Scritti politici giovanili

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GYORGY LUKACS

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Scritti politici giovanili 1919-1928

Laterza

Fruhschriften II

© 1968 by Hermann Luchterhand Verlag GmbH Neuwied und Berlin traduzione italiana di P. Manganaro e N. Merker Prima edizione 1 972

Proprietà letteraria riservata Casa editrice Gius. Laterza & Figli, Bari, via Dante 51 Finito di stampare nel marzo 1 972 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari CL 20-0374-0

Gyorgy Lukics

SCRITTI POLITICI GIOVANILI 1919-1928 Introduzione di

Paolo Manganaro

La terza

INTRODUZIONE

1 . Nella Prefazione del '67 all'edizione tedesca degli scritti qui tradotti e di Storia e coscienza di classe 1, Lukacs caratterizza questo decennio ( 1919-28 ) di in­ tensa produzione come un periodo di apprendistato del marxismo. È una dichiarazione che già attenua, e di molto, le condanne espresse nelle precedenti note autobiografiche. La distanza tra primo e secondo periodo marxista, che egli cosl ha fatto semplice­ mente passare all'interno della sua evoluzione perso­ nale, certo non conclude il discorso sulla diversità e continuità dell'opera lukacsiana, sulla sua attività ne­ gli anni Venti e su questi scritti in particolare, i quali, va subito detto, non ruotano in maniera cen­ tripeta attorno ai temi dell'opera del '23, né conver­ gono univocamente verso di essa, ma esprimono ora aspetti eterogenei, irrisolti o ' soppressi ' entro l'opera maggiore, ora momenti di differenziazione teorica, come il saggio su Moses Hess. E nondimeno motivi critici e figure dialettiche presenti in essi non scom1 G. LuiUcs, Fruhschriften, II, Neuwied und Berlin 1 968 (cfr. Storia e coscienza di classe, trad. it., Milano 1 967, Prefazione).

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pariranno senza lasciare ulteriore traccia. Al contrario. sotto nuova forma, li ritroveremo anche nell'opera più tarda, e sempre come elementi di rilievo; sicché qui pare di assistere al sorgere di certe configurazioni originarie che accompagnano l'opera di Lukacs marxi­ sta, al loro primo insediarsi, che non è stato certo indolore e trionfante. Le ragioni della censura lukacsiana alla produ­ zione giovanile restavano inscritte nei temi filosofici e storiografici della maturità. Mein Weg zu Marx, con il Postscriptum del '57, le raccoglie tutte; ma nel­ !'' autocritica immanente ' del '67, al posto del­ l'abiura e del rifiuto, compare una mediazione inten­ zionale. Indubbiamente, il punto di riferimento si è spostato. La fine dello stalinismo, sembrava che volesse trascinare con sé le posizioni esclusive, ideo­ logiche, della « prospettiva » lukacsiana che, no­ nostante le riserve di fondo, aveva concesso al Dia­ mat un considerevole appoggio (vedi la Distruzione della ragione). Ma in un momento di indubbia crisi ideologica del marxismo, i saggi giovanili offrirono a Lukacs la piattaforma per riproporre la mediazione dialettica su un piano di scelte aperte, con un di­ scorso sl ideologico, ma non più tragico , sul futuro che deve condizionare il presente. Egli non voleva negarsi una possibile sopravvivenza : le ultime prese di posizione politiche, fino a poco prima della morte, e il suo marxismo interlocutorio, se non proprio pro­ blematico, confermano questa disponibilità 2 • Rifiu­ tando le implicazioni effettive o presunte che gli ese­ cutori testamentari del « marxisme weberien » vole2 Cfr. l'intervista allo « Spiegel » (20 aprile 1 970), n­ portata dall'« Espresso colore » (7 giugno 1 970). Per Lukacs in questa fase bisognava combattere la « deideologizzazione della teoria » (cfr. il Postscriptum alla nuova edizione del Lenin, Neuwied und Berlin 1967, p. 72; trad. it., Torino 1 970, p. 127).

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vano trarre dalla sua opera, in questa Prefazione egli invece ha fatto emergere gli aspetti più dialettizza� bili per una nuova « possibilità » del marxismo ( an­ che la rinnovata autocritica dell'identità di alienazione e oggettivazione va letta in questa traccia ). La nuova « distanza critica » , come egli la defi­ nisce, tenta di ristabilire con il periodo giovanile un rapporto che era rimasto ambiguo e contraddittorio per troppo tempo. Sebbene anche questa volta egli abbia sfocato e proiettato in uno sfondo mitologico (di « messianismo ») tante caratteristiche di quel periodo ( il suo luxemburghismo, ad esempio ) e riconc dotto nettamente al giudizio di Lenin la sua espe­ rienza di « Kommunismus », resta il fatto che egli non ha più condannato come idealistiche, antimarxi­ ste, quelle posizioni teoriche, ma ne ha riguardato più che altro il condizionamento storico, l'inadegua­ tezza soggettiva, cercando addirittura di enuclearne gli elementi di continuità. È uno scarto, non certo minimo, che conferma ciò che avversari ideologici e critici più attenti avevano rilevato , che cioè la fase iniziale del suo marxismo rimane decisiva per com­ prendere lo sviluppo della successiva, perfino nei suoi numerosi « adattamenti » 3• L'ultimo Lukacs, in so·1 Tra gli avversari che hanno accusato Lukacs di perma­ nere nelle sue prime posizioni idealistiche, vanno citati, per l'ampiezza dell'analisi, J. Revai, J. Szigeti e B. Fogarasi (in Georg Lukacs und der Revisionismus, Berlin 1960); il revival critico lukacsiano degli anni Sessanta, con altro intento, si è inosso al recupero degli elementi di continuità: cfr., come esemplare, I. MESZAROS, Philosophie des Tertium datur und

Coexistenzdialogs, in Festschrift zum 80. Geburstag van Georg Lukacs, Neuwied und Berlin 1965. Lo stesso Lukacs,

d'altra parte, aveva voluto favorire una lettura in continuità della sua opera. Nella Premessa a Deutsche Literatur in zwei Jahrhunderten (Werke, Band 7, Neuwied und Berlin 1 964, p. 7), egli si era espresso chiaramente sull' « unità di conti, nuità e discontinuità » tra i suoi scritti giovanili e «il pc-

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stanza, è v1cmo al primo più di quanto avesse pro­ spettato l'interpretazione apologetica di Storia e co­ scienza di classe. Ma se l'esperienza dal primo dopo­ guerra al '28 si stacca dalle altre, è perché resta ori­ ginaria e decisiva nella misura in cui si confronta. come non avverrà più in seguito, con i problemi più vivi del movimento operaio europeo. Non fu la sco­ munica della III Internazionaìe a farlo desistere dal­ l 'attività partitica o a mutare in profondità le sue posizioni teoriche, bensì la sconfitta delle sue tesi al II Congresso del Partito comunista ungherese del 1930. Fu la rinuncia a un confronto con la prassi politica. Il nuovo corso impresso da Stalin sand dal­ l'esterno questo mutamento d'interessi e la sua dia­ lettica, con una rimozione, dal partito passò in un'al­ tra « regione », quella della critica letteraria. Fu una prova di fedeltà al grande ideale del socialismo, non un semplice sacrificio a Stalin. I progetti politici di grande respiro, cui era intimamente connessa la teoria della coscienza di classe, urtarono contro una realtà più complessa; il linguaggio dialettico della demisti­ ficazione antidogmatica dovette celarsi sotto il man­ tello di Esopo. Rimasti praticamente inediti per la letteratura occidentale, comunque sconosciuti fino al 1967, gli scritti qui presentati fanno luce in maniera inequi­ voca su alcuni notevoli passaggi dell'evoluzione lu­ kacsiana: la « conversione » al marxismo, l'esperienza politica dell'emigrazione, una prima diversificazione teorica rispetto all'opera del '23. Gli scritti anteriori a quest'anno sono, in un certo senso, il retroterra da cui è venuta fuori l'opera più nota, la quale, come si sa, consiste in gran parte di una raccolta di saggi. riodo marxista della maturità ». Utili indicazioni su questo problema in G. BEDESCHI, Introduzione a Lukacs, Bari 1970, pp. 77-8.

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alcuni appena ritoccati, altri abbastanza modifìcat!. Sembra chiaro che, nel complesso, essa sia il frutto di una selezione più attenta di quanto possa esigere l 'economia di un libro, dato che questo retroterra è assai vario e molteplice, composto anch'esso di mo­ menti tra loro differenti. Ora proprio in questi scritti si sente viva la congiuntura da cui hanno tratto spun­ to, !'occasione e la data della loro nascita, il momento del loro contraddirsi : e nonostante questa contin­ genza, sono il prodotto di una medesima epoca e di una medesima storia: del tentativo di uscire dal vicolo cieco in cui la socialdemocrazia aveva cacciato il marxismo, di conservare le scelte iniziali della III Internazionale, la qua!e sembrava ritornare, con mu­ tate sembianze, alla via maestra dell'evoluzionismo. Agli intellettuali che intrapresero questo tentativo, a Luldcs, a Bloch, a Korsch, la storia, con la rivoluzione d'Ottobre e l'approssimarsi di quella europea, parve imporre l'evidenza che solo i:i essa aveva significato e si poteva giocare il senso della dialettica marxiana, che tra questa e la dura esperienza della lotta di classe, fino alla rivoluzione ritenuta immediata, non poteva esserci salto reale, interruzione. Fu un'epoca più costruttiva che ricostruttiva del marxismo, che non si contentò dell'esegesi e dell'ortodossia ( come spesso il nostro dopoguerra ), e non cercò alcuna si­ curezza ideologica, perché anzi se la lasciò dietro, m:i rifiutando la conciliazione pragmatica con la realtà, volle tuttavia portare entro di essa ogni possibile si­ gnificato dialettico : fu un'epoca essenzialmente idea­ listica. I-Iegel , più di Marx, diede la chiave per que­ sto idealismo che fu politico e etico prima che filo­ sofico, e le cui radici affondavano originariamente nelb crisi della filosofia tedesca d 'anteguerra , non certo nel'a tradizione teorica del movimento operaio. Ma non si tratta di un semplice adattamento dello Histo­ rismus o dell'hcgelismo a Marx. Questo ritorno a

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Marx è il più complesso e mediato della storia del marxismo. I poli di tensione di questo rapporto sono di contenuto : la rivoluzione proletaria, il nuovo mon­ do, la lotta di classe; le soluzioni però, speculative: attraverso la rntcgoria della totalità le ragioni della dialettica marxiana (il rapporto teoria-prassi anzi­ tutto) sono affermate con una ratio obliqua che da Hegel va alla filosofia della vita. . L'intre�ciarsi di varie figurazioni filosofiche in un medesimo sistema concettuale ( il metodo dialettico) ha costituito la ricchezza dell'opera giovanile lukacsia­ na. La molteplicità delle influenze che le si è attri­ buita è il segno dell'epoca, non di un ardito ecletti­ smo. G.i scritti fino a Storia e coscienza di classe sono forse l'ultima voce di una cultura solidale. Omogeneo, comunque, era l'ambiente in cui si formò Lukacs, in cui Rickert, \X'eber, Simmel e Lask si muovevano, con problemi comuni, verso soluzioni che, in certi mo­ menti, sembravano integrarsi. Per quanto già la Teo­ ria del romanzo segnasse il distacco netto dai « mae­ stri » - essa è una metacritica del metodo weberiano e simmeliano, in quanto gli idealtipi, e altrettanto le forme, vi trovano validità a partire da una com­ prensione unitaria, dialettico-fenomenologica della sto­ ria - e per quanto essa già facesse della dialettica il luogo di connessione tra pensiero e realtà ( ripren­ dendo quindi Hegel dall'interno e rinunciando agli approcci, alle differenziazioni neokantiane nei confron­ ti di Hegel ), nondimeno Lukacs conserverà per molto tempo le proprie esigenze più inquietanti e dirom­ penti entro l'alveo della filosofia o dell'etica dei va­ lori. Ora, quasi senza necessità di una scomposizione, i saggi anteriori al '23 mostrano che la sedimentazione di queste influenze non si è ancora consolidata, che in essi più che altrove sono attivi i moventi di una complessa tematica precedente. Lo stesso terreno in cui avviene l'incontro iniziale

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con Marx è originale e resta decisivo. Lukacs, in ef­ fetti, aderisce a un modello di socialismo chiliastico, mitico e religioso 4, combattuto dalla Socialdemocra­ zia, ma che dagli avversari del marxismo, da un Weber o da un Sombart, ad esempio, era considerato il più autentico, quello originario del Manifesto ( sulla scorta di Bernstein ). Da un primo nucleo religioso Lukacs si muoverà per successivi cambiamenti fino all'elaborazione della Weltanschauung socialista. Ora il segno della trasformazione passa attraverso una proc fonda emendatio dei problemi storico-estetici e l'ac­ centuazione di un significato etico-teleologico della storia. È vero che si può parlare di una rottura con il primo periodo, non però di un salto qualitativo: c'è in effetti una prosecuzione di prospettive da L'ani­ ma e le forme e la Teoria del romanzo ai saggi marxi­ sti. Il problema di una giustificazione del comunismo produce una radicalizzazione della dimensione u topica precedente. Ora è la scoperta della lotta di classe, del carattere primario della sua storicità, che ripropone in termini politici la mediazione data per possibile nella Teoria del romanzo tra progetto utopico ( let­ terario ) e realtà storica ; la conciliazione con la Kultur borghese veniva proiettata nella Konkretisierung degli autentici valori umani, nella promessa di una nuova 4 In Cultura estetica ( in ungherese) Lukacs cosl scriveva: Sembra essenziale al socialismo quella forza religiosa capace di riempire l'anima che distingueva il cristianesimo delle ori­ gini » ( citato in I. MESZAROS, Philosophie des Tertium da­ tur, cit., p. 193). La tendenza escatologica è attribuibile a varie influenze, soprattutto del radicalismo rivoluzionario un­ gherese. Negli anni della prima guerra mondiale trova un suo ruolo in Lukacs la filosofia della storia di Fichte, già attua­ lizzata da Emi! Lask e dal libro di MARIANNE WEBER, Fichtes Sozinlismus und sein Verhiiltnis zu Marxschen Doktrin ( cfr. V. ZITTA, Georg Lukacs' Marxism. Alienation, Dialectics, Revo!ution, The Hague 1964, pp. 21 sgg.). Questa configu­ razione del socialismo è comunque caratterizzata da elementi sore\iani e anarco-sindacalisti, in genere, dell'epoca. «

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Weltepoche. Si trattava di uno spostamento della dia­ lettica hegeliana dal presente al futuro: la forma è la trasparenza, l'anticipazione della storia. Ma con la rivoluzione russa !a nuova epoca del mondo è giunta con la forza del concreto, e ogni soluzione passa ormai per un'aspra opposizione, quella di capitalismo e so­ cialismo. In questo conflitto tra due grandi strutture ideali, che ricorda le antitesi morfologiche del tardo Historismus, l'emendazione lukacsiana, animata da un mistico ardore fichtiano ( il capitalismo con ' l'epoca della compiuta peccaminosità ' ), salverà i valori uto­ pici precedenti, il ' non ancora ' di quella elementare dialettica simmeliana di vita e Kultur, che in Lukacs sembrava rendere temporanea ogni conciliazione con l'esistente ( L'anima e le forme). La possibilità del so· cialismo non è che un grado superiore della sua realtà, il mutamento di un fine trascendente in un fine immanente. 2. Tattica e etica ( 1919) raccoglie questo problema non più nel suo significato formale, ma all'interno di una determinazione concreta dell'utopia. In questo scritto si amalgamano per la prima volta postulati etici e categorie hegeliane, filosofia della storia e prassi politica. Il modo in cui Lukacs tenta di risolvere i problemi sorti dall'incontro teorico con Marx , ma più in generale con la letteratura marxista, da Kautsky alla Luxemburg, a Lenin, resta per molti aspetti determi­ nante. E tuttavia questo scritto ha una posizione ecce­ zionale, quasi unica nella produzione di Lukacs, non tanto per le soluzioni acquisite quanto per le domande sollevate. Già il carattere stesso della tattica, il cui concetto sembrava consegnato, negli aspetti di fondo, alla chiarezza pragmatica del'a definizione leniniana 5, 5 Cfr. la definizione di LENIN in Due /altiche della So­ cialdcmocra::ic: « Per tattica di un partito si intende il suo

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-si presenta più problematico. Luk:ics opera una distin­ zione di « valore » nella tattica. Essa è trascendente o immanente a seconda che rifiuti o accetti l'ordine so­ dale dato. Nel suo interno è gia preminente il ->, cit., p. xxvn). Szab6 intendeva riportare il marxi­ smo alla pure-aa del suo inizio, criticando la mancanza di Stimmung rivoluzionaria del « marxismo volgare». In Lukacs i! termine ' ortodosso ' ha spesso il significato di origina«

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la collocazione di questo obiettivo al di là del vantaggio momentaneo non può in alcun modo significare un'astra­ -zione dalla realtà o un tentativo di imporre alla realtà determinati ideali, ma sta piuttosto a significare che ven­ gono individuate e impiegate attivamente quelle forze che operano all'interno della realtà sociale, quelle forze, dunque, che sono volte alla realizzazione dell'obiettivo finale 17•

Qui è chiaro che l'imputazione causale cade entro il rapporto di forze politico-sociali e rivoluzione. Ma la quaestio juris, cosl risolta, della possibilità di una tattica rivoluzionaria non esaudisce l'altra richiesta dell'universalità di questa immanenza, concreta e sto­ rica, del socialismo - un'istanza, questa, che Lukacs contrappone a quella analoga della tradizione engelsia­ na del marxismo, dell'evoluzionismo, per il quale la realizzazione del socialismo era la naturale conclu­ sione di un processo ineluttabile. La via evoluzioni­ stica, attenendosi a una visione dogmatica del pro­ gresso, includeva in questa inevitabilità « per legge s cientifico-naturale » l'universalità di principio, ma senza dimostrarla. Per Lukacs andava cosl perduta ogni giustificazione rivoluzionaria. Bisognava tornare alla fonte, alla dialettica, nella quale il concetto di progresso veniva conservato senza che coincidesse con il continuum della storia. La soluzione di Lukacs vuole riagganciare il movimento al fine, spostare il progresso dalla linearità alla « presa di coscienza ». Si ha così un salto dalla datità alla dialettica; ora il « fatto » è rovesciato nella sua genesi, nel processo, rio ». Sulle tre fasi di sviluppo del marxismo, di cui la terza rappresenta il ritorno, arricchito e compiuto, alla prima, cfr. Partito e classe, infra, pp. 45-6. Analoga teoria si ritrova nei Materiaux d'une theorie du proletaria/ (Paris 1919) di George Sorel. 17 Tattica e etica, infra, p. 5.

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e poi nella totalità, che è il vero primum. La frase fìchtiana ripresa da Lukacs nella prima redazione di Che cos'è il marxismo ortodosso: « E tanto peggio per i fatti », è rivolta contro la socialdemocrazia in nome di una ragione storica che fa leva su uno scarto neJla comprensione della « positività » dei fatti, sulh natura contraddittoria della datità. Già la sola possi­ bilità della rivoluzione è il disvelamento di una cer­ tezza solo apparente della Realpolitik; emerge cosl h necessità di una superiore unità. La categoria della totalità relaziona e unifica il divenire della contrad­ dizione, diventa un principio di conoscenza. Allorché di Marx è detto che « l'intero egli lo vede sempre da� punto di vista di una totalità ancora più comprensiva di un grande processo storico-sociale » 18, e che poi questo suo punto di vista è quello « dell'azione � della vita », se ne trae la conseguenza che il senso della totalità deve risolversi di nuovo nell'immedia­ tezza, nell'azione. Come per Fichte, la « realtà » lu­ kacsiana è l'identità della condizione oggettiva e deJ dovere ; essa è la forma del presente, ma anche la sua soppressione (l'Aufhebunp,). In Lukacs il presente di­ venta istante (Augenblick), la temporalità della dia­ lettica rivelazione. (La prima redazione di Che cos'è il marxismo ortodosso? sviluppa una dialettica mes­ sianica dell'« atteso compimento » della rivoluzione 19.} La forma genetica della coscienza determina il contenuto che appartiene sia all'immedi:Hezza che alla categoria. Infatti il processo di comprensione della realtà non è mediato dall'intelletto (e quindi dalla scienza), non è diretto all'estensività de! contenuto, ma alla « realtà » della coscienza. In essa « il sog­ getto e l'oggetto sono omogenei nella loro sostanza, 18 19

Che cos'è il marxismo ortodosso?, infra, p. 33. Ivi , pp. 3 1 -2.

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quindi la conoscenza avviene dall'interno, non dal­ l'esterno » 20• ( L'inserzione di Hegel in Marx è operata da Lukacs con i procedimenti gnoseologici dell'Histo rismus - e dell'irrazionalismo. ) Come prima conse­

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guenza, infatti, « scompare la differenza tra teoria e prassi ». Il primato della coscienza nei confronti di Qgni altro essere è cosl garantito. Ma i ponti che congiungono il concreto contenuto intuitivo con l 'esperienza storico-pratica sono troncati: in questo senso l'unità di teoria e prassi, di movimento e obiet­ tivo finale è una dialettica dell'utopia, in senso let­ terale. L'immissione dell'Erlebnis nella dialettica è ine· vitabile, dal momento che la coscienza è intesa come risultato e momento di un processo omogeneo che si svolge per inveramento immediato. « Marx invece - e qui egli sta in assoluto contrasto con i grandi utopisti che lo avevano preceduto - accettò in veste immutata la più grande delle eredità della filosofia hegeliana, ossia il concetto di evoluzione, nel senso che lo spirito si dispiega organicamente dalla sua com­ pleta mancanza di coscienza fino alla chiara presa di coscienza di sé » 21• L'origine di questo processo lo si può ritrovare, molto meglio che in Hegel, nel mo­ dello bergsoniano, nell'estrapolazione temporale della 20 Il problema della guida intellettuale e i « lavoratori intellettuali>>, ivi, p. 20, nota 1. Questa definizione della co­

scienza attribuita all'idealismo è di chiara impronta neokan­ tiana, storicistica. Per l'esegesi di questo importante mo­ mento teorico in Lukacs, cfr. L. COI.LETTI, Il marxismo e Hegel, cit., cap. X, pp. 325-39. 21 Il problema della guida intellettuale, cit., infra, p. 2 1 . M a l a coscienza di classe, che è costitutiva del punto di vista della totalità, non va intesa in senso psicologico. Contro lo psicologismo Lukacs mette in guardia in Storia e coscienza di classe, cit., p. 66. Sul piano della prassi, ovviamente, essa ha un valore regobtivo.

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coscienza dalla materia. Ma a differenza di Bergson, Lukacs non limita affatto il processo ai momenti in­ tuitivi ; partendo dall'empirico, ne convoglia i tratti in idealtipi, che sono poi le figure storiche della me­ diazione interna ( la classe, il partito, ecc.). L'incon­ seguenza che spesso a buon diritto si può cogliere nel « metodo dialettico », di veicolare anch'esso l'empiria spiritualizzata, ha certo la sua origine nel­ l'equivoca distinzione engelsiana di metodo e siste­ ma in Hegel, ma forse non meno nell'originale com­ mistione di modelli sociologici e dialettica della Teoria

del romanzo.

Il carattere di metodo della dialettica consente che i! disvclamento ( la Entlarvung fenomenologica ! ) dei fenomeni storici e l'interpretazione del loro signifi­ cato procedano liberi dalle sovrapposizioni costrutti­ vistiche tipiche delle filosofie neoidealistiche; le cate­ gorie di questa dialettica assolvono cosl una funzione normativa, costitutiva, tipica della sfera trascenden­ tale. E proprio in Tattica e etica il marxismo è fatto coincidere espressamente con una filosofia della storia che ha carattere normativo. Come « relazione al va­ lore », esso offre un significato per la comprensione della lotta di classe e alla sua luce è possibile inter­ pretare i « fattori » empirici. Il suo filo conduttore è, per sua natura, « negativo » , è uno sbocco teleologico della storia: la liberazione degli uomini dal cieco dominio delle forze economiche. Tattica e etica in­ siste sul carattere utopico del marxismo, in quanto esso è situazionalmente trascendente. Ma in quanto teoria di una classe rivoluzionaria, non mera scienza, esso deve cercare le condizioni della sua attuazione. La trascendenza va cosl integrata nella forma obietti­ vante, vuole essere costitutiva. « La teoria marxista della lotta di classe, che a questo riguardo segue piena­ mente la formazione dcl concetto hegeliano, trasforma

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la finalità trascendente in immanente» 22• Ma poiché l 'adeguazione di mezzo a fine è concettualmente in­ determinabile, bisogna elevare la concrezione del con­ cetto a principio. « La lotta di classe del proletariato coincide con la finalità stessa e ne è, in pari tempo, la realizzazione » 23• È, questa, una proposizione più fichtiana e neokantiana (Natorp) che hegeliana - in essa cioè l'oggetto e l'autoposizione della volontà coincidono. In termini hegeliani, invece, la media­ zione interna vi si può trovare espressa a livello di una « concezione morale del mondo » , in cui « il sapere sembra essere divenuto del tutto uguale alla sua verità » 24 • In tale filosofia della storia, la genesi marxiana dera teoria è riportata alla « spontaneità » dell'auto­ coscienza. L'unità di teoria e prassi, come è indicata in Tattica e etica, è una mediazione ideale, un'istanza etica , soggettiva. Il rifiuto della definizione engelsiana di prassi come esperimento e industria è qui tacito 25, in pit1 emerge meglio che nell'opera del '23 la vera natura puramente regolativa della teoria: essa dà le direttive dall'esterno alla storia, mentre la prassi resta valutabile come un'implicazione della scelta - a li­ vello soggettivo. Il processo storico così resta « a parte Person », come diceva Marx. L'intervento della teoria sulla storia in Lukacs è primario, in senso fichtiano, tanto che ne risulta soppresso l'altro momento, queJ:o 22 Tattica e etica, infra, p. 6. 23 Ibidem. 24 G. W. F. HEGEL, Fenomenologia dello Spirito, trad. i t . di E. D e Negri, Firenze 1960, I I , p . 136. 2s I presupposti dell'argomento antiengelsiano del rap­ porto teoria-prassi esposto in Storia e coscienza di classe ( cit., pp. 260-74 ) sono presenti nel secondo saggio di Tattica e etica con un forte accento gnoseologico. Cfr. la nota del sar.­ gio Il problema della guida intellettuale, dove è delineata b trasformazione dell'oggetto da in sé in per sé, in soggetto solo a livello della conoscenza.

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della genesi sociale della teoria, il fatto cioè che è i l processo storico-sociale ( le classi ) a determinarla. Nel '23, !'idealtipo della coscienza di classe accentuer:i questo aspetto gnostico, emanativo, del rapporto teo­ ria prassi. L'hegelismo fichtianizzato cui abbiamo accennato. e che improntava già la struttura logico-metodolo­ gica della Teoria del romanzo, si palesa qui come compenso a una carenza storico-politica della scelta. Nel primo saggio ·di Tattica e etica, scritto anterior­ mente alla rivo'.uzione ungherese, l'autonomia della scelta resta il punto emblematico e inquietante del­ l'adesione al socialismo. Essa interpreta direttamente la « topografia trascendentale dello spirito », elimi­ nando ogni possibilitù programmata di Spirito ogget­ tivo. Lukacs qui conserva nei confronti dell'idealismo hegeliano una forte riserva che può apparire giusti­ ficata se si considera che egli si ricollegava alla teoria cl!l' in Hegel era stato raggiunto riguardo a l l 'esa t t a im­ postazione e alla soluzione, ma lo stesso problem a effettivo. Egli trattò quindi tutto il problema della

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mediazione come un problema della logica pura 46 da risolversi in parte sul piano puramente logico , in parte ricorrendo all'intuizione immediata, alla sensibilità. Cosi venne a trovarsi in una posizione pienamente acritica. Egli perdette di vista - come dice Marx nell'Ideologia tedesca 47 - che « questo mondo sensibile non è un qualcosa che è dato im­ mediatamente e fin dall'eternità, sempre uguale a se stesso, ma il prodotto di generazioni, ognuna delle quali sta sulle spalle di quella che l'ha preceduta » . A questa prima forma dell'evidenza immediata, è intimamente legata la seconda: cioè l'evidenza immediata dell'utopia etica. Essa, in breve, si basa sul fatto che all'uomo sono date immediatamente le forme della concretezza oggettuale del suo am­ biente, e che il grado della loro evidenza immediata non dà minimamente la misura della loro essenza soprastorica, essendo esso grado, da un lato, la con­ seguenza dell'intensità oggettiva di quelle forze eco­ nomiche da cui le oggettualità vengono prodotte, e dall'altro la conseguenza del modo classista in cui è pregiudizialmente interessato al permanere di que­ sto suo ambiente sociale. Per l'uomo quindi è un dato oggettivo anche il margine d'azione concreto ch'egli ha per le sue spontanee reazioni affettive nei confronti di questo ambiente sociale. Nei confronti delle prese di posizione qui offertegli egli si com46 Al massimo, egli le attribuisce una funzione mitolo­ gica, - intesa negativamente - nella produzione di muta­ menti reali nell'uomo. Ad esempio: « La filosofia hegeliana ha estraniato l'uomo a se stesso, ecc. » ( Tesi provvisorie, cfr. tr. it. cit., p. 53). 41 Per l'esatta conoscenza di questo periodo è una grave perdita il fatto che questa importante opera sia rimasta an­ cora inedita. È sperabile che essa sia presto disponibile nel­ l'edizione dell'Istituto Marx-Engels di Mosca anche in lingua tedesca. Cito in base all'estratto di Gustav Mayer, in Frie­ drich Engels, I , Berlin, 1920, p. 247.

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porta cioè con una immediatezza pari a quella ch'egli ha verso l'ambiente. Ed è proprio nella scissione di « oggettività » e « soggettività » che si rivela nella maniera più evidente come esse traggano origine dalla medesima radice sociale e che il carattere im­ mediato dell'una sta nella più stretta reciprocità con quello dell'altra. Nel comportamento puramente af­ fermativo riguardo alla realtà, questa connessione non ha bisogno di analisi più approfondita. Nel caso dell'utopia invece, del comportamento deontologico etico, il suo carattere semplicemente immediato ap­ pare a prima vista meno chiaro. Non dobbiamo però dimenticare che qui si tratta innanzi tutto di una prassi meramente apparente, cioè di una prassi che per principio lascia intatta la struttura della realtà oggettiva, confermando quindi e non superando ( « dover essere » di Kant ) il comportamento contem­ plativo nei confronti di essa, o altrimenti di una prassi che non è in grado di porsi come problema concreto il passaggio dalla realtà data alla realtà « mutata » ( utopismo ) . La realtà « mutata » viene in tal caso trattata come situazione, quindi in ma­ niera contemplativa, e messa dunque in antitesi con la realtà oggettiva immediatamente data senza che la via che porta dall'una all'altra sia stata in qualche modo rischiarata. In secondo luogo va ricordato che in entrambi i casi manca ogni tentativo di mostrare concretamente la genesi del comportamento etico­ utopica. Lo si accetta, semplicemente, come in pre­ cedenza si era accettato la realtà oggettiva (o il suo cosiddetto « principio ultimo » ) concepita contem­ plativamente. Kant nella Critica della ragion pratica prende le mosse dal « fatto » della coscienza morale, così come nella Critica della ragion pura egli parte dal « fatto » dei giudizi sintetici a priori. Per lo Smith dell'economia le leggi oggettive della libera concorrenza ecc. sono un dato di fatto accettato al-

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trettanto immediatamente di quanto lo Smith etico accetta i « sentimenti di simpatia » . Feuerbach sembra indicare proprio a questo ri­ guardo un passo in avanti. La sua risoluzione della teologia in antropologia, la sua soluzione dell'essenza « alienata » dell'uomo sembra significare una genesi effettiva. Eppure è soltanto apparenza. Anzitutto perché egli colloca in luogo di un'astratta immagine speculativa ( Dio ) quella, altrettanto astratta, del « genere », rendendo in tal modo illusoria la deri­ vazione delle immagini speculative dalla realtà. ( Non vogliamo con ciò negare che la sua teoria rappresenta, nonostante tutto, un progresso ; ma ciò non ha al­ cuna relazione col nostro argomento. ) Marx, nelle tesi su Feuerbach, dice a questo proposito: « Feuer­ bach risolve l 'essenza religiosa nell'essenza umana. Ma l 'essenza umana non è qualcosa di astratto che sia immanente all'individuo singolo . Nella sua realtà è l'insieme dei rapporti sociali ». Perciò in lui l'es­ senza umana può essere concepita « solo come ' ge­ nere ' , come universalità interiore, muta, che unisce naturalmente molti individui » . Ma se questa ge­ nesi, questa rivelazione della radice reale delle im­ magini speculative è solo la parvenza di una genesi, i due prindpi fondamentali della sua concezione, l'uomo « alienato » e la soluzione di questa « alie­ nazione », si cristallizzano ad entità rigidamente contrapposte l'una all'altra. Egli non risolve l'una nell'altra, bensl respinge l'una e accetta ( moralmente) l'altra. Egli contrappone una realtà bell'e pronta ad un'altra altrettanto definita, anziché mostrare in che modo l'una deve sorgere dall'altra nel processo dia­ lettico. Il suo « amore » lascia immutata la realtà « alienata » dell'uomo allo stesso modo come il dover essere di Kant non era in grado di mutare nulla nella struttura del suo mondo dell'essere. La « prassi » consiste in questo caso nella « va-

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lutazione ». Nell'impostazione puramente contempla­ tiva di Feuerbach, questa conseguenza necessaria dei suoi limiti metodologici si palesa in lui stesso in maniera meno stridente che nei suoi seguaci, i « veri socialisti ». Quando Hess applica la formula feuer­ bachiana del!'« alienazione » alla società e contrap­ pone 48 al dio di Feuerbach il denaro come l'essenza sociale alienata, nel senso che « il denaro è il pro­ dotto degli uomini estraniati l'un l'altro, è l'uomo alienato », tale posizione lo induce unicamente a una condanna morale di questo mondo del!'« aliena­ zione » , al quale egli contrappone un mondo utopico del!'« alienazione » soppressa: alla falsa proprietà la vera proprietà. « L'attuale proprietà non è riprove­ vole perché personale, individuale, cresciuta con l ' i n ­ dividuo, ma al contrario è spregevole soltanto pcrcli