Specchi nel cervello. Come comprendiamo gli altri dall’interno 9788832850772

Oggi sappiamo che i neuroni specchio non sono una bizzarria di una piccola porzione della corteccia premotoria ma riflet

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Specchi nel cervello. Come comprendiamo gli altri dall’interno
 9788832850772

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Dal catalogo Jaak Panksepp, Lucy Biven

Archeologia della mente Origini neuroevolutive delle emozioni umane

Daniel N. Stern

Le forme vitali L'esperienza dinamica in psicologia, nell'arte, in psicoterapia e nello sviluppo

Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia

Specchi nel cervello Come comprendiamo gli altri dall'interno

[lj &iffaelloCortina Editore

www.raffaellocortina.it

ISBN 978-88-3285-077-2

© 2019 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 2019 Stampato da Italgrafìca S.r.l., Novara per conto di Raffaello Cortina Editore Ristampe

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INDICE

Ringraziamenti

IX

Premessa

XI

1. Un cervello specchio

1

2. Azioni

35

3. Emozioni e forme vitali

93

4. Rispecchiamento e comprensione

141

5. Comprendere dall'interno

211

Conclusione

261

Abbreviazioni

265

Bibliografia

267

Indice analitico

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RINGRAZIAMENTI

Ci sono libri che sono il frutto del lavoro di più di una persona. Questo è uno di quelli, e non solo perché è scritto a quattro mani. Molti dei dati e delle idee presentati in questo libro sono, infatti, il risultato di anni di ricerche cui hanno contribuito in maniera decisiva un gran numero di amici e colleghi. Non possiamo menzionarli tutti, ma a tutti loro va la nostra gratitudine. Siamo grati, in particolare, a Michael Arbib, Luca Bonini, Stephen A. Butterfill, Luigi Cattaneo, Gergely Csibra, Luciano Fadiga, Pier Francesco Ferrati, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese, Alvin I. Goldman, Pierre J acob, Christian Keysers, James Kilner, Roger Lemon, Guy A. Orban, JeanMichel Ròy, Barry C. Smith per averci aiutato a riflettere sul meccanismo mirror e sul ruolo che esso ha nella comprensione delle azioni ed emozioni altrui. Non possiamo non riconoscere il nostro debito a Daniel Stern, con cui qualche anno fa abbiamo incominciato a esplorare i processi sottesi alla rappresentazi0ne delle forme vitali proprie come di quelle altrui, Desideriamo ringraziare anche l'équipe del Centro Chirurgia dell'Epilessia "Claudio Munari" dell'Ospedale Niguarda di Milano, in particolare Ivana Maria Sartorie Giorgio Lo Russo, e Pietro Avanzini. Un ringraziamento particolare va a Fausto Caruana, specie per le pagine sul disgusto e sul riso, e a Marzio Gerbella, cui dobbiamo non solo alcuni preziosi suggerimenti sulle caratteristiche anatomo-funzionali dei vari network cerebrali dotati di proprietà mirror, ma anche molte delle figure che corredano il presente volume.

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RINGRAZIAMENTI

Infine, non possiamo non ringraziare Giulio Giorello per il sostegno che ci ha sempre dimostrato e Raffaello Cortina per aver voluto fortemente questo libro. La nostra gratitudine va anche a Mariella Agostinelli per il garbo e la competenza con cui ha seguito il nostro lavoro, e a Giorgio Catalano e Martina Scarpa per la preziosa assistenza e l'attenta cura editoriale.

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PREMESSA

"Caro Giacomo, bisogna affrettarsi a scrivere un libro sui neuroni mirror (specchio), perché tra un paio d'anni diverranno conoscenza comune e nessuno ne parlerà più! " Così scriveva Michael Arbib, matematico e computer scientist di Los Angeles, verso la fine degli anni Novanta del secolo scorso, in una lettera a Giacomo Rizzolatti. Il libro l'abbiamo poi scritto noi - senza molta fretta a dire il vero, visto che è uscito nel 2006, col titolo, in italiano, di So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Diversamente da quanto pensava Michael, però, i neuroni mirror avevano continuato, e continuano, a far parlare di sé specialisti e non, come testimoniato dal successo del nostro testo. Più di dieci anni dopo, le cose non sono cambiate. Anzi. Oggi sappiamo che la proprietà mirror - per cui un neurone risponde quando un comportamento di un certo tipo è compiuto in prima persona e quando è osservato compiere da altri - non è una bizzarria di una piccola porzione di neuroni di un'area, a sua volta piuttosto piccola, della corteccia premotoria, bensì caratterizza una parte consistente del nostro cervello di primati. Inoltre, moltissimi studi hanno contribuito a incrementare enormemente la nostra conoscenza di come funzionino e di quale ruolo possano avere i neuroni dotati di proprietà mirror, restituendocene un'immagine molto più ricca e sfaccettata. Infine, neuroni con proprietà mirror sono stati descritti anche in specie lontane da noi, come marmosette, uccelli canterini, pipistrelli e ratti. Per questo abbiamo deciso di tornare XI

PREMESSA

a scrivere insieme un libro, prendendoci lo spazio necessario per discutere tanto i nuovi dati sperimentali quanto, soprattutto, le relative implicazioni teoriche. Uno degli obiettivi di questo libro è mostrare come la proprietà mirror rifletta un meccanismo neuronale fondamentale, dotato di caratteristiche funzionali uniche. Cominceremo, nel primo capitolo, col disegnare una mappa di tutte le aree (a oggi) note per avere risposte mirror e l'analizzare il tipo di meccanismo che quelle risposte istanziano. Ciò ci permetterà di evidenziare come le risposte mirror implichino una trasformazione delle rappresentazioni sensoriali concernenti il comportamento altrui nelle rappresentazioni e nei processi che chi osserva recluterebbe se fosse lei o lui a esibire quel tipo di comportamento. Poiché le aree dotate di proprietà mirror possono avere caratteristiche anatomo-funzionali molto diverse tra loro, possono variare sia le rappresentazioni sensoriali in entrata sia, soprattutto, il tipo di rappresentazioni e processi in uscita. Come avremo modo di vedere, le risposte mirror registrate dalle aree motorie sono, per esempio, diverse da quelle registrate in centri come l'insula o l'amigdala. Ciononostante, comune a queste (e a tutte le altre) risposte mirror è il fatto che esse istanziano un meccanismo di trasformazione che fa uso di rappresentazioni e processi coinvolti in comportamenti in prima persona per elaborare l'informazione relativa a comportamenti simili quando questi sono osservati in altri - un meccanismo che, data la propria natura e la diffusione delle risposte mirror, pare costituire un principio basilare dell'organizzazione e del funzionamento dell'intero sistema nervoso. Nel secondo capitolo ci concentreremo sulle azioni, passando in rassegna tanto i primi studi quanto quelli più recenti che suggeriscono come le risposte mirror possano comportare una trasformazione delle rappresentazioni sensoriali concernenti le azioni osservate nelle rappresentazioni motorie di possibili scopi d'azione simili a quelle che chi osserva recluterebbe se fosse lei o lui a pianificare ed eseguire azioni dirette a scopi di quel tipo. Mostreremo come tale trasformazione non sia legata ai meri aspetti visivi dell'azione osservata, e nemmeno a una specifica

XII

PREMESSA

modalità sensoriale, dipendendo piuttosto primariamente dalla capacità di chi osserva di rappresentare motoricamente possibili scopi d'azione. Prova ne è che più cresce siffatta capacità, più aumenta la possibilità di rispecchiare tali scopi quando le azioni sono osservate invece che eseguite. Una delle scoperte più importanti è che il meccanismo mirror non è prerogativa delle aree cerebrali coinvolte nella rappresentazibne motoria dell'azione, ma contraddistingue anche alcuni centri, come l'insula, l'amigdala e il cingolo, tipicamente coinvolti nella produzione delle risposte motorie e viscerali caratteristiche di specifiche reazioni emotive, come quelle di disgusto, paura o ilarità. Nel terzo capitolo vedremo come una smorfia di disgusto, un'espressione di paura o una risata ilare possano innescare in chi le osserva rappresentazioni e processi visceromotori simili a quelli che concorrono a determinare reazioni emotive di quel tipo quando queste sono vissute in prima persona. Qualcosa di analogo vale anche per quelle che Daniel Stern ha chiamato forme vitali, riferendosi con questa locuzione agli aspetti che caratterizzano la dinamica di un'azione o di una reazione emotiva e che, sovente, ci portano a dire di una stretta di mano che è energica, di una carezza che è delicata, di uno scatto d'ira che è violento o di un sorriso che è accennato. Per quanto le ricerche in questo campo siano solo all'inizio, più di un dato suggerisce che vi siano aree, come la porzione dorso-centrale dell'insula, dotate di proprietà mirror per le forme vitali delle azioni. Anche in questo caso, un'azione compiuta in maniera, poniamo, gentile o energica indurrebbe in chi la osserva processi e rappresentazioni motorie simili a quelli di cui si servirebbe se fosse lei o lui a compiere quell'azione con quella determinata forma vitale. Una volta mostrato che il meccanismo mirror è presente in regioni cerebrali diverse di specie differenti e che le trasformazioni che esso comporta possono riguardare, almeno nel caso del nostro cervello di primati, non solo possibili scopi d'azione, ma anche reazioni emotive e aspetti affettivi, resta da chiedersi se tale meccanismo possa avere una qualche funzione, e nel caso quale, dal punto di vista cognitivo. Non c'è dubbio che si XIII

PREMESSA

tratti di una delle questioni, se non la questione più dibattuta negli ultimi anni. La tesi che intendiamo presentare e difendere negli ultimi due capitoli di questo volume è che le risposte mirror abbiano un ruolo distintivo nella comprensione delle azioni, delle emozioni e delle forme vitali altrui. Nel quarto capitolo passeremo in rassegna le principali linee di evidenza che nel corso degli anni si sono accumulate a sostegno della nostra tesi, mentre nel quinto ci soffermeremo a chiarire quale tipo di comprensione le risposte mirror renderebbero possibile. Distingueremo a tal fine tra comprensione basilare e comprensione piena, sottolineando come, se per avere una comprensione basilare di un'azione è sufficiente identificare Io scopo o gli scopi cui l'azione in questione è diretta, per comprenderla appieno occorra, tra le altre cose, che si abbia una qualche conoscenza degli stati mentali che possono aver motivato l'agente a compiere quell'azione. Lo stesso vale per le emozioni o le forme vitali: una cosa è identificare il tipo di emozione provato da una persona o il tipo di forma vitale esibito da una sua azione o una sua reazione, un'altra è dar conto del perché quella persona, con quel tipo di carattere, di stato d' animo, di sensibilità e di credenze abbia potuto provare quel tipo di emozione o esibire quel tipo di forma vitale in relazione a quella data situazione. Una distinzione di questo tipo ci permetterà di compiere un primo passo nel chiarire in che senso il meccanismo mirror avrebbe un ruolo distintivo nella comprensione delle azioni, delle emozioni e delle forme vitali altrui. Mostreremo, infatti, come le risposte mirror e le trasformazioni corrispondenti siano sufficienti, a parità di condizioni, perché si abbia una comprensione basilare di un'azione, una reazione emotiva o una forma vitale, influenzando al contempo la stessa capacità che chi osserva ha di giudicare quelle azioni, emozioni o forme vitali. Tutto ciò non esclude la possibilità che le azioni, le emozioni e le forme vitali altrui siano comprese da chi osserva sulla base di rappresentazioni e processi diversi da quelli innescati dalle risposte mirror e dalle trasformazioni corrispondenti. Anzi, proprio il confronto con forme di comprensione diverse ci conXIV

PREMESSA

sentirà di specificare cosa sia proprio della comprensione delle azioni, delle emozioni e delle forme vitali altrui resa possibile dalle risposte mirror. Nel far questo ci avvarremo di una nozione, quella di comprensione dall'interno (understanding/rom the inside), su cui abbiamo riflettuto negli ultimi anni e che dobbiamo, almeno nella sua forma iniziale, a un'intuizione di Mare Jeannerod, per cui il meccanismo mirror consentirebbe di catturare le "componenti intrinseche" dell'azione osservata, a cominciare dai possibili scopi cui essa sarebbe diretta (Jeannerod, 2004). Grazie alla risposta mirror, chi osserva entrerebbe, per così dire, nell'azione osservata, andando oltre la superficie degli aspetti sensoriali, dal momento che può contare su processi e rappresentazioni di tipo motorio simili a quelli che rendono possibile l'esecuzione in prima persona di quel tipo d'azione. Non c'è nulla di misterioso o di strano in tutto questo. Chiunque sia esperto in una qualsiasi attività che richieda abilità motorie - sia un ballerino, un pianista, un giocatore di pallacanestro o un judoka, poco cambia - ritiene, a ragione, di avere un accesso, per così dire, privilegiato a quel tipo di azioni, anche quando le osserva compiute da altri, specie se esibiscono un'abilità analoga alla sua. Non a caso, chi possiede tali abilità è spesso molto più rapido e accurato nel comprendere quelle azioni rispetto a chi non le possiede. E lo è perché le comprende in maniera diversa, sfruttando le stesse risorse neuronali e rappresentazionali che userebbe se dovesse compiere quelle azioni in prima persona. Ciò vale ancora di più per le emozioni - come avremo modo di vedere considerando alcuni casi emblematici di pazienti con lesioni in aree con proprietà mirror. La nozione di comprensione dall'interno ammette, però, anche una seconda accezione, che in qualche modo consente di integrare ed estendere la prima. Ciò che caratterizza la comprensione dall'interno non sarebbe soltanto l'uso di rappresentazioni che sono di norma coinvolte nell'agire o nel provare emozioni in prima persona. Sarebbe anche, e soprattutto, il fatto che tali rappresentazioni possono plasmare l'esperienza che si ha di un'azione o di un'emozione di un certo tipo, non

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PREMESSA

solo quando la si compie o la si prova in prima persona, ma anche quando la si osserva compiuta o provata da qualcun altro. Come vedremo nel quarto e nel quinto capitolo, più di un dato sembra suggerire che il modo in cui si fa esperienza di un'azione o di un'emozione cambia al cambiare del modo in cui quell'azione o quell'emozione è rappresentata motoricamente o visceralmente. E questo non solo quando si agisce o si prova un'emozione in prima persona, ma anche quando azioni ed emozioni sono osservate eseguite o espresse da altri. Se così stanno le cose, una comprensione dall'interno delle azioni e delle emozioni, nonché delle forme vitali altrui, presupporrebbe un'esperienza di tali azioni, emozioni e forme vitali che, pur essendo chiaramente diversa dall'esperienza sottesa ali' agire o al provare un'emozione in prima persona, ne condividerebbe comunque alcuni aspetti fondamentali. Al di là delle ovvie differenze, compiere un'azione o provare un'emozione in prima persona e osservare qualcun altro fare altrettanto possono risultare fenomenologicamente simili rispetto al tipo d'azione o di emozione in gioco. Detto in altri termini, quello di cui facciamo esperienza quando osserviamo gli altri agire o provare un'emozione è simile a quello di cui facciamo esperienza quando siamo noi ad agire o a provare un' emozione in prima persona. Ed è, forse, questo che rende così speciale il rispecchiare le azioni e le emozioni altrui: esso può generare uno spazio condiviso non solo di processi e rappresentazioni, ma anche, e soprattutto, di esperienze.

XVI

1 UN CERVELLO SPECCHIO

In questo capitolo iniziale ci proponiamo di fornire una mappa delle diverse aree cerebrali che nel corso degli anni si sono rivelate dotate di proprietà mirror e di mostrare che, lungi dall'essere prerogativa di questa o quell'area, tale proprietà può oggi essere considerata un principio fondamentale dell'organizzazione e del funzionamento dell'intero sistema nervoso. Per proprietà mirror (o specchio) intendiamo la proprietà di neuroni di rispondere sia quando un comportamento di un certo tipo è compiuto in prima persona sia quando si osserva compiuto da altri. Nelle pagine che seguono prenderemo le mosse dai primi studi che, negli anni Novanta del secolo scorso, hanno portato un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma alla scoperta di neuroni mirror (neuroni specchio) nella corteccia premotoria del macaco. Ci soffermeremo poi sulle ricerche che negli anni successivi hanno rilevato la presenza di neuroni mirror in altre aree del lobo frontale, parietale e prefrontale. Passeremo quindi a esaminare, sia pure brevemente, la ricca letteratura che ha consentito di individuare nel cervello umano aree dotate di proprietà mirror non solo nel lobo frontale e in quello parietale, ma anche in centri quali l'insula, l'amigdala e il giro del cingolo. Prenderemo, infine, in considerazione alcuni lavori su altre specie, quali marmosette, uccelli, ratti e pipistrelli, cercando così di offrire una prima caratterizzazione del meccanismo e dei processi alla base di quello che risulta essere un cervello specchio. 1

SPECCHI NEL CERVELLO

NEURONI CON PROPRIETÀ MIRROR NEL MACACO I primi dati Per lungo tempo si è ritenuto che la corteccia frontale agranulare, che corrisponde alle aree 4 e 6 di Brodmann ed è classicamente considerata come corteccia motoria, fosse composta nel macaco da due aree funzionalmente distinte: la corteccia motoria primaria, caratterizzata da una rappresentazione completa e dettagliata dei movimenti, e la corteccia motoria supplementare, in cui tale rappresentazione è più grossolana. 1 Oggi sappiamo, grazie soprattutto ai lavori di Massimo Matelli e collaboratori dell'Università di Parma, che la corteccia frontale agranulare risulta formata da sette aree diverse dal punto di vista anatomico, che per convenzione sono identificate da una lettera F, che sta per "frontale", seguita da una cifra araba da 1 a 7 (Matelli et al., 1985; Matelli et al., 1991; Belmalih et al., 2007). Fl si riferisce alla corteccia motoria primaria (talvolta indicata anche come MI) e corrisponde all'incirca all'area 4 di Brodmann. L'area 6 risulta, invece, distinta in tre regioni principali (mesiale, dorsale, ventrale), a loro volta suddivise in una parte rostrale (anteriore) e in una caudale (posteriore): la regione mesiale è formata dalle aree F3 (SMA) e F6 (pre-SMA); quella dorsale (corteccia premotoria dorsale, PMd) dalle aree F2 (PMd propriamente detta) e F7 (pre-PMd); infine, quella ventrale (corteccia premotoria ventrale, PMv) dalle aree F4 e F5 (Figura 1.1). 1. Chiunque abbia una qualche familiarità con i manuali di neurofisiologia sicuramente ricorderà il celebre simiunculus di Clinton Woolsey o l' altrettanto celebre homunculus di Wilder Penfìeld, ottenuti alla metà del Novecento tramite stimolazione elettrica della corteccia motoria (rispettivamente, della scimmia e dell'uomo) mediante macroelettrodi posti sulla sua superficie. Entrambi distinguevano due aree motorie: l'area motoria primaria (Ml/Fl) e l'area motoria supplementare (SMA, talvolta indicata anche come MII/F3), dotate di una rappresentazione completa dei movimenti, più dettagliata in MI, più grossolana in SMA. Per maggiori dettagli su questo punto ci sia consentito il rimando a Rizzolatti e Sinigaglia (2006).

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UJ\T CERVELLO SPECCHIO

Figura 1.1 Visione latera le e mesiale del cerve llo del macaco che rivela la parcellizzazione anatomo-funziona le della corteccia frontale agranulare. Abbreviazioni: IA solco arcuato inferiore, SA so lco arcuato superiore, C solco centra le, Cg solco del cingolo, IP so lco intraparietale, L scissura laterale o del Si lvio, Lu solco lunato, P solco principale, PO solco pa rieto-occipitale, ST solco temporale .

Sin dalla metà degli anni Ottanta, Giacomo Rizzolatti, Maurizio Gentilucci e collaboratori dell'Università di Parma hanno avviato uno studio sistematico delle proprietà fu nzionali delle aree motorie, in particolare dell'area F5 , avvalendosi della registrazione dei potenziali d'azione dei singoli neuroni (Gentilucci et al., 1988; Rizzolatti et al. , 1988). L'attività dei neuroni era registrata mentre il macaco eseguiva liberamente azioni di vario tipo, tutte facenti parte del suo naturale patrimonio motorio: per esempio, prendere un pezzetto di cibo, tenerlo in mano, portarlo alla bocca, ma anche rompere una nocciolina o allontanare un qualsivoglia oggetto. Talvolta, lo sperimentatore presentava una varietà di stimoli visivi comprendenti cibo o oggetti, diversi per forma, taglia e orien tamento, collocandoli vicino o lontano dall'animale. Inoltre, 3

SPECCHI NEL CERVELLO

poteva capitare che lo sperimentatore eseguisse di fronte al macaco azioni non dissimili da quelle che l'animale era solito compiere. La scelta di adottare un approccio di questo tipo si è rivelata particolarmente azzeccata. Essa ha, infatti, permesso di studiare le risposte dei neuroni di F5 (ma non solo!) in maniera etologica e di scoprire proprietà funzionali che difficilmente sarebbero potute emergere se l'attività di quei neuroni fosse stata registrata unicamente durante l'esecuzione di movimenti fissi e altamente stereotipati. La prima proprietà che è stata scoperta è una proprietà funzionale che caratterizza la maggior parte dei neuroni di F5: l'attivazione di tali neuroni durante l' esecuzione di una data azione rappresenta, nella maggior parte dei casi, lo scopo cui questa azione appare diretta, e non semplicemente questo o quel singolo movimento che concorre al raggiungimento di quello scopo (Rizzolatti et al., 1988). Come vedremo nel prossimo capitolo (pp. 35-42), si tratta di una proprietà che ha avuto un peso decisivo nella definizione del ruolo e delle funzioni delle rappresentazioni e dei processi di tipo motorio per come oggi li conosciamo. Una seconda scoperta è stata quella che una parte dei neuroni di F5 che rispondeva durante l'esecuzione di un'azione, come, per esempio, l'afferrare con pollice e indice un seme di girasole o un qualsiasi altro oggetto di piccola taglia, rispon deva anche alla semplice presentazione di quel pezzo di cibo o di qualsiasi altro oggetto afferrabile con quella presa - e questo sia quando il cibo o l'oggetto presentato era poi effettivamente afferrato sia quando ciò non avveniva (Rizzolatti et al., 1988; Murata et al., 1997). I neuroni caratterizzati da risposte motorie e visive congruenti di questo tipo sono stati chiamati

neuroni canonzcz. La terza e fondamentale scoperta - realizzata dal gruppo guidato da Rizzolatti e di cui facevano parte Luciano F adiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e, inizialmente, Giuseppe di Pellegrino - è stata che una porzione dei neuroni di F5 che rispondeva durante l'esecuzione di un'azione di un certo tipo rispondeva anche quando il macaco osservava lo sperimentato-

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UN CERVELLO SPECCHIO

re compiere quel tipo di azione. La semplice presentazione di stimoli visivi relativi a cibo o a oggetti vari non evocava alcuna risposta (di Pellegrino et al., 1992; Gallese et al., 1996; Rizzolatti, Fadiga, Gallese et al., 1996). A questi neuroni è stato dato il nome di neuroni mirroro specchio. La Figura 1.2 mostra l'attività di uno di essi. In basso (B) sono riportate le "scariche" del neurone.durante l'esecuzione di un'azione di prensione compiuta dal macaco. In alto (A) sono riportate le scariche dello stesso neurone durante l'osservazione, da parte del macaco, di un'azione di quel tipo compiuta, questa volta, dallo sperimentatore. È importante notare la congruenza dei profili di attivazione del neurone nelle due condizioni, di esecuzione e osservazione dell'azione, rispettivamente. A

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Figura 1.2 Risposte (A) visive e (B) motorie di un classico neurone mirror di F5 (di Pellegrino et al., 1992).

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SPECCHI NEL CERVELLO

Neuroni con proprietà mirror nel lobo frontale L'area F5 è localizzata nella porzione anteriore della corteccia premotoria ventrale (PMv). Giuseppe Luppino e collaboratori hanno evidenziato come quest'area non sia anatomicamente omogenea, ma consista di tre sotto-aree distinte dal punto di vista citoarchitettonico, ossia dell'ordinamento e della disposizione delle varie tipologie cellulari: F5 convessità (F5c), F5 posteriore (F5p) e F5 anteriore (F5a), rispettivamente (Belmalih et al., 2009). F5p e F5a sono localizzate nel banco posteriore del solco arcuato inferiore, mentre F5c si trova sulla convessità corticale (Figura 1.3). Vale la pena di notare che, mentreF5p eF5c sono anatomicamente e funzionalmente simili, F5a risulta essere un'area di transizione tra le aree prefrontali, tipicamente granulari, e le aree motorie agranulari. Questa differenza si riflette anche nelle connessioni corticali corrispondenti: F5c e F5p hanno, infatti, connessioni dirette con Fl; di contro, F5 a è virtualmente priva di connessioni con Fl, risultando però l'unica delle sottoaree di F5 a essere connessa con la corteccia prefrontale ventrolaterale (Matelli et al., 1986; Gerbella et al., 2011). Sulla base dei primi studi si pensava che i neuroni mirror si trovassero esclusivamente (o quasi) nell'area F5c e che l'area F5p fosse la sede dei neuroni canonici. Studi successivi (Bonini et al., 2014) hanno mostrato che sia i neuroni mirror sia i neuroni canonici si trovano in entrambe le aree, con una lieve predominanza dei neuroni mirror in F5c e dei neuroni canonici in F5 p (Figura 1.3). Molto interessante è stata la scoperta che i neuroni dell'area F5p che fanno parte del fascio corticospinale (o fascio piramidale) possono presentare proprietà mirror. Roger Lemon e collaboratori dello University College di Londra hanno mostrato che l'attività di circa il 50% dei neuroni da loro registrati era modulata dall'osservazione delle azioni altrui (Kraskov et al., 2009). Si noti che circa un terzo dei neuroni con proprietà mirror era inibito durante l'osservazione delle azioni compiute da altri (neuroni mirror di tipo inibitorio), mentre era eccitato durante l'esecuzione della stessa azione. 6

UN CERVELLO SPECCHIO

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/ Figura 1.3 Visione laterale e mesiale del cervello del macaco. A sinistra sono riportate le aree nascoste nel solco arcuato. In rosso sono evidenziate le due sotto-aree di FS che, stando ai dati attuali, risultano dotate di proprietà mirror.

In un lavoro successivo, Lemon e collaboratori hanno studiato l'attività dei neuroni corticospinali dell'area Fl, trovando che in molti di questi neuroni tale attività era modulata dall' osservazione delle azioni altrui (Figura 1.4). Come nel caso del fascio corticospinale che origina da F5, una parte di questi neuroni incrementava la propria risposta durante l'osservazione delle azioni altrui, mentre un'altra la inibiva (Vigneswaran et al., 2013 ). Tuttavia, rispetto ai neuroni omologhi di F5, le risposte visive dei neuroni mirror corticospinali di Fl erano molto più deboli. Ciò spiegherebbe come mai le prime registrazioni (Gallese et al., 1996; Fogassi et al., 2001) non avessero riscontrato alcuna attività mirror significativa in Fl. Neuroni con proprietà mirror o simili sono stati descritti anche nella corteccia premotoria dorsale (PMd), in corrispondenza dell'area F2(Figura1.4). Paul Cisek eJohn Kalaska dell'Università di Montréal hanno, infatti, registrato neuroni di F2 che

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SPECCHI NEL CERVELLO

si attivavano sia quando un macaco raggiungeva con un cursore un bersaglio precedentemente indicato tra due possibili, sia quando osservava il cursore, mosso dallo sperimentatore, raggiungere il bersaglio, a sua volta precedentemente indicato tra due possibili. Se il cursore era mosso in maniera corretta dallo sperimentatore, il macaco riceveva come premio una porzione di succo. L'aspetto interessante era che, a livello sia individuale sia di popolazione, l'attività neuronale nelle due condizioni era pressoché identica (Cisek, Kalaska, 2004). Esperimenti successivi hanno consentito di rilevare risposte mirror in compiti di questo tipo in neuroni tanto di F2 quanto di Fl (Tkach et al., 2007; Dushanova, Donoghue, 2010). Infine, uno studio recente ha esaminato l'attività di neuroni di F2 durante l'esecuzione e l'osservazione di azioni di prensione analoghe a quelle tipicamente utilizzate per indagare la proprietà mirror dei neuroni di F5. I risultati hanno mostrato che i neuroni di F2 non solo avevano risposte mirror in una percentuale comparabile a quella dei neuroni di F5, ma esibivano anche lo stesso tipo di congruenza tra risposte motorie e visive, benché le risposte motorie dei neuroni di F2 risultassero meno sensibili al tipo di presa eseguita rispetto a quelle dei neuroni di F5 (Papadourakis, Raos, 2018). Un'altra area in cui sono stati scoperti neuroni con proprietà mirror è l'area F6, che è localizzata anteriormente ali' area motoria supplementare propriamente detta (F3 o SMA) e che per questo è spesso indicata anche come area pre-SMA (Matsuzaka et al., 1992; vedi Figura 1.4). Pur avendo una struttura fondamentalmente agranulare, l'area F6 presenta caratteristiche di transizione verso le aree granulari del lobo prefrontale (Matelli et al., 1991). Inoltre, non proietta direttamente all'area Fl, essendo prevalentemente connessa con le aree premotorie posteriori e, analogamente a F5a, con la corteccia prefrontale (Luppino et al., 1993). Masaki Isoda e collaboratori del Riken Institute hanno registrato l'attività di neuroni di F6 da due macachi che dovevano a turno premere un pulsante tenendo conto della scelta fatta dall'altro (Yoshida et al., 2011). Hanno così individuato tre tipi di neuroni: neuroni che si attivavano soltanto durante

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UN CERVELLO SPECCHIO

Figura 1.4 Visione laterale e mesiale del cervello del macaco. In rosso le aree frontali che risultano, allo stato attuale, dotate di proprietà mirror.

l'esecuzione dell'azione (i cosiddetti neuroni sé), neuroni che si attivavano soltanto durante l'osservazione dell'azione compiuta dall'altra scimmia (neuroni altro) e, infine, neuroni che si attivavano in entrambe le condizioni, esibendo così la proprietà caratterizzante dei neuroni mirror. Risultati sostanzialmente analoghi sono stati ottenuti da Luca Bonini e collaboratori dell'Università di Parma, i quali hanno registrato l'attività di neuroni di F6 da macachi che eseguivano un classico compito di Go/NoGo, il quale consisteva nel raggiungere e afferrare oggetti di taglia diversa o nell'osservare la mano dello sperimentatore, seduto dietro il macaco, fare altrettanto (Livi et al., 2019). Anche in questo caso, si sono trovati neuroni che rispondevano solo quando l'azione di raggiungimento e prensione era compiuta dalla scimmia, neuroni che rispondevano soltanto quando l'azione era osservata compiere dallo sperimentatore e neuroni che rispondevano in entrambe le condizioni. Un dato nuovo e 9

SPECCHI NEL CERVELLO

molto interessante era che tutto ciò valeva anche per gli oggetti: vi erano, infatti, neuroni che rispondevano soltanto alla presentazione degli oggetti che doveva afferrare il macaco, neuroni che rispondevano soltanto alla presentazione degli oggetti che dovevano essere afferrati dallo sperimentatore e neuroni che rispondevano in entrambe le condizioni, a patto però che l'oggetto "rispecchiato" si trovasse a portata di mano del macaco.

Neuroni con proprietà mirror nel lobo parietale Una serie di altri studi di registrazione ha dimostrato la presenza di neuroni con proprietà mirror nel lobulo parietale inferiore (IPL). Le prime registrazioni hanno individuato neuroni mirror nelle aree della convessità di IPL e, in particolare, nelle aree PF e PFG (Gallese et al., 2002; Fogassi et al., 2005; Rozzi et al., 2008). Più di recente, neuroni mirror sono stati trovati anche nell'area intraparietale anteriore (AIP) (Pani et al., 2014; Maeda et al., 2015), nota da tempo per avere neuroni visuomotori con proprietà funzionali non dissimili da quelle dei neuroni canonici di F5 (Murata et al., 2000; vedi Figura 1.5). Per lungo tempo si è pensato che il lobo parietale posteriore avesse principalmente, se non esclusivamente, la funzione di associare e integrare l'informazione sensoriale in "percetti" che potessero poi essere usati nell'esplorazione del mondo circostante, sia come guida dell'azione sia come base per la categorizzazione. Le cose sono cambiate, però, quando si è scoperto che una parte consistente delle aree parietali posteriori era non solo somatotopicamente organizzata, ma anche dotata di neuroni con proprietà chiaramente motorie (Mountcastle et al., 1995; Hyvarinen, 1981; Andersen, 1987; Sakata et al., 1995). Oggi sappiamo che il lobo parietale posteriore è costituito da una pluralità di nodi connessi a centri diversi tra loro e con caratteristiche funzionali specifiche. A tale proposito, occorre ricordare come l'area PFG sia fortemente .connessa con le aree vicine del lobulo parietale inferiore (PF, PG, AIP e VIP), l'adiacente opercolo parietale, l'insula, le aree premotorie ventrali, in particolare l'area F5, e il lobo prefrontale, nella fatti10

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Figura 1.5 Visione laterale e mesiale del cervello del macaco. In rosso le aree parietali che risultano, allo stato attuale, dotate di proprietà mirror. A destra sono riportate le aree nascoste nel solco intraparietale (sopra) e laterale (sotto).

specie l'area 46 (Rozzi et al., 2006; Bruni et al., 2018); quanto all'area AIP, essa è a sua volta densamente connessa con le aree parietali limitrofe (PF, PFG, PG, LIP e VIP), ampi settori della corteccia temporale inferiore, l'insula, l'area F5 e la corteccia prefrontale ventrolaterale, in particolare l'area 12r e l'area 46v (Luppino et al., 1999; Borra et al., 2008; Borra et al., 2011; Gerbella et al., 2013; Lanzilotto et al., 2019) Neuroni mirror sono stati trovati anche in altre due aree parietali: l'area intraparietale ventrale (VIP) e l'area intraparietale laterale (LIP) (vedi Figura 1.5). Per quanto riguarda l'area VIP, è noto che, accanto a neuroni visivi, essa contiene neuroni bimodali, i quali rispondono a stimoli somatosensoriali e a stimoli visivi, quando questi sono presenti in prossimità della cute e intorno al campo recettivo tattile (Colby et al., 1993; Duhamel et al., 1998). In un originale esperimento, Akira Murata e collaboratori dell'Università Kinki di Osaka hanno scoperto che 11

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una parte dei neuroni bimodali di VIP rispondeva quando uno stimolo visivo era presentato sia in prossimità del macaco sia in prossimità dello sperimentatore, benché quest'ultimo si trovasse distante dall'animale da cui registrava (Ishida et al., 201 O). È importante notare che, in assenza dello sperimentatore, i neuroni di VIP non rispondevano a stimoli visivi presentati a quella stessa distanza. Inoltre le risposte a stimoli visivi in prossimità del macaco e dello sperimentatore erano congruenti tra loro, nel senso che, se il campo recettivo visivo del neurone VIP si trovava intorno al naso del macaco, il neurone rispondeva anche quando lo stimolo visivo era presentato in prossimità del naso dello sperimentatore. Quanto all'area LIP, si tratta di un'area che si trova nella parte posteriore del banco laterale del solco intraparietale (vedi Figura 1.5). È noto da tempo che quest'area riceve un ricco input dalle aree visive ed è connessa con il campo oculare frontale (FEF). Ciò spiega anche perché gran parte dei neuroni di LIP non solo risponda a stimoli visivi, ma si attivi anche durante i movimenti oculari saccadici (Andersen et al., 1997; Colby, Goldberg, 1999). Michael Platt e collaboratori della Duke University hanno registrato dall'area LIP di alcuni macachi che dovevano sia compiere un rapido movimento saccadico in una data direzione sia osservare un'immagine statica raffigurante un altro macaco che guardava nella stessa direzione o in quella opposta (Shepherd et al., 2009). È risultato che una parte dei neuroni di LIP rispondeva in maniera congruente alla direzione dello sguardo nella condizione esecutiva e in quella osservativa. Un'altra parte dei neuroni di LIP esibiva, invece, una soppressione quando la.direzione dello sguardo osservato era simile alla direzione che elicitava la risposta di quei neuroni durante l'esecuzione dei movimenti saccadici. Infine, neuroni con proprietà mirror sono stati individuati anche nella corteccia somatosensoriale secondaria (SII) (Figura 1.5). Sayaka Hihara e collaboratori del Riken Institute hanno, infatti, registrato l'attività di singoli neuroni di SII e delle regioni limitrofe durante la presentazione di stimoli visivi raffiguranti oggetti, movimenti della mano o azioni di prensione 12

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(Hihara et al., 2015). I risultati hanno mostrato che vi erano neuroni in SII che rispondevano selettivamente non solo alla presentazione di oggetti a portata di mano, ma anche all' osservazione di puri movimenti privi di scopo e, cosa ancora più interessante, di vere e proprie azioni di prensione.

Neuroni con proprietà mirror nel lobo prefrontale Studi recenti hanno individuato neuroni con proprietà mirror anche nel lobo prefrontale. Stefano Rozzi e collaboratori dell'Università di Parma hanno registrato l'attività dei neuroni della corteccia frontale ventrolaterale, in particolare della porzione rostrale dell'area 12 (12r), della porzione ventrale dell'area 46 (46v) e dell'area 45A (Figura 1.6) in macachi che osservavano dei video in cui erano presentati movimenti del braccio e della mano, talvolta finalizzati alla prensione di cibo o altro,

Figura 1.6 Visione laterale e mesiale del cervello del macaco. In rosso le aree prefrontali che risultano, allo stato attuale, dotate di proprietà mirror.

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o semplici movimenti di oggetti (Simone et al., 2017). I risultati hanno evidenziato la presenza in una buona percentuale dei neuroni registrati di risposte selettive all'osservazione di azioni di raggiungimento e di prensione compiute da un altro macaco o da uno sperimentatore - un dato questo in linea con quanto riportato da Guy Orbane collaboratori dell'Università di Lovanio in uno studio fMRI di qualche anno prima, in cui si riscontrava un'attivazione delle aree 45A e 46 durante l'osservazione, da parte del macaco, di azioni di prensione (Nelissen et al., 2005). L'aspetto per noi più interessante è che una parte dei neuroni registrati rispondeva anche durante l'esecuzione di azioni di raggiungimento e di prensione, risultando così dotata di proprietà mirror (Simone et al., 2015). Infine, neuroni con proprietà mirror sono stati trovati nell' area 9 (Figura 1.6), dove sono stati registrati neuroni che rispondevano alla rotazione del capo, sia quando era eseguita in prima persona, sia quando era osservata eseguire da altri (Lanzilotto et al., 2017).

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-~~-· · · · ··!.....·:..·.:.:x · · · Figura 1.7 Visione laterale e mesiale del cervello del macaco con tutte le aree dotate di proprietà mirror finora note.

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Avremo modo, nel prossimo capitolo, di analizzare in dettaglio le proprietà funzionali dei neuroni mirror e di precisare quale tipo di processi e di rappresentazioni le risposte mirror di tali neuroni possono evocare. Già da ora, però, appare chiaro come la proprietà mirror non riguardi unicamente l'area F5, identificando piuttosto varie aree localizzate nei lobi frontale, parietale e prefrontale (Figura 1.7). Non solo: come abbiamo visto, molte di queste aree risultano fortemente connesse tra di loro, dando origine a un insieme di circuiti, ciascuno dei quali concorre a elaborare, secondo le proprie caratteristiche funzionali specifiche, l'informazione concernente una data azione, sia essa compiuta in prima persona o osservata compiere da qualcun altro.

AREE DOTATE DI PROPRIETÀ MIRROR NELL'UOMO

I primi dati Sin dalla scoperta dei neuroni mirror nell'area F5 del macaco si è esplorata la possibilità che neuroni dotati della stessa proprietà fossero presenti anche nell'uomo. Diverse sono state le tecniche impiegate: dalla tomografia a emissione di positroni (PET) e dalla risonanza magnetica funzionale (fMRI) all'elettroencefalografia (EEG), alla magnetoencefalografia (MEG) e, infine, alla stimolazione magnetica transcranica (TMS). Il primo lavoro che si è prefissato di indagare la possibile attivazione delle aree motorie durante l'osservazione di azioni altrui è stato uno studio PET eseguito da Rizzolatti e collaboratori a metà degli anni Novanta in collaborazione con Ferruccio Fazio, Daniela Perani e collaboratori del San Raffaele di Milano, ali' epoca uno dei pochissimi centri, forse l'unico in Italia, a disporre di una simile tecnologia. Il risultato più importante è stato che l'osservazione di azioni di prensione, compiute da uno sperimentatore di fronte al soggetto sdraiato nello scanner, determinava, nel cervello di quest'ultimo, l'attivazione della

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porzione caudale del giro frontale inferiore (Rizzolatti, Fadiga, Matelli et al., 1996). Risultati simili sono stati ottenuti da uno studio realizzato da Rizzolatti e collaboratori con il gruppo di Scott Grafton, presso l'Università della California di Santa Barbara (Grafton et al., 1996). Un quadro più ricco delle aree premotorie coinvolte nell' osservazione dell'azione è stato ottenuto grazie a uno studio fMRI, condotto da Rizzolatti e collaboratori con il gruppo diretto da Hans Freund dell'Università di Diisseldorf presso il centro di ricerca di Jiilich, diretto da Karl Zilles (Buccino et al., 2001). Il confronto tra l'osservazione di azioni eseguite con effettori diversi (mano, bocca e piede, rispettivamente) ha rivelato l'esistenza di una somatotopia nell'area premotoria e nel lobulo parietale inferiore, che corrispondeva a quella classicamente descritta dalla neurologia clinica. Prove a sostegno della presenza di risposte mirror nell'uomo sono venute anche da tecniche elettrofisiologiche come la EEG e la MEG. Come è noto, le registrazioni EEG consentono di rilevare l'attività elettrica spontanea del cervello e di classificarne i differenti ritmi in base alle diverse frequenze d'onda: nei soggetti adulti normali, a riposo e a occhi chiusi, prevalgono il ritmo a (8-12 Hz) nelle regioni posteriori della corteccia cerebrale, e i ritmi cosiddetti desincronizzati, cioè ad alta frequenza e basso voltaggio, nel lobo frontale. Inoltre, si osserva spesso un ritmo simile a quello a, ma localizzato nelle regioni centrali: il ritmoµ. Il ritmo a prevale quando i sistemi sensoriali, e in particolare quello visivo, sono inattivi: basta che il soggetto registrato apra gli occhi, ed esso scompare o si attenua in maniera considerevole. Di contro, il ritmo µ è presente finché il sistema motorio resta in condizioni di riposo: un movimento attivo o una stimolazione somatosensoriale sono sufficienti per desincronizzarlo. Per questa ragione si è ipotizzato che il ritmo µ potesse essere usato come un marcatore elettrofisiologico dell'attività mirror. Vilayanur Ramachandran e collaboratori dell'Università della California di San Diego sono stati i primi a testare un'ipotesi del genere, misurando la desincronizzazione del ritmoµ durante l'osservazione di azioni altrui (Altschu16

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ler et al., 1997, 2000). Uno studio analogo è stato condotto dal gruppo diretto da Catherine Barthélémy dell'Università di T ours, che ha mostrato come l'osservazione di movimenti compiuti con gli arti inferiori o con la mano fosse accompagnata dalla desincronizzazione del ritmo µ - cosa che non accadeva quando veniva presentato uno stimolo visivo raffigurante un oggetto in movimento (Cochin et al., 1999). Risultati simili sono stati ottenuti in una serie di ricerche basate sull'impiego della MEG, una tecnica che permette di analizzare l'attività elettrica del cervello tramite la registrazione dei campi magnetici da essa generati. Al pari della EEG, la MEG consente di misurare la dinamica temporale dell'attivazione delle varie aree corticali coinvolte in un dato compito, avendo però una risoluzione spaziale migliore. Usando tale tecnica, Riitta Hari e collaboratori dell'Università di Helsinki hanno evidenziato nella corteccia precentrale una desincronizzazione dei ritmiµ sia quando i soggetti manipolavano in prima persona un oggetto sia quando osservavano qualcun altro compiere un'azione analoga - desincronizzazione che non era rilevata durante l'osservazione di oggetti in movimento (Hari et al., 1998). Successivamente, il gruppo di Hari ha mostrato come l'osservazione di azioni di prensione recluti, oltre alle aree visive, la porzione caudale del giro frontale inferiore sinistro, l'area motoria primaria di sinistra e, infine, l'area motoria primaria controlaterale. Tale pattern era identico a quello riscontrato durante la produzione di azioni di quel tipo, con l'esclusione, naturalmente, delle aree visive (Nishitani, Hari 2000). Una prova molto convincente del fatto che il sistema motorio dell'uomo abbia risposte mirror si deve ad alcuni studi di TMS. La TMS è una tecnica non invasiva di stimolazione del sistema nervoso. Quando uno stimolo magnetico è applicato alla corteccia motoria con un'intensità appropriata, si riescono a registrare dei potenziali motori evocati (MEP) nei muscoli che, nel caso di effettori come la mano e il piede, sono controlaterali. Poiché l'ampiezza di tali potenziali è modulata dal contesto comportamentale, questa tecnica può essere utilizzata per controllare lo stato di eccitabilità delle aree motorie nelle 17

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varie condizioni sperimentali. Luciano Fadiga e collaboratori dell'Università di Parma hanno registrato i MEP, indotti dalla stimolazione della corteccia motoria primaria di sinistra, in vari muscoli della mano e del braccio destri di soggetti cui era stato chiesto di osservare uno sperimentatore mentre afferrava degli oggetti con la mano (Fadiga et al., 1995).2 Come condizione di controllo, era presentato un piccolo puntino di luce che diminuiva di intensità e i soggetti dovevano segnalare che avevano notato tale effetto.L'osservazione dell'azione induceva un aumento dei MEP, rispetto alla condizione di controllo, nei muscoli che i soggetti avrebbero dovuto usare se avessero eseguito loro stessi i movimenti osservati. Utilizzando la tecnica TMS del" doppio-impulso", e applicando il coil alla corteccia motoria primaria, Antonio Strafella e Thomas Paus hanno mostrato come l'incremento dei MEP durante l'osservazione dell'azione sia reffetto di un'attivazione cortico-corticale, con la corteccia premotoria che innesca la motoria primaria, e non semplicemente l'effetto di un'attivazione mediata dalla componente premotoria del fascio cortico-spinale (Strafella, Paus, 2000).

Il network parieto-/rontale Negli anni successivi moltissimi studi di brain imaging hanno consentito di descrivere in maniera dettagliata un network di aree parietali e frontali dotate di proprietà mirror. Come mostrano alcune meta-analisi (Caspers et al., 2010; Grosbras et al., 2012; Molenberghs et al., 2012), che raccolgono qualche centinaio di lavori, i nodi principali del network parieto-frontale, nel caso di azioni di prensione, sono il lobulo parietale inferiore (IPL), la corteccia premotoria vep.trale (PMv), nonché il settore caudale del giro frontale inferiore (Figura 1.8). 2. Si noti che, per quanto lo studio PET, fatto in collaborazione con il gruppo del San Raffaele di Milano, sia stato la prima dimostrazione dell' esistenza del meccanismo mirror nell'uomo, storicamente il primo lavoro che ha mostrato un aumento di eccitabilità delle aree motorie durante l'osservazione di azioni compiute da altri è stato quello di TMS realizzato da Fadiga e collaboratori.

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Figura 1.8 Aree frontali e parietali dotate di proprietà mirror, così come risultano da una meta-analisi degli studi sull'osservazione delle azioni di prensione che comprendono tanto le attivazioni legate alla mano quanto quelle legate alla bocca. Abbreviazioni: IFG giro frontale inferiore, IP solco intraparietale, PMd corteccia premotoria dorsale, pMTG porzione posteriore del giro temporale medio, PMv corteccia premotoria ventrale, STS solco temporale superiore. (Modificata da Caspers et al., 201 O.)

Vale la pena di notare che la stragrande maggioranza dei lavori raccolti negli studi di meta-analisi considerava l'attivazione di quelle aree soltanto durante l'osservazione dell'azione. La cosa è comprensibile per almeno due ragioni: la prima, di natura tecnica, era legata alla difficoltà di studiare movimenti eseguiti nello scanner, senza che questo determinasse artefatti dovuti a modificazioni del campo magnetico; la seconda, di natura teorica, dipendeva dal fatto che le aree motorie frontali e parietali sono tipicamente coinvolte nella produzione dell'azione - sicché, per identificarne l'eventuale proprietà mirror, bastava indagarne la risposta durante l'osservazione dell' azione, avvalendosi dell'analogia con i dati nel macaco. Alcuni studi, però, hanno contemplato entrambe le condizioni, indagando l'attivazione delle aree motorie frontali e parietali sia durante la produzione sia durante l'osservazione di determinate azioni. Valeria Gazzola e Christian Keysers dell'Università di Groningen, per esempio, hanno chiesto a dei soggetti di osservare azioni, principalmente manuali, e di eseguirle a loro volta. Analizzando i dati soggetto per soggetto, e senza filtrare i dati, essi hanno mostrato come vi fossero voxel comuni alle azioni osservate e a quelle eseguite nei nodi già citati del network parieto-frontale. In aggiunta, essi hanno trovato attiva19

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zioni nella corteccia premotoria dorsale, nelle aree somatosensoriali e nel lobulo parietale superiore (Gazzola, Keysers, 2009). In un lavoro successivo Keysers e collaboratori hanno registrato simultaneamente il segnale EEG e il segnale BOLD (ossia l'aumento della concentrazione d'ossigeno nel flusso sanguigno che è indice di attivazione corticale nella fMRI) durante la produzione e l'osservazione di azioni manuali (Arnstein et al., 2011). Lo scopo era duplice: da un lato, dimostrare chela soppressione del ritmoµ correlasse con il segnale BOLD, così da ·poter considerare entrambi i marcatori equivalenti rispetto al loro significato funzionale; dall'altro, raffinare l'analisi precedente, individuando con precisione le regioni attivate sia dalla produzione sia dall'osservazione di una data azione. I risultati hanno mostrato che il ritmoµ covariava con l'intensità del segnale BOLD nelle regioni tipicamente dotate di proprietà mirror: lobulo parietale inferiore e corteccia premotoria. In aggiunta, si osservava un'attivazione nella corteccia somatosensoriale. Gli studi finora citati sono stati prevalentemente condotti su azioni di manipolazione, in cui a essere interessate erano soprattutto le componenti distali. Alcuni lavori hanno, invece, esplorato la possibilità di aree motorie con proprietà mirror collegate a movimenti prossimali dell'arto superiore che comportavano il raggiungimento di determinate posizioni spaziali. Flavia Filimon e collaboratori dell'Università della California di San Diego, per esempio, hanno studiato i movimenti di raggiungimento in tre diverse condizioni (esecuzione, osservazione e immaginazione), mostrando una sovrapposizione delle attivazioni riscontrate in tutte e tre le condizioni nel lobulo parietale superiore e nella corteccia premotoria dorsale (Filimon et al., 2007; vedi Figura 1.9). Due punti meritano di essere evidenziati qui: primo, la dorsalizzazione delle attivazioni mirror nel caso delle azioni di raggiungimento rispetto alle azioni di manipolazione; secondo, la forte analogia di questo dato con quanto noto in letteratura sulle proprietà anatomo-funzionali delle cortecce parietali e premotorie dorsali che si ritiene abbiano un ruolo chiave nel 20

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Esecuzione

•• • . .. .t j,. . . Osservazione

Dorsale

Posteriore

Laterale

Mesi aie

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Figura 1.9 Attivazioni corticali durante l'esecuzione, l'osservazione e l'immaginazione di azioni di raggiungimento. Si noti la sovrapposizione delle attivazioni nelle tre condizioni nella corteccia premotoria dorsale e nel lobulo parietale superiore. (Modificata da Filimon et al., 2007.)

controllo dei movimenti prossimali nei primati non umani. In un lavoro più recente, Cinzia Di Dio e collaboratori hanno mostrato che il lobulo parietale superiore e la corteccia premotoria dorsale si attivano durante l'osservazione di movimenti eseguiti da un effettore (per esempio, un braccio) con una cinematica biologica o da un oggetto (una freccia), anch'esso mosso con una cinematica biologica. Non si riscontrava, invece, alcuna attivazione nelle aree parietali superiori e premotorie dorsali durante l'osservazione di oggetti che si avvicinavano a una data posizione spaziale, seguendo la medesima traiettoria ma con una cinematica non biologica (Di Dio et al., 2013 ). Guy Orban e collaboratori dell'Università di Lovanio hanno, invece, confrontato l'osservazione di due diversi tipi di azione: manipolare e arrampicarsi. I loro risultati hanno confermato la classica attivazione parietale inferiore/premotoria ventrale per l'osservazione di azioni di manipolazione. Di contro, l'osservazione di qualcuno che si arrampicava determinava una dorsalizzazione 21

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dell'attivazione, che veniva così a includere il parietale superiore e la premotoria dorsale (Abdollahi et al., 2013 ). Vale la pena di notare che, come nel macaco, anche nell'uomo l'osservazione di azioni compiute da altri comporta l'attivazione delle aree frontali mesiali. In uno dei rari studi di registrazioni di neuroni dal cervello umano, Roy Mukamel e collaboratori dell'Università della California di Los Angeles hanno esaminato le risposte della SMA e della pre-SMA durante l'esecuzione e l'osservazione di azioni di prensione (Mukamel et al., 2010). I risultati hanno mostrato che, soprattutto nella SMA, non vi era solo una larga parte di neuroni che rispondeva unicamente durante l'esecuzione o l'osservazione di una determinata azione di prensione, ma vi era una parte di neuroni che rispondeva in entrambe le condizioni. L'aspetto interessante era che una sottopopolazione di questi neuroni rispondeva in maniera eccitatoria durante l'esecuzione dell' azione e inibitoria durante l'osservazione dello stesso tipo d'azione. Infine, come nel macaco, anche nell'uomo sono state trovate risposte mirror nella corteccia somatosensoriale secondaria (SII). Per esempio, Keysers e collaboratori hanno mostrato come l'osservazione di qualcuno che viene toccato determini un'attivazione della SII sovrapponibile, almeno in parte, a quella riscontrata quando era l'osservatore a essere toccato in prima persona (Keysers et al., 2004). Risultati sostanzialmente analoghi sono stati ottenuti da Susan Blakemore e collaboratori dello University College di Londra, i quali non solo hanno riscontrato un'attivazione della SII durante l'osservazione di azioni di contatto, ma hanno trovato che tale attivazione è molto più marcata in chi soffre di sinestesia visuo-tattile (Blakemore et al., 2005). Infine, in uno studio fMRI di qualche anno dopo, Zarinah Agnew e Richard Wise hanno mostrato come la SII risponda anche all'osservazione di azioni compiute da altri (Agnew, Wise, 2008). Confrontando le attivazioni nell'opercolo parietale durante l'esecuzione e l'osservazione di movimenti delle dita, essi hanno trovato una chiara sovrapposizione nella porzione laterale della SII, che risultava così dotata di proprietà mirror. 22

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Insula Sin dai primi anni del nuovo millennio, studi di brain imaging, di elettrostimolazione e registrazione intracorticale hanno evidenziato che la proprietà mirror non è una proprietà caratteristica soltanto delle aree parietali e frontali legate alla rappresentazione delle azioni, ma riguarda anche aree e centri corticali coinvolti nella rappresentazione di reazioni o comportamenti dotati di valenza emotiva o affettiva. Uno di questi centri è l'insula. Essa ha una forma triangolare ed è divisa da un solco centrale in una porzione anteriore e in una posteriore. È connessa con varie altre aree corticali e invia connessioni discendenti a strutture fondamentali per la rappresentazione delle emozioni, quali l'ipotalamo, la sostanza grigia periacqueduttale (PAG) e i nuclei centro-mediali dell'amigdala (Gothard, Hoffman, 2010). Microstimolazioni corticali in primati non umani svegli hanno permesso di individuare tre settori principali: un settore anteriore, un settore dorso-centrale (con un'estensione caudale) e un settore ventrale. L'insula anteriore contiene un mosaico di azioni bucco-facciali, con uno slittamento progressivo da azioni di tipo ingestivo positivo, più dorsali, a risposte di tipo ingestivo negativo (vomito) dotate di un contenuto emotivo (disgusto), più ventrali. L'insula dorsocentrale contiene un campo sensorimotorio che dal punto di vista funzionale presenta omologie con l'adiacente porzione del lobo parietale. Infine, la stimolazione dell'insula ventrale evoca gesti affiliativi e reazioni emotive (Caruana et al., 2011; Jezzini et al., 2012). Nell'uomo l'insula è notevolmente più grande che nel macaco, ma appare possedere un'organizzazione anatomo-funzionale simile (Kurth et al., 2010). Essa è formata da quattro principali campi funzionali distinti: un campo sensorimotorio, un campo gustativo-olfattivo, un campo socio-emotivo e un campo cognitivo. Il campo sensorimotorio è localizzato nell'insula dorso-centrale. Tale campo corrisponde all'omologo campo nel macaco. Il campo gustativo-olfattivo corrisponde ai settori ingestivi (positivi e negativi) dell'insula della scimmia, mentre 23

SPECCHI NEL CERVELLO

il campo socio-emotivo è localizzato nella porzione ventrale dell'insula. Infine, il campo cognitivo è dal punto di vista funzionale estremamente eterogeneo, risultando coinvolto in processi attenzionali, nella memoria di lavoro e nella codifica di stimoli particolarmente rilevanti (Mayer et al., 2007; Soros et al., 2007; Corbetta et al., 2008). Alcuni hanno ipotizzato che tale campo sia legato prevalentemente al linguaggio, e nello specifico al linguaggio interno (Vignolo et al., 1986) - il che potrebbe spiegare perché gli siano state attribuite funzioni così diverse. Un campo simile non è stato descritto nel macaco. Studi fMRI hanno mostrato che l'insula anteriore (Al), o almeno una porzione di essa, ha proprietà mirror (Figura 1.10). In particolare, è risultato che l'osservazione di una smorfia di disgusto induceva, nel cervello di chi la osservava, un' attivazione della AI che era in larga parte coincidente con quella indotta dall'esposizione in prima persona a stimoli naturali (odori o sapori) tipicamente disgustosi (Wicker et al., 2003;Jabbi et al., 2007; vedi anche Gallese et al., 2004). Risultati analoghi sono stati ottenuti registrando i potenziali evento-correlati (EventRelated Potential, ERP) dalla AI di pazienti epilettici farmaco-

Figura 1.10 Porzioni dell'insula che risultano attualmente dotate di proprietà mirror, presentate su un cervello standard ottenuto mediante il software Caret. Abbreviazioni: SF solco frontale superiore, IF solco frontale inferiore, C solco centrale, IP solco intraparietale, L scissura laterale, ST solco temporale.

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. UN CERVELLO SPECCHIO

resistenti durante l'osservazione di volti che esprimevano disgusto (Krolak-Salmon et al., 2003). Una serie di studi fMRI molto recenti ha individuato la presenza di risposte mirror anche in un'altra porzione dell'insula, e precisamente nell'insula dorso-centrale (DCI) (Figura 1.1 O). L'osservazione di azioni caratterizzate da una specifica valenza affettiva - o, come più precisamente avremo modo di dire, da una specifica forma vitale - determinava, infatti, nel cervello di chi la osservava, un'attivazione della DCI analoga a quella che veniva riscontrata quando quell'azione con quella forma vitale era eseguita in prima persona invece che osservata eseguire da altri (Di Cesare et al., 2014; Di Cesare et al., 2015).

Amigdala Un altro centro a risultare dotato di proprietà mirror è l'amigdala. Si tratta di una struttura telencefalica complessa, a forma di mandorla, composta da 13 nuclei, localizzati nella porzione anteriore del lobo temporale mediale. Oltre a essere connessa con regioni temporali e prefrontali (Amaral, Price, 1984; Gerbella et al., 2014), l'amigdala proietta a centri sottocorticali, come i nuclei ipotalamici mediali, la regione laterale della PAG, illocus coeruleus e i nuclei parabrachiali, che controllano le risposte del sistema nervoso autonomo legate a comportamenti difensivi del tipo lotta-o-fuggi (Moga, Gray, 1985; Price et al., 1987; An et al., 1998; Motta et al., 2009). Vari studi di brain imaging hanno mostrato un' attivazione dell'amigdala durante l'osservazione di volti che esprimevano paura (Mortis et al., 1996; Phillips et al., 1997, 1998). Dati analoghi sono stati ottenuti in una serie di registrazioni degli ERP intracranici da elettrodi impiantati nell'amigdala di pazienti epilettici farmacoresistenti durante la presentazione di immagini rappresentanti volti con espressioni di paura (Krolak-Salmon et al., 2004; Sato et al., 2011; Méndez-Bértolo et al., 2016). Per quanto questi studi si siano concentrati sulla sola osservazione delle espressioni di paura altrui, il fatto che la stimolazione dell'amigdala possa indurre reazioni fisiologi-

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SPECCHI NEL CERVELLO

Figura 1.11 A sinistra: visione mesiale del cervello standard ottenuto con il software Caret, in cui in rosso è possibile visualizzare la posizione dell'amigdala. Al centro: sezione coronale cerebrale presa a livello della linea rossa tratteggiata della visione cerebrale sovrastante. A destra: ingrandimento dell'amigdala in cui è possibile notare i vari nuclei in cui è suddivisa.

che e motorie sovente associate a esperienze di paura in prima persona (Meletti et al., 2006; Inman et al., 2018) indica che l'amigdala può avere proprietà mirror, risultando coinvolta nell'elaborazione delle rappresentazioni e dei processi sottesi alle reazioni di paura, siano esse provate in prima persona o osservate provare da altri.

Cingolo Risposte mirror sono state, infine, registrate anche nella corteccia del cingolo. Tradizionalmente, la corteccia del cingolo è stata divisa in tre aree principali: l'area 24 posta anteriormente, l'area 23 e l'area 32 dorsale all'area 24 (Brodmann, 1909). Più di recente si è proposto di suddividere la corteccia cingolata in quattro regioni distribuite rostrocaudalmente: la corteccia anteriore del cingolo (ACC), la corteccia mediana del cingolo (MCC), la corteccia posteriore del cingolo (PCC) e la corteccia retrospleniale del cingolo (RSC), ovvero posteriore allo splenio del corpo calloso. La ACC è a sua volta composta dalla corteccia cingolata anteriore subgenuale (sACC) e dalla corteccia cingolata anteriore pregenuale (pACC) (Palomero-Gallagher et al., 2008, 2015). Analoga distinzione si ritrova nella MCC, che risulta formata dalla corteccia cingolata media anteriore 26

UN CERVELLO SPECCHIO

(aMCC) e dal)_a corteccia cingolata media posteriore (pMCC) (Vogt et al., 2003; Palomero-Gallagher et al., 2009). Dal punto di vista funzionale, la sACC è legata ali' elaborazione di eventi a valenza negativa, mentre la pACC è coinvolta nella codifica di eventi a valenza positiva (Vogt, 2005). Entrambe sono collegate con porzioni diverse dell'amigdala. Per quanto riguarda la MCC, vi è un ampio dibattito sulle sue eventuali funzioni (elaborazione dei feedback, codifica della salienza degli stimoli, associazione tra eventuali premi e azioni, monitoraggio e controllo motorio ecc.), anche se di recente è emerso che, specie la aMCC, ha funzioni prevalentemente motorie (Caruana et al., 2018). Infine, la PCC pare essere coinvolta in compiti di orientamento visuo-spaziale, mentre ancora poco si sa sulla RSCC. Alla fine degli anni Novanta William Duncan Hutchison e collaboratori dell'Università di Toronto hanno registrato l' attività di singoli neuroni dalla aMCC, trovando che una percentuale di essi, localizzata nella porzione più posteriore, rispondeva a stimoli nocicettivi. Il dato sorprendente era che uno di questi neuroni risultava dotato di proprietà mirror, rispondendo anche quando lo stimolo nocicettivo era applicato allo sperimentatore (Hutchison et al., 1999). Nella stessa direzione va uno studio fMRI condotto da Tania Singer e collaboratori dello University College di Londra, i quali hanno mostrato come la porzione posteriore della aMCC si attivasse non solo quando ai soggetti nello scanner era somministrato uno stimolo nocicettivo, ma anche quando essi vedevano dei filmati in cui degli elettrodi erano applicati sul braccio di un loro caro e veniva loro comunicato che quegli elettrodi gli avrebbero indotto degli shock dolorosi (Singer et al., 2004). Avremo modo, nel capitolo terzo (pp. 118-126), di discutere di quale interpretazione funzionale dare di questi dati. Per ora ci basti riconoscere che essi suggeriscono che la aMCC, o almeno una parte di essa, sia caratterizzata da proprietà mirror. Questa, però, non è l'unica area della corteccia del cingolo a risultare dotata di proprietà mirror. In una serie di studi recenti, Fausto Caruana e collaboratori dell'Università di Parma 27

SPECCHI NEL CERVELLO

Figura 1.12 Le porzioni della corteccia del cingolo che risultano attualmente dotate di proprietà mirror, presentate su un cervello standard ottenuto mediante il software Caret.

hanno esplorato l'intera porzione anteriore del cingolo che andava dalla pMCC fino alla pACC (Caruana et al., 2015). Hanno così scoperto che la stimolazione della pACC può determinare uno scoppio di risa, accompagnato da un chiaro senso di ilarità. Cosa ancora più interessante per i nostri scopi, Caruana e collaboratori hanno riscontrato che la stessa porzione della pACC si attivava quando un soggetto osservava un filmato in cui un attore scoppiava a ridere (Caruana et al., 2017).

NEURONI CON PROPRIETÀ MIRROR IN ALTRE SPECIE

Finora abbiamo considerato popolazioni di neuroni dotate di proprietà mirror in primati non umani come i macachi e nell'uomo. Negli ultimi anni, però, più di uno studio ha mostrato come la proprietà mirror caratterizzi popolazioni di neuroni in altre specie animali evolutivamente distanti. Per esempio, Wataru Suzuki e collaboratori del Riken Institute hanno indagato se neuroni con proprietà mirror esistessero nella corteccia frontale delle marmosette, una specie di scimmie del Nuovo

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UN CERVELLO SPECCHIO

Mondo, separatesi evolutivamente dalle scimmie del Vecchio Mondo circa 50 milioni di anni fa (Suzuki, Banno, Miyakawa et al., 2015). Poiché la corteccia delle marmosette è liscia (corteccia lissencefalica) e non presenta solchi che facilitino l'individuazione delle aree della corteccia frontale, Suzuki e collaboratori hanno dovuto dapprima registrare l'attività di neuroni di STS - i quali, come nel macaco, rispondono ali' osservazione di azioni (Suzuki, Tani, Banno et al., 2015) - e poi servirsi di una tecnica di imaging in vivo che consentisse loro, tramite l'iniezione di un tracciante luminescente retrogrado, di identificare i siti nella corteccia frontale ventrolaterale da cui registrare. Due erano le condizioni sperimentali: nella prima, l' animale osservava un altro animale o lo sperimentatore afferrare, per esempio, una banana; nella seconda, era l'animale stesso a compiere quel tipo di azione. I risultati hanno evidenziato la presenza nella corteccia frontale ventrolaterale di neuroni che si attivavano in entrambe le condizioni, rispondendo a un' azione di prensione, sia che questa fosse osservata mentre veniva compiuta da altri sia che fosse compiuta in prima persona. Neuroni con proprietà mirror sono stati trovati anche in un nucleo (HVC) del telencefalo del passero di palude (Melospiza georgiana), un uccello con un repertorio canoro ristretto e chiaramente identificabile (Prather et al., 2008; vedi anche Mooney, 2014). La ragione che ha spinto Jonathan Prather e collaboratori della Duke University a focalizzare la propria attenzione sul nucleo telencefalico HVC è che tale struttura è nota per avere neuroni che si attivano durante la produzione canora e neuroni che rispondono al canto dei conspecifici. Inoltre, dal punto di vista anatomico, essa è assimilabile alla corteccia . premotoria dei primati, con una parte di neuroni che proietta al nucleo canoro motorio RA e una parte che innerva una regione striatale dei gangli della base (area X) tipicamente coinvolta nella percezione e nell'apprendimento canori. Registrando da HVC, Prather e collaboratori hanno scoperto che oltre a neuroni puramente motori o puramente uditivi, esistevano anche neuroni che si attivavano in entrambe le condizioni con un significativo livello di congruenza, rispondendo

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SPECCHI NEL CERVELLO

in maniera temporalmente precisa sia durante la presentazione uditiva di una data sequenza canora sia durante l'emissione da parte dell'uccello della medesima sequenza. Vale la pena di notare come, in produzione, il pattern di attività non fosse modulato dal feedback uditivo, tanto da non cambiare al venire meno di quest'ultimo - il che stava a indicare che si trattava di una risposta motoria. Due studi molto recenti hanno, infine, evidenziato la presenza di neuroni con proprietà mirror o simili nell'ippocampo di ratti (Danjo et al., 2018) e pipistrelli (Omer et al., 2018). È noto ormai da tempo che l'ippocampo e la corteccia entorinale svolgono un ruolo chiave nella costruzione di una rappresentazione dinamica dello spazio allocentrico, che serve per orientarsi e muoversi nell'ambiente circostante (Moser et al., 2008; Moser et al., 2017) - dove a tale rappresentazione concorrono neuroni di tipo diverso, dalle piace cells o cellule di posizione (O' Keefe, Nadel, 1978; Ulanovsky, Moss, 2007) alle cellule grido a griglia (Rafting et al., 2005) e di confine (Solstad et al., 2008), oltre a quelle legate al movimento del capo (Finkelstein et al., 2015). Shigeyoshi Fujisawa e collaboratori del Riken Institute si sono chiesti se le cellule di posizione fossero in grado di rappresentare non solo la posizione spaziale propria ma anche quella altrui (Danjo et al., 2018). A tal fine hanno registrato l'attività di singoli neuroni dell'area CAl dell'ippocampo di un ratto mentre eseguiva un classico compito di orientamento spaziale in un labirinto a T in cui, per essere premiato, doveva scegliere, a seconda dei casi, il lato opposto a quello occupato da un altro ratto oppure lo stesso lato dell'altro ratto. I risultati hanno mostrato non solo che una parte consistente delle cellule piramidali di CAl rappresentava, oltre a quella propria, la posizione spaziale altrui, ma anche che un sottoinsieme di quelle cellule esibiva campi recettivi identici, rispondendo sia quando il ratto registrato si trovava in una certa posizione sia quando si trovava in quella posizione l'altro ratto. Analogamente, Nachum Ulanovsky e collaboratori del W eizmann Institute of Science di Rehovot hanno registrato l'attività dei neuroni dell'area CAl dell'ippocampo di un pipi30

UN CERVELLO SPECCHIO

strello, il quale doveva restare fermo a osservare il volo di un altro pipistrello in un tunnel, finché questi non raggiungeva una di due palline poste alla fine di esso, per poi imitarlo (Omer et al., 2018). Il dato interessante era che, mentre il 70% dei neuroni registrati si comportava come una tipica place cell, rappresentando la posizione del pipistrello durante il proprio volo, il 30% circa rispondeva in maniera selettiva alla posizione dell' altro pipistrello, quello cioè di cui era osservato il volo - da qui il nome di socia! place cells. Ancora più interessante, però, era il fatto che circa la metà delle socia! place cells funzionavano anche come classiche place cells, rappresentando così non solo la posizione del pipistrello osservato, ma anche quella propria del pipistrello osservatore - il che starebbe a indicare come tali neuroni possiedano proprietà mirror o, comunque, molto simile a quella mirror (Omer et al., 2018, p. 224).

UNA PRIMA CONCLUSIONE

Gli studi finora citati mostrano chiaramehte come la proprietà mirror sia caratteristica di neuroni localizzati in molteplici aree cerebrali di specie non solo differenti, ma evolutivamente distanti tra loro. Tutto questo fa supporre che siffatta proprietà rifletta un principio funzionale fondamentale del sistema nervoso, quello cioè per cui gli stessi neuroni e, più in generale, gli stessi circuiti neuronali possono essere reclutati per processi e rappresentazioni che riguardano tanto se stessi quanto gli altri. L'aspetto non secondario è che tali processi e rappresentazioni, almeno per quello che è emerso finora, sembrano essere alla base delle capacità più elementari su cui poggiano gran parte delle possibilità- per noi, come per le altre specie- di interagire con successo con l'ambiente che ci circonda. Sembra difficile immaginare un modo evolutivamente più parsimonioso ed elegante di quello di ricorrere ai processi e alle rappresentazioni che sostanziano le nostre capacità quando le azioni o le reazioni che esse rendono possibili sono non solo compiu31

SPECCHI NEL CERVELLO

te o esibite in prima persona ma anche osservate compiere o esibire da altri. Avremo occasione di tornare su questo punto nelle pagine conclusive del presente volume. Prima, però, dobbiamo cominciare a chiarire quali implicazioni abbiano, dal punto di vista funzionale, le varie risposte mirror. Sin dai primi studi sul macaco e sull'uomo si è ipotizzato che quello che caratterizza una risposta mirror è il fatto che essa istanzi un meccanismo di trasformazione, cui è stato dato appunto il nome di meccanismo mirror (Rizzolatti et al., 2001; Rizzolatti, Sinigaglia, 2010). Per avere un'idea di cosa questo meccanismo significhi, riprendiamo per un momento in considerazione la Figura 1.2, che illustra il comportamento di un tipico neurone mirror dell'area F5 - ossia di un'area della corteccia premotoria venA

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Figura 1.2 Risposte (A) visive e (B) motorie di un classico neurone mirror di FS (di Pellegrino et al., 1992.)

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UN CERVELLO SPECCHIO

trale in grado di modulare i motoneuroni spinali per via sia delle connessioni con la corteccia motoria primaria (Fl) sia delle proiezioni dirette al sistema propriospinale del midollo spinale (Borra et al., 2010). L'istogramma in basso (B) riporta i potenziali d'azione registrati dal neurone durante l'esecuzione di un'azione di prensione. Quale che sia l'aspetto dell'azione rappresentato, l'attivazione di quel neurone innesca rappresentazioni e processi motori non dissimili da quelli che sono innescati dall' attivazione di qualsiasi neurone motorio di F5. Che cosa accade, però, nella condizione (A), quando l'azione di prensione è osservata invece che eseguita? Naturalmente, l'input è di tipo diverso: il macaco è fermo di fronte allo sperimentatore, né si prepara a muoversi. Ma l'output? Esso non può che essere dello stesso tipo di quello registrato in (B), dal momento che il tipo di informazione veicolato dai potenziali d'azione è in entrambi i casi lo stesso. Questo significa, però, che la risposta mirror in (A) comporta una trasformazione delle rappresentazioni sensoriali in entrata in rappresentazioni motorie, e più precisamente nello stesso tipo di rappresentazioni motorie che è innescato in (B) quando l'azione è eseguita invece che osservata. Tutto ciò vale non solo per i neuroni mirror di F5, ma per tutti i neuroni dotati di proprietà mirror che abbiamo iniziato a conoscere in questo primo capitolo. In tutti questi casi, la risposta mirror istanzia un meccanismo di trasformazione. Le mappe che abbiamo disegnato nelle pagine precedenti ci dicono, però, che possono cambiare le rappresentazioni sensoriali in entrata e, soprattutto, il tipo di processi e di rappresentazioni in uscita. Un conto, infatti, è che una risposta mirror sia registrata dalla corteccia premotoria o dalla stessa corteccia motoria primaria, un altro è che essa sia registrata da centri quali l'insula o l'amigdala. Nelle pagine che seguono ci concentreremo sulle proprietà e funzioni del meccanismo mirror. Cominceremo dal dominio delle azioni, per poi passare a quello delle emozioni e a quello, che li comprende entrambi, costituito dalle cosiddette forme vitali. La scelta di iniziare dal dominio dell'azione è dovuta, 33

SPECCHI NEL CERVELLO

principalmente, al fatto che lo studio delle proprietà funzionali dei neuroni mirror durante l'esecuzione e l'osservazione di determinate azioni ha offerto la base per l'interpretazione delle proprietà e delle funzioni del meccanismo mirror anche negli altri domini, a partire da quello delle emozioni.

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2 AZIONI

Nelle pagine precedenti abbiamo mostrato come le aree dotate di proprietà mirror siano largamente diffuse nel cervello di varie specie animali, uomo compreso. Nelle pagine che seguono ci concentreremo sulle aree parieto-frontali dotate di proprietà mirror che sono state maggiormente studiate dal punto di vista funzionale nel macaco e nell'uomo. In particolare, cercheremo di chiarire quali processi e rappresentazioni siano coinvolti nelle risposte mirror durante l'osservazione delle azioni altrui. Per farlo dovremo, data la natura del meccanismo mirror, partire dai processi e dalle rappresentazioni coinvolti nella pianificazione e nell'esecuzione di quelle azioni in prima persona. Una volta chiariti quali aspetti delle azioni osservate possano essere rappresentati dalla risposta dei neuroni mirror, ci soffermeremo su come possa essersi sviluppato lo stesso meccanismo mirror. Infine, nelle pagine conclusive, affronteremo alcune ricerche recenti che suggeriscono che le risposte mirror possano non solo essere modulate dal fatto che le azioni osservate siano eseguite o meno nello spazio circostante di chi osserva, ma anche "rispecchiare" lo stesso spazio d'azione di chi agisce effettivamente o può anche solo farlo. LA RAPPRESENTAZIONE DELL'AZIONE NEL MACACO

Scopi e movimenti nell'esecuzione dell'azione Nel primo capitolo abbiamo ricordato come l'approccio etologico sia risultato decisivo per la scoperta di alcune pro35

SPECCHI NEL CERVELLO

prietà funzionali chiave caratterizzanti larga parte dei neuroni delle cortecce premotorie. In particolare, registrazioni extracellulari di singoli neuroni hanno mostrato che la maggior parte dei neuroni della corteccia premotoria ventrale (area F5) si attivava selettivamente durante la produzione di azioni specifiche (Rizzolatti et al., 1988). Vi erano neuroni che rispondevano durante le azioni di prensione, altri che si attivavano quando l'animale teneva in mano un oggetto, altri ancora quando lo rompeva, e così via. I neuroni attivi durante le azioni di prensione, in particolare, potevano rispondere selettivamente anche a un certo tipo di presa (presa di precisione, presa di forza ecc.). Inoltre, il profilo temporale di attivazione poteva variare da neurone a neurone, con alcuni neuroni che si attivavano durante l'ultima fase dell'azione di prensione, tipicamente caratterizzata dalla flessione delle dita, altri che rispondevano ali' apertura della mano e continuavano a farlo fino alla sua chiusura, e altri ancora che cominciavano a rispondere ancora prima che la mano iniziasse a muoversi e, in molti casi, cessavano di farlo solo quando l'oggetto era stato preso. Le diverse caratteristiche di questi neuroni hanno fatto ipotizzare la presenza nell'area F5 di un vero e proprio "vocabolario d' atti", la cui funzione principale sarebbe quella di facilitare la pianificazione e il controllo delle azioni più comuni (Jeannerod et al., 1995; Rizzolatti et al., 2001). 1 Uno degli aspetti funzionali più interessanti era che l'attivazione dei neuroni di F5 risultava dipendere dallo scopo dell'azione che il macaco doveva compiere. Per scopo intendiamo qui semplicemente l'esito o gli esiti cui un'azione è diretta: per esempio, il prendere un determinato oggetto. 2 Com'è possibi1. Alcuni modelli computazionali hanno mostrato come, nel caso di azioni di prensione, la possibilità di rappresentare sia il tipo di presa cui l'azione è diretta sia il timing che caratterizza le differenti fasi di prensione riduca drasticamente il numero dei parametri rilevanti, facilitando enormemente tanto la pianifìcazione dell'azione quanto il controllo della sua esecuzione (Arbib et al., 1985; Mason et al., 2001; Santello et al., 2002; Tessitore et al., 2013). 2. Questa, peraltro, è l'accezione comune del termine scopo. Nel quinto capitolo (p. 213) torneremo su questo punto, cercando di fornire qualche buon argomento per mostrare come una nozione minimale di scopo come

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AZIONI

le, però, a livello motorio, distinguere tra lo scopo di un'azione e i movimenti che consentono di raggiungere un tale scopo? Un modo per farlo è quello di variare lo scopo mantenendo costanti i movimenti e, viceversa, di variare i movimenti mantenendo costante lo scopo. Considerate, per esempio, la semplice flessione del dito indice: essa può servire per prendere un oggetto piccolo con due dita (presa di precisione) oppure per prendere un oggetto più · grande con tutta la mano (presa di forza). Se un neurone motorio risponde in maniera diversa durante l'esecuzione di questi due tipi di presa, che pur richiedono un movimento dell'indice simile, sembra naturale concludere che la sua attivazione non sia legata né ai muscoli coinvolti nel movimento di flessione del dito né al profilo cinematico di tale movimento. La Figura 2.1 presenta un neurone di questo tipo registrato da F5. Naturalmente, l'esistenza di neuroni siffatti non è sufficiente per attribuire ai neuroni di F5 la rappresentazione di possibili scopi d' azione. 3 Perché tale attribuzione sia giustificata occorrerebbe anche l'inverso, ovvero che esistano neuroni motori di F5 la cui attivazione non cambia quando è lo scopo a rimanere costante, mentre variano i movimenti eseguiti per raggiungerlo. Immaginate, per esempio, di afferrare un oggetto con la mano quella da noi adottata consenta di introdurre alcune distinzioni che sono di una qualche utilità se si vuol dar conto di un processo così complesso quale è la comprensione di un'azione osservata compiere da altri. 3. Qualcuno di voi potrebbe fare osservare che anche la semplice flessione di un dito o qualsiasi altro tipo di movimento o contrazione muscolare può essere considerato un possibile scopo d'azione. Nessun dubbio al riguardo. Sèmplicemente, quando parliamo di possibili scopi d'azione ci riferiamo primariamente a quegli esiti che sono tipicamente attribuiti come scopi alle azioni, sia che siano eseguite in prima persona o osservate eseguire da altri. Di solito diciamo che afferriamo un bicchiere o calciamo una palla, così come di solito pensiamo che lo scopo dell'azione osservata sia quello di spostare un libro dalla scrivania. D'altro canto, non è sorprendente che a livello motorio siano rappresentati scopi come la flessione del dito indice o l'estensione del pollice. Molto più sorprendente è il fatto che possano essere rappresentati scopi come l'afferrare, il calciare o lo spostare. Quando, nelle pagine che seguono, useremo la locuzione "scopi possibili d'azione" intenderemo principalmente scopi di questo tipo.

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SPECCHI NEL CERVELLO

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Figura 2.1 Esempio di un neurone di F5 che risponde (A) quando il macaco flette

il dito indice per afferrare con una presa di precisione, ma non (B) quando lo fa per afferrare con una presa di forza. (Modificata da Gallese et al., 1996.)

destra, con la mano sinistra o con la bocca. Lo scopo è lo stesso, ma i movimenti sono diversi, se non altro perché coinvolgono parti del corpo diverse, come la mano e la bocca. Se nell'area F5 esistessero neuroni motori che rispondono in modo simile in tutte e tre queste condizioni, sembrerebbe naturale concludere, alla luce anche di quanto soprariportato, che l'area F5 abbia un ruolo chiave nella rappresentazione motoria dello scopo o degli scopi di un'azione. 4 Ora, neuroni motori di questo tipo sono stati effettivamente registrati nell'area F5. La Figura 2.2 ne presenta un esempio. Qualcuno di voi potrebbe obiettare che, nel caso illustrato dalla Figura 2.2, la risposta del neurone non rappresenterebbe uno scopo come l'afferrare, bensì rifletterebbe una sinergia motoria che in tutti e tre i casi coinvolge una sequenza del tipo 4. Nel parlare di una rappresentazione motoria di uno o più possibili scopi d'azione ci riferiamo qui, come nei capitoli successivi, ad azioni di piccola scala, quali, per esempio, afferrare, lanciare o spostare un oggetto, ma anche camminare, saltare, arrampicare o persino eseguire un accordo di violino o un passo di danza. Si tratta di azioni che sono tipicamente considerate di base, nella relazione mezzi/scopi, rispetto ad azioni di media o larga scala quali, per esempio, cucinare una pasta o fare una passeggiata, oppure eseguire un concerto per violino di Mozart o danzare nella parte di Clara nello Schiaccianoci, e così via. Benché l'esame di queste azioni esuli dagli obiettivi del presente volume, la possibilità che uno o più scopi siano rappresentati motoricamente non è priva di rilevanza anche per le azioni di media o larga scala, dal momento che ogni azione che implichi un qualsiasi tipo di movimento rimanda, alla fine, a un insieme di azioni di piccola scala.

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AZIONI

apri-e-chiudi. Per rispondere a tale obiezione occorre trovare il modo di dissociare lo scopo di afferrare dalla sinergia motoria apri-e-chiudi tipicamente impiegata per raggiungerlo. Come fare? Immaginate di prendere qualcosa, poniamo una zolletta di zucchero, con una pinza. È possibile che usiate una pinza classica, in cui i movimenti delle estremità della pinza sono solidali a quelli della mano: per chiudere la pinza e afferrare la zolletta di zucchero vi basta chiudere la mano. Può, però, darsi che la pinza sia simile a quella che di solito vi capita di usare

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Figura 2.2 Esempio di un neurone F5 che si attiva quando il macaco afferra un semino con (A) la bocca, (B) la mano controlaterale all'emisfero in cui si trova il neurone registrato, (C) la mano ipsilaterale. (Modificata da Rizzolatti et al., 1988.)

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SPECCHI NEL CERVELLO

quando, durante una cena, dovete sgusciare delle lumache: in questo caso, i movimenti delle estremità della pinza sono inversi rispetto ai movimenti della mano, sicché per chiudere la pinza e afferrare la zolletta di zucchero dovete aprire la mano. In uno studio di qualche anno fa, Alessandra Umiltà e collaboratori dell'Università di Parma hanno registrato l'attività di neuroni motori dall'area F5 mentre il macaco prendeva del cibo con la mano, con una pinza normale o con una pinza cosiddetta "inversa". I risultati hanno mostrato che tutti i neuroni che rispondevano durante la presa con la pinza normale rispondevano anche durante la presa con la pinza inversa. Ma la cosa più importante era che il loro profilo di scarica era legato al raggiungimento dello scopo (l'afferrare il cibo), nonostante questo richiedesse, in un caso, l'apertura e, nell'altro, la chiusura della mano. Infatti, come si evince anche dalla Figura 2.3, i neuroni, che si attivavano quando il macaco chiudeva la mano per prendere il cibo con la pinza normale, si attivavano anche quando il macaco apriva la mano per prendere il cibo con la pinza inversa. Nel primo capitolo abbiamo sottolineato come il lobulo parietale inferiore abbia una struttura di base di tipo motorio, con una chiara organizzazione somatotopica. Neuroni motori con proprietà simili a quelle dei neuroni registrati nell'area F5 sono stati descritti anche nelle aree PF (prevalentemente legati a movimenti della bocca) e PFG (prevalentemente legati a movimenti di afferramento). La gran parte dei neuroni registrati in queste aree rappresentava, ipfatti, lo scopo dell'azione da eseguire e non i singoli movimenti che erano richiesti per raggiungere tale scopo (Rozzi et al., 2008). Risultati analoghi sono stati riportati nell'area AIP, posta entro il solco parietale inferiore (Pani et al., 2014; Maeda et al., 2015). Una delle scoperte più interessanti riguarda la possibilità che, a livello motorio, siano rappresentati non solo scopi singoli (il raggiungere un oggetto, l'afferrarlo, il portare alla bocca del cibo, e così via), ma anche scopi complessi, gerarchicamente organizzati secondo una tipica relazione strumentale mezzi/ scopi, come, per esempio, il prendere del cibo per portarlo alla 40

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Figura 2.3 Esempio di rappresentazione motoria dello scopo. In (A) sono illustrati i due tipi di pinza usati. Per afferrare con la pinza normale, il macaco doveva chiudere la mano, mentre doveva aprirla per afferrare con la pinza inversa. Le frecce indicano la direzione del movimento delle estremità della pinza. In (B) è riportata l'attività di due neuroni registrati dall'area F5. Le prove individuali e gli istogrammi di risposta evidenziano la scarica dei neuroni durante la prensione con la pinza normale (sopra) o con quella inversa (sotto). Sono entrambe allineate con la fase finale della presa, specificata dall'asterisco. Le linee sotto ogni istogramma indicano la posizione istantanea della mano, registrata con un potenziometro ed espressa in funzione dei manici della pinza. Quando la linea scende significa che la mano si chiude e la distanza tra i manici della pinza diminuisce, mentre quando la linea sale significa che la mano si apre e la distanza tra i manici della pinza cresce. (Modificata da Umiltà et al., 2008.)

B

SPECCHI NEL CERVELLO

bocca. Singoli neuroni sono stati registrati da PFG mentre l' animale afferrava del cibo per portarlo alla bocca o per metterlo in un contenitore (Fogassi et al., 2005). Circa un terzo dei neuroni registrati si attivava in entrambe le condizioni, rappresentando così lo scopo di afferrare in quanto tale. Di contro, due terzi dei neuroni registrati si attivavano, durante la fase di raggiungimento e afferramento, solo se lo scopo di afferrare costituiva il mezzo per realizzare uno scopo ulteriore, ossia quello di portare alla bocca o mettere nel contenitore (Figura 2 .4). Vale la pena di notare che, mentre in un primo esperimento il contenitore era posto lateralmente rispetto alla posizione di partenza della mano del macaco, in un secondo esperimento esso era collocato sulla spalla dell'animale, non lontano dalla bocca. Tale variante era dettata dalla necessità di controllare che l'effetto osservato non dipendesse dalla direzione del movimento della mano successivo alla presa. I risultati hanno mostrato che i neuroni di PFG che si attivavano selettivamente quando il macaco prendeva il cibo per metterlo nel contenitore vicino alla mano si attivavano anche quando il contenitore era posto vicino alla bocca. Di contro, i neuroni PFG che si attivavano quando il macaco prendeva il cibo per portarlo alla bocca non si attivavano quando il cibo era preso per essere messo nel contenitore vicino alla bocca, e ciononostante la traiettoria del movimento della mano fosse molto simile a quella del portare il cibo alla bocca. Risultati analoghi sono stati ottenuti successivamente registrando neuroni dall'area F5 (Bonini et al., 2010). Scopi e movimenti nell'osservazione dell'azione

Fin qui l'esecuzione dell'azione. Ma che cosa accade quan do l'azione è osservata invece che eseguita? Nel primo capitolo abbiamo sottolineato come la proprietà caratteristica dei neuroni mirror delle aree F5, PFG e AIP sia quella di rispondere quando un'azione di un certo tipo è compiuta in prima persona e quando è osservata compiere da altri. L'azione compiuta e quella osservata possono essere dello stesso tipo: in questo caso si parla di neuroni mirror congruenti in senso stretto. Le 42

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Afferrare per spostare

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