature

militari, ecc.). Soltanto

in termini

di

artiglieria pesante la Germania vide raddoppiare di colpo le proprie risorse. E non era tutto: grazie all’aiuto tedesco e italiano, Franco era riuscito a piegare le ultime resistenze della Spagna repubblicana, e ciò suscitava lo spettro di un’ulteriore minaccia alle frontiere della Francia e alle linee di comunicazione marittime sia francesi sia inglesi. Dal punto di vista strategico solo la certezza di un appoggio russo avrebbe consentito di sperare in un raddrizzamento della bilancia entro un tempo ragionevole. Sempre dal punto di vista strategico, era probabile che nessun altro momento sarebbe stato altrettanto propizio a un avvicinamento russo alle potenze occidentali. Ma l’equilibrio strategico poggiava su fondamenta economiche, ed era dubbio che sotto la pressione della guerra queste avrebbero potuto reggere a lungo tutto il peso delle forze armate tedesche. Una ventina erano i prodotti di base indispensabili per la guerra: carbone per la produzione industriale in generale; benzina per i trasporti; cotone per gli esplosivi; lana; ferro e gomma per i trasporti; rame per gli armamenti in generale e per tutte le attrezzature elettriche; nichel 31

IL

PRELUDIO

per la produzione di acciaio e di armi; piombo per le munizioni; glicerina per la dinamite;

cellulosa

per le polveri senza

fumo;

mercurio

per i detonatori; alluminio per gli aerei; platino per gli impianti chimici; antimonio, manganese, ecc., per la produzione di acciaio e la metallurgia in generale;

amianto

per le munizioni

e il macchinario

in

generale; mica come isolante; acido nitrico e zolfo per gli esplosivi. Se si eccettua il carbone, la Gran Bretagna mancava di quasi tutti i prodotti di cui una guerra richiedeva l’impiego in grande quantità. Ma fintantoché avessero goduto della loro tradizionale supremazia sui mari gli inglesi avrebbero potuto procurarseli dall'una o dall’altra delle colonie che costituivano il loro grande impero. Nel caso del nichel, ad esempio, circa il go per cento dell’intera produzione mondiale proveniva dal Canada, mentre la massima parte del restante 10 per cento era prodotta nella colonia francese della Nuova Caledonia. Le deficienze più gravi riguardavano l’antimonio,

il mercurio

e lo zolfo, ma

neppure

le risorse petrolifere erano sufficienti a far fronte alle esigenze belliche, L’Impero francese non era in grado di supplire a queste particolari deficienze, e inoltre era povero di cotone, lana, rame, piombo, manganese,

gomma e numerosi altri prodotti di non trascurabile importanza. La Russia poteva contare su di un'abbondante disponibilità di quasi tutti i prodotti indispensabili, ma era quasi completamente priva di antimonio, nichel

e gomma;

insufficienti erano inoltre le sue risorse per quanto

riguardava rame e zolfo. La più fortunata fra tutte le grandi potenze erano certo gli Stati Uniti, da dove provenivano i due terzi della produzione mondiale di petrolio, circa la metà del cotone e quasi la metà del rame; gli Stati Uniti dipendevano da altri paesi soltanto per l’antimonio, il nichel, la gomma e lo stagno, e in parte per il manganese. Ben diversa era la situazione del triangolo Berlino-Roma-Tokio. L’Italia doveva importare quasi tutto ciò di cui aveva bisogno, compreso carbone, né molto migliori erano le condizioni in cui si trovava

Giappone. tone,

La Germania

gomma,

stagno,

non

platino,

aveva alcuna produzione bauxite,

mercurio

il il

interna di co-

e mica,

e del tutto

inadeguate erano le sue risorse in quanto a minerali di ferro, rame, antimonio, manganese, nichel, zolfo, lana e petrolio. Impadronendosi della Cecoslovacchia

essa

aveva

parzialmente

rimediato

alla sua

carenza »

32

di

LE

FORZE

CONTRAPPOSTE

ALLO

SCOPPIO

DELLA

GUERRA

minerali di ferro, mentre grazie all’intervento nella guerra civile spagnola aveva potuto assicurarsi ulteriori forniture, a condizioni vantàggiose, di questi indispensabili minerali, nonché di mercurio; la continuità di tali forniture sarebbe però dipesa dalla capacità della Germania di difendere le proprie vie di comunicazione marittime da ogni in. terferenza. Il problema della lana era stato almeno in parte risolto grazie alla messa

a punto

di un

nuovo

prodotto

sintetico.

In modo

ana-

logo, anche se a un costo molto più elevato di quello del prodotto naturale, i tedeschi erano riusciti a soddisfare circa un quinto del proprio fabbisogno di gomma mediante la « buna », e un terzo del fabbisogno di benzina mediante un carburante di produzione interna. Proprio questo era il gravissimo tallone di Achille della capacità bellica dell'Asse, in un periodo in cui l’efficienza degli eserciti era venuta sempre più a dipendere dal movimento motorizzato e le forze aeree avevano finito col diventare una componente cruciale della potenza militare. A parte i derivati del carbone, la Germania ricavava circa 500.000 tonnellate di petrolio dai suoi pozzi, e solo quantità irrile-

vanti da quelli dell'Austria e della Cecoslovacchia. Per soddisfare le sue esigenze in tempo di pace essa doveva importare quasi 5.000.000 di tonnellate (i principali paesi fornitori erano Venezuela, Messico, Indie Olandesi, Stati Uniti, Russia

e Romania).

In tempo di guerra ogni

possibilità di accesso ai primi quattro paesi sarebbe stata completamente preclusa, mentre nel caso degli ultimi due non esisteva altra soluzione che quella di una conquista militare. Inoltre si calcolava che in tempo di guerra il fabbisogno sarebbe salito oltre i 12.000.000 di tonnellate annue. Alla luce di queste previsioni era assurdo pensare che il carburante

sintetico,

per quanto

se ne

aumentasse

la produzione,

po-

tesse mai arrivare a coprire l’intero fabbisogno. Solo impadronendosi dei pozzi petroliferi romeni — la cui produzione ammontava a ’7.000.000 di tonnellate annue — in stato di perfetta efficienza, la Germania avrebbe potuto sperare di far fronte a questa sua gravissima carenza. Le difficoltà sarebbero state accresciute da un’eventuale entrata in guerra dell’Italia, dato che dei 4.000.000 di tonnellate annue di cui avrebbe avuto bisogno essa poteva contare di procurarsene soltanto un irrisorio

2 per cento dall’Albania, anche ammesso che le sue navi se la sentissero di fare la spola attraverso l’Adriatico. 33

IL

PRELUDIO

Quello di mettersi nei panni del possibile avversario è sempre un buon sistema per ridurre le proprie apprensioni. Per quanto fosche fossero diventate le prospettive sul piano prettamente militare, un valido motivo di consolazione era costituito dall’inadeguatezza delle risorse della Germania e dell’Italia in vista di una guerra prolungata; ammesso che, s'intende, le potenze avversarie, allo scoppio della guerra, reggessero al primo urto e a tutte le difficoltà che ne sarebbero scaturite, prima di ottenere degli aiuti. In un conflitto come quello che ormai si profilava all'orizzonte le fortune dell'Asse sarebbero dipese dalla possibilità di una rapida soluzione militare della guerra.

Parte seconda

LO SCOPPIO DELLA 293954940

GUERRA

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Varsavia

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8° ARMATA (Blaskowltz)

10° AMATA (Relchenau)

GERMANIA

Leopoli

12 sett.

GRUPPO DI ARMATE SUD (Rundstedt)

L'avanzata

dei Panzer

in Polonia

GSS

Principali concentrazioni polacche

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Parte terza

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L’invasione della Norvegia

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rico di comandante in capo per il Medio Oriente nel luglio del 1939, quando erano state prese le prime misure per potenziare le forze inglesi dislocate in quel settore. Ma, nonostante quelle misure, di fronte a un totale di 500.000 uomini tra truppe italiane e truppe coloniali italiane gli inglesi schieravano appena 50.000 uomini. Sui fronti meridionali, e cioè in Fritrea e in Abissinia, gli italiani potevano contare su più di 200.000 uomini, e quindi non sarebbe stato difficile per loro spingersi a ovest nel Sudan, difeso da non più di 9000 soldati inglesi e sudanesi, o a sud nel Kenia, la cui guarnigione non era certo più numerosa. Il terreno accidentato, le distanze, la scarsa propensione degli etiopi ad assoggettarsi al giogo coloniale che da non molto gli italiani

avevano

loro imposto

e la stessa inefficienza

di questi ultimi,

costituirono la principale protezione del Sudan durante questo difficilissimo periodo. Dopo due fiacchi tentativi di invasione compiuti a Kassala e Gallabat, gli italiani non fecero alcun’altra mossa offensiva. Sul fronte

nord-africano

forze

italiane

ancora

più numerose

stanziate N

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in Cirenaica e comandate dal maresciallo Graziani avevano di fronte i 86.000 soldati inglesi, neozelandesi e indiani che presidiavano la fron-

tiera egiziana. Su questo fronte le due parti erano separate dal Deserto Libico, che si spingeva in territorio egiziano. La posizione inglese più avanzata si trovava a Mersa Matruh, 200 km. a est della frontiera e circa g20 km. a ovest del delta del Nilo. Tuttavia, anziché restarsene passivo, Wavell preferì impiegare parte della sua unica e ancora incompleta divisione corazzata come forza di

copertura offensiva da gettare in avanti, nel deserto. E in effetti essa si dimostrò molto offensiva, portando una ininterrotta serie di incursioni al di là della frontiera allo scopo di molestare le postazioni ita-

liane. Fu così che fin dall'inizio della campagna la 7* divisione corazzata del generale Creagh — i famosi « Topi del Deserto » — si conquistò

un grande ascendente morale sul. nemico. In seguito Wavell avrebbe reso un particolare omaggio all’11° Ussari (il reggimento di autoblindo agli ordini del tenente colonnello Combe), dicendo che « per tutto quel tto)

|

, L'’ONDATA

|o

1940

periodo esso si batté sempre in prima linea — e quasi sempre alle spalle | O del nemico ». Il 14 giugno una colonna mobile agli ordini del generale di brigata J.A.C. Caunter lanciò un attacco di sorpresa contro la Ridotta Capuzzo e occupò questa importante fortezza di frontiera; gli inglesi non tentarono però di presidiarla in modo permanente, in quanto la loro tattica era di mantenersi in continuo movimento, di essere « padroni del deserto », inducendo invece gli italiani a concentrare le loro forze in determinati punti e a offrire così ottimi bersagli. La lista ufficiale delle perdite italiane relative al periodo di tre mesi compreso tra la metà, di giugno e la metà di settembre ammontò a 3500 uomini, mentre quelle inglesi superarono di poco i 150 uomini (e ciò nonostante che le colonne inglesi fossero spesso bombardate e mitragliate dal cielo, dove in quel periodo gli aerei italiani, relativamente numerosi, incontravano ben poca opposizione). | Fu solo il 19 settembre che, dopo aver ammassato lungo la frontiera| egiziana più di 6 divisioni, gli italiani cominciarono a inoltrarsi con| cautela nel deserto. Dopo un’avanzata di circa.80 km., e cioè dopo aver superato meno di metà della distanza che li separava dalla posi-' zione inglese di Mersa Matruh, essi si fermarono a Sidi Barrani, in una catena di campi fortificati troppo distanti l’uno dall’altro per potersi| appoggiare reciprocamente. Dopo di che passarono settimane e setti-| mane senza che essi effettuassero alcun tentativo di riprendere la marcia. Nel frattempo Wavell

aveva ricevuto

ulteriori rinforzi, comprendenti |

tra l’altro g reggimenti corazzati fatti affluire in tutta fretta, dietro | audace iniziativa di Churchill, a bordo di g veloci navi mercantili. A questo punto, constatando che gli italiani non si facevano vivi,| Wavell decise che era giunto il momento di uscire allo scoperto e di attaccare. Questa iniziativa avrebbe avuto conseguenze sbalorditive, concludendosi con la totale distruzione delle forze italiane e il quasi completo crollo del dominio italiano nel Nord Africa. Fu un risultato assolutamente imprevisto. L’attacco fu pensato e pre- | parato non come un'offensiva prolungata, ma piuttosto come un’incur- | sione su vasta scala. Wavell l’aveva concepito come un colpo improvviso e violento destinato a stordire per qualche tempo gli invasori, e cioè come un'azione che gli consentisse di trasferire parte dei suoi uomi156

o

|

CONTRATTACCO

DALL'EGITTO

ni più a sud, per ricacciare indietro le altre forze italiane che minacciavano di invadere il Sudan. Fu per questa ragione che purtroppo egli non predispose adeguati preparativi per sfruttare la schiacciante vittoria che l’attacco avrebbe conseguito. Molto di quel successo fu dovuto a una radicale modifica apportata al piano d'attacco in seguito a una prova generale che sollevò dubbi in merito alla sua attuabilità. Invece di sferrare un attacco frontale che con ogni probabilità sarebbe fallito (anche perché si sarebbe imbattuto in un campo minato), si decise di adottare un tipo di approccio più indiretto, e cioè di assalire i campi del nemico alle spalle. Il cambiamento di metodo fu suggerito da un ufficiale di stato maggiore, il generale di brigata Dorman-Smith, che Wavell aveva incaricato di assistere alla prova generale dell'operazione. Ma i vantaggi che esso avrebbe comportato furono subito intuiti dal comandante della Western Desert Force, generale

O'Connor,

e la serie di vittorie

che premiò

l’iniziativa

inglese fu soprattutto dovuta alle sue grandi doti di comandante; infatti i comandanti

supremi, Wavell e il generale di corpo d’armata H.N. Wil-

son, erano troppo distanti dalla scena per poter esercitare una positiva influenza su una battaglia in continuo e rapido movimento. In realtà, come vedremo più avanti, essi ebbero un'influenza importante: ma purtroppo si trattò di un’influenza negativa. Le forze di Dick O'Connor consistevano in soli 30.000 uomini, contro un avversario che invece era forte di 80.000 uomini; egli aveva però 275 carri armati contro 120. I 50 « Matilda » del 7° reggimento corazzato, carri armati dotati di una corazza così pesante da non temere quasi alcuna delle armi

anticarro

del nemico,

svolsero

in questa e nelle suc-

cessive battaglie un ruolo addirittura decisivo. La notte del 7 dicembre il reparto inglese partì da Matruh per iniziare la sua marcia di oltre 110 km. nel deserto. La notte seguente passò attraverso un varco nella linea di campi fortificati del nemico e nelle prime ore del 9, preceduta dai carri del 7° reggimento, la fanteria della 4* divisione indiana (generale Beresford-Peirse) attaccò alle spalle il campo di Nibeiwa, cogliendo di sorpresa la guarnigione e facendo 4000 prigionieri; le perdite degli attaccanti furono trascurabili: tra i carristi solo 7 uomini rimasero uccisi. Poi i Matilda guidarono la marcia verso nord contro il campo chia1.57

Sidi Barrani

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IV A COR.

5

Maktila 9 dic.

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Tummar

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L'INVASIONE

tarsi che da quella parte non vi sarebbero

DEI

BALCANI

E

DI

GRETA

stati pericoli di sorta. Essi

ebbero però l’impressione che re Boris non fosse del tutto convinto. E i fatti gli diedero ragione. Proprio quando dalla Bulgaria la 12° armata si apprestava a iniziare le operazioni conformemente al piano, a Belgrado scoppiò l'improvviso colpo di stato che si concluse con l’abdi-

cazione del reggente, principe Paolo. Sembrava che in alcuni ambienti di Belgrado si disapprovasse la politica filo-tedesca del principe Paolo, e si auspicasse invece un avvicinamento alle potenze occidentali. Se le potenze occidentali o l’URSS spalleggiarono i preparativi del colpo di stato, noi come soldati non possiamo dire. Certo è che non fu Hitler a organizzarlo! Al contrario, esso fu una brutta sorpresa, e per poco non ebbe l’effetto di far saltare l’intero piano delle operazioni della 12% armata in Bulgaria.!

Per esempio, partendo dalla Bulgaria le divisioni corazzate di Kleist dovettero procedere immediatamente in direzione nord-ovest, verso Bel-

grado. Un'altra improvvisazione fu l’entrata in scena della 2% armata (Weichs), costituita in tutta fretta mettendo insieme formazioni di stanza in Carinzia e Stiria, che penetrò in Jugoslavia da nord. L’improvvisa deflagrazione nei Balcani rese inevitabile il rinvio da maggio a giugno della campagna di Russia. In questo senso, è dunque innegabile che il colpo di stato di Belgrado influì sulla data d'inizio dell’offensiva hitleriana contro la Russia. Ma anche le condizioni meteorologiche svolsero un ruolo importante nel 1941, e questo evidentemente

fu un fattore accidentale.

In Polonia,

a est della Linea Bug-San la possibilità di svolgere operazioni terrestri è assai limitata fino a maggio in quanto quasi tutte le strade sono ricoperte di fango e le campagne sono ridotte dalle piogge a specie di acquitrini. I molti fiumi privi di argini adeguati provocano vaste inondazioni. Quanto più ci si spinge a est, tanto più pronunciate si fanno queste caratteristiche negative: addirittura quasi impraticabili sono in questa stagione le zone, paludose e ricoperte di fitte foreste, attraversate dai fiumi Rokitno (Pripjat) e Beresina. Anche in annate normali le possibilità di movimento in questa vasta regione sono dunque assai limitate fin verso la metà di maggio; ma il 1941 fu un anno eccezionale. L'inverno si era protratto più a lungo del solito, e ancora all’ini! Blumentritt

in B. H. Liddell

Hart,

The Other Side of the Hill, cit., p. 254.

185

LA PIENA

1941

zio di giugno le acque del Bug sommergevano le campagne per chilometri e chilometri al di là delle sponde del fiume. Condizioni analoghe si presentavano più a nord. Il generale von Man- | stein, che comandava allora un corpo corazzato di avanguardia nella Prussia orientale, disse che violente piogge si abbatterono su quella regione alla fine di maggio e all’inizio di giugno. È evidente che se l’invasione fosse iniziata prima, le sue probabilità di successo

sarebbero

state

assai scarse e, come disse Halder, indipendentemente dalla questione balcanica è molto improbabile che i tedeschi avrebbero potuto rispet- | tare una scadenza anteriore a quella che infine stabilirono. Nel 1940 il tempo aveva anche troppo favorito l’invasione dell’Occidente, ma nel 1941, in compenso, costituì un serio ostacolo all'invasione dell’Est. Nell’aprile del 1941, quando in seguito allo sbarco di una piccola ar- | mata inglese di rinforzo a Salonicco i tedeschi invasero la Grecia, quasi tutto l’esercito greco era schierato in modo da presidiare i varchi montani che davano accesso alla Bulgaria, dove erano concentrate le forze tedesche.

Ma

la prevista avanzata

lungo la valle del fiume

Struma

na- |

scondeva una mossa meno diretta ma assai più pericolosa. Colonne meccanizzate tedesche piegarono verso ovest, risalirono la valle della Strumitza parallela alla frontiera e scavalcarono infine i passi montani che davano accesso all’ultima parte della valle del Vardar, in territorio jugo- | slavo. Da qui sferrarono un attacco proprio contro il punto di giunzione tra gli eserciti greco e jugoslavo, dopo di che sfruttarono con| grande rapidità la penetrazione iniziale per lanciarsi lungo il Vardar e | raggiungere Salonicco. In questo modo una larga parte dell’esercito | greco, di stanza in Tracia, venne

a trovarsi tagliata fuori.

Per completare questo successo iniziale, anziché avanzare da Salonicco direttamente verso sud in direzione del monte Olimpo, dove avevano preso posizione le forze inglesi, i tedeschi sferrarono un altro attacco laterale attraverso il varco di Monastir, più a ovest. Con questa rapida avanzata verso la costa occidentale della Grecia i tedeschi tagliarono fuori le divisioni greche in Albania, aggirarono il fianco degli inglesi e, minacciando di irrompere sulla direttrice di ritirata delle superstiti forze alleate, provocarono

l’istantaneo crollo di ogni forma di resistenza

organizzata in Grecia. Il grosso delle forze inglesi e alleate fu evacuato per mare e trasportato a Creta. ù 186

L'INVASIONE

La conquista di Creta con

un’invasione

DEI

condotta

BALCANI

E

DI

esclusivamente

CRETA

dal

cielo fu una delle più sbalorditive e audaci imprese dell’intera guerra. Essa fu anche la più straordinaria operazione aviotrasportata dell’intera

guerra. Essa fu compiuta a spese della Gran Bretagna; e dovrebbe rappresentare un perenne ammonimento a non sottovalutare il pericolo di simili colpi a sorpresa, di simili fulmini

« a ciel sereno ».

Alle 8 della mattina del 20 maggio 1941 circa 3000 paracadutisti tedeschi scesero

inglesi,

dal cielo su Creta.

australiani

ammontavano

L’isola era presidiata

e neozelandesi,

a quasi altrettanti

nonché

da

da 28.600 soldati

2 divisioni

greche

che

uomini.

L'attacco era stato previsto, in quanto logica conclusione della conquista tedesca dei Balcani, e gli agenti inglesi in Grecia avevano fornito preziose informazioni in merito ai preparativi di tale attacco. Ma la minaccia aviotrasportata non fu presa in considerazione con tutta la

serietà che essa avrebbe meritato. Churchill ha rivelato che il generale Freyberg, decorato con la Victoria Cross, nominato dietro suo suggerimento comandante della guarnigione di Creta, il 5 maggio scriveva: « Non

posso capire il nervosismo;

non

sono minimamente

preoccupato

per un attacco di truppe aviotrasportate... ».' Egli temeva di più una invasione dal mare (pericolo che, in questa occasione, fu sventato dalla Royal Navy). Churchill, che temeva un attacco « soprattutto dal cielo », raccomandò che a Creta venisse inviata « almeno un’altra dozzina di carri armati da fanteria» per dar manforte ai soli 6 che già vi si trovavano.

Ancora

più grave

si sarebbe

rivelata l'assoluta

mancanza

di aerei, i

quali avrebbero potuto affrontare i bombardieri da picchiata tedeschi e intercettare le truppe aviotrasportate. Anche la dotazione di cannoni antiaerei era insufficiente. Entro la prima sera il numero dei tedeschi scesi sull’isola era più che raddoppiato, mentre altri rinforzi continuavano ad affluire grazie al lancio di altri paracadutisti e all'impiego di alianti e, a partire dalla seconda sera, di aerei da trasporto. Questi ultimi cominciarono ad atter-

rare sul campo di aviazione di Maleme, conquistato in precedenza, men! Winston 2 W.

Churchill,

Churchill.

La seconda

La seconda

guerra

guerra

mondiale,

mondiale,

vol. III, Ju grande alleanza, p. 317.

vol. III, cit., p. 322.

LA PIENA

1041

tre ancora esso era spazzato dal fuoco dell’artiglieria e dei mortai dei difensori. Il totale dei soldati tedeschi trasportati a Creta per via aerea ammontò a circa 22.000. Molti rimasero uccisi o feriti in quanto i loro aerei precipitarono in fase di atterraggio, ma quelli che sopravvissero erano i più irriducibili dei combattenti, mentre i loro avversari, sebbene numericamente superiori, non erano sorretti da un così accurato addestramento;

inoltre

alcuni non

avevano

ancora

superato

lo choc di

essere stati cacciati dalla Grecia. Più gravi erano le loro deficienze in termini di equipaggiamento, e in particolare la mancanza di impianti radio a breve portata. Nonostante ciò, molti di questi uomini si batterono con grande coraggio, e la loro ostinata resistenza ebbe importanti effetti che solo in seguito sarebbero venuti alla luce. Per qualche tempo l'ottimismo continuò a prevalere negli alti ambienti inglesi. Alla luce dei rapporti ricevuti, il secondo giorno Churchill informò ia Camera dei Comuni che «la maggior parte » degli invasori aviotrasportati era stata spazzata via. Per altri due giorni il quartier generale per il Medio Oriente continuò a parlare di « rastrellamenti » dei tedeschi superstiti. Ma il settimo giorno, il 26 maggio, il comandante inglese a Creta riferiva: « Ritengo che le truppe ai miei ordini abbiano raggiunto il limite di resistenza... la nostra situazione è disperata ». Poiché proveniva da un soldato coraggioso come Freyberg, questo giudizio non venne messo in discussione. Durante l'evacuazione, iniziata la notte del 28 e conclusa la notte del 31, la Royal Navy, che non risparmiò alcuno sforzo per portar via il maggior numero possibile di uomini, subì pesanti perdite ad opera di un nemico che godeva di una incontrastata supremazia aerea. In totale 16.500 uomini, compresi circa 2000 greci, furono tratti in salvo, ma tutti gli altri rimasero indietro, morti o prigionieri in mano tedesca. La marina da guerra inglese lamentò la perdita di 2000

uomini;

g incrociatori

e 6 cacciatorpediniere

13 altre unità da guerra, comprese cui

allora

disponesse

la

flotta

del

2 corazzate

furono

affondati,

e

e l’unica portaerei di

Mediterraneo,

gravemente

dan-

neggiate. I tedeschi ebbero circa 4000 morti e pressappoco altrettanti feriti. Im termini di morti le loro perdite furono dunque meno di un terzo di quelle subite dagli inglesi, per non parlare di quanti caddero tra le % 188

L'INVASIONE

DEI

BALCANI

E

DI

CRETA

ile dei greci e delle locali reclute cretesi. Ma poiché queste perdite :olpirono soprattutto le truppe scelte dell'unica divisione di paracaduisti che in quel momento la Germania possedeva, esse ebbero su ditler ripercussioni impreviste che tornarono a vantaggio della Gran

Bretagna.

in quel momento,

però, il crollo

inglese a Creta

apparve

un

vero

di-

astro. Esso colpì tanto più duramente gli inglesi in quanto seguiva la vicino altri due disastri. Infatti in aprile le forze inglesi erano state pazzate via dalla Cirenaica in soli dieci giorni, da Rommel, e dalla srecia nel giro di tre settimane dall’inizio dell'invasione tedesca. Il brilante

successo

conseguito

da Wavell

in inverno,

quando

aveva

strap-

vato la Cirenaica agli italiani, finì con l'apparire nulla più che un illuorio squarcio tra le nuvole. Di fronte a questa nuova serie di sconfitte id opera dei tedeschi e alla ripresa primaverile del « Blitz » aereo sul‘Inghilterra, le prospettive apparivano ancora più fosche di quanto non ossero state nel 1940. Ma Hitler non sfruttò la sua terza vittoria mediterranea in alcuno dei nodi juez,

che gli inglesi ora si aspettavano: un balzo su Cipro, la Siria, 0 Malta. Un mese più tardi egli diede il via all'invasione della

Russia, e a partire da quel momento non si occupò più delle opportulità che gli si presentavano di cacciare gli inglesi dal Mediterraneo e lal Medio Oriente. Se questo suo atteggiamento rinunciatario fu doruto soprattutto al fatto che quasi tutte le sue energie erano ora assorite dai grandiosi problemi posti dalla campagna di Russia, è indubbio he a determinarlo contribuì. anche la sua reazione di fronte alla vitoria riportata a Creta. Il prezzo lo scoraggiò più di quanto la conquista lo rallegrasse: troppo stridente era il contrasto con il prezzo irriorio e le ben maggiori conquiste dei suoi precedenti successi! n Jugoslavia e in Grecia, nonostante gli ostacoli montani, le sue nuove orze corazzate si erano mostrate non meno irresistibili che nelle ampie vianure di Polonia e Francia. Esse erano dilagate da un capo all’altro li ambedue i paesi con la forza di un turbine, abbattendo le armate semiche come fossero state birilli. armata del feldmaresciallo List catturò 90.000 jugoslavi, 270.000 greci | 19.000 inglesi a un prezzo che, come dimostrano documenti venuti oi alla luce, raggiunse appena i 5000 uomini tra morti e feriti. A quel 189

LA

PIENA

1941

tempo i quotidiani inglesi fecero ammontare le perdite tedesche a oltre un quarto di milione di uomini, e anche da fonte ufficiale inglese si affermava che i tedeschi morti o feriti erano « probabilmente ’75.000 ». Agli occhi di Hitler, tuttavia, la vittoria di Creta fu offuscata non solo dal più elevato numero di»perdite, ma anche dal fatto che per qualche tempo essa indebolì il suo unico nuovo tipo di forza terrestre che fosse capace di raggiungere e conquistare località situate al di là del mare senza correre il rischio di essere intercettata dalla marina da guerra inglese, la quale nonostante le gravi perdite dominava tuttora la scena dei mari e degli oceani. In effetti, era come se a Creta Hitler si fosse slogato un polso. Dopo la guerra il generale Student, comandante in capo delle forze aviotrasportate tedesche, fece la sorprendente rivelazione che in un primo momento Hitler si era dimostrato piuttosto riluttante ad accettare l’idea di attaccare Creta: Egli intendeva interrompere la campagna balcanica una volta raggiunto il sud della Grecia. Quando fui informato di questa sua intenzione, mi recai in volo da Gòring per proporgli un piano che prevedeva la conquista di Creta da parte di sole forze aviotrasportate. Gòring, che era sempre facile a entusiasmarsi, intuì subito la portata potenziale di questa idea, e mi incoraggiò a esporla a Hitler. Mi incontrai con lui il 21 aprile. Non appena ebbi terminato di spiegargli il progetto, Hitler commentò: « Sembrerebbe buono, ma non penso ‘che sia realizzabile ». Ma alla fine riuscii a convincerlo. Nell’operazione noi impiegammo la nostra unica divisione di paracadutisti, il nostro unico reggimento-alianti

e la 5 divisione da montagna,

che prima di allora non

era

mai stata trasportata per via aerea.!

L’appoggio aereo fu assicurato dai bombardieri da picchiata e dai caccia dell'VIII corpo aereo di Richtofen, che nel 1940 aveva svolto una funzione decisiva nell’aiutare le armate tedesche ad aprirsi un varco prima in Belgio e poi in Francia. Neppure un soldato giunse via mare. All’inizio si era pensato di inviare rinforzi anche per mare, ma poi si era scoperto che le sole navi disponibili erano un certo numero

di caicchi greci. Si decise

allora di riunire queste

piccole imbarcazioni

in un

convoglio e di adibirle al trasporto delle armi pesanti — cannoni antiaerei e anticarro, pezzi d’artiglieria e alcuni carri armati — nonché

di 2 battaglioni

della 5 divisione

! Student in B. H. Liddell Hart, The Other Side of the Hill, cit., pp. 238-430. Questo e i brani che appaiono alle pp. 191 e 192 sono tratti dal libro di Liddell Hart.

190

L'INVASIONE

DEI

BALCANI

E

DI

CRETA

da montagna... a questi uomini fu assicurato che la flotta inglese era ancora alla fonda ad Alessandria; in realtà, essa era in navigazione verso Creta. Il convoglio salpò per Creta, si imbatté nella flotta inglese e fu disperso. La Luftwaffe vendicò questo scacco «strappando un bel po’ di capelli » dallo scalpo della marina da guerra inglese. Ma le nostre operazioni sulla terraferma, a Creta, furono molto ostacolate dalla mancanza di quelle armi pesanti sul cui arrivo avevamo fatto af-

fidamento... Il 20 maggio in nessuna località riuscimmo ad assicurarci il completo controllo di un campo di aviazione. Il maggiore successo lo ottenemmo al campo di aviazione

di Maleme,

dove

il valoroso

reggimento

d’assalto si batté contro

truppe scelte neo-

zelandesi. Quella del 20-21 maggio fu una notte critica per il comando tedesco. Si trattava di prendere una decisione di grande importanza. Alla fine decisi di impiegare il grosso delle riserve di paracadutisti, ancora a mia disposizione, per compiere lo sforzo finale che avrebbe dovuto consentirci di conquistare il campo di Maleme. Se durante questa notte o nella mattina del 21 il nemico avesse organizzato un contrattacco, con ogni probabilità sarebbe riuscito a sgominare i malconci ed esausti superstiti del reggimento d'assalto, i quali oltre a tutto erano gravemente a corto di munizioni. Ma i neozelandesi

sapere

si limitarono

che il comando

a effettuare

inglese si aspettava

contrattacchi

isolati.

che a dar manforte

In seguito venni

alle nostre

a

truppe

aviotrasportate sarebbero sbarcate tra Maleme e Canea ben più ingenti forze tedesche, e non voleva quindi sguarnire quel tratto di costa. In quelle ore decisive il comando inglese non volle correre il rischio di inviare a Maleme quelle forze. Nella giornata del 21 le riserve tedesche riuscirono infine a conquistare il campo di avia-

zione e il villaggio di Maleme. In serata poté così sbarcare il primo contingente di truppe aviotrasportate: il I battaglione da montagna. La Germania aveva ormai vinto la battaglia di Creta.

Ma il prezzo della vittoria fu molto più alto di quanto

avessero

previ

sto i fautori del piano, e ciò accadde non solo perché le forze inglesi sull’isola erano tre volte più numerose ma anche per altre ragioni. Molte

perdite furono

‘ pochissime terra verso

dovute

a errori

di quanto essi avessero previsto,

nel lancio dei paracadutisti.

Poiché

sull’isola

erano le località adatte, e il vento soffiava prevalentemente dall’entroil mare, per timore che gli uomini finissero in acqua i piloti tendevano

troppo nell’entroterra (alcuni di essi finirono addirittura dentro le linee inglesi). I contenitori con le armi caddero spesso lontano dalle truppe, e glio questo fu un altro fattore che contribuì a rendere gravi le nostre perdite. All’inizio i pochi carri armati inglesi presenti sull’isola ci assestarono duri colpi; fu una fortuna per noi che ce ne fossero appena due dozzine. La danteria, composta in massima parte di neozelandesi, sebbene colta di sorpresa sì batté con grande accania portarli

,

mento.

Il Fiihrer

restò molto

impressionato

,

RA

dalle pesanti perdite subite dalle unità para-

191

LA PIENA

19.1

cadutiste e giunse alla conclusione

che ormai esse avevano perduto la loro capacità di cogliere grandi risultati sfruttando il fattore sorpresa. In seguito egli mi disse più volte: « Le truppe paracadutate hanno fatto il loro tempo »... Quando avevo convinto Hitler ad accettare il piano di Creta, io avevo anche proposto di sfruttare la conquista dell’isola per invadere subito dopo, con un’operazione analoga, anche Cipro, e di compiere da qui un ulteriore balzo per conquistare il Canale

di Suez.

Pur

non

dimostrandosi

contrario

all'idea,

Hitler

non

prese

alcuna

decisione definitiva in merito “al: piano da me proposto; la sua mente era troppo occupata dalla imminente invasione della Russia. Dopo lo choc delle ingenti perdite subite a Creta, egli non volle tentare un’altra operazione aviotrasportata su grande scala.

Io insistetti,

e gli prospettai

più volte

la mia

Le perdite inglesi, australiane e neozelandesi

idea,

ina

non

servi

a nulla.

a Creta ebbero dunque un

risvolto positivo. Il progetto di Student di impadronirsi del Canale di Suez sarebbe forse stato irrealizzabile, a meno che anche le unità corazzate di Rommel in Africa fossero state rafforzate in modo adeguato, ma la conquista di Malta sarebbe stata un’impresa alquanto più facile. Hitler si convinse dell'opportunità di intraprenderla un anno dopo,

ma poi cambiò idea e rinunciò a questo suo proposito. Student commentò: « Egli pensava che qualora la flotta inglese fosse apparsa sulla scena tutte le unità italiane se la sarebbero svignata per rifugiarsi nelle loro basi, lasciando nei guai le forze aviotrasportate tedesche ».

n

| XII

HITLER

ATTACCA LA RUSSIA

‘ Tutta la prospettiva del conflitto fu rivoluzionata quando Hitler diede ‘i il via all'invasione della Russia: era il 22 giugno 1941, un giorno prima dell’anniversario dell’inizio dell'invasione napoleonica del 1812. Il passo i si dimostrò altrettanto fatale per Hitler quanto lo era stato per il suo . lontano predecessore. Anche se la fine non fu altrettanto rapida. | Napoleone fu costretto a ritirarsi dalla Russia prima della fine dell’anno, e i russi entrarono nella sua capitale nell’aprile del secondo anno dopo la sua invasione. Hitler invece non fu cacciato dalla Russia che dopo tre anni, e i russi entrarono nella sua capitale solo nell'aprile del quarto anno. Pur non riuscendo a ripetere l’illusorio successo che Napoleone aveva riportato entrando a Mosca, Hitler riuscì a spingersi all’interno della Russia per una distanza doppia rispetto a quella coperta da Napoleone. Se egli poté penetrare ben più in profondità, fu grazie al fatto di disporre di mezzi che rendevano possibile una mobilità di gran lunga maggiore, ma neppure questi mezzi gli bastarono per conseguire l’obiettivo che si era prefisso. Gli ampi spazi della Russia segnarono dapprima la fine delle sue speranze e poi la sua stessa disfatta. La storia si ripeté anche per quanto riguarda gli effetti collaterali del passo suicida compiuto dall’aggressore. Esso permise alla Gran Bretagna di uscire da una situazione che la stragrande maggioranza di quanti © si trovavano al di fuori dei suoi confini insulari giudicava ormai compromessa. Ai loro occhi appariva chiaro che non potevano esistere speranze di salvezza per una piccola isola ai margini di un continente »ostile che la stringeva ancor più da vicino di quanto fosse accaduto ai tempi di Napoleone. L'efficacia protettiva del braccio di mare che la separava dal continente era stata alquanto ridotta dallo sviluppo della potenza aerea. L'industrializzazione dell’isola l'aveva resa dipendente Log

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HITLER

dalle

importazioni,

e ciò moltiplicava

la minaccia

ATTACCA

LA

RUSSIA

rappresentata

dai

sommergibili. Rifiutandosi di prendere in considerazione qualsiasi proposta di pace, il governo inglese aveva portato il paese su una strada che, in simili condizioni, non poteva che condurre attraverso un progressivo esaurimento delle sue forze al crollo finale, anche nel caso che Hitler si fosse astenuto dal tentare di conquistarla rapidamente con un'invasione. La linea del « nessun compromesso » equivaleva a un lento suicidio. Gli Stati Uniti avrebbero potuto pompare « aria » per tenere a galla la Gran Bretagna, ma ciò sarebbe bastato soltanto a prolungare il processo, e non certo a impedirne la logica conclusione. Inoltre sulla portata di questa proroga influì negativamente l’estemporanea decisione «di Churchill

di bombardare

la Germania

con

tutte le sparute

forze di

cui la Gran Bretagna disponeva. La conseguenza di questi bombardamenti, che sul piano pratico avevano la stessa efficacia di semplici punture di spillo, non poteva che essere quella di contrastare la tendenza di Hitler a rivolgere altrove la propria attenzione. Ma il popolo inglese non si preoccupava molto della triste realtà della situazione in cui si trovava. Si trattava di un popolo istintivamente ostinato e strategicamente ignorante. Contribuendo a neutralizzare lo stato d'animo di pessimismo seguito all’evacuazione di Dunkerque, i di-

scorsi di Churchill diedero agli inglesi il tonico di cui avevano bisogno. Eccitati com'erano dal tono di sfida delle parole del loro primo ministro, essi non si fermavano a pensare se quel tono di sfida era davvero giustificato sul piano strategico. Più profondo dell’influenza esercitata da Churchill fu però l’effetto dei successi riportati da Hitler. La conquista della Francia e l’avvicinamento delle armate hitleriane alle loro coste li stimolò come mai avevano fatto prima di allora le innumerevoli

prove della sua natura

tirannica

ed aggressiva. Ed essi reagirono ancora una volta nel modo che era loro più congeniale, e cioè con l’incrollabile determinazione di non mollare la preda, di tener duro a ogni costo. Mai la storia aveva dimostrato, e giustificato, con

tanta chiarezza l’identificazione

del popolo in-

glese con il bulldog, in tutta la sua sublime stupidità. 4ncora una volta un conquistatore dell'Occidente, fu disorientato dal comportamento di un popolo che « non si rendeva conto di essere stato 195

LA PIENA

10941

battuto ». Come Mein Kampf dimostra, Hitler aveva capito gli inglesi meglio di Napoleone, e proprio per questo si era dato da fare, in un modo per lui inusitato, per cercare di non ferire il loro orgoglio. Ma egli aveva fatto affidamento sul loro senso pratico, e rimase quindi scon-

certato quando dovette constatare che essi non riuscivano ad accorgersi di quanto disperata fosse la loro situazione, né a riconoscere che le condizioni delineate nella sua offerta di pace erano straordinariamente favorevoli tenendo conto delle circostanze. In quello stato di confusione, per un po' egli si chiese che cosa fare, e infine risolse la questione

voltandosi nella stessa direzione già prescelta da Napoleone: a est. La conquista della Russia avrebbe costituito il passo preliminare a un accordo finale con la Gran Bretagna. Il suo non fu un improvviso cambiamento di idee, bensì una decisione maturata in modo graduale. Complesse ne furono le cause — più complesse di quelle dell’analoga decisione napoleonica — tanto che per spiegarle non è sufficiente fare riferimento a un unico fattore o movente. Le gravi perdite della Luftwaffe sull’Inghilterra meridionale furono meno decisive sul piano strategico, anche se più decisive su quello tattico, dello scacco inflitto alla flotta francese al largo di Capo Finisterre nel 1805. La sconfitta di Goòring non ebbe sulla mente di Hitler un effetto così istantaneo come quello che la ritirata di Villeneuve aveva prodotto su Napoleone. Infatti Hitler non desistette dai suoi sforzi di piegare la volontà del popolo inglese, e si limitò a cambiare la forma della sua pressione: rinunciando al tentativo di distruggere le forze aeree che difendevano la Gran Bretagna, la Luftwaffe passò al bombardamento notturno dei centri industriali inglesi. L’intermittente attenuazione della pressione aerea fu dovuta, oltre che alle condizioni atmosferiche, alle incertezze che continuavano a tormentare la mente | di Hitler. Sembra infatti accertato che egli sarebbe stato ben lieto di | non spingere fino alle estreme conseguenze la contesa con la Gran Bretagna, se solo gli fosse riuscito di persuaderla ad accettare le sue con- | dizioni di pace; questo era l’obiettivo che ostinatamente si sforzava di perseguire — con assai poco tatto, si deve dire. Intanto, sotto la spinta delle sue necessità e paure economiche, moltiplicate dai suoi pregiudizi, la mente di Hitler si stava muovendo con sempre maggiore slancio in un’altra direzione. Sebbene il patto con 196

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

Stalin avesse preparato il terreno per la sua vittoria in Occidente, le sue conquiste

in questa parte dell'Europa

frutto delle circostanze, mentre

da sempre

erano

state in larga parte

egli aveva

accarezzato l’idea

cdi abbattere la Russia sovietica. Per Hitler il raggiungimento di questo obiettivo era qualcosa di più di una semplice questione di convenienza, in vista della realizzazione delle sue ambizioni: l’antibolscevismo era la sua più profonda convinzione sul piano emotivo. Questo impulso a volgersi verso est fu senza dubbio alimentato dalla

resistenza della Gran Bretagna, ma esso aveva cominciato di nuovo a farsi sentire prima ancora che gli inglesi respingessero ia sua offerta di pace.

©

All’inizio di giugno del 1940, mentre Hitler era ancora impegnato nella campagna di Francia, Stalin aveva approfittato del momento favorevole per occupare Lituania, Estonia e Lettonia. È significativo che la prima a essere occupata fosse proprio la Lituania, il più occidentale degli stati baltici e contiguo alla Prussia orientale. A norma delle clausole segrete del patto russo-tedesco esso era stato assegnato alla sfera d'influenza della Germania. Hitler ebbe l’impressione di essere stato ingannato dal suo « socio » nella spartizione della Polonia, nonostante che quasi tutti i suoi consiglieri scorgessero realisticamente nell’occupazione russa degli stati baltici una logica mossa precauzionale, ispirata dal timore di quello che Hitler avrebbe potuto tentare di fare dopo la vittoria in Occidente. Quanto poco Hitler si fidasse della Russia è dimostrato dal modo in cui durante tutta la campagna in Occidente egli si dimostrò costantemente preoccupato per il fatto di aver lasciato solo 10 divi sioni a est, di fronte a un centinaio di divisioni russe. Poi il 26 giugno, anche questa volta senza curarsi di avvertire in anti cipo la Germania, la Russia inviò alla Romania un ultimatum con il quale richiedeva l'immediata restituzione della Bessarabia e, in aggiunta, la cessione della Bucovina settentrionale (come « piccolo compenso » per il modo in cui la Russia era stata « derubata » della sua ex provincia nel 1918). Non appena il governo romeno, al quale erano state con-

‘i cesse

solo

ventiquattro

ore

di

tempo

per

rispondere,

fece

sapere

di

197

LA

PIENA

1041

essere disposto ad aderire a quelle richieste, forze russe sia terrestri che aviotrasportate si affrettarono a prendere possesso dei nuovi territori.

Per Hitler fu qualcosa di peggio di uno « schiaffo »: con la loro improvvisa mossa i russi si erano pericolosamente avvicinati a quei campi petroliferi romeni sui quali egli stesso contava per soddisfare il suo fab-

bisogno di carburante ora che la Germania era tagliata fuori dalle sue tradizionali fonti di approvvigionamento oltremare. Nelle settimane successive l’idea di quel rischio e delle possibili ripercussioni sull’offen-

siva aerea contro l'Inghilterra lo rese sempre più inquieto e, natural mente,

sospettoso

in merito

a quelle che potevano

essere le intenzioni

di Stalin. Il 29 luglio egli parlò a Jodl della possibilità di dover combattere con la Russia qualora essa avesse tentato di impadronirsi dei campi petroliferi romeni. Poche settimane dopo, come contromossa, egli diede disposizioni affinché iniziasse il trasferimento in Polonia di 2 divisioni corazzate e di 10 divisioni di fanteria. Una direttiva inviata il 6

settembre al servizio di controspionaggio diceva: « Nel corso delle pros-

sime settimane si provvederà al potenziamento delle forze di guarnigione nel territorio orientale. Si deve impedire che questi movimenti di truppe suscitino in Russia l'impressione che noi ci stiamo prepa- | rando a lanciare un'offensiva a est ». L'operazione doveva essere camuf- |

fata mediante frequenti spostamenti di unità tedesche da una zona all’altra: D'altra parte, la Russia si renderà conto che ingenti e ben addestrate forze tedesche | sono di stanza nel governatorato generale, nelle province orientali e nel protettorato. Da ciò essa dovrebbe trarre la conclusione che noi siamo pronti a proteggere | i nostri interessi, soprattutto nei Balcani, opponendoci con la massima energia a ognì suo eventuale tentativo di interferenza.

Questa direttiva aveva un tono eminentemente difensivo. Più che far pensare a un'aggressione tedesca, essa dimostrava che Hitler si proponeva di scoraggiare eventuali intenzioni aggressive da parte della Russia. Ma poiché la distanza che separava il suo fronte dai campi petroliferi che egli era deciso a salvaguardare era così esigua che egli non | poteva sperare di riuscire a proteggerli in modo diretto, Hitler fu indotto a prendere in considerazione l’idea di una diversione offensiva sul fronte polacco. Ma l’idea di una diversione di questo genere si svi198

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

luppò ben presto in quella di un’invasione su vasta scala; si trattava, in sostanza, di eliminare quel particolare rischio estirpando l’intera fonte di pericolo. Verso la metà di settembre giunse notizia che il servizio propagandistico russo stava sforzandosi di suscitare tra le file dell’Armata Rossa sentimenti antitedeschi. Ciò dimostrava che l’effetto del primo aumento delle forze tedesche di stanza nei territori orientali era stato quello di accrescere i sospetti dei capi russi, e che quindi essi si davano da fare per preparare le loro truppe all’eventualità di un conflitto russo-tedesco. Ma agli occhi di Hitler queste notizie sembrarono una chiara conferma delle loro mire offensive. Egli cominciò a pensare che era necessario decidersi ad affrontare la Russia senza aspettare di aver completato e consolidato la vittoria in Occidente. Timori, ambizioni e pregiudizi avviarono in lui una specie di reazione a catena che non poteva che rafforzare la nuova piega presa dai suoi pensieri. In uno stato d’animo di questo genere era logico che ogni cosa potesse apparire un indizio, una conferma dei suoi sospetti. Meravigliato per il modo in cui gli inglesi sembravano non rendersi conto di quanto disperata fosse la loro situazione e per l’ostinazione con cui respingevano l’idea di concludere una pace sulla base delle favorevoli condizioni da lui proposte, egli giunse via via a convincersi che la spiegazione di quel comportamento doveva essere ricercata nell’atteggiamento della Russia. Col passare dei mesi, più e più volte egli disse a Jodl e ad altri che era evidente che la Gran Bretagna sperava in un intervento russo, dato che altrimenti si sarebbe decisa a cedere le armi. Doveva già esserci qualche accordo segreto. L'invio di sir Stafford Cripps a Mosca e il suo colloquio con Stalin ne erano

una conferma.

Se non voleva essere strangolata, la Ger-

mania doveva agire subito. Hitler non riuscì a capire che, come lui, anche i russi potevano temere di essere aggrediti. ‘Il piano per un’offensiva contro la Russia era già stato delineato quando, all’inizio di settembre, il generale von Paulus divenne vice capo dello stato maggiore generale. Egli ricevette istruzioni di « esaminarne la possibilità di attuazione ». Gli obiettivi già definiti erano, innanzi tutto, la distruzione delle armate russe nella Russia occidentale e, in secondo luogo, un'avanzata

in territorio russo

i da garantire la Germania

spinta abbastanza

in profondità

contro il rischio di attacchi aerei da est: si 199

LA PIENA

10941

trattava, insomma, di spingersi fino a una linea congiungente la città di Arcangelo con il fiume, Volga. Entro l’inizio di novembre il piano fu completato nei minimi dettagli e poi verificato in un paio di manovre di quadri. Hitler era ora meno preoccupato della possibilità di un'offensiva russa, ma più propenso ad assumere egli stesso l’iniziàtiva attaccando la Russia. La preparazione e la contemplazione di vasti piani strategici aveva sempre l’effetto di inebriarlo. I dubbi espressi dai suoi generali quando egli li metteva al corrente dei suoi progetti non servivano ad altro che a renderli ancor più irrevocabili. Forse che i fatti non gli avevano sempre dato ragione? Egli doveva dimostrare loro ancora una volta, e in modo ancora più convincente, che avevano torto; infatti i dubbi che continuavano a sollevare

erano

una

chiara

dimostrazione

che,

nonostante

tutta

la loro

remissività, in fondo essi si ostinavano a non fidarsi di lui, a giudicarlo un dilettante. Inoltre i suoi ammiragli e i suoi generali nutrivano delle apprensioni in merito all'idea di tentare un’invasione dell’Inghilterra; e d'altra parte egli non poteva restare passivo. Da tempo egli aveva dato il via all’elaborazione dei piani relativi a un’avanzata attraverso la Spagna che, concludendosi con la conquista di Gibilterra gli consentisse di sbarrare agli inglesi l’accesso occidentale al Mediterraneo; ma anche questa era un'operazione troppo da poco per soddisfare la sua immensa ambizione. Alla fine di ottobre avvenne un fatto che influì sulla sua decisione — e, in misura ancor maggiore, sulle conseguenze finali di questa decisione. Il fatto nuovo

fu l’invasione

della

Grecia

da parte

di Mussolini,

ini-

ziata senza che Hitler ne fosse neppure informato. Hitler fu molto irritato dalla scarsa considerazione in cui il suo « socio minore » aveva dimostrato di tenere i suoi consigli, dal modo in cui l’iniziativa italiana intralciava il suo programma e dalla possibilità che gli italiani interferissero in quella che doveva essere la sua sfera di influenza. Anche se i rovesci subiti dagli italiani fecero ben presto svanire quest’ultimo rischio, l’iniziativa indipendente

di Mussolini

spinse Hitler ad accelerare

l'attuazione delle sue mosse nei Balcani. Essa costituì un nuovo motivo

per rimandare il completamento del suo programma occidentale e accentuò la « svolta a est» della sua mente. Trovandosi costretto a battere in velocità i suoi alleati in una corsa per il controllo dei Balcani, 200

%

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

come prima mossa avrebbe sistemato i conti con la Russia. Al problema inglese avrebbe pensato dopo. Non era ancora una decisione precisa e irrevocabile, ma certo questo era il pensiero che dominava la sua mente. Il 10 novembre Molotov arrivò a Berlino per discutere tutta una serie

di questioni, compreso il suggerimento tedesco che la Russia si schierasse in modo

ufficiale al fianco delle potenze dell'Asse. Alla fine delle

conversazioni fu emanato un comunicato congiunto nel quale si diceva tra l’altro: « Lo scambio di idee, svoltosi in un'atmosfera di reciproca fiducia, ha condotto alla reciproca comprensione di tutte le importanti questioni che interessano la Germania e l'Unione Sovietica ». Anche in privato i delegati tedeschi si dissero abbastanza soddisfatti dei risultati ottenuti, risultati che il 16 furono riassunti in questo modo: Per il momento non vi sarà alcun preciso trattato. La Russia appare disposta a sottoscrivere il patto tripartito non appena saranno state chiarite numerose altre que-

stioni... A Molotov viene notificato il proposito della Germania di intervenire nei Balcani in appoggio dell’Italia, ed egli non solleva obiezioni. Egli suggerisce la creazione di condizioni adatte a promuovere un'influenza russa in Bulgaria analoga all'influenza tedesca in Romania, ma i tedeschi lasciano cadere la cosa. La Germania, tuttavia, fa sapere di non essere particolarmente interessata al controllo turco dei Dardanelli ed esprime comprensione per il desiderio della Russia di avere alcune basi in quel settore...

Ma la « reciproca fiducia » era del tutto inesistente, e mai quella tradizionale frase diplomatica fu più vuota di contenuto. Il 12, nella sua

direttiva di guerra n. 18. Hitler aveva detto: Si è proceduto all'avvio di conversazioni politiche con l’obiettivo di chiarire quale sia l'atteggiamento della Russia per l'immediato futuro. Indipendentemente dai risultati di queste conversazioni, tutti i preparativi per l’est in merito ai quali sono già state date precise istruzioni verbali saranno

continnati.

Mentre

l'attuazione

i diplomatici

procedeva.

chiacchieravano,

Per di più, giudicando

che i risultati

dei piani militari

delle conversazioni

non fossero così soddisfacenti come sembrava ad altri e ritenendo che la richiesta russa di ulteriori chiarimenti in merito al patto tripartito

non fosse altro che una mossa per guadagnare tempo, Hitler si rafforzò ancora

di più nel suo proposito di passare all'offensiva.

Raeder,

che lo

vide il 14, annotò: « Il capo è ancora propenso a fomentare il conflitto

eee.

201

I.\ PIENA

194)

con la Russia ». Dopo la partenza di Molotov, Hitler si incontrò con numerosi dei suoi uomini più fidati e li informò esplicitamente della sua intenzione di invadere la Russia. Vani furono i loro tentativi di

dissuaderlo. A chi gli faceva notare che una simile mossa avrebbe signilicato guerra su due fronti — una situazione che si era dimostrata fatale per la Germania nella prima guerra mondiale — egli ribatteva che sarebbe

stato

sciocco

pensare

che

la Russia

se ne

sarebbe

rimasta

tran-

quilla fino a quando ia Germania fosse riuscita a piegare la resistenza inglese. Per avere ragione della Gran Bretagna era necessario potenziare l'aviazione e la marina, e quindi dedicare meno attenzione all'esercito; ma una simile riduzione sarebbe stata assai pericolosa finché la Russia avesse continuato a costituire una minaccia. I termini della situazione erano stati mutati dalla « inattendibilità della Russia, quale si era ma-

nifestata negli stati balcanici ». L' « Operazione Sealion » doveva quindi essere rimandata.

Il 5 dicembre

Hitler ricevette il rapporto di Halder

sul piano orien-

tale, e il 18 emanò la « Direttiva n. 21 - Questione Barbarossa ». Essa si apriva con la seguente, decisiva affermazione: « Le forze armate tedesche devono tenersi pronte ad annientare la Russia nel corso di una

rapida campagna

prima della fine della guerra

contro

l'Inghilterra ».

\ tal fine l'esercito dovrà impiegare tutte le unità disponibili, con la clausola che i paesi occupati dovranno essere salvaguardati dal pericolo di attacchi a sorpresa.

lia marina da guerra continuerà a concentrare

i suoi sforzi, in modo inequivocabile,

contro l'Imghilterra! Quando si presenterà l'occasione favorevole, io ordinerò la concentrazione delie truppe in vista dell'azione contro la Russia sovietica otto settimane prima della data

prevista per l’inizio delle operazioni. Qualora non siano stati ancora compiuti, i preparativi che richiedono più tempo devono iniziare immediatamente ed essere ultimati entro il 15 maggio 1941. [Si riteneva che comunque non sarebbe stato possibile anticipare questa data a causa delle condizioni meteorologiche.] Bisogna agire con la massima

cautela

per impedire

che la nostra

intenzione

di attaccare

trapeli...

Si dovrà distruggere il grosso dell'esercito russo nella Russia occidentale nel corso di audaci operazioni basate sulla penetrazione in profondità di 4 cunei di carri armati;

si dovrà impedire che le forze del nemico

in grado di combattere

si ritirino

negli ampi spazi della Russia.

La direttiva proseguiva dicendo insufficienti a paralizzare

strati 202

che se questi risultati si fossero dimola Russia, a eliminare la sua ultima è

|

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

area industriale situata negli Urali avrebbe potuto provvedere la Luftwaffe. A rendere inoffensiva la Flotta Rossa sarebbe bastata la cattura delle sue basi baltiche. La Romania avrebbe contribuito al successo dell'operazione tenendo impegnate le forze russe a sud e svolgendo attività ausiliarie nelle retrovie (in novembre Hitler aveva sondato il nuovo dittatore romeno, generale Antonescu, a proposito di un'eventuale partecipazione della Romania a un'offensiva contro la Russia). L'accenno alla « occasione favorevole » aveva un suono alquanto vago,

ma non sembrano esistere dubbi sul fatto che Hitler aveva già preso la sua decisione. Il significato di questa riserva può essere spiegato da un brano successivo della direttiva: « Tutti gli ordini che saranno impartiti dagli alti comandanti in conformità a queste istruzioni dovranno essere

formulati

in termini

tali da poter essere

interprétati

come

mi-

sure precauzionali nel caso che la Russia cambiasse il suo attuale atteggiamento nei nostri confronti ». La reale natura del piano doveva essere dissimulata mediante tutta una serie di artifici, e fu più che naturale

che sotto questo aspetto Hitler giocasse un ruolo di primissimo piano. Egli doveva inoltre trarre in inganno non solo il nemico, ma anche il suo stesso popolo. Così molti di coloro ai quali aveva accennato il progetto si mostravano preoccupati per i rischi connessi a un'invasione

della Russia; soprattutto in quanto una mossa di questo genere avrebbe comportato una guerra su due fronti, egli ritenne più prudente dare a vedere di non modo essi avrebbero

aver ancora preso una decisione definitiva. In tal avuto tempo di abituarsi a quella nuova idea,

mentre egli avrebbe avuto la possibilità di produrre prove più persuasive delle intenzioni

ostili della Russia.

I suoi generali, in particolare,

esprimevano tali e tanti dubbi che egli si chiedeva con preoccupazione quale conseguenze avrebbe potuto avere quel loro atteggiamento tut‘t’altro che entusiasta. Certo egli poteva imporre la cosa con tutta la forza della sua autorità, ma ciò non sarebbe bastato a far nascere in loro quello spirito di ferma determinazione che costituiva una premessa essenziale per il successo dell’operazione. Poiché non si poteva

fare a meno di loro in quanto « professionisti » della guerra, era indispensabile

convincerli.

203

GRUPPI D'ARMATA TEDESCHI SUL FRONTE ORIENTALE! con relativi cambiamenti di designazione e di comandante Giugno 1941 - Luglio 1945

Nord 1941 Giu.

Dic.

von

Centro Leeb

von Kiichler

von

Sud Bock | von

von Kluge|

1942 Genn.

Rundstedt

von

Reichenau

von

Bock

B

Luglio

A

von

Weichs

List]

Sett.

Hiti

Nov.

Don

(dall’118 armata) von

1943 Feb.

sciolto

Ott.

1944 Genn. Mar.

von)

Manstein

Sud

Busch

Model Nord Ucraina Model

Lindemann

Giu.

Luglio

Sud Ui Schk

Model

|

| Friessner

I

Schòrner

Ag.

Frié

Reinhardt

|

A

Sett.

Sud

Harpe

Dic. 1945 Genn.

Rendulic

von

Vietinghoff

Rendulic Apr.

Mag.

|

wa |

Curlandia del Nord

Genn.

|

Hilpert

Vistola

Rendulic

Weiss

(nuovo)

| Himmler

Heinrici

Centro

Schòrner

i

sciolto

Rel

Student

Ostm

! Riprodotto per gentile concessione del tenente colonnello Albert Seaton dall’Appendix del suo libro The Russo-German War, 1941-1945, Arthur Baker, London 1970.

B

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

Il 10 gennaio fu firmato un nuovo trattato con la Russia che incorposvoltesi con Molotov

rava i risultati delle conversazioni

in novembre

a

proposito di questioni economiche e di controversie di frontiera. in apparenza il trattato avrebbe dovuto preludere a un miglioramento dei rapporti tra i due paesi. Ma ben diverse erano le idee di Hitler, che proprio in quei giorni definiva Stalin un «ricattatore freddo come il

ghiaccio ». Nello stesso tempo, dalla Romania e dalla Bulgaria arrivavano inquietanti notizie sull'attività che i russi andavano svolgendo in quel settore. Il 19 Hitler si incontrò con Mussolini, al quale parlò delle sue difficoltà con la Russia. Pur non facendo parola dei suoi piani offensivi,

egli accennò — e la cosa era molto significativa — di aver ricevuto una energica protesta da parte dei russi, i quali non vedevano di buon occhio la concentrazione di truppe tedesche in Romania. Un importante indizio a proposito di quelli che dovevano essere i suoi pensieri ci è for-

nito dalla sua seguente osservazione: « Fino a ieri la Russia non avrebbe costituito il benché minimo pericolo, dato che essa non può neppure impensierirci; ma oggi, nell’era dell'aviazione, i campi petroliferi romeni possono essere trasformati in una distesa di macerie fumanti da attacchi aerei provenienti dalla Russia e dal Mediterraneo; e la vita stessa dell'Asse dipende da quei campi petroliferi ». Questo era anche l’argo-

mento che egli adduceva per rispondere a quei suoi generali che sostenevano

che,

se pure

i russi

stavano

contemplando

l’idea

di un’inva-

sione, il rischio poteva essere fronteggiato in modo adeguato aumentando la potenza difensiva delle forze tedesche schierate lungo la frontiera, anziché lanciando un'offensiva contro la Russia. Il g febbraio, dopo una riunione dei suoi capi militari

tenutasi

a

Berchtesgaden e nel corso della quale erano stati infine rivelati i detta(gli del piano, Hitler approvò la stesura finale del piano « Barbarossa ». Keitel formulò una valutazione dell’entità delle forze nemiche stanziate

nella Russia occidentale: circa 100 divisioni di fanteria, 25 divisioni di cavalleria e l'equivalente di 30 divisioni meccanizzate. Si trattava di una valutazione abbastanza azzeccata: quando infatti l’invasione fu sferrata i russi avevano

a disposizione,

a ovest,

88 divisioni di fanteria,

7

divisioni di cavalleria, 54 brigate di carri armati e divisioni motorizzate.

Keitel

disse poi che, anche

se non

altrettanto

numerose,

le forze

205

L.A PIENA

1941

tedesche sarebbero

state « di gran lunga superiori in fatto di qualità ».

Le forze di invasione comprendevano quali motorizzate),

1 divisione

116 divisioni di fanteria (14 delle

di cavalleria

e 19 divisioni

corazzate;

a

queste si aggiungevano 9g divisioni incaricate di occuparsi delle linee di comunicazione. L’enumerazione delle forze in campo non poteva che accentuare le perplessità dei generali, dato che essa dimostrava come la Germania stesse imbarcandosi in una grande offensiva senza avere dalla

sua alcun vantaggio iniziale, e anzi con un considerevole margine di svantaggio per quanto riguardava l'elemento decisivo: le forze corazzate. Era evidente che chi aveva elaborato quel piano puntava tutto sulla superiore qualità delle forze tedesche. Keitel continuò: « Non sappiamo quali siano i propositi operativi dei

russi. La frontiera non è presidiata da forze ingenti. Un’eventuale ritirata non potrebbe che essere limitata, dal momento

che per i russi gli

stati baltici e l'Ucraina sono indispensabili per ragioni di approvvigionamento ». Questa ipotesi, che pure a quel tempo sembrava ragionevole, si sarebbe poi dimostrata molto illusoria. Nel piano erano delineati i compiti operativi delle forze di invasione,

le quali avrebbero operato -in tre distinti gruppi di armate. Quello set- | tentrionale (agli ordini di Leeb) doveva attaccare dalla Prussia orientale e, attraversando

gli stati

baltici,

puntare

su

Leningrado.

Quello |

centrale (agli ordini di Bock) doveva partire dalla regione di Varsavia e avanzare in direzione di Minsk e Smolensk, lungo la direttrice di Mosca. Quello meridionale (agli ordini di Rundstedt) doveva infine sviluppare il suo attacco a sud delle paludi del Pripjat, e piegare poi verso la Romania avendo come obiettivi il Dnepr e Kiev. Il ruolo prin- |

cipale sarebbe stato svolto dal gruppo centrale, al quale sarebbe stato| quindi assegnato il grosso delle forze disponibili. Si calcolava che a|

nord vi sarebbe stato un sostanziale equilibrio di forze, mentre nel set-| tore meridionale le forze attaccanti avrebbero dovuto fare i conti con un nemico numericamente superiore. Nella sua esposizione Keitel fece osservare che l’atteggiamento del-|

l'Ungheria era ancora incerto, e sottolineò che per ragioni di sicurezza solo all'ultima ora sarebbe stato possibile stabilire accordi con quei paesi che sembravano potenzialmente disposti a cooperare con la Ger-

mania. Un’eccezione a questa regola doveva però essere costituita dalla 206

%



HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

Romania, in quanto la sua cooperazione era « vitale ». (Poco prima Hitler si era incontrato di nuovo con Antonescu e gli aveva chiesto di permettere che truppe tedesche attraversassero la Romania per andare in Grecia ad aiutare gli italiani, ma Antonescu si era mostrato esitante, facendo rilevare che un simile passo avrebbe potuto far precipitare la decisione russa di invadere la Romania. Nel corso di un terzo incontro Hitler gli promise, in cambio di una sua collaborazione nell’attacco contro la Russia, non solo la restituzione alla Romania della Bessarabia e ‘Bucovina settentrionale, ma anche una fascia del territorio della Russia

meridionale « fino al Dnepr ».) Keitel aggiunse che l’operazione di Gibilterra non era più attuabile in quanto il grosso dell’artiglieria tedesca era stato trasferito a est. Sebbene anche l’ « Operazione Sealion » dovesse essere accantonata, « si dovrà fare tutto il possibile affinché le nostre truppe continuino ad avere l’impressione che i preparativi per l’invasione della Gran Bretagna continuano ». Per diffondere questa idea si sarebbe, proceduto all'immediata chiusura di alcune zone costiere sulla costa della Manica e in Norvegia; in sostanza, si doveva attuare un duplice bluff, spiegando che la concentrazione di truppe nelle regioni orientali non era altro che uno stratagemma per trarre in inganno gli inglesi, in modo che lo sbarco li cogliesse di sorpresa. Il piano militare era accompagnato da un grandioso piano economico, il piano « Oldenburg », per lo sfruttamento del territorio sovietico conquistato. Fu creato uno stato maggiore economico, del tutto autonomo rispetto allo stato maggiore generale. Il 2 maggio, dopo aver esaminato il problema, questo nuovo organismo presentò un rapporto che si apriva con le seguenti affermazioni: « La guerra potrà essere continuata solo se a partire dal terzo anno le vettovaglie necessarie per il mantenimento - di tutte le forze armate saranno ricavate dalla Russia. Non c'è dubbio che molti milioni di persone moriranno di fame in Russia se noi sot-

trarremo al paese i viveri di cui avremo bisogno per i nostri soldati ». Non è chiaro se questa fosse solo una fredda valutazione scientifica o se invece volesse costituire un ammonimento a non proporsi obiettivi troppo ambiziosi. Il rapporto così continuava: « La confisca e il tra-

sferimento dei semi da olio e dei panelli di sansa [prodotti nei territori occupati]

sonodi primaria importanza;

solo secondaria

è l’impor207

LA

PIENA

1041

tanza dei cereali ». In un precedente rapporto il generale Thomas, capo del Dipartimento dell'Economia di Guerra dell'’OKW, aveva messo in rilievo che, a condizione

di risolvere il problema

dei trasporti, la con-

quista di tutta la Russia europea avrebbe potuto alleviare il problema della carenza di generi alimentari di cui la Germania soffriva, ma non avrebbe comunque risolto altri importanti aspetti del suo problema economico: la questione delle forniture di « caucciù, tungsteno, rame, platino, stagno, amianto e manilla resterà irrisolta finché non disporremo di sicure vie di comunicazione con l’Estremo Oriente ». Questi ammonimenti non valsero a far ricredere Hitler. Ma un’altra valutazione contenuta nel rapporto («le forniture di carburante del Caucaso sono indispensabili per lo sfruttamento dei territori occupati ») avrebbe avuto un effetto molto importante, inducendo Hitler a spingersi troppo avanti nella sua avanzata, fino a perdere l'equilibrio. Ancora più gravi per il piano « Barbarossa » furono

le ripercussioni,

ad effetto ritardato, di un contrattempo preliminare dovuto alla reazione psicologica di Hitler di fronte al duplice smacco diplomatico che egli ricevette da Grecia e Jugoslavia, spalleggiate dagli inglesi. Prima di attaccare la Russia Hitler voleva assicurarsi che il suo fianco destro fosse al sicuro da ogni interferenza inglese. Egli aveva sperato che per garantirsi il controllo dei Balcani la Germania non avrebbe avuto bisogno di impegnarsi seriamente sul piano militare: dopo le vittorie riportate in Occidente non le sarebbe stato difficile ottenere quanto voleva mediante un’energica politica di « diplomazia armata ». Mettendo le mani sulla Bessarabia, la Russia gli aveva spianato il terreno in Romania; di rimbalzo, infatti, la Romania gli era caduta tra le braccia. Anche il passo successivo si rivelò facile. Il 1° marzo il governo bulgaro abboccò all’amo e si impegnò a permettere che forze tedesche attraversassero il suo territorio e prendessero posizione sulla frontiera greca. Attraverso la radio il governo sovietico espresse il suo sdegno per questa palese violazione delle regole della neutralità, ma il fatto stesso che i russi si limitassero a una protesta verbale rese ancora più certo Hitler che essi non erano pronti per una guerra. Il governo greco dimostrò invece maggiore freddezza nei confronti degli approcci diplomatici di Hitler, come era naturale visto che la Grecia era appena stata invasa da un paese dell’Asse. Né il governo greco si 208

al

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

piegò alle sue minacce. Lo spirito del popolo greco era stato risvegliato dal tentativo di invasione di Mussolini, e il successo degli sforzi per ricacciare l’invasore

ne innalzò

il morale

alle stelle. In febbraio erano

stati presi accordi per l’invio di truppe inglesi di rinforzo, e queste cominciarono a sbarcare pochi giorni dopo l’entrata dei tedeschi in Bulgaria. Questa aperta sfida irritò a tal punto Hitler da indurlo a dare il via ai preparativi

dell’attacco

contro

la Grecia,

attacco

che fu sferrato un

mese dopo. Fu questa una inutile diversione dalla sua principale direttrice di marcia. Infatti le forze che la Gran Bretagna era in grado di impegnare in questo settore avrebbero potuto, al massimo, provocare un lieve prurito al suo fianco destro, mentre i greci avevano già il loro daffare con gli italiani. Il contraccolpo sul suo piano russo fu aggravato da quanto accadde in Jugoslavia. Qui i suoi primi tentativi di approccio ebbero migliore fortuna. Sotto la pressione tedesca, il governo jugoslavo accettò di legarsi all’Asse sulla base di accordo di compromesso: ‘in cambio del completo esonero da ogni obbligo di tipo militare, la Jugoslavia si impegnava segretamente a permettere alla Germania di utilizzare la sua linea ferroviaria Belgrado-Nish, che portava alla frontiera greca. I delegati jugoslavi firmarono il patto il 25 marzo. Due giorni dopo a Belgrado scoppiò un colpo di stato militare organizzato

dal generale Simovic,

il comandante

dell’aviazione

jugoslava, e

da un gruppo di giovani ufficiali. Dopo essersi impadroniti della stazione radio e della centrale telefonica, gli insorti rovesciarono il governo, ne costituirono uno nuovo presieduto da Simovic e respinsero le richieste tedesche. Agenti inglesi avevano contribuito a fomentare il complotto, e quando a Londra giunse la notizia del suo successo Churchill annunciò in un suo discorso: « Ho una grande notizia per voi e per l’intero paese. Nelle prime ore di questa mattina la Jugoslavia ha ritrovato se stessa ». E continuò dicendo che il nuovo governo avrebbe ricevuto « ogni possibile aiuto e soccorso » dalla Gran Bretagna. Il colpo di stato rivoluzionò la situazione balcanica. Hitler non poteva tollerare un simile affronto, e il compiacimento di Churchill lo fece addirittura uscire di sé. Egli decise così sui due piedi di invadere non solo la Grecia ma anche la Jugoslavia. I preparativi necessari furono 200%)

LA PIENA

1941

compiuti con tale fulminea rapidità che egli poté sferrare il colpo appena dieci giorni dopo, il 6 aprile. I risultati diretti di questa sfida balcanica furono pietosi. La Jugoslavia fu travolta nel giro di una settimana, e la sua capitale devastata dall’incursione aerea che segnò l’inizio dell'attacco tedesco. La Grecia fu invasa

in poco

più di ‘tre settimane,

e le forze inglesi rimontarono

in fretta e furia sulle loro navi, dopo aver portato a termine, quasi senza combattere, una lunga ritirata: tutte le fasi di quella breve campagna erano state altrettante lezioni di strategia che i tedeschi le avevano impartito. In quanto comportò hon solo una grave perdita di credibilità per la Gran Bretagna, ma anche un immenso fardello di sofferenze per i popoli jugoslavo e greco, l’esito finale tornò a grave discredito della perspicacia di Churchill. La sensazione che questi popoli provarono di essere abbandonati proprio nel momento di maggior bi-

sogno ebbe effetti duraturi. Inoltre, per ironia della sorte, l’esito ulti- | mo dell’iniziativa di Churchill sarebbe stato la resurrezione della Jugoslavia nella forma di uno stato ostile a tutto ciò che egli rappre- | sentava. Ma i risultati indiretti dell'episodio ebbero un'importanza vitale nel

quadro del conflitto — tornando,

questi, a grave discredito della per-

spicacia di Hitler. Poiché, anche tenendo conto del suo assioma quantità x qualità, si trovava a dover operare con un margine di vantaggio molto esiguo, Hitler non poteva permettersi di condurre una campagna in Jugoslavia e in Grecia simultaneamente all’invasione della Russia. | Un suo punto debole era soprattutto serio: i russi avevano più carri

armati di lùi. Una rapida conquista dei Balcani richiedeva l’impiego | di divisioni corazzate, mentre egli avrebbe avuto bisogno di tutti i suoi | carri armati, non uno escluso, per potersi avventurare in un'impresa| come l’offensiva contro la Russia. Così il 1° aprile l’inizio di « Barba.| rossa » fu rimandato, dalla metà di maggio alla seconda metà di giugno. Sul piano militare resta una cosa stupefacente come Hitler riuscisse a conquistare due paesi con tale rapidità da poter poi rispettare la nuova data d'inizio dell’operazione. In realtà i suoi generali erano convinti che se gli inglesi fossero riusciti a impedire l'occupazione della Grecia, il piano « Barbarossa » sarebbe rimasto sulla carta. Invece il ri-

HITLER

tardo fu di sole cinque

settimane.

Eppure

ATTACCA

esso fu decisivo:

LA

RUSSIA

infatti fu-

rono proprio queste poche settimane che, accompagnandosi con il colpo di stato degli jugoslavi, un fortuito indugio in agosto (dovuto a un momento di indecisione) e con il prematuro sopraggiungere dell’inverno, fecero svanire per Hitler ogni possibilità di vittoria sulla Russia. Entro il 1° maggio, ad eccezione di quelli circondati e catturati nel corso

della ritirata,

tutti gli inglesi che avevano

preso parte alla sfor-

‘tunata campagna avevano abbandonato le spiagge meridionali della Grecia. Quello stesso giorno Hitler fissò la data d'inizio di « Barba-

rossa ». Dopo aver passato in rassegna le forze schierate dalle due parti,

la direttiva aggiungeva: Valutazione

dell'andamento

delle operazioni:

È presumibile

che

lungo

le frontiere

scoppino violente battaglie destinate a durare fino a quattro settimane. dell'ulteriore sviluppo dell’operazione si prevede una minor resistenza. di terreno assegnatogli ogni russo si batterà fino all’ultimo respiro.

Il 6 giugno Keitel comunicò enumerare

le forze

che

Nel corso Sul pezzo

la tabella di marcia dettagliata. Oltre a

sarebbero

state

impiegate

nell’invasione,

essa

mostrava che in Occidente a fronteggiare la Gran Bretagna erano state lasciate

46 divisioni

di fanteria

(solo una

delle

quali,

però, motoriz-

zata) e un'unica brigata corazzata. Le operazioni « Attila » (l’occupazione del Nord Africa francese) e « Isabella » (la replica a una possibile ‘mossa inglese in Portogallo) potevano ancora essere eseguite con dieci giorni di preavviso, ma non simultaneamente. « La Luftflotte 2 ha sospeso la sua attività bellica ed è stata trasferita a est, mentre la Luftflotte 3 ha assunto il comando assoluto nella condotta della guerra aerea contro la Gran Bretagna. » Questi ordini rendevano noto che il 25 maggio si erano aperti negoziati con lo stato maggiore generale finlandese, con l’obiettivo di assicurarne la collaborazione nell’attacco contro la Russia. I romeni, la cui collaborazione era già sicura, sarebbero stati informati dei preparativi finali il 15 giugno. Il 16 si sarebbe consigliato agli ungheresi di rafforzare le loro guarnigioni di confine. Il giorno seguente tutte le scuole della Germania orientale sarebbero state chiuse. Le navi mercantili te«lesche

dovevano

lasciare

i porti russi

senza

dare

nell'occhio,

mentre

tutte le partenze dai porti tedeschi dovevano essere sospese. A partire 211

LA PIENA

1941

dal 18 «non

sarebbe più stato necessario dissimulare

l'intenzione

di

attaccare »: i russi non avrebbero più avuto tempo di attuare alcuna misura per potenziare in modo adeguato le loro difese di frontiera. | L'eventuale ordine di sospensione dell’offensiva avrebbe dovuto essere impartito non oltre le ore 13 del 21, con la parola d'ordine « Altona » (la parola d’ordine per segnalare l’inizio dell'operazione era invece| « Dortmund »). L’ora di attraversamento della frontiera fu fissata nelle 3.30 del 22. I Nonostante le precauzioni prese dai tedeschi, il servizio segreto inglese| ricevette con molto anticipo informazioni precise in merito alle inten:| I zioni di Hitler, e naturalmente le trasmise ai russi. Esso previde addirittura la data esatta dell’invasione — una settimana prima che essa fosse fissata in modo definitivo! Ma questi ripetuti avvertimenti furono| accolti con scetticismo dai russi, i quali continuavano a fare affidamento sul patto russo-tedesco, patto che invece secondo .gli inglesi era tanto | insidioso quanto ripugnante. Essi pensarono che lo scetticismo dimo. strato dai russi fosse genuino — questa convinzione fu espressa da Chur:-| chill in un messaggio radiofonico pronunciato subito dopo l’arrivo della|

notizia dell’attacco di Hitler — e quando l'Armata Rossa subì i suoi|

primi disastri essi li ascrissero almeno in parte al fatto che le armate | hitleriane erano riuscite a coglierla di sorpresa. | Per convincersi dell’infondatezza di questa impressione sarebbe bastato| un attento studio dei giornali e delle trasmissioni radiofoniche russe. |

A partire da aprile ambedue cazioni

sulle misure

queste fonti fornirono significative indi-|

precauzionali

che si stavano

prendendo,

nonché |

sul fatto che in Russia si era a conoscenza dei movimenti di truppe tedesche. Nello stesso tempo, ben più ampio spazio veniva concesso] alle assicurazioni che la Germania rispettava scrupolosamente il patto e alle denunce dei tentativi inglesi e americani di seminare discordia tra Russia e Germania, rativi tedeschi in vista radiofonico di questo con il suo tipico stile: nelle regioni orientali

soprattutto spargendo la voce di pretesi prepa-| di un attacco contro la Russia. In un messaggio genere trasmesso il 18 giugno, Stalin osterie « Si deve ritenere che l’invio di truppe tedesche | e nord-orientali della Germania sia stato cau-|

sato da motivi che non hanno

nulla a che fare con la Russia »: un’af- |

fermazione che non poteva che incoraggiare Hitler a ritenere che i suoi 212

i

%

HITLER

ATTACCA

LA

RUSSIA

stratagemmi avessero suscitato l'impressione voluta. Un sistema per neutralizzare un doppio bluff può essere quello di raddoppiare. La stessa trasmissione ebbe anche l’effetto di ridimensionare le voci che circolavano all’estero di un richiamo dei riservisti russi, spiegando che esso era dovuto solo alla necessità di sottoporre i riservisti a un periodo di addestramento

prima

delle

consuete

manovre

estive.

Il 20, forse

per

tranquillizzare ulteriormente la popolazione, Radio Mosca mise in onda un entusiastico resoconto delle esercitazioni militari in pieno svolgi-

‘1mento nei pressi delle paludi del Pripjat. Essa annunciò anche che l’efficienza dell’organizzazione civile di difesa antiaerea di Mosca sarebbe ‘stata messa alla prova «in condizioni realistiche » nella giornata di do‘menica 22. Nonostante ciò, le voci provenienti dall’estero di un’immi‘nente invasione tedesca furono ancora una volta definite « farneticanti invenzioni di forze ostili alla Russia ». I tedeschi erano al corrente degli sforzi che gli inglesi stavano com-: piendo per mettere in guardia i russi. Il 24 aprile il loro addetto navale a Mosca segnalava: « L’ambasciatore inglese predice che il 22 giugno sarà il giorno dello scoppio della guerra ». Ma a Hitler questa non parve una buona ragione per cambiare la data. Può darsi che egli desse per scontato che i russi non avrebbero prestato fede alle notizie pro-

‘venienti da ambienti inglesi, oppure che pensasse che la cosa non avrebbe fatto molta differenza. È difficile dire fino a che punto Hitler fosse davvero convinto che il suo colpo avrebbe colto i russi impreparati. Spesso infatti egli non rivelava i suoi pensieri neppure alle persone più vicine. Era dalla primavera che i suoi osservatori a Mosca gli andavano ripetendo che il governo sovietico era timorosamente passivo e ansioso di dimostrare la

sua

buona

volontà,

che non

vi sarebbe stato alcun

pericolo di un

tacco russo contro la Germania almeno finché fosse vissuto Ancora il 7 giugno l’ambasciatore tedesco a Mosca riferiva:

at-

Stalin. « Ogni

cosa induce a ritenere che Stalin e Molotov, i quali sono i soli respon-

sabili della politica estera russa, stiano facendo tutto il possibile per evitare un conflitto con la Germania ». Queste impressioni sembravano confermate non solo dalla scrupolosità con cui i russi mantenevano fede agli impegni presi nel quadro dell’accordo commerciale, ma anche 219

LA PIENA

1941

dalla prontezza con cui si dichiararono disposti a rompere le relazioni diplomatiche con Jugoslavia, Norvegia e Belgio. D'altra parte, Hitler dichiarò più volte che i diplomatici nazisti a Mosca erano i peggio informati del mondo, e mise a disposizione dei suoi generali rapporti di contenuto addirittura opposto, dai quali risultava che i russi stavano preparando un’offensiva; era quindi urgente pre-| venirli. A proposito di questi rapporti, èx senz’altro possibile che egli non tanto credesse nella loro fondatezza quanto invece li utilizzasse per

trarre deliberatamente in inganno i suoi generali, i quali continuavano a creargli delle difficoltà, ostinandosi ad avanzare i più diversi argomenti per dimostrare l’opportunità di rinunciare all'idea di invadere la Russia. È anche possibile che, resosi conto che i russi non erano così impreparati come aveva sperato, per reazione egli finisse con l’attri-

buire tiera, segno Hitler

loro intenzioni analoghe alle sue. Dopo aver attraversato la froni generali tedeschi non trovarono in prossimità del fronte alcun di preparativi offensivi attuati dai russi, e constatarono così che, li aveva ingannati.

| XIII

L'INVASIONE

DELLA

RUSSIA

|

| L'esito della campagna

di Russia

dipendeva

più da fattori come

lo

| spazio, la logistica e la meccanica che non dalla strategia o dalla tattica. | Anche se alcune decisioni operative rivestirono grande importanza, esse | non ebbero lo stesso peso decisivo delle insufficienze sul piano della i meccanica combinate con l’eccesso di spazio, e comunque la loro effettiva portata deve essere misurata in rapporto a questi fattori fondai

mentali.

} j

un'occhiata

una

Per intuire il significato del fattore spazio è sufficiente dare alla carta

spiegazione

della

Russia,

più approfondita.

ma

il fattore

indispensabile per comprendere quanto avvenne

Come

già era accaduto

anche

in Russia

meccanico

richiede

E un'analisi preliminare di esso è sui campi di battaglia.

nelle precedenti invasioni lanciate da Hitler,

tutto dipese dalle forze meccanizzate,

nonostante

che

esse formassero solo un’esigua frazione del totale delle forze tedesche. Le 19 divisioni corazzate disponibili rappresentavano appena un decimo di tutte le divisioni, sia tedesche sia fornite dai paesi satelliti. Di tutte le altre divisioni solo 12 erano motorizzate e quindi capaci di

tenere il passo delle avanguardie corazzate. In complesso nel 1941 l’esercito tedesco aveva 21 divisioni corazzate, contro le 10 del 1940; ma si trattava di un raddoppio apparente, con-

seguito soprattutto « per diluizione ». Nella campagna occidentale il ‘nucleo di ogni divisione corazzata era costituito da una brigata di carri armati formata a sua volta da due reggimenti, ciascuno dei quali comprendeva

160 carri armati

in assetto da combattimento.

Prima

dell’in-

vasione della Russia da ogni divisione fu sottratto un reggimento

di

carri, e intorno a questa ossatura fu costituita una nuova divisione. Alcuni dei più qualificati esperti in fatto di carri armati si dichiararono contrari a questa decisione; essi facevano rilevare che il suo vero effetto era di moltiplicare il numero dei comandi e delle truppe ausi215

4 a

L. Ladoga Leningrado

DI ARMATE (Leeb)

NORD

COMPRESO IV GRUPPO COR. =| (Héppner)

e 9Rogatev\ COMPRESI III GRUPPO

il GRUPPO DI ARMATE (Rundstedt)

aludi

Bobrujsk

go ® >

iniziale alla Russia

Principali attacchi tedeschi

ss ss. linea

del fronte, 1° settembre

1941

«.++s**

Linea del fronte, 5 dicembre 1941



Sacche russe accerchiate

tetti

Linea Stalin

L'INVASIONE

liarie

all’interno

delle

cosiddette

formazioni

corazzate,

DELLA

RUSSIA

lasciando

im-

mutata la consistenza delle truppe corazzate e quindi riducendo la capacità di ciascuna divisione di colpire con violenza. Dei 17.000 uomini di ogni divisione corazzata, solo circa 2600 sarebbero ora stati « carristi». Ma Hitler fu inflessibile. Di fronte all’immensità degli spazi della Russia egli voleva avere la sensazione di disporre di un maggior numero di divisioni in grado di colpire e penetrare in profondità, e contava che l’inferiorità tecnica delle forze russe avrebbe compensato la diluizione delle sue. Egli poteva inoltre sottolineare che, grazie all’aumento

della

produzione

dei più recenti

modelli

III e IV, gli effettivi

corazzati di ciascuna divisione sarebbero ora consistiti per i due terzi in carri medi (con cannoni di calibro maggiore e una corazza di spessore doppio), mentre due terzi di quelli impiegati nella campagna occidentale erano stati carri leggeri. La forza effettiva di ogni divisione corazzata sarebbe dunque aumentata nonostante il dimezzamento della sua dotazione di carri armati. Sembrava un ragionamento abbastanza corretto, almeno in quel momento. In realtà, la riduzione dell’incidenza relativa dei carri armati ebbe l’ef-

fetto di aggravare quello che era già l’intrinseco punto debole della « divisione corazzata » tedesca: il grosso dei suoi effettivi era costituito da elementi non corazzati e privi della necessaria capacità di muoversi in terreno aperto. La novità più importante che il carro armato aveva introdotto nella tecnica bellica — più importante ancora del ripristino dell'impiego della corazza — era la possibilità che esso dava di proce-

dere lontano dalle strade, di non dipendere più dalla superficie dura e levigata delle vie già tracciate e predisposte. Mentre il veicolo motorizzato

a ruote

non

aveva

fatto che aumentare

la velocità

di marcia,

riproducendo in una forma alquanto più elastica l’effetto della ferrovia, il carro

armato

aveva

addirittura rivoluzionato

il concetto

di mo-

bilità. Aprendosi la strada con il suo stesso movimento, esso eliminava la necessità

di seguire

direttrici

quindi al movimento a una Di tutta l'enorme portata fautori inglesi della guerra ra mondiale essi avevano

corazzata,

fisse lungo

vie preesistenti,

e sostituiva

dimensione il movimento a due dimensioni. di questa novità si erano resi conto i primi meccanizzata. Già alla fine della prima guerproposto, ispirandosi al criterio della forza

che tutti i veicoli, compresi quelli adibiti al trasporto dei 217

LA PIENA

1941

rifornimenti,

fossero del tipo cingolato, e cioè adatti a muoversi

reno

Queste

aperto.

idee non

erano

state però attuate

l’esercito tedesco, che pure in questo campo

in ter.

nemmeno

dal-

aveva fatto più di ogni

altro.

La nuova divisione corazzata del 1941 aveva in tutto meno di 300 veicoli cingolati, mentre quasi 3000 erano i veicoli a ruote, quasi tutti di tipo stradale. La sovrabbondanza di simili veicoli non aveva avuto alcun peso nella campagna occidentale, quando un sistema difensivo malamente predisposto aveva subito un rapido e decisivo crollo, consentendo quindi all’attaccante di sfruttare il momento favorevole e di approfittare di una fitta rete di strade dal fondo ottimo. Ma a est, dove le strade in buone condizioni erano poche, a lungo termine questo fat-

tore esercitò una decisiva azione di freno. Qui i tedeschi pagarono scotto per essere,

in pratica, vent'anni

lo

indietro rispetto alla teoria che

pure era stata la chiave dei loro grandi successi. Se essi riuscirono

a ottenere

i risultati che ottennero

fu solo perché in

quanto a equipaggiamento i loro avversari erano ancora più arretrati. Infatti, sebbene quanto a carri armati i russi godessero di una larga superiorità numerica, il numero complessivo dei loro veicoli a motore era così scarso che nemmeno le forze corazzate disponevano di una sufficiente dotazione di mezzi di trasporto motorizzati. Limitando le pos- |

sibilità di manovra, questa carenza si rivelò fatale di fronte alle rapide incursioni delle forze corazzate tedesche. In questa offensiva i tedeschi impiegarono in complesso 3550 carri armati, appena un centinaio di più di quelli impiegati nell’invasione dell'Occidente. (In agosto, tuttavia, i russi affermarono di averne distrutti 8000.) Il numero di carri armati di cui disponeva l'Armata Rossa, secondo il dispaccio di Stalin a Roosevelt del 30 luglio 1941, am- i montava a 24.000, di cui più della metà era nella Russia occidentale.

Nelle prime ore della mattina di domenica 22 giugno la marea tedesca dilagò al di là della frontiera, in tre grandi puntate parallele tra il Mar Baltico e i Carpazi. Sulla sinistra il gruppo di armate Nord agli ordini di Leeb attraversò la frontiera della Prussia orientale entrando in Lituania (occupata un 218

Ss

L'INVASIONE

anno

DELLA

prima dai russi). Nella parte sinistra del settore centrale,

Varsavia, il gruppo di armate Centro

RUSSIA

a est di

agli ordini di Bock iniziò una

massiccia avanzata contro ambedue i fianchi del saliente che il fronte russo formava nella Polonia settentrionale. Nella parte destra del settore centrale, per un tratto di circa 100 km., il fronte rimase calmo, in quanto la marea tedesca fu divisa dall’estremità occidentale delle paludi del Pripjat. Sulla destra, infine, il gruppo di armate Sud agli ordini di Rundstedt si lanciò contro il lato settentrionale del saliente che il fronte russo formava in Galizia, ai piedi dei Carpazi. Il varco tra l’ala destra di Bock e l’ala sinistra di Rundstedt fu la-

sciato deliberatamente scoperto per consentire una maggiore concentrazione dello sforzo offensivo ed evitare il pericolo che i due gruppi di armate potessero ostacolarsi a vicenda. Nella prima fase questo accorgimento consentì in effetti ai tedeschi di avanzare con più rapidità.

Ma lasciando intatto il settore del Pripjat i tedeschi concessero ai russi un’area

sicura e protetta

dove

ammassare

le loro riserve;

e fu proprio

da qui che, in una fase successiva, i russi poterono sviluppare una serie di contrattacchi laterali verso sud che frenarono l’avanzata di Rundstedt su Kiev. La cosa avrebbe forse avuto meno importanza se a nord delle

paludi del Pripjat Bock fosse riuscito a conseguire il suo obiettivo di circondare le armate russe intorno a Minsk. L'offensiva tedesca aveva il suo baricentro nella parte sinistra del settore centrale. Qui fu affidato a Bock quel ruolo principale che in un

primo tempo gli era stato assegnato nel quadro dell'invasione dell’Occidente, e che poi invece era stato trasferito dal suo gruppo di armate a quello di Rundstedt. Proprio perché il suo era il ruolo decisivo, a Bock fu concessa la parte più cospicua delle forze corazzate disponibili,

2 gruppi corazzati guidati da Guderian gruppi

di armate

avevano

1 gruppo

e Hoth, mentre corazzato

inoltre a sua disposizione la 4* e la 9* armata, corpi di fanteria. Ogni

gruppo

corazzato

(più tardi ribattezzato

ciascuno.

gli altri due Bock

aveva

ciascuna formata da 3 armata

corazzata)

com-

prendeva 4 o 5 divisioni corazzate e 3 divisioni motorizzate. Anche se tutti i capi tedeschi convenivano che l’esito dell’operazione sa-

rebbe dipeso dall'impiego di questi gruppi corazzati, profonde divergenze di opinioni si manifestarono in merito al miglior modo di impie219

LA PIENA

10941

garli. Questa « battaglia di teorie » ebbe conseguenze di grande portata. Bock e altri alti comandanti intendevano distruggere le armate russe nel corso di una decisiva battaglia ispirata al tradizionale principio dell’accerchiamento e da portare a termine il più presto possibile dopo aver attraversato la frontiera. Delineando un simile piano essi si attenevano alla teoria strategica ortodossa formulata da Clausewitz, ufficialmente ratificata da Moltke e sviluppata da Schlieffen. Essi propugnavano questa teoria con tanto maggiore energia in quanto temevano i rischi che avrebbe comportato una troppo rapida penetrazione in profondità in territorio russo prima che le principali armate russe fossero state annientate, e insistevano che, per garantire il successo del piano, nel corso della battaglia i gruppi corazzati avrebbero dovuto cooperare con i corpi di fanteria convergendo verso l'interno da ambedue i fianchi, come le branche di una tenaglia, e ricongiungendosi alle spalle delle forze nemiche in modo da chiudere il cerchio. Diversa era l’idea propugnata dagli esperti in fatto di carri armati, capeggiati da Guderian. Secondo loro i gruppi corazzati dovevano spingersi « il più avanti possibile il più rapidamente possibile », adottando la stessa linea di condotta dimostratasi così decisiva in Francia. Guderian sosteneva che né il suo gruppo né quello di Hoth avrebbero dovuto perdere tempo per ricavare risultati parziali dalle fulminee puntate in direzione di Mosca, e che prima di convergere verso l’interno avrebbero dovuto raggiungere come minimo il Dnepr; quanto più pre- | sto le avanguardie corazzate tedesche avessero raggiunto quella linea, tanto più probabilmente, come già era accaduto a quello francese, il | sistema difensivo russo si sarebbe sgretolato e il Dnepr avrebbe svolto la stessa funzione di incudine che la Manica aveva svolto nel 1940. Secondo Guderian, dell’accerchiamento delle forze russe nello spazio compreso tra le due direttrici d’avanzata dei gruppi corazzati avreb-| bero dovuto occuparsi i corpi di fanteria, spalleggiati da piccoli con- | tingenti distaccati dal grosso dei gruppi corazzati per convergere all’interno e chiudere le sacche. Per volere di Hitler, la « battaglia delle teorie » si risolse a favore dell’ortodossia.

Infatti,

nonostante

tutta

la sua

audacia,

in questa

occa- |

sione egli non fu abbastanza audace da puntare tutte le sue fortune sulla carta alla quale pure doveva i suoi precedenti successi. Il compro. | 220

è

L'INVASIONE

DELLA

RUSSIA

messo con i conservatori ebbe conseguenze più gravi che nel 1940. Pur essendo ora investiti di ben più alte responsabilità che nel 1940, gli esperti del carro armato si videro rifiutare la possibilità di svolgere i

compiti loro affidati nel modo che ritenevano più efficace. La decisione di Hitler fu influenzata non solo dai dubbi che egli nutriva su quelle teorie « rivoluzionarie », ma anche dalla sua troppo fervida immaginazione: la sua mente era ora tutta presa dall’idea di rinchiudere il grosso dell’Armata Rossa in un unico, gigantesco anello. Questa visione si trasformò ben presto in un fuoco fatuo che lo attirava sempre più in profondità nelle grandi distese della Russia. Infatti

i primi due tentativi fallirono. Il terzo si concluse con la cattura di un più cospicuo

bottino

di prigionieri,

ma

lo portò

al di là del Dnepr.

Nel corso del quarto tentativo più di 500.000 russi rimasero intrappolati, ma poi giunse l’inverno a impedire ai tedeschi di serrare le due branche della grande tenaglia. In ciascuna delle battaglie intermedie troppo

tempo

era

stato

assorbito

dal processo

di apertura

e chiusura

della tenaglia, con il risultato che per attuare il disegno tattico gli attaccanti persero Se il metodo

di vista l’obiettivo strategico. di Guderian si sarebbe dimostrato

più risolutivo,

è una

questione che rimane aperta. Il fatto è che già in quei giorni in suo favore si pronunciarono alcuni dei più capaci tra i membri dello stato maggiore generale tedesco che pure non appartenevano alla scuola di

pensiero del carro armato; è a posteriori essi riconfermarono con ancora maggior convinzione quel loro giudizio. Pur riconoscendo che rapide avanzate

come

quelle proposte da Guderian

avrebbero

creato dif-

ficoltà non trascurabili per quanto riguardava l’afflusso in prima linea dei rinforzi e dei rifornimenti, essi erano convinti che per superare queste difficoltà sarebbe bastato sfruttare al massimo il sistema del trasporto per via aerea e liberare le forze corazzate dall’impaccio delle salmerie, gettando in avanti le loro unità da combattimento e concen-

trando

gli sforzi sul sostentamento

e sulla manutenzione

di queste,

mentre le colonne motorizzate accessorie avrebbero potuto seguire a distanza. Ma l’idea di procedere «a mani libere » secondo lo stile Sherman era troppo in contrasto con le idee convenzionali che circolavano negli ambienti militari europei per ottenere un unanime consenso in queste prime fasi del conflitto mondiale. 221

LA PIENA

1941

Vinta la « battaglia delle teorie » dai fautori della strategia ortodossa, fu elaborato un piano imperniato su di un ampio movimento a tenaglia

che avrebbe dovuto concludersi con l’accerchiamento, e il successivo | annientamento, del grosso delle forze russe a est del Dnepr. Per accrescere le probabilità di successo il piano prevedeva per il fronte di Bock una manovra accerchiante a breve raggio a opera dei corpi di fan-

teria della 4* e della 9* ‘armata e, all’esterno di questa, una manovra a più lungo raggio dei gruppi corazzati, i quali si sarebbero spinti più in profondità prima di convergere verso l’interno. Si trattava di uno schema di tipo «telescopico » che si conciliava in una certa misura, anche se non abbastanza, con le tesi sostenute da Guderian, da Bock

e da Hoth.

Come asse dell’avanzata fu prescelta la grande carrozzabile che portava a Minsk e poi a Mosca. Essa attraversava il settore della 4* armata di Kluge, nelle cui file era inquadrato il gruppo corazzato di Guderian. L'accesso alla strada era sbarrato dalla piazzaforte di Brest-Litovsk,

protetta a sua volta dal fiume Bug. Il problema iniziale era dunque| quello di conquistare una testa di ponte sul fiume e neutralizzare l’osta-| colo rappresentato dalla piazzaforte, in modo che utilizzando la carrozza.

bile la successiva avanzata potesse svilupparsi con maggiore velocità.

Mentre si soppesava il problema, sorse la questione se le divisioni corazzate dovessero aspettare finché le divisioni di fanteria non avessero aperto un varco, ovvero se nella fase di sfondamento dovessero collabo-| rare con le divisioni di fanteria. Per risparmiare tempo fu infine scelta|

la seconda alternativa. Lungo ciascun fianco delle forze di fanteria destinate a occuparsi della conquista della piazzaforte avanzarono quindi| simultaneamente un paio di divisioni corazzate. Apertesi a forza un! passaggio sul Bug, le divisioni corazzate girarono attorno a Brest-|

Litovsk per convergere sulla carrozzabile al di là della città. Per accele-| rare «l'operazione tutte le forze impegnate nello sfondamento furono temporaneamente poste sotto il comando esecutivo di Guderian. E quan-;

do infine il fronte russo cedette, il gruppo corazzato si slanciò in avanti con piena autonomia di movimento, come un proiettile sparato dal un cannone.

Grazie all’ampiezza del fronte, all’aggiramento degli ostacoli e alla su222

L'INVASIONE

DELLA

RUSSIA

bitaneità dell’attacco, le armate di Bock riuscirono a penetrare in profondità in molti punti. Il secondo giorno le forze corazzate della sua ala destra raggiunsero Kobryn, 65 km. al di là di Brest-Litovsk, mentre l’ala sinistra conquistava la piazzaforte di Grodno, che era anche un importante centro ferroviario. Il saliente russo nella Polonia settentrionale (il saliente di Bialystok) stava cambiando forma a vista d’occhio, e veniva stretto a « vita di vespa ». Per i russi la situazione registrò un rapido peggioramento nei giorni seguenti, quando le due ali tedesche iniziarono una manovra convergente su Baranovici che minacciava di tagliar fuori tutte le forze russe schierate nella zona avanzata. Ad agevolare lo svolgimento della manovra tedesca contribuì anche l’inefficienza delle ingenti forze corazzate russe. D'altra parte, i progressi tedeschi furono ritardati dalla irriducibile resistenza opposta dalle truppe russe. Pur riuscendo di regola a battere gli avversari sul piano strategico, i tedeschi faticarono assai di più a batterli poi anche sul piano tattico. Anche se spesso le forze accerchiate furono costrette ad arrendersi, ciò avvenne solo dopo prolungata resistenza, e l’ostinazione con cui le forze circondate si rifiutavano di prendere atto di trovarsi in situazioni strategiche senza vie d'uscita esercitò sull’avanzata delle forze attaccanti una sensibile azione di freno, e si fece tanto più sentire in quanto il paese era povero di buone vie di comunicazione. I tedeschi ne ebbero una prima dimostrazione nel corso dell’attacco di apertura contro Brest-Litovsk. Nonostante il massiccio bombardamento scatenato dall’artiglieria e dall’aviazione tedesche, la guarnigione della vecchia cittadella tenne duro per un'intera settimana, e le truppe d’assalto dovettero pagare un pesante pedaggio prima di riuscire finalmente a soverchiare gli ultimi difensori. Questa esperienza iniziale, che si ripeté in altri punti del fronte, fece aprire gli occhi ai tedeschi su ciò che li aspettava, mentre l’energica resistenza in cui si imbattevano in corrispondenza di molti nodi stradali rallentava i loro movimenti aggiranti bloccando le vie che le colonne di rifornimento erano costrette a seguire. Ad accentuare i primi sintomi di frustrazione contribuiva la natura della regione che le forze di invasione stavano attraversando. L'impres223

LA PIENA

1941

sione suscitata dal paesaggio e dalla gente è descritta con ethcacia da uno dei generali tedeschi: Gli spazi sembravano infiniti, gli orizzonti nebulosi. La monotonia del paesaggio, con le sue immense distese di foreste, paludi e pianure, ci deprimeva. Le strade buone erano poche, e abbondavano invece le piste quasi impraticabili, mentre la pioggia trasformava rapidamente il suolo sabbioso o argilloso in una palude fangosa. I villaggi apparivano miserabili e tristi, con le loro file di case di legno con i tetti di paglia. L'ambiente era duro e inospitale, e in mezzo a questo ambiente| vivevano esseri umani non meno duri e insensibili, indifferenti al tempo, alla fame e alla sete, e quasi altrettanto indifferenti alla vita e alla morte, alle pestilenze e alle carestie. L'uomo russo era resistente e caparbio, e il soldato russo lo era ancora di più. Egli sembrava dotato di una illimitata capacità di obbedienza e di sopportazione.

Il primo tentativo di accerchiamento ebbe il suo momento cruciale nei pressi di Slonim (circa 160 km. al di là del fronte di partenza), dove le branche della tenaglia interna furono sul punto di congiungersi tagliando fuori le due armate russe ammassate nella sacca di Bialystok. Ma i tedeschi non completarono l’accerchiamento con sufficiente rapi-| dità, e circa metà delle forze russe poté aprirsi un varco e uscire dalla| trappola. Se la manovra non riuscì fu soprattutto per la preponderanza | delle truppe non meccanizzate nella 4* e nella 9* armata tedesca. Sulle due ali, le principali unità corazzate penetrarono in profondità per più di 150 km., attraversarono la frontiera russa del 1939 e infine effettuarono la prevista conversione verso l'interno al di là di Minsk, che fu conquistata il 30 giugno, nove giorni dopo l’inizio dell’invasione. Quella notte una delle avanguardie di Guderian raggiunse lo storico fiume della Beresina vicino a Bobrujsk, 145 km. a sud-est di Minsk e circa 60 km: a ovest del Dnepr. Ma gli sforzi per chiudere l’anello falli- | rono, e con il fallimento del grandioso piano di accerchiamento il sogno di una rapida e decisiva vittoria accarezzato da Hitler svanì. Improvvise piogge — per le quali invano i francesi avevano pregato nell'estate | precedente — vennero a salvare i russi ormai in grave difficoltà, trasfor- | mando il suolo sabbioso in una distesa di fango. L’impraticabilità del terreno rappresentava in Russia un ostacolo di | gran lunga più grave di quanto comunque avrebbe potuto rappresen- | tare in Francia, dato che non solo paralizzava ogni movimento tattico in terreno aperto, ma rendeva assai difficoltosi anche gli spostamenti 224



L'INVASIONE

DELLA

RUSSIA

strategici lungo le strade. Infatti l’unica buona strada asfaltata esistente nell’intera regione era la nuova carrozzabile che da Minsk portava a Mosca, e questa si prestava solo parzialmente all’attuazione del piano di Hitler: esso prevedeva infatti non una corsa su Mosca, bensì un’ampia manovra accerchiante per effettuare la quale le forze corazzate tedesche sarebbero state costrette a utilizzare, su ambedue i fianchi, sem-

plici strade in terra battuta. Le piogge dei primi giorni di luglio avevano trasformato queste strade in «sabbie mobili » che risucchiarono la mobilità dell’invasore ed esaltarono l’effetto della estrema resistenza opposta da molte sacche di truppe russe rimaste isolate nelle zone già

occupate

dai tedeschi. Anche

se nella duplice battaglia di accerchia-

mento intorno a Bialystok e a Minsk più di 300.000 russi caddero prigionieri, la maggior parte delle truppe accerchiate riuscì a mettersi in salvo prima che i tedeschi avessero il tempo di stringere la rete. Ciò fu molto importante in quanto permise ai russi di potenziare le forze che

presidiavano la fascia difensiva che correva lungo ambedue le rive del Dnepr.

Anche la natura del terreno esercitò in questa fase cruciale una progressiva azione

di freno.

A sud-est di Minsk

ricoperta di foreste e paludi, mentre fluviale con

contorni

ben

definiti

si stende

una

vasta

zona

la Beresina più che una linea

si presenta

come

un

fascio di corsi

d’acqua che si snodano attraverso terreni torbosi ricoperti di acquitrini. I tedeschi scoprirono che solo lungo due strade — la carrozzabile

prin-

cipale passante

per Orsa,

ponti

atti

di

al

soltanto

transito

traballanti

carichi

e quella per Mogilev pesanti;

strutture

lungo

in legno.



le altre

Nonostante

esistevano strade

esistevano

la rapidità

del-

la loro avanzata, quando arrivarono sulle rive del fiume, i tedeschi dovettero prendere atto che i russi avevano fatto saltare proprio i ponti che per loro sarebbero stati così preziosi. Le forze di invasione cominciarono inoltre a imbattersi nei primi campi minati, e la loro marcia ne fu tanto più rallentata in quanto doveva necessariamente procedere

lungo le strade. La Beresina fu quasi altrettanto efficace nel bloccare l'avanzata di Hitler quanto lo era stata nel far naufragare la ritirata di

Napoleone. Tutti questi fattori concorsero a moltiplicare le difficoltà che i tedeschi do

DI

|

225

LA PIENA stavano

1941 incontrando

nel loro sforzo inteso a chiudere

la trappola alle

spalle dei russi nella regione a ovest del Dnepr. A questo punto il fallimento della grande manovra accerchiante spinse il comando

tedesco

a decidere

quell’avanzata

al di là del Dnepr

che

aveva sperato di evitare. Nonostante che le avanguardie corazzate si | fossero già addentrate di circa oo km. in territorio russo, le branche della tenaglia si aprirono ancora una volta per portare a termine un nuovo

accerchiamento,

destinato

a chiudersi

al di là di Smolensk,

alle

spalle delle forze russe attestate lungo la linea del Dnepr. Ma i primi due giorni di luglio erano già stati assorbiti dal tentativo di chiudere la trappola di Minsk

e dal trasferimento

in prima linea dei corpi di

fanteria della 4* e della g* armata (alcuni dei quali coprirono a piedi g0 km. al giorno per più di quindici giorni consecutivi per accorrere a dar manforte alle unità corazzate impegnate nello sfondamento della Linea Stalin). L’attacco contro questa linea si rivelò più facile di quanto il comando tedesco

avesse

previsto, poiché i russi in ritirata non

ebbero

tempo

di

riorganizzarsi in modo da opporre una resistenza adeguata né di potenziare le installazioni difensive, ancora tutt'altro che complete. L’ostacolo più serio fu rappresentato dallo stesso fiume Dnepr, ma le divisioni corazzate di Guderian lo scavalcarono mediante una serie di rapidi attacchi a sorpresa sferrati in numerosi punti, lontano dalle principali direttrici di avanzamento. Entro il 12 i tedeschi avevano sfon-

dato la Linea Stalin lungo un Vitebsk,

ed erano

in marcia

ampio tratto compreso

verso

Smolensk.

tra Rogatev e

La facilità dello sfonda-

mento fece pensare che ci sarebbe stato più da guadagnare che da rischiare permettendo che una colonna corazzata si lanciasse avanti senza

aspettare la fanteria, come Guderian aveva suggerito. Anche in questa fase, più che dalla frammentaria resistenza dei russi l'avanzata

tedesca fu ostacolata

dalla natura

del terreno,

a cui per di

più si aggiungevano gli effetti di frequenti e violenti acquazzoni. In circostanze di questo genere, assai elevato fu il prezzo che i tedeschi pagarono per il tempo perduto davanti alla Linea Stalin. Bastava infatti un acquazzone a ridurre temporaneamente a zero la mobilità degli invasori. Dal cielo, era davvero uno strano spettacolo: chiazze di forze « co220

L'INVASIONE

DELLA

RUSSIA

razzate » immobili disposte in file che si stendevano per 150 e più km. attraverso la sterminata

pianura russa.

I carri armati avrebbero potuto continuare ad avanzare, ma essi e gli altri mezzi cingolati costituivano solo una piccola parte di ciascuna cosiddetta « divisione corazzata ». I rifornimenti e i massicci reparti di fanteria erano trasportati a bordo di grossi e pesanti automezzi a ruote

che non potevano né allontanarsi dalla strada né procedere lungo di essa, quando la sua superficie si trasformava in uno strato di fango. Non appena il sole tornava a splendere il fondo sabbioso delle strade si asciugava rapidamente e la lunga processione poteva riprendere il cammino.

Ma

il ritardo

complessivo

accumulato

durante

tutte

queste

soste si rivelò fatale per l’attuazione del piano strategico. Se ciò non

apparve

subito in tutta la sua gravità fu solo a causa

del-

l'avanzata relativamente rapida compiuta dal gruppo corazzato di Guderian

lungo

la carrozzabile

principale

in direzione

di Smolensk,

dove

esso entrò nella giornata del 16. Il tratto di più di 160 km. tra il Dnepr e la Desna era stato coperto in una sola settimana. Ma sull'ala settentrionale il terreno paludoso e i frequenti acquazzoni rallentavano la marcia del gruppo corazzato di Hoth. Naturalmente la lentezza con cui

procedeva la branca settentrionale impedì che il movimento a tenaglia previsto

dal piano di Hitler

si chiudesse

entro

i tempi

stabiliti, e i

russi ebbero quindi più tempo a disposizione per ammassare

le loro

forze intorno a Smolensk. Nella fase finale del tentativo ambedue i fianchi si imbatterono in un’accanita resistenza. In realtà, tale resistenza rischiò di essere anche troppo ostinata: a un certo momento solo una quindicina di chilometri separavano ormai le estremità delle due bran-

che della tenaglia, e i tedeschi erano già sicuri di aver intrappolato almeno mezzo milione di russi. Sebbene una parte considerevole delle forze

accerchiate

fosse

riuscita

a mettersi

in salvo,

tuttavia

più

di

g00.000 furono fatti prigionieri entro il 5 agosto. | Si era trattato

una

volta

di una

i tedeschi

vittoria tutt'altro che completa,

non

avevano

dato che ancora

risolto il loro problema:

la strada

per Mosca, tuttora distante più di 300 km., era bloccata da ingenti forze

russe che per di più aumentavano truppe i Î

di rinforzo

appena

continuamente grazie all’afflusso di

mobilitate.

Nello stesso tempo,

per i tede-

schi era virtualmente impossibile organizzare un nuovo tentativo a causa 227

LA PIENA

1941

della difficoltà di far affluire in prima linea rinforzi adeguati sulle pessime strade che si erano lasciati alle spalle. Era inevitabile che tutto ciò comportasse

una pausa, mia certo non una

pausa interminabile come quella che i tedeschi si concessero. Giunse infatti ottobre prima che l'avanzata su Mosca riprendesse. I due mesi più favorevoli dell’estate erano passati con le armate di Bock immobili lungo la Desna. Le cause di questo incomprensibile comportamento vono essere ricercate in un'ennesima incertezza di Hitler, nonché

progressi realizzati dalle armate

di Rundstedt

a sud delle paludi

denei

di

Pripjat. Sul fronte meridionale i tedeschi non avevano goduto di alcuna iniziale superiorità di forze. Anzi, essi erano partiti con un handicap

che sulla carta appariva gravissimo. In questo settore i russi schieravano il gruppo di armate Sud-occidentale del maresciallo Budénny], comprendente 30 brigate di carri armati, 5 divisioni di cavalleria e 45 di fanteria, nella Polonia meridionale e in Ucraina; di queste, 6 brigate di carri armati, 3 divisioni di cavalleria e 13 divisioni di fanteria in Bessarabia, di fronte ai romeni. In termini di formazioni corazzate esso era quasi tre volte più forte del gruppo di armate Occidentale del maresciallo Timosenko che aveva fronteggiato il principale attacco tedesco. In complesso Budénnyj aveva circa 5000 carri armati di vari tipi, mentre il gruppo corazzato di Kleist che formava la punta corazzata delle forze di Rundstedt consisteva in soli 600 carri armati. Inoltre molti di essi avevano preso parte alla campagna di Grecia, e non vi era stato tempo di sottoporli a una adeguata revisione prima di lanciarli in questa ben più impegnativa avventura. Su tre soli fattori poteva contare Rundstedt per compensare in qualche misura

la sua inferiorità

numerica:

la sorpresa, la rapidità e lo spazio.

Ma c’era anche un altro elemento che avrebbe giocato a suo favore: i comandanti avversari. Budénnyj, il famoso e ormai vecchio eroe delle grandi cariche di cavalleria della guerra civile, era così descritto da uno dei suoi stessi ufficiali: « Un uomo con degli immensi baffi ma con un piccolissimo cervello ». Alcuni dei migliori comandanti russi erano stati eliminati nel corso delle purghe prebelliche, e quelli che erano sopravvissuti in quanto politicamente sicuri erano spesso tutt'altro che sicuri sul piano militare. Solo dopo che la guerra ebbe spazzato via questi 228

Pi

L'INVASIONE DELLA RUSSIA

vecchi soldati tutti d'un pezzo, gli esponenti più intelligenti e preparati di una nuova generazione di ufficiali poterono raggiungere le vette della gerarchia militare. Rundstedt doveva concentrare

il suo

massimo

lungo il Bug. Il piano del suo attacco consentirgli di sfruttare al massimo le approfittare del fatto che la sua linea di rispetto al fianco del saliente di Leopoli Galizia.

L’attacco fu dunque

era stato limitate partenza formato

sforzo

sull’ala

sinistra,

studiato in modo forze disponibili e si trovava molto a dal territorio russo

da di est in

sferrato partendo da una specie di cuneo

naturale, cosicché sarebbe bastato spingerlo un poco più in profondità perché esso cominciasse a minacciare le linee di comunicazione di tutte le forze russe dislocate in prossimità dei Carpazi. Dopo che la 6* armata di Reichenau ebbe attraversato il Bug, aprendo un varco nelle linee difensive russe, le forze corazzate di Kleist si lanciarono in una veloce

galoppata verso Luck e Brody. La sorpresa contribuì non solo a facilitare lo sfondamento iniziale, ma anche a neutralizzare il potenziale pericolo di una contromossa da parte dei russi. Rundstedt

aveva previsto che mentre le sue forze avanzavano

verso Luck le 25 divisioni russe schierate lungo la frontiera carpatica dell'Ungheria avrebbero tentato di effettuare una rapida rotazione e colpire il suo fianco destro. E invece i russi si ritirarono. (Quella reazione e il fatto di non aver trovato dietro il fronte russo alcun indizio che facesse pensare all’attuazione di preparativi su vasta scala fecero sì che Rundstedt e altri comandanti tedeschi finissero col dubitare che avesse qualche fondamento la tesi di Hitler secondo cui i russi erano stati sul punto di passare all'offensiva.)

Nonostante questa fulminea partenza, le forze di Rundstedt non riuscirono a realizzare progressi tanto rapidi quanto quelli conseguiti dall’ala sinistra delle forze di Bock. A questo punto Guderian fece rilevare con insistenza che era essenziale incalzare i russi, in modo da non

dare loro tempo di riunire e riorganizzare le loro forze. Egli era convinto che se non si fosse perso altro tempo le sue forze avrebbero potuto raggiungere Mosca, e che un simile colpo sferrato contro il centro nervoso del potere staliniano avrebbe forse paralizzato le capacità di resistenza dell’intera Russia. Hoth si dichiarò d’accordo con lui, e Bock

li approvò. Ma in una direttiva del 19 luglio relativa alla fase seguente 229

LA PIENA

10941

delle operazioni Hitler ritornò alla sua idea originale. Le forze corazzate dovevano abbandonare il settore centrale per spostarsi sulle ali: | il gruppo corazzato di Guderian doveva piegare verso sud per aiutare Rundstedt ad avere ragione delle armate russe operanti in Ucraina, mentre il gruppo corazzato di Hoth doveva spostarsi verso nord per dare manforte a Leeb nell’attacco contro Leningrado. i Ancora una volta, invece di insistere subito affinché si adottasse un piano diverso, Brauchitsch temporeggiò, spiegando che, prima di poter| intraprendere ulteriori operazioni, le forze corazzate dovevano avere un periodo

di riposo,

in modo

da poter

revisionare

i mezzi

meccanici e |

far arrivare i complementi per gli uomini di equipaggio. Hitler con. | venne sulla necessità di una breve pausa. Nel frattempo continuarono | ad alto livello le discussioni

in merito

alla linea d’azione

da seguire,

discussioni che si protrassero anche quando le forze corazzate sarebbero state in grado di riprendere la marcia. Dopo che parecchie settimane se ne erano andate in discussioni di questo genere, il capo dello stato maggiore generale, Halder, sollecitò Brauchitsch ad avanzare proposte per una veloce avanzata su Mosca. Hitler replicò il 21 agosto con una nuova e più esplicita direttiva che iniziava con queste parole:

Non sono d'accordo con le proposte presentate il 18 agosto dall’esercito in merito | alla prosecuzione della guerra a est. Di primaria importanza prima che sopraggiunga l'inverno non è la conquista di Mosca, ma piuttosto l’occupazione della Crimea e dell’area industriale e mineraria del bacino del Donec, nonché l’interruzione delle direttrici di collegamento russe con i campi petroliferi del Caucaso...

Egli ordinava quindi che per preparare il terreno per il raggiungimento di questi obiettivi meridionali, parte del gruppo di armate di Bock (comprese le forze corazzate di Guderian) piegassero verso sud per aiutare Rundstedt a sbarazzarsi delle armate russe schierate intorno a Kiev. Quando la direttiva giunse a destinazione, Halder disse a Brauchitsch che a suo avviso essi avrebbero dovuto rassegnare congiuntamente. le loro dimissioni. Ma Brauchitsch replicò che si sarebbe trattato di un gesto del tutto inutile, in quanto Hitler non avrebbe fatto altro che respingerle. Per quanto riguarda le argomentazioni avanzate da Halder e Brauchitsch a sostegno delle loro obiezioni, Hitler si limitò a repli230

L'INVASIONE

FI]

DELLA

RUSSIA

care con una delle sue frasi preferite: « I miei generali non sanno nulla

degli aspetti economici di una guerra ». Tutto ciò che era disposto a concedere era che, non appena spazzate via le armate russe nella zona di Kiev, Bock potesse riprendere la sua avanzata su Mosca, e che a tal

fine gli fossero restituite le forze corazzate di Guderian. La manovra accerchiante di Kiev costituì di per sé un grande successo, e suscitò le più rosee speranze. Guderian si lanciò verso sud attraverso le retrovie dei russi mentre il gruppo corazzato di Kleist risaliva verso

nord. La tenaglia si chiuse 250 km. a est di Kiev intrappolando forze russe che i tedeschi dissero ammontare a 600.000 uomini. Ma poiché le pessime strade e il tempo piovoso avevano manovra di accerchiamento, fu solo verso

rallentato l'esecuzione della la fine di settembre che la

battaglia si concluse. Il fulgore della vittoria era oscurato

dall’ombra

dell’inverno, stagione foriera di storiche minacce per un invasore della Russia. I due mesi sprecati in estate si dimostrarono fatali per le pos-

sibilità di raggiungere Mosca. La nuova avanzata iniziò il g0 settembre. Per un momento questa

fosse la volta

buona:

le armate

di Bock

portarono

sembrò che a termine

una grande manovra aggirante intorno a V]azma, chiudendo in trappola altri 600.000 russi. La strada per Mosca era virtualmente sgombra. Ma la battaglia di Vjazma non si concluse che verso la fine di ottobre, le truppe tedesche erano ormai provate, e il progressivo peggioramento del tempo stava trasformando l’intero paese in un immenso acquitrino e forze russe fresche apparvero di fronte a Mosca. Quasi tutti i generali tedeschi avrebbero voluto sospendere l’offensiva e organizzare un’adatta linea invernale. Essi ricordavano cos'era accaduto all’esercito di Napoleone: molti di loro tornarono addirittura a

sfogliare le pagine di Caulaincourt

su quel funesto

1812. Ma

diversa

era l’opinione prevalente nelle alte sfere. Questa volta non fu per colpa

di Hitler, il quale anzi appariva sempre più impressionato e depresso sia per le crescenti difficoltà che l'operazione stava incontrando

sia per

le proibitive condizioni invernali in cui essa si svolgeva. Il 9gnovembre egli faceva questa triste considerazione: « Il riconoscimento che nessuna delle due parti è in grado di annientare l’altra condurrà a una pace di

compromesso ». Ma Bock proclamava che l’offensiva tedesca doveva continuare, e Brauchitsch

e Halder erano d’accordo con lui. Il 12 novem-

231

LA PIENA

1941 x

bre, nel corso di una riunione dello stato maggiore generale, Halder | disse che esistevano buone ragioni per ritenere che la resistenza russa fosse ormai sul punto di crollare. È ovvio che Brauchitsch e Halder, non meno

di Bock, erano

tanto più

restii ad accettare l’idea di un arresto delle operazioni in quanto in precedenza si erano battuti con tanto accanimento per cercare di convincere Hitler dell’opportunità di conquistare Mosca anziché perseguire obiettivi situati nella Russia meridionale. Il 15 novembre, approfittando di un temporaneo miglioramento

del tempo, l’avanzata verso Mosca

riprese ancora una volta. Ma dopo due settimane di lotta nel fango e nella neve, essa dovette arrestarsi quando ormai solo poco più di g0 km.

la separavano da Mosca. Ora anche Bock dubitava che avesse senso effettuare un ulteriore tentativo, e ciò sebbene non molto tempo prima avesse dichiarato: « Sarà l’ultimo battaglione a decidere l’esito ». Ma, dal suo lontano quartier generale situato nelle estreme retrovie, Brauchitsch continuava a insi-

stere che l’offensiva doveva procedere a ogni costo. Era un uomo

ma-

lato, e l’idea che Hitler potesse infuriarsi per gli scarsi risultati conse-

guiti lo terrorizzava. A partire dal 2 dicembre

i tedeschi

effettuarono

un

ultimo

sforzo,

e

alcuni distaccamenti riuscirono a penetrare nei sobborghi di Mosca, ma in complesso le forze tedesche furono arginate nelle foreste che proteggevano da ogni lato la capitale. A questo punto scattò una controffensiva russa su vasta scala, organizzata e diretta da Zukov, che ricacciò indietro gli esausti tedeschi, ne aggirò i fianchi e finì col metterli in una situazione alquanto critica.

A partire dai generali al più semplice dei soldati, gli invasori non facevano che pensare alla spaventosa ritirata di Napoleone da Mosca. Nella situazione

di emergenza

che si era venuta

a creare, Hitler proibì

qualsiasi ritirata e diede disposizioni affinché anche i ripiegamenti locali fossero limitati al minimo indispensabile; e questa volta ebbe ragione. È vero che con questa decisione Hitler espose a indicibili sofferenze le sue truppe attestate nelle posizioni avanzate di fronte a Mosca — esse infatti non disponevano né dell’abbigliamento né dell’equipaggiamento necessari per una campagna invernale in Russia — ma è altrettanto certo che se esse avessero cominciato a ritirarsi su tutta la 232

;

L'INVASIONE

DELLA

RUSSIA

linea, con ogni probabilità la ritirata sarebbe degenerata in una rotta caotica di uomini in preda al panico. Hitler si era lasciato sfuggire l'occasione di conquistare Mosca in agosto, quando aveva deciso di arrestare l’avanzata in quella direzione per aprirsi una strada nella Russia meridionale. Né a compensare la mancata conquista di Mosca valse ciò che le sue armate realizzarono a sud. Completato il grande movimento accerchiante a Kiev, Rundstedt invase la Crimea e il bacino del Donec, ma il tentativo di spingersi fino ai campi petroliferi del Caucaso falli. Le sue truppe riuscirono in effetti a raggiungere Rostov, sul Don, ma erano talmente stremate che i russi non ebbero difficoltà a ricacciarle indietro quasi subito. A questo punto Rundstedt avrebbe voluto ripiegare su una buona linea difensiva lungo il fiume Mius, ma Hitler gli ordinò di non ritirarsi. Rundstedt replicò di non poter obbedire a un ordine come questo, e chiese di essere esonerato dal comando. Hitler lo sostituì senza alcuna esitazione, ma subito dopo il fronte tedesco cedette e Hitler fu costretto ad accettare la necessità di una ritirata. Ciò accadde nella prima settimana di dicembre, e cioè simultaneamente al fallimento dell’ultimo tentativo di occupare Mosca.

Nel corso di quella stessa settimana Brauchitsch chiese di essere esonerato per motivi

di salute, la settimana

successiva

Bock fece altrettanto

e poco dopo, quando Hitler respinse la sua proposta di un ripiegamento sul settore settentrionale nei pressi di Leningrado, anche Leeb si dimise. Così, nel giro di poche settimane, tutti e quattro i più alti

comandanti tedeschi se ne andarono. Anziché eleggere un successore a Brauchitsch, Hitler approfittò dell’occasione favorevole per autonominarsi comandante in capo diretto dell’esercito. A Natale si liberò anche di Guderian, il principale artefice delle sue vittorie,

colpevole di aver fatto ritirare le sue esauste

truppe

senza il permesso di Hitler. _ Uno

VE I

degli elementi

che contribuirono

in misura

decisiva al fallimento

dell'invasione fu l’erronea valutazione dell'ammontare delle riserve che Stalin avrebbe potuto far affluire in prima linea attingendole fin dalle più remote profondità della Russia. Sotto questo aspetto lo stato maggiore generale e il suo servizio segreto sbagliarono non meno di Hitler.

A illustrare tutta l’entità e la portata di quel fatale errore è sufficiente S59

LA PIENA

10941

l'appunto « Abbiamo

che Halder

vergò sul suo diario verso la metà

sottovalutato la Russia:

avevamo

di agosto:

fatto il conto di avere da-

vanti 200 divisioni, ma ormai ne abbiamo identificate già 360 ». Questo errore di valutazione ebbe la conseguenza di neutralizzare

il

brillante avvio dell’operazione. Invece di vedersi spalancare davanti una strada sgombra di difensori, i tedeschi furorio costretti a fare ì conti con le armate fresche che continuavano ad affluire sulla scena.

Il massiccio sistema di mobilitazione sovietico riuscì a raggiungere facilmente le armate tedesche, e dal gennaio del 1941 i tedeschi furono sempre numericamente inferiori sul fronte russo. Grazie alla loro superiorità tecnica e di addestramento,

a distruggere queste armate chiamento,

tanarono.

ma poi venne

essi riuscirono

in una serie di grandi battaglie di accer-

l’autunno con le sue piogge, ed essi si impan-

Poi sopraggiunse l’inverno, e il gelo indurì nuovamente il |

terreno; ma nel frattempo nuove armate russe erano affluite in prima linea a bloccare le direttrici d’avanzata, mentre le stesse truppe tede-

sche erano

troppo esauste

per cercare

di raggiungere,

con un

ultimo |

sforzo, la mèta ormai vicina. Al secondo posto nell’elenco dei fattori che preclusero ai tedeschi la possibilità di riportare una vittoria decisiva deve essere collocata l’in- |

certezza che all’inizio del mese di agosto assalì Hitler e i suoi più alti generali in merito a quale dovesse essere la mossa successiva: c'era un incredibile

stato di confusione

mentale

ai vertici del comando

tedesco, |

e l’intero mese di agosto andò sprecato in interminabili discussioni. Più in basso Guderian, in particolare, aveva le idee assai chiare su ciò che intendeva fare: puntare su Mosca con la massima rapidità possibile, lasciando armate di fanteria rastrellare le maree di truppe russe

disorganizzate che le sue forze corazzate si lasciavano alle spalle. Nel 1940 proprio in questo modo aveva vinto la Battaglia di Francia. Certo | un comportamento di questo genere avrebbe comportato grossi rischi, ma forse avrebbe consentito ai tedeschi di occupare

armate

Mosca

prima che le |

russe di seconda linea fossero pronte a difenderla. Rischi ben

più gravi, anzi fatali, scaturirono invece dalla linea di condotta decisa nelle alte sfere. Comunque sia, la Russia dovette la sua sopravvivenza più alla persistente arretratezza delle sue strutture economiche e sociali che non allo

234

L'INVASIONE

#

sviluppo tecnico realizzato dopo la rivoluzione

sovietica.

DELLA

RUSSIA

Questa rifles-

sione non vale soltanto per quanto riguarda la tenacia del suo popolo e dei suoi soldati: la loro capacità di sopportare,

senza desistere dalla

lotta, sacrifici e privazioni che avrebbero paralizzato i popoli e gli eserciti occidentali. Ancora più prezioso si rivelò lo stato di estrema arretratezza della sua rete stradale. Quasi tutte le strade non erano che piste sabbiose. Il fatto che bastasse un acquazzone a farle ricoprire di

uno strato di fango contribuì a ostacolare l’invasione tedesca più di tutti gli eroici sacrifici dell’Armata Rossa. Se il regime sovietico le avesse dato un sistema stradale paragonabile a quello dei paesi occidentali, la Russia sarebbe stata travolta quasi con la stessa rapidità con cui lo era stata la Francia. Ma questa conclusione ha anche il suo rovescio. Hitler non poté sfrut-

tare le sue possibilità di vittoria perché la mobilità del suo esercito era basata sulle ruote anziché sui cingoli. Sulle fangose strade della Russia gli automezzi a ruote si impantanavano quando invece i carri armati riuscivano a procedere. Se avessero avuto in dotazione mezzi di tra-

sporto cingolati le forze corazzate avrebbero potuto raggiungere i centri vitali della Russia entro l’autunno,

nonostante

il fango.

XIV

ENTRA

AFRICA: IN SCENA ROMMEL

I

Nel 1941 la guerra in Africa registrò tutta una serie di bruschi e sensazionali capovolgimenti di fronte che sconvolsero alternativamente le aspettative delle due parti ma non ebbero un esito definitivo. Fu una guerra di rapido movimento, ma di movimento ad altalena, con un continuo susseguirsi di avanti e indietro. L’anno era iniziato con la espulsione degli italiani dalla Cirenaica a opera degli inglesi, ma poi era arrivata sulla scena una forza tedesca guidata dal generale Erwin Rommel, e nel giro di appena due mesi gli inglesi avevano dovuto a loro volta abbandonare la Cirenaica, mantenendovi

solo un esiguo pun-

to di appoggio nel piccolo porto di Tobruk. Fu poi Rommel a vedere respinti due suoi successivi attacchi contro Tobruk, ma poi toccò agli inglesi uscire sconfitti da due successivi tentativi di liberare la guarnigione assediata. Dopo una pausa di cinque mesi dedicata al potenziamento delle loro forze, in novembre gli inglesi effettuarono un più massiccio tentativo che sfociò in una battaglia che con alterne vicende durò per un mese, finché gli esausti superstiti delle forze tedesche dovettero ritirarsi Ma

ancora

nell’ultima

una

volta

sulla frontiera

Rommel

riuscì

della Cirenaica.| un’enne-

sima replica che costituì il presagio di un altro drammatico

rovescia-

dell’avanzata

dell’anno

occidentale

a sferrare

mento

settimana

britannica.!

L'attacco di apertura lanciato da Rommel

alla fine di marzo del 1941 !

e la sua successiva avanzata fecero tanto più scalpore in quanto gli| inglesi avevano dato per scontato che sarebbe passato parecchio tempo

prima che il nemico fosse in grado di assumere l’iniziativa. In un rap-

! Vedi cartine alle pp. 154-155, 158 e 160. 236

AFRICA:



ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

porto sulla situazione inviato il 2 marzo ai capi di stato maggiore a Londra, dopo aver segnalato che truppe tedesche avevano cominciato ad arrivare a Tripoli Wavell sottolineò che prima di tentare un serio attacco i tedeschi avrebbero dovuto mettere insieme almeno 2 divisioni, e alla luce di queste considerazioni ritenne di poter concludere: « È improbabile che un simile attacco possa svilupparsi prima della fine dell’estate ». Nei suoi messaggi Churchill esprimeva invece la propria preoc-

cupazione che i tedeschi attaccassero senza aspettare veri e propri rinforzi, e pur mostrandosi troppo ottimista in merito alla capacità delle forze inglesi in quel momento disponibili nel Nord Africa insisteva sulla necessità che ci si preparasse marzo egli telegrafò a Wavell:

a un’energica controffensiva.

Il 26

Siamo naturalmente preoccupati per una rapida avanzata tedesca su Agheila. È loro abitudine andare avanti tutte le volte che non incontrano resistenza. Immagino che voi stiate soltanto aspettando che la tartaruga tiri fuori la testa quel tanto che basti per potergliela troncare. Ci sembra enormemente importante dare ai tedeschi un primo assaggio del nostro valore...!

Il fatto è che il valore. mancava,

tanto sul piano tecnico quanto su

quello tattico. Anche se la menomata 2* divisione corazzata schierata in prima linea aveva ancora 3 unità corazzate rispetto alle 2 di Rommel,

e un vantaggio numerico

di carri muniti di cannone,

una larga parte

di questi era costituita da M.13 italiani catturati che gli inglesi avevano utilizzato per compensare la carenza di carri leggeri inglesi; inol-

tre, quasi tutti erano in pessime condizioni. A peggiorare ancora la situazione di queste forze già così malconce contribuirono gli ordini di Wavell, il quale decise che « se attaccate » esse si ritirassero « limitandosi a svolgere azioni di disturbo ». Infatti abbandonando la strozzatura a est di el-Agheila sotto il primo attacco di Rommel,

il 31 marzo,

gli inglesi gli spalancarono le porte di una grande distesa desertica dove avrebbe avuto la possibilità di scegliere fino a confondersi tra un’ampia gamma di obiettivi e direttrici alternative, mentre essi stessi non erano in condizione di manovrare con la necessaria rapidità ed effi-

cacia. Nei giorni che seguirono; Rommel ! W.

Churchill,

La

seconda

guerra

mondiale,

non diede loro respiro e in

vol. III, cit., p. 234.

237

LA

PIENA

1041

una prolungata e caotica serie di ripiegamenti la 2° divisione corazzata inglese finì col perdere quasi tutti i suoi carri armati, non in combattimento, ma a causa di guasti meccanici o per mancanza di carburante. In meno di una settimana gli inglesi si ritirarono di più di g00 km. dal confine occidentale della Cirenaica, e nel giro di neppure quindici | giorni si ritrovarono 650 km. più indietro, sulla frontiera orientale della

Cirenaica

(che era poi la frontiera

occidentale

dell’Egitto);

solo

il porto di Tobruk era ancora in mano inglese. La decisione di difendere questo piccolo porto e di utilizzarlo come « spina nel fianco del nemico » esercitò una grande influenza sull'andamento della campagna d'Africa durante i successivi dodici mesi. Naturalmente quel repentino crollo scosse alquanto l'ottimismo dei comandanti e dei soldati inglesi, inducendoli a ingigantire la forza numerica degli attaccanti. Da lontano era invece più facile rendersi conto delle limitate forze e delle difficoltà strategiche del nemico. Appunto valutando questi fattori, il '7 aprile da Londra Churchill telegrafò a Wavell: Voi dovrete certamente nenti

costruite

dagli

essere in grado di tenere Tobruk

italiani,

almeno

sinché

o nel caso

con le sue difese perma-

che il nemico

non

porti in

linea grandi forze di artiglieria. Si stenta a credere che possa fare ciò per qualche settimana. D'altra parte, correrebbe dei grossi Tobruk e continuasse l’avanzata contro l'Egitto, rinforzi

dal mare,

minacciando

piazzaforte da difendere scere

le vostre

rischi qualora lasciasse da parte dato che noi potremmo mandare

le sue comunicazioni.

ad oltranza,

senza

pensare

Tobruk

a ritirarsi.

sembra

pertanto

una

Sarei lieto di cono-

intenzioni.!

Wavell aveva già deciso di difendere Tobruk se solo fosse stato possibile, ma quando l’8 aprile dal Cairo si recò in volo a Londra riferì

che la situazione aveva registrato un grave deterioramento, ed espresse | tali dubbi in merito alla possibilità di difendere la città che Churchill, dopo una riunione segreta con i capi di stato maggiore, stese un messaggio di tono ancora più enfatico nel quale diceva tra l’altro: « Sem-. bra impensabile che la piazzaforte di Tobruk debba essere abbandonata ». Prima che il messaggio venisse spedito, tuttavia, Wavell fece sapere di aver preso la decisione di difendere per il momento Tobruk e 1 W. Churchill, La seconda guerra

238

mondiale, vol. III, cit., p. 240.

AFRICA:

ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

di riunire sulla frontiera un contingente mobile in modo da distrarre il nemico e ridurre la sua pressione sulla città assediata; nello stesso tempo egli si sarebbe dato da fare « per attuare il vecchio piano di difesa nella zona di Mersa Matruh », altri 300 km. più indietro. In realtà, e grazie soprattutto alla strenua difesa di Tobruk, non vi fu alcun’altra ritirata, anche se dovettero passare quasi otto mesi prima che i tedeschi fossero costretti a interrompere l’assedio. Il grosso della guarnigione era costituito dalla 9* divisione australiana agli ordini del generale Morshead, che era riuscita a ritirarsi senza troppi danni dalla zona di Bengasi. Per mare era invece arrivata la XVIII brigata di fanteria (della 7* divisione australiana), seguita poi da distaccamenti del 1° e del 7° reggimento carristi con i quali fu messa insieme una piccola formazione

corazzata comprendente

circa 50

carri armati. L'attacco di Rommel ebbe inizio l’11 aprile, Venerdì Santo, con alcune puntate di assaggio. L'attacco principale fu sferrato nelle prime ore del Lunedì di Pasqua contro il tratto centrale del lato meridionale del perimetro difensivo (lo sviluppo complessivo del perimetro era di circa zo km.) distante circa 15 km. dal porto. Gli attaccanti sfondarono le deboli linee difensive, e il battaglione corazzato di punta penetrò a nord per più di 3 km., ma poi fu fermato dall'artiglieria dei difensori e infine respinto fuori dalla piccola sacca che aveva

formato,

perdendo 16 dei 38 carri armati impegnati: un totale che era un chiaro indizio dell’esiguità delle forze di Rommel. Gli italiani tentarono a loro volta un attacco il 16 aprile, ma il loro sforzo naufragò quasi subito, tanto che quando un battaglione australiano partì al contrattacco riuscì a fare quasi 1000 prigionieri. Fu a questo punto che il Comando Supremo italiano a Roma, già da tempo inquieto per la profonda avanzata di Rommel, sollecitò il Comando Supremo tedesco a ordinargli di astenersi da quella avventurosa ini| ziativa e dall’intenzione di proseguire la sua marcia al di là del confine egiziano. Halder, il capo dello stato maggiore generale tedesco, ‘era non meno ansioso di frenare ogni azione oltremare che potesse esigere rinforzi a spese delle forze tedesche così indispensabili nel teatro principale, dove ora si stavano compiendo i preparativi per l'invasione della Russia. Egli aveva inoltre un’avversione istintiva per la tendenza di 239

LA PIENA

1941

Hitler a secondare

quei militari più dinamici

che, come

Rommel,

non

si conformavano alle tradizionali regole di condotta a cui si ispirava lo stato maggiore generale. Halder decise pertanto di inviare in Africa | il suo sostituto, generale von

Paulus,

con

il compito

di « bloccare

que-

st'uomo che ormai dà i numeri », come Halder annotò con ira nel suo diario.

Paulus

venne,

vide

e bloccò;

ma

dopo

aver

somministrato

a

Rommel un’ammonizione, finì con l’approvare la sua decisione di sferrare un nuovo attacco contro Tobruk. Entro

il g0 aprile, giorno fissato per questo

nuovo

tentativo,

a rinfor-

zare la 5* divisione leggera erano arrivati dall'Europa i primi contingenti della 15* divisione corazzata (non però il suo reggimento di carri armati). Questa volta il colpo fu diretto contro l'angolo sud-occidentale del perimetro difensivo, e sferrato con il favore dell’oscurità. All’al. ba del 1° maggio la fanteria tedesca aveva aperto un varco ampio più di 1,5 km., e la prima ondata

di carri armati

poté così lanciarsi verso

Tobruk, distante 16 km. Ma dopo essere avanzati per poco più di un chilometro e mezzo essi incapparono in un campo minato che i difensori avevano appena predisposto a mo’ di trappola, e 17 dei 4o carri armati furono messi fuosi uso (anche se tutti, tranne 5, riuscirono a riguadagnare le posizioni di partenza dopo che i loro cingoli erano stati riparati

sotto

il fuoco).

La

seconda

ondata

di carri

armati

e fanteria

piegò a sud-est e procedette lungo la parte interna del perimetro con l'intento di spazzar via le difese. Ma dopo un'avanzata laterale di quasi 5 km. i tedeschi furono infine fermati dalla concentrazione del fuoco dell’artiglieria, schierata al di là del campo minato, del contrattacco di 20 carri armati inglesi e della tenace resistenza di numerose postazioni australiane che non erano riusciti a sopraffare. Per quanto riguarda le truppe di appoggio

italiane, esse furono lente a entrare

e svelte a uscirne. Il giorno dopo, constatando mente

disponibili

che

solo 35 erano

dei circa

7o carri

in grado di affrontare

in azione

armati una

inizial-

battaglia,

i tedeschi sospesero l’attacco. La notte del g Morshead lanciò un contrattacco con la sua brigata di fanteria di riserva, ma anch’esso a sua volta fallì, cosicché da ambedue le parti finì col prevalere la delusione. L’angolo sud-occidentale del perimetro era rimasto nelle mani di Rommel, ma era ormai evidente che le forze di cui egli disponeva non 240

“”

AFRICA:

ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

erano sufficienti per conquistare Tobruk; prima di rientrare in Germania Paulus impose quindi il proprio veto all'idea di tentare altri attacchi. Si creò così una situazione di vero e proprio assedio che durò fino alla fine dell’anno, dopo il fallimento dei due primi tentativi di Wavell di ricacciare indietro Rommel e portare aiuto alla guarnigione. Il primo di questi sforzi, compiuto verso la metà di maggio, intendeva avere un carattere « sperimentale », come del resto indicava la sua stessa

denominazione convenzionale: « Operazione Brevity »; maggiore peso ebbe, e ben maggiori speranze suscitò, il tentativo che gli fece seguito verso la metà di giugno, l’ « Operazione Battleaxe ». L’esito fu ben poca cosa rispetto ai pesanti rischi che, su iniziativa di Churchill, gli inglesi

si erano addossati per garantirne il successo: innanzitutto il rischio di inviare un gran numero di carri armati in Egitto in un momento in cui le forze che difendevano l’Inghilterra erano ancora assai male equipaggiate, e Hitler non si era ancora impegnato ad attaccare la Russia; in secondo luogo, l’ulteriore rischio di inviare questi rinforzi via mare attraverso il Mediterraneo, passando sotto le forche caudine dell’aviazione tedesca.

In netto contrasto con l’audace disponibilità di Churchill a correre questo duplice rischio con la speranza di ottenere qualche successo in Africa e salvaguardare la posizione inglese in Egitto, era l’atteggiamento di Hitler e Halder, i quali erano invece d'accordo sulla opportunità di ridurre l'impegno tedesco nel teatro del Mediterraneo. In ottobre, di ritorno da un viaggio « esplorativo » in Cirenaica, il generale von Thoma aveva riferito che un contingente di 4 divisioni corazzate sarebbe stato necessario, ma anche sufficiente, per portare a termine l’invasione dell'Egitto, ma Mussolini si era dimostrato tanto restio ad accettare un aiuto tedesco di questa entità quanto Hitler a darlo. La piccola forza di Rommel (2 divisioni) era stata inviata in Africa solo in seguito alla disfatta subita dagli italiani, e con il limitato obiettivo di difendere Tripoli. Anche quando Rommel ebbe fatto vedere dove poteva arrivare con così pochi carri armati, Hitler e Halder rimasero poco

disposti a mettergli a disposizione quei rinforzi relativamente ridotti che con ogni probabilità avrebbero deciso l’esito dell'intera campagna 241

LA PIENA

1041

d'Africa. Con questo loro atteggiamento rinunciatario i capi tedeschi si lasciarono

sfuggire l'occasione

di conquistare

l’Egitto e di cacciare

dal

Mediterraneo gli inglesi in un momento in cui essi erano ancora molto deboli, creando anzi le premesse per una situazione che a lungo termine li avrebbe costretti ad assoggettarsi a un impegno e a sacrifici ben maggiori. In Gran Bretagna, nonostante la scarsità di risorse che ancora affliggeva il paese, già in aprile era stato messo insieme un convoglio destinato a trasportare in Egitto ingenti rinforzi corazzati. Esso stava per partire quando il 20 aprile giunse un telegramma di Wavell in cui si sottolineava la gravità della situazione e l’urgente necessità di altre forze corazzate. Churchill propose immediatamente, e indusse i capi di stato maggiore ad accettare, che arrivate a Gibilterra le 5 navi veloci con a bordo i carri armati piegassero a est e prendessero la strada più breve, quella del Mediterraneo, guadagnando così quasi sei settimane di tempo. Egli insistette anche perché l’entità dei rinforzi fosse aumentata in modo

da portare a circa 100 i carri medi di modello più recente,

e ciò sebbene il capo dello stato maggiore generale imperiale, generale | Dill, si dichiarasse

contrario

a una

decisione

che

avrebbe

comportato

|

un'ulteriore riduzione delle già poche forze disponibili in Gran Breta- | gna per fronteggiare un'eventuale invasione tedesca in primavera. L’« Operazione Tiger » fu il primo tentativo di far passare un convoglio attraverso il Mediterraneo da quando vi aveva fatto la sua comparsa la Luftwaffe, in gennaio. Grazie anche al tempo nebbioso, il convoglio giunse a destinazione senza subire danni a opera dell’aviazione nemica, anche se una delle navi, con a bordo 87 carri armati, fu affon-

data da una mina nel Canale di Sicilia. Le altre 4 navi denni ad Alessandria il 12 maggio, con 238 carri armati 82 carri medi e 21 carri leggeri): più di quattro volte carri che Wavell era riuscito a mettere insieme per l’Egitto. ! In un «... La

appunto sorte

della

scritto

quel giorno

guerra

in

Medio

per i capi di stato Oriente,

la

perdita

maggiore, del

arrivarono in(185 Matilda, il numero di la difesa del-

egli osservò

Canale

di

Suez,

acutamente: la

delusione

o la disorganizzazione delle enormi forze da noi allestite in Egitto, la fine di ogni prospettiva di collaborazione americana attraverso il Mar Rosso, tutto ciò dipende da poche centinaia di carri armati. Se possibile, essi devono essere trasportati laggiù a tutti i costi». (W. Churchill,

242

La seconda

guerra

mondiale,

vol. III, cit., p. 282.)

d

AFRICA:

ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

Senza aspettare questi ingenti rinforzi, Wavell aveva tuttavia deciso di approfittare dello smacco subito da Rommel a Tobruk e della carenza di rifornimenti che, a quanto si diceva, lo assillava, per tentare una mos-

sa offensiva con le esigue forze disponibili nei pressi della frontiera agli ordini del generale di brigata Gott. Doveva essere questa l’ « Operazione Brevity ». L'obiettivo immediato di Wavell era di riconquistare le posizioni di frontiera nei pressi della costa (che sapeva debolmente presidiate) e annientarne le guarnigioni prima che il nemico avesse tempo di inviarvi rinforzi. In realtà egli sperava di fare qualcosa di più, come disse in un telegramma del 19 maggio a Churchill: « In caso di successo considererò la possibilità di un'immediata azione congiunta da parte della forza di Gott e della guarnigione di Tobruk per ricacciare il nemico a ovest di Tobruk ». . Due unità corazzate furono fatte affluire in prima linea affinché costi-

tuissero la « punta » della forza di Gott: il 2° carristi con 29 carri medi di vecchio tipo rimessi in efficienza e il 4° carristi con 26 Matilda, dotati di una massiccia corazza ma

piuttosto lenti e ufficialmente classifi-

cati « carri da fanteria ». Con l’appoggio di un gruppo motorizzato di fanteria e artiglieria, il 2° carristi doveva aggirare il fianco desertico delle posizioni fortificate puntando su Sidi Azeiz e interrompere la direttrice di rifornimento e di ritirata del nemico. Il 4° carristi doveva invece guidare la XXII Guards Brigade motorizzata nell’attacco frontale. Dopo una marcia di avvicinamento notturna di circa 50 km., attaccan-

do di sorpresa la mattina del 15 maggio gli inglesi conquistarono la postazione situata sulla sommità del Passo di Halfaya e presidiata da truppe italiane, catturando parecchie centinaia di prigionieri; 7 Matilda furono però messi fuori combattimento dall’artiglieria dei difensori. Due altre postazioni, a Bir Waid e Musaid, furono conquistate con altrettanta rapidità, ma quando infine gli attaccanti raggiunsero la Ridotta Capuzzo il fattore sorpresa era ormai venuto meno, cosicché quan«do su un fianco dell’attacco entrò in scena un gruppo da combatti-

mento

tedesco esso perse la necessaria organicità. Alla fine il forte fu

conquistato,

ma

più tardi

dovette

essere

evacuato.

Nel

frattempo

la

mossa laterale diretta a Sidi Azeiz era naufragata sotto la minaccia di un contrattacco. Dall'altra parte, il comandante delle forze nemiche schierate lungo la frontiera era stato così colpito dall’apparente vio243

LA PIENA

1941

lenza dell'attacco che aveva

deciso di dare il via a un'operazione

di

ripiegamento.

Accadde così che verso sera ambedue le parti si stessero simultanea! mente ritirando. Ma mentre la ritirata delle forze italiane e tedesch fu arrestata da un tempestivo intervento di Rommel, il quale aveva ordinato a un battaglione corazzato di partire da Tobruk per portarsi in tutta fretta sul teatro. degli scontri, Gott aveva deciso di retroceder

fino al Passo di Halfaya, e le sue truppe si misero in movimento prima che dal lontano Alto Comando arrivasse l’ordine di fermarsi e aspettar a pié fermo il nemico. Quando spuntò il giorno i tedeschi si trovarono! davanti un campo di battaglia deserto; con loro grande sollievo, dat che il battaglione corazzato di rinforzo aveva esaurito il carburante e era ora immobilizzato (i rifornimenti arrivarono solo verso sera). Gli inglesi in ritirata non si fermarono ad Halfaya, limitandosi a la4 sciarvi una piccola guarnigione. I tedeschi non persero tempo per appro fittare della posizione esposta in cui essa si trovava,

e il 27 con

un im;

provviso attacco convergente portato da parecchie direzioni riconquistarono il passo. Questo successo si sarebbe poi rivelato molto prezios

per i tedeschi, in quanto avrebbe

seriamente ostacolato la successiva:

e più massiccia offensiva inglese, l’ « Operazione Battleaxe ». Rommel approfittò inoltre dell’intervallo per predisporre, tanto ad Halfay quanto in altre postazioni avanzate, insidiose trappole per i carri ar+ mati inglesi nascondendo in trincee ben mimetizzate batterie di can: noni da 88 mm. che, sebbene cannoni antiaerei, si stavano dimostrand molto efficaci anche nel loro nuovo ruolo di armi anticarro. | Questa misura di ripiego si rivelò di grande importanza per l’esito del! l'imminente battaglia. In questo periodo quasi due terzi dei cannoni! anticarro tedeschi erano ancora i vecchi cannoni da 37 mm., realizzati cinque anni prima della guerra e molto inferiori ai pezzi anticarro ai cannoni da 40 mm. installati sui carri armati inglesi. Essi potevano fare poco contro i carri veloci inglesi ed erano del tutto innocui per i Matilda. Anche il nuovo cannone anticarro da 50 mm., di cui Rommeli aveva una cinquantina di pezzi, poteva perforare la spessa corazza del! Matilda solo da distanza molto ravvicinata. Ma il cannone su ruote d 88 mm. era in grado di perforare la corazza frontale del Matilda (77 mm. di spessore) da una 244

distanza di circa 2000 m. Rommel,

che aveva

sola

AFRICA:

PT]

ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

12 di questi cannoni, ne piazzò una batteria (4 pezzi) ad Halfaya e un’altra a Hafid Ridge: i due principali obiettivi della prima fase della nuova offensiva inglese. Questa fu una grossa fortuna per Rommel, in quanto sotto molti aspetti egli si trovava in una situazione di grave svantaggio quando l’offensiva ebbe inizio; addirittura decisiva avrebbe potuto essere, in particolare, la sua inferiorità per quanto riguardava i carri armati, l’arma di gran

lunga più importante in queste battaglie combattute nel deserto. Dalla Germania non erano più arrivati rinforzi, e quando la battaglia ebbe inizio egli disponeva di appena un centinaio di carri armati muniti di cannone, più di metà dei quali impegnati nell’assedio di Tobruk, 130 km. più indietro. Dall'altra parte, l’arrivo del convoglio « Tiger » consentì agli inglesi di schierare circa 200 carri muniti di cannone: ciò

significava,

nella

fase

di

apertura,

una

superiorità

di

4

a

1.

Molto dipendeva dunque dal fatto che essi riuscissero a sfruttare questo largo margine di vantaggio per annientare le forze nemiche nella zona di frontiera prima che Rommel potesse farvi affluire dalla distante Tobruk il resto dei suoi carri armati (5° reggimento corazzato). Sfortunatamente per gli inglesi, questa possibilità fu ridotta di molto dalla tendenza a «ragionare in termini di fanteria » che caratterizzò la stesura dei piani dell’offensiva. Questa tendenza, alimentata dal fatto che i carri armati di cui gli inglesi disponevano erano dei più svariati tipi, finì col neutralizzare del tutto la loro schiacciante superiorità numerica. Grazie all’arrivo del convoglio « Tiger », Wavell aveva potuto ricostituire in vista della nuova offensiva 2 brigate corazzate, ma dopo la fallita « Operazione Brevity » della metà di maggio i carri armati ri masti erano così pochi da bastare appena per equipaggiare 2 dei 3 reggimenti di ciascuna brigata. Inoltre i nuovi carri medi arrivati con { Churchill sollecitò l’invio lungo la rotta mediterranea di un altro centinaio di carri armati, quanti erano necessari per equipaggiare un terzo reggimento di ciascuna brigata, ma l’ammi-

ragliato era serva

con

molto

riluttante

amarezza:

«... Non

a correre mi

sarei

quel nuovo tuttavia

rischio.

lasciato

Nelle sue memorie

distogliere

dal

Churchill

provocare,

os-

ed ottenere,

in merito una decisione del Gabinetto, se non fosse stato per il fatto che lo stesso generale Wavell non insisteva su tale punto, ed anzi si schierò dall’altra parte. Questo mi fece mansare

il terreno

sotto

i piedi... ».

p. 289.) Il convoglio fece quindi che verso la metà di luglio.

(W.

Churchill,

La

il giro del Capo

seconda

di Buona

guerra

mondiale,

Speranza

e non

vol.

III,

raggiunse

cit.,

Suez

245

.

LA PIENA

1041

il convoglio bastarono per equipaggiare un solo reggimento, mentre superstiti dei vecchi carri medi

furono

sufficienti

solo per un

i

second

reggimento. I due reggimenti dell’altra brigata furono equipaggiati co dei Matilda,

« carri

da fanteria », e ciò contribuì

in misura

forse

de*

terminante alla decisione del comando di assegnare a questa brigata nella fase iniziale una funzione di appoggio alla fanteria impegnata in un attacco frontale contro le posizioni fortificate del nemico, anzich concentrare tutti i carri armati disponibili per soverchiare le forze co razzate che il nemico schierava nella zona avanzata. Le conseguenze di questa decisione si rivelarono fatali per lo sviluppo dell’offensiva.

L’ « Operazione Battleaxe » si proponeva obiettivi ambiziosi: come disse; Churchill, si trattava di conquistare una vittoria « decisiva » nel Nor Africa e di « distruggere » le forze di Rommel. Pur esprimendo qual che cauto dubbio

sulla possibilità di un successo così completo, Wavell

disse di sperare che l’attacco sarebbe riuscito « a ricacciare il nemico a ovest di Tobruk ». Questo fu il preciso obiettivo indicato nelle istruzioni operative date al generale Beresford-Peirse che, nella sua qualità di comandante della Western Desert Force, avrebbe guidato l’offensiva.! Secondo il piano l'offensiva doveva articolarsi in tre fasi, iniziando! con un attacco contro la zona fortificata Halfaya-Sollum-Capuzzo con-| dotto dalla 4* divisione indiana con l'appoggio della IV brigata corazzata (la quale aveva in dotazione carri armati Matilda); il resto della n° divisione corazzata avrebbe svolto compiti di copertura sul fianco! dell'operazione rivolto verso il deserto. Nella seconda fase la #* divisione corazzata doveva effettuare una rapida puntata su Tobruk, con ambedue le sue brigate corazzate. Nella terza fase, infine, questa divisione e le forze della guarnigione di Tobruk avrebbero ripreso ad avan-| zare verso ovest. Si trattava di un piano che conteneva.già in sé gli elementi destinati a provocarne il fallimento. Assegnando a metà delle! forze corazzate disponibili il compito di dar manforte alla fanteria nella prima fase, esso dimezzava a dir poco le possibilità di annientare ill reggimento corazzato tedesco dislocato nella zona avanzata prima che} arrivasse di rinforzo l’altro reggimento corazzato da Tobruk, e ridu-| 246

»

AFRICA:

ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

ceva quindi al minimo la possibilità di realizzare la seconda e la terza fase del piano inglese. Per raggiungere le posizioni di frontiera del nemico la forza attaccante dovette effettuare una marcia di avvicinamento di go km. che ebbe inizio nel pomeriggio del 14 giugno. Il balzo finale di 19 km. fu compiuto sotto la luce della luna nelle prime ore del 15, e la battaglia si aprì infine con l’attacco dell’ala destra contro la posizione isolata del Passo di Halfaya. Ma questa volta i difensori erano più preparati di quanto fossero stati in maggio, e inoltre la possibilità che gli inglesi avevano di cozlierli di sorpresa fu annullata dalla decisione, presa già nella fase di stesura del piano, che i carri armati non sferrassero il loro attacco finché non vi fosse stata abbastanza luce da permettere all’artiglieria di aprire il fuoco. Questa decisione ebbe in effetti conseguenze tanto più gravi in quanto l’unica batteria assegnata all’attacco contro il Passo di Halfaya si impantanò nella sabbia. Era ormai giorno pieno quando lo squadrone

di Matilda che guidava l’attacco partì per l’ultimo balzo;

ma la prima notizia che giunse via radio per bocca dello stesso comandante suonava così: « Stanno facendo a pezzi i miei carri armati ». Fu anche il suo ultimo messaggio. Dei 19 Matilda solo 1 sopravvisse alla « trappola anticarro » dei 4 pezzi da 88 che Rommel aveva piazzato su quello che le truppe inglesi da quel momento definirono il « Passo del Fuoco d’Inferno ». — Nel frattempo la colonna centrale aveva continuato la sua marcia attraverso l’altipiano desertico in direzione della Ridotta Capuzzo, preceduta da un intero reggimento di Matilda. In questa zona non c'erano pezzi da 88, e di fronte alla massiccia formazione inglese la resistenza della

guarnigione crollò quasi subito. Il forte fu catturato, e più tardi nel corso della giornata le forze inglesi respinsero due contrattacchi. Ma

la brigata di carri armati

medi che guidava la colonna

di sinistra,

‘la quale secondo il piano avrebbe dovuto aggirare il fianco del nemico, si era imbattuta nella trappola anticarro preparata da Rommel a Hafid Ridge, e aveva dovuto fermarsi. Riprendendo l’attacco nel tardo pomeriggio essa non fece altro che inoltrarsi ancora di più nella trappola,

subendo quindi perdite ancora più ingenti. Intanto era sopraggiunto sulla scena il grosso del reggimento corazzato avanzato, cosicché ai su247

LA

PIENA

1041

perstiti carri armati inglesi, ora minacciati sul fianco, non rimase altro che ripiegare lentamente verso la frontiera. Al calar della notte della prima giornata gli inglesi avevano perso, soprattutto nelle due trappole anticarro, più di metà dei loro carri armati,

mentre i Panzer tedeschi erano ancora quasi intatti; fu così che con l’arrivo dell’altro reggimento corazzato da Tobruk la bilancia cominciò a pendere dalla parte di Rommel. Il secondo giorno Rommel prese l’iniziativa, impiegando l’intera 5* divisione leggera proveniente da Tobruk per aggirare il fianco sinistro inglese nel deserto e sferrando un energico contrattacco a Capuzzo con la 15* divisione corazzata. Avvantaggiati dal fatto di potersi difendere da posizioni scelte con cura e ben mimetizzate, gli inglesi respinsero il contrattacco a Capuzzo. Ma l’effetto congiunto dell’attacco frontale e della minaccia laterale portati dai tedeschi fu quello di far saltare il piano inglese che prevedeva per quella giornata una ripresa dell’offensiva, e prima che calasse l’oscurità la mossa accerchiante dei tedeschi aveva compiuto progressi preoccupanti. Con l’intento di sfruttare al massimo

il vantaggio conseguito, nelle pri- |

me ore del terzo giorno Rommel gettò tutte le sue forze mobili verso il fianco del deserto, con l’obiettivo di compiere un ampio movimento a | falce verso il Passo di Halfaya e di interrompere così le linee di ritirata

inglesi. Quando infine verso metà mattina si resero conto della gravissima minaccia, dopo frenetiche consultazioni i comandanti inglesi ordinarono una precipitosa ritirata di tutte le loro forze, ormai in preda

alla confusione. I contingenti più avanzati, e cioè quelli che si trovavano a Capuzzo, si salvarono quasi per miracolo; ma la strenua resistenza degli ultimi carri armati inglesi rimasti nella zona fece sì che |

la fanteria autotrasportata avesse tempo di disimpegnarsi, ed entro la mattina del quarto giorno le forze inglesi avevano riguadagnato le po- | sizioni, situate 50 km. più indietro, dalle quali erano partite. Le perdite umane durante i tre giorni di battaglia dell’ « Operazione | Battleaxe » furono lievi: meno di 1000 tra morti, feriti e dispersi dalla parte inglese, una cifra analoga dalla parte tedesca. Ma gli inglesi persero 91 carri armati e i tedeschi solo 12. Essendo rimasti padroni del campo di battaglia i tedeschi poterono recuperare e riparare quasi tutti i loro carri rimasti danneggiati, mentre nella loro frettolosa ritirata 248

yi

AFRICA:

ENTRA

IN

SCENA

ROMMEL

gli inglesi dovettero abbandonare molti carri messi fuori uso da semplici guasti meccanici che con un po’ di tempo a disposizione sarebbe stato facile riparare. L'enorme squilibrio nelle perdite dì carri armati sottolineò il completo fallimento di un'offensiva che pure era partita con obiettivi molto ambiziosi e aveva suscitato grandi speranze. Tobruk, « Brevity » e « Battleaxe » segnarono una nuova svolta nell'orientamento tattico della guerra. Fino a quel momento essa aveva

visto un quasi completo rovesciamento di quella tendenza alla supremazia della difensiva che era prevalsa durante la prima guerra mondiale e nel precedente mezzo secolo. A partire dal settembre del 1939, l’offensiva specialmente quando attuata da forze corazzate capaci di muoversi ad alta velocità, aveva riportato su tutti i teatri bellici tanti e così schiaccianti successi che sia l’opinione pubblica sia gli ambienti militari avevano finito col convincersi che la difensiva fosse una tattica intrinsecamente debole e che l’attaccante fosse comunque destinato a prevalere.

Ma

« Battleaxe » dimostrò,

dopo che Tobruk

e « Brevity »

l'avevano lasciato presagire, quanto efficace potesse essere la difensiva, anche in un terreno aperto come il deserto nord-africano, se condotta

con abilità e basata sulla conoscenza delle proprietà degli strumenti moderni. A partire da questo momento, col procedere della guerra e con

l'aumentare

dell'esperienza

apparve

sempre

più chiaro

che la di-

fensiva, concepita in una forma più mobile, aveva riguadagnato quella supremazia di cui aveva goduto nella prima guerra mondiale, e che per

avere successo l’offensiva doveva poter contare su una grande superiorità di forze o su un altissimo grado di abilità tattica (abilità di squili-

brare l’avversario e di coglierlo poi in contropiede). Sfortunatamente per le prospettive del nuovo tentativo che gli inglesi avrebbero compiuto di sconfiggere Rommel e cacciare italiani e tedeschi dal Nord Africa, la lezione di « Battleaxe » fu ignorata o fraintesa.

Il punto più importante che gli alti ambienti inglesi si lasciarono sfug| gire nelle loro conclusioni, non tenendo in alcun conto le segnalazioni secondo cui questo pesante cannone antiaereo veniva ora impiegato ‘ dai tedeschi con funzioni anticarro, fu il ruolo svolto dai cannoni da 88

nella difesa tedesca. Anche quando finalmente, in autunno, dopo aver subito altre ingenti perdite ad opera degli 88, dovettero prendere atto che le cose stavano in effetti così, gli alti comandanti

inglesi persistet249

LA PIENA

1941

tero ostinatamente nella convinzione che un’arma così massiccia potesse essere impiegata solo da posizioni trincerate. In tal modo essi non riuscirono a ideare e mettere a punto una tattica idonea a fronteggiare il nuovo passo avanti che Rommel compì nel campo della tattica difensiva, e cioè l’impiego

degli 88 in un ruolo mobile.

Un altro importante aspetto che sfuggì tanto alle truppe combattenti quanto agli alti comandanti inglesi fu la tendenza del nemico a im-| piegare con sempre maggiore audacia i suoi normali cannoni anticarro in stretta combinazione

ma

anche

in attacco.

finì col diventare

con

Nelle

i carri armati,

battaglie

un fattore dominante,

non

solo in fase difensiva

successive

questa combinazione

un fattore che sull’esito finale

esercitò un'influenza ancora maggiore di quella degli 88. In effetti, la causa principale delle perdite di carri armati sproporzionatamente

ele-

vate che gli inglesi subirono sembra debba essere ricercata, in ultima analisi,

nel modo

in cui i tedeschi

da 50 mm., relativamente

usavano

i loro

piccoli e maneggevoli,

cannoni

anticarro

sospingendoli avanti

ai loro stessi carri armati per piazzarli in avvallamenti

ben dissimulati.

Di ciò non si resero conto gli equipaggi dei carri inglesi, i quali non potevano sapere se un proiettile che perforava la loro corazza fosse stato

sparato da un carro armato

oppure da un cannone

anticarro, e natu- |

ralmente tendevano ad attribuirlo all’avversario più visibile. Da questo equivoco scaturì poi l’errata convinzione che i carri armati e i cannoni anticarro inglesi fossero inferiori a quelli tedeschi, e ciò ebbe come | naturale conseguenza il diffondersi tra le file inglesi di un preoécupante senso di sfiducia nei propri mezzi.

Oltre a questi due punti che sfuggirono del tutto agli alti comandanti | inglesi quando passarono in rassegna i vari aspetti della campagna d'estate,

ce ne

fu un

con serie conseguenze

altro non

meno

importante

che essi fraintesero,

per il piano della successiva campagna

inglese. |

Nel suo rapporto, steso circa tre mesi dopo la conclusione di « Battleaxe », Wavell espresse la seguente convinzione: « Causa del nostro insuccesso fu indubbiamente la difficoltà di coordinare l’azione dei carri

medi e dei carri “I”

[da fanteria]... ». In realtà tale coordinamento

non

tentato,

era stato neppure

potenzialità. divisione

250

I 2 reggimenti

corazzata

e messi

né ci si era preoccupati

di Matilda a disposizione

erano

stati

di vagliarne la!

distaccati

del comandante

della

dalla divi-

»

AFRICA:

ENTRA

sione di fanteria fin dall’inizio, e questi li aveva dini per tutta la durata della battaglia, anziché

IN

SCENA

ROMMEL

poi tenuti ai suoi orlasciarli andare dopo

la prima fase come prevedeva il piano. Con un intelligente coordinamento i carri «I» avrebbero potuto svolgere un ruolo molto importante nella battaglia tra mezzi

corazzati,

operando

come

robusto

perno

offensivo di manovra per i carri medi. C'era solo una trascurabile differenza di velocità tra i Matilda e i carri medi A.10 che avevano cooperato con ottimi risultati con i carri medi più veloci nella prima campagna libica e nella stessa « Operazione Battleaxe ». Tanto in questa come in successive occasioni, i tedeschi si dimostrarono capaci di far lavorare insieme tipi di carri armati con differenze di velocità non infe-

riori a quella esistente tra i carri medi più veloci inglesi e i Matilda. Purtroppo,

l’ipotesi

non

verificata

che

il coordinamento

fosse

troppo

difficile condusse a una completa separazione tra brigate di carri veloci e brigate di carri « I» nella successiva campagna inglese, la quale diventò così, per quanto riguardava gli inglesi, una battaglia combattuta in due compartimenti

separati.

« CRUSADER.

XV

»|

|

Il fallimento del tentativo compiuto verso la metà dell’estate di ottenere una decisiva vittoria in Africa e spazzar via il nemico dal continente ebbe l’effetto di rafforzare Churchill nel suo proposito di conse-} guire quell’obiettivo, rinnovando

lo sforzo il più presto possibile e con

forze più ingenti. A tal fine egli fece affluire in Egitto una quantità

di rinforzi,

senza

curarsi di quanto

gli andavano

grande

ripetendo

i suoi consiglieri militari, i quali non si stancavano di ricordargli che da tempo si era deciso che la difesa dell'Estremo Oriente, e in particolare di Singapore,

occupava

il secondo

posto nella scala delle priorità,

subito dopo la difesa della stessa Gran Bretagna e prima del Medio) Oriente. Il capo dello stato maggiore generale imperiale, sir John Dill, tentò di ricordare a Churchill che si trattava di una decisione presa. dopo aver ponderato con molta cura i pro e i contro che la difesa delle} due regioni avrebbe comportato, ma i suoi modi erano troppo garbati! e il suo atteggiamento troppo deferente perché egli riuscisse a sostenere} la sua

tesi con

la necessaria

energia

di fronte

alla forza

di carattere,

agli argomenti e alla posizione di Churchill. Eppure

in Estremo

Oriente

la situazione

si era fatta molto

pericolosa,|

mentre le forze inglesi là dislocate restavano pietosamente deboli. Fino) a quel momento il Giappone se ne era rimasto fuori dal conflitto, ma) le misure prese in luglio da Roosevelt e dallo stesso Churchill per col pirlo sul piano delle risorse economiche

non

potevano

che avere

l’ef-

fetto di spingere i giapponesi a reagire nell'unico modo per loro possi-! bile: con la forza delle armi. L'incertezza del Giappone concesse ad America e Gran Bretagna più di quattro mesi di tempo per potenziare! le rispettive difese nel Pacifico, ma ambedue i paesi non seppero appro-| fittarne; nel caso della Gran Bretagna, questa negligenza fu appunto) dovuta al fatto che Churchill aveva ormai concentrato il suo interesse] 252



e i suoi sforzi sul Nord

Africa.

Fu

« CRUSADER

così che, in virtù

»

sia dell’impres-

sione personale che egli fece a un primo ministro incline a tener conto dei fattori personali sia della potenziale minaccia che la sua presenza in Africa rappresentava per la valle del Nilo e il canale di Suez, Rommel

provocò indirettamente la caduta di Singapore. In vista della nuova offensiva, denominata « Operazione Crusader », le forze inglesi in Africa furono infatti molto potenziate tanto sul piano numerico quanto su quello dell’equipaggiamento. I 4 reparti di carristi furono portati a 14, in modo

da dotare la forza d’assalto di 4 bri-

gate corazzate complete (composta ciascuna di 3 unità), mentre alla guarnigione di Tobruk fu inviata via mare 1 brigata (comprendente 2 unità e 1 squadrone di carri armati) perché potesse più facilmente spezzare l’assedio e ricongiungersi con la forza d'assalto. (Per la massima parte le brigate furono equipaggiate con i nuovi carri medi Crusader o con i nuovi carri leggeri americani Stuart, i più veloci tra quelli allora

esistenti;

4

unità

avevano

invece

in

dotazione

carri

«I»,

Ma-

tilda o Valentine.) In Egitto furono inoltre inviate altre 3 divisioni di fanteria motorizzata, portando così il totale a 4, mentre a Tobruk fu spedita via mare una divisione fresca (la ‘70* inglese) a dare il cambio alla 9* australiana che aveva sopportato tutto il peso dell’assedio. Pochissimi rinforzi ricevette invece Rommel dalla Germania; per quanto riguardava i carri armati egli dovette addirittura continuare ad ac“contentarsi delle sue 4 vecchie unità. La 5* divisione leggera fu ribattezzata 21* divisione corazzata, ma il numero dei suoi carri armati rimase immutato; tutto ciò che Rommel poté fare per potenziare in qualche modo la sua forza fu di improvvisare una divisione di fanteria non motorizzata (dapprima chiamata divisione Afrika, e in seguito go* leggera) mettendo insieme alcuni battaglioni di artiglieria e fanteria. Il contingente italiano di g divisioni (una corazzata) fu aumentato .di g altre piccole divisioni di fanteria, dotate per altro di un equipaggiamento ormai

sorpassato e prive di mezzi di trasporto motorizzati;

in

sostanza, si trattava di unità che potevano essere impiegate soltanto in un ruolo statico, e che quindi finirono addirittura col rivelarsi un grave ! Vedi cartine alle pp. 154-155, 158 e 160.

250

LA PIENA

1941

impaccio per Rommel, la cui principale arma consisteva nella libertà di! manovra sul piano strategico. Anche nell'aria gli inglesi godevano ora di un grosso margine di vantaggio:

contro

un

totale di 120

aerei

tedeschi

e 200

italiani,

essi ave-

vano un totale di quasi 700 aerei immediatamente disponibili per appoggiare l’offensiva. Ancora maggiore era la superiorità inglese in termini di carri armati. Quando l’offensiva ebbe inizio, gli inglesi avevano più di 710 carri muniti di cannone (200 dei quali carri da fanteria), mentre il nemico aveva solo 174 carri tedeschi muniti di cannone e 146 italiani (questi ultimi di tipo antiquato e quindi di scarso valore). Pertanto gli inglesi potevano contare su di una superiorità di oltre 2 a 1 per quanto riguardava il nemico nel suo complesso, e di oltre 4 a 1 sui tedeschi, le cui 2 divisioni corazzate, con i loro 2 reggimenti di carri armati ciascuna, erano considerate dal comandante in capo inglese « la spina dorsale dell’esercito nemico ». Rommel

inoltre

non

aveva

carri

armati

di riserva,

ad

eccezione di alcuni in riparazione, mentre gli inglesi ne avevano circa, Hoo di riserva o in arrivo, cosicché potevano contare su una ben mag-| giore capacità di sostenere una lotta prolungata. Alla fine, furono proprio queste

riserve

che decisero

l’esito della battaglia.!

|

Per neutralizzare la sua grave posizione di svantaggio per quanto ri-! guardava i carri armati, Rommel poteva però contare su un'importante risorsa: entro l'autunno due terzi dei suoi normali cannoni anticarro | erano del nuovo tipo da 50 mm. prolungato, la cui potenza di pene-!| trazione era superiore di circa il 70 per cento a quella del suo vecchio

cannone da 37 mm. e del 25 per cento a quella del cannone inglese da 40 mm. Pertanto, a differenza di quanto era accaduto in estate, la sua capacità difensiva

non

dipendeva

più in misura

determinante

da un|

pugno di cannoni da 88. Oltre a inviare in Egitto ingenti rinforzi e armi ed equipaggiamento

1 1 dati relativi al rapporto di forze esistente tra lc due parti in termini di disponibilità effettiva e potenziale di carri armati sono tratti da British Official History, pp. 30-31. Alle | cifre concernenti la disponibilità inglese di carri armati in condizioni operative (un totale | di 713, compresi 201 carri da fanteria) si è giunti sulla base di numerosi documenti compi- | lati in modi diversi e recanti cifre diverse. Un altro calcolo effettuato sugli stessi documenti porta a un totale di 759 carri, 225 dei quali di tipo da fanteria.

254

|



« CRUSADER

»

del tipo più moderno, Churchill mise alla testa della sua forza d’assalto un nuovo gruppo di comandanti. Quattro giorni dopo il fallimento di « Battleaxe » Wavell fu esonerato dal comando e sostituito da sir Claude Auchinleck, già comandante in capo in India, mentre i coman-

danti della forza e della divisione corazzata furono sostituiti poco dopo. Già più volte Churchill si era spazientito per l’eccessiva cautela di Wavell, e il deludente esito di « Battleaxe » fece precipitare la sua decisione di nominare un nuovo comandante in capo. Con sua grande irri-

tazione, Auchinleck

si dimostrò però non meno fermo del suo prede-

cessore nel resistere a ogni pressione per una rapida ripresa dell’offensiva e nell’insistere affinché la nuova operazione prendesse il via solo quando fossero stati compiuti tutti i preparativi necessari per assicu-

rarle buone probabilità di concludersi con un successo decisivo. Fu così che la nuova offensiva, l’ « Operazione Crusader », non fu lanciata che verso la metà di novembre, cinque mesi dopo « Battleaxe ». Nel frat-

tempo si procedette a ribattezzare 8% armata il contingente inglese nel Nord

Africa, e ad affidarne

sir Alan

Cunningham,

della quale aveva

il comando

reduce

conquistato

da una la Somalia

al generale

brillante

di corpo d’armata

campagna

nel corso

italiana ed era poi avanzato

da sud in Etiopia costringendo gli italiani ad abbandonare anche quella loro colonia. La nuova armata consisteva nel XIII corpo agli ordini del

generale di corpo d’armata A.R. Godwin-Austen, e nel XXX corpo (corazzato)

agli ordini

del generale

di corpo

d’armata

C.W.M.

Norrie.

L’unico dei nuovi comandanti ad avere alle spalle una sufficiente esperienza nell'impiego dei carri armati e nella lotta contro forze corazzate era Norrie, proveniente dalla cavalleria, chiamato a sostituire l’esperto ufficiale carrista originariamente prescelto come comandante del corpo corazzato, rimasto ucciso in un incidente aereo poco prima dell’inizio dell’offensiva.

Il XIII corpo comprendeva la divisione neozelandese e la 4* divisione indiana, con

una

brigata di carri armati da fanteria.

Il XXX

corpo in-

cludeva la '7* divisione corazzata con 2 brigate corazzate (la VII e la XXII), il IV gruppo di brigata corazzato, la XXII Guards Brigade (motorizzata) e la 1* divisione sud-africana. La 2* divisione sud-africana era tenuta

di riserva. 255

LA PIENA

1941

Il nocciolo del piano offensivo era il seguente: mentre il XIII corpo avrebbe tenuto impegnate le truppe nemiche che presidiavano le posizioni di frontiera, il XXX corpo sarebbe avanzato aggirando il fianco di queste posizioni fortificate per « intercettare e distruggere » le forze corazzate di Rommel; simultaneamente la guarnigione di Tobruk, 110 km. al di là della frontiera, avrebbe spezzato l'assedio per ricongiungersi con il XXX corpo. Ciò significava che, anziché in stretta collabo. | razione, i due corpi e le rispettive forze corazzate avrebbero operato in settori molto lontani. La parte più possente delle forze corazzate

inglesi, la brigata dei Matilda e dei Valentine,

non

avrebbe minima-

mente partecipato alla battaglia tra le forze corazzate, limitandosi a operare in piccoli gruppi alla testa della fanteria. Quando poi l'avanzata

si sviluppò, questa separazione degenerò ben presto in vera e propria dispersione, con un conseguente indebolimento dello sforzo inglese in tutti i settori.

Gli inglesi non seppero dunque sfruttare il vantaggio iniziale conquistato sul piano strategico con la mossa aggirante, la quale aveva colto , il nemico di sorpresa lasciandolo temporaneamente

interdetto.

L'attacco

inglese si disarticolò, più per mancanza di un adeguato coordinamento che per opera del nemico. A questo proposito Rommel osservò con cau- | stica ironia:

« Che

differenza

fa se voi avete due carri armati e io uno

solo quando poi li disperdete e lasciate che io ne metta fuori combatti- | mento

uno per poi affrontare l’altro? Voi mi mandaste

contro

tre bri-

gate in processione ».

La fonte di tutti i guai era la veneranda massima, predicata da tempo | immemorabile da ogni manuale militare ufficiale e alla scuola di stato maggiore, che «la distruzione del grosso delle forze armate del nemico sul campo di battaglia » deve essere il primo, se non addirittura l’unico,

obiettivo ragionevole

di un

comandante

militare.

Tra le due guerre

mondiali questa massima finì con l’essere applicata con ancora maggior fervore da comandanti con mentalità da fanteria che si trovarono ad

affrontare il problema disposizione;

mo

« Facciamo

di come

impiegare

i carri armati

fuori i carri armati

del nemico,

posti a loro | e poi potre-

andare avanti con la battaglia », ecco la loro ovvia soluzione. La

persistenza di questo modo di pensare risulta anche troppo manifesta dalle istruzioni impartite in vista dell’offensiva all’8* armata e al suo 256

PI

corpo

corazzato:

« Vostro

obiettivo

« CRUSADER

immediato

è la distruzione

»

delle

forze corazzate del nemico ». Ma per sua stessa natura una forza corazzata non è idonea a fornire a un attaccante un obiettivo immediato, dal momento che si tratta di una forza fluida che, a differenza di una formazione di fanteria, è difficile localizzare in modo preciso e stabile

in un dato punto. È quindi più facile conseguire l’obiettivo di distruggere

una

forza

corazzata

ricorrendo

a metodi

indiretti,

inducendola

per esempio a ingaggiare battaglia per difendere o recuperare qualche punto di importanza chiave. Nel vano tentativo di « far fuori » le inafferrabili forze corazzate di Rommel in modo troppo diretto, le forze corazzate inglesi non solo si dispersero ma si lasciarono anche attirare con estrema facilità sotto il tiro dei cannoni delle trappole anticarro allestite da Rommel.

Superata

la frontiera

nelle prime ore del

18 novembre,

il XXX

corpo

inglese iniziò un ampio movimento avvolgente verso destra puntando su Tobruk, distante 145 km. La sua avanzata procedeva sotto un vero e proprio « ombrello aereo », ma questa misura precauzionale che avrebbe dovuto servire a tener lontano il nemico si rivelò superflua, almeno per il momento: durante la notte, infatti, un violentissimo temporale aveva trasformato in acquitrini i campi di aviazione tedeschi, cosicché i loro aerei erano bloccati al suolo. Né ebbe alcuna conseguenza il fatto che, per la stessa ragione, l’avanzata si sviluppasse a rilento. Rommel non aveva avuto il minimo sentore della «tempesta d’acciaio » che stava per abbattersi su di lui. La sua mente era troppo concentrata sui preparativi

per l'assalto

che

intendeva

sferrare

contro

Tobruk,

e seb-

bene egli si fosse preoccupato di piazzare una robusta formazione di copertura nel deserto per bloccare ogni tentativo di interferenza da sud, la sua forza d’assalto si era portata nei pressi della città assediata ed | era in attesa di scattare. La sera del 18 le colonne corazzate inglesi si portarono a cavallo del Trigh el Abd, e la mattina seguente ripresero la marcia verso nord. Intanto, però, per sospingere indietro le forze di copertura di Rommel esse avevano allargato da zo a 80 km. il loro fronte di avanzata. E le conseguenze di questo allargamento non tardarono a farsi sentire. 257

LA PIENA

10941

A! centro i 2 reggimenti di punta della VII brigata corazzata rag; giunsero e conquistarono il campo di aviazione del nemico di Sidi Rezegh, all’estremo limite settentrionale dell’altopiano desertico e a soli 20 km. dal perimetro di Tobruk. Ma il resto della brigata e il gruppo di appoggio della divisione non sopraggiunsero che la mattina del 20, e intanto Rommel aveva avuto il tempo di far affluire precipito-| samente nella zona minacciata parte della divisione Afrika, dotata un gran numero di cannoni anticarro, con il compito di difendere

di lai

sommità della scarpata e bloccare il passaggio. Alla VII brigata coraz-| zata inglese invece non pervennero rinforzi: le altre 2 brigate corazzate avevano

già il loro daffare, una molto

a ovest e l’altra molto

a est

di questa che doveva essere la principale direttrice d’attacco, mentre anche la 1* divisione sud-africana si era allontanata verso ovest. Sul fianco occidentale la XXII brigata corazzata si era imbattuta in una formazione di carri armati italiani, e inseguendola aveva finito col trovarsi di fronte la postazione fortificata italiana di Bir el-Gobi. La XXII era una brigata composta di reggimenti della guardia nazionale a ca-, vallo i cui uomini solo da poco erano saliti a bordo di carri armati e| che inoltre non avevano alcuna esperienza di guerra nel deserto. Lanciatasi all'attacco con troppo ardire, nello spirito immortale della « Ca- |'| | rica della Brigata Leggera » a Balaclava, essa fu pesantemente martel- ‘|i lata dai ben protetti cannoni italiani, e perse più di 40 dei suoi 160 carri armati. Convinto che l’attacco stesse procedendo bene, il coman-| dante del corpo ordinò alla divisione sud-africana di portarsi in questo settore per occupare Bir el-Gobi. Sul fianco orientale il IV gruppo di brigata corazzato, che per dare la caccia a un'unità di perlustrazione tedesca aveva finito con l’allargare| il suo fronte di avanzata a più di 40 km., era stato colto di sorpresa| dalla comparsa alle sue spalle di una grossa formazione corazzata tedesca, e la sua retroguardia

aveva

subito

una

dura

punizione

prima che

una delle altre due unità tornasse indietro a darle manforte. Questo colpo, che costituiva il risultato della prima contromossa di Rommel, | fu sferrato da un forte gruppo da combattimento (comprendente i 2 reggimenti di carri armati della 21* divisione corazzata) inviato a sud,| per vedere che cosa stesse accadendo. In realtà le forze corazzate inglesi del fianco orientale furono molto 258



fortunate,

in quanto

solo per una

« CRUSADER

serie di circostanze

su di esse non

»

si

abbatté il mattino seguente l’intero Afrika Korps. Infatti il suo comandante, Cruewell, tratto in inganno da un rapporto inesatto, era giunto alla conclusione che gli inglesi stessero compiendo il loro massimo sforzo lungo la direttrice settentrionale, il Trigh Capuzzo. Pertanto egli decise di dirigere ambedue le sue divisioni corazzate verso Capuzzo: solo per constatare che nella zona non c'era neppure ombra degli inglesi. Virtualmente

ciechi

per la mancanza

di ricognizione

aerea,

i tedeschi

erano costretti a prendere le loro decisioni a lume di naso. Per di più durante questa escursione verso est la 21* divisione corazzata esaurì le riserve di carburante e rimase per qualche tempo paralizzata. Solo la 15° divisione corazzata poté ritornare sui suoi passi e attaccare nel pomeriggio nei pressi di Gabr Saleh la IV brigata corazzata, ancora isolata; per il secondo giorno consecutivo questa brigata dovette dunque sopportare tutto il peso del colpo d’incontro delle forze corazzate tedesche, e il conseguente macello. Pur disponendo di informazioni abbastanza precise in merito ai movimenti del nemico, gli alti comandanti inglesi non seppero approfittare con la necessaria tempestività della pausa, e dell’occasione favorevole, offerta dal temporaneo allontanamento dalla scena dell’Afrika Korps. Nessuna misura immediata fu presa per concentrare le 3 brigate corazzate, ancora lontanissime l’una dall’altra. Verso mezzogiorno, quando apparve chiaro che la IV brigata corazzata si trovava in una situazione assai pericolosa, la XXII ricevette l’ordine di spostarsi verso est per aiutarla, anziché puntare su Sidi Rezegh e ricongiungersi con la VII secondo quanto stabilito in un primo momento. Ma in questo suo trasferimento da un fianco al-

l’altro la XXII brigata si trovò a dover compiere un lunghissimo cammino, cosicché riuscì ad arrivare a destinazione

solo verso sera, quando

ormai era troppo tardi. | Eppure per tutto questo tempo la divisione neozelandese e la brigata di carri da fanteria del XIII corpo erano rimaste a Bir Gibni, a soli 11 km. di distanza, smaniose di avanzare per accorrere in aiuto. Ma nessuno chiese a questi uomini di dare una mano nella battaglia, e anzi le loro offerte di aiuto furono declinate. Ecco una quasi incredibile conferma del punto a cui fu spinto il concetto dei « due compartimenti » nella condotta di questa battaglia. "09

LA PIENA

1941

Quando spuntò l’alba del 21 novembre le brigate corazzate inglesi a Gabr Saleh scoprirono che il nemico si era dileguato. E questa volta non fu per un colpo a vuoto: fattosi ormai un preciso quadro della disposizione

delle forze inglesi, Rommel

aveva

ordinato

a Cruewell

di

sferrare un colpo decisivo con ambedue le divisioni corazzate contro le forze avanzate inglesi a Sidi Rezegh. Norrie aveva appena ordinato a queste forze di dirigersi verso Tobruk, e alla guarnigione di Tobruk di iniziare il suo tentativo di sfondamento. Ma prima ancora che le forze corazzate inglesi si mettessero in movimento il piano saltò: alle 8 furono avvistate 2 colonne corazzate tedesche

che si stavano

corazzate tutta

mento verso

avvicinando

da sud e da est; 2 delle

presenti in quel momento

fretta

ad

affrontare

le due

a Sidi Rezegh furono

colonne

tedesche,

e un

3 unità

inviate in solo

reggi-

(il 6° carristi) rimase quindi disponibile per guidare la marcia Tobruk;

concentrando

tutta

la loro potenza

di fuoco

su

questa

unica unità, i cannoni del nemico ebbero quindi buon gioco nel respingerne l’attacco infliggendole pesanti perdite. Si trattò di un'ennesima, « Carica della Brigata Leggera », una brigata troppo leggera, in questo caso. Nel frattempo sulle altre 2 unità corazzate si riversò con tutto| il suo peso l'Africa Korps. Una di esse, il '7° Ussari, fu travolta e quasi; annientata dalla 21° divisione corazzata. L'altra, il 2° reggimento carristi, | attaccò la 15* divisione corazzata con tanto coraggio ed efficacia, grazie alla superiore capacità dei suoi cannonieri di far fuoco con i veicoli in movimento, che il nemico fu costretto ad allontanarsi. Ma i tedeschi at-, taccarono ancora nel pomeriggio, e questa volta applicando con molta, abilità la loro nuova tattica consistente nel far precedere i carri armati! da numerosi cannoni anticarro ben mimetizzati, mentre altri si spinge-| vano avanti lungo i fianchi della formazione avversaria. In questo modo essi diedero agli inglesi una così dura lezione che solo il tanto atteso e tardivo arrivo della XXII brigata corazzata da Gabr Saleh — la IV non! sopraggiunse che il giorno dopo — salvò gli ormai sparuti resti della VII brigata corazzata da un completo annientamento. Per quanto riguarda l'attacco con il quale la guarnigione di Tobruk avrebbe dovuto spezzare | l'accerchiamento, esso penetrò per oltre 6 km. nella profonda fascia di | postazioni italiane e tedesche che circondava il perimetro, ma fu poi | -sospeso in vista del grave rovescio subito dal XXX corpo; e la forza di 260

« CRUSADER



»

sfondamento dovette rassegnarsi ad aspettare gli sviluppi della situazione scomodamente incastrata in un saliente lungo e stretto. Quando

spuntò l’alba del quinto giorno, l’Afrika Korps era nuovamen-

te scomparso — ma questa volta solo per andare a rifornirsi di carburante e munizioni. Ma neppure quella breve pausa andò a genio a Rommel, il quale verso mezzogiorno arrivò al quartier generale della 21* divisione corazzata, che era rimasta nei pressi del campo di battaglia, e diede disposizioni affinché si sferrasse immediatamente un attacco lungo una direttrice laterale. Messosi subito in marcia in direzione ovest attraverso la valle a nord di Sidi Rezegh, il reggimento corazzato effettuò un movimento aggirante per colpire il fianco occidentale delle locali postazioni inglesi. Risalito con fulminea rapidità il pendio, i carri armati

tedeschi occuparono

il campo

di aviazione e tra-

volsero parte del gruppo d'appoggio prima che le due restanti brigate corazzate inglesi fossero in grado di intervenire. Ma anche la tardiva azione

di queste

due

unità

peccò

di scarso

coordinamento,

cosicché

quando scese l’oscurità il contrattacco era ormai naufragato in uno stato di generale confusione. Né questo fu l’ultimo episodio di una giornata sfortunata. Infatti verso il crepuscolo, di ritorno nella zona della battaglia dopo la sua breve «libera uscita », la 15* divisione corazzata colpì alle spalle la IV brigata corazzata, circondando il campo che ospitava il suo comando e il reggimento di riserva (l’8° Ussari), dopodiché con un rapido attacco a sorpresa ne catturò quasi tutti gli uomini,

i carri armati e le apparecchiature

radio. Il comandante

della

brigata si era recato a dirigere personalmente il contrattacco a Sidi Rezegh, e sfuggì così alla cattura, ma all’alba del 23 si ritrovò con una brigata mutilata e dispersa, e per di più privo dei mezzi necessari per impartire tempestive istruzioni e metterne insieme i frammenti. Questo grave contrattempo ebbe così l’effetto di paralizzare quasi del tutto la IV brigata corazzata in quello che finì col rivelarsi un giorno ancora più critico. Fortunatamente per gli inglesi, una sorte analoga toccò nelle prime ore del 23 al quartier generale dell’Africa Korps. Ciò accadde in quanto Cunningham si era infine deciso a impartire l’ordine che il XIII corpo cominciasse ad avanzare, anche se in misura piuttosto limitata. Presa Capuzzo nella giornata del 22, una brigata (la VI) della divisione 261

.

LA PIENA

10941 x

neozelandese ricevette l'ordine di dirigersi verso Sidi Rezegh. Poco dopo l’alba del 2g essa si imbatté nel quartier generale dell’Afrika Korps e ne catturò senza difficoltà uomini, mezzi e attrezzature.|| Cruewell sfuggì alla cattura solo in quanto si era appena allontanato per dirigere da vicino lo svolgimento della successiva fase della battaglia. Ma la perdita di tutti gli ufficiali del suo stato maggiore e delle attrezzature radio costituì per lui un serio handicap nei giorni che seguirono — anche se gli inglesi, già anche troppo presi dai loro guai, se! ne resero conto solo in parte. Il 28 novembre era domenica: in Inghilterra l’ « Ultima Domenica prima

dell'Avvento » e in Germania

il « Totensonntag », la « Domenica

dei Morti ». Alla luce di quanto accadde nel deserto, è comprensibile} perché poi i tedeschi attribuissero alla battaglia che divampò nel corso di quella giornata il funesto nome di « Totensonntag ». Durante la notte le forze inglesi riunitesi a Sidi Rezegh avevano effettuato un lieve ripiegamento verso sud, in attesa dell’arrivo dei rinforzi costituiti dalla 1° divisione sud-africana che stava sopraggiungendo. Ma il ricongiungimento non avvenne: emergendo all’improvviso dalla. foschia mattutina, con un massiccio e violento attacco le 2 divisioni co-' razzate tedesche colsero di sorpresa inglesi e sud-africani, li ricacciarono } indietro da parti opposte e travolsero i parcheggi dei loro mezzi da tra-: sporto, provocando un fuggi fuggi generale. Il disastro sarebbe stato) ancora più grave se le divisioni corazzate non fossero state fermate pro-. prio in questo momento cruciale da un ordine di Cruewell, il quale) non era riuscito a farsi un quadro chiaro della situazione e prima di sferrare il colpo decisivo intendeva aspettare la divisione italiana Ariete. | Ma gli italiani avanzarono con cautela, e fu solo nel pomeriggio che Cruewell lanciò il suo attacco, da sud, contro il troncone più grosso e ormai isolato delle forze avanzate di Norrie, la V brigata sud-africana e la XXII brigata corazzata (nel frattempo alcuni dei frammenti più| piccoli erano riusciti a fuggire dalla trappola). Ma intanto gli inglesi avevano avuto tempo di organizzare un'efficace difesa, e anche se alla fine grazie alla sua schiacciante superiorità riuscì ad averne ragione, | infliggendo tra l’altro agli inglesi la perdita di 3000 uomini tra morti| e prigionieri, l’Afrika Korps perse più di ‘70 dei suoi restanti 160 carri| armati. 262

È

« CRUSADER »

Le ingenti perdite subite in termini di carri armati nel corso di quest'unico

attacco

frontale

contro

una

postazione

difensiva

ebbero

l’ef-

fetto di neutralizzare il margine di vantaggio che nei giorni precedenti i tedeschi erano riusciti ad assicurarsi con le loro abili manovre.

In real-

tà per i tedeschi il costo paralizzante di questo successo tattico fu più dannoso

sul piano

strategico

zione Crusader ». Il XXX (alla fine, dei 500 carri

di qualsiasi

altro

aspetto

dell’ « Opera-

corpo aveva subito perdite molto più ingenti armati

con

cui aveva

iniziato

l’offensiva,

solo

una settantina erano ancora in condizioni di combattere), ma gli inglesi avevano cospicue riserve dalle quali attingere i carri armati necessari per rimpiazzare

Il 24 novembre

quelli perduti, mentre

Rommel

non

aveva riserve.

la battaglia ebbe un’altra svolta drammatica.

Deciso a

sfruttare il momento favorevole, Rommel pensò di lanciare tutte le sue forze mobili al di là della frontiera, alle spalle dell’'8* armata. Per non

perdere tempo

aspettando che queste forze si riunissero, egli stesso si

mise alla testa della 21° divisione corazzata, e non appena questa fu pronta a intraprendere la marcia si lanciò in avanti, dando istruzioni

alla 15* di seguirlo; nel frattempo gli italiani gli avevano promesso che il loro corpo mobile

(divisione corazzata Ariete e divisione motorizzata

Trieste) avrebbe spalleggiato le divisioni corazzate tedesche per chiudere l'anello intorno alle forze inglesi. La sua intenzione iniziale, secondo quanto risulta dal rapporto che egli inviò durante la notte a Berlino e a Roma, era di approfittare dello stato di confusione e dispersione delle forze inglesi per accorrere in

aiuto delle guarnigioni di frontiera tedesche e italiane. Ma nel corso della

notte

egli ampliò

considerevolmente

questo

primo

obiettivo,

se

vogliamo prestar fede alla testimonianza dei più eminenti ufficiali del suo comando, testimonianza confermata dal diario di tier generale, dal quale risulta che: « Il comandante inseguire il nemico con le sue divisioni corazzate per tuazione sul fronte di Sollum, e nello stesso tempo di

di comunicazione

guerra del quarin capo decise di raddrizzare la siattaccare le linee

delle forze inglesi con le loro retrovie nella zona di

Sidi Omar... In tal modo essi sarebbero stati ben presto costretti a sospendere la lotta ». Con la sua azione Rommel intendeva non solo colpire le retrovie delle forze nemiche e le loro direttrici di rifornimento, ma anche impressio263

LA PIENA

1941

nare il loro comandante. In quel momento un simile colpo sarebbe stato ben più efficace di quanto lo stesso Rommel prevedesse. Infatti il giorno prima, di fronte all’esito disastroso della battaglia tra le opposte forze corazzate, Cunningham aveva pensato di ritirarsi sulla linea di frontiera, ed era stato indotto a desistere da questo suo proposito solo dall’arrivo di Auchinleck,

appositamente

giunto in volo dal Cairo per ri-

badire la sua precisa volontà di continuare la lotta. Ma la corsa di Rommel verso la frontierà,- costringendo a una fuga disordinata e precipitosa quanti vennero a trovarsi sulla sua strada, ebbe naturalmente l’effetto di aggravare lo stato d’animo di preoccupazione che già regnava al quartier generale dell’8* armata. Alle 16, dopo aver coperto un centinaio di chilometri in cinque ore di galoppata attraverso il deserto, Rommel raggiunse la frontiera a Bir Sheferzen. Senza perdere un attimo di tempo egli inviò un gruppo da combattimento in direzione nord-est, con l'ordine di raggiungere il Passo di Halfaya, in modo da dominare la direttrice di ritirata e di rifornimento dell’8* armata verso la costa e di estendere la minaccia alle sue retrovie. Dopo aver guidato per un tratto il gruppo da combattimento, Rommel tornò indietro, ma fu bloccato in mezzo al deserto da un

guasto

al motore

della

sua

macchina.

Fortunatamente

per lui, il

caso volle che proprio di lì passasse l’automezzo di comando di Cruewell, il quale poté così trarlo in salvo. Ma intanto era scesa l’oscurità, e i due comandanti tedeschi non riuscirono a trovare un varco nella barriera di filo spinato della frontiera. Fu così che Rommel e Cruewell | con i capi dei rispettivi stati maggiori trascorsero la notte in mezzo | alle truppe inglesi e indiane che presidiavano quella zona. Se si salva- | rono fu solo grazie al naturale istinto del soldato semplice a « non svegliare il generale che dorme »: infatti quello su cui viaggiava Cruewell era un camion comando

catturato agli inglesi. Alle prime luci dell’alba,

senza che alcun soldato inglese pensasse di fermarli, essi riuscirono ad allontanarsi e a rientrare sani e salvi al quartier generale della 21* divisione corazzata. i Ma rientrando qui dopo le dodici ore di « detenzione » Rommel scoprì che la 15* divisione corazzata non era ancora arrivata alla frontiera, mentre la divisione Ariete si era addirittura fermata quasi subito per il semplice fatto di aver avvistato la I brigata sud-africana 264

« CRUSADER

»

in posizione a cavallo della sua’ direttrice di avanzata. Neppure le colonne con i rifornimenti di carburante erano arrivate. Questi ritardi non solo ostacolarono lo sviluppo del contrattacco di Rommel, ma ne diminuirono anche l’efficacia. Innanzi tutto egli non poté attuare quella parte del suo piano che prevedeva l’invio verso est di un gruppo da battaglia destinato a raggiungere Habata, la stazione ferroviaria terminale degli inglesi, in modo da bloccare tanto le vie di discesa dalla scarpata quanto la principale strada dell’entroterra verso l'Egitto, lungo la sua cresta. Inoltre egli dovette rinunciare all’idea di inviare un altro gruppo

da combattimento

a sud verso

l’Oasi di Giarabub,

lungo la

pista che si spingeva al di là della Ridotta Maddalena, dove si trovava il quartier generale dell’8* armata: mossa, questa, che avrebbe moltipli-

cato la confusione e l’allarme in quel settore. Anche nella zona di frontiera il giorno trascorse senza che i tedeschi riuscissero a compiere alcuna azione più fruttuosa di un attacco contro Sidi Omar a opera del quasi esausto reggimento carri della 21* divisione corazzata, attacco che comportò pesanti perdite ma nessun risultato apprezzabile. Quando la più forte 15* divisione corazzata apparve finalmente sulla scena, la sua rapida avanzata

verso

nord, parallelamente

alla frontiera,

non

ottenne

altri risultati fuorché la distruzione di un'officina da campo nella quale erano in riparazione 16 carri armati inglesi. Il mancato aggravamento della situazione, che pure nel corso della giornata precedente era apparsa così minacciosa, consentì agli inglesi di riprendere fiato e riorganizzarsi. Inoltre nelle prime ore del terzo giorno (26 novembre) Cunningham fu sostituito al comando dell’8* armata dal vice capo dello stato maggiore generale di Auchinleck, Neil Ritchie, la cui nomina in questa situazione di emergenza fu considerata un modo sicuro per far sì che la battaglia continuasse, indipendentemente dai rischi che poteva comportare. Gli inglesi ebbero inoltre un grande colpo di fortuna: l’avanzata del nemico non scoprì i due grandi depositi . di rifornimenti a sud del Trigh el Abd dai quali dipendevano in larga misura le loro residue possibilità di continuare la battaglia e riprendere l'avanzata. L’incursione verso sud-est delle divisioni corazzate provenienti da Sidi Rezegh passò molto a nord di questi depositi, ma la direttrice d’avanzata degli italiani li avrebbe portati, se essi non avessero preferito fermarsi, proprio nelle immediate vicinanze dei depositi. 265

LA PIENA

Sebbene

1941

il colpo sferrato da Rommel

forza iniziale, la mattina

avesse perso quasi tutta la sua

del 26 la situazione per gli inglesi restava co-

munque assai precaria. Il XXX corpo era così malconcio che nel corso della giornata non riuscì a fare nulla per attenuare la minaccia che il nemico stava portando contro le unità di retroguardia del XIII corpo, le quali, oltre a essere molto lontane le une dalle altre, erano anche isolate per guasti alle apparecchiature radio. Anche i tedeschi, tuttavia, erano in difficoltà coi collegamenti radio, e nel loro caso ciò era un guaio molto più grave. Infatti le loro possibilità di successo dipendevano dalla capacità di sviluppare un'azione rapida e coordinata alle spalle degli inglesi, mentre la cosa migliore che gli inglesi in quel settore potessero fare era di resistere con accanimento sulle loro postazioni di frontiera mentre la parte avanzata del XIJI corpo continuava la sua marcia verso ovest per ricongiungersi con le forze di Tobruk, effettuando in tal modo una duplice minaccia contro le retrovie di Rommel. Questa minaccia aveva cominciato a provocare da parte del comando del gruppo corazzato, situato più indietro a El Adem, una serie di messaggi radio con i quali si sollecitavano le divisioni corazzate a tornare sui loro passi per alleggerire la pressione esercitata dal nemico. Aggiungendosi all’interruzione delle comunicazioni radio e alle carenze di carburante

in prima linea, questi preoccupanti

appelli dalle retrovie

ebbero l’effetto di far saltare il piano di Rommel per una continuazione del contrattacco. La mattina del 26 egli aveva ordinato a Cruewell di «ripulire quanto prima il fronte di Sollum » mediante un attacco simultaneo con la 15* divisione corazzata da una parte e la 21* dall’altra. Ma con suo sgomento scoprì che nelle prime ore di quella mattina la 15* divisione corazzata si era messa in movimento per rientrare a Bardia a rifornirsi

di carburante

e munizioni;

come

se ciò non

bastasse,

più tardi, proprio mentre la 15* si stava riportando sul teatro della battaglia, egli scoprì

che,

avendo

frainteso

un

suo

ordine,

la 21*

aveva

abbandonato il Passo di Halfaya e si era a sua volta messa in marcia verso Bardia per effettuare anch'essa il rifornimento. Quella sera, al termine di una giornata inconcludente, Rommel decise quindi, anche se con riluttanza,

di lasciare che la 21* divisione

corazzata

proseguisse il viag-

gio di ritorno fino a Tobruk. Il giorno seguente, dopo che nelle prime ore del mattino ebbe attaccato con pieno successo il comando e gli ele266

« CRUSADER

»

” menti di appoggio della brigata di retroguardia della divisione neozelandese, anche la 15* divisione ricevette l'ordine di ripiegare su Tobruk. Fu questa la fine in dissolvenza di un contrattacco che era iniziato in modo così promettente. Com'è ovvio, i commenti

retrospettivi su questa mossa di Rommel

sono

stati influenzati dal sapere che essa fallì. I critici dalla mentalità tattica hanno espresso l’opinione che egli avrebbe dovuto invece concentrare i suoi sforzi in modo da sfruttare su scala più locale il successo riportato a Sidi Rezegh, dando il colpo di grazia a quanto rimaneva del XXX corpo, o attaccando la divisione neozelandese nelle sue posizioni avanzate, o infine conquistando Tobruk; in altre parole, eliminando le forze che gli minacciavano il fianco e la direttrice di rifornimento. Ma nessuna di queste linee di condotta di tipo tattico gli offriva una probabilità altrettanto elevata di conseguire risultati strategici decisivi ai danni degli inglesi, mentre tutte lo avrebbero esposto maggiormente al rischio di perdere tempo e di sprecare le sue già scarse risorse in un vano attacco. Il rapporto di forze era stato fin dall’inizio così sfavorevole a Rommel che egli non avrebbe potuto uscire che battuto da una prolungata battaglia di logoramento. Se egli avesse tentato di raggiungere e spazzare via i carri armati superstiti del XXX corpo, questi avrebbero sempre potuto evitare un ulteriore scontro diretto, essendo più veloci dei suoi. Adottare una delle altre soluzioni alternative avrebbe significato attaccare fanteria e artiglieria attestate su posizioni difensive. Poiché egli non si poteva permettere di combattere una battaglia di logoramento,

sarebbe

stata

pura follia da parte sua

perseguire

una

qualsiasi di queste linee di condotta di tipo tattico qualora gli si fosse prospettata una soluzione migliore. E in effetti una soluzione migliore esisteva: una puntata strategica sferrata in profondità con tutte le forze mobili a disposizione. Le probabilità di successo erano accresciute dal fatto che egli aveva finalmente indotto Mussolini ad affidargli il comando del corpo celere italiano. In seguito molti hanno criticato il contrattacco di Rommel definendolo un colpo di testa. Ma la storia della guerra dimostra che in molte occasioni colpi di questo genere furono coronati da successo, soprattutto grazie alle loro ripercussioni sul morale delle truppe avversarie e, ancora di più, su quello dei loro comandanti. La bontà di questa solu267

LA PIENA

10941

zione era inoltre confermata dall’esperienza stessa di Rommel. Già due volte in passato, in aprile e in giugno, egli aveva provocato una ritirata inglese — nel primo caso, anzi, un vero e proprio crollo — mediante analoghi colpi strategici sferrati con forze più esigue e che comunque non erano arrivati a minacciare così da vicino le retrovie nemiche. Due mesi dopo, nel gennaio del 1942, egli provocò un altro crollo inglese mediante un quarto attacco in profondità, e ciò nonostante che esso. non arrivasse così vicino tome quello di novembre a interrompere del tutto la direttrice di ritirata inglese. Inoltre nel novembre del 1941 le forze inglesi erano più disperse e spezzettate che non in alcuno degli altri tre casi in cui le sue repliche strategiche furono coronate da pieno successo. Le cause del suo fallimento in questa occasione sono già emerse nel resoconto di quei giorni cruciali: il ritardo e l’inerzia con cui rispettivamentela 15* divisione corazzata e il corpo celere italiano spalleggiarono l’avanzata della 21* divisione corazzata guidata personalmente da Rommel;

la conseguente

perdita

dello

slancio

iniziale

e il mancato

sfruttamento dell’ « onda d’urto », la maldestra e inutile azione sulla frontiera, in parte dovuta alla mancanza di informazioni precise, ai guasti alle apparecchiature radio e all’errata interpretazione di alcuni ordini; la minaccia

portata dagli inglesi contro le retrovie tedesche;

la

determinazione di Auchinleck di continuare la battaglia e di sviluppare questa contro-minaccia anziché ritirarsi; la sostituzione del comandante dell’8* armata in un momento molto critico. Essendo nominato in circostanze

di questo genere, il successore di Cunningham

non

poteva che

darsi da fare affinché la battaglia continuasse, di qualunque natura ed entità fossero i rischi che ciò avrebbe

comportato.

E questa

decisione,

che pure avrebbe potuto essere fatale, si dimostrò azzeccata. (Due mesi dopo, la reazione

del successore

di fronte

a una

minaccia

meno

grave

fu del tutto analoga a quella che aveva avuto il suo predecessore in novembre.) C'è anche un altro fattore che merita attenzione e rilievo in una analisi militare dell’episodio e dei suoi insegnamenti. La decisione inglese di continuare la battaglia non sarebbe servita a nulla, ed anzi avrebbe portato solo a un disastro di proporzioni ancora maggiori, se il fuggi fuggi provocato da Rommel fosse diventato più generale. In realtà quasi tutti 268

« CRUSADER

»

i « frammenti » del XXX corpo che non si trovavano sulla sua direttrice di avanzata rimasero sulle loro posizioni o non se ne allontanarono

molto, sebbene isolati, e altrettanto fecero quelli del XIII corpo. Il fatto stesso che essi fossero così frazionati, storditi per le batoste

lizzare la naturale

e nel caso del XXX

subite nei giorni precedenti,

contribuì

corpo,

così

a neutra-

tendenza che in genere si manifesta fra le truppe

disperse isolate a cercare con ogni mezzo di ripiegare verso la base. In questo caso, era così chiaro che il nemico le aveva scavalcate nella sua fulminea incursione verso est che a quegli uomini dovette sembrare più sicuro restarsene tranquilli al proprio posto, sull’orlo del vortice, anche

se esisteva il pericolo che da un momento

all’altro non arrivassero più

rifornimenti.

Quando il contrattacco strategico di Rommel

mancò

il suo principale

obiettivo sorsero due interrogativi: innanzi tutto, sarebbe riuscito a riprendersi, a ritrovare l'equilibrio? E in caso affermativo, gli sarebbe ancora riuscito di riprendere il sopravvento? Per quanto incredibile

possa sembrare positivamente

tenendo conto dell’esiguità delle sue forze egli risolse ambedue

le questioni. Ma poi non fu in grado di appro-

fittare del vantaggio riguadagnato, e alla fine gli effetti cumulativi del logorio di quella lunga battaglia lo costrinsero a ritirarsi. L'esito finale tende a dimostrare che egli aveva avuto ragione nel tentare il suo profondo, e apparentemente così avventato, contrattacco strategico del 24 novembre, in quanto questa era l’unica mossa che gli offriva buo-

ne probabilità di far pendere la bilancia in modo

decisivo dalla sua

parte.

Quando l’Afrika Korps fece dietrofront per mettersi in marcia verso ovest con i suoi ultimi 60 carri armati (un terzo dei quali leggeri), le probabilità che esso aveva di salvare la situazione a Tobruk con un | intervento

diretto apparivano

scarsissime;

in realtà, la sua stessa situa-

zione era molto precaria. Infatti nella notte del 26 la divisione neozelandese in avanzata verso ovest con l’appoggio di quasi 90 carri armati Valentine e Matilda sfondò il debole schermo delle forze lasciate da Rommel intorno a Tobruk e si ricongiunse con la guarnigione inglese della città, forte di più di 70 carri armati (20 dei quali leggeri). Nel 269

LA PIENA

1941

frattempo, grazie all’arrivo di un

nuovo

contingente

di carri armati, la

dotazione complessiva della 7° divisione corazzata era salita a quasi 130 carri, cosicché sotto questo aspetto gli inglesi godevano ora di una superiorità di 5 a 1 (rapporto che saliva a 7 a 1 per quanto riguardava i| carri armati muniti di cannone). È chiaro che se gli inglesi avessero saputo concentrare in modo adeguato lo sforzo di questi loro ingenti, mezzi corazzati l’Afrika Korps avrebbe avuto ben poche possibilità di sopravvivere, e che, anche da sola, la 7* divisione corazzata sarebbe | stata in grado di annientarlo. L’Afrika Korps corse grossi rischi durante la prima fase del suo ripie-| gamento, tanto più che la 21% divisione corazzata, imbattutasi in una; posizione di blocco che ne aveva rallentato la marcia, non poté accorrere in aiuto della

15* divisione

gio del 27 novembre, razzate

corazzata

quando

questa,

nel pomerig-

fu intercettata e attaccata dalle due brigate co-

della 7* divisione

corazzata

inglese, con

un

numero

di carri ar-

mati tre volte superiore al suo. Una brigata (la XXII) sbarrò la strada alla divisione tedesca, mentre l’altra (la IV) attaccava dal fianco la co-, lonna in marcia, seminando il caos tra i mezzi di trasporto. Dopo qual. che ora molto critica i tedeschi riuscirono a respingere l’attacco, ma la loro marcia verso ovest lungo la pista del Trigh Capuzzo si arrestò. Ma poi verso sera, conformemente alla loro prassi normale, i carri ar-| mati inglesi si ritirarono verso sud nel deserto per predisporre un cam- | po protetto nel quale trascorrere la notte. Naturalmente i tedeschi ne approfittarono per riprendere, col favore dell’oscurità, la loro marcia| verso ovest. Il giorno dopo le brigate corazzate inglesi si lanciarono di nuovo all’attacco, ma furono tenute a distanza dalla linea anticarro predisposta dal nemico; e quando scese la notte i tedeschi ripresero il cammino indisturbati. La mattina del 29 l’Afrika Korps poté così ricongiungersi con il resto delle forze di Rommel, alleggerendo la pressione che gli inglesi stavano esercitando su di esse. Il giorno dopo Rommel concentrò i suoi sforzi contro la VI brigata neozelandese rimasta isolata sulla cresta di | Sidi Rezegh, affidando alla divisione Ariete il compito di proteggere il | suo fianco (e quindi l’intera operazione) da possibili tentativi di inter- | ferenza da parte delle forze corazzate inglesi schierate più a sud. Dopo aver effettuato un ampio giro in modo da portarsi alle spalle della po270

« CRUSADER

»

FI]

sizione neozelandese,

i carri armati tedeschi attaccarono

da ovest, men-

tre la fanteria impegnava i neozelandesi da sud. Prima di sera la VI brigata neozelandese fu spazzata via dalla cresta, ma un suo troncone riuscì a mettersi in salvo e a ricongiungersi con il grosso della divisione nella sottostante vallata, nei pressi di Belhamed. Le forze corazzate inglesi, sebbene

potenziate dall’arrivo di nuovi carri armati e concentrate

nella IV brigata corazzata, non effettuarono alcun vigoroso tentativo per sfondare lo sbarramento di Rommel e accorrere in aiuto dei neozelandesi. Tante volte si erano lasciati attirare in trappola e danni così gravi avevano ogni volta subito per la grande abilità con cui il nemico impiegava congiuntamente carri armati e cannoni anticarro, che ora i comandanti inglesi avevano finito col diventare fin troppo cauti. Nelle prime ore del 1° dicembre le forze di Rommel completarono la manovra

convergente

intorno

a Belhamed,

dove

si trovavano

ancora

i

resti della divisione neozelandese, chiudendo così il « corridoio » fino ad allora rimasto aperto tra di essi e le forze di Tobruk. Verso le 4.30 la IV brigata corazzata ricevette l’ordine di lanciarsi verso nord « a tutta

velocità » non appena fosse spuntato il giorno, e di ingaggiare battaglia «a ogni costo » con i carri armati nemici. Essa si mise in movimento verso le 7, raggiunse il campo di aviazione di Sidi Rezegh alle 9 e, dopo aver sceso la scarpata, si ricongiunse con i neozelandesi. Subito si decise di sferrare un contrattacco

« circa 40 ». Ma volta, cosicché Quanto restava gendo Zaafran

contro

i carri armati

nemici, valutati a

nel frattempo una parte dei neozelandesi era stata traapparve necessario ordinare un ripiegamento generale. della divisione neozelandese si ritirò verso est raggiune poi, durante la notte, la frontiera, mentre la IV bri-

gata corazzata si ritirava fino a Bir Berraneb, 40 km. più a sud.

Nel corso di questo terzo round della battaglia si era assistito a un exploit addirittura sbalorditivo da parte di una formazione nemica la cui inferiorità numerica in carri armati in condizioni di combattimen: to era stata 1 a 7 all’inizio del round ed era ancora di 1 a 4 alla fine. A questo punto Auchinleck ritenne opportuno recarsi di nuovo in volo al quartier generale dell’8* armata. Partendo dalla corretta ipotesi che le forze di Rommel

dovevano

essere

intrinsecamente

deboli,

e che in-

vece gli inglesi avevano ancora a disposizione forze fresche e una buona riserva di carri armati, egli era deciso a continuare la battaglia. La 4* di-

271

LA PIENA

1941

visione indiana fu rilevata lungo la frontiera dalla 2* divisione sud-africana, e quindi inviata ad appoggiare la 7% divisione corazzata in una manovra aggirante destinata a interrompere la direttrice di rifornimento

e di ritirata di Rommel. Quando fu informato di questa nuova e grave minaccia, Rommel decise di ritirarsi verso ovest e concentrare i carri armati che ancora gli restavano in un attacco capace di bloccare la mossa aggirante inglese. Pertanto la notte del 4 dicembre l’Afrika Korps si spostò silenziosamente verso ovest, allontanandosi da Tobruk. Quella mattina la brigata di punta della 4* divisione indiana aveva lanciato un attacco contro le posizioni italiane di Bir el-Gobi (g0 km. a sud di Sidi Rezegh), ma il tentativo era naufragato sotto il nutrito fuoco dei difensori. L'attacco fu ritentato il mattino seguente, ma anche questa volta fu respinto. Purtroppo nel pomeriggio del 5 le forze corazzate inglesi, che durante queste operazioni avevano coperto il fianco settentrionale dell’attacco da eventuali interferenze nemiche, rientrarono al campo base con l’intenzione di sperimentare una nuova tecnica di accampamento. Alle 17.30 le forze corazzate di Rommel apparvero improvvisamente sulla scena a Bir el-Gobi e travolsero con relativa facilità parte della brigata indiana rimasta senza l'appoggio dei carri (i superstiti riuscirono poi a mettersi in salvo con il favore dell’oscurità). In seguito a questo grave smacco il comandante del XXX corpo, Norrie, decise di rinviare la prevista avanzata laterale su Acroma: decisione che fece svanire ogni residua possibilità di arrivare in tempo per interrompere la direttrice di ritirata di Rommel. L'avanzata sarebbe ripresa solo dopo che la IV brigata corazzata avesse trovato e distrutto le forze corazzate nemiche. Ma questo obiettivo non fu conseguito, e anzi i documenti disponibili inducono a ritenere che in realtà si fece ben poco per conseguirlo, nonostante che un nuovo invio di 40 carri armati avesse portato la dotazione complessiva della brigata a 196 carri: un numero quasi tre volte superiore a quello di cui ormai disponeva l’Afrika Korps. La brigata trascorse i due giorni successivi in posizione nei pressi di Bir el-Gobi,

effettuando

solo

qualche

saltuaria

sortita

nella

vana

spe-

ranza di indurre il nemico a lanciarsi all’attacco contro le ben munite posizioni della 4* divisione indiana.

272

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« CRUSADER

»

Il 7 dicembre, avendo saputo che con ogni probabilità non gli sarebbero stati inviati altri rinforzi prima della fine dell’anno, Rommel decise

di ritirarsi

sulla linea di Gazala,

e quella notte

stessa l’Afrika

Korps cominciò a sganciarsi. Gli inglesi tardarono a rendersi conto di quanto stava accadendo, e fu solo il 9 dicembre che le loro forze corazzate si misero in marcia verso « Knightsbridge », un importante nodo stradale a sud di Acroma; affrontate da una retroguardia nemica ad appena 13 km. da Knightsbridge, esse si dimostrarono più preoccupate di salvaguardare la propria incolumità che di intrappolare il nemico. Entro l’11 le forze di Rommel avevano raggiunto indisturbate Gazala, dove già da tempo era stata predisposta, come linea di riserva, una posizione difensiva. Il 13 dicembre il XIII corpo di Godwin-Austen, al quale era stato ora affidato l’incarico di condurre l’inseguimento, attaccò la linea di Gazala. L'attacco frontale fu arginato, ma il corpo celere italiano che copriva il fianco di Rommel rivolto verso l'entroterra cedette quasi subito, permettendo all’ala sinistra inglese di raggiungere Sidi Breghisc, 25 km. al di là della linea di Gazala. Ma un contrattacco corazzato bloccò sul nascere questo tentativo di aggiramento. Il 14, prima

di riprendere

l’assalto, Godwin-Austen

ordinò

alla IV bri-

gata corazzata di tentare un più ampio movimento aggirante puntando su Halegh Eleba, una località a mezza strada tra Gazala e Mechili nella quale si incrociavano numerose piste. La brigata si mise in movimento alle 14.980, e dopo aver percorso una trentina di chilometri in direzione sud si accampò

per trascorrere

la notte;

per completare

il suo

ampio

giro le restavano da coprire ancora un centinaio di chilometri. Ripartita alle 7 della mattina seguente, essa fu attardata da contrattempi di vario genere e non raggiunse Halegh Eleba che alle 15, con quattro ore di ritardo rispetto al previsto e quando ormai era troppo tardi per dar manforte all’attacco principale impegnando le riserve corazzate di Rommel,

secondo

quanto previsto dal piano. Inoltre una volta arrivata

a destinazione essa non fece assolutamente nulla, tanto è vero che il nemico non si accorse della sua presenza che la mattina dopo. Nel frattempo l’attacco principale sferrato nella giornata del 15 si era risolto in un fallimento. Nei pressi della costa gli attaccanti erano riusciti ad assicurarsi un punto d’appoggio nella posizione di Gazala, ma 273

LA PIENA

10941

il tentativo di sviluppare un attacco aggirante fu frustrato verso mez. | zogiorno da un contrattacco di carri armati, che anzi riuscì a isolare e distruggere la parte più avanzata delle forze attaccanti. L’Alto Comando inglese sperava ancora che la forte brigata corazzata che aveva piazzato alle spalle del nemico avrebbe ottenuto risultati decisivi entro il giorno seguente. Ma la mattina del 16 per rifornirsi di carburante in condizioni di assoluta sicurezza la brigata si spostò di 30 km. più a sud, e quando hel pomeriggio tentò di tornare nei pressi del fronte si trovò la strada sbarrata da uno schieramento anticarro messo a punto

nel frattempo

dai tedeschi;

e così, per accamparsi

in vista della

notte, si ritirò di nuovo verso sud. Essa fece registrare uno scambio di colpi con il nemico, da lontano, ma nessuna perdita. In realtà, l’impres. sione che lo studioso

ricava da tutti questi episodi è che il desiderio

predominante fosse quello di vedere il nemico andò, lungo la strada che gli fu lasciata aperta Infatti anche le esigue perdite subite nel corso dei carri armati del 15 avevano contribuito a consistenza

delle forze

corazzate

dell’Afrika

andarsene: ed esso se ne per farlo passare. dell’efficace contrattacco ridurre ulteriormente la

Korps,

il quale

disponeva

ormai di appena g0 carri armati, mentre gli inglesi ne potevano schierare sulla scena quasi 200. Valutando la situazione, Rommel si rese conto dell’impossibilità di resistere a lungo sulla linea di Gazala, e decise quindi di compiere un lungo balzo all’indietro in modo da portarsi ben al di fuori della portata degli inglesi, in attesa dell’arrivo dei rinforzi. Si sarebbe ritirato fino alla strozzatura di Mersa el Brega, sulla frontiera della Tripolitania, una posizione che si prestava in modo ideale alla difesa. Inoltre essa aveva costituito il trampolino di lancio della sua prima offensiva, ed avrebbe potuto servirgli ancora

allo stesso

| | | |

|

scopo. La notte del 16 dicembre ebbe dunque inizio l’operazione di ripiegamento: l’Afrika Korps e il corpo celere italiano si misero in mo- | vimento lungo la strada del deserto, mentre la fanteria italiana rientrava | a piedi lungo la strada costiera. Gli inglesi furono lenti a organizzare l'inseguimento. La IV brigata corazzata non partì che alle 138 del giorno dopo, e appena» due ore dopo si accampò per la notte 20 km. a est della sua precedente posizione di Halegh Eleba, mentre si ultimavano i preparativi logistici per la prosecuzione dell’avanzata. Il 18 essa procedette lungo una strada deserta 274

« CRUSADER

»

» fino a un punto situato a sud di El Mechili, e quando poi piegò verso nord mancò di pochissimo la retroguardia delle colonne nemiche in ritirata. Nel frattempo la 4* divisione indiana, montata su autocarri e accom| pagnata da carri armati da fanteria, incalzava il nemico più vicino alla | costa, attraverso l’accidentata regione dello Jebel Akhdar. Derna fu rag| giunta e occupata la mattina del 19, ma il grosso delle colonne nemi| che, che pure procedeva a piedi, si era già messo in salvo al di là della strozzatura. Il tentativo di intercettarle ancora più a ovest fu ostacolato dalla natura del terreno e dalla scarsità di carburante, e solo pochi

gruppi furono raggiunti e soverchiati. A questo punto una parte considerevole delle forze lanciate all'inseguimento fu bloccata dalla mancanza

di carburante.

La caccia attraverso la corda desertica del grande arco di Bengasi fu affidata

alla fanteria

motorizzata.

queste forze si imbatterono

Raggiunta

Antelat

nel contingente corazzato

il 22

dicembre,

tedesco (con 30

carri armati) collocato nei pressi di Beda Fomm per coprire la ritirata lungo la costa delle forze italiane appiedate, e questo le tenne a i bada fino al 26, quando la retroguardia di Rommel si ritirò per altri

48 km. ad Agedabia. Nel frattempo alle forze di inseguimento si era affiancata la XXII brigata corazzata, il cui equipaggiamento era stato rinnovato e integrato. Seguendo da vicino la retroguardia nemica, la Guards Brigade sferrò un assalto frontale contro Agedabia (assalto che per altro fallì), mentre la XXII brigata corazzata si spingeva per 50 km. nel deserto con l’intento di compiere una manovra aggirante, passando per El Haseiat. Ma questa manovra subì un imprevisto rovescio: il 27 il fianco della brigata corazzata inglese fu improvvisamente attac| cato da forze corazzate

tedesche, e poi addirittura circondato

tre giorni

dopo nel corso di una nuova battaglia. Circa 30 carri armati inglesi riuscirono a fuggire, ma 65 andarono perduti. Rommel aveva potuto ‘effettuare questa efficacissima replica grazie anche all’arrivo di due nuove i compagnie di carri armati (g0 carri) sbarcate a Bengasi il 19, appena prima che il porto fosse evacuato; si trattava del primo rinforzo pervenutogli da quando era scattata l’ « Operazione Crusader ».

| Alla fine di quel lungo inseguimento, lo smacco di El Haseiat rappresentò una conclusione a dir poco deludente, una vera doccia fredda 275

LA

PIENA

1941

dopo l’entusiasmo suscitato dal successo che aveva infine coronato l’interminabile odissea di Tobruk. In realtà, lasciando isolate e senza alcuna via d’uscita le guarnigioni di frontiera tedesche e italiane, la riti-

rata cui Rommel era stato costretto fece cadere nelle mani degli inglesi un bottino di proporzioni considerevoli. Bardia si arrese il 2 gennaio, e le due restanti posizioni di frontiera il 177. La capitolazione di queste guarnigioni portò il numero dei prigionieri catturati nelle posizioni di| frontiera a 20.000 (compresi quelli catturati in precedenza a Sidi Omar) e il totale delle perdite dell'Asse a gg.000 uomini, contro i 18.000 circa” degli inglesi. Ma mentre quasi i due terzi delle perdite dell’Asse avevano interessato le forze italiane, e dei 13.000 tedeschi caduti o catturati una parte considerevole era costituita da personale amministrativo, quasi tutti gli uomini perduti dagli inglesi durante quelle sei settimane di combattimenti erano truppe combattenti, molti dei quali veterani del deserto altamente addestrati che sarebbe stato assai difficile rimpiazzare. Cosa significasse dover fare affidamento su truppe inesperte, soprattutto nel deserto, sarebbe apparso chiaro ancora una volta nel corso della battaglia successiva. Questa scoppiò nella terza settimana di gennaio,| quando

Rommel,

che tutti ritenevano

virtualmente

paralizzato,

sferrò)

un altro dei suoi colpi improvvisi, con risultati quasi identici a quelli: dell’attacco con cui si era presentato sulla scena nord-africana nel 1941.|

XVI

BUFERA IN ESTREMO

ORIENTE

A partire dal 1931 i giapponesi si erano lanciati in un’aggressiva politica di espansione dei loro punti d’appoggio sul continente asiatico a spese dei cinesi, indeboliti da conflitti interni, e a danno degli interessi americani e inglesi in quel settore. Nel 1931 avevano invaso la Mani ciuria trasformandola in uno stato satellite del Giappone. Nel 1932 i erano penetrati all’interno della stessa Cina, e a partire dal 1937 avevano tentato con tutti i mezzi di assoggettare al proprio dominio tutto * quell’immenso paese; ma ben presto la guerra aveva lasciato il posto

alla guerriglia,

e non riuscendo a districarsi essi erano stati infine co-

stretti a cercare una soluzione del problema in ulteriori mosse espansio{ nistiche verso sud, miranti a isolare i cinesi dalle loro fonti di approvvigionamento esterne. i Dopo che nel 1940 Hitler ebbe conquistato la Francia e i Paesi Bassi,

i giapponesi

approfittarono

gerla ad accettare,

sotto

dell’impotenza

la minaccia

di un

della Francia intervento

per costrin-

armato,

la loro

occupazione « protettiva » dell’Indocina francese. In risposta, il 24 luglio 1941, il presidente Roosevelt chiese ai giapponesi di ritirare le loro truppe

dall’Indocina,

e per dare maggiore

forza

alla sua richiesta il 26 ordinò il congelamento di tutti i crediti giappoi nesi negli Stati Uniti e l'embargo delle forniture di petrolio al Giap| pone. Churchill seguì immediatamente l’esempio americano, e due giori ni dopo il governo olandese in esilio a Londra fu indotto a sottoscriivere a sua volta questi provvedimenti; in questo modo, come aveva i sottolineato Churchill, « il Giappone fu privato in un sol colpo di tutte le sue vitali forniture di petrolio ». i Nel corso di precedenti discussioni sul problema, di cui si era comin-

ciato a parlare già nel lontano 1931, si era sempre riconosciuto che un ‘colpo paralizzante di questo genere avrebbe costretto il Giappone a 241071

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RUSSIA

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Linea del fronte, 22 luglio

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LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

no dopo l’ala destra arrivò al margine esterno delle difese di Rostov, e vi affondò un profondo cuneo. Sorgendo sulla sponda occidentale del

Don, la città era naturalmente esposta a colpi di questo genere, e nel rapido riflusso della ritirata le sue difese non erano state organizzate con sufficiente cura. Le mosse aggiranti compiute dai tedeschi accentuarono la confusione, e la città cadde ben presto nelle loro mani. Interrompendo l’oleodotto proveniente dal Caucaso, la caduta di Rostov

fece sì che per i vitali rifornimenti di carburante le armate russe si trovassero ora a dipendere da quanto era possibile far arrivare mediante navi cisterna che risalivano il Mar Caspio, e la nuova strada ferrata costruita in tutta fretta attraverso le regioni steppose che si stendevano a ovest di esso. La Russia aveva inoltre perso un’altra enorme fetta della sua razione di pane.

Questa spettacolare avanzata tivo:

sebbene

grosse

aveva però un importante risvolto nega-

formazioni

di truppe

russe

fossero

state

travolte,

l'ammontare complessivo dei prigionieri era ben lontano dalle cifre raggiunte nel 1941. L'operazione non si era sviluppata con la necessaria rapidità. La ragione di questa relativa lentezza va ricercata non tanto nelia resistenza opposta dai russi, quanto piuttosto nella tendenza a procedere con maggiore cautela e nell’insufficiente esperienza delle truppe chiamate

a colmare

i vuoti

apertisi nelle file delle forze

corazzate

tedesche da un anno a quella parte. I « gruppi » corazzati del 1941 erano stati riorganizzati in « armate » corazzate, con un aumento degli effettivi della fanteria e dell’artiglieria; questo aumento di forza d’appoggio non poteva che andare a discapito della velocità. Accadde così che moltissimi reparti russi rimasti momentaneamente isolati a causa dell’avanzata tedesca riuscissero a mettersi in salvo prima

di essere fatti prigionieri.

Poiché

i tedeschi

avanzavano

in direzione

sud-est, era naturale che queste truppe tendessero a ritirarsi in direzione nord-est, e ciò consentì al comando russo di riunirle nei pressi

della zona di Stalingrado, dove esse divennero una costante minaccia al fianco dell’avanzata tedesca nel Caucaso. Queste conseguenze colla-

terali dell'avanzata nella fase successiva visero per procedere troliferi del Caucaso

tedesca ebbero poi un’importanza fondamentale della campagna, quando le armate tedesche si dilungo direttrici divergenti, parte verso i campi pee parte verso il Volga e Stalingrado. 349

LA SVOLTA

1942

Dopo aver attraversato il basso corso del Don la 1* armata corazzata di Kleist piegò a sud-est cominciando a risalire la valle del fiume Manyé, collegato da un canale al Mar Caspio. Facendo saltare la diga che sbarrava il corso del Manyé e allagando quindi la vallata, i russi riuscirono a interrompere momentaneamente l’impetuosa corsa delle forze corazzate tedesche, ma dopo due soli giorni di pausa queste attraversarono il fiume e ripresero la loro marcia nella regione del Caucaso, aprendosi

dalla mancanza

di

qualsiasi resistenza e agevolata dalla natura del terreno, la colonna stra di Kleist piegò a sud, raggiunse e superò Armavir, e puntò

a ventaglio lungo un

ampio

fronte.

Incoraggiata

desul

grande centro petrolifero di Majkop, 320 km. a sud-est di Rostov, che raggiunse infine il 9 agosto. Quello stesso giorno l’avanguardia della colonna centrale entrò a Pjatigorsk, 250 km. a est di Majkop, ai piedi della catena del Caucaso. La colonna sinistra si era intanto diretta ancora più a est, verso Budenovsk. Kleist aveva fatto precedere il grosso delle sue forze da distaccamenti mobili operanti con la massima auto-

nomia, ed è per questa ragione che l’impetuoso attacco sferrato al di là del Don all’inizio di agosto aveva potuto svilupparsi con una rapidità addirittura sbalorditiva.

Ma a questo punto da vertiginoso che era il passo dell’avanzata diventò lentissimo. Le cause prime di questo subitaneo rallentamento furono

la carenza di carburante e l'abbondanza di montagne. L'azione di questo duplice freno fu poi rafforzata dalle ripercussioni

della lotta scop-

piata intorno a Stalingrado, lotta che assorbì una larga parte delle forze che avrebbero potuto essere impiegate per dare uno slancio decisivo all'avanzata nel Caucaso. Sarebbe stato difficile mantenere il flusso dei rifornimenti di carburante al livello richiesto da un’operazione di così vasta scala, e tanto più difficile sarebbe stato in quanto tali rifornimenti dovevano giungere per ferrovia attraverso la strozzatura di Rostov, e i binari delle ferrovie russe dovevano essere modificati secondo lo scartamento in uso nell'Europa centrale; finché restava in circolazione la flotta russa, per i

tedeschi non era neppure pensabile di trasportarli via mare. Quantitativi limitati furono

inoltrati per via aerea, ma

in ogni modo

l’entità

complessiva dei rifornimenti di carburante fatti affluire nella zona delle è

850

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

operazioni per ferrovia e per via aerea si rivelò insufficiente a consentire che l'avanzata mantenesse il suo slancio iniziale. Le montagne costituivano già di per sé un ostacolo naturale al conseguimento dell’obiettivo che i tedeschi si proponevano, ma il loro effetto frenante fu accresciuto dalla resistenza sempre più ostinata che gli uomini di Kleist incontrarono avvicinandosi a questa zona. In precedenza era sempre stato abbastanza facile aggirare le forze russe che tentavano di contrastare l’avanzata, e del resto queste avevano dimostrato la tendenza a ritirarsi prima di essere tagliate fuori, anziché battersi con caparbia determinazione come avevano fatto nel 1941. Può darsi che questo mutamento fosse dovuto a una strategia difensiva più elastica, anche se il comando tedesco si era convinto, sulla base degli interrogatori dei prigionieri, che vi fosse una crescente tendenza da parte delle truppe che si vedevano sopravvanzate dal nemico a cercare in un modo o nell’altro di tirarsi fuori da quella situazione per tornarsene a casa (secondo i tedeschi questo fenomeno era comune soprattutto tra le truppe provenienti dalla Russia asiatica). Ma ai piedi del Caucaso la resistenza si fece più dura. Qui le forze dei difensori erano

composte

in larga parte da truppe reclutate localmente, e quindi da

uomini che non solo avevano la precisa sensazione di combattere per proteggere la loro terra e la loro gente, ma conoscevano bene il terreno montagnoso sul quale si battevano. Questi fattori moltiplicarono la forza dei difensori, mentre la natura stessa della regione non poteva che ostacolare gravemente gli attaccanti costringendoli a convogliare

in «canali » l'ondata travolgente delle loro forze corazzate. Mentre

la 1* armata

corazzata

conduceva

a termine

la sua fulminea

avanzata laterale nel Caucaso, la 17% armata aveva seguito a piedi le sue tracce attraverso la strozzatura di Rostov, da dove aveva poi piegato a sud, verso la costa del Mar Nero.

Dopo la conquista dei campi petroliferi di Majkop si procedette a una nuova ripartizione del fronte del Caucaso e all’indicazione di ulteriori obiettivi. Alla 1* armata corazzata fu affidato il compito di completare

l'occupazione del tratto più ampio, compreso

tra il fiume Laba e il

Mar Caspio; essa doveva innanzi tutto impadronirsi del tratto montano

della grande rotabile che congiungeva Rostov a Tiflis, e in secondo luogo raggiungere e conquistare Baku, sul Caspio. La 17% armata si 351

LA SVOLTA

1942

sarebbe invece occupata della zona più ristretta compresa tra il Laba e lo stretto di Kerc. Essa doveva avanzare verso sud da Majkop e Krasnodar, attraverso l’estremità occidentale della catena del Caucaso, per conquistare

i porti di Novorossi]sk

e Tuapse,

sul

Mar

Nero;

conseguiti

questi primi obiettivi, essa'doveva poi aprirsi a forza un varco lungo la strada costiera al di là di Tuapse,

e concludere

infine la sua marcia

a Batum. Mentre la strada costiera a sud di Tuapse era sovrastata da alte montagne, la prima parte del compito affidato alla 17* armata sembrava sulla carta relativamente facile, dato che le mancavano meno di 80 km.

per raggiungere la costa e che questa estremità occidentale della catena del Caucaso digradava dolcemente verso il Mar Nero con una serie di modeste alture. Ma la cosa non si dimostrò affatto facile. Le forze in avanzata dovettero attraversare il fiume Kuban, la cui foce era orlata su ambedue

le sponde

da ampie zone

paludose,

mentre

le colline

più a est si rivelarono abbastanza impervie da costituire difficili ostacoli. Era quasi la metà di settembre quando la 17* armata conquistò Novorossijsk. Essa non raggiunse mai Tuapse. Sulla direttrice principale la 1* armata corazzata realizzò, in termini re-

lativi, progressi migliori, ma a una velocità via via decrescente e con sempre più frequenti pause. La carenza di carburante fu l’ostacolo decisivo in questa avanzata verso le montagne. A volte accadde che le divisioni corazzate fossero costrette alla più completa inattività per giorni e giorni, in attesa di rifornimenti di carburante. I tedeschi persero così la loro migliore occasione: forzare sullo slancio i passi montani mentre ancora perdurava l’effetto della sorpresa, e prima che i difensori avessero tempo di organizzarsi. Quando poi si trattò di aprirsi la strada in mezzo alle montagne, la 1* armata corazzata risentì del fatto che quasi tutte le truppe da montagna più esperte fossero state assegnate alla 17° armata per il suo tentativo di raggiungere Tuapse e forzare la strada costiera diretta a Batum. I tedeschi subirono il primo serio smacco quando raggiunsero il Terek, un fiume che copriva le direttrici di avvicinamento alla strada montana diretta a Tiflis, nonché i più esposti campi petroliferi di Grozny], situati a nord delle montagne. Il Terek non aveva certo l’aspetto maestoso del Don e del Volga, ma la sua forte corrente ne faceva un osta»

352

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

colo scabroso. Kleist tentò allora di affrontarlo più a valle (e cioè più a est), e nella prima settimana di settembre riuscì infine ad attraversarlo nei pressi di Mozdok. Ma a questo punto le sue forze furono di

nuovo

arginate in mezzo

stendevano

alle colline ricoperte

al di là del Terek.

Groznyj

non

da fitti boschi che si

era ormai

più lontano

di

80 km., ma tutti gli sforzi che i tedeschi fecero per arrivarci fallirono. Un fattore che giocò un ruolo importante in questo insuccesso tedesco fu il trasferimento operato dai russi di parecchie centinaia di bombardieri ai campi di aviazione situati nei pressi di Groznyj. La loro improvvisa comparsa fu tanto più efficace in quanto quasi tutte le unità

di artiglieria antiaerea e tutte le forze aeree in un primo tempo assegnate a Kleist gli erano state tolte per essere inviate in aiuto alle unità tedesche nel settore di Stalingrado. I bombardieri russi poterono così agire indisturbati, molestando con continui attacchi l’armata di Kleist e incendiando ampi tratti della foresta cercando invano di aprirsi un varco.

Un

attraverso

la quale essa stava

altro efficace diversivo escogitato dai russi fu quello di trasferire

numerose

divisioni di cavalleria lungo la costa del Caspio, con il com-

pito di molestare l’esposto fianco orientale dei tedeschi. Operando sulla steppa contro uno schermo difensivo troppo esteso la cavalleria russa trovò insolite occasioni di mettere a frutto le sue particolari qualità. In quella vasta pianura essa poteva penetrare a suo piacimento negli avamposti tedeschi e tagliare i rifornimenti. Il crescente concentramento di forze russe su questo fianco fu agevolato dalla linea ferroviaria, costruita appositamente, che da Astrachan scendeva verso sud. Que-

sta strada ferrata che attraversava le piatte distese della steppa fu realizzata senza massicciata, né furono necessari trincee o terrapieni. I tedeschi si accorsero ben presto che era del tutto inutile interromperla, dato che non appena un tratto veniva distrutto i russi si affrettavano a sostituirlo con nuovi tronchi di rotaia e la strada ferrata riprendeva

subito a funzionare

a pieno regime. Il nemico sembrava

mentre la minaccia che grave. Anche se alcuni alle sponde del Caspio, deserto ». Dall'inizio di settembre

inafferrabile,

esso esercitava sul fianco si faceva sempre più distaccamenti mobili riuscirono a spingersi fino la vista di quel mare fu solo un « miraggio nel

fino alla fine di ottobre Kleist effettuò ripetuti 353

LA SVOLTA

1942

tentativi di riprendere l'avanzata a sud di Mozdok, con attacchi a sorpresa sferrati in punti diversi. Poiché però ogni tentativo veniva regolarmente bloccato, alla fine egli decise di trasferire il grosso delle sue forze dalla parte sinistra alla parte destra del settore centrale, con l’idea

di lanciare una manovra a tenaglia contro Ordzonikidze, punto di passaggio obbligato per raggiungere il Passo di Darjal sul quale transitava la rotabile montana verso Tiflis. Questo attacco, nel quale Kleist impiegò tutte le forze aeree che gli fu possibile mettere insieme, fu lanciato nell’ultima settimana di ottobre. Con una mossa aggirante verso ovest,

l’ala destra

conquistò

Naltéik e poi Alagir,

da dove

partiva la

strada militare alternativa del Passo di Mamison. Mentre l’ala sinistra effettuava un attacco convergente risalendo la valle del Terek, da Alagir le forze dell’ala destra proseguirono la loro marcia verso Ordzonikidze. Sebbene la fase finale dell'operazione fosse rallentata da abbondanti piogge e nevicate, le forze di Kleist avevano ormai quasi a portata di mano il loro obiettivo immediato quando i russi, con una perfetta scelta di tempo e di obiettivi, sferrarono un contrattacco. Una divisione da montagna romena, che aveva dato buona prova di sé nel corso dell'avanzata ma che ora ne pagava lo sforzo, crollò improvvisamente, e Kleist fu costretto a ritirarsi e a rinunciare al suo piano. Poi il fronte si stabilizzò, con i tedeschi ancora ai piedi di quella barriera di montagne che avevano invano tentato di scavalcare. Questo definitivo scacco nel Caucaso centrale coincise con l’apertura della grande controffensiva russa a Stalingrado. Anche nel Caucaso occidentale erano stati predisposti i piani per un ultimo tentativo, ma essi rimasero sulla carta. Anche se con enorme ritardo, Hitler aveva infatti deciso di giocare la carta che fino a quel momento aveva gelosamente preservato: le truppe aviotrasportate. La divisione paracadutisti, ancora denominata 7* divisione aerea per trarre in inganno il nemico, era stata radunata in Crimea e in zone vicine in vista di un’improvvisa calata sulla strada costiera che univa Tuapse a Batum;

l'operazione avrebbe dovuto svolgersi congiuntamente a un ennesimo attacco della 177° armata. Ma fu proprio allora che a Stalingrado ebbe

inizio la controffensiva russa, alla quale fece seguito un nuovo attacco russo nei pressi di RZev (e cioè là dove in agosto, nel tentativo di alleggerire indirettamente la posizione delle forze impegnate a Stalingrado, le 354

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

armate di Zukov erano quasi riuscite a sfondare il fronte tedesco). Hitler fu così allarmato da quella duplice minaccia che decise di rinunciare all'idea di compiere un ultimo tentativo per raggiungere Batum, e ordinò che le forze paracadutiste fossero trasferite il più presto possibile per ferrovia a Smolensk, come rinforzo al fronte centrale. Tutti questi fallimenti e pericoli erano il frutto di quanto stava accadendo a Stalingrado, dove quella che avrebbe dovuto essere solo una manovra secondaria si era gradualmente trasformata in uno sforzo di importanza

primaria,

uno

sforzo

che

assorbì

le risorse

terrestri

e aeree

che

sarebbero state necessarie per il conseguimento dell’obiettivo principale, e nel quale anzi la Germania finì col dissanguarsi invano. Per una strana ironia della sorte, dopo aver pagato a caro prezzo nella prima fase l’aderenza ai canoni della strategia ortodossa, nella seconda fase i tedeschi pagarono a caro prezzo la decisione di ignorarli. Dall’iniziale convergenza scaturì una fatale divergenza degli sforzi. L’avanzata diretta su Stalingrado fu condotta dalla 6* armata, ora agli ordini di Paulus, lungo il versante settentrionale del corridoio DonDonec. Grazie anche alla massiccia avanzata delle forze corazzate in pieno svolgimento più a sud, in un primo tempo essa realizzò buoni progressi. Ma poi, a mano a mano che si rese necessario distaccare sempre nuove divisioni per coprire il fianco settentrionale lungo il Don in continua espansione, essa perse il suo slancio iniziale. La carenza di forze era aggravata dal logorio dovuto alle lunghe e rapide marce in un clima addirittura torrido, oltre che, naturalmente, dal crescente ammontare delle perdite subite in combattimento. Questa carenza di forze si trasformò a sua volta in un grave ostacolo quando si trattò di piegare la resistenza sempre più vigorosa opposta dai russi in ritirata. Ogni duro scontro comportava ingenti perdite, e quindi minor capacità di conseguire un rapido successo nello scontro successivo. Il fenomeno assunse proporzioni rilevanti quando la 6* armata si avvicinò alla grande ansa orientale del Don. Il 28 luglio una delle sue avanguardie mobili raggiunse il fiume nei pressi di Kalac, località situata a oltre 550 km. dalla linea di partenza e distante appena 65 km. dall’ansa occidentale del Volga, a Stalingrado. Ma questo fu solo uno sprazzo effimero, in quanto l’avanzata generale nell’ansa del Don procedeva ormai a rilento, arginata da una strenua resistenza da parte dei russi. La ca355

LA SVOLTA

1942

pacità di manovra della 6* armata risentiva della ristrettezza del fronte e dell’insufficiente

quantità di truppe mobili

su cui, a differenza

delle

armate corazzate, essa poteva contare. Due settimane passarono prima che i tedeschi riuscissero ad avere ragione delle forze russe nell’ansa del Don, e anche a questo punto fu solo dopo altri dieci giorni che esse lanciarono teste di ponte al di là del fiume. Il 23 agosto i tedeschi furono pronti a dare il via alla fase finale dell'avanzata su Stalingrado. L'operazione assunse la forma di un attacco a tenaglia, ad opera della 6% armata avanzante da nord-ovest e della 4° armata corazzata avanzante da sud-ovest. Nei primi giorni di settembre unità mobili tedesche raggiunsero le rive del Volga 50 km. a monte di Stalingrado e si spinsero fin quasi all’ansa del Volga, 25 km. a sud della città. Ma i difensori non permisero che le due branche della tenaglia si avvicinassero di più. Nella fase seguente i tedeschi svilupparono un attacco da ovest, completando così il semicerchio che incombeva sulla città, e la drammaticità

della situazione

fu testimoniata

dal tono

del-

l’appello lanciato alle truppe russe affinché tenessero duro ad ogni costo, fino all’ultimo uomo. E, soprattutto tenendo conto che si stavano battendo in condizioni di estrema tensione aggravate per di più dal problema dei rifornimenti e dei rinforzi, le truppe russe risposero all'appello opponendo al nemico una resistenza addirittura prodigiosa. Il fatto che alle loro spalle scorresse un fiume largo più di 3 km. era solo in parte uno svantaggio: su truppe di questo genere esso non poteva che avere l’effetto di rendere ancora più ferma la determinazione

di non cedere — anche se, naturalmente, complicava il problema dal punto di vista logistico. Lungo l’intero arco difensivo russo gli attacchi tedeschi si susseguirono senza apparenti interruzioni, con frequenti mutamenti di località e di metodo ma con successi del tutto sproporzionati al prezzo che gli attaccanti

stavano

pagando.

A volte i difensori cedettero, ma

in nessu-

na occasione il colpo riuscì a penetrare abbastanza in profondità da provocare qualcosa di più di un semplice ripiegamento locale. Nella maggior parte dei casi gli attacchi furono respinti. Come era accaduto

a Verdun nel 1916, con il protrarsi della battaglia, l’importanza psicologica della località crebbe sempre di più. In questo caso essa era accentuata dal nome stesso della località, e « Stalingrado » divenne ben presto da

356

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

un simbolo: esaltante per i russi, ipnotico per i tedeschi — e soprattutto per il loro capo. Esso ipnotizzò Hitler a tal punto che egli finì col perdere di vista ogni considerazione strategica, ignorando nella sua ostinazione le possibili conseguenze future di quanto stava accadendo. Stalingrado

diventò

così ancor

più decisiva

di Mosca,

per il semplice

fatto che il suo nome significava di più. L’inutilità e i rischi di uno sforzo così prolungato apparivano evidenti agli occhi di ogni esperto osservatore militare che avesse conservato una lucidità di giudizio. È raro che attacchi ripetuti di questo genere abbiano successo, a meno che i difensori siano nell’impossibilità di ricevere rinforzi o che le riserve del loro paese siano in via di esaurimento; nel caso di Stalingrado erano i tedeschi quelli meno in grado di reggere a un prolungato processo di logoramento. Malgrado le immense perdite subite, in termini di potenziale umano la Russia disponeva ancora di riserve molto maggiori di quelle della Germania. Il suo più grave punto debole era costituito dall’equipaggiamento, ed era appunto alle perdite che essa aveva subito sotto questo profilo nel 1941 che erano in parte dovute le sue nuove sconfitte del 1942. L’artiglieria scarseggiava, ed era sostituita in larga misura da mortai montati su autocarri. Gravi carenze si manifestavano anche nel campo dei carri armati e dei mezzi di trasporto motorizzati di ogni genere. Ma verso la fine dell’estate, grazie all’entrata in attività dei nuovi stabilimenti costruiti nelle zone più arretrate e alle forniture americane e inglesi, il flusso di armi, automezzi, ecc., cominciò ad aumen-

tare in misura considerevole. Nello stesso tempo cominciavano a dare i loro frutti le misure adottate subito dopo lo scoppio della guerra per richiamare tutti gli uomini compresi in un ampio intervallo di età, e il numero di nuove divisioni provenienti dall’Asia era in rapido aumento. Il teatro di battaglia di Stalingrado era così spostato a est da essere facilmente accessibile a queste forze fresche provenienti dalla Russia asiatica. La difesa della città ne fu molto agevolata; infatti, anche se l'afflusso di rinforzi diretti era ostacolato dal fatto che essa si trovava in una posizione alquanto difficile da raggiungere, il progressivo rafforzamento delle armate russe appostate a nord del fianco settentrionale dei tedeschi ebbe un effetto indiretto equivalente a quello di in357

LA SVOLTA

1942

genti rinforzi diretti. La loro contro-pressione su quel fianco avrebbe potuto rovesciare l'andamento della battaglia assai prima di quanto in realtà non fece, se non fosse stato per la grave carenza di quelle armi che avevano acquistato un’importanza determinante nella guerra moderna. Ma l’effetto della contro-pressione russa aumentò via via che i tedeschi, sempre

più assorbiti in una

zata, gettavano sul terreno le loro chine. In quel tipo di battaglia era accusare, in quanto attaccanti, un termini relativi di quello dei russi: potuto permetterselo.

battaglia di logoramento

localiz-

limitate riserve di uomini e macinevitabile che fossero i tedeschi ad dispendio di risorse più elevato in loro che meno dei russi avrebbero

Lo stato maggiore generale tedesco si rese conto ben presto che le cose stavano prendendo una piega alquanto pericolosa, e sempre più spesso accadde che, di ritorno dal suo quotidiano incontro con Hitler, Halder

sbottasse in un gesto di stizza e di scoraggiamento dal quale non era difficile per i suoi collaboratori arguire che ancora una volta i suoi

sforzi per indurre

alla ragione Hitler erano

stati vani. I suoi argo-

menti contro la prosecuzione dell’offensiva si fecero sempre più pressanti con l’avvicinarsi dell'inverno, e poiché questo suo atteggiamento dava sui nervi a Hitler i rapporti tra i due uomini finirono col diventare intollerabili a entrambi. Quando si trattava di formulare e discutere

piani,

Hitler

persisteva

nella

sua

vecchia

abitudine

di tracciare

con la mano sulle mappe grandi movimenti circolari, anche se ormai le avanzate erano così limitate da essere quasi impercettibili. A mano a mano che perdeva la capacità di spazzare via i russi, egli diventava sempre più incline a spazzare via quei suoi collaboratori che dimostravano un atteggiamento « ostruzionistico ». Egli aveva sempre pensato che i « vecchi generali » fossero tutt'altro che entusiasti dei suoi piani,

e quanto più questi piani stentavano a tradursi in realtà tanto più egli si convinceva che ciò non poteva che essere dovuto a un’azione di resistenza da parte dello stato maggiore generale. Fu così che alla fine di settembre, seguendo l'esempio di alcuni suoi collaboratori, anche Halder se ne andò; gli succedette Kurt Zeitzler,

un uomo molto più giovane che a quel tempo era capo di, stato mag358

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

giore di Rundstedt in Occidente. Nel 1940 Zeitzler aveva ricoperto l’incarico di capo di stato maggiore del gruppo corazzato di Kleist, ed era stato in gran parte grazie all’audacia e alla spregiudicatezza con cui aveva organizzato i rifornimenti che la lunga galoppata delle forze corazzate dal Reno alla Manica si era dimostrata realizzabile anche sul piano logistico, oltre che su quello strettamente militare. A parte che questa precedente esperienza indicava in lui l’uomo forse più adatto ad affrontare il problema della lunga avanzata che avrebbe dovuto portare le forze tedesche al Caspio e al Volga, Hitler era convinto che gli sarebbe stato meno difficile trattare con un militare più giovane, soprattutto tenendo conto che questi partiva spronato dall’improvvisa promozione al posto più elevato. Dapprima Zeitzler confermò le speranze di Hitler sotto questo aspetto, in quanto si astenne dal continuare a importunarlo con tutta una serie di obiezioni come invece Halder era solito fare. Ma non dovette passare molto tempo perché anche Zeitzler cominciasse a preoccuparsi, e con il progressivo affievolirsi delle prospettive di conquistare Stalingrado accadde sempre più spesso che egli facesse presente a Hitler che l’idea di mantenere il fronte tedesco in una posizione così avanzata era inattuabile. Quando i fatti diedero

ragione

a Zeitzler,

Hitler cessò di apprezzare

i suoi consigli, e

nel 1943 adottò nei suoi confronti un atteggiamento di crescente distacco, tanto che la sua voce finì ben presto coll’essere quasi del tutto inascoltata.

Gli stessi fattori di fondo che determinarono il fallimento dell’attacco sferrato dai tedeschi contro Stalingrado lo trasformarono poi, agevolando la controffensiva

che i russi si decisero infine a lanciare, in una

disfatta irrimediabile. Quanto più con la loro manovra convergente i tedeschi si avvicinavano alla città, tanto più si riduceva la loro possibilità di manovra, mentre invece il progressivo restringersi del fronte metteva in condizione i difensori di spostare con maggior tempestività le loro riserve da un punto all’altro. Nello stesso tempo per i tedeschi vennero meno i vantaggi, di cui in precedenza avevano goduto, connessi al fatto di compiere manovre di diversione con le quali distrarre il nemico. Durante 359

LA

SVOLTA

10942

la fase di apertura della campagna estiva, e cioè fino al raggiungimento del Don, l’incertezza in merito al loro obiettivo principale aveva contribuito a paralizzare la resistenza dei russi, ma ora era anche troppo

chiaro quale fosse questo, obiettivo, e il comando dubbi

russo non ebbe più

sulla zona in cui far affluire le sue riserve. Pertanto la crescente

concentrazione di forze nella zona di Stalingrado operata dall’attaccante divenne sempre meno efficace in quanto tale: a un attacco concentrato si opponeva

ora una

difesa concentrata.

Inoltre la concentrazione di forze intorno a Stalingrado comportò per i tedeschi la necessità di attingere in misura crescente dalle riserve destinate a coprire il loro fianco settentrionale, un fianco la cui sicurezza

era già resa alquanto precaria dalla sua enorme estensione: quasi 650 km. lungo il Don da Voronez all’ « istmo » di Stalingrado, e altrettanti chilometri da qui al Terek, attraverso le steppe dei Calmucchi. Mentre lungo questo secondo tratto la natura stessa della regione, composta da interminabili lande desolate, avrebbe limitato la portata di eventuali contrattacchi russi, il settore del Dòn, sebbene coperto dal fiume, era soggetto a diventare molto vulnerabile quando la superficie del fiume fosse ghiacciata o i russi avessero trovato località non sufficientemente sorvegliate nelle quali effettuare un attraversamento in forze. Inoltre i russi erano riusciti a mantenere una testa di ponte sulla sponda occidentale del Don nei pressi di Serafimovit, 160 km. a ovest di

Stalingrado. A quale pericolo fosse esposto questo lunghissimo fianco lasciarono presagire numerosi attacchi di sondaggio che i russi lanciarono da agosto in poi. Mediante questi piccoli attacchi essi si resero conto non solo dell’esiguità delle forze che coprivano il fianco sinistro dei tedeschi, ma anche del fatto che per lo più si trattava di truppe provenienti dai paesi alleati della Germania: ungheresi da VoroneZ verso sud; italiani

nella zona in cui il fiume piega verso est, e cioè nei pressi di Novaja Kalitva; romeni,

infine, in corrispondenza

dell’ultima

ansa verso sud, a

ovest di Stalingrado, nonché al di là della città. Né a rinforzare in misura adeguata questo lungo fronte laterale potevano bastare le poche unità tedesche (per lo più semplici reggimenti, solo raramente intere divisioni) collocate qua e là tra le truppe alleate. I settori di divisione

erano larghi fino a 65 km. e privi di fortificazioni degne di questo nome. 360

LA

Le stazioni ferroviarie terminali

MAREA

si trovavano

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

spesso a una distanza di

150 km. o più dal fronte, il quale oltre a tutto attraversava una regione così povera di alberi che scarsissimo era il legname ricavabile sul posto e destinabile

alla costruzione

di difese.

Consapevole di questo stato di cose e preoccupato per quanto avrebbe potuto accadere, già in agosto lo stato maggiore generale tedesco aveva informato

Hitler

dell’impossibilità

di tenere

la linea

del Don

fianco difensivo durante l’inverno. Ma questi ammonimenti duti nel vuoto: ogni considerazione

all'obiettivo fondamentale

come

erano ca-

difensiva doveva essere subordinata

di espugnare

Stalingrado.

I fattori frenanti insiti in questo tipo di offensiva troppo frontale si manifestarono con particolare evidenza dopo la metà di settembre, quando i tedeschi penetrarono nei sobborghi più lontani della città, e di qui nella zona industriale. Lasciarsi invischiare in una lotta di strada in strada è sempre dannoso per l’attaccante, e non poteva quindi che essere addirittura fatale per i tedeschi, il cui principale punto di

forza era costituito dalla superiore capacità di manovra. Nello stesso tempo, i difensori ebbero la possibilità di organizzare in apposite formazioni da combattimento i lavoratori della città, uomini che si battevano con tutta la determinazione di chi vede direttamente minacciata la sua stessa casa. In una situazione come quella in cui si trovava Sta-

lingrado, l’entrata in azione di queste forze locali rappresentò un importante contributo alla capacità di resistenza della 62* armata del generale

Cujkov durante

le cruciali settimane

che dovettero passare pri-

ma che l’arrivo di ingenti rinforzi cominciasse a rovesciare l'andamento della battaglia. Infatti la 62* armata era uscita assai malconcia dalle battaglie sostenute a ovest del Don, e ben poche erano le riserve a cui

aveva potuto attingere il generale Eremenko, responsabile del settore nel suo complesso, per rinforzarla tempestivamente. L’arrivo dei tedeschi nella zona urbanizzata di Stalingrado ebbe anche l’effetto di frazionare la loro offensiva in una zati, smorzandone

l’impeto travolgente

serie di attacchi localiz-

e contribuendo

a far riaffiorare

in molti comandanti della vecchia scuola con una tipica mentalità da fanteria la tendenza a impiegare i carri armati in piccoli drappelli an-

ziché in massa. Molti degli attacchi furono sferrati con l'appoggio di appena venti o trenta carri armati; solo in occasione di alcuni degli 361

LA SVOLTA

1942

sforzi più massicci il compito di battistrada fu affidato a formazioni di un centinaio di carri armati, e anche in questi casi non si andò mai al di là di un carro armato ogni circa 300 uomini impegnati. Era inevitabile che in azioni condotte da forze di questo genere le armi anticarro finissero sempre con l’avere la meglio. La tendenza a usare i mezzi corazzati in piccole dosi, e quindi ad adottare tattiche di scarsa efficacia, era per altro l’indiretta dimostrazione di una sempre più grave carenza

di risorse, fenomeno

questo

di cui la progressiva

riduzione

del-

l'appoggio aereo costituiva un'ulteriore riprova. I tedeschi erano ormai a corto delle due armi che in passato avevano rappresentato la chiave dei loro grandi successi. L’ovvia conseguenza fu che il peso della battaglia venne a gravare sempre più sulle spalle della fanteria, e che il prezzo di ogni sia pur piccola avanzata si fece via via più elevato. A mano a mano che il cerchio si stringeva e il nemico si avvicinava al cuore della città, la posizione dei difensori si fece apparentemente sempre più critica, se non addirittura disperata. La giornata cruciale fu quella del 14 ottobre, quando un ennesimo attacco tedesco fu arginato dalla 13* divisione delle Guardie del generale Rodimcev. Anche dopo il superamento di questa gravissima crisi la situazione permase grave, in quanto i difensori erano ormai così a ridosso del Volga da avere ben poco spazio per applicare la consueta tattica della difesa elastica. Non potevano più permettersi di cedere terreno per guadagnare tempo. Ma sotto la superficie elementi di portata decisiva stavano lavorando a loro favore. Il morale dei tedeschi risentiva sempre più dell'aumento delle perdite, della crescente sensazione di compiere sforzi inutili e dell’approssimarsi dell'inverno, mentre le loro riserve erano state così completamente assorbite dalla battaglia che infuriava intorno a Stalingrado da privare della necessaria capacità di recupero i lunghissimi fianchi. La situazione era dunque matura per il contrattacco che il comando russo stava preparando da tempo e per il quale aveva ora accumulato riserve sufficienti per assicurargli buone probabilità di successo contro un nemico ormai allo stremo delle forze. Il contrattacco fu sferrato con perfetta scelta di tempo il 19 e il 20 novembre. Esso ebbe inizio nel periodo compreso tra i primi geli, che induriscono il suolo e consentono quindi una grande rapidità di mo362

{

:

ai

LA

vimento,

e le prime

pesanti

nevicate,

MAREA

che invece

RIFLUISCE

annullano

IN

RUSSIA

quasi del

tutto ogni possibilità di manovra. Esso doveva cogliere i tedeschi nel momento di massima prostrazione fisica e morale, proprio quando essi si rendevano conto che la loro offensiva non sarebbe stata coronata dalla tanto attesa vittoria decisiva. Il piano del contrattacco fu concepito e attuato con grande intelligenza, tanto sul piano strategico quanto su quello psicologico, sfruttando in un duplice senso il criterio dell'approccio indiretto. Contro i fianchi delle forze tedesche operanti nel settore di Stalingrado fu esercitato un doppio movimento a tenaglia, ciascuno composto di parecchie finte, miranti a isolare la 6* armata e la 4* armata corazzata, colpendo in punti in cui la copertura laterale era stata in larga parte affidata a truppe romene. Il piano era stato ideato da un brillante triumvirato dello stato maggiore generale russo composto dai generali Zukov, Vasilevskij

e Voronov,

e i suoi principali esecutori furono il generale Vatu-

tin, comandante del fronte sud-occidentale, il generale Rokosovskij, comandante del fronte del Don, e il generale Eremenko, comandante del fronte di Stalingrado.

Si deve qui ricordare che il fronte orientale era stato suddiviso dai russi in dodici « fronti» tutti dipendenti in modo diretto dal quartier generale supremo di Mosca. Anziché organizzarli permanentemente in gruppi più ampi, la prassi adottata

dai russi era ora quella di in-

viare un generale del quartier generale supremo col suo stato maggiore a coordinare i numerosi « fronti » coinvolti in ogni specifica serie di operazioni. Ciascun « fronte » comprendeva in media circa 4 « armate » (più piccole di quelle operanti in Occidente), e ciascuna di queste conduceva le proprie divisioni in modo diretto, senza l’interposizione di comandi di corpo d’armata. Le forze corazzate e motorizzate erano organizzate in gruppi di brigate che pur essendo equivalenti a grosse divisioni erano denominati « corpi » e operavano agli ordini del comandante del « fronte ». Il sistema dei « corpi » fu riadottato

dai russi nell’estate del 1907, pri-

ma che il nuovo sistema potesse essere pienamente sperimentato. Così, grazie all'eliminazione di alcuni tradizionali anelli della catena di co1 mando e alla conseguente assegnazione ai comandanti superiori di un | maggior numero di « sotto-unità » da maneggiare a propria discrezione, 363

LA SVOLTA

1942

i russi avrebbero realizzato un decisivo passo avanti in termini sia di ra-

pidità operativa che di elasticità di manovra.

Una catena di comando

molto articolata comporta infatti gravi inconvenienti: non solo tende a rallentare il processo di trasmissione delle informazioni al comandante

superiore e degli ordini di questi agli effettivi esecutori, ma indebolisce anche la capacità del comandante superiore di esercitare compiutamente

le sue funzioni,

accentuando

la sua

« distanza » dai campi di

battaglia e attenuando la forza della sua influenza personale sugli esecutori. Pertanto, quanto meno numerosi sono i comandi intermedi tanto più dinamiche tendono a diventare le operazioni. D'altra parte, per un comando l’aumento delle sotto-unità utilizzabili a sua discre-

zione significa maggiore elasticità e quindi maggiore capacità di manovra. Accrescendo di concentrare

la capacità di adeguarsi

tutte le forze disponibili

al mutare

nel punto

delle situazioni

decisivo,

e

un’organiz-

zazione più elastica è in grado di sviluppare una forza d’urto maggiore di quella conseguibile mediante un’organizzazione di tipo convenzionale. Per un uomo che oltre al pollice avesse solo due dita sarebbe molto più difficile che non per un uomo dotato di un pollice e quattro

altre dita afferrare saldamente un oggetto o immobilizzare un avversario, in quanto

la sua

mano

avrebbe

minore

cità di esercitare una pressione concentrata.

elasticità

e minore

capa-

Questa grave limitazione

si riscontrava, in effetti, nelle armate delle potenze occidentali, nelle quali quasi tutte le formazioni e le unità erano suddivise in non più di due o tre parti manovrabili.

A nord-ovest di Stalingrado le avanguardie russe attaccarono lungo le sponde del Don, raggiungendo Kalaè e la linea ferroviaria proveniente dal bacino del Donec. A sud-est di Stalingrado i denti della branca sinistra si misero in movimento verso ovest puntando sulla linea ferroviaria diretta verso Tichoreck e il Mar Nero. Dopo aver interrotto la linea ferroviaria, queste forze proseguirono la loro marcia verso Kalaò, ed entro il 23 completarono l’accerchiamento. Nel giro di pochi giorni l’anello fu poi definitivamente saldato e consolidato, chiudendo nella morsa

la 6° armata

e un corpo della 4* armata

corazzata.

Con

questa

fulminea mossa che aveva richiesto non più di qualche giorno i russi 364

FI}

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

avevano rovesciato l’andamento della battaglia sul piano strategico, conservando tutto il vantaggio tattico connesso al fatto di restare sulla difensiva: il duplice obiettivo che spesso l’approccio indiretto permette di conseguire. I tedeschi infatti non avevano ormai altra alternativa che quella di continuare a combattere: per spezzare non più le difese di Stalingrado, bensì l’anello stretto dai russi alle loro spalle. Ma gli sforzi per tornare indietro si rivelarono ben presto altrettanto infruttuosi di tutti quelli compiuti in precedenza per andare avanti. Nel frattempo un’altra poderosa formazione russa partita di slancio dalla testa di ponte di Serafimovié aveva cominciato a dilagare verso

sud nella regione a ovest dell’ansa del Don; addentrandosi lungo più direttrici nel corridoio Don-Donec, essa si ricongiunse infine sul Cir con la branca sinistra proveniente da Kalaé. Questo movimento accer-

chiante esterno fu di vitale importanza ai fini della riuscita del piano, in quanto sconvolse le basi operative del nemico e calò un’impenetrabile cortina di ferro sulle direttrici lungo le quali sarebbe stato più. facile per i tedeschi inviare forze in soccorso di Paulus. Fu così che verso la metà di dicembre i tedeschi dovettero sviluppare il loro attacco da sud-ovest, al di là del Don, lungo la direttrice Kotelniko-

vo-Stalingrado. Le truppe impiegate nell’attacco furono elementi raccogliticci, frettolosamente riuniti sotto il comando dell’11* armata di Manstein che era stata ritirata dal gruppo armate Centro e ribattezzata «gruppo armate Don ». L’effettiva entità delle forze disponibili non giustificava certo una denominazione così altisonante, e per il suo ten-

tativo di spezzare l'assedio poche unità di riserva (tra stata mandata per ferrovia Con grande abilità tattica

di Stalingrado Manstein dovette contare su le quali la 6* divisione corazzata che gli era dalla Bretagna). e sfruttando al massimo le sue esigue forze

corazzate, Manstein riuscì ad affondare un profondo cuneo nelle posizioni di copertura russe. Ma si trattava di un'azione troppo improvvisata, e i russi non ebbero difficoltà a bloccare le forze di Manstein

assai prima che potessero ricongiungersi con quelle di Paulus e a risospingerle indietro gradualmente con una continua pressione laterale. Con il fallimento di questo tentativo caddero le residue speranze di portare aiuto a Paulus, dato che il comando tedesco non aveva riserve sufficienti per organizzare un nuovo attacco. Pur trovandosi in una

365

La marea rifluisce in Russia Kursk

Linea del fronte

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18 novembre

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19 NOVEMBRE 1942 INIZIA LA CONTROFFENSIVA RUSSA

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FINE DICEMBRE 194 Do) INIZIA L’OFFENSIV

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LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

posizione pericolosamente esposta, Manstein resistette il più a lungo possibile — più a lungo, anzi, di quanto sarebbe stato saggio fare — per consentire la prosecuzione del ponte aereo mediante il quale i tedeschi si sforzavano di far pervenire alle loro armate condannate un

esiguo ma continuo flusso di rifornimenti. Intanto, il 16 dicembre, i russi avevano iniziato, molto più a ovest, una nuova e più ampia manovra accerchiante. Nel settore del medio corso del Don il generale Golikov, comandante del fronte di Voronez,

lanciò all’attacco la sua ala sinistra in numerosi punti lungo un tratto di fronte di un centinaio di chilometri compreso tra Novaja Kalitva e Monastjrscina e presidiato dall’8* armata italiana. Dopo un massic-

cio bombardamento

che aveva

già messo

alle prime luci dell’alba carri armati

in fuga molti degli italiani,

e fanteria attraversarono

il fiume

gelato. Violente tempeste di neve contribuirono a mettere in ancor più grave difficoltà i pochi difensori decisi a opporre qualche resistenza, ma non frenarono lo slancio dei russi, che continuarono la loro rapida

marcia in direzione di Millerovo e del Donec. Simultaneamente le forze di Vatutin

partirono

all'attacco

dal

Cir

in direzione

sud-ovest,

diri-

gendosi verso il Donec. Entro una settimana queste due azioni convergenti spazzarono via il nemico dalla quasi totalità del corridoio DonDonec. Se i difensori avevano ceduto troppo presto e la loro fuga era stata troppo rapida per consentire ai russi di fare molti prigionieri nel corso di questa prima fase, numerose

furono le colonne nemiche in riti-

rata che non poterono sfuggire all’accerchiamento durante la fase successiva,

cosicché

entro

la fine della seconda

settimana



che coincise

con la fine dell’anno — il bottino di prigionieri raggiunse il numero di 60.000. L'avanzata russa arrivò così a minacciare le retrovie delle armate tedesche operanti nel settore del Basso Don e nel Caucaso, e solo la spessa

coltre di neve che ricopriva ormai l’intera regione e la strenua resistenza opposta dai tedeschi a Millerovo e in corrispondenza di altri centri di comunicazioni a nord del Donec impedirono che la situazione precipitasse. Tuttavia la minaccia era così evidente, e la sua estensione così probabile, che Hitler fu infine costretto a prendere atto che un disastro di

proporzioni ancora maggiori dello stesso accerchiamento di Stalingrado 367

LA SVOLTA

1942

sarebbe stato inevitabile se egli avesse persistito nel suo sogno di conquistare il Caucaso, costringendo le armate impegnate in quel settore a tener duro con un fianco settentrionale esposto per un migliaio di chilometri. La decisione fu presa appena in tempo, e le armate del Caucaso sfuggirono per un soffio al pericolo di restare tagliate fuori. Anche se il suo effetto a lunga scadenza fu naturalmente quello di prolungare la guerra, precedendo la capitolazione ufficiale delle armate di Stalingrado, questo salvataggio in extremis costituì per il mondo intero il primo inequivocabile segno che la marea tedesca era ormai entrata nella fase di riflusso.

L'andamento della controffensiva russa era stato determinato soprat: tutto dall’estrema cura con cui il generale Zukov aveva scelto i punti d’attacco, in base a considerazioni psicologiche non meno che topografiche, in modo

da colpire lo schieramento

del nemico

nei suoi punti più

deboli. Nel corso dell’operazione, poi, egli dimostrò di saper sviluppare un tipo di minaccia alternativo non appena in un determinato assalto veniva meno l’impeto iniziale, e con esso la possibilità di provocare un crollo generale delle difese nemiche. Ogni volta che un colpo concentrato mostrava di aver perso la sua capacità di logorare fino all’esaurimento le risorse dei difensori schierati lungo quel particolare tratto di fronte, egli riusciva

a rinnovare

l’effetto iniziale

sviluppando

una

serie

di attacchi lungo un tratto di fronte più ampio, così da estendere il processo di logoramento. Proprio questo è di regola il tipo di strategia più fruttuoso e meno dispendioso quando una controffensiva si trasforma in una vera e propria offensiva, e perde quindi la classica forza |

iniziale della molla compressa e poi improvvisamente liberata. Al di sopra di tutti gli altri fattori, materiali e psicologici, che gover- | narono in modo diretto il corso degli eventi, deve comunque essere | collocata

in ordine

di importanza

la fondamentale

evoluzione

del rap- |

porto tra spazio e forza. Sul fronte orientale lo spazio era così ampio che, a patto di non concentrare gli sforzi su di un obiettivo troppo ovvio (come era stata Mosca nel 1941 e come fu Stalingrado nel 1942), all’attaccante si presentavano sempre ottime occasioni per compiere manovre aggiranti. È per questa ragione che, finché avevano saputo man968

LA

MAREA

RIFLUISCE

IN

RUSSIA

tenere un buon margine di superiorità qualitativa, i tedeschi erano riusciti a ottenere grandi successi offensivi pur non essendo affatto superiori in termini quantitativi. D'altra parte, il fatto che sul fronte orien-

tale lo spazio fosse così profondo fu uno degli elementi che contribuirono a salvare i russi durante il lungo periodo che dovette passare prima che essi ristabilissero un sostanziale equilibrio di forze in quanto a potenza meccanizzata e a manovrabilità. I tedeschi, tuttavia, avevano perso il loro vantaggio tecnico e tattico, esaurendo nel frattempo anche buona parte del loro potenziale umano. A questo punto gli ampi spazi della Russia avevano finito col ritorcersi contro di loro, riducendo sempre più la loro capacità di presi-

diare in modo adeguato un fronte così esteso. L’interrogativo era dunque

diventato

questo:

sarebbero

riusciti

i tedeschi

a riprendersi,

con-

traendo il fronte in misura tale da adeguarlo alle loro attuali risorse, ovvero il passato dispendio di energie aveva superato il livello critico, non lasciando loro alcuna speranza di ripresa?

XIX

L'ALTA

MAREA

DI ROMMEL

La campagna del 1942 in Africa registrò rovesciamenti di fronte ancora più clamorosi e decisivi di quelli del 1941. L’anno iniziò con i due

eserciti avversari schierati l’uno di fronte all’altro lungo il confine occidentale della Cirenaica, esattamente nella stessa posizione di nove mesi prima. Ma il nuovo anno aveva appena compiuto la sua terza settima.|

na quando Rommel lanciò un ennesimo colpo strategico, un colpo che penetrò in profondità per più di 400 km. e sotto il quale gli inglesi in |

ritirata dovettero percorrere i due terzi della distanza che li separava | dalla frontiera egiziana prima di riuscire a riorganizzare le loro forze.| Poi il fronte si cristallizzò di nuovo sulla linea di Gazala. |

Verso la fine di maggio Rommel colpì ancora, prevenendo un'offensiva| inglese (proprio come in novembre gli inglesi avevano prevenuto la! sua). Dopo un’altra turbinosa battaglia caratterizzata da una serie di| | rovesciamenti di fronte da togliere il respiro, gli inglesi furono infine |

costretti a una velocissima e ininterrotta ritirata fino alla linea di || El Alamein, l’ultimo baluardo sulla direttrice di accesso al Delta | del Nilo. | Questa volta in una sola settimana il colpo di Rommel era penetrato

in profondità per circa 500 km. Ma ormai il suo slancio e le sue stesse forze erano prossimi ad esaurirsi, e dopo aver invano tentato di prose guire la marcia fino ad Alessandria e al Cairo Rommel dovette desistere; quando i due contendenti, esausti, sospesero i combattimenti, i tedeschi erano anzi sull’orlo del crollo e della disfatta.

Alla fine di agosto, dopo aver ricevuto considerevoli rinforzi, egli compì un nuovo sforzo per assicurarsi una vittoria definitiva. Ma per parte loro gli inglesi avevano ricevuto, oltre che rinforzi ancora più ingenti,

un nuovo comando capeggiato dal generale sir Harold Alexander e dal generale sir Bernard Montgomery; il suo colpo fu parato, ed egli 370



L'ALTA

MAREA

DI

ROMMEL

dovette rinunciare anche a quasi tutti gli esigui progressi realizzati nella primissima fase dell’operazione. Alla fine di ottobre furono gli inglesi a riprendere l’iniziativa con forze più massicce di quelle mai impiegate in passato; e questa fu davvero la volta decisiva. Tredici giorni di lotta assorbirono le ultime risorse di Rommel,

lasciandolo con appena

un pugno

di carri armati. Fu allo-

ra che il suo fronte si sgretolò, e solo grazie all'aiuto della fortuna egli poté mettersi in salvo con i resti del suo esercito. Ormai

questi erano.

troppo deboli per consentirgli di organizzare qualche serio tentativo di resistenza, ed entro la fine dell’anno, otto settimane dopo, egli fu ricacciato indietro fino a Buerat, in Tripolitania, 1600 km. a ovest di El Alamein. Ma quella di Buerat non fu che una breve pausa in una ritirata destinata a concludersi a Tunisi nel maggio seguente, con la completa estinzione delle forze tedesche e italiane in Africa.

All’inizio di gennaio del 1942 gli inglesi, ancora convinti che lo smacco

subito ad Agedabia dovesse essere considerato un semplice contrattempo nel quadro della loro avanzata verso Tripoli, erano tutti indaffarati a mettere a punto i piani di questa nuova operazione, denominata, anche troppo realisticamente, « Acrobat ». È in effetti prima della fine del mese essi avevano compiuto tutta una serie di salti acrobatici, ma all'indietro.

Il 5 gennaio un convoglio di 6 navi, che era riuscito a superare lo sbarramento aereo e navale predisposto dagli inglesi, raggiunse Tobruk con un carico di carri armati che portò a poco più di 100 la dotazione di carri armati delle forze di Rommel. Deciso a sfruttare questo provvidenziale rinforzo e alla luce di un rapporto che segnalava

la debolezza delle forze avanzate inglesi, egli cominciò a pensare nella massima

segretezza

a un contrattacco

immediato.

L'azione

ebbe

inizio

il 21 gennaio. Il 28 il ministro della Guerra italiano si recò al suo quartier generale per sollevare obiezioni in merito alla nuova iniziativa presa da Rommel,

ma

! Vedi cartine alle pp. 154-155,

in quel momento

le sue

avanguardie

si erano

158 e 160.

371

LA SVOLTA . 1942 già spinte a est per più di 150 km., e gli inglesi si stavano

ritirando

verso est con una rapidità ancora maggiore. Nel momento in cui giunse a segno l’attacco di Rommel, il grosso delle forze avanzate inglesi era .costituito da una nuova divisione corazzata appena arrivata in prima linea, la 1*, la cui brigata corazzata (forte di 150 carri medi) era formata da 3 reggimenti di cavalleria trasformati, con scarsa esperienza in fatto di operazioni corazzate e che non avevano mai preso parte ad alcuna operazione nel deserto. La posizione

di queste inesperte forze inglesi era tanto più precaria in quanto i nuovi carri armati

pervenuti

a Rommel

corazza più robusta (50 mm.

erano

modello

III dotati

di una

di spessore) di quella dei carri di vecchio

tipo; inoltre gli uomini addetti ai cannoni anticarro tedeschi avevano messo a punto, e sperimentavano da tempo nelle loro esercitazioni, un nuovo perfezionamento di quella tattica offensiva applicata in stretta|

cooperazione con i carri armati che in passato aveva già dato brillanti | risultati.

Questo

perfezionamento

è così

descritto

da

Heinz

Schmidt:

Era un po’ come il gioco della cavalletta. Con i nostri dodici cannoni anticarro noi avanzavamo da una posizione favorevole all'altra, mentre i nostri Panzer, immobili e se possibile al riparo in qualche avvallamento del terreno, provvedevano al fuoco di copertura. Avevamo appena il tempo di sistemarci nella nuova posizione, che | subito erano i Panzer a rimettersi in marcia mentre noi pro\vedevamo a coprirli con | il nostro fuoco. l.a tattica funzionava bene, e pur continuando a fare ‘fuoco i carri | armati del nemico non riuscivano ad arginare la nostra avanzata. Essi subivano | pesanti perdite ed erano costretti a cedere costantemente terreno. Non riuscivano | a credere che quelli che ci stavano di fronte potessero essere gli stessi irriducibili cd esperti avversari che ci avevano impartito una così dura lezione sul Trigh Capuzso.! |

Come se ciò non fosse bastato, i 3 reggimenti corazzati inglesi a gettati in battaglia isolatamente, con il risultato che quando Rommel li attaccò di sorpresa nei pressi di Antelat essi persero quasi metà dei loro carri armati già nel corso dei primissimi scontri. L'avanzata di) Rommel

fu poi temporaneamente

arrestata

dall’intervento

del ministro |

della Guerra italiano, generale Cavallero, deciso a 1mpedire che il corpo |

celere italiano si mettesse in marcia al seguito dell’Afrika Korps. Ma| gli inglesi non seppero approfittare di questa pausa, e anzi fu proprio| ! Heinz Schmidt,

372

With Rommel

in the Desert, pp. 125-126.

L'ALTA

MAREA

DI

ROMMEL

l'assenza di energiche contromisure da parte inglese che incoraggiò Rommel a effettuare nella giornata del 25 un nuovo balzo in avanti fino a Msus, sfondando la linea presidiata dalla Guards Brigade e dalla 1* divisione corazzata, la quale con i suoi g0 carri armati superstiti si ritirò verso nord, allontanandosi dalla direttrice di avanzata tedesca. Una delle conseguenze della profonda e minacciosa incursione che aveva portato Rommel fino a Msus fu l’ordine impartito precipitosamente alla 4* divisione indiana di evacuare Bengasi, in quel momento colma di rifornimenti di ogni genere, e di ripiegare sulla linea Derna-Mechili. Ma quella sera stessa in seguito all’intervento di Auchinleck, arrivato in volo dal Cairo per incontrarsi con Ritchie al quartier generale dell’8* armata, non solo l’ordine di evacuazione di Bengasi fu revocato, ma furono addirittura impartite precise istruzioni affinché ci si preparasse a passare alla controffensiva. Ma questa volta l’intervento personale di Auchinleck non si rivelò così opportuno o efficace come era stato in novembre. Esso ebbe infatti l’unico risultato di disperdere le forze inglesi e di obbligarle a una sostanziale immobilità nel vano tentativo di coprire i 220 km. che separavano Bengasi da Mechili, mentre dalla sua posizione centrale di Msus Rommel aveva tempo e modo di sviluppare la sua azione, nonché di scegliere tra obiettivi alternativi. Nei giorni che seguirono Rommel approfittò abilmente di questa situa: zione per minacciare le forze inglesi in punti sempre diversi, provocando nel comando inglese una ininterrotta serie di « ordini, contrordini e disordini ». Tale era la confusione che regnava tra le file inglesi che a un certo momento il comandante di corpo d’armata GodwinAusten, risentito per il modo in cui il comandante d’armata impartiva ordini direttamente ai suoi subalterni, chiese di essere esonerato dal suo incarico. Da questa crisi scaturirono conseguenze ancora più gravi. Data l’esiguità delle forze a sua disposizione, Rommel decise che come mossa successiva sarebbe stato opportuno piegare verso ovest e attaccare Bengasi, in modo da prevenire ogni eventuale tentativo inglese di minacciare le sue retrovie da quella direzione, fingendo nello stesso tempo di sferrare un'incursione a est, contro Mechili. Questa mossa di diversione ipnotizzò a tal punto il comando inglese da indurlo a inviare in tutta fretta rinforzi a Mechili, lasciando senza alcun appoggio la 4* divisione indiana, le cui forze dovevano sorvegliare un estesissimo 373

Î |Ì | |Î i I

LA SVOLTA

1942

|

settore del fronte. Il rapido spostamento di Rommel verso Bengasi giunse come un fulmine a ciel sereno, e provocò la frettolosa evacuazione del porto con tutte le scorte di rifornimenti che vi si trovavano] accumulate. Sfruttando ‘l’effetto-sorpresa, egli lanciò immediatamente verso est due piccoli gruppi da combattimento. Sebbene il grosso dell’Afrika Korps fosse praticamente immobilizzato a Msus dalla carenza di rifornimenti, sotto l’azione incalzante di questi due contingenti gli inglesi abbandonarono tutta una serie di possibili posizioni difensive

e si ritirarono sulla linea di Gazala. Fu il 4 febbraio che 1’8* armata inglese si rifugiò nelle postazioni difensive di Gazala, ma non fu cal all’inizio di aprile che, avuta finalmente ragione delle esitazioni dell'Alto Comando italiano, Rommel poté portare le sue forze a valo pi della posizione inglese. Nel frattempo, al fine di fare della linea di Gazala una vera Linea, sii era dato il via alla costruzione di fortificazioni e alla preparazione dil

vasti campi minati. Ma i criteri difensivi a cui in un primo tempo sil erano ispirati questi lavori furono ben presto accantonati e sostituiti! da nuovi criteri più confacenti ai piani che si andavano elaborandot per una ripresa dell'offensiva inglese; il risultato fu che la linea di Gazala diventò più un buon trampolino di lancio di tipo offensivo che unaî robusta linea difensiva, essendo troppo lineare e non abbastanza svilup-| pata in profondità. Eccetto che nel settore costiero, i punti fortificati erano troppo distanti per potersi appoggiare reciprocamente col fuoco.) Partendo dalla costa la linea si estendeva per 80 km. verso sud, con varchi sempre più ampi e numerosi. La posizione di Bir Hacheim, situata all’estremità del fianco sinistro e presidiata dalla I brigata della Francia Libera agli ordini del generale Koenig, distava più di 25 km. da quella di Sidi Muftah. Un'altra complicazione dal punto di vista della difesa era rappresentata dalla base avanzata e stazione ferroviaria terminale di Belhamed, allestita in vista di un’imminente ripresa della offensiva. Essa rappresentava un bersaglio anche troppo ovvio per un! attacco aggirante da parte del nemico, e in effetti nel corso della successiva battaglia la necessità di proteggere la grande quantità di rifor-

nimenti accumulati a Belhamed fu un costante motivo di preoccupazione per gli inglesi e ne ridusse naturalmente la libertà di manovra. Impostazione strategica di fondo e stesura dei piani risentirono inol374

L'ALTA

MAREA

DI

ROMMEL

tre di un conflitto di opinioni sorto tra le autorità politiche e militari inglesi in merito all’opportunità e alla realizzabilità di una sollecita ripresa dell’offensiva. A partire da febbraio Churchill non si stancò di ripetere che era necessario riprendere quanto prima l’iniziativa, facendo rilevare che gli inglesi avevano 635.000 uomini inoperosi nel teatro del Medio Oriente mentre i russi si stavano battendo al limite delle loro forze e, più vicino, la stessa Malta correva grossi pericoli, sottoposta com'era agli incessanti attacchi aerei di Kesselring. Ma Auchinleck, consapevole dei difetti tecnici e tattici delle forze inglesi, sosteneva che era meglio aspettare finché le forze di Ritchie avessero raggiunto sul piano quantitativo una superiorità tale da neutralizzare con un ampio margine di sicurezza la superiorità di cui Rommel godeva sul piano qualitativo. Alla fine, passando sopra a tutte le argomentazioni di Auchinleck, Churchill decise di impartirgli a chiare lettere l'ordine di attaccare, invitandolo a « obbedire o dimettersi ». Ma il 26 maggio fu Rommel a passare all'attacco, prevenendo ancora una volta gli inglesi, la cui offensiva avrebbe dovuto iniziare alla metà di giugno. | Grazie ai rinforzi affluiti, ambedue le parti erano ora più forti di quanto fossero state all’inizio della battaglia di novembre (l’ « Operazione Crusader »), sebbene il numero delle divisioni fosse rimasto immutato: g tedesche (delle quali 2 corazzate) e 6 italiane (1 corazzata), contro 6 inglesi (2 corazzate). Ragionando in termini di divisioni, come fanno di solito statisti e generali, Rommel attaccava con 9 contro 6; ed è appunto a un’aritmetica di questo genere che si è poi fatto ricorso per dare ragione della disfatta inglese. In realtà il rapporto di forze era assai diverso, e bastano alcune brevi . considerazioni

a dimostrare

quanto

fuorviante

possa essere la tendenza

a parlare di « divisioni ». 4 delle 5 deboli divisioni di fanteria italiane non erano motorizzate, e non avrebbero quindi potuto svolgere alcun ruole attivo in uno scontro basato sulla mobilità e sulla capacità di manovra come fu questa « Battaglia di Gazala ». L’8* armata inglese disponeva non solo di un'abbondante quantità di mezzi di trasporto motorizzati ma anche, in aggiunta alle sue 6 divisioni, di 2 gruppi di brigate motorizzati indipendenti e di 2 brigate di carri armati « d'armata »; inoltre 1 delle sue 2 divisioni corazzate (la 1°) aveva 2 brigate corazzate anziché 1, come ora avveniva di regola. In complesso, contro

Ì andra gonati==c>Gsit>-=04t3=206r teus m——————c’_—-—bsisetR .——_— rr—

375

LA SVOLTA

1942

le 7 unità di carri armati di Rommel

— delle quali solo le 4 tedesche

erano equipaggiate con carri armati efficienti — l’8*° armata poteva metterne in campo 14, mentre di altre 3 era imminente l’arrivo. In termini numerici, le ‘formazioni corazzate dell’8* armata avevano 850 carri armati, mentre altri 420 erano tenuti di riserva. Gli avversari avevano in tutto 560 carri armati, ma 230 di questi erano antiquati carri italiani su cui si poteva fare poco affidamento, e 50 dei 330 carri tedeschi

erano

di tipo leggero;

in sostanza,

solo i 280 carri medi

tedeschi muniti di cannone avrebbero realmente contato sul campo di battaglia. Infine, tutte le riserve di cui i tedeschi disponevano erano rappresentate da circa go carri in riparazione e da un nuovo lotto di circa 20 carri appena sbarcato a Tripoli. Ragionando in termini più realistici, sul piano dei mezzi corazzati gli inglesi potevano contare su

una superiorità numerica di g a 1 nello scontro di apertura, e di più di 4 a 1 qualora questo scontro si fosse tramutato in una battaglia di|

logoramento. Per quanto riguarda l'artiglieria gli inglesi godevano di una superiorità | numerica di 3 a 2, ma questo vantaggio era in parte annullato in quanto tutti i loro cannoni erano distribuiti tra le diverse divisioni, mentre invece Rommel aveva costituito una riserva mobile di 56 can- | noni di medio calibro che dipendeva direttamente da lui. Nell'aria, a differenza di quanto era accaduto in occasione delle prece- | denti campagne, tra le due parti esisteva ora un sostanziale equilibrio | di forze. La British Desert Air Force schierava in prima linea circa | 600 aerei (380 caccia, 160 bombardieri e 60 ricognitori) contro i 5g0| (350 caccia, 140 bambardieri e 40 ricognitori) dei tedeschi e degli ita-| liani. Ma i 120 caccia Me 109 tedeschi erano qualitativamente superiori | agli Hurricanes e ai Kittyhawks inglesi. Una questione di assai più difficile soluzione è quella del divario qua: | litativo esistente tra i carri armati delle due parti. Com'era atua dopo la disfatta subita dell’8* armata, gli inglesi giunsero alla conclifli sione che i loro carri armati erano inferiori a quelli del nemico (nel | suo rapporto ufficiale Auchinleck espresse anzi questa convinzione come | se si trattasse di un dato di fatto). Ma un’attenta analisi delle caratteristiche tecniche e dei dati relativi alle prestazioni dei carri armati in-| glesi e tedeschi sotto il profilo dei cannoni e delle corazze.di cui erano|

376

L'ALTA

MAREA

DI

ROMMEL

rispettivamente dotati non giustifica affatto questa conclusione. Quasi tutti i carri medi tedeschi erano muniti di un cannone da 50 mm. che aveva una capacità di penetrazione e una velocità iniziale leggermente inferiori a quelle del cannone da 2 libbre installato su tutti i carri armati di fabbricazione inglese. Per quanto riguarda la corazza, i tedeschi avevano compiuto un passo avanti rispetto al 1941, quando quasi tutti i carri armati da loro impiegati avevano una corazza dello spessore massimo di 30 mm., contro i 40 mm. dei più recenti tipi di carri veloci inglesi; eccetto che nella torretta, i loro carri armati erano ora meglio protetti: in alcuni di quelli appena arrivati le piastre dello scafo avevano uno spessore maggiore (50 mm.), mentre per tutti gli altri si era provveduto ad applicare alle parti più esposte dello scafo fascie protettive supplementari. Tutti i carri armati tedeschi erano comunque più vulnerabili dei Matilda e dei Valentine (dotati di corazze dello spessore di 78 e di 65 mm. rispettivamente). Durante questa battaglia entrò in scena un nuovo carro medio tedesco — il « Panzer III (J) Speciale » — un cacciacarri munito di un cannone da 50 mm. a canna lunga simile al normale cannone anticarro tedesco. Ma solo 19 di questi carri armati avevano raggiunto il fronte, mentre un ulteriore lotto di altri 19 carri era stato da poco sbarcato a Tripoli. Per rendersi conto di quanto esiguo fosse, in termini relativi, questo rinforzo, basta pensare che nel frattempo in Egitto erano arrivati più di 400 nuovi carri armati americani del tipo Grant, muniti di un cannone da 75 mm. con una capacità di penetrazione ancora più elevata di quella del cannone da 50 mm. a canna lunga dei « Panzer III (J) Speciale » tedeschi e anche meglio protetti (57 mm. di corazza contro zo mm.). Prima che iniziasse la battaglia le 2 divisioni corazzate inglesi schierate lungo la linea di Gazala erano state equipaggiate con

‘quasi 170 di questi carri Grant. Appare dunque del tutto ingiustificata la tesi, così spesso ripetuta, secondo cui nella battaglia di Gazala gli inglesi impiegarono

carri armati

inferiori a quelli tedeschi. Al contra-

rio, gli inglesi godevano di una netta superiorità sul piano qualitativo non

meno

che su quello quantitativo.

ì Per un più approfondito esame di questa faccenda, vedi B. H. Liddell Hart, The Tanks, cit., vol, II, pp. 92-98 e pp. 154-156.

377

LA SVOLTA

1942

Anche in termini di cannoni anticarro gli inglesi potevano di nuovo contare su una buona superiorità qualitativa, grazie all'arrivo di un gran numero di pezzi da 6 libbre (577 mm.), la cui capacità di penetrazione era superiore del gd per cento a quella del cannone anticarro da zo mm. a canna lunga dei tedeschi. I cannoni da 6 libbre arrivati erano stati sufficienti per equipaggiare ambedue le brigate di fanteria motorizzata e i battaglioni motorizzati delle brigate corazzate. Indubbia-

mente il cannone tedesco da 88 mm. restava tuttora il più formidabile « giustiziere di carri », ma Rommel ne aveva solo 48, e inoltre il loro alto e voluminoso affusto li rendeva assai più vulnerabili di tutti i cannoni anticarro di tipo normale impiegati da ambedue le parti. L’analisi dei fattori tecnici non fornisce dunque alcuna adeguata spiegazione della disfatta subita dall’8* armata a Gazala. In realtà, tutti gli elementi di cui siamo a conoscenza dimostrano chiaramente che essa fu soprattutto dovuta alla superiore capacità tattica dei tedeschi in ge-| nerale, e alla loro combinazione tattica di carri armati e cannoni anticarro in particolare.

La linea fortificata di Gazala era presidiata dal XIIl corpo, ora agli | ordini del generale di corpo d’armata « Strafer »! Gott, con 2 divisioni | di fanteria in posizione avanzata: la 1* sud-africana a destra e la 50* a | sinistra. Al XXX corpo, ancora agli ordini di Norrie e comprendente | quasi tutte le unità corazzate, era affidato il compito di coprire il fian- | co meridionale e anche di parare qualsiasi colpo corazzato nel settore | centrale, mossa che — chissà perché — i comandanti inglesi considera: | vano la più probabile mossa di Rommel. L'assegnazione al XXX corpo | di questo duplice compito si ripercosse negativamente sulla disposizione delle forze corazzate inglesi: mentre infatti la 1° divisione coraz- | zata si trovava nei pressi del Trigh Capuzzo, la 7* divisione corazzata (che aveva una sola brigata corazzata) era schierata una quindicina di | chilometri più a sud, dispersa lungo un ampio tratto di fronte per| assicurare copertura e appoggio alla brigata francese che presidiava Bir | Hacheim. Auchinleck aveva scritto a Ritchie suggerendo un concentra! Letteralmente

378

« mitragliare ». [N.d.7.]

%

L'ALTA

MAREA

DI ROMMEL

mento più serrato, ma purtroppo i suoi suggerimenti erano rimasti lettera morta.

La notte del 26 maggio, alla luce della luna, Rommel aggirò rapidamente il fianco inglese con le 3 divisioni tedesche e i 2 corpi celeri italiani, mentre le 4 divisioni italiane non motorizzate facevano manovra lungo la Linea di Gazala. Quantunque la sua mossa aggirante (alla quale prendevano parte più di 10.000 automezzi) fosse avvistata e segnalata prima che calasse l’oscurità, e poi di nuovo all’alba mentre si sviluppava nei pressi di Bir Hacheim, i comandanti inglesi continuarono a pensare che, in conformità alle loro aspettative, i tedeschi avrebbero sferrato l’attacco principale nella parte centrale del fronte. Le brigate corazzate inglesi tardarono a mettersi in moto ed entrarono così in azione in modo frammentario, mentre le 2 brigate motorizzate che si trovavano sul fianco meridionale, divise e senza alcun appoggio, venivano

disperse

dalle preponderanti

forze tedesche

in avanzata,

che ben presto travolsero il comando della 7* divisione corazzata e ne catturarono il comandante, generale F.W. Messervy (che però riuscì in seguito a fuggire). Per Messervy fu questo il secondo insuccesso nel giro di pochi mesi: egli era stato infatti al comando della 1* divisione corazzata quando Rommel l'aveva sorpresa e dispersa ad Antelat, in gennaio. Nonostante il successo iniziale, Rommel non poté realizzare il suo proposito di sviluppare la manovra fino alla costa in modo da tagliar fuori le divisioni attestate lungo la Linea di Gazala. Le sue divisioni corazzate ebbero infatti la spiacevole sorpresa di imbattersi per la prima volta nei carri Grant, che con i loro cannoni da 75 mm. erano in grado di fare fuoco con micidiale efficacia da una distanza troppo grande perché i Panzer tedeschi potessero replicare. Solo facendo affluire in prima linea un gran numero di cannoni anticarro, comprese tre batterie di pezzi da « 88 », e aggirando con i loro carri armati le forze corazzate inglesi — le cui unità e brigate operavano separatamente, ed erano quin-

di tanto più esposte a una simile azione di leva esercitata lateralmente — le divisioni corazzate riuscirono a farsi strada e a riprendere la marcia. Quando scese la sera, comunque, esse erano avanzate di soli 5 km. a nord del Trigh Capuzzo, a prezzo di ingenti perdite, e ancora una trentina di chilometri le separavano dalla costa. Rommel scrisse nel 379

LA SVOLTA

1942

suo diario: « Il nostro piano di travolgere le forze inglesi dietro la Linea di Gazala non ha avuto successo... L'arrivo sulla scena del nuovo carro armato americano ha aperto grandi vuoti nelle nostre file... più| di un terzo dei carri armati tedeschi è andato perduto nel corso di questa giornata ».! Nella seconda giornata Rommel compì un nuovo sforzo per raggiungere il mare,

ma

con

scarsi risultati e ulteriori

perdite. Al calar della

sera la sua speranza di ottenere una rapida vittoria era definitivamente svanita, anche se gli inglesi avevano fatto ben poco per approfittare della situazione di grave squilibrio in cui egli era venuto a trovarsi: un'occasione favorevole che non si sarebbe più ripresentata. La situazione di Rommel era tanto più precaria in quanto le sue colonne di rifornimento dovevano fare un lunghissimo giro intorno a Bir Hacheim, con il costante rischio di essere intercettate dalle forze aeree o corazzate | inglesi. Egli stesso sfuggì per poco alla cattura quando a bordo della; sua automobile si spinse in avanti per vedere di persona come andassero le cose; in questa occasione, anzi, egli fu doppiamente fortunato: infatti quando rientrò al comando operativo scoprì che « durante la no- | stra assenza gli inglesi avevano attaccato e disperso il mio stato mag; | giore ». L’Afrika Korps aveva ormai non più di 150 carri armati in | condizioni di combattimento e gli italiani go, mentre gli inglesi ne ave- | vano ancora a disposizione 420. | Dopo un

altro giorno speso in vani sforzi, egli ordinò

alla sua forma. |

zione d'assalto di mettersi in una posizione difensiva. Si trattava di una| posizione alquanto precaria, dal momento che si estendeva alle spalle| delle fortificazioni della Linea di Gazala, separata dal resto delle forze| tedesche dalle guarnigioni inglesi e da un’ampia fascia di campi mi- | nati. Combattere

« con

le spalle al muro » è poco

piacevole,

ma

com.

battere avendo alle spalle una barriera minata è ancora peggio. Durante i giorni seguenti l’aviazione inglese rovesciò su questa posi-| zione,

giustamente

battezzata

« Il Calderone » una

pioggia

di bombe, |

mentre l’8* armata l’attaccava da terra. I giornali erano pieni di trion-| fanti notizie in cui si affermava che Rommel era ormai in trappola, 1 The Rommel

380

Papers, pp. 207-208.

Nb

L'ALTA

MAREA

DI ROMMEL

mentre negli ambienti militari inglesi ci si abbandonava a una piacevole sensazione di sicurezza: ci sarebbe rare il colpo di grazia, e Rommel non arrendersi.

stato tutto il tempo per sferavrebbe potuto fare altro che

Eppure entro la sera del 13 giugno l’intera situazione registrò un radicale mutamento. Il 14 Ritchie abbandonò la Lineadi Gazala e diede il via a una rapida ritirata verso la frontiera che lasciò isolate le truppe

di guarnigione a Tobruk. Il 21 Rommel conquistò questa piazzaforte, catturando 35.000 uomini e un'immensa quantità di rifornimenti. Per gli inglesi fu questo il più grave disastro dell'intera guerra dopo la caduta di Singapore. Il giorno dopo il resto dell’8* armata abbandonò la sua posizione sulla frontiera nei pressi di Sollum, battendo frettolosamente in ritirata verso est attraverso il deserto, con Rommel che incalzava alle spalle. Che cosa aveva provocato un così drammatico rovesciamento della si-

tuazione? Raramente nella storia si era assistito a una battaglia così aggrovigliata, e neppure in seguito si è mai riusciti a sbrogliare del tutto l’intricata matassa.

Il « mistero del Calderone » non

solo ha con-

tinuato a eludere gli sforzi di quanti hanno tentato di scriverne la storia dal punto di vista di incertezza a causa Oltre a quello della mati, un altro mito

inglese, ma anzi si è dei miti sorti intorno pretesa superiorità di è quello secondo cui

arricchito di ulteriori motivi a esso. Rommel quanto a carri argli inglesi persero il grosso

dei loro carri armati, e l’ago della bilancia si spostò bruscamente dalla parte di Rommel, nel corso di un'unica, fatale giornata: quella del 13 giugno. In realtà essa fu solo il momento culminante di tutta una serie . di giorni disastrosi. La chiave per chiarire il « mistero del Calderone » deve essere ricercata nelle annotazioni di Rommel della sera del 27 maggio: ... malgrado mista

la precarietà della situazione e i problemi

in merito

alle

conseguenze

della

battaglia.

spinosi... io ero molto otti-

Infatti

Ritchie

aveva

gettato

in

battaglia le sue forze corazzate in modo frammentario, fornendoci così la possibilità di affrontarle in ogni singola occasione con un numero adeguato di nostri carri armati... Essi non

1 The Rommel

avrebbero mai dovuto commettere

l’errore di dividere le loro forze.!

Papers, cit., p. 208.

981

LA SVOLTA

1942 Il

Egli scriveva poi di essersi deciso a passare sulla difensiva, attestandosi; in

quella

che

poteva

sembrare

una

posizione

pericolosamente

|

esposta,

confidando... che gli inglesi non avrebbero osato impiegare una parte considerevole] delle loro forze corazzate per attaccare gli italiani sulla linea di Gazala [fintantoché! ingenti forze corazzate tedesche fossero state in grado di minacciare le loro retrovie]... Pertanto io prevedevo che le brigate meccanizzate inglesi avrebbero continuato al sbattere la testa contro il nostro ben organizzato fronte difensivo, consumando così

progressivamente le loro risorse.!

L’idea di Rommel funzionò fin troppo bene. Gli inglesi si ostinarono) a sferrare contro la sua posizione tutta una serie di frammentari el dispendiosi attacchi frontali che finirono col rivelarsi la peggior formal di cautela. Rommel non solo li respinse l’uno dopo l’altro, ma nel con-4 tempo riuscì ad attaccare con forze preponderanti e a espugnare la po-! stazione isolata di Sidi Muftah, situata alle sue spalle e presidiata dalla) CL brigata di fanteria, e ad aprire attraverso i campi minati un varco) attraverso il quale far passare i rifornimenti. Quattro giorni dopo, e cioè il 5 giugno, Ritchie lanciò contro la posizione di Rommel un attacco su più vasta scala. Ma ancora una voltal l’azione fu condotta in modo frammentario, mentre i difensori benefi-| ciarono della lunga pausa che gli inglesi avevano loro concesso e durante la quale avevano potuto organizzare e rafforzare la loro posizione. Il complesso piano di attacco risentì di tutta una serie di contrattempi,| e finì con lo sfociare in una successione disarticolata di assalti troppo frontali che i tedeschi respinsero con relativa facilità. Entro la seconda sera le perdite subite in combattimento e i guasti meccanici avevano ridotto a non più di 170 i 400 carri armati con cui gli inglesi avevano iniziato l'attacco. Inoltre, approfittando della confusione che regnava nelle file degli attaccanti la prima sera Rommel replicò improvvisamente con una mossa a tenaglia che disperse una delle brigate della 5* divisione indiana e si chiuse alle spalle di un’altra, che fu poi annien-| tata nel corso della giornata seguente con tutta l'artiglieria divisionale di appoggio. La cattura di 4 reggimenti d’artiglieria e di 4000 uomini costituì per Rommel, in quella fase della battaglia, un successo di grande importanza. 1 The Rommel Papers, cit., p. 211. 982

%

O

L'ALTA

MAREA

DI ROMMEL

Nonostante i loro spasmodici sforzi, le brigate corazzate inglesi non riuscirono a impedire ai tedeschi di portare a termine questa operazione. Ad aggravare la situazione era intervenuto un ennesimo, grave incidente: il comandante della 7* divisione corazzata, Messervy, era stato costretto ad abbandonare frettolosamente il teatro della battaglia la sera prima, quando i carri armati tedeschi avevano travolto il comando, della 5* divisione indiana. Per lui si trattò della seconda uscita di scena durante quella battaglia. Intanto Rommel stava procedendo all'amputazione di un’altra importante parte dello schieramento dell'8* armata. La sera del 1° giugno, subito dopo aver reciso la postazione di Sidi Muftah, egli aveva inviato un gruppo da combattimento tedesco e la divisione Trieste ad attaccare la postazione ancora più isolata di Bir Hacheim, situata sul fianco meridionale e presidiata dalla I brigata della Francia Libera. I francesi opposero una resistenza così accanita da costringere Rommel a recarsi di persona nelia zona per assumere il comando delle forze d’attacco, e da fargli poi dire: « In nessun'altra occasione in Africa mi accadde di dover lottare così duramente ». Fu solo il decimo giorno che i tedeschi aprirono una breccia nelle difese francesi, senza per altro riuscire a impedire che buona parte della guarnigione si mettesse in

salvo con il favore delle tenebre. A questo punto Rommel aveva creato tutte le premesse per compiere un nuovo e più lungo balzo in avanti. Sebbene grazie all’arrivo di nuovi rinforzi le brigate corazzate inglesi disponessero ora di un totale di 330 carri armati — più del doppio di quelli dell’Afrika Korps — il morale sia delle truppe che dei comandanti era stato duramente scosso dalle sconfitte dei giorni precedenti, mentre invece i tedeschi sentivano aria di vittoria.

L'11

giugno

Rommel

si mise in marcia

verso

est, e il

giorno dopo strinse tra le sue divisioni corazzate 2 delle 3 brigate coO razzate inglesi, che si videro così costrette a ingaggiare battaglia in una | zona ristretta che non offriva loro alcuna possibilità di sottrarsi al micidiale fuoco incrociato del nemico. Forse avrebbero potuto fare qualcosa di più per sfuggire alla trappola se proprio in questa fase non fossero state private del loro comandante: sorpreso dall’avanzata tedesca mentre stava recandosi dal comandante d'armata, Messervy era infatti, ancora una volta, rimasto tagliato fuori dalle sue truppe per 383

LA SVOLTA

1942

la terza volta in tre settimane. Verso la metà del pomeriggio del 12 la trappola si chiuse intorno alle 2 brigate corazzate, e solo pochi superstiti riuscirono a mettersi in salvo; nel frattempo la III brigata, sopraggiunta in soccorso delle àltre 2, subiva pesanti perdite a opera dei te-

deschi ben appostati. Il 13 Rommel

piegò verso nord e costrinse gli

inglesi ad abbandonare il caposaldo « Knightsbridge », continuando nello stesso tempo a incalzare dappresso i resti delle forze corazzate

inglesi in ritirata. Quando scese la sera i carri armati inglesi erano ri- | dotti ad appena un centinaio. Per la prima volta, dunque, i Panzer di Rommel

erano

masti padroni di ricuperare (cosa che non Il 14 giugno

ora superiori anche

sul piano quantitativo;

essendo

ri-

del campo di battaglia, i tedeschi furono inoltre in grada | e riparare molti dei loro carri armati rimasti danneggiati | fu invece possibile agli inglesi). l’Afrika Korps si rimise in marcia verso nord, puntando |

lungo la direttrice di Acroma verso la strada costiera, e minacciando | così di tagliar fuori e intrappolare le 2 divisioni ancora schierate sulla Linea di Gazala. Ma l'avanzata delle forze corazzate tedesche fu | rallentata dapprima da un campo minato, attraverso il quale riuscirono | ad aprirsi un varco solo nel tardo pomeriggio, e poi dalla stanchezza|

degli uomini,

che

quando

scese

l'oscurità,

sordi

alle esortazioni

di

Rommel a non fermarsi prima di aver interrotto la strada costiera, caddero letteralmente addormentati. Fu una grossa fortuna per i sud-afri- |

cani: durante la notte, infatti, la lunga fiumana dei loro convogli motorizzati

poté ritirarsi verso

est lungo la strada, virtualmente

indistur-

bata. Solo parte della retroguardia fu tagliata fuori la mattina seguente, |

quando le truppe corazzate ripresero la corsa verso il mare. Per mettersi |

in salvo, l’altra divisione, la 50* inglese, fu invece costretta a dirigersi verso

ovest,

sfondando

il fronte

italiano,

e a compiere

poi un

lungo |

giro piegando a sud e infine a est per raggiungere la frontiera. Anche | la 1* divisione sud-africana, sfuggita per poco alle forze corazzate, continuò la sua ritirata verso la frontiera, distante più di 150 km., 110 km. | al di là di Tobruk. |

Auchinleck, che non pensava affatto a un passo indietro di questa en- | tità, diede istruzioni a Ritchie affinché le diverse unità dell’8* armata |

si attestassero lungo una linea a ovest di Tobruk. formò il suo comandante

384

Ma Ritchie non in-

in capo che le divisioni della Linea di Gazala

L'ALTA

MAREA

DI ROMMEL

erano già in marcia verso la frontiera, e quando Auchinleck fu messo al corrente di questo fatto era ormai troppo tardi per porvi rimedio. Peggio ancora, le forze inglesi si comportarono come il classico asino di Buridano. Il 14 giugno, quando già gli inglesi avevano cominciato a ritirarsi, Churchill inviò questo veemente messaggio: « Presumo che in ogni caso l'abbandono di Tobruk sia fuori discussione ». Egli ribadì poi questo ammonimento con altri telegrammi in data 15 e 16 giugno. Queste parole provenienti dalla lontana Londra provocarono il madornale errore che costituì il degno coronamento di tutti quelli compiuti nei giorni precedenti. L’avventata decisione di lasciare a Tobruk una parte del. l’8* armata mentre il resto si ritirava verso la frontiera, offrì infatti a Rommel un'occasione ideale per soverchiare le forze isolate a Tobruk prima che esse avessero

il tempo di approntare

difese adeguate.

Raggiunta la costa, le forze corazzate fatte ripiegare prontamente da Rommel,

girarono

attorno

al perimetro

di Tobruk,

a est

espugnando

o

isolando le posizioni allestite dagli inglesi nelle retrovie dell’8* armata, e proseguirono la loro rapida marcia fino a conquistare i campi di aviazione di Gambut, a est di Tobruk. Nel corso di questa manovra esse sospinsero energicamente da parte i resti delle brigate corazzate inglesi, ai quali non restò altro da fare che ritirarsi verso la frontiera. Ma per il momento Rommel non si preoccupò di inseguirle. Non appena conquistati i campi di Gambut, infatti, egli fece di nuovo invertire la rotta alle sue forze e con sbalorditiva rapidità organizzò un attacco contro Tobruk. Della guarnigione facevano parte la 2* divisione sudafricana (che includeva l'XI brigata indiana di fanteria) del generale Klopper, la Guards Brigade e la XXXII brigata corazzata con 70 carri armati. Avendo visto le forze corazzate di Rommel procedere verso est, gli inglesi non si aspettavano un attacco, e quando questo arrivò li colse impreparati. Alle 5.20 del 20 giugno su di un settore situato nella parte sud-orientale del perimetro l'artiglieria e i bombardieri da picchiata tedeschi scatenarono un violentissimo bombardamento, al quale fece quasi subito seguito un massiccio attacco di fanteria. Alle 8.30 i carri armati tedeschi stavano già dilagando attraverso una breccia aper385

LA SVOLTA

1942

ta nelle difese del perimetro, e Rommel in persona si recò sul luogo per accelerare la manovra di penetrazione. Nel pomeriggio, piegata la resistenza dei difensori ormai in preda alla confusione, le forze corazzate entrarono di slancio nella città. La mattina seguente il comandante della guarnigione, generale' Klopper, si convinse che sarebbe stato vano protrarre la resistenza, e poiché una ritirata era ovviamente impossibile giunse alla fatale decisione di arrendersi. Anche se alcuni piccoli contingenti riuscirono a mettersi in salvo, 35.000 soldati inglesi caddero prigionieri. La conseguenza di questo disastro fu che le superstiti forze di Ritchie dovettero

ritirarsi

precipitosamente

in Egitto, con Rommel

alle calca-

gna. Infatti fu proprio grazie all’immensa quantità di materiale di ogni genere caduto nelle sue mani a Tobruk che Rommel poté sostenere il lunghissimo inseguimento. Secondo Bayerlein, capo di stato maggiore dell’Afrika Korps, in quei giorni l’80 per cento dei mezzi di trasporto di Rommel era costituito da automezzi inglesi catturati! Ma pur assicurandogli i mezzi di trasporto, il carburante e i viveri necessari per mantenere la mobilità delle sue forze, il grande bottino di Tobruk non ne ripristinò evidentemente la forza di combattimento. Il 2g giugno, quando si mise in marcia verso la frontiera, l’Afrika Korps aveva an-

| |

cora solo 44 carri armati in condizione di combattere, mentre agli italiani non ne erano rimasti che quattordici. Nonostante ciò, fedele come sempre

Rommel

alla

massima

«non

concedere

respiro

al nemico

in

rotta »,

era più che mai deciso a proseguire.

Il giorno dopo la caduta di Tobruk, giunse in volo dalla Sicilia il | feldmarescialio Kesselring, che sostenne l’opportunità di sospendere| l'avanzata in Africa e sollecitò la restituzione delle sue unità aeree per | un attacco contro Malta, secondo quanto era stato convenuto in prece- |

denza. Anche l’Alto Comando italiano in Africa era contrario all'idea di andare avanti, e in effetti il 22 Bastico impartì a Rommel l’ordine |

di fermarsi; al che Rommel replicò di non avere intenzione di « accettare il consiglio », invitando poi scherzosamente quello che ufficialmente era un suo superiore a pranzare con lui al Cairo. Egli poteva permettersi libertà di questo genere dopo la grande vittoria riportata, tanto più che un messaggio proveniente dal quartier generale di Hitler aveva recato la notizia della sua promozione a feldmaresciallo in riconosci»

386

L'ALTA

MAREA

DI

ROMMEL

mento dei suoi grandi meriti nella recente vittoria. Per ottenere il permesso di continuare l’inseguimento Rommel si rivolse direttamente a Mussolini e a Hitler. Hitler e i suoi consiglieri militari erano da qualche tempo molto scettici in merito alle possibilità di successo del previsto attacco contro Malta, in quanto si erano convinti che la marina da guerra italiana si sarebbe ben guardata dall’appoggiare l'operazione affrontando la marina da guerra inglese, e che quindi i paracadutisti tedeschi lanciati su Malta avrebbero finito col trovarsi abbandonati a se stessi, senza rifornimenti e rinforzi. Un mese prima, il 21 maggio, Hitler aveva deciso che qualora Rommel fosse riuscito a conquistare Tobruk l’attacco contro Malta (denominato « Operazione Hercules ») sarebbe

stato

revocato.

Per parte

sua,

Mussolini

fu alquanto

sollevato

nello scorgere la possibilità di un'alternativa meno nefasta di questa fatica di « Hercules », e ben lieto di abbracciare l’idea di una linea d'azione che prometteva di essere assai più gloriosa. Il 24 Rommel ricevette il seguente messaggio radio: « Il duce approva l'intenzione della Panzerarmee di inseguire il nemico in Egitto ». Pochi giorni dopo Mussolini raggiunse in volo Derna, pronto a entrare trionfalmente al Cairo in groppa a un bianco destriero da lui fatto appositamente trasportare nel Nord Africa a bordo di un altro aereo. Secondo fonti italiane, quando fu informato che gli inglesi stavano lasciandosi alle spalle anche la linea di frontiera, lo stesso Kesselring cambiò idea, convenendo che l'inseguimento in Egitto era preferibile a un attacco contro Malta, e che in sostanza un simile attacco sarebbe stato superfluo. La precipitosa ritirata inglese dalla frontiera prima ancora che i tedeschi vi fossero arrivati giustificò e nello stesso tempo rafforzò la decisione di Rommel di procedere con la massima audacia. Essa fu una straordinaria dimostrazione della fondamentale importanza che può avere l’effetto esercitato da una sconfitta sul morale degli uomini, e un'ennesima riconferma del famoso detto napoleonico secondo cui « in guerra il morale sta al materiale come tre sta a uno ». Quando infatti decise di abbandonare la frontiera — « per guadagnare tempo con la distanza », come egli stesso telegrafò a Auchinleck — Ritchie aveva in campo 3 divisioni di fanteria quasi intatte, oltre a una quarta fresca in arrivo, e un numero di carri armati in condizioni di combattimento tre volte superiore a quello dell’Afrika Korps.

387

LA SVOLTA

1942

In realtà lo choc provocato dalle notizie provenienti da Tobruk era stato tale da spingere Ritchie a rinunciare senz'altro all’idea di tentare di difendere la frontiera, decisione che egli prese la notte del 20 giugno, sei ore prima della decisione di Klopper di arrendersi. Il proposito di Ritchie erà di arrestare

la ritirata a Mersa

Matruh,

e

di ingaggiare qui con Rommel una battaglia decisiva con le divisioni riportate indietro dalla linea di frontiera e con la 2* divisione neozelandese che stava per arrivare dalla Siria. Ma la sera del 2} giugno Auchinleck esonerò Ritchie e assunse direttamente il comando dell’8* armata. Dopo aver riesaminato i termini del problema con il suo più fidato ufficiale di stato maggiore, Eric Dorman-Smith, egli revocò l’'ordine

di attestarsi

nella

posizione

fortificata

di Matruh,

decidendo

di

combattere una battaglia più mobile nella zona di El Alamein. Non fu certo una decisione facile, in quanto non solo comportava il grosso problema di trasferire truppe e scorte di equipaggiamento, ma era an. | che destinata

a provocare

nuovo

allarme

in Gran

Bretagna,

e special. |

mente a Whitehall. Prendendo questa decisione Auchinleck dimostrò di | avere sangue freddo e nervi saldi. Anche se un’ulteriore ritirata poteva non essere giustificata dal rapporto di forze esistente sul piano materiale, essa rappresentava

do conto della sostanziale

probabilmente

debolezza

la soluzione

più saggia tenen- |

della posizione di Mersa

Matruh |

(che avrebbe potuto essere aggirata con relativa facilità) e del rapporto | di forze sul piano del morale. Se infatti non si poteva dire che le trup- | pe che stavano rifluendo in massa dalla frontiera fossero demoralizzate, | era chiaro che esse si trovavano in uno stato di grave confusione e che la loro fiducia nei propri mezzi era a dir poco scossa. Il comandante | neozelandese, generale di divisione sir Howard Kippenberger, noto sto-| rico della guerra,

che le vide arrivare nella zona

di Matruh

ha scritto

che esse gli erano apparse così « completamente confuse e disorganiz- | zate » che non gli era riuscito di « vedere anche una sola unità da com- | battimento — corazzata, di fanteria o di artiglieria che fosse — disposta in formazione ».! Rommel non aveva dato loro il tempo di riorganiz- | zarsi, e la rapidità del suo inseguimento aveva annullato la ragione| ! Howard

388

Kippenberger,

Infantry

Brigadier,

p. 127.

L'ALTA

MAREA

DI ROMMEL.

addotta da Ritchie per giustificare l'abbandono della frontiera: « guadagnare tempo con la distanza ». Non appena ricevuto l’assenso di Roma, nella notte fra il 23 e il 24 giugno, approfittando del chiarore lunare, Rommel attraversò la frontiera e si lanciò in avanti attraverso il deserto, e alla sera del 24, dopo aver coperto più di 150 km., raggiunse la strada costiera ben oltre Sidi Barrani, mancando di poco le colonne inglesi in ritirata (delle quali riuscì a intercettare solo alcuni piccoli contingenti di retroguardia). Entro la sera seguente le sue forze erano ormai a ridosso delle posizioni lungo le quali si erano attestati gli inglesi, a Matruh e più a sud. A causa della facilità con cui il nemico avrebbe potuto aggirare la posizione di Matruh, le forze mobili del XIII corpo (di Gott) appoggiate dalla divisione neozelandese erano state collocate a sud, nel deserto, mentre il compito di presidiare le difese di Matruh era stato affidato al X corpo (di Holmes), comprendente due divisioni di fanteria. Tra i due corpi si apriva un varco di circa 15 km. coperto soltanto da una fascia di campi minati. I tedeschi non si concessero alcuna pausa per preparare con cura l’attacco. Data l’esiguità delle sue forze, Rommel doveva puntare tutto sulla rapidità e sulla sorpresa. Mentre le forze corazzate inglesi disponevano ora di un totale di 160 carri armati (quasi metà dei quali del tipo Grant), egli aveva solo 60 carri tedeschi (un quarto dei quali Panzer II leggeri) e una manciata di carri italiani. Le forze di fanteria delle 3 divisioni tedesche ammontavano ad appena 2500 uomini, e quelle delle 6 divisioni italiane a non più di circa 6000. Fu un'idea a dir poco temeraria quella di Rommel di sferrare un attacco con forze di questo genere; eppure, con l’aiuto della rapidità e dell’effetto-morale ‘la sua temerarietà

fu compensata

da un completo trionfo.

Le 3 sparute divisioni tedesche che guidavano l'avanzata partirono all’attacco nel pomeriggio del 26. Due di esse erano arrivate di fronte al varco di cui abbiamo detto. La 90° leggera, che ebbe la fortuna di imbattersi nella parte meno profonda della fascia minata, entro mezzanotte poté spingersi per oltre 30 km. al di là di essa, e la sera seguente | raggiunse

di nuovo

la strada

costiera,

interrompendo

così la linea di-

retta di ritirata da Matruh. La 21* divisione corazzata impiegò più tempo per attraversare la doppia fascia minata che incontrò sul suo cam389

LA

SVOLTA

10942

mino, ma alle prime luci dell'alba riprese la marcia spingendosi in profondità per g0 km. circa e convergendo poi sulle retrovie della divi sione neozelandese

a Mingar

Qaim,

dove

prima di essere

bloccata

dai

neozelandesi riuscì a distruggere un buon numero dei loro mezzi di trasporto. Più a sud la 15* divisione corazzata si imbatté nelle forze) corazzate inglesi, che la tennero in scacco per quasi tutta la giornata.| Ma il fulmineo colpo sferrato in profondità dalla 21* divisione coraz-} zata e la conseguente minaccia alla direttrice di ritirata inglese avevano) provocato un effetto tale che nel pomeriggio Gott decise di ordinare?

la ritirata, ritirata che ben presto degenerò in una fuga caotica. La divisione neozelandese rimase così isolata, ma nel corso della notte noli

le fu difficile aprirsi un varco attraverso il sottile anello che il nemico le aveva stretto intorno. A _Matruh il X corpo fu informato della ritirata

del

XIII

corpo

solo

verso

l’alba

del giorno

seguente,

nove

ore

dopo che .i tedeschi avevano interrotto la sua direttrice di ritirata.. Tuttavia durante la notte seguente quasi due terzi degli uomini dell X corpo riuscirono

a mettersi

in salvo, col favore dell'oscurità, ritiran-\

dosi verso sud in piccoli gruppi. Ma 6000 uomini — un numero supe-; riore a quello degli effettivi dell’intera forza d’assalto di Rommel — furono fatti prigionieri, e un ingente quantitativo di rifornimenti edi equipaggiamento fu abbandonato, a tutto vantaggio di Rommel. | Nel frattempo le avanguardie corazzate avevano continuato ad avanzare con tale rapidità da far ben presto svanire la speranza inglese dil opporre una resistenza temporanea a Fuka. La sera del 28, arrivan+ do improvvisamente sulla strada costiera nei pressi di questa loca lità, esse sorpresero e soverchiarono i resti di una brigata indiana che già era stata dispersa nel corso dell’attacco iniziale, e la mattina sel

guente colsero in trappola alcune delle colonne fuggite da Matruh. La 90* leggera, che si era occupata di spazzar via gli ultimi focolai di resistenza a Matruh, riprese la sua marcia verso est lungo la strada c stiera quello stesso pomeriggio; entro mezzanotte essa coprì quasi 150i km., raggiungendo le avanguardie corazzate. Il mattino seguente — erai il 30 giugno — Rommel scrisse esultante alla moglie: « Solo 150 km. cil separano da Alessandria! ». Entro sera quella distanza si era ridotta a appena 100 km., e le chiavi dell’Egitto sembravano a portata di mano. ‘è

390

XX

LA MAREA

RIFLUISCE IN AFRICA

Il g0 giugno, con un’avanzata relativamente breve, i tedeschi si portarono

a ridosso

della

linea

di Fl Alamein,

in attesa

dell’arrivo

degli

italiani. Questa breve pausa per dare maggiore forza all’attacco fu forse fatale per le prospettive di successo di Rommel. Quella mattina infatti i resti delle brigate corazzate inglesi si trovavano ancora nel deserto a sud della strada costiera, inconsapevoli di essere state sopravvanzate dai mezzi corazzati di Rommel. Fu solo grazie all’esiguità delle forze lanciate al loro inseguimento che esse non rimasero intrappolate e non finirono nel « carniere » prima di portarsi al riparo della linea di El Alamein. Forse la momentanea pausa di Rommel fu dovuta a erronei rapporti del suo servizio informazioni in merito alla robustezza di quella posizione difensiva, In realtà, essa consisteva in 4 postazioni distribuite nel tratto di 55 km. compreso tra la costa e la ripida scarpata che terminava nella grande depressione di Qattara (la quale limitava, con i suoi acquitrini salati e le sue distese di sabbie mobili, le possibilità di una manovra aggirarte). La postazione più grande e più forte sorgeva sulla costa a El Alamein,

ed era presidiata dalla

1* divisione

sud-afri-

cana. La successiva, procedendo verso sud, era quella costruita con caratteristiche analoghe a Deir el-Shein, presidiata dalla 18* brigata indiana. La terza, 11 km. più a sud, era la postazione Bab el-Qattara (de-

nominata dai tedeschi Qaret el-Abd) presidiata dalla VI brigata neozelandese.

Infine, dopo altri 22 km., veniva

nuta da zione e formate state di Quando

una brigata della 5* divisione indiana. I varchi tra una postal’altra erano coperti da una catena di piccole colonne mobili con reparti di queste 3 divisioni e con i resti delle 2 che erano guarnigione a Mersa Matruh. stese il suo piano d’attacco per il 1° luglio, Rommel non era

quella di Nagb

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